LA GUERRA DELLE TRE TERRE

di ka_chan87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap1 "CONGIURE, RICORDI, PIANI" ***
Capitolo 2: *** cap2 “ALL’OMBRA DEL FOCOLARE” ***
Capitolo 3: *** cap3 “AFFARI DI CORTE” ***
Capitolo 4: *** cap4 “LA VENDETTA È UN PIATTO CHE VA SERVITO FREDDO” ***
Capitolo 5: *** cap5 “DESTINAZIONE MENDEON ***
Capitolo 6: *** cap6 "DESTINAZIONE ELDORAS” ***
Capitolo 7: *** cap7 “A SPASSO CON MIROKU” ***
Capitolo 8: *** cap8 “SEI TU…” ***
Capitolo 9: *** cap9 “LA RINASCITA” ***
Capitolo 10: *** cap10 "NON PIÙ SOLI…" ***
Capitolo 11: *** cap11 “IL PROPRIO DOVERE” ***
Capitolo 12: *** cap12 “QUELLO CHE SIAMO… E QUELLO CHE VORREMMO ESSERE…” ***
Capitolo 13: *** cap13 “COME TUTTO PUÒ CAMBIARE…” ***
Capitolo 14: *** cap14 “LA DOLOROSA FORZA DELLA VERITÀ…” ***
Capitolo 15: *** cap15 “COME ANDARE AVANTI…" ***
Capitolo 16: *** cap16 “ COME SI AVVERANO I DESIDERI?” ***
Capitolo 17: *** cap17 “LA SPERANZA NELLA RASSEGNAZIONE” ***
Capitolo 18: *** cap18“LA MALVAGITÀ ALLE SPALLE DELLA FELICITÀ” ***
Capitolo 19: *** cap19 “DANZANDO TRA GLI INCUBI” ***
Capitolo 20: *** cap20 “I SACRIFICI DEL CUORE” ***
Capitolo 21: *** cap21“IN TE LA MIA RINASCITA” ***
Capitolo 22: *** cap22 "TUTTO E NULLA" ***
Capitolo 23: *** cap23 “QUELLO CHE POSSO FARE PER TE” ***
Capitolo 24: *** cap24 “IL MIRAGGIO DELLA VENDETTA” ***
Capitolo 25: *** cap25 "IL RUMORE DEL CUORE INFRANTO" ***
Capitolo 26: *** cap 26 “SULLA VIA DEL SAPERE” ***
Capitolo 27: *** cap27 “CACCIA AL MISTERO” ***
Capitolo 28: *** INFORMAZIONI DI SERVIZIO ***
Capitolo 29: *** cap28 "LA GIOSTRA DELLA MORTE" ***
Capitolo 30: *** cap29 "NELLA PAURA, IL TUO CUORE" ***
Capitolo 31: *** cap30 "CAMMINANDO NEL SANGUE" ***



Capitolo 1
*** cap1 "CONGIURE, RICORDI, PIANI" ***


LA GUERRA
DELLE TRE TERRE

Saluti a voi, temerari che vi accingete a leggere questa mia nuova 'creatura' partorita dalla mia contorta mente... tanto per essere precisi, forse mi conoscerete già come l'autrice di un'altra mia storia: THE CHANGE. A proposito di questo, voglio mandare un messaggio ai lettori quest'altra mi fanfiction dicendo che momentaneamente - ma proprio momentaneamente - è sospesa... la cosa dispiace anche me e la cosa che mi fa più arrabbiare è che ero sul buon punto, finalmente, di terminarla... infatti il capitolo era già quasi pronto... peccato che il mio computer abbia pensato bene di non aprirmi più il file, recuperando solo la parte che avevo stampato facendo sparire, nemmeno io so dove, tutto il resto che avevo scritto ma non, purtroppo stampato.
Perduto, è andato tutto perduto. Così ho deciso di abbandonarla per qualche tempo e di dedicarmi a questa nuova storia a cui già pensavo da tempo.
Non volgiatemene a male, vi scongiuro, ma lo sconforto di aver perso tutto quel lavoro mi ha letteralmente bloccata. Ma è garantito che la finirò, questo è scontato, solo... non adesso. Perdonatemi.
Ora vi lascio alla lettura di questa mia nuova storia... sempre che qualcuno sia disposto a leggerla, ovvimente.
Salutoni, ka_chan!

1° CAPITOLO “CONGIURE, RICORDI, PIANI”

Plic, plic.
Lo stesso suono. Tutte le mattine veniva destato dallo stesso suono.
Plic, plic.
Aprì gli occhi ancora annebbiati da quel sonno senza sogni e si soffermò a guardare il punto da cui proveniva quel rumore.
Davanti a lui, giusto a due metri di distanza, poté vedere quell’unica goccia andarsi a infrangere sul freddo pavimento di pietra, dividendosi in tantissimi riflessi colorati e animati dalla debole luce del mattino.
Plic, plic.
Lo stesso suono… da quattordici anni.
Quello era l’unico rumore udibile e a non farlo impazzire per il totale silenzio…. Anche se, spesso, lo avrebbe gradito molto di più.
Era rinchiuso in quel luogo, che aveva ormai capito essere la sua prigione, da quattordici anni. Una vita.
Quello, infatti, era il giorno del suo diciottesimo compleanno.
Era diventato Adulto.
Tutti coloro che raggiungevano quell’età, da quel giorno in avanti, avrebbero potuto godere di nuovi e importanti diritti.
Ma lui no. Nonostante anche lui avesse raggiunto la maggiore età, non avrebbe mai potuto usufruire di quei diritti così importanti, ma anche così elementari… elementari per coloro che non avevano vissuto per quattordici anni in una prigione.
Si alzò, aspettando che il torpore che aveva alle gambe svanisse progressivamente. Non aveva manette. Né alle mani né ai piedi.
Evidentemente, si era spiegato, perché sapevano che da lì non sarebbe mai potuto fuggire.
Lui, il secondogenito della famiglia reale, rinchiuso in una cella da quattordici anni.
Una folata di vento, proveniente dall’alta finestra che lo sovrastava, gli portò al naso il forte odore del chiuso e dell’umidità che impregnava quel posto.
- Sempre lo stesso – si disse.
Non vedeva liberamente la luce del giorno dall’età di quattro anni… quando successe.
La famiglia reale, il re spodestato dal suo trono…. Una congiura, ecco quello che successe.
Una congiura che portò alla morte i suoi genitori e lui… in quella gabbia.
Tutto questo perché suo padre aveva cercato di suggellare una ufficiale alleanza tra le Tre Terre.
A quei tempi lui viveva nel Regno del Sud o ‘ Nanbu ’ (= Sud, in giapponese) o, ancora, ‘Oukoku no Hone ’, il Regno delle Ossa.
Gli piaceva il Sud. Dopo la Prima Era, così come gli aveva raccontato suo padre, era migliorato tutto l’aspetto morfologico, prima quasi completamente desertico, mentre negli anni in cui ci aveva abitato era diventato un paese in cui si viveva relativamente bene… certo, le temperature spesso superavano i 40°, ma per gli Youkai la temperatura non contava più di tanto.
Sì, perché il Regno del Sud era solamente abitato dai Demoni.
Demoni che gli avevano voltato le spalle.
Toc, toc.
- È già mezzo giorno? – si chiese il prigioniero visto che l’unica testimonianza del fatto che non era stato completamente abbandonato lì, al suo destino, era proprio il sentire quel bussare… cosa che avveniva sempre a mezzo giorno.
Si avvicinò all’alta e massiccia porta in metallo arrugginito dal tempo, e alzò la piccola apertura trovandosi davanti il suo ‘pranzo’.
Sì perché quello non poteva essere definito come un vero e proprio pranzo: mezza brocca d’acqua e mezza pagnotta di pane… vecchio.
Prese il vassoio con le dita scarne e lo tirò verso di sé sentendo l’immediato scatto della piccola apertura che veniva chiusa a chiave.
Non vi fece caso e si concentrò sul secondo pasto della settimana.
Ah, certo! Perché lui riceveva i pasti, una volta al giorno, tre volte alla settimana.
Troppo poco? Sicuramente.
Ma non era sempre stato così… fino all’età di dieci anni aveva ricevuto i pasti tutti i giorni almeno due volte al giorno…. Ma dopo aver compiuto i dieci anni la frequenza con cui riceveva il cibo era calata progressivamente ogni anno, – e proprio il giorno del suo compleanno - arrivando ora a questo: cibo una volta al giorno per tre volte a settimana.
- Forse perché ero troppo piccolo per resistere senza cibo per così tanto… - si era ripetuto per alcuni anni quando cominciarono a scarseggiare le ‘pietanze ’….
Ma poi aveva compreso il reale motivo… farlo morire di sete e di fame.
Ma, se proprio doveva morire, perché non ucciderlo quel giorno? Perché non sporcarsi le mani quando era ancora piccolo?
Questo non lo capiva e non lo avrebbe mai capito.
Comunque, era pienamente sicuro che, anche da quel giorno in poi, la frequenza sarebbe diminuita: cibo una volta al giorno, due volte alla settimana.
- Evidentemente vogliono che muoia all’età di vent’anni – si disse, sorridendo, ma senza allegria.
Mise da parte certi pensieri e si concentrò sul suo ‘lauto pasto ’, attaccandosi alla brocca e bevendo un piccolo sorso d’acqua.
“Auguri di buon diciottesimo compleanno, Inuyasha”.
E guardò in alto, verso la piccola finestrella, mentre fasci alternati di luce di un sole mai interamente visto da quattordici anni penetravano fra quelle quattro e strette mura cercando inutilmente di riscaldarle.
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Eldoras. Capitale della Terra Centrale. Forse la regione più prosperosa nel Continente delle Tre Terre.
Qui, a differenza del Regno del Nord e del Regno del Sud, convivevano pacificamente Umani e Demoni e insieme a loro, seppur in minoranza, gli Hanyou.
Dopo la terribile Grande Guerra della Prima Era che aveva coinvolto tutto il Continente delle Tre Terre, la Terra Centrale si era occupata, grazie alla formazione di un potentissimo esercito, la Milizia del Dragone, di mantenere una relativa stabilità nei rapporti tra le Tre Terre.
Inoltre era anche il solo luogo, in tutto il Continente, dove vivevano i Draghi, creature magiche dotate di straordinari e misteriosi poteri.
Ed era sempre qui, in particolare ad Eldoras, che viveva la Famiglia Reale il cui capostipite fu Eldeor, fondatore anche della stessa capitale.
La città dove viveva la Famiglia Reale… o almeno quello che ne rimaneva visto che, quattordici anni prima, il Re e la Regina insieme al primogenito erano stati assassinati da dei sicari Youkai.
Ma, per fortuna, essendo una città ben organizzata anche dal punto di vista politico e amministrativo, non era rimasta abbandonata a se stessa grazie all’efficace intervento del Parlamento e dell’attuale Governatore della città: Takehiko di Eldoras, cugino del Re.
Grazie a lui la città era riuscita ad andare avanti nonostante la grave perdita dell’amatissima Famiglia Reale. Ma non tutto era perduto… perché un superstite di quel dolorosissimo episodio c’era: la secondogenita della Famiglia, messa in salvo il giorno dell’attentato e fatta nascondere sull’isola di Arlem, ad est della Terra Centrale.
Ed era quello, ora, uno dei problemi dibattuti nel consiglio che si stava tenendo nella grande Sala del Parlamento.
“Come sarebbe a dire che non avete scoperto nulla?!? Non possiamo prepararci in modo adeguato se non sappiamo cosa di preciso sta architettando quel malato di mente!!”. La dura e roca voce del Governatore riecheggiò al di fuori della Sala tra i lunghi e immensi corridoi del Palazzo Reale andando a ferire l’udito di un giovane appostato al di fuori della massiccia porta in ciliegio scuro che lo divideva da quello che stava accadendo all’interno della stanza.
“A quanto pare il mio paparino è leggermente alterato!” ghignò divertito, immaginandosi la faccia arrossata del padre furioso.

“Si- signore ci perdoni! Ma in questo periodo dell’anno è difficile attraversare le Montagne della Luna* senza rimanere illesi o perdersi!”.
“Non voglio sentire scuse! Qui si parla del destino dell’intero Continente, ve ne rendete conto?! Accidenti!”.
“Calmati Takehiko. – intervenne uno dei parlamentari, responsabili della difesa della Terra Centrale, Mendion di Candem – Dobbiamo discutere con lucidità se vogliamo arrivare a qualcosa” disse calmo, capendo l’agitazione dell’amico.
“Sì, hai ragione. In quanto a voi due…”.
“Sì, Signore?” risposero contemporaneamente i due soldati.
“Avete fatto un buon lavoro, potete andare”.
“Sì, Signore!” e i due si allontanarono tirando un sospiro di sollievo per non essere stati puniti per la loro mancanza.
“Che facciamo ora? Non abbiamo la minima idea di cosa quel pazzo furioso di Naraku stia architettando e non possiamo permetterci altri attacchi a sorpresa! Non ho assolutamente la minima intenzione di rivivere una nottata come quella di quattordici anni fa!” disse con foga e dolore nella voce il Governatore.
“Nessuno lo vuole, Takehiko… ma non possiamo nemmeno farci prendere dall’agitazione e dal tormento perché è quello che vuole il nostro nemico” rispose calmo l’altro cercando di smorzare l’agitazione dell’amico ormai sull’oro di una crisi isterica.
Eravamo nel periodo delle Grandi Nevi ed era difficile muovere un solo passo fuori di casa, figuriamoci attraversare la grande catena montuosa delle Montagne della Luna!
Perciò la Terra Centrale si trovava praticamente isolata e senza sapere cosa il nemico stesse architettando e quando se lo sarebbero ritrovato in casa…!
Il Governatore sprofondò nella morbida poltrona sulla quale era seduto, ovvero quella del Re, e tirò un sospiro, sconsolato, ma sapendo che le parole di Mendion erano vere.
“Nessun’altra notizia dal vostro ‘messaggero ’ Royakan?”.
“No, non ancora mio signore. Sono spiacente…”
“No, non ti devi dispiacere. Anche se Kouga è un Demone sarà difficile pure per lui muoversi con un tempo del genere. Spero solo che non gli sia successo niente…. Anche se la situazione in cui ci troviamo è di estrema gravità non posso permettermi perdite inutili. Quelle informazioni non devono valere la vita di nessuno” e tutti i membri dell’assemblea annuirono, ammirando le sagge parole del Governatore che, da quando aveva preso il posto del cugino, aveva cercato di governare il Paese seguendo le orme del parente da sempre fortemente ammirato. Erano cugini, ma per lui, il Re, Masahiro Higurashi, era stato come un fratello.
“Sono sicuro che- ” ma le parole di Royakan si bloccarono quando sentirono la pesante porta in ciliegio aprirsi e da lì venire avanti un più che stanco e spossato Youko… Kouga.
“Per tutti i Draghi! – esclamò Takehiko – Kouga! Presto portate delle coperte e dell’acqua!” ordinò, secco, andando incontro al giovane Demone che nel frattempo si era accasciato sul lucido pavimento di marmo bianco.
“Mio… mio Signore…” disse tremante l’ ookami Youkai.
“No, non parlare. Prima devi riprendere le forze e, soprattutto, scaldarti”.
Lo Youko annuì semplicemente, non avendo la forza per rispondere.

“Allora, come ti senti adesso?”.
“Meglio mio Signore, la ringrazio”.
Tutti seduti ai loro posti, i partecipanti al consiglio ancora in atto, aspettarono pazienti che il giovane Demone recuperasse le forze per poi riferirgli cosa aveva scoperto… se aveva scoperto qualcosa.
“Mio Signore, ho delle importanti notizie da riferirle” cominciò lo Youkai senza che nessuno gli avesse posto ancora la fatidica domanda.
Il Governatore sentì una goccia di sudore freddo scorrergli giù per la tempia non sapendo se voleva ascoltare quelle parole.
Le aveva attese per lungo tempo ma adesso non capiva più se le voleva sapere. Aveva paura. Paura di quello che sarebbe venuto a conoscenza.
“Ma non sono buone notizie” disse serio l’ookami Youkai.
“Lo immaginavo” disse, semplicemente Takehiko di Eldoras “Ora dimmi quello che hai scoperto e non tralasciare niente”.
“Sì…. Ho potuto raggiungere facilmente le Montagne della Luna perché, con mia fortuna, non erano ancora cominciate le Grandi Nevi. In seguito ho superato il confine con il Regno del Sud arrivando fino a una piccola cittadina di nome Merandir a nord di Kaosu, la capitale.
“Qui ho potuto facilmente confondermi con la gente del posto dicendo che ero stato mandato in missione molti anni prima lontano da lì e che avevo bisogno di essere aggiornato sugli avvenimenti degli ultimi quattordici anni.
“ Mi è stato raccontato, a grandi linee, della congiura organizzata quattordici anni fa dallo stesso Naraku contro il vecchio regnante, Inu Taisho, ucciso insieme alla moglie umana Izayoi, ma non mi hanno riferito niente altro.”
“Sì… è quello che abbiamo saputo pure noi…” intervenne il Governatore.
“Ma ho scoperto un’altra cosa Signore…”.
“E sarebbe?”
“Bè, stando a quello che mi hanno riferito, il regnante ucciso aveva due figli: il primogenito, Sesshoumaru, è un Demone completo mentre il secondogenito, Inu-yasha, era un mezzo- demone, figlio, appunto, della seconda moglie di Inu Taisho, uccisa insieme a lui.”
“Interessante… sapevo del primogenito, Sesshoumaru…ma di questo Inuyasha non ne sapevo niente… forse perché era un Hanyou…. Già, ma perché hai detto ‘era ’? È morto?”.
“È questo il punto… non si sa”.
“Come sarebbe a dire?”
“Da quello che ho potuto capire, visto che su questo argomento tutti sono stati molto schivi, questo Inuyasha è stato portato sulla Shima no Nanimo, l’Isola del Nulla che si trova, come ben saprete anche voi, ad ovest del Regno del Sud vicino al nostro stesso Paese, e che da quel giorno non si sia saputo più niente di lui”.
“Caro Kouga hai fatto un ottimo lavoro, davvero” disse soddisfatto Takehiko.
“Ah ma Signore, non ho ancora finito! Devo riferirvi altre due cose tra cui quella più importante!”.
“Avanti con la prima notizia, allora”.
“Mi hanno riferito, purtroppo, che dieci anni fa a Naraku è giunta la voce che la Principessa fosse ancora in vita, nascosta su una delle varie isole che circondano il Continente.
“Immediatamente, ha mobilitato alcuni gruppi dei suoi sicari migliori e li ha mandati su ciascuna delle isole… con l’ordine di sterminare ogni villaggio…” disse con la voce piena di rammarico sapendo quanto fosse importante che l’ultima superstite della Famiglia Reale rimanesse in vita.
“Capisco. – disse bianco in volto il Governatore - In effetti è da molto tempo che non ricevo notizie della Somma Kaede, ma non pensavo che fosse per questo motivo… mi occuperò subito di mandare un messaggero…” terminò, come se quella fosse la conclusione dell’assemblea, scordandosi del tutto dell’ultima notizia, quella più importante, che il giovane Youko doveva ancora riferirgli.
“Si… Signore!! Devo ancora riferirle l’ultima informazione!”.
“Ah, già. Di che si tratta?” chiese teso, vedendo la serietà con cui il giovane Demone lo stava guardando… forse era proprio quella che stava per dirgli la ‘vera ’ cattiva notizia….
“Anche io sono rimasto letteralmente pietrificato quando me l’hanno detto…” disse titubante Kouga
“Avanti ragazzo non farci stare sulle spine! Bella o brutta che sia devi darci questa informazione!” disse, ora, più alterato il Governatore già teso per quello che aveva sentito e se pure doveva stare lì ad aspettare sarebbe esploso.
“Naraku si è messo sulle tracce della Shikon no Tama”. Questa fu la risposta secca del giovane ookami Youkai… risposta che pietrificò all’istante tutti i partecipanti del consiglio.
Era una catastrofe. Naraku sulle tracce della Shikon? Quella di certo era una notizia più che inattesa.
“Ne… ne sei sicuro? Proprio la Shikon no Tama?” chiese l’Umano come se avesse capito male e come se quello fosse stato solo un brutto sogno.
“Sì, la Shikon no Tama” rispose nuovamente, secco, Kouga andando, involontariamente, a rigirare il coltello nella piaga.
Dopo attimi di completo silenzio, la sala esplose in grida di sorpresa e allarme tanto da spaventare anche chi si trovava al di fuori della stanza.
“SILENZIO!!!” tuonò la voce del Governatore.
“Non tollero queste esplosioni di panico. Ora… innanzitutto, Kouga, ti ringrazio infinitamente per quello che ci hai riportato. Se ora potremo studiare una qualche strategia lo dobbiamo solo a te”.
“Ho fatto il mio dovere, Signore” rispose l’ookami Youkai, grato per quelle parole che lo avevano riempito di orgoglio.
“Bene. Ora va a riposarti come si deve. Te lo sei meritato”.
E il giovane Youko si alzò, sorretto da due soldati che lo accompagnarono nell’infermeria per poter essere curato da alcune ferite riportate durante il viaggio e per poter, finalmente, godere di un po’ di calore e riposo.
“Ora a noi signori… per adesso vi devo chiedere di interrompere qui la nostra riunione. Devo parlare in privato con il Ministro della Difesa”.
Tutti i vari parlamentari uscirono in silenzio ubbidendo senza repliche al Governatore a cui ora spettava il compito di prendere complicate e gravi decisioni.
“Ah, Royakan!”.
“Sì, mio Signore?”
“Qui fuori dovrebbe esserci mio figlio, gli diresti di entrare per favore?”.
“Certo, Signore!” e il Demone si allontanò dalla sala fermandosi poi nei pressi della grande porta parlando con un giovane che, subito dopo, fece il suo ingresso con uno strano sorriso sornione.
“Miroku… vuoi spiegarmi per quale assurdo motivo stai sorridendo con quell’espressione idiota?!” chiese brusco il Governatore nonappena posò gli occhi sul figlio che ormai faceva di tutto per farlo irritare.
“Padre, mi offendi!” disse il giovane, con voce da finta vittima “Vuoi forse dire che odi il volto del tuo stesso figlio? Carne della tua carne? Sangue del-”.
“Oooh, e falla finita!! Non ti ho chiamato per fare il buffone!!” gli disse infuriato il padre con una serie di grosse vene che gli pulsavano un po’ dappertutto….
A questa scena il Ministro Mendion sorrise divertito guardando il volto del giovane figlio del Governatore. Aveva ormai vent’anni, ma in quel viso pieno di vita vi si poteva leggere ancora la voglia di divertirsi e di godersi la vita… cosa che non era quasi più prevista per un ragazzo, anzi, un uomo della sua età.
Se a uno sconosciuto gli avessero detto che quello era il figlio del Governatore Takehiko di Eldoras, non ci avrebbe creduto.
E in effetti non si assomigliavano quasi per niente fisicamente… il padre era un uomo di mezz’età, tarchiato seppur abbastanza alto e robusto. Il volto era sempre severo e incuteva timore a chiunque lo vedesse per la prima volta, ma chi lo conosceva bene, vedendo quel volto, non poteva fare altro che provare un gran rispetto.
Il figlio invece era slanciato, più alto della media e con un viso tutto l’opposto del padre: una perenne espressione saccente e sorniona – che si accentuava quando era di fronte al genitore – e da cui si capiva bene che si trattava di un ragazzo relativamente ribelle… cosa dimostrata anche dal suo taglio di capelli giovanile e sbarazzino accentuato da un codino che gli spuntava da dietro la nuca.
Quante volte il padre aveva cercato di tagliarglielo, quel codino…!
Ma una cosa in comune ce l’avevano: i profondi occhi blu in cui vi si poteva leggere il comune amore per il proprio Paese e per la propria gente. Nonché un grande amore per la libertà.
Comunque non bisognava farsi ingannare dall’aspetto del giovane… egli, infatti, come degno e unico figlio del Governatore della capitale, era un grande esperto di politica e sapeva bene come una città dovesse essere governata al meglio.
Oltre a questo, poi, era un abile combattente e, soprattutto, un grande esperto delle arti magiche… forse il più potente dell’intero Paese.
Insomma, nonostante le numerose differenze tra i due, entrambi provavano un profondo rispetto l’uno per l’altro e, cosa di cui era certo il Ministro, anche un profondo affetto, seppur, tra loro, ci fossero sempre state delle incomprensioni.
A quelle parole, comunque, vedendo più del solito la profonda serietà nel volto del vecchio padre, anche Miroku cambiò espressione, facendosi più serio.
“Ho visto Kouga prima. Ha riportato notizie soddisfacenti?”.
“Anche troppo, mi verrebbe da dire. Comunque sì, ne ha riportate di molto importanti”.
“Potrei conoscerle? Se mi avete fatto chiamare significa che avete bisogno anche di me…”.
“Ed è proprio così, figliolo. A te affiderò un’importante missione che sono sicuro riuscirai a portare a compimento senza problemi”.
“Ti ascolto”.
E l’uomo si alzò dalla sua comoda poltrona andando fino alla grande finestra in fondo alla sala che, al di là delle sue sottili pareti in vetro, mostrava il paesaggio della città sconvolto da una della tante tempeste di nevi tipiche di quel periodo dell’anno.
Dal grande caminetto di pietra massiccia, la Pietra di Luna, proveniente da una delle tante cave nei pressi delle Montagne della Luna, si propagava un confortevole calore mentre il fuoco crepitava con un’esplosione di scintille che provocavano misteriosi giochi di luci ed ombre.
Il Governatore si girò, guardando seriamente e preoccupato il figlio negli occhi, i suoi stessi occhi, come se il solo guardarlo avrebbe risolto i suoi problemi nei suoi confronti. Sì perché in quella nuova battaglia che aspettava tutti loro, avrebbe avuto bisogno della forza e del potere del figlio… il suo unico figlio che amava più della sua stessa vita... anche se, non sempre, era riuscito a dimostrarglielo.
Aveva già perso il cugino e tutta la sua famiglia e l’idea di mettere in pericolo anche la vita del suo stesso figlio lo riempiva di sensi di colpa.
E Miroku, come leggendo i pensieri del padre, lo rincuorò
“Non temere. In qualità di figlio del Governatore di Eldoras devo assolvere ai miei doveri e alle mie responsabilità. Non te ne faccio alcuna colpa perché amo questo Paese e sono pronto a difenderlo con la vita… così come mi hai insegnato tu stesso… ed io credo in questo” e lo guardò con affetto, forse come mai aveva fatto. Solo lui gli era rimasto ed era importante, per lui, cercare di consolidare, in qualche modo, il loro legame… cosa non propriamente facile.
Dall’altra parte Takehiko si sorprese delle parole di Miroku capendo solo in quel momento che il figlio gli voleva bene, che aveva fiducia in lui e che gli sarebbe rimasto affianco nelle sue decisioni, nonostante tutto quello che era successo tra di loro e che ancora, in profondità, perdurava.
Sorrise, soddisfatto. Il suo ragazzo non era affatto un buono a nulla irresponsabile… ma questo lui lo sapeva già, anche se troppe volte non lo aveva capito.
“Ti ringrazio per le tue parole, Miroku e perdonate la mia debolezza”.
“Dicci cos’hai in mente Takehiko” intervenne Mendion, avendo capito che il Governatore aveva già pensato ad una prima mossa da fare. E se aveva chiesto a Miroku di occuparsene… bè, voleva dire che non era cosa da poco.
“Vedo che non ti sfugge mai niente Mendion. Bè, ora vi dirò a cosa ho pensato come prima cosa da fare.
“Miroku, ora ti dirò sinteticamente le cose riferiteci da Kouga” e lo guardò, aspettando l’assenso del figlio per continuare
“Bene. Primo: abbiamo scoperto che il secondogenito della famiglia Yasha, che governava il Regno del Sud, di cui ignoravamo completamente l’esistenza, è probabilmente ancora vivo, rinchiuso in una prigione sulla Shima no Nanimo.
“Secondo: dieci anni fa a quel maledetto di Naraku è giunta voce che tua cugina di secondo grado, Kagome, fosse ancora viva su una delle isole del Continente e ha mandato alcuni dei suoi sicari su ognuna di esse per distruggere tutti i vari villaggi.
“Terzo: Naraku è sulle tracce della Shikon no Tama. Sai bene di che si tratta, vero?” e guardò l’espressione terribilmente sorpresa del figlio capendo così che ne era a conoscenza.
“La Shikon no Tama…” sussurrò Miroku che fino a quel momento era rimasto ad ascoltare attentamente le parole del padre assorbendo ogni singola sillaba.
“Ma… padre… quel cimelio non era andato disperso ormai dall’inizio della Seconda Era?” chiese agitato il giovane.
“Già… ma evidentemente non più. Questa di tutte le informazioni che Kouga ci ha riportato è, a mio avviso, la meno certa e sicura, ma quella che maggiormente dobbiamo tener presente”.
“Certamente. – disse Mendion – Se Naraku, già potente com’è, entrasse in possesso di quella sfera sarebbe un disastro. Ma ora sarei curioso di sapere cos’hai intenzione di fare”.
“Sì. A te per prima cosa, Mendion, chiedo di rafforzare le nostre linee di difesa e di preparare la Milizia ad un possibile e imminente scontro. Poi, e questo è un po’ più complicato, di controllare chiunque esca od entri con messaggi destinati o provenienti da lontano. Se a Naraku è giunta voce che Kagome è ancora in vita significa che nella Terra Centrale e addirittura nella stessa Eldoras c’è qualche spia. Ed è questo il nostro tallone d’Achille. Se è una spia del Regno del Sud inevitabilmente non può essere che un Demone… e visto che nella nostra città ci sono sia Demoni che Umani per lui o per loro non sarà stato che un gioco da ragazzi infiltrarsi. Dovremo controllare chiunque, ma, mi raccomando, tutto in modo molto implicito… non voglio spaventare né i nostri abitanti né far scappare le nostre prede”.
“Non c’è problema. I miei ragazzi sono pronti per qualsiasi evenienza… se la sapranno cavare”.
“Non ne dubito. Ora a noi Miroku”.
“Vuoi che mi ritiri Takehiko?” gli chiese Mendion, non sapendo se il Governatore volesse parlare in privato al figlio.
“No, rimani Mendion. Ho bisogno di sapere che ne pensi…. Dunque, a te, Miroku, credo di dover affidare il compito più importante…”.
“Saprò affrontarlo…” disse fiducioso il giovane.
“Lo so. Probabilmente vi sorprenderà quello a cui ho pensato ma credo che sia una buona idea.
“La tua prima missione, figliolo, sarà quella di andare nel Regno del Nord per convocare di persona Sango di Mend, primogenita del regnante e residente nella capitale, Mendeon.
Arrivato là, dovrai spiegarle quello che sta accadendo e poi dovrete tornare qui, ad Eldoras, dove io la incontrerò personalmente.
“Resterete qui qualche mese, prima di ripartire, perché Sango possa esercitarsi a volare con un Drago, indispensabile per questa missione ardita.
“Nonappena avrà una certa dimestichezza con un Drago, partirete alla volta della Shima no Nanimo dove vi accerterete se questo Inuyasha è vivo e se così fosse… bè lo libererete dalla sua prigionia e lo porterete qui”.
“Tu… tu vuoi che facciamo evadere di prigione un carcerato?”.
“Già” disse, semplicemente il Governatore mentre il figlio lo guardava sconvolto. Quella era la missione più assurda a cui avesse mai dovuto prendere parte.
“Come mai tutta questa arditezza? Non sembrerebbe proprio uno dei tuoi piani super rigidi, Takehiko” disse, invece, quasi divertito il Ministro.
“Bè sai, come si dice… a mali estremi, estremi rimedi”.
“Ma… padre… perché? Perché tutto questo?!?”
“Perché voglio ricreare il Consiglio delle Tre Terre”.
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“Yawn!”.
“Oh, buongiorno Kagome! Ma che sono quelle occhiaie? Non hai dormito nemmeno sta notte?”.
“No, nonna Kaede! Ho fatto quel dannato sogno pure sta notte!”.
“Quello di cui mi hai parlato la settimana scorsa?”.
“Già…”.
Isola di Arlem, a nord- est della Terra Centrale. Le otto di mattina, circa. Nel piccolo villaggio di Kandem, nella parte ovest dell’isola, in una piccola capanna, due donne stavano facendo colazione attorno al piccolo focolare, unica difesa contro il gelo tipico di quella stagione. Anche lì era arrivato l’inverno.
“Etciù! Accidenti nonna, quando verrà qualcuno a riparare la stufa?” chiese stizzita la ragazza di nome Kagome. Era una fanciulla di sedici anni, da poco compiuti, di una rara bellezza. Aveva lunghi capelli neri come la notte dai riflessi lucenti, che le ricadevano morbidamente sulle spalle coprendole a metà l’esile schiena. Due occhi grigi, quasi argentati che facevano a gara con il magico colore della luna… ma erano freddi, come il loro stesso colore. Da essi non trapelava quasi mai gioia con il dispiacere della nonna che rimaneva ammaliata da come essi si potessero trasformare se solo la ragazza non avesse, ormai da dieci anni, la morte nel cuore.
La morte provocata dalla morte.
Sì perché, dieci anni prima, il loro villaggio era stato attaccato da alcuni Youkai, comparsi improvvisamente, contro i quali erano rimaste vittime sua figlia e suo marito…i genitori addottivi di Kagome.
Adottata. Kagome era stata adottata perché ella, in realtà, non era altro che l’unica superstite di un’altra strage, avvenuta quattordici anni prima, quella della sua vera famiglia… la Famiglia Reale, gli Higurashi, detentori del trono di Eldoras, capitale della Terra Centrale.
Ma questo la ragazza non lo sapeva. Sapeva solo di essere figlia di quei genitori che le erano stati portati via in maniera così brutale solo per difendere il proprio villaggio, la propria figlia… anche se non era veramente la loro, ma che col tempo lo era diventata. Sì perché sua madre, Kikyo, era stata una sacerdotessa come sua nonna Kaede, del resto.
E suo padre, invece, era molto abile nelle arti magiche.
E lei aveva ereditato entrambe le capacità dei suoi defunti genitori.
O, almeno, credeva di averle ereditate perché, in realtà, come discendente della Famiglia Reale, le possedeva comunque. E Kaede gliele aveva insegnate in vista del suo ritorno verso il trono che le spettava di diritto.
Lei, Kaede, già da anni era partita da Eldoras per ritirarsi sull’isola di Arlem, dopo una trentina d’anni di servizio come membro dei Consiglieri del Re e quando lei se ne andò Kagome doveva ancora nascere mentre, invece, aveva potuto passare un po’ di tempo con il primogenito della casata regnante, Sota Higurashi.
Dopo essersi trasferita sull’isola e essersi sposata, comunque, veniva annualmente aggiornata su quello che succedeva nella Terra Centrale da puntuali messaggi provenienti dalla capitale.
Tra questi aggiornamenti vi fu, ovviamente, la notizia che il Re ebbe una seconda figlia.
Fu molto felice di ricevere quella ‘lieta novella ’ e anche l’anno dopo non ci furono notizie negative.
Ma l’anno ancora dopo accadde. Già allarmata per il ritardo con cui le venne recapitato il messaggio, quando lesse la notizia che il Re, la Regina e Sota, il primogenito, erano stati assassinati, rischiò l’infarto. Ma fu ancora più sorpresa dalla richiesta scritta su quella lettera: ‘ …fortunatamente, però, siamo riusciti a trarre in salvo Kagome, la secondogenita del Re. Io, Takehiko di Eldoras, vi chiedo di prendervi cura di mia cugina che farò accompagnare lì da voi da qualcuno di mia fiducia e che saprà rintracciarvi. Vi prego, contiamo su di voi. Il destino della Terra Centrale dipende da quella bambina.
Vi ringrazio già da ora… mi metterò nuovamente in contatto con voi il prima possibile.
Takehiko di Eldoras.’

E, infatti, pochi giorni dopo arrivò un uomo con in braccio una bambina di appena due anni, affidandogliela.
Così lei, insieme alla figlia Kikyo che da poco si era sposata, si presero l’incarico di difendere la vita di quella piccola creatura. E, inevitabilmente, quasi fin da subito, le si affezionarono tanto che Kikyo e il marito, Hisoka, decisero di adottarla.
Erano felici, veramente felici. Fino a dieci anni fa quando, appunto, furono attaccati da quei demoni.
E Kaede aveva intuito fin da subito come mai dei Demoni si erano disturbati di arrivare fino a là… uccidere l’erede al trono di Eldoras, Kagome. E, essendo stata per tanti anni un membro dei Consiglieri, aveva potuto riconoscere lo stemma che uno di quegli Youkai aveva ricucito sulla casacca sporca di sangue: lo stemma del Ragno, lo stemma di Naraku già colpevole di un’altra strage: quella degli Yasha.
Una ragnatela di morte.
Ma la cosa che la preoccupava era che Kagome, durante quella notte, l’aveva sentita inveire contro quello stesso Youkai e fare il nome di Naraku, il loro mandante.
Ed ora cercava vendetta.
‘ Quando compirò diciotto anni partirò e andrò ad uccidere Naraku. Lo giuro.’ Questo le aveva detto, quella notte. Ed era più che sicura che lo avrebbe fatto.
Oltre a questo ora c’era anche quel sogno, a preoccuparla.
“Nonna Kaede?!?” sentì tuonare, improvvisamente, l’anziana sacerdotessa, risvegliata dalle sue riflessioni.
“Scusa Kagome… stavi dicendo qualcosa?”.
“No…semplicemente ti sto chiamando da mezz’ora!” rispose inviperita la giovane.
“Suvvia… non sarai arrabbiata?” le chiese dolcemente Kaede.
“Uff… no, come potrei arrabbiarmi con te?” rispose lei, sorridendo lievemente. Quel sorriso. Solo a lei e a pochi altri veniva mostrato, seppur piccolo. Da bambina, invece, non faceva altro che ridere. Ma era comprensibile, dopo quello che era successo.
“Kagome cara, scusa… se non ti spiace potresti nuovamente raccontarmi quel sogno?”.
“Sì… certo. Anche se non so cosa ci trovi di interessante visto che è senza senso!”.
“Lascia giudicare a me…”.
“Come vuoi…” disse Kagome, facendo spallucce, non capendo perché dovesse perdere tempo a raccontare una cosa che per lei non aveva alcun senso.
“Allora, vediamo… l’unica cosa che mi rimane sempre impressa maggiormente sono i tre, anzi no, i quattro strani individui che vengono da me…”
“Perché strani?” intervenne l’anziana donna
“Bè, più che strani ognuno di loro preso singolarmente, sono strani come ‘combriccola ’… scusa non si vede tutti giorni un gruppo formato da un Hanyou, uno Youkai e due Umani e, per essere precisi, una Cacciatrice di Demoni e un Majutsushi (= Mago), no?”.
“E tu che mi dicevi che non te lo ricordavi nei dettagli…!” disse, sorpresa, Kaede.
“Mah, sinceramente non so nemmeno io com’è possibile… bè per quel che riguarda i primi tre cioè l’ Hanyou, lo Youko e la Cacciatrice era ben visibile… ma per quel che riguarda quel Mago… in effetti non so come ho fatto a capire che fosse un Majutsushi…. Ne ho, come dire, sentito le capacità, la sua aura spirituale…. Ma è possibile? Insomma…era pur sempre un sogno…”.
“Per una con le tue capacità spirituali tutto è possibile… ma di preciso non so darti una risposta…”.
“Comunque è un sogno molto irritante… non riesco a capire assolutamente cosa quei quattro mi dicano per non contare che ci sono un cucciolo di Youkai e un mezzo- demone dall’aria del ‘so tutto io ’! Se c’è una cosa che odio sono i Demoni! Ma che razza di sogno dovevo fare, pure…!!” disse infuriata Kagome al pensiero di non riuscire a dormire per un sogno così irritante….
“Uhuh! Avanti non c’è bisogno di prenderla così…! Bisognerà soltanto aspettare che tu non li abbia più simili sogni e tutto tornerà alla normalità”.
“Sì ma spero che questa ‘normalità ’ torni presto! Ora vado a fare i miei esercizi con l’arco, nonna. Grazie della colazione, ci vediamo più tardi”.
“Sì e mi raccomando stai attenta!” disse l’anziana miko mentre vedeva Kagome uscire facendole un cenno di saluto con la mano.
- Ho paura che non si tratti di un semplice sogno il tuo, Kagome. Ho un brutto presentimento. – E guardò fuori dalla piccola finestrella che dava sul sentiero vedendo la schiena della ragazza allontanarsi.

FINE 1° CAPITOLO.
Evvai! Il primo capitolo di questa mia nuova fanfiction è terminato! Allora?? Com’è??? Spero vi sai piaciuto…era da una vita che volevo scrivere una storia fantasy!! Bè, siamo solo al primo cap. e se non vi è piaciuto…aspettate almeno di leggerne qualcun altro! Please…!
Comunque, aspetto commenti ma prima di lasciarvi bisogna che, se ci volete capire meglio qualcosa in sta storia, leggiate questo ‘ Specchietto Informativo ’ che, se ce ne sarà necessità, lo vedrete anche più avanti.

Quindi…ecco a voi…
“L’ ANGOLO DELLE RISPOSTE” (Inu: bha…che razza di nome idiota…).
Prima di tutto bisogna parlare del luogo in cui si ambienta la storia, ovvero il Continente delle Tre Terre che è diviso in tre fasce orizzontali:
1- Il Regno del Nord o ‘ Hokubu ’ (= ‘ paese settentrionale ’, in giapponese);
2- La Terra Centrale o ‘ Cyu Ushin’ (= ‘centro ’, in giapponese);
3- Il Regno del Sud o ‘ Nanbu ’(= ‘sud ’, in giapponese) o, ancora ‘ Oukoku no Hone’ che significa ‘Regno delle Ossa ’.
Il nome ha un significato: questa terra è stata anche chiamata così perché nella Prima Era vi era stata una sanguinosa battaglia tra i Demoni e gli Umani e sul campo di battaglia, dopo soli pochi giorni, non vi si poteva vedere che ossa.
Subito dopo vi fu una furiosa eruzione del Vulcano Jigoku (= ‘inferno ’, in giapponese) che devastò tutta la zona ospite della guerra, fossilizzando così tutte le ossa creando un macabro puzzle di morte.

Oltre al Continente delle Tre Terre vi sono, intorno ad esso, alcune isole e le principali sono tre:
a- Shima no Nanimo (= Isola del Nulla, in giapponese): è l’isola dove vi è imprigionato Inu-yasha. A nord di essa vi è un altro piccolo isolotto senza nome proprio perché non vi è nulla. Si trova ad est rispetto al Regno del Sud, quasi nelle vicinanze della Terra Centrale;
b- Isola di Arlem: è l’isola dove vi è Kagome. Si trova a nord- est rispetto alla Terra Centrale;
c- Isola di Kadok: è l’isola dove vi abitano gli Orchi. Intorno ad essa vi sono altre tre isolette minori dove vi crescono strane ma possenti creature che gli Orchi usano nelle battaglie. Si trova a sud rispetto al Regno del Sud, dopo lo Stretto di Cronos.

Vi sono, poi, altri piccoli isolotti nei dintorni del Continente, ma senza nome.
L’unica, oltre alle tre isole precedenti, ad avere un nome è Elandrim, al di là del Mare del Tormento, della quale non si sa nulla.
Questo perché chi è partito per andare ad esplorarla, passando per quel mare, non è più tornato.
Si trova a sud- ovest rispetto al Regno del Sud.

Ora passiamo alle caratteristiche delle singole Tre Terre:
1- Nel Regno del Nord vi vivono solo gli Uomini. Qui è in vigore la Repubblica che, però, alle spalle, è sorretta anche dalla famiglia reale, i Mend fondatori della capitale, Mendeon;
2- Nella Terra Centrale vi vivono Uomini, Youkai ed anche Hanyou. È l’unica parte delle Tre Terre a possedere i Draghi.
Qui, poi, vi vive la Famiglia Reale ai cui membri sono destinati i Draghi Supremi…ma di questo ne parlerò più avanti.
È stata la terra Centrale, fin dopo la Prima Era, grazie alla sua Milizia del Dragone, a mantenere una relativa stabilità nei rapporti tra le Tre Terre.
Qui è in vigore una monarchia costituzionale, dove la Famiglia Reale prende le decisioni solo se approvate dal Parlamento.
3- Nel Regno del Sud vi vivono solo i Demoni il cui sovrano è ora Naraku dopo, tramite una congiura da lui stesso organizzata, aver spodestato da trono Inu Taisho che aveva cercato di formare una ufficiale alleanza tra le Tre Terre.
Qui è in vigore una monarchia molto rigida che opera senza il controllo o l’ausilio di un Parlamento.

Bene, e adesso, anche se non ci sarebbe nulla di particolare da dire, vi scrivo due righe sui personaggi principali…tanto per essere sicuri che dopo abbiate le idee chiare…!
1- Inu-yasha: secondogenito della casata Yasha, la famiglia reale, avente perciò diritto al trono. Fa parte della popolazione del Regno del Sud.
Ha 18 anni.
2- Miroku: è l’unico figlio del Governatore Takehiko di Eldoras, ora reggente della capitale dopo l’assassinio del Re, suo cugino, Masahiro Higurashi.
È un esperto delle arti magiche. Ha 20 anni.
3- Sango: è primogenita della famiglia Mend, coloro che hanno fondato la capitale, Mendeon. È un’abile combattente, esperta nel cacciare i Demoni. Ha 18 anni.
4- Kagome: unica superstite alla strage della Famiglia Reale, vive, ignara del suo ruolo, sull’Isola di Arlem dove, ad appena due anni, venne affidata alla Somma Kaede, che, anni prima, era una dei Consiglieri del Re. È l’erede al trono di Eldoras. Ha 16 anni.
5- Naraku: è colui che ha pianificato sia la congiura contro il padre di Inu-yasha, sia l’assassinio della Famiglia Reale e, inoltre, è il responsabile della morte dei genitori adottivi di Kagome. è ora lui a possedere il trono degli Yasha e comanda il Regno del Sud. Si vuole impossessare della Shikon no Tama che da tempo si diceva scomparsa.

* CURIOSITÀ:
‘ Montagne della Luna ’: così denominate perché nell’antichità si pensava che dietro di esse vi tramontasse la Luna.

Ecco direi che, per il momento, è più che sufficiente.
Quando verrà l’occasione, poi, vi spiegherò anche tutto ciò che riguarda i Draghi ed anche l’accezione di Majutsushi, cioè Mago, ma non inteso come lo intendiamo noi oggi….
Certo, la mia mente ha partorito decisamente una cosa un po’ strana tra cui il mischiare nomi giapponesi a nomi fantasy…ma così è più divertente, no?
Comunque se avete bisogno di qualche spiegazione non esitate a domandare!
Se volete potete contattarmi per via e-mail o anche su Messenger, se lo avete! Le mie e-mail sono:
francesca4e@yahoo.it ;
fre_chan87@hotmail.it .
Bene, direi che è tutto…vi saluto bella gente e al prox capitolo!!!

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Capitolo 2
*** cap2 “ALL’OMBRA DEL FOCOLARE” ***


Ehm…innanzitutto salve a tutti! Però devo essere sincera…sono ‘molto ’ arrabbiata perché su più di sessanta persone che hanno letto il primo capitolo solo in DUE hanno commentato!!! Non si fa così! Anche solo per dirmi che la mia ff non vi piace, dovete commentare!! Sigh…sob…. Comunque sono contenta almeno che qualcuno l’abbia letta! Non si può avere tutto nella vita…!
Però spero che qualche anima buona e caritatevole lasci qualche commentino per questo secondo capitolo!
E senza esitare ve lo lascio, spero sia di vostro gradimento!
Ma prima di cominciare voglio mandare i miei più calorosi saluti alle due commentatrici: kagome_chan88 e lucyllechan!! Grazie mille per i vostri commenti!!

2° CAPITOLO “ALL’OMBRA DEL FOCOLARE”

“Ehm… mi scusi mi saprebbe dire dove posso trovare Kouga degli Yoro?”.
“Oh, salve signor Miroku! Certo, ho sentito che ha passato la notte nell’infermeria del piano terra… visto che è ancora presto credo che lo troverà ancora là…”.
“La ringrazio molto… bella signorina!” disse lascivo e con sguardo seducente il giovane figlio del Governatore… sempre il solito don Giovanni!
“M- ma signor Miroku… mi fate arrossire!” rispose, invece, la giovane serva rimasta ammaliata dal comportamento del ragazzo e dai suoi complimenti.
“E perché mai? Vi imbarazzano i complimenti? Ma non posso farne a meno… siete una creatura così incantevole…!” continuò lui, già convinto che la mattina sarebbe cominciata al meglio con un bel bacio…. Ma il suo sogno venne interrotto da quella che non sembrava affatto la voce gentile e femminile della ragazza davanti a lui….
“Sempre il solito, eh Miroku?”.
“Ehm… buon… buongiorno senpai Mendion!” salutò, un po’ imbarazzato, il giovane dal codino.
“Eheh… che c’è? Non ti avrò mica interrotto nel corso delle tue effusioni mattutine…!”
“N- no! Ma che dite! Stavo solo chiedendo qualche informazione!”.
“E a che proposito? Su dove si trovi la stanza della signorina?!” chiese, ridendo sotto i baffi, il Ministro, vedendo la reazione del ragazzo, provocata da quelle parole.
“M- ma senpai, che dite!! Io non sono di certo quel genere di uomo!” rispose Miroku quasi indignato, sapendo bene, però, quanto fosse diversa la realtà….
“Bene, allora se è così… saluta la signorina che sarà di certo molto indaffarata”.
“Ce… certo! Allora…- e si voltò verso la ragazza che fino a quel momento non aveva ben compreso la situazione – la ringrazio per le informazioni. Ora può andare…” le disse, anche se un po’ a malincuore.
“Certamente… buongiorno signor Miroku, signor Ministro…” e fece un lieve inchino, per poi congedarsi.
“Ahahah! Oh, Miroku! Avresti dovuto vedere la tua faccia!! È stato troppo divertente!!”.
“Sì… certo! Ma tu guarda che scherzi che si mette a fare un Ministro della Difesa!” disse stizzito il ragazzo mentre guardava di sottecchi la sua ‘preda ’ allontanarsi lungo il corridoio per andare a sbrigare le sue faccende.
“Sbaglio o ho colto una nota di disapprovazione nella tua voce?” chiese ironico l’altro mentre guardava, divertito, il volto corrucciato del ragazzo.
“Aaahhh… ragazzo mio devi capire che non puoi metterti a corteggiare tutte le ragazze del palazzo! Che penserà la gente? Che il figlio del Governatore è un don Giovanni patentato?”
- Anche se temo che questa voce sia già largamente diffusa – pensò, leggermente amareggiato Mendion, mentre sospirava guardando il pavimento.
“E anche se fosse? Ho solo vent’anni è naturale che mi interessi ancora dell’altro sesso! Non pretenderete mica che già mi sposi per dedicarmi ad un’unica donna!”.
“Invece è proprio così che dovrebbe andare! Tu sai meglio di chiunque altro che è proprio questa l’età in cui si dovrebbe prendere moglie! Anzi, tu in particolare, avresti dovuto cominciare a sistemarti appena compiuti i diciotto anni!”.
“Ma è troppo presto! No, mi rifiuto categoricamente!!” disse Miroku, col tono tipico di un bambino capriccioso che fece lievemente irritare il Ministro… in effetti, per l’amico Takehiko, non doveva essere stato affatto facile tirare su, da solo, un figlio del genere! Ma, comunque, capiva le ragioni del giovane, lo conosceva bene, e sapeva bene quanto fosse difficile per uno spirito libero come lui, legarsi definitivamente e con un’unica donna…. Lo considerava come una sorta di nipote, ed aveva ormai capito che per lui, le donne, erano il massimo del piacere nella vita….
“Miroku, lo sai, io capisco perfettamente ciò che provi…. Ti ho visto crescere, e spesso sono stato proprio io a convincere tuo padre a lasciarti un po’ di respiro… ma tu, però, devi capire anche le ragioni di chi ti sta intorno e, soprattutto, quelle di tuo padre. Lui non vuole frenarti, vuole solo il meglio per te ed essere sicuro che tu abbia un futuro stabile…”.
“Uff… lo so. So di essere capriccioso… spesso… ma l’idea di legarmi, di pensare a sistemare le cose… di programmare le cose… bè, mi soffoca!”.
Mendion sorrise. Era importante che Miroku riconoscesse i suoi difetti e le sue debolezze se voleva maturare.
“Senti… - gli disse, fermandosi, mentre gli posava affettuosamente una mano sulla spalla – Per adesso lasciamo perdere questo discorso, anche perché questo non è certo il periodo più adatto per pensare a prendere moglie…! Dopo che tu avrai svolto la tua missione e dopo che, magari, si sarà attenuata la minaccia di Naraku, ne riparleremo… va meglio così?”.
“Certamente! Mi sento sollevato, ora…!” disse, grato di aver scampato il pericolo anche questa volta.
“Adesso ti lascio… tuo padre ha bisogno di me per discutere di alcune cose”.
“Sì… anche io devo fare una cosa…. Ci vediamo più tardi”.
“A dopo!” e i due si allontanarono, ma poi Miroku richiamò l’attenzione del Ministro
“Ah, Mendion!... Grazie…” e si rigirò dirigendosi verso la sua meta.
Il Ministro, invece, era rimasto lievemente sorpreso e compiaciuto di quelle parole.
- Mi ha chiamato semplicemente Mendion… è giusto così… ormai non sono più il suo senpai…- e sorrise pensando a quanto quel ragazzo fosse cresciuto….

Toc, toc.
“Avanti…”
“Ehilà! Buongiorno Kouga! Dormito bene?”
“Mi… Miroku! Che ci fai qui?!”.
“Mamma mia… che accoglienza! E io che ero venuto a trovarti per vedere come stavi!” disse, leggermente stizzito, Miroku mentre guardava il giovane ookami Youkai che, ancora mezzo nudo, si era bloccato a guardarlo con aria un po’ spaesata….
“N-no! Scusami… è che non mi aspettavo una tua visita…. Non pensavo che sapessi che ero tornato…”.
“Bè, ti ho visto ieri, quando sei uscito dalla Sala… ma evidentemente eri così moribondo che non mi hai nemmeno visto!”.
“Ah-ah! Non scherzare… ci è mancato poco che non ci sono rimasto secco davvero!”.
“Comunque… mio padre mi ha raccontato quello che hai scoperto… sei stato davvero bravo! I miei complimenti…!”.
“Ho solo fatto il mio dovere…” rispose, quasi ignorando i complimenti dell’amico… ma poi, non udendo alcuna risposta, si girò a guardarlo vedendo che Miroku lo guardava con un sopracciglio inarcato come a voler dire ‘ Ma a chi la dai a bere?!?’ ed infatti sbottò, subito dopo
“È naturale che sono stato bravo!! Con chi credi di avere a che fare?!?”.
“Oh… ecco! Adesso ti riconosco, eheheh!!” disse divertito il giovane dal codino facendo ridere anche l’ ookami Youkai.
“Comunque sono contento di rivederti, amico” e si abbracciarono, felici di rivedersi dopo tanto tempo.
“Sai, c’è stato un momento in cui ho pensato che non saresti più tornato… conoscendo la tua velocità, aveva cominciato a preoccuparmi il tuo ritardo…”.
“Lo so… è che sono stato bloccato dalle Grandi Nevi… attraversare le Montagne della Luna in questo periodo è davvero un suicidio! E adesso che lo so… bè, aspetterò un bel po’ prima di rimetterci piede!”.
“Bè, l’importante è che tu sia sano e salvo… ma adesso come stai?” chiese Miroku, vedendo alcune fasciature sul corpo dello Youko.
“Benone, non preoccuparti! Solo qualche graffietto!! Sono uno dei migliori Youkai io, che ti credi?!”.
“Sì, sì, lo so, eheh!”.
“Comunque… se posso saperlo… tuo padre cos’ha deciso di fare adesso che sa più o meno le intenzioni di Naraku?”.
“Senti… hai già fatto colazione?”.
“No… in effetti, adesso che mi ci fai pensare, non ho ancora mangiato da quando sono arrivato…”.
“Allora andiamo giù alla taverna… così mentre mettiamo qualcosa sotto i denti ti racconto…”.
“Mi sembra un’ottima idea! Mi infilo la casacca e arrivo!”.
Così, dopo essersi rivestito, i due amici si diressero verso la rampa di scale che portava nel sottosuolo dove, subito al primo piano, avrebbero trovato la taverna, adibita, in genere, come mensa dei soldati… ma, in generale, vi ci poteva andare chiunque e a qualsiasi ora della giornata… qualcosa da mettere nello stomaco lo si trovava sempre!
Il Palazzo Reale era una costruzione immensa risalente alla fine della Prima Era, progettata dallo stesso fondatore della città, Eldeor.
Era composto, in totale, da sei piani, tre in superficie e tre nel sottosuolo. Sottosuolo che sembrava una ragnatela per le numerosissime gallerie costruite nel corso degli anni e delle quali, ormai, la maggior parte erano in disuso.
Tali gallerie erano state costruite per le necessità più svariate ma la principale era quella che si presentava durante le guerre o gli assedi… ovvero far fuggire i civili.
Infatti, in diversi punti stabiliti della città si potevano trovare botole, ognuna della quali conduceva ad una galleria. E questa rete di gallerie era stata progettata in modo tale che i passaggi minori sboccassero nell’arteria principale per fare in modo che i cittadini potessero uscire dalla città in modo compatto.
Ma questo sistema era una lama a doppio taglio. Perché se i nemici avessero bloccato sia l’entrata che l’uscita della galleria principale coloro che avessero provato a fuggire si sarebbero trovati come topi in trappola. Tutti, nessuno escluso.
Si era provato quindi a costruire una seconda galleria, diciamo, ‘di emergenza ’, ma il progetto era stato abbandonato per il fatto che, se si fosse continuato a scavare, il terreno avrebbe ceduto, facendo crollare l’intera città.
Oltre a questo tipo di passaggi, poi, ve ne erano alcuni altri adibiti per il commercio e lo scambio di merci.
Tutte queste gallerie si trovavano nella parte più bassa del sottosuolo, il terzo piano sotterraneo.
Più in alto vi erano altre gallerie che, alla fine, formavano il secondo piano sotterraneo, composte da una serie di tunnel molto più grandi in cui vi erano delle specie di stanze. Quelli erano gli ‘appartamenti ’ dei Draghi.
A prima vista poteva sembrare una crudeltà tenere in quei posti così angustiosi creature grandi come i Draghi, ma le stanze erano state progettate in modo tale che un Drago vi potesse stare tranquillamente sia steso che a quattro zampe. In fondo tali creature usavano questi appartamenti semplicemente per dormire e ripararsi in periodi come quello delle Grandi Nevi o delle Grandi Piogge. Infatti, anche per una creatura possente come un Drago, era difficile muoversi in tali periodi.
Infine, il primo piano sotterraneo.
Questo era il più grande, anche perché qui vi era stato costruito un grande dormitorio destinato in particolare ai soldati della Milizia del Dragone, coloro che per eccellenza combattevano con i Draghi.
Sì perché oltre alla Milizia del Dragone, che, alla fine, non costituiva se non un quarto dell’esercito di Eldoras, vi era un altro gruppo di soldati ‘ordinari’, circa settantacinquemila tra Uomini, Youkai e Hanyou, che combatteva senza i Draghi e i cui dormitori si trovavano in una caserma subito nelle vicinanze del Palazzo Reale.
Ai tempi della Prima Era, quando la Milizia era stata costituita, essa non era che una piccola minoranza dell’intero esercito a causa del fatto che, dopo la Grande Guerra, molte delle uova di Drago erano state distrutte.
Ma col passare degli anni, con la costruzione, appunto, di queste gallerie, le condizioni di vita per i Draghi erano molto migliorate con la logica conseguenza di un notevole aumento delle nascite.
Il fatto che, quindi, la Milizia non costituisse, ancora, per intero l’esercito non dipendeva da questo.
Ciò che soprattutto determinava ciò, era che bisognava essere predestinati a possedere un Drago perché era proprio quest’ultimo a scegliere colui a cui sarebbe stato vicino, offrendogli la propria forza, la propria fiducia e offrendogli, soprattutto, quel misterioso ed eccezionale rapporto che si poteva avere solo con una creatura speciale come quella.
Il legame con un Drago, una volta suggellato, era indissolubile… solo la morte l’avrebbe potuto spezzare.
Per questo erano state istituite alcune cerimonie, in totale tre: la Cerimonia della Scelta, della Nascita e, infine, dell’Iniziazione.
La prima era la più lunga e consisteva in una ‘sfilata ’: colui che aveva deciso di entrare a far parte dell’esercito, doveva sfilare, appunto, davanti ad una serie di uova di Drago, divise in due gruppi; il primo gruppo era costituito dalle uova già da anni covate e che si dovevano ancora schiudere, il secondo da quelle appena covate.
Si avevano, comunque, sempre un numero limitato di uova perché su tutte le dragonesse solo alcune venivano scelte per la fecondazione. La decisione dipendeva da diversi fattori, dalla forza fisica all’abilità nelle arti magiche specifiche dei Draghi, nonché dalla specie.
Era questa sfilata a decidere se il futuro soldato avrebbe fatto parte della Milizia o se sarebbe diventato un soldato ordinario. E il tutto dipendeva dal Drago.
Se si fosse stati scelti e, quindi, se una delle uova davanti alla quale si era sfilati si fosse schiusa, si sarebbe proceduti, dopo un mese, al massimo due, con la Cerimonia della Nascita. Nascita intesa come la creazione di un nuovo e importantissimo legame tra il Drago e il Cavaliere. Era anche la cerimonia dove veniva scelto il nome del Drago stesso.
Infine si passava all’ultima cerimonia, quella dell’Iniziazione. Essa consisteva nel giuramento di fiducia e lealtà che Drago e Cavaliere dovevano fare nei confronti del proprio Paese. Era anche l’occasione in cui i due facevano il loro primo volo in pubblico dimostrando che quel Drago apparteneva a quel Cavaliere e viceversa.
Da quel giorno in poi i due avrebbero vissuto tutta la loro esistenza insieme, come uno il completamento dell’altro.
Ma torniamo alla struttura del Palazzo Reale.
I dormitori della Milizia, quindi, erano stati costruiti proprio sopra gli appartamenti dei Draghi in modo tale che, se ci fosse stato un problema o qualche attacco, questi ultimi sarebbero stati facilmente raggiungibili.
Dopo al primo piano sotterraneo si passava poi al piano terra dove vi era una delle diverse infermerie sparse un po’ su tutti i piani, una grande mensa accessibile solo negli orari dei pasti ed altre stanze, tra cui i dormitori della servitù.
Al primo piano vi erano gli ‘uffici ’ tra cui la grande Sala del Parlamento.
Al secondo ed ultimo piano, infine, vi erano le stanze della Famiglia Reale ed alcune altre destinate agli ospiti.
I nostri due amici, invece, si stavano appunto dirigendo al primo piano sotterraneo da cui proveniva un’invitante odore di cibo.
Percorsero la ben illuminata scala fino ad arrivare nell’ombroso ingresso ai piani sotterranei: una sala semicircolare dalla quale partivano tutta una serie di corridoi, la maggior parte dei quali portavano alle stanze dei soldati, tra cui quelle di Kouga e Miroku.
Ma loro si diressero verso l’ultimo della parte destra, ovvero verso quello che li avrebbe portati fino alla taverna.
Questa, una stanza di media grandezza, era il punto di ritrovo preferito dei soldati della Milizia perché confortevole e perché dava una certa sensazione di intimità.
I due entrarono vedendo la sala meno deserta del solito e questo a causa della Grandi Nevi che, in quel periodo dell’anno, obbligavano a rinunciare alla maggior parte delle attività quotidiane che, normalmente, occupavano le giornate dei soldati… perciò coloro che, a causa delle tempeste, non poteva svolgere i propri compiti, si ritrovavano lì consolati dal confortevole calore del focolare.
Si sedettero ad un tavolo riparato dalla spessa roccia che li sovrastava salutando chi gli stava intorno.
Poco dopo si avvicinò al loro tavolo una donna robusta, di media statura, sulla sessantina con un caldo e raggiante sorriso.
“Ragazzi che piacere vedervi!”.
“Oh, cara Doroty il piacere è tutto nostro… è da un po’ che non ci si vede…!” rispose al saluto in modo affettuoso Miroku
“Vedo con immenso piacere che sei tornato sano e salvo Kouga! Ci hai fatto stare in pena, sai?”
“Mi dispiace… mi hanno frenato le Grandi Nevi e ci ho messo più del previsto… ma sono davvero contento di rivederti!” e si alzò per abbracciarla. Doroty si occupava della taverna principalmente come cuoca sopraffina, ma era un po’ una tuttofare e si preoccupava di procurare ai soldati tutto ciò di cui avevano bisogno… era un po’ per tutti la loro mamma e le erano molto affezionati.
“E dimmi come sta il buon vecchio Glen?” chiese poi Kouga
“Come sempre… il solito brontolone! Quando venivano a domandare se avevamo ricevuto tue notizie dai ‘piani alti ’non faceva altro che sbraitare: ‘Non preoccupatevi per quello scapestrato!! Se cadesse nella bocca del Vulcano Jigoku lo sputerebbe fuori subito incapace di ‘digerire ’ un tale mascalzone!’ ”.
“Ahahah! Eh sì… non è cambiato per niente!”.
“Sì ma sono sicura che nonappena ti vedrà gli verranno le lacrime agli occhi per il sollievo di vederti vivo! Comunque era qui in giro poco fa… dovrebbe tornare da un momento all’altro…”.
“Ko… Kouga?!?” ed infatti vennero interrotti sentendo la voce strozzata di un uomo… Glen in persona che guardava il giovane ookami Youkai come se fosse stato un fantasma.
“Toh! Parli del diavolo e spuntano le corna! Come te la passi vecchio Glen?!” gli chiese sorridendo Kouga mentre si era alzato per andargli incontro. Si aspettava davvero, come aveva detto Doroty, di vederlo mettersi a piangere da un momento all’altro ma non fu proprio così…!
“Disgraziato!! Come fai a dire una cosa simile dopo avermi fatto morire dalla preoccupazione?!? Sei proprio una zucca vuota!!”.
Silenzio. Nessuno si aspettava una scenata simile dal vecchio locandiere e non sapevano come comportarsi.
Ma in verità il vecchio Glen aveva fatto quella sfuriata solo per nascondere il suo reale sollievo nel vedere il giovane Youko sano e salvo… quindi lo guardò per un po’ torvo ma poi cedette alla gran voglia di abbracciarlo.
“Oh, al diavolo!! Vieni qui e fatti abbracciare ragazzo!”.
Kouga sorrise e andò verso lo scorbutico locandiere abbracciandolo e prendendolo in giro per aver fatto finta di non essere contento di rivederlo.
Per Kouga Glen e Doroty erano una specie di nonni… era entrato a far parte della Milizia del Dragone che era ancora bambino ed essendo rimasto orfano, quella di arruolarsi era l’unica cosa che gli avrebbe permesso di avere un tetto sulla testa e pasti caldi tutti i giorni. Così conobbe i due locandieri che rimasero molto sorpresi nel vedere un bambino già arruolato nella Milizia.
Lo aiutarono ad ambientarsi, a procurargli quello che gli serviva… insomma si occuparono di lui come dei nonni.
Forse, lì dentro, era lui quello più affezionato a quei due.
Anche Miroku sorrise alla scena e salutò rispettosamente il vecchio signore.
“Allora il viaggio è andato bene? Non sei rimasto ferito, vero?” chiese preoccupato Glen.
“Ahah… no no, non ti preoccupare! Da quando in qua ti interessi della mia salute come una mammina?” disse, prendendolo in giro, il demone lupo.
“Sì, scherza pure ma pensavamo ormai che non ti avremmo più rivisto!! Dopo avermi fatto penare tutti questi anni con le tue birichinate non potevo certo pensare che… che…” ma non riuscì a terminare la frase, ripensando alla grande preoccupazione che aveva provato durante quei lunghi giorni passati senza avere alcuna notizia di quello che per lui era diventato un nipote.
“Su, su… adesso sono qui, no? È questo l’importante…”.
“Esatto! Allora ragazzi, per festeggiare che ne dite se vi faccio le mie frittelle speciali?” chiese allegra Doroty
“A dir la verità eravamo venuti qui proprio per mangiare quindi accettiamo di buon grado!” disse Miroku.
“Perfetto! Allora, intanto che ci siamo, vi farò assaggiare il sidro di more che ho preparato giusto ieri sera… è ancora il tuo preferito, no Kouga?” chiese affettuosamente Glen.
“Ovviamente! Portane un bel fiaschetto!” gli rispose lo youkai mentre il locandiere provvedeva a portare la bevanda.
“Aaahhh… quanto mi è mancato questo posto!” disse, più felice che mai Kouga.
“Si vede amico mio, si vede!” disse sorridente Miroku.
“Non vedo l’ora di andare a trovare il mio Slyfer!! Peccato per queste tempeste… avevo un gran voglia di volare!”.
“Già… per coloro che possiedono un Drago questi periodi dell’anno sono veramente tremendi!” constatò sospirando Miroku.
“E la tua Varandir come sta?”.
“Aaaah… il mio unico amore! È più bella che mai!! Dopo che abbiamo finito di mangiare e di discutere andiamo trovarli, che ne dici? Non ci sono nemmeno andato ieri sera e, conoscendola, sarà infuriata eheheh!”.
“Sai spesso mi ritrovo a pensare alla sfortuna di quelli che non possiedono un Drago! Per me è stato il regalo più bello di tutta la vita!” disse con gli occhi color del cielo che gli brillavano.
“Già… il legame con un Drago è uno dei più vincolanti se non il più vincolante che ci sia…. Certo, anche il legame che c’è tra un genitore e un figlio è importante ma è più fragile rispetto a quello che si ha con un Drago... è una cosa straordinaria sapere che Lui ci sarà sempre al tuo fianco… anche quando tutti ti voltano le spalle… Lui ci sarà…. Ed io ho avuto la fortuna di avere una dragonessa ahahah!!”.
“Sai, era quasi scontato! Con la tua mania per le donne non penso saresti andato molto d’accordo con un maschio!”.
“Probabilmente hai ragione eheh!”.
“Ecco a voi ragazzi! Le mie super frittelle calde calde! Volete anche la salsa ai frutti di bosco?”.
“Direi che non posso rifiutare…!” rispose Miroku
“Idem per me!” disse poi anche Kouga.
“Ehi Glen ti sei perso per caso?” urlò poi ancora l’ ookami Youkai aspettando impaziente di assaggiare il sidro di more del vecchio Glen… la bevanda tipica dell’inverno ed efficace rimedio contro il gelo.
“Eccomi, eccomi!” esclamò il vecchio locandiere mentre sbucava fuori dalla dispensa con un fiaschetto in mano….
“Ecco ragazzi il mio specialissimo sidro alle more! Non per vantarmi, ma quest’anno è venuto particolarmente bene…!”.
“Il tuo sidro viene sempre bene Glen! Ma adesso facciamoci un bel brindisi, eh?!? Alla vostra ragazzi!” e, tutti insieme, bevvero un sorso del denso e scuro liquido che subito gli riscaldò la gola.
“Aaaaah!! Cavolo Glen avevi ragione! Questo sidro è strepitoso!!” disse, molto soddisfatto, Kouga.
“Eheh! Sono contento ragazzo! Prima di andare via ricordami di dartene un fiaschetto! Ora scusatemi, ma ho delle faccende da sbrigare…. Prima di andare via fatemi un fischio che vi saluto”.
“Certo! A dopo!”.
E i due ragazzi guardarono il vecchio locandiere mentre spariva dietro una massiccia parete in pietra con la schiena un po’ ricurva dagli anni….
“Ora mangiamo… a stomaco pieno si parla meglio!” disse allegro Kouga fiondandosi sul suo piatto di calde frittelle, divorandole… aveva percorso mezza Terra Centrale arrampicandosi fino le Montagne della Luna… aveva decisamente bisogno di recuperare le energie!

“Aaaaah! Ora mi sento decisamente meglio!!”.
“Ci credo! Hai fatto tre volte il bis di frittelle! Sei proprio una fogna Kouga!” disse, quasi disgustato dall’ingordigia dell’amico, Miroku.
“Ehi… non esageriamo!! Non mangiavo da quasi cinque giorni!! Dovevo pur recuperare il cibo perso, no?”.
“Sì, ma conoscendoti sono sicuro che mangerai anche a pranzo…è questo quello che mi sconvolge!”.
“Come sei esagerato… è tutta salute! Ma ora passiamo alle cose più serie… allora? Che ti ha detto tuo padre?”.
“Eeeeh… sta volta mi aspetta un compito davvero difficile…” disse un po’ scoraggiato il giovane dal codino.
“Quindi ha affidato una missione anche a te?”.
“Già… prima di tutto mi ha incaricato di recarmi nel Regno del Nord per convocare qui, ad Eldoras, la primogenita del re, Sango di Mend… ne hai mai sentito parlare?”.
“Vagamente… so che è un’abile combattente… soprattutto nel cacciare i Demoni… ma la cosa non mi sorprende visto che è del Nord…. Ma perché mandare te a fare qualcosa che potrebbe fare un normalissimo messaggero?”.
“Perché, primo dovrò spiegarle la situazione e visto che si tratta di notizie di massima segretezza mio padre non vuole rischiare che si vengano a sapere in giro; secondo serve una persona convincente e abile nel parlare… e chi meglio di me?”
“Su questo non ti do torto…!”
“Terzo… essendoci una fanciulla da convincere… bè con una persona dotata del mio immenso fascino il gioco è fatto!”.
“Non credo che questo sia stato uno dei motivi a cui tuo padre a pensato per scegliere proprio te! E comunque non è la ragazza che devi convincere ma il padre!”
“Sì sì, è la stessa cosa…!”
“Oddio… speriamo bene!” disse un po’ sfiduciato il Demone lupo conoscendo il carattere imprevedibile dell’amico.
“Non oso immaginare le cavolate che potresti fare se questa Sango è una bella ragazza!”
“DEVE essere una bella ragazza! E poi ho già chiesto a mio padre… da quello che ha saputo è davvero una bellissima principessa!”.
“Cioè… tu devi affrontare un viaggio pericoloso verso il Nord, non sapendo quello che ti aspetta e la prima cosa di cui ti sei interessato è se questa Sango è una bella donna?!?”.
“… Sì”.
Kouga era rimasto senza parole. Sapeva bene che Miroku era un autentico don Giovanni senza speranza… ma non fino a questo punto!
“Tu… sei senza speranza!” riuscì semplicemente a dire.
“Non dire così! Mi sento più motivato se so che la persona che devo ‘andare a prendere ’ è una bella ragazza!”.
“Ho capito, ho capito ma adesso lasciamo perdere…. Poi? Ti ha detto altro il Governatore?”
“Sì… dopo che avrò portato qui la signorina Mend dovremo rimanere qua qualche mese perché dovrà imparare a volare ha detto mio padre … con un Drago intendo…”.
“Cosa? Vuole farla diventare un Cavaliere?! Ma bisogna essere predestinati ad avere un Drago! E se un Drago non la sceglie?”
“Non ne ho idea… non ha minimamente accennato a questo ed io non sono stato di certo a chiederglielo! Conoscendolo, quando non dice una cosa vuol dire che è così che andrà, punto”.
“Non me l’aspettavo da tuo padre…”.
“Ah ma non ti ho detto ancora la parte migliore e più incredibile!”.
“E sarebbe?”.
“Mi ha detto che dopo che Sango avrà una certa destrezza nel volare, dovremo andare sulla Shima non Nanimo per constatare se quell’Inu-yasha è vivo o meno…”.
“Che? E una volta saputo se è vivo o morto cos’ha risolto?”.
“Bè se è morto, ovviamente nulla… ma se è vivo… mi ha ordinato di liberarlo e di portarlo ad Eldoras”.
“Cosa?!? Far evadere un prigioniero da un carcere?!? Ehi quella è gente del Sud e non scherzano! Se vi scoprono sai che casino? Dopo sì che Naraku non ci penserà due volte ad attaccarci!” disse con foga Kouga non capendo il perché di un intervento così ardito.
“Infatti l’ordine è quello di eliminare i carcerieri, ovviamente. Mio padre non è stupido, Kouga. Sa quello che fa” disse Miroku, rincuorando l’amico e capendo la sua preoccupazione.
“Sì lo so, scusami… sai che non intendevo dire questo. È che sono rimasto sorpreso. Di solito tuo padre agisce sempre in modo così cauto…”.
“Non preoccuparti… sono rimasto sorpreso io stesso!”.
“Ma… perché tutto questo? Perché far venire qui una principessa del Nord e un principe del Sud?”.
“Perché vuole ricostituire il Consiglio delle Tre Terre”.
“Il… Consiglio delle Tre Terre?” chiese, perplesso, il giovane ookami Youkai.
“Sì… era un organo di governo usato nei casi di necessità. Fu istituito dopo la Grande Guerra della Prima Era quando Youkai e Uomini si erano sterminati a vicenda.
“Si trattava di un’assemblea formata da tre membri essenziali, in genere, ma il numero poteva anche essere superiore, per un massimo di cinque: un rappresentante del Regno del Nord, uno della Terra Centrale ed, infine, uno del Regno del Sud”.
“Bè… stando così le cose a cosa potevano servire altri due membri? Bastavano i tre da te elencati, i rappresentanti dei tre Paesi, no?”.
“Dipende… alcune volte veniva nominato come rappresentante del Consiglio anche il Re della Famiglia Reale oppure qualcuno che venisse incaricato di controllare che i tre rappresentanti delle Tre Terre si comportassero in modo giusto…”.
“Cavolo… non avevo idea che fosse esistito un organo del genere…”.
“Non sei l’unico… ormai sono in pochi coloro che ne hanno memoria e questo perché è da tantissimo tempo che non è stato più chiesto il suo intervento… o, almeno, questa è la spiegazione più comune…”.
“Credo di intuire che per te non è così, giusto?”.
“Ed è giusta la tua intuizione… si era infatti riparlato del Consiglio quattordici anni fa e proprio dal padre di questo Inu-yasha, Inu Taisho… ma non so di preciso come siamo andate le cose perché proprio in quell’anno ci fu l’assassinio del nostro Re nonché la congiura contro gli Yasha… e tutto architettato da Naraku, ovviamente”.
“Quel dannato…! Ma se questo Inu-yasha è vivo e se riuscirete a portarlo qui ci potrà dire qualche cosa sul giorno di quattordici anni fa, no?”.
“Speriamo…”.
“E per quel che riguarda la signorina Kagome?” chiese, con una nota di apprensione nella voce, Kouga
“Già, Kagome… a proposito di mia cugina mio padre non ha accennato a nulla… o se ne vuole occupare personalmente lui o, forse, ritiene che sia più prioritario ricostituire il Consiglio…”.
“Ma la signorina Kagome è l’ultima superstite degli Higurashi! Dovrebbe essere lei la priorità!”
“Vedo che ti sta molto a cuore mia cugina eh, Kouga?” chiese con la sua aria maliziosa Miroku.
“Ehi, non fraintendere! È che è stato già un grande dolore la scomparsa del Re, della Regina e del Principe e non vorrei vedere la famiglia Higurashi estinguersi definitivamente! È stato il Re stesso a togliermi dalla strada e ad accogliermi praticamente nella sua casa! Mi ha fatto il dono di un Drago! Sì, forse indirettamente, ma me l’ha fatto! Io sono in debito con questa famiglia!”.
“Mi fanno piacere le tue parole… sai, io consideravo il sommo Masahiro più come uno zio che come un cugino…. Mio padre ha sofferto moltissimo per la sua morte… erano praticamente come fratelli…”.
“Immagino…”.
“Su, ora non facciamoci prendere dai tristi ricordi! Dobbiamo andare a trovare i nostri magnifici Draghi!”.
“Giusto! Slyfer si starà chiedendo che fine ho fatto anche se ieri mi sono raccomandato di mandare qualcuno a dirgli che ero tornato!”.
“Bè allora sarà meglio sbrigarsi”.
“Doroty, noi andiamo! – avvisò Kouga – Grazie mille per la magnifica colazione!”.
“Già… era tutto squisito, come sempre!” si aggiunse Miroku.
“È sempre un piacere per me, ragazzi! Kouga adesso vai a trovare Slyfer, giusto?”.
“Sì… e sono già in ritardo! Sai come si innervosisce… non ha proprio pazienza quello!” disse sorridente il demone lupo.
“Allora nel frattempo vado a rifarti il letto e a dare una spazzata alla tua stanza, va bene?”.
“Grazie mille, Doroty”.
“Vienici a trovare più spesso Miroku – disse la donna - È sempre un piacere averti qui”.
“Ti ringrazio… anche a me fa molto piacere venire qua! Cercherò di convincere mio padre a rinunciare a qualche cena in mia compagnia… e non è affatto una cattiva idea!” disse ghignando.
“Ahah! Dì anche a lui di venirci a trovare ogni tanto! Se non ricordo male anche il signor Governatore è ghiotto di sidro di more!”.
“Ah sì? Senti, senti il mio paparino…! Adesso ho qualcosa con cui ricattarlo!”.
“Miroku…!” disse con una gocciolina sulla testa Kouga mentre guardava l’amico che rideva con un’espressione diabolica….
“Noi andiamo allora…”.
“Ah, aspetta…. Glen! I ragazzi se ne vanno!” urlò Doroty, cercando di farsi sentire dal vecchio locandiere nascosto chissà dove….
“Ti ho sentito, non c’è bisogno di urlare a quel modo!” disse il diretto interessato con il suo solito tono scorbutico.
“Eheh! Vecchio Glen noi andiamo! Grazie mille per il sidro!”.
“Di niente ragazzi! Ecco a voi due bei fiaschetti…. Lo faccia assaggiare anche a suo padre Miroku…. Anni fa ne andava matto!”.
“Lo farò, lo farò non si preoccupi eheheh!”.
“Io non ti conosco…” disse Kouga spaventato dal comportamento assurdo dell’amico.
“Salutaci Slyfer, mi raccomando!” ricordò Glen.
“Sì, sì! E voi due non litigate troppo piccioncini!” disse sghignazzando l’ ookami Youkai mentre, allontanandosi, sentiva il vecchio Glen sbraitare.
“Quei due sono sposati?!?” gli chiese, invece, sorpreso Miroku.
“Già… perché, non lo avevi capito?”.
“Per la verità… no…”.
“Eheh… in effetti non sembrerebbero marito e moglie… ma si vogliono un gran bene…” constatò affettuosamente Kouga.
E mentre chiacchieravano del più e del meno, si diressero nuovamente verso l’ingresso dei piani sotterranei, dirigendosi, poi, verso il corridoio che si trovava all’estremità sinistra dell’ingresso. Questo era un tunnel più largo e lungo degli altri perché era quello che conduceva verso il secondo piano sotterraneo, quello dove vi risiedevano i Draghi.
“Da chi vuoi andare prima?” chiese Kouga.
“Andiamo da Slyfer… è tanto che non vi vedete e anche io non lo vedo da un po’…”.
“Bene!” rispose allegro il Demone lupo.
Proseguirono lungo il corridoio mentre le deboli luci delle fiaccole proiettavano sul freddo muro di pietra le loro ombre distorte.
Seguirono la curva del tunnel fino a ritrovarsi in un piccolo atrio dal quale poi, a sua volta, partivano diversi corridoi nei quali vi erano i migliaia rifugi dei Draghi.
I due imboccarono quello più a sinistra fino ad arrivare alla seconda porta del corridoio. L’appartamento di Slyfer.
Kouga, prima di aprire la massiccia porta di acero invecchiato dal tempo ma ancora spesso e robusto, stette davanti all’ingresso, mentre veniva pervaso da un’intensa emozione… la stessa che aveva provato tredici anni fa quando aveva sei anni… il giorno in cui ebbe la Cerimonia della Scelta… il giorno in cui Lui lo scelse.
- So che sei lì dietro, Kouga…. Che ne diresti di entrare, invece di restare lì immobile come un pesce lesso?!? – e Kouga sorrise, sentendo nella testa la voce dell’amico Drago. Sì perché Drago e Cavaliere comunicavano telepaticamente. Cosa che era possibile solo con una creatura straordinaria come un Drago.
Così, ritrovata la sua solita sicurezza, afferrò saldamente la maniglia della porta spingendo con forza quest’ultima per poter così finalmente rivedere – spaparanzato sul suo giaciglio di paglia – il suo amatissimo Drago. Slyfer, appartenente alla specie dei Draghi di Metallo.
Le specie dei Draghi erano collegate con gli elementi naturali: Metallo, Terra, Vento, Acqua, Fuoco ed infine Oro.
Queste erano le sei specie, in totale, a cui un Drago poteva appartenere. Ma le principali erano le prime cinque visto che ad appartenere alla specie dell’Oro erano solo i Draghi Supremi.
Appartenere ad una determinata specie, ovviamente, significava avere determinate caratteristiche, che, comunque, si limitavano a poche cose.
Era proprio per la varietà di specie di questi possenti creature che la Milizia era così temuta come esercito. Grazie ad ognuna di queste specie si poteva far fronte a quasi ogni tipo di eventualità per non contare il fatto che era possibile studiare strategie praticamente infallibili.
- Sempre il solito pigrone, a quanto vedo… - disse in tono di sfida Kouga guardando negli occhi argentati del proprio Drago.
- E tu sempre il solito ritardatario… a quanto vedo… - ribatté l’altro.
Si guardarono alcuni momenti studiandosi a vicenda fino a che Kouga non sorrise di cuore andando ad abbracciare il collo possente e robusto di Slyfer, accarezzando le dure e lucenti squame che risplendevano alla luce delle fiaccole.
L’altro sbuffò soddisfatto di riavere accanto il proprio Cavaliere e di poter finalmente passare con lui quelle lunghe ed estenuanti giornate d’inverno.
Stettero così alcuni minuti fino a che Miroku, con il solito tatto, li interruppe
“Bene… se voi due piccioncini avete finito di coccolarvi vorrei salutare anche io…”.
Kouga si staccò dall’amico a quattro zampe e si guardarono a vicenda con uno sguardo d’intesa….
“Oh, bene! Salve Slyfer… immagino che avrai passato bene questi giorni senza questo rompiscatole in giro eheheh!”.
“Grazie Miroku… sei un vero amico… peccato che Slyfer mi abbia appena detto che se c’è un rompiscatole qui… non sono di certo io…”.
“Non… non vorrai dire che… che… oh, Slyfer! E io che ero venuto qui appositamente per salutarti! E io vengo a sapere che mi consideri un rompiscatole…! O quale… bla, bla, bla…”.
- Ti prego fallo tacere o sennò lo faccio arrosto! – disse esasperato il povero Drago che già non ne poteva più di quella visita….
“Ehm… Miroku! Io direi che puoi farla finita se non vuoi arrivare da Varandir mezzo bruciacchiato!”.
- No… letteralmente fatto arrosto! – insistette Slyfer.
“E va bene, e va bene!... Ho capito!” disse offeso Miroku interrotto durante il suo irritante monologo.
- Sia ringraziato il cielo…! - disse, invece, sollevato, il possente Drago.
“Slyfer vado un momento a salutare Varandir e poi torno, ok?” chiese Kouga sorridendo allo sbuffo affermativo dell’amico.
- Va bene… ma non metterci molto che voglio sapere tutto quello che ti è successo… e nei dettagli… - lo avvertì Slyfer.
“Certo, certo! Arrivo subito… sicuro di non voler venire?”.
- Muoviti…- fu la semplice risposta dell’animale.
“Eh-eh… torno subito…” e si diresse verso la porta sulla cui soglia lo aspettava Miroku che, però, non si lasciò sfuggire l’occasione di salutare, sempre in modo irritante, il dragone.
“Ciao ciao Slyfer! Porterò i tuoi affettuosi saluti alla mia Varandir! Le dirò che non vedi l’ora di fare un’altra gara di nuoto con lei eheheh!” e il ruggito più che irritato che arrivò alle sue orecchie fu più che soddisfacente.
“Prima o poi ti farà arrosto sul serio!” gli disse, divertito, Kouga
“Ehe! Adoro irritare la gente… ma soprattutto Slyfer uhuhuh!!” ghignò soddisfatto Miroku.
“Seee… ma non piangere se poi ti prenderà a morsi!”.
“Lo… lo farebbe sul serio?!?” chiese ora meno sicuro il ragazzo dal codino.
“Mah… sai il carattere che ha… irascibile e mooolto istintivo!”.
“Già… proprio come te del resto…”.
“Non riesco a capire se è un complimento o un insulto…”.
“Toh! Siamo arrivati!”.
“Ma come sei bravo ad evitare le risposte difficili, eh?!?”.
La stanza in cui alloggiava il Drago o, meglio, la dragonessa di Miroku si trovava a poca distanza da quella di Kouga ed era stato anche grazie a questa distanza ravvicinata se i due si erano conosciuti ed erano diventati amici.
Stava già per aprire la porta quando una voce tagliente gli si insinuò nella testa, bloccandolo
- Miroku… finalmente ti fai vivo! Se vuoi varcare quella soglia, spero tu abbia una valida motivazione da darmi per non essere venuto ieri! -
“Ohi, ohi…” disse teso Miroku
“Che succede? Abbiamo una dragonessa un po’ alterata?” chiese Kouga, divertito da come l’amico, sempre sicuro di sé, venisse messo in riga dal suo Drago.
“Direi più che alterata! Ma questa volta ce l’ho una motivazione per non essere venuto… e più che valida!”.
“E allora perché non entri e gliela dici?” chiese ingenuamente l’altro guardando la schiena dell’amico sobbalzare.
Ghignando divertito aprì di scatto la pesante porta spingendo a tradimento nella stanza Miroku.
- Grazie di avermelo portato, Kouga…- disse calma e glaciale la dragonessa guardando negli occhi Miroku che si sentì trafiggere da mille lame.
“Oh, di niente! Per fortuna che ci sei tu che lo fai rigare dritto altrimenti sarebbe addirittura peggio di com’è adesso!”.
“Ehi voi due! Cos’è una cospirazione contro di me?!?” domandò indignato Miroku che già si apprestava ad interpretare la sua parte da vittima del sistema….
- Non ci provare, caro…. Lo sai bene che le tue scenate di attore da quattro soldi con me non funzionano! – gli disse la dragonessa, tagliente, mentre frustava l’aria con la lunga coda celeste.
Varandir era una dragonessa appartenente alla specie dei Draghi d’Acqua. Ciò lo si capiva sia dal suo colore celeste lucente ma soprattutto per le sue squame, meno dure rispetto ai Draghi appartenenti alle restanti cinque specie.
“Chiedo perdono” disse semplicemente Miroku con lo sguardo fisso sul pavimento.
- Sono contenta di vedere che stai bene, Kouga -
“Grazie Varandir… sono tornato giusto ieri, nel tardo pomeriggio, e solo ora sono riuscito a venire a salutarti… infatti adesso torno da Slyfer che, ovviamente, ti saluta…. Scusami se non posso rimanere più a lungo…” disse affettuosamente il Demone lupo alla dragonessa
- Non ti preoccupare… e porta i miei saluti a Slyfer -
“Certamente… allora io vado e vi lascio soli…. Ci vediamo più tardi Miroku?”.
“Sì… sali per il pranzo?”.
“No… al massimo mi faccio portare qualcosa da Doroty e mangio con Slyfer…. Credo che salirò un po’ sta sera per la cena… andiamo alla mensa al piano terra?”.
“Sì, va bene anche perché sono quasi sicuro che mio padre dovrà dirmi qualcosa sulla… bè lo sai…”.
- Guarda che mi devi raccontare tutto quindi è inutile che fai il misterioso…- lo ammonì Varandir.
“Sììì…. Ci troviamo più tardi su, allora… a dopo!”.
“Ok… e non far esasperare troppo Varandir… o sta sera serviranno te al posto dell’arrosto ihihih!”.
“Ma che spirito di patata che abbiamo! Và dal tuo Slyfer che è meglio!”.
“Sì, sì…! Ciao Varandir!” e richiuse la pesante porta dietro di sé immaginandosi già l’amico con la testa china mentre si sorbiva una bella ramanzina dalla dragonessa.
Ma anche lui avrebbe avuto un destino simile se non si fosse sbrigato!

“Eccomi qui! Non ci ho messo molto, vero?” chiese allegro mentre entrava nella confortevole stanza dove, come prima, vi era comodamente steso il suo amato Drago.
- Più del tempo necessario per un semplice saluto, però…- gli rispose quello con il solito tono dell’ ‘eterno insoddisfatto ’.
“Se ci ho messo molto è stata per colpa di quel cretino di Miroku!”
- Non avevo dubbi…! -
“Ma ti sta davvero antipatico?”
- No… è solo semplicemente e dannatamente irritante! – gli rispose schietto il dragone.
“Eheh! Non ti do torto! Ma è nostro amico e da buoni amici dobbiamo sopportarlo…!” disse il Demone lupo quasi poco convinto delle sue stesse parole….
- Se lo dici tu… però una piccola bruciatura sul fondoschiena non sarebbe male…! Comunque… che programmi hai per oggi? Ormai è mezzogiorno… vai su a mangiare? – gli chiese Slyfer con un tono quasi implorante per fare tutto l’opposto.
Kouga lo guardò affettuosamente, contento che l’amico desiderasse stare con lui… non doveva essere stato facile per uno come Slyfer rimanere rinchiuso lì per tutto il tempo che era stato via senza neanche avere la possibilità di uscire per volare… entrambi adoravano sentire la sensazione del vento sulla faccia e quando arrivava il periodo delle Grandi Nevi era sempre una tragedia… ma almeno stavano insieme, tenendosi compagnia. Ma lui se n’era dovuto andare, ed era stato via per quasi un mese lasciandolo lì, solo. Certo, c’erano gli altri Draghi ma la lontananza dal proprio Cavaliere o dal proprio Drago era penosa.
“No, non salgo per mangiare. Al massimo mi faccio portare qualcosa qui da Doroty… resto anche il pomeriggio poi salgo su per la cena e sta notte… dormo qui, contento?” e lo sentì sbuffare e schioccare le fauci in segno di contentezza.
- Mi devi raccontare tutto, eh?!? – gli disse, impaziente Slyfer.
“Lo so, lo so… ma prima non vuoi mangiare? Mi meraviglierebbe molto!” disse ridendo Kouga, conoscendo l’ingordigia del proprio dragone.
- Questo mi sembrava scontato, scemo! – gli rispose l’altro – Ma sorprenderebbe anche me se tu saltassi il pranzo! -
“Mmmh… è che mi sono abbuffato a colazione… però è vero che se non pranzo poi arrivo a sera che muoio dalla fame…. Bè vorrà dire che mangerò giusto qualcosina! Vado ad avvisare Doroty allora! Arrivo subito” e si allontanò per tornare alla taverna per avvertire la vecchia locandiera che lui e Slyfer mangiavano insieme nella sua stanza e di portare, come sempre, cose buone.
Tornò di sotto dal suo Drago e dopo pochi minuti arrivò anche Doroty con infinite prelibatezze: una porzione abbondante di carne secca per Slyfer e una bistecca fumante con, per contorno, verdure grigliate per Kouga.
E cominciarono a mangiare allegramente mentre il Demone lupo esponeva nei dettagli quello che gli era accaduto nel corso del suo viaggio e le cose che aveva scoperto mentre Slyfer lo ascoltava con attenzione compiacendosi di quello che il proprio Cavaliere era riuscito a fare.

FINE 2° CAPITOLO.

Eccoci! Anche il secondo capitolo è terminato…alla fine è stato davvero tutto su Miroku e Kouga, ma, almeno, ho spiegato alcune cose sulla struttura della città di Eldoras e sui Draghi….
E su queste creature devo dire qualche altra cosina quindi….

L’ANGOLO DELLE RISPOSTE: (Inu:ancora?!?).
A proposito dei Draghi…volevo aggiungere qualche riga su alcune caratteristiche di queste creature….
Prima di tutto il discorso della comunicazione telepatica: principalmente un Drago parla telepaticamente solo con il proprio Cavaliere e nessun altro può sentire quello che i due si dicono. Ma è possibile che un Drago riesca a parlare anche con un altro Cavaliere e che questo, quindi, possa sentirlo…questo accade solo per volontà del Drago che gli ha parlato perché, altrimenti, è impossibile accedere alla mente della creatura perché, per fare una cosa simile, bisogna essere estremamente abili e avere una potente forza mentale.
Secondo: volevo aggiungere altre due cosette anche sul discorso delle specie…. Allora, appartenere ad una determinata specie, come ho già detto, comporta ad avere qualche peculiare caratteristica rispetto a un Drago appartenente ad un’altra.
Per esempio, prendiamo Slyfer e Varandir: il primo appartiene ai Draghi di Metallo mentre la seconda ai Draghi d’Acqua.
Entrambe le specie sono in grado di volare con agilità, sputare fuoco, ecc…però, ognuno di loro è più abile in certe cose rispetto all’altro.
Per primo Slyfer…è capace di nuotare ma è sicuramente meno abile rispetto a Varandir, poiché l’elemento a cui appartiene è di tipo ‘pesante ’ e perciò risulta meno agile nel muoversi nei fluidi. Però ha la capacità di resistere, ovviamente fino ad un certo limite, al calore meglio di Varandir che, appartenendo all’elemento dell’acqua, è molto più sensibile alle alte temperature.
Inoltre, i Draghi di Metallo, sono dotati di una notevole forza fisica e resistenza e le loro squame sono forse le più resistenti rispetto a quelle di tutte le altre specie.
Appartenere ad una certa specie, poi, influisce anche sul tipo di fuoco che il Drago può soffiare: quelli di Metallo, per esempio, emettono una fiamma molto potente ma non molto ad alta temperatura ed è per questo che sono in grado di ‘sputare ’contemporaneamente una pioggia di frammenti di uno speciale metallo.
I Draghi d’Acqua, invece, emettono una fiamma capace di congelare.
Entrambe queste specie sono in grado di utilizzare, praticamente alla pari, le arti magiche che, comunque, caratterizzano tutte le specie di Draghi.
Per ora mi fermo qui con le descrizioni delle specie visto che in questo capitolo hanno fatto la loro comparsa solo Slyfer e Varandir. Man mano che compariranno nuovi Draghi e, quindi, nuove specie, continuerò con le descrizioni.

Ora, invece, volevo dire qualcosa a proposito delle Grandi Nevi e delle Grandi Piogge…bè, entrambe, sono particolari perturbazioni che compaiono nel corso di certi periodi dell’anno: ovviamente le Grandi Nevi compaiono nel corso dell’inverno, circa a metà della sua intera durata e si tratta, quindi, di un’accentuazione delle tempeste di neve, molto più lunghe e violente.
Le Grandi Piogge, invece, si verificano due volte all’anno, prima tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, poi nella metà dell’intera durata dell’autunno. Sono caratterizzate, come dice il nome, da piogge lunghe e violente accompagnate da vento violentissimo capace di piegare persino le forti ali dei Draghi.

Ecco, direi che, anche per oggi, è tutto. Come vi ho già detto, se avete qualche curiosità, o c’è qualcosa che non è chiaro, non esitate a chiedere e cercherò di rispondere alle vostre domande.
Ora vi saluto e mi raccomando…commentateeee!!!
Bacioni Ka_chan87

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Capitolo 3
*** cap3 “AFFARI DI CORTE” ***


Salve a tutti gente!! Come state? Io… malissimoooooo!!! Oggi è stato il mio primo giorno di scuola…il mio ultimo anno di liceo è cominciato…che tristezza!
Ma non pensiamo alla scuola che mi terrà occupata per un anno… pensiamo alla ff! Innanzitutto il titolo del cap che segue non ha assolutamente alcun significato… è la stata la prima cosa che mi è venuta in mente e che non si è voluta schiodare dal mio contorto cervellino… perciò non fatevi chissà quale idea, ignoratelo (anche se, dicendo così, potevo fare a meno di metterlo…-_-‘’’’’).
In questo capitolo farà, finalmente, la sua comparsa un altro importante personaggio… che però non vi svelo – tanto dovete leggere.
Adesso passerei ai ringraziamenti, più che doverosi, a voi, cari lettori! Prima di tutto a coloro che hanno commentato:
- Fu- chan: ti ringrazio tantissimo per quello che è stato il tuo primo commento in assoluto visto che anche tu fai parte del popolo del leggere senza commentare – ai quali anche io sono appartenuta per i tuoi stessi problemi ma adesso sto migliorando… - . sei stata troppo gentile, mi hai riempito di complimenti! Grazie mille! Sono contenta che il mio modo di scrivere sia almeno leggibile e che, soprattutto, vi piaccia così tanto…! Non ci speravo davvero! Come mi hai suggerito, ho accolto la tua richiesta di scrivere più grande perché, in effetti, il carattere era veramente minuscolo…!
Comunque spero di rivedere un tuo commento e, come hai detto tu, cercherò di non preoccuparmi per le recensioni perché, è vero, chi tace acconsente… speriamo!
- Cri- chan: a te un doppio grazie visto che sei quella che ha commentato fin dal primo capitolo! Sono felice che la storia continui a piacerti e che le mie spiegazioni non siano troppo opprimenti! Ma ci tengo farvi conoscere quello che io ho nella mia mente…. Per quello che riguarda a Kagome e Inu-yasha se avranno dei Draghi…bè, è ancora tutto da scoprire!
- Cabiria: un salutone anche a te! Per quello che riguarda le capacità dei Draghi, le spiegherò andando avanti con la ff… ci sono talmente tante cose che ancora non ho detto che ci saranno molte occasioni! Ma non è bello svelare tutto subito, no? Sai che anche io sono una grandissima fan di Eragon??? Adoro quel libro ed infatti aspetto trepidante l’uscita di Eldest…!
- Mech: cavoli, raga mi farete arrossire! Anche te devo ringraziare moltissimo sia per gli apprezzamenti alla ff che al mio modo di scrivere! Anche per l’associazione Inu-yasha – fantasy mi trovi pienamente d’accordo!
- Alia- chan: a te dovrei dedicare una pagina intera sia per i ringraziamenti per i complimenti ma soprattutto per le mille domande! Come hai dedotto tu stessa per ora non posso risponderti, lo farà la ff!
- Arukochan<: ciao amoruccio mio! Grazie mille per il commento…sono davvero contenta che la ff ti piaccia! E non ti preoccupare quando dici che è più bella di The Ch’ange… anche perché sono due cose completamente differenti e questa storia è, diciamo, più ‘matura ’ rispetto all’altra… quindi è tutto ok!
- Hikari_Takaishi_87: mamma mia quanto mi fate arrossire! Ma non esagerare… non c’è alcun bisogno di inchinarsi! Anzi, credo proprio di essere una delle più scarse a scrivere… ho molto da imparare! Ma sono contentissima che la storia ti entusiasmi! In effetti i miei maestri di scrittura sono JRR Tolkien e Terry Brooks, a mio avviso dei veri e propri geni e maestri del genere fantasy. I capitoli, sì, sono lunghi – in molti me lo avete fatto notare e non riesco a capire se sia un bene o un male…! – ma non mi creano troppi problemi… il fatto è che scrivo tutto di getto, posso stare ore a pensare ad una scaletta che tanto so che verrà stravolta! Infatti la volta dopo che vado a rileggere cosa ho scritto mi sorprendo ed è come se leggessi il lavoro di qualcun altro perché non mi ricordo assolutamente niente! È come se andassi in trans… bè, non proprio ma…avete capito, no?
Sono sollevata dal fatto che, almeno per te – anche se ancora non ho ricevuto lamentele in merito - , i miei aggiornamenti non siano così distanti l’uno dall’altra (il motivo è scritto qui sotto).
Hai fatto bene a farmi notare che ci siano alcuni errori così le prossime volte starò più attenta! Quindi non fatevi scrupoli e se vedete qualcosa che non va ditemelo, eh??
- Elychan: sono contenta che tu ti sia ricreduta e che la ff ti piaccia! Comunque, no, non mi sono ispirata a “Cronache del mondo emerso”che ora dovrò cominciare a comprare perché tutti me ne stanno parlando benissimo! Io adoro i fantasy e quelli ero indecisa se prenderli o meno e adesso credo proprio che li comprerò!
Oltre a loro, i miei più sinceri ringraziamenti vanno anche coloro che hanno anche solo letto la ff… scusate se vi assillo con la richiesta di commenti ma, davvero, per uno scrittore sono veramente importanti perché, oltre a dargli la possibilità di migliorare, lo gratificano e lo spingono a dare il meglio di sé ancora di più e solo per voi. Ma vi capisco perché, come ho già detto, anche a me capita, ma senza cattiveria, di leggere e via, scordandomi di commentare… cosa che sto cercando di non fare più (non so con quanti mi sono scusata per questo…!).
Per quel che riguarda gli aggiornamenti… volevo dirvi che, per il momento, come ho fatto fin dal primo capitolo, pubblicherò un capitolo a settimana, ogni lunedì… questo perché con la ff sono in vantaggio di un solo capitolo e per non farvi aspettare più del dovuto – visto che poi, adesso, c’è pure la scuola… - ho pensato di non fare aggiornamenti troppo ravvicinati… ma una settimana passa in fretta, no?
Cavoli è quasi più lunga questa parte che l’intero capitolo! Ok, adesso la pianto di blaterale e vi lascio alla lettura!

3° CAPITOLO “AFFARI DI CORTE”

“Miroku sono qui!”.
Piano terra, mensa del Palazzo Reale.
I nostri due amici, Kouga e Miroku, si erano dati appuntamento in quel luogo per cenare insieme… ma, puntualmente, il giovane dal codino era arrivato in ritardo.
“Eccomi qui! Allora, andiamo a cercare un tavolo?” chiese tranquillamente Miroku, tralasciando volutamente il fatto di aver fatto aspettare come un idiota, per quasi mezz’ora, Kouga, che era alquanto alterato.
“Mi stai prendendo in giro?!? Mi fai aspettare qui da vanti come un cretino e la prima cosa che mi dici è questa?! Come minimo saresti dovuto venire davanti a me implorando perdono!”.
“Mmmh… ma come siamo irascibili! Per così poco?”.
“TUUU!!!...” ma si bloccò, paonazzo in volto, contando fino a dieci per cercare di far sbollire la rabbia.
“A- andiamo prima che cambi idea e ti spelli vivo…!” gli disse glaciale il Demone lupo che, precedentemente, aveva fatto spaventare Miroku che non credeva di essere ancora vivo.
“Eheh… vedo che stai imparando a controllarti…! Sei davvero migliorato! Tempo fa mi avresti già spellato vivo sul serio!”.
“Sta zitto prima che mi torni la voglia di farlo!” gli rispose, secco, Kouga mentre si stava dirigendo verso il fondo della mensa dove aveva puntato un tavolo libero.
Infatti, ovviamente per colpa di Miroku, durante il tempo in cui aveva dovuto aspettarlo, la stanza si era notevolmente affollata ed erano rimasti pochi tavoli disponibili.
Si fecero strada tra il labirinto di sedie e tavoli mentre l’allegro vociare dei commensali andava in crescendo e le risate suscitate dall’alcool della birra riempivano la sala.
“Ecco, qui può andare” disse l’ ookami Youkai fermandosi davanti ad un grosso tavolo di legno di frassino logorato dal tempo, nei pressi del grande camino nel quale una voluminosa quantità di legna ardeva, riscaldando tutti i presenti.
Si sedettero, aspettando che qualcuno li raggiungesse per prendere le ordinazioni.
“Allora, com’è andata con Varandir? Spero ti abbia fatto una bella lavata di capo!” chiese Kouga ghignando.
“Non c’è da scherzare, me l’ha fatta sul serio! Ma ormai ci sono abituato… e poi è così bella quando si arrabbia!” rispose Miroku con lo sguardo luccicante
“Ma tu sei fissato! Ma sorvoliamo… le hai raccontato della missione?”.
“Sì e devo dire che, con mio stupore, ne è quasi entusiasta! Ha detto che è curiosa di vedere com’è il Nord…. Mah, le donne!”.
“Eheh! Comprendo la sua curiosità… a parte i commercianti e pochi altri, non capita spesso per qualcuno della Terra Centrale andare a visitare il Regno del Nord”.
“Già, anche se negli ultimi anni il traffico di merci con questo Paese è molto aumentato… il contrario invece è capitato col Sud che si è quasi totalmente chiuso nei confronti dei nostri due Paesi”.
“E tutto per colpa di Naraku…”
“Esatto”.
“Posso sedere con voi, ragazzi?” li interruppe, improvvisamente, una voce.
“Oh! Buonasera Governatore! Prego, si accomodi”.
“Grazie, Kouga. Ti spiace Miroku?” chiese ironico Takehiko di Eldoras al figlio.
“Ma ti pare…” rispose un po’ scocciato quello.
“Non ti vedo molto entusiasta!” insistette l’uomo con lo stesso tono.
“Sempre a bisticciare, eh?” si aggiunse una terza voce: quella del Ministro Mendion.
“Ma cos’è, lo fate apposta?!?” chiese, irritato Miroku.
“Buonasera anche a te, Miroku! Ti vedo di buon umore…!” lo prese in giro il possente uomo.
“Sì, sì…! Sedetevi tutti e due che è meglio e finiamola con queste cavolate!”.
“Ti sei fatto fare la ramanzina da Varandir, eh?” chiese il padre al figlio, andando a colpire nel segno… tutte le volte che Miroku si comportava così era perché la sua cara dragonessa aveva provveduto a fargli una sana lavata di capo.
“Lasciamo perdere…” rispose semplicemente, irritato, il ragazzo.
“Aaaahhh… per fortuna che c’è anche lei che si preoccupa di metterti in riga!” continuò il Governatore
“Ho capito, ho capito!! Possiamo cambiare argomento, per piacere?!?” sbottò Miroku, rosso in viso per la rabbia.
“Allora è possibile farti irritare, eh? Bene, così non sei solo tu a divertirti, ihihih!”
“Kouga, non ti ci mettere pure tu!”.
“Ahahah! Bene, la serata comincia proprio nel modo giusto!” disse ridendo il Ministro.
“Posso prendere le ordinazioni?” intervenne, poi, la cameriera che si occupava di prendere le ordinazioni dei commensali.
“Sì, mia bella signorina! Per cominciare vorrei sapere dove allogg- ahi!!”.
“Sei sempre il solito cretino! Fino a un momento fa stavi sbraitando, poi vedi una ragazza e ti passa tutto!! Non so come ho potuto avere un figlio degenere come te!” sbraitò Takehiko contro il figlio dopo avergli piazzato un bel pugno su quella dannata capoccia, facendolo zittire.
“Ci scusi per la confusione – intervenì Mendion – ora le diamo le ordinazioni” e, anche se con un po’ di fatica, i quattro riuscirono ad ordinare senza creare troppi problemi.
“Tu sei pazzo! Colpire a quel modo il tuo unico e adoratissimo figlio!” sbottò Miroku mentre si massaggiava il bernoccolo sulla testa.
“Unico di sicuro, adoratissimo non so…!” rispose Takehiko guardandolo di traverso.
“Siete proprio un bel quadretto!” li prese in giro Kouga
“Concordo!” si aggiunse Mendion mentre sorseggiava tranquillamente il suo boccale di birra che avevano appena portato loro.
“A proposito…” cominciò Miroku avvicinandosi al padre con uno sguardo di chi la sa lunga.
“Oggi io e Kouga siamo andati alla taverna a trovare Doroty e il vecchio Glen e mi hanno raccontato una cosa molto interessante…”.
“Oddio… lo fa sul serio…” si disse shockato Kouga avendo già capito a cosa l’amico si riferisse.
“E sarebbe?” chiese Takehiko mentre cominciava a sudare freddo vedendo quell’espressione ben conosciuta del figlio.
“Mi hanno detto che eri un vorace tracannatore di sidro di more anni fa… è la verità?”.
Il Governatore si ammutolì mentre Mendion sbottava in una fragorosa risata
“Ahahah!! Questa è bella! Quindi non è stata completamente dimenticata la fama di tuo padre! È tutto vero… anni fa era il più grande goloso di sidro di more in tutta la Terra Centrale se non in tutto il Continente!” disse ridendo Mendion mentre gli rivenivano alla mente i ricordi di quegli anni spensierati.
“Taci Mendion! Quello era tanto tempo fa, e poi non è vero che ero un ‘vorace tracannatore ’ !!” sbottò, rosso in viso, il Governatore provocando l’ilarità degli altri tre commensali.
“Su, su, non prendertela paparino! È consolante sapere che non eri un mostro di serietà anche quando eri più giovane! La cosa mi rende molto felice!” gli disse, sempre ridendo, Miroku mentre gli circondava le spalle con un braccio.
“Tzè! Ma guarda che mi tocca sentire!” disse, invece, irritato Takehiko.
“Guarda, per consolarti… - cominciò Miroku – ti offro questo!” concluse, mostrandogli il fiaschetto della bevanda in questione
“Che ci dovrei fare, scusa?” domandò invece scettico il padre.
“Ma come? Lo devi bere! È il sidro di more! Non mi dirai che non ti piace più!”.
Il Governatore rimase immobile qualche istante con lo sguardo torvo mentre i suoi occhi andavano dal viso del figlio al fiaschetto fermandosi, poi, più insistentemente su quest’ultimo.
“Bha, al diavolo! Dà qua!!” disse infine Takehiko strappandogli dalle mani la bottiglia.
“Era ora che ti decidessi! Forza, facciamo un bel brindisi!” disse Miroku e tutti bevvero allegri.
Poco dopo arrivarono anche le pietanze da loro ordinate e Miroku si ritrovò nuovamente disgustato dalla famosa ingordigia dell’amico Kouga che, come al solito, si era abbuffato.
“Accidenti che mangiata! Non toccherò cibo per almeno un mese!” disse l’ ookami Youkai.
“Sì, come no! Ti abbufferai di frittelle già domani mattina!! Mi chiedo come faccia a portarti in volo Slyfer con tutta la roba che ti mangi!” gli rispose di rimando Miroku.
“Già, Slyfer! – intervenne il Governatore – Come sta il tuo Drago? Mentre eri via, ho sentito da alcuni ragazzi della Milizia che era più nervoso del solito…”.
“Eheh, immagino! È che odia stare rinchiuso… in più non c’ero nemmeno io a tenergli compagnia quindi sarà stato sicuramente più che intrattabile! Spero solo che non abbia creato fastidi o problemi… non sarebbe la prima volta che si azzuffa con qualche altro Drago” disse, mortificato, il Cavaliere.
“No, non ti preoccupare, Kouga. Non c’è stato alcun problema, te lo assicuro!” gli rispose con un sorriso il Governatore, tranquillizzandolo.
“Ora… - continuò – Parlando di faccende più serie… penso tu sia a conoscenza, Kouga, della missione che ho affidato a mio figlio…” i due amici sobbalzarono leggermente, non sapendo se era un bene o no che anche l’ ookami Youkai fosse stato informato dei vari progetti decisi il giorno dell’assemblea nella Sala del Parlamento.
“Cosa sono quelle facce, ragazzi? Ah, non preoccupatevi, tanto sapevo benissimo che tu, Miroku, gli avresti raccontato tutto… ma non è un problema, anzi, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi, Kouga”.
“Io… la ringrazio per la fiducia Signore – gli disse, grato, il Demone lupo – Comunque… credo che sia una missione alquanto ardita…”.
“Ahah! Lo so, io stesso mi sono meravigliato di quello che la mia mente aveva pensato!”.
“Ma sono più che sicuro che sia un’ottima idea quella di ricostituire il Consiglio delle Tre Terre. Da quello che mi ha detto Miroku, nella situazione in cui ci troviamo non può essere che utile un simile organo di governo…”.
“Bè se sai tutte queste cose, vuol dire che il mio caro figliolo è stato un bravo scolaro!” disse Takehiko prendendo in giro il figlio.
“Caro padre, credo di non aver mai dato problemi per quello che riguardava lo studio!” rispose, secco, il giovane.
“Già, ma davi problemi quando importunavi alcune delle tue insegnati con le tue disgustose avance!” ribatté il Governatore, sta volta con voce più irritata.
“Quelle non erano avance…! – tentò di difendersi Miroku – Erano dei semplici complimenti! Io-” ma venne interrotto dal padre che sapeva che, se non lo avesse fermato in tempo, il figlio sarebbe potuto andare avanti per ore.
“Sì, sì, abbiamo capito Miroku! Comunque, Kouga, sono contento che la pensi come me. Dopo la Grande Guerra, quella di istituire il Consiglio fu di certo l’idea migliore che le Tre Terre, insieme, avessero mai preso… purtroppo solo dopo aver visto quanto quella guerra avesse portato solo morte e distruzione per tutti quanti. Ma almeno servì per sventare la minaccia di altre lotte nel futuro… per questo ora, con l’incombente minaccia di Naraku, mi sembra indispensabile riformare il Consiglio… noi della Terra Centrale, da soli, non potremmo fare molto…”.
“Già…” ammise anche Mendion rendendosi conto di quanto fosse vera quella spietata realtà. Ora sperava solo che l’idea del Consiglio avrebbe portato veramente a qualche efficace soluzione.
“Cavolo, quanto è tardi! –sbottò Kouga – Scusatemi, ma avevo promesso a Slyfer che sarei tornato presto, questa sera. E sono già in ritardo di un bel pò! È stata una splendida serata, grazie della compagnia!” concluse allegro.
“Il piacere è stato nostro, e grazie dell’ospitalità” rispose cordiale Takehiko, compiacendosi nel vedere quanto quel ragazzo fosse affezionato al suo Drago.
“Noi ci vediamo domani, Kouga?” chiese Miroku
“Mmmh… fammi pensare… è che sta notte rimango a dormire nell’appartamento di Slyfer e poi domani mattina volevamo andare un po’ in palestra per sgranchirci e fare qualche esercizio…. Magari ci vediamo là, così porti anche Varandir, ti va?”.
“Certo! Allora ci troviamo direttamente là… e se arrivo in ritardo anche questa volta cominciate senza di noi!”.
“Aha! Allora lo ammetti di essere u ritardatario patentato?! Bè, ora vi lascio, buonanotte!”.
“Buonanotte!” risposero, quasi in coro, gli altri tre mentre lo vedevano allontanarsi e dirigersi verso il tunnel per il secondo piano sotterraneo.
“Aaah, che bravo ragazzo, quel Kouga! Dovresti imparare da lui Miroku!” disse Takehiko al figlio.
“Ehi! Guarda che anche io sono un bravo Cavaliere, che ti credi?!? Sono o non sono forse il più abile esperto di arti magiche in tutta…” ma venne interrotto dal padre che continuò per lui
“In tutta la Terra Centrale? È questo che volevi dire, no? Lo ripeti quasi ogni santo giorno!”.
“Ahah! Però devi ammettere che ha ragione, Takehiko” intervenne Mendion “Grazie del sostegno senpai” lo ringraziò Miroku mentre lui e il padre si lanciavano sguardi biechi. “Comunque, Miroku… - riprese il Governatore – quando sarà cessato il periodo delle Grandi Nevi dovrai partire per il Nord, intesi?”.
“Non gli fai aspettare il disgelo prima di farlo partire?”.
“No, Mendion… non c’è tempo da perdere. Se partirà con Varandir sono sicuro che riusciranno a volare tranquillamente fino al Nord dove, quasi sicuramente, l’inverno è già finito…”.
“Non c’è problema. Io e Varandir ce la caveremo senz’altro” constatò sicuro Miroku, fiducioso nella propria resistenza nonché in quella del proprio Drago.
“Ora, con il vostro permesso, mi ritiro. Prima di andare nelle mie stanze devo anche passare prima dalla mia principessa quindi…”.
“Certo, va pure figliolo. E salutaci Varandir… dille che uno di questi giorni la vado a trovare…”.
“Senz’altro. Vi vedremo domani mattina nella palestra senpai?” chiese Miroku al Ministro.
“Bè, se non ho troppe scartoffie a cui pensare, credo di sì. Devo parlare con alcuni soldati della Milizia e, inoltre, vorrei far sgranchire il mio Zhark…”.
“Bene, allora a domani… anche se non vi vedrò in palestra, immagino per il pranzo… vero?” chiese, guardando con sguardo ovvio il padre.
“Sì… però domani si va a pranzare alla taverna!”.
“Ohooo… vedo che il sidro di more di Glen ha avuto il suo effetto! In effetti lo aveva detto che era venuto particolarmente bene quest’anno! Allora dopo che avrò finito gli allenamenti vi aspetto al primo piano sotterraneo…. Buonanotte signori!”.
“Sì, va che è meglio!” gli disse, irritato Takehiko
“Ah, papà…”
“Che c’è ancora?”
“Non bere troppo, mi raccomando! Non vorrei che poi facessi scomodare il senpai Mendion a portarti in braccio fino al secondo piano! Bè, io te l’ho ricordato, va bene? Ciao ciao!” e se ne scappò di corsa, prima che lo raggiungesse un secondo colpo del padre che intanto sbraitava furioso.
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“Hiraikotsu!”.
Regno del Nord, Foresta della Cento Rocce *, nei pressi della capitale, Mendeon.
Una ragazza aveva appena abbattuto un Demone che, già da qualche tempo, si aggirava per quei luoghi andando ad importunare la gente dei piccoli villaggi situati nelle estremità della Foresta.
“Ottimo colpo signorina Sango! Le siamo debitori!” le disse il capo del piccolo villaggio situato all’estremità nord della Foresta.
“Non c’è di che…. È sempre un piacere dare una mano, quando è possibile” rispose la ragazza con un sincero sorriso sulle labbra.
La fanciulla in questione era Sango di Mend, primogenita del sovrano Fersen di Mend, la cui famiglia fondò la capitale.
Diciottenne, era una delle ragazze più abili nell’arte del combattimento, ma, soprattutto, nel cacciare Youkai.
Era molto più alta rispetto le altre ragazze della sua età, con un fisico slanciato e agile e, allo stesso tempo, formoso e ben proporzionato; aveva dei lunghi capelli castano scuro che, durante i combattimenti, teneva legati in una coda alta, lasciandoli liberi alle carezze del vento.
I lineamenti del viso erano marcati ed affilati, facendola sembrare più matura della sua età; gli occhi, di un caldo ed intenso color marrone, erano leggermente coperti dalla frangia sbarazzina, unico elemento che caratterizzasse ancora la sua reale adolescenza.
“La ringraziamo ancora per la sua disponibilità ad essere venuta fin qui… ormai era da un mese che quel dannato Youkai devastava i nostri campi!”.
“Non è stato affatto un problema anche perché il vostro villaggio non è poi così lontano dalla città…. Comunque vi consiglio di stare attenti… potrebbero esserci altri Demoni nei paraggi e se così fosse, questa volta, non esitate a chiamarmi. Se non avrò la possibilità di venire io di persona manderemo sicuramente qualcun altro ad occuparsene…. Ora devo proprio andare così riuscirò ad arrivare a Mendeon prima di sera”.
“Certamente e porti i nostri ringraziamenti e saluti a vostro padre!”.
“Senz’altro, addio” e si girò verso il sentiero che l’avrebbe condotta al di fuori della Foresta.
Amava passeggiare per quei misteriosi boschi anche se, negli ultimi anni, per aggirarsi in quei luoghi bisognava portare con sé almeno un’arma se non si voleva finire in pasto ai Demoni.
Cosa assurda visto che il Nord era o, meglio, doveva essere abitato solo dagli Uomini… ma ultimamente le cose erano un po’ cambiate.
Erano infatti sempre più frequenti gli Youkai che arrivavano fin lì e che si stabilivano nei luoghi più riparati e remoti, sopravvivendo di stenti, rubacchiando nei diversi piccoli villaggi, importunando o, peggio, uccidendo gli abitanti.
Perciò, per far fronte a questi ‘molestatori ’ chiamavano lei o chiunque fosse abbastanza esperto e abile nell’affrontare un Demone.
Cosa in cui erano veramente dei gran esperti i discendenti e gli appartenenti alla famiglia Mend.
Infatti, secoli fa, erano veramente in pochi quelli capaci di affrontare gli Youkai, ma col trascorrere degli anni questa specie di disciplina si era diffusa arrivando fino ad oggi con la formazione di un vero e proprio corpo militare specializzato nel combattere quelle spregevoli creature, gli Syuryouka (= cacciatore, in giapponese, Nda).
E lei faceva parte di questo corpo… o, almeno, ne aveva fatto parte visto che aveva deciso di abbandonarlo.
Ma viste le sue strabilianti capacità, anche se non faceva ufficialmente parte dei Syuryouka, veniva ‘utilizzata ’ in questo tipo di missioni. Ed era contenta così anche se suo padre, dopo due anni che se ne era andata da quel corpo militare, continuava ad insistere perché vi ci si reinserisse.
Camminando con questi pensieri nella mente, non si era accorta di aver compiuto quasi interamente il suo tragitto ed ora poteva vedere in lontananza l’alta torre di vedetta della città mentre la roccia color ocra chiaro di cui era composta risplendeva alla debole luce del tramonto. Dietro di essa, le alte e maestose montagne sovrastavano l’intera città, riparandola nel loro naturale abbraccio.
Amava la sua città perché sommersa nella natura che, nonostante la sua costruzione, non era stata deturpata della sua innaturale bellezza. Innaturale, quella era la parola giusta per descrivere quel magico paesaggio che, nella luce del tramonto, sembrava risplendere ancora di più.
Col sorriso sulle labbra, si diresse verso le alte mura, dello stesso coloro della torre, che circondavano l’intera capitale andando a congiungersi con la montagna, facendo sembrare che fosse quest’ultima a circondare la città, difendendola dal resto del mondo.
Attraversò il grande ponte levatoio, già calato, fermandosi davanti all’alta inferriata di spesso metallo, che bloccava l’entrata.
Una delle sentinelle posizionate sulla piccola torre di vedetta posta al lato destro dell’inferriata la riconobbe e, subito dopo, la stessa sentinella urlò ad una di quelle sulla torre di sinistra di alzare l’inferriata per farla passare.
Il forte cigolare di quest’ultima le riempì le orecchie mentre cominciava ad avanzare, entrando, finalmente, in città.
“Bentornata signorina Sango” le disse la sentinella che l’aveva riconosciuta.
“Grazie, è bello essere a casa”.

“Vostra figlia è tornata dalla sua missione, Signore”.
“Bene, fatela entrare”.
Mendeon, Residenza della famiglia Mend.
“Eccomi di ritorno dalla missione, padre” disse Sango mentre faceva il suo ingresso nello studio del padre.
Quest’ultimo era un uomo sulla quarantina, alto e robusto ma con un viso ancora estremamente giovanile. Aveva capelli castano scuro ed occhi dello stesso colore che emettevano una grande forza e vitalità. La bocca, sottile ed espressiva, era contornata da una sottile e ben curata barbetta che dava al volto un’aria severa, nonostante il suo carattere non lo fosse particolarmente… quel giusto che si confaceva ad uno avente la sua carica.
“Bentornata figliola! – le disse mentre si alzava dalla sua poltrona, andandola ad abbracciare - È andato tutto bene, vero?” le chiese, senza eccessiva apprensione nella voce sapendo che, solitamente, la figlia sapeva ben cavarsela in tutte le situazioni. Ma, essendo suo padre, non poteva fare a meno di preoccuparsi.
Sango sorrise, contenta che il genitore si preoccupasse per lei, seppur senza motivo. Voleva un gran bene al padre, lo considerava l’uomo migliore sulla faccia della terra. “Sì, è andata tutto benissimo, non preoccuparti. Era un solo Demone… è stato facile”.
“Non avevo dubbi! La sua unica sfortuna è stata quella di combattere proprio contro di te!” le disse sorridendo.
“Grazie per il complimento…”.
“Bè, è la verità, no?” le disse, mentre entrambi si sedevano… lui dietro alla scrivania sulla sua poltrona mentre lei si era accomodata sul piccolo divanetto vicino al caminetto finemente lavorato da cui proveniva un confortevole calore.
“Mi ha aiutato anche il fatto che l’inverno sia quasi finito…. Fino a poche settimane fa la temperatura era quasi perennemente sotto lo zero e lo sai quanto odio il freddo… sarei stata notevolmente svantaggiata se mi avessero chiamato allora…”.
“Già… quest’anno è stata davvero dura… l’inverno è stato particolarmente rigido ma per fortuna sta finendo… almeno non saremo più quasi totalmente isolati dal resto del Continente… cosa che non è affatto sicura, di questi tempi”.
“Sono arrivate altre notizie su Naraku?” chiese cauta Sango.
“Purtroppo no…- disse sospirando Fersen – Notizie dirette su di lui non ne abbiamo più ricevute… sappiamo però che anche la Terra Centrale si è messa ad indagare sulle sue mosse… speriamo che almeno loro ci mandino qualche notizia…”.
“Credo che per ora gli sarà impossibile… lì dovrebbero ancora finire le Grandi Nevi… ho paura che dovremo aspettare ancora qualche mese…”.
“Già… anche se non ci sarebbe tempo da perdere…. Non so cosa potrebbe fare quel Naraku, ma ho una brutta sensazione”.
La ragazza stette in silenzio guardando il volto del padre tirato in un’espressione preoccupata… e come poteva non esserlo? Era naturale temere una possibile minaccia di quel Naraku, artefice di tante e orribili stragi.
“Ma non è il caso di parlare di queste cose – riprese l’uomo – Sei appena tornata… perché non vai un po’ a riposarti? Manca ancora un po’ per la cena… magari vuoi farti un bagno…”.
“Sì, credo proprio che andrò a farmelo! Sono ancora un po’ intirizzita dal freddo…”.
“Bene, allora ci vediamo dopo nella sala da pranzo… io devo finire di sistemare alcuni documenti…”.
“Bene… Kohaku?”.
“Eh? Ah, tuo fratello, a quanto ne so, era in palestra con il maestro Seiishiro… lo sta proprio spremendo come un limone, che ne dici?”.
“Già… ma è per il suo bene…. Sta migliorando a vista d’occhio! Se continua così non ci metterà molto a diventare più abile di me!” disse affettuosamente Sango, pensando al fratellino.
“Sì, in effetti per aver solo undici anni è molto più in gamba di altri più grandi di lui… si vede che è mio figlio eheheh!” si vantò Fersen mentre la figlia lo guardava divertita.
“Allora passerò a salutarlo… e poi è da tanto che non vedo il senpai Seiishiro…”.
“Mh… allora, senti, fa una cosa…. Chiedigli se sta sera vuole cenare insieme a noi… è da tanto che anche noi non ci facciamo una bella chiacchierata…”.
“Certo… a dopo allora”.
“A dopo, cara”.
E la ragazza si diresse verso la porta per andare verso la grande palestra che si trovava nell’ala sud della Residenza.
Quest’ultima si trovava quasi al centro della capitale visto che al centro vi era il Parlamento. Era composta da due piani: al piano terra vi erano l’ingresso, la grande sala da pranzo, lo studio del padre, una grande sala da ricevimenti, una stanza adibita per i congressi e per le discussioni con i membri del Parlamento ed altri, le cucine e un piccolo dormitorio per la servitù.
Al piano superiore vi erano le stanze dei membri della famiglia ed altre destinate agli ospiti… diversi e grandi bagni ed altre stanze ancora.
Dietro la Residenza, direttamente collegata ad essa, vi era la grande palestra nella quale anche lei, spesso, si andava ad allenare.
Per essere la dimora di una famiglia di nobili discendenze come la loro era molto più piccola e modesta di molte altre… ma il capostipite della famiglia era stato un uomo al quale non aveva premuto dimostrare la sua origine in quel modo… aveva perciò preferito spendere le proprie ricchezze per finanziare la costruzione della maestosa capitale e garantire al proprio popolo le migliori condizioni di vita.
Sango, percorrendo il corridoio coperto esterno alla Residenza, arrivò fino all’entrata della palestra rimanendo qualche istante sulla soglia a vedere gli esercizi del fratello.
“Forza! Devi usarle quelle gambe se vuoi muoverti più velocemente!” ruggì una voce di uomo.
“Aaargh!” fu invece la risposta ruggita del giovane verso il quale erano state rivolte quelle parole.
I due si stavano affrontando in un faticoso duello nel quale, però, era in vantaggio l’uomo: il senpai Seiishiro Magami, capitano degli Syuryouka.
Il più giovane, invece, stava soccombendo al susseguirsi dei potenti attacchi dell’uomo che non gli stava dando un attimo di tregua.
“Avanti! Stai combattendo come una femminuccia!” insistette Seiishiro, suscitando la rabbia nel ragazzo che altri non era che il fratello minore di Sango, Kohaku. Aveva appena raggiunto gli undici anni… il periodo migliore per entrare a far parte degli Syuryouka.
Per questo motivo gli allenamenti si erano intensificati sia per la frequenza sia per la maggior difficoltà degli esercizi.
Animato da un ultimo scatto di furore misto a stanchezza, il ragazzo si gettò in modo avventato contro il suo avversario che, però, non ebbe difficoltà a stenderlo a terra in meno di un secondo.
“Anf, anf! Accidenti!” ruggì Kohaku mentre veniva schiacciato dal peso del maestro.
“Eheh… te l’ho sempre detto che attacchi di questo tipo servono a poco… se non stai attento sarà la tua stessa forza a buttarti a terra! Forza, in piedi!” gli disse mentre, porgendogli la mano, l’aiutava ad alzarsi.
“Comunque, stai migliorando a vista d’occhio, lo devo ammettere! Se continui ad impegnarti così l’esame di ammissione per entrare negli Syuryouka sarà un gioco da ragazzi!” cercò di incoraggiarlo ed ottenne il risultato sperato… Kohaku, infatti, sentendo quelle parole, dimenticò istantaneamente la sconfitta appena ricevuta, sorridendo felice.
Improvvisamente sentirono un battere di mani ed una ragazza ben conosciuta farsi avanti
“Bravi, i miei complimenti! È stato davvero un bello scontro!”.
“Sorella!” esclamò raggiante Kohaku, andando incontro alla sorella maggiore e salutandola affettuosamente
“Sei tornata presto… immagino sia stato un gioco da ragazzi abbattere quel Demone!” gli disse lui pieno di ammirazione.
Lei gli sorrise, appoggiandogli una mano sulla testa in gesto di affetto
“Sì, è stato facile… comunque ti ho visto combattere… stai diventando davvero bravo!”.
“Davvero?!?”
“Sì, certo! Anche papà la pensa come me!”.
“Ed ha ragione! Se continua così, Kohaku diventerà la nuova stella dei Syuryouka!” intervenne Seiishiro avvicinandosi a loro.
“È un piacere rivederti Sango…” la salutò, guardandola intensamente negli occhi.
“A… anche per me, senpai” disse lei, leggermente rossa in volto.
“Ahahah! Mi chiami ancora ‘senpai ’? Ma ormai non sono più il tuo maestro!”.
“Lo… lo so! È l’abitudine” gli rispose lei, leggermente imbarazzata guardandolo di sottecchi.
Il senpai Seiishiro era il capitano del corpo speciale di Mendeon ed era stato il suo primo maestro… fu grazie ai suoi allenamenti se era riuscita a superare l’esame di ammissione per entrare a far parte degli Syuryouka con estrema facilità. Però ai quei tempi lui non era ancora capitano né tanto meno insegnante di professione… era stato il padre di Sango a chiedergli il favore di aiutarla a prepararsi per l’esame perché, a quel tempo, Seiishiro era il più in vista e il più abile di tutti gli Syuryouka.
Aveva appena trent’anni ed era per questo che era così rispettato da tutti… essere già capitano dei Cacciatori a quell’età era notevole.
Uomo dall’estremo fascino e bellezza, era più alto della media, muscoloso, ma non troppo, e con un fisico estremamente agile.
Aveva dei capelli corti, neri come la notte e due occhi quasi dello stesso intenso colore…. Sango adorava perdersi in quegli occhi che in quel momento la stavano scrutando con affetto… erano talmente intensi che, spesso, al solo guardarli, aveva paura che le leggessero dentro. In quel momento emettevano tenerezza, ma sapeva bene come si trasformassero nelle battaglie, quando in essi non vi si poteva leggere che furia ed una spietata crudeltà per i propri nemici.
“Bè, direi allora che abbiamo terminato, per oggi, Kohaku! – riprese il senpai allegramente – Però domani dovrò essere io quello sconfitto, eh?!”.
“Ma… ma senpai Seiishiro è impossibile battervi!” constatò amaramente Kohaku.
“Ahahah! No, non è affatto impossibile! Tua sorella ci è riuscita!”.
“Davvero?!” esclamò incredulo il ragazzino.
“Già… non dimenticherò mai quel giorno…” e nuovamente gli occhi dei due si incrociarono fino a quando Sango, imbarazzata, non distolse lo sguardo.
“Sorella, non me lo avevi mai detto!” sbottò di nuovo Kohaku meravigliato
“Bè, è successo tanto tempo fa…. Comunque, è quasi ora di cena… sarà meglio che ci andiamo a preparare, vero?” gli disse guardandolo dolcemente
“Sì, andiamo… senpai viene con noi?”.
“Sì, tanto per oggi anche io ho finito”.
“Ah! Senpai, mio padre si chiedeva se sta sera avreste piacere di cenare con noi…” gli chiese, timidamente, la ragazza.
“Certo, volentieri! È da un po’ che io e tuo padre non ci facciamo una bella chiacchierata!”.
“È la stessa cosa che mi ha detto lui”.
“Bene… allora adesso anch’io vado a darmi una rinfrescata poi vi raggiungo nella sala da pranzo…” disse Seiishiro mentre uscivano dalla palestra e imboccavano il corridoio coperto
“Sì, l’aspettiamo là…”.
“A dopo allora!” e i due fratelli videro il loro senpai sparire dietro ad uno dei corridoi secondari che portavano all’esterno della Residenza… infatti quasi tutti i soldati dell’esercito e i membri dei Syuryouka, per comodità, soggiornavano nella grande caserma, costruita a qualche metro dalla Residenza e dal Parlamento.
Invece, Sango e Kohaku, continuarono a percorrere il corridoio per poi dirigersi verso il secondo piano, nelle loro stanze.
“Allora, adesso io mi vado a fare un bel bagno… ci troviamo giù, va bene?” chiese Sango al fratello
“Sì” rispose lui tranquillo
“Mi raccomando arriva in orario! Sai sennò come si arrabbia papà!” disse ridendo la ragazza
“Lo so, lo so… anche se, alla fine, è sempre lui quello che ci fa aspettare!” le ricordò Kohaku.
“Eeeh… che ci vuoi fare! Forza ora… andiamo a prepararci” e i due si separarono, entrambi andandosi a preparare per la cena di quella sera.

“Ecco, direi che sono pronta” si disse Sango, guardandosi allo specchio.
Per quella sera si era preoccupata più del solito di mostrarsi presentabile e quella sera… era più che presentabile!
Aveva indossato un abito lungo di un celeste pastello che le ricadeva morbidamente sul corpo come una seconda pelle.
I capelli, lasciati sciolti, le ricadevano sul corpo in modo ribelle, coprendole l’esile schiena fin quasi il fondoschiena.
Attorno alla vita portava una sottile cintura di oro bianco, più ornamento che cintura vera e propria, le cui maglie, intrecciate una all’altra, costituivano, insieme, un raffinato e pregiato lavoro di oreficeria.
Sul capo portava un oggetto simile che le circondava finemente la fronte e che, allo stesso tempo, le serviva per domare i lunghi capelli, in modo tale che non le ricadessero sul viso.
Insomma… perfetta. E sapeva bene, anche se non lo voleva ammettere, perché si era agghindata in quel modo… per il senpai Seiishiro…. Ogni volta che c’era lui, voleva apparire perfetta.
Toc, toc.
Qualcuno la distrasse dai suo pensieri, bussando lievemente.
“Kohaku!” esclamò lei, aprendo la porta
“Accidenti! Sorellina sei bellissima!” le disse, invece, lui, non aspettandosi di vederla vestita in quel modo che, doveva ammetterlo, le donava molto.
“Bè, grazie!... Ma che ci fai qui? Non dovevamo vederci di sotto?”
“Sì, ma intanto che c’ero volevo vedere se eri pronta così scendevamo insieme… ti ho disturbata?” chiese lui con espressione dispiaciuta. Lei sorrise e gli rispose dolcemente
“No,no… hai fatto bene a passare, stavo giusto per scendere” e vide l’espressione del fratello risollevarsi e sorridere felice.
“Allora andiamo?” le chiese, infine.
Lei annuì semplicemente uscendo e chiudendosi la porta alle spalle avviandosi, con al fianco Kohaku, al piano terra, nella sala da pranzo.
E mentre scendevano lungo le scale videro il padre e Seiishiro, evidentemente appena arrivato visto che indossava ancora il pesante mantello invernale, di spalle, mentre parlavano allegramente.
Ma, accorgendosi della loro presenza, Fersen li salutò
“Oh, siete arrivati ragazzi! Sango, tesoro, sei stupenda!” le disse, realmente sorpreso il padre, facendola lievemente arrossire…. Ma in quel momento il commento del padre la raggiunse appena visto che la sua attenzione era stata catturata dall’intenso e indecifrabile sguardo di Seiishiro il quale, a sua volta, era rimasto ammaliato dalla bellezza della ragazza.
Quest’ultima scese gli ultimi gradini e andò verso di loro, raggiungendo il fianco del padre.
“Aaaah… se solo tua madre potesse vederti! Sarebbe così orgogliosa di te!” le disse, quasi sognante, il padre, facendola nuovamente arrossire.
“Devo convenire con tuo padre… sei incantevole Sango…” le disse Seiishiro facendole il baciamano…. Sango venne attraversata da un brivido a quel contatto guardando nei profondi occhi dell’uomo che, fin da bambina, lo aveva sempre affascinata.
“Oh, che imperdonabile mancanza! – sbottò Fersen – Non ti ho nemmeno permesso di toglierti il mantello, Seiishiro!”.
“Ahah, non c’è problema”.
“Faccio io padre – intervenì Sango – Date a me senpai”
“Molto gentile, ti ringrazio” le disse sorridendo quest’ultimo mentre le porgeva il mantello. Lei si limitò ad annuire e a dirigersi verso il massiccio attaccapanni in bronzo lucido che si trovava poco più in là.
Nel frattempo gli altri tre continuarono a conversare allegramente aspettando il ritorno della ragazza che non si fece attendere più del dovuto.
“Oh, bene! Adesso possiamo accomodarci per la cena” disse Fersen facendo strada verso la sala da pranzo con accanto Seiishiro.
Si accomodarono, con il padre dei due fratelli a capotavola, il senpai alla sua destra e alla sua sinistra Sango seguita da Kohaku.
“Era da tanto che non passavi una serata con noi, vero Seiishiro?” cominciò Fersen
“Già… ma sai com’è… gli allenamenti e, adesso, la carica di capitano mi assorbono quasi interamente… mi capita raramente di avere un po’ di respiro”
“Sì, comprendo benissimo. Sono tempi duri un po’ per tutti, questi. Con la possibile imminente minaccia di Naraku ci dobbiamo attrezzare per fare in modo di non essere presi alla sprovvista… perciò è necessario mantenere il più allenato possibile sia l’esercito ma, soprattutto, i Syuryouka”
“Certamente… ma i nostri ragazzi sono forti e sopporteranno qualche esercizio in più!” disse, in modo ironico Seiishiro che continuò
“E se il corpo dei Cacciatori potrà contare su ragazzi promettenti come Kohaku non sarà troppo difficoltoso affrontare Naraku!”.
“Allora il mio ragazzo ha qualche possibilità di entrare nei Syuryouka, eh? Bene, sono davvero fiero di te, Kohaku! Sapevo che non mi avresti deluso!” disse soddisfatto il padre al figlio
“Grazie padre! Vedrai che supererò l’esame!” disse, risoluto, Kohaku
“Ahah! Certo, certo, ne sono più che convinto!” disse per poi fare una pausa
“… Se anche tua sorella decidesse di ritornare nei Syuryouka poi…”
“No! – lo interruppe bruscamente Sango – Padre abbiamo già affrontato questo argomento migliaia di volte! Non roviniamo anche questa serata con inutili discorsi…!” lo pregò lei
“Non sono inutili! Comunque hai ragione… non è questo il momento per parlarne…” e tutti momentaneamente tacquero, mentre Seiishiro guardava Sango sapendo bene come la ragazza odiasse parlare di quell’argomento.
Per fortuna, ad interrompere quel teso silenzio furono i servitori che cominciarono a servire la cena.
La serata continuò tranquillamente, parlando del più e del meno come non facevano da tanto tempo….
Conclusa la cena, i quattro si spostarono in un piccolo salottino adiacente alla sala da pranzo, meno illuminato di quest’ultima, ma ugualmente confortevole.
Il focolare all’interno del camino, già precedentemente acceso da qualcuno della servitù, diffondeva nell’aria un confortevole calore accompagnato dal particolare e rilassante odore del legno di pino che ardeva.
Si sedettero sulle diverse poltrone rivestite di morbida pelle color mattone posizionate nella stanza, mentre Fersen offriva a Seiishiro un bicchiere dell’ottimo whisky che veniva prodotto proprio in uno dei laboratori della loro città.
Il padre dei due fratelli si azzardò anche ad accendersi un sigaro sotto lo sguardo ammonitore della primogenita
“Sai bene che non dovresti fumare, papà…” gli disse, quasi rimproverandolo.
“Ti tiene in riga, eh Fersen?” gli disse, ridendo, il senpai.
“Già… ma non posso farci niente… ogni tanto non posso negarmi il piacere di un bel sigaro!” disse mentre ne aspirava una boccata.
Presto nella stanza si alzò un specie di nebbiolina grigiastra mentre l’acre odore del sigaro si diffondeva nell’aria quasi disgustando Sango.
“Seiishiro, scusa se ti faccio questa domanda improvvisa… ma hai ricevuto qualche notizia su Naraku?”.
Fersen sospirò
“No, purtroppo non ancora. Credo che per sapere qualcosa dovremo aspettare quelli della Terra Centrale che, sicuramente, avranno avuto più successo di noi nel raccogliere informazioni…”.
“Capisco” disse semplicemente l’altro capendo le difficoltà nel raccogliere informazioni per gente come loro… non era di certo una passeggiata per uno del Nord, quindi per forza Umano, andare fino nel Regno del Sud e raccogliere notizie… di certo non sarebbe passato inosservato tra soli Demoni!
Invece, come aveva detto lo stesso Fersen, era quasi sicuro che la Terra Centrale avesse notizie dal momento che la popolazione era anche composta da Youkai e che quindi c’erano maggiori possibilità di poter penetrare nel Sud senza destare sospetti.
Continuarono a parlare di questi argomenti, facendo così annoiare Kohaku che ancora di quelle cose non ci capiva molto, e che, quindi, decise di ritirarsi in camera dicendo che era stanco e che voleva riposarsi bene per l’allenamento di domani.
Sango, invece, che di quegli argomenti si interessava, rimase lì con loro ascoltandoli attentamente ed intervenendo raramente.
Come primogenita del sovrano sapeva che doveva essere a conoscenza di ciò che accadeva, sia nel suo Pese che nel restante Continente.
L’argomento principale, comunque, restava Naraku, nuova minaccia per la già relativa pace che regnava nel Continente.
Naraku. Conosceva bene questo personaggio che, qualche anno prima – precisamente otto - , aveva colpito anche la sua famiglia.
Infatti, in quel periodo, da quello che avevano saputo, Naraku aveva ordinato ad alcuni gruppi di suoi sicari di andare sulle isole che circondano il Continente con l’ordine di distruggere i vari villaggi… insieme ai loro abitanti, ovviamente.
Sfortunatamente, in quello stesso periodo, sua madre era partita per un piccolo isolotto a nord- ovest del Regno del Nord per andare a trovare sua zia, che, anni prima, essendosi sposata con uno del posto, si era trasferita là. I sicari arrivarono fin lì, attaccando la cittadina in cui erano anche sua madre e sua zia, che rimasero vittime di quell’improvviso attacco.
Non seppero mai di preciso per quale motivo Naraku avesse interesse nel sterminare tutta quella gente, ma il solo fatto di aver ucciso sua madre le bastava e avanzava per reclamare vendetta.
Ma non solo la sua famiglia era rimasta coinvolta nella malvagità di quell’essere… vi furono, infatti, anni prima, tante altri stragi sempre da lui provocate… ovvero quella degli Yasha, regnanti del Sud, e quella della Famiglia Reale, regnanti della Terra Centrale.
I due uomini, vedendola così assorta nei suoi pensieri e con un’espressione di dolore sul volto si preoccuparono
“Sango, c’è qualcosa che non va?” le chiese, apprensivo, il padre
“Eh? Ah, no, scusatemi, mi ero un attimo distratta…” mentì lei, mentre il dolore per la perdita della madre le bruciava ancora dentro…. Ma Seiishiro capì immediatamente che c’era qualcosa che non andava, ma non volle indagare su quello che turbava la giovane… almeno non in quel momento.
“Capisco – disse il padre – in effetti si è fatto abbastanza tardi, sarai stanca” le disse mentre la guardava con affetto.
“In effetti è tardi…” constatò Seiishiro guardando sul muro l’orologio a pendolo che segnava le due e tre quarti.
“Sarà meglio che mi ritiri anche io… anche domani mi aspetta una dura giornata di lavoro!” disse, allegro, nonostante il pensiero della dura giornata che lo aspettava l’indomani.
“Sì… anche io sarà meglio che vada a riposare… c’è un’importante assemblea domani in Parlamento e non vorrei addormentarmi nel corso di una discussione!” disse ridendo Fersen.
“Allora buonanotte e grazie dell’ospitalità! Mi ha fatto davvero piacere trascorrere questa serata in vostra compagnia”
“Anche a noi Seiishiro! Sai che sei sempre il benvenuto qui” e si diressero verso l’ingresso dove, ancora, si salutarono, promettendo di trascorrere un’altra serata del genere al più presto.
“Se non vi crea disturbo vorrei passare dall’entrata sul retro così faccio prima ad arrivare alla caserma…” chiese timidamente il senpai.
“Ma quale disturbo! Perché non gli fai strada tu, Sango?”.
“Certo, volentieri” rispose sorridendo la ragazza “Nel frattempo vado a prendere anche il vostro mantello senpai” e scomparì momentaneamente alla loro vista, tornando, dopo poco, reggendo in mano il pesante mantello, finemente ricamato, del capitano porgendoglielo.
“Bene, allora ci vediamo presto Seiishiro”.
“Certamente e grazie ancora per la bella serata” e si strinsero la mano dandosi nuovamente la buonanotte.
Poi, il senpai, insieme all’ex allieva, si avviarono per il corridoio coperto dove poi avrebbero raggiunto una della uscite laterali, la quale portava direttamente sulla strada a pochi metri dalla caserma.
Stettero diverso tempo in silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri quando poi Seiishiro, fermandosi, lo interruppe
“Ti sembrerò forse inopportuno Sango ma… prima, quando eravamo in salotto, ti ho visto assorta con quello sguardo… sicura che andasse tutto bene?” le chiese guardandola negli occhi, cercando quasi di leggervi una risposta.
Lei, quasi subito cercò di distogliere lo sguardo, girandosi leggermente di lato per non far vedere la sua espressione tesa
“Pe… perché mi fate questa domanda? Certo che andava tutto bene! Mi ero semplicemente distratta…” mentì lei, sperando di convincere il capitano che, però, non si fece ingannare.
“Sango, guardami…” le disse lievemente aspettando che la ragazza si girasse, cosa che non fece. Perciò le si avvicinò e delicatamente le sfiorò un braccio con una mano mentre le posava l’altra sotto al mento per sollevarle il viso e guardarla, finalmente, negli occhi.
“Perché non mi dici la verità?” le chiese dolcemente mentre ancora la teneva vicino a sé tramite quella dolce presa sul suo braccio.
Lei rimase qualche momento a fissarlo negli occhi senza parlare mentre si sentiva quasi scrutata nell’anima.
Si ritrovò poco dopo con le lacrime agli occhi mentre si lasciava andare ad un pianto liberatorio contro il petto di Seiishiro che, nel frattempo, l’aveva abbracciata.
“Non… non volevo mentirti! – singhiozzò - È che mi era tornato alla mente l’indimenticabile dolore della perdita di mia madre! E visto che c’era anche mio padre non volevo rattristarlo…!” disse tutto d’un fiato mentre forti singhiozzi la scuotevano.
Continuò a piangere ancora per lunghi minuti mentre sentiva Seiishiro accarezzarle dolcemente la schiena per confortarla… quando, ripreso il controllo, si rese conto di quello che aveva fatto, si staccò improvvisamente dall’uomo, rossa in volto per la vergogna di essersi lasciata andare in quel modo.
“Io… tu… ecco… ecco… scusami…!” balbettò, confusa, più imbarazzata che mai sotto lo sguardo intenerito di Seiishiro che le posò una mano sulla testa, accarezzandole i morbidi capelli.
“Non devi scusarti… sono contento che tu ti sia sfogata con me…” le disse dolcemente mentre lei posava nuovamente i suoi magnifici occhi su di lui, ammaliandolo. Era sempre rimasto affascinato dalla bellezza e dai modi di quella ragazza e solo ora si rendeva conto di quanto fosse cresciuta e di che splendida donna fosse diventata. E forse solo adesso si rendeva conto che l’affetto che provava per lei andava ben oltre l’affetto solito che si prova per un’ex allieva.
“Si è fatto tardi – disse infine lui, tralasciando, per il momento, quei sentimenti - È meglio che vada…”.
“Sì… scusa ancora… per prima intendo…” disse lei timidamente mentre gli apriva la porta - precedentemente raggiunta prima di quello sfogo - che dava sulla strada deserta.
Lui le sorrise e si girò muovendosi verso la porta, per poi fermarsi sulla soglia di quest’ultima e girarsi verso la ragazza
“Ehi…” la richiamò facendola girare “Non so se te ne sei accorta… ma finalmente mi hai dato del tu…! Spero continuerai a farlo.... ‘Notte!” e si rigirò e si diresse con passo spedito verso la caserma lasciando una Sango impalata sulla soglia completamente rossa in viso.

FINE 3° CAPITOLO.

Ecco! Anche il terzo capitolo è andato… finalmente ha fatto la sua comparsa anche la nostra Sango… sicuramente ci sarà un’esplosione di commenti su questo ‘strano ’ – che tanto strano poi non è – rapporto tra lei e l’affascinante Seiishiro… eheheh… io non voglio anticiparvi nulla ma… bè insomma, lo vedrete continuando a leggere la ff!
Devo invece, come al solito, aggiungere o definire un paio di cosette… prima di tutto, se vi siete domandati del perché Sango abbia abbandonato gli Syuryouka… bè, questo verrà svelato più avanti… non posso mica dire tutto adesso, no?
Poi… mmmh… non mi viene più in mente nient’altro… se ho tralasciato qualcosa che non vi è chiaro, come sempre… domandate!

CURIOSITÀ:
*Foresta della Cento Rocce: così denominata perché delimitata interamente, in circolo, da cento rocce. (Inu: decisamente banale! Me: sarà banale, ma non si vede tutti i giorni una cosa del genere, no? Inu: bha…).

Ecco direi che è tutto… come sempre aspetto vostri commenti!
Ci vediamo al prossimo capitolo ragazzi! Bye bye!!

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Capitolo 4
*** cap4 “LA VENDETTA È UN PIATTO CHE VA SERVITO FREDDO” ***


Salve a tutti!!! Come ogni lunedì, ecco un nuovo capitolo di questa ff! oggi non voglio prendervi tempo con un’introduzione papirica ma volevo ringraziare tutti quelli che hanno e stanno continuando a leggere questa mia storia!
In particolare ringrazio coloro che hanno commentato: Alia_chan, cri-chan, cabiria, Hikari_Takaishi_87, Mech e Fu-chan che, nonostante faccia parte del ‘ leggo e fuggi ’ ^^ ha continuato a commentare…grazie a tutti!!
Prima di lasciarvi, però, devo dirvi una cosa…come avevo perfettamente immaginato, l’entrata in scena di Seiishiro ha suscitato la comune domanda ‘ Ma poi Miroku e Sango staranno insieme, vero???’…il concetto è questo…. Bè, dovete capire che, essendo questa una ff AU l’ambientazione, nonché la vita dei personaggi sono completamente diverse. E visto che non mi piace fare e scrivere cose approssimative, è chiaro che ho dovuto inserire personaggi del tutto nuovi e che hanno a che fare con la vita dei personaggi principali. Questi ultimi, infatti, hanno una vita alle spalle, persone che li hanno affiancati prima che la loro vita li porti poi ad incontrarsi e a creare il nostro abituale gruppo.
Per questo ho creato questi nuovi personaggi, per dare un passato a tutti i componenti del gruppo, per dare loro un’anima e uno scopo.
Spero di essermi spiegata decentemente, comunque il mio obiettivo, con l’intervento di questi nuovi personaggi, non è di certo quello di sfasciare coppie e così via…ma penso che questo fosse logico, se non scontato.
Ecco, alla fine, ho scritto lo stesso un’introduzione lunghissima…! Allora, adesso vi lascio al capitolo che, anche questa volta, credo susciterà reazioni simili al precedente…^^!

4° CAPITOLO “LA VENDETTA È UN PIATTO CHE VA SERVITO FREDDO” .

“Kouga!”.
“Oh, buongiorno Miroku, Varandir…. Sei arrivato puntuale…”
“Sorpreso, eh?!?”.
“Decisamente sì…!”.
Eldoras, palestra del Palazzo Reale. Kouga e Miroku, come d’accordo, si erano trovati lì quella mattina per fare un po’ di allenamento insieme ai loro Draghi, Slyfer e Varandir.
“Buongiorno anche a te caro Slyfer…dormito bene?” chiese Miroku al Drago col suo solito tono ironico che faceva sempre irritare la creatura.
- Sì ho dormito bene…ed ero di buon umore fino a cinque minuti fa… - disse irritato il dragone a Kouga che riferì il messaggio al giovane dal codino che finse una faccia altamente offesa.
Accadeva raramente che Slyfer parlasse ed aprisse la mente ad altri Cavalieri che non fossero stati Kouga…con gli altri Draghi era inevitabile, ovviamente…con loro, per parlare, non aveva bisogno di dilatare ed aprire la mente, non aveva bisogno di dare quel privilegio che solo al proprio Cavaliere, in genere, veniva concesso.
Questo perché, di natura, aveva un carattere molto schivo e poco socievole ma non era affatto cattivo ed era comunque capitato che avesse concesso ad altri Cavalieri di parlare con lui anche se raramente.
“Che si fa allora, entriamo?” chiese infine Kouga
“Certo…siamo qui apposta, no?” rispose allegro Miroku felice, anche lui, di sgranchirsi.
- Era ora…finalmente potrò un po’ volare – disse, sollevato, Slyfer che non ne poteva più di restarsene rinchiuso nella sua stanza senza far nulla
“A chi lo dici! Comunque cerchiamo di resistere ancora per qualche giorno…tra poco infatti le Grandi Nevi cesseranno e noi potremo di nuovo uscire a farci un bel volo!” gli rispose entusiasta Kouga che non vedeva l’ora di cavalcare di nuovo l’amato Drago.
Così i quattro entrarono con i due ragazzi in testa e i due Draghi dietro
- Ti vedo in forma Slyfer…pensavo che lo stare rinchiuso nel tuo appartamento tutti questi giorni ti avesse rammollito ma vedo che non è stato così… - lo prese in giro Varandir
- Ah-ah…molto divertente! Spero che queste dannate tempeste finiscano presto altrimenti non riuscirò più a controllarmi! Tu piuttosto…come hai fatto a non sbarazzarti ancora di quel cretino del tuo Cavaliere?! – le chiese il dragone mentre guardava il diretto interessato mentre parlava allegramente con Kouga
- Aaaaahhh…ti confesso che è dura, ma è colui che io ho scelto e gli voglio bene…dovresti capire…. Sarebbe innaturale vedere un Drago sbarazzarsi del proprio Cavaliere, non ti pare?
- Sì…hai ragione…. Non volevo…ecco, sì insomma…- blaterò leggermente imbarazzato lui.
- Eheh…non ti preoccupare…ho capito…so che non volevi offenderlo…so bene come può essere irritante Miroku…si diverte molto a prenderti in giro ma ti vuole un gran bene, sai? Parla spesso di te… -
-…Non immaginavo…-
“Ehi voi due piccioncini volete darvi una mossa?!?” li prese in giro proprio l’oggetto della loro discussione facendo nuovamente e immediatamente infuriare Slyfer che, invece, stava cercando di convincersi che quell’Umano non fosse poi così male.
Dopo aver sventato una possibile strage i quattro si divisero, ognuno andando a fare i propri esercizi…. Manco a dirlo, Kouga e Slyfer si diressero verso la parte più estrema della palestra, quella più alta, dove era possibile volare anche se lo spazio era fortemente limitato ma sufficiente per permettere al dragone di distendere, finalmente, le grandi ali color grigio fumo scuro, quasi nero, fortemente in contrasto con il soffitto bianco candido della palestra.
Kouga, prima di salire sul Drago, andò a prendere una delle selle di cuoio a disposizione per i soldati e la sistemò sul dorso di Slyfer che, però, non ne era molto felice…ma era necessario a causa delle dure squame che avrebbero fatto sicuramente male al Cavaliere.
Infatti per evitare che i Cavalieri non provassero dolore nel cavalcare i propri Draghi, i pantaloni della loro divisa erano appositamente fatti di spesso cuoio che, però, non impediva loro i movimenti.
L’ ookami youkai, dopo aver sistemato nel modo migliore le imbracature della sella - in modo tale che non dessero troppo fastidio al dragone - , montò in sella contento finalmente di poter di nuovo, seppur in modo limitato, volare con il proprio Drago.
Slyfer aprì le grandi ali, distendendo la spessa membrana di cui erano composte mentre la luce ne metteva in risalto tutti i piccolissimi vasi sanguigni che pulsavano frenetici. Cominciò a sbatterle ritmicamente fino a cominciare ad alzarsi dal pavimento in modo progressivo. Una volta presa stabilità, il movimento delle ali divenne più deciso e forte fino a che i due non si trovarono quasi fino alla sommità del tetto.
Miroku li vide sospesi nell’aria ammirando la potenza e l’eleganza che possedeva quel Drago e notando il sorriso soddisfatto dell’amico, sorrise a sua volta.
“È ora di scatenarsi Slyfer!” disse allegro il demone lupo al dragone il quale ruggì come risposta, cominciando a percorrere il perimetro adibito al volo a tutta velocità compiendo anche qualche acrobazia aerea facendo divertire immensamente il proprio Cavaliere.

I quattro passarono lì praticamente tutta la mattina e ne uscirono stanchi ma contenti soprattutto Kouga e Slyfer che avevano avuto la possibilità, dopo tanto tempo, di volare insieme.
“Cavolo…sono sfinito!! Non verrò mai più in palestra con voi, Kouga, stanne certo!” esclamò Miroku, sfinito per l’allenamento che per lui, di solito, significava andare a guardare le belle ragazze appartenenti alla Milizia, esercitarsi con i loro Draghi…altro che esercizio fisico!
Ma quando si andava con l’ ookami youkai la contemplazione del ‘corpo umano ’- come usava dire Miroku a mo di scusa – non era prevista nel programma di allenamento che, di sforzo fisico lo prevedeva eccome.
“Mamma mia che pappamolle che sei! Possibile che tu non abbia un minimo di resistenza? Scommetto che per tutto il tempo in cui sono stato via non l’hai nemmeno vista da lontano la palestra!!” lo ammonì il demone lupo
- Ah, no per questo ci ho pensato io – intervenne Varandir – l’ho fatto spesso tirare giù dal letto a suon di secchiate d’acqua gelida da suo padre! – sghignazzò la dragonessa vedendo lo sguardo inviperito del suo Cavaliere mentre un brivido freddo gli percorreva la schiena ricordandosi della terribile sensazione dell’acqua ghiacciata sulla pelle.
“Ahahah! Bene, bene! Gliele avrei tirate io volentieri!!” lo prese in giro Kouga.
“Ma come siamo spiritosi! Ho rischiato l’infarto almeno una decina di volte! Quel padre degenere…! Ma anche tu, mia cara Varandir, non sei certo gentile!! Solo il piccolo Slyfer mi vuole bene, vero??” disse, con finte lacrime, avvicinandosi pericolosamente al dragone che non si aspettava di essere messo in causa così all’improvviso…. Ed indietreggiò di qualche passo quando se lo vide davanti con un’espressione idiota mentre sbatteva le ciglia come una femminuccia.
- Per tutti i Draghi portatelo via prima che lo sbrani!! – ruggì il Drago mentre la sua – già precaria – pazienza andava a quel paese….
Kouga intervenne tempestivo, prevenendo quello che il suo irascibile amico sarebbe stato capace benissimo di fare.
“Miroku, Miroku io direi che è meglio lasciare fuori da questa storia Slyfer, che ne dici??” gli disse, apprensivo, vedendo la forte irritazione del Drago
“NO! Devo sapere se almeno Slyfer mi vuole bene!” piagnucolò testardo il giovane dal codino mentre la preoccupazione del demone lupo aumentava sotto il continuo vociare irritante di Miroku finché il dragone non esplose
- Va bene, va bene!! Digli quello che vuole sentirsi dire perché non lo sopporto più!!!
“Ecco, ecco! Miroku me l’ha detto! Ha detto che ti vuole bene e che ogni volta che ne avrai bisogno, lui ti aiuterà, farà quello che vuoi!” esagerò Kouga, per calmare definitivamente l’assurda testardaggine di Miroku che si bloccò immediatamente…mentre invece Slyfer era rimasto impietrito alle parole del suo Cavaliere
- Ma che cavolo gli vai a dire???? Chissà quali cose assurde si inventerà d’ora in poi solo per farmi impazzire!!! – tuonò assordante nella testa del Cavaliere che rimase quasi stordito.
“Davvero???” intervenne, invece, melliflua, la voce di Miroku mentre guardava in modo altamente equivoco il dragone che, a sua volta, lo guardava quasi spaventato…. Quell’Umano era forse l’unico, in tutto il Continente, a metterlo quasi sempre in difficoltà.
“Quello che voglio, eh?” continuò per poi bloccarsi qualche momento in silenzio, come in contemplazione.
“Allora voglio che tu, Slyfer, almeno qualche volta, apra la tua mente e che mi parli direttamente!” disse infine, deciso, il giovane dal codino, guardando dritto negli occhi il dragone che, invece, era rimasto spiazzato da quella richiesta. Era questo, questo voleva quello strano quanto bizzarro Umano?
Kouga, invece, sorrise sapendo quanto Miroku desiderasse che Slyfer, dopo tanti anni, gli aprisse la sua mente…glielo aveva confessato tempo fa e, anche lui, sul momento, era stato sorpreso da quel desiderio…ma Miroku voleva un gran bene al suo dragone e, soprattutto lo ammirava e gli portava rispetto.
Ci fu qualche momento di silenzio fino a quando lo stesso Miroku sbottò
“Bene! Adesso direi che è ora di andare a pranzare, che ne dite?”.
“Eh? Ah…certo! Sì, sì andiamo” rispose Kouga e si avviarono
“Ah, e dove vuoi andare a mangiare oggi?” chiese poi il demone lupo “Ieri sera, dopo che sei andato via, mi sono messo d’accordo con mio padre e il senpai Mendion per trovarci alla taverna…evidentemente il sidro di more ha conquistato di nuovo il mio paparino, ihihih!”
“Bè, lo capisco!”
“Comunque se tu e Slyfer avevate altri programmi…”
“No, no! Non c’è problema, vero?” si rivolse al Drago che era poco dietro di lui
- S- sì…non c’è problema…-
- C’è qualcosa che non va, Slyfer? – gli chiese, senza però dare voce ai suoi pensieri, Kouga
- No no…non ho niente – tagliò corto la creatura
- Mmh…sarà…- il demone lupo fece cadere il discorso sapendo che, tanto, era completamente inutile stare lì ad insistere sapendo bene anche quanto poi il suo Drago si sarebbe irritato.
“Bene! Allora avviamoci! Voi state a mangiare lì con noi, no?” chiese Miroku a Varandir
- Certo…ho voglia di vedere Doroty!
“Benone…Kouga, Slyfer resta anche lui?”
“Che vuoi fare?” domandò l’ ookami youkai al dragone - Resto, resto… -
“Il signorino ci delizierà della sua compagnia!” disse scherzando Kouga
“Sono contento!” sorrise sinceramente Miroku a Slyfer che lo guardò un po’ stranito ripensando poi ancora alla sua precedente richiesta. Così i quattro si avviarono verso la taverna, dove già li aspettavano il Governatore e il Ministro Mendion, per pranzare tutti insieme e per passare, così, un’altra piacevole giornata….
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Toc, toc.
- Era ora!! -.
Shima no Nanimo. Mezzogiorno.
Un irritato hanyou aspettava con impazienza quello che era il suo secondo pasto della settimana. L’ultimo.
Ma non era tanto la fame a tormentarlo quanto la sete.
- Pensavo di avere più resistenza…- si ritrovò a pensare. Andando avanti di quel passo sarebbe morto davvero. Ma lui non poteva assolutamente permetterselo. Doveva a tutti costi compiere la sua vendetta contro coloro che lo avevano costretto a vivere a quel modo. Morti. Li voleva tutti morti.
“Ehi come andiamo?” sentì improvvisamente una voce provenire dall’esterno e, pensando che la domanda fosse rivolta a lui, si stava accingendo a rispondere ma una seconda voce, sempre proveniente dal di là della porta lo bloccò immediatamente.
“Sempre uguale…non si decide a morire! Ha preso il pranzo pure oggi questo hanyou bastardo!”.
- Ma sentilo il fottuto bastardo – pensò ringhiando Inu-yasha. Era la prima volta, dopo chissà quanti anni, che sentiva di nuovo qualcuno parlare lì dentro o, almeno, abbastanza vicino perché lui sentisse.
“Eh! Che ci vuoi fare…! Questi sporchi hanyou hanno la presunzione di voler sopravvivere a tutti i costi! E pensare che nella Terra Centrale i Demoni convivono con quegli sporchi Umani per non parlare dei mezzi- demoni!! Che paese immondo!”.
“Già…peccato che si ritrovino con un esercito spaventoso!”.
“Solo perché hanno i Draghi. Senza di quelli li potremmo schiacciare come moscerini!” e i due youkai sghignazzarono continuando a lanciare improperi contro la Terra Centrale, gli Umani e gli Hanyou mentre Inu-yasha stava ben attento a quello che i due dicevano per cercare di sapere di qualche notizia dall’esterno.
“Speriamo che Naraku- sama si decida ad attaccare il prima possibile quei maledetti! Non mi piace stare con le mani in mano…”
“Sì ma dobbiamo stare comunque attenti…deve essere un attacco a sorpresa altrimenti non avremmo speranze di procurare loro danni se non sacrificando più della metà del nostro esercito!” l’altro annuì.
“E con la ricerca della Shikon no Tama? È vero che Naraku- sama se ne vuole impossessare?”.
- La Shikon no Tama?!? – esclamò, sorpreso, dentro di sé l’ hanyou “Così ho sentito…ma chissà se riuscirà davvero a trovarla…”.
“Piuttosto…si è più saputo niente di Sesshoumaru?”
- Sesshoumaru?!? Da quant’è che non sentivo nominare il nome di quel bastardo! – pensò, irritato, Inu-yasha mentre ancora il suono di quel nome gli rimbombava nelle orecchie mandandolo in bestia. Ma doveva concentrarsi sui discorsi di quei due se voleva capirci qualcosa.
“Ah, già…pare che qualche mese lo abbiano visto aggirarsi nelle vicinanze dei nostri territori…ma non so quanto sia vero…. Da dopo la congiura non si è fatto più vedere…”
“Meglio così. Un pensiero in meno”
“Già…comunque i preparativi dell’esercito come vanno?”
“Tutto bene…hanno una gran voglia di sangue…!”.
“Come li capisco! Non vedo l’ora che questo bastardo muoia così posso finalmente ritornare nel Regno! Non ne posso più di starmene in questo posto sperduto!”.
“Mi chiedo ancora perché Naraku- sama non l’abbia fatto fuori quattordici anni fa. Avremmo avuto un impiccio in meno”.
“Ora è meglio che vai, sennò poi ti fanno una lavata di capo se vedono che ci siamo messi a parlare qua!”.
“Che vuoi che sia! Tanto non ci avrà nemmeno sentito! E poi chissà se sa ancora capire la nostra lingua quel bastardo! Ti saluto!” e lo youko si allontanò lasciando nuovamente solo l’altro che si risedette sulla sua scomoda sedia in legno vecchia e polverosa imprecando e maledicendo quel dannato posto e l’irritante compito di dover fare una guardia inutile ad un altrettanto inutile hanyou.
Inu-yasha, invece, era più furioso che mai. Dopo aver sentito quei discorsi la fiamma di vendetta che covava dentro di sé si era notevolmente ravvivata accecandolo da qualsiasi ragionamento logico. Vendetta. Solo questo voleva ora. Una spietata e sanguinosa vendetta.
Per diversi minuti restò immobile, con i pugni serrati fino a far diventare bianche le nocche mentre un violento tremore lo pervadeva. Ma poi riuscì a calmarsi, cercando di riacquistare un minimo di lucidità per poter ragionare su quello che aveva appreso.
Respirò a fondo, sorseggiò un po’ d’acqua e si risedette al ridosso della fredda parete in pietra.
Primo: era evidente che Naraku stesse preparando un imminente attacco contro quelli della Terra Centrale, i Signori dei Draghi. Già…i Draghi. Quante volte suo padre, da piccolo, gli aveva raccontato di quelle creature leggendarie mentre una strana emozione lo pervadeva e che lui riusciva a percepire facendosi contagiare a sua volta. Diventare un Cavaliere. Era questo il suo sogno da bambino. Sogno stroncato da quella maledetta congiura che aveva distrutto la sua famiglia. Ora solo la vendetta contava…anche se, però, nel profondo del suo cuore quel sogno, quell’ambizione non l’aveva mai abbandonato, nascosta nella parte più profonda del suo cuore ferito ed umiliato.
Ma non era quello il momento per ripensare ai ricordi.
Secondo: la Shikon no Tama. Naraku stava cercando la Shikon. Allora esisteva veramente? si ritrovò a pensare. Ne aveva letto la leggenda da bambino ma ora la ricordava vagamente…rammentava però che tale talismano era andato perduto fin dopo la Grande Guerra della Prima Era e che da allora se ne erano perse le tracce. Ricordava anche che, prima che scomparisse, la sfera apparteneva alla Famiglia Reale, i regnanti della Terra Centrale, e che veniva tramandata di generazione in generazione.
Si diceva fosse un antico e potentissimo artefatto magico, creato secoli prima dai Draghi, coloro che abitavano quelle terre da sempre. Ma l’aveva sempre ritenuta più una favola che la verità, perciò non vi aveva mai dato tanto peso. Naraku però la stava cercando. Non sapeva che pensare.
Terzo: Sesshoumaru. Gli rivenne alla mente il volto odiato del fratello. Colui che più di tutti gli aveva voltato le spalle. Più che fratelli erano fratellastri, figli dello stesso padre ma nati da madri diverse. Lui era uno Youkai completo, lui, invece, un Hanyou. Un misero hanyou.
Gli rivenne in mente il giorno di quattordici anni fa, il giorno della congiura. Dopo aver ucciso spietatamente i suoi genitori, Naraku fece catturare anche lui e Sesshoumaru per decidere della loro sorte. Il volto vivido di quel fottuto bastardo di Naraku, con quel suo ghigno così maledettamente irritante, gli riempiva gli occhi, accecandolo di rabbia e disgusto.
- Che ne dobbiamo fare di voi due? – gli disse – Avete suggerimenti da darci vostre maestà? – Lo ricordava così bene, come se gli avesse rivolto quelle parole in quel momento.
Si aspettava lo stesso destino che era stato riservato ai suoi genitori, ma la mente contorta di quell’essere spietato aveva in mente ben altro. Si sorprese soprattutto della proposta che fece a suo fratello: ovvero di prendere sì lui il trono, di nominarlo suo principale e unico consigliere e di lasciargli carta bianca per qualunque tipo di decisione, soprattutto belliche. Come si era aspettato, Sesshoumaru aveva rifiutato gelidamente e, con sorpresa un po’ di tutti, Naraku aveva deciso di lasciarlo in vita, bandendolo dal Regno.
- E del vostro caro fratellino cosa ne dobbiamo fare? Ci consiglia qualcosa? – aveva detto quel bastardo mentre lo guardava con quello sguardo sadico e diabolico che per così tanto tempo aveva tormentato il suo sonno, terrorizzandolo. Ma nel corso degli anni quel terrore si era trasformato in una cieca e terribile rabbia.
Rabbia che ora provava anche verso il fratello che lo aveva lasciato in balia di quei maledetti
- Fatene quello che volete. Quello non è mio fratello – questo, anche questo si sentì dire mentre le risate maligne e gli scherni degli altri Youkai lo avevano sommerso frantumando il suo orgoglio e umiliandolo.
Naraku sorrideva maligno, mentre alcuni Demoni già suggerivano di farlo fuori senza esitazione ma quel pazzo già aveva preso la sua decisone
- No. Non lo uccideremo. Lo rinchiuderemo finché non saranno le sue stesse forze ad abbandonarlo. Un hanyou non merita di avere una morte veloce e indolore! Di lui rimarrà solo la leggenda di quel misero mezzo- demone morto dalla fame ahahahah!! - . Infuriato, Inu-yasha tirò un violentissimo pugno alla parete sbucciandosi il dorso della mano mentre alcuni rivoli di sangue gli scendevano lungo il polso. Quel fottuto bastardo…come, come aveva solo osato parlargli a quel modo e fagli patire tutti quegli anni di prigionia?!? Ma lui era ancora lì, vivo e non aspettava altro di poter uscire di lì per massacrarli tutti. Avrebbe usato la stessa pietà con cui loro lo avevano trattato se non di più.
Cercò di calmarsi e improvvisamente si ricordò che aveva fame. Ed infatti il suo stomaco stava reclamando violentemente del cibo.
Si rilassò contro la parete e diede un morso al pane secco mentre fissava con sguardo vacuo il muro di fronte a lui. Con la mente ritornò alla conversazione dei due demoni cercando di ricordare se ci fosse qualcos’altro da analizzare…. Improvvisamente lo folgorò una cosa detta da uno dei due Youkai che alla prima sentita non gli aveva fatto nessun effetto: ‘…Non vedo l’ora che questo bastardo muoia così posso finalmente ritornare nel Regno! Non ne posso più di starmene in questo posto sperduto!’ .
Che voleva dire far ritorno nel Regno? Loro non si trovavano nel Regno del Sud? In effetti questo lui non poteva dirlo con sicurezza visto che quando lo portarono via dal palazzo per poi rinchiuderlo lì dentro era stato bendato.
- In effetti prima di ritrovarmi qua dentro ci ho messo parecchio…ma non pensavo che mi avessero portato addirittura in qualche posto al di fuori del Regno…! – si disse, sorpreso, l’ hanyou.
Sospirò. La sua possibile fuga, ora, sembrava ancora di più un’utopia. Perché tutto questo? Avrebbe preferito essere stato ucciso quattordici anni fa, insieme ai suoi genitori invece di subire quel trattamento…. NO!! Non poteva farsi prendere dallo sconforto, anche per loro, per i suoi amatissimi genitori doveva sopravvivere! Doveva vendicare la loro morte e lo avrebbe fatto!
Ma come avrebbe potuto effettuare la sua vendetta se non poteva nemmeno uscire da lì? Era un problema che doveva cominciare ad affrontare seriamente. Non sapeva nemmeno dove fosse stato portato e questo era un problema in più, visto che, da quanto aveva capito, si trattava di un luogo alquanto isolato. Chissà se qualcuno poi lo sapeva ancora in vita….
- Avrei bisogno di un aiuto dall’esterno…da solo non posso fare niente – pensò, con rammarico. Se voleva uscire da lì aveva bisogno di una mano…ma chi mai lo avrebbe aiutato? Di certo non quelli della sua razza…se li ricordava ancora gli sguardi pieni di odio che gli mandavano, sia a lui che a sua madre…una ningen e lui, di conseguenza, un ibrido, un mezzo- demone. La peggior feccia di tutto il Continente, per quelli del Sud…e forse non avevano torto.
Ma non per questo poteva lasciar correre…anche se era un hanyou bastardo, il suo orgoglio non poteva essere messo da parte. Per questo avrebbe combattuto e si sarebbe riscattato con le loro vite.
Gli bastava farli fuori tutti…poi di quello che avrebbe fatto in seguito…non lo sapeva e non gli importava.
Volse lo sguardo verso l’alta finestra dalla cui spessa inferriata di ferro entravano alcuni raggi di sole che, per un istante, lo abbagliarono. Doveva far sapere al mondo esterno che lui era vivo…ma come?
- Uscirò di qui. Fosse l’ultima cosa che faccio! -
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“Kagome ma mi ascolti?!?”.
“Eh?? Ah, scusa nonna Kaede…mi ero un attimo distratta”.
Isola di Arlem. Kagome e la vecchia Kaede se ne stavano sedute vicine al focolare in attesa che la zuppa finisse di cuocere. Era ora di pranzo.
Il periodo delle tempeste di neve era ormai finito ma ancora il freddo pungente dell’inverno riempiva l’aria.
“Hai dormito poco anche sta notte. È sempre quel sogno…” la ragazza annuì, in silenzio. Sembrava in contemplazione.
“Ho l’impressione che non si tratti di un semplice sogno” disse, secca. L’anziana miko annuì di rimando. Aveva avuto quell’impressione fin dalla prima volta in cui la ragazza gliene aveva parlato.
“Credi si tratti di un presagio negativo?” chiese a Kagome
“Non lo so – disse sospirando – ma credo che si tratti di una cosa molto importante. Cosa devo fare nonna?” chiese infine la ragazza alla vecchia Kaede con uno sguardo preoccupato.
Non la vedeva così turbata da tantissimo tempo. Le sorrise, cercando di rincuorarla
“Non devi fare niente per adesso, Kagome. Se hai sognato l’avvento di questi quattro giovani significa che l’incontro con loro segnerà una svolta importante nella tua vita…bisogna solo aspettare che arrivi quel giorno” le disse amorevole.
“Se…se avessi sognato anche il giorno di dieci anni fa…” sussurrò cupa la ragazza ma l’anziana miko la sentì lo stesso e anche il suo viso si adombrò capendo a cosa si riferisse Kagome…il giorno in cui sua figlia Kikyo e suo marito, Hisoka, vennero uccisi per difendere lei, per difendere il loro villaggio.
“Non devi angosciarti con simili pensieri – riprese l’anziana miko – Anche se avessi sognato quel giorno non avresti mai saputo quando sarebbe successo di preciso…ci avrebbero colti di sorpresa comunque” concluse, senza alcuna emozione nella voce.
“Ora vado fino al villaggio, nonna” sbottò improvvisamente Kagome “Co…ma Kagome non hai ancora pranzato…”
“Non ho fame. E comunque bisogna fare la spesa per sta sera e chiamare qualcuno perché ci porti un po’ di legna. Tornerò prima di sera” si alzò e si diresse nella stanza attigua a quella che usavano come sala da pranzo, per prendere il pesante mantello invernale, la sua spada ed arco e frecce.
“Fa attenzione” le disse semplicemente Kaede guardandola mentre si dirigeva verso la porta e usciva.
La casa in cui abitavano Kagome e la vecchia Kaede si trovava isolata dal villaggio, lontana da esso nemmeno un chilometro…si erano trasferite lì dopo l’attacco di quei demoni di dieci anni fa; costruita solo per loro due, era una modesta abitazione, di un solo piano, con appena cinque stanze: una cucina abitabile, due stanze da letto, un’altra stanza usata come dispensa e un piccolo bagno.
Fuori da essa vi era un piccolo capanno dove veniva tenuta la legna ed alcuni attrezzi ed anche una modesta stalla in cui erano riparati i loro due cavalli.
Proprio perché isolata dal villaggio, era necessario tutte le volte recarsi là per procurarsi il cibo e le provviste…ma Kagome vi era abituata anche perché vi si recava almeno una volta alla settimana per controllare se vi fosse il bisogno del suo aiuto. Non per niente lei era la sacerdotessa del villaggio di Kandem…ormai da quando aveva dodici anni visto che sua nonna non aveva più le forze per farlo.
E la sua fama si era diffusa praticamente in tutta l’isola proprio perché così giovane ma immensamente potente. Era lei che si occupava della difesa del villaggio dagli attacchi dei Demoni che ormai da anni si erano stabiliti in quei luoghi portando paura e distruzione…ormai aveva perso il conto di quanti ne avesse uccisi.
Per questo veniva anche spesso contattata da altri villaggi che chiedevano il suo aiuto e, quando poteva, dava anche a loro una mano.
- Se solo fossi stata così forte anche quel giorno…- si ripeteva spesso, praticamente tutte le volte che abbatteva uno Youkai.
Inspirò a fondo l’aria pungente mentre la luce del sole riflessa sulle candide distese di neve l’abbagliava. Ormai le Grandi Nevi erano finite da qualche settimana e presto sarebbe stato possibile viaggiare per i sentieri senza difficoltà e ciò avrebbe comportato nuove richieste di aiuto, lo sapeva.
Camminare per quelle foreste le infondeva sempre una strana sensazione, come mistica…durante l’inverno quei luoghi si trasformavano, ricordandole le favole che sua madre le leggeva da piccola dove gli eroi si avventuravano per quelle foreste magiche e misteriose dove vivevano strane e misteriose creature…fate folletti spiritelli…le era sempre piaciuto credere che anche quei boschi fossero abitati da simili creature e vi passava ore ed ore nella speranza di vederne qualcuno.
Sorrise lievemente. Quei giorni spensierati non sarebbero più tornati.
Era felice di vivere su quell’isola…per i suoi numerosi viaggi era riuscita a visitarne almeno una piccola parte ed era rimasta meravigliata di quanti bellissimi posti vi fossero. La natura cresceva rigogliosa fornendo tutto il necessario agli uomini dei piccoli villaggi che l’abitava, cercando di deturparne il meno possibile la naturale bellezza.
Ogni stagione rendeva quei luoghi sempre diversi…era bellissimo vedere come il paesaggio si trasformasse dopo il gelo dell’inverno, dove tutto è bianco per poi esplodere in mille colori e mille tonalità di verde.
Pensando a cose simili Kagome si rilassò notevolmente, vedendo a qualche centinaia di metri il villaggio immerso nella neve.
Accelerò il passo dirigendosi verso una meta precisa.
Il villaggio di Kandem si trovava nella parte sud- ovest dell’isola, vicino alla costa. Era un sito di media grandezza in cui il commercio era la maggior parte fonte di ricchezza e sostentamento poiché lì confluivano molte delle merci che venivano portate dal grande porto della città di Ardensia, distante da lì qualche miglia.
Quindi, nonostante le ridotte dimensioni, era uno dei villaggi più ricchi e prosperosi dell’isola e questo grazie anche all’aver sventato l’attacco dei Demoni di dieci anni fa – che aveva portato alla contemporanea distruzione di moltissimi villaggi - , con il sacrificio dei genitori di Kagome visto che, a quell’epoca, erano proprio loro che si occupavano della difesa del villaggio grazie alle doti di sacerdotessa di Kikyo e all’esperienza nelle arti magiche di Hisoka.
Kagome poté vedere che le strade erano già state sgomberate dalla neve e si poteva di nuovo osservare il pavimento della bellissima piazza circolare, costituito da coloratissimi cubetti di porfido i quali formavano un intricato disegno di enorme effetto scenografico. Il tutto però era ancora sbiadito dal sottile strato di ghiaccio e sale che già stava compiendo la sua opera di scongelamento.
Qualcuno la riconobbe subito, anche se non indossava le tipiche vesti da miko ma dei pantaloni di pesante pelle nera infilati dentro un paio di stivali dello stesso colore alti quasi fino alle ginocchia. Sopra vestiva una pesante camicia bianca con sopra un morbido gilè di pelle chiara e sopra ancora una giacca di velluto pesante, infine il mantello.
“Somma Kagome che piacere vederla – la salutò cordialmente una giovane donna, avvicinandosi – Spero che lei e la somma Kaede stiate bene”.
“Sì, grazie. Spero che le Grandi Nevi non abbiano creato troppi danni qui al villaggio” disse cordiale Kagome mentre un lieve sorriso le illuminava il volto
“No, per fortuna è andato tutto bene! Nessuno è rimasto ferito o si è gravemente ammalato”
“Ne sono lieta. Solo oggi sono potuta venire perché le strade sono ancora bloccate dalla neve…quindi sono contenta che non abbiate avuto particolari problemi perché non avrei potuto raggiungervi…” disse flebilmente e con un tono quasi di rammarico…odiava non poter essere d’aiuto quando c’era più bisogno di lei. Nonostante avesse solo sedici anni doveva occuparsi di un intero villaggio invece che pensare a vivere con spensieratezza quelli che erano gli anni della sua adolescenza. Ma lei aveva accettato il suo ruolo e lo avrebbe adempiuto soprattutto per rendere onore ai suoi defunti genitori.
“Non dovete preoccuparvi di simili cose, somma Kagome! Sia voi che vostra nonna Kaede fate così tanto per noi…!” la rassicurò la giovane donna, sorridendole ampiamente, mettendola lievemente in imbarazzo. Si trovava quasi sempre in soggezione di fronte alle persone così cordiali ma, soprattutto, che sapessero sorridere a quel modo…cosa che lei non sapeva più fare.
“Oh, ma voi avrete degli impegni! Scusatemi se vi ho trattenuto!” sbottò, agitata, la donna sinceramente dispiaciuta
“No, no non si preoccupi! Sono venuta perché devo fare alcune compere e perché devo parlare con il signor Yoshikawa…lei saprebbe dirmi dove lo posso trovare? Non sono ancora andata nel suo ufficio…”.
“Mmh…se non sbaglio si trovava nel negozio del signor Deal per fare alcuni controlli…sa le consegne di alcune merci sono in ritardo…”.
“Capisco, andrò là allora”
“Io la saluto allora somma Kagome! Spero di vederla presto! Porti i miei saluti alla somma Kaede!”.
“Lo farò senz’altro. Arrivederci” e le due si separarono.
Dopo quell’incontro Kagome si sentì di nuovo irrequieta e non le piacque. Ma ormai c’era abituata e non ci fece più di tanto caso.
Si diresse così decisa verso il negozio del signor Deal, così indicatole dalla giovane donna, per incontrare il signor Yoshikawa, amministratore del villaggio.
Lo vide infatti parlare animatamente con il proprietario del negozio – una specie di ferramenta - , discutendo di chissà quale problema. Ma appena la vide si interruppe bruscamente, concludendo in maniera frettolosa e distratta il discorso, lasciando perplesso il signor Deal, e si diresse velocemente verso di lei con un cordiale sorriso.
“Che piacere vederti Kagome!” la salutò abbracciandola
“Anche per me, signor Yoshikawa”.
L’amministratore era un vecchio amico dei suoi defunti genitori, nonché di Kaede. Dopo la tragedia si occupò lui di dirigere i lavori di costruzione della loro casa e di rifornirle di ciò di cui avevano bisogno. L’aveva sempre trattata come se fosse stata la sua nipotina e quando ancora abitavano al villaggio aveva spesso giocato con lei.
Era ormai sulla settantina ma nonostante l’età aveva nel volto ancora un’espressione decisamente viva e giovanile. Mediamente alto, aveva i capelli di un grigio intenso con qualche sfumatura biancastra che gli incorniciavano i lati della testa, come un semicerchio, mentre la sommità della nuca era rada. Gli occhi, invece, erano di un azzurro intensissimo ed esprimevano una grande dolcezza.
“Tua nonna sta bene?” le chiese, guardandola affettuosamente
“Sì” rispose lei semplicemente
“Oh, ma non restiamo a parlare qui al freddo. Dì, hai già pranzato?
“Bè…per la verità…no” constatò imbarazzata avvertendo in quel momento i morsi della fame…ma perché non aveva mangiato prima di uscire?
“Dai andiamo alla locanda – disse lui ridendo – Sai in molti si chiedevano quando saresti venuta” continuò mentre si stavano incamminando.
“Le strade sono ancora bloccate dalla neve. Per fortuna almeno il sentiero principale era un po’ più sgombro degli altri…per questo sono potuta venire solo ora”
“Dirò a qualcuno di occuparsene”
“No, no! Non voglio che vi disturbiate più del necessario…!”
“Non ti preoccupare! In fondo è necessario liberare le strade…non possiamo restare bloccati troppo a lungo, ne risentirebbe il commercio”
“Capisco…”.
“Bene siamo arrivati”. Kagome alzò lievemente la testa, per vedere sopra di sé l’insegna della Locanda della Quercia (nome privo di qualsiasi significato…è la prima cosa che mi è venuta in mente… Inu: infatti fa schifo! Me: lo sapevo da me non c’era bisogno d’infierire, baka!).
Il signor Yoshikawa spinse lievemente la vecchia porta di frassino, sbiadito dal tempo e dalle intemperie.
Un’ondata di gelo penetrò nella locanda, raggelando per qualche istante tutti i presenti, la maggior parte dei quali si girarono per vedere chi era entrato.
“Somma Kagome, signor Yoshikawa! Prego, prego accomodatevi!” esclamò allegro da dietro il bancone di fronte a loro un uomo sulla sessantina, abbastanza alto e un po’ robusto.
I capelli di un intenso castano erano striati da alcuni capelli bianchi lucenti e una folta barbetta gli incorniciava la bocca ridente e furbetta, come gli occhi, di un altrettanto intenso marrone, che esprimevano una grande furbizia e fiuto per gli affari.
“Buongiorno Bert! - salutò di rimando l’amministratore – Hai visto chi ci è venuto a trovare?”
“Salve signor Bert” si aggiunse Kagome accennando un sorriso
“Sono contento di vedere che state bene Kagome- sama” disse il locandiere mentre i due appendevano i loro mantelli all’appendiabiti e sedevano al bancone su due dei vari seggiolini rialzati fissi al pavimento davanti al bancone.
La locanda del signor Bert era una delle più grandi del villaggio e la più rinomata per il suo famoso arrosto di faraona, specialità della casa.
“Anche a me fa piacere che stiate tutti bene. Quest’anno le Grandi Nevi non hanno inflitto danni gravi” constatò Kagome sollevata “Già, per fortuna!”
“E gli affari come vanno Bert?” intervenne l’amministratore
“Bè, a causa delle tempeste sono andati un po’ a rilento questi ultimi mesi, ma non mi posso lamentare! Appena le nevi cominceranno a sciogliersi riprenderanno a gonfie vele!”.
Il signor Bert era rimasto vedovo della moglie molti anni prima e da quel giorno si occupava della locanda lui solo con l’aiuto dei due figli, Kliff e Deniel; il primo aveva diciotto anni mentre il secondo sedici, la stessa età di Kagome.
“E i ragazzi come stanno?” chiese il signor Yoshikawa
“Oh, benissimo! Sa qualche giorno fa parlavamo proprio di voi, Kagome- sama! Kliff si chiedeva se lei e la somma Kaede non aveste bisogno di legna…”.
“Sì, in effetti sono venuta anche per quello…. È da molto, in effetti, che non vedo Kliff e Deniel…mi piacerebbe salutarli”. Kagome sorrise, ripensando agli anni in cui aveva abitato lì e delle giornate passate a giocare proprio con Kliff e Deniel, i suoi amichetti d’infanzia. “Ah, per questo non c’è problema…sono usciti sta mattina per delle commissioni e dovrebbero tornare tra poco…saranno affamati come lupi!”
“A proposito di essere affamati… anche noi vorremmo gustare una delle tue squisite pietanze Bert!” disse allegramente l’amministratore.
“Ma certo! Che ne dite di uno stufato bello caldo?”
“Vada per lo stufato!”
“Anche per voi somma Kagome?”
“Certo, va benissimo”
“Torno subito allora con due bei piatti di stufato bollente!” e lo videro dileguarsi dietro una piccola porta che portava alle cucine.
La locanda del signor Bert era molto spaziosa e ben tenuta: era formata da una sala molto grande in cui vi erano disposti ordinatamente i vari tavoli di grandezze diverse; poi vi era una sala più piccola, separata da quella principale da una mezza parete fatta di vetro color ambra, rifinito da intelaiature in bronzo finemente lavorato. Il bancone percorreva la lunghezza del muro quasi interamente e sulla destra vi era una scala che portava al piano superiore dove vi erano alcune stanze per chi volesse alloggiare alla locanda la notte.
Attigua alla locanda, vi era un’altra costruzione, ovvero la casa vera e propria del locandiere e dei figli.
Improvvisamente l’ingresso della locanda si aprì con uno strattone e sulla soglia fecero capolino i due figli del locandiere, intirizziti dal freddo pungente, facendo un gran baccano, sbraitando e lamentandosi per la mattinata faticosa.
Il signor Yoshikawa e Kagome si erano girati, incuriositi dal vociare e incontrarono lo sguardo sorpreso e stupito dei due nel vederli lì. O, meglio, sorpresi e stupiti di vedere lì Kagome.
“Ka- Kagome?!?” esclamarono quasi contemporaneamente i due giovani
“Kliff? Deniel?” esclamò lei di rimando. Poi, ripresisi dal momento di confusione, i due si diressero velocemente verso la ragazza, contentissimi di rivederla dopo tanto tempo.
“Che bello rivederti Kagome! – cominciò Kliff – È da molto che non ci si vede!”
“Già! Sembra siano passati anni! Deniel…sei diventato un gigante!!” disse lei, sinceramente sorpresa
“Oh, su, non esagerare!” balbettò lui, imbarazzato, mentre un lieve rossore gli imporporava le guance.
Kagome sorrise.
Kliff e Deniel erano due ragazzi molto belli. Il primo aveva ereditato i caratteri fisici del padre anche se era molto più alto di lui. Perciò era moro con due occhi marrone scuro e un fisico ben proporzionato, seppur leggermente robusto.
Il secondo, invece, aveva preso tutto dalla madre: i capelli chiari, di un bellissimo biondo scuro, e gli occhi di un verde brillante; alto quasi come il fratello, aveva un fisico molto più slanciato rispetto all’altro e nonostante sembrasse quasi esile aveva dei muscoli ben scolpiti e la forza fisica non gli mancava. Era proprio Deniel che si occupava di portare fino a casa loro la legna e che spesso si offriva di aggiustare e riparare la loro casa o qualsiasi altra cosa quando era necessario.
I due fratelli si volevano un gran bene ed erano molto uniti, nonostante avessero caratteri e temperamenti molto diversi. Kliff, anche per la sua età, era più risoluto e sicuro di sé mentre Deniel – anche se tentava di assumere un atteggiamento aggressivo – era più pacato rispetto al fratello, riflessivo e un po’ timido. Ma spesso in lui Kagome vi aveva letto qualcos’altro, una specie di malinconia o tristezza che non era mai riuscita realmente a carpire.
“Eccomi di ritorno! Oh, ma siete già arrivati ragazzi!” esclamò il padre dei due mentre avanzava verso il bancone con le due porzioni di stufato per Kagome e il signor Yoshikawa
“Perché non vi accomodate tutti insieme in uno dei tavoli? Così poterete pranzare insieme!” suggerì il locandiere.
“È un’ottima idea! Appendiamo i mantelli e arriviamo” disse Kliff che si avviò verso uno dei vari appendiabiti attaccati alla parete, seguito dal fratello che non aveva tolto per un attimo gli occhi da Kagome.
Si sedettero in un grande tavolo vicino al camino e poco dopo il signor Bert portò loro delle abbondanti porzioni di stufato e cominciarono a mangiare mentre parlavano del più e del meno allegramente.

Kagome passò alcune ore davvero piacevoli, contenta soprattutto di aver rivisto i suoi due amici, Kliff e Deniel…ancora alcuni dei pochi che non la chiamassero ‘Kagome- sama ’….
Purtroppo però era ormai ora di avviarsi, se voleva riuscire a prendere le cose che le servivano e ritornare a casa prima che facesse buio.
“Io sarà meglio che mi avvii, ora”
“Oh, già! In effetti sono già passate due ore! Devi andare ancora a fare la spesa, no?” chiese l’amministratore
“Sì, e sarà meglio che mi sbrighi altrimenti farà buio”
“Ti accompagno io, Kagome - si offrì Deniel – Papà tu non hai bisogno di me, vero?”
“No, no non ti preoccupare! Accompagna pure la somma Kagome…puoi prendere il carretto, così farete prima”
“Ma no Deniel…non è necessario” cercò di dissuaderlo lei, non volendo arrecare disturbo
“Non ti preoccupare! Sono contento se posso darti una mano e poi è da così tanto che non ci vediamo…ci facciamo due chiacchiere!” insistette lui guardandola dolcemente
“Ma…ma io non voglio disturbare…” ribatté lei nuovamente imbarazzata per tutta quella gentilezza
“Allora noi andiamo!” esclamò però il ragazzo afferrandola per un braccio, prendendo i loro mantelli e dirigendosi verso l’ingresso per uscire.
Kagome non riuscì nemmeno a protestare che già si trovavano fuori.
- E bravo il mio fratellino – pensò, invece, con un sorriso Kliff dirigendosi verso la porta che connetteva la locanda alla loro casa.

“Aspettami un attimo qui che vado a prendere il carretto Kagome”.
“Ma- ” non riuscì nemmeno a terminare la frase che Deniel era già sparito dietro l’angolo per andare a prendere il carretto insieme ad un cavallo dalla stalla.
Tornò poco dopo, mentre teneva per le redini un bellissimo cavallo dal manto marrone scuro lucente.
“Forza, ti aiuto a salire” le disse lui, più come un ordine che come un invito, e lei si ritrovò a non poter obiettare.
“Accidenti! Come al solito fai sempre come ti pare!” sbuffò lei, leggermente infastidita
“Eheh! Certe cose non cambiano!” le disse lui sorridendo mentre saliva sul carretto e dava una lieve frustata al cavallo che subito si mosse.
“Allora, dove devi andare di preciso?” le chiese gentilmente
“Devo andare in macelleria e poi a prendere un po’ di verdure…”
“Bene, vedrai, in cinque minuti avremo finito”.
“Sarà, ma mi dispiace arrecarti così tanto disturbo…. Fai già così tanto per me e per la nonna”.
“Kagome, Kagome…ma che problemi ti fai?! Lo sai che mi fa solo piacere darvi una mano! Voi avete e fate sempre così tanto per noi che questo è il minimo!”.
“Non è vero…non esagerare”.
“Non esagero” e la fissò negli occhi con uno sguardo che Kagome non gli aveva mai visto
“Sei cambiato” constatò semplicemente. Lui si girò sorridendo, guardando davanti a sé.
“Dici?”
“Sì…sei più…sicuro di te. Più deciso”
“E ti da fastidio?”
“No…mi piace…” disse lei, quasi sussurrando
“Sono contento. Mi sei mancata in questi mesi, Kagome” le disse in modo così semplice ma anche così improvviso che la spiazzò per qualche istante
“Anche…anche tu…mi sei mancato” gli rispose ma senza guardarlo negli occhi con le gote leggermente arrossate
“Non dev’ essere stato facile passare l’inverno là isolate…mi spiace di non essere potuto venire a trovarvi”
“Non ti preoccupare…come saresti riuscito a muoverti con quel tempaccio? Mi sarei solo infuriata se fossi venuto! Cos’è, ti sei scordato la ramanzina che ti feci l’anno scorso?”
“No, no! È proprio quella che mi ha fatto desistere!” le disse lui ridendo. A Kagome piaceva quella risata…le ricordava gli anni passati, quando giocavano felici e spensierati…. Prima di quel giorno….
“Bene, almeno ha avuto il suo effetto!” disse lei di rimando.
Trascorsero tranquillamente ancora un’oretta, tra una commissione e l’altra finché non ebbero finito.
“Bè, io direi che ho preso tutto…. Ti ringrazio dell’aiuto” gli disse Kagome dolcemente
“Oh, ma ti accompagno a casa, che ti credi!” sbottò lui, quasi sorpreso
“No! Questo no! Ho già approfittato troppo della tua gentilezza! Vado a piedi, così come sono venuta!”.
“Ma prima che tu arrivi sarà già buio…daiiii…non fare la difficile” la implorò lui con la voce da bambino
“No, sta volta sono irremovibile!”
“Daiiii…” insistette il ragazzo
“Nooooo!”
“Allora senti…ti propongo una mediazione…”
“Cioè?”
“Ti accompagno per metà del tragitto…così può andare? Ti pregoooo!” le disse, facendole gli occhi dolci, quasi imploranti “Oh, e va bene! Basta che la pianti!” sbottò lei stizzita da quel comportamento infantile
“Aha! Vinco sempre io, non c’è niente da fare!” esultò lui alquanto soddisfatto del suo operato mentre faceva muovere il cavallo verso il sentiero che portava fuori dal villaggio.
“Sì, certo! Solo perché sei estremamente irritante quando ti ci metti!”
“Su, non dirmi che non ti piace la mia compagnia…non ci credo!” le disse, facendo quasi una faccia sconvolta
“Ma piantala! Sì…sei proprio cambiato…”
“Per quante volte lo hai ripetuto comincio a pensare che non ti piaccia più di tanto questo cambiamento…”
“No è che mi ci devo abituare…insomma, saranno anche passati quasi quattro mesi ma mi sembra che siano passati anni per quanto sei cambiato!”.
“Mh…”
“E ‘mh ’ per cosa starebbe?”.
“A ‘mh ’…non vedo cosa dovrei aggiungere…!”
“Ma si può sapere che ti è preso??” sbottò lei alquanto innervosita…non sopportava non capire le cose e quegli strani atteggiamenti dell’amico la mettevano in soggezione, non sapeva come comportarsi
“Segreto!” le disse lui, invece, sorridendole, mandandola ancora di più in confusione.
“Puoi lasciarmi qui Deniel…hai già fatto anche più di metà del tragitto…” riprese lei, con improvvisa tranquillità, facendo fermare il carretto al ragazzo.
“Va bene…non insisto più a portarti fino a casa perché tanto questa volta non riuscirei a convincerti…” sospirò lui
“Bravo…! Vedo che cominci a capire…! – tacque per qualche momento poi lo guardò con un leggero e sincero sorriso – Ti ringrazio davvero tantissimo per oggi…sia per l’aiuto ma, soprattutto, per la compagnia…” concluse, quasi timidamente.
“Sai che è stato solo un piacere per me, Kagome…” e i due si guardarono qualche momento negli occhi, lui con uno sguardo così intenso che la fece arrossire e la costrinse ad abbassare lo sguardo.
“A- allora ci vediamo…” gli disse un po’ titubante
“Certo! Senti è un problema se passo domani? Da quello che ho capito avete bisogno della legna, no?”
“Oh, sì! In effetti me ne stavo dimenticando…ci faresti un grande favore…. Ma puoi venire anche fra qualche giorno, con calma, non è così urgente…”
“No, domani va benissimo…e poi voglio salutare Kaede- san. Vengo nel primo pomeriggio, va bene?”.
“Ce- certo, benissimo!” si ritrovò di nuovo a balbettare.
Lui sorrise.
“Allora a domani piccola Kagome!”
“Ehi! Piccola a chi?? Non darti tante arie visto che abbiamo la stessa età!!” sbottò lei, quasi furiosa.
“Va bene, va bene…piccola Kagome!” continuò a schernirla lui, mentre si girava, insieme al carretto, per tornare verso il villaggio.
“Ma tu guarda questo…” borbottò stizzita la ragazza mentre si era già voltata di spalle per incamminarsi verso casa.
“Ah, Kagome!” richiamò la sua attenzione Deniel
“Che c’è ancora?!?” urlò, quasi, lei di rimando girandosi verso di lui “…Non voglio vederti triste… - cominciò lui, guardandola seriamente – E poi…dovresti portare i capelli sciolti…saresti ancora più bella…” e si girò nuovamente, allontanandosi definitivamente lasciando una Kagome paralizzata.
‘ Non voglio vederti triste…’ le aveva detto. Impossibile. Era una cosa impossibile per lei, ormai.

- Anche se erano i suoi genitori addottivi…si volevano un gran bene…. È stata davvero una tragedia. Odio vederla triste! – pensava, intanto, Deniel.
In realtà, nel villaggio – anche se ormai, diciamo, molti se ne erano ‘dimenticati ’- si sapeva che Kagome non era la vera figlia di Kikyo e Hisoka…ma per altre ragioni. Infatti, quando i due la dichiararono come loro figlia, dissero che l’avevano trovata nel bosco, sola, e che avevano deciso di adottarla. I tre si volevano così bene che veniva spontaneo dire che Kagome fosse realmente figlia loro e a rinforzare questo pensiero, c’era anche la sorprendente somiglianza tra madre e figlia, nonostante tra le due non vi fosse alcun legame di parentela. Perciò, anche coloro che le vedevano per la prima, avevano sempre pensato a Kagome come figlia di Kikyo e Hisoka e non che fosse stata adottata. Questo, infatti, venne praticamente dimenticato facendo sì che Kagome non lo venisse mai a sapere – grazie anche alle scrupolose raccomandazioni dei genitori perché non avesse mai scoperto di essere stata, in realtà, adottata, per il suo bene.

Kagome, invece, mentre era ormai in vista di casa sua, ripensava ancora alle parole dell’amico finché non le rivenne improvvisamente in mente un’altra frase di cui si era realmente resa conto solo in quel momento: ‘…saresti ancora più bella…’ .
Lei…era bella? Arrossì al pensiero che Deniel pensasse questo di lei. Le avevano spesso ripetuto, quand’era piccola, quanto fosse carina ma credeva che lo dicessero solo perché era bambina.
Accelerò improvvisamente il passo, entrando in casa quasi col fiatone, salutando velocemente la nonna, appoggiando sul tavolo ciò che aveva comprato e fiondandosi in camera sua.
Prese da un cassetto di un piccolo comò un piccolo specchio e si guardò per un po’…sciolse i capelli e si rispecchiò.
In lei rivide i tratti della madre e, quasi infastidita, gettò via in malo modo lo specchio dandosi della stupida. Non le era mai interessato il suo aspetto fisico, non si credeva affatto bella e avrebbe continuato a pensarla così. Non le interessavano quelle cose. Lei aveva una vendetta da attuare e non aveva tempo da dedicare a frivolezze simili.
Aveva giurato che sarebbe rimasta sola e così doveva essere. Mai più legami, mai più sofferenze.
Lei, solo lei.
- Sì…va bene così…io devo stare sola…va bene così… - e voltò lo sguardo verso la finestra attraverso la quale poté far incontrare il suo sguardo con i chiari raggi della Luna dal suo colore argenteo, così simile al colore dei suoi occhi. Freddo, così come avrebbe dovuto imparare ad essere lei.
Doveva, se non voleva più soffrire…doveva.

FINE 4° CAPITOLO.
Eccoci qua. Ho concluso anche questo quarto capitolo che è venuto decisamente lungo…è colpa mia, lo so…(Inu: e di chi doveva essere se non tua, scusa?!? Me: quanto sei palloso…bhaaaa…) Essendomi io cimentata in un racconto fantasy non posso non evitare di dilungarmi in accurate descrizioni (Che, per altro, credo non mi vengano neanche troppo bene…) se voglio darvi un’idea di quello che mi sono immaginata e che ho nella testa.
Ma comunque, essendo io, oltre che scrittrice, anche lettrice preferisco di gran lunga i capitoli lunghi rispetto quelli brevi…perciò DOVETE essere soddisfatti! E lo so che lo siete perché nei commenti me lo avete detto…!
La presenza di personaggi come Deniel creeranno grande scalpore, come, del resto, è già successo con Seiishiro…ma dovrebbe essere abbastanza chiaro – se non logico – che…bè non voglio dirvi niente! Ma credo che abbiate capito di cosa parlo….
Altra questione importante: se Kagome vi sembra un po’ OOC…bè…lo è. Cioè, almeno all’inizio…infatti non l’ho messo di proposito come nota per la ff che i personaggi sono OOC e questo perché se all’inizio lo possono sembrare non vuol dire che lo saranno per tutta la ff…. Era ovvio che, dopo tutto quello che ha passato, Kagome potesse essere come la vediamo nel manga…ma non dovete farne una tragedia perché accadranno molte cose….
Bene, per questo capitolo direi che non c’è niente da spiegare o da approfondire perciò vi lascio e vi imploro…COMMENTATE!!!! Vi pregovipregovipregovipregovipregovipregovipregovipregovipregovipregoooooooo!!!!! Fate uno sforzo…conto su di voi perché lo so che ci siete!!!!
Vi saluto bella gente…tanti baci da ka_chan!!!

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Capitolo 5
*** cap5 “DESTINAZIONE MENDEON ***


Ohayou a tutti, cari lettori! Come state? Io piuttosto bene, ieri sono andata al Comiconvention a Milano e ho fatto spese pazze – tra i miei acquisti una tazza di P-chan, un portachiavi con Bankotsu in miniatura e, finalmente, il pupazzo di Inuyasha!!!!! Sono troppo kawaii! C’era una marea di gente…chissà, magari c’era anche qualcuno di voi e ci siamo incontrati senza saperlo…!
Comunque, ora bisogna parlare della ff…bè, prima di tutto ho notato che questo capitolo, oltre ad essere stato commentato poco – solo tre recensioni…-____- - è stato anche letto poco…ma è ovvio visto che dopo che ho aggiornato io ci sono stati altri mille aggiornamenti che hanno mandato la ff nella seconda pagina…. Quindi ve lo dico adesso: io ogni lunedì aggiorno e se durante la settimana non vedete la ff andate a cercare nella seconda pagina o, addirittura, nella terza….
Cambiando arogmento sono contenta che l'entrata in scena di Deniel non abbia scatenato commenti negativi, anzi...comunque, come ho già detto, mi sono quasi sentita in obbligo di introdurre personaggi come Seiishiro e Deniel al fine di dare maggior spessore - nonchè un passato - ai nostri personaggi.... D’obbligo restano i ringraziamenti da fare ad aruko-chan, che saluto tantissimo^^, Mech e cri-chan che hanno commentato e tutti gli altri che hanno letto! Ora vi lascio al capitolo dove, finalmente, comincia a smuoversi qualcosa – ma questo non vuol dire che gli altri capitoli non siano importanti -__^ .
Vi saluto e…buon inizio di settimana!!!

5° CAPITOLO “DESTINAZIONE MENDEON”.

Erano appena le cinque del mattino ad Eldoras, la grande capitale della Terra Centrale.
La tenebra della notte non si era ancora del tutto diradata, circondando il paesaggio nel suo mantello oscuro, rendendolo spettrale.
Tra qualche ora il sole sarebbe sorto.
A disturbare la quiete delle prime ore del giorno era un piccolo gruppo di persone appostate nella piazza circolare all’interno della Residenza Reale, il luogo di arrivo e di partenza dei Draghi.
Era meglio sbrigarsi. In poco tempo la città si sarebbe risvegliata, i primi bottegai e commercianti avrebbero cominciato ad aprire le loro botteghe e i loro piccoli negozi, aspettando i clienti più mattinieri.
Miroku era silenzioso. Cercava di scaldarsi le mani tramite alcune alitate…erano ancora in inverno inoltrato e le temperature non erano di certo confortevoli.
Sbadigliò. Aveva un gran sonno.
“Miroku… ci sei?” Kouga lo guardò un po’ perplesso vedendo la faccia decisamente poco sveglia dell’amico.
“Mmh…” mugolò quello, come assenso. No, non era decisamente sveglio.
“Accidenti, cerca di riprenderti! Non devi mica andare a fare una scampagnata, lo sai?!”. Ci fu un attimo di silenzio e poi…
“Mmh…” mugolò nuovamente il ragazzo dal codino, facendo innervosire l’amico Youkai.
“Bha, sei proprio senza speranza! Possibile che tu sia ridotto in questo stato solo perché ti sei dovuto alzare un po’ prima?!”.
“Un po’ prima?! – sbottò all’improvviso Miroku – Svegliarsi neanche alle cinque del mattino ti sembra ‘un po’ prima ’ ?! Vorrei vedere te al mio posto!”.
“… Non so se ti sei accorto che stai parlando con me…! Che senso ha dire ‘vorrei vedere te al mio posto ’? No, non sei proprio per niente sveglio!”
“Mmh…” ritornò a mugolare il ragazzo come se niente fosse, facendo incollerire l’ ookami Youkai.
“Ma dov’è tuo padre?! Però, pure tu… che ti costava andare a prendere quello che è il TUO Drago? Mah…”.
“Perché se ci fosse andato lui avremo aspettato anche tutto il giorno!” gli rispose il Governatore che gli arrivò alle spalle insieme a Varandir, già preparata per il viaggio con la sella sul dorso. La dragonessa si diresse verso quello che era il suo Cavaliere addormentato cercando di svegliarlo o, almeno, di fargli capire che dovevano affrontare un lungo viaggio….
- Pensi di farcela? – gli chiese con quello che voleva sembrare un tono di rimprovero, ma che risultò ben altro… più che arrabbiata sembrava, anzi, quasi preoccupata
- Sì, non ti preoccupare… ho solo sonno. Non sono abituato ad alzarmi presto e sai già quanto io faccia fatica a svegliarmi… tra poco sarò a posto – gli rispose tramite il pensiero lui, rincuorandola. In effetti Varandir sapeva bene quanto ci mettesse il suo Cavaliere a svegliarsi completamente… come scordarsi di tutte quelle botte in testa che aveva preso sbattendo dappertutto proprio perché ancora mezzo addormentato!
- Bene, anche perché dovremo affrontare diverse ore di viaggio. Ma se tutto va bene, magari potrai anche riposare un po’ mentre ci dirigiamo verso Mendeon – gli disse affettuosamente lei, cercando di fargli forza.
Lui sorrise.
- Vedremo. Comunque… buongiorno! – la salutò allegro… si stava svegliando.
“Allora, siete pronti?” chiese loro Takehiko, dopo aver scambiato alcune parole con Mendion che li aveva da poco raggiunti.
“Sei sveglio Miroku?” chiese il Ministro al giovane che, per tutta risposta, sbadigliò
“Più o meno… l’aria fresca durante il volo mi gioverà sicuramente…!”.
“Bene, anche perché non dovete perdere altro tempo. Dovete partire prima che gli abitanti comincino a svegliarsi e girare per la città. A parte noi e pochi altri, nessuno deve sapere di questa missione”.
“Lo so…” sospirò Miroku. Il padre non aveva fatto altro che dire la stessa cosa per più di quattro giorni.
Infatti quattro giorni prima, appena terminate le Grandi Nevi, il padre gli aveva annunciato che sarebbe partito, quel giorno, per Mendeon.
Ed ora si ritrovava lì, alle cinque della mattina con un freddo pungente, pronto, o quasi, per affrontare quel lungo viaggio.
“Allora passiamo ai saluti – gli si avvicinò Mendion – Mi raccomando… cerca di tornare intero e, soprattutto, con la principessa!” e gli strinse la mano, dandogli un’affettuosa pacca sulle spalle
“Oh, su questo ci potete contare! Non resisterà al mio fascino” e risero salutandosi. Poi gli si avvicinò Kouga, con la sguardo un po’ teso
“Bè… allora… è ora che tu vada…”
“Kouga… se non ti conoscessi bene, direi che sei preoccupato…!” gli disse Miroku, con lo sguardo di chi la sa lunga facendo sobbalzare l’amico, colpito e affondato.
Era vero. Era preoccupato.
“M- ma che vai blaterando?! Io preoccupato per uno come te che non morirebbe nemmeno se arrivasse il giorno del giudizio!” gli disse, stizzito, rosso in volto, l’ ookami Youkai, vergognandosi della sua stupida preoccupazione… ma Miroku era uno dei suoi più cari amici e non poteva fare a meno di essere in pensiero.
“Sì, sì, ho capito! Ma non ti devi preoccupare… non ho intenzione di morire giovane né tanto meno di rimanere ferito rischiando di deturpare la mia strabiliante e naturale bellezza!” gli disse ridendo, scatenando anche l’ilarità dell’amico. Si abbracciarono, scambiandosi qualche altro saluto.
Miroku si girò verso il padre che era leggermente distante da loro con un sguardo decisamente tirato e cupo.
Gli si avvicinò col sorriso sulle labbra, mostrando una grande fiducia.
“Direi che è ora che io vada, no papà?” gli disse gentilmente mentre Takehiko posava lo sguardo su di lui, annuendo.
“S- sì. È ora” gli rispose, quasi gelidamente mentre il ragazzo ancora sorrideva
“Bene” e si girò dirigendosi verso Varandir.
“Aspetta Miroku!” lo richiamò il padre, facendolo girare.
Takehiko gli si avvicinò e lo abbracciò di getto, sorprendendolo. Miroku non si sarebbe mai aspettato un gesto simile dal padre.
“Mi raccomando cerca di tornare tutto intero. Non voglio perdere anche te”. Il ragazzo sorrise, abbracciandolo a sua volta
“Credo che per liberarti di me dovrai aspettare ancora molto!” scherzò Miroku, facendo sorridere anche il padre.
Restarono qualche momento in quella posizione in silenzio per poi staccarsi e guardarsi negli occhi, sorridendo.
Si mossero verso Varandir e il ragazzo salì in groppa al Drago salutando nuovamente i tre che lo guardavano sorridenti.
“Cercate di non divertirvi troppo senza di me e papà…”
“Cosa?” gli chiese ingenuamente, chiedendosi cosa il ragazzo gli dovesse dire
“… Non ubriacarti troppo! Lo tenga d’occhio senpai!” ghignò Miroku, scatenando l’abituale rabbia del padre che già cominciava a sbraitare.
“Buon viaggio! Occupati tu di lui Varandir!” disse Kouga e il Drago ruggì come assenso, mentre si alzava in volo sovrastandoli in tutta la sua grandezza.
In poco tempo erano così in alto da vedere appena i tre che li guardavano con le teste alzate mentre il vento, con le sue correnti, trasportava Varandir che, dal basso, sembrava nuotasse nell’immenso cielo appena rischiarato dall’imminente alba.
I due si diressero a Nord di Eldoras, dirigendosi verso la catena montuosa delle Montagne dei Re *. Per arrivarvi, però, dovevano attraversare praticamente metà della Terra Centrale, superare parte della catena montuosa e dirigersi ancora verso Nord, raggiungendo così Mendeon.
Miroku aveva molto sentito parlare della grande capitale del Nord, famosa per la sua imponenza e per la maestria con cui era stata costruita. Come Eldoras era molto antica ed era sorta sotto il volere del fondatore della dinastia, colui sotto il quale la città, ma non solo, tutto il Regno poté godere di lunghi e prosperosi anni.
Inizialmente isolata e poco propensa a qualsiasi tipo di contatto con gli altri due Pesi, negli ultimi anni si era notevolmente aperta e i traffici commerciali con la Terra Centrale erano notevolmente aumentati, portando ricchezze e profitti ad entrambi i Paesi.
Con il Sud la situazione era notevolmente differente. Quest’ultimo, da sempre, era chiuso nel suo ostinato isolamento, rifiutando qualsiasi tipo di contatto con i restanti due Paesi.
Negli anni in cui aveva regnato Inu Taisho le cose erano leggermente cambiate, se non migliorate – anche se per molti ciò non aveva avuto nessuna rilevanza.
Il sovrano aveva cercato di migliorare le condizioni generali del proprio Paese, cosa che doveva cominciare con l’aprirsi anche al mondo esterno.
La fortuna del Regno del Sud, era, sì, quella di godere di numerosa materia prima, ma la sfavorevole costituzione del territorio permetteva appena di coltivare qualche ettaro di terra e solo in certe zone e per questo c’era una minima agricoltura di sussistenza. Cioè molti rimaneva senza di che mangiare. I più poveri, l’ultimo gradino della rigida e spietata gerarchia di classi sociali.
Perciò era necessario, se non inevitabile, ricorrere al commercio con gli altri due Paesi se si volva sopravvivere. Ma questa motivazione non era bastata o, addirittura, non aveva minimamente interessato coloro che misero in atto la congiura di quattordici anni prima, primo fra tutti Naraku, che aveva portato alla morte del sovrano e di sua moglie, una ningen.
Ora il Sud era nuovamente ricaduto nel suo isolamento, capeggiato da Naraku di cui si sapeva ben poco se non che volesse piegare sotto il suo dominio tutto il Continente.
Varandir volava leggera e veloce mentre lui rifletteva su queste questioni, le sue squame bluastre che brillavano alla debole luce del sole che stava sorgendo.
L’aria pungente contro il viso lo aveva completamente svegliato seccandogli, per altro le labbra. Ma il fatto di poter di nuovo, finalmente, volare con il suo amato Drago gli faceva dimenticare il gelo. Di certo, però, non raggiungeva i livelli di Kouga, al quale, con qualsiasi condizione atmosferica, piaceva volare…se non ci fosse stato chi glielo aveva categoricamente proibito e se le ali di Slyfer – ma non solo le sue, quelle di qualsiasi Drago – fossero state molto più resistenti, avrebbe volato anche durante il periodo delle Grandi Nevi.
Varandir, invece, sembrava estremamente a suo agio poiché, essendo un Drago d’Acqua, prediligeva le basse temperature.
Ruggì di contentezza, frustando l’aria con la lunga coda che usava da timone, inclinandosi leggermente. Le grandi ali sbattevano ritmicamente ed elegantemente mentre la membrana di cui erano costituite si muoveva elasticamente, sfruttando al meglio le varie correnti del vento.
La dragonessa di Miroku aveva sedici anni ed era uno dei Draghi migliori fra tutti quelli della Milizia, nonostante la sua giovane età.
Avere sedici anni, infatti, per un Drago voleva dire essere poco più grande di un cucciolo. Era in genere verso la metà della loro intera vita – che erano, in genere, molto lunghe - che i Draghi raggiungevano lo sviluppo massimo. La crescita, comunque, non riguardava solo le dimensioni che il Drago poteva raggiungere, ma anche le sue capacità nelle arti magiche nonché nel fuoco che poteva soffiare.
Varandir ora raggiungeva la lunghezza di tre metri e mezzo sovrastando di poco la testa di Miroku stando a quattro zampe. Nei primi anni di vita, lo sviluppo dei Draghi era molto veloce per poi rallentare dai quindici in su, anche perché bisogna tenere conto che un Drago aveva una vita decisamente lunga e per questo motivo la crescita rallentava e si faceva più progressiva.
I Draghi d’Acqua e quelli di Vento erano i più ‘piccoli ’, raggiungendo nel loro sviluppo massimo un’altezza tra i sette e gli otto metri.
Poi venivano i Draghi di Terra, poco più grandi dei precedenti.
I Draghi di Metallo, quelli di Fuoco e quelli Oro erano i più grandi, specialmente gli ultimi che potevano raggiungere grandezze davvero mastodontiche; i Draghi delle prime due specie raggiungevano al massimo i dieci metri.
Da tempo però era difficile vedere un Drago di queste ultime tre specie raggiungere il massimo del suo sviluppo visto che non vivevano più in cattività e si erano dovuti adattare all’ambiente della città e di spazi più ridotti. Ma la ragione principale era un’altra. Da quando Cavalieri e Draghi si erano incontrati e avevano unito le loro vite le cose erano ulteriormente cambiate.
Le vite del Cavaliere e del Drago diventavano interdipendenti e se moriva uno, moriva anche l’altro – se non subito, dopo poco tempo.
Spesso infatti accadeva che un Drago il cui Cavaliere fosse morto si ammalasse o che il dolore stesso della sua perdita lo facesse morire. Quelli che non morivano andavano in esilio, si rifugiavano nelle antiche terre appartenenti ai Draghi e di cui nessuno, a parte loro, conosceva l’esatta posizione.
Nonostante la vicinanza del Drago al Cavaliere prolungasse la vita di quest’ultimo, di certo non poteva vivere quanto un Drago che poteva raggiungere anche i quattrocento anni se non di più.
Per questa ragione non si vedeva più un Drago raggiungere il massimo della propria forza nonché del proprio splendore.
- A cosa pensi? – la voce tranquilla di Varandir risvegliò Miroku dalle sue riflessioni
“A niente di particolare… quante leghe avremo percorso? Non ci ho fatto caso…”
- Bè, da quando siamo partiti sono già passate tre ore, ormai siamo nelle vicinanze del confine con il Nord. Tra poco dovremmo vedere le Montagne dei Re-
“Capisco… dovremmo arrivare verso sera, no?” chiese Miroku con tono speranzoso…non vedeva già l’ora di arrivare al palazzo dei Mend per approfittare del confortevole calore del fuoco….
- Speriamo. Ma penso di sì…non sono mica una lumaca io! -
“Eheh! Lo so, lo so! Non volevo offendere le tue strabilianti capacità di volo!” scherzò il ragazzo facendo ruggire la dragonessa mentre due piccoli sbuffi di fumo tra l’azzurro e il grigio le uscivano dal naso.
- Comunque, il fatto di arrivare presto o no dipenderà soprattutto da te! Spero proprio che non comincerai a lamentarti per qualsiasi cosa e soprattutto a non farci fermare mille volte! È sempre così quando dobbiamo fare dei lunghi viaggi…! – riprese il Drago con una chiara nota di irritazione nella voce che il Cavaliere percepì chiaramente, già sudando freddo proprio perché colpevole.
“Sìììì…! Cercherò di trattenermi…!” sospirò, abbattuto
- No, non ti limiterai a cercare, lo DEVI fare e basta! – ruggì la dragonessa frustando l’aria con la coda.
“Ho capito, ho capito! Accidenti, mi tratti sempre come un bambino!” sbottò stizzito Miroku, esasperato dalle continue raccomandazioni e rimproveri della dragonessa – che, peraltro, riteneva ingiuste…ovviamente a torto.
- Caro mio non dipende mica da me! Se ti tratto così è perché te lo meriti! – gli rispose la creatura senza mezzi termini. In effetti era vero, spesso lo aveva e lo trattava come fosse stato il proprio cucciolo… le veniva istintivo. Ma lo faceva esclusivamente per il suo bene e perché si preoccupava per lui. Erano insieme da sempre – Miroku aveva appena quattro anni quando lei lo scelse – e gli sarebbe rimasta a fianco per tutta la vita. Avrebbe dato la sua vita pur di difenderlo.
“Cambiando discorso… che ne pensi di quello che ho chiesto a Slyfer?” le chiese lui, con un tono stranamente malinconico.
- Intendi quando gli hai chiesto che ti parlasse direttamente ogni tanto? -
“Già…”
- Penso che sia una bellissima cosa. Credo proprio che tu l’abbia spiazzato!
“Addirittura?” esclamò sorpreso Miroku, non credendo che la sua richiesta avesse suscitato una simile reazione nel Drago.
- Sono convinta che sia ancora lì a rimuginare su quello che gli hai detto…! Bè, come biasimarlo… non fai altro che prenderlo in giro! – disse divertita Varandir ricordandosi di tutte le volte che Slyfer aveva inveito contro il suo Cavaliere minacciando continuamente di farlo arrosto.
“Ma io scherzo! Proprio perché lo rispetto e perché lo conosco da tanto che mi comporto così! Non lo farei con nessun altro a quel modo…. Pensavo lo avesse capito…” rifletté Miroku, chiaramente stupito dal fatto che il dragone non avesse capito ciò che lui provava.
- Io lo so Miroku e questo perché tu sei il mio Cavaliere. Anche se vi conoscete da tanto non ti stupire… Slyfer non ci capisce niente dei rapporti con gli altri, per lui esiste solo Kouga. E non lo biasimo… sai anche tu che non ha avuto una vita facile -
Miroku tacque, riflettendo sulle parole della dragonessa.
Slyfer era rimasto completamente solo. I suoi genitori morirono durante un combattimento anni prima quando lui era già stato covato e per poco non era morto anche lui… infatti il suo uovo venne rivenuto sulla riva di un piccolo fiumiciattolo nelle vicinanze di Eldoras in pessime condizioni.
Lo misero subito in un gruppo di uova per la Cerimonia della Scelta, sperando che si schiudesse il prima possibile, temendo per le sue condizioni. Ma prima che si schiudesse passarono molti anni, lo stesso Miroku aveva sfilato davanti a quell’uovo che, ovviamente, non lo scelse.
Finalmente l’anno successivo si era schiuso, scegliendo come proprio Cavaliere Kouga che aveva avuto un destino molto simile al suo.
I primi anni di vita per Slyfer furono difficili, poiché il giorno in cui i suoi genitori erano morti anche lui, seppur nel guscio, aveva subito diversi danni nonché una malformazione ad un’ala che si era aggravata anche per il lungo tempo che era rimasto all’interno dell’uovo senza poter ricevere delle cure immediate.
Per questo era sempre stato preso in giro dagli altri Draghi che lo avevano isolato e reso la vita un inferno.
Per fortuna le accurate cure mediche, le potenti ed efficaci medicine, nonché la vicinanza e l’affetto di Kouga, lo avevano fatto guarire facendolo diventare uno dei Draghi più belli e potenti di tutta la Milizia. Certo, la malformazione c’era ancora – seppure con la crescita non si notasse quasi – ma non gli creava problemi.
Però i suoi primi anni lo avevano segnato indelebilmente, portandolo ad avere un comportamento aggressivo verso gli altri e ad avere un forte spirito di competizione per dimostrare a tutti che era il migliore. Lui e Kouga erano davvero simili.
Miroku sospirò. Varandir aveva ragione, non poteva pretendere certe cose da Slyfer. Però gli sarebbe davvero piaciuto che il dragone gli avesse dato la possibilità di poter avere un contatto diretto… chissà, magari col tempo sarebbe accaduto.
“Sì, hai ragione – sospirò – Però non è venuto nemmeno a salutarci… ci sono rimasto un po’ male…” disse veramente rammaricato il ragazzo dal codino.
- Ci sarà quando torneremo, non ne dubito. Devi avere pazienza -
“Sì… perché io non mi arrendo facilmente!” disse allegro, rimpossessandosi della sua usuale sicurezza e positività.
- Bene! Ora, visto che ti sei completamente svegliato, che ne dici se ci facciamo un volo come si deve? - chiese la dragonessa trepidante
“Certo! Scateniamoci mia cara!” esclamò il Cavaliere scatenando la contentezza del Drago che immediatamente incrementò notevolmente la velocità, irrigidendo completamente la membrana delle ali per sfruttare al meglio le correnti del vento.
Fece qualche acrobazia aerea mentre Miroku si aggrappava maggiormente a lei godendosi quel volo spericolato.

Dopo altre dodici lunghe ore, circa, di viaggio, finalmente i due giunsero a Mendeon.
Il viaggio, fortunatamente, era stato tranquillo e senza intoppi, i due aveva percorso quella lunga distanza più in fretta di quello che pensavano.
Si erano fermati poche volte: per il pranzo – a base di carne secca e di qualche verdura che Miroku si era portato da Eldoras – e due volte nel pomeriggio.
Nonostante il gran freddo, i due si erano goduti il viaggio, riempiendosi gli occhi dei meravigliosi paesaggi che avevano sorvolato.
Né Miroku né Varandir si erano mai spinti così lontano, ed erano stati completamente travolti dal fascino di quei luoghi mai esplorati e mai visti prima.
Rimasero estremamente colpiti anche dalla maestosità delle Montagne dei Re, catena montuosa le cui vette raggiungevano altezze veramente impressionanti – in confronto, le Montagne della Luna sembravano colline! – e le cui pareti in roccia, di un particolarissimo colore dorato, disegnavano nel cielo terso strane immagini che parevano quasi dei volti.
Dopo aver superato la catena montuosa il paesaggio era completamente cambiato.
Il Nord, rispetto alla Terra Centrale, dal punto di vista morfologico, era costituito soprattutto da catene montuose – delle quali, appunto, la principale era quella delle Montagne dei Re – perciò si potevano vedere a perdita d’occhio immense distese di misteriosi e bellissimi boschi. La natura, lì, regnava veramente sovrana.
Quello, per Miroku e Varandir, appariva davvero come un mondo nuovo, così differente dal tipico paesaggio collinare della Terra Centrale che poteva sembrare quasi monotono in confronto a quelle immense distese sconosciute.
La loro meraviglia, poi, crebbe ancora di più quando si trovarono di fronte alla maestosità della capitale, Mendeon.
Risaltata dalle infinite e soffuse luci che la illuminavano – essendoci ancora l’inverno, il sole tramontava molto prima perciò era già buio - , pareva come invasa da miriadi di lucciole incastonante nella stessa montagna che la sovrastava e proteggeva.
L’alta torre di vedetta spiccava al centro della parete rocciosa alle sue spalle, con la luce del grande focolare che si irradiava tutta intorno come la stella tra le stelle.
Splendida. Questa era l’unica parola che riempiva la mente di Miroku. Gli era stata descritta la maestosità e la bellezza di quella città, ma quell’immagine non valeva tutte le parole del mondo. Dopo diversi minuti di contemplazione, i due si avvicinarono alle alte mura della città, anch’esse illuminate a intervalli dai piccoli focolari che le percorrevano.
Le guardie poste sulle due torri di vedetta li notarono subito – soprattutto Varandir - , ordinando loro di presentarsi.
“Sono Miroku di Eldoras, figlio del Governatore Takehiko di Eldoras, e questo è il mio Drago, Varandir. Devo parlare urgentemente con il vostro Signore, Fersen di Mend” disse con voce ferma e sicura Miroku aspettando pazientemente che una delle guardie andasse a riferire al Signore del loro arrivo.
Alcuni minuti dopo si sentì riecheggiare nell’aria il rumore dei meccanismi del ponte levatoio azionarsi mentre questo, cigolando, cominciava ad abbassarsi per poi aprirsi completamente con un tonfo sordo.
Miroku e Varandir attraversarono il ponte con passi sicuri mentre una delle guardie si avvicinava loro
“Il Signor Fersen vi dà il benvenuto. Vi aspetta nella Residenza. Seguitemi” si girò bruscamente e si diresse a passo spedito verso la Residenza, facendogli strada.
Drago e Cavaliere, intanto, si guardavano intorno, ammirando la bellezza della città ancora animata dalla gente che bevevo allegra nelle locande e dai vari negozianti che sistemavano le botteghe per il giorno dopo. Poche persone li videro passare – poiché per passeggiare di sera era troppo freddo – e quei pochi che li notarono si stupirono di vedere, forse per la prima volta, un Drago passeggiare per le loro strade.
Poco dopo si ritrovarono davanti a due palazzi, al centro della città, e quello che si trovava più a destra era proprio la Residenza.
Si avvicinarono alla grande entrata dell’edificio e la guardia bussò al portone di ciliegio, rinforzato da intelaiature in acciaio, finemente lavorato – seppur leggermente logoro dal tempo – aspettando che qualcuno venisse ad accoglierli. Immediatamente la porta si aprì, e da dietro di essa fece capolino una giovane donna che li accolse con un sorriso, rivolgendosi a Miroku e Varandir.
“Il nobile Fersen vi sta aspettando nel suo studio” annunciò quieta.
“Grazie… ma con il mio Drago come possiamo fare?” chiese Miroku, immaginandosi che il nobile Fersen non volesse avere Draghi in giro per casa….
“Il nobile Fersen ha detto che anche il vostro Drago può accomodarsi dentro, non creerà nessun disturbo”
“Vi sono molto grato” e i tre si avviarono verso l’interno mentre la guardia faceva ritorno verso la sua postazione su una delle due torri di vedetta.
Miroku e Varandir si ritrovarono in un ampio ingresso, arredato con gusto seppur l’arredamento fosse costituito da pochi mobili.
Davanti a loro si stagliava una lunga scala di gradini bassi in marmo bianco tirati a lucido, mentre le luci soffuse delle varie fiaccole, incastonate in maglie di spesso bronzo attaccate alle pareti, si riflettevano sul pavimento creando una strana atmosfera.
Non ebbero tempo per soffermarsi a lungo su ciò che li circondava poiché la serva li richiamò facendo loro strada.
Attraversarono alcuni corridoi mentre il calore confortevole della casa cominciava ad invadere piacevolmente Miroku, intirizzito dal freddo.
Improvvisamente la cameriera si fermò dicendo loro che sarebbe stato meglio per Varandir aspettare lì poiché da lì in poi lo spazio era molto più ridotto. La dragonessa non obiettò e si accucciò sul freddo pavimento aspettando pazientemente il ritorno del suo Cavaliere.
A Miroku dispiaceva lasciarla lì da sola ma non c’erano alternative.
Così i due rimasti proseguirono per un corridoio più stretto per poi fermarsi davanti a una porta in massiccio legno di frassino.
“Aspettate qui un attimo, prego” e la cameriera entrò nella stanza per poi riuscirne dicendogli che il nobile Fersen lo attendeva, per poi congedarsi.
Miroku bussò alla porta sentendo poco dopo, da dietro essa, una voce maschile che gli ordinava di entrare.
Fece capolino in quello che era chiaramente uno studio visto le numerose librerie piene di file di libri, antichi e non, e la scrivania dietro la quale stava un uomo di mezza età – il nobile Fersen, appunto – piena di varie scartoffie e documenti.
Ma ciò che attirò maggiormente l’attenzione del ragazzo fu la figura di un’incantevole fanciulla seduta compostamente su un piccolo divanetto nei pressi del camino alla sinistra della scrivania.
Sango di Mend. Non poteva essere che lei.
Gli occhi blu mare di lui si incrociarono con quelli color caffè di lei e per un attimo gli sembrò di perdercisi. Ma la sua attenzione verso la ragazza venne distolta dal nobile Fersen, che gli si avvicinò salutandolo cordialmente
“Prego, prego venite avanti nobile Miroku! – gli disse mentre gli si avvicinava – Sono veramente felice di riceverla! Speravamo tanto di avere qualche notizia dalla Terra Centrale ed è venuto addirittura di persona il figlio del Governatore! Vi siamo obbligati”.
“No, no, che dice, per così poco! È stato un piacere venire fin qui…le vostre terre sono magnifiche!”.
“Già, incantevoli! Ma, accidenti, perdonate la mia maleducazione, anche se saprete bene chi sono le presentazioni sono d’obbligo. Sono Fersen di Mend e questa è mia figlia, Sango” disse lui stringendogli per primo la mano mentre Sango si avvicinava a loro per salutare il nuovo ospite
“Piacere di conoscervi, sono Sango di Mend, primogenita del nobile Fersen” disse con voce dolce la ragazza mentre porgeva la mano a Miroku per il baciamano.
Il ragazzo si chinò verso essa, guardandola negli occhi mentre si presentava a sua volta con un tono di voce quasi roco
“Il piacere è tutto mio – disse per poi sfiorare con le labbra la morbida pelle della piccola mano della ragazza. Dopo quel gesto, si drizzò con la schiena per dire con tono più imperioso – Sono Miroku di Eldoras, figlio del Governatore Takehiko di Eldoras. Vi ringrazio per aver accolto me e il mio Drago nella vostra casa”.
“Di nulla, di nulla! – disse allegro Fersen – Prego ora accomodatevi. Sango, prendigli il mantello” e la ragazza gli si avvicinò mentre Miroku le porgeva il pesante mantello, sorridendole.
I tre si accomodarono, Fersen dietro la scrivania, sulla sua morbida poltrona in pelle color mattone, Sango ritornò sul divanetto mentre Miroku si sedette su una della due poltrone poste davanti alla scrivania.
“Perdonate il mio aspetto, ma sono appena arrivato…” si giustificò Miroku, immaginandosi di non essere in condizioni perfette
“Ma si figuri, anzi le posso offrire qualcosa? Il nostro whisky è davvero ottimo!” chiese gentilmente Fersen
“Come potrei rifiutare? Non c’è niente di meglio di un buon bicchiere di whisky per riscaldarsi!” sorrise Miroku
“Ottimo!” rispose allegro l’altro mentre si avvicinava verso un piccolo tavolino in legno sopra il quale vi era un vassoio in argento, finemente lavorato, lucidissimo, sul quale vi erano alcune bottiglie in cristallo piene di diversi liquori ed alcuni bicchieri sempre dello stesso materiale.
Intanto Sango se ne stava in silenzio, osservando di sottecchi il nuovo arrivato. Era un ragazzo davvero bellissimo. Di lui ciò che l’aveva colpita maggiormente erano gli occhi di quel bellissimo colore blu mare. Doveva avere qualche anno in più di lei ma aveva ancora un’aria molto sbarazzina.
Lo vide sorridere mentre prendeva tra le grandi mani il bicchiere che il padre gli stava porgendo. Aveva un sorriso davvero bello, sincero, pensò. Venne distolta dai suoi pensieri quando il padre cominciò a parlare.
“Prima di tutto la ringrazio ancora di essere venuto fin qui di persona – cominciò Fersen – Immagino che anche a voi della Terra Centrale le Grandi Nevi devono aver creato non pochi problemi…”.
“In effetti quest’anno sono durate più del previsto, isolandoci quasi completamente dal resto del Continente… solo ora, infatti, sono potuto venire visto che sono terminate appena quattro giorni fa…” disse quieto Miroku mentre osservava il liquido color ambra all’interno del suo bicchiere.
“Anche a noi hanno creato non pochi problemi riguardo ciò. Rimanere isolati e senza informazioni di questi tempi non è affatto sicuro”
“Già…”e rimasero qualche momento in silenzio, ognuno con i proprio pensieri.
“Prima di tutto – sbottò poi improvvisamente Fersen – dobbiamo pensare alla vostra sistemazione per questa notte…”
“Oh, no non vi disturbate! Più tardi andrò in una delle locande qui in città per un posto…”
“Non ditelo nemmeno per scherzo! – tuonò Fersen – Alloggerete qui, stanotte! Ci sono così tante camere libere! Mi offenderei se non accettaste!”
“Allora accetto di buongrado, non sia mai che io vi offenda! Anzi, grazie per l’ospitalità…”
“Di niente, di niente! È un piacere avervi qui! E vostro padre? Spero stia bene”
“Benone, direi! – sorrise divertito il ragazzo – Gode di ottima salute, più di me!”
“Mi fa piacere…. Piuttosto stavo pensando dove possiamo sistemare il vostro Drago…”
“Oh, non fatevi troppi problemi per questo… per una notte può stare anche all’aperto”
“Mh… è che non abbiamo stanze abbastanza grandi… però mi duole lasciarlo all’aperto, così…. Potrebbe andare bene vicino alle stalle, qui all’interno della Residenza? Almeno sarà più riparato…”.
“Va benissimo, anzi, chiedo scusa per il disturbo…”
“Ma quale disturbo! È da tanti anni che non vedo un Drago e questa è un ottima occasione anche per mia figlia e mio figlio per vederne uno per la prima volta dal vivo!”.
“Non ne avete mai visto uno, nobile Sango?” chiese Miroku, rivolgendosi gentilmente alla ragazza, guardandola negli occhi
“No, purtroppo non ho mai avuto l’occasione” rispose lei, quasi timidamente, imbarazzata dal modo in cui la guardava il ragazzo. Non aveva mai reagito così se non davanti al senpai Seiishiro.
“Sa né lei né suo fratello minore, Kohaku, hanno mai avuto l’occasione di viaggiare al di fuori del Regno del Nord…e qui di Draghi non se ne vedono spesso…” intervenne il nobile Fersen, distogliendo nuovamente l’attenzione di Miroku da Sango.
“Lo capisco benissimo, anche per me questa è la prima volta che visito il Nord. Ho viaggiato spesso ma non mi sono mai spinto così lontano.... Comunque sarei veramente felice di mostrarvi il mio Drago!” concluse il ragazzo dal codino rivolgendosi nuovamente a Sango.
“Ora veniamo a cose più serie - sbottò poi Fersen – Per voi non è un problema se prende parte al colloquio anche mia figlia, vero? Sa, essendo la primogenita, voglio che sappia tutto delle varie questioni politiche e non”.
“Certo, non c’è nessun problema” acconsentì sorridendo Miroku.
“Bene. La vostra stessa visita mi porta a pensare che voi della Terra Centrale abbiate scoperto qualcosa…di molto importante peraltro”.
“È così infatti. Qualche settimana fa ha fatto ritorno uno dei nostri soldati della Milizia che era stato mandato nel Regno del Sud per raccogliere informazioni, appunto.
“Abbiamo scoperto, prima di tutto, che Naraku sta cercando la Shikon no Tama. Sapete di che si tratta?”. Fersen sbiancò al suono di quel nome.
“S- sì, certamente. È un antico monile dagli immensi poteri che veniva tramandato nella Famiglia Reale, è così?”
“Esattamente. Questa, come mio stesso padre ha detto, è la notizia più incerta, ma anche quella che dobbiamo tener maggiormente presente. Quella della Shikon no Tama è una leggenda che si tramanda da secoli e se ne sono perse le tracce fin dopo la Grande Guerra della Prima Era e non saprei dire se esista ancora o meno. Ma se dovesse essere così, non possiamo assolutamente permettere che Naraku si impossessi di un oggetto simile”.
“Naturalmente. Procura già fin troppi danni adesso, figuriamoci se riuscisse ad impossessarsi di un oggetto simile!”.
Sango rabbrividì all’idea.
“Poi siamo venuti a conoscenza che otto anni fa a Naraku giunse la voce che mia cugina di secondo grado, Kagome, ultima discendente della dinastia Higurashi e perciò legittima proprietaria del trono, fosse ancora in vita e si mobilitò per mandare alcuni dei gruppi dei suoi sicari migliori sulle varie isole del Continente… con il chiaro intento di uccidere tutti gli abitanti delle varie isole per assicurarsi di non trovarsi con brutte sorprese…”.
“Non sapevo che la secondogenita del nobile Higurashi fosse ancora in vita – disse con un tono decisamente teso Fersen – Eravamo venuti a sapere dell’attentato ma di questo no…”.
“È comprensibile… riuscirono a salvarla per miracolo e mio padre stesso si occupò di farla nascondere sull’Isola di Arlem e, ovviamente, la cosa venne tenuta segreta altrimenti sarebbe stato tutto inutile”.
“Capisco. Sapevo che era stato Naraku ad architettare le stragi di tutti quei paesi ma non pensavo che fosse per questo motivo…. Sa, mia moglie è rimasta vittima proprio in uno di quegli attacchi…” disse flebilmente l’uomo mentre abbassava lo sguardo. Anche gli occhi di Sango si velarono di tristezza per poi far comparire sul suo sguardo un’espressione di pura rabbia.
“Mi dispiace. Non lo sapevo” ammise costernato Miroku. Dovunque andasse, vedeva la morte provocata sempre da quell’unico essere spregevole.
“Non vi preoccupate. E di vostra cugina non sapete niente?” riprese serio
“Purtroppo no. Non riceviamo sue notizie da anni ormai, ma mio padre ultimamente non ci aveva quasi fatto caso…. La minaccia di Naraku ormai occupa tutto il suo tempo…ed ora non si da pace per questo…” disse il ragazzo con voce piena di dolore ricordandosi bene l’espressione del padre il giorno in cui ci fu quella riunione nella Sala del Parlamento dopo che gli aveva raccontato tutto quello che avevano scoperto. L’espressione di chi si ritiene colpevole. Ma non era colpa sua, aveva dovuto occuparsi del suo Paese, di saperlo al sicuro e questo era un compito che richiedeva tutte le energie e le attenzioni possibili.
“Lo immagino. Povero Takehiko… non dev’essere un periodo facile per lui”.
“Sì, ma mio padre è forte – disse Miroku con voce sicura – Saprà far fronte anche a questo”.
“Ne sono più che sicuro. C’è altro che avete scoperto?”.
“Sì, e si tratta, fondamentalmente, del motivo per cui sono venuto fin qui di persona” disse con estrema serietà il ragazzo.
“Vi ascolto”.
“Siamo venuti a sapere che il secondogenito della famiglia Yasha che, come ben saprete, fu vittima della congiura, sempre organizzata da Naraku, quattordici anni fa e nella quale restarono vittime il Re e la Regina, venne imprigionato sulla Shima no Nanimo”.
“Un secondogenito? Non sapevo che Inu Taisho avesse avuto un altro figlio…. Il primo si chiama Sesshoumaru se non sbaglio…”.
“E non sbagliate, infatti. Ora, mio padre mi ha incaricato di accertarmi se appunto il figlio di Inu Taisho, Inu-yasha, sia ancora in vita o no…”.
“E a che scopo? Dopo che sa se è vivo o meno cos’ha risolto?” chiese, spaesato, Fersen, non capendo dove il ragazzo volesse andare a parare.
“Ecco… - cominciò titubante Miroku, sapendo bene quanto fosse ‘assurdo ’ quel piano – Se Inuyasha dovesse essere in vita… mi è stato dato l’ordine di liberarlo…”.
Silenzio.
Il nobile Fersen era rimasto davvero stupito e basito da quella notizia.
“Vuole… vuole che voi facciate EVADERE di prigione un carcerato, ho capito bene?” chiese con tono tranquillo ma incredulo
“… Sì…” assentì semplicemente Miroku, comprendendo la reazione dell’uomo
“Ma per quale assurdo motivo?!” sbottò, non trovando alcuna spiegazione logica ad una simile iniziativa.
“Perché vuole ricostituire il Consiglio delle Tre Terre” disse, riassumendo un tono serio che calmò anche il nobile Fersen
“Il Consiglio?... È da tanto che non lo sentivo nominare…”
“Da quando è morto Inu Taisho, vorrete dire…” puntualizzò Miroku, facendo intendere di saperla lunga….
“Già…” annuì l’uomo con malinconia.
“E voi sarete venuto qui di persona per questo? Dev’esserci dell’altro…” sospettò Fersen. “È così infatti…. – cominciò il ragazzo, con un tono quasi dispiaciuto. Sì perché quello che stava per dire pensava non sarebbe piaciuto affatto al nobile. – Sono qui per chiedervi ufficialmente se vostra figlia è disposta a fare parte del Consiglio” disse tutto d’un fiato aspettandosi già una sfuriata dell’uomo.
Ma diversamente da quello che si aspettava ci fu nuovamente il silenzio.
La diretta interessata, Sango, si era bloccata immediatamente all’udire quelle parole per poi girarsi verso il padre guardandolo spaesata. Fersen, invece, sospirò e contraccambiò lo sguardo della figlia, sorridendole lievemente.
“In effetti una simile richiesta non la si poteva fare che di persona… - cominciò l’uomo, guardando con espressione tranquilla Miroku – Ma questa non è una decisone che spetta a me…” concluse, rivolgendosi poi alla figlia.
“Adesso dipende tutto da te, Sango. Sei tu quella che deve decidere…”.
La ragazza guardò il padre mentre quelle parole le rimbombavano nella testa.
Le era stata data l’opportunità di far parte di uno dei più importanti e leggendari organi di governo di tutto il Continente.
Le era stata data l’opportunità di rappresentare il suo Paese, il suo popolo.
Le era stata data l’opportunità di poter finalmente vendicare la morte della madre.
Le era stata data l’opportunità di poter contribuire alla distruzione di uno dei peggiori nemici che il Continente avesse mai dovuto affrontare.
“Accetto” disse, secca mentre i suoi occhi esprimevano sicurezza e decisione.
Fersen sorrise, sua figlia aveva preso la sua decisone.
“Bene, allora. Cosa deve fare?” chiese tranquillo l’uomo a Miroku.
“Verrà con me ad Eldoras dove avrà la possibilità di diventare un Cavaliere” rispose il ragazzo, guardandola sorridente e con un’enorme gratitudine per il suo gesto.
“I- io un Cavaliere?!” esclamò incredula Sango.
“Se siete predestinata, sì, diventerete un Cavaliere!” le rispose allegro il giovane vedendo la sua eccitazione
- Potrò avere un Drago… - pensò, elettrizzata dall’idea, la ragazza.
“In seguito resteremo nella capitale qualche mese, in modo tale che il vostro Drago cresca e che voi possiate esercitarvi a cavalcarne uno. Poi andremo sulla Shima no Nanimo per, eventualmente, liberare questo Inuyasha e condurlo ad Eldoras”.
“Ho capito. Immagino, quindi, che ci sia urgenza che voi facciate ritorno ad Eldoras il prima possibile…” azzardò Fersen
“In effetti, sarebbe l’ideale. Non c’è un minuto da perdere”.
“Bene, è tutto chiaro. Darò subito ordine di far preparare le cose di mia figlia. Basterà solo qualche vestito, vero?”.
“Sì, anche perché c’è solo il mio Drago e nonostante goda di ottima forza, deve trasportare già me e la signorina Sango e non credo che riuscire a resistere ad altri pesi eccessivi” disse, quasi mortificato il giovane
“Ovviamente. Bè, direi che abbiamo concluso, no?” sorrise il nobile Fersen
“Direi di sì… mi dispiace di avervi portato solo brutte notizie”
“Non si preoccupi… non sono poi così sorpreso…. Di questi tempi non fa di certo bene illudersi” sorrise a forza l’uomo mentre si alzava dalla sua poltrona, imitato da Miroku e Sango. “Lei e il suo Drago dovrete essere affamati – gli disse poi avvicinandoglisi – Se volete vi faccio preparare qualcosa”.
“No, non si disturbi…io non ho fame…. Al massimo, potrei chiederle un po’ di carne secca per il mio Drago così sarà in forze per il viaggio di domani…”.
“Sicuro! Mando a chiamare la cameriera così potrà accompagnarla nella sua stanza…” e Fersen uscì un attimo dallo studio, lasciando i due ragazzi da soli.
Per la prima volta, Miroku sentì una strana sensazione di imbarazzo di fronte quella donna. Di solito non aveva problemi a rapportarsi con l’altro sesso, soprattutto a stare da solo con loro, ma con quella ragazza c’era qualcosa di diverso.
Intanto Sango lo guardava, chiedendosi a cosa stesse pensando con quell’espressione così tesa.
Decise di interrompere quel silenzio, imbarazzata da quella situazione, azzardandosi a intavolare una qualche conversazione
“Credete che riuscirò a diventare un Cavaliere?” chiese titubante. Miroku a quella domanda trasalì voltandosi a guardarla come se l’avesse vista per la prima volta.
“Bè… purtroppo non ve lo so proprio dire… tutto dipende dal Drago…” le rispose sorridendole. Quella ragazza era davvero incantevole. Alta, con lunghissimi capelli castano scuro e occhi dello stesso colore, indossava un vestito che, ammise, le donava davvero: un lungo abito color pesco scuro di morbidissimo velluto rifinito da bordi dorati che luccicavano alla debole luce delle fiaccole e del focolare.
Lei sentì su di sé il suo sguardo e non poté fare a meno di arrossire lievemente; si irrigidì, poi, quando lo vide avvicinarsi improvvisamente e non poté fare a meno di indietreggiare di qualche passo non capendo le intenzioni del ragazzo. D’istinto chiuse gli occhi quando se lo vide arrivare davanti, abbassando lo sguardo, aspettando. Restò così qualche momento, accorgendosi che non era successo niente; aprì gli occhi e lo ritrovò vicino al focolare mentre riattizzava il fuoco. Che stupida, era proprio un’idiota. Perché aveva avuto una reazione simile? Cosa avrebbe potuto fare? o, meglio, cosa si era immaginata che avrebbe fatto?
A distoglierla da quelle domande assurde fu il padre che rientrò nello studio accompagnato dalla cameriera che precedentemente aveva condotto lì Miroku.
“La vostra stanza è pronta – annunciò, rivolgendosi sorridendo al ragazzo – Vi condurrà la cameriera”.
“Vi ringrazio per il disturbo” disse gentilmente Miroku.
“Il vostro Drago si trova ancora qua fuori. Immagino che lo volgiate accompagnare alle stalle. Abbiamo già provveduto a portare là il cibo”.
“Siete stato davvero gentilissimo”
“Ma si figuri! Lasciatemi dire, invece, che il vostro Drago è davvero un esemplare bellissimo! È stata davvero una grande emozione rivederne uno dopo tanti anni!”.
“Sarò felice di riferire i vostri complimenti!”
“Bè, allora vi do la buona notte – gli disse Fersen stringendogli la mano – Vorrei sapere però a che ora avete intenzione di partire”.
“Mh, visto che dovete preparare anche le cose per il viaggio penso andrebbe bene dopo pranzo, così avrete il tempo di parlare voi e vostra figlia…” rispose gentilmente Miroku, avendo capito che, ovviamente, padre e figlia avevano molte cose da dirsi….
- È sveglio… - pensò Sango.
“Ma se avete urgenza di fare ritorno ad Eldoras…” tentò di obiettare il nobile, ma venne ‘gentilmente zittito ’ dal ragazzo che, sempre sorridendo, confermò la sua decisione.
“No, non si preoccupi. Al massimo ci toccherà passare la notte all’aperto e spero che non sia un problema per vostra figlia…”.
“No, sono abituata a dormire all’aperto” assentì Sango anticipando il padre.
“Bene. Ci vedremo prima di pranzo, allora. Io vi do la buonanotte” e Miroku salutò nuovamente i due, congedandosi con un lieve inchino prima di dileguarsi dietro la porta, lasciando soli i due.
“È un bravo ragazzo” affermò poco dopo Fersen.
“Padre…” lo chiamò titubante Sango. Lui le sorrise
“Non devi dirmi niente Sango. Approvo la tua decisone di partire e sono fiero di te. Sono onorato dal fatto che ti sia stata data l’opportunità di rappresentare il nostro Regno… ma ti avrei capita anche se avessi rifiutato. Non preoccuparti…” le disse dolcemente l’uomo e lei non poté fare a meno di essergli grata. Gli si gettò tra le braccia, piangendo. L’idea di allontanarsi da lui e da suo fratello la faceva impazzire ma non poteva venire meno ai suoi doveri.
“Come farò a dirlo a Kohaku?” disse tra i singhiozzi
“Probabilmente all’inizio non capirà ma vedrai che alla fine anche lui sarà orgoglioso di te. È ancora un bambino, col tempo capirà anche queste cose… sai quanto ti è affezionato…” lei annuì nel suo abbraccio cominciando a calmarsi.
“Forza ora – cominciò il padre, allontanandola leggermente da sé per guardarla negli occhi – Domani ti aspetta un lungo viaggio e devi preparare le tue cose… sarebbe meglio se ti coricassi presto…”.
“Hai ragione – disse lei asciugandosi gli occhi – Prima però voglio andare da Kohaku a dargli la notizia…”.
“Sì, forse è meglio dirglielo subito”
“Allora ti do la buonanotte - lo salutò, dandogli un bacio sulla guancia – Grazie di sostenermi sempre nelle mie decisioni…”.
“È il mio dovere. Questa è la tua vita e solo a te spettano le decisioni, sei un’adulta ormai. So che saprai andare avanti anche senza di me al tuo fianco”.
Si salutarono ancora e poi Sango si ritirò, dirigendosi verso le stanze di suo fratello… non sarebbe stato facile dargli quella notizia e sapeva bene come avrebbe reagito Kohaku, ma ormai aveva undici anni e, andando via lei, sarebbe rimasto solo lui a stare accanto a loro padre. Doveva cominciare a prendersi le sue responsabilità.
Si fermò davanti ad una delle grandi porte- finestre del corridoio guardando le piccole luci della città accompagnate da quella della luna, che risplendeva alta nel cielo offuscando la debole luce delle stelle.
- Questa sarà l’ultima volta che vedrò questo paesaggio… - pensò, mentre una forte ansia cominciava a pervaderla.
L’indomani avrebbe dovuto abbandonare quelle terre e chissà quando vi avrebbe fatto ritorno….

FINE 5° CAPITOLO.
Un altro capitolo è terminato e – direi – finalmente le cose cominciano a smuoversi e la compagnia a riunirsi – la cosa fa molto Signore degli Anelli ^^.
Devo essere sincera, questo capitolo non mi soddisfa pienamente, penso sia quello scritto peggio…ma meglio di così non sono riuscita a fare visto che la scuola sta già quasi prosciugando tutte le mie energie! (Se sento ancora una volta la parola ‘ESAME ’ muoio…!).
Inoltre non so cosa pensiate del rapporto che Sango ha col padre…non so, forse è esagerato, forse no…lo chiedo a voi perché io non saprei proprio dirlo visto che col mio di padre non ho quello che si può definire un ‘bel rapporto ’ e in queste cose non sono molto ferrata. Quindi se ho esagerato, fatemelo sapere.
Per il resto direi che non ci sono molte cose da dire…di certo in questo capitolo Miroku può sembrare come…diciamo ‘snaturato ’…. Ma di certo non poteva scatenare tutto il suo amore verso il gentil sesso con un padre lì davanti. Quindi non vi preoccupate, non ho di certo intenzione di farlo agire contro la sua ‘natura ’ ^^.
Sarei la prima a lamentarmene.
Per adesso sono molto soddisfatta di questa fanfiction perché ho l’opportunità di dare spazio anche a personaggi come Miroku e Sango – cosa che non ho fatto in The Change e non ne sono contenta…ma, sapete com’è…l’ardore giovanile (visto che l’ho scritta e pensata ormai tre anni fa…) - che, peraltro, adoro. In effetti non c’è un personaggio che non mi piaccia in Inu-yasha (a parte Kikyo, si intende ed anche Urasue…che le venga….!) e mi sembra più che giusto dare a ciascuno il proprio e più che meritato spazio.
Verrà anche il tempo di Naraku, si intende – come potrei non dedicare tempo anche al sommo! Adesso qualcuno, dopo quello che ho detto, mi ucciderà… - , anche perché in questa storia gioca un ruolo più che decisivo (come sempre, del resto…^^).
Ma lo vedrete voi stessi anche perché, detta tutta, il finale di questa ff non l’ho minimamente pensato, diciamo che la sto pubblicando ‘alla cieca ’. Perciò potrà succedere di tutto e spero che le mie idee risultino originali e non troppo scontate.
Ringrazio ancora tutti coloro che stanno leggendo questa ff, i commentatori e non (è sempre bello vedere il numero dei lettori dei cap. che cresce!^^)…sappiate che mi rendete veramente felice, tutti quanti e spero che continuiate a sostenermi.
Vi saluto e ci vediamo al prossimo lunedì!
Baci ka_chan

CURIOSITÀ:
* Montagne dei Re: così denominati perché si pensava che gli spiriti dei grandi re del Regno del Nord vi risiedessero.

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Capitolo 6
*** cap6 "DESTINAZIONE ELDORAS” ***


Salve a tutti!!! È da un po’ che non ci si sente e non so esprimere la mia immensa gioia per il fatto che egoio sia sopravvissuto! Mi sono davvero spaventata qualche giorno fa quando ho letto che il sito era incorso in un grave errore…non toccavo il computer da un pezzo – ovviamente la scuola non mi permette nemmeno di respirare…! – ed ero così contenta di aver trovato cinque minuti per venirmi a leggere – nonché per pubblicare – delle ff che vedo quell’orribile messaggio…! Già quasi due anni fa sono “morti” sia inuyasha no uchi che fanfiction.it e mi sarebbe dispiaciuto davvero tantissimo se fosse crollato anche questo magnifico sito…purtroppo non ho fatto nemmeno in tempo a fare un qualsiasi tipo di donazione perché è tornato funzionante in quattro e quatrotto…la nostra webmister è davvero una santa nonché una grande!
Ma ora veniamo a noi…innanzitutto, andando nel mio account per vedere sia il numero di recensioni che il numero di lettori, ho piacevolmente notato che c’è chi sta andando a rileggere The Change…non me lo sarei mai aspettata! Quindi ci tengo a ringraziare tutti coloro che l’hanno riletta…come ho già detto, cercherò di terminarla il prima possibile!
Ora veniamo, invece, a chi ha commentato lo scorso capitolo…ringrazio tantissimo cri-chan, la new entry Mao-chan91, Mech che mi lascia sempre dei commenti troppo lusinghieri ^^ e, infine, Inucchan il quale ringrazio in special modo perché è la prima volta che ricevo il commento da parte di un ragazzo e, soprattutto, da qualcuno che sa scrivere così bene! E non dire che è la mia ad essere una vera ff perché le tue non sono da meno, anzi…!
Bè, direi che è tutto, ringrazio, ovviamente anche quelli che hanno letto e vi lascio alla lettura del sesto capitolo!

6° CAPITOLO “ DESTINAZIONE ELDORAS”.

Quella mattina Sango si era alzata molto presto. Tra qualche ora avrebbe dovuto affrontare un lungo viaggio, verso una terra sconosciuta e non sapeva cosa l’avrebbe aspettata di lì in poi.
Si alzò dal letto, abbandonando il confortevole calore delle pesanti coperte che l’aveva accompagnata nel corso di quella notte senza sogni e si diresse verso il grande specchio appeso alla parete, sedendosi sulla morbida poltroncina che vi era di fronte.
Aveva un aspetto orribile. Due scure occhiaie erano testimoni del fatto che non aveva dormito un granché.
Rabbrividì alla pungente aria del mattino e si infilò la pesante vestaglia di velluto color pesco appesa lì vicino.
Sbadigliò. Non aveva un granché da fare quella mattina visto che, proprio perché non riusciva a dormire, aveva preparato tutto il necessario per il viaggio la sera precedente. Inoltre era stata anche dal fratello, dal quale aveva passato circa tre ore. Kohaku non aveva affatto preso bene la notizia della sua imminente partenza e lei si era trovata a dover tranquillizzare un ragazzino di undici anni in una piena crisi della serie ‘facciamo i capricci ’ . Ma, fortunatamente, era riuscita a farlo ragionare, non tranquillizzandolo del tutto ma, almeno, a farlo zittire.
Però adesso c’era un altro problema: il padre sapeva della sua partenza, suo fratello pure ma… Seiishiro… lui non era stato avvertito.
Perché le veniva in mente il senpai? Cosa gliene poteva importare a lui se lei partiva o meno?
Sospirò a quel pensiero. Non aveva senso rimanere lì a farsi domande inutili.
Cominciò a pettinare sbadatamente i lunghi capelli e poi si vestì. Sarebbe andata in palestra a fare qualche esercizio.
Indossò dei pantaloni di un pesante tessuto color mattone scuro, infilati in alti stivali di pelle marrone scuro, con sopra un maglioncino in morbida lana chiara.
Uscì dalla stanza chiudendosi lentamente la porta alle spalle per poi incamminarsi con calma verso la palestra.
In giro per la Residenza c’erano solamente i vari servitori mentre suo padre e Kohaku, si disse, dormivano ancora. In effetti erano appena le sette… il padre forse si sarebbe svegliato tra poco, ma il fratello avrebbe dormito ancora per molto.
Le venne alla mente il nobile Miroku con quel suo strano viso, dalle espressioni così volubili. Arrossì pensando alle reazioni che aveva avuto la sera scorsa, quando le si era avvicinato per riattizzare il fuoco. Chissà se lui si era accorto di quella sua più che imbarazzante reazione…. Scosse la testa. Era meglio non pensarci.
Imboccò il lungo corridoio coperto che portava alla palestra guardando, al di là delle porte finestre, il pallido sole che lentamente stava sorgendo, conferendo quelle tiepide tonalità di colore al cielo poco prima oscuro.
Avvicinandosi alla palestra, sentì provenire da essa alcuni rumori finché, affacciandosi all’entrata, vide Seiishiro che già faceva il suo allenamento mattutino.
Con la fronte imperlata da alcune gocce di sudore, si stava esercitando con la spada, il viso contratto in un’espressione concentrata.
Sango avanzò di qualche passo, guardandolo ma senza chiamarlo. Era così bello vederlo allenarsi con quell’espressione concentrata….
Ma l’uomo, sentendosi osservato, si girò e la vide. Si bloccò immediatamente, guardandola. Si osservarono per alcuni momenti senza muoversi. Poi lui sorrise e le si avvicinò.
“Buongiorno! Mattiniera come sempre, eh?”.
“Già…” rispose lei semplicemente, apparendo quasi fredda. Ma lui non se ne accorse
“Scusa se mi sono messo ad allenarmi qui… ma la palestra della caserma è in ristrutturazione e oggi è chiusa… spero non sia un problema” cercò di scusarsi lui, imbarazzato per essere entrato in casa d’altri senza permesso... bè, non proprio, visto che Fersen gli aveva dato il permesso di andare lì tutte le volte che voleva e a qualsiasi ora.
“No, no… non ti preoccupare…” gli disse lei flebilmente, senza guardarlo negli occhi. Lui la guardò interrogativo non spiegandosi quel comportamento quasi… fiacco.
“Sango… c’è qualcosa che non va?” le chiese preoccupato
“… Oggi… devo partire” rispose lei, ancora più triste di prima. Perché glielo aveva detto? Cosa gliene sarebbe importato? Si aspettava una risposta del tipo: ‘Bene, allora buon viaggio!’, ma i suoi pensieri vennero totalmente smentiti dalla reazione di lui
“Che significa che devi partire?! Quando, perché?!” le chiese con foga, prendendola per le spalle. Lei, inizialmente, rimase spaesata. Allora… gliene importava? Gli dispiaceva se lei se ne andava?
“Dopo pranzo partirò per la Terra Centrale insieme al figlio del Governatore, Miroku di Eldoras…” lo informò lei, tenendo lo sguardo basso. Non riusciva proprio a guardarlo negli occhi all’idea di non sapere quando poi lo avrebbe rivisto.
Sentì la presa di lui farsi più forte mentre la sua voce diventava greve e incerta
“Come… come mai una decisione così improvvisa? E perché devi proprio andartene? È stato quel Miroku ad obbligarti?!” le chiese, quasi urlando
“No…! È stata una mia scelta!”
“M- ma… perché?”
“Mi è stata data l’opportunità di far parte del Consiglio delle Tre Terre… non potevo rifiutare… Seiishiro” gli disse, riuscendo finalmente a guardarlo negli occhi, quegli occhi che in quel momento erano completamente increduli.
“Ho finalmente la possibilità di vendicare la morte di mia madre, ma, cosa più importante, di poter rappresentare e difendere il mio Paese…. Mi capisci, non è vero? Proprio tu, insieme a mio padre, mi hai insegnato quando sia importante raccogliere tutte le possibilità che ci vengono offerte di poter fare qualcosa per la nostra terra, per il nostro popolo. Per me è venuto quel tempo, è arrivata la mia occasione…”.
Lui la guardò intensamente, come mai aveva fatto, stupendosi di quanto la notizia della sua partenza lo avesse profondamente turbato.
Non disse niente, lei aveva ragione e la strinse tra le sue braccia come aveva fatto alcune sere prima. Solo che adesso non la voleva consolare, voleva solo trasmetterle tutto l’affetto che provava per lei.
Sango arrossì vistosamente sentendosi stringere tra le sue braccia, ma non si ritrasse anzi, a sua volta, lo circondò a sua volta. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo il suo odore, volendo imprimersi quella sensazione nella mente. Se la sarebbe portata nel cuore fino al giorno del loro prossimo incontro.
Stettero così per alcuni momenti finché, a malincuore, si staccarono, ognuno ancora con addosso il calore dell’altro. Si guardarono negli occhi e sorrisero. Lui aveva capito e Sango non poteva fare altro che essergli grata.
“Ora devo andare… - le disse improvvisamente lui – Verrò più tardi, alla tua partenza…”
“Sì…” disse lei con la tristezza nel cuore
“Credimi, resterei con te tutta la mattina, se potessi…. Ma, anche oggi, ho una giornata piena… non sai quanto mi dispiace…” le disse lui, sinceramente rammaricato e triste. Sango non l’aveva mai visto così… ci teneva a lei, ora lo sapeva. Sorrise mentre le gote le si imporporavano leggermente.
“Ti credo, non ti preoccupare. Prima di tutto il dovere… ci vedremo più tardi…” gli disse sorridendo lievemente.
Lui annuì e le si avvicinò, accarezzandole una guancia
“A più tardi…” si girò di scatto e si diresse velocemente verso l’uscita. Se fosse rimasto ancora lì non sapeva se sarebbe riuscito a lasciarla andare così facilmente.
Sango rimase alcuni minuti ferma, nella stesa posizione. Quell’ansia che l’aveva pervasa la sera prima stava di nuovo cominciando ad emergere e non voleva.
Legò i capelli in una coda alta e cominciò ad allenarsi con foga sperando di riuscire a scaricarsi.

Ore dopo, in una lussuosa e ben arredata stanza per gli ospiti, ronfava ancora Miroku. Erano già quasi le undici e lui non si era nemmeno alzato per cominciare a prepararsi per il viaggio.
La sera precedente, prima di coricarsi, era stato con Varandir, alla fine, per quasi due ore; poi aveva deciso di farsi un bel bagno prima di andare a dormire ed anche lì ci aveva messo più di un’ora…. Quindi, essendo un grande amante del dormire ed essendosi appisolato decisamente tardi, si ritrovava ancora lì a dormirsela della grossa. Inoltre il suo sonno era accompagnato da bellissimi e, allo stesso tempo, quasi sconci sogni che di certo non voleva abbandonare.
Purtroppo però venne bruscamente destato dalla voce ruggente di Varandir che, già da un bel po’, stava cercando – inutilmente – di chiamarlo
- MIROKUUUUUU!!!!!! – tuonò e rimbombò il ruggito del Drago nella testa del giovane che, per lo spavento, si schiantò contro il pavimento ricoperto da un morbido tappeto.
“Ma che diavolo?!? Varandir, sei forse impazzita?! - sbraitò lui – Mi hai fatto venire un infarto!!!” disse mentre si rialzava ora completamente sveglio.
- Razza di cretino, sai che ore sono?!? Era da un pezzo che ti chiamavo!!! -
“Accidenti, anche se non sei qui riesci sempre a dannarmi l’anima!” sbottò innervosito lui, senza pensare a quello che aveva detto…grosso errore.
- Dannarti l’anima?!? Se non ti avessi svegliato avresti potuto continuare a dormire fino a domani!!! Ti rendi conto della pessima figura che avresti fatto?!? Non solo tu, ma anche tuo padre ci avrebbe rimesso! Dobbiamo partire fra poco e tu ancora te la dormivi! Sei un cretino!!! -
“Uff… scusa… ma ieri sera ho fatto tardi e mi sono addormentato…. Scusami…” disse il ragazzo, sinceramente pentito. Varandir aveva ragione e per fortuna lo aveva svegliato altrimenti avrebbe dovuto affrontare una situazione davvero molto imbarazzante.
- Non fa niente…. Adesso però preparati e non metterci un secolo! -
“Agli ordini!” rispose lui, ritrovando la sua solita allegria. Si diresse immediatamente verso il grandissimo bagno che si trovava all’interno della camera – più che una stanza per gli ospiti sembrava un piccolo appartamento – e si diede una sciacquata veloce per poi rivestirsi. Per fortuna si era portato dietro da Eldoras dei vestiti di ricambio visto che quelli del giorno prima si erano tutti inumiditi. Indossò la tipica divisa dei Cavalieri: pantaloni neri di cuoio infilati in stivali dello stesso materiale e dello stesso colore, con sopra una pesante camicia bianca ed un gilè di pelle scamosciata nero con ricamato sulla desta il simbolo dei Cavalieri. Prese il suo pesante mantello che la sera precedente aveva buttato sbadatamente su una delle piccole poltrone poste di fronte alla grande finestra che dava sulla parte destra della città, vicino alla parete rocciosa della montagna. Raccolse altre poche cose ed uscì.
Si ritrovò nel lungo corridoio del secondo piano rimanendo immobile per qualche momento facendo mente locale su dove doveva andare. Poi si ricordò e si diresse verso destra ritrovandosi, poco dopo, vicino alle scale.
Arrivato all’ingresso cominciò a guardarsi intorno, sperando di vedere o il nobile Fersen o la signorina Sango. Purtroppo non ebbe fortuna così decise di andare da Varandir. Passando dal corridoio coperto imboccò una delle uscite per ritrovarsi quasi subito nelle stalle dove lì vicino aveva passato la notte il suo Drago. Infatti non avevano potuto sistemarla all’interno di una delle stalle perché, altrimenti, si sarebbero spaventati i cavalli. Perciò le aveva trovato una sistemazione sotto una piccola tettoia in modo tale da ripararla, almeno un poco, dal freddo notturno.
La vide mentre sorseggiava dell’acqua fresca che la sera precedente avevano provveduto a mettere in un abbeveratoio sistemato lì vicino. Il cibo, invece, l’aveva completamente divorato.
“Eccola, eccola la mia principessa!” disse allegro Miroku mentre le si avvicinava, facendola voltare.
“Ancora arrabbiata?” chiese, sempre con lo stesso tono lui, non avendo udito alcuna risposta
- Mh…no, non proprio… - disse, quasi gelida lei, guardandolo in modo altezzoso “Ho capito… pensi che resterai così ancora a lungo?” le disse, ora con voce un po’ più scocciata, il ragazzo
- Non lo so. Se mi andrà resterò così anche fino domani… capito? -
“Sì, ho capito…. – sospirò Miroku – Ora sarà meglio che vada cercare il nobile Fersen…” e si diresse dalla parte da cui era venuto, rientrando nella Residenza. Si chiuse la porta- finestra alle spalle e le si appoggiò sospirando, con un’aria decisamente affranta “Qualcosa non va nobile Miroku?” una voce gentile lo destò e si ritrovò davanti Sango. Sobbalzò leggermente, ricomponendosi e affrettandosi a rispondere con il suo solito sorriso sulle labbra
“N- no, non vi preoccupate nobile Sango. Anzi… le auguro buongiorno!”
“B- buongiorno anche a voi…” balbettò lei, confusa dallo strano atteggiamento del ragazzo “Vi stavate allenando?” le chiese, vedendola in tenuta, appunto, di allenamento “Eh, bè, sì… visto che avevo già preparato l’occorrente per il viaggio ieri sera ne ho approfittato per esercitarmi…”.
“Siete una ragazza molto diligente” commentò il ragazzo sorridendole
“Gra- grazie…” si ritrovò di nuovo a balbettare lei
“Io – cominciò poi, con estrema serietà Miroku attirando la sua attenzione – vi devo delle scuse, nobile Sango. Sono piombato qui, improvvisamente, con una proposta tutt’altro che semplice. Ho ammirato molto il vostro coraggio, ma, soprattutto, la vostra generosità. La Terra Centrale vi è debitrice” e le si inchinò davanti, stupendola. Non si aspettava quelle parole e ne rimase quasi lusingata. Il figlio del Governatore che le si inchinava davanti e la ringraziava?
“Vi- vi prego alzatevi nobile Miroku! Mio padre si adirerebbe se vi vedesse in questo momento!” gli disse mentre il ragazzo si alzava e la guardava stranito
“Io… io ho fatto solo quello che andava fatto. Non dovete scusarvi di nulla né ritenervi responsabile di alcunché. Sono contenta e fiera dell’opportunità che mi avete offerto. Ho la possibilità di rappresentare e difendere il mio Paese nonché di vendicare mia madre…. Al massimo sarei io che dovrei ringraziarvi…”.
“No, questo mai! – esclamò sorridente Miroku – Voi non avete niente di cui ringraziarmi. Il mio unico rammarico è quello di non avervi dato l’opportunità né di fare le cose con calma né di far abituare all’idea della vostra partenza i vostri famigliari…. Penso che vostro fratello ce l’avrà con me a lungo!”. Sango sorrise.
“Non vi preoccupate… gli ho spiegato esattamente come stanno le cose…. È ancora un bambino, ma, nel profondo, ha capito e compreso le mie ragioni…”.
“Bè, allora direi che siamo pari…”
“Sì…. Ma, ditemi, dovevate vedere mio padre?”
“Sì, in effetti stavo andando proprio a cercarlo…” disse Miroku mentre si guardava intorno.
“Vi faccio strada io anche perché tra poco dovremo andare a pranzare…”.
“Mh… vi ringrazio per la vostra disponibilità” e i due tornarono all’ingresso dirigendosi poi verso lo studio del nobile Fersen.
Qui infatti lo trovarono mentre firmava e leggeva alcuni documenti. Parlarono del più e del meno e poi, visto che erano già le dodici, decisero di andare nella sala da pranzo per mangiare.
Anche Kohaku li aveva raggiunti e lui e Miroku si presentarono… il ragazzo dal codino non poté non notare lo sguardo bieco che il ragazzino gli lanciò ma non vi fece caso, comprendendo l’astio che provava per lui.
“Sa, nobile Miroku, il mio ragazzo fra poco entrerà nei Syuryouka!” disse Fersen mentre già stavano mangiando, guardando con orgoglio il figlio
“Davvero?! – esclamò, sinceramente sorpreso Miroku, vista la giovane età di Kohaku – Accidenti! Non pensavo che un ragazzo di undici anni riuscisse ad entrare già tra i Cacciatori! Devi essere davvero in gamba Kohaku!” gli disse sorridendogli… non voleva entrare nelle sue grazie, al contrario, era davvero colpito dalle sue capacità.
Kohaku, anche se fin dall’inizio aveva deciso di ‘avercela con lui ’, non poté far a meno di arrossire a quel sincero complimento. Aveva capito che il signor Miroku non voleva ingraziarsi la sua simpatia e dovette ammettere che non era affatto un cattivo ragazzo… anche se gli ‘portava via ’ la sorella….
“Vi… vi ringrazio nobile Miroku…” rispose timido. Sango sorrise. Era la prima volta che gli rispondeva con un tono gentile…. Non sapeva per quale ragione, ma voleva che a suo fratello piacesse il nobile Miroku.
Finito di pranzare, Sango andò nelle sue stanze per prepararsi per il viaggio e controllare che avesse preparato tutto l’occorrente.
Indossò, sotto consiglio di Miroku, dei pesanti pantaloni di pelle accompagnati da dei stivaletti bassi; sopra indossava un maglioncino di lana, una giacca di pelle scamosciata ed, infine, il pesante mantello da viaggio.
Nel frattempo Fersen, Kohaku e Miroku si erano diretti verso le stalle per andare da Varandir. Il figlio del nobile Fersen restò completamente spiazzato alla vista del Drago. Trovarsi davanti ad una di quelle creature leggendarie, nominate e protagoniste in tutte le fiabe e le leggende che aveva letto gli aveva dato una strana sensazione, come di soggezione….
Poco dopo li raggiunse anche Sango e anche lei, come il fratello, rimase spiazzata alla vista del Drago… era semplicemente stupendo.
Miroku si avvicinò a Varandir e fece le presentazioni
“Signori, questa è Varandir la mia dragonessa!” disse felice il ragazzo dal codino. Sango rimase sorpresa nel vedere come il giovane guardasse il Drago… aveva gli occhi che gli brillavano.
“Avete un esemplare meraviglioso, Miroku!” esclamò Fersen avvicinandosi ai due “Piacere di fare la vostra conoscenza, Varandir” le disse con un lieve inchino. Anche Varandir inchinò leggermente la testa.
“Anche per lei è un piacere, nobile Fersen. Inoltre vi ringrazia per i complimenti che le avete fatto anche ieri”.
“Perché non vi avvicinate?” domandò Fersen facendo un cenno ai due figli….
Sango e Kohaku si avvicinarono titubanti, soprattutto il secondo che sembrava quasi impaurito
“Puoi anche accarezzarla Kohaku! Non morde, tranquillo!” lo invitò Miroku.
“Avanti figliolo! Non ti capiterà spesso di vedere un Drago così da vicino!” insistette anche Fersen. Kohaku deglutì e cominciò ad avvicinarsi a Varandir, tendendo la mano. Visto la sua titubanza, fu proprio lei ad avvicinarglisi, tendendo la testa fino ad incontrare la mano del ragazzino. Questo fu come attraversato da una scossa e si ritrovò a fissare gli occhi celestini della creatura rimanendo quasi incantato. Varandir cominciò a strofinare il muso contro la mano del ragazzo per farsi accarezzare. Lui l’accontentò e poté sentire gli sbuffi di contentezza del Drago. Sorrise, più felice che mai.
“Sai, credo proprio che tu gli piaccia!” gli disse sorridendo Miroku, avvicinandoglisi “Davvero?!” esclamò Kohaku guardandolo con un largo sorriso.
“Davvero, davvero!” gli rispose allegro il ragazzo dal codino scompigliandogli i capelli
“Senti cosa ti propongo…la prossima volta che tornerò a farvi visita ti farò anche fare un giro, ti va?”
“Certo! Sarebbe fantastico!!” esclamò eccitato Kohaku, abbracciandolo.
Sango sorrise a quella scena. In pochi minuti il nobile Miroku era riuscito ad acquistarsi la simpatia e l’affetto del fratello e lei sapeva che non l’aveva fatto perché si sentiva in colpa.
Nel frattempo aveva assistito a quella scena anche Seiishiro che vedeva Miroku per la prima volta. Venne notato da Fersen che lo chiamò
“Oh, Seiishiro! Avanti, avvicinati, devo presentarti una persona” e lui gli andò a fianco mentre faceva un cenno di saluto a Sango
“Nobile Miroku, vi presento Seiishiro Magami, il capitano degli Syuryouka. Seiishiro questo è Miroku di Eldoras, figlio del Governatore Takehiko di Eldoras”.
“È un piacere fare la vostra conoscenza” disse cordiale Miroku, sorridendogli
“Lo stesso vale per me nobile Miroku” rispose al saluto Seiishiro, sorridendogli a sua volta mentre si stringevano la mano.
“Comunque sono davvero sorpreso nobile Fersen – cominciò il Cavaliere – Tra i Cacciatori dovete avere degli elementi davvero abili! Primo fra tutti voi, signor Seiishiro che siete già capitano… e siete davvero giovane!” disse sorpreso Miroku, scatenando l’ilarità del capitano
“Ahah! Non sono poi così giovane! Piuttosto… anche da parte mia, vi porgo i miei ringraziamenti per essere venuto fin qui di persona a portarci notizie”. Infatti quella mattina, dopo essersene andato dalla palestra, Seiishiro era stato convocato dal padre di Sango che poi gli aveva riferito tutto quello che Miroku aveva detto loro.
“Non mi dovete ringraziare. Ho fatto solo il mio dovere… se non ci aiutiamo, di questi tempi, non si può andare avanti…. Invece sono io che mi scuso visto che vi porto via la signorina Sango…”.
“Vi ho già detto che non vi dovete scusare…” intervenne la ragazza in questione.
“Bè, direi che ormai è ora che vi avviate, vero?”.
“Sì, in effetti si sta facendo tardi. Prima di sera vorrei riuscire a superare le Montagne dei Re e approfittare della luce…” rifletté Miroku.
“Allora vi do una mano a sistemare le cose” si offrì Fersen “Vieni anche tu Kohaku!” e anche il ragazzino li seguì.
Sango e Seiishiro si avvicinarono, pronti per dirsi addio.
“E così ci siamo…” cominciò il capitano
“Già…”
“Sango, io non voglio dirti addio… anche se non so quando ci rivedremo…non voglio dirti addio…”
“Nemmeno io… non sopporto l’idea di non poter rivedere nessuno di voi…”
“Allora questo sarà un semplice arrivederci” le disse, sorridendole. L’avvicinò a sé e la abbracciò
“Cerca di tornare sana e salva. Non voglio perderti” la scostò un poco da sé e le diede un bacio sulla fronte
“Arrivederci… Seiishiro…” disse lei mentre una forte tristezza cominciava a pervaderla. Si girò bruscamente e si diresse verso il padre e il fratello pronta per salutare anche loro.
“Mi raccomando Kohaku, aiuta papà e per quando tornerò ti voglio vedere come un membro degli Syuryouka” gli disse affettuosamente
“Ci puoi contare! Mi raccomando, torna presto sorellina!” le disse il ragazzino, trattenendo a stento le lacrime.
Poi la ragazza si avvicinò al padre titubante.
“Cerca di non affaticarti troppo e di tornare sana e salva. Sappi che sono fiero di te Sango” si abbracciarono, poi Fersen si diresse, insieme a lei, da Miroku e Varandir che l’aspettavano.
“Grazie di tutto nobile Miroku. Spero verrà presto a trovarci!”.
“Lo farò senz’altro! Magari mi porterò dietro anche mio padre”
“Sarebbe un’ottima idea!”.
“Comunque, Signore, non dovete preoccuparvi… mi occuperò personalmente che a vostra figlia non accada nulla. La difenderò anche a costo della vita” disse Miroku, sicuro e consapevole di quelle parole, sorprendendo Sango.
“Mi fido di voi, Miroku. Arrivederci Varandir” e si inchinò leggermente, imitato dal Drago.
Sango si avvicinò a Varandir e le due si guardarono alcuni momenti negli occhi. Miroku lo notò e le si avvicinò
“C’è qualcosa che non va?”.
“È… è stupenda…!” esclamò, sinceramente meravigliata, Sango
- Mi piace questa ragazza...! – commentò lusingata Varandir.
“Ha detto che le piacete!” le riferì felice Miroku
“O- oh! I- io… grazie! Ah, che maleducata, non mi sono nemmeno presentata! – disse agitata la ragazza. Aveva sempre desiderato vedere un Drago ed ora stava facendo una figura pessima! – Mi chiamo Sango di Mend e sono onorata di fare la vostra conoscenza nobile Varandir!”.
- È adorabile… - disse il Drago, intenerita dalla reazione della ragazza.
- Posso dirglielo? – le chiese Miroku
- Certo che glielo devi dire! – si sbrigò a puntualizzare Varandir
“Ha detto che siete adorabile…!” riferì il ragazzo a Sango che arrossì ancora di più…. In effetti come non poteva non dire che non era adorabile quella ragazza? Aveva quell’aria da dura, ma, in realtà, era estremamente dolce e timida. Sorrise malizioso.
“Bene, direi che è ora di andare… siete pronta Sango?” le chiese Miroku
“Sì, andiamo pure”.
“Buon viaggio ragazzi – li salutò Fersen – Mi raccomando fate attenzione”.
“Grazie di tutto nobile Fersen! Appena arriveremo a Eldoras manderò un messaggero per farvi sapere che siamo arrivati sani e salvi” disse Miroku, salendo sul dorso di Varandir con estrema facilità. Poi allungò una mano verso Sango, invitandola a salire dietro di lui.
Nonappena si sistemarono, Varandir aprì le grandi ali azzurre cominciando a sbatterle con forza. Dopo poco erano già in aria.
Fersen, Kohaku e Seiishiro li videro allontanarsi velocemente, scomparendo all’orizzonte. Il capitano degli Syuryouka sorrise tristemente…gli sarebbe mancata tantissimo la sua piccola Sango, ma avrebbe sopportato al pensiero che un giorno si sarebbero rincontrati.

Ore dopo Miroku, Varandir e Sango erano ancora in viaggio. I tre erano estremamente silenziosi - soprattutto la ragazza - , ognuno immerso nei propri pensieri. Anche quando si fermarono per il pranzo si scambiarono poche parole.
“Posso solo immaginare come vi sentiate…” cominciò poi Miroku che per la prima volta aveva aperto bocca da quando erano partiti. Avevano appena sorpassato le Montagne dei Re e perciò potevano quasi dirsi fuori dal Regno del Nord.
Sango non era mai stata così lontana da casa.
“Sopporterò – rispose ferma la ragazza – non sono più una bambina…. Non posso farmi abbattere per la lontananza dai miei cari… tanto li rivedrò”. Con quelle parole cercò di convincere anche se stessa. Ma l’ansia del non sapere quando li avrebbe rivisti le bloccò quasi il respiro.
“Ne sono convinto…” rispose Miroku, avendo però capito perfettamente il reale stato d’animo della ragazza quando, mentre aveva pronunciato quelle parole, gli si era stretta contro, involontariamente, ancora di più.
Anche nelle ore successive i due non si rivolsero parola e il Cavaliere aveva preferito non forzare alcun tipo di conversazione… ora, ciò di cui aveva bisogno Sango era rimanere in pace, con i suoi pensieri.
Fortunatamente, prima che si facesse così buio per non riuscire più a proseguire, i tre si trovavano già nella Terra Centrale, poco dopo il confine col Regno del Nord. Gli ci volle un po’ di tempo per trovare il posto adatto per accamparsi, finché non avvistarono un piccolo boschetto di alte querce. Varandir planò piano verso il terreno, atterrando con eleganza. Il vento provocato dalle grandi ali agitò l’aria, facendo muovere le foglie, leggermente imbrunite, degli alberi.
Si sgranchirono le membra stanche, poi Miroku cominciò a raccogliere e cercare il necessario per accendere il fuoco. Aveva convenuto con Sango che non sarebbe stato estremamente pericoloso perciò non ci aveva pensato due volte all’idea di potersi riscaldare almeno un poco.
Varandir lo aiutò a trasportare dei grossi tronchi mentre Sango cominciava a preparare il cibo e il necessario per cuocerlo. Si erano portati da Mendeon un po’ di carne e qualche verdura…tutto quello che bastava per un buon e caldo stufato.
Nel frattempo il fuoco già ardeva.
Mentre la ragazza si occupava della cena, vide Miroku avvicinarsi al suo Drago, accucciato comodamente contro una grossa quercia, e disporle davanti una grande quantità di carne secca come cena. Le si sedette di fianco, sorridendo nel guardarla mangiare voracemente il suo lauto pasto. Le accarezzò il dorso squamato, provocando quelle che erano una specie di effusioni della creatura.
Sango rimase quasi incantata nel guardarli. Anche un’altra volta aveva notato come gli occhi di quel giovane si fossero illuminati al solo parlare del suo Drago. E adesso, vederlo assumere un atteggiamento così dolce, la intenerì quasi.
Distolse lo sguardo per non rischiare di essere sorpresa a guardarlo con quell’espressione imbambolata. Miroku, intanto, le si era avvicinato, sedendosi su un altro dei due tronchi che avevano disposto attorno al focolare a mo di sedie. Allungò le mani verso le fiamme che ardevano, sentendo almeno un poco del calore che emanavano scaldargli le mani infreddolite.
“Avete bisogno di qualcosa? Posso aiutarvi?” si offrì poi il ragazzo, sorridendole.
“Mmh… direi di no… ho quasi finito. Comunque… grazie” rispose incerta la ragazza.
“Oh, non dovete ringraziarmi! Io sono a vostra completa disposizione!” disse, quasi con foga lui, riappropriandosi, senza accorgersene, del suo solito tono lascivo che, durante il giorno precedente e fino a quel momento, aveva lasciato da parte perché inopportuno…. Ma, come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio….
Infatti Sango lo guardò stranita, confusa da quel cambiamento repentino. Lui notò il suo sguardo, accorgendosi di come aveva parlato e tossicchiò, schiarendosi la voce.
“Ehm… allora…. Ecco, sì, il signor Seiishiro mi è sembrato proprio una persona in gamba…” sbottò, dicendo la prima cosa che gli era passata per la mente. Gl’occhi di Sango si velarono leggermente di tristezza
“Sì… lo è…” assentì semplicemente.
“È il vostro fidanzato?” chiese poi in modo così schietto, ma anche così ingenuo Miroku che face sobbalzare la ragazza
“I-il mio… m-ma che dite! No, no, non è il mio fidanzato!” disse agitatissima e rossa in viso mentre scuoteva nervosamente le mani davanti al volto.
Miroku rimase qualche momento interdetto da quell’atteggiamento così inaspettato… non gli era sembrato di aver fatto una domanda poi così imbarazzante. Sorrise divertito nel vederla così imbarazzata… quella ragazza era davvero incantevole.
“Ehe… non pensavo di aver fatto una domanda così imbarazzante… comunque perdonate la mia mancanza di tatto…”
“N- non fa nulla” balbettò ancora imbarazzata lei, facendo sorridere ancora di più Miroku che ora la guardava con un’espressione indecifrabile – o, almeno, lo era per lei – appoggiando il viso su una mano.
“Perdonate ancora la mia sfacciataggine… ma siete davvero adorabile”. Sango rimase paralizzata al suono di quelle parole mentre avvampava. Lui, invece, fece finta di niente “Bè, intanto che si cuoce la cena vado a prendere un po’ d’acqua…. Varandir mi ha detto che c’è una sorgente qui vicino” e senza aspettare una qualche risposta o anche un solo accenno della ragazza, si incamminò.
Per fortuna, a illuminargli almeno un poco il cammino, c’era la luna che, nella sua pienezza, irradiava candidi raggi di luce argentati.
Sorrise malizioso al ricordo dell’espressione pietrificata di Sango al suo commento e le sue guance imporporate.
- Quella ragazza ti piace proprio – la voce, quasi ironica, di Varandir, gli si insinuò nella testa, allargandogli il sorriso
- Sei gelosa? – le chiese di rimando, aggirando la domanda del Drago
- Va bene, non rispondermi ma sta attento… -
- Quale sarebbe il pericolo a cui dovrei prestare attenzione? – chiese ironico
- Non vorrei che questa volta sia tu quello che prenderà una sbandata…. Da cacciatore a preda… -
- Mah, chi può dirlo…. Pensa piuttosto ad assicurarti che non ci sia nessuno qui in giro…- - Mph, sono proprio curiosa di vedere cosa combinerai questa volta
- Ci vediamo tra poco Varandir… - insistette il Cavaliere, chiudendo il discorso, sempre col sorriso sulle labbra.
Quella di avere la possibilità di poter comunicare telepaticamente con il proprio Drago aveva, sì, tantissimi aspetti positivi, ma a volte – per lui ‘spesso ’ – era una seccatura, visto che le menti di Drago e Cavaliere potevano raggiungersi fino a tre leghe di distanza se non di più. E per lui quella condivisione di pensieri, a volte quasi obbligata - con tutti i pensieri che faceva non proprio, per così dire, ‘candidi ’ - spesso era problematica.
Finalmente riuscì a trovare la sorgente e si accucciò vicino alla riva, stando attento a non scivolare sul terreno fangoso. Si trattava di una piccola sorgente, una cascatella che andava a formare un piccolo lago.
Prese le due borracce che si era portato dietro e le riempì, rinfrescandosi la gola con qualche sorso.
Dopo di ciò, si diresse subito verso l’accampamento.

Nel frattempo Sango era rimasta ancora scossa dalle parole, così inaspettate, del ragazzo e a testimonianza di questo c’erano le sue gote ancora colorate di un rosso acceso. Mescolò con cura lo stufato che bolliva all’interno della piccola pentola di rame lucido appoggiata su quello che era un precario fornello di pietre.
Gettò un’occhiata al Drago del Cavaliere, Varandir. Era davvero bellissima. Chissà se anche lei avrebbe avuto la possibilità di averne uno così bello. Inaspettatamente si trovò a incrociare lo sguardo del Drago. Immediatamente le venne l’impulso di distogliere i suoi occhi color cioccolata da quelli color ghiaccio della creatura ma non vi riuscì. Era come se l’avesse incatenata. Provò una strana sensazione ma non di paura, piuttosto di smarrimento. Era come se Varandir le stesse leggendo dentro. Poi, come quella strana sensazione era venuta, se n’era andata, lasciandole come un senso di calore.
Fissò ancora gli occhi azzurri del Drago e poi gli sorrise timidamente. Tra le due si era creata una strana atmosfera che suggerì a Sango di piacere, almeno un po’, alla creatura. Tutto ciò venne interrotto dal ritorno di Miroku che, notando qualcosa di strano, si bloccò, spostando lo sguardo da Varandir a Sango
- Mi sono perso qualcosa? – chiese, un po’ spaesato, il ragazzo al suo Drago, guardandola
- No, assolutamente niente. Ce ne hai messo di tempo – lo rimbrottò lei
“Uff, sei uno strazio!” sbottò il Cavaliere, dando voce, senza accorgersene, ai suoi pensieri
“Come?” gli chiese Sango, non capendo se stesse parlando con lei
“Oh, no… parlavo con Varandir…. Scusate” si giustificò il ragazzo dal codino, avvicinandoglisi, porgendole una delle due borracce per poi sedersi.
“Voi… stavate parlando?” chiese perplessa la ragazza
“Oh, sì…! È vero, perdonatemi, di sicuro non vi sarà chiaro…. Vedete, Drago e Cavaliere parlano telepaticamente” le spiegò sorridente
“Non lo sapevo… a dir la verità non so praticamente niente sui Draghi…”
“Le risposte arriveranno – la rassicurò – Anche noi Cavalieri, prima di diventarlo, abbiamo dovuto studiare! Potrei spiegarvi io tutto adesso, ma è meglio che le cose che le capiate voi stessa. Diciamo, fa parte del tirocinio per diventare Cavalieri...”
“Sempre se lo diventerò…” sospirò lei
“Non dovete fasciarvi la testa con simili pensieri… - cominciò tranquillo lui - È il Drago che vi sceglie, non voi. Questa è la cosa più importante da tenere a mente. Ma ancora più importante è porsi la domanda: ‘ Perché voglio diventare un Cavaliere?’ Prima di tutto bisogna far chiarezza con se stessi e con i propri sentimenti…”. Sango rimase quasi affascinata da quelle parole. Quel ragazzo era davvero strano. Sembrava possedere diversi tipi di personalità, variabili e imprevedibili come il tempo.
“Quanti anni avete?” gli chiese poi di botto.
“Venti… voi?” rispose lui tranquillo
“Diciotto”
“Ve ne avrei dati almeno diciannove vista la vostra maturità…!”.
“N- non sono poi così matura…” borbottò lei, non sapendo come prendere quell’affermazione, se come un complimento o un’ ‘offesa ’ .
“Suvvia, non vi sarete mica arrabbiata?” la schernì lui “Comunque… - riprese con tono più serio, attirando l’attenzione della ragazza, pensando che le dovesse dire qualcosa di importante – Potremmo evitare di darci del ‘voi ’? Mi fa sentire estremamente vecchio mentre invece io sono ancora un giovane bello e aitante, non trovate?!” le disse così ingenuamente tanto che Sango non capì se scherzasse o se dicesse sul serio
“Voi… cioè… tu… sei davvero strano…!”
“Lo so, me lo dicono in tanti!” disse ridendo “Aaaah, adesso mi sento molto meglio senza tutte queste formalità!”
Growl....
“Credo che il mio stomaco reclami cibo…” si giustificò, arrossendo lievemente, Miroku.
“Oh, già!” esclamò la ragazza che si stava dimenticando di mescolare lo stufato. Prese il cucchiaio di legno e lo assaggiò per vedere se era pronto.
“Mh, direi che ci siamo. Potresti prendere le scodelle che sono nello zaino?” gli chiese Sango, e il Cavaliere ubbidì rovistando un poco nella sacca, finché non fecero capolino due semplici scodelle di legno. Le porse a Sango, la quale le riempì e ne riporse una al ragazzo.
“Attento, scotta” lo avvertì
“Grazie dell’avvertimento” le disse – quasi lascivo.
Cominciarono a mangiare, con i dovuti complimenti da parte di Miroku alla cuoca.
Consumarono il pasto in silenzio preparandosi poi per dormire.
“Penseremo domani mattina a lavare pentola e piatti. Ora suggerirei di dormire, vorrei partire presto domani, che ne dici?” chiese Miroku alla ragazza
“Sì, prima partiamo prima arriviamo”
“Bene…” annuì, dirigendosi poi verso le diverse borse che si erano portati, estraendone diverse coperte. Mentre poi si dirigeva nuovamente verso il focolare, vide Sango stendersi sulla nuda terra e la bloccò immediatamente
“No, aspetta! – le disse raggiungendola – Tieni, stendine una, così non ti sporchi” e le porse due pesanti coperte
“Ma no, fa lo stesso! Tu come fai sennò?”
“A me ne basta una. Bisogna, invece, avere un occhio di riguardo verso le ragazze” e le fece l’occhiolino, sorridendole. Lei lo vide mettersi dalla parte opposta alla sua, con il viso rivolto verso di lei. Lo osservò lievemente perplessa quando lo vide immobile, concentrato su qualcosa. Poi capì che stava parlando con Varandir. Chissà cosa si stavano dicendo… ma la sua domanda trovò una risposta, visto che Miroku la informò che ci avrebbe pensato il suo Drago a fare la guardia.
Si dettero la buonanotte e si addormentarono. O, almeno, Sango ci provò visto che la nostalgia di casa si stava nuovamente impadronendo di lei…. Con fatica, poi, riuscì ad addormentarsi.

L’indomani mattina la ragazza venne svegliata da un timido raggio di sole da poco sorto. Si strinse maggiormente la coperta addosso sentendo l’aria pungente penetrarle nelle ossa. La sua attenzione si focalizzò sulla coperta che giaceva scomposta poco distante da lei; il punto in cui la sera precedente si era coricato Miroku. Drizzò la schiena, stiracchiandosi leggermente, guardandosi in giro notando l’assenza sia del Cavaliere che del suo Drago.
Si alzò, avvicinandosi davanti al focolare acceso, sedendosi su uno dei due tronchi con la coperta sulle spalle.
“Oh, buongiorno!” la voce allegra di Miroku la fece voltare e lo vide con in mano la pentola e i piatti che aveva usato per cenare la sera precedente, lavati e ancora gocciolanti.
“Potevo lavarli io…. Da quanto sei sveglio?”
“Non da molto. Mentre dormivi ne ho approfittato per lavare i piatti e per riempire le borracce” le disse allegro
“Potevi svegliarmi…” gli rispose di rimando lei, quasi stizzita dall’idea di aver fatto la figura della dormigliona
“No, no! – la interruppe lui – Non hai dormito un granché stanotte e ho pensato che qualche minuto in più di sonno non ti avrebbe fatto male. E comunque l’ho fatto volentieri perciò… - le disse avvicinandosi – non ti p-r-e-o-c-c-u-p-a-r-e!” rise e si diresse verso uno degli zaini che avevano accantonato nei pressi di alcuni alberi estraendo da uno di essi quella che era la loro colazione: una specie di ciambella, tipica di Mendeon.
Ogni volta Sango rimaneva basita dai gesti del ragazzo nonché dal suo sviluppato spirito di osservazione. Poco dopo la sua attenzione al ragazzo venne distolta dai pesanti passi di Varandir che fece capolino da dietro alcune grosse querce. Le due si guardarono e la ragazza chinò leggermente la testa come gesto di saluto. Il Drago fece altrettanto.
“Ecco la nostra cara Varandir! Vieni che do la colazione anche a te!” esclamò con tono quasi da ‘mogliettina ’ Miroku.
- Perché vai dicendo idiozie già di prima mattina?!? – lo ammonì la creatura. In effetti anche Sango era rimasta quasi, per così dire, ‘inorridita ’ dal tono del ragazzo….
“Accidenti, uno non può nemmeno essere gentile che gliene dicono peste e corna!” si lagnò il Cavaliere sedendosi stizzito sul tronco vicino al fuoco
“Ah, ecco la colazione” aggiunse poi, porgendo a Sango la ciambella per poi posarla sul terreno, involta nella stoffa
“Grazie” disse la ragazza
“Purtroppo non abbiamo niente di caldo da bere…. Ci rifaremo appena arrivati ad Eldoras”.
“Quanto ci metteremo per arrivarvi?”
“Mmh… - mugolò il ragazzo mentre masticava un pezzo di ciambella – Più o meno cinque orette… al massimo saremo là per pranzo…”. Sango annuì. Poi Miroku si alzò, togliendosi alcune briciole dagli angoli della bocca e si diresse verso Varandir, dandole da mangiare.
Anche Sango si alzò e si occupò si spegnere il fuoco e sistemare le ultime cose.
Mentre Varandir finiva di mangiare, lei si diresse verso la sorgente per andare a rinfrescarsi il viso… avrebbe voluto farsi un bagno, ma l’acqua era talmente gelida che decise di aspettare fino all’arrivo a Eldoras.
Quando tornò all’accampamento, trovò il Drago con già la sella sulla schiena e Miroku che finiva di sistemare alcune imbracature.
“Bene, direi che ci siamo…. Abbiamo preso tutto, no?” disse guardandosi intorno il Cavaliere
“Direi di sì…” rispose la ragazza, anche lei facendo attenzione se avevano lasciato qualcosa in giro.
Dopo i dovuti controlli i tre partirono.

A differenza del giorno prima, durante il viaggio Miroku e Sango scambiarono alcune parole, avendo modo di conoscersi meglio. Il tempo era sereno perciò procedettero veloci, mentre Varandir sbatteva con vigore e forza le grandi ali… si capiva che non vedeva l’ora di far ritorno a casa.
Con questa tenuta veloce, per l’ora di pranzo i tre erano in vista di Eldoras.
Come per Miroku e Varandir quando erano entrati nel Regno del Nord, anche per Sango, quel viaggio fu la scoperta di un mondo totalmente nuovo. Il paesaggio montuoso del suo paese aveva lasciato il posto al paesaggio collinare della Terra Centrale e anche l’aria si era fatta più umida. Ma anche quelle terre erano stupende, esaltate dal soffice manto bianco di neve che le ricopriva.
Tra quel bianco poi spiccava la grande capitale, Eldoras. Erano finalmente arrivati.
In quanto a grandezza, la città non aveva niente da invidiare a Mendeon, anzi, non si sarebbe stupita di sapere che era anche più grande.
Costruita di anno in anno secondo schemi ben precisi, ora la città, all’apice del suo sviluppo, aveva un forma perfettamente circolare nel cui centro si stagliava il grande Palazzo Reale, sede della Famiglia Reale.
Sprovvista, a differenza di Mendeon, di una protezione naturale, era circondata da altissime e perfettamente lisce mura che impedivano, così, un qualunque tipo di appiglio per chi avesse provato a scavalcarle. Una vera e splendida fortezza.
Varandir incrementò la velocità dirigendosi decisa verso il centro della città passando però da una delle torrette di guardia disposte lungo le mura per segnalare il loro arrivo.
La grande piazza all’interno del Palazzo Reale era ancora ricoperta da un lieve strato di neve sul quale il Drago lasciò le sue grandi impronte. Pochi altri Draghi erano nei dintorni poiché, essendo ora di pranzo, erano nei loro appartamenti per mangiare.
Miroku smontò velocemente dal dorso di Varandir, aiutando poi Sango a fare lo stesso. Alcuni momenti dopo fecero capolino nella piazza Takehiko di Eldoras, accompagnato dal Ministro Mendion e Kouga, affiancato dal fedele Slyfer, che, avvisati del loro ritorno, si erano precipitati ad accoglierli.
Sul volto del ragazzo dal codino si allargò un sincero sorriso nel rivederli mentre questi gli si avvicinavano con la stessa espressione dipinta sul viso.
Il padre del ragazzo gli si fiondò contro, abbracciandolo di getto
“Bentornato, bentornato figliolo!” disse raggiante
“Anch’io sono felice di vederti papà… ma così finirai per strangolarmi!” gli fece notare, divertito, Miroku mentre Takehiko si imbarazzava leggermente e si distaccava da lui
“Sono felice di vedere che stai bene Miroku!” si aggiunse ai saluti di benvenuto anche Mendion
“Grazie, anch’io sono contento di essere a casa!”
“Fhe! Come avevo previsto l’hai scampata anche sta volta!” la voce strafottente dell’amico youkai lo raggiunse, disegnandogli sul viso un sorriso decisamente sornione
“Che ti credevi, che ti avrei liberato della mia presenza solo con un viaggetto verso il Nord?” gli chiese, guardandolo con uno sguardo di sfida. I due si osservarono per alcuni istanti, sfidandosi con lo sguardo, per poi sbottare in una fragorosa risata, abbracciandosi fraterni.
“Finalmente sei tornato!” esultò Kouga “Sta sera bisogna assolutamente festeggiare!”.
“Certo, è ovvio! Scommetto che ve la sarete spassata anche se non c’ero!”. Continuarono a parlare del più e del meno allegramente, quando poi Miroku si ricordò che non era tornato da solo…. Interruppe i tre e si avvicinò a Sango che venne notata – finalmente – anche da loro.
“Signori, vi presento la signorina Sango di Mend, futuro membro del Consiglio delle Tre Terre”.

FINE 6° CAPITOLO.

Oyo! Alla fine, come sempre, mi sono ‘dilungata troppo ’ e non sono riuscita ad arrivare al punto in cui volevo…. Bè, a me, sinceramente, questo capitolo piace anche così ma spero che voi non cominciate a pensare che sto…’temporeggiando’, perché non è affatto così. Come ho già spiegato, le descrizioni di paesaggi e personaggi nuovi mi prendono tempo (anche se sarebbe più indicato dire spazio -_^) e, visto che mi piace sia scrivere che fare le cose per bene, non le posso evitare. Vi chiedo, quindi, di avere ancora un po’ di pazienza.
Comunque spero che siate soddisfatti di questo cap. dove protagonisti sono stati un’altra delle…come dire… ‘faticose ’ coppie del nostro magnifico manga…finalmente Miroku è potuto ‘venire alla luce ’ per quello che è o, almeno, ha cominciato…!
Il prossimo capitolo sarà importante dal punto di vista di spiegazioni visto che darò molte informazioni sui Draghi…se siete appassionati, credo – e spero – che non vi annoierete (questo non vuol dire che il capitolo sarà incentrato tutto su questo, si intende!).
Bene, direi che non c’è niente da aggiungere…ringrazio ancora tutti voi, cari lettori, che state seguendo con entusiasmo la mia storia, contagiandomi e spero che i complimenti che mi fate siano e vengano ripagati con i miei nuovi capitoli….
Vi saluto, ci vediamo il prossimo lunedì!
Baci baci ka_chan ^^ .

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Capitolo 7
*** cap7 “A SPASSO CON MIROKU” ***


Salve a tutti!! Come ve la passate? Io non molto bene tra la scuola che mi sta uccidendo (questa settimana mi aspetta un’interrogazione di latino, una di diritto, una di biologia, una verifica di metodologia e altro ancora…) e vari altri problemi…. Per fortuna sono riuscita a trovare almeno il tempo di poter finire questo capitolo che spero sia venuto bene nonostante lo abbia scritto in fretta furia. Però, dopo questa intensa settimana, lo studio dovrebbe farmi tirare un sospiro di sollievo così avrò anche più tempo per scrivere….
Non avendo argomenti allegri di cui parlare (a parte il fatto che è finalmente è cominciata la quarta serie di Inuyasha – non vedo l’ora di vedere gli Shichinin Tai!!!) mi accingo a fare i consueti ma assolutamente doverosi ringraziamenti a chi ha letto e a chi ha commentato come cri-chan, Mech, Mao-chan91 e Hikari_Takahishi_87 che, da brava lettrice e commentatrice mi ha ribadito la scarsità dei miei titoli…comunque per quel che riguarda l’ultimo, ovvero “Destinazione Eldoras”, quello è stato voluto apposta perché sottolineasse il viaggio di andata e ritorno di Miroku…. Comunque è vero…sono negata per i titoli! – come potete vedere anche in questo capitolo…sigh! - Cercherò di migliorare!
Ora vi lascio al capitolo…ci vediamo dopo!

7° CAPITOLO “ A SPASSO CON MIROKU”

“Signori, vi presento la signorina Sango di Mend, futuro membro del Consiglio delle Tre Terre”.
Il Governatore, Kouga e Mendion, rimasero qualche momento immobili, osservando la nuova venuta.
“Bè, si può sapere perché state lì fermi come degli stoccafissi? Non è molto educato…!” fece notare loro Miroku.
Takehiko fu il primo a ‘risvegliarsi ’, avvicinandosi e presentandosi alla ragazza
“Scusate la nostra scortesia, nobile Sango. Sono Takehiko di Eldoras, Governatore della città. Benvenuta”.
“Vi ringrazio, nobile Takehiko” gli rispose gentilmente Sango, con un leggero sorriso a incurvargli le labbra.
“Non è il caso di rimanere a parlare qui fuori, sarete gelati…” propose il Governatore
“Mh, prendo le borse poi andiamo – intervenne Miroku – Intanto perché non vi avviate papà?”
“Va bene. Ti aspettiamo nel mio studio” assentì il padre, mentre si avvicinava a Kouga e Mendion avvertendoli che sarebbero andati nel suo studio.
Sango, intanto, mentre Miroku aveva avanzato quella proposta l’aveva guardato con uno sguardo implorante perché non la lasciasse sola, cosa che stava facendo anche adesso. Lui se ne accorse, e con le borse caricate sulle spalle cercò di rincuorarla, avendo intuito il suo problema.
“Vi raggiungo subito, tranquilla. Devo solo sistemare queste cose poi arrivo. So che mio padre può sembrare un uomo burbero ma ti assicuro che non è poi così male!” scherzò lui
“Guarda che non mi spaventa mica…!” disse stizzita lei al pensiero che il ragazzo avesse pensato che era spaventata da una cosa simile.
“Su, su, non essere così permalosa! – le sorrise, appoggiandole una mano sulla spalla – Cerca di sorridere… so che ti mancano i tuoi famigliari, ma, vedrai, in pochissimo tempo non sentirai più questa mancanza, tutti noi, qui, siamo una grande famiglia! Ora vado… ci vediamo tra poco” e le si allontanò, scomparendo dietro la porta di un grande capannone.
“Venite nobile Sango, vi faccio strada” la richiamò Takehiko.
Lei si diresse verso di lui, presentandosi agli altri due e dirigendosi verso lo studio del Governatore.

Con il crepitio del fuoco scoppiettante come sottofondo Sango, Takehiko, Kouga e Mendion, attendevano l’arrivo di Miroku.
Era già un quarto d’ora buono che aspettavano, cominciando a chiedersi dove poteva essere finito.
Durante quell’ attesa, almeno, Sango aveva potuto riscaldarsi, stando vicina al grande caminetto dello studio del Governatore.
Per arrivare fino a lì, aveva potuto vedere almeno una piccola parte del Palazzo capendo che in confronto, la Residenza dei Mend, non era nemmeno un quarto in grandezza. Se ci fosse stata l’occasione, avrebbe chiesto a Miroku di fargliela visitare.
Poi, finalmente, fece il suo ingresso il Cavaliere in questione leggermente trafelato e accaldato.
“Scusatemi… anf… ma ho portato Varandir nel suo appartamento e le ho dato da mangiare…” disse con il fiato corto il ragazzo dal codino, sedendosi su una poltroncina posizionata di fronte alla grande scrivania in robusto e scuro legno di quercia del padre, affianco a Sango.
“Non ti preoccupare, hai fatto bene. Ora però, ditemi… è andato tutto bene durante il viaggio?” chiese gentilmente il padre del ragazzo, guardando i due.
“A meraviglia! – cominciò allegro Miroku – Ho promesso al nobile Fersen che andremo presto a trovarlo”
“Più che volentieri! Nobile Sango, perdonatemi, ma non vi ho nemmeno chiesto se magari preferivate andare prima a riposare o a rinfrescarvi…”.
“No, non vi preoccupate. Preferisco venire subito al dunque e parlare di quello che vostro figlio mi ha riferito e della nostra missione” rispose decisa e ferma la ragazza, lasciando basiti Takehiko, Kouga e il Ministro mentre Miroku sorrideva.
“Sì… certo, come desiderate. È giusto che sappiate tutto quello che c’è da sapere sulla vostra missione… infondo si tratta della vostra vita.
“Dunque… innanzitutto vi stabilirete qui, al Palazzo. Per questi primi giorni non dovrete fare nulla di particolare se non ambientarvi. Miroku vi farà da cicerone e vi farà visitare tutto il Palazzo in modo tale che possiate subito sentirvi a vostro agio.
“Poi arriviamo al punto fondamentale: questi prossimi giorni vi saranno indispensabili anche per venire a conoscenza di tutto quello che c’è da sapere sui Draghi. Mio figlio immagino vi abbia già informata del fatto che vorrei che voi diventaste un Cavaliere. Miroku e Kouga lo sono entrambi e vi aiuteranno nel caso sarete in difficoltà e per chiarire tutti i vostri dubbi.
“Per ora questo è tutto quello che vi è necessario sapere. Per quel che riguarda il recupero del principe Inuyasha ne riparleremo più avanti. Ora, quello che conta è che voi diventiate un Cavaliere.”
“Nobile Takehiko... perdonate forse il mio pessimismo, ma è sicuro che io diventerò un Cavaliere? Da quello che mi ha detto vostro figlio è il Drago a scegliere e-”
“Non vi preoccupate – la interruppe il Governatore – Per ora pensate solamente a rilassarvi. Vedrete che andrà tutto bene” e le sorrise sincero lasciando Sango, però, ancora con i suoi dubbi. Innegabile era che quello sguardo fosse assolutamente sicuro e lei non riusciva a capire il perché. Si girò verso Miroku, cercando di leggere nei suoi occhi una qualche risposta che potesse placare le sue incertezze. Ma anche lui le rivolse un largo sorriso mormorandole di non preoccuparsi.
“Ho già mandato qualcuno a preparare i vostri alloggi. Per adesso vi sistemerete in una delle camere per gli ospiti poi, quando sarete diventata Cavaliere, vi trasferirete in uno degli appartamenti specifici per i soldati”.
“Vi ringrazio del disturbo” disse con tono quasi rassegnato Sango alzandosi, insieme agli altri, in piedi.
“So che avrete ancora una gran confusione in testa…” cominciò Takehiko
- Ma mi legge nel pensiero questo? – pensò invece Sango – Ecco da chi ha preso Miroku… -
“Vedrete però che le risposte arriveranno da sole. Forse vi sarà difficile, ma cercate di rilassarvi e di non pensarci più del dovuto” concluse mentre le si avvicinava a si avviavano verso la porta.
“Cercherò…” sospirò rassegnata la ragazza, dirigendosi, insieme agli altri quattro, verso l’ingresso.
“Mi dispiace ora lasciarvi, ma ho alcune questioni da discutere…ci rivedremo per cena. Miroku…”
“Sì?” si fece avanti il ragazzo dal codino, sentendosi chiamato
“Provvederai tu a far vedere dove soggiornerà la nostra ospite e ad assicurarti che abbia tutto quello di cui ha bisogno”.
“Certamente… sarà un immenso piacere!”.
Sango, per un qualche strano motivo, sentendo quelle parole e vedendo lo strano modo in cui il ragazzo la stava guardando, rabbrividì.
Avrebbe avuto molto tempo per abituarsi a quella sensazione.
- Poveri noi…! – pensò, invece, esasperato, il Governatore conoscendo bene quello sguardo e, soprattutto, il suo significato.
“Allora noi vi salutiamo” si aggiunse Mendion “Ci vediamo questa sera nobile Sango e mi raccomando a te Miroku…”.
“Che vorrebbe significare quest’ultima frase?” chiese stizzito il ragazzo in questione avendo afferrato ciò a cui il Ministro si riferiva
“Mh, niente di particolare…!”.
“Come sarebbe a dire ‘niente di particolare ’? Adesso mi spieghi che volevi dire Ministro dei miei stivali!”. Da qui cominciò un breve ma intenso battibecco tra i due o, almeno, per Miroku che era quello che si era scaldato maggiormente mentre Mendion se la rideva sotto gli ammonimenti del Governatore che intimava i due di smetterla.
Sango era evidentemente perplessa. Non aveva ancora visto Miroku comportarsi così animatamente. In quei pochi giorni lo aveva visto sempre così pacato che quasi non lo riconosceva.
Di soppiatto le si avvicinò Kouga, facendola anche leggermente sobbalzare
“Perdonateli… - cominciò con tono tra l’imbarazzato e il rassegnato – Ma quando Miroku ci si mette sa essere davvero cocciuto e capriccioso!”
“Non mi sembrava così…. Anzi, fino a pochi minuti fa, lo avrei descritto come una persona ‘insipida ’!”
“Oooh… credo che avrà tempo per ricredersi!” ridacchiò Kouga, cosa che fece leggermente preoccupare Sango. Aveva già intuito che Miroku potesse essere una persona emblematica ed evidentemente era così.
“Scusatemi, vado a cercare di calmarli…”.
“Ah, aspetti!” lo richiamò Sango
“Sì?” disse girandosi verso di lei Kouga, che già si era mosso per raggiungere gli altri tre e per farli smettere con quello spettacolo alquanto imbarazzante.
“Potremmo evitare del darci del voi? Nonostante siate un Demone mi sembrate piuttosto giovane per cui…” chiese la ragazza leggermente imbarazzata per la paura di aver fatto una gaffe.
Kouga sorrise
“Certo! Anche a me non piacciono i formalismi… anche se…”
- Ecco, lo sapevo! – pensò allarmata Sango – Sicuramente avrò sbagliato sull’età! -
“Io non sono ‘piuttosto giovane ’…. Io sono più che giovane! Sono ancora un ragazzo, non vedete?!” e le fece l’occhiolino, facendola sorridere e rilassare per il fatto di non aver fatto una pessima figura.
Le faceva veramente strano poter parlare con un Demone a quel modo, ma lì, nella Terra Centrale, era una cosa più che normale. Si sarebbe presto abituata. Era felice di non dover sempre avere quell’atteggiamento di diffidenza o, addirittura, di disprezzo, abituale, invece, tra la gente del suo popolo.
Vide ancora Miroku intento in una animata discussione – a senso unico, aggiungerei – con il Ministro Mendion che, invece, si divertiva a vederlo così agitato. Il Governatore, al contrario, era sempre più adirato, con il viso contratto e arrossato per la rabbia, mentre Kouga cercava di calmarlo.
Per fortuna, dopo alcuni minuti, riuscirono a calmarsi e a ricomporsi, scusandosi imbarazzati per il loro comportamento con Sango che ridacchiava nel vedere Miroku così in imbarazzo.
Sorrise. Sì, le piaceva quel posto. Si sarebbe trovata bene.

“Bene, direi che possiamo dare inizio alla nostra gita! Ora, cara Sango, ti farò conoscere tutte le meraviglie, i segreti e quello che di più misterioso troverete nel magnifico Palazzo Reale di Eldoras, la stupenda ca-”
“Ma insomma vogliamo cominciare con questo ‘giro paronamico’ o no?!?”.
Ancora Eldoras, ancora all’interno del Palazzo Reale.
Il trio composto da Miroku, Sango e Kouga si apprestava a fare una completa visita ‘turistica ’ del Palazzo. Ovviamente il compito era stato affidato all’abile oratore Miroku il quale non vedeva l’ora di poter affascinare, con le sue nozioni e il suo linguaggio forbito, l’incantevole rappresentante del Regno del Nord.
“Kouga! Possibile che tu non riesca mai a tener chiusa quella stramaledetta bocaccia?! Sto cercando di essere il più preciso possibile! E lo faccio per Sango, mica per me!”
“Veramente anche io stavo per dirti se potevi evitare di dilungarti in discorsi così… idioti. Senza offesa…” si aggiunse la ragazza.
Miroku diventò un blocco di marmo, shockato dal fatto che il suo impegno venisse così disprezzato.
“Sigh… va bene… cominciamo questo giro…” sospirò rassegnato mentre gli scendeva una lacrimuccia.
“Oh, era ora!” esclamò, invece, innervosito Kouga che già non ne poteva più. Aveva tentato di evitare di dover seguire i due nel loro giro turistico, ma il Governatore gli aveva ordinato di andare con loro ed era stato irremovibile. Lui odiava quel genere di cose, essendo poco dotato della pazienza necessaria per sostenere mezza giornata passata a sentire le spiegazioni minuziose di Miroku su questa e quella cosa, su questo e quel tunnel, su questo e quel sovrano…. Insomma, un’autentica e minuziosa ‘tiritera ’ sull’intera storia di Eldoras.
Ma bisognava anche ammettere che Miroku era davvero una guida straordinaria tant’è che anche Sango ne rimase piacevolmente sorpresa.
- Non potrà resistermi uhuhuh…! – questo era, però, quello che nel frattempo pensava Miroku nel corso della sua performance.
“Non credevo che l’architettura di questa città fosse così complicata! È davvero magnifica…!” disse, sinceramente meravigliata Sango, che era rimasta davvero sorpresa nel scoprire quanto in realtà fosse gigantesca quella costruzione. Da fuori non lo avrebbe mai detto.
In poco tempo erano riusciti a visitare sia il primo che il piano terra ed ora si stavano avviando verso il primo piano sotterraneo.
“Sono contento che ti piaccia! Non sarebbe un granché soggiornare in posto che non è di nostro gusto…!”.
“Piuttosto spero di non perdermi… ci sono talmente tanti corridoi…”.
“Questo non è un grosso problema – intervenne Kouga – Come te, molti altri neo Cavalieri si trovano in difficoltà all’inizio. Per questo sono state messe, in alcuni punti di ogni piano, diverse piantine del Palazzo. Ma comunque, vedrai, ti orienterai subito”.
“Kouga ha ragione – si aggiunse Miroku – Inoltre, per adesso, soggiornerai al primo piano che è meno intricato rispetto al primo piano sotterraneo…” si interruppe un momento mentre facevano il loro ingresso nell’ingresso semicircolare del piano in questione
“… Che è questo qui!” concluse allegro.
Sango rimase sorpresa nel trovarsi davanti tutta una serie di diverse gallerie ognuna delle quali portava chissà dove.
“Questo…” balbettò incerta
“Sì, ci troviamo nel primo piano sotterraneo. Devi sapere che la parte sotterranea è costituita da tantissimi tunnel e passaggi costruiti nel corso degli anni e sono talmente tanti che, insieme, in pratica, costituiscono un altro piano”.
“… Sono meravigliata…”
“Bene. Era il mio scopo! – rise il ragazzo dal codino – Comunque il nostro giro finisce con la visita di questo piano. Anche se le probabilità sono minime, non è sicuro andare per i tunnel sottostanti se non per particolari necessità perché ci potrebbe essere il rischio di qualche frana. Infatti, ormai, vengono usati esclusivamente dai commercianti…non vi è motivo di andare a visitarli…”.
“Capisco… però mi sarebbe piaciuto…”
“Mah… magari un giorno ci potremo anche andare. Bene, ora ti spiegherò brevemente cosa c’è in questo piano. Questo è il luogo destinato agli appartamenti dei Cavalieri e a quelli dei Draghi”.
“Fate stare i Draghi sottoterra?” chiese la ragazza quasi sconcertata
“Eheh… so che può sembrare strano e crudele ma è così. Comunque non c’è da preoccuparsi… le stanze in cui soggiornano i Draghi sono state costruite in maniera rigorosa, proprio in rispetto delle loro caratteristiche. Inoltre bisogna aggiungere che queste stanze vengono usate dai Draghi esclusivamente per dormire e per stare al riparo durante periodi come le Grandi Nevi o le Grandi Piogge”.
“Mh, capisco…” rispose, ancora un po’ scettica, Sango.
“Bè, comunque lo vedrai con i tuoi occhi… intanto che siamo qui infatti ne approfitto per andare da Varandir…”.
“Miroku possiamo passare un attimo dalla taverna? Devo parlare con Doroty” domandò l’ ookami Youkai
“Certo, tanto ci sarei passato ugualmente”
“Scusate… chi è Doroty?” intervenne Sango
“La locandiera. Devi sapere infatti che c’è anche una taverna in questo piano. C’è anche la mensa del piano terra, ma, quando è possibile, preferiamo venire qui a mangiare…. Se diventerai un Cavaliere, quando avrai bisogno di qualcosa potrai rivolgerti a Doroty… è lei che si occupa di noi…!”.
“Ah, però ti avverto – intervenne Kouga – Non fare caso a Glen, il marito di Doroty…è un vecchio scorbutico ma come si suol dire… can che abbia non morde!”.
“Già! E poi, ad essere sincero, non l’ho mai visto fare più di tanto lo scorbutico con le ragazze, no Kouga?”
“Mah, non c’ho mai fatto caso… di certo non ha il vizio delle donne come ce l’hai tu…!”.
“Ma che dici?! – sbraitò Miroku sudando freddo, temendo che il suo ‘difetto ’ venisse alla luce proprio davanti a Sango.
“Perché, non è forse ve- argh! Mi- Miroku mi s- stai strozzando!” il ragazzo dal codino infatti si era gettato sull’amico Youkai, ‘stritolandogli gentilmente ’ il collo per zittirlo.
“Ma si può sapere che vi prende?” chiese sospettosa Sango, con la pulce nell’orecchio già messa dalle parole di Kouga sul presunto vizio di Miroku.
“Eheh… ci piace scherzare!” balbettò il ragazzo mentre teneva ancora stretto un Kouga ormai completamente soffocato.
“Sarà, ma se continui così non so quanto potrà resistere…” gli fece notare la ragazza, indicando il volto ormai bluastro dell’ ookami Youkai.
“Ah, già!” esclamò Miroku lasciando finalmente andare l’amico che cadde a terra inalando grandi quantità di ossigeno.
“Ma- maledetto Miroku! Stavi per ammazzarmi!” lo guardò bieco mentre ansimava violentemente. L’altro, invece, lo ignorò, trascinando Sango verso il tunnel che li avrebbe portati alla taverna.
Subito vennero accolti dall’invitante odore di cibo che si diffondeva lì intorno quasi per tutto il giorno.
La legna crepitava abbondante nel grande camino emanando un confortevole calore. Ed è proprio vicino ad esso che videro Doroty, intenta a cuocere diverse castagne.
Anche Kouga, ancora con l’aria stravolta, li raggiunse e fu proprio lui a richiamare l’attenzione della donna mentre gli si avvicinavano.
“Ehilà, Doroty!”
“Oh, Kouga, ciao! Ah, ma ci sei anche tu Miroku, sei tornato!... Mh… vedo che avete portato con voi anche un’ ospite!” esclamò, rivolgendo un affettuoso sorriso a Sango che accennò un saluto.
“Salve Doroty! – la salutò Miroku – Vi presento la nobile Sango di Mend, la figlia di Fersen di Mend. Siamo tornati poche ore fa da Mendeon”.
“Molto lieta di fare la vostra conoscenza nobile Sango” la salutò cordiale la locandiera. “Piacere mio, signora Doroty, ma, vi prego, datemi del tu” le disse, sorridendole di rimando, Sango.
“Bene, lo stesso vale per te cara Sango! Sarò più grande di voi ma non mi sento ancora così vecchia!”.
Risero insieme quando poi vennero interrotti dallo sbraitare del vecchio Glen
“Si può sapere cos’è tutto questo baccano, Doroty?” borbottò, mentre veniva verso di loro senza, però, poterli vedere visto il grosso carico di legna che stava trasportando con le sue vecchie braccia e che gli copriva la visuale.
“Invece di stare lì a perdere tempo perché non mi vieni ad aiutare?! Ma tu guarda, tocca sempre e solo a me sgobbare dalla mattina alla sera!”.
Kouga sorrise a quella vista e andò incontro al vecchio, prendendogli di mano gran parte della legna
“Oooh! Era ora che ti dessi una mos- ah! Kouga?!”.
“Eheh! Ciao Glen! Sai non è bello che tu tratti la tua signora in questo modo!”.
“M- ma come ti permetti disgraziato! Io non sono un perdigiorno come te che vieni sempre qui a- oh! Ci siete anche voi Miroku e…” si bloccò il vecchio locandiere osservando la figura sconosciuta di Sango.
“Scusa se siamo venuti a disturbare Glen, ma sono tornato poco fa e volevo passare a salutarvi…. Comunque questa è la nobile Sango di Mend. Siamo appena tornati da Mendeon, infatti…”.
“Oh…! N- no, non dovete scusarvi! E tu non stare lì impalato Kouga, aiutami con questa legna!” sbraitò il vecchio Glen scaricandogli completamente sulle braccia tutta la legna mentre lui andava verso Miroku e Sango per salutarli.
“Perdonate la mia uscita di prima…. Comunque benvenuta ad Eldoras, nobile Sango. Vedrà che si troverà benissimo qui da noi!”
“Vi ringrazio dell’ospitalità. La vostra città è bellissima!”.
“Già! Allora ragazzi… volete mangiare o bere qualcosa?”.
“Oh, bè non saprei… Sango hai fame? In effetti non abbiamo nemmeno pranzato ma ormai sono già le cinque passate…”.
“No, io sono a posto…. Preferisco aspettare la cena…”.
“Come volete. Comunque, lo sapete, qui potete trovare qualcosa da mettere sotto i denti in qualsiasi momento!”.
“Ah, non ti preoccupare! Dovremo obbligatoriamente far assaggiare a Sango le tue specialità! Magari veniamo domani mattina per la colazione…”.
“Bene! Vi aspetto!”.
“Doroty!”
“Si, dimmi Kouga!” rispose la donna al richiamo del Demone che finalmente era riuscito a sistemare la legna.

“Allora che ne pensi?” chiese Miroku a Sango aspettando che Kouga finisse di parlare con la locandiera
“Di cosa?”.
“Bè, come ti è sembrata per adesso la città, l’ambiente… ti piace?”.
“ Sì, molto…”
“Davvero…?” insistette il Cavaliere, volendo accertarsi che la ragazza dicesse sul serio
“Sì, davvero. Pensavo che mi sarei sentita a disagio, ma, per fortuna, per adesso almeno, non è così…”.
“Bene, ne sono felice” le disse sorridendole
“Però…”
“Cosa?” le chiese ingenuamente il ragazzo
“Però… vorrei capire chi sei veramente” gli disse semplicemente, seria, guardandolo negli occhi, spiazzandolo.
“Ehi, voi due, andiamo!” li richiamò Kouga
“Forza, andiamo…” disse la ragazza, raggiungendo l’ ookami Youkai lasciando un Miroku sorpreso. Che volevano dire quelle parole?
“Allora, ti muovi Miroku?” lo richiamò nuovamente l’amico youkai
“S- sì, eccomi” e li raggiunse, evitando di guardare Sango.
I tre salutarono i due locandieri e tornarono nell’ingresso imboccando poi il corridoio che portava ad una parte degli appartamenti dei Draghi, quella dove vi erano quelli di Varandir e Slyfer.
Andarono prima dalla dragonessa, visto che Kouga non era riuscito a salutarla come si deve quando erano tornati.
Arrivati davanti alla porta dell’appartamento, attesero alcuni momenti durante i quali Sango vide Miroku guardare un punto indefinito dell’ingresso. Stava parlando con Varandir.
“Bene, eccoci qui. Adesso potrai vedere con i tuoi occhi come trattiamo i nostri Draghi…” disse sorridendole il ragazzo, riguardandola negli occhi per la prima volta dopo che lei le aveva rivolto quella strana frase.
Strinse saldamente il freddo pomello lucido di ottone girandolo lievemente e spingendo la pesante porta in frassino scuro; Sango si ritrovò in una grandissima stanza circolare illuminata dalle grandi fiaccole sparse sulle pareti. Varandir si trovava in un cantuccio, accoccolata su un grande giaciglio di paglia coperto da una morbida coperta di un tessuto simile a velluto, di colore corallo che faceva spiccare il colore azzurro che invece caratterizzava il Drago.
Li guardò ed emesse un lieve ruggito quando Miroku le si avvicinò, accarezzandole le dure squame.
“Allora? Ancora scettica? In fondo non mi sembrano poi così male queste stanze… vero Varandir?” e come risposta affermativa ottenne un piccolo sbuffo di assenso.
In effetti, Sango doveva ammettere che i suoi dubbi erano del tutto infondati. Ma di certo non poteva immaginare che avessero potuto costruire stanze grandi tanto da contenere comodamente un Drago proprio sottoterra.
“Ritiro tutto quello che ho detto o anche solo pensato…” disse la ragazza sinceramente stupita.
La stanza, oltre che essere grande, era anche molto confortevole, avvolta da un gradevole tepore e molto ben illuminata.
Distesi sul freddo pavimento costituito da spessa roccia e terra vi erano diversi morbidi tappeti dalle tonalità di colore più svariate contribuendo ad illuminare l’ambiente.
Mobili non ve ne erano molti, vista la loro completa inutilità per un Drago. Colpì la sua attenzione un letto, posizionato nei pressi del giaciglio su cui stava Varandir.
“Scusa Miroku… ma cosa ci fa lì un letto?” chiese perplessa Sango al Cavaliere, non capendo l’utilità di un letto in un appartamento di un Drago…di certo non lo usava Varandir….
“Ah, quello! Ce n’è uno in ogni appartamento. È per i Cavalieri quando vogliono passare la notte con i loro Draghi. Questo accade soprattutto nei periodi in cui si è a rischio di attacchi oppure durante le battaglie perché così si interviene più velocemente…”.
“Capisco…”.
“Bene, ora se avete finito con le spiegazioni io vorrei salutare Varandir e poi andare da Slyfer prima che mi dia per disperso…!” si intromise frettoloso Kouga che, per quel giorno, di storia ne aveva fin sopra gli occhi.
“Spero sia andato tutto bene durante il viaggio e che Miroku non ti abbia dato troppo da fare!”
- Non più del solito… è difficile che i cretini migliorino nel corso degli anni…! – rispose rassegnata la dragonessa
“Ehi! Guardate che vi sento!” esclamò indispettito Miroku, venendo così deliberatamente offeso
“Lo so! Stavo solo esprimendo tutta la mia comprensione per Varandir. Non so come riesca ancora a sopportarti dopo tutti questi anni!”
“Senti un po’, credo che quando mi ha scelto sapesse bene com’ero fatto!”
“Sì, ma non per questo te ne devi approfittare!” lo rimbrottò Kouga, ormai spazientito dalle continue scusanti che l’amico riusciva tutte le volte a trovare….
“Uff…! Non è vero che me ne approfitto!” borbottò, invece, tra i denti l’altro, voltandosi
“Bè, direi che la mia presenza non è più necessaria! Con il vostro permesso mi ritiro…”.
“Mh, va bene…”
“Allora a sta sera! Ciao Varandir, Miroku, Sango, noi ci vediamo dopo a cena!” li salutò frettoloso il Demone lupo aprendo la porta e sparendo poi subito dopo dietro di essa “Sì, cia- Se n’è già andato…” disse leggermente perplessa Sango
“Quello fa sempre così, va e viene e nemmeno te ne accorgi!” sbuffò quasi irritato Miroku mentre si avvicinava a quella che sembravano due grandi ciotole, posizionate vicino al giaciglio di Varandir
“Mh, vedo che hai già finito tutto… dovrò dire a Doroty di portarti altro cibo…. Ma vedi di andarci piano, eh!? Non vorrai mica rovinarti la linea eheh!”.
Sango si ritrovò a sorridere. L’aspettava un lungo periodo da passare lì, in quel nuovo Paese, insieme a quello strano ragazzo e forse non sarebbe mai riuscita a capirlo fino in fondo… ma una cosa era evidente… il legame che c’era tra Miroku e Varandir era veramente profondo e speciale. Lo vedeva da come gli occhi del ragazzo si illuminassero al solo starle a fianco.
Però, al tempo stesso, provava invidia. Lo stesso prima, quando anche Kouga, evidentemente, aveva parlato con Varandir… lei, invece, no. Si sentiva esclusa. Quello non era il suo posto e non sapeva se sarebbe riuscita ad inserirsi in quel contesto così familiare che circondava quel luogo quasi mistico. Non aveva il diritto di intromettersi nel rapporto che legava Drago e Cavaliere e non voleva.
Ne voleva uno suo. Un qualcosa in cui potersi rifugiare e in cui potesse essere consolata, isolata dal tutto il resto.
Le si inumidirono gli occhi. Le mancava terribilmente la sua famiglia.
“Sango?” la voce preoccupata di Miroku la riscosse dai suoi tristi pensieri
“C’è qualcosa che non va?” le disse, avvicinandosele
“N- no non ti preoccupare….Sono solo un po’ stanca…”
“Sì, immagino” le rispose lui con un mezzo sorriso, avendo però capito che c’era dell’altro. Ma non volle indagare
“In effetti questa visita ci ha preso molto tempo. Sarà il caso che ti accompagni nelle tue stanze…. Torno dopo cena Varandir così intanto avverto Doroty di portarti tutto quello che ti occorre…”
- Va bene. Stalle vicino… si sente sola – gli rispose tranquilla la dragonessa riferendosi a Sango. I Draghi, tra le loro tantissime e misteriose doti, avevano anche quella di essere altamente sensibili e perspicaci.
“Tranquilla… lo so…” le sussurrò di rimando il ragazzo avvicinandosele e accarezzandole gentilmente il muso squamoso.
“Bene, andiamo. Abbiamo fin troppo fatto tardi”
“Arrivederci Varandir” la salutò inchinandosi leggermente Sango mentre le sorrideva. Anche il Drago la salutò, chinando il grande capo.
- Presto potremo parlare direttamente anche noi Sango… ma non è ancora questo il momento… -

Il lieve cinguettio allegro degli uccelli che volavano indisturbati per la città la destò dal sonno profondo che l’aveva avvolta durante quella lunga notte.
Era da tempo che non dormiva così bene.
Si rigirò nel letto caldo gustandosi ancora per qualche momento quel confortevole calore e la sensazione di dormiveglia.
Poi, tranquilla e senza fretta aprì gli occhi, mostrando ai tiepidi raggi di sole le iridi castano scuro.
Sango si stiracchiò lungo il letto, sbadigliando lievemente. Era trascorso un giorno da quando era partita, da quando aveva lasciato i suoi cari, da quando aveva abbandonato la propria Terra.
Certo, la malinconia e la tristezza erano molte ma era sicura che sarebbe riuscita a reprimerle.
E non le sembrava un’impresa impossibile vista l’allegra serata che aveva trascorso il giorno prima.
Infatti, dopo che Miroku l’aveva accompagnata in quella che sarebbe stata la sua nuova stanza si era potuta riposare, preparandosi poi con tranquillità per la serata che, come d’accordo, avrebbe trascorso con Miroku, il Governatore Takehiko, il Ministro Mendion e Kouga.
Aveva avuto il timore che sarebbe stata a disagio ma fu tutto il contrario: si erano divertiti moltissimo e finalmente si era potuta fare delle belle risate nell’assistere agli assidui battibecchi che Miroku aveva un po’ con tutti.
Già… Miroku…. Quel ragazzo rappresentava un vero e proprio mistero per lei. Ogni tanto, nel corso della cena, era scomparso per alcuni minuti, tornando poi, tutte le volte, con cinque dita violacee stampate su una delle guance… chiaro segno lasciato da uno schiaffo ben assestato. E tutte le volte era stato guardato di sbieco da suo padre mentre Kouga e Mendion non avevano fatto altro che sospirare rassegnati lasciandola nell’ignoranza.
Era chiaro che i tre stavano facendo di tutto di ‘nasconderle ’ o, almeno, far passare inosservato qualcosa che riguardava il ragazzo dal codino… qualcosa che lei era curiosa di sapere ma che, ben presto, avrebbe preferito non aver mai saputo.
Sollevò lentamente le pesanti coperte che nel corso di quella fredda notte l’avevano protetta, rabbrividendo poi, infatti, quando la sua pelle entrò in contatto con l’aria pungente del mattino.
Guardò il grande orologio a pendolo appeso alla parete che le stava di fronte: le nove e un quarto. Pensava fosse più tardi ma non si stupì, visto che non era nella sua natura dormire molto…l’esatto opposto di un certo Cavaliere….
Si alzò indossando la pesante vestaglia di velluto appesa al raffinato appendiabiti in ottone lucido attaccato alla parete.
Si guardò intorno…certo che quello era davvero un Palazzo magnifico, dalla stanza del Re a quelle della servitù. E il suo appartamento, perché di un appartamento vero e proprio si trattava, non era da meno.
La stanza da letto era davvero grande, con un altrettanto grande e bellissimo letto a baldacchino dai tendaggi di un caldo bordeaux, arredata con grande gusto, con mobili di fattura squisita accompagnati da eleganti e morbidi tappeti dai colori che seguivano il tema del rosso dei tendaggi del letto. Una grande porta- finestra dava su un grandissimo balcone che collegava direttamente la stanza da letto con il ‘modesto ’ soggiorno che vi era al di là, altrettanto confortevole e ben arredato.
Il bagno non era da meno, con un’immensa vasca da bagno ricavata da Pietra di Luna bianca finemente levigata e decorata con temi floreali in altorilievo, colorati di un tenue rosa perlaceo.
Sango si avvicinò al camino di spessa e dura pietra rimuginando sul da farsi. Purtroppo Miroku non le aveva dato indicazioni precise su quello che avrebbero fatto quella mattina e soprattutto se e dove si doveva presentare per la colazione. Le aveva semplicemente detto: ‘ Prenditela comoda e quando ti svegli passa dalla mia stanza se non vengo prima io da te!’ . Aveva detto che andava bene ma ora lo rimpiangeva…se fosse andata da lui mentre stava ancora dormendo? Sarebbe stato alquanto imbarazzante.
Fece spallucce. Intanto doveva prepararsi.
Si avvicinò all’enorme armadio posizionato sull’intera lunghezza della parete aprendolo e rimanendo interdetta e stupita dall’imponente quantità di vestiti che vi trovò.
‘ Nell’armadio dovrebbero esserci alcuni vestiti… se non ti vanno bene o se non sono di tuo gusto li potrai cambiare, non farti problemi!’ per fortuna che Miroku aveva detto ‘alcuni ’! Come minimo avrebbe potuto campare con quei vestiti per un anno e più!
Nonostante la mole cominciò a rovistare fra tutti i vari indumenti, scoprendo che, addirittura erano separati tra loro: c’erano quelli pesanti per l’autunno e l’inverno e poi quelli più leggeri, per la primavera e l’estate. E tutti talmente belli che non sapeva quale scegliere.
Alla fine optò per un caldo maglioncino di lana color marrone chiaro, dei pesanti pantaloni di una morbida stoffa accompagnati da degli alti stivali in pelle nera in cui li avrebbe insaccati.
Soddisfatta si diresse verso il bagno, lavandosi e poi vestendosi con calma. Come aveva detto Miroku, doveva rilassarsi e così avrebbe fatto.

Toc, toc.
“E tu che ci fai qui?”.
“B- bè, mi sono svegliato e visto che non eri ancora passata sono venuto a vedere se eri sveglia… ho… fatto male?”. Miroku, vestito di tutto punto per far colpo sulla bella Sango e permeato da ‘nobili intenti di conquista ’ era stato brutalmente freddato dalla reazione non propriamente entusiasta della ragazza….
“Eh, ah no, scusa…non hai fatto male è che non mi aspettavo che saresti venuto a chiamarmi…”.
“Bè, mi pare ci fossimo messi d’accordo così ieri sera, no?”
“Sì, hai ragione. Comunque possiamo andare tanto ero già pronta e stavo infatti per venirti a chiamare io…”
“Oh, ma questo è proprio destino allora! – disse allegro il ragazzo dal codino – Allora andiamo…non so tu ma io ho un certo languorino…!”.
“Dove andiamo a fare colazione? Non con tuo padre?”
“No per carità! Almeno la mattina vorrei fare a meno di sentire i discorsi seri e lamentosi di mio padre! Si va da Doroty a mangiare una montagna di frittelle!” disse entusiasta il Cavaliere mentre Sango rimaneva allibita dal comportamento alquanto infantile del ragazzo
“Dì un po’… mentre eravamo a Mendeon hai sempre finto? Sei irriconoscibile…!”
“Ugh… ehm… cough, cough! N- no, ma che dici?! Sono sempre io solo un po’ più… sciolto! Sì, proprio così eheheh…!” . Miroku aveva sudato freddo… in effetti stava sempre di più abbandonando la maschera del perfetto Cavaliere serio che aveva assunto soprattutto quando si era trovato di fronte al nobile Fersen ed anche con la stessa Sango… ma era estremamente difficile – per lui almeno! – interpretare quel ruolo che proprio non gli si addiceva. Era già tanto se si stava trattenendo da farle le sue continue quanto esasperanti proposte indecenti...!
“Mah… sarà…” si limitò a dire, invece, la ragazza che, ovviamente, non si era bevuta nessuna di quelle sottospecie di scuse….
In pochi minuti si trovarono al primo piano sotterraneo dirigendosi poi verso la taverna dalla quale, come sempre, proveniva un odorino invitante.
Entrandovi scorsero anche Kouga seduto ad un tavolo mentre chiacchierava allegramente con Doroty e, notandoli a sua volta, fece loro cenno di raggiungerli.
“Buongiorno a tutti!” salutò Miroku a cui sia aggiunse Sango.
“Incredibile Miroku sono solo le dieci e tu sei già qui! Pensavo di vederti solo all’ora di pranzo! Da quand’è che sei così ‘mattiniero ’?!” lo schernì Kouga facendo alquanto irritare l’amico che si limitò a sbuffare.
Sango e Miroku si sedettero al suo tavolo ordinando poi la colazione a Doroty che andò subito a prepararla.
“Allora, come ti trovi per adesso Sango?” chiese poi l’ ookami youkai alla ragazza
“Direi piuttosto bene…! È solo passato un giorno quindi non posso darti ancora una risposta ‘sicura ’…”
“Certo, ma vedrai che ti troverai sempre meglio! Soprattutto se diventerai un Cavaliere!”
“Invece ti trovi bene nell’appartamento? Spero ci sia tutto quello che ti accorre altrimenti non farti scrupoli a chiedere al sottoscritto” intervenì Miroku premuroso con il solito intento di fare bella figura.
“Sì, non ti preoccupare…. Comunque non ho bisogno di niente e l’appartamento è stupendo!”
“Bene!”
“Oggi invece che programmi avete?” chiese loro il Demone lupo
“Mmh… di preciso non so… tu Sango vorresti fare qualcosa di particolare?”
“Sinceramente vorrei andare in biblioteca… avrò tempo per poter visitare ancora il Palazzo e la città mentre adesso vorrei cominciare a studiare sui Draghi… se non è un problema…”
“Non perdi tempo, eh? Comunque va bene, non c’è nessun problema. Ci andremo dopo pranzo così magari ti posso dare una mano consigliandoti i libri migliori, va bene?”
“Sì, ti ringrazio”.
Poco dopo arrivò anche Doroty con le abbondanti porzioni di frittelle per i due ragazzi che gustarono con grande piacere, accompagnati da un caldo tè, continuando a chiacchierare allegramente.

‘ I Draghi sono creature misteriose. La loro è la prima specie comparsa nel mondo, con vite che si dipanano nel tempo, per migliaia di anni, ancora oggi. I draghi più vecchi simboleggiano il mondo in quanto tale e incarnano la sua storia, oltre a essere depositari di remote conoscenze e custodi di antichi segreti...’ . “Sì, direi che posso cominciare con questo…”.
Eldoras, Biblioteca delle Ere *, piano terra del Palazzo Reale.
Sango e Miroku si erano recati lì subito dopo aver pranzato e dopo aver passato una mattinata tranquilla insieme a Kouga che si era aggregato a loro dopo aver fatto colazione insieme.
La ragazza era così eccitata e ansiosa di sapere tutto sui Draghi che aveva dovuto trascinare di peso Miroku che, invece, voleva almeno aspettare giusto un’oretta prima di immergersi nei libri… ma come poteva rifiutare le richieste insistenti di una fanciulla così adorabile?
“Bene, allora buon lavoro! Mi raccomando, comprendo la tua sete di conoscenza ma prima di passare ad altri libri ancora ti consiglio di leggere attentamente quello, per adesso. È il più semplice ma è ricchissimo di informazioni, perfetto per un ‘principiante ’…”.
Ma Sango nemmeno gli rispose già immersa e concentrata nella lettura. Miroku sorrise, era bello vedere tanto entusiasmo. Così, cercando di far meno rumore possibile, cominciò a vagare per la Biblioteca alla ricerca di qualche libro interessante, magari di incantesimi… doveva pur trovare qualcosa da fare, no?

‘ Esistono sei specie di Draghi strettamente collegate ai diversi elementi: Acqua, Vento, Terra, Fuoco, Metallo e Oro.
Un Drago, ha una speranza di vita di circa 1200 anni. Tutti i Draghi, comunque, vengono al mondo come piccole uova e attraversano diverse tappe di esistenza, ciascuna delle quali è caratterizzata da un nuovo sviluppo nel corpo, nella mente e nel comportamento del Drago stesso.
Le uova dei Draghi hanno taglia diversa che dipende dalla specie alla quale il Drago appartiene. Hanno una forma ovoidale e allungata, con gusci duri e scabri.
I TAPPA: CUCCIOLO (0- 5 anni).
Un cucciolo emerge dal suo uovo completamente formato, lungo circa il doppio dell’uovo che lo conteneva.
Il piccolo di Drago appena schiuso, esce dall’uovo impacciato e bagnato. Trascorsa circa un’ora è già pronto per combattere, volare e ragionare grazie anche alle conoscenze pratiche che eredita dai suoi genitori.
Passati circa quattro- cinque mesi, è già in grado di volare trasportando un Cavaliere.
II TAPPA: MOLTO GIOVANE (6- 15 anni).
Un Drago, all’età di sei anni, è divenuto così grande da raddoppiare la sua lunghezza e diventa fisicamente più forte e robusto.
III TAPPA: GIOVANE ( 16- 25 anni).
All’età di sedici anni, molti Draghi iniziano un nuovo stadio di crescita che li condurrà fino alla loro taglia da adulti. I loro intelletti si affinano man mano che fanno esperienza di vita e imparano a usare le loro capacità ed anche gli incantesimi di primo livello.
IV TAPPA: ADULTO GIOVANE (26- 100 anni).
In questa fase, il Drago è pronto a trovare una compagna.
Le scaglie di Drago in questa età si sono trasformate in una formidabile armatura in grado di respingere tutti i colpi, tranne quelli sferrati con le armi magiche o con armi fabbricate con denti o artigli di altri Draghi.
Un Drago, in questo periodo, è in grado di padroneggiare incantesimi di secondo livello.
V TAPPA: ADULTO ( 101- 400 anni).
Dai cent’anni in poi lo sviluppo fisico di un Drago comincia a rallentare. Al termine del suo primo periodo di crescita diventa più potente e robusto continuando ad affinare le sue facoltà mentali e a padroneggiare nuove abilità e magie.
Quando poi supera la soglia dei due secoli, la superiorità mentale del Drago continua a progredire mentre i cambiamenti fisici si fanno meno evidenti.
VI TAPPA: VECCHIO ( 401- 800 anni).
Arrivati a questo punto, lo sviluppo fisico del Drago si arresta completamente mentre il suo sviluppo mentale e i suoi poteri magici continuano ad aumentare.
I Draghi vecchi in genere iniziano a mostrare i primi segni della loro vecchiaia: le loro scaglie sono scalfite e scheggiate oltre ad essersi scurite e aver perso lucentezza.
È l’ultima tappa dell’esistenza nella quale le femmine sono ancora fertili.
VII TAPPA: ANTICO ( 801- 1000 anni).
La maggior parte dei Draghi di quest’età possiede un intelletto altamente sviluppato con una strabiliante maestria nel padroneggiare le arti magiche e incantesimi anche di quarto livello.
VIII TAPPA: DRAGONE (1001- 1200 anni).
Sopravvivere per più di mille anni è un grandioso risultato, anche per un Drago e questa è una tappa molto importante nel ciclo di vita dei Draghi. Un Dragone gode infatti di immenso rispetto.
MORTE: alcuni grandi Draghi sembrano sparire nel nulla alla fine delle loro vite. Nessuno sa con certezza dove vanno a finire ma si suppone che facciano ritorno alla loro terra d’origine anche per evitare che vengano rubati i segreti del loro corpo e le loro magie…’
.
- Accidenti non pensavo fosse così complicato… - si ritrovò a pensare Sango stupita dalla complessità della vita di quelle creature.
“Come procede?” la voce squillante di Miroku la destò dalle sue riflessioni.
“È più complicato di quanto mi aspettassi, ma me la caverò…” sospirò la ragazza guardando il grosso libro di fronte a lei di cui aveva letto solo alcune pagine….
“Eh, lo so… immagino che, poi, per uno straniero sia ancora più complicato…. Bene o male chi nasce qui nella Terra Centrale conosce tante cose sui Draghi anche senza essere un Cavaliere e certe cose non sembrano poi così irreali… ma per chi ha sempre avuto solo la possibilità di leggere leggende o storie fantastiche su queste creature fa più fatica a comprendere certe cose… è normale”.
“Sì, ma se non le capisco come posso diventare un Cavaliere?” gli chiese con foga Sango, frustrata all’idea di non poter diventare un Cavaliere quando tante persone riponevano fiducia assoluta in lei.
“Sango, Sango – cominciò dolcemente Miroku sedendole accanto – Quello che devi affrontare non è un esame scritto. Quello che hai e che dovrai leggere su queste pagine deve servirti affinché tu possa meglio gestire e curare quello che sarà il tuo Drago… ma la cosa importante sta qui – le disse indicandosi il petto, all’altezza del cuore – Al tuo Drago non importerà se conosci alla perfezione le varie nozioni o le varie regole e così via… se ti sceglierà non sarà certo per questo ma per te, per come sei tu…” finì guardandola dolcemente e comprendendo i suoi sentimenti.
Sango, invece, ancora una volta, era rimasta colpita dalla sensibilità con cui, tutte le volte, il ragazzo riusciva a capire quale fosse il suo problema e della sua strabiliante capacità di trovare sempre le parole adatte per estinguerlo.
Annuì incerta, riflettendo sull’importanza di quelle parole.
“Senti, facciamo una cosa…che ne dici se adesso ti faccio io da maestro?” le chiese allegro non vedendo l’ora di mostrare, ancora una volta, quanto fosse ‘acculturato ’….
“Ma tu mi hai detto che dovevo fare da sola per…”
“Sì, lo so, ma se ti do una mano non muore nessuno… poi tu, per conto tuo, potrai leggere tutti i libri che vuoi… e poi è più divertente fare le cose in due, no?” cercò di convincerla, facendole l’occhiolino. Lei sorrise ed accettò. In effetti, quale modo migliore per imparare tutto quello che c’è da sapere sui Draghi di una lezione proprio con un Cavaliere?
“Bene! Allora di che volgiamo parlare? A che punto sei arrivata?”
“Ho letto delle varie tappe di esistenza dei Draghi fino alla loro morte…”.
“Mh, allora direi che possiamo parlare un po’ dello sviluppo fisico, mentale e, soprattutto, quello delle arti magiche, ti va?”.
“Va benissimo…”.
“Innanzitutto occorre fare una premessa… tutte le notizie e informazioni relative ai Draghi si riferiscono ancora all’epoca in cui vivevano completamente allo stato brado, senza alcun contatto o rapporto con gli Umani. Ora ti starai chiedendo: che senso ha parlare dei Draghi senza tener conto del fatto che ora vivono insieme agli Uomini? Domanda più che legittima e la risposta è che è comunque importante conoscere quella che era la vita di queste creature prima che venissero a contatto con noi.
“Questo ti deve servire anche per sapere che oramai è estremamente difficile per un Drago arrivare all’ottava tappa, ovvero quella del Dragone. All’interno della Milizia credo che ci siano al massimo una decina di Draghi nella sesta fase… ma più in là è difficile arrivarci…”
“Miroku, scusa… non sono mai riuscita a spiegarmi una cosa…ma se i Draghi vivono così a lungo come fanno i Cavalieri? Cioè, è inevitabile che muoiano prima, no?”
“Ottima domanda. Devi sapere che, innanzitutto, la vita del Cavaliere si allunga grazie all’influenza del Drago, ma, ovviamente, non così tanto da eguagliare la lunghezza della vita della creatura.
“Ed è soprattutto per questo motivo se la vita dei Draghi si è accorciata in questo modo…perché Cavaliere e Drago, legandosi, finiscono per dipendere l’uno dall’altro e spesso accade, infatti, che alla morte del Cavaliere, il Drago finisca inevitabilmente per morire con tempi più o meno brevi.
“Altre volte accade invece che il Drago sopravviva e che faccia ritorno però nelle sue terre di origine delle quali, come avrai letto, non si sa l’esatta collocazione, mentre accade altre volte che il Drago sopravviva e che rimanga all’interno della Milizia come Veterano, cioè occupandosi dei Draghi più giovani aiutandoli magari nelle arti magiche. Questi Draghi vengono anche utilizzati in certe missioni urgenti, affidandoli magari a Cavalieri i cui Draghi non sono ancora troppo sviluppati per poterli trasportare. E credo che sarà il tuo caso quando dovremo andare a recuperare il principe Inuyasha…”
“Mh, ora è tutto chiaro… sai non sei male come insegnate…!”
“Oh, quali soavi parole! Vi ringrazio sommamente per il vostro complimento!” la ringraziò Miroku, facendo un lieve inchino.
“Acci, si è fatto tardi a forza di parlare – disse poi il ragazzo guardando il grande orologio a pendolo appeso alla parete – Alla fine non siamo riusciti a parlare dei vari sviluppi dei Draghi… che ne dici se torniamo domani e continuiamo? Ormai è ora di cena…”
“In effetti sono già le sei e tre quarti… sì, va bene, torniamo domani… ma non voglio rubarti del tempo quindi posso anche venire da sola…. Hai fatto anche troppo…”
“No, no! Mi piace molto il ruolo dell’insegnante e comunque non avrei nulla di particolare da fare in questi giorni…e poi così farò contento anche mio padre e vedremo se smetterà di darmi dello scansafatiche! Quindi è deciso: domani, dopo pranzo, altre lezioni sui Draghi!”.
“Va bene ma ora andiamo altrimenti facciamo notte…!”.
E così i due si alzarono, avviandosi verso le loro stanze per potersi preparare per la cena di quella sera.
Sango, se prima che non sapeva quasi niente sui Draghi provava un forte sentimento di ammirazione verso di loro, ora che ne stava apprendendo la storia e le caratteristiche ne era a dir poco entusiasta e forte era l’eccitazione all’idea di poterne avere uno.
Poi le rivennero alla mente anche le parole di Miroku: ‘…Al tuo Drago non importerà se conosci alla perfezione le varie nozioni o le varie regole e così via… se ti sceglierà non sarà certo per questo ma per te, per come sei tu…’ . Si voltò leggermente verso di lui guardandolo di sottecchi… nonostante ostentasse una grande maturità – e non dubitava che non l’avesse…almeno un po’… - le sembrava di scorgere in lui una sorta di insofferenza, non avendo però ancora capito di cosa si trattasse di preciso….
Sarebbe stato divertente scoprirlo… quello che le mancava… non era di certo il tempo.

FINE 7° CAPITOLO

*CURIOSITÀ:
Biblioteca delle Ere: così chiamata perché qui vi si ritrovano tutti i tipi e la maggior parte di tutte le documentazioni esistenti, soprattutto delle Ere passate di cui esistono che pochi frammenti riportanti brevi notizie.

Eccoci qua! Un altro capitolo è terminato! Cavoli non pensavo che mi sarei fatta così prendere nel descrivere il rapporto Sango- Miroku! Come ho già detto, nella mia ff precedente non li avevo approfonditi quasi per niente mentre qui…mi sto dando da fare ^^! E comunque vedo che la cosa piace per cui…. Ma sarà anche ora che si cominci a parlare di un’altra coppia altrettanto importante vi direte…e avete ragione…! In effetti devo dire che sto trascurando i piccoli Inuyasha e Kagome uhuhuh…no, non è vero è che a questo capitolo tengo molto (come agli altri, del resto), soprattutto per la parte dedicata a un po’ di storia sui Draghi – e che spero non abbiate saltato -_-‘’’.
Comunque vi consiglio di leggere attentamente il prossimo capitolo perché da lì in poi le cose si movimenteranno davvero. Magari qualcuno non avrà apprezzato particolarmente questi capitoli ma, come ho spesso ribadito, questa è una ff AU e mi sembrava il caso di fare le cose per bene e soprattutto precise, cercando di tralasciare il meno possibile.
Però, se vi ho annoiato, perdonatemi e cercherò di riscattarmi con i futuri capitoli.
Prima di lasciarvi volevo precisare che, per cercare di rendere un po’ più precise le varie informazioni, per le descrizioni sui Draghi mi sono servita anche del ‘Draconomicon ’, libro sui Draghi ambientato nel modo di Dangerous & Dragons che mi ha prestato un mio amico (grazie mille al mio sensei Federico!). Sono rimasta stupita quando l’ho letto perché già precedentemente mi ero costruita da sola una scaletta con le varie informazioni che volevo inserire e ho visto che non erano poi così dissimili da quelle che ivi vi sono scritte. Quindi se qualcuno ce l’ha e vede che sono molto similari è per questa ragione. Non mi stupirei se lo stesso autore di Eragon se ne fosse servito!
Direi che anche per questa volta è tutto, spero di non aver dimenticato niente e con questo dubbio vi saluto e aspetto vostri commenti!
Al prossimo lunedì, baci
Ka_chan87

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Capitolo 8
*** cap8 “SEI TU…” ***


Ohayou mina san!! Mi scuso enormemente per questo giorno di ritardo di pubblicazione ma ho avuto una serie di imprevisti che mi hanno costretta ad aggiornare la ff solo oggi. Spero mi perdonerete.
Allora…parliamo un po’ di questa fanfiction…bè, la prima cosa che mi viene da sottolineare è che i commenti sono calati – già non erano molti…sigh! – ma credo che questo sia dovuto ai vostri vari impegni e così via…. Però la gente che legge c’è, e la cosa mi rincuora un po’.
Sinceramente su questo nuovo capitolo che vi apprestate a leggere non saprei cosa dire perché ho scritto cose che non idea di come mi siano venute in mente…. Inoltre credo che lo troverete peggiore degli altri…o, almeno, questo è come la vedo io poi starà a voi giudicare.
Per non anticiparvi niente vi lascio alla lettura….
Prima però ringrazio coloro che hanno letto lo scorso capitolo e cri-chan che ha commentato…. Per fortuna che ci sei tu che commenti tutte le volte!!
A dopo, ka_chan.

8° CAPITOLO “SEI TU…”

“Dai Sango direi che è più che sufficiente! È da una settimana che non fai altro che studiare!”.
“Sta zitto, devo ancora finire questo libro! Certo che ha proprio ragione Kouga quando dice che sei uno scansafatiche!”.
“Non è vero! È che mi sembra uno spreco usare così il tempo quando…”
“Quando… cosa?”.
Eldoras, Biblioteca delle Ere, primo pomeriggio.
Era ormai passata una settimana da quando Miroku e Sango, e in modo particolare quest’ultima, si erano immersi in uno studio approfondito sui Draghi. La sete di conoscenza della ragazza del Nord sembrava senza fine e più apprendeva cose nuove più ne voleva conoscere altre.
Ma quei giorni non erano stati utili solo per lo studio; come suggeritole, infatti, si era notevolmente rilassata, passando la maggior parte del tempo con Miroku e Kouga, ma facendo amicizia anche con altre persone.
Già, quelle giornate erano state davvero utili… fin troppo.
Aveva, infatti, e con suo grande rimorso… conosciuto il ‘piccolo difetto ’ di Miroku. Era un pervertito.
Ma non un pervertito qualsiasi….
Lui era l’indiscusso Re dei Pervertiti.
“Quando potremmo passare delle romantiche giornate sotto le lenzuola del mio caldo letto…”.
Appunto.
Sorrise nervosamente. E dire che pochi giorni prima era così curiosa di sapere cosa mai quello strano ragazzo potesse nascondere….
Aveva pagato la sua curiosità a caro prezzo.
“Miroku… - cominciò mentre gli sorrideva dolcemente – Ma si può sapere che idiozie vai dicendooo?!” finì col sbraitargli contro, levandosi dalle sue, le mani del ragazzo che, fino a pochi secondi prima, stringevano quelle vellutate di lei.
“Sei fortunato che non abbia qui con me Hiraikotsu altrimenti saresti già morto!”.
“Già… quell’affare…! Mi hai fatto quasi rimanere in coma ieri!” sospirò il ragazzo dal codino, amareggiato.
“Cosa fai, osi anche lamentarti?! Ti sei permesso di infilarti sotto le mie coperte, spaventandomi a morte e pretendevi che non mi sarei infuriata?!?”.
“Ma volevo solo darti il buongiorno!” si lamentò Miroku. La mattina precedente, infatti, si era alzato un po’ prima per poi introfularsi nella camera di Sango, raggiungendola sotto le coperte del suo letto aspettando che si svegliasse per poi darle il buongiorno… ovviamente non era andata esattamente così, visto che la ragazza, trovandoselo nel letto, aveva finito quasi con l’ammazzarlo, lasciandolo svenuto più o meno per mezza giornata.
Questa fu una delle tante idee senza senso che l’avevano accompagnata in quei giorni… non ne poteva più.
“Adesso capisco cosa intendeva Kouga quando mi ha detto che, dopo che eri partito, erano preoccupati se fossi riuscito a convincermi a venire qui… erano preoccupati che sarei fuggita da un pervertito come te!”.
“Su, non essere così crudele! Non capisci che tutto quello che faccio è per amor tuo?” le disse con occhi languidi mentre le riprendeva le mani stringendole teneramente.
“Amor mio? Vorrai dire amor di ogni corpo femminile che cammini su questa terra!” gli rispose invece inviperita lei, ‘riappropriandosi ’ bruscamente delle sue mani e alzandosi per andarsene… magari a chilometri e chilometri lontana da quel maniaco.
“Dove vai mia adorata?! Non abbandonarmi!”
“Piantala Miroku, sei patetico!” intervenne una voce maschile ben conosciuta ai due.
“Grazie al cielo, Kouga! Per piacere levamelo di torno!”
“No! Nessuno mi impedirà di amarti mia adorata Sango, vedrai! La mia passione ti raggiungerà anche se il mondo stesso ci fosse avverso, non preoccuparti!” le disse teatrale lui, ignorando volutamente il fatto che fosse stata la ragazza stessa a pregare perché glielo levassero di torno….
“Capirai che tragedia…! Miroku non so se hai capito che non è il mondo a esserti avverso, ma io!” disse inviperita Sango per quell’ennesima sceneggiata che ormai si ripeteva tutti i santi giorni….
“Cavolo Miroku… certo che sei davvero asfissiante! E dire che per i primi giorni te la sei cavata così bene…!” sospirò Kouga, rimpiangendo i giorni in cui, sotto categorico ordine del Governatore, Miroku si era trattenuto dal mostrare completamente il suo carattere così… deviato, come lui definiva.
“Va bene, va bene… smettiamola con queste idiozie e parliamo di cose più serie” ribatté il ragazzo dal codino come se a fare tutte quelle sceneggiate senza senso fosse stato qualcun altro.
- Ma è idiota?!? – pensarono, invece, con forte aura omicida, Sango e Kouga.
“Sango, questa mattina mio padre mi ha detto che ormai sei pronta. Domani si terrà la Cerimonia della Scelta”.
Per alcuni momenti tutto tacque. Sango si era letteralmente bloccata a quelle parole… domani… domani lei….
“M- ma siete sicuri?! N- non sarà troppo presto, cioè io…”.
“Cos’è non vuoi più diventare un Cavaliere?” le chiese sorridendo Miroku, capendo la sua agitazione
“Certo che lo voglio! È che…” sussurrò incerta la ragazza… non sapeva che pensare.
“In effetti non è po’ prematuro Miroku?” chiese Kouga
“Questo è quanto ha deciso mio padre e anche io penso che sia il momento giusto…. Non ha senso aspettare ancora”.
“Bè, se tuo padre è così convinto… e poi è lui che decide quando si debbano tenere le varie cerimonie quindi…”
“Già… anche se lo implorassimo di aspettare non lo convinceremmo! Tanto vale fare come dice…”.
“Senti da che pulpito! Quando sei tu a non volere fare una cosa, però, non te le risparmi le lamentele!”
“Non vedo come questo possa centrare in questo momento!” rispose facendo lo gnorri il ragazzo dal codino.
“See… comunque, se avete finito, che ne dite se andiamo a fare un giro per la città? Devo anche comprare alcune cose per Doroty…”.
“Volentieri… non ne posso dell’odore di questi libri ammuffiti! Ti va Sango?” rispose Miroku, rivolgendosi poi alla ragazza ancora turbata dalla notizia appresa.
“E- ecco se non vi dispiace vorrei andare in camera, devo ancora rispondere alla lettera di mio padre…”.
“Certo, come vuoi… ti accompagniamo allora” propose Kouga
“No, no… conosco la strada ormai…. Voi, andate pure!” insistette Sango.
“Ma sei sicura? Se vuoi-”
“Forza andiamo Kouga…!”
“Ma Miroku…” cercò di obiettare l’ ookami Youkai
“Non hai sentito cos’ha detto? Non c’è alcun bisogno che noi rimaniamo qui e tanto meno di accompagnarla alle sue stanze… mi sembra che ne sia più che capace, no?”
“Non è questo che intendevo!” si lamentò il Demone lupo non capendo l’atteggiamento dell’amico
“Ci vediamo a cena Sango” la salutò il ragazzo dal codino mentre si trascinava dietro un Kouga sbraitante
- Miroku… - Sango li vide andare via, guardando in particolare il Cavaliere dal codino…. Sorrise.

“Mi vuoi spiegare che diavolo ti è preso?! Che bisogno c’era di agire in quel modo?”
“Kouga finiscila di sbraitare! E poi sarei quello asfissiante?”.
“Sì ma perché sei voluto andare via a tutti i costi? Era chiaro che Sango aveva qualcosa che non andav-”
“Lo so benissimo!!” urlò Miroku fermandoglisi davanti, dandogli le spalle
“Lo so benissimo… - ripeté sussurrando – Per questo ti ho trascinato via…. Era chiaro che volesse stare sola…” concluse il Ningen con tono quasi amareggiato
“Miroku…” Kouga comprese le reali ragioni dell’amico. Forse teneva a quella ragazza più di quanto pensasse.
“E se avesse avuto bisogno di parlare?” obiettò pacato
“Non credo… va bene così Kouga, non preoccuparti. Adesso andiamo altrimenti si farà buio…” disse Miroku riprendendo a camminare con Kouga che lo guardava avviarsi
- Miroku… -

“Uff… perché così presto?”. Sango, rinchiusasi intanto nella sua stanza, ripensava a quello che il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare.
“Voglio diventare un Cavaliere, ma non mi sento pronta… ho paura di non esserne degna…” e mentre lo sconforto cominciava a farsi sentire, il suo sguardo si posò su un grande boomerang appoggiato alla parete. Il suo Hiraikotsu. Gli si avvicinò e ne accarezzò il liscio spessore.
Si diresse poi verso la piccola scrivania, all’interno del salotto, sulla quale vi era appoggiata una busta.
La prese in mano estraendone due fogli e sorridendo nel leggerne le prime righe scrittevi. La lettera che le aveva mandato suo padre.
Pochi giorni prima, infatti, aveva fatto ritorno ad Eldoras un messaggero che, il giorno stesso in cui erano arrivati alla capitale lei e Miroku, era stato mandato a Mendeon per recapitare al nobile Fersen una lettera da parte del nobile Takehiko dove lo informava che non successo loro alcunché.
E tornato il messaggero, le venne recapitato il suo Hiraikotsu più una lettera. Quella che aveva ora in mano.
Aveva provato un’immensa gioia nel poter sapere come stava la sua famiglia e aveva faticato a non mettersi a piangere dalla gioia. Ma, al tempo stesso, si era sentita anche così triste nel non poterli rivedere e all’idea di chissà quanto altro tempo sarebbe dovuto passare prima di avere altre loro notizie.
E, in quei giorni, le era stata quasi fondamentale la vicinanza di Kouga e Miroku e, doveva ammetterlo, soprattutto di quest’ultimo.
Ragazzo con una forte sensibilità alla quale, purtroppo, corrispondeva un’altrettanta forte – se non maggiore – passione smisurata per il gentil sesso.
Sospirò… un vero peccato….
- Cosa?! – pensò sconcertata – Pe- perché dovrebbe essere un peccato?! Quel pervertito può fare quel diavolo che gli pare basta che non venga a importunare me!! E poi io… - lesse le ultime righe del secondo foglio della lettera… le aveva scritte Seiishiro….
‘ Ciao Sango… spero tu stia bene e che ti trovi altrettanto bene lì, ad Eldoras…qui è sempre tutto uguale…ma non per me… mi manchi molto. Ti aspetterò, ricordatelo.
Seiishiro ’.

Tutt’ora non sapeva che pensare. La prima volta che aveva letto quelle parole un’intensa gioia l’aveva invasa non immaginando di essere così importante per lui… ma nel corso dei giorni quella felicità si era trasformata quasi in un peso e non riusciva a capirne il motivo. Sapeva solo che si sentiva quasi in colpa nel provare quella sensazione.
Sospirò rassegnata. Non aveva senso stare a pensarci continuamente. Le sarebbe venuto solo un gran mal di testa.
Non sapeva che fare… doveva scrivere la lettera da mandare in risposta al padre ma era incerta se includervi la notizia dell’imminente prova che doveva affrontare – nonché il risultato di essa – o tacere. Non voleva deludere nessuno…tanto meno suo padre e la gente del suo Paese.
Depose frettolosa la lettera sulla scrivania e, altrettanto frettolosamente, uscì dalle sue stanze dirigendosi verso una meta precisa.
Aveva bisogno di chiedere consiglio a qualcuno… e lei sapeva benissimo di chi aveva bisogno in quel momento….
… Varandir.
Colei che due giorni prima le aveva concesso l’onore di poter comunicare direttamente con lei, cosa che, da come aveva appreso dai libri che aveva studiato, era generalmente riservata al proprio Cavaliere.
Ma Lei le aveva dato quell’irrepetibile occasione, trasmettendole tutta la fiducia che aveva in lei, sostenendola in quei giorni che passavano con così tanta difficoltà….
Sì, aveva bisogno di Varandir.

Toc, toc….
- Vieni avanti Sango… - . La voce pacata e gentile della dragonessa le si insinuò nella testa, facendola rabbrividire come la prima volta. Non aveva mai provato una sensazione simile… come essere svuotati di tutto, inermi e nudi davanti a quella presenza paralizzante e, allo stesso tempo, riempiti di una conoscenza estranea, immensa… calda.
Incredibile. Ma nemmeno quell’aggettivo poteva bastare per descrivere una cosa del genere.
Facendo pressione sulla pesante porta dell’appartamento del Drago, vi entrò, osservandovi l’interno ormai familiare – durante quei giorni, infatti, aveva quasi sempre accompagnato Miroku quando andava a trovare la dragonessa – , posando gli occhi, poi, sulla figura regale di Varandir, distesa sul suo giaciglio.
“Buon pomeriggio, Varandir… scusa se sono venuta a disturbarti…”.
- Non ti devi scusare… mi annoio a stare da sola e poi ogni tanto è piacevole avere un po’ di compagnia femminile…dopo un po’ i maschi sono così noiosi, non trovi? – le domandò allegro il Drago, facendola sorridere.
“Già… se poi si tratta di Miroku…!” le rispose la ragazza avvicinandosele e sedendosi su uno dei morbidi tappeti stesi per tutto il pavimento, davanti alla creatura.
- Uff… non ti avrà importunata anche oggi spero… quel cretino è proprio senza speranza! – ruggì Varandir, sapendo bene quello che era successo in quei giorni e avendo, quindi, più di una volta, punito il suo pervertito Cavaliere.
“Eheh… non ti preoccupare… mi so difendere! E poi… non è… ecco… non è così terribile…” borbottò leggermente imbarazzata la ragazza… non sapeva se era il caso dire certe cose ma anche se non le avesse dette apertamente il Drago le avrebbe letto nel pensiero comunque.
Varandir la guardò dolcemente mentre le si imporporavano lievemente le gote per aver espresso tale pensiero…. Sapeva già come sarebbe andata a finire tra quei due… e, doveva essere sincera, non ne era gelosa, tutt’altro.
- Sai… sono contenta che adesso ci sia anche tu a fianco di Miroku. Credo proprio che avesse bisogno di una persona come te. So che prima o poi dovrà trovarsi una moglie e mettere su famiglia, magari… e pensavo che ne sarei stata terribilmente gelosa…. Ma non è così e io stessa me ne sorprendo…anzi, sarei molto felice se avesse al suo fianco una persona come te… - concluse dolcemente e con un po’ di malinconia la dragonessa, guardando intensamente Sango la quale, a quelle parole, era rimasta bloccata… lei… lei….
“M- ma tra me e… e Mi- Miroku non c’è niente!!” le rispose agitata mentre avvampava per l’imbarazzo… a lei non piaceva Miroku…. No, proprio no!
- E- eh lo so, lo so…! Calmati! – ridacchiò il Drago nel vederla così imbarazzata – Piuttosto… non credo che tu sia venuta qui solo per fare due chiacchiere… c’è qualcosa che ti turba, vero? – le domandò schietta, facendola brutalmente tornare alla realtà.
Annuì rigidamente.
“In effetti c’è un motivo preciso se sono venuta qui…” sospirò mentre Varandir aspettava pazientemente che la ragazza confessasse i suoi tormenti.
“Domani dovrò affrontare la Cerimonia della Scelta…” disse sommessamente
- Capisco…. Ti turba la possibilità di essere rifiutata… è questo vero? -
“Mh… io… io sono venuta fin qui col proposito di mettere a disposizione le mie poche capacità… per proteggere la mia gente, per poter proteggere il Continente.
“Tutti qui ripongono grande fiducia in me… troppa, a mio avviso. Il Governatore è così convinto che io diventerò un Cavaliere… anche Miroku lo è… - si interruppe alcuni istanti pensando al ragazzo – Come farò se non lo divento?! Io… io non posso deludere tutta questa gente!” concluse con foga mentre l’ansia nuovamente tornava ad attanagliarla….
- Tranquillizzati Sango… - cominciò pacata Varandir – Ti trovi a dover affrontare una prova difficile, ma non sarà l’unica. Le esperienze nuove ed ignote fanno sempre paura, proprio perché non le conosciamo. Per te, poi, che sei estranea di questo posto, è ancora più complicato…. Non pensare che noi Draghi scegliamo voi Cavalieri per le vostre capacità nel controllo delle arti magiche, delle vostre abilità nel combattimento e via dicendo… sì, saranno anche importanti ma non fondamentali….
- Ciò che conta siete Voi… voi e il vostro cuore…. Quello della Scelta è un momento importantissimo e anche per lo stesso Drago è un avvenimento quasi del tutto incomprensibile. È l’istinto che ci guida… che ci porta verso coloro che ci sentono…
-
“Che… che significa…?” le chiese incerta la ragazza, non comprendendo quelle parole - Lo capirai da sola, vedrai. Segui il mio consiglio… sii te stessa e domandati ‘ Perché voglio diventare un Cavaliere?’. Capito questo sarai molto più sicura…-
“È incredibile…”
- Cosa? -
“È la stessa cosa che mi ha detto Miroku qualche tempo fa…” esclamò sorpresa Sango. Varandir ‘sorrise ’
- Non mi sorprende.... Miroku può sembrare spesso immaturo e superficiale… ma non lo è affatto… è che fa fatica a dimostrarlo… purtroppo a suo stesso discapito… -
“Che vuoi dire?”
- Credo che riuscirai a scoprirlo da sola…. Eh… parli del diavolo… - disse Varandir, volgendo poi gli occhi verso la porta dalla quale emerse la figura di Miroku che rimase bloccato sull’entrata alla scena che aveva davanti.
“Che-” cominciò invece Sango non capendo a cosa si fosse riferita la dragonessa e poi seguì il suo sguardo, incontrando quello sorpreso di Miroku.
“Che succede qui?! Se Sango è qui… Va- Varandir non… non mi dirai che…?” farfugliò incredulo il ragazzo
- Già… ho aperto la mente a Sango…. Non credo di doverti chiedere il permesso per farlo! – gli rispose con tono duro il Drago
“N- non è questo che intendevo! È che non me lo aspettavo, ecco!” borbottò il Cavaliere girandosi e dando quasi le spalle alle due, leggermente offeso.
Sango e Varandir, invece, scoppiarono a ridere, facendolo innervosire ancora di più.
“Potrei sapere cosa c’è di così divertente?! Accidenti!” sbraitò imbarazzato.
“Niente! Solo che sei proprio buffo quando ti arrabbi!” lo prese scherzosamente in giro Sango.
“Sarei buffo?! Ma tu guarda queste!”
“Che succede qui?” intervenne Kouga che, tornato insieme a Miroku ma essendosi fermato da Doroty, l’aveva raggiunto solo in quel momento
“Succede che adesso sono davvero nei guai…!” si lamentò Miroku con l’amico avvicinandoglisi e appoggiando la testa sconsolato sulla sua spalla
“Cioè?” chiese l’ ookami Youkai non capendo quello che era successo
“Cioè che adesso si sono alleate!” disse rassegnato il ragazzo dal codino guardando prima il suo adorato Drago e poi quella che sarebbe diventata una delle persone più importanti della sua vita.
“In bocca al lupo, amico!” gli augurò invece Kouga, avendo capito quello che aveva voluto dire l’amico.
Ora, per forza di cose, avrebbe dovuto mettere la testa a posto….

“Ahahah!! Bene, bene! Chissà se da adesso in poi tu riesca a perdere meno il tuo tempo Miroku!”.
“Come sempre hai una grande stima di me, papà!”.
Eldoras, Palazzo Reale, mensa del piano terra.
Come i giorni precedenti, anche quella sera l’usuale compagnia costituita da Miroku, Kouga, Sango, Takehiko e Mendion si era ritrovata per cenare insieme. E di certo non mancavano i tipici e vari battibecchi che, chissà perché, avevano Miroku come protagonista fisso.
Ritrovatisi, a Kouga non era parso vero di poter raccontare anche al padre dell’amico che ora il figlio degenere si ritrovava braccato dall’alleanza Varandir- Sango…. Un vero spasso.
Peccato che due persone in particolare, ovvero proprio Miroku e Sango, non trovavano il tutto poi così divertente.
Il primo, perché già sfinito dai continui rimproveri e controlli del proprio Drago… se poi si aggiungeva anche qualcun altro quando Varandir non c’era… sarebbe stato un vero inferno – considerando, poi, il carattere focoso della ragazza.
La seconda, perché si trovava alquanto in imbarazzo al fatto che la considerassero come la balia di quel maniaco…. Cosa poteva interessare a lei quello che faceva quello scemo?! Aveva già troppe cose a cui pensare… come l’imminente Cerimonia del giorno dopo.
Perciò decise di ritirarsi, volendo rimanere un po’ da sola vista l’ansia che l’affliggeva e imbarazzata da quei discorsi… essendo, di conseguenza, poco di compagnia.
“Scusatemi, ma ora vorrei ritirarmi…. Nobile Takehiko, potrei sapere a che ora si celebrerà la Cerimonia domani?”.
“Oh, vi ritirate di già? Bè, immagino vogliate riposarvi bene… comunque ho stabilito l’orario per le dieci. Passerà Miroku dai vostri appartamenti e vi accompagnerà lui alla Sala del Destino…”
“Sala… del Destino?” chiese perplessa la ragazza… un nome più rassicurante non potevano trovarlo?!
“Sì… non te l’ho fatta vedere quando ti ho fatto visitare il Palazzo perché vi può accedere solo chi deve affrontare le Cerimonie e pochi altri, secondo ordine del Governatore…” le rispose Miroku, chiarendole i dubbi.
“Capisco… allora ti aspetto domani mattina… e sii puntuale!” lo avvertì dura lei.
“See…!” rispose invece sconfortato Miroku… ora aveva a che fare con due Varandir…!
“Ahah! Miroku sei proprio nei guai!” lo prese in giro Mendion facendo però imbarazzare anche Sango che, stufa di quella situazione, se ne andò velocemente, augurando loro la buonanotte.
“Siete proprio degli idioti!” ruggì invece Miroku stanco anche lui di quei discorsi “Se permettete, dovrete divertirvi senza di me! Me ne vado a letto, così dovrete trovare qualcun altro da prendere in giro!” si alzò teatrale, atteggiandosi da indignato, ottenendo ancora di più gli scherni degli altri tre che lo videro poi avviarsi.
Il solito permaloso…!

[…]

La brezza notturna vorticava fra le alte e varie torrette del Palazzo, cullando tende e stendardi, muovendoli magicamente.
La città dormiva, le case e le strade appena illuminate dalle varie lanterne dei lampioni in ferro scuro.
Il cielo dal manto nero pece, appena illuminato dalle miriadi di stelle che, per quella sera, potevano risplendere con tutta la loro luce senza essere offuscate dalla brillantezza argentea della Luna, quella notte assente.
Su una delle torrette vi era una figura che osservava assorta tutto questo, accarezzata dall’aria ancora fredda della notte.
Nonostante i buoni propositi di riposarsi, pensando il meno possibile, Sango si era ritrovata là sopra, cercando chissà quale risposta tra le stelle.
Sospirò. Era senza speranza.
Possibile che non riuscisse a controllarsi? A mantenere un minimo di sangue freddo?
Sospirò ancora. Era davvero demoralizzata.
“Accidenti… sei davvero giù…!”. Una voce maschile la raggiunse, facendola sobbalzare.
“Mi- Miroku! Che ci fai qui?”.
“Dovrei chiedertelo io…! Come mai qua, a quest’ora soprattutto?” le chiese, raggiungendola e appoggiandosi di schiena al parapetto sul quale anche la ragazza era appoggiata, ammirando il paesaggio.
Questa sospirò, decidendo di confessare anche al ragazzo i suoi stupidi tormenti.
“Non riesco a dormire…”
“Questo lo avevo capito… la ragione?” le chiese pacato, quasi freddo
“Non lo immagini?” gli chiese lei di rimando
“Centra per caso la Cerimonia di domani?” rispose lui con un tono chiaramente retorico. “Mh…” mormorò sommessamente Sango, per poi rimanere in silenzio; lo stesso Miroku. “Non immaginavo…” cominciò poi il ragazzo
“Cosa?”
“… Che ti facessi abbattere per così poco…” le disse senza mezzi termini lui mentre Sango rimaneva spiazzata e offesa da quelle parole così senza senso.
“Che vorresti dire?! Come ti permetti di dire una cosa simile?!? Che ne sai tu di come mi sento?!”
“Allora perché non me lo dici?” le chiese di rimando rimanendo impassibile
“Perché…” cominciò la ragazza, ma senza riuscire a continuare la frase
“… Perché sono troppo superficiale per immaginarlo? È per questo, no? O, se non proprio per questo, per qualcosa di simile...”
“E- ecco io non…” balbettò lei senza sapere cosa dire… in effetti aveva pensato una cosa del genere però….
“Eh… non ti preoccupare…. Ma, comunque, non credere di essere la prima ad essersi sentita in questo modo… di certo quello che provi di preciso è diverso da quello che ha provato qualsiasi Cavaliere prima di te… ma una cosa è sicura…. La paura è la stessa”. Miroku la guardò con uno sguardo che la lasciò spiazzata.
Cos’era quello sguardo? Dolore…?
“Anch’io… - ricominciò poi lui – Anch’io ho perso mia madre… ed era l’unica persona che non mi considerasse uno stupido, una persona superficiale… che non mi considerava per quello che facevo ma… per quello che ero. Fu lei che mi fece giurare che sarei diventato un Cavaliere… ed era sempre lei che cercava di placare il disprezzo che mio padre provava per me e per il mio carattere per lui così scellerato.
“Ma io volevo solo vivere, non volevo diventare come lui, così arido di sentimenti e così serio…. E io le ero grato perché sapevo che, se lei non mi vedeva come mi vedevano gli altri, allora non ero davvero una persona così orribile….” Il vento pungente muoveva i loro capelli, portando via con sé quelle parole così piene di dolore mentre Sango guardava il ragazzo con uno sguardo indecifrabile… perché… le stava raccontando tutto questo?
“O, almeno, questo fu il mio pensiero…fin quando non venne uccisa…”
- Cosa?! – esclamò fra sé la ragazza – Mi avevano detto che la madre di Miroku era morta di malattia! – Miroku si accorse della sua espressione sorpresa e sorrise debolmente “No, non è morta di malattia come ti avranno detto… è stata uccisa, come la tua. Ma, a differenza di te, con lei se ne è andata tutta la mia famiglia. L’odio che mio padre provava per me crebbe a dismisura visto che lei morì mentre io no…”
“Vuoi… vuoi dire che… c’eri anche tu quando…?” gli domandò incredula la ragazza, rotta dal dolore di quello che le stava raccontando il ragazzo. Anche lei aveva perso la madre e poteva ben capire quello che provava Miroku, ma lui….
“Sì… e non ho potuto fare niente…” sospirò lui guardandosi le palme delle mani dalle quali, ora, poteva esercitare un potere immenso.
“… E questo mio padre non me lo perdonò… e non me lo perdono tuttora io…”
“Ma non è stata colpa tua! – esclamò con foga Sango mentre ora alcune lacrime solcavano le sue guance – Eri solo un bambino, cosa avresti potuto fare?!”
“… Già… che avrei potuto fare…”. Credeva di avere ormai sigillato quel dolore in fondo al suo cuore, ma non era così. Quella ferita non si sarebbe mai richiusa…. Fece qualche passo avanti, dando le spalle alla ragazza, cercando di parlare con un tono tranquillo “Non ti sto dicendo queste cose senza un motivo, Sango. Capisco che tu abbia paura di non essere destinata, ma se continuerai ad essere ancorata all’idea che potresti deludere che ha fiducia in te… questo finirà con l’accadere” si girò poi guardandola serio
“Il desiderio di diventare Cavaliere dev’essere, sì, per poter difendere chi si ama, ma, prima di tutto, dev’essere un tuo desiderio. Non bisogna desiderare di diventare Cavalieri perché si deve ma perché si VUOLE…. Tu lo vuoi Sango?” le chiese serio, volendo una risposta.
“I- io…”
“Lo vuoi, sì o no?” la incalzò duro.
“SÌ!! Io… io voglio diventare un Cavaliere!” urlò piangendo, mentre, finalmente, si liberava di tutta l’ansia e di tutte le incertezze che aveva provato fino a quel momento.
Miroku sorrise.
“Bene.... Se è così non hai niente da temere. Andrà tutto bene” e le andò vicino, asciugandole con la mano le lacrime.
“… Quando mi riferirono il giorno in cui avrei avuto la Cerimonia della Scelta mio padre, fino a quello stesso giorno, non fece altro che ripetermi che, inevitabilmente, per qualsiasi cosa avessi fatto, per quanto mi fossi allenato o per quanto avessi studiato non sarei stato scelto e avrei così deluso mia madre e la fiducia che lei aveva sempre riposto in me… - si interruppe, abbassando lo sguardo mentre ricordava ancora vividamente quelle parole e la sensazione della sua inadeguatezza mentre Sango lo ascoltava percependo tutta la sua sofferenza
“Cominciai a pensare che forse aveva ragione mio padre, che avrei fatto meglio a rinunciare… a scappare di fronte a un’imminente e sicura delusione finchè… finchè mi accorsi che non contava se lo avessi deluso o se avessi deluso mia madre… ciò che contava ero io e i miei desideri… e io… io volevo qualcosa che mi avesse accettato per quello che ero, che avesse riposto in me un’incondizionata fiducia… un qualcosa che, per tutta la vita, sarebbe rimasto al mio fianco, affrontando con me ogni momento, ogni giorno.
“Tu, Sango, hai avuto la grandissima fortuna di aver avuto un padre che ha avuto fiducia in te ogni secondo della tua vita, che si è curato di te guidandoti per la tua strada fino a che non fossi stata in grado di prendere le tue decisioni, giuste o sbagliate che fossero…. Anche se non diventerai un Cavaliere non avere paura di deluderlo… perché questo non accadrà mai. Non perché non si diventa Cavalieri bisogna ritenersi delle nullità… ciò che conta… è il proprio cuore… quello che conta sei tu”.
Sango lo abbracciò, piangendo. Quel ragazzo aveva sofferto terribilmente… anche lei aveva perso sua madre, ma lei, al contrario di lui, aveva avuto anche l’affetto di suo padre, soprattutto in quei momenti così terribili.
Si rimproverò e si vergognò per come si era lamentata, per quegli stupidi e insignificanti problemi che si era fatta… ma sapeva anche che Miroku non le aveva raccontato tutte quelle cose per farla vergognare della sua debolezza, ma per farle capire che, per quell’occasione, non doveva preoccuparsi di nessuno se non di se stessa. Le aveva raccontato tutte quelle cose per evitarle la sofferenza che lui aveva patito.
Lui, invece, si era trovato fortemente provato nel riportare alla memoria quelle vecchie ma tuttora sanguinanti ferite. In quell’abbraccio consolatore stava quasi per abbandonarvisi, come le sue lacrime che premevano per poter sboccare da quegli occhi color del mare.
Non voleva. Non voleva dare sfogo a quella sofferenza anche se ne avrebbe avuto bisogno. Ma non voleva. Non voleva, anche se forse, liberare tutto quel dolore, avrebbe almeno lenito in parte quelle ferite.
Si staccò dalla ragazza giusto il necessario per guardarla negli occhi, quegli occhi color cioccolato ora profondamente preoccupati e addolorati. Non vi leggeva compassione ma solo dolore.
Le sorrise debolmente alchè anche Sango, gli rispose con un altro sorriso, guardandolo dolcemente.
Espressione che durò che pochi secondi, trasformandosi in uno sguardo infuriato mentre sentiva la mano del ragazzo carezzarle il fondoschiena.
Possibile che dovesse sempre rovinare tutto?!?
SCIAFF!
“Hentai!!! Accidenti a te, cretino! Possibile che non riesci mai a trattenerti?!” gli sbraitò contro
“Eheh… scusa ma non sono proprio riuscito a resistere! E poi non sono di certo stato io ad abbracciarti!” le disse, guardandola malizioso
“M- ma io l’ho fatto solo perché volevo…”
“Eh, lo so… non credere che non ti capisca… so che è terribilmente difficile resistermi!” la prese in giro lui, mentre, intanto, si era girato per andarsene
“M- ma che diavolo diciii?!? Sei proprio un idiota!” urlò lei imbarazzata, non volendo muoversi di lì
“Allora vieni o no?” le chiese invece lui tranquillo, girandosi leggermente verso di lei per guardarla.
Sango allora notò i suoi occhi leggermente umidi, sorprendendosi. Poi sorrise. Quel Miroku non era poi così estroverso….
Lo raggiunse sorridendogli e insieme si avviarono per andare a dormire….
Domani sarebbe stato un giorno importante….

[…]

All’ora stabilita, il mattino seguente, Miroku andò a prendere Sango per accompagnarla alla Sala del Destino. Questa si trovava nella torre più alta del Palazzo Reale e alla quale vi poteva accedere solo chi doveva affrontare le Cerimonie e pochi altri ancora. Per impedire eventuali visite non autorizzate, la Sala era protetta e sigillata da alcuni incantesimi che solo poche persone all’interno del Palazzo conoscevano…tra questi, vi era anche Miroku.
I due quella mattina erano particolarmente silenziosi ma non si trattava né di un silenzio teso né imbarazzato… anzi, si sentivano come se, entrambi, si fossero tolti un gran peso.
Miroku in particolare, quella mattina era estremamente sereno… era da tanti anni che non si era sfogato con qualcuno, parlando della sua infanzia…. Nemmeno con Kouga era mai capitato… allora perché con Sango? Bè, lui le aveva raccontato quelle cose per cercare di aiutarla ad affrontare quel giorno… sì, ma questo sarebbe stato possibile anche senza raccontarle tutta la sua storia… allora perché?
“Miroku…?” lo chiamò Sango, preoccupata nel vederlo così assorto… temeva che stesse ancora pensando alle cose che la sera prima le aveva raccontato….
“Uh? Ah, scusa Sango… hai detto qualcosa?” le domandò sorridendo lui e lei si tranquillizzò nel vederlo così rilassato
“No, non ho detto niente… è che ti ho visto con quell’espressione così seria… bè, ecco… pensavo che avessi qualche problema…” farfugliò imbarazzata. Il ragazzo sorrise a tanta dolcezza
“No, non ti preoccupare, non è successo niente… grazie per esserti preoccupata…” e le sorrise radioso, facendola imbarazzare ancora di più
“Oh, sarà meglio sbrigarsi o rischieremo di arrivare in ritardo…. Dopo chi lo sente mio padre…!” e affrettò il passo precedendo Sango
“Bè, allora? C’è qualcosa che non va?” le chiese Miroku vedendola esitare
“N- no è che… ecco… volevo sapere… tu… tu sarai lì mentre…” balbettò la ragazza rossa in viso facendo nuovamente sorridere il Cavaliere
“Vuoi dire durante la Cerimonia? Sì, anche Kouga… mio padre ci ha dato il permesso”. Quelle parole furono come una benedizione per Sango che si rilassò notevolmente. Sapeva che quella era la SUA prova, ma l’idea che lì, con lei, ci sarebbero stati anche Miroku e Kouga la tranquillizzò notevolmente.
Così, più sicura che mai, accelerò il passo eccitata per quello che tra poco le sarebbe accaduto. La paura e l’angoscia dei giorni prima erano completamente scomparse lasciando il posto a una grande frenesia e eccitazione che l’inebriavano completamente.
Attraverso alcuni tunnel a lei completamente sconosciuti – e che, senza la guida di Miroku, non avrebbe mai notato perché accuratamente nascosti – arrivarono presto all’ultimo piano della torre centrale del Palazzo, la più alta.
Davanti a un grande e altissimo portone in spesso e robusto legno di pino scuro, stavano il Governatore, Kouga e Mendion che li aspettavano.
Avvicinandosi a loro, Sango notò le strane incisioni che percorrevano la linea ricurva del portone…: lingua draconica.
“Buongiorno a tutti!” salutò allegro Miroku avvicinandosi ai tre
“Mh, sei arrivato puntuale…” rispose, invece, freddamente Takehiko.
La ragazza del Nord a sentire quelle parole dette con tanta freddezza, venne alla mente ciò che Miroku le aveva raccontato la sera prima, soprattutto del suo rapporto col padre…. Perché, ancora oggi, lo trattava così?
“È colpa mia se siamo arrivati all’ultimo momento…. Miroku è passato a prendermi molto in anticipo proprio per non fare tardi!” tentò di giustificare il loro arrivo solo in quel momento cercando di non far ricadere la colpa sul ragazzo dal codino il quale era rimasto sorpreso da quell’intervento. Ma poi ne capì il motivo… evidentemente Sango pensava che ci fosse rimasto per come il padre gli si era rivolto.
“Sango… non ti preoccupare, va tutto bene…” le sussurrò, sorridendole
“Sì, ma…” cercò di obiettare lei. Non riteneva giusto che lo incolpassero di qualcosa che non aveva fatto.
“Sango… davvero. Non c’è nessun problema” insistette lui, chiudendo il discorso
“Allora Sango… sei pronta?” le chiese, avvicinandosi, il nobile Takehiko
“Sì” rispose con fermezza lei. Ormai non aveva più incertezze, non aveva più paura
“Bene, allora andiamo. Miroku…” lo chiamò il padre
“Sì…” e il ragazzo si avvicinò al grande portone, fermandovisi davanti. Chiuse gli occhi e intrecciò le mani in diverse e particolari posizioni recitando uno strano tantra. Una debole luce azzurrognola cominciò a sprigionarsi da lui e poco dopo le porte, con un sordo cigolare, si aprirono lentamente.
Sango si trovò ad osservare un salone immenso e perfettamente circolare…la Sala del Destino.
“Forza entriamo… Miroku pensaci di tu a richiudere la porta…” disse il Governatore, mentre entrava con al suo fianco Sango che si guardava intorno meravigliata. All’interno del Palazzo aveva visto stanze davvero splendide, ma nessuna eguagliava quella.
Le pareti, perfettamente circolari, erano prive di finestre e, al loro posto, erano state costruite delle nicchie, intervallate da elaborate colonne in marmo derivato da Pietra di Luna bianca, nelle quali erano contenute maestose sculture raffiguranti Draghi delle varie specie. Un cornicione, sempre di marmo bianco, sormontava le nicchie, estendendosi per l’intera circonferenza… su questo, come nella porta, vi erano delle incisioni in alto rilievo, di colore nero, in lingua draconica.
Verso l’alto, la Sala, si chiudeva con una cupola dalla cui sommità proveniva la luce. Infatti la parte più alta della cupola era costituita da cristallo…l’unico punto che lasciasse trapelare la luce.
Il cono luminoso andava poi a illuminare la parte centrale della Sala, proiettandosi sul lungo altare che ivi era posizionato. Su questo erano state posizionate le varie uova di Drago per un totale di dieci: cinque, erano costituite dalle uova appena covate, appartenenti ad ogni tipo di specie, esclusa quella Oro; le altre cinque, erano costituite dalle uova che, covate da tempo, dovevano ancora schiudersi.
“Eccoci qui… - cominciò il Governatore – Come puoi vedere ci sono dieci uova. Come saprai già, cinque di queste devono ancora schiudersi nonostante siano state covate già da tempo mentre le altre sono, diciamo, ‘fresche ’.
Davanti a ogni uovo c’è scritto a quale specie appartiene: Acqua, Vento, Fuoco, Metallo e Terra. Devi cominciare la sfilata prima dalla parte delle cinque uova più vecchie e poi devi passare alle altre ovviamente se prima non si schiude una delle uova…. Spero sia tutto chiaro”.
“Sì…” confermò la ragazza un po’ tesa. Si girò lievemente, cercando lo sguardo di Miroku che l’osservava, sorridendole. Vedendola tesa, le si avvicinò, appoggiandole una mano sulla spalla, cercando di darle conforto
“Ricorda quello che ti ho detto ieri… andrà tutto bene, qualunque cosa succeda”
“Sì, hai ragione” rispose lei, rassicurata da quelle parole. Si diresse verso l’altare, salendo i tre piccoli grandini sui quali si innalzava. Lo affiancò dalla parte sinistra… la sfilata aveva inizio.
In totale, l’altare misurava in lunghezza due metri: lo affiancò per il primo metro, sfilando lentamente di fronte al primo gruppo di uova. Per concentrarsi meglio, chiuse gli occhi, dilatando la mente, cosa che in quei giorni aveva cominciato a imparare parlando con Varandir. Inspirò profondamente proseguendo con la sua sfilata.
Avanzò lentamente, ignorando di aver ormai superato il primo gruppo: ora mancavano le ultime cinque uova.
Fece alcuni passi quando, all’improvviso, venne completamente investita da una coscienza estranea che, con la sua intensità, le mozzò il fiato, immobilizzandola.
I tre alle sue spalle assistevano alla scena immobili, con il fiato sospeso.
- Sei tu… - una voce calda ma, allo stesso tempo, impalpabile, le accarezzò la mente
- Sei tu… - le ripeté, calma
- Sei tu… il mio Cavaliere… - Sango sollevò le palpebre mentre quella voce ancora le solleticava la mente. Guardò l’uovo che aveva davanti a sé… sì, era QUELLO.
- … E tu… - cominciò la ragazza - … Tu sei il mio Drago… - e nonappena disse quelle parole, l’uovo di color marrone screziato d’arancio che aveva davanti, cominciò a creparsi lentamente mentre lei guardava emozionata la nascita del SUO Drago…. Poco dopo, si trovò a fissare due piccoli occhi color dell’arancio che la guardavano con uno sguardo indecifrabile… tra il desiderio e il timore. Lei sorrise, mentre alcune lacrime scendevano dalle sue guance e si sporse in avanti, inginocchiandosi di fronte all’altare per trovarsi all’altezza del viso con il Drago.
“Finalmente… finalmente ci siamo incontrati…” e se lo porto al petto, accarezzando le sue ancora semi- rigide squame color legno lucente.
Lei un Cavaliere e il suo Drago di Terra.
I tre dietro di lei sorrisero compiaciuti, ammirando quell’ennesimo miracolo.
La ragazza si girò verso di loro sorridendo, guardando in particolare Miroku con espressione di gratitudine per averla aiutata a ritrovare il suo coraggio e la sua sicurezza.
Ora… qualunque cosa fosse successa… sarebbe comunque andato tutto bene.

[…]

“Il suo Drago è in perfetta forma! Uno splendido esemplare di Terra maschio! Complimenti e congratulazioni per la sua nomina di Cavaliere!”.
“La ringrazio dottore!”.
Come consuetudine, a seguito della Cerimonia della Scelta, il Drago da poco nato veniva sottoposto a una visita di controllo per assicurarne le condizioni fisiche.
“Bene! Sei contento piccolino?!”. Miroku aveva accompagnato la ragazza subito dopo aver nuovamente sigillato la Sala del Destino ed ora si ritrovava a giocherellare con il piccolo Drago il quale gradiva le carezze gentili del ragazzo.
“Andiamo Miroku?” gli chiese Sango, sorridendogli
“Certo…. Arrivederci dottore!”
“Arrivederci ragazzi!”.
I due uscirono dal piccolo ambulatorio, Sango con il nuovo venuto sulla spalla destra, anche se un po’ a fatica.
“Accidenti! È nato da poco ma mi sta a malapena sulla spalla!” si stupì la ragazza, mentre accarezzava gentilmente il suo Drago.
“Già… potrai portarlo così, a quel modo, solo per poco! Vedrai nel giro di poche settimane come crescerà!” disse entusiasta il ragazzo dal codino, giocando con la coda della creatura.
“Non ci posso ancora credere che sia successo! È stato incredibile…” disse sognante la ragazza del Nord, ricordando a mala pena quello che era esattamente successo
“Ti capisco… ricordo ancora la volta che successe a me…. Faccio ancora fatica a comprendere cosa accadde esattamente…!”
“E adesso? Per la Cerimonia della Nascita dovremo aspettare circa un mese, vero?” chiese poi Sango, curiosa di sapere quando si sarebbe tenuta esattamente la Cerimonia in cui sarebbe stata nominata Cavaliere ufficialmente
“Mh, credo che nel tuo caso la cosa andrà un po’ diversamente…. Penso proprio che mio padre deciderà di fissare la Cerimonia al massimo tra due settimane. Non sarà sufficiente perché il tuo Drago possa crescere il necessario, ma siamo in uno stato di emergenza e dobbiamo assolutamente liberare al più presto il principe Inuyasha… non abbiamo tempo da perdere. Comunque ti aveva già ipotizzato che per la missione ti avrebbero affidato uno dei Draghi veterani e credo proprio che così sarà”.
“Mh, capisco. In effetti è già passata più di una settimana e non possiamo ancora tardare…”.
“Già… spero solo che la nostra non si riveli una missione inutile…. Se il principe Inuyasha dovesse essere già morto correremo un grande rischio per niente…. Ma non c’è altro modo perciò dovremo agire al meglio. Per questo, durante queste settimane in cui dovremo attendere la prossima Cerimonia, dovrai allenarti a volare. Farò in modo che ti facciano fare gli allenamenti con lo stesso Drago che poi ti verrà affidato per la missione così sarà più facile…”
“Ti ringrazio…”
“Oh, eccoci qui, è questa”. I due, dopo essere usciti dall’ambulatorio, situato al piano terra del Palazzo, erano scesi al primo piano sotterraneo per raggiungere i nuovi appartamenti di Sango.
“Eh, questo è proprio il destino…! Le tue stanze non sono poi tanto lontano dalle mie, mia cara!” gioì Miroku
“Mmh… non è che hai torturato tuo padre con le tue asfissianti insistenze perché mi assegnassero questo appartamento?” ribatté, diffidente, la ragazza
“Accidenti, come siamo sospettosi! Però questa volta io non centro! Allora…l a chiave… ah, eccola!” disse il ragazzo dal codino, mentre estraeva da una delle tasche dei pantaloni una massiccia chiave in argento.
“Ecco a lei signorina! Questa è la sua nuova chiave”
“Grazie…. Solo che dovrò andare a prendere le mie cose dall’altro appartamento più tardi…” pensò ad alta voce lei
“No, no! È già tutto sistemato! Mio padre aveva già dato l’ordine di far portare qui le tue cose dopo che siamo usciti per andare alla Sala del Destino!”
“Certo che il nobile Takehiko era proprio convinto che sarei diventata un Cavaliere!” esclamò lei, mentre apriva la porta del suo nuovo appartamento, entrandovi insieme a Miroku e il suo Drago che teneva in braccio.
“Bè, anche io lo ero se è per questo…” sussurrò Miroku.
“Già… e ti devo ancora ringraziare per l’altra sera, Miroku…” gli disse, mettendoglisi di fronte.
“Forse, se tu non mi avessi detto tutte quelle cose, ieri sera, ora non avrei lui…” disse indicando il piccolo Drago che teneva tra le braccia e che ora la stava guardando con quei suoi occhietti color arancio lucente che si guardavano intorno curiosi e vispi.
“Sango… - le si avvicinò Miroku, posandole una mano sulla guancia – Io invece volevo chiederti scusa proprio per ieri sera…. Il mio intento era solo quello di poter, con le mie sole e misere parole, placare in parte le tue angosce…. Ma, al contrario, ti ho fatta preoccupare…. Mi dispiace…” le disse, guardandola negli occhi serio
“Non hai niente di cui scusarti… sono state proprio le tue parole a ridarmi la mia sicurezza. Io, a differenza di te, nonostante avessi perso la madre, avevo mio padre e mio fratello a darmi conforto e stabilità…. Ma trovandomi così lontana da loro ho cominciato a pensare che tutto il mio coraggio e la mia sicurezza derivassero dalla loro vicinanza mentre, da sola, non sarei stata in grado di fare niente…. Grazie alle tue parole ho capito in tempo che non è così, perciò ti ringrazio” lo guardò negli occhi e gli sorrise caldamente.
Miroku non resistette al suono di quelle parole e a quel sorriso e l’abbracciò.
E in quello non c’era malizia, ma solo gratitudine. Il pensiero di essere riuscito ad aiutare qualcuno lo riempiva di gioia.
“Ahia!” quel momento così bello, però, venne bruscamente interrotto
“Che è successo?” chiese sorpresa Sango, con le gote lievemente arrossate per l’imbarazzo del gesto del ragazzo
“A quanto pare abbiamo un Drago geloso!” esclamò Miroku mentre succhiava dall’indice della mano destra il sangue che fuoriusciva da due piccole punture lasciate dai canini ben affilati della piccola creatura.
“Come?” esclamò lei sorpresa, guardando il piccolo Drago che aveva tra le braccia il quale, a sua volta, guardava indispettito il Cavaliere dal codino.
“E- eh! Caro mio, c’ero io prima di te! – cominciò beffardo Miroku, avvicinandosi col viso alla creatura – Ma comunque vedremo chi di noi due conquisterà per primo la nostra bella neo – Cavaliere! Ora vi saluto, vado da Varandir!”.
“A- aspetta Miroku! Lascia che ti curi la ferita!” cercò di bloccarlo Sango
“No, non ce n’è bisogno! Non è niente!”
“Mi… dispiace per quello che è successo…. Se te ne vai per questo…”
“Ma no, che dici! Non me la sono presa, figurati! È solo che adesso è giusto che tu stia da sola col tuo Drago. Questa è una giornata speciale per voi due…. E poi Varandir mi ha fatto giurare che appena fosse terminata la Cerimonia sarei dovuto andare subito a riferirle quale Drago ti aveva scelto e sono anche in ritardo!”
“Ah, va bene allora…. Ci vediamo più tardi…?” gli chiese titubante
“Certo! Anche perché ti devo mostrare anche dove si trova l’appartamento del piccoletto!” rispose il ragazzo, prendendo in giro il draghetto, dalle cui narici uscì una nuvoletta di fumo grigiastra in segno di irritazione
“Passo più tardi di qui così ti accompagno, va bene?” le chiese conferma
“Va benissimo! A più tardi allora” accettò lei, salutandolo
“A dopo! Ciao scricciolo!” li salutò Miroku mentre il piccolo Drago di Sango sbuffava nuovamente.
“Certo che è proprio un campione nel far irritare la gente!” rise divertita la ragazza.
Si mise il piccolo Drago sulle spalle e cominciò a guardarsi intorno, esaminando la sua nuova ‘abitazione ’.
Come appartamento, era più piccolo rispetto a quello in cui in quei giorni era stata ma era altrettanto confortevole.
Ben illuminato, grazie a una serie di colorate lampade da terra e un grande lampadario appeso al soffitto, era costituito da due stanze comunicanti: quella da letto e il salottino in cui si trovava lei ora.
Questo aveva un perimetro circolare, arredato con gusto ma estremamente semplice; diversi e colorati tappeti contribuivano a dare luminosità alla stanza mentre un caminetto e alcune stufe diffondevano calore. Queste ultime, presenti in tutte le stanze all’interno del Palazzo, erano collegate ad un’unica centralina, regolata in modo tale da distribuire in maniera equa il calore all’interno.
La camera da letto, invece, era di forma quadrangolare ma altrettanto bella e luminosa. Come l’altra era estremamente semplice e confortevole, con un grande letto matrimoniale sul quale erano adagiati numerosi e coloratissimi cuscini che, comunque, era sparsi un po’ per tutta la camera. Ma quello che colpì la sua attenzione fu un grande mazzo di bellissimi e profumatissimi fiori posato sul letto…una particolare specie di gigli bianchi che crescevano sulle Montagne della Luna e che fiorivano tutto l’anno, anche durante le Grandi Nevi.
Si avvicinò e lo prese in mano, annusandone la delicata fragranza. Dal mazzo cadde una piccola busta sulla quale vi era scritto ‘Per Sango ’. La girò, per vedere se vi era il mittente ma non vi era scritto nulla; l’aprì, curiosa di sapere il contenuto del messaggio e il possibile mandante. Estrasse un piccolo fogliettino sul quale erano scritte poche parole: ‘ Congratulazioni per il tuo ingresso nei Cavalieri…. Da oggi in poi avrai l’occasione di poter lavorare a fianco di uomo affascinante come il sottoscritto e vedremo per quanto riuscirai a resistermi…!
I miei omaggi
Miroku ’
. Sorrise divertita. Chi altri poteva essere il mittente se non lui? Adocchiò un vaso in vetro colorato posato sopra una mensola e vi mise accuratamente i fiori.
“Staremo bene qui… che ne dici?” chiese allegra la ragazza, rivolgendosi al suo Drago che la guardava curioso
“Sì… staremo bene…”.

FINE 8° CAPITOLO.

Eccoci qua…! Allora? Mah…io, permanete, non so come descrivere questo capitolo…. Però la parte di cui sono più soddisfatta è quella riguardante Miroku e la sua infanzia…. Quando ho pensato alla scaletta generale del capitolo non mi era passata neanche lontanamente l’idea di scrivere cose simili…e tutt’ora mi chiedo da dove siano venute fuori (…bè…un’idea ce l’ho, ma è meglio lasciare perdere…).
Certo, come capitolo ha anche la sua importanza visto che, finalmente, anche Sango ha incontrato il suo Drago. Mi dispiace deludere chi prevedeva di vederla insieme a un Drago di Fuoco ma quello lo vedremo destinato a qualcun altro – e credo abbiate capito di chi parlo….
Ma questo non vuol dire che si è trattata di una scelta obbligata, anzi, quando ho dovuto assegnare ai vari personaggi le diverse specie di Draghi, quella di affidarne uno di Terra a Sango è stata quasi immediata. E questo perché mi sembra l’ideale per lei, così legata al proprio Paese e alla propria gente cosa riscontrabile, a mio avviso, anche nel manga – seppur in maniere meno palpabile.Spero, comunque, che non ci siate rimasti troppo male.
Per il resto, mi rendo conto che avevo promesso che da questo capitolo le cose si sarebbero smosse – bè, qualcosa si è smosso… - ma, come sempre, tra una cosa e l’altra non ce l’ho fatta. Anzi, addirittura, in questo capitolo, mi sembra di essere stata anche troppo…come dire…frettolosa. Purtroppo non sono una professionista e spero che quello che faccio vi basti, in qualche modo.
Visto che non sono stata molto di parola, per il prossimo capitolo non faccio previsioni, vi chiedo solo di avere un po’ di pazienza e augurandomi, come sempre, di non annoiarvi troppo.
Spero in vostri commenti, ci vediamo il prossimo lunedì,
baci ka_chan

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Capitolo 9
*** cap9 “LA RINASCITA” ***


Konnichiwa a tutti cari lettori!!! Questa introduzione sarà praticamente solo per voi, visto che mi avete reso immensamente felice! Per lo scorso capitolo avete commentato davvero in tanti – o, almeno, più del solito! – perciò sono molto contenta…!
E spero che questo capitolo – che ho scritto con gran foga, animata dai vostri bellissimi commenti! – basti come ringraziamento…!
Perciò ringrazio: Vale_chAn, Naiike e Lorimhar (wow ha commentato un altro ragazzo, sono troppo felice!E poi non uno ma ben DUE commenti ed entrambi bellissimi! Thanks... ) che sono delle new entry + Mao-chan91, la mia più fedele commentatrice cri-chan, Elychan, Hikari_Takahishi87 (spero che il titolo di questo cap. ti piaccia…!), Mech – altra fedelissima che, dopo essere tornata da Parigi si è fiondata a leggere la mia ff…grazie mille!! - e Cabiria. Grazie, grazie mille a tutti voi e anche a quelli che leggono semplicemente.
Bene, allora non aggiungo altro perché voglio che leggiate subito questo 9° capitolo! Grazie ancora a tutti e buona lettura!!

9° CAPITOLO “LA RINASCITA”

“Sango! Sango!”.
Eldoras, palestra del Palazzo Reale.
Dal fatidico giorno in cui anche Sango era stata scelta dal suo Drago erano passate circa due settimane.
E da quel giorno la ragazza si era estenuamente allenata in vista di una imminente e importantissima missione: il recupero del principe Inuyasha.
Perciò, anche quel giorno, che, inoltre, era anche il giorno in cui si sarebbe tenuta la sua Cerimonia della Nascita, si era recata nella grande palestra dove, per tutti quei giorni, si era allenata a volare con uno dei Draghi veterani, uno splendido Drago di Terra affidatole sia per gli allenamenti che per la missione, sotto le raccomandazioni di Miroku.
“Arrivo Miroku!” esclamò la ragazza del Nord, vedendolo mentre sbracciava per farsi notare dal momento che, visto che stava volando, non l’aveva visto.
In pochi giorni, con sorpresa un po’ di tutti, Sango aveva quasi perfettamente appreso l’arte del volo, già difficoltosa quando si aveva a che fare con il proprio Drago e ancora di più quando si doveva cavalcare un Drago veterano. Ma, appunto, la ragazza se l’era cavata più che alla grande avendo dovuto imparare il tutto in sole due settimane.
Il Drago affidatole si chiamava Theodor, uno splendido esemplare maschio di Terra, forte e abilissimo nelle arti magiche… peccato che avesse un carattere al quanto rigido. Caratteristica, però, abbastanza comune in tutti i Draghi che raggiungevano quelle età – Theodor era al termine della V tappa dove il Drago è adulto – ma soprattutto in quelli che avevano perso il proprio Cavaliere. Erano disponibili nel rendersi utili per le diverse necessità ma si limitavano a questo.
“Bene Theodor, cerchiamo di atterrare come si deve” sussurrò la ragazza al Drago, cercando di mantenere il controllo su questo il più possibile.
Si irrigidì, impugnando saldamente le briglie della sella e tirandole lievemente di lato per dargli la direzione. Il Drago si inclinò, gonfiando le ali per poter così cominciare a planare. Sango lo guidò con le briglie mentre la creatura rallentava fino ad atterrare con leggerezza sul pavimento.
Ce l’aveva fatta.
Non voleva fare figuracce proprio davanti a Miroku.
Il ragazzo in questione le venne incontro, sorridendo
“I miei complimenti! Un atterraggio perfetto! Mi sorprendo di come tu sia stata capace di raggiungere un simile livello in così pochi giorni! Quando dovrai cominciare a volare con il tuo draghetto sarà un gioco da ragazzi!” si complimentò lui, aiutandola a togliere le imbracature e la sella al Drago
“Grazie dei complimenti… anche se non sono così brava…” si lamentò lei, ricordandosi di quando aveva visto Miroku volare con Varandir, per non parlare di Kouga e Slyfer che, a vederli, era uno spettacolo.
“Non cominciare col mettere il muso! – la rimbrottò affettuosamente il ragazzo dal codino – Hai cominciato a volare da due settimane appena, con un Drago veterano per giunta e ti lamenti dei tuoi risultati che sono a dir poco straordinari? Devi avere qualche problema allora…!” le disse scherzosamente
“Mmh… e va bene, grazie allora!” sorrise lei, convinta dalle sue parole.
“Oh, bene, così mi piaci! Parlando d’altro… - cominciò poi più serio – Mio padre mi ha avvertito che, dopo la Cerimonia, ci deve parlare a proposito di domani…”
“Mh. Vorrà darci le varie indicazioni a proposito della missione…” rifletté, leggermente preoccupata, Sango
“Già… mi spiace che non ci lasci qualche giorno ma lo capisco… non possiamo rimandare oltre…”
“Certo. Vedrai, sarò all’altezza”
“Non ho mai dubitato di questo…” rispose lui, facendola arrossire lievemente
“Forza, adesso andiamo. Ti devi preparare per la Cerimonia…. Te l’hanno portata la divisa, vero?” le chiese il Cavaliere mentre finiva di sistemare la sella che aveva in mano al suo posto.
“Sì, me l’ha data ieri Doroty. È davvero bella…. E, inoltre, è da apprezzare che le divise siano uguali… sia per gli uomini che per le donne…”
“Sono state disegnate secondo ordine del fondatore della città… per la parità dei sessi…. Solo che mi sarebbe piaciuto di più vedere le tue belle gambe risaltate da una gonna…!” sospirò sconsolato Miroku
“Tsk, sei il solito porco!” constatò stizzita lei, accelerando il passo e lasciandolo indietro
“E- ehi Sango aspettami!!”.

[…]

Sala del Destino. Anche la Cerimonia della Nascita, come quella della Scelta, si sarebbe svolta qui.
Questa volta furono Sango e Miroku ad arrivare per primi, ed ora aspettavano pazienti davanti all’ingresso l’arrivo del Governatore, di Mendion e, infine, Kouga.
Sia Sango che Miroku indossavano la divisa dei Cavalieri mentre la ragazza teneva, trepidante, tra le braccia il suo piccolo Drago.
Quest’ultimo, in quei pochi giorni che erano passati da quando aveva fatto capolino dal suo uovo, aveva affilato le sue capacità mentali, seppur ancora leggermente latenti, ed ora riusciva tranquillamente a parlare con Sango, anche solo tramite immagini mentali.
Per quei primi giorni, visto che le sue dimensioni erano ancora relativamente piccole, soggiornava nell’appartamento della ragazza non volendo staccarsi da lei nemmeno per pochi secondi – e la cosa era reciproca.
Inoltre, la piccola creatura, si era rivelata estremamente gelosa nei confronti del proprio non ancora Cavaliere – almeno ufficialmente – e molto ostile nei confronti di Miroku che aveva classificato come ‘pericolo ’.
“Ma guarda un po’ che draghetto appiccicoso!” lo schernì Miroku
“Ehi! Lascialo stare!” lo difese subito Sango facendo intristire il ragazzo che, diciamo, aveva perso il ‘primato ’.
“Ah, siete già qui, bene” li raggiunse la voce profonda del nobile Takehiko, accompagnato da Mendion e Kouga il quale raggiunse per primo i due amici.
“Miroku, Sango… ciao anche a te piccolino!” disse l’ ookami Youkai, coccolando la piccola creatura che gradì molto.
“Bha, ma tu guarda! Come mai fai l’antipatico solo con me?” si lamentò il ragazzo dal codino, guardando dritto negli occhi il Drago il quale sbuffò qualche nuvoletta di fumo.
“Forza Miroku, non perdiamo altro tempo” lo riprese il padre. Per non far nascere alcun battibecco, si avvicinò silenziosamente al grande portone della Sala e, così come aveva fatto la volta precedente, si concentrò e, con una serie di incantesimi, l’aprì.
La Cerimonia della Nascita, rispetto a quella della Scelta e quella dell’Iniziazione, era la più breve ma ugualmente importante perché si rendeva ufficiale l’investitura a Cavaliere nonché il legame tra questo e il Drago che veniva ‘battezzato ’.
Come spiegò il Governatore, la Cerimonia consisteva nel riconoscere, da parte di quest’ultimo – in realtà l’occuparsi delle Cerimonie spettava al Re ma, vistone l’assenza, se ne occupava chi, in quel periodo, rivestiva la carica di Governatore – il Cavaliere come tale tramite una serie di semplici giuramenti.
Così, il nobile Takehiko e Sango si avvicinarono all’altare dove, brevemente, fecero questi passaggi.
In seguito fu il turno del piccolo Drago. Sango, sotto ordine del Governatore, lo posò sull’altare al centro della Sala aspettando istruzioni.
“Bene. Ora ti chiederò qual è il nome del Drago che ti ha scelta e che ti affiancherà nella tua missione di Cavaliere. Dopo ciò lo dovrai immergere nella vasca che vedi lì davanti a te mentre io reciterò il testo prefissato per quest’evento. Tutto chiaro?”. La ragazza annuì e si avvicinò al Drago.
“Questo è Sieg, Drago di Terra, colui che mi ha scelta come suo Cavaliere...”. Sango pronunciò quelle parole scandendole e con una certa commozione ma, soprattutto, felicità. Finalmente avrebbe potuto chiamare il suo Drago per nome di fronte a tutti.
“Bene, ora immergilo in quella vasca…”
“Cos’è… acqua?” chiese perplessa la ragazza mentre prendeva fra le braccia il piccolo Sieg, avvicinandolo alla tinozza
“Non proprio… è acqua proveniente dalle terre dei Draghi, viene usata da generazioni appositamente per questa cerimonia…. Ora procedi” le ordinò, mentre lui cominciava a recitare diverse preghiere e auguri prefissati per la Cerimonia.
Il piccolo Drago fece qualche capriccio mentre Sango cercava di immergerlo all’interno della vasca, ma subito cominciò a sguazzarvi divertito facendo sorridere la ragazza.
Dopo poco anche Takehiko finì col recitare il testo della Cerimonia e riferì a Sango che avevano concluso e che poteva asciugare il draghetto.
Miroku e Kouga raggiunsero la ragazza per complimentarsi con lei e per darle il loro ufficiale benvenuto all’interno della Milizia del Dragone.
“E così siamo diventati dei ‘soldati ’ eh, piccolo Sieg?!” gli disse sghignazzando Miroku mentre lo infastidiva tirandogli lievemente la coda
“Non ascoltarlo Sieg, è solo invidioso perché adesso le attenzioni di Sango sono solo per te!” intervenì ironico Kouga che andò a colpire in pieno, facendo arrossire Miroku… ma non solo lui, anche le guance di Sango si erano tinte di rosso avendo colto l’insinuazione dello Youkai… lei… aveva dato delle attenzioni a Miroku?!
Approfittando della distrazione del Cavaliere, il piccolo Sieg diede un morso alla mano di Miroku prendendosi la sua vendetta.
“Ahia!! Accidenti, sei proprio dispettoso tu!”. I due si fissarono con sguardi fiammeggianti, ma poi Miroku decise di sfruttare la situazione a suo favore… in fondo era già successo….
“Sango, Sango, Sieg mi ha dato un morso! Ma sono sicuro che con un bacio non sentirò più dolore…!” le disse languido – con due lacrimuccie da coccodrillo a perfezionare la sua performance – mentre le si avvicinava pericolosamente
“Oh, Miroku – cominciò dolce la ragazza – Ti sta solo bene!!! Lo infastidisci sempre, è naturale che ti morda!” gli sbraitò contro, infuriata, mentre gli voltava le spalle per andarsene con il suo Sieg, che, intanto, guardava il Cavaliere, per così dire ‘scaricato ’, con soddisfazione.
“Ragazzi, venite. Rechiamoci nel mio studio” l’ordine imperiale del Governatore li raggiunse e i tre – con più Sieg – lasciarono la Sala insieme a Takehiko e Mendion.

“Domani mattina, all’alba, partirete”. Schietto e conciso, l’ordine del nobile Takehiko raggiunse le loro orecchie bloccandoli.
Avevano immaginato che sarebbero dovuti partire domani… ma saperlo con certezza era un’altra cosa.
“So di chiedervi molto con questa partenza affrettata ma non c’è più tempo. Da oggi in poi dobbiamo muoverci con la massima rapidità”. Il Governatore soffermò lo sguardo sul figlio, che vedeva concentrato su chissà quale pensiero.
“Come dobbiamo muoverci di preciso?” trasalì, poi, con voce atona Miroku “Dove ci dobbiamo dirigere? Visto la difficoltà e l’importanza del nostro compito, non possiamo muoverci a casaccio rischiando di farci scoprire”.
- Sempre il solito freddo calcolatore – pensò soddisfatto il padre del ragazzo. In quei frangenti, quando si doveva discutere di cose di importanza continentale, stentava lui stesso a riconoscerlo.
“Proprio di questo volevo parlarvi. Mendion, prendi la cartina…”. Il Ministro della Difesa obbedì, dirigendosi verso la libreria che affiancava il muro, prendendo tra le mani una cartina.
Si avvicinò alla grande scrivania e srotolò il grande foglio color ocra. Su questo vi era disegnata nei minimi dettagli il Continente delle Tre Terre. Oltre a questa, distese sul piano anche un’altra cartina sulla quale vi era illustrata il particolare della Shima no Nanimo, l’Isola del Nulla.
“Come potete vedere, per nostra fortuna, la Shima no Nanimo ha piccole dimensioni. Grazie a delle informazioni che siamo riusciti ad avere, seppur a caro prezzo, sappiamo di preciso dove si trova la prigione in cui è stato rinchiuso il principe Inuyasha” e indicò la parte sud – est dell’isola dove già vi era indicato il punto in cui si sarebbero dovuti dirigere.
“Allora questo Inuyasha è vivo…” constatò Miroku mentre guardava interessato la carina
“In teoria dovrebbe esserlo…. Deve esserlo, altrimenti sarà tutto inutile”
“Lo sarà – lo rassicurò il figlio – Vedrai, lo riporteremo qui ad Eldoras…. Il Consiglio delle Tre Terre rinascerà”.
Tutti i presenti sorrisero a quelle parole, incoraggiati da quella previsione e ammirando la forza d’animo del Cavaliere, capace di trascinare e incoraggiare chi gli stava intorno.
“Giusto! – esclamò il Governatore – Allora domani partirete alla volta della Shima no Nanimo”.


Quella notte nessuno chiuse occhio, indaffarato nei preparativi del giorno dopo. O, almeno, quasi tutti, visto che il nostro Miroku non poté fare a meno di dormire almeno qualche ora.
Preparati e sellati i Draghi, i due Cavalieri, Miroku e Sango, erano pronti per affrontare una delle missioni più pericolose e importanti che avessero mai affrontato. Si sarebbe potuto aggiungere anche insolite, visto che non era cosa di tutti i giorni far evadere di prigione un principe, soprattutto se questo era il Principe del Regno del Sud.
Era ancora buio, e i due, nelle loro divise nere, si confondevano quasi nel paesaggio notturno.
Il ragazzo dal codino sbadigliò. Odiava svegliarsi presto. Sango, invece, lo guardò severa, come a volerlo ammonire per il suo comportamento così… così… spensierato.
Ma, in realtà, le faceva una grande invidia. Lei era agitatissima.
Non era di certo la prima volta che doveva affrontare una missione ma ora era diverso. Ora era un Cavaliere, doveva combattere con un Drago.
Finora si era trovata a fare questo genere di cose da sola, senza la collaborazione e l’appoggio di qualcun altro. Adesso, invece, doveva fare affidamento sui poteri di un’altra creatura e non sapeva se era in grado di gestirli.
- Accidenti! Devo smetterla di pensare a certe cose e soprattutto prima di un’ imminente battaglia! – si rimproverò, cercando di riappropriarsi della sua abituale sicurezza.
“Bene, vedo che siete già pronti” il nobile Takehiko si avvicinò loro, dandogli le ultime raccomandazioni
“La missione che vi ho affidato è di vitale importanza… - cominciò greve, guardandoli alternativamente – Ma non voglio che rischiate le vostre vite…. Almeno se non strettamente necessario” concluse, questa volta soffermandosi sullo sguardo rilassato del figlio.
“Staremo attenti, papà. E, vedrai, non abbiamo certo intenzione di morire così giovani, vero?!” rispose allegro, rivolgendosi anche a Sango.
“Ovviamente” sorrise anche lei, mostrando sicurezza.
“Bene allora. State attenti e portateci il principe Inuyasha” affermò fiero salutandoli, cercando di nascondere la sua apprensione.
“Vi prego… - sbottò poi Miroku – Niente addii o saluti strappalacrime. Ci rivedremo, è una promessa” disse fermo, guardando il padre, Mendion e Kouga. Varandir ruggì lievemente.
“Fhe! E chi ti voleva salutare?! Anzi, è meglio se ti sbrighi così ci privi della tua irritante presenza!” ghignò Kouga, avendo compreso e approvando la richiesta dell’amico. Si sarebbero di certo rivisti.
“Ne riparleremo al mio ritorno di questo, Kouga…!” lo avvertì minaccioso Miroku, salendo velocemente sul dorso della sua fedele Varandir.
Per Sango, invece, l’ora dei saluti fu più difficile…. Ovviamente perché troppo piccolo, non poteva portare con sé il suo piccolo e adorabile Sieg.
“Allora, piccolino…. Per qualche giorno dovremo separarci ma ti assicuro che tornerò presto… molto presto” gli sussurrò, guardandolo in quei caldi occhi arancio.
- Ti aspetterò…. So che manterrai la tua promessa – le disse, sfiorandole la mente. Le sarebbe mancata e sarebbe stato in pena in quei giorni, ma era un Drago e avrebbe sopportato.
Spostò il suo sguardo su Miroku, osservandolo mentre accarezzava amorevole le dure squame della sua Varandir.
- Chi temo di più è lui… - sussurrò, catturando l’attenzione di Sango che, finché non volse anche lei lo sguardo sul ragazzo, non aveva compreso quelle parole – Ma sono sicuro che ti proteggerà a costo della vita…. Ma spero non ce ne sarà bisogno – sospirò, cercando però di mantenere un certo contegno.
Sango gli sorrise, stringendolo poi tra le braccia, salutandolo.
Senza voltarsi indietro, salì con agilità sul dragone Theodor e, aspettando un cenno di Miroku, si misero in volo.
Gli altri, da terra, li videro allontanarsi in pochi minuti, scomparendo alla loro vista mentre si confondevano con il manto blu scuro del cielo notturno.

“Dobbiamo continuare a procedere in direzione ovest… dovremmo arrivare entro domani mattina…”.
I due Cavalieri proseguivano nel loro viaggio, ormai cominciato che da poche ore.
Il freddo pungente li stava accompagnando da quando avevano lasciato un’ Eldoras ancora immersa nel buio, dormiente, e non accennava a lasciarli.
Sango rabbrividì mentre il pesante mantello color nero le svolazzava intorno, avvolgendola.
“Ci fermeremo per la notte?” chiese, quasi urlando, perché la sua voce raggiungesse Miroku. Era estremamente difficile comunicare in volo.
- Non lo so. Dipende da quante leghe riusciremo a coprire nelle ore di luce... - la voce del ragazzo le solleticò la mente, lasciandola per qualche istante disorientata.
“Mi…Miroku?” esclamò, ad alta voce
- Già… se ti sforzi e dilati la mente, dovremmo riuscire a comunicare…. Visto che sei una ‘principiante ’, probabilmente ti affaticherai, ma non dovrebbero esserci troppi problemi… - la ragazza raccolse il tacito invito a provare a comunicare con lui telepaticamente. Perciò, cercò di rilassarsi e di dilatare la mente il più possibile. Cosa che, ultimamente, era migliorata nel fare grazie alle continue chiacchierate con il suo Sieg.
- Mi… mi senti? – gli chiese, raggiungendolo, mentre alcune gocce di sudore le bagnavano la fronte per lo sforzo.
- Forte e chiaro… tutto bene? – le chiese lui di rimando, visto che, giratosi, la vedeva affaticata.
- È… è più difficile di quanto pensassi… - sussurrò lei con fatica, vista la difficoltà di formulare pensieri compiuti e mantenere il contatto contemporaneamente
- Lo so… imparerai col tempo…. Con i Draghi è più facile grazie ai loro poteri innati. Tra Cavalieri è più complicato –
- Comunque… credo che questa notte sarebbe meglio non fermarsi… se riuscissimo ad arrivare verso l’alba potremmo coglierli più di sorpresa… - propose Sango, aspettando la risposta del ragazzo che non tardò ad arrivare
- Lo penso anche io… ma non l’ho proposto perché non volevo che ti sentissi costretta… non vorrei che ti affaticassi troppo. Non è poi così rilassare compiere un lungo viaggio a bordo di un Drago… - sembrava che si lamentasse più per se stesso che per la ragazza.
- Miroku questa è una missione importantissima. Non possiamo preoccuparci di essere stanchi o meno – lo rimbrottò lei
- Sì, hai ragione. Allora acceleriamo, sperando di arrivare per le prime ore del mattino - .
Sango si limitò ad annuire, rilassando nuovamente la mente stanca per lo sforzo che le aveva provocato quella breve conversazione. Avrebbe dovuto allenarsi ancora molto.
Entrambi i Cavalieri raggiunsero poi la mente dei due Draghi, spronandoli ad aumentare la velocità.
Le due creature gonfiarono le ali come a voler raccogliere le folate di vento, per poi irrigidirle fino allo spasmo, lasciandole immobili in balia della corrente.
Il manto scuro del cielo notturno aveva lasciato intanto spazio all’alba, con i tipici colori tenui del mattino a illuminare l’orizzonte mentre le dure squame dei due Draghi luccicavano sotto i deboli raggi del sole nascente.
L’alba successiva non sarebbe stata così tranquilla.

A molte leghe da lì, stava il punto d’arrivo della loro missione.
Nella piccola prigione personale del principe Inuyasha vi erano alcuni youkai ignari di quello che di lì a qualche ora sarebbe accaduto.
E, tra quelli che non avrebbero mai sospettato di quello che stava per avvenire vi era la persona per cui era stato organizzato tutto questo.
Inuyasha, infatti, aveva ben altro a cui pensare… come la fame.
Sapeva che sarebbe stata dura, ma non così.
Guardò la brocca posata all’angolo della cella. Le si avvicinò, la prese con le mani tremanti e se la portò alla bocca.
Niente. Nemmeno una goccia.
Infuriato la gettò malamente contro la parete di fredda pietra guardandola andare in pezzi.
“Che diavolo è successo?!” sbraitò una voce all’esterno.
L’ Hanyou non vi fece nemmeno caso e sbuffò.
Che vergogna. Non credeva che ci si potesse sentire umiliati in quel modo.
Serrò gli occhi quando ebbe un forte capogiro. Un altro.
Nell’arco di poche settimane si era indebolito notevolmente. Lo stomaco non faceva altro che dolergli mentre il fetore della sua cella, che, in quegli anni, aveva imparato a sopportare, gli procurava continui conati di vomito.
Non poteva più sopportarlo. Come non poteva più sopportare le grasse risate dei suoi carcerieri che aspettavano la sua morte come avvoltoi famelici.
E più il sentimento della vendetta lo riempiva, più una reale rivincita sembrava allontanarsi, diventando un’utopia.
- Maledizione!!! – sbraitò mentalmente – Come diavolo posso uscire di qui?!? Ci dev’essere un modo!! – puntò lo sguardo verso l’alta finestra che lo sovrastava, osservando i primi raggi del sole mattutino.
Quanto avrebbe voluto vedere un’alba almeno una volta….
Ormai i tramonti e le albe erano per lui dei semplici sogni che lo accompagnavano durante il sonno.
Possibile che non ci fosse alcuna soluzione? Sarebbe davvero morto lì dentro come un miserabile? Condannato per colpe mai commesse?
No, mai. Non poteva permetterlo.
Si accostò maggiormente alla fredda parete e chiuse gli occhi.
Cosa che ormai faceva per tutto il giorno, cercò di addormentarsi. Da sveglio sprecava solo energie. Preziose energie che non poteva sprecare senza trovare alcuna soluzione ai suoi problemi.
Fortunatamente Morfeo lo accolse presto nel suo mondo idillico, facendogli ignorare la fame e la sete che lo attanagliavano, rilassandolo, dimentico del mondo.

[...]

Un forte boato interruppe il suo lungo sonno, che lo aveva avvolto per quasi tutto il giorno.
Spaesato, guardò la finestra dalla quale non penetrava più la debole luce dell’alba. Non sembrava notte fonda, ma il cielo era comunque ancora lievemente scuro.
Un gran vociare attirò la sua attenzione e, seppur a fatica, si avvicinò alla spessa porta in metallo, avvicinando l’orecchio sulla sua superficie per sentire meglio.
“Sbrigatevi voi! Siamo stati attaccati!!!”.

“Eccoci in vista della prigione!”.
Qualche momento prima, questo urlava Miroku alla compagna Sango che, aguzzando la vista, poté anche lei vedere, sotto di loro, il piccolo edificio indicato loro da Mendion.
“Bene… - cominciò con sguardo soddisfatto il ragazzo – Siamo arrivati al dunque. È ora di agire” disse sicuro guardando la ragazza
“Andiamo!” assentì sicura anche lei.
Strinsero più saldamente le briglie dei due Draghi che, in pochi istanti, erano già partiti in picchiata verso la prigione.
Mentre si avvicinavano le due creature cominciarono a inspirare, trattenendo qualche secondo l’ossigeno per poi convertirlo, in pochissimi secondi, in potenti fiammate che, lanciate contemporaneamente, provocarono un’enorme esplosione.
Nell’attacco, i Cavalieri riuscirono ad eliminare le poche guardie youkai appostate all’esterno che, fortunatamente, non erano sparpagliate intorno all’edificio.
Sango e Miroku scesero velocemente dai due Draghi, impugnando le loro armi per affrontare gli altri Demoni che non tardarono ad arrivare.
La maggior parte di essi si diresse verso i due Draghi, gli avversari più temibili e più difficili da sconfiggere.
Come avevano immaginato prima di partire, nella zona vi era un numero esiguo di Youkai che, però, andavano eliminati tutti.
Ai primi demoni sconfitti Miroku si avvicinò alla ragazza per avvertirla di qualcosa “Sango dobbiamo andare a cercare il principe Inuyasha! Varandir e Theodor ci copriranno!” e i due si gettarono di corsa verso l’interno dell’edificio falciando Demoni su Demoni grazie, soprattutto, al grande Hiraikotsu che vorticava frenetico portando via con sé vite su vite.
Fortunatamente non vi erano molte stanze all’interno e i due si diressero verso l’unico corridoio presente e che portava direttamente nei sotterranei. Varandir e Theodor bloccavano l’ingresso, eliminando chiunque avrebbe provato a passarvi.
“Ehi, c’è nessuno?!?” urlò frenetico Miroku. Dovevano fare nel minor tempo possibile.
Inuyasha sentì quel richiamo improvviso, da una voce mai udita prima.
“S- sono qui!” esclamò con tutto il fiato che aveva in gola mentre la sua voce risultava roca e debole.
Nonostante il gran chiasso, i due Cavalieri udirono quella debole risposta e si diressero verso la cella del mezzo- demone.
Miroku cercò di buttar giù la porta con un potente calcio che, però, servì a poco.
Quindi si concentrò per pochi momenti e, puntando la mano contro la serratura della porta in ferro, recitò un breve incantesimo che fece scattare il meccanismo della serratura con un click sordo.
Spalancò violentemente la porta, vagando poi con lo sguardo all’interno della cella fino a incontrare gli occhi sgranati di Inuyasha.
“Non c’è tempo per le spiegazioni. Siamo qui per liberarti” gli disse frettoloso, ma con un sorriso sulle labbra per rassicurarlo. Gli si avvicinò e gli circondò il torace con un braccio, sollevandolo.
“Sango, aiutalo tu” disse il ragazzo dal codino, avvicinando l’ hanyou alla ragazza
“Io vi precedo e vado a vedere com’è la situazione là fuori. Non dobbiamo risparmiare nessuno” e corse via mentre la ragazza, reggendo un confuso Inuyasha, lo seguiva. Salite le scale e arrivati nei pressi dell’ingresso il mezzo- demone la bloccò brusco
“La mia Tessaiga! Devo prendere Tessaiga!!” sbraitò, cercando di divincolarsi dalla stretta di Sango
“Di che parli?! Non abbiamo tempo!” tentò lei di trattenerlo
“La mai spada! La devo riprendere, non posso lasciarla qui!!” urlò disperato, guardandola con uno sguardo altrettanto esasperato. Il Cavaliere non poté far altro che annuire
“Di qua – le indicò lui – dovrebbe esserci un’armeria. Sono sicuro che l’hanno messa lì” e i due si diressero velocemente verso una piccola stanza che trovarono piena d’armi.
“Qual è tra queste?” chiese Sango, facendo sedere per terra Inuyasha che, fortemente indebolito, non riusciva a reggersi in piedi
“Diavolo! Ma quanta roba hanno qua dentro?!?” sbraitò lui mentre vorticava con lo sguardo in cerca della sua katana
“Eccola!! È lì, appesa a quella rastrelliera!” esclamò con foga, puntando col dito la grande rastrelliera che percorreva la parete che avevano di fronte
“Questa?” chiese conferma Sango, mentre prendeva in mano una spada dal manico consumato
“Sì quella! Muoviamoci ora!” disse mentre cercava di mettersi in ginocchio per alzarsi. La ragazza lo raggiunse velocemente e, sostenendolo, si diressero frettolosi verso l’ingresso ancora bloccato dai due Draghi che tra le loro efficaci fiamme e le loro potenti fauci stavano eliminando un gran numero di demoni.
Lo stesso Miroku che, macchiato di sangue sia sul viso che sui vestiti, faceva cadere sotto di sé Demoni su Demoni grazie sia ai suoi colpi di spada che ai suoi potenti incantesimi. “Miroku!!” lo richiamò Sango, facendolo voltare.
Vedendoli, il ragazzo annuì mentre eliminava un altro Youkai.
Si guardò intorno: ce n’erano ancora sette.
“Caricalo su Varandir! A questi ultimi ci pensiamo io e Theodor!!” le ordinò secco mentre si lanciava nuovamente all’attacco.
Varandir, udite le parole del suo Cavaliere, lanciò un’ultima fiammata dirigendosi poi verso Sango e un’ Inuyasha meravigliato nel trovarsi di fronte a due Draghi.
“Presto! Avrai tutto il tempo per rimanere a bocca aperta!” lo spronò la ragazza, avvicinandolo al Drago e aiutandolo a issarlo sulla sella di quest’ultimo.
Si voltò verso Miroku, controllando che andasse tutto bene. Il ragazzo combatteva con una furia senza pari, lanciando i suoi potentissimi incantesimi a destra e a manca. La ragazza rimase stupita. Non sapeva che Miroku avesse una tale padronanza della Magia.
Attirò nuovamente la sua attenzione e il ragazzo vide che erano pronti. Con un ultimo fendente uccise un altro Demone. Ansimando si guardò intorno per rendersi conto della situazione quando un dolore lancinante lo investì alla schiena. Uno Youkai gli si era avvicinato mentre era impegnato nel finire un altro demone. Riuscì a parare un secondo colpo ansimando fortemente mentre il sangue usciva copioso dalla ferita.
“Miroku!!” esclamò allarmata la ragazza del Nord nel vedere il compagno ferito. Stava per lanciare il suo Hiraikotsu quando un’enorme spada si andò a conficcare nella carne dello Youko, trapassandolo da parte a parte.
Sango si girò verso Inuyasha, vedendolo ancora col braccio alzato dopo aver lanciato la sua Tessaiga contro il Demone.
Il ragazzo col codino si accasciò sulle ginocchia respirando affannosamente, reggendosi con la spada. La ragazza lo raggiunse subito, sollevandolo e portandolo fino da Varandir, estraendo prima la katana dell’Hanyou – ritornata una spada normale – dal corpo esamine dello Youkai.
“Ce… ce l’abbiamo fatta…” ansimò Miroku
- La ferita non è troppo profonda, per fortuna. Cercherò di risanarla col mio potere almeno in superficie così non perderai troppo sangue – gli disse affettuosamente Varandir, sollevata, dopo aver esaminato la ferita del Cavaliere, nel vedere che questa non era troppo grave.
Miroku annuì debolmente, sentendo subito dopo una piacevole sensazione di calore e il dolore e il bruciore pulsante che provava alla schiena sparire man mano. Inoltre il Drago gli cedette anche un po’ della sua energia che gli permise, seppur con un po’ di fatica, di rimettersi in piedi.
“È incredibile…” sussurrò sollevata Sango nel vedere la ferita già richiusa
“Già… i Draghi sanno fare anche questo…. Grazie Varandir” le disse dolcemente il Cavaliere, abbracciandola e accarezzandole il ventre caldo.
“Forza ora – riprese serio guardando Inuyasha – Dobbiamo lasciare questo luogo al più presto” e montò velocemente in sella a Varandir dietro al mezzo- demone mentre Sango faceva altrettanto. Dopo poco, erano già in volo.

“Come vi sentite?”. La voce apprensiva del Cavaliere di nome Miroku lo raggiunse nel suo stato di semi- coscienza. Già indebolito, tutte quelle forti emozioni non avevano fatto altro che peggiorare le condizioni di Inuyasha.
“Sto… sto be… uh…” cercò di rispondere, ma le forze gli cedettero e finì con lo svenire.
“Ehi!” esclamò Miroku preoccupato vedendolo con la testa a penzoloni così all’improvviso “Uff…! È solo svenuto per fortuna! Non può di certo morire dopo tutto quello che abbiamo fatto!!” esclamò fra sé.
- Come sta? – la voce di Sango gli accarezzò la mente.
- È svenuto…. Ma non mi stupisco… hai visto com’è ridotto? Sembra non mangi da secoli! –
- Già… chissà come devono averlo trattato in tutti questi anni… - rifletté la ragazza
- Bè… questo sarà lui stesso a dircelo -.

[...]

Aprì lentamente gli occhi, cercando di mettere a fuoco, ritrovandosi ad osservare un soffitto bianco latte. No, quella non era la sua cella.
Una piacevole sensazione di calore lo pervadeva. Era in un letto. Non gli pareva possibile come un semplice letto potesse dargli quella splendida sensazione. Bè, dopo quattordici passati su un freddo e sudicio pavimento, non poteva essere che così.
Si puntellò sulle braccia, sollevandosi faticosamente, mettendosi seduto. Sospirò quando ci riuscì.
Si guardò intorno. Alcune candele e diverse lampade illuminavano l’ambiente senza ferire però gli occhi.
Di fianco al letto vi era un piccolo carellino su cui erano disposte disordinatamente alcune garze e alcuni preparati d’erbe medicinali.
Si trovava chiaramente in un’infermeria…. Sì, ma dove di preciso?
Sospirò di nuovo. Non gli importava, ciò che contava era essere finalmente libero.
Inspirò profondamente, soddisfatto nel non dover più sopportare il fetore della sua vecchia ‘dimora ’.
Improvvisamente la porta del piccolo ambulatorio in cui si trovava si aprì lentamente e fece capolino nella stanza una piccola donna che vestiva un grembiule bianco latte che le fasciava il corpo minuto.
Puntò lo sguardo su di lui, sorridendogli quando lo vide sveglio.
“Vedo che ci siamo già ripresi! Bene! Anche se sei un Hanyou è ammirevole la tua ripresa!” gli disse allegra, tastandogli lievemente la fronte
“Mh, la febbre si è abbassata. Sì, direi che stai decisamente meglio”.
Inuyasha non sapeva come comportarsi. Quella era chiaramente una Ningen… perché stava parlando con lui? Per era così gentile?
Di certo, intuì, non poteva trovarsi nel Sud. Lì addirittura la parola Umano era praticamente proibita.
Che si trovasse nel Nord? Scartò anche questa ipotesi, quelli del Nord, da quanto sapeva – o, meglio, ricordava – odiavano gli Youkai…. Ma, infondo, quella che aveva davanti era una Ningen e anche i due che lo avevano salvato…. Ah! Un momento… i suoi due soccorritori erano sì Umani, ma non umani qualsiasi… quei due erano accompagnati da dei Draghi, erano dei Cavalieri!
“Qui… siamo nella Terra Centrale…?” chiese titubante, con la voce che gli uscì roca e fioca. Non aveva parlato praticamente per quattordici anni, era naturale che avesse le corde vocali ‘arrugginite ’.
“Proprio così, caro! Immagino tu l’abbia capito dal fatto che sono stati dei Cavalieri a soccorrerti!” gli rispose dolce l’infermiera “Ti ho lasciato dei vestiti puliti sopra quella poltrona – gli disse poi, indicandogli gli indumenti – Ora vado ad avvertire qualcuno del tuo risveglio. Cerca però di non affaticarti troppo” l’ Hanyou si trovò ad annuire meccanicamente guardando la donna scomparire dietro la porta.
La Terra Centrale. Non riusciva a crederci.
Sollevò le morbide coperte, mettendosi poi con le gambe penzoloni dal letto. Si alzò lentamente, cercando, per prima cosa, di trovare un minimo di equilibrio. Quindi, con molta cautela, si diresse verso la poltrona sulla quale vi erano posati dei vestiti puliti. Si rese conto che gli avevano tolto di dosso i suoi vecchi ‘abiti ’ e che era stato anche lavato. Arrossì all’idea.
Si tolse velocemente il camicione lungo che aveva addosso e cominciò a dispiegare il maglioncino di lana color grigio fumo, sentendo la piacevole sensazione del morbido tessuto sulla pelle. Prese poi i pesanti pantaloni color nero e se li infilò altrettanto velocemente; un paio di stivaletti neri completavano il tutto.
E mentre finiva di indossare questi ultimi la porta si spalancò all’improvviso facendo comparire sulla soglia uno dei due Cavalieri che lo avevano liberato dalla sua prigionia: Miroku.
“Oh, scusa- anzi, no, scusatemi, non ho nemmeno bussato” disse imbarazzato il ragazzo dal codino. Che bella entrata di scena, prima non bussava e poi gli dava pure del tu.
“Non… non c’è bisogno del darmi del voi…” balbettò il mezzo- demone squadrandolo.
“Oh, grazie! Anche a me non piacciono i formalismi!” e gli si avvicinò, porgendogli la mano “Sono Miroku di Eldoras, figlio del Governatore Takehiko di Eldoras, sono onorato di fare la tua conoscenza” gli disse allegro, mentre l’altro ricambiava la stretta perplesso.
“Tu… tu sai chi sono?” chiese incerto
“Certo! Sei il figlio minore di Inu Taisho, Inuyasha! E non sai quanto siamo felici ora che ti sappiamo con certezza vivo!” gli sorrise. Inuyasha si soffermò con lo sguardo su quel sorriso. Quel Ningen era sincero. Non era abituato a essere trattato in quel modo.
“Gra… grazie per avermi… liberato…” sussurrò, balbettando.
“E di che, e di che! – esclamò contento Miroku, circondandogli le spalle con un braccio – Non c’è bisogno di alcun ringraziamento! Ora dobbiamo pensare a riempirci lo stomaco! Immagino sarai affamato!”.
Inuyasha alla parola ‘cibo ’ quasi svenne. Si girò di scatto verso il Cavaliere penetrandolo con lo sguardo
“Andiamo!!” esclamò secco, facendo sorridere Miroku.

“Accidenti! Non credevo che ci potesse essere qualcuno più ingordo di Kouga!”.
Palazzo Reale, taverna del primo piano sotterraneo.
Miroku e Inuyasha erano lì ormai da più di un’ora… tempo in cui il mezzo- demone non aveva fatto altro che abbuffarsi.
“Cvi scierebbe Kovga – ovvero: ‘Chi sarebbe Kouga ’ - ?” bofonchiò l’ Hanyou mentre masticava un altro boccone del suo arrosto.
“Un altro Cavaliere…. Lo conoscerai presto” gli rispose il Cavaliere mentre ridacchiava nel vederlo ingozzarsi.
“Come va la tua ferita?” gli chiese poi, un po’ brusco, Inuyasha
“Eh? Ah, quella… tutto a posto! È guarita perfettamente”
“Perché sono qui?” gli chiese poi, sempre brusco, il mezzo- demone
“Ah… per questo dovrai aspettare. Più tardi dovremo recarci nella Sala del Parlamento dove ci sarà mio padre ad aspettarci. Sarà lui a darti tutte le risposte che ti riguardano e chiarire invece i dubbi che ci interessano” gli rispose calmo Miroku comprendendo come potesse sentirsi il ragazzo.
“Mh, va bene” grugnì l’altro semplicemente.
“Bè, sei ancora affamato o possiamo andare?” gli chiese poi il Cavaliere
“Possiamo andare” si limitò a dire l’ Hanyou.
- Mh, persona difficile… - pensò sconsolato il ragazzo dal codino.
“Doroty, noi andiamo!”. La locandiera li raggiunse con un largo sorriso
“Spero sia stato tutto di tuo gradimento” disse gentile, rivolgendosi a Inuyasha che si limitò a rispondere con un vigoroso cenno di assenso.
“Eh, credo che il nostro ospite sia uno di poche parole, cara Doroty” sospirò Miroku scatenando l’ilarità della donna
“Non c’è problema…. Se apprezza la buona cucina vuol dire che è posto! Torna a trovarci quando vuoi, è gratificante cucinare per buongustai come te!” . Il mezzo- demone arrossì lievemente e con un grazie appena sussurrato cominciò ad avviarsi verso l’uscita. Avrebbe voluto andarsene via da solo, ma quel Palazzo era un vero labirinto e quindi gli toccava per forza di cose farsi guidare da quello strano ningen che lo raggiunse poco dopo.
“Ehi, io arrivo e voi ve ne andate?” una voce femminile li raggiunse. Si girarono e videro che li aspettava all’ingresso Sango, accompagnata dal piccolo Sieg.
“Oh, dolce Sango sei qui! E c’è anche… lui…” concluse torvo il ragazzo dal codino, mentre lui e il piccolo Drago si lanciavano sguardi di fuoco.
“Vedo che state bene. Mi fa piacere” disse Sango rivolgendo la sua attenzione verso Inuyasha lasciando gli altri due a bisticciare.
“Dammi del tu…. Grazie per quello che avete fatto” le disse freddamente, ma la ragazza parve ignorare il tono dell’ Hanyou
“Non c’è di che, dovere” rispose altrettanto freddamente.
“Allora, andiamo ragazzi? Mio padre è da due giorni che aspetta trepidante di parlare con te, Inuyasha!”
“Due… giorni?!” esclamò perplesso il mezzo- demone
“Sì… hai dormito da quando siamo tornati, la sera di due giorni fa, fino a questa mattina. Pensavo te l’avesse detto l’infermiera”. Inuyasha scosse leggermente la testa…. Non pensava di essere rimasto a letto per così tanto.
“Bè, poco importa. Dovevi recuperare le forze” si limitò a dire Miroku avviandosi verso il piano terra seguito dagli altri due.

“Eccoci qua”. Inuyasha si guardò intorno osservando davanti a sé l’enorme portone in legno scuro lucido della Sala del Parlamento…. Gli rivennero in mente alcuni particolari del suo palazzo nel Regno del Sud… purtroppo ormai non aveva che frammentari ricordi di quei luoghi a lui così cari ma che gli avevano portato solo sofferenze.
Quel posto, invece, non sembrava malaccio… più che altro si sarebbe dovuto abituare a tutta la cortesia che gli stavano dimostrando…. Sorrise a questa contraddizione. Era talmente abituato ad essere trattato con disprezzo che tutta quella gentilezza lo metteva quasi in soggezione.
“Ti senti bene?” la voce del ragazzo di nome Miroku lo raggiunse
“Mh” grugnì appena lui in risposta.
“Bene, allora entriamo”. Miroku bussò pesantemente sulla superficie spessa della porta aspettando che questa si aprisse.
Dopo poco si affacciarono sulla grande Sala, cominciando ad avanzare.
Il mezzo- demone intanto si guardava intorno curioso, ammirando la bellezza di quella Sala….
“Benvenuti! – li salutò Takehiko che, intanto, si era alzato dalla sua seduta e si era avvicinato – Benvenuto principe Inuyasha! Siamo molto felici di averla qui. Io sono il Governatore della città, Takehiko di Eldoras” e gli porse la mano. Inuyasha ricambiò la stretta incerto, come aveva fatto con Miroku.
“Grazie… per tutto” farfugliò, accennando anche un inchino. Nonostante il suo carattere chiuso e i suoi quattordici anni di prigionia si ricordava ancora come ci si doveva comportare nella società... soprattutto di fronte ad un Governatore.
“Prego, accomodiamoci” lo invitò, accompagnandolo verso alcune poltroncine. Anche Sango e Miroku si accomodarono mentre il Ministro Mendion si avvicinava all’ Hanyou
“Questo è Mendion di Candem, Ministro della Difesa” lo presentò Takehiko
“Piacere di conoscervi. Siamo contenti di sapervi vivo” gli strinse la mano il Ministro
“Grazie” e Inuyasha ricambiò la stretta. Cominciava ad essere ‘ubriaco ’ di gente.
“Ed ora a noi. Immagino avrete molte cose da chiedere” lo spronò il Governatore guardandolo negli occhi, l’ Hanyou annuì ricambiando lo sguardo
“Perché sono qui?” domandò schietto
“Innanzitutto vi devo spiegare cosa sta accadendo. Immagino che non ci sia bisogno di spiegarvi chi è Naraku…”
“No” rispose freddamente mentre i suoi pugni serrati smentivano la sua ostentata indifferenza
“In questi ultimi anni la sua minaccia si è fatta sempre più grave e incombente. Troppe vittime ci sono state a causa sua, a cominciare dai vostri genitori” il mezzo- demone digrignò i denti con un ruggito sommesso
“La mia stessa famiglia, il nostro stesso Paese è caduto vittima di quell’abominio…” continuò addolorato il Governatore
“Che intendete?” chiese Inuyasha. Subito dopo l’uccisione dei suoi genitori era stato rinchiuso in quel maledetto posto, ignorato dal mondo e non aveva idea di quello che era accaduto dopo.
“La Famiglia Reale è stata sterminata – rispose atono Takehiko – Solo mia nipote, la secondogenita del Re, è rimasta in vita ed ora si trova sull’Isola di Arlem ignara del suo ruolo e della sua importanza.
“Purtroppo però Naraku, dieci anni fa, è venuto a conoscenza del fatto che probabilmente l’erede della famiglia Higurashi era in vita su una delle isole che circondano il nostro Continente… e non ci ha pensato due volte a mandare i suoi sicari a sterminare le varie popolazioni. Purtroppo questo lo abbiamo saputo solo poco tempo fa e, come non eravamo certi se voi eravate ancora in vita, la stessa incertezza l’abbiamo per la sorte che ha avuto mia nipote”.
“Perché non avete mandato qualcuno ad appurarlo?” intervenne freddo Inuyasha. Ma, nel suo cuore, quella freddezza esteriore era sostituita da una furente rabbia. Quanto, quanto sangue era stato versato da quel maledetto?!
“Non potevamo e non possiamo tuttora. Se Naraku era venuto a conoscenza di una cosa così segreta vuol dire che all’interno del regno ci sono delle spie. Anche la missione del vostro recupero è stata svolta con la massima segretezza e, come avrete visto, è stato necessario sterminare chiunque era presente quando mio figlio e la nobile Sango vi hanno liberato”.
Per alcuni momenti tutti tacquero come a voler riordinare le idee. Poi Inuyasha sbottò improvvisamente
“Cosa volete da me? Per quale motivo avete rischiato tanto pur di liberarmi?” chiese con foga. Voleva sapere tutto, non poteva permettersi di essere sfuggito ad un aguzzino per finirne in mano ad un altro.
“Quella che vedete alla vostra destra è Sango di Mend, primogenita di Fersen di Mendeon, del Regno del Nord. Come voi, abbiamo chiesto anche lei di recarsi qui nella Terra Centrale per assolvere a un compito molto importante”
“Sarebbe?”
“Diventare un membro del Consiglio delle Tre Terre” gli rispose secco, aspettando una sua reazione che non fu immediata per la sorpresa.
“Il… il Consiglio… ma…” farfugliò disorientato l’ Hanyou
“Immagino che sappiate alla perfezione di cosa si tratti…”
“Sì… mio… mio padre…” balbettò di nuovo
“Già, vostro padre per primo voleva ricostituirlo. Fu questo uno dei motivi principali della congiura ordita da Naraku. Non ve l’ho ancora detto ma sono veramente addolorato per la morte di vostro padre… era una persona straordinaria” disse sincero Takehiko, guardandolo addolorato.
“Voi… lo conoscevate?” gli chiese il mezzo- demone con la voce strozzata dal dolore.
“L’ ho visto solo una volta qui, ad Eldoras… ero ancora giovane e voi, credo, eravate appena nato. Era uno Youkai e un Cavaliere formidabile”
“Mio padre… un Cavaliere?!” esclamò più che sorpreso Inuyasha
“Non lo sapevate?” gli chiese perplesso il Governatore
“No…” sospirò l’altro
“Sì, era un Cavaliere, uno dei migliori che ci siano mai stati. Ma abbandonò la Milizia quando vostro fratello era ancora piccolo, non ci disse mai il motivo…. Ma quello che so per certo, è che avrebbe desiderato vedere anche voi diventare un Cavaliere”.
Inuyasha tacque, ricordando tutte le volte in cui suo padre non perdeva occasione per parlargli di Draghi e Cavalieri. E come potersi scordare della luce che gli illuminava gli occhi quando gliene parlava… ora ne capiva il motivo. Suo padre era stato un Cavaliere, cosa che lui aveva sempre desiderato essere.
“Nobile Inuyasha quello che io vi chiedo è di diventare un membro del Consiglio nonché un Cavaliere per poter difendere il nostro Continente, per eliminare definitivamente la minaccia di Naraku che grava su tutti noi” gli disse, quasi implorando, il Governatore. Il mezzo- demone lo guardò negli occhi. Era sincero.
Aveva un debito con quelle persone. Non era ancora sicuro che gli stessero dicendo la verità, se si poteva fidare di loro. Ma in quel momento non importava.
Aveva l’occasione di poter diventare più forte, di potersi finalmente vendicare e di eliminare Naraku impedendo così che altro sangue venisse versato ingiustamente.
Sentì la sua Tessaiga pulsare, al suo fianco.
Aveva la possibilità di esaudire le volontà di suo padre, diventando a sua volta un Cavaliere.
“Accetto”.
Quello, era finalmente l’inizio di una nuova vita.
Quella, era la sua rinascita.

FINE 9° CAPITOLO

Eccolo, eccolo qua il nostro Inuyasha!! Spero che la sua entrata in scena sia stata di vostro gradimento!
Io, sinceramente, sono molto contenta di questo capitolo e mi ci sono davvero impegnata per ringraziarvi di tutti i commenti che mi avete lasciato…sperando che continuiate a farlo! Adesso si può dire che la storia ha davvero cominciato con il suo corso…ma, come ho già detto e non mi stancherò mai di ripeterlo, i capitoli precedenti erano necessari per arrivare dignitosamente a questo punto. Spero che riteniate ripagata la vostra pazienza.
Ci sono ancora alcune cose da spiegare ma questo lo farò nel corso dei prossimi capitoli. Ora manca solo Kagome e poi siamo al completo – in verità manca anche Shippo, ma a lui ci ho già pensato.
Mi sono divertita molto a parlare di Inuyasha in questo capitolo, in particolare quando si trova ad Eldoras…. Così disorientato e imbarazzato per tutte quelle attenzioni…che ridere ma anche che tenerezza! Visto che mi sono già sfogata su di lui per tutta la ff di The Change, cercherò di risparmiarlo in questa storia…!
A proposito di The Change…ringrazio ancora chi continua a leggerla e cercherò al più presto di terminarla.
Bè, direi che non ho nient’altro da dire, questo, ora, sta a voi.
Spero commentiate in tanti – e soprattutto chi ha promesso di farlo ;P.
Ci vediamo il prossimo lunedì con il 10° capitolo!
Buona settimana a tutti
Ka_chan.

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Capitolo 10
*** cap10 "NON PIÙ SOLI…" ***


Holà a tutti! Un’altra settimana è cominciata portando con sé un nuovo capitolo di questa ff che sembra procedere bene…! Con mio immenso piacere vedo che siete sempre di più a recensire e anche questa piccola introduzione sarà dedicata per lo più a voi visto che mi sono state poste alcune domande alle quali devo assolutamente rispondere sperando che leggiate tutti quanti….
Per bea: allora…la domanda in questione era: ‘se Kagome e Miroku sono cugini e quindi rappresentano entrambi la terra centrale perché entrambi devono far parte del consiglio?’ . Come avevo già spiegato, il Consiglio può essere composto da un minimo di tre a un massimo di cinque persone. In effetti Miroku, Sango e Inuyasha sarebbero sufficienti poiché rappresentano, rispettivamente, la Terra Centrale, Il Regno del Nord e il Regno del Sud. Ma le rare volte in cui il Consiglio era stato interpellato in occasioni di estrema necessità, vi aveva sempre fatto parte, come membro, anche il Re della Terra Centrale poiché è proprio grazie al fondatore del Regno che è nata la Milizia del Dragone che, anche se è ‘prerogativa ’ della Terra Centrale, si preoccupava di mantenere la pace in tutto il Continente – significativo, poi, è il fatto che lo stesso padre di Inuyasha fosse un Cavaliere. Il fatto, poi, che Kagome e Miroku siano cugini – alla fine, poi, sono cugini di terzo grado – è un caso. È per questo che entrambi fanno parte del Consiglio. Bè, credo di essere stata abbastanza chiara ma se ci dovessero ancora dei dubbi…non esitate a chiedere!
Ora passiamo, invece, a Hikari_Takahishi87 con cui ho un conto in sospeso uhuhu! Ovviamente sto scherzando!! : non so se l’hai letto, ma tra i commenti ne ho lasciato uno io in cui ti rispondevo a proposito della tua recensione…. Bè, magari lo leggerai più tardi ma il succo era che…non ti devi preoccupare!! Nessuna delle tue recensioni mi ha mai offeso e, anzi, le considero molto preziose perché mi dai molti consigli su come migliorarmi facendomi poi, la maggior parte delle volte, accorgere di cose che non avevo notato. Inoltre mi fanno molto piacere le tue recensioni perché, tramite esse, mi fai capire che stai molto attenta alla storia e anche ai miei stessi commenti…. Perciò, ripeto, non ti preoccupare e continua a recensire come hai sempre fatto! (comunque vai a leggere anche il commento che ho lasciato!).
Ora passiamo all’altro quesito che mi hai lasciato nella recensione a proposito sulla frase detta da Miroku nel secondo capitolo. Premetto che in quella frase c’è molto di mio, le emozioni che in quel momento Miroku prova non sono totalmente inventate come la maggior parte del significato che ha la frase. Sottolineo, poi, che il nobile Takehiko non è un Cavaliere – spero di non essermi momentaneamente confusa e di non aver scritto in nessun capitolo il contrario. Quello che volevo dire, comunque, è che a differenza dei vari legami che possiamo instaurare nella vita quello con un Drago è indissolubile e indistruttibile…cosa che invece, la maggior parte delle volte, non accade con le persone che conosciamo. Ovviamente la frase, proprio perché detta da Miroku, assume un significato particolare visti i suoi problemi col padre. Non credo di essermi spiegata al meglio ma, anche impegnandomi, non ci riuscirei perché nel momento in cui ho scritto quel capitolo e, in particolare, quella frase, provavo delle cose particolari che, evidentemente, si sono involontariamente ripercosse in quello che ho scritto. Probabilmente ti lascerò insoddisfatta – e mi scuso – ma più di così non so cos’altro dire.
In fondo, è inevitabile inserire un po’ di sé in quello che si scrive….
Bene, con le spiegazioni ho concluso – spero di non aver scordato nulla! – e ora veniamo ai ringraziamenti per chi ha commentato: bea, Lorimhar (in effetti l’attesa di sette giorni fa pensare a The Ring…! Mh…abbastanza inquietante!), cri-chan (E così hai letto The Change!? Non so se vergognarmi o essere felice…! È la mia prima ff ed essendo un genere di storia totalmente diverso da questa…quando la rileggo non so che pensare! Comunque spero di finirla presto – anche se ormai ho abbassato l’ascia di guerra, penso non farò troppa fatica a maltrattare ancora Inuyasha eheh! Per la nomina di fedelissima…te la meriti al 100%!), Elychan, Mech (Tu, mia cara, se continui col lasciarmi sempre due recensioni per capitolo finirai per viziarmi! Comunque ti devo davvero ringraziare di cuore…mi lasci sempre delle recensioni troppo carine e anche a te ti ho annoverata tra le fedelissime visto che hai commentato dall’inizio!), Vale_chAn, Hikari_Takahishi87 (Mi aspetto una tua recensione anche per questo capitolo, eh!?) e Alia_chan.
Uff…ce l’ho fatta! È lunga come introduzione, ma spero la leggiate tutti…. Ah, per chi è appassionato di Eragon…se non l’avete ancora fatto comprate Eldest perché è a dir poco spettacolare!! Io l’ho finito in appena cinque giorni ed è assolutamente magnifico…il finale poi…! Aaah…meglio che la smetto altrimenti vi dico tutto!
Bene, ed ora smetto di blaterare e vi lascio al decimo capitolo (cavolo mi sembra ieri che ho pubblicato il primo!).

10° CAPITOLO “NON PIÙ SOLI…”

L’aria fresca del mattino gli accarezzava dolcemente i lunghi capelli color dell’argento, ravvivandoli con molteplici riflessi dorati.
Le fronde degli alberi si muovevano leggere, danzando insieme alle folate di vento che ne disturbavano la quiete.
Inuyasha inspirò a fondo, immerso in tutto questo.
Quella era la sua seconda settimana passata in completa libertà. Ancora adesso faticava a crederlo.
E faceva altrettanta fatica a inserirsi in quell’ambiente, nell’atmosfera che pervadeva quel luogo.
Anche prima di essere rinchiuso in quella prigione si era dovuto abituare alle occhiate di puro disprezzo che spesso avevano rivolto a lui e a sua madre… come dimenticarle? Gli Umani e, ancora di più, i mezzi- demoni, nel Regno del Sud erano peggio della feccia.
Invece lì erano tutti così cordiali, gentili…. Essere Youkai, Umano o Hanyou non faceva differenza.
Si ritrovò a sorridere divertito pensando al fatto che, nonostante tutta quella cordialità tipica della gente della Terra Centrale, si era trovato qualcuno con cui discutere sempre.
La sera del giorno in cui aveva accettato di diventare un Cavaliere, Miroku – ormai anche da lui inquadrato come pervertito incallito – gli aveva fatto conoscere un altro Cavaliere… uno ookami Youkai di nome Kouga. E da un’iniziale indifferenza reciproca si era spesso arrivati quasi alle mani. No, decisamente non si sopportavano.
Ma, da un lato, era anche contento…. Lui, di certo, non possedeva quello che poteva essere definito un ‘buon carattere ’: molto competitivo, solitario, scorbutico, lunatico ed altro ancora…. E Kouga non era da meno. E proprio per questo, in un ambiente votato alla ‘fratellanza ’ reciproca, per uno come lui, non noceva un po’ di sana competizione con qualcuno alla sua altezza.
Cercò di accomodarsi meglio sul ramo della grossa quercia sul quale si trovava, guardando il sole alto nel cielo.
Dal periodo delle Grandi Nevi c’era stata solo qualche sporadica nevicata perpetuando il manto bianco che ricopriva ancora le strade e i tetti della grande città. Entro poco, però, anche quel manto candido sarebbe scomparso sotto i caldi raggi del sole che, giorno dopo giorno, si andavano sostituendo, col loro tepore, al freddo pungente dell’inverno inoltrato.
Accarezzò la copertina del grosso libro che aveva in mano… uno spesso manuale sui Draghi. Da quanto gli aveva detto Miroku, anche Sango aveva dovuto studiare in vista della sua investitura a Cavaliere. Non aveva mai amato in modo particolare lo studio, ma se si trattava di Draghi non c’erano problemi.
Quello era forse il sesto libro diverso che leggeva. Da quando aveva cominciato non era più riuscito a smettere, non tanto per diventare il ‘primo della classe ’ e, magari, gareggiare con Kouga su chi conosceva meglio gli sviluppi delle arti magiche dei Draghi o su che tipi di strategie si possono elaborare con un esercito di tali creature e così via…no, per semplice sete di sapere.
Avvertì il fruscio di una serie di passi, anche se attutiti dal manto soffice della neve.
“Accidenti, vuoi diventare un topo di biblioteca?” la voce ironica – ormai familiare – di Miroku gli arrivò alle orecchie che si mossero leggermente
“Feh! Uno non può essere semplicemente curioso?” lo rimbrottò l’ Hanyou senza staccare gli occhi dalla pagina color ocra
“Mph, se c’era una cosa che non mi aspettavo dal tuo carattere, è che tu fossi curioso!” ridacchiò di rimando il ragazzo dal codino mentre arrivava ai piedi dell’albero, volgendo lo sguardo verso l’alta postazione del mezzo- demone.
“Tsk!” grugnì lui, facendo cadere il discorso.
“Cosa vuoi… Mago?” gli chiese poi, sgarbato, Inuyasha, calcando sulla parola ‘Mago ’ quasi con disprezzo
“Uff, ma la finisci di chiamarmi in quel modo?” lo guardò indispettito Miroku
“Perché, non lo sei forse?” l’ Hanyou ci aveva preso gusto.
“Sì, lo sono, ma preferirei che non mi chiamassi in quel modo” ribadì seriamente il Cavaliere dal codino guardandolo severamente. Inuyasha lo guardò a sua volta per poi rivolgergli un misero “Feh!”.
“Aaaahhh… sai ti preferivo com’eri nei primi giorni…. Misterioso e taciturno…. Eri anche più affascinante” rifletté il ragazzo, sospirando
“Ehi, che vorresti dire? E poi, cos’è, sei passato dall’altra sponda?!” gli domandò ironico, sghignazzando
“A- ah! Come siamo spiritosi…! Non posso di certo abbandonare il gentil sesso! Ci sono troppe fanciulle che non hanno ancora avuto il piacere di godere della mia compagnia!”
“Seee… comunque… non voglio domandartelo ancora, perché sei qui?” gli disse, scendendo, finalmente, dall’albero e andandogli vicino mentre si ripuliva con qualche manata i pantaloni
“Ah, già! Ormai sono passate due settimane e mio padre ritiene che tu possa affrontare la Cerimonia della Scelta”
“Bene. Ha chiesto di me?” domandò l’ Hanyou senza alcuna emozione nella voce
“Sì, deve essere lui a comunicartelo personalmente. È la procedura” lo informò Miroku
“Allora andiamo” freddo ‘come sempre ’, il mezzo- demone si incamminò senza nemmeno degnare di uno sguardo il Cavaliere che lo raggiunse dopo poco. Insieme si diressero poi verso lo studio del Governatore.

“Grazie per essere venuto subito”.
“Di niente”.
Palazzo Reale, studio del nobile Takehiko.
“Immagino che mio figlio ti abbia già detto tutto… ma è necessario che sia in persona a darti la notizia: domani affronterai la Cerimonia della Scelta. Tra te e Sango siamo venuti meno già due volte ai tempi necessari che devono precedere le Cerimonie… ma essendo in una situazione di emergenza non potevamo agire che in questo modo”.
“Cosa devo fare?” chiese atono l’ Hanyou
“Questo te lo dirò direttamente durante la Cerimonia. Domani mattina, per le nove, passerà dalle tue stanze Miroku e ti accompagnerà fino alla Sala del Destino. Come abbiamo detto a Sango a suo tempo, ti informo che la Sala del Destino viene utilizzata solo in occasione delle Tre Cerimonie e in altre, speciali, occasioni. Per il resto è inaccessibile per chiunque altro non sia autorizzarvi ad entrarvi e, inoltre, è protetta da una serie di incantesimi che ben pochi conoscono…”
“Capisco. Quindi, in definitiva, io non devo fare niente, vero?”
“Assolutamente. Vedremo domani quale sarà il tuo destino” gli sorrise debolmente il Governatore. Inuyasha si soffermò sugli occhi sorridenti dell’uomo… gli occhi di Miroku anche se estremamente differenti.
“Allora noi ci ritiriamo – intervenne Miroku – Anche perché avrai un gran da fare”
“Sì, in effetti è così”.
- Cos’è successo tra questi due? – si ritrovò a chiedersi il mezzo- demone notando l’atmosfera non propriamente distesa che c’era tra padre e figlio.
Senza aggiungere altro, i due si congedarono per poi dirigersi verso il primo piano sotterraneo dove, alla taverna, dovevano incontrarsi con Sango e Kouga per pranzare tutti insieme.
“Mi sono perso qualcosa?” sbottò all’improvviso Inuyasha. Miroku lo guardò sorpreso
“Che vuoi dire?”
“Tra te e tuo padre… è successo qualcosa?” chiese sussurrando, leggermente imbarazzato. Non era da lui farsi gli affari degli altri. E proprio questo comportamento inaspettato lasciò il ragazzo dal codino esterrefatto tant’è che lo guardò con tanto d’occhi, facendo innervosire l’ Hanyou
“Si può sapere perché mi guardi in quel modo?!” non tardò a sbraitargli contro il mezzo- demone
“Ah, no, scusa… è che… non mi aspettavo una domanda del genere… proprio da te…”.
Nonostante fosse passato poco tempo da quando i due si erano conosciuti, entrambi avevano capito molto dell’altro. E, anche se ne se l’erano detto esplicitamente, erano diventati amici. Conoscevano poco l’uno dell’altro, ma sapevano comunque capirsi e Inuyasha, per la prima volta, sapeva che c’era qualcuno su cui poteva contare.
“Te l’ ho detto, no, che sono curioso?” farfugliò imbarazzato, con le gote leggermente arrossate. Miroku sorrise, aveva trovato un buon amico.
“Grazie per il tuo interessamento, Inuyasha – gli si rivolse sorridendogli il Cavaliere – E forse riesco a capire perché ti stia a cuore il rapporto fra me e mio padre…”. Inuyasha distolse lo sguardo da quello dal ragazzo e annuì impercettibilmente. Lui un padre non ce lo aveva più e, insomma… gli sarebbe quasi dispiaciuto se tra quei due le cose non andavano bene. La vita può andare e venire senza che te ne rendi conto… non vale la pena sprecarla con vani litigi.
“Ma ci sono tante cose che ancora non possiamo affrontare – riprese con un tono estremamente addolorato – Comunque sono sicuro che tutto si sistemerà” e sorrise, seppur con un po’ di sforzo.
“Centra per caso la missione del mio recupero?” gli chiese cauto il mezzo- demone aspettando una sua qualche reazione; Miroku annuì
“Mh…. Eeeehhh….i rapporti con i genitori sono davvero complicati! – esclamò esasperato – Diciamo che è rimasto colpito dal fatto che ero stato ferito…. È partito tutto da lì…. Una semplice ferita può rimandare a ricordi del passato”. Di nuovo quell’espressione. Inuyasha gliela aveva vista sul volto anche altre volte. Dolore.
Lui aveva sempre cercato di evitare quell’espressione e vederla sul volto di qualcun altro… gli faceva uno strano effetto.
“Ma non parliamo di queste cose! Mi viene il mal di testa solo al pensarci! Comunque grazie…” e gli sorrise nuovamente, imbarazzandolo. Si sentiva una femminuccia
“Feh!” esclamò girandosi
“Su, su! Non c’è tempo per fare i preziosi! Gli altri ci stanno aspettando!”.
Questa volta fu Miroku a lasciare indietro Inuyasha….


“Presto!! Chiamate immediatamente il Governatore!!!”
“Che succede qui?!?”.
“Ah, Signore! Ha fatto ritorno un membro del clan dei Kitsune!”.
“Dov’è?”
“L’abbiamo portato in infermeria. Era gravemente ferito”. Il Governatore Takehiko si fiondò verso l’infermeria sudando freddo.
Tempo prima erano stati mandati alcuni membri del clan Kitsune verso il Regno del Sud, per cercare di raccogliere altre informazioni sulle mosse di Naraku…. E se ne era tornato indietro uno solo, per giunta ferito, non era un buon segno….
“Papà?!” la voce di Miroku attirò la sua attenzione
“Oh, siete voi…” trasalì, guardando il figlio e Inuyasha.
“Cos’è successo? C’è molta agitazione nel Palazzo…” indagò il ragazzo dal codino, notando anche l’agitazione e la preoccupazione del padre
“Ha fatto ritorno un membro dei Kitsune. Lo sto raggiungendo in infermeria, a quanto pare era gravemente ferito” riferì serio
“Uno dei Kitsune? Ma sono partiti non molto tempo fa…” constatò sorpreso Miroku sotto lo sguardo di un Inuyasha che ci stava capendo sempre meno
“Venite con me” ordinò, poi, loro Takehiko mentre riprendeva ad avanzare. Gli altri due lo seguirono subito dopo.

“Allora, come sta?”. Arrivati all’ambulatorio, il Governatore si informò subito sulla salute del ferito; Inuyasha riconobbe la donna che aveva medicato anche lui.
“Meglio. Non so cosa sia successo di preciso, ma il piccolo ha riportato diverse escoriazioni nonché diverse bruciature ma, bene o male, se l’è cavata con poco”
“Il… piccolo?” domandò perplesso Takehiko.
“Sì. Il superstite è il piccolo Shippo, figlio del capo- clan”.
“Capisco. Possiamo vederlo?” chiese infine l’uomo.
“Non ha ancora ripreso conoscenza. Vi avvertirò quando si sveglia” e la donna fece ritorno nell’ambulatorio lasciandoli fuori.
“Chissà che è successo…” si chiese Miroku
“Ce lo dirà Shippo…. Comunque ho un brutto presentimento”
“Già…”. E i tre tacquero, aspettando pazienti che potessero vedere il ferito.

Non dovettero aspettare molto, che l’infermiera li avvertì che il ferito si era ripreso e che poteva riceverli.
Si accomodarono nella stanza, puntando gli occhi su un piccolo Youkai dalla testa fasciata e che li guardava con i grandi occhi verde smeraldo che, a stento, stavano cercando di trattenere le lacrime.
“Shippo, giusto?” gli si avvicinò il Governatore, sorridendogli. Il piccolo Demone volpe annuì debolmente.
“E invece il mio nome lo sai?” gli chiese dolcemente, mentre si sedeva sulla sedia vicino al letto.
“S- sì… siete il nobile Takehiko” gli rispose debolmente, tenendo gli occhi bassi.
“Esatto e quelli che vedi alle mie spalle sono mio figlio Miroku e il nobile Inuyasha, principe del Regno del Su-”
“Il principe del Sud?!? Nobile Takehiko come potete permettere che costui soggiorni qui ad Eldoras?! Voi del Sud siete solo dei maledetti assassini!!” urlò il piccolo Youkai guardando con odio l’ Hanyou mentre le lacrime che a stento stava cercando di trattenere sboccarono copiose, solcandogli le guance arrossate.
I tre erano rimasti spiazzati da quell’improvvisa sfuriata e Inuyasha stava già per sbraitargli contro di rimando ma fu anticipato dal Governatore.
“Shippo, Inuyasha è nostro alleato, non centra con quello che vi è accaduto e di cui noi siamo ancora all’oscuro…. Te la senti di dirci cosa vi è successo?” gli disse pacato, cercando di calmarlo. Il piccolo Youkai tirò su col naso, tentando di smettere di singhiozzare.
“E- eravamo sulle Montagne della Luna, vicino al confine col Regno del Sud…. Ci eravamo riparati già da qualche giorno in una grotta a causa di una tormenta improvvisa….
“Poi, ieri… siamo stati… attaccati. Erano Youkai del Sud. Spietati assassini del Sud…” disse, riprendendo a singhiozzare
“Avete combattuto? Gli altri… dove sono?” osò chiedere, conoscendo già, però, l’amara risposta
“Io sono l’unico sopravvissuto. Mio padre mi ordinò di fuggire per far ritorno qui e riferire quello che è accaduto…. Sono… tutti morti… mentre io…”. Takehiko sospirò. Ancora vittime.
Inuyasha non resistette oltre. Si voltò brusco e se ne andò sbattendo la porta.
Non poteva vedere qualcuno penare per le sue stesse sofferenze. Gli era già bastata la sua, d’infanzia.
Miroku lo vide andarsene preoccupato, ma decise che non era il caso seguirlo… aveva bisogno di stare solo.


“Signor Mendion! Signor Mendion!”.
“Uh?, oh, Sango sei tu…”.
Palazzo Reale, nella grande palestra, primo pomeriggio.
“Vi state allenando?” domandò gentilmente Sango mentre il piccolo Sieg si strusciava sulle sue gambe
“Sì, è da un po’ che mancavo e avevo bisogno di muovermi…. Anche tu sei molto diligente a quanto pare” sorrise al piccolo Drago che già da un po’ lo stava fissando con i suoi occhi felini dal color arancio. In quelle due settimane la piccola creatura era cresciuta notevolmente ed ora, stando a quattro zampe, arrivava alle ginocchia del suo Cavaliere.
Il Ministro gli si accucciò davanti, cominciando ad accarezzarlo gentilmente ottenendo il brontolio compiaciuto della creatura.
“È davvero un esemplare magnifico…” constatò l’uomo, fissando lo sguardo sul luccichio delle squame marrone scuro del Drago.
“Sì… sono stata molto fortunata… - sorrise la ragazza, guardando il suo Drago…poi trasalì, ricordandosi del motivo per cui aveva attirato l’attenzione del Ministro – E- ecco… Signor Mendion… potrei farle una domanda?” gli disse titubante ed anche un po’ imbarazzata. Lui alzò lo sguardo su di lei annuendo e guardandola con curiosità.
“B- bè… ecco… è a proposito di Miroku….” continuò balbettando con le guance arrossate. Mendion sorrise e si alzò per guardarla meglio negli occhi.
“È successo qualcosa?” le chiese sorridendole
“N-no… niente…. È a proposito della missione…. Ecco… è che lo visto usare con molta facilità la Magia, cosa che ignoravo e… bè…”.
“È naturale – cominciò lui, senza abbandonare il sorriso – Miroku è un Majutsushi”
“Davvero?!” esclamò stupita Sango. Saper fare qualche incantesimo era un conto – anche perché, essendo un Cavaliere ed essendo a continuo contatto col proprio Drago era inevitabile possedere qualche abilità magica – ma essere un Majutsushi vero e proprio era un altro.
“Ero rimasta perplessa anche quando vidi che era stato lui a sbloccare gli incantesimi della Sala del Destino… adesso capisco…” rifletté lei
“Già. E non si tratta di un Mago qualunque… Miroku è uno dei più potenti di tutto il Continente” la informò, scioccandola ancora di più.
“Non… non ci posso credere…” balbettò, stupita, facendo ridere Mendion
“Non sei la prima a non crederci e, penso, non sarai nemmeno l’ultima…. Ora, scusami, ma devo proprio andare…. Takehiko mi aspettava già da un pezzo! Ci vediamo questa sera”
“S- sì, e grazie”.
Sango vide il Ministro allontanarsi, mentre le sue parole gli rimbombavano ancora nella testa.
- Miroku uno dei Majutsushi più potenti del Continente? È incredibile…. – pensò, sconcertata – Perché uno con simili poteri… deve avere un carattere del genere?!? -
- Io l’avevo capito… - la voce ancora poco profonda di Sieg la raggiunse
- Che cosa? –
- Che era un Majutsushi… - la informò, semplicemente
- E non potevi dirmelo? Ho fatto una figuraccia! Ti rendi conto di come l’ho sempre trattato? E adesso vengo a sapere che è una delle persone più in vista del Continente… -
- Proprio per questo
- Che vuoi dire? –
- Ci sarà un motivo se non va a sbandierare ai quattro venti che è un Mago, no? -
- Mmh… non ci avevo pensato… -
- Credo che non voglia esattamente che avvenga quello che hai pensato prima…. Se tutti sapessero quello che è in realtà lo tratterebbero con deferenza e si sentirebbero in qualche modo… a disagio. Inoltre i Majutsushi non sono spesso ben visti… -
- Ma quanto è intelligente il mio piccolino?! – lo prese in giro il Cavaliere facendolo sbuffare.
Comunque i ragionamenti del Drago non erano del tutto infondati…. Miroku aveva una personalità molto complessa e non si sarebbe stupita se ciò che aveva detto Sieg fosse stato vero.


“Sta volta… anf… ti sei nascosto… anf… davvero bene!” uno sfinito Miroku aveva appena terminato il suo completo giro di perlustrazione dell’intero Palazzo in ricerca di Inuyasha.
Questo, al vederlo così sfinito, alzò un sopracciglio domandandosi il perché di così tanta insistenza.
“Ormai è ora di cena… non scendi?” l’ Hanyou in questione, infatti, si era rifugiato su una delle alte torri del Palazzo ed era rimasto lì praticamente per tutto il pomeriggio. Miroku prese nota: a Inuyasha piaceva stare nei posti alti.
“Tsk, adesso non si può stare nemmeno per conto proprio? Senti, non so se l’hai capito, ma io non sono come tutti voi. Non sono fatto per le gentilezze, le cordialità… non le sopporto” disse, cercando di intimidirlo…. Fiato sprecato.
“Oh, ma non c’è alcun problema! Adesso scendi” insistette il ragazzo dal codino con un sorriso da far invidia. Inuyasha rimase a bocca aperta. Non aveva mai conosciuto un tipo simile.
“Ma voi Maghi siete tutti così?” gli domandò, avvicinandoglisi.
“No, solo io!” rise il Cavaliere.
“Meno male! Altrimenti sarebbe una rovina!”
“Dì, ma odi così tanto i Majutsushi?” gli domandò poi Miroku, curioso di conoscere il motivo di tanto astio
“Dovresti sapere il perché” gli rispose, freddo, di rimando l’ Hanyou. Miroku lo guardò negli occhi
“Se te lo chiedo è perché non lo so…”
“Naraku” sibilò semplicemente
“Cosa centra Naraku?”.
“È un Majutsushi, proprio come te” lo informò, guardandolo dritto negli occhi e leggendo nelle iridi blu mare del ragazzo pura sorpresa.
“Na- Naraku è…. Non ne eravamo a conoscenza… abbiamo così poche informazioni sul suo conto…. Adesso si spiegano tante cose”
“Mio padre lo conobbe tanti anni fa. Proprio per le sue abilità lo elesse come proprio consigliere… ma si rivelò solo un maledetto traditore” la rabbia gli ribollì nelle vene. Miroku gli posò una mano sulla spalla
“Arriverà anche il tempo della vendetta. E nella sua attesa, dobbiamo prepararci al meglio. Domani ti aspetta una grande giornata” l’ Hanyou annuì e i due si avviarono insieme verso la mensa del piano terra dove avrebbero cenato insieme al resto della combriccola.

[…]

Il mattino seguente, di buon’ora – come d’accordo – Miroku passò dalle stanze di Inuyasha per accompagnarlo alla Sala del Destino.
Ancora una volta il mezzo- demone rimase colpito dalla complessità del Palazzo Reale e dalla genialità con cui era stato costruito in spazi non poi così vasti.
C’erano passaggi segreti di cui non si sarebbe accorto mai nessuno e talmente tanti tunnel quasi impossibili da ricordare.
Insieme a loro c’era anche Sango che, notò Inuyasha, si comportava in maniera diversa dal solito, in modo particolare con Miroku. Non vi diede peso… aveva altre cose a cui pensare.
Notò, inoltre, che stavano salendo finché non arrivarono davanti a un’enorme ingresso bloccato da due altrettanto enormi porte in legno scuro.
“È questa?” domandò l’ Hanyou guardandosi intorno quasi indifferente mentre dentro di sé era sempre di più meravigliato.
“Sì, siamo nella torre più alta del Palazzo”.
Attesero alcuni minuti in silenzio finché non comparvero sulla soglia del tunnel anche il Governatore e il Ministro Mendion.
“Buongiorno a tutti e due! Ma… Kouga non c’è?” chiese loro Miroku notando l’assenza dell’amico.
“Buongiorno anche a voi. No, Kouga aveva alcune cose da sbrigare fuori città. Comunque ti manda i suoi più sinceri auguri per la Cerimonia, Inuyasha”.
L’ Hanyou rimase interdetto da quelle parole, mostrandosi anche al quanto scettico. Non credeva possibile che proprio quel lupo ‘spelacchiato ’ gli mandasse i suoi auguri.
“Non fare quella faccia! Guarda che è tutto vero, quando gli ho detto che oggi avevi la Cerimonia gli si è illuminato il viso. Credo che non aspetti altro di competere con te come Cavaliere. Penso ti stimi molto”.
“Bah, che sciocchezze” borbottò Inuyasha, voltandosi.
“Allora, vogliamo procedere?” li invitò il nobile Takehiko, attirando la loro attenzione. Gli altri annuirono e Miroku procedette con lo sciogliere gli incantesimi della Sala sotto lo sguardo attento di Sango.
Il mezzo- demone si ritrovò nell’osservare una delle opere più belle che avesse mai visto ritrovandosi a girare su se stesso per ammirare al meglio la famosa Sala del Destino. Ma la sua attenzione venne poi catturata da quelle che evidentemente erano uova. Fremette nell’osservare la superficie liscia di ognuna di quegli ovali, risplendenti di riflessi dai colori più svariati, accentuati dal cono di luce proiettato su di esse.
“Benvenuto nella Sala del Destino, Inuyasha. È qui che si deciderà di cosa sarà la tua vita d’oggi in avanti. Seguimi” gli disse il Governatore, accompagnandolo verso l’altare su cui erano state disposte le dieci uova.
Gli spiegò brevemente cosa doveva fare finché non diede avvio alla Cerimonia della Scelta.
L’ Hanyou, come spiegatogli, si accostò al primo gruppo di cinque uova, cominciando a sfilare davanti ad esse. Il suo cuore accelerò improvvisamente, mentre guardava nervoso ciascun uovo, in ognuna dei quali era contenuto il suo destino.
Deglutì nervoso quando passò il quinto uovo del primo gruppo: ne rimanevano solo cinque. Continuò con passo incerto ad avanzare sorpassando ormai il primo uovo del secondo gruppo. Lo sconforto cominciò a far sentire la sua morsa sul suo stomaco, facendolo sudare freddo.
Non poteva permettersi di essere rifiutato. Non VOLEVA essere rifiutato.
Voltò la sguardo mentre ormai passava davanti anche al terzo uovo. Ne rimanevano solo due. Aveva il cinquanta percento di possibilità. Deglutì di nuovo, volgendo lo sguardo.
Drizzò la schiena e cercò di sciogliere le spalle irrigidite dal nervosismo. Nell’atto, una presenza estranea gli pizzicò la mente e lui, preso alla sprovvista, cercò di ritrarsi, però senza successo.
- Non devi fuggire… Inuyasha… - una voce remota lo raggiunse, carezzandolo, dandogli una sensazione di serenità mai provata prima.
Sgranò gli occhi, dirigendosi frettoloso verso l’ultimo uovo, saltando il quarto.
Fissò lo sguardo, trepidante, verso l’ovale dai riflessi color del fuoco mentre la presenza che aveva avvertito penetrava sempre di più dentro di lui.
- Non fuggirò… se tu me lo chiedi… - . Immediatamente, numerose crepe cominciarono a formarsi sulla superficie dell’uovo che si muoveva frenetico. Poco dopo, da esso, venne alla luce quello che Inuyasha aspettava da tempo. Il suo Drago.
Tese incerto la mano verso la piccola testa squamosa della creatura che, a sua volta, allungò il collo per farsi toccare. Entrambi vennero attraversati da una scossa quando si toccarono, consolidando il loro legame.
- Ed ora… una nuova vita ci attende… -
- Sì… una nuova vita – ripeté l’ Hanyou, prendendo tra le braccia il suo Drago, voltandosi verso il Governatore e gli altri che lo guardarono compiaciuti e sorridendo a loro volta nel vedere l’espressione di pura gioia del mezzo- demone.
“Benvenuti nella Milizia del Dragone!” si congratulò Miroku imitato da tutti gli altri.

Dopo aver sigillato la Sala del Destino, Inuyasha, Miroku e Sango si erano poi diretti verso l’ambulatorio dove il piccolo Drago venne sottoposto alla visita di routine.
La creatura era in forma splendida. Un bellissimo esemplare di Drago di Fuoco, femmina.
Inuyasha, al momento della schiusa dell’uovo, non aveva fatto minimo caso a quale razza appartenesse, non gli importava. Ma, in quel momento, non poté far a meno di essere ulteriormente compiaciuto della specie di appartenenza del suo Drago. Il Fuoco gli si addiceva pienamente, si disse.
Osservò avido la piccola figura sinuosa della creatura, mentre le sue squame, ancora non del tutto formate, risplendevano alla debole luce delle lampade, animate da chissà quale magia, dando l’illusione di vedere delle lingue di fuoco vere e proprie. Il Drago risplendeva di luce propria.
Gli occhi ambrati di lui incrociarono quelli fiammeggianti di lei, concatenandosi mentre le loro menti si toccavano ripetutamente.
Si allontanarono dall’ambulatorio, tutti e tre concentrati sulla piccola creatura che si dimostrò essere molto socievole e vogliosa di coccole.
“Oh, Inuyasha sei stato proprio fortunato, è un amore!” commentò esultante Sango, intenerita dal piccolo Drago, suscitando le gelosie di Sieg che sbuffò guardando di sbieco la piccola dragonessa che si faceva accarezzare, borbottando felice, dal suo Cavaliere.
“Concordo! Ah, peccato che non abbiate potuto vedere quando Varandir era piccola…. Era di una bellezza divina!” sospirò estasiato Miroku, con aria sognante.
“Non vedo l’ora di sapere che nome le darai!” disse trepidante Sango
“Mh… già… devo sceglierne uno che le stia bene…. Non sono molto ferrato per queste cose” rifletté il mezzo- demone guardando la piccola creatura sotto di sé
“Non temere… verrà da sé” lo rassicurò Miroku, sorridendogli. Il ragazzo dal codino era rimasto piacevolmente sorpreso di come l’ Hanyou stesse mostrando le sue emozioni, rendendo palese la sua felicità. Ma, comunque, sarebbe stato impossibile per chiunque nascondere una così grande gioia.
“Parla, parla, abbiamo fatto ora di pranzo…” notò poi il ragazzo attirando l’attenzione anche degli altri due.
“Sentite io preferirei stare con Lei… sia a pranzo che a cena…” disse loro l’ Hanyou
“Certamente… ma, sentite! Che ne dite se pranziamo nell’appartamento di Varandir? Così potremo mangiare anche con loro” propose Miroku, indicando Sieg e la piccola dragonessa.
“Per me va bene… ma forse tu Inuyasha vuoi stare da solo con lei…” disse Sango
“No, va bene…. Se stiamo insieme a loro va bene” accettò, accennando un sorriso il mezzo- demone
“Oooh… ci voleva proprio una femmina per farti ammansire così, eh?! Ti avverto però… all’inizio sembrano così dolci e carine ma poi diventano tremende! Ma forse a te andrà anche bene farti comandare a bacchetta ihih!!” lo prese in giro il ragazzo dal codino scatenando la furia che Inuyasha, per quel giorno, aveva deciso di reprimere
“Ma come ti permetti maledetto?! Sango, reggila!” disse mentre porgeva il suo Drago tra le braccia della ragazza del Nord per poi fiondarsi su Miroku con il chiaro intento di farlo fuori. Sango sospirò, guardando rassegnata i due mentre carezzava la piccola dragonessa.
Dopo poco i due ragazzi avevano già concluso e i tre si diressero verso il primo piano sotterraneo per andare nell’appartamento di Varandir con un Miroku pesto e con un Inuyasha furente.

Raggiunsero gli appartamenti della dragonessa tramite i numerosi tunnel mentre il piccolo Drago di Inuyasha si guardava intorno curioso, assetato di conoscere l’ambiente circostante.
- Allora è andato tutto bene! – l’esclamazione di sollievo mista a gioia di Varandir raggiunse Miroku ancor prima che arrivassero alle sue stanze
- Tutto alla grande… si sta allargando la famiglia! – rispose, altrettanto entusiasta, il Cavaliere. Pochi istanti dopo erano nell’appartamento con una Varandir a dir poco trepidante.
I tre la salutarono mentre questa si avvicinava alla nuova venuta che, Inuyasha, aveva lasciato libera di muoversi.
Le due si studiarono fino a quando Varandir non toccò la piccola squamosa testolina dell’altra sbuffando soddisfatta.
- Finalmente una femmina! Non ne potevo più di avere intorno solo dei maschi! – esclamò radiosa mentre la piccola dragonessa esprimeva la sua altrettanta gioia trotterellandole intorno. Nonostante le due appartenessero a due specie opposte – Varandir un Drago d’Acqua mentre la piccolina un Drago di Fuoco – la dragonessa più anziana si ripromise che le avrebbe offerto il suo aiuto in qualsiasi momento.
Sieg si unì alle due, lasciando libera Sango a chiacchierare allegramente con Miroku e Inuyasha il quale, però, improvvisamente, fu distratto dalla voce profonda – così diversa da quella ancora, quasi impalpabile, del suo Drago – che gli si insinuò nella testa. Ma non solo lui, anche gli altri due Cavalieri vennero interpellati dalla voce
- Ti do il mio benvenuto nella Milizia del Dragone, Inuyasha. Sono sicura che, grazie a tutti voi, potremo riportare nuovamente la pace nel Continente - . Era Varandir. Il mezzo- demone la guardò meravigliato e più confuso che mai. Sapeva bene che era possibile, da parte dei Draghi, concedere ad altri, oltre al proprio Cavaliere, il privilegio di avere quello che era la loro forma di contatto più nobile e potente… ma che venisse concesso tale privilegio anche a lui lo commosse profondamente.
La guardò nei suoi occhi dal colore di zaffiro e le si inchinò davanti
“Ti ringrazio infinitamente Varandir- sama. Per me è un onore ricevere la tua benedizione ed è un onore far parte della Milizia” disse volutamente ad alta voce.
L’unico sentimento che aveva provato da quando era approdato ad Eldoras era quello della gratitudine, cosa che gli era sempre stata estranea. Ma lì tutti lo avevano accolto a braccia aperte senza chiedergli niente in cambio. Lo avevano salvato, lo avevano reso libero e gli avevano dato la straordinaria possibilità di diventare un Cavaliere, esaudendo sia il desiderio di suo padre che il suo stesso sogno.
Ma nonostante fosse pervaso da quel forte sentimento il suo carattere gli impediva di esprimerlo appieno e sperava, in qualche modo, che quelle parole, almeno, potessero servire a farlo capire.
Gli si avvicinò Miroku, posandogli una mano sulla schiena ancora china
“Non c’è alcun bisogno che ti inchini, Inuyasha. Siamo noi ad esserti grati per aver accettato di affiancarci in questa importante battaglia” e gli sorrise mentre, ancora una volta, il mezzo- demone non poteva che provare gratitudine.
In seguito il gruppo si fece portare il pranzo lì da Doroty e trascorsero lì anche parte del pomeriggio. A loro, poi, si unì anche Kouga, tornato dalle sue commissioni e non mancarono i battibecchi tra l’ ookami Youkai e l’ Hanyou ai quali assistettero divertiti tutti gli altri.
“Comunque… - cominciò un po’ imbarazzato il Demone lupo dopo l’ennesima ‘litigata ’ – Congratulazioni per il tuo ingresso nella Milizia…. La tua piccola dragonessa è veramente stupenda!” disse, con un lieve sorriso, porgendogli la mano. Inuyasha lo guardò sorpreso e sorrise a sua volta – anche se con un’espressione un po’ beffarda… - e gli strinse la mano. Ma quel momento di ‘pace ’ durò poco, visto che i due, subito dopo, si rimisero a litigare per le cose più stupide.
Miroku e Sango sorrisero divertiti… erano senza speranza.
“Bè… si è fatto tardi” disse poi l’ Hanyou andando verso il suo piccolo Drago che per tutto il tempo aveva giocato con Sieg e Varandir
“Già, anche io devo andare…” si aggiunse Kouga.
“Va bene… sta sera che facciamo? Tu Inuyasha rimani nei tuoi appartamenti, giusto?” domandò Miroku
“Sì…”
“Noi invece ci troviamo alla taverna Miroku? Mi ha chiesto Doroty se cenavamo lì sta sera…” propose l’ ookami Youkai
“Perché no? Per me non c’è problema…. Sango?” le chiese il ragazzo dal codino
“Va bene"
“Perfetto! Allora ti passo a prendere alle otto…. Tu Kouga ci aspetti già là?”
“Sì, tanto devo andarci prima perché Glen ha bisogno di una mano per alcune faccende”
“Allora siamo d’accordo” annuì soddisfatto Miroku per poi rivolgersi nuovamente a Inuyasha “Magari passiamo a salutarvi prima di andare a dormire… ti va?” gli domandò sorridendogli
“Feh! Fai come ti pare!” rispose scorbutico l’altro…. Sarebbe stato un miracolo vederlo gentile per una giornata intera!
Così i quattro si separarono dopo aver trascorso una bellissima mattinata. Inuyasha fu il primo ad andarsene e, anche se aveva passato delle ore piacevoli in compagnia degli altri, era contento di poter passare del tempo da solo con la sua nuova piccola compagna che ora se ne stava appollaiata sulla sua spalla.
Ma poco dopo sentì la voce di Miroku che lo chiamava a squarciagola.
“Accidenti Miroku! Che cavolo hai da urlare così tanto?!”
“Anf… anf… scusa ma… ma mi sono dimenticato di… di farti vedere i tuoi nuovi appartamenti!” gli disse col fiato corto il ragazzo dal codino.
“Ah, già!” in effetti il mezzo- demone si stava dirigendo verso gli appartamenti destinati agli ospiti che aveva usato per quei giorni.
“Forza andiamo” gli fece cenno di seguirlo Miroku.
Tornarono indietro e imboccarono il tunnel che portava agli appartamenti dei Cavalieri. Passarono davanti anche alle stesse stanze di Miroku per poi dirigersi ancora più in profondità.
“Sei fortunato, sai?” gli disse poi il Cavaliere
“E perché mai?” gli disse di rimando Inuyasha, col suo solito tono arrogante
“Perché ti hanno assegnato uno dei pochi appartamenti direttamente collegato sia a quello del proprio Drago che all’esterno” lo informò
“All’esterno?! Mi prendi in giro? Com’è possibile che sia collegato all’esterno se siamo sottoterra?” gli domandò scettico. Era già dell’idea che Miroku fosse alquanto svitato ma non fino a quel punto.
Il ragazzo dal codino ridacchiò “Eh, mio caro non conosci che poche cose di questo magnifico Palazzo! Da alcuni appartamenti sono stati costruiti tunnel che risalgono fino alla superficie. Tali appartamenti sono quelli che sono costruiti nella parte più esterna perciò non è stato difficile. Uno di questi è il tuo e quello che, spero, sarà destinato a mia cugina…” concluse con un sospiro mentre gli occhi gli si velavano di una impalpabile tristezza che, però, non passò inosservata a Inuyasha.
“Tuo padre non ha ancora deciso niente a riguardo?” gli chiese con tono indifferente
“No… e non so che intenzioni abbia” rispose l’altro, con lo stesso tono “Oh, eccoci!” esclamò poi. Prese dalla tasca dei pantaloni una grossa chiave bronzea infilandola poi nella toppa della spessa porta in legno scuro.
L’ Hanyou si ritrovò in un enorme appartamento arredato di tutto punto. Era composto da un ampio soggiorno – nel quale ora si trovavano – una grande stanza da letto e un ampio bagno. In più notò due porte: una che portava agli appartamenti del suo Drago mentre l’altra conduceva all’esterno proprio come gli aveva spiegato Miroku.
“Bene, ecco qua! Spero sia tutto di tuo gradimento, è stato mio padre stesso a volerti assegnare questo appartamento. Comunque se c’è qualche problema chiedi a me e vediamo che si può fare” gli disse gentile il ragazzo dal codino mentre guardava compiaciuto Inuyasha che, intanto, stava studiando attentamente la sua nuova dimora
“No, no… è perfetto. Non potrei chiedere di meglio…” gli rispose annuendo.
“Perfetto. Ora scusami ma devo scappare, ho alcune questioni di cui occuparmi. E intanto che ci sono dirò a mio padre che è tutto a posto”
“Sì e… ringrazialo da parte mia” borbottò il mezzo- demone. Miroku sorrise e lo salutò per poi lasciare l’ Hanyou solo con la sua piccola dragonessa la quale, scesa dalle sue spalle, studiava l’ambiente curiosa.
Inuyasha notò con piacere che nella stanza da letto, oltre a un morbidissimo letto a due piazze, era stato aggiunto anche un comodo giaciglio per il suo Drago.
Nonostante ci fosse il minimo indispensabile, l’appartamento era davvero accogliente e, soprattutto, molto luminoso.
Si buttò sul letto, facendo sobbalzare i vari colorati cuscini su di esso posati, sospirando… si sentiva stanco ma immensamente felice. Subito gli si avvicinò la piccola dragonessa – dopo aver spiccato, seppur con qualche difficoltà, un agile balzo dal pavimento – accoccolandoglisi vicino mormorando felice. L’ Hanyou sorrise, cominciando ad accarezzarle la superficie squamosa, animata da riflessi dorati per via delle lampade.
Stando vicini così, i due finirono con l’addormentarsi, rassicurati l’uno dalla vicinanza dell’altro.


“Oh, dolce Sango sei splendida!”
“Eeehh… sapevo che l’avresti detto!”.
Come si erano messi d’accordo quel pomeriggio, verso le otto di sera Miroku passò dagli appartamenti di Sango per poi andare insieme a cenare con Kouga.
“Quindi vuoi dire che ti sei vestita così apposta per ricevere un mio complimento? – continuò lascivo, prendendole le mani tra le sue – Ma non ce n’era bisogno! Tu sei sempre splendida!” e le si avvicinò pericolosamente quando un dolore pungente gli attraversò la gamba. Era Sieg che lo stava mordendo.
“Accidenti che maleeee!!” piagnucolò il Cavaliere massaggiandosi il punto offeso.
“Ti sta bene. Dovresti saperlo che Sieg è praticamente la mia guardia del corpo!” ridacchiò divertita la ragazza guardando i due che si fissavano con sguardi di sfida mentre il fumo grigiastro emesso dalle narici del Drago si disperdeva nell’aria.
“Però ero serio…. Sei davvero bella sta sera” le disse guardandola dolcemente, facendola arrossire.
“Gra- grazie…” balbettò imbarazzata sotto lo sguardo sufficiente di Sieg che continuava a sbuffare.
“Forza, andiamo! Ho una fame terribile!” esclamò poi il ragazzo avviandosi seguito da Sango.
“Chissà Inuyasha che starà facendo con la sua piccola dragonessa!” si chiese sorridendo la ragazza del Nord
“Eheh! L’hai visto oggi? Non sembrava nemmeno lui! Era così carino… uno zuccherino!” ridacchiò Miroku, ripensando allo sguardo beato dell’amico
“Già! Ma credo che non lo vedremo più comportarsi in quel modo! O, almeno, non davanti a noi!”
“Eehh… quel ragazzo è proprio un timidone! Oh, ecco Kouga!” osservò, mentre facevano il loro ingresso nella taverna.
Si avvicinarono al tavolo nel quale era seduto l’ ookami Youkai mentre sorseggiava un boccale di birra ormai mezzo vuoto.
“Oh, eccovi! Accidenti Sango… come sei in tiro sta sera!” si complimentò lo Youkai facendola arrossire
“M- ma perché dite tutti così? Non mi sono vestita in maniera poi così particolare!”. La ragazza quella sera aveva indossato un morbido abito lungo del colore del cielo. Il velluto di cui era costituito, si muoveva sinuoso ad ogni suo passo, sfiorando appena il pavimento, mettendo in risalto il fisico slanciato del Cavaliere. In effetti il vestito in sé non era niente di speciale…il fatto era che, da quando era arrivata a Eldoras, quella era la prima volta che indossava abiti lunghi – cosa che, invece, aveva sempre fatto a Mendeon – preferendo vestire con pantaloni perché più comodi. Perciò era naturale che ora attirasse maggiormente l’attenzione vista la sua bellezza.
Miroku e Kouga si divertirono a vederla imbarazzarsi ma decisero poi di risparmiarla concentrandosi su altro.
Chiacchierando del più e del meno – anche se, a quel punto, l’argomento principale di conversazione divenne Inuyasha – ordinarono la cena mentre la taverna cominciava ad affollarsi, riempiendosi delle allegre risate dei commensali.
A seguito della fine delle Grandi Nevi, l’umore generale – soprattutto quello dei membri della Milizia – era notevolmente migliorato vista la scomparsa dell’impedimento atmosferico che, abitualmente, impediva la maggior parte della attività, tra cui il piacere del volo.
Ma non solo questo era stato motivo di sollievo…gli acquisti all’interno della Milizia di personaggi altolocati come Sango e Inuyasha – nonché della diffusasi notizia della ricostituzione del Consiglio delle Tre Terre – aveva ridato speranza a molti che da tempo avevano cominciato a vedere con sempre maggiore preoccupazione la minaccia di Naraku. Comunque, nonostante avesse rinvigorito i militari, questa gioia si cercava di trattenerla all’interno del Palazzo Reale visto il ‘pericolo spie ’ onnipresente.
Seppure, poi, l’attenzione generale fosse maggiormente focalizzata sulle figure di Inuyasha, Miroku e Sango – quelli che, ormai si sapeva, avrebbero avuto posto all’interno del Consiglio -, si era diffusa la curiosità per quello che riguardava la nobile Kagome, ultimo membro della casta Higurashi a cui il popolo era così affezionato.
Ma il nobile Takehiko continuava a tacere, senza dar segni di aver preparato una qualche iniziativa.
“Miroku non hai alcuna notizia su quello che riguarda la nobile Kagome?” la fatidica domanda venne espressa da Kouga con una certa apprensione e non di certo mossa da sola curiosità.
L’interpellato sospirò mostrando un’evidente frustrazione “No, Kouga, niente di niente. Mio padre non ha accennato a niente al riguardo”
“Ma com’è possibile?! Dovrebbe essere al centro dei suoi pensieri…! Sinceramente, questa volta, non lo capisco proprio. Ha sempre agito al meglio, affrontando qualunque tipo di necessità con risolutezza ed efficacia…. Mi sembra strano che non abbia pensato ancora a niente per una questione così, di massima importanza” rifletté l’ ookami Youkai sinceramente preoccupato
“Non so se abbia pensato o no a qualcosa… so solamente che con me non ha discusso nulla. Ne so quanto te…” disse, cercando di mantenere una certa indifferenza, ma a Sango non passò inosservata la sua preoccupazione.
“Non credo che tuo padre sia così sciocco da non aver ancora pensato a nulla, la trovo una possibilità altamente improbabile – intervenne risoluta la ragazza – Penso invece che sappia già cosa fare e ce lo dirà a tempo debito. Non mi stupirei se avesse taciuto preoccuapto che i suoi piani si fossero altrimenti diffusi a macchia d’olio con l’attuale pericolo spie e con la probabilità di dare a Naraku una nuova occasione per attaccare…” concluse, soddisfatta che le sue parole stessero facendo riflettere i due ragazzi che ora tacevano.
Miroku si ritrovò a sorridere mesto “Credo che tu sia più sensibile e attenta di noi, cara Sango…. Soprattutto di me…” disse, amaro. Sango lo guardò stranita.
“Bè, comunque sia lo sapremo a tempo debito quello che si farà…” affermò Kouga, riconoscendo che l’ipotesi espressa dal Cavaliere del Nord era fondata “Io però adesso devo augurarvi la buonanotte…. Slyfer mi aspetta…”
“Sì, in effetti anche per me è ora di andare…. Ah, però avevamo detto a Inuyasha che saremo passati da lui… ti unisci a noi Kouga?” gli domandò Miroku
“Eh, perché no?! Un’azzuffata col cagnolino prima di andare a dormire è quello che ci vuole!” ghignò lo Youko sotto gli sguardi rassegnati di Miroku e Sango.
Così, dopo aver salutato gli indaffarati Doroty e Glen nel servire i numerosi commensali, si diressero verso l’appartamento dell’ Hanyou
. Arrivati a destinazione bussarono alla porta dell’appartamento. Non ottenendo alcuna risposta, bussarono nuovamente chiamando ad alta voce il nome del mezzo- demone.
“Magari è uscito…. Vorrà dire che ci vedremo domani…” e stavano per andarsene quando sentirono provenire dall’interno il trambusto di qualcuno che si affrettava alla porta. Con loro sorpresa videro un Inuyasha mezzo addormentato aprire la porta e guardarli stranito senza aprir bocca.
“I- Inuyasha… stai bene?” gli chiese Miroku, guardandolo perplesso
“Che… che ore sono? Perché siete tutti qui?” chiese loro di rimando, lasciandoli ancora più perplessi
“Come che ore sono? Ormai è mezzanotte…” lo informò il ragazzo dal codino
“Me- mezzanotte?! Accidenti!” esclamò l’ Hanyou, rientrando frettoloso nell’appartamento dirigendosi verso la stanza da letto dove gli si presentò, a lui come agli altri, una scena alquanto buffa: il suo piccolo Drago, affamato e, quindi, in cerca di cibo, aveva praticamente sbranato la maggior parte dei cuscini sparsi in giro senza, ovviamente, ottenere nulla con cui sfamarsi.
Miroku, Sango e Kouga guardarono Inuyasha che si sbatteva una mano sul volto, sospirando rumorosamente.
“Inuyasha… non mi dirai che il tuo Drago ti ha distrutto mezzo appartamento perché…” cominciò Miroku, trattenendo a fatica le risate per quello che, giustamente, aveva pensato
“Sì… non gli ho dato da mangiare…” sospirò l’ Hanyou mentre, con uno sguardo indecifrabile, guardava il suo Drago che si avvicinava con uno sguardo innocente. I tre alle sue spalle, invece, scoppiarono a ridere, mettendolo ancor più in imbarazzo mentre, invano, lanciava loro improperi per farli smettere.
Kouga, ancora ridendo a crepapelle, si offrì per risalire alla taverna e per portar loro qualcosa da mettere sotto i denti, soprattutto per la piccola dragonessa.
Tornato, Inuyasha si occupò di sfamare il Drago sotto gli sguardi divertiti degli altri tre che, sapeva, non gli avrebbero dato tregua per un sacco di tempo con quella storia.
Nonostante l’ora tarda, i quattro trascorsero alcune altre ore insieme, parlando del più e del meno come avevano fatto quel pomeriggio.
E, nonostante la sua ostentata indifferenza, l’ Hanyou cominciava, finalmente, a sentir scomparire man mano quella sensazione di inadeguatezza e di incompatibilità che, da quando era arrivato, l’aveva accompagnato per tutti quei giorni. Ma finalmente aveva Lei, il suo Drago e le cose non sarebbero che potute migliorare.
Eldoras si addormentò cullata dal tenue mormorio del vento, illuminata dal riflesso delle stelle e della luna che, ormai, dominava regina su di loro nella sua quasi totale pienezza mentre quattro ragazzi, uniti dal destino, ignoravano il reclamo della tipica quiete notturna, confortati, ormai, dalla ritrovata serenità grazie al legame con quelli che sarebbero stati i loro compagni per la vita.

FINE 10° CAPITOLO.

Mmh…mmh…. Mah, non so voi ma a me questo capitolo sembra…bò…strano? Non so, mi da questa sensazione. Nonostante lo trovi bello in più punti…non ne sono completamente convinta…. Ma l’ho concluso dopo aver trascorso un intero pomeriggio a studiare perciò la mia stanchezza, accompagnata dalla poca lucidità, potrebbe ingannarmi…;P .
So che molti aspettano con impazienza anche l’arrivo di Kagome ma dovrete attendere il prossimo capitolo (se tutto va bene eheh…!).
Ci tenevo a scrivere un capitolo del genere per sottolineare quello che prova Inuyasha e ampliare il discorso della ‘Rinascita ’ intrapreso nello scorso capitolo. Inoltre mi sembrava doveroso dare spazio alla nuova venuta, la piccola dragonessa ancora dal nome ignoto! A proposito della piccoletta…sono rimasta davvero molto indecisa sul fatto di assegnare a Inuyasha un Drago femmina o maschio…. Li trovavo adattissimi entrambi ma poi ho optato per la femmina collegandomi a quell’amore infinito che lui prova per sua madre e, quindi, come possibile ‘sostituta ’…. Inoltre mi sono convinta su questa scelta anche per un altro motivo che capirete più avanti…. Spero, comunque, che la mia scelta trovi consensi anche da parte vostra
. Per il resto…mah, aspetto i vostri commenti. Di questo capitolo ci sono ancora alcune cose in sospeso che spero di riuscire ad approfondire nel prossimo capitolo…. Quindi, visto che non ho nient’altro da aggiungere, vi lascio, augurandovi una buona settimana e aspetto vostre recensioni….
Alt! Un attimo ancora…a proposito di recensioni, dimenticavo di dire una cosa a Mech! A proposito della coppia Sesshoumaru/ Rin…ah! bella domanda! Sinceramente? Non ne ho idea! Questo perché mi sono cimentata nel pubblicare questa ff andando alla ‘cieca ’, senza aver pensato con precisione a come si sarebbero susseguiti i fatti…ma non c’è da preoccuparsi…. Ho sempre più o meno fatto così…. E, comunque, non amo programmare tutto in anticipo e con estrema precisione…mi piace che le idee vengano fuori da sole e sul momento. Quindi una risposta certa non te la so dare, quello che so con sicurezza è che Sesshoumaru lo volevo nella ff anche se non so ancora di preciso che ruolo avrà.
Bene, ora ho davvero concluso perciò vi saluto sul serio…!
Baci
Ka_chan.

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Capitolo 11
*** cap11 “IL PROPRIO DOVERE” ***


Salve a tutti cari lettori! È giunto un altro lunedì, il mio 18esimo compleanno si avvicina nonché le vacanze di Natale! Ah, vacanze…che parola soave!
E, ovviamente, come ogni lunedì, ecco un altro capitolo di questa ff che mi sta dando grandi soddisfazioni!
Mentre scrivo sto ascoltando il ‘music theme ’ di X e ormai mi metto a piangere da quanto è bello! (Ovviamente mi riferisco a X1999 opera straordinaria delle divine Clamp!).
Ma parliamo della ff, che è meglio…well, come la volta scorsa, devo rispondere ad alcuni quesiti che mi sono stati posti e che, come sempre, mi farebbe piacere che leggeste tutti visto che vi possono chiarire le idee….
Allora, devo rispondere, in modo particolare, a Hikari_Takahishi_87: per quello che riguarda all’invenzione dei nomi…. Davvero mi trovi così brava?? Ti giuro, mi hai fatto enormemente felice! Comunque…bè…mi vengono così, a volte devo pensarci un po’ su – con tutti i libri fantasy che ho letto devo stare attenta a non copiarne alcuni per sbaglio…! – però, sì, vengono quasi da soli e, a proposito, spero di aver azzeccato anche il nome della dragonessa di Inuyasha….
Poi, per quello che riguarda il fatto che il nobile Takehiko non è un Cavaliere ne parlerò più avanti e la stessa cosa per quanto riguarda Kouga. Quindi ti basterà aspettare i prossimi capitoli e tutto ti verrà svelato ^^ - comunque grazie per queste annotazioni perché ho talmente tante idee nella testa che magari certe cose importanti me le scordo…!
E per le descrizioni dei Draghi di Fuoco e Terra anche quelle ci saranno.
Bene direi che ho risposto a tutto…. Adesso però devo dare una risposta più in generale visto che in molti di voi me ne avete parlato…per quanto riguarda i vari personaggi o le varie coppie come ad esempio Sesshoumaru/ Rin o Sesshoumaru/ Kagura…la risposta è sempre la stessa: vedremo. Sinceramente ho pensato all’eventuale inserimento di questi personaggi ma finché non lo scrivo nero su bianco non ve lo so dire.
Credo di aver risposto a tutto…comunque se avete dubbi continuate a chiedere!
Ora passiamo ai ringraziamenti per chi ha recensito: cri-chan (oltre ad essere una delle fedelissime sei anche quella che commenta praticamente sempre per prima! ^^), Lorimhar (spero tu sia riuscito a non addormentarti a lezione visto che hai commentato alle 01:48 della notte! Però sono contenta che ne sia valsa la pena!), Elychan, Vale_chAn, la new entry Chiba (la mia ff addirittura la più bella del sito?? Mamma mia mi fate davvero arrossire…! Grazie davvero!), la seconda new entry giodan, Mech (bè, non so - anche se mi reputi così brava - se riuscirei a rendere bene anche una non- eventuale coppia Inuyasha/ Kikyo…la detesto talmente tanto che non ci riuscirei neanche sotto torchio! Comunque per la coppia Sesshoumaru/ Kagura vedi sopra!), Hikari_Takahishi_87 (sono contenta di vedere che hai continuare a recensire come al tuo solito! ^^) e Mao- chan91.
Ecco fatto! Ringrazio ovviamente anche quelli che hanno solo letto…. Comunque sono davvero felice che la mia scelta di affiancare a Inuyasha un drago femmina sia piaciuta più o meno a tutti…!
Ora direi proprio che ho terminato, vi lascio al capitolo mentre io me ne vado a disegnare!

11° CAPITOLO “IL PROPRIO DOVERE”

Da quello che era stato uno dei giorni più belli della sua vita erano passate circa due settimane. E quel periodo era stato altrettanto bellissimo.
Come ogni mattina, Inuyasha e la sua adorabile, piccola dragonessa stavano passeggiando tranquillamente per il grande giardino del Palazzo Reale.
Le squame del Drago risplendevano e si animavano ai caldi raggi del mattino mentre una leggera brezza muoveva i capelli argentati dell’ Hanyou.
Non aveva mai provato sensazioni simili, la serenità che gli aveva dato quella creatura al solo vederla non l’aveva mai provata.
Nemmeno quando erano ancora vivi i suoi genitori, poiché c’era sempre stato qualcuno che aveva desiderato la sua morte come quella di sua madre.
Ma ora era tutto diverso. Certo, le ferite erano ancora aperte e profonde… ma ora aveva qualcosa con cui poterle curare.
Si sedettero sotto le fronde di un grande nocciolo che, come gli altri alberi suoi compagni, godeva dei raggi luminosi del sole che, con il suo calore, stava man mano andando a sostituire il freddo pungente dell’inverno.
Inuyasha accarezzò le squame del suo Drago che, nel corso di quei giorni, si erano indurite e ora risplendevano più che mai. Ogni giorno era una gioia potersi svegliare avendo accanto Lei.
Fissò gli occhi rosso fiamma della dragonessa che rispose al suo sguardo, avvicinandoglisi
- Ti vedo sereno questa mattina… - gli sussurrò, con la sua voce ancora acuta
- Sì, in effetti oggi… mi sono svegliato bene… - sospirò lui, guardando il cielo azzurro che li sovrastava.
- Sarà perché oggi avremo la Cerimonia della Nascita…. Finalmente ti potrò chiamare per nome… - e le fece un timido sorriso, accoccolandosi contro la corteccia dell’albero, portandosi le braccia dietro la testa e chiudendo gli occhi.
Ormai quello di recarsi per qualche ora lì, nel giardino, era diventato quasi un rituale per loro…. Niente di particolare… ma riusciva a dargli una pace indescrivibile.
Anche la piccola dragonessa si accucciò sul soffice manto erboso, godendo del calore dei raggi solari che le animavano il manto squamoso, facendolo risplendere di fiamme incandescenti.
Inuyasha era immensamente orgoglioso di come la sua dragonessa stesse crescendo forte e in salute. Il suo corpo si era allungato e si era fatto più proporzionato, ed ora, stando accucciata, gli arrivava quasi fino al ginocchio. Lo affascinava tantissimo vedere come, ogni giorno, qualcosa in lei cambiasse e si evolvesse ed era sempre più emozionato all’idea di che magnifico esemplare sarebbe diventato col passare degli anni.
Si appisolò, cullato sia dalla leggera brezza che lo accarezzava sia da questi piacevoli pensieri. Ma, come accadeva ormai da due settimane, il suo sonno venne disturbato da una strana visione….
In un paesaggio completamente avvolto da una spessa coltre di nebbia, vide a malapena una figura voltata di spalle, mentre i suo lunghi capelli color ebano, sporchi di sangue, si muovevano alle folate di freddo pungente.
Le si avvicinò, senza un motivo particolare, ma spinto da una sensazione di necessità impellente. Prima però che potesse anche solo sfiorarla, la figura si dissolse sotto i suoi occhi, come il paesaggio che venne sostituito da una landa desolata il cui terreno era di un intenso colore vermiglio. Il colore del sangue. Il terreno era di sangue.
Plic…plic….
Quel fastidioso e sinistro gocciolio attirò la sua attenzione… volse lo sguardo. Inorridito, vide che il sangue che impregnava quella terra, sgorgava dai polsi e dalla gola straziata della figura che aveva cercato di afferrare, mentre era sostenuta da un’altra figura oscura…. Non riuscì a vedere nessuno dei due visi… quello che riuscì a veder solamente fu il ghigno di pura perfidia che attraversò l’immagine oscura, terrorizzandolo.
- Non potrai fare niente… - sibilò la figura… - NIENTE! -
Si destò ansimando violentemente, mentre gocce di sudore gli imperlavano il viso, con gli occhi sgranati. Non era la prima volta che aveva quella visone, ma tutte le volte non poteva fare a meno di destarsi con quella sensazione di terrore.
Si accorse di stare tremando e cercò di calmarsi, respirando a fondo.
Dalla prima volta che l’aveva avuta, ultimamente riusciva a ricordarsi e a vedere le cose più dettagliatamente seppur le due figure rimanessero sfocate, impedendogli di vederne i volti. L’unica cosa che riusciva a vedere chiaramente era quel ghigno terribile della figura oscura. Rabbrividì ripensandoci.
- È ancora quel sogno? – gli domandò con tono apprensivo la piccola dragonessa che avvertiva chiaramente la sensazione di terrore del suo Cavaliere.
- Più che un sogno… è un incubo… - sospirò il mezzo- demone, asciugandosi la fronte dal sudore – Non riesco a capirne il senso…. E non credo nemmeno che si tratti di un semplice sogno… -
- Credo che, in un certo senso, sia a causa mia… - rifletté il Drago
- Che vuoi dire? – gli chiese perplesso l’ Hanyou, non capendo come potesse centrare lei con quel sogno.
- Grazie alla nostra vicinanza, voi Cavalieri acquisite o sviluppate alcuni poteri e doti tra cui quella della veggenza… - gli spiegò pacata lei
- Vuoi dire che… si tratta di una visione vera e propria? Una visione… del futuro? – le domandò, incredulo. In effetti doveva essere così, visto le abilità magiche che, ora, da quando aveva cominciato a seguire gli allenamenti dei Cavalieri, possedeva.
- Non so risponderti con sicurezza. Di certo non si tratta di un sogno normale… credo che saranno gli eventi, quello che ci aspetta a dirci di che si tratta -
- Mh… non sono un tipo molto paziente, io - borbottò il mezzo- demone facendo ridacchiare il piccolo Drago che gli si strusciò contro, voglioso di carezze.
Inuyasha sorrise e non la fece attendere, cominciando a passare le mani sulle lucide squame della creatura che sbuffò di piacere muovendo frenetica la coda.
Stettero così per alcuni minuti, godendo della semplice vicinanza reciproca.
“Forza ora, sarà meglio muoversi” disse poi l’ Hanyou alzandosi, sotto la disapprovazione della piccola dragonessa a cui sarebbe piaciuto stare a quel modo anche per tutto il giorno.
“Ehi, non sarai diventata pigra come Miroku, vero?” la prese in giro il mezzo- demone col suo solito ghigno strafottente.
- Ma tu guarda! Come ti permetti? Ti informo che io sono la più giovane dragonessa già abile nelle arti magiche! Pfui… pigra, dice! – sbuffò indignata
“Oh, mi scusi vostra altezza! Mi farebbe l’onore di prendere parte insieme a me quella che è la nostra Cerimonia?” le disse, sempre ghignando, l’ Hanyou.
- Bah… non so più se ti voglio come mio Cavaliere…! – borbottò lei mentre gli si avvicinava
“Eh, ormai è tardi mia cara! Avresti dovuto pensarci prima!” continuò lui a fare lo sbruffone
- La vicinanza di Miroku ti è dannosa…! – borbottò lei di nuovo anche se cominciava a ridacchiare nel vedere la sfacciataggine del suo Cavaliere. Almeno ora aveva tolto la sua attenzione dalla visone di poco prima che, tutte le volte, lo rendeva teso e poco incline a qualunque tipo di conversazione.
E i due si avviarono insieme, verso la Sala del Destino dove, finalmente, avrebbero ufficializzato la loro unione.


“Oh, eccoli i due piccioncini!” la voce squillante di Miroku li raggiunse, facendo irritare in soli pochi secondi Inuyasha che provvide immediatamente ad assestargli un pugno su quella testa bacata.
“Ma perchèèè?” piagnucolò il ragazzo dal codino, tirandolo per la giacca di pelle nera che indossava.
“Tzè, così impari a dire cavolate, idiota!” grugnì l’altro mentre la piccola dragonessa andava verso Sango per farsi coccolare sotto lo sguardo un po’ indispettito di Sieg che però, ormai, ci aveva fatto l’abitudine…. In fondo, se non si trattava di Miroku, andava bene.
“Allora, pronto?” gli chiese poi, ripresosi, il Cavaliere dal codino.
“Naturalmente…. Tuo padre?” gli domandò di rimando l’ Hanyou guardandosi intorno.
“Sicuramente sta arrivando…. Ti vedo pallido, stai bene?” domandò, osservano il colorito pallido dell’amico. Inuyasha trasalì, cercando, però, di far finta di niente
“Feh, sto benissimo!” grugnì di nuovo, girandosi e andando verso Sango e la sua piccola dragonessa.
“Buongiorno a tutti quanti” la voce profonda del nobile Takehiko attirò la loro attenzione e i tre salutarono di rimando il Governatore e il Ministro Mendion che lo accompagnava.
Senza perdere tempo, Miroku si affrettò con lo sciogliere gli incantesimi della Sala del Destino cosicché vi potessero entrare.
Inuyasha, ancora una volta, non poté fare altro che ammirare tanta bellezza. Ma la sua tacita deferenza venne interrotta dal nobile Takehiko che lo richiamò
“Scusami se facciamo tutto di fretta Inuyasha, ma non c’è tempo da perdere”
“Fa lo stesso. Procediamo” gli rispose freddo
“Bene, allora vieni con me” e i due, come la volta precedente, si avvicinarono all’altare questa volta sgombro delle uova, sostituite da una piccola vasca.
“La Cerimonia della Nascita consiste, in pratica, in un battesimo. Ora, metti il tuo Drago sopra l’altare” gli disse il Governatore ed Inuyasha, senza batter ciglio, fece come gli era stato detto, sollevando da terra la sua piccola dragonessa per poi adagiarla sul freddo altare bianco in Pietra di Luna.
“Bene. Ora dovrai dire il nome del Drago che ti ha scelto come suo Cavaliere e con il quale adempirai alla tua missione. Fatto questo devi immergerla nella vasca che vedi lì davanti a te mentre io reciterò alcuni passi…. Chiaro?” gli domandò aspettando il cenno di assenso dell’ hanyou.
Inuyasha pose una mano sulla testa squamosa del Drago, guardandola sorridendo
“Questa è Harliem, colei che mi ha scelto come suo Cavaliere…” disse, in un soffio, mentre il suo animo veniva scosso da fortissime emozioni, mescolate a quelle della dragonessa, creando un vortice irresistibile.
In seguito, con cautela, la immerse nella vasca dove la piccola Harliem si divertì a giocare con la speciale acqua proveniente dalle sue remote e sconosciute terre. Il nobile Takehiko cominciò a recitare il testo della Cerimonia mentre Inuyasha sorrideva compiaciuto.
Finalmente anche il suo Drago aveva un nome… e finalmente lui era un Cavaliere a tutti gli effetti.
- Papà… se mi stai guardando… sii fiero di me… - pensò, chiudendo gli occhi, mentre quel vortice di emozioni lo sommergeva, in particolare la commozione.
Nonappena il Governatore terminò, si ridestò e provvide a togliere Harliem dalla vasca per poi asciugarla.
Miroku e Sango gli vennero incontro, congratulandosi sia con lui che con la piccola dragonessa.
“È un nome bellissimo, Inuyasha” si complimentò sorridendo Sango “Vero piccola Harliem?” le disse, guardandola dolcemente
“Già, proprio adatto…! Non ti facevo così ferrato in questo genere di cose!” ghignò Miroku
“Tsk! È come hai detto tu… è venuto da solo, perciò non dovuto stare lì ad arrovellarmici sopra!” bofonchiò irritato quello.
“Ragazzi… mi dispiace di non potervi dare neanche il tempo di festeggiare ma devo parlarvi con la massima urgenza” li richiamò il Governatore, guardandoli con la massima serietà. I tre annuirono, assumendo lo stesso sguardo.
“Portate i vostri Draghi nei loro alloggi e poi raggiungetemi nel mio studio” disse imperiale, per poi precederli insieme a Mendion.
I tre ragazzi, invece, fecero come gli era stato detto e frettolosi si diressero verso il primo piano sotterraneo, dirigendosi verso gli appartamenti dei rispettivi Draghi.

“Bene, ci siamo tutti” il nobile Takehiko guardò greve i tre ragazzi davanti a lui, la loro unica speranza.
“Con voi, cari ragazzi, siamo già a buon punto. Ma al Consiglio della Tre Terre manca ancora un membro…”
“Kagome” disse, con voce atona Miroku, guardando il padre nei suoi occhi blu scuro.
“Già…” sospirò quello, abbassando lo sguardo “Immagino tu ti sarai spesso domandato come mai non avessi ancora detto nulla in proposito, Miroku…. Ti prego di perdonarmi se non ho detto niente nemmeno a te, ma non volevo commettere lo stesso errore di sedici anni fa…. Non potevo permettermi che le persone sbagliate venissero a conoscenza di una questione così importante. Questa volta non dovevo commettere errori” disse, posando nuovamente lo sguardo sul figlio
“No… non hai niente di cui scusarti…. Ora però veniamo al dunque” gli rispose risoluto il ragazzo
“Sì, giusto. Quello che vi chiedo è di recarvi sull’Isola di Arlem e di cercare Kagome. Purtroppo non so più dirvi dove possa trovarsi con precisione…. Non mi stupirei se dopo l’attacco a tappeto di dieci anni fa Kaede l’avesse nascosta da qualche altra parte sull’isola….”
“Ma è come cercare un ago in un pagliaio!” sbottò Inuyasha. Non amava le cose approssimative.
“Calmati Inuyasha – lo rimbrottò calmo Miroku – Se non ricordo male la somma Kaede abitava nel villaggio di Kandem” chiese conferma al padre che annuì
“La tua memoria non ti inganna, Miroku…”
“Bè, allora basta andare in questo villaggio e chiedere notizie, no?” sbottò nuovamente il mezzo- demone che venne, però ancora ripreso dal ragazzo dal codino
“No, pessima idea. Non conviene muoversi così, alla cieca. E poi non è detto che i Demoni mandati dieci anni fa da Naraku abbiano tutti fatto ritorno in patria. È più probabile che abbiano preferito rimanere sull’isola vivendo a spese degli abitanti dei vari villaggi…. E non credo nemmeno che si lascerebbero scappare l’opportunità di riferire direttamente a Naraku della presenza di Cavalieri sull’isola il che, sicuramente, lo insospettirebbe.
“Proporrei, invece, di recarci al villaggio di Gale – disse, mentre indicava un punto nella parte nord dell’isola sulla cartina che, nel frattempo, avevano deposto sulla grande scrivania – Se non sbaglio ci dovrebbe essere una nostra piccola guarnigione qui….
“Potremmo lasciare qui i nostri Draghi e poi procedere a piedi fino a Kandem per raccogliere informazioni” concluse, senza essersi reso conto di aver lasciato tutti stupiti, in particolar modo Sango e Inuyasha.
“Bè cosa sono quelle facce?” sbottò, imbarazzato per gli sguardi fissi su di lui.
“Feh! Cosa ti vuoi aspettare? Fai sempre il cretino, è naturale che rimaniamo stupiti se te ne esci fuori con questi discorsi da perfetto stratega!” sbottò, ghignando Inuyasha
“Eh, caro mio, l’apparenza inganna!” si atteggiò il ragazzo dal codino, sotto gli sguardi divertiti degli altri.
“Comunque Miroku ha perfettamente ragione. La cosa ideale è recarsi direttamente a Gale e poi da lì proseguire fino al villaggio di Kandem…. E chissà poi che gli stessi abitanti di Gale non vi sappiano dare della informazioni”
“Quando dobbiamo procedere?” chiese Sango.
“Non vi nego che la cosa migliore sarebbe partire domani. Come procedono i tuoi allenamenti di volo Inuyasha? Mi hanno detto che non te la cavi affatto male”.
“È così… se è per me, non ci sono problemi nel partire domani. Più che altro, l’ideale sarebbe se potessi volare sempre con Fhraor con cui mi sono allenato…” rifletté l’ Hanyou.
“Per questo non ci sono problemi. Me ne occuperò personalmente…. Voi che ne pensate?” si rivolse poi a Sango e Miroku
“Non c’è alcun problema. È meglio muoverci velocemente in modo tale anche da attirare poco l’attenzione” disse Sango, risoluta.
Takehiko spostò lo sguardo sul figlio con lo sguardo concentrato in chissà quale pensiero.
“Tu che mi dici Miroku?”
“Non c’è bisogno di domandarlo…. Domani si parte”.

[…]

Erano circa le quattro del mattino quando Inuyasha, Miroku e Sango erano pronti per partire.
Eldoras era immersa nell’immobilità notturna, mentre una leggera e bassa foschia serpeggiava per le strade deserte della città, conferendole un aspetto quasi spettrale.
I tre ragazzi stavano sistemando le imbracature ai tre Draghi che li avrebbero accompagnati in quell’importante missione: il Drago d’Acqua Varandir, il Drago di Terra Theodor e il Drago di Fuoco Fhraor. Quest’ultimo, come Theodor, era un Drago Veterano, seppur più giovane del primo. Aveva affiancato, nel corso di quelle due settimane, Inuyasha negli allenamenti di volo e i due si erano trovati in grande sintonia forse grazie anche al carattere decisamente più malleabile del Drago rispetto a un Theodor.
“Bene, e anche questa è sistemata” sospirò Miroku, dopo aver sistemato l’ultima bisaccia sul fianco di Varandir. Il viaggio da Eldoras al villaggio di Gale sarebbe durato quasi un giorno o anche meno. Si sarebbero portati il necessario per il viaggio di andata – cibo, coperte e altro – mentre per alle provviste per i giorni successivi ci avrebbero pensato arrivati a Gale.
“Siete pronti?” bisbigliò loro il Governatore mentre le piccole nuvolette d’aria emesse dai loro respiri si disperdevano, trasportati dal lieve fruscio del vento.
“Sì” risposero contemporaneamente i tre, ansiosi di mettersi in viaggio.
“Non ho intenzione di trattenervi ancora con discorsi inutili. Sapete quello che dovete fare, vi chiedo solo di stare attenti… e spero che vada tutto per il meglio”.
“Torneremo insieme alla nobile Kagome, nobile Takehiko” gli disse sorridendo Sango, cercando di rincuorarlo.
Il tempo dei saluti li trattenne per alcuni minuti e quello che si dilungò di più fu Inuyasha – che, nonostante l’ora, non si trattenne dal battibeccarsi con Kouga… - il quale sembrava riluttante nel separarsi dalla sua piccola Harliem che era nelle sue stesse condizioni.
- Devi tornare vivo e illeso…. Non puoi permetterti di abbandonarmi così giovane – lo ammonì lei, lasciandolo perplesso, ma anche divertito
- Accidenti, come siamo catastrofiche! …. Comunque…quello di abbandonarti è l’ultimo dei miei pensieri… - le disse dolcemente, posandole una mano sulla testa squamosa. – Tornerò presto. Te lo prometto – e con un ultimo sguardo carico di emozione si volse per poi montare velocemente su Fhraor pronto a partire.
“Spero riuscirete a trovare tua cugina, Miroku” gli augurava, intanto, Kouga
“Sì, lo spero anch’io. E poi tu non me lo perdoneresti se non riuscissi a riportarla a casa, non è così?” disse malizioso il ragazzo dal codino, facendo arrossire lievemente l’ ookami Youkai
“Sempre a dire idiozie! Vattene che è meglio!” gli grugnì contro, scatenando l’ilarità dell’altro
“Ci vediamo al nostro ritorno…. Certo che ti annoierai senza di noi!”
“Bah, per quel che mi riguarda il cagnolino lo potete pure lasciare indietro” disse sprezzante lo Youko rivolgendo uno sguardo di sfida all’ Hanyou che non mancò nel rivolgergliene uno uguale
“Sei fortunato che me ne devo andare lupastro altrimenti saresti già morto!” lo minacciò, mentre si scambiavano sguardi fiammeggianti.
“Se lo spirito è questo sono convinto che andrà tutto per il meglio, Takehiko!” disse ridendo, nel frattempo, Mendion
“Lo spero…. Lo spero davvero…” sussurrò di rimando il Governatore con la preghiera che andasse tutto bene.
E così, senza perdere altro tempo, i tre Cavalieri si alzarono in volo puntando verso est, andando ad affrontare quella che, in confronto alle altre, era la missione più importante.
Quelli rimasti a terra non poterono far altro che vederli scomparire, inghiottiti dal cielo ancora dalle tonalità scure della notte.


[...]

“Yawn! Accidenti, sono tutto indolenzito!”.
Terra Centrale… a leghe e leghe da Eldoras.
I tre Cavalieri erano scesi a terra per pranzare dopo ore di viaggio, durante le quali avevano coperto più leghe di quello che avessero mai sperato.
“Possibile che tu non faccia mai altro che lamentarti, Miroku?” sbraitò Inuyasha, stufo delle lamentele del Cavaliere dal codino intento nel stiracchiarsi sotto il tepore dei raggi solari.
“Uff…. hai bisogno di una mano mia dolce Sango?” disse quello, ignorando volutamente il mezzo- demone, che lasciò mentre gli sbraitava contro.
“No, grazie, faccio da me” si limitò a dirgli quella senza distogliere lo sguardo dalla pentola in rame davanti a lei, al cui interno bolliva una succulenta zuppa.
“Ah… va bene…” sospirò deluso il ragazzo, con un’espressione di puro dispiacere sul volto.
“Bè… - balbettò poi la ragazza vedendolo in quello stato – potresti andare a cercare dell’acqua…”
“Oh, ma certo! Farò in un baleno!” esultò Miroku, affrettandosi nella ricerca di una sorgente, trascinando insieme a lui un disperato Inuyasha le cui imprecazioni contro l’Umano riecheggiarono per tutto il piccolo boschetto di faggi nel quale avevano deciso di fermarsi.
- Bè, si è ripreso in fretta… - pensò con un sorriso tirato Sango, avendo capito di essere stata ‘ingannata ’.
- Non averne a male… - le accarezzò la mente la voce di Varandir che le si era accucciata vicino, sovrastandola con la sua mole – Non sta bene se non riesce a rendersi utile… soprattutto con le belle ragazze… - sospirò, pronunciando quelle parole con un tono rassegnato.
Sango sorrise divertita. Ma poi il suo sguardo si fece serio…. Purtroppo, da quando il Ministro Mendion le aveva svelato cosa in realtà fosse Miroku, non aveva avuto ancora l’opportunità di parlargli…. La dragonessa la osservò, ma nonostante la vedesse pensierosa decise di non indagare, lasciandola con i suoi pensieri.
Si alzò e si avvicinò agli altri due Draghi accoccolati sulla grande distesa d’erba libera dagli alberi, mentre godevano del lieve tepore del sole che, con i suoi raggi, faceva risplendere le loro squame, in modo particolare quelle di Fhraor che, come quelle di Harliem, davano all’occhio l’illusione di vedere vere e proprie fiamme.

“Si può sapere perché hai dovuto trascinare anche me?!” sbraitò Inuyasha, cercando di liberarsi della stretta di Miroku che ancora lo stava trascinando di forza.
“È semplice, amico mio. Senza il tuo fiuto portentoso mi spieghi come farei a trovare una qualche sorgente d’acqua?”
“Ah, e così mi stai usando?!” disse l’ Hanyou indispettito mentre, con uno strattone, si liberava della stretta del ragazzo.
“Accidenti, come sei suscettibile! Forza ora, datti da fare!” gli ordinò, sorridendogli
“Ma tu guarda che faccia di bronzo! E io sarei suscettibile?” sbraitò l’ Hanyou mentre gli si andavano accumulando diverse vene pulsanti.
“Avanti Inuyasha, una dolce fanciulla ci ha chiesto un favore e l’unica cosa che sai fare è lamentarti?” disse, utilizzando quasi le stesse parole che pochi minuti fa gli aveva rivolto lo stesso Inuyasha
. “Ma che ti sei rincretinito?!? E poi vorrei farti notare che Sango non ti ha chiesto un favore, glielo hai praticamente imposto tu!!! E non ripetere a vanvera quello che ti dico, idiota!!!” urlò, imbestialito, ansimando per lo sforzo. Quel dannato Ningen aveva il potere di farlo andare fuori di testa.
“Sì… hai ragione… - cominciò, seriamente pentito il ragazzo dal codino - …Ma ora puoi darti una mossa?” terminò, con una faccia d’angelo.

“Oh, finalmente siete torna- Ma Miroku… che ti è successo?” gli domandò sorpresa Sango, vedendolo arrivare con un occhio gonfio e una lunga serie di bernoccoli.
“Ehm… sono… sono… scivolato! Sì, sono proprio scivolato eheheh!” rise nervoso.
“Ecco l’acqua, Sango” disse, invece, con tranquillità Inuyasha mentre le porgeva diverse borracce piene dell’acqua che LUI aveva trovato. Peccato che la sua espressione tranquilla fosse in contrasto con la grossa vena pulsante sulla sua fronte.
“Eh, gra… grazie Inuyasha” balbettò la ragazza, con un sorriso tirato, avendo intuito quello che poteva essere successo.
“Mh…” grugnì di rimando l’ Hanyou, sedendosi su uno dei massi che avevano sistemato intorno al fuoco, come seggiola.
“Forza, ora si mangia” e i tre, nonostante l’atmosfera elettrica, si accomodarono intorno al fuoco per gustarsi il pranzo tutti insieme.
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“Divina Kagome!!”
“Cosa succede?”.
“Youkai… hanno attaccato di nuovo!!”
“Maledetti…”.
Isola di Arlem. La quiete del primo pomeriggio era stata bruscamente interrotta nella foresta poco distante dal villaggio di Kandem.
Uno degli abitanti era accorso, trafelato, fino alla piccola casa di Kaede e Kagome, chiedendo in particolare l’aiuto di quest’ultima.
In quelle ultime settimane erano aumentati improvvisamente gli attacchi dei vari Demoni che ancora vivevano sull’isola, portando morte e distruzione un po’ dappertutto.
“Dove hanno attaccato questa volta?” chiese col volto tirato la miko, cercando intanto di calmare l’uomo, offrendogli un bicchiere d’acqua.
“È arrivata un’urgente missiva da parte del villaggio di Werth questa mattina presto. Ci sono molti feriti…” la informò l’uomo di mezza età che la guardava preoccupato “Vi prego somma Kagome… ho dei parenti in quel villaggio… io…”
“Me ne occuperò immediatamente. Non preoccupatevi” lo interruppe Kagome, rincuorandolo. L’uomo annuì e, dopo poco, si affrettò nel ritornare al villaggio. La giovane miko sospirò nel vederlo andare via….
“Sei sicura, Kagome?” la voce profonda di Kaede la raggiunse dietro le spalle
“No, non sono sicura di niente…. Questo è semplicemente il mio dovere, nonna. Non posso abbandonare chi ha bisogno di me. Partirò domani mattina presto… in mezza giornata dovrei raggiungere il villaggio” e si volse per ritirarsi nelle sue stanze, cominciando già a preparare il necessario per il viaggio.
La vecchia sacerdotessa la guardò preoccupata, erano due settimane che arrivavano in continuazione missive, richieste d’aiuto, e tutte rivolte a lei. E, finora, aveva risposto a tutte raggiungendo personalmente i villaggi colpiti dagli attacchi per medicare i feriti, ma, soprattutto… per uccidere gli Youkai colpevoli.
Nel guardare quella che era per lei una vera nipote si sorprese nel notare come i tratti del viso della ragazza avessero perso completamente le caratteristiche di un’adolescente…. Lo sguardo serio e inespressivo che in quegli anni si era andato sempre più accentuando ora era assolutamente visibile. La bambina solare e sorridente era scomparsa, lasciando al suo posto una donna fredda, quasi senza emozioni.
Ma non era così… e lei lo sapeva bene.
“Ti aiuto…” le disse flebilmente, dandole una mano nel preparare tutto il necessario per il viaggio, arrotolando coperte e impacchettando cibo.
“Il villaggio di Werth non è molto lontano, vero? Se non ricordo male è poco più sopra al nostro, vicino alla costa” chiese conferma Kagome
“Sì, se parti la mattina presto dovresti essere lì per l’ora di pranzo, circa”
“Bene. Ora vado al villaggio… devo parlare col signor Yoshikawa”
“Va bene… torni per cena?” le domandò Kaede con un’aria leggermente sconsolata. Non le piaceva vedere la nipote così fredda e impassibile… quella non era lei.
“Sì, non farò tardi” le rispose semplicemente l’altra andando nel piccolo soggiorno dove, in un angolo, era riposto il suo arco con la faretra piena di frecce. Si allacciò anche la lunga spada al fianco, sistemandosi poi l’arco su una spalla ed uscì, avviandosi frettolosa verso il villaggio sotto lo sguardo rammaricato e addolorato della vecchia Kaede….

La mattina dopo, ancora prima che fosse sorta l’alba, Kagome era già pronta per partire. La sera prima si era fatta dire di preciso dal signor Yoshikawa, l’amministratore del villaggio, quale fosse il contenuto della missiva che gli era stata recapitata da parte del villaggio di Werth. La richiesta era sempre la stessa: l’eliminazione degli Youkai molestatori. Niente di più semplice. Orami aveva perso il conto di quanti Demoni avesse ucciso… qualcuno in più non faceva differenza.
“Hai preso tutto?” le chiese Kaede col viso tirato in un’espressione di preoccupazione.
“Sì, se avrò bisogno di qualcosa ci penserò arrivata al villaggio…. Allora vado… spero di cavarmela in pochi giorni” sussurrò per poi voltarsi pronta per partire.
“Kagome!” la richiamò con voce angosciata l’anziana donna “Ti prego… fai attenzione…”. La ragazza si girò leggermente e la guardò facendole un lieve sorriso. Poi si voltò e si incamminò, scomparendo fra la foschia del primo mattino.

[…]

Come aveva previsto, per l’ora di pranzo era in vista di Werth. Il viaggio fin lì era stato tranquillo anche se era chiaramente percepibile l’aura maligna che impregnava quei luoghi. I Demoni non erano lontani.
Sbuffò nel sentire sotto le dita i suoi capelli neri, legati in un’alta coda, stopposi per via dell’aria umida di quel giorno. E il cielo plumbeo non contribuiva a migliorare il suo umore.
La piccola cittadina di Werth si trovava più vicina alla costa rispetto a Kandem ma, nonostante questo, non era sviluppata e ricca come quest’ultima.
Avvicinandosi al villaggio, vide che le alte mura in legno che erano state costruite intorno alla cittadina come fortificazione erano state gravemente danneggiate e in alcune parti addirittura distrutte.
Arrivata davanti a quello che supponeva essere l’ingresso venne fermata da due uomini che facevano da guardia.
“Chi siete? Cosa vi porta a Werth? Se cercate un posto dove passare la notte qui non lo troverete” grugnì uno dei due uomini. La giovane miko ascoltò fino alla fine le parole senza senso dell’uomo guardandolo indifferente. Se il suo intento era quello di intimorirla…doveva fare più di così.
“Sonno la sacerdotessa Kagome, del villaggio di Kandem. Mi è stata mandata una richiesta d’aiuto da parte del vostro villaggio” disse glaciale mentre vedeva l’uomo che poco prima l’aveva ‘aggredita ’ avvampare per l’imbarazzo. L’altra guardia di fianco a lui – che dedusse, dall’aspetto, avere pochi più anni in più di lei – si affrettò nel cercare di riparare all’errore.
“Vi prego di scusarci somma Kagome, ma con tutti gli attacchi che si sono verificati è difficile fidarsi dei primi che passano da queste parti…. Comunque siamo mortificati” disse, sinceramente rammaricato – come l’altro, del resto.
“Non vi preoccupate, capisco benissimo. Ora però vorrei parlare col capo villaggio se è possibile”
“Certamente, venga, le faccio strada” le disse la guardia più giovane, mentre le faceva segno di seguirlo.
Kagome accennò un saluto all’altro uomo per poi seguire il giovane.
Attraversando il villaggio la giovane miko poté rendersi conto dei danni subiti dalla popolazione: la maggior parte delle case erano state rase al suolo mentre diversi granai erano stati completamente svuotati e poi incendiati.
Molti dei feriti erano stati fatti riparare sotto delle tettoie costruite frettolosamente visto che, a quanto pare, la stessa piccola infermeria della cittadina era stata distrutta.
Si avvicinò ad uomo che, steso, implorava per un po’ d’acqua. Lo sollevò delicatamente e gli porse la sua borraccia mentre quello ingurgitava avido il fresco liquido. Kagome intanto esaminò la profonda ferita che l’uomo riportava sull’addome constatando che se non avesse ricevuto cure immediate per lui non ci sarebbe stato più niente da fare vista l’infezione avanzata della ferita. Approfittando della disattenzione dell’uomo e del suo stato di non piena lucidità, attinse al suo potere e posò la mano sulla ferita mormorando a bassa voce alcune parole. In pochi secondi il profondo taglio si andò chiudendo, lasciando solo qualche taglietto dove prima c’era un vero e proprio squarcio. Sorrise soddisfatta. Lo ridistese a terra, coprendolo poi con una coperta.
“Sorprendente somma Kagome!” esclamò la giovane guardia che aveva assistito alla scena “Come potete vedere non riusciamo nemmeno a prenderci cura di tutti i feriti…” sussurrò mentre stringeva i pugni lungo i fianchi
“Qual è il tuo nome?” gli chiese la ragazza guardandolo negli occhi e leggendovi tutto il dolore ma, soprattutto, la rabbia che provava.
“Noah, Kagome- sama”
“Sei molto giovane… la tua famiglia sarà preoccupata…” il ragazzo a quelle parole si irrigidì
“I… i miei genitori… sono rimasti uccisi nell’ultimo attacco, due giorni fa…. Mi rimane solo la mia sorellina…” disse, con la voce intrisa di tristezza. Kagome lo guardò, comprendendo appieno i suoi sentimenti ma non disse niente. Le parole, in quel momento, erano inutili.
“Portami dal capo villaggio adesso…” Noah, annuì e i due ripresero il cammino.
Dopo poco si fermarono davanti a una grande casa, una delle poche risparmiate dalla furia degli Youkai.
Noah bussò vigorosamente sul grande portone in legno rossastro che poco dopo si aprì e da dietro di esso comparve l’esile figura di una giovane donna.
“È successo qualcosa Noah?” domandò subito apprensiva quella, vedendolo lì.
“No, signora. Questa è la somma Kagome, la sacerdotessa del villaggio di Kandem”
“Sia ringraziato il cielo! – esclamò la donna, avvicinandosi a Kagome e stringendole le mani mentre le si inumidivano gli occhi – Oh, somma Kagome non sapete che sollievo ci date con il vostro arrivo! Siamo in una situazione disperata! Ma ora venite, mio marito sperava nel vostro arrivo. Tu vai pure Noah e grazie” disse amorevole, richiudendosi poi la porta alle spalle.
- Quindi questa è la moglie del capo villaggio… - pensò intanto Kagome mentre la giovane donna le faceva strada all’interno della modesta casa.
“Il mio nome è Angela, somma Kagome. Sono la moglie di Geod, il capo villaggio” si presentò, girandosi lievemente e accennando un sorriso mentre proseguivano lungo un corridoio poco illuminato.
“Siete molto giovane…” constatò semplicemente Kagome.
“Bè, non poi così tanto – ridacchiò quella – Ma anche mio marito è poco più grande di me” disse mentre un sorriso le illuminava il viso.
- Deve essere molto innamorata… - pensò la miko
“Eccoci” disse poi Angela, fermandosi davanti a una porta. Bussò lievemente e aspettò la voce del marito che le desse il permesso di entrare e che non tardò ad arrivare.
Le due donne fecero capolino all’interno di un piccolo studio dove tre uomini stavano discutendo su diverse questioni riguardanti la situazione dell’intero villaggio.
“Caro…” disse Angela, richiamando l’attenzione del marito che sedeva dietro una grande scrivania. L’uomo alzò lo sguardo segnato dalla preoccupazione su di loro e Kagome rimase sorpresa nel vedere che, effettivamente, quello che era il capo villaggio era un uomo davvero giovane. Dal suo aspetto dimostrava al massimo trentacinque anni, alto, dai capelli scuri e con il volto sgombro da rughe.
“Questa è la somma Kagome Geod, la sacerdotessa del villaggio di Kandem!” disse, non riuscendo a trattenere la sua gioia.
Il marito della donna scattò in piedi, avvicinandosi immediatamente a Kagome e inchinandosele leggermente davanti
“Vi siamo immensamente grati di essere venuta fin qui, somma Kagome. Non sapevamo proprio a chi rivolgerci se non a voi…”
“Non potevo ignorare la vostra richiesta d’aiuto anche perché non siete i soli in queste condizioni. Tanti altri villaggi hanno subito attacchi come i vostri. Farò tutto quello che posso”.
E senza perdere tempo le venne riferito tutto quello che era successo in quei giorni, dai ripetuti attacchi che avevano mietuto vittime su vittime ai numerosi feriti che ancora aspettavano le prime cure.
“Avete idea di dove sia il loro covo?” chiese infine la ragazza, riferendosi, chiaramente, su dove si trovassero i Demoni.
“Con certezza non lo sappiamo…. Però supponiamo sia nella parte più profonda della foresta che si trova qui dietro il nostro villaggio”.
“Capisco…”
“Ci darà una mano?”
“Certo. Però oggi, se per voi va bene, vorrei occuparmi dei feriti. Sarà meglio che sopravvivano degli uomini se volete proteggere come si deve il vostro villaggio”.
“Va più che bene. E per quel che riguarda i Demoni?” chiese infine il giovane Geod
“… Domani andrò a caccia…”.
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Quella sera, su quella stessa isola, arrivarono anche i tre Cavalieri provenienti da Eldoras. Dopo aver attraversato la striscia di mare che separava il Continente dall’isola, avevano finalmente avvistato terra cosa che li rilassò molto visto che, per alcuni momenti, erano stati sul punto di pensare di essersi persi quando l’unica cosa che si vedeva a perdita d’occhio era la distesa blu che avevano davanti.
Ma per fortuna i tre ce l’avevano fatta anche questa volta ed ora si trovavano in una confortevole casetta, riscaldati dal calore proveniente dal camino, dove il fuoco crepitava con scoppiettii alterni.
Gli abitanti di Gale erano rimasti molto sorpresi nel veder arrivare tre Draghi insieme – cosa che non accadeva ormai da molti anni – ma altrettanto contenti nel ricevere notizie fresche dalla capitale Eldoras.
“Spero che gli alloggi siano di vostro gradimento… purtroppo non possiamo offrirvi qualcosa di meglio”
“Oh, non vi preoccupate incantevole fanciulla! Certo, magari, per porre rimedio a questo gelo potremmo riscaldarci con i nostri corp- argh!”. La proposta indecente di Miroku venne interrotta da un colpo ben assestato sulla sua testa da Sango con il suo fedele Hiraikotsu. Inuyasha ridacchiò a quella vista… tra lui e la ragazza del Nord non passava giorno che il giovane pervertito non andasse a dormire tutto pesto.
Bè, era lui che se le cercava…!
Così, dopo aver congedato la ragazza che si era occupata di preparare la loro stanza, i tre si rilassarono dopo le lunghe ore di volo.
“Siamo stati davvero bravi! Siamo arrivati molto prima di quanto mi aspettassi! Bene… così avremo tempo di riposarci come si deve. Mi sembra chiaro che dovremo rimetterci in marcia domani…” disse Miroku guardando i suoi due compagni
“Guarda che noi lo sappiamo benissimo…. Forse sei tu quello che non vorrebbe faticare già da domani!” ghignò Inuyasha guardando con sospetto il ragazzo dal codino
“Come sei crudele Inuyasha! Io non pensavo affatto questo!” piagnucolò l’altro in risposta.
“Prima però dovremmo chiedere informazioni non trovate?” si intromise Sango
“Naturalmente…. Infatti ho chiesto al capo villaggio, il signor Hiro, se più tardi poteva passare per darci qualche notizia”
“Allora pensateci voi due…” disse l’ Hanyou mentre si alzava dal letto su cui si era seduto
“Perché tu dove vai?” gli chiese Miroku
“A farmi un giro… ho bisogno di sgranchirmi le gambe. Tanto la mia presenza non è necessaria, bastate voi due a fare domande. Ci vediamo dopo” e non lasciò nemmeno ai due il tempo di dire qualcosa che se n’era già andato.
“Eeehh… questo Hanyou ci da proprio un bel da fare, eh?” sospirò il ragazzo dal codino, mettendosi poi a ridacchiare insieme a Sango.

Inuyasha intanto si era incamminato tra le piccole vie della cittadina, appena illuminata dai vari lampioni disposti alternativamente lungo le strade.
L’aria decisamente umida gli penetrava le ossa facendolo rabbrividire nonostante la sua resistenza sia al caldo che al freddo.
Si allontanò progressivamente dal centro, cercando un po’ di solitudine.
Camminò per altri minuti, ritrovandosi nella zona più periferica del villaggio. Si sedette su una panchina che costeggiava il sentiero e volse lo sguardo al cielo, ammirando le stelle.
Solo in quel momento in cui era solo si accorse che la consapevolezza di avere Harliem, la sua dragonessa, non bastava a lenire le sue ferite. Anche se il suo umore era migliorato grazie alla sua vicinanza, in lui quell’irrequietezza, quel senso di dolore non era ancora scomparso. Ma era comprensibile… certe ferite non possono scomparire così facilmente.
Sospirò…. L’unica cosa che gli mancava era il portare a compimento la sua vendetta. Solo questo contava.
- Speriamo solo di trovare in fretta questa Kagome… - si disse e mentre pensava ciò gli tornò alla mente il ricordo della terribile visione che ormai lo accompagnava sempre durante il sonno. L’angoscia lo assalì di nuovo e la domanda su che cosa si riferisse esattamente quella specie di sogno tornò a tormentarlo.
Ma come poteva provare una simile angoscia per una persona che non aveva mai visto?
“Dannazione!” esclamò, esasperato da tutte quelle domande senza risposta. Possibile che non potesse mai avere un attimo di pace? Possibile che ci fosse sempre qualcosa a tormentarlo?
Inspirò a fondo mentre l’aria salmastra gli riempiva i polmoni rinvigorendolo. Stette ad osservare il cielo stellato ancora per altro tempo, cercando di pensare il meno possibile. Ottenuta un po’ di tranquillità interiore, decise di far ritorno al villaggio per andare a dormire vista la faticaccia che li aspettava il giorno dopo.
Mentre si avvicinava alla piccola casa in cui erano stati ospitati, vide quello che doveva essere il capo villaggio andarsene mentre Miroku lo salutava, ringraziandolo. Senza fretta si avvicinò all’amico che solo in quel momento lo aveva notato.
“Toh! Il nostro eremita ha meditato a sufficienza?” sghignazzò il ragazzo dal codino mentre, per riflesso incondizionato, si portava le braccia davanti al volto come a volersi riparare da qualcosa
“Guarda che non ti faccio niente! E poi… questa battuta era quasi carina! Perciò ti risparmio… ma solo per questa volta!”
“Sai, dovresti meditare più spesso!” continuò allora Miroku, approfittando del momento favorevole…. Non capitava così spesso di poter prendere in giro Inuyasha senza rimanere illesi!
“Miroku… non te ne approfittare!” lo avvertì di rimando l’ Hanyou, guardandolo di sbieco, mentre entrava nella loro stanza e si andava a stendere sul suo letto.
“Allora, che vi ha detto il vecchio?” chiese poi.
“Non molto, ma come punto di partenza direi che è sufficiente…. Ci hanno parlato di questa famosa miko che, a quanto pare, è dotata di poteri straordinari” lo informò Miroku mentre Sango annuiva come a voler confermare le parole del ragazzo
“E cosa centrerebbe una miko con noi? Se non ricordo male stiamo cercando una ragazza dal sangue blu non una sottospecie di strega!” sbottò irritato il mezzo- demone
“Sei davvero un tipo poco rispettoso tu! Una miko una specie di strega… bah! Comunque… questo centra eccome visto che la sacerdotessa in questione è del villaggio di Kandem, lo stesso in cui mia cugina fu fatta nascondere. E non dimenticare il fatto che gli appartenenti della Famiglia Reale sono quelli più dotati sia nelle arti magiche che in quelle spirituali. Ora ti è chiaro razza di scetticone?” gli disse con tono severo
“Feh!” si limitò a rispondere l’ Hanyou, orgoglioso.
“Ora non ci resta che metterci a dormire e riposarci visto che partiremo domani mattina. Il villaggio di Kandem è dalla parte opposta dell’isola quindi ci vorranno almeno due giorni per raggiungerlo visto che dovremo procedere a piedi”.
“Tsk, che scocciatura! Bè, allora buonanotte!” grugnì il mezzo- demone, girandosi su un fianco, dandogli così le spalle.
“Ma tu guarda questo…! Eeeh… non ci resta che metterci a dormire pure noi, Sango!”
“Mh, buonanotte ragazzi…” e anche la ragazza si accoccolò sotto le coperte, addormentandosi quasi immediatamente, seguita poi dallo stesso Miroku.
Quello che ci mise di più ad addormentarsi fu Inuyasha, col timore di essere tormentato nuovamente da quella visione. Ma poi la stanchezza prevalse e Morfeo lo accolse nel suo mondo onirico insieme ai suoi due compagni.

FINE 11° CAPITOLO.

Eh, ci siamo quasi! Anche se non si sono ancora incontrati, almeno sono tutti quanti sulla stessa isola! È un passo avanti, no?
Su…non vogliatemene male!
Comunque…che ne dite allora della piccola Harliem? Ve gusta questo nome? Boh…il suo e quello di un altro Drago – che ancora non ha fatto la sua comparsa… - li ho pensati insieme questa estate, quando ancora non ero sicura se avrei scritto questa ff. Perciò non me la sono sentita di cambiarlo…spero sia di vostro gradimento – anche perché, dopo un po’, è sempre più difficile inventarsi dei nomi decenti…!
Per il resto…ah! L’argomento ‘visione ’…se devo essere sincera è venuto fuori proprio mentre scrivevo e non so nemmeno perché…. Spero solo poi di riuscire a ricollegarla agli eventi futuri, eheh!
Per quanto riguarda l’illustrazione delle caratteristiche dei Draghi di Terra e Fuoco, non vi preoccupate, salteranno fuori anche perché, se non le mettessi, non sarebbe giusto nei confronti degli ultimi arrivati…!
Beh, non ho più niente da aggiungere – o almeno credo! Perciò vi saluto e vi auguro una buona settimana…!
Baci, baci
Ka_chan

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Capitolo 12
*** cap12 “QUELLO CHE SIAMO… E QUELLO CHE VORREMMO ESSERE…” ***


Holà, cari lettori! Come ve la passate? Io…bè, potrei stare meglio visto che questa settimana mi ha attaccato il virus dell’influenza che, a quanto pare, mi si è affezionato e non mi vuole abbandonare…-__-‘’’’’
…Comunque…parliamo d’altro che è decisamente meglio!
Non voglio essere troppo esplicita, ma questo sarà il cap. che – spero – accontenterà molti di voi...!
Come negli scorsi cap. anche oggi devo dare alcuni chiarimenti visto che in molti di voi hanno praticamente sottolineato la stessa cosa…. Kagome è, sì, abbastanza OOC, anche se questo lo avevo già detto nel quarto capitolo. Come ha sottolineato cri-chan, in questi capitoli Kagome ricorda molto Kikyo…in effetti è vero ma, credetemi, anche se sapevo che un problema del genere sarebbe sorto, non era mia esplicita intenzione ottenere questo risultato.
Semplicemente mi ‘serviva ’ una Kagome così, per la storia. Comunque non c’è da preoccuparsi – mi spiace di non poter dare altre spiegazioni ma sarà la ff stessa a chiarire i vostri dubbi.
Bene, dopo aver chiarito questo dubbio generale passo ai ringraziamenti/ chiarimenti singolarmente: Hikari_Takaishi_87 (A quanto pare sei riuscita ad accaparrarti il primo posto per chi ha commentato prima ^^! Ma veniamo a noi: allora, per quel che mi riguarda, sarei la prima a iscrivermi al fan club di Sieg! Quindi puoi contare su di me! Ribadisco, poi, che sono davvero felice e soddisfatta che il nome Harliem abbia riscosso così tanti favori! E per l’interpretazione che hai dato del suo ruolo…non ti posso criticare niente perché, anche il tuo punto di vista è più che giusto e lo condivido…. Comunque non ti preoccupare, come le altre volte non ho assolutamente niente da dire sui tuoi commenti – anche perché, come tu stessa hai sottolineato, non hai fatto critiche!); mewrobby; Lorimhar (Accidenti, non pensavo di essere così brava con i nomi! Ma me lo avete ribadito in più persone quindi mi toccherà crederci…!^^ Per ‘gustarti ’ le litigate vere e proprie tra Inu e Kagome dovrai aspettare soprattutto i capitoli successivi, e sta sicuro che non mancheranno! Comunque non ti preoccupare se parli molto, anzi, mi fa tantissimo piacere come mi ha fatto molto piacere che anche tu abbia letto The Change…. Mi spiace di averti lasciato con l’amaro in bocca ma in questo periodo per quella ff ho praticamente una crisi di rigetto…. Come ho spiegato, avevo praticamente terminato il 17° capitolo – che stava venendo pure bene grrr… - ma il mio stramaledetto computer ha deciso bene di cancellarmelo praticamente tutto…. Sarà stupido, ma se ci penso ancora adesso mi viene il magone…. Spero però di riuscire a rimetterci mano al più presto perché tengo molto a quella storia e voglio darle un finale come si deve. Ti ringrazio anche per l’aggettivo usato per La Guerra Delle Tre Terre e che hai ribadito più volte…non sai che soddisfazione mi hai dato! E la penso anche io come te, non so per quale motivo ma questa mia seconda ff…boh, non so…la sento speciale. Adoro The Change ma La Guerra…boh, è diversa, ovvio, però è come se avesse qualcosa in più…non so perché, ma spesso mi viene da dire che è…più ‘matura ’…. Comunque ancora grazie per i bellissimi commenti!); cri-chan (Allora, per quel che riguarda Kagome ho già spiegato sopra…. Invece per quel che riguarda Kouga…bè, già dal primo cap. si intuisce quanto ci tenga alla vita di Kagome, ma non perché ne è innamorato ma perché si sente in debito verso la sua famiglia, soprattutto verso il padre di Kagome e per questo motivo che ci tiene alla sua vita, proprio perché vuole avere l’occasione di sdebitarsi. Per il fatto, poi, che sia arrossito…questo è solo per colpa di Miroku che, come al solito, fa le domande con quel suo solito tono malizioso…. Ma non centra il fatto che Kouga sia già innamorato di Kagome – sarebbe praticamente impossibile…); Elychan; Vale_chAn; Mech (non c’è da preoccuparsi per Miroku e Sango…ce ne sarà spazio per loro…!!).

12° CAPITOLO “QUELLO CHE SIAMO… E QUELLO CHE VORREMMO ESSERE…”

Quella mattina Kagome si svegliò molto presto.
Una densa foschia ancora aleggiava per le strade quasi deserte del villaggio di Werth mentre un cielo plumbeo conferiva all’intera cittadina un aspetto sinistro. E l’aura maligna che impregnava tutta quella zona non aiutava a migliorarlo.
Per la notte era stata ospitata nella casa del capo villaggio Geod, sotto le insistenze della moglie, la signora Angela.
Finito di vestirsi, indossò gli stivali di pelle sopra i pesanti pantaloni – molto aderenti – afferrando poi il mantello che la sera prima aveva malamente riposto su una piccola seggiola.
Si avvicinò allo specchio con in mano un lungo nastro nero e si legò i capelli in una coda alta. Quando sarebbe tornata a casa sicuramente sua nonna l’avrebbe rimproverata…. Quelli di certo non erano gli abiti consoni a una sacerdotessa.
Ma lei doveva combattere e di certo non poteva rischiare di morire impedita da degli assurdi e scomodi vestiti!
Raccolse da terra il suo grande arco e lo soppesò osservandone la squisita fattura. Era appartenuto a suo padre che, oltre a essere un grande esperto di magia era stato anche un ottimo arciere.
Sorrise appena, al ricordo di quando gli dava lezioni di tiro….
Scosse la testa. Non era quello il momento per abbandonarsi ai ricordi.
Agganciò alla cintura in pelle anche la lunga katana e uscì sperando di non incontrare nessuno – soprattutto la signora Angela che, con i suoi modi di fare così aperti, la metteva in gran soggezione – ma di certo non poteva nemmeno andarsene senza avvertire almeno il capo villaggio.
Uscì dalla stanza con questi pensieri e nonappena si chiuse la porta alle spalle sentì l’acuta voce della moglie del signor Geod
“Oh, siete voi somma Kagome? Buongiorno!” la salutò sorridendole e avvicinandosele
“Sa, vestita in questo modo non ero sicura che foste voi! State davvero bene, sapete?”
“Gra… grazie…” balbettò la ragazza arrossendo lievemente. La donna sorrise dolcemente
“Sapete… nonappena vi ho vista, ieri, ho subito pensato che eravate davvero una bella ragazza e…e che è un peccato che dobbiate passare i vostri anni più belli… con questo compito…” le disse, con aria quasi di compatimento
“Mi state compatendo?” le chiese, atona, Kagome, facendo imbarazzare la donna che dovette abbassare gli occhi sotto il suo sguardo freddo
“N- no, somma Kagome! Non…non era mia intenzione… io…”
“No, non fa nulla, scusatemi. Vi ho trattata ingiustamente…” sospirò la miko, mentre Angela riposava nuovamente lo sguardo sulla ragazza che si teneva una mano sul fianco con aria sconsolata.
“Vi prego di dimenticare le mie parole. Non ce l’avevo con voi… è solo che…. Bè, non importa. Vostro marito è sveglio?” le disse Kagome con un leggero sorriso che fece rilassare l’altra donna
“Sì, è al piano inferiore che fa colazione. In verità ero venuta per chiedervi se volevate unirvi a noi…” le chiese, timidamente
“Volentieri, vi ringrazio” rispose di rimando la ragazza e le due scesero insieme.

Dopo una leggera colazione Kagome si alzò, avvisandoli che sarebbe andata alla ricerca degli Youkai.
“Vi prego, fate attenzione” si raccomandò Angela, guardandola apprensiva.
“Sì, non temete. Vi ringrazio per la vostra ospitalità” disse, inchinandosi leggermente
“No, vi prego, non dovete essere voi a ringraziare. Siamo noi, semmai, che vi siamo debitori, avete curato quasi tutti i feriti del villaggio e ora ci libererete anche dei Demoni. Non sappiamo proprio come sdebitarci” le disse il giovane Geod, guardandola con gratitudine.
“Non ce n’è alcun bisogno. Questo è il mio dovere” e dicendo questo si voltò per poi uscire.
“E pensare che è ancora una ragazzina…” sussurrò Angela, guardandola andar via.
Kagome, nonappena uscì dalla casa sospirò. In un certo senso si sentiva meglio.
Tutte le volte che si recava in altri villaggi era sempre la stessa storia. Ormai gli abitanti di Kandem non ci facevano quasi più caso al fatto che lei, così giovane, dovesse far fronte a così tante responsabilità. Ma negli altri villaggi, nei quali la gente non sapeva nulla di lei, le cose erano diverse. Quante, quante volte aveva visto quegli sguardi di compatimento… non li sopportava più.
Imprecò mentalmente. Si stava innervosendo.
E mentre si dirigeva verso l’uscita del villaggio, non si accorse del giovane Noah - una delle guardie che il giorno prima l’aveva condotta dal capo villaggio - che si stava sbracciando per attirare la sua attenzione.
“Somma Kagome!” sentendosi chiamare, solo allora si accorse del ragazzo. Anche lei alzò una mano, come saluto.
“State andando a cercare i Demoni?” le chiese
“Sì, e quando li avrò trovati tornerò al mio villaggio”
“Ah. Quindi… non tornerete a salutarci…” disse, quasi sussurrando. La ragazza restò leggermente interdetta a quelle parole.
“No… mi spiace, ma non posso assentarmi dal mio villaggio per troppo tempo. In fin dei conti Kandem non è ancora stato attaccato e credo che presto toccherà anche a noi…” rifletté, guardando il cielo dalle tonalità grigie
“Sentite… - cominciò il ragazzo attirando la sua attenzione – Volevo chiedervelo anche ieri…. Volete che… venga con voi?” le domandò, imbarazzato, guardandola di sottecchi.
Kagome lo guardò in un primo momento sorpresa, ma poi non riuscì a trattenersi dal rivolgergli un timido sorriso
“Ti ringrazio molto, Noah. Ma questa è una faccenda che devo sbrigare da sola. E poi non potrei mai perdonarmi se ti succedesse qualcosa…. Hai la tua sorellina a cui pensare, no?” gli disse dolcemente mentre il ragazzo la guardava con aria triste, ma annuì.
“Avete ragione. Cercate però di stare attenta…”
“Lo farò. Addio” lo salutò lei, sorpassandolo e uscendo così dal villaggio
“Spero di rivedervi!” lo sentì gridare e sorrise per poi riassumere il suo sguardo impassibile. Aveva dei Demoni da scovare.
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“Aaaahh! Mi fanno male i piedi!”
“ORA BASTAAA!!! Miroku, smettila! Non ce la faccio più a sentire le tue stramaledette lamentele! BASTA!!”
“Ma anche io sono stanco Inuyasha!”
“Feh! Figurati se non ti ci mettevi pure tu moccioso!!”.
Quella mattina anche i tre Cavalieri si erano messi in marcia per andare alla ricerca della nobile Kagome. Ma, nonostante la buona volontà della sera precedente e le varie e precise pianificazioni riguardo al viaggio… erano notevolmente in ritardo sulla tabella di marcia.
Alle prime ore del mattino, infatti, i tre ragazzi si erano ritrovati con un membro in più che, per tutto il giorno prima, non aveva fatto altro che ronfare all’interno di una delle bisacce delle provviste – ovviamente facendosi fuori anche tutto il cibo… - e di cui si erano accorti solo quel mattino quando, invece di trovare la loro colazione, avevano trovato… il piccolo Shippo.
“Maledizione, andando avanti di questo passo ci metteremo una vita a cercare quella Kagome!” sbraitò il mezzo- demone con il continuo sottofondo delle lamentele del ragazzo dal codino e del piccolo Youkai.
“Smettetela vi ho detto!!! Non ne posso più!” gridò per l’ennesima volta. Anche Sango sospirò sonoramente non sapendo più cosa fare con quei tre.
“Va bene, va bene, adesso basta!” sbottò infuriata, facendoli spaventare, ottenendo così un po’ di silenzio.
“Adesso ci fermiamo per dieci minuti, non di più, poi si riprende il cammino e tu, Shippo, ti farai portare da Inuyasha” ordinò, con uno sguardo che non ammetteva repliche. Ma nonostante questo, l’ Hanyou osò opporre resistenza
“M- ma perché proprio io?!? Se vuole venire con noi deve camminare da solo!” disse, impuntandosi mentre lo sguardo di Sango si faceva ancora più minaccioso.
“Se vogliamo darci una mossa dobbiamo fare così! Tu sei quello che ha più resistenza fisica e non credo proprio che portare sulle spalle un bambino ti richieda uno sforzo così immane! Perciò o fai come ti ho detto o giuro che non avrò scrupoli nel fracassarti la testa con il mio Hiraikotsu!!” lo minacciò, con gli occhi infuocati. Inuyasha deglutì rumorosamente per poi riprendere la sua solita sfacciataggine
“Feh! Figurati se riusciresti a-” ma si dovette fermare visto lo sguardo omicida della ragazza con già l’ Hiraikotsu in mano.
- Mh… devo stare attento a non farle raggiungere quel livello di rabbia le prossime volte… - pensò intanto Miroku, sospirando felice di non essere lui, per una volta, il fautore dei furori della ragazza del Nord… peccato che si dovette ricredere….
“E tu che hai da ridere come un idiota?!? Guarda che è anche per colpa tua che siamo così indietro! Quindi vedi di smetterla di lamentarti ogni cinque minuti, CHIARO?!?” disse, folgorandolo con lo sguardo
“S- sì! Chiarissimo mia dolce Sango!” rispose lui, ridendo nervosamente.
“Bene, allora. Riposatevi che tra poco si riparte” disse infine, riacquisendo il suo solito tono gentile e sorridendo, lasciando i tre basiti per quel cambio repentino.

Pochi minuti dopo, i quattro ripresero il cammino mentre i tre ragazzi stavano attenti a non far nulla per scatenare nuovamente la furia della ragazza del Nord.
“Allora, Shippo, si può sapere per quale assurdo motivo ci hai seguiti?” sbottò poi Inuyasha, guardando di sbieco il piccolo Youkai sulla sua spalla.
“Eh, mi sembra ovvio! D’ora in poi io farò parte del Consiglio!” disse, orgoglioso.
“Cooosa?!? Vorrai scherzare, vero?!? Non vorrai dire che è stato il Governatore a dirtelo perché non ci credo!” disse, palesemente sconcertato, l’ Hanyou sotto gli sguardi altrettanto sorpresi degli altri due.
“Bè… ecco… no… non me l’ha ancora detto esplicitamente… però sono sicuro che quando torneremo a Eldoras lo farà!”.
“Shippo… - intervenne Miroku – Mi spiace far morire le tue speranze… ma non credo proprio che mio padre farà una cosa del genere…” gli disse, dispiaciuto poi nel vedere lo sguardo triste dello Youko.
“Ma… ma io… devo vendicare la morte della mia gente!” esclamò, con le lacrime agli occhi. I tre non dissero nulla, capendo i suoi sentimenti.
“Bè, vedremo cosa si può fare tornati a casa…. Mi occuperò anche di cercare di evitarti una bella lavata di capo quando saremo a Eldoras!” gli disse Miroku, facendogli l’occhiolino.
“Gra… grazie…” balbettò l’altro.
“Feh! Cerca solo di non metterti nei guai marmocchio!” disse poi anche Inuyasha, come una sorta di benedizione nel far rimanere con loro il cucciolo. Anche Sango gli sorrise, annuendo.
“Grazie… grazie a tutti…” sorrise Shippo, contento di poter viaggiare con loro.
“Forza ora – cominciò sorridendo Inuyasha – abbiamo una principessa da trovare!” e si misero a correre, con la speranza di riuscire a tornare presto a casa trionfatori.

[…]

“Anf… anf…. Scusatemi ma questa volta non ce la faccio davvero più!” disse, esausto, qualche ora dopo, Miroku, inginocchiandosi a terra.
“No… adesso non ce la faccio nemmeno io…” disse ansimando anche Sango.
“Sì, direi che ci possiamo fermare…” annuì Inuyasha, con il respiro accelerato “Se proseguiamo ancora un po’ dovrebbe esserci una piccola sorgente…” li informò mentre muoveva frenetico le orecchie.
Così, con un ultimo sforzo, i quattro si diressero verso il punto indicato dall’ hanyou, raggiungendo, poco dopo, una piccola sorgente nascosta tra un fitto gruppo di alti faggi.
Si sedettero ansimando, appoggiati ai grandi tronchi degli alberi, cercando di recuperare le forze. Shippo, che era quello meno stanco, prese le loro borracce, ormai vuote, e le andò a riempire al piccolo laghetto lì vicino per poi raggiungerli reggendo a malapena i tre contenitori e porgendoglieli.
“Feh! Allora qualche volta sei utile anche tu!” non si risparmiò dal dire Inuyasha, guardandolo sogghignando.
Dopo alcuni minuti i tre si erano già ripresi, rincuorati anche dal leggero vento che si era alzato, facendogli sentire meno la forte umidità di quella giornata.
“Questo tempo non mi piace…. Non mi meraviglierei se si mettesse a piovere da un momento all’altro” constatò il mezzo- demone, volgendo lo sguardo al cielo plumbeo che li sovrastava.
“Se dovesse accadere dovremo proseguire ugualmente… anche perché non ci sono villaggi in questo tratto” disse Miroku mentre bevevo qualche altro sorso d’acqua.
“Qual è il villaggio più vicino?” chiese Sango
“Mh, dovrebbe essere il villaggio di Werth, credo… ma è meglio guardare la cartina” le rispose il ragazzo dal codino, alzandosi per andare a prendere da uno dei sacchi la carina dell’isola.
Si avvicinò a un masso quasi piatto, posandovi sopra il grande foglio giallastro, mentre Inuyasha, Sango e Shippo gli si avvicinavano.
“Sì, ecco qua Werth… e poco più sotto c’è il villaggio di Kandem. Con questo tempo non riesco a capire bene che ore potrebbero essere, ma non credo sia già mezzogiorno. Se procediamo velocemente tra al massimo due orette dovremmo arrivare a Werth” ipotizzò il Cavaliere
“Bene, allora andiamo. Sarebbe l’ideale se arrivassimo a Kandem prima di sera” disse Inuyasha, alzandosi in piedi e sistemandosi uno dei sacchi sulle spalle.
“Sì, andiamo” e anche gli altri tre si alzarono per poi riprendere il viaggio.
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Nel frattempo Kagome si stava aggirando per la grande foresta nei pressi del villaggio, ancora alla ricerca del covo degli Youkai.
- Sono sulla buona strada…. Qui l’aura maligna è fortissima – e pensando questo, si ritrovò di fronte a una serie di capanne disposte in circolo e che brulicavano di Youkai.
- Ehe… ben fatto Kagome… - si disse, compiaciuta, cercando di nascondersi il più possibile dietro ai grandi alberi mentre estraeva dalla faretra una freccia e afferrava saldamente l’arco.
Facendo meno rumore possibile, si avvicinò alle capanne, cercando di capire quanti Demoni potessero esserci.
“Ahah! Stiamo facendo grossi affari in questi giorni! È stata un’ottima idea quella di mettersi d’accordo con gli altri Demoni sparsi qua in giro e attaccare a tappeto tutti i villaggi!!” gracchiò la voce di un enorme Youkai che fece inorridire Kagome. Incoccò la freccia, fremendo per attaccare… ma non era il momento.
- Quello dev’essere il capo… - constatò, guardando il grande Youkai, attorniato da qualche decina di Demoni che ascoltavano ogni sua parola.
“Capo quale sarà la nostra prossima preda?” chiese, eccitato, uno dei Demoni. Il capo Youkai sorrise malvagio
“Mmh… prima di pensare alla prossima meta voglio finire definitivamente col distruggere il villaggio di Werth. Dopotutto sono sempre stati quelli che ci hanno dato più problemi e per colpa loro sono morti molti dei nostri. Sì, non vedo perché dovremmo lasciarli in vita eheheh! E poi l’idea di sgozzare ancora qualche collo giovane non mi dispiace ahahahah!!”.
La rabbia che Kagome stava cercando di trattenere prese il sopravvento.
Nell’accampamento dovevano esserci circa una cinquantina di Youkai… anche se l’avessero attaccata in gruppo – cosa che sarebbe sicuramente successa – non avrebbe avuto problemi. Li avrebbe sterminati usando la loro stessa crudeltà.
Con una calma innaturale si alzò, rimanendo sempre nascosta, incoccò la freccia e tirò fino al massimo la corda dell’arco per poi lasciarla con uno schiocco. Il dardo sibilò mentre con la sua velocità fendeva l’aria per poi andarsi a conficcare nella testa di uno degli Youkai raccolti a cerchio.
Quelli intorno lo guardarono allibiti, fissando il sangue che, goccia dopo goccia, fuoriusciva dal cranio del compagno.
Il capogruppo ruggì, dando l’allarme, mentre dava ordine di trovare il colpevole. Ma non ce ne fu bisogno perché fu la stessa Kagome a farsi vedere, andando verso di loro.
“Smettetela di sbraitare come animali…. Ah, no, scusate… lo siete!” disse sprezzante
“Maledetta! Chi diavolo sei sporca Ningen?!? Come hai osato mettere piede nel nostro accampamento?!? Te ne pentirai amaramente!” gli sbraitò contro il grande Youkai che brandiva un’enorme ascia
“Chi sono? Sono colei che vi darà la morte!”.

Appena un’ora dopo tutto era finito.
Kagome si guardò intorno con lo sguardo vuoto. Aveva, ancora una volta, tolto delle vite.
Guardò la lama della sua katana sporca di sangue… sporca… come le sue mani.
Guardando in giro, osservò quello che rimaneva dell’accampamento… capanne rovesciate o distrutte e… una distesa di cadaveri. Non se l’era aspettato, ma la maggior parte dell’accampamento era abitato da Youkai femmine con i loro figli… nessuno era stato risparmiato.
- Era… davvero questo che volevo? – questa domanda le si insinuò nella testa senza volerla abbandonare.
- Comunque… questa storia non mi piace… - si disse mentre ripuliva la sua spada dal sangue per rinfoderarla – Come poteva un gruppo di Youkai del genere provocare tutte quelle distruzioni? Erano troppo pochi… - rifletté con una nota di preoccupazione.
“Sarà meglio che raggiunga presto Kandem… ho un brutto presentimento…” disse, ripensando poi al sogno che ormai da mesi la perseguitava e che, anche quella notte, l’aveva accompagnata durante il sonno.
Con queste preoccupazioni Kagome si rimise in marcia, lasciando dietro di sé il silenzio innaturale della morte mentre, lentamente, l’aura maligna che prima impregnava completamente quei luoghi, scompariva.
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“Ecco Werth ragazzi!”. Inuyasha, Miroku, Sango e Shippo, dopo solo un’ora e mezza circa di viaggio, erano già arrivati al villaggio.
Contenti di aver raggiunto in così poco tempo la meta si avvicinarono ai due di guardia, appostati davanti l’ingresso della cittadina.
Ma ancor prima che potessero presentarsi si ritrovarono con le lance puntate alla gola.
“Cosa volete stranieri? E soprattutto cosa ci fanno qui due Demoni?!” gli disse minaccioso una delle guardie – quella più anziana.
“Ehm… calmatevi per favore…. Non abbiamo cattive intenzioni! Ecco tenete…” disse Miroku, allungando all’uomo un foglio. Il signor Hiro – capo villaggio di Gale – gli aveva spiegato che nell’isola, ultimamente, imperversavano i Demoni ed era naturale che la gente dei vari villaggi non si fidassero degli sconosciuti. Per questo motivo aveva scritto per loro una specie di raccomandazione in cui spiegava che non erano pericolosi e che stavano portando avanti una importante missione della massima segretezza.
“Mh… cosa siete… militari?” indagò l’uomo dopo aver letto il foglio ma ancora non del tutto sicuro
“Sì, sì, militari! Mi spiace, ma più di così non possiamo darvi altre informazioni…” disse il ragazzo dal codino, ridendo nervoso. Bè, in fondo, erano davvero dei militari….
“D’accordo, siete a posto. Cosa dovete fare di preciso a Werth?” gli chiese nuovamente
“Oh, niente di particolare, abbiamo solo bisogno di sapere alcune cose…. Forse potete aiutarci voi”
“Dite pure”
“In verità stiamo cercando una persona, di preciso una sacerdotessa. Non abbiamo molte informazioni, ci hanno solo detto che qui sull’isola c’è questa potente miko e vorremmo sapere dove possiamo trovarla…”.
“State parlando della somma Kagome?!” intervenne con foga il giovane Noah, attirando la loro attenzione.
“È il nome della sacerdotessa?” chiese Miroku mentre rivolgeva sguardi d’intesa ai compagni
“Sì! Se n’è andata dal nostro villaggio proprio questa mattina…. Doveva andare alla ricerca del covo degli Youkai che ci hanno attaccato per ucciderli”
“Da che parte è andata?” chiese, quasi con foga, il ragazzo dal codino
“Si è diretta verso la foresta – rispose Noah, indicando gli alberi di fronte a loro – Però…”
“Però?” lo incalzò
“Non so la troverete ancora là… credo vi convenga dirigervi direttamente verso Kandem, è lì che abita”
“Non sapete che grande aiuto ci avete dato! Tenete…” e gli posò sul palmo della mano alcune monete d’oro per poi, insieme agli altri, andarsene velocemente senza dare tempo ai due di dirgli altro.

“Lo sapevo che era lei!” esclamò, al settimo cielo, Miroku “Se ci sbrighiamo potremmo addirittura incontrarla lungo il cammino!”.
“Sbaglio o sei a dir poco euforico Miroku?” gli disse con il suo solito tono strafottente Inuyasha
“Certo che lo sono! Saperla in vita mi dà una gioia immensa!” gli disse con un largo sorriso a illuminargli il volto. Anche Sango sorrise nel vederlo così felice.
“Forza, è ora che la famiglia si riunisca!” esclamò la ragazza, attirando lo sguardo di Miroku che le sorrise.
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Un’ora più tardi Kagome procedeva per la sua strada, ignara del gruppo che da un giorno intero era sulle sue tracce.
- Mmh… ho uno strano presentimento… che sia oggi…? – pensò.
Da quando aveva lasciato l’accampamento distrutto degli Youkai era passata circa un’ora. Ormai era in vista di Kandem.
- Bene, così sarò a casa prima di cena… - rifletté, sollevata nel poter finalmente far ritorno a casa, da sua nonna che, sicuramente, era in pensiero per lei.
Nel pensare all’anziana donna, però, si incupì.
- Le sto dando così tante preoccupazioni…. E non solo per tutte questi incarichi. Sono IO che la faccio stare in pena… - ma le sue riflessioni vennero interrotte bruscamente a causa della forte aura maligna che avvertì e che la circondava.
Si fermò, guardandosi intorno, cercando di scovare dietro ai numerosi alberi colui o coloro che emanavano tutta quell’energia negativa.
“Ormai me ne sono accorta! Direi che non ha senso che rimaniate nascosti!” disse ad alta voce mentre una ventina di Youkai si facevano avanti non più riparati dal naturale nascondiglio della boscaglia.
“Ecco dov’erano gli altri Demoni del villaggio!” sorrise con aria di sfida, guardando gli Youkai che intanto l’avevano circondata
“Come fai a sapere che siamo proprio noi?!” gli domandò uno di quelli.
“Mi sembrava strano che nell’accampamento ci fossero così pochi Youkai… e come pensavo gli altri erano da tutt’altra parte, forse a distruggere un altro villaggio…”
“Già, proprio così! Ce la pagherai per aver sterminato la nostra gente!!”
“Mph… fatevi avanti allora!” li sfidò lei, mentre cominciavano a cadere fredde gocce di pioggia che le cadevano sul viso, inzuppandole il lungo mantello che portava.
Con un elegante gesto se lo tolse, lasciandolo fluttuare nell’aria mentre estraeva la sua katana con lo sguardo fisso e immobile sul gruppo di Demoni che, come lei, estrassero le loro armi.
Nonappena il mantello toccò terra cominciò il combattimento.


Poco lontani da lì stavano gli altri quattro, accucciati a terra per controllare la direzione giusta da prendere per Kandem. Inuyasha distolse l’attenzione dalla cartina avvertendo con il fine udito il debole clangore di armi che cozzavano tra di loro e il debole e pungente odore del sangue.
“Inuyasha?” lo richiamò perplesso Miroku.
“Poco lontano da qui… una battaglia” rispose al richiamo, continuando a prestare attenzione ai vari rumori
“Sei sicuro?” gli domandò Sango. L’ Hanyou annuì
“Io proporrei di dare un’occhiata” disse poi “Anche perché sento chiaramente l’odore del sangue provenire dalla direzione in cui dobbiamo andare noi”.
“Andiamo” disse, secco, Miroku per poi affrettarsi verso la piccola strada che li avrebbe portati a Kandem.

Nel frattempo il combattimento tra Kagome e l’orda di Youkai continuava.
La ragazza, grazie alla sua straordinaria abilità con la spada, mieteva Demoni su Demoni, ma, già affaticata dallo scontro precedente, questo sembrava non essere sufficiente.
Notevolmente svantaggiata dal punto di vista numerico, per far fronte alla situazione, non poteva far altro che ricorrere ripetutamente anche al suo potere spirituale che le permetteva di poter abbattere più Youkai in una volta. Ma era anche una lama a doppio taglio poiché le richiedeva un notevole sforzo.
Così non poté far altro che continuare a combattere semplicemente con le sue armi mentre anche il suo fisico si indeboliva.
In quel momento arrivarono anche Inuyasha e gli altri che si ritrovarono ad osservare il furioso combattimento mentre la pioggia, che ora cadeva violentemente, gli inzuppava i vestiti.
La loro attenzione venne immediatamente attirata dalla ragazza che combatteva con furia contro tutti quei Demoni, brandendo la spada con una maestria straordinaria.
Era chiaramente percepibile la differenza tra lei e gli Youkai che si muovevano sgraziati e soprattutto senza organizzazione, sciupando quindi il vantaggio della loro superiorità numerica.
Con quell’unica katana Kagome stava man mano facendo calare il numero dei suoi aggressori, ritrovandosi ora a uno contro quattro.
I suoi lunghi capelli, raccolti nella coda, seguivano appesantiti dalla pioggia i suoi movimenti veloci e precisi accompagnandola nella sua danza di morte sotto gli sguardi stupiti dei quattro poco lontani.
Ma in quel momento non vi aveva fatto caso alla loro presenza, esistevano solo lei e la sua spada, ormai nient’altro che un allungamento del suo arto e che utilizzava con semplicità e eleganza.
Due Youkai la attaccarono contemporaneamente, uno frontalmente mentre l’altro le arrivò da dietro. Con grande velocità si spostò, facendo in modo che i due Demoni si scontrassero per poi infilzarli contemporaneamente mentre i loro rantoli di dolore si mischiavano al battere cadenzato della pioggia.
Ne rimanevano solo due. Ansimando si lanciò nuovamente all’attacco, decisa a porre fine a quella inutile lotta.
Concentrò la sua attenzione sullo Youko che aveva davanti, lo aggirò agilmente e, arrivatogli dietro, gli mozzò di netto la testa che rotolò con un tonfo sordo sul terreno ormai fangoso.
Improvvisamente le cedettero le gambe e si ritrovò inginocchiata a terra mentre, per la stanchezza, vedeva sfocato.
Approfittando di questo, l’ultimo Demone rimasto le arrivò alle spalle pronto a finirla. Con un ampio gesto del braccio cercò di infilzare le sua sciabola nella schiena della ragazza sotto gli sguardi preoccupati di Miroku e degli altri che già stavano per avvertirla. Ma non ce ne fu bisogno perché Kagome, accortasi del sibilo della spada, si scansò all’ultimo afferrando saldamente la fredda lama della sciabola con la mano sinistra, tagliandosi, mentre con la destra affondò, da dietro, la sua katana nell’addome dello Youkai che, con lo sguardo pieno di sorpresa, cadde sul terreno sotto il battere della pioggia che faceva scivolare sulla terra il sangue degli Youkai dai loro corpi esamini.
Kagome ansimò violentemente con la frangia appiccicata al volto, come i suoi vestiti che impregnati d’acqua le appesantivano i movimenti.
Si alzò, barcollando leggermente, mentre dalla sua mano cadevano gocce di sangue che si andavano a unire a quelle ormai più fini e leggere della pioggia che stava cessando.
Guardò la sua spada insanguinata… aveva ucciso ancora.
Intanto Inuyasha e gli altri guardavano increduli la figura in piedi in mezzo a quella distesa di cadaveri. E sotto quegli sguardi insistenti Kagome si accorse della presenza dei quattro.
Il vento che si era alzato portava via con sé le nuvole grigie facendo comparire a sprazzi i raggi solari di cui uno andò a colpire proprio la ragazza, facendo risaltare di riflessi dorati i suoi capelli ebano.
La giovane miko li riconobbe subito. Era lo strano gruppo che per tutti quei mesi aveva sognato. Li studiò a lungo senza dire una parola, posando insistentemente lo sguardo su Inuyasha e Shippo. Due Youkai.
Raccolse da terra il suo mantello fradicio di pioggia e si avvicinò loro scostandosi dagli occhi la fastidiosa frangia.
“Siete voi…” constatò semplicemente mentre continuava a squadrarli, ora da più vicino.
Loro la guardarono basiti, come se avessero avuto davanti un fantasma.
Soprattutto Inuyasha la fissava con uno sguardo indecifrabile mentre ancora pensava a come, in pochi istanti, da sola, avesse ucciso tutto quegli Youkai. E solo in quel momento si accorse anche della sua strabiliante bellezza.
“Ehm…” cominciò, incerto Miroku, mentre anche lui guardava con tanto d’occhi la ragazza.
“Scu… scusate se vi abbiamo potuto dare una brutta impressione…. È stato un caso se abbiamo assistito allo scontro…” cercò di giustificare la loro presenza, senza aver capito chi avevano davanti
“Comunque, magari potreste darci un’informazione…” continuò, sempre con lo stesso tono. In effetti si trovava quasi in soggezione di fronte a quella donna che non accennava a parlare senza però smettere di fissarlo, glaciale.
“Ecco… aspettate! Voi conoscete la miko di nome Kagome?” le domandò mentre la ragazza si era voltata e aveva fatto qualche passo
“Certo che la conosco… - gli disse, girandosi – Sono io” concluse, lasciandoli impietriti.
“COOS- argh!” l’esclamazione incredula di Inuyasha venne prontamente bloccata da Miroku che gli tappò la bocca ridendo nervosamente, sotto lo sguardo di Kagome che aveva alzato un sopracciglio, sospettosa.
“Forza, andiamo” disse poi la ragazza, voltandosi e incamminandosi verso il sentiero
“Do- dove, scusi?” le domandò sempre più perplesso Miroku
“A Kandem, mi sembra ovvio. Non ho tempo da perdere perciò vedete di darvi una mossa” disse, continuando a camminare seguita da Sango e Shippo mentre Miroku e Inuyasha erano rimasti imbambolati a guardarla.
“Ehi Miroku! Non mi avevi detto che tua cugina aveva sedici anni?!?” sbottò il mezzo- demone chiedendo spiegazioni. Come minimo avrebbe dato a quella ragazza diciannove anni!
“È così infatti…. Accidenti… se penso che la prima cosa che mi son detto quando l’ho vista è stata: ‘ Che splendida fanciulla!’…mi viene male!” sospirò, sconsolato.
Inuyasha non ribatté come a suo solito, attirando l’attenzione del ragazzo dal codino che notò lo sguardo fisso dell’ Hanyou su quella che si era rivelata essere sua cugina. Sorrise malizioso.
“Ehi… non sarai rimasto affascinato anche tu dalla straordinaria bellezza della nostra sacerdotessa, eh?!” gli disse, dandogli delle leggere gomitate sul fianco
“M- ma che diavolo dici, cretino?!? Certo che ne spari di cavolate!” sbraitò, rosso in viso, mentre anche lui si avviava dietro alle due ragazze seguito poi da un divertito Miroku.

Per più di mezz’ora il gruppo procedette – sotto un pesante silenzio - lungo il sentiero che man mano si era notevolmente allargato, capitando spesso di incontrare alcuni mercanti con i loro carretti al seguito.
“Ehm… scusate somma Kagome…” cominciò, poi, titubante Miroku, attirando l’attenzione della miko che si limitò a gettargli un’occhiata fugace.
“Volevo sapere… quanto manca per il villaggio…”
“Ormai siamo arrivati” rispose atona quella, richiudendosi poi nel suo silenzio.
“Feh!” sbottò Inuyasha. Kagome si fermò improvvisamente, girandosi verso di lui con sguardo severo
“C’è qualche problema?” gli chiese, cercando di trattenersi dal chiamarlo con disprezzo ‘Hanyou ’. Il mezzo- demone interpellato era già sul punto di ribattere ma, ancora una volta, venne bloccato da Miroku che rispose per lui
“No, no! Nessun problema eheh!” disse, sperando che la ragazza sorvolasse… e così fu. Si girò di scatto e proseguì lungo la strada quasi ignorandoli.
“Cerca di trattenerti Inuyasha!” gli sussurrò Sango che si era avvicinata
“Già! Non possiamo inimicarcela per il tuo caratteraccio!” rincarò la dose il ragazzo dal codino
“Il mio caratteraccio?!? Ma…” si bloccò, vedendo lo sguardo severo dei tre compagni. Sbuffò e continuò a camminare borbottando improperi.

“Siamo arrivati” li informò la voce della miko mentre, in lontananza, si vedeva una modesta casa dal cui piccolo comignolo si diffondeva nell’aria una lingua di fumo grigio.
“Ehm… però non vedo il villaggio…” constatò Miroku
“Il villaggio è a un chilometro di distanza da qui, più o meno. Ci piace l’intimità…” li informò Kagome continuando a camminare
“Ci… piace?”
“Abito con mia nonna Kaede”
“Capisco…” Miroku sorrise fra sé. Quella era proprio la Kagome che stavano cercando. Quella era sua cugina. La osservò da dietro, constatando quanto fosse cresciuta…. In fondo avevano spesso giocato insieme da bambini, ma lei, ovviamente, non poteva ricordarsene….
Raggiunta la casa, Kagome si affrettò a bussare chiamando a voce alta il nome dell’anziana miko che non li fece aspettare.
I quattro guardarono curiosi dietro le spalle della ragazza l’anziana donna che si era precipitata ad aprire la porta
“Oh, Kagome! meno male sei tornata sana e salva!” esultò felice, abbracciando la nipote che sorrise lievemente, un po’ imbarazzata visto che non erano sole….
“Ehm… nonna…” la richiamò
“Cosa c’è ca- oh! E voi chi sareste?” domandò perplessa vedendo il gruppetto alle spalle della nipote.
“Sono LORO” disse la giovane miko, sottolineando l’ultima parola con uno sguardo serio. La vecchia Kaede capì al volo e li guardò preoccupata.
- Che vuol dire ‘Sono loro ’? – si domandò nel frattempo Inuyasha - È impossibile che sapessero del nostro arrivo – constatò, fissando da dietro la ragazza dai capelli ebano.
La giovane sacerdotessa, comunque, fece finta di niente e entrò tranquillamente dentro la casa lasciandoli lì davanti senza sapere cosa dovessero fare…. Non era educato entrare in casa d’altri senza aver avuto il permesso….
“Ma Kagome, non li fai nemmeno accomodare?” le domandò la donna. L’altra si girò e li guardò con sufficienza
“Sono grandi e vaccinati…. Possono farlo anche da soli” disse, rivolgendo uno sguardo di insofferenza verso Shippo e Inuyasha di cui tutti si accorsero benissimo. Poi se ne andò nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
- Quello sguardo… - l’ Hanyou la guardò digrignando i denti…. Quello era lo sguardo che avevano sempre rivolto a lui e a sua madre…non poteva sbagliarsi.
“Vi prego di scusarla, prego entrate” li invitò Kaede, con aria abbattuta. Si avvicinò al caminetto e si sedette sospirando, mentre Sango e Miroku si accomodavano sulle sedie che la donna aveva dato loro mentre Inuyasha preferì sedersi per terra, in un angolo mentre Shippo si accoccolò sulla gambe della ragazza del Nord.
Stettero in silenzio per diverso tempo, mentre Kaede aveva offerto loro una tazza di the.
Poco dopo fece il suo ingresso nella stanza anche Kagome che, nel frattempo, si era cambiata e lavata velocemente, togliendosi di dosso le macchie di sangue degli Youkai.
“Kagome, lo sai che non dovresti vestirti a quel modo!” la rimproverò Kaede. La giovane miko indossava un vestito intero, di pelle, che le arrivava poco sopra le ginocchia con degli alti stivali, sempre in pelle, che arrivavano sopra queste ultime. In effetti non era certo un abbigliamento consono a una sacerdotessa… ma di certo faceva risaltare la sua bellezza.
La ragazza ignorò il rimprovero dell’anziana, avvicinandosi al caminetto mentre le fiamme del focolare illuminavano di riflessi i suoi capelli che, legati nella solita alta coda, si muovevano ad ogni suo passo.
Si sedette anche lei sul pavimento di legno, vicino alle braci che ardevano al centro della stanza e sulle quali vi era la teiera.
“Voi siete un Majutsushi, vero?” sbottò, guardando Miroku che rimase sinceramente sorpreso, insieme a Inuyasha, Sango e Shippo, per quella domanda chiaramente retorica. Come faceva lei a sapere che lui era un Mago se non si erano mai visti prima?
“Bè… sì, è così. Ma mi chiedo come voi possiate saperlo visto che è la prima volta che ci incontriamo” le chiese, sorridendole dolcemente
“Dovete sapere – intervenne Kaede – che sapevamo già del vostro arrivo. Bè, non conoscevamo di preciso il giorno in cui sareste arrivati ma di certo sapevamo della vostra esistenza”
“Ma… com’è possibile?” domandò incredula Sango
“Mia nipote vi ha sognati…. Sono ormai due mesi che durante il sonno ha la visone del vostro arrivo…”
“Sorprendente…” bisbigliò Miroku, guardando la giovane miko che, in silenzio, giocherellava con le braci.
“Sì ma – sbottò Sango – come poteva sapere che Miroku è un Majutsushi? In fondo era… un sogno…”
“Ne ho avvertito il potere” disse Kagome, alzando lo sguardo su di loro, incontrando gli occhi ambrati di Inuyasha a cui rivolse uno sguardo severo e di disgusto al quale il mezzo- demone rispose, guardandola con rabbia.
“Comunque – riprese distogliendo lo sguardo dall’ Hanyou – Vorrei sapere cosa ci fanno a casa mia un Majutsushi, una Syuryouka e, soprattutto, un cucciolo di Youkai e… un Hanyou” domandò, calcando sulle parole Youkai e Hanyou e rivolgendo ai due soggetti occhiate gelide, facendo tremare Shippo.
“Kagome!” la riprese Kaede che venne però interrotta da Miroku.
“Non vi preoccupate Kaede- sama. Somma Kagome prima di tutto dobbiamo ancora presentarci. Io mi chiamo Miroku e questi sono Shippo, Sango e Inuyasha – disse, indicando rispettivamente ognuno di loro – Tutti noi, escluso Shippo… siamo Cavalieri”
“Ca- Cavalieri?!” esclamò, più che sorpresa la vecchia Kaede
“Calmati nonna. E cosa vorrebbe la Terra Centrale da me? Perché, ovviamente, è da lì che venite, vero?”
“Siete molto arguta…” si complimentò Miroku, sorridendole
“Sì, lo sono – riprese la miko – Ma se siete Cavalieri… dove sono i vostri Draghi? Di solito Draghi e Cavalieri sono inseparabili”
“E infatti è così. Ma per sicurezza e, soprattutto per non farci notare, li abbiamo lasciati al villaggio di Gale, la guarnigione di Eldoras, è da lì, di preciso, che veniamo. Io sono il figlio del Governatore, Takehiko di Eldoras” le informò, guardando poi in particolare Kaede che in quel momento capì tutto.
“Addirittura il figlio del Governatore è venuto a farmi visita di persona!? Sono proprio curiosa di sapere cosa vi ha portato a compiere un viaggio così lungo solo per me…”
- Questa… questa… è la ragazzina più insopportabile che abbia mai visto!! – pensava, nel frattempo Inuyasha, osservando la scena quasi sconcertato. Chi si credeva di essere con quel tono da gran donna?! Quando l’aveva vista combattere gli aveva dato un’impressione ben diversa…. Si vergognò quasi di aver provato una sorta di ammirazione quando l’aveva vista….
Miroku invece sorrise divertito… allora quell’aria da saputelli ce l’avevano proprio di famiglia!
“Dovete sapere che ci era giunta da tempo la voce di una portentosa sacerdotessa che viveva su quest’isola…. Mio padre ci ha ordinato di venire qui e di cercarvi con lo scopo di chiedervi di accettare la sua proposta di venire nella Terra Centrale, a Eldoras, per aiutarci…”
“Aiutarvi… a fare cosa?”
“Aiutarci a eliminare Naraku”. Kagome, a quel nome sbiancò, bloccandosi letteralmente. Inuyasha la guardò con attenzione, notando i suoi occhi che, fino a poco fa erano stati quasi del tutto inespressivi, ora ribollivano di feroce rabbia. Nemmeno quando l’avevano vista combattere aveva avuto quell’espressione.
“Ho… ho sentito bene… avete detto Naraku?” chiese, guardandolo negli occhi
“Sì, proprio quel Naraku. A quanto pare la sua fama si è diffusa a macchia d’olio…”. Kagome strinse i pugni fino a far diventare bianche le nocche.
“Devo solo seguirvi a Eldoras?” domandò poi, decisa
“Sì, poi vi spiegherà tutto nei dettagli mio padre. Il nostro compito era solo quello di rintracciarvi”
“Vi devo avvisare però…” cominciò, glaciale, mentre si alzava in piedi
“Di cosa?” le chiese Miroku guardandola serio
“Prima di tutto voglio mettere in chiaro che non mi fido di voi e non permetterò che Youkai o Hanyou interferiscano. Naraku lo ucciderò io, con le mie mani, e non avrò pietà per chiunque sia dalla sua parte o… decida poi di stare dalla sua parte” sibilò, rivolgendo nuovamente quello sguardo di odio e disprezzo verso Shippo e Inuyasha.
“Ora devo andare. Vado al villaggio, nonna, ad avvertire il signor Yoshikawa” e senza dare il tempo a nessuno di replicare uscì di casa, sbattendosi la porta alle spalle.
“Ma tu guarda questa!! Chi diavolo si crede di essere?!?” sbottò il mezzo- demone
“Inuyasha!” lo richiamò Sango
“No, non vi preoccupate…. Anche se non potranno riparare alle parole di mia nipote… vi porgo le mie scuse…” disse costernata l’anziana donna
“Non vi dovete scusare…. Comunque… immagino abbiate capito tutto quanto, somma Kaede” le disse gentilmente Miroku
“Sì…. Immagino che anche i tuoi compagni qui presenti non siano dei semplici Cavalieri, Miroku…. Sapevo che il nobile Takehiko aveva avuto un figlio… ed eccoti qua…”
“Già…. Comunque, questi che vedete insieme a me sono Sango di Mend, figlia del Re di Mendeon mentre il qui presente Hanyou è Inuyasha, secondogenito di Inu Taisho mentre questo è il piccolo Shippo, del clan Kitsune”
“Il… secondogenito? Sapevo di Sesshoumaru, ma ignoravo l’esistenza di un altro figlio…”
“Anche noi… vi spiegherò brevemente cos’è successo in questi ultimi anni visto che non ricevete notizie dalla Terra Centrale ormai da molto…” l’anziana donna annuì e così Miroku cominciò a parlarle di Naraku, degli attacchi sulle varie isole dieci anni prima e anche il suo volersi impadronire della Shikon no Tama.
“Ora capisco tante cose…” sospirò Kaede, ripensando al giorno in cui anche il loro villaggio venne attaccato.
“Somma Kaede… potrebbe spiegarci come mai la nobile Kagome odia così tanto i Demoni?” domandò Sango, temendo di essere poco delicata.
“Dovete sapere che… dieci anni fa gli Youkai sono arrivati anche qui, a Kandem…. E in quell’attacco… sono rimasti uccisi mia figlia e suo marito… i genitori addottivi di Kagome” disse, addolorata.
“È da quel giorno che Kagome è… così…. Vi sembrerà difficile crederlo, ma era l’opposto di come la vedete oggi. È per questo che sono sicura che, nonostante qualsiasi cosa, vi seguirà… perché quella notte, guardando lo stemma ricucito sulle divise di quei Demoni pronunciai ad alta voce il nome di Naraku. È da quel giorno che brama vendetta e avrà vita finché non la porterà a termine….
“Vi prego soltanto…non permettete che le succeda qualcosa… orami lei è davvero una nipote per me. Ne morirei se le succedesse qualcosa…” disse, con gli occhi pieni di apprensione e velati di lacrime.
“Ve lo giuro, la proteggerò a costo della vita” le disse, serio, Miroku.
“Mi scuso ancora con voi due…” disse poi Kaede, rivolgendosi a Inuyasha e Shippo “Kagome non è cattiva e non ce l’aveva sul serio con voi…”
“Quindi… non ci odia?” chiese timidamente il piccolo Shippo che era stato davvero ferito dagli sguardi e dalle parole della ragazza
“No, non vi odia…” lo rincuorò, sorridendogli, per poi rivolgere lo sguardo a Inuyasha, come aspettando che dicesse qualcosa
“Feh! Cosa vuoi che me ne importi se una Ningen mi odia! Anche perché la cosa è assolutamente reciproca!!” disse altezzoso
“Bene, allora è tutto a posto!” disse allegro il ragazzo dal codino, dando una pacca sulle spalle all’ Hanyou
“Sentite ragazzi…” attirò la loro attenzione l’anziana sacerdotessa “Se volete farvi un bagno non fatevi problemi. Avete anche preso la pioggia, avrete sicuramente freddo…. Intanto io preparo la cena”
“Oh, bè, in effetti… - disse Sango mentre l’idea di un bagno caldo già la mandava al settimo cielo – Ma non diamo troppo disturbo?”
“Ma quale disturbo! Forza, non fate complimenti!” insistette la donna
“Allora… perché, per non far prima, non lo facciamo insieme il bagno mia dolce Sang- Argh! Lo… lo sapevo…!” la proposta a dir poco fuori luogo di Miroku venne bruscamente interrotta dall’ Hiraikotsu che gli piombò sulla testa, facendolo svenire.
“È… è morto?” disse, preoccupata e allibita Kaede
“No, purtroppo. Inuyasha pensaci tu, intanto Shippo e io andiamo a farci il bagno…”
“Sì, vai tranquilla Sango…. Non mi dispiacerà farlo svenire un’altra volta se fa qualcosa di stupido!” ghignò il mezzo- demone guardando il Cavaliere steso a terra svenuto.


Intanto Kagome si stava dirigendo verso il centro del villaggio, camminando spedita mentre mille pensieri le vorticavano nella testa.
- Naraku… finalmente avrò la possibilità di attuare la mia vendetta! – pensando questo le rivennero in mente gli occhi ambrati e minacciosi di Inuyasha. Aggrottò le sopracciglia
- Se solo osa mettermi i bastoni fra le ruote gliela faccio pagare a quell’ Hanyou! Mi dà sui nervi con quell’aria da saputello! Il mio sogno non sbagliava…. Non importa… se mi intralcerà… ucciderò anche lui con queste mie mani – si guardò le palme e per un attimo le sembrò di vederle completamente sporche di sangue. Si spaventò quasi per quello che aveva immaginato….
… Mani impregnate di sangue….

FINE 12° CAPITOLO.

E finalmente ce l’abbiamo fatta!! Eureka! Ci sono voluti undici capitoli ma finalmente…si sono incontrati!
Sapete, quando ho cominciato a pensare a questa ff – molto tempo fa, devo dire… - la scena che mi ero immaginata con più precisione e da cui si è poi sviluppata l’idea è proprio quella del loro incontro – anche se, con lo scrivere, si è un po’ modificata…. Aaah…volevo poi sottolineare il fatto che questo cap. l’ho scritto in un sol giorno – tra una cosa e l’altra, di solito, ci metto due, tre giorni – proprio perché io stessa, come voi, non vedevo l’ora di arrivare a questo punto.
Non so perché, però, come negli ultimi capitoli già pubblicati…c’è qualcosa che non mi convince…. Boh, forse sono solo io che sono troppo severa con me stessa - anche se il mio tremendo raffreddore ha contribuito notevolmente a non farmi ragionare lucidamente….
Bè, allora non c’è altro da dire…aspetto solo i vostri commenti e spero di avere accontentato tutti quelli che fremevano per l’arrivo di Kagome – da questo cap. in poi le cose sì che si fanno divertenti eheh…!
Allora vi saluto, non vedo l’ora che si faccia lunedì…visto che sarà anche il giorno del mio compleanno!
Vi saluto e vi auguro una buona settimana,
baci, baci
ka_chan

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Capitolo 13
*** cap13 “COME TUTTO PUÒ CAMBIARE…” ***


‘Tanti auguri a me, tanti auguri a me, tanti auguri Francesca, tanti auguri a me!’.
Salve a tutti, gente!! Oggi è una – finalmente – maggiorenne che vi parla ahah! I’m very happy anche se la settimana che mi aspetta non è delle migliori dal punto di vista scolastico…!
Ma parlando della ff…anche lo scorso capitolo lo avete commentato in tanti e devo dire che in generale – cosa che mi aspettavo eheh ^^ - è piaciuto molto a tutti – non per niente è entrata scena la nostra meravigliosa Kagome…!
Bè, non ho molto da dire, perciò passo subito ai ringraziamenti per chi ha commentato: cri-chan (Sono contenta che la mia versione di Kagome ti piaccia – perché io la adoro – anche se, devo dire, non è ancora venuta fuori del tutto – cosa che comincia a fare in questo cap. Ti ringrazio, poi, davvero tantissimo per il tuo super complimento…sentirmi dire che questa è la ff più bella che tu abbia mai letto mi manda al settimo cielo! E poi tu sei una delle mie fedelissime perciò sono doppiamente contenta!!^^); Lorimhar (In effetti, devo dire che ho fatto una Kagome molto indipendente e molto abile – scusatemi ma io non sopporto chi pensa che lei sia solo una palla al piede – ma non mi pento della mia scelta. Comunque Kagome ora possiede solo i suoi poteri da miko, non è una maga. Può sembrare la stessa cosa ma anche questo lo spiegherò più avanti, non temete ^^. ); Elychan; Vale_chAn; Mech (Come ho già spiegato, sì, Kagome è molto diversa e fredda…ma aspettate, aspettate!^^); Arukochan (Ciao tesoruccio!! Grazie per il tuo commento, penso tu l’abbia vista, comunque ti ho mandato due e-mail – anche se nella seconda c’è un disegno! – Ti adoro di bene!!);le due new- entry: lili99 (Well…Kagome e Inuyasha NON sono parenti; Kagome è imparentata con Miroku – sono cugini di secondo grado. Comunque hai fatto bene a domandarlo e se ci sono altri dubbi non esitate a chiedere – sono qui apposta ^^) e Topomouse e, infine, Hikari_Takahishi87 che ha commentato in estremis ^^.
Come sempre ringrazio anche chi ha solo letto e, di nuovo, ringrazio cri-chan e Lorimhar che mi hanno fatto gli auguri in anticipo ^^.
Grazie ancora a tutti e, ora, vi auguro una buona lettura (ah, vi avviso che questo cap. è un po’ più lungo rispetto al solito…).

13° CAPITOLO “COME TUTTO PUÒ CAMBIARE…”

Per una landa desolata, sotto un sole cocente, correva veloce uno Youkai.
Il monotono paesaggio davanti agli occhi, mentre un forte vento gli fischiava nelle orecchie. Doveva fare presto. Se tutto fosse andato bene chissà se il suo signore non lo avrebbe anche premiato….
Accelerò ancora il passo, entusiasta delle informazioni preziose in suo possesso mentre davanti agli occhi gli si mostravano, imponenti, le alte, scure e massicce mura di Kaosu. La capitale del Regno del Sud.

“Mio signore…”
“Mh? Che c’è… Kagura?”.
In una grande sala ottagonale si fece avanti la figura sinuosa di un Demone femmina. Le gambe lunghe e lisce, lasciate scoperte dal corto abito che metteva in risalto le sue cosce, si mossero lentamente mentre un fascio di luce giocava sulla sua pelle abbronzata con tenui riflessi.
La Yasha di nome Kagura si avvicinò al massiccio trono in bronzo scuro lucido, decorato da ghirigori dorati, sul quale sedeva il suo signore.
“È arrivato da Eldoras uno dei nostri soldati…. So che non volevi essere disturbato, ma dice di avere informazioni urgenti” riferì con voce atona, mentre fissava i suoi occhi scarlatti sulla figura seduta del suo padrone. Questi si mosse impercettibilmente, il viso dall’espressione annoiata appoggiato su una mano. I lunghi, mossi capelli neri ondeggiarono lievemente.
“Fallo venire… e sarà meglio per lui che abbia davvero delle valide motivazioni per aver abbandonato Eldoras” le ordinò, mentre il viso gli si contraeva in un’espressione severa. Si raddrizzò, sedendosi con la schiena eretta guardando davanti a sé nell’attesa che arrivasse il soldato.
Dopo pochi istanti venne avanti, preceduto da Kagura, uno Youko di mezza età. L’uomo seduto sorrise nel vederlo.
“Dovevo immaginarmelo che eri tu, Akira…” disse, con un sorriso ambiguo sul volto che fece rabbrividire l’interpellato che, intanto, arrivatogli davanti, si era inchinato.
“Mio signore…. Perdonatemi se sono tornato così all’improvviso, ma dovevo assolutamente vedervi” disse, con la voce leggermente tremante
“Kagura mi ha detto che hai delle notizie importanti. Parla” gli ordinò, gelido, ma senza abbandonare quella specie di sorriso.
“Precisamente tre giorni fa sono partiti da Eldoras tre Cavalieri di cui uno, ne sono certo, era il figlio del Governatore. Puntavano in direzione nord- est, verso il mare…” riferì, sempre con la voce tremula
“Verso nord- est, hai detto? Mmh… non mi sembra ci sia niente di significativo da quelle parti…. In quella direzione dovrebbe esserci solo l’ Isola di Arlem, se non ricordo male. Sbaglio?”
“Eh? Ah, no, n- non sbagliate mio signore…” balbettò lo Youko
“Akira… ho come la sensazione che tu abbia qualcos’ altro da dire… è così?” gli domandò, sempre con lo stesso sguardo, facendo sobbalzare il Demone
“Ecco… sì. Non so se vi è giunta già la voce, ma mi è stato detto da un altro dei nostri soldati che era da poco arrivato a Eldoras che la maggior parte dei gruppi di Youkai presenti sull’Isola di Arlem sono stati eliminati. Si tratta proprio dei gruppi con cui avete fatto quel patto…”
“Ah, sì… avevo mandato qualcuno, un po’ di tempo fa, perché dicesse loro di attaccare a tappeto le varie cittadine con l’accordo di mandare qui a Kaosu metà delle merci che avrebbero sottratto. Ma dimmi… com’è possibile che un branco di insulsi Ningen campagnoli abbiano sconfitto comunità intere di Youkai?” gli domandò infine, senza abbandonare quel sorriso finto, anzi, accentuandolo
“E- ecco… in verità… è opera di una sacerdotessa, mio signore del-” ma si tappò la bocca sotto lo sguardo sospetto del suo signore a cui non era sfuggito il gesto
“Parla, Akira. Sai bene che non mi piacciono questi giochetti” gli disse, abbandonando infine quella maschera di finta cortesia che fino a quel momento aveva indossato “A quale villaggio appartiene quella sacerdotessa?”
“Al… al villaggio di Kandem” disse tutto d’un fiato quello, ingoiando rumorosamente, a vuoto
“Kandem… non mi dice niente. Come mai non volevi dirlo? E poi, non capisco una cosa... come può esistere una sacerdotessa su una delle isole da noi – anzi, per la precisione proprio da te - conquistate ormai da otto anni? Non è un caso se sulle isole del Continente ci siano ancora dei Demoni… e non Youkai qualunque, ma mie soldati. Se è così potente, perché non sono stato informato prima?” domandò, reso sospettoso da tutte quelle domande senza risposta e, soprattutto, dal comportamento chiaramente teso dello Youko
“In… in verità signore… quel villaggio… non l’abbiamo mai distrutto come… come invece vi avevo detto…. Non… non ci siamo riusciti…. E… la sacerdotessa…è già da tempo che… che ci crea dei problemi, ma non ho voluto avvertirvi perché… pensavo non fosse… così grave…” si giustificò balbettando, sudando freddo.
Il suo signore si alzò, in silenzio, con lo sguardo privo di qualsiasi emozione. I lunghi capelli neri gli piombarono sulle spalle, coprendo la larga ed eretta schiena.
Con passi lenti scese i tre gradini che portavano al piano rialzato dove vi era il trono, avvicinandosi allo Youkai, sovrastandolo. L’altro alzò gli occhi timoroso, osservando la figura immobile del suo padrone che lo guardava con uno sguardo neutro.
“Mio… signore… non volevo ingannarvi…. A- abbiate pietà!” balbettò implorante, stringendo terrorizzato il lungo e morbido mantello color della pece del suo signore che, sempre con la stessa espressione, gli afferrò saldamente il polso, allontanandolo da sé
“Non toccarmi…” disse, gelido, sotto lo sguardo sempre più terrorizzato del soldato “Sai… mi hai deluso Akira. Ti sbeffeggiavi da gran capitano quando in realtà sei più codardo di quegli stupidi e insignificanti Ningen. Ma grazie a te, ora, ho capito una cosa preziosa…” disse, mentre sul suo volto ricompariva il sorriso di prima, stringendo maggiormente il polso del Demone
“Mio… mio signore vi prego! Imploro il vostro perdono, abbiate pietà!” sbraitò disperato quello mentre lo sguardo del suo padrone si faceva, ora, insofferente
“Smettila di sbraitare. Basta, non so più che farmene di uno come te…”
“Nooo, no, vi prego, abbiate pietà!!” ma il suo urlo terrorizzato venne stroncato dall’altro che, con una mano sola, gli afferrò il collo, girandolo dalla parte opposta. Lasciò la presa e il corpo esamine dello Youko cadde a terra mentre i suoi occhi vitrei e pieni di sorpresa fissavano il freddo pavimento in marmo.
“Naraku non ha pietà per nessuno!” disse quello, soddisfatto, con un ghigno di pura perfidia dipinto sul volto a stravolgergli i lineamenti raffinati. Kagura lo guardò rabbrividendo.
“Pensaci tu a sbarazzarti del corpo, Kagura. Se vuoi puoi anche consegnarlo alla sua famiglia” ghignò, mentre, con movimenti lenti e eleganti, si risiedeva sul suo trono con il mantello che accarezzava il pavimento.
“Addirittura? Come sei magnanimo…” rispose la Yasha, guardando il corpo senza vita del soldato con indifferenza
“Ehe, lo so, oggi sono in vena di carinerie…. In un certo senso mi è stato utile…”
“Anche prima hai detto che hai capito una cosa… di che si tratta?” gli chiese mentre il sorriso di quello si allargava maggiormente
“Oh, semplicemente credo di sapere di preciso chi è quella sacerdotessa…”
“Ovvero?”
“Niente di meno che la piccola Kagome…!” disse, soddisfatto dell’espressione sorpresa di Kagura
“Kagome?! Quella Kagome?!”
“Sì… l’erede degli Higurashi”
“E ora? Immagino vorrai sbarazzartene!”
“No, affatto…”
“Ma, Naraku! Aspetta, dove stai andando?!?” urlò, guardandolo, sorpresa, mentre si era alzato
“Ho un piano di cui occuparmi, Kagura. Tu fammi il favore di liberarmi da quell’inutile cadavere” le ordinò, secco, e si girò allontanandosi con il mantello che gli fluttuava intorno insieme ai capelli.
La Yasha rimase sola nella grande sala guardando con la bocca spalancata il suo signore. Poi sbuffò e, insieme al cadavere di Akira, scomparve.

- Bene… credo che io e te ci incontreremo presto, Kagome – una risata diabolica riecheggiò per il grande castello di Kaosu, diffondendosi nella città, trasportata dalle folate violente del vento.
_________________________________________________________

Il suono ovattato di leggeri passi si diffondeva per la distesa d’erba ricoperta di rugiada.
Era ancora mattina presto e una bassa foschia serpeggiava per il paesaggio facendolo sembrare quasi una rappresentazione onirica.
Come tutte le mattine, Kagome si era alzata di buon’ora, dirigendosi verso il grande lago che si trovava poco lontano dalla sua abitazione.
Quella mattina era più nervosa del solito, soprattutto se ripensava all’arrivo del famoso gruppo che per tutte quelle notti l’aveva torturata con il sogno del suo arrivo.
Le tornò alla mente lo sguardo saccente del mezzo- demone Inuyasha… una delle persone più odiose che avesse mai avuto il dispiacere di conoscere. Già il fatto di essere un Hanyou non glielo faceva prendere in simpatia… ma con quel carattere scorbutico e arrogante non c’era speranza che tra loro due potesse nascere un qualsiasi tipo di rapporto.
Sbuffò. Sì, era decisamente di pessimo umore.
Accelerò il passo, sperando di riuscire a trovare, tramite le sue mattutine abluzioni, un po’ di pace.

Inuyasha si destò di scatto, così come si era addormentato di botto la sera prima. Non se n’era nemmeno accorto….
Si guardò intorno un po’ spaesato, godendo del panorama a più ampio raggio che gli offriva l’alto ramo di una grossa quercia sul quale aveva deciso di passare la notte… da solo.
Gli rivennero alla mente tutti i fatti del giorno prima e, soprattutto… il loro incontro con… ‘quella Kagome ’, come lui la definiva.
Già, quella ragazzina… una delle più insopportabili che avesse mai conosciuto. Se solo ripensava a come lo aveva trattato… gli veniva una gran voglia di farla a pezzi!
Sbuffò indignato… e pensare che sarebbe dovuta venire a Eldoras con loro, che avrebbe abitato nello stesso Palazzo… e pensare che era proprio LEI la principessa!
- Aaargh! Come farò?! Non riuscirò mai a sopportarla! – pensò, quasi disperato. Era la principessa, avrebbe dovuto portarle rispetto…
- Ehi, un momento! Anche io sono un principe! Se dovrò portarle rispetto… bè, lei dovrà fare altrettanto! – quel pensiero lo rincuorò almeno un po’.
Sospirando, si accoccolò meglio contro la dura corteccia dell’albero, godendosi lo spettacolo dell’alba che stava iniziando. Si era rilassato notevolmente quando sentì il fievole rumore di alcuni passi e poi la percezione di un odore particolare, conosciuto e allo stesso tempo non. Incuriosito aguzzò lo sguardo, visto che la foschia presente rendeva sfocato il terreno. Poi, dal nulla, vide la persona a cui apparteneva quell’odore così… buono. Kagome.
Prima di quel momento non ci aveva fatto caso… ma quella ragazza aveva un odore davvero particolare.
La vide avanzare lentamente, quasi con una grazia innaturale, verso la sponda ghiaiosa del grande lago circolare nel quale si rispecchiavano le tenui e pallide tonalità del cielo mattutino.
Quella mattina indossava un semplice e immacolato abito bianco, quasi impalpabile, che le ricopriva il sinuoso corpo quasi come una seconda pelle.
- Che diavolo ci fa qui a quest’ora? E poi… possibile che non si sia accorta della mia presenza? – si domandò, leggermente confuso, Inuyasha.
Ma osservando bene il volto della ragazza, era facile capire che i suoi pensieri fossero a miglia e miglia di distanza da lì.
Kagome si avvicinò alle acque gelide del lago con in mano una piccola tinozza di legno nella quale aveva riposto un grande telo bianco che depose, poi, delicatamente sul terreno.
Sporgendosi, si rispecchiò nel limpido specchio naturale del lago, guardando attentamente il suo volto, rimanendone quasi stupita.
Com’era cambiata… non si riconosceva quasi. Aveva sedici anni, era una ragazzina… mentre il suo era il volto di un’adulta.
La sua maschera di freddezza a quella vista si infranse, sostituita da un’espressione di intenso dolore.
Che cos’era diventata?
Turbata da quei pensieri, riempì velocemente la piccola bacinella per poi gettarsi brutalmente addosso l’acqua gelida, come a voler cancellare quell’immagine insieme al suo animo… ‘malato ’.
Andò avanti così per diversi minuti e tutto sotto lo sguardo attento di Inuyasha che, dalla sua postazione, aveva potuto vedere più che bene la trasformazione che era avvenuta nel volto della ragazza…. Cosa che lo lasciò alquanto sbigottito.
Già il giorno prima aveva assistito a un cambiamento del genere, quando al solo nominare Naraku sul suo volto impassibile era comparsa l’espressione di una rabbia terribile….
Ma quell’intenso dolore…. Non credeva potesse esistere qualcuno con una simile espressione.
Un turbinio di domande gli si insinuò nella mente. Chi era quella ragazza in realtà?
Con un’ultima secchiata, la vide infine aprire gli occhi di color argento che fino a quel momento aveva tenuto serrati, come a volersi rifiutare di guardare la realtà dolorosa che la circondava.
Kagome rabbrividì mentre gocce di acqua gelida le scorrevano per il corpo, mentre il vestito e i capelli le si attaccavano completamente addosso.
Si alzò in piedi, imperiosa, guardando davanti a sé con sguardo sicuro. Ancora una volta Inuyasha si stupì nel vedere un’ennesima e diversa espressione su quel volto quasi sempre inespressivo.
Questa volta non c’era né dolore né freddezza… non riusciva a definirlo bene nemmeno lui. Poi il suo sguardo si spostò dal suo viso, andando a dirigersi verso il resto della sua figura. Arrossì violentemente nel vedere che quella semplice veste bianca, ora completamente zuppa, era davvero diventata come una seconda pelle, con la scarso risultato di coprire il corpo – dovette ammettere – più che ben fatto della ragazza.
Distolse lo sguardo con le gote in fiamme. Si maledì da solo per la sua infantilità.
Kagome, invece, ignara delle reazioni suscitate da lei – seppur involontariamente – nell’ Hanyou, si asciugò con calma, avvolgendosi nel morbido e grande telo di lino bianco.
Aggiustandosi, infine, i lunghi capelli raccolti nella coda alta, si diresse con calma verso la sua abitazione.
Appena la ragazza non fu più visibile, Inuyasha scese dall’albero sospirando di sollievo. Chissà che gli avrebbe fatto se si fosse accorta che lui era stato lì per tutto il tempo….
Stiracchiandosi e respirando a pieni polmoni decise poi, anche lui, di fare ritorno, con calma, alla casa della ragazza sperando che i suoi compagni si fossero già svegliati.

Kagome entrò silenziosamente nella piccola abitazione, attenta a non far rumore.
Poiché la loro casa non era molto grande, l’unico posto in cui avevano potuto dormire i tre forestieri era stato il soggiorno. Sollevò un sopracciglio nel constatare, come quando era uscita, che l’ Hanyou non c’era… chissà dove aveva passato la notte….
‘Mi troverò un altro alloggio… non vorrei creare disturbo più di quanto non mi sia già stato fatto notare…’ , aveva detto, la sera prima, quel mezzo- demone, chiaramente riferitosi a lei, vista l’occhiataccia che le aveva lanciato. Fece spallucce. Per quello che le importava poteva anche morire congelato.
Attraversò la piccola stanza, col sottofondo dei regolari respiri dei loro ospiti, dirigendosi verso la sua camera per cambiarsi e…per preparare le cose per il viaggio.
Si guardò intorno, memorizzando ogni minimo particolare… quella sarebbe stata, forse, l’ultima volta in cui rimetteva piede in quella casa.
Sentiva che l’ansia che già da quando aveva incontrato il gruppo proveniente da Eldoras stava cercando, in tutti i modi, di sommergerla, spingere per invaderla del tutto.
Cercando di respingerla nuovamente, di seppellirla lontano affinché non potesse più emergere, si concentrò sui preparativi dei bagagli… incombenza che non le avrebbe impiegato molto tempo, viste le poche ed essenziali cose che si sarebbe portata dietro. Più che altro, il suo bagaglio era costituito da armi: la sua fedele katana e il suo inseparabile arco. Doveva però ricordarsi di farsi dare da sua nonna anche qualche amuleto… non si sapeva mai cosa poteva accadere.
E sempre pensando a sua nonna, sorrise mentre decideva di indossare quegli abiti che l’anziana miko odiava così tanto: pantaloni di pelle marrone scuro infilati in stivali – sempre di pelle – alti fino al ginocchio, maglioncino di lana bianca, gilè di pelle scamosciata e una giacca aderente sempre di pelle; infine, il mantello.
Sistemò alcuni vestiti di ricambio nella sacca ed uscì, sentendo il lieve vociare dei loro ospiti che, evidentemente, si erano svegliati.
“Oh, buongiorno Divina Kagome!” la salutò allegro il ragazzo di nome Miroku, il Majutsushi. Li conosceva da poche ore… ma quel ragazzo aveva l’aria di essere un uomo abbastanza frivolo. E la cosa era anche accentuata dalle cinque dita che aveva stampate sulla guancia. Volse lo sguardo verso l’unica ragazza di quella strana compagnia, Sango, che aveva ancora la mano alzata e il viso, oltre che arrossato, con una espressione di furente rabbia.
“Buongiorno anche a voi…” rispose, più gentile e, se possibile, meno freddamente rispetto il giorno prima. Non sapeva per quanto, ma supponeva che avrebbe dovuto scorrere del tempo con loro e voleva rendere la loro convivenza un po’ meno tesa. Ma il suo sguardo non poté che ritornare quello del giorno prima nel vedere Shippo. La sola idea di stare a contatto così ravvicinato con uno Youkai – per quanto piccolo – la mandava fuori di testa.
“Ce l’ha proprio con me…” sussurrò triste il cucciolo sulla spalla di Sango.
“Buongiorno Kagome…” la voce bassa e profonda di Kaede la raggiunse alle spalle. La vide uscire dalla cucina con in mano un vassoio con fumanti tazze di the.
“Buongiorno nonna. Aspetta…” le disse, prendendole di mano il vassoio e appoggiandolo delicatamente sul piccolo tavolino che avevano sistemato momentaneamente nel soggiorno.
“Mmh, chissà dove si è cacciato quel testardo di Inuyasha…” disse Miroku, volgendo gli occhi al cielo, mentre soffiava per raffreddare la bevanda bollente all’interno della sua semplice tazza di terracotta.
“Sono qui, sono qui… comunque, chi sarebbe testardo?” la voce del diretto interessato li raggiunse mentre l’ Hanyou faceva il suo ingresso nell’abitazione. Aveva fatto bene a procedere con calma, almeno adesso i suoi compagni erano svegli.
Si guardò intorno e il suo sguardo si posò sulla figura di Kagome che sorseggiava tranquillamente il suo the, senza degnarlo di uno sguardo. Meglio così, se avesse incrociato il suoi occhi argentei si sarebbe ritrovato ad arrossire come uno stupido.
“Si può sapere dove sei stato? Hai davvero passato la notte là fuori?” gli domandò Miroku, guardandolo scioccato mentre l’altro si sedeva in un angolo
“E allora? Non sono mica debole come voi Ningen, non soffro né il freddo né il caldo io” rispose quello con la sua solita aria da superiore, cosa che fece alquanto irritare Kagome che si alzò bruscamente, dirigendosi poi verso la cucina.
“Tsk!” emise irritato Inuyasha. Quella Ningen era davvero una seccatura.
“Comunque… vogliamo darci una mossa? Non possiamo perdere dell’altro tempo, no?” constatò poi, guardando Miroku perché gli desse una risposta affermativa
“Sì, hai ragione, non possiamo tardare oltre – rispose mentre finiva di bere l’ultimo sorso del suo the – Mi spiace somma Kaede… ma credo proprio che dobbiamo partire” le disse, rammaricato, immaginando la tristezza che in quel momento doveva provare la donna.
“Sì, lo so…. Anche se mi costa tantissimo… dovete andare, non c’è altro modo…” sospirò, più triste che mai. Dopo sua figlia… l’avrebbe abbandonata anche sua nipote.
“Non sapete quanto mi dispiace, davvero…” aggiunse Miroku, guardandola sinceramente dispiaciuto. Kaede sorrise debolmente
“Non dovete preoccuparvi. Sapevo che prima o poi sarebbe successo…”.
In quel momento fece ritorno anche Kagome che sembrava essersi calmata. Tutti gli sguardi si puntarono su di lei, mettendola a disagio
“Che c’è?!” sbottò, innervosita
“Dobbiamo andare” le disse, semplicemente e con sguardo serio, Miroku. Lei annuì, decisa, voltandosi poi, più incerta verso la nonna.
“Allora… hai avvisato tu Yoshikawa, vero?” le domandò l’anziana e Kagome scosse la testa, in segno di assenso. Le parole le erano morte in gola.
“Hai avvisato solo lui?”
“Sì…”
“E Kliff e Deniel? A loro non hai detto niente?” le domandò Kaede, con tono più sorpreso e apprensivo “Avresti dovuto almeno dirlo a Deniel sai quanto ci tie-”
“No. Sarebbe stato…troppo difficile – la interruppe Kagome – Avrebbe fatto di tutto per trattenermi…”
“Ma hanno il diritto di sapere!” insistette la donna
“E lo sapranno, ovviamente… è inevitabile, no? – disse quest’ultima frase con una chiara nota di tristezza e dolore nella voce. Inuyasha la guardò meglio: stava soffrendo.
Evidentemente le persone di cui stavano parlando erano importanti per lei… - Non posso dargli delle preoccupazioni in più, nonna. Almeno, sapendomi già partita… soffriranno di meno…”
“Oh, Kagome…” Kaede le si avvicinò e l’abbracciò più stretta che poteva. Quella che la ragazza stava andando ad affrontare non era un semplice viaggio…. Avrebbe dovuto combattere, affrontare una delle minacce più potenti che fossero mai comparse sul Continente. Chissà quando e se l’avrebbe rivista…questa domanda le bloccò il respiro, terrorizzandola.
In qualche modo la ragazza percepì la paura della nonna e si staccò da lei, temendo di essere a sua volta pervasa dagli stessi timori. Non poteva indugiare.
La guardò nei suoi piccoli occhi contornati da una serie di rughe e le rivolse un sincero sorriso, pieno di gratitudine.
Kaede restò interdetta per la dolcezza di quello sguardo… quello sguardo che rivedeva dopo così tanto tempo.
“Grazie… grazie di tutto nonna. E… scusa se per tutti questi anni… non ho fatto altro che farti preoccupare…. Perdonami” le disse, cercando di trasmetterle tutto l’affetto che provava per lei. Non le importava se in quel momento c’erano anche Inuyasha e gli altri… voleva solo dire grazie alla sua adorata nonna.
L’anziana miko non riuscì a trattenersi dal versare alcune lacrime mentre Kagome raccoglieva le sue poche cose e si preparava per il viaggio. Da quel giorno cominciava una nuova vita.
In silenzio, uscirono dalla piccola abitazione, scambiandosi gli ultimi saluti.
“Grazie di tutto, somma Kaede – la salutò Sango – le promettiamo che ci prenderemo cura di sua nipote”.
Anche Inuyasha, inaspettatamente, la ringraziò a modo suo, accennando un saluto con la testa – che per uno come lui, era già tanto.
Nonna e nipote si scambiarono un ultimo sguardo, carico d’affetto, prima di separarsi definitivamente.
Appena voltatasi, Kagome tenne la testa alta, riacquistando la sua aria impassibile mentre, invece, nel suo cuore, si muoveva, frenetico, un turbinio di emozioni.
Quello, molto probabilmente… era un addio.

Alcune ore dopo i cinque erano ancora in cammino. Mentre inizialmente il viaggio era stato immerso nel silenzio, ora la compagnia chiacchierava allegramente. O, almeno,quasi tutti.
Kagome, infatti, si era chiusa in uno stato di isolamento, camminando separata e in testa al gruppo.
Lo stesso valeva per Inuyasha che, però, chiudeva la fila.
“Ah, non vedo l’ora di riabbracciare la mia Varandir!” sospirò Miroku
“Almeno tu la potrai vedere tra poche ore…. Io devo aspettare di essere arrivata a Eldoras per vedere Sieg!” piagnucolò, invece, Sango
“Ci toccherà pazientare. Purtroppo siamo ancora troppo distanti e non posso nemmeno comunicare telepaticamente con lei…. Ehi ma… secondo voi che avrà Inuyasha?” domandò Miroku, bisbigliando, a Sango e Shippo che, come lui, rivolsero una fuggevole occhiata all’ Hanyou
“Mah, e chi lo capisce quello! È così da quando abbiamo lasciato la casa di Kagome” constatò Shippo, scuotendo la testa
“Già, Kagome…” sospirò Miroku, spostando l’attenzione sulla cugina. Era veramente in pensiero per lei, ma avendo capito pressappoco il carattere della ragazza… non era il caso di parlarle in quel momento.
“Non ti preoccupare – gli disse Sango – Vedrai che si aprirà. Posso intuire perfettamente quali siano i suoi sentimenti, adesso…. Ma, come hai fatto con me, sono sicura che riuscirai a risollevare il morale anche a lei” e gli rivolse un bellissimo sorriso che lo fece incantare
“Oh, mia dolce Sango! Non credevo di avere questo effetto su di te! Siamo proprio fatti l’uno per l’altro, allora!” e, puntualmente, la sua mano non riuscì a non trattenersi dal posarsi sul suo fondoschiena e, sempre puntualmente, risuonò nell’aria il rumore di uno schiaffo.
Questo attirò l’attenzione di Kagome e Inuyasha, che volsero lo sguardo verso i due che litigavano.
Nel fare ciò, lo sguardo ambrato di lui, incontrò quello argentato di lei che, a differenza delle altre volte però, lo distolse subito, volgendosi e continuando a camminare.
L’ Hanyou lasciò il suo sguardo puntato su di lei, ora di spalle. Quella ragazza aveva un qual cosa che… lo mandava in confusione e non capiva perché.
- Bè, almeno, standosene zitta, eviteremo di litigare… - rifletté, continuando poi tranquillamente a camminare col sottofondo delle urla di un’inferocita Sango e dei piagnistei di un più che malridotto Miroku.
Tutto come sempre.

“Allora Inuyasha… dove si trova ‘sto benedetto posto? Io non ce la faccio più, ho fameee!”
“Smettila di piagnucolare Shippo! Manca poco, accidenti!”.
Mezzogiorno ormai era passato da un po’ e la nostra compagnia era in cerca di un luogo in cui potersi riposare.
Minuti prima l’ Hanyou aveva dichiarato che, poco distante da lì, ci doveva essere una foresta con anche un piccolo laghetto ed era proprio là che stavano andando.
“Forza Shippo cerca di resistere – lo riprese dolcemente Sango – Tra poco potrai mangiare, non preoccuparti”
“Voi state bene, divina Kagome?” le domandò, avvicinandosele, Miroku, con un gran sorriso a illuminargli il volto. In quelle ultime ore aveva notato che la ragazza si era come risvegliata dal suo stato di isolamento e, anche se non aveva ancora aperto bocca, almeno aveva camminato vicino a loro, ascoltando i loro discorsi.
“Sì, non vi preoccupate…” rispose la ragazza, cercando di adottare un tono gentile
“Ci siamo, forza gente!” li incitò Inuyasha mentre puntava una mano in direzione della fitta foresta che gli si era parata davanti all’improvviso.
“Ehm… Inuyasha… non metto in dubbio le tue capacità ma…. Sei certo che saremo al sicuro là dentro?” gli domandò, scettico, il ragazzo dal codino, fissando di sbieco la schiera di fitti alberi davanti a loro
“Non lo scopriremo mai se non ci entriamo, no?” rispose di rimando, sogghignando, l’altro
“M- ma come?! Non voglio finire come carne da macello per i primi Youkai che passano!” protestò insistente Miroku
“Già, nemmeno io voglio fare quella fine!” si aggiunse con la sua voce acuta Shippo, perorando la causa del Majutsushi
“Eeeehhh… voi due mi farete impazzire! Che volete fare allora, continuare a camminare fino a Gale senza sosta?! Per me andrebbe anche bene visto che non vedo l’ora di tornare a Eldoras! E inoltre… non so se ve ne siete accorti, ma abbiamo finito l’acqua… e dentro la foresta, guarda caso, c’è pure una sorgente…” gli argomenti avanzati dall’ Hanyou erano molto validi tant’è che sia Shippo che Miroku restarono ammutoliti, riflettendo attentamente. In effetti l’idea di dover continuare a viaggiare senza neanche riposarsi non li allettava per niente… e poi avevano finito l’acqua….
Si guardarono e, sospirando rassegnati contemporaneamente, accettarono di proseguire nella foresta.
“Era ora…. Sarebbe l’ideale se la usaste più spesso quella vostra testa bacata!” grugnì il mezzo- demone
“Mph!”. Questo verso attirò l’attenzione dell’ Hanyou che percepì chiaramente chi l’avesse emesso
“Scusa hai qualcosa da ridire?!” domandò irritato, squadrando con sguardo inceneritore Kagome. Lei, di rimando, prima lo osservò indifferente per poi assumere un’espressione sarcastica…cosa che fece imbestialire Inuyasha.
“Ehi, che significa quello sguardo?!? Se hai qualcosa da dire, dillo, invece di limitarti a guardarmi con quell’espressione idiota!!”
“Senti… - cominciò abbastanza seccata la ragazza – Se tu la smettessi di comportarti come un bambino forse eviterei anche io di guardarti così…. E poi ci stai facendo perdere tempo”.
Inuyasha restò impietrito da quelle parole mentre, invece, come se nulla fosse, Kagome continuò per la sua strada, entrando nella foresta
“Incredibile… ha zittito Inuyasha…!” esclamò stupita Sango, accompagnata dagli sguardi altrettanto sorpresi di Miroku e Shippo.
Infine, emettendo un misero “Tsk!”, anche il mezzo- demone li seguì.
Appena entrati nella foresta, i cinque si sorpresero nel vedere quanto fosse fitta e come addirittura i raggi del sole facessero fatica a penetrare tra le alte fronde degli alberi.
“Proprio un bel posticino…” sussurrò Miroku, guardandosi intorno allerta
“Bah, non puoi mica pretendere tutte le volt- attenzione!” esclamò Inuyasha, avendo avvertito una presenza demoniaca. Si girò, insieme agli altri, verso la direzione da cui l’aura proveniva aspettandosi di vedere sbucare all’improvviso uno Youkai…e in effetti il Demone c’era… solo che si ritrovava attaccato a un tronco, infilzato da una lunga freccia.
Si voltarono, quindi, verso l’unica persona che aveva con sé un arco, ovvero Kagome che, infatti, teneva in mano la sua fedele arma la cui corda ancora vibrava lievemente per il dardo appena lanciato
“Sei lento Hanyou” disse lei rivolta a Inuyasha, guardandolo con sguardo di sfida. In fondo… si stava quasi divertendo….
Lui divenne rosso per la rabbia e, senza dire una parola, si voltò di scatto, continuando a camminare.
Gli altri sorrisero divertiti…Inuyasha aveva trovato pane per i suoi denti.
L’ Hanyou fiutò poi di nuovo l’aria e, prestando maggior attenzione ad eventuali altre aure demoniache – non voleva di certo essere da meno da una Ningen e in particolare ‘quella Kagome ’ - , si diresse verso il punto da cui sentiva il debole rumore dell’acqua.
Si mossero silenziosi per la foresta mentre un leggero vento muoveva le alte fronde degli alberi, facendo passare così, a intermittenza, la luce del sole nel suo zenit.
Dopo poco arrivarono in un punto più libero dalla presenza degli alberi, cosa che permise loro di riposarsi come si deve.
Le due ragazze si diressero immediatamente verso la modesta sorgente d’acqua che andava a formare un piccolo laghetto la cui superficie colorata d’oro per via dei raggi solari, abbagliava gli occhi.
Kagome si deterse un poco il viso e il collo… cosa che la rinvigorì notevolmente. Guardò il suo riflesso sull’acqua e sospirò.
Era preoccupata. Ma non tanto per se stessa e per la sua sorte… quanto per sua nonna.
Solo in quel momento si rese conto di come avesse trascurato tante cose…. Come aveva potuto abbandonarla così frettolosamente senza nemmeno aver pensato ad una sistemazione più sicura per lei? Non dubitava dei poteri spirituali della miko, ma ormai… aveva una certa età.
Per fortuna che, almeno, si era raccomandata col signor Yoshikawa… bè, sperava di averlo fatto visto che quando era andata ad avvertirlo della sua decisione era stata frettolosa e non è che fosse stata particolarmente concentrata nel momento in cui gli aveva parlato.
Sospirò di nuovo. Era un’irresponsabile.
“C’è qualcosa che non va?” la voce gentile e preoccupata di Sango la fece trasalire e si ritrovò nello specchiarsi negli occhi marrone scuro della ragazza che le si era avvicinata
“Scusa, non volevo disturbarti…. Ah, a proposito… posso darti del tu?” le domandò, sedendosi accanto a lei su un grande masso vicino alla riva
“Sì, certo…” sussurrò Kagome, annuendo debolmente e tornando a fissare la sua immagine riflessa
“Spero di non essere troppo invadente se ti chiedo cos’è che ti turba…. E non dirmi che non c’è niente perché te lo si legge in faccia…” le disse Sango, volgendo lo sguardo verso di lei
“… Sono… preoccupata…” rispose debolmente Kagome. Si sorprese lei stessa nel sentire la sua risposta…. Conoscendosi, l’avrebbero dovuta torturare prima che lei potesse parlare delle proprie angosce. Ma, non sapeva perché, con quelle persone sentiva di potersi aprire… forse, poteva sembrare un paradosso… perché erano degli estranei.
“Intendi… per quello che ti aspetta?” insistette la ragazza del Nord.
Kagome scosse la testa in segno di diniego “Tempo per la sorte di mia nonna. Questa storia mi ha mandato fuori di testa e non mi sono nemmeno preoccupata di assicurarmi che non le sarebbe mancato niente durante la mia assenza…. Sono proprio un’egoista…”
“Non è vero. Il solo fatto che adesso sei qui, a preoccuparti per tua nonna, invece di temere per il futuro ignoto che ti attende… dimostra che sei tutto tranne che una persona egoista”
“… Sarà anche vero…ma nonappena ho sentito nominare Naraku non c’ho pensato due volte a partire e a lasciarla sola… nonostante tutto quello che lei ha fatto per me. Non ne avevo il diritto… ma… non posso nemmeno tornare indietro…” era da tempo che non si sentiva così… in colpa. È sempre dolorosa la fase in cui ci mettiamo a ripensare alle nostre decisioni e quando capiamo che non si può, comunque, tornare indietro… è davvero straziante.
“Kagome… in questo momento ti può sembrare che tu sia partita esclusivamente per i tuoi interessi…. Vedrai che col tempo non sarà più così. Indubbiamente il tuo desiderio di vendetta ha giocato un ruolo importante nella tua decisione, ma non credo che tu ti sia scordata che quella che è stata uccisa…era anche la figlia di tua nonna. È anche per lei che hai deciso di andartene, ne sono sicura.
“In più credo che, inconsciamente, anche l’idea di poter aiutare persone nelle tue stesse condizioni o che potrebbero soffrire come hai sofferto tu ti ha spinto a prendere una decisione così importante…”.
Kagome la guardò intensamente. Le parole della ragazza erano state come un balsamo per il suo cuore a pezzi…. Avrebbe voluto esprimerle la sua gratitudine a parole ma non ci riusciva. Sango parve però intuire i pensieri della miko e le sorrise
“Anche se ci siamo appena conosciute… sappi che potrai sempre contare sul mio aiuto. E poi l’idea di avere, finalmente, un po’ di compagnia femminile mi rende alquanto entusiasta! Come hai potuto vedere quegli altri tre sono difficili da gestire… e tu vedo che ormai sai già come rapportarti a Inuyasha…!”
“Eh, quell’ Hanyou! È a dir poco insopportabile!!” sbottò Kagome, davvero irritata, cosa che fece sorprendere Sango che non l’aveva mai vista così energica
“Accidenti, lo odi proprio a morte!” scherzò il Cavaliere, ridacchiando mentre, invece, lo sguardo di Kagome si faceva serio
“Io odio tutti i Demoni”. Sango la guardò di nuovo, sorpresa per quel cambiamento repentino
“Capisco…. Allora immagino che non ti troverai bene a Eldoras, lì convivono Ningen, Demoni e Hanyou…”
“Vedremo. Se mi fascio la testa adesso non riuscirò più ad andare avanti”
“Giusto. Forza, raggiungiamo gli altri, sperando che abbiano acceso il fuoco…!”.
Così le due si diressero verso il punto in cui avevano lasciato gli altri membri del gruppo che videro, nell’avvicinarsi, intenti nell’accendere il fuoco.
Kagome e Inuyasha si rivolsero le solite occhiatacce e tutto procedette con tranquillità.
Nonostante dovessero far ritorno a Eldoras con una certa urgenza, decisero di prendersela con relativa calma, visto che avevano deciso che anche la notte, se necessario, l’avrebbero passata in volo.
Tra una litigata e l’altra, i cinque riuscirono e rifocillarsi come si deve e Miroku riuscì a togliersi anche il capriccio di fare un pisolino sotto le lamentele insistenti di Inuyasha che però, alla fine, non riuscì a tenere testa alla pigrizia del Majutsushi che riuscì ad addormentarsi come un sasso sotto le sue urla.
In sostanza, solo dopo due ore abbondanti, il gruppo poté riprendere il viaggio.

[…]

Solo verso sera i cinque riuscirono ad essere in vista di Gale. Insolitamente, avevano proceduto con calma e nemmeno Inuyasha aveva avuto niente da ridire al riguardo.
Kagome e Sango sembravano essere entrate ormai in sintonia e più o meno la stessa cosa con Miroku…. Peccato che, invece, con Shippo e Inuyasha le cose fossero molto diverse.
Col primo la ragazza era continuamente e assolutamente fredda, ostinandosi a non rivolgergli la parola e a limitarsi a lanciargli sguardi carichi d’odio, nonostante fosse solo un cucciolo.
Ma con Inuyasha era anche peggio… i due, più di una volta, nel corso del viaggio, non avevano fatto che litigare e, seppur si fosse chiaramente trattenuta, la compagnia aveva potuto intuire quanto Kagome potesse far venire i brividi se si fosse infuriata davvero.
“Eri molto meglio quando te ne stavi zitta e ce l’avevi con il mondo!” sbottò Inuyasha, dopo un’altra delle loro vivaci discussioni
“Non è di certo colpa mia se sei una testa vuota…. E, di nuovo, non è colpa mia se ci siamo incontrati visto che siete stati VOI a venire da me” ribatté, tranquilla la ragazza, senza guardarlo
“Ah, stai sicura che se avessi saputo che dovevamo venire a prendere una smorfiosa come te mi sarei rifiutato categoricamente!”
“Per quello che me ne importa… tanto avevate comunque bisogno di me, perciò è meglio se taci” lo rimbrottò lei, sicura, e chiudendo il discorso facendolo ancora di più imbestialire
“Su, su ragazzi… è tutto il giorno che andate avanti così, possibile che non vi siate ancora stancati?” cercò di calmarli Miroku che non sapeva fino a che punto Inuyasha sarebbe riuscito a trattenerla dall’ucciderla anche se era una ragazza
“Ecco Gale, ragazzi!” esclamò poi Sango, attirando l’attenzione di tutti.
In lontananza si potevano vedere le deboli luci dei lampioni e delle fiaccole che illuminavano la piccola cittadina e le diverse lingue di fumo grigio dei comignoli che si alzavano in cielo, trasportate dalla corrente.
I cinque accelerarono il passo, felici di aver raggiunto finalmente la meta
- Varandir… mi senti? – Miroku tentò di contattare il suo Drago, ansioso di parlare con lei
- Era ora! Finalmente siete tornati, non ce la facevo più! – la voce quasi esasperata della dragonessa lo raggiunse, facendolo sorridere
- Anche io sono contento di risentirti… - ridacchiò il ragazzo dal codino
- Se, se… a parte gli scherzi…. Allora? L’avete trovata? – gli domandò ansiosa, non riuscendo a resistere all’attesa di vedere con i propri occhi se erano riusciti a trovare la principessa o no
- Bè… credo che quando torneremo mio padre sarà molto contento… - le disse, lui, facendole intendere che la missione aveva raggiunto il suo scopo
- Sì! Bravissimi ragazzi! – esclamò entusiasta lei
- Ma ricordati Varandir… non fatevi sfuggire niente! So che voi Draghi, in qualunque circostanza, avete un certo comportamento da tenere di fronte all’erede della Famiglia Reale… ma Kagome non sa ancora niente e quindi- -
- Lo so, lo so… abbiamo anche noi le nostre tradizioni… eravamo già pronti a questo. Anche se è irrispettoso, non faremo niente
- Bene… ci vediamo tra poco, allora –
- Sì, ma sbrigatevi! Sono ansiosa di vederla! – e, con quest’ultima sollecitazione, i due interruppero il loro contatto.
Gli altri due Cavalieri, nel frattempo, vedendolo così concentrato, avevano subito capito che l’amico stava parlando con il suo Drago.
Inuyasha un po’ invidiava Miroku… lui aveva la possibilità di affrontare qualunque missione insieme a Varandir mentre lui e Sango, proprio perché avevano fatto tutto così in fretta, avrebbero dovuto aspettare ancora.
Sorrise sinceramente nel pensare a quanto la sua Harliem probabilmente era cresciuta in quei giorni in cui erano stati lontani…. Era così curioso!
Più o meno, questo era anche quello che pensava Sango che sentiva la mancanza della gelosia del suo Sieg con i suoi abituali e dolcissimi sbuffi. Non vedeva l’ora di poter finalmente volare insieme a lui….
A Kagome non sfuggirono gli sguardi dei tre. Prima era rimasta un po’ interdetta dal comportamento di Miroku che, all’improvviso, aveva assunto un’espressione concentrata, sorridendo, poi, a volte da solo. Poi Sango e anche… Inuyasha. Rimase davvero sorpresa nel vedere sul volto dell’ Hanyou un sincero e dolce sorriso mentre pensava, con lo sguardo vacuo, a chissà quale cosa. Comunque, doveva trattarsi di qualcosa davvero importante se era riuscita, al solo pensarci, a dargli quell’espressione.
Si ritrovò, poi, a rabbrividire all’improvviso, avvertendo qualcosa che prima non c’era.
“Invece di starvene lì con quelle espressioni beate vi consiglio di stare in guardia” li avvertì mentre sfoderava la sua fedele katana la cui lama brillò alla luce della luna
“Come?” disse, perplesso, Miroku, guardandola spaesato
“Youkai” lo informò lei semplicemente mentre si guardava intorno in allerta.
Anche gli altri, allora, si irrigidirono, estraendo le armi
“Sì, in effetti, seppur debole, avverto la presenza di Demoni” disse Inuyasha con la sua fedele Tessaiga in mano mentre un sorriso soddisfatto gli si allargava sul viso “Bene, finalmente un po’ di movimento…. Non mi piace stare con le mani in mano per troppo tempo”
“Eh, bisogna poi vedere se riuscirai ad adoperare quello spadone… sempre se è affilato…” gli disse ironica Kagome, sempre attenta nel capire la probabile posizione degli Youkai
“Vuoi che facciamo una prova su di te?!?” la minacciò l’ Hanyou, sogghignando malvagio
“Zitto, arrivano” lo interruppe glaciale la ragazza, scansando velocemente degli artigli affilati che le erano piombati addosso all’improvviso
“Tsk, la ragazzina è veloce!” esclamò la voce acuta di una Yasha che le si era parata davanti, dopo che Kagome, con sua sorpresa, aveva evitato il suo attacco
“Oppure sei tu che sei troppo lenta” le disse, glaciale, Kagome, guardando attentamente la giovane Demone: una Neko Youkai. Ora capiva il perché le fosse piombata addosso così all’improvviso.
“Ma come ti permet-”
“Fermati Sumire *” un’altra voce si aggiunse, e dalle tenebre emerse la figura di un altro Youkai, in particolare un altro Demone gatto.
“Ehe, cos’è, un raduno?!” ghignò divertito Inuyasha, guardando il nuovo arrivato che si mise dietro di loro, dalla parte opposta dell’altra compagna Youkai.
“Può darsi – cominciò quello, guardando Inuyasha – Perché, vorresti unirti a noi… Hanyou?” gli domandò, sprezzante mentre la sua lunga coda argentea frustava l’aria.
“Declino l’invito, grazie. Già odio i gatti, figurati tutti quelli precisini come te…” gli rispose il mezzo- demone, riferendosi chiaramente all’aspetto più che ordinato dello Youko.
Questo era alto, con lisci e morbidi capelli argentei legati perfettamente in una bassa coda; gli occhi dal taglio felino, di un azzurro quasi abbagliante, lo scrutarono indifferenti mentre sistemava il suo abito.
“Come ti permetti Hanyou?! Non hai idea con chi stai parlando!” lo rimbrottò la giovane Yasha, infuriata per l’offesa al suo capo.
“Basta Sumire. Piuttosto…dove sono finiti gli altri? Avevo dato ordini precisi anche a loro…” la scrutò lo Youko, aspettando una risposta soddisfacente
“Bè… erano qui anche loro…magari sono andati a far fuori qualche Ningen…” ipotizzò quella, temendo l’ira dell’altro
“Quegli stupidi…” sibilò lo Youkai avvertendo poi l’aura dei suoi compagni
“Non dovrai aspettare ancora molto prima di punirli…” disse Kagome, guardandolo con la sua stessa freddezza, avendo anche lei avvertito la presenza di altri Demoni
“Mh, sei in gamba Ningen. Mi hai sorpreso anche prima… è difficile evitare un attacco di Sumire…” lo Youko abbandonò la sua espressione indifferente per rivolgerle uno sguardo interessato
“Lascia perdere. Non accetto complimenti da Youkai” ribatté la miko, sotto gli sguardi leggermente preoccupati dei suoi nuovi compagni… va bene, odiava i Demoni… ma bisognava andarci piano in circostanze del genere….
“Accidenti, che Ningen arrogante…”. Kagome si ritrovò alle spalle un’altra presenza, anche questa, come Sumire, sbucata dal nulla
“Però non mi sembra così veloce come dicevate…” aggiunse sempre il nuovo venuto, un altro Youko.
“Osserva bene Saikuron*…” gli disse l’altro Youkai.
L’ultimo arrivato guardò il punto in cui anche l’altro stava osservando e poté notare che Kagome non si era fatta sorprendere e aveva estratto, oltre alla katana, anche un piccolo pugnale che stava appunto puntando contro l’addome del Demone.
Questo sorrise e si spostò velocemente per poi, con grandissima velocità, ricomparire affianco dell’altro Youkai.
“Potevi anche avvisarmi Shimo*- kun. Ci sarei potuto rimanere secco!” piagnucolò quello
“Non dire sciocchezze. Dove sono gli altri due? Sapete che odio i ritardi”
“E chi lo sa, tu sai bene come sono fatti quei due…”. Il Demone di nome Saikuron puntò l’attenzione verso la compagnia che, man mano, stavano circondando.
“Scusate signori… avete bisogno di qualcosa in particolare?” disse Miroku con un sorriso di cortesia dipinto sul volto
“Ah, non gli hai detto ancora niente Shimo- kun? Non è da te…. Di solito sei così preciso…” gli chiese Saikuron, guardandolo sorpreso
“Aspettavo voi. Ma come al solito dovete sempre rovinare tutto… ma questa volta non sarò così indulgente…” l’altro Youko rabbrividì insieme alla giovane Sumire
“S- su capo, non fare così… sono sicura che Tsuyu*- san e Kiri*- kun saranno qui a momenti…” balbettò la Yasha, cercando di rabbonirlo
“Oh, piccola Sumire sei sempre così carina!” la voce femminile di una provocante Yasha si fece avanti e ai tre neko Youkai se ne aggiunsero altri due.
“Eccoci qui! I mitici fratelli Tsuyu e Kiri! Scusate per il ritardo!”
“Modera l’entusiasmo, Tsuyu. Shimo- kun è arrabbiato…” la informò Saikuron , indicando lo sguardo più serio del solito del loro capo. La Yasha sorrise maliziosa e si avvicinò al Demone dai capelli argentei, strusciandosi contro di lui
“Perdonaci Shimo- kun… io e Kiri- chan eravamo molto affamati e non abbiamo saputo resistere…” gli sussurrò seducente, abbracciandolo mentre lui la guardava indifferente. Poi, come se nulla fosse, lo Youko l’afferrò bruscamente per poi darle un profondo e violento bacio.
Inuyasha e gli altri rimasero impietriti di fronte a quella scena… insomma prima gli sbarrano la strada e poi si fanno i comodi loro?
“Ehi, maledetti!! Si può sapere che diavolo state facendo?? Se dovete amoreggiare noi ce ne andiamo!!” sbottò, cieco di rabbia, il mezzo- demone, stufo di dover perdere tempo a quel modo.
Shimo si staccò dalla Yasha allontanandola bruscamente da sé, puntando lo sguardo su di loro.
“Bene, ora che ci siamo tutti possiamo cominciare” disse glaciale mentre gli altri quattro Demoni, dietro di lui, ghignavano, trepidanti.
“Cominciare che cosa?! Si può sapere perché diavolo ci avete sbarrato la strada?!?” domandò furioso Inuyasha
“Per uccidervi. È da tempo ormai che vi puntiamo” li informò candidamente l’altro senza distogliere lo sguardo
“Ah, è così? Feh! Questo è tutto da vedere, gatto!” e tutti impugnarono saldamente le armi, pronti per lo scontro…. O, almeno, quasi tutti, visto che Shippo stava letteralmente tremando per la paura
“Dovrete accontentarvi di uno scontro quattro contro cinque…ritenetevi fortunati! Anche se basterebbe uno solo di noi per farvi fuori tutti!” disse sprezzante Inuyasha, eccitato all’idea di poter, finalmente, combattere sul serio.
“Staremo a vedere. Forza, all’attacco!”.
Inuyasha si ritrovò a combattere proprio contro Shimo che, fin da subito, si rivelò un avversario difficile. Ma questo valeva anche per gli altri: Saikuron si era lanciato contro Sango mentre Miroku stava affrontando la provocante Tsuyu – cosa che, da una parte, vista la sua sensibilità al fascino femminile, lo rendeva felice.
Kagome, invece, o perché sottovalutata o perché ritenuta un avversario pericoloso, si era ritrovata a combattere con i due rimasti, Sumire – che, evidentemente, fin da subito, l’aveva presa in antipatia – e il taciturno Kiri.
Shippo, nel frattempo, si era leggermente allontanato, dispiaciuto che, per colpa sua, ora Kagome si ritrovasse a combattere con due nemici.

Il combattimento stava durando ormai da diversi minuti e nessuna delle due parti sembrava voler cedere.
Inuyasha dovette riconoscere di aver sottovalutato il suo avversario ma non solo lui, anche i suoi compagni e tutti sembravano essere accomunati da una velocità sorprendente.
Alcune volte aveva subito anche qualche ferita, perché distratto nel vedere come i suoi compagni se la stessero cavando. Soprattutto aveva prestato attenzione a Kagome che si era ritrovata addirittura con l’affrontare due avversari. In effetti non c’era un motivo apparente per cui doversi preoccupare – l’aveva vista lui stesso sterminare senza troppe difficoltà una ventina di Youkai – ma quei Demoni erano un’altra cosa.
“Dovresti preoccuparti più per te stesso che per quella Ningen – gli disse Shimo dopo l’ennesima sua distrazione – Anche se, in effetti, è difficile distogliere lo sguardo da una donna così bella…. Sai non mi dispiacerebbe prenderla come mia concubina…” rifletté ad alta voce
“Bah, per quel che mi riguarda potresti farne quello che ti pare… - cominciò Inuyasha, rialzandosi dopo essere caduto a terra – Ma bisogna vedere se sei così forte e, soprattutto, coraggioso da tentare anche solo di sfiorarla. Sai, credo proprio che avrebbe qualcosa da ridire!” disse, sorridendo divertito nel ripensare ai battibecchi che in così pochi giorni già avevano avuto e dal caratterino che la ragazza aveva dimostrato di possedere
“Che vuoi che mi faccia una semplice Ningen? O forse sei tu che la sopravvaluti…” rispose scettico il Demone gatto “Ma ora pensiamo a noi…” e i due ripresero a combattere mentre la stanchezza, un po’ per tutti, cominciava a farsi sentire. Ma i primi a cedere furono proprio i loro avversari che, di certo, non si erano aspettati che un gruppo formato in prevalenza da Umani potesse dar loro così tanti problemi.
Il primo a soccombere fu Kiri, che Kagome riuscì con facilità a far fuori grazie al suo potere spirituale. La morte dello Youko fece infuriare la sorella, Tsuyu, che, in preda al furore, si lanciò contro la miko, senza prestare attenzione verso il suo avversario, Miroku, che ne approfittò per eliminarla.
Ne rimanevano solo tre. Ora erano loro ad essere in vantaggio.
Il ragazzo dal codino corse in aiuto di Sango, dandole man forte contro Saikuron che combatteva con grande ferocia, grazie ai suoi potenti attacchi energetici.
Continuarono a combattere incessantemente per altri minuti… minuti preziosi visto che Inuyasha e gli altri, stanchi di quella lotta e, soprattutto, infastiditi dal fatto che il loro ritorno a casa fosse stato rallentato, attinsero dalle loro riserve di energia, decisi ad eliminare i loro avversari.
Quasi contemporaneamente, i quattro riuscirono a infliggere ai rispettivi nemici attacchi fatali, riducendoli in fin di vita.
“Che siate dannati maledetti! Ci avete fatto perdere un sacco di tempo!” sbraitò l’ hanyou osservando quasi con disgusto i corpi esamini di quei fastidiosi Demoni.
“Ma… anf… non eri proprio tu…quello che aveva voglia di fare del movimento?” lo rimbrottò ironico Miroku
“Feh!”
“Accidenti… non mi aspettavo fossero così forti!” puntualizzò Sango, col fiato corto “Se abbiamo finito, proporrei di proseguire” disse Kagome, che apparve ai loro occhi fresca come una rosa
“Ehi, sbaglio o hai combattuto anche tu? Possibile che tu non abbia nemmeno un po’ di fiatone?” sbottò Inuyasha, guardandola infastidito…. Certo, nemmeno lui era spompato, ma il fiatone ce l’aveva ugualmente! Ma non solo questo… mentre loro avevano io vestiti sgualciti e leggermente sporchi lei… niente! Non ci poteva credere.
“Ehi ma… dov’è Shippo?” domandò poi Sango, notando l’assenza del piccolo Youkai
“Già, è vero…” si aggiunse Miroku, guardandosi in giro
“Bah, vedrete che sarà nascosto qui da qualche parte…” mugolò indifferente il mezzo- demone
“Shippo?! Dove sei?” disse ad alta voce Sango, sperando che lo Youko l’avesse sentita
“S- sono qua…” la voce tremante del piccolo Shippo li raggiunse, e lo videro sbucare da dietro un folto cespuglio e avanzare sospettoso verso di loro
“Feh, smettila di tremare moccioso! Li abbiamo fatti fuori quei dannati!” lo rassicurò, con il suo solito tono ‘garbato ’, Inuyasha
“Davvero?! Siete grandi!” esclamò il piccolo Youkai, cominciando a saltellare allegro verso di loro.
Kagome stava guardando la scena distrattamente quando improvvisamente un brivido la percorse e scorse la figura di Shimo comparire dietro a Shippo, pronto ad attaccare. Come per riflesso incondizionato si lanciò nella sua direzione, parandosi davanti al piccolo Youkai.
Dei lunghi ed affilati artigli la trapassarono da parte a parte mentre Inuyasha e gli altri rimasero impietriti di fronte a quella scena. Tutto era avvenuto così velocemente che non se ne erano nemmeno resi conto.
“Tu…tutto bene?” chiese, a fatica, la miko a Shippo che la fissava con una sguardo di terrore misto a sorpresa
“Ka… Kagome…” balbettò il piccolo Demone
“Ehe… almeno tu morirai Ningen, anche se è quasi un peccato!” ghignò soddisfatto, invece, dietro di lei, Shimo, con i suoi artigli conficcati ancora nella sua carne.
Kagome, con uno sguardo raggelante, afferrò saldamente quegli stessi artigli e attingendo al suo potere spirituale, attraverso di lei, scagliò un potente attacco allo Youko che, bloccato, non riuscì ad evitarlo, venendo colpito in pieno.
La miko, sentì dietro di lei cadere con un tonfo lo Youkai e, allo stesso tempo, gli artigli di lui abbandonare il suo corpo.
“Kagome!!” esclamò terrorizzata Sango, mentre l’altra tossiva sangue.
Anche Inuyasha e Miroku le si avvicinarono, l’ultimo in particolare con lo sguardo sconvolto dal terrore per la paura di perdere la cugina che aveva appena ritrovato.
“Sa… Sango… dammi…una mano…” ansimò Kagome, afferrando la mano del Cavaliere e stendendosi a pancia in su sul terreno
“Cosa devo fare?” le domandò la ragazza del Nord, cercando di mantenere la calma per esserle d’aiuto
“Aiutami… a togliermi i… vestiti…” Sango annuì, facendo allontanare Miroku e Inuyasha per poterla spogliare. Le tolse il mantello più la giacca e il gilè. Quando le tolse quest’ultimo poté vedere chiaramente le macchie di sangue sul suo maglioncino bianco che, man mano, si andavano allargando.
Togliendole anche quest’ultimo, vide con orrore i quattro profondi fori lasciati dagli artigli, dai quali usciva copioso il sangue vermiglio.
Kagome guardò impassibile le ferite mentre gocce di sudore le imperlavano la fronte.
Inspirò profondamente e con un ennesimo sforzo, attinse al suo potere spirituale, premendo una mano contro le ferite.
Solo dopo alcuni minuti Sango, con enorme stupore, vide richiudersi i quattro fori e il sangue smettere di fuoriuscire e macchiare la pelle candida della ragazza.
La miko sorrise debolmente, col fiato corto, mentre sentiva, in una sola volta, le forze abbandonarla velocemente a causa di quello sforzo immane.
Sango la rivestì velocemente cosicché i due ragazzi, insieme a Shippo, potessero avvicinarsi e, facendo ciò, i tre rimasero ancora più spaventati nel vedere il pallore del volto della miko che respirava a fatica.
“Ho… chiuso… le ferite…” disse ansimando mentre Miroku le si era avvicinato, prendendole tremante una mano, gelata, fra le sue
“Ma… temo che… gli artigli fossero… avvelenati…” aggiunse.
Il ragazzo dal codino restò ammutolito, stringendo più saldamente la mano della ragazza.
“Maledetto!” sibilò, invece, Inuyasha. Guardò intensamente Kagome con Miroku chino su di lei, terrorizzato. Quella scena lo fece infuriare e, deciso, si avvicinò ai due sollevando poi da terra la ragazza, tenendola saldamente tra le sue braccia.
“Che diavolo fai?!?” gli urlò contro Miroku “Il veleno entrerà in circolo più velocemente se la muovi!”
“Lo so benissimo, idiota! Ma non possiamo certo aspettare che muoia senza far nulla! Dobbiamo portarla almeno a Gale, sperando che abbiano qualcosa capace di rallentare il veleno e poi tornare il più velocemente possibile a Eldoras! Torna in te, Miroku!” cercò di farlo rinsavire l’ Hanyou. Non c’era tempo da perdere, sarebbe andato da solo se necessario. Ma per fortuna le sue parole ebbero l’effetto sperato e Miroku si calmò, riappropriandosi della sua abituale lucidità.
Senza aggiungere altro, il gruppo si diresse velocemente verso Gale mentre il ragazzo dal codino avvertiva Varandir di quello che era successo.

Poco dopo i cinque facevano il loro frettoloso ingresso al villaggio dove vennero nuovamente accolti dal signor Hiro al quale spiegarono velocemente la situazione.
“E… ehi…” Inuyasha, mentre Miroku e Sango parlavano col capo villaggio, sentì il debole richiamo di Kagome
“Cosa?” le domandò apprensivo nel vederla sempre più pallida
“Nella… nella mia borsa… ci sono delle erbe… in un… sacchetto verde…” l’ Hanyou annuì. Evidentemente dovevano servire a qualcosa se glielo aveva detto
“Miroku!” esclamò, attirando l’attenzione del ragazzo “Kagome mi ha detto che nella sua sacca ci sono delle erbe…. Forse possono servire a qualcosa”
“Faccio io” rispose semplicemente l’altro, armeggiando con la borsa della ragazza alla ricerca delle erbe che dopo poco trovò.
Prese il sacchetto verde in cui erano contenute e ne estrasse una manciata, preparandone un infuso con l’acqua bollente che, nel frattempo, si era fatto portare.
Aspettarono alcuni minuti poi, finalmente pronto, lo fece bere a una Kagome febbricitante.
Senza aspettare di vedere un qualche effetto, il gruppo decise di partire immediatamente.
Preparati i Draghi – anche grazie all’aiuto di alcuni abitanti del villaggio – i tre Cavalieri partirono, incitando le loro creature nel volare il più velocemente possibile.
Kagome venne affidata a Inuyasha perché, tra Varandir e Theodor, il suo Drago era quello più grande e che non sarebbe stato appesantito più di tanto dalla presenza della ragazza.
- Devi resistere! Non ci puoi mollare proprio ora! – pensava Inuyasha, guardando la figura di Kagome appoggiata al suo petto
“Kagome…” sussurrò, coprendola col suo mantello vista l’aria fredda “Non puoi morire…. Non te lo permetto, dannata!” si ritrovò a dire con foga, come se avessero appena litigato.
“… Taci… Hanyou…” le sentì dire debolmente, prima di vederla crollare svenuta.

FINE 13° CAPITOLO.

*CURIOSITÀ:
‘Sumire ’ = viola;
‘Shimo ’= gelo;
‘Saikuron ’= ciclone;
‘Tsuyu ’= rugiada;
‘Kiri ’= nebbia.

Un po’ lungo ma…sono soddisfatta.
Che ne dite? Io non lo trovo male…per niente – magari è la volta in cui, visto che piace a me fa schifo a voi…-___- .
Inuyasha e Kagome non si smentiscono e già da qui si capisce, riferito a coloro che temevano una cosa simile, che la nostra miko ha poco a che fare con Kikyo. Certo, un po’ diversa dal manga lo è, ma questo non è il manga e io ho elaborato i comportamenti dei personaggi in relazione al passato che mi sono inventata per loro.
Ma cosa ancora più importante – o, almeno, lo è per me… - …finalmente è comparso anche il mio adorato Naraku- sama! Era ora, accidenti! Quello che, da un certo punto di vista, potrebbe essere preso come il protagonista della storia – senza di lui, in effetti, niente avrebbe avuto inizio! ^^’ – compare solo nel tredicesimo capitolo…argh! Bè…non ho potuto fare altrimenti….
Comunque tornerò a parlare anche di lui – ovviamente – e vi fornirò anche una descrizione della capitale del Sud, Kaosu (mi piace un casino questo nome!).
Per il resto…non ho molto da dire. Non credo ci siano cose da spiegare e, se me ne sono scordata…scusatemi ma non ci sto molto con la testa…(per forza, è un intero pomeriggio che studio Diritto…mi sembra inevitabile, per quanto adori questa materia…!).
Ora vi lascio, andrò a ripassare, magari…proprio una bella settimana questa, oggi la verifica di Biologia, domani interrogazione di Storia e mercoledì la verifica di Diritto che saranno si e no 100 pagine…. E io che non vedevo l’ora di compiere gli anni! -___-
Bè, prima di deprimere tutti, vi lascio che è meglio…!
Spero di ricevere vostri commenti (in fondo è il mio compleanno, potreste farmi questo regalo! ;P).
Vi auguro una buona settimana,
baci, baci
ka_chan

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Capitolo 14
*** cap14 “LA DOLOROSA FORZA DELLA VERITÀ…” ***


Salve a tutti ragasssuoli – non per niente sono romagnola! W le sss!! - Come state? Io non c’è male…! Cavolo, siamo già al 12 di dicembre (me molto felice – stato di ebbrezza dovuto al sabato scatenato che ho passato e alla meravigliosa “My Sharona” degli Status Quo che sto ascoltando…! – adoro l’inverno!) e Natale si avvicina – Natale = tanti $; tanti $= ‘svaligiamento ’ della fumetteria!!
Allora…il capitolo che vi accingete, oggi, a leggere – sempre se lo farete…mmmh, il pessimismo del mio maestro Leopardi mi tiene ancora sotto la sua influenza… - è abbastanza…no, anzi, è importante – o, almeno…a me pare importante…@__@ . perciò leggete con attenzione, eh?!
Cavolo, se bastava compiere gli anni per ricevere così tanti commenti – soprattutto da chi non aveva mai commentato! – potevate dirlo prima! Chissà se farete lo stesso per Natale…mmmh, una volta basta e avanza, eh? Q__Q
Comunque, lasciando perdere tutta sta marea di cavolate – oggi, a quanto pare, sono in vena… - passerei ai ringraziamenti – più che doverosi…: la new entry kiky85; cri-chan (Sai, il sapere che il salvataggio da parte di Kagome nei confronti di Shippo, almeno in te, abbia suscitato sorpresa…mi ha resa enormemente felice! – non per niente era il mio obiettivo…. Comunque sono contenta che anche a te sia piaciuto il cap.!); Topomouse; bea; Lorimhar (Allora…per te ci vorrebbe tipo un papiro ma cercherò di limitarmi…! Comunque, sì, magari – no magari…è proprio così – il mio non è uno dei nomi più belli sulla terra ma mi chiamo Francesca – scriverlo fa un effetto più brutto che sentirlo…-__-‘’’ – Intanto, poi, ti do tipo 1000 punti in più visto che ho trovato finalmente qualcun altro a cui piace vedere Kagome e Inuyasha litigare – forse, però, sono io che ho qualche problema… - ! Bella la parte sul Drago, eh? Anche a me è piaciuta molto – anche perché non è niente di così sdolcinato (Kagome ormai lo manda pure a quel paese ihihih!!), c’è la giusta miscela. Ma comunque…a parte i bellissimi commenti che mi lasci su questo sito – addirittura ti sei innamorato della ff…ma mi vuoi proprio far sciogliere -_^ - me ne hai lasciato un altro – altrettanto più che bello e, in un certo senso, quasi di propaganda – su manganet.it!! Ti giuro mi sono commossa! Sul quel sito, purtroppo, ho qualche problema ad aggiornare perché, come ho scritto nel commento che ho lasciato qualche giorno fa, non so perché, ma non mi carica mai i nuovi capitoli Q__Q! Sai che poi ho letto anche la ‘storia ’ a proposito del tuo nick? – io sto attenta a tutto eheh! – Proprio originale! Comunque anche io conosco Warcraft3 e concordo nel dire che è veramente un bellissimo gioco! Bè, direi che mi sono dilungata anche troppo, alla fine! Comunque grazie davvero, anche se hai cominciato a commentare dall’ottavo capitolo ti sei rivelato uno dei lettori più appassionati!^^); raska81 (Grazie per l’in bocca al lupo per le verifiche – non parliamo di quella di Diritto, però…un completo disastro. Ho pure sognato di prendere 5-- Q__Q!); Vale_chAn; Chiba ( Evvai, un’altra non- amante degli immediati innamoramenti tra Inuyasha e Kagome! Tranquilla: in questa ff non ci sarà – avvertito probabile e immediato linciamento da parte dei lettori amanti di quel ‘genere ’! – Scusate ma a me proprio non mi è passata nemmeno per l’anticamera del cervello di un innamoramento immediato tra Inuyasha e Kagome! Non mi sembra affatto realistico – credo nei colpi di fulmine ma non in maniera così esagerata….); Mech (Grazie per avermi fatto notare quelle orribili ripetizioni! Mamma mia, mi vergogno ancora adesso! Eppure l’avevo riletto…mah! Comunque mi scuso ancora! Dovrei stare attenta a rendere se non perfetti, almeno il più leggibile possibile i capitoli e invece…bè, scusatemi!); Elychan (Ho 18 anni!!); Hikari_Takahishi87 (Sì, lo so, lo so…ho fatto delle ripetizioni orribili…per favore non infierite…-____-‘’’’ Comunque congratulazioni per la patente!! Anche io la voglio!! ^^). Infine ringrazio anche la mia compagna di classe, dona, che, seppur le mie resistenze e i miei divieti, ha letto lo stesso la ff!
Infine mando un super mega bacione alla mia sissi-chan!!
Ah, vi ringrazio tantissimo, tutti quanti, per gli auguri!! Grazie mille!
Bene, ora direi che ci siamo!
Vi lascio al cap, ciao belli!!

14° CAPITOLO “LA DOLOROSA FORZA DELLA VERITÀ…”

Aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi ad osservare, seppur in modo sfocato, un soffitto bianco. Li richiuse, respirando con calma per qualche minuto. Alzò di nuovo le palpebre, sbattendole più volte per cercare di mettere a fuoco.
Di nuovo le sue pupille rimasero a fissare quel soffitto bianco, mentre pensieri sconnessi e poco logici vorticavano nella sua mente.
Non cercò nemmeno di muoversi, consapevole che il suo corpo, in quel momento, non era in grado di rispondere ai suoi comandi.
Sospirò.
“Ti sei svegliata?” una voce dolce, chiaramente femminile, attirò la sua attenzione.
Girò, meccanicamente, da un lato la testa e vide seduta su una sedia, accanto al suo letto, una donna di mezza età che le sorrideva dolcemente.
“Do… dove…” biascicò, non riuscendo a concludere la frase
“Sei al Eldoras, nel Palazzo Reale. Di preciso ti trovi nell’infermeria del Palazzo… eri stata ferita gravemente e il veleno che avevi in circolo stava facendo grossi danni e se aveste tardato ancora… bè, comunque adesso stai meglio, per fortuna! Hai dormito per tre giorni interi!” la informò la donna mentre lei la guardava alquanto spaesata. I ricordi che aveva erano così sconnessi e poco chiari….
“Ve… veleno?” domandò confusa
“Sì, ma non ci pensare adesso. Sei ancora molto debole per via del veleno che ti ha anche intontita, insieme ai calmanti. Vedrai che i ricordi torneranno. Ti chiami Kagome, vero?” la ragazza annuì, almeno il suo nome lo ricordava.
“Bene, ora riposa ancora Kagome. Le risposte arriveranno…”. La giovane miko sentì posarsi sulla sua fronte la mano vellutata della donna e farle una lieve carezza e, infine, si riaddormentò, sperando di riuscire a ricordare quello che le era capitato.

Il giorno dopo, quando si risvegliò, si sentiva decisamente meglio. Le sembrava che quelle ore di sonno avessero del tutto spazzato via il velo di nebbia che, il giorno prima, ancora aveva impedito alla sua mente di ragionare con lucidità.
Seppur con un po’ di fatica, si sollevò leggermente, mettendosi seduta.
In quella posizione poté esaminare l’ambiente in cui si trovava; una piccola infermeria, completamente bianca, che conteneva comodamente sei letti, uno dei quali da lei occupato.
Il forte odore di medicinali e di disinfettante che impregnava quel luogo per un momento le fece girare la testa.
Poi sentì la porta aprirsi e da quella venire avanti la donna che aveva trovato al suo risveglio il giorno prima.
“Oh, buongiorno! Sì, oggi abbiamo decisamente un colorito migliore!” disse allegra quella, sorridendole e avvicinandosi verso le grandi finestre della stanza e aprendo le pesanti tende che, subito dopo, fecero entrare i luminosi raggi del sole i quali, per un momento, accecarono Kagome, con gli occhi ancora abituati al buio.
L’infermiera le si avvicinò
“Allora, ti senti meglio questa mattina?” le chiese gentilmente. Kagome annuì vigorosamente
“Sì, grazie. Non ricordo… per quanto ho dormito con precisione?” domandò di rimando la giovane miko
“Quattro giorni in totale. Il tuo corpo aveva decisamente bisogno di recuperare le energie”
“Capisco. Vi ringrazio per le vostre cure…” le disse gentilmente la ragazza, accennando un inchino con la testa
“Oh, suvvia, per così poco! Ho solo fatto il mio dovere, cara…. Piuttosto, la tua memoria come va?”
“Bene. Ricordo perfettamente tutto quello che è successo, anche se i momenti avvenuti dopo l’avvelenamento sono alquanto sconnessi”.
“È naturale…. Senti, te lo domando perché me lo hanno chiesto con una certa insistenza… ma qui fuori c’è qualcuno che desidera vederti ardentemente. Ti sei appena ripresa e non so se te la senti, perciò…”
“Chi è che vuole vedermi?” domandò curiosa Kagome. Forse era Sango….
“Si tratta del piccolo Shippo. È venuto qui tutti i giorni per sapere come stavi… c’è n’è voluta il primo giorno per convincerlo ad andarsene a letto quando aveva deciso che sarebbe rimasto a vegliarti finché non ti saresti ripresa!” rise quella mentre la ragazza, invece, rimaneva in silenzio.
“Devo mandarlo via?” le domandò, con un tono un po’ dispiaciuto al pensiero del piccolo Youkai che avrebbe dovuto attendere ancora
“No, fatelo entrare” le rispose Kagome, con tono freddo. La donna non vi fece caso e andò subito a chiamare il piccolo Demone.
Questo entrò titubante nella stanza, con gli occhi bassi. Kagome lo fissò a lungo prima di volgere lo sguardo all’infermiera
“Potreste lasciarci soli?” le chiese con una certa freddezza, cosa che fece rabbrividire Shippo, già dell’idea che la ragazza, dopo quell’incidente, lo odiasse ancora di più.
“Eh? Oh, certamente, tanto ho anche delle faccende da sbrigare…. Mi raccomando, però, non sforzarti troppo” si raccomandò la donna per poi uscire, scomparendo dietro la porta.
Kagome fissò il punto in cui era scomparsa l’infermiera per poi puntare il suo sguardo argentato sul piccolo Shippo che se ne stava un po’ in disparte, con gli occhi bassi.
“Allora… cosa mi dovevi dire?” gli chiese, con un tono meno freddo del solito, ma del quale Shippo non si accorse per la sua convinzione che la ragazza ce l’avesse con lui e che proprio lui fosse il solo responsabile delle sue condizioni.
“Io… - cominciò con voce tremante – Io… sono qui per… scusarmi. È… è… tutta colpa mia se ti sei ferita e anche se mi odi e anche se non vorrai perdonarmi io… ti chiedo scusa…” le disse, senza aver mai distolto lo sguardo dal pavimento. Facendo questo non aveva potuto però vedere l’espressione di pura sorpresa della ragazza che era rimasta ammutolita.
- Che… che cosa ho fatto a questo bambino?! Lui è convinto che… - .
Shippo, dall’altra parte, non avendo udito ancora alcuna parola dalla miko, osò sollevare leggermente lo sguardo trovandosi a fissare quello sinceramente sorpreso di lei che, nell’incrociare gli occhi verde brillanti del piccolo Youko, si ridestò.
Sospirò, chiudendo gli occhi
“Non hai nulla di cui scusarti, Shippo…” cominciò Kagome mentre, ora, era il piccolo Demone a rimanere sorpreso.
“Piuttosto – continuò quella – sono io che ti devo delle scuse” e riaprì gli occhi, rivolgendogli un lieve sorriso “Ti ho trattato ingiustamente, portandoti a pensare delle cose non vere. Tra i due, sei tu che dovresti odiare me” e abbassò lo sguardo, mortificata. Senza rendersene conto aveva ferito i sentimenti di un bambino, un bambino! Si morse il labbro inferiore, maledicendosi.
Poi sentì un peso sul letto e si girò, vedendo Shippo affianco a lei, che la guardava con gli occhi lucidi
“Quindi tu… non mi… odi?” le domandò, titubante
“No, non ti odio affatto!” gli rispose, sorridendogli e accarezzandogli la testa ramata.
Lui sorrise ampiamente, come se gli avessero tolto un enorme peso.
“E Inuyasha? Lui lo odi?” le domandò di nuovo, questa volta lasciandola un po’ spiazzata. Ma poi sorrise di nuovo
“No… non odio nemmeno lui. In realtà… credo di non aver mai odiato i Demoni… ciò che odiavo era…” sussurrò, riflettendo con lo sguardo colmo di dolore per ciò che aveva appena realizzato
“Kagome?” la richiamò il piccolo Youkai, avendo notato il suo stato
“Eh, oh, scusami, mi ero distratta…” gli disse dolcemente, rassicurandolo.
“Senti, adesso vado ad avvisare Miroku, Sango e Inuyasha! Anche loro erano molto preoccupati!” le disse allegro lui, facendola ancora sorridere leggermente
“Va bene…” e detto questo lo vide correre via con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia.
Appena lo vide scomparire però il piccolo sorriso sul suo volto scomparve, venendo sostituito da un’espressione di dolore
“Io… sono una persona orribile…. Mi… mi dispiace, mi dispiace…” sussurrò, raggomitolandosi su se stessa con il cuore pervaso dalla sofferenza.
Concentrata com’era da quei tristi pensieri, non si era accorta che, ancora quando c’era Shippo, qualcuno, appostato dietro la porta leggermente aperta, aveva assistito alla loro conversazione e adesso aveva perfettamente percepito le parole da lei sussurrate.
Inuyasha, infatti, era arrivato lì poco dopo che il piccolo Demone era entrato nella stanza ed era rimasto a sentire i discorsi dei due – curioso, soprattutto, di sentire la reazione della ragazza. E, come il piccolo Youko, era rimasto sorpreso dalle parole di Kagome che non solo non odiava Shippo ma… nemmeno lui.
E poi quelle parole piene di sofferenza….
Rimase appoggiato alla parete ancora per qualche istante, poi se ne andò, visto che Shippo stava cercando anche lui che, quando lo Youkai era uscito dalla stanza, si era nascosto per non farsi cogliere in fragrante.

Sì e no mezz’ora dopo, Shippo tornò a far visita a Kagome, accompagnato da Sango e Miroku. Quest’ultimo in particolare era estremamente sollevato nel saperla fuori pericolo, cosa che la lasciò sorpresa e leggermente imbarazzata.
“Sono in debito con tutti voi…” disse loro, poi, sinceramente grata per tutto quello che avevano fatto per lei.
Miroku e Sango rimasero molto sorpresi delle sue parole nonché del suo stato… quell’esperienza doveva averla segnata in qualche modo.
“Non dire così, Kagome – cominciò dolcemente Miroku, sedendosi sulla sponda del suo letto – L’unica cosa importante è che tu sia sana e salva…. Piuttosto siamo noi quelli che dobbiamo dirti grazie, hai salvato Shippo senza pensarci due volte”
“Sono d’accordo! Non sai quanto siamo stati in pena! Ci sentivamo in colpa sia nei tuoi che nei confronti di tua nonna alla quale abbiamo promesso che ci saremo presi cura di te…” si aggiunse Sango, guardandola dispiaciuta
“Bè, magari adesso è il caso se ce ne andiamo, sarai ancora stanca” disse poi il ragazzo dal codino
“No, anzi…. Se fosse possibile vorrei alzarmi” obiettò Kagome, ansiosa di potersi muovere dopo i giorni passati in completa immobilità.
“Ma sei sicura? Non so se sia il caso…” cercò di far resistenza Miroku, preoccupato per la sua salute
“Vi prego…” insistette quella, fissandolo quasi supplichevole. Il ragazzo non poté fare altro che sospirare, sorridendo leggermente
“Dai Miroku, vedrai che le farà solo bene!” si aggiunse Sango per dar man forte alla giovane miko, facendole l’occhiolino in segno di intesa
“E va bene! Come volete voi mie dolci fanciulle!”
“Bravo…! Ci penso io a portarti dei vestiti puliti Kagome…”
“Grazie Sango e scusatemi del disturbo…”
“Ma quale disturbo! – intervenne allegro il Majutsushi – Però…”
“Però?” lo incalzò Kagome
“Devo andare ad avvertire mio padre del tuo risveglio. Ha bisogno urgente di parlarti… te la senti?” le domandò incerto
“Certamente, l’ho fatto aspettare anche troppo” gli rispose, sicura. Lui la fissò sempre con le stesso sguardo preoccupato… quello di cui sarebbe venuta a conoscenza le avrebbe cambiato la vita.
“Allora noi andiamo, ci vediamo dopo!” la salutò Sango, portandosi via Miroku e Shippo.

Dopo alcuni minuti, la ragazza del Nord fece ritorno nell’infermeria con in mano dei nuovi vestiti per lei.
“Conoscendo un po’ i tuoi gusti, ho optato per dei pantaloni così starai anche più comoda…” le disse, posando gli abiti su una sedia vicino al letto.
“Sì, vanno più che bene, grazie”
“E di che! Adesso scusami ma devo andare, ci vediamo dopo!” la salutò, frettolosa, scomparendo dietro la porta e senza nemmeno darle il tempo di chiederle DOVE si sarebbero viste…. Sospirò, in qualche modo si sarebbe arrangiata.
Decise poi di alzarsi, sperando che le sue gambe non avrebbero ceduto.
Sollevò le pesanti coperte che la coprivano e rabbrividì leggermente nel sentire l’improvviso cambio di temperatura. Poi, lentamente, spostò le gambe e le mise penzoloni sul fianco del letto. Aspettò qualche momento poi, decisa, si alzò, soddisfatta nel sentire le forze pervaderla.
Si avvicinò alla sedia sulla quale erano posati i vestiti e iniziò a cambiarsi. Nel fare questo cominciò a pensare come in pochi giorni il suo essere stesse mutando velocemente e di come la sua maschera di freddezza, costruita faticosamente giorno per giorno, si stesse sgretolando senza che lei potesse fare nulla.
Non sapeva se esserne felice o preoccupata. Solo, si ritrovò a pensare, che non poteva farsi vedere debole. Questo, in qualunque circostanza, non lo avrebbe permesso.
Finito di vestirsi si diresse verso il piccolo specchio presente nella stanza e, avendo trovato un nastro, si legò i capelli.
Avvertendo la sensazione che le mancasse qualcosa si guardò intorno, in cerca di quello che nemmeno lei sapeva. Poi, all’improvviso, si domandò dove fossero le sue armi. Le portava sempre con sé – se non l’arco almeno la spada – e il non averle non la faceva sentire del tutto sicura.
Non vedendole decise di uscire. Avrebbe chiesto a Sango.
Chiusasi la porta alle spalle si ritrovò in un ampio corridoio, ben illuminato, pieno, sia da una parte che dall’altra, di porte. Si guardò intorno, poi decise di andare dritto. Anche se era la direzione sbagliata, magari avrebbe potuto chiedere a qualcuno.
Il corridoio curvava improvvisamente e, facendo ancora qualche passo, si ritrovò in quello che, suppose, doveva essere l’ingresso del Palazzo. E che ingresso!
Kagome avanzò titubante, guardandosi attorno meravigliata dalla bellezza di quel posto.
“Kagome!” una voce attirò la sua attenzione e, girandosi, vide Sango venire verso di lei
“Ti prego di perdonarmi, non ho pensato che tu, ovviamente, non puoi conoscere niente di questo Palazzo! Però vedo che te la sei cavata bene lo stesso!”
“Bè… si trattava solo di azzeccare la direzione, niente di che” le rispose la giovane miko, con la sua solita aria sicura. Sango sorrise ampiamente
“Vedo che sei tornata quella di sempre! – ridacchiò – Ma sappi che qui non hai bisogno di farti vedere per quello che non sei…”
“Cos-” lo stupore di Kagome, per quelle parole, venne interrotto da un vivace Miroku che, avendole viste, si era lanciato verso di loro
“Siete qui, mie care fanciulle! Comunque vedo che stai più che bene, Kagome…. Mi fa molto piacere!” le disse, sorridente, il ragazzo che poi continuò, più serio “Ho avvertito mio padre. Se vuoi, può riceverti anche subito”
“Andiamo, allora. Non mi sembra cortese farlo aspettare per niente”. Miroku annuì e, insieme a lei e a Sango, si diresse verso la grande Sala del Parlamento.

“Nobile Takehiko…”
“Cosa c’è?”
“C’è qui fuori vostro figlio insieme alla nobile Sango e… insieme alla nobile Kagome”. al suono di quel nome il Governatore trasalì
“Fateli entrare immediatamente” ordinò, ansioso. Si alzò dalla sua postazione, il trono del Re, aspettando trepidante di poter vedere, finalmente… sua cugina. L’unica superstite di quella famiglia così sfortunata.
All’interno della Sala erano presenti anche il Ministro Mendion, Kouga e… Inuyasha. L’ Hanyou, pochi minuti prima, infatti, era stato espressamente chiamato dal Governatore perché fosse presente nel momento in cui avrebbero informato Kagome della sua reale identità e del suo dovere di dover far parte, insieme a lui, Miroku e Sango, del Consiglio.
Non sarebbe stato facile.
Le sue riflessioni furono interrotte dal debole cigolio della pesante porta che, lentamente, si aprì.
Per primo emerse Miroku, seguito da Sango e infine… Kagome.
Inuyasha notò – con un certo sollievo – che il terribile pallore sul suo viso era scomparso. Faticò, poi, a trattenere un ghigno nel vedere l’espressione tipicamente fiera della ragazza priva, però, di quella freddezza che le aveva visto sul viso la prima volta.

Kagome, insieme a Sango e Miroku, attese che annunciassero il loro arrivo. Nel giro di pochi secondi, poi, vide aprirsi l’enorme portone della Sala e Miroku procedere a passo sicuro, seguito da Sango, all’interno di quella che era, dalla relativa visuale che aveva, una delle costruzioni più belle che avesse mai visto.
Ma lasciando da parte la meraviglia, drizzò la schiena e seguì, con sicurezza, i due che la precedevano, facendo così anche lei il suo ingresso.
La Sala era relativamente vuota – mentre, da quello che poteva vedere, poteva contenere un numero abbondante di persone. Sulla destra vi era una zona rialzata tramite alcuni gradini, sulla quale era stato posto un trono; poco lontano dagli scalini vide un uomo di mezz’età, alto e con un espressione severa, anche se in quel momento le parve di leggervi sollievo. Un particolare attirò la sua attenzione, ovvero i suoi scuri e profondi occhi blu mare, così espressivi. Le parvero familiari, anche se, in un primo momento, non riuscì a richiamare alla memoria chi altri potesse avere occhi simili. Poi, come una folgorazione, il volto di Miroku si sovrappose a quella dell’uomo, nonostante la poca somiglianza dei tratti tra i due. Ma quegli occhi… erano davvero simili. Evidentemente, quello, doveva essere Takehiko di Eldoras. E doveva essere così, vista la sua aria così fiera e regale.
Accanto a lui vi era un altro uomo, d’aspetto più giovanile e con un’espressione molto più gentile.
Più indietro, quasi appartato, vi era un ragazzo di bell’aspetto, alto, con lunghi capelli neri raccolti in una coda alta e gli occhi più azzurri che avesse mai visto. A prima vista poteva sembrare un ragazzo normale ma poi, osservandolo meglio, non poté non notare le sue orecchie a punta e la fluente coda muoversi dietro di lui. Uno Youkai. Ma non si sorprese più di tanto… non per niente erano nella Terra Centrale.
Poi, il suo sguardo, non poté non cadere su Inuyasha che, come lei, la stava fissando. I due, a differenza del solito, non si scambiarono sguardi né di sfida né d’odio. Si guardarono semplicemente.
“Benvenuta a Eldoras, Kagome”. La ragazza dovette spostare lo sguardo dall’ Hanyou a quello dell’uomo che aveva identificato come il Governatore.
“Il mio nome è Takehiko di Eldoras e sono il Governatore della città. Come saprete già, sono il padre di Miroku” le disse, accennando un sorriso. Kagome lo guardò per qualche momento, essendo rimasta leggermente sorpresa nel sentirsi chiamata semplicemente ‘Kagome ’. Anche gli stessi Miroku e Sango, quando si erano appena conosciuti, le avevano parlato chiamandola ‘somma Kagome ’….
“Sì, infatti – rispose poi – Scusatemi se vi sembrerò brusca, ma vorrei sapere con esattezza cosa vi aspettate da me” disse, senza troppi preamboli. Inuyasha sorrise divertito accompagnato da Miroku e Sango.
Anche il Governatore si ritrovò a sorridere.
“Certo, ne avete tutto il diritto. Ci vogliamo accomodare?” le chiese, indicando alcune poltroncine
“No, preferisco stare in piedi” rispose di rimando l’altra
“Come volete”. Il nobile Takehiko, prima di parlare, sospirò, chiudendo gli occhi, come in meditazione. Kagome attese paziente anche se non capiva il motivo di tutta quella… non lo sapeva nemmeno lei… titubanza?
“Quello che ho da dirvi… non è semplice – ricominciò poi l’uomo, guardandola con estrema serietà – Ciò che mio figlio vi ha riferito, ovvero che vi avremmo voluta qui con noi per aiutarci a sconfiggere Naraku, grazie ai vostri poteri… è solo una parte della verità…” si interruppe, come aspettando che Kagome dicesse qualcosa. Ma vedendola immobile, si trovò costretto ad andare avanti mentre gli si formava un nodo alla gola. Il suo non era di certo un compito facile….
La tensione che aleggiava nella Sala si faceva sempre più pesante, cosa che irritò non poco Inuyasha che guardava la scena attentamente. La ragazza, per ora, non si era minimamente scomposta…si chiedeva se sarebbe riuscita a mantenere quella sorta di freddezza anche dopo le rivelazioni di cui stava per venire a conoscenza.
“Voi sapete di essere la nipote della somma Kaede e che siete la figlia dei defunti Kikyo e Hisoka-” cominciò di nuovo il nobile Takehiko che però venne subito interrotto da una Kagome irritata
“Per quale motivo ora parlate dei miei genitori e di mia nonna? Cosa centrano loro con me?!” chiese con foga. Non capiva per quale assurda ragione fosse stata messa in ballo sua nonna nonché i suoi genitori
“… Perché quella non è la vostra vera famiglia” le disse tutto d’un fiato il Governatore, guardandola negli occhi che, in quel momento, erano spalancati per la sorpresa.
“Co… cosa state dicendo…” balbettò, più confusa che mai. Con quale diritto quello sconosciuto si permetteva di dire che quella non era… la sua vera famiglia…?
“Come vi permettete di infangare così la mia famiglia?!?” urlò poi, furiosa
“Non sto infangando la vostra famiglia, è proprio l’unica cosa che non voglio. Sto solo dicendo che… quelli che credevate i vostri veri genitori… non lo sono. Semmai, siete stata adottata”.
Kagome non sapeva cosa dire. Voleva insultare, maledire quell’uomo che stava dicendo solo una marea di menzogne. Ma quegli occhi… erano sinceri. Troppo sinceri. Soffrivano per la crudele verità che le era stata mostrata.
“Se… se è vero ciò che dite… - cominciò poi la miko, tenendo lo sguardo basso – Di… di chi sarei… figlia?” domandò, timorosa però di sapere la risposta.
“Il vostro nome è si Kagome… ma il vostro vero cognome è… Higurashi. Voi siete l’erede della Famiglia Reale, secondogenita del Re Masahiro Higurashi, assassinato quattordici anni fa insieme a vostra madre Tohru e vostro fratello, il primogenito Souta….
“Voi avevate appena due anni quando furono assassinati e fui io stesso ad assicurarmi di mettere in salvo almeno voi. Fu allora che pensai alla somma Kaede che, per più di trent’anni, è stata un membro dei Consiglieri del Re, per poi ritirarsi sull’Isola di Arlem, sulla quale, appunto, siete cresciuta.
“In un certo senso, mi ritengo responsabile della morte dei vostri genitori addottivi. Perché se Naraku, dieci anni fa, è venuto a conoscenza del fatto che eravate ancora viva su una delle isole del Continente, è colpa della mia superficialità per non aver pensato a delle possibili spie all’interno della città.
“Tante persone sono morte in quegli attacchi, tra cui anche la madre della nobile Sango. Troppe persone hanno patito le vostre stesse sofferenze o potrebbero patirle.
“Per questo, in qualche modo, dovevo farvi tornare qui, a Eldoras, per farvi ricoprire il ruolo che vi spetta di diritto. Voi siete l’unica discendente della Famiglia Reale e come tale è vostro dovere far parte del Consiglio delle Tre Terre.
“Ci siamo trovati costretti a mentirvi anche sulle vere identità dei ragazzi che sono venuti a prendervi. Anche Miroku, Sango e Inuyasha faranno parte del Consiglio come rappresentanti della Terra Centrale, del Regno del Nord e del Regno del Sud. Sango, infatti, è figlia del nobile Fersen di Mend mentre Inuyasha… è figlio del defunto Inu Taisho, anche lui assassinato per mano di Naraku.
“Sono rammaricato per tutte le bugie che hanno circondato la vostra vita ma…era solo per la vostra incolumità. E, inoltre…desideravo davvero ardentemente di poter finalmente riabbracciare la figlia del mio amato cugino…”
. Tutto. Le aveva detto tutto. La osservò, preoccupato per il suo stato. Fin dalla prima parola, Kagome era rimasta a sguardo chino, nascondendo, quindi, a tutti, la sua espressione di completo stupore e sgomento.
Tutto quello che fino a quel momento credeva di conoscere… si era rivelato menzogna e fasullo.
Dieci anni fa… quelli che aveva creduto come suoi veri genitori… erano morti…per colpa sua? Per colpa di quella che non era nemmeno loro figlia?
E non solo loro…addirittura la madre di Sango.
Alzò improvvisamente la testa, guardando, quasi terrorizzata, la ragazza del Nord.
“I- io…” sussurrò, strozzata, ma le parole le morirono in bocca e, non riuscendo più a sostenere quella situazione corse via, lontana da quella nuova verità a lei così dolorosamente estranea.
“Kagome!!” le urlò dietro Sango, spaventata per lo sguardo stravolto che aveva visto nel volto della ragazza.
“No, Sango, è meglio di no…” la bloccò Miroku
“Ma Miroku! Non hai visto il suo sguardo?!? Era… era scioccata!” rispose quella, ansiosa “Lo so… ma credo sia meglio lasciarla sola per adesso…” insistette quello, cercando di convincere anche se stesso con quelle parole. Anche lui non aveva potuto non notare la terribile espressione della cugina. Ma cosa avrebbe potuto fare lui, adesso?
“Spero di aver fatto la cosa giusta…” sentì poi sospirare, preoccupato, il padre. Si voltò di scatto, guardandolo con rabbia
“Sì, quello che hai fatto è stato giusto…. Ma potevi risparmiarti di intimorirla ancora di più con quel discorso sul suo dovere! Ora non saprà nemmeno chi è e tu le vai a parlare delle sue responsabilità?!? Responsabilità che, peraltro, non avrebbe mai voluto?! Cosa ti aspettavi?! Che ne sarebbe stata felice?!? Non è colpa sua se i suoi genitori sono morti!!!” gli urlò contro, liberando la rabbia e la frustrazione che sentiva da tanto tempo. Aveva parlato pensando a Kagome, ma ciò che aveva detto forse… riguardava anche lui stesso.
“Miroku… calmati…!” gli disse piano Sango, avvicinandoglisi e guardandolo preoccupata, afferrandogli un braccio.
Lo vide veramente scosso mentre ansimava con lo sguardo pieno di furore ma senza fissare il padre. Questi restò ammutolito, scosso quanto il figlio per quelle parole così piene di rabbia. Si girò bruscamente, allontanandosi dalla Sala, seguito da un Mendion preoccupato.
Inuyasha, dal canto suo, sospirò. Era andata peggio di quanto si aspettava.
Lì non aveva più niente da fare…aveva qualcos’ altro o, meglio, qualcun altro a cui pensare.
“Dove stai andando, Inuyasha?” gli chiese Kouga, senza però rivolgerglisi col suo tono brusco. L’ Hanyou si voltò a guardarlo
“Non ho più niente da fare qui. Vado a farmi un giro” l’altro Youko annuì, per poi allontanarsi come lui.
Passando accanto a Sango, le lanciò uno sguardo di intesa perché fosse lei ad occuparsi di Miroku.
Uscì frettoloso dalla Sala, inspirando a pieni polmoni l’aria. Aveva qualcuno da cercare.

Kagome, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò su una delle alte balconate del primo piano superiore.
Si era messa a correre non prestando alcuna attenzione a dove stava andando…voleva solo fuggire.
Era la prima volta che esprimeva chiaramente quel desiderio.
Tante volte il suo inconscio aveva desiderato scappare, andarsene da tutte le cose che, lentamente, avevano logorato la sua esistenza.
Ma mai come in quel momento.
Nonostante tutte le difficoltà era sempre riuscita, in un modo o nell’altro, ad andare avanti, ad affrontare le situazioni…anche a discapito del suo essere.
Ma questa volta era tutto diverso. Un intero mondo si era sgretolato sotto i suoi occhi. Tutta la sua vita… era stata una bugia.
Come poteva affrontare una cosa del genere, senza più sapere chi era lei stessa?
Quella domanda la terrorizzò. E quello stesso terrore, mai provato prima in maniera così intensa, la spaventò ancora di più.
“Per essere una Ningen…corri in fretta!” una voce saccente la fece trasalire e, girandosi, poté vedere Inuyasha fissarla.
Lui, dal canto suo, si era aspettato di tutto, tranne quello sguardo. Ora comprendeva il perché Sango, prima, si fosse spaventata così tanto.
Quello, capì, non era il momento di fare le persone arroganti.
Mosse un passo, avvicinandosele
“Che cosa vuoi?!?” gli domandò però lei, brusca, avendolo visto muoversi verso di lei, bloccandolo
“Io…” non riuscì a trovare le parole, vista la sorpresa di quella domanda
“Sto bene, se è questo che volevi sapere. Non ho bisogno… di essere compatita…”
“Non era questo il mio obiettivo…” le rispose, sempre guardandola negli occhi
“Ma insomma, che diavolo vuoi?!?” gli urlò contro la ragazza, innervosita da quel comportamento apparentemente così premuroso e, allo stesso tempo, così falso per lei.
“Beh… volevo solo vedere…dove ti eri cacciata! Visto che sei nuova di qui, potevi esserti persa chissà dove con la testa che ti ritrovi e poi, in queste condizioni…”
“Ti ho già detto che sto benissimo!!” lo interruppe Kagome, stanca di quei discorsi inutili. Non le importava nemmeno se l’aveva offesa, non le importava più di niente….
“Non ho più bisogno di niente…” sussurrò poi, con gli occhi vacui. Inuyasha si avvicinò ancora. Era stufo. Era stufo di quella sua ostinata testardaggine e della sua assurda ossessione di ingannarsi da sola.
“Non hai bisogno di niente, dici? Io penso che… l’unica cosa di cui hai bisogno è… piangere” e le arrivò di fronte, osservandola severo. La miko si scostò brusca da lui, guardandolo quasi con timore. Ciuffi mogano, ribelli, le cadevano sul viso, mossi dal vento “Piangere? Non dire sciocchezze figurati se ho bisogno… di una cosa simile… io non piango da…”. Il pianto non era contemplato nella sua vita. L’ultima volta che aveva pianto…era stata dieci anni prima. L’ultima volta che aveva pianto… era stato per i suoi defunti genitori….
Genitori che erano morti per lei, per lei che era un’estranea.
Un singulto le sfuggì improvvisamente di bocca e, senza che potesse fare niente per impedirlo, i suoi occhi grigi vennero invasi da quelle lacrime che per tutti quegli anni aveva sigillato dentro di sé.
Si maledì mentre si copriva il volto con le mani, delusa di se stessa nel non riuscire più a controllare le sue emozioni che, con così tanta fatica era riuscita a fare… fino a quel giorno.
La sua schiena venne scossa da una serie di singhiozzi mentre il suo pianto andava aumentando di intensità.
Poi, improvvisamente, sentì una mano posarsi sul suo capo, accarezzandola lievemente. Era Inuyasha. Lei si appoggiò con la fronte sull’addome dell’ Hanyou, continuando a sfogare tutto ciò che aveva trattenuto per così tanto tempo.
Inuyasha, dal canto suo, era rimasto sorpreso del suo stesso gesto. Niente di che, le aveva messo solo una mano sulla testa, i loro corpi erano anche relativamente lontani…. Ma la cosa che lo aveva sorpreso era che non era riuscito a trattenersi dal non fare almeno quel piccolo gesto.
La cosa più sorprendente era, poi, come, nonostante tutto, la ragazza stesse esprimendo le sue emozioni in maniera così contenuta. Si era aspettato urli e disperazione ma l’unica cosa che vedeva… era il pianto silenzioso… di una persona sola.
Sola, come lui.
Non capì per quanto, ma intuì che stettero così per molto. E lui aspettò, attese finché Kagome non ebbe versato l’ultima lacrima.
Dopo alcuni minuti, questa si calmò. La sentì respirare a fondo, come se lo facesse per la prima volta.
Ma così come lui le si era avvicinato improvvisamente, lei fece altrettanto allontanandoglisi e voltandogli le spalle di scatto, anche se, prima di fare ciò, lui poté vedere chiaramente il leggero rossore diffuso sulle sue guance.
“Scu… scusami…” balbettò poi la ragazza, giratasi, senza però guardarlo negli occhi.
“Va meglio?” le domandò lui semplicemente, con voce quasi atona. L’altra annuì debolmente.
“E adesso? Che farai?” le chiese ancora, curioso di sapere come si sarebbe comportata da quel momento in avanti. Lei sollevò gli occhi, osservandolo con sguardo deciso
“Ora ho solo un obiettivo nella vita, la vendetta. Non ho più nient’altro, solo questo... e se per raggiungerlo dovrò far parte del Consiglio, se dovrò riappropriarmi del trono… lo farò”. Inuyasha la guardò intensamente, comprendendo i suoi sentimenti.
- Lei… è come me… - pensò. Ora capiva cos’era quel qualcosa di familiare che aveva avvertito dopo averla appena conosciuta.
Di certo avevano caratteri molto diversi… ma allo stesso tempo erano così simili…. Solo la vendetta li faceva andare avanti.
“Bene” disse poi lui, girandosi e facendo per andarsene quando la voce di Kagome lo fermò
“Inuyasha… aspetta…” lui si fermò, girandosi per sapere cosa volesse la ragazza
“Io… ti devo delle scuse. Ho trattato ingiustamente sia te che Shippo senza motivo. Da quando... da quando quelli che avevo creduto i miei genitori sono stati assassinati… ho cominciato a odiare i Demoni in modo indiscriminato nonostante il mio ruolo di miko non avrebbe dovuto permetterlo.
“Ma ora ho capito che quell’odio… non era nei confronti degli Youkai… ma solo verso me stessa. Non volevo accettare il fatto che se i miei genitori erano morti era solo… per colpa mia. Stavo solo scaricando le mie colpe su… chi non centrava niente…” gli occhi le si inumidirono di nuovo ma si trattenne.
“E ora… ora vengo anche a sapere che, sempre per colpa mia… anche la madre di Sango…” e una lacrima, seppur le sue resistenze, le solcò una guancia.
“Piantala di dire tutte queste sciocchezze” la voce dura di Inuyasha la interruppe e lei volse lo sguardo verso di lui
“Se credi che sia colpa tua se molte persone sono morte sei proprio una stupida” continuò, guardandola severamente, ma senza freddezza “Il vero e solo responsabile di tutto questo è Naraku. E se continuerai a dare la colpa a te stessa non riuscirai mai a portare a termine la tua vendetta”. Kagome lo guardò, stupita. Rifletté attentamente sulle parole dell’ Hanyou, trovandovi un fondo di verità. Ma i sensi di colpa restavano….
“Comunque… ti prego ancora di scusarmi…” gli ripeté, chinando il capo. Il mezzo- demone si imbarazzò leggermente e, per non dare a vedere le sue reali emozioni, si riappropriò della sua consueta arroganza
“Feh! Non ce n’è alcun bisogno. Per quello che me ne poteva importare avresti potuto continuare ad odiarmi, sarei sopravvissuto lo stesso!” le disse, girandosi leggermente di spalle. Kagome in un primo momento restò basita, guardandolo ammutolita.
Come… come si permetteva di dirle quelle cose dopo che gli aveva – con un certo sforzo – porso le sue scuse?
“Ma… ma come osi?! Io mi scuso e tu hai il coraggio di dirmi questo?!?” gli urlò contro, furibonda
“Tzè! Io faccio quello che mi pare e comunque… non voglio nemmeno i tuoi ringraziamenti anche se sei in debito con me!” le disse, ghignando soddisfatto
“E perché mai dovrei ringraziarti, di grazia?!?”
“Perché, se non fosse stato per me, saresti già cadavere! Perciò sei in debito…. E poi non scordiamoci che ti ho addirittura consolata e se non fosse, di nuovo, stato per me, saresti ancora in preda alla disperazione!” Inuyasha le lanciò uno sguardo di sfida…doveva ammettere che i loro scontri verbali lo divertivano parecchio. Grazie a lei poteva affinare la sua dote di ‘oratore ’ mentre con Kouga le sue doti di combattente.
“Ma tu senti questo! Ti rendo noto che non ti ha obbligato nessuno a fare nulla, tanto meno la sottoscritta!! Me la so cavare benissimo da sola!!”
“Oh, certo, questa è bella!!” sghignazzò quello in risposta. Kagome lo guardò furente, con le gote arrossate per la rabbia. Era la prima volta che perdeva il controllo in quel modo dopo tanti anni… certo che in quella sola giornata si era scaricata parecchio….
“La prossima che rischierò di rimanere ferita farò in modo che tu non ci sia, non vorrei mai che te ne approfittassi di nuovo, avvoltoio che non sei altro! Cos’è ti aspettavi forse una ricompensa per avermi salvata?! Che poi, da quello che so, ti sei semplicemente limitato a portarmi fin qui sul tuo Drago, sai che fatica!”. Inuyasha, questa volta, rimase leggermente spiazzato… le argomentazioni della ragazza erano decisamente valide….
“Feh!” grugnì semplicemente in risposta
“Aha! Ecco, questa è la prova che ho ragione! Bene, allora direi che adesso possiamo anche andare!” disse, chiudendo in quel modo quella discussione alquanto… assurda….
“Che?! Certo che sei strana forte tu!” le disse, stranito, in risposta l’ Hanyou, seguendola, visto che si era incamminata. A Kagome sfuggì un sorriso a quella affermazione. Credeva che la si potesse definire in tutti i modi tranne che ‘strana ’, lei che, per così tanto tempo, era stata così fredda. Ma, come lei stessa aveva sempre saputo… quella era solo una maschera. Una maschera che, forse, finalmente, poteva togliersi.
I due si avviarono verso l’interno, dirigendosi verso le scale che riconducevano dentro il Palazzo.
Kagome stava per scendere il primo gradino, seguita da Inuyasha, quando un brivido le percorse la schiena e una sensazione di assoluto terrore invaderla
- Finalmente ti ho trovata… - una voce sibilante, malvagia le si insinuò nella mente, paralizzandola.
“Ehi, stai bene?” la voce preoccupata di Inuyasha la fece trasalire
“S-sì, credo di sì…” balbettò lei, con la fronte impregnata di sudore
“Sicura? Sei pallida…” constatò l’altro, guardandola attentamente
“Sì, sarà solo un po’ di stanchezza. Non è stata una giornata facile…” mentì lei, accennando un sorriso per tranquillizzarlo. La cosa sembrò funzionare
“Già, per niente. Forza, andiamo ora… gli altri saranno preoccupati” la incitò l’ Hanyou, riprendendo a scendere le scale
- Che cos’era quella voce? – pensava intanto Kagome, camminando affianco ad Inuyasha.
- Non sono tranquilla… - .

“Kagome!!”. La voce preoccupata di Sango li accolse, quando lei e il mezzo- demone fecero ingresso nella taverna del primo piano sotterraneo.
La ragazza del Nord, accompagnata da Miroku, gli venne incontro, prendendo tra le sue mani quelle della miko.
“Stai bene? È… tutto a posto?” le domandò, apprensiva
“Sì, scusatemi se vi ho fatto preoccupare…. Avevo solo… bisogno di riflettere…” rispose flebile l’altra, accennando un sorriso.
“È naturale, non ti devi scusare…” le disse dolcemente Miroku, guardandola
“Miroku…” lo interpellò lei, guardandolo incerta. Lui fece un’espressione curiosa, come per incitarla a continuare a parlare
“Io e te… sì, insomma… in pratica… siamo parenti?” gli domandò, infine, leggermente imbarazzata. Il ragazzo dal codino, invece, sorrise ampiamente
“Proprio così, anche se siamo solo cugini di terzo grado…. È impossibile che tu possa ricordartene, ma da piccoli abbiamo spesso giocato insieme… ed anche allora eri davvero bellissima!” le rispose, allegro, facendola imbarazzare ancora di più per quel complimento.
“Ma non stiamocene qui in piedi… se non sbaglio non metti qualcosa sotto i denti da quattro giorni, Kagome” le disse poi
“In effetti…” rifletté lei che solo in quel momento fece caso alla morsa della fame che ora attanagliava il suo stomaco.
“Bene, allora mangeremo tutti insieme… non è nemmeno troppo tardi…” affermò, guardando l’orologio sulla parete che segnava appena l’una. Tra una rivelazione e l’altra erano passate un po’ di ore….
Così i quattro si accomodarono ad uno dei tavoli della locanda che era ancora relativamente piena.
Doroty non li fece attendere molto, prendendo le ordinazioni con la sua solita premura e facendo imbarazzare Kagome per quella grande accoglienza.
“Ehm… – cominciò poi la ragazza, dopo aver bevuto tutto d’un fiato il suo grande boccale pieno di acqua fresca – Volevo sapere… quanti sanno… sì, insomma, quanti sanno di me?”
“Per ora noi tre, – disse Miroku, indicando se stesso, Inuyasha e Sango – Shippo, mio padre, il Ministro della Difesa Mendion che era presente poco fa e Kouga, capitano del Reggimento d’Attacco di Metallo della Milizia”
“Coosa?!?” sbottò, più che sorpreso Inuyasha “Quel lupastro… sarebbe il capitano del…?”
“Già. Non ti sei chiesto come mai non abbia mai preso parte ad una delle nostre missioni? Al contrario di quanto pensi tu, Kouga è uno dei Cavalieri più in vista della Milizia…. Solo che in quest’ultimo periodo doveva prepararsi per diverse prove e non ha potuto partecipare al tuo recupero come a quello di Kagome” gli rispose, calmo, il ragazzo dal codino.
“Recupero?” domandò Kagome, riferendosi a quanto detto a proposito di Inuyasha.
“Sì, devi sapere che-”
“Questi non sono affari tuoi!” sbottò indispettito l’ Hanyou, bloccando Miroku
“Ma Inuyasha…” obiettò quello
“Non hai sentito quello che ho detto?” disse, con uno sguardo che non ammetteva repliche. Kagome restò in silenzio. Va bene, erano praticamente due estranei… ma non pensava che avrebbe reagito a quel modo… in fondo lui sapeva tutto di lei….
“Comunque – cominciò a parlare proprio lei, volendo abbandonare quell’argomento – quando parli di questo Kouga… ti riferisci a quell’ ookami Youkai che era nella Sala questa mattina?”
“Sì, proprio lui. Sai, nonostante i suoi numerosi impegni, avrebbe voluto a qualsiasi costo partecipare, insieme a noi, alla tua missione di ‘recupero ’. Ce n’è voluta prima di convincerlo perché pensasse a prepararsi come si deve!”
“Come mai… ci teneva così tanto?”
“Devi sapere che è stato, in pratica, grazie a tuo padre, il tuo vero padre, se è potuto diventare Cavaliere. È rimasto orfano che era solo un bambino ed è stato tuo padre a toglierlo dalla strada e ad accoglierlo qui, a Palazzo.
“Kouga si è sentito e si sente tuttora in forte debito con la tua famiglia. Per questo motivo, quando i tuoi sono stati assassinati, si ripromise che, quando saresti tornata, ti avrebbe difeso a costo della vita e che ti sarebbe sempre rimasto fedele per ripagarti di tutto ciò che la tua famiglia ha fatto per lui”.
Kagome abbassò lo sguardo, riflettendo su quelle nuove informazioni… a quanto pare la sua famiglia aveva governato in modo giusto e aveva fatto del bene….
“Posso vederlo?” chiese, poi
“Chi?” le domandò di rimando Miroku, non capendo a chi si fosse rivolta
“Kouga. Vorrei parlargli”
“Oh, bè… in teoria dovevamo vederci questo pomeriggio…. Comunque c’è la possibilità di poterlo incontrare anche prima, di solito, a quest’ora, gironzola qui nei dintorni…”.
“Capisco” la loro conversazione venne poi interrotta da Doroty che arrivò, portando delle succulente pietanze.
Kagome, nonostante la fame, mangiò poco visto lo stomaco chiuso per via di tutte quelle emozioni e notizie che, in una volta sola, l’avevano sommersa, cambiandole la vita.
Anche dopo finito di mangiare, i quattro rimasero lì alla taverna, tra una chiacchiera e l’altra, mentre il locale, man mano, si svuotava finché non rimasero solo loro.
“Ehi ragazzi!” una voce si intromise nei loro discorsi, attirando la loro attenzione. Era Kouga.
Questo si avvicinò loro e, nel fare ciò, si accorse anche della presenza di Kagome, cosa che lo fece agitare leggermente.
Da bambino, quando lei aveva appena due anni, aveva avuto modo di vederla più volte, visto che, già a quel tempo, se non era suo amico, comunque conosceva Miroku. E visto che quest’ultimo era il cugino della Principessa e che giocavano spesso insieme… avevano avuto modo di trascorrere del tempo tutti e tre insieme.
Ed ora, dopo quattordici anni, la rivedeva. Già da quando era piccola si era capito che sarebbe diventata una bella ragazza… ma, accidenti, era diventata più che bella!
Cercando di mantenere un minimo di dignità, si avvicinò a loro con passo sicuro
“Salve a tutti! – salutò, rivolgendosi ad ognuno di loro, per poi rivolgere la sua attenzione solo su Kagome – Questa mattina non ce n’è stata l’occasione, ma ora mi presento: sono Kouga, del clan Yoro, capitano del Reggimento d’Attacco di Metallo della Milizia del Dragone” e le si inchinò davanti, sotto lo sguardo attento della ragazza.
“Sai, stavamo proprio parlando di te, prima, Kouga…” gli disse allegro Miroku, facendogli poi segno di sedersi accanto a lui
“Spero in bene!” rispose quello
“Feh!” sbottò invece Inuyasha
“Ehi, se hai qualcosa da dire, cagnolino, fallo usando parole che anche noi poveri, comuni mortali possiamo capire, invece di fare quei versi!” lo rimbrottò l’ ookami Youkai
“Oddio, adesso cominciano…” sussurrarono, contemporaneamente, amareggiati, Miroku e Sango, sotto lo sguardo perplesso di Kagome
“Parla il genio dell’orazione! Senti un po’, piuttosto… quand’è che ti saresti degnato di dirci che eri diventato capitano?! È strano che non ti sia venuto a vantare subito… anche se continuo a non capire come tu lo sia potuto diventare!”
“C’erano cose più importanti di cui parlare” rispose semplicemente, serio, lo Youko, guardando Kagome. Gli altri due Cavalieri sperarono che la cosa si concludesse così, ma le loro speranze crollarono subito…
“Comunque – riprese, infatti, il Demone, con il solito tono saccente e di superiorità – Ti rode che sia stata finalmente riconosciuta la mia abilità eh, pivello? Infondo sei solo una matricola, è naturale che tu sia invidioso!”
“Matricola?” intervenne Kagome
“Ah, già! – sbottò Miroku – In effetti, non te lo abbiamo detto, sai, non volevamo insospettirti più del dovuto…. Devi sapere che, sia Inuyasha che Sango sono Cavalieri da nemmeno un mese… abbiamo dovuto accelerare i tempi, vista l’urgenza del tuo ‘recupero ’”
“Ma… loro… avevano dei Draghi… com’è possibile che in nemmeno un mese…”
“Quelli non sono i loro Draghi. Quelli che tu hai visto, tranne il mio, sono Draghi Veterani…. Ma ora è difficile da spiegare, lo capirai da sola, durante il tuo ‘addestramento ’…”
“Addestramento?” domandò lei, sempre più confusa
“Ovviamente. Anche tu diventerai un Cavaliere” la informò, semplicemente
“Io… un… Cavaliere? Ma…”
“Non devi preoccuparti, ora. Avrai tutte le risposte” cercò di tranquillizzarla Miroku. Non era ancora il momento di affrontare quell’argomento.
“Ora scusatemi, ma devo proprio scappare…” disse Kouga, alzandosi “Mi aspettano per gli allenamenti”
“Dura la vita, eh?” lo prese in giro Miroku, pensando di dargli fastidio nel fargli notare che lui, invece di faticare, avrebbe trascorso la sua giornata nell’ozio
“Guarda Miroku che, a differenza di te, non mi spaventa la fatica. E poi questo è il mio dovere e anche tu, ogni tanto, dovresti pensare al tuo!”
“Oh, ma io ci penso, ci penso in continuazione! E poi devo ancora riprendermi dalla missione!” piagnucolò il Majutsushi, facendolo sorridere. Non sarebbe mai cambiato
“Va bene, va bene…. Comunque adesso devo proprio andare, ci vediamo sta sera a cena. Ciao ragazzi…” e stava per andarsene quando venne richiamato da Kagome
“Kouga…”
“Sì? Avete bisogno di qualcosa, Kagome?” le domandò lui, leggermente teso
“Avrei bisogno di parlarvi… se potete concedermi un attimo…” gli disse lei, quasi titubante
“Certamente” e i due si appartarono, per poter parlare con tranquillità
“Accidenti… da qui non sento niente…” sbottò, deluso, Miroku
“Oh, insomma Miroku! Lasciali stare! Se avesse avuto qualcosa da dire che avremmo potuto sentire anche noi, Kagome non si sarebbe allontanata!” lo riprese Sango, infastidita dal suo comportamento infantile
“Capirai – sbottò annoiato Inuyasha – Chissà cosa avrà da dirgli di così privato… manco si conoscono…” disse, tenendo gli occhi chiusi e le braccia dietro la schiena, con fare scocciato. Quando riaprì gli occhi ambrati si ritrovò la faccia di Miroku a pochi centimetri dalla sua e per poco non si prese un infarto
“Miroku, si può sapere che diavolo fai?!? Mi hai fatto prendere un colpo!!” sbraitò, infuriato
“Mmh…” mugolò l’altro, continuando a fissarlo
“Si può sapere che cavolo hai da fissarmi?!? Sei molto irritante!!”
“Inuyasha…” disse, poi, serio, quello
“Che c’è?”
“Non ti sarai per caso innamorato di Kagome?!?” gli domandò, diretto, sempre con la stessa espressione, mentre Sango e Inuyasha rimasero basiti e impietriti da quell’uscita senza senso
“M- ma si può sapere che idiozie vai dicendo, adesso?!? Come ti è saltata in mente una cosa del genere?!?” gli sbraitò contro, furioso, cominciando a rincorrerlo per tutta la locanda con l’intento di farlo fuori.

E con il sottofondo delle loro urla, intanto, Kagome e Kouga, parlavano.
“Ditemi, Kagome… in cosa posso esservi utile?” domandò Kouga
“Ecco… io ho saputo… ecco, quello che la mia famiglia ha fatto per voi…” cominciò Kagome, mentre l’ ookami Youkai annuiva
“Io… non so niente di quelli che erano i miei veri genitori… e non mi sembra giusto che voi dobbiate sentirvi in debito verso di me, che non ho fatto nulla per voi…”
“Questo non ha alcuna importanza – la interruppe, con voce sicura lo Youko – Magari è una cosa stupida ma mi sento veramente in debito verso di voi. E poi non è la prima volta che ci incontriamo, perciò per me non siete una estranea…”
“Non… non è la prima volta?” domandò perplessa Kagome
“Bè, ci siamo incontrati diverse volte quando eravamo piccoli…” rispose, arrossendo, l’altro…. Sì, si erano incontrati… ma erano bambini e di cero non si poteva dire che ora, non fossero praticamente due estranei. Ma a Kagome sembrò far piacere quell’affermazione e sorrise
“Mi fa piacere che la pensiate a questo modo…. Comunque credo di capire che rimarrete della vostra posizione…”
“Kagome… non pensiate che il debito che io sento nei vostri riguardi sia forzato…. È stato vostro padre per primo che mi disse che non avevo nulla di cui sdebitarmi… ma, il giorno che mi accolse qui a Palazzo, nella sua casa e, soprattutto, il giorno in cui diventai Cavaliere feci una promessa a me stesso: avrei protetto a costo della vita la vostra famiglia grazie la quale ho potuto incontrare il mio Drago.
“Quindi non cambierò idea… ma spero che questo non vi crei fastidi…”
“No, affatto! – lo interruppe la ragazza – È che mi sembrava giusto dirvi che, sì, insomma, visto che non sapevo nemmeno di essere la Principessa… non ne valesse la pena di sacrificarsi per una sconosciuta…”
“Non lo penso adesso e non l’ho mai pensato in passato, state tranquilla. Anzi, mi sentirei onorato se avessi la possibilità di esservi utile…”. Kagome quasi si commosse. Nel vedere quanto ardore muovesse quel giovane, quanta fedeltà riservasse ancora a quella famiglia a lei sconosciuta le fece desiderare di sapere nei dettagli quali cose avessero fatto gli Higurashi per quel Paese.
“Vi ringrazio…davvero. In un certo senso, il sapere che c’è una persona così fedele alla mia famiglia e quindi a me… mi fa sentire meglio, più sollevata…”.
“Ne sono davvero felice. Comunque… sono davvero dispiaciuto per tutto quello che avete dovuto passare. Spero solo che, d’ora in avanti, riusciate ad avere una vita più serena…”
“Grazie, lo spero anche io”. I due rimasero qualche momento in silenzio, sollevati per quello che si erano detti.
“Ora, scusatemi, ma devo proprio andare…” disse poi lo Youkai, guardandola mortificato
“Oh, certo. Vi ho fatto perdere fin troppo tempo…”
“Questo mai. Sappiate che sono stato molto felice di poter parlare con voi dopo tutti questi anni. E, se non oso troppo, mi piacerebbe se continuassimo a farlo…”
“Volentieri” e i due si guardarono, sorridendo a vicenda. Poi Kouga la salutò di nuovo e se ne andò di corsa mentre lei lo seguiva con lo sguardo.
Le sembrava incredibile di aver trovato una persona che, pur conoscendola affatto, l’avesse accettata in modo così incondizionato… bè, lo avevano fatto anche Sango e gli altri.
Si voltò verso il resto della compagnia, con Miroku e Inuyasha ancora intenti nel loro rincorrersi e Sango sorridere divertita.
Sulle sue labbra si dipinse un largo, sincero sorriso.
Il primo vero sorriso dopo tanti anni.
Forse… quella era la sua possibilità….
Forse anche lei… sarebbe potuta cambiare.

FINE 14° CAPITOLO.

Ed ecco concluso anche questo capitolo!
Finalmente tutto è stato svelato e la nostra Kagome sa della sua vera identità!
Bene, direi che siamo a cavallo (bè, più o meno…se penso che mi sono ridotta a farli incontrare tutti solo nel 12° capitolo e che si scoprono le varie cose solo adesso…mi viene quasi il panico al solo ipotizzare quanto potrà durare questa storia – perché, dovete sapere, che non ho affatto pensato ancora a un possibile e probabile finale…!).
Ma comunque…sono soddisfatta. Spero solo, rileggendolo, di aver corretto eventuali errori (visto che in quello precedente ne ho scritte di ‘castronerie ’…!)…ma se c’è qualcosa che non va, segnalatemelo!
Nei prossimi capitoli svilupperò alcune delle cose accennate già tempo fa (non vado nello specifico, però, perché altrimenti non c’è più la ‘sorpresa ’…) e che, tra una cosa e l’altra, riesco – e non è detto… - a parlarne solo nel o nei prossimi capitoli.
Come ho spesso ripetuto…abbiate pazienza. Non me lo sarei mai aspettata, ma in questa storia si è creato un intreccio non indifferente che più vado avanti più si complica…per cui non è semplice.
Spero solo di non peggiorare – ma, credo, che peggio di così non potrei già fare…-__- - nel modo di scrivere…mah!
Bè, direi che è tutto – credo - … perciò vi saluto e spero di aver soddisfatto coloro che attendevano il momento in cui Kagome avrebbe scoperto la verità…. A me non dispiace questo capitolo ma starà a voi – come sempre ^^ - dare il parere decisivo.
Per cui vi saluto e vi auguro una buona settimana – la mia prima da maggiorenne eheh! a proposito…vi ringrazio ancora per gli auguri ^^.
Baci, baci
ka_chan.

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Capitolo 15
*** cap15 “COME ANDARE AVANTI…" ***


Salve a tutti!! Vi prego di scusarmi per il ritardo con cui pubblico ma a scuola c’è stato il rush finale e, inoltre, questo capitolo mi ha dato più difficoltà di quanto potessi immaginare…non so dire nemmeno se sia venuto bene…-___-.
Comunque sono qui e spero che leggiate ugualmente.
Passerei immediatamente ai ringraziamenti visto che sul capitolo in sé non ho niente da aggiungere: ringrazio Vale_chAn; cri-chan (sono contenta che l’idea che questa ff sarà lunga ti piaccia. E in effetti anche per l’autore, se la storia si sviluppa bene, è un piacere portarla avanti!); Topomouse; bea; raska81; la mia amica dona ^^; Lorimhar (oh, eccoci qua! Mi ha lusingata che tu abbia esaurito il tuo buffer di complimenti per descrivere il capitolo! E inoltre ti ringrazio – anche se per questo ti sei beccato gli accidenti di Hikari!^^’ – visto che hai lasciato il 100esimo commento! Wow…cento…non ci ero mai arrivata! ç___ç vi ringrazio tutti di cuore!!*__* . Per quanto riguarda il nome di cui ti vuoi servire non c’è problema, anzi sono contenta che tu ne abbia trovato uno che tu possa usare!^^…è bello essere utili a qualcosa! Miroku e le fireball…non è detto che non ci siano!^^ comunque, come sempre, grazie di tutto!); Elychan; Hikari_Takaishi87 (Scusascusascusascusa!!! Giuro che non lo dico + che scrivo male ma non ti arrabbiare!! ç______ç Comunque vedo che il capitolo ti è piaciuto e ne sono contenta visto che aveva una certa importanza – ma mi sa che con questo non sarò così fortunata…-__- - Per quello che riguarda le descrizioni dei Draghi di Terra ti prometto che arriveranno! Comunque grazie del commento, anzi dei due commenti!^^) e infine Mech.
Bene, ora che ho ringraziato tutti lo rifaccio…nel senso che, davvero, sono troppo felice che i commenti abbiano superato la soglia del cento! Vi giuro, non ci contavo, mi avete fatto veramente un gran regalo!
Ora direi che è proprio il caso di lasciarvi a questo capitolo, scritto in modo molto travagliato!
Spero comunque sia almeno leggibile.
Vi saluto e grazie ancora per i vostri bellissimi commenti.

15° CAPITOLO “COME ANDARE AVANTI…”

Da quando era arrivata in quella città era passata circa una settimana.
Erano stai i sette giorni più belli dopo tanti anni di assoluto oblio.
Però ora un’altra cosa le pesava…. Infatti non c’era voluto molto che l’intero Palazzo, se non l’intera città fosse venuta a conoscenza del suo ritorno.
L’unica erede degli Higurashi era ancora viva!
In molti – da quello che le avevano detto e da come lei stessa aveva visto - erano venuti direttamente al Palazzo Reale per vedere lei, portando doni e richieste d’aiuto di ogni tipo… anche se la più frequente era quella di eliminare la minaccia di Naraku.
Cosa impossibile ora come ora…era troppo debole.
Comunque dovette dar credito alla voce secondo cui la Terra Centrale e soprattutto la sua popolazione, fosse un Paese straordinario, permeato di senso di giustizia e lealtà.
Gli stessi abitanti erano davvero deliziosi.
Nonostante il suo ruolo all’interno della città, ma non solo, dell’intero Paese, tutti la trattavano con semplicità…almeno, la maggior parte delle volte.
Ma a lei questo poco importava…le bastava stare con quelli che stava cominciando a considerare come degli amici.
Un piccolo sorriso le si disegnò sulle labbra mentre i suoi occhi si staccavano dalla pagina color ocra che fino a quel momento stavano leggendo.
Si trovava nella Biblioteca delle Ere dove, per tutti quei giorni, aveva trascorso la maggior parte del tempo.
Anche se Miroku l’aveva, tempo prima, già informata che sarebbe dovuta diventare un Cavaliere… la cosa non l’aveva più di tanto interessata.
Ma quando le avevano fatto conoscere i loro Draghi… tutto era cambiato.
Dopo quello che aveva studiato si era stupita del fatto che, appena incontratesi, tutte le creature degli altri suoi compagni le avessero permesso immediatamente di poter comunicare con loro. Miroku aveva provveduto subito a toglierle questo dubbio informandola del fatto che, per tradizione, i Draghi provavano rispetto incondizionato per la Famiglia Reale e soprattutto per l’erede che sarebbe diventato un Cavaliere Supremo… cioè lei.
Il Cavaliere Supremo accompagnato dal Drago Supremo.
Da quello che aveva imparato, per chissà quale mistero, nel momento in cui nasceva il Drago Supremo, allo stesso tempo veniva alla luce l’erede della Famiglia Reale. Il legame tra questi due andava al di là della comprensione sia umana che draconica.
Ma un dubbio ora la tormentava…. In tutti i libri che aveva letto veniva riportata sempre la stessa cosa…. Per un’erede femmina un Drago femmina e per un erede maschio… un Drago maschio.
Ma se le cose stavano davvero così… quell’unico uovo come poteva essere destinato a lei?
In teoria l’erede degli Higurashi doveva essere stato Souta, il suo defunto fratello… non lei…. E l’anno in cui era nato suo fratello era venuto alla luce un solo uovo che, per forza di cose, doveva contenere un Drago maschio.
“Che devo fare…?” sospirò amareggiata nel pensare che quello di diventare Cavaliere non era affatto il suo destino. E, per quello, lei non poteva farci niente… c’erano in ballo forze maggiori, misteri a lei del tutto incomprensibili e inspiegabili.
“Qual è il problema?” una voce a lei ben nota la fece trasalire.
“Niente… è tutto a posto…” rispose, senza voltarsi
“Sì… certo…” disse l’altra, sarcastica.
Tenendo la testa abbassata, Kagome poté solo vedere, con la coda dell’occhio, dei lunghi capelli argentei muoversi leggermente.
Sentì gli occhi del nuovo arrivato scrutarla, facendola sentire a disagio.
“Hai intenzione di rimenare lì a fissarmi ancora per molto?” chiese, infine, non sopportando più quell’atmosfera
“Sì, visto che non ho nient’altro da fare…”
“Ma lo sai che sei proprio insopportabile?!?” sbraitò lei, guardando finalmente in faccia il suo interlocutore
“Oh, finalmente hai avuto la decenza di guardarmi in faccia, ragazzina!”. Inuyasha ghignò nel vedere il viso arrossato dalla rabbia di Kagome, stufa dei suoi modi così irritanti
“Senti, non venirmi a fare la ramanzina sulle buone maniere perché tu sei l’ultimo che può parlare!” ribatté la ragazza, guardandolo severa
“Feh!”.
Kagome sbuffò sonoramente, tornando a posare lo sguardo sempre su quella pagina, sempre su quelle righe….
“Che c’è, già stufa di studiare?” le chiese, ironico, l’ Hanyou
“No, affatto… ho letto anche troppo” rispose l’altra, chiudendo il voluminoso libro, fissandolo poi con uno sguardo serio.
“Credo di aver intuito quale sia il problema…” disse poi il mezzo- demone, appoggiando il viso su una mano per poi guardare la ragazza.
Kagome gli rivolse uno sguardo bieco, senza dire una parola. Inuyasha allargò il suo ghigno, rispondendo allo sguardo.
Lei, seccata da quella ridicola situazione, si alzò di scatto, con il libro in mano, per poi dirigersi verso l’ala della Biblioteca da cui lo aveva preso
“Ehi! Che modi sono?! Mi pianti qui senza una parola?!?” sbraitò Inuyasha, alzandosi anche lui e guardandola indispettito
“Non mi pare di averti chiesto di passare il pomeriggio con me, Inuyasha. Faccio quello che mi pare e non ho certo bisogno di renderne conto a te” la sentì dire in lontananza mentre, con tranquillità, riponeva accuratamente il libro nel suo posto.
“Tsk! Mi chiedo ancora come ho fatto a dire di sì a Harliem che mi ha chiesto di venire a chiamarti!” borbottò fra sé, stizzito, l’ Hanyou
“Harliem vuole vedermi?!” domandò eccitata Kagome, avvicinataglisi, con gli occhi che le brillavano
“B… bè, s- sì…. Mi ha chiesto se… se ti andava di… andare a fare una passeggiata…” balbettò l’altro, spiazzato dalla reazione entusiasta della ragazza che, per la gioia, le si era avvicinata notevolmente
“Potevi dirlo prima! Dov’è, nei suoi appartamenti?”. Il mezzo- demone annuì meccanicamente, guardandola con tanto d’occhi.
Kagome si avviò veloce verso l’uscita della Biblioteca, fermandosi poi sull’ingresso, vedendo che l’ Hanyou non la seguiva
“Allora? Ti vuoi dare una mossa Inuyasha?!” lo richiamò, facendolo trasalire
“Feh!” grugnì quello, per poi andarle dietro.

Toc, toc.
- Avanti, avanti! - .

Kagome sorrise allegramente nel sentire nella sua mente la voce squillante di Harliem. Anche se, fondamentalmente, era per un fatto di tradizioni se tutti i Draghi che finora aveva incontrato l’avevano trattata con rispetto e, in un certo senso, affetto… avvertiva chiaramente che la cosa andava al di là di una semplice questione di etichetta.
“Allora? Pensi di rimanere lì imbambolata tutto il giorno?” la fece trasalire Inuyasha, con il suo solito tono brusco, mentre la fissava annoiato sul ciglio della porta già aperta
“Certo che potresti anche essere più gentile, eh?!” lo rimbrottò lei, severa, sorpassandolo ed entrando nell’appartamento della dragonessa.
Si guardò intorno, osservando attentamente quella stanza ormai familiare. Infatti aveva trascorso tantissimo tempo con la giovane dragonessa con cui aveva trovato una grande intesa a discapito di Inuyasha che spesso doveva subire i rimproveri di Harliem per quando si rivolgeva in malo modo alla ragazza. E Kagome, ovviamente, non aveva che potuto ridersela sotto i baffi più di una volta.
Guardandosi intorno, vide il giovane Drago accomodato su una serie di morbidi cuscini colorati d’azzurro, in forte contrasto con la sua corazza fiammeggiante. Kagome sorrise ampiamente.
Anche Inuyasha soffermò a lungo lo sguardo sulla creatura. Quando erano tornati a Eldoras dall’isola di Arlem era rimasto a dir poco sbalordito da come, in così pochi giorni, la dragonessa fosse cresciuta.
Stando a quattro zampe gli arrivava abbondantemente al ginocchio e le sue squame rilucevano di tonalità incandescenti, affascinandolo.
Ogni volta che posava gli occhi su di lei, un’intensa emozione lo pervadeva, inebriandolo.
E, ovviamente, il loro legame si andava intensificando giorno dopo giorno, oltre che a consolidarsi.
- Sono contenta che tu sia venuta! – la sentì dire, rivolta a Kagome.
- E io sono contenta che tu mi abbia voluto vedere! – rispose l’altra, guardandola dolcemente.
Inuyasha la osservò. Nonostante i loro giornalieri battibecchi… in qualche modo, quei giorni, li avevano passati sempre insieme. Ed aveva potuto capire perfettamente che in lei c’era qualcosa di naturale, di istintivo nel legarsi e nel fare in modo che tutti i Draghi che l’avevano incontrata le si fossero affezionati.
Evidentemente era vero… tra il Cavaliere Supremo e gli altri Draghi doveva esserci qualcosa che andava al di là della semplice comprensione.
- Inuyasha? -
“Mh?” mugolò, trasalendo nel sentire la voce di Harliem
- Spero che oggi tu abbia fatto il bravo…! – gli disse, con la voce che, chiaramente, insinuava qualcosa
“Che vorresti dire?! E poi che domande sono, non sei mica mia madre!” sbraitò lui, tra l’irritato e l’imbarazzato al pensiero di farsi riprendere in quel modo proprio davanti a quella ragazzina. Aveva il suo orgoglio anche lui!
- Comunque… - continuò la dragonessa, ignorandolo e facendolo irritare ancora di più mentre si sedeva vicino a loro, imbronciato – Inuyasha ti ha detto perché ti ho fatta chiamare? -
Kagome annuì.
“Mi ha detto se volevo fare una passeggiata… per me va benissimo, tanto per oggi ho finito con gli studi…”
- Bene! Perché, sai, è stata Varandir ad avere l’idea… visto che ormai non fa più così freddo, ha pensato di passare un pomeriggio tutti insieme, fuori -
“Ci sarà anche Kouga?” chiese la ragazza mentre Inuyasha inarcava un sopracciglio al suono di quel nome….
- Sì… ha detto che oggi non ha impegni… al massimo ci raggiungerà un po’ in ritardo -
“Bene! – disse allegra Kagome – È da un po’ che non lo vedo, è sempre così impegnato… avrei voglia di fare due chiacchiere con lui…. E poi ho anche voglia di vedere Slyfer!”
“Feh!” sbottò Inuyasha, non potendo fare a meno di trattenere quel grugnito
“Hai qualcosa da dire?” gli chiese calma la miko
“Tsk! Non riesco proprio a capire come tu abbia voglia di vedere quei due…. Bè, Slyfer si salverebbe anche se solo non si ritrovasse quel lupastro come Cavaliere da strapazzo!”
“Sì, peccato, però, che quel ‘Cavaliere da strapazzo ’ sia il capitano del Reggimento di Metallo!” ribatté, tranquilla, la ragazza
“Tzè!”
- Comunque… - si intromise Harliem –Allora vieni con noi? -
“Certo!” le rispose allegra l’altra, carezzandole le dure squame.
“Allora sarà meglio che ci diamo una mossa” disse Inuyasha, alzandosi “Siamo già in ritardo”
- Forza allora! – disse allegra la dragonessa, alzandosi dal suo giaciglio e avviandosi, trotterellando felice, verso la porta.
Kagome la seguì subito dopo e per ultimo Inuyasha, con la sua solita faccia tra l’imbronciato e lo scocciato.

“Salve ragazzi!”. La voce allegra di Miroku li accolse mentre si avvicinavano alla grande fontana circolare del grandissimo giardino del Palazzo.
Kagome si riparò gli occhi con una mano, ferita dalla luce abbagliante del sole che quel giorno brillava con tutta la sua forza.
Le temperature giornaliere andavano aumentando giorno per giorno anche se l’aria fredda del dopo inverno continuava a farsi sentire.
Ma quel giorno faceva insolitamente più caldo.
“Inuyasha cos’è quell’aria imbronciata?” gli chiese Miroku, guardandolo attentamente mentre l’Hanyou gli si sedeva di fianco sul bordo della fontana
“Feh!” grugnì l’altro, in risposta. Il ragazzo dal codino sorrise maliziosamente, avvicinandoglisi e mettendogli un braccio dietro le spalle
“Eheh… credo di aver capito…. Ti sei fatto fare la ramanzina da Harliem, non è vero?”.
Inuyasha, sentendosi punto sul vivo, lo scostò bruscamente con uno sguardo furente. Quella reazione, però, non fece altro che far allargare il sorriso sornione del Ningen
“Caro Inuyasha… non ti devi vergognare, so benissimo come ti senti!”
“Tu non sai un bel niente, Mago dei miei stivali!! E smettila di dire assurdità! Io non mi faccio fare la ramanzina proprio da nessuno!”
“Accidenti… vi siete appena visti e già litigate?” intervenne Sango, guardandoli, insieme a Kagome, con una faccia quasi insofferente
“Non è di certo colpa mia se questo idiota non fa altro che dire assurdità!” protestò il mezzo- demone
“Se le dice significa che tu gliene hai dato occasione…” si aggiunse Kagome, senza nemmeno guardarlo, accarezzando dolcemente le teste squamate di Sieg e Harliem sotto lo sguardo sereno di Varandir, accucciata vicino a loro.
“Pure tu ti ci metti adesso?!? E poi cosa vorrebbe dire che gliene ho dato occasione? Figurati se è per mia volontà che questo scemo continua a sparare cavolate!!” sbraitò Inuyasha, guardandola furente. No, non andavano proprio d’accordo.
“Dai, dai Inuyasha, calmati! Siamo qui per rilassarci non per litigare!” disse ingenuamente Miroku, circondandogli di nuovo le spalle con un braccio. L’Hanyou lo guardò furente
“Ma se è proprio per colpa tua che abbiamo cominciato!!” gli sbraitò contro cominciando a rincorrerlo – come sempre – per tutto il giardino.
- Ma perché devono essere sempre così infantili?!? – esclamò innervosita Varandir, guardando il suo Cavaliere
-Vi prego di scusare Inuyasha… è sempre così nervoso… - disse Harliem, sconsolata
“Non ti rattristare, non è mica colpa tua!” cercò di consolarla Sango.
- Allora Kagome… - cominciò poi Varandir – Come procedono i tuoi studi? -
Kagome la guardò per qualche istante per poi abbassare lo sguardo, rimanendo in silenzio
“Bè… procedono… solo che-”
“Buongiorno a tutte! Ma come… tranne Sieg, siete solo donne?” una voce a loro ben nota la interruppe.
Voltandosi, incrociò gli occhi azzurri di Kouga che le guardava sorridendo. Accanto a lui c’era il fedele Slyfer, più imponente e maestoso che mai.
A Kagome ritornò alla mente quando il Demone lupo volle farle incontrare il suo Drago. L’aveva portata nella grande Palestra del Palazzo e lì aveva potuto ammirare Slyfer durante i suoi esercizi di volo.
Senza fiato. Si era ritrovata a rimanere senza fiato per la figura maestosa del Drago.
Si ritrovò a fissare gli occhi argentati della creatura, così simili ai suoi.
- Buon pomeriggio, Slyfer – gli disse, con un tono tra il dolce e il referenziale.
- Buon pomeriggio… Kagome – le rispose quello e lei poté notare il certo imbarazzo con cui l’aveva salutata. Sorrise divertita.
“Ciao Kouga! – lo salutò Sango – Comunque non ci siamo solo noi… ci sono anche Miroku e Inuyasha solo che, come al solito, si sono messi a litigare e ora si stanno rincorrendo chissà dove per il giardino!”
“Uff… ma possibile che debbano sempre fare così quei due?!” sbottò irritato lo Youko sedendosi accanto a Kagome mentre Slyfer si accucciava poco distante da Varandir, salutando sia lei che i cuccioli mentalmente.
“Ma veramente… - cominciò di nuovo Sango – Tu fai lo stesso con Inuyasha…”.
I tre ragazzi rimasero in silenzio, consci della verità di quelle parole.
“Certo che oggi è stranamente caldo, non trovate?” sbottò l’ ookami Youkai, cambiando totalmente discorso.
Kagome e Sango lo guardarono con un sorrisetto tirato per poi sospirare sconsolate… sia Kouga che Miroku che Inuyasha erano… assolutamente immaturi.
“Kagome… i vostri studi… come vanno?” le domandò poi, il Demone, con un tono titubante, quasi temendo di farle del male nel porle quella domanda…. Forse anche lui, come gli altri del resto, aveva i suoi stessi dubbi.
Per la seconda volta tentò di rispondere a quella domanda quando irruppero Inuyasha e Miroku che, finalmente, dopo aver praticamente percorso l’intero giardino – e non un giardino qualunque… ma ettari e ettari… - avevano fatto ritorno.
“Ma… maledet…” cercò di dire il mezzo- demone, impedito dal fiato corto.
Miroku stramazzò direttamente sull’erba, respirando profondamente, ma, nonostante la stanchezza che lo pervadeva, sul suo viso era stampato un gran sorriso di soddisfazione.
“Ma non vi stancate proprio mai, voi due?!?” li riprese Kouga, dall’alto della sua ‘maturità ’….
“Accidenti… alla fine sei venuto sul serio!” disse seccato Inuyasha, cercando di riprendere un po’ di contegno
“Perché, la cosa ti disturba?” gli rispose in tono di sfida l’altro. I due si fissarono con sguardi fiammeggianti per alcuni momenti per poi voltarsi emettendo contemporaneamente un “Tsk!”.
L’Hanyou andò a sedersi sull’erba, accanto ad Harliem e lo stesso fece Miroku che si affiancò a Varandir.
I cinque ragazzi, insieme ai loro Draghi, rimasero in silenzio alcuni momenti, godendo del tepore della giornata.
“Ah, Kagome!” sbottò poi all’improvviso Miroku con un’aria più che entusiasta. La ragazza lo guardò incuriosita, aspettando che il cugino le riferisse quella che sembrava essere una grandiosa notizia
“Mio padre mi ha detto che dalla prossima settimana potrai cominciare ad allenarti con la Magia!” la informò, più contento che mai.
“Dici sul serio?!” gli domandò di rimando l’altra guardandolo a sua volta entusiasta.
Il ragazzo annuì vigorosamente
“E indovina chi sarà il tuo maestro…”
“Tu?!” gli chiese nuovamente, mentre un ampio sorriso le si stampava sul volto
“Precisamente! Vedrai, faremo scintille!”.
“Feh! – sbottò Inuyasha - Spero tu non seguirai alla lettera ciò che hai appena detto! Siete proprio convinti che sia sicuro insegnare la magia a questa ragazzina?! Potrebbe far saltare in aria il Palazzo in-” l’Hanyou si dovette interrompere perché una più che affilata lama gli puntava pericolosamente la gola.
Kagome, infatti, innervosita dalle sue continue offese, alla fine non aveva resistito all’avvicinarglisi e a puntargli contro la sua katana
“Hai altro da aggiungere o pensi di aver finito?! No? Bene, sappi che dopo che avrò appreso anche la Magia verrò a cercarti e ci batteremo così vedremo se salterai in aria tu o il Palazzo” e, detto questo, si scostò e si allontanò, dirigendosi dalla parte opposta a dove si trovavano loro.
“Accidenti! Questa volta si è arrabbiata sul serio!” disse Miroku, rabbrividendo.
“E ha fatto bene! – si intromise Sango – Inuyasha possibile che tu, nemmeno per una volta, possa risparmiarti di sputarle addosso il tuo veleno? Già ha le sue preoccupazioni a tormentarla e tu ci aggiungi pure le tue cattiverie…! Dove… dove vai Kouga?” disse poi, vedendo l’amico alzarsi in piedi
“Vado da Kagome” rispose l’altro, guardando la ragazza allontanarsi
“Ecco, è arrivato il lecchino della situazione! Sei patetico con questo tuo finto interes-” e nemmeno questa volta riuscì a terminare la frase perché il Demone lupo lo afferrò per la maglia, alzandolo di qualche centimetro da terra, soffocandolo
“Non ti permettere, Inuyasha! Tu non sai niente di me, perciò non ti azzardare mai più a sputare sentenze senza senso! E, soprattutto… se provi ancora a dire cattiverie su Kagome non risponderò più di me. Fino adesso ti ho considerato come un rivale degno di nota ma credo di aver sbagliato a giudicarti…” e dopo ciò lo lasciò malamente, per poi seguire Kagome.
Inuyasha tossicchiò, tastandosi la gola. Quella non era proprio la sua giornata.
Senza dire nulla cominciò ad allontanarsi rifiutando anche la compagnia di Harliem.
“Ma perché deve sempre finire così?!” esclamò Sango, amareggiata.
“Io credo che però non si odino veramente…” rifletté Miroku, guardando il cielo terso “Mah… so solo che non si può continuare così…” e i due rimasero soli, a contemplare la calma del giardino….

“Kagome!”. Kouga corse dietro la ragazza, raggiungendola in pochi istanti.
Lei si fermò, girandosi verso di lui.
“Tutto bene?” le domandò premurosamente lui, guardandola negli occhi. La ragazza sbuffò sonoramente agitando una mano davanti al volto.
“Sì, sto bene! È solo che quel cretino tutte le volte riesce a farmi perdere le staffe” rispose, seccata.
Però era vero. Anche Kouga dovette ammettere che aveva visto la ragazza scaldarsi solo con Inuyasha….
“Senti…” riprese poi Kagome con uno sguardo più rilassato
“Ti va di fare due passi?”. Lui la guardò sorpreso per poi sorridere. Era da alcuni giorni che non si vedevano e gli faceva più che piacere poter passare qualche momento con lei.
“Andiamo” le disse semplicemente, sorridendole.
I due presero a camminare tranquillamente per l’immenso giardino del Palazzo, dirigendosi verso la zona in cui la vegetazione era più fitta.
Proseguirono lentamente e silenziosamente, immersi in chissà quali pensieri.
Ma nonostante tutta quella calma che la circondava, l’animo di Kagome continuava ad essere agitato. L’aver letto, per l’ennesima volta, quella mattina, che lei non era nella pratica destinata ad essere il Cavaliere Supremo la faceva impazzire.
Alzando lo sguardo da terra rimase sorpresa nel ritrovarsi davanti un bellissimo lago su cui si rifletteva il sole che stava tramontando.
“Non pensavo ci fosse un lago, qui” sussurrò, incantata da quello stupendo scenario.
“Magnifico, vero?” disse Kouga, anche lui ammirato da quel paesaggio così familiare.
Kagome avanzò verso la riva del lago, specchiandosi nelle sue acque limpide. Dopo alcuni istanti sospirò, volgendo lo sguardo verso il cielo carminio.
“Cosa c’è che non va? È da quando l’ho vista che ho notato che c’è qualcosa che la preoccupa…” le chiese, affiancandosele
“Ti prego… te l’ho già detto di darmi del tu…” gli disse lei, guardandolo con un leggero sorriso
“Ah, sì… scusatemi, cioè, no, scusa…” balbettò in risposta l’altro, facendola sorridere.
Poi il suo sguardo si riposò sulla superficie piatta del lago, ammirandone la limpidità. Sospirò di nuovo e chiuse gli occhi, cominciando a parlare
“Non credo che potrò assolvere al mio compito in modo completo…” disse, in un soffio.
Anche Kouga emise un leggero sospiro.
“Te l’eri immaginato, eh?” gli chiese lei, con un mezzo sorriso, guardandolo.
“Immaginavo che sarebbe sorto questo problema. Chiunque sarebbe preoccupato, al tuo posto. Per il Cavaliere Supremo è diverso rispetto agli altri Cavalieri; lui, appena nasce, sa di essere il prescelto. E nel tuo caso è ancora più complicato visto che si è avuto un solo uovo…. Posso capire la tua frustrazione…”.
Kagome annuì, distogliendo lo sguardo.
“Ma nonostante tutto… - continuò l’ookami Youkai – Non devi nemmeno lasciarti andare. Secondo me vale la pena tentare”.
“Grazie… Kouga…” gli disse, flebile, lei. Era riconoscente al ragazzo per tutta la premura che le aveva dimostrato in quei giorni e anche per quel tentativo di rassicurarla… tentativo che, per quel momento, non si era rivelato immediatamente efficace. Ma una cosa era certa: non poteva arrendersi senza aver prima appurato con i suoi stessi occhi che non sarebbe diventata Cavaliere. Sarebbe stato doloroso ma almeno non sarebbe vissuta col rimpianto di non averci almeno provato.
“Credo che sia meglio se torniamo al Palazzo… si sta facendo buio…” le fece notare il Demone. Kagome annuì e, silenziosamente, fecero ritorno alla grande dimora degli Higurashi.

Poco distanti da lì stavano ancora altri due membri della compagnia, Miroku e Sango, intenti a godersi la calma e la bellezza del tramonto.
Erano rimasti solo loro due, visto che anche Varandir e Sieg si erano allontanati.
“Miroku…” lo chiamò, dopo alcuni minuti, Sango.
Il ragazzo dal codino volse i suoi occhi blu mare verso di lei, guardandola curioso, aspettando che la ragazza gli dicesse qualcosa. E quel qualcosa doveva essere importante, vista la sua espressione leggermente tesa e incerta. Sorrise, intuendo, forse, l’argomento che di lì a poco avrebbero affrontato.
Si alzò in piedi, allentandosi di pochi passi da lei, stiracchiandosi la schiena.
“Credo di sapere di cosa vuoi parlarmi…” le disse, senza voltarsi per guardarla.
“E- ecco io…” balbettò la ragazza, non riuscendo ad esporre i suoi dubbi e le sue domande
“Scommetto che ti sarai chiesta perché non ti ho detto che sono un Majutsushi, vero?” le chiese, sta volta voltandosi verso di lei e guardandola sorridendo.
Sango annuì, con le gote leggermente arrossate. Aveva fatto una pessima figura, pensò.
“Nonostante io ami profondamente la disciplina che con così tanti sacrifici sono riuscito a gestire… non ho mai ricevuto un qualche incoraggiamento o una qualche approvazione verso quella che era la mia stessa natura.
“Tu forse non lo sai ma non tutti i Maghi devono per forza apprendere la Magia… ce ne sono alcuni – e sono molto rari – che nascono con la magia nelle vene. Questo è il mio caso.
“Sono grato di avere questo dono, mi ha dato tante gratificazioni, mi ha permesso di dare il meglio di me, di far vedere quello che valgo…ma mi ha portato anche tante sofferenze” strinse i pugni, mentre immagini dolorose della sua infanzia e della sua adolescenza gli scorrevano davanti agli occhi.
“Miroku… - lo richiamò, flebile, Sango – Io… io non volevo farti tornare alla mente tristi ricordi. Non devi parlarne per forza…. Io… ecco… volevo solo capire come mai… ecco tu…”
“Da una parte avrei voluto dirtelo, sul serio. Ma non ero sicuro di come l’avresti presa. Troppe volte ho visto persone che fino a un momento prima mi parlavano amichevolmente per poi voltarmi le spalle e guardarmi con diffidenza. Noi Maghi non siamo proprio ben visti, la maggior parte delle volte!” ridacchiò, cercando di far sembrare la cosa meno importante di quello che era in realtà.
“Mi spiace. Non avrei mai pensato che…” disse Sango, mortificata anche per quello che lei stessa aveva pensato dopo aver saputo che Miroku era un Majutsushi.
“Non ti preoccupare. Avrei capito se ti fossi sentita a disagio. Non sei la prima né sarai l’ultima. E poi, se si tratta di ‘estranei ’ fa anche meno male…” sussurrò, con gli occhi pieni di dolore e di rabbia.
“Che… che vuoi dire?” osò domandargli la ragazza, incerta sul significato di quelle parole ma sicura di tutto quel dolore che leggeva negli occhi del Cavaliere.
Miroku la guardò, un sorriso sarcastico dipinto sul volto.
“Chi credi che sia stato, per primo, a farmi odiare, a farmi vergognare di quello che mi scorre nelle vene?” le disse, con la voce, di solito così calma e gentile, distorta in un tono sprezzante e di frustrazione.
“Non… vorrai dire…” balbettò Sango, sorpresa
“Già… mio padre…” disse lui in risposta, sorridendo tristemente
“Ma… ma perché?! Insomma…avrebbe dovuto essere fiero di te!”
“Non lo so per quale motivo… forse per gelosia…”
“Gelosia?”
“Credo sia sempre stato geloso del rapporto che c’era fra me e mia madre. Lei è sempre stata l’unica ad incoraggiarmi, a farmi credere che sarebbe stato meraviglioso se fossi diventato un grande Majutsushi e se fossi diventato Cavaliere… erano tutte qualità che a mio padre mancavano…”
“Tuo padre… non è un Cavaliere?! – esclamò sorpresa la ragazza del Nord – In effetti… ora che ci penso né tu né lui avete mai affermato il contrario… l’avevo dato per scontato…”
“Non sei l’unica, non preoccuparti. Però non lo è e per questo mi ha odiato e forse lo fa ancora…” disse, rabbioso
“No! Io non lo penso affatto! Non credo che tuo padre ti odi, anzi, penso che si senta molto in colpa per come ti ha trattato…!” disse con foga la ragazza, alzandosi e avvicinandoglisi
“Non lo so… - sospirò l’altro – So solo che ci sono tante, troppe cose in sospeso e che continuano a tormentarci… ma non credo che ora come ora possano essere risolte…. Forse, col tempo…” sussurrò, parlando più con se stesso che con Sango.
Lei sorrise debolmente, mettendogli una mano sulla spalla
“Sono convinta che tutto si aggiusterà. Ora hai anche Kagome accanto a te e hai amici fedeli che non ti volteranno le spalle”
“Oh, Sango…” bisbigliò lui, guardandola “Sei così dolce!” disse, infine, accarezzandole il fondoschiena.
“Maledetto porco!!” urlò lei, dandogli uno schiaffo e lasciandogli le solite cinque dita stampate sulla guancia.
“Possibile che tu non riesca mai a stare serio per cinque minuti?!? Sei irrecuperabile!!”
“Eheh!” ridacchiò l’altro in risposta, carezzandosi la guancia lesa.
“Comunque…” riprese poi, guardando la ragazza con uno sguardo furbo “Qui non sono di certo l’unico ad aver nascosto qualcosa…”
“Che… che vorresti dire?!” domandò Sango, sospettosa
“Non fare la finta tonta… so che, un tempo, anche tu eri una Syuryouka…”
“Come… come fai a saperlo…?” chiese di nuovo l’altra, questa volta con un tono molto più serio
“Me l’ha detto tuo padre… ma non è andato nei dettagli, non mi ha spiegato per quale motivo tu abbia lasciato i Cacciatori…” le disse, assumendo anche lui un tono serio.
La ragazza gli volse le spalle, fissando il terreno.
“Tre anni fa… li ho lasciati tre anni fa…” bisbigliò
“Perché?” le chiese, semplicemente, Miroku, con calma
“Ho faticato, ho lottato pur di far parte di quel corpo… ero stata così entusiasta, così orgogliosa di me stessa quando avevo superato la prova di ammissione. Credevo in quello che stavo facendo….
“Io, però, a differenza di tutti gli altri, ero diversa. Non ho mai detestato i Demoni in maniera indiscriminata… non potevo attribuire colpe a chi, invece, si rivelava essere innocente, non potevo, non era giusto, non è giusto. Ma loro…quelli del Nord sono così ottusi, a volte! – disse, stringendo i pugni per la rabbia.
“All’inizio ero entusiasta di farvi parte per i programmi che il corpo portava avanti, ero desiderosa di poter, con la mia sola forza, difendere chi ne aveva bisogno… ma non in quel modo”
“Cos’è successo?” la incalzò Miroku, vedendola tacere
“Hanno… hanno ucciso, sterminato un intero villaggio di innocenti…. Eravamo in cerca di un gruppo di Youkai che già da qualche tempo avevano fatto numerosi danni in diversi villaggi… e sulla nostra strada abbiamo avuto la sfortuna di incrociare un altro villaggio… ma loro non centravano niente con quelle aggressioni! – urlò dolorosamente al ricordo della distesa di cadaveri dopo il loro passaggio – Avevo cercato di fermarli… ma non ne ho avuto la forza… così, appena tornammo a Mendeon… ho lasciato per sempre gli Syuryouka” sul suo viso si dipinse un triste sorriso, al ricordo di quanto le era costata quella decisione.
“Mi spiace veramente… so che significa essere impotenti…”
“Quel che mi rammarica è il fatto che non era così, quando fu creato, il corpo degli Syuryouka. Ricercavano la pace, erano portatori di giustizia e aiuti… mentre ora sono solo una macchina con lo scopo di eliminare tutti gli Youkai, buoni o cattivi che siano…” disse, con gli occhi addolorati e rabbiosi. Quella situazione la faceva impazzire… il suo era un Paese giusto solo che, nel corso del tempo e a causa degli ultimi eventi… stava fabbricando macchine assassine… sperò, in cuor suo, che suo fratello avrebbe capito qual era la cosa giusta da fare, anche senza il suo aiuto e la sua guida.
“Noi Uomini, spesso… siamo peggio anche dei Demoni più sanguinari…. È nella nostra natura… quello che serve, in ogni epoca, in ogni era… è una guida giusta che sappia indirizzare il cammino di tutti verso una società migliore… ma purtroppo questo non accade così di sovente…” disse Miroku, guardando le prime stelle della sera
“Sango… forse non ti farà sentire meglio, ma io credo che tu abbia fatto la cosa giusta. Non è cosa da tutti avere il coraggio per andare contro corrente…” aggiunse poi il ragazzo, guardandola con un dolce sorriso.
La ragazza del Nord lo guardò, sorridendo a sua volta, rincuorata dalle sue parole.
“Dai, andiamo! Gli altri magari ci staranno aspettando!” disse allegra il Cavaliere, avviandosi velocemente verso l’entrata del Palazzo
“Ehi, aspettami!” Miroku le corse dietro, mentre il tappeto di seta blu e stelle cominciava a stendersi sopra la grande città di Eldoras.

[…]

Kagome, quella mattina, si svegliò davvero presto.
Non aveva mai avuto l’abitudine di dormire fino a tardi, ma quel mattino si era svegliata prima del solito.
Aveva deciso, si era convinta che non si sarebbe arresa alle poche probabilità di successo per quello che sarebbe stato il suo destino. Non era il tipo da abbattersi di fronte alla prima difficoltà.
Da quel giorno in avanti si sarebbe dedicata esclusivamente ai suoi studi e agli allenamenti.
Si vestì velocemente, scendendo in modo altrettanto frettoloso verso il primo piano sotterraneo per andare a fare una leggera colazione. In giro non c’era quasi nessuno.
Dopo essersi rifocillata si diresse verso la Biblioteca delle Ere.
Quel posto le piaceva davvero molto. A parte la vastità della raccolta che custodiva, la Biblioteca era stata curata sotto ogni punto di vista, sia nella struttura architettonica sia nell’estetica.
Si trattava di una stanza ottagonale con pareti altissime e tutte occupate da altrettante imponenti librerie dalle scaffalature ricolme di tomi.
Stranamente, quel luogo non era affatto permeato dalla tipica aria chiusa, dall’odore di muffa e piena di polvere solitamente caratteristica di luoghi di quel genere.
Infatti ogni libro era estremamente curato, pulito, anche quelli più vecchi e nascosti. Evidentemente era per via di un incantesimo, ipotizzò Kagome.
Oltre al preciso ed efficace sistema di illuminazione, il locale era estremamente illuminato grazie alle enormi finestre che, in modo alternato, occupavano le grandi pareti con i loro disegni colorati e le bellissime scene mitiche ivi rappresentate.
Il luogo ideale sia per rilassarsi che per trovare la concentrazione.
Appena entrata, Kagome si diresse verso una delle scaffalature più basse dove vi era un’intera sezione dedicata alla fisiologia dei Draghi. Prese qualche tomo e li andò a posare su uno dei tavoli più vicini ad una delle grandi finestre, in modo tale di poter godere il più possibile della luce naturale.
Poi si mise nuovamente alla ricerca di altri libri che potessero darle qualche altro tipo di informazioni. Ne scelse alcuni riguardanti lo sviluppo dei poteri magici dei Draghi e anche alcuni riguardanti la strutturazione della loro società.
Curiosa, oltre che di trovare libri riguardanti solo i Draghi anche di rintracciare qualcos’altro che potesse attirare la sua attenzione, salì sulla piccola scala che conduceva nella scaffalatura superiore.
Le pareti, infatti, erano costituite da una serie di modeste passerelle e scale, tramite le quali si poteva arrivare fino al soffitto.
Percorse lentamente una serie di quelle, passando gli occhi sui titoli di ciascun libro, stupendosi della varietà e della quantità di tomi che c’era per ciascun tipo di argomento. Alcuni di quei libri dovevano valere una fortuna.
Le era sempre piaciuto leggere ma, purtroppo, a Kandem, i libri costavano caro e lei solo poche volte si era potuta permettere il lusso di comprarne alcuni.
Le si illuminarono gli occhi al pensiero che ora aveva la possibilità di poter leggere ciò che voleva senza aver l’impedimento del denaro.
Guardando in alto, dopo aver passato anche la sesta scaffalatura e trovandosi già a parecchi metri dal suolo, la sua attenzione venne attirata da una targhetta dorata che luccicava poco sopra la sua testa.
Camminò veloce anche sulla sesta passerella per arrivare alla settima.
Si avvicinò al luccichio che prima aveva visto e si rese conto che la targhetta apparteneva a un tomo decisamente corposo.
Si trattava di un libro molto antico e, intuì, anche dal contenuto importante.
- Forse l’hanno messo qui perché non tutti lo potessero notare…in effetti sembra così antico… - pensò.
Sul fianco del tomo non era riportato né il titolo né l’autore perciò, seppur con una certa fatica vista la mole, estrasse il libro dalla scaffalatura, prendendolo tra le mani.
- ‘Il Drago Supremo ’ – così si intitolava. Cercò con gli occhi il nome dell’autore sulla superficie in pelle nera, consumata, rilegata in oro, finché notò, nell’angolo in basso a sinistra, una scritta sbiadita.
Anche se c’erano diverse lampade, la scritta era così chiara che quelle luci non bastavano per capire cosa vi fosse scritto.
Curiosa di capire a chi appartenesse quell’opera scese dalle passerelle, con il libro stretto tra le mani.
Tornò al tavolo su cui aveva posato gli altri libri e, sempre tenendolo in mano, si avvicinò alla finestra da cui proveniva una luce maggiore, per riuscire a capire quella scritta.
Le lettere, in modo quasi intervallato, erano molto sbiadite ma, bene o male, riuscì a distinguerle visto che la calligrafia era precisa e molto curata.
Con un po’ di difficoltà riuscì a rimettere insieme ogni lettera e man mano che ognuna di quelle si univa alle altre il suo sguardo, da curioso, si trasformò in una espressione di pura sorpresa.
“Que… questo…” balbettò, incredula “Questo libro… è stato scritto da Eldeor Higurashi?!?”.
Eldeor Higurashi. Il fondatore di Eldoras, il suo avo.
Depose, ancora con più cautela di prima, il libro sul tavolo, guardandolo incredula.
Né sfiorò la copertina con una mano, indecisa sul da farsi.
Ormai lo aveva trovato…tanto valeva leggerlo, pensò. Anche perché, sicuramente, non sarebbe riuscita a ignorarlo.
Come se fosse stato cristallo, sollevò con tutta la delicatezza che poteva la copertina in pelle. Le pagine del libro erano ancora perfettamente intatte e, a differenza della copertina, sembravano ancora immacolate e l’inchiostro ancora fresco.
Una cosa del genere non era possibile, si ritrovò a pensare. Anche su quel libro doveva essere stato effettuato un qualche tipo di incantesimo.
Prese a sfogliarlo, curiosa di venire a conoscenza di ciò che il fondatore della città aveva scritto di suo pugno.
Poté piacevolmente notare che il tomo, da come suggeriva il titolo, era incentrato esclusivamente sul Drago Supremo ed anche più in generale sui Draghi d’Oro.

‘ Tutti i Draghi, da quelli d’Acqua a quelli d’Oro, sono creature speciali, incomprensibili per tutte le altre razze.
‘ Ci sono cose inspiegabili anche per loro stessi e anche per gli stessi Cavalieri che, quasi totalmente, ne condividono le coscienze.

‘ Ciò che più di tutte è ancora oggi considerato come un mistero, è il rapporto tra le nascite dell’erede della Famiglia Reale e l’erede della Specie Suprema.
Ovvero ciò che lega me e il mio amatissimo Xerioth.

‘ Scrivo questo libro con l’intento di aiutare ma anche di guidare i Cavalieri Supremi futuri, coloro che si dovranno occupare, dopo di me, del nostro amato Paese e che dovranno difendere e tutelare la pace conquistata con così tante difficoltà.

‘ È nostro dovere, insieme ai Draghi nostri compagni, tutelare ciò che di più bello al mondo abbiamo: la libertà.

‘ Non venite mai meno a questo compito ’.

Questa non era altro che l’introduzione.
Parole sagge, parole dettate dall’amore e dalla giustizia.
Kagome sorrise…. Grazie a quel libro, forse, avrebbe potuto capire cose anche di se stessa.
Incoraggiata e ammaliata da quelle parole tanto belle, decise di continuare quella lettura, desiderosa di apprendere più cose possibili.
In fondo, chi meglio di un altro Cavaliere Supremo poteva darle le informazioni che cercava?

‘ I Draghi d’Oro sono in assoluto i più potenti. Sono color che, per eccellenza, rappresentano la specie dei Draghi.
‘ In loro racchiudono le caratteristiche di ciascuna specie, sintetizzandole in un’unica, potente, formidabile e maestosa creatura.
‘ Come il Cavaliere Supremo che, di norma, è dotato sia di poteri spirituali che magici, così il Drago Supremo riesce a impossessarsi di incantesimi anche di quarto livello oltre che a poter soffiare tutti i tipi di fiamma delle diverse specie.
‘ Per quel che riguarda la differenza tra maschi e femmine, più che nelle altre specie, in quella d’Oro è più che mai evidente.
Le femmine sono rivestite da un’armatura squamosa completamente dorata, così come i loro occhi.
I maschi, invece, sono completamente neri con gli occhi di un colore oro intenso.
La stazza fisica, tra i due, cambia di poco ed entrambi possono arrivare a raggiungere grandezze mastodontiche.

‘ Le femmine appartenenti alla specie d’Oro, però, sono meno fertili rispetto a quelle delle altre razze e le loro covate sono costituite da poche uova, in un numero variabile da un minimo di uno a un massimo di cinque.
‘ Il primo uovo è, per eccellenza, l’erede della Specie Suprema e, come ho già detto, la sua nascita coincide con quella dell’erede della Famiglia Reale.
‘ Non saprei però spiegare nemmeno la ragione per cui, oltre a coincidere il momento, coincidono anche i sessi dei due eredi ’.

Kagome sbuffò a quest’ultima affermazione. Anche qui, seppur in modo decisamente più dettagliato, le veniva detta sempre la stessa cosa.
Come poteva lei essere il Cavaliere Supremo? Ci fosse stato un secondo uovo… no, nemmeno quello poteva ‘salvarla ’.
Spostò lo sguardo dalle pagine del libro al paesaggio al di là della finestra.
Da quando si era recata lì alla Biblioteca erano passate circa due ore e ora la città brulicava di persone, chi indaffarato nel compiere le sue mansioni chi nel provvedere alla spesa per i pasti del giorno.
Era davvero una bella città. Le sembrava una sorta di Kandem ingrandita.
Il suo sguardo si incupì mentre la sua mente ritornava all’immagine di Kaede con il volto rigato dalle lacrime il giorno in cui era partita.
Si chiedeva cosa avesse dovuto provare la donna nel prendersi cura di colei che è stata la causa della morte di sua figlia…. Nuovamente la morsa dei sensi di colpa ritornò a far presa su di lei, facendola ritornare nello stato in cui aveva versato fino a pochi giorni fa. Tutte le volte che credeva di essere riuscita a smorzare quel dolore, lo stesso si faceva risentire e in maniera maggiore.
Nascose il volto tra le mani, col desiderio di scomparire.
I fatti erano chiari. Se il suo defunto fratello era stato l’erede della Famiglia Reale e se c’era un unico uovo era palese che non era lei colei che doveva o che avrebbe potuto ricoprire il ruolo di Cavaliere Supremo.
Tolse le mani dal volto e guardò nuovamente il grosso libro che aveva davanti.
Sconsolata, lo chiuse di botto, prendendolo tra le mani e avviandosi verso la scaffalatura in cui l’aveva trovato, per rimetterlo al suo posto.
L’avrebbe finto di consultare un’altra volta.
Dopo aver finito di riporre tutti i tomi al loro posto uscì dalla Biblioteca, camminando in maniera distratta.
Dopo alcuni minuti durante i quali non aveva prestato attenzione alla direzione da lei presa, si rese conto di essere arrivata in un punto del Palazzo a lei sconosciuto.
Si trovava in un largo corridoio, con poche porte alternate.
Una di esse attirò la sua attenzione: era decisamente più grande e più elaborata delle altre.
Curiosa, mise una mano sulla fredda maniglia di ottone laccato e la girò, contenta di vedere che la porta si apriva. Spinse leggermente quest’ultima ed entrò nella stanza, lasciando la porta socchiusa per avvertire l’eventuale arrivo di qualcuno.
La stanza era al buio ma, seppur con qualche difficoltà, riuscì a distinguere le pesanti tende che impedivano alla luce di filtrare attraverso le vetrate. Si diresse verso queste ultime e le tirò, rimanendo per alcuni istanti abbagliata dai raggi solari.
Si girò, cercando di abituarsi al cambiamento e quando i suoi occhi si abituarono alla luce del mattino si ritrovò a fissare un enorme dipinto.
I suoi occhi si allargarono di sorpresa mentre scorrevano lungo la grande tela.
Il quadro ritraeva… lei, da bambina… insieme alla sua famiglia.
Scorse le iridi incredule lungo la figura di quello che doveva essere stato suo padre. Un uomo alto, dai folti capelli castano scuri che, con il volto illuminato da un dolcissimo sorriso, posava una mano sulla spalla di una bellissima donna dai capelli neri, i suoi stessi capelli. Inconsapevolmente, si ritrovò a posare una mano sui suoi capelli mentre continuava a fissare il ritratto di sua madre. Due occhi color cioccolato sorridevano mentre tra le braccia stringeva un piccolo fagotto: lei. E di fianco alla donna vi era un bambino, somigliante in tutto e per tutto al padre. Si ritrovò a sorridere nel guardare l’espressione allegra del ragazzino mentre teneva posata su di lei la sua mano.
Quelli erano i suoi genitori e quello suo fratello.
Lacrime di dolore misto a gioia cominciarono a sgorgare dai suoi occhi argentei, mentre si stringeva le braccia con le mani, come a rannicchiarsi su se stessa.
Le erano stati portati via sia i suoi genitori naturali che quelli addottivi e, verso questi ultimi, non poteva far a meno di provare un forte senso di colpa.
Un singhiozzo le sfuggì, mentre la sua schiena era scossa da diversi tremiti.
Era la seconda volta che si ritrovava a piangere in quel modo e, ancora una volta, se ne vergognava.
Però, anche questa volta, insieme a lei, anche se non lo sapeva, c’era chi la prima volta l’aveva consolata: Inuyasha.
Inuyasha che, per quasi tutta la mattina, era stato sul punto di mettersi alla ricerca della ragazza senza sapere neanche per quale motivo. O forse lo sapeva…quello di scusarsi per quello che aveva detto il giorno prima.
Era stato sulle sue tracce fin da quando era stata nella Biblioteca ma, avendo sentito che se ne stava andando, si era allontanato in modo tale che non si incrociassero. Poi l’aveva seguita fin lì ed ora la fissava mentre piangeva di fronte all’immagine dell’infanzia che le era stata rubata.
Rimase immobile per alcuni minuti, con il solo sottofondo dei sommessi singhiozzi di Kagome per poi decidere di andarsene. La sua presenza, in quel momento, era totalmente inutile. Anzi, se l’avesse visto, forse, sarebbe stato anche peggio.
Perciò Kagome rimase nuovamente sola, versando le lacrime per quella vita che avrebbe potuto avere ma che, invece, le era stata sottratta ingiustamente.
Pianse ancora per diversi minuti fin quando riuscì a calmarsi, tornando di nuovo a fissare quel bellissimo dipinto. Sorrise tristemente per poi assumere uno sguardo serio e deciso.
Come il giorno in cui le avevano rivelato la sua vera identità, si rinvigorì in lei il motivo per cui ancora il suo corpo aveva vita: la vendetta.
Non sarebbe diventata un Cavaliere Supremo? Pazienza, avrebbe acquisito la forza necessaria per rimediare a questa mancanza.
Si sarebbe concentrata sui suoi poteri spirituali e su quei latenti poteri magici che sapeva di possedere.
Niente le avrebbe impedito di vendicare la morte di tutti coloro a cui aveva voluto bene e tutti coloro che erano morti ingiustamente per mano di Naraku.
Avrebbe svolto il suo dovere, avrebbe seguito le volontà di Eldeor: avrebbe tutelato, difeso, a costo della vita, la giustizia e la libertà dell’intero Continente.

FINE 15° CAPITOLO.

Non avete idea della fatica che ho fatto per scrivere questo capitolo. E non ne capisco il motivo…sarà la stanchezza.
Comunque, anche se un po’ più corto dei precedenti, ce l’ho fatta.
Non è che succeda niente di particolare ma, almeno, ho finalmente inserito e risolto la questione, finora rimasta in sospeso, riguardante Miroku e Sango, ci sono – giustamente – anche i nostri draghetti e ho pure descritto un po’ i Draghi d’Oro.
Comunque se non vi è piaciuto vi posso capire…non vi biasimo
. Bè, direi che non ho nient’altro da aggiungere…spero di aver accontentato Hikari che mi chiedeva della questione Sango- Miroku anche se per i Draghi di Terra dovrà aspettare ancora un po’.
Mi scuso ancora per il ritardo con cui ho pubblicato ma, come ho già detto, ho avuto qualche difficoltà.
Spero in vostri commenti e spero, la prossima volta, di pubblicare come mio solito lunedì. Vi auguro un Buon Natale e colgo l’occasione di dire, se qualcuno vuole contattarmi, che mi può trovare anche su Messenger! La mia mail è: fre_chan87@hotmail.it
Ancora tantissimi auguri di Buon Natale e di buone vacanze!
Baci,
ka-chan

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Capitolo 16
*** cap16 “ COME SI AVVERANO I DESIDERI?” ***


Salve a tutti, cari lettori! Scusate se anche questa settimana pubblico con qualche giorno di ritardo…ma sapete le feste, una cosa e l’altra…e poi dovevo tutelarmi anche dal fatto che quasi sicuramente, più che leggere la mia ff, eravate più impegnati a fare baldoria e a fare scorpacciate di panettoni…perciò ho preferito pubblicare oggi.
Con mio sincero stupore, sono rimasta piacevolmente sorpresa del fatto che lo scorso capitolo abbia avuto così tanto successo…vi giuro, non lo avrei immaginato, anzi.
Per questo vi ringrazio davvero tantissimo, riuscite sempre a farmi contenta!^^
Senza troppi indugi, passerei subito ai ringraziamenti: Topomouse; Lorimhar (bè…noi due ci siamo sentiti anche oggi pomeriggio!^^ Sono felice che la scena di Kagome che trova il quadro della sua famiglia abbia avuto così tanti consensi…in effetti è un po’ toccante…! Per quanto riguarda lo ‘scontro ’ tra Kagome e Inuyasha… mmh…non è detto che mi venga voglia di farlo davvero! – il ritorno di The Change2! Però, in effetti Kagome l’ho fatta un po’ ‘wonder woman ’! Ma io adoro Kagome e, forse sì, a volte mi faccio prendere la mano…!^^’…Però non è ancora venuta fuori del tutto, quindi vedremo…! Grazie, comunque, dei soliti, lunghissimi e completi commenti! Un bacio); Elychan; raska81; Honey ( Benvenuta, nuova commentatrice!^^ Sai, a Inuyasha umano…non ci avevo proprio pensato, sinceramente…ma ti assicuro che lo prenderò in considerazione, visto che non è una cosa da poco…. Per il monologo…bè, se ce ne sarà occasione, perché no!^^); cri-chan (Allora…sperando che lo leggano in molto persone…al Cavaliere Supremo, sempre e comunque, è destinato un Drago d’Oro. Ecco, così spero di aver chiarito tutti i dubbi, visto che non sei l’unica ad aver avanzato questa domanda^^); Mech (Fiuu…meno male, sono contenta che il dialogo tra Miroku e Sango ti sia piaciuto! E mi fa piacere anche sapere che sono riuscita a commuoverti nel capitolo 12, quando Kagome e Kaede si salutano…. Mi fa davvero piacere!^^); dona; Hikari_Takahishi87 (La mia fanfiction, a quanto pare, fornisce molti spunti d’ispirazione! La cosa è molto gratificante! Perciò, per me, non c’è problema se vuoi dipingere qualche scena della storia!^^ Mi fa piacere che anche a te il dialogo Sango/Miroku sia piaciuto perché, in effetti, aveva la sua importanza. Per quel che riguarda il dipinto…le spiegazioni sono in questo capitolo…. E per quanto riguarda il Drago di Kagome…questo è un argomento per il quale non posso lasciare dichiarazioni ^^ Comunque grazie per il lunghissimo commento come sempre pieno di lusinghe e complimenti! Grazie davvero!). Bene, dovrei aver ringraziato tutti…se mi sono scordata qualcuno…chiedo venia!
Quindi, senza perdere altro tempo, vi lascio al capitolo, sperando che vi piaccia!
Intanto che ci sono, auguro a tutti un Buon 2006! ^^

16° CAPITOLO “ COME SI AVVERANO I DESIDERI?”

Un ragazzo alto, di bell’aspetto, con un’espressione allegra sul viso, si aggirava per uno dei corridoio del Palazzo Reale di Eldoras.
Il corto codino alla base della sua nuca ondeggiava lievemente, insieme ai suoi ciuffi scuri, ad ogni suo passo.
Quella mattina era davvero contento.
Quella, sarebbe stata la sua prima giornata di lezione.
Toc, toc.
Bussò un paio di volte ad una grande porta in legno chiaro lucido.
Sempre con un largo sorriso stampato sul bel volto, il ragazzo attese che qualcuno gli aprisse.
“Buongiorno Miroku!” lo salutò la proprietaria della stanza.
“Buongiorno a te, Kagome!” rispose al saluto, accentuando il sorriso.
“Vieni, entra” lo invitò la ragazza dai capelli corvini che, legati nell’abituale coda, ondeggiavano ad ogni suo movimento come seta pregiata.
“Oh, stavi facendo colazione?” domandò il ragazzo, vedendo un grande vassoio ricco di leccornie posate su un grande tavolo al centro della sala.
Essendo l’erede degli Higurashi, Kagome, come suo diritto, era stata fatta alloggiare in uno degli appartamenti reali.
Questo era davvero grande, dotato di un grande salone a mo di soggiorno, un ampio salotto che dava su un grande balcone a sua volta affacciato alla maestosa città di Eldoras, una larga camera da letto e, in più, un enorme bagno, dotato di un vero e proprio furo *.
“Forse ho fatto male, però mi sono fatta portare da mangiare per due… non so, se ti va, possiamo fare colazione insieme…” domandò titubante la ragazza, guardando di sottecchi il cugino.
Questi la guardò leggermente sorpreso inizialmente… da quello che aveva potuto osservare, sua cugina, di solito, consumava una modesta colazione al mattino… e se aveva fatto portare tutte quelle pietanze voleva dire che ci teneva in modo particolare a mangiare con lui. Sorrise, intenerito.
“Certo, più che volentieri” le disse dolcemente, posandole una mano sul capo. Kagome sorrise, le gote leggermente arrossate.
Si accomodarono su due raffinate sedie in ferro battuto, cominciando a consumare la loro colazione.
“Allora… sei contenta?” le chiese Miroku mentre sorseggiava una tazza di spremuta di mirtilli
“E me lo domandi?! Non sai che fatica è stata aspettare una intera settimana!” rispose eccitata Kagome, guardandolo con gli occhi luccicanti
“Bene, è importante essere motivati” rispose lui, assumendo un’espressione saggia
“Farò del mio meglio, te lo prometto!” il Cavaliere osservò la cugina, in quel momento con il volto segnato da una espressione risoluta. Sorrise
“Lo so Kagome. Non potrai mai deludermi” le rispose, sorridendole affettuosamente. La ragazza arrossì lievemente. Suo cugino era la persona, da quando era arrivata a Eldoras, a cui si era affezionata di più… e lo stesso valeva per Sango con la quale aveva stretto una preziosa amicizia.
Ma con Miroku era diverso. Lo ammirava.
Fin dalla prima volta in cui aveva sognato del loro arrivo si era accorta, seppur in maniera inconscia, del vasto potere del ragazzo…ma non solo questo…era stata colpita della sua forza d’animo e della sua grande generosità.
Fin da subito l’aveva vegliata, si era preoccupato per lei.
E durante quei giorni in cui aveva cominciato a studiare le era stato ancora più vicino.
Le aveva anche raccontato, mentre parlavano della Magia, della sua triste infanzia e adolescenza e, dopo aver ascoltato quante difficoltà avesse dovuto affrontare per arrivare dove era arrivato, la stima nei suoi confronti era aumentata ancora di più.
Certo, si sentiva in una sorta di soggezione di fronte a tanta abilità e competenza, ma… non lo temeva, sapeva che Miroku l’avrebbe sostenuta e che avrebbe fatto di tutto per aiutarla ad accrescere i suoi poteri.
Lo considerava quasi un fratello. Arrossì a quel pensiero. Aveva paura che ciò che sentiva nei suoi confronti lo avrebbe messo in imbarazzo.
In poco più di un mese si era ritrovare a provare cose, sentimenti che aveva sempre cercato di soffocare.
E ancora non capiva se stava facendo la cosa giusta. A volte la tentazione di indossare nuovamente quella maschera di freddezza che l’aveva accompagnata durante gli anni precedenti era tanta ma ora…c’era qualcosa che glielo impediva. Certo, non l’aveva abbandonata del tutto, in qualche modo si doveva pur difendere, ma non era più come prima. Era cambiata e in maniera anche profonda.
“Kagome?” la chiamò Miroku, facendola trasalire
“Eh? Ah, scusa… mi ero distratta” disse, accennando un sorriso.
Finirono di mangiare con tranquillità, infine decisero di avviarsi. Era ora di allenarsi.
Miroku la condusse all’esterno del Palazzo, dirigendosi verso l’ampio giardino della residenza degli Higurashi.
Però, in questa occasione, la portò in un’area del giardino che non aveva mai visto prima.
Si fermarono quando furono di circa un chilometro e mezzo lontano dal Palazzo, il quale rimaneva alle loro spalle.
“Non ero mai venuta qui…” disse Kagome, guardandosi intorno.
Quel luogo aveva qualcosa di strano. Era come trovarsi in una stanza… le cui pareti, però, erano formate da alberi e piante.
Al centro di questa specie di stanza – quadrangolare e di un diametro di circa otto metri - , distanti l’uno dall’altra circa due metri, vi erano quattro pilastri… o, almeno, così si potevano definire.
“Ma questi… cosa…” balbettò perplessa la ragazza
“Ti do il benvenuto nella Dimensione degli Elementi” le disse Miroku, avvicinandosi ai quattro pilastri
“Dimensione… degli Elementi?” ripeté, scandendo le parole, Kagome e guardandolo confusa
“Esattamente. Come avrai sicuramente notato questo non è un posto normale…”
“Direi proprio…”
“Questo luogo è stato creato tramite la Magia. È un campo di allenamento”.
Kagome si guardò nuovamente intorno. Quello… era un campo di allenamento?
“All’interno di questa ‘stanza ’, chiamiamola così, si trovano, con i loro pieni poteri, i cinque elementi: legno, terra, aria, fuoco e acqua” disse il ragazzo, volgendo lo sguardo verso i quattro pilastri.
Dirigendo il suo sguardo verso lo stesso punto, Kagome capì come mai quei pilastri erano tanto strani. Tutti e quattro erano sospesi nell’aria e ciascuno composto da uno dei cinque elementi.
Quello del fuoco, formato da una lunga e incandescente fiamma, talmente intensa che sembrava solida; quello della terra, formato da una colonna di terra che, aguzzando la vista, si muoveva in continuazione, contorcendosi quasi su se stessa; quello dell’aria, costituito da un continuo e intenso turbinio che, con la sua forza, formava una vera e propria colonna e, infine, quello dell’acqua, formato da una fluida e violenta lingua d’acqua, talmente intensa che, come per il fuoco, sembrava davvero solida.
Kagome contrasse le sopracciglia. Quattro. I pilastri erano solo quattro. Fuoco, terra, aria e acqua. E il legno?
“Tu hai nominato cinque elementi, ma io vedo solo quattro pilastri. Vuoi dirmi che la stanza stessa costituisce il quinto elemento?” disse la ragazza, sollevando lo sguardo verso il tetto di spessi rami e foglie verdi che aveva sulla testa.
“Ottimo! L’arguzia è un’importante qualità per un Mago – disse soddisfatto Miroku - È proprio come hai detto… questa stanza, queste pareti di tronchi e rami, costituiscono il quinto elemento che è, appunto, il legno. E la prima ‘prova ’ è superata!”
“In che senso, la prima prova?”
“Non credere che tutti quelli che sono venuti in questa stanza siano stati così abili nel capire quello che tu hai intuito così velocemente…. Io, ovviamente, ci sono arrivato subito, a suo tempo eheh!” ridacchiò, vantandosi, il ragazzo. Kagome sorrise divertita
“Bene, allora veniamo a noi”
“Cosa devo fare?” domandò impaziente la ragazza
“Prima di tutto devo avvisarti: per intraprendere, per affinare o anche solo per allenare questa formidabile e antichissima disciplina ci vuole pazienza. Le cose da imparare sono molte e ognuna più complicata dell’altra.
“Ti dico questo per la tua stessa incolumità. Se usi un incantesimo senza conoscerne affondo le caratteristiche puoi finire per gestirlo male e, alla fine, chi ne paga le conseguenze saresti solo tu.
Kagome, ciò che ti insegnerò potrai usarlo a tuo piacimento ma ricorda… la Magia è misteriosa e pericolosa, soprattutto. Tu hai un grande potere e ciò che meglio dovrai imparare sarà saperlo gestire. Non voglio spaventarti ma è necessario che io ti avverta di tutti i rischi possibili…. Anche se i tuoi intenti possono essere giusti e buoni, se li userai in modo scorretto… quegli incantesimi che tu impiegherai per fare del bene porteranno solo dolore, soprattutto nel tuo caso, visto che disponi di così tanta forza.
“A questo proposito, però, c’è una sorta di soluzione. Ti sei mai domandata, come mai, gli eredi della Famiglia Reale possiedano sia poteri spirituali che magici? La forza spirituale è in forte contrasto con quella magica. Sono due tipi di potere entrambi molto antichi ma profondamente diversi. Ciò che può aiutarti a gestire la forza magica che è in te è proprio il tuo potere spirituale che, come tu stessa ti sarai accorta, si è sviluppato in modo naturale.
“Nel mio caso è diverso, la Magia, in me, si è sviluppata, si è evoluta insieme alla mia crescita…ma questo solo perché io non dispongo, se non in maniera esigua, di poteri spirituali.
“In te, invece, che possiedi una forza spirituale molto forte, questa, sviluppandosi, ha frenato e, in un certo senso, bloccato la tua forza magica. Il tuo allenamento consisterà proprio nel liberare quest’ultima”.
Kagome rifletté attentamente su quelle parole… lei aveva il potere di distruggere, anche se mossa da buone intenzioni. Rabbrividì al pensiero. Lei desiderava acquisire, sviluppare i suoi poteri solo per aiutare tutti coloro che ne avrebbero avuto bisogno.
Le tornò alla mente il giorno in cui si erano incontrati la prima volta…nella sua mente il pensiero di sconfiggere Naraku ad ogni costo era così intenso che era arrivata addirittura a pensare che sarebbe passata sopra qualunque cosa pur di sconfiggerlo.
La cosa la scosse violentemente. Sì, la vendetta, ora, era la cosa che più le premeva ma…come aveva potuto pensare delle cose simili?
“Se… se ci fosse la possibilità, per sbaglio o per mia stessa volontà, che degli innocenti vengano coinvolti per via di un mio incantesimo… promettimi che farai di tutto pur di fermarmi, anche uccidermi” disse infine, rivolta al cugino e guardandolo con estrema serietà. Lui le restituì lo sguardo, intuendo i suoi pensieri.
“Mi chiedi molto ma… te lo prometto…” disse, assumendo, ora, un’espressione triste
“Grazie, so che ti ho fatto una richiesta difficile ma… è giusto così” disse lei, con un leggero sorriso sulle labbra.
“Forza ora!” esclamò Miroku, spezzando l’ atmosfera pesante che si era creata
“Direi ufficialmente aperto il nostro primo giorno di lezione. Per oggi non dovrai fare niente, se non concentrarti. Dobbiamo partire dalle basi e, nonostante ci sia bisogno di fare le cose il più velocemente possibile vista la situazione, in questo caso non si può fare. Non possiamo sottovalutare o tralasciare niente quando si tratta di Magia.
“Comunque, il tuo allenamento, per la prima fase, si terrà sempre qui. Questo perché la Magia è fondata sui cinque elementi. È da questi ultimi che dovrai imparare a sfruttare i tuoi poteri. La natura è a tua disposizione e può offrirti un’immensa fonte di potere se solo sai usarla nel modo giusto, è molto importante.
“Ciascun elemento può offrirti un modo diverso di poter impiegare i tuoi poteri. Ci sono elementi adatti solo per difendersi ed altri che si prestano per attaccare. Bisogna solo imparare a conoscerne le proprietà. Per esempio, il vento, è più adatto per gli incantesimi di difesa o di sigillo mentre il fuoco è l’opposto perché sprigiona la sua massima potenza negli incantesimi di attacco.
“Ricordati, inoltre, che la fusione tra la tua Magia e quella degli elementi può ampliare la tua capacità di penetrazione mentale e, cosa ancora più importante, ti consente di aumentare la sintonia magica con il tuo Drago, in modo tale che, in casi di necessità, tu possa attingere alla sua forza e viceversa”
“Sempre se avrò un Drago…” si lasciò sfuggire Kagome. Miroku la guardò… lui e la cugina avevano passato una intera giornata su questo argomento e, purtroppo, seppur avesse cercato di rassicurarla, questo non era avvenuto… ma era più che comprensibile.
“Quello che dovrai fare oggi sarà solamente sentire la forza degli elementi intorno a te. Devi entrare in sintonia con ciò che ti circonda. Non sarà una cosa facile, anche se tu sei abbastanza avvantaggiata dal fatto che hai dovuto imparare anche a gestire il tuo potere spirituale e, per cui, essendo tu una miko, sai concentrarti. Ma questo non basta…all’inizio riuscirai a sentire un elemento alla volta ma dovrai arrivare al punto di percepirli contemporaneamente. Ed è logico che, nel corso di una battaglia, dovrai saper richiamare tutti gli elementi nel minor tempo possibile…”
“Cosa devo fare di preciso? Cioè… è una specie di meditazione?” domandò Kagome
“In un certo senso, sì… ma io non posso dirti più di così… sei tu quella che deve mettere in pratica i miei insegnamenti”
“Allora posso fare a modo mio?”
“Assolutamente. Ognuno impara a gestire la propria forza a modo suo…” le disse il ragazzo, sorridendole.
“Bene” e, dicendo questo, si diresse verso un grosso tronco, si sedette sull’erba e appoggiò la schiena all’albero. Chiuse gli occhi, respirando profondamente. La cosa migliore era stare a diretto contatto con l’elemento stesso.
Miroku la osservò, per poi mettersi seduto anche lui. Anche se sapeva che la cugina possedeva una grande forza ci sarebbe voluto del tempo…conoscendo soprattutto la sua abitudine di voler fare le cose al meglio.
Si distese sull’erba fresca e profumata, mettendosi tra i denti il lungo gambo di un fiore, chiudendo gli occhi e godendo della pace di quel luogo.
Immerso in quell’atmosfera, la sua mente viaggiò tra i suoi ricordi… la maggior parte dei quali erano ambientati proprio lì. Oltre che il luogo dei suoi allenamenti, quello era stato anche il suo rifugio, il suo posto di meditazione… di fuga dalla realtà troppe volte così dolorosa.
Era da un po’ di tempo che non ci era tornato… si rese conto di quanto gli fosse mancata quell’atmosfera.
Inspirò a fondo, un sorriso a incurvargli le labbra.
A quel luogo potevano avere accesso solo chi era dotato di poteri magici, acquisiti e non. E ad Eldoras ce n’erano ma almeno, tra quelli… non vi era suo padre. L’unica persona dalla quale era sempre fuggito.
Miroku corrugò la fronte. In quel momento non voleva proprio pensare a suo padre… intanto che era lì ne avrebbe approfittato per fare uno degli esercizi di rilassamento che gli erano stati insegnati… era da tempo che non ne aveva occasione.


Lontano da lì se ne stava un annoiato mezzo- demone. Proprio perché magica, la Dimensione degli Elementi non era percepibile grazie al semplice fiuto… anche se, chiaramente, per un Drago era più che semplice individuarla.
Inuyasha se ne stava appollaiato su un grande albero di ciliegio, con un’espressione di pura noia dipinta sul volto. Sbadigliò sonoramente.
- Si può sapere che hai in questi giorni, Inuyasha? Sei sempre così scocciato… - la voce squillante di Harliem gli si insinuò nella mente. Il ragazzo abbassò lo sguardo sulla dragonessa che stava sotto di lui, accoccolata sul soffice prato, illuminata dai raggi del sole che facevano risplendere la sua corazza fiammeggiante
“Mi annoio!” brontolò quello in risposta, sbadigliando un’altra volta
- Mmh… chissà perché sei ridotto così proprio da una settimana… e guarda caso è giusto da una settimana che Kagome ha cominciato a studiare e ad allenarsi intensamente, tant’è che non la vediamo quasi mai… - disse il Drago, con un tono decisamente malizioso
“Cosa vorresti dire?!? Quella ragazzina non c’entra niente!!” sbraitò l’Hanyou in risposta con il volto arrossato
- Va bene, va bene, non ti arrabbiare! – ridacchiò Harliem mentre il Cavaliere la guardava storto.
Il suo viso assunse un’espressione imbronciata ripensando alle parole della dragonessa anche se… in effetti… non aveva tutti i torti…. Quello che gli mancava era… erano i continui battibecchi con quella ragazzina! In quelle occasioni poteva sfogarsi, era così facile far irritare quella Kagome – e la cosa valeva anche per lui….
Un sorrisetto divertito gli si dipinse sul volto mentre nella sua mente si affacciava l’immagine di una Kagome con le gote arrossate per la rabbia. Già, sentiva decisamente il bisogno di litigare con quella mocciosa.
Ma quella stupida era praticamente scomparsa da una intera settimana e, da quello che aveva capito, quello era anche il suo primo giorno di allenamento con Miroku che le avrebbe insegnato la Magia. Sul suo volto si dipinse un’espressione di disgusto mentre ricollegava quell’arcano potere all’immagine di Naraku.
“Oh, eccolo il nostro eremita!” una voce lo fece trasalire. Guardò sotto di sé e i suoi occhi si posarono sulla figura di Sango
“ ‘Giorno” biascicò, non troppo convinto.
“Accidenti, sei già in questo stato? E dire che è appena mezzogiorno!” disse la ragazza, infastidita. Sieg, di fianco a lei, sbuffò come suo solito, osservando il mezzo- demone
- Mi chiedo ancora del motivo per cui se ne stia sempre sugli alberi! Non è mica un gatto! – disse, sbuffando nuvolette di fumo mentre il suo Cavaliere rideva divertita per quell’affermazione
“Che c’è da ridere?!” la riprese Inuyasha, alzando un sopracciglio
“Oh, nulla!” fece finta di niente l’altra, volgendo la sua attenzione verso Harliem che, nel frattempo, le si era avvicinata per farsi carezzare
“Buongiorno piccolina! Sei sempre più bella, sai?” le disse affettuosamente la ragazza
- Oh, grazie! – rispose l’altra, gratificata da quelle parole mentre, invece, Inuyasha e Sieg le guardavano quasi disgustati
“Come mai qui?” le domandò poi l’Hanyou, scendendo, finalmente, dall’albero
“Niente di particolare… volevo un po’ di compagnia!” gli rispose sorridente lei
“E come mai hai scelto proprio me? Non credevo di essere così di compagnia…!” rispose l’altro, tra l’ironico e il sinceramente stupito
“Oh, bè, Kouga era impegnato, Kagome e Miroku non ci sono… rimanevi solo tu!”
“Ah…” riuscì a dire solamente, Inuyasha, non aspettandosi una risposta del genere.
Sango cercò di rimanere zitta ma, non riuscendo più a trattenersi, scoppiò a ridere
“Ahahah! Inuyasha! Avresti dovuto vedere la tua faccia! Ahahah!”
“Maledetta! Mi hai preso in giro!!” sbraitò lui, guardandola con occhi fiammeggianti
“Scusa… è che… ahahah!”
“Smettila di ridereee!!” urlò ancora l’altro, avvicinandosi pericolosamente alla ragazza del Nord. Ma non riuscì che a fare pochi passi perché Sieg si antepose al proprio Cavaliere, in difesa. Inuyasha si bloccò, guardandolo
“Ehi… cos’è quello sguardo?! Non voglio mica mangiarla!” disse, avendo notato lo sguardo inviperito del Drago
“Sì, Sieg… Inuyasha è un tenerone, non potrebbe mai farmi male!” lo prese ancora in giro Sango
“Cosa sarei io?!?” sbraitò sempre più irritato
- Sango, meno male che sei arrivata! Almeno adesso ha smesso di sospirare in quel modo così languido! – si intromise Harliem
“Ah sì? E come mai sospiravi in modo languido, Inuyasha?” gli chiese con tono malizioso Sango mentre Harliem se la rideva
“Ma quale modo languido! Non stavo nemmeno sospirando!!” urlò, sempre più rosso
“Ma perché perdo tempo ancora con voi?!?” disse poi, mettendosi una mano sulla fronte
“Su, su… infondo ti diverti, non è vero?” gli disse Sango, sorridendogli
“E adesso che c’è anche Kagome è ancora più divertente! E poi è così carina quella ragazza!”
“Ma quale carina e carina?!? È solo una mocciosa viziata e capricciosa! Altro che carina, è una vera e propria racchia!” disse l’Hanyou con aria convinta.
Sango e Harliem si lanciarono uno sguardo di intesa mentre Sieg le guardava quasi rassegnato e compatendo il mezzo- demone che non aveva capito con chi aveva a che fare. Comunque, almeno, lui non gli dava più di tanto fastidio… colui che non sopportava era quel polipo di un Miroku! Al solo immaginarsi il volto lussurioso del Cavaliere, il Drago cominciò a sbuffare con gli occhi arancio che lampeggiavano d’ira.
“Una racchia, eh? Ma se quando l’abbiamo vista la prima volta te la sei mangiata con gli occhi!” riprese Sango, rivolgendo uno sguardo malizioso all’ Hanyou… era troppo divertente metterlo in imbarazzo!
“M- ma non… non è vero!!” sbraitò quello col volto arrossato. La ragazza del Nord stentava a non ridergli in faccia.
“E poi chi è che le è corso dietro per consolarla il giorno in cui è venuta a conoscenza della sua identità?! E devi essere stato anche bravo visto che è tornata insieme a te come se l’avessero riempita di tranquillanti!”
“Non dire assurdità… è stato solo per… per…” balbettò il ragazzo, senza riuscire a trovare un’argomentazione valida
“Per…?” lo incalzò Sango, avvicinandoglisi e guardandolo in attesa.
L’Hanyou deglutì a vuoto, sempre più agitato… non era da lui rimanere senza parole… cosa che, ultimamente, accadeva sempre più spesso e sempre per colpa di Kagome. Quella ragazzina gli stava creando un mucchio di problemi, anche se non c’era lei stessa presente.
“Ehi, ehi, che succede qui?! Parlate di cose piccanti e mi escludete?” una voce interruppe quell’imbarazzante conversazione e Inuyasha ringraziò all’infinito quell’intrusione propizia
“Oh, Miroku!” disse Sango, abbandonando la sua attenzione dall’Hanyou
“Ma… quella è Kagome! Cos’è successo?!” domandò, agitata, vedendo l’amica sulle spalle del Cavaliere, incosciente, e avvicinandosele
“Oh, non ti preoccupare, è per via dell’allenamento. Come al solito, ha voluto strafare!” le disse quello in riposta, sorridendo. Inuyasha guardò il volto della ragazza sulle spalle del Majutsushi… sembrava davvero esausta
“Inuyasha!” lo richiamò Miroku
“Mmh?” mugolò quello
“Potresti portare Kagome nel suo appartamento?” gli chiese, porgendogli la ragazza tra le braccia.
“M- ma perché devo farlo io?!?” sbraitò l’Hanyou, prendendo meccanicamente tra le sue braccia Kagome
“Perché io devo parlare urgentemente con Sango! Su, ora vai!” insistette, spingendolo da dietro
“Va bene, va bene! Basta che la pianti! Tsk, che scocciatura!” e con quest’ultima lamentela, il mezzo- demone si avviò verso il Palazzo Reale.
Sango e Miroku lo guardarono allontanarsi, la ragazza priva di sensi tra le sue braccia.
“Allora… - cominciò Sango, osservando il Majutsushi mentre si accoccolava all’ombra di un grande albero – Di cosa mi devi parlare?” gli chiese
“Eh? – disse l’altro, guardandola allibito – Ah! No, niente, quella era solo una scusa!”
“Intendi dire che non è vera la storia che mi dovevi parlare?! Ma perché?!”
“Oh, niente… pensavo solo che Inuyasha sarebbe stato contento!”
“Certo che sei proprio strano, tu!” esclamò la ragazza del Nord, sedendogli accanto. Il ragazzo dal codino se ne accorse e, fulmineo, stava già per entrare all’attacco quando, ancora una volta, la sua mano venne bloccata dall’altrettanto fulmineo intervento di Sieg che, ora, si ritrovava con la sua mano tra i denti.
“Accidenti!! Sieg, mi fai male!!” piagnucolò il Cavaliere, cercando di ‘riappropriarsi ’ del proprio arto
“Miroku, ormai dovresti saperlo che quando c’è Sieg non puoi fare nulla!” gli disse tranquillamente Sango mentre l’altro, finalmente libero dalla morsa del Drago, soffiava sulla nuova ferita
“Non importa! Nessun ostacolo potrà impedire al mio amore di trionfare!” disse plateale, in risposta, il ragazzo, mentre la Sango sospirava rassegnata
“Comunque… com’è andata la prima lezione?” gli chiese, cambiando totalmente argomento. Anche l’espressione di Miroku mutò. Sul suo viso, infatti, si dipinse un largo sorriso insieme a uno sguardo di completa soddisfazione
“Come ho già detto… faremo scintille, io e Kagome!” si limitò a risponderle, lasciandola perplessa. Ma poi anche lei sorrise, vedendo la sue espressione così soddisfatta.


“Ma tu guarda questa come se la dorme beata!” borbottò Inuyasha mentre, con ancora tra le braccia Kagome, si dirigeva verso l’appartamento di quest’ultima.
Nonostante l’apparente scocciatura nel dover accompagnare proprio lui quella ragazzina nella sua stanza, stava procedendo lentamente, come per paura di svegliarla.
Con calma, raggiunse il primo piano superiore per poi dirigersi verso l’ala in cui stavano le camere reali.
Annusando l’aria riuscì a individuare l’appartamento da cui, seppure lievemente, proveniva l’odore della miko… un odore davvero particolare. Tanto particolare quanto buono.
Facendo attenzione, aprì la porta dell’appartamento, senza emettere il minimo rumore.
Si guardò intorno, stupendosi della grandezza e della bellezza delle stanze, ognuna con un proprio tema decorativo.
Quasi immediatamente riuscì a trovare la camera da letto. Si diresse perciò verso il grande letto a baldacchino adagiando su di esso, con estrema delicatezza, una Kagome ancora addormentata.
La coprì con una coperta leggera per poi sedersi su una sedia lì vicino al letto e rimanendo ad osservarla.
Il suo non sembrava un sonno tranquillo… il suo viso era contratto in un’espressione tesa e il suo respiro a volte era irregolare. Si chiedeva cosa potesse tormentarla anche nel sonno.
Comunque… nonostante il viso non fosse rilassato… era innegabile che Kagome fosse davvero bella.
Nonappena formulò quel pensiero arrossì violentemente ricordandosi anche la figuraccia che aveva fatto poco prima con Sango.
Era impazzito. Ne era consapevole.
Appoggiò le braccia sul letto e vi nascose il viso.
Come poteva pensare certe cose proprio lui? Primo: non gli interessavano le donne, figurati una mocciosa! Secondo: non aveva tempo da perdere in cose simili – mica era Miroku! Terzo: …una terza motivazione…non riusciva a trovarla.
Rialzò lo sguardo verso Kagome guardandola con un’espressione indecifrabile. Una miscela di emozioni erano dipinte sul suo volto, così intense da farlo star male.
“M- mmh…” sentì mugolare la ragazza e spaventandosi pensando che si stesse svegliando. Ma non era così… era semplicemente agitata… forse stava avendo un incubo.
“Mi… mi dispiace…” la sentì biascicare mentre alcune lacrime scendevano da uno dei suoi occhi chiusi.
Rimase impietrito di fronte a quella scena. Che i suoi rimorsi, i suoi sensi di colpa fossero così profondi?
Ma… non sembrava affatto… tutte le volte che l’aveva vista… non gli era mai parso che la ragazza soffrisse in modo particolare.
Come…come poteva, come riusciva a soffocare in quella maniera tutto quel dolore? Come poteva farlo gravare in quel modo sul suo animo?
In quel momento comprese appieno il rimprovero che gli fece Sango giorni prima, quando aveva avuto l’ultimo litigio con Kagome.
Ma forse, in realtà, lui sapeva benissimo quanto quella ragazza stesse soffrendo solo che….
Sbuffò. Tanto non poteva fare niente.
La guardò ancora, asciugandole, poi, alcune della lacrime che erano sul suo viso.
Poi, si alzò bruscamente e se ne andò, senza più rivolgerle alcuno sguardo.

[...]

Alcuni giorni dopo una Kagome completamente ripresa dal primo allenamento, si trovava nella grande Biblioteca delle Ere intenta a sfogliare l’antichissimo libro del sovrano Eldeor.
Ovviamente, non era venuta a sapere del fatto che giorni prima era stato proprio Inuyasha a portarla nella sua stanza altrimenti sarebbe scoppiato, sicuramente, un putiferio.
E non si era potuta accorgere nemmeno di qualche particolare, visto che lei e l’Hanyou non si erano più ‘incontrati ’.
“Allora…” disse pensierosa, sfogliando lentamente, pagina per pagina, l’antico tomo.
“Possibile che Eldeor non abbia scritto niente a proposito…? Ah, ecco!” esclamò entusiasta, avendo trovato ciò che cercava.
‘ La Cerimonia del Destino ’.
Questo, il titolo del paragrafo.

‘ La Cerimonia che vede la scelta da parte del Drago Supremo nei confronti del Cavaliere Supremo prende il nome di Cerimonia del Destino, che si differenzia dalla Cerimonia della Scelta.
Il nome cambia proprio perché l’erede della Famiglia Reale è destinato a essere un Cavaliere, e, in particolare, a essere il Cavaliere Supremo, come è destino che il suo Drago sia il Drago Supremo.
Lo scopo della Cerimonia, comunque, non si discosta di molto da quello della Cerimonia della Scelta, poiché, infatti, l’erede della Famiglia Reale deve limitarsi a sfilare davanti all’unico uovo di Drago, quello che è venuto alla luce lo stesso giorno della sua nascita.
La Cerimonia è più una formalità che altro, perché è sicuro che il Drago Supremo scelga l’erede della Famiglia Reale.

“Grazie tante per l’incoraggiamento, Eldeor…” sbuffò Kagome, richiudendo il libro.
Più andava avanti a leggere e più capiva che per lei non c’era speranza.
Volse lo sguardo verso il grande orologio appeso alla parete che segnava le cinque e mezza del pomeriggio.
Guardandolo di sbieco, prese tra le braccia il pesante tomo che fino a quel momento le aveva dato solo brutte notizie e lo andò a riporre nel solito posto.
Non sapeva che fare…era così demoralizzata che non aveva nemmeno voglia di allenarsi con la Magia – cosa assolutamente inconsueta per lei.
Cominciò a domandarsi quando il Governatore le avrebbe permesso di affrontare la Cerimonia del Destino, ormai era decisamente preparata. Anzi, se non si fosse tolta il pensiero il prima possibile sarebbe impazzita!
Sentendosi giù di morale, decise di far nuovamente visita alla stanza che, così per caso, aveva trovato, ovvero quella in cui era custodito il meraviglioso dipinto della sua famiglia.
Con calma si incamminò e, raggiunta, sicura del fatto che, come la volta precedente, non vi avrebbe trovato nessuno, aprì tranquillamente la porta per richiudersela alle spalle sospirando rumorosamente con gli occhi chiusi.
Quando li riaprì si stupì di vedere la camera illuminata e non avvolta nel buio come, invece, lei l’aveva trovata la prima volta.
Rimase immobile per qualche istante mentre nella sua mente vorticavano una serie di spiegazioni per quella cosa.
Dopo un po’, però, si accorse di non essere sola e spostando lo sguardo verso il dipinto, incrociò un paio di occhi blu mare.
“Governatore?!” esclamò sinceramente stupita “Che… che ci fate qui?!”
“Potrei farti la stessa domanda, Kagome” ridacchiò l’altro vedendo l’agitazione della ragazza.
“Bè… ecco io…” balbettò quella in risposta… già la prima volta in cui era venuta in quella stanza le era sembrato che lei, in quel posto, non avrebbe dovuto esserci… ma in fondo quello era un ritratto della sua famiglia, aveva tutti i diritti per poterlo guardare!
“Non ti preoccupare…puoi avvicinarti, non ti mangio!” le disse, sempre sorridendole. Kagome gli si affiancò volgendo lo sguardo verso la tela.
Rimasero così, in silenzio, ad osservare i volti sorridenti del dipinto, per alcuni istanti, finché non fu proprio la ragazza a interrompere quell’atmosfera
“Perché… si trova qui?” chiese, riferendosi al dipinto. Il nobile Takehiko non le rispose subito e abbassò lo sguardo come per riflettere
“Non è una motivazione che abbia senso, in effetti…” borbottò sempre fissando il pavimento
“In che senso?” domandò Kagome, confusa per quella risposta così strana
“Il dipinto… in origine si trovava nella Sala del Parlamento… l’ho fatto spostare io…. Non riuscivo, non sopportavo il fatto di avere continuamente davanti agli occhi i volti di coloro che non sono riuscito a proteggere…” disse flebilmente, rivolgendole uno sguardo intriso di dolore.
Fu lei, questa volta, ad abbassare lo sguardo… tante, troppe persone avevano sofferto per colpa di Naraku.
“Non… - cominciò, poi, titubante – non è colpa… tua…” era la prima volta che gli dava del tu. Lui sgranò gli occhi per la sorpresa, felice più che mai che, finalmente, l’amata cugina, la figlia di colui che aveva sempre considerato come un fratello, gli avesse dato del tu.
D’istinto l’abbracciò, lasciandosi sfuggire anche qualche lacrima, dovute sia alla gioia che ai rimorsi dei tanti, troppi errori commessi.
“Perdonami Kagome… perdonami…” le sussurrò, sempre tenendola tra le sue braccia. Lei ricambiò la stretta, sentendo tutto il sincero affetto che Takehiko provava per lei.
Dopo alcuni istanti, i due si staccarono, il Governatore riappropriandosi della sua usuale compostezza seppur si potesse leggere chiaramente il dolore nei suoi occhi blu scuro.
“Ti chiedo scusa anche per il giorno in cui ti ho rivelato la verità… sono stato decisamente brusco”
“Ormai è passato… non sei il solo ad aver commesso degli errori…” gli rispose lei, abbassando lo sguardo.
“Ah!” esclamò poi, ricordandosi che doveva parlargli urgentemente
“Ta… Takehiko…” balbettò leggermente rossa in viso, non sapendo se poteva chiamarlo per nome
“Non preoccuparti, mi fa piacere se mi chiami per nome” ridacchiò quello, rassicurandola
“Devo parlarti a proposito della Cerimonia del Destino…” gli disse, con sguardo serio.
“Vuoi sapere quando potrai sostenerla?” le domandò, anche lui con sguardo serio
“Sì. Ormai sono decisamente preparata, ho studiato tutto ciò che mi è stato consigliato di sapere…. E forse ho saputo anche troppe cose…” disse, riferendosi al probabile e quasi sicuro fallimento della sua Cerimonia. Il governatore capì al volo a cosa la ragazza si riferisse ma non disse nulla…anche se era la sua stessa preoccupazione e lui, come altri, erano quasi del tutto sicuri che Kagome, purtroppo, non sarebbe diventata un Cavaliere.
“Hai ragione… e poi adesso hai anche gli allenamenti di Magia da affrontare… sarebbe il caso di farla al più presto, ci avevo già pensato. A proposito… come va con la Magia? Miroku ti sta insegnando bene?” le chiese, con un viso estremamente severo quando pronunciò il nome di Miroku
“Oh, sì! Miroku è eccezionale, non avrei potuto desiderare insegnante migliore. Mi sento a mio agio con lui e, inoltre, è decisamente competente” gli rispose lei, sorridendo.
Il Governatore non si era aspettato una risposta del genere e ne rimase un po’ stupito… ma in realtà lui sapeva bene quanto il figlio fosse abile nella sua disciplina
“Ti chiedo di scusarmi…” le disse l’uomo, abbassando lo sguardo. Ancora una volta aveva sottovalutato Miroku, ancora una volta lo aveva trattato ingiustamente.
“Dovreste… chiarirvi…” gli disse lei, riferendosi al rapporto tra padre e figlio.
“Sì… un giorno, forse… ci riusciremo…” rispose flebile l’altro
“Ma adesso – riprese, con voce più sicura – Dobbiamo pensare a te. Non ha senso aspettare ancora… dopodomani ho deciso che si terrà la tua Cerimonia del Destino”.
“Bene” annuì Kagome. Finalmente si sarebbero tolti il pensiero.
“Si è fatto tardi…” disse poi il nobile Takehiko
“Già… non me ne ero accorta…” osservò Kagome, guardando al di fuori della finestra il cielo imbrunito
“Volgiamo andare insieme?” le chiese il Governatore, indicando la porta. Lei annuì, sorridendogli.

Dopo essersi separata dal cugino, Kagome uscì dal Palazzo per andare nei giardini e, in particolare, per andare nella Dimensione degli Elementi. Tutte le volte che vi era andata con Miroku, anche se doveva allenarsi, non aveva potuto fare a meno di notare come riuscisse a rilassarsi in quel luogo.
Con passo sicuro ma anche tranquillo, la raggiunse in pochi istanti e, senza nemmeno la necessità di dover utilizzare un qualche tipo di incantesimo, la stanza l’accolse nella sua tranquillità e silenziosità.
Si distese sull’erba morbida, osservando, per quello che poteva visto che un fitto tetto di rami e foglie le bloccava la vista, il cielo stellato.
“Dopodomani…” sussurrò. Due giorni e finalmente avrebbe scoperto ciò che le riservava il destino.
Quell’unica sensazione di liberazione che aveva finora provato all’idea che, finalmente, si sarebbe liberata di quella tortura, venne affiancata dalla paura.
Era da tanto tempo che non avvertiva quella sensazione in maniera così intensa. Sapeva che per lei non c’era la minima possibilità di diventare Cavaliere e allora perché? Perché quella paura, capace di immobilizzarla?
“Perché… perché io… voglio essere un Cavaliere…” disse mentre diverse lacrime le solcavano le guance. Questa volta non si vergognò del suo pianto perché era vero, lei non desiderava altro che poter essere un Cavaliere. E il comprendere, il capire che non lo sarebbe mai diventata… la faceva impazzire dal dolore.
Rimase lì, rannicchiata su se stessa, a piangere per un futuro che non avrebbe mai visto, per un desiderio che non avrebbe mai realizzato.


“Kagome non è venuta nemmeno sta sera…”.
Sango, Miroku e Inuyasha si trovavano nella taverna del primo piano sotterraneo per consumare la loro cena.
Avevano aspettato fino a quel momento prima di mangiare, sperando nell’arrivo della ragazza.
“Sarà stanca… gli allenamenti di Magia sono molto impegnativi, non preoccuparti Sango” cercò di rincuorarla Miroku anche se pure lui era leggermente preoccupato.
“Non è solo questo… praticamente si fa vedere solo da te…” disse l’altra, dispiaciuta di non riuscire più a vedere l’amica.
“Non è bel periodo questo, per lei…” Miroku fissò lo sguardo sul suo boccale di birra chiara, ripensando alla frustrazione della cugina.
“Posso disturbarvi?” li interruppe una voce dietro di loro
“Oh, buonasera Governatore!” lo salutò Sango, seguita da un cenno di Inuyasha e dalla completa indifferenza di Miroku che volse lo sguardo e bevve qualche sorso della sua birra.
“Scusate se ho interrotto la vostra cena, ma volevo avvertirvi che… dopodomani si terrà la Cerimonia del Destino di Kagome” per poco il ragazzo dal codino non si affogò, tanta fu la sorpresa.
“Co- cosa?!?” esclamò, stupito, guardando il padre.
“È stata lei stessa ad incitarmi perché decidessi di fargliela affrontare” lo informò Takehiko.
Miroku rimase in silenzio a riflettere su quanto appreso. Chissà dov’era Kagome adesso….
“Ovviamente voi vi prenderete parte. Se lo vedete, informate anche Kouga. Per l’orario vi farò sapere” disse loro per poi soffermare lo sguardo su Miroku come a volergli dire qualcosa. Ma poi si volse e se ne andò, così com’era venuto.
Il Majutsushi guardò il padre allontanarsi… cos’era quello sguardo che gli aveva rivolto?
“Che facciamo?” lo fece trasalire la voce preoccupata di Sango
“Che vorresti fare? – le disse Inuyasha con il suo solito tono brusco – Ormai è già tutto deciso, noi non possiamo fare niente”
“Come puoi parlare così?! Kagome è una mia amica, è naturale che mi preoccupi per lei!”
“Non ho detto che non ti devi preoccupare… solo che mi sembra una cosa inutile, in questa circostanza…”
“Ma che di-”
“Avanti, non è questo il momento per litigare. L’unica cosa che possiamo fare per Kagome è starle vicino. Ma, mi raccomando, non dobbiamo farle pesare più del necessario questa cosa” disse Miroku, guardandoli seriamente. Sango annuì mentre Inuyasha emise un semplice “Feh!”.
“Ora però sarà meglio mangiare, altrimenti si fredda tutto!” cercò di smorzare, sempre il ragazzo dal codino, l’atmosfera e, in qualche modo, ce la fece.
I tre ripresero a chiacchierare tranquillamente anche se il pensiero della loro amica rimaneva.

Kagome, nel frattempo, ancora nella Dimensione degli Elementi, cercava di calmarsi.
L’unica cosa che adesso voleva, era andare a dormire per poter momentaneamente dimenticarsi di ciò che, inevitabilmente, l’attendeva….
Si alzò lentamente da terra, respirando profondamente.
Lo stabilirsi a Eldoras aveva avuto ripercussioni devastanti su di lei… non si poteva dire che a Kandem avesse mai avuto una vita tranquilla… ma almeno una certa stabilità emotiva l’aveva sempre mantenuta.
Invece da quando aveva messo piede lì… tutto era cambiato… e senza che lei avesse potuto farci niente.
Uscì dalla ‘stanza ’ e con calma si diresse verso il Palazzo. Ora che ci pensava…non aveva nemmeno cenato… e non aveva nemmeno visto gli altri.
Ormai era una settimana che non usciva più con loro, a parte Miroku, con cui, però, si vedeva solo per allenarsi.
Si stava comportando ingiustamente soprattutto con Sango che si era sempre preoccupata per lei.
Domani, dopo gli allenamenti, l’avrebbe cercata e si sarebbe scusata.
Cercando di farsi notare da meno persone possibile, si diresse velocemente, una volta entrata nel Palazzo Reale, verso i suoi appartamenti, desiderosa di mettersi sotto le coperte e di dimenticarsi del mondo.
Una volta raggiunti, si chiuse la porta alle spalle, sospirando. Poi si diresse verso l’enorme bagno, decidendo di rilassarsi nella grande vasca, prima di coricarsi.
Aveva bisogno di distendersi, con la speranza di riuscire a pensare a niente.
Mentre era immersa nell’acqua calda, si domandò se il Governatore avesse già avvertito Miroku e gli altri. Sicuramente.
A questo pensiero le si configurò, nella mente, il volto saccente di Inuyasha che, per sua fortuna, dopo il loro ultimo litigio, non aveva più visto.
Ovviamente ci sarebbe stato anche lui alla sua Cerimonia…e la cosa la infastidiva particolarmente oltre che innervosirla. Lui, dall’alto della sua superbia, non si sarebbe meravigliata se l’avesse schernita per un suo più che probabile fallimento.
Ma poi le rivenne in mente anche il giorno in cui, in un certo senso, l’aveva consolata, mentre era in preda alla disperazione più totale per essere venuta a conoscenza della verità.
Quella volta… anche se con i suoi soliti modi un po’ bruschi… l’aveva compresa, l’aveva capita.
E lei, per la prima volta dopo tanti anni… aveva pianto proprio davanti a lui.
Arrossì al pensiero. Quel dannato aveva fatto di tutto perché lei si fosse messa a piangere!
Terminò di fare il bagno con il volto contratto in una buffa espressione corrucciata ripensando all’Hanyou che, in un modo o nell’altro, riusciva sempre a farla irritare… ma la consolò il fatto che, però, lei riusciva ad avere lo stesso effetto su di lui.
Indossò una leggera e lunga vestaglia per poi, finalmente, stendersi sul grande letto a baldacchino dai tendaggi blu notte e mettersi sotto le coperte.
Sentì la piacevole sensazione dei muscoli distendersi e un leggero sorriso le si dipinse sul volto.
Prima che un qualsiasi tipo di pensiero le si affacciasse alla mente, chiuse gli occhi, sperando che, presto, la stanchezza l’avesse condotta nel mondo dei sogni.
Lì, almeno, qualche consolazione l’avrebbe potuta avere.

FINE 16° CAPITOLO.

* CURIOSITÀ
Furo: bagno tradizionale giapponese, in genere composto da una vasca da bagno con adiacente una zona formata da un pavimento con scarico dove ci si lava.

Uff, finito.
Non so perché, ma ultimamente faccio una gran fatica a scrivere…sarà perché sono nel fervore artistico del disegno….
Non so, lo scorso capitolo, nonostante la fatica, mi avete detto che è riuscito bene lo stesso…spero che la stessa cosa valga per questo.
Però ne sono contenta perché, finalmente, si è parlato di Magia.
Non vedevo l’ora, tant’è che ho fatto passare una settimana – intendo nel capitolo – proprio perché avevo una gran voglia di parlarne. Su questo argomento ho scritto cose che sono venute dalla mia testa anche se, sicuramente, sono stata influenzata da racconti fantasy e cose del genere. Spero che gli esperti in questo campo – come Lorimhar! – non si scandalizzino per le probabili castronerie che ho scritto anche se, come ho detto, tutto quello che ho detto, è frutto della mia immaginazione.
Sono contenta, comunque, anche del rapporto tra Kagome e Miroku. Io questi due personaggi li ho sempre visti bene insieme, da un punto di vista fraterno. Perché, tralasciando il suo carattere così libertino, ho sempre visto Miroku come una persona matura e, in un certo senso, come una guida.
Sono abbastanza soddisfatta anche della parte con Inuyasha…non credo di averli fatti avvicinare troppo lui e Kagome…almeno, lo spero. Non mi piacciono le cose fatte di fretta….
Bè, spero solo che sia di vostro gradimento.
Aspetto vostri commenti e vi saluto, augurandovi ancora buone feste e, soprattutto, un Buon 2006 ^^.
Baci,
ka_chan

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Capitolo 17
*** cap17 “LA SPERANZA NELLA RASSEGNAZIONE” ***


Salve a tutti, cari lettori! Sì, lo so, avete ragione, avreste tutto il diritto di linciarmi… non mi sono fatta viva per una intera settimana… chiedo umilmente perdono ma ho avuto alcuni problemi e impegni nonché una sorta di blocco creativo che, ormai, mi accompagna già da un po’. Ma mi sono impegnata ed ecco qua un altro capitolo – con la speranza che sia decente…!
Come avete passato le feste? Io mi sono ritrovata oggi a scuola che avevo appena cominciato a godermele, queste vacanze! ç____ç Che tristezza infinita!
Comunque, lasciando da parte il resto, ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato il capitolo precedente e in particolare, per chi ha commentato: Topomouse; Vale_chAn; raska81; Honey; Lila; Lorimhar (Ehm, allora… mi hai scritto un papiro! E un papiro decisamente magnifico! ^^ Allora… innanzitutto sono contenta che il mio discorso sulla Magia non ti abbia deluso… sinceramente temevo molto il tuo giudizio visto che sei esperto in materia mentre io no…. Ma mi fa piacere che la mia fantasia ti abbia soddisfatto e continui ancora a farlo! Per quel che riguarda il fatto che Inuyasha stia ‘scoprendo ’ sempre di più Kagome… hai ragione. Ho, effettivamente, creato una situazione che è completamente l’opposto del manga dove si sa vita, morte e miracoli di Inuyasha mentre di Kagome non si sa praticamente nulla – o, almeno, questo è come la penso io…. Una domanda che mi sono sempre fatta e che continuo tuttora a farmi… ma il padre di Kagome? Possibile che la sensei Takahashi non abbia mai pensato di raccontare qualcosa anche della mia adorata Kagome? Mah… - E, in un certo, senso, ho voluto prendere una sorta di ‘rivincita ’ qui, nella fic. Ma comunque, stai tranquillo, di cose ne devono ancora accadere…!); Elychan; Hikari_Takahishi_87 (Allora… da dove cominciare? Bè, innanzitutto devo sottolineare il fatto che non pretendo – e non sono – di essere una esperta di Magia – magari, se ha tempo, può farmi da maestro Lorimhar! ^^ - e che tutto ciò che ho scritto è frutto della mia immaginazione influenzata da elementari conoscenze dell’argomento. So bene che i cinque elementi da me elencati non coincidono pienamente con quelli delle razze dei Draghi… ma qui si parla di altro. La Magia che appartiene ai Majutsushi, nella mia concezione, è diversa rispetto a quella posseduta dai Draghi, la quale sicuramente più antica e, volendo, anche più potente. Io stessa ho riflettuto a lungo sul fatto se dovessi mettere o no il Metallo ma poi o deciso di fare così. Mi sono resa conto dopo che, però, in effetti, il Metallo mi sarebbe servito… e questo per un motivo preciso che si ricollega al fatto di aver inserito, come quinto elemento, il Legno. La ‘tradizione ’ vuole che gli elementi per eccellenza, diciamo quelli ‘standard ’, siano Acqua, Fuoco, Vento e Terra. Ma nelle filosofie orientali, la storia è diversa. Secondo queste ultime esistono cinque elementi che sono: Acqua, Fuoco, Terra, Legno e Metallo. Effettivamente ho fatto un mischione di cose ma il fatto è che volevo che gli elementi appartenenti alla Magia Umana si discostassero leggermente da quelli dei Draghi. Spero di non aver ‘deluso ’ nessuno con quello che ho scritto ma, ripeto, non era mia intenzione fornire una precisa, scientifica e inopinabile descrizione della Magia visto che molto di ciò che ho detto è frutto della mia immaginazione).
Fiuuu… ce l’ho fatta. Bè, direi che non c’è molto altro da dire per cui vi saluto e vi lascio al capitolo!
Vi ringrazio però anche per gli auguri di un buon 2006! Speriamo bene! ^^

17° CAPITOLO “LA SPERANZA NELLA RASSEGNAZIONE”

Kagome si svegliò, quella mattina, decisamente tardi.
Forse per le intense ore di allenamento, forse per l’ansia della prova che l’aspettava il giorno dopo o, più semplicemente, per la stanchezza che si era accumulata durante quei giorni, aveva passato una notte di sonno profondo e lungo.
Infastidita da un raggio di sole che le illuminava dispettosamente il volto, la ragazza aprì un occhio, per poi richiuderlo subito dopo, accecata dalla luce.
Si mise a pancia in su, sbuffando leggermente, tenendo ancora gli occhi chiusi.
Ma poi si costrinse ad aprirli, ritrovandosi a fissare perciò il drappeggio scuro del suo letto a baldacchino.
Non essendo abituata a dormire per così tante ore, si sentiva decisamente intontita.
Si issò sulle esili braccia, mettendosi seduta, appoggiando la schiena ai grandi e morbidi cuscini che invadevano il letto.
Sorprendendosi di se stessa, si ritrovò a pensare che non aveva voglia di fare nulla.
Ma nel pensare ciò sgranò gli occhi. E gli allenamenti?!? Perché Miroku non l’aveva svegliata?
Senza nemmeno badare al suo aspetto né al fatto che aveva ancora addosso solo la semplice e sottile camicia da notte di seta si fiondò verso la porta, aprendola bruscamente.
Nel fare questo, si ritrovò davanti a una Sango decisamente allibita e sorpresa, ancora con il braccio alzato, nel gesto di bussare. Evidentemente era venuta da lei per accertarsi che andasse tutto bene, visto che non era ancora scesa.
“Kagome… stai bene?” le domandò, guardandola leggermente stupita. Non aveva mai visto la ragazza in quello stato… con i capelli arruffati e il viso ancora adombrato dai residui del sonno.
Sorrise impercettibilmente… quella ragazza era così carina!
“Che… che ore sono? Perché non mi avete svegliata? E dov’è Miroku? E l’allenamento?” domandò tutto d’un fiato, sotto lo sguardo divertito dell’amica
“Calmati, calmati Kagome! Per oggi è tutto sospeso, dai entriamo altrimenti ti prenderai un malanno così!” le disse ridendo il Cavaliere, facendole notare, con quelle parole, il suo stato. Arrossì vistosamente al pensiero che stava per andarsene in giro mezza nuda.
Sango la spinse leggermente da dietro, entrando così nella camera della ragazza.
“Prima di tutto, qui ci vuole un bel bagno, così ti schiarirai completamente le idee” continuò la Cacciatrice, sempre ridacchiando.
Kagome annuì semplicemente e le due si diressero verso il grande bagno dell’appartamento.

“Ti senti meglio?” le domandò alcuni minuti dopo Sango, mentre le lavava delicatamente i lunghi capelli neri
“Sì, grazie. Scusa per questo episodio a dir poco imbarazzante” la giovane miko sentì ridere affettuosamente l’amica dietro di sé, finendo per arrossire. Aveva fatto proprio una pessima figura.
“Non ti preoccupare! Solo mi ha sorpreso vederti così agitata! Di solito sei sempre così calma e riflessiva!” sentendo l’amica tacere, le si avvicinò, guardandola in faccia
“Guarda che non ti devi mica vergognare! Non c’è niente di male nell’essere se stessi!” e le rivolse un ampio sorriso.
Dopo averle finito di lavare i capelli, Kagome uscì dalla vasca, coprendosi con un grande telo porsole da Sango.
Ritornate nella camera da letto della miko, la ragazza del Nord cominciò a spazzolarle e ad asciugarle i lunghi capelli ebano, facendo rilassare notevolmente Kagome, felice, ma anche imbarazzata da tutte le attenzioni della sua prima vera amica.
“Sango?” la chiamò, poi
“Sì?” le rispose da dietro l’altra, guardandola attraverso lo specchio che avevano davanti
“Bè… ecco… insomma, io e te… siamo amiche?” le chiese timidamente. Il Cavaliere smise per un attimo di spazzolarle i capelli e la guardò con un gran sorriso
“Certo che lo siamo, che domande!!” le rispose, appoggiandole tutte e due le mani sulle spalle
“Grazie” le disse, allora, Kagome. Era davvero felice “Ah, Sango…”
“Dimmi…”
“Scusami… per questi giorni. Non mi sono fatta vedere nemmeno una volta, se non da Miroku…. Mi sono comportata ingiustamente, soprattutto con te. È che…”
“Avevi bisogno di stare sola. Lo so, ti capisco, non c’è bisogno che ti scusi. Solo che… bè, sì, forse ero un po’ preoccupata ma almeno con te c’era Miroku, per cui mi sentivo tranquilla…”
“Già, Miroku…” . Sango vide l’amica sorridere timidamente nel pronunciare il nome del ragazzo
“Come vanno le cose tra voi due?” le chiese, sorridendo nel vederla arrossire leggermente
“Bè… bene, direi. O, almeno, questo è quello che penso io… non so se Miroku, invece…”
“Tranquilla. È a dir poco entusiasta di te! Appena si fa il tuo nome gli si illuminano gl’ occhi!”
“Da- davvero?!” domandò, rossa in volto, Kagome, girandosi verso l’amica
“Davvero! Ti fa piacere?”
“Certo!! – disse, più che entusiasta, per poi arrossire furiosamente subito dopo… non era da lei farsi vedere così euforica per qualcosa… - Bè, sì, ecco… sono contenta che per lui non sono un peso…”
“No, tranquilla. Comunque dovresti dirgliele queste cose…”
“Come potrei? Insomma… io…”
“Gli vuoi bene?” le domandò dolcemente la ragazza del Nord, chinandosi leggermente, per trovarsi col volto di fronte a quello dell’amica
“Sì… io… mi vergogno a dirlo e forse è anche stupido ma… lo considero quasi come un fratello…”
“Non te ne devi vergognare, è molto bello che tu provi questo e sono dell’idea che dovresti dirglielo”
“Ma come posso dirgli una cosa del genere? E se ridesse di me? Se si sentisse in imbarazzo? Non lo voglio mettere in difficoltà…”.
Sango guardò la ragazza, a testa china, con attenzione. Nonappena l’avevano vista la prima volta non avrebbe mai immaginato che proprio lei, proprio Kagome, in realtà, avesse così tante insicurezze e paure. Forse quella maschera di freddezza che aveva portato per così tanto tempo, invece di renderla forte… l’aveva soltanto resa più vulnerabile a ciò che la circondava.
Aveva cercato sempre di evitare quasi ogni tipo di legame… era ovvio che ora si trovasse in difficoltà.
Le posò una mano su una spalla, attirando il suo sguardo
“Kagome… so che hai paura ma… se non cominci ad affrontarli, questi tuoi timori, non potrai mai ricostruirti una vita. Non puoi sempre sfuggire a ciò che la vita ti porta davanti… non è giusto per te… come non è giusto per gli altri”
“Per… gli altri?” domandò incerta Kagome, confusa da quelle parole
“Sì, per gli altri. Se continuerai a chiuderti a riccio davanti a ogni cosa priverai anche le persone che ti circondano di poter godere, gioire dello starti accanto. Non vuoi essere felice anche tu?” le chiese, infine, guardandola con affetto.
“…Sì…” rispose flebile l’altra, annuendo
“Bene, allora cerca di fare del tuo meglio. Ricordati che in te non ci sono solo debolezze… hai affrontato, passato momenti che pochi altri, al tuo posto, sarebbero riusciti a superare. Devi continuare a lottare, per te, per tua nonna e per i tuoi defunti genitori. E poi, adesso, ci siamo anche noi con te, non dimenticarlo” e le sorrise. Kagome la fissò con gli occhi sgranati e, senza pensarci, le si gettò tra le braccia mentre alcune lacrime solcavano le sue guance
“Grazie, grazie Sango” le disse mentre l’altra le accarezzava i lunghi capelli
“Forza ora! – esclamò il Cavaliere, staccandola da lei e guardandola allegra – Devi ancora finire di prepararti! Così andiamo a pranzare insieme agli altri, va bene?”
“Sì!” le rispose Kagome, con un leggero sorriso sulle labbra.

Dopo diversi minuti, le due si stavano dirigendo verso la taverna del primo piano sotterraneo.
“Uff… potevi anche lasciarli sciolti, per una volta!” esclamò Sango, guardando con un certo dispiacere, da dietro, i lunghi capelli ebano di Kagome raccolti nella solita coda
“Sono più comoda così” le rispose semplicemente l’altra, voltandosi a guardare l’amica e sorridendole appena
“Mmh, però devi promettermi che, per un giorno, li lascerai sciolti!”
“Va bene, va bene!” le sentì dire Sango che sorrise nel sentirla ridacchiare.
Insieme, le due si affacciarono all’entrata della taverna e quasi immediatamente vennero notate da Miroku che, seduto con il volto rivolto verso l’entrata, le salutò allegramente per poi avvicinarsi loro
“Buongiorno mie care fanciulle!” disse allegro, guardandole sorridente
“Mi fa piacere che oggi tu ti unisca a noi, Kagome” la ragazza annuì, accompagnata da un leggero rossore. Sango sorrise nel guardarla e decise che quello era il momento in cui l’amica dovesse parlare col cugino
“Bene, io intanto mi vado a sedere, vi aspettiamo!” e prima che Kagome potesse fermarla, la ragazza si era già diretta verso il tavolo in cui vi erano anche Inuyasha e Shippo.
“Scusa per questa mattina… - cominciò titubante Kagome guardando di sottecchi il cugino – Non so come mai ma mi sono svegliata tardi…”
“Non ti devi preoccupare! – la interruppe Miroku – Tanto per oggi era tutto sospeso, come ti avrà certamente detto Sango…”
“Sì… solo che… bè, è che non ti ho nemmeno avvertito e…”
“Ma Kagome, di che ti preoccupi! Ho mandato Sango apposta per vedere se era tutto a posto, ma questo solo perché non ti avevamo vista ancora in giro… ma avevamo immaginato che fossi stanca per gli allenamenti e che fossi preoccupata anche… bè, per domani”
“Ah, tuo padre ve lo ha detto?” gli chiese, atona
“Sì…”
“Ci… ci sarai anche tu… domani?” gli chiese
“Sì… ma se non vuoi, dico a mio padre che-”
“No, no, voglio che tu ci sia!! E, anche gli altri, ovviamente…” e di nuovo si ritrovò ad arrossire. Miroku sorrise dolcemente nel guardarla
“Grazie, mi fa piacere esserti accanto in un momento così importante…” le disse, mentre lei riposava lo sguardo verso i suoi occhi blu mare
“Mi- Miroku… - lo richiamò – Ecco… forse ti potrà imbarazzare ma bè… ecco, i- io sono molto contenta del… sì, del nostro ‘rapporto ’”
“Oh, ma anche io!! Non sai quanto sono felice di averti qui, per me sei come una sorella, ormai!”. Kagome restò interdetta da quelle parole dette con così tanta semplicità… e dire che lei stava facendo una fatica assurda!
“Grazie… anche io ti considero come un fratello” e entrambi si sorrisero a vicenda, Miroku in particolare poté ammirare lo sguardo dolce della cugina. L’abbracciò affettuosamente, scompigliandole giocosamente i capelli.
Poi si staccarono e insieme raggiunsero il resto della compagnia.
“Toh! Guarda chi si vede…. Allora non sei rimasta vittima di uno dei tuoi stessi incantesimi!” immediatamente Kagome venne accolta da una delle solite battutine sarcastiche di Inuyasha
“No, per tua sfortuna sono viva e vegeta!” ribatté lei, guardandolo con un sorrisetto divertito al quale l’ Hanyou rispose con uno uguale.
“Dì la verità Inuyasha… ti mancavano i battibecchi con Kagome, eh?!” gli disse malizioso Miroku e il mezzo- demone si ritrovò puntati addosso tre sguardi di certo non rassicuranti
“D- dannati smettetela di stare lì a fissarmi! E tu Miroku piantala di dire idiozie!!” sbraitò Inuyasha, con le gote leggermente arrossate.
E da lì, come sempre, cominciò un’animata discussione – completamente inutile e senza senso – della quale Kagome fu spettatrice.
Da inizialmente perplessa e basita, la ragazza si ritrovò a ridere di cuore, cosa che non faceva da tanto.
Gli altri quattro si bloccarono e rimasero a fissarla, quasi ammirando il sorriso stupendo della miko.
Questa, sentendosi osservata, li guardò a sua volta, cercando di smettere di ridere, lievemente imbarazzata
“Ehm, scusatemi è che… siete così buffi!” e, non riuscendo a trattenersi ricominciò a ridere, contagiando anche il resto della compagnia – tranne Inuyasha che sbotto con un “Feh!” – che, a sua volta, cominciò a ridacchiare.
“È bello vederti serena” le disse poi Miroku mentre anche lei si accomodava vicino a Sango.
“È bello esserlo… dopo tanto tempo…” rispose lei, accennando un dolcissimo sorriso. Inuyasha la fissò quasi sorpreso… non credeva che avrebbe mai potuto vedere un’espressione simile proprio su di lei.
“Ehi, Inuyasha, ti sei imbambolato?!?” la voce di Miroku lo fece trasalire e, puntualmente, i suoi occhi blu mare, con quel solito luccichio ambiguo, lo scrutarono facendolo imbarazzare.
“Miroku, accidenti, smettila di fissarmi!! Sei davvero irritante!!” fortunatamente, proprio in quel momento, arrivò Doroty per prendere le loro ordinazione che, quindi, riuscì a bloccare sul nascere una nuova assurda discussione.
Così i cinque ripresero a chiacchierare allegramente, in attesa di pranzare.
Finalmente erano di nuovo tutti insieme.

[…]

Osservare, dall’alto, la maestosa distesa di vie e case che si diramava in un enorme circolo quale era Eldoras le provocava sempre una strana emozione.
Forse era il suo sangue, il sangue degli Higurashi che le scorreva nelle vene ad avere quel tipo di reazioni.
Inspirò a fondo, beandosi della brezza notturna che, dall’alto della sua postazione si sentiva maggiormente, cercando di tenere a bada i capelli ribelli i quali, legati nella coda, lottavano per poter essere trasportati liberamente dal vento.
I suoi occhi argentei osservarono il panorama di quella distesa di piccole luci che illuminavano ogni via, ogni casa della capitale della Terra Centrale.
Dall’isola di Arlem alla Terra Centrale. Ne aveva fatta di strada.
Se non si fossero trovati in un momento di emergenza come quello, non ci avrebbe pensato due volte a mettersi uno zaino in spalle e partire per vedere, scoprire i misteri di quella magnifica terra.
Sospirò nel pensarci. Era solo un sogno ad occhi aperti, come quello di diventare Cavaliere.
Sospirò di nuovo. A quell’ora doveva essere a letto a dormire proprio in vista di quello che l’aspettava il giorno dopo.
Quel pomeriggio, dopo aver pranzato insieme a Miroku e gli altri, era rimasta con loro ed era quasi riuscita, per alcune ore, a non pensare alla Cerimonia del Destino.
Poi, quando si era ritrovata da sola, quella sera, quel pensiero era tornato a serrarla nella sua morsa di angoscia e irrequietezza.
Perciò, non riuscendo a trovare concilio nel sonno, si era alzata e prima di ritrovarsi adesso in uno dei tanti parapetti del Palazzo, era tornata a far visita alla stanza che custodiva il ritratto della sua famiglia con la speranza di ottenere un po’ di serenità… e, in un certo senso, c’era riuscita.
Ed ora era lì, ad ammirare quella che era la SUA patria, la sua terra d’origine.
Non poté fare a meno di pensare di essere orgogliosa di questo… in fondo quella era pur sempre la terra dei Draghi… solo questo, dal suo punto di vista, era motivo di vanto.
Peccato che lei si sarebbe potuta vantare solo di questo….
“Cough, cough” i suoi pensieri vennero interrotti da un tossicchiare che attirò la sua attenzione.
“Possibile che ti ritrovo sempre dappertutto?” disse Kagome, senza voltarsi, conoscendo già l’identità del suo interlocutore
“Evidentemente abbiamo le stesse idee…” rispose la voce con un tono chiaramente sarcastico
“No, non credo proprio…” ribatté la ragazza, con lo stesso tono, voltandosi finalmente verso la fonte della voce che, nel frattempo, le si era avvicinata
“Che ci fai qui, a quest’ora, Inuyasha?” gli chiese, infine, Kagome con un mezzo sorriso di sfida.
Lui non le rispose subito ma si avvicinò al parapetto, rimanendo qualche momento in completo silenzio nell’ammirare, come lei pochi istanti prima, la maestosità della città.
“Potrei farti la stessa domanda…” le disse, poi, girandosi e appoggiandosi con la schiena al parapetto e guardandola con il suo solito sorrisetto saccente.
“Non sapevo che dovessi rendere conto a te di tutto ciò che faccio” ribatté in risposta la ragazza
“Mmh… potrebbe essere un’idea…” bofonchiò Inuyasha, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Kagome
“Non pensarci nemmeno… non ti darei una simile soddisfazione nemmeno in un milione di anni…!” si affrettò a dirgli lei, sempre guardandolo storto
“Feh! Capirai! Sai cosa me ne può importare di cosa fai!” sbottò lui con il suo tipico modo di fare arrogante
“Non riuscivo a dormire, va bene?!?” gli disse irritata lei, guardandolo furente. Poi distolse il suo sguardo argentato per volgerlo alla città sotto di loro.
“Nemmeno io…” disse Inuyasha, guardando verso l’alto, ammirando la luna.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, come in contemplazione.
“Per domani… sì, insomma… sei preoccupata?” le chiese poi il mezzo- demone, guardandola. Lei sospirò… sapeva che, alla fine, le avrebbe fatto una domanda del genere.
“Sì” rispose di getto. L’Hanyou rimase leggermente disorientato da quella risposta… non si aspettava che Kagome ammettesse una cosa del genere.
La guardò serio. Doveva essere preoccupata veramente….
“È buffo…” continuò poi lei
“Cosa c’è di buffo, scusa?” la interruppe brusco Inuyasha.
“Bè… preoccuparsi quando non si possono cambiare le cose, quando sai già quale sarà l’esito di ciò che ti aspetta… è buffo, no? Ma, soprattutto… è inutile…” disse, mentre il tono quasi allegro con cui aveva iniziato a parlare si era trasformato in un tono profondamente amareggiato.
“Senti… da quando ti conosco di sciocchezze ne hai dette tante ma questa è la più grossa! – sbottò irritato Inuyasha, guadagnandosi, intanto, uno sguardo di pura sorpresa da parte della ragazza – Saresti davvero una stupida se non ti preoccupassi o se non avessi qualche tipo di timore! Solo gli idioti non hanno paura di fronte alle cose nuove! Non diventerai un Cavaliere? Non importa! Il Governatore non lo è e mi sembra che in questi anni abbia fatto un ottimo lavoro lo stesso!”
“Sì ma…”
“Ma cosa?!? Mi stai facendo incavolare, lo sai?!?” urlò lui, guardandola tra l’irritato e il severo. Kagome tacque per poi abbassare lo sguardo.
Lei… doveva avere paura?
“Sai… a parole saresti anche bravo… se poi tu seguissi i tuoi stessi consigli…” gli disse poi lei, guardandolo divertita
“Che… che vorresti insinuare, scusa?!” sbottò lui, accigliato e guardandola bieco
“Niente, niente!” ridacchiò Kagome… ma non era un riso di scherno… solo una tranquilla risata. Inuyasha la guardò sorpreso per poi arrossire leggermente… quella ragazza era assurda.
“Te lo ripeto… tu sei decisamente strana!” borbottò, sempre col le gote leggermente arrossate mentre la risata della ragazza si disperdeva tra le folate di vento che animavano quella notte tranquilla….

[…]

Si riguardò allo specchio. Quello era il grande giorno.
Nonostante le velate insistenze del Governatore, Kagome si era vestita come suo solito… forse era giusto un po’ più elegante rispetto agli altri giorni. Già il fatto di essere bollata come ‘la Principessa ’ non le andava molto a genio… se poi doveva sottolinearlo con il suo modo di vestire, si sarebbe rinchiusa nelle sue stanze, buttando via la chiave.
Legò stretti i capelli ebano nella usuale coda e rimase a fissare i suoi occhi argentei, vedendoli pieni di ansia.
- Devi stare calma, Kagome – si disse – Tanto sai già come andrà… agitarsi non ha senso.
Poi le rivennero in mente le parole dettele quella notte da Inuyasha… sorrise leggermente nel ricordarlo imbarazzato, con le guance arrossate… com’era buffo!
I suoi pensieri vennero interrotti dal bussare alla sua porta… immaginava già chi fosse.
“Buongiorno Miroku” disse, aprendo l’ingresso e ritrovandosi di fronte il cugino con un’aria decisamente tesa, anche se cercava di non darlo a vedere.
“Buongiorno!” le rispose, accennando un sorriso.
“Non c’è bisogno che cerchi di nascondere la tua agitazione… “ gli disse lei, sorridendo appena
“Ah… te ne sei accorta, eh?” rispose lui, amareggiato
“Sì, ma non ti devi preoccupare…” lo rincuorò lei, cercando di sembrare rilassata.
“Andiamo?” gli chiese, poi
“Certamente” e il cugino la invitò a uscire, seguendola
“Ci sei solo tu?” domandò Kagome, guardandosi intorno
“Sì… gli altri ci aspettano davanti alla Sala del Destino
“Capisco…” e i due proseguirono silenziosamente verso la torre in cui si trovava la Sala… non c’era bisogno di parlare, in quel momento.
Dopo diversi minuti raggiunsero la torre, e davanti le enormi porte che sigillavano la Sala del Destino vi trovarono Inuyasha, Sango, Kouga e Shippo.
“Buongiorno a tutti!” li salutò allegro Miroku mentre Kagome accennò un saluto con una mano, accompagnato da un sorriso leggermente tirato.
“Stranamente sei stato puntuale…” osservò Inuyasha, riferendosi al Cavaliere dal codino
“Convengo con Inuyasha – si aggiunse Kouga – Almeno qualche volta sai rispettare gli orari”
“Da quando in qua andate d’accordo voi due?!” chiese accigliato Miroku, guardandoli male.
“Ciao Kagome…” mentre i tre ragazzi bisticciavano come loro solito, Sango si era avvicinata all’amica guardandola apprensiva
“Ciao Sango… su, cos’è quella faccia?” le chiese con un sorriso
“Bè, ecco…”
“Non ti preoccupare, va tutto bene…” cercò di rincuorarla la miko
“Sei sicura?” insistette l’altra
“Sicurissima!” esclamò Kagome con un largo sorriso a illuminarle il volto… ma Sango si accorse perfettamente dell’ombra di angoscia dipinta sul viso dell’amica… ma non volle insistere col torturarla di domande perciò sorrise anche lei e le due si avvicinarono agli altri tre.
“Kagome, Kagome!”
“Oh, ciao Shippo! È da un po’ che non ci vediamo noi due, vero?” gli chiese affettuosamente la ragazza, prendendolo tra le sue braccia e accarezzandogli la testa ramata
“Feh! Non dovresti viziarlo così, quel moccioso!” sbottò Inuyasha, guardando male il cucciolo di Youkai
“Io non sono un moccioso!” ribatté accigliato il demone volpe
“Aah, non farci caso Shippo…. Inuyasha è solo invidioso perché, anche se sei ancora piccolo, sei più intelligente di lui!” disse, come se niente fosse, Kagome al piccolo Youkai, guardandolo sorridente
“Come ti permetti dannata?!?” sbraitò il mezzo- demone, fulminandola con lo sguardo
“Vedo che, come al solito, siete pieni di energie ragazzi!” una voce alle loro spalle attirò la loro attenzione. Era il Ministro Mendion accompagnato dal Governatore
“Buongiorno a tutti…” li salutò quello, soffermando il suo sguardo sulla cugina. Kagome ricambiò lo sguardo e posando a terra Shippo, si avvicinò al nobile Takehiko, andandolo a salutare
“Buongiorno Takehiko” gli disse, sorridendogli
“Buongiorno anche a te” e il Governatore non poté fare a meno di ricambiare il sorriso.
“Sei pronta?” le chiese, poi
“Sì, anzi prima ci sbrighiamo, meglio è” gli rispose la cugina, con sguardo sicuro
“Bene, Miroku! Puoi aprire la Sala del Destino” il ragazzo, senza aprire bocca, si avvicinò alla grandi porte della Sala che, dopo poco, si aprirono davanti a loro.
Uno dopo l’altro, i membri del gruppo entrarono nella stanza. Kagome per alcuni istanti stette ferma, titubante, con lo sguardo fisso e preoccupato sulla Sala quando sentì una mano sulla sua spalla scuoterla lievemente
“Andrà tutto bene” la ragazza incontrò un paio di occhi azzurro cielo
“Sì, grazie Kouga” e, preceduta dal Demone, anche l’erede degli Higurashi, finalmente, fece il suo ingresso nella Sala del Destino.
Come gli altri suoi compagni prima di lei, anche Kagome rimase meravigliata della bellezza della stanza, rimanendo senza fiato.
Lo stupore, poi, si trasformò in agitazione quando il suo sguardo si posò su quell’unico uovo posato sull’altare al centro della Sala.
L’uovo del Drago Supremo, il Drago d’Oro. Questo, a differenza delle altre uova delle restanti cinque specie, era molto più grande; il guscio era perfettamente liscio, screziato di venature nere e dorate le quali rilucevano e brillavano grazie al fascio di luce che, dall’alto, lo investiva completamente.
“Benvenuta nella Sala del Destino, Kagome. Qui, oggi, si deciderà del tuo futuro” disse, solenne, il Governatore, facendole segno di avvicinarsi. La ragazza gli si accostò, tenendo lo sguardo fisso sull’uovo.
“Sai già quello che devi fare, vero?” le chiese Takehiko, guardandola dolcemente. Kagome si limitò ad annuire, con sguardo serio.
Respirò profondamente, chiudendo gli occhi, come per raccogliere le energie. Poi, di scatto, riaprì gli occhi e, decisa, si avvicinò all’altare.
Il Governatore, dietro di lei, la guardò sconsolato… sapeva già, purtroppo, quale sarebbe stato l’esito di quella Cerimonia….
Kagome, lentamente, si avvicinò all’altare, aggirandolo, in modo tale da ritrovarsi con il volto rivolto al resto del gruppo.
Mantenendo lo sguardo sulla superficie screziata dell’uovo, cominciò a salire i tre gradini sul quale vi era l’altare.
Tu- tum, tu- tum….
Un palpito.
Tu- tum, tu- tum.
Un altro.
Tu- tum, tu- tum.
Un altro ancora.
Ora si trovava di fronte all’enorme uovo, mentre quei palpiti le martellavano nella testa e il respiro le si accelerava.
Dando per scontato che quelle strane palpitazioni derivassero dal suo cuore agitato, guardò fissa l’uovo, rendendosi conto, definitivamente, dell’inutilità di quella Cerimonia.
Sorrise sarcasticamente, sul punto di voltare le spalle e andarsene quando una specie di scossa le attraversò la mente, mozzandole il respiro.
Guardò l’uovo con gli occhi sgranati… no, doveva essere stata la sua immaginazione.
Stava nuovamente per rinunciare quando un’altra, potentissima scossa sconvolse il suo animo, bloccandole ogni movimento e impedendole di realizzare qualche pensiero.
- Kagome… - una voce, remota, impalpabile ma profonda le attraversò la mente immobile
- Kagome… - la chiamò ancora, come per assicurarsi che fosse veramente lei
- Kagome…- e con quest’ultimo richiamo la mente della ragazza fu attraversata da un’altra scossa che, però, la fece come risvegliare
- Sono qui… - disse lei, senza pensare. A quelle parole la coscienza che l’aveva invasa ebbe come un tremito.
Stupita come coloro che, davanti a lei, stavano assistendo alla scena, se non di più, vide l’uovo fremere violentemente mentre diverse crepe percorrevano la sua superficie liscia.
Quasi con un moto frenetico, l’uovo cominciò a spaccarsi sotto gli occhi increduli di Kagome che, quasi con la stessa frenesia, aspettava impaziente che quella barriera si rompesse definitivamente.
Davanti a lei stava la creatura più antica e maestosa esistente sulla terra… il Drago Supremo.
Una figura nero pece si contorceva sotto il suo sguardo mentre, con un ultimo sforzo, si liberava dell’ultimo pezzo di guscio.
Le ali strette contro il corpo gli coprivano la piccola testa e un leggero tremito lo pervadeva.
Poi, improvvisamente, la creatura aprì violentemente le ali, mostrandosi in tutta la sua maestosità fin da subito.
Due occhi di un color oro profondissimo e lucente, incatenarono quelli argentei di Kagome che venne inghiottita da quello sguardo.
Le gambe le cedettero, e si ritrovò in ginocchio davanti all’altare, mantenendo fissi i suoi occhi su quelli del Drago.
Questo si avvicinò lentamente al suo viso senza mai smettere di guardare la ragazza
- Dopo vent’anni… finalmente sei giunta da me… Kagome – le disse quello. Lei lo guardò senza riuscire nemmeno a respirare. Poi copiose lacrime cominciarono a scorrere sulle sue guance mentre un largo sorriso di pura gioia le si dipingeva sul volto.
Lui… Lui stava aspettando lei. Aveva aspettato tutto quel tempo… solo per lei.
Il Drago le si avvicinò ulteriormente fino a che, col muso, arrivò a toccarle la fronte.
Entrambi vennero percorsi da un’intensa scossa accompagnata da una luce che, per pochissimi secondi, li avvolse.
Quando la creatura si staccò dalla ragazza, sulla fronte di quest’ultima si vide un simbolo nero… il simbolo del Cavaliere Supremo.
Kagome, di getto, prese tra le braccia il Drago, piangendo per la gioia.
“Non… non ci posso credere…” disse Takehiko guardando la creatura stretta tra le braccia della cugina.
Il resto della compagnia era incredula quanto lui… ma tutti non poterono fare a meno che sorridere di cuore, felici per la loro amica.
Questa, sempre piangendo, si alzò in piedi col lo sguardo rivolto a loro, mostrando felice il meraviglioso Drago che aveva tra le braccia.
Drago e Cavaliere si erano finalmente trovati.

“Nonostante tutto questo abbia dell’incredibile… il vostro Drago è in ottima salute! È un perfetto Drago d’Oro maschio… complimenti!”
“Vi ringrazio dottore” nonappena fu terminata la Cerimonia del Destino, Kagome, accompagnata dal resto della compagnia, si era diretta verso l’ambulatorio per far visitare la creatura appena nata.
La gioia che provava era già tanta, ma crebbe ancora di più nel saperlo in buona salute.
Ammirò il Drago che a malapena riusciva a tenere tra le sue braccia, data la stazza, e rimase affascinata dal colore delle sue squame che, seppur di un nero pece scurissimo, sembrava brillassero di mille e più sfumature.
Per non parlare di quegli occhi dorati di una tale intensità che quasi parevano irreali.
Non era mai stata così felice in vita sua. Dopo tanto tempo, anche lei aveva trovato il suo posto.
Kagome uscì dal piccolo ambulatorio, fuori dal quale l’aspettavano Inuyasha e gli altri.
Questi la videro uscire con un largo sorriso sulle labbra e ancora increduli per quello che era accaduto le si avvicinarono informandosi sulla salute del cucciolo.
- Accidenti che baccano che fanno i tuoi amici! Ma come biasimarli… una bellezza come me è chiaro che susciti queste reazioni! – la piccola creatura, nonostante fosse ‘venuta al mondo ’ che da pochi minuti, già possedeva una sciolta parlantina, cosa che fece ridere Kagome.
- Siamo un po’ vanitosi o sbaglio? – gli domandò, ridacchiando, la ragazza
- Senti, ho aspettato questo momento per vent’anni, è giusto che io riceva le mie meritate attenzioni! – detto questo, contemporaneamente, afferrò le menti di tutti i membri del gruppo i quali avvertirono chiaramente la sua presenza
- Sono molto contento di fare la conoscenza di tutti voi. Spero diventeremo amici… dopo vent’anni di ‘prigionia ’ mi sembra il minimo! – disse loro allegro, mentre gli altri lo guardavano con un misto di sorpresa e commozione. Il Drago Supremo aveva dato loro il permesso di poter comunicare con lui già da quel momento.
Miroku e gli altri si inchinarono rispettosamente di fronte a Kagome e al suo Drago, ringraziando quest’ultimo con dei larghi sorrisi.
- Che bello, che bello! Credo che mi divertirò un sacco! - disse entusiasta il Drago. Tutti i presenti sorrisero divertiti… il nuovo venuto mostrava chiaramente un’indole molto esuberante!
“Kagome…” il nobile Takehiko si avvicinò alla cugina, guardandola dolcemente e sinceramente felice per come erano andate le cose
“Ti confesso che non mi aspettavo assolutamente un risultato simile. Per la prima volta, dopo secoli, dopo l’alleanza tra i Draghi e il nostro popolo… la vostra unione ha davvero dell’incredibile. Ma questo dimostra solamente quanti misteri possa riservare ciò che circonda i Draghi… comunque, sono davvero felice per te” e l’abbracciò affettuosamente, carezzando anche la creatura che apprezzò.
“Grazie… ma non solo a te… a tutti voi. Avete fatto tantissimo per me, fin dalla prima volta in cui siamo incontrati. Sinceramente anche io – e forse più di tutti voi – credevo, ero sicura che non avrei mai superato questa prova… però, anche questa volta, ho avuto la fortuna, il destino dalla mia parte. Ma non sarei riuscita ad arrivare a questo punto senza il vostro appoggio. Perciò… grazie, grazie per tutto” disse Kagome, inchinandosi di fronte a tutti loro che la guardarono sbalorditi.
“Ti prego… alzati Kagome” le disse Miroku, avvicinatosele “Non hai niente di cui ringraziarci. Siamo tuoi amici, ti staremo sempre accanto” e l’abbracciò forte, contento del fatto che, adesso, anche la cugina avrebbe avuto la possibilità di avere qualcuno con cui condividere appieno le proprie sofferenze ma anche le proprie gioie.
Come per lui Varandir era stata la salvezza… forse il piccolo Drago lo sarebbe stata anche per lei.
“Bè, ora non resta altro che farti vedere i tuoi nuovi alloggi…. Ci pensi tu Miroku? Scusaci, Kagome, ma io e Mendion abbiamo alcune cose di cui occuparci…”
“Non c’è problema e grazie di tutto” disse la ragazza, salutando i due con un largo sorriso. Il Governatore e il Ministro si congedarono dal resto del gruppo che li guardò andare via.
“Bene, allora… ci avviamo?” chiese allegro Miroku, voltandosi a guardare i suoi compagni. Kagome annuì vigorosamente e tutti insieme si diressero verso il primo piano sotterraneo.
Il piccolo Drago si guardava intorno attento, assorbendo qualsiasi odore, qualsiasi colore.
La ragazza non gli staccò gli occhi di dosso per un solo momento anche se, come lui, si guardava intorno come se vedesse tutto ciò che la circondava per la prima volta.
L’appartamento del Cavaliere Supremo era il più grande e, come quello di Inuyasha, era quello da cui era possibile raggiungere direttamente sia l’esterno sia l’appartamento del proprio Drago.
“Eccoci qui” disse allegro Miroku, di fronte a una massiccia porta in legno scuro lucidissimo, rifinita da intelaiature bronzee che andavano a formare lo stesso simbolo che, ora, Kagome aveva impresso sulla fronte “Ecco la tua chiave” aggiunse poi, porgendo a Kagome una massiccia chiave argentea.
La ragazza la prese in mano e senza indugiare oltre la infilò nella toppa della porta che, immediatamente, si aprì.
Tutto il gruppo fece ingresso nell’enorme appartamento che, come gli altri, era arredato di tutto punto e molto confortevole.
Seppure fosse leggermente più piccolo, aveva tutto quello che Kagome aveva trovato negli appartamenti in cui aveva soggiornato fino quel giorno.
Un ampio soggiorno – che faceva anche da salotto - , uno modesto studio con, però, una grande libreria colma di tomi, uno spazioso bagno e un’altrettanto grande camera da letto con anche un giaciglio per il piccolo Drago.
“Perfetto…” sussurrò Kagome, guardandosi intorno
“Ti piace?” le domandò Miroku
“Tantissimo!”
“Bene… ah, ecco – disse mentre si avvicinava a una porta situata in fondo al soggiorno – Da qui si raggiunge l’esterno. Invece nella camera da letto c’è un’altra porta che conduce all’appartamento del tuo Drago”
“Ho capito, ti ringrazio” gli disse sorridendo la ragazza mentre posava a terra il Drago che cominciò a perlustrare frenetico la sua temporanea dimora. Le sue squame dal colore della notte risaltavano tra i colori sgargianti della camera.
Kagome e tutti gli altri lo guardarono inteneriti mentre annusava minuziosamente tutto ciò che gli stava intorno.
- Accidenti… direi che starò proprio bene! Il mio Cavaliere è uno schianto e questo posto non è affatto male! – esclamò decisamente soddisfatta la creatura mentre Miroku e gli altri scoppiavano a ridere a differenza di Kagome che era arrossita per quel complimento detto con così tanta naturalità.
“Ehi piccoletto lo sai che sei proprio una forza?” ridacchiò Miroku, accucciandoglisi di fronte e carezzandolo divertito
“Concordo!” si aggiunse Kouga avvicinandosi ai due e facendo giocare il piccolo Drago “Anche se mi sembra un po’ irrispettoso chiamarlo ‘piccoletto ’!” disse poi, guardando Miroku
- Oh, non c’è problema… tanto tra pochi mesi sarò io a chiamarvi ‘piccoletti ’! – si vantò la creatura facendoli ridere ancora di più
“Ma tu sentilo!” si aggregò anche Inuyasha, ghignando
“Kagome, sono così contenta per te!” disse, nel frattempo, Sango, avvicinatasi all’amica e abbracciatola affettuosamente
“Grazie, Sango. Anche io sono davvero contenta…” disse la miko, guardando sorridente il suo piccolo Drago che giocava attorniato dai tre ragazzi
“Ma credo che loro siano anche più contenti di me! Sembrano dei bambini che hanno trovato un giocattolo nuovo!” ridacchiò Kagome, guardandoli
“Già! Anche Inuyasha sembra davvero entusiasta!”. La miko posò lo sguardo sul mezzo- demone e sul suo viso si dipinse un sorriso nel vederlo comportarsi in modo così affettuoso – per quanto Inuyasha potesse essere affettuoso… - col suo Drago.
“Credo che il tuo Slyfer avrà qualche problema con questo teppistello!” ridacchiò Miroku, riferendosi al Drago nero
- Già, già! Devo vedere gli altri Draghi! Tu Miroku hai una femmina, vero?! – domandò eccitato la creatura, con un tono quasi malizioso.
Miroku lo guardò per qualche istante poi i suoi occhi cominciarono a luccicare
“Oh, tu sei la luce dei miei occhi!” disse, commosso, prendendolo tra le braccia “Kagome, ti spiace se diventa il mio Drago? Varandir sarebbe contenta di fare cambio!” esclamò
“E se lo dice pure da solo…!” borbottò Kouga
“Non credo sia una buona idea, Miroku…” cercò di calmarlo Kagome
“Peccato…” piagnucolò il cugino, riposando a terra il Drago
- Mi spiace… mi stai simpatico ma preferisco avere una bella ragazza come Cavaliere! Non ho mica aspettato tutto questo tempo per niente! – disse seriamente la creatura. Tutti gli altri posarono lo sguardo su Kagome che era arrossita violentemente e risero divertiti.
Inuyasha la guardò intensamente… rispetto alla sera prima aveva un viso decisamente più rilassato
“Ehi, piccoletto, stai attento perché credo che tu abbia un rivale in amore!” esclamò appositamente ad alta voce Miroku, riferendosi chiaramente al mezzo- demone che non si era accorto di essere rimasto a fissare la ragazza
“Eh?!? Ma che cavolo stai dicendo razza di idiota?!?!” sbraitò questo, completamente rosso in viso, come Kagome, del resto
- Assì? – disse il Drago, avvicinandosi a Inuyasha con sguardo indagatore – Allora sappi che dovrai sudare per riuscire a portarmela via! – lo avvisò, serio
“Ma si può sapere che state dicendo?!?! Figurati se mi potrebbe interessare una megera come quella!!” sbraitò il mezzo- demone con foga senza accorgersi dell’aura minacciosa che circondava la ragazza tirata in ballo
“Come… come ti permetti razza di cretino?!? Sono io che non potrei mai accettare la corte di un Hanyou idiota come te!!” br> “Ahi, ahi… adesso ricominciano…!” ridacchiò Miroku accompagnato da Sango mentre Kouga guardava male Inuyasha.
Il piccolo Drago, invece, senza fare una piega, si era accoccolato sopra alcuni cuscini, chiudendo gli occhi e decidendo di farsi un riposino nonostante gli urli di Kagome e Inuyasha.
Adesso la compagnia era al completo.

FINE 17° CAPITOLO.

Finalmente è giunto il mio bellissimo Drago d’Oro – stavo per farmi scappare il nome eheheh…! Non vedo l’ora di chiamarlo per nome….
Anche se, come per gli ultimi capitoli che ho pubblicato, ho fatto un po’ di fatica a scriverlo, devo dire che sono molto contenta di questo cap.
Nonostante io ami tutti i Draghi presenti in questa fanfiction, non posso non dire che quest’ultimo è uno dei miei preferiti… in questo capitolo ho potuto scrivere poco di lui ma io che ce l’ho nella mia testa… è favoloso! Che carino! *__*
Spero che piacerà anche a voi… ci tengo particolarmente e spero piacerà anche il nome che, come ho detto anche tempo fa, insieme a quello Harliem, l’avevo già deciso questa estate e non lo cambierò (anche perché mi piace molto! ^^). Perciò spero sarà anche di vostro gusto ^^ .
Per il resto direi che Kagome sta venendo fuori, eh? Piano, piano anche lei si sta sciogliendo e poi adesso che è arrivato anche questo piccoletto tutto nero direi che ci sarà da divertirsi!
Bè, che altro dire… mi scuso ancora per questa settimana di assenza ma, come ho già detto, ho avuto alcuni problemi – oltre che a questo blocco creativo… -__- … Spero di riuscire a pubblicare ogni lunedì, come sempre… ma se questo non dovesse accadere vi prego di avere pazienza… adesso che poi ricomincia pure la scuola spero di avere il tempo per fare tutto anche perché, in effetti, la storia si sta ‘ingrandendo ’ e quindi devo prestarci maggiore attenzione ( anche perché la voglio almeno decente!).
Quindi io direi che vi saluto sperando che il prossimo appuntamento sia sempre lunedì! ^^’
Vi auguro una buona settimana,
baci,
ka_chan

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Capitolo 18
*** cap18“LA MALVAGITÀ ALLE SPALLE DELLA FELICITÀ” ***


Ni-hao cari lettori! Scusate di nuovo per la settimana mancata di aggiornamento ma sono piena di impegni fino a scoppiare. E questa crisi creativa non è di certo capitata nel momento migliore.
Ma comunque sono qui, a pubblicare un capitolo fresco fresco ad un’ora ‘indecente ’. Ma almeno pubblico, che è meglio di niente, vero? -__^
Senza troppi preamboli, passerei direttamente ai ringraziamenti per coloro che hanno commentato: Lila; cri-chan (Scusa davvero se non ho risposto alla domanda che mi avevi fatto!! Ti giuro, non l’ho fatto apposta ç__ç! Comunque mi hai posto davanti a un problema al quale non avevo mai pensato…. E difficile darti una risposta sicura perché, comunque, per tradizione, all’erede della Famiglia Reale era sempre destinato un Drago d’Oro, quindi l’eventualità di farlo sfilare davanti altre uova non era mai stata presa in considerazione. È un’eventualità che, sinceramente, non avevo proprio considerato… mmmh…. Dovrei pensarci un po’ su, sinceramente! Comunque, per il resto, sono contenta che ti sia piaciuto l’ultimo capitolo e soprattutto il nostro nuovo draghetto tutto nero! Il lo adoro *_____* ); Lorimhar (Grazie mille per il ‘tanto di cappello ’ che, sinceramente, mi ha sempre fatto ridere come espressione ;P! Speravo proprio che anche a te piacesse il nostro nuovo draghetto che è da quando ho iniziato di scrivere questa storia che volevo far venire fuori! Comunque sono felice che la storia, per quanto proceda lentamente -__-, ti soddisfi, io cerco di fare del mio meglio ^_^. Grazie comunque per tutti e puntuali commenti che mi lasci, un bacio!); raska81; Vale_chAn; Topomouse; Elychan; Hikari_Takaishi87 (Sempre di corsa ultimamente, eh? ;P Comunque sì, è un bel maschio la nostra new entry draconica! Spero solo che il nome da me datogli vi soddisfi…. Comunque grazie come sempre per i tuoi commenti anche se fatti di corsa – anzi, mi lusinga il fatto che, nonostante tutto, tu trovi il tempo di venire a commentare ^____^).
Bene, anche per oggi ho finito. Come sempre ringrazio anche chi ha semplicemente letto ^____^.
Adesso direi che vi lascio al capitolo che è ora ;P.

18° CAPITOLO “LA MALVAGITÀ ALLE SPALLE DELLA FELICITÀ”

Il sole caldo, che segnava l’imminente arrivo della primavera, illuminava con i suoi raggi la grande città di Eldoras.
La capitale della Terra Centrale, in quegli ultimi giorni, sembrava come essersi risvegliata dal letargo invernale e tra le vie si poteva riscontrare il fermento che animava tutti gli abitanti. Ma non era solamente per la bella stagione in arrivo che la città era così vivace: un mese prima infatti, si era sparsa velocemente la notizia della così tanto attesa schiusa dell’uovo del Drago Supremo. Questo significava che ora, Eldoras, aveva di nuovo sul trono un membro degli Higurashi, la Principessa Kagome.
Al Palazzo Reale, infatti, c’era un continuo via vai di persone, umili e non, che si recavano là per portar omaggio al Cavaliere Supremo.
“Accidenti, ma tutta questa gente non ha nient’altro da fare?!?” una voce indispettita si innalzò tra un fitto gruppo di persone accalcate nell’atrio del grande Palazzo.
“Su Inuyasha, non essere sempre così nervoso!” rispose un’altra voce
“Non è questione di essere nervosi, accidenti! Ma non c’è un altro posto dove farli aspettare, Miroku?”
“Ah, non chiedere a me, a queste cose ci deve poi pensare mio padre! L’unica cosa che mi interessa adesso è non soffocare!” disse il ragazzo dal codino, schiacciato contro una parete per via della calca.
Faticosamente e a suon di spintoni, comunque, i due ragazzi riuscirono a emergere dal folto drappello di persone che ormai stava completamente bloccando l’atrio del Palazzo Reale.
“Accidenti a loro! Tutti i giorni qui, a perdere tempo! Per cosa poi? Per vedere una mocciosa impertinente?!?” sbottò indispettito l’Hanyou
“Quella mocciosa impertinente, oltre a essere mia cugina, non è altro che il Cavaliere Supremo! Ti raccomanderei di essere un pochino più rispettoso!” lo riprese Miroku, con calma
“Senti, io c’ho provato ma evidentemente io e quella donna non potremo mai andare d’accordo! Non credo sia un problema così grave…”
“Sì, dal momento che passi un sacco di tempo col suo Drago!”
“Anche tu lo vedi spesso, se è per questo…!”
“Sì, ma mai quanto te! E, alla fine, se Kagome ti stesse così antipatica come dici, non andresti nemmeno a trovare il suo Drago così spesso visto che stanno sempre insieme!”
“Ma, ecco, bè…” balbettò in risposta il mezzo- demone colto alla sprovvista da quel ragionamento così… sensato.
“Questo non significa nulla!” sbottò poi, leggermente rosso in viso.
“Sì, certo – rise divertito Miroku – Comunque… ho visto gli allenamenti tuoi e di Harliem, ieri, siete davvero in gamba! E poi la tua piccola dragonessa, nell’arco di un mese, è diventata davvero grande!”
“Già – cominciò veramente soddisfatto Inuyasha – Ormai manca poco, tra poche settimane potremo cominciare a volare insieme!”
“Sei contento, te lo si legge in faccia! Comunque, poi, ho visto anche che non te la cavi affatto male con la Magia… evidentemente qualche tuo antenato – e non mi stupirei se si trattasse di tuo padre – doveva essere dotato di diversi poteri magici. Ma credo che, comunque, la tua abilità sia dovuta soprattutto ad Harliem, mi hanno detto che è davvero abile con gli incantesimi!”.
“È così, infatti… peccato che ultimamente sia un po’ distratta…!” disse Inuyasha, con una leggera nota di disapprovazione
“Distratta?” domandò Miroku, incuriosito
“Bè, ecco… anche lei… passa diverso tempo con il Drago di Kagome…”
“Vuoi dire…?” disse l’altro, mentre sul suo viso cominciava a dipingersi un sorrisetto malizioso
“Credo si sia invaghita di lui, sì…” sospirò Inuyasha, il volto in un’espressione di irritazione
“Ahahahah! Inuyasha, sei geloso! Ahahahah!!” Miroku sbottò in una fragorosa risata che, immediatamente, fece innervosire l’Hanyou che lo guardò furente
“Mi vuoi spiegare cosa ci trovi di tanto divertente, idiota?!? E poi non è vero che sono geloso, penso solo che sia un po’ prematuro!” ma le sue furono parole buttate al vento visto che il Majutsushi continuava a ridere a crepapelle. Così, alquanto indispettito, prese a camminare, ignorandolo e lasciandolo solo
“E- ehi! Dai… eheh, Inuyasha, non fare così!” piagnucolò Miroku, seguendolo
“Faccio così eccome se non la pianti di ridere come uno scemo!” ribatté quello, continuando a camminare spedito
“Va bene, va bene, scusami! È solo che non mi aspettavo una cosa del genere!”
“E lo dici a me?!?” sbottò Inuyasha
“Devo dire, però, che è notevole che tu te ne sia accorto! Di solito in queste cose non ci capisci nulla!” ridacchiò il Cavaliere dal codino, facendo nuovamente alterare l’amico
“Cosa vorresti dire?! E poi è naturale che me ne sia accorto, è il mio Drago! Dovresti saperlo che tra Drago e Cavaliere c’è un forte legame emotivo!”
“Cos’hai deciso di fare?” gli chiese poi, Miroku
“Cosa vuoi che faccia? Non posso chiederle se si è invaghita di un altro Drago!”
“Ma sei proprio sicuro che gli piaccia?” insistette il Majutsushi, guardando divertito l’Hanyou chiaramente preda della gelosia
“Il fatto che parli quasi sempre di lui ti basta?” gli disse Inuyasha, con un tono decisamente seccato
“Eheheh! E dire che in teoria dovevi essere tu a competere con lui per Kagome! E adesso, oltre a portarti via la donna ti porta via anche il Drago!” detto questo il giovane Mago ricominciò a ridere sotto lo sguardo furente e imbarazzato del mezzo- demone
“Ma quale competere?!? A me quella megera non piace affatto e di certo quel piccoletto non mi porta via il Drago! Ma che cavolo ci sto a parlare con te?!?” sbraitò, accelerando nuovamente il passo e lasciando per la seconda volta indietro Miroku.
“I- Inuyasha aspettami!!” gli urlò dietro l’altro, correndogli appresso, senza smettere però di ridere.

[…]

“Ti senti pronto?”
- Ehi, io sono nato pronto! -
“Certo, certo!”.
Una ragazza dai lucenti occhi argentati guardò sorridente il Drago davanti a lei, il quale, con le sue iridi dorate, la fissava a sua volta, quasi famelico.
Era passato ormai un mese da quando lei, Kagome Higurashi, era diventata il Cavaliere Supremo.
E da un mese a questa parte la sua vita era cambiata radicalmente. I tormenti degli anni passati a Kandem sembravano ormai un ricordo lontano… eppure era passato così poco tempo….
- A che pensi? – la voce profonda della creatura davanti a lei la ridestò
“Oh, nulla…” gli rispose, sorridendogli. Il Drago le si avvicinò, guardandola fisso.
Mentre le si avvicinava, Kagome rimase stupita – come ogni volta che lo guardava, del resto – di quanto, nell’arco di un solo mese, il suo Drago fosse cresciuto. Era più giovane di Sieg e Harliem, ma li aveva già battuti in grandezza.
Sorrise orgogliosa nel vederlo crescere così in salute… nell’arco di poco tempo lo avrebbe visto in tutto il suo splendore. Non vedeva l’ora di poter volare insieme a lui.
- Tu sei mia – gli sentì dire mentre la scrutava con i suoi occhi di quell’oro così profondo.
“Lo so” gli rispose sorridendogli dolcemente. Non era la prima volta che il Drago le rivolgeva quelle parole… anzi, glielo diceva praticamente tutti i giorni.
Nonostante la creatura dimostrasse una certa ossessività, la cosa non la dispiaceva… il loro era un legame unico, profondo ed eterno.
Si inginocchiò davanti a lui, cominciando a carezzarlo dolcemente, sentendo sotto di sé i mugolii compiaciuti della creatura.
Poi sul suo volto si dipinse un sorrisetto divertito e mentre il Drago ancora godeva delle sue carezze decise di spassarsela un po’
“E con Harliem come la mettiamo? Non puoi mica tenere il piede in due staffe!” gli disse con un finto tono di rimprovero. La creatura si staccò immediatamente da lei, guardandola quasi stralunato
- Cosa centra Harliem, adesso?!? – domandò con foga
“Non mi verrai mica a dire che non ti piace!” insistette Kagome, ridendo sotto i baffi
- Non rilascio dichiarazioni, in merito – rispose il Drago, facendo il superiore
“Ma sentitelo! Sono o non sono il tuo Cavaliere? E comunque non sottovalutarmi, caro mio! Ricordati che non sono stupida!” gli disse, facendogli intendere che la sapeva lunga
- Non l’ho mai pensato…. Posso solo dirti che il sottoscritto sa esercitare un certo fascino! – le rispose sicuro di sé il Drago, pavoneggiandosi
“Eheh, sei proprio uno sbruffoncello!” lo schernì affettuosamente la ragazza, alzandosi e sistemandosi la divisa da Cavaliere che indossava.
- Sei uno splendore! Devo dire che ho proprio un ottimo gusto! – si congratulò con se stesso il Drago.
“Dici? Ti ringrazio” gli sorrise in risposta la ragazza “Forse è meglio se ci incamminiamo, che ne dici?”
- Di già? I personaggi importanti si fanno sempre aspettare! -
“Oh, bè, fa come vuoi… vorrà dire che faremo la Cerimonia senza di te… peccato che nessuno potrà mai sapere come ti chiami…”
- E va bene, andiamo adesso! Comunque non sei leale! – si lamentò la creatura, avviandosi verso la porta dell’appartamento della ragazza
“In qualche modo dovrò farmi rispettare, no?” ridacchiò Kagome, seguendo il Drago, uscendo dall’appartamento per dirigersi verso la Sala del Destino.
Quel pomeriggio si sarebbe tenuta la loro Cerimonia della Nascita.

“Forza ragazzi, datevi una mossa! Sicuramente saremo gli ultimi ad arrivare!!”
“Non te la prendere con me, Sango! È colpa di questo cretino di Miroku se arriveremo in ritardo!”
“Sei sempre gentile come al solito, Inuyasha! Non ho fatto apposta ad addormentarmi!!”.
Sango, Miroku e Inuyasha, trafelati, si stavano dirigendo frettolosamente verso la Sala del Destino, visto che quel giorno ci sarebbe stata la Cerimonia della Nascita di Kagome e del suo splendido Drago d’Oro.
“Bah, nemmeno per la Cerimonia di tua cugina riesci a svegliarti in orario! E poi è pomeriggio, neanche fosse mattina presto!” disse Inuyasha, continuando a rimproverare Miroku
“Ti ho già detto che non è stato voluto!” ribatté il ragazzo dal codino, in testa alla fila
“Smettetela di bisticciare e continuate a camminare, piuttosto!” sbottò irritata Sango, facendoli tacere con uno sguardo di fuoco.

- Ecco! Lo sapevo, siamo addirittura i primi! – lo splendido Drago Supremo, borbottò quasi infastidito, guardandosi intorno e vedendo che, oltre a loro, non c’era nessun altro.
“Era quello che volevo! La Cerimonia di oggi riguarda me e te, dovevamo dare il buon esempio e arrivare qui per primi!” lo riprese Kagome con le labbra piegate in un sorriso di soddisfazione
- Proprio perché oggi per noi è un giorno speciale saremmo dovuti arrivare per ultimi! Sono il Drago Supremo, è logico che la mia presenza debba essere desiderata, come la tua, del resto! – insistette la creatura, accostandosi alla ragazza e mettendosi seduto sulle zampe posteriori, drizzando la schiena, in postazione eretta e fiera.
- Così almeno, quando arriveranno, rimarranno folgorati dalla mia straordinaria bellezza – disse, notando lo sguardo interrogativo della sua neo Cavaliere che poi, dopo quell’affermazione, scosse la testa sospirando divertita.
I due attesero pazientemente qualche minuto, in silenzio, davanti alle maestose porte della Sala del Destino che li sovrastavano.
Dopo poco, poi, sentirono il rimbombo di una serie di passi che proveniva dal tunnel davanti a loro. Da quello, videro sbucare un’ansante Miroku, seguito da Sango e Inuyasha, anche loro con il respiro accelerato.
“Sia… siamo arrivati…” disse il ragazzo dal codino, sforzando un sorriso verso la cugina mentre cercava di riprendere fiato.
“Buon pomeriggio a tutti! Come mai siete ridotti così?” domandò Kagome con un sorriso
“Bah, è colpa di questo cretino che si è svegliato all’ultimo momento!” sbottò Inuyasha, attirando la sua attenzione. I due si guardarono per alcuni istanti, intuendo ciascuno il pensiero dell’altro. Infatti subito dopo i loro sguardi si posarono contemporaneamente sul Drago di fianco alla ragazza che non si era per nulla scomposto.
- Avete qualcosa da dirmi? – chiese ingenuamente lui, avendo notato gli sguardi dei due – Non avrete mica deciso di fidanzarvi senza il mio consenso, vero?!? – sbottò poi, facendosi sentire volutamente anche da Sango e Miroku che subito guardarono divertiti Kagome e Inuyasha che erano arrossiti violentemente
“Ma che vai dicendo?!? Ancora sei fissato con questa storia?!?” sbraitò il mezzo- demone con le gote dal colore dei pomodori maturi.
Kagome, invece, dopo la sorpresa iniziale, si era ricomposta, ignorandoli volutamente.
“E poi se qui c’è qualcuno che pensa a fidanzarsi, non sono di certo io!”. Ecco. Lo aveva detto. Nonostante la buona volontà, non era riuscito a trattenersi, per quanto si fosse ripromesso che non avrebbe tirato fuori l’argomento.
Fin da subito si era trovato in sintonia col ‘piccolo ’ Drago d’Oro e, infatti, avevano passato molto tempo insieme… ma questo non toglieva il fatto che provasse una certa gelosia del fatto che anche Harliem e lui si fossero trovati in simpatia… non una simpatia qualunque, no, e lui lo aveva capito.
“Inuyasha… - lo chiamò Kagome, facendolo trasalire – Non credo che questo sia il momento adatto per- ”
- E perché no? Infondo non c’è molto di cui parlare…. Inuyasha, sai bene che io e te ci intendiamo alla grande… quindi potrai capire che è naturale che la tua Harliem attiri l’attenzione, no? -
“Sì…” sussurrò l’Hanyou, guardandolo in quegli occhi dal colore così simile ai suoi
- Bene, ecco… sappi che non ho cattive intenzioni, tutto qua. Infondo io e Harliem siamo coetanei, è naturale che ci interessiamo l’uno all’altra, ma niente di più niente di meno – gli disse tranquillamente il Drago, col suo solito tono sicuro.
- È proprio questo che mi preoccupa… - pensava intanto Inuyasha – Non so che ne pensi Harliem, al riguardo… -
“Tutto chiaro… ma sappi che vi tengo d’occhio” non riuscì a trattenersi dal dirgli. La creatura lo fissò intensamente e ‘sorrise ’ sornione
- Come io tengo d’occhio te e la mia amata Kagome – ridacchiò il Drago, ottenendo l’immediato imbarazzo dell’Hanyou che cominciò di nuovo a sbraitare.
“Tutti i giorni è sempre la stessa storia…” sospirò Kagome, avvicinatasi a Sango e Miroku che ridacchiavano
“Non so per quale motivo, ma si è fissato” continuò, guardando il proprio Drago
“Forse ha una vista migliore di quanto credi…” bisbigliò Miroku, guardandola divertito
“Hai detto qualcosa?” gli domandò la ragazza, voltandosi a guardarlo
“No, niente! Mi chiedevo solo dove fosse finito Kouga… per non parlare poi di mio padre…”
“Ah, Kouga non verrà. Ci siamo visti ieri sera per caso e mi ha avvertito che purtroppo non può venire… gli allenamenti lo assorbono completamente, ultimamente…” disse Kagome, un po’ intristita dal fatto che l’amico non ci sarebbe stato. Fin da quando era arrivata a Eldoras, la miko aveva visto in Kouga come un punto di appoggio. L’aveva sempre rassicurata e la sua compagnia la rilassava notevolmente.
“Andate d’accordo tu e Kouga, eh?” domandò Miroku, con un tono leggermente malizioso di cui la cugina non si accorse mentre Sango sì e lo guardava esasperata.
“Sì, molto – sorrise sinceramente Kagome - È una persona a modo, oltre che essere degno di fiducia”
“Sì, è vero… è un buon amico” anche Miroku sorrise sinceramente. In effetti, adesso che ci pensava, lui e Kouga erano amici praticamente da sempre.
“Già”. La ragazza poi volse nuovamente lo sguardo verso il suo Drago e Inuyasha, controllando la situazione “Ma non avete ancora smesso di punzecchiarvi, voi due?!” disse, avvicinandosi
“Ehi…” Sango richiamò l’attenzione del Majutsushi, dopo che la miko si era allontanata “Cos’era quel terzo grado?” gli domandò, sospettosa
“N- niente! Quale terzo grado? Era solo così, per parlare…” balbettò il ragazzo dal codino
“Sicuro?” insistette la ragazza, guardandolo da vicino
“Bè, semplicemente ho notato che Kagome e Kouga vanno molto d’accordo, niente di più e…”
“E?” lo incalzò lei
“E- ecco… credo che per Kouga… bè, forse per lui è qualcosa di più di un’amicizia…” disse il ragazzo, incerto. A quel punto Sango si allontanò da lui, riflettendo su quelle parole
“Dici?” gli chiese, pensierosa
“Non ne sono sicuro… non mi ha detto niente al riguardo, è solo una sensazione”
“Bè, comunque non sono affari che ci riguardano”
“Come no?! Kagome è mia cugina, è naturale che io debba sapere queste cose!”
“Tu le vuoi sapere solo perché sei un gran impiccione!” gli disse Sango, guardandolo con disappunto
“Mia dolce Sango, mi ferisci! Ma anche se mi rivolgi queste dure parole il mio amore continua a persistere!” e, come al solito, la sua mano andò a posarsi sul fondoschiena della ragazza che, fulminea, provvide a dargli un poderoso schiaffo.
- Ahiahi! Questo era bello grosso! – disse il Drago, ridacchiando
“Cough, cough” alcuni colpetti di tosse attirarono l’attenzione del gruppo che, voltandosi, vide finalmente il Governatore come sempre accompagnato dal Ministro Mendion.
“Alla buon’ora!” sibilò a bassa voce Miroku
“Scusate il ritardo, ma abbiamo avuto un piccolo imprevisto” si scusò Takehiko, avvicinandosi a Kagome e al Drago d’Oro, sorridendo
“Buongiorno a tutti e due, siete pronti?” chiese loro, gentilmente
- Naturalmente! – si affrettò a dire la creatura, sotto lo sguardo divertito di Kagome che annuì semplicemente
“Perfetto, allora. Miroku…” lo chiamò il Governatore
“Sì, so cosa devo fare” lo interruppe il ragazzo, un po’ brusco. Il padre del Majutsushi lo guardò leggermente rattristato… da quando Kagome era arrivata a Eldoras i loro rapporti si erano, per quanto possibile, ancora più incrinati. Nonostante tutto il Cavaliere aveva sempre avuto, nei suoi riguardi, un atteggiamento di ‘cortesia ’, per quanto non si risparmiasse quasi mai il suo solito sarcasmo. Ma evidentemente si era sempre trattato di un atteggiamento forzato o, semplicemente, non riusciva più a nascondere la propria frustrazione e rabbia accumulata in tutti quegli anni.
Abbassò lo sguardo, sorridendo sarcastico… non aveva mai capito nulla.
Quelle tristi riflessioni vennero interrotte dal debole cigolio delle due enormi porte della Sala del Destino che si aprivano.
Lui per primo vi entrò, seguito da Kagome e dal piccolo Drago e poi tutti gli altri. A chiudere la fila, Miroku che provvide a sigillare nuovamente l’ingresso.
- Sembra ieri che sono venuta qui la prima volta… - pensò Kagome, rendendo partecipe dei suoi pensieri anche il Drago Supremo.
- È stato un gran giorno, quello – rifletté la creatura, facendola sorridere
- Sì, il più bello della mia vita – disse la ragazza, mentre i loro sguardi si incrociavano.
“Bene, eccoci qua… vieni Kagome” le disse Takehiko, avvicinandosi, insieme a lei e al Drago, all’altare posizionato al centro della stanza.
“Di certo saprai già in cosa consiste questa Cerimonia – cominciò il Governatore - Si tratta di una specie di battesimo che sancirà ufficialmente il vostro legame, oltre che a farti entrare veramente nella Milizia del Dragone”. Kagome annuì, guardando poi la grande vasca bronzea posata sul imponente altare. Questa era rifinita da ghirigori dorati ma al centro della fiancata spiccava un simbolo… lo stesso che lei aveva sulla fronte.
Spostando lievemente la frangia corvina, si toccò il tatuaggio, leggermente in rilievo, che le era comparso il giorno della Cerimonia della Scelta.
Da quello che aveva studiato, quello era il simbolo che contraddistingueva tutti i Cavalieri Supremi, come un segno di riconoscimento.
“Sì, come avrai notato è lo stesso simbolo che hai tu sulla fronte” la fece trasalire Takehiko, come leggendole nel pensiero “Bè, direi che possiamo procedere, no? Prima di tutto devi metterlo sull’altare…” disse, guardando la creatura vicino la ragazza.
Kagome, seppur con un po’ di fatica vista la mole che il Drago aveva già raggiunto, lo posò delicatamente sul blocco in Pietra di Luna mentre questo se ne stava seduto in modo composto
“Ora dovrai dire il nome del Drago che ti ha scelto come suo Cavaliere e con il quale adempirai alla tua missione. Fatto questo devi immergerlo nella vasca mentre io reciterò dei passi cerimoniali” la ragazza annuì guardando il cugino, sorridendogli.
Poi il suo sguardo si posò sul suo meraviglioso Drago. Lo guardò intensamente mentre sentiva il tatuaggio sulla sua fronte pulsare come il giorno in cui si erano incontrati, subito dopo che Lui era nato.
“Questo è Hirador, il Drago Supremo che mi ha scelta e io sono il suo Cavaliere Supremo. Insieme governeremo questo Paese per riportare la pace e l’ordine” disse con la voce ricolma d’emozione.
- Non potevo scegliere di meglio – disse il Drago, guardandola dolcemente.
Dopo ciò, la ragazza prese la creatura e la immerse nella grande vasca mentre la voce del Governatore si diffondeva per l’immensa Sala.
Da quel giorno erano una cosa sola ufficialmente.
Dopo che Takehiko ebbe finito di recitare i passi della Cerimonia, Kagome prese Hirador, facendolo uscire dalla vasca e asciugandolo attentamente mentre lui mugolava contento.
Dopo ciò lo depose a terra e immediatamente ricevette le congratulazioni del Governatore che l’abbracciò affettuosamente.
Scendendo i pochi gradini sui quali era innalzato l’altare, raggiunsero il resto del gruppo.
“Congratulazioni, Kagome- chan! Hirador è un nome bellissimo!” le disse contenta Sango, abbracciandola.
“Grazie” le rispose la neo Cavaliere, sorridendole. Si staccarono e subito anche Miroku le si avvicinò, abbracciandola fraterno
“Finalmente sei ufficialmente una dei nostri! Per qualunque cosa rivolgiti al sottoscritto!” le disse, facendola ridere
“Anche tu piccoletto, finalmente sei un membro ufficiale della Milizia!” ridacchiò il Majutsushi, accucciandosi di fronte al Drago e giocherellando con la sua coda nero pece
- Adesso che ci sono io potete stare tranquilli! – disse Hirador, vantandosi
“Ma tu sentilo!” esclamò il ragazzo dal codino, mettendosi a giocare con la creatura, imitato poi da Sango che si avvicinò loro, complimentandosi col Drago.
Kagome rimase a fissarli sorridendo felice, quasi commossa. I suoi pensieri poi andarono ai suoi defunti genitori… sia quelli adottivi che quelli naturali.
- Vi giuro che vi vendicherò – si ripromise, col volto serio
“Kagome…?” una voce alle sue spalle la fece trasalire. Si voltò e incontrò gli occhi ambrati di Inuyasha che la scrutavano
“Bè… ecco… sì, insomma… congratulazioni” balbettò il ragazzo, imbarazzato, senza guardarla. Lei rimase colpita da quell’atteggiamento e si ritrovò involontariamente a sorridere.
“Grazie, Inuyasha” gli rispose, sorridendogli leggermente, ma sincera.
Lui la fissò basito, non sapendo cosa fare. E non poté, comunque, fare niente, perché la ragazza distolse lo sguardo e si avvicinò a Hirador ancora attorniato da Miroku e Sango.
L’Hanyou rimase a fissare il punto in cui prima si trovava Kagome, non sapendo cosa pensare. Scosse violentemente la testa, cosa c’era da pensare? Lui le aveva fatto le sue congratulazioni e lei lo aveva ringraziato, punto. Si diede dello stupido.
“Bene, noi ora vi dobbiamo salutare, ragazzi” disse poi il Governatore. Kagome si avvicinò a lui e al Ministro
“Congratulazioni, Kagome” le disse questo, guardandola con un gran sorriso.
“Grazie, signor Mendion. Grazie di tutto, Takehiko” disse la ragazza, sorridendo ad entrambi
“Non hai niente di cui ringraziarmi, al massimo, siamo noi che dobbiamo farlo. Anzi, se posso fare qualcosa per te non hai che da chiedere”
“Hai, avete fatto anche troppo – disse, guardando Hirador – Spero solo, d’ora in poi, di riuscire a fare il mio dovere nel modo migliore”
“Ci riuscirai, ne sono convinto” la rassicurò il cugino.
“Bè, non voglio trattenervi di più, se avete da fare” disse la ragazza
“Sì, purtroppo il dovere ci chiama… al massimo ci vedremo per cena” rifletté Takehiko
“Certo, volentieri” annuì la miko
“Bene, allora noi vi salutiamo, ragazzi” il resto del gruppo fece cenni di saluto al Ministro e al Governatore il quale soffermò per qualche istante lo sguardo sul figlio.
Poi, brusco, si voltò, seguito da Mendion che salutò nuovamente i quattro ragazzi.
- Kagome, non so tu, ma io ho un certo languorino – la informò Hirador, attirando la sua attenzione
“Già, che ora avremmo fatto?” si chiese la ragazza
“Credo sia ormai ora di cena…” ipotizzò Miroku
“Dove andiamo a mangiare, questa sera?” domandò Sango
“Io proporrei alla taverna, sicuramente verrà anche Kouga” propose il ragazzo dal codino
“Per me va bene” confermò la Cacciatrice
“Anche per me” si aggiunse Kagome
“Tu che dici Inuyasha?” si rivolse all’Hanyou il Majutsushi
“Feh, un posto vale l’altro!” borbottò col suo solito modo di fare brusco
“Non hai qualche riserva di gentilezza nascosta da qualche parte per caso, Inuyasha?!” disse sarcastico Miroku, sogghignando. L’unica risposta del mezzo- demone fu quella di rivolgergli uno sguardo di ghiaccio
“Bè, allora è deciso. Ci troviamo alla taverna per le sette, va bene?” chiese il Cavaliere dal codino, aspettando una conferma dai compagni che annuirono.
“Adesso che si fa?” si chiese, però, Miroku
“Per quel che mi riguarda me ne vado da Harliem!” sbottò Inuyasha, facendo già per andarsene
- Portale i miei saluti! – gli disse Hirador, con una chiara nota di divertimento nella voce. L’Hanyou si irrigidì leggermente e si girò a guardarlo
- Non te ne approfittare troppo…! – gli disse il mezzo- demone, tramite il pensiero, in modo tale che solo lui lo sentisse
- Ma io non me ne approfitto, voglio solo essere educato – gli rispose tranquillamente il Drago
- Bene, allora… - e gli fece un sorriso quasi di sfida, corrisposto pienamente dalla creatura.
Kagome li guardò attentamente, immaginandosi quello che si erano detti. Sospirò, quei due l’avrebbero fatta dannare.
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Nella Terra Centrale ci si impegnava per salvare un Continente.
Nel Regno del Sud… si macchinava per distruggerlo.
Le mura della capitale del Regno, Kaosu, si stagliavano imponenti nel paesaggio stravolto dal clima torrido.
Il sole amico – che, però, di amichevole non aveva nulla – proiettava insistente i suoi caldi raggi sulla città mentre folate di vento turbinavano violente e a intermittenza.
Kaosu era sorta ostinata in quella terra avversa, come, del resto, le città sparse per il Regno del Sud.
Chi fosse stato il fondatore della capitale è ignoto. Quello che è certo è che la città, nonché l’intero Regno, aveva visto i suoi anni più floridi sotto il comando del Re Inu Taisho.
Youkai dal sangue blu che aveva osato sposare una Ningen… Ningen che diede alla luce un ibrido, un bastardo… un Hanyou.
La sua saggezza, il suo amore per il Regno erano stati completamente adombrati da questi fatti.
Ed ora il Paese era nella miseria più totale. O, almeno, questa era la situazione del popolo, il quale si vedeva morire di fame mentre i ricchi e i nobili mangiavano e bevevano alle loro spalle.
Una figura dall’aria nobile se ne stava seduta, apparentemente annoiata, su di un grande trono in bronzo.
I suoi occhi color sangue luccicavano nella penombra che oscurava la grande sala deserta. Solo il suo respiro regolare e calmo si diffondeva ovattato per la stanza.
Si sistemò più comodamente sulla sua postazione.
Da quanti anni, ormai, era suo quel trono?
- Sedici anni… - rifletté. Sedici anni di completo dominio. Sorrise maligno.
Ripensando a quanto tempo era passato, venne folgorato da un pensiero che lo divertì.
- Chissà come se la passa il piccolo Inuyasha… - . Il ghignò sul suo volto si accentuò, ripensando al figlio del Re da lui spodestato ed eliminato.
“Kagura” chiamò. Dopo pochi istanti una donna, per la precisione una Yasha, gli si presentò davanti, guardandolo con la sua solita espressione annoiata, ma anche leggermente tesa.
“Hai bisogno di me, Naraku?” domandò quella, fissandolo con i suoi occhi vermigli, così simili a quelli di lui
“In un certo senso…” disse calmo lui, sempre con quel ghigno divertito sul volto. Kagura lo osservò con sguardo interrogativo
“C’è qualcosa che ti diverte?” chiese, con una nota di irritazione nella voce
“Sì, per la verità…. Mi è tornata alla mente una persona di cui mi ero completamente scordato… dì, te lo ricordi Inuyasha?” le chiese, con sguardo divertito
“Intendi il figlio bastardo di Taisho? Vagamente…” rispose quella
“Sì, proprio lui… - ridacchiò divertito Naraku – Devi fare una cosa per me… è da tempo che non ho più sue notizie, sono curioso di sapere se è ancora vivo”
“Devo controllare di persona?” chiese, leggermente scocciata
“Sì” le disse, secco, lui.
“Si trova sulla Shima no Nanimo, se non ricordo male…” rifletté la Yasha, cercando negli occhi porpora del suo signore una conferma.
“Già… poveretto, se non è morto per la fame sarà morto per la noia…” Naraku sbottò in una risata decisamente divertita, oltre che malvagia.
“Forza, ora vai… e non metterci una vita” aggiunse, guardando freddamente Kagura che, seppur irritata, partì immediatamente, scomparendo.
“Sono proprio curioso di sapere se sei ancora vivo… Inuyasha” disse, una volta rimasto solo, ridendo sommessamente.
Finalmente aveva trovato qualcosa di veramente divertente a cui pensare.
Lentamente, si alzò dal trono, scendendo con eleganza i tre gradini in marmo sul quale si trovava la seduta.
I suoi passi rimbombarono per la sala silenziosa mentre la sua alta figura veniva progressivamente illuminata dal sole accecante di quella giornata.
Il salone si apriva su una enorme balconata che dominava l’intera città.
Naraku sorrise soddisfatto nell’ammirare ciò che aveva conquistato… col sangue. Il suo ghigno si accentuò.
Il Regno del Sud era completamente in suo potere… ma non gli bastava.
Ciò che voleva era la Terra Centrale.
Era riuscito a metterla in ginocchio una volta… sarebbe riuscito a piegarla definitivamente.
Col suo perfido sorriso sulle labbra osservò la città sotto di lui.
Kaosu.
Sì, doveva ammetterlo, il buon vecchio Taisho si era dato da fare. Grazie a lui ora la capitale era diventata un vero punto di riferimento per tutto il Regno, anche dal punto di vista economico visto che il defunto sovrano aveva sostenuto la nascita e lo sviluppo di diverse attività commerciali che, tuttora, davano i loro frutti.
Ed era fruttuosa anche l’attività da lui promossa… i saccheggi e le depredazioni dei suoi soldati sparsi sulle varie isole del Continente portavano al Paese ricchi bottini consistenti soprattutto in cibo.
Ma ciò che serviva loro erano le materie prime.
Naraku contrasse il volto in un’espressione di disappunto.
Non vedeva l’ora di mettere le mani anche sulla Terra Centrale, così pateticamente pacifica.
In un certo senso aveva quasi più rispetto per quelli del Regno del Nord. Loro odiavano il Sud e il Sud odiava loro.
Ma la Terra Centrale… un miscuglio di Ningen, Youkai e Hanyou pacifisti… vomitevole.
- Non sarà così ancora per molto… - pensò, ridendo maligno. Con i suoi poteri di Majutsushi non avrebbe fatto troppa fatica a far crollare anche quel Paese.
La sua attenzione venne attirata da un rantolo di dolore. Poco lontano da lì vide uno Youko con ancora gli artigli conficcati nella gola di un altro Demone. Sorrise divertito. I suoi uomini avrebbero fatto un ottimo lavoro con quei dannati della Terra Centrale da sempre detestata dal Sud.
La bandiera di Kaosu sarebbe stata innalzata anche lì.

- Accidenti a Naraku! Devo sempre obbedirgli ad ogni schiocco di dita! - .
Un’indispettita Kagura camminava spedita verso l’uscita di quell’enorme e tetro palazzo.
Si guardò intorno. Una semi oscurità - nonostante il sole cocente illuminasse completamente l’esterno - invadeva quel luogo, quasi perennemente.
Sbuffò continuando a camminare.
Mentre percorreva quella lunga serie di corridoi e scale incontrò diversi Demoni, ognuno dei quali le fece un cenno di saluto.
A tutti rivolse delle semplici occhiate sfuggenti, continuando per la sua strada.
Voleva sbrigarsi. Già le scocciava andare fino alla Shima no Nanimo… almeno voleva togliersi quella fastidiosa incombenza il prima possibile.
Il suo signore era davvero strano. Chissà quale gusto poteva dargli sapere della sorte di un inutile Hanyou.
Se non era ancora morto, al massimo stava in quella prigione, dimentico del mondo, a marcire lentamente.
Finalmente raggiunse l’enorme ingresso del palazzo, le due grandi porte in pesante e scuro metallo spalancate, mentre dal ponte in massiccia pietra che collegava il palazzo al resto della città c’era un via vai di Youkai.
Con il suo ventaglio aperto, riparò per qualche istante gli occhi scarlatti dall’accecante luce del sole che, come tutti i giorni, brillava alto nel cielo, soffocando gli abitanti viste le temperature esageratamente elevate.
Nonostante i Demoni non soffrissero né il caldo né il freddo… quelle temperature, a volte, erano esagerate anche per loro.
Negli ultimi anni, poi, le cose erano andate peggiorando. Sembrava che per la morte di Inu Taisho lo stesso ambiente avesse urlato la sua disapprovazione per quella congiura meschina e sanguinosa.
Questa, però, era una sua fantasia. Tanto a pagare soprattutto per quel clima avverso era il popolo che faticava per mangiare anche solo una volta al giorno a differenza dei nobili e degli abitanti del palazzo che si rimpinzavano da mattina a sera.
Ma nessuno aveva mai osato lamentarsi. Mai nessuna madre o padre di famiglia si era presentato alla porta del palazzo reclamando perché i proprio figli morivano di fame e di sete.
Questo non sarebbe mai accaduto. Mai, finché l’ombra pesante di Naraku non avrebbe smesso di incombere sulla capitale e quindi su tutto il Regno.
Kagura si passò una mano sulla fronte, asciugandosi un rivolo di sudore. Nemmeno il suo abbigliamento succinto le dava qualche refrigerio da quella calura. La Yasha, infatti, indossava un corto abito che metteva in risalto le sue curve nonché le sue lunghe gambe. I capelli erano raccolti ordinatamente in un chignon decorato di alcune piume.
Guardandosi intorno e schioccando occhiate furenti a tutti gli Youkai che la guardavano con un certo interesse, prese proprio tra le mani una di quelle piume, la quale, grazie a un suo leggero soffio, si ingrandì notevolmente.
Vi saltò agilmente sopra e velocemente prese ad alzarsi in volo.
Quello era il suo mezzo di trasporto. Niente di più adatto per lei che era il Demone del Vento.
Dall’alto poté vedere nella sua globalità la vastità della capitale, circondata da quella terra brulla e secca. Contrasse il volto in un’espressione infastidita. Odiava quel luogo. Da quando era stata riportata alla luce, tramite un incantesimo di Naraku, si era sempre sentita oppressa sia dalla presenza del suo signore sia dall’aria che respirava in quella terra.
Kaosu, come il suo nome indicava (in giapponese significa caos), si era sviluppata in modo piuttosto disordinato anche se, curiosamente, l’agglomerato di case, costruzioni, palazzi, era andato a formare una specie di spirale, la quale culminava nel grande palazzo, ora dimora del signore del Regno, Naraku.
Il tutto era circondato da immense mura di spesso e infrangibile metallo. Metallo che si trovava, un tempo, solo in quella parte del Continente… una materia prima dall’immenso valore. Peccato che, per quanto fosse pregiata, fosse anche tanto rara.
La ricerca di tale metallo, infatti, era un’altra delle tante cose che impegnava il suo signore, deciso a scovarlo, a costo di rivoltare l’intero Paese.
Una parte delle mura risaliva alla fondazione della città, ma erano state completate solo di recente e sempre da Inu Taisho.
Kagura sorrise sarcasticamente. Quello Youko si era impegnato tanto per un popolo che non ci aveva pensato due volte a farlo fuori una volta diventato scomodo. Perché poi? Perché si era sposato con una Ningen e aveva come figlio un Hanyou? Perché aveva cercato un’alleanza con gli altri due Paesi con lo scopo di fare del bene per il proprio?
La Yasha inarcò un sopracciglio. A lei quelle questioni non interessavano. Lei pensava solamente a se stessa.
Dall’alto osservò attentamente il palazzo del quale, da tutti quegli anni, ormai, era prigioniera.
E da quando era abitato da Naraku aveva assunto davvero l’aria di una prigione. Le stesse mura della costruzione sembravano emettere malvagità.
Rabbrividì ripensando al giorno in cui era venuta alla luce. La prima cosa che vide furono proprio gli occhi porpora del suo signore. Sapeva di essere fatta di vento… ma nello stesso momento in cui aveva visto Naraku, aveva capito che il suo potere non l’avrebbe resa libera.
Guardando quella che era anche la sua dimora si accorse che, in effetti, ai tempi di Taisho il palazzo non dava quell’impressione.
Imponente, a mo di piramide a gradoni, si stagliava nella sua imponenza sopra la città, rendendo chiara quale fosse la sua importanza.
Le mura erano di una massiccia e scura pietra, levigata fino a renderla liscia come seta seppure il vento furioso, nel corso del tempo, l’avesse lentamente logorata, creando una fitta rete di crepe e venature più chiare.
Dava quasi l’impressione che l’intero palazzo fosse ricoperto da una sottile e persistente ragnatela.
Il che era veramente curioso visto che il simbolo ora vigente sulla bandiera del Regno era proprio quello di un ragno.
Perché in effetti questo era Naraku. Un perfido ragno che tesseva la sua ragnatela di morte ovunque questa attecchisse.
La Yasha fece una smorfia. Non era quello il momento per pensare certe cose.
Per adesso doveva solamente stare attenta a come rendersi utile, se voleva rimanere in vita.
Perciò, gettando un’ultima occhiata alla città sotto di lei, si diresse velocemente verso nord- est per raggiungere la Shima no Nanimo.

“Mio signore…”.
Nel frattempo Naraku si trovava ancora nel suo palazzo, ad ammirare la città.
“Cosa c’è?” rispose freddamente al Demone che lo aveva interpellato
“Siamo pronti a partire per Kadok, come sapete ci è sta mandata la risposta l’altro giorno da-”
“Sì, lo so, non c’è bisogno di ripeterlo. Bene, partiamo immediatamente. Al suo ritorno, dite a Kagura che sono partito per affari”
“Certamente… devo riferire altro?”
“Sì, che non si cacci nei guai…” rispose il Majutsushi, girandosi finalmente verso il suo interlocutore che rabbrividì nel vedere il ghigno malvagio del suo signore.
“S- sarà fatto” balbettò, per poi andarsene.
Naraku, lentamente, rientrò nella grande sala venendo nuovamente inghiottito dall’oscurità che ivi aleggiava.
- Dopo che avrò mandato in porto anche questo affare, la strada che mi separa dalla sottomissione della Terra Centrale si accorcerà notevolmente…. Il nostro incontro si avvicina, cara Kagome… - e la sua risata maligna, ancora una volta, si diffuse per il palazzo e nella città… facendola tremare ancora.

FINE 18° CAPITOLO.

Oh, yeah! Anche se ultimamente i miei capitoli risultano essere un pochino più corti… di questo devo dire che sono abbastanza soddisfatta. Mentre lo scrivevo mi sono venute in mente anche un po’ di idee e dettagli che mi serviranno per il futuro… tranquilli quindi, l’entusiasmo e la mia vena creativa stanno ritornando vigorosi – o, almeno, lo spero ^^’.
Ho anche dedicato un po’ di righe anche a Naraku, cosa di cui sono molto contenta. Ah, colgo l’occasione per dire una cosa… non dovete pensare che Naraku sia un Hanyou. Di questo personaggio, per quel che riguarda questa storia, si sanno ben poche cose.
E anche se la cosa può suonarvi ‘strana ’… bè, in questa storia non lo deve essere – vorrei dare spiegazioni più precise ma lo farà la storia per cui dovrete aspettare ;P .
Per il resto… bè, che dire, sono super felice, finalmente, di poter chiamare per nome il mio adorato Hirador! A proposito… spero che questo nome non vi risulti peggiore degli altri. Bè, se anche così fosse, sicuramente mi dispiacerà ma questo non mi impedirà, per quel che mi riguarda, di adorarlo lo stesso.
Come ho spesso ripetuto, questo e il nome Harliem sono stati una folgorazione che non ho voluto cancellare.
Che altro dire? Bè, sicuramente che non ho idea, di preciso, a quando sarà il prossimo aggiornamento. Spero, al massimo, di saltare una settimana – anche se, in teoria, non dovrei fare nemmeno questo -___- - … ma se dovessi vedere che il ritardo sarebbe maggiore vi farò sapere. Haimè la scuola è ripartita e si fa decisamente e, inoltre, a metà febbraio, circa, ho un appuntamento davvero importante – non rivelo troppo per scaramanzia ;P – per il quale mi dovrò preparare come si deve per cui il tempo da dedicare alla ff diminuisce. Ma lo troverò, in qualche modo.
Ora vi saluto, sperando che ci sia qualcuno che leggerà visto che faccio un aggiornamento un po’ ritardato.
Vi ringrazio ancora per la vostra pazienza e per i vostri commenti che mi rendono sempre super felice.
Vi auguro una buona settimana
Baci,
ka_chan ^_____^

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Capitolo 19
*** cap19 “DANZANDO TRA GLI INCUBI” ***


Eccomi, eccomi qua! Scusate per questa settimana di ritardo ma come vi avevo anticipato sono piena di impegni fino a scoppiare! -___-
Però sono qui con un capitolo decisamente più lungo rispetto agli ultimi! ^___^ Senza indugiare, passerei con i ringraziamenti per i vostri bellissimi commenti: Lorimhar (Ah, quanti bei complimenti! Sono contenta che il nome Hirador sia piaciuto, sono molto soddisfatta! Comunque per il fatto Inuyasha ‘Mago ’ non ti preoccupare, non mi hai deviato, anche io ci avevo già pensato… e visto che la cosa pare piacere mi adopererò per approfondirla! E anche un eventuale scontro Inuyasha – Kagome aveva già preso in considerazione… bè, staremo a vedere! ^___^ Parlando di libri… hai detto Eragon, eh? Mmmh, si mi sembra di averlo presente…. MI RACCOMANDO LEGGILOOO!!! È stupendo quel libro – per non parlare di Eldest *____*. Comunque, come sempre, grazie mille per i tuoi commenti e il tuo sostegno, un bacione ^___^); Elychan; giodan; raska81; cri-chan (Carissima! ^__^ Allora… alla tua domanda se è possibile che Hirador e Harliem potrebbero avere delle uova… la risposta c’è ma non te la posso dire adesso visto che farà parte di una delle varie spiegazioni riguardo ai Draghi ^^ Perciò credo ti farò aspettare un po’ ;P ); Lila; Honey; Hikari_Takaishi_87 e inukun che è una new entry ^___^.
Grazie mille a tutti quanti e anche a coloro che leggono semplicemente ^____^.

19° CAPITOLO “DANZANDO TRA GLI INCUBI”

“Un ballo?!?”
“Kagome, calmati per favore”
“Sì… ma, ecco…”.
Nella soleggiata Eldoras, trasformata dall’arrivo della primavera, c’era un gran fermento.
Due mesi prima, circa, in seguito alla Cerimonia della Nascita della Principessa Kagome era stato finalmente scoperto, dopo lunghi anni, l’altissimo pilastro, simbolo della città.
Questo consisteva in un imponente colonna in Pietra di Luna dal colore bianco perla, culminante nella grande statua in oro, raffigurante il Drago Supremo.
In seguito allo sterminio della Famiglia Reale era stato coperto da un’alta impalcatura nero pece, come segno di lutto.
Ma ora che il trono degli Higurashi era tornato nuovamente ad essere occupato da chi ne aveva il diritto, il grande pilastro era tornato a splendere, illuminato dai raggi del sole, di giorno e della luna, di notte.
Eldoras aveva ritrovato la sua luce.
Nello studio del nobile Takehiko si discuteva di una questione che, inaspettatamente, si stava rivelando alquanto ardua.
L’ingresso ufficiale in società di Kagome.
“Adesso che sei ufficialmente un Cavaliere è necessario che tu ti presenti al popolo. E poi hai giusto sedici anni, l’età perfetta per questa cosa”. Takehiko guardò dolcemente la cugina, con sguardo comprensivo. Di certo poteva capire l’agitazione della ragazza… da un piccolo villaggio di ‘contadini ’ si era ritrovata nella grande capitale della Terra Centrale e addirittura col ruolo di Principessa….
“M- ma io non penso sia necessario…. Insomma mi conoscono tutti e poi non credo di essere la persona adatta a partecipare a dei balli… i vestiti eleganti, il trucco, le danze… no, non sono per me” insistette Kagome, con sguardo preoccupato. L’idea di dover partecipare a un evento simile, di cui, peraltro, sarebbe stata la protagonista, la terrorizzava più dell’idea di trovarsi nella tana di un branco di sanguinosi Youkai, disarmata.
“Suvvia Kagome, mi sembri una bambina che fa i capricci” la riprese scherzosamente il Governatore “Vedrai che non sarà così terribile”.
Il Cavaliere guardò il cugino con un pizzico di irritazione. Ormai aveva deciso, era chiaro. Indugiò su di lui ancora il suo sguardo argenteo per poi sospirare rumorosamente
“D’accordo…” disse, rassegnata.
“Così mi piaci! Do subito l’ordine di cominciare con i preparativi, non voglio trattenerti oltre…” le disse affettuosamente.
“È un modo carino per dirmi di levarmi dai piedi?” gli domandò sarcastica la ragazza, alzandosi dalla sua seduta
“Sì, anche se detto in modo più galante” ridacchiò l’altro, in risposta. La cugina gli sorrise per poi uscire dallo studio.

“Maledizione, ci mancava solo questa!”.
Kagome, mentre percorreva gli eleganti e lunghi corridoi del Palazzo, borbottava indispettita per l’esito di quell’incontro.
Un ballo!
Una cosa decisamente inutile, in quel periodo! Avevano bisogno di allenarsi, non di ballare e bere birra ad una stupida festa!
Sospirò.
In fondo capiva anche le ragioni di suo cugino Takehiko. Oltre al fatto che fosse doveroso che lei si presentasse ufficialmente al Paese, l’aria di festa, sicuramente, avrebbe giovato all’intera città.
Sospirò di nuovo. Sapeva che il suo ruolo di Principessa avrebbe richiesto dei sacrifici… ma di certo non aveva pensato che avrebbe dovuto affrontare anche cose simili!
Lei… a un ballo…. Che idea ridicola!
“Non te l’hanno mai detto che non fa bene sospirare troppo?” una voce a lei fin troppo nota la fece trasalire
“Oh no, ti prego, tutto ma non te in questo momento!” si lamentò la ragazza, parlando più con se stessa che con il suo interlocutore.
“E tu saresti una Principessa?! Lasci molto a desiderare in quanto a educazione, sai?” la schernì la voce
“Inuyasha… vedi di smetterla, non è giornata” lo ammonì Kagome, schioccandogli, finalmente, una fugace occhiata.
“Oho, cos’è, una minaccia?” insistette l’Hanyou, con un largo sorriso di scherno.
La miko si innervosì ancora di più… possibile che quella testa vuota dovesse sempre comportarsi a quel modo? O, meglio, possibile che dovesse venirgli a tiro sempre nei momenti sbagliati?
Sospirò esasperata, ancora.
“All’inizio non lo era ma se continui potrebbe diventarlo” gli disse, tagliente mentre si massaggiava le tempie.
Inuyasha era sul punto già di ribattere ma notò che, in effetti, la ragazza non era di buon umore, quel giorno.
Già erano rare le volte in cui riuscivano a rivolgersi qualche parola senza insultarsi, se si metteva a fare il cretino anche in quel momento sarebbe esplosa una litigata furiosa.
“Hirador dove l’hai lasciato?” le chiese, cambiando argomento e prendendo a camminare al suo fianco
“Nella palestra… oggi ci sono degli allenamenti congiunti… con lui dovrebbero esserci anche Harliem e Sieg” lo informò la ragazza, meno tesa rispetto a prima. Almeno si erano evitati un’ennesima sfuriata.
“Sì, giusto…. Andiamo a dare un’occhiata?” le domandò, guardandola di sfuggita. Lei tentennò per qualche istante, poi annuì, in effetti aveva voglia di guardare il suo amato Drago nel corso dei suoi allenamenti.

I due Cavalieri arrivarono in prossimità della grande palestra del Palazzo.
Entrandovi poterono vedere che, oltre a loro, anche Miroku e Sango avevano avuto la stessa idea di andare ad assistere agli allenamenti di Sieg, Harliem e Hirador.
“Buongiorno ragazzi! A quanto pare abbiamo avuto tutti la stessa idea!” li salutò Miroku dopo che li ebbero raggiunti
“A quanto pare…” rispose svogliato Inuyasha, schioccandogli un’occhiata fugace poiché concentrò immediatamente la sua attenzione sul suo Drago.
“Eeeh, sempre il solito! – borbottò il ragazzo dal codino – Tu invece Kagome come stai? Ti vedo un po’ tesa…” le chiese affettuoso il cugino. La ragazza sobbalzò leggermente… possibile che le sue emozioni fossero così visibili?
“Bè, ecco…” balbettò
“Ho capito, ne parliamo più tardi” la interruppe, sorridendole dolcemente. Lei annuì, ringraziandolo mentalmente.
Spostò anche lei lo sguardo sul gruppo di Draghi che occupavano la palestra. In totale erano sei, un Drago per ogni specie.
Sicuramente Hirador aveva avvertito la sua presenza ma non voleva disturbarlo, perciò non lo chiamò tramite il pensiero.
Sorrise nel guardarlo mentre, attento, seguiva tutto ciò che il Cavaliere loro istruttore, insieme al suo Drago, stava loro spiegando.
Accanto a lui c’erano Sieg e Harliem, anche loro presi quanto lui.
Evidentemente, per rendere più equilibrati gli allenamenti misti, avevano formato dei gruppi di Draghi della stessa età.
Kagome sorrise orgogliosa di vedere che tra i sei, Hirador spiccasse per grandezza, nonostante fosse il più giovane.
Nonostante quello non fosse il loro primo allenamento, per Harliem, Sieg e Hirador era la prima volta che affrontavano una seduta di quel tipo.
Gli allenamenti congiunti servivano affinché ogni Drago potesse osservare e conoscere le caratteristiche degli altri visto che, nelle battaglie, capitava che Draghi di diverse specie si ritrovassero a combattere insieme, nonostante la Milizia fosse organizzata in reggimenti divisi per specie. Ma, comunque, la diversità di tipologia di Draghi, in battaglia, si rivelava essere più che utile proprio perché c’era la possibilità di studiare tantissime diverse tipologie di attacco.
Oltre a questo, c’era anche il fatto che alcuni Draghi erano portati maggiormente per l’offensiva mentre altri meno – per quanto queste creature, di natura, fossero adatte al combattimento – o, viceversa, alcuni possedevano particolari capacità di difesa, utilissime negli scontri.
Draghi di questo tipo erano quelli di Terra, come Sieg. Le creature appartenenti a questa specie possedevano una grande potenza fisica alla quale, però, corrispondeva una minore agilità sia nei movimenti che nel volo.
I Draghi di Terra erano eccezionali e imbattibili per quanto riguardava le tattiche di difesa. Capacità come quella di provocare terremoti, inoltre, permettevano il disorientamento dei nemici e la possibilità per Draghi come quelli di Fuoco di attaccare.
Questi ultimi, infatti, insieme ai Draghi di Metallo e quelli d’Oro erano, per eccellenza, i maestri dell’offensiva.
Dotati di potenza fisica e di una grande agilità nei movimenti e nel volo, grazie alla loro potentissima fiammata erano in grado di sbaragliare velocemente un grosso numero di nemici. A questo proposito, inoltre, erano in grado di variare la temperatura della fiamma la quale poteva raggiungere i 300° C. Grandi risultati si ottenevano dagli attacchi congiunti di Draghi di Fuoco e Draghi di Vento che, appunto, avevano la capacità, grazie al loro soffio, di creare correnti ventose, adatte a propagare le fiammate dei Draghi di Fuoco.
Ovviamente, ciascun Drago, ampliava e migliorava i propri attacchi grazie anche alla Magia esercitata dal proprio Cavaliere, il quale poteva disporre degli elementi. Chiaramente, una sbagliata combinazione di questi due tipi di forza, oltre che rendere vano un attacco, poteva nuocere al Drago e Cavaliere stessi.
C’è da dire, poi, che nel primo periodo di vita dei Draghi, la Magia elementale esercitata dai propri Cavalieri era molto utile poiché, essendo ancora nella prima tappa della loro esistenza – quindi quella di ‘cucciolo ’ – le creature non erano ancora in grado di esercitare incantesimi di Primo Livello i quali erano decisamente più potenti di quelli che già possedevano fin dalla nascita.
Il legame tra Drago e Cavaliere si faceva sentire anche in questo campo, poiché migliorando uno, migliorava anche l’altro e viceversa.
Questo, fondamentalmente, era il principio base insegnato a Draghi e Cavalieri, poiché da questo dipendeva per la maggior parte il successo di ogni missione e battaglia.
Il soldato e la creatura loro insegnanti insistettero particolarmente su questo punto.
Il Cavaliere loro istruttore era uno dei più anziani e abili all’interno della Milizia e il Drago suo compagno era un potente appartenente della specie del Fuoco dalle ampie conoscenze ed esperienze.

“Ma sa solo ciarlare quello?” bisbigliò un annoiato Inuyasha, sbadigliando sonoramente.
“Sei proprio un cretino, tutto ciò che sta dicendo è di fondamentale importanza!” si sentì riprendere da un’accigliata Kagome che aveva udito le sue parole.
“Come osi darmi del cretino?!? E poi, scusa tanto, ma non mi pare che stessi parlando con te! Se ti dà tanto fastidio quello che dico, levati di torno!!!” sbraitò il mezzo- demone, offeso
“Invece lo ribadisco eccome: sei un cretino! Mi chiedo come tu possa essere un Cavaliere se non riesci nemmeno a seguire dei discorsi così importanti, che riguardano anche te! Cosa pensi di fare in battaglia, attaccherai tutti coloro che ti capiteranno davanti così, a casaccio?!?” gli urlò in risposta la ragazza, mentre il tono della discussione andava in crescendo finché non si ritrovarono a urlare come due ossessi.
“Ehm… ragazzi…” cercò di intervenire Miroku, con scarsi successi.
“Su, non mi pare il caso…” ritentò di nuovo ottenendo un ennesimo fallimento. Anche Sango cercò di dargli manforte, ma, come lui, fallì miseramente mentre i due andavano a discutere sempre più animatamente
“ADESSO BASTAAA!!!” scoppiò infine Miroku, facendoli, finalmente, zittire “Non vi siete accorti che state disturbando la lezione?!?” continuò, calmandosi ma sempre mantenendo un tono severo.
Inuyasha e Kagome arrossirono nel vedersi puntati addosso tutti gli occhi dei presenti e ognuno dei due poté avvertire la disapprovazione e l’imbarazzo dei propri Draghi nell’averli visti in quella pessima occasione.
“Scusateci – disse poi il ragazzo dal codino verso il gruppo che si stava allenando – Togliamo il disturbo, vero?!” disse, guardando severamente la cugina e l’Hanyou che annuirono, mortificati.
In silenzio i quattro uscirono dalla palestra permettendo così il tranquillo proseguimento della lezione.
“Ma possibile che voi due dobbiate sempre litigare?!?” sbottò Miroku una volta fuori
“Scusa…” disse debolmente Kagome, con lo sguardo basso e le gote in fiamme. Si era comportata come una bambina.
“E tu? Non hai niente da dire?” chiese il Majutsushi, guardando Inuyasha
“… Mi dispiace” rispose, atono, seppur anche lui in uno stato di leggero imbarazzo.
“Eeeh… più che a me, dovrete chiedere scusa a Harliem e Hirador, come minimo si sarebbero voluti seppellire!” esclamò il Cavaliere dagli occhi blu, ridacchiando
“Pensi di continuare a lungo?! Abbiamo chiesto scusa, che vuoi di più?!?” sbraitò Inuyasha, già abbastanza indispettito.
“Va bene, va bene, stai calmo! Piuttosto… - cominciò poi, volgendo lo sguardo verso la cugina che lo osservò a sua volta, interrogativa – Cosa c’è che non va, Kagome? È da quando ti ho vista che mi sembri strana…” le domandò, guardandola attentamente.
La ragazza abbassò lo sguardo. Quella non era la sua giornata, si disse. Per due volte consecutive si era ritrovata ad assumere atteggiamenti da immatura, cosa che non era.
Sospirò sonoramente, facendo incuriosire gli altri tre Cavalieri ancora di più.
“Tuo padre… sta organizzando un ballo…. Vuole che faccia il mio ufficiale ingresso in società…” disse, afflitta, sospirando ancora.
“Davvero?!?” Sango fu la prima a reagire. La miko la guardò perplessa: era al settimo cielo.
“Vedrai, sarà divertente! E poi, finalmente, ti potrò vedere con un bellissimo abito lungo, truccata e agghindata! Oh, non vedo l’ora!” esclamò la Cacciatrice, eccitata e stringendo le mani dell’amica. Questa, nel frattempo, la osservava inorridita. La parola ‘agghindata ’ l’aveva spaventata parecchio.
Miroku, dal canto suo, se la rideva della grossa… non credeva che la cugina potesse temere proprio un semplice ballo!
Anche Inuyasha era alquanto divertito… vedere Kagome con quell’espressione tra l’impaurito e l’inorridito non era cosa di tutti i giorni! Ormai sembrava che non si ricordasse più il motivo per cui avevano litigato pochi istanti prima.
“Che ne dite, andiamo a fare un giro per la città?” chiese loro Miroku
“Sì, volentieri, magari vediamo se troviamo qualche bel vestito, Kagome!” esclamò Sango, guardando entusiasta la miko che le rivolse un sorriso forzato
“S- sì… certo…” le balbettò alle spalle mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione che diceva chiaramente ‘Tutto ma non questo!’.
“Che c’è, non ti piacciono nastrini e fiocchetti?” la schernì Inuyasha che si vide rivolgere uno sguardo omicida da parte della miko, trascinata da Sango.
Così i quattro si diressero verso l’ingresso del Palazzo, per godersi quella bella giornata di sole.
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Un grande veliero dalle vele candide scivolava veloce sulla distesa d’acqua cristallina, illuminata da mille e più riflessi dorati.
Sulla poppa della nave stava un’alta figura, i lunghi capelli neri che si muovevano accarezzati dalla brezza che faceva gonfiare le grandi vele.
“Naraku, mio Signore stiamo attraversando lo Stretto di Cronos… tra non molto saremo in vista di Kadok”.
“Bene”. Naraku mantenne fisso il suo sguardo sull’orizzonte, apparentemente indifferente.
“Hai ancora qualcosa da riferirmi?” domandò poi, sentendo su di sé lo sguardo di uno dei suoi uomini che gli aveva parlato
“Ecco… siete sicuro che la vostra offerta andrà in porto?” gli chiese lo Youkai in risposta, con voce incerta.
Il suo Signore non si girò nemmeno, ma lo sentì ridacchiare
“Più che sicuro… - disse, finalmente girandosi e mostrando al suo sottoposto il suo perfido ghigno - Alla fine di questa visita sarà ufficialmente sancita la prima alleanza tra Youkai e Orchi” e il suo sorriso si accentuò maggiormente mentre scattava in una perfida risata.
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Il giorno fatidico era arrivato. Dopo una settimana estenuante di preparativi… era arrivato.
“Sango, ti prego, sii ragionevole come puoi chiedermi di scegliere?!?”
“Perché? È così difficile?”
“Decisamente sì!! Ma ti sei guardata intorno?!?”.
Nel grande appartamento Reale in cui aveva soggiornato nei primi tempi Kagome, vi era una gran confusione oltre che a un gran via vai di serve indaffarate per portare tutto il necessario per quella serata.
Quella sera si sarebbe tenuto il tanto desiderato e atteso ballo che avrebbe visto l’ufficiale ingresso in società della Principessa Kagome!
La grande stanza da letto dell’appartamento era completamente invasa da abiti di ogni sorta e colore.
Decidere, tra quella vastità, un solo abito da dover indossare era veramente improponibile!
“Mmmh, credo di aver esagerato…” constatò Sango, guardando l’effettiva moltitudine di abiti. Lei, più di tutti, era quella maggiormente eccitata per quella sera. Non desiderava altro di vedere Kagome scendere le scale in tutta la sua bellezza!
“Sì, giusto un pochino!” la punzecchiò la miko, ridendo mentre si chinava per prendere tra le mani uno dei tanti vestiti.
“Scusateci, signorine… credo sia meglio se cominciaste almeno a farvi il bagno o non riuscirete a essere pronte in tempo…” le informò una delle serve. La Cacciatrice scattò immediatamente, afferrando per un braccio l’amica e trascinandola nel grande bagno.
“Dobbiamo sbrigarci, Kagome- chan! Non abbiamo nemmeno scelto il tuo vestito!” esclamò agitata Sango, mentre muoveva le mani frenetica
“Sango, calmati! È solo uno stupido ballo, infondo! E poi invece di pensare a me, cerca di capire cosa vuoi mettere tu! Non vorrai mica lasciarmi da sola, a quella festa, vero?!?” chiese Kagome, calcando sull’ultima domanda… lo aveva detto per scherzo ma le stava venendo il dubbio che l’amica la volesse ‘abbandonare al suo destino ’.
“No, no, stai tranquilla! – ridacchiò quella – Non ti lascio da sola nella fossa dei leoni!”
“Per un momento ho creduto il contrario!”
“E io che pensavo che non ci potesse essere niente capace di spaventarti!” la prese in giro la Cacciatrice, voltandosi leggermente per guardare lo sguardo un po’ seccato dell’altra
“Semplicemente è la prima volta che mi trovo a dover affrontare una cosa del genere… con gli Youkai non è necessario dover conoscere come si fanno gli inchini” ribatté la miko. In risposta sentì l’amica scoppiare in una risata mentre entrava nel grande bagno, chiudendo poi la porta una volta che fu entrata anche lei.
“Kagome- chan sei davvero incredibile! Ma vedrai… farai un figurone, ne sono certa!” la rassicurò il Cavaliere, sorridendole.
Le due, tra una chiacchiera e l’altra, si spogliarono e si immersero nell’acqua calda mentre alcune serve si occupavano di preparare loro diverse lozioni per il corpo e per i capelli.
“Di preciso cosa devo fare?” domandò poi Kagome
“Niente di particolare… sicuramente il Governatore ti presenterà a una marea di gente, questo è certo” le rispose convinta Sango, annuendo
“Kami- sama, se supero questa sera posso dire di essere sopravvissuta davvero a tutto!”
“Comunque, almeno all’inizio, credo sarai da sola… bè, con te ci sarà il Governatore…” la informò la ragazza del Nord, facendola sussultare
“Che vuol dire da sola? E voi?!” le domandò, agitata, in risposta la miko
“Ti aspetteremo nella sala… sicuramente dovrai presentarti insieme al Governatore, visto che siete le due figure più importanti di Eldoras”
“Mh… capisco…” borbottò poco convinta la Principessa, tesa. Non sperava altro che di vedere la fine di quella serata che non era nemmeno cominciata.
Dopo essersi lavate accuratamente, uscirono dalla vasca e vennero loro incontro alcune serve che le avvolsero in grandi teli bianchi.
In seguito le fecero sedere mentre alcune ragazze si occupavano di ammorbidire loro la pelle con profumate creme mentre altre pensavano a districare delicatamente i loro lunghi capelli con balsami dalle dolci fragranze, asciugandoli con morbidi teli.
Aspettarono che i capelli fossero relativamente asciutti, poi tornarono nella camera di Kagome, coperte da due morbide vestaglie da camera.
“Ora, seriamente… dobbiamo assolutamente decidere cosa mettere” disse Sango con voce quasi tremante, guardando la moltitudine di abiti appesi ordinatamente nel grande armadio o stesi sul letto a baldacchino, messi in ordine da alcune serve.
“Allora sceglilo prima tu… io non me ne intendo, prenderò esempio da te” le disse la miko, guardandola fissa. La Cacciatrice alzò un sopracciglio… e lei che sperava di poter guadagnare un po’ di tempo convincendo Kagome nel fare lo stesso…!
“Uff… e va bene, in fondo ero io quella che non vedeva l’ora che ci fosse questo ballo!” sospirò rassegnata
“Oh, finalmente lo hai capito!” la prese in giro l’altro Cavaliere, ridacchiando.
Sango le fece il verso, dirigendosi verso l’armadio e osservando concentrata i diversi abiti.
“In effetti… sono tanti…” ammise
“Te lo avevo detto, io!” le venne dietro Kagome, puntando anche lei lo sguardo su quella massa di tessuti e colori di ogni genere.
“Basta, ho deciso!” esclamò poi improvvisamente la Cacciatrice, prendendo con uno scatto uno degli abiti.
Le due ragazze rimasero in silenzio qualche istante, fissando gli occhi sull’abito che Sango teneva in mano.
“Bè… - cominciò poi, dopo un po’, Kagome – Se lo hai preso a caso… sei stata davvero fortunata!” le disse, convinta
“Non l’ho preso a caso!” provvide a smentirla l’altra
“Ah no?” ribatté sarcastica il Cavaliere Supremo, sorridendo sorniona
“Cominci ad assomigliare un po’ troppo a Miroku” borbottò in risposta la ragazza del Nord osservando lo sguardo della Principessa. Si girò e si diresse verso il grande letto dell’amica, posandovi sopra l’abito e ammirandolo ancora.
Tra i tanti, quello era l’unico che l’aveva particolarmente colpita… tra una moltitudine del genere il ‘colpo di fulmine ’ era necessario!
Il vestito era di un morbido velluto color verde smeraldo rifinito da cuciture e modesti ma raffinati merletti dorati.
Il collo era alto, con le maniche lunghe dal fondo leggermente scampanato. La gonna, lunga fino ai piedi, era decorata, sulla parte destra, da un motivo floreale in ricami d’oro che terminavano pressappoco sulla coscia.
Sul petto, vi era un ricamo dorato che lo divideva esattamente a metà, formando una croce con l’altro ricamo che passava sotto il seno.
Semplice ma molto efficace. Per non parlare del colore che adorava!
“Sì, molto bello” annuì Kagome, come leggendo i pensieri dell’amica.
“Già! Bè, io direi che ho risolto… ora è il tuo turno, mia cara…!” le disse, sorridendo ‘cattiva ’
“Di già? Sicura che non ci vuoi ripensare, abbiamo tempo…” cercò una scusa la miko, osservando con ‘timore ’ lo sguardo dell’altra.
“No, nessun ripensamento! Forza ora, vedi di darti una mossa!” le disse affettuosamente, spingendola leggermente “Io intanto mi metto il vestito…. Dobbiamo pensare anche ai capelli”
“Sì, sì…” rispose annoiata l’altra, guardando quasi schifata quella marea di vestiti che le si parava davanti. Come le si poteva chiedere di scegliere?! Quella era la prima volta che vedeva così tanti abiti in una sola volta! In più, per una come le abituata a tutt’altro genere di vestiti era una vera tortura!
Sbuffò, passando distrattamente una mano sugli abiti, scostandoli per guardarli. Arrivata alla fine dell’armadio sospirò quasi rassegnata… per lei uno valeva l’altro!
Poi il suo sguardo cadde su una macchia di colore biancastra, semi nascosta da un’altra di un giallo limone.
Scostò l’abito che le impediva la vista e trovò quello che cercava.
Allungò una mano, toccando lievemente il morbido tessuto, quasi col timore che le si sfaldasse tra le mani.
Lo prese e se le mise davanti agli occhi, osservandolo quasi meravigliata.
L’abito era lungo, di un morbidissimo velluto color bianco perla, dai ricami argentati. L’interno era in raso, così come il piccolo strascico sul fondo.
A differenza di quello di Sango, questo abito sembrava composto da due parti: il ‘corpetto ’ e la gonna. La parte superiore, infatti, era più rigida mentre la gonna scendeva morbida e fluida.
Il collo era a barca e le maniche lunghe, sul fondo, erano molto scampanate e ampie mentre sull’avambraccio erano molto aderenti.
La gonna, a differenza di quella di Sango, era sgombra di ricami i quali, invece, erano sul corpetto.
“Perfetto…” bisbigliò, sognante.
“Kagome… è stupendo!” esclamò dietro di lei Sango. La miko si voltò e rimase colpita nel vederla
“Sa… Sango… stai benissimo!” le disse, ammirandone la figura slanciata, fasciata da quel morbido abito.
“Oh, grazie mille!” le rispose contenta l’altra, sorridendole “Comunque… per essere la prima volta che ti trovi a dover ‘armeggiare ’ con abiti di questo tipo non te la sei cavate per niente male! Questo vestito è magnifico!” osservò, accarezzandone il tessuto
“Dici che può andare?” domandò titubante la Principessa
“Certo! È perfetto per l’occasione! Forza, che aspetti a metterlo?!” esclamò la Cacciatrice, spingendola ridendo dietro il paravento affinché si cambiasse.
Dopo alcuni minuti si affacciò dal piccolo paravento una Kagome imbarazzata
“Che fai lì nascosta? Fatti vedere!” la incitò Sango, andandole incontro.
Quando la raggiunse rimase assolutamente meravigliata
“Oh, Kagome! Sei a dir poco stupenda!” esclamò, raggiante. L’afferrò per un braccio e la condusse davanti all’enorme specchio- parete.
L’immagine che vi vide riflessa la miko, la stupì notevolmente. Quella… era lei?
Il vestito perlaceo sembrava fatto apposta per lei. Si appoggiava naturalmente sul suo corpo, risaltando le sue curve, oltre che slanciarla.
“Farai rimanere tutti senza fiato!” le disse, da dietro, la Cacciatrice, poggiandole le mani sulle spalle
“Nonono! Io non ci vado proprio a quel ballo!” esclamò con foga la Principessa, scostandosi agitata
“E adesso che ti prende?” le chiese sorpresa l’altra, non capendo la sua reazione
“Ma mi hai visto?!? Non posso andare in giro così… è troppo… troppo… troppo appariscente!” gridò quasi, la voce strozzata per l’agitazione. In effetti avrebbe sicuramente attirato su di sé tutti gli sguardi dei presenti al ballo, e questo anche se non fosse stata la Principessa… quel morbido vestito non faceva altro che risaltare le sue forme, in particolare il seno grazie alla scollatura a barca.
“Kagome… Kagome! – la richiamò Sango, prendendola per le spalle – Forza… respira… ecco, così, brava. Ti sei calmata?”
“Più o meno…”
“Bene. Ascoltami, vedrai che andrà tutto bene. Non sei da sola, ricordatelo. Nonappena avrai fatto il tuo ingresso in sala ti raggiungeremo, stai tranquilla” le disse amorevole l’amica, tranquillizzandola.
“Sì…”
“Forza ora! Sotto con i capelli e il trucco!” sbottò allegra la Cacciatrice, trascinandola su una poltroncina davanti a un comodino pieno di creme, trucchi e fermagli di mille forme e colori.
“Trucco?! Non avevi detto che dovevo anche truccarmi!” esclamò allarmata la miko, guardando inorridita tutta quella marea di ‘roba ’.
“Tranquilla, tranquilla, lascia fare a me!”

“Uff!”
“Basta, accidenti smettila di sbuffare in continuazione!!!”
“Ma che cavolo vuoi, maledetto lupo?! Se ti do così tanto fastidio vattene da un’altra parte!”
“Quello che se ne deve andare sei tu! Anzi, mi chiedo ancora perché diavolo tu sia qui!”
“Me lo ha detto Miroku di farmi trovare qui, cretino! Tu, piuttosto, che cavolo ci fai qua!”
“Perché Miroku mi ha detto lo stesso!”.
Inuyasha e Kouga si stavano intrattenendo con una ‘amichevole ’ conversazione mentre aspettavano la persona che aveva dato loro appuntamento lì ovvero Miroku che, come sempre, era in ritardo.
“Quel cretino mi ha detto che non ci saresti stato!” disse con foga il mezzo- demone, lanciando sguardi di fuoco allo Youko
“Io invece sapevo che non ci saresti stato tu!” ribatté l’ookami Youkai, rispondendo allo sguardo dell’Hanyou. I due si ammutolirono, guardandosi fissi.
“Ci ha ingannato!!!” esclamarono, poi, in coro, maledicendo il Majutsushi.
“Ehilà, salve ragazzi!” il diretto colpevole di quella discussione arrivò alle loro spalle, salutandoli allegramente come se nulla fosse.
I due lo fulminarono con lo sguardo e senza dire una parola gli assestarono, uno per ciascuno, un bel pungo sulla testa.
“AHI!!! Accidenti, ma che diavolo vi è preso?!?” esclamò dolorante il ragazzo dal codino, tenendosi la testa
“Così impari a prenderci per i fondelli” lo ammonì Kouga, guardandolo bieco.
“Si può sapere di che cavolo state parlando?” chiese Miroku, tastandosi la testa dolorante
“Ci hai dato appuntamento qui, a tutti e due, sapendo bene che non saremmo venuti se sapevamo che c’era l’altro!” sbottò Inuyasha, alterato
“Appunto! Voi due siete più cocciuti e infantili dei bambini!” esclamò il Mago, cominciando a innervosirsi a sua volta
“Come ti permetti?!?” gli urlarono in coro Kouga e Inuyasha. Scontato dire che la situazione degenerò e che i tre si misero a discutere animatamente… ovviamente senza una motivazione seria.
Poi vennero interrotti bruscamente da un rispettivo colpo sul capo.
Doloranti si voltarono per vedere chi fosse il responsabile e si ritrovarono davanti un divertito e soddisfatto Mendion.
“Oooh, vedo che ora tacete, bene” disse con la sua solita voce calma
“Non sei stato molto diplomatico, devo dire” piagnucolò Miroku, con la testa che rimbombava per quel terzo colpo
“A mali estremi, estremi rimedi. Le parole non sarebbero servite a nulla con voi” dichiarò candidamente, sorridendo, il Ministro
“Tsk, viva la sincerità!” borbottò Inuyasha
“Vedo che sta sera indossi l’alta uniforme, Kouga” disse poi Mendion, guardando sorridendo l’ookami Youkai. Questi indossava la divisa del reggimento, adatta per quel tipo di occasioni. Miroku e Inuyasha, invece, non avevano indossato le loro uniformi e avevano preferito vestire con dei semplici ma eleganti abiti.
“Sì, quale occasione migliore se non quella di sta sera?” rispose quello con un ampio sorriso.
“A proposito, vi cercavo… dobbiamo recarci nel salone, molti degli invitati sono già arrivati” li informò il Ministro
“Mio padre?” domandò Miroku
“Lui è andato da Kagome. Scenderanno insieme” gli rispose l’altro
“Capisco…”
“Vogliamo andare?” disse poi Mendion, avviandosi seguito dai tre.

Toc, toc.
“Ah, dev’essere il Governatore! Oh, Kagome… sei magnifica!”. Sango rimase per l’ennesima volta affascinata dalla figura dell’amica, guardandola sognante.
“Credo che questa sia la ventesima volta che me lo dici…!” ridacchiò quella anche se imbarazzata per tutti quei complimenti.
“Non riesco a farne a meno, sei… bè, adesso vado ad aprire che è meglio” e la Cacciatrice si diresse verso la porta, e, come aveva immaginato, trovò sull’ingresso il nobile Takehiko
“Buonasera. Sango, lasciati dire che sei veramente bellissima, questa sera!” la salutò complimentandosi quello, facendola sorridere
“Vi ringrazio, ma credo che non sarò io ad attirare l’attenzione, questa sera” rispose lei, riferendosi alla miko nell’altra stanza
“La nostra Principessa è agitata?” si informò Takehiko mentre Sango lo conduceva nella stanza da letto
“A dir poco ma fate finta che non vi abbia detto niente!” ridacchiò la Cacciatrice “Kagome?” la chiamò poi, non vedendola nella stanza
“S- sono qui…” rispose flebilmente l’interpellata, facendosi avanti da dietro al paravento.
Il Governatore, nel vederla, rimase letteralmente a bocca aperta: il vestito che indossava sembrava farla risplendere di luce propria, il color bianco perla risaltava i suoi lunghi capelli ebano che quella sera, dopo tanto tempo finalmente, erano stati lasciati liberi e ora le ricadevano sulle spalle nude.
Le si avvicinò, col volto in una espressione di commozione e l’abbracciò affettuosamente
“Sei bellissima” le sussurrò. Lei arrossì, ma gli sorrise a sua volta
“Grazie, anche tu stai molto bene” si complimentò, ridendo
“Che ne dite, vogliamo far ammutolire i nostri chiassosi invitati?” disse loro poi, guardando l’ora. Erano in notevole ritardo… ma si sa, le persone importanti si fanno sempre aspettare.
“Dobbiamo proprio?” domandò sarcastica la Principessa
“Temo di sì” le rispose immediatamente il cugino, invitandola ad uscire dall’appartamento
“Io vi aspetto giù con Miroku e gli altri” li informò Sango, precedendoli “Vedrai che andrà tutto bene, sarai perfetta” rassicurò l’amica, abbracciandola.
“Grazie di tutto Sango” le disse l’altra in riposta, sorridendole. Quella le rivolse un altro sorriso per poi andarsene.
“Vieni, noi scenderemo dalle scale principali” la informò Takehiko, prendendola a braccetto.
Kagome inspirò a fondo, buttando poi fuori l’aria, lentamente… non era mai stata così agitata. Aveva condotto per tutti quegli anni una vita semi- solitaria e l’idea di doversi presentare a cento persone e più la innervosiva da morire. Sapendo poi quello che tutti si aspettavano da lei si sentì soffocare.
Quella serata era stata organizzata per lei… ma, a suo parere, sarebbe stata una tortura.

“Ma quando cavolo scendono?!?”
“Inuyasha, possibile che tu non abbia un briciolo di pazienza?!”
“Kouga tu sei l’altro, perciò cerca di fare poche prediche”
“Tu taci, uomo- ritardo!”
“Se non la smettete immediatamente tutti e tre mi premurerò di spedirvi nella guarnigione sulle Montagne della Luna per tutto l’inverno prossimo!”. La pericolosa minaccia ebbe l’effetto voluto e i tre tacquero seduta stante. Il Ministro Mendion sorrise soddisfatto. Far tacere quelle tre teste calde dava una certa soddisfazione.
“Vedo con piacere che voi, Ministro, sapete farli rigare dritto” disse una voce dietro di loro
“Buonasera a tutti” li salutò Sango, che aveva attirato i loro sguardi.
I quattro la fissarono semplicemente, senza fiatare. Erano rimasti colpiti dalla bellezza della ragazza
“Vi sentite bene?” disse lei, notando la loro immobilità. Miroku fu il primo a ridestarsi e le si avvicinò subito dopo, con uno sguardo a dir poco penetrante
“Sango… questa sera sei davvero divina” le disse con voce roca, facendola arrossire violentemente
“Gra- grazie Miroku, ma non esagerare…” rispose imbarazzata lei, distogliendo lo sguardo
“Non esagero affatto, mi hai lasciato senza fiato” continuò quello, catturando nuovamente il suo sguardo
“Oh, Miro-” ma si interruppe, visto che ‘qualcuno ’ si stava prendendo la libertà di palparle il fondoschiena.
Inutile dire che il Majutsushi non tardò a ritrovarsi con cinque dita stampate chiaramente su una guancia, oltre ai pugni ricevuti in precedenza mentre Sango lo guardava a dir poco inviperita.
“Comunque Miroku ha ragione, stai davvero bene questa sera” si complimentò il Ministro, sorridendole e baciandole la mano
“Vi ringrazio” ripose gentilmente lei, sorridendogli
“Ehi Sango, pensi che ci metteranno molto a scendere?” sbottò Inuyasha, spazientito da quell’attesa e dall’immensa folla che si era radunata – ma, in particolare, ciò che gli dava fastidio erano gli irritanti sguardi adoranti della maggior parte della presenza femminile lì riunita.
“Non credo tarderanno ancora molto, stai tranquillo” cercò di rincuorarlo lei, ottenendo in risposta un classico “Feh!”.
Proprio in quel momento si sentirono risuonare chiaramente le trombe appostate in cima alle scale e un banditore annunciare l’ingresso del Governatore e della Principessa Kagome.
Tutti i presenti nella sala si voltarono in quella direzione, trepidanti di attesa e commozione.
Dopo pochi istanti si affacciarono le due figure più importanti di tutta Eldoras.
Gli invitati rimasero ammutoliti nonappena posarono gli occhi sulla figura del Cavaliere Supremo. Tutto, in lei, era un concentrato di regalità e grazia del tutto spontanee.
“È… è stupenda…” disse, tra il meravigliato e il commosso Miroku, senza staccare gli occhi dalla cugina che, insieme a suo padre, stava lentamente scendendo la scalinata.
Non solo lui, ma anche tutto il resto del gruppo era completamente affascinato da quella visione: non sembrava affatto la Kagome che avevano conosciuto.
Uno di loro, in particolare, era completamente spiazzato: Inuyasha.
Inizialmente, quando avevano annunciato il loro ingresso, non si era nemmeno voltato tanta era la stizza che provava per quella ragazzina – ma, più che altro, si era innervosito per tutto il tempo che aveva dovuto aspettare e proprio perché lei arrivasse.
Ma quando poi aveva percepito lo stupore e la meraviglia generale si era girato e i suoi occhi dorati si erano posati sulla persona più bella che avesse mai visto.
Era come vederla per la prima volta.
Quando l’avevano incontrata, all’inizio, l’aveva vista come la Kagome bellissima, sanguinaria e fiera.
Ora la vedeva come la Kagome bellissima, regale e sempre con quella indelebile fierezza che la contraddistingueva… ma in lei, adesso, mescolata a tutto questo vedeva anche una grande fragilità.
Una volta che il Governatore e lei avessero sceso quasi tutta la scalinata, poté vedere meglio il suo volto, incorniciato dai lunghi e lucenti capelli ebano che, quella sera, vedeva per la prima volta sciolti, muoversi ribelli e carezzare le sue spalle nude, lasciate scoperte dal lungo abito che indossava.
E nell’osservarla i suoi occhi incrociarono quelli di lei, in cui vi poté leggere una grande emozione ma anche tanta insicurezza.
O, almeno, questo è quello che lui credette di aver letto, visto che la ragazza distolse subito lo sguardo anche perché il Governatore aveva richiamato la sua attenzione.

“Ti senti pronta?” . Pochi minuti prima, questo è quello che Takehiko chiedeva a Kagome.
“Credo di sì…” rispose questa, sospirando nervosa.
“Andrà tutto bene” la incoraggiò il cugino mentre i due si affacciavano finalmente sulla grande scalinata principale del Palazzo.
Kagome sentì riecheggiare il cristallino suono delle trombe dorate e la voce alta del banditore annunciare il loro ingresso.
Inspirò a fondo, mentre il Governatore la prendeva sotto braccio, cominciando a camminare, quasi trascinandola come per darle la spinta di farsi coraggio.
La ragazza vide sotto di sé l’enorme salone circolare completamente gremito di sguardi fissi esclusivamente su di lei.
Quella sensazione di soffocamento si fece nuovamente strada in lei, quasi paralizzandola.
Se non ci fosse stato suo cugino, era convinta che sarebbe rimasta lì immobile come una statua di marmo.
Lesse, in ogni sguardo, in ogni sorriso adorante, speranze, aspettative, desideri… tutte cose a cui lei, in quel momento, non poteva ancora far fronte.
Quelle persone lì riunite rappresentavano tutti coloro che, lì fuori, avevano bisogno del suo aiuto.
Un aiuto che lei non credeva essere in grado di dare.
Mentre la morsa dell’angoscia si serrava sempre di più intorno a lei, scorse Miroku e gli altri ed emise un sospiro: non l’avevano abbandonata.
Ma quello non fu abbastanza per placare i suoi timori.
Poi incrociò quegli occhi. Due pozze dorate la stavano scrutando attentamente, quasi trafiggendola.
Inuyasha la stava fissando.
Nel momento in cui incontrò il suo sguardo, le sembrò che le sue paure emergessero ancora di più… ma quello che la spaventò, fu la sensazione che lui, Inuyasha, avesse colto proprio quelle angosce.
Distolse turbata lo sguardo mentre Takehiko la chiamò, facendole notare che avevano completamente sceso tutta la scalinata.
Si aggrappò a lui maggiormente, cosa a cui, però, il Governatore non sembrò far caso.
“Visto? Per adesso mi sembra che non sia stato così terribile…!” lo sentì dire, allegro. Sforzò un sorriso, non voleva preoccuparlo.
“Signori! – cominciò poi quello, a voce alta, rivolgendosi agli ospiti – Do il mio benvenuto a tutti voi. Dopo tanti anni, è bello poter essere di nuovo tutti qui, insieme. È trascorso molto tempo, quattordici lunghi anni, da quando ci è stata inflitta una grande ferita, tutt’oggi ancora aperta.
“Ma quella ferita non ci ha indeboliti, bensì ci ha reso più forti e consapevoli di quello che è il nostro dovere.
“Quattordici anni fa… la stirpe degli Higurashi ha rischiato di estinguersi. Quattordici anni fa ci sono state portate vie persone molto importanti.
“Oggi siamo qui in onore di quelle persone. Oggi siamo qui per far germogliare e crescere nuovamente il seme della speranza.
Oggi diamo il nostro più caloroso benvenuto o, meglio, il nostro bentornato alla Principessa Kagome, colei che farà risorgere la stirpe degli Higurashi”.
La folla lì riunita esplose in un boato di applausi e acclamazioni al discorso del nobile Takehiko che sorrise soddisfatto, rivolgendo lo sguardo anche alla cugina che gli sorrise a sua volta.
Kagome puntò lo sguardo sulle persone che aveva davanti e fece un gesto che stupì un po’ tutti.
Si inchinò di fronte a tutti loro.
Lei, proprio lei, la Principessa della Terra Centrale che si inchinava di fronte al suo popolo.
Il silenzio sostituì lo schiamazzo di poco prima mentre la ragazza si rialzava con un largo sorriso sulle labbra.
“Sono onorata di essere qui, oggi. Purtroppo non so molto di quella che è stata la mia famiglia, quello che mio padre e quelli prima di lui hanno fatto per questo Paese.
“L’unica cosa che vi posso assicurare è che farò del mio meglio perché la pace che regna a Eldoras e nella Terra Centrale non venga mai meno. Farò di tutto pur di proteggerla, lo giuro, in memoria della mia famiglia e di tutti coloro che sono morti ingiustamente”.
Lo sguardo deciso, la figura fiera. Niente sembrava poterla piegare e quelle parole non fecero altro che dar maggior accredito a quella sensazione.
Un coro assordante di applausi si levò mentre sui volti dei cittadini di Eldoras si poteva leggere tutta l’approvazione che provavano per la loro Principessa.
“Bene! Ed ora apro ufficialmente le danze! Auguro a tutti un buon divertimento!” esclamò con la sua potente voce il Governatore mentre la folla accalcata alla scalinata cominciava a disperdersi nel salone, dando un po’ più di respiro.
“Vieni Kagome, devo presentarti a delle persone” le disse poi il cugino, prendendola sotto braccio
“Sì… ma volevo vedere Sango e…” cercò di desistere lei
“Li vedrai più tardi, tranquilla” la rincuorò lui in risposta, sorridendole. Lei accennò un sorriso forzato… alla fine sapeva che sarebbe andata così.

“Accidenti a mio padre, se l’è già portata via! Non l’abbiamo potuta nemmeno salutare!” si lamentava, nel frattempo, un Miroku indispettito. Di certo non voleva essere nei panni della cugina… conoscendo suo padre, le avrebbe presentato nell’arco di una sera mezza Eldoras!
“Su, vedrai che dopo potremo stare con lei” cercò di tirarlo su Sango, anche lei, però, come lui, delusa dal fatto di non essere riuscita ad avvicinarsi all’amica.
“Sai com’è fatto tuo padre, Miroku. Non lo fa apposta…” si aggiunse Kouga
“Questo non lo giustifica…” borbottò il Majutsushi mentre si appoggiava sbuffando alla parete.
I quattro ragazzi, dopo che anche il Ministro Mendion si era congedato da loro per raggiungere il Governatore, si erano un po’ appartati, andandosi a sedere nei pressi delle porte finestre del salane che davano su una grande balconata.
“Comunque avete visto com’era bella Kagome? E poi io la trovo così femminile!” sospirò poi sognante Sango
“Hai proprio ragione, mia cara. È decisamente affascinante, come suo cugino del resto” si vantò Miroku mentre Kouga e Sango gli schioccavano un’occhiata di compassione
“Quello che mi ha stupito è che non l’ho vista più di tanto agitata…” rifletté l’ookami Youkai
“Feh!” sbottò, invece, Inuyasha, seppur a bassa voce
“Hai qualche problema, cagnolino?” domandò sprezzante subito dopo Kouga con lo sguardo fiammeggiante
“Nessuno… solo che a volte rimango decisamente stupito della tua ottusità” rispose l’Hanyou con una calma talmente irritante che fece andare su tutte le furie lo Youko.
“Come osi, maledetto?!? Prova un po’ a ripetere, se hai il coraggio!”
“Certo che lo ripeto: sei solo un lupo ottuso!!!”
“Novellino senza cervello!”
“Finto Cavaliere!”
“Cretino!”
“Idiota!”
“Secondo te andranno avanti per molto?” domandò Sango a Miroku mentre sorseggiava tranquillamente il bicchiere di vino che il ragazzo le aveva appena portato, ignorando completamente Inuyasha e Kouga che continuavano ad insultarsi
“Non ne ho idea… ma credo che se arrivano alle mani ci toccherà intervenire…” rispose, svogliato all’idea di doversi scomodare per quei due.
“Io propongo di intrometterci solo se c’è il rischio di amputazioni, colli spezzati e ‘buchi ’ in pancia… che ne dici?” propose candidamente la Cacciatrice come se stesse parlando di abiti.
“Mozione accettata! Buono questo vino, non trovi?” le domandò tranquillamente
“Sì, molto” e i due andarono avanti a conversare rilassati con alle spalle l’Hanyou e lo Youko che continuavano ad attirare gli sguardi allibiti degli ospiti intorno a loro mentre proseguivano a insultarsi a vicenda.

Dall’altra parte della sala, invece, c’era una Kagome sull’orlo di una crisi di nervi.
Quella era l’ennesima famiglia che Takehiko le presentava, dopo la marea di ‘persone illustri ’ che le aveva fatto conoscere… e di tutti quelli che le aveva presentato, ovviamente, non si ricordava un solo nome.
Si era solo ritrovata a dover fare sorrisi a destra e a manca, a stringere mani o a farsi baciare la mano, a dover ripetere sempre le stesse cose….
Sapeva che sarebbe andata a finire così.
Mentre il cugino conversava con quello che era un membro del Parlamento, si massaggiò le tempie, cercando di rilassarsi.
Questo fu per poco, visto che per l’ennesima volta avevano abbandonato una conversazione per cominciarne un’altra.
Ma lei non ce la faceva più.
“Takehiko…” lo chiamò flebilmente, trattenendolo per un braccio
“Dimmi Kagome” le ripose gentilmente lui, guardandola interrogativo
“Ti prego di perdonarmi ma non mi sento molto bene… esco un attimo a prendere un po’ d’aria…” disse lei, cercando una via di fuga. Bè, in parte era vero… si sentiva soffocare.
“Oh, certo, vuoi che venga con te?” le domandò, leggermente preoccupato
“No, non ti preoccupare, tu intrattieni gli ospiti e porgi le mie scuse” e senza aspettare la risposta del Governatore, si voltò dirigendosi decisa verso un’uscita laterale che portava nei giardini.
La sua ‘fuga ’ venne più volte interrotta e bloccata dagli invitati che, vedendola, le si avvicinavano, stringendole la mano e ripetendo sempre le stesse cose.
Pur di uscire da lì, si era ritrovata quasi a correre.
Senza accorgersene, passò anche relativamente vicino al luogo in cui si trovavano i suoi amici ma era talmente presa dall’idea di poter finalmente godere di un po’ di pace che proseguì dritta per la sua strada.
Ma se lei non aveva visto loro, qualcuno di loro aveva notato lei.
Dopo aver concluso in maniera ‘pacifica ’ la discussione con Kouga, Inuyasha si era un po’ isolato dagli altri tre, bisognoso di solitudine.
Semi nascosto da una grande tenda color verde scuro, fece vagare il suo sguardo su quella massa indistinta di persone e colori, senza sapere cosa cercare.
Poi il suo fiuto percepì quello che per lui era diventato un odore familiare. Volse di scatto lo sguardo verso il punto in cui sentì quel profumo e scorse la figura trafelata di Kagome dirigersi verso una delle uscite laterali.
Diede una fugace occhiata a Miroku e gli altri e vedendoli concentrati su altro, seguì la ragazza.

“Anf, anf” ansimante, Kagome era finalmente riuscita ad uscire da quella sala soffocante.
Con la gonna leggermente sollevata, camminò tranquilla per il giardino illuminato da alcune fiaccole che erano stata piantate nel terreno, mentre i suoi passi risuonavano ovattati in quell’improvviso silenzio che ora le ronzava nelle orecchie.
Raggiunse la grande fontana circolare in cui lei e gli altri usavano ritrovarsi e si mise seduta sul bordo di essa, sospirando.
Chiuse gli occhi, respirando profondamente l’aria fresca della sera.
Sollevando lo sguardo poté poi ammirare la luna che quella notte regnava sovrana nella sua pienezza facendo sbiadire le stelle sue compagne.
- Sono ubriaca di gente… - pensò, sfiancata. Dal paese isolato quale era Kandem si era ritrovata nella capitale della Terra Centrale, circondata da miriadi di persone ognuna delle quali poneva in lei le sue speranze.
Volse i suoi occhi argentei sulla superficie semi immobile della fontana, trovandosi a fissare il suo volto.
In effetti aveva un’aria decisamente stanca ma, a parte questo, il suo riflesso era molto cambiato.
L’ombra di dolore e freddezza che l’aveva contraddistinta per tutti quegli anni stava scomparendo giorno dopo giorno.
E lei non era riuscita a fare niente per impedirlo.
- Ci saresti riuscita, comunque? – si domandò. Sorrise sarcastica. Molto probabilmente no.
Ma ora… ora cosa doveva fare lei? Cosa si aspettava esattamente tutta quella gente da lei?
Sentì nuovamente gravare su di sé la responsabilità di molti, troppi.
In un certo senso, il recarsi lì, a Eldoras, le aveva dato l’illusione di poter avere la possibilità di cambiare vita.
Non era così, anzi, peggio.
Ora non erano più solamente gli abitati di Kandem o di altri villaggi vicini ad aver bisogno del suo aiuto.
Era l’intero Continente ad averne bisogno.
E lei?
Spalancò gli occhi.
- Io? – si ripeté. Quella era la prima volta che si poneva quella domanda.
Un fruscio alle sue spalle la fece voltare di scatto e i suoi occhi argentei ancora colmi di angoscia incontrarono quelli dorati e scrutatori di Inuyasha.
“… Perché… sei qui?” gli chiese lei, dopo essere rimasta immobile alcuni istanti, abbassando lo sguardo. Le sembrava quasi che l’Hanyou fosse riuscito a leggere nelle sue iridi le sue preoccupazioni.
“Credo per la tua stessa ragione… troppa gente” rispose atono quello, continuando a scrutarla.
Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Ma quello che voleva vedere, soprattutto, erano i suoi occhi, incrociare di nuovo il suo sguardo che, come quando l’aveva vista scendere dalle scale, gli era sembrato ricolmo di angoscia.
Possibile che ci fosse ancora qualcosa che la tormentasse così profondamente?
Un leggero vento si alzò dispettoso, facendo danzare i loro lunghi capelli.
Kagome, nel vedere il suo riflesso sull’acqua increspata, notò il luccichio sopra la sua testa.
La sua corona, un semplice ma bellissimo diadema.
Sorrise sarcastica e la prese tra le mani, guardandola.
“È incredibile come un semplice oggetto possa cambiarti la vita…” disse con tono chiaramente ironico.
Il mezzo- demone la guardò interrogativo
“Tu sai di essere un Principe da quando sei nato… sai forse dirmi cosa si aspetta il tuo popolo da te?” gli chiese lei, quasi sovrapensiero.
Da lui però non sentì venire nessuna risposta.
Alzò lo sguardo, osservandolo.
Lui non la guardava, fissava un punto in lontananza con espressione dura.
“Il ‘mio ’ popolo… non si aspetta nulla da me” disse cercando di mantenere una certa indifferenza.
Lei lo guardò perplessa. Cosa voleva dire? Improvvisamente le tornò alla mente il giorno in cui le era stata rivelata la sua vera identità… quando Miroku aveva accennato al passato dell’Hanyou, lui lo aveva interrotto bruscamente.
Inuyasha, sentendola tacere le schioccò una fugace occhiata e la vide immersa in chissà quali riflessioni.
Poi improvvisamente lei puntò il suo sguardo su di lui, cogliendolo di sorpresa.
“Inuyasha tu… perché sei qui? Come mai hai deciso di far parte del Consiglio?” gli chiese la ragazza, fissandolo seppur con una certa incertezza nella voce.
Il mezzo- demone la guardò a sua volta, senza parlare.
Poi sospirò e puntò lo sguardo sulla luna piena di quella sera.
“Per il tuo stesso motivo, vendetta” le disse
“Vendetta?”
“Come la tua, anche la mia famiglia è stata uccisa” continuò lui, seppur con una certa stizza… ma già il fatto che avesse detto quelle cose era strano. Normalmente, se qualcuno gli avesse fatto domande simili non ci avrebbe pensato due volte a sbraitargli contro di farsi i fatti suoi.
Ma ora….
“Uccisi? E da chi… ah!” esclamò Kagome, avendo probabilmente intuito l’identità del colpevole
“Già… Naraku” disse l’altro, confermando la sua ipotesi.
Lei lo guardò quasi sconvolta, fissandolo con dolore. Inuyasha rimase colpito da quello sguardo… era come vedere proiettata la sua sofferenza nel volto di lei.
“Tu… a differenza di me sei fortunata – le disse poi, guardando altrove – Quando sei arrivata qui, tutti aspettavano il tuo ritorno. Se io tornassi, invece…” sussurrò, serrando gli occhi.
Perché stava raccontando quelle cose?
Perché proprio a lei?
- Perché lei è come te – gli disse una voce dentro di lui.
Ma non credeva di poter provare ancora così tanto dolore. Aveva solo chiuso gli occhi, ostinandosi di non sentire cose che invece provava.
Era stato ferito e di quella ferita, anche se un giorno fosse mai guarita, sarebbe sempre rimasta la cicatrice.
Indelebile, come un marchio.
“Ti… senti solo…?” quella domanda fu come una pugnalata. Guardò Kagome che lo fissava quasi preoccupata. Perché aveva quello sguardo?
“Mi sento tradito” le rispose, quasi senza accorgersene “Mio padre, Inu Taisho, era il Re del Regno del Sud, era uno Youkai.
“Nel Sud ci sono solo Demoni e la cosa che i Demoni detestano di più sono gli Umani. Ma mio padre era diverso. Lui sposò mia mandre, Izayoi che era una Ningen.
Dalla loro unione nacqui io, il secondogenito visto che mio padre aveva avuto già un altro figlio da una Yasha, il mio fratellastro Sesshoumaru, anche lui uno Youko.
“Per il Regno, il fatto che il proprio re avesse sposato un’umana fu un’onta terribile… tanto imperdonabile che bastò a far dimenticare a quel popolo che mio padre aveva così tanto amato tutti i sacrifici e l’impegno che aveva dedicato al Paese.
“Il giorno in cui decise, poi, di voler ricostituire il Consiglio delle Tre Terre, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“A quel tempo mio padre aveva un consigliere, un potente Majutsushi… Naraku.
Una delle poche persone di cui si fidava di più… progettò la sua morte. Sua e di mia madre.
“Mio fratello e io, invece… fummo lasciati in vita. A Sesshoumaru venne chiesto se voleva comunque impossessarsi del trono a patto che il vero potere lo esercitasse Naraku. Lui rifiutò e venne bandito dal Regno”.
Kagome fino a quel momento era rimasta in silenzio, ascoltando assorta quel terribile racconto… non avrebbe mai potuto immaginare una cosa simile.
Dopo tutti quei lunghi minuti in cui l’Hanyou aveva parlato, era rimasto in silenzio.
Non sapeva se era giusto, se era il caso di spronarlo a continuare… sapeva solo che sentiva che doveva chiedergli di andare avanti.
“E… e tu?” gli domandò, infine.
“Io… sono rimasto rinchiuso per quattordici anni in una prigione sulla Shima no Nanimo” rispose, atono, quasi che quella fosse stata una cosa normale.
Dal canto suo la ragazza era sconvolta… lui… lui aveva passato quattordici anni….
“Ma… ma perché?!” esclamò, incredula. Inuyasha si volse a guardarla, un sorriso sarcastico ma allo stesso tempo triste dipinto sul volto
“Perché sono un Hanyou” rispose, semplicemente.
“E allora?! Cosa importa se sei un mezzo- demone?” ribatté l’altra, non capendo cosa volesse dire il ragazzo. Lui la guardò con gli occhi sgranati.
D’istinto le si avvicinò e l’abbracciò stretta, pieno di gratitudine per quelle parole dette con così tanta semplicità.
“Inu… yasha…” disse flebile lei, imbarazzata… ma poi si sorprese di sentire alcune gocce bagnarle una spalla nuda.
Stava piangendo. Quel fiero e testardo Hanyou stava piangendo.
Lo abbracciò a sua volta.
Questa volta… era lei a consolare lui.
___________________________________________________________

In un luogo remoto, in una dimensione remota.
Da lunghi, lenti anni sempre lo stesso paesaggio.
Il suo occhio dorato era assuefatto da quell’orizzonte screziato di colori indefinibili.
Sfregò con malavoglia l’occhio sinistro chiuso, segnato da una lunga cicatrice.
Ormai da più di un mese il suo essere lo percepiva. Adesso ne era sicuro.
- Non sono più l’unico… - pensò.
Ma lì, in quello spazio senza tempo non lo avrebbe mai potuto vedere coi suoi occhi.
Non avrebbe mai avuto la possibilità di portare a termine ciò che la persona a lui più cara aveva tentato… molto tempo fa.
- Non posso nemmeno raggiungerti… - .
No, in quel luogo nemmeno la morte gli era concessa.
L’orizzonte cominciò, davanti a lui, a dipingersi di colori tenui… così in contrasto con il paesaggio tormentato che lo circondava.
Un altro giorno stava nascendo.
Un altro giorno… della sua condanna.

FINE 19° CAPITOLO.

Sono… soddisfatta.
Dopo tanto tempo lo sono davvero.
Oltre a essere tornata con un capitolo della mia lunghezza standard – gli ultimi che ho pubblicato erano un po’ più corti del solito… - , ho aggiornato con un capitolo che… mi ha emozionato e di cui sono contenta.
Magari, invece, voi non lo sarete… ma io sono contenta lo stesso.
Volevo dire, comunque, che per quanto le descrizioni sui Draghi, continueranno ad essercene, non temete.
Ci sono così tante cose da dire… solo che voglio trovare i modi e i tempi in cui inserirli.
In particolare punto molto sull’ultima parte… spero susciti curiosità eheheh.
Sul capitolo in sé non ho molto da aggiungere… spero solo che sarà di vostro gradimento visto che – purtroppo – per un po’ di tempo non riuscirò ad aggiornare.
Questo mese sarà davvero infernale e credo che avrò la possibilità di tornare col prossimo capitolo solamente a inizio marzo visto che prima sarò completamente assorbita dallo studio – il 2 marzo, non per niente, ho la prima simulazione di terza prova… ç___ç’
Mi spiace, credetemi scoccia più a me che a voi.
Quindi, ricordate, questo è solo un arrivederci, non è di certo un addio!!!
Certo che, però, sono veramente cattiva… se il mio scopo è riuscito, vi farò morire di curiosità fino al nostro prossimo incontro ihihih! ^_____^
Bè, che altro dire… vi prometto che tornerò il prima possibile, è grazie solo al vostro sostegno se questa sta risultando come una bella storia!
Vi saluto miei cari lettori, cercherò di tornare presto e soprattutto con un bel capitolo.
Vi auguro una buona settimana,
baci,
ka_chan ^_____^

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Capitolo 20
*** cap20 “I SACRIFICI DEL CUORE” ***


Miei carissimi lettori, sono tornata!!! Dopo un mese di assenza… sono di nuovo qui!!! Q__Q Non sapete come sono commossa, mi siete mancati tantissimo!!! In questo mese sono successe un sacco di cose, una in particolare… sono fiera di annunciarvi che la vostra scrittrice è stata ammessa alla Scuola Del Fumetto di Milanooo!!! Non avete idea di quanto io sia felice, ancora stento a crederci! Oltre a questo, finalmente, mi sono liberata della prima simulazione di terza prova per cui ora posso tirare – relativamente – un sospiro di sollievo. Ma ora veniamo alla fic… ragazzi, veramente, non so come ringraziarvi… il capitolo scorso ha ricevuto ben 13 recensioni, sono troppo contenta!!! Q______Q Grazie, grazie mille!! Per cui ora passo ai ringraziamenti veri e propri, è il minimo che posso fare dopo essere ‘sparita ’ per un mese… bene, cominciamo!: cri-chan (Uhuhuhuh, come avevo ardentemente sperato, l’ultima parte dello scorso capitolo ha suscitato curiosità e le ipotesi su chi sia il misterioso personaggio sono state le più svariate… ma non posso dirvi ancora nulla, per il momento! Comunque grazie mille per la bellissima recensione, sono contenta che il capitolo ti abbia emozionato – soprattutto il dialogo tra Inuyasha e Kagome ^__^ . Grazie per gli auguri a proposito dei vari esami che, in generale, sono andati molto bene – anche se aspetto ancora gli esiti della terza prova… - Ti mando un bacio e ancora grazie ^^); inukun; Lorimhar (Mio adorato! *____* . adesso mi prenderà per una maniaca… ;D – Due, addirittura DUE commenti per un solo capitolo!! Q___Q me profondamente commossa!!! Primo: sono stra felice che la parte dedicata ai Draghi ti abbia entusiasmato, ho cercato di fare del mio meglio! ^___^; secondo: non credevo che la parte dedicata alla ‘preparazione ’ di Sango e Kagome avrebbe suscitato curiosità… ne sono molto contenta!!!; terzo: non avete idea di quanto sia soddisfatta di aver suscitato commozione con la parte in cui Inuyasha si sfoga, ci contavo davvero!! Comunque, come hai detto tu, sì, in effetti Kagome si sta sciogliendo notevolmente… sono curiosa di vedere cosa mi dirai dopo aver letto questo capitolo!!! ^____^ Ringrazio anche te per l’imbocca al lupo per la simulazione, in matematica sono andata bene, ora aspetto di vedere come sono andate le altre materie…. Ti ringrazio ancora di tutto, sappi che ti adoro ^____^ Un bacione); Elychan; raska81; giodan; Lila; Topomouse; Honey; Hikari_Takaishi_87; lucy6; Elly.
Ecco, direi che ci siete tutti! Davvero, vi ringrazio ancora immensamente, non avrei mai creduto che la mia storia avrebbe mai riscosso così tanti favori ^_____^
Ora vi lascio al capitolo avvertendovi che, però è… veramente ma veramente lungo. Bè, non aggiungo altro e vi lascio alla lettura! ^____^

20° CAPITOLO “I SACRIFICI DEL CUORE”

Quando mise i piedi sulla terra ferma non poté che provare una sorta di approvazione. Le continue oscillazioni della nave, dovute al mare agitato dello stretto di Cronos, lo avevano decisamente irritato.
Naraku si guardò intorno, sentendo dietro di sé il vociare dei suoi soldati che si occupavano di attraccare il veliero, scaricando ciò che era loro necessario.
Con sguardo sicuro, cominciò ad avanzare per il pontile pericolante che lo avrebbe condotto sulla banchina dove, in tutta la loro imponente e terribile statura, li aspettavano due Orchi.
Il Signore del Regno del Sud ghignò, di certo non si faceva spaventare da degli ergumeni privi di intelligenza.
Avrebbe ottenuto ciò che voleva.
Seguito da quello che aveva nominato come suo vice, Naraku raggiunse i loro ‘ambasciatori ’ i quali, poté notare, erano decisamente innervositi dalla loro visita.
Si fermò davanti a loro, fissandoli intensamente coi suoi occhi carmini.
Le due creature cercarono di sostenere lo sguardo, ma dovettero cedere di fronte a tutto quel gelo e quella forza oscura che sentivano derivare da quell’uomo.
“Il nostro sovrano vi attende” grugnì uno dei due Orchi, i piccoli occhi scuri e quasi allucinati che brillavano dalla voglia di uccidere.
“Possiamo metterci in marcia, non ho alcuna intenzione di farlo attendere” rispose con tono suadente Naraku, sorridendo malignamente alle due creature. L’uomo dai capelli corvini fece un cenno al suo sottoposto, ordinandogli di far si che i suoi soldati li seguissero velocemente.
“Voi dovete venire con noi” disse l’altro Orco, riferendosi a Naraku. Questi lo guardò per qualche istante e la possente creatura lo fissò a sua volta seppur a fatica.
“Come desiderate” rispose, infine.
Diede qualche altra disposizione al soldato poi si volse, seguendo i due Orchi che lo precedevano.
Naraku osservò le massicce figure delle due ‘bestie ’ sorridendo maligno. Non era di certo la prima volta che vedeva degli Orchi e, in un certo senso, nonostante la sgradevolezza data dal loro aspetto, il Signore del Sud non poteva fare a meno di ammirare la loro brutale e naturale forza e brama di sangue e violenza.
Il suo ghigno si allargò maggiormente.
Quali creature migliori per piegare definitivamente la Terra Centrale?
Se c’era una cosa che gli Orchi odiavano… erano proprio i Draghi. Coloro che, secoli e secoli prima li avevano cacciati dal Continente, relegandoli su quell’isola infame.
Infervorare le loro anime sarebbe stato uno scherzo e in quanto a capacità persuasive lui era un esperto.
“Oho, i Kamlugh…” disse, poi. I due Orchi lo guardarono appena
“Siete informato” disse uno di quelli.
Naraku non rispose, ghignò solamente fissando lo sguardo su due grossi animali dalle sembianze simili a quelle di una iena gigantesca….
I Kamlugh, creature originarie dell’isola di Kadok, utilizzate dagli Orchi per i loro spostamenti oltre che come ottime ‘armi ’ di attacco vista lo loro ferocia.
Il Signore del Sud si avvicinò a una delle due creature la quale si mise subito a ringhiare ferocemente, pronta per attaccarlo.
Naraku incatenò il suo sguardo a quello dell’animale che, in pochi istanti rimase a fissarlo, gli occhi gialli – verdi, dal taglio felino, sbarrati e ricolmi di terrore. Poco dopo il Kamlugh si era inchinato di fronte all’uomo, facendosi accarezzare da quello, docilmente.
I due Orchi deglutirono, intimoriti da quello sguardo porpora, capace di chissà quali oscuri sortilegi.
“Voi salirete su quello” disse uno dei due Orchi, montando, nel frattempo, su un altro Kamlugh, imitato dal compagno.
Naraku non rispose e salì sull’animale appena addomesticato e attese che i due Orchi partissero, facendogli strada verso quello che, ne era più che certo, sarebbe diventato suo prezioso alleato.
La temperature torride che si avvertivano in quel luogo erano comparabili a quelle del Regno del Sud a differenza che lì, a Kadok, cresceva una fitta e selvaggia vegetazione che, testarda, si innalzava a dispetto del caldo torrido che avrebbe logorato qualsiasi cosa.
Il Majutsushi si guardò intorno quasi con nostalgia… l’isola di Kadok aveva spesso ricevuto visite da parte sua… peccato che solo lui potesse ricordarsene. Ghignò.
I Kamlugh procedevano velocemente, nemmeno il caldo riusciva a piegarli, le zampe possenti che facevano perno sul terreno, evitando abilmente i fitti alberi.
Procedettero spediti per diverse miglia mentre il paesaggio davanti a loro cambiava, la fitta e disordinata vegetazione lasciava spazio a un largo sentiero rettilineo che spariva dietro alcune colline.
Là, sulla sommità di una di quelle, la città di Roht, capitale dell’isola di Kadok.
I tre accelerarono ancora di più, lasciando nugoli di polvere dietro di loro.
Mentre procedevano spediti, Naraku poté vedere cominciare a delinearsi la grande città, le torri e le guglie nere che spiccavano, in contrasto col cielo illuminato dalla luce del sole.
Sorrise. Quel tipo di atmosfera era quella che più gli piaceva.
Dopo alcuni minuti, i tre si trovarono finalmente di fronte al grande castello, solo il ponte levatoio alzato impediva loro di entrare.
Uno dei due Orchi urlò alla sentinella che sorvegliava l’ingresso di farli passare.
Il Signore del Sud alzò lo sguardo, ammirando più da vicino l’imponenza della capitale.
Certamente non raggiungeva le dimensioni di Kaosu ma sicuramente, al solo vederla, non si poteva non venire pervasi da un senso di angoscia.
Per Naraku era come essere a casa.
I suoi pensieri vennero interrotti dal cigolare degli ingranaggi del ponte levatoio che, lentamente, si stava aprendo per poi appoggiarsi a terra con un tonfo sordo.
Gli Orchi cominciarono ad avanzare, seguiti subito dopo dal Signore del Sud, impaziente di concludere quel vantaggioso affare.
Nonappena fecero il loro ingresso nella città, l’uomo dai capelli corvini non poté non notare gli sguardi di disprezzo e insofferenza che le creature del luogo gli stavano rivolgendo.
Sorrise beffardo. Presto le cose sarebbero cambiate e quegli sguardi non sarebbero più stati per lui e i suoi soldati.
Scesero dai Kamlugh e si diressero senza indugiare verso il castello, dimora del sovrano Kraeliux del quale Naraku era ansioso di fare la conoscenza… lui, come tanti altri, sarebbe diventato una delle sue pedine da muovere a piacimento.
Soggiogare quelle creature dalle menti ristrette sarebbe stato davvero un giochetto.
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“Che diavolo è successo qui?!?”.
Kagura, come ordinatole da Naraku, si era recata presso la Shima no Nanimo per assicurarsi se Inuyasha, il secondogenito di Inu Taisho fosse, ancora vivo.
Di certo non si era aspettata quello spettacolo.
Il perimetro che circondava la prigione era una distesa di cadaveri in putrefazione. Tutti, dal primo all’ultimo, indossavano le divise ornate dal Ragno, simbolo del Regno del Sud.
“Maledizione!” esclamò accigliata la Yasha, aggirandosi tra i corpi senza vita delle guardie.
Sarebbe toccato a lei dare la brutta notizia della fuga dell’Hanyou… e il suo Signore, oltre che sorpreso, non ne sarebbe stato felice.
- Ma che cavolo sarà successo? Chi l’avrà liberato? – si domandò – Di certo non può aver fatto tutto da solo… -
Poi la sua attenzione venne attratta da alcuni strani solchi sul terreno, in prossimità dell’ingresso della piccola prigione.
Si accucciò vicino al terreno, per esaminarlo con attenzione.
- Ma questi… - con un dito andò a toccare il segno, percorrendone la forma… sembrava quasi che qualcosa avesse graffiato il terreno.
- Cosa può lasciare un segno simile… sembrerebbero quasi… artigliate! – pensò, sorpresa, e nella sua mente si delineò l’immagine della probabile causa di quei solchi
“Draghi!” esclamò, incredula. Come diavolo aveva fatto la Terra Centrale a sapere del Principe Inuyasha, tanto da riuscire a liberarlo?
Imprecò indispettita… di quel mezzo- demone non gliene importava niente, poteva essere vivo o morto, per lei non faceva differenza…! Quello che le premeva era la reazione che avrebbe avuto Naraku nel venire a sapere di quello scomodo contrattempo.
Di certo questo il suo Signore non lo avrebbe mai potuto prevedere… chissà perché, ma era sicura che questa ‘piccola sorpresa ’ le avrebbe portato solo un sacco di problemi.
Sbuffò. Guardandosi attorno scocciata, prese tra le dita una delle sue piume che, in pochi istanti, si ingrandì, fluttuando nell’aria.
Vi salì sopra con agilità poi, volgendo un altro, fuggevole sguardo a quella distesa di cadaveri, fece spallucce e prese velocemente il volo, dirigendosi verso il Regno del Sud.
Restare ancora lì non avrebbe avuto senso.
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“Bene, siete arrivati”.
Naraku osservò l’Orco appostato davanti a una grande porta chiusa che li guardava dall’alto in basso.
“Il nostro Signore vi attende” aggiunse, poi, fissando il sovrano del Sud.
Detto questo aprì l’ingresso, facendoli avanzare.
L’uomo dai capelli corvini si ritrovò a fissare Kraeliux, seduto impettito sul suo grande trono, occupato dalla sua imponente stazza. Il volto dai lineamenti così grezzi, teso in un’espressione dura e greve… Naraku notò benissimo lo sguardo di insofferenza che lui, come tutti gli altri, del resto, gli avevano rivolto.
- Divertente… - pensò ridacchiando.
Preceduto dagli altri Orchi, si avvicinò al trono del sovrano, guardandolo attentamente senza mai distogliere il suo sguardo porpora da quello nero pece di lui.
“Naraku… il Signore del Sud…. Tuttora la mia sorpresa perdura, anche se ora ti vedo qui, davanti ai miei occhi” la voce profonda e leggermente rauca dell’Orco riecheggiò per l’enorme sala, disperdendosi tra le sue alte e scure mura.
“Per me, invece, è un gran piacere essere qui… e sono convinto che dopo che avremo parlato ne sarete contento anche voi, nobile Kraeliux” rispose lascivo Naraku, sorridendogli gelido
“Mpf, chissà, dipende da cosa bisogna discutere” ribatté l’altro, guardandolo dall’alto in basso, accomodandosi meglio sul suo grande trono.
“Affari”
“Affari, eh? E che cosa potrebbe mai possedere il Regno del Sud che ci possa interessare? Naraku, immagino voi sappiate che gli Orchi non apprezzano molto i Demoni…” sghignazzò Kraeliux, mostrando ancora di più i canini fortemente pronunciati
“La cosa mi rattrista… per quel che mi riguarda, io ammiro molto la vostra razza” disse il Signore del Sud sorridendo, senza mostrare alcun tipo di tensione, cosa che fece leggermente irritare il sovrano di Kadok.
“Siete molto sicuro di voi, a quanto vedo”
“Sì, lo sono”.
Il signore di Roht indugiò i suoi piccoli occhi su quelli porpora del Majutsushi, guardandolo attentamente. C’era qualcosa, in quell’individuo, di minaccioso, di arcano e mentre pensava ciò vide come passare un lampo in quelle iridi, un concentrato di malvagità che non aveva mai visto.
Non poté fare a meno di rabbrividire.
- Non c’è nulla da temere… - una voce melliflua gli si insinuò nella mente, paralizzandolo
- Ascoltalo… Lui saprà darti quello che vuoi… -
“Vi ascolto” si ritrovò a dire, quasi involontariamente. Il suo volto ora in una espressione quasi febbrile, le iridi scure ricolme solo di desiderio, di trepidante attesa, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli del suo interlocutore che, soddisfatto, sorrideva malvagio.
“Ciò che ha da offrirvi il Regno del Sud è qualcosa che voi e il vostro popolo brama da tempo…” cominciò Naraku, incatenando definitivamente, con quelle parole, lo sguardo di Kraeliux
“Ovvero?” lo incitò trepidante quello
“Il sangue della Terra Centrale” .
Sì! Sì, era proprio quello! Era quello che cercava, bramava da tanto, troppo tempo.
Il sovrano di Kadok guardò con occhi sgranati il signore del Sud che, in quel momento, gli sembrava quasi un dio.
Si alzò bruscamente, avvicinandoglisi quasi barcollante mentre il suo volto veniva trasfigurato ancora di più da un’espressione febbrile, ricolma di eccitazione e di straziante attesa.
“Ditemelo, ditemelo… come, come faremo per vedere la Terra Centrale sporca di sangue?!? Come? Quando?!?” gli chiese ansimante, sempre più agitato.
Naraku sorrise soddisfatto, posandogli una mano sulla spalla scossa dai tremori
“Presto amico mio, presto… il vostro popolo non dovrà attendere ancora troppo per far il suo meritato ritorno nelle terre che vi appartengono… e io sarei felice di questo, perché il Continente appartiene agli Youkai e agli Orchi”
“Sì, sì! Youkai e Orchi!” ripeté l’altro, afferrando le vesti del Majutsushi, sempre fissandolo con sguardo ardente
“Cosa dobbiamo fare?!? Come dobbiamo agire?!?” chiese poi, agitato
“Semplicemente… sancendo la prima alleanza tra Demoni e Orchi” Naraku fissò con maggiore intensità l’Orco ormai completamente succube di quella ‘droga porpora ’ “Grazie a questa alleanza spazzeremo via per sempre la feccia che appesta il Continente”
“Sì! Sì! La feccia! Spazzeremo via la feccia! Sì, un’alleanza!” urlò il re di Roht mentre i suoi sottoposti, come lui, venivano ammaliati dalla voce che precedentemente aveva incantato il loro sovrano.
Il Majutsushi guardava soddisfatto i loro volti febbrili, la sua vendetta stava prendendo finalmente avvio in modo inarrestabile… dopo quella alleanza per la Terra Centrale il declino sarebbe iniziato e niente, niente sarebbe stato possibile per cambiare quella meravigliosa realtà.
“Vi contatterò presto, allora” disse, ignorando le frasi sconnesse e senza senso di Kraeliux, voltandosi e uscendo dalla sala nella quale riecheggiavano ora le risate degli Orchi nei cui occhi si poteva vedere riflesso l’irrefrenabile e insaziabile desiderio di sangue mentre nelle loro menti rimanevano, come marchiati a fuoco, gli occhi purpurei del signore del Sud.

“Naraku, mio Signore!”
“Oh, siete qui, bene” una volta uscito dal castello, il Majutsushi incontrò, fuori dalle mura della capitale, i suoi uomini che, arrivati lì, avevano atteso che il loro sovrano avesse concluso i suoi affari.
“Avete già concluso?”
“Sì, possiamo far ritorno a Kaosu”
“Ma… siamo appena arrivati…” obiettò il suo vice
“Ora… si riparte per Kaosu” insisté Naraku, guardandolo gelido
“S- sì, come desiderate” balbettò quello in risposta, abbassando lo sguardo quasi terrorizzato.
Il signore del Sud, senza aspettare un momento di più, montò sul Kamlugh col quale era arrivato lì, dirigendosi nuovamente verso il porto dove lo aspettava la sua nave.
Doveva tornare immediatamente a Kaosu, i preparativi erano molti e finalmente, adesso che controllava anche gli Orchi, poteva concentrarsi su altro, in particolare su una persona….
- Piccola Kagome… non vedo l’ora di incontrarti e di vedere il tuo meraviglioso sangue vermiglio impregnare le mie mani – e rise malvagio, correndo veloce verso il suo piano di morte.
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“Mi hai fatto male, maledizione!!!”
- Se tu fossi meno distratto non ti faresti male -
“Ma quale distratto?! Tzè, come al solito è colpa mia!”
- Uff… ultimamente sei diventato proprio uno strazio, Inuyasha -
“COOOSA?!?”.
Nella soleggiata Eldoras, nel grande giardino del Palazzo, stavano Inuyasha e la sua fida Harliem, intenti in uno dei loro abituali allenamenti.
Dalla sera del ballo era trascorso circa un mese e la ‘piccola ’ dragonessa era cresciuta enormemente, tant’è che da qualche tempo, finalmente, per lei e il suo Cavaliere erano cominciate le prime lezioni di volo.
Durante quei giorni, poi, Inuyasha era decisamente migliorato nella Magia ed ora era capace di controllare ed usare diversi incantesimi.
Peccato che, però, allo stesso tempo, la concentrazione dell’Hanyou avesse qualche falla, impedendogli così di allenarsi al meglio.
“Uff… scusa Harliem, non ce l’ho con te…” sbuffò il ragazzo, sedendosi a terra e appoggiandosi al tronco di un grande albero.
- Cosa c’è che non va? Ormai è da un mese che sei così… - gli domandò leggermente preoccupato il Drago, accucciandoglisi vicino, sovrastandolo completamente con la sua imponente stazza.
“Non lo so… è che poi la notte non riesco quasi mai a dormire bene…” borbottò in risposta il Cavaliere strappando un ciuffo di erba.
- Ancora quel sogno? -
“Mh… e più i miei poteri si sviluppano più mi sembra reale… è una tortura” sbuffò ancora più rumorosamente, coprendosi gli occhi con un braccio.
Odiava sentirsi a quel modo, con quella continua e sgradevole sensazione di tensione che non lo abbandonava mai, dopo quel sogno. Rabbrividì ripensando a quella macabra distesa di sangue e il terribile ghigno di quell’essere che stringeva tra le braccia l’altra figura, dilaniata.
“Aaaaah, basta!” esclamò, balzando in piedi “Non ha senso stare a torturarsi! E poi ho ben altro a cui pensare, come alla nostra Cerimonia del Giuramento che ci aspetta domani!” disse, sorridendo cercando di essere disteso, verso Harliem.
- Sì, sono così eccitata! E poi è stata un’ottima idea, da parte del Governatore, farcela fare insieme a Sango e Sieg! – rispose allegra la dragonessa, alzandosi anche lei.
Inuyasha la guardò ammirato, incantato dalle sue squame fiammeggianti che brillavano con tutta la loro forza. Stando a quattro zampe ormai, il Drago, lo sovrastava di parecchio e le sue zanne e i suoi artigli si erano rafforzati, insieme ai suoi poteri che crescevano giorno dopo giorno.
Eh sì, non avrebbe potuto chiedere di meglio.
- Mi chiedo se però… ci sarà anche Kagome… - aggiunse poi Harliem, con tono leggermente triste.
L’Hanyou si ritrovò ad arrossire furiosamente al sentire il nome della ragazza. Per l’ennesima volta gli rivenne in mente la sera del ballo e, in particolare, il suo sfogo e… quell’abbraccio.
Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le narici piene del suo delicato e allo stesso tempo intenso profumo e i suoi capelli corvini contro la sua pelle.
Accidenti! Ma perché continuava e continuava a pensarci?
- Che hai Inuyasha, stai male? Sei tutto rosso! – gli chiese perplesso il Drago, riscotendolo
“N- no, sto benissimo!” si affrettò a rassicurarla il mezzo- demone scuotendo freneticamente le mani.
- Allora? Secondo te verrà Kagome? – Inuyasha notò il tono abbacchiato della dragonessa e sorridendole leggermente le si avvicinò, accarezzandole il dorso
“Vedrai che ci sarà, per questo tipo di occasioni la sua presenza è necessaria”
- Mh, speriamo, ultimamente è sempre così impegnata… dopo il ballo il Governatore non le ha dato un attimo di tregua tra lezioni di burocrazia e cose varie. In più ha gli allenamenti di Magia con Miroku, quelli di volo con Hirador… l’ultima volta che l’ho vista mi sembrava distrutta - .
Era vero. Da dopo il ballo anche lui l’aveva vista davvero raramente – anche se, a dir la verità, ne era quasi sollevato… tutte le volte che aveva incontrato i suoi occhi si era ritrovato ad arrossire come un idiota! – e quelle poche volte gli era sembrata a pezzi.
- Inuyasha? -
“Mh?” ma la dragonessa non disse nient’altro, rimase a fissarlo, cosa che lo innervosì parecchio
“Allora, che c’è?!?” sbottò, accigliato
- Ho fame! - il mezzo- demone la fissò spiazzato, si aspettava una di quelle domande che lei e Sango erano solite fargli e che lo mandavano nella più totale confusione… e invece quella se ne usciva che aveva fame!
“E non potevi dirlo subito?!? Dai andiamo, è inutile restare qui e poi ormai è ora di pranzo”
- Perché non mangiamo tutti insieme? Chiamiamo anche Sango e Miroku, stiamo nel mio appartamento! – propose Harliem già trepidante
“Sì, e Sieg dove lo mettiamo? Lo sai che non si stacca cinque minuti da Sango…” ribatté Inuyasha mentre, affiancato dal Drago, faceva ritorno verso il Palazzo
- Embè? Già una volta ci è venuto e ci siamo stati! -
“Ah, certo… per starci ci stavamo, il problema è far stare Sieg e Miroku troppo vicini in un luogo troppo piccolo…!”
- Bah, la gelosia è proprio una cosa stupida - commentò la dragonessa, ripensando ai comportamenti di Sieg e della sua forte gelosia nei confronti del suo Cavaliere
“Bè, non gli do tutti i torti… Miroku è un vero polipo! L’ultima volta non gliel’ha quasi staccata, quella mano!” ridacchiò divertito l’Hanyou al ricordo
“Allora, che vogliamo fare? – disse poi, una volta entrati nel Palazzo dall’ingresso abilitato per i Cavalieri e i loro Draghi - Vado a chiamare Sango e Miroku?” domandò guardando la dragonessa… domanda comunque inutile visto che sapeva già la risposta
- Sì! Chiamali, chiamali! – rispose contenta Harliem, muovendo frenetica la lunga e squamosa coda di fuoco
“Eeeh, e va bene, aspettaci nei tuoi appartamenti” le disse, rassegnato, il mezzo- demone, avviandosi. Era inutile, non riusciva proprio a dirle di no.
- Ah, Inuyasha! – lo chiamò il Drago
“Che c’è?”
- Magari, se lo vedi, invita anche Kouga! – gli disse, ridacchiando
“Ma non ci penso nemmeno!!!” le sbraitò contro l’Hanyou voltandosi con stizza e riprendendo a camminare mentre il suo Drago lo guardava, sghignazzando divertito.

“Sangooo, ti prego liberamiii!”
“No! Finché non imparerai a tenere le mani a posto te ne starai legato lì!”
“Ti prego perdonami, giuro che non lo faccio più!”.
Fuori, nella parte del giardino retrostante il Palazzo, Miroku e Sango si stavano allenando.
O, almeno, questo fino a poco tempo prima, visto che ora il ragazzo dal codino era saldamente legato al tronco di un albero con davanti una Sango che lo guardava a dir poco furente.
“Certo, non lo fai più! Quante volte te l’ho sentito dire e questo è il risultato! – esclamò, puntandogli un dito contro e sottolineando la condizione in cui si trovava – Questa è la volta buona che ti faccio sbranare sul serio da Sieg!”
“No, tutto ma non Sieg!!!” esclamò terrorizzato il Majutsushi… purtroppo era spaventosamente consapevole che se la Cacciatrice gli avesse dato quell’opportunità, il Drago non ci avrebbe pensato due volte a farlo sul serio a pezzi.
“A- avanti Sanguccia, se non mi liberi come farai con gli allenamenti? Sai che a proposito di Magia sono imbattibile…”
“Sì, peccato che alla tua bravura corrisponda anche una disgustosa tendenza ad essere un pervertito di prima categoria!!!” urlò Sango… si stava davvero arrabbiando
“M- ma dai… non esageriamo adesso…” ridacchiò nervosamente il ragazzo, deglutendo rumorosamente.
Per qualche ‘semplice ’ palpatina guarda come veniva trattato! Sospirò amareggiato, che ci poteva fare lui se quella ragazza era assolutamente splendida?
“Se tu non fossi così un cretino a quest’ora avremmo già finito con gli allenamenti! Ma no! Non riesci a trattenerti nemmeno in queste occasioni e adesso sono punto e accapo!” sbraitò la ragazza, sempre più infuriata
- Qualcuno mi aiuti… - pensava intanto Miroku, piangendo lacrime amare
“Ma possibile che vi si lascia soli un attimo a voi due che vi scannate?” una voce dietro di loro attirò la loro attenzione.
Per Miroku fu come la vista di un angelo
“Oh Inuyasha, mio salvatore, non sai come sono felice di vederti!!!” esclamò con gli occhi pieni di lacrime di gratitudine. Ora aveva una minima speranza di non morire alla giovane età di vent’anni.
“Ciao Inuyasha…” lo salutò nervosa la Cacciatrice
“Ho interrotto qualcosa?” chiese ironico l’Hanyou, guardando divertito la scena: Sango sull’orlo di una crisi di nervi e Miroku piangente, legato strettamente ad un albero. Non poté trattenersi dal ridacchiare
“Più o meno” ribatté il Cavaliere fissando con sguardo omicida Miroku
“Eh- eh –eh” ridacchiò nervoso quello, avendo quasi l’impressione che la sua speranza di salvezza stesse svanendo
“Bè, credo che dovrai rimandare l’esecuzione, Sango… ad Harliem farebbe piacere se veniste a mangiare con noi” le disse, facendola così calmare con quell’invito
“Certo, più che volentieri!” rispose con il suo solito tono dolce
“Sì, anche a me fa molto piacere!” si aggiunse il Majutsushi, guadagnandosi un’altra gelida occhiata da parte della ragazza
“Lo posso slegare, quindi?” chiese conferma Inuyasha indicando il ragazzo
“… Sì…” rispose stizzita la ragazza del Nord mentre Miroku sospirava di gratitudine… questa volta l’aveva scampata per un soffio e tutto per merito di Harliem che ringraziò mentalmente, benedicendola.
“Grazie Inuyasha, a volte sei davvero utile” gli disse il Majutsushi, una volta libero
“Ehi, guarda che è stato un caso e non pensare che la prossima volta ti vada così liscia, non posso sempre salvarti io anche perché una bella strigliata ti sta solo bene” ribatté secco l’Hanyou osservandolo con sguardo ammonitore
“Perché mi parli cosììì?!” piagnucolò Miroku, attaccandoglisi al collo continuando a blaterale
“Accidenti lasciami dannato!!! Se non stai attento sarò io a farti fuori e non Sango!”
“Eh no, questo è un piacere che devo avere io!” disse la Cacciatrice con sguardo omicida che fece rabbrividire i due.
Così i tre si avviarono verso l’interno del Palazzo con Miroku che, finalmente, aveva capito che per quel giorno, almeno, era meglio per lui parlare il meno possibile.
“Inuyasha hai invitato anche Kagome?” gli domandò poi Sango mentre si stavano dirigendo verso il secondo piano sotterraneo
“Bè, ecco veramente no… non so se è il caso, di solito è sempre piena di impegni” balbettò il mezzo- demone, la sola idea di dover invitare la ragazza lo faceva agitare
“Già, anche troppi” intervenne Miroku con tono tra il preoccupato e il seccato
“Miroku tu sei praticamente l’unico che riesce a vederla tutti i giorni… come sta? Io è da quasi una settimana che non la vedo…” gli chiese la ragazza del Nord.
Lo sentì sospirare
“Anche se cerca di non darlo a vedere… è sfinita. Un po’ per il suo orgoglio e la sua testardaggine, un po’ per le aspettative che hanno mio padre e tutta Eldoras nei suoi confronti, sta dando fondo a tutte le sue energie tra allenamenti e lezioni ‘di governo ’. Non so quanto potrà continuare così e mio padre che non fa altro che caricarla di lavoro!” disse con una certa disapprovazione. Da parte sua, tutte le volte che avevano avuto i loro allenamenti di Magia, aveva cercato più volte di dissuaderla dallo smettere di imporsi di dover per forza, in qualsiasi circostanza, soddisfare pienamente chiunque… doveva pur vivere anche lei, accidenti!
A Inuyasha, nel frattempo, gli rivenne alla mente la sera del ballo, quando aveva letto negli occhi argentei della ragazza tutte le sue preoccupazioni e quanto fosse gravosa per lei quella situazione.
Ma non l’aveva mai sentita lamentarsi, nemmeno una volta.
Anzi, alla fine, quella sera, era stata lei a consolare lui.
Ecco, era arrossito ancora una volta!
“Spero di riuscire a vederla, uno di questi giorni… mi spiace che non possa nemmeno sfogarsi con qualcuno…” disse Sango dispiaciuta per le condizioni dell’amica… che si trovasse in un luogo o in un altro… la sua vita la perseguitava comunque.
“L’unica cosa che possiamo fare è starle vicino, sa che le vogliamo bene e questa è la cosa più importante” cercò di rincuorarla il ragazzo dal codino, sorridendole.
“Ehi, ragazzi!” una voce dietro di loro li richiamò
“Oh, ciao Kouga!” lo salutò allegro il Majutsushi, andandogli incontro
“E ti pareva…” borbottò, invece, innervosito Inuyasha
“Dove ve ne andate di bello? A pranzo?” chiese l’ookami Youkai, avvicinatosi al gruppo
“Sì, Harliem ci ha chiesto di farle compagnia, perché non vieni? Ultimamente non ti si vede molto in giro…” gli propose Miroku
“Ehm… non saprei…” Kouga guardò incerto il mezzo- demone
“Tzè, sì, puoi venire, Harliem ha chiesto anche di te!” sbuffò l’Hanyou, girandosi
“Bè, quand’è così…”
“Oh, bene, la compagnia al completo!” esultò il Majutsushi
“Se lo avevo saputo prima avevo avvertito anche Kagome…” rifletté ad alta voce il Demone lupo
“Hai visto Kagome?” gli domandò Sango
“Sì, abbiamo appena terminato una riunione col Parlamento… io per il resto della giornata sono libero, ma a quanto ho capito lei, invece, ha un mucchio di appuntamenti con diversi Ministri e politici, non la invidio affatto” li informò
“Appena vedo mio padre lo strangolo!” sbottò Miroku, scioccato dal fatto che il Governatore non si rendesse conto allo stress a cui stava sottoponendo la cugina.
“Bè, noi non ci possiamo fare niente per cui non ha senso stare nemmeno a discuterne” intervenne Inuyasha guadagnandosi, con quelle parole, tre sguardi di rimprovero
“Come al solito la tua sensibilità lascia a desiderare, Inuyasha” gli disse con tono di rimprovero Kouga, guardandolo di traverso
“No, se qui c’è qualcuno che pecca di sensibilità non sono io. Credi forse che Kagome sarebbe contenta di sapere che la maggior parte della gente che la circonda la compatisce? Io credo proprio di no… ma, come hai detto tu, io pecco di sensibilità per cui la mia opinione non ha rilevanza, giusto?” e lo fissò con sguardo di sfida mentre l’altro taceva e ricambiava l’occhiata
“Va bene, va bene ragazzi, non è il momento di litigare… non possiamo fare aspettare Harliem, non è educato…” intervenne Miroku, cercando di smorzare l’atmosfera tesa che si era venuta a creare.
Il primo a incamminarsi fu l’Hanyou, innervosito, seguito poi dal resto del gruppo, con una Sango e un Miroku che cercavano in tutti i modi di distendere il più possibile la situazione.

“Uff…”
“Sei stanca Kagome- chan?”
“Un po’ piccolo Shippo, ma non preoccuparti”.
Kagome sorrise dolcemente al piccolo Demone volpe, carezzandogli affettuosamente la testa ramata.
Erano rimasti soli nella grande Sala del Parlamento dove da poco si era conclusa una delle ennesime riunioni che da un mese a questa parte erano all’ordine del giorno.
La ragazza sospirò sconsolata… dalla sera del ballo non aveva avuto un attimo di pace ma non poteva di certo lamentarsi. Lei era la Principessa ed era suo dovere occuparsi del suo Regno…. Sì, proprio così.
Si accomodò meglio sul suo trono, aspettando che Takehiko facesse ritorno poiché l’aveva invitata a pranzare insieme a lui e ad altre importanti personalità di Eldoras.
Mentre aspettava tranquilla, continuando a coccolare Shippo accucciato sulle sue gambe, la sua mente cominciò a vorticare, lasciandosi andare ai ricordi.
Ma non i ricordi della sua infanzia, degli anni passati a Kandem… no, in particolare stava ancora, per l’ennesima volta, ripensando a un evento accaduto di recente.
La sera del ballo e… la sua conversazione con Inuyasha.
Ancora stentava a credere a quello che era successo… aveva davanti agli occhi l’immagine di lui fragile, solo… non lo aveva mai visto così e né mai avrebbe immaginato di poterlo vedere in un simile stato.

“Inu… yasha…” sussurrò Kagome, sorpresa nel ritrovarsi stretta all’Hanyou. Ma la sua sorpresa aumentò poi quando sentì alcune gocce bagnarle una spalla nuda. Inuyasha… stava piangendo.
D’istinto lo abbracciò a sua volta, cominciando ad accarezzargli lentamente la larga schiena, cercando di calmarlo.
Dopo alcuni minuti lo sentì bloccarsi e irrigidirsi improvvisamente, staccandosi di scatto da lei e fissarla con sguardo ricolmo di stupore. Lei lo guardò interrogativa, rimanendo silente.
“Scu- scusa” lo sentì balbettare con voce flebile, le guance in fiamme mentre abbassava gli occhi dorati.
Non poté fare a meno di sorridere intenerita. Mai si sarebbe aspettata di poter vedere un lato simile nel carattere di quel testardo e fiero Hanyou.
“Va meglio?” gli chiese, mantenendo il sorriso.
Il mezzo- demone alzò titubante lo sguardo, rimanendo inevitabilmente folgorato da quell’espressione così dolce. Arrossì nuovamente e si girò di scatto, dandole le spalle.
“S- sì, grazie” le disse balbettante. Maledizione, stava facendo una figura da idiota! Come cavolo gli era saltato in mente di mettersi a piangere di fronte a lei e soprattutto… perché diavolo l’aveva abbracciata?!
Poteva ancora sentire addosso il suo calore e il suo profumo così particolare inebriargli i sensi….
E no, adesso basta!
Kagome lo osservò da dietro divertita mentre lo guardava mettersi le mani sul volto e borbottare qualcosa di completamente insensato.
Non lo aveva mai visto così imbarazzato.
Non riuscendo più a mantenere il controllo prese a ridere di gusto, attirando l’attenzione dell’Hanyou.
“Si può sapere che diavolo hai da ridere adesso?!?” sbraitò il mezzo- demone fissandola furente, col volto in fiamme sia per l’imbarazzo che per la rabbia.
“No, scusami è che… sei troppo buffo!” e continuò a ridere
“Feh, ma tu guarda questa!” sbottò Inuyasha mentre gli arrivava alle orecchie la risata argentina della ragazza. La guardò, il volto illuminato da un sorriso rilassato, con i capelli che, insieme al vestito candido, si muovevano accompagnati dalle carezze leggere del vento.
Era… davvero bella.
E questa volta non arrossì. Era vero.
Si ritrovò ad ammettere che tutto, in lei, era bello.
Certo era capricciosa, arrogante e spesso presuntuosa ma quella non era che una minima parte di lei.
Kagome, sentendosi osservata, sollevò lo sguardo e incontrò quello intenso e profondo di lui… sembrava che le stesse leggendo l’anima.
Smise di ridere di botto, indugiando ancora su quegli occhi ambrati ma dovette abbassare lo sguardo, imbarazzata.
Nessuno… l’aveva mai guardata a quel modo.
Si stupì in quel momento di quello che stava succedendo loro… insomma… non avevano ancora litigato!
Già… chissà quanto tempo era passato da quando era uscita dal Palazzo. Il suo volto si fece nuovamente teso all’idea di dover tornare di nuovo là dentro e vedere tutti quegli sguardi ricolmi di desideri, speranze e aspettative rivolte unicamente verso di lei.
Nuovamente si sentì soffocare.
Inuyasha notò il cambiamento della ragazza e comprese immediatamente cosa la turbasse.
“Se non vuoi… puoi non tornare” le disse, lo sguardo rivolto alla luna.
“Non me lo posso permettere. Questa serata… è stata organizzata per me” rispose lei, cercando, con quelle parole, di convincere anche se stessa e imponendosi di smorzare quel senso di oppressione. No, non doveva provare certe cose, non era giusto.
“Ma tu non volevi, se non sbaglio…” obiettò l’Hanyou
“Non è importante quello che voglio io, Inuyasha” lui si voltò a guardarla, rimanendo sorpreso da quell’espressione così terribilmente dolce e triste allo stesso tempo.
“Ora… sarà meglio che vada, sto facendo la figura dell’irresponsabile” ridacchiò, cercando di mostrarsi tranquilla.
Prese a camminare, sollevando delicatamente il lungo abito, sorpassando il mezzo- demone fino a dargli le spalle.
Sapeva che se fosse rimasta ancora per poco lì, scrutata da quegli occhi dorati, tutte le sue certezze sarebbero crollate definitivamente.
“Non devi pensare a che cosa gli altri si aspettano da te… - lo sentì dire poi, rallentando leggermente il passo, incerta – Devi pensare a cosa ti aspetti da te stessa” . Si bloccò, colpita da quelle parole.
- Cosa… mi aspetto da me stessa?- pensò, turbata. No, lei non faceva testo. Scrollò la testa, come a voler scacciare quelle parole.
Non si voltò e riprese a camminare sotto lo sguardo penetrante di Inuyasha.

“Kagome?”
“Eh? Oh, scusami Shippo devo essermi distratta” gli disse sorridendogli.
“Ah, bene, siete ancora qui”.
Dal grande ingresso della Sala del Parlamento si fece avanti il Governatore, accompagnato da alcuni uomini di mezza età, rappresentanti del Parlamento e della Milizia del Dragone i quali si inchinarono rispettosamente davanti alla ragazza, rivolgendole sorrisi cordiali.
“Allora Kagome, vogliamo andare?” la invitò Takehiko, porgendole la mano
“Sì… andiamo” sospirò quella sforzando un sorriso e afferrando la mano del cugino.
Shippo sulla sua spalla la guardò tristemente, osservando il viso chiaramente stanco dell’amica.
“Non ti preoccupare per me…” la sentì poi sussurrare verso di lui e la guardò leggermente sorpreso
“Ma, ecco…” balbettò il Demone, osservandola triste
“Davvero, Shippo, non voglio che ti preoccupi per me, non ce n’è motivo” cercò di rincuorarlo la miko, accarezzandogli la testa “Anzi, sono davvero felice di averti al mio fianco per queste occasioni… altrimenti come farei a non addormentarmi durante questi noiosi pranzi?” scherzò, riuscendo a far sorridere il piccolo Youko
“Va tutto bene, stai tranquillo…” insistette, spostando lo sguardo davanti a sé, continuando ad accarezzargli la testa
- Va tutto bene… -


Toc, toc.
- Avanti!!! – ruggì una voce, chiaramente irritata, nella mente dell’Hanyou.
Inuyasha, quasi titubante, fece ingresso nell’appartamento del Drago Supremo, trovandolo accucciato in un angolo della stanza, mentre, se avessero potuto, i suoi occhi color oro avrebbero lanciato saette.
“Ah, non è ancora tornata, eh?” disse, avvicinandoglisi.
- No, maledizione!!! – ruggì ancora più forte Hirador, emettendo sbuffi di fumo dalle narici.
Guardandolo così infuriato, Inuyasha non poté fare a meno di rabbrividire.
In quell’ultimo mese la creatura era cresciuta a dismisura e se già normalmente il solo vederlo poteva mettere in soggezione, vederlo infuriato incuteva unicamente terrore.
Le squame color della pece rilucevano splendenti, insieme ai suoi occhi dorati che, ora, infuriati, brillavano ancora di più.
La lunga coda squamata frustava l’aria in segno di disapprovazione mentre Hirador schioccava la lingua come in attesa di fare a pezzi la sua preda.
- Appena vedo il Governatore gli stacco la testa!!! – sbraitò, facendo sobbalzare il mezzo- demone.
“Da quanto non la vedi?” chiese titubante il Cavaliere, sedutosi davanti al Drago
- Da due, DUE giorni! Due, ti rendi conto?!? – dire che era furibondo era poco.
“Non so che dirti… però se tu parlassi con il Governatore sono sicuro che qualcosa cambierebbe. Per tutti gli impegni che un Cavaliere può avere, non si può pretendere che rinunci a stare con il suo Drago, è inconcepibile” disse Inuyasha, con voce quasi irritata. Se fosse successa a lui una cosa del genere sarebbe a dir poco adirato. La sola idea di non poter vedere a sua piacimento Harliem gli sembrava assurda.
Hirador sbuffò, sconsolato.
- Sì, credo proprio che gli parlerò, non posso permettere che la trattino in questo modo…. Io posso anche sopportare di non vederla spesso, ma non ammetto che la riducano in quello stato, è sempre così maledettamente esausta! -
“Mh, in effetti anche io, le poche volte che l’ho incontrata, ho notato che non era molto in forma…"
- Cascasse il mondo, domani non le permetto di fare niente, anche perché dobbiamo assistere alla vostra Cerimonia del Giuramento! – il mezzo- demone sorrise nel sentirlo parlare così. Il legame tra Hirador e Kagome era davvero meraviglioso.
- Tu, invece? Da dove arrivi? – gli chiese poi il Drago guardandolo con espressione più rilassata.
“Dagli appartamenti di Harliem… abbiamo pranzato lì insieme a Sango e Miroku… volevo chiamarti, ma ho pensato che sarebbe stato meglio lasciarti da solo con Kagome… ma evidentemente non c’ho azzeccato” disse mortificato l’Hanyou
- Non preoccuparti, anzi, grazie del pensiero… - per qualche istante rimasero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri
- Ah, Inuyasha? – disse poi Hirador, guardandolo attentamente
“Sì?”
- Puoi dirmi cos’è successo al ballo? Quando poi Kagome è venuta qui a trovarmi mi sembrava un po’ turbata… -
Inuyasha si ritrovò ad arrossire ripensando a quella sera, ma cercò di darsi un minimo di autocontrollo… non poteva certo dire a Hirador che aveva abbracciato il suo Cavaliere… come minimo lo avrebbe spellato vivo!
“N- niente, non è successo niente che io sappia! Forse era un po’ stanca, il Governatore le ha presentato mezza Eldoras!” rispose leggermente agitato l’Hanyou, sperando di convincere con quelle parole la creatura
- Mh, sì, sarà così… -
“Bè, ora, mi spiace, ma ti devo lasciare… ti farei volentieri compagnia ma mi aspettano gli allenamenti…” disse il Cavaliere, alzandosi
- Sì, certo…. Allora ci vediamo domani, ci saremo sicuramente alla vostra Cerimonia, garantisco per Kagome -
“Mi fa piacere – sorrise Inuyasha – Magari passo a farti un saluto sta sera, ciao Hirador!” e si girò, uscendo dall’appartamento del Drago.
Una volta fuori, il suo sguardo si fece serio. Non erano affari suoi, ma almeno doveva fare in modo che qualcuno facesse capire al Governatore che non era suo diritto impedire a un Cavaliere e, in questo caso, soprattutto al Cavaliere Supremo, di non poter vedere nemmeno il proprio Drago, era inammissibile!
Si diresse verso i piani sotterranei, al suo appartamento. Quel pomeriggio ci sarebbero stati gli allenamenti di Magia e doveva andare a cambiarsi.
Un po’ di esercizio gli sarebbe servito a riappropriarsi della sua concentrazione nonché della sua sicurezza che, ultimamente, tendeva a vacillare.

“Accidenti… anf, anf… oggi ci sono andati pesanti, eh?”
“Già… bè, almeno sta notte non avrò problemi per dormire, appena vedrò il letto crollerò come un sasso”.
Verso sera, finalmente, gli allenamenti di Magia per i Cavalieri novizi erano terminati.
Sango e Inuyasha, esausti, stavano sorseggiando avidi l’acqua fresca delle loro borracce, asciugandosi il sudore con dei teli.
“Facciamo qualcosa, sta sera?” chiese poi la Cacciatrice guardando l’amico
“Mh, credo che dovrete fare a meno di me… sta sera ceno da Harliem e poi rimango a dormire con lei…” le disse Inuyasha mentre cominciavano ad avviarsi verso i loro appartamenti con il sottofondo delle voci degli altri Cavalieri che, man mano, abbandonavano la palestra.
“Ah, se è per questo anche io avevo intenzione di fare così… al massimo inviterò Miroku per un po’, sai che mette il muso se lo lasciamo da solo… sicuramente verrà a disturbare anche te!” rise la ragazza
“Bah, mi chiedo ancora come Varandir riesca a sopportarlo dopo tutti questi anni!”
“E chi lo sa… secondo me neppure lei riesce a capirlo! A proposito… sei passato da Hirador, oggi? Io avevo intenzione di andare a trovarlo, ma non ce l’ho fatta…”
“Sì, ci sono andato dopo pranzo. Era a dir poco furioso, è da due giorni che non vede Kagome…” la informò l’Hanyou ripensando alla conversazione avuta con il Drago
“Due giorni? Cavolo… se noi non la vediamo per una settimana è anche ‘normale ’, ma che Drago e Cavaliere non riescano a vedersi per così tanto non mi sembra giusto…”
“Già… ho suggerito a Hirador di parlare col Governatore… sicuramente non potrà obiettare la volontà del Drago Supremo” Inuyasha cercò con lo sguardo il consenso da parte della Cacciatrice, incerto se avesse fatto bene o meno
“Sono d’accordo con te, ho capito che Kagome non può venire meno a certi doveri ma non per questo le dev’essere impedito di stare col suo Drago…” affermò Sango, anche lei con un tono di chiara disapprovazione
“Bè, vedremo. Ecco, io sono arrivato… allora ci vediamo domani, sei agitata?” le chiese il mezzo- demone riferendosi alla loro imminente Cerimonia del Giuramento
“E come potrei non esserlo? Ma sono troppo felice di poter volare finalmente davanti a tutti col mio Sieg!” esclamò piena di gioia lei, facendo sorridere l’altro Cavaliere
“Ti capisco… bè, allora a domani, buona serata” la salutò lui, aprendo la porta del suo appartamento
“Anche a te, salutami Harliem!” disse a sua volta la ragazza del Nord, sorridendogli e sparendo poi dietro la curva del tunnel.
Inuyasha, una volta dentro i suoi appartamenti, si stese di peso sul letto, sospirando di stanchezza. Era tutto indolenzito e la testa gli pulsava per i numerosi incantesimi che quel giorno aveva dovuto gestire e la sua concentrazione che da un po’ di tempo a questa parte non era così solida ne aveva sicuramente tratto vantaggio… peccato che ora gli sembrava di avere la testa invasa da assordanti tamburi!
Si alzò con uno scatto, stiracchiandosi leggermente e si diresse poi nel bagno, intenzionato a farsi una rilassante doccia per togliersi la stanchezza di dosso.
Se non si fosse ripreso, sarebbe stato capace di addormentarsi durante il breve tragitto per andare da Harliem!
Nonappena cominciò a sentire le gocce d’acqua calda sul corpo gli sembro come di rinascere mentre appoggiava stancamente la fronte sulla fredda parete della doccia.
Sorrise nel pensare a quante cose erano successe nell’arco di così poco tempo.
Lui che per quattordici anni era stata dimenticato dal mondo là, rinchiuso in una squallida prigione nell’isola più sperduta, ora si ritrovava nella capitale della Terra Centrale, membro del Consiglio e Cavaliere di un meraviglioso Drago di Fuoco.
Ancora stentava a crederlo.
Ancora stentava a credere… di poter condurre una vita così… ‘normale ’, dove essere accettati e apprezzati era una cosa quasi scontata.
‘E allora?! Cosa importa se sei un mezzo- demone? ’
“… Kagome…” sussurrò, al ricordo di quelle semplici parole. Non capiva che cosa gli stava succedendo, sapeva solamente che dalla prima volta che l’aveva vista si era inconsciamente reso conto che, in qualche modo, lui e quella strana ragazzina erano… come dire… ‘legati ’ ?
Sospirò, uscendo dalla doccia e legandosi alla vita un telo bianco candido.
I capelli argentati, incollati alla schiena muscolosa, facevano ricadere sul pavimento gocce d’acqua, lasciando come una scia.
Inuyasha si appostò davanti al grande specchio – parete posto a lato del suo letto.
- Pochi giorni… - pensò, ma cercò subito di scacciare dalla mente certe cose, non era quello il momento.
Guardò l’orologio appeso al muro, sopra la sua testa. Quasi le otto, doveva sbrigarsi.
Velocemente afferrò a caso un paio di pantaloni e un maglioncino dall’armadio mentre con un altro telo asciutto tamponava freneticamente i lunghi capelli dal colore della luna.
Con ancora il telo sulla testa si guardò intorno, come in cerca di qualcosa… più si guardava in giro più non rintracciava ciò che il suo sguardo ambrato cercava, finché non gettò a terra l’asciugamano stizzito
“Maledizione ho lasciato Tessaiga nella palestra!” sbottò furioso con se stesso… ma perché era così sbadato? Non riusciva più a riconoscersi.
Indugiò lo sguardo sul passaggio che portava direttamente agli appartamenti di Harliem, indeciso se avvertirla che doveva andare a recuperare la sua spada o se lasciare perdere e correre direttamente alla palestra.
- Bè, la vado a prendere e torno, ci metterò due minuti – rifletté, uscendo di corsa dal suo appartamento.

Nel frattempo, Kagome, terminati – finalmente – i suoi vari e numerosi impegni, si stava dirigendo tranquillamente verso i piani sotterranei. Quella giornata era stata davvero pensante, sentiva l’impellente necessità di scaricarsi o sarebbe presto scoppiata.
Ancora una volta si vergognò delle sue debolezze.
Mentre camminava si rese conto di essere finita proprio davanti alla palestra, intorno a lei il silenzio immobile.
Guardò incerta le porte chiuse della grande sala, indecisa sul da farsi.
Come aveva pensato poco prima… aveva bisogno di sfogarsi e da molto non si allenava con la sua spada.
Abbassò lo sguardo proprio sulla katana legata al suo fianco e per qualche secondo le sembrò di sentirla fremere, desiderosa di essere liberata dal prezioso fodero che la custodiva.
Si guardò intorno come per assicurarsi che non ci fosse nessuno. Una volta fatto questo scrollò le spalle, un po’ di esercizio le avrebbe fatto bene.
Si avvicinò all’ingresso e appoggiò le sottili e lunghe dita sulla porta in metallo, spingendola in avanti.
Quasi come una protesta, il cigolio dei cardini riecheggiò per le mura intorno tanto che la fece bloccare, voltandosi ancora una volta ad assicurarsi che non ci fosse nessuno.
Una volta dentro si diede della stupida. Che male c’era se si allenava un po’?
Accese le luci e si guardò attorno rimanendo quasi stupita di quanto effettivamente fosse grande la palestra, soprattutto ora che non era affollata da Cavalieri e Draghi.
Si tolse la giacca di pelle scamosciata che indossava e arrotolò le maniche della camicia fino ai gomiti, per stare più comoda.
Con un suono argentino, la lama della katana venne liberata dalla sua custodia che la ragazza depose sul freddo pavimento per poi posizionarsi al centro della sala, respirando a fondo con gli occhi chiusi, la spada stretta saldamente nelle sue mani.
Presto sentì i muscoli distendersi e la sua concentrazione aumentare mentre il silenzio che permeava quel luogo la avviluppava completamente.
Poi, con un vigoroso scatto, aprì gli occhi e fece un veloce affondo, emettendo un gemito mentre la lama volteggiava fluida tra le sue mani, fendendo violenta e rabbiosa l’aria.
Un passo, un colpo, una parata, un altro passo.
Presto i suoi movimenti si trasformarono in una vera e propria danza mentre sentiva i muscoli tirare e rispondere ai suoi ordini, finché i gesti non divennero quasi involontari.
Un altro affondo immaginario poi, volteggiando, la sua lama andò a cozzare contro un’altra, in un’esplosione di scintille.
I suoi occhi argentei, stupiti, incontrarono due pozze d’ambra profonde e misteriose.
Inuyasha.
L’Hanyou, dopo essere uscito dal suo appartamento si era diretto velocemente verso la palestra e rimase sorpreso di vederla, dall’esterno, illuminata.
Da fuori, poi, aveva udito alcuni deboli ma allo stesso tempo vigorosi gemiti per cui, incuriosito, vi era entrato e poi… l’aveva vista.
Con lo stesso sguardo deciso dipinto sul volto come la prima volta che l’avevano incontrata, l’aveva osservata compiere quell’elegante danza di morte, rimanendone affascinato.
Poi, quasi inconsciamente, dopo essersi riappropriato della sua Tessaiga, le si era avvicinato silenzioso ed ora era lì, con la sua spada contro quella di lei.
Continuando a guardarla negli occhi, abbassò la grande zanna, mettendosi poi in posizione di guardia.
Kagome lo fissò mettersi in posizione di attacco e in quello stesso momento la domanda sul perché si trovasse lì scomparve dalla sua mente, lasciando spazio al desiderio di fronteggiarsi con lui.
In fondo, tempo prima, glielo aveva promesso che prima o poi si sarebbe scontrati.
Strinse maggiormente l’elsa della sua katana, sorridendo ansiosa, piegando leggermente le ginocchia e guardandolo fissa, senza mostrare incertezze.
Lei fu la prima a muoversi, con uno scatto fulmineo, mirando alle costole.
Il mezzo- demone non si fece cogliere impreparato e parò abilmente l’attacco per poi offendere a sua volta, mirando al fianco della ragazza.
Sul volto di entrambi andò progressivamente a delinearsi un sorriso di divertimento mentre la lotta si trasformava in una danza, con le due lame che si scontravano e lasciavano in attesa di scontrarsi di nuovo.
Le lame cozzarono nuovamente, Kagome fece un piccolo balzo indietro lanciandosi poi con vigore contro Inuyasha che continuava a fissarla con quei suoi occhi penetranti.
Questa volta la ragazza mirò alla testa, lui si abbassò d’istinto sotto la lama affilata, sentendola fendere rabbiosa l’aria.
Andarono avanti così per molto, in un gioco di lasciarsi e prendersi al quale nessuno dei due sembrava voler cedere.
Al ritmo delle spade i loro corpi si univano e si separavano, a volte quasi si toccavano, con l’uno che cercava di destabilizzare l’altro, i muscoli tesi al massimo in ogni slancio.
Le loro lame si fronteggiavano alla pari, ma non solo quelle… dall’inizio dello scontro anche i loro sguardi avevano combattuto tra loro, in una spirale di oro e argento che non riusciva a trovare fine.
Poi, entrambi, con un scatto, volteggiarono su loro stessi e, contemporaneamente, lui si trovò con la lama di lei sul collo, mentre lei quella di lui.
Ansimanti continuarono a fissarsi, cercando di capire cosa fosse successo. Tutto si era svolto così velocemente, in maniera così naturale che i loro ricordi apparivano confusi.
Insieme, abbassarono le lame e, con la sua katana, Kagome abbassò anche il suo sguardo.
Con la spada aveva ottenuto un pareggio, ma con quegli occhi… aveva perso.
Lei si mosse per prima, ancora col fiato corto, sorpassandolo e andando a raccogliere il fodero nel quale depose la katana, afferrando poi la sua giacca.
Inuyasha si volse a guardarla, la necessità di dire qualcosa ma anche il desiderio di non spezzare quel silenzio.
Stava per emettere un qualsiasi suono quando la vide voltarsi e rivolgergli uno strano sorriso, tra il dolce e il divertito
“Sai… non sei poi così male, Inuyasha” le sentì dire con un tono quasi di malizia, poi, senza lasciargli il tempo di dire qualsiasi cosa la vide incamminarsi e sparire dietro l’ingresso della palestra.
Sorrise a sua volta.
“Nemmeno tu… Kagome” sussurrò, voltandosi a guardare la luna calante che si vedeva dalle finestre dalla stanza, continuando a sorridere.

[…]

Quel mattino si svegliò davvero eccitata.
“Buongiorno Sieg…” disse amorevole, voltandosi a guardare il suo Drago già sveglio.
- Buongiorno Sango… - le rispose con tono affettuoso, avvicinando il muso al suo viso ed emettendo piccoli sbuffi.
La ragazza, sorridendo dolcemente, prese ad accarezzarlo, guardandolo quasi estasiata.
Era cresciuto così tanto che stentava a credere che solo pochi mesi prima ancora lo portava sulle spalle.
“Aaah, non vedevo l’ora che si facesse questo giorno, oggi potremo finalmente volare davanti a tutti, ci pensi? Io sono così eccitata!” esclamò al settimo cielo la Cacciatrice guardandolo negli occhi arancio.
- Certo che sono contento, ma sarà anche il caso che ti muovi se non vuoi che arriviamo in ritardo… - osservò la creatura, attirando la sua attenzione. Sango si voltò a guardare l’ora dall’orologio alla parete e quasi non le venne un colpo.
“Accidenti, ma è tardissimo!” e come una furia si chiuse nel bagno mentre Sieg scuoteva la testa divertito.
Alcune volte fu tentato di andare a controllare se la ragazza stesse bene visti i numerosi rumori che sentiva provenire dal bagno ma poco dopo la vide uscire con indosso l’alta uniforme dei Cavalieri, di colore bianco e oro.
“Ecco, forza sbrighiamoci, non possiamo arrivare tardi proprio oggi!” esclamò mentre cercava di sistemarsi i lunghi capelli, afferrando contemporaneamente il suo mantello e uscendo di corsa insieme al suo Drago.

Seppur trafelata, la ragazza del Nord riuscì ad arrivare in tempo a destinazione.
La Cerimonia del Giuramento si teneva sulla torre più alta del palazzo Reale, nella quale era stata costruita una immensa balconata circolare che, dalla sua altezza, dominava l’intera città.
Sul luogo dell’appuntamento vide che vi erano già Miroku e Kouga e con loro Varandir e Slyfer… mancava ancora Inuyasha, il Governatore e il Ministro Mendion e… Kagome.
- Spero riesca a venire – pensò.
- Ci sarà, ne sono convinto – la rassicurò Sieg avendo percepito i suoi pensieri. Non lo aveva detto solo per farle piacere, era davvero sicuro che Kagome ci sarebbe stata. Per il suo Cavaliere quella ragazza era diventata una persona importante e anche lui le si era affezionato davvero molto.
“Buongiorno mia adorata Sango! Lasciami dire che l’alta uniforme ti sta di incanto!” la salutò Miroku, avvicinatosele estasiato mentre Varandir e gli altri lo osservavano con sguardi di compatimento
“Gra- grazie Miroku” balbettò lei in risposta, imbarazzata
“Sai, stavo pensando se, una volta terminata la Cerimonia, non avessi voglia di festeggiare con me, magari nel mio let- ahi, Sieg!!!” il Cavaliere dal codino, prima che potesse terminare la sua indecente proposta, venne afferrato per il mantello dalle fauci del Drago che lo guardava con gli occhi arancio pieni di ira mentre il fumo grigiastro dei suoi sbuffi si disperdeva nell’aria
“Varandir, dammi una mano!”
- Eh no, sta volta ti arrangi! -
“Slyfer?!?” ma questo nemmeno gli prestò attenzione e si accucciò tranquillo, godendo dei raggi di sole.
“Certo che tu te le vai proprio a cercare, Miroku!” lo ammonì Kouga, guardandolo mentre piagnucolava agitandosi tra le grinfie di Sieg
“Comunque buongiorno Sango!” aggiunse poi, voltandosi verso la ragazza e cominciando a chiacchierare con lei tranquillamente, ignorando completamente le suppliche di aiuto del Majutsushi.
“Accidenti, fai così un baccano già di prima mattina, Miroku?” una voce saccente si fece avanti e Inuyasha, accompagnato da Harliem, comparve sulla soglia, facendo un cenno di saluto ai presenti.
“Oh Inuyasha, ti prego aiutamiii!” lo implorò il ragazzo dal codino
“Feh, mi è sembrato di averti già detto che non sono il tuo salvatore! Questa volta vedi di cavartela da solo! Comunque, ben fatto Sieg” disse guardando il Drago di Terra
- Molte grazie e buongiorno a tutti e due – rispose la creatura, guardando il mezzo- demone e la dragonessa che gli si avvicinò e guardò curiosa Miroku che piangeva disperato
“Bè, il Governatore e Mendion non sono ancora arrivati? Strano…” osservò l’Hanyou
“Che vuol dire, che se per una volta arriviamo noi in ritardo non va bene?” Takehiko, con un sorriso divertito sul volto, venne avanti accompagnato da Mendion che salutò cordialmente tutti i presenti
“Mai una volta che non ti trovi nei guai, eh Miroku?” disse poi il Ministro, avvicinatosi al ragazzo e guardandolo divertito
“Non c’è niente da ridere, sei o non sei un Ministro della Difesa, vedi di trovare un modo per liberarmi!!!” sbraitò, cercando di liberarsi da quella ferrea stretta
“Dai Sieg, lascialo…” intervenne Sango
“Oh, sapevo che in fondo mi amavi mia adorata!” non si trattenne dal dire il Majutsushi, guadagnandosi le occhiate di disapprovazione di tutti i presenti.
Seppur sbuffando, il Drago ubbidì al suo Cavaliere e, finalmente, lasciò libero il ragazzo dal codino che, in quei due giorni, aveva rischiato di morire un po’ troppo spesso.
“Nobile Takehiko…”
“Sì? Dimmi Sango”
“Bè, ecco, volevo sapere… Kagome verrà oggi?” chiese titubante, sperando in una risposta affermativa
“Bè, credo di sì, non mi ha avvertito del contrario…” rifletté il Governatore
“E allora perché non siete venuti insieme? In fondo tu sei quello che la vede di più, tra noi” intervenne Miroku con un tono non propriamente garbato
“Perché mi ha detto che sarebbe venuta da sola, tutto qua” ribatté il padre del ragazzo sempre più frustrato dalla brutta piega che il loro rapporto stava prendendo.
“Sono sicura che sta arrivando, Miroku…” disse la ragazza del Nord, andandogli vicino per cercare di farlo calmare prima che scoppiasse una lite
“Sì, ma non possiamo nemmeno aspettare in eterno i suoi comodi…!” sbottò Inuyasha, dal nulla
“I comodi di chi, scusa?” poi una voce dietro di loro li fece voltare e si videro davanti una Kagome accompagnata da un imponente Hirador e dal piccolo Shippo.
“Kagome!” esclamò raggiante Sango che si diresse subito verso l’amica, abbracciandola affettuosamente
“Che bello, non sai quanto sono contenta che tu sia qui!” le disse, una volta staccatesi
“E come potevo mancare, scusatemi però del ritardo…” aggiunse, mortificata
“Ma figurati, non ascoltare quello che dice quello scemo di Inuyasha!” la rassicurò l’altra
“Ehi, ti rendo noto che sono qui!” obiettò l’Hanyou, sentitosi offeso
“Lo sappiamo!” esclamarono in coro le due ragazze guardandolo torve, facendolo ammutolire.
“Sai che stai davvero bene con questo vestito?” si complimentò poi la Cacciatrice, osservando il lungo abito che le fasciava il sinuoso corpo. Di un tenue color azzurro pastello, il vestito era molto semplice, di un velluto leggero, adatto a quella stagione, visto che ormai erano in primavera inoltrata.
“Ti ringrazio” disse la miko, arrossendo appena.
Poi spostò lo sguardo su tutti gli altri, mentre sul viso le si delineava un ampio sorriso
“Buongiorno a tutti voi” li salutò ricevendo in cambio i loro sorrisi
- Ovviamente anche da parte mia! Allora, ora che siamo arrivati noi pezzi grossi direi che possiamo iniziare, no? – intervenne Hirador con il suo solito tono sicuro, scatenando le loro risate.
“Certo, direi che è il caso di procedere. Inuyasha e Harliem, Sango e Sieg, venite” li chiamò il nobile Takehiko e i quattro interpellati si fecero avanti, le divise dei due Cavalieri che brillavano alla luce del sole.
“Bene, questo è un gran giorno, per voi quattro. Finalmente le vostre unioni verranno ufficializzate e verrete riconosciuti come importanti membri di questa comunità, siete pronti?” chiese loro il Governatore. I quattro annuirono vigorosamente, facendolo sorridere.
“Bene, ora recitate questo giuramento e solo una volta che lo avrete pronunciato farete il vostro primo volo ufficiale” e porse loro il libro in cui era contenuto il giuramento e, insieme, cominciarono a recitarlo
“Giuriamo di restare fedeli a Eldoras, alla Terra Centrale e allo stesso Continente delle Tre Terre e disponiamo le nostre forze, le nostre capacità, le nostre vite allo scopo di difendere la pace di questa terra” dissero solennemente sempre più consapevoli di quanto fosse importante il loro ruolo in quella futura battaglia.
Takehiko li guardò compiaciuto poi, insieme, Sango e Inuyasha salirono rispettivamente sul dorso di Sieg ed Harliem che si avvicinarono al bordo della balconata, il vento che accarezzava i loro volti.
Le ali dei due Draghi si aprirono in tutta la loro lunghezza mentre le loro squame brillavano colpite dai raggi del sole primaverile.
Cominciarono a scuoterle ritmicamente, finché, dopo pochi istanti, si sollevarono da terra.
Il loro primo volo.
Quella era la prima volta che tutti i presenti li vedevano uniti ufficialmente ed era una cosa di cui andavano assolutamente fieri.
Le due creature si buttarono nel vuoto, mentre le correnti d’aria scorrevano sulle loro ali, completamente aperte, dando prova della loro naturale maestria.
I loro amici sotto di loro li guardavano ammirati e commossi, osservando la bellezza e l’eleganza con cui le due creature si muovevano, controllando a loro piacimento il vento loro compagno.
Kagome poté vedere l’espressione di pura gioia dipinta sul bel volto di Sango, estasiata dalle sensazioni che provava nel volare insieme al suo Sieg.
Poi guardò Inuyasha… rimase colpita dal suo viso, completamente illuminato dal solo fatto di stare accanto ad Harliem. Sorrise a sua volta… in quell’ultimo periodo aveva scoperto cose del suo carattere che non avrebbe mai immaginato.
Dopo alcuni minuti i quattro atterrarono sulla balconata, felici come non mai.
“Congratulazioni!” si complimentò Kagome, abbracciando Sango
“Grazie! Non vedo l’ora che ci sia anche la tua di Cerimonia, vedere te e Hirador insieme dev’essere uno spettacolo!”.
Il Cavaliere Supremo si voltò a guardare con un’espressione dolcissima il suo Drago che ora parlottava allegramente con gli altri Draghi – in particolare con Harliem – mentre, con le sue battute e i suoi modi di fare faceva irritare Slyfer…. Non lo aveva visto per due giorni e gli era mancato terribilmente.
Mentre lo fissava non si accorse che Sango non le stava più davanti, essendo ora impegnata a inseguire infuriata Miroku che, come sempre, invece di limitarsi a farle le sue congratulazioni aveva pensato bene di palpeggiarla.
Al suo posto ora c’era Inuyasha che era rimasto leggermente interdetto dal fatto che la ragazza non si fosse nemmeno accorta che ora le stava davanti.
E quando si girò, infatti, Kagome rimase molto sorpresa di ritrovarselo improvvisamente di fronte, così vicino.
“Co- congratulazioni, Inuyasha” balbettò, leggermente rossa
“Grazie” si limitò a dire l’altro, continuando a fissarla. Lei lo guardò a sua volta per qualche istante ma poi, come sempre, fu costretta ad abbassare gli occhi.
Tutte le volte veniva sconfitta da quello sguardo che sembrava volesse leggerle dentro, fin dove nemmeno lei riusciva ad arrivare.
“Io…” cominciò l’Hanyou ma non riuscì a terminare che sentì, e come lui anche tutti gli altri, la voce di Hirador che, severo, aveva richiamato l’attenzione del Governatore.
- No, non adesso! – pensò il mezzo- demone leggermente preoccupato, avendo intuito quello che di lì a poco il Drago avrebbe detto.
“Dimmi Hirador…” disse nel frattempo Takehiko, sorridente, ignaro della disapprovazione che provava la creatura
- Sappi che non approvo affatto il tuo comportamento – gli disse il Drago, a bruciapelo, lasciando ammutoliti tutti i presenti. Kagome lo guardò stupita, chiedendosi il perché di quelle parole, soprattutto della rabbia furiosa che vedeva nei suoi occhi.
Il Governatore lo guardò disorientato, non capendo cosa intendesse.
- So bene che Kagome ha dei doveri a cui deve far fronte e verso i quali non può venire meno… però non posso passare sul fatto che io faccia fatica a vederla anche una sola volta al giorno, ma questo non è nemmeno il problema più grave…. Non posso tollerare di vederla continuamente a pezzi, sull’orlo di una crisi. Il MIO Cavaliere viene prima di tutto e non mi farò problemi a portarla via se la situazione continuerà ad essere questa! -
“Hirador ma che stai dicendo? Io non- ” cercò di bloccarlo la miko ma venne bruscamente fermata dalla creatura
- Non mi interrompere, Kagome! So bene come sei fatta, non ammetteresti mai di essere sull’orlo di una crisi. Ma io non aspetterò di vederti distrutta, oppressa dai tuoi doveri! Che tu lo voglia o meno, questa situazione deve cambiare! – tuonò, infuriato e senza ammettere obiezioni di alcun tipo.
Fissò il suo sguardo dorato, ricolmo d’ira, sul Governatore che lo fissò a sua volta, rammaricato.
“Sono… costernato, credimi, solo ora mi rendo conto di aver preteso troppo da Kagome – si volse a guardarla – Ti chiedo scusa” disse, profondamente rammaricato
“Takehiko, non c’è niente di cui ti devi scusare… tu l’hai fatto in buona fede e sta sicuro che te lo avrei detto se fossi stata troppo stanca per andare avanti così, non volevo che si arrivasse a questo…. Io… stavo solo cercando di fare la cosa giusta…” Kagome si sentiva estremamente in colpa. A causa sua Hirador si era preoccupato e suo cugino ne era stato considerato come il colpevole quando, in realtà, era stata lei stessa che, più volte, quando le aveva chiesto se per alcuni giorni avesse voluto riposarsi, aveva rifiutato dicendogli che ce la faceva, che non c’era tempo per il riposo.
Aveva cercato di dare il meglio, ma, ancora una volta, aveva fallito.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi. No, non doveva, non poteva piangere!
“Scusatemi…” sussurrò prima di andarsene frettolosamente, piena di vergogna e sensi di colpa.
- Kagome! – la chiamò Hirador, preoccupato. Che avesse sbagliato? Che avesse frainteso tutto quanto?
“Hirador” lo chiamò Inuyasha, attirando il suo sguardo
- Và da lei, ti prego – gli disse quello in risposta, gli occhi dorati ricolmi di preoccupazione. L’Hanyou annuì e corse dietro la ragazza.
Seguendo il suo profumo, la trovò accucciata davanti alle porte della Sala del Destino, scossa dai singhiozzi.
Quella era la seconda volta che la vedeva piangere.
Le si inginocchiò davanti, senza parlare, sicuro che si fosse accorta della sua presenza.
“Dì, Inuyasha, non ti sembro una stupida? Più cerco di darmi da fare, più cerco di trovare la soluzione migliore… più altri soffrono a causa mia” la sentì dire, il volto nascosto tra le gambe con i capelli corvini che, scarmigliati, le ricadevano sulle spalle esili.
Inuyasha si ritrovò a sorridere leggermente nel vederla così… ma allo stesso tempo avvertiva la sua grande sofferenza che, sempre di più, la stava lacerando.
“Sì, è vero, sei una stupida, ma non per quello che pensi tu” le disse mentre lei alzava il capo per guardarlo.
Gli occhi rossi, le guance arrossate e i capelli arruffati… faceva tenerezza. E dire che la prima volta che l’aveva vista, dopo aver trucidato una ventina di Youkai, avrebbe pensato di tutto, tranne che poteva sembrare tenera!
“Sei stupida a voler sperare che, per forza, mai nessuno soffrirà per le tue decisioni, è impossibile. C’è sempre qualcuno che ci rimette” continuò duro
“Ma io dovrei proteggere chi amo, non farli soffrire! Non posso… non posso permettere ancora che qualcuno ci rimetta a causa mia, non lo reggerei!” scoppiò nuovamente in lacrime mentre i sensi di colpa che ancora provava per la morte dei suoi genitori addottivi l’avviluppavano, spingendola come in una spirale di dolore senza fine.
L’espressione di Inuyasha si fece dura, non sapeva perché ma il vederla così lo mandava in bestia.
L’afferrò si scatto e la sollevò da terra, spingendola quasi con violenza contro le porte della Sala del Destino.
“Kagome guardami, guardami! Smettila di darti delle colpe che non hai, mi hai capito?!? Quella colpevole non sei tu ma Naraku! Vuoi dargliela vinta? Vuoi dargli la possibilità di fare ancora del male? Vuoi che altre persone innocenti patiscano quello che stai passando tu? Lo vuoi, lo vuoi? Rispondimi!” le urlò contro, scuotendola
“NO!!!” urlò in risposta lei, scossa dai singhiozzi. L’Hanyou sorrise
“E allora non permettere che ciò che gli altri vogliono da te ti impedisca di fare del tuo meglio. Più cercherai di accontentare solamente gli altri più questo ti si ritorcerà contro. Per una volta nella tua vita… pensa a te stessa, Kagome” e l’abbracciò, cercando di trasmetterle un minimo di sicurezza… sicurezza che, aveva capito, lei non aveva, seppur cercasse di dimostrare il contrario.
Lei si aggrappò a lui, continuando a piangere lacrime amare, le lacrime del suo fallimento.
Pensare a lei stessa…. Come doveva fare? Poteva davvero permetterselo? Ma in quel momento non le importava di saperlo, le bastava stare lì, continuando a piangere immersa in quello strano calore che l’avvolgeva. Aveva paura di quel calore ma, allo stesso tempo, non poteva farne a meno.
Si sentì sollevare e si rese conto che Inuyasha l’aveva presa in braccio. Arrossì violentemente ma non obiettò, si limitò a rannicchiarsi contro di lui mentre ancora le lacrime solcavano il suo viso.
Cullata dal movimento cadenzato dei suoi passi, si addormentò, senza pensare a nulla, senza prestare ascolto a quella voce che, continuamente, le diceva che a lei non era ‘permesso ’, senza ricorrere ai sacrifici del cuore.

FINE 20° CAPITOLO.

Dopo un mese di assenza sono tornata e… credo di averlo fatto nel modo migliore.
Dire che sono orgogliosa di questo capitolo è poco.
Non tanto per la sua lunghezza – 27 pagine, è un record! – ma per i suoi contenuti.
Sono contenta di quello che si sta creando tra Inuyasha e Kagome che, vi assicuro, ha stupito me stessa.
Non scherzo quando dico che questa storia si sta scrivendo da sola, io stessa rimango sorpresa di quello che trovo poi scritto, quando vado a rileggerla.
Ma è proprio questo il bello.
Tutto ciò che scrivo mi viene direttamente dal cuore, mi sembra quasi di andare in trans quando sono sulla tastiera!
A proposito di questi due… spero che quello che si è venuto a creare riscontri il vostro favore… non credo di aver fatto le cose troppo in fretta, anzi, mi sembra che il tutto si stia sviluppando in modo naturale, senza forzature.
Spero di non sbagliarmi.
Bè, comunque, da ora in poi – o, almeno, spero che sarà così per almeno un mese! – dovrei riuscire a pubblicare come mio solito, ogni lunedì ma se dovessero esserci problemi state tranquilli che vi farò sapere per tempo.
Bene, direi che non ho più niente da aggiungere, spero di ricevere i vostri commenti, mi piacerebbe davvero sapere che ne pensate della piega che sta prendendo la storia.
Vi auguro di passare una buona settimana,
baci
ka_chan ^_____^

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Capitolo 21
*** cap21“IN TE LA MIA RINASCITA” ***


Sono inqualificabile ç___ç Vi prego di perdonarmi, avrei dovuto pubblicare lunedì e invece mi riduco solo oggi… sono da fucilare -.-
Comunque, meglio tardi che mai, no? E così eccomi qua, con questo 21° capitolo alquanto lungo – anche se non batte il record del precedente ^____^
Mi sono resa conto di una cosa, andando avanti a scrivere… ho fatto inuyasha troppo intelligente!!! Davvero, non c’è paragone rispetto a com’è nel manga O______O
Forse perché l’ho maltrattato troppo in The Change, allora il mio subconscio ha voluto dargli un po’ di tregua! ^^’
Ma, alla fine, un po’ tutti i personaggi in questa ff – a parte Naraku- sama… chissà come mai XD – si discostano un po’ dagli originali… bè, spero che comunque il risultato sia di vostro gradimento.
Ora… visto che non so cos’altro dire di preciso passerei ai ringraziamenti per le vostre recensioni: Arukochan (Tesoro mio!!! *_____* Grazie mille per il commento, mi ha fatto troppo piacere!!! Anche se so che – come me -___- - sei piena di impegni, aspetto l’e-mail!! Ciao tesorino, ci sentiamo presto baci ^_____^ ); ; cri-chan; lucy6; Lorimhar (Ecco, anche tu ti sei accorto della troppa intelligenza e acutezza di Inuyasha, eh?!? XD In effetti, è vero… forse è perché è così che lo vorrei – almeno ogni tanto -___- - , non sempre con la sensibilità che è già tanto se sa che vuol dire… ma vabbè, in fondo lo amiamo proprio per come è il nostro Hanyou, no? ^____^ Ah! Tu sei stato l’unico che, a quanto pare, ha prestato attenzione alla frase di Inuyasha ‘Pochi giorni…’ - mamma mia, stai attento proprio a tutto, non sai quanto ti adoro *____* - Con tua fortuna, in questo capitolo potrai capire che vuol dire ^____^ Davvero il duello tra Inuyasha e Kagome ti è piaciuto? *___* Meno male, ci tenevo che venisse bene, sinceramente anche a me è piaciuto molto come è venuto ^^ . Per quanto riguarda la costanza… purtroppo ho pubblicato in ritardo e, se dovesse ricapitare – cosa probabile -___- - cercherò almeno di pubblicare comunque nella settimana. Bè, direi che per te ho concluso, ti mando un bacione ^_____^); Elychan; inukun e Elly.
Ecco, ci siete tutti e come siete belli!!! ^_______^
Ne approfitto anche per ringraziarvi di cuore per le vostre congratulazioni per la mia ammissione alla Scuola Del Fumetto, siete stati carinissimi!!!
Ah, intanto che ci sono – visto che non so quando la aggiornerò – colgo l’occasione per ringraziare di cuore tutti coloro che hanno commentato ‘Un Lavoro per Vendetta ’, non mi aspettavo così tanti favori!!! Come sempre riuscite sempre a farmi felice! ^______^
Bè, ora direi che vi ho già rotto abbastanza e visto che sono già in ritardo vi lascio al capitolo! ^_____^

21° CAPITOLO “IN TE LA MIA RINASCITA”

Il venticello tipico della primavera inoltrata, volteggiava libero e frizzante per le vie della grande capitale della Terra Centrale, l’alto pilastro, suo simbolo, che si ergeva tra le alte e soffici nuvole bianche mentre la statua del Drago d’Oro culminante, riluceva splendente colpita dai raggi del sole.
La città era animata dall’allegro vociare della popolazione indaffarata nei vari commerci e spese, grata per l’arrivo della bella stagione che aveva permesso il riavvio delle normali e quotidiane attività.
Inoltre, senza l’intralcio delle bufere e della neve che come un muro naturale li aveva isolati, ora era possibile pensare e provvedere al meglio alla protezione di Eldoras.
Non sapevano di preciso quando, ma sentivano che l’offesa del nemico presto si sarebbe abbattuta su di loro.
Non si poteva sbagliare.
La vegetazione che accerchiava come una difesa naturale la capitale, ora era rinata, beandosi dei caldi raggi solari e rispondendo con la sua voce di fruscii, alle carezze del vento, creando un’atmosfera quasi mistica.
Dall’alto lo spettacolo era indescrivibile e la tranquillità che trasmetteva, inebriante.
- Sono contento di stare qui… - una voce, calda, remota, avvolgente. Sorrise con il cuore che palpitava… come ogni volta.
“Sì, anche io…”.
Inspirò a fondo, come a volersi ripulire i polmoni con quell’aria così pura, impermeata dei mille e più profumi del bosco e della stessa città.
- Kagome… - di nuovo la sua voce. Questa volta, però… era preoccupata.
- … Ti chiedo ancora scusa… - . Fissò la fonte di quella voce. Sorrise, un sorriso intriso di incredibile dolcezza.
“Hirador… mi era sembrato di averti già detto che non volevo più sentire le tue scuse…. Non hai niente di cui ti devi far perdonare”.
La Principessa guardò con attenzione gli occhi color dell’oro del suo Drago che ora esprimevano solo un grande rammarico.
- No, so di aver sbagliato e non sono il tipo da non prendersi le sue responsabilità – ribatté quello, guardandola serio.
Ripensò al giorno in cui c’era stata la Cerimonia del Giuramento di Inuyasha e Sango e della sua sfuriata al Governatore, le accuse rivoltegli e la sua testardaggine. Ma poi aveva capito come stavano realmente le cose.
Il nobile Takehiko non aveva colpa, se non quella di aver rispettato il volere – a suo parere chiaramente stupido – del suo Cavaliere che si era imposto di fare di più di quanto le sue forze potevano concedergli.
Aveva creduto di aver fatto la cosa giusta, lui voleva solamente la felicità del suo Cavaliere, la felicità della sua amata Kagome.
Sarebbe morto per questo.
Ma quando l’aveva vista in lacrime… si era sentito perso… si era sentito come se una parte di lui si fosse spezzata.
Lui era stato la causa di quelle lacrime.
La vide avvicinarglisi e, dolcemente, abbracciargli il possente collo pece, dalle squame di acciaio.
“Non avrei mai voluto che si creasse una situazione del genere…. Se qui c’è qualcuno che si deve scusare… sono io. Ti ho fatto preoccupare per niente, mi spiace davvero” rafforzò la stretta.
- Uff… se non la smettiamo credo che faremo sera scusandoci a vicenda! – esclamò ironico Hirador, attirando il suo sguardo. Il Drago puntò i suoi occhi di miele su quelli argentei di lei, incatenandoli.
Avvicinò il muso al suo volto, arrivando a toccarle delicatamente la fronte sulla quale era ancora impresso il simbolo del Cavaliere Supremo.
Kagome sentì il tocco leggero della creatura e il suo respiro caldo accarezzargli il viso.
Sospirò rilassata da quella vicinanza.
- Non importa chi ha torto o ragione… sappi solo che affronterò chiunque e qualunque cosa pur di farti felice, Kagome. Tu sei il mio Cavaliere, io ti ho scelta e questa scelta è il nostro legame. Tu sei mia come io sono tuo… farò qualunque cosa per te -
La guardò. Lo guardò.
“Ti ringrazio Hirador, grazie, grazie…” gli sussurrò, sorridendo felice accarezzandolo e beandosi di quel momento di pace.


“Ehi, Inuyasha, ci sei?”
“Uh, eh, cosa?”.
“Sì, vabbè, ho capito, oggi non ci stai con la testa…”.
Miroku guardò ridacchiando l’amico seduto al suo fianco con lo sguardo perso…. Da una settimana a questa parte lo si vedeva spesso ridotto in quello stato ed era estremamente curioso di conoscerne il motivo.
Sorrise malizioso. Adesso si sarebbe divertito.
“Dì un po’ Inuyasha… - cominciò, attirando lo sguardo curioso del mezzo- demone, i capelli argentati mossi appena dal vento che si sentiva lì fuori, nel giardino del Palazzo – Non è che ti sei innamorato?”.
Per poco all’Hanyou non prese un infarto mentre il volto gli andava in fiamme, il respiro mozzato.
“M- ma… ma che razza di domande fai?!?” sbraitò completamente rosso mentre guardava furente il Majutsushi che rideva della sua reazione così esagerata ma anche così chiara….
“È da un po’ di tempo che ti vedo sempre così distratto… non fai altro che sospirare languidamente perciò mi è venuto il dubbio che-”
“Ma quale dubbio e dubbio! – lo interruppe agitato Inuyasha – Io innamorato? Feh, ma che razza di sciocchezza! E poi di chi, di grazia? Al contrario di te io non perdo tempo a rincorrere le gonne di tutte le donne che camminano su questa terra! Si da il caso che io passi la maggior parte del mio tempo ad allenarmi, cosa che tu non fai!”
“Bè, sicuramente non avrai il tempo per conoscere le varie fanciulle di questa città… ma ce n’è una che frequenti regolarmente, a quanto ne so…” ribatté tranquillo il Cavaliere dal codino
“Se stai parlando di Sango stai pur tranquillo che è tutta tua…” gli rispose ingenuamente l’Hanyou scatenando il sorrisetto sornione dell’altro, che poi lo fissò con sguardo ovvio
“Ma io non parlavo affatto di Sango…. Io mi riferivo a Kagome”
“KAGOME?!? Dì, ti è andato di volta il cervello?!? Come posso essere innamorato di lei se litighiamo dalla mattina alla sera?” sbottò quasi sconvolto mentre però il rossore sulle guance si accentuava come, del resto, la sua agitazione.
“Bè, ultimamente mi sembrate andare anche d’accordo… più volte l’hai consolata…” doveva ammetterlo, si stava divertendo da matti a vedere quel mezzo- demone orgoglioso così imbarazzato e agitato mentre muoveva nervosamente le mani davanti al volto imporporato.
“Ma quello perché… perché…” non riusciva a trovare le parole, non sapeva dare una riposta. Solo in quel momento ci pensò. In effetti perché… perché l’aveva consolata? Perché… si era preoccupato per lei?
“Ehilà ragazzi, di che state parlando?” una voce allegra e dolce interruppe quel momento fortemente critico e Inuyasha si sentì come rinascere.
“Oh, mia adorata Sango che bello rivederti!” la salutò con occhi adoranti il Majutsushi, avvicinatosele e avendole preso le mani tra le sue
“Miroku ci siamo visti solo qualche ora fa…” gli fece ricordare Sango, guardandolo con un sopracciglio alzato
“Sì, ma è come se fossero passati anni per me!” aggiunse il ragazzo dal codino e nel dire questo la sua mano si posò ‘casualmente ’ sul fondoschiena di lei.
La risposta a quel gesto casuale non tardò ad arrivare.
“Ahi, ahi” borbottò Inuyasha, osservando ora la guancia arrossata dell’amico che ora, come sempre, piagnucolava per il suo ‘amore incompreso ’.
“Inuyasha, Harliem mi ha mandato a dirti che dopo ti aspetta nei suoi appartamenti, credo voglia sapere come siamo organizzati per oggi” lo informò la Cacciatrice dopo aver fatto tacere Miroku con minacce di morte
“Oggi?” domandò perplesso l’Hanyou non capendo a cosa si riferisse la ragazza e con una leggera nota di preoccupazione nella voce
“Sì, oggi… non ti sarai mica scordato che c’è la Cerimonia del Giuramento di Kagome…” gli disse Sango con un tono quasi severo, avendo capito che l’amico, in realtà, se l’era più che scordato
“Ah… già…” rifletté il mezzo- demone, ricordandosene solo in quel momento. Bè, in verità, aveva cercato di rimuoverlo. Dalla settimana passata, dopo la conversazione avuta con Kagome e le sue azioni così prive di senso – l’averla consolata e l’averla presa in braccio accompagnandola nelle sue stanze – non aveva avuto più modo di rivedere la ragazza e, sinceramente… ne era quasi stato grato, visto il suo imbarazzo al pensiero di quello che aveva fatto.
Non si riconosceva più.
“A che ora si terrà?” chiese poi, quasi rassegnato
“Non me lo hanno ancora detto…. Miroku, tu sai qualcosa?” disse la ragazza del Nord, guardando il Cavaliere
“Dobbiamo essere al Lago della Dimenticanza qualche ora prima del tramonto” li informò il ragazzo dal codino
“Il… Lago della Dimenticanza?” domandò perplesso Inuyasha
“Esatto. Si trova a poche miglia da Eldoras”
“E come mai dobbiamo recarci là?”
“La tradizione vuole che Drago e Cavaliere Supremo si bagnino nelle acque del Lago, immergendosi come entità ‘separate ’ e riemergendo come un’unica entità, in segno di rinascita” spiegò brevemente Miroku con un sorriso sul volto “Mio padre si recherà là prima di noi, insieme a Kagome e Hirador… in quanto a noi, possiamo trovarci sul retro del Palazzo, visto che voi non sapete dove si trova il posto vi dovrò fare da guida”
“Ci andiamo a piedi?” domandò l’Hanyou con la voce un po’ tesa
“No, porteremo con noi anche Varandir e gli altri”
“Bè, va bene… adesso che ci penso, sarà la prima volta che uscirò in volo con Sieg fuori da Eldoras!” disse allegra Sango, contenta nel pensare a come sarebbe stato felice il suo Drago
“Già! – le sorrise Miroku il quale, poi, volse il suo sguardo blu mare sul volto chiaramente teso dell’amico mezzo- demone – Inuyasha, che hai? Ti vedo preoccupato…” gli chiese, avvicinandoglisi.
L’Hanyou inghiottì a vuoto, sudando freddo
“N- niente, non ho assolutamente niente! E smettila di farti gli affari miei!!!” sbraitò, rifilandogli un pugno sulla testa e andandosene indispettito.
“Ahi!!! Ehi, aspetta! E gli allenamenti? Inuyasha!” ma ormai il mezzo- demone era lontano, saltando agilmente di ramo in ramo e lasciando perplessi gli altri due che lo guardavano scomparire tra la vegetazione
“A volte proprio non lo capisco” borbottò il Majutsushi, massaggiandosi il capo dolorante
“Mah, da un po’ di tempo a questa parte non sembra più lui… è sempre tra le nuvole” constatò Sango, scatenando il risolino del ragazzo accanto a lei
“Che hai da ridere?” gli chiese, curiosa
“No è che… prima che arrivassi avevo appunto chiesto a Inuyasha cosa avesse… gli ho domandato se per caso fosse innamorato!” disse divertito nel ripensare all’espressione assolutamente agitata dell’Hanyou
“E di chi dovrebbe essere innamorato, secondo te? Non fa altro che allenarsi, non credo abbia avuto il tempo per aver conosciuto qualcuno tanto da innamorarsene…” rifletté l’altra
“Ma come, anche tu non hai capito? Quale altra ragazza, oltre a te, Inuyasha frequenta ‘regolarmente ’ e che noi conosciamo bene?” le domandò retorico il ragazzo dal codino col suo solito sorrisetto di chi la sa lunga
“No… non mi vorrai dire… Kagome?!?” esclamò quella, quasi sconvolta “Ma sei sicuro?” gli domandò poi… non ci poteva credere
“No, non ne sono sicuro, è solo una sensazione… come credo che anche Kouga abbia un interesse che va al di là del semplice senso del dovere nei confronti della mia bella cuginetta…” Miroku se la rideva, quasi sicuro di quello che stava dicendo
“Se le cose stanno davvero così… credo che ne vedremo delle belle!” rise anche Sango
“Oh, sì, e io non vedo l’ora!”
“Miroku… per una volta cerca di tenere a freno la tua mania di metterti in mezzo, soprattutto in situazioni del genere!” lo ammonì la ragazza, prendendo a camminare, verso il Palazzo, seguita dal Cavaliere
“Come sei crudele, Sango, io lo farei solo per il loro bene!” si giustificò, innocente, lui
“Sì, certo…” ridacchiò l’altra in risposta.
Ormai… quanto tempo era passato? Da quanto aveva avuto il ‘dispiacere ’ di conoscere quel libertino, quel ragazzo dagli occhi blu mare che, la prima volta che lo aveva visto, l’aveva inconsapevolmente colpita con quel suo strano fascino?
Lo guardò di sottecchi, mentre, con il sorriso sulle labbra, camminava al suo fianco.
In effetti doveva ammettere che… Miroku era molto carino.
Arrossì nel formulare quel pensiero! Non era da lei fare commenti del genere!
“Sango?” trasalì, voltandosi a guardare lo sguardo curioso del ragazzo che l’aveva interpellata. Lui le sorrise nonappena posò i suoi occhi nocciola su di lui.
“Hai avuto notizie da Mendeon? Come sta tuo padre?” le domandò, con il suo tono così gentile….
“Ah, già! Ho mandato loro una lettera qualche giorno fa, per dargli la notizia che adesso sono al cento per cento un Cavaliere…. Credo che la risposta arriverà in questi giorni” ipotizzò, l’indice sotto il mento mentre rifletteva.
Miroku la guardò sorridendo intenerito da quella posa quasi buffa.
Accidenti, com’è era bella quella ragazza!
‘ Non vorrei che questa volta sia tu quello che prenderà una sbandata…. Da cacciatore a preda…’
Le parole che Varandir gli aveva detto durante il loro viaggio di ritorno lì, ad Eldoras, dopo aver ‘portato via ’ Sango da Mendeon gli rivennero in mente, facendolo sorridere ironico….
Forse il suo Drago ci aveva visto giusto….
“Mi fa piacere, spero riporti notizie piacevoli” le disse, dolcemente.
“Speriamo” rispose lei, con lo stesso tono.
Rimasero in silenzio, camminando fianco a fianco per i giardini del Palazzo, in direzione dell’entrata retrostante, beandosi dell’aria fresca di quella giornata mentre i loro pensieri vagavano su quello che era stato il loro primo incontro e quello che, magari, sarebbe successo in futuro.


“Sono qui…”
- Cavolo, che faccia! Che ti è successo? -
Inuyasha si buttò, quasi sfinito, sulla brandina, affogando il volto nel cuscino e sospirando sconsolato.
Dopo essere fuggito alle domande pressanti di Miroku, si era recato da Harliem che, come gli aveva detto Sango, voleva vederlo.
Sapeva già di cosa voleva parlare.
“È un disastro!” sbottò, poi, voltandosi a pancia in su e guardando il soffitto rotondeggiante dell’appartamento del suo Drago, dai colori tenui.
Si mise le mani sugli occhi, sospirando nuovamente.
- Oh, adesso basta!! Dimmi che diavolo è successo, non sopporto più di sentirti sospirare! – ruggì la creatura, schioccando le fauci indispettita.
Inuyasha la guardò storto, sedendosi.
“Oggi… dobbiamo andare alla Cerimonia del Giuramento di Kagome…” cominciò, sconsolato
- Questo lo so… e allora? Mica vorrai dirmi che non ci vuoi andare! – lo interruppe Harliem, guardandolo quasi scioccata al pensiero che il suo Cavaliere si rifiutasse di prendere parte a un evento così importante
“Non è che non ci voglio andare… non ci posso andare…” le disse, dopo averla guardata irritato perché l’aveva interrotto
- Non… ci puoi andare? E perché mai? -
“Ti sei per caso scordata che giorno è oggi?” le chiese, sollevando un sopracciglio a mo di disapprovazione… non poteva credere che il suo Drago si fosse scordato di una cosa così importante
- Oggi? Bè, oggi… ah! – esclamò, alla fine, guardandolo sorpresa
“Bene, vedo che ti è ritornato in mente… oggi, c’è quella cosa… è un bel problema, non posso mancare a un evento del genere, Kagome ci rimar-!” si bloccò sconvolto di quello che stava per dire.
Harliem lo notò e sorrise divertita
- Kagome cosa? - gli domandò, fingendosi ingenua
“N- niente, lascia stare!!” balbettò quello, alzandosi e prendendo a camminare nervosamente per la stanza.
- Accidenti ormai non mi rendo nemmeno conto di quello che dico! Ma si può sapere che mi prende?!? – pensò, sempre più confuso. Sospirò. Non era quello il problema, adesso.
“Come posso fare, Harliem? Non posso rischiare così tanto…”
- Bè, se anche si scoprisse, che problema ci sareb--
“NO!!! Questo non deve assolutamente accadere, te l’ho già detto!” la interruppe bruscamente l’Hanyou, guardandola quasi furioso.
Il Drago sospirò
- Allora non lo so… senti, Inuyasha, pensiamoci quando saremo là, va bene? Non ha senso fasciarsi la testa adesso… - gli disse, cercando di rincuorarlo un pò.
Lui la osservò tentennante per poi emettere un piccolo sbuffo e guardarla sorridendo. Le si avvicinò e prese ad accarezzarle le squame infuocate, con i suoi borbottii di approvazione come sottofondo
“Scusa se ho urlato, prima… ultimamente non so che mi prende” le disse, accucciandosi accanto a lei e continuando a coccolarla
- Non ti preoccupare… ho notato che ultimamente sei un po’ strano, ma vedrò di abituarmici, tanto lo sei sempre stato! – lo prese in giro quella, sbuffandogli accanto e scompigliandogli la frangetta argentata
“Ah- ah, molto spiritosa! – ribatté ironico il mezzo- demone – Accidenti, che sonno!” esclamò, sbadigliando e accoccolandosi contro il ventre caldo del Drago
- Non hai dormito anche sta notte? – gli chiese lei, leggermente preoccupata
“Mh, poco… questo sogno mi perseguita e più passa il tempo più diventa oppressivo e angosciante…” le disse l’Hanyou, mentre nella mente rivedeva le immagini di quel paesaggio di sangue….
- Che diavolo significherà? Chi sono quelle due persone che vedo? Chi è… quella figura ferita a morte? -
‘ Non potrai fare niente…. NIENTE! ’
Rabbrividì nel risentire nella testa quella voce così malvagia.
Doveva capire che cosa significasse quel sogno.
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La tetra e grande città di Kaosu era animata da turbinii di vento quasi comparabili al tumulto scatenatosi dal ritorno del Signore della capitale del Sud, Naraku.
Gli ululati selvaggi del vento riuscivano a stento a coprire l’esplosione di voci esaltate che si alzavano da sotto l’imponente castello, dimora del potente Majutsushi, ora affacciato al grande balcone che dava proprio sulla città.
Sotto di lui l’intera popolazione composta da potenti e sanguinari Youkai lo acclamava, ansiosa di sapere fino a quando si sarebbe protratta la loro attesa prima di poter finalmente vedere cadere l’odiata Terra Centrale.
L’uomo dai capelli corvini ora agitati dal vento feroce, guardava compiaciuto quello spettacolo, la potenza dell’intero Sud, la forza di tutti quei Demoni messi insieme gli apparteneva, così come ora gli apparteneva quella degli Orchi che presto sarebbe giunti lì, sulle coste del Regno del Sud, ad aiutarlo a compiere il suo destino fatto di sangue.
“Popolo di Kaosu! – esclamò, possente, facendo tacere il tumulto – Fin troppo a lungo è durata la nostra pazienza, la nostra clemenza nei confronti della Terra Centrale. Ma da oggi in avanti, finalmente, potremo liberarcene, potremo rivendicare il posto di comando e di potenza che ci spetta di diritto!” la folla sottostante esplose in ruggiti di approvazione, mentre molti sollevavano in alto le armi
“Il vostro Signore si è recato in una terra a noi fondamentalmente sconosciuta, ma in cui vi risiede un potente alleato. Nella nostra lotta per il legittimo potere, saremo affiancati dagli Orchi, come noi, vittime dell’insolenza della Terra Centrale e del suo popolo di plebei.
“Grazie all’unione di forze di Youkai e Orchi, faremo cadere in un baratro di sangue la Terra Centrale e il Regno del Nord e dalle fondamenta create con le loro ossa sorgerà un nuovo Continente in cui regnerà la potenza del Regno del Sud!”.
Un boato di acclamazioni si sollevò dalle mura di Kaosu, accompagnato dal turbinio del vento che lo propagava fino alle città più isolate del Regno, come a voler trasmettere quel grido di morte e di desiderio di sangue.
Naraku sorrise perfido, gli occhi porpora che rilucevano di un’antica fiamma che da troppo tempo era rimasta spenta.
Finalmente cominciava a vedere, all’orizzonte, il sogno materializzarsi, tutti i suoi obiettivi a delinearsi di contorni sempre più nitidi e affascinanti.
Il suo corpo venne percosso da fremiti di eccitazione.
Presto… vendetta sarebbe stata fatta.
Gettò un ultimo sguardo compiaciuto alla distesa informe, quasi come un mare agitato, fatta di zanne e artigli.
Le armi che lo avrebbero condotto alla vittoria.
Si volse, rientrando nel suo tetro castello le cui mura ancora si riempivano dei ruggiti del popolo di Kaosu.
Lo vide. Lì, davanti a lui, il suo massiccio trono sul quale non aveva passato che una più che esigua parte dei suoi anni.
Dopo tanta attesa, finalmente, era riuscito a trovare quello che gli stava permettendo di realizzare la sua più grande ambizione… di poter finalmente vedere concretizzato quello che era stato il sogno di Lui….
Si sedé, l’agitazione dovuta alla dolce attesa che cresceva, inebriandolo, quasi fondendogli nuova vita.
“Mio Signore…” una voce interruppe quella piacevole sensazione e sul suo volto, per pochi secondi, comparve un’espressione di disappunto.
“Cosa c’è, Kumo?” domandò, atono, mentre lo Youko che aveva nominato come suo vice a Kadok gli si avvicinava, inchinandosi
“Kagura desidera essere ricevuta. Ha una questione urgente di cui parlarvi” lo informò quello, i suoi occhi di un colore quasi indefinibile sulla figura del suo Signore.
“Ah, già, Kagura. Falla passare” gli ordinò il Majutsushi guardandolo mentre si inchinava nuovamente e si voltava per andare a ricevere la Yasha.
Questa venne avanti con passo svelto, il volto chiaramente teso.
Naraku la guardò quasi divertito chiedendosi cosa mai la turbasse mentre, come sempre, non accennava ad inchinarsi.
Fece un ghigno.
“Kagura… allora, c’è qualche novità? Ti vedo agitata” le disse, il volto appoggiato su una mano. Lei lo fissò qualche istante prima di rispondere, cercando di controllare il tono della voce che per l’irritazione per i suoi modi di fare le procuravano, sarebbe risultata un po’ troppo aggressiva. Inoltre doveva dargli la notizia nel modo migliore possibile.
“È successa una cosa che va al di fuori di quanto avevi programmato” gli disse, soddisfatta del modo in cui glielo aveva riferito: atona e schietta.
Lo vide aggrottare la fronte e sorrise impercettibilmente.
“Parla” le ordinò con lo sguardo di ghiaccio.
“Inuyasha… quelli della Terra Centrale lo hanno fatto evadere”.
Sul volto del Majutsushi passò un moto di rabbia furiosa.
Come si erano permessi quei maledetti della Terra Centrale?
Kagura, guardandolo, aveva il timore che sarebbe esploso da un momento all’altro mentre i suoi occhi purpurei brillavano di una furia terribile.
Poi, improvvisamente, lo vide distendersi e sul suo volto comparire un sorriso divertito.
“E così… il piccolo Inuyasha è stato liberato…. Devo dedurne che sia ancora vivo – ridacchiò – Bene, la cosa si fa interessare. Hai fatto un buon lavoro, Kagura”
“Non hai intenzione di fare niente?!” gli chiese, quasi sconvolta lei
“Non ho mai detto questo… se quello stupido di Takehiko ha voluto liberare quello sporco mezzo- demone col rischio di farsi scoprire dai noi del Sud, c’è solo una spiegazione: vuole ricostituire il Consiglio delle Tre Terre. E non dimentichiamoci poi della piccola Kagome…” rifletté il Signore del Sud, mantenendo il suo sorriso, quasi di compiacimento
“Proprio per questo! Non ti sembra il caso di dover fare qualcosa?” la Yasha guardò sconvolta il Majutsushi, chiedendosi come facesse a rimanere così rilassato.
“So già quello che ora si deve fare… bene, vedremo cosa sanno fare questi Orchi”
“Cosa c’entrano gli Orchi, adesso?”
“Oh, saranno loro che andranno a fare una visitina a Kandem, la vecchia dimora della Principessa Kagome…” e la sua risata malvagia si sollevò, diffondendosi tra le mura del castello e andando a sostituire le acclamazioni del popolo di poco prima, mentre gli ululati del vento accompagnavano la scia di morte che presto si sarebbe propagata.
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La guardava da circa mezzora, ancora quasi troppo incredula e agitata per compiere un qualunque movimento.
Kagome si passò una mano tra il lunghi capelli corvini, gli occhi che brillavano.
Posò una mano sulla casacca nera e oro di un morbido tessuto mentre un sorriso le compariva sulle labbra rosse.
La sua divisa, la divisa del Cavaliere Supremo.
Nel guardarne i colori gli venne in mente lo scuro manto squamoso di Hirador e i suoi magnifici occhi dorati.
- Dorati… - nel pensare a quel colore nella sua mente comparve il volto di un’altra persona….
“…Inuyasha…” sussurrò mentre sul suo viso compariva un’espressione tra il triste e il divertito.
Non sapeva più cosa pensare di quello strano ragazzo… lo aveva visto cambiare in così poco tempo che era quasi come aver conosciuto una persona nuova… o forse quella parte di lui c’era sempre stata solo che lei non se ne era mai accorta.
Arrossì nel ripensare a quando, una settimana prima, l’aveva presa tra le sue braccia, dopo aver asciugato le sue lacrime.
Sentiva ancora addosso il calore che le aveva trasmesso quell’abbraccio….
- Non ci capisco più niente – pensò, scrollando la testa. Guardò ancora qualche istante la divisa stesa sul letto davanti a lei poi, decisa, l’afferrò e cominciò ad indossarla.
- Kagome… - un brivido la scosse. Tutte le volte che la voce di Hirador la raggiungeva le faceva quell’effetto. Da dopo il Cerimonia del Giuramento di Sango e Inuyasha, lei e il suo Drago si erano visti tutti i giorni e lui si comportava in maniera ancora più affettuosa e protettiva.
Quando erano assieme, tutte le volte, veniva completamente avviluppata dai sentimenti che la creatura nutriva nei suoi confronti… non riusciva a credere come fosse possibile provare emozioni così intense.
- Hirador… - lo chiamò, a sua volta.
- Ti stai preparando? – le domandò il Drago
- Sì… c’è qualche problema? Hai bisogno? – Kagome aveva un tono leggermente preoccupato… si erano visti solo poche ore prima ed erano rimasti d’accordo che, una volta preparatasi, lei lo avrebbe raggiunto nei suoi appartamenti. Era già arrivata al punto di pensare che fosse successo qualcosa
- No, tranquilla… avevo solo voglia di sentire la tua voce… - . La ragazza rimase qualche momento senza parole poi si ritrovò a sorridere di cuore. Tutte le volte riusciva a spiazzarla con le sue premure così naturali.
- Sei proprio strano! – gli disse, ridendo dolcemente
- Tzè, ma tu guarda, io ti chiamo perché sento la tua mancanza e mi sento dare dello ‘strano ’! – sbottò, offeso, Hirador facendo ridere ancora di più la ragazza
- Avanti, ovviamente era detto in senso positivo! – cercò di rabbonirlo
- Sì, sì… per questa volta sei perdonata…! Ora vedi di darti una mossa e di venire subito qui, signorina! – le ordinò il Drago con il suo tono vanitoso
- Agli ordini! – ribatté l’altra, continuando perciò a vestirsi dopo che non sentì più la voce della creatura nella testa e il formicolio che tutte le volte la coglieva, cessare.
Dopo aver indossato la casacca color pece si diresse verso lo specchio, pettinandosi i lunghi e lucenti capelli ebano mentre continuava a sorridere felice.
Anche lei, quel giorno, avrebbe potuto volare davanti a tutti con Hirador, mostrare orgogliosa la sua bellezza e potenza.
Afferrò la sua fedele katana e si diresse verso il tunnel che, dalla sua stanza, conduceva agli appartamenti di Hirador.
Il passaggio, ad un certo punto, si allargava, costituendo quasi una specie di stanza nella quale, aveva notato, non vi era solo il tunnel che poi conduceva alle stanze del suo Drago… ma anche quello che portava agli appartamenti di Harliem.
Questo, a dir la verità, glielo aveva detto Hirador che, col suo fiuto sviluppato, aveva percepito l’odore della dragonessa provenire proprio da quella parte. Arrivare a quella conclusione era stato perciò quasi naturale.
Arrivata nel punto in cui il passaggio si allargava, si diresse verso l’imbocco del breve tunnel che l’avrebbe condotta dal suo Drago.
Gettò un’occhiata verso l’altra imboccatura, poi proseguì per la sua strada.
Dopo poco, le si parò davanti una grande porta in metallo.
Spingendola, fece il suo ingresso negli appartamenti di Hirador, che, sinceramente, le piacevano quasi di più che i suoi.
Si aspettava di vederlo subito lì, sulla soglia, ma, invece, lo trovò accucciato comodamente sul solito giaciglio costituito da morbidi e grandi cuscini, in cui era solito stare.
Nonappena si avvicinò, gli occhi dorati di lui, fino a poco prima chiusi, si fissarono su di lei, scrutandola in quel modo così profondo che solo lui sapeva fare.
- Cavolo, sei proprio uno splendore – le disse, dopo averla fissata con indosso l’alta uniforme.
Lei sorrise imbarazzata in risposta, avvicinandoglisi e mettendoglisi di fianco, posandogli dolcemente una mano sul muso squamato.
La creatura emise un mugolio, spingendo il muso contro la mano di lei, beandosi di quelle carezze.
Stettero in silenzio, godendosi quel momento tutto per loro.
Solamente per caso, la ragazza si volse e vide le lancette dell’orologio che segnalavano il loro imminente ritardo all’appuntamento con suo cugino Takehiko.
“Accidenti, è tardissimo, Hirador!” esclamò, alzandosi di scatto con il sottofondo dei borbotti di disapprovazione del Drago che si stava godendo quel momento così rilassante.
Senza perdere tempo, i due imboccarono il tunnel che li avrebbe condotti all’esterno, nel retro del Palazzo abilitato esclusivamente ai Cavalieri.
Arrivarono di corsa e lì, sulla soglia, videro il Governatore che già li attendeva
“Buon pomeriggio a tutti e due” li salutò, facendo loro un sorriso
“Scusaci per il ritardo” disse Kagome, salutandolo a sua volta.
“Non vi preoccupate, ero appena arrivato. Buon pomeriggio Hirador” disse, inchinandosi leggermente. Dal giorno in cui c’era stato il rimprovero da parte del Drago all’uomo, le cose, tra i due, si erano chiarite e Hirador si era anche scusato per come si era comportato anche se gli ammonimenti per eventualità future non erano mancati.
- Buon pomeriggio. Allora? Quando si parte? – domandò ansioso, la lunga coda pece che fendeva agitata l’aria
“Adesso, dobbiamo precedere gli altri” lo informò il nobile Takehiko, sorridendo divertito “Ma ci tengo a disilluderti subito – rise – Purtroppo fino al Lago della Dimenticanza non potrai volare con Kagome… questo solo dopo la Cerimonia” e come il Governatore aveva perfettamente immaginato, Hirador emise un borbottio di disapprovazione mentre Kagome sorrideva, comprendendo la sua ansiosità.
I tre si avviarono verso un sentiero laterale che, attraversando il grande giardino, conduceva indisturbato al di fuori della città.
Là, li aspettava Mendion con affianco tre cavalli.
Hirador sbuffò mentre gli altri tre animali, invece, nitrivano spaventati alla presenza minacciosa del Drago.
- Bah, farla montare sopra quei ronzini quando può avere la fortuna di salire sul mio dorso! – borbottò indispettita la creatura, avvicinando il volto verso i cavalli che si ritrassero spaventati mentre il Ministro cercava di calmarli, utilizzando anche la forza del pensiero, capacità affinataglisi grazie ai diversi allenamenti di Magia che anche lui aveva sostenuto.
I tre Ningen montarono sugli animali, prendendo ad avanzare, seguiti da un Hirador leggermente seccato.
- Avanti, cerca di portare un po’ di pazienza! – lo riprese dolcemente Kagome, avvertendo la sua irritazione
- Uff… lo sai che mi dà fastidio che altri facciano per te quello che potrei fare io… - le disse in risposta l’altro sempre con tono seccato.
- Sai che certe volte somigli a Inuyasha? – la ragazza prese a ridacchiare a quel pensiero mentre lasciava il Drago alquanto stupito
- E questa considerazione dà dove arriva? Mah… a proposito… è venuto anche ieri, adesso che ci penso… mi viene a trovare quasi tutti i giorni… - rifletté – Mi chiedo come sia possibile che non vi siate mai incrociati, durante questa settimana… - si chiese mentre Kagome si irrigidiva sulla sella del cavallo bruno che cavalcava
- Non… non ne ho idea… coincidenze… - balbettò la miko
- Sì, può essere… - rispose l’altro, con un tono leggermente sospettoso di cui il Cavaliere non si accorse.
Così, parlando del più e del meno, i quattro continuarono a procedere attraverso il fresco bosco che accerchiava la parte posteriore di Eldoras; il sole, ancora alto nel cielo, che, con i suoi raggi, filtrava tra quel groviglio fatto di rami e foglie.
La voce della foresta si diffondeva chiara e forte intorno a loro e Kagome riuscì a percepirla appieno.
Sorrise. Si era accorta, da quando si era trasferita lì, nella capitale, di come fosse diversa, ma al contempo così simile, la voce di quel bosco da quella che aveva ascoltato per così tanti anni a Kandem.
In quel momento realizzò che, però, i suoni che adesso udiva non le erano del tutto estranei… lei quella voce l’aveva già ascoltata, quando era bambina, quando ancora non era stata strappata via da quella che sarebbe dovuta essere stata la sua vita.
Respirò a fondo, i polmoni pieni dell’intreccio di profumi che permeavano quel luogo.
Non poteva abbandonarsi, proprio in quel momento, a tristi riflessioni.
Penetrarono il bosco per ancora una mezz’oretta, gli zoccoli dei cavalli che creavano un cadenzato scalpiccio ovattato mentre invece i pesanti passi di Hirador spezzavano i diversi rametti a terra.
Poi, improvvisamente, come dal nulla, davanti a loro… il Lago della Dimenticanza.
Sulla sommità del dirupo su cui si trovavano potevano ammirare le placide acque di quella distesa bluastra risplendere di mille e più riflessi dorati, la montagna che si vedeva in lontananza riflettersi perfettamente in quello specchio naturale con il sole che, lentamente, si andava a nascondere dietro ad essa.
Il Cavaliere Supremo, insieme al suo Drago, guardò ammirata quel paesaggio… in fondo, per entrambi, quella era la prima volta che uscivano dalle mura di Eldoras e che potevano ammirare la bellezza di uno dei tanti, meravigliosi paesaggi della Terra Centrale.
“Scendiamo” li avvertì Takehiko, smontando dal suo cavallo grigio e prendendolo per le briglie.
Kagome e Hirador lo guardarono perplessi… come avrebbero fatto a scendere da quel dirupo decisamente poco invitante?
Seguendo il Governatore e il sempre rilassato Mendion, rimasero sorpresi nel vedere che, nascosto dietro a diversi alberi e cespugli fitti, vi era un piccolo sentiero che conduceva fin giù, sulle rive dal grande Lago.
Mentre scendevano, la ragazza poté vedere meglio la purezza di quelle acque mentre un venticello fresco si alzava, facendo muovere le fronde degli alberi e increspare la distesa piatta della distesa d’acqua cristallina.
Rabbrividì leggermente pensando che avrebbe dovuto immergervisi… anche se erano in primavera inoltrata non era ancora stagione per farsi dei bagni al tramonto….
- Aaah, non vedo l’ora di buttarmici, in quelle acque! – esclamò, invece, entusiasta, Hirador, facendola ridere. Se l’aspettava una frase del genere!
Fissò lo sguardo ancora verso il Lago della Dimenticanza… osservare le sue candide acque le infondeva un senso di pace e serenità, sensazioni così spesso cercate da lei e così poche volte trovate….
Ma quella era la sua giornata, il giorno in cui, finalmente, sarebbe diventata al completo una sola cosa con Hirador.
Si voltò a guardarlo mentre il Drago annusava l’aria intorno a lui e guardava curioso e ammirato tutto ciò che lo circondava.
Sorrise.
Anche lei stava trovando la sua felicità.


“Forza, forza, siamo in ritardo ragazzi!”
“Guarda che è per colpa tua se siamo in ritardo! Ci hai messo un secolo per prepararti!”
“A volte sei peggio di una donna!”
“E voi siete solo due animali senza un briciolo di cervello… benché meno di gusto”
“E tu un pervertito”
“Re dei Ritardatari”
“… E dei Ritardati”
“Ma come osateee?!?”
“ADESSO BASTA!!!”.
Sango osservò indispettita Miroku, Inuyasha e Kouga che, ognuno addossato all’altro, si bloccarono terrorizzati a guardarla, finalmente muti.
“Bene, allora, invece di fare gli stupidi come vostro solito, vedete di camminare tacendo!! Non voglio sentire una sola sillaba fin quando non avremo raggiunto Kagome, mi sono spiegata?!?” li ammonì la Cacciatrice, ottenendo i loro muti assensi.
Sorrise soddisfatta e si incamminò, seguita dai tre ‘disciplinati ’ ragazzi, dirigendosi verso la zona abilitata ai Draghi e Cavalieri dove già li aspettavano Sieg, Varandir, Harliem e Slyfer.
- Siete in ritardo – la voce ammonitrice del Drago di Metallo riempì la mente di Kouga che ridacchiò divertito. Era sicuro che l’avrebbe detto.
- Sì, lo so, non c’è bisogno di ribadirlo… - gli rispose, sospirando
- Immagino di sapere di chi sia la colpa… - ipotizzò Slyfer, puntando lo sguardo su Miroku il quale, a sua volta, sentendosi fissato, lo guardò.
“So perfettamente cosa stai pensando, Slyfer e…” cominciò il Majutsushi, facendo inizialmente sorprendere il Drago
- Non mi dire che si scusa… sarebbe incredibile – disse la creatura, sinceramente stupito
“… E so perfettamente che hai sentito la mia mancanza ma lo sai che, purtroppo, non posso sempre dedicarti il mio tempo…” concluse il ragazzo dal codino, con una serietà che fece restare ammutoliti tutti gli altri.
Il resto della compagnia puntò lo sguardo su Slyfer che fissava con sguardo di ghiaccio il Majutsushi
- Ma io ti ammazzo!!! – esclamò, facendo rimbombare il suo ruggito irritato nella mente del Cavaliere dagli occhi blu.
Questo, inaspettatamente, non era scappato, come suo solito, per sfuggire alla punizione del Drago… era rimasto a fissarlo più che sorpreso mentre Varandir, invece, sorrideva amorevolmente.
“Sl… Slyfer tu…” balbettò il Cavaliere mentre anche il Drago si era bloccato, resosi conto di quello che era successo.
Kouga osservò i due sorridente… finalmente il desiderio di Miroku era stato esaudito.
“Tu… mi hai parlato…” sussurrò, il volto illuminato da un sincero e commosso sorriso. Sango lo osservò… non gli aveva mai visto quell’espressione, sembrava davvero esplodere di felicità.
- Bè, ecco… io… - balbettò imbarazzato Slyfer… non si era reso nemmeno conto di quello che aveva fatto, era stata una cosa istintiva. Quella era la prima volta – a parte Kagome, ma con lei era diverso – che apriva la mente a qualcun altro che non fosse Kouga ma… non gli dispiaceva.
- Ecco, sì, hai insistito tanto per questa storia… e poi così potrò farti le ramanzine direttamente!!! – gli disse con quello che voleva sembrare un avvertimento ma che in realtà fece solo sorridere ancora di più il Majutsushi.
Questo gli si avvicinò con un sguardo pieno di gratitudine, posandogli una mano sul dorso dalle squame color fumo
“Grazie… grazie davvero Slyfer” gli disse, guardandolo ammirato… perché era questo che provava Miroku nei confronti di quel Drago, una profonda ammirazione.
- …Di nulla… - la creatura lo guardò a sua volta, abbozzando un tono gentile.
“Scusate, non vorrei disturbarvi, ma credo che sia ora che andiamo…” li interruppe a malincuore Kouga
“Oh, cavolo, è tardissimo! Forza, muoviamoci!” esclamò il Majutsushi dirigendosi frettoloso verso Varandir e montando sul suo dorso, aggrappandosi alle redini della sella, imitato dagli altri.
In pochi secondi i quattro Cavalieri furono in volo, le figure dei Draghi che dipingevano il cielo con le loro squame iridescenti.
- Allora… sei contento? – Varandir accarezzo la mente di Miroku con un tono dolce
- Io… io non me lo sarei mai aspettato. È stato bellissimo – gli rispose il ragazzo e la dragonessa percepì chiaramente la sua sincera felicità.
- Sapevo che prima o poi sarebbe successo… infondo Slyfer ti vuole bene e ti rispetta nonostante tutti i fastidi che gli dai – ridacchiò, seguita dal Majutsushi.

- Hai visto Inuyasha? Slyfer ha aperto la mente a Miroku, si vede che è contento! -
- Sì, credo di non averlo mai visto così! – constatò l’Hanyou, osservando il volto gioioso dell’amico dietro di lui
- Chissà se un giorno concederà anche a te questo privilegio… - si chiese la dragonessa.
- Non saprei… ma se per Miroku ci ha messo così tanto, non credo che a me o a Sango riserverà questo piacere – constatò il mezzo- demone
- Ti dispiace?
- Bè, se decidesse di parlarmi non potrei che esserne contento… ammetto che Slyfer è un Drago magnifico… ma so anche che è molto affezionato a Kouga e geloso di quello che li lega. Credo che per lui, parlare ad altri, sia come una sorta di ‘tradimento ’ –
- … Lo sai che ultimamente sei diventato molto sensibile, Inuyasha? – gli fece notare Harliem con una nota di divertimento nella voce. Il Cavaliere arrossì di botto
- M- ma che dici, ho solo espresso la mia opinione! – le sbraitò contro, imbarazzato.
- Va bene, va bene, non ti scaldare! – rise divertito il Drago mentre irrigidiva le ali, sfruttando al meglio le correnti d’aria.
Miroku, insieme a Varandir, ora si trovava in testa, guidandoli, seguito da Kouga con il fidato Slyfer.
Sango e Inuyasha, e con loro Sieg e Harliem, si guardavano intorno ammirati mentre osservavano il paesaggio sotto di loro.
Il vento soffiava sui loro volti, portando alle loro narici l’odore del bosco che si estendeva nella valle, dietro a Eldoras.
Per l’Hanyou era come vedere il mondo la prima volta. Per quei pochi anni in cui era stato libero, i suoi occhi ambrati avevano solo osservato il paesaggio desertico che circondava Kaosu e solo ora poteva rimediare a quei quattordici anni di prigionia.
Non credeva che la natura, in sé, potesse essere così bella.
Sango, invece, nell’osservare quei folti boschi, venne pervasa dalla nostalgia di casa, sovrapponendo a quella foresta quella delle Cento Rocce, a lei così cara.
Era ansiosa di ricevere notizie da parte di suo padre, di Kohaku e di… Seiishiro.
Era innegabile che sentisse la mancanza del suo sensei e spesso si era chiesta se si fosse già dimenticato di lei.
‘…mi manchi molto. Ti aspetterò, ricordatelo.
Seiishiro ’.

Arrossì ripensando a quelle frasi scritte in quella prima lettera che aveva ricevuto da Mendeon, l’unica in cui avesse ricevuto notizie anche dall’uomo.
Scosse la testa. Era inutile pensarci.
Dopo circa venti minuti di viaggio, cominciò a delinearsi al centro della foresta lo specchio blu del Lago della Dimenticanza, la loro meta.
Lentamente, i quattro Draghi cominciarono a planare, le ali leggermente piegate per attutire la spinta del vento.
Con una lenta virata, cominciarono ad avvicinarsi al terreno, individuando così le figure di Hirador e Kagome, insieme al Governatore e il Ministro Mendion.
Inuyasha sentì le gote andare in fiamme nonappena notò la presenza del Cavaliere Supremo, ma si impose un minimo di autocontrollo.
Una volta rimasto solo si ripromise di capire che diavolo gli stava accadendo.
Con leggerezza, i quattro Draghi si posarono sul terreno, sollevando piccoli nugoli di polvere con il movimento delle loro ali.
Kagome sorrise nel vederli tutti lì riuniti.
Si diresse subito verso Sango, abbracciandola nonappena la Cacciatrice fu scesa da Sieg che la salutò.
“Kagome- chan!” esclamò il Cavaliere, stringendola “Accidenti, anche con questa uniforme indosso stai benissimo!” le disse, facendola girare su se stessa per osservarla meglio, facendola imbarazzare.
“Gra- grazie” balbettò in risposta l’altra
“Convengo con Sango, stai benissimo!” si aggiunse Miroku, raggiante. La cugina lo osservò, percependo immediatamente la sua gioia. Anche se non ne sapeva il motivo, era contenta per lui.
“Kagome!” mentre osservava il Majutsushi si sentì chiamare. Voltandosi incrociò gli occhi azzurri e luminosi dell’ookami Youkai
“Kouga!” esclamò a sua volta, avvicinandoglisi e abbracciandolo ricevendo poi un bacio sulla guancia da parte del ragazzo.
Inuyasha a quella scena alzò un sopracciglio.
- Da quando quei due sono così in confidenza? – si domandò con una certa irritazione.
“Come stai? Non ti ho più visto in questi giorni” gli chiese dolcemente la miko, guardando lo Youko
“Come sempre sono pieno di impegni, puoi capirmi…” le rispose ridacchiando
“Sì, perfettamente, comunque sono contenta che tu sia riuscito a venire qui… spero però che tu non abbia dovuto rinunciare a impegni importanti…” si accertò la ragazza
“No, non preoccuparti… non sarei mai potuto mancare…” le disse, guardandola dolcemente. Kagome rispose al sorriso, quasi ingenuamente, senza rendersi conto di cosa esprimesse lo sguardo rivoltole dallo Youkai.
Miroku, invece, lo comprese benissimo e richiamò l’attenzione di Sango, vicina a lui, con una leggera gomitata.
“Che c’è?” sbottò la ragazza che stava parlando con Harliem e Varandir
“Guarda là” le disse il Majutsushi, indicando col capo la cugina insieme a Kouga.
“Oh!” esclamò Sango nonappena ebbe posato gli occhi sull’espressione a dir poco adorante di Kouga…
“Credo che tu ci avessi visto giusto, Miroku…” disse poi, senza distogliere lo sguardo dai due.
“Ehe, io non sbaglio mai” ridacchiò il Majutsushi, vantandosi “Ci sarà da divertirsi!”aggiunse poi, dirigendosi verso Varandir e gli altri Draghi, seguito da una sorpresa Sango.

“Gli allenamenti come procedono? Miroku mi ha detto che stai facendo passi da gigante…” nel frattempo Kouga e Kagome continuavano a parlare, aggiornandosi a vicenda degli avvenimenti degli ultimi giorni. La miko era davvero contenta di aver rivisto il ragazzo che per lei era diventato un carissimo amico.
“Bè, sarò anche migliorata ma ne devo fare di strada…” rispose lei leggermente imbarazzata
“Sono convinto che-”
- Io ti faccio a pezzi!!! – il ruggito adirato di Slyfer gli rimbombò nella testa fortemente, facendolo bloccare. Voltandosi, poi, vide il suo Drago sul punto di eliminare realmente Miroku che, evidentemente, ne aveva fatta un’altra delle sue.
Sospirò amareggiato.
“Scusami Kagome, sarà meglio che vada a calmare Slyfer… è capace di far fuori tuo cugino nell’arco di pochi secondi se non lo fermo!”
“Non ti preoccupare, vai pure” gli disse ridendo la ragazza guardandolo poi allontanarsi.
Non poté far a meno di sorridere ampiamente nel vederli tutti lì, felici, ognuno appoggiato dal sostegno dell’altro.
Aveva trovato i suoi due cugini, la saggezza del Ministro Mendion, l’affetto fraterno di Sango, il rispetto e la fiducia di Kouga e la ‘protezione ’ da parte del piccolo Shippo.
Sul suo volto comparve un’espressione perplessa.
E Inuyasha? Guardò con attenzione il gruppo di amici senza però rintracciare i capelli argentati o gli occhi ambra del mezzo- demone.
“Ehi” sussultò a quel richiamo. Si girò di scatto e lo vide dietro di lei con quella sua solita espressione imbronciata e da duro.
“Ehi” disse a sua volta, voltandosi completamente verso di lui.
Si guardarono per alcuni istanti e, con suo stupore, Kagome vide Inuyasha abbassare per la prima volta lo sguardo da lei.
“Non credevo saresti venuto…” gli disse poi
“… E perché non sarei dovuto venire?” le domandò in risposta, risollevando gli occhi ambra, questa volta sicuri nel posarsi su di lei.
“… Bè…”
“Kagome, Inuyasha!” i due vennero interrotti dal richiamo del nobile Takehiko che gli faceva segno di avvicinarsi.
“Direi che è ora di iniziare, tra poco sarà il tramonto” disse loro il Governatore mentre Hirador e Kagome lo affiancavano.
“La tua Cerimonia del Giuramento, Kagome, come saprai, è leggermente diversa da quella dei ‘normali ’ Cavalieri. Oltre a prestare, tu e Hirador, giuramento, dovrete bagnarvi nelle acque del Lago della Dimenticanza, così come vuole la tradizione.
“Ora reciterete il giuramento poi, finalmente, potrete volare insieme come coppia ufficiale” sorrise loro nel dirgli questo, vedendo la loro eccitazione in vista di quel momento.
Sotto gli sguardi contenti degli altri i due cominciarono a recitare lo stesso giuramento fatto da Inuyasha e Sango – più Harliem e Sieg – il giorno della loro Cerimonia.
La voce chiara e sicura di Kagome si diffondeva nell’aria, trasportata dal vento che, leggero, faceva muovere i suoi lunghi capelli ebano, insieme alle fronde verdeggianti degli alberi nel pieno della loro vita.
Inuyasha chiuse gli occhi ascoltandola… doveva ammettere che aveva anche una bella voce.
Nonappena le sue orecchie non captarono più le sue parole e la sua testa non avvertì più la voce profonda di Hirador, si riscosse, dandosi dello stupido.
Era sempre più convinto che era sull’orlo della pazzia.
Il Cavaliere Supremo, una volta terminato di recitare il giuramento, si voltò a guardare intensamente il suo Drago che ricambiò, appoggiando poi il suo muso squamato sulla fronte di lei.
Come nel loro primo incontro.
Miroku e gli altri, osservarono la ragazza montare con agilità sul dorso della creatura, le briglie della sella lucida e finemente lavorata con rifiniture dorate, strette in mano.
Il Drago fece qualche passo, andando fino a toccare appena l’acqua del Lago.
Con uno scatto elegante, poi, spalancò le lunghe ali dal colore della notte, dalle quali non riusciva a filtrare nemmeno un piccolo fascio di luce.
Si alzò sulle zampe posteriori e, con un potente ruggito, spiccò un balzò prendendo a muovere freneticamente le ali, sollevandosi in pochi secondi da terra.
Gli spettatori rimasti sulla sponda del Lago, rimasero a guardare ammirati e meravigliati la creatura che si stagliava già alta nel cielo terso, le ali spalancate che creavano come una sorta di tenda contro il sole che, lentamente, stava calando dietro la montagna.
Hirador prese ad agitare le ali con maggior forza, salendo sempre di più mentre il vento scorreva freddo sul suo viso e su quello del suo Cavaliere.
- Grazie, Hirador – sentì dire da Kagome. Emise un altro potente ruggito, compiendo qualche evoluzione in aria, le folate di vento che venivano plasmate dalle sue ali.
Poi, irrigidendole, prese a scendere in picchiata, sempre più vicino al pelo delle acque chiare e fresche del Lago che riflettevano le loro nitide immagini.
Poco di prima di raggiungere lo specchio azzurro, gonfiò le ali, rallentando la picchiata e immergendosi dolcemente nella profondità del Lago.
Quando riemersero, dopo alcuni istanti, le gocce che bagnavano i loro corpi erano appena illuminate dallo spicchio di sole che emergeva da dietro l’alta montagna, protettrice di quel luogo.
Inuyasha osservò incantato la figura di Hirador che danzava sul Lago… e sopra di lui… lei, Kagome.
I capelli corvini, gocciolanti, le fluttuavano intorno mossi dal vento che, carezzevole, li ravvivava.
Il suo cuore prese a battere più velocemente nel guardarla con quell’espressione che mai prima le aveva visto.
Un insieme di felicità, dolcezza ma anche tristezza e malinconia irresistibile.
Si mise una mano sul petto.
Forse, adesso, sapeva cosa gli stava accadendo.
Era affascinato da quella ragazza e forse dalla prima volta che l’aveva vista.
Ma non era solo quello….
- Credo… credo di volerle bene… - e sul suo volto comparve un sorriso mentre ancora continuava a fissarla, la sua piccola mano candida che accarezzava le acque cristalline appena rischiarate dai fasci di luce del sole del tramonto.
Il tramonto.
- Harliem! – esclamò, poi, voltandosi verso la dragonessa. Questa, gettando un ultimo sguardo al Lago e alle figure che vi fluttuavano sopra, si allontanò dal resto del gruppo, ancora concentrato su Kagome e Hirador, insieme a Inuyasha che, una volta sicuro che nessuno li avesse notati, montò sul suo dorso per poi prendere il volo e fare ritorno a Eldoras.

“Kagome!” una volta tornati sulla terra ferma, la miko venne accolta da un più che caloroso abbraccio da parte di Sango che la guardava ancora commossa, mentre le porgeva un telo con cui coprirsi.
“Come avevo immaginato, è stato uno spettacolo guardare te e Hirador! Oh, non sai quanto sono contenta per te!” le disse, tornando ad abbracciarla.
Kagome sorrise. Le piaceva quel modo di fare di Sango così caloroso e affettuoso.
Uno ad uno, il Cavaliere e il Drago Supremi ricevettero i complimenti da parte di tutto il gruppo, o, almeno, quasi tutti….
“Bè, ma… dove sono Inuyasha e Harliem?” domandò Miroku, notando, finalmente, l’assenza dei due.
Anche Kagome prese a guardarsi intorno, senza rintracciare la presenza dei due.
“Possibile che se ne siano andati? Chissà come mai…” si chiese anche Sango, rivolgendo lo sguardo a Kagome, quasi come se lei avesse una risposta.
- Inuyasha… -

“Bè, allora ci vendiamo tra qualche ora”
“Oh, allora sta sera ci sei anche tu, Kouga!”.
La compagnia, una volta terminata la Cerimonia, aveva fatto ritorno alla capitale.
Sango, Miroku, Kouga e Kagome si stavano mettendo d’accordo su quello che avrebbero fatto quella sera: ovvero festeggiare.
“Sì, per oggi sono completamente libero e poi questo è un giorno di festa, dobbiamo festeggiare, no?” disse, ridendo
“Certo, certo, hai perfettamente ragione amico mio! Allora ragazze, mi raccomando, fatevi belle, eh?!” si raccomandò Miroku, cingendo con una spalla l’amico Youkai e guardando sorridendo le due ragazze
“Che ne dici Sango?” domandò Kagome, ridendo
“Si può fare…” rispose l’altra, ridacchiando anche lei.
“Bene, perfetto! Allora ci troviamo per le otto da Doroty… più che altro bisognerà avvertire Inuyasha… chissà perché è sparito così, quello scemo!” rifletté il Majutsushi.
La miko assunse uno sguardo serio. Anche lei, in effetti, non aveva capito il motivo del comportamento dell’Hanyou.
- Sapevo che non voleva venire… - si disse, convinta che, in realtà, fin dall’inizio, il mezzo- demone fosse stato contrario all’assistere alla sua Cerimonia.
- Non credo sia per questo… - la voce di Hirador la raggiunse. Si voltò a guardarlo
- Come fai a dirlo? – ribatté in risposta lei
- Inuyasha non è fatto così – affermò semplicemente il Drago mentre lei rimaneva silente seppur perplessa.
“Allora ci separiamo, il sottoscritto si deve preparare per bene in vista della serata!” disse Miroku, cominciando a congedarsi da loro
“Sì, anche io vado. Allora per le otto, vero?” confermò Kouga mentre gli altri annuivano.
“Kagome- chan vuoi che ci prepariamo insieme?” le chiese Sango
“Mmmh, preferirei riposarmi un po’, prima… ci vediamo direttamente alle otto, va bene?”
“Certo, non c’è problema! A dopo, allora!” e così i quattro si separarono.
Dopo aver visto i tre amici andar via, Kagome prese ad incamminarsi verso il passaggio che l’avrebbe portata direttamente alle sue stanze. Si fermò, però, quando vide che Hirador non la seguiva, ma che, invece, parlava allegramente con Harliem, Sieg e Varandir mentre Slyfer si era allontanato con Kouga.
- Hirador? – lo chiamò, facendo un cenno anche agli altri Draghi
- Ah, Kagome! ti spiace se resto ancora un po’ qui con loro? Vengo tra poco… -
- Certo, non ti preoccupare, resta tutto il tempo che vuoi, tanto io mi devo preparare per sta sera! Ci vediamo dopo cena, va bene? – gli chiese lei, sorridendogli dolcemente
- Sì, dormi da me – le disse lui in risposta, accarezzandole il viso con il suo.
Lei gli sorrise ancora per poi dirigersi verso l’entrata segreta che portava al tunnel collegato direttamente ai suoi appartamenti.
Dopo averne percorso una parte, si ritrovò nella parte del passaggio che si allargava e che portava anche agli appartamenti di Harliem. Mentre camminava distrattamente – e anche a causa del buio – andò a sbattere contro qualcosa o meglio… qualcuno.
“Ahi! Mi scusi, io-” ma non terminò la frase… come poteva esserci lì, qualcuno? Quel passaggio poteva essere utilizzato solo da lei e…
- Inuyasha – pensò e sollevò di scatto lo sguardo aspettandosi di incrociare un paio di occhi ambrati.
Ma non fu così… quelle che vide furono un paio di iridi nere, dai riflessi violetti. Quello che la colpì, però, fu l’intensità di quello sguardo sconosciuto… un’intensità che aveva già visto.
Scrutò la persona che aveva di fronte e che la teneva quasi abbracciata visto che, poco prima, per il loro scontro, era quasi caduta.
“Ma… ma… Inuyasha?!?” balbettò poi, stupita, fissando ancora il volto di quello che era chiaramente un ragazzo… un ragazzo a lei familiare.
Quegli occhi, quell’espressione corrucciata e arrogante ma che in quel momento esprimeva chiaramente frustrazione e imbarazzo… non poteva che essere che quel testardo Hanyou! Ma allora perché, perché…
“… Perché sei umano?!?” esclamò, sempre più incredula.
“… Non c’è bisogno che urli, ti sento sai?” le disse, quasi sospirando il ragazzo
“Scu- scusa è che… che sono un po’… sorpresa…” e in effetti lo era davvero. Inuyasha la guardò con quell’espressione così incredula… non riuscì a trattenersi dal sorridere divertito.
Sospirando ancora si allontanò da lei leggermente e solo in quel momento Kagome si accorse che erano stati ‘abbracciati ’ per diversi minuti.
Arrossì.
“Che hai?” le domandò ironico il ragazzo, avendo intuito il motivo del suo imbarazzo
“N- niente!” esclamò lei agitata
“Ah sì? Sei tutta rossa, però…” le fece notare lui, ghignando più che divertito
“Non è vero!” ribatté lei, mentre cominciava a scaldarsi
“Sì, invece!”
“No!”
“Sì!”
“NO!”
“E va bene, basta!” esclamò, poi, esasperato Inuyasha. Kagome si ammutolì, abbassando lo sguardo.
Notando che restava in silenzio, lanciò una fuggevole occhiata al ragazzo che, però, se ne accorse.
Lei abbassò gli occhi, imbarazzata, sotto il sorriso di lui che ora la guardava dolcemente mentre ripensava a quel pomeriggio quando si era reso conto….
“Allora?” lo riscosse la miko
“Eh?” trasalì lui, perplesso
“Perché sei così?” gli chiese, guardandolo in quella ‘strana ’ forma.
“Feh! Questa è solo una cosa momentanea, domani mattina sarò esattamente come sempre” la informò, col suo solito tono scocciato
“Quindi… vuoi dirmi che ogni tanto diventi… umano?” domandò ancora lei, continuando a fissarlo
“Non ‘ogni tanto ’… solo durante le notti di luna nuova, nonappena scatta il tramonto… e non fissarmi a quel modo!”
“Il tramonto…” ripeté la ragazza e in quel momento capì, forse, il comportamento dell’Hanyou.
“È per questo, allora, che te ne sei andato così all’improvviso, prima?” gli chiese, guardandolo negli occhi. Lui la fissò a sua volta per qualche istante, poi distolse lo sguardo
“Sì, scusami” le disse, quasi con tono atono
“Ma… anche se fossi rimasto che problema ci sarebbe stato? In fondo non è una cosa così grave…. Certo, è un po’ strana però-”
“No!” la interruppe bruscamente lui
“Pe… perché?”
“Non posso permettere che questa cosa venga scoperta, ne va della mia vita”
“Credi che se lo scoprissero, gli altri sarebbero capaci di svelare questo tuo segreto?! Ti fidi così poco di noi?!?”
“Non puoi venirmi a fare un discorso del genere, Kagome. Mio padre si è fidato di Naraku e ci ha rimesso la vita mentre io sono stato rinchiuso per quattordici anni. Credo di avere il diritto di essere diffidente verso il prossimo!” esclamò infine, innervosito
“… E allora perché sei ancora qui davanti a me? Perché quando ci siamo scontrati non sei scappato? Non ti avrei riconosciuto di certo...” gli fece notare lei, facendolo restare ammutolito
“… Ormai mi avevi visto e poi… forse di te… mi fido…” le disse, senza guardarla.
Lei lo fissò sorpresa. Di tutto si aspettava, tranne che Inuyasha si fidasse di lei.
“… Credo allora che sia ingiusto nei confronti degli altri negargli la tua fiducia… in fondo loro ti hanno conosciuto prima di me e ti sono stati anche più vicino…. Io, di certo, appena ci siamo conosciuti, non ti ho trattato propriamente ‘bene ’…” sorrise al ricordo dei primi giorni in cui si erano conosciuti e del loro palese, reciproco ‘odio ’ l’uno verso l’altra.
“Feh!” esclamò lui, facendola ridacchiare.
“Comunque… - riprese poi il ragazzo – congratulazioni” e la guardò, con quella profondità che la mandava sempre in confusione.
Arrossì leggermente e distolse, come sempre, lo sguardo
“Gra- grazie”.


Non poteva crederci.
Nonappena era entrata all’interno del palazzo, Sango era stata raggiunta da un soldato, in particolare quello che veniva da Mendeon e che le aveva portato la desiderata lettera di suo padre.
Felice come non mai era corsa nel suo appartamento, stringendo al petto la busta bianca e sentendone il peso. Aveva sorriso nell’immaginare che avrebbe avuto molte pagine da leggere.
Una volta raggiunte le sue stanze, si era chiusa velocemente alle spalle la porta, raggiungendo poi il suo piccolo studio e afferrando il tagliacarte appoggiato sulla scrivania in legno lucido.
Come sempre, le prime pagine della lettera erano state scritte da suo padre.
Aveva letto voracemente le parole scritte dalla calligrafia elegante e matura del padre, sorridendo lusingata dai suoi complimenti e dal suo orgoglio nel saperla ora un Cavaliere ufficiale.
Dopo di lui vi erano state le pagine scritte dalla mano ancora acerba di suo fratello. Kohaku le raccontava dei suoi continui allenamenti e del suo successo all’esame per l’ingresso negli Syuryouka. Come avrebbe voluto aver potuto assistere alla sua prova!
La maggior parte della lettera era stata scritta da suo fratello e aveva letto con gioia il fatto che stesse bene, come, del resto, suo padre.
Poi… quella pagina.
Quella notizia.
“Seiishiro… Seiishiro si sposa!”.

FINE 21° CAPITOLO.
Eccoci qua… allora? – detto con un tono tra il malizioso e l’ansioso XD.
Che ne dite di Inuyasha? Perché, sicuramente, la maggior parte dei commenti saranno dedicati a lui, immagino!!
Che bello, la faccenda si sta espandendo e mi divertirò io stessa a vedere come si svilupperà il tutto! ^_____^
Nel prossimo capitolo dovrei dedicare anche dello spazio a Miroku e Sango – mi rendo perfettamente conto di averli trascurati e mi dispiace molto -___- - e poi… si vedrà.
Non ho mai fatto anticipazioni proprio perché non so mai cosa scriverò nel capitolo successivo… tutte le volte è una sorpresa anche per me XD
Bè, non sapendo cos’altro dire, vi saluto, augurandovi – a questo punto… ^^’ – un buon week- end!
Baci,
la vostra ka_chan ^_______^

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Capitolo 22
*** cap22 "TUTTO E NULLA" ***


Se lo volete, posso darvi il mio indirizzo di casa, così potete venire qua ad uccidermi.
Sono in ritardo… di un ritardo mostruosoooo!!! Davvero, sono assolutamente mortificata, lo dico tutte le volte, ma lo sono davvero ç____ç
Bè, l’importante è che io sia qui, adesso… meno male che poi, tra poco, ci saranno le vacanze di Pasqua, così avrò un po’ di tempo in più per scrivere.
Senza aspettare oltre, passerei ai ringraziamenti che questa volta, però, saranno molto veloci: grazie a Elly, Topomouse, Lorimhar, Elychan, raska81, lucy6, inukun, Makino e Hikari_Takahishi_87.
Sì, ci siete tutti ^____^
Bene, e ora ecco a voi il 22° capitolo!

22° CAPITOLO "TUTTO E NULLA"

“Seiishiro… Seiishiro si sposa!”.
Lacrime amare, lacrime che esprimevano tutto il suo senso di delusione e… tradimento.
Si accasciò a terra, la schiena sorretta dal letto dietro di lei, i drappeggi della coperta color bordeaux che le ricadevano intorno.
E dire che non vedevo l’ora di ricevere loro notizie, pensò amareggiata.
Non se l’era aspettato. E come avrebbe potuto?
‘…mi manchi molto. Ti aspetterò, ricordatelo.
Seiishiro ’.

Sorrise amara. Quelle parole, ora, le suonavano in modo così fastidiosamente falso.
Singhiozzò. Un forte senso di vergogna si insinuò in lei, era lì e le rendeva la notizia, così assurda e inaspettata, ancora più dolorosa.
Tutti quegli anni passati quasi a venerarlo, a rifiutare la corte di molti giovani solo perché il pensiero di lui, inevitabilmente, la invadeva.
Certo, la differenza di età era notevole… ma da un po’ di tempo a questa parte in lei si era fatta avanti la convinzione che suo padre, infine, avrebbe deciso di darla in sposa proprio a lui, a Seiishiro.
Che stupida!
E dire che, da qualche tempo, le era sorto il dubbio di essere attratta da… Miroku. E per questo si era sentita terribilmente in colpa, in colpa nei confronti di un uomo che l’aveva tradita.
Ghignò, il sorriso di scherno rivolto esclusivamente a lei stessa.
- Tradita, eh? Ma se non eravamo nemmeno fidanzati! Ti ha detto quelle parole senza alcuno scopo, cara Sango, e tu ci sei cascata come una bambina! – si disse, scoprendo dolorosamente quanto tutto ciò fosse vero.
Improvvisamente sentì un lieve formicolio.
Evidentemente Sieg aveva percepito il suo turbamento e il suo dolore e ora stava cercando di comunicare con lei.
Sango strinse gli occhi, innalzando un muro a proteggere la sua mente.
In quel momento aveva bisogno di stare sola.
Mai, mai in vita sua aveva provato un senso di tradimento così forte.
Era stata ingannata o era stata lei stessa, ad essersi illusa?
Ma allora perché, perché quelle parole, quegli atteggiamenti… quegli sguardi?
Le tornarono alla mente i momenti passati col sensei pochi giorni prima che partisse e quando lui lo aveva saputo… le era sembrato sincero….
Che fosse stata tutta una presa in giro?
- PERCHÉ?! – si domandò dolorosamente, mentre un gemito le usciva dalle labbra bagnate di lacrime salate.
Non si era mai sentita così male, con un peso così grande ad opprimerle il cuore.
Non si era mai sentita così tradita.
Il rumore secco della porta che si apriva bruscamente la ridestò, il suo sguardo sofferente e spaesato incontrò un paio di occhi blu mare, velati di apprensione e preoccupazione.
Miroku.
Involontariamente le sfuggì un singhiozzo più forte e le lacrime a scorrere ancora più copiose.
Lui, senza dire una parola, le si avvicinò mentre lei abbassava il capo.
Le si sedette accanto e l’attirò a sé, avvolgendola nel suo abbraccio protettivo.
Sango si aggrappò quasi disperatamente a quelle forti braccia, in quel momento la sua unica fonte di conforto, la sua unica ancora ad impedirle di affondare nell’abisso della sofferenza.

Era lì, con lei tra le braccia, aspettando paziente che le lacrime smettessero di scorrere sul quel volto che gli era piaciuto da sempre.
Era insieme a Varandir, a sorbirsi un’ennesima sfuriata per una delle sue stupidaggini, quando il ruggito preoccupato e ansioso di Sieg gli aveva invaso la mente, implorandolo di correre da Sango.
Non aveva voluto sapere i particolari, né tanto meno il motivo di una richiesta del genere, proprio da parte del Drago.
Il suo tono apprensivo gli era bastato per abbandonare velocemente gli appartamenti della dragonessa e raggiungere di volata la stanza della Cacciatrice.
Non si era nemmeno preoccupato di bussare, si era lanciato contro la porta e basta.
Aveva perso un battito quando l’aveva vista lì, accasciata per terra, gli occhi arrossati e grondanti di lacrime.
La sentiva chiaramente aggrapparsi a lui, disperata.
Si chiese cosa mai avesse potuto ridurla così. Poi si ricordò che quando erano tornati dal Lago della Dimenticanza un messaggero le aveva consegnato una busta.
Sicuramente la lettera proveniente da Mendeon.
Evidentemente, arguì, doveva essere successo qualcosa nella capitale del Nord.
Ma ora non gli importava sapere quello che era successo, semmai riuscire a placare quel pianto straziante, che lo lacerava.
Non riusciva a vederla così, lei, di solito sempre sicura e decisa.
Con un ultimo singulto la sentì muoversi leggermente nel suo abbraccio rassicurante.
Miroku abbassò il capo verso di lei e incontrò i suoi occhi marroni, arrossati e incerti.
Le sorrise dolcemente, asciugandole con i pollici le ultime lacrime rimaste sul suo volto arrossato.
Non aveva intenzione di lasciarla andare, e Sango, intuì, la pensava come lui.
A questo pensiero sorrise ancora di più, felice di sapere che la sua presenza era per lei motivo di conforto.
“Mi spiace, Miroku…” la sentì sussurrare, chiaramente a disagio. Il ragazzo le posò dolcemente una mano sul capo
“E di cosa? Sei bellissima anche quando piangi, non ti preoccupare” le rispose lui, un espressione dolcissima a illuminargli il volto. Sango rimase colpita dal suo atteggiamento così affettuoso, così… protettivo.
“… Grazie…” gli disse e lui intuì che non era per il complimento che lo ringraziava, ma perché era lì, al suo fianco.
Le sorrise, accarezzandole una guancia.
La ragazza era sicura che, dopo quel ringraziamento, si sarebbe alzato dicendole ‘Bene, allora adesso posso anche andare ’ o qualcosa di simile.
Invece… era ancora lì, e ancora la teneva stretta sé, trasmettendole quel calore che l’avviluppava rassicurante.
“… Non ho nemmeno bussato – lo sentì dire, poi, quasi titubante – Magari tu non volevi nemmeno. Se vuoi puoi prendermi a schiaffi, come al solito” ridacchiò, allegro.
Inevitabilmente, Sango si ritrovò a sorridere.
Lo fissò, poi, inaspettatamente, gli posò un leggero bacio sulla guancia, quella che quasi giornalmente veniva offesa da un suo schiaffo.
Miroku restò basito da quel gesto, e la Cacciatrice rimase soddisfatta nel vederlo, per la prima volta, arrossire leggermente per l’imbarazzo.
Restarono in silenzio alcuni istanti, gli sguardi che si evitavano.
“Non… non mi chiedi cos’è successo?” gli disse, poi, dopo un po’, la ragazza del Nord. Il Majutsushi alzò il suo sguardo color del mare su di lei, il volto serio.
“No, e non perché non mi interessi, semplicemente la mia unica preoccupazione, per adesso, è non vederti più piangere. Devi essere tu a decidere se me ne vuoi parlare o no, io non ti chiederò nulla, comunque”.
Lei lo fissò a sua volta, a stento riuscendo a nascondere la propria meraviglia.
Ogni giorno, ogni momento, quello strano e assurdo ragazzo sapeva sorprenderla.
Sospirò, abbassando lo sguardo.
“Oggi… mi è arrivata una lettera da Mendeon” gli disse
“Lo avevo immaginato, ho visto un messaggero consegnarti una busta. È successo qualcosa a tuo padre, tuo fratello?” le domandò a sua volta Miroku.
Lei scosse la testa, in segno di diniego, rimanendo in silenzio per qualche istante.
“Il… il senpai Seiishiro… si sposa…” sussurrò e il Majutsushi percepì chiaramente il tono sofferente con cui aveva detto quelle parole. Sorrise amaro. Ora era tutto più o meno chiaro.
“Mi… mi aveva detto che gli mancavo, che mi avrebbe aspettata e invece…” continuò Sango, a stento riuscendo a trattenere le lacrime.
“Ti senti tradita?” le chiese il Cavaliere dal codino. Lei fece di sì con la testa.
“… Ne sei innamorata?” le domandò, poi, la voce apparentemente atona.
“Non lo so. So solo che mi sento umiliata. Non posso negare di provare dell’affetto per lui, però… - sospirò, sconsolata, quasi esausta – Non lo so nemmeno io…”.
Miroku la guardò attentamente. Inevitabilmente si ritrovò a sorridere, vederla così fragile e incerta gli faceva tenerezza.
Le posò una mano sul capo, sorridendole rassicurante.
“I sentimenti sono sempre difficili da comprendere. Vedrai che riuscirai presto a capire quello che senti, ma devi farlo con calma. Rimuginarci sopra giorno e notte non ti aiuterà”.
Sango rimase a fissarlo, sempre più sorpresa.
“Oh! Guarda che ora abbiamo fatto!” esclamò poi il ragazzo, fissando le lancette d’ottone dell’orologio che segnavano le otto passate.
E in effetti, in quel momento, la Cacciatrice sentì il morso della fame farsi strada con sonori reclami.
“Kouga mi spellerà vivo, visto che ci eravamo dati appuntamento per le otto” continuò con tono affranto il Cavaliere, immaginandosi la sicura sfuriata da parte dello Youko.
“Tu, immagino voglia restare qui, per questa sera” concluse, infine, sorridendo alla ragazza
“No, vengo anche io, non voglio restare da sola… e poi voglio passare un po’ di tempo con Kagome” ribatté Sango, decisa. Miroku sorrise nel rivederla come al solito.
“Allora andiamo!” esclamò allegro il Majutsushi, alzandosi in piedi e aiutando la Cacciatrice nel fare altrettanto.
Stava già dirigendosi verso la porta quando la ragazza lo bloccò
“Miroku… grazie…” gli disse, il capo chino e le guance leggermente rosse.
“Non hai niente di cui ringraziarmi… è il minimo che posso fare” le rispose prontamente lui, lo sguardo sicuro illuminato da un sorriso sincero.
Pensando che la ragazza del Nord non avesse più niente da dirgli riprese a camminare
“Come hai fatto a sapere che… che stavo male?” lo fermò nuovamente lei
“Sieg… Sieg me lo ha detto” la informò lui e Sango rimase basita da quella notizia. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che proprio il suo Drago chiedesse aiuto a Miroku…. Probabilmente, Sieg aveva più fiducia in lui di quanto lei avesse immaginato. Evidentemente credeva – e a buon merito – che il Majutsushi sarebbe stato in grado di aiutarla. E così era stato.
“Gli devo delle scuse… gli ho chiuso la mente, non ho voluto parlare con lui… non posso immaginare come si sia sentito, io ne avrei sofferto tantissimo!” disse con la voce carica di rimorso verso la creatura a lei più cara.
“Vedrai che capirà, anzi, credo che già lo sappia… non temere, Sieg ti vuole bene, sa che se l’hai fatto ci dev’essere stato un buon motivo” cercò di rincuorarla Miroku, e, ancora una volta, ci era riuscito.
Ma come faceva, si domandò la ragazza, come faceva a trovare sempre le parole, i gesti, gli sguardi giusti, capaci di alleviare il suo cuore?
Lo stesso era successo prima della sua Cerimonia della Scelta, dove se non fosse stato per lui, molto probabilmente, ora non avrebbe avuto al suo fianco Sieg.
Gli si avvicinò con passo sicuro, lo sguardo serio.
Il Majutsushi la vide dirigersi verso di lui e la guardò con occhi curiosi, non capendo cosa volesse fare.
Poi, inaspettatamente, si ritrovò le sue calde e morbide labbra sulla sua guancia, ancora una volta in quel giorno.
“Grazie, grazie ancora… Miroku” gli sussurrò all’orecchio e lo sorpassò, uscendo dall’appartamento e lasciandolo sulla soglia rosso in volto, una mano sulla guancia dove lei aveva posato le sue labbra.

[...]

Il sorgere del sole, portava la nascita di un nuovo giorno, lo sbocciare dei fiori primaverili.
Eldoras si svegliava così, tutte le mattine, fresca e desiderosa di vedere le sue vie animate dai tranquilli cittadini che si prendevano cura di lei e che l’avevano resa splendida.
In ogni dove emergevano dal terreno, desiderosi e golosi dei raggi caldi del sole, fiori di ogni sorta, che dipingevano la città di mille e più colori.
Gli alberi erano tornati a nuova vita e raccoglievano, quasi golosamente, i fasci luminosi, rinnovandosi di nuova e fresca linfa vitale.
Un vento leggero accompagnava il loro ‘pasto giornaliero ’, facendo muovere giocoso e dispettoso le loro foglie e i drappeggi colorati appesi alle innumerevoli finestre delle case della capitale, ognuna una spaccato di vita di quell’unica realtà.
Ma in quell’atmosfera di serenità, ognuno pensava all’inevitabile battaglia che avrebbe, quasi sicuramente, spezzato la tranquillità di Eldoras. Violenta, sanguinosa e inevitabile, avrebbe cercato di piegarla, di recidere quei fragili ma allo stesso tempo testardi filamenti di pace e giustizia che la capitale aveva tessuto fin dopo la Grande Guerra.
Ciascuno degli abitanti era consapevole di questo, e avrebbe combattuto per preservare tutto quello che era stato costruito fino a quel momento.
La Milizia del Dragone, in particolare, era chiamata a difendere la capitale della Terra Centrale, perché se fosse caduta lei, tutto il Continente sarebbe scivolato inevitabilmente nell’oblio di sangue e morte professato ed esaltato da Naraku.
Anche per questo, ora, era ufficialmente risorto il Consiglio delle Tre Terre con a capo l’ultimo membro della prestigiosa dinastia degli Higurashi, affiancato dal leggendario Drago d’Oro.
“No, un momento… loro sarebbero i mie protettori?” una voce decisa ma anche dalle tonalità dolci si diffuse tra le mura della Sala del Parlamento, ora occupata da una piccola cerchia di persone le quali sembravano conoscersi bene a vicenda.
“Sì, Kagome”
“Ma, Takehiko, scusa… non credo di averne bisogno, so cavarmela benissimo da sola”.
Quella mattina si era tenuta la seduta che aveva visto il risorgere definitivo del Consiglio delle Tre Terre, i cui cinque membri erano il Cavaliere Supremo, il Principe del Regno del Sud, Inuyasha, la Principessa del Regno del Nord, Sango e il figlio del Governatore di Eldoras, Miroku. Shippo, invece, era stato nominato come stretto collaboratore dell’erede degli Higurashi, dal momento che la stirpe del clan dei kitsune, da sempre, si era occupato di riportare alla capitale varie notizie sui movimenti di eventuali nemici per il Continente. E per questo scopo, mesi prima, alcuni dei suoi migliori componenti erano stati eliminati e il figlio del capo della tribù aveva espresso la sua chiara intenzione di seguire le orme del padre.
“Lo so bene, Kagome, ma devo essere sicuro che la tua salvaguardia sia garantita e non conosco elementi migliori in grado di occuparsene” ribatté con tranquillità, ma anche decisione il Governatore, facendo innervosire leggermente la cugina che lo guardava accigliata.
Non le piaceva quella faccenda.
Era contenta di avere al sua fianco i tre Cavalieri, ma non era necessario che le facessero da balia.
Se l’era cavata da sola fin dall’età di sei anni, diventando sacerdotessa, proteggendo lei stessa e l’intero villaggio di Kandem più gli altri sparsi per l’isola di Arlem.
In un certo senso si sentiva ‘oltraggiata ’.
Si stupì quasi per quel sentimento di orgoglio che si era fatto avanti così prepotente.
Ma… era solo semplice orgoglio?
“Rimango dell’opinione che tutto questo non sia necessario. Me la sono sempre cavata da sola e sempre sarà così. Non è per offendere loro – disse indicando i ragazzi vicino a lei – ma credo che le mie forze siano sufficienti per badare a me stessa”
“Feh!” un esclamazione chiaramente beffarda sfuggì dalle labbra di Inuyasha, le braccia incrociate sull’addome, il suo solito ghigno stampato in faccia.
“Hai qualcosa da dire, Inuyasha?” gli domandò con tono gelido la miko, guardandolo bieca
“Io? No, affatto” le rispose indisponente l’Hanyou, irritandola
“Ah no? Allora evita di fare i tuoi soliti versi, se non hai nulla da dire. Mi infastidisci” lo ammonì, tagliente, la ragazza, che poté leggere chiaramente il lampo d’ira passare veloce negli occhi ambrati del mezzo- demone.
Inuyasha rimase a guardarla silente, bollente di rabbia. Come si permetteva di trattarlo a quel modo, davanti a tutti?
“Come osi dirmi una cosa del genere?! Chi ti credi di essere, dannata?!?” sbottò irato, gli occhi che fiammeggiavano
“Sei tu che dovresti evitare, ogni tanto, di uscirtene con le tue idiozie o i tuoi modi di fare così indisponenti! Sei un pallone gonfiato!” rispose a tono Kagome, lo sguardo carico di irritazione e rabbia
“Io sarò un pallone gonfiato, ma tu sei solo una mocciosa viziata e indisponente!”
“Non ti devi permettere di dirmi cose del genere!”
“E perché mai? Credi di potermelo impedire?!?” le sbraitò contro, un ghigno malefico dipinto sul volto. La vide tremare per la rabbia e un moto di soddisfazione lo pervase.
La sua gioia però svanì quando avvertì un cambiamento in lui, anche se non riusciva a capire cosa non andasse.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non udì la sua voce espandersi nell’aria mentre le sue labbra si stavano chiaramente muovendo.
Ecco, cosa non andava.
Immediatamente volse gli occhi verso Kagome e la vide sorridere trionfante.
Quella dannata doveva avergli fatto qualche incantesimo!
“Sì, credo proprio di poterti far stare zitto, mio caro!” gli disse soddisfatta, il ghigno che fino a poco prima aveva avuto lui sul volto, ora ce lo aveva lei sulle labbra.
“Kagome, accidenti, non ti sembra di aver esagerato?!” la rimproverò Miroku, o, almeno, quello voleva essere il suo intento mentre la sua voce era risultata chiaramente divertita.
Gli altri presenti sospirarono amareggiati.
“Come vedi, Takehiko – esordì poi il Cavaliere Supremo – so difendermi più che bene. Ora scusatemi, ma ho i miei allenamenti che mi aspettano” e schioccando un’altra occhiata di vittoria all’Hanyou, uscì dalla Sala del Parlamento, seguita da uno sguardo d’ambra carico d’ira.
- Quella maledetta strega – sbraitava fra sé, intanto, Inuyasha – Come si è permessa di trattarmi così?!? E io vorrei bene a una ragazzina del genere?!? Ma non scherziamo! Dovevo essere impazzito, quando l’ho pensato!!! – e mentre nella sua mente vorticavano pensieri rabbiosi, Miroku gli si era avvicinato e con alcune formule appena sussurrate riuscì a far estinguere l’incantesimo che la cugina aveva lanciato al mezzo- demone.
“Ecco fatto, Inuyasha! Adesso sei a posto!” lo avvertì il Majutsushi, sorridendogli divertito. L’Hanyou lo fulminò con lo sguardo per poi andarsene a passo spedito, sbattendo violentemente la porta dietro di sé.
“Quei due sono irrecuperabili!” sospirò il ragazzo dal codino, ridacchiando.
“Miroku” il Governatore lo richiamò “Anche se Kagome non è d’accordo, voglio comunque che voi vi occupiate della sua protezione, non possiamo permetterci errori, questa volta”
“Lo avrei fatto anche se non ne avessi ricevuto l’ordine” gli rispose il ragazzo, lo sguardo deciso.
“Non la abbandoneremo” si aggiunse Sango, un dolce sorriso a illuminarle il volto.
Anche Takehiko sorrise.
“Bene, direi che la seduta è terminata, potete andare anche voi” disse loro, e i due ragazzi, salutando il Governatore, abbandonarono la Sala del Parlamento.

Sango, una volta lasciato il Governatore, camminava a fianco di Miroku, guardandolo di sottecchi.
Ripensava alla sera precedente, quando l’aveva consolata e sostenuta.
Una volta che erano arrivati alla taverna un infuriato Kouga si era subito precipitato sul Majutsushi che, nonostante il tentativo di difendersi, aveva ricevuto la punizione per aver fatto aspettare lo Youko quasi un’ora.
E questo tutto per lei, perché - lasciandola piacevolmente sorpresa - il ragazzo dal codino non aveva fatto alcun accenno al fatto che fosse arrivato in ritardo per colpa sua, perché si era preoccupato di farla tranquillizzare.
Ma poi si erano stupiti nel vedere che anche Kagome era in ritardo, e, infatti, solo dopo un buon quarto d’ora, il Cavaliere Supremo si era presentato a loro con un comportamento decisamente strano, seppur sembrasse stare bene.
La serata era passata in modo tranquillo, con i soliti battibecchi tra Kouga e Miroku e le risate di Kagome e Sango come sottofondo.
L’assenza di Inuyasha aveva suscitato qualche perplessità, ma il Cavaliere Supremo aveva rassicurato la compagnia, riferendogli che aveva incontrato il mezzo- demone poco prima di raggiungerli e che quella sera preferiva stare con Harliem… in parte era anche vero, ma il motivo reale era che l’Hanyou era diventato temporaneamente umano.
La Cacciatrice rigettò un’altra occhiata al ragazzo al suo fianco, la solita espressione sbarazzina e furbetta dipinta sul volto.
Sorrise lievemente anche se, da una parte, aveva paura di quello che credeva di cominciare a sentire per Miroku.
E se anche lui, come Seiishiro, la stesse solo ingannando?
Non poteva permettersi di sbagliare ancora come una stupida.
“Sango?” la voce profonda e limpida del Majutsushi la fece trasalire dalle sue elucubrazioni
“Eh? Hai detto qualcosa? Scusa, ero sovrapensiero” si giustificò la ragazza, incontrando gli occhi blu mare di lui, in quel momento scrutatori e curiosi
“No, non ho detto niente, è che ti ho vista lì, così assorta… pensavo ci fosse qualcosa che non andasse”
“No, no, non ti preoccupare, sto benissimo!” lo rassicurò, sorridendogli.
Miroku la fissò per qualche istante, poi volse lo sguardo, sorridendo leggermente
“Forse sbaglierò, ma mi pare che tu stia leggermente meglio” le disse, senza guardarla.
Sango tacque qualche istante, per poi annuire lentamente
“In un certo senso… è che non so cosa pensare” rispose sincera e i due rimasero in silenzio, camminando fianco a fianco.
“Senti…” esordì poi il ragazzo, fermandosi, e attirando lo sguardo curioso della Cacciatrice che, davanti a lui di pochi passi, si bloccò a guardarlo
“Farò sicuramente una gran fatica a convincere mio padre… ma se vuoi gli posso chiedere di darti qualche giorno per andare a Mendeon, per chiarire la situazione…” le propose titubante quella modesta soluzione, il solo intento di poterle essere utile in qualche modo.
Sango rimase quasi commossa da quell’atteggiamento e non sapeva cosa pensare.
Perché faceva tutto questo per lei? Perché, fin dall’inizio, le era stato così vicino?
Perché… proprio lei?
“Sango?” la richiamò il Majutsushi con sguardo incerto nel vedere la sua espressione quasi scioccata.
Il dubbio di aver detto una cosa sbagliata o di essersi intromesso troppo in quella faccenda cominciò a farsi strada in lui, insieme alla sensazione di disagio.
E perché lo stava guardando in quel modo?
“Io… io non so cosa dire…” finalmente la sentì dire qualcosa, anche se quella non era la risposta che si era aspettato
“Non so come tu faccia, Miroku, ma ogni volta riesci a sorprendermi” e questa volta fu il turno di lui a rimanere sorpreso.
Sbagliava, o lei gli stava facendo dei complimenti?
Un moto di gioia, in modo impetuoso e istintivo, si fece strada in lui, facendolo restare ammutolito.
Sango, invece, lo guardava sorridendo.
Nessuno aveva mai fatto così tanto per lei. Lui si sarebbe ‘abbassato ’ a implorare proprio suo padre, con cui aveva così tanti problemi e difficoltà.
E questo solo per lei, solo per farla stare meglio.
Sospirò.
“Ti ringrazio davvero per tutte le tue premure, ma… non andrò a Mendeon”
“Come? Perché? Se è per me guarda che…”
“No – lo interruppe – Non è per te. È solo che non mi sembra il caso, in queste circostanze, sprecare tempo per i miei ‘capricci ’. Ci sono questioni molto più urgenti da affrontare e io sono venuta a Eldoras proprio per offrire il mio aiuto. Inoltre non posso andare via proprio adesso che ci è stata affidata la protezione di Kagome, non riuscirei a vivere se le succedesse qualcosa proprio nel momento in cui io non ci sono, mi sentirei assolutamente in colpa”
“Ma per questo ci siamo io e Inuyasha, e poi l’hai sentita anche tu, Kagome sa benissimo badare a lei e stessa e io, comunque, non permetterei mai che le accada qualcosa…” ribatté il Majutsushi, cercando di convincerla. Lei gli sorrise
“No, Miroku. Va bene così, resterò qui, a Eldoras, a compiere il mio dovere” replicò la ragazza, tranquillamente, ma senza accettare obiezioni.
Il Majutsushi sospirò quasi esasperato, mettendosi una mano nei capelli scuri.
“Come vuoi, ma comunque lo avrei fatto volentieri” borbottò, infine, il Cavaliere, quasi deluso nel non poter fare nulla per la ragazza.
Rimasero alcuni istanti in silenzio, poi Sango sollevò lo sguardo, decisa, verso il volto del ragazzo.
“Miroku – lo chiamò, con voce seria – Perché fai tutto questo per me?” gli domandò, a bruciapelo, con la chiara intenzione di ricevere una risposta.
Lui la guardò a sua volta, gli occhi ricolmi di decisione, anche se per un attimo furono attraversati da un leggero tremore.
“Ho promesso a tuo padre che mi sarei occupato di te” le disse e lei, senza capirne la ragione, rimase quasi delusa da quelle parole, aveva sentito in lei rompersi una speranza ignota, che stava covando da tempo.
Abbassò il capo, il volto attraversato da un veloce sorriso amaro.
“Ah, ho capito…” bisbigliò, un nodo alla gola che impediva alla sua voce solitamente forte e chiara di espandersi
“… Ma non è solo per questo” lo sentì poi aggiungere e risollevò di scatto lo sguardo verso il ragazzo, mentre invece lui si era girato, guardando davanti a sé
“Faccio questo per te perché ci tengo a te, Sango… pensavo che ormai lo avessi capito, ma mi rendo anche conto che i miei atteggiamenti possono essere facilmente fraintesi. Bè, comunque, adesso te l’ho detto…” Miroku si sentì quasi sollevato. Sollevato e, allo stesso tempo, spogliato di qualcosa.
Non era affatto sicuro di aver fatto la cosa giusta, anche perché era convinto che quelle parole l’avrebbero messa in imbarazzo, visto che sicuramente lei non provava ciò che sentiva lui.
Ma era stata lei a chiederglielo e, aveva capito, non sarebbe stata soddisfatta finché lui non le avesse dato una risposta soddisfacente.
E, infondo, perché avrebbe dovuto mentire?
Ormai da quando aveva parlato erano passati alcuni minuti, durante i quali Sango era rimasta nel silenzio più completo.
Miroku si ritrovò a sorridere sarcastico.
Si era dato la zappa sui piedi da solo. Praticamente lei gli aveva detto che era innamorata di un altro e lui le aveva fatto una specie di confessione.
Decisamente ironico.
Le schioccò un’occhiata, vedendola col capo chino, senza riuscire a vederle gli occhi.
Sorrise di nuovo per poi sospirare leggermente.
“Sicuramente sono riuscito a sorprenderti di nuovo – ridacchiò – Ma non volevo metterti in imbarazzo, ti chiedo scusa. Ora credo sia meglio che io vada, mi aspettano per alcune questioni. Ci vediamo più tardi, Sango” e senza aspettare che lei gli dicesse qualcosa, prese a camminare, allontanandosi da quello che era diventato, e se ne rendeva conto, il suo desiderio proibito e irraggiungibile.
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Tra le guglie del castello di Kaosu, il vento vorticava violento, creando una tetra melodia di morte.
La sabbia e i nugoli di polvere sollevati, fluttuavano e scorrevano fastidiosi e irrefrenabili tra le vie della città, seguendo il loro corso a spirale.
Nelle ultime settimane, la capitale del Sud fremeva più che mai, clangori e gemiti rabbiosi e ansiosi, continui, si sollevavano fino alle mura del castello, accompagnando le giornate e le notti del Signore che vi dimorava.
E quel giorno non faceva eccezione, anzi, l’agitazione dilagava tra la popolazione di Youkai.
Quella settimana, finalmente, era giunto dall’isola di Kadok l’imponente esercito di Orchi, capitanato dal re in persona, Kraeliux, con ancora gli occhi iniettati e ammaliati dal ricordo del color porpora che nel giorno dell’incontro con Naraku, aveva incantato lui e il suo popolo.
Il Signore di Kaosu sorrise eccitato e fremente sul suo trono.
Quel giorno, finalmente, si sarebbe dato il via al suo piano di distruzione e conquista.
Davanti a lui, Kumo, suo soldato fedele, gli stava riassumendo, ancora una volta, come, quel giorno, si sarebbe svolto ciò che aveva pianificato. Accanto a lui il sovrano di Kadok annuiva, il volto dall’espressione febbrile che quasi in continuazione andava a cercare gli occhi sanguigni di Naraku.
“Molto bene, Kumo – esordì il Signore del Sud – Se il nostro amico Kraeliux è d’accordo, io darei l’ordine di far partire le truppe”
“Sì, sì! Partire, partire subito!” esclamò fremente l’Orco, sotto lo sguardo quasi divertito del Majutsushi che fece un cenno al Demone che uscì subito dopo dalla sala.
La prima mossa escogitata dal sovrano del Regno del Sud era stata quella di spedire alcune delle truppe di Orchi mandati lì a Kaosu sull’isola di Arlem, in particolare al villaggio di Kandem, con il chiaro intento di distruggerlo una volta per tutte, per rimediare all’errore di dieci anni prima, quando i suoi soldati non erano riusciti a raderlo al suolo completamente, lasciando in vita proprio colei che sarebbe dovuta morire: Kagome Higurashi.
Naraku sorrise maligno. Quella sarebbe stata la giusta punizione per lei e per Eldoras, per aver osato sfidarlo per primi, liberando il Principe Inuyasha.
L’eccitazione e la già pregustata soddisfazione del sicuro e positivo esito di quella spedizione, vennero però minate da un senso di irritazione.
Da un po’ di tempo, le ricerche continue e incessanti della Shikon no Tama si erano letteralmente bloccate in un punto cieco che sembrava impossibile da risolvere.
Per i primi tempi si era seguita una pista che sembrava veritiera e attendibile, ma poi le tracce fino a quel momento scovate si erano dissolte così come erano state trovate, lasciando il Signore del Sud con l’amaro in bocca e il desiderio di soddisfacimento non esaudito.
Il Majutsushi digrignò i denti, la rabbia che gli ribolliva nelle vene.
Una violenta irritazione lo invadeva, l’idea del fallimento gli dava la nausea.
Si ritrovò a maledire Inu Taisho e la sua stupidità. Se il defunto sovrano del Sud non avesse avuto la ‘generosa ’ idea di far custodire a Eldoras maggior parte dei suoi più antichi e preziosi documenti ora non si sarebbe trovato in quelle condizioni.
Tutto ciò che riguardava il Continente delle Tre Terre era ora custodito nella capitale della Terra Centrale, e molti dei volumi contenenti la storia del Paese erano appartenuti a Kaosu.
E tra quei volumi, ovviamente, ce n’era uno in particolare riguardante la Shikon no Tama e la sua storia.
Con quello in mano, trovare il prezioso manufatto sarebbe stato sicuramente più facile.
L’odio da lui sempre covato, si incendiò di rinnovato vigore e intensità, visibile dai suoi occhi ricolmi di rabbiosa ira.
Kraeliux, che lo fissava, tremò nel guardarlo.
Naraku si alzò improvvisamente, scendendo dal trono e sorpassando, senza degnarlo di uno sguardo, l’Orco, e dirigendosi verso la grande balconata che dava sulla città, i cancelli aperti per far passare il fiume nero di Orchi che muovevano verso l’isola di Arlem, per macchiarla con il sangue dei suoi stessi abitanti.
A quel pensiero il Sovrano del Sud si ritrovò a sorridere gelido e maligno.
Quella era la sua occasione, finalmente avrebbe potuto portare a termine ciò che da troppo tempo aveva iniziato e che non aveva visto ancora una conclusione.
Finalmente avrebbe compiuto la volontà anche di Lui.
- Cadrai Eldoras, e con te la tua maledetta stirpe – e il suoi occhi colmi di un’ira antica si volsero al cielo, un cielo che avrebbe sempre voluto solcare… anche questo, ne era sicuro, sarebbe presto accaduto.
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Lo sentiva.
Non sapeva cos’era, ma lo sentiva.
Ormai da un mese, o forse anche più, avvertiva la Sua presenza, la presenza di quel qualcosa che sembrava arrivargli, toccarlo fino nell’anima.
E lo turbava.
Inizialmente ne era rimasto sorpreso, una sorte di gioia lo aveva investito. Ma poi da quella gioia si era passati all’irrequietezza, ad un senso di allarme.
E non sapeva cos’era.
Hirador sollevò le palpebre, mostrando i suoi magnifici occhi dorati.
Quella situazione lo innervosiva e, ormai, faceva fatica a nascondere la sua tensione. Soprattutto a Kagome, così perspicace e così vicina alla sua anima.
Per fortuna che c’era lei, lei che soltanto riusciva a leggergli dentro, lei che soltanto con la sua presenza o vicinanza lo faceva tremare… Lei. La sola per la quale sarebbe stato disposto a dare la vita.
Era così che doveva essere il legame fra Drago e Cavaliere, un sentimento così profondo e sconvolgente?
Non lo sapeva, ma il suo istinto gli diceva che andava bene così.
Sentì ancora quella specie di scossa che da un po’ di tempo a questa parte gli faceva capire, quasi come un avvertimento, che c’era Qualcosa, una presenza ignota e remota che gli era inevitabilmente legato.
Si stiracchiò, le possenti zampe squamate che strisciavano sul pavimento naturale di roccia del suo appartamento, la luce soffusa delle lampade e delle candele che si riflettevano sulla sua corazza, spezzandosi in mille riflessi e sfumature.
Erano passate ormai quasi due settimane da quando lui e il suo Cavaliere Supremo erano diventati una cosa sola.
Lo sentiva, non erano mai stai così vicini seppur, fin dall’inizio, tra loro si fosse instaurato un legame particolare, proprio per la sua profondità.
E proprio a causa di questo, ora riusciva meglio a comprendere quello che si poteva agitare nell’animo di Kagome, i suoi sentimenti, i suoi turbamenti, i suoi pensieri.
Da qualche tempo si era accorto in una sorta di cambiamento nell’animo della ragazza, un sentimento confuso, ma allo stesso tempo prepotente e turbolento per la sua forza, aveva cominciato a farsi strada… ed era rivolto a una persona in particolare.
L’unica a non essersene ancora resa conto, o almeno, che si imponeva di non accorgersene, era proprio la diretta interessata.
Il Drago sorrise divertito nel pensare a quanto il suo Cavaliere fosse, a volte, totalmente ingenuo.
Un formicolio familiare lo riscosse e un fremito lo percorse.
- Hirador… - la voce dolce del suo Cavaliere lo raggiunse
- Kagome… - la chiamò, quasi solo per provare il gusto di pronunciare il suo nome
- Ho finito con gli allenamenti, se mi vuoi passo a trovarti – ridacchiò divertita
- In effetti non so se ho voglia di vedere la tua faccia d’angelo… - rispose la creatura, stando al gioco
- Arrivo subito – gli rispose, ridendo, la ragazza e lui sentì la sua mente allontanarsi.
Anche lui era da poco tornato dai suoi allenamenti di volo e Magia e, a differenza dei primi tempi, si era abituato ad andare nei suoi appartamenti per aspettare la ragazza quando finiva dopo di lui. Inizialmente, proprio perché non voleva staccarsi dal Cavaliere nemmeno per un minuto, la raggiungeva sempre, anche se ancora si stava allenando. Ma ormai aveva imparato a controllarsi, a non lamentarsi per le cose più stupide – tutte riguardanti, ovviamente, la ragazza.
Dopo alcuni minuti vide la porta del passaggio che portava direttamente all’appartamento di Kagome aprirsi, e da lì fare capolino la testa bruna del Cavaliere Supremo.
Questo, nonappena posò i suoi occhi cioccolato su di lui, sorrise ampiamente, avvicinandoglisi con la sua naturale eleganza.
“Vedo che ci siamo già rilassati…” gli disse con tono ironico la miko
- Sono nel mio appartamento e faccio quello che voglio – ribatté, secco, lui, accoccolandosi meglio sul suo giaciglio fatto di morbidi e colorati cuscini, la ciotola che di solito conteneva il cibo, vuota.
“Cattivo, hai mangiato senza di me” osservò il Cavaliere, incrociando le braccia al petto e fingendosi offesa
- Era solo uno spuntino – la corresse il Drago schioccando la lingua. Lei non riuscì a trattenersi dal sorridere e gli si avvicinò ancora, sedendosi accanto a lui e prendendo ad accarezzargli il muso squamato, provocando i suoi borbottii di approvazione.
Ma proprio mentre si stava rilassando, Hirador avvertì di nuovo quella scossa colpirlo, e si scostò bruscamente dalla ragazza, chiudendo gli occhi innervosito, respirando profondamente.
“Hirador?” lo chiamò Kagome, perplessa dal suo atteggiamento. Lui riaprì gli occhi e lei rimase sorpresa nel vedervi una grande ansia.
“Che cos’hai?” gli domandò
- … Niente – le rispose lui dopo un attimo di incertezza, volgendo lo sguardo.
“Non mentirmi, lo vedo che c’è qualcosa che ti turba. E non l’ho notato solo ora, è da un po’ di tempo che ti comporti in modo strano, non ti sembra il caso di darmi delle spiegazioni?” Kagome gli parlò con voce dolce, ma anche con una nota di severità, come se quelle spiegazioni fossero pretese.
Lui la guardò di sottecchi, come un bambino che non sa se dire la verità alla madre dopo aver fatto un guaio.
Poi sbuffò e frustò l’aria con la lunga coda.
- C’è qualcosa che mi turba. Non so cos’è, ma avverto la presenza di Qualcosa, un qualcosa che mi dà un senso di familiarità e, allo stesso tempo, di completo mistero.
Kagome, c’è qualcosa, là fuori, ne sono sicuro… ho come il sentore che tra non molto succederà qualcosa di grave

Kagome lo guardò seriamente, era davvero preoccupato.
Chissà da quanto tempo sentiva quelle cose, e lei che non sapeva nulla.
Aveva notato uno strano atteggiamento da parte del Drago, negli ultimi tempi, ma aveva creduto che si trattasse di una sensazione.
“Non ho la minima idea di cosa si possa trattare. Perché non me lo hai detto prima?”
- All’inizio non ci ho dato molto peso, perciò non mi sono nemmeno preoccupato di dirtelo. Poi, però, notando che questa sensazione continuava a tormentarmi, un senso di tensione si è fatto avanti… ma non ero ancora del tutto sicuro perciò non volevo preoccuparti inutilmente -
“Ho capito, ma la prossima volta devi dirmi tutto comunque. Anche se non posso aiutarti, almeno posso ascoltarti, permettimi di farlo” il Cavaliere Supremo cercò gli occhi del Drago e quando li incrociò gli sorrise dolcemente.
- Scusami – le disse lui, rivolgendole un sguardo intenso che la face rabbrividire, come ogni volta.
Lei gli si accoccolò nuovamente vicino, accarezzandolo, sperando di smorzare quell’ansia che sentiva chiaramente pervadere l’animo del Drago.
Come lui aveva giurato di prendersi cura di lei e di difenderla, lei avrebbe fatto altrettanto, impiegando tutte le sue forze, tutte le sue energie pur di vederlo stare bene.
Questo era il significato della loro unione.


- Maledetta, maledetta, maledetta… - questa parola ormai rimbombava iraconda nella mente di Inuyasha da quasi tutta la giornata.
Dopo che si era ‘conclusa ’ la riunione nella Sala del Parlamento e dopo che Kagome lo aveva zittito nel vero senso della parola, l’Hanyou aveva passato il resto della mattinata e il primo pomeriggio a lanciare improperi e maledizioni contro la ragazza.
“Sei solo un pallone gonfiato!” borbottò stizzito, imitando la voce della miko, gli occhi ambra fiammeggianti d’ira.
“Tsk!” sbottò, innervosito al massimo.
Si sentiva umiliato, e il fatto che proprio Lei lo avesse trattato in quel modo lo mandava in bestia.
Non doveva permettersi di trattarlo così!
Senza prestare attenzione a dove andava, ma solamente a lanciare maledizioni contro Kagome, Inuyasha andò a sbattere contro qualcosa o, meglio, qualcuno.
“Stai attento, maledizione! Pensavo mi avessi visto, cagnolino!”
- No, no, no, NO ANCHE LUI!!! – sbraitò mentalmente il mezzo- demone, maledicendo la sua sfortuna
“Figurati se non avevo la fortuna di incontrare proprio te, Kouga! Bè, è stato un dispiacere, perciò me ne vado” gli disse l’Hanyou, riprendendo a camminare, ignorandolo completamente
“Se sei solo capace di litigare con Kagome, non è colpa mia. Vedi di non scaricarti sugli altri, Inuyasha” sbottò ironico e con tono altezzoso lo Youko, facendo bloccare il mezzo- demone che si voltò con sguardo furente.
“Non me ne frega niente di litigare con quella mocciosa, ma non si deve permettere di trattarmi a quel modo, e lo stesso vale per te”
“Non te ne frega niente, eh? Bè, meglio così…” disse Kouga con tono quasi soddisfatto
“Che vuoi dire?” gli chiese Inuyasha con un tono duro
“Voglio dire che è meglio se di Kagome non te ne importa più di tanto, se non per un puro interesse di dovere. Ultimamente le stavi un po’ troppo vicino…” e, dicendo quest’ultima cosa, lo guardò severo, quasi con rabbia e il mezzo- demone non poté non notarlo.
“E con questo? Ti dà forse fastidio?” gli domandò ghignando Inuyasha
“Sì, visto che ne sono innamorato” ribatté, sicuro e schietto, l’ookami Youkai, facendolo ammutolire.
L’Hanyou rimase a fissarlo sbalordito. Lui… lui era innamorato di Kagome?
Un moto di rabbia lo invase, senza capirne il motivo. E quel maledetto che addirittura gli aveva fatto osservare che, in effetti, negli ultimi tempi, lui aveva trascorso più tempo del solito con la ragazza, quasi come a volerlo rimproverare di una cosa che non avrebbe dovuto fare.
Lo guardò rabbioso, emettendo un basso ringhio.
Kouga lo guardò in modo altrettanto minaccioso.
Tra i due, senza il bisogno delle parole, era stata aperta una sfida, entrambi lo sapevano e avrebbero combattuto fino all’ultimo sangue pur di battere l’altro.
Fin da quando si erano incontrati, Inuyasha aveva provato nei confronti del Demone un sentimento di rivalità ed ora, finalmente, si erano dichiarati apertamente guerra.
Non gli sarebbe stato da meno in niente, soprattutto come Cavaliere.
Lo fissò ancora per qualche istante poi gli rivolse un sorriso di sfida e riprese a camminare, sorpassandolo.
L’incontro- scontro con lo Youkai lo aveva, in un certo senso, fatto scaricare di tutta la tensione accumulata in quel giorno e che nemmeno Harliem era riuscita a placare. Ma quando, nell’atrio del palazzo, aveva visto Kagome ridere e parlare con Miroku, Sango e con loro il Governatore e il Ministro Mendion, la rabbia aveva ripreso a ribollirgli nelle vene.
Vederla lì, tranquilla e felice dopo quello che gli aveva fatto, lo mandava in bestia.
E quando lei si accorse di lui e gli rivolse un sorrisetto divertito per un attimo l’avrebbe volentieri fatta fuori.
- Dannata mocciosa! – imprecò mentalmente, l’ira che si rifletteva nei suoi occhi dorati, facendoli diventare di una tonalità più scura.
“Inuyasha!” si sentì chiamare da Miroku che, con la sua solita faccia allegra, gli si avvicinò, dandogli una spacca sulle spalle.
“Finalmente, non ti sei fatto vedere per niente! Dove te ne sei andato?”
“Mi sono allenato per conto mio” gli rispose freddamente, avvicinandosi insieme a lui al resto del gruppo che lo salutò.
Lui e Kagome si lanciarono uno sguardo intenso e una atmosfera elettrica si diffuse tra di loro.
“Credi che parlerai ancora a sproposito, d’ora in poi, o hai capito di dover tacere, qualche volta, Inuyasha?” gli disse con tono di scherno la ragazza, facendolo tremare di rabbia.
Di nuovo, si stava prendendo gioco di lui davanti a tutti.
“Continuerò a parlare, che sia a sproposito o no, e di certo non smetterò di esprimere le mie opinioni solo perché una bambina mi dice di farlo, con incantesimi o senza” ribatté lui, con voce atona, rimanendo soddisfatto di lui stesso. Non doveva darle la soddisfazione di vederlo sbraitare per ogni sua parola. E infatti la vide arrossarsi leggermente e tremare di rabbia, sentendosi trionfatore.
Adesso era il suo turno di ridere.
“Governatore!” un richiamo ricolmo di agitazione e preoccupazione attirò la loro attenzione e videro avvicinarsi dalle porte dell’ingresso, trafelato, un soldato.
“Perché urli così, cos’è successo?” domandò il nobile Takehiko all’uomo che, piegato sulle ginocchia, cercava di riprendere fiato.
“Un… un messaggero, viene dall’isola di Arlem, è ferito” ancor prima che il soldato avesse finito di parlare, Kagome si lanciò fuori dal Palazzo, una terribile sensazione a invaderle l’animo.
Il Governatore fu subito dietro di lei seguito dal resto del gruppo.
Nell’ingresso ghiaioso del Palazzo videro steso a terra, attorniato da alcuni soldati che cercavano di curargli almeno le ferite superficiali, un uomo di mezza età, imperlato di sudore e dal viso contratto in un’espressione di dolore mentre il torace gli si alzava e abbassava in modo irregolare.
Kagome gli fu subito accanto, facendo allontanare le persone intorno e senza una parola, posò le sue mani sul corpo dell’uomo, chiudendo gli occhi e concentrandosi.
Dopo pochi istanti, dalle sue mani si diffuse una luce rosata che si propagò per il corpo dell’uomo ferito. In pochi secondi questo riprese a respirare in modo regolare, aprendo gli occhi e guardandosi intorno spaesato.
Il Cavaliere Supremo si tamponò la fronte imperlata da alcune gocce di sudore per l’energia impiegata a guarire, almeno in parte, le ferite dell’uomo.
Questo, una volta capito dove si trovava, si alzò di scatto, cercando ansioso lo sguardo del Governatore.
“Nobile Takehiko!” esclamò agitato nonappena lo vide. Il Governatore gli si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui, accanto a Kagome, posandogli una mano sulla spalla
“Calmati e dicci cos’è successo”
“Vengo dall’isola di Arlem, sono un soldato del piccolo reggimento del villaggio di Gale, mi sono anche occupato dei tre Cavalieri che sono venuti qualche tempo fa”
“Sì, è vero, adesso mi ricordo di te, ci hai fatto stare nella tua casa durante la notte” intervenne Miroku mentre l’altro annuiva.
“Tutta l’isola è stata attaccata e i pochi soldati della nostra guarnigione sono stati divisi e mandati nei vari villaggi per prestare soccorso” li informò e il volto di Kagome impallidì vistosamente
“Kandem! Che mi sai dire di Kandem?!?” chiese agitata
“Raso al suolo”.
- No, non può essere – si disse, quasi in modo ironico. Non poteva essere vera una cosa del genere.
“Stai mentendo! Che significa raso al suolo?!? E gli abitanti? Che ne è di mia nonna Kaede?!?” urlò, ricolma di rabbia e terrore, il nobile Takehiko che cercava inutilmente di trattenerla
“In pochi si sono salvati e per quanto riguarda vostra nonna… è gravemente ferita, io stesso mi sono occupato di lei… non so se ce la farà…”
“Sta zitto! Come puoi dire una cosa del genere, come puoi saperlo?!? Perché non sei rimasto con lei invece di venire qua?!?”
“Kagome, calmati!” intervenne Inuyasha da lei poco distante, prendendola per le braccia, visto che la ragazza si stava avventando sul soldato, quasi sconvolto per quella reazione violenta.
Il Cavaliere Supremo si agitò rabbiosa tra le braccia dell’Hanyou, urlando disperata.
Quando riuscì a liberarsi, si voltò con l’intenzione di fuggire, ma venne nuovamente bloccata dalla presa ferrea del mezzo- demone.
“Lasciami” gli disse, gelida, gli occhi privi di qualsiasi sentimento.
Inuyasha rimase spiazzato da quello sguardo e se la lasciò sfuggire.
Niente, nemmeno la rabbia, la disperazione, la tristezza aveva visto nelle due iridi cioccolato della ragazza, e un brivido gli aveva percorso la schiena.
Quando si riprese dello ‘schok ’ era già troppo tardi, Kagome era sparita tra le mura del Palazzo e, comunque, sapeva che quella volta la sua presenza non sarebbe servita a nulla.
“Chi vi attaccato?” la voce del Governatore, greve e severa, lo fece trasalire e anche lui riportò l’attenzione verso il soldato ancora seduto a terra
“Orchi”
“Orchi?!” il nobile Takehiko non riuscì a trattenere la sorpresa per quella notizia e come lui, così gli altri intorno a lui.
Cosa ci facevano degli Orchi fuori da Kadok, e perché attaccare proprio l’isola di Arlem?
“Signore, la situazione è grave. Noi da soli non potremo resistere a lungo, quasi tutti i villaggi dell’isola sono caduti”
“Mendion, di questo occupatene tu” rispose prontamente il Governatore, guardando seriamente il Ministro che annuì e, aiutando il soldato, entrò insieme a lui nel Palazzo.
“Sinceramente, sono convinto che ci sia lo zampino di Naraku” esordì Miroku, che diede voce al pensiero di tutti.
“Lo penso anche io. Gli Orchi non avrebbero avuto motivo di attaccare proprio Arlem, piuttosto sarebbero venuti direttamente qui. Credo che ormai Naraku si sia accorto sia della presenza di Kagome che della liberazione di Inuyasha.
“L’attacco ad Arlem è un chiaro segnale di sfida e quel maledetto ha saputo bene dove andare a colpire… là dove Kagome cela il suo punto debole…. Ho paura che commetta qualche sciocchezza” rifletté preoccupato l’uomo
“Credi voglia andare a Kandem?” gli chiese il figlio, quasi leggendo i suoi pensieri
“Non me ne sorprenderei”.
“Allora dobbiamo trovarla!” sbottò agitata Sango in pensiero per l’amica
“Non credo ce ne sia bisogno” intervenne poi Inuyasha, la voce atona e lo sguardo apparentemente indifferente
“Che vorresti dire?!” gli domandò quasi incredula la Cacciatrice, innervosita per il suo atteggiamento
“Se vuole andare a Kandem, lo dovrà fare volando… ma non credo che Hirador si presterà a portarcela, non le permetterà mai di farsi del male con le sue stesse mani”
“Inuyasha ha ragione – intervenne il Governatore – L’unico che adesso può fare qualcosa è Hirador”.

Camminava spedita, quasi barcollando, verso l’appartamento del suo Drago che già da diversi minuti aveva cercato ripetutamente di raggiungere la sua mente, avendo captato il turbinio violento e disperato che si agitava in lei.
Ma non poteva parlare, in quel momento, non ne aveva il tempo.
Kagome scrutava frenetica i corridoi che le si aprivano davanti, negli occhi il tutto e il nulla.
Non si era soffermata su quello che doveva o avrebbe dovuto fare. Non ne aveva il tempo.
Avrebbe raggiunto Hirador, sarebbe partita da Eldoras e avrebbe raggiunto Kandem, sarebbe stata al fianco di sua nonna.
Arrivò davanti all’ingresso delle stanze del Drago e con uno scatto violento, spalancò la pesante porta in metallo e trovò ad aspettarla, con gli occhi dorati ricolmi di apprensione e anche nervosismo Hirador, a quattro zampe proprio vicino all’ingresso.
“Si parte” gli disse, senza preamboli, afferrando una sella appesa alla parete.
- Che vuol dire ‘si parte ’?! Cos’è successo, è da un pezzo che ti chiamo! – il Drago la guardò indispettito mentre la ragazza continuava a preparare il necessario per il volo, senza prestargli attenzione.
Stanco di quell’atteggiamento, stando attento a non farle male, con i denti affilati afferrò la maglia della ragazza per poi trattenerla vicino a sé.
“Lasciami, Hirador! Non possiamo perdere tempo, devo andare!!!” si ribellò lei nel suo ‘abbraccio ’
- No! Se non mi dici che diavolo sta succedendo non ci muoviamo di qui! – le tuonò contro la creatura, guardandola severamente.
“Devo andare ad Arlem, il mio villaggio è stato attaccato, mia nonna è in pericolo, forse sta morendo e io non sono con lei!” disse esasperata, riuscendo finalmente a sfuggire alla presa del Drago che la guardava con sguardo duro.
“Non posso rimanere un minuto di più, Hirador! Se tu non mi vuoi aiutare, in qualsiasi altro modo, giuro che raggiungerò Kandem!”
- Tu non ti muovi di qui – le ordinò, perentorio
“Mi accompagnerai?” gli domandò Kagome, con una nota di speranza nella voce tremante
- No, e nessun altro lo farà – la voce fredda e atona di Hirador fu per lei come una pugnalata al cuore. Come poteva dirle delle cose simili, perché le impediva di poter stare accanto a sua nonna nel momento del bisogno?
“Perché mi fai questo?!? Non posso abbandonarli, hanno bisogno di me!!!” sbottò infuriata e frustrata la miko, con gli occhi ricolmi di confusione e delusione per l’atteggiamento del Drago
- Ho parlato con il Governatore proprio in questo momento e mi ha detto che sono stati degli Orchi ad attaccare l’Isola – la informò con tono fermo la creatura, facendola zittire con quell’informazione sconcertante di cui lei, fino a quel momento, era stata ancora all’oscuro visto che se ne era andata prima che il soldato potesse riferire in modo dettagliato ciò che era successo.
Kagome abbassò gli occhi, sbarrati, riflettendo incredula su quella notizia. Degli Orchi… ad Arlem?, pensò, incredula.
“N- non mi importa da chi sono stati attaccati! – riprese nuovamente il Cavaliere – Non posso comunque ignorare il fatto che abbiano bisogno del mio aiuto! Li ho difesi per anni, non posso abbandonarli proprio ora!”
- Kagome!!!– la interruppe, con un violento ruggito, Hirador, facendola quasi tremare – Ti prego, cerca di ragionare! Per quale motivo credi che degli Orchi abbiano attaccato proprio un’isola piccola come Arlem? È stato Naraku a mandarceli, e il suo intento era di certo quello di fare in modo che tu accorressi là! Non capisci che è una trappola, farai il suo gioco se raggiungi Kandem! -
La ragazza rimase a fissare il Drago, silente. Era vero, non ci aveva minimamente pensato. Ora che ci rifletteva, era chiaro che quell’attacco fosse implicitamente indirizzato a lei.
Ancora sensi di colpa che si aggiungevano alla lista.
Ancora delle vite sulla coscienza.
Le mancò il fiato.
“Dovevo esserci io, al loro posto” sussurrò con voce spezzata prima di fuggire sotto lo sguardo ricolmo di dolore di Hirador che, affranto, percepiva lo strazio e l’oblio del dolore che stava risucchiando il suo Cavaliere.
Digrignò i denti sentendosi completamente inutile.

Le forze la stavano abbandonando.
Si sentiva svenire e solo un fastidioso senso di nausea le faceva mantenere un minimo di lucidità.
Correva, correva, le gambe che si muovevano grazie alla forza della disperazione.
Correva, ma dove stava andando?
Non le importava. Non voleva vedere, sentire, parlare, il nulla….
Nella sua corsa verso le porte oscure della disperazione, avvertì a malapena le gocce lente e pesanti del temporale che, inaspettatamente e indisponente, era sorto, oscurando di nubi minacciose il cielo poco prima limpido e sgombro.
Non sapeva come, ma si era ritrovata su una delle torri del Palazzo, la balconata che dava sulla città ora bagnata dalla pioggia battente, che riempiva l’aria con il suo scrosciare cadenzato e violento, insensibile ai disagi che aveva provocato la sua venuta così improvvisa.
Una coltre di nubi oscure sembrava essersi posata su Eldoras, quasi come a volerla minacciare e proteggere allo stesso tempo.
Lampi e saette illuminavano e baluginavano a intermittenza creando un gioco di luci e ombre quasi inquietanti, andandosi a riflettere anche sulla superficie liscia e lucida della statua del Drago d’Oro che si innalzava beffardo contro il cielo plumbeo e minaccioso.
Kagome respirò affannata mentre le gocce pesanti e cadenzate le percorrevano il corpo, facendola rabbrividire.
Ma non era per il freddo che tremava… era quello che sentiva dentro di lei, un demone oscuro e impetuoso si faceva strada, la stava carpendo e con la sua voce remota e assillante la trascinava con sé, nelle profondità del vortice dello strazio.
Si avvicinò al parapetto, la vista offuscata dalle gocce che le bagnavano il viso.
Guardò sotto di lei, gli occhi ricolmi di emozioni indefinite, il vento ruggente che faceva muovere in modo scomposto i suoi capelli appesantiti dalla pioggia.
Il senso del vuoto la pervase, facendole girare la testa.
Non aveva paura, no, anzi, quella sensazione l’affascinava, l’idea del nulla, dell’oblio, in quel momento, suscitava in lei un fascino tentatore e oscuro, un qualcosa che lei non avrebbe mai dovuto provare.
Ma l’idea di non dover più soffrire, di non dover avere più responsabilità… di non avere più sulla coscienza la vita di tante persone... era così rassicurante, così invitante che la portò ad arrampicarsi, fino a trovarsi in piedi sopra il parapetto, il vento e la pioggia che, in quella posizione, sembravano ancora più violenti, quasi come volessero spronarla nel fare quello che, fino a quel momento, non l’aveva mai sfiorata, neanche col pensiero.
Morire. Abbandonarsi al dolce oblio.
Deglutì guardando la foschia sotto di lei che si era alzata.
Un balzo, e poi tutto sarebbe finito.
Tutto.
Chiuse gli occhi mentre una lacrima sfociava dal suo occhio, mescolandosi con le gocce di pioggia….
Un balzo, poi più nulla.

FINE 22° CAPITOLO.
Lo so, sono cattiva.
Ma la suspance ci vuole e io, in un certo senso, mi diverto anche a farvi stare sulle spine XD. La soluzione migliore sarebbe che io pubblicassi al più presto, in modo tale da non accumulare troppi accidenti e maledizioni da parte vostra.
Vedrò cosa posso fare XD.
Bè, non ho molto da dire, questo capitolo è stato tutta una sorpresa, in modo particolare la parte finale… bò, sta a voi dire qualcosa, adesso.
Vi lascio, e vi auguro una buona settimana – la mia sarà un inferno ç___ç
Spero di tornare al più presto,
baci,
ka_chan ^_______^

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Capitolo 23
*** cap23 “QUELLO CHE POSSO FARE PER TE” ***


Bentrovati miei carissimi lettori!!! ^__________^
Che gioia poter essere di nuovo qui! E sono stata anche brava, direi, Efp è tornato solo ieri e io oggi sono ‘già ’ qui! Stiamo migliorando, non trovate? XD
Bando alle ciance, spero abbiate passato delle buone vacanze e anche un buon 25 aprile, ingozzandovi di cioccolata, colombe e compagni XD
Well, visto che è passato quasi un mese dall’ultima volta in cui ci siamo ‘visti ’, non mi dilungo più del dovuto e passo a ringraziare chi ha commentato il precedente capitolo: Makino; Topomouse; Lorimhar; Elychan; raska81; lalla86; Ragnarok79; mew manu; Elly; nike93; cri-chan; Honey; inukun.
Eccovi, qua, più belli che mai ci siete tutti! XD
Bene, senza perdere altro tempo – visto che ne è passato fin troppo XD! – vi lascio al 23° capitolo che – come mi augurò – scatenerà le gioie di molti per una certa cosa….
Vabbè, vi lascio leggere che è meglio! ^________^

23° CAPITOLO “QUELLO CHE POSSO FARE PER TE”

Si sentì afferrare violentemente da dietro, finendo rovinosamente a terra mentre la pioggia continuava a scrosciare inarrestabile.
- Ma che diav – pensò nell’arco di un secondo Kagome, i capelli che le invadevano ribelli il volto.
Si guardò intorno, nella confusione più totale per quello che era successo nell’arco di un frangente.
“Si può sapere che diavolo stavi facendo, razza di stupida?!?” si sentì urlare all’improvviso nelle orecchie e, girandosi, vide Inuyasha, chiaramente alterato, seduto di fianco a lei.
Lo guardò per qualche istante, perplessa, quando una violenta rabbia si impadronì di lei.
“Tu, razza di cretino, cosa ci fai qui!?”
“Cosa ci faccio?!? Se non fossi arrivato in tempo ora te ne staresti spiaccicata là in fondo!” ribatté con foga il mezzo- demone, indicando il cornicione.
“Che?” sbottò confusa la ragazza, spostando lo sguardo verso la direzione indicata dall’Hanyou.
Se non fosse stata così arrabbiata si sarebbe messa a ridere.
“Tu hai pensato che volessi buttarmi? Mi credi così stupida da volermi suicidare?!?” gli domandò furibonda, tanto da farlo rimanere basito.
“Come puoi pensare che volessi sprecare in questo modo la mia vita?!? Se devo morire, voglio che succeda dopo che avrò eliminato Naraku, non prima!” e si alzò, lo sguardo ricolmo di indignazione.
Va bene che era rimasta a dir poco sconvolta per quello che era successo a Kandem, ma non era così stupida da andare all’altro mondo in quel momento… e proprio con le sue mani!
Sì, per un momento il desiderio fremente di poter non soffrire, di non avere tutte quelle responsabilità, quei sensi di colpa che l’avevano avviluppata nella loro consolazione ingannatrice, l’aveva quasi afferrata, ma, ancora una volta, era riuscita a respingerlo, annaspando in quel mare torbido di continue sofferenze.
Non era ancora il momento per lasciarsi andare.
“Quindi… non… non avevi intenzione di… suicidarti?” le chiese titubante Inuyasha, quasi incredulo
“No, maledizione, no!” gli rispose acida e innervosita lei, fulminandolo con lo sguardo.
Sospirò stizzita, alzando il volto, con gli occhi chiusi, in direzione delle nuvole che ancora continuavano a scaricarsi, a lasciare andare le preziose gocce vitali che andavano a dare nuova energia e nuova vita alle piante della terra.
Riaprì gli occhi ametista e, senza una parola, se ne andò, rientrando nel Palazzo.
Il mezzo- demone rimase a fissare il punto in cui vi era prima la ragazza, la pioggia battente che lo avvolgeva nel suo ritmo cadenzato e insistente.
Strinse le mani a pugno, digrignando i denti mentre qualcosa, in lui, si era spezzato.
Quasi un senso di vergogna aveva cominciato a turbinare, a scorrergli nelle vene, accompagnato da un fastidioso quanto tedioso senso di inutilità… di impotenza.
Questa volta, lui – pensò – non poteva fare niente.
Volse lo sguardo nel punto in cui Kagome era scomparsa, dietro la porta che conduceva all’interno del Palazzo.
L’avrebbe rivista affogare in quel vortice di disperazione e sensi di colpa?
L’avrebbe rivista come quel giorno, sulla torre, dopo che le era stata rivelata la verità sulla sua identità?
L’avrebbe rivista… con quell’espressione dura, gli occhi ricolmi solo di una disarmante freddezza?
L’avrebbe rivista… sorridere ancora? Vedere i suoi occhi illuminati da una luce remota, impalpabile, ma, allo stesso tempo, abbagliante?
Non lo sapeva, quello di cui era certo era che quando l’aveva vista lì, sul cornicione con lo sguardo vuoto, il suo cuore aveva smesso di palpitare e lo slancio per afferrarla, per impedirle di cadere nel vuoto, gli era venuto naturale, non aveva avuto il tempo di riflettere, e, ne era convinto, se fosse tornato indietro non lo avrebbe fatto comunque.
Lei non poteva morire, maledizione, e benché meno in quel modo!
Il suo sguardo si fece duro e determinato.
Il lui, prese coscienza un nuovo desiderio, un qualcosa che non voleva abbandonare, per niente al mondo.
Sollevò il capo, lasciandosi accarezzare dalle fredde gocce, ora più lente e fini, nonostante il cielo ancora plumbeo.
Sorrise impercettibilmente, forse aveva capito quale sarebbe stato, quella volta, il suo ‘ruolo ’.
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Si guardò intorno, lo sguardo indifferente al mondo che lo circondava.
Le fronde degli alberi verdeggianti si muovevano con eleganza ogni qual volta il vento li accarezzava gentilmente, facendo espandere il loro fruscio rilassante.
Doveva ammettere che era una bella zona.
Durante i suoi pellegrinaggi di posti ne aveva visti fino alla nausea, e, comunque, per lui non faceva mai differenza.
Però stare lì era confortevole.
Alzò il volto, puntando gli occhi ambrati sul ‘tetto azzurro ’ che lo sovrastava, a tratti percorso da strisce bianche impalpabili e leggere.
Riabbassò il viso, puntando lo sguardo sulla superficie del lago che aveva davanti.
Quanti anni erano passati, ormai?
Quattordici?
Sorrise sarcastico. Era quasi convinto che ne fossero passati molti di più.
Ma per uno come lui, lo scorrere del tempo non faceva né caldo né freddo.
A Lui, forse….
“Padron Sesshoumaru, padron Sesshoumaru!” una voce gracchiante lo distolse dalle sue irritanti riflessioni, se ripensava a chi gli era venuto in mente….
Puntò appena lo sguardo su colui che lo aveva interpellato.
Jaken.
Stare a sentire quello che aveva da dire non sarebbe stato meno irritante che pensare a ‘quella ’ persona.
“Cosa c’è, Jaken?” gli domandò secco e gelido come suo solito.
L’interpellato si bloccò per poi procedere verso quello che aveva chiamato ‘padrone ’ con titubanza.
Deglutì, mentre un rivolo di sudore freddo gli scendeva da una tempia.
Era da anni che lui, Jaken - un piccolo Demone dal volto rugoso e gli occhi gialli - era al servizio del nobile Sesshoumaru, potente Youkai, e primogenito del defunto Inu Taisho, ex reggente del Regno del Sud.
“Ecco… come avevate dedotto, qui, nelle vicinanze, c’è un piccolo villaggio” lo informò, la voce gracchiante leggermente tremula.
“Hai visto se ci sono Youkai?” gli chiese di rimando il Demone, senza guardarlo, la voce atona
“Sì, anche se non sono in molti… del resto siamo nella Terra Centrale, è naturale che Demoni e Ningen coabitino”.
Senza prestare attenzione a quello che stava dicendo, Sesshoumaru si alzò dal masso sul quale si era seduto, prendendo a camminare in direzione della foresta che si ergeva davanti a loro.
“Pa- padron Sesshoumaru, aspettatemi!!”.

“Rin”
“Oh, nobile Sesshoumaru!”.
Una graziosa bambina, di circa dieci anni, corse in direzione dello Youkai che l’aveva interpellata mentre, seduta placidamente contro un tronco, nascosta da diversi fitti cespugli, finiva di gustarsi l’ultima delle mele che aveva raccolto da uno dei tanti alberi che le offrivano.
Jaken, come sempre, le rivolse un’occhiata insofferente.
Perché il suo padrone si ostinava a portarsela dietro?
Continuava a ‘prendersi cura ’ di una stupida… Ningen! Una Ningen!
“Allora? Cosa facciamo?” domandò allegra la piccola, sorridendo ampiamente sotto lo sguardo freddo dello Youko.
“Andiamo al villaggio” le disse, lanciando poi un fischio.
Poco dopo, dal cielo, atterrò un Demone- drago, a due teste, il quale, nonappena ebbe toccato terra, emise alcuni ruggiti, sbuffando e agitando un poco la coda.
“Ah- Un!” esclamò contenta Rin, correndo incontro alla creatura
“Andiamo” ordinò secco Sesshoumaru, prendendo a camminare in direzione del villaggio che aveva avvistato poco lontano da lì.
Jaken seguì il gruppo borbottando, continuando a lanciare sguardi biechi alla piccola che, felice, cavalcava Ah- Un.
Quanto tempo era passato da quando quell’umana si era unita a loro?
Tre anni?
Ripensò a quel giorno. Al tempo, si trovavano nel Regno del Sud - nelle immediate vicinanze del confine con la Terra Centrale - nonostante il bando di esilio che gravava sulle loro teste. Ma questo, al suo signore Sesshoumaru, non era mai importato.
Erano tornati lì per una delle ricerche del suo padrone quando, all’improvviso, mentre stavano per attraversare il confine, erano stati attaccati da un imponente gruppo di Youkai.
All’inizio avevano pensato che fossero dei soldati di Naraku, ma, invece, si erano rivelati dei semplici briganti spaventosamente organizzati.
Riuscirono a sostenere l’attacco nel primo tempo, ma poi le intemperie che si abbattevano lì, sulle Montagne della Luna, li misero in difficoltà, tant’è che finirono con l’essere accerchiati.
Ovviamente, alla fine, erano usciti vincitori dallo scontro, ma il suo signore aveva riportato diverse ferite, delle quali alcune profonde.
Temendo altri attacchi, si erano allontanati velocemente dal confine, ritrovandosi, però, nel cuore della catena montuosa.
Ed è lì che avevano incontrato Rin.
Lei, e lo stormo di cadaveri congelati che riempivano il villaggio in cui abitava.
Con lo sguardo sconvolto e terrorizzato li aveva visti, indietreggiando di paura per la loro natura di Youkai.
Ma poi, avendo visto gli occhi ambra del più grande dei due Demoni, il suo sguardo si era addolcito.
Lei, e solo lei, era riuscita a percepire quel fondo di sofferenza che albergava in quelle iridi fredde più della neve che stava cadendo su di loro, avvolgendoli nel suo gelido mantello.
Così li aveva accolti nella sua piccola casa e curato il suo padrone Sesshoumaru.
Sospirò.
Era – purtroppo – innegabile che era grazie a lei se non erano morti congelati.
Ma che senso aveva avuto, poi, portarla con loro?

Poco dopo, arrivarono nei pressi del villaggio.
Questo, di modeste dimensioni, come Jaken stesso aveva appurato, era abitato sia da Youkai che da Ningen.
Sesshoumaru storse il naso.
Un altro nucleo di contadini votati alla pace.
Si trovavano nella parte più ovest del territorio della Terra Centrale, zona prevalentemente occupata da villaggi di quel tipo, solo sulla costa e nelle aree più centrali si potevano trovare vere e proprie città.
Di certo lì non dimorava qualche Drago.
Lo Youko mosse un passo avanti, prendendo a dirigersi verso il villaggio, seguito immediatamente da Rin e Jaken, il quale piuttosto reticente nell’ ‘abbassarsi ’ a mettere piede in un posto del genere.
Rimanendone quasi stupiti, nell’avvicinarsi all’entrata del villaggio – preventivamente, come tutti, protetto da un’alta barricata in legno – la videro affiancata da quattro ‘soldati ’ armati di tutto punto.
Era raro, da quelle parti, vedere una cosa del genere. Solitamente quel tipo di villaggi – e soprattutto in quelle zone – erano sprovvisti di particolari controlli, anche perché non ce n’era l’effettivo bisogno.
Sesshoumaru alzò un sopracciglio. Evidentemente era successo qualcosa.
Quando arrivarono davanti ai quattro soldati – due Umani e due Demoni - , questi li guardarono incuriositi vista la strana compagnia.
“Che vi porta da queste parti?” esordì uno di quelli, un giovane Neko – Youkai
“Provviste” rispose semplicemente Sesshoumaru, con voce atona.
“Certo, certo! – continuò allegramente lo Youko, senza badare al suo tono – E da dove venite?”
“Dalla costa” disse nuovamente, monosillabo, l’Inu- Youkai, cominciando a trovare tutte quelle domande fuori luogo.
“E dove siete diretti?” chiese un altro dei soldati, questa volta uno dei due Ningen.
Sesshoumaru gli rivolse uno sguardo gelido “Alla capitale”
“Eldoras? Mmmh, chissà se vi lasceranno passare…” obiettò perplesso un altro dei due Youkai
“E per quale motivo?” sbottò Jaken, ottenendo uno sguardo fulminante da parte del suo padrone.
“Eldoras è in guerra, come tutta la Terra Centrale, del resto. Naraku ha dato il via alle sue macchinazioni diaboliche” li informò lo Youko che per primo gli aveva rivolto la parola “Non ne sapevate niente?” domandò loro, quasi sconcertato
“Non ci fermiamo mai abbastanza per aggiornarci” spiegò brevemente Sesshoumaru.
“Bè, dovete sapere che diversi giorni fa l’isola di Arlem è stata attaccata da uno degli eserciti di Naraku”
“E con questo? Che c’è di strano?” chiese annoiato Jaken mentre Rin, sulla sella di Ah- Un, sbadigliava, anche lei annoiata da quei discorsi, ma per altri, ovvi, motivi
“C’è di strano… che l’esercito fosse composto da Orchi”
“Orchi?!?” sbottò meravigliato Jaken
“Questo, molto probabilmente, perché il Governatore ha fatto adirare con le sue decisioni quello psicopatico”
“Che tipo di decisioni?” intervenne l’Inu Youkai, ora vagamente interessato
“Oh, bè, per esempio, quella di aver ricostituito il Consiglio delle Tre Terre”
“Già – si intromise il giovane Umano – Saprete, no, che finalmente il trono è tornato nelle mani di un Higurashi! La Principessa Kagome è ancora viva ed è il nostro Cavaliere Supremo!”
“Precisamente… e il Consiglio è proprio formato da lei, il figlio del Governatore, il nobile Miroku – che, peraltro, è un potentissimo Majutsushi - , la Principessa Sango, figlia del reggente del Regno del Nord e, infine, il secondogenito del defunto Re Inu Taisho, Inuyasha, il quale lo si credeva morto”
“Inuyasha?!?” sbottò più che sbalordito Jaken che si azzittì immediatamente vedendo l’occhiata rivoltagli dal suo padrone.
“Lo conoscete, per caso?” domandò uno dei soldati
“No, affatto” rimediò immediatamente lo Youkai dagli occhi ambrati “Ora, se permettete, avremmo le nostre commissioni da fare”
“Oh, sì, certo, entrate pure!”.
“M… mio signore… avete sentito?” esordì dopo un po’ Jaken mentre si aggiravano per la piccola comunità.
“Sì, Jaken, non sono sordo… e, soprattutto… so fin troppo bene qual è il nome del mio ‘amato ’ fratellino”
“Ma… ma è inammissibile che un Hanyou venga investito di una simile carica!”
“Dimentichi dove siamo, Jaken… qui le cose vanno ‘al contrario ’” tagliò corto l’Inu Youkai, guardandosi intorno, imitato da una Rin entusiasta.
In ogni dove un animato via vai di gente rendeva vitale la cittadina, con il diffuso chiacchiericcio tra le varie bancarelle e davanti alle entrate dei diversi negozi.
Però, in quell’apparente tranquillità e normalità, spiccavano le corte e lunghe spade che gli uomini indossavano, e i vari soldati che si aggiravano per il villaggio, controllando in modo particolare le uscite e gli eventuali punti deboli delle mura esterne.
Sesshoumaru continuò a guardarsi intorno, per poi fermarsi.
“Alloggeremo qui, sta notte” ordinò, perentorio, mentre Rin e Jaken sollevavano lo sguardo per leggere il nome dipinto con colori vivaci sull’insegna in legno lucido.
“La locanda d’Oro” lesse lo Youkai dagli occhi gialli mentre la piccola Rin guardava ammirata il disegno scintillante impressovi di una fata.
“Si- signore… io credevo che saremmo ripartiti subito…”
“Se vuoi puoi anche farlo” tagliò corto Sesshoumaru, entrando nella locanda, seguito dalla bambina scesa da Ah- Un.
Con un allegro cigolio, la porta in legno d’acero della locanda si aprì, svelando l’accogliente interno della sala dove il vociare dei commensali riempiva l’atmosfera.
L’Inu Youkai si guardò appena intorno, ignorando gli sguardi curiosi dell’intera locanda che si erano posati sulla strana compagnia forestiera.
Indifferente, Sesshoumaru si diresse a passo svelto e sicuro verso un tavolo libero, in un punto appartato della sala, vicino alle finestre di vetro soffiato colorato che davano sull’esterno.
Si sedette, seguito a ruota dalla sorridente Rin e dal diffidente Jaken.
“Un… un posto tranquillo” commentò il piccolo Demone, guardandosi intorno, i commensali che erano tornati a prestare attenzione alle loro pietanze e ai loro pettegolezzi.
L’altro Youko non rispose, limitandosi a volgere un’occhiata all’ambiente che li circondava.
Una sala quadrangolare, una trentina di tavoli, ricolmi di Ningen e Youkai, disposti in modo ordinato, sfruttando appieno lo spazio offerto dal perimetro lungo il quale la sala si estendeva.
Il bancone splendeva lucido sul fondo della sala, dalla parte opposta dell’entrata, con posizionati sul davanti una serie di alti sgabelli, occupati da persone intente nel sorseggiare grandi boccali di birra dorata con le orecchie tese ad ascoltare gli ultimi pettegolezzi del locandiere, un omone alto, con folti capelli brizzolati e una barbetta nera a contornargli i lineamenti affilati e duri.
“Posso prendere le vostre ordinazioni?” una voce allegra e leggermente acuta lo distolse dalla sua perlustrazione del posto. Volse lo sguardo, trovandosi ad incrociare un paio di allegri occhi bruni, contornati da una frangetta castana- dorata.
Una femmina.
“Pensaci tu, Jaken” ordinò l’Inu Youkai, distogliendo lo sguardo da quello della ragazza che lo osservò curiosa, per poi rivolgere la sua attenzione verso il piccolo Demone verde e la bambina che la guardava quasi ammirata.
Con calma, annotò quanto Jaken gli disse, mantenendo il suo sorriso cordiale sul volto magro e fine.
“Come ti chiami signorina?” sbottò allegra e curiosa Rin, verso la fanciulla
“Sarah, e tu piccolina?” le domandò a sua volta, chinandosi vicino alla bambina e posandole una mano sul capo
“Rin, mi chiamo Rin!”
“Lo sai che hai un bellissimo nome?” le disse sorridendo dolcemente Sarah, facendo risplendere di gioia gli occhi vispi della piccola
“Anche il tuo è bello, signorina! Tu abiti qui?”
“Sì e-”
“Basta, Rin” le interruppe, perentorio e gelido Sesshoumaru, senza però rivolgere loro lo sguardo
“Sì, signor Sesshoumaru…” disse rattristata la bambina, abbassando lo sguardo.
Sarah rivolse uno sguardo perplesso al Demone, una certa irritazione per il suo atteggiamento a farla leggermente rabbrividire.
Pose una mano sul capo di Rin, sorridendole, per poi allontanarsi verso il bancone, per dare le ordinazioni al locandiere.
“Rin, devi imparare a stare al tuo posto!” sbottò Jaken, rimproverandola, ma, a differenza di prima, quando l’altro Youko l’aveva ripresa, questa volta il volto della bambina si fece duro
“Io faccio solo quello che mi dice il signor Sesshoumaru!” e gli fece una smorfia, scatenando le sue ire
“Piantala, Jaken” lo interruppe con tono secco l’Inu Youkai, facendolo zittire immediatamente.
Così, spenti sul nascere tutti i litigi, i tre presero ad aspettare con calma l’arrivo delle loro ordinazioni, mentre, per la locanda, cominciava un via vai di persone, tra chi entrava per gustarsi qualche buon piatto caldo, e chi usciva per aver bevuto qualche goccio di troppo.
“Ecco le vostre ordinazioni” come prima, la voce della cameriera, Sarah, attirò la loro attenzione e i tre si limitarono ad osservarla mentre posava sul loro tavolo una serie di piatti e tre boccali.
“Grazie” le disse allegra Rin quando Sarah le pose davanti il suo piatto ricolmo di caldo stufato
“Prego” le rispose l’altra con un largo sorriso e si volse per andarsene
“Vorremmo pernottare qui, questa notte” disse Sesshoumaru prima che se ne andasse, senza però guardarla
“Sì, credo che siano rimaste alcune camere libere…” rifletté la ragazza
“Ne basta una” la informò il Demone con il suo solito tono duro e glaciale.
“Come volete” ribatté leggermente seccata Sarah, per poi voltarsi di scatto, facendo fluttuare i lunghi capelli castani chiari, trattenuti sul davanti da un nastro di seta rossa.
“Queste Ningen sono un po’ troppo indisponenti” osservò indignato Jaken senza però smettere di gustare avido la sua pietanza.
Sesshoumaru si limitò a sorseggiare il suo boccale di birra, indifferente a tutto ciò che lo circondava.
Ma anche se ostentava la sua abituale indifferenza, non poteva fare a meno di pensare a quanto aveva appreso.
Doveva ammettere che la notizia di sapere il suo fratellastro ancora vivo… lo aveva sorpreso. Da tempo, ormai, aveva cominciato a dare per scontato che fosse morto.
E invece… Inuyasha, quel misero Hanyou era ancora vivo.
Sorrise sarcastico. Anche se mezzo- demone, il suo fratellino aveva dimostrato di avere una certa resistenza.
E ora… quello stesso miserabile era un membro del Consiglio delle Tre Terre.
Un dubbio raggelante e allo stesso tempo irritante si fece strada nel suo animo solitamente fermo e gelido.
E se Inuyasha fosse diventato… un Cavaliere?
Questa probabilità lo faceva alquanto irare.
Non un Hanyou, non Lui poteva diventare Cavaliere!
Con uno scatto violento, fece sbattere il boccale sul tavolo, facendo ammutolire l’intera locanda.
Jaken lo guardò spaventato, e un tremore terrorizzato si impossessò di lui quando i suoi occhi gialli si fissarono su quelli dorati del suo padrone.
Mai li aveva visti così ricolmi di furia, e mai lo aveva visto compiere simili gesti. Di solito, il suo signore Sesshoumaru non mostrava mai le sue emozioni.
L’Inu Youkai si alzò di scatto, dirigendosi verso la porta della locanda e ignorando gli sguardi perplessi dei commensali che ritornarono ad occuparsi dei loro affari nonappena lo Youko uscì.
Con velocità sorprendente, Sesshoumaru uscì dal villaggio, eludendo anche la guardia dei vari soldati appostati alle uscite, e prese a correre verso una meta indistinta, lo sguardo ricolmo di una marea di emozioni e allo stesso tempo freddo come il ghiaccio.
Lui, Sesshoumaru, primogenito del grande Inu Taisho, aveva visto il suo Regno andare in rovina, venire risucchiato dall’oscura ragnatela di quell’inetto di Naraku che aveva osato bandirlo dalla sua patria.
Spettava a lui rimpossessarsi della sua terra, del suo trono, della dignità della sua casata caduta in rovina.
E di certo non avrebbe dato questa possibilità al suo odiato fratellastro.
Quello di riportare agli antichi fasti la sua stirpe era un suo compito, un suo diritto.
Suo e di nessun altro!
- Inuyasha… non ti permetterò di fare tuo quello che mi spetta di diritto…. Farò rinascere il mio Regno spargendo il tuo sangue macchiato della colpa di essere nato con quello macchiato della colpa del tradimento di Naraku! -
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Dal giorno dell’attacco all’Isola di Arlem era passato circa un mese.
Eldoras, per tutti quei lunghi giorni, non si era mai fermata un attimo e, dopo tanti anni, aveva rivisto i suoi cieli oscurati dalle imponenti figure del suo esercito di Draghi.
Tutta la Terra Centrale era costantemente monitorata dalle continue e serrate perlustrazioni dei gruppi speciali di Cavalieri, con il compito di individuare un qualunque germe di pericolo per la capitale.
Ma l’esercito di Orchi, che come un ciclone aveva colpito violento e improvviso Arlem, si era come volatilizzato, scomparso tra le nebbie che circondavano la costa orientale della Terra Centrale, come un incubo inafferrabile e da cui non è possibile fuggire.
Il Parlamento, nella capitale, lavorava senza sosta, continue assemblee e riunioni di emergenza si susseguivano nel corso dei giorni senza tregua, poiché ogni giorno c’era sempre qualcosa da fare e da organizzare.
Uno dei compiti più importanti gravava sulle spalle di Mendion che, in quanto Ministro della Difesa, si doveva occupare di organizzare le innumerevoli squadre di ricerca da mandare anche negli angoli più remoti del Paese, le squadre speciali che dovevano recarsi nei villaggi e città sparsi per la regione e addirittura quelle che dovevano recarsi nei Paesi alleati, in particolare il Regno del Nord, verso il quale era stata rivolta anche una missiva di pronto intervento per quando il martello nelle mani di Naraku si fosse abbattuto su di loro con tutta la sua forza.
Arlem non era stato che un assaggio, e loro lo sapevano bene.
“Io propongo di mandare una squadra speciale anche nel Regno del Sud! Abbiamo bisogno di sapere che sta succedendo!” una voce potente si innalzò tra le pareti imponenti della Sala del Parlamento, acclamata in seguito da chi la occupava.
Anche quel giorno, in inoltrato pomeriggio, si stava tenendo un’assemblea a cui stava partecipando quasi tutto il Parlamento.
“Capisco le tue ragioni, Tsume, ma adesso come adesso credo sarebbe inutile” obiettò il Governatore con voce chiaramente stanca alla proposta avanzata dal rappresentante di uno dei clan degli Ookami Youkai.
“E per quale motivo, se mi è permesso saperlo?” domandò a sua volta lo Youko, leggermente alterato per tutta quella reticenza, gli occhi affilati lampeggianti di irrequietezza.
“Come minimo bisognerebbe mandare una squadra di cinque uomini, massimo sei – si intromise Kouga – Non sopravvivrebbero cinque minuti nonappena messo un piede dopo il confine. Naraku avrà pensato a tutto, anche a come bloccare eventuali squadre di ricerca, in modo particolare quelle speciali.
“Non solo dispone di Youkai formidabili e, ora, di un esercito di Orchi di cui ignoriamo l’entità, ma dalla sua ha anche la Magia. Non mi stupirei se avesse fatto non so quale incantesimo per tenere sotto controllo il confine ed eventuali intrusioni.
“Ora come ora, mandare una squadra nel Regno del Sud, sarebbe solo un’inutile condanna a morte”.
L’intera Sala ammutolì, riflettendo su quanto detto dal giovane Cavaliere, a capo però di uno degli squadroni più potenti della Milizia.
“Kouga ha espresso con precisione e chiarezza qual è la situazione e il perché non possiamo penetrare nel Sud – esordì Mendion, attirando l’attenzione della Sala con la sua voce tranquilla, ma, in quel momento, ferma e decisa più che mai – Ho organizzato personalmente ogni singola squadra, conosco il volto di ogni singolo soldato e Cavaliere che compongono il nostro esercito e, credetemi, non c’è nessuno, purtroppo, in grado di compiere una simile impresa.
“Non sapere quello che il nemico ci riserva ci mette in svantaggio, è vero… ma noi disponiamo di una forza che non può immaginare. Il Sud combatte per un destino di morte e distruzione, noi per uno di libertà e pace. Il nemico non conosce il valore della vita, noi sì, ed è questo che ci farà vincere”.
Un boato di acclamazioni si alzò da parte dei membri del Parlamento, rinvigoriti dalle parole infuocate del Ministro.
Takehiko rivolse un sorriso di complicità a Mendion. Malgrado le apparenze, Mendion era in possesso di una forza e di una fermezza tali da sorprenderlo ogni volta.
Per lui non c’era cosa più importante che la sua terra.
“Scusate, Governatore” una voce prevalse sul vociare degli altri presenti nella Sala, che si azzittirono all’istante.
“Parla, Kelth” disse Takehiko, guardando negli occhi il capitano di uno dei reggimenti di fanti dell’esercito
“Si tratta della Principessa Kagome. Durante le nostre numerose riunioni non se ne è parlato, ma vorrei sapere con precisione se è stata organizzata una squadra destinata alla sua protezione”
“Hai ragione. Finora non è stato riferito niente di ufficiale, ma comunque la squadra c’è, ed è già stata organizzata. Io e il Ministro Mendion abbiamo preso questa decisione in quanto eravamo sicuri che voi onorevoli membri del Parlamento l’avreste approvata.
“Abbiamo deciso di affidare la protezione della Principessa ai tre membri del Consiglio delle Tre Terre, mio figlio Miroku, Sango di Mend e il Principe Inuyasha”.
Una serie di assensi e di commenti favorevoli si dispersero tra le mura della Sala e il Governatore sorrise soddisfatto. Infondo non avrebbe potuto affidare la protezione di sua cugina a elementi migliori.
“Signori, per oggi direi conclusa questa assemblea. Le cose da fare sono molte e non possiamo permetterci di perdere altro tempo a parlare. Vi chiedo di tornare alle vostre occupazioni” detto ciò, il nobile Takehiko vide il progressivo svuotarsi ordinato della Sala, ogni membro del Parlamento tornare ad occuparsi del proprio compito.
Sospirò, stanco, appoggiandosi alla sedia.
“Ci aspettano tempi duri” commentò Mendion, vicino a lui
“Sì, questo non è che l’inizio”.


“Inuyasha!”
“Uh? Oh, ciao Sango”.
Nel frattempo, mentre l’assemblea nella Sala del Parlamento si era conclusa, Inuyasha aveva terminato i suoi allenamenti di Magia insieme a Miroku, il quale era andato a cambiarsi.
“Che hai, mi sembri un po’ agitata” le disse l’Hanyou, guardandola stranito.
“È così, infatti. Kagome è sparita”
“Cosa?!? Ancora?” sbottò il mezzo- demone
“Già… l’ho persa di vista un attimo e non c’era già più” lo informò la ragazza, con un espressione tra il preoccupato e il rammaricato
“Quella stupida ragazzina! Non preoccuparti, Sango, ci penso io a trovarla!” la rassicurò, deciso, con sguardo di fuoco.
- Non so se essere più preoccupata, adesso – pensò la Cacciatrice, avendo notato lo sguardo furibondo del Cavaliere.
Senza aspettare un secondo, lo vide andare via con passo svelto, per dirigersi fuori dal Palazzo, alla ricerca della Principessa che da un mese a questa parte si era rinchiusa nel suo mondo fatto di freddezza e solitudine.
Sango sospirò, sconsolata. Le mancava la Kagome allegra e anche un po’ fragile. Le mancava la Kagome che l’ascoltava e che la faceva calmare ogni qual volta Miroku mettesse le mani dove non doveva.
Le mancava la vera Kagome.

Inuyasha si aggirava per il perimetro del Palazzo quasi come un’anima in pena.
Tutti quelli che incrociavano la sua figura tesa, non potevano far altro che rabbrividire nel vederne l’espressione contratta e gli occhi lampeggianti di ira infuocata.
E il brontolio basso che usciva dalle sue labbra di certo non rendeva la sua figura più attraente.
Da un mese a questa parte quella era una scena che si era ripetuta più di una volta.
E la sua pazienza, già di natura scarsa, si era esaurita.
- Qui è inutile cercare – pensò, dato che non avvertiva, nemmeno in modo impercettibile, l’odore della ragazza. Se fosse stata nel Palazzo lo avrebbe già saputo da un pezzo.
Perciò decise di dirigersi verso l’esterno, l’unica parte che ancora non aveva controllato.
Mosso da desiderio di vendetta più che da senso di dovere, il mezzo- demone perlustrò in lungo e in largo tutta la parte verde che circondava la dimora della Famiglia Reale, dalla grande fontana dove erano soliti ritrovarsi, fino alla Dimensione degli Elementi, nella quale lui stesso, da un po’ di tempo a questa parte, aveva preso ad allenarsi.
Niente. Di lei, di quella ragazzina viziata neanche una traccia.
Poi, come un flash, nella mente gli si materializzò l’immagine del lago che si trovava nella parte più fitta della foresta.
Non sapeva perché, ma il suo sesto senso gli diceva che forse lì avrebbe trovato la sua preda.
E il suo sesto senso non lo aveva mai tradito.
Con passo svelto e ansioso, si diresse verso la nuova meta, convinto che, questa volta, avrebbe avuto la possibilità di sfogarsi con l’immagine in carne ed ossa di Kagome, e non con una sua proiezione mentale che da un po’ di tempo era diventata la sua unica valvola di sfogo.
Dal giorno dell’attacco all’Isola di Arlem c’era stato un peggioramento decisamente drastico.
Alcune volte si era ritrovato a pensare che la giovane fosse stata addirittura fin troppo amichevole ai tempi in cui loro stessi si erano recati ad Arlem in sua ricerca.
L’unica descrizione che ora si poteva dare di Kagome era ‘blocco di ghiaccio ’.
Sospirò, un misto di rassegnazione e irritazione.
Almeno quando c’era stato quel fraintendimento sul tetto, quando aveva creduto che la ragazza volesse suicidarsi, da parte di lei c’era stata una reazione… sì, si era arrabbiata, ma almeno l’aveva vista piena di quella linfa infuocata tipica del suo carattere.
E adesso?
Adesso era un involucro di bell’aspetto, vuoto di un qualsiasi sentimento.
Ma non era così, e lui lo sapeva bene.
Era quello che Kagome dimostrava, solo perché quello era il suo desiderio.
Riflettendo sulla situazione, non si era accorto di essere arrivato nei pressi della sua meta.
E come aveva supposto, ci aveva azzeccato.
In pochi istanti, infatti, il cielo venne oscurato dalla figura massiccia e imponente di Hirador, le ali leggermente piegate e gonfie in modo da rallentare la spinta naturale del vento affinché potesse atterrare.
Rimanendo nascosto dalla folta vegetazione che poi si apriva per lasciare spazio allo specchio calmo del lago, Inuyasha rimase a guardare la ragazza che, con lentezza ed eleganza, scendeva dal dorso sellato del Drago.

- Sai bene cosa ti aspetterà, tra poco – disse Hirador nonappena Kagome mise piede a terra.
“Oh, basta ti prego! – sbottò lei quasi esasperata – Non ho due anni, credo di avere il diritto di muovermi come mi pare e quando mi pare!”
“No, non credo” smentì una voce alle loro spalle.
- Oh, a quanto pare la ramanzina arriverà prima del previsto! – commentò sarcastico il Drago, guadagnandosi un’occhiata bieca da parte del suo Cavaliere
“Cosa vuoi, Inuyasha?” gli domandò lei, guardandolo annoiata.
Il mezzo- demone alzò un sopracciglio, battendo un piede a terra, esprimendo così palesemente la sua irritazione.
Almeno, pensò, mi ha guardato in faccia.
“Cosa voglio?! Voglio sapere dove te ne sei andata, razza di stupida! Guarda che è una fatica starti dietro!” sbottò, senza riuscire a trattenersi
- Certo che se fa così non otterrà nulla di buono – pensò divertito Hirador, che pensò bene di accucciarsi per godersi al meglio i residui raggi del sole che stava tramontando
“Non credo siano affari tuoi e poi nessuno ti obbliga a perdere tempo dietro a me” ribatté atona Kagome
“Direi il contrario, visto che sei il mio incarico!”
“Ah, adesso sarei diventata un ‘incarico ’?” chiese con tono sarcastico la ragazza “Non mi importa quali ordini vi abbiano dato…” aggiunse, per poi scomparire dalla sua vista in un lampo
“Non ho bisogno della vostra protezione” terminò, comparendogli alle spalle, bloccandolo mentre gli teneva puntato alla gola la lama di un pugnale.
Sul volto di Inuyasha comparve un sorriso di sfida. Almeno, in questa occasione, un minimo di contatto ‘reale ’ lo stavano avendo.
Una settimana prima – l’ultima volta che l’aveva vista – quando l’aveva ripresa perché non si era fatta trovare per una mattina intera, si era limitata a guardarlo negli occhi con quella sua espressione completamente vuota, per poi voltargli le spalle e andarsene senza una parola.
Oggi, invece, era perlomeno ‘allegra ’.
Non vedendolo reagire, Kagome allentò la presa, e proprio in quel momento lui ne approfittò, e con uno scatto fulmineo, si invertirono i ruoli.
“Tu dici?” le sussurrò in un orecchio, la lama del pugnale che, brillante, premeva leggermente sulla pelle liscia del suo collo.
Kagome, per quanto possibile, gli lanciò un’occhiata furente. Lui a quello sguardo sorrise, in un certo senso quasi intenerito.
Allentò la presa, mantenendola comunque vicina a sé, sentendone il calore e vendendo avviluppato dal suo particolarissimo profumo.
Deglutì, con un senso di nervosismo a chiudergli la bocca dello stomaco.
Che diavolo gli prendeva, adesso?
“Lasciami” la voce greve e decisa di Kagome lo fece trasalire, ma non ebbe il tempo di riprendersi completamente che la ragazza sfuggì alla sua presa e ora gli voltava le spalle, poco più avanti.
Hirador li guardava curioso già da un po’, soprattutto gli strani – ma non poi così tanto, pensò sarcastico – comportamenti dell’Hanyou.
Inuyasha sospirò rassegnato. Anche questa volta non era venuto a capo di niente, se non essersi inimicato ancora di più la miko.
La vide allontanarsi, pronta ad uscire dall’antro del bosco.
- Che ci vuoi fare – si sentì dire poi dalla voce profonda di Hirador che gli si era avvicinato e ora, come lui, guardava la schiena della ragazza – Ha un carattere tutto suo, fa la dura, ma in realtà è tenera come un agnellino! – disse ridacchiando
“Hirador!” sbottò Kagome, adirata, avendo anche lei sentito quello che il suo Drago aveva appena detto “Forza, andiamo!” gli ordinò, perentoria, tornando sui suoi passi
- Eeeh, è meglio che faccio come dice lei… per un po’ – commentò sospirando divertito, per poi volgere gli occhi dorati verso quelli ambrati dell’Hanyou – Vedrai che tutto tornerà come prima – e senza aspettare una qualunque risposta da parte dell’Hanyou, prese a seguire con calma il suo Cavaliere, per poi scomparire nella folta vegetazione.
Inuyasha rimase fermo a guardare il punto in cui i due erano scomparsi, interdetto dalle parole del Drago.
Che Hirador avesse intuito quello che provava?
Scosse la testa. Non era quello, ora, il problema.
Doveva esserci, pensò, doveva esserci un modo per poter far tornare Kagome quella di un tempo. Perché, ne era convinto, solo la ragazza che rideva allegra e che faceva il broncio era la vera Kagome.
Sbuffò, passandosi una mano tra i lunghi capelli argentei, volgendo lo sguardo distratto sulla superficie placida del lago che rifletteva gli ormai tenui raggi dorati del sole del tramonto.
Le prime stelle della sera erano già comparse, pronte a cospargere di luce argentata il manto scuro della notte e un leggero vento fresco aveva preso a spezzare il silenzio irreale che fino a quel momento aveva regnato tra gli alberi della foresta.
Con calma, il mezzo- demone abbandonò con gli occhi quel magico scenario, e anche lui prese a tornare verso il Palazzo.
Doveva cercare Sango e dirle che la sua cara amica stava più che bene, come al solito del resto.


“È sparita di nuovo?!”.
La voce chiara di Miroku rimbombò per le immense pareti della Biblioteca delle Ere.
Da alcune settimane il giovane Majutsushi era stato incaricato di fare un’accurata ricerca sulla Shikon no Tama, per poterne ipotizzare i probabili luoghi in cui potesse trovarsi.
Sango pochi minuti prima lo aveva raggiunto, informandolo che la cugina, ancora una volta, aveva pensato bene di andarsene da sola, senza avvertirli.
La ragazza sospirò, annuendo stancamente.
Era preoccupata per Kagome, non tanto per la sua incolumità fisica - lei, come gli altri, sapeva bene che la miko era perfettamente in grado di provvedere a se stessa - quanto per il suo stato d’animo.
Nemmeno con lei si confidava più.
Si allenava con la Magia, volava con Hirador, partecipava alle assemblee più importanti del Parlamento che richiedevano la sua presenza. Per il resto Kagome era introvabile e quelle poche volte in cui aveva pranzato o cenato con loro era stata del tutto assente, limitandosi solo a qualche fredda parola.
“Non fartene una colpa, Sango. Anche a me è sfuggita più di una volta!” cercò di consolarla Miroku, con il suo solito sorriso raggiante.
La Cacciatrice lo guardò appena, il volto appoggiato sulle braccia incrociate sul tavolo in legno.
“Cosa possiamo fare per lei, Miroku? – domandò poi, dopo alcuni istanti di silenzio, la voce gonfia di preoccupazione e frustrazione – Non sopporto di vederla così, quella non è Kagome!” concluse, la voce spezzata da un sommesso singhiozzo. Quella situazione la faceva soffrire, per lei Kagome era diventata la sua migliore amica, quasi una sorella. Sentì gli occhi inumidirsi.
La mano grande e calda di Miroku si posò sulla sua, stringendola con fare protettivo.
Spostò gli occhi lucidi su quelli blu mare di lui, ritrovandosi ad ammirare il suo sorriso dolce.
“So che stai male Sango, perché anche io provo lo stesso. In questo momento Kagome si trova in pozzo senza fondo, ma è lei che deve trovare il modo di aggrapparsi a qualcosa e risalirlo. Noi non possiamo fare altro che starle vicino, anche se lei sembra rifiutare il nostro aiuto”.
Sango rimase a fissarlo, ammirata ancora una volta da quella sua incredibile sensibilità.
In effetti lui più di lei doveva sentire il peso di vedere la cugina affogare in quel mare turbolento di rimorsi e sensi di colpa, senza riuscire a fare niente, senza riuscire a darle un punto di appiglio.
Abbassò lo sguardo. Spesso, in quei giorni, si era ritrovata a pensare di se stessa di essere una perfetta egoista.
Per tutto quel tempo non aveva fatto altro che lamentarsi delle sue sofferenze, quando invece c’era sempre stato chi stava peggio di lei.
Ma Miroku c’era sempre stato. E forse, dando per scontata questa cosa, se ne era approfittata.
‘Faccio questo per te perché ci tengo a te, Sango…’.
Dal giorno in cui le aveva detto quella frase era passato ormai un mese.
E per tutto quel tempo, l’argomento non era stato ripreso… e questo, in un certo senso, la faceva stare male.
Si era resa conto ormai da tempo che in lei, Miroku, suscitava strane emozioni, ma ancora non riusciva a capire di cosa si trattasse.
Sapeva solo che per lei, la sua vicinanza, era importante.
Sospirò.
“Scusa, Miroku. Non so cosa mi sia preso, mi sto comportando come una bambina”
“Non ti preoccupare – sorrise lui, lasciando la sua mano – È normale che tu ti comporti così, vuoi bene a Kagome e soffri per lei”.
Sango annuì, sorridendo a sua volta.
“Come procedono le tue ricerche?” gli domandò poi, prendendo a sfogliare uno dei numerosi libri sparsi sul tavolo.
“Non un granché bene” sospirò il ragazzo, appoggiandosi stancamente allo schienale della sedia, passandosi una mano fra i capelli neri “Avrò letto una cinquantina di libri, ma tutti dicono più o meno le stesse cose. In modo particolare la leggenda sulla Shikon, quella è riportata in tutti i tomi”
“La leggenda della Shikon?” domandò curiosa e perplessa la ragazza.
“Sì. La creazione della Shikon no Tama risale ai tempi dell’alleanza tra i Draghi e gli abitanti della Terra Centrale, poiché, fino a prima di questa, tra le due popolazioni era sempre intercorso un rapporto di ostilità.
“Quando si arrivò al punto in cui entrambi i popoli erano ormai sull’orlo della distruzione più completa, di comune accordo si arrivò all’alleanza.
“Questa avvenne in modo particolare grazie alla mediazione di una potentissima sacerdotessa, la somma Midoriko, che non è altri che la capostipite degli Higurashi.
“Come simbolo dell’alleanza, Midoriko e i Draghi insieme, fondendo i loro incommensurabili poteri, diedero alla luce la Shikon no Tama, di cui Midoriko divenne la protettrice, e dopo di lei, ogni nuovo erede degli Higurashi avrebbe avuto tale incarico”.
“Ne ero allo scuro, nel Nord si sa poco a proposito” ammise Sango, guardando ammirata l’immagine riportata su uno dei libri della mistica Sfera.
“È comprensibile, anche perché della Shikon si sono perse le tracce ormai da secoli, purtroppo non si sa con precisione sotto quale sovrano sia scomparsa”
“Ma Miroku… hai detto che Midoriko è la capostipite degli Higurashi… ma non è stato Eldeor a fondare Eldoras?” domandò perplessa la ragazza. Miroku sorrise paziente.
“È così, infatti. Eldoras è nata grazie a Eldeor, ma solo dopo la Guerra della Prima Era. Prima di questa, la Terra Centrale era costituita solo da medi agglomerati di cittadini, non c’era una vera e propria capitale.
“Solo quando si rese necessaria la costituzione di un vero e proprio esercito, e in particolare la Milizia, si pensò allora di fondare una capitale, un punto di riferimento per tutto il Paese.
“Ed è solo dall’epoca di Eldeor in poi che si hanno resoconti dettagliati di quegli anni… è una fortuna che ci siano, infatti, così tanti libri sulla Shikon visto che sul resto non vi è praticamente nulla. Per esempio, per quanto riguarda l’albero genealogico degli Higurashi, si hanno notevoli lacune, praticamente da Midoriko si passa direttamente a Eldeor, mentre degli eredi precedenti non si sa nulla”.
“Capisco”.
“Bè, direi che con la lezione di storia, per oggi, abbiamo finito” sbottò allegro il Majutsushi, alzandosi in piedi “Ti va di aiutarmi a mettere a posto e poi di andare a mettere qualcosa sotto i denti?” le chiese, sorridendole ampiamente
“Certo!” gli rispose Sango, contraccambiando il largo sorriso.

[…]

Un raggio brillante e dispettoso del mattino si posò sul suo volto, facendola mugugnare in risposta.
Era mattina, un altro giorno era arrivato.
Un altro giorno della sua condanna.
Aprì gli occhi ametista, ormai privi di quella luce che, dopo tanti anni, erano riusciti a ritrovare.
Si mise seduta, volgendo gli occhi verso quello squarcio di orizzonte che le tende semi- socchiuse gli permettevano di ammirare.
Un mese, era passato un mese. E lei non aveva saputo ancora niente di certo.
Non sapeva niente di sua nonna Kaede, del signor Yoshikawa, di Deniel e Kliff….
Si mise una mano sulla fronte, un’espressione angosciata a contrarle i dolci lineamenti del viso.
Non ce la faceva più. Non riusciva più a vivere senza sapere niente di loro, senza sapere se fossero vivi o… morti.
Strinse gli occhi, prendendo a respirare lentamente. Doveva calmarsi.
Era perfettamente conscia che, per il momento, era impossibile sapere qualcosa di certo, mandare messaggeri ad Arlem sarebbe stato troppo rischioso, lo sapeva, l’aveva capito.
L’unica cosa che poteva fare era allenarsi il più possibile, diventare sempre più forte tanto da poter garantire l’incolumità di chi amava e uccidere chi le aveva portato via i suoi sogni, la sua vita, la sua famiglia.
Naraku.
Al pensare a quel nome i suoi occhi che in quei giorni si erano tinti di un alone indelebile di freddezza, si tinsero di un’ira furiosa.
Si alzò di scatto dal letto, la sottile camicia da notte di seta che si posava sul suo corpo snello e sinuoso.
Anche quel giorno lo avrebbe dedicato agli allenamenti che ormai conduceva da sola visto che Miroku non aveva più niente da insegnarle.
Progressivamente, e grazie soprattutto alla sua ostinazione, stava riuscendo a controllare tutti gli Elementi, ed ora si stava dedicando al fuoco, il più difficile da gestire.
Ma ce l’avrebbe fatta, non avrebbe fallito.
Si recò nel bagno del suo appartamento, beandosi dell’acqua fresca sul suo visto ancora adombrato dagli ultimi residui del sonno.
Dopo che ebbe terminato di lavarsi si vestì velocemente per poi raggiungere con la mente quella di Hirador
- Buongiorno, mia adorata! – la voce allegra del Drago, in quel mese, era stata la sua unica consolazione. Sorrise appena.
- Buongiorno, Hirador – gli disse, con una nota di dolcezza di cui la creatura fu molto felice – Sto andando ad allenarmi, ci vediamo più tardi –
- Sì, ma non esagerare, mi raccomando – l’ammonì lui, con il suo solito modo di fare protettivo
- Sì, non ti preoccupare – e si allontanò dalla sua coscienza, sentendolo però ancora legato a lei in modo impercettibile.
Con passo svelto, imboccò l’ingresso del passaggio che l’avrebbe portata direttamente all’esterno.
Era rischioso passare da lì poiché c’era la probabilità di incontrare Inuyasha.
Fece spallucce, l’avrebbe ignorato e se l’avesse ostacolata, se lo sarebbe tolto di torno anche con la forza.
Non capiva il motivo di tanta insistenza.
Almeno Sango e Miroku avevano capito la situazione e, in un certo senso, le davano il suo spazio.
Invece quell’Hanyou indisponente si era proprio deciso a farla impazzire.
Appena la vedeva le si metteva alle costole, senza lasciarla in pace nemmeno un secondo. E tute le volte che decideva di andarsene per conto suo e lui la ritrovava ore dopo, non perdeva occasione di farle delle irritanti ramanzine, con quell’espressione tra l’imbronciato e il… preoccupato?
Perché mai doveva essere preoccupato per lei, quando non la sopportava? E del resto era reciproco.
- Sai che non è vero – si bloccò, con gli occhi sgranati, nel sentire nella sua testa quella frase assurda.
Però… se ci pensava bene Inuyasha si era più volte preoccupato per lei, più volte l’aveva consolata e lei… aveva fatto altrettanto.
I suoi occhi si tinsero di una sottile tristezza mentre una strana sensazione faceva presa sul suo cuore troppe volte provato.
Inuyasha, si ritrovò ad ammettere, le era stato vicino fin dal primo momento, fin dal giorno in cui venne a sapere della sua identità.
Sì, era vero, litigavano sempre, ma… lui c’era sempre stato.
Quella sensazione di calore che avvertiva tutte le volte che si trovava tra le sue braccia l’avvolse di nuovo.
Anche il giorno prima, quando l’aveva trovata, si erano ritrovati vicini l’uno all’altra.
E quando lui le aveva parlato, sussurrandole nell’orecchio… non aveva potuto fare a meno di rabbrividire.
Perché? Perché quella morsa al cuore?
Scosse la testa. Non poteva, non voleva sentirsi più così confusa.
Riprese a camminare, cercando di ritrovare la sua sicurezza, finché non si ritrovò all’esterno, il sole abbagliante di quel giorno sereno che per qualche momento l’accecò.
Con passo svelto, si diresse vero la parte posteriore del parco che circondava il Palazzo, per raggiungere la Dimensione degli Elementi.
Al solo guardarla un senso di tranquillità la pervase.
Respirò felice, allenandosi i problemi che l’affliggevano, almeno per un po’ di tempo, sarebbe parsi lontani e meno minacciosi.
Chiuse gli occhi, concentrandosi.
Niente avrebbe potuto distrarla.


- Svegliati, Inuyasha… -
“Mmmh…” mugolò il mezzo- demone, girandosi dall’altra parte. Harliem lo guardò storta, sbuffando.
La sera prima il Cavaliere si era presentato nei suoi appartamenti con la faccia contratta in una smorfia irritata.
Non ci volle molto per capire che si trattava di Kagome.
Facendosi portare la cena lì, nei suoi appartamenti, l’Hanyou era rimasto tutto il tempo con il Drago, continuando per tutta la sera a lanciare improperi contro la Principessa e la sua testardaggine finché, esausto, non era sprofondato nel confortevole mondo di Morfeo.
- Oggi non è il tuo turno di stare dietro a Kagome? -
All’udire quel nome, Inuyasha aprì un occhio, sospirando appena.
Sinceramente non aveva voglia di vederla. O, meglio, non aveva voglia di vedere lo spettro di quella che era Kagome.
“Si arrangi, tanto non ha bisogno della mia protezione” disse infine, testardo. Il Drago volse gli occhi in alto, sbuffando.
- Non avrà bisogno della tua protezione, ma della tua vicinanza sì – insistette Harliem, e il mezzo- demone si volse verso di lei, lo sguardo privo della sua abituale energia.
“Della mia vicinanza, dici? – fece una breve risata sarcastica – Comincio a pensare che non sia vero neppure questo”
- Esci! – sbottò all’improvviso la creatura, disorientando Inuyasha
“Che?”
- Esci! Tu non sei il mio Cavaliere, lui non direbbe né si comporterebbe mai così! Inuyasha è uno che non si arrende! – ruggì, scotendolo.
Il mezzo- demone rimase a fissarla con gli occhi sgranati. Era vero, che gli stava succedendo? Non era da lui frignare come una femminuccia!
“Scusa Harliem, hai perfettamente ragione” le disse, sorridendole grato ed accarezzandole il muso squamato “Ci penserò io a dare una bella svegliata a quella mocciosa!”
- Bravo, così ti voglio! – commentò allegra la dragonessa, guardandolo poi mentre si alzava e indossava il gilè della sua divisa che si era tolto la sera prima.
“Vado nei miei appartamenti a darmi una lavata e poi andrò a cercare quella stupida che sicuramente sarà già sparita da qualche parte”
- Va bene… per favore, chiedile se le va di passare da me, quando ha un po’ di tempo -
“Certo… a questo non credo che mi dirà di no” le rispose sorridendo per poi salutarla con la mano e uscire dai suoi appartamenti.


“Anf, anf”.
- Maledizione! – esclamò dentro di sé, alterata, Kagome mentre vedeva disperdersi nell’aria piccole fiamme del colpo da lei lanciato. Ancora non riusciva a gestirlo come voleva, né la distanza né la potenza, e cominciava ad innervosirsi.
Alcune fitte lancinanti le colpirono le braccia. Guardò le sue mani, vedendole tremanti.
“Se continui così morirai”.
Una voce irritante, fin troppo bene conosciuta, la raggiunse alle spalle.
“Mi meraviglio di vederti solo a quest’ora, Inuyasha. Davo per scontato che mi saresti stato alle costole fin dal primo mattino” commentò sarcastica la ragazza, voltandosi a guardarlo, chiaramente esausta.
In effetti, da quando si era svegliato, erano passate un paio di ore, ma questo perché era stato trattenuto dal Ministro Mendion che aveva bisogno di lui per una serie di questioni.
“Sono stato trattenuto, ma sta sicura che sarebbe stato così se non avessi avuto da fare”
“Puoi tornare ai tuoi impegni, nessuno te lo impedisce” ribatté l’altra, tornando a voltargli le spalle, concentrandosi per lanciare un altro colpo.
“Te l’ho detto anche ieri. Sei tu, ora, il mio ‘impegno ’ prioritario” dichiarò testardo lui
“Oh, mi spiace recarle così tanti disturbi, vostra Altezza” disse lei irritata… come se fosse colpa sua se il Governatore aveva deciso che dovevano farle da balia!
Stizzita, non si concentrò abbastanza, e lanciò l’incantesimo senza il dovuto controllo e, a differenza di prima, questo colpo fu troppo potente, tant’è che arrivò a colpire alcuni alberi, incendiandoli.
Inuyasha, prontamente, sferrò un colpo di tipo acquatico, spegnendo le fiamme.
Kagome si accasciò a terra, ansimando violentemente mentre le braccia le tremavano per lo sforzo.
“Non è un disturbo, Kagome – le disse, calmo, Inuyasha, avvicinatosele e sedutosele vicino – Vorrei solo… aiutarti…” e la guardò, fissando con le sue iridi scrutatrici, quelle incerte di lei, ora chiaramente sorprese
“…Perché?” domandò lei, sussurrando appena, ma quello che bastava perché l’Hanyou la sentisse.
“Perché siamo simili”.

FINE 23° CAPITOLO.
Ed eccoci qua!
Avete visto allora chi c’è in questo capitolo? Il nostro caro Sesshoumaru! Bè, almeno, ora, sapete con certezza che il misterioso personaggio che compare alla fine del 19° capitolo non era Sesshoumaru… anche se il mistero rimane eheheh!
Bè, che dire… per la nostra Kagome non c’è mai un attimo di tregua, poverina! Q____Q E dire che sono io che sto scrivendo! Vabbè, questi sono dettagli! XD
Bè, ora non resta che vedere come proseguirà la faccenda… che ruolo avrà Sesshoumaru – e sinceramente non lo so nemmeno io XD! - , che combinerà Naraku, chi è il personaggio misterioso e via dicendo… bè, ce n’è, ce n’è! XD
Well, ora la sottoscritta vi saluta, dandovi il bentornato e soprattutto il bentornato a Efp che ci è mancato tanto! >.<
Bene, anche se è martedì e la settimana è già iniziata, io vi auguro comunque un buon proseguimento!
Aspetto vostri commenti,
baci,
ka_chan ^___________^

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Capitolo 24
*** cap24 “IL MIRAGGIO DELLA VENDETTA” ***


E dopo decenni, secoli, millenni, ere, sono qui!!! Ragazzi, non avete idea – bè, a parte i maturandi come me – di quelle che sto passando!!! O____O Tsunami di compiti, interrogazioni, verifiche… ed ora dovrei anche cominciare – cosa che avrei già dovuto iniziare -_____-‘’’ – a ripassare tutto il programma di un anno, e preparare quella dannata tesina…!!! AAAAAARRRGGGGGHHHHH!!! Non ce la faccio più, e il peggio deve ancora venire!!! Q______Q Ma comunque… tralasciando questi tragici momenti, volevo solamente ringraziarvi per i numerosi commenti che mi avete lasciato, grazie mille *_______* Perciò passo a ringraziare: elly; Francesca Akira89; Lorimhar; inukun; cri-chan; Elychan; mew manu; Ragnarok79; raska81; Honey; lalla86; Chicca91. Eccovi qua, scusatemi se non faccio più i ringraziamenti e/o commenti alle vostre recensioni, ma il tempo a mia disposizione è sempre meno e dato col contagocce… spero di poter riprendere con la mia vecchia abitudine il prima possibile! Bene, ed ora vi lascio al 24° capitolo, direi che avete aspettato anche troppo!! ^______^’’’

24° CAPITOLO “IL MIRAGGIO DELLA VENDETTA”

“Perché siamo simili”.
Kagome, inginocchiata su se stessa, ansante, lo guardò incerta, gli occhi cioccolato che tremavano, avvertendo quello che da diverso tempo ormai si agitava in lei.
Inuyasha la fissava a sua volta, e lei era certa che con le sue iridi scrutatrici stesse captando quello che si dimenava nel suo animo provato e confuso da quelle nuove emozioni a lei così sconosciute.
Perché la stava guardando così?
Perché i suoi occhi ambrati ora le sembravano così caldi?
Perché… quelle iridi ricolme di… comprensione? Preoccupazione?
… Affetto?
Quell’ipotesi scatenò nella sua mente una risata divertita.
Inuyasha… che provava dell’affetto per lei?
Ma anche se quell’idea le sembrava così assurda, il dare per scontato che l’Hanyou non la considerasse nemmeno, se non come un qualcosa da proteggere… una morsa al cuore faceva presa, l’afferrava violenta mozzandole il respiro.
Perché… quella sofferenza?
Lo fissò per qualche altro istante, per poi distogliere lo sguardo dalle sue iridi sempre così travolgenti e sconvolgenti per il suo animo.
Tentò di rialzarsi, facendo perno sulle braccia tremolanti, provate per l’allenamento massacrante, ma queste cedettero sotto il suo peso.
Posò la fronte sull’erba fresca mentre rivoli di sudore imperlavano la sua fronte pallida, come il resto del suo volto.
Era così maledettamente debole!, pensò serrando la mascella, chiudendo gli occhi ricolmi di rabbia e frustrazione.
Perché doveva essere tutto così dannatamente difficile?
Sentì un lieve movimento vicino a sé e vide Inuyasha che si protendeva verso di lei, come per afferrarla.
Le sfiorò un braccio con la grande mano calda e lei si ritrasse bruscamente, come se quel lieve contatto l’avesse bruciata.
“Voglio solo aiutarti” gli sentì dire, avvertendo chiaramente il suo sguardo ambrato sulla sua figura sconvolta.
“Non devi” sussurrò debolmente lei, prendendo ad alzarsi, e con una certa fatica riuscì a mettersi in piedi, seppur barcollante.
Inuyasha rimase a fissarla, un ramoscello appena nato, fragile, indifeso, in balia di una tempesta di vento.
Chiuse gli occhi in due fessure, la bocca tesa in una linea sottile.
Non avrebbe permesso a quel ramoscello di spezzarsi.
“So cosa stai pensando… cosa state pensando…” la sentì dire, poi, un sorriso sarcastico ed estremamente triste a deformarle quei lineamenti così semplicemente splendidi.
“Vi ho delusi tutti, lo so, lo so fin troppo bene, ma io… io…” la vide mettersi le mani sul volto, le spalle ricurve come se volesse scomparire da quel luogo, da quel mondo che le aveva donato e inflitto solo le sofferenze più grandi.
“Sono solo una debole…”
“Kagome tu non-”
“Dovevo esserci io al loro posto”.
Si ritrovò con il volto bruscamente girato, la guancia sinistra che bruciava, e davanti a lei il volto adirato di Inuyasha e la mano ancora tesa.
Le aveva dato uno schiaffo, e ora la guardava con una severità e una preoccupazione tali da farle ancora più male di quella sberla.
“Tu… non hai capito niente!!!” sbottò infuriato l’Hanyou, guardandola con occhi fiammeggianti “Cosa ne sai di quello che pensiamo, eh?? Cosa ne sai se non sai nemmeno cosa pensi tu stessa?!?” la afferrò per le braccia, scotendola, il volto teso in un’espressione decisamente adirata, ma anche addolorata, notò Kagome.
Che Inuyasha stesse male per lei? Che gli dispiacesse vederla così?
Quella ipotesi le fece mancare per un momento il respiro, stupita.
E poi, come circa un mese prima, venne ancora una volta circondata dalle sue braccia, calde, protettive.
Non seppe per quale motivo, ma sentì le lacrime inumidirle gli occhi.
Si ritrovò ad ammettere, con sconcertante stupore e sincerità, che le era mancato quel contatto.
Inuyasha, dal canto suo, non era riuscito a farne a meno, quello di stringerla al suo petto, come a volerla proteggere dal mondo esterno, gli era venuto naturale.
Perché Kagome aveva bisogno più che mai di protezione.
Non tanto di una protezione fisica, quanto una protezione di tipo spirituale.
E quello da cui, più di tutto, doveva difenderla… era lei stessa.
Quella parte di lei che, così facilmente, la faceva ricadere in quel baratro di disperazione che l’aveva intrappolata nella sua gelida e impalpabile morsa per dieci anni.
Era forse egoistico, ma non voleva che ciò accadesse nuovamente.
Non dopo aver avuto la disarmante fortuna di aver visto la vera Kagome.
Lei, i suoi bellissimi sorrisi e i suoi occhi illuminati dalla luce della vita e della gioia, con sempre quel fondo di malinconia che la rendeva ancora più irresistibile.
Con un certo stupore, la sentì aggrapparsi a lui, stringere tra le sue piccole mani la sua camicia, come se fosse stato l’unico scoglio a cui potersi aggrappare per non lasciarsi andare dalla corrente, giù per una cascata impervia dalla quale, inevitabilmente, non sarebbe più riuscita a risalire.
Le posò una mano sul capo, stringendola maggiormente a sé mentre cominciò a sentire la sua camicia bagnarsi leggermente, e la schiena di lei, semi nascosta dai lunghi capelli pece, scossa da alcuni singhiozzi sommessi.
“Sei una stupida, Kagome - le disse, sussurrando, la voce impermeata di preoccupazione e frustrazione – Non hai deluso nessuno, tanto meno noi… tanto meno me.
“So che stai male, ma non per questo devi far sì che la tua sofferenza ti porti a pensare cose sbagliate, in modo particolare a chi ti sta vicino… a chi ti vuole bene.
“Il Governatore, Mendion, Shippo, Sango, Miroku… ti guardano, vedono la tua sofferenza, e a loro volta stanno male per te, perché ti vogliono bene…” rimase in sospeso qualche istante, e Kagome se ne accorse, ma non osò sollevare il volto, non riusciva a guardarlo negli occhi, perché aveva ragione, aveva maledettamente ragione.
Aveva delle persone che le volevano bene, per quale assurdo motivo stava facendo di tutto per allontanarle?
E lui… lui, Inuyasha… cosa pensava? Cosa… provava?
“E anche io… - lo sentì poco dopo, titubante e sicuro allo stesso tempo – Anche io mi preoccupo per te perché… perché… ti voglio bene, Kagome”.
Lei sbarrò gli occhi, incredula di aver sentito dalla sue labbra quelle parole che aveva solo osato immaginare, schernendosi per la sua infantile stupidità.
E invece… invece lui….
Lo strinse maggiormente, mentre le lacrime scorrevano ancora più copiose sul suo viso.
Poi sollevò il volto rigato da gocce di pianto, guardandolo dritto negli occhi, un sorriso ricolmo di gratitudine rivolto solo a lui, a lui che così tante volte l’aveva trattenuta dal cadere dalla cima del burrone che conduceva all’inevitabile distruzione del suo spirito.
“Grazie, grazie Inuyasha” gli disse e lui inevitabilmente si ritrovò ad arrossire nel guardare quello splendido sorriso rivolto solo a lui.
Il volto rigato dalle lacrime, gli occhi arrossati e i lunghi capelli leggermente arruffati.
Si ritrovò a pensare che fosse bellissima.
Imbarazzato fino all’inverosimile la scostò bruscamente e improvvisamente da sé, per poi voltarsi leggermente, il volto in fiamme.
“Non… non hai niente di cui ringraziarmi” le disse, ancora rosso, e Kagome si ritrovò a sorridere intenerita.
Immaginò che per lui, esprimere i suoi sentimenti – soprattutto verso colei che aveva sempre considerato come un’avversaria – doveva essergli costata una gran fatica.
Gli fu grata per questo.
Non capiva il motivo, ma l’aver saputo che anche Inuyasha teneva a lei, l’aveva resa felice, come se un peso dal cuore si fosse dissolto magicamente.
Si asciugò gli occhi con una manica della maglia, volgendo poi il volto in alto, a guardare il cielo terso che li sovrastava.
In lei, timidamente, cominciò a farsi strada l’idea che per quanto fossero grandi le sue responsabilità, per quanti doveri e obblighi dovesse assolvere… anche lei poteva cedere.
Era umana, dopotutto, e aveva dei sentimenti, per quanto in tutti quegli anni avesse cercato di rinnegare quella semplice realtà.
Aveva dei sentimenti, e voleva renderli liberi.
Non sarebbe più stata una creatura che si muoveva spinta esclusivamente dalla forza turbolenta della vendetta.
No, non sarebbe stata quella forza a darle la possibilità di eliminare Naraku.
Solo ora lo aveva capito.
Ma la strada era ancora lunga, il muro spesso dell’incertezza e dell’ignoto davanti a lei, a intimorirla con i loro sussurri fatti di dubbi e rimorsi.
Scosse la testa.
Ci sarebbe voluto del tempo, ma anche lei, prima o poi, sarebbe stata libera.
“Inuyasha?” lo chiamò, abbassando lo sguardo sulla sua figura ancora voltata di spalle.
Lui si girò verso di lei e rimase abbagliato dal suo sorriso così dolce e sereno che gli sembrava irreale.
I segni della sofferenza erano ancora evidenti sul suo volto, ma quel sorriso li rendeva quasi invisibili, come a voler dimostrare quanto fosse forte la sua voglia di prevalere su tutto ciò che per così tanto tempo gli aveva impedito di affiorare e illuminare quel bellissimo volto.
Rimase imbambolato qualche istante a guardarla, quando poi, mentre prendeva a fare qualche passo, la vide barcollare e sarebbe caduta sicuramente se non fosse stato così svelto dal sorreggerla.
“Credo di aver esagerato un pochino” la sentì dire ridacchiando appoggiata al suo petto
“L’ho detto io che sei una stupida!!!”.

“Come sta?” la voce apprensiva di Miroku si sollevò in un sussurro mentre guardava Sango uscire dall’appartamento del Cavaliere Supremo.
“Bene, non preoccuparti! L’ho cambiata, ora sta dormendo tranquilla” lo rassicurò la Cacciatrice con un largo sorriso mentre lo vedeva sospirare sollevato.
Inuyasha se ne stava appoggiato alla parete di roccia, poco distante da loro, il volto come sempre contratto in un’espressione imbronciata.
“Come ti è sembrata?” domandò poi Miroku, rivolto sempre a Sango
“Credo che sia tornata la Kagome di sempre… prima di addormentarsi sfinita mi ha chiesto scusa non so quante volte e mentre si addormentava borbottava il nome tuo, di Kouga e tutti gli altri… credo che si senta in colpa per come si è comportata, diciamo”.
“Speriamo che per un po’ possa stare tranquilla…” si augurò il Majutsushi, lo sguardo nel vuoto.
Dopo qualche istante riprese, voltandosi verso Inuyasha con occhi maliziosi
“Comunque… - cominciò, avvicinandoglisi e l’Hanyou poté notare quello sguardo per niente rassicurante – Anche questa volta è grazie a te se Kagome si è ripresa…” insinuò il Cavaliere, guardando divertito e soddisfatto il mezzo- demone che sobbalzava e arrossiva per le sue parole
“C- che stai dicendo?! Io non ho fatto proprio niente” sbottò l’altro innervosito, voltando loro le spalle che nel frattempo ridacchiavano.
“Certo, certo” commentò ironico Miroku, alzando le spalle.
Inuyasha lo guardò torvo, ma non replicò, sarebbe stato inutile.
“Forse è meglio se vado ad avvertire Hirador” rifletté poi, ad alta voce, rendendosi conto in quel momento che il Drago era ignaro di quello che era successo e che sicuramente era preoccupato nel non veder tornare il suo Cavaliere.
“Credo anche io, di certo sarà preoccupato” convenne Miroku, annuendo.
“Bene, allora vado, voi rimanete con Kagome” e l’Hanyou si allontanò da loro, prendendo a camminare per i tunnel soffusamente illuminati dalle torce fissate alle staffe in metallo, la loro fiamma perpetua – anche questo dovuto a uno dei tanti incantesimi che rendevano quel posto così particolare – che si riverberava per le pareti di roccia lisce, lavorate con insistenza e minuzia, per rendere gli alloggi dei Draghi e dei Cavalieri il più accessibili e confortevoli possibile.
Di certo, in confronto alla cella che lo aveva visto ospite per ben quattordici anni sulla Shima no Nanimo, quel Palazzo era un vero e proprio paradiso in terra per lui.
Si lasciò alle spalle l’ennesima curva, per ritrovarsi di fronte la massiccia porta dell’appartamento del Drago d’Oro.
Bussò vigorosamente, sfiorando con la mente quella di Hirador che lo accolse immediatamente e lui poté percepire come un’ondata la sua agitazione.
Si affrettò ad entrare, per ritrovarsi davanti a lui, seduto con il collo teso e gli occhi sbarrati dall’agitazione, il corpo massiccio e possente del Drago che lo guardava come fosse stato uno spettro emerso dall’oltretomba.
- Dov’è lei? Le è successo qualcosa? Come sta? – gli domandò ansioso, il suo ruggito che gli rimbombò nella testa per la sua forza
“Sta bene, non preoccuparti. Ora è nei suoi appartamenti, Sango e Miroku vegliano sul suo sonno” gli disse conciso Inuyasha, cercando di placare la sua agitazione
- Cosa le è successo? – volle sapere il Drago
“Anche se è il tuo Cavaliere, non posso fare a meno di dire che è una gran stupida. Si è allenata come un’ossessa, andando oltre alle sue possibilità e chiedendo troppo al suo fisico già provato… e ovviamente è crollata” gli spiegò brevemente il mezzo- demone, sedendosi a terra, vicino a lui, tra le mani un morbido cuscino violetto.
- Sì, è una gran stupida, ma è la mia stupida… - sospirò Hirador, e Inuyasha poté avvertire chiaramente la sua frustrazione. Ovviamente, anche lui, soffriva nel vederla così, lui più di ogni altro.
Stettero qualche momento in silenzio, ognuno perso nei recessi dei propri pensieri.
- Sei riuscito a scuoterla, un po’? – gli chiese poi il Drago, la voce con un tono quasi vellutato
“Non lo so, se in lei è cambiato qualcosa, ora, è solo per merito suo… credo che se non avesse voluto lei stessa, qualsiasi parola sarebbe stata inutile” commentò atono il mezzo- demone, cercando di trattenere quanto di intenso aveva provato poco prima.
- Però spesso c’è bisogno delle parole giuste, perché ci si convinca a fare il primo passo… - asserì Hirador, guardandolo con gli occhi illuminati da una strana luce.
“Ho fatto solo quello che il mio istinto mi ha suggerito di fare” ribatté deciso l’Hanyou, sostenendo lo sguardo della creatura
- E così dovrai sempre fare, Inuyasha. In un modo o nell’altro, è l’istinto che ci guida, e in ‘creature’ come me e te, è come un faro che ci indica la via, la strada da seguire. Non è di certo una cosa di cui vergognarsi, se sei riuscito ad aiutare qualcuno… -
Inuyasha non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo.
Era quasi sicuro che Hirador avesse intuito ciò che si agitava nel suo animo, e soprattutto quelle strane emozioni che sentiva nei confronti di Kagome.
Ma non osò parlargliene, come poteva?
- Forse è meglio se vai, ora… - gli disse poi la creatura – Vorrei che quando Kagome si sveglia le dicessi di non stare in pensiero per me e che l’aspetto qui -
Inuyasha lo guardò qualche istante per poi annuire, alzandosi in piedi.
Si diresse verso la porta, afferrando la maniglia in ferro, titubante.
Era sul punto di girarsi per dire qualcosa, ma non lo fece, ed uscì, un senso di disagio insieme a lui.
Sospirò, sempre più confuso.
Scosse la testa, non era quello il momento per le incertezze.
Perciò, con rinnovato vigore, prese a camminare verso la direzione da cui era venuto.

Quando entrò nell’appartamento di Kagome, ai suoi occhi si presentò una scena per il suo giudizio decisamente patetica: Miroku e Sango accomodati sul letto della ragazza, lei seduta con i grandi cuscini a sorreggerla, e il piccolo Shippo aggrappato al suo collo piangente.
Sbuffò, odiava quelle situazioni.
Fece qualche passo avanti e Miroku si accorse della sua presenza.
“Oh, Inuyasha!” esclamò, guardandolo col suo solito sorrisetto.
Il mezzo- demone lo guardò torvo, sentendo però, nel frattempo, lo sguardo ametista di Kagome posato su di lui.
“Hai visto, la nostra Kagome si è già ripresa!” aggiunse allegro il Majutsushi
“Sei stato da Hirador?” la voce vellutata del Cavaliere Supremo lo interpellò e finalmente, l’Hanyou posò i suoi occhi ambrati su di lei
“Sì, mi manda a dirti di non preoccuparti e che poi ti aspetta nei suoi appartamenti” le rispose, la voce atona.
La ragazza annuì, sospirando leggermente di sollievo.
“Grazie Inuyasha” gli disse, risollevando gli occhi su di lui.
“Feh!” sbottò quello in risposta, riappropriatosi della sua abituale arroganza
“Kagome…” Miroku la chiamò, il tono e lo sguardo seri “Devi stare attenta a quello che fai” le disse, suscitando una sorta di perplessità nei presenti per quelle strane parole
“Che… che vuoi dire?” domandò la miko, smettendo di accarezzare la testa ramata di Shippo, ancora appoggiato a lei e che ora guardava incuriosito il Majutsushi
“Non devi più allenarti in questo modo massacrante, ti fai solo del male… e anche se pensi che così diventerai più forte, non farai altro che indebolirti e nuocere a te stessa e alla tua Magia”
“Cosa significa?” gli chiese ancora lei, non capendo il senso delle parole del cugino.
“La Magia dentro di te è ancora acerba, dopo sedici anni, solo in questi mesi hai cominciato ad usarla e il suo utilizzo deve, e sottolineo deve essere progressivo… un suo uso troppo vasto, troppo sistematico può alterarne il flusso, per non contare la reazione che si può scatenare in concomitanza con i tuoi poteri spirituali.
“Se non ti moderi, presto ne perderai il controllo e… potresti anche rischiare la vita per un semplice incantesimo di controllo” le disse, il volto una maschera di imperturbabile serietà la quale rese quelle parole ancora più intimidenti
“Kagome- chan io non voglio che tu muoia!” esclamò singhiozzando il piccolo Shippo, stringendosi contro di lei
“Smettila di piagnucolare, moccioso!” sbottò Inuyasha afferrandolo per la coda fluente, sotto le proteste dello Youkai “Mi sembra che adesso stia più che bene, no? E se non è stupida come sostiene e ha sempre sostenuto di essere, vedrai che si darà una regolata, non è vero??” disse, rivolgendole uno sguardo eloquente e severo.
“Questa volta sono perfettamente d’accordo con Inuyasha. Comprendo benissimo il tuo desiderio di accrescere la tua forza, ma non per questo devi rischiare la vita” infierì Miroku, guardandola severo, tant’è che Kagome si ritrovò ad abbassare gli occhi. Era mortificata.
“N- non ne avevo idea – disse con voce tremula – Sono davvero mortificata”
“Su, Kagome – intervenne Sango, cercando di smorzare quell’atmosfera alquanto tesa – L’importante è che ora tu stia bene, sono convinta che se l’avessi saputo saresti stata la prima a darti un freno” le disse, rassicurandola con un dolce e caloroso sorriso. La miko annuì, sorridendole a sua volta
“Grazie, Sango”.
Miroku sospirò leggermente, per poi sorridere affettuosamente alla cugina, posandole una mano sul capo.
“Credo che per oggi sia meglio che tu rimanga a riposo, come per i prossimi giorni… penso sia necessario che per qualche tempo tu eviti di usare la Magia, il tuo fisico è troppo provato e come avrai sicuramente notato tu stessa, più ti sforzi, più ti è difficile e doloroso evocare il tuo potere, giusto?”
“Sì… - ammise la ragazza – Ma come lo sai?” azzardò a chiedergli. Anche se era un grande esperto di Magia, le pareva strano che conoscesse a menadito i risvolti negativi di un suo uso prolungato e ‘sconsiderato ’.
“Perché anche a mia volta, tempo fa, ho commesso degli sbagli” le disse, con un sorriso triste e malinconico.
Kagome, come Sango, lo guardò leggermente stupita, intuendo vagamente però quello che poteva essere successo al ragazzo e il perché, ma non volle andare oltre nel saperlo.
“Dormi per qualche altra ora, Kagome - le disse poi il Majutsushi – Poi sta sera cenerai con noi, va bene?”
“Sì, certo… vi chiedo ancora scusa per avervi fatto preoccupare” disse lei, abbassando lo sguardo
“Basta con le scuse, Kagome, non ce n’è alcun bisogno” la rassicurò Sango e l’altra annuì in risposta.
“Allora andiamocene – sbottò all’improvviso Inuyasha trattenendo nel frattempo uno Shippo che si dimenava nella sua morsa – Non ha senso continuare a perdere tempo qui”.
Terminata la frase, l’Hanyou si sentì puntato addosso quattro paia di occhi che lo guardavano chiaramente con disapprovazione, e un paio in particolare decisamente irritati
“Inuyasha…” esordì Kagome, guardandolo con un sorriso amorevole, anche se si avvertiva in modo palpabile la sua furia “Esci immediatamente razza di cretinooo!!!” e prese a lanciargli contro tutto ciò che le capitava a tiro e che riusciva ad afferrare, visto che faticava ad alzarsi dal letto.
Il mezzo- demone si protesse come meglio poteva per poi essere costretto a fuggire dalla stanza con una serie di imprecazioni contro la miko che nel frattempo lo minacciava di morte.
Sango, Miroku e Shippo li guardarono amareggiati per poi scoppiare a ridere.
Tutto ero tornato alla normalità.
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La notte, con i suoi colori, i suoi profumi era scesa ancora una volta, portando un lieve sollievo dopo l’ennesima giornata torrida.
Kaosu si stagliava imponente sull’orizzonte reso frastagliato e sfocato dal manto oscuro che era sceso sulla sua terra impervia e ribelle.
Il vento sibilava con una calma inusuale per quella regione, di solito sconvolta dai suoi turbinii violenti e rabbiosi, spesso così continui e brutali da far sommergere diversi villaggi dalla sabbia da loro trasportata.
Ma quella notte si respirava un’aria diversa, le stesse stelle alte e brillanti nel cielo riflettevano una sorta di impazienza, un messaggio di novità e cambiamento.
Naraku respirava a pieni polmoni quell’aria, un senso d’eccitazione ad impedirgli il sonno.
Si era svegliato di soprassalto poco prima, dopo che un sogno aveva sconvolto la sua mente, lasciandogli come ricordo quella sensazione di euforia che ora lo pervadeva, e che gli faceva apparire il profilo di Kaosu immerso nella notte ancora più meraviglioso.
Ma ancora non era soddisfatto, quello che avrebbe voluto ammirare da sempre, quello che avrebbe dovuto avere era Eldoras.
La voleva, e l’avrebbe ottenuta, e questa volta, dopo tentativi e tempo infiniti, ce l’avrebbe fatta.
Nei suoi occhi porpora, si riflesse il desiderio di brama che per tutto quel tempo lo aveva fatto andare avanti, gli aveva permesso di arrivare fino a quel punto, ad un passo dal portare a termine quanto aveva sempre desiderato… quanto aveva sempre bramato Lui.
- Ci riuscirò, vedrai – si ripromise, ancora un volta, fissando le stelle là in alto, una distesa opaca di miriadi di piccoli fuochi, eterni, immutabili, persistenti nel tempo e nello spazio.
Sorrise sarcastico. In un certo senso, era come loro.
Sì, sarebbe riuscito ad impossessarsi della Terra Centrale, questa volta ne era sicuro.
Ma aveva bisogno di Lui, di colui che per troppo tempo era rimasto separato da quel tempo e da quella terra, imprigionato in un luogo introvabile, immaginario e reale, infernale e paradisiaco allo stesso tempo.
Da molto lo cercava, e solo poco tempo fa era riuscito a percepirne la labile presenza.
Era debole, ma c’era.
Lo avrebbe reso libero, e gli avrebbe dato la possibilità di aiutarlo a riscattarsi, e lo stesso valeva per Lui, che doveva levare l’onta che gli era stata inflitta molto tempo prima.
Sì, aveva deciso, l’indomani mattina sarebbe partito alla Sua ricerca.
Grazie a Lui tutto sarebbe stato decisamente più facile e avrebbe potuto combattere veramente alla pari contro Eldoras.
Gli occhi purpurei di Naraku scintillarono di un’antica fiamma, una fiamma che ardeva da lungo tempo, e che non aveva mai smesso di bruciare, infondendogli la sua forza brutale e selvaggia, quella forza che gli aveva permesso di andare avanti più e più volte, di vedere il mondo con occhi nuovi mentre il suo potere andava crescendo.
Finalmente i suoi desideri si sarebbero realizzati.
Finalmente avrebbe riscattato la sua famiglia, la sua stirpe.
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Quel giorno, in quel luogo che era dappertutto e da nessuna parte allo stesso tempo, c’era un’atmosfera ‘tranquilla ’, per quanto in quel posto la parola tranquilla potesse essere contemplata.
Nella grotta in cui si trovava, un antro grezzo di massiccia roccia frastagliata e irta di punte, quasi come fosse stata seghettata, le folate del vento che turbinavano fuori risultavano quasi come una brezza carezzevole che gli scivolava addosso.
Il suo unico occhio dorato, aperto, si spostò leggermente, quasi in modo stanco, guardando l’orizzonte e quel cielo inesistente.
Lui, solo lui in quel mondo isolato, remoto, introvabile per chiunque volesse o avesse potuto cercarlo.
- Ma chi verrebbe mai a cercarmi? – si chiese, tristemente e con una nota di ironia.
Si sfregò la cicatrice che percorreva il suo occhio sinistro che da molto tempo non rivedeva la luce.
Il segno indelebile del suo passato, ciò che per l’eternità gli avrebbe fatto ricordare quanto successo… il segno che accompagnava la sua condanna.
Ma anche senza quella cicatrice, non avrebbe mai potuto scordare quanto successo in passato, no, mai.
E come non avrebbe mai potuto dimenticare gli avvenimenti accaduti, così, dal suo animo, non si sarebbe mai cancellato il senso di rimorso che lo stava accompagnando dal giorno in cui era stato imprigionato là dentro, e che continuava a corrodergli l’animo, una distruzione lenta e progressiva.
Ma non sarebbe morto.
No, quel luogo non gli permetteva, non gli concedeva nemmeno la pace che avrebbe, forse, trovato nell’altro mondo, non gli avrebbe dato la possibilità di ricongiunsi con Lui.
Lui era morto, mentre lui no, no, continuava a respirare, continuava a vivere, seppure si trattasse di una vita a metà, lì, rinchiuso in un luogo più etereo e immutabile della morte.
Era passato così tanto tempo, così tanti giorni, anni… chissà com’era diventato il mondo, il vero mondo, fuori da lì….
Chissà chi aveva preso il Suo posto?
Il suo corpo venne percorso da un tremito violento, mentre un moto di rabbia gli esplodeva dentro.
Non gli era concessa la morte, e doveva continuare a vivere in quel modo, con la consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a riscattare quanto accaduto, a rendere giustizia alla memoria di Lui, a compiere la sua vendetta.
Li odiava.
Odiava la sua stessa stirpe, era così, e anche se un pensiero del genere non avrebbe mai dovuto essere stato partorito dalla sua mente, non poteva cambiarlo, non poteva sopprimerlo.
Era vivo dentro di lui, e urlava di dolore e vendetta contro chi non avrebbe mai dovuto tradirlo.
Odiava chi aveva tolto la vita alla persona per lui più importante, odiava chi lo aveva separato da Lui, e che gli impediva di raggiungerlo, ancora dopo tutto quel tempo.
E poi… quella sensazione.
Un cambiamento, un qualcosa di nuovo e importante era successo, là fuori, e lui era convinto di sapere bene di cosa si trattasse.
E non poteva fare niente.
Di nuovo.
Digrignò i denti, una furia cieca gli esplose dentro mentre le pareti della caverna e dell’intera montagna prendevano a tremare con violenza, in risposta alla sua rabbia.
Voleva vendetta.
La voleva in modo così violento, impetuoso e irrefrenabile da fargli male.
Ne aveva il diritto, dopo tutto quel tempo non poteva ancora accettare di essere stato trattato a quel modo.
Lui, che apparteneva alla stirpe più antica e importante della terra.
Lui, Kurikara.
Lui, il Dragone d’Oro.
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“Un… altro ballo?”
“Sì, Kagome, lo so che l’idea non ti attrae molto, ma ti prego, è una cosa completamente diversa da quello organizzato per te… è un ballo annuale che organizza la Milizia Del Dragone a cui devono partecipare tutti i Cavalieri e anche il resto dell’esercito, ti preeego!”.
Kagome si ritrovò a guardare Kouga con un tenero sorriso, vedendolo con quell’espressione supplichevole.
Quella mattina l’aveva invitata a passare con lui il pomeriggio, ed ora erano nell’ampio giardino del Palazzo a godersi il caldo sole della primavera inoltrata, seduti sul bordo della grande fontana.
E tra una cosa e l’altra, il Cavaliere era arrivato a informarla di quell’imminente occasione mondana.
Sul momento non era rimasta molto entusiasta, ma vedendolo così convinto e insistente voleva dire che era davvero un evento imperdibile.
“D’accordo, d’accordo, ci vengo, ma solo perché me l’hai chiesto così!” gli rispose ridacchiando.
“Davvero?!?” esclamò in risposta lo Youkai, gli occhi celesti che brillavano di gioia.
La miko gli sorrise in risposta, assentendo con un cenno del capo.
“Bene, allora, ecco…” riprese poi il Demone, questa volta meno deciso e leggermente imbarazzato. Kagome lo guardò curiosa non capendo il perché di quello strano atteggiamento.
“Bè, ecco, volevo chiederti se allora, visto che hai deciso di venire se…”
“Se?” lo incalzò la ragazza
“Se posso farti da accompagnatore” le disse, tutto d’un fiato, guardandola negli occhi con una decisione disarmante.
Lei rimase a fissarlo alquanto sorpresa, non se lo era aspettato.
Evidentemente, si ritrovò a pensare, per quel tipo di festa era d’abitudine invitare la propria dama.
Quindi… doveva interpretare quella proposta come una specie di appuntamento ufficiale?
Quell’ipotesi la rese decisamente tesa, anche se subito dopo si diede della stupida.
Kouga era un suo caro amico, gli voleva un gran bene, che problema ci sarebbe stato se fosse andata con lui?
E poi, alla fine, ci sarebbero stati anche tutti gli altri, per cui che fosse stata accompagnata da lui o meno, non avrebbe fatto alcuna differenza.
Sì, si convinse che fosse così.
“Certo, mi farebbe piacere” gli rispose ingenuamente, con un gran sorriso.
Kouga rimase qualche attimo interdetto, guardandola fisso.
“Di- dici sul serio?” le chiese, dubitando di aver sentito bene
“Ma certo! Lo sai che mi piace stare in tua compagnia!” asserì la ragazza sorridendogli ampiamente, riempiendolo di gioia.
“Oh, Kagome, non sai quanto mi hai reso felice!” sbottò lui entusiasta, abbracciandola “Vedrai, sono convinto che ci divertiremo tantissimo!” le disse, staccandosi da lei e guardandola negli occhi castani.
“Certo. Quando si terrà la festa?” gli domandò poi
“Tra una settimana, ho voluto informartene per tempo…”
“Hai fatto benissimo, ti ringrazio”
“Comunque sei sicura che non ci siano problemi? Ti devi ancora riprendere…” si assicurò il ragazzo, visto quello che era successo due giorni prima, quando era stata male per gli eccessivi allenamenti
“Non ti preoccupare, te l’ho già detto! – lo rassicurò, sorridendo per la sua continua e tenera preoccupazione – Sto già molto meglio adesso, figurati tra una settimana!”
“Mh, meglio così, ma non posso fare a meno di preoccuparmi” le disse lui, guardandola intensamente.
Kagome ne rimase colpita, non l’aveva mai guardata così… o, almeno, lei non aveva mai notato, fino a quel momento, l’intensità degli sguardi che Kouga, ogni volta che posava gli occhi su di lei, le rivolgeva.
Abbassò gli occhi, sorpresa e leggermente a disagio.
“Kagome…” la chiamò dopo un po’ lo Youko
“Sì?” gli chiese lei, cercando di apparire il più normale possibile. Ma poi incontrò le sue iridi celesti colme di serietà e una sorta di disagio, e si incuriosì.
“Cosa c’è, Kouga?” gli domandò ancora, notando che c’era qualcosa che non andava
“Ecco… ieri, ieri sono stato convocato a un vertice molto importante, nel Parlamento, a cui hanno preso parte solo alcuni dei più importanti esponenti della città…” cominciò, esitante, e Kagome aspettò pazientemente che il ragazzo continuasse, avvertendo chiaramente quanto gli fosse difficile parlare… doveva essere qualcosa di molto importante, se uno come Kouga - anche se all’inizio non l’avrebbe mai detto – solitamente così spigliato e diretto, faticava così tanto.
Lo sentì sospirare e poi volgerle uno sguardo diretto
“Bè, verrò al sodo… volevo dirti che sono stato incaricato di andare ad Arlem per una spedizione di ricognizione, mi sembrava giusto dirtelo”.
La miko rimase in silenzio, guardandolo con gli occhi sgranati.
Dopo settimane di angosciosa attesa, di un desiderio di sapere corrosivo, finalmente avrebbe potuto sapere se… se sua nonna e coloro che amava erano ancora vivi.
“Qua- quando?” balbettò, col volto basso
“Due giorni dopo il ballo. Anche per questo ti ho chiesto se avresti voluto venirci con me perché così, almeno, se mi dovesse succedere qualcosa…”
“Non dirlo nemmeno per scherzo!” lo interruppe bruscamente Kagome, abbracciandolo di getto. No, non poteva nemmeno pensare all’ipotesi che anche a lui….
Kouga rimase basito per qualche istante, poi l’abbracciò a sua volta, il sentimento che ardeva dentro di lui rinnovato di una nuova fiamma.
L’amava, era inutile, l’amava e… glielo avrebbe detto, la sera del ballo.
Poi un fruscio e un tossicchiare irritato.
I due si staccarono dall’abbraccio, guardando il nuovo arrivato.
Inuyasha.
“Spero di non aver interrotto niente…” disse, la voce tagliente e aspra. Kagome si ritrovò ad arrossire nel pensare a come li aveva trovati, mentre una sorta di angoscia la pervadeva chiedendosi cosa avesse pensato l’Hanyou, che sicuramente aveva frainteso.
“No, assolutamente niente” ribatté sbuffando scocciato l’Ookami Youkai, rimanendo però estremamente vicino alla ragazza, guardando con sguardo infuocato il mezzo- demone che non tardò a fissarlo allo stesso modo.
“Co- come mai sei qui, Inuyasha?” azzardò domandare Kagome, chiaramente a disagio per quella situazione altamente equivoca, per poi rimanere ferita dallo sguardo di ghiaccio che il ragazzo le rivolse, parlandole con voce atona e tagliente
“Miroku ieri mi aveva proposto di passare un pomeriggio di riposo e di ritrovarci qui… ma come al solito credo di essere arrivato troppo in anticipo” le rispose, calcando su quel troppo
“Ah, capisco” commentò lei, senza riuscire a dire altro “Verrà anche Sango?” gli chiese poi
“Sì” e detto ciò, l’Hanyou si voltò bruscamente e, con un agile balzo, si ritrovò seduto su un grosso ed alto ramo di un ciliegio, nascosto dal suo intreccio di rami e fiori.
“Non badare a lui” sbottò Kouga, dopo un po’, a bassa voce, rivolto a Kagome “Gli piace stare al centro dell’attenzione, ma ha trovato pane per i suoi denti” e ghignò divertito, convinto di essere il vincitore su tutta la linea.
La miko lo guardò per qualche istante, per poi volgere gli occhi alla distesa di alberi che le si parava di fronte, alla ricerca di un paio di iridi ambrate che quel giorno l’avevano guardata quasi con odio.
E questo le faceva male.
Non… non voleva che Inuyasha la odiasse.

La guardava.
Dalla posizione in cui era, gli era possibile osservare quello che accadeva sotto di lui senza essere visto.
Quale modo migliore per poterla ammirare liberamente, senza temere di essere scoperto?
La guardava.
E non poteva far a meno di leggere in quelle iridi cioccolato un’ombra di sofferenza mentre fissava gli alberi che lo circondavano.
Che ci fosse rimasta male per come l’aveva trattata?
Quel pensiero gli trasmise un senso di calore e gioia che lo avvolse.
Ma quando era arrivato, e li aveva visti lì, abbracciati, un senso di rabbia irrefrenabile l’aveva pervaso, un senso di tradimento lo aveva portato a comportarsi in quel modo.
Per quale ragione? Non se lo sapeva spiegare, sapeva solo che il modo in cui si comportava quel lupo da strapazzo gli dava sui nervi.
Cos’era tutta quella confidenza?
E perché Kagome glielo permetteva?
Che anche lei ricambiasse i sentimenti dell’Ookami Youkai?
L’Hanyou scosse violentemente la testa.
E a lui cosa gliene poteva importare se quella stupida amava quel lupastro?
Niente, assolutamente niente.
Niente….

“Oh, buon pomeriggio ragazzi!” la voce allegra di Miroku si sollevò per l’ampio giardino, e Kagome e Kouga videro il Majutsushi venire verso di loro, accompagnato da Sango e il piccolo Shippo che, nonappena vide la miko, gli corse contro.
“Kagome- chan!” esclamò il piccolo Youko, accolto dalle braccia del Cavaliere Supremo
“Ciao Shippo- chan. Sono contenta che ci siate anche voi!” disse, guardando il cugino e l’amica che le si sedette accanto, mentre Kouga si era avvicinato al ragazzo dal codino
“Io l’ho saputo solo poco fa, è passato Miroku prima dal mio appartamento chiedendomi, anzi, è meglio dire, supplicandomi di venire qui” le disse la Cacciatrice
“Ma a quanto pare devi aver fatto anche qualcos’altro, eh Miroku??” domandò sarcastico Kouga, notando le visibili cinque dita stampate sulla guancia del Mago
“Eheh, sai com’è… - ridacchio quello – Ma… Inuyasha dov’è?” chiese per cambiare quell’imbarazzante argomento
“Ecco…” cominciò Kagome che però non ebbe il tempo di terminare la frase
“Sono qui” la precedette l’Hanyou, comparendo alle spalle del Majutsushi come un fantasma
“Accidenti, Inuyasha, mi hai fatto prendere un colpo!”
“Feh!” commentò semplicemente l’altro, senza degnarlo di uno sguardo, ma andandosi a sedere, senza una parola, vicino a Kagome.
Lei lo guardò basita, non se lo sarebbe mai aspettata.
“No, non lo voglio Inuyasha vicino!” sbottò Shippo, stringendosi maggiormente a Kagome
“Che vorresti dire, moccioso?!?” esclamò già innervosito il mezzo- demone con un sopracciglio inarcato
“Quello che ho detto, sei un brutto cagnaccio e io vicino non ti voglio!”
“Shippo, ma-” cercò di intervenire la miko
“Cosa sarei io?!? Vieni qui e poi ti faccio vedere cosa sono! Sii uomo e staccati da Kagome!” gli ordinò, ottenendo però in risposta le smorfie dello Youko
“No, io sono solo un cucciolo, non sono un uomo!”
“See, quando ti fa comodo, forza fatti avanti!!” insistette Inuyasha, ormai fuori di sé
“Avanti Inuyasha, è solo un bambino, non c’è bisogno di prendersela a questo modo!” cercò di calmarlo Miroku mentre gli altri guardavano la scena quasi rassegnati, ma anche divertiti.
Era sempre così.
“Sta zitto tu, Mago dei miei stivali!!!”
“Ehi, non offendiamo…” anche il Majutsushi cominciava a scaldarsi
“Non è colpa mia se sei un Mago fasullo e pure pervertito!” continuò imperterrito l’Hanyou, mentre la situazione prendeva a degenerare
“Ma senti chi parla, la peggior matricola che la storia dei Cavalieri ricordi!” si aggiunse anche Kouga che non poté resistere alla tentazione di schernire il mezzo- demone
“Come ti premetti, lupo senza cervello?!?” urlò furibondo Inuyasha, avvicinandoglisi pericolosamente
“Avanti ragazzi, cerchiamo di smetterla-”
“Sta zitto Mago impiccione!!!” esclamarono in coro gli altri due.
Miroku li fissò per qualche istante sorridendo, per poi scoppiare anche lui.
È inutile dire come procedette la cosa.
“Certo che sono proprio stupidi” commentò esasperata Sango, distogliendo lo sguardo dalla rissa che stava avvenendo
“Convengo” commentò Kagome, cullando dolcemente Shippo che dormiva tranquillamente sulle sue gambe – ignaro di quello che aveva scatenato lui stesso….
“Ah, Kagome! – esclamò poi la Cacciatrice con un gran sorriso – Hai saputo del ballo della Milizia?” le chiese con gli occhi che le brillavano
“Sì, mi spiace ma ti hanno preceduta” ridacchiò in risposta la miko, vedendo la delusione dell’amica per non aver avuto la possibilità di darle la ‘grande notizia ’.
“Bè, pazienza… ci verrai?!?”
“Sì, sì, questa volta non farò storie” le disse Kagome, alzando le mani in segno di resa
“Bravissima, sai mi hanno detto che il ballo annuale della Milizia è uno degli avvenimenti più importanti di Eldoras! Sono così eccitata!” ammise il Cavaliere con gl’occhi sognanti, facendo ridere l’altra.
“Solo che…” bisbigliò poco dopo, le iridi velate di tristezza
“Solo che?” incalzò l’altra, curiosa di conoscere il motivo di quel suo stato d’animo
“Bè, ecco, mi hanno detto che è usanza che gli uomini invitino per il ballo una dama…”
“Mmh… non hai ricevuto alcun invito? Sei preoccupata per questo? Ma manca ancora una settimana, sono sicura che avrai l’imbarazzo della scelta per quanti vorranno andarci con te!” cercò di rassicurarla Kagome, convinta comunque delle sue parole. Sango era davvero una bellissima ragazza, sicuramente molti dei Cavalieri avrebbero fatto carte false pur di averla come dama!
“Bè, veramente, ecco… ho già ricevuto dieci inviti…” ammise imbarazzata la Cacciatrice
“Dieci?!? Accidenti, Sango, non sapevo avessi così tanto successo! – scherzò la miko, dandole qualche leggera gomitata – E allora qual è il problema?” le chiese poi, non riuscendo a capire quale fosse il motivo di quella tristezza
“Bè, ecco…” balbettò l’altra, e il suo sguardo, per un breve attimo, andò a posarsi su Miroku ancora coinvolto nella rissa con gli altri due.
Ma anche se si era trattato di un istante, Kagome riuscì a cogliere quell’occhiata e sorrise, avendo intuito quale fosse il problema.
“Forse… tra coloro che ti hanno invitata non c’è colui con cui desidereresti andarci, è così?” le chiese, e non ebbe bisogno di una risposta precisa vedendo lo sguardo sorpreso di Sango e le sue guance imporporate.
“Non è da escludere che chi vorresti come tuo accompagnatore non abbia il coraggio di farsi avanti…” azzardò il Cavaliere Supremo
“Ne dubito – commentò sarcastica l’altra – Non è invece da escludere che non si faccia avanti perché ha già provveduto a trovare la sua dama…”
“Fidati – asserì Kagome, guardandola sicura – non è così”.
Per Sango non ci fu il tempo per replicare visto che i tre ragazzi, tutti pesti e malconci, si riavvicinarono a loro, tranquilli come non mai.
“Bè, che si dice mie dolci fanciulle?” il primo a parlare fu proprio Miroku che si andò a sedere vicino a Sango
“Cose da donne” rispose ridacchiando Kagome, attirando la curiosità del cugino
“Bè, scusatemi ora – disse poi, alzandosi, il Cavaliere Supremo – Vi devo lasciare, Hirador mi aspetta” e mise delicatamente, tra le braccia della Cacciatrice, il piccolo Shippo
“Vuoi che ti accompagni, Kagome?” gli chiese Kouga, avvicinandosele sotto lo sguardo irritato di Inuyasha che li guardava attentamente
“No, ti ringrazio Kouga. Ci vediamo più tardi” gli rispose sorridendogli lei, avendo notato benissimo lo sguardo dell’Hanyou
“Come vuoi…” le disse lo Youkai leggermente deluso, e il resto del gruppo la vide andar via, i lunghi capelli ebano che si muovevano accarezzati dal vento gentile.
“Anche io devo andare…” disse poi Sango, alzandosi mentre Shippo si era svegliato
“Come, di già?” piagnucolò Miroku, guardandola con occhi imploranti
“Ti avevo detto che potevo restare per poco, devo andare da Sieg”
“Uff, e va bene, ma io e il tuo Drago dobbiamo fare una bella chiacchierata!” asserì deciso il Majutsushi
“Come vuoi, se hai voglia di farti mordere…” ridacchiò la Cacciatrice, per poi salutarli e andarsene.
I tre ragazzi restarono lì, in silenzio, il sibilare impalpabile del vento l’unico rumore udibile, accompagnato dal frusciare delle foglie e dell’erba.
“Bene uomini!” sbottò poi, improvvisamente il ragazzo col codino “Questa sera si sta tra di noi, che ne dite?? E non ammetto dei rifiuti, chiaro?!?”.
Kouga e Inuyasha lo guardarono perplessi per diversi istanti, per poi alzare le spalle, sbuffando
“Mah, si può anche fare, infondo sono stato con Harliem tutt’oggi...” rifletté il mezzo- demone
“Mh, perché no, però prima devo passare da Slyfer… vi trovo alla locanda?” chiese l’Ookami Youkai
“Naturalmente! Bene allora, io e Inuyasha ci avviamo, ti aspettiamo Kouga!” esclamò allegro Miroku, circondando con un braccio le spalle dell’Hanyou
“Non metterci una vita, lupo!” commentò acido Inuyasha, ghignando
“Non confondermi con Miroku, cagnolino” ribatté aspro lo Youko mentre prendeva a camminare
“Perché devo sempre finirci di mezzo, io?” si chiese amaramente il Majutsushi, per poi allontanarsi insieme al mezzo- demone.


“Un ballo? Ancora?!?”
“Come, pensavo lo sapessi, Inuyasha!”.
Miroku e Inuyasha, dopo che avevano lasciato il giardino del Palazzo Reale, si erano recati nella locanda, e come sempre vennero accolti da Doroty che si premurò di servire loro immediatamente due boccali di birra dorata.
“Evidentemente no! – rispose stizzito – E questa volta quel è l’occasione?”
“Si tratta di una cosa diversa dal ballo organizzato per Kagome. Questo è un evento annuale, è una festa organizzata per i membri della Milizia e del resto dell’esercito, è tutta un’altra cosa, te lo garantisco!” lo informò esaltato il ragazzo
“Sarà, ma un ballo è sempre un ballo…”
“Uff, certo che sei proprio un guastafeste! Allora… ci verrai?” gli chiese Miroku, sorseggiando la sua birra
“Posso fare altrimenti?” ribatté rassegnato il mezzo- demone
“Sai già chi invitare come tua dama?” gli domandò poi l’altro
“Cosa?!? Bisogna andarci in coppia?!?” esclamò agitato Inuyasha
“Bè, non è obbligatorio, ma sarebbe meglio… oh, suvvia, che sarà mai, ci sono talmente tante fanciulle in questo Palazzo, hai solo l’imbarazzo della scelta! E sono anche convinto che non faticherai a trovarne una disposta ad accettare un tuo invito, ho sentito dire che hai un certo successo tra l’altro sesso, lo sapevi?” gli disse con la sua solita aria maliziosa, facendolo imbarazzare
“Ma che stupidaggini vai dicendo, razza di pervertito che non sei altro?!?”
“Certo che sei proprio un timidone!” lo schernì il Majutsushi facendolo innervosire ancora di più
“Finiscila se non vuoi morire! – lo minacciò l’altro – E poi mi spieghi come dovrei fare? Mica posso andare dalla prima che mi capita a tiro! A parte te e gli altri, io qua dentro non conosco praticamente nessuno! E non credo tu voglia suggerirmi di invitare Sango…” gli disse, e questa volta fu il suo turno di rivolgergli un’occhiata eloquente con un ghigno dipinto sul volto
“Ah- ah, che simpaticone – borbottò il ragazzo dal codino – Comunque… c’è sempre Kagome…” azzardò poi, già ridacchiando per il rossore che si era diffuso sulle guance dell’Hanyou
“E mi spieghi per quale assurda ragione dovrei invitare proprio lei?!?”
“Bè, mi sembra che andiate abbastanza d’accordo, ultimamente…” insinuò Miroku
“Tzè, devi aver visto male” ribatté secco Inuyasha, distogliendo lo sguardo, altezzoso, seppur ancora rosso “E poi chi ti dice che accetterebbe?” aggiunse, e il Mago sorrise a quella domanda… se quella idea lo avesse ‘schifato ’ completamente, non avrebbe mai pensato a quella eventualità.
“Mah, chissà, tentar non nuoce” rispose sorridendo l’altro, sorseggiando tranquillamente la sua birra fresca
“E chi ti dice che non sia già impegnata?” insistette il mezzo- demone, guardandolo tra il titubante e il truce
“Non credo, infondo manca ancora una settimana, vuoi che sia già impegnata?” rifletté il Cavaliere dal codino
“Sì, è così” rispose per loro una terza voce.
“Che vorresti dire, lupo?” domandò acido Inuyasha, guardando Kouga che si avvicinava al tavolo
“Quello che ho detto, che Kagome è già occupata”
“E con chi??” sbottò curioso Miroku
“Con me, mi sembra ovvio” per poco il Majutsushi non si strozzò con la birra che stava bevendo, guardando l’Ookami Youkai con tanto d’occhi come Inuyasha, del resto
“Come fai ad esserne così sicuro?” gli domandò quasi ringhiando, poi, il mezzo- demone.
“Perché gliel’ho chiesto questo pomeriggio ed ha accettato” lo informò con un ghigno da vincitore dipinto sul volto il Demone, mentre, per quanto possibile, la sorpresa di Miroku era aumentata ancora.
L’Hanyou rimase in silenzio, mentre un moto di rabbia era sul punto di fargli perdere il controllo, e la voglia di riempire di pugni quello sbruffone lo accecava.
Ma si impose l’autocontrollo.
Perché reagiva a quel modo? Che gliene importava se quella stupida di Kagome decideva di andare ad uno stupido ballo, con uno stupidissimo accompagnatore?
Niente, appunto. Niente di niente.
Lui non aveva bisogno di nessuna dama, tanto meno di quella ragazzina.
“Che c’è, Inuyasha, non ti avrò per caso rubato il campo?” gli domandò sprezzante il Demone
“No, affatto, non mi sono mai piaciute le bambine, e stavo solo pensando che farete un figurone insieme, per quanto stiano bene un lupo senza cervello e una ragazzina viziata” gli rispose acido, sorridendo maligno
“Come diav-” Kouga era già sul punto di farlo a pezzi se non fosse stato per l’intervento di Miroku, che questa volta non ammetteva discussioni
“Adesso vedete di smetterla. Sembrate dei bambini” li riprese, severo
“Feh!” sbottò l’Hanyou, voltando lo sguardo
“Hai ragione Miroku, non ne vale la pena” commentò aspro lo Youko, guardando gelidamente il mezzo- demone.
Fortunatamente il resto della serata passò tranquillamente, e stranamente, per quella volta, si riuscì ad evitare la rissa, la quale avveniva puntualmente ogni qual volta che quei tre si trovassero assieme.
Ma Miroku sapeva essere un buon diplomatico, e il sidro di more di Doroty, insieme alla sua gentilezza, erano dei rimedi efficaci per qualunque tipo di tensione.
Per cui, quella sera, Eldoras poté addormentarsi con tranquillità, mentre col definitivo calare del sole dietro le Montagne della Luna, le stelle prendevano ad illuminare giocose la distesa pece, screziata d’argento, e le luci dei lampioni e delle torce sparse per la città creavano una distesa ordinata di lucciole che vegliavano sul sonno degli abitanti.
Un altro giorno era giunto al termine.

FINE 24° CAPITOLO.

Mhuahahahahahah!!! Sono o non sono un genio della suspance?!? … No? Vabbè! XD Comunque ecco finalmente svelato – in un certo senso! XD – il mistero del fantomatico personaggio X che aveva sollevato mille e più domande e mille e più ipotesi su chi si potesse trattare. Ma anche se vi ho rivelato il nome, ci avete capito qualcosa? No? Bene, ottimo direi! XD Non credo che ci sia nessuno in grado di immaginare quello che ha elaborato la mia mente uhuhuhuh! E se c’è questo qualcuno, lo prego di farsi avanti e di venire da me, che provvederò a chiuderlo sotto chiave! XD Well, grazie a questo capitolo si arriverà a raggiungere la quota di 200 commenti!!! *________* Non avete idea di quanto sia commossa Q_____Q Bene, non sapendo cos’altro dire – se non delle gran scemenze, ma è meglio evitare, per questa volta XD – lascio la parola a voi, sono curiosa di vedere le vostre reazioni! Auguro a tutti una buona settimana, sinceramente non so a quando sarà la prossima volta visto che questo è davvero un periodaccio, ho un sacco di verifiche e interrogazioni, devo cominciare a ripassare tutto il programma di un anno e preparare la tesina… @___@ Aiuto! Per cui non so a quando darvi il prossimo appuntamento, ma cercherò al più presto di fare ritorno col 25° capitolo! Ciao a tutti cari lettori, baci ka_chan ^_________^

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Capitolo 25
*** cap25 "IL RUMORE DEL CUORE INFRANTO" ***


Ehilà, gente, sì, sono proprio io!!! Come state?!? Vi sono mancata? A me voi tantissimo, ed ora che, finalmente, questo dannato Esame di Stato è finito sono qui, con il nuovo capitolo tutto per voi!!! Vi giuro, non sapete quanto sia dispiaciuta per tutto il tempo che vi ho fatto attendere, ma penso che questo capitolo ripagherà l’attesa!
Ma l’esame andava fatto, e dopo 5 anni di impegno costante, per quanto poco me ne importasse, alla fine ci tenevo a concludere in modo dignitoso… e 90 credo che lo sia ^_____^. Spero che anche agli altri maturandi come me tutto sia andato per il meglio! Tralasciando questi discorsi, torno alla carica con un capitolo che porterà ad una sorta di svolta… bè, lo vedrete leggendo.
Ora passerei a ringraziare, invece, chi ha commentato: Lorimhar, Ragnarok79, Chiba, Elychan, Rika 92, raska81, Elly, Chicca91, akane_val, cri-chan e inukun.
Grazie mille a tutti, indistintamente, perché continuate a seguirmi nonostante ultimamente mi faccia attendere!
P.S. Sto apportando delle modifiche ai capitoli precedenti, ma si tratta di piccole cose, e per adesso ho modificato solo il primo… volevo solo avvertirvi! ^______^

CAPITOLO 25° “IL RUMORE DEL CUORE INFRANTO”

Una settimana era passata, una settimana fatta di pesanti ed estenuanti allenamenti e rappresaglie, accompagnati dagli umori allegri ed eccitati dei membri dell’esercito, e i via vai di servitori che si occupavano di addobbare in modo adeguato il Palazzo Reale per l’occasione di quella sera.
Il ballo annuale della Milizia del Dragone.
Una tradizione che veniva tramandata e protratta dai tempi di Eldeor, un’occasione di buon auspicio per coloro che avevano e davano la loro vita per la protezione della loro città, della loro terra, del loro Continente.
E in quel periodo, non poteva esserci augurio migliore che quello di avere la forza per affrontare tutti i nemici, i pericoli e le avversità che, presto o tardi, si sarebbero abbattuti su di loro.
Una settimana era passata, una settimana fatta di battibecchi, allegre uscite e, per qualcuno, giorni per riflettere e cercare di mettere ordine nei propri pensieri.
Anche se questo, bene o male, è arduo per tutti.
In quei giorni, però, anche se l’idea della festa aveva sicuramente rinvigorito gli animi dei soldati, di certo la minaccia incombente di Naraku non era stata dimenticata, e numerose squadre speciali di Cavalieri continuavano imperterrite a controllare il territorio della Terra Centrale, assicurandosi di non tralasciare alcun punto.
Un varco nelle difese del Paese significava la morte.
Sango si aggirava per i corridoi del piano terra, guardando eccitata e curiosa il via vai di servitori che si stavano occupando di addobbare a dovere il Palazzo Reale, ogni dove vasi e ghirlande di fiori coloratissimi illuminavano l’ambiente che sapeva di fresco.
Erano stati sette giorni di attesa infinita e logorante, ma finalmente… il giorno del ballo era arrivato.
E lei… ci sarebbe andata, accompagnata da… Miroku.
Già, infine, quel bizzarro ragazzo amante del gentil sesso… le aveva chiesto di concedergli l’onore di accompagnarlo al ballo.
Non era stata una vera e propria dichiarazione, oltre che essere stata assolutamente improvvisa – visto che glielo aveva chiesto solo due giorni prima.
E, ne era quasi convinta, in tutta questa storia c’era lo zampino di Kagome.
Aggrottò le sopracciglia. Probabilmente l’amica si era accorta di qualcosa… di quello che aveva sconvolto e sorpreso lei stessa.
Bè, ecco, come dire… a lei, forse, Miroku ‘interessava ’.
In quegli ultimi giorni lei e il Majutsushi non avevano avuto molte occasioni per incontrarsi, eccezion fatta per i pasti, visto che per il resto allenamenti e riunioni straordinarie riempivano le loro giornate.
Ma comunque, di certo non si aspettava che il ragazzo l’avrebbe invitata visto che, giorni prima, lo aveva visto parlare con una certa confidenza – ancora di più di quanta non ne vedesse quando il Cavaliere parlava con qualsiasi donna – con una ragazza, anche lei facente parte dei Cavalieri. Era convinta che sarebbe stata lei la sua prescelta.
E invece, due giorni prima, se lo era visto piombare all’improvviso, proprio mentre un altro membro della Milizia le stava chiedendo di venire con lui al ballo, con una faccia a dir poco adirata.
Si era avvicinato a loro, fermandosi di fronte al ragazzo con cui poco prima lei stava parlando, guardandolo con occhi fiammeggianti
‘ Scusa tanto – gli aveva detto – Ma se stai invitando questa graziosa fanciulla al ballo, sappi che è già impegnata con me ’.
L’altro lo aveva guardato per qualche istante smarrito, e lei si era ritrovata con i due che la fissavano: uno confuso, e l’altro che se avesse detto il contrario, sarebbe scoppiato.
‘ Già… mi spiace, avrei dovuto dirtelo prima ’ aveva detto lei, senza pensare, al ragazzo con cui stava parlando prima, che, seppur con faccia leggermente dispiaciuta, se ne era andato lasciandoli soli in quella strana situazione.
‘Accidenti, sono proprio un cretino! – gli aveva sentito dire poi - ‘Dovevo immaginarmelo che ti avrebbero invitata in tanti, sei una così bella ragazza che è naturale! Ci è mancato poco che sarei rimasto senza la mia dama!’.
Lei lo aveva guardato con tanto d’occhi, arrossendo furiosamente. Di certo non si aspettava quelle parole.
‘Ma sono ancora più contento che tu abbia accettato, anche se con un invito del genere! Mi rifarò l’anno prossimo!'
‘I… io, ecco…’ aveva balbettato invece lei, più imbarazzata che mai. Che lei… che lei piacesse a Miroku? Ma poi un altro pensiero aveva invaso la sua mente
‘Ma, Miroku… come facevi a sapere che ero qui?’
‘Oh, bè, ecco… un caso, sì, è stato un caso, eheheh!’ aveva tergiversato lui, non convincendola per niente.
Ma aveva lasciato correre… in fondo era così contenta!
Talmente felice che, quella sera, era piombata nell’appartamento di Kagome
‘Ti è successo qualcosa di bello?’ le aveva detto sorridendole nonappena ebbe incontrato i suoi occhi luccicanti di gioia
‘Bè, ecco… Mi… Miroku mi ha chiesto di andare al ballo con lui!’
‘Oooh…! Sono molto contenta per te, Sango!’
‘Mi chiedo però come sia riuscito a trovarmi, prima, e proprio mentre stavo ricevendo un altro invito… sai chi era? Hiroshi, quel ragazzo carino di cui ti avevo parlato… sinceramente mi era venuta in mente anche l’idea di accettare il suo invito ’
‘Chissà, avrà un buon tempismo ’
le aveva detto, con un tono un po’ strano che l’aveva fatta insospettire… infondo Kagome era l’unica a sapere che quel pomeriggio Hiroshi l’aveva chiamata per parlarle e l’idea che l’arrivo di Miroku fosse stata una coincidenza, sinceramente, l’aveva convinta poco.
Ma ci era passata sopra. L’importante era che ci sarebbe andata con quello che avrebbe voluto come accompagnatore.
“Sango!” si volse e poco dietro di lei scorse la figura di Kagome che la salutava gentilmente.
Le si avvicinò mentre gli occhi già le brillavano, facendo spaventare l’altra.
“Quello sguardo mi fa paura!” le disse, infatti, mentre indietreggiava leggermente
“Avanti, non dire così! Stavo solo immaginandoti con un bellissimo abito lungo addosso!” le rispose Sango, ridacchiando nel vederla sospirare di rassegnazione.
Si erano date appuntamento lì, per quel pomeriggio, per prepararsi con calma in vista della serata… la Cacciatrice, in particolare, voleva essere perfetta per far colpo sul Majutsushi.
“Ho visto Miroku poco fa…” esordì poi Kagome mentre si stavano dirigendo al primo piano, per andare nella camera Reale della ragazza, quella che l’aveva ospitata per i primi tempi
“A- ah sì?” disse Sango, le gote leggermente arrossate
“Già… sai, credo di non averlo mai visto così…” continuò l’altra con tono quasi malizioso, facendo incuriosire l’amica
“Che… che vuoi dire?” le chiese infatti quella, sulle spine
“Anche se non lo ammetterebbe mai… sai, mi è sembrato davvero nervoso per questa sera! Me lo ha confermato anche Kouga… ha detto che non l’ha mai visto così per un appuntamento con una ragazza! Credo che tu sia una delle poche che riesca a metterlo in difficoltà!”
“M- ma che dici!” farfugliò la Cacciatrice rossa in volto, all’idea che quella semplice uscita avesse potuto far agitare anche quel libertino abituato a rapportarsi col gentil sesso….
“Perché, scusa? Non mi dire che pensi di essere indifferente a Miroku!”
“Ma se corre dietro a tutte le ragazze del Palazzo!”
“Sarà, ma come si comporta con te non l’ho mai visto farlo con nessun altra” le disse convinta Kagome, guardandola negli occhi.
Sango tacque, riflettendo sulle parole dell’amica. Che Miroku davvero la vedesse in modo speciale?
“A proposito… - disse poi, fulminata da un pensiero – E Inuyasha? Viene sta sera?”. Kagome nel sentire il nome del mezzo- demone sobbalzò leggermente.
“Da quello che mi ha detto Miroku, sì” le rispose, la voce velata di tristezza. Dal giorno in cui lui le aveva confessato di volerle bene, il suo atteggiamento nei suoi confronti era radicalmente cambiato. Le volte che si erano visti l’aveva trattata con una gelida freddezza che non riusciva a comprendere… eppure le era sembrato che finalmente le cose si fossero sistemate.
Serrò la mascella, irritata. Quel cretino di un Hanyou ne aveva sempre una!
Ah, ma se credeva che sarebbe stata in pena per i suoi capricci, sbagliava di grosso!
“Kagome?” la chiamò Sango, i suoi occhi che la guardavano incuriosita nel vederla con quell’espressione corrucciata sul volto.
“Eh?” rispose l’altra, in modo un po’ brusco
“Che ti prende? Hai una faccia…”
“Niente, non ti preoccupare… però adesso diamoci una mossa, altrimenti arriveremo che il ballo sarà già finito!” le rispose, ora più rilassata, un radioso sorriso a illuminarle il volto.
“Forza, abbiamo due Cavalieri da far restare a bocca aperta!” ribatté allegra Sango, prendendo a braccetto l’amica, eccitata per l’imminente serata.

“Forza Inuyasha! Dammi una mano a decidere!”
“E non scocciarmi! Ti ho già detto che non sono pratico di questo cose, chiedi a qualcun altro!”
“Capirai, devi solo dirmi quale per te è il colore migliore! Non vuoi aiutarmi a fare colpo sulla dolce Sango?!”.
Miroku guardò con un sopracciglio alzato il mezzo- demone stravaccato sul suo letto, i suoi abiti per quella sera spiegazzati sulla sedia lì vicino
“Uff, vabbè, allora vuol dire che farò da solo… vediamo… massì, penso che la divisa chiara sarà perfetta!” disse il Majutsushi afferrando la divisa estiva dei Cavalieri, dal colore bianco perlaceo dai ricami dorati, riponendo invece nell’armadio l’altra, sempre estiva, ma di colore nero con le rifiniture argentate
“Tu pensi di stare lì a poltrire ancora per molto? Guarda che il ballo comincia solo tra poche ore!” chiese Miroku all’Hanyou che continuava imperterrito a starsene steso sul letto, sbuffando di tanto in tanto
“Per quello che me importa… odio questi stupidi balli!” esclamò seccato Inuyasha, aprendo un occhio ambrato, guardando l’amico che nel frattempo si stava sfilando la casacca, rimanendo a torso nudo
“Non è che sei così irritato perché non hai trovato con chi andarci? E dire che ti ho dato l’elenco delle ragazze più carine di tutto il Palazzo! Oppure, tra loro, non c’era colei che desideravi…” gli disse con tono malizioso, guardandolo furbetto
“Ma che cavolo stai dicendo?!? Se sono così nervoso è perché odio questi sciocchi eventi mondani! Tzè, figurati, sai cosa me ne faccio di una ragazzina!” sbottò accigliato
“Ragazzina? Io non ho parlato di ragazzine…” gli fece notare Miroku, mentre lo guardava divertito nel vederlo arrossire di vergogna per quella frase pronunciata di getto
“Tzè, per me sono tutte ragazzine!” cercò di rimediare Inuyasha, ottenendo la risatina dell’altro in risposta che però preferì non insistere… tanto ormai quello che c’era da capire, lo aveva già capito.
“E il lupastro?” sbottò poi il mezzo- demone, fingendo indifferente curiosità
“Chi, Kouga? Oh, lui è nei suoi appartamenti, sicuramente si starà preparando… più tardi ci dobbiamo incontrare per andare a prendere le nostre fanciulle! Saranno belle come angeli!”
“Feh! Vorrà dire che vi aspetterò giù, nella sala. Sia chiaro, però: non mi costringerete a ballare in alcun modo! E voglio essere lasciato in pace, non ne voglio sapere delle vostre-”
“Accidenti, ho capito Inuyasha! Se continui in questo modo arriverai a fine serata a dir poco distrutto… potresti cercare di rilassarti, ogni tanto!” gli consigliò Miroku, per poi finire di indossare l’elegante divisa dei Cavalieri.
“Allora? Come sto?” domandò all’amico
“Feh!” si limitò a bofonchiare l’altro, facendo sbuffare il Majutsushi.
“Va bene, ho capito che non è il caso di insistere oltre… io ora esco, tu preparati con calma, eh? Però cerca di presentarti, dopo, non vorrei essere costretto a trascinarti con la forza!”
“Tsk! Non ho bisogno della balia” gli rispose acido l’Hanyou, aspettando che finalmente l’amico se ne andasse
“Va bene, va bene… a dopo Inuyasha!” lo salutò, per poi lasciarlo solo nell’appartamento.
Il mezzo- demone aprì gli occhi ambrati, guardando il soffitto con aria sconsolata e irritata.
Perché lui doveva ridursi in quello stato?
Perché… per una ragazzina?!
Sì, perché, era inutile negarlo, se era ridotto così era per Kagome.
Diede un pungo sul letto, dandosi dello stupido.
Perché si sentiva così?
Poi, sentire cosa? Neanche lui ne aveva idea di quello che gli stava accadendo.
Sapeva solamente che quando aveva saputo che Kagome sarebbe andata al ballo accompagnata da Kouga, una rabbia gli era insorta, che lo aveva portato poi a comportarsi in malo modo con lei, le volte che si erano visti in seguito.
Sbuffò, se prima non ne era entusiasta, adesso la voglia di andare a quello stupido ballo era scemata completamente.
Ma sapeva anche che se non si fosse presentato, Miroku sarebbe stato capace di rendergli la vita un vero inferno.
Guardò quasi con sospetto le due divise spiegazzate davanti a lui.
E adesso che cavolo si metteva?
Le guardò incerto per qualche istante, per poi afferrare quella nera… infondo il bianco non gli si addiceva più di tanto.
Prese con calma a spogliarsi, guardandosi in torno… certo che Miroku, a differenza sua, era decisamente ordinato!
Camera sua sembrava un campo di battaglia, e per questo infatti era stato ripreso più volte da Harliem, che non mancava mai di farglielo notare, e soprattutto nei momenti meno opportuni.
Dopo pochi minuti si era già cambiato. Si guardò allo specchio che aveva davanti… bè, non stava poi tanto male.
Guardò l’orologio appeso alla parete di fronte a lui: le sette in punto. Il ballo sarebbe cominciato alle otto… face spallucce, avrebbe fatto passare il tempo in compagnia di Harliem.
- Sempre se non è insieme a Hirador… - pensò leggermente infastidito. Nelle ultime settimane i due Draghi avevano passato tantissimo tempo insieme, e come Inuyasha aveva intuito tempo prima… la dragonessa era interessata al Drago d’Oro e lei, altrettanto, non gli era indifferente.
Sbuffò. Sembrava che in quel periodo si fossero messi d’accordo per metterlo da parte.
- Non sarebbe la prima volta… - pensò tristemente – Sei stato solo per quattordici anni, Inuyasha… se ti abbandonassero non ti sorprenderesti più di tanto… -.
Dopo aver formulato quel pensiero si sentì soffocare, ma cercò di allontanare quella sgradevole sensazione.
Afferrò la sua spada, allacciandosela al fianco, per poi abbandonare l’appartamento di Miroku.
Si diresse verso le sue stanze, per poter così imboccare il passaggio che l’avrebbe condotto agli appartamenti di Harliem.
- Forse potrei anche incontrare anche Kagome… - si bloccò, colpito da quel pensiero. Era uno stupido, in quel momento Kagome si stava di sicuro preparando per la serata… si sarebbe fatta bella per Kouga…. Aggrottò le sopracciglia a quel pensiero.
- Tzè, che faccia quello che le pare, quella stupida! –
Con l’umore nero, arrivò alle stanze di Harliem, aspettandosi già di trovarle vuote. Negli ultimi giorni era successo qualche volta che non l’avesse trovata perché in compagnia di Hirador.
Entrò quindi senza alcuna aspettativa, quando invece si ritrovò davanti al figura maestosa della dragonessa, le squame lucenti che brillavano di mille sfumature calde.
La guardò quasi stupito, rimanendo immobile sulla porta.
- Bè, che fai lì fermo, con quella faccia? – gli chiese Harliem, gli occhi di fuoco che lo guardavano curiosi
“Che ci fai qui?” le chiese lui di rimando
- Cosa vuol dire che ci faccio qui? Sono le mie stanze! – ribatté confusa lei
“Già… - cominciò Inuyasha con tono leggermente infastidito – È che non mi sarei aspettato di trovarti. Ultimamente è capitato che non ci fossi quando venivo…”
- Proprio per questo! Sono rimasta tutto il pomeriggio qui, proprio aspettando che tu venissi! Mi sei mancato in questi giorni, e mi spiace se qualche volta non mi sono fatta trovare senza dirtelo -
Inuyasha la guardò con occhi sorpresi per quelle parole. Si diede dello stupido per quello che aveva pensato poco prima… come aveva potuto dubitare di Harliem? Come aveva potuto pensare che lei lo avrebbe abbandonato?
- Inuyasha, cos’è che ti turba? – gli domandò lei, avendo percepito l’irrequietezza del Cavaliere.
Lui la guardò per qualche istante, per poi avvicinarsele e sedendosi contro il suo ventre caldo, sospirando.
“Niente, sono solo confuso” le disse, ammettendo che c’era qualcosa che non andava.
- È difficile comprendere i nostri sentimenti -
“Già. Ma non preoccuparti, sistemerò tutto” e restarono in silenzio, godendo ognuno della vicinanza dell’altro.
Casualmente Inuyasha fece vagare lo sguardo per la stanza, notando l’orologio che segnava le sette e venti.
“Accidenti, Harliem! È tardissimo, e io non ti ho ancora preparata!” esclamò agitato, andando a prendere da un grande armadio nella stanza attigua l’armatura da cerimonia della dragonessa.
Riemerse dalla stanza con il necessario in mano, un’armatura di squisita fattura, dal colore nero pece che faceva così risaltare le squame purpuree del Drago, con motivi in alto rilievo rifiniti d’argento che la rendevano ancora più preziosa.
Al ballo, infatti, era consuetudine far partecipare anche i Draghi della Milizia, per i quali veniva allestito un imponente gazebo nel grande parco del Palazzo, nella parte sulla quale la bassa balconata della sala da ballo si affacciava.
- Ma guarda, siamo pure in tinta! – osservò Harliem, riferendosi alla divisa nera e argento del Cavaliere.
“Sì, ma adesso sbrighiamoci altrimenti arriveremo domani mattina!” e Inuyasha prese, con alcune difficoltà, a far indossare al Drago l’armatura splendente, come le sue squame infuocate.
- Non avrò la ragazza che mi accompagna al ballo, ma sicuramente la donna più bella delle Tre Terre non potrebbe mai farmi fare più bella figura rispetto alla mia Harliem! – pensò allegro e soddisfatto, mentre il suo umore, finalmente, in quella serata, cominciava a essere più sereno.

“Faremo tardi, faremo tardi!”
“Sango, ti prego calmati! Sono dieci minuti che vai ripetendo la stessa cosa!”.
Kagome e l’amica Sango, ormai sull’orlo di una crisi isterica, si trovavano ancora nella stanza della prima, preparandosi per la serata imminente.
“Ma Kagome non vedi quanto è tardi?! E non ci siamo ancora sistemate i capelli!!” le fece notare agitatissima la Cacciatrice mentre vagava come un’anima in pena fra la marea di vestiti sparsi sul pavimento, come soldati caduti dopo una cruenta battaglia.
“Ah, parla per te, i miei capelli non si toccano!” asserì decisa la miko, ritraendosi sospettosa dall’altra
“Fa come vuoi, non c’è tempo per discutere” la ignorò Sango che invece stava cercando di acconciare i capelli in un elegante chignon, con scarsi risultati, facendola agitare maggiormente.
“Dà qua – le ordinò il Cavaliere Supremo – Siediti e calmati. Agitandosi non si risolve niente”.
La Cacciatrice obbedì remissiva, respirando lentamente mentre Kagome prendeva ad acconciare i suoi lunghi capelli.
“Non essere così agitata, Sango. So che vuoi fare colpo su Miroku, e ti assicuro che ci riuscirai, questo vestito ti sta da favola!” la rassicurò la mora, guardandola fasciata nel suo abito fatto di velluto e seta leggera, il colore rosa pesco che faceva risaltare la carnagione leggermente scura della ragazza.
“M- ma che dici! Non è vero che voglio fare colpo su Miroku!” ribatté imbarazzata l’altra, le guance imporporate
“Ah no? E come mai sei così agitata? Non mi sembra che ti sentissi così per l’altro ballo” le fece notare Kagome, andando a segno
“Bè, ecco, io…”
“Avanti, non essere così imbarazzata! E poi credo proprio che il tuo interesse sia ricambiato”
“Tu credi? Non so come tu faccia a dire una cosa del genere, tuo cugino corre dietro a qualsiasi donna del Palazzo, se non di tutta Eldoras!” esclamò infastidita la Cacciatrice.
“È una sensazione. E sono sicura di non sbagliarmi…. Oh, ecco fatto!” disse infine, guardando soddisfatta il suo operato.
I capelli di Sango erano stati raccolti in un alto concio che però lasciava libere alcune ciocche che le incorniciavano il volto, mentre altre cadevano morbide dietro la nuca, leggermente arricciate.
“Sei stata bravissima Kagome!” esclamò stupita l’altra, ammettendo che così stava veramente bene.
“Davvero non vuoi che ti sistemi i capelli?” chiese poi a Kagome, ottenendo come risposta il suo deciso diniego “Bè, in effetti stai benissimo anche così… quel vestito è meraviglioso!” le disse sincera, guardandola con occhi adoranti. Kagome sorrise, voltandosi verso lo specchio per vedere la sua immagine riflessa.
In effetti quel vestito era davvero incantevole. Senza spalline, di un leggero raso del colore della pece, dai riflessi bluastri, le fasciava morbidamente il petto, mettendo in risalto le sue forme ma non in modo eccessivo, per poi cadere dolcemente sul resto della sua figura, la gonna larga che toccava quasi terra. I lunghi capelli del colore dell’inchiostro le cadevano delicati sulle spalle nude, appena trattenuti sulla fronte dal diadema regale che portava.
“Sono sicura che Kouga sverrà nel solo guardarti!” commentò Sango con un largo sorriso mentre invece Kagome soppesava quelle parole.
Lei sarebbe andata al ballo con Kouga, avendo accettato la sua proposta come l’invito di un amico.
Ma forse non si era accorta di qualcosa di importante: che l’ookami Youkai non la vedesse esattamente come una semplice amica.
E se le cose stavano così, era un problema. Lei non voleva ferirlo, a lei Kouga piaceva sul serio, ma come un ottimo amico sul quale poter sempre contare.
“Cos’hai Kagome?” le chiese l’altra notando la sua espressione seria
“Oh, niente, scusami… allora? Direi che siamo pronte, no?”
“Bè, sì, direi di sì… che dici, diamo una sistemata a questo macello?” le chiese, ridacchiando nel guardare la distesa colorata di tessuti che si presentava ai loro occhi
“Forse è il caso, se lasciamo tutto così, chiunque entri penserebbe che c’è stato un tornado, qui!”.
Così, armate di buona volontà, presero a riordinare, riponendo accuratamente i vari vestiti che si erano provate e che poi avevano scartato, finché il bussare di una porta le interruppe.
Le due ragazze si guardarono per qualche istante, per poi volgere contemporaneamente gli occhi all’orologio sopra le loro teste.
Le otto meno dieci.
Di sicuro si trattava di Miroku e Kouga, i quali avevano detto loro che sarebbero passati a prenderle.
“Oddio, Kagome, sono loro!” esclamò con voce strozzata Sango, guardando quasi con terrore la porta
“Avanti, Sango, non fare così! Sono solo Miroku e Kouga! Vai ad aprire, io arrivo subito, devo riporre questi ultimi abiti”.
La Cacciatrice annuì e prendendo un gran respiro, si avvicinò alla porta per poi aprirla di scatto, ritrovandosi così davanti i due ragazzi.
“Buonasera! Accidenti, Sango, sai che stai davvero benissimo?” il primo a parlare fu Kouga, sinceramente colpito dalla bellezza della ragazza del Nord. Miroku, invece, se ne restava ammutolito a fissarla, cosa che la mise in imbarazzo, anche se c’era rimasta un po’ male nel non ricevere alcun commento dal Majutsushi
“E Kagome? Non è ancora pronta?” domandò poi ansioso lo Youko
“Lei…” prese a rispondergli Sango venendo però interrotta dall’emergere dall’altra stanza della ragazza in questione
“Sono qui, buonasera a tutti e due” li salutò, facendosi avanti accompagnata dal leggero frusciare del lungo abito.
Come Miroku prima di lui, anche Kouga restò ammutolito nel guardare la figura meravigliosa di Kagome. Ripresosi, però, le si avvicinò, prendendole la mano destra e facendole un elegante baciamano
“Buonasera Kagome. Mi hai lasciato senza parole per la tua bellezza” le disse con sguardo intenso, facendola imbarazzare
“Ma che dici! Comunque anche tu stai molto bene” si complimentò lei, guardandolo nella sua elegante divisa bianca e nera e non di un unico colore, in quanto di grado più alto rispetto ai semplici Cavalieri.
Sango, nel frattempo, guardava i due, invidiando leggermente l’amica, visto che lo Youkai sembrava avere solo la sua immagine negli occhi. Lei, invece, non aveva ricevuto alcuna attenzione dal suo accompagnatore.
“Sango” mentre formulava quei pensieri, sentì una mano calda posarsi sulla sua spalla, e il suo nome sussurrato al suo orecchio. Voltò leggermente il capo, notando così quanto Miroku le si fosse avvicinato
“Perdonami per prima, ma mi hai lasciato senza fiato. Sei assolutamente meravigliosa” le disse con voce roca, facendola rabbrividire, sentendo il suo respiro sul collo.
“G- grazie” balbettò lei in risposta più imbarazzata che mai, senza riuscire a guardarlo in quei occhi che ora, lo sentiva, la stavano scrutando.
“Ragazzi? – li chiamò Kouga, attirando la loro attenzione – Che ne dite di andare? Ormai il ballo sarà già cominciato”
“Sì, andiamo, altrimenti ci perderemo tutto il divertimento” commentò Miroku con un gran sorriso rivolto a Sango, prendendola a braccetto, imitato dall’ookami Youkai dietro di lui.
I quattro uscirono così dagli appartamenti Reali di Kagome, dirigendosi verso la scalinata principale, quella che il Cavaliere Supremo aveva dovuto scendere insieme al Governatore al ballo in suo onore.
E come quella volta, nonappena si affacciarono sulla tromba delle scale, la maggior parte dei partecipanti all’evento si voltarono a guardarli, ammirati dalla bellezza ed eleganza delle due giovani, anche se in particolare l’attenzione era focalizzata sulla Principessa, quella sera più bella che mai.

Tra la distesa di ammiratori ce n’era uno poi in particolare, in quel momento irritato, nell’attesa dei suoi amici.
Inuyasha, infatti, appena finito di far indossare l’armatura ad Harliem, si era diretto con lei al piano terra, dove si stava già radunando una notevole crocchia di persone.
Non avendo visto tracce di Miroku o di chiunque altro di familiare, aveva accompagnato all’esterno la sua dragonessa, rimanendo qualche minuto in compagnia di Sieg, Hirador e Harliem, dopodichè si era allontanato, rientrando nel Palazzo, appostandosi in un angolo nei pressi della scalinata.
E tra uno sbuffo e l’altro, la sua attenzione era stata poi attirata da un brusio eccitato. Scocciato, ma in cerca di qualcosa che riempisse la sua attesa, volse lo sguardo al principio della scalinata cosicché i suoi occhi ambrati poterono riempirsi della figura di Kagome.
Allo stesso modo del ballo di qualche tempo prima, non poté che restare ammaliato dalla sua bellezza così naturale e misteriosa, il suo sguardo ora più rilassato da quando l’aveva conosciuta, velato come sempre della sua caratteristica fierezza.
Ma mentre faceva scorrere le sue iridi sulla figura di lei, non poté fare a meno di notare il braccio di Kouga che circondava il suo, e i loro corpi estremamente vicini. Digrignò i denti terribilmente irritato da tutta la confidenza che quel dannato lupo si prendeva con la ragazza. E perché lei non glielo impediva?
I suoi pensieri furono interrotti dai quattro che, avendolo notato, gli si erano avvicinati.
“Inuyasha, allora sei venuto!” esclamò Miroku, lasciando il braccio di Sango per avvicinarsi all’Hanyou
“Non mi era sembrato di aver detto il contrario” ribatté secco Inuyasha, ignorando completamente Kagome e Kouga, accennando invece un saluto a Sango
“Bene, bene, che bello, ci siamo tutti! Vedrete, ci divertiremo un sacco!” asserì felice il Majutsushi, ignorando l’atmosfera tesa che si era creata tra il mezzo- demone, l’ookami Youkai e il Cavaliere Supremo.
Kagome, infatti, come Kouga, si era accorta dell’atteggiamento di indifferenza di Inuyasha nei loro confronti, ma a differenza dello Youko che riteneva quel comportamento come una vittoria sul mezzo- demone, la miko ne era rimasta ferita, ancora una volta in quella settimana in cui il Cavaliere del Sud non le aveva rivolto mai la parola, se non per necessità.
A sua volta si irritò, non tollerava simili atteggiamenti, soprattutto se senza motivo.
Dal giorno in cui avevano avuto modo di parlarsi sinceramente, nei giardini, non era successo nulla – che lei ricordasse – che avrebbe potuto scatenare un simile comportamento da parte dell’Hanyou.
Se era l’indifferenza che voleva, l’avrebbe avuta.
Girò il volto di scatto, facendo avvicinare Kouga per parlargli in un orecchio, gesto che non passò inosservato a Inuyasha, il quale si innervosì ancora di più.
“Bene signori – cominciò poi Kouga, una volta che la ragazza si era allontanata da lui – Io e Kagome andiamo a fare un giro, ci si vede!” e detto questo, sempre tenendola a braccetto, si allontanò con Kagome per poi scomparire tra la folla che era aumentata rapidamente.
“Questa sera mia cugina è davvero incantevole – osservò in seguito Miroku – Non trovi Inuyasha?”
“Feh!” sbottò quello in risposta, piantandoli lì senza aggiungere altro, allontanandosi dalla parte opposta in cui si erano diretti l’ookami Youkai e la miko poco prima.
Il Majutsushi si volse verso Sango, in cerca di una possibile risposta per l’atteggiamento del mezzo- demone, ottenendo uno sguardo allibito indietro
“Per una volta, se hanno dei problemi, potranno cavarsela anche senza di noi – disse allora il Cavaliere dal codino – Perché per questa sera voglio solo pensare a te, mia cara” e le si avvicinò, prendendola nuovamente a braccetto, ottenendo il suo sorriso imbarazzato, mentre prendevano, anche loro, a girovagare per la sala da ballo, le note allegre ed acute degli strumenti dall’orchestra che si diffondevano nell’aria, accompagnati dalla brezza leggera proveniente dalle porte-finestre aperte, spandendo così il profumo dei fiori nell’ambiente.
All’esterno, invece, si poteva ammirare il numeroso gruppo di Draghi che occupava gran parte del giardino anteriore al Palazzo, le fiaccole disposte ordinatamente nel terreno che facevano risaltare le loro squame, creando un arcobaleno metallizzato, nel quale si riflettevano le stelle e la falce di luna argentea.
Uno spettacolo mozzafiato, questo pensava Inuyasha dall’alto del ramo sul quale si era rifugiato per sfuggire alla bolgia di persone che riempivano e animavano completamente il Palazzo, e nemmeno il resto della città era tranquillo, anzi, anche i popolani festeggiavano nelle taverne e per le strade, cantando vecchie canzoni, e narrando antiche storie.
Era… una bella atmosfera, anche se strana, ammise.
Di quel poco che ricordava, le feste tradizionali che si celebravano a Kaosu erano molto diverse, in quei giorni l’aria veniva permeata di un senso quasi di eccitata violenza, il grido di sangue degli Youkai che cresceva a dismisura e che si esplicitava in sacrifici e preghiere quasi tribali.
Nel ricordarle, Inuyasha si ritrovò a rabbrividire.
Dall’alto, cercò con lo sguardo il profilo di Harliem, confuso dalle tenebre della sera.
La vide, in compagnia di Varandir, Sieg e Hirador che però cercava, come sempre, di stuzzicare Slyfer, poco più in là.
Lei, almeno, si stava divertendo.
Mosse le candide orecchie canine, percependo il crescere della musica. Evidentemente i balli erano cominciati, ciascun Cavaliere avrebbe invitato la sua dama in quel vortice di passi e note, gli sguardi, i corpi complici.
E tra tutti, Kagome tra le braccia di Kouga.
Con rabbia afferrò un ramo da lui poco distante, spezzandolo.
Si prese la testa tra le mani, stringendo gli occhi, in cerca nel silenzio di una qualche risposta, soluzione a quello che gli stava accadendo.
Perché provava tutte quelle emozioni sconosciute? Che significavano?
Aprì di scatto gli occhi ambrati, resi più scuri dalle tenebre della sera.
Stare lì a struggersi con domande senza senso – oltre che non essere da lui – non lo avrebbe portato a niente.
Spiccò un balzo, atterrando con eleganza sul terreno, il suo passo attutito dall’erba fresca.
Con passo deciso prese poi a camminare verso la veranda della sala da ballo, salutando qua e là Cavalieri che aveva conosciuto in quei giorni di permanenza.
Attraversò una delle porte finestre aperte, per poi appostarsi in un angolo appartato, in modo da avere la visuale completa della sala, senza dare nell’occhio.
Ma questo non era esatto, visto che nonappena aveva messo piede nel salone, un gran numero di ragazze si erano voltate a guardarlo – con disapprovazione dei loro accompagnatori – col il remoto desiderio di essere invitate per almeno un ballo.
Ma Inuyasha aveva altro a cui pensare e, soprattutto, ad altri era rivolta la sua attenzione. Con occhi scrutatori prese ad osservare con attenzione ogni parte della sala, non senza una certa fatica a causa del forte vociare e dello tsunami di odori che lo circondavano, facendo scorrere le sue iridi ambrate su quel fiume di colori.
Tra i tanti notò anche Miroku e Sango che ballavano quasi al centro della pista, i passi intervallati, quasi a tempo, da uno schiaffo della ragazza quando il Majutsushi osava mettere le mani dove non doveva.
Continuò la sua ricerca finché non la vide. Tra i tessuti dai colori tenui o accesi, spiccava lei, vestita col manto della notte, negli occhi i raggi della luna. Lei, Kagome.
La sua figura elegante che si muoveva fluida tra la folla danzante che la circondava, i lunghi capelli neri che ondeggiavano con lei.
E con lei, danzava anche Kouga, che la teneva ben stretta tra le sue braccia, fissandola con quello sguardo che Inuyasha odiava.
Restò ad osservarli mentre ballavano tranquilli nel vortice della musica, mentre emetteva un ringhio basso che intimoriva chiunque gli passasse vicino, e i minuti passavano.
“Inuyasha!” una voce familiare gli fece distogliere lo sguardo dai due, e voltandosi incontrò gli occhi gentili del Ministro Mendion.
“Che ci fai qui da solo, non mi dire che non sei riuscito a trovarti una dama!” gli chiese l’uomo sorridendogli gentilmente, ora al suo fianco
“No, non l’ho trovata” si limitò a rispondere l’Hanyou, tornando a guardare il Cavaliere Supremo che in quel momento stava sorridendo gentilmente all’ookami Youkai
“Non l’hai trovata o non l’hai cercata?” gli domandò poi Mendion, avendo notato verso cosa, o meglio, chi era rivolto il suo sguardo
“Entrambe le cose”.
Restarono in silenzio per qualche minuto, osservando il vorticare di quella distesa colorata che si parava loro davanti.
“Sai, anche io il mio primo ballo della Milizia l’ho trascorso da solo – prese a raccontare il Ministro, attirando un poco la curiosità del mezzo- demone, che però si limitò a guardarlo – Proprio come te non avevo cercato una dama con cui trascorrere la serata… bè, questo anche perché non era mia intenzione cercarne una qualsiasi”
“E allora perché non l’hai chiesto a quella che ti interessava?” domandò Inuyasha, guardandolo stranito, senza capire dove volesse andare a parare
“Perché nel momento in cui mi ero quasi deciso ad invitarla, lei aveva già accettato la proposta di un altro. In un primo momento mi arrabbiai, ma poi capì che non potevo pretendere che chi mi stava intorno mi aspettasse per sempre”
“Non capisco cosa vuoi dirmi” ammise sinceramente il Cavaliere, scatenando l’ilarità del Ministro
“Non voglio dirti niente di speciale, Inuyasha… semplicemente che se anche pensi di essere arrivato troppo tardi o di non avere più alcuna possibilità di recuperare quello che hai perso… bè, ti sbagli. Le occasioni a tua disposizione sono infinite, devi solo imparare a coglierle e a sfruttarle appieno” detto questo gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli, prendendo ad allontanarsi
“Aspetta! E quella ragazza che fine ha fatto?” gli domandò di getto l’Hanyou, guardandolo voltarsi con un largo sorriso.
“È mia moglie” e se ne andò, lasciando un Inuyasha con un mezzo sorriso dipinto sul volto.

Circa un’ora dopo era ancora lì, anzi, per quanto possibile meno visibile di prima.
Circa un quarto d’ora prima, aveva visto Kagome fermarsi al centro della pista, dicendo qualche cosa all’orecchio di Kouga, per farsi sentire, e con sguardo leggermente dispiaciuto allontanarsene per poi dirigersi verso i tavoli del rinfresco. Proprio vicino dov’era lui.
Preso dal panico si era riparato ancora di più contro la finestra dietro di lui, semi nascosto dalla tenda.
Rimase lì a guardare i movimenti della ragazza, ghignando nel vederla ingurgitare bicchieri su bicchieri di acqua. Così imparava a ballare senza sosta con quello stupido lupo. Lo incuriosì però vederla mentre si guardava intorno senza sosta, come in cerca di qualcuno, e lo stesso aveva fatto quasi sempre mentre ballava con Kouga.
Si domandò chi potesse cercare.
- Magari un altro stupido spasimante – pensò acido.
Fu sollevato, poi, nel vederla sedersi nei divanetti lì vicino disposti, senza la minima traccia dell’ookami Youkai, ed era quasi tentato di avvicinarsele se non fosse stato per le resistenze del suo orgoglio.
Ma come un flash, le parole dettegli dal Ministro poco prima gli balenarono nella mente, facendolo riflettere.
- Al diavolo l’orgoglio! – esclamò mentalmente, prendendo così ad avvicinarsi al punto in cui si trovava la ragazza.
Peccato che le sue intenzioni vennero bloccate sul nascere, visto che Kouga lo precedette, appostandosi proprio di fronte a Kagome, col suo solito sorriso smagliante dipinto sul volto, dicendole qualcosa di cui il Cavaliere Supremo non fu immediatamente entusiasta.
Lo vide insistere parecchio, cosa che lo fece irritare visto che l’espressione della miko parlava chiaro: non aveva più voglia di ballare, questo aveva capito.
Ma poi l’aveva fatta alzare, portandola al centro della pista, cingendole immediatamente i fianchi e prendendo la mano di lei tra la sua.
“Eh no, questo è troppo!” sbottò infuriato Inuyasha, dirigendosi spedito verso i due, facendosi strada a suon di spintoni e gomitate tra la folla.
Arrivò di fronte a loro in un batter d’occhio, attirando immediatamente la loro attenzione, in modo particolare quella di Kagome che lo guardava stranita per la rabbia che gli leggeva negli occhi
“Toh, guarda chi c’è, il cagnolino! Che c’è, hai bisogno per caso di qualche lezione di ballo? Spiacente, ma io e Kagome adesso siamo occupati” lo schernì il Demone lupo, ma dal mezzo- demone non ottenne risposta, questo infatti si limitava a fissare la ragazza
“Adesso vieni con me!” le disse, quasi ringhiando, strappandola dalla presa di Kouga e trascinandola fuori dalla sala tenendola per il polso, mentre sentiva le imprecazioni dello Youko allontanarsi man mano che aumentava la folla che li separava.
Continuò a camminare, senza pensare di preciso a dove stava andando e senza nemmeno essersi accorto che Miroku e Sango avevano assistito alla scena, per poi ritrovarsi, ansante, nel bosco con Kagome insieme a lui.

Qual era quello?, il sesto, settimo ballo?
Ormai aveva perso il conto, sapeva solo che di quel vorticare non ne poteva più.
Kagome guardò per un attimo Kouga, che le sorrise immediatamente appena incontrò i suoi occhi. Gli sorrise a sua volta, per poi spostare lo sguardo per la sala e le persone che li circondavano, alla ricerca di volti conosciuti.
Tra abiti colorati e divise bianche e nere, scorse anche le figure di Miroku e Sango e sorrise ampiamente nel vederli insieme, il volto dell’amica, anche nelle volte in cui si ritrovava a schiaffeggiare il cugino per le sue palpatine fuori luogo, era illuminato da una luce di pura gioia.
Ci aveva visto giusto. A Sango piaceva Miroku, ed era dell’idea che anche il cugino provasse un particolare interesse per la Cacciatrice.
Il suo sguardo argenteo passò oltre, sempre alla ricerca di qualcosa di preciso.
Di qualcosa o di qualcuno?, si domandò.
Ma lei sapeva bene cos’è che andava cercando. Inuyasha.
Lui, con quel suo carattere assurdo, e quei suoi repentini cambiamenti di umore senza senso.
Non lo capiva, e meno lo capiva più ci pensava.
La canzone finì, e l’ennesima cominciò.
- No, basta, vi prego! – esclamò mentalmente quasi esasperata. Prosciugata di forze e volontà si avvicinò al volto di Kouga, protesa verso il suo orecchio
“Vado un attimo fino al buffet, ho bisogno di rinfrescarmi” gli disse, separandosi da lui senza aspettare nemmeno la sua risposta. Aveva bisogno di allontanarsi da lì, altrimenti sarebbe scoppiata.
Si fece largo tra la folla il più velocemente possibile, qualche volta senza prestare attenzione se ‘per sbaglio ’ colpiva qualcuno con qualche gomitata.
Arrivò ai tavoli del buffet quasi senza fiato, rivolgendo una preghiera di ringraziamento per la possibilità di godersi un attimo di riposo.
Le si illuminarono gli occhi quando vide, invitanti, le grandi caraffe ricolme di acqua fresca, in attesa solo che lei le afferrasse.
Ignorando il luogo, l’occasione e, soprattutto, la sua posizione, prese a bere voracemente il liquido che le scivolava per la gola, rigenerandola.
Quando si ritenne soddisfatta si sedette su una delle poltroncine che erano state posizionate lì vicino, guardando le coppie che ballavano e i diversi capannelli di persone che qua e là chiacchieravano allegramente.
Era già dell’idea che avrebbe passato lì il resto della serata, quando però Kouga recise sul nascere le sue intenzioni.
“Kagome, sei qui! Avanti, andiamo a ballare, dai!” le disse il Demone, con occhi imploranti
“Bè, ecco… in verità sarei un po’ stanca, Kouga…” cercò di rifiutare lei, sentendosi quasi a disagio… sperava che lo Youkai avesse intuito il suo stato d’animo
“Ti prego, almeno un altro ballo!” insisté lui, guardandola con occhi suadenti, prendendole una mano e attirandola verso di lui, tant’è che Kagome si limitò a sospirare ed evidentemente fu una risposta più che sufficiente per lo Youko.
Ma mentre veniva trascinata verso il centro della pista, il suo volto esprimeva chiaramente quanto poco fosse entusiasta di trovarsi lì e si trovò a sentirsi veramente a disagio quando Kouga la strinse a sé, prendendola per i fianchi, senza lasciarle quasi il tempo di respirare. E in effetti, pensò in quel momento, che fin dall’inizio della serata, il sentirsi stringere a quel modo dall’ookami Youkai non l’aveva fatta sentire a suo agio, ed ora che di ballare non ne aveva per niente voglia, lo era ancora meno.
Per inerzia, cominciò a muoversi al ritmo della musica, e con lei il ragazzo che la fissava intensamente, mettendola ancor di più in imbarazzo.
Poi, dal nulla, si era ritrovata davanti un Inuyasha a dir poco furioso, con gli occhi che, se avessero potuto, avrebbero lanciato saette.
Lo guardò interrogativa, fermandosi, come Kouga, che però manteneva la presa su di lei.
“Toh, guarda chi c’è, il cagnolino! Che c’è, hai bisogno per caso di qualche lezione di ballo? Spiacente, ma io e Kagome adesso siamo occupati” sentì dire da Kouga, mentre lo guardava con occhi di sfida, senza però suscitare alcuna reazione dall’Hanyou che continuava a guardarla
“Adesso vieni con me!” le disse poi quello, e lei si sentì portar via dalle braccia del Demone lupo, per poi essere trascinata per il polso fuori dalla sala, finché non si ritrovò, da sola col mezzo- demone, nel bel mezzo della parte più fitta del giardino del Palazzo Reale.
Visto che Inuyasha continuava a camminare spedito, cominciò a protestare quella strana fuga, facendo resistenza alla sua presa
“Accidenti Inuyasha, ti vuoi fermare?!?” esplose poi infuriata, ottenendo l’arresto del mezzo- demone che si voltò a guardarla quasi spaesato
“Si può sapere che cavolo ti è preso?!” continuò poi lei, liberandosi della presa sul suo polso con uno strattone.
Quella domanda, posta con un tono quasi di accusa, fece trasalire Inuyasha che, a sua volta, si arrabbiò
“Mi pare di aver visto che non ti andasse molto di ballare! Evidentemente mi sono sbagliato e volevi rimanere ancora a volteggiare insieme a quel damerino!” le ruggì contro lui, avvicinandosele.
“È vero che non avevo più voglia di ballare, ma questo non giustifica il tuo comportamento! Insomma, cosa penserà la gente che mi ha visto andarmene a quel modo, portata via da quello che non era il mio accompagnatore?!”
“Non ti è mai importato niente di quello che dice la gente” ribatté lui testardo
“Ma a Kouga ci hai pensato? Io sì! Sono venuta con lui, non posso andarmene così!!”
“Ah, vedi?! Lo sapevo che volevi rimanere con quell’idiota!!!”
“Non ho detto questo, semplicemente non mi pare bello piantare a quel modo una persona! E poi, si può sapere cosa te ne importa?!? Per una settimana mi ignori, quando mi hai visto non mi hai degnato nemmeno di uno sguardo e adesso fai queste scenate perché stavo con Kouga? Si può sapere cosa vuoi da me Inuyasha?!?” ma quelle domande che ormai da giorni le martellavano nella mente, non trovarono risposta e nemmeno poté protestare il suo diritto di sapere visto che le sue labbra erano state sigillate da quelle del mezzo- demone che ora la stava baciando con una passione che non credeva possibile, mentre con occhi sgranati pensava stupita a quello che stava accadendo, senza sapere che fare.
Perché non si allontanava?, perché non gli impediva di fare quello che stava facendo?
La risposta a quelle domande fu l’abbandono contro il petto di lui e la risposta al suo bacio.
Lui, dall’altra parte, non ne aveva potuto fare a meno, averla tra le braccia e assaporare quelle labbra, era diventato un impulso a cui non aveva saputo resistere.
E perché avrebbe dovuto? Perché, ora che sapeva a cosa erano dovuti quegli atteggiamenti?
L’amava, l’amava da impazzire e alla sola idea che un altro avrebbe goduto della sua compagnia per quel ballo, lo aveva reso cieco di rabbia e gelosia, e lo aveva portato a comportarsi a quel modo.
Ma adesso basta. Voleva Kagome, e non ci sarebbe stato alcun modo per rinnegare questa realtà.
E così l’aveva baciata, senza pensare a quale sarebbe stata la sua reazione. Ma non gli importava, almeno non avrebbe avuto sulla coscienza anche questo rimorso e, anzi, i suoi giorni sarebbero stati pieni del ricordo del suo profumo che lo avvolgeva e le sue labbra calde in suo possesso.
Il sentirsi ricambiato, poi, lo mandò in paradiso, il cuore che gli esplose nel petto per la felicità e la marea di emozioni che lo stavano sconvolgendo.
Lei, testarda, fiera, forte, ma anche così fragile, debole e sola, sola come lui, ora stava rispondendo al suo amore, a quell’amore che aveva cercato fino a quel momento di ignorare e di cancellare, senza però riuscirvi.
Ma tutte le sue aspettative e le sue speranze vennero spezzate quando la sentì irrigidirsi e staccarsi frettolosa da lui. E quello che gli fece più male furono i suoi occhi confusi e spaventati, come se quello che era successo fosse stato uno sbaglio.
“I- io… no, no, no, non posso… i- io…” balbettò lei confusa e agitata, per poi guardarlo nuovamente in quelle meravigliose iridi ambrate con gli occhi pieni di dolore.
E poi corse, fuggì via da lui.
Era fuggita senza dargli un perché, senza ascoltare i suoi perché… senza ascoltare il rumore del suo cuore infranto.

FINE 25° CAPITOLO.

Eurekaaa!!! Q__Q Mamma mia, come sono commossa! Finalmente è arrivata la svolta che tanto aspettavo e che forse voi attendevate più di me! Vi avrò fatto aspettare un po’, ma credo ne sia valsa la pena, eh?!?
Che bello, che bello, non sapete come sono felice, visto che so già, più o meno, come continuare il tutto *____*.
E adesso che l’impedimento ‘scuola’ è stato eliminato tornerò a farvi visita presto!
Non so cos’altro aggiungere, se non una rassicurazione per i fan della coppia Miroku/ Sango, nel prossimo capitolo mi dedicherò anche a loro, eheh! -___^
Bueno, allora io vi saluto, mi scuso ancora per l’enorme ritardo però questo esame mi ha assorbito completamente e avevo bisogno di tempo per dedicarmici. Ma ora è tutto finito e mi potrò concentrare su questa ff ed anche su Un Lavoro Per Una Vendetta!
Aspetto i vostri commenti, e auguro ancora a tutti buone vacanzeee!!!
Baci,
la vostra ka_chan ^________^

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Capitolo 26
*** cap 26 “SULLA VIA DEL SAPERE” ***


Yeeee!!! Evvai, è lunedì, e com’era mia abitudine, sono qui!!!
Salve gente, bella sorpresa vi ho fatto, eh? No?... bè, vabbè! XD
Sinceramente non contavo affatto di pubblicare oggi, ma come sempre le mie doti mi stupiscono! XD
Perciò siamo qui, finalmente il 26° capitolo è qui tutto per voi gente!
Senza indugi, quindi, passerei a ringraziare i vari commentatori: Ragnarok79; raska81; Lorimhar; Elychan; Honey; inukun; akane_val; Chicca91; Rika92; Resha91; Lady Wird; cri-chan (Ciao carissima! Visto che mi hai chiesto che liceo ho frequentato, ti rispondo immediatly – e non mi dà alcun fastidio se mi fai di queste domande, figurati, anzi! ^_______^ - Al contrario di come forse molti avranno pensato, non ho frequentato il Liceo Artistico, ma il Liceo Scientifico… perciò per quanto riguarda il disegno, sono un’autodidatta, cosa di cui vado immensamente fiera ^_______^ Ti saluto, un bacione!).
Oltre ai ringraziamenti per i commenti, vorrei aggiungere la mia gratitudine per le vostre congratulazioni in merito al mio 90. vi ringrazio davvero molto! ^________^

26° CAPITOLO “SULLA VIA DEL SAPERE”

Aveva sulle labbra ancora il suo sapore, e sul corpo il suo profumo, il suo calore….
Ma tutto, flebile, leggero, come una nebbia impalpabile stava svanendo.
Perché?
Inuyasha restò immobile a fissare il vuoto davanti a sé, il frusciare tenue delle foglie l’unico suono a coprire il rumore provocato dal suo cuore spezzato.
Non aveva il coraggio di voltarsi. Non aveva il coraggio di girarsi e vederla così mentre si allontanava da lui, dal suo calore, dal suo amore.
Portò due dita alla bocca, quella che pochi momenti prima aveva, per la prima volta, sfiorato quella di Kagome.
Perché?
“Non pensare che te la lascerò per così poco”.
Quella voce. Forse quella che in quel momento avrebbe voluto evitare di più.
“Kouga, non è il momento” si girò, guardando negli occhi l’ookami Youkai che a sua volta lo osservava, le iridi ricolme di rabbia.
“Eccome, se è il momento! Non avevi il diritto di fare una cosa del genere!”
“Ci hai visto?” gli domandò l’Hanyou, il volto adombrato da una nota di tristezza
“Certo che vi ho visto! E ho visto anche che sei stato tu a baciarla, e non avresti dovuto!”.
Inuyasha a quelle parole sollevò lo sguardo, guardando furente
“Non avrei dovuto? – gli disse, la voce tagliente – Tu l’hai invitata al ballo, le sei stato addosso tutta la sera… e io non avrei dovuto?!?” e gli piombò addosso, prendendolo per il colletto
“Sì, forse tra i due il vero stupido sono io, perché avrei dovuto accorgermi dei miei sentimenti molto prima… ma non mi puoi dire che non potevo farlo! La amo, è naturale che l’abbia baciata!!!” e lo mollò di getto, stupendosi dell’intensità delle emozioni che provava in quel momento.
Kouga, seduto a terra, restava ammutolito, guardando il terreno davanti a sé.
Poco dopo si alzò, spolverandosi l’elegante divisa bianca e nera
“Sappi che non ho rinunciato a lei” disse poi, gli occhi celesti colmi di determinazione
“Nemmeno io” ribatté Inuyasha, guardandolo allo stesso modo. Poi si sorrisero, un sorriso sincero e non velato dalla solita aria di sfida, stringendosi la mano.
“Aaahh, non mi era mai capitato di comportarmi così per una donna!” ridacchiò divertito lo Youko, guardando il cielo terso, striato di stelle
“A chi lo dici” sussurrò il mezzo- demone con un piccolo, ma sincero sorriso sul volto.
Quella era la prima volta che si innamorava…. E, sinceramente, ne era sorpreso.
Quella dell’innamorarsi di qualcuno, per lui, era forse una cosa meno probabile di quella di diventare Cavaliere.
Ma era successo.
Nell’arco di così poco tempo, oltre essere diventato un Cavaliere, aveva trovato anche la persona a lui più cara.
“Ti saluto, Kouga” sbottò poi, un tono stranamente pacato
“Torni alla festa?” gli chiese l’altro di rimando
“No, non è il caso… non ci volevo nemmeno venire… direi che per questa sera ho fatto anche troppo”
“Mh… allora ci vediamo domani mattina per colazione… ah, ti avverto fin da ora che ti terrò d’occhio, non dimenticarlo!” lo minacciò lo Youkai, tornando a guardarlo come suo solito
“Feh! Sempre se riuscirai a starmi dietro!” ribatté l’Hanyou, sogghignando.
Sarebbe stata una bella sfida.

“Tu ci hai capito qualcosa?”
“Mh, no, non molto per la verità… quello che è certo, è che Inuyasha era a dir poco furioso”
“Ho il dubbio che al nostro mezzo- demone piaccia Kagome”
“Io questo sospetto già ce l’avevo…”.
Sango e Miroku, riparati in una parte della sala da ballo meno affollata, confabulavano su quanto successo pochi momenti prima, l’entrata in scena di Inuyasha che poi portava via Kagome sotto gli occhi furibondi di Kouga.
Impossibile non commentare.
Per la maggior parte del tempo non si erano interessati ai problemi che coinvolgevano i tre, ma poi quando avevano visto l’Hanyou piombare nel bel mezzo della sala da ballo e rapire letteralmente il Cavaliere Supremo, non avevano potuto fare a meno di incuriosirsi.
“Miroku – esordì poi Sango, una volta che il borbottare confuso per quanto accaduto prima era cessato – Vado un attimo al buffet, mi aspetti qui?” chiese al Majutsushi di fianco a lei, quella sera estremamente affascinante nella sua divisa candida
“Certamente – le disse, per poi avvicinarsi al suo orecchio – Ma non farmi aspettare troppo, non riuscirei a resistere” le sussurrò così vicino e con voce talmente roca che la fece arrossire furiosamente.
Imbarazzata più che mai, la Cacciatrice si limitò ad annuire in modo meccanico, per poi scomparire nella marea di vestiti e fiori colorati.
Miroku la guardò sorridendo nel vederla andare via così imbarazzata, per poi aspettare il suo ritorno.
In effetti era vero… stare troppo a lungo senza la ragazza del Nord, ultimamente, gli veniva difficile, cosa che lo lasciava piacevolmente stranito.
Si ritrovò a ringraziare mentalmente Kagome, che lo aveva avvertito di quanti, durante i giorni che precedevano il ballo, avessero invitato la Cacciatrice… per poco perdeva questa occasione.
E quando l’aveva vista quel pomeriggio insieme a quel ragazzo della Milizia, Hiroshi, chiaramente interessato a lei – troppo, per il suo giudizio - , non ci aveva visto più ed era prontamente intervenuto prima che si arrivasse al danno irrimediabile.
Ma la sorpresa era stata quando Sango gli aveva retto il gioco, ammettendo che aveva già accettato il suo invito.
Quindi lei aspettava che glielo chiedessi?, si era domandato più volte. Quell’idea gli infondeva una piacevole gioia, nel pensare che lui fosse speciale per quella ragazza del Nord, così meravigliosa.

Ancora con le guance arrossate e il fiato corto, Sango si muoveva su e giù per i tavoli imbanditi per il buffet, agitata nel ripensare a quanto le aveva detto Miroku poco prima.
Da qualche tempo, ormai, stentava a controllare le proprie emozioni quando si trovava in compagnia del Majutsushi, che così spesso la metteva in situazioni di imbarazzo con un gesto o una parola di troppo.
Ma questa non era una novità, il Mago si era sempre comportato così… solo che all’inizio quegli atteggiamenti l’avevano infastidita mentre ora… ora perché reagiva in quel modo?
Chiuse gli occhi sospirando. Come aveva riflettuto quella mattina… forse a lei Miroku piaceva.
E la cosa la shockava, non tanto per come fosse fatto lui in sé, ma per la differenza che vi era tra il Cavaliere e il suo senpai, Seiishiro, il primo uomo di si fosse infatuata sul serio.
Non credeva possibile il fatto che le fossero potuti piacere due persone così differenti tra loro.
Sospirò nuovamente. Non aveva senso fare un confronto tra i due.
- E poi, ormai, Seiishiro… - pensò, leggermente amareggiata. Già, lui, a quell’ora, molto probabilmente stava passando la serata con la sua futura sposa, completamente dimentico di lei.
Storse il naso. Non era quello il momento di pensare a certe cose. Era lì per divertirsi, con uno dei Cavalieri più belli della Milizia come accompagnatore, cosa voleva di più? E se poi pensava che, probabilmente, lei non era indifferente a Miroku….
Si girò, il sorriso sulle labbra mentre cercava con lo sguardo il soggetto dei suoi pensieri.
Il suo sorriso si accentuò quando lo scorse, là dove poco prima vi era anche lei. Stava muovendo i primi passi verso di lui quando si bloccò, osservando la ragazza che gli stava accanto, ora visibile senza l’impedimento delle persone intorno a loro.
Stavano parlando allegramente, con Miroku al fianco di lei, estremamente vicino, un sorriso languido a illuminargli gli occhi bluastri, ai quali rispondevano complici quelli bruni di lei.
Guardandola, poi, la riconobbe. Era la stessa ragazza con cui, giorni prima, aveva visto parlare il Majutsushi, convinta che sarebbe stata la sua dama vedendoli così affiatati.
Come ora.
Una forte delusione, mista a rabbia, l’esplosero dentro mentre fissava quel quadretto per lei disgustoso.
Forse ora aveva capito cos’è che accomunava Miroku a Seiishiro: la tendenza a tradirti quando meno te lo aspetti, dopo averti riempito le orecchie di belle, quanto vuote parole.
Voltò le spalle, pronta ad andarsene, dichiarando conclusa la serata.
“Sango!” una voce maschile la chiamò, mentre si sentiva afferrare per un braccio. Si voltò nuovamente, pronta a mandare al diavolo chi le avesse impedito di lasciare quella sala ormai diventata insopportabile.
Abbandonò i suoi intenti omicidi quando si vide davanti Hiroshi, il ragazzo di cui stava per accettare l’invito al ballo, prima dell’arrivo di Miroku.
Pensò in quel momento che sarebbe stato molto meglio se avesse accettato il suo, di invito.
“C- ciao, Hiroshi” lo salutò lei, il tono leggermente teso
“Che hai, ti senti male per caso? Ti ho vista qui da sola, così mi sono chiesto cosa ti fosse successo…. Non sei venuta con Miroku?” le domandò a sua volta il ragazzo con tono premuroso, cosa di cui lei fu grata.
“Bè, sai, a quanto pare l’invito di Miroku aveva validità temporanea” gli rispose seccata lei, volgendo un breve ma infuocato sguardo verso il ragazzo in questione.
Hiroshi, perplesso, seguì i suoi occhi, per poi vedere il Majutsushi in compagnia di un’altra ragazza.
“Adesso vado a dirgliene quattro!” sbottò, infuriato, prendendo a dirigersi verso i due
“No! Ti prego, Hiroshi, lascia stare” lo trattenne Sango, afferrandolo per un braccio
“Ma Sango… quello, quello è…!” cercò di insistere lui
“Non ti preoccupare, non voglio rovinarti la serata per queste stupidaggini”
“Non sono stupidaggini, né mi stai rovinando la serata, non ho nessuno che mi possa trattenere”
“Ma… e la tua dama? A proposito, con chi sei venuto?” gli chiese la Cacciatrice, guardandosi intorno
“Sono solo” la informò con tranquillità lui
“Ah… io… io pensavo che tu… bè, insomma…”
“Ho fatto un unico invito, e la dama che avevo scelto mi ha rifiutato, per cui sono venuto da solo” le disse sorridendo il Cavaliere, guardandola teneramente.
Sango lo guardò sinceramente sorpresa. Ecco, perché non si era invaghita di uno come Hiroshi? Carino, gentile, fedele di sicuro….
Lo prese per mano, trascinandolo poi di scatto tra la folla, in direzione dell’uscita, quando poi le venne un’idea.
Si mosse di lato, in modo tale che, per uscire, dovessero passare davanti proprio a Miroku.
- Se ti puoi divertire tu, non vedo perché non lo possa fare io! – pensò corrucciata, mentre si avvicinavano sempre di più ai due, per poi finirgli proprio davanti.
“Sa- Sango!” esclamò il Majutsushi nel vedersela lì, con uno sguardo decisamente infuriato… ma più che quello, ciò che lo aveva colpito era stato nel vederla per mano con quello che, si ricordava, le aveva chiesto di andare al ballo
“Toh, Miroku! – sbottò lei, con tono falsamente ingenuo – Eri qui! Bè, visto che sei in compagnia – continuò, guardando acida la ragazza al fianco del Mago – non ti disturbo. Io vado con Hiroshi a fare una passeggiata, ci si vede!” e riprese a camminare spedita, per poi uscire dalla sala insieme al Cavaliere dietro di lei.
Il Majutsushi, invece, rimase a fissarli mentre scomparivano tra la folla, il vestito color rosa pesco che diventava sempre più invisibile.
Perché… si era comportata così? E perché era andata via con quel tizio?
“Miroku?” la ragazza affianco a lui, Eleonor, lo guardava allibita e anche preoccupata
“Scusami Eleonor, devo andare” le disse lui di slancio, per poi dirigersi nella direzione in cui, poco prima, era scomparsa la Cacciatrice.
Si ritrovò sulla balconata, qua e là alcune coppiette o gruppetti di persone che chiacchieravano poi, al di sotto, l’immensa distesa di Draghi.
- Varandir – chiamò il Cavaliere con foga
- Che c’è? Che è successo? – domandò a sua volta il Drago, avendo percepito il tono agitato del ragazzo
- Hai visto Sango? – le domandò, senza perdere tempo
- No, ma sento il suo odore, è nei paraggi, verso la fontana. È successo qualcosa? – ritentò la creatura, anche se aveva compreso quanto quello non fosse il momento di parlare
- Non lo so – ribatté il Majutsushi con tono estremamente serio – Comunque grazie, ci vediamo più tardi – aggiunse infine, con tono più gentile
- Ti aspetterò - .
Miroku riprese a camminare, questa volta con una direzione sicura verso cui dirigersi.
Non capiva cosa fosse successo, ma quello di cui era sicuro… era che non gli era piaciuta la reazione della ragazza del Nord. Vederla con quel tipo, per mano oltretutto, con quello sguardo adirato, si era sentito mancare l’aria. br> Non voleva, non voleva che lei lo guardasse in quel modo.
Non voleva che passasse il suo tempo con altri, quando poteva stare con lui.
Non voleva!

Ansimante, si fermò nei pressi della grande fontana dei giardini, l’ampia gonna dell’abito leggermente rialzata in modo tale da permetterle di camminare.
Non aveva riflettuto nemmeno per un secondo ed ora si ritrovava lì, nel bel mezzo del parco del Palazzo Reale, con un ragazzo che, seppur carino, conosceva appena.
Brava Sango, si complimentò sarcastica, sospirando leggermente.
“Sango?” la chiamò Hiroshi, dietro di lei
“S- sì?” balbettò lei, senza voltarsi. Era decisamente imbarazzata per quello che aveva fatto ed ora non aveva il coraggio di guardare in faccia il ragazzo
“Va tutto bene?” si premurò lui in risposta, cercando di guardarla in volto, finché non fu lei stessa a voltarsi
“Sì, sì, tutto a posto!” lo rassicurò con un sorriso tirato.
Era a disagio.
Dannatamente a disagio.
Si domandò come facesse, certe volte, ad essere tanto stupida.
“Sango…” mentre si biasimava mentalmente, si sentì nuovamente chiamare dal Cavaliere e, alzando il viso, se lo ritrovò vicinissimo, la sua fronte che sfiorava quasi il suo mento.
Arrossì furiosamente, non voleva che le stesse così vicino.
“Perché mi hai portato qui?” continuò lui, guardandola intensamente
“E- ecco… io… io…” balbettò lei, intimorita da quella situazione della quale non vedeva l’uscita.
“Capisco che sia difficile resistere alla ragazza più bella del ballo, ma mi sembra che tu le stia un po’ troppo vicino, Hiroshi”.
Sango, udendo quella voce, si girò di scatto, finché non li vide, quegli occhi blu scuro così misteriosi ed affascinanti.
Miroku era accorso lì più in fretta che poteva, ed ora stava davanti a loro ansante, con sguardo di fuoco diretto all’altro Cavaliere, ora allontanatosi dalla ragazza.
“Non credo tu abbia il diritto di parlare, Miroku. Fino a poco fa non mi sembrava che te ne importasse più di tanto di Sango” ribatté Hiroshi, e con quelle parole fece tornare nella ragazza del Nord il dolore bruciante dello sentirsi tradita, nel ripensare a Miroku con un’altra.
Gli era grata per averla salvata da quella situazione, ma di certo non lo aveva perdonato.
“Questo non ti riguarda. Se sono qui è proprio per chiarire la situazione, ma non con te” asserì deciso il Majutsushi, spostando lo sguardo sulla Cacciatrice, rivolgendole un dolce sorriso
“Se è così, sarà Sango a decidere” propose infine Hiroshi, spostando anche lui lo sguardo sulla ragazza
“E- ecco…” balbettò lei, mentre spostava gli occhi dall’uno all’altra.
Poi infine, sospirando, li abbassò
“Hiroshi… mi spiace, ma ecco… ho bisogno di parlare con Miroku”.
Il ragazzo la guardò per qualche istante, per poi sospirare, amareggiato.
“Come vuoi tu. Ci si vede” e se ne andò, lasciando soli i due.
Sango voltò le spalle al Mago, guardando la sua immagine riflessa nell’acqua della fontana.
Ed ora? Lui cosa avrebbe fatto, cosa le avrebbe detto?
E lei? Avrebbe dovuto ascoltare, dare retta alle sue parole?
“Grazie, Sango” gli sentì dire, percependo chiaramente la sua presenza poco dietro le sue spalle
“Non so se ho fatto la cosa giusta” ribatté lei, fredda, ancora di schiena
“Non sono sicuro, ma credo di aver intuito il problema…”
“ ‘Il problema ’ ? Nooo, quale problema? Di certo per te non era un problema restare a conversare piacevolmente con quella ragazza!” lo interruppe bruscamente la Cacciatrice, alterata
“Ecco, appunto…” borbottò Miroku, portandosi una mano dietro la testa
“Appunto un corno!! Ti lascio un attimo che già ci provi con un’altra! Sei come tutti gli altri!” gli urlò contro lei, giratasi, guardandolo con occhi ricolmi di rabbia e sofferenza, cosa che colpì molto il Majutsushi
“Quando parli di ‘altri’… ti riferisci a Seiishiro Magami, non è vero? Colui di cui… sei innamorata?” le disse, con un tono che voleva essere indifferente, ma che invece non riusciva a nascondere lo sforzo che gli era costato nel dire quelle parole.
Lei lo fissò, stupita, leggendo nei suoi occhi blu mare una sorta di sofferenza.
“Non… non ne sono innamorata” smentì, abbassando lo sguardo. Lo sentì muoversi, per poi vederlo proprio accanto al bordo della fontana.
“Sinceramente, quando prima sei venuta lì da me, con Hiroshi, non avevo compreso per quale motivo fossi arrabbiata, ci sono arrivato dopo. – esordì, per poi voltarsi a guardarla dritto negli occhi – Ti prego di credermi quando ti dico che non avrei voluto venire al ballo con una ragazza che non fossi stata tu. E credimi ancora quando ti dico che sei la più bella del ballo”.
Lei lo guardò con occhi sgranati e con le gote imporporate.
La possibilità che le stesse dicendo quelle cose solo per rabbonirla venne immediatamente scartata al solo incrociare i suoi occhi, così limpidi, bellissimi e… sinceri.
Dopo poco, però, abbassò lo sguardo
“A… allora perché… perché eri con quella? Non è la prima volta che ti vedo con lei e mi sembrate così… così intimi…” borbottò, imbarazzata, ma anche leggermente triste.
“Parli di Eleonor, vero? È la figlia di Mendion, ha cinque anni in meno di me, oltre che essere già fidanzata. La conosco da quando è nata, siamo ottimi amici” le rispose tranquillamente lui, senza intuire quanto quella verità avesse shockato la ragazza davanti a lui.
Quella… quella era la figlia di Mendion? E per altro più piccola di lei?
Si portò le mani al volto, sospirando sonoramente.
“Sa… Sango?” la chiamò il ragazzo dal codino, temendo che stesse piangendo o qualcosa di peggio.
Dopo poco vide le sue spalle scosse da alcuni tremiti, e preoccupato che stesse piangendo veramente le si avvicinò. Ma mentre lo stava facendo, lei mostrò il viso, scoprendosi mentre stava ridendo genuinamente.
“Io… sono proprio una scema!” esclamò, sempre ridendo, asciugandosi una lacrima all’angolo dell’occhio destro.
Lui la guardò allibito per qualche istante, per poi sorridere ampiamente.
Gli piaceva, gli piaceva sul serio quella ragazza.
- Non vorrei che questa volta sia tu quello che prenderà una sbandata…. Da cacciatore a preda…- ’ le parole dettegli da Varandir mesi prima, il giorno del suo ritorno a Eldoras, insieme a Sango, gli tornarono alla mente, e si ritrovò a sorridere.
- Avevi proprio ragione, cara Varandir - .
Rimase qualche altro momento a guardarla ridere, finché non le appoggiò una mano sulla spalla, attirando la sua attenzione
“Stai meglio, ora?” si premurò di sapere, guardandola attentamente.
Sango arrossì lievemente, per poi sorridergli dolcemente
“Sì, adesso sì. Ti ringrazio, e scusami”
“E di che? Sono contento di saperti gelosa di me” le rispose lui ridacchiando nel vederla arrossire furiosamente
“Io non sono per niente gelosa!” gli urlò dietro, mentre lui prendeva a camminare in direzione del Palazzo
“Va bene, va bene!” disse lui, alzando le mani a mo di resa, gesto che azzittì la ragazza, che gli si affiancò.
Senza esitazioni, lui afferrò la sua mano, rivolgendole un affettuoso sorriso, al quale anche lei rispose.
Continuarono a camminare fianco a fianco, le stelle e le lucciole intorno a loro, uniche spettatrici di quella serata speciale.
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“Mio signore, Kraeliux desidera essere ricevuto”.
Naraku, avvolto dalla penombra, seduto sul suo trono, guardò qualche istante il Demone davanti a lui, lo sguardo completamente indifferente.
“Cosa vuole?” domandò, scocciato di tutti i fastidi che quel dannato Orco gli stava dando da quando era lì
“Non saprei, l’unica cosa che continua a ripetere è che vuole vedervi”.
Il Majutsushi sospirò, socchiudendo gli occhi purpurei.
“Fallo passare” gli ordinò infine. In quel momento aveva ben altro a cui pensare, e voleva togliersi quell’impiccio il prima possibile.
Pochi attimi dopo fece irruenza nella sala Kraeliux, gli occhi febbricitanti e iniettati di pazzia che si muovevano frenetici da un punto all’altro, per poi tornare sempre, famelici, sulla figura semi- nascosta del sovrano del Sud.
“Kraeliux, a cosa devo questa visita… a quest’ora?” gli domandò il Mago, guardando per un attimo la luna che riempiva il cielo, visibile dalle ampie arcate che davano sulla balconata
“Le mie truppe… sono, sono ancora nella Terra Centrale, chiedono ordini!” sbottò l’altro, col suo solito modo di fare agitato
“E lì devono rimanere, ma per adesso non ho ordini precisi da riferirgli. Manda loro a dire che si tengano pronti, potranno presto macchiare di sangue la Terra Centrale, non temere” disse calmo Naraku, guardando la scintilla di gioia che passò negli occhi dell’Orco, alla parola ‘sangue’.
Ghignò. Anche se non erano il massimo come creature viventi, di certo quella di perorare gli Orchi alla sua causa era stata un’ottima idea.
Per quanto potesse essere forte, la Terra Centrale non era del tutto preparata contro simili creature poiché, fino a quel momento, aveva sempre pensato di dover affrontare semplici Youkai.
Sorrise malvagio. Aveva ben altro in serbo per loro.
“Ora và, Kraeliux, voglio che i tuoi uomini siano in gran forma. Per quanto mi riguarda, mi aspetta un lungo viaggio che però si rivelerà fondamentale per il successo della nostra battaglia. Fa buona guardia mentre non ci sarò” gli disse poi, con tono falsamente gentile, ma sufficiente perché gli occhi dell’Orco si illuminassero
“Guardia! Fare buona guardia!” esclamò esagitato, mentre Naraku faceva cenno al Demone lì vicino di portarlo via.
Sospirò quasi sollevato quando calò nuovamente il silenzio nella sala.
Era vero, lo aspettava un lungo viaggio e l’impresa che stava per compiere non sarebbe di certo stata facile, tant’è che avrebbe richiesto buona parte del suo potere di Mago.
Ma era sereno. Ce l’avrebbe fatta, ne era più che convinto.
Si alzò, i lunghi capelli neri che caddero dietro la sua schiena, leggermente mossi dal vento che penetrava dalle arcate.
“Mio signore…”
“Kumo, mi assenterò per diversi giorni, ti affido il compito di controllare la situazione in mia vece… tieni d’occhio Kraeliux e anche Kagura. Ultimamente si diverte un po’ troppo a gironzolare”
“Come desiderate” rispose atono il Demone mentre Naraku lo sorpassava, per poi sparire nell’ombra della notte.
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Era a dir poco furioso. Più di una settimana era passata e ancora non l’aveva vista. Possibile?
Sbuffò accigliato, gli occhi contornati da due visibili occhiaie. Quella storia lo stava facendo impazzire.
Inuyasha camminava irrequieto per il grande giardino del Palazzo Reale, alla ricerca di una pace che ormai gli pareva irraggiungibile.
Dalla sera del ballo erano passati più di sette giorni e lui non aveva ancora visto Kagome.
Sì, certamente, come sempre, sapeva che la ragazza era occupata, non c’era giorno in cui non fosse piena di impegni. Ma, da quello che sapeva, il tempo libero ce lo aveva. E lo usava per passare il tempo con i loro amici.
Tutti l’avevano vista in quei giorni. Tutti, tranne lui.
“Maledizione!!!” sbraitò, dando un pungo alla corteccia di un ciliegio, sbucciandosi leggermente le nocche.
Stava male, stava male da impazzire.
E non tanto perché non era stata ancora chiarita la situazione, quanto perché non riusciva a stare senza vederla.
Anche guardarla di sfuggita, sentire in lontananza il suo profumo, gli sarebbe bastato.
- Possibile che la ami così tanto? – si domandò con un sorriso sofferente.
Persino Kouga, il suo dichiarato avversario in amore, l’aveva vista.
“Quella stupida!” urlò nuovamente, per poi accasciarsi a terra, appoggiando stancamente la schiena al tronco dell’albero.
Per prima cosa aveva bisogno di vederla, sentire la sua voce, guardare i suoi occhi… e poi avere delle risposte, capire perché era fuggita a quel modo dopo il suo bacio.
Ne aveva il diritto, dopotutto!
Spostò gli occhi ambrati sul cielo terso che lo sovrastava, beandosi del vento che gli accarezzava le braccia nude.
La primavera era nel pieno della sua rigogliosità e il caldo ormai regnava sovrano nel corso di quelle giornate serene, e oramai la divisa invernale dei Cavalieri era stata abbandonata per indossare quella estiva, di un morbido e leggero cotone.
Ora che finalmente aveva fatto chiarezza sui suoi sentimenti, gli erano incomprensibili quelli di lei.
Era palese che fosse spaventata da qualcosa, ma da cosa? Eppure aveva risposto al suo bacio….
Nel ripensarci si portò la mano alla bocca. Come avrebbe voluto riaverla tra le braccia e sentire ancora una volta il suo sapore….
“Aaah, basta accidenti!” sbottò innervosito. Stare lì, a rodersi il fegato in quel modo non aveva senso.
Anche perché, poi, c’era un’altra cosa che doveva fare.
Risoluto, si alzò, lo sguardo ricolmo di decisione.
Doveva parlare con Hirador. Anche se aveva intuito che il Drago sapesse già cosa provava per il suo Cavaliere, era giusto diglierlo di persona. Non temeva la sua reazione, gli avrebbe parlato sinceramente ed era sicuro che Hirador lo avrebbe apprezzato.
Perciò si fece coraggio, prendendo a camminare in direzione del Palazzo, pronto ad affrontare quel compito così importante.

Circa dieci minuti dopo era di fronte alla porta dell’appartamento del Drago Supremo.
La guardò qualche istante, per poi bussarvi vigorosamente.
- Avanti, avanti! – la voce allegra di Hirador gli invase la mente, facendolo sorridere. Che fosse di buon umore era già qualcosa.
Si fece avanti, richiudendosi la porta alla spalle, per poi osservare la figura possente del Drago steso comodamente nell’angolo della sala più grande.
- Ohilà, buongiorno Inuyasha! – lo salutò allegro, mentre l’Hanyou gli si avvicinava
“Buongiorno a te, Hirador” lo salutò a sua volta il Cavaliere, sorridendogli “Come sempre, ti vedo in gran forma”.
- È naturale! E poi con un Cavaliere come il mio che mi riempie di attenzioni, come potrei non esserlo?! -
“Già…” sospirò sorridendo appena il mezzo- demone
- Sei tu, invece, che da un po’ di tempo mi sembri un po’ sfiancato… che c’è che non va? – gli domandò la creatura, avendo notato il suo comportamento. Inuyasha era solito essere sempre pieno di energie mentre giorno dopo giorno gli era sembrato sempre più fiacco.
“A dir la verità… ti devo parlare, Hirador” gli disse il ragazzo, posando nuovamente i suoi occhi ambrati su quelli dorati del Drago
- Dal tuo tono sembrerebbe qualcosa di estremamente serio – commentò la creatura, guardandolo attentamente.
“È così, infatti. Si tratta di Kagome” rispose l’altro, senza esitazioni. Hirador lo fissò per qualche istante, seriamente.
- È successo qualcosa? – si premurò di sapere il dragone
“No… più che lei, riguarda me” e tacque, come aspettando un commento da parte del Drago, ma questo si limitò ad osservarlo. Sospirò, per poi guardarlo dritto negli occhi.
“Me ne sono innamorato, Hirador. Ed anche se credo che tu lo avessi già capito, mi è sembrato giusto dirtelo io stesso” ecco, lo aveva detto. Sospirò appena. Gli sembrava come se gli avessero tolto un macigno dalla schiena.
- Ehe, e così ci avevo visto giusto – sentì poi dire al Drago, e tornò a guardarlo – Ti ringrazio per la tua sincerità, Inuyasha, hai fatto bene a parlarmene, anche se, come hai detto tu, me ne ero già accorto. Come sai, noi Draghi siamo particolarmente sensibili - br> “Lo so, per questo mi pareva stupido non dirtelo. – tacque per qualche istante – Hirador… sono sicuro di quello che provo. La amo, come non avrei mai creduto di poter amare qualcuno. Sono disposto a dare la vita per lei, che mi ricambi o meno, non mi importa”.
Il Drago lo guardò attentamente, per poi sorridere.
- Credo alle tue parole, Inuyasha. Mi fido di te, e sono più che convinto che lo farai, se ce ne sarà l’occasione. Tra tutte le persone con cui vorrei vedere la mia Kagome, tu sei quello più adatto e di cui ho più stima – gli disse, guardandolo con affetto.
L’Hanyou lo fissò con occhi sgranati, pieno di commozione. Per lui la benedizione del Drago era qualcosa di fondamentale e sapere che, nonostante il suo forte attaccamento per Kagome, gli dava il permesso di poter, se non star con lei, almeno corteggiarla, lo riempiva di gioia.
“Grazie, Hirador. So che per te non dev’essere facile…”
- No, non lo è. Kagome è mia, sì, ma è giusto che anche lei abbia la sua vita, con una persona che ami, e comunque so bene che quello che lega me e lei è qualcosa di eterno, che niente potrà scalfire. Non sarò anziano, ma riesco comunque a comprendere che è giusto così, questo è il corso degli eventi, e non posso far sì che la mia gelosia le impedisca di vivere, che le porti via la felicit - .
Stettero qualche momento in silenzio, in quel momento le parole erano inutili.
Entrambi si fidavano dell’altro, e il sapere che la loro amicizia non sarebbe stata scalfita da quella situazione rendeva tutto più facile.
“Se solo potessi vederla…” sussurrò poi il mezzo- demone, il tono di voce quasi spezzato.
- Ora capisco perché in questi giorni era così turbata… ti sei dichiarato anche a lei, vero? – gli domandò Hirador, facendolo leggermente imbarazzare, nel ricordare quello che aveva fatto al ballo
“Bè, ecco, non proprio… non le ho detto chiaramente quelli che sono i miei sentimenti però… ecco, bè, l’ho baciata” balbettò, rosso in viso, facendo ridacchiare la creatura.
- Kagome è difficile da comprendere, persino per me. Comunque sono certo che ci sia una ragione valida al suo comportamento. Farò quello che posso per far sì che vi chiariate -
“Ti ringrazio Hirador” gli sorrise sinceramente Inuyasha, contando sull’aiuto prezioso del Drago.
- E Harliem? Gliene hai parlato? – si interessò la creatura
“Sì, sa già tutto… e l’ho vista contenta, diciamo”
- Lo immagino, credo che il suo desiderio sia sempre stato quello di vedervi insieme – ridacchiò Hirador, vedendolo arrossire – A proposito… - si interruppe poi il Drago, drizzando il collo squamoso
“Sì, la sento anche io, è qui nei dintorni” terminò per lui Inuyasha, voltando leggermente il capo
- Harliem – chiamò, avendo avvertito la presenza del proprio Drago
- Oh, finalmente! Si può sapere dove ti eri cacciato? Sono tornata nell’appartamento dopo gli allenamenti ma non c’eri!
- Avevo bisogno di fare quattro passi…. Sono qui da Hirador, vieni? – le chiese, avvertendo quasi immediatamente la sua contentezza
- Arrivo subito! – gli rispose di getto lei, facendolo sorridere. A quanto pare non era davvero l’unico ad essersi infatuato.
Poco dopo si presentò nell’appartamento del Drago Supremo anche la dragonessa, che per prima cosa andò a salutare il proprio Cavaliere, accogliendo con contentezza le sue carezze.
Inuyasha notò che tra lei e l’altro Drago qualcosa era successo, si avvertiva una sorta di complicità nell’aria.
Percependola, riuscì bene a intuire come si potesse sentire Hirador nel sapere che il proprio Cavaliere era interessato a qualcun altro che non fosse lui.
Perché Inuyasha ne era sicuro. Di certo, se Kagome quella sera aveva avuto quella reazione, non era perché fosse innamorata di qualcun altro, ben che meno di Kouga.
C’era dell’altro.
L’Hanyou abbandonò quelle riflessioni, per il momento non ci voleva pensare. Perciò si concentrò su Harliem e Hirador, prendendo a parlare allegramente con loro.
Almeno per qualche ora sarebbe riuscito a dimenticare quella storia.

Kagome sospirò, dopo l’ennesima freccia che andava a colpire a malapena il bordo del bersaglio.
Fortuna che non si trovava nel bel mezzo di una battaglia, altrimenti sarebbe morta come minimo.
“Forse è meglio se per oggi smetti, Kagome” la voce gentile di Sango le suggerì quello che lei stessa stava pensando, forse dalla prima freccia che aveva tirato.
“Sì, credo proprio che sia il caso” asserì, sconsolata, sospirando un’ennesima volta.
Così non andava affatto.
“Avanti, è solo un momento, vedrai che passerà” cercò di rincuorarla Sango, avendo capito che ci fosse qualche cosa che turbava la ragazza… ed era sicura che centrasse Inuyasha e la sera del ballo, visto che era da quel giorno che Kagome aveva preso a comportarsi in modo strano e, soprattutto, ad evitare il mezzo- demone.
“Credo che andrò da Hirador, ho bisogno di rilassarmi” disse la miko, afferrando con cura il suo arco e recuperando alcune frecce.
“Buona idea, credo che io farò lo stesso, prima di andare a cena starò un po’ con Sieg… salutami Hirador, mi raccomando!” le disse la Cacciatrice, vedendola uscire un po’ abbacchiata dalla palestra, mentre le faceva un cenno si saluto.
Sorrise leggermente, anche lei e Inuyasha sarebbe riusciti a risolvere i loro problemi, ne era sicura.
Come lei… c’era riuscita, in un certo senso, con Miroku.

“Uff, che giornataccia che è stata og-!”.
Kagome guardò sorpresa gli ospiti nell’appartamento del suo Drago: Harliem e… Inuyasha.
Si irrigidì, sorridendo nervosamente.
“Bè, ecco, io… ah, ho alcune cose da fare, devo… parlare con Takehiko, sì! Scusate il disturbo” balbettò una scusa, per poi fare dietro front, pronta ad uscire. Stava muovendo i primi passi quando si sentì tirare per la schiena: era Hirador che con i suoi denti aguzzi l’aveva tirata per la maglia, impedendole la fuga.
“Hirador, accidenti, lasciami!” protestò, incontrando poi casualmente gli occhi ambrati dell’Hanyou, finendo per arrossire furiosamente.
- Non ne ho alcuna intenzione, a meno che tu non abbandoni qualunque tentativo di fuga – disse tranquillamente, aspettando una sua risposta – Allora? Ti arrendi? -
“Sì, sì, mi arrendo, basta che mi lasci!” sbottò lei accigliata, sentendosi poi lasciare dal Drago
- Bene, allora io e Harliem andiamo a fare una passeggiata romantica, a dopo! – li salutò poi frettolosamente Hirador, seguito dalla dragonessa, sparendo dietro la porta del tunnel che conduceva all’esterno.
“Ehi, Hirador, aspetta!” esclamò Kagome, inutilmente, guardandolo scomparire poco dopo.
“Tsk!” grugnì infastidita. Era stata incastrata.
Guardò di sottecchi il mezzo- demone davanti a lei, fino a quel momento rimasto silente, finendo per arrossire quando notò che la stava fissando.
Non sapeva come comportarsi, e l’agitazione che la pervadeva non migliorava la situazione.
“Bè, ecco io… devo… devo andare” balbettò di nuovo, riprovando a fuggire. Ma quando si voltò verso la porta, si ritrovò il volto di Inuyasha a poca distanza dal suo. D’istinto si allontanò, cercando una via di fuga, ma l’Hanyou l’afferrò per le braccia, circondandole poi la vita con un braccio.
Arrossì furiosamente a quel contatto, sentendo poi gli occhi ambrati di lui scrutarla profondamente.
Quel calore, quello sguardo… la mandavano in confusione, mozzandole il respiro.
Ne aveva paura, ma allo stesso tempo… dovette ammettere a se stessa che quel contatto le era mancato.
Per tutti quei giorni in cui lo aveva evitato, non aveva fatto altro che ripensare alla sera del ballo, al suo abbraccio e… a quel bacio.
Quel bacio che l’aveva scossa nell’intimo, dandole un senso di paura così intenso che l’aveva fatta fuggire.
“Kagome” si sentì chiamare da lui, da quella voce così profonda e vellutata. Rabbrividì tra le sue braccia senza riuscire a guardarlo negli occhi.
“Kagome” la chiamò di nuovo Inuyasha, cercando disperatamente i suoi occhi. Non vedendo risposta da parte sua, le afferrò il mento con la mano libera, alzandole il volto.
Finalmente. Finalmente poteva di nuovo perdersi in quelle pozze argentate così magnifiche, così belle da sembrare irreali.
“Perché… - cominciò poi l’Hanyou guardandola intensamente – perché mi hai evitato per tutti questi giorni?” le chiese, stupendosi del proprio tono di voce. Ansioso e sofferente.
“Perché… non lo so perché…” balbettò lei in risposta, sinceramente confusa. Di sicuro non era certa dei suoi sentimenti… ma non lo era nemmeno di quelli che il mezzo- demone provava nei suoi confronti. Sì, l’aveva baciata, ma comunque non sapeva cosa provasse esattamente per lei Inuyasha.
“Kagome… non pensare al mio bacio come un gesto istintivo, privo di giustificazioni… mi… mi sarei spiegato, quella sera se tu… se tu non fossi andata via” le disse con voce leggermente flebile, vedendola abbassare lo sguardo, imbarazzata.
Sospirò. Era il momento di dirglielo, di mettere le carte in tavola. E se l’avesse rifiutato… bè, ci avrebbe pensato poi. Ora l’importante era svelarle quello che provava per lei.
“Io… ti amo, Kagome” le disse, questa volta con tono fermo e sicuro. La vide sollevare il volto, gli occhi increduli
“Ti amo, e anche se tu vorrai continuare ad ignorarmi… questo non mi impedirà di sentire quello che provo per te” detto questo la lasciò, lentamente, allontanandosi da lei di qualche passo.
La guardò per qualche altro istante per poi uscire dalla stanza, lasciandola sola con i suoi pensieri, con i dubbi del suo cuore.
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La luna brillava sopra di lui, in tutto il suo splendore, ma lui sembrava non essere sensibile alla sua bellezza.
Dopotutto, la sola cosa a cui pensava era lui stesso.
Nel formulare quel pensiero, però, i suoi occhi, per chissà quale riflesso, si posarono sulla figura di una piccola bambina, addormentata placidamente poco lontano dal focolare, le carezze gentili del vento la sua ninna nanna.
Sesshoumaru, distolse lo sguardo, tornando a fissare senza interesse il manto stellato che li sovrastava.
Quella mattina avevano lasciato il villaggio nel quale erano rimasti per circa due giorni, il tempo necessario per reperire ciò di cui avevano bisogno lungo il loro viaggio.
Lo Youkai sapeva bene che erano ancora ben lontani da Eldoras, la quale si trovava pressappoco nel centro della Terra Centrale, mentre loro erano ancora nelle vicinanze della costa occidentale, non molto distanti dalle Montagne della Luna che segnavano il confine col Regno del Sud.
Di preciso non sapeva quali sarebbero state le sue mosse, di sicuro quello che gli interessava era avere più informazioni possibili su Naraku.
Anche se in tutti quegl’anni aveva ‘accettato’ passivamente il suo esilio, questo non voleva dire che si era dimenticato quanto successo quattordici anni prima.
Ed ora che sapeva anche il fratellastro in vita, non poteva lasciar correre, visto che, inoltre, era sicuro fosse ancora in possesso di una cosa alquanto preziosa, troppo perché la si potesse lasciare in mano a un Hanyou come quello.
L’onore della famiglia andava riconquistato, e a questo ci avrebbe pensato lui, versando il sangue del fratello e del Majutsushi.

Col sorgere del sole, anche il gruppo di Sesshoumaru si destò, pronto per intraprendere un’altra giornata di viaggio.
“Ma signor Sesshoumaru, dov’è che stiamo andando?” chiese una Rin ancora assonnata, in mano le briglie di Ah- Un che sbadigliò sonoramente, mostrando i denti affilati
“Insomma Rin! Te lo abbiamo già detto, stiamo andando ad Eldoras, la capitale della Terra Centrale! Quante volte ti ho detto di non disturbare il nobile Sesshoumaru con le tue sciocche domande?!” sbottò Jaken vicino a lei, guardandola stizzito
“Basta così Jaken” lo zittì l’Inu Youkai, senza voltarsi, continuando la sua marcia verso l’Est.
Il resto della giornata trascorse tranquillo, qua e là incrociavano carovane di commercianti che si dirigevano verso i piccoli centri urbani disposti nel corso della strada principale.
Tutto quel via vai cominciò a infastidire Sesshoumaru che decise di imboccare una delle strade secondarie, in modo da dare anche meno nell’occhio.
Non contava di essere riconosciuto – era più che sicuro che solo la sua fama, negli altri due Stati, fosse nota e non di certo la sua immagine - , ma la prudenza non era mai troppa. La possibilità che Demoni del Sud fossero nella Terra Centrale in incognito non era da escludere.
In pomeriggio inoltrato avevano percorso ben trenta leghe.
La meta era sempre più vicina.
Poi, all’improvviso, al fine olfatto dell’Inu Youkai arrivò un odore familiare, ma che non sentiva da tempo.
In pochi istanti vennero colpiti da una forte corrente, e di fronte a loro comparve una donna, una Yasha, i suoi occhi carmini che osservavano con un sorrisetto la strana combriccola.
Ma il suo sguardo, in particolare, si era soffermato sulla figura di Sesshoumaru che, a sua volta, la guardava attentamente.
“Salve! Sono anni che non ci si vede” esordì lei, aspettando una loro reazione.
“Tu… sei Kagura, non è vero?” disse Sesshoumaru, osservandola col suo sguardo di ghiaccio.
La Yasha sorrise compiaciuta.
“Oh, non mi aspettavo che ti ricordassi di me, Sesshoumaru… vero è che per noi Demoni quattordici anni non sono niente”
“Tu saresti la galoppina di quel maledetto di Naraku?!” sbottò Jaken, ora che aveva, anche lui, riportato alla memoria l’immagine della Demone
“Ehi, moderiamo i termini rospetto – si indispettì Kagura, guardandolo bieca – Io non sono la galoppina di nessuno”
“Cosa ci fai qui nella Terra Centrale? Ti ha mandata Naraku?” le domandò l’Inu Youkai, attirando nuovamente la sua attenzione
“Naraku, dici? No, affatto. Sono qui di mia iniziativa, ne ho approfittato della sua assenza”
“Non è nel Sud, adesso?” chiese ancora lui, guardandola con attenzione. Lei sorrise compiaciuta, avere l’interesse di Sesshoumaru era ciò che le interessava.
“Proprio così, ma non so dirti dove si sia diretto, quello non si fida di me… e fa bene”
“Non saresti fedele al tuo signore? In effetti non ricordo di averti mai vista più di tanto entusiasta di stare al suo fianco” .
“È così, infatti. Mi avrà dato lui la vita, ma non gli ho mai giurato fedeltà, né mai lo farò. È anche per questo che sono qui”
“Spiegati” le ordinò secco il Demone, facendola sorridere divertita.
“Ho bisogno del tuo aiuto, Sesshoumaru. So bene che per tutti questi anni hai continuato a vagare in lungo e in largo, in cerca di risposte, immagino, e in cerca della vendetta. Questo è il momento buono. Dopo anni Naraku si sta muovendo seriamente, è anche sulle tracce della Shikon no Tama. Ma non posso permettere che diventi ancora più forte”
“Mi offri la vendetta in cambio della tua libertà, è così?”
“Esattamente” Kagura sorrise soddisfatta. Era convinta che l’Inu Youkai, in qualche modo, l’avrebbe aiutata a riconquistare la sua libertà
“Non mi interessa” gli sentì dire poi, facendola rimanere ammutolita.
“Co- come? Perché?!” gli domandò, incredula.
“La vendetta contro Naraku sono capacissimo di rendermela da solo, e non vedo perché dovrebbe interessarmi questo scambio, ci guadagneresti solo tu” le disse atono e tagliente Sesshoumaru, spezzando tutte le sue speranze.
“Sei uno stupido! Sono proprio curiosa di sapere come farai a sapere ciò che ti interessa su Naraku! Ma ormai hai preso la tua decisione, e sono sicura che te ne pentirai!” gli urlò contro Kagura, adirata, saltando su una delle sue piume per poi allontanarsi velocemente.
“Che impudente quella Kagura! Come ha potuto solo pensare di poter venire a patti col nobile Sesshoumaru?” sbottò indignato Jaken, fissando il cielo
“Andiamo” ordinò perentorio l’Inu Youkai, già in marcia.
Quella Kagura… se la ricordava, una Yasha portata alla vita grazie ad un incantesimo, da Naraku, e da allora incatenata al suo volere.
Immaginava che, prima o poi, si sarebbe ribellata. Ma quelli non erano affari suoi, e tanto meno gli interessavano.
La sua attenzione, ora, era concentrata sul sapere che Naraku aveva abbandonato il Regno del Sud. Per quale motivo?, a che scopo?
Forse il suo viaggio verso Est gli avrebbe dato le risposte che cercava.
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Sorrise sarcastico. Trovarsi lì, indisturbato gli faceva proprio uno strano effetto.
E dire che stava macchinando proprio per distruggerlo, quel Paese.
Naraku guardò soddisfatto la vallata sotto di sé, dall’alto dirupo sul quale si trovava la vista godeva di un ampio respiro.
La Terra Centrale. Da quanti anni non ci metteva piede. E dire che la sua infanzia l’aveva passata lì… molto, molto tempo prima.
Ma non era quello il momento di abbandonarsi ai ricordi.
Si trovava nella parte più a nord- ovest del Paese, lì dove aveva avvertito maggiormente la Sua presenza.
Si spostò ancora, alla ricerca della fonte di quell’energia, così remota, ma che lui conosceva così bene.
Si ritrovò a sorridere, questa volta un sorriso di pura nostalgia.
Continuò a vagare per quella terra fertile, così diversa da quella in cui si era insidiato in quegli ultimi anni. Tra tutti i posti che aveva visitato, di certo Kaosu era il meno ospitale.
Di scatto si bloccò. A pochi passi da lui il vuoto, dovuto alla brusca interruzione del terreno… ma non solo quello, in quel preciso punto anche la presenza che fino a quel momento aveva captato, scompariva.
Sorrise ampiamente, soddisfatto, gli occhi purpurei che brillavano di eccitazione.
“Finalmente… finalmente ti ho trovato Kurikara!”.

FINE 26° CAPITOLO.
Oh sì, direi proprio che ci siamo! Tutti hanno trovato chi cercavano, e adesso non bisogna aspettare altro che un qualche tipo di risoluzione… negative o positive che siano.
Inuyasha così sicuro, non so voi, ma io non l’ho mai visto! Eh sì, devo dire che l’ho migliorato di parecchio! XD
Si può dire che in questa ff tutto funzioni al contrario, in modo particolare per quel che riguarda Kagome e Inuyasha… praticamente ho invertito i ruoli! XD
E finalmente anche Sango e Miroku hanno avuto il loro spazio… dopo i primi capitoli dedicati solo a loro, devo ammettere di averli trascurati.
Ma ci sono talmente tante cose a cui prestare attenzione in questa ff che a volte, purtroppo, non riesco a seguire tutte allo stesso modo.
Anche Sesshoumaru è ricomparso dopo secoli… poverino, si starà chiedendo cosa ce l’ho messo a fare in questa storia se non lo faccio mai comparire! XD
Per il resto… bè, lentamente – come piace a me ;P – stiamo scoprendo qualcosa anche di Naraku… e aspettate di leggere il prossimo! Se qualcuno ha pensato quello che ho ideato… dev’essere un altro genio come la sottoscritta! XD
Bene, direi che per oggi abbiamo concluso… spero di ripresentarmi a voi con un nuovo capitolo in lasso di tempo almeno decente XD, ma non garantisco nulla! :P
Ci sentiamo miei cari ragazzi,
vi auguro una buona settimana, di queste magnifiche vacanze! *______*
Baci,
ka_chan ^________^

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Capitolo 27
*** cap27 “CACCIA AL MISTERO” ***


Eeeeehhhhhmmm… scusate davverooo!!! Sono in ritardo, lo so, lo so! In teoria avrei dovuto pubblicare ieri sera ma ci sono stati una serie di imprevisti che me lo hanno impedito… chiedo perdono -.- (soprattutto a Lorimhar che gli avevo detto che molto probabilmente avrei pubblicato… scusa sommo lettore! :P).
Ma adesso sono qui, l’importante è questo! E sono qui con quello che sarà il capitolo più lungo fino adesso mai pubblicato! Perciò spero di ripagarvi del ritardo!
Senza indugi passerei a ringraziarvi per i commenti, numerosissimi, devo dire! O___O Sono commossa, nonostante i miei ritardi, voi… ç__ç… Allora, grazie a: Elychan, Ragnarok79, Crystal Angel, Lorimhar, raska81, akane_val, inukun, cri-chan, Elly, Peeves, Rika92, manu chan e Resha91.
Grazie a tutti, vi voglio un saccone bene ragazzi!!! ^_____________^

27° CAPITOLO “CACCIA AL MISTERO”

Era ancora lì, ferma, ad ascoltare i palpiti del suo cuore in tumulto.
La sua voce, i suoi occhi, tutto in lui, in quel momento, le era sembrato dirle ‘Ti amo ’.
I suoi occhi a cui la luna aveva ceduto alcuni dei suoi raggi argentei si riscossero leggermente, guardandosi intorno come spaesati.
Lui, Inuyasha, non c’era più.
Come lei una settimana prima, se ne era andato, e solo ora poteva immaginare come si fosse sentito in seguito alla sua fuga.
Confusa era un eufemismo.
Lui… l’amava. L’amava.
- Mi ama… - pensò, le gote imporporate e lo sguardo sorpreso, ma con una nota di tenerezza.
“Ah, bene, ci sei anche tu”.
Alzò il viso, sorpresa nell’udire una voce che fino a quel momento non c’era.
Incontrò gli occhi blu di Miroku e, dietro di lui, Inuyasha.
Quasi all’istante le sue guance si arrossarono, ma si impose l’autocontrollo nel vedere una profonda serietà nelle iridi del cugino.
“Riunione d’emergenza. Mio padre ci vuole parlare” le riferì, e lei non perse tempo in domande inutili, incamminandosi, chiudendo dietro di sé la porta degli appartamenti di Hirador… e dietro quella, anche i suoi sentimenti.

Takehiko di Eldoras, seduto sulla sua poltrona rivestita di cuoio, leggermente consunto dal tempo, teneva i gomiti appoggiati sul piano della scrivania in legno scuro, il volto tirato e adombrato da due scure occhiate, appoggiato stancamente sulle mani.
Poco lontano da lui il Ministro Mendion, come nell’amico, anche su di lui la stanchezza non si era risparmiata di lasciare i suoi segni.
Quella passata, era stata una vera nottataccia.
Un via vai incessante di informatori provenienti dalla Terra Centrale che non avevano fatto altro che recapitare tutte le informazioni che erano stati capaci di reperire, e molti altri ancora si apprestavano a farlo.
Ciò non stava a significare che il loro ritorno lì, ad Eldoras, significasse la loro assenza in un altro luogo.
Perché per chi tornava, c’era sempre chi partiva.
Se non tutti, buona parte dei Cavalieri, e in modo particolare le squadre speciali, erano sparpagliati per il Paese, molti anche per il Regno del Nord.
Qualsiasi informazione, di qualsiasi tipo era utile. E se non lo era per l’immediato, lo sarebbe stata per il futuro.
Il Governatore si passò una mano sugli occhi stanchi, il loro blu intenso adombrato dalle continue preoccupazioni, le quali, una assommata all’altra, pesavano su di lui come macigni insollevabili.
In quei pochi mesi si sentiva come se avesse avuto dieci anni di più.
Alzò leggermente la testa, guardando le lancette di ottone dell’orologio che gli stava davanti. Dieci minuti prima aveva convocato con urgenza il figlio, dicendogli di radunare al più presto gli altri tre membri del Consiglio per una riunione d’emergenza.
Ma mentre attendeva il loro arrivo, il dubbio e l’insicurezza si insinuarono nelle crepe già presenti della sua idea.
Sospirò, attirando lo sguardo di Mendion, anche lui forse tormentato dagli stessi demoni.
“Cerca di tenere lontano il turbamento, Takehiko. Purtroppo, forse l’unica decisione da prendere era quella a cui abbiamo discusso fino ad ora” gli disse, il tono calmo, come sempre, anche se leggermente piegato dalle fatiche e dalle preoccupazioni.
“Forse. Ma non so se è la decisione giusta per loro”.
Quelle parole grevi e ricolme di angoscia vennero soffocate dal bussare alla porta dello studio di fronte a lui.
“Avanti” ordinò con tono greve, vedendo, ad uno ad uno, presentarglisi i quattro membri del Consiglio delle Tre Terre, con in più la presenza del piccolo Shippo.
Sorrise leggermente nel guardarlo, gli occhi verde cangiante ricolmi di risolutezza, accompagnata però dall’incertezza infantile.
“Grazie di essere qui, e scusate questa improvvisa convocazione. Prego, sedetevi” disse loro, indicando con lo sguardo le poltrone e il divanetto disposti nella stanza.
Tra i presenti cadde il silenzio.
- La calma prima della tempesta… - pensò Inuyasha, avvertendo sulla pelle il velo della tensione.
Poi udirono il Governatore sospirare.
“Verrò subito al dunque. Durante il corso di questa notte sono tornati molti degli informatori delle squadre speciali inviati in ricognizione per il Paese, ed anche per il Regno del Nord.
“Dalla maggior parte di loro la notizia è stata la stessa: le chiare tracce del passaggio di un notevole esercito di Orchi per le nostre terre. Mendion, prendi la cartina, per cortesia” il Ministro si alzò dalla sua postazione per poi andare ad afferrare dalla libreria che gli era accanto una pergamena color ocra, in ottimo stato.
La consegnò nelle mani del Governatore, che la distese sul piano della scrivania.
Gli altri cinque, seppur sorpresi da quella grave notizia, erano rimasti silenti, le domande le avrebbero fatte dopo.
Ora era importante capire qual era l’entità della situazione.
“Da quello che ci hanno riferito le diverse squadre, il percorso dei nemici è abbastanza lineare, e, a quanto sembrerebbe, non ha come meta Eldoras. Ma questo non significa niente. Il solo fatto che siano nel nostro territorio è gravissimo” disse, per poi indicare un punto sulla mappa, le coste più a Nord- Est della Terra Centrale, nelle estreme vicinanze del confine col Nord.
“È da qui che partono le tracce, per poi proseguire in modo rettilineo, in prossimità del confine col Regno del Nord. Sarò sincero: non mi stupirei se si trattasse dello stesso gruppo di Orchi che ha attaccato l’Isola di Arlem”. Takehiko guardò Kagome, la quale rispose al suo sguardo, annuendo.
“È estremamente plausibile. – disse con calma e freddezza. Pareva essere tornata quella di un tempo, ma non era così. Sapeva solo che lasciarsi in balia delle emozioni non l’avrebbe di certo aiutata – Il solo fatto che le tracce partano da qui rendono fondata questa ipotesi. Se gli Orchi fossero passati prima dal Nord di sicuro la gente del posto se ne sarebbe accorta, anche perché, come noi, sono provvisti di solide difese e i monitoraggi non mancano. No, devono venire dal mare”.
Gli altri annuirono.
“Sarebbe utile avere notizie da Kouga” disse poi Miroku, più come una riflessione che altro.
L’ookami Youkai, poco meno di una settimana prima, come già preannunciato, era partito a capo di una spedizione di ricognizione e di soccorso nell’Isola e da allora non si erano avute ancora notizie.
Kagome pensò al Demone. Sì, desiderava ardentemente avere notizie dello stato delle cose, in modo particolare a Kandem… ma non voleva assolutamente che per ottenere ciò ci andasse di mezzo la vita dello Youko.
“Dovremo farne a meno, per adesso, almeno” disse Mendion con voce ferma “Ci sono molte cose di cui dovremo fare a meno. Come, per esempio, la preparazione adatta contro un nemico a cui non avevamo pensato”
“Qual è il vostro piano?” domandò il Majutsushi avendo intuito, fin dall’inizio, che il Ministro e il padre avevano già discusso in precedenza di quella che sarebbe stata la strada su cui si sarebbero mossi.
Vide il padre piegare le labbra in un sorriso triste, quasi rassegnato, le rughe intorno agli occhi del suo stesso colore che si accentuarono.
Non gli era mai parso tanto stanco e… tanto vecchio, si ritrovò a pensare, con un certo stupore.
Aveva sempre comparato la figura del padre a quella delle possenti e immutabili statue dei loro avi che adornavano la Sala del Destino, con i loro occhi fatti di eternità e severità, di un qualcosa che a lui era sempre parso irraggiungibile e… minaccioso, quasi.
Mentre ora… ora vedeva solo un uomo stanco, terribilmente stanco.
“Purtroppo non abbiamo trovato molte altre alternative che potessero evitare questa scelta. – cominciò, greve, il Governatore, guardandoli con estrema serietà – Abbiamo deciso di mandare voi in persona, come squadra speciale. Siete giovani, estremamente giovani, ma non penso di esagerare quando dico che molto probabilmente siete i membri migliori della Milizia. Sicuramente ciò che più vi svantaggia è la mancanza di esperienza, e questa, forse, è un’ottima occasione. Tra voi ci sono miei consanguinei, e comunque, legami di parentela o no, mi sento legato a tutti voi in modo particolare. Ma siete dei soldati, avete scelto voi stessi questa strada, e in quanto tali dovete compiere il vostro dovere”. Li osservò ancora, e loro osservarono lui, immersi nel silenzio immobile che quelle parole avevano portato.
Ma poi, uno ad uno li vide sorridere, nei loro volti alcuna ombra di dubbio o timore.
“Takehiko, mi sorprendi, ci tratti come se fossimo dei bambini che devono andare al loro primo giorno di scuola!” sbottò divertita Kagome, attirando i loro sguardi nel sentirle la voce così rilassata. Inuyasha la guardò, felice di vederla così.
“Non dimenticare che stai parlando col Cavaliere Supremo – disse, fingendo di pavoneggiarsi - , e, prima ancora di questo, con una che fin dalla tenera età si è fatta le ossa a suon di combattimenti! Credi che qualche Orco potrebbe farci qualcosa? Ah, se ti avesse sentito Hirador sarebbe già andato in escandescenza!” e rise ancora, facendo, finalmente, sorridere sinceramente il cugino e il Ministro.
“Kagome cara, stai scordando il Majutsushi più potente del Continente! – si aggiunse anche Miroku, nel suo caso nell’atto di vantarsi seriamente – In difesa della bellezza, gli orribili Orchi non saranno di certo risparmiati dalla mia infallibile Magia!” ridacchiò, rivolgendo poi un leggero sorriso, sincero, verso il padre. Era da tempo che non si guardavano senza rabbia o dolore negli occhi. Il Governatore gliene fu grato, sentendo le sue iridi bluastre tremare leggermente.
“E non ci dimentichiamo della più abile Cacciatrice del Nord, e dell’Hanyou dalla spada facile!” aggiunse infine.
“Ehi, che vorresti dire Mago dei miei stivali?” obiettò inacidito Inuyasha nel sentirsi definire a quel modo.
“Ehi, ci sono anche io! Anche il sottoscritto è un abile combattente!” esclamò risoluto Shippo
“Se, forse un abile codardo nel darsela a gambe nel momento del pericolo!” ribatté ghignando il mezzo- demone.
Si azzittirono nell’udire la risata del nobile Takehiko, le spalle finalmente libere dalla tensione che ne aveva logorato i muscoli fino a quel momento.
“Vi ringrazio, vi ringrazio di cuore” disse loro, rivolgendogli un sorriso carico di fiducia, al quale risposero gli altri.
“Quando dobbiamo partire?” domandò poi Sango
“Al più tardi, tra due giorni. – rispose per loro Mendion - È necessario che vi prepariate al meglio sul percorso da affrontare e su quello che troverete nei dintorni. Inoltre, mentre voi vi recherete là, contemporaneamente farà ritorno un’altra squadra. Come saprete bene, è fondamentale che nessuna zona rimanga scoperta. Nel corso delle prossime ore e, soprattutto, di domani, vi farò spiegare nei dettagli dai miei ragazzi quello che troverete in quelle zone, in modo particolare i punti in cui sono stati costruiti le varie basi.
“Questa volta abbiamo poi dalla nostra la possibilità che voi affrontiate questo compito con i vostri Draghi, non potevamo chiedere di meglio”.
I quattro Cavalieri annuirono in silenzio, le affermazioni di Mendion erano più che giuste, e il suo modo di condurre quel tipo di situazioni sempre mirato ed efficace.
“Bene… direi che è tutto, allora…” disse il Governatore, guardando il Ministro della Difesa, cercando nel suo sguardo la conferma che non avesse dimenticato nulla.
“Ora andate a pranzare, ragazzi. Cercate, per quanto possibile, di rilassarvi, poi questo pomeriggio farete tutto quello che vi dirà Mendion. Abbiamo poco tempo, e le cose da fare sono molte”.
“Ce la caveremo, di certo il coraggio non ci manca, vero?” disse Miroku, alzatosi insieme agli altri, dando un pacca sulla spalla ad Inuyasha, di fianco a lui.
“Feh!”
“Allora noi andiamo, Takehiko. Anche voi cercate di rilassarvi” disse loro Kagome guardandoli con un sorriso di comprensione e sostegno.
“Cercheremo. Ora andate” sorrise a sua volta Mendion, imitato dal Governatore, guardandoli poi andare via, e con loro anche parte della loro angoscia.
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Una scossa lo investì, violenta e fulminea, come la sferzata invisibile di un vento gelido.
Il suo occhio destro si mosse velocemente per quel luogo angusto, alla ricerca della fonte che gli aveva procurato quella sensazione.
Niente, niente di diverso appariva alla sua iride dorata.
Rilassò il collo rivestito dalle squame color della pece, tornando a contemplare il nulla che si agitava in quel luogo.
Da quando aveva avuto la percezione, mesi prima, di non essere più l’unico, troppo spesso gli pareva di avvertire, sentire cose inesistenti.
Quella prigionia lo stava rendendo pazzo, incatenato a un passato incancellabile, marchiato a fuoco nella sua mente forse eterna, l’anima imprigionata nel rimorso e nella consapevolezza del fallimento.
Il Dragone Kurikara mosse stancamente la lunga coda rivestita di punte acuminate, che si estendevano lungo la spina dorsale, fino al grosso capo.
Grattò leggermente la cicatrice che percorreva il suo occhio sinistro, per ogni tocco alla ferita un ricordo più lucido di quanto accaduto in passato, una macchia in più sul suo cuore provato.
Sospirò, cercando di buttare fuori parte del suo dolore, richiudendo lentamente l’occhio destro, fin troppo assuefatto a quel panorama così disperatamente vuoto.
Ma poi un’altra scossa, e questa volta non era la sua fantasia, la sente, c’è.
Un qualcosa, una presenza sembrava voler abbattere la barriera che custodiva con una gelosia morbosa quel luogo di immobilità eterea, di morte.

Si concentrò ancora, le mani fortemente congiunte, la fronte imperlata di sudore mentre recitava una formula dalla lingua arcana, misteriosa e potente.
Naraku aggrottò ancora di più le sopracciglia, sentendo la sua energia che andava a scontrarsi e, infine, a lottare contro ciò che ostacolava il rientro nel mondo vero di colui con il quale avrebbe ottenuto ciò che voleva.
Venne ancora una volta respinto, ma ancora una volta la sua determinazione si accentuò, percependo, mano a mano, la forza del sigillo che custodiva quella dimensione remota, indebolirsi.
Respirò a fondo, ricominciando, con voce più sostenuta, la concentrazione al massimo, a recitare quella preghiera, quell’inno alla vittoria.
Dopo così tanto tempo lo aveva finalmente trovato e non lo avrebbe di certo fermato uno stupido sigillo.
Non c’era barriera, difesa, incantesimo che potesse resistergli.
Rinvigorì il suo flusso di energia, aprendo le mani davanti a sé, apparentemente rivolte al nulla, al vuoto dovuto alla fine del dirupo.
Ma Lui c’era, era lì, a pochi passi, e il Majutsushi lo sapeva, ne avvertiva, sempre di più, man mano che il sigillo cedeva sotto i suoi colpi, la presenza.
La terra prese a tremare, a testimoniare l’aspra battaglia originatasi da quello scontro di forze arcane.
Naraku avvertì, in quel duello, la presenza di colui che aveva creato ciò che ora stava cercando di distruggere, e percepiva chiaramente la sua disapprovazione.
Ghignò, aumentando il flusso d’energia, scacciando la fastidiosa voce.
E scacciando lei, anche il sigillo si spezzò.
Il tempo sembrò come fermarsi, una quiete innaturale si posò appena sulla terra, per poi essere spazzata via violentemente da un turbine ricolmo di un’energia che non respirava l’aria del mondo vero da secoli, ormai.
Il Majutsushi tenne gli occhi purpurei fissi su quello che stava accadendo, nel punto in cui vi era il nulla creato dal dirupo, ora un’immensa caverna di pietra scura.
Il silenzio era tornato a dominare per quella landa fatta unicamente di terra e roccia.
Naraku guardò con uno scintillio di eccitazione all’interno della caverna, immergendo gli occhi carmini in quella pozza di oscurità, impenetrabile anche dalla luce del sole.
Poi, un luccichio, un rumore… un passo che avanza.
Il cuore del signore del Sud palpitava, forse come mai aveva fatto, dopo innumerevoli anni.
Attimi di attesa lo logorarono, ancora più lenti e lunghi di tutto il tempo che aveva passato su quella terra e poi… Lui.
Lui, il Dragone Kurikara, finalmente era ora davanti ai suoi occhi, dopo innumerevoli anni di ricerca.
La creatura si mosse elegantemente sulle possenti zampe, il luccichio del suo occhio dorato e delle sue squame dell’acciaio che aumentava mano a mano che emergeva dall’antro che lo aveva ospitato fino a quel momento, colpito dai raggi di quel sole che pensava non avrebbe mai più rivisto.
Era… libero.
Il sigillo che lo aveva costretto a quella tortura fatta di ricordi e rimpianti si era spezzato, e con la sua caduta era avvenuta la sua rinascita.
Come e perché era accaduto tutto ciò?
Non lo sapeva. Guardò attentamente la figura che gli stava davanti e che lo fissava con gli occhi ricolmi d’eccitazione e fermento.
Occhi rossi, come il sangue. Occhi che aveva già visto, da qualche parte, tempo fa.
- Tu… sei tu che mi hai liberato? – gli domandò, invadendogli la mente con quella che pareva essere la voce di uno spirito dell’oltretomba.
Naraku chiuse gli occhi, rabbrividendo di piacere nel sentirsi accarezzare da quella voce.
“Esatto. Sono stato io” gli rispose dopo poco, ripresosi, cercando di tenere a freno la gioia immensa che provava.
- Questo… questo è il mondo reale? – chiese ancora il Drago, incredulo di poter respirare finalmente vera aria
“Sì, lo è. Non sei più prigioniero, Kurikara” lo rassicurò il Mago, con un tono, per lui, stranamente dolce.
Il Dragone lo guardò attentamente. Era libero, finalmente libero. Ora voleva conoscere tutto ciò che era accaduto fino a quel momento, e capire chi fosse e cosa volesse quell’individuo, il quale gli pareva chiaro essere un Majutsushi. Potente, peraltro, se era riuscito a spezzare un sigillo come quello.
- Perché mi hai liberato, Mago? Perché sei venuto a liberare Kurikara il Dissennatore? Chi sei? -
Naraku lo guardò e il suo sorriso venne accompagnato da una nota di tristezza.
“Già, è naturale che tu non mi riconosca, Kurikara, e forse addirittura non ti ricordi più di me. In effetti è passato così tanto tempo…. Ma io di te mi ricordavo, non è trascorso un giorno senza che io non pensassi a te, e all’onta che avevi ricevuto. Per questo, ora, finalmente, sono riuscito a ritrovarti e a liberarti”
- Dici cose strane, Mago. Ma prima di tutto dimmi il tuo nome – gli ordinò la creatura
“Naraku, è questo il nome che mi sta accompagnando in questi anni. Ma prima di questo ce ne sono stati molti altri, ormai è impossibile ricordarseli tutti… però il primo, il primo in assoluto sì che me lo ricordo, e forse ti potrà dare le risposte che cerchi”
- Parla, allora -.
Il signore del Sud sorrise
“Onigumo Higurashi ti dice qualcosa?”.
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Infilò alla rinfusa nella sacca un altro paio di pantaloni, afferrando contemporaneamente una leggera maglia di cotone. Stare troppo a pensare sul necessario da portarsi era alquanto inutile, visto che non aveva idea di quanto sarebbero stati via.
Inuyasha allungò una mano alla testa, portando una ciocca di capelli argentati alle spalle. Sollevò lo sguardo all’orologio posto davanti alla sua testa. Le undici passate….
Avevano trascorso l’intero giorno, dopo le rivelazioni del giorno prima, con il Ministro Mendion e con altri soldati della Milizia più esperti ed anziani di loro, che gli avevano spiegato come muoversi e soprattutto i punti di ritrovo dell’esercito che avrebbero trovato in quella zona particolarmente boscosa della Terra Centrale.
Ancora una volta l’efficienza del corpo militare di Eldoras aveva stupito positivamente il mezzo- demone, il quale si chiedeva con quale coraggio Naraku avesse osato rivoltargli si contro.
Era rimasto ore ed ore a fissare cartine, a memorizzare la particolare morfologia che si sarebbero ritrovati davanti.
Chiuse gli occhi, ripassando mentalmente quanto appreso. Davanti ai suoi occhi, però, l’immagine di una delle tante cartine venne sostituita dal profilo concentrato di Kagome, le iridi argentate ricche di determinazione e le labbra strette in una linea sottile mentre ascoltava con attenzione uno dei Cavalieri.
Riaprì gli occhi ambrati, sospirando lievemente. Si stupiva ancora di come fosse riuscito a dirle, solo il giorno prima, di amarla… non immaginava di avere le capacità di fare una cosa simile, lui che del mondo non sapeva praticamente niente dopo quattordici anni di prigionia.
Evidentemente, quando si tratta di sentimenti, è l’istinto a parlare e a farti muovere, come il soffio magico del vento, o la canzone sussurrata ad un orecchio.
Ma non se ne pentiva, non aveva mai provato un senso liberazione più forte.
Certo, le cose da chiarire erano molte, in primo luogo i sentimenti di lei… peccato che avrebbero dovuto rimandare il tutto a data da destinarsi. Gli Orchi incombevano, e di certo non si sarebbero trattenuti per lui che doveva mettere luce sulle sue questioni amorose.
- Sei ancora sveglio? – la voce di Harliem gli invase la mente, interrompendo i suoi pensieri e impedendone ad altri di nascere.
- Sì, sto facendo i bagagli… se così si possono chiamare – ridacchiò, guardando gli abiti sgualciti infilati alla rinfusa nella sacca che aveva davanti
- Vedi di non fare tardi, sai bene che domani mattina dobbiamo partire presto – non mancò di ricordargli lei, con un tono leggermente severo
- Sì, non ti preoccupare – si limitò a risponderle lui, emettendo appena un sospiro divertito
- Inuyasha… -
- Cosa? – l’Hanyou intuì che la dragonessa avesse qualcosa che la turbava, ed attese che si aprisse da sola, che confidasse le sue perplessità.
- È inutile che io ti dica che si tratta di una cosa completamente diversa di quando siete andati sull’Isola di Arlem per rintracciare Kagome…. Ancora più di quella volta, non sappiamo quello che ci troveremo davanti… - si interruppe, angosciata, anche se cercava di non farlo capire.
Inuyasha si ritrovò a sorridere dolcemente, percependo nelle parole del Drago tutta la sua ansia
- Harliem, non ti devi preoccupare. So bene che non andiamo a fare una passeggiata, e stai sicura che non ho intenzione di morire tanto giovane. Ci siamo allenati, abbiamo sudato per questo… dopotutto, come ha detto il Governatore, siamo soldati, e questo è il nostro dovere… -
- Lo so. Non voglio soltanto che ti succeda qualcosa – il mezzo- demone sorrise ancora, cercando, in qualche modo, di far percepire alla dragonessa tutto il suo affetto
- E nemmeno io voglia che accada niente a te. Finché saremo insieme vedrai che andrà tutto bene - . Il Drago tacque, non c’era bisogno di parlare.
- Sai che faccio? Adesso mi sbrigo a finire di preparare le mie cose e poi vengo lì da te, a dormire. Va bene? – le domandò, percependo immediatamente la sua contentezza e il suo sollievo.
- Ti aspetto – gli disse semplicemente lei, chiudendo la comunicazione.
Inuyasha stette fermo qualche istante, a pensare.
- Sì – si disse – Andrà tutto bene. Tutto bene… - .


Le stelle, alte nel cielo, gli riempivano gl’occhi.
Respirò a fondo, godendosi la brezza fresca che, leggera, animava i suoi capelli, e con loro le fronde degli alberi che circondavano e abbellivano in tutto il loro vigore Eldoras.
Nei suoi occhi color del mare passò un lampo di preoccupazione.
Lui, Miroku di Eldoras, uno dei Majutsushi più potenti del Continente… provava timore. Fino a quel momento non gli era mai capitato di sentire una così intensa paura di… morire. Non se ne spiegava la ragione, ma fino a solo un anno prima, la possibilità di poter perire in battaglia lo lasciava quasi indifferente.
Adesso, invece….
“Miroku” si voltò al richiamo di quella voce che, se avesse potuto, avrebbe ascoltato per giornate intere. Sango stava davanti a lui, i suoi lunghi capelli castani che danzavano leggeri sulle note impalpabili e silenziose trasportate dal vento.
Si limitò a guardarla, sorridendole affettuosamente, mentre lei gli si avvicinava sul parapetto di una delle tante torri del Palazzo.
“Come mai qui?” gli chiese la Cacciatrice, il capo leggermente piegato a sinistra
“E tu come mai qui?” rispose con la stessa domanda il ragazzo, ridacchiando appena, facendo sorridere anche lei.
“Una notte tranquilla…” sospirò Sango, volgendo lo sguardo alle stelle e alla luna, il sole della notte.
“Già…” sussurrò Miroku, lo sguardo rivolto verso l’alto.
Rimasero in silenzio, entrambi assimilando la presenza dell’altro.
“Cos’è che ti turba, Miroku?” esordì poi la ragazza, senza guardarlo, senza vedere il piccolo sorriso che si era allargato sul volto del Mago che rimase qualche momento in silenzio.
“Dopo tanto tempo… - cominciò poi lui – Ho paura di morire” questa volta, la Cacciatrice spostò i suoi occhi marroni sul profilo teso del ragazzo dal codino, attenta ad assorbire le sue parole
“Fino a poco tempo fa… non mi sarebbe importato di morire. Pensavo che, infondo, avevo vissuto abbastanza, dato poi che in soli vent’anni di vita avevo sofferto anche troppo. E invece adesso…” si interruppe, lo sguardo leggermente spaesato, cosa che fece stupire la ragazza al suo fianco.
“Invece adesso?” gli domandò lei, attirando su di sé i suoi occhi pieni dell’oceano
“Adesso che ho ritrovato Kagome, che forse sto recuperando o costruendo qualche cosa con mio padre, che ho trovato compagni che sono quasi come fratelli… - le si avvicinò, posandole una mano su un fianco, guardandola più intensamente – Ora che ho te, l’idea di morire e di lasciare tutto questo mi terrorizza”.
Come se la sensazione gelida della morte lo avesse afferrato, si protese di getto verso di lei, quasi aggrappandosi al suo calore, baciandola, un bacio carico dell’amore e di tutto il timore che in quel momento sentiva.
Sango rimase stupita di quel gesto, ma quando percepì tutto quello che conteneva, non poté fare a meno di ricambiarlo, non per pietà, commiserazione o debolezza, ma solo perché era questo che il suo cuore le aveva detto di fare.
Di rispondere all’amore che sentiva arrivare da Miroku, con il suo, di amore.
Si separarono ansanti, tenendosi stretti l’uno all’altra come se si fossero staccati non sarebbero più riusciti ad afferrarsi.
Il Mago sospirò di gioia, sentendo il cuore alleggerirsi, medicato e rinvigorito dalla vicinanza della ragazza. La donna che aveva capito di amare. Aprì gli occhi, staccandosi leggermente da lei, quel che bastava per poter affogare nelle sue meravigliose iridi, con la stessa foga di colui che cerca disperatamente una sorgente nel deserto.
Incrociò il suo sguardo, e fu come rinascere nel vedervi con quanto affetto lo osservava. La strinse a sé, ridendo felice.
“Miroku” lo chiamò dolcemente Sango, attirando nuovamente il suo sguardo blu “Non devi provare timore. Siamo qui con te, io sono qui con te… per questo non puoi e non devi morire. Mi sono spiegata?” concluse, assumendo, in modo scherzoso, un tono severo.
Il Majutsushi sorrise dolcemente
“Signorsì, signore!” esclamò, per poi scoppiare a ridere, accompagnato dalla ragazza.
La mattina dopo li aspettava un nuovo viaggio, una nuova sfida, una nuova incognita. Ma qualunque cosa avrebbero dovuto affrontare non dovevano temerla. Perché erano insieme.


Osservava quel soffitto da così tanto che sembrava stesse leggendo qualcosa, parole invisibili a chiunque altro. E non riusciva a prendere sonno.
Kagome si girò su un fianco, i lunghi capelli ebano che andarono a disporsi sul cuscino candido, come l’inchiostro che macchia un foglio di carta bianco latte.
Sbuffò leggermente muovendosi in modo seccato come se quel letto su cui aveva dormito fino a quel giorno fosse diventato improvvisamente ed estremamente scomodo.
Si mise seduta portandosi una mano tra i capelli scuri, guardandosi intorno, indecisa sul da farsi.
- Hirador… - chiamò, infine, titubante, ampliando la mente verso quella del Drago compagno
- Hirador, stai dormendo? – riprovò non udendo alcuna risposta dalla creatura
- Kagome? Che c’è, stai male? – la voce profonda e in quel momento apprensiva del Drago le riempì la mente all’improvviso, facendola restare ammutolita per qualche istante
- No, non ti preoccupare… ecco… non è che potrei venire lì da te? Ti spiace? – gli domandò la miko incerta
- Ma che domande mi fai! Certo che puoi venire! Anzi, sai che stavo pensando la stessa cosa? Avanti, ti aspetto, porta quello che ti serve per il viaggio, così domani mattina facciamo prima
- Arrivo subito – sorrise felice Kagome, alzandosi fulminea dal letto e afferrando le poche cose che aveva preparato per il viaggio dell’indomani. La sua prima missione come Cavaliere… come Cavaliere Supremo. Deglutì a vuoto, sentendo una morsa fastidiosa attanagliarle lo stomaco.
Quella non era di certo la prima volta che si trovava a dover affrontare situazioni pericolose e ignote… ma adesso era diverso. Anche se per la maggior parte delle volte si era trattato di dover difendere villaggi, alla fine ciò a cui doveva pensare era lei stessa.
Adesso… adesso doveva combattere pensando non solo alla sua di incolumità, ma anche a quella del proprio Drago, anche se era conscia del fatto che la creatura non avesse bisogno della sua protezione. Forse era il contrario.
Ma lei era preoccupata per lui, come poteva non esserlo? La sola idea che gli succedesse qualche cosa le mozzava il respiro. In qualche modo, ne era convinta, se Hirador fosse stato ferito, o peggio, lei avrebbe subito lo stesso danno… non a livello fisico, ma nell’animo.
E conoscendolo, sapeva bene che il Drago avrebbe fatto di tutto pur di difenderla, anche morire, se necessario.
Non voleva altri pesi sulla sua coscienza, soprattutto lui.
Poi c’erano tutti gli altri. Come c’era Hirador che voleva difenderla, lo stesso compito era stato affidato a Sango, Miroku e… Inuyasha.
Chiuse gli occhi argentati, mentre le affiorava alla mente l’immagine del volto fiero del mezzo- demone… si rese conto di aver passato la maggior parte del giorno prima a fissarlo di nascosto, osservandolo in ogni sua espressione, in ogni suo gesto… e si era resa conto di quanto Inuyasha fosse bello.
Il viso affilato, ma dai tratti ancora un po’ acerbi, quegli occhi grandi e dal colore dell’ambra più preziosa, la bocca espressiva che così tante volte tendeva a trasformarsi in un ghigno beffardo, i capelli lunghi del colore dell’argento che le davano la sensazione di essere estremamente morbidi, e poi quelle tenere orecchiette che gli spuntavano sul capo, creando in lui un contrasto di serietà e dolcezza.
Si era ritrovata, nel corso del giorno, ad essere affascinata dal suo profilo concentrato sulle cartine che doveva memorizzare, gli occhi fissi e scrutatori che veloci e precisi immagazzinavano le immagini, la bocca serrata in un’espressione seria e concentrata.
Non gli era mai parso così bello.
E più volte si era accorta che anche lo sguardo di Inuyasha si era posato su di lei, più e più volte in modo insistente e come tutte le volte, le sembrava che l’Hanyou fosse in grado di guardarla dentro, di vedere e, forse, capire ciò che le si agitava nell’animo.
Aveva paura di tutto questo. Sia dei sentimenti che lui le aveva dichiarato di provare, sia dei propri.
Scosse la testa, non era quello di certo il momento per pensarci.
Afferrò la sua katana, la agganciò al fianco e imboccò il tunnel che l’avrebbe condotta direttamente negli appartamenti di Hirador.
La porta in metallo massiccio fece capolino dalla curva del passaggio e involontariamente Kagome si ritrovò a sorridere appena. Allungò una mano sulla fredda maniglia e con una leggera pressione poté entrare nelle stanze del Drago.
Hirador era poco distante dalla porta ad attenderla, accucciato comodamente su un morbido giaciglio di paglia coperto da una coperta purpurea.
- Buonasera mio bel Cavaliere! – la salutò allegra la creatura, facendo così sorridere la miko che stava posando a terra le cose che aveva preparato per il viaggio
“Buonasera a lei mio bel Drago!” ricambiò il saluto la ragazza mentre gli si avvicinava, prendendo poi ad accarezzargli le dure squame del colore del carbone. Gli si sedette accanto beandosi anche lei delle coccole gentili della creatura.
Quelli erano i momenti che preferiva, quando le sembrava che niente e nessuno potesse portarle via o distruggere quella pace.
- Ehi… - la voce bassa e profonda di Hirador l’accarezzò, attirando la sua attenzione. Aveva già capito di cosa stavano per parlare – Sei preoccupata? E non mentirmi, lo sento che sei turbata – le disse, cercando i suoi occhi pieni dei raggi della luna. Lei sospirò appena, sollevando lo sguardo, non aveva alcuna intenzione di mentire, soprattutto a lui, e anche se avesse voluto, il Drago lo avrebbe capito senza alcuna difficoltà.
“Sì, sono un po’ preoccupata, è vero…. Più che altro, direi che sono tesa. Questa è la prima volta che combatto come Cavaliere, e non come un Cavaliere qualsiasi, ma come quello Supremo… come sempre mi sento addosso troppe responsabilità che non mi sembra di essere in grado di gestire…” disse, sfogando quelle che erano le sue reali preoccupazioni. Non voleva più far finta di niente, come si era detta tempo fa, era dopotutto un essere umano e, in quanto tale, aveva dei sentimenti che non era giusto reprimere e cancellare a tutti costi. Soprattutto dopo che aveva visto quanto male si era fatta agendo in quel modo.
- Posso capire il tuo turbamento, ma non dimenticare che non sei sola. Fino adesso hai sempre dovuto andare avanti senza alcun sostegno, senza alcun conforto. Ora, invece, hai me e sta sicura che non ti lascerò mai, hai Sango, Miroku, il Governatore, Kouga… e Inuyasha – lei sobbalzò leggermente nel sentire pronunciare dal Drago il nome del mezzo- demone. Sollevò gli occhi titubanti verso quelli di Hirador che, notando la sua espressione, ridacchiò.
- Perché quella faccia? – le domandò divertito, fingendosi ingenuo
“Inuyasha… ecco lui… ti ha detto tutto, non è vero?” in effetti quella, dopo più di una settimana, era la prima volta che loro due toccavano l’argomento. Fino a quel momento non ne aveva avuto il coraggio e Hirador, aveva notato, non aveva insistito per saperne di più.
- Sì. Anche se, come lui stesso aveva notato, avevo già intuito qualcosa, è venuto di persona per dirmi quello che prova per te, il giorno in cui ci hai trovato qui assieme. Bisogna dire che è proprio un bravo ragazzo -. Kagome annuì anche se provava un certo imbarazzo a parlare di quelle cose con il Drago.
- Devi parlare con lui, Kagome. Non puoi lasciare le cose così come sono, vi farete solo del male entrambi – le disse poi di getto Hirador, guardandola intensamente.
“I- io… io non ci capisco più niente. Ed ho paura…” sospirò flebilmente, negli occhi un’espressione abbattuta. La creatura la circondò con la sua lunga coda scintillante di squame, stringendola maggiormente a sé e avvolgendola nel suo calore.
- Lo so, è difficile. Però vorrei dirti una cosa, sperando di renderti le cose un po’ più facili: in questa occasione non devi pensare a me. Tutto questo riguarda solo te e Inuyasha e non quello che lega me e te, e non pensare nemmeno che mi senta tradito o qualcosa di simile…. Il legame che c’è tra noi due è diverso da qualsiasi altra cosa e durerà in eterno. Ammetto però che per me sia difficile dirti queste cose e, in un certo senso, anche aver dato la mia benedizione ad Inuyasha, e sta sicura che con ben pochi altri lo avrei fatto. Ma mi fido di lui e sono ben sicuro che l’amore che prova per te sia sincero e profondo - le sorrise, mentre lei lo guardava con occhi lucidi e ricolmi di gratitudine. Lo abbracciò stretto, pensando a quanto fosse fortunata ad averlo trovato.
Abbandonare sua nonna, abbandonare Kandem, abbandonare la sua casa era stato un passo estremamente difficile ma che seppur con continue difficoltà l’aveva portata a trovare il tesoro più prezioso.
“Grazie Hirador, grazie davvero” gli sussurrò dolcemente, accoccolandosi contro il suo ventre caldo, respirando l’odore particolare delle sue squame e ascoltando il battito regolare del suo cuore.
Sembravano essere nati l’uno per guarire le ferite dell’altro, anche se ci era voluto tempo per cui si trovassero… ma quell’attesa non era niente in confronto a quello che ora avevano la fortuna di sentire e a quello che ancora dovevano vivere.

[…]

Il cielo albeggiante non fece attendere Eldoras, spazzando via gli ultimi resti del manto notturno, come il vento che soffia sulle distese di sabbia candida.
Quello era il giorno tanto atteso, il giorno che portava con sé prove e incognite, abbastanza da essere distribuite tra i membri della squadra più speciale di tutte tra i Cavalieri: i membri del Consiglio delle Tre Terre.
Takehiko aveva passato la notte praticamente in bianco, trascorsa per lo più nel suo accogliente studio, le finestre spalancate per permettere alla brezza leggera di alleggerire la sua nottata, una delle più pesanti della sua vita.
L’angoscia che provava stava mandando in crisi il suo senso del controllo e della lucidità, cosa che poche volte nella vita gli era capitata. E si sentiva stupido, visto che non aveva avuto problemi fino a quel momento, aveva visto così tanti Cavalieri, anziani e non, partire in quei giorni e, fortunatamente, tutti avevano fatto ritorno.
Ma questa volta in prima fila c’erano la sua adorata cugina, da poco ritrovata e… suo figlio, Miroku.
Chiuse gli occhi contornati da profonde occhiaie, risvolto della stanchezza e della preoccupazione, appoggiandosi stancamente contro lo schienale della poltrona.
Era da quando era cominciata tutta quella storia che non stava facendo altro che riflettere sul rapporto col figlio, il suo unico figlio. Possibile che solo dopo vent’anni si fosse reso conto di quanto male gli aveva fatto? E per cosa poi? Per una sciocca gelosia?
Aveva fatto finta di niente, aveva gettato su di lui tutta la sua frustrazione per non essere un Cavaliere, per non possedere alcuna peculiare capacità, mentre lui sembrava esplodere di energia.
Da una parte la sua invidia, dall’altra l’orgoglio e l’affetto paterno che però aveva ceduto sempre di più una volta che aveva visto il forte legame che si era instaurato tra il figlio e la moglie, ed altra gelosia gli aveva annebbiato la mente, facendo crollare ogni sorta di lucidità.
E quando la sua adorata sposa, Meredith, era morta, si era sacrificata per la vita del figlio… invece di trovare consolazione nell’avere ancora accanto il frutto del loro amore, gli aveva gettato addosso tutto il suo rancore, tutta la colpa di quanto successo.
Come, come aveva potuto? Per tutti quegli anni lo aveva insultato, aveva guardato con sdegno le sue strabilianti doti, quando invece avrebbe dovuto incoraggiarlo solo a farle crescere.
Lo stesso quando aveva dovuto affrontare la Cerimonia della Scelta. Gli aveva rivolto parole dure, piene solo di quella maledetta gelosia e senso di inferiorità che da sempre sentiva.
Ma Miroku non aveva colpa delle sue doti, se le aveva era perché il Destino aveva previsto quello, come per lui aveva deciso di renderlo grande solo per merito della sua forza d’animo e le sue qualità, ed era solo grazie a quelle se adesso era quello che era.
Sorrise amaramente. Se sua moglie fosse stata ancora in vita, forse l’avrebbe lasciato comunque… se non con la morte, sicuramente si sarebbe rifiutata di vedere trattato così ingiustamente il proprio figlio. E avrebbe avuto ragione.
L’unico sollievo che poteva provare, ora, era quello di pensare che, comunque, nonostante tutto, Miroku ce l’avesse fatta. Sotto ogni punto di vista. Era uno dei Majutsushi più forti del Continente e un ottimo Cavaliere.
Sorrise ancora, ma questa volta con un sorriso che esprimeva solo un grande amore, mentre alcune lacrime solcavano il suo volto di pietra.
“Takehiko, sei lì?” la voce pacata di Mendion gli arrivò da dietro al porta di legno e frettolosamente il Governatore si passò una mano sul volto, cercando almeno di far scomparire, se non la stanchezza, almeno l’agonia provocata da quanto pensato fino a quel momento.
“Sì, entra pure, Mendion” si affrettò a rispondergli e subito dopo fece capolino dall’ingresso la figura affaticata del Ministro che in quei giorni aveva avuto grattacapi da risolvere quanto lui.
Il giovane uomo gli fece un cenno con la mano, per poi sedergli si di fronte, su una delle comode poltroncine dello studio.
Restarono in silenzio, in qualche modo ben consapevoli dei pensieri dell’altro.
“Hai riposato un poco?” gli domandò poi Mendion, intuendo però la risposta, guardando gli occhi bluastri dell’amico segnati dalla fatica
“Non molto. Sono rimasto tutta la notte qui, devo essermi appisolato una due volte, ma non si può certo parlare di riposo” ridacchiò, cercando di risollevare l’animo di entrambi.
“Per la verità nemmeno io ho potuto godere della visita di Morfeo. Vorrà dire che ci rifaremo una volta tolto di mezzo l’incubo di Naraku, e spero che non dovremo attendere molto” rispose il Ministro, cercando di parlare con un tono rilassato, cosa che gli riusciva difficile.
Takehiko annuì semplicemente, per poi spostare gli occhi all’orologio da parete che li sovrastava.
“Hai per caso visto i ragazzi? Ci eravamo accordati che sarebbero partiti all’alba…” chiese all’amico
“No, non li ho visti, e comunque non sono passato dai sotterranei né tanto meno dal retro, ho pensato che ti avrei trovato qui e che saremmo andati insieme da loro”
“Sì, hai fatto bene. Bè, allora direi di avviarci, ho bisogno di prendere una boccata d’aria, tutte queste scartoffie mi stanno dando la nausea” commentò, guardando quasi con disgusto la montagna di fogli e pergamene che invadevano abbondantemente la massiccia scrivania.
“Non credo alle mie orecchie, il Governatore serio e più che mai dedito al lavoro e al dovere che si lamenta! Sono meravigliato!” lo schernì Mendion, fingendo stupore
“Taci tu, sono pur sempre umano anche io! Credi che non mi piacciano la tranquillità e il riposo? Tzè, sembra che tutti mi abbiano preso per una macchina” ribatté con cipiglio Takehiko, indispettito dalle parole dell’amico e dalla fama che pareva essersi diffusa sul suo conto… ma, in fondo, se l’era costruita lui stesso.
Il Ministro ridacchiò divertito nel vederlo così, almeno, in qualche modo, si poteva distrarre, seppur solo per qualche momento, dalla situazione disperata in cui si trovavano.
Attraversarono i lunghi e bellissimi corridoi del Palazzo, il marmo chiaro e la Pietra di Luna che risplendevano tenuemente ai gentili e carezzevoli raggi del primo sole grazie alle ampie vetrate che accompagnavano le massicce mura.
Il silenzio permeava il luogo, i servitori più mattinieri si sarebbero messi all’opera solo almeno un’ora dopo e quel senso di pace si sarebbe dissolto in un frangente, non più sovrano della notte, sua dimora.
Pochi minuti dopo i due avevano raggiunto l’ala posteriore del Palazzo Reale, nella quale dai corridoi interni si apriva la grande piazza circolare, area di partenza e atterraggio dei Draghi.
Tutto intorno, in senso circolare, si estendeva una specie di chiostro e sotto quasi la totalità delle arcate si trovavano accessi in modeste stalle in cui erano disposti ordinatamente tutto il necessario per la manutenzione dei Draghi e dei loro equipaggiamenti per il volo.
Il sole ancora pallido, conferiva al cielo colori tenui e acquerellati che si riflettevano timidamente sulla pavimentazione chiara della piazza, costituita da cubetti di porfido perfettamente lisci nonostante il passare del tempo e le intemperie che li avevano accompagnati. Essi erano stati disposti in modo tale da creare una precisa e ordinata trama, consistente nella figura stilizzata di un Drago che con le grandi ali avvolgeva il proprio Cavaliere e, sopra di loro, rilucente di cubetti rivestiti d’oro, il simbolo di Eldoras, della Terra Centrale.
Sopra quello stesso emblema vi stavano i membri del Consiglio, insieme ai loro Draghi, preparati di tutto punto per l’imminente partenza.
Il primo a muoversi verso di loro fu Mendion che li accolse con il suo caratteristico modo di fare gentile e il cordiale sorriso dipinto sul volto ancora giovane.
Il Governatore rimase distante, osservando attentamente ognuno di loro. Si sentiva estremamente in colpa, mentre l’idea di averli coinvolti ingiustamente in tutta quella faccenda gli pesava sulla coscienza, ora più che mai visto che si accingevano a compiere una importante missione.
Stava mandando dritto tra le braccia del pericolo la sua amata cugina e il suo unico figlio, e con loro Inuyasha e Sango, apparentemente estranei e fuori luogo in tutto questo.
“Takehiko?” la voce gentile e lievemente preoccupata di Kagome lo fece trasalire, cercando di sorridere per nascondere i suoi sentimenti così turbolenti.
“Scusatemi, ero sovrapensiero” si giustificò, avvicinandosi a loro e rivolgendogli un amichevole saluto.
Miroku guardò di sottecchi il volto del padre e, ancora una volta, gli apparve terribilmente sconvolto dalle fatiche e dalle preoccupazioni. Ma il suo istinto gli diceva che le ansie che turbavano il genitore non erano rivolte solo alla situazione creatasi, c’era dell’altro.
Che fosse preoccupato per loro?
Improvvisamente il blu più brillante e giovane incrociò il blu più opaco e segnato dal tempo, in un turbinio di sentimenti contrastanti ma altresì intensi e acuti. E fu in quel momento che, per la prima volta, il Majutsushi poté scorgere nelle iridi del padre, da lui viste sempre ricolme di gelida freddezza, serietà e potenza, pura e disarmante incertezza e completo smarrimento.
Restò ammutolito, guardandolo con occhi sgranati, mentre l’altro, resosi conto che il figlio avesse intuito il suo stato d’animo, distolse lo sguardo mantenendo senza difficoltà la maschera di serenità che aveva cercato di indossare.
“Bene, vedo che siete tutti pronti” disse poi con un lieve sorriso “So per certo che sappiate già quello che dovete fare, per cui non vi tratterrò con discorsi superflui, anche perché non ne abbiamo il tempo. Vi dico solo una cosa: non morite e tornate qui incolumi” e li guardò seriamente uno per uno, ricevendo in loro risposta assensi del capo e sorrisi fiduciosi.
“Fino alla guarnigione di Hogarth vi aspetta un giorno abbondante di viaggio, se non due. Come d’accordo, vi recherete lì innanzitutto in modo tale che i Cavalieri che sono là ad attendervi vi forniscano i dovuti aggiornamenti sulla situazione. Ho dato disposizioni affinché mi vengano riferite le vostre mosse, per cui state ben attenti a non compiere gesti avventati, ne verrei a conoscenza” li avvisò Mendion, guardando in particolare Inuyasha che sbuffò, punto sul vivo.
“Non ti preoccupare, lo terrò a bada io” lo rassicurò Miroku, ridacchiando, circondando con un braccio le spalle dell’Hanyou
“Allora avrò una doppia preoccupazione” ribatté ironico il Ministro, facendo borbottare di stizza il Mago mentre, questa volta, era il mezzo- demone a ridere sotto i baffi.
Poi, tra i sei cadde il silenzio. Ciascuno era conscio della pericolosità della loro missione e tutti erano consapevoli dei rischi che correvano, visto che si ritrovavano a dover combattere con quello che era l’ultimo dei nemici che si erano aspettati di dover affrontare.
- Ehi, che sono quei musi lunghi?! Mica stiamo andando a un funerale! – la voce potente e fiduciosa di Hirador invase le loro menti, interrompendo il silenzio in cui erano caduti.
Kagome sorrise alle parole del proprio Drago e lo guardò con dolcezza e gratitudine, visto che era stato sempre lui, più volte, a risollevare l’animo di tutti loro.
“Hirador ha ragione, è la nostra occasione per farci valere e fare finalmente qualcosa di concreto per aiutare il Continente” disse il Cavaliere Supremo guardando con sicurezza il cugino “Faremo quello per cui siamo stati destinati”.
Il Governatore la guardò attento, per poi rivolgerle un gran sorriso. Evidentemente si era posto dubbi e dato colpe inesistenti… in fin dei conti, al momento di proporre a tutti loro di far parte di quella realtà erano stati loro per primi ad accettare e molto probabilmente avrebbero fatto altrettanto anche se fosse stato qualcun altro a dargli quella opportunità.
Senza aggiungere altro, presero a salutarsi e assicurarsi che avessero il necessario, almeno fino all’arrivo a Hogarth.
“Papà” chiamò Miroku, attirando l’attenzione del Governatore mentre gli altri si occupavano di altro. Takehiko si voltò verso il figlio e presero a guardarsi, come poco prima.
“Non so cosa accadrà da adesso in avanti – cominciò poi il ragazzo, con sguardo risoluto – Ma posso solo dirti che cercherò di non lasciarti solo. Affronteremo tutto questo insieme, fino alla fine”. Il padre lo guardò con occhi sgranati, sentendosi gli occhi pungere.
Gli si avvicinò, abbracciandolo di getto, grato per quelle parole, parole che non avrebbe mai sperato di sentirgli dire dopo quanto era accaduto tra loro. La sua gioia crebbe quando poi sentì circondarsi dalla stretta del figlio.
Forse era stata data loro un’altra possibilità e nessuno dei due, questa volta, aveva intenzione di sprecarla.
Si separarono, Miroku sentendosi leggermente scosso da quel nuovo tipo di contatto avuto col padre. In qualche modo aveva capito che anche lui, adesso, si rendeva conto della reale situazione che si era creata fra loro… e questo era già molto per lui, visto che fino a quel momento il padre aveva fatto finta di niente, ignorando il suo stato d’animo quanto, forse, il proprio.
Gli sorrise. Sì, forse anche loro ce l’avrebbero fatta.
Conclusi i saluti e le raccomandazioni, i quattro ragazzi montarono sui rispettivi Draghi gettando un’ultima occhiata ai due uomini che li guardavano con speranza e preoccupazioni negli occhi.
La prima a spiccare il volo fu Kagome, seguita poi dagli altri compagni e il cielo venne arricchito e impreziosito dalle lucenti squame delle quattro creature che con vigorosi colpi d’ala erano già piccoli punti dopo pochi istanti.
Il gioco che vedeva combattersi vita e morte era cominciato.

[…]

I quattro Cavalieri sui loro possenti Draghi, stavano percorrendo le vaste terre del Paese, verso nord, là dove vi era il confine con il Regno del Nord, nei pressi del quale avrebbero trovato la guarnigione di Hogarth.
Ormai erano trascorse circa cinque ore di viaggio nel corso delle quali i quattro Draghi avevano mantenuto un ritmo di volo abbastanza serrato. Arrivare a destinazione il prima possibile era prioritario.
Nel corso di quelle ore le parole scambiatesi erano state davvero poche, ma quello che era balzato agli occhi di Inuyasha e Kagome era la strana atmosfera che si percepiva tra Sango e Miroku, spesso intenti a scambiarsi sguardi il cui termine più appropriato era ‘languidi ’.
Completamente diversa, invece, era l’aria che si respirava tra il mezzo- demone e la miko, quest’ultima particolarmente nervosa nei suoi confronti, soprattutto perché l’Hanyou le appariva stranamente tranquillo.
Non riusciva a capire come diavolo facesse a non batter ciglio.
Ora l’orizzonte era pieno dei colori del giorno inoltrato e il sole brillava davanti a loro tant’è che Kagome cominciava a soffrire leggermente il caldo, adesso più che mai che si era fatto quasi mezzodì.
- Kagome… -
- Miroku? – la ragazza si girò di scatto all’udire la voce del cugino nella testa, vedendolo annuire e sorriderle
- Che ne diresti se ci fermassimo? Ho chiesto a Varandir e mi ha detto che non molto lontano da qui c’è un punto favorevole in cui fermarsi, c’è anche una sorgente. Che ne dici? Mi sembri un po’ accaldata…-
- Dico che va benissimo! Mi sto cuocendo, in effetti… a questa quota il sole lo sento ancora di più – rispose lei, mettendosi una mano davanti al viso per ripararsi dai luminosi raggi dell’astro
- Bene allora. Avverto anche Sango e Inuyasha, Hirador dovrebbe già sapere il punto in cui dirigersi, lo ha avvertito Varandir – e interruppe la comunicazione per poi rivolgersi anche agli altri due compagni.
Sotto di sé sentì Hirador virare leggermente e gonfiare le ali pece in modo tale da permettere alla corrente di agevolarlo nel cambio di direzione, e lo stesso vide farlo agli altri Draghi, finendo per posare gli occhi sulla figura di Inuyasha che stava poco più avanti di lei, la schiena eretta e le briglie strette nella sua mano mentre i capelli chiari si muovevano frenetici alle carezze del vento.
Arrossì, distogliendo lo sguardo.
Pochi minuti dopo i quattro Draghi cominciarono a planare verso un punto ben distinto della foresta sottostante, meno fitta ma al contempo sufficientemente riparata da occhi indiscreti. Poco più in là, una sorgente in cui l’acqua fresca e cristallina si agitava frenetica dalla piccola cascatella.
Atterrarono sotto un anfratto fatto di rocce scoscese e di pini il cui odore intenso dava una sensazione di fresco, cosa di cui fu molto grata Kagome.
Dalle bisacce appese alle selle dei Draghi, i quattro Cavalieri presero il necessario per preparare il pasto, anche se frugale visto che ritenevano più sicuro non accendere fuochi con gli Orchi che imperversavano per quel territorio.
“Chi si occupa dell’acqua?” domandò Sango, scrutando i tre compagni che si guardarono a vicenda
“Ci penso io” si propose Kagome, pensando che ne avrebbe approfittato anche per rinfrescarsi. Afferrò le borracce che le allungò la Cacciatrice e si incamminò verso la sua destra da dove si udiva provenire il rumore della sorgente, poco distante.
“Io… - sbottò poi Inuyasha attirando l’attenzione di Miroku e Sango – Io… vado a prendere un po’ di legna, sì!”
“Ma… Inuyasha… non dobbiamo accendere nessun fuoco, a che ti serve la legna?” gli domandò il Majutsushi, guardandolo stranito
“Bè, ecco… allora vado a fare un giro di perlustrazione, a dopo!” e senza aspettare il commento del Mago scomparve dietro la fitta vegetazione, lasciando i due Cavalieri a guardarsi allibiti.
“Oh bè, pazienza, almeno ci hanno lasciato un po’ da soli…” disse Miroku, guardando Sango con una strana luce negli occhi
“Ehm, Miroku…” balbettò lei, leggermente rossa, indietreggiando
“Sì, dolce Sango?” le chiese lui avvicinandosele pericolosamente, fino a trovarsi a faccia a faccia con lei che non sapeva più da che parte farsi. Notando la sua agitazione il Majutsushi indietreggiò quel poco per guardarla bene negli occhi, per capire quale fosse il problema.
“Non siamo del tutto soli, Miroku” gli fece notare la Cacciatrice mentre guardava oltre le sue spalle. Anche il ragazzo volse negli occhi nella stessa direzione e finalmente notò lo schieramento di Draghi che li guardavano interessati… tranne Sieg che più che interessato sembrava a dir poco furioso.
- Per quel che mi riguarda potete fare quello che volete, ma non so lui cosa ne pensi! – commentò ironico Hirador, guardando interessato la scena.
“Accidenti! Eh, eh, dai Sieg, non fare quella faccia!” ridacchiò nervoso il ragazzo dal codino, muovendo qualche passo indietro pronto a scattare nel caso che il Drago non si fosse limitato a guardarlo furente. E infatti, poco dopo, i due presero a rincorrersi tra i fitti alberi sotto lo sguardo divertito di Sango.

“Oh, sì, ci voleva proprio!” sussurrò piacevolmente soddisfatta Kagome, il volto, il collo e le mani gocciolanti di acqua fresca.
Si allontanò dalla sorgente, stiracchiandosi
“Accidenti, non pensavo che volare per così tante ore mi indolenzisse così” borbottò contrariata da quel risvolto imprevisto. Girò nuovamente le spalle al boschetto dietro il quale si erano accampati, indecisa se farvi immediato ritorno o no. La pace di quel luogo era così rilassante che abbandonarlo le dispiaceva.
Sinceramente, sentiva la leggera mancanza della solitudine. Vi si era talmente abituata che qualche volta si era sentita quasi infastidita da tutto il ‘contatto umano ’ a cui era stata costretta dal suo arrivo a Eldoras.
Gli ultimi dodici anni della sua vita li aveva trascorsi quasi solamente con la nonna Kaede e i membri del villaggio di Kandem, che di certo non eguagliavano la popolazione della capitale della Terra Centrale.
“Nonna…” sussurrò amaramente nell’aver pensato alla donna. Le mancava davvero tanto, lei che c’era stata sempre, fin da quando ne aveva memoria.
Le mancava il suo affetto così sincero, seppur non fosse realmente sua nipote, le mancava la sua saggezza e i suoi preziosi consigli che, purtroppo, spesso non aveva seguito.
Si deterse la fronte ancora gocciolante, voltandosi, quando non andò quasi a sbattere contro il petto di qualcuno.
Non le fu difficile capire di chi si trattasse, visti i capelli argentati che si muovevano vicini a lei, accarezzati dal vento.
“Scu- scusa” balbettò Kagome, gettando un’occhiata fugace a Inuyasha, allontanandosi di alcuni passi
“Non fa niente. Tieni” rispose con tranquillità nella voce lui, porgendole un piccolo telo bianco, poco più grande di un fazzoletto. Lei lo guardò inclinando la testa. Evidentemente aveva pensato che avesse bisogno di asciugarsi.
Arrossì lievemente, allungando titubante la mano, stando ben attenta a non toccare quella del mezzo- demone. Sapeva bene che se fosse successo sarebbe arrossita furiosamente.
Portò al viso il drappo, riuscendone a percepire l’odore del ragazzo. Involontariamente prese a respirare a fondo quell’aroma, quasi muschiato, ammettendo a lei stessa che non aveva mai sentito odore più buono.
Lo allontanò di scatto dal viso, imbarazzata per quello che aveva pensato.
Cercando di mantenere un minimo di controllo finì di asciugarsi, sentendosi scrutata dall’Hanyou, ma non avendo il coraggio di alzare lo sguardo.
“E- ecco, ho finito, grazie… però, adesso…” balbettò, riferendosi al drappo ora lievemente bagnato.
“Tienilo” le disse Inuyasha sempre con tono pacato. Kagome sollevò finalmente lo sguardo, per poi rivolgergli un timido sorriso, le gote lievemente rosate
“Grazie”.
In risposta, lui le posò delicato una mano sul capo, una fuggevole carezza, per poi sorpassarla e dirigersi verso le borracce che la miko aveva posato a terra dopo averle riempite.
“Forse è ora che andiamo, gli altri ci staranno aspettando per mangiare” ipotizzò l’Hanyou, guardando gli alberi davanti a loro.
Il Cavaliere Supremo annuì, rossa in viso per il gentile contatto di prima, prendendo a seguire il mezzo- demone che si era avviato per il boschetto che li separava dal resto della compagnia.

“Oh, eccovi di ritorno, era ora!” sbottò fingendosi stufo Miroku, guardando con occhi severi Inuyasha e Kagome, nonappena emersero dal boschetto fatto di pini.
“Ehi, stai calmo, Mago” ribatté acido il mezzo- demone, guardandolo male.
“Quello arrabbiato dovrei essere io, Inuyasha! Non avrai mica aggredito Kagome, là nel boschetto! Oh, povera la mia adorata cugina!” esclamò tra lo sconvolto e l’addolorato il Majutsushi, mentre abbracciava comprensivo Kagome che lo guardava allibita e con le guance imporporate per quello che aveva insinuato.
“Ma che diavolo dici, razza di cretino?!?” la reazione dell’Hanyou non si fece attendere e più infuriato che mai si avvicinò pericolosamente al ragazzo dal codino che si nascose dietro la schiena della cugina.
Inuyasha, trovandosi di fronte la ragazza si bloccò e si limitò a schioccare un’occhiata fulminante a Miroku che sospirò di sollievo per averla, ancora una volta, scampata.
“Non finisce qui, Mago!” ma le sue speranze vennero troncate sul nascere dalla frase minacciosa del mezzo- demone che, innervosito, andò a sedersi distante da loro.
“Tu vuoi proprio morire giovane” commentò Sango, porgendo ai due cugini scodelle ricolme di cibo: formaggio, pane e carne secca, mentre i Draghi già gustavano il loro pranzo, ovvero alcuni cervi che avevano cacciato lì nella foresta e che ora dividevano tra loro.
“Ehi Inuyasha, tu non mangi? Guarda che non ci fermeremo fino a sera inoltrata!” lo avvertì il Majutsushi con in mano una scodella.
“Tsk!” grugnì l’Hanyou, avvicinandosi e prendendogli bruscamente dalle mani il cibo, per poi tornare da dove era venuto.
Miroku scosse la testa, ridacchiando.
Mangiarono in silenzio e in poco tempo erano già pronti per riprendere il viaggio. Purtroppo l’urgenza della situazione non concedeva loro la possibilità di poter riposare più del dovuto.
- Se procediamo anche per tutta la notte sono sicuro che per l’alba saremmo in vista di Hogarth – disse Sieg seduto con la schiena eretta mentre guardava il suo Cavaliere riporre ordinatamente ciò che avevano utilizzato per il pranzo in una delle bisacce.
Sango lo guardò per qualche istante pensierosa, per poi volgere lo sguardo agli altri “Voi che ne pensate?”
“Mmmh, non so se sia una buona idea… arriveremo, tutti, ad Hogarth distrutti, per quanto le vostra forza fisica abbondi. – disse Miroku, riferendosi ai Draghi - Credo che non saremmo poi in grado di affrontare una immediata giornata di perlustrazione, senza dimenticare che il territorio che dobbiamo controllare è decisamente vasto”.
- Sono d’accordo. Non che le energie per passare una notte in bianco mi manchino, però non disdegnerei qualche ora di sonno. Senza contare il fatto che non posso permettere alla mia adorata Kagome di affaticarsi troppo! – sbottò Hirador con aria solenne, facendo ridacchiare imbarazzata Kagome per quelle premure quasi eccessive.
“Sieg?” chiamò la Cacciatrice, cercando negli occhi della creatura una risposta per quelle obiezioni.
- Fate un po’ come volete! – sbottò indispettito, sbuffando nuvolette di fumo dalle narici, girandosi, senza però prima essersi risparmiato di gettare un’occhiataccia a Miroku. La Cacciatrice guardò con occhi tristi il suo Drago che si allontanava di qualche passo. Si sentiva in colpa per non avergli ancora parlato apertamente di quello che era successo tra lei e Miroku, ma non ne aveva avuto il coraggio… anche se, sicuramente, Sieg aveva già capito tutto.
“Vedrai che gli passerà” sentì la mano di Miroku posarle se su una spalla e la sua voce accarezzarla dolcemente.
Si girò verso di lui, sorridendo mesta.
“Lo spero. Ma ha ragione ad essere arrabbiato, avrei dovuto parlargli”
“Sono sicuro che se gli spiegherai le tue ragioni, capirà. Non hai idea di quante volte sia successo a me con Varandir! Eppure è ancora al mio fianco e sono ancora tutto intero!” ridacchiò allegro, facendola sorridere.
“Grazie Miroku” gli disse lei dolcemente, grata per essere sempre al suo fianco.
“Se voi due piccioncini avete finito, noi vorremmo riprendere il viaggio” la voce brusca di Inuyasha interruppe quel momento magico, tant’è che il Majutsushi si girò sbuffando, guardandolo male.
Kagome, intanto, si era avvicinata all’amica, rivolgendole uno sguardo malizioso
“Poi mi dovrai raccontare molte cose, Sango” le disse, sorridendo divertita nel vederla arrossire furiosamente.
Raggiunto anche Sieg, i quattro ripartirono, lo scuotere poderoso delle ali dei Draghi che fecero ondeggiare le fronde dei pini, espandendone il fresco e pungente profumo.

[…]

Nel primo pomeriggio i quattro Cavalieri erano in vista di Hogarth.
Questa, una guarnigione immersa in un fitto bosco fatto di faggi, castagni e pini, era ben protetta da alte e robuste mura fatte da spessi tronchi d’albero legati da grosse corde e rinforzate da cardini di metallo che luccicavano ogni qual volta un raggio di sole si posava su di loro, in ogni angolo, quattro torrette di vedetta con soldati sempre pronti a dare l’allarme in caso di attacco nemico.
Non aveva niente a che spartire con Gale, sull’isola di Arlem, la quale, in confronto, non sembrava che un minuscolo campetto da allenamento.
Di forma perfettamente quadrangolare, ospitava piccole case, una modesta taverna adibita in particolare ai soldati, ma anche ai viandanti che chiedevano asilo per la notte e la grande caserma che spiccava tra il resto per la sua particolare forma, costituita da tante guglie che ispide si alzavano verso il cielo. Dava un senso di potenza ma anche di eleganza in quel suo protendersi alle nuvole.
Sul lato posteriore della guarnigione, come prolungamento delle stesse mura, erano stati costruiti con grande ordine i numerosi ripari dei Draghi, provvisti di caldi giacigli di paglia, sempre freschi, e di numerose riserve d’acqua.
Erano arrivati lì prima del previsto, molto di più rispetto le previsioni.
Ma i loro Draghi avevano dato prova di avere una grande resistenza, soprattutto i tre più giovani, Sieg, Harliem e Hirador dato che quella era la loro prima missione ufficiale.
Dopo la pausa fatta per il pranzo, avevano continuato a ritmo serrato il loro viaggio, fino a sera inoltrata, quando avevano deciso di fermarsi, sempre cercando il posto ideale dove poter riposarsi senza correre troppi rischi.
Avevano controllato attentamente la zona, e si erano azzardati a preparare un piccolo fuoco affinché potessero prepararsi un pasto caldo.
La notte era trascorsa tranquilla e la compagnia aveva potuto godersi qualche buona ora di sonno grazie anche alla presenza dei Draghi che coi loro sensi sviluppati erano capaci di avvertire pericoli e minacce anche a distanza.
Poco dopo l’alba il viaggio era ricominciato.
Nel corso del tragitto avevano avuto modo di incrociare un’altra squadra di Cavalieri, speciale di sicuro, proveniente da ovest e diretti a Eldoras con quanto aveva appreso dalla loro ricognizione.
Arrivati abbastanza vicino da poter essere visti, la guardia della torretta posta alla sinistra dell’entrata emise un fischio e gridò qualche cosa, forse il loro arrivo.
Hirador, in testa al gruppo, cominciò a planare per primo proprio davanti all’ingresso della guarnigione, facendo lievemente indietreggiare quei Cavalieri che erano usciti dopo che le porte erano state aperte, meravigliati e onorati di poter vedere, dopo anni di assenza, un Drago d’Oro. Il resto della compagnia atterrò dopo di lui, e in poco tempo il piazzale antistante Hogarth era per la metà occupato dalle imponenti figure di Hirador, Varandir, Sieg e Harliem.
Kagome scese dalla sella, accarezzando il collo del suo Drago, per poi avvicinarsi all’uomo che si stava facendo strada tra i Cavalieri, i quali per la maggior parte molto giovani.
La miko intuì, vedendolo, che quello doveva essere colui che teneva in mano le fila di Hogarth.
“Benvenuta, Principessa Kagome, e benvenuti tutti voi” li salutò l’uomo con voce ferma e possente, inchinandosi leggermente.
“Grazie, immagino non ci aspettaste così presto” disse la ragazza, guardando attentamente il suo interlocutore mentre si rimetteva composto.
Uomo ben fatto, più sulla cinquantina che sulla quarantina, aveva un corpo robusto, dovuto ai visibili muscoli allenati dalle fatiche, dal tempo e dall’esperienza senza alcun dubbio, e scattante. Il viso aveva tratti ben definiti e appuntiti, e i suoi occhi quasi completamente neri gli davano un’aria quasi rapace, di un animale selvatico esperto nella caccia. Solo un sottile pizzetto gli contornava le labbra sottili.
“In effetti vi attendevamo per sera, come minimo. Ma a quanto pare le nuove promesse di Eldoras sono più in gamba di quanto immaginassi” sorrise guardandoli uno per uno, soffermandosi poi sulla figura di Miroku
“Tu sei il giovane figlio di quel buon diavolo di Takehiko, vero?” gli domandò con un sorriso obliquo da far rabbrividire, quasi.
“Precisamente, il mio nome è Miroku. Lei dev’essere il comandante Khel Wonfield, se non sbaglio” rispose con il suo solito tono cordiale il Majutsushi, guardando curioso quell’uomo che nonostante quell’aria burbera gli trasmetteva simpatia.
“E non sbagli, ragazzo. Comandante Khel Wonfield in persona, che Xerioth mi fulmini! Da questo momento in poi siete sotto la mia supervisione e lavoreremo assieme, e non dubito che verrà fuori un’ottima collaborazione”
“Ne siamo convinti” gli sorrise Sango.
“Ma forza, non restiamo a parlare qui. Vista l’ora in cui siete arrivati, immagino che non avrete badato al consumo di energie. Per prima cosa ci occuperemo dei vostri stomaci, di procurarvi delle comode sedie e di farci due belle chiacchiere a proposito di questa caccia agli Orchi. Evan!” da dietro una delle due porte principali emerse un giovane ragazzo, sui vent’anni, capelli biondi e occhi azzurri. Non sembrava affatto appartenente alla Terra Centrale, semmai al Regno del Nord.
Con andatura svelta e sciolta, il ragazzo si avvicinò a Kelth che lo accolse con una poderosa pacca sulle spalle che sembrò non inferire alcun impatto sull’altro.
“Vi presento Evan Wonfield, ragazzi!” disse soddisfatto il comandante, ghignando nel guardare le facce meravigliate dei quattro Cavalieri. Se non avevano sentito male il cognome di quel ragazzo era….
“Oh, suvvia, possibile che tutti debbano fare quelle facce quando lo dico?” sbottò indispettito Kelth
“Avanti papà, ormai dovresti esserci abituato! È normale, visto che tu sembri più un orso e io un essere umano normale!” lo prese in giro Evan, ridendosela di vedere il padre rosso di rabbia
“Razza di figlio senza un briciolo di rispetto! Vieni qua che ti insegno io come ci si comporta con i tuoi superiori!” e lo afferrò a tradimento, cingendogli il collo con il braccio muscoloso, mentre con l’altro gli sfregava energicamente la testa chiara con il pungo chiuso.
I membri del Consiglio li guardarono basiti, non capendo bene la situazione. Tra tutti vi era Miroku che li guardava intenerito… forse era quello il rapporto tipico di un padre col proprio figlio….
“E- ehi papà, non ti stai di- dimenticando qualcosa?” riuscì a farfugliare Evan ancora vittima della stretta del comandante
“Eh? Oh, già, hai ragione! – esclamò, lasciando finalmente il figlio che lo guardò storto – Scusate ragazzi, ma non vi dovete meravigliare, io e il mio stupido figlio ci punzecchiamo sempre! Ormai tutti, qui, ci hanno fatto l’abitudine” e rise con quel vocione che si sarebbe sentito anche nel mentre del ruggito più potente di un Drago.
“Allora, potrei sapere perché mi hai chiamato?” sbottò Evan stufo di stare con le mani in mano
“Ah, già! Evan, ti presento i nostri nuovi ospiti, i membri del Consiglio delle Tre Terre, tra cui la nostra Principessa” li presentò al figlio il comandante, facendogli sgranare gli occhi per la sorpresa, soprattutto di trovarsi di fronte al Cavaliere Supremo e il leggendario Drago d’Oro.
E si sorprese ancora di più quando si rese conto che il Cavaliere in questione fosse una, anzi, la fanciulla più bella che avesse mai visto.
“Be- benvenuta a Hogarth, Principessa, benvenuto Drago Supremo!” balbettò, inchinandosi agitato. Kagome rise lieve, avvicinandoglisi fino a posargli una mano sulla spalla, facendolo alzare
“Grazie, ma non c’è alcun bisogno che mi chiamiate Principessa, Kagome è più che sufficiente, e lo stesso credo che valga anche per Hirador” gli disse sorridendo, facendolo incantare e arrossire al contempo.
Inuyasha inarcò un sopracciglio a quella scenetta a suo giudizio disgustosa, innervosito per il modo in cui quel tizio aveva guardato la ragazza fin dal primo momento.
“Ovviamente do il mio benvenuto anche a voi, Cavalieri e Draghi – aggiunse Evan, rivolgendosi al resto della compagnia – Sarete ben accolti anche dal resto della città”
“Evan, ho un compito per te” attirò la sua attenzione Kelth “Dovresti andare ad assicurarti che i loro alloggi siano pronti o che, in caso contrario, si provveda immediatamente”.
“Vado subito – si girò verso Kagome e gli altri – È stato un piacere fare la vostra conoscenza. Spero ci rivedremo per cena” e si allontanò sempre col suo passo sicuro, scomparendo dietro una delle prime case della strada principale.
“Bene, entriamo anche noi adesso” Kelth fece un cenno ad una delle guardie di vedetta che annuì, lanciando un grido a chi si occupava di chiudere i battenti dell’entrata.
“E loro?” domandò Sango riferendosi ai loro Draghi.
“Oh già! Accidenti, oggi sono davvero sbadato” detto questo emise un lungo e alto fischio e poco dopo, da dietro un lato delle mura fece capolino un enorme Drago di Metallo, le squame di un intenso grigio fumo e gli occhi stranamente di un colore acceso, non argentati come tutti i Draghi appartenenti a quella specie, ma di un giallo acceso tendente al verde.
“Vi presento Oserfh, il mio meraviglioso Drago di Metallo” lo presentò Khel con un sorriso più che soddisfatto sul volto
- Lieto di fare la vostra conoscenza – li salutò cordiale la creatura, per poi voltarsi brusco verso il suo Cavaliere – Che vuoi a quest’ora, Khel? Sai bene che ero occupato, se è per un’altra delle tue stupidate non la passerai liscia, questa volta! -
“Ma sentitelo! Sembra che l’unico che stia faticando, qui, sia tu! Guarda che è il sottoscritto che si occupa di tutto, qua dentro, stupido Drago!”
- Ripetilo, finto Umano! Ha ragione Evan quando dice che sei un orso e che per sembrare in tutto e per tutto tale, ti manca solo la pelliccia! Il cervello ce lo hai piccolo come il loro! -
“Come osi? E tu ti riterresti un Drago?! Sei solo un rapace!”
- Come osi insultarmi a questo modo, pazzo! - . I membri del Consiglio guardavano con tanto d’occhi la discussione tra i due, stupiti di vedere per la prima volta una cosa del genere. Se il rapporto tra quei due era quello, era decisamente bizzarro.
“Va bene, basta così. I Draghi che sono tornati ieri stanno bene?” sbottò poi, all’improvviso Khel come se stessero parlando a quel modo fin dall’inizio
- Tutti bene. A parte il Drago di Stael che ha qualche ammaccatura, ma niente di grave – gli rispose con stesso tono pacato Oserfh come se nulla fosse successo.
“Bene, molto bene. Ah, sì, Oserfh ti ho chiamato per chiederti se ti puoi occupare dei nostri nuovi ospiti” gli domandò il comandante, riferendosi ai quattro Draghi
- Certamente. Sicuramente dopo più di una giornata di volo avrete bisogno di riposo. Anche se abbiamo capacità grandiose, non possiamo mica trascurarci, no? – chiese loro divertito, suscitando immediatamente la simpatia di Hirador
- Molto bene, caro Oserfh! Facci strada verso il meritato riposo! Ci si vede più tardi, ragazzi! – sbottò il Drago Supremo, affiancandosi al Drago di Metallo e mettendosi a chiacchierare animatamente con lui, sotto lo sguardo divertito di Kagome.
“Oh bè, direi che adesso possiamo andare” li invitò Khel, prendendo ad avviarsi all’interno della guarnigione.
Col sottofondo dei cigolii delle porte che si chiudevano alle loro spalle, la compagnia proveniente da Eldoras si ritrovò ad ammirare l’interno di Hogarth, quella che si poteva definire una città militare per eccellenza.
Tale definizione poteva essere attribuita per il suo aspetto, visto che si poteva parlare di architettura funzionale, dato che tutto, lì, era stato costruito con un ordine e uno scopo ben preciso, per far fronte a qualsiasi situazione ed eliminare così danni superflui, senza contare l’eliminazione degli sprechi di tempo.
Tutta la città era compatta, a forma di scacchiera, con due strade principali, una orizzontale e una verticale, le quali si incrociavano con quelle laterali e secondarie, tanto da non far scorgere dietro le prime costruzioni le altre, visto la loro posizione assolutamente ordinata e simmetrica.
Poi, al centro, nell’esatto incrocio tra le due strade principali, si ergeva la caserma, unica costruzione completamente visibile da qualsiasi punto della città.
“Accidenti” sussurrò meravigliato Inuyasha, sinceramente colpito dalla maestria di colui che l’aveva progettata.
“Magnifica, vero? Progettata per due unici scopi: creare una difesa incrollabile e, allo stesso tempo, sferrare attacchi abbastanza efficaci da impedire, almeno nell’immediato, un’avanzata tanto forte da non potervi resistere” disse soddisfatto Khel, guardando con una particolare luce negli occhi la città, la sua città.
“Da quanto risiedete qui, Khel?” gli domandò curiosa Kagome
“Oh, no, no, no, basta con questo ‘voi’! Mica sono così vecchio, che vi credete!” sbottò fingendosi offeso lui, facendoli ridere
“Da quanto sto qui, mi hai chiesto? Vediamo… oh, bè, dall’infanzia, diciamo. Sono nato a Eldoras e sempre lì sono diventato Cavaliere, ma subito dopo, insieme a mio padre, siamo venuti qui, dato che, prima di me, ne erano membri importanti mio padre, mio nonno, il mio bisnonno e così via… diciamo che i Wonfield sono di casa a Hogarth!”
“E immagino che lo stesso valga per tuo figlio. Mi sembra un ragazzo in gamba…” commentò Miroku
“Oh, e lo è, lo è davvero! Il mio ragazzo è un mastino, lo dovreste vedere all’opera! Non ci assomiglieremo fisicamente, ma l’ardore è lo stesso – rise di gusto – “Comunque sì, anche per lui è stato lo stesso che con me. È anche lui originario di Eldoras e a quattro anni gli abbiamo fatto affrontare la Cerimonia della Scelta, risoltasi in un successo, e poi siamo venuti qua, dove mi sono occupato personalmente della sua istruzione e della sua preparazione, e non pensiate che i miei allenamenti siano delle passeggiate…” disse in tono allusivo, con un sorriso obliquo che valeva più di mille parole.
Nel corso della conversazione avevano percorso la metà verticale della strada principale, sulla quale si affacciavano diversi negozi, in particolare armerie ricolme di qualsiasi tipo di arma, anche quelle più impensabili.
“Eccoci qua, la magnifica caserma di Hogarth vi dà il suo benvenuto, ragazzi!” disse allegro il comandante prendendo a salire i bassi scalini in marmo scuro che immettevano sulla imponente porta bronzea dell’edificio.
“Aspetteremo qui fino a che Evan non verrà a dirci se le vostre stanze sono pronte. Venite, vi faccio conoscere alcuni dei miei ragazzi”.
Khel li fece entrare, conducendoli in un soggiorno ben illuminato dove trovarono altri Cavalieri, anche questi abbastanza giovani, che nonappena videro il comandante entrare scattarono sull’attenti.
“Tranquilli, tranquilli ragazzi, state pure a riposo, sono qui solo in visita e per presentarvi questi giovani che ci faranno compagnia per un po’ di tempo. Che ne dite di presentarvi?” chiese Khel ai nuovi arrivati, che sia guardarono a vicenda, leggermente imbarazzati.
“Ohbè, se nessuno lo vuole, mi prendo io il privilegio di presentarmi per primo. Sono Miroku di Eldoras, onorato di fare la conoscenza di voi coraggiosi Cavalieri!” sbottò Miroku con il suo modo di fare cordiale e allegro con un sorriso a trentadue denti che faceva venire voglia solo di sorridere a tua volta.
“A chi tocca adesso?” domandò Khel, guardando i rimanenti. Si fece avanti Sango, per niente turbata
“Sono Sango di Mend, dal Regno del Nord. Spero di poter imparare molte cose da voi che avete molta più esperienza di me, e di rendermi utile allo stesso tempo” e se già la Cacciatrice aveva suscitato i consensi di molti per la sua bellezza, con quelle parole li aveva consolidati e incrementati.
Il comandante guardò Kagome e Inuyasha, e prima che potesse invitare uno dei due a farsi avanti, il mezzo- demone prese l’iniziativa, guardando dritto negli occhi i suoi interlocutori che lo osservarono a loro volta, leggermente perplessi
“Sono Inuyasha no Taisho, dal Regno del Sud, membro del Consiglio delle Tre Terre” e concluse, tornando nel suo silenzio sotto gli sguardi allibiti della maggior parte.
Poi, lo sguardo di tutti si posò sulla figura a disagio di Kagome, i suoi occhi argentei che si muovevano da un punto all’altro della stanza, come in cerca di un qualcosa che la togliesse da quella situazione.
“Ehm, ecco io… io sono Kagome Higurashi… Cavaliere Supremo e… erede… erede al trono di Eldoras…” balbettò, esitante e con le guance imporporate sentendo su di sé gli sguardi sorpresi e ammirati di tutti i presenti.
Dopo le presentazioni, tutti si protesero in strette di mano e in cordiali benvenuti in città. La presentazione anche dei loro Draghi ci sarebbe stata quella sera, prima di cena di sicuro ne avrebbero avuto modo, mentre ora era meglio dare tempo ai loro compagni per il meritato riposo.
Per il resto del giorno si sarebbero riposati o, almeno, avrebbero parlato con calma di quello che era il loro ruolo lì e di come avrebbero dovuto muoversi.
Fare tutto di fretta li avrebbe solo stancati ulteriormente e come lo stesso Khel aveva detto, non si sarebbero ricordati di una sola sillaba di ciò che si sarebbero detti.
La calma, in quel genere di cose, era la sola compagna che doveva essere al loro fianco.

FINE 27° CAPITOLO.
O mio Dio! Non avete idea di quanta fatica abbia fatto per questo capitolo! Sicuramente ve ne sarete accorti anche voi che questo capitolo è decisamente più lungo rispetto agli ultimi! Stiamo parlando di ben 29 pagine, infatti, cari ragazzi! Dovevate vedere com’ero ridotta ieri sera dopo averlo terminato! Mi spiace ma proprio non ho avuto anche le forze di mettere l’Html e pubblicare! Però bisogna dire che in questo capitolo c’è di tutto e di più! E immagino già che la maggior parte dei commenti saranno per la sconcertante rivelazione fatta da Naraku! Eheheh, sono proprio curiosa di vedere i vostri commenti! Per il resto, i nostri hanno raggiunto Hogarth e adesso si darà via a una bella caccia agli orchi, yatta! Inuyasha sarà contento di poter finalmente menare le mani XD! Bè, direi che concludo qui, mi sa che ho detto e scritto anche troppo, perciò adesso lascio il compito a voi! Spero di poter leggere le vostre reazioni e anche le vostre idee, vi auguro buona settimana, anche se è già cominciata, bacioni, ka_chan ^___________^

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Capitolo 28
*** INFORMAZIONI DI SERVIZIO ***


Eccomi qua. Sicuramente nel leggere questo finto capitolo mi starete mandando degli accidenti ma è stato necessario XD.
Scrivo questo annuncio solo per dirvi che questo lunedì, il 21, parto e starò in Irlanda fino al 30, per cui se sparisco è per questo motivo.
Il 28° capitolo è in fase di costruzione XD anche se, devo essere sincera, sono ancora indietro ^^''.
Bè, come sempre, spero abbiate pazienza e spero altrettanto che anche se vi faccio aspettare un pò, ogni tanto, i capitoli che scrivo vi ripaghino dell'attesa.
Bene, ora che vi ho informati mi sento meglio, ci tenevo a sottolineare il fatto che non sono sparita e tanto meno ho abbandonato la fic.
Well, adesso vi saluto mie adorati e amati lettori, la mia vacanza Irlandese mi aspetta!
Ci sentiamo al più presto, un bacione grande a tutti! Saluti,
la vostra ka_chan ^___________________^

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Capitolo 29
*** cap28 "LA GIOSTRA DELLA MORTE" ***


...
o.o’…
C’è… c’è nessuno?
Oh, r- ragazzi, che piacere vedervi! Ehm, un momento… c- cosa sono quei fucili, quelle lance… quelle vanghe?!? O______O’’’’’’’’
Q______Q Chiedo venia, chiedo venia!!! >.<
So di essere non in ritardo, di più, ma mooolto di più… e questa volta ho davvero esagerato e non so da che parte farmi per le scuse….
Chiedo veramente perdono, ma dopo che sono tornata dall’Irlanda sono stata davvero molto impegnata, tra il mandare avanti la casa da sola, pulire, uscire, fare questo e quello il tempo per scrivere si è ridotto veramente a poco, senza poi tralasciare i rari momenti in cui voglia, vena creativa e umore coincidessero e mi permettessero di scrivere qualche cosa di decente!
Però mi scuso lo stesso, non era mai successo che vi facessi aspettare tanto. Solo che questo è e sarà un periodo un po’ delicato visto che tra neanche due settimane mi dovrò trasferire a Milano… e, una volta là, le occasioni per scrivere saranno un po’ più limitate. Spero avrete pazienza, perché non alcuna intenzione di abbandonare questa storia… solo, i tempi sono e saranno quello che sono, per cui, tutti, dovremo avere pazienza….
Ma ora sono qui, con questo nuovo capitolo fresco fresco! Credo che anche con questo vi lascerò un po’ di stucco, non so, staremo a vedere! ;P
Prima di lasciarvi alla lettura voglio dedicare un attimo ai ringraziamenti, per coloro che hanno commentato lo scorso capitolo: Resha91; raska81; inukun; Lorimhar (Ehbè… niente… come sempre, grazie mille! *-* Un bacione); Ragnarok79 (Grazie, grazie per avermi dato del genio! Comunque complimenti anche a te se avevi colto la cosa! Comunque, anche a te, come sempre, grazieee! Kiss); Mara45 (New entry a cui devo fare i complimenti visto che si è letta la fic in due giorni, io penso ce ne avrei messi molti di più! XD – comunque lo prendo come un ottimo segnale. Per leggerla in soli due giorni vuol dire che ti piace sul serio! Me mui felice, grazie! =^^=); Elychan (No, Kagome ancora non ha alcuna notizia di Kaede… comunque, bè, niente, leggete! XD); Elly (Grazie mille per il commento al rapporto Miroku- Governatore, che direi si è voluto molto dall’inizio della storia… devo dire che questa ‘coppia’ mi sta molto a cuore. Comunque, sì, leggevo e sono letteralmente innamorata del fumetto Yami No Matsuei – che, peraltro, attendo disperatamente, con lacrime annesse, di vederne il seguito! – e sì, Kurikara è uno degli ultimi personaggi comparsi ^^); cri-chan.
Bene, ecco fatto, sta volta sono anche riuscita a scrivere io stessa qualche commento, cosa che facevo abitualmente… ma perché non esistono le giornate da 36 ore?!? Q____Q
Dopo questo sfogo insensato, direi che è ora che vi lascio al capitolo… buona lettura! ^________^

28° CAPITOLO “LA GIOSTRA DELLA MORTE”

L’aria che si respirava a Hogarth era fresca e allegra, un toccasana per qualcuno sempre immerso nella tensione della morte, furba e meschina cacciatrice di vite innocenti.
Il resto della giornata dell’arrivo dei membri del Consiglio delle tre Terre era passata in modo piacevole e rilassante, necessaria per poter permettere ai quattro giovani di recuperare le forze perse nel corso di quel viaggio serrato.
La guarnigione, da centro militare freddo e potente, sapeva trasformarsi in una cittadina viva e brulicante di persone pronte in ogni momento a festeggiare e a godere delle tregue che la minaccia sottile della morte concedeva loro.
Khel si era dimostrato un ottimo padrone di casa, e tutti, a Hogarth, sembravano portagli un grande rispetto e per i Cavalieri più giovani rappresentava una guida e un padre.
Verso l’ora di cena erano stati raggiunti anche dai Draghi, rifocillati adeguatamente e riposati visto che loro avevano faticato più di tutti.
Anche i Cavalieri provenienti da Eldoras erano stati invitati ad approfittare del pomeriggio libero che era stato messo loro a disposizione e Evan in persona si era premurato affinché i loro alloggi fossero il più accoglienti possibile, con lenzuola fresche e uno spuntino preparato per ciascuno di loro, posato invitante sul tavolino sistemato in ciascuna stanza.
Le camere dei quattro ragazzi, riservate per loro all’interno della caserma, erano relativamente vicine, a coppie collegate tra loro, anche se divise da uomini e donne.
Si erano beati del bagno che era stato per loro preparato e avevano sentito la piacevole sensazione dei muscoli che si rilassano e che recuperano le energie perdute.
Oltre a questo erano stati riforniti anche di vestiti puliti in attesa che i loro, usati per il viaggio, messi a lavare, fossero stati pronti.
“Devo dire che Khel ha pensato proprio a tutto” commentò piacevolmente stupita Kagome, guardando il suo leggero vestito di cotone verde acqua, senza maniche, che le fasciava morbido la figura longilinea, seduta sul letto della sua camera, di fronte a lei Sango, i capelli lunghi legati in una coda alta e avvolta, anche lei, in un morbido vestito di un caldo arancione, al contrario del suo, con maniche a tre quarti.
“Già, è stato davvero gentile! E anche suo figlio, Evan, è davvero una persona affabile” commentò in risposta la Cacciatrice “Ed è anche molto carino, non trovi?” aggiunse poi, guardando con occhi maliziosi l’amica
“Sì, lo è, ma non vedo cosa possa centrare” rispose Kagome, senza capire dove volesse andare a parare la ragazza con quella frase… e quello sguardo.
“Ma come! Non dirmi che non ti sei accorta di come ti guarda!” esclamò stupefatta l’altra
“Perché, come mi guarda scusa?”
“Dire che gli brillano gli occhi quando ti vede è poco!” osservò divertita Sango nel leggere stupore e imbarazzo nelle iridi argentee del Cavaliere Supremo
“Non… non ci avevo fatto caso…” borbottò, disorientata da quella osservazione
“Me lo immaginavo, bisogna dire che sei un po’ tonta in queste cose!” la prese in giro Sango, vedendole gonfiare le guance, indispettita
“Scusami se non sono un’esperta in questo genere di cose, anche se non sapevo che lo fossi tu!” la rimbeccò inacidita, quando poi nei suoi occhi passò un lampo di malizia, e il suo sguardo si trasformò in uno di chi la sa lunga
“Pe- perché adesso mi guardi così?” balbettò intimorita la Cacciatrice
“Oh, bè, mi è venuto in mente che forse c’è qualcosa di cui mi devi parlare, vero Sango?” le domandò con tono allusivo la miko, avvicinandosi all’amica che si ritrasse imbarazzata
“Di- di che cosa ti dovrei parlare, scusa?” cercò di fingere lei, recuperando un minimo di sangue freddo
“Degli sguardi languidi che vi siete scambiati tu e Miroku per tutta la giornata, per esempio, oppure delle occhiate omicide che gli lanciava Sieg… comincia da dove vuoi”.
Ecco, l’aveva beccata, pensò Sango rassegnata. Doveva pensarci prima al fatto che Kagome fosse una gran osservatrice, quasi quanto Miroku… peccato che fosse una frana con lei stessa.
Sbuffò, passandosi una mano tra la frangetta scura.
“Bè, ecco… l’altra sera… ci siamo baciati…” balbettò, flebile, e con il volto in fiamme.
“Ma è fantastico, Sango! Non sai come sono contenta per te! Lo sapevo che vi piacevate!”esultò raggiante Kagome, abbracciando con foga l’amica che ridacchiò
“Calmati Kagome… questo non vuol dire che mi ami…” osservò la Cacciatrice con occhi leggermente tristi
“Di questo non mi preoccuperei. Si vede lontano un miglio che Miroku stravede per te” la rassicurò la miko
“Tu dici?”
“Dico, dico, fidati!” e le fece l’occhiolino.
“E di te e Inuyasha… che mi dici? Si può sapere cos’è successo al ballo? Credi che non mi sia accorta che lo hai accuratamente evitato per quasi una settimana intera?” domandò curiosa Sango, e questa volta fu il turno di Kagome di arrossire e irrigidirsi.
“È… complicato…” cercò di sviare la ragazza
“Oh, ma noi non abbiamo fretta, c’è tutto il tempo che vuoi” insistette l’altra, ricevendo un’occhiataccia da parte della miko alla quale rispose con un largo sorriso di vittoria.
Kagome la guardò rassegnata, e poi, in fondo, aveva bisogno di sfogarsi.
“Ecco… non so se lo hai visto… ma nel bel mezzo del ballo, mentre ero ancora con Kouga, Inuyasha si è presentato dal nulla, trascinandomi poi via con sé…”
“Sì, io e Miroku lo abbiamo visto”
“Bene. Bè, in seguito siamo arrivati fino al boschetto e lì gli ho chiesto che diavolo gli fosse preso, quale fosse il suo problema visto che fino a quel momento mi aveva completamente ignorata e…” si interruppe, mentre le guance tornavano a tingersi di un rosso acceso al ricordo di quella sera
“E…?” la esortò Sango, ora più curiosa che mai
“E mi ha baciata” sospirò Kagome, gli occhi chiusi
“Cooosa?!? Stai dicendo sul serio?” le domandò meravigliata l’amica, non credendo a quanto aveva sentito
“Ti pare potrei scherzare?” la guardò storta l’altra
“No, scusa… e tu? Insomma cos’è successo dopo?”
“Io… io non lo so, so solo che non mi sono mai sentita così. All’inizio mi sono lasciata andare ma poi… poi sono scappata e l’ho evitato per una settimana fino a quando, l’altro giorno, l’ho trovato negli appartamenti di Hirador e sono stata costretta a parlargli e… e mi ha detto… che mi ama” disse infine, per poi rimanere in silenzio, con la testa china e le guance imporporate, mentre gli veniva di nuovo alla mente il volto serio dell’Hanyou e i suoi occhi pieni di un sentimento profondo e talmente avvolgente da spaventarla.
Sango rimase anche lei in silenzio, guardandola con tenerezza.
“Non so come comportarmi, Sango. Davvero, non lo so” ammise poi con voce piena di sentimenti contrastanti Kagome, gli occhi limpidi ricolmi della sottile morsa dell’incertezza e della confusione.
La Cacciatrice la guardò con attenzione, comprendendo nel solo osservarla quanto quella situazione la mettesse seriamente in difficoltà.
“Non… non l’avrei mai immaginato. Insomma, all’inizio non ci sopportavamo neanche, poi col tempo, sì, abbiamo avuto modo di conoscerci e di certo so che mi volesse bene ma… ma che mi amasse…. Io… questa è la prima volta che, insomma… non so che fare” sospirò la miko, torturandosi le mani nella disperata ricerca di una risposta che non riusciva a trovare.
“Hai bisogno di tempo, Kagome. Visti i tuoi turbamenti e le tue incertezze non puoi permetterti di essere frettolosa, rischieresti solo di prendere le decisioni peggiori… sia per te che per Inuyasha. Purtroppo questo poi non è nemmeno un buon momento, ma devi prenderti tutto il tempo che ti è necessario. Anche il nostro Hanyou testardo penso lo sappia bene” le sorrise Sango, cercando di rincuorarla, mentre l’altra annuiva con occhi pieni di gratitudine.
Parlare di tutta quella situazione le aveva fatto bene. Sì, ne aveva già discusso con Hirador, ma il parere di una donna era differente.
“Spero solo di fare la cosa giusta. Non… non voglio farlo soffrire…” balbettò Kagome, leggermente imbarazzata
“Già questo deve darti da riflettere. Se prima che a te, pensi ai suoi sentimenti vuol dire molto… ma non sta a me dirti cosa significhi, devi arrivarci da sola”.
Il Cavaliere Supremo rifletté bene su quelle parole, cercando di carpirne il significato. Comunque, come la sua stessa amica aveva detto, il tempo era l’unica cosa di cui aveva bisogno.
“Bè, direi che si è fatta ora di andare. I nostri uomini si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto” notò allegra la Cacciatrice, alzandosi dal letto, seguita dall’altra.
Uscirono dalla camera della miko, per dirigersi verso le scale che portavano al piano inferiore, dove vi era l’ingresso, lo studio di Khel, il soggiorno e altre stanze adibite a diversi scopi.
Scendendo, videro ad attenderle nell’atrio Khel e il figlio Evan in compagnia di Miroku e Inuyasha, anche loro con indosso i vestiti che gli erano stati dati gentilmente in sostituzione dei loro.
I quattro si accorsero quasi immediatamente della loro presenza, soprattutto il mezzo- demone che aveva percepito i loro odori, in particolare quello di Kagome… anche quella sera più bella che mai avvolta in quel vestito leggero.
Guardandola ancora una volta ammise a se stesso che era stato quasi matematico l’essersi innamorato di lei… insomma, era la creatura più sublime e perfetta che avesse mai visto!
Le sue guance, nel formulare quel pensiero, si tinsero immediatamente di un leggero rossore, non si credeva capace di poter pensare certe cose.
“Buonasera a tutti voi, signori” li salutò Sango una volta di fronte a loro
“Buonasera a voi, incantevoli fanciulle! – ricambiò Khel – Spero che le vostre stanze siano di vostro gradimento e che anche gli abiti vadano bene”
“Oh sì, non ti preoccupare, siete stati davvero gentili a metterci a disposizione tutto ciò di cui avevamo bisogno” lo ringraziò sorridente Kagome attirando ancora di più lo sguardo affascinato di Evan, sotto l’occhio vigile e indispettito di Inuyasha.
“Ma no, ma no, sciocchezze, questo è il minimo! Forza ora, ci aspetta una succulenta cenetta” e il comandante si avviò verso le porte della caserma, seguito dai cinque ragazzi.
“Sei davvero incantevole questa sera, Sango” Miroku si era avvicinato alla ragazza, senza riuscire a trattenersi dall’elogiarla per la sua bellezza. Non dopo che, finalmente, aveva espresso, almeno in parte, i suoi sentimenti per lei.
La Cacciatrice arrossì leggermente, rivolgendogli un sorriso che si allargò quando lo vide porgergli il braccio, che accettò con gioia, avvicinandosi maggiormente a lui.
Da dietro, mentre procedevano per le vie animate di Hogarth, qua e là decorate dalle ombre delle case visto il cielo imbrunito, Kagome guardava i due sorridendo contenta nel vederli così vicini.
“E così, quei due…” dal nulla avvertì la presenza di Inuyasha e la sua voce vellutata commentare al quadretto che gli si presentava davanti
“Già…” commentò semplicemente, flebile, la miko, senza osare rivolgergli lo sguardo, già fin troppo tesa in sua presenza.
Sempre, ogni qual volta che il mezzo- demone le si avvicinava, il suo corpo si protendeva in spasmi e brividi, quasi che urlasse in risposta per la sua vicinanza.
Aveva timore di quelle sensazioni, così come aveva timore del sentimento di lui, perché così impetuosi, così irruenti.
Respirò a fondo. Aveva bisogno di calma se voleva venire a capo di qualche cosa.
“Kagome, io…” lo sentì esordire titubante, senza però scoprire cosa avesse intenzione di dirle, visto che la voce ruggente di Khel li avvertì del loro arrivo a destinazione.
“Eccoci qua, questa è ‘La Fortezza ’, la locanda migliore di tutta Hogarth, e forse di tutto il Continente!” la presentò il comandante con la sua risata potente “Forza, sono venuto oggi pomeriggio, personalmente, per riservarci un tavolo anche se, in effetti, non ce ne sarebbe stato bisogno, visto che sono un cliente speciale, eheh!”
“Smettila di vantarti, stupido padre, ed entriamo invece di far stare impalati davanti alla porta i nostri ospiti! Ma tu guarda, se non ci fossi io… quest’orso non sa nemmeno trattare i forestieri!” intervenne Evan con tono di rimprovero e amareggiato per il comportamento del padre
“Come osi, figlio degenere! Vieni qua che te lo insegno io come si trattano i forestieri maleducati come te!” sbottò infuriato Khel, cercando di acciuffare il ragazzo per dargli una lezione
“Certo che sono proprio una bella coppia!” commentò ridacchiando Miroku
- Oh, sì, una bella coppia di stupidi! – intervenì una voce alle loro spalle, dal tono scocciato
“Oh, buonasera Oserfh!” lo salutò Kagome accortasi della sua presenza
- Buonasera a voi… stavo venendo alla caserma per informarvi che i vostri Draghi stanno bene, hanno riposato e ora stanno mangiando, mi sono occupato io personalmente di tutto quanto – li informò, ignorando i due Wonfield
“Grazie mille, sei stato molto gentile” si aggiunse Sango
- Di nulla -
“Toh, guarda Evan, c’è Oserfh! Ehilà, vecchio mio!”
- Hai finito di fare il pagliaccio, Khel, stupido orso? - lo rimbeccò immediatamente il Drago
“Anche tu osi insultarmi, stupido rapace?!”
- Quante volte ti ho detto di non osare a chiamarmi in quel modo, Umano dal cervello di una bestia?!
“Va bene, va bene, direi che adesso è sufficiente, no?” cercò di rabbonirli Evan
“ – Taci tu! - ” esclamarono in coro gli altri due, mettendo a tacere tutto e tutti.
“Bene, direi che si è fatto tardi, io comincio ad avere fame” osservò poi Khel, come sempre comportandosi come se nulla fosse successo.
- Io torno dai Draghi nostri ospiti. Vi raggiungiamo più tardi – lo avvisò Oserfh, voltando loro le spalle per tornare da dove era venuto.
“Perfetto, a dopo! Forza, entriamo e abbuffiamoci!” esclamò contento il comandante, aprendo la porta della locanda sotto gli occhi ancora increduli dei membri del Consiglio
“Vi assicuro che ci farete l’abitudine” li rassicurò sorridendo divertito Evan, seguendo il padre, lasciando gli altri a guardarsi allibiti, a vicenda.

Circa due ore dopo, passate tra piacevoli chiacchierate e abbandonanti porzioni, sia di cibo che di bevande, la compagnia si trovava ancora all’interno della locanda, al momento gremita di persone intente, per la maggior parte, a sorseggiare freschi boccali di birra e bicchieri di sidro.
Kagome si guardava in giro curiosa e allegra, la testa leggera e piacevolmente annebbiata, sensazione dovuta, molto probabilmente, ai diversi bicchieri di sidro che aveva bevuto.
Non era mai stata abituata a bere, se non miseri bicchieri di vino in occasione di festività, mentre quella sera ci aveva dato dentro, più che altro per le insistenze pressanti di Khel che pareva essere un esperto bevitore.
Il vociare allegro dei commensali le riempiva le orecchie mentre al suo naso arrivavano confusi e mescolati gli odori del locale, miscelati in una fragranza pungente, speziata e dolciastra insieme, dandole alla testa, annebbiandola.
Anche i discorsi dei suoi compagni al tavolo le arrivano confusi e ormai lontani, mentre la sua attenzione era tutta rivolta a quella nuova e particolare sensazione.
Dalla posizione centrale in cui erano accomodati, anche se nel fondo, si poteva godere della completa visuale del locale, i tavoli disposti in ordine circolare, in modo tale da lasciare nel mezzo un vuoto, colmato dal grande girarrosto sul quale rosolava a fuoco lento un grosso cinghiale.
Alla destra del loro tavolo, invece, poco più in là, c’erano le cucine da cui veniva e andava a intermittenza una lunga fila di camerieri e cameriere, dietro, invece, a pochi passi, il lunghissimo bancone di legno lucido che in quel momento il proprietario, Val, un uomo piuttosto giovane, dal corpo asciutto e muscoloso, occhi di un marrone chiaro, vispi e allegri, e capelli di un castano dai mille riflessi, stava accuratamente pulendo dopo aver servito un altro giro di birre a un tavolo poco distante.
La maggior parte dei commensali era costituita da uomini, ma le donne comunque non mancavano e non si facevano problemi a stare sole tra gruppi di otto, dieci uomini.
“Forza, forza! Kagome che fai, su, ecco a te un altro bel bicchiere di sidro!” la ragazza si girò con gli occhi offuscati dall’alcool verso Khel che le faceva dondolare davanti il liquido dal colore dorato.
“No, direi che per oggi abbiamo bevuto anche troppo” quella voce che sapeva arrivarle dritta al cuore si frappose tra lei e il dolce liquore mentre era lì lì per afferrarlo, lasciandola indispettita.
“Inuyasha, non fare il noioso” sbottò Kagome guardandolo severa, le gote arrossate dal caldo presente nel locale e dallo stato di ebbrezza
“Sarò anche noioso, ma tu per questa sera hai chiuso con questa roba” disse perentorio lui, alzandosi in piedi e avvicinandosele
“Inuyasha?” lo chiamò Sango, domandandogli con lo sguardo quello che aveva intenzione di fare. In effetti anche lei aveva notato lo stato dell’amica, e di lì a poco le avrebbe chiesto di tornare insieme a lei alla caserma, per riposare.
“Non ti preoccupare, porto questa mocciosa a dormire prima che si scoli l’intera scorta di sidro presente qua dentro”
“Oh, non pensavo che la nostra Principessa non reggesse l’alcool. Vi prego di perdonarmi, credo di averci preso la mano e aver esagerato” si scusò Khel, anche lui leggermente sotto l’effetto delle numerose birre bevute
“Oh, non c’è problema. Prima o poi anche lei avrebbe dovuto sperimentare l’esperienza della prima sbronza!” ridacchiò Miroku mentre finiva di sorseggiare la sua sesta birra. Sango lo guardava con tanto d’occhi domandandosi come facesse a reggere così bene l’alcool.
“Forza, adesso vieni con me” disse secco il mezzo- demone, ora di fronte alla miko
“Nooo, non ho voglia di alzarmi, anzi, non voglio andare da nessuna parte!” si lamentò biascicando Kagome, muovendo in modo disarticolato le mani
“Bè, se non hai voglia di alzarti… - cominciò lui, per poi chinarsi e afferrarla per le braccia – Vuol dire che ti porterò con la forza!” concluse, prendendola in braccio mentre quella si dimenava
“Oh, insomma, la vuoi smettere?!? Ti sto facendo solo un gran favore, se ti lasciassi qua a bere domani mattina non saresti in grado neanche di aprire un occhio!” sbottò l’Hanyou seccato, cercando di farla stare ferma
“Ti do una mano, Inuyasha?” si propose gentilmente Evan, avvicinandosi a Kagome
“No. Faccio da me” ribatté l’altro, gelido, facendolo immobilizzare solo con un’occhiata
“Dà la buonanotte Kagome, ciao ciao!” disse con fare strafottente Inuyasha, facendo un cenno con la mano al resto della compagnia
“Nooo, lasciami, lasciami stupido Hanyou!” sbraitò Kagome, agitandosi frenetica tra le sue braccia.
“Uff, va bene, ora basta!” sbottò a sua volta il mezzo- demone, afferrandola più saldamente, per poi portarsela su una spalla, come un sacco di patate.
“Bè, allora buonanotte” disse infine, sentendosi trionfatore e uscendo dalla locanda con le urla della miko nelle orecchie.

“Hai visto? Chissà come saresti ridotta a quest’ora se non ti avessi fermato”
“Aaahhh, sta zitto, ho la testa che mi scoppia”.
Inuyasha era chino vicino a una Kagome inginocchiata dopo aver appena rimesso tutto ciò che aveva mangiato quella sera, ed ora con la testa che le martellava violentemente.
Si lasciò andare all’indietro, atterrando sull’erba fresca, leggermente umida, che le solleticava le mani, sotto lo sguardo semi- divertito del mezzo- demone che si sedette accanto a lei, sospirando.
Volse lo sguardo al cielo, osservando le stelle che brillavano, offuscate leggermente dalla luna calante.
Aggrottò le sopracciglia pensando che tra non molto ci sarebbe stato il novilunio. Sperava solo di essere già a Eldoras per quel giorno.
“Inuyasha” si voltò, udendo il suo nome, trovandosi però a faccia a faccia con Kagome che, silenziosa, gli si era avvicinata, e gli si era messa quasi a cavalcioni, con una mano appoggiata al suo petto per sostenersi
“Ka- Kagome” balbettò lui, più imbarazzato che mai. Già averla al suo fianco tutti i giorni non era facile, ma se poi gli si avvicinava a quel modo, il suo cuore rischiava seriamente di non reggere
“Inuyasha… - lo chiamò nuovamente la ragazza, avvicinandosi ancora di più, portando l’altro braccio a circondargli il collo – Tu mi ami, vero?” gli chiese, facendogli andare il volto in fiamme.
Chiuse gli occhi, inspirando profondamente.
Calmo, devo stare calmo, si disse, per poi guardarla di nuovo negli occhi, leggermente lucidi per via del suo stato.
Già, non doveva dimenticarsi che Kagome era ubriaca e non sapeva quello che stava dicendo… ma non per questo lui non sarebbe stato sincero.
“Sì, ti amo” le rispose, più sicuro che mai, vedendo nascere sul volto di lei uno strano sorriso, che lo scosse nell’intimo
“Allora dimostramelo…” sussurrò lei con tono sensuale, avvicinandosi pericolosamente al suo volto, protesa a baciarlo.
Inuyasha dal canto suo non poteva credere a quello che stava accadendo, in quel momento avrebbe anche potuto morire che non gli sarebbe importato.
Aveva tra le braccia la donna di cui si era perdutamente e irrimediabilmente innamorato, per cui avrebbe dato la vita e che… desiderava da morire.
Ma come una pugnalata, il riacquistare la lucidità per ricordarsi dello stato di lei lo portò a frapporre tra lui e quel desiderio fatto in carne ed ossa una barriera che, per quanto fragile, bisognava mettere fra loro… almeno finché non avessero chiarito tutto quanto.
La scostò da sé, lei ancora protesa verso di lui e gli occhi chiusi, in attesa di quel contatto che non sarebbe mai arrivato.
“Bè, e adesso che ti prende?!” sbottò seccata Kagome, una volta riaperti gli occhi e non sentendo il piacevole calore del suo corpo accanto
“Assolutamente niente” le rispose lui, un sorriso triste sul volto
“E allora perché ti sei tirato indietro? Mi ami o no?” insistette lei, tornando a protendersi, venendo però fermata da lui, ancora una volta
“Sì, ti amo… e non hai idea della voglia che ho di stringerti e baciarti con tutta la passione di cui sono capace, Kagome” le disse lui, con una serietà e una sincerità di cui non si credeva capace
“E allora perché non lo fai?” gli domandò lei, senza capire, piegando il capo da un lato, i lunghi capelli corvini che scivolarono a coprirle un seno, le guance arrossate e gli occhi argentei luccicanti.
Oh, sì, se aveva voglia di baciarla e averla tra le braccia, pensò Inuyasha, non senza un certo dolore.
“Perché sei ubriaca e non sai quello che fai, ecco perché. Credi che non desideri baciarti? Sicuramente mi sentirei in paradiso, ma nonappena sarà passata questa notte e nonappena ti sarà passata la sbronza, sarà come se non fosse mai accaduto e starei solamente peggio, ancora di più di come sto ora, con la voglia che ho di abbracciarti” le disse, cercando di farle capire il suo stato d’animo, anche se era ben cosciente che in quel momento Kagome non era affatto in grado di intendere e di volere.
E forse questo lo faceva sentire più leggero, visto che, quasi sicuramente, non avrebbe mai avuto un simile coraggio nel dirle quelle cose, se lei fosse stata lucida e cosciente. Almeno aveva potuto sfogarsi, in un certo senso, e dare libero sfogo a quello che sentiva.
“Sei proprio noioso…” la sentì biascicare prima di vederla stesa a terra addormentata.
Sorrise leggermente, posandole una mano sulla guancia, ascoltando il suo respiro regolare e guardando il suo volto rilassato.
Poi la prese in braccio e si incamminò in direzione della caserma per farla stendere.
L’indomani mattina non ci sarebbe stato un piacevole risveglio per Kagome.

- Che ne pensi? -
- Che ci sarà da ridere… e da faticare
- .
Hirador si voltò verso Harliem, guardandola nei suoi occhi fiammeggianti, ora con una nota di ironia.
- Perché mi guardi così? – le domandò infatti
- Sicuro che non ci sia altro? – gli domandò la dragonessa con tono divertito, seguendolo dopo che aveva preso a camminare verso la radura
- Ovvio, non vedo cosa dovrei aggiungere – ribatté ostinato il Drago, fingendo ingenuità su quello che l’altro intendeva
- Hirador, si vede lontano un miglio che sei geloso – ridacchiò Harliem, ammiccando con gli occhi carmini.
L’altro non si prese neanche la briga di rispondere, confermando così i sospetti della dragonessa.
Anche lei, comunque, non poteva di certo dire con assoluta serenità di non provare un senso di gelosia nei confronti di quello che stava accadendo tra Inuyasha e Kagome. Di certo ne era più che felice, adorava la miko e già da tempo aveva compreso quello che si agitava nell’animo del suo Cavaliere.
Però, nonostante la contentezza e nonostante sapesse che era giusto così… era comunque difficile.
- Sarò anche geloso… - sentì poi sbottare Hirador dopo attimi di assoluto silenzio – Ma ciò non significa che non sia contento per loro, e comunque… - disse poi, avvicinandosele e assumendo un tono malizioso – Non sono di certo gli unici a poter godere della compagnia di qualcun altro che non sia il proprio Cavaliere… -
- Che… che intendi dire?
– domandò imbarazzata Harliem nel trovarselo così vicino
- Harliem, non è una novità che io ti veda in modo particolare… - le disse senza peli sulla lingua il Drago d’Oro – E credo che lo stesso valga per te - .
La dragonessa abbassò lo sguardo, imbarazzata. Allora se ne era accorto… ma, in effetti, non è che avesse mai fatto niente di particolare per nascondere la sua infatuazione.
- Dimmi, Harliem… vorresti essere la mia compagna? – le domandò poi, improvvisamente, lui, stupendola. Volse gli occhi ai suoi dorati, perdendosi in quel mare di sincerità e affetto… tutto rivolto a lei.
Lui, così fiero, orgoglioso, forte e coraggioso… lui, il Drago d’Oro, aveva scelto lei come compagna per la vita.
Lui, che aveva visto sempre irraggiungibile, ora le chiedeva di non lasciarlo, di condividere insieme l’eternità che avevano davanti.
Gli si gettò addosso, emettendo mormorii di piacere mentre accarezzava col muso le sue dure squame color della notte.
- Lo devo prendere come un sì? – ridacchiò Hirador, guardandola divertito
- Sì, sì, sì, scemo – esclamò lei ridendo, al settimo cielo.
Anche per loro si apriva una nuova fase di quella vita che, fin dall’inizio, li aveva visti protagonisti di un qualcosa di grande, che li avrebbe segnati per sempre.
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Kouga si guardò ancora una volta intorno, i suoi occhi celesti pieni di uno dei paesaggi più desolati che avessero mai visto.
Sull’Isola di Arlem pareva essere passato un tornado che, implacabile violento e incontenibile, aveva spazzato via senza remore tutto ciò che di bello era sorto sulla sua terra.
Il villaggio di Kandem non faceva eccezione, anzi, lì il martello degli Orchi era caduto con maggior ferocia e prepotenza.
Di quella che era una delle cittadine più importanti dell’isola, ora non rimaneva poco più che un cumulo di macerie, case bruciate, campi rivoltati… e una distesa di cadaveri che sembrava non finire mai.
Ogni qual volta massi e resti di costruzioni venivano sollevati o spostati, da lì faceva capolino un corpo… che si trattasse di donne, uomini o bambini.
L’ookami Youkai chiuse gli occhi, sospirando. Di certo non si aspettava, una volta arrivato lì, di trovare villaggi integri e con al massimo qualche ferito… ma così era davvero troppo.
Il massacro che si era compiuto lì… era opera di un qualcosa che andava al di là di ogni immaginazione. Quale mostro poteva compiere azioni simili?, si domandò rabbrividendo.
No, non erano affatto pronti per questo.
“Capitano”. Kouga si voltò, sentendosi chiamato da uno dei suoi sottoposti. Davanti a lui uno dei sei medici che facevano parte della loro squadra, uno Youkai di mezza età.
Lo guardò attentamente mentre si ripuliva le mani artigliate con uno straccio impermeato di sangue.
“Ciao Roy. Dimmi tutto” lo salutò, accennando un sorriso che il compagno contraccambiò, anche se per poco. I segni della stanchezza e dell’orrore per quella carneficina contrassegnavano i volti di ciascuno di loro.
“La somma Kaede si è appena svegliata. Finalmente le sue condizioni sono stabili e penso che tu ora possa parlarle, basta che non si affatichi troppo” lo informò lo Youko mentre il giovane Demone sgranava gli occhi. Finalmente una buona notizia.
“Non sai che gioia mi dai nel dirmi questo, Roy. Vieni con me, non vorrei che ci fossero poi delle complicazioni, non si sa mai”.
Il medico annuì e insieme al superiore si recarono alla tenda in cui era stata ricoverata la vecchia miko.
Da quando erano arrivati lì, era passata ormai una settimana e si erano mobilitati immediatamente per prestare i primi soccorsi.
Lo squadrone capeggiato da Kouga era il più grande dei tre che si erano recati sull’isola e, seppur quella fosse la prima volta in cui si trovava a dover gestire una situazione così complicata, l’ookami Youkai aveva dimostrato grandi abilità organizzative e spirito di intraprendenza.
La zona messa sotto la loro cura andava da Kandem fino a Gale, quest’ultima in condizioni migliori rispetto alle altre vista la presenza di diversi Cavalieri che erano riusciti, bene o male, a salvare in parte il proprio villaggio.
Per uno scherzo del destino, o per un preciso ordine, invece, Kandem era stata colpita duramente e ci sarebbe voluto molto tempo perché potesse riprendersi.
Tornare a Eldoras e dover fare il resoconto della situazione non sarebbe stato facile.
Nel formulare quel pensiero gli venne in mente il volto di Kagome, e la disperazione che l’aveva colta il giorno in cui avevano saputo dell’attacco all’isola.
Come avrebbe voluto evitarle altro dolore… ma almeno una buona notizia poteva dargliela: la somma Kaede in vita e in via di guarigione.
Facendo lo slalom tra le varie capanne, arrivarono davanti a quella della sacerdotessa.
Roy entrò per primo, seguito poi da Kouga che strinse leggermente gli occhi per abituarli alla semi-oscurità che vi era all’interno.
Posò lo sguardo sulla piccola figura stesa nel letto, ricoperta di pesanti coperte che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro, leggermente accelerato.
Vide il medico fermarsi accanto al letto, la schiena piegata sulla figura dell’anziana miko che, sentendo una presenza vicino a sé, aprì i piccoli occhi contornati di rughe e gli sorrise gentilmente.
“C’è qui il capitano Kouga… ve la sentite di scambiare qualche parola con lui?” le domandò con fare gentile il Demone, indicando l’ookami Youkai che si era avvicinato per farsi vedere, e che la guardava con occhi rassicuranti e gentili.
“Sì, non c’è alcun problema, anzi, desideravo proprio parlare con qualcuno che potesse darmi notizie da Eldoras” rispose con tono flebile ma sicuro Kaede, posando gli occhi sulla figura slanciata dello Youko.
Roy annuì, allontanandosi dalla donna e rivolgendosi a Kouga
“Resto qui fuori, se ci sono problemi chiamami”.
Il capitano annuì, guardandolo poi uscire, rimanendo leggermente abbagliato quando scostò la tenda e i raggi del sole entrare prepotenti per falciare quella oscurità fittizia.
Si voltò nuovamente, sorridendo alla miko. Prese una sedia e le si sedette vicino, in modo tale che lei non dovesse fare tropi sforzi per parlare e per farsi sentire.
“Sono Kouga, capitano del reggimento d’attacco di Metallo della Milizia e… sono anche un grande amico di Kagome” si presentò, volgendole un sorriso nel nominare la ragazza.
“Davvero? Ditemi, vi prego, come sta mia nipote?” domandò con foga Kaede.
“Bene, ora. Bisogna dire che ha passato dei momenti difficili, ma vostra nipote è forte e sta lottando per uscirvi completamente. È rimasta molto colpita dalla notizia dell’attacco qui, all’isola. Fortunatamente siamo riusciti a calmarla… aveva intenzione di venire qui, ma era chiaro che l’assalto ai vostri villaggi fosse un chiaro segnale indirizzato a lei, e venire qui sarebbe stato un suicidio”.
La donna sospirò, annuendo.
“Kagome è così. È impulsiva e testarda, immagino vi abbia dato un gran da fare” disse, ridendo leggermente
“Non vi preoccupate. È una ragazza saggia e intelligente, e lei per prima sa riconoscere i propri errori. Non ho mai conosciuto persona con più forza d’animo. Il solo riuscire ad accettare la verità sul proprio conto è sinonimo di grande coraggio.
“La vita le ha riservato solo dure prove, ma nonostante questo sta riuscendo ad affrontarle, sì, con qualche timore e incertezza, ma sempre con gran fermezza. Vi farà piacere sapere che ha trovato dei grandi amici e che ora è più serena, ha un sorriso invidiabile”.
Kaede rimase colpita nell’ascoltare quanto dettole dall’ookami Youkai. Alcune lacrime presero a solcarle il volto rugoso, mentre un largo sorriso si faceva strada.
“Vi ringrazio immensamente per le vostre parole. Non sapete quanto mi rendete felice. Quella povera ragazza è stata segnata da un destino crudele e pensavo che non sarebbe mai più riuscita a ritrovare la gioia di vivere e il sorriso… sono felice che non sia così. E ditemi… è riuscita a diventare un Cavaliere? Temo di no, visto che l’unico uovo covato era destinato a Souta, per cui di sicuro si tratterà di un maschio…” chiese con tono dispiaciuto e rassegnato la vecchia miko, rimanendo però confusa dal sorriso sul volto dello Youko
“Ho paura di dovervi smentire, somma Kaede. Ha del miracoloso, ma vostra nipote è stata scelta, è diventata un Cavaliere e non uno qualsiasi, ma come ben saprete, il Cavaliere Supremo. E sì, come avete ben supposto voi, il Drago d’Oro, Hirador, è un maschio. È la prima volta in secoli che accade una cosa simile” le spiegò Kouga, mentre ancora provava la grande emozione di quel giorno, il giorno di un miracolo.
Kaede era senza parole, non poteva credere alle sue orecchie, quella storia aveva dell’incredibile.
“È… è una cosa straordinaria! – esultò – Ora sì, ora sì che la mia piccola Kagome potrà essere felice. Con un Drago al suo fianco riuscirà a superare qualsiasi difficoltà”
“Lo credo anche io. E poi il legame tra lei e Hirador è davvero speciale. Sono assolutamente affiatati”.
Restarono alcuni minuti in silenzio, in sottofondo il vociare dei soldati e, a intermittenza, il clangore delle armi.
“Somma Kaede… forse vi chiedo troppo in questo momento, ma ho bisogno di sapere con esattezza cos’è successo. Purtroppo bisogna ammettere che Naraku ci ha messo davanti ad un nemico di cui sappiamo ormai poco” sbottò poi Kouga, guardando dritto negli occhi la vecchia.
“Naraku? Dietro questo attacco c’è Naraku?” domandò shockata la miko
“Con molta probabilità, sì. Che senso avrebbe avuto per gli Orchi attaccare l’Isola di Arlem? Quali vantaggi ne avrebbero tratto? Per loro sarebbe stato più sensato attaccare Eldoras, o almeno la Terra Centrale. Non ce lo saremmo aspettati e molto probabilmente ci avrebbero recato danni non indifferenti.
“L’unica spiegazione è che dietro a tutto questo ci sia Naraku. Di sicuro sarà venuto a sapere che l’ultima erede al trono di Eldoras era sopravvissuta, e a rafforzare questa ipotesi, la fuga del Principe Inuyasha dalla Shima no Nanimo. Il sospetto che il Governatore avesse deciso di ricostituire il Consiglio delle Tre Terre gli dev’essere sorto naturale”.
“Stando così le cose non posso pensare altrimenti. – convenne Kaede – Comunque, sono spiacente, ma posso dirvi ben poco. Quello che è certo è che quegl’esseri sono peggio di bestie. Ci hanno attaccato all’improvviso e siamo riusciti a fare ben poco, come avrete visto… non so nemmeno come sono riuscita a rimanere in vita” gli disse con tono sofferto Kaede mentre ricordava il terribile giorno dell’attacco.
Lei era nella sua piccola casa in fondo alla foresta quando un ragazzo del villaggio, col volto coperto di sangue, era accorso alla sua porta reclamando disperatamente il suo aiuto.
E una volta arrivati al villaggio… le fiamme, le macerie, i feriti… e i cadaveri degli abitanti sparsi ogni dove, visi infantili sconvolti da espressioni di dolore, occhi ricolmi di sorpresa, corpi mutilati e tanto, tanto, tanto sangue.
Serrò gl’occhi mentre tremori scuotevano il suo corpo ferito.
“Mi spiace doverle farle ricordare momenti così terribili…” si scusò Kouga, abbassando lo sguardo.
“No, non ce n’è bisogno. Purtroppo non so dirvi molto, quello di cui sono sicura è che non notato niente di strano nel loro modo di combattere, come ad esempio la Magia, se non la ferocia senza pari. Anche se avessimo saputo di un imminente attacco non credo che avremmo potuto fare molto. Contro dei Demoni ce la saremmo cavata sicuramente, ma quelle creature non vi hanno niente a che fare”
“Capisco. Vi ringrazio comunque” stettero nuovamente in silenzio, Kouga nel soppesare e valutare quanto riferitegli dalla miko, Kaede nel ripensare a quanto accaduto.
“Quanti… quanti sopravvissuti ci sono?” domandò poi lei, titubante, temendo per quello che lo Youko le avrebbe rivelato.
Il Demone lupo sospirò mentre le linee del suo volto si facevano dure.
“Non molti, purtroppo. Gli Orchi hanno fatto terra bruciata, non solo delle case e delle costruzioni, ma e soprattutto degli abitanti. Se ne saranno salvati… un centinaio” la informò con un enorme peso sul cuore. Pronunciare quelle parole era stata una delle cose più orribili che avesse mai dovuto fare. Ma rimandare o addirittura mentirle non sarebbe servito a nulla. Prima o poi lo avrebbe visto lei stessa.
Gli occhi della vecchia sacerdotessa si riempirono di lacrime nel ripensare a ciascuna delle vite che avevano animato il villaggio. Per lei erano stati sempre come fratelli e sorelle o dei figli… sapere che la maggior parte di loro non c’era più le spezzava il cuore.
“Sono spiacente di doverle dare solo brutte notizie…” sussurrò flebile Kouga, costernato.
“No, voi non avete fatto alcunché, anzi. Da come me ne avete parlato, siete molto affezionato a Kagome e questo mi fa davvero piacere. Mi avete detto che mia nipote sta bene e si sta liberando dai demoni del suo passato, vi siete occupati di me, del mio villaggio e dell’intera isola. Voi avete fatto più di quanto potete immaginare e io ho solo da ringraziarvi”.
“Non ditelo nemmeno per scherzo. Questo è ciò a cui ho deciso di dedicare la mia vita, per cui non avete nulla di cui ringraziarmi. Adesso dovete solo pensare a guarire” le disse gentilmente, ricevendo il sorriso di lei in risposta.
“Somma Kaede… è da un po’ che ci penso… non so quando faremo ritorno ad Eldoras ma… se le vostre condizioni ve lo permetteranno… vorreste venire alla capitale e rivedere così Kagome?” le domandò, guardandola sgranare gli occhi.
“I- io… potrei davvero?” gli domandò quasi incredula
“Certamente, il mio Slyfer non avrà problemi a trasportare una persona in più” la rassicurò. Kaede rimase in silenzio, riflettendo su quella proposta. Dopo poco, però, sospirò, sorridendo tristemente
“Mi piacerebbe, mi piacerebbe davvero. Non avete idea di quanto mi manchi mia nipote ma… questo adesso è il mio posto e coloro che sono rimasti qui hanno bisogno di me. Se me ne andassi sono sicura che parte del loro coraggio, parte della loro voglia di vivere e di andare avanti scemerebbe. No, non posso permettere che tutto ciò che abbiamo costruito crolli come un castello di sabbia”.
Kouga la fissò sorpreso, per poi sorridere. Adesso capiva da chi aveva preso Kagome tutto quel coraggio e quella forza d’animo.
“Come desiderate. Sono sicuro che vostra nipote lo comprenderà, infondo è come voi, mi è parso di capire… dedita al dovere e vicina ai bisogni degli altri. Sapervi in salute credo che la renderà comunque felice” le disse, per poi alzarsi, sempre guardandola sorridendo
“Credo che ora sia meglio che vada. Avete bisogno di riposo, e io ve ne ho già privato troppo. Passerò più tardi per tenervi ancora un po’ compagnia… vi va?” le domandò con fare divertito
“Certo, è sempre bello avere intorno dei bei ragazzi” scherzò a sua volta la miko, sorridendogli mentre lo guardava voltargli le spalle e uscire.
Sospirò sollevata nel pensare alla nipote. Chissà che lei, finalmente, non riuscisse a trovare la propria felicità….
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- Hai… hai detto… Onigumo Higurashi?! – la voce stupita e incredula di Kurikara riecheggiò nella sua testa, la sua meraviglia era palpabile e lo fece sorridere.
“Sì, hai capito bene. Adesso ti ricordi di me, Kurikara?” gli domandò Naraku, guardandolo nei suoi meravigliosi occhi fatti di oro colato.
- Tu… tu saresti il figlio di Alexier? Ma questo starebbe a significare che…! -
“Ti prego, le spiegazioni a più tardi. Credo che non sia saggio, per noi, restare qui più del dovuto. Sarebbe meglio se tu ora venissi con me, ti assicuro che avrai tutte le risposte che desideri” lo interruppe il Mago
- Va bene. E dov’è che dovremmo andare? Probabilmente, sì, se restiamo qui quasi sicuramente la mia presenza verrà percepita, ma volando non ci faremmo notare meno… - obiettò il Dragone d’Oro, guardando scettico l’individuo che aveva davanti, ancora incredulo della sua reale identità
“Vecchio mio, non sottovalutarmi. Sicuramente mio padre era ben dotato e portato per la Magia, ma solo perché aveva te vicino. In me, a differenza sua, scorre per metà pura Magia. Vedrai che uscire dalla Terra Centrale sarà un gioco da ragazzi”.
Chiuse gli occhi scarlatti, sospirando come a volersi liberare di tutto ciò che potesse distrarlo. Poi, quando si sentì pronto, cominciò a recitare con voce bassa una specie di tantra in una lingua antica come la terra stessa.
Kurikara lo guardò attentamente, percependo, mano a mano che il Majutsushi continuava nella sua opera, il suo corpo farsi più leggero, quasi inconsistente, e il paesaggio che li circondava sbiadire, carpito da una nebbia impalpabile. Sbatté più volte l’occhio destro, non capendo cosa stava accadendo.
Quando lo riaprì il panorama che fino a pochissimi secondi prima gli aveva riempito la vista, ora era scomparso per lasciare lo spazio a una terra brulla, desertica.
Si guardò intorno disorientato, quando poi il suo occhio dorato venne riempito dal profilo imponente di una città smisurata lugubre e sinistra, circondata da sabbia fluttuante, rendendola quasi semi- nascosta.
“Ti do il benvenuto a Kaosu, Kurikara. La tua nuova casa. È da qui che, finalmente, potremo portare a termine quanto cominciato…”.
Al Dragone, nell’ascoltare quelle parole, passò un brivido.
Non sapeva se di terrore o di gioia.
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“Si può sapere che diavolo ci fai tu qui?!?”.
Il cielo albeggiante sovrastava Hogarth ancora avvolta dalla foschia notturna e dai resti della luna, la quale, via via che il sole si mostrava da dietro l’orizzonte, sbiadiva come un ricordo sussurrato.
Inuyasha, da poco alzatosi, ora guardava furibondo la piccola figura che, con occhi pieni di timore ma anche risolutezza, gli stava davanti, seduta sul suo letto.
Come la volta in cui si erano recati sull’Isola di Arlem, anche per questa impresa avevano avuto una sorpresa inaspettata.
“Shippo… perché sei venuto? Lo sai che si tratta di una missione pericolosa, no?” Miroku pose quella domanda al piccolo Demone con tono pacato, sedendogli vicino, anche per evitare che l’ira incontrollata del mezzo- demone si abbattesse su di lui come il mare in tempesta.
“Ecco perché questo moccioso non era venuto a salutarci, l’altra mattina… si era nascosto nei nostri bagagli! Non ti è bastata la ramanzina che ti hanno fatto per l’altra volta?!?” sbottò infatti l’Hanyou, avvicinandosi di un passo a Shippo che si nascose dietro la schiena del Majutsushi.
“I- io… io volevo solo stare insieme a voi, stare con Kagome! Volevo aiutarvi!” esclamò titubante il piccolo Youkai, guardando con i suoi occhi smeraldo quelli irati di Inuyasha.
“Che razza di-!”
“Calmo Inuyasha. – lo interruppe Miroku prima che il mezzo- demone esplodesse nuovamente, sorridendo poi gentilmente a Shippo – Sei davvero molto gentile e io, personalmente, apprezzo molto il tuo coraggio. Sono sicuro che anche Sango e Kagome saranno contente di vederti”
“Gra… grazie Miroku!” esclamò commosso il piccolo Youko, guardando poi storto l’Hanyou e facendogli la lingua
“Feh!”.
“Però devi promettermi che farai tutto quello che ti verrà detto. Non abbiamo idea di quello che troveremo in questi giorni, per cui dobbiamo essere prudenti, intesi?” gli fece con tono severo il Majutsushi, ottenendo l’assenso sicuro del Demone.
“Se avete finito, sarà meglio che ci sbrighiamo. Gli altri ci aspettano per la colazione e poi dobbiamo partire” sbottò irritato Inuyasha accostato alla porta, pronto per uscire. Cosa che avrebbe già fatto se una pulce di Demone di sua conoscenza non avesse fatto loro quella sorpresa, per lui sgradita.
“Sì, sì, arrivo! Forza Shippo, andiamo, altrimenti rischiamo di farci dare un morso da quel cagnaccio scorbutico!” sussurrò ridacchiando Miroku all’orecchio dello Youkai che rise a sua volta
“Guarda che ti ho sentito!” l’ammonizione del mezzo- demone non tardò ad arrivare e, ridendo nervoso, infine anche il Majutsushi uscì, accompagnato dal piccolo Shippo.

“Shippo!”
“Kagome!” il piccolo Demone, non appena vide la ragazza, le si gettò tra le braccia, godendo poi delle sue carezze gentili.
“Tzè, se continuate a coccolarlo così finirete per viziarlo!” sbottò indispettito l’Hanyou, infastidito da quella scena
“Cosa ci fai qui? Lo sai che è pericoloso, sicuramente saranno tutti preoccupati al Palazzo!” esclamò Kagome, ignorando completamente le parole dell’altro Cavaliere
“Mi dispiace, ma io volevo stare con te e poi volevo aiutarvi!” le disse il piccolo Demone, con occhi risoluti.
Lei lo guardò per qualche istante, per poi sorridergli dolcemente
“Però, mi raccomando, resta sempre vicino a noi” si aggiunse Sango che gli diede un’affettuosa carezza
“Ahahah, mi piaci piccolo! Sei stato coraggioso a venire fin qua, diventerai un bravo ragazzo!” si aggiunse Khel, spettinandogli giocosamente i capelli ramati “Forza, ora tutti a fare colazione altrimenti faremo sera!” e presero ad uscire dalla caserma per dirigersi, come la sera precedente, verso la locanda.
“Shippo, scusami, ti dispiacerebbe andare un po’ da Sango? Devo… devo andare a prendere una cosa!” gli domandò Kagome sorridendogli
“Va bene” e il piccolo Youko andò ad accoccolarsi tra le braccia della Cacciatrice, già avanti di qualche passo rispetto alla miko.
Il Cavaliere Supremo sospirò, portandosi una mano alla testa, mentre sul volto si dipingeva un’espressione sofferente.
Quella mattina non l’aveva accolta di certo un caloroso risveglio, tutt’altro, il buongiorno glielo aveva dato un lancinante mal di testa, accompagnato da nausee e giramenti.
La sera prima doveva essersi ubriacata, quando lei l’alcool non lo reggeva affatto!
E chissà cosa aveva fatto… o, peggio, detto! L’ipotesi di aver svelato cose in quel frangente la turbava fortemente… soprattutto perché ricordava, molto vagamente, di essere stata per la maggior parte del tempo con Inuyasha.
Alzò gli occhi in cerca dei suoi capelli argentei, stupendosi leggermente di non vederli insieme a quelli degli altri, davanti a lei.
Volse il capo, e se lo ritrovò di fianco, che guardava con fare orgoglioso l’orizzonte.
Lo fissò, indecisa sul da farsi, ma non aveva il coraggio di chiedergli cosa fosse successo la sera prima.
“Come ti senti?” lui, inaspettatamente, fece la prima mossa, posando finalmente gli occhi ambrati sulla sua figura.
Kagome si ritrovò, con sorpresa, a pensare che le era mancato sentire il suo sguardo su di sé.
“Bè, ecco… non molto bene, a dir la verità” rispose, abbassando gli occhi, imbarazzata per la figuraccia che aveva sicuramente fatto. Chissà cosa aveva pensato di lei, vedendola in quello stato….
“Già, non mi sarei aspettato il contrario. E se mi avessi detto che stavi bene non ci avrei creduto” le disse divertito, con un ghigno sul volto a mo di scherno.
Le guance le si imporporarono, un po’ per l’imbarazzo, ma soprattutto per l’irritazione
“Ehi, non ti permetto di prendermi in giro! Non ci posso fare niente se non reggo l’alcool!” ribatté lei, guardandolo furibonda
“Ah, che non lo reggi lo avevo capito, però bisogna dire che ci avevi preso gusto, eh?!” insisté lui, sempre guardandola con arroganza
“Non mi rendevo conto di quello che facevo, penso sia comprensibile!”
“Se, per fortuna che c’ero io, altrimenti questa mattina non saresti riuscita neanche a dire ‘a’!”
“Oooh, e così ti aspetti che ti ringrazi? Possibile che tutte le volte che mi aiuti tu lo faccia solo per poi rivendicare ragione e gratitudine?! Non mi sembra di averti mai chiesto niente!!!” rispose Kagome, adesso veramente infuriata
“Spiacente, ma credo che continuerò a farlo almeno per tutt’oggi… diciamo che è la tua pena per quello che hai fatto ieri sera…” le disse con fare misterioso Inuyasha, prendendo a camminare, volgendole così la schiena. Lei deglutì nervosa a quelle parole.
“Che… che cosa ho… fatto, ieri sera?” gli chiese, imbarazzata fino all’inverosimile, non riuscendo a immaginare cosa potesse essere successo.
Lui si voltò, tornando sui suoi passi, chinandosele poi davanti, fino a portare i loro visi uno davanti all’altra, fissandola così intensamente che la miko non poté fare altro che arrossire, ancora.
“Non- te- lo- dico” le disse, scandendo bene le parole, con un sorriso a trentadue denti, per poi riprendere a camminare mentre un sorriso divertito e rilassato gli nasceva sul volto.
Il Cavaliere Supremo rimase ferma a fissare il punto in cui lui era rimasto fino a quel momento, shockata da quel comportamento.
Lei doveva sapere, non poteva lasciarla così!
“Ehi, aspettami, non puoi piantarmi in asso così, devo sapere cos’è successo ieriii!” urlò, correndogli dietro, mentre il sole, alle loro spalle, illuminava e cancellava le ombre della notte.

[…]

Era piena mattina quando il gruppo partito da Hogarth era ancora in volo sul perimetro affidatogli per controllare l’eventuale passaggio di Orchi.
Il cielo, col passare delle ore, era andato incupendosi e un fastidioso odore di pioggia si era alzato, colpendo il fine olfatto sia dei Draghi che di Inuyasha e Shippo, mentre il vento pungente scoteva le chiome degli alberi, rese più scure dall’assenza splendente del sole.
Inuyasha si guardava intorno infastidito, sentendo su di sé quell’aria così pesante, rendendolo più che nervoso.
Dopo aver fatto una frettolosa colazione, erano partiti immediatamente, sotto la guida di Khel, per perlustrare, centimetro per centimetro, la zona circostante la guarnigione, scendendo a terra ogni qual volta avessero avvistato qualcosa di sospetto.
Ma niente.
Né una traccia, né un odore, niente che potesse far pensare a un passaggio di un qualcosa di diverso alle creature che abitavano quei luoghi.
E questo, per Inuyasha, era sospetto. Gli pareva impossibile che gli Orchi, da quando erano stati avvistati, non fossero passati di lì o, almeno, non fossero nelle vicinanze.
Si trovavano proprio nei pressi del confine col Nord, e quella, per forza di cose, era l’unica via che si poteva prendere, a meno che non si volesse sorpassare la frontiera, cosa improbabile nel loro caso.
- C’è qualcosa che non torna – Harliem espresse per lui le sue perplessità.
Il Cavaliere annuì, sempre guardandosi intorno con attenzione.
- Non so cosa pensare, sono completamente disorientato. È impossibile che un contingente di quelle dimensioni non venga avvistato… e ancora più assurdo mi sembra il non avvertirne l’odore. E penso che l’odore di un Orco sia facilmente distinguibile -
- Già. Anche Hirador ha le nostre stesse perplessità, e penso anche tutti gli altri – Inuyasha si voltò verso il Drago Supremo, incontrando però lo sguardo serio di Kagome. Le fece un cenno con la testa, come per dirle che sapeva quello che pensava.
Osservò anche il resto dei membri del gruppo, ciascuno dei loro volti tirato in un’espressione tesa e preoccupata.
Ma presto alla preoccupazione si sostituì la sorpresa, quando un nugolo di frecce nere piombarono su di loro, i Draghi che muovevano agitati le ali, facili bersagli per quelle saette di morte.
“Sono gli Orchi!” tuonò Khel, e i membri del Consiglio volsero lo sguardo a terra, dove videro una distesa immensa di quelle orribili creature.
Kagome sgranò gli occhi, terrorizzata e inorridita dalle oscure figure. Ma più le guardava più in lei montava una rabbia furibonda.
Loro, erano quegli esseri disgustosi ad aver attaccato l’Isola di Arlem, ad aver attaccato Kandem… ad aver fatto del male a sua nonna e alle persone che amava.
“In qualche modo dobbiamo atterrare, se restiamo in volo siamo in svantaggio!” esclamò, guardando preoccupata le ali di Hirador, così esposte
“Andiamo più avanti, dobbiamo trovare spazio per arrivare a terra!” ordinò Khel, esortando Oserfh ad andare avanti, portandosi più in alto, cercando così di evitare le frecce.
Gli altri lo imitarono mentre il sibilare dei dardi e i grugniti feroci degli Orchi, sotto di loro, gli riempivano le orecchie.
Il primo della fila era Inuyasha che, con i suoi sensi più sviluppati, cercava di capire e individuare il luogo migliore e che permettesse loro di atterrare senza subire troppi danni.
Kagome gli era subito dietro, affiancata da Sango, Miroku ancora dopo e infine Khel chiudeva la fila, attento ad osservare le mosse del gruppo di Orchi che si stavano lasciando alle spalle e che, nonappena i Draghi avevano ripreso il volo, avevano preso a inseguirli.
Il comandante della guarnigione li guardò preoccupato e sospettoso. Anche se quel gruppo era numeroso, il contingente avvistato non poteva di certo limitarsi a quel numero di membri.
No, dovevano essere di più, molti di più, secondo gli avvistamenti precedenti.
C’era qualcosa di sospetto.
“Inuyashaaa!!!” il grido impaurito di Kagome interruppe le sue riflessioni e i suoi timori vennero confermati quando vide, sotto di loro, in un’aperta radura, un’altra parte di quello che doveva essere l’intero contingente nemico.
Si voltò, e alle loro spalle non c’era più il gruppo di Orchi che fino a quel momento li aveva seguiti, ma si era fermato prima, giusto per dar loro l’illusione di essere braccati.
Maledizione! Li avevano fregati!

Kagome stava volando con occhi circospetti, cercando ogni dove un punto dove poter atterrare, quando, all’improvviso, nonappena sotto di loro si aprì una radura completamente sgombra di alberi, vide Harliem cadere rovinosamente a terra, e con lei Inuyasha.
Il cuore le si fermò e i suoi occhi videro a rallentatore la coppia precipitare da quell’altezza e toccare terra con un impatto violentissimo, in modo particolare il Cavaliere che, per l’urto improvviso, venne sbalzato via dalla sua cavalcatura e cadere molti metri più in là dal suo Drago.
“Inuyashaaa!!!” urlò disperata nel vederlo riverso a terra, immobile, circondato dal nugolo di polvere che si era alzato alla sua caduta.
Harliem era nelle sue medesime condizioni, con la gamba posteriore destra sanguinante, ancora imprigionata dalla morsa del rampino appuntito che gli Orchi avevano utilizzato per tirarla e farla cadere a terra.
Sotto di loro il gruppo di Orchi si stendeva come una macchia della pece più scura, la quiete della radura piena dei loro ruggiti di morte e contentezza per il Drago abbattuto.
“Presto, dobbiamo scendere ugualmente, dobbiamo proteggere i loro corpi!” li incitò Khel che si lanciò in picchiata mentre Oserfh, per farsi spazio e poter finalmente toccare terra, lanciava fiamme a ripetizione, allontanando così i nemici.
Lo stesso fecero Miroku e Sango che attaccarono in punti diversi, ma vicini, e comunque tutti in prossimità del mezzo- demone e della dragonessa.
Kagome invece era ancora in aria, incapace di compiere un qualunque movimento, cosa che Hirador percepiva chiaramente, con gl’occhi pieni della terribile scena a cui aveva assistito.
Fissò con orrore la figura stesa a terra dell’Hanyou, i capelli argentei sparsi in modo scomposto sull’erba umida.
“Inuyashaaa!!!” urlò ancora, un grido disperato tra un coro di gemiti diabolici.
E sulle sue guance, insieme alle sue lacrime, ora presero a scivolare anche le gocce di pioggia.

FINE 28° CAPITOLO.

o.o
Ammazza, che fine che vi ho sparato! XD
Spero che il capitolo ripaghi l’attesa… che ho veramente bisogno di farmi perdonare -_____-‘’’
Pensavate però che vi svelassi tutto il mistero di Naraku, eh?!? Col cavolo! Muahahahahahah!
E poi finalmente anche sti Orchi fanno qualcosa! Sempre a grugnire e basta… che noia! XD
Mi è costato molto scrivere l’ultima parte… la mia piccola Harliem! Scusami, non volevo farti soffrire così! >.<
E poi Hirador… ah, Hirador! Ultimamente si stanno dichiarando un po’ tutti, qua! E che è, un’agenzia di matrimoni?!? XD
Mi sono divertita e anche un po’ commossa a scrivere quella parte… io adoro la coppia Hirador- Harliem! *-*
Adesso staremo a vedere quello che succederà… bisogna prendere anche in considerazione l’effetto che potrà avere su di me il mio trasferimento a Milano… mah, chissà! XD
Bien, ora vi saluto, mi scuso veramente tantissimo e ancora per l’enorme ritardo, spero davvero di non commettere più un crimine del genere – o, almeno, non di questa portata! ;P.
Aspetto vostre notizie,
ci vediamo col 29° capitolo,
baci,
ka_chan ^_____________^

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Capitolo 30
*** cap29 "NELLA PAURA, IL TUO CUORE" ***


Lo so, lo so, sono in ritardo, più che in ritardo.
Ma voi non avete idea dell'odissea che ho dovuto affrontare per pubblicare e scrivere questo capitolo. Il colleggio in cui - purtroppo - sto, mette a disposizione pochi computer, i quali quasi sempre occupati oppure, quando sono liberi, non va internet.
Inoltre la scuola mi occupa molto tempo - anche se passo i giorni più belli della mia vita *-* - per cui il tutto si riduce a ben poco tempo.
Ma come ho già detto altre volte non ho alcuna intenzione di abbandonare questa storia, solo vi chiedo di capirmi e portare pazienza.
Comunque credo che questo capitolo renderà felici molti di voi e spero in questo modo mi perdonerete.
Purtroppo - ma che strano! <___< - sono di fretta, per cui non faccio i ringraziamenti ad personam, ma comunque vi ringrazio davvero tantissimo tutti quanti, sia per i complimenti che sempre mi fate, sia perchè continuate a sostinermi! Non sapete quanto mi fate felice.
Ora vi saluto, vi lascio al capitolo con la speranza che vi piaccia, baci ^_________^

29° CAPITOLO "NELLA PAURA, IL TUO CUORE"

La pioggia cadeva fredda, battente, quasi pungente, l’aria piena del suo scrosciare violento sulla terra e gli alberi intorno, le cui foglie si piegavano ripetutamente sotto i suoi colpi.
La pioggia cadeva, conferendo a ciò che si stava consumando in quel luogo un aspetto ancora più minaccioso e cruento.
Il clangore delle armi e i grugniti animaleschi degli Orchi fendevano l’aria quasi come lame invisibili, e tra queste, i ruggiti potenti e feroci dei Draghi, difensori di quella pace spezzata. Già da diversi minuti il combattimento tra gli invasori e i Cavalieri era cominciato, sotto gli occhi ancora increduli e spaventati del Cavaliere Supremo, tuttora sospeso in aria sul suo Drago d’Oro.
Fu proprio il ruggito dolorante della creatura a destare Kagome, ora veramente consapevole di quello che stava accadendo.
Volse la sua attenzione a Hirador, notando così una freccia scura impiantata nella sua ala destra.
Spalancò gl’occhi argentei, per poi serrare la mascella con rabbia.
Guardò sotto di sé, mentre nugoli di frecce continuavano ad essere lanciate nella loro direzione.
Osservando le mosse degli Orchi non poté fare a meno di notare una figura riversa a terra, i lunghi capelli candidi, ora inzuppati d’acqua e fango, disposti malamente intorno a sé, il corpo robusto e scattante quasi schiacciato dalle masse di quelle ignobili creature che gli si erano accalcate intorno.
Inuyasha.
Aggrottò le sopracciglia, serrando ancora di più la bocca mentre una rabbia furiosa le riempiva gli occhi e mandava in fermento il suo sangue.
Estrasse la spada che reggeva al fianco mentre un’aura di potere prendeva a circondarla. “Hirador, ce la fai?” domandò al Drago
- Naturale! Andiamo a fargliela pagare, Kagome! Quegl’animali non dovevano osare ferire la mia compagna! – le rispose, con tono furibondo la creatura, facendola restare sorpresa per quello che aveva detto. Sorrise, con gli occhi pieni però di desiderio di vendetta.
Con un ruggito assordante il Drago d’Oro prese a gettarsi in picchiata verso gli Orchi che si frapponevano tra Inuyasha e Harliem, e che gli altri tre Cavalieri non riuscivano a tenere completamente a bada.
Quando fu abbastanza vicino al suolo, Hirador tirò il fiato, ingrossando il collo ricoperto di squame nere, trattenendo il respiro per qualche secondo.
Un attimo dopo, dalla sua bocca esplose una potentissima fiammata che andò a colpire quasi tutti gli Orchi i quali, per la velocità dell’azione, erano stati presi completamente alla sprovvista.
Con un pesante tonfo la coppia arrivò a terra, venendo immediatamente assaltata da altri nemici che erano andati a sostituire quelli eliminati.
Kagome scese prontamente dalla sua cavalcatura, con la spada sguainata pronta a fendere vite.
Sul suo viso comparve un’espressione che non assumeva da tanto tempo e che, dovette ammettere, le era mancata.
L’espressione di chi gioisce per il fatto di poter eliminare chi le ha causato dolore.
Guardò con disgusto le creature che le si paravano davanti, i corpi corpulenti e massicci, dalla pelle scura e spessa come cuoio, completamente fradici di pioggia che, ignara, continuava a battere sulle loro teste.
Affondò la lama nel primo nemico che osò attaccarla, notando quanto quella battaglia li avrebbe impegnati.
Quelli erano diversi da qualunque Demone avessero mai affrontato, le loro tecniche, i loro attacchi, le loro stesse fattezze erano qualcosa di completamente ignoto per loro.
La miko digrignò i denti nell’atto di sfilare la propria spada dal corpo senza vita dell’Orco abbattuto.
Sul suo viso nacque un’espressione di disappunto. Una semplice spada non sarebbe servita a granché contro quelle bestie.
Un ruggito la fece voltare, e vide Hirador sbranare un Orco che le si era pericolosamente avvicinato. Deglutì. Doveva restare calma e lucida, altrimenti non ne sarebbe uscita viva. Lanciò uno sguardo di intesa al proprio Drago, per poi voltarsi nuovamente e lanciarsi contro il resto dei nemici.
Nonostante la robustezza degli avversari, non ci volle molto perché i Cavalieri fossero in vantaggio, soprattutto grazie ai colpi dei Draghi, che con le loro fiammate e i loro artigli, avevano spezzato ben più di una vita.
Buona parte del merito andava a Khel e Oserfh, e vedendoli combattere si poteva notare benissimo quanto l’esperienza avesse forgiato il loro stile di combattimento e quanto fossero in sintonia.
Ferire Oserfh appariva un’impresa pressoché impossibile, e lo stesso per Hirador, visto che tra tutte le razze di Draghi, Metallo e Oro erano sicuramente i più robusti e quelli con squame quasi indistruttibili.
“Restate vicino a Inuyasha e Harliem!” la voce limpida e in quel momento ruggente di Miroku si levò tra i grugniti e le grida di dolore.
Kagome guardò il cugino che lanciava a destra e a manca un’infinità di colpi e incantesimi, aiutato da Varandir che con le sue fiammate gelate immobilizzava i nemici permettendo al proprio Cavaliere di finirli.
Tutti stavano dando il meglio, nonostante quella fosse la prima volta in cui si trovavano ad affrontare un combattimento di quella portata.
“Sieg!” l’urlo di Sango le fece voltare la testa in direzione del Drago, capendo il perché di quell’esclamazione preoccupata. Un Orco, grazie ai compagni che tenevano occupata la creatura, era riuscito a montargli sulla schiena e andare a colpire con un pugnale affilato in uno dei punti più delicati dei Draghi, lì dove l’ala si attaccava al resto del corpo senza la protezione delle squame.
Sieg emise un ruggito fortissimo di dolore e rabbia. Si alzò bruscamente sulle zampe posteriori, cercando di scrollarsi di dosso l’Orco che cadde per la mossa improvvisa.
Quando fu a terra il Drago gli si gettò addosso, afferrandogli con le fauci le gambe per poi strappargliele dal tronco.
La creatura sotto di lui emise un grugnito di dolore che a Kagome diede i brividi, per poi zittirsi con un sospiro.
Sieg non se ne curò, andando ad attaccare ferocemente altre di quelle bestie infami.
Il Cavaliere Supremo tornò a concentrarsi sulla sua battaglia, scostandosi dal volto una ciocca di capelli, appesantita dalla pioggia battente.
Nel farlo le tornò alla mente il giorno in cui aveva incontrato per la prima volta quel bizzarro gruppo proveniente dalla Terra Centrale. Anche in quell’occasione aveva dovuto combattere sotto la pioggia, accorgendosi poi della loro presenza… affondando, per la prima volta, in due occhi ambrati, penetranti e magnifici.
Nel ripensare all’Hanyou ferito, la rabbia in lei aumentò ancora, sfogandola su chiunque le capitasse a tiro.
Senza rendersene conto, il suo corpo venne circondato da una luce opalescente azzurrina, e dalle sue mani cominciarono a saettare colpi su colpi che andavano a falciare più di una vita alla volta.
Il furore e il ribrezzo verso quelle creature, peggiori delle bestie più sanguinarie, prese ad accecarla, rendendola una vera e propria macchina da combattimento, con l’unico scopo di portare il vento gelido della morte.
Mentre abbatteva l’ennesimo avversario, Miroku avvertì chiaramente il flusso di un’energia potentissima e incontrollata.
Volse lo sguardo, puntando i suoi occhi preoccupati verso la cugina palesemente fuori controllo.
“No, maledizione, no!” esclamò, perdendo completamente di vista il fatto di essere accerchiato.
- Miroku! – esclamò Varandir, gettandosi su un Orco con l’arma levata sulla testa del Cavaliere.
Il Majutsushi si girò giusto in tempo per vedere la testa strappata via dal resto del corpo della creatura nemica
- Che ti prende, non puoi permetterti di distrarti! – lo ammonì la dragonessa, senza guardarlo in volto, ma concentrata sugli avversari.
“Varandir, ho bisogno che mi copri le spalle, devo raggiungere Kagome! Sta perdendo il controllo!” le urlò, abbattendo un altro nemico.
Il Drago volse gli occhi al Cavaliere Supremo, capendo ora cosa preoccupasse Miroku.
- Va bene, và, ti copro io! – gli disse, parandogli si davanti mentre lui, ringraziandola, prendeva a muoversi in direzione della cugina.
Imprecò vedendo quanti Orchi si frapponessero tra loro. Ci avrebbe messo una vita! E mentre formulava quel pensiero, un boato gli riempì le orecchie, mentre una luce accecante lo costrinse a chiudere gl’occhi, cosa che non gli permise di mettersi al riparo quando un’onda d’urto fortissima lo scaraventò al suolo.
Rimase a terra per non seppe quanto tempo, la testa confusa mentre un fischio fastidioso gli riempiva le orecchie.
A fatica si mise seduto, stringendo gli occhi color del mare, per cercare di vedere qualche cosa tra il muro di polvere che si era alzato a causa dell’esplosione.
Quando il leggero vento gli permise di vedere tra quello, restò pietrificato da ciò che gli si parò davanti agli occhi.
Una distesa di cadaveri a perdita d’occhio si estendeva, rendendo nera quella che prima era una radura verdeggiante.
La pioggia continuava a cadere, creando un pavimento fatto di fango e sangue scuro.
E in mezzo a quella carneficina si stagliava la figura ansante e senza controllo di Kagome, ancora con le mani rivolte davanti a sé, e gli occhi pieni delle vittime che aveva mietuto al solo suo tocco.
Un movimento dietro di sé la fece voltare bruscamente, e vide un Orco rimasto miracolosamente illeso da quel colpo, lanciarsi con pazza ferocia verso il corpo riverso di Inuyasha, l’ascia stretta in mano pronta a calarsi sul collo del mezzo- demone, pronto a finirlo.
La miko sgranò gl’occhi a quella scena, venendo nuovamente invasa dalla furia cieca. Allungò il braccio destro, con la mano spalancata, in direzione della creatura che, improvvisamente, si ritrovò immobilizzata.
Con sguardo impassibile, Kagome intensificò quella presa invisibile, facendo gemere di dolore e sorpresa l’Orco, che si vide sollevare in aria, imprigionato senza via di scampo da quella mano fatta solo di aria ed energia.
Il Cavaliere Supremo guardava con indifferenza colui che si sarebbe andato ad aggiungere tra le sue altre vittime.
Prese a chiudere la mano a pugno, e man mano che lo faceva, l’Orco urlava sempre di più per il dolore, in un crescendo straziante che inorridì il resto dei Cavalieri, pietrificati da quella scena.
Miroku cercò di riscuotersi, e, seppur traballante, prese a correre verso la cugina per impedirle di compiere quel gesto disumano, lo stesso Hirador che, trovandosi estremamente vicino alla ragazza, era stato scaraventato lontano dall’onda d’urto di poco prima.
Il Majutsushi le aveva quasi toccato una spalla quando lei aveva stretto con forza il pugno e, insieme a quel gesto, il corpo dell’Orco era letteralmente esploso, non lasciando niente di sé, se non una pioggia di sangue che si andò a mescolare alle gocce di pioggia.
Il Mago si parò davanti alla cugina, restando gelato quando vide i suoi occhi vitrei, senza vita, quasi… malvagi.
“Kagome! Kagome! KAGOME!!!” urlò, scotendola, terrorizzato dall’idea che sarebbe rimasta così per sempre.
Tirò un sospiro di sollievo vedendo le sue iridi tornare al loro bellissimo colore argentato, ricolme di sorpresa. Sollevato nel vederla di nuovo normale, l’abbracciò di getto, sospirando di felicità.
“Mi… Miroku… che…” balbettò lei confusa e perplessa dal comportamento del cugino
“Kagome! Stai bene?!” le chiese di rimando lui, scostandola da sé
“S- sì, credo di sì! – rispose lei, con la testa confusa e ricordi sconnessi – E gli Orchi? Che ne è stato degli Orchi?!” domandò agitata, per poi guardarsi intorno e restare pietrificata dal panorama che le si stagliava dinanzi.
“M- ma che… che diavolo è successo?” domandò con voce strozzata, inorridita da quella carneficina
“Non ricordi nulla?” intervenne Khel, che si era avvicinato con Oserfh, Sango e Sieg invece al fianco di Miroku
“I- io, no, in effetti non ricordo le ultime cose che sono successe… ricordo solo che stavo combattendo e poi più niente” ammise la miko, rammaricata e confusa.
“Sei… sei stata tu, Kagome. Ti sei lasciata invadere dal potere e questi sono i risultati” le disse con tono dispiaciuto Miroku, tenendo lo sguardo basso.
Il Cavaliere Supremo sgranò gl’occhi, incredula e spaventata. No, non poteva essere vero, non poteva essere stata lei, pensò mentre il respiro le moriva in gola.
Ma lo sguardo basso del cugino, e gli occhi imbarazzati di Sango e Khel confermarono quella verità.
Volse i suoi occhi terrorizzati verso Hirador, l’unico che non distolse lo sguardo dal suo, ma che le si avvicinò, accarezzandola col muso.
Kagome lo abbracciò, mentre alcune lacrime prendevano a solcarle il volto e a brillare, illuminate da un timido raggio di sole che capitolò da dietro le spesse nubi.
Ormai la pioggia era cessata, e una leggera foschia abbracciava ora quel luogo di morte, prima rigoglioso e brulicante di vita.
Il Cavaliere Supremo si scostò dal proprio Drago, per puntare nuovamente gl’occhi su quello spettacolo orribile. Una distesa di corpi immobili si estendeva, nessuno era stato risparmiato.
E anche se meritavano di essere puniti per i loro gesti… non bisognava essere arrivati a quel punto.
Guardò inorridita le sue mani. Anche lei poteva essere equiparata a quelle bestie senza cuore.
Ma mentre lo sconforto e l’orrore le invadevano la mente, ricordò che, ora, c’era ben altro di cui occuparsi.
Volse bruscamente lo sguardo, per poi correre verso la figura ancora riversa a terra di Inuyasha.
Si fermò vicino al suo corpo, impaurita sul da farsi.
Era terrorizzata dall’idea che, se lo avesse girato, avrebbe visto il suo volto pallido e senza vita, il suo corpo che non si sarebbe mai mosso, i suoi occhi così belli chiusi per sempre.
Deglutì a fatica, la gola completamente secca.
Si chinò lentamente sul mezzo- demone, le mani tremanti tese ad afferrarlo, e a voltarlo verso di sé.
Afferrò la sua casacca completamente bagnata, per poi girarlo, lentamente, ritrovandosi il suo capo posato sulle gambe.
Era immobile. Il volto pallido come se l’era immaginato, gli occhi chiusi, e il corpo pesante. Non poteva essere. Non voleva crederci.
Chinò il capo, mentre il sangue sembrava essersi fermato nelle vene e il respiro imprigionato nei polmoni.
Poi, un gemito, un sospiro soffocato attirò la sua attenzione e posò i suoi occhi argentei sul viso dell’Hanyou, ora teso in un’espressione di dolore mentre, con la bocca aperta, cercava di respirare quanto più poteva.
Era… era vivo!
“Miroku! Miroku, presto! Inuyasha è vivo!” esclamò, guardandolo attentamente per cercare di capire quali fossero le sue condizioni.
Il Majutsushi, insieme agli altri, si avvicinò per constatare le condizioni del mezzo- demone. Miroku gli afferrò il polso, sentendone i battiti.
“È ridotto male – disse, guardando seriamente Khel – Dobbiamo portarlo al più presto alla guarnigione”
“Certo. E con Harliem che facciamo? Anche lei è ferita gravemente, soprattutto le ali. Non è in grado di volare” osservò il comandante, volgendo un’occhiata alla dragonessa, a cui si era affiancato un Hirador preoccupatissimo
“Oserfh!” chiamò, poi, l’uomo “Corri all’accampamento. Cerca Evan e digli di portare qualcuno che ci aiuti a trasportare Harliem con urgenza”
- Vado subito – rispose di rimando il Drago, alzandosi immediatamente in volo e partire in direzione di Hogarth
“Kagome” chiamò poi la principessa, catturando il suo sguardo leggermente incerto e spaventato “Tu parti con Hirador e tornate a Hogarth, insieme a Inuyasha. Perché Oserfh arrivi e torni alla guarnigione con i soccorsi ci vorrà del tempo, e Inuyasha ha bisogno urgentemente di cure. Te la senti?”.
“S- sì, ce la faccio. Ma voi?”
“Non ti preoccupare, restiamo qui a fare la guardia. Tu pensa solo ad arrivare il più in fretta possibile a Hogarth, qui ci pensiamo noi, non ti preoccupare” la rassicurò, sorridendole. Kagome si volse a guardare sia Miroku che Sango e anche loro le sorrisero
“Và, Kagome. Inuyasha adesso ha bisogno di te” le disse Sango, chinandosele vicino e posandole rassicurante una mano sulla spalla
“Hai ragione” rispose la miko, ora più sicura “Hirador!” chiamò poi il Drago che si era già avvicinato avendo sentito quali erano le decisioni prese
“Ce la fai ad arrivare a Hogarth trasportando anche Inuyasha?” gli domandò preoccupata, guardando la freccia ancora conficcata nella sua ala
- Sì, non ti preoccupare – le rispose, avvicinandosi a lei e al Cavaliere incosciente.
Kagome si alzò lentamente, posando con delicatezza a terra il corpo di Inuyasha. Poi si avvicinò al Drago, salendogli in groppa, aspettando che Khel e Miroku posizionassero Inuyasha davanti a lei, in modo che potesse reggerlo, anche se il suo corpo era di certo più ingombrante.
Per evitare di farlo muovere troppo, col rischio così di peggiorare eventuali fratture, lo legarono con diverse imbracature a Kagome e allo stesso Hirador.
“Ci vediamo a Hogarth. Mi raccomando, fate attenzione” si preoccupò la principessa.
“Sì, anche voi” rispose Khel, e insieme a Miroku e Sango, guardò i tre alzarsi in volo e scomparire dietro le nubi che si stavano lentamente diradando.

Hirador volava veloce, le ali nere che fendevano l’aria rinfrescata dalla pioggia, la quale ormai aveva cessato di cadere, permettendo così a Kagome di non dover soffrire troppo il viaggio, con gl’occhi colpiti dalle gocce che, violente, sbattevano sul suo volto velato di tensione.
La grande schiena di Inuyasha, appoggiata contro di sè, la riparava dall’aria che l’accarezzava tagliente. Ogni tanto lo vedeva barcollare in avanti, la testa appoggiata contro il petto, pesante.
Vederlo in quello stato le gelava il sangue nelle vene, e più volte lo avvicinava maggiormente a sé per sentirne il movimento del torace che, seppur in modo irregolare, si alzava e abbassava ripetutamente.
- Hirador, stai bene? – domandò Kagome con tono preoccupato, spostando l’attenzione dal mezzo- demone al Drago che, nonostante l’ala ferita, volava imperterrito e con tono sostenuto
- Sì, non preoccuparti, tra poco saremo a Hogarth e potrò riposare – la rassicurò lui con tono vellutato che lei percepì quasi come una carezza. Sorrise grata, sicuramente la creatura era ben consapevole di quale fosse in quel momento il suo stato d’animo e, nonostante la situazione, continuava a starle vicino.
Trascorsero pochi altri minuti quando entrambi poterono vedere le alte guglie della caserma stagliarsi contro il cielo ancora grigio, invaso dalle nuvole.
Quasi immediatamente la figura massiccia di Hirador fu visibile anche dalle torri di vedetta della guarnigione e immediatamente i soldati di turno lanciarono un urlo, annunciando il loro arrivo già anticipato da Oserfh, arrivato prima di loro.
Appena il Drago d’Oro toccò terra, un nugolo di soldati gli si avvicinò, aiutando Kagome a far scendere Inuyasha ancora incosciente.
“Presto, ha bisogno di cure immediate!” esclamò con tono mozzato dalla preoccupazione e da tutte le emozioni di quella giornata
“Ci penso io” la voce di Evan, arrivato immediatamente, sentito l’allarme del loro arrivo, le sembrò uno spiraglio di luce nell’oscurità
“Ti prego, fa presto” lo scongiurò con occhi tremanti, ricevendo il sorriso rassicurante e gentile del ragazzo che subito dopo ordinò affinché portassero una barella per trasportare il ferito
“Anche tu, Hirador, hai bisogno di cure. Di te si occuperà Astroth, il mio Drago. Dovrebbe arrivare con Oserfh da un momento all’altro” aggiunse Evan, guardandosi intorno per scorgere le figure dei due Draghi.
Kagome rifletté che non aveva ancora visto il Drago del figlio del comandante. Avrebbe preferito conoscerlo in circostanze più felici.
- Io posso resistere. Prima di tutto bisogna pensare a Inuyasha. – disse Hirador, cercando di rendere il più sicuro possibile il suo tono palesemente affaticato.
Kagome gli si fece vicino, accarezzandogli il dorso squamato, allontanandosi quando poi arrivarono alcuni uomini con una barella e, a capo fila, una donna di mezz’età, dalla corporatura esile mentre invece il viso aveva tratti duri e risoluti.
“Jisel, sei qui” l’accolse Evan, avvicinandosele, con un tono chiaramente sollevato.
“Sì. È lui?” domandò lei di rimando, le iridi di un pallido marrone posate sulla figura inerme del mezzo- demone. Il figlio del comandante annuì.
“Ha bisogno di cure immediate”.
Jisel gli si avvicinò, prendendogli il polso tra le mani, esaminandone i battiti.
“Da quanto è incosciente?” domandò, tastandogli poi la fronte
“Da… da circa un’ora, ormai, credo” rispose incerta Kagome, volgendo uno sguardo disperato a quello che aveva capito essere uno dei medici della guarnigione. La donna spostò gl’occhi dall’Hanyou a lei, guardandola attentamente per poi sorriderle appena.
“Mettetelo sulla barella e portatelo nel mio studio, avrò un bel po’ da fare” ordinò con voce atona, prendendo a camminare verso la sua clinica
“Dottoressa!” la fermò la miko, correndole dietro “Si… si riprenderà?” le domandò con voce strozzata e gl’occhi imploranti.
Jisel la guardò per qualche istante, quasi studiandola
“Se è robusto quanto sembra, sì” le rispose, per poi tornare sui suoi passi.
Kagome sospirò, guardando la dottoressa in testa, e un corteo di uomini dietro di lei che sorreggevano la barella su cui giaceva il mezzo- demone.
- Non farmi brutti scherzi, Inuyasha! –

Circa mezz’ora dopo, tornarono al villaggio anche Khel e il resto dei membri del Consiglio mentre altri due Draghi, oltre a Oserfh, trainavano una grande barella in cui avevano deposto Harliem, troppo debole e provata anche per camminare.
Durante il loro ingresso al villaggio, Kagome era nella clinica della dottoressa Jisel, seduta su una sedia di fronte alla porta chiusa dietro cui la donna si stava prendendo cura di Inuyasha. Ma nonappena vennero ad avvisarla che il resto del gruppo aveva fatto ritorno, si era precipitata verso le stalle e capanne dove si sarebbero presi cura dei Draghi feriti.
Quando arrivò, Hirador era già stato curato e l’ala ferita accuratamente disinfettata e medicata con oli e impacchi specifici, ed ora era al fianco di una Harliem a dir poco sfinita, mentre Sieg era stato portato in un’altra stalla, poichè lì non vi era lo spazio necessario per occuparsi di tutti.
“Harliem!” esclamò la miko, raggiungendo il capezzale della dragonessa, rivolgendole un sorriso ricolmo di affetto e preoccupazione
- Oh, Kagome! Dimmi, Inuyasha come sta? È grave? – le domandò con ansia la creatura
“Si stanno prendendo cura di lui, in questo momento. Sappiamo bene quanto quell’Hanyou sia coriaceo e testardo, sono sicura che si riprenderà presto, tranquilla” le rispose la ragazza cercando, con quelle parole, di infondere coraggio a entrambe.
- Vi devo pregare adesso di aspettare fuori. Dobbiamo provvedere alle sue cure – le interruppe Oserfh, accanto a lui un altro Drago di Metallo. Kagome pensò dovesse trattarsi di Astroth.
I ragazzi annuirono lasciando la struttura.
Il Cavaliere Supremo si voltò indietro, guardando il suo Drago ancora accanto ad Harliem, le iridi dorate oscurate da un spesso velo di preoccupazione.
Sorrise teneramente, allontanandosi con gli altri.
“Venite ragazzi, andiamo alla clinica, anche voi avete bisogno di qualche cura” disse loro Evan con fare gentile e premuroso.
I tre ragazzi si guardarono, notando a vicenda ferite sugli altri.
“E Khel dov’è?” chiese Kagome, notando l’assenza del comandante
“Ha accompagnato Harliem fino alle stalle poi si è recato alla clinica per domandare di Inuyasha. Con lui dovrebbe esserci anche Shippo” le rispose il giovane Wonfield, tornando a guardare davanti a sé.
Già, Shippo. Anche il piccolo Demone sicuramente doveva essere in pensiero per loro, dato che, anche se le insistenze da parte sua c’erano state, infine erano riusciti a convincerlo ad aspettarli lì, al sicuro, ad Hogarth.
La miko si ritrovò a sorridere teneramente al pensare al piccolo Youko. In molte occasioni si era dimostrato davvero risoluto e coraggioso, forse anche più di lei.
“Kagome” si voltò, incontrando gli occhi limpidi del cugino “Stai bene?” le domandò con fare preoccupato
“Sì, adesso sì. Mi spiace solo di avervi fatto preoccupare e… spaventare” aggiunse, flebile, serrando gl’occhi al ricordo della distesa di corpi senza vita che le aveva riempito le iridi minuti prima.
“Non ci pensare adesso. L’importante è che tu stia bene, al resto ci penseremo, insieme” la rassicurò, calcando particolarmente su quel ‘insieme’, che la fece ridacchiare di contentezza. Il Majutsushi sorrise a sua volta, andandole poi a circondare le spalle con un braccio. Lei sorrise appena, le guance leggermente imporporate, ancora imbarazzata da quei contatti così affettuosi a lei rimasti estranei per troppo tempo.
Poi, fece capolino una cosa di cui non doveva assolutamente dimenticarsi.
“Comunque… congratulazioni, caro cugino…” gli disse con fare malizioso. Miroku la guardò perplesso, non capendo a cosa si riferisse
“Oh, non fare il finto tonto… secondo te cosa c’è, avvenuto di recente, per cui dovrei farti i complimenti?” insisté la ragazza alla quale si allargò il sorriso quando lo vide sgranare gl’occhi pieni del mare e arrossire.
“Ehm… bè… allora… deduco che tu… tu abbia parlato con Sango…” balbettò imbarazzato non sapendo dove guardare
“Sì, anche se pure lei, come te, ha cercato di resistere, ma so essere molto convincente” ridacchiò vittoriosa Kagome, fiera di sé “Sono molto contenta per voi, davvero” aggiunse poi, con tono dolce e pieno di felicità.
Miroku si voltò a guardarla, per poi sorriderle a sua volta, grato.
“Bè, tanto sono sicuro che qualcun altro verrà presto a faci compagnia…” sussurrò tra sé
“Scusa, come hai detto?” gli chiese la miko non avendo capito quello che aveva detto
“No, niente, lascia stare. Oh, ecco, siamo arrivati”.
Sulla soglia della porta, al di là della ringhiera rialzata da alcuni gradini, stava Khel, lo sguardo serio e teso mentre fumava nervoso la pipa.
“Papà, si può sapere che stai facendo?!” sbottò irato Evan nel guardare il padre fumare, vizio che aveva cercato di togliergli.
“Lo so, lo so, ma almeno in queste circostanze fa finta di niente” gli rispose il comandante, facendo l’ennesimo tiro. Il giovane Wonfield restò a fissarlo per qualche altro istante, per poi sospirare rassegnato. In effetti quello non era il momento per fargli una ramanzina.
“Forza ragazzi, entrate, avete bisogno anche voi di riposarvi. Io resto qui con mio padre” disse poi loro, rivolgendogli un sorriso.
“Non preoccuparti, anzi, grazie di tutto” gli disse gentile Sango, che entrò nella clinica insieme a Kagome e Miroku, salutando di nuovo Khel.
Il Cavaliere Supremo, una volta entrata, si guardò intorno, riconoscendo poi, nella sala d’attesa, uno degli uomini che aveva trasportato Inuyasha fino a lì.
“Scusatemi…” gli si avvicinò, attirando la sua attenzione. Lui la riconobbe immediatamente e le sorrise leggermente “Sapete niente del ragazzo ferito che avete portato prima?” domandò la miko con fare agitato e apprensivo. Il sorriso sulle labbra dell’uomo si smorzò a quella domanda
“Veramente ancora no. Ho visto solo la dottoressa Jisel uscire un paio di volte, ma non ha detto nulla. Però l’ho vista un po’ affaticata” le disse il soldato dispiaciuto.
“Ho capito… grazie”.
“Si sa nulla?” le domandò a sua volta Sango che le si era avvicinata insieme a Miroku
“No, ancora niente. Spero solo che…”
“Kagome!” esclamò Sango guardando l’amica cadere pericolosamente, sospirando di sollievo quando vide il Majutsushi afferrarla prontamente, evitandole una brutta caduta.
“È svenuta” osservò il ragazzo, notando solo in quel momento quanto fosse pallida la cugina “Ha usato troppo il suo potere e questo è il risultato… un altro dei spiacevoli inconvenienti di quello che può accadere se non impara a controllarsi” spiegò, sollevandola da terra, prendendola in braccio
“Tu Sango pensa a farti medicare, ci penso io a Kagome, infondo ha solo bisogno di riposare. Ti raggiungo tra poco”
“Va bene, ti aspetto” rispose la Cacciatrice, sorridendogli dolcemente per poi baciarlo su una guancia, facendolo arrossire lievemente.
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Il vento le sibilava nelle orecchie, violento amico e compagno, alcune ciocche dei suoi lunghi capelli che si muovevano frenetici, sfuggiti dalla loro abituale acconciatura.
Kagura volava a grande velocità per il cielo sereno che sovrastava la parte più occidentale della Terra Centrale, le sopracciglia aggrottate e gli occhi carmini furibondi.
Imprecò tra i denti ricordandosi del suo incontro con Sesshoumaru… e il rifiuto alla sua offerta.
Anche lui era uguale a Naraku: l’amore spropositato per se stesso, quasi morboso, un senso malato dell’orgoglio e l’immensa arroganza e presunzione.
Ma si sarebbe ricreduto. Comprendere i piani di Naraku era pressoché impossibile, persino per lei che ci aveva continuamente a che fare, figuriamoci per chiunque altro!
Si sarebbe ricreduto e l’avrebbe implorata di aiutarlo.
Ghignò. In un modo o nell’altro, con o senza Sesshoumaru, avrebbe ottenuto la sua libertà.
Guardò sotto di sé, vedendo in lontananza il profilo ondulato delle dune di sabbia tipiche del Regno del Sud.
Il suo sguardo si fece estremamente serio mentre sentiva il respiro bloccarsi, intrappolato in una morsa di inquietudine.
Tornare in quella prigione, quando aveva potuto godere di giorni di completa indipendenza, la soffocava. Approfittando, infatti, dell’assenza di Naraku, dopo essere tornata dalla Shima no Nanimo e aver riferito della fuga di Inuyasha, era ripartita alla volta della ricerca di Sesshoumaru. Ricerca che, ricordò amaramente, si era conclusa con un nulla di fatto.
Pregava soltanto che il Signore del Sud non fosse già tornato. La fiducia che riponeva in lei era già abbastanza labile e non poteva permettersi di rischiare maggiormente.
Un brutto presentimento le si fece strada mentre si avvicinava sempre di più a quella terra ostile, che già oltre il confine costituito dalle Montagne della Luna le mostrava tutta la sua crudeltà, come a volerle maggiormente ricordare quale fosse il suo destino.
Odiava quel Paese, come odiava tutto il Continente delle Tre Terre, con i suoi stupidi conflitti e le sue stupide usanze.
Demoni, Umani, Maghi, non le importava. Uno o l’altro, sapeva solo che se qualcuno si fosse messo contro di lei, lo avrebbe eliminato.
Ma Naraku era troppo per lei, lo sapeva. Per questo doveva giocarsi tutte le sue carte. E Sesshoumaru era una di queste e, nonostante il suo rifiuto, non ci avrebbe rinunciato così presto.
Continuò a volare a tutti velocità, mulinelli di sabbia che giravano vorticosi e rabbiosi sotto di lei, devastando ancora di più quella terra dilaniata da anni di torture, in testa il pensiero martellante e vitale della libertà.
Quella libertà che avrebbe ottenuto a qualunque prezzo.
Grazie alla mente invasa da questi pensieri, non avvertì il tempo che impiegò per raggiungere la capitale.
Kaosu, oscura tetra e imponente come sempre, le si stagliava davanti, le sue mura nere come la pece un riparo dai raggi caldi del sole.
Lì oscurità e luce si sfidavano notte e dì, in una battaglia senza fine, si ritrovò a pensare con un brivido.
Quella città impersonificava la sua gabbia.
Perché Kaosu era Naraku, anche se un tempo non era stato così.
Che quegli stupidi Youkai non ribattessero e non si opponessero a quella prigionia non fisica, ma fatta di una ragnatela invisibile di minacce e morte, a lei non importava. Non si sarebbe piegata così facilmente. Aveva aspettato anche troppo ma, finalmente, il suo momento era arrivato.
Si avvicinò al terreno, scendendo agilmente dalla piuma che usava abitualmente per viaggiare, e che si rimpicciolì nonappena posò piede al suolo.
Con passo sicuro si incamminò verso il gigantesco ingresso, entrando senza difficoltà dato che tutti, nella capitale, sapevano bene quale ruolo ricoprisse.
Sorrise sarcastica. Tra tutti, non si fidava di lei proprio colui di cui voleva avere la fiducia assoluta.
Si morse le labbra sperando di aver fatto in tempo. Se Naraku non l’avesse trovata al suo ritorno sarebbe stato difficile trovare una scusa plausibile e che potesse smorzare qualunque dubbio.
Attraversò parte della città, senza badare alle consuete risse, omicidi e furti che avvenivano intorno a lei, né prestò attenzione agli Orchi che ormai si erano stabiliti lì, finché non arrivò sul ponte rialzato che portava all’ingresso del palazzo.
Lo percorse senza alcun problemi, ignorando i cenni di saluto che alcuni soldati, riconoscendola, le rivolgevano.
Nonappena mise un piede all’interno del palazzo, l’oscurità quasi totale la inghiottì, rendendole più pesante quel rientro forzato.
Senza indugiare oltre si diresse verso la sala del trono, nella quale Naraku si crogiolava abitualmente, seduto comodamente sul suo, per lei, stramaledetto trono.
In pochi attimi fu davanti alle porte sprangate della sala. Esitò qualche attimo, la mano appoggiata sulla fredda maniglia che non aspettava altro che una leggera pressione per permetterle l’accesso.
Deglutì, compiendo quel gesto così semplice ma per lei così dannatamente e dolorosamente significativo: il piegarsi ancora una volta a quel destino che la teneva irrimediabilmente legata a colui che più odiava al mondo.
Con uno scatto irato, spalancò le ante della porta, per fissare l’interno avvolto dalla semi- oscurità.
Si sorprese di non vedere nessuno, tirando subito dopo un sospiro di sollievo. Era arrivata in tempo.
Ma per non rischiare, si mise a vagare per la sala, fino alla grande balconata dove spesso stava il Signore del Sud ad ammirare ciò che aveva così ‘abilmente’ conquistato.
Non lo trovò nemmeno lì. Esultò internamente, rilassando i muscoli delle spalle, fino a quel momento rimasti tesi per la tensione.
Prese a vagare distrattamente, fino ad arrivare davanti a una porta semi nascosta da una imponente colonna.
Le si fermò davanti, perplessa, cercando di riordinare i suoi pensieri.
Non aveva mai notato che ci fosse un ingresso in quel punto.
Una punta irrefrenabile di curiosità si impadronì di lei, e quasi meccanicamente si mosse in quella direzione, finché non ebbe tra le mani il freddo pomello della porta.
L’aprì e lo stupore le bloccò il respiro oltre a impedire la nascita di qualsiasi pensiero logico, tranne che per una domanda martellante a cui non riusciva a dare risposta, sempre se ce ne poteva essere una.
Cosa ci faceva, lì... un Drago d’Oro... ma soprattutto... perchè insieme a Naraku?!
“Oh, ma guarda chi è tornata da suo giretto turistico... la nostra Kagura! Kurikara, ti presento Kagura, una mia ‘fedele’ servitrice, anche se si diverte un pò tropo ad andarsene in giro di qua e di là in mia assenza...” la voce di Naraku era tagliente e allusiva e la Demone rabbrividì, rendendosi conto di essere in grossi guai.
Ma quello, ora, non le importava. Era letteralmente stupita della presenza, lì, di un Drago e non riusciva a immaginare quale ruolo potesse ricoprire quella nuova entrata in scena
“Che sciocco! Kagura, mi sembri chiaramente meravigliata... quello che vedi al mio fianco è Kurikara, il Dragone d’Oro... d’ora in avanti sarà un nostro prezioso alleato, mi aspetto il dovuto rispetto, chiaro?” le domandò, raccomandandosi con tono duro che alla creatura non mancasse nula.
La Yasha era senza parole, un Drago come alleato era l’ultima cosa che si aspettava.
Poi, quel nome, Kurikara... dove l’aveva già sentito?
“Tra poco farò un annuncio pubblico, per cui non ho alcun bisogno di te, in questo momento... dì soltanto a Kumo di fare in modo che Kraeliux avvisi i suoi uomini di radunare il popolo sotto le mura del palazzo” le ordinò senza alcuna emozione, gli occhi carmini unicamente rivolti verso l’imponente e magnifica figura del Dragone.
Kagura si volse di scatto, pallida in volto, completamente sconvolta. Aveva appena aperto la porta quando la voce del Signore del Sud la richiamò
“Ah, Kagura... per oggi ci passerò sopra, ma io te dobbiamo discutere di alcune cose...” le disse con tono apparentemente gentile, ma che lei avvertì come una carezza tagliente, come la lama di un coltello affilato pronto a recidere la giugulare.
Deglutì, sudando freddo, uscendo dalla stanza e richiudendosi la porta alle spalle.
Ora che c’era in ballo molto di più che una ricerca alla Shikon senza ancora alcun risultato e l’alleanza con gli Orchi... Sesshoumaru non le avrebbe negato ancora il suo aiuto.
Doveva trovare un modo per rincontrare il Principe dei Demoni.
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Quando si risvegliò, la testa martellava violentemente e a sprazzi, negli occhi, le esplodevano macchie rosse.
Serrò le palpebre, scotendo piano il capo.
“Qualche giramento?” una voce leggera attirò la sua attenzione. Kagome volse gl’occhi verso la figura di donna che stava appoggiata allo stipite della porta, scrutandola attentamente con le sue iridi di un marrone chiaro.
“In effetti sì... e poi vedo a intervalli delle macchie rosse” rispose la miko, riconoscendo in quella figura Jisel, la dottoressa.
“Niente di grave, non devi preoccuparti. È del tuto normale, per aver quasi completamente esaurito le energie che avevi in corpo... anzi, direi che stai anche fin troppo bene per una cose del genere, una persona normale avrebbe necessitato di almeno una decina di giorni di sonno profondo, quando invece tu ti sei risvegliata solo dopo tre giorni, Kagome Higurashi” la informò la donna.
Tre giorni. Aveva dormito per tre giorni. E in quel tempo? Cos’era successo?
“E Inuyasha? Lui invece come sta?!” domandò con foga, le iridi ricolme di ansia.
Jisel restò a fissarla per qualche momento, silente, lo sguardo profondo.
“Non si è ancora svegliato. Credo si trovi in uno stato di semi- coma. Non saprei dire entro quanto si risveglierà, potrebbe succedere domani, così come tra un mese” le disse, la voce apparentamente atona, anche se Kagome colse qualche nota di rammarico.
Restò in silenzio, riflettendo su quella notizia... Inuyasha... avrebbe potuto restare in coma chissà per quanto tempo....
Non avrebbe più sentito la sua voce, non lo avrebbe più visto arrabbiato, non lo avrebbe più visto imbarazzato....
Non lo avrebbe più sentito dirle ‘Ti amo’.
A quel pensiero il respiro le si mozzò in gola, soffocandola, mentre sentiva il cuore stringersi. “Ho capito. La ringrazio comunque per tutto quello che ha fatto per noi” disse poi, lo sguardo basso.
L’altra annuì, capendo il suo stato d’animo.
“Ormai direi che sei in grado di alzarti. Su quella sedia ci sono degli indumenti puliti, ti consiglio di andare a mangiare qualcosa, hai bisogno di recuperare le forze” si raccomandò Jisel, prima di lasciare la stanza, lasciandola sola.
Recuperare le forze. Cosa avrebbe potuto darle forza, in quel momento?
Si alzò dal letto, la testa completamente svuotata di qualunque pensiero.
Indossò mccanicamente i vestiti riposti oridinatamente sulla sedia che si trovava in un angolo della stanza, evitando di guardarsi allo specchio.
In quel momento, aveva paura di quello che vi avrebbe visto riflesso.
Si diresse verso la porta, aprendola, ritrovandosi di fronte a Sango e Miroku, i volti tesi e dispiaciuti.
“Kagome...” esordì la Cacciatrice, avvicinandosele con sguardo preoccupato
“Sapete anche voi di Inuyasha, immagino” disse lei, mantenendo uno sguardo freddo e impassibile del quale la ragazza del Nord si stupì leggermente
“Sì, ce lo ha detto questa mattina la dottoressa” le rispose Miroku, con tono pacato.
Mattina. Kagome volse lo sguardo verso le finestre a pochi passi da lei, che le mostravano l’orizzonte rossastro, dietro le montagne lo spicchio del sole calante.
Non se n’era neanche accorta. Sembrava che la notizia appresa l’avesse resa incosciente rispetto a ciò che la circondava.
“Harliem come sta?” domandò poi, cambiando completamente argomento.
Miroku e Sango si scambiarono uno sguardo per qualche istante, comprendendosi a vicenda. Era chiaro che, in quel momento, Kagome volesse evitare di pensare allo stato in cui versava l’Hanyou.
“Le hanno dedicato le cure necessarie, ora è a riposo nelle stalle, immobile, dato che non le è ancora possibile reggersi sulla zampa posteriore ed entrambe le ali sono danneggiate, anche se in modo non troppo grave. C’è Hirador con lei” la informò il Majutsushi, scrutandola. Non avrebbe mai immaginato che la cugina avrebbe reagito in quel modo nel sapere lo stato del mezzo- demone e vedere entrambi a quel modo gli lacerava il cuore.
Inuyasha ferito nel corpo... Kagome nell’animo.
“Già... Hirador... sicuramente si sarà accorto che mi sono svegliata... vado da loro, ci vediamo più tardi” disse loro, andandosene subito dopo senza aspettare alcuna loro risposta.
Sango si girò verso Miroku, gl’occhi ricolmi di preoccupazione, alla disperata ricerca di un appiglio dall’uomo che aveva capito di amare.
Come leggendole nel pensiero il Majutsushi l’attirò a sè, abbracciandola stretto, cercando di infonderle coraggio, ottenendone a sua volta.
“Andrà tutto bene, Sango. So che non riesci a vederli in questo stato, ma almeno noi dobbiamo farci forza per loro... e poi questa situazione può aiutarli a fare in modo che superino le barriere che li dividono, soprattutto Kagome... credo che capirà quanto in realtà è legata a Inuyasha” la rassicurò, sussurrandole all’orecchio, cullandola tra le sue braccia calde.
“Grazie Miroku... sai sempre dire le cose giuste, sei meraviglioso” gli disse invece la Cacciatrice, alzando lo sguardo su di lui, illuminandolo con un sorriso carico di affetto.
Lui la guardò sorpreso per qualche istante, per poi sorridere a sua volta e chinarsi a baciarla leggermente.
Non riuscendo a resistere e, soprattutto, sentendola così rilassata tra le sue braccia, portò la sua mano a toccarle il fondoschiena, facendola sobbalzare.
“Cretino!” gli urlò contro, assestandogli uno schiaffo sulla guancia. Il Majutsushi, da prima sorpreso, si ritrovò a ridacchiare
“Era da un pò che non mi prendevi a schiaffi, mia adorata Sango!” notò, facendola arrabbiare di più.
“E speravo di non doverlo più fare, ma resti sempre il solito pervertito!” esclamò lei, voltandogli le spalle, andandosene mentre l’altro la rincorreva, cercando di rabbonirla con parole dolci.
Sango sorrise tra sè. Insieme, sarebbero riusciti a superare qualunque cosa e, più importante, ad aiutare i loro amici.

Hirador, al fianco di Harliem, giacente su un cumulo di morbida e fresca paglia, volse leggermente il capo a guardare l'esterno, al di là della bassa barricata in legno sopra la quale capitolava la tettoia cigolante della stalla a loro destinata.
- Kagome si è svegliata - disse con tono sollevato e gli occhi illuminati da quella luce particolare che solo il proprio Cavaliere sapeva conferirgli - Credo stia venendo qui - .
Harliem non disse nulla, si limitò a osservare lo stesso punto, rilassata dalla presenza di quello che era diventato il suo compagno.
Fissò gli occhi fiammeggianti sulla figura imponente del Drago d'Oro, sorridendo intenerita e felice. Non un solo momento si era allontanato da lei, tranne quando non si era sottoposto alle cure che anche lui necessitava, ma solo perchè lei stessa lo aveva obbligato.
I suoi pensieri furono interrotti dall'entrata del Cavaliere Supremo. Già quando Hirador l'aveva avvertita del suo risveglio, si era domandata se la ragazza fosse stata informata dello stato di Inuyasha... e il suo sguardo era una risposta affermativa a quel dubbio.
- Kagome! - esclamò felice il Drago d'Oro, andandole incontro - Stai bene? - le domandò con fare premuroso, come era suo solito.
La miko sorrise intenerita, le era mancato immensamente. Gli si avvicinò, sentendo l'esigenza di sentirlo vicino fisicamente.
"Sì, sto bene, avevo solo bisogno di riposare, la dottoressa mi ha detto che avevo quasi completamente prosciugato le mie energie"
- Mh, sto cominciando a pensare che sia necessario un guinzaglio per riuscire a tenerti ferma - scherzò Hirador, toccandole il volto col muso, giocoso.
Kagome ridacchiò, volgendo poi la sua attenzione ad Harliem che li guardava sorridente
"Harliem! - esclamò, correndole vicino - Come ti senti? Le ferite? Ti fanno molto male?" le domandò sinceramente preoccupata, facendo sorridere ancora di più la dragonessa
- Sto bene, ora. Le ferite mi danno ancora qualche fitta, ma niente di così grave... anche se necessito di riposo assoluto, dicono... - sbuffò, ricordandosi tutte le raccomandazioni e ammonizioni quando aveva cercato, in quei tre giorni, di muoversi per sgranchirsi dal torpore
- E hanno ragione, smettila di fare i capricci! - la rimbeccò Hirador, che, per primo, in quei giorni, le aveva imposto l'immobilità assoluta. Il Drago di Fuoco gli lanciò un'occhiataccia alla quale l'altro rispose con un ghigno soddisfatto.
Kagome osservò attenta quello scambio di sguardi e battute e si ritrovò a sorridere di cuore.
"Sono felice per voi" disse, attirando gli sguardi di entrambi che afferrarono al volo il senso di quella frase. Harliem chinò leggermente il muso, imbarazzata, mentre Hirador, sorridendo, le si avvicinò, accarezzandole teneramente la testa.
- Grazie. Spero non ti sia offesa se non ti ho detto nulla prima. Ma si è trattato più che altro di qualcosa di istintivo. Sappi che comunque non cambierà nulla tra di noi - le disse con fare dolce, cullandola accanto a sè. Kagome lo strinse maggiormente, sorridendo felice
"Lo so, non hai niente di cui scusarti. Sapevo fin dall'inzio cosa sarebbe successo e non potrei essere più felice della tua scelta" rispose lei, guardandolo negli occhi dorati, per poi rivolgersi ad Harliem "Se ti tratta male, sai a chi rivolgerti. Ci penserò io a punirlo come si deve" ghignò, facendo ridacchiare anche l'altra
- Ho l'impressione di essere finito in un mare di guai... - borbottò Hirador, facendo ridere le altre due. - Kagome... - la chiamò poi la dragonessa, guardandola seriamente - Hai saputo di... Inuyasha? - La miko la fissò, per poi abbassare gl'occhi, silente.
Dopo poco rialzò il volto, sul quale compariva un sorriso falsamente rilassato
"Sì, ne sono stata informata. Non devi preoccuparti Harliem, sono sicura che si riprenderà presto. Comunque ti prometto che mi terrò costantemente aggiornata e nonappena saprò qualcosa verrò ad avvertirti!" le disse mantenendo quel sorriso forzato.
I due Draghi si guardarono. Era palese che chi più di tutti aveva bisogno di rassicurazioni era proprio lei.
- Grazie Kagome, sei sempre gentilissima - le rispose la creatura, sorridendole
"Figurati, anche questo rientra tra i miei doveri. Ora vado, ho bisogno di camminare un pò, sono rimasta ferma anche troppo. Ci vediamo domani, buonanotte!" li salutò, prendendo ad allontanarsi
- Aspetta Kagome! Vengo con te se... -
"No, Hirador, resta con Harliem, ha bisogno di te. Ci vediamo domani" lo interruppe lei, per poi allontanrsi nel buio ancora tenue della prima sera.
Il Drago la guardò allontanarsi, preoccupato come non mai.
- Mi sento inutile, Harliem. Non riesco a starle vicino come vorrei - ammise poco dopo, voltandosi, con aria sconfitta, verso la compagna. - Non devi, Hirador. Kagome sa quanto tu le voglia bene, ma credo che in questa occasione lei debba farcela con le sue sole forze. Vedrai che andrà tutto bene - lo confortò, guardandolo teneramente negl'occhi. Lui le si avvicinò, accoccolandosi contro di lei
- Sì, andrà tutto bene.

Il Cavaliere Supremo, dopo essersi allontanato da dove riposavano i due Draghi, si era diretto verso una meta ignota, vagando per il prato che intercorreva tra le stalle e il centro della guarnigione.
I suoi occhi grigi vagavano distrattamente su tutto ciò che lo circondava, un ammasso di particolari percepito dai suoi occhi come un qualcosa di indistinto.
Poi, tra i fili d’erba, qualche cespuglio e diversi alberi, una testa ramata fece capolino fra il tutto.
“Shippo, che ci fai qui, e soprattutto da solo?” domandò la miko, guardando sorpresa e curiosa il piccolo Demone che, all’udire la sua voce, si voltò di scatto, icredulo.
“Kagome!” esclamò, gettandosi tra le sue braccia che lo accolsero amorevoli.
“Che bello, finalmente ti sei svegliata! Pensavo saresti rimasta immobile anche tu, come Inuyasha!” disse con voce ricolma di tristezza e paura, stringendosi maggiormente contro di lei, che cercò di tranquilizzarlo con carezze gentili.
“Va tutto bene ora, Shippo. Avevo solo bisogno di riposo, ora sto bene, vedi?” gli chiese con un sorriso, scostandolo leggermente da sè per mostrargli la sua espressione rilassata.
Il piccolo Youko la guardò per qualche istante, gli occhi smeraldo luccicanti di grosse lacrime. Tirò su col naso e poi annuì, sorridendo anche lui, anche se dopo poco il suo visetto tornò ad adombrarsi.
“Kagome... tu.. tu credi che Inuyasha si sia dimenticato di noi, che non ci voglia più?” le domandò il cucciolo di Demone. La ragazza lo guardò allibita
“Che intendi dire?”
“Bè, ecco... se non si sveglia più forse è perchè non ci vuole vedere” disse con tono profondamente triste Shippo, abbassando lo sguardo.
Il Cavaliere Supremo tacque, non sapendo cosa rispondere a quella riflessione infantile, infondata... ma che comunque l’aveva colpita per la disarmante semplicità.
E se Inuyasha non si volesse svegliare per non stare con loro... per non vedere lei?
Lei che lo aveva insultato, lei che lo aveva odiato, lei che lo aveva disprezzato, lei che aveva ferito i suoi sentimenti... lei che era fuggita e che ancora stava fuggendo da ciò che nutriva per lei.
Le mancò il respiro.
Strinse maggiormente a sè Shippo, mentre alcuni singhiozzi prendevano a scuoterla. Il piccolo Demone osservò sorpreso la sua schiena muoversi convulsa, chiedendosi cosa avesse provocato in lei quella reazione.
“Kagome – chan, perchè piangi? È colpa mia?”
“No, no, Shippo, non è colpa tua... vedrai, andrà tutto bene, presto Inuyasha si sveglierà e sarà di nuovo insieme a noi, capito? Non avere paura, presto saremo di nuovo tutti insieme” gli disse, scostandolo da sè e guardandolo con un sorriso.
“Quindi Inuyasha non ci odia?” domandò dubbioso ma anche speranzoso il Demone
“No, non ci odia, anzi, vuole a tutti noi del gran bene, ne sono sicura. Quello che ci resta da fare è stargli accanto e aspettare che guarisca, d’accordo?”. Shippo, a quelle parole, fece un gran sorriso, esultando felice e pronto a rendersi utile affinché una delle persone ora a lui più care tornasse tra loro.
Saltò a terra, sprizzando gioia da tutti i pori, correndo concitato verso il centro della guaringione.
“Presto, Kagome, raggiungiamo Sango e Miroku!” le disse, mentre la precedeva.
Lei sospirò, chiudendo gli occhi, per poi riaprirli rivolti verso il cielo ormai punteggiato di stelle, rese ancora opache dalla tenue luce degli ultimi raggi del sole, che stavano scemando.
Un’ultima lacrima le solcò la guancia mentre urlava dentro di lei il senso di colpa che sentiva nei confronti del mezzo- demone.
Non le importava se non la voleva più, se la odiava. Lui doveva svegliarsi, doveva continuare a vivere perchè, ora, c’era di nuovo qualcuno che gli voleva bene, che rivoleva la sua presenza.
E lei avrebbe fatto tutto ciò che poteva perchè questo accadesse.

[...]

Erano trascorsi altri tre giorni.
Tre giorni fatti di allerta, di prudenza, di ricerca... di attesa.
Sango e Miroku, ripresisi completamente dalla battaglia di ormai una settimana prima, insieme a Evan e Khel, partecipavano alle ronde di perlustrazione delle zone circostanti, controllando minuziosamente centimetro per centimetro la terra che li circondava, per scovare eventuali squadre di Orchi.
Non potevano di certo permettersi di essere messi con le mani nel sacco una seconda volta. E mentre tutta Hogarth si dava da fare in questa direzione, una sola persona era completamente assorbita da ben altro.
Con sguardo vacuo e passo lento, Kagome camminava verso quell’unica e sola direzione che da tre giorni era sempre la stessa.
La tenda in cui era stato messo Inuyasha, nei pressi della clinica di Jisel, che aveva preferito farlo spostare lì per evitare la confusione del via vai di feriti che invece animava quasi tutte le ore lo studio.
Ma oltre a questo, la dottoressa aveva preferito collocarlo lì per permettere a Kagome di starvi senza alcuna esitazione.
Col volto pallido e teso per via del sonno arretrato, il fisico indebolito per i tanti, troppi, pasti saltati, il Cavaliere Supremo arrivò davanti la tenda in cui riposava l’Hanyou.
Vi entrò, venendo risucchiata dalla penombra che vi regnava, se non per qualche candela che non la rendeva del tutto oscura, illuminando il volto immobile di Inuyasha, apparentemente dormiente.
La miko gli si avvicinò, sedendosi sulla sedia posta accanto alla brandina su cui giaceva il mezzo- demone, non prima, però, di aver cambiato la pezza ormai calda posta sulla sua fronte, con una pulita e fresca.
Restò in silenzio, limitandosi a guardarlo, così come aveva fatto per tutti quei giorni.
Ma non ce la faceva più. Aveva provato a essere forte, a cercare di rassicurare gli altri, ad apparire serena e sicura che tutto sarebbe andato per il meglio.
Ma non ce la faceva più. Non credeva alle sue stesse parole, anzi, ogni qual volta pronunciava frasi di conforto, il dubbio, la rassegnazione e la paura facevano breccia sempre di più nel suo animo provato.
“Ehi, Inuyasha...” per la prima volta, dopo giorni, prese a parlargli. Era da tanto, troppo tempo che non si sfogava, soprattutto con lui che, rifletté, era sempre stato ad ascoltarla, fin dall’inizio, anche se non lo aveva mai fatto chiaramente.
“Non ti pare di stare oziando un pò troppo? Stai facendo preoccupare tutti, sarai contento, baka... vuoi sempre stare al centro dell’attenzione, eh?” sorrise appena, cercando di ricordarlo arrabbiato, avventato, spavaldo... dolce.
“Sai, Shippo è veramente in pena per te. Ti vuole un gran bene, così come te ne vogliono tutti, per prima Harliem. Non ti vergogni a farla stare così in pena?” sospirò, abbassando lo sguardo, riordinando le idee.
“Ah, comunque i nostri due cari amici, Sango e Miroku, ce l’hanno fatta alle spalle. Stanno insieme, ora, anche se fin dall’inizio sapevo sarebbe accaduto. A proposito... ti informo che anche i nostri due furbacchioni di Draghi, ci hanno fatto una bella sorpresa. Alla fine Hirador si è deciso, ed ora Harliem è la sua compagna. Dovrai imparare a contenere la tua gelosia, temo.
“Sono così felice, per tutti loro. È bello vedere stare bene le persone che ci stanno vicino, non trovi? Mi fa pensare che possa andare tutto bene, qualunque cosa accada.
“Ma ora non riesco a pensarlo, e sai perchè? Perchè c’è qualcuno a me molto vicino, a me molto caro, che ora sta male... e sei tu quel qualcuno, Inuyasha.
“Sai, qualche sera fa Shippo mi ha domandato se tu non ti svegliassi perchè volessi dimenticarci, perchè ci odiassi. Io gli ho detto che non è così, perchè so che gli vuoi bene. Forse, però, c’è davvero qualcuno che non vorresti più vedere, non è vero? E sono io....
“Io ti devo delle scuse, Inuyasha. Mi rendo conto solo ora di quanto tu abbia fatto per me e io, invece... ti ho sempre trattato ingiustamente, per cui, ti prego, anche se è me che odi, se è me che non vuoi più vedere... – si interrupe, mentre un singhiozzo la soffocò e copiose lacrime presero a scendere lungo le sue guance – Se... se è me che non vuoi più vedere... almeno torna da loro, da Harliem, Sango, Miroku, Shippo... torna da tutti loro, hanno bisogno di te, come tu di loro. Torna, ti prego, e io ti giuro che scomparirò dalla tua vita, se è questo che vuoi” prese a piangere violentemente, mentre realizzava quanto le sarebbe costato allontanarsi da lui.
“Perchè, maledizione?!? Perchè è dovuta andare così? Perchè ti sei innamorato di me, eh? Non me lo merito, non ti merito, così come non merito l’affetto di tutti gli altri! Non lo capisci, non capisci quanto mi costi sapere ciò che provi per me?
“Se tu... se tu non mi avessi detto niente... perchè devi essere sincero quando non devi?! Accidenti!
“Come faccio... come farò se non ti svegli, eh? Come farò se non torni da me?!? Lo sapevo, ecco perchè fin dalla prima volta che ti ho sognato ho sentito provenire da te quella strana vibrazione, quasi di pericolo.... Come al solito fai solo danni!” singhiozzò ancora più forte, la testa tra le mani mentre i lunghi capelli neri ricadevano scomposti intorno a lei.
“Mi dispiace di essere scappata quella sera, Inuyasha. Mi dispiace se non ti ho detto quello che avrei voluto dirti e di cui mi sarei dovuta accorgere molto tempo fa... no, anzi, io già lo sapevo, ma non ho mai voluto realizzarlo, renderlo palese a me stessa, perchè sapevo che avrei solo sofferto, e avevo ragione, maledizione!
“Non avevo previsto quella tua dichiarazione, non avrei mai pensato che tu avessi mai potuto provare amore verso una come me... e invece me l’hai fatta, accidenti a te!
“Se sono scappata tutte le volte è perchè non volevo più soffrire, non volevo più perdere le persone che amo... perchè io ti amo, stupido!
“Sei uno stupido, stupido, stupido!” gridò strozzata, il viso affondato nel materasso e il corpo scosso da violenti singhiozzi.
Ecco, lo aveva detto, lo aveva confessato.
Lo amava, lo amava disperatamente, ma era sempre fuggita, aveva sempre rinchiuso quel sentimento così bello nella parte più profonda del suo cuore.
Lui era colui con il quale avrebbe voluto dividere il resto della vita, colui per il quale avrebbe dato qualunque cosa.
Ma non poteva rischiare di patire ancora quel dolore, quello di perdere sotto gli occhi la persona amata.
Aveva perso i suoi genitori, adottivi e naturali, e forse aveva perso anche Kaede.
Non poteva perdere anche lui. Sarebbe impazzita dal dolore e a quel punto l’avrebbe fatta finita per sempre.
Per questo era fuggita quella sera, dopo quel bacio... felice e sconvolta, spaventata e al settimo cielo. Incredula per i sentimenti che anche lui nutriva nei suoi confronti, disperata perchè non poteva accettarli.
Ma non ce l’aveva fatta, aveva ceduto contro la sua dolcezza e la sua sicurezza per quello che provava.
E poi era accaduto quello che temeva. Era lì, sul punto di perdere l’unico uomo che amava e che avrebbe mai amato.
“Tzè, uno rischia di morire e gli danno pure dello stupido!”.
Le morì un singhiozzo in gola. No, non poteva essere, doveva essere la sua disperazione a procurarle quel meraviglioso sogno, la meravigliosa speranza di aver udito la sua voce.
Alzò la testa e rimase completamente immobilizzata nel veder le sue iridi argentee riflesse negli occhi ambrati di Inuyasha, seduto a fatica contro i cuscini.
Si portò le mani alla bocca, mentre altre lacrime, questa volta di gioia e incredulità prendevano a solcarle le guance arrossate dal lungo pianto.
Stava per dire qualche cosa quando un pensiero le attraversò la mente, gelandola.
“Da... da quanto sei sveglio?!?” gli domandò, quasi urlando, mentre un dubbio terribile le gelava il sangue nelle vene
“Da un pò...” rispose lui, vago, il respiro leggermente affannato
“Hai... hai sentito tutto, vero?” gli domandò poi lei, quasi terrorrizzata
“... Sì”.
Con uno scatto velocissimo Kagome si alzò dalla sedia pronta a fuggire, se non fosse stato per la mano di lui che la trattenne, tirandola contro di sè, senza via di scampo.
“No, questa volta no, Kagome. Non ti guarderò andare via, non ti permetterò più di fuggire da me” le disse, bloccando i suoi tentativi di fuga che cessarono presto. La miko riprese a piangere, gettando le braccia intorno al suo collo, bisognosa di quel contatto che aveva sempre desiderato.
“I- io... oh, Inuyasha! Come puoi chiedermi di non fuggire? Come puoi chiedermi di non aver paura di passare quello che ho patito in questi giorni? Come puoi chiedermi di non essere terrorizzata dall’idea di perderti?” gli domandò lei con tono quasi implorante, sfinito e ricolmo di amore e preoccupazione, un mix che fece esplodere di gioia il mezzo- demone.
La abbracciò maggiormente, rassicurandola della sua presenza, della sua vicinanza.
“Non ti sto chiedendo niente di tutto questo, Kagome. Ti sto semplicemente implorando di non lasciarmi, di non fuggire da ciò che senti, di permettere a entrambi di sopportare tutte questa paure insieme. Credi che anche io non sia terrorrizzato dall’idea che ti possa accadere qualcosa? Credi che non rabbrividisca, ogni giorno, al pensiero che tu sia fuggita per miracolo alla morte? Però non fuggo e non sono mai fuggito perchè il bisogno che ho di te va al di là di tutte queste paure che, sono sicuro, posso superare solo sapendoti al mio fianco. Ti prego, permettimi di fare lo stesso con te”. Kagome rimase spiazzata da quelle parole così piene d’amore. Si aggrappò ancora di più a lui, incredula di essere così fortunata, di poter godere di una felicità che non avrebbe mai sperato.
Inuyasha la scostò leggermente da sè, affogando nei suoi occhi argentati, ora pieni solo di tutto l’amore che provava per lui, liberi dal velo di angoscia e malinconia che avevano sempre avuto.
“Ti prego, dimmi che mi ami” le chiese, quasi disperato, osservandola con ardore
“Ti amo” gli disse lei, prima che le sue labbra venissero sigillate da quelle voraci di lui, ora finalmente libero di baciarla e di sentirla vicino così come aveva sempre voluto, senza rimorsi, senza rimpianti.
Solo loro, niente altro.

FINE 29° CAPITOLO.

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Capitolo 31
*** cap30 "CAMMINANDO NEL SANGUE" ***


Non ci posso credere! ç___ç
Giuro che non posso credere di essere di nuovo qui, dopo tutto questo tempo!
Non sapete quanto mi dispiace del tutto il tempo che vi ho fatto aspettare e comprenderò se saranno in pochi coloro che metteranno gli occhi su questo nuovo capitolo -__-
Ma, davvero, è stato un anno a dir poco impegnativo, e tuttora il tempo a mia disposizione scarseggia parecchio.
Anticipo già che questo capitolo è più corto rispetto al solito, ma ho tristemente notato che la lontananza dalla tastiera ha avuto le sue conseguenze.
C'è bisogno di riordinare le idee e di riappropriarsi delle proprie capacità, quelle stesse capacità che hanno sfornato i 29 capitoli precedenti.
Per quel che riguarda i contenuti... bé, lo vedrete da voi, non anticipo nulla; per quanto riguarda invece lo stile... bé, spero non sia poi così orribile rispetto ai tempi passati.
Bé, che dire: non mi resta che scusarmi di nuovo e lasciare il resto a voi, e vi prometto che farò del mio meglio per riuscire a mandare avanti la storia in tempi abbordabili, giuro che sto facendo del mio meglio.
Grazie, comunque, a chi mi ha sempre sostenuta e che continuerà ad avere pazienza e a leggere la ff.
Un bacio a tutti, mi siete mancati immensamente e sono felice di essere di nuovo qui!

30° CAPITOLO “CAMMINANDO NEL SANGUE”.

La tenne abbracciata a sé ancora per tanto tempo, possessivo, stringendola quasi col terrore che, se l'avesse lasciata andare, il sogno di saperla sua si sarebbe sgretolato in mille pezzi.
Ma Kagome non voleva andare da nessuna parte. La paura di perderlo, di non poter provare la gioia di condividere con lui il suo amore, non le permetteva di lasciarlo andare per nessuna ragione.
Almeno, non adesso, non dopo che, finalmente, entrambi, avevano raggiunto quella felicità che da così tanto tempo andavano cercando.
Inuyasha gemette appena quando lei si accoccolò meglio tra le sue braccia nude, stringendolo, per via delle ferite all'addome ancora fresche e profonde.
Sentendo il suo sospiro soffocato, la miko si scostò appena dal mezzo- demone, guardandolo preoccupata, trasalita, forse rimembrando solo in quel momento la ragione per cui l'Hanyou era steso su quel letto.
“Scusami, mi ero dimenticata delle tue ferite” gli disse mortificata, guardando con occhi grevi il suo petto fasciato.
Lui percepì la sua preoccupazione e tutta l'ansia che aveva provato in quei giorni, mentre aveva vegliato su di lui, testimone della sua agonia.
Con delicatezza, ma allo stesso tempo con decisione, le sollevò la testa, puntando le sue iridi dorate in quelle argentate di lei, mettendo in quello sguardo tutto l'amore che provava.
“Non devi scusarti. Kagome, non ti preoccupare, sto bene” le disse, cercando di rassicurarla. Vide i suoi occhi del colore pallido della luna tremare pericolosamente, tornando a farsi lucidi.
L'attrasse a sé, abbracciandola nuovamente, cercando di placare il suo tremore.
Si sentì maledettamente in colpa nel vederla in quello stato.
“Scusami, scusami Inuyasha” la sentì dire debolmente, percependo la sua fatica nel trattenere le lacrime “Non dovrei comportarmi così, sembro una bambina” piagnucolò con evidente disappunto verso se stessa.
Il mezzo- demone si ritrovò a ridacchiare.
Eh sì, era proprio una bambina.
“E adesso si può sapere perché stai sghignazzando?!” sbottò infastidita la ragazza, guardandolo con sguardo di rimprovero.
Lui ghignò, avvicinando pericolosamente il suo viso a quello di lei
“Sì, sei proprio una bambina...” sussurrò con voce roca sulle sue labbra, che fece sue subito dopo, baciandola con passione.
Kagome, da prima sorpresa e imbarazzata, si lasciò ben presto andare alla marea di emozioni che il contatto così ravvicinato col mezzo- demone le procurava, sospirando sulle labbra di lui e rispondendo al suo richiamo.
Si staccarono ansanti, la fronte dell'uno appoggiata a quella dell'altra, in silenzio, ebbri di gioia.
“La mia stupenda bambina...” sospirò Inuyasha, carezzandole dolcemente i capelli, cullandola.
“Accidenti!” sbottò poi, all'improvviso, tanto che Kagome lo guardò preoccupata, credendo che stesse male.
“Che hai Inuyasha?” gli domandò apprensiva
“Harliem! Come sta Harliem, Kagome?!” le chiese con foga, mentre nella sua mente si faceva vivido ora il ricordo del momento in cui il suo Drago era stato attaccato, arpionato, per poi cadere rovinosamente a terra, insieme a lui.
La miko rimase a fissarlo per qualche istante, per poi sorridergli dolcemente, posandogli una mano sulla guancia.
“Bene, sta bene. Ha riportato alcune ferite, in modo particolare la zampa posteriore, ma nulla di irreparabile, è in ottima salute. Tra i due, di certo chi stava peggio non era lei” lo rincuorò, sentendolo sospirare di sollievo.
Sorrise nel vederlo più rilassato, facendo scivolare la mano dal suo viso, alzandosi e voltandosi verso l'ingresso della tenda.
“Dove vai?” le domandò con tono quasi apprensivo Inuyasha, vedendola allontanarsi.
Lei si girò, mostrandogli un sorriso dolcissimo e sereno
“Vado da Harliem e Hirador, e credo che con loro ci siano anche Miroku, Sango e Shippo. È giusto dargli la notizia del tuo risveglio, non credi? Anche loro sono stati in pena per te, in modo particolare Harliem, è il caso di avvertirli immediatamente”
“Sì, hai ragione” sorrise debolmente a sua volta il mezzo- demone. Kagome annuì, per poi avviarsi verso l'esterno
“Kagome” la chiamò ancora una volta l'Hanyou. Lei si girò, guardandolo, il capo leggermente piegato e gl'occhi, stanchi ma felici, curiosi.
“Una volta che sarai uscita, non dovrò cominciare a pensare che mi sia immaginato tutto, vero?” le domandò, sinceramente preoccupato e affranto da quella eventualità... l'eventualità che una volta che lei si fosse appena allontanata da lui, avrebbe cambiato idea su quanto successo tra loro.
La miko lo guardò sinceramente sorpresa e sbigottita, soprattutto da quanto timore leggeva nei suoi occhi d'ambra.
In pochi passi lo raggiunse, cingendogli il collo, senza dargli il tempo di lasciare altro spazio a quei timori.
“Non ti darò modo di preoccuparti di questo, Inuyasha. Fino a ora sono scappata tante, troppe volte... ma questa volta... questa volta, anche se ammetto di avere tanta paura, non voglio farlo. Ti amo, Inuyasha, e non voglio voltare le spalle a questo amore” gli disse, leggermente imbarazzata, ma del tutto sincera... verso di lui, verso se stessa.
Lui la strinse a sua volta, felice, possessivo, lo stomaco libero dal macigno di angoscia che lo aveva schiacciato insistente, braccandolo in una morsa che aveva sembrato non volergli dare scampo.
Il Cavaliere Supremo si staccò dal mezzo- demone, guardandolo con tenerezza e amore, posandogli un leggero bacio sulla guancia prima di allontanarglisi e uscire dalla tenda.
Era tempo di affrontare, una volta per tutte, i demoni che li perseguitavano.

- Inuyasha! -
“Harliem!”.
Drago e Cavaliere si abbracciarono felici, sollevati nel vedere a vicenda che stavano bene.
Nonappena Kagome era giunta con la notizia del suo risveglio, la dragonessa non aveva rischiato di compromettere le cure fino a quel momento ricevute, per la foga che aveva usato nello scattare in piedi e cercare di fiondarsi dall' Hanyou.
Fortunatamente Hirador era riuscito a bloccarla e a convincerla a farsi aiutare per raggiungere il Cavaliere ferito.
Kagome, Sango, Miroku e Shippo – che erano andati a trovare la dragonessa – avevano assistito divertiti allo scambio di botte e risposte tra i due Draghi, vedendo, infine, il raggiungimento di un compromesso.
Così, insieme, avevano raggiunto la tenda in cui era stato sistemato Inuyasha, e ora, dopo giorni di angosciosa attesa, Drago e Cavaliere si erano finalmente ricongiunti.
“Grazie di esserti preso cura di lei, Hirador. Immagino non sia stato facile, con questa testarda!” disse sentendosi sinceramente in debito il mezzo- demone, rivolto al Drago Supremo che ridacchiò nel guardare gli occhi furenti di Harliem per quanto detto dal ragazzo
- Come osi darmi della testarda proprio tu! E io che sono stata tutti questi giorni a morire di preoccupazione, questo è il ringraziamento?!- sbottò la dragonessa, piccata, scatenando l'ilarità generale.
- Io invece voglio ringraziare te, Kagome, che sei rimasta ogni momento a vegliare su Inuyasha... veramente, non so come ringraziarti per quanto hai fatto – disse poi Harliem, guardando con affetto e gratitudine la ragazza che si ritrovò ad arrossire furiosamente, soprattutto per come la stava scrutando l' Hanyou.
“N- non ce n'è bisogno, davvero! Non ho fatto nulla!” ribatté con foga, lasciando i presenti leggermente perplessi, a parte Inuyasha che se la rideva nel vederla così imbarazzata.
“Comunque c'hai fatto prendere un bello spavento, Inuyasha” commentò ironico Miroku “Ma come al solito hai voluto stare al centro dell'attenzione...” lo punzecchiò, guadagnandosi un'occhiataccia
“Anche se in questo momento non posso venire fino a lì – ma solo perché non ne ho voglia - , questo non significa che poi non te la faccia pagare, Miroku!” lo minacciò il mezzo – demone, facendolo ridacchiare.
“Però Miroku ha ragione! Per colpa tua Kagome in questi giorni è stata veramente in pena! Non ha quasi mai dormito!” sbottò Shippo, visibilmente arrabbiato col mezzo- demone.
“Sh- Shippo, ma che dici?!” sbottò la ragazza imbarazzata fino all'inverosimile mentre Inuyasha fissava il bambino, seduto sul letto accanto a lui, con sguardo estremamente serio... per poi, infine, assestargli un bel pugno sul capo.
“Ahia, mi hai fatto male!” piagnucolò il cucciolo di Youkai con le lacrime agli occhi
“Feh!”
- Forza ora – intervenne Hirador a placare gli animi – È meglio se leviamo le tende, il nostro Cavaliere, per quanto abbia la pellaccia dura, ha ancora bisogno di riposo... e anche tu, Harliem! - concluse, guardando con severità la compagna.
“È giusto. Forza, vieni Shippo, torneremo a trovare Inuyasha questa sera” lo chiamò Sango, prendendo tra le braccia il bambino, che non si risparmiò, prima di andarsene, dal fare una smorfia al mezzo- demone, alla quale rispose con una ancora peggiore.
- Tu Kagome vieni? - le domandò Hirador, e lei spostò incerta gl'occhi da Inuyasha al resto della compagnia in attesa sulla soglia, indecisa sul da farsi
“Ehm...” balbettò
“No, Hirador, ve la mando tra poco” decise per lei il mezzo- demone, senza guardarla.
- Va bene... allora a dopo Kagome. Ci vediamo più tardi Inuyasha! - lo salutò il Drago Supremo, e con lui tutti gli altri
“Sì, grazie della visita”.
I due li guardarono andare via, restando in religioso silenzio.
Una volta rimasti soli, Kagome restava comunque immobile, lontana dal letto su cui giaceva Inuyasha che, invece, la scrutava con i suoi occhi ambrati, mettendola in imbarazzo, ancora di più di quanto non fosse per le cose dette da Shippo.
“Kagome” la chiamò con la sua voce calda e profonda.
“C- cosa c'è?” domandò lei, saltando come una molla, senza guardarlo
“Mi dispiace” disse lui di rimando, col tono più serio che gli avesse mai sentito usare.
Si voltò a guardarlo basita, senza capire a cosa si riferisse.
Incrociò i suoi occhi ambrati, affogando in un mare di sensi di colpa e serietà.
Divenne seria a sua volta, voltandosi completamente verso di lui, guardandolo con attenzione.
“Cosa vuoi dire, Inuyasha?” gli domandò
“Mi dispiace... di averti fatto soffrire, di averti fatto stare in pena” le disse con un sussurro, abbassando lo sguardo, stringendo convulsamente le lenzuola tra le mani.
Kagome restò a guardarlo per qualche istante, per poi avvicinarglisi, sedendosi sulla sponda del letto, accanto a lui.
Il mezzo- demone alzò appena il viso, quanto bastava per vedere i suoi capelli pece sfiorarle con delicatezza le spalle esili.
“Inuyasha...” lo chiamò con voce vellutata, fatta di dolcezza, guardando quel testardo Hanyou ora con la testa china, le orecchie abbassate e lo sguardo dispiaciuto. Mai gli era sembrato tanto tenero.
“Inuyasha... guardami” lo chiamò ancora, esortandolo, dato che ancora non l'aveva guardata.
Titubante, seguendo quell'ordine così dolce, Inuyasha alzò lo sguardo, per poi rivolgerlo completamente alla ragazza, una volta affogato nei suoi occhi, in quel momento un mare fatto di amore e dolcezza.
“Non ti devi dispiacere... è vero, sono stati giorni difficili, credo che se non ti fossi svegliato non avrei resistito oltre. Ma non è colpa tua... ti amo e la sola idea che tu possa rischiare la vita mi fa morire... è naturale che stia in pena per te, non trovi? Ma non per questo devi fartene una colpa... basto già io a farmi troppi problemi!” scherzò, ridendo leggera, il volto sereno.
A sorpresa si ritrovò contro il petto caldo e muscoloso dell' Hanyou, felice di quelle parole.
Kagome lo amava. Kagome lo amava.
Il solo pensarlo lo mandava nella confusione più totale, nell'incredulità, nella sensazione soffice e impalpabile di essere immerso in un sogno dal quale non si sarebbe mai voluto risvegliare.
Ma quello non era un sogno.
Kagome era lì, con lui, e lo amava.
Come lui amava lei.
La scostò da sé giusto a sufficienza per permettere, ancora una volta, alle sue labbra di saggiare quelle morbide e calde di lei, che lo accolsero con passione e ardore, gli stessi che scorrevano in lui in quel momento.
“Non so che farei se ti dovessi perdere” le confessò con la voce rotta, un po' per il fiato un po' per l'ansia che la sola idea gli metteva.
“Non succederà. Ma ora, quello che importa, è che siamo insieme” lo rassicurò lei, abbracciandolo stretto a sua volta, conscia di quella stessa sensazione di terrore che quella eventualità le dava.
Inuyasha la trascinò con sé, stesi uno affianco all'altra sul morbido giaciglio su cui aveva riposato fino a quel giorno.
E chiusero gl'occhi, beandosi e facendosi forza con la vicinanza dell'altro, cullati dal battito reciproco dei loro cuori, riscaldati dal loro caldo e tranquillo respiro mentre una brezza leggera, fuori, dava sollievo ai soldati che in quei giorni avevano sopportato il caldo torrido.

[…]

Erano trascorsi diversi giorni e Inuyasha si era ristabilito completamente.
Anche se esiguo, il sangue demoniaco nel suo corpo aveva fatto miracoli, facendolo riprendere da ferite che avrebbero costretto a letto per assai più tempo anche l’Umano più robusto.
L’aria dell’estate appena cominciata riempiva le giornate dei suoi tipici profumi, preannunciando giornate calde e soleggiate.
La Terra Centrale si distingueva dal Nord e dal Sud proprio per come riusciva a trasformarsi sia in Primavera che d'Estate, di certo le stagioni lì più ben apprezzate.
I cambiamenti climatici portavano con loro nuovi lavori, nuove occupazioni, per non parlare delle pietanze tipiche che i frutti dei campi e delle piante fornivano agli abitanti.
Kagome si sentiva un po' come a casa, nella sua amata isola di Arlem, dove la vita di tutti era sensibilmente scandita dall'alternarsi delle stagioni, in primavera si raccoglievano i frutti selvatici per produrre gustose confetture, e con i fiori freschi si producevano gradevoli e particolari fragranze, le quali rappresentavano motivo di vanto nel commercio con gli altri Paesi; l'estate offriva abbondante e gustosa verdura tra cui quelle più resistenti, ideali per la conservazione in salamoia, per non parlare poi della selvaggina, dato che in quel periodo, in questo caso a Kandem in particolare, facevano ritorno alle coste i particolari uccelli che vi abitavano e che, per la loro abbondanza, offrivano una ulteriore fonte di approvvigionamento agli abitanti, nonché gustose e particolari ricette famose in tutta l'isola. L'autunno portava con sé le Grandi Piogge e quindi l'aria umida e mai secca, favoriva la crescita dei funghi, di ogni specie e utilità, da cibo a fonte di medicinali con cui curare diversi tipi di infezioni e malattie, e infine la raccolta della legna per l'inverno dagli alberi, soprattutto quelli che non avevano resistito alle piogge insistenti. Infine, l'inverno, caratterizzato per lo più dalla preparazione di gustosissimi dolci, da cibi molto nutrienti per far fronte al freddo rigido e dalla preparazione delle varie semine che poi sarebbero state utilizzate per la primavera successiva.
Un percorso ciclico e ripetitivo che però a Kagome dava quel senso di sicurezza di cui non avrebbe potuto fare a meno.
Ma era anche interessante vedere come tutto questo, seppur nella sua apparente immobilità, venisse influenzato dallo scorrere del tempo che portava progresso – sia nelle scoperte meccaniche che all'utilizzo di nuove combinazioni di semine, tanto per fare qualche esempio - e dalle stesse mutazioni che, nel corso degli anni, subivano le condizioni climatiche.
Lo stesso tipo di processo avveniva anche nella Terra Centrale, anche se qui, forse, più velocemente e voracemente, per via degli studiosi in generale, sempre intenti nel ricercare una soluzione ancora più efficace e innovativa di quella precedente.
Pensava a tutto questo il Cavaliere Supremo, per la prima volta dopo tanti giorni con la serenità nell'animo, beandosi del tramonto che proiettava nei suoi occhi dal colore freddo, tonalità intense e calde, creando un magnifico e irreale gioco di colori.
Immersa nella pace della mente e della natura, si sentì circondare da due forti braccia che la avvilupparono in un confortevole calore, difendendola dalla brezza della prima sera, ancora fresca e frizzante.
“Ti avevo detto di restartene a letto, finché le ferite non si richiudono completamente... e lo sai bene che non mi piace ripetermi, se non è necessario” sospirò, stringendosi a quel corpo saldo e robusto, che pareva non poter essere scalfito nemmeno dalla pietra più dura e tagliente, ma che lei aveva visto coi suoi occhi piegarsi, rendersi vulnerabile allo stesso modo di un fiore sotto le violente folate del vento più freddo e ostile.
“Lo so, ma io ti ho già detto, e ripetuto, che ormai sono guarito completamente... e poi, Kagome, lo sai bene che non mi piace starmene inchiodato a letto a oziare...” ribatté il nuovo arrivato e lei, anche se non lo vedeva in volto, poteva immaginarsi la sua bocca inclinata in un ghigno fastidioso.
“Oh, certo, però non ti sei risparmiato di rimanere inchiodato a quel letto, incosciente, per un bel po' di giorni, facendomi morire di preoccupazione... vero, Inuyasha?” e finalmente si voltò a guardare il volto ora corrucciato del mezzo- demone, punto sul vivo dall'affermazione fatta dalla miko.
“Se avessi potuto, l'avrei evitato volentieri. Sei ingiusta ad accusarmi di una cosa simile” ribatté piccato, sbuffando e voltando il viso da un lato, per evitare di guardarla.
Lei sospirò rassegnata, scuotendo il capo, per poi rivolgergli un tenero sorriso.
“Sì, hai ragione scusa... ma è proprio per quello che abbiamo passato entrambi che ti chiedo di pazientare ancora un pò. Tanto tra pochi giorni faremo ritorno a Eldoras e potrai tornare a saltellare allegramente su tutti gli alberi che ti ritrovi a tiro...”
“Ehi, mica mi starai dando della scimmia?” domandò retoricamente Inuyasha, guardando storto la ragazza, che ridacchiò
“Chi, io? Ma fammi il favore” rispose vaga lei, scuotendo la mano davanti al volto.
“Ah sì, eh?” e l' Hanyou le si avvicinò pericolosamente, prendendo a farle il solletico.
Lei cercò di divincolarsi dalla presa dell' Hanyou, senza però riuscire a trovare via di scampo, finendo per ridere a crepapelle.
“Ah, ah, ah! Va bene, va bene, mi arrendo!” esclamò ansante tra le sue braccia mentre Inuyasha sorrideva beffardo, vincitore di quella piccola battaglia. L'avvicinò ancora di più al suo petto, per poi sfiorargli leggero le labbra con un bacio.
Kagome arrossì violentemente ma gli sorrise, ricambiando l'abbraccio.
“Ahi!” si fece sfuggire dalle labbra il mezzo- demone, non troppo piano perché le orecchie della ragazza non potessero udire il suo gemito.
“Te lo avevo detto. Forza, ora si torna a letto” gli disse pacata e decisa al contempo, trascinandolo sul letto della sua stanza all'interno della caserma.
“Sto bene, non ce n'è bisogno!” ribatté ancora una volta Inuyasha, ma senza insistere più del dovuto. In realtà, si compiaceva del fatto che Kagome si preoccupasse per lui.
“Smettila di fare i capricci, se non ti rimetti completamente non partiremo mai... abbiamo già fatto preoccupare abbastanza Takehiko, non vedo perché dovremmo procurargli altre ansie ritardando il nostro rientro”
“Non è quello che voglio. Ma va bene, me ne starò buono, contenta?!” borbottò lui, facendola sghignazzare.
“Oh, bravo... comunque comincio a capire perché Harliem ti abbia scelto... siete uguali, testardi come muli entrambi!” commentò la miko, ricordando quanti altrettanti sforzi avevano dovuto fare per convincere il Drago a riposare, a stare ferma il più possibile per permettere alle ferite di rimarginarsi con più velocità, e quanti sbraitii aveva sentito fare a Hirador, tra tutti, quello più impegnato a tenerla a bada.
Gli altri due Draghi, invece, Varandir e Sieg, si erano limitati a guardare, l'una palesemente divertita, l'altro quasi totalmente indifferente.
“Sango e Miroku che fine hanno fatto?” domandò poi Inuyasha, sperando che i due compagni tornassero il più tardi possibile per poter restare solo ancora un po' con il Cavaliere Supremo.
“Penso siano con Evan a occuparsi dei preparativi per il viaggio dato che, appena la Dottoressa ci dirà che sei nelle condizioni, partiremo”
“Capisco. Sono state mandate altre notizie da Eldoras?”
“No, nulla a parte la lettera di risposta all'invettiva mandata da Khel, subito dopo quanto accaduto ai pressi del confine”.
Infatti, lo stesso giorno in cui vi era stata la terribile battaglia con le truppe Orche, l'esplosione incontrollata del potere di Kagome e l'abbattimento di Harliem e Inuyasha, Khel aveva provveduto ad avvertire il Governatore della Capitale della situazione che avevano dovuto affrontare e dello stato delle cose.
Immediata e rapida era stata la risposta da parte di Takehiko che, a chiare lettere, ordinava loro di far ritorno immediato a Eldoras, naturalmente una volta che tutti i feriti si fossero rimessi completamente.
“Mi domando solo a cosa si riferisse quando poi ha detto che aveva anche da parlarci urgentemente, soprattutto con me” ricordò la ragazza, rimuginando su quelle parole.
“Bé, lo scopriremo quando arriveremo” si limitò a commentare frigido Inuyasha, guardando vago lo scorcio di cielo dato dalla finestra
“Ma io sono curiosa!” sbottò Kagome, attirando lo sguardo dell'Hanyou
“Ah, e così saresti curiosa, eh? Non l'avrei mai detto...” osservò divertito, facendola avvampare.
“Non l'avresti detto ma è così! C'è qualcosa di male?!” ribatté inacidita lei, guardandolo storto
“No, no, assolutamente nulla...”.
La ragazza si limitò a sbuffare, senza prestare attenzione ai commenti ironici del mezzo- demone che continuava a ridersela.
A sua volta si ritrovò a sorridere. Effettivamente, si rendeva conto solo in quel momento, era davvero raro e quasi 'strano' vedere Inuyasha in quel modo, così... sereno.
Chissà, pensò con una punta di vanità, magari era anche per merito suo.
Bé, merito o no, l'importante era al punto a cui si era arrivati: chiarezza totale sui sentimenti, propri e reciproci.
“A che pensi?” le domandò quasi leggendole nel pensiero l' Hanyou
“Niente, non ti preoccupare. Sai che faccio? Vado giù nelle cucine a recuperare qualcosa da mettere sotto i denti, ti va? Così mangiamo qui con calma...” propose lei, guardando divertita l'espressione gioiosa di lui alla sola idea del cibo.
“Bé, sei ancora qui?!” ribatté Inuyasha, ghignando mentre lei usciva dalla stanza scuotendo la testa.
Poco lontano da lì, facevano ritorno da una lunga chiacchierata con Khel, Sango e Miroku, accompagnati da Shippo.
Sapendo dello stato in cui versava ancora – secondo loro – Inuyasha, il Comandante della guarnigione aveva convocato loro tre, dato che Kagome si stava occupando del ferito.
Si era discusso dei preparativi per la loro imminente partenza, e anche dell'ipotesi che Khel stesso li accompagnasse fino a Eldoras, non tanto perché avesse timore che, nel caso di un attacco, non avrebbero saputo cavarsela, quanto per andare a far visita a Takehiko per poter così informarlo dettagliatamente e di persona di quanto era accaduto.
Miroku lo aveva rassicurato dicendo che non ce n'era alcun bisogno e che, piuttosto, la sua presenza era necessaria lì, a Hogarth, ancora troppo esposta a un'eventuale – anche se remoto – attacco.
Ma Khel sembrava di ben altro avviso. Comunque, avrebbe riferito loro la sua decisione in serata.
“Sono quasi sicura che verrà insieme a noi a Eldoras” asserì Sango, con Shippo al seguito che confermava la sua ipotesi.
“Più o meno lo sono anche io. Anzi, già prima di renderci partecipi della sua idea, sono del parere che avesse già le idee ben chiare sul da farsi. Bé, dobbiamo riconoscergli che è un buon diplomatico, ci ha informato nonostante sapesse già cosa vuole fare” ridacchiò Miroku, riconoscendo nell'atteggiamento del capo della guarnigione, un aspetto di certo non secondario del proprio padre.
“Ma questo non toglie che, come gli hai fatto notare tu, la sua presenza avrebbe di certo più senso qui, ora come ora” obiettò la Cacciatrice
“Credo che Khel conti molto sulla presenza di suo figlio, qui. Non lo dimostra apertamente, ma si vede che fa grande affidamento su di lui” anche gli altri due convennero su quanto detto da Miroku, proseguendo nel loro tragitto attraverso il villaggio, ora rischiarato dai colori tenui e freddi della sera imminente, il sole a ovest che, testardo, emanava gli ultimi raggi, caldi e intensi, a illuminare placidamente la porzione di cielo circostante.
Le guglie della caserma carpivano e riflettevano l'incontrarsi, breve e sfuggevole, del giorno e della notte, in una sintesi perfetta, in un equilibrio che, seppur precario e fragile, affascinava perché unico nel suo genere.
I tre tagliarono per la porzione di terreno destinata agli orti e ai frutteti di diverso tipo, anche se esigui, per dirigersi verso la zona retrostante e confinante della guarnigione, lì dove erano state erette le robuste stalle e le mangiatoie destinate agli animali da allevamento, e le solide baracche, dimora dei Draghi.
“Scommetto che sei voluta passare per dare qualche altro attimo di intimità a Kagome e Inuyasha, vero?” domandò a un certo punto Miroku, mentre stavano sorpassando il recinto che delimitava questa parte del villaggio.
“Il mio scopo primario è quello di assicurarmi che il mio Drago stia bene e che abbia mangiato, e salutare anche gli altri, però, sì, anche per dare un po' di respiro a quei due. Da quando Inuyasha ha ripreso le forze non gli hai dato un momento di tregua! Se non sei lì a riempirgli le orecchie di battute e insinuazioni, sei con Kagome a metterla in guardia su quello che – secondo la tua testa malata – potrebbe farle!” ribatté una Sango irritata dagli atteggiamenti infantili – e, comunque, a suo parere, di gelosia nei confronti della cugina – del compagno.
“Bé, mio dolce tesoro, in quanto suo più stretto parente, è mio dovere metterla in guardia su certe cose! Ora che stanno insieme è naturale che comincino a pensare a voler approfondire il loro rapporto! E Inuyasha, in quanto mezzo- demone, sentirà sicuramente maggiormente l'istinto alla procreaz-!!!”
“Ma che cavolo c'hai in testa?! Ti rendi conto di quello che stai dicendo?! Con Shippo qui, peraltro! Sei tu il vero maniaco che non pensa ad altro, e non di certo Inuyasha!” lo bloccò Sango, rossa in viso e imbarazzata per i discorsi osceni del ragazzo.
“Comunque se è per me non farti problemi, Sango, non è la prima volta che Miroku mi parla dei rapporti di coppia...” la informò candidamente Shippo, facendola raggelare sul posto, mentre Miroku si dava già alla fuga, consapevole della furia che tra poco lo avrebbe investito.

“È un cretino, un maniaco! Ma ti rendi conto?!”
“Sì, Sango, me lo hai ripetuto almeno mille volte! Ora cerca di calmarti” disse ridendo Kagome, guardando la faccia inviperita dell'amica, che le stava davanti.
Nella cucina della caserma Kagome e Sango stavano preparando comodamente qualcosa da mettere sotto i denti per loro cinque, dato che i militari, inclusi Khel ed Evan, avevano già cenato, per poi ritirarsi e occuparsi ognuno delle proprie cose.
“Come posso calmarmi? Insomma, Kagome... io me ne sono innamorata! Come diavolo ho fatto?!” esclamò sconcertata la Cacciatrice, una patata in una mano, il coltello nell'altra e lo sguardo fisso sulla pentola appesa che le stava davanti agli occhi, senza riuscire a darsi una spiegazione logica.
“Proprio perché è Miroku, che te ne sei innamorata, come io mi sono innamorata di Inuyasha perché è lui” disse tranquillamente Kagome mentre prendeva dalle mani dell'altra coltello e patata e finiva di preparare le verdure per lo stufato che avrebbero cucinato.
“Non ho capito molto bene” ammise perplessa Sango, guardandola stranita
“Lo immaginavo – ridacchiò il Cavaliere Supremo – Quello che intendo dire, è che non penso si possa dare una spiegazione precisa per cui ci si innamora... succede e basta, e non per questo o quel motivo, è per il tutto... che, a mio avviso, è inspiegabile”.
La Cacciatrice rimase a fissare l'amica, riflettendo sulle parole appena udite.
“Accidenti, sei più matura di me, Kagome! Ed è la prima volta che ti innamori, dici? Se è così, hai tutta la mia stima” ammise sinceramente colpita il Cavaliere, tornando a preparare la cena
“Perché?” domandò invece candidamente Kagome, senza capire il motivo di tali parole, facendo sorridere l'altra.
“Niente, diamoci una mossa, piuttosto!”
“Uff, e va bene! Ma riprenderemo il discorso, sappilo!” ci tenne a sottolineare la Principessa, piccata
“Sì, sì, va bene!” ridacchiò Sango mentre finiva di tagliare anche l'ultimo pezzo di carne.
E dietro la sottile tenda di canapa della finestra alle loro spalle, la luna faceva capolino, accompagnata dal canto del vento estivo.

“Certo che tu te le vai proprio a cercare”.
Inuyasha guardava tra il rassegnato e il divertito le guance gonfie e rosse di Miroku, da non molto vittime della furia di Sango, per via di uno dei tanti suoi discorsi inappropriati.
“Eh, cosa vuoi che ci faccia, amico mio? Non so se la mia condanna sia essere come sono o essermi innamorato della donna più magnifica delle Tre Terre!” sospirò con aria sognante il Majutsushi, osservato dagli sguardi ormai rassegnati di Shippo e del mezzo- demone, seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla spalliera.
“Ma piuttosto... - riprese poi Miroku, rivolgendo la sua attenzione e i suoi occhi carichi di malizia su Inuyasha – Tra te e Kagome come vanno le cose? Mi auguro che tu abbia il buongusto di essere dolce con lei! Ricordati che sei pur sempre un mezzo-demone!” esclamò, facendo quindi l'ennesima uscita sui presunti rapporti interpersonali sull' Hanyou e la cugina e, di conseguenza, avendo l'obiettivo di mettere in imbarazzo il Cavaliere.
Inuyasha, invece, si limitò a sospirare pesantemente “Miroku, ormai non mi fa né caldo né freddo quello che la tua bocca dice a casaccio. E comunque, credo che se solo osassi muovere un dito in modo da urtare tua cugina, penso proprio che finirei maluccio!” borbottò, pensando quanto, effettivamente, ciò era possibile.
“Non maluccio, ma proprio male!” esclamò una nuova voce, e sulla soglia della porta comparvero Kagome e Sango che portavano tutto il necessario per la cena e che ora stavano posando sul tavolo posto di fronte al letto sul quale giaceva Inuyasha.
“E tu, caro cugino, cerca di piantarla con questi discorsi stupidi!” lo rimbrottò, guardandolo accigliata.
“Oh, Kagome cara, ma lo sai che scherzo! So bene quanto il tocco di Inuyasha possa essere dolce, quando è neces-!” un colpo alla nuca lo costrinse a tacere, e si ritrovò invece a piagnucolare proprio con il mezzo- demone in questione.
“Ehi, ehi, tu invece cerca di startene buono a letto!” asserì severa Kagome, guardando l'Hanyou affiancarsi al tavolo al quale era vicina.
“Come te lo devo dire che ormai sto bene?! Anzi, mi auguro proprio che entro domani pomeriggio leviamo le tende da qui, o quando ricomincerò gli allenamenti non riuscirò nemmeno a evocare una Fire Ball!”
“Ma sentitelo! Se, quando te lo dicevo, te ne fossi stato a letto ad aspettare che il tuo sangue demoniaco facesse il suo dovere, forse saremmo a Eldoras già da un pò!”.
I due si guardarono storto per qualche secondo, per poi voltarsi le spalle a vicenda, indispettiti, sotto le risatine degli altri tre.
“Sempre così, voi due! Ma come si suol dire, l'amore non è bello se non è litigarello!”
“Piantala, Miroku – sentenziò Inuyasha, portandosi di fianco a Kagome, la quale si irrigidì nel ritrovarselo così vicino all'improvviso, il respiro e i battiti del cuore accelerati – Perché non mangi qualcosa, piuttosto, così la tua bocca avrà qualcos'altro da fare, invece che blaterare a vanvera” e afferrò voracemente una fetta di pane, per poi dirigersi fuori, sul balcone, venendo inghiottito dalla semi oscurità della notte incombente.
Il Cavaliere Supremo rimase fermo a fissare il punto in cui aveva visto il riflesso dei suoi capelli argentei scomparire, e la sua sagoma venire circondata dal buio. Scosse violentemente la testa, sentendosi le guance in fiamme e il battito accelerato.
“Kagome? Ti senti bene?” le domandò Sango vedendola in quello stato.
“S- sì, tutto bene. Forza ora, mangiamo, altrimenti si raffredderà tutto quanto!”.
Nonostante stessero insieme, guardare anche solo da lontano Inuyasha la faceva sussultare.
Desinarono con calma, la stanza piena di risate, sbuffi e rimproveri, mentre fuori, come un barattolo d'inchiostro rovesciato, calava la notte, e il frinire delle cicale e il ronzio degli insetti si fece più pacato e tenue, cedendo il posto di protagonista alla voce melliflua e sottile del vento.
“Bé, direi che è ora di levare le tende. Passate una buona notte” disse Sango sull'uscio, vicino a lei Miroku che teneva fra le braccia un Shippo beatamente addormentato.
“Sì, anche voi. Metto a letto il bambinone alle mie spalle e vado a coricarmi anche io” li salutò a sua volta Kagome, facendo ridacchiare gli amici che svanirono presto dietro l'angolo del corridoio.
“Chi sarebbe il bambinone?” sbottò la voce di Inuyasha alle sue spalle, riemerso dal balcone, i capelli leggermente scomposti dopo aver ricevuto le carezze del vento notturno.
“Avanti, non ti sarai mica offeso?” ridacchiò Kagome, mentre sistemava i piatti che avevano usato per mangiare, improvvisamente tesa nel ritrovarsi da sola col mezzo-demone.
Si irrigidì ancora di più quando se lo sentì alle spalle, a un soffio dalla sua schiena scossa dai brividi.
“Hai freddo?” gli sentì sussurrare al suo orecchio, la sua mano posata delicatamente sul suo braccio.
“No...” sospirò lei a mala pena, il cuore che galoppava violentemente nel petto.
“Kagome...” l'Hanyou l'avvicinò a sé, venendo avviluppato dal suo profumo “Kagome, questa notte... resta con me”.
Lei sussultò sul suo petto, le gote in fiamme, il respiro mozzato.
Si voltò a guardarlo, venendo immediatamente risucchiata nell'ambra dei suoi occhi.
Inuyasha affondò una mano nei suoi capelli neri, per poi allungarsi a baciarla con ardore, tenendola stretta a sé come se avesse il terrore che, lasciandola, non ne avrebbe più avuto l'opportunità.
“Ti amo” le disse poi, guardandola negli occhi chiari.
Lei sorrise, prendendolo per mano e condurlo fino al letto, nel quale si coricarono insieme, abbracciati.
La luna illuminava i loro volti, rassicurandoli nel cammino verso il mondo dei sogni, mentre il vento allietava il loro viaggio con antiche canzoni e racconti di amore e gioia.

[...]

“Finalmente non dovrò più sopportare questo dannato letto”.
Kagome sbuffò, irritata dalle continue lamentele di Inuyasha, finalmente, secondo il parere della dottoressa, in condizioni tali da poter affrontare il viaggio di ritorno verso Eldoras, viaggio che l'Hanyou era ancora convinto avrebbe potuto sostenere benissimo anche molto prima.
“Quando fai così sei veramente insopportabile” borbottò la ragazza senza guardarlo, impegnata nel finire di preparare velocemente i bagagli.
Era da poco sorta l'alba del decimo giorno dopo l'attacco da parte degli Orchi, e i cinque provenienti dalla capitale, insieme a Khel, erano pronti per la partenza, Kagome ansiosa di conoscere ciò di cui Takehiko doveva parlarle.
“Allora, abbiamo finito qui?” domandò il mezzo- demone rivolto alla miko intenta ad allacciare la sua spada al fianco, la divisa dei Cavalieri che nuovamente era tornata a fasciarle il corpo.
Inuyasha si ritrovò a fissarla in modo insistente, ancora incredulo del rapporto che si era instaurato tra loro.
Mai si era sentito così fortunato e realizzato.
“Sì, sono pronta, andiamo pure” la voce della compagna lo fece trasalire, e distolse lo sguardo il più velocemente possibile.
In pochi istanti furono nell'atrio della caserma, dove vi erano ad aspettarli il resto della compagnia in partenza.
I Draghi erano già stati sfamati e preparati a dovere, non restava che passare ai saluti.
“Il tempo di andare e tornare, e sarò di nuovo qui. Lascio tutto nelle tue mani, mi raccomando” Khel guardò con severità il giovane figlio che annuì vigorosamente, sicuro di sé.
“Evan” la voce dolce di Kagome lo richiamò “Grazie per tutto quello che hai fatto per noi. Spero di vederti presto”
“Non devi nemmeno dirlo, Kagome. È stato un onore e un piacere conoscerti e anche io spero in un prossimo incontro” rispose il ragazzo, abbracciandola affettuosamente, sotto lo sguardo bieco e possessivo di Inuyasha, insofferente a quelle eccessive, nonché inutili smancerie.
Salutandosi a vicenda, con la promessa di rivedersi, i Cavalieri in partenza montarono sulle proprie cavalcature, alzandosi in pochi secondi da terra.
Kagome e con lei la restante parte del gruppo proveniente da Eldoras, gettarono un ultimo sguardo alla guarnigione che li aveva ospitati e che li aveva visti passare momenti duri e difficili.
La convalescenza di alcuni di loro aveva dato modo a tutti di riposarsi, e i Draghi volavano di gusto e con vigore dopo i numerosi giorni passati senza far nulla.
Le ferite di Harliem parevano mai esserci state – e come lei, così anche Inuyasha non sembrava di aver passato momenti in bilico tra la vita e la morte – e la dragonessa muoveva con ardore le ali, assaporando la sensazione del vento che le sospingeva.
Il mezzo- demone pareva bearsi quanto lei della sensazione piacevole e indescrivibile del volo, percependo più che mai in quel momento le forze tornargli completamente e spazzare via il dolore, la paura e tutti i sentimenti negativi di quei giorni.
Di fianco a loro, Kagome e Hirador li guardavano soddisfatti e anche sollevati di trovarli in forma, senza che il ricordo di ciò che era successo li turbasse eccessivamente.
Si prospettava un viaggio tranquillo, il sole alto nel cielo senza nuvole, col vento gentile a solleticare i loro visi e a portare sollievo dalla calura.
Non vedevano l'ora di vedere Eldoras all'orizzonte riempire i loro occhi.
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A miglia e miglia da lì: Kaosu.
Il gorgoglio del vento si mescolava al clangore delle armi e ai gemiti che si sollevavano dal campo di esercitazioni, situato all'interno del palazzo centrale, ora gremito da Orchi e Demoni che si affrontavano senza pietà, spesso uccidendosi a vicenda, solo per assaporare il gusto di battaglie troppo lontane e lenire l'esigenza di scontri prossimi.
Soprattutto i Demoni fremevano dalla voglia di macchiare di rosso la Terra Centrale, ed era palpabile la loro irritazione nel vedere che solo gli Orchi, per adesso, si stavano divertendo, come lo squadrone che dall'Isola di Kandem aveva poi penetrato quelle terre con l'ordine di sterminare qualunque cosa gli si parasse davanti.
Ma ancora si attendevano notizie sull'andamento della spedizione e il popolo, in particolare l'esercito, era ansioso di conoscere i risultati per ora raggiunti.
All'interno del palazzo, invece, tutto taceva, la quiete, dai toni però minacciosi e sinistri, aleggiava tutto intorno ad esso, quasi tesa allo spasimo anche lei di avere rassicuranti notizie di morte e distruzione.
I passi concitati di Kumo interruppero l'atmosfera immobile che da giorni circondava il palazzo, mentre si dirigeva con un espressione tesa sul viso giovane, verso il salone dove stava abitualmente il signore del Regno del Sud.
Senza attendere di essere ricevuto, il Demone spalancò con vigore le alte e pesanti porte che sigillavano la sala, trovandosi osservato da un paio di occhi carmini e uno dorato, tutti inquisitori, tutti minacciosi nella loro freddezza.
“Kumo... qual buon vento ti porta qui? Tu sai meglio di altri che avevo dato precise disposizioni” la voce vellutata di Naraku riecheggiò tra le alte colonne del salone, facendo rabbrividire il giovane Youkai, gli occhi intimoriti che passavano dal suo signore al Drago accucciato poco lontano da lui, pronto in qualsiasi momento a imprigionarlo tra le sue fauci. Inspirò a fondo, imponendosi la calma e la freddezza che lo contraddistinguevano.
“Mi perdoni mio signore, so bene che non voleva essere disturbato, ma non ho potuto fare a meno di accorrere immediatamente qui”.
Naraku guardò attentamente il Demone, leggendo in lui solo una grande agitazione. Per essere in quello stato, doveva essere successo qualche cosa.
“Parla Kumo” gli ordinò perentorio, irrigidendosi sullo scranno regale, attento a tutto ciò pronunciato dalla sua bocca.
“Il reggimento di Orchi mandato sull'isola di Kandem, dopo aver messo a ferro e fuoco l'isola, è penetrato nella Terra Centrale...”
“Va avanti” lo incalzò, vedendolo tentennare
“E' stato completamente distrutto, mio signore. Non un solo sopravvissuto. Vedendo che non arrivavano notizie, Kraeliux aveva mandato un Orco Ricercatore sulle loro tracce. È penetrato nella Terra Centrale passando per la costa occidentale, proseguendo poi lungo il confine col Nord – come avevano accordato col reggimento mandato in missione – e quando è arrivato quasi a ridosso della costa orientale, l'ha trovato.
“Un campo devastato, nessun sopravvissuto... se il Ricercatore è riuscito a capire che è lì che lo squadrone ha terminato il suo viaggio... è perché di loro non sono rimaste che le armi e le armature. Vi farò parlare con l'Orco in persona, signore, anche se fatica a descrivere ciò che ha visto” terminò Kumo, pallido in viso, sconcerto per un simile evento.
Guardò il Majutsushi, attendendo una qualche sua reazione, sudando freddo per un suo probabile scoppio d'ira.
Ma, al contrario, restò basito nel vederlo sorridere, le labbra tese in un'espressione soddisfatta e ansiosa.
“Bene, ben fatto Kumo. Più tardi desidero parlare con il Ricercatore, voglio sapere esattamente tutto ciò che ha visto, sono stato chiaro?”
“Ce- certo, come desiderate” balbettò incredulo il Demone, inchinandosi, per poi congedarsi velocemente.
“Non manca molto...” un sussurro, un sospiro fatto di aspettative, di febbrile attesa, di agognata vendetta.
Kurikara fissò il suo occhio dorato sulla figura seduta di Naraku, il volto teso in un sorriso di folle bramosia, gli occhi carmini brillanti nella semi oscurità del salone.
- Hai finalmente intenzione di agire? - domandò con la sua voce calma e immobile il Dragone.
“Sì, molto presto andremo in scena. Ora che la Shikon no Tama è così vicina è giunto il nostro momento. Non osavo sperare in tanto. Tutto è a nostro favore” rispose prontamente Naraku, alzandosi dal suo trono, avvicinandosi alla creatura, guardandola con un fremito
- Ti consiglio di non essere troppo avventato. Questa volta... tutto deve concludersi in un altro modo -
“Lo so. Vedrai, non verrai rinchiuso un'altra volta, come io non morirò. Questa volta saremo NOI ad avere la meglio” lo rassicurò il sovrano del Sud, gli occhi porpora, questa volta, con una nota di affetto, inusuale per quelle iridi di solito ricolme di febbrile pazzia, di bramosia per la disperazione, la sofferenza, la morte.
Il Ricercatore non poteva recapitare notizie migliori.
Lo sterminio di un simile squadrone di Orchi non poteva che stare a significare una sola cosa, dato che una tale impresa sarebbe stata troppo per chiunque, per un Drago, per un Majutsushi o entrambi insieme.
Il suo ghigno si allargò ancora di più, dopo lunghe, estenuanti e inconcludenti ricerche, ecco che ciò che bramava da così tanto tempo gli si offriva su un piatto d'argento, nel modo e nel momento migliore.
Ora, nelle sue mani, aveva tutte le carte necessarie per avere la partita in pugno.
“Kurikara, prepariamoci per fare una visita ai nostri amici di Eldoras!”.

FINE 30° CAPITOLO.

Allora. Come avevo già anticipato, so che questo capitolo è più corto rispetto ai miei soliti standard.
Ma, bisogna proprio ammetterlo: sono arrugginita ç__ç
So anche che, effettivamente, non accade niente di rilevante, ma, diciamo, si tratta di un capitolo di mezzo, un po' come 'la quiete prima della tempesta'... ma non voglio di certo anticiparvi qualcosa XP
Spero vivamente di riuscire a riappropriarmi della facilità con cui riuscivo a proporvi capitoli interessanti e più lunghi... è proprio vero che la pratica è sacra.
Spero, almeno, che sia leggibile... se manca pure quello, mi sparo =__=
Mi scuso ancora un'infinità per l'attesa, augurandomi con me stessa che il 31° capitolo vi venga proposto entro termini se non decenti, almeno accettabili.
Ma anche l'estate ha portato i suoi impegni, e le giornate sono ancora di 24 ore – purtroppo -___- -
Vi auguro, intanto che ci sono, buone vacanze, anche se ormai sono iniziate da un pezzo :P
Baci a tutti, spero di avere vostri commenti, mi siete mancati! ç__ç A presto,
Ka_chan.

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