Theoretically It Was a Job

di GredandForge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dare to Go ***
Capitolo 2: *** Collins Family ***
Capitolo 3: *** Stars on the wall of Austin's bedroom ***
Capitolo 4: *** First Day ***
Capitolo 5: *** Austin Can't Go to the Park ***
Capitolo 6: *** Louis' date ***
Capitolo 7: *** Austin's birthday ***
Capitolo 8: *** Sorry Riky. Sorry Harry. Thank you Riky. ***
Capitolo 9: *** Mine ***
Capitolo 10: *** Me, you and Harry ***
Capitolo 11: *** 11. Holidays are here ***
Capitolo 12: *** Old Trafford ***
Capitolo 13: *** Super Hazza ***
Capitolo 14: *** Lovebites ***
Capitolo 15: *** Dylan Collins' family ***
Capitolo 16: *** Who is Allison? ***
Capitolo 17: *** Can you adopt me? ***
Capitolo 18: *** Three days to the end ***
Capitolo 19: *** What is there under the tree? ***
Capitolo 20: *** The last day + Epilogo ***



Capitolo 1
*** Dare to Go ***


CAPITOLO 1: DARE TO GO 

La professoressa le aveva detto che la sua scelta sulla vacanza-lavoro in Inghilterra era stata un’ottima idea. Peccato che lei era talmente indecisa a scegliere la destinazione, che diede carta bianca all’agenzia: loro le avrebbero detto dove sarebbe dovuta andare.

Di solito nella sua scuola facevano degli scambi, e solo pochi potevano partire… Anche perché facevano uno scambio, e quindi non poteva partire tutta una classe italiana, e arrivarne una inglese/irlandese, vi pare?
E così a febbraio aveva mandato un suo “curriculum” che comprendeva le sue competenze e il suo livello della lingua.
Quell’anno, oltre allo scambio, visto la grande richiesta di partenze per l’Inghilterra, la preside aveva proposto altre due opzioni: quella della vacanza-lavoro, e quella di studiare in una scuola solo per stranieri la lingua del posto.
In molti scelsero la seconda, lei e un altro paio di persone la vacanza.
Dovendo partire a Luglio non le andava di chiudersi in una stanza e studiare per cinque ore, o più. Per quello poteva scegliere un corso privato in città! Con la vacanza-lavoro aveva l’opportunità di conoscere la gente del posto, e ampliare il suo bagaglio culturale e quello lessicale.
Per quanto possiamo studiare, non c’è nulla che paragoni la pratica sul posto.
Era ciò che la prof ripeteva sempre.
E lei volle mettere in atto quelle parole: ed ecco che l’agenzia, un mese dopo, a marzo, il giorno del suo compleanno, l’aveva contattata dicendole: “Signorina, lei è stata selezionata come baby-sitter, e alloggerà presso la famiglia Collins in Doncaster”
Per poco non svenne.
Doncaster.
Sapete dove si trova? In South Yorkshire.
Ma non è questo il punto! Lei sarebbe andata a fare la baby-sitter nella cittadina dove era nato e cresciuto uno dei membri della boy band più famosa degli ultimi anni, che da cinque mesi aveva infettato anche lei: gli One Direction!
In pratica sarebbe andata a casa di Louis Tomlinson, senza però trovarlo… Beh, magari con un pizzico di fortuna l’avrebbe trovato passeggiare in una domenica di sole con le sorelle e la madre…
Sì, okay, Rachele sogna!
Quanta fantasia aveva!

E sarebbe partita.
Accettò subito, anche perché come scelta avrebb dovuto lavorare in una panetteria in Scozia, e la Scozia a lei non era mai piaciuta…
La partenza era datata 7 luglio, e avrebbe fatto ritorno a casa il 10 Agosto.
Sarebbe stata cittadina di Doncaster per poco più di un mese.
E in quel mese sperava d’incontrare, o almeno intravedere quel pazzo di un Tomlinson!

Fu suo padre a riportarla alla realtà mentre fantasticava.
Aveva dei bambini da accudire, o forse solo uno… Erano comunque delle responsabilità, e per quanto un genitore potesse essere disponibile, doveva stare comunque attenta. Non erano mai stato il suo forte i bambini, almeno fino a quando non fosse arrivato in famiglia suo cugino Keru… O meglio Simon.
Era l’unico bambino per cui non provasse “odio” e non le dessero fastidio le sue gridate isteriche o i suoi pianti. Lo adorava sotto tutti i punti di vista, era più un fratello che un cugino.
Keru, come l’ha sempre chiamato senza un motivo preciso, era un bambino di sei anni, appassionato di calcio, vispo, forse iperattivo, con un intuito da far paura anche ai migliori detective!
In due parole: lo adorava.
Passava più tempo con lui, che con i suoi amici e coetanei.
Forse il tempo che avrebbe passato con lui, l’avrebbe aiutata con i pargoli della famiglia Collins.
Forse.
E intanto il tempo passava, la scuola finiva, Giugno volò via come se avesse fretta di andarsene, e il fatidico giorno della partenza prese il suo posto.
Sapeva perfettamente che sarebbe stata dura all’aeroporto. Aveva cercato di far capire in tutti i modi a quel bimbo che non se ne sarebbe andata per sempre,ma era comunque difficile separarsi da qualcuno che si vuole bene, anche per un breve periodo. Ne era consapevole, anche a lei sarebbero mancati i loro giochi e i loro scherzi, ma doveva andare e fare le sue esperienze.
Era inevitabile.

Si svegliarono presto, prese la valigia -ormai pronta da giorni, la infilò nel cofano, salì in auto.
Con Keru al suo fianco, e le sue cuffie condivise con lui, ascoltarono a ripetizione i brani di Up All Night, dirigendosi verso l’aeroporto.
Un’ora e mezza in auto.
Due di aereo.
E poi Doncaster, e la mia “sua” famiglia.

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciaoooo a tutti!
Eccomi di nuovo qui, a sole poche ore dal completamento dell'altra mia storia. (La prima)
Da premettere: non è la prima che scrivo su questi cinque idioti ( <3 ) , ma la è la prima che pubblico, e spero che qualcuno mi dica cosa ne pensa.
Alias: RECENSITE vi prego! :3

Se non avrò imprevisti, venerdì sera dovrei pubblicarvi il secondo capitolo.
L'ho già scritto. LOL.

A prestissimo,
Andy_Pancake.

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Capitolo 2
*** Collins Family ***


CAPITOLO 2: COLLINS FAMILY

Robin Hood Airport.
Meglio conosciuto come l’aeroporto di Doncaster.
Quel posto era gigantesco!

Sapeva che la famiglia Collins l’attendeva in aeroporto, ma non immaginava che lo facesse sventolando un Tricolore italiano, con su scritto “A.A.A. WE WANT RACHELE”
Stava per scoppiare a ridere, ma si trattenne.
Già le stavano simpatici!

Erano in tre.
Il pargolo era un bimbo, e dagli occhi azzurri che aveva, capì che era un tipetto tutto pepe peggio di Simon.
Si avvicinò a loro, sfoderò il più bel sorriso che possedeva, e si presentò loro con un: “Ciao! I’m Rachele. And You are the Collins family, right?”
Le sorrisero, e l’abbracciarono.
Il signor Collins le prese l’unica valigia che aveva portato con se –oltre alla tracolla- e si diressero fuori dall’aeroporto.
Quella città era straordinaria!
Non aveva mai visto nulla di più bello.
Ma da come me ne parlavo, era una delle tante città inglesi.
Una delle tante.
Magari anche la sua città fosse stata bella in quel modo.
Mentre erano in auto e raggiungevano la loro casa, ne approfittarono per presentarsi.
“Allora Rachele, piacere di conoscerti. Siamo contenti di averti con noi” disse la signora Collins, quando tutti e quattro furono sistemati con le cinture in auto. “Casa nostra non dista molto. Io sono April, lui è Josh, e la piccola peste che ti siede affianco è Austin” ridacchiò.
Risero tutti.
Austin non capiva perché, e continuò a giocare con il suo Rubik’s Cube.
L’unica persona che l’italiana aveva visto risolvere quel gioco, era suo cugino Keru, nessun altro di sua conoscenza c’era mai riuscito.
E lei non aveva tanta pazienza e costanza per provarci.
Guardò il bimbo.
Aveva dei bellissimi occhi azzurri, e dei capelli lisci e castani. E a dirla tutta, somigliava in un modo impressionante a Louis da piccolo… Forse era l’aria di Doncaster.
Gli accarezzò i capelli. “Rachele, l’agenzia non ci ha detto molto su di te, loro trattano solo la parte che interessa il lavoro” continuò April. Si mise più composta, in modo da farle capire che l’ascoltava. Era un po’ tesa, ma cercò di non darlo a vedere. “Hai qualche intolleranza, cibo che non ti piace o non sopporti? Sai, vorrei metterti a tuo agio…”
“Rachele, senti, se hai dei problemi, non esitare a chiedere. Siamo molto disponibili” intervenne Josh.
La ragazza dai capelli rossi ebbe la sensazione che il signor Collins volle tagliare il discorso della moglie.
A volte anche suo padre lo faceva.
Si sentì un po’ a casa.
E con Austin che era un incrocio tra suo cugino e Louis, era in Paradiso.
Quasi, quasi sarebbe rimasta lì con loro per sempre.
“D’accordo signor Collins!” rispose, sempre con un sorriso.
“Chiamami pure Josh! Non sono così vecchio” ribatté lui. Sorrise divertita. “E dammi anche del tu” guardò la moglie. “Dacci del tu”
Si guardarono come due innamorati al loro primo appuntamento, quando l’amore tra loro era appena sbocciato, e credevano che niente e nessuno avrebbe potuto ostacolare i loro piani. Chissà da quanto tempo si conoscevano…
“Mamma, papà, abbiamo ospiti!” protestò Austin. A quanto pareva al piccolino non piaceva quando mamma e papà si scambiavano piccole e innocenti coccole.
Quanto lo capiva.
Si avvicinò al suo orecchio, e abbastanza silenziosamente da far sentire anche ai coniugi Collins, gli disse: “Anche io m’imbarazzo quando i miei genitori fanno i romantici tra loro” gli fece l’occhiolino.
I genitori di Austin ridacchiarono, guardando davanti a loro.
Il ragazzino invece la guardò sorridente, e con ammirazione rispose: “Io e te andremo molto d’accordo!” poi si rivolse alla madre. “Mamma quando arriva la zia?”
April le spiegò che quel giorno avevano organizzato una piccola cena di famiglia con sua sorella. Era la sua migliore amica, e voleva sapere che impressione le avrebbe fatto. Naturalmente non avrebbe preso in considerazione la sua opinione, anzi, quella cena era molto più per farla conoscere a lei e al suo compagno. A quanto pareva era divorziata.
Le disse che aveva cinque figli: un maschio, il maggiore; e altre quattro, tutte femmine.
Si prospettava una bella serata… Almeno ci sperava.

Casa Collins era una vera e propria villa. Simile a quelle che si vedevano nei film.
Entrarono con l’auto nel giardino.
Era davvero grande, come la casa.
Nel giardino vi era anche un’atra auto.
“C’è la zia! C’è la zia!” esultò Austin, che non appena il padre spense il motore, si slacciò la cintura di sicurezza e scese fuori dall’auto, correndo su per le scale, superando il portico, ed entrando dentro casa.
“Benvenuta in famiglia!” fece ironico Josh. “Ora capisci perché ti abbiamo chiamata”
La ragazza ridacchiò. “Mio cugino fa di peggio quando sa che sono a casa. E all’apparenza, credo lui sia più grande di Austin…”
Risero.
Josh prese la tracolla e la valigia della ragazza, intanto che lei ed April entravano in casa.
Voleva presentarla a tutti.
Dall’entrata si accedeva al salotto, dove vi era la famiglia della sorella.
“Ciao a tutti!” esordì April, che le teneva la mano per farla sentire a suo agio.
“Ciao zia!” Notò che chi aveva parlato aveva in braccio Austin.
Era il nipote di April.
Fece il suo ingresso nella camera.
Guardò meglio il ragazzo che reggeva tra le sue braccia Austin.
“Louis Tomlinson?!” esclamò esterrefatta.

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell'autrice:
Ed eccomi qui con il secondo capitolo! Yay! Spero vi piaccia anche questo.
Come promesso, ecco che ve l'ho postato di venerdì.
Purtroppo in questa settimana, (e non so se anche nell'altra) mi verrà difficile pubblicare il terzo.
I miei ( MIO PADRE ) mi hanno messo in punizione... Cercherò comunque di far qualcosa. Anche perché prendono lezioni danza, 
e il lunedì, il mercoledì e il venerdì sera sono sempre fuori per un'oretta e mezza, quindi penso di riuscier a pubblicarlo... Ammesso e non concesso che mia sorella mi dia il pc, e o faccia la spia...
Anyway... Cominciamo con i ringraziamenti:
in primis, marvi98 : grazie per la recensione, e per aver messo la storia tra le seguite.
E poi Rammy , che ha messo la storia tra le preferite.
E ancora grazie a tutte le persone che l'hanno letta.

Finito! Ci vediamo al prossimo capitolooo! :D xoxo
Andy_Pancake 

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Capitolo 3
*** Stars on the wall of Austin's bedroom ***


CAPITOLO 3: STARS ON THE WALL OF AUSTIN’S BEDROOM

Tutti nella stanza la guardarono.
Non riuscì a capire se erano sorpresi o … Divertiti!
Che figuraccia.
Louis le sorrise.
E la stessa cosa fecero gli altri, ed April: “Sei una fan dei One Direction?” Annuì.
Non riusciva a spiccicare parola.
Sembrava essere entrata in trans.
Che vergogna, chissà cosa stava pensando Louis…
E al quel pensiero il suo viso bianco diventò rosso sulle gote.
Quei dannati occhi l’avevano ipnotizzata.
Mancava solo la sua bocca aperta, e la figura da idiota sarebbe stata perfetta!, anzi no, la ciliegina sulla torta sarebbe stata una sua piccola sbavatura- Ma a che stava pensando?!
Battè più volte le palpebre, lentamente, per riprendersi.
“Beh, piacere di conoscerti… Umh…” Louis la guardò, attendendo una sua risposta.
“Rachele, Rachele Ferrari. Sarà la baby-sitter di Austin per un mese. E’ qui per una vacanza-lavoro. Vuole migliorare la sua conoscenza della nostra lingua, per questo è qui” spiegò April al nipote.
“Rachele, bel nome” si avvicinò a lei, porgendole la mano, mentre col braccio opposto reggeva il cugino.
Con un po’ di titubanza, gli strinse la mano.”Pi-Piacere mio…” balbettò.
“Faccio questo effetto alle ragazze” disse al bimbo tra le sue braccia.
Sorrise divertita.
Ecco, quello era il Louis dei video diari, quel ragazzo di vent’anni che era più infantile di un bambino di quattro. Quello che riusciva a strapparle un sorriso con una piccola e semplice smorfia. Fu così naturale mentre lo diceva, che non fu la sola a sorridere: tutti in quella stanza scoppiarono a ridere. Anche Austin.
“Signori ho una notizia bomba!” esordì Josh, entrando in salotto con la valigia dell’italiana nella mano destra, e il cd di “Up All Night” in quella sinistra, in bella mostra. “Rachele è una fan dei ragazzi!” esordì.
April, cercando di non offenderlo ridendogli in faccia, gli spiegò che lo avevano appena scoperto anche loro.
“Ah…” Josh vi era rimasto un po’ male, ma ci pensò April a tirarlo su con un bacio.
“Mamma!” si lamentò Austin coprendosi il volto.
Risero tutti. Louis accarezzò la guancia del cugino.
Lui lasciò intravedere uno dei suoi occhi azzurri tra le dita sottili delle sue mani da bimbo. “Rachele andiamo a giocare?” le chiese supplichevole.
“E io?” fece Louis con il broncio, e una vocetta da bambino.
“Vieni con noi! Devi aiutarmi a farle vedere la casa, a spiegarle i miei giochi,” abbassò il tono della voce “Devi impararle a giocare a calcio”
Louis sorrise.
“Ma io so giocare a calcio!” intervenne la ragazza con i capelli rossi.
Il cantante e il cugino si guardarono sorpresi. Come il resto della famiglia. Rachele si sentiva un po’ a disagio e arrossì. “Non sono molto brava, ma me la cavo…” farfugliò con lo sguardo rivolto verso il basso.
Aveva sempre giocato solo con Keru. Per farlo contento aveva cominciato a giocare in una squadra, ma aveva lasciato perdere dopo poco.
Preferiva di gran lunga leggere, o strimpellare qualcosa alla tastiera. O ancor meglio, guardare i cartoni animati; quelli la tiravano sempre su di morale, e le strappavano un sorriso… prima che arrivassero gli One Direction.
“Bene, meno lavoro per noi!” affermò Austin. “Louis fammi scendere” gli ordinò il bimbo. Il cugino lo mise giù. “Vieni Rachele, ti mostro la camera” il castano le prese la mano.
“A-Austin!” lo chiamò la madre. “Rachele sarà stanca e…”
“Non si preoccupi April, è il mio lavoro, sono qui per questo” le sorrise la rossa, seguendo il bimbo.

Anche Louis li seguì facendo finta di nulla. Austin portò Rachele in camera sua.
Si alzò sulla punta dei piedi per arrivare alla maniglia della porta. In quel momento l’italiana notò che il bambino era più basso di Simon di almeno venti centimetri.
“Vieni Rachele!” la chiamò mentre entrava in camera.
“Quanti anni ha Austin?” chiese alla figura che le stava dietro, convinta fosse Josh.
“Ne compierà quattro tra due settimane” rispose Louis, facendo un passo in avanti, mettendosi al suo fianco.
Rachele ne fece uno indietro, sorpresa non poco dalla presenza del cantante. “Lou-Louis, mi hai fatto spavento…” balbettò.
Quando si sarebbe abituata alla sua presenza, sarebbe dovuta tornare in Italia. Ne era certa. Un mese passava in fretta.
“Mi hai fatto spavento?” ridacchiò lui, inarcando un sopracciglio per quella frase.
Rachele annuì, e con la coda dell’occhio guardò Austin che l’attendeva sul vano della porta, a braccia conserte. “Allora, cosa dovevi mostrarmi?” gli chiese entrando nella stanza del bimbo.

Era grande, luminosa, con le pareti colorate d’azzurro chiaro quasi tendente al bianco, e una porta finestra altrettanto enorme che dava su un balconcino. Arredata con un armadio a muro in legno bianco; il letto di Austin a forma di automobilina da corsa rossa fiammante; e dai giochi del bimbo sparsi qui e lì sul pavimento, e sul tappeto al lato del letto.
“Questa è la mia camera” esordì il bambino, correndo a sedersi sul letto. “Vieni Rachele, voglio farti vedere una cosa” le disse battendo la mano sul materasso, per far accomodare la ragazza vicino a lui.
L’italiana si sedette di fianco al bambino, che dopo averle fatto spazio, le chiese di sdraiarsi e guardare il soffitto.
Lei obbedì, e non appena alzò gli occhi verdi verso il soffitto, si accorse che questo era costellato da tante piccole stelle adesive.
“La mamma le ha messe lì per farmi abituare al buio della camera la notte. Si illuminano quando la luce è spenta, e fuori vi è la luna” le disse.
La rossa le conosceva bene, anche lei ne aveva qualcuna attaccata alle pareti della sua cameretta. Non solo per abbellimento, ma anche per lo stesso identico motivo per cui April le aveva comprate ad Austin.

Louis era con poggiato sul vano della porta, e osservava i due mentre parlavano e sorridevano. Sussurravano, e riusciva a sentire solo pezzi di parole o frasi sconnesse. Era come ipnotizzato dai sorrisi e dai gesti della nuova arrivata.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:
SALVE GENTEE!
Eccomi qui con un nuovo capitolo, spero vi piaccia anche questo. :D
Allora, comincio subito con i ringraziamenti:
Inizio con proudOF1direction , che ha messo la storia tra le preferite;
Poi Elle98 e Zarah_ per averla inserita tra le seguite; 
A seguire coloro che hanno recensito, Mei_Linn e ancora Elle98.
E infine, ma non meno importanti, tutti coloro che l'hanno letta.
GRAZIE MILLE A TUTTI!

Spero di mettervi al più presto il quarto capitolo,
xoxo Andy_Pancake 

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Capitolo 4
*** First Day ***


CAPITOLO 4:FIRST DAY

La sera era andata a letto insieme ad Austin, ovvero molto presto, forse perché troppo stanca, e reduce di un lungo viaggio.
Quando aveva preparato la camera insieme ad April e Josh, e la sorella di lei era andata via, i due si scusarono per non avere la camera fornita di bagno personale.
Si scusavano per una cosa del genere, quando le stavano facendo fare una delle più belle esperienze della sua vita, quando avrebbe vissuto in una casa enorme che lei aveva visto solo nei film, quando le avevano fatto incontrare, seppur accidentalmente, uno dei suoi idoli… Rachele non si capacitava.

A cena era rimasto anche Louis, e insieme, mentre i coniugi Collins guardavano la tv, avevano giocato con Austin.
Fino a quando April dichiarò che era giunta l’ora di andare a nanna.
Louis era rimasto con loro, ascoltando Rachele che raccontava una storia inventata al momento ad Austin che dopo due minuti si era addormentato.
L’italiana chiuse la porta.
“Sei una fata o qualcosa del genere?” le chiese Louis sussurrando. “Ci vogliono delle ore per far addormentare quel marmocchio!”
Rachele sorrise, e lentamente si poggiò con la schiena alla porta. “No, credo sia solo la pratica che ho fatto in questi sei anni” rispose sempre con un tono di voce basso. “Ma perché bisbigliamo?”gli chiese.
“Non lo so, forse perché ho paura che Aust si svegli…” fece spallucce.
Il castano avrebbe voluto dire “interrompa questo momento” ma si limitò a perdersi negli occhi verdi della ragazza.

Lei era in vacanza, certo, ma April e Josh dovevano lavorare, quindi, un po’ più tardi di loro, anche Rachele si svegliò.
Prima di fare la doccia, silenziosamente scivolò in camera di Austin per vedere se il bimbo era ancora nel mondo dei sogni… Sbirciò dalla porta appena socchiusa, e lo vide tutto raggomitolato su di un lato, ancora con un’espressione sognante sul viso.
Ritornò in camera, prese le sue cose in mano, e aprì la porta del bagno senza bussare.
Aveva sentito April e Josh parlare al piano di sotto.
Contemporaneamente qualcun altro aprì quella porta, ma dall’interno.
Rachele si ritrovò davanti un ragazzo –che non era Louis- a petto nudo, che la sovrastava di quindici centimetri buoni.
Folti capelli ricci, con due smeraldi al posto degli occhi, e un sorrisetto con le fossette in quel momento malizioso.
“Aaaaah!” urlò facendo un balzo indietro l’italiana.
Ora cosa diavolo ci faceva Harry Styles a casa Collins?
Rachele si tappò subito la bocca con la mano destra, e guardò in direzione della camera di Aust per paura di averlo svegliato, ma il bimbo continuava a ronfare beatamente.
“Buon giorno” la salutò il riccio.
Subito dopo, dalla stanza a fianco, comparve Louis tutto sorridente.
“Ah, vedo che vi siete incontrati” ridacchiò avvicinandosi. “Harry, lei è Rachele, la baby-sitter di Austin” guardò la ragazza che era nel panico più totale. “Rachele, lui è Harry… Ma non c’è bisogno che te lo presenti” le fece l’occhiolino, e prima di andare via le arruffò i capelli, più di quanto già non fossero.
“Aah, Rachele!” fece Harold “Louis mi ha parlato un po’ du te ieri sera”
Louis le aveva parlato di lei ?
“Sei italiana, e sarai la baby-sitter di Austin per un mese, per via della vacanza-lavoro fatta per migliorare le conoscenze sulla nostra lingua. Correggimi se sbaglio… In più sei una nostra fan”
Ah, in quel senso Louis gli aveva parlato di lei.
D’altronde che si aspettava, si conoscevano da nemmeno dodici ore!
“Esattamente… Ora posso andare in bagno?” chiese lei con un po’ d’urgenza, visto che April le aveva detto che prima di andare in ufficio le avrebbe spiegato cosa faceva Austin durante il giorno. E di certo lei non voleva farle fare tardi.
“Solo se mi dai un bacio” ribatté lui, porgendole una guancia.
“N-No!” esclamò lei un po’ irritata, scavalcandolo e chiudendosi in bagno.
“Forte la ragazzina…” commentò Hazza andando in camera.

Austin faceva colazione;
ripassava il programma delle lezione svolte all’asilo;
alle 11:00 mangiava qualcosa;
e poi aveva il resto della mattinata libero.

“Umh… April, posso sapere cosa dovrei fargli ripassare” le chiese la rossa.
“Oh, tranquilla, dovrebbe venire il suo professore privato, Martin. Ha più o meno la tua età” le disse uscendo. “Louis, Harry, noi andiamo! Tra poco arriva Martin, vi ricordo che abbiamo un’ospite!” gridò la donna chiudendo la porta di casa.
Austin era un bambino indipendente per la sua età: di fatti si era lavato e vestito da solo.
E ciò lasciò molto sorpresa Rachele.

Martin era il vicino di casa. Un diciassettenne dai capelli portati a caschetto castani, e due occhi color miele.
La bellezza è di casa qui a Doncaster, fu il pensiero di Rachele non appena lo vide sulla porta.
Entrambi fecero subito amicizia.
L’italiana notò una certa avversione verso il ragazzo-professore da parte di Louis.

“Racheeleee!” la chiamò Austin dal giardino. La ragazza stava preparando un tramezzino con del burro d’arachidi. Voleva giocasse con lui e i due cantanti a calcio.
“Arrivo!” rispose lei, leccando un po’ di burro dal suo indice.
“Questo lo prendo io!” fece Louis alle sue spalle, addentando il panino che l’italiana aveva appena finito di preparare.
“Ehi! Era per Austin” lo rimproverò.
“Lo so, era per dirti che Austin è allergico alle arachidi e ai suoi derivati” inghiottì un altro boccone. “Umh, è buono!”
Rachele prese altre due fette di pancarré, e prima di sporcare un altro coltello, guardò Louis e gli chiese: “Gli piace la marmellata?”
“Non lo so…” si avvicinò alla porta finestra.“Austin, ti piace la marmellata?” gridò.
“Solo alle fragole!” rispose il bimbo entrando in cucina tutto sudato con il pallone sotto braccio.

Alla fine anche Rachele si trovò a grondante.
Ma non perché avesse giocato a calcio, ma perché i tre maschietti presenti quel giorno le avevano teso un agguato, e con una pompa l’avevano completamente bagnata.
“Rachele mi perdoni?” chiese Austin dietro la porta esterna del bagno, mentre la ragazza all’interno asciugava i lunghi capelli.
“Certo, tu sei solo un bimbo” rispose lei d’altra parte rimettendosi in ordine. “Sono arrabbiata con Louis ed Harry, che hanno vent’anni ciascuno e si comportano come due bambini” sorrise divertita.
Lo sapeva dopotutto, che erano degli eterno bambini, soprattutto Louis.
E in fondo, si era anche divertita a vederli ridere mentre la schizzavano; ma ciò non l’avrebbe ammesso mai.
Era un pochino orgogliosa la ragazza.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice:

Ma Rachele hai davanti Hazza che ti chiede un misero bacino sulla guancia, e tu lo tratti in questo modo?!
-Si sente osservata- 
Oh. Emh... Salve genteeee!
Scusate il ritardo e questa piccola introduzione, ma stavo riflettendo e ho avuto un po' di compiti in classe. (Domani ho quello d'inglese ma non mi preoccupo...)
Spero tanto che vi piaccia quasto capitolo, e che continuiate a seguire la storia e a recensire, magari scrivendo i vostri pareri, o qualche consiglio.
Non penso sia "perfetta" questa storia, qualcosa da migliorare deve esserci sicuramente, quindi io sono qui a vostra disposizione.
Sia per commenti positivi, che per quelli negativi. Ho ancora tanto da imparare. :)

 Purtroppo questa volta non posso ringraziarvi singolarmente perché un po' di fretta, ma devo dire un G R A Z I E più in generale.
Mi rifarò la prossima volta.
Sorry buddies,
Andy_Pancake
 

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Capitolo 5
*** Austin Can't Go to the Park ***


CAPITOLO 5: AUSTIN CAN’T GO TO THE PARK 

Louis le aveva lasciato il numero nel caso avesse avuto bisognio di qualche consiglio per Austin.
Harry era riuscito ad avere quello di Rachele con un abile giochino. Quel ragazzo ne conosceva una più del diavolo!

 Un altro giorno era iniziato.
Martin aveva già fatto le ripetizioni, Austin il suo break, ed ora Rachele si trovava a cucinare qualcosa al microonde perché April aveva avuto un contrattempo a lavoro, e sarebbe rincasata nel tardo pomeriggio.
“Dopo mangiato facciamo una passeggiata?” le chiese Austin, mentre mangiucchiava il suo tramezzino -l’unica cosa che Rachele non avesse bruciato. 
“Dove vuoi andare?” gli chiese mentre ripuliva tutto ciò che aveva sporcato.
“Louis di solito mi porta al parco!” gli sorrise con le labbra sporche di maionese.
La ragazza ridacchiò alla vista del bambino. Si avvicinò a lui, e con un tovagliolo gli pulì il volto. “E dov’è questo parco?” si sedette di fianco a lui.
“Non lo so” fece spallucce il bimbo, scendendo dalla sedia, e correndo sul divano del salotto a guardare la televisione.
Rachele sospirò.
E ora? Era giunto il momento di consultare Mr.Tomlinson.
Gli inviò un sms, non aveva il coraggio di chiamarlo, in più di sicuro era impegnato, e con la chiamata lo avrebbe disturbato di più che con un semplice messaggio:

"Ciao Louis! Sono Rachele… Austin vuole andare al parco, ma non sa dirmi dove si trova; potresti darmi qualche indicazione? :) xx"
 

Esitò qualche istante prima di inviarlo.
La risposta arrivò dopo qualche istante… Ma da un altro numero che lei non aveva:

"Ciao Rachele! :D Sono Harry ;) Louis non ha soldi, ma mi ha detto di scriverti di non portare Aust al parco ora; soprattutto se ha appena mangiato. Xxx Ps: Ti va di uscire?"

L’italiana rilesse il messaggio un centinaio di volte, e solo il postum scriptum altre trecento: stava sognando vero?

"D’accordo, grazie per l’informazione! :)"

lo mandò al numero di Lou.
Harry avrebbe dovuto attendere: sarebbe stato carino uscire con lui, ma la “fama” da lain lover del riccio lo precedeva, e Rachele non voleva illudersi.
Si sedette vicino al bimbo, e gli accarezzò i capelli.
“Louis ti ha detto di non portarmi al parco, e visto che non sei a conoscenza del perché stai per propormi qualcos’altro, vero?” le sorrise il bimbo, intuendo tutto. “Fa nulla” alzò le spalle, e scese dal divano con un balzo. “Giochiamo a nascondino?” le propose.
Rachele annuì, ed iniziarono a giocare.
Inutile dire che era abbastanza sorpresa dalle parole del bimbo.
La conta dovette farla sempre lei.

“Sono a casa!” esordì April dall’entrata.
I due erano in camera si Austin, e Rachele cercava dove si fosse nascosto il bambino.
“Mamma!” gridò uscendo da sotto il letto, mentre correva incontro alla giovane donna, il Tommo miniaturizzato.
“Ma tu gaurda…!” borbottò la ragazza scendendo al piano inferiore.
Quello era l’ultimo posto dove avrebbe guardato: era troppo scontati nascondersi sotto il letto.
“Rachele, il tuo cellulare sta squillando” le sorrise April con il figlio tra le braccia.
La ragazza entrò in salotto dove aveva lasciato il telefono.
Guardò il nome sul display: Harry.
Non sapeva cosa fare: poteva essere il riccio, come poteva essere anche Louis visto che era senza credito.
Tirò un lungo respiro, portò il cellulare vicino l’orecchio, e schiacciò il tasto con la cornetta verde: “Pronto…?”
“Oh, Rachele stavo per mettere giù!” non riuscì a decifrare la voce. “Scusa per oggi, ma sono senza soldi, ed avevamo anche un po’ da fare…” era Louis, tirò un sospiro di sollievo.
“Non preoccuparti Louis” rispose sorridendo, nonostante il ragazzo non potesse vederla. Si sedette su una sedia intorno al tavolo della cucina.
“Oggi ti ho detto di non portare Austin al parco perché faceva molto caldo, e lui suda facilmente come hai visto” le spiegò. “ E di solito quando suda molto e di continuo, dopo un po’ sul suo corpo compaiono dei piccoli puntini rossi che somigliano alla rosolia o al morbillo. Visto che sei appena arrivata ho immaginato che non sapessi di questa cosa, e non volevo farti andare nel panico quando avresti visto l’irritazione”
Oh che dolce, si era preoccupato –in un certo senso- per lei.
Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione molto simile a quella di un cucciolo. “Tranquillo, non sarei andata oltre i pompieri, i carabinieri, e l’ambulanza!” esclamò lei. Lo sentì ridere.
Louis Tomlinson stava ridendo per una sua battuta; okay, ora poteva morire.
“Ora però puoi darmele le indicazioni, vero?” continuò.
“No!” fece lui. “Venerdì sera sarò di nuovo lì a Doncaster, quindi dovrai aspettare fino ad allora.
Lo sentì cambiare stanza. La leggera confusione che vi era fino a poco prima in sottofondo era svanita.

Louis chiuse la porta.
Era al buio nella camera degli ospiti.
Gli One Diection erano passati a rifocillarsi a casa di Liam.
Poggiò la schiena alla porta: “So che è concorrenza sleale, ma venerdì sera ti andrebbe di uscire con me?” le propose.
Le guance dell’italiana s’imporporarono, e non di poco; il cuore le batteva forte. Non riusciva ad articlar parola.
“Naturalmente una cosetta tra amici, giusto per parlarti un po’ di Aust …” Ah ecco, era strano che un ragazzo, per giunta più grande e famoso, fosse interessato a lei.
“Va bene, Louis. Venerdì sera alle…”
“Louis?” intervenne April, comparendo dietro di lei. “Boo Bear?” questa volta urlò un po’ per farsi sentire dal nipote che stava dall’altra parte del telefono.
“Zia…” sbuffò il cantante dall’altra parte, un po’ in imbarazzo.
Rachele sorrise divertita. “Sì, è lui” rispose alla donna.
“Oh, salutamelo… e chiedigli de domenica vuole venire qui a pranzo. Josh fa il barbecue” le disse.
Rachele riportò le parole della zia al ragazzo. “Certo! Non me lo faccio ripetere due volte!” esclamò il ventenne, “Passo a prenderti alle otto” riprese il discorso con Rachele un po’ più serio. “Buona notte, ci vediamo venerdì”
“Notte, a venerdì” lo salutò la rossa.

Louis chiuse la telefonata, e tornò dai suoi compagni e amici.
“Grazie Harry” disse restituendogli il cellulare.
“Figurati amico” gli rispose, mettendo il cellulare in tasca, il riccio.
“Allora, cosa le hai detto?” gli chiese Niall addentando un panino.
“Nulla, le voglio solo parlare di Austin…” rispose infilandosi la giacca di jeans.
“Dove vai?” gli chiese Zayn.
“A casa, sono un po’ stanco. Ci vediamo domani” salutò i ragazzi e aprì la porta.

“Lou!” il ragazzo si voltò. “È mia” Harry gli fece l’occhiolino.
Il ragazzo di Doncaster gli sorrise, e tornò a casa. “Ci vediamo dopo”
Quelle parole gli avevano dato un po’ fastidio.

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ed eccoci di nuovo qui, con un nuovo capitolo! 
Ora vi spiego la situazione un po' complicata... Allora, iniziamo dal fatto che avevo intenzione di scrivere di una relazione tra qualcuna e Lou.
Non avendo molta immaginazione, questa ragazza è diventata una delle mie migliori amiche: Rachele, appunto. (Che non lo sa neppure, e ancora non ha letto una mezza parola di tutto ciò...)
Avevo in mente la storia della baby-sitter da un po', ma ero un po' indecisa su di chi farla innnamorare. A lei l'ha maggiormente colpita Lou-Lou (Sì, lo chiamo così... >//>), quindi mi è venuto"spontaneo" pensare a Mr. Tomlinson.
Peccato, che la mia mente contorta abbia deciso di far spuntare il "terzo in comodo": ossia Harry.
Quindi, se la fanfiction vi sembrerà un triangolo amoroso... Beh, tranquilli, è normale. Colpa dell'autrice con le idee molto volubili. Vogliatele bene. (?)
Con questo concludo, e passo hai ringraziamenti.
Inizio con tutti coloro che leggono semplicemnete, visto che li lascio sempre per ultmi. Poor guys... VI VOGLIO BENE, comunque! (?)
Poi, passiamo ai recensori:
e iniziamo a ringrazie per prima Me
i_Linn, che da quando ho iniziato questa storia è sempre presente. Ti ringrazio tantissimissimo!

Poi, coloro che hanno recensito la volta passata, e ai quali non ho potuto dire "grazie", e sono: Zarah, e di nuovo Mei_Linn;
e coloro che hanno recensito il capitolo quattro: proudOf1direction, e ZoomIntoMe94.
Grazie tante, davvero.
Ora ci sono tutte le otto persone che l'hanno inserita tra le seguite:
black_star_
Elle98
mavi98
Selene Potter935
Turk759
Wthebest
Zarah_
ZoomIntoMe94

Siete tutti in ordine alfabetico, non ho fatto preferenze. LOL.

Spero recensiate ancora, e continuiate a dirmi che la storia vi piace, e che non vi ho deluso. Spero davvero di riuscrici.

Alla prossima,
Andy_Pancake xx 

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Capitolo 6
*** Louis' date ***


CAPITOLO 6: LOUIS’ DATE

Il venerdì era arrivato in fretta.
E con lui l’appuntamento con Louis, e le indicazioni per raggiungere il parco.

Erano quasi le venti, e Rachele era in intimo davanti alla valigia e all’armadio perché indecisa su cosa indossare.
Non aveva problemi, indossava gonne, vestiti, e jeans senza problemi, non usava le scarpe col tacco, ma le ballerine erano perfette per sostituirli. E proprio questa vasta scelta, le impediva la decisione.
Aveva provato e riprovato di tutto. Maglie, jeans, shorts, gonne, vestiti… ma nulla le sembrava adatto per “l’evento”.
April entrò in camera: “Posso?” chiese sbirciando da dietro la porta.
“Certo, entra” le sorrise Rachele, con le mani sui fianchi.
“Louis è di sotto che ti aspetta” la avvertì.
L’italiana sbiancò.
La giovane donna si avvicinò e diede una breve occhiata a ciò che la ragazza aveva portato con sé: “Perché non questo?” Aveva preso uno dei vestiti preferiti della ragazza: uno scamiciato bianco a bretelle, che le arrivava sopra il ginocchio, con le pieghe alla gonna, decorato con dei fiorellini sull’azzurro, e dei lacci sulla schiena.
Era uno dei suoi preferiti, e visto che era in ritardo –e non sapeva cosa indossare, seguì il consiglio di April.
Indossò il vestito, e un paio di ballerine bianche con i nastri, che legava sempre un po’ più su delle caviglie.
Alcune ciocche dei suoi lunghi capelli erano state legate a mo’ di trecce, e portate dietro la nuca, lasciandole il resto della chioma rossa sciolta, e la frangia sbarazzina libera.
Così, pronta, prese anche una piccola borsetta, dove mise cellulare, portafoglio, un pacchetto di fazzoletti, e -in caso di necessità- la carta d’identità. Scese le scale.
Louis era seduto sui primi scalini e parlava con Austin, intanto che questo mangiava uno yogurt, sporcandosi tutto il viso.
“Aust! Ti sembra orario di mangare yogurt?!” lo rimproverò April, prendendolo in braccio.
Rachele era appena dietro di lei, e vide Louis sorridere a quella scena.
Il ragazzo si voltò un po’, scorgendo la figura dell’italiana alle sue spalle. L’ammirò per alcuni istanti senza spiccicare parola: era senza fiato.
“Vogliamo andare?” chiese timidamente lei.
“Certo!” esclamò lui, prendendole la mano.
“Noi andiamo, ci vediamo domenica zia” li salutò.
“A più tardi” fece la ragazza.
“Rachele, non più tardi delle ventidue” le ricordò April.
“Capito Louis” intervenne Josh “Alle ventuno e cinquantacinque minuti dovrete essere davanti quella porta” la giornata era stata molto faticosa, e Josh era un po’ nervoso.
Rachele se ne accorse, e voleva proporre a Louis di tornare almeno un quarto d’ora prima.
Ma non aveva messo in conto le idee strampalate che venivano a quel ragazzo: “E se dovessimo tardare?” azzardò.
Rachele sbiancò. Un po’ per quello che aveva appena pronunciato il cantante, un po’ per l’espressione, e lo sguardo che aveva assunto Josh. Sembrava volesse incenerirlo da un momento all’altro.
“Sarà sotto la tua responsabilità. Se dovesse succederle qualcosa, tu finirai nei guai. E’ anche ora di crescere…” rispose freddo.
Louis inavvertitamente, aveva stretto un po’ più la presa sulla mano dell’italiana. “D’accordo!” esclamò come se non fosse successo nulla. “Ciao Aust!”
“Ciao Lou” lo salutò agitando la manina, il cugino, intanto che continuava a mangiare lo yogurt.

Camminarono per un po’, parlando del più e del meno. Alla baby-sitter parve di non andare in una direzione precisa, fino a quando Louis si fermò. “Ti fidi di me?” le chiese. Da quando erano usciti non le aveva ancora lasciato la mano. Rachele non capiva il senso di quella domanda. “Sì o no, Rachele è un monosillabo!” la esortò con un sorriso.
“S-Sì…” farfugliò sospirando.
“Bene, anche perché l’avrei fatto comunque…” non le diede nemmeno il tempo di ragionare: dalla tasca dei pantaloni rossi estrasse una benda nera, che legò sopra gli occhi della ragazza. “Tranquilla, non ti lascio sola” le sussurrò vicinissimo al suo orecchio, prendendole di nuovo la mano. “Non fare domande, è una sorpresa!” Ripresero a camminare.
Certo che non avrebbe fatto domande: stava per collassare!
Il viso lo sentiva in fiamme, in più il cuore stava pompando molto più sangue del normale, e per di più sentiva freddo, quando la temperatura circostante non andava più in basso dei 23° centigradi!
Quando le tolse la benda, Rachele vide che si trovavano nel parco di cui le aveva parlato Austin. Si voltò verso Louis: “Emh… Louis, mi spieghi come porto qui Aust, se ho tenuto la benda per tutto il tragitto?” inarcò un sopracciglio.
“Ti mostrerò la strada principale al ritorno. Ora abbiamo preso una scorciatoia che usiamo solo io e lui” le rispose facendo l’occhilino.
“E se Austin volesse usare la scorciatoia?” ribatté l’italiana.
Louis la guardò dritto negli occhi facendola arrossire: “Hai gli occhi verdi!” esclamò.
“Non cambiare discorso!” lo ammonì lei, mettendo le mani sui fianchi, mentre si alzava sulle punte per raggiungere più o meno l’altezza di lui.
Le pizzicò la punta del naso, sorridendole: “Dai vieni, abbiamo i minuti contati” Le prese nuovamente la mano, addentrandosi nel parco.
Vi era un’area riservata solo ai bambini: con scivolo, altalena, dondolo e quant’altro. “Austin ama venire qui” bisbigliò. La guardò con la coda dell’occhio. “Anche se lo conosci solo da pochi giorni, sapresti dirmi qual è secondo te, il gioco preferito da Aust ?” sorrise. “Basta che tu vada su uno dei giochi, quello che per te è esatto” le lasciò la mano e fece un passo indietro per darle spazio.
Rachele si trovò un po’ spaesata a quella… come poteva definirla, scommessa, domanda? Fece qualche passo in avanti, e analizzò tutti i giochi presenti.
Non pensò quale fosse il gioco preferito di Austin, ma quello che sarebbe potuto piacere al suo cuginetto Simon.
Si avvicinò ai giochi. Guardò lo scivolo per alcuni istanti, e poi si arrampicò su di esso. Guardò il cantante e si sedette sul ciglio di esso, quasi fosse pronta a scivolare giù.
“Ho scelt…” perse l’equilibrio e scivolò. “Oooh” continuò chiudendo gli occhi per la paura.
Louis si precipitò con un balzo davanti la ragazza: “Presa!” la alzò di qualche centimetro da terra, prima di rimetterla giù. “E dire che i bambini si divertono…” ridacchiò.
Lei gli mostrò la lingua.
Lou scoppiò a ridere.
Cenarono in uno dei ristoranti di Doncaster. La gente era più o meno abituata a lui, e lo trattavano come avevano sempre fatto. I turisti un po’ meno. Uscirono dal ristorante alle 21.50.
“Quanto dista casa Collins da qui?” gli chiese la baby-sitter, dopo aver controllato che ora fosse.
“Dieci minuti correndo” rispose lui calmo, inconsapevole del tempo che scorreva.
“Bene, allora possiamo fare con calma: comunque vada dormo fuori” lo sguardo di Josh le aveva fatto capire che non avrebbe tollerato un secondo di ritardo.
“Non se prendiamo una scorciatoia” intervenne il cantante.
Le prese la mano e cominciò a correre.

In tre minuti furono davanti alla staccionata del retro di casa Collins. Avevano percorso un giro di vicoli che avevano fatto perdere il senso dell’orientamento a Rachele, che per un attimo credette che si fossero persi.
Louis superò la recinzione, e aiutò anche la ragazza a scavalcarla.
Di corsa passarono sul davanti, e in tempo zero furono sulla veranda.
Rachele poggiò la schiena alla porta per riprendere fiato.
Louis era vicinissimo a lei, a pochi centimetri.
Guardò l’orologio: le 21:55 precise.
Si guardarono negli occhi per alcuni istanti.
“Notte Rachele” le scoccò un bacio sulla guancia.
L’italiana suonò il campanello, subito dopo che Lou se ne fu andato. Le aprì April. Josh era a letto da due ore, e aveva dimenticato di avvertirla, almeno avrebbe evitato di fare tutto di corsa.
La rossa aveva ancora il fiatone.
Salì in camera sua, diede la buona notte ad Austin, e col pigiama indosso controllò il telefono.
Un sms non letto: Louis.

“Mi sono divertito questa sera con te! Xoxo Ps: Domani porto te e Aust al parco ;)”

Si addormentò con un sorriso enorme stampato sul volto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Okay, questa volta sono davvero in super-arci-ritardo!
Chiedo venia, ma ho scritto la storia questo capitolo nelle pagine finale di un quaderno con un'altra fanfic, che ho dovuto prestare ad una mia amica perché voleva leggerla... Una casino -permettetemi il termine.
Anyway, sono qui con un nuovo capitoloo!
Giuro, lo avevo completamente dimenticato questo... Anche perché sono arrivata a scrivere il quindicesimo.
Beh, che dire, la nostra (?) Rachele è sempre più fortunata, e noi tutte rosichiamo sempre di più.
Ahahahah, non è vero! (Sì, è vero!)

Devo salutarvi, scusate se non faccio i ringraziamenti come al solito, ma domani ho interrogazione di francese e non ho apero nemmeno un libro ancora. Sono rovinata!
Okay, non v'interessa...
Vi ringrazio tutti la prossima volta!

See you soon,
Andy_Pancake. 

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Capitolo 7
*** Austin's birthday ***


CAPITOLO 7: AUSTIN’S BIRTHDAY

Ormai era trascorsa la prima settimana.
Louis aveva portato Austin e Rachele al parco.
Rachele aveva portato Austin al parco.
Harry era riuscito a passare un pomeriggio da solo con la baby-sitter, e per la prima volta aveva fallito. Forse perché un certo “Peter Pan” aveva influenzato “Wendy”. E Liam, Zayn e Niall avevano finalmente conosciuto la nuova baby-sitter.
Tutti e cinque erano arrivati a Doncaster per il weekend: era il compleanno di Austin, ed erano stati invitati alla festa.
Rachele aveva chiesto a Louis di aiutarla nella scelta del regalo.
Nel pomeriggio, mentre Austin dormiva –April lo aveva fatto affinché restasse sveglio per tutta la durata della festa, i due ragazzi, insieme a Niall e Zayn, avevano fatto un giro i uno dei negozi di giocattoli della città.
“Che ne dite di questi?” chiese Niall, con un paio di occhiali colorati extra-extra-large sul naso. Gli coprivano tutto il volto.
Rachele si portò una mano sulle labbra per non scoppiare a ridere.
“Niall, scusa…” Zayn lo scostò con fare da playboy. Sul naso aveva un modello diverso degli stessi occhiali. Questa volta non si trattenne, l’italiana scoppiò a ridere.
“Ah, io l’ho sempre detto che le italiane sono le migliori” sospirò con sguardo sognante, il moro.
“She’s mine*!” ringhiò Louis, attirandola a sé, per la vita.
“Ragazzi, Austin...” li chiamò alla realtà Rachele, divincolandosi dalla presa di Tommo. Era arrossita un po'.
Ad Austin comprò un peluche a forma di tartaruga. Era enorme. 
“Questo piacerà molto ad Harry” commentò Zayn mentre uscivano dal negozio. 
“Spero non diventi un ladruncolo per questo” ribatté Rachele, ridacchiando. 
“Beh, lo è già… Non sai quanti cuori ha rubato” scherzò ancora il moro.

Rachele aiutò Austin a scegliere i vestiti per la sera; e la stessa cosa fece lui con la baby-sitter.
“Metti questo!” le consigliò, indicando un vestito a mezza manica, bianco, a strisce rosse e blu alternate. “Scommetto che a Louis piacerà un sacco” ridacchiò.
Le ultime parole furono come un eco nella testa dell’italiana: a Louis piacerà un sacco.
Indossò quel vestito; e cercò il suo paio di All Stars bianche: mise a soqquadro la valigia e l’intera camera.
Bussarono alla porta:”Avanti!” rispose disperatamente, gattonando per la stanza.
“Rachele che stai facendo?” la voce era inconfondibile: Harold.
Si levò sul busto: “Nulla!” rispose, riprendendo ciò che stava facendo.
Un toc-toc e poi qualcun’altro in camera: “Riky, Austin mi ha detto che avevi dimenticato queste in camera sua”
Riky.
L’unico che conosceva quel suo sopranome lì a Doncaster era…
“Grazie Martin!” l’italiana gli saltò al collo.
Il maestro di Austin aveva scoperto per caso che a casa la chiamavano tutti con quel diminutivo, e da allora anche lui aveva preso quell’abitudine.
Il ragazzo si era meritato quell’abbraccio perché le aveva portato le scarpe che cercava da circa mezz’ora, o più.
Harry lo fulminò, anzi, lo incenerì con la forza del sol sguardo. Martin si congedò con una scusa, forse un po’ banale.

Rachele balzò sul letto, infilò i calzini, e poi le scarpe.
“Perché ti ha chiamata ‘Riky’?” chiese il riccio mentre scendevano le scale.
“E’ il mio sopranome” rispose con non curanza la rossa.
“Cosa?!” urlò scettico. “E perché io non lo sapevo?”
“Non me l’hai mai chiesto…” ribatté lei, uscendo in giardino.
“Bene, allora anche io ti chiamerò Riky” affermò, mettendo le mani in tasca.
Louis era lì vicino, e sentì tutto. Si avvicinò a Riky, che stava dando degli stuzzichini dal buffet ad Austin.
“Perché Harry ti ha chiamata con quel nome da maschio?” le sussurrò, non appena il riccio si fu allontanato, con voce roca e un tono autoritario. Le diede l’impressione di essere… geloso? Forse era la sua impressione, anzi, lo era.
Diede il piatto al bambino, gli fece una carezza e si voltò verso il cantante, che aveva uno sguardo truce.
“E’ il mio sopranome” sospirò lei. “Ha sentito Martin, ed ora lo usa anche lui." Si rese conto in quel momento che forse avrebbe fatto meglio a non nominare Martin. “Se vuoi puoi farlo anche tu…” si affrettò ad aggiungere.
Ma Lou l’aveva già portata da parte, sul retro della casa.
“Fammi capire, Martin usa il tuo soprannome, del quale io non sapevo nulla?” le chiese mettendola spalle a muro. Letteralmente. Rachele era attonita e terrorizzata, appiattita alla parete, tra le braccia tese del castano, che incuteva un po’ di timore.
L’infantile Louis era scomparso, per far spazio al ragazzo geloso e possessivo.
“Si può sapere che ti prende?” gli chiese l’italiana cercando di non dare a vedere che aveva paura. “Tu e i ragazzi non mi avete mai fatto domande del genere, e io non l’ho detto perché tra meno di due settimane sarò di nuovo in Italia, a casa mia, a raccontare di questa splendida vacanza” lo guardò dritto negli occhi. “Vantandomi di aver fatto amicizia con i miei idoli… anche se loro si saranno già dimenticati di me” l’ultima parte la sussurrò abbassando il capo, per non farsi sentire. Louis le alzò il mento con due dita. I loro sguardi s’incrociarono.
“Non dimenticarti di dire loro che sei una ladra” lo sguardo e il tono erano tornati quelli di prima, segno che si era calmato.
Aveva fatto finta di non sentire l'ultima frase di proposito.
“Ladra?” inarcò un sopracciglio. Lui annuì. “Io non sono una ladra!” ribatté risoluta, incrociando le braccia sotto al petto.
“Oh, sì invece”affermò il cantante, sicuro di se.
“E cosa avrei rubato?” chiese la ragazza, beffarda.
“Il mio cuore...” le rispose avvicinandosi a lei.
Non resistette, la baciò.
Consapevole di sbagliare.
La baby-sitter non ricambiò subito quel dolce bacio. Quelle parole e quel gesto l’avevano un po’ sorpresa.

Un’ombra comparve vicino al muro.
I due non se ne accorsero, e continuarono ad intrecciare le loro lingue.
L’ombra si soffermò ad osservarli.

 

 

 

 

* "She's mine" l'ho scritto in inglese perché rendeva di più. (ndA)

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

AND I'M HERE AGAAAIIN! LOL
Sì, la smetto, anche perché ho un sacco di ringraziamenti da fare! Tutto lavoro arretrato, ed è colpa mia, ovvio.
Comincio col dirvi che non credevo di rivedervi così "presto", insomma, le mie prof mi hanno messo tutte le interrogazioni adesso, e io non posso nemmeno oppormi perché rischio veramente di essere rimandata, e se succede... beh, passerò l'estate senza MUSICA, CALCIO, pc e telefono. In breve: io starò senza One Direction, Jonas Brothers, Fernando Torres, Liverpool e Juventus; e voi -visto come vanno le cose, non vedrete più un mio capitolo fino a data da destinarsi.

ANYWAY, pensiamo al presente, che oggi sono successe già un sacco di cose parecchio rattristanti...
Spero di rallegrarvi un po' la giornata con il capitolo... Ve gusta? :3
A me non molto. E nemmeno quelli che seguiranno (lo sapete no, sono già alla stesura del sedicesimo... E ancora non ho finito!)
Allora, Louis si è "quasi" dichiarato; Rachele, lo avrete capito, è cotta del Tommo. Ma chi sarà quell'ombra misteriosa. Chissà. Chissà.
Di certo non vi anticipo nulla, nemmeno se mi pregate per messaggio qui, su facebook, o mi "scassate" su twittah.

Bene, è giunto finalmente il momento da voi tanto atteso: i ringraziamenti.
Come al solito, quelli per il capitolo precedente, poi, quelli per il capitolo che ho saltato la scorsa volta.
A massive thank you to Emma Horan Tomlinson e -ormai lo sapete meglio di me, Mei_Linn.
Per il capitolo precedente... Okay, qui ci vuole un po' di tempo per ricordarmi di tutti.
Partiamo dalle recensioni: Mei_Linn (sempre lei <3), blck_star_, ZoomIntoMe94, Emma Horan Tomlinson (Anche lei non ci scherza <3) e nicoleambro.
VasHappeninPotatoes_ Per averla inserita nelle preferite.
nicoleambro nelle ricordate.
LachenormaybeNevetes, SammiC, e _Boo_ nelle seguite.

Ho terminato! Spero di non aver dimenticato nessuno.
Scusate per questo mio angolino, che "angolino" non è.
Spero di rivedervi al più presto, perché le vostre recensioni sono una delle poche cose che mi fanno sorridere,
Andy_Pancake

P.S.: Se volete seguirmi su twitter, sono @NiallersPancake. Ricambio sempre il follow, anche se non lo chiedete. (Pubblicità occulta) 

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Capitolo 8
*** Sorry Riky. Sorry Harry. Thank you Riky. ***


CAPITOLO 8: SORRY RIKY. SORRY HARRY. THANK YOU RIKY.

Il livido sull’occhio di Louis era gonfio, e vi teneva ancora del ghiaccio avvolto in un panno. Come, del resto, stava facendo Harry sul taglio alle sue labbra. Rachele invece, era chiusa in camera, con il viso affondato nel cuscino, che faceva da spugna alle sue lacrime. Liam era fuori dalla porta che, seduto sul pavimento con la schiena poggiata ad essa, supplicava la baby-sitter ad aprire. Niall, Zayn e Martin distraevano Austin, mentre il resto della famiglia era diviso in due: una parte si occupava di Louis, una parte si occupava di Harry. Nessuno era arrabbiato con l’italiana, avevano intuito quel pizzico di rivalità tra i due amici… Ma no immaginavano tutto ciò.

Austin catturò un grillo, e corse in camera di Rachele per mostraglielo. Con immenso stupore Liam si rese conto che la porta era aperta.
“Riky!” gridò tutto entusiasta entrando. “Guarda qui!”
La ragazza alzò la testa, e si ritrovò davanti al proprio naso quell’essere verdognolo. “Aaaah” urlò in preda al panico, correndo fuori.
La baby-sitter aveva una tremenda fobia per gli insetti: tutto era cominciato quando passò per la prima volta le vacanze ad Oslo, aveva circa cinque anni, e suo cugino Paul mise proprio un grillo nel suo sandwich per farle uno scherzo…
Liam la prese al volo: “Che succede?”
Austin l’aveva inseguita, naturalmente il grillo era ancora nelle sue mani: “Le ho mostrato Mr. Green ed ha iniziato ad urlare…” rispose innocentemente, avvicinandosi.
“Aaah” fece più lievemente la ragazza “Toglilo di mezzo!” strillò con le lacrime agli occhi, mentre si nascondeva dietro le spalle di Liam.
Austin piegò la testa verso destra; il ragazzo invece, si voltò verso di lei: “Ha-Hai paura dei grilli?” le chiese cauto. Annuì incenerendolo con lo sguardo: non si vedeva? E poi, da quando quel grillo aveva un nome?!
Liam cercò di sorriderle per tranquillizzarla, quante ne stavano accadendo quella sera…
Intanto Niall, Zayn, Martin, April, Josh, e tutti gli altri, compresi Harry e Louis, corsero da loro.
“Ha paura del grillo” sospirò Liam, indicando le mani di Austin con un gesto del capo.
Cercarono di trattenere un risolino, anche se qualcuno non vi riuscì molto bene. April prese il suo bambino in braccio, e pian piano, anche gli altri la seguirono al piano inferiore.
“Sono un disastro!” sbuffò l’italiana, accasciandosi a terra, scoppiando in lacrime, ancora una volta.
Liam si chinò accanto a lei, e le accarezzò la schiena, consolandola: “Non è vero, Riky…” ormai tutti quanti utilizzavano quel nomignolo.
“Sì, invece! I miei idoli si sono presi a pugni, ho rovinato il compleanno di un bambino, ho paura degli insetti, e sono una pessima baby-sitter!” affermò tra i singhiozzi.
“Non è vero” le ripeté Liam in un sussurro, abbracciandola.
“Guardali” singhiozzò ancora, riferita al ragazzo dai 'ricci-sexy' e alla fotocopia di Peter-Pan. “Uno ha un occhio nero, e l’altro il labbro rotto. E questo per colpa mia. Per una stupida baby-sitter italiana, che tra poco tornerà a casa, e che sarà stato solo un flirt estivo cha ha causato più guai di un intero uragano, e che tra qualche anno, dopo averci riso sopre, dimenticherete” era così arrabbiata con se stessa, che l’auto-rimprovero l’aveva fatto utilizzando la sua seconda lingua: il norvegese.
Tutti la guardarono tra il perplesso e il comprensivo: non avevano capito neanche una mezza parola di ciò che aveva pronunciato la rossa.
“Q-Questo è norvegese, vero?” una voce lievissima, si levò sopra quel silenzio quasi imbarazzante; Martin.
Rachele rimase basita; annuì in risposta al ragazzo.
“Tu sai cos’ha detto?” sussurrò Niall.
La ragazza sorrise, ma tornò seria quando Martin fece una traduzione perfetta di ciò che aveva appena detto.
“Ora mi spieghi come hai fatto!” affermò con risolutezza, balzando in piedi.
“No” Louis fece un passo avanti. “Ora tu ci spieghi che razza di lingua era!” e prima che potesse protestare aggiunse “Sei contro una: non è legale, ma io non vedo arbitri, giudici, o avvocati”
La ragazza sbuffò: “Mia madre è norvegese, la sua famiglia vive ad Oslo, e io passo lì le vacanze a volte…” disse tutto velocemente, e il suo sguardo faceva capire che non l’avrebbe ripetuto una seconda volta.
“ E lì… hai un ragazzo?” tossicchiò Harry.
Lo fulminò: “NO!”
Louis tirò un sospiro di sollievo, e la stessa cosa fece Harry.
“Martin, starei aspettando…” fece poi la rossa, incrociando le braccia sotto al petto.
“Ho preso lezioni di norvegese per due anni. Poi ho smesso: era troppo difficile…” rispose il ragazzo, facendo spallucce.
“Beh, dovevi essere parecchio bravo visto cha sei riuscito a capire il significato di ciò che ho detto…” constatò la baby-sitter.
Lui sorrise imbarazzato.
Dopo poco, quando la situazione si fu calmata, e i ragazzi erano tutti riuniti in camera di Riky, Johanna salì a chiamare Martin: era ora di andare.
Martin era il 'collante' della situazione: senza di lui, in camera non vi era una bell’arietta.
Zayn, Niall, e Liam, uno per volta, uscirono dicendo di aver fame, sete, o qualcosa da fare.
Alla fine, seduti per terra a semicerchio, rimasero Rachele, e i due 'rivali': e nessuno dei due volava alzarsi, e andare a controllare dove fossero finiti gli altri.
I tre erano nascosti dietro la porta, e speravano che Louis uscisse a chiamarli, ma a quanto pareva, non ne aveva proprio intenzione.
“Vado io” sussurrò Niall, accennando un piccolo sbuffo. Con un po’ di fatica, il piccolo biondo irlandese riuscì a farsi seguire da Lou fuori dalla camera. E quando questo avvenne, il riccio non ci pensò due volte prima di correre a chiudere la porta, e girare la chiave nella serratura.
“Che stai facendo?” chiese Rachele a voce alta, scandendo lentamente ogni singola parola.
“Tranquilla, non voglio farti del male” Harry alzò le mani in segno di resa. “Voglio solo parlarti… E chiederti scusa” La guardò negli occhi con uno sguardo da cucciolo.
“Non attacca Hazza” fece lei fredda.
Il ragazzo con i ricci-sexy sospirò, e abbassò il capo rassegnato. “Comunque dicevo sul serio: mi dispiace” si stese orizzontalmente sul letto, lasciando penzolare la testa oltre il bordo. “Avevo intuito che provassi qualcosa per Lou, ma ti vedevo mia, e mi sono lasciato trasportare dalla gelosia”
Rachele rimase in silenzio, osservando i ricci di Harry dondolare.
“Ma forse…” riprese il riccio, dopo un piccolo sospiro impercettibile. “Ero solo geloso di Louis, Geloso che il mio migliore amico dedicasse del tempo ad una ragazza. Geloso che Lou si fosse innamorato” Com’era difficile dire quelle parole, erano tutte bugie inventate al momento, perché non era vero che era geloso perché il suo migliore amico si fosse innamorato, ma lo era perché Louis aveva accanto la ragazza di cui lui si era innamorato. Dal primo incontro davanti la porta di quel bagno. “Io l’aveva capito appena ti ho vista il primo giorno, che lui si sarebbe innamorato di te. E non solo per come mi aveva parlato di te la sera precedente al nostro incontro, ma perché sei italiana: e tutte le italiane sono belle.” Affermò.
Quella battuta non l’aveva fatta solo per far sorridere Rachele –e ci riuscì, ma anche per tirarsi su il morale.
“Scusse accettate, Styles. E grazie” rispose la baby-sitter con un sorriso.
“Hai sorriso!” Harry si levò a sedere. “Grazie a te”
Nessuno dei due sapeva perché si fossero ringraziati. O forse sì, ed erano troppo orgogliosi per ammetterlo…
Harry riaprì la porta prima che Louis potesse accorgersene e uscire di senno.

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:
Buon salve gente! Sì, sono in ritardo, come al solito... Penso che ormai ci abbiate fatto l'abitudine.
Miei cari, alcuni avevano già intuito chi fosse "l'ombra misteriosa" dello scorso capitolo, ebbene sì, alcuni di voi avevano anche indovinato. Si trattava di Hazza. Insomma, era più che prevedibile.
Ah, ho fatto leggere la fanfic alla protagonista, la mia amica Rachele, non potete immaginarvi che faccia abbia fatto, anche perché lei ha letto quasi tutti i capitoli. Gliene mancano solo due, quelli che ancora devo scrivere... E' rimasta contenta dopo tutto, dai. :)
Da questo capitolo in poi non vi citerò più nei ringraziamenti. Spiace anche a me, ma con l'aumentare dei capitoli, non posso controllarne uno per uno, e segnarmi chi ho segnato, e chi meno.
I'm so sorry. :'( Sappiate che però vi sarò sempre grata, insomma, senza di voi non sarei a questo punto!
Al prossimo capitolo (sempre che la scuola non m'intralci con i corsi di recupero)
Andy_Pancake 

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Capitolo 9
*** Mine ***


CAPITOLO 9: MINE

Oggi hai la giornata libera. Saremo fuori città per tutto il giorno. Scusa per l’improvvisata! Xoxo April.
P.S.: I ragazzi sono rimasti qui, li accompagni tu in aeroporto? Il volo è alle 10.

Si era svegliata dopo una notte “insonne” con quel post-it attaccato al frigorifero, Rachele. Era un po’ contente di quella notizia, ma non aveva la forza per sorridere, a stento si reggeva in piedi, e riusciva a tenere gli occhi semi-aperti.
Pigramente guardò che ora fossero: le 9.45. Mancava un quarto d’ora al volo! Schizzò al piano di sopra più veloce di un fulmine, senza sapere con quali forze, e con tutto il fiato che aveva urlò: “SVEGLIAA! PERDIAMO IL VOL…” l’ultima parola venne spezzata da un cuscino piombato sul suo volto.
“Il volo è stato posticipato a questo pomeriggio. Si prega la gentile baby-sitter di tornare a dormire” era Harry, dalla stanza che divideva con Louis.
Si chiese –dopo aver analizzato e recepito le parole di Hazza- che fine avessero fatto gli altri tre. Erano due le camere degli ospiti: una la occupava lei, e l’altra Larry Stylinson. Non c’era più posto. Anche se, in camera sua vi entravano altre cinque persone col sacco a pelo…
Non terminò di formulare il pensiero, che si era già catapultata in camera: nessuno.
Tirò un mezzo sospiro di sollievo, e ridiscese in cucina per preparare la colazione.
Latte, cappuccino, caffè, toast, biscotti, fette biscottate e marmellate. Una colazione tipicamente italiana, mancavano solo i croissant e la nutella. E se ai ragazzi non fosse piaciuta… Avrebbero fatto colazione fuori.
Sentì la porta di casa aprirsi. Si affacciò dal vano della cucina per vedere chi fosse. Dopo pochi istanti comparve Louis con un paio di buste di carta bianca in mano. Chiuse la porta con un piede, e solo allora si accorse che Riky lo stava osservando.
“Buongiorno!” urlò con la sua solita vitalità.
“Ssh!” lo ammonì “I ragazzi dormono ancora tutti” bisbigliò.
“Perché parli a bassa voce? Sono al piano di sopra” le chiese sussurrando, mentre entrava in cucina. “Oh, hai preparato la colazione!” gli occhi azzurri luccicavano più del solito, alla vista di tutto quel ben di Dio. “Io invece sono andato a comprare i croissant” continuò orgoglioso mentre mostrava i due pacchettini. Bene, ora era decisamente una colazione all’italiana. Per essere perfetta mancava solo la nutella. Ma Tommo aveva provveduto anche a quella: “Et voilà! Guarda cos’ho” fece mostrandole una dei tipici bicchieri di vetro.
Sul volto dell’italiana comparve un enorme sorriso che partiva da un orecchio, e terminava all’altro.
“Speravo in un tuo bel sorriso” annuì il castano, scoccandele un bacio in fronte. Si guardarono per alcuni istanti. Louis si avvicinò di più a lei, e prima che potesse intuire le sue intenzioni, le diede un altro bacio; questa volta sulle lebbra.
“Buongiorno” le sussurrò all’orecchio. Fortuna che Rachele si fosse seduta durante il bacio su una sedia, altrimenti adesso sarebbe sul pavimento.
Il cantante non badò all’espressione che aveva assunto la baby-sitter, si inginocchiò, le prese le mani fra le sue, e…
“Oramai lo sai meglio di me che mi piaci, e da morire purtroppo. So che ho un rivale come Harry, e sarà dura tenerti con me, mo io voglio averti mia. Mia, e di nessun altro. Sono pronto a scalare l’Everest; a cavalcare le onde più grandi che esistano senza saper andare sul surf; a camminare sui carboni ardenti; a rinunciare alla mia stessa vita pur di saper che tu sei, e sarai mia”
Rachele ascoltava le parole di Louis cercando di trattenere le lacrime, e di non svenire per le felicità. Probabilmente il suo cuore aveva oltrepassato i duecento battiti al minuto. Il ragazzo trasse un profondo respiro: “Rachele Ferrari, vuoi essere la mia ragazza?”
La rossa arrossì. Le mancava il respiro per riuscir a parlare. E poi non sapeva cosa rispondere. In quei pochi giorni che era stata lì, conoscendo a poco a poco i ragazzi, aveva capito che per Harry e Louis provava qualcosa che andava ben oltre il semplice amore di un fan, ben oltre l’amicizia. Aveva anche capito che per Louis era amore. Non era sicura si trattasse di quello vero –cosa improbabile- ma sicuramente Cupido aveva scoccato una freccia dal suo arco.
Per quanto riguardava Harry invece… Era un sentimento sconosciuto, una terra-di-mezzo tra l’Amore e l’Amicizia. Ma nulla di serio. Voleva spiegare a Louis quelle sensazioni, ma più guardava quegli occhi così limpidi e puri, più si rendeva conto che la persona che voleva trovarsi accanto tutte le mattine era proprio il ragazzo di Doncaster che le stava di fronte.
Annuì, perché le parole non ne volevano sapere di uscire dalla sua bocca. Quel poco di fiato che le era rimasto, Louis glielo levò via con un lungo e dolce bacio.
Nessuno dei due si era accorto che Harry era lì da quando Tomlinson aveva astratto la nutella, e stava filmando tutto con il suo cellulare, non appena Lou si era messo in ginocchio. Pochi minuti dopo erano arrivati gli altri.
“Questo lo farò vedere ai vostri figli” ridacchiò l’uomo-delle-fossette.
I due piccioncini si staccarono facendo uno strano suono con le labbra, che erano perfettamente aderite le une alle altre.
Entrambi rossi in viso, peggio di due pomodori ben maturi.
“Okay, ora che vi siete promessi amore eterno, possiamo mangiare?” intervenne Niall supplichevole.
Scoppiarono tutti a ridere. Rachele si limitò a sorridere, ancora sconvolta per tutto quello che era successo, e per il video di Hazza.
“Quello poi lo cancelli” fece Louis abbastanza serio, strafogandosi col suo croissant, abilmente riempito con della nutella.
Harry scosse la chioma riccioluta bevendo un bicchiere di latte: “No, quello lo conservo fino a quando William Jr. non sarà abbastanza grande per vedere ‘certe cose’ “ ribatté con convinzione.
A Rachele andò di traverso il caffè-latte. Liam le diede dei colpetti sulla schiena, forse un po’ troppo forti perché Riky sbottò in un: “Così mi affogo del tutto!”

Senza Austin vi era più calma, anche se quei cinque bisognava tenerli sott’occhio essendo dei bambinoni: potevano causare più danni loro, che un tornado in Nevada. Si stava bene in loro compagnia. Era come se fosse a casa sua, solo a Doncaster. Era strana quella frase, ma cos’era normale quando c’erano gli One Direction di mezzo? E la seconda settimana era andata, rimanevano all’incirca quindi giorni. E poi, cosa sarebbe successo?




Angolino del''autrice:
E dopo UN MESE rieccomi qui. Odiatemi, ma... È ESTATE. No, okay, questo non giustifica nulla. Però, capitemi, fa caldo, il pc si scalda subito e mi passa la voglia di trascrivere i capitoli su World e poi passarli sull'editor.
Anyway, sono di nuovo qui, con un nuovo capito che all'epoca (?) è stato abbastanza sudato, che come tutta sta faccenda non mi piace, e che naturalmete voi, come al solito apprezzerete. Ragionandoci su devo preoccuparmi quando i capitoli mi piacciono, in quel caso potrebbero non piacere a voi... Sto pensando troppo.
Vi lascio con due "chicche": la prima, è che, dopo aver terminato la storia -come tutti sapete- ho recentemente scoperto che il fidanzato di Lottie si chiama Martin. Dopo che ho fatto tanti filmini mentali, io scopro sta cosa... Va beh, passiamo alla seconda, che è una specie di spoiler (ora che ci penso anche la prima °-°): ho letto una 'lista' di probabili titoli delle canzi deil nuovo CD dei ragazzi, rumors, ma una i ha colpito: stavo scrivendo uno degli ultimi capitoli, nel quale sarà menzionata la ex di Louis alla quale ho dato un nome: Allison. Cosa centra con le canzoni? Una di queste si intitola proprio Allison secondo i rumors. Io tento il suicidio se è vero. (?)
Il caldo mi sta dando alla testa.
Ci vediamo non-so-quando,
Andy_Pancake 

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Capitolo 10
*** Me, you and Harry ***


CAPITOLO 10: ME, YOU AND HARRY

Avevano "perso" l'aereo quel pomeriggio. Avevano... Louis aveva perso il volo. 
Era riuscito a creare una serie di "eventi casuali", che alla fine non gli impedirono di non partire. Rachele se l'era ritrovato davanti la ports di casa Collins con uno sguardo da cucciolo smarrito e un sorrisino malizioso che non promettevano nulla di buono.
"Che ci fai qui?" sbraitò la baby-sitter strabuzzando gli occhi.
"Ho ceduto il posto ad una vecchia signora. In agenzia non avevano segnato il posto, e hanno venduto il biglietto due volte..." le spiegò entrando in casa. Naturalmente aveva inventato tutto al momento, o quasi. La vecchia signora e l'overbucking erano veri, ma lui aveva un biglietto, omaggio dell'agenzia, per una qualsiasi direzione. 
Rachele batté più volte le palpebre: scherzava, Louis stava sicuramente facendo uno dei suoi scherzi.
Inarcò un sopracciglio, e incrociò le braccia sul petto, non voleva crederci. Era assurdo.
"Non fare quella faccia, succede spesso. E poi sarei dovuto comunque tornare venerdì prossimo! E a Londra io e i ragazzi non avevamo comunque nulla da fare. A parte quella festa..." disse, ricordando l'evento come se fosse sotto uso di sostanze stupefacenti. "Mapoco importa!" esclamò agitando la mano come a voler scacciare quel pensiero.
La rossa trasse un lungo sospiro, e a grandi falcate, con i pugni serrati lungo i fianchi, avanzò verso di lui. Era ancora in pigiama, il che non le rendeva abbastanza giustizia. Non aveva accompagnato i ragazzi.
"Louis William Tomlinson" esordì, alzandosi sulle punte e prendendo il ragazzo per il colletto della maglia. "Tu ora torni all'aereoporto, prendi il primo volo per Londra, e vai a quella festa" gli ordinò indicando la porta. "E sappi che ora sto parlando da fan, e non di... fidanzata" indugiò sull'ultima parola. Era strano dirla. E altrettanto strano era farlo con la consapevolezza di esserlo per una persona importante. Per non citare il fatto che si trattava di Louis Tomlinson, uno dei suoi cantanti preferiti.
"D'accordo" rispose lui calmo, tranquillizzando la ragazza. "Ma tu ricorda che ho la zia dalla mia parte" ribatté, con un tono quasi da minaccia.
Cosa intendeva dire?
Sotto gli occhi confusi dell'italiana, il castano compose un numero sullo schermo del suo iPhone. Era quello di April. Alla quale, dopo i soliti saluti, chiese se Rachele potesse accompagnarlo ad una festa a Londra. April indugiò un po'. E Riky sperò con tutta se stessa che dicesse di no.
Da una parte le sarebbe piaciuto tantissimo andare a quella festa con Louis e i ragazzi; dall'altra aveva un po' di terrore a presentarsi con lui alla festa con tutti quei giornalisti e paparazzi che ci sarebbero stati... Non voleva finire su un giornale di gossip, quello era l'ultimo dei suoi pensieri. Ma proprio l'ultimo, si trovava più in basso delle sue viscere.
"Vieni con me!" annunciò tutto sorridente Lou mentre rimetteva il cellulare in tasca. "Su, prepara la borsa" la trascinò in camera per un braccio.
Le prese la tracolla, e aprì l'armadio. Osservò attentamente tutti i capi che la ragazza vi aveva riposto.
Non riuscendo a decidersi -reputava tutti gli abiti bellissimi e straordinari - ne prese uno a caso: un vestiro stretto in vita, che si gonfiava in una gonna morbida che le arrivava sopra le ginocchia. Se girava veloce su se stessa la gonna sebrava un paracadute. Un paracadute color blu cobalto. All'altezza dell'ombelico vi era una facia bianca, che terminava con un fiiocco sottile dietro la schiena.
Lo mise nella tracolla. Guardò in basso, dove la ragazza teneva le scarpe. Prese le ballerine biance che aveva indossato al loro primo appuntamento. Le infilò nella tasca superiore della borsa.
Rachele rimase per tutto il tempo sul vano della porta, osservando Louis sceglierle cosa avrebbe indossato alla festa.
"E se io non avessi voglia di venire?" buttò lì, con voce tremante, guardando le sue ciabatte.
Louis le si avvicinò, e con estrema dolcezza l'abbracciò. La sovrastava di quindici centimetri o poco più. Riky lo strinse affondando la testa nel suo petto, inspirando a pieni polmoni tutto il suo profumo.
"Ti porterò sulla spalla come se fossi un vecchio sacco di patate, e prenderemo l'aereo" le disse accarezzandole i capelli.

Rachele si preparò, comprarono il biglietto, e partirono.
Harry le saltò al collo quando la vide arrivare in aereoporto con Louis.
Alle venti in punto era pronta, Louis indossava una camicia blu e dei jeans grigi.
Su una mensola, mentre si cambiava, notò un piccione di plastica.
"Kevin" eslcamò silenziosamente, quasi parlase fra sé e sé, ridendo. "Allora non ti ha abbandonato..." continuò a ridere, sentendosi un po' ridicola a parlare con un animale di plastica.

Il locale era gremito di gente. La maggior parte gente famosa, o conosciuta. 
Rachele strinse la mano di Louis, era agitata. Le ginocchia tremavano, e la sensazione di ansia aumentava.
"Tranquilla, siamo qui per divertirci!" le sorrise il suo cavaliere trascinandola sulla pista da ballo. Non che non ne fosse capace, ma più o meno era quello il problema: cinque anni di danza classica erano inutili in quel momento.
Ballorono per qualche ora. Ridendo, e inventando nuovi passi. La baby-sitter pensò che, se Louis non fosse nato, avrebbero dovuto inventarlo.
Stavano girando in tondo, quasi come due bambini di cinque anni, quando Lou si fermò di scatto.
Era accigliato, e c'era sicuramente qualcosa che non andava oltre la folla sulla pista.
Rachele cercò di guardare nella sua stessa direzione, ma non vedeva nulla.
Dopo un'attenta analisi di qualche istante, Louis la trascinò in fondo alla sala, nella parte più riservata con i divanetti e i tavolini per chi voleva riposarsi, o non ballare affatto, sorseggiando qualche bevanda.
Su uno di questi vi era Harry, con una ragazza, e un bicchiere contenente del liquido trasparente, che non era di certo acqua.
"Ehi! Riky, Lou siete arrivati finalmente!" fece non appena li vide. I due, infatti, avevano lasciato andare avanti Niall, Harry, Liam e Zayn; roba da pochi minuti. Erano alla festa da qualche ora ormai.
Il riccio era ubriaco. Completamente.
"Vi presento Stacey, è davvero carina" rise.
Intanto erano arrivati anche Liam, Niall, e Zayn, che avevano notato Louis allontanarsi. Guardavano l'amico preoccupati.
"Niall, accompagna Rachele fuori. Noi arriviamo subito" proferì Louis, cercando di mantenere la calma, con un tono che non ammetteva repliche. Serio come nessuno -a parte gli altri quattro- l'aveva mai visto.
Il biondino portò la rossa fuori, salirono in auto.
"Tranquilla, non è successo nulla" cercò di tranuillizzarla, ma forse lo aveva detto per autoconvingersi. "A volte succede che Harry..." Rachele posò la testa sulla sua spalla.
"Ssh, ti prego non parlare" mormorò chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime.
Harry era un buon amico, e le aveva procurato una fitta al cuore vederlo in quello stato.
Non ci volle molto per vedere Liam, Zayn Louis ed Harry arrivare. Quest'ultimo era più bianco di un lenzuolo.
"Rachele..." mormorò con voce roca, vedendola un po' sconvolta, Hazza, abbozzando un mezzo sorriso.
Niall li guardò interrogativo, alla ricerca di informazioni.
"Ha vomitato" rispose Louis riluttante, ancora serio.
"Siamo stati chiusi in bagno circa mezz'ora, aspettando che si riprendesse" aggiunse Zayn.
Harry si era sistemato accanto a Rachele, poggiano i ricci sulla spalla. Niall si era spostato per far spazio a Louis, che teneva per mano la rossa. Rachele intrecciò le dita con quelle del ragazzo, guardando con apprensione Harry. Con la mano libera accarezzò la guancia di quest'ultimo.
"Che triangolo amoroso..." sospirà Liam, tra sé e sé.







 

Angolo dell'autrice:

Non fatemi male! Ma non avevo messo in conto che le ferie di mio padre fossero così lunghe, e che questo caldo mi avesse tolto la voglia di trascrivere i vari capitoli un po' per volta. Per non parlare dei piccoli incidenti di percorso, e della mia pennetta defunta. HO PERSO TUTTA LA MIA VITA! -piange disperata-
Comunque, ringrazio come sempre tutti quanti voi che leggete, recensite e aggiungete la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite, e mi scuso per i miei ENORMI ritardi.
Sarò breve (purtroppo, o forse per voi è meglio così), e spero vi piaccia anche questo capitolo. Non so quando potrò riaggiornare, FORSE domani, o a data da destinarsi. In ogni caso... Lo scopriremo solo viveeendooo -canta a squarcia gola, e rompe i vetri della finestre-
Ups, meglio andare.
Alla prossimaaaaaa
Andy_Pancake.

P.s.: Il caldo fa questi effetti. (?)
 

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Capitolo 11
*** 11. Holidays are here ***


CAPITOLO 11: HOLIDAYS ARE HERE

Louis aveva ceduto il suo letto a Rachele, e quello per gli ospiti a Harry che ancora non riusciva a reggersi in piedi.
L'italiana aprì lentamente glio occhi, riluttante; non aveva voglia di sveglairsi, ma qualcosa la infasidiva all'altezza del collo. Portò pesantemente la mano sul collo, convinta di dover uccidere un qualche insetto... Peccato che la sua mano affondò in una marea di morbidi ricci castani. Di certo non erano i capelli di Louis.
Rachele deglutì, e girandosi verso la montagna di ricci, si accorse che Harry era al suo fianco, col volto sognante e sorridente, avvinghiato a lei come un koala: le braccia intorno al busto, e le gambe intorno a quelle dell'italiana.
Sorrise vedendo che stava bene, e un po' le dispiaceva svegliarlo. Se si trovava lì, magari era perché non era riuscito a prender sonno. Però... Stando stretta a lui, punto primo si sentiva alquanto in imbarazzo; punto secondo faceva caldo
Cercò di svegliarlo con delicatezza: "Harry, Harry!" lo scosse un po', cercando di far silenzio. Ma se si fa silenzio, come si può pretenderedi svegliare qualcuno? Solo Rachele poteva pensare certe cose.
Lui mugolò qualcosa, e si strinse ancora di più a lei. Era completamente parelizzata dalla sua morsa. Altro che koala carino-e-coccoloso, al momento Harry sembrava del SuperAttack!
Pergò in turco che Louis si svegliasse ad entrasse per un qualche assurdo motivo in camera.
Le sue preghiere vennero ascoltate, visto che Louis stava armeggiando con tazze e tazzine per la colazione. Sentì i suoi passi muoversi per casa, alla ricerca di Harry nella stanza degli ospiti. La baby-sitter imprecò mentalmente: perché diavolo ci metteva così tanto ad aprire quella porta?
Louis era fermo sul vano della porta, che sudava freddo, mentre la sua mente articolava miliardi di possibili spiegazioni sulla scena che aveva difronte.
"Sei arrivato finalmete!" sbuffò, prima che lui potesse aprire bocca. "Aiutami a liberarmi da questa sanguisuga" gli ordinò sussurrando.
Lou era  sembrava quasi una statua: "Che avete fatto?" farfugliò.
Il cuore perse un battito. Perché non aveva pensato a cosa sarebbe potuto balenargli in testa vedendola in quello stato? Farlo ora era inutile. E poi... Davvero credeva...
"Nulla!" si difese lei, ed era la verità. "Dai, aiutami"
"Se volevi essere liberata, potevi chiamarmi prima, non credi?" l'ammonì, rimanendo fermo.
"Non volevo svegliarlo dopo quello che ha passato la scorsa notte" ribatté, alzando involontariamente il tono di voce.
Harry non li sopportava più: "Smettetela" bofonchiò, facendo finta di svegliarsi.
Tommo lo guardò storto: era per colpa sua se si trovavano in quella situazione.
Rachele scese dal letto.
Hazza sospirò: "Louis, credi davvero che abbiamo fatto qualcosa? Ero sbronzo, sì, ms non avevo la forza di reggermi in piedi" gli disse, calmo. "E per dirla tutta, mi trovo qui per un semplice motico: ero andato in bagno, ed ero troppo stanco per arrivare fino in camera mia" uscì dal letto.
"Hai lavato le mani?" gli chiese Rachele perplessa.
"No" rispose strofinandole sul volto della ragazza. "Lou ti vuole bene, non dubitare" diede una pacca sulla spalla all'amico. Prima di uscire aggiunse: "Nel caso non dovesse funzionare, Riky, ricordati che sono disponibile" ridacchiò facendole l'occiolino. Non era affatto serio.
Boo-bear aspettò che il riccio uscisse fuori per chiudere la porta a chiavi.
"Hai dolore da qualche parte? Ti senti male?" disse serio.
L'italiana lo guardò moolto stupita: "No!" dichiarò sicura di sé.
"Sicura? Harry è capace ..." Rachele lo abbracciò prima che lui finisse di parlare. Fu colto di sorpresa.
"Mi piace quando fai il geloso, ma a volte diventi troppo ossessivo" si alzò sulle punte dei piedi e gli sfiorò le labbra. "Cos'hai preparato di buono?" gli chise, aprendo al porta e uscendo.
"Dove vai, non abbiamo ancora finito!" la richiamò il ragazzo.
"Cosa?!" Rachele si ritrovò sul letto, e due secondi dopo Louis le stava facendo il solletico.
L'italiana rideva e si dimenava come una matta, mentre le dita sottili di Louis correvano lungo il busto e sulla pancia.
I loro volti erano vicinissimi. Louis si chinò sul collo della ragazza, iniziando a baciarla.

"Bel lavoretto" commentò Zayn con un fischio, osservando il succhiotto che Tomlinson le aveva lasciato quella mattina. "Credo ci vorranno almeno quattro giorni per scomparire*"
Erano tutti in aereoporto, e attendevano l'aereo. Ognuno ne avrebbe preso uno diverso. le vacanze erano giunte anche per i One Direction, e i cinque ragazzi sarebbero tornate per un breve periodo dalle loro famiglie. Circa due settimane.
Lo speaker avvertì che il volo di Bradford** stava per partire. Zayn doveva andare.
"Ci vediamo tra due settimane ragazzi" disse salutandoli. Si abbracciarono tutti. Guardò la piccola -rispetto a lui e agli altri- Rachele. "È stato bello conoscerti. Ci vediamo presto" La strinse forte. La strinse forte.
Lei aveva le lacrime agli occhi. Sapeva che era l'ultima volta che li avrebbe abbracciato come amica. Anche se adesso era la ragazza di Lou, tutto ciò sarebbe svanito quando avrebbe preso l'aereo per tornare a casa. La sua villeggiatura era ormai agli sgoccioli. Dodici giorni. Poi... Addio Doncaster, April, Josh, Austin, Liam, Harry, Niall, Zayn, Martin, e soprattutto Louis.
Guardò Zayn mentre antrava nella porta d'imbarco insieme ad altre persone. E immaginò lei mentre Louis la salutava, e la guardava andar via.
Toccò poi ad Harry e a Niall. Strinse forte il secondo, le sarebbero mancati i suoi abbracci. E poi fece lo stesso con il riccio, che le scoccò un bacio sulla fronte.
"Sarò uno dei testimoni alle nozze. Quindi se non me lo chiede Boo-bear, dovrai farlo tu" le sussurrò. "È un ordine" le fece l'occhiolino mentre si allontanava.

"Non poteva esserci uno sciopero generale?!" sbuffò quando dovette salutare anche Liam. Quest'ultimo scoppiò a ridere.
"Vieni qui" disse abbracciandola. Le arruffò la frangia. "Spero ci sia uno sciopero quando tu dovrai tornare a casa. E magari anche un tifone, un uragano, delle tempeste di vento, uno tsunami... Che si susseguano e ti facciano rimanere qui." Sorrisero.
E anche Liam salì sull'aereo. 
Ormai erano rimasti solo loro due. Rachele si accoccolò tra le braccia di Louis.
" I can't be no Superman, but for you I'll be Superhuman" canticchiò il castano accarezzandole la schiena. "M'inventerò qualcosa.. Tu però non pensare mai a quel momento" le bisbigliò con le labbra tra i capelli rossi della baby-sitter.
Aveva ragione, ci avrebbe pensato quando sarebbe arrivato il momento. Ora doveva pensare solo a loro due.
Vi era una soluzione per tutto. Anche per questa loro situazione.




* Mai ricevuto un succhiotto -o un bacio- in vita mia. Ergo, non so quanto tempo possa impiegarci per scomparire.
** Ho messo Bradford, ma non so se ci sia veramente un aereoporto. 







Angolino dell'autrice:
Be', questo capitolo è arrivato prima dei miei programmi. Questa settimana doveva essere una full-immersion di sole, mare e spiaggia. Meglio così.
Concludo con queste poche righe perché non ho nient'altro da dire. 
Adios chicos!

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Capitolo 12
*** Old Trafford ***


CAPITOLO 12: OLD TRAFFORD

"Fai attenzione Austin!" lo richiamò April, mentre il bimbo si accingeva a salire sul trampolino, a casa dei genitori di Josh a Manchester.
Avrebbero passato lì il week-end. L'uomo di casa aveva preso le meritate ferie, e ora la famiglia Collins e la loro baby-sitter temporanea passavano cinque giorni nella residenza Collins, dov'era cresciuto Josh.
In quel momento si trovavano nella piscina privata, nel retro della casa. Casa... Rachele aveva detto che faceva concorrenza a Buckingham Palace.
I genitori di Josh erano due sessantenni arzilli, e che dimostravano almeno dieci anni in meno rispetto all'età anagrafica. La madre, Corine, al momento prendeva il sole sulla sdraio insieme ad April; mentre Josh e il padre Michael, nuotavano nella piscina, aspettando il tuffo del piccolo Austin.
Rachele era in costume a bordo piscina, e messaggiava con Lou e i ragazzi. "Voglio venire a Manchester. T-T" le aveva scritto, e sul suo volto era spuntato un sorriso così grande, che tutti le avevano rivolto qualche sguardo. Forse anche i vicino lo avevano notato.
"Tranquilli, è Lou!" esclamò Austin prima di tuffarsi. Uno tsunami travolse tutti i presenti. "Scusate" fece non appena riemerse, dopo aver sputato l'acqua a mo' di fontanella.
"Figurati" bofonchiò Riky, cercando di asciugare il cellulare.
"Perché non entri in acqua Rachele?" la invitò Michael. "Con Louis parli dopo!"
"Sìì! Vieni, vieni!" gli fece eco il nipote, arrampicandosi sulla schiena del padre.
"D'accordo..." sospirò l'italiana. Conservò il cellulare in borsa, e si tuffò in piscina. Insieme ad Austin fece gare di velocità, apnea, tuffi, a chi faceva meglio la 'fontanella' e tanti altri giochi, troppi per essere elencati.
Entrambi avevano le pelle raggrinzita dall'acqua, e a quel punto April gli ordinò di uscire; anche perché era anche ora di pranzo.

Seduti a tavola, dopo aver fatto la doccia ed essersi asciugati, Michael sintonizzò la tv sul canale dove trasmettevano la partita del Manchester United contro il Liverpool. Una partita decisamente importante, visto la storica rivalità tra le due squadre.
L’italiana parlava ancora con il cantante. Le chiedeva se stesse guardando la partita. Riky non capiva perché quella domanda: insomma, Louis sapeva benissimo che a lei il calcio interessava poco o niente. Rispose di sì, anche perché c’era solo quello in tv.
“Guarda ora” le scrisse semplicemente. Rachele spostò lo sguardo dal cellulare alla televisione: in quel momento inquadrarono Louis, un po’ camuffato per non farsi riconoscere, che indossava la maglia dello United, reggendo un’enorme striscione bianco con si scritto a lettere rosse e cubitali: “RACHELE LA VITTORIA DELLO UNITED LA DECICO A TE” e in basso, scritto un po’ più piccolo: “Ti voglio bene” in un italiano quasi perfetto.
“April, quello non è tuo nipote?” chiese Michael.
“Mamma! C’è Louis in tv!” urlò Austin saltando sulla sedia.
Rachele era rimasta alquanto sbalordita da quell’immagine: fissava lo schermo con tanto d’occhi, e la bocca semi aperta.
“Ohw. Josh, ricordi quando anche tu facesti una cosa del genere per il nostro anniversario?” gli chiese la moglie, stringendo il braccio del marito.
“Shh, c’è la partita!” la ammonirono i tre uomini, anzi due e mezzo.
“April, vieni, andiamo in salotto, comincia la nostra soap preferita!” la chiamò Corine; si rivolse a Rachele “Vuoi unirti a noi?” era molto dolce e cordiale.
L’italiana sorrise, e scosse la chioma rossa. Infilò il cellulare in tasca e dichiarò: “Io esco”. Aveva già chiuso la porta prima che qualcuno avesse potuto aggiungere qualcosa.

Non sapeva dov’era lo stadio, ma comunque camminò spedita verso la strada principale. Voleva allontanarsi dalla residenza Collins il prima possibile: non voleva essere fermata, anche se questo avrebbe sancito il suo licenziamento, e l’immediato ritorno a casa.

“Ma cosa sta succedendo?” chiese Corinne un po’ esterrefatta.
“Nulla, è solo innamorata” rispose April, scambiando una dolce occhiata col marito.

Vagare a zonzo per Manchester rimirando il cielo, e dando calci a rari sassolini spersi sui marciapiedi non le avrebbe certo mostrato la strada per Old Trafford. L’unica cosa da fare –oltre a seguire le indicazioni sui cartelli, era chiedere a qualche abitante.
Notò un gruppetto di ragazzi con la maglia rossa dello United, di sicuro loro potevano aiutarla.
“Ciao...” Salutò avvicinandosi. I tre ragazzi la guardarono dall’alto in basso: perché era dovuta uscire con quei pantaloncini che le scoprivano metà coscia?!
“Ciao” rispose quello con la maglia del numero 10, avvicinandosi pericolosamente al suo naso. La ragazza fece un passo indietro. Forse era meglio chiedere a qualcun altro…
“Cerchi qualcosa?” troppo tardi.
“Ermh... No... Volevo solo... ecco... Solo le indicazioni per raggiungere Old Trafford...” balbettò.
Il ragazzo le sorrise maliziosamente, mentre gli altri due amici si alzavano dalla panchina dov’erano seduti. La faccenda si complicava, perché l’avevano circondata?
“Se vuoi possiamo accompagnarti noi” continuò il primo, sfiorando il suo naso con quello dall’italiana.
“Non ce n'è bisogno...” l’italiana fece qualche passo indietro, ma il ragazzo le afferrò prontamente il polso, facendole male.
“Su, non ti mangio mica...” l’altra mano, era scesa lungo le sue cosce.
I brividi scossero il suo corpo. Le labbra del ragazzo era vicinissime a quelle serrate di Rachele. L’Italiana chiuse gli occhi aspettandosi il peggio.
Era stata un’incosciente ad uscire di casa senza nemmeno chiedere informazioni a Josh o a Michael. Ma non lo aveva fatto perché provava un po’ di imbarazzo ad ammettere davanti agli altri che Louis le piaceva parecchio. Insomma, a quel pensiero arrossiva tutte le volte, ed era sempre sola; come poteva spiegare agli altri cosa provava se non riusciva a trovare le parole per farlo con se stessa?
Sentiva il fiato del ragazzo sul collo, e la mano si stava infilando lentamente nei suoi shorts. Si chiese perché nessuno dei turisti e presenti non facesse nulla, erano in un luogo pubblico! E in più non credeva di avere l’aria di acconsentire una cosa del genere!
Si sentì tirar via da quelle braccia orribili, mentre vide il ragazzo accasciarsi a terra, e venir soccorso dai suoi compagni.
Lui li scosse via, e si avventò in un impeto d’ira contro il suo aggressore.
La baby-sitter si trovò dietro le spalle del suo salvatore, che in un batter di ciglia aveva tirato un altro pugno al ragazzo, che finì di nuovo per terra. I due amici trascinarono via il loro amico spaventati, e con la coda tra le gambe.
“Stai bene?” le chiese, voltandosi verso di lei il “nuovo” ragazzo, mentre si massaggiava il polso. Indossava una maglietta blu dei Ramones , un berretto di cotone grigio – dal quale spuntavano alcuni ciuffi ricci, e un paio di Rai-Ban neri.
“Harry!” singhiozzò la ragazza ormai al limite, buttandosi tra le sue braccia. “Ho avuto tanta paura”
Il ragazzo l’abbracciò forte, e le accarezzò la lunga chioma rossa: “Shh” le sussurrò dolcemente. “È tutto finito” la baciò sulla fronte. “Andiamo da Louis, forza” la esortò.







Angolo dell'autrice:
Voi mi odiate vero? Certo, è ovvio. Dopo tutto questo tempo non so nemmeno io con che faccia ritorno.
Abbiate pietà di una povera scrittrice di fan fiction fallita.
Non sto manco a chiedervi se vi piaccia o meno, la risposa è ovvia: fa letteralmente vomitare.
Nel caso abbiare problemi di stomaco, ecco il rimedio: leggete le mie boiate. LOL.
Okay, mi dileguo prima che sia troppo tardi.


Sayonara people! 

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Capitolo 13
*** Super Hazza ***


CAPITOLO 13: SUPER HAZZA

 

Harry e Rachele giunsero ad Old Trafford passeggiando. Il riccio le teneva la mano per rassicurarla… O meglio, Riky non voleva lasciare la mano dell’amico: aveva ancora paura, una situazione del genere non si dimenticava tanto facilmente.
Mentre si dirigevano allo stadio, Hazza le propose di mangiare un gelato o qualcosa di dolce per riprendersi un po’. Lei non volle nulla, allora il riccio la obbligò a bere del succi che aveva comprato ad un distributore in stazione –un po’ caldo, ma pur sempre dolce. Rachele ne bevve qualche sorso riluttante.

 

Dalle varie uscite di Old Trafford uscivano molte persone, tutte lentamente. A quanto pareva era stato un tutto esaurito la partita di quel pomeriggio.
Harry e Rachele si sedettero su un muretto. Ogni qual volta una persona si avvicinava troppo, Rachele correva tra le braccia di Harry: quasi fosse un rifugio, o una campana di vetro dove nessuno poteva sfiorarla.

E Harry ogni volta l’abbracciava, e tentava di calmarla.
“Ma Lou si è perso?” sbuffò debolmente, quando la marea di gente si era sfoltita. Gruppetti di persone si erano formati all’interno: facevano il reso conto della partita, altri facevano un giro turistico dello stadio, altri discutevano animatamente con gli avversari.

“Arriverà a minuti…” le rispose Harry, controllando il cellulare nella speranza di un messaggio da parte dell’amico. Ma sul display non vi era nulla.

Quanto poteva impiegare un ragazzo –per giunta impegnato con una ragazza- ad uscire da uno stadio?!

Dalle ragazze correndo urtarono involontariamente Rachele, si scusarono velocemente e ripresero la loro corsa. E la loro conversazione.

“Almeno ti hanno detto da quale delle entrate sarebbe uscito?” chiese insistentemente una.

“No. Solo di aver visto Louis alla partita con uno striscione in mano…” rispose l’altra.

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo di complicità; avevano capito entrambi perché Louis faceva ritardo: fan. Tante fan intorno a lui che non gli lasciavano via di fuga.

Harry sospirò: “Tu aspettami qui” le disse facendole spazio sul muretto “Vado a prenderlo”

Rachele lo trattenne per il polso, e lo guardò inarcando un sopracciglio: “Certo, così anziché solo Lou, perdo pure te, Hazza! No caro, vengo anch’io!” dichiarò risoluta, stringendo un po’ il polso del riccio. Che non credeva a quello che la ragazza aveva appena proferito: lo stato di shock in cui si trovava le aveva fatto perdere il senno.

“È pericoloso. Se dovessi farti male non me lo perdonerei mai! … E nemmeno Lou lo farebbe!” l’aveva presa per le spalle e la guardava negli occhi. Quasi come se fossero nel mezzo di un film drammatico d’atri tempi, e lui starebbe partendo per un lungo viaggio di no ritorno.

“Harry” Riky si tolse le sue grandi mani da sopra le spalle “Non è una missione in prima linea in piena guerra. Dobbiamo solo distrarre qualche ragazza” lo prese nuovamente dal polso, ma questa volta lo trascinò dentro.

Harry era convinto che non avrebbe visto più la luce del sole: la baby-sitter stava sottovalutando la situazione.

“Come hai intenzione di trovarlo?” le chiese beffardo, ormai rassegnato. E prendendo il comando: ora era lui a trascinare lei.

“Aguzza l’udito, e quando senti delle urla di ragazzine indemoniate… Be’ stai certo che sei sulla pista giusta” rispose semplicemente lei, facendo spallucce.

“E con la sicurezza? Non abbiamo né il biglietto, né il permesso per entrare, cara” le rispose un po’ acido, intercettando una fan.

“Non credo che le altre Directioners ne abbiano uno” ribatté, guardandosi intorno: due uomini della sicurezza stavano scortando un ragazzo tutto incappucciato, che cercava di mimetizzarsi tra le due montagne d’uomini. Non ci pensò due volte: “Di qui” disse semplicemente, iniziando a correre trascinandosi Hazza dietro.

“Ma che-” fece il riccio prima di vedere e subito dopo capire.

“Riky!” urlò Louis non appena vide la rossa avvicinarsi. Le si fiondò addosso e la strinse forte.

Riky non lasciò la mano di Harry nemmeno per un decimo di secondo, anche adesso che c’era Louis.

Se ne accorse subito. Dapprima guardò Harry con un po’ di rabbia, poi si pose una domanda che all’italiana non era passata nemmeno per l’anticamera del cervello –prendendo nota degli avvenimenti: “Haz, che ci fai qui?” chiese scrutandolo con un cipiglio non indifferente.

Rachele si sentì come folgorata da un fulmine: Harry doveva essere a casa, ad Holmes Chapel. Lo guardò sbarrando gli occhi.

“Buon giorno Riky!” ridacchiò il riccio. “Gemma doveva incontrarsi con delle amiche, e io l’ho accompagnata” sorrise, un po’ beffardo.

“Nessuna ti ha dato confidenza, eh Haz?” lo rimbeccò l’amico.

Il sorriso del riccio si allargò ulteriormente, e dalla tasca dei jeans estrasse un tovagliolino ripiegato più volte su sé stesso, e un po’ rovinato: “Tre numeri” ribatté sventolando il quadrato bianco sotto il naso di Lou.

“Vorrei tanto sapere come fai!” borbottò Boo-Bear. “Non esiste una ragazza che non ti abbia dato il suo numero!”

Harry rise compiaciuto.

A quel punto l’italiana fece un passo avanti, e attirò l’attenzione su di se tossicchiando un po’.

“Be’… Veramente …” cominciò il ragazzo dagli occhi smeraldo, un po’ in soggezione per quei due fari verdi che lo fissavano.

Louis non capiva il comportamento del collega.

Rachele tossicchiò ulteriormente, incoraggiandolo a continuare.

“Riky è l’unica che non me l’ho ha dato… Umh... Di sua spontanea volontà” il riccio portò una mano dietro il collo.

La ragazza con le mani sui fianchi, annuì orgogliosamente. Louis la attirò a se, e le scoccò un bacio sulla guancia, così forte che le lasciò il segno bianco.

“Io l’ho detto che sei speciale!” esclamò poi, con la sua solita faccia-da-schiaffi, contemporaneamente carina-e-coccolosa.

 

Lou e Riky mano nella mano, uscirono dallo stadio insieme ad Harry.

Per il momento la situazione sembrava tranquilla: non vi erano fan in giro.

L’italiana e il riccio non avevano ancora detto nulla di ciò che era successo prima che lo trovassero sia loro che le fan.

Tra i ragazzi era calato il silenzio, e ogni qual volta che Louis provava ad attaccar bottone, i due rispondevano con monosillabi, e controvoglia.

“Si può sapere cosa vi è preso?” sbottò il ragazzo di Doncaster, arrestando la passeggiata.

Rachele strinse involontariamente la mano del compagno.

Harry guardò dalla parte opposta.

Louis sbiancò: “ È … È successo qualcosa?” farfugliò temendo il peggio: un tradimento.

Insomma, tra i cinque Harry era quello che piaceva di più alle ragazze, quello che faceva subito colpo, e otteneva il maggior numero di numeri.

“Mentre stavamo- Stavo venendo…” deglutì l’italiana correggendosi, ma Harry la bloccò.

“Parlo io” affermò risoluto.

Louis era sempre più nel panico. Tanto da far un passo indietro, e lasciare la mano di Rachele.

Lei trasalì.

Harry prese un profondo respiro, e raccontò tutto quello che era successo.

Lou sbiancò ulteriormente –se era possibile, questa volta per rabbia.

Guardò Rachele, e poi il riccio.

Dopo aver espirato e inspirato profondamente, imponendosi di calmarsi, abbracciò l’amico.

“Grazie Haz” gli sussurrò.

“Figurati Lou” rispose il riccio, ricambiando l’abbraccio.

Riky sorrise, sollevata.

Era un bel momento da ricordare, e che magari in futuro non molto lontano, le avrebbe provocato anche un sorriso.

Avrebbe tanto voluto avere la sua fotocamera per immortalarlo… Un momento, lei ce l’aveva! Non usciva mai senza, anche se era in ritardo o di fretta. La prese rapidamente.

Mise a fioco l’obbiettivo. E…Flash! Ecco la foto pronta per custodire un dolce e amaro ricordo di quella giornata.

I due ragazzi si guardarono perplessi, appena colsero il flash.

Rachele alzò le spalle,e rispose: “Larry rules!”

Risero tutti e tre.

E all’unisono i due cantanti le scoccarono un bacio sulle guance. Uno a destra, e l’altro a sinistra.

Ecco che un’altra foto andava perduta… O forse no.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell'autrice:

'giorno a tutti! Mattineri per il cambio d'ora eh. Io no. C'era la partita del mio Capitano questa mattina -che ha fatto un gol su rigore che mi ha fatto prendere un infarto! =w=

Ormai ai miei ritardi sarete abituati. Come alle mie scuse per essi. Quindi, vi risparmio la solita predica -mettete le armi a posto, per favore!-

Allora, questo, come altri capitoli che seguiranno, e uno di quei capitoli senza ispirazione. Non so perché, ma a volte scrivo per noia (infatti poi si vedono i risultati...)

Be', non c'è nulla da dire, quindi vi lascerei così.

Solo una piccola precisazione: "Larry rules l'ho scritto in inglese perché rendeva meglio, nulla di più.
Okay, vado, vado!
Ci si vede al prossimo capitolo,
Andy. 

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Capitolo 14
*** Lovebites ***


CAPITOLO 14: LOVEBITES

Casa Collins, di Manchester, era deserta e vi regnava il silenzio più assoluto. April e joch erano usciti a far compere; Corine e Michael erano stati invitati per un the e dei pasticcini dai vicini; e Rachele ed Austin passeggiavano nel parco lì vicino.

La ragazza aveva dormito in hotel con Louis la sera prima, aveva cenato con lui e Hazza, e ora girava per Manchester con un foulard al collo, e il caldo. Che era diventato asfissiante a causa di quel pezzo di stoffa. Tutta colpa di Louis. Se non le avesse fatto gli occhi da cucciolo, a quest’ora non indosserebbe degli occhiali da sole con lenti talmente scure da far invidia a qualsiasi celebrità, e un dannatissimo foulard. Tutto, naturalmente, per coprire le occhiaie da zombie, e i molteplici succhiotti che le aveva lasciato Boo-Bear.
“Riky non hai caldo con questa sciarpa?” le chiese Austin mentre passeggiavano.
Rachele allargò un po’ il foulard con un dito. Caldo? Stava sciogliendo! Era come un gelato che prendeva la tintarella. In più si sentiva senza energie, e aveva le mani gelide. Strano controsenso.
La testa le girava. Si sedette su una panchina, e portò una mano sulla fronte per asciugare il sudore. Non poteva badare ad Austin in quello stato pietoso, se fosse successo qualcosa, era lei la responsabile, la mente lucida che avrebbe dovuto reagire.
“Aust, mi prometti che non dirai nulla a nessuno?” gli chiese ansiamando.
“Di cosa?” chiese il bambino, piegando il capo di lato.
“Dei… Dei segni sul mio collo” ansimò ancora lei.
“D’accordo” fece spallucce lui. “Ma… Tu sicura che stai bene?”poggiò le manine sulle ginocchia nude della ragazza, e la guardò dritta negli occhi.
L’Italiana annuì, e tolse il pezzo di stoffa colorato che le avvolgeva il collo. Di fronte a loro vi era un chioschetto di granite e gelati. La baby-sitter diede alcune monete al bimbo, chiedendogli di comprarle une granita e qualsiasi cosa per lui.
Il piccolo Collins ubbidì, e dopo poco tornò con una granita alla menta colorata d’azzurro, e una piccola coppa di gelato.
Sul cartoncino in celeste, vi era scritto “Champions”. La “Coppa di campioni” in Italia . Da quanto tempo non vedeva (e mangiava) quella coppetta di gelato panna e cioccolato.
Ringraziò Austin, e bevve alcuni sorsi della granita. Si sentì come rigenerata, infatti il suo viso riprese il solito colorito, facendo scomparire il pallore iniziale.
Austin osservò per alcuni istanti il collo della baby-sitter: “Chi ti ha fatto la bua?” chiese, ingurgitando del gelato alla panna.
L’Italiana gli accarezzò la chioma liscia e castana: “Lou” rispose semplicemente, con un sorriso.
“Era arrabbiato con te?” mandò giù un’altra paletta di gelato: sempre alla panna. “Non doveva farlo, però. Non si picchiano le ragazze” osservò. “Nemmeno con un fiore”
Rachele lo osservò attentamente: Aust stava mangiando solo ed esclusivamente la panna, “scartando” con cura la parte al cioccolato. Quante volte lo aveva fatto anche lei, e solo per gustare alla fine la parte di gelato migliore.
“Non era arrabbiato con me”sorrise divertita, davanti l’innocenza di Austin. “È un modo per dimostrare che mi vuole bene” gli spiegò, bevendo dell’altra granita.
“Che modo strano” borbottò il bimbo. “A me fanno schifo i baci, ma esistono gli abbracci!” replicò. Il gelato di Austin si stava sciogliendo, e lui faceva un po’ di fatica a prenderlo con la palettina di plastica colorata.
Alla ragazza scappò una risata: “Diciamo che sono dei baci un po’ speciali” bevve ancora della granita. “Facciamo una passeggiata?” gli propose.
Il bimbo accettò di buon grado, balzando giù dalla panchina. Rachele lo seguì a ruota, sorseggiando il suo ghiaccio tritato colorato.
Si alzò anche un piacevole venticello fresco. Ah, ora sì che si stava bene!
L’Italiana alzò gli occhi al cielo: azzurro e limpido, come sempre. Alcune nuvole bianche facevano pensare alla panna montata, peccato sfrecciavano via più veloci della luce.
Era tutto calmo in quel 4 agosto di Manchester. Mancava poco. Mancava veramente poco prima di dire addio a quella straordinaria vacanza. La migliore in assoluto della sua vita.

Avevano finito la granita e il gelato. Stavano camminando sul vialetto per tornare a casa. Mancava qualche metro.
“Facciamo a chi arriva prima?” propose Austin guardando Riky con un sorrisetto furbo.
“D’accordo!” accettò lei, ricambiando il sorriso.
“Uno… Due… Tre… VIA!” urlò il bimbo partendo subito dopo. Seguito da Rachele.
Arrivò per primo Austin.
Rachele lo fece salire sulla schiena ed entrarono in casa.
Erano tornati tutti, e stavano organizzando la cena. Riky diede una mano, e giocò con Austin in giardino.
Le sarebbe mancato quel bimbo, e la sua famiglia.







Angolino dell'autrice:
Io che ho scoperto l'esistenza dei succhiotti "recentmente", e che quindi sono la più "inesperta" in questo "settore" vado a scriverci un intero capitolo. Mi voglio un bene immenso!
Comunque, andiamo al sodo. Purtroppo non ho potuto aggiornare come volevo. Desideravo inserire due capitoli in questi quattro giorni di vacanza, invece ne ho postato solo uno. Mi dispiace, ma ho avuto parecchie cose da fare. Spero mi perdonerete.
Detto ciò, passo e chiudo, altrimenti mia madre mi trucida vedendomi già appena alzata davanti al pc.
Sayonara,
Andy.
P.s.: Avete ascoltato Little things? asdfghjkl. (Ovvio che sì, non dovrei manco chiedervelo. LOL.)
 

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Capitolo 15
*** Dylan Collins' family ***


CAPITOLO 15: DYLAN COLLINS’ FAMILY

5 Agosto, mancavano esattamente cinque giorni al suo ritorno a casa. Due per rivedere Louis a Doncaster per un ultima volta.

Austin stava giocando con le automobiline in giardino, alternando qualche tuffo in piscina.
Rachele era seduta a bordo piscina, i piedi immersi nell’acqua.
Anche quel mattino erano soli: i due giovani genitori erano stati invitati a casa di un loro amico, mentre i nonni erano usciti a far compere.
Suonarono il campanello.
Rachele, riluttante, indossò uno dei suoi tanti vestitini leggeri e semi trasparenti, che usava per andare in spiaggia.
Scalza, percorse il lungo corridoio che portava dal giardino alla porta d’ingresso; seguita da un Austin grondante, che sarebbe potuto scivolare nella sua stessa scia d’acqua.
La baby-sitter aprì la porta. Davanti a lei –e ad Austin- comparvero tre persone: un uomo e una donna sulla quarantina, e un ragazzo poco più grande di Louis e i ragazzi.
“Zio Dylan!” Esclamò il piccolo Collins, quando riconobbe i tre individui.
“Austin” l’uomo –alto e castano, somigliante a Josh- prese in braccio il bambino tutto bagnato. ”Come trai, campione?” gli chiese, scherzando un po’ con lui.
La donna e il ragazzo guardarono il bambino e l’uomo, sorridenti.
La baby-sitter era spaesata: chi diavolo era quella gente? E perché colui che forse era il figlio di quelle persone la fissava?
La donna, una finta bionda, posò i suoi occhi verdazzurro su di lei: “E tu chi sei?” chiese con una finta dolcezza, che anche la peggior attrice presente nell’intero Universo sarebbe stata migliore di lei.
A Rachele diede l’impressione di essere una di quelle ricche donne con la puzza sotto il naso, snob, e simpatiche solo per convenienza. E dopo aver notato l’etichetta sulla sua maglia, quella strana e forse malsana idea, cominciava ad avere qualche certezza.
“È Rachele, la mia baby-sitter!” rispose Austin con orgoglio, e un sorriso enorme.
“Oh, alla fine April ha rinunciato a quella sciocca idea dell’agenzia di studenti” trillò la donna. “Meglio così, chissà cosa ti sarebbe capitato, magari qualche rumoroso italiano…” diede un pizzicotto alle guance di Aust. “Dove vivi, qui a Manchester o a Doncaster?” proseguì.
La baby- sitter e il bambino si scambiarono uno sguardo complice. Austin le annuì, come se Riky gli avesse posto una qualche domanda.
“Vivo in provincia di Milano, in Italia” sorrise con un’arietta di sfida, la ragazza.
La donna sbiancò: che figuraccia aveva fatto. A momenti sveniva.

Austin e Rachele si sistemarono, fecero una doccia veloce, e indossarono indumenti freschi e puliti.
L’allegra famigliola che li aveva raggiunti quel soleggiato mattino, erano il fratello di Josh, e consorte. Si chiamavano: Dylan, lui; Dana, la moglie; e Arthur, il figlio. E quest’ultimo non smetteva di osservare in modo ossessivo l’italiana.
Dov’era Louis in quel momento?
“Umh, allora… Rachel, ti trovi bene qui in Inghilterra?” Chiese Dana per conversare, e un po’ anche per scusarsi.
Erano in salotto, seduti sul divano, con un caffè fumante in tre tazzine era davanti a loro, sul tavolino centrale, tra i due sofà. Austin era stravaccato su uno di questi, e guardava riluttante cosa trasmettessero al televisore. Sia lui, che la sua baby-sitter, speravano che o i nonni, o i genitori del bambino tornassero presto.
“Sì, abbastanza, grazie. È un po’ nuovo per me, ma non troppo… Un po’ difficile è stato orientarsi i primi giorni, me è stato come andare in bicicletta: una volta imparato, non lo si scorda più” rispose, con uno sforzo enorme, un sorriso sghembo.
Dana ridacchiò un po’. Diamine quanto era frivola e superficiale quella donna. E a Riky questo dava alquanto fastidio. “E il nostro Austin com’è, ti da filo da torcere?” continuò con un sorriso falso, che anche un cieco se ne sarebbe accorto.
Austin si sdraiò, e poggiò la testa sulle gambe dell’italiana. La baby-sitter gli sorrise. “ È il bambino più dolce e ubbidiente che io abbia conosciuto, dopo mio cugino Simon” gli scostò alcune ciocche ribelli da sopra la fronte. “Nonostante sia peggio dell’argento vivo…”
Suonò il campanello.
Il campanello!
Aust e Riky sgranarono gli occhi pieni di speranza: saltarono giù dal divano, uscirono dalla stanza lentamente, e quando furono lontani dagli occhi degli ospiti, si fiondarono alla porta. Rachele guardò attraverso lo spioncino: non riusciva a crederci.
Spalancò la porta, e si fiondò tra le sue braccia.
“Louis!” gridò, felicissima di vederlo.
“Lou!” le fece eco Austin, attaccandosi alle sue gambe.
Il cantante fu colto alla sprovvista: non si aspettava certo un’accoglienza del genere. Prese in braccio il cugino, e abbracciò la fidanzata dopo qualche attimo di smarrimento.
“Non vi sono mancato affatto, vedo” rise. Aust e Riky si sorrisero.
“Ma che quadretto commovente” intervenne una voce sprezzante alle loro spalle. Arthur era poggiato allo stipite della porta con la spalla sinistra, e le braccia incrociate sotto al petto.
Louis a confronto era uno scricciolo. Il rampollo di casa Collins era alto, biondo, occhi verdi, e ricoperto di muscoli. Indossava una maglia che metteva in risalto bicipiti, pettorali e tartaruga.
Lou si fece improvvisamente serio. Poggiò il cugino, e diede un lieve bacio sulla fronte di Rachele; sembrava stesse partendo per la guerra, o andare incontro a morte certa.
“Arthur” fece con disprezzo, avanzando di un passo, trovandosi così a pochi centimetri da lui. Il diretto cugino del piccolo Austin era più alte del cantante di circe cinque o sei centimetri. “Chi si rivede” commentò con aria di sfida.
“Chi non muore si rivede, mi hanno detto” ribatté l’altro. Il biondo diede una fugace occhiata alla baby-sitter. “Carina la ragazza, sostituisce Allison in questo periodo di vacanza?” sorrise malizioso.
Louis serrò i pugni involontariamente.
Rachele trasalì. Non voleva prenderlo a pugni, vero? Pregò non lo facesse.
E Austin portò la sua piccola manina sulla fronte, come se già sapesse cosa stesse per accadere.
“Se è così, quando Allie torna, porta la baby-sitter da me: saprò come consolarl…” il biondo barcollò e fece un passo indietro: Louis gli aveva assestato un bel pugno sulla mascella.
“Rachele è mia e di nessun altro!” sbottò Boo-Bear. “E non nominare Allison, lei non centra nulla”
Arthur ridacchiò sommessamente, divertito: “Vedo che ancora non ti è passata” si asciugò il sangue all’angolo delle labbra col dorso della mano.

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell'autrice:
Dovevo pubblicarvelo domenica, ma ho avuto dei piccolissimi problemi. Scusate.
In poche parole siamo ufficialmete entrati nella fase finale del racconto, iniziate a preparere i fuochi d'artificio, perché tra esattamente 6 capitoli vi libererete per sempre della sottoscritta.
Ma intanto dovrete sopportarmi ancora per un po'.
Parlando del capitolo, questo, e quello successivo, sono nati dopo che alcuni amici dei miei genitori sono venuti a farci visita. Potete vedere come sia grande l'odio che provi per la donna (personificata in Dana) e le figlie (qui ve ne è solo uno, e pure maschio). Credetemi, sulla faccia della terra non esistono persone come loro, non so nemmeno se esistano aggettivi per descrivere la loro cattiveria. E ho dovuto passarci insieme tutta l'estate... 
Okay, mi sono dilungata un po' troppo.
Al prossimo capitolo (che spero di mettere domenica),
Andy. 

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Capitolo 16
*** Who is Allison? ***


CAPITOLO 16: “WHO IS ALLISON?”

Allison.

Quel nome le rimbombava nella testa e non le dava pace.

April e Josh erano tornati appena in tempo per dividere Arthur e Louis, che – fortunatamente- non erano ancora arrivati ad azzuffarsi.
Rachele aveva lo sguardo perso nel vuoto, seduta su una sedia intorno al tavolo, aveva una guancia poggiata sul legno freddo: era la terza volta che qualcuno faceva a pugni per lei, e la cosa non le piaceva affatto.
Da quando era arrivata tutto andava storto. Nessuno l’aveva mai considerata a casa, nemmeno i bambini di due anni; ora perché tutti quei ragazzi le giravano intorno, non se lo sapeva spiegare.

Allison.

Ancora quel dannato nome.

Maledetta l’ora in cui era stata pronunciato. Chi diavolo era poi? E che relazione aveva con Lou?

Lou.

Ora era in giardino e stava giocando con Austin. Sembravano padre e figlio. Si stavano divertendo come dei matti. Erano rimasti soli in casa.
Dylan e consorte erano andati via dopo pranzo; April e Josh erano andati in centro; e i nonni non erano ancora rincasati da quel mattino.

Il campanello.

Forse avevano dimenticato le chiavi.
Aprì la porta, senza guardare attraverso lo spioncino: Corinne era bella e sorridente davanti a lei: chiedeva di Austin.
Era vero, April le aveva detto che sarebbe uscito con i nonni quel pomeriggio! Le sorrise, e corse a chiamarlo.
Percorse l’intero corridoio a piedi nudi –ormai era diventata un’abitudine; mentre apriva la porta finestra del giardino un refolo di vento caldo e leggero le mosse lievemente la gonna del vestito, e i capelli.
Louis e il cugino erano stesi sul prato verde, in mezzo all’erbetta ben curata: rimirando il cielo bisbigliavano qualcosa. Rachele si avvicinò silenziosamente, affondando i piedi nudi nell’erba morbida e fresca. Si piegò lentamente in avanti quando arrivò vicino alle loro teste. I capelli rossi e lunghi solleticarono il viso del cantante: “Aust, c’è la nonna” gli disse dolcemente.
Il bimbo balzò subito in piedi, lasciando basiti i due ragazzi. “Louis devo andare, continuiamo dopo!” esclamò correndo alla porta finestra. “Ricordati quello che ti ho detto!” e fuggì per il corridoio.
“Aust, aspettami! Devi…” la baby-sitter era corsa dietro al bambino, ma Louis l’afferrò per il polso. Si guardarono per molto tempo negli occhi, perdendosi ognuno in quelli dell’altro. “Lasciami Lou” mormorò riluttante.
“Perché?” chiese lui rimettendosi in piedi. Poggiò la fronte umida, contro la frangia dell’italiana. Lei rimase in silenzio. “Allora?” la esortò.
L’italiana si morsicò il labbro inferiore. Non guardava più le iridi celesti del duo ragazzo, ma l’erbetta morbida che le stava sotto i piedi. Louis le alzò il mento: i loro sguardi s’incontrarono di nuovo.
“Chi…” si fermò esitante. Lou assottigliò lo sguardo perplesso. “Chi è Allison?” chiese tutto d’un fiato, in un sussurro, dopo aver preso un lungo respiro.
Louis era alquanto sorpreso da quella domanda così improvvisa.
La strinse forte: “Nessuno” le sussurrò.
Riky si tirò indietro: “Non sei bravo a dire le bugie, Tomlinson” gli diede un piccolo pugno sul petto, col dorso della mano. Gli occhi lucidi.
“Nemmeno tu, Ferrari” ribatté lui, pizzicandole il naso.
Rachele inarcò un sopracciglio: come diavolo lo sapeva lui, che era negata a far l’attrice, se non gli aveva mai mentito? “Come fai a… a saperlo?” farfugliò.
Sul volto del cantante si dipinse un enorme sorriso: “Lo hai appena confermato” le sussurrò, sfiorandole l’orecchio con le labbra.
L’italiana avvampò, e allontanò il ragazzo in modo brusco. Era così rossa che appena Louis la vide scoppiò in una grossa risata… E non la finiva più di contorcersi, ridere e lacrimare. Se continuava così, sarebbe svenuto a momenti.
“Smettila Lou! Non è affatto divertente” protestò lei, gonfiando le guance involontariamente, incrociando le braccia sotto al petto, guardandolo con sguardo truce.
“Su Rachele, sorridi! Non ti si addice proprio quel broncio” le disse prendendole le mani. Improvvisò un balletto parecchio bizzarro e ridicolo, coinvolgendo anche la baby-sitter. Terminò quello spettacolino, solo nel momento in cui anche la ragazza cominciò a ridere.
“Ottimo lavoro, Tomilnson” si auto-complimentò.
Riky scosse il capo come a dire che non c’erano speranze che il ragazzo si riprendesse. E né tanto meno lo voleva lei, ma era un piccolo segreto.

Rientrarono in casa. Il salotto era fresco.
La baby-sitter accese la tv, e si sedette sul divano.
Louis era in cucina, e stava preparando un sandwich: due fette di toast, lattuga, pomodoro, tacchino e maionese. Si muoveva in quell’ambiente come se fosse a casa sua.
“Amore mio, ne vuoi un po’?” chiese stravaccandosi sul divano.
L’italiana si voltò di scatto verso il ragazzo: da quando in qua la chiamava “amore mio”? Era carino, non poteva lamentarsi, ma la metteva un po’ in imbarazzo.
“A-Attento a non sporcare” biascicò, riportando i due fari verdi sullo schermo del televisore.
Inutile accennare al colorito del viso: stava passando le più svariate tonalità di rosso. Calò il silenzio più totale. La tv si sentiva a stento, vi era solo il rumore di Louis che mangiava il sandwich.
Rachele stava male. Sentiva una morsa allo stomaco, il cuore le batteva forte – succedeva sempre quando stava con Louis, ma questa volta era diverso. Si sentiva come se le mancasse il fiato, come se stesse per svenire. Sicuramente era sbiancata. Era come rivivere l’ansia della prima recita scolastica da protagonista, o quella del primo giorno di scuola. Anzi, qualcosa di ancora più grande, forse. Ecco cosa stava provando in quel momento: ansia. Ansia perché voleva chiedere qualcosa al ragazzo che le stava accanto, ma non ne aveva il coraggio.
Le sue labbra si muovevano appena, e la lingua risultava incapace di articolar parola; per non parlare delle corde vocali, che non emettevano nessun suono.
Deglutì.
Cercò di tranquillizzarsi.
Chiuse gli occhi.
Aprì appena le labbra. “Louis chi è Allison?” gli chiese tutto d’un fiato, con voce tremante.
Al ragazzo cadde un pezzetto di tacchino con della maionese sul pantalone: “Cavolo!” imprecò.
Rachele aprì gli occhi: la prima cosa che vide fu la macchia. “Non ti muovere” gli disse alzandosi per andare a prendere qualcosa per pulire il guaio.
S’inginocchiò vicino al divano, e delicatamente cercò di pulire la macchia dal pantalone, con un panno umido. Era calato di nuovo il silenzio.
“Riky…” mormorò Louis. La ragazza alzò gli occhi su di lui. “Vieni qui” posò il panino, e allargò le braccia.
La baby-sitter si sedette sulle gambe del cantante, e poggiò la testa sulla sua spalla, mentre lui la stringeva.
“Allison era la mia ragazza” sussurrò. “Colei che prima di te, mi faceva battere forte il cuore, ed emozionare quando sorrideva” fece una pausa. “Poi però è arrivato Arthur…” a quel punto Rachele lo zittì mettendogli la mano sulle labbra.
Aveva capito che era una ferita ancora aperta: “Va tutto bene, qualsiasi cosa sia successa, non si ripeterà. Okay?” gli diede un piccolo bacio sulla guancia.
Lui le baciò la fronte, chiudendo gli occhi un po’ lucidi.
“Scusa, non dovevo…” mormorò prima di addormentarsi tra le sua braccia.
“I love you, Rachele. And you don’t know how much” le disse, quando fu sicuro che la ragazza dormisse.

Mancava veramente poco alla sua partenza, doveva escogitare qualcosa per non farla andare via.

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:
Ho solo due minuti, quindi per prima cosa mi scuso per questi giorni di ritardo: dovevo prepararmi per un interrogazione. (Sapgnolo, ed ho anche preso sette, yay!)
Per il resto, vi lascio che ho un'ansia addosso che non potete nemmeno immaginarvi. Sta sera Champions. Asdfghjkl.
Addieu,
Andy.
 

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Capitolo 17
*** Can you adopt me? ***


CAPITOLO 17: CAN YOU ADOPT ME?

6 Agosto.
Louis era rimasto per la notte lì a Manchester. Ormai era completamente autonomo. Come doveva essere per un ragazzo di vent’un anni.
Dovette dividere la camera con Rachele, il che non gli dispiacque molto.

La finestra era rimasta aperta. Oltre la solita calda luce del sole, entrava un piacevole venticello, che a Rachele non piaceva molto. Le aveva ghiacciato i piedi, nonostante fosse sotto le lenzuola. Era come avere una lastra di ghiaccio al proprio fianco.
Non voleva svegliarsi, era ancora presto… almeno così credeva.
Mentre apriva gli occhi, riluttante, mugolò qualcosa. Era qualche ordine per il ragazzo che dormiva nel letto accanto.
Silenzio.
Rimuginò ancora quell’ordine.
Nessuna risposta.
Sbuffò. Dava le spalle al letto del compagno.
“Lou…” mormorò, alzando il tono di voce.
Questa volta si sentì un lieve mugolio. Finalmente.
“Chiudi la finestra” continuò con la voce impastata dal sonno.
“Dopo…” ribattè l’altro, girandosi dall’altra parte.
Riky sentì la parte opposta del letto affossarsi, e il freddo ai piedi allontanarsi.
D’istinto allungò un piede verso la “lastra di ghiaccio”. Incontrò qualcosa di molto simile ad un paio di gambe e piedi.
“Lou!” esclamò, mettendosi a sedere sul letto. “Che diavolo ci fai qui?!” quasi urlò, la voce ancora bassa e roca per il sonno. Sbadigliò. Non riusciva a tenere gli occhi aperti. S’impose di guardare la sveglia e le lancette per vedere che ora segnassero.
Le 5.42: così presto?
Rachele levò gli occhi al soffitto, e si lasciò cadere all’indietro dormiente.
Louis la stritolò in un abbraccio. La sua pelle era fredda, glaciale. Ecco chi era la causa dei piedi freddi di Rachele. Altro che finestra.
“Lou, sei più freddo di un pinguino!” sbuffò la baby-sitter rabbrividendo.
“E tu gracchi come una ranocchia. ‘Sta zitta e dormi!” ribatté l’altro borbottando sulla sua spalla.
L’italiana non credeva alle sua orecchie: “Ripetilo se hai il coraggio, Tomlinson” ormai era sveglia. E lo stava fulminando con un’aria di sfida.
“Dormi ranocchia” ripeté, coprendole gli occhi con una mano.
Il sorrisetto che era comparso, calmò la baby-sitter, che si addormentò accoccolata al cantante.
La sveglia e i due cellulari erano stati spenti.

Era mattino inoltrato, ed Austin aveva i suoi primi allenamenti con la squadra dei pulcini.
Aprì la porta della camera ancora per metà in pigiama.
Indossava i calzoncini della divisa, e la maglia del pigiama. In mano aveva la maglia e i calzini, e nell’altra le scarpe.
Si arrampicò sul letto, e iniziò a saltarvi; incurante del fatto che avrebbe potuto far del male a qualcuno.
“Riky, sveglia! Ho l’allenamento!” gridava ad ogni balzo.
Rachele sbarrò gli occhi: aveva completamente dimenticato l’impegno del bambino. Si divincolò velocemente, e bruscamente; per poco Louis non cadde dal letto.
“Ma che-?!” protestò lui, ancora con un piede nel mondo dei sogni.
“Scusa pinguino del Polo Sud, ma devo prepararmi!” si scusò, dandogli un bacio sulla guancia. “Bene campione” riprese guardando il bimbo “Andiamo a prepararci” lo prese per mano, prendendo le sue cose.
Aiutò Austin a vestirsi. In casa regnava un silenzio tombale, interrotto solo da qualche parola che la baby-sitter e il bambino si scambiavano quando non si capivano con i gesti, e per non sentirsi troppo soli.
Rachele avrebbe accompagnato Austin al primo allenamento, perché Josh ed April non potevano.
“Ogni volta che veniamo qui, è sempre la stessa storia” borbottò il piccolo Collins, mentre si dirigeva verso la fermata dell’autobus, insieme alla baby-sitter. Il bus della squadra sarebbe arrivato a momenti.
Rachele lo guardò stranita: “In che senso ‘sempre la stessa storia’?”
Lui sospirò: “Ogni volta che veniamo qui in vacanza, loro è come se non ci fossero. Sono sempre fuori, una volta con i Middleton, un’altra con i Johnson, la volta successiva con gli Sworth. È come se io non esistessi! È bello stare con i nonni, ma dopo poco ci si annia. Ecco perché quest’anno sei arrivata tu, così non mi annoio”
Il quel momento arrivò il pulmino.
“Forza campione, ora non ci pensare: oggi dobbiamo dare il meglio di noi sul campo!” lo incoraggiò la rossa.
Sul pullman, insieme ai bambini, vi erano anche alcuni dei loro genitori – chi con la mamma, chi col papà.
Solo due bambini –probabilmente gemelli, visto la loro somiglianza- erano soli, seduti sui sedili in fondo.
Austin si sedette accanto a loro, e fece segno a Rachele di raggiungerlo. La ragazza si sedette vicino ad uno dei due bambini.
Il pullman partì.
“Riky, ti presento Alex e Sean” fece Austin “Sono gemelli, e il più forte attaccante e difensore di tutto il Mondo. E naturalmente li abbiamo noi” gongolò, pieno d’orgoglio.
La ragazza sorrise loro, e i due bambini ricambiarono quel gesto.
“Ragazzi, lei è la mia baby-sitter, ma lo sapevate già” continuò Collins. I due gemelli annuirono.
“Come mai soli?” chiese loro Austin, interrompendo una chiacchierata tra loro e Rachele.
“Papà è andato a fare un giro in barca, ed Anthony è con lui” spiegò, quello che doveva essere Sean.
“La mamma invece aveva invitato della amiche. E Jane non poteva perché aveva mal di pancia” aggiunse Alex.
Quei due bambini erano adorabili. Due angioletti, non solo per il loro aspetto fisico.
In campo, poi, erano eccezionali: Austin aveva ragione, il migliore attaccante e il miglior difensore del Mondo. Due veri campioni. Se avessero continuato per quella strada, di sicuro sarebbero arrivati ad altissimi livelli, disputando le competizioni calcistiche più importanti e prestigiose. E con Club altrettanto autorevoli.
Alex era un attaccante, sulla sua maglia portava il numero 10; Sean preferiva stare in difesa, ed era il numero 4 della squadra.
Austin era il punto d’incontro tra attacco e difesa: un centrocampista con il numero 10 sulla schiena.
Non era difficile intuire che quei tre bambini erano le colonne portanti della squadra.

I genitori e gli accompagnatori si sistemarono fuori dal campo; chi seduto sugli spalti, e chi davanti alla recensione, pronto ad incitare il proprio figlio a fare del proprio meglio, come se stessero in un’autentica partita.
Per un attimo la baby-sitter scorse dei bronci sui volti dei tre bimbi. Si avvicinò alla recensione.
“Ehi, voi tre!” li chiamò in un momento di pausa “Quando avrete finito, vi va di prendere un gelato?” propose con un gran sorriso.
I tre accattarono senza pensarci su. Non si rifiutava mai un gelato.
“E tu vorresti gestire tre mocciosi armati di gelato?” le chiese qualcuno, sedendosi accanto a lei.
“Certamente, Tomlinson” rispose la rossa, accoccolandosi sulla spalla del ragazzo. “E poi ci sarai anche tu con me” aggiunse.
“Non sei sorpresa di vedermi?” ribatté Louis.
“Mi ero accorta della tua presenza: sai, non è difficile non vedere un gruppo di fan urlanti” ridacchiò. Sorrise anche lui.

Presero il gelato, accompagnarono Alex e Sean a casa con l’auto del cantante, e si avviarono a casa Collins.
“Posso farvi una domanda?” intervenne Austin, appena Louis spense il motore. Erano in auto, parcheggiati davanti la casa dei nonni.
Rachele e il cantante si voltarono verso il bambino, e annuirono. “Promettetemi di non ridere però: è una cosa seria!”
I due annuirono ancora.
Austin prese un bel respiro, come se stesse per fare un discorso da Capo di Stato: “Visto che siete prossimi al matrimonio, mi adottate quando pronuncerete quel fatidico ‘sì’ che vi cambierà per sempre l’esistenza?” chiese tutto d’un fiato.
Ridere? Oh, no: i due piccioncini diventarono più rossi di due peperoni. Che razza di pensieri faceva quel bambino?!, perché aveva dovuto pensarci: quelle parole non venivano così, spontaneamente.
“Magari facci arrivare prima all’altare. Anzi, fammi fare la proposta di matrimonio, okay Campione?” gli rispose Louis, slacciando la cintura di sicurezza.
Rachele era visibilmente sconvolta: sia per richiesta di Austin, sia per la risposta di Louis. Certe cose non bisognava dirle così, senza pensarci. Erano parole importanti, quelle.






Angolo dell'autrice:
Scusate questo ritardo di due... no, tre settimane: ma ho avuto le interrogazioni per il pagellino. Ma credo che ormai ci abbiate fatto l'abitudine, e forse vi siate anche scocciati delle mie scuse, e soprattutto dei miei ritardi.
Non posso certo promettervi che sarò più puntuale, perché sono una ritardataria cronica e non manterrei la mia parola.
Tra le altr cose dovevo pubblicarlo due ore fa questo capitolo, ma Nando mi ha fatto quella spendida doppietta e... *si perde nei suoi pensieri, con occhi sognanti*
OKAY, TERRA CHIAMA ANDREA.
Niente da dire a proposito del capitolo. A partye che mi sono scompiscita da sola, solamente (scusate il gioco di parole) pensando alla scenetta di Austin che chiede di essere adottato.
*momento da pazza da manicomio, mode: on* AMMORE MIO, TI ADOTTO IO. Insieme ai gemelli... E al loro fratello maggiore. (Capirete perché nel prossimo capitolo) *momento da pazza da manicomio, mode: off*
Bene, io ho finito.
Ci si vede al prossimo capitolo che-non-so-quando-arriverà,
Andy.
P.s.: -3 e vi libererete di me. Wiiii~ (?) 

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Capitolo 18
*** Three days to the end ***


CAPITOLO 18: THREE DAYS TO THE END

7 Agosto.

I borsoni e le valigie erano stati caricati in auto. L'intera famiglia Collins si stava salutando.
"Chiamate quando arrivate" raccomandò Corinne al figlio.
"Certo mamma" rispose lui dandole un bacio, con quel tono di voce che usano tutti i figli con le proprie madri, quando fanno mille e una raccomandazioni. 
Lei gli sorrise, consapevole come tutte le altre volte che non l'avrebbe fatto, e che sarebbe stata lei a chiamarlo. Lui si sarebbe poi giustificato, dicendo lei che stava giusto per farlo.

Salirono in auto tutti insieme.
Non ci volle molto prima che Austin si addormentasse, seguito a ruota da Rachele. Due ore di viaggio, e poi eccola, Doncaster.
Louis era già lì. Era partito il pomeriggio del giorno prima, subito dopo aver accompagnato Rachele e Austin.
Ormai la vacanza giungeva al termine, mancavano solo tre giorni, prima del ritorno in Italia.

"E se ti rapissi..." mormorò Lou, quando lui e Rachele furono accoccolati sul dondolo in veranda.
La baby-sitter era stretta a lui. Entrambi speravano che Austin non arrivasse mai a chiamare Ricky per andare all'allenamento.
La fermata era a pochi passi da casa, vicino l'abitazione dei gemelli.
Già, anche loro vivevano a Doncaster. Quando Rachele lo venne a sapere si chiese perché i due gemelli si trovassero a Manchester: semplice, erano andati dalla zia perché quel giorno i genitori erano impegnati.
Il campo distava venti minuti in bus.
"Lo racconti tu a Keru?" gli rispose la ragazza. "E quando ti daranno il riscatto?" si strinse ulteriormente al ragazzo.
"Ma il mio riscatto sarà passare del tempo con te!" ribatté sorridente.
Austin sbucò da dietro la porta. Era ora di andare.
Rachele gli sorrise. Diede un bacio a fior di labbra a Louis, e insieme ad Aust si avviarono alla fermata.
“Ci vediamo dopo Lou” lo salutò, con un gesto della mano.

Alla fermata, già pronti per l’allenamento, vi erano Alex e Sean. I due stavano facendo qualche passaggio con una vecchia palla un po’ sgonfia e rovinata.
Insieme a loro, poggiato ad un muretto con lo sguardo perso a rimirare il cielo, vi era un altro ragazzo. Doveva avere più o meno l’età dell’italiana; era alto, slanciato, spalle abbastanza larghe, un viso ancora un po’ da bambino, occhi grigi e capelli corvini.
“Ciao Riky!” la salutò calorosamente Alex, agitando un braccio. Le corsero incontro.
La baby-sitter salutò entrambi: “Ciao campioni!” arruffò loro i capelli “Come state?”
“Benee” risposero in coro con un gran sorriso. Notò allora che ad Alex mancava un dentino.
“Oh, ma qualcuno ha una finestrella” scherzò solleticandogli il pancino. Il bimbo rise.
“Questa mattina ha trovato un’automobilina rossa sotto il cuscino!” le disse Sean con gli occhi che brillavano.
Alex annuì, l’enorme sorriso sempre stampato in faccia.
“Ehi, voi tre” il ragazzo si era avvicinato “Avete finito di importunare questa signorina?” chiese, arruffando i capelli di Sean. “Li scusi” disse a Rachele con un sorriso.
“Ciao Anthony!” lo salutò Austin “Non preoccuparti, lei è la mia baby-sitter!” ridacchiò, seguito da tutti gli altri.
Rachele sorrise: "Tu devi essere Anthony, il fratello maggiore" gli porse la mano "Lieta di conoscerti, sono Rachele, la baby-sitter di Austin" ma questo lo sapeva già.
Anthony strinse la mano della ragazza un po' imbarazzato: "Piacere mio, Rachele" era diventato leggermente rosso in viso.
I bambini se ne accorsero, iniziando a ridere.

In campo diedero sempre il meglio di loro.
"Credo che Alex e Sean diventeranno dei grandi campioni" confidò Rachele ad Anthony.
Lui annuì: "Non immaginano nemmeno quanto talento hanno" sorrise orgoglioso il ragazzo "E spesso non mettono in atto tutte le loro capacità!"
Seguirono minuti di silenzio tra loro, interrotti poi da Ant: "Quanti... anni hai?" le chiese.
"Non si chiede l'età ad una donna!" lo richiamò una signora alle loro spalle.
Anthony avvampò e borbottò le sue scuse, tremendamente in imbarazzo.
"Tranquillo" lo rassicurò Ricky "Ho sedici anni, e tu?" 
"Diciassette" rispose sicuro "L'Italia è parecchio diversa dal Regno Unito?"
"Umh, abbastanza. Qui..." fece una pausa per riflettere su ciò che doveva dire "Hanno storie e tradizioni differenti, completamente diverse" sorrise. 
"LOUIS!" sentirono gridare dal campo. Entrambi scattarono in piedi, e guardarono verso i tre bambini, pensando ad un'imminente lite. Ma tutti i bambini erano tranquilli in campo, che continuavano il loro allenamento. A parte Austin, che si era avvicinato alla rete, e un sorriso a trentadue denti.
La baby-sitter guardò dietro di lei: eccoli lì, tutti e cinque, muniti di occhiali da sole e berretto.
"Riiky!" Harry corse a braccia aperte verso di lei. Sempre il solito. La travolse in un abbraccio, sollevandola qualche centimetro da terra. "Scricciolo, mi sei mancata" la strinse forte.
"Haz... Non respiro..." cercò di divincolarsi l'Italiana.
"Harry, vogliamo salutarla anche noi" intervenne Zayn.
Il riccio la lasciò andare, e Rachele concesse un giro di abbracci a tutti. I migliori furono quelli di Liam e Niall, come sempre.
Dopo l'allenamento salutarono Ant e i gemelli, e si concedettero una breve passeggiata al parco e un gelato.
Austin teneva per mano Rachele, mentre lei intrecciava le dita con quelle di Louis.
"io vi vedo prossimi al matrimonio!" ridacchiò Zayn, scatenando una risata generale.
"Io gli ho chiesto di adottarmi!" esclamò Austin serio, e orgoglioso.

"Mancano tre giorni..." sospirò la baby-sitter, rimirando le stelle nel cielo, dopo che ebbe messo Austin al letto.
"Posso sempre rapirti" Louis l'abbracciò da dietro. Rachele rabbrividì al contatto con il ragazzo: aveva le braccia gelide.
"Ma i pinguini sono sempre carini, non hanno questi pensieri per la testa!" ribatté, scoccandogli un bacio sulla guancia.
"Alcune ranocchie invece, a volte sono più belle delle farfalle" aggiunse Lou, poggiando il mento nell'incavo della spalla della ragazza. posò delicatamente le labbra sul collo...
"Non ci provi signor Tomlinson, ho ancora il segno del suo ultimo ricordino" lo ammonì, divincolandosi.
Il cantante sorrise: "D'accordo, ma solo perché voglio passare per bravo ragazzo quando mi presenterai ai tuoi" le sfiorò le labbra. "Notte ranocchia"
"Notte Boo-bear"

Quella notte Rachele mosse i primi passi verso il mondo dei sogni non appena s'infilò sotto le coperte.
I ragazzi l'aspettavano lì, come ogni notte prima che arrivasse a Doncaster.

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:
E dopo essere scampata alla fine del Mondo, eccomi di nuovo qui, in ritardo come al solito, con un nuovo capitolo che spero vi piaccia.
Detto ciò, non credo necessitiate di sapere perché del mio ritado. Non credo vogliate sapere che ho avuto le interrogazioni per il pagellino, e successivamente il pagellino, giusto? Giusto.
Quindi, buon Natale, e spero di aggiornare prima del 31 gennaio. (Voglio assolutamente concludere la pubblicazione dei capitoli prima del 2013. Altrimenti Rachele mi diventa una nonnina irascibile, lol... Okay, era squallida)

Passo e chiudo gentah.
Andy. 

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Capitolo 19
*** What is there under the tree? ***


CAPITOLO 19: WHAT IS THERE UNDER THE TREE?

La giornata trascorreva lenta e silenziosa, nessuno parlava, e quando era indispensabile si cercava sempre di evitare le parole che ricordassero l'imminente partenza di Rachele.
Harry, Niall, Liam e Zayn si erano presi due giorni di "pausa" dalle loro famiglie: volevano passare anche loro gli ultimi giorni con l'italiana.
Riky aveva già fatto le valigie, rimanevano da sistemare le ultime cose, quelle che avrebbe usato fino ad un'attimo prima di prendere l'aereo.
Le sembrava quello l'ultimo giorno, non quello successivo. Il dieci non poteva nemmeno considerarlo, il suo aereo partiva alle 11:30; avrebbe avuto il tempo di fare colazione, e forse quello dei saluti. 

"La giornata si svolge in questo modo" Harry le diede il buongiorno mostrandole un pezzo di carta strappato dove erano annotati nomi e orari. La baby-sitter sbadigliò, inzuppando un biscotto nella tazza di latte e cacao -l'unica in casa a fare colazione in quel modo. L'unica in casa a fare colazione, oltre ad Austin- a stento teneva gli occhi semi-aperti.
"Dalle 10:05 alle 11:05 starai con Liam, a quell'ora Austin è con Martin, e sarete liberi; poi, dopo pranzo, quando il piccoletto farà il suo pisolino, sarà il turno di Zayn, che ti accompagnerà a casa prima, e non oltre, le 15:00" spiegò pratico, camminando avanti-dietro come un soldato, o un uomo assorto nei suoi pensieri più complessi e contorti. "Alle 17 circa, il nostro ometto sarà agli allenamenti, accompagnato da Josh; toccherà al sottoscritto passere del temo con lei, milady" le sorrise come un gentiluomo. L'italiana osservò scrupolosamente il foglio e tutto ciò che vi era scritto sopra con un po' di scetticismo e indignazione.
"Manca Niall" osservò fredda, ingurgitando un altro biscotto e qualche sorso di latte per imporsi di star zitta.
"Oh, Niall passerà con te la mattinata di domani..." Hazza non riuscì a terminare la frase, che Riky l'aveva già fulminato.
Era al corrente di quanto reputasse stupida e infantile quella suddivisione che aveva fatto per passare gli ultimi giorni insieme a lei; e di quanto Louis ci tenesse ad averla tutta per se, per un giorno intero.
"O trovi un posto per Nialler, o... Ansi, no. Elimina questa scaletta, si esce tutti quanti insieme oggi: Niall, Liam, Zayn, tu e io. Prendo un "giorno di pausa" da Louis" detto ciò, si alzò e si diresse in camera sua per prepararsi.
Qualche minuto bussarono alla sua porta: era Lottie. 
Quella, pensandoci, era la prima volta che aveva un contatto ravvicinato con la sorella di Louis. Escludendo il giorno del suo arrivo.
"Harry era nervoso" chiuse la porta dietro di sé, ridacchiando.
"Peggio per lui, io l'avevo avvertito" ribatté Riky senza poter fare a meno di sorridere. Sorriso che Lottie ricambiò.
"Mio fratello ti da parecchio da fare, eh" commentò la bionda, sedendosi sulla sedia accanto alla scrivania.
La baby-sitter le sorrise dolcemente. Be', tutto sommato Lou era un tantino: dolce, appiccicoso, geloso, coccoloso, freddoloso, permaloso...
Rachele rise pensando a lui: "Abbastanza. Diciamo che è parecchio protettivo"
"Be', per lo mano ti permette di avere una "vita sociale"..." sospirò la ragazza.
"In che senso?" Riky parve perplessa a quell'affermazione.
D'accodo che Louis era un po' esagerato, ma non permettere alla propria sorella di non uscire alla luce del sole per confrontarsi col mondo esterno le pareva un po' esagerato...
"Nessun ragazzo può avvicinarsi alla sottoscritta" esclamò "Ricordo ancora quando Martin mi riaccompagnò a casa, facevo le elementari. Louis ci vide arrivare dalla finestra, aprì di corsa la porta, e fece una di quelle scenate di gelosia che non vedresti nemmeno in un film di Hollywood, talmente ridicola fosse" sospirò la biondina. "Spero risparmi la figlia"
Rachele avvampò come non mai. Non si aspettava una cosa del genere. E non riguardava solo la scenata di Lou.
Entrambe si guardarono e scoppiarono a ridere.

April aveva preso un giorno libero, ed era in cucina insieme al figlio e a Martin che studiavano allegramente.
Rachele entrò per bere un bicchiere d'acqua, prima di uscire con i quattro ragazzi. Alla fine Harry aveva capitolato.
"Oh, Rachele, proprio di te stavamo parlando" l'accolse April.
La baby-sitter guardò Austin e martin per capire, ma i due si scambiarono occhiate complici fra loro.
"Sai" continuò la giovane donna "Stavamo immaginando te e Louis all'altare, e vi vedevamo già con qualche bebè" 
Per poco l'acqua non le andò di traverso. Possibile che pensavano tutti al matrimonio?! Okay che Louis aveva vent'anni, ma lei ancora doveva finire la scuola, e di anni ne aveva sedici. Anche se in Inghilterra col consenso dei genitori potei sposarti, a sedici anni.
Si sforzò di sorridere e assecondare April, prima di raggiungere Zayn fuori casa. Che notò subito la sua faccia sconvolta.
"Non una parola, Malik" lo fulminò.
Il moro sorrise divertito: "Nulla di grave..." ridacchiò.
Rachele gli scoccò un'occhiataccia: "Già, non c'è nulla di male nel vedermi felicemente sposata, e con figli, insieme a Louis"
Si scambiarono un'occhiata: era alquanto ridicola come cosa. Nemmeno lei, quando ancora non li "conosceva" aveva mai fatto sogni del genere.

Tutti e cinque fecero una passeggiata. Una lunga passeggiata attraversando il centro, soffermandosi davanti alla vetrine dei negozi, e a volte entrando anche in qualcuno di questi.
A Louis non avevano detto nulla. A parte perché fu una cosa improvvisata, ma Harry previdente, aveva fatto in modo che madre e sorelle lo trattenessero a casa.
"Riky, se vuoi qualcosa non esitare a chiedere. Siamo amici, no?" le ripeteva Liam ogni volta che entravano in un negozio, o guardavano una vetrina.
Anche ora che osservavano articoli sportivi.
"Liam, per la centocinquantunesima volta -e giuro che le ho contate: non voglio nulla, stai tranquillo" sbuffò Rachele sorridente "Se avrò bisogno di qualcosa, utilizzerò i miei risparmi, grazie comunque"
"D'accordo" sospirò per la centocinquantunesima volta Liam, sconsolato.

Harry riaccompagnò a casa, per un'ultima volta, Rachele.
Mentre salutava il ragazzo abbracciandolo, la baby-sitter notò qualcosa sotto gli alberi che collegavano casa Collins con il parco di Austin e Louis.
"Ma cos-?!" si staccò dall'abbraccio del riccio.
Harry sorpreso, guardò prima lei, poi dove si erano posate le iridi smeraldine della ragazza: "Cos'hai visto?" chiese preoccupato, pensando al peggio: un paparazzo. E alle copertine dei giornali che sarebbero seguite con lui e la baby-sitter in copertina, e Louis urlante traboccante di gelosia.
"Vieni con me" ribatté per tutta risposta Rachele in un sussurro, trascinandolo per un braccio dietro la casa.
La ragazza aveva notato qualcosa di particolarmente stupefacente, e allo stesso tempo dolce.
Forse aveva capito il perché del discorso di Lottie quella mattina.
 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:
Come promesso eccomi qui. Innanzitutto, auguri al Tommo che oggi fa ventun anni, e nonostante ciò io abbia comunque scritte che ne ha ancora venti. D'altra parte, l'ho scritta sul quaderno l'hanno scorso questa storia...
D'accordo, bando alle ciance! Vi auguro buon Natale a tutti di nuovo, spero che Babbo Natale vi porti tante cose belle e buone, e passate una buona Vigilia, un buon Natale, e un altrettanto bello Santo Stefano. (?)
Un bacio e un abbraccio,
Babba Andy.
P.S.: Tranquille, non è finita la storia... Manca solo il capitolo finale. E quello ve lo porto tra il 27 e il 29. 

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Capitolo 20
*** The last day + Epilogo ***


CAPITOLO 20: THE LAST DAY 

"Ma quelli sono Lottie e Martina!" esclamò Harold, scorgendo la bionda sorella di Louis, e il ragazzo gracile che dava ripetizioni ad un bambino di quattro anni, che si scambiavano tenerezze.
"Ssh!" lo ammonì la baby-sitter "Vuoi che ci scoprano?" osservò i due ragazzi con due occhi pieni di tenerezza.
Martin e Lottie si erano nascosti, ma avevano le orecchi dritte per percepire qualsiasi rumore che fosse un qualsiasi pericolo: Louis, o chi altro di loro conoscenza, sarebbe potuto spuntare fuori in qualsiasi momento. E Rachele e Harry ne erano la prova.
Certo quella non era la prima volta che quei due si nascondevano da occhi indiscreti. Forse tutto era iniziato dopo quella sfuriata di Louis anni prima, dopo quel pomeriggio dove Martin aveva riaccompagnato Lotti a casa dopo la scuola.

 

Riky aveva messo a letto Austin per l'ultima volta. Il mattino seguente avrebbe preso il volo che l'avrebbe riportata a casa.
Controllò ancora una volta che tutto fosse al proprio posto, e si sedette dietro la finestra, ammirando le stelle, pensando alla giornata appena trascorsa.
Eppure, le sembrava solo ieri quando incontrò per la prima volta la famiglia Collins in aeroporto, e successivamente Louis e la sua famiglia, i ragazzi, e tutte le mini-avventure che si erano portati dietro, coinvolgendola in prima persona.
Nell'attimo prima di chiudere gli occhi le arrivò un sms: Louis.
Io sono pronto: domani inizia l'operazione rapimento :) xo 
Riusciva ad essere ridicolo e a strapparle un sorriso anche in una situazione come quella, quando stavano per dirsi addio.
Le favole non esistono. E il "lieto fine" è solo un invenzione fatta per illudere la gente. Per farla sognare.
"Notte, mio dolce Louis" Rachele baciò lo schermo del cellulare, e si addormentò.
Una lacrima, inevitabilmente, le bagnò il volto. Erano le circa le 23 del 9 agosto.

10 Agosto.
"Allora è tutto pronto?" chiese Josh, guardando la ragazzina che aveva abitato per un mese sotto il suo stesso tetto; che per un mese era stata come una figlia, oltre che una baby-sitter; e che ora teneva per le spalle.
Lei aveva gli occhi lucidi, stra-colmi di lacrime. Annuì, tirando su col naso, mentre cercava di trattenerle, quelle dannate.
Aveva chiesto ai ragazzi -soprattutto a Louis- di non accompagnarla in aeroporto: sarebbe stato troppo doloroso. Non avrebbe retto.
Si inginocchiò per cercare di compensare il dislivello di altezza tra lei e Austin, dopo aver salutato April e Josh. Dopo averli ringraziati per averle offerto quell'opportunità; per averla sopportata per un mese intero; per essersi fidati di lei.
Gli prese le manine e lo guardò dritto negli occhi:diamine se non erano uguali a quelli di Lou! Tutto in quel bambino le ricordava Boo bear.
"Mi chiamerai a Natale per farmi gli auguri?" gli chiese abbracciandolo.
Il bimbo annuì ricambiando la stretta: "Ti terrò informata sugli allenamenti e le partite" rispose, con il viso immerso nella spalla dell'ormai ex baby-sitter. "Tieni" estrasse poi un foglio dalla tasca posteriore della salopette, staccandosi un po' dalla ragazza, e glielo porse. "Te lo mandano Alex e Sean. Sperano tu venga di nuovo. E anch'io"
Rachele lo aprì: era un disegno alquanto stilizzato, ma si capiva cosa rappresentava. Vi erano i due gemelli e Austin che giocavano a palla, mentre lei li guardava e faceva il tifo. Era alquanto approssimativo, un disegno da bambini, ma fece comunque commuovere Riky.
Abbracciò ancora una volta il bimbo.
"Promettimi che tornerai"
"Sì" singhiozzò lei "Tornerò, lo prometto" ma lo disse solo perché non voleva far soffrire oltre il bimbo. Entrambi sapevano che se vi fosse stata una possibilità, avrebbero dovuto attendere anni, prima di rivedersi. E magari l'uno avrebbe dimenticato l'altra.

S'imbarcò, e prese posto: sedile vicino all'oblò, almeno avrebbe potuto osservare le nuvole.
Ed era proprio quel che stava facendo, quando qualcuno le si sedette accanto. Pensò che fosse un qualche turista, fino a quando non parlò: "Ti avevo detto che ti avrei rapita!"
Indovinato, Louis William Tomlinson era sull'aereo, seduto accanto a lei, pronto per andare in Italia con Rachele.
Avreste dovuto vedere la sua faccia...

 


EPILOGO

Com'è finita? Be'... 

"Maggiiie, ci sono zia Lottie e zio Martin con Juliet! Scndi" urla la mamma dal piano di sotto. Credo sia salita di qualche gradino per essere sicura che la sua voce mi trapassi i timpani.
"Arrivoo!" sbuffo, sistemandomi allo specchio i miei capelli lunghi e castani.
Osservo la mia figura riflessa: è incredibile la mia somiglianza tra me e papà. 
Credo che lei e papà abbiano fatto un qualche patto col diavolo, o qualcosa di simile per far si che io e Tom somigliassimo a loro due, quasi come se fossimo le loro copie perfette. Soprattutto Thomas e la mamma: due gocce d'acqua. A volte la gente li prende per fratelli.
Peccato non succede anche a me e papà: noi siamo "marito e moglie".
Insomma, ho solo diciassette anni, non trenta!

Thomas è l'unione di mia madre e mio padre. La prova del loro amore. Il primo genito tanto desiderato, coccolato,e trattato come un principino.
Fino a quando non sono arrivata io, ovvio.

"Muoviti" mugugna mio fratello, poggiato alla stipite della porta, in camera mia. "Possibile che tu stia sempre davanti allo specchio? Sei insopportabile"
Lo spintono un po', e corro al piano di sotto, in salotto, prima che lui possa prendermi e torturarmi.
Mi rendo conto che con loro c'è anche zio Harry, e questo vuol dire solo una cosa: regali! 
Oh, a proposito, io non mi sono neanche presentata: piacere, Margaret Rachel Tomlinson. Ma potete chiamarmi Maggie...








Angolo dell'autrice: 
E ora potete far partire in anticipo i fuochi d'artificio per San Silvestro, gente questo era l'ultimo sospirato capitolo.
Spero vi siate divertiti, che abbiate sorriso e a volte vi sia scappata anche una una risata. Ma soprattutto, spero che la storia vi sia piaciuta. Vi lascio naturalmente con la frase che vi ha accompagnato per tutto questo viaggio: a me non è piaciuta per nulla, mi fa schifo!; e prendo anche io le mie meritate vacanze da EFP, e dal fandom de gli One Direction.
Anche se so che non dureranno a lungo, visto che ho altre due storie in "work in progress". Nulla che abbia a che fare con questi cinqua idioti, tranquille, ho finito di torturarvi. c':

Bene bella gente, sappiate che vi ho amato, che vi amerò fino alla fine dei votri giorni (forse sto esagerando) e che è arrivato vermanete il momento di salutarci.
Spero passiate un buon San Silvestro e una buona Epifania,
non mangiate troppi dolci,
Andy.

P.s.: Cosa vi ha portato Babbo Natale? (Se sono Iphon 5, e biglietti del concerto non lo voglio sapare. Se cominque avete bisogno di un insulto gratuito potete comunque scrivermelo c':) 

Le note sono più lunghe della storia, ma pazienza, una giusta mai io.

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