Yours are the sweetest eyes I've ever seen.

di Sindy22Bool
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio sogno più grande ***
Capitolo 2: *** Cosa vuol dire amare ***
Capitolo 3: *** L'amore è una cosa semplice ***
Capitolo 4: *** La persona giusta ***
Capitolo 5: *** Io e lei ***
Capitolo 6: *** Ho sentito che mi ero innamorato di te ***
Capitolo 7: *** Ci siamo solo noi due ***
Capitolo 8: *** La stella più luminosa sei tu ***
Capitolo 9: *** La fine di noi ***
Capitolo 10: *** Il mio cuore era in pezzi ***
Capitolo 11: *** Lei era il mio mondo ***
Capitolo 12: *** Il cielo è lo stesso per tutti ***
Capitolo 13: *** Non bastava voltare pagina ***
Capitolo 14: *** It's stormy out ***
Capitolo 15: *** Il suo sorriso era il mio mondo ***
Capitolo 16: *** Hai reso migliore la mia vita ***
Capitolo 17: *** E, lo giuro, sarebbe stato per sempre ***



Capitolo 1
*** Il mio sogno più grande ***


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Capitolo 1
Il mio sogno più grande

 

Mi svegliai di scatto quando la sveglia suonò. Era il giorno che aspettavo da tutta una vita: il cast di Harry Potter sarebbe venuto a New York per un’assegnazione di premi. Così, avrei avuto l’occasione di incontrare i miei attori preferiti, e soprattutto Matt Lewis.
Amavo Matt, ma non come una ragazzina ama il suo attore preferito, ero totalmente e incondizionatamente innamorata di lui. Non potevo fare a meno di guardare le sue foto, leggere articoli su di lui, parlare di lui. Il mio mondo ruotava intorno a lui.
 
- Muoviamoci, o faremo tardi, e addio alla prima fila – sbraitai alle mie amiche del cuore, Claire e Lola.
Eravamo appena scese dal taxi, e dovevamo ancora percorrere due isolati a piedi. La strada era chiusa, a causa dell’evento che si sarebbe svolto quella sera. Erano solo le nove del mattino, ma davanti all’ingresso dei cancelli c’era già una gran folla.
I bodyguard tenevano a freno la voglia dei fans di entrare e lottare per le prime file, perché l’accesso sarebbe stato consentito solo alle undici di quella mattina. Cercammo di spingerci più avanti possibile, e quando finalmente i cancelli furono aperti, dopo varie gomitate, riuscimmo a posizionarci in prima fila.
Avevamo un’intera giornata per aspettare, ma ne sarebbe valsa la pena.
 
- Passami il succo, Kat – mi disse Lola.
Afferrai la bottiglia e gliela passai, poi sbadigliai, e ricominciai a mangiucchiarmi le unghie. Lo faccio sempre, quando sono nervosa o in ansia per qualcosa.
- Kat, smettila di torturarti le dita – tuonò Claire, tirandomi una pacca sulla mano – Cosa c’è ora? -.
- Ho paura -.
- Di cosa, scusa? Matt Lewis non morde -.
- Non lo so nemmeno io. So solo che ho paura -.
Le mie due amiche si guardarono e scossero il capo. Dicevano sempre che ero pazza.
 
Le dieci di sera arrivarono in fretta. Scattammo in piedi non appena lo staff e i bodyguard iniziarono a camminare veloci avanti e indietro sul redcarpet. Io iniziai a sudare, mi tremavano le mani e non riuscivo a tenere fermo il suo quadernino per gli autografi.
Le guardie del corpo cercavano di tenere a bada gli urli di noi fans.
- Quando arrivano? – chiese Lola a uno di loro.
- Sta arrivando la prima macchina -.
Detto fatto. Una splendente limousine accostò sul marciapiede, e i fans iniziarono ad urlare più forte che mai.
Emma Watson, Daniel Radcliffe e Rupert Grint iniziarono a camminare sul tappeto rosso, mentre noi li acclamavano e i fotografi li inondavano di flash. Poi, iniziarono a firmare autografi.
Lola ottenne la sua tanto desiderata foto con Rupert, il suo idolo, e un magnifico autografo con dedica. Per poco non scoppiò in lacrime.
Nel frattempo, erano arrivati sul redcarpet i gemelli Phelps e Tom Felton.
Dopo poco, un’altra limousine, e Bonnie Wright ed Evanna Lynch scesero. Tutto quello che accadde dopo, fu l’avverarsi del mio sogno più grande: Matt Lewis, proprio lui, in carne e ossa, scese dalla limousine.
I miei occhi si illuminarono, e il mio battito cardiaco aumentò. Iniziò a firmare gli autografi, e io non riuscivo a staccare gli occhi da lui, così bello e perfetto. Tremavo, e le mie amiche cercavano di tranquillizzarmi, ma io non ci riuscivo, perché a breve, sarebbe arrivato dov’eravamo noi.
Preparai il mio quadernino ben in vista, ma le mani mi tremavano così tanto che cadde dall’altra parte delle transenne, sul redcarpet. Matt, che era arrivato fino a noi, lo vide e lo raccolse. Poi si alzò, porgendomelo. Quando i nostri occhi si incontrarono, nulla ebbe più senso.
 
 
Non avevo mai visto degli occhi come i suoi. Erano di un azzurro intenso, come il cielo in una serena giornata di primavera; brillavano di luce propria, illuminavano chi li osservava; erano dolci e sinceri. E per di più, lei era bellissima.
Le sorrisi, e lei arrossì di botto. Tremava come una foglia.
- Come ti chiami? – le chiesi.
- Kat – balbettò – Katherine -.
Firmai il suo quadernino, lasciandole una piccola dedica. Feci per andarmene, ma lei mi bloccò.
- Posso fare una foto con te? -.
- Certo -. Sorrisi di nuovo.
Un bodyguard prese la sua macchina fotografica, e un flash mi accecò. Gliela porse, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
- Grazie, Matt – mi disse.
- E’ stato un piacere, Kat -.
E proseguii, osservando quegli occhi meravigliosi un’ultima volta.

 
 
Mi aveva chiamata per nome. Matt Lewis mi aveva chiamata per nome? Lo guardai allontanarsi, tra le numerose fans che gli chiedevano una foto o un autografo.
La mia mente aveva ancora impressa l’immagine dei suoi occhi dolci, del suo sorriso magnifico. Non avrei mai voluto che se ne fosse andato. Sarei rimasta per sempre lì ad osservarlo, quanto era perfetto.
Lola fece schioccare le dita davanti ai miei occhi, incantati ancora su di lui.
- Si? – feci, ancora frastornata.
- Hai visto almeno che dedica ti ha fatto?! -.
Aprii il quadernino, e lessi: “A Kat, i tuoi sono gli occhi più dolci che io abbia mai visto. Matt Lewis”.
Mi sentii svenire. Cercai conferma delle parole che avevo appena letto negli sguardi ammirati delle mie amiche. Non riuscivo a dire niente, mi mancava la voce, e gli occhi iniziarono a lacrimare per la commozione. Cercai Matt con la sguardo, e lo trovai, bello come sempre, che posava per i fotografi insieme a Tom.
Ma il suo sguardo non era puntato sugli obbiettivi delle fotocamere, era puntato su di me.
 
 
L’avevo subito trovata, tra la folla. Spiccava tra tutte le altre fans, grazie alla sua bellezza, alla sua semplicità, ai suoi occhi. Cavolo, non riesco a pensare ad altro. Neppure ora, che sono al fianco di Tom, mentre posiamo per i fotografi. Riesco a guardare solo lei, Kat.
Tom mi diede una gomitata nelle costole.
- Matt, che diavolo fai? Dobbiamo entrare -.
- Si, scusa -.
La fissai negli occhi e le sorrisi un’ultima volta. Poi, a malincuore, entrai nell’edificio.

 
 
Se ne stava andando. Entrarono tutti nel grande edificio, e le porte si richiusero.
Rimasi impalata come un stupida mentre i bodyguard facevano uscire tutti i fans dalle transenne. Lola mi afferrò per un bracciò e mi condusse fuori, tra la moltitudine di ragazzi e ragazze. Rimanemmo un po’ lì, cercando di spiare l’interno dell’edificio dove venivano assegnati i premi, ma non si vedeva niente.
Così, decidemmo di tornare a casa. Percorsi quei due isolati a piedi, chiamammo un taxi.
- E’ stata la giornata più bella di tutta la mia vita – disse elettrizzata Claire, mentre la vettura sfrecciava tra il traffico newyorkese.
- Anche la tua, vero Kat? – rise Lola.
La mia mente era fusa – Cosa? -.
Le due amiche alzarono gli occhi al cielo.
Il taxi accostò davanti al mio grattacielo, nell’Upper West Side. Pagai, salutai le ragazze ed entrai nella hall. Salutai il portiere e presi l’ascensore.
Raggiunto l’ultimo piano, quello si fermò, ed entrai nel mio attico. Era strano vivere da sola, ma allo stesso tempo fantastico. Non avevo orari, regole e divieti. Mi preparai per la notte, mi buttai sul letto e mi addormentai sul colpo.
 
 
Finalmente, questo noioso evento era finito. Uscimmo dalla sala con i nostri premi in mano. Il premio come miglior attore non protagonista era mio. Salii in limousine, che mi accompagnò fino al palazzo nell’Upper East Side. Salii nel mio attico e mi sedetti sul divano.
Non ero ancora riuscito a togliermi dalla testa lei. I suoi occhi. Chissà se l’avrei mai più rivista.
Com’era possibile che mi fossi fissato così tanto su una ragazza? Non riuscivo a dirlo ad alta voce, era strano. Ma forse era vero.
Mi aveva illuminato. Quando ho immerso i miei occhi nei suoi, è stato come ricevere una scarica elettrica, una scossa.
Com’era possibile? Io ero Matt Lewis, dannazione.
Pensare a questo mi fece riflettere. Di due cose ero certo, in quel preciso istante: io ero Matt Lewis, ed ero innamorato di Kat.


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SPAZIO AUTRICE:

Ciao a tutti, e buon 2013!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. 
Come avrete sicuramente notato, la narrazione è divisa nelle parti di Kat e quelle di Matt. Non ho ancora deciso come impostare i prossimi capitoli, ma mi piace questo stile.
By the way, qualche recensione mi farebbe davvero piacere :3

Un bacione, 

Sindy xx

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Capitolo 2
*** Cosa vuol dire amare ***


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Capitolo 2
Cosa vuol dire amare

 

Mi svegliai tardi la mattina successiva. Ero ancora agitata dalla sera prima. La prima cosa che feci fu scaricare le foto della serata, e impostai la mia foto con Matt come immagine del profilo su Facebook. La didascalia? “L’avverarsi del mio sogno”.
Non riuscivo a smettere di guardarla, ammirarla. Ero riuscita a venire benissimo, anche se non sono mai stata propriamente fotogenica. 
Non potevo non essere felice.
Decisi così di dedicarmi allo shopping. Presi un taxi e mi feci lasciare nel cuore dell’Upper East Side, e poi iniziai a girare nei negozi.
 
 
Non avevo per niente voglia di uscire, quella mattina. Ma Tom mi minacciò di presentarsi a casa mia e portarmi fuori a forza, così acconsentii.
Ero nel punto in cui avevamo accordato, e lui, ovviamente, era in ritardo. Aveva litigato con Jade, così aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.
Entrai nel bar lì di fronte mentre aspettavo. Mi avvicinai al bancone e ordinai un caffè. Intanto che attendevo, una voce, accanto a me, parlò.
- Un caffè, grazie -.
Era una voce già sentita. Non ci credevo. Il cuore mi martellava nel petto. Mi voltai verso di lei e la guardai.
Lì, sullo sgabello vicino al mio, tra una decina di borse, c’era lei.
Anche lei si voltò a guardarmi.
- Ciao Kat – sorrisi. Lei arrossì violentemente.
 
 
Matt Lewis era seduto accanto a me al bar. Matt Lewis mi aveva salutata. Matt Lewis sapeva che esistevo, mi aveva chiamata per nome.
Deglutii e sorrisi timidamente – Ciao Matt -.
- Sarà contento il tuo portafogli – rise, indicando le mie borse.
- E’ abituato -.
- Immagino -.
Sorrise di nuovo. Era terribilmente sexy mentre beveva il suo caffè e si scompigliava i capelli.
- Sei sola? – chiese.
- Già. Mi sono svegliata tardi stamattina -.
- Ti sei divertita ieri sera? -.
- E’ stata… - ma l’urletto isterico di una ragazzina mi interruppe.
- Scusami, sei Matt Lewis? – chiese, con le lacrime agli occhi – Posso fare una foto con te? -.
- Certo. Kat, ti spiace? – mi chiese.
Scossi il capo. La ragazzina mi passo il suo cellulare e scattai. Lei ringraziò Matt e lo abbracciò. Poi uscì dal locale.
- Dicevi? -.
- Che è stata la serata più bella della mia vita -.
Lui sorrise e sussurrò – Ti è piaciuta allora la mia dedica? -.
Arrossii come non avevo mai fatto in tutta la mia vita, e annuii.
- Immaginavo -. Si alzò e guardò fuori dalla vetrina, poi salutò Tom Felton con la mano. Pagò il caffè e mi guardò.
- Devo andare -.
- Immaginavo. Senti Matt, posso farti una domanda? -.
- Certo -.
- Lo pensavi davvero, quello che hai scritto nella dedica? -.
Questa volta, fu lui ad arrossire.
 
 
Cavolo, non ero mai stato così in imbarazzo come ora. Presi coraggio, in fondo ero un gran Grifondoro, e Neville mi aveva insegnato tanto.
- Certo, Kat. Non ho mai visto degli occhi belli come i tuoi -.
Lei sorrise. Quel sorriso. Era perfetta, bellissima.
Tom entrò scocciato nel locale.
- Ehi, Matt – sbottò – Quanto ci metti a pagare? -.
Non aveva visto che stavo parlando con Kat, e quando lo fulminai con lo sguardo, capì.
- Oh, scusate – disse, colpevole.
- Non preoccuparti – sorrise Kat.
- Perché non ti unisci a noi? -.
Non l’aveva detto sul serio, vero? Kat era sorpresa, quasi quanto me. Entrambi non sapevamo cosa dire, così fu nuovamente lui a parlare.
- Che c’è? – chiese – E’ una cosa così strana? -.
- Si – annunciammo io e lei in coro.
Ci guardammo, e scoppiammo a ridere. Dio, i suoi occhi e la sua risata erano qualcosa di divino. Non riuscivo a smettere di guardarla.
- Comunque, perché no – disse lei.
- Perfetto – esclamò Tom, entusiasta – Ti aspettiamo fuori mentre bevi il tuo caffè -.
Lei annuì. Io e il mio amico uscimmo in strada.
- Lewis – cominciò lui – Non devi dirmi niente? -.
- Ti odio -.
- Ehi, dovresti solo ringraziarmi per averla invitata -.
- Grazie -.
- Quando l’hai conosciuta? -.
- Ieri, all’evento. È una fan. Quando l’ho guardata per farle l’autografo… Non so dirti cosa mi è successo. Tom, devo dirti una cosa, ma non devi giudicarmi -.
- Non l’ho mai fatto -.
- Su questo ho qualcosa da ridire, ma comunque credo di essere innamorato di lei -.
La faccia di Tom si contrasse, per poi esplodere in una sonora risata.
- Fottiti – sbottai.
 
 
Uscii dal bar. Tom stava ridendo a crepapelle, mentre Matt aveva un’aria seria.
Non appena mi notò, Tom tacque.
- Che sta succedendo? – chiesi, dubbiosa.
- Oh nulla, Matt ha un innato spirito comico – buttò lì Tom.
Matt accennò un sorriso.
Vagammo per New York per tutta la giornata, mentre Tom si lamentava dei suoi litigi con Jade, e noi cercavamo di dargli buoni consigli.
Giunte le sei del pomeriggio, Tom salì su un taxi e tornò a casa, mentre Matt si era offerto di accompagnarmi a piedi.
- Vivi a New York? – gli chiesi.
- Si, da qualche mese. Tu? -.
- Anche io. Mi sono trasferita non appena ho preso il diploma -.
Era abbastanza imbarazzante essere solo io e lui. Quando calava il silenzio, nessuno dei due parlava per un po’, ed era strano.
Lo guardai, e scoprii che lui stava facendo lo stesso. Ci fissammo per qualche secondo negli occhi, e lui distolse lo sguardo.
Non parlammo più finché non raggiunsi il mio palazzo. Eravamo fermi davanti all’ingresso del grattacielo.
- Grazie per la giornata – sorrisi.
- Grazie a te, Kat -.
- Spero che ci rivedremo -.
- Perché sperare? – disse. Estrasse un foglietto e una penna dalla tasca dei suoi pantaloni. Poi, me lo porse.
- Scrivimi il tuo numero di cellulare -.
Ero impietrita. Matt Lewis voleva il mio numero di cellulare? Io stavo per dare il numero a Matt Lewis?
- C… Certo – balbettai. E con mano tremante lo scrissi, poi gli restituii il foglietto.
- Buona serata, Kat -.
- Anche a te, Matt -.
Gli sorrisi, ed entrai nel palazzo.
 
 
La guardai mentre entrava nell’ascensore e scompariva ai miei occhi.
Mentre ero in taxi verso casa, pensavo a quella giornata bellissima che avevo passato con lei. La sua risata risuonava ancora forte e chiara nelle mie orecchie, come se fosse lì, accanto a me. I suoi lunghi capelli biondi ondeggiavano nel vento mentre camminavamo, e il profumo della sua pelle aveva intasato le mie narici.
Avevo fatto male a farmi dare il suo numero. Sarebbe stato meglio che le avessi dato il mio, perché ora avevo una voglia matta di scriverle, ma avevo paura di risultare assillante.
Presi il foglietto, su cui una calligrafia bella e ordinata, anche se un po’ tremante, aveva scritto quei numeri, che per me erano così importanti.
Non riuscivo a dormire, quella sera. Continuavo a rigirarmi nel mio letto. Era diventata il mio chiodo fisso, perché non riuscivo a pensare ad altro.
Senza pensare, afferrai il cellulare e digitai un corto messaggio, poi lo inviai e sospirai.
 
 
Non riuscivo a dormire, quella sera. Continuavo a rigirarmi nel mio letto. Era diventato il mio chiodo fisso, perché non riuscivo a pensare ad altro.
All’improvviso, lo schermo del mio cellulare si illuminò. Lo presi e lessi un breve messaggio, da un numero sconosciuto: “Buonanotte, Kat. Matt”.
Sorrisi. Digitai un breve messaggio in risposta, e mi addormentai di botto, felice e completa. Perché avevo finalmente capito cosa voleva dire amare.
 
 
Sorrisi, quando lei mi rispose.
Qualcosa in me era cambiato, da quando l’avevo incontrata. Mi sentivo diverso, ero diverso.
Fino a quel momento, non avevo mai creduto nel colpo di fulmine, nell’innamoramento a prima vista, ma mi sbagliavo. Perché sono certo di essere innamorato di lei. Quando ho incontrato per la prima volta i suoi occhi, non ho sentito più nulla. C’eravamo solo io e lei, e tutti i fans urlanti, i fotografi, era come fossero scomparsi.
Non sono mai stato innamorato, prima d’ora. Forse, non avevo trovato la persona giusta. Ma ho capito una cosa: una persona non sceglie di chi innamorarsi, si innamora e basta.
Io non l’ho scelta, il mio cuore l’ha scelta per me. Ed ora, tutto ciò che posso fare, è vivere ogni attimo, cercando di stare con lei il più possibile.
Con queste riflessioni, mi addormentai di botto, felice e completo. Perché avevo finalmente capito cosa voleva dire amare. 


SPAZIO AUTRICE

Sono stata bravissima, ho pubblicato subito il secondo capitolo :3
Spero che vi piaccia anche questo, come il precedente. 
Ho continuato con questo tipo di narrazione, perché mi piace il continuo cambio di punto di vista, così da riuscire a mostrare a chi legge quanto i sentimenti dei due ragazzi siano gli stessi.

Mi farebbe piacere qualche recensione ;3
Baci
Sindy xx

 

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Capitolo 3
*** L'amore è una cosa semplice ***


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Capitolo 3
L'amore è una cosa semplice

 

Quando mi svegliai e controllai il cellulare, la mattina dopo, avevo sette messaggi da Claire e cinque chiamate senza risposta da Lola. Così, preoccupata, la chiamai immediatamente.
- Finalmente – esclamò, non appena rispose.
- State bene? Mi avete fatta preoccupare -.
- Oh, stiamo tutte bene – disse – Ma non quanto te -.
- Non ci sto capendo niente -.
- Sei sulla copertina di People – rise in sottofondo la voce di Claire.
- Cosa?! – tuonai.
- “Matt Lewis e una ragazza misteriosa a spasso per New York”, questo è il titolo -.
Non ci credevo. Ero sulla copertina della mia rivista preferita come la misteriosa ragazza con cui ora usciva Matt Lewis. Mi sorpresi sorridere.
- Sei ancora lì? – mi chiese Lola.
- Si, ci sono -.
- Quando intendevi dircelo? -.
- Ve l’avrei detto subito – mi giustificai – Ma non rientrava nei miei piani -.
- Racconta dai, siamo tutt’orecchi – disse Claire, elettrizzata.
- Ieri mattina ero in pausa dopo lo shopping in un bar, e chi incontro? -.
- Matt Lewis! – esclamarono loro, all’unisono.
- Si ricordava di me. Stava aspettando Tom Felton, e quando è arrivato mi ha chiesto se mi univo a loro -.
- Culona – sbottò Lola.
Scoppiai a ridere, e anche Claire stava facendo lo stesso – Continua – mi disse, poi.
- Quelle foto saranno quelle di quando mi ha accompagnata a casa -.
- Esatto. Cosa stavi scrivendo su quel foglio? -.
- Mi ha chiesto il numero – spiegai, emozionata – E ieri sera mi ha scritto la buonanotte -.
- Che dolce – risero.
Dopo qualche minuto di commenti e risatine, mi salutarono e riattaccarono il telefono. Così, mi buttai nella vasca per un bagno rigenerante.
 
 
- Sveglia, rubacuori – rise una voce, spalancando le tende della camera.
Avrei voluto picchiare quella persona, chiunque essa fosse. Tom Felton, il mio migliore amico.
- Che ci fai a casa mia? – tuonai.
- Mi ha fatto entrare la tua donna delle pulizie -.
- Il motivo di questa visita? -.
In risposta, mi tirò addosso una copia appena stampata di People. Mi misi a sedere, mi stropicciai gli occhi e cercai qualcosa di strano in quella rivista. E la trovai. Io e Kat eravamo in copertina, affiancati dalla scritta “Matt Lewis e una ragazza misteriosa a spasso per New York”. Sorrisi.
- Cos’è quello? – disse Tom, indicando il mio sorriso.
- Sono felice, ok? Ne ho il diritto -.
- Oh, Lewis – sbuffò – Non rifilarmi ancora la storia di Cupido che vi ha fatti innamorare -.
- Tom, è così. Te lo assicuro -.
- Non sei mai stato un romanticone, in dodici anni che ti conosco. E poi lei è una fan -.
- Cambia qualcosa? -.
Tom tacque, poi alzò gli occhi al cielo.
- Ammettilo: ho ragione io questa volta – sorrisi.
- Forse -.
Scoppiai a ridere e afferrai il telefono: Kat non mi aveva scritto. Magari era ancora a letto, e non aveva letto l’articolo.
- Che vuoi fare, ora? – mi chiese Tom, indicando la rivista con un cenno di capo.
- Nulla – dissi – Non ci siamo baciati -.
- E quindi? -.
- Non lo so. Le chiedo di uscire -.
- Così si fa, amico -. E mi fece l’occhiolino, per poi scoppiare a ridere.
 
 
Dopo il bagno, uscii in fretta di casa e comprai una copia della rivista alla prima edicola che incontrai. Poi, mi recai nel bar più vicino e presi una buona e salutare colazione, mentre leggevo l’articolo su me e Matt con interesse.
Avevo appena finito di mangiare, quando il cellulare nella mia tasca iniziò a vibrare. Matt Lewis mi stava chiamando. Sorrisi e risposi.
- Ciao, Matt -.
- Buongiorno, Kat – ricambiò – Senti, casualmente sono dalle tue parti. Possiamo incontrarci? -.
- Casualmente, vero? – risi – Comunque, volentieri. Raggiungimi da “Coco’s” -.
- Oh, che coincidenza -.
Sentii qualcuno toccarmi la spalla con dolcezza. Mi girai di scatto e mi trovai faccia a faccia con lui. Sorrisi, un sorriso a trentadue denti, e immersi i miei occhi nei suoi, che mi guardavano con estrema dolcezza.
Si sedette nel posto di fronte a me e adocchiò il giornale.
- Allora hai visto – sorrise.
- Mi ha chiamato una mia amica per dirmelo. A te? -.
- Tom Felton – sbottò.
Annuii, accennando un sorriso. Lui mi guardava come nessuno aveva mai fatto. Era dolce, comprensivo, protettivo. Adoravo il suo sorriso, i suoi occhi, il suo essere così perfetto.
- Spero che la cosa non ti disturbi – disse.
- Affatto -.
Sorrisi di nuovo. Quando ero con lui, ero la persona più felice del mondo.
 
 
Quello che mi aveva detto mi fece molto piacere. Si vedeva che era felice, perché continuava a sorridere. Quel sorriso così bello. Era una ragazza davvero solare, illuminava tutto quello che aveva intorno, illuminava me.
- Ho sempre amato il tuo tatuaggio – disse, indicando il numero romano impresso sul mio braccio destro.
- Ti piace davvero? – sorrisi.
- E’ davvero figo -.
Non risposi, ma stessi a guardarla, sperando che aggiungesse qualcosa alle sue parole. Ma si limitò a scoppiare in una sonora risata.
- Perché ridi? -.
- Non lo so -.
Non riusciva a smettere di ridere, e fece ridere anche me.
Passammo gran parte della mattinata seduti in quel bar, quando il mio telefono iniziò a squillare.
- Scusami, Kat – dissi, poi risposi.
- Dove diavolo sei? – tuonò la voce di Emma Watson.
- Dove dovrei essere? -.
Lei sbuffò, scocciata – Al servizio fotografico? – chiese, retorica.
- Merda -.
- Lascialo perdere, Charlotte – rise in sottofondo Tom – E’ innamorato -.
- Zitto, Felton – rimbeccò lei – Muovi le chiappe, ovunque tu sia, e vieni qui alla svelta -.
- Cerco di essere lì il prima possibile. Scusatemi -.
Riattaccai. Kat mi guardava con aria interrogativa.
- Mi sono completamente scordato che avevo un servizio fotografico con il cast -.
- Oh – disse, turbata – Non preoccuparti, vai pure -.
- Vieni con me? -.
Lei fece per pensarci, ma poi accettò. Pagammo il conto, e salimmo sul primo taxi che trovammo sulla strada.
 
 
Scendemmo davanti un grande grattacielo, appena fuori città. Nella hall del palazzo, tutto il cast di Harry Potter aspettava Matt.
- Non dire niente – disse lui a Emma, non appena lei fece per aprir bocca – Comunque, lei è Kat -.
Sorrisi. Era un onore per me essere lì, perché quei ragazzi erano i miei idoli. Tutti mi salutarono, cordiali, e io ricambiai.
Dopo che si furono preparati per il servizio, iniziarono gli scatti. Io mi sedetti a un lato della sala, e mandai un messaggio a Lola e Claire per raccontare loro tutto. Lola, in risposta, mi mando una fotografia che ritraeva me e Matt Lewis, seduti al tavolino di un bar, ridere beatamente. Mentre Claire mi scrisse semplicemente “Il web è invaso da foto tue e di Matt”.
Aprii internet e scrissi il nome del ragazzo, e subito comparirono tantissime foto che ci ritraevano insieme. Sorrisi.
Cominciai a prestare attenzione al servizio fotografico. Matt era bellissimo, ed era super sexy mentre posava. Tra uno scatto e l’altro mi veniva vicino. Anche gli altri erano molto gentili con me, soprattutto Emma.
Si fermarono per poco per il pranzo, e andammo tutti insieme ad un bar lì vicino. Poi, ripresero, e finirono solo alle sei di sera.
Quando uscimmo dall’edificio, chiamammo un taxi, salutammo gli altri e ci facemmo lasciare davanti a casa mia.
 
 
- Grazie per la bella giornata – mi disse.
- Grazie a te, Kat – sorrisi – Mi dispiace per l’inconveniente del servizio fotografico -.
- Non preoccuparti, mi sono divertita -.
Sorrisi di nuovo. Avrei davvero voluto baciarla. Era lì, a pochi centimetri da me, che magari aspettava la stessa cosa. Ma ero come pietrificato.
- Ci sentiamo, Matt – sorrise, e fece per entrare nel palazzo, ma io la bloccai, prendendole la mano.
Si girò di scatto verso di me con aria sorpresa, facendo fluttuare i suoi lunghi capelli biondi.
Non avevo mai toccato la sua pelle, e il contatto scatenò come una scossa. Lei guardava la sua mano, chiusa nella mia. E io guardavo lei, perfetta come sempre, bellissima, divertente, semplice.
- Domani possiamo vederci? – chiesi, sciogliendo la presa intorno alla sua mano..
- Mi farebbe davvero piacere, Matt – sorrise.
- Ti chiamo – le dissi.
Lei annuì e sorrise. Senza pensarci, la accolsi in un tenero abbraccio. Lei ricambiò immediatamente. Sentivo il battito accelerato del suo cuore, proprio come il mio, e solo allora capii che lei provava quello che provavo io.
Non avrei mai voluto sciogliere quell’abbraccio, ma dovetti. La salutai e aspettai che fosse scomparsa dentro all’ascensore prima di prendere un taxi e tornare a casa.
 
 
Non riesco a spiegare cos’ho provato quando mi ha abbracciata. Come se mi avesse trasmesso ciò che sentiva. Anche senza dirlo a parole, il suo battito accelerato diceva ciò che nemmeno le parole riuscirebbero mai a dire.
Quella sera mi addormentai presto, appena ebbi inviato un corto, ma significativo messaggio.
 
 
Lo schermo del cellulare si illuminò, e lessi: “Grazie di tutto, Matt”.
Sorrisi, e le risposi.
Quello che provavo non poteva essere espresso a parole. In una giornata, le persone normali sono troppo prese da impegni di routine per accorgersi di quello che succede attorno a loro, non hanno il tempo per fermarsi a riflettere su quello che provano.
Io il tempo l’ho trovato, ed ho capito una cosa molto importante: l’amore non è complicato come dicono alcuni. L’amore è la cosa più semplice del mondo, perché basta uno sguardo o un abbraccio per esprimere ciò che le parole non riescono a dire.
Ormai ne ero certo: ero davvero innamorato di lei.



SPAZIO AUTRICE

Ultimamente ho molta ispirazione, così proseguo con la storia.
Spero che vi piaccia anche questo terzo capitolo :3
Siete incuriositi, eh?

Recensite numerosi, e fatemi sapere i vostri commenti sulla storia.
Baci,

Sindy xx

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Capitolo 4
*** La persona giusta ***


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Capitolo 4
La persona giusta

 

Mi svegliai prestissimo quella mattina, così decisi di recarmi a Central Park per una corsetta. Per tutto il tempo, non feci altro che pensare a Kat. E’ una cosa straordinaria come una singola persona possa fare provare sentimenti tanto forti, capaci di riempire mente e cuore, come se non esistesse nient’altro.
Quando rientrai a casa, era quasi mezzogiorno. Mi buttai sotto la doccia e poi mi scaldai una pasta surgelata nel forno a microonde.
Non so perché, ma non avevo molta fame. Kat non mi aveva ancora scritto, ed io ero agitato. Avevo paura che non lo facesse, che non gli interessassi poi così tanto.
Non riuscivo a pensare ad altro che a lei.
Mentre riflettevo su queste cose che mi tormentavano, il telefono iniziò a vibrare nella mia tasca. Il mio cuore iniziò a battere forte, ma le mie speranze si infransero leggendo il mittente della chiamata: Evanna, la mia migliore amica.
- Si? – risposi, con voce cavernosa.
- Matt, anche per me è un piacere sentirti – fece lei, retorica.
- Diciamo che non eri la persona che aspettavo di sentire -.
- Oh, sei depresso? – rise – Esci con me oggi, così mi racconti tutto -.
Ci pensai un po’, ma poi acconsentii.
Avevo davvero bisogno di avere un parere femminile, e soprattutto uscire di casa e non pensare per due secondi al fatto che la ragazza di cui ero innamorato non si era ancora fatta sentire.
Mi preparai in fretta e uscii di casa.
 
 
Quando sono in ansia per qualcosa, mi immergo nella mia stupenda vasca da bagno piena di schiuma profumata insieme a una bottiglia di Champagne e una scatola di cioccolatini.
È proprio lì che ero in quel momento. Matt non si era fatto sentire, ma parecchie foto l’avevano ritratto correre in Central Park quella mattina.
Non gli interessavo più di tanto, a quanto pare. Così, per scacciare quei brutti pensieri, un bagno rigenerante non mi avrebbe di certo guastata.
Stavo addentando un buonissimo pasticcino alla crema, quando il telefono iniziò a squillare. Il mio cuore iniziò a martellare, e solo quando lessi il nome del mittente si tranquillizzò, deluso: Lola.
- Pronto? -.
- Ciao, Kat – mi salutò – Tutto ok? -.
- Sono nella vasca da bagno con i pasticcini -.
- Non ti ha ancora chiamata, vero? -.
- Esatto -.
- Dai, esci con me e Claire per un po’ di shopping – buttò lì lei – Ci divertiamo -.
Ci pensai un po’, ma poi acconsentii.
Avevo davvero bisogno di avere un parere dalle mie migliori amiche, e soprattutto di uscire di casa e non pensare per due secondi al fatto che il ragazzo di cui ero innamorata non si era ancora fatto sentire.
Mi preparai in fretta e uscii di casa.
 
 
Evanna mi trascinò senza sosta dentro un numero esorbitante di negozi, e in ognuno si provava sei o sette vestiti, per poi non comprarne nemmeno uno. Mentre lei entrava nei camerini, io continuavo a controllare il cellulare, per vedere se Kat mi cercava, ma nulla.
- Ehi, Matt – disse Evanna, sbucando dalla tenda del camerino – Mi sta bene questo? -.
Alzai gli occhi al cielo – Certo Evanna, ti sta d’incanto. Come gli altri cinquanta che hai provato -.
Lei scoppiò a ridere e rientrò nel camerino. Scossi il capo e spostai il mio sguardo verso la porta d’ingresso del negozio, che tre ragazze stavano varcando per entrare. Una di loro, era Kat.
- Evanna! – tuonai, tra i denti.
- Che c’è? – chiese lei, sbucando con la testa.
- C’è Kat -.
- Che bello – esclamò, entusiasta – Vai da lei -. E rientrò nel camerino.
Iniziai a tremare, e senza pensare mi nascosi dietro una colonna, di fianco al camerino dove la mia migliore amica si stava vestendo. In quel momento, mi sentii abbastanza stupido.
- Lewis? – mi chiamò, non appena uscì – Dimmi che non ti sei nascosto qui dietro -.
Uscii dal mio patetico nascondiglio con aria colpevole.
- Cos’hai, cinque anni? – sbottò lei – Vai da lei e non fare il bambino -.
Evanna si avviò a passo spedito verso la cassa del negozio, e io feci lo stesso verso il punto in cui Kat stava osservando un bellissimo vestito bordò, insieme alle sue amiche.
Mi schiarii la gola, e le tre ragazze si voltarono di scatto verso di me.
- Ciao, Kat – sorrisi.
Il suo viso, dapprima turbato, si aprì in uno smagliante sorriso.
 
 
I miei occhi si illuminarono non appena lo vidi lì, a pochi passi da me.
- Ciao, Matt – ricambiai.
Lola guardò Claire con fare complice ed esclamò, indicando qualcosa – Oh, guarda che bel vestito quello -.
Così, si dileguarono nella parte opposta del negozio.
- Che ci fai da queste parti? – chiesi, controllando la taglia del vestito.
- Sono con Evanna – spiegò, facendo un cenno all’amica, che stava pagando alla cassa.
- Che bello – sbottai, alzando un sopracciglio, che mi dava un’aria forse troppo sarcastica.
Il fatto che fosse insieme a Evanna mi turbava, soprattutto perché, a quanto pare, lui aveva preferito uscire con lei che chiamare me.
Lui sembrò capire che mi passava per la testa, anche perché il fastidio che provavo era evidente.
- Sei gelosa? – mi chiese, guardandomi negli occhi.
- Io? – feci finta di niente.
In risposta, lui scoppiò a ridere. Lo guardai per qualche secondo con sguardo serio, poi lo seguii nella risata. Afferrai il vestito bordò, dopo aver scelto la taglia adatta, e feci per andare verso il camerino.
- Vieni a consigliarmi? – chiesi.
- Certo -.
Entrai e infilai il corto tubino di raso senza spallini, e abbinai un decolté dello stesso colore. Quando uscii dal camerino, gli occhi di Matt iniziarono a brillare. Lo guardai con un gran sorriso e gli chiesi – Come sto? -.
- Sei bellissima -.
Arrossii lievemente. Evanna Lynch si avvicinò a noi.
- Ti sta benissimo – mi disse – Ciao, Kat -.
- Ciao – ricambiai – Grazie -.
Lei sorrise e disse a Matt – Bè, ora te la cavi da solo, vero? -.
Lui annuì, la abbracciò e lei, dopo averci salutati, uscì dal negozio.
Anche le mie amiche, dopo avermi praticamente costretta ad acquistare il vestito, ci salutarono e uscirono dal negozio.
Pagai abito e scarpe e uscii insieme a Matt. Iniziammo a passeggiare per le strade affollate di New York.
- Come mai non mi hai chiamata? – chiesi.
Lui sembrava sorpreso – Pensavo che mi chiamassi tu -.
- Oh – feci io – Tu mi avevi detto che mi avresti chiamata -.
Si rabbuiò, e poi assunse un’aria desolata – Kat, che idiota. Non sai quanto mi dispiace -.
- Matt, non preoccuparti -.
Finalmente, avevo capito il motivo del perché non mi aveva cercata, ed ero più tranquilla. Avevo anche capito che provava qualcosa per me.
Entrammo in Central Park e ci sedemmo vicino alla fontana, dopo aver preso un buon caffè.
- Domani sera c’è un evento, una specie di galà – iniziò Matt – E quel vestito ti donerebbe moltissimo, accanto a me sul redcarpet -.
Strabuzzai gli occhi, e poi la mia gioia esplose in un sorriso gigantesco – Davvero? -.
- Mi farebbe molto piacere, Kat -.
- E come mi presenterai ai giornalisti? -.
 
 
Quella domanda mi spiazzò. Non sapevo cosa risponderle. Probabilmente lei sperava che in quel momento la baciassi e sussurrassi un magico “La mia nuova ragazza”, ma non mi sembrava il momento e il luogo adatto, tra mille occhi curiosi in un parco pubblico.
- Consideralo un appuntamento – dissi solo.
A lei bastava, perché sorrise come non l’aveva mai fatto. Leggevo la gioia nei suoi occhi, la felicità dell’aver capito di essere amata. Il suo sogno di ragazza si era realizzato, perché aveva trovato in me la persona giusta. Ed era esattamente ciò che io avevo trovato in lei.
Ero davvero innamorato di Kat, e non riuscivo davvero a non pensare a lei, nemmeno per due secondi. Lei era diventata il centro del mio mondo, tutto ciò che mi bastava.
Camminammo parecchio, quel pomeriggio. Solo verso le sei di sera, la riaccompagnai a casa.
- Ti passo a prendere alle sette, domani sera – le dissi, prima di lasciarla andare.
- Perfetto – sorrise lei, entusiasta.
Prima che potesse dire qualcosa, le scoccai un dolce bacio sulla guancia. Lei mi strinse in un abbraccio. Nessuno dei due aveva l’intenzione di scioglierlo, così rimanemmo stretti per parecchi minuti.
Poi, Kat sciolse l’abbraccio, mi salutò e sparì nell’ascensore. Così, tornai a casa e mi addormentai subito, senza nemmeno cenare.
Ero davvero felice: avevo finalmente trovato la persona giusta per me.
 
 
Non appena salii in casa, corsi sotto la doccia e mangiai un boccone, mi stesi a letto e mi addormentai subito.
Dovevo scaricare l’adrenalina accumulata quella giornata.
Ero davvero felice: avevo finalmente trovato la persona giusta per me.



SPAZIO AUTRICE

Buongiorno a tutti! 
Spero che la storia non vi stia annoiando, ma al contrario vi stia appassionando molto :3
Continuate a seguire e recensire la mia storia.

Baci

Sindy xx

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Capitolo 5
*** Io e lei ***


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Capitolo 5
Io e lei

 

Quando mi svegliai, rimasi lì, stesa. Guardai fuori le grandi finestre della mia camera: il sole batteva sui tetti dei grattacieli. New York era bellissima.
Non volevo alzarmi. Afferrai il telefono e digitai il numero di Matt. Avevo troppa voglia di sentirlo, così non resistetti a chiamarlo.
- Pronto? – risposte lui, con voce assonnata – Kat? -.
- Buongiorno – risi – Ti ho svegliato? -.
- No, non preoccuparti. Tutto ok? -.
- Avevo voglia di sentirti -.
- Anche io. Oggi cosa fai? -.
- Mi preparo per l’evento, ovviamente -.
- Tutto il giorno? – rise.
- Tra due ore arriva il mio staff -.
- Molto professionale -.
Scoppiai a ridere.
Non vedevo l’ora che arrivasse quella sera. Sarei stata al fianco di Matt tutto il tempo, tra personalità di spicco e celebrità. La Notte delle Star, così si chiamava l’evento, è un importante evento di beneficenza, il cui ricavato viene devoluto ai paesi sottosviluppati, in particolare India e Brasile.
Era un evento irraggiungibile ad ogni fans, perché i bodyguard li tenevano a distanza, dall’altra parte della strada, essendo il galà pieno di personalità importanti. Solo gli accompagnatori delle celebrità potevano entrare, ed io ero nella lista.
- Non vedo l’ora di vederti, stasera – disse lui, interrompendo i miei pensieri.
- Anche io, Matt -.
- Sarai la più bella di tutte -.
Scoppia di nuovo a ridere – Non esagerare -.
- Non è un’esagerazione, Kat – commentò – Sei davvero la più bella di tutte -.
- Sei dolce -.
Immaginavo che stesse gongolando. Purtroppo, dovevo staccare il telefono e buttarmi nella vasca per un bagno rigenerante, prima dell’arrivo di Lola, Claire e una loro amica parrucchiera e truccatrice.
Così, salutai Matt e, poco dopo, mi immersi totalmente nella vasca, tra la schiuma rosa.
 
 
Quel mattina, Tom mi aveva costretto ad andare insieme a lui a giocare a tennis. Così, ci recammo al club in cui lui era iscritto ed iniziammo la partita. Mentre giocavamo, parlavamo del più e del meno.
- Tu e Jade? Tutto risolto? – chiesi, mentre colpivo la pallina con più forza che avevo.
- Si, grazie – disse, rimandandola indietro – Sono i soliti inutili litigi -.
- Quindi, immagino di vedervi insieme stasera -.
- Immagini bene – sorrise – E tu? -.
- Io cosa? -. Segnai punto.
- Fottiti, Matt – sbottò – Comunque, con chi verrai stasera? -.
Lo guardai – Kat -.
- Oh, giusto – disse, battendo – Tu e la tua anima gemella -.
Risi, ribattendo indietro la pallina e segnando un altro punto – Sono troppo forte per te, Felton -.
Lui alzò gli occhi al cielo e batté la pallina nuovamente.
- Cosa non ti piace di Kat? – chiesi.
- Non ho niente contro di lei, Matt – rispose – Ma contro di te -.
- Che ho fatto? -.
- Com’è possibile sapere di amare una persona dopo nemmeno un giorno che la conosci? -.
- Non lo so – ammisi – Ma so che la amo -.
E dicendo quello, segnai il punto finale, che mi fece vincere la partita.
- Datti all’ippica – gli dissi – Il tennis non è il tuo sport -.
In risposta, lui mi tiro la sua sacca in testa, e poi scoppiò a ridere.
 
 
Le porte dell’ascensore si aprirono, ed entrarono Lola, Claire e Scarlett, una loro amica di liceo. Le tre, portavano una valigia ciascuna.
Appoggiarono i loro attrezzi in soggiorno. Scarlett mi fece sedere sulla poltroncina pieghevole che aveva con sé, ed iniziò ad asciugarmi i capelli, ancora bagnati.
Intanto, Claire e Lola preparavano i trucchi.
- Allora – iniziò Scarlett – Si fa sul serio con Matt Lewis? -.
- E’ quello che spero – risi – Fino ad ora sembra che voglia fare sul serio -.
- Ti ha già baciata? -.
- No – fecero Lola e Claire.
Le guardai torva, e scoppiammo tutte a ridere.
- Magari stasera – mi tranquillizzò Scarlett.
- Non credo, ci saranno paparazzi ovunque – spiegai.
- Niente di meglio che una dichiarazione pubblica, no? -.
Feci spallucce e sorrisi.
Dopo circa un’ora, i miei capelli erano pronti. Mi guardai allo specchio: erano stupendi. Aveva raccolto i miei lunghi e lisci capelli in uno chignon disordinato, ma semplicemente perfetto, lasciando alcuni ciuffi liberi cadermi sul viso.
- Ti piace? – chiese, titubante.
- E’ bellissimo – dissi, ammirata.
Lei ne fu davvero felice.
Poi, iniziarono a truccarmi. Lola mi spalmava lo smalto, mentre Claire e Scarlett mi pitturavano la faccia.
A lavoro compiuto, il mio viso era più splendente che mai. Ero davvero perfetta per la serata. Lola mi passò abito e scarpe, e mi aiutarono ad infilarli, per non rovinare nulla del lavoro compiuto quel pomeriggio.
- Matt Lewis ci rimane secco quando ti vede – rise Scarlett – Sei bellissima -.
- Grazie -.
- Facci una giravolta – mi prese in giro Lola. La accontentai, e scoppiammo tutte a ridere.
Iniziarono a mettere in ordine, obbligandomi a stare seduta per non rovinare trucco e manicure. Erano quasi le sette, Matt sarebbe arrivato a minuti.
Il mio cuore iniziò a martellare, e non riuscivo a stare ferma.
- Guai se ti tocchi le unghie – tuonò Lola, conoscendo il mio difetto di mangiucchiarle quando sono agitata.
Cercai di non pensare al fatto che, da un momento all’altro, sarebbe arrivato Matt. Stavo prendendo lunghi respiri, mentre Claire mi faceva aria con un giornale.
All’improvviso, la porta dell’ascensore si aprì, e uscì Matt, in tutto il suo splendore. Indossava un raffinato completo elegante, e non appena mi guardò negli occhi, il suo viso si illuminò e si aprì in un gran sorriso.
 
 
Era bellissima. Seduta su quel divano di tessuto panna, in preda ad un attacco di panico mentre mi aspettava, con i lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon, quel vestito perfetto, come lei, perfettamente truccata, perfettamente meravigliosa.
Non appena mi aveva visto, il suo viso si era come illuminato, il suo sorriso era scoppiato nel suo viso, facendomi provare una scossa elettrica.
- Ciao, Kat – sorrisi – Ragazze -.
In risposta, le tre amiche mi salutarono con la mano, emozionate.  
Kat si alzò dal divano e mi raggiunse.
- Ragazze, ci pensate voi? – chiese alle sua amiche, indicando il disordine che si era creato nel suo salotto.
- Facciamo tutto noi, non devi preoccuparti di nulla – sorrise una di loro  – Solo a divertirti -.
- Grazie ragazze – disse Kat – Soprattutto a te, Scarlett. Sei stata bravissima -.
La ragazza con i capelli rossi sorrise e abbracciò Kat.
Poi, le salutammo e salimmo in ascensore.
- Sei bellissima – sospirai, ammirato.
- Anche tu -.
Quelle parole mi fusero il cervello. Era la prima volta che me lo diceva, e sentirlo uscire dalla sua bocca, era la cosa più dolce del mondo. Ero davvero felice.
Uscimmo dall’ascensore e il portiere ci aprì la pesante porta di vetro che dava sul marciapiede, dove parecchi paparazzi erano già pronti per scattarci fotografie. Il mio autista aprì velocemente la portiera della limousine e ci fece entrare, cercando di tenere lontani i fotografi. Poi, mise in moto e partimmo.
 
 
Non potevo credere di essere sul retro di una limousine al fianco di Matt Lewis.
Lui estrasse una bottiglia di Champagne e due calici dal frigobar della vettura, li riempì e me ne porse uno.
- A cosa brindiamo? – chiesi.
- A te… - iniziò – E me -.
Sorrisi e toccai appena il suo calice con il mio, poi bevvi il vino. Anche lui fece lo stesso.
Poco dopo, l’autista si mise in fila dietro altre limousine che a turno accostavano vicino al marciapiede. Il mio cuore iniziò a battere forte. Qualche minuto dopo, accostammo accanto al marciapiede, e un addetto dello staff aprì la portiera vicino a Matt. Lui mi guardò e io sorrisi. Scese dalla limousine e mi porse la mano. Le fans urlavano dall’altra parte della strada, e quando scesi io i fotografi iniziarono a scattare a più non posso. Matt mi cinse il fianco e ci mettemmo in posa per i fotografi. Sorridevo, smagliante, e fissavo gli obbiettivi, posando con eleganza.
Quando arrivò un’altra limousine, entrammo nel palazzo, lasciando spazio a Ian Somerhalder e Nina Dobrev sul redcarpet.
Non appena entrammo nella grande sala del galà, mille occhi si puntarono su di noi, e altri fotografi arrivarono, pronti a scattare.
- Matt! – esclamò Tom, non appena ci adocchiò.
Con lui c’era una bellissima ragazza bruna dai lineamenti fini ed eleganti: Jade Olivia Gordon, la fidanzata di Tom.
Li raggiungemmo all’istante, e Matt mi presentò a Jade, che sembrò subito molto cordiale.
Dopo che tutti le celebrità furono in sala, il presentatore della serata ci pregò di accomodarci ai rispettivi tavoli. Così, trovammo il nostro posto in una piantina nell’ingresso, e ci sedemmo. Insieme a noi c’erano anche Emma e il suo fidanzato Will, e Bonnie insieme a Daniel.
- Buona serata a tutti – annunciò il presentatore – Per me è un onore essere qui stasera e presentare la Notte delle Star -.
Seguì un lungo applauso, che lui accolse con fare lusinghiero.
- Tra poco, vi saranno servita la cena. Ma prima vorrei chiamare qui sul palco il cast di Harry Potter, per ringraziarli della grande donazione che hanno fatto alla nostra associazione -.
Un altro lungo applauso, e Matt, Tom, Emma, Bonnie e Daniel si alzarono dal tavolo e salirono sul palco. Il presentatore li incoraggiò a dire qualcosa. Matt si avvicinò al microfono.
- Buonasera a tutti – iniziò, abbastanza imbarazzato – Non abbiamo deciso di fare questa donazione per colpire fans e critica, non ne abbiamo bisogno -.
Un coro di risate si levò dalla platea.
- Quando Bonnie è tornata dal Senegal, ci ha raccontato in che condizione di estrema povertà vive la gente, e ci ha fatto vedere un video che mostra come siano critiche le condizioni. Non parlo solo del Senegal, ma di tutti i paesi del Terzo Mondo – continuò Matt – Siamo rimasti colpiti da questa grande povertà che si contrappone al lusso e allo sfarzo di tutto ciò che ci circonda, e per questo motivo abbiamo deciso, insieme a Jo e David, di donare una parte degli incassi dell’ultimo film all’associazione che è qui stasera -.
Altri applausi. Io applaudivo a più non posso, e gli sorridevo. Bonnie sussurrò un “grazie a tutti”, e scesero dal palco. Mi complimentai con loro, e mi interessai alla campagna di Bonnie in Senegal.
Iniziarono le portate, e noi chiacchieravamo beatamente e ridevamo a più non posso. Matt aveva un braccio sullo schienale della mia sedia, e il suo profumo mi invadeva le narici. Mi guardava spesso, e io gli sorridevo.
Finita la cena, il presentatore tornò sul palco.
- Per concludere in meglio la serata, la nostra band – annunciò, indicando un gruppo che era appena salito sul palco – Suonerà per noi un dolcissimo lento. Prego -.
Una lenta melodia iniziò a risuonare nella sala. Molte celebrità si alzarono dai tavoli e iniziarono a ballare. Matt mi sorrise e mi porse la mano. Mi portò al centro della pista, mi abbracciò e tutto il mondo sembrò scomparire.
 
 
C’eravamo solo io e lei. Io e Kat, abbracciati, uniti nel nostro amore. Il mio cuore batteva all’impazzata, quasi quanto il suo. Sentivo il suo respiro affannato sfiorarmi delicatamente il collo.
Avevo una mano nella sua, mentre con l’altra le accarezzavo la schiena.
- Sei bellissima – le sussurrai.
- Anche tu, Matt -.
- Kat? -.
Lei alzò la testa, che prima era appoggiata sulla mia spalla, e mi guardò negli occhi. Era il momento giusto, dovevo farlo. Una distanza di pochi centimetri separava le nostre labbra. Anche lei voleva quello che volevo io, ma come me era impietrita, non riusciva a muoversi.
Dannazione, Lewis, fallo. Muovi la testa verso di lei e baciala. Ora.
In un battito di ciglia, appoggiai le mie labbra sulle sue, eliminando la distanza che ci separava. Iniziai a baciarla con dolcezza, accarezzandole il viso.
Non so spiegare quello che ho provato. Le sue labbra erano morbide sulle mie, stavo sognando. Lei sorrise e mi guardò negli occhi, e io feci lo stesso con lei. Quegli occhi azzurri, quegli occhi meravigliosi.
- Ce l’hai fatta, Lewis – rise.
- E lo faccio ancora -.
Detto quello, la baciai ancora, e ancora, e ancora. Il cuore mi stava esplodendo nel petto. La amo, come non ho mai amato nessun’altra.
C’eravamo solo io e lei.


SPAZIO AUTRICE

Ok, mi sono autocommossa mentre scrivevo :'3
Abbiate pietà di me.
Comunque, spero che vi sia piaciuto, e spero di ricevere taaante recensioni.
Grazie a tutti quelli che hanno recensito i capitoli precedenti ;)

Baci,

Sindy xx
 

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Capitolo 6
*** Ho sentito che mi ero innamorato di te ***


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Capitolo 6
Ho sentito che mi ero innamorato di te

 

Aprii gli occhi di scatto, e la luce del sole mi accecò. Richiusi gli occhi e mi girai nel letto, ed urtai contro qualcosa. Così, aprii di nuovo gli occhi, e sorrisi. Matt Lewis dormiva accanto a me.
Dopo l’evento, eravamo andati a casa sua, e ci eravamo addormentati dopo poco.
Lui aprì gli occhi e mi fissò, poi mi prese il viso tra le mani e mi baciò con dolcezza.
- Buongiorno – mi sorrise, per poi baciarmi ancora.
- Buongiorno -.
Mi prese tra le braccia e io appoggiai la testa sul suo petto, e lui iniziò ad accarezzarmi i capelli. Il suo profumo mi inondava le narici, e le sue braccia muscolose erano così forti e protettive, così che io mi sentivo al sicuro. Lo guardai negli occhi e mi persi in quel verde intenso, e lui sorrise. Quel suo solito sorriso così perfetto che mi piaceva tanto.
- Cos’è quella faccia? – chiesi.
- Quale faccia? – disse lui, allargando di più il sorriso.
- Quella faccia – risi, indicando la sua bocca.
- Sono felice -.
A quelle parole, gli accarezzai la guancia e lo baciai con passione.
- Ho in serbo qualcosa di molto speciale per te – mi disse, dopo aver interrotto il bacio.
Lo guardai con aria interrogativa.
- Ti dico solo che stasera ti passo a prendere alle otto -.
- E dove mi porta, signor Lewis? -.
- Oh, è una sorpresa – e mi fece l’occhiolino.
- Non puoi farmi questo! – esclamai – Non esiste un abito da sorpresa -.
Lui scoppiò a ridere e si coprì la faccia con il cuscino.
- Che c’è da ridere? – tuonai, prendendo il cuscino e lanciandolo dall’altra parte della stanza.
- Sei buffa – sorrise. Mi presi il viso tra le mani e mi baciò dolcemente. Era bellissimo, ed ora era finalmente solo mio.
- Ti prego, Matt – sbuffai – Dammi un indizio -.
- No – sorrise, furbo – Ho già pensato a tutto. Mi serve solo che tu non ti preoccupi di niente -.
Alzai gli occhi al cielo, ma poi mi sciolsi di fronte alla sua dolcezza infinita. Lo baciai di nuovo e sussurrai tra i denti – Sei bellissimo -.
- Anche tu -.

 
 Kat se ne andò dal mio attico verso mezzogiorno. Mangiai uno spuntino al volo, mi vestii e uscii di casa. Dovevo incontrare Evanna ed Emma davanti a un negozio di abbigliamento tra i più famosi lì a New York. Quando arrivai lì davanti, le mie due amiche stavano firmando autografi ad un gruppetto di ragazzine.
- Ciao, Matt – sorrise Emma, salutandomi con la mano.
Tutte le ragazzine voltarono la testa di scatto verso di me.
- Oh mio Dio – esclamò una.
- Sei super bello – rise un’altra.
- Ma sei fidanzato? – chiese stupita un’altra ancora.
- Calma, ragazze – dissi – Grazie per il complimento. Comunque, si -.
- Te l’avevo detto – sbottò una di loro alle altre.
Feci un sorriso imbarazzato, e dopo aver fatto alcune foto con loro trascinai Emma ed Evanna dentro al negozio.
- Innanzitutto – iniziò Emma, l’esperta di moda tra noi – Dove la porti? -.
- The View – sorrisi.
- Sul serio?! – esclamarono entrambe, eccitate.
Annuii. Camminavamo per il negozio, mentre loro mi indicavano alcuni vestiti, ma io li scartavo tutti. Erano davvero emozionate che io la portassi al The View.
- Cavolo, Matt – disse Evanna – Quello è uno dei più belli e romantici ristoranti di tutta New York. Si vede tutta la città, da lassù -.
- Grazie per avermelo ricordato, Evanna -.
Lei scoppiò a ridere. La sua risata fu interrotta dall’urletto entusiasta di Emma, impalata davanti ad un vestito meraviglioso.
- Questo -.
 
 
- Allora non sai dove ti porta? – mi chiese Lola, dall’altro capo del telefono.
- No – sbuffai – Non so proprio cosa mettermi -.
- Io direi tubino nero abbinato alle nuove Louboutin – mi consigliò – Non sbagli mai così -.
- Ma sembra che stia andando ad un funerale – commentai.
Lei scoppiò a ridere. Stavo per parlare, quando l’ascensore si aprì ed entrò il portiere, Alfred. Lo salutai con la mano, e feci segno di attendere.
- Lola, devo andare – dissi – Ti farò sapere -.
La salutai e riattaccai il telefono.
- Dimmi, Alfred -.
- E’ arrivato questo per te – sorrise, e mi porse una scatola abbastanza grande, su cui era appoggiato un biglietto, su cui era scritto a penna il mio nome da una scrittura che avrei riconosciuto anche ad occhi chiusi. Afferrai la scatola, ringrazia Alfred e mi sedetti sul divano. Lui, scomparì nell’ascensore.
Aprii il biglietto e lessi “Spero ti piaccia, e di vedertelo addosso stasera. Matt”.
Sorrisi, ed aprii la scatola. Automaticamente, sgranai gli occhi. Un bellissimo abito grigio chiaro, tendente al bianco perla, senza spallini, morbido e grazioso. Lo afferrai, e lo tirai fuori dalla scatola. Arrivava appena sopra al ginocchio. Era bellissimo.
Lo appoggiai sul divano e corsi nella vasca per il mio bagno rigenerante.
Quando uscii, mancava meno di un’ora alle otto.
Mi asciugai i miei lunghi capelli lisci, mi truccai ed infilai l’abito che mi aveva regalato Matt. Stavo benissimo. Infilai un paio di decolté che si abbinava perfettamente con quell’abito, afferrai la pochette color perla, che era appoggiata sul mio letto, e uscii dalla stanza. In quell’esatto istante, Matt sbucò dall’ascensore. Era bellissimo, e super elegante. Quando mi sorrise, il mio cuore iniziò a martellare come la prima volta che avevo incrociato i suoi occhi.
 
 
Era bellissima, come sempre. Il vestito le donava, e il sorriso smagliante impresso nel suo volto era una delle cose più belle che io avessi mai visto. I suoi occhi dolci mi scrutavano, protettivi e ammirati.
La raggiunsi, e per qualche secondo ci fissammo in silenzio, poi la baciai con passione. Lei ricambiò il bacio, e poi sorrise di nuovo.
- Ciao, Matt -.
- Ciao, Kat – ricambiai – Sei bellissima -.
- Anche tu -.
- Bel vestito – feci, ammirato – Chi te l’ha regalato? -.
Lei mi scrutò con fare serio, e poi scoppiò a ridere. Io la seguii nella risata. 
- Ti metti anche a fare il simpaticone? – sbottò, ghignando – E’ bellissimo, grazie -.
Mi baciò. La presi per mano e abbandonammo il suo attico. Una volta giunti nell’atrio del palazzo, il portiere ci salutò e uscimmo. I paparazzi erano già pronti a scattare fotografie, ma il mio autista cercò di allontanarli mentre salivamo in macchina. Poi, mise in moto e partimmo.
- Allora? – iniziò Kat, mentre sfrecciavamo per le strade di Manhattan – Posso sapere dove mi porti? -.
- Ti piacerà -.
- Dai, Matt – fece gli occhioni dolci.
- Ti dico solo che si vede bene, da là -.
Mi guardò per un po’ con aria interrogativa, ma mi girai dall’altra parte a guardare la strada. 
Dopo circa cinque minuti, l’autista accostò a Times Square, a Broadway. Kat sgranò gli occhi quando si rese conto dov’eravamo.
- The View?! – esclamò, entusiasta – Oddio, Matt -.
La baciai, sorridendo. Alcune ragazzine stavano facendo foto con i loro telefoni cellulare, e a breve sarebbero sicuramente arrivati i paparazzi, ma non mi importava. Perché ero con l’unica persona con cui volevo essere in quel momento. 
Le cinsi il fianco e, dopo aver salutato alcuni fans con la mano, entrai con lei nel grattacielo. Salimmo fino al trentaquattresimo piano, e non appena entrammo, fummo travolti da un buonissimo profumo di pesce. Una cameriera sulla trentina ci raggiunse immediatamente.
- Buonasera – disse – Signor Lewis -.
Io annuii e sorrisi a Kat. La cameriera ci fece strada verso un tavolo attaccato alla finestra, apparecchiato per due, al cui centro era posta una bellissima e fluttuante candela. 
- Ora vi porto il menù – sorrise, e sparì tra i tavoli.
La gente ci guardava con occhi curiosi. Ci sedemmo e la guardai negli occhi.
- Tutto ok? -.
- Sono felice, Matt – disse, aprendosi in un sorriso dolcissimo, e accarezzandomi la mano. 
Mi scompigliai i capelli, e la fissai guardarmi con desiderio. Risi.
- Fottiti, Lewis. Sai che non devi farlo -.
Scoppiai a ridere, e guardai fuori dalla grande vetrata. La cameriera tornò con due menù, li appoggiò delicatamente sulla tovaglia di tessuto bianca e, sorridendo, si dileguò. Kat studiava attentamente il foglio con le pietanze, e io la guardavo. Alzò gli occhi, distratta, ma poi notò che la fissavo.
- Che c’è? -.
- Sei buffa – risi – E bellissima -.
Lei accennò un sorriso, appoggiò il menù e fissò lo sguardo fuori dalla finestra, ammirando quel panorama mozzafiato. 
 
 
Non potevo credere di essere in quel bellissimo ristorante con l’uomo perfetto. Il posto trasmetteva un’atmosfera molto romantica: le luci soffuse, il profumo di pesce e Champagne, l’aroma di rosa e la musica in sottofondo. Per non parlare della vista eccezionale. Il locale è fatto in modo che i tavoli posti vicino alla vetrata, esattamente dov’eravamo noi, compino un giro completo, così da poter ammirare tutto il panorama dei Manhattan.
- Volete ordinare? – chiese un cameriere, che aveva appena raggiunto il nostro tavolo.
- Si, grazie – disse Matt – Cosa prendi? -.
- Un’aragosta contornata da verdurine, accompagnata da crostini ai gamberetti al limone -.
Il cameriere annotò sul suo palmare, e poi si voltò a guardare Matt, che disse solo – Come lei -.
Lui annuì e segno, poi chiese – Da bere? -.
- Una bottiglia di Champagne, grazie – disse Matt.
Il cameriere annuì di nuovo e scomparì nella cucina. Dopo poco, portò una bottiglia di Champagne ghiacciato, in un contenitore pieno di ghiaccioli. Ce lo versò nel bicchiere, poi si dileguò di nuovo.
Matt prese il suo calice e lo alzò. Lo imitai.
- A noi due – sussurrò, adagiando un bordo del suo bicchiere al mio.
Poi, in pochi sorsi, entrambi lo finimmo.
Fuori era già buio, e i palazzi illuminati troneggiavano davanti ai nostri occhi. Il ristorante girava sotto ai nostri piedi, ed era lo spettacolo più bello che io avessi mai visto.
Dopo una mezz’oretta, arrivò la nostra cena. Matt era buffo mentre mangiava la sua aragosta, e parecchie volte scoppiai a ridergli in faccia.
- Sei dolcissimo mentre ti sbrodoli – gli dissi, mentre di puliva la bocca dalla salsa.
- Non è divertente – sbuffò.
- Invece si, tantissimo. Pensa se i paparazzi ti vedessero ora -.
Lui mi fulminò con lo sguardo, ma poi sorrise, e io ricambiai.
Una bambina di sei anni, per mano a sua madre, si avvicinava furtivamente al nostro tavolo, e portava in mano un quadernino con una penna. Matt la guardò e le sorrise, e lei nascose il viso nella gonna della madre, che scoppiò a ridere.
- Dai, Carly – la incitò lei – Di cosa ti vergogni? -.
Matt si alzò dal tavolo, e si chinò accanto a lei – Ciao, Carly -.
La bimba lo guardò e arrossì di botto. Poi, gli buttò le braccia al collo e lo strinse forte. Era una scena dolcissima.
- Posso fare una foto con te? – gli chiese.
- Ma certo, tesoro -.
Lei sembrò molto soddisfatta dalla risposta di Matt. Si mise in posa e la madre scattò. Poi, guardo la foto e sorrise a trentadue denti. Prima di lasciarlo alzare, gli allungo il piccolo quadernino, e lui lo autografò.
- Grazie, Matt – sorrise lei, con le lacrime agli occhi.
- Prego, piccola -. Lui le scoccò un dolce bacio sulla fronte, la abbracciò e si risedette a tavola. La madre della bambina lo ringraziò e ci augurò una buona serata.
- Che dolce che era – sorrisi.
- Mi piacciono tanto le fans timide – disse, poi mi guardò – Un po’ come quella che ho davanti -.
- Ehi, io non ero timida – sbottai.
- Solo un pochino – fece lui, ironico.
- Come fai a sapere che ero timida, sentiamo? -.
- Dal fatto che, quando sono arrivato per firmare il tuo autografo, tremavi così tanto che hai fatto cadere il quadernino – rise.
- Te lo ricordi? – chiesi, ammirata.
 
 
La guardai negli occhi, e sorrisi.
- Come faccio a dimenticarlo? – sussurrai, dolcemente – Se tu non avessi fatto cadere quel quadernino, forse non avrei mai incontrato i tuoi occhi -.
Lei si spostò una ciocca di capelli dietro all’orecchio, e abbozzò un sorriso.
- Sai, Kat – continuai – Nell’esatto istante in cui ho immerso i miei occhi nei tuoi, ho capito che eri speciale -.
- Io ho sempre pensato che tu lo fossi, Matt -.
Richiusi la mia mano sulla sua, poi la fissai.
- In quell’esatto istante, ho capito che eri tu quella che volevo -.
Il suo sorriso si allargò nuovamente. 
- Sono davvero felice, Matt. Mi sento anche un po’ egoista, perché certe persone stanno male, soffrono, muoiono. E io sono talmente felice che… -.
Ma non terminò la frase. 
Il ristorante stava girando, e noi giravamo con lui. Era l’atmosfera adatta, il momento adatto.
- Kat? -.
- Si, Matt? -.
- Amo i tuoi occhi -.
Sorrise, e guardò la vista fuori dalla vetrata. Allungai una mano e le accarezzai il viso. Lei tornò a guardarmi.
- Vuoi sapere quello che ho sentito, quando ti ho vista la prima volta? – chiesi.
Lei annuì, con il sorriso stampato in viso e gli occhi luminosi, dolci e lucidi.
- Ho sentito che mi ero innamorato di te -.
Lei sorrise, ed io ebbi la conferma che anche lei provava lo stesso per me.
 



SPAZIO AUTRICE


Scusate se ci ho messo così tanto, ma la scuola è ricominciata e sono piena di studio fino al midollo D:
Spero che questo capitolo vi appassioni, è molto dolce :3

Baci,
Sindy xx

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Capitolo 7
*** Ci siamo solo noi due ***


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Capitolo 7

Ci siamo solo noi due
 

I giorni passavano, così come i mesi. Erano quasi otto mesi che io e Matt stavamo insieme, e la mia vita era perfetta.
Matt mi aveva aiutata a trovare un impiego che mi potesse fruttare abbastanza soldi per mantenermi da sola: mi avevano assunta come assistente in un importante studio fotografico, lo stesso in cui Matt mi aveva portata per il suo servizio con il cast. Già dal primo scatto, il signor Finnant, il fotografo, aveva trovato in me un potenziale che mi avrebbe portata ad avere una vera carriera nel mondo della fotografia. Inoltre, grazie a quell’impiego, avrei potuto incontrare moltissime celebrità che ammiravo.
 
L’inverno era passato, e finalmente New York non era più appesantita da un freddo pungente, ma l’aria fresca e primaverile, contornata da un cielo azzurro splendente, era attraversata da una lieve brezza che scompigliava i capelli e rinfrescava il viso.
Una tiepida mattina primaverile, verso mezzogiorno, squillò il mio cellulare e mi svegliai di botto.
- Pronto? – feci con aria ancora assonnata, mettendomi a sedere.
- Ciao tesoro, stavi ancora dormendo? Ti ho svegliata? – la voce allegra e pimpante di mia madre mi diede uno scrollone.
- Tranquilla – sospirai – Tutto bene? -.
- Oh, si – disse lei, entusiasta – Io e tua sorella siamo in aeroporto -.
- Cosa? – chiesi, confusa. Mi alzai dal letto e mi recai in cucina.
- Veniamo a trovarti – rispose lei, più felice che mai.
- Sorpresa – ululò Melissa in sottofondo.
- Wow, che bella sorpresa – commentai, non troppo entusiasta, ma mia madre sembrò non badarci.
- Tesoro, devo lasciarti,stiamo entrando in aeroporto. Il nostro volo parte verso le tre. Saremo a New York verso l’ora di cena -.
- Verso l’ora di cena di nonna Alison, intendi – la corresse mia sorella, e poi aggiunse – Kat, saremo lì per le sette -.
- Perfetto, sarò lì. Buon viaggio – e riattaccai.
Mi feci cadere sulla sedia e contemplai i fiori di rosa sul tavolo, che Matt mi aveva regalato il giorno precedente. I miei pensieri furono interrotti dal rumore dell’ascensore che si apriva, e dall’arrivo del mio ragazzo, che portava in mano tre sacchetti contenenti cibo e bevande.
- Ehi, tutto ok? – mi chiese Matt, notando la mia espressione persa.
- Mia madre e mia sorella saranno a New York tra meno di mezza giornata -.
- E’ fantastico, no? – sorrise lui, disponendo sulla tavola due panini appena sfornati da Mc Donalds, delle patatine fritte e due bicchieri di coca-cola.
- Non proprio – alzai un sopracciglio, e addentai un pezzo del mio panino.
Lui mi guardava con aria strana, e non capiva perché non fossi entusiasta di vedere la mia famiglia.
 
 
Mi lesse nel pensiero.
- Mia madre è molto, troppo invadente. Vorrà vedere tutto, conoscere tutto e tutti. Mia sorella ha la puzza sotto il naso, e non approva la mia decisione di essermi trasferita qui da sola. Bastano come motivazioni? -.
Il suo bellissimo viso era lacerato da tanta preoccupazione. Avvicinai la mia sedia alla sua e le presi il viso tra le mani, accarezzandolo dolcemente.
- Stai tranquilla, ok? Andrà tutto bene, vedrai – le sorrisi, baciandola – Tua madre troverà New York una città meravigliosa, e tua sorella capirà perché hai preso questa decisone -.
Lei annuì e si rilassò un po’. I suoi muscoli, prima molto tesi, si rilassarono.
- A che ora arrivano? – chiesi, bevendo un sorso della mia coca-cola.
- L’aereo arriva alle sette – rispose, addentando una patatina.
- Vuoi che ti accompagno in aeroporto? -.
Lei alzò lo sguardo dal piatto e mi guardò negli occhi, poi si lasciò finalmente andare in uno di quei suoi sorrisi perfetti, di cui mi ero innamorato.
- Allora, ti va? -.
- Certo che mi va – sorrise nuovamente, ma poi tornò seria per un attimo – Matt, non sei preoccupato di non piacergli? -.
Sorrisi – Kat, ascolta, non mi importa di quello che dicono gli altri, mi importa solo quello che dici tu. Perché ci siamo solo noi due -.
Abbandonò il suo panino e corse tra le mie braccia, baciandomi con dolcezza e delicatezza, e accarezzandomi i capelli.
Era meravigliosa, ed ero davvero fortunato ad aver trovato una ragazza come lei, perché, grazie a lei, ero davvero felice.
 
 
Continuavo a controllare l’orologio, dopo che Melissa mi aveva scritto che l’aereo stava per decollare. Avevo paura di quello che avrebbero potuto dire sulla mia nuova vita, e soprattutto su Matt.
La mia famiglia non era mai venuta a trovarmi, qui a New York, perché durante le vacanze di Natale ero stata io a tornare a casa.
Prima di uscire, indossai un morbido abitino a fiori, e ai piedi dei tronchetti marroni. Afferrai il bauletto dello stesso colore delle scarpe e uscii dall’attico insieme a Matt. Un taxi parcheggiato davanti al palazzo ci attendeva. Salimmo e gli comunicammo la nostra destinazione. Ero tesa, e Matt chiuse la sua mano sopra la mia per farmi sentire meglio.
Il taxi accostò davanti all’ingresso dell’aeroporto, un enorme edificio composto di vetrate. Scendemmo dalla vettura e lo pregammo di attenderci per il ritorno. Entrammo, e centinaia di persone si muovevano a passo veloce, tirandosi dietro pesanti valigie. Molti fissavano incuriositi me e Matt, e ci seguivano con lo sguardo.
Il volo da Denver è appena atterrato”  disse una voce femminile all’altoparlante.
- Eccolo – dissi, tra me e me.
- Vieni – disse Matt, prendendomi per mano. Ci accostammo alla parete di fronte al corridoio che portava i passeggeri dalla zona atterraggio all’interno dell’aeroporto.
Una folla camminava verso di noi, tutti passeggeri da Denver. Ma avrei potuto adocchiare mia madre e Melissa anche tra tutti gli abitanti di New York messi insieme. Ed eccole lì, che tiravano dietro di loro due grosse valigie. Non appena mi videro, iniziarono a sbracciarsi e farsi largo tra la folla.
 
 
Devo ammettere che la scena era abbastanza buffa. La madre di Kat era una donna sulla cinquantina, alta e magra, ancora in forma, dai corti e perfettamente ordinati capelli castani, lo stesso colore dei suoi occhi, veniva verso di noi quasi correndo. Indossava una camicetta celeste e una gonna elegante blu notte, e dei tacchi non troppo alti azzurro chiaro. Con lei c’era una ragazza, Melissa. Avrà avuto circa trent’anni. Assomigliava moltissimo alla madre, tanto che non capivo come avesse fatto Kat ad essere così diversa da loro fisicamente. Melissa aveva lunghi e lisci capelli castani, dei grandi occhi marroni, e aveva una fisionomia molto simile a quella della sorella, una delle poche cose in comune che avevano. Indossava un paio di jeans attillati, una camicetta rosa e un paio di decolté dello stesso colore. Nell’anulare della mano sinistra sfoggiava un scintillante anello di fidanzamento.
Non appena furono più vicine a noi, Kat corse loro incontro. Si abbracciarono per qualche minuto, e poi mi raggiunsero.
- Mamma, Melissa – sorrise Kat – Lui è Matt -.
Sorrisi e porsi loro la mano destra. Ero abbastanza in imbarazzo, perché le due donne mi fissavano incredule.
- Molto piacere -.
- Piacere mio, Matthew – fece cordiale sua madre – Chiamami pure Hanna -.
- Abbiamo sentito tanto parlare di te – disse Melissa, stringendomi la mano.
Finiti i convenevoli, Kat parlò – Il taxi ci aspetta qui fuori, venite -.
Mi offrii di portare le loro valigie, ma rifiutarono. Così, ci incamminammo verso l’uscita, e il taxi ripercorse la stessa strada, per fermarsi davanti al palazzo di Kat. Pagai il tassista, ma non entrai.
- Ci sentiamo più tardi, ok? – dissi a Kat, facendo per andare.
- No, resta – sorrise lei, afferrandomi la mano.
- Si, Matthew, vieni a cena insieme a noi – mi invitò Hanna.
 
 
Matt fu costretto ad accettare, perché mia madre l’aveva praticamente trascinato dentro l’ascensore. Non appena arrivammo nel mio attico, Melissa commentò con un “wow”, mentre mia madre in un secondo aveva già scrutato tutto, e mi chiedeva dov’era la sua stanza.
- Infondo al corridoio, ultima stanza a sinistra, mamma – dissi, indicandole la direzione – Ti ho messo anche degli asciugamani -.
Lei mi ringraziò e trascinò la sua valigia fino alla stanza che le avevo indicato.
- Melissa, prima stanza a destra – sorrisi a mia sorella, che mi abbracciò, prima di sparire oltre la porta.
Matt era seduto sul divano e mi guardava con un sorriso. Mi sedetti accanto a lui e lo baciai con passione. Lui mi accarezzava i capelli e mi stringeva contro il suo petto.
- Sei meraviglioso – sorrisi – Ti amo -.
I suoi occhi si illuminarono di felicità e mi sorrise di nuovo – Ti amo anche io, Kat -.
Il nostro momento di dolcezza fu interrotto dall’arrivo di Melissa, che stringeva tra le mani tre vestiti – Scusate – disse, con aria colpevole – Non volevo disturbare, volevo solo chiederti dove ci porti a cena -.
- In un ristorante molto carino qui a Manhattan – le sorrisi, sapendo che ne sarebbe stata davvero felice.
Matt si alzò dal divano e afferrò il telefono – Prenoto – e poi si allontanò da noi.
- Quello verde può andare? – mi chiese Melissa, alzando uno dei vestiti.
- E’ perfetto -.
Melissa tornò nella stanza. Mi alzai anche io dal divano e corsi in camera a prepararmi.
 
 
Un taxi ci aveva portati fino in centro a Manhattan, ed eravamo entrati in quel ristorante che Kat aveva scelto. Ci ero stato una volta con alcuni membri del cast e Jo, al tempo dell’ultima Premiere newyorkese.
La cameriera mi riconobbe e ci condusse fino ad un tavolo rotondo al centro della sala, mentre molte persone mi fissavano, e alcuni bambini mi indicavano. Salutai una volta per tutte i presenti con la mano, e mi sedetti.
Dopo aver preso le ordinazioni, la cameriera si allontanò, e Hanna iniziò a parlare.
- Allora, Kat, tutto a posto al lavoro? -.
- Va a gonfie vele – rispose lei entusiasta – Il mio capo dice che sto migliorando notevolmente. Ho fotografato Nina Dobrev, è meravigliosa -.
Melissa era davvero elettrizzata e interessata riguardo al lavoro della sorella.
La cameriera portò in tavola acqua e vino, e subito dopo anche la nostra cena.
- E tu, Matthew? – mi chiese Hanna – Stai lavorando a qualcosa in questo momento? -.
- Per ora no – ammisi – Sono stato via qualche settimana quest’inverno, perché dovevo recitare una piccola parte in un film che uscirà in estate, ma ho finito. Ho girato anche due puntata di una serie tv qui a New York, ma per ora sono fermo -.
- Ti capiteranno altri film, vedrai – sorrise Kat.
- Sicuramente – la supportò Melissa.
Le ringraziai, e iniziai a mangiare.
- La data del matrimonio è fissata – annunciò Melissa ad un certo punto.
- Per quando? – chiese Kat, in fibrillazione.
- Diciotto luglio -.
Tutti erano entusiasti per quel matrimonio, Kat in particolare. Avrebbe fatto la damigella, insieme alle due sue cugine, Tiffany e Jenna, e ad un’amica della sorella, Christine.  
- Matt, sei invitato anche tu – mi disse Melissa.
- Grazie, verrò volentieri – le sorrisi.
Kat portò una mano sulla mia gamba, e la accarezzò. Io la guardai, e mi persi nei suoi occhi, come mi ero perso quel giorno, quando mi ero innamorato di lei.
 
 
La cena era andata a gonfie vele, e avevo il presentimento che Matt piacesse davvero tanto a mamma e a Melissa.
Una volta davanti a casa, Matt non volle salire. Era tardi, e il taxi lo stava aspettando.
- Grazie per la serata – gli dissi, baciandolo.
- Grazie a te, bellissima -.
Mi strinse tra le sue braccia, e non volevo più lasciarlo andare. Avrei voluto stare con lui tutta la notte, perché con lui ero al sicuro.
- Pensi che io piaccia a tua madre? – mi chiese, accarezzandomi il viso.
- Lei ti adora – risi – E sono davvero contenta di questo, Matt -.
- Anche io, piccola -.
Mi baciò di nuovo. Mi sentivo felice, unica, amata come mai prima d’ora. Lo salutai con un ultimo e romantico bacio, e prima che fosse salito sul taxi gli dissi – Ricordati, ci siamo solo noi due -.
Mi sorrise, e mi mandò un bacio, per poi salire sul taxi e scomparire alla mia vista. 

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Capitolo 8
*** La stella più luminosa sei tu ***


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Capitolo 8

La stella più luminosa sei tu 

 

Anche il mese di aprile era passato veloce, e ora il clima era diventato quasi estivo.
Mia madre e Melissa erano rimaste a New York per due giorni, e io e Matt le avevamo fatto da giuda per la città e ovviamente per i negozi. Non appena erano scese dall’aereo, a Denver, Melissa mi aveva mandato un messaggio dicendomi che le piaceva davvero molto Matt, che lo approvava, e io ne ero davvero felice.
Il giorno del mio compleanno, il due di maggio, era alle porte, ma io e Matt non avevamo ancora programmi.
 
Il due maggio compivo vent’anni. Era ufficialmente il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, una tappa davvero importante.
Erano le undici del mattino, quando il mio cellulare suonò per la prima volta, ma io ero già sveglia, e stavo rispondendo a tutti gli auguri su Facebook. Era Melissa al telefono.
- Tanti auguri – urlò, ancora prima che io potessi dire qualcosa.
- Grazie, Melissa – la ringraziai. Ero felice di sentirla.
- Aspetta, vuole farteli anche Ed – disse, passando il telefono al suo futuro marito. Ed era un ragazzo davvero carino, e prima di chiederle di sposarla aveva avuto una relazione di dieci anni.
- Ciao Kat, tanti auguri – esclamò lui.
Li ringraziai, e poi mi passarono anche mamma e papà. Finita la lunga conversazione con mia madre, e la sessione di aforismi sul tempo che passa con mio padre, salutai di nuovo Melissa e riattaccai.
Mi recai in soggiorno, dove trovai un mazzo enorme di rose, forse erano cento, posato sul divano. Corsi a leggere il biglietto, sapevo benissimo chi me le aveva mandate.
Kat, cento rose per infiniti ancora giorni con te. Voglio solo che tu sia felice, tantissimi auguri per una ragazza speciale. Matt”.
Sorrisi, un sorriso a trentadue denti. Afferrai il cellulare e gli telefonai.
- Augur… - stava dicendo, ma io lo bloccai.
- Ti amo da impazzire -.
- Ti amo anche io, Kat. Auguri, bellissima -.
- Sei unico, Matt – dissi – Sono davvero cento? -.
- Le ho contate – rise lui.
- Sei pazzo -.
- Si, sono pazzo di te – ammise, e poi scoppiammo entrambi a ridere.
Seguì qualche istante di silenzio, poi Matt parlò di nuovo – Kat, devo darti una brutta notizia. So che oggi è il tuo compleanno, ma... -.
- Di cosa si tratta? – chiesi preoccupata, interrompendolo nuovamente.
- Oggi devo andare a Washington per una conferenza stampa sul nuovo film che ho fatto – disse con aria desolata – Mi dispiace da morire -.
Rimasi zitta. Ero un po’ delusa dal fatto che Matt, il giorno del mio compleanno, non sarebbe stato al mio fianco. Ero quasi arrabbiata con lui, ma volevo cercare di non farglielo pesare.
- Ma ho una sorpresa per te, per farmi perdonare – aggiunse immediatamente – Devi solo andare all’aeroporto, un jet privato ti aspetta, ed è pronto per decollare alle cinque esatte verso un fantastico centro benessere, dove passerai una buonissima nottata, dopo deliziosi massaggi -.
- Oh, Matt – feci, cercando di mascherare la delusione – Grazie, non dovevi -.
- Era il minimo – disse lui con dolcezza – Kat, devo andare, la conferenza inizia tra poco. Ti amo -.
- Ti amo anche io – e riattaccai.
Rimasi seduta su quel divano in silenzio, circondata da cento rose rosse.
 
 
- Se l’è bevuta – dissi, e Tom Felton mi batté il cinque – Ci è rimasta abbastanza male, credo -.
- Anche io ci sarei rimasta male – si intromise Jade.
- Mi dispiace un sacco averle mentito, ma almeno sarà una sorpresa fantastica – sorrisi – Grazie ragazzi -.
Tom scrollò le spalle, e Jade sorrise in risposta, poi aggiunse – Dai, ti aiutiamo a preparare, così quando arriverà noi saremo già tornati a New York -.
Li ringraziai nuovamente e ci mettemmo all’opera.
 
 
Arrivata in aeroporto, avevo una voglia matta di tornare indietro e chiudermi in casa. Ma le mie amiche mi avevano convinta ad andare, sostenendo che un centro benessere non si poteva mai rifiutare.
Nell’ufficio informazioni spiegai che avevo un jet privato a nome Lewis, e mi condussero immediatamente sulla pista di atterraggio. Il jet non era tanto grande, ma era davvero di classe, e il pilota era molto cordiale. Alle cinque in punto, il jet era alto nel cielo.
- Quanto ci vorrà? – chiesi a Luke, così si chiamava il pilota.
- Un’oretta – sbraitò lui in risposta, dalla cabina di comando.
Mi misi comoda sulla poltrona, sorseggiando del thè verde, e leggendo una rivista di moda. Poi, iniziai ad ammirare le nuvole intorno a noi; mi piaceva sempre farlo, quando ero in aereo, mi dava una sensazione di leggerezza.
Come aveva detto Luke, dopo un’oretta esatta, atterrammo. I Grandi Laghi si estendevano a vista d’occhio, contornati da un paesaggio mozzafiato. Il cielo delle sei non era ancora scuro, il sole era ancora visibile nel cielo.
Scesi dal jet e ringraziai Luke per il viaggio. Un uomo brizzolato sulla cinquantina, molto simile a mio padre nei modi di fare, mi attendeva davanti all’ingresso dell’aeroporto. Si chiamava Oscar e diceva di essere il mio autista. Mi aprì la portiera e io salii sulla vettura. Oscar si sedette nel sedile del conducente e mise in moto l’auto.
- Signorina, c’è un pacco per lei sul sedile – disse, indicando con in capo una confezione rosa acceso.
La aprii. Conteneva una benda dello stesso colore, di un tessuto delicato, e un biglietto, che diceva “Indossala, ti guiderà Oscar. Matt”. Non ci stavo capendo più niente, ma feci ciò che Matt aveva scritto. Dopo una decina di minuti, l’auto iniziò a rallentare, fino a fermarsi del tutto. Oscar scese dalla macchina, e mi aiutò a scendere. Mi prese a braccetto e iniziò a guidarmi.
- Attenta al gradino, dobbiamo scendere – annunciò, ad un certo punto.
- Siamo arrivati al centro benessere, Oscar? – chiesi, impaziente.
- Quasi – disse. Sembrava divertito.
Ad un certo punto, si fermò. Sentivo un vento freddo pungermi la pelle, il rumore delle fronde degli alberi e dell’acqua del lago. Sentivo lo schioppettate di un fuoco acceso, e la morbidezza dell’erba sotto i miei piedi.
Liberò i suo braccio dal mio, e sentii che trafficava per sciogliere il nodo della mia benda.
Il giardino della villetta di sasso a due piani su cui posavano i miei piedi era adiacente al lago. Le montagne erano sullo sfondo, e il sole era più basso di prima. Il fuoco ardeva al centro del prato, e intorno a quello c’erano tante coperte e cuscini, e due tavolini bassi di legno scuro. Mi voltai di scatto quando sentii dei passi scendere i gradini di pietra che avevo appena percorso.
- Buon compleanno – mi sorrise Matt Lewis. Indossava un maglione pesante di lana, un paio di jeans comodi e delle scarpe da ginnastica, e teneva in mano due calici di champagne.
Gli sorrisi e gli corsi incontro, buttandomi tra le sue braccia.
 
 
La sua faccia sorpresa era stato il regalo più bello di tutti, per me. Si era commossa, non se lo aspettava. La strinsi forte, e la baciai con passione.
- Oddio, Matt, non me l’aspettavo – disse emozionata.
- Lo so – risi.
Mi guardò fisso negli occhi, non aveva le parole. Le porsi un calice di champagne e le presi la mano, per poi condurla fino al centro del giardino, dove il fuoco ardeva.
- Sai cosa fare – dissi a Oscar, e lui mi sorrise, per poi entrare in casa dalla porta sul retro.
Poi, alzai il calice di vino e lo avvicinai al suo, facendoli toccare appena – A noi, Kat. Sempre e solo noi -.
Lei mi guardava, e poi guardava il panorama meraviglioso al di là del lago. I suoi occhi erano incantati e pieni di felicità, e mi baciò con dolcezza e passione.
- Ti amo, Matt. Ti amo tantissimo – sussurrò al mio orecchio – Grazie di tutto -.
In risposta, la baciai ancora, e poi sorseggiai il mio champagne, e lei fece lo stesso.
Le dissi di andare in casa a cambiarsi, che c’erano dei vestiti nella camera da letto. Oscar le indicò la strada, e poi uscì in giardino, portando il cibo sui tavolini.
- Se ha bisogno, signor Lewis, sono in cucina. A minuti dovrebbe arrivare anche mia moglie – mi disse Oscar, dileguandosi, proprio mentre Kat veniva verso di me.
L’abitino che le avevo comprato le stava d’incanto. Per proteggersi dal freddo, aveva indossato anche un mio maglione pesante. Ai piedi portava i suoi stivaletti bassi, e le calze pesanti che le avevo preso.
- Sei bellissima – sorrisi.
Lei ricambiò e portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. La strinsi forte. Era il tramonto. Rimanemmo in silenzio a guardare il sole scendere, e poi ci sedemmo sulle coperte per la cena. Luci suffuse si accesero nel giardino, l’atmosfera era perfetta, lei era perfetta.
- Matt, è il regalo migliore che qualcuno mi abbia mai fatto in vita mia – sorrise – Spiegami come fai ad essere così meraviglioso -.
Ricambiai il sorriso, presi una tartina e la avvicinai alla sua bocca con delicatezza. Lei la addento, ne prese uno anche lei e fece lo stesso con me.
Mangiavamo, bevevamo e ogni istante era il più bello della mia vita.
 
 
- E’ tua questa casa meravigliosa? – gli chiesi, una volta finita la cena.
- Dei miei nonni, per l’esattezza. Quando erano più giovani venivano qui ogni estate. Oscar e sua moglie facevano pulizie e cose simili – mi spiegò Matt.
- Da dove hai tirato fuori Washington? – risi.
Lui scoppiò in una risata fragorosa – C’era davvero una conferenza stampa oggi, ma solo il regista e lo sceneggiatore dovevano andarci. Tom e Jade sono venuti qui, mi hanno aiutato a preparare tutto -.
- Sono stati davvero carini, come al solito -.
Matt annuì, e poi mi guardò – Vieni qui, fa freddo – disse, stringendomi tra le sue braccia, e stendendo una coperta su di noi. Il silenzio era padrone del momento, e noi guardavamo la luna e le stelle nel cielo buio.
- Senza di te non sarei così felice, adesso – mi disse, accarezzandomi i capelli.
Lo guardai negli occhi – Ti ho già detto che ti amo da impazzire? -.
Lui annuì sorridendo, e poi mi scoccò un bacio sulle labbra.
- Ci vivrei in questo posto – sussurrai.
- Anche io – disse Matt – New York è una bella città, ma questo posto è un paradiso -.
Ormai faceva freddo, e il fuoco era quasi spento del tutto. Così, ci alzammo, raccogliemmo le coperte ed entrammo nella villetta. Oscar e una donna dall’aria materna erano seduti a tavola, e chiacchieravano amabilmente.
- Ciao, Grace – la salutò Matt.
- Matt, tesoro – lo abbracciò la donna – Tu devi essere Kat – fece poi, rivolta a me.
- Molto piacere – le sorrisi, porgendole la mano.
Lei la strinse, e poi abbracciò anche me. Oscar uscì in giardino a raccogliere gli avanzi di cibo, mentre Grace lo attendeva sulla soglia. Quando tornò in casa, misero a posto le ultime cose, ci salutarono, e uscirono dalla casa.
Io e Matt salimmo al piano di sopra ed entrammo in camera. La parete di fronte al letto a baldacchino era interamente composta da una vetrata che dava sul lago.
Ci coricammo sul letto e iniziammo a baciarci con foga. I vestiti volavano uno ad uno, e poco dopo ci abbandonammo al piacere.
 
 
Eravamo abbracciati, sotto le coperte. Le accarezzavo i capelli con dolcezza, e lei faceva lo stesso con il mio viso. Ero davvero felice, non avevo parole per esprimere i miei sentimenti in quel momento. Ero nell’unico posto in cui avevo bisogno di essere. Lì con lei. Kat guardava incantata il cielo, che brulicava di stelle. Ma la più belle non era nel cielo, era lì accanto a me.
La guardai negli occhi e le sorrisi.
- Kat – le sussurrai.
- Dimmi, Matt -.
- La stella più luminosa sei tu -.
Lei mi sorrise, e io promisi a me stesso che non avrei mai fatto nulla per non renderla felice. 

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Capitolo 9
*** La fine di noi ***


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Capitolo 9

La fine di noi 

 

Il mese di giungo era arrivato, e con esso anche le vacanze estive.
Prima delle ferie, il mio capo aveva contattato Melissa, ed era diventato il fotografo ufficiale del matrimonio.
 
- Matt, dove sei? – gli chiesi. Dall’altro capo del telefono, un brusio di traffico rendeva difficile capire ciò che stesse dicendo.
- Sto tornando a casa, sono stato a correre – si giustificò lui.
- Ti ricordi i nostri impegni per questo pomeriggio, vero? -.
- Cos… Quali impegni? -.
Sbuffai. Non si ricordava, ovviamente. In quest’ultima settimana aveva la testa da un’altra parte.
- Melissa mi ha mandato l’abito da damigella, devo andare a provarlo nel negozio -.
- A Denver? – chiese, frastornato. In sottofondo, una voce femminile pronunciava parole che non riuscii a capire.
- Matt, ma ci sei? Il negozio in cui Melissa ha ordinato i vestiti è una catena, c’è anche qui a New York. Lei lo ha mandato al negozio, e io oggi devo andarlo a provare – sbottai, spazientita – Te l’ho detto due giorni fa -.
- Ah, giusto – disse, distratto – Kat, devo proprio staccare. Ti richiamo io. Ti amo -.
E riattaccò il telefono.
Rimasi seduta sul divano a contemplare il pavimento per parecchio tempo, pensando alla conversazione appena avuta con il mio ragazzo, che mi aveva buttato il telefono nei denti, e che mi stava sicuramente nascondendo qualcosa.
 
 
Mi sedetti, e la mia agente fece lo stesso accanto a me.
- Sei teso? – mi chiese.
- Sai com’è, Zoe, devo fare un provino – sbottai.
A Kat non l’avevo detto. Non le avevo detto di aver ricevuto una chiamata dalla mia agente, una settimana prima, che mi diceva che un famoso regista mi voleva come protagonista del suo nuovo film. Il copione mi era arrivato immediatamente dopo per mail, e lo avevo studiato tutta la settimana, in vista del provino.
Era una grandissima opportunità per la mia carriera, perché avrei lavorato insieme a, tra gli altri, Julia Roberts e Robert Downey Jr.
Il motivo per cui non l’avevo detto a Kat era uno, e molto semplice: il film doveva essere girato in Australia.
- Matt Lewis – l’arrivo del regista nella stanza interruppe i miei pensieri e mi fece sussultare.
- Buongiorno – gli strinsi la mano – E’ un piacere conoscerla -.
- Il piacere è tutto mio, Matthew – ricambiò, cordiale – Seguitemi -.
Entrammo in una piccola stanzetta. Era quasi del tutto spoglia, a parte un lungo tavolo di legno, a cui erano seduti i produttori del film e l’aiuto regista.
- Salve a tutti – sorrisi, nervoso.
Loro ricambiarono i convenevoli. Quando il regista si sedette, cadde il silenzio nella stanza.
- Che scena ci fai vedere, Matt? – mi chiese, mentre sfogliava il copione.
- Potrei fare… Quella del lago? -.
- Perfetto. La scena è tua – sorrise lui – Stupiscimi -.
Iniziai con la mia interpretazione. Era fluida, e io mi sentivo a mio agio. Mi chiesero di fare un’altra scena, e poi un’altra ancora. Una volta che ebbi eseguito ciò che mi avevano richiesto, il regista mi fissò negli occhi.
- Tu sei il mio Tyler – annunciò – Ti voglio nel mio film -.
Gli altri uomini nella stanza annuirono entusiasti. Zoe era al settimo cielo, e mi sorrideva felice.
Il regista prese tutte le carte e i documenti da firmare. Non so perché, ma l’unico sentimento che era in me mentre mettevo il mio nome su quella carta vincolante, il contratto, era quello di tristezza.
 
 
Un taxi mi lasciò di fronte al negozio da sposa. Erano le tre del pomeriggio, e Matt non mi aveva ancora richiamata. Non ero preoccupata, più che altro avevo voglia di capire le ragioni del suo stupido comportamento. Non ero stupida, sapevo benissimo che quella mattina mi aveva mentito, ma non ne capivo le ragioni.
Entrai nel negozio, e una ragazza sulla trentina mi venne incontro.
- Sei la sorella di Melissa? – mi chiese con tono cordiale.
- Si, sono io – sorrisi – Katherine, ma tutti mi chiamano Kat -.
- Helena, piacere – mi strinse la mano – Vieni, il vestito è arrivato ieri mattina -.
Mi condusse in una stanzetta ovale, dove un’altra ragazza stava provando un bellissimo abito da damigella color rosa pastello.
- Ti sta molto bene – le disse Helena – Lo vuoi accorciare ancora un po’? -.
- No, mi piace così – disse la ragazza, pavoneggiandosi davanti allo specchio. Le stava davvero bene.
Helena annuì. Mi indicò un camerino, e mi invitò ad entrare. Il vestito era già lì, ed era spettacolare.
Sapevo che Melissa aveva intenzione di fare le cose in grande, ma scegliendo un abito così come vestito delle damigelle, si era proprio superata.
L’abito era di un bellissimo azzurro Tiffany. Il corpetto era attillato e senza spallini, mentre la parte della gonna, morbida sulle gambe, era corta davanti e lunga dietro.
Lo indossai immediatamente e uscii dal camerino. Ad attendermi non c’era solo Helena, ma anche Matt.
 
 
Le sorrisi, non appena uscì dal camerino. L’abito le stava d’incanto, ed era meraviglioso. Le sue gambe magre erano l’ideale per quel tipo di vestito, e il suo sorriso smagliante era l’accessorio più bello che potesse mai indossare.
- Ti sta alla perfezione – esclamò entusiasta la commessa, e si avvicinò a lei, studiando ogni particolare della coda del vestito – Non c’è niente da aggiustare, vero? -.
- No, è perfetto – sorrise Kat, quel sorriso meraviglioso.
La commessa annuì, poi si dileguò nell’ingresso del negozio per accogliere alcune clienti che erano appena arrivate.
- Sei bellissima – le dissi, avvicinandomi. La baciai, un bacio lungo e romantico.
Lei mi accarezzò i capelli e il viso, e poi interruppe il bacio.
- Qualcosa non va? – le chiesi, confuso.
- Dimmelo tu, Matt -.
Il sangue mi di gelò nelle vene. Sapeva che le stavo nascondendo qualcosa. Ma non volevo dirle in questo istante che avevo firmato un contratto per un film in Australia. Era felice, glielo leggevo negli occhi, e non volevo rovinare tutto.
- Cosa vuoi dire? – feci finta di niente.
- Matt, c’è qualcosa che devi dirmi? -.
Quelle parole mi lacerarono il cuore. Io mi ero ripromesso che avrei lottato contro tutto e tutti per renderla felice. Quello era il suo momento di felicità, e non l’avrei spazzato via così.
- No, Kat – risposi, anche se sapevo che mentirle era sbagliato.
Lei sospirò a fondo, ma poi annuì, e abbozzò un sorriso. Si guardò un’ultima volta allo specchio, e poi tornò nel camerino. Si cambiò, lasciò il vestito alla commessa, che le promise di spedirlo a Denver la mattina seguente, e poi uscì insieme a me dal negozio.
- Ti va un caffè? -.
 
 
Lo guardai per qualche secondo. Stavo ancora cercando di capire ciò che passava per la sua testa e i suoi pensieri. Sembrava debole e insicuro, e non lo era mai stato. Io lo amavo, e avrei tanto voluto che, se qualcosa lo turbava, si fosse rivolto a me.
- Certo – risposi, alla fine.
Camminammo per qualche isolato, ed entrammo in una caffetteria. Ci sedemmo al tavolino, e dopo che il cameriere ebbe preso le nostre ordinazioni, parlai.
- Matt, ascoltami. So che c’è qualcosa che ti turba. Perché non ne parli con me? -.
Il suo viso si contrasse, e divenne tutto rigido. Aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Lo fissai per qualche secondo, poi scossi il capo e abbassai lo sguardo.
- Kat, io… - stava balbettando, ma l’arrivo del cameriere con i nostri caffè lo interruppe.
Ringraziammo e Matt pagò, poi iniziò a bere con foga il suo caffè. Penso si sia scottato la lingua, perché dopo poco appoggiò la tazza sul tavolo. Si mise a guardarmi.
- Mi spieghi cosa ti sta succedendo? – chiesi, ormai spazientita.
- Niente -. Sapevo che mentiva, glielo leggevo negli occhi. Era quasi turbato. Sapevo che voleva parlarmene, ma sembrava quasi che qualcosa, dentro di lui, lo trattenesse.
- So che mi stai mentendo, Matt. Non sono stupida – dissi, alzando gli occhi al cielo – Tu sai che puoi dirmelo, di qualunque cosa si tratti. Sono qui per te -.
Lui rimase in silenzio, e iniziò di nuovo a sorseggiare il suo caffè. Era spazientita, la rabbia stava iniziando a divampare dentro di me.
Mi alzai velocemente dalla sedia, lo guardai negli occhi, e poi uscii a passi pesanti dal negozio, sbattendo con forza la porta d’ingresso.
Corsi per circa cinque isolati, fino ad arrivare a Central Park. Poi, mi sedetti si una panchina e scoppiai in un pianto fragoroso. Non mi importava neppure di tutte le persone che mi fissavano.
 
 
Cercare una persona a New York è come cercare un ago in un pagliaio. Kat non era da nessuna parte. Avevo controllato negli isolati vicini, nella via dei negozi, ero andato perfino fino al suo appartamento, e poi da lì mi ero fatto portare allo studio di fotografia in cui lavorare, anche se sapevo benissimo che era chiuso. Lei non c’era, e il suo telefono squillava a vuoto. Credo che volesse ignorarmi.
Avevo setacciato quasi mezza New York, ed erano quasi le sette di sera. Presi di nuovo un taxi, e mi faci portare nuovamente fino al suo palazzo.
Nella hall, il portiere mi comunicò che era tornata da pochi minuti. Presi l’ascensore, che mi lasciò all’ingresso del suo attico.
- Kat? – la chiamai, perché la casa era deserta.
Uscì dalla porta della sua camera avvolta in un corto accappatoio di spugna, i capelli raccolti in uno chignon disordinato.
Cavolo, era bellissima. I suoi occhi erano gonfi e arrossati dal pianto. Mi avvicinai a lei, che si buttò tra le mie braccia, scoppiando di nuovo in lacrime.
- Ehi, tranquilla – le accarezzai il capo, mentre lei mi stringeva più forte che mai – Sono qui ora -.
Lei annuì e mi guardò. Quegli occhi azzurri, gli occhi di cui mi ero innamorato, chiedevano risposte. Ma io non era ancora pronto a darle.
La baciai, e lei per un attimo dimenticò tutto ciò che era successo. Si abbandonò al bacio, accarezzandomi i capelli.
- Ti amo, Matt – sussurrò sulle mie labbra.
- Anche io, Kat -.
Dicendo quello, una lacrima rigò il mio viso.
 
 
Una lacrima era appena scesa sul suo viso. Lo guardai, incredula. Stava piangendo? Matt Lewis stava piangendo? Per qualche motivo, poi?
- Matt, ehi – faci, un po’ preoccupata, asciugandola con delicatezza con il dito – Che succede? -.
Scosse la testa e si allontanò da me. Si sedette sul divano con la testa tra le mani, scompigliandosi i capelli.
- Così mi fai preoccupare, Matt – dissi tremando, sedendomi accanto a lui.
- Non capisci – esclamò, alzandosi dal divano. Sembrava furioso.
Lo fermai, afferrandogli il polso – Aiutami a capire -.
Mi guardò per qualche secondo negli occhi. I suoi bellissimi occhi verdi erano pieni da rabbia, preoccupazione e paura.
Una lacrima rigò nuovamente il mio viso, e lascai il suo polso. Fui invasa dai singhiozzi. Lui non face nulla, rimase fermo a fissarmi, come se fosse una statua.
- Kat… - sussurrò ad un certo punto, ma non aggiunse altro.
Mi alzai dal divano, e feci per andarmene in camera, ma lui mi bloccò, accogliendomi in un abbraccio. Io lo ricambiai, ma dentro di me sentivo un malessere.
- Matt, io non sono felice se tu non mi dici cosa sta succedendo. È una settimana che ti comporti in modo strano e stupido. Mi menti, e non so il perché -.
Lui mi guardava, inerme.
Non riuscivo più a sopportare tutto quello. Mi allontanai velocemente dal salotto, piangendo, fino all’ascensore.
- Vattene – furono le uniche parole che riuscii a dire.
Lui sembrava sorpreso, e ferito – Kat, io… - ma lo interruppi.
- Vattene -.
Venne verso di me, e cercò di baciarmi, ma lo evitai.
 
 
Mi guardava con occhi pieni di dolore, e forse anche di rabbia. L’ascensore era lì, aperto davanti a me. Ma non volevo andarmene. Avrei trovato una soluzione. Lei  non era felice se non le dicevo cosa stava succedendo, ma non lo sarebbe stata nemmeno se glielo avessi detto, perché sarebbe stata la fine della nostra storia, la fine di noi.
- Ascoltami… - provai a dire, ma lei non voleva sentire ragioni.
- Vattene da casa mia, Matt – urlò – Finché non vorrai dirmi ciò che sta succedendo, non presentarti più qui -.
Annuii, addolorato. Salii sull’ascensore, e quando le porte si chiusero, scoppiai in lacrime, sapendo che anche lei stava facendo lo stesso.
 

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Capitolo 10
*** Il mio cuore era in pezzi ***


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Capitolo 10

Il mio cuore era in pezzi

 

Non dormii, quella notte. Piansi. Avevo sbagliato a trattare Matt in quel modo, l’avevo ferito. Ma allo stesso tempo, lui aveva ferito me. Non voleva dirmi ciò che sentiva, non voleva parlarmi di ciò che stava accadendo nella sua vita.
Alle sette del mattino ero sull’ascensore, in pigiama e senza trucco, diretta a casa sua. Chiamai un taxi, e gli indicai la destinazione. Dieci minuti dopo ero lì, di fronte all’alto grattacielo. Entrai nella hall del palazzo, e un portiere mi domandò chi fossi.
- La fidanzata di Matt – risposi – Matt Lewis -.
Sembrava confuso, ma mi indicò comunque l’ascensore. Ventesimo piano. Schiacciai il pulsante, e mi apprestai alla salita. Avrei messo fine ad ogni fraintendimento, mi sarei fatta dire tutto. L’ascensore si fermò, ed entrai nel suo appartamento.
- Matt? – chiamai. Tutto era buio e silenzioso, come se non ci fosse nessuno – Matt? – chiamai nuovamente.
- Chi è? – chiese una voce femminile, proveniente dalla sua camera da letto.
Mi bloccai, e il mio cuore prese a battere più forte. Una donna, avrà avuto una trentina d’anni, forse qualcuno in più, uscì dalla stanza. Era alta e un po’ in carne. Indossava il pigiama, i suoi occhi scuri erano assonnati, e i suoi capelli castani raccolti in una treccia non molto lunga.
- Tu sei Kat, vero? – mi chiese, squadrandomi da capo a piedi.
- Si, esatto – risposi, acida – La ragazza di Matt -.
- E’ uscito. È andato a correre a Central Park -.
- Posso chiederti chi sei tu? -. Il mio tono era arrogante, e le lacrime stavano invadendo i miei occhi. Ecco cosa mi nascondeva Matt. Si portava a letto questa donna.
- Zoe, molto piacere. Sono la… -.
Ma non stetti a sentire ciò che aveva da dirmi, avevo capito benissimo da sola. Girai sui tacchi e sparii nell’ascensore, scoppiando in lacrime.
 
 
Correre mi sarebbe servito a schiarirmi le idee. Dovevo dire a Kat cosa stava succedendo, lo dovevo fare perché l’amavo, e volevo renderla felice. Mi fermai vicino ad una fontanella per bere. Erano quasi le otto del mattino, e alle dieci avevo un appuntamento con il regista, in cui mi avrebbe comunicato anche la data della partenza per l’Australia.
Stavo correndo in direzione dell’ingresso del parco, quando la vidi. Kat veniva verso di me con passo veloce, ed era in pigiama. La scena sarebbe stata abbastanza buffa, se non fosse stato per le lacrime che le rigavano il viso.
- Kat, ehi – feci, una volta che fu vicina – Che succede? -.
- Sei un bastardo! – esclamò, tirandomi un sonoro schiaffo in pieno volto.
- Questo perché?! – mi lamentai.
- Perché ti porti a letto quella cicciona trentacinquenne -.
- Ma cosa stai dicendo, Kat? – ero frastornato, non capivo di cosa stesse parlando.
- Oh, non venirmi a dire che Zoe dormiva da sola nella tua camera -.
Ho capito tutto: Kat era venuta nel mio appartamento per chiarire, ha visto Zoe uscire dalla mia stanza e ha frainteso tutto. Il motivo? Ho fatto una gran cazzata nascondendole l’audizione.
- Non è come sembra – cercai di giustificarmi.
- E’ esattamente come sembra – e mi tirò un altro schiaffo.
Le afferrai i polsi e la costrinsi a sedersi nella panchina più vicina a noi – Ora mi ascolti -.
- Non voglio ascoltarti – disse, tra le lacrime, ma non oppose resistenza. Così, le lasciai i polsi.
- C’è una cosa che non sai – iniziai.
- Ora la so, puoi starne certo – commentò, acida.
- Zoe è la mia agente – confessai.
Il suo sguardo, prima accecato dalla rabbia, si fece confuso.
 
 
- Mi hanno offerto il posto come protagonista in un film – mi spiegò. Tremava.
- Perché non me l’hai detto, Matt? -. Le lacrime avevano smesso di scendere sul mio viso, e lo guardavo. I suoi dolci occhi verdi erano lacerati dalla tristezza e dal dolore.
- La settimana scorsa Zoe mi ha chiamato e mi ha mandato il copione. È una grandissima opportunità per me, perché potrei lavorare con attori di serie A. Ieri mattina è arrivata qui a New York, e ho fatto il provino – disse – Mi hanno preso. Ho firmato il contratto -.
- Ma è fantastico – esclamai, scattai in piedi e lo abbracciai forte. Lui non ricambiò, si limitò a distogliere lo sguardo da me e dal mio sorriso allegro.
- C’è dell’altro, Matt? -.
- Il film si fa in Australia -.
Detto questo, si alzò dalla panchina e si allontanò qualche metro da me.
Australia.
New York, USA.
Gli occhi mi si riempirono nuovamente di lacrime. Lui mi guardò, e so che stava soffrendo, perché nemmeno lui voleva che ci separassimo.
- Verrò con te – dissi, infine.
- Kat, non puoi venire con me, e lo sai – rispose, scuotendo il capo.
- Perché non posso? -.
- Non puoi lasciare il tuo lavoro, i tuoi amici, la tua famiglia… - non riusciva nemmeno a guardarmi in faccia dal dolore che provava.
- Non è una tua scelta -.
- Kat, non renderlo ancora più difficile di quanto non sia già -.
- Tu stai scegliendo la strada difficile, Matt -.
Rimanemmo in silenzio per parecchio tempo. La gente iniziava a passeggiare per il parco, nessuno badava a noi. Una ragazza in pigiama e un ragazzo in tuta da ginnastica, eravamo come invisibili agli occhi di tutti.
 
 
- Eccoti! – urlò la voce di Zoe, che correva verso la panchina dove io e Kat eravamo seduti.
- Si, io… - ma non riuscii ad aggiungere nient’altro, perché fissai gli occhi gonfi di Kat, e mi mancarono le parole.
- Ti ho cercato ovunque – disse Zoe, con il fiatone – Tra quindici minuti abbiamo appuntamento con il regista e il produttore -.
Kat si alzò dalla panchina – Chiamami quando hai finito, ok? -.
- Kat, io ti amo -.
Riuscii a strappare un debole sorriso. Mi baciò sulle labbra, un bacio romantico, come i soliti che mi dava lei, e fece per andarsene, ma si bloccò.
- Mi dispiace per prima, Zoe – si scusò – Ho frainteso -.
- Si, avevo capito che Matt non ti aveva parlato di… Tutto questo, insomma – fece Zoe, un po’ imbarazzata.
Kat mi sorrise di nuovo, e poi si incamminò verso l’uscita del parco, trascinando i piedi con passo pesante e svogliato.
 
 
- Andrà tutto bene, vedrai – mi disse Lola, passandomi un altro pasticcino alla crema.
Lo addentai voracemente.
- Da una parte però ha ragione – intervenne Claire, che fino a quel momento si era limitata a guardarmi mentre spostavo la schiuma da una parte all’altra della vasca.
- Che cosa stai dicendo? – le chiesi, incredula.
- Kat, molleresti tutto per l’Australia? -.
Ci pensai su. Effettivamente sarebbe stato un cambiamento abbastanza improvviso, ma per lui l’avrei fatto.
- Io lo amo, Claire – dissi, morsicando un altro pasticcino alla crema.
Per un po’ il silenzio invase la mia stanza da bagno. Io ero immersa tra la schiuma rosa e profumata, mentre Lola e Claire erano sedute sul tappetino di spugna.
- Diglielo – fece ad un certo punto Lola.
- Cosa? – chiesi, confusa.
- Quello che hai detto a noi, dillo anche a Matt -.
- Intende che devi dirgli che per lui lo faresti, andare in Australia, perché lo ami – spiegò Claire – Che sei felice solo se sei al suo fianco -.
Mandai giù l’ultimo boccone di un buonissimo cioccolatino, e il silenzio divenne nuovamente padrone del momento. Finché il rumore dell’ascensore non lo interruppe.
- Kat? – mi chiamò una voce. Matt era lì.
Uscii dalla vasca e mi avvolsi in una salvietta di spugna verde. Lola e Claire mi salutarono con un abbraccio, e dopo aver salutato anche Matt, entrarono nell’ascensore e scomparvero.
- Ciao – sorrisi. Mi baciò sulle labbra, ma era triste.
- Dobbiamo parlare -.
 
 
Non era felice, glielo leggevo in quei meravigliosi occhi azzurri. Ricordo ancora quando la portai al The View, o a casa dei miei nonni ai Grandi Laghi. Dentro i suoi occhi splendeva una luce, che illuminava ogni cosa intorno a lei. Ora, quella luce era fioca, quasi spenta.
- Cos’hanno detto? – mi chiese, sedendosi accanto a me sul divano.
- Parto domani, Kat -.
Sgranò gli occhi, che poco a poco si riempirono di lacrime.
- Domani? – chiese, con un nodo alla gola. Lo sentivo da come parlava.
- Mi hanno detto che prima andavo, meglio era. Gli altri attori partono domani da Los Angeles, e il regista deve andare in Australia domani per selezionare le comparse. Due settimane e iniziano le riprese – le spiegai. Ora il nodo alla gola ce lo avevo anche io – Ho già fatto le valigie -.
- Posso venire con te? – mi chiese, con una lacrima che le rigava il viso. Sapeva bene anche lei che era impossibile.
- Kat… - ma lei mi interruppe.
- Non lo capisci, Matt? Io ti amo – le lacrime avevano preso il sopravvento su di lei.
- Anche io ti amo, Kat. Ho promesso a me stesso che avrei fatto di tutto per renderti felice, ed è per questo che devi stare qui a New York. La tua vita è qui -.
Ora anche io stavo piangendo.
- Sei un egoista – mi disse, con disprezzo.
- Lo sto facendo per te -.
- Non sta a te decidere come rendermi felice, Matt! Sono felice con te, io mollerei tutto per te – esclamò. Si alzò dal divano. I singhiozzi la stavano divorando – Questo vuol dire amare, ok? -.
Per parecchio tempo nessuno di noi parlò, solo i nostri singhiozzi rompevano il silenzio nella casa di Kat. Mi alzai dal divano e la raggiunsi, per stringerla forte tra le mie braccia. Non riuscivo a dire quelle parole che avrebbero messo la parola “fine” alla nostra storia. Non riuscivo a dirle addio.
 
 
Lo guardai nei suoi occhi pieni di lacrime. Mio padre diceva sempre che se si ama una persona, bisogna lasciarla libera, e non bisognava essere egoisti. Ma in quel momento, io dovevo essere egoista con lui, perché lui stava facendo lo stesso con me. Io non volevo perderlo, non volevo dirgli addio.
- Matt… - pronunciare quel nome mi faceva davvero troppo male.
- Ti amo, Kat – disse, baciandomi con tenerezza.
Una serie di flashback si fecero strada dentro di me. La prima volta che i nostri occhi si incontrarono, il nostro primo bacio, la nostra prima cena romantica al The View, le nostre uscite, il giorno in cui aveva conosciuto la mia famiglia, le cento rose rosse, il giorno del mio compleanno…
- Ti amo anche io, Matt -.
Ci guardammo negli occhi per parecchio tempo, prima che lui distogliesse lo sguardo e si allontanasse da me.
- Allora, Matt? – chiesi io, sempre in lacrime – E’ finita? -.
Le lacrime ripresero a scendere sul suo viso – Si, è finita -.
Non riuscivo più a guardarlo. Mi appoggiai alla parete bianca del soggiorno, cercando di trattenere i singhiozzi.
- Vieni a salutarmi? -.
Lo guardai lì, in lacrime, in piedi davanti all’ascensore. Era un addio. La nostra storia d’amore era finita, per sempre.
 
 
La guardai lì, in lacrime, in piedi attaccata alla parete. Era un addio. La nostra storia d’amore era finita, per sempre.
Mi venne incontro, e mi abbracciò forte. La guardai negli occhi, e mi persi un’ultima volta in quell’azzurro meraviglioso. Ricordavo ancora come fosse ieri la prima volta che l’avevo vista. Quella sera aveva cambiato la mia vita, e avevo vissuto un anno meraviglioso con lei.
- Ti amo, Kat – le sussurrai all’orecchio – Ti amerò per sempre -.
- Anche io, Matt – singhiozzò – Non ti dimenticherò mai -.
La baciai, accarezzandole il viso. Lei fece lo stesso. Ad un certo punto, mi staccai da lei ed entrai in ascensore. Guardai un’ultima volta i suoi occhi, prima di schiacciare il pulsante del piano terra. Poi, Kat scomparì dalla mia vista, e io scoppiai tra i singhiozzi.
 
 
Non appena le porte dell’ascensore si chiusero, mi lasciai cadere sulle ginocchia, urlando dal dolore. La prima cosa che feci fu afferrare il mio cellulare e digitare il numero di Melissa. Dopo qualche squillo, rispose.
- Ehi, Kat, tutto ok? – chiese mia sorella con voce allegra e pimpante.
Non riuscivo a parlare, i singhiozzi avevano la meglio su di me.
- Kat, cos’è successo? – sembrava preoccupata.
- Ci… Ci siamo lasciati, Melissa – riuscii solo a dire.
- Kat, Kat, stai tranquilla – mi ripeteva, ma non riuscivo a smettere di piangere.
- Lui… Mi ha lasciata -.
- Ascoltami, Kat – fece Melissa, cercando di farmi calmare – Domani torni a casa, ok? Prendi l’aereo e torni a casa. Andrà tutto bene, starai bene, Kat -.
Come potevo stare bene? Il mio cuore era in pezzi.
 
 
- Matt, tutto bene? – chiese Tom Felton, dall’altro capo del telefono.
Non riuscivo a parlare, perché le lacrime non mi davano tregua.
- Stai piangendo, Matt? – sembrava preoccupato.
- Ci siamo lasciati, Tom -.
- Cosa? Perché, Matt? – era sconvolto, non si aspettava una cosa del genere.
- Il film… L’Australia… Io… - ma non riuscii a terminare la frase, ero scosso dai singhiozzi.
- Matt, andrà tutto bene, mi hai sentito? – fece Tom.
- Io l’ho lasciata, Tom, le ho spezzato il cuore -.

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Capitolo 11
*** Lei era il mio mondo ***



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Capitolo 11

Lei era il mio mondo

 

Come avrei affrontato il futuro non lo sapevo. Ero distrutta, riuscivo a stento a reggermi sulle gambe. Non ero melodrammatica, come diceva Lola, ero semplicemente a pezzi. Il mio cuore era a pezzi, e non so quanto tempo ci sarebbe voluto per rimetterli insieme.
 
Non appena avevo riattaccato con Melissa, la sera prima, avevo prenotato un volo per Denver alle undici del mattino seguente. Lola e Claire mi aspettavano davanti all’aeroporto alle otto in punto, e mi aiutarono con le valigie.
Poi, ci sedemmo in sala d’attesa. Claire estrasse dal suo bauletto di Louis Vuitton tre copie di Vanity Fair appena stampate, e le porse a me e Lola. Ci guardammo e con sorrisetto complice iniziammo a sfogliare le riviste, commentando i look delle celebrità e le interviste.
Il volo per Denver delle ore undici partirà con quindici minuti di ritardo” annunciò la voce dell’altoparlante ad un certo punto.
- Partiamo con il piede giusto, proprio – commentai, sarcastica.
Lola mi guardò con un sorriso smagliante – Era da un po’ di tempo che la tua parte ironica non usciva allo scoperto -.
- Sei tornata in te – rise Claire.
Le guardai. Erano le migliori amiche che una persona potesse avere, e averle lì al mio fianco mi faceva stare molto meglio – Mi mancherete un sacco -.
Claire mi abbracciò, e Lola chiuse la sua mano sulla mia.
Ricominciammo a sfogliare Vanity Fair, quando un urletto isterico di una ragazzina mi congelò.
- Mamma, quello è Matt Lewis! – urlò, indicando il ragazzo che stava venendo a sedersi proprio nei posti di fronte a quelli dov’eravamo sedute noi. Con lui c’era Zoe, e quattro uomini sulla cinquantina. Riconobbi il regista famoso del film a cui doveva prendere parte.
Distolsi lo sguardo, ma era troppo tardi, perché i nostri occhi si erano già incontrati.
 
 
Era lì, seduta tra le sue amiche, con una rivista in mano. I suoi occhi erano appesantiti, e aveva delle profonde borse sotto gli occhi, segno di un’altra notte insonne tra i singhiozzi. Mi aveva fatto male rivederla, perché forse avrei dovuto dirle addio un’altra volta, come se non fosse già stato abbastanza difficile la prima.
- Matt, noi prendiamo un caffè, lo vuoi? – mi chiese David, uno dei produttori.
- No, grazie – risposi – Rimango qui -.
I miei colleghi e Zoe si alzarono dalle sedie della sala d’aspetto e si recarono al bar dell’aeroporto. Io ero lì, da solo, e la guardavo. Lei faceva finta di niente, leggeva la sua rivista, ma so che stava pensando a me, e soffriva moltissimo.
Il tempo passava, le lancette dell’orologio della sala si muovevano. Il mio aereo sarebbe partito tra un’ora. Zoe, accanto a me, era intenta a studiare qualcosa sul suo palmare.
I passeggeri per Denver sono pregati di recarsi all’imbarco”annunciò l’altoparlante.
Kat si alzò insieme alle sua amiche, raccolsero le loro cose e fecero per allontanarsi. Io scattai in piede e le raggiunsi in un attimo, bloccando Kat per il polso. Fece per dire qualcosa, ma la precedetti.
- Volevo solo salutarti -.
- Ciao, Matt – disse, distaccata – Stammi bene -.
Si liberò dalla mia presa e scomparve alla mia vista. Per sempre.
 
 
Il volo non fu pesante, a parte il malessere interiore che avevo dopo aver visto Matt. Trattarlo in quel modo, con disinteresse, era stato il modo migliore per rimanerci meno male, dato che non l’avrei mai più rivisto, o almeno solamente al cinema o sui giornali.
Melissa era in prima fila davanti a tutte le persone che aspettavano all’uscita degli sbarchi. Non appena mi vide, fece uno scatto e mi abbracciò forte. Io ricambiai l’abbraccio, e per qualche minuto rimanemmo in silenzio così, senza dire nulla. Mi era mancata, Melissa. Anche se era un po’ altezzosa, era mia sorella, e le volevo davvero bene.
Con molto tatto, evitò di fare domande sul mio stato d’animo. Mi aiutò a portare le pesanti valigie fuori, per poi caricarle sulla macchina di Ed, che era pronto al volante.
- Ti è mancata Denver? – chiese lui, mettendo in moto la vettura.
- Si – risposi – Avevo decisamente bisogno di tornare a casa -.
Melissa mi sorrise.
Non appena l’auto di Ed entrò nel cortile della villa dei miei genitori, mia madre scattò da sotto il portico e corse verso la macchina ancora in movimento, e aprì la mia portiera.
- Kat, tesoro – urlò – Stai bene? Guardarmi… Sei dimagrita? -.
- Hanna, lasciale il tempo di scendere dalla macchina – sbottò mio padre, che si era avvicinato.
Scesi, e li abbracciai entrambi. Non volevo farli preoccupare, quindi li convinsi del fatto che stavo bene, nonostante fosse una vera e pura bugia.
 
 
Non ero mai stato in Australia, prima d’ora. C’era davvero caldo. Una volta arrivati con l’aereo a Sidney, una macchina ci aveva portati fino all’albergo dove ci sarebbe stato tutto il cast. Nella hall, seduto su uno dei divanetti di pelle nera, c’era Robert Downey Jr., intento nella lettura di un quotidiano australiano.
- Robert – lo salutò con la mano il regista, entrando.
- Finalmente siete arrivati – sorrise l’uomo, alzandosi e venendo verso di noi. Gli diede una pacca sulla spalla e poi mi guardò, ammirato.
- Matthew Lewis -.
- E’ un onore conoscerla – dissi, porgendogli la mano.
- Anche per me, Matt, ma solo se mi darai del tu – e mi strizzò l’occhiolino.
Io annuii. Mi assegnarono una stanza, e Zoe mi aiutò a portare i miei bagagli. Lei dormiva a casa di sua zia, che risiedeva in quella città.
Mi preparai per la cena, e poi scesi di sotto. I miei colleghi non erano ancora arrivati, così attesi comodamente seduto sulle poltroncine della hall.
Non potei fare a meno di pensare a Kat, così lontana da me in quel momento. Non credo che lei stesse pensando a me, dopotutto le avevo spezzato il cuore, e ancora mi sentivo in colpa con me stesso per il male che le avevo fatto.
- Ciao – disse una voce femminile alle mie spalle.
Mi voltai di scatto e mi ritrovai faccia a faccia con Lily Collins.
- Ciao – ricambiai.
- Posso sedermi? – chiese, indicando la poltroncina di fianco alla mia.
- Certo – sorrisi, un po’ sforzato.
- Saremo coprotagonisti, ora -.
Io annuii. Forse avrei dovuto mostrare più interesse o felicità, ma ero troppo distrutto per essere felice.
 
 
Per cena, mia madre aveva cucinato tutto il frigorifero, presumo, perché la tavola era talmente piena che non c’era quasi spazio per i nostri piatti. Mi guardava con fare preoccupato quando smettevo per qualche secondo di mangiare.
- E’ bello averti a casa – disse mio padre, ad un certo punto.
Gli sorrisi – E’ bello essere a casa -.
Mia madre intervenne nel discorso, sfoderando il suo mancato tatto – Ti va di parlare di Ma… - ma Melissa la interruppe.
- Mamma! – tuonò, inferocita.
- Melissa, ti prego – sussurrò sotto voce Ed.
- Non parlarne non la farà sentire meglio – continuò mia madre.
- Oh, certo – commento sarcastica Melissa – La farà sentire benissimo parlare di come quel bastardo l’ha scaricata -.
A mio padre andò di traverso il vino che stava bevendo, mentre mia madre si bloccò. Ed si fece piccolo piccolo sulla sua sedia, e tutti mi fissarono. Solo Melissa evitò il mio sguardo.
Io ero immobile, gli occhi pieni di lacrime. Mi alzai dalla sedia e uscii dalla sala da pranzo.
- Kat! – urlò mia madre, cercando di fermarmi.
- Hanna, lasciala stare – disse mio padre.
Salii velocemente le scale e sbattei con più forza che potevo la porta della mia camera.
Fuori dalla finestra era quasi buio, il sole era già tramontato. Non so perché, ma mi sentivo terribilmente sola. Ricordai l’ultimo tramonto che avevo visto con Matt, ai Grandi Laghi. Quella era stata la sera più bella di tutta la mia vita, quando lui era ancora mio. I suoi occhi dolci che mi guardavano protettivi, le sue forti braccia che mi stringevano, i suoi capelli morbidi tra le mie dita… Mi mancava tutto di lui.
 
 
Appena finita la cena, avevo utilizzato la classica scusa del jet leg per dileguarmi. Stavo salendo la scalinata dell’hotel, quando la voce di Lily mi chiamò. Mi voltai e la vidi che correva verso di me. Si fermò qualche gradino sotto a quello in cui ero io.
- Non è il jet leg che ti fa stare così, vero? – chiese. Aveva il fiatone per lo scatto compiuto.
La guardai, e capii che aveva intuito tutto. I miei occhi si riempirono di lacrime e mi sedetti sul gradino.
- Non doveva andare così – dissi, con la testa tra le mani.
Lei si sedette accanto a me – Ti va di parlarne? -.
- L’ho lasciata… Per… Per un film -.
- Cosa ne pensava lei di tutto questo? -.
- Voleva venire con me -.
Suonava terribile. Avrei dovuto permetterle di fare ciò che le diceva il cuore, avrei dovuto fare di tutto per renderla felice. Avrei dovuto combattere per noi.
Lily sembrò leggere nei miei pensieri.
- Matt, l’hai fatto per lei -.
A quelle parole, non riuscii più a trattenere il pianto. Una lacrima mi rigò il viso, e Lily assunse un’espressione triste e turbata.
- Io ti capisco, ok? – mi disse.
Io annuii, e le sorrisi. Non ero da solo, lì.
 
 
Non so perché volevo farmi del male, ma digitai “Matt Lewis” su Google. Il primo articolo mi distrusse: “Il cast di Vertical sbarca a Sidney. Robert Downey Jr., Julia Roberts, Matthew Lewis e Lily Collins, i quattro protagonisti di questo nuovo capolavoro, sono pronti per iniziare le riprese, dichiara il regista.
Chiusi di scatto il computer e scoppiai in lacrime. Come potevo stare così male, come potevo essere così distrutta? Ne valeva davvero la pena?
Melissa entrò nella stanza senza bussare. Io avevo la testa sotto il cuscino. Mi ricordò molto quando avevo cinque anni. Quando mi facevo male, o quando la mamma mi sgridava, e Melissa entrava in camera mia per consolarmi.
- Posso? – chiese, sedendosi sul letto accanto a me.
Io annuii e tolsi il cuscino dalla mia faccia. Senza pensarci, le buttai le braccia al collo e la strinsi forte. Lei ricambiò l’abbraccio, e mi accarezzò i capelli con dolcezza.
- Fa troppo male, Melissa – dissi, tra le lacrime.
- Ci sono passata anche io, Kat – sussurrò – E fa davvero schifo, ti distrugge. Ma è in questi momenti che ti accorgi quante persone ti vogliono bene davvero -.
Accennai un sorriso e mi asciugai le lacrime.
- Non è un bastardo, comunque – precisai.
Lei mi guardò per un attimo con espressione seria, poi scoppiò a ridere – Scusa, mi è scappata -.
- Grazie, Melissa – sorrisi.
- Ti vogliamo tutti bene, Kat – mi disse – E ci saremo sempre per te -.
Io le sorrisi e la abbracciai di nuovo. Non ero da sola, lì.
 
 
Il letto era vuoto senza di lei. Continuavo a girarmi da una parte all’altra, tastando il materasso in cerca del suo corpo accanto al mio, ma non l’avrei trovato.
Non avrei trovato il suo sorriso perfetto e smagliante appena sveglio, non avrei trovato i suoi occhi brillare, non avrei trovato lei. L’avevo persa, avevo perso l’unica ragazza che era stata in grado di farmi provare determinati sentimenti.
Non ero mai stato innamorato prima di Kat. Lei era la persona giusta per me, lei era tutto ciò di cui avevo bisogno, perché quando ero con lei dimenticavo ogni cosa. C’eravamo solo io e lei, io mi perdevo in quegli occhi meravigliosi, e tutto il resto del mondo scompariva. Stare con le mi aveva reso una persona migliore, perché con lei potevo essere semplicemente me stesso.
Ora, so che non potrò mai riaverla, perché le ho lacerato il cuore, gliel’ho sbriciolato in mille pezzettini. Ma so anche che porterò il ricordo dell’anno passato con lei sempre nel mio cuore, perché una persona così speciale non si incontra tutti i giorni.
Spero che, magari tra qualche anno, mi capiti di incontrarla di nuovo, non tanto per ricominciare da capo, perché so che è quasi impossibile, ma per immergermi di nuovo nei suoi occhi, perché erano il mio mondo. Lei era il mio mondo.

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Capitolo 12
*** Il cielo è lo stesso per tutti ***


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Capitolo 12

Il cielo è lo stesso per tutti

 

Il mese di giugno era passato velocemente, quasi non l’avevo sentito. Melissa mi teneva impegnata, per cercare di farmi pensare a Matt il meno possibile. L’avevo aiutata molto con i preparativi per le nozze, e avevo anche rivisto tutti i miei vecchi compagni di scuola, il che mi aveva fatto davvero piacere.
Il mio cuore si stava lentamente abituando all’idea della separazione da Matt, nonostante cercassi spesso informazioni su di lui su Google, e anche immagini, che a giorni alterni quasi intasavano il web.
 
Finalmente, il grande giorno di Melissa era arrivato. La cerimonia si sarebbe svolta nel pomeriggio, all’aperto, nel gigante parco della villa dei miei genitori, e sarebbe stata seguita dalla cena a bordo piscina.
Il giorno precedente, mio zio Paul, che faceva l’architetto, era venuto insieme ad alcuni suoi colleghi per sistemare il giardino. Avevano steso un lungo tappeto bianco dall’uscita sul retro fino al punto in cui avevano ricreato un altare, contornato dall’arco nuziale. Avevano anche sistemato tantissime file di sedie ai lati del tappeto, e ad ognuna avevano fissato un mazzolino di fiori, gli stessi del bouquet della sposa. 
Era tutto perfetto, e Melissa era felice. Si vedeva che amava moltissimo Ed, e lo stesso valeva per lui.
 
- Kat! – tuonò Melissa, dalla sua stanza, dove mia madre e mia zia Pattie la stavano aiutando ad indossare l’abito da sposa.
I miei capelli erano mossi, quel giorno, e li avevo lasciati sciolti. Avevo usato un trucco leggero, e uno smalto color perla. Indossai vestito e scarpe e corsi nella camera di mia sorella.
- Qualche problema con il vestito? – chiesi, entrando.
- Non con il vestito – sbotto zia Pattie – Con la sposa -.
Mia madre accennò un sorriso, intanto che le sistemava il velo sul capo.
- Cosa c’è che non va, Melissa? – domandai, turbata.
- Nulla, solo che… E se non fossi pronta? -.
- Stai scherzando, vero? – sgranai gli occhi – Sogni questo giorno dal tuo primo appuntamento con Ed -.
Lei sorrise e si guardò nello specchio. Era bellissima. L’abito era spettacolare, ma l’accessorio più bello che stava sfoggiando in quel momento era il suo sorriso. Le brillavano gli occhi da quanto era felice, e io ero davvero felice per lei.
Questo mi riportò alla mente una cosa che mi aveva detto Matt: diceva che i miei occhi brillavano, quando ero felice, e il sorriso mi esplodeva sul volto. Un sorriso che era capace di rendere felici anche le persone che lo guardavano, nonostante i loro problemi. Ed era proprio questo che Melissa stava facendo con me in quel momento.
Mamma e zia Pattie terminarono con le sistemazioni e, dopo aver abbracciato Melissa con le lacrime agli occhi, uscirono dalla stanza.
- Sei pronta? – le chiesi, prendendole la mano.
- Sono pronta – sorrise.
La abbracciai forte. Una lacrima bagnò la mia spalla.
- Melissa, non piangere – le dissi, guardandola negli occhi – Ti si rovina il trucco -.
- Io voglio solo dirti che senza di te non ce l’avrei mai fatta, Kat -.
Ora ero io quella commossa.
- Anche se ti facevo i dispetti, e a volte ti trattavo male, e non ti prestavo i miei giochi… Ti ho sempre voluto un mondo di bene, e te ne vorrò per sempre -.
- Grazie per avermi aiutata a superare i momenti difficili, grazie per non avermi mai abbandonata. E grazie per essere un esempio per me, lo sei sempre stata -.
La abbracciai forte di nuovo.
Ad un certo punto, la porta si aprì ed entrarono le altre damigelle, le mie due cugine Tiffany e Jenna, e la migliore amica di Melissa, Christine.
- Sei pronta, sposina? – la prese in giro Tiffany.
Melissa le abbracciò tutte e poi si sedette sul divanetto. Anche io le abbracciai, era da tanto tempo che non le vedevo, mi erano mancate moltissimo. Tiffany era come una seconda sorella per me, perché aveva solo un anno in più di me. Jenna, invece, era un anno più piccola di Melissa.
Mi affacciai alla finestra che dava sul parco della villa.
- Sono tutti seduti, e c’è anche il pastore -.
- Voglio scappare – disse Melissa, in preda all’ansia. Christine scoppiò a ridere, e noi la seguimmo nella risata.
Qualcuno bussò alla porta, ed entrò mio cugino Ian, il fratello maggiore di Tiffany.
- E’ tutto pronto – annunciò – Quando vuoi tu, Melissa -.
Melissa si alzò e Ian la aiutò a scendere la scalinata di casa, per poi consegnarla al braccio di mio padre. Ian uscì dalla porta sul retro, e quando si sedette iniziò la marcia nuziale.
Io ero la prima damigella, e quindi, dopo aver afferrato un piccolo bouquet di fiori rosa, iniziai a camminare sul tappeto bianco. Mia madre mi guardava commossa, e Ed sorrideva, orgoglioso. Salutai con lo guardo il mio capo, che era pronto a scattare fotografie. Con lui c’era Will, un mio collega nello studio.
Quando anche Melissa arrivò all’altare, la cerimonia iniziò. Ed la baciò sulla guancia e le afferrò la mano tremante, chiudendola sulla sua.
 
- E’ il momento delle promesse – annunciò il pastore.
La cuginetta di Ed, Emma, che aveva cinque anni, si alzò dalla sua sedia e afferrò una bustina, che conteneva gli anelli. Camminò con fare goffo fino agli sposi, e consegnò la scatolina. Melissa tremava come non mai, e mi lanciò uno sguardo sfuggente. Le sorrisi di rimando, cercando di farla calmare un po’.
- Inizi tu, Ed? – sussurrò il pastore, notando la condizione di Melissa.
Lui annuì e si schiarì la gola – Io, Ed Stevens, prendo te, Melissa Hollins, come mia legittima sposa… -.
Mia madre e la madre di Ed erano già scoppiate in lacrime, e zia Pattie le seguiva a ruota. Ma anche gli occhi di papà erano lucidi.
- … Melissa, da quando ti ho conosciuta, la mia vita è cambiata. Sinceramente, non saprei dove sarei in questo istante, se il mio carrello non si fosse scontrato con il tuo, quel giorno al supermercato… -.
Ora anche il padre di Ed era scoppiato in lacrime, e anche i suoi nonni materni. Mia madre mi guardava, e io sorridevo.
- … Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Nulla potrà mai mettere fine al mio amore per te -.
Ed infilò l’anello nel dito di Melissa. Lei sorrise, e vidi che una lacrima le aveva rigato il viso. Ed le asciugò la lacrima, e lei si apprestò a pronunciare le sue promesse.
- Io, Melissa Hollins, prendo te, Ed Stevens, come mio legittimo sposo… -.
La sua voce era leggermente tremante per l’emozione. Ora, anche i miei occhi erano lucidi. Guardai Tiffany, che era al mio fianco, e lei mi sorrise. La presi per mano, come facevamo da bambine quando giocavamo, e lei la strinse forte.
- … Stare con te, Ed, mi ha resa una persona migliore. Senza di te, sarebbe tutto diverso, più noioso e triste, perché tu sei uno delle poche persone che è in grado di farmi sorridere di gioia vera, e a farmi brillare gli occhi… -.
Quando Melissa pronunciò quelle parole, una lacrima rigò il mio viso. Anche io avevo trovato una persona in grado di farmi essere felice davvero, ma l’avevo persa.
-  … Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Più i giorni passano, più sono pazza di te -.
E anche Melissa infilò l’anello nel dito di Ed. Tutti i presenti alla cerimonia sorridevano, lievemente commossi.
- Ed, Melissa… Sono felice di dichiararvi rispettivamente marito e moglie – annunciò il pastore, con il sorriso stampato in viso.
Tutti si alzarono in piedi e iniziarono ad applaudire. Melissa e Ed si guardarono e poi si baciarono con dolcezza. Io mi girai verso Tiffany e la abbracciai forte. Non appena guardai Melissa, lei mi gettò le braccia al collo.
- Congratulazioni, signora Stevens – la presi in giro.
Lei mi sorrise, e raggiunse mia madre, che la abbracciò tra i singhiozzi.
Dopo aver salutato tutti, e ringraziato per la presenza, gli sposi e noi damigelle e testimoni posammo per il fotografo, e verso le otto di sera iniziò la cena.
 
Il cielo era puntinato da infinite stelle, che brillavano come gli occhi di Melissa quando guardava suo marito, Ed.
Mia madre aveva ovviamente esagerato con il buffet, ma i miei cugini erano più che felici di tutto quel cibo in più. Ad un certo punto della serata, mi ero allontanata dal centro del giardino, dove si estendevano gli innumerevoli tavolini rotondi, e mi ero seduta sull’altalena di legno, fissata a due alte querce, che usavo quando ero solamente una bambina di sei anni. Mi mancava essere piccola. Stavo osservando Emma e suo fratello Logan, che aveva sette anni. Si divertivano a correre per il prato, gli bastava questo per essere felici. Non avevano bisogno di altro, solo di essere liberi e spensierati. I bambini sapevano vedere la bellezza anche nelle piccole cose, sapevano vedere la bellezza dentro le cose, ed erano capaci di essere felici in ogni occasione.
- Nostalgia dei vecchi tempi? – chiese ad un certo punto la voce di Ian – Posso sedermi? – indicò poi l’altalena di fianco alla mia.
- Certo – sorrisi.
Ian si sedette e iniziò a dondolarsi piano.
- Un po’ mi manca, essere una bambina – dissi, dopo un po’ – Lei è fortunata -.
Indicai Emma con un cenno di capo – Ha ancora molto tempo prima di ricevere la sua prima delusione d’amore… - e Ian mi interruppe.
- E quando accadrà si siederà su un’altalena rimuginando sul tempo passato -.
Mi lesse come nella mente.
- Mi conosci bene, vero? -.
- Diciamo che Melissa mi ha dato la conferma di quel che pensavo -.
- Non è facile, Ian – dissi – Mi sento come in gabbia -.
Lui rifletté per qualche minuto sulle mie parole, in silenzio.
Si alzò dall’altalena, e mi porse la mano.
- Che vuoi fare? – chiesi, confusa.
- Ti faccio sentire libera come quella bambina – sorrise – Ma se fossi in te toglierei i trampoli -.
Afferrai la sua mano, e con un movimento fluido tolsi i tacchi. Tutto d’un tratto, Ian iniziò a correre. Era difficile stargli dietro, correva davvero forte. Correvamo sul soffice prato della tenuta dei miei genitori. Il vento fresco mi scompigliava i capelli, il mio vestito fluttuava nell’aria, e io e Ian ridevamo. Come quando eravamo piccoli, e alla domenica lui e Tiffany venivano a pranzo da noi, e per tutto il pomeriggio giocavamo a rincorrerci nel prato. Una sensazione di libertà mi invase, era bellissimo. Per la prima volta da quando Matt mi aveva lasciata, ero davvero felice.
 
Il taglio della torta fu uno dei momenti più divertenti della serata. Ovviamente, gli amici di Ed non persero l’occasione per umiliarlo con cori da stadio alquanto imbarazzanti.
Dopo il dolce, gli sposi richiamarono l’attenzione della folla, e ci guidarono al centro del prato. Vari cesti erano sparpagliati nel grande giardino, e contenevano lampade giapponesi. Ne estrassi una, le istruzioni erano scritte sotto l’oggetto. Dovevamo aprirla, e poi accendere con un accendino una parte della lanterna. Una volta che tutte furono accese, Melissa e Ed lasciarono alzare in volo la loro, e tutti i presenti li imitarono.
Lo spettacolo era mozzafiato. Mille lanterne bianche invadevano il cielo, e si alzavano piano piano sempre più in alto. Era quasi commovente da vedere. Chissà chi avrebbe visto quelle lanterne, e dove sarebbero arrivate. Il cielo era lo stesso per tutti, no? Uno dei tanti aforismi preferiti da papà dice che poiché tutti vediamo lo stesso cielo, non siamo poi così lontani. Non potei fare a meno di pensare a Matt. Sarebbe stato tutto diverso se fosse stato lì con me, quel giorno. Sarebbe stato tutto diverso se fossi riuscita a lasciarlo perdere una volta per tutto. Ma il vero amore non si può dimenticare così facilmente. Si può dimenticare del tutto?
Melissa mi si avvicinò e fece passare un baraccio intorno alle mie spalle.
- A cosa pensi, Kat? -.
- A quanto mi manca Matt – ammisi.
- Pensa, magari una di queste lanterne arriverà fino in Australia e Matt la vedrà -.
La guardai torva.
- Kat, è un modo di dire – mi diede un buffetto sulla spalla con fare amichevole – Volevo solo dire che, magari, anche lui sta guardando il cielo pensando a te -.
- Tu credi sia possibile? -.
- Ne sono quasi convinta, sai? -.
Le sorrisi e la strinsi tra le mie braccia. Guardai nuovamente il cielo e pensai che anche Matt stesse facendo lo stesso.
 
 
Ero uscito un attimo dagli Studi in cui stavamo facendo le riprese. Avevo bisogno di una boccata d’aria. Il sole caldo delle tre del pomeriggio rendeva l’aria quasi irrespirabile. Guardai la data sullo sfondo del mio cellulare: era il giorno del matrimonio di Melissa, la sorella di Kat.
Pensai a Kat. Chissà se anche lei mi stava pensando. Ricordai un aforisma, che mi aveva detto mia nonna quando mi ero trasferito a New York, lontano da casa. Diceva che il cielo è lo stesso per tutti.
Alzai lo guardo. Il cielo era di un azzurro limpido e intenso, come i suoi occhi, che tanto mi mancavano, quegli occhi luminosi che erano il marchio che caratterizzava Kat. Il sole assomigliava tanto al suo sorriso, che brillava e illuminava tutti coloro che aveva intorno.
Chissà se anche Kat  stava guardando il cielo. Mi mancava terribilmente.
La voce acuta di Lily mi diceva di rientrare per la scena successiva.

Guardai nuovamente il cielo e pensai che anche Kat stesse facendo lo stesso. 

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Capitolo 13
*** Non bastava voltare pagina ***


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Capitolo 13

Non bastava voltare pagina


L’ultimo giorno di riprese è sempre stato devastante, per me. Perché ti trovi a ritenere quelle persone come una seconda famiglia, passando con loro quasi ventiquattro ore al giorno, per più di un anno. 
Era appunto passato appena più di un anno da quando avevo lasciato New York, era ottobre quando il regista aveva dato il via all’ultimo ciack. 
Julia Roberts aveva gli occhi un pochino lucidi mentre giravamo, e anche Lily. 
 
- Stop! – urlò a gran voce il regista. Tutti ci bloccammo. Guardai Robert Downey Jr., che era in piedi accanto a me, e lui mi diede una sonora e amichevole pacca sulla spalla. Lily abbracciò Julia, e poi mi gettò le braccia al collo. La strinsi forte, e un po’ di tristezza mi invase.
Il regista si congratulò con tutti per il buon lavoro svolto. Da quel momento, lui avrebbe dovuto iniziare, insieme ai produttori, a montare le scene e realizzare il film completo.
- Probabilmente, siete il cast migliore con cui un regista come me possa mai lavorare – disse, lievemente commosso. 
Ognuno di noi protagonisti pronunciò un breve discorso, due parole di fronte al resto del cast e alla troupe. Il mio turno era arrivato, ma non sapevo proprio cosa dire.
- Non so da dove iniziare – dissi – Grazie per avermi permesso di fare questa meravigliosa esperienza, che mi ha sicuramente arricchito molto, sia come attore che come persona. Robert, grazie per essere stato come un padre per me, e un amico fidato – gli occhi di Robert si fecero un po’ lucidi – Julia, sei stata un grande esempio per me, in tutti gli ambiti, e anche una persona meravigliosa su cui so di poter sempre contare -.
Il mio sguardo si spostò su Lily, che stava già piangendo – E tu, grazie per essere stata la prima ad avermi capito, e avermi aiutato a superare le difficoltà che ho avuto. Sei un’amica meravigliosa -.
Tornai a sedermi, e tutti mi applaudirono. 
Una volta salutati tutti i membri della troupe, le automobili ci riportarono in hotel, per l’ultima cena tutti insieme. Infatti, il giorno dopo, parecchi sarebbero ripartiti. In particolare,  noi quattro protagonisti avremmo dovuto prendere un aereo per New York, per un servizio fotografico. 
Mi mancava molto casa, ero davvero felice di tornare. Chissà cos’era cambiato. In un anno possono cambiare moltissime cose, ma soprattutto le persone.
Una cosa che era rimasta invariata dentro di me? Il mio amore per Kat. Mi mancava da morire, mi mancava come l’aria. Era stato un anno davvero difficile, senza di lei. Ed ora che sarei tornato a casa, magari l’avrei rincontrata. Da una parte, la gioia sarebbe stata immensa, perché avrei finalmente rivisto la donna di cui ero innamorato. Ma dall’altra, avevo paura. Paura della realtà, del fatto che magari mi aveva dimenticato, e sostituito con un altro ragazzo. Era un suo diritto, però, era un suo diritto aver ricostruito il cuore che io le avevo distrutto. Io l’avevo abbandonata, io l’avevo esclusa dalla mia vita. Ma io non ero riuscito a dimenticarla, perché nonostante tutto, era stata la parte più importante della mia vita, ed era ancora la parte migliore del mio cuore.
 
 
New York era affascinante, in autunno. Le foglie cadevano dagli alberi di Central Park, e una distesa arancione si estendeva a vista d’occhio quando camminavi. L’aria si era fatta più fredda, e il sole più debole. 
La mia vita aveva finalmente ripreso il suo corso. Dopo il matrimonio di Melissa, ero rimasta fino alla fine dell’estate a Denver, per poi tornare a New York per qualche settimana. Non ce l’avevo fatta a rimanere lì, troppi ricordi, troppo dolore. Così, mi ero licenziata dal lavoro ed ero tornata a casa. Ma ora, avevo deciso di mettere da parte il passato, e riprendere la mia vita da dove l’avevo lasciata. 
 
Stavo passeggiando per la strada principale dei negozi, tre borse in una mano e quattro nell’altra, quando il mio telefono squillò. Era il mio vecchio capo, dello studio fotografico.
- Pronto? -.
- Kat, tesoro – disse – Per fortuna ti ho trovata – era davvero sollevato di sentire la mia voce.
- Tutto ok? – chiesi, incuriosita dalla chiamata improvvisa.
Non lo sentivo da quando mi aveva contattata per lasciarmi gli scatti del matrimonio, dopo che mi ero licenziata. Erano davvero bellissimi, lui e Will avevano fatto un ottimo lavoro, e anche Melissa era felice.
- So che ti sei licenziata da quasi un anno e ora sei a Denver, ma ho un problema -.
- Sono tornata a New York ieri – gli dissi, e lui tirò un sospiro di sollievo – Che succede? -.
- Will si è licenziato! – esclamò, arrabbiato – Lui e la sua ragazza hanno deciso all’improvviso di sposarsi, e sono partiti per le Hawaii -.
- Mi stai chiedendo di tornare, vero? -.
- Se non vuoi tornare definitivamente, almeno aiutami con un servizio, domani – mi supplicò – E’ importantissimo, e ora come ora sono con l’acqua alla gola. Devo mandare le foto a People -.
Mi fermai a riflettere. Sarebbe stata una grandissima opportunità tornare in quello studio, soprattutto perché in quel momento ero disoccupata. Altri studi fotografici importanti come quello, non c’erano a New York, e lì mi ero trovata bene, tutti avevano apprezzato il mio talento. Inoltre, sarebbe stato il primo passo per ricostruire la vita da dove l’avevo lasciata.
- D’accordo – dissi, infine – Ci sto -.
- Grazie, Kat – sembrava sollevato, si sentiva dal tono di voce più leggero – Mi hai salvato la vita -.
- Figurati, è sempre un piacere -.
- Allora ci vediamo domani alle nove in studio, d’accordo? -.
- Perfetto – dissi – A domani -.
Mi salutò e riattaccò.  
Stavo passando davanti ad una caffetteria, quando adocchiai due ragazze, due ragazze che avrei riconosciuto anche ad occhi chiusi. Anche Lola e Claire mi videro, perché si alzarono e iniziarono a sbracciarsi. Mi avvicinai al tavolino dov’erano sedute e le salutai con un abbraccio. Loro mi invitarono a sedermi, e così ordinai un caffè.
- Non sapevo fossi tornata – disse Claire, felice.
- E’ una cosa recente, sono arrivata ieri -.
- Cosa ti ha spinta a cambiare idea? – mi chiese Lola.
- Ero stanca di scappare dalla realtà, devo iniziare ad accettare il fatto che la vita continua anche dopo una delusione -.
- Meriti di essere felice, Kat – sorrise Lola.
Ricambiai il sorriso. Poco dopo, il cellulare mi vibrò nella tasca. Melissa mi aveva mandato un messaggio. Lo aprii: “S.O.S.: Matt Lewis sta tornando a New York”. Come allegato, c’era una fotografia di Matt, insieme a Lily Collins, Julia Roberts e Robert Downey Jr. all’aeroporto di Sydney, pronti per prendere un volo per New York. Il mio cuore fece una capriola, e sbiancai. 
- Kat, che succede? – chiese Claire, notando il mio viso turbato.
In risposta, mostrai loro lo schermo del mio cellulare. Anche loro rimasero zitte, senza parlare, come se tutto d’un tratto fossimo diventate tre statuette di cera.
Matt sarebbe tornato a New York, e con ogni probabilità l’avrei rivisto, tenendo conto della fortuna che avevo avuto l’anno precedente. 
Ero appena tornata, pronta per ricominciare la vita che avevo abbandonato quando Matt mi aveva lasciata. Me lo meritavo, no? Dopo tutto il male che avevo patito, era giusto voler ricominciare da capo. Ed ora, lui stava tornando lì, e tutto sarebbe cambiato. Ovviamente, non vederlo non aveva cambiato i sentimenti che provavo per lui, e vederlo avrebbe solo accentuato le cose. Tutti gli sforzi che avevo fatto per andare avanti non ero serviti a niente, l’avevo sempre saputo, perché nonostante tutto mi ero resa conto che non sarei riuscita a dimenticarlo così facilmente. Non bastava voltare pagina, bisognava volerlo davvero. E in quel momento, io mi ero resa conto che non volevo farlo, perché ero ancora follemente innamorata di Matt Lewis. 
 
 
L’aeroporto di New York non era cambiato per niente. Noi eravamo lì, all’ingresso, circondati da cinque valigie a testa, che aspettavamo le automobili. Parecchie persone erano intorno a noi, ci chiedevano una foto o un autografo. Fortunatamente, dopo poco arrivarono le quattro automobili che ci avrebbero portati via da lì. Gli autisti scesero, raccolsero le nostre valigie e ci fecero entrare nella vettura. Poi, partimmo. 
Anche il mio appartamento a Manhattan era rimasto lo stesso. Ringraziai il portiere del palazzo, che mi aveva aiutato con i bagagli, e rimasi a fissare l’appartamento buio e immobile. Non accesi la luce, nonostante fosse buio anche fuori, ma rimasi nell’oscurità, illuminato solamente dalle luci dei grattacieli circostanti. Mi sedetti sul divano e fissai il soffitto chiaro, per poi spostare lo sguardo sul tavolino basso di legno chiaro davanti a me. Un certo particolare attirò la mia attenzione. Un cornice. La presi in mano e fissai la foto dentro di essa: Kat sorrideva, felice, mentre io la guardava, fiero di stare insieme ad una ragazza come lei. I suoi occhi brillavano di luce propria, e i suoi capelli erano spettinati dal forte vento. Era bellissima. 
Riappoggiai la fotografia sul tavolino, e dopo poco mi addormentai, nonostante fosse ancora abbastanza presto, ancora vestito e seduto sul divano.
 
 
Ero rimasta con Lola e Claire tutto il pomeriggio, e avevamo fatto shopping, come ai vecchi tempi. Lola aveva comprato un bellissimo tubino color blu notte, l’avevamo praticamente costretta ad acquistarlo. 
Poi, eravamo andate a casa mia per cena. Avevamo ordinato tre pizze, e dopo mangiato ci eravamo sedute sul tappeto del salotto, circondate da innumerevoli cuscini e pasticcini, a farci la manicure.
- Io voglio quello arancione – aveva detto Claire, allungando la mano per farsi mettere lo smalto da una di noi. 
Mentre Lola le spalmava, eravamo rimaste in silenzio. 
Poi, Claire decise di indagare ancora una volta sui miei sentimenti per Matt, come se non fossero già abbastanza evidenti. 
- Lo ami ancora, vero? – chiese, interrompendo il silenzio.
Lola le lanciò un’occhiata ammonitrice, che lei ignorò. So che erano entrambe in attesa di una risposta, così decisi di parlare.
- Si – ammisi – Lo amo ancora -.
Lola scosse il capo, Claire si limitò ad annuire.
- Ne ero convinta, Kat – continuò – Ma non credo sia… Insomma, non ti farà stare molto bene -.
Stavo per ribattere, quando Lola intervenne – Non ti farà stare bene per niente, Kat. Dopo tutto quello che ti ha fatto, ancora lo ami? -.
- Non credo che l’amore si possa dimenticare in una giornata – le feci notare.
- E’ passata più di una giornata. Più di un anno! -.
Feci spallucce. 
- Lo dico per te – riprese, giustificando la sua presa di posizione – Ci starai solo male -.
- E’ un rischio che sono pronta a prendere, Lola -.
- Come fai ad averlo perdonato dopo tutto quello che ti ha fatto? – chiese Claire, dopo un po’ di silenzio.
- Non credo di averlo perdonato – dissi – So solo che lo amo, ragazze, come se non fosse successo niente. È più forte di me -.
Claire sorrise, Lola annuì solamente. So che non era d’accordo con me, ma solo perché mi voleva bene e non voleva vedermi soffrire come in passato. Non so come sarebbe andata con Matt, non so che effetto mi avrebbe fatto rivederlo. In un anno possono succedere molte cose, e altrettante possono cambiare. So solo che in tutto quel tempo, in me una cosa non era cambiata: l’amore che provavo per lui.
 
Quando Lola e Claire tornarono a casa, telefonai a Melissa. Ovviamente, volle subito parlare della notizia che mi aveva mandato quella mattina.
- Non ti da tregua, eh? – commentò Melissa, dall’altro capo del telefono.
- Non so cosa dire o pensare – sbottai, amareggiata – I miei sentimenti sono un po’ confusi, al momento -.
- Lo odi per quello che ti ha fatto, ma allo stesso tempo lo ami ancora -.
Melissa capiva sempre il mio stato d’animo in ogni momento. Riusciva a capirlo anche solamente sentendo la mia voce.
- Mi manca, Melissa -.
- Lo rivedrai, ne sono certa – disse lei – E se succederà, ricordati lo schiaffo da parte mia -.
Scoppiai a ridere. 
- Cambiando argomento – ripresi io – Com’è andata l’ecografia? -.
- Benissimo – disse – La mia bambina sta molto bene -.
- Quindi hanno confermato che è una femmina? -.
- Confermato -.
Ero felicissima. Melissa aspettava un figlio da cinque mese, e nell’ultima ecografia le avevano annunciato che sarebbe stata una bambina. Avrei avuto una nipote, la mia prima nipotina. Mi sentivo davvero bene per questo.
- Kat, ora ti lascio – disse Melissa, ad un certo punto – Vado a dormire, e dovresti andare anche tu -.
- Vado, capo – scherzai. Le diedi la buonanotte e riattaccai. 
Prima di andare a dormire, preparai la mia attrezzatura fotografica per il giorno seguente. Dovevo essere puntuale, e per questo feci attenzione a non scordare nulla. Poi, mi coricai sul letto e mi addormentai di botto.

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Capitolo 14
*** It's stormy out ***


 
Questo è il primo capitolo a cui faccio un’introduzione.
Si, siamo quasi arrivati alla conclusione della storia. Ma manca ancora qualche capitolo, quindi terrò i ringraziamenti e la malinconia alla fine.
In questo capitolo troverete una parte in cui è presente il ritornello di una canzone.
Questo perché è proprio da questa canzone che mi è venuta l’ispirazione per scrivere il capitolo.
La canzone, come vedrete, è “Stormy” degli Hedley. Vi consiglio di ascoltarla, per riuscire a inquadrare la scena.
Detto ciò, buona lettura c:
Baci,
Sindy xx



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Capitolo 14

It's stormy out


 

Alcuni rumori in sottofondo mi infastidivano. Sembravano piatti e bicchieri che venivano posizionati sul tavolo di legno del soggiorno. Mi svegliai di scatto e guardai fuori dalla finestra: era giorno, anche se la giornata prometteva pioggia; erano le otto e trenta del mattino, per la precisione.
Mi stropicciai gli occhi, e poi fissai il ragazzo biondo che stava trafficando con le stoviglie. Tom Felton notò che ero sveglio e mi sorrise. Lo guardai interrogativo.
- Che ci fai qui? – chiesi, con voce alquanto assonnata.
- Oh Matt, anche per me è un piacere rivederti – ironizzò – Sai, la tua voce appena sveglio mi è mancata da morire -.
Scoppiai a ridere. Mi alzai dal divano e gli diedi due pacche amichevoli sulla schiena in segno di saluto.
- Come va la vita, Matt? – chiese, una volta che ci fummo seduti a tavola. Aveva portato la colazione, due brioche calde alla crema appena sfornate, e due buonissimi cappuccini.
- Il solito, amico – risposi, sorseggiando il caffè – E tu? -.
- Matt – mi guardò torvo – Sai a cosa mi riferisco -.
Lo sapevo benissimo, ma feci ancora finta di niente.
- A cosa ti riferisci, Tom? -.
- A Kat, idiota -.
Lo fissai negli occhi, ma poi abbassai nuovamente lo sguardo – Non l’ho più vista né sentita -.
Tom tacque, e iniziò a mangiare la sua brioche.
- Oggi devo andare nello studio fotografico in cui lavorava per un servizio con il cast – continuai.
Lui sembrò farsi di nuovo interessato, ma quando gli dissi che lei non lavorava più lì, apparve deluso.
- E tu come lo sai? – mi chiese, incuriosito.
- Twitter – dissi solo.
Tom mi fissò con fare serio, ma poi si abbandonò a un sorriso.
- Troverai il modo di rivederla, Matt – disse, infine – E potrai implorarla di dimenticare tutte le cazzate che hai fatto -.
Si alzò da tavola.
- Mi mancavano questi tuoi strani modi di cercare di farmi sentire meglio – risi, ironico.
- Sono qui per questo, no? -. Anche lui rise, e mi diede una pacca sulla spalla. Ci alzammo da tavola, mi preparai e mi accompagnò in taxi allo studio fotografico.
 
 
Arrivai in studio alle nove esatte. Il mio capo era già dentro, e stava preparando i pannelli e le luci. Mi corse incontro, quando varcai la soglia della stanza, e mi strinse in un caloroso abbraccio.
- Come stai, Kat? – chiese, aiutandomi a portare dentro l’attrezzatura.
- Tutto a posto, grazie – risposi, felice – E tu? -.
- Anche io. Ti vedo in forma -.
Gli sorrisi. Montammo la mia attrezzatura, e poi mi sedetti su una sedia.
- Melissa si vanta molto delle foto del matrimonio, quando le fa vedere in giro – gli dissi, dopo qualche minuto di silenzio.
- Ne sono felice – fece, davvero entusiasta della cosa – E’ stato un matrimonio davvero bellissimo, ed eravate tutti molto fotogenici -.
- Credo che una sua amica ti contatterà per il suo matrimonio -.
- Ne sarei felice -.
Il mio capo uscì per qualche minuto dalla stanza per prendere due caffè. Rimasi seduta in silenzio, guardando il mio riflesso nell’enorme vetrata. Fuori, le nuvole scure promettevano pioggia. Quando il mio capo rientrò, aveva due cappuccini caldi in mano. Me ne porse uno e iniziò a sorseggiare il suo.
- Sta arrivando una tempesta – sbottò, tra i sorsi.
- E’ arrivato l’autunno a New York – sospirai, rassegnata.
Sembrava agitato per qualcosa, perché continuava ad alzarsi dalla sedia di fronte alla mia, per poi avvicinarsi alla grande finestra che dava sulla strada.
- A che ora arrivano… - ma mi bloccai. In realtà non sapevo nemmeno chi avrei dovuto fotografare. Lui lesse la mia espressione interrogativa, ma non disse nulla.
La porta d’ingresso dello studio si era aperta, e alcune persone stavano percorrendo il corridoio fino alla stanza di posa. Alcune voci si alternavano a ritmo sconvolgente. Il mio capo oscurò la vetrata, in modo che la luce naturale non entrasse, e accese le lampadine della stanza.
- Chi fotografiamo? – chiesi, insistente.
Lui si bloccò e mi fissò – Non te l’ho detto perché non sapevo se avresti accettato, e avevo davvero bisogno di te -.
- Non dirmi che fotografiamo M… - ma l’ingresso nella stanza di quattro persone mi interruppe.
Il mio capo accennò un sorriso colpevole e salutò i quattro attori con la mano. Io, che ero di spalle alla porta, mi voltai di scatto, e mi trovai faccia a faccia con Lily Collins, Robert Downey Jr., Julia Roberts e, ovviamente, Matt Lewis. Non appena i nostri occhi si incontrarono, il cuore mi esplose nel petto.
 
 
Kat era lì, davanti a me, i suoi occhi immersi nei miei. Io ero immobile, sembravo una statua. Il cuore mi era esploso nel petto, provocandomi una scossa elettrica.
Non ero sicuro che quella fosse la realtà. Kat era bellissima. I suoi occhi mi erano così tanto mancati che non riuscivo a distogliere lo sguardo. Ne ero immerso, e avrei tanto voluto affogarci dentro. Era perfetta, come lo era sempre stata. Il mio cervello si era fuso non appena avevo capito che era lei quella ragazza che mi dava le spalle, all’interno della stanza. Avevo iniziato a tremare come un bambino.
Sembrava sorpresa di vedermi, e quindi dedussi che il suo capo non doveva averle detto che servizio fotografico avrebbe dovuto fare.
Lily mi diede un pizzicotto sul braccio, che mi costrinse a distogliere lo sguardo da Kat.
- Bene, ecco… - fece con imbarazzo il capo di Kat – Benvenuti. Io sono Roger e lei è la mia assistente, Kat -.
- Molto piacere – disse Julia, cercando di placare l’imbarazzo generale che si era creato.
Tutti sapevano chi era lei, cos’era stata per me, e anche com’era finita tra noi. Quindi, sarebbe stato abbastanza strano quel servizio fotografico. Roger ci indicò di posizionarci davanti al pannello bianco, tutti e quattro.
Kat si allontanò per prendere la sua macchina fotografica.
- Fai prima un primo piano a tutti, per iniziare – le disse Roger.
Lei lo fece. Si irrigidì quando puntò l’obiettivo su di me, ma io cercai di essere il più naturale possibile.
- Com’è? – chiesi, cordiale.
- Vai benissimo – tagliò corto lei, con voce fredda.
Gli scatti proseguirono per circa un’ora e mezza, e ci divertimmo parecchio, noi quattro. Robert faceva facce buffe, mentre Lily e Julia erano sempre perfettamente in posa e sorridenti. Io ci faci la figura dell’idiota parecchie volte, ma fortunatamente Roger la buttava sul ridere. Kat aveva un tono dolce e innocente quando doveva rivolgersi agli altri tre, ma quando arrivava a me ne utilizzava uno abbastanza sprezzante. Non le davo tutti i torti.
- Basta così – annunciò Roger ad un certo punto – Sono perfette, grazie a tutti -.
Finiti gli scatti, Roger tirò fuori parecchie cose da bere e da mangiare, per festeggiare il bellissimo servizio fotografico.
- Io non posso trattenermi – disse Kat, con una finta aria desolata – Mi dispiace molto, ma è stato un piacere conoscervi -.
I miei colleghi ricambiarono, soprattutto Julia, che la trovava davvero carina. Kat salutò Roger, che le disse che l’avrebbe chiamata quella sera. Lei sembrava avercela un pochino con lui.
Salutò nuovamente tutti, e iniziò a camminare con passo veloce nel corridoio. Un tonfo ci segnalò che era uscita dalla porta principale dello studio.
- Che diavolo ci fai ancora qui? – tuonò Lily tra i denti.
- Scusami? – feci.
- Corrile dietro, idiota -.
Non ci pensai due volte. Scattai dalla sedia su cui ero seduto, lasciando cadere per terra la tartina che stavo per addentare. Corsi alla massima velocità per tutto il corridoio, e uscii svelto dalla porta a vetri.
Fuori, pioveva abbastanza forte. Cercai Kat con lo sguardo sul marciapiede, e la trovai. Era una ventina di metri davanti a me, e stava camminando a passo svelto, perché non aveva l’ombrello.
Mi misi a correre di nuovo verso di lei, urlando a gran voce il suo nome. Lei si bloccò e si girò verso di me, quando le ero abbastanza vicino. Mi fermai di scatto e la fissai. I suoi capelli erano zuppi, come i suoi vestiti. I suoi occhi mi fissavano, e improvvisamente, fu come se la pioggia smise di cadere, perché avevo ritrovato il mio sole.
 
 
I suoi occhi mi fissavano, e io ero lì, sotto alla tempesta, che aspettavo una sua mossa.
- Che c’è? – chiesi, forse un po’ troppo bruscamente.
- Io… Non so da dove iniziare – disse, con aria desolata.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi dolci. Dio, mi mancava da morire.
- Senti, Matt – feci – Devo andare -.
Ma lui mi afferrò per il polso e non mi lasciò fare neanche un passo. Sinceramente, ero felice che l’avesse fatto. Volevo starlo a sentire, anche se la pioggia ormai ci aveva bagnati come se avessimo fatto un tuffo in piscina.
- Uno “scusa” non potrà mai essere sufficiente, lo so – iniziò. Riusciva a fatica a trattenere le lacrime, perché gli si era formato un nodo alla gola.
- So che è passato un anno, e sono cambiate molte cose – continuò – So che tu sei andata avanti con la tua vita, e avevi tutte le ragioni per farlo, perché io ti ho esclusa dalla mia. E non sai quanto mi sono pentito di averlo fatto -.
Anche i miei occhi ora si stavano lentamente riempiendo di lacrime.
- Non mi importa se ora sei felice con un altro, non mi importa se ora non vorrai più vedermi per il resto della tua vita – una lacrima gli rigò il volto – Lasciami dire solo questo, e poi potrai voltarmi le spalle per sempre. Io ti amo, Kat. E anche se sono stato un bastardo per averti allontanata da me, l’ho fatto per questo. Sei sempre stata al centro del mio cuore, non c’è mai stato un singolo giorno in cui io non ti abbia pensata. Non c’è mai stato un singolo giorno in cui io non ti abbia amata. Il mio amore per te non può finire. E ora mi sto rendendo ridicolo qui, sotto questa tempesta, cercando di farmi perdonare per tutte le cazzate che ho fatto -.
Tacque, perché notò che sulla mia guancia era scesa una lacrima.
- Non sto piangendo, è solo la pioggia – dissi, sulla difensiva – Io… -.
Ma non riuscii a terminare la frase, perché lui parlò di nuovo – Per me, tu vieni prima di tutto il resto, Kat. So di aver fatto moltissime cazzate, ma ora sono qui -.
 
 

It’s stormy out
                                         So baby let me in
I can help, I know I can
Together we’re never gonna fall

 
Ora stavo piangendo davvero. Lo guardai, e anche lui stava facendo lo stesso. Mi avvicinai di un passo a lui.
- Questo – e gli tirai un sonoro schiaffo in piena guancia – E’ per tutto quello che mi hai fatto passare -.
Si massaggiò la guancia, ma non si lamentò. Sapeva di meritarlo.
- E questo – lui si preparò ad un secondo schiaffo - E’ perché ti amo -.
E invece di tirargli uno schiaffo di nuovo, lo bacai. Sotto la pioggia c’eravamo solo noi, io e lui, finalmente di nuovo insieme.
 
 

It’s stormy now
But the sun’s gonna shine again
Even the worst storms gonna end
We’re better if we weather it all
Together we’re never gonna fall

 

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Capitolo 15
*** Il suo sorriso era il mio mondo ***



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Capitolo 15

Il suo sorriso era il mio mondo



Erano passati già quattro anni da quando io e Matt ci eravamo rimessi insieme. La mia vita era finalmente tornata normale, ed ero felice, felice come non la ero mai stata.
Ero diventata zia di una bellissima bambina, Torrey, che ora aveva quattro anni, e di un maschietto di un anno appena compiuto, Keegan. Melissa e Ed erano felicissimi insieme, e avevano costruito una bellissima famiglia.
Il lavoro andava a gonfie vele: Roger mi aveva assunta di nuovo, e l’avevo perdonato per non avermi detto che avrei dovuto fotografare Matt, quel giorno. Lui non lo sapeva, ma gli ero davvero riconoscente per ciò che aveva fatto.
Io e Matt convivevamo nel mio attico da quando ci eravamo rimessi insieme.
Non potevo chiedere di meglio, perché insieme a lui stavo davvero bene, e finalmente i miei occhi avevano ripreso a brillare, come diceva Matt.
 
Quell’estate andai con lui a Leeds, dove viveva la sua famiglia. I suoi genitori furono entusiasti di ospitarci. Piacevo molto a tutti, soprattutto a sua madre.
Quel mattino mi svegliai abbastanza presto ma, nonostante ciò, tutti erano già di sotto a fare colazione. Mi sedetti a tavola e mi trovai davanti un sostanzioso piatto di uova e bacon.
- Mi vuole viziare, eh? – feci sorridendo, rivolta alla mamma di Matt.
- Io ancora non capisco perché ti ostini a darle del lei – Matt alzò gli occhi al cielo.
Suo padre si limitò a soffocare una risata, mentre sua madre parlò – Matt, lasciala in pace -.
Io accennai un sorriso e chiusi la mia mano in quella di Matt. Al notiziario passavano varie notizie, ma una fece completamente uscire di testa la madre di Matt.
Dopo anni di convivenza, ecco la proposta di Andrew Garfield a Emma Stone. La Stone sfoggia il luccicante anello di fidanzamento per le strade di New York” diceva il notiziario.
- Io amo Emma Stone – la mamma di Matt era davvero entusiasta per la notizia – Stanno benissimo insieme, vero? -.
Il padre di Matt annuì, distaccato, mentre io continuavo ad ascoltare il telegiornale, incuriosita. Matt si fece rigido sulla sedia, e poco dopo scattò in piedi, sussurrando qualcosa tra i denti e scomparendo in giardino.
 
 
- Pronto? – la voce di Tom Felton era abbastanza assonnata, al di la del telefono.
- Ho un problema serio -.
- Oh, buongiorno anche a te, Matt – fece, ironico.
- Non ho tempo per il tuo sarcasmo – ero agitato, tremavo – Io… Devo fare una cosa -.
- Matt, stai impazzendo per caso? – chiese, confuso – Che devi fare? -.
Ma io non risposi alla sua domanda – Tu e Jade dovete venire a Leeds, subito -.
- Ma che stai dicendo? -.
- Tom, è importante! – tuonai. Ora tremavo all’impazzata, così mi sedetti su una sdraio aperta in giardino. Non riuscivo a pensare, le gambe non si fermavano, tremavano troppo.
- Prendi un bel respiro, Matt, e dimmi cosa sta succedendo -.
- Voglio chiedere a Kat di sposarmi – lo dissi tutto d’un fiato.
Era da un po’ che ci pensavo, e ultimamente, ovunque andavo, qualcosa mi dava un segno. La proposta di Garfield alla Stone era stata l’ultima goccia. Ma era anche la prima volta che lo dicevo ad alta voce, e ciò mi rendeva ancora più nervoso.
- Matt – Tom interruppe i miei pensieri – Ma è fantastico! -.
Fortunatamente, era favorevole alla mia decisone. Era davvero importante il suo punto di vista, per me.
- Tom, ti prego – lo supplicai – Devi accompagnarmi a prendere l’anello -.
- In questo istante? -.
- Ora, Tom -.
Lui parlò in sottofondo con Jade. Sentii il suo urletto di gioia quando Tom le disse della mia idea, e poi si consultarono sul da farsi.
- Jade ha un piano – annunciò, e mi passò lei al telefono.
- Ciao Matt – mi salutò lei, e io ricambiai. Poi, iniziò a spiegarmi ciò che aveva in mente – Io e Tom veniamo a Leeds, io porto Kat in un centro benessere, ce n’è uno molto bello da quelle parti, mentre voi andate da qualche parte a prendere l’anello -.
- Io ti adoro, Jade – dissi, sollevato.
Jade passò nuovamente il telefono a Tom – Tre ore e siamo lì -.
- Mi salvate la vita -.
- Almeno avrò qualcosa con cui ricattarti – rise. Non perdeva mai l’occasione per fare lo scemo – Ciao, amico – mi salutò.
- Ciao, Tom – ricambiai – Grazie -. E riattaccai.
Rimasi seduto per qualche minuto a contemplare le orchidee di mia madre, e poi scattai in piedi. Avevo un’altra cosa a cui pensare, nel frattempo: la proposta.
 
 
Matt era rientrato in casa correndo, ed era salito al piano di sopra, percorrendo due scalini alla volta. Lo guardai torva mentre saliva, ma poi continuai ad aiutare sua madre a lavare le stoviglie.
Dopo un quarto d’ora, eccolo che scendeva di nuovo.
- Credi di sentirti bene, Matt? – gli chiesi. Sembrava su di giri.
- Vengono Tom e Jade – disse, tutto d’un fiato. Aveva il fiatone dalla corsa.
- Meraviglioso – esclamò entusiasta sua madre – Preparo il pranzo per sei, allora. Possiamo aspettarli -.
- No, mamma – disse Matt – Kat e Jade vanno in un centro benessere -.
- Ah, davvero? – feci, confusa.
- E’ il tuo regalo di compleanno in ritardo da parte loro -.
Lo guardai di traverso per qualche secondo, ma poi mi aprii in un sorriso. Ero davvero felice di passare del tempo con Jade. Ultimamente, eravamo diventate abbastanza legate, era davvero gentile e divertente.
- Tu e Tom rimanete, invece? – chiese sua madre.
- Oh, no – continuò Matt – Andiamo a fare un giro -.
Lei fece spallucce e tornò alle sue stoviglie. Matt mi fece segno di seguirlo. Mi scusai con sua madre, e uscii in giardino con lui. Una volta che fummo soli, mi prese il viso tra le mani e mi baciò con dolcezza. Io ricambiai il bacio e gli accarezzai il viso.
- Ti amo da impazzire – mi sussurrò, stringendomi in un abbraccio.
- Anche io, Matt -.
Ci sedemmo su una sdraio nel giardino e rimanemmo seduti a coccolarci finché una macchina sportiva di un color grigio metallizzato accostò sul vialetto. Tom e Jade scesero dalla vettura sorridendo e salutandoci con la mano. Matt corse incontro a Tom e si abbracciarono. Anche io andai a salutarli.
- Allora – disse Jade, dopo aver salutato tutti, anche i genitori di Matt – Partiamo, Kat? -.
Salii di sopra e afferrai un costume e un accappatoio. Non mi serviva nient’altro, perché saremmo rimaste solo mezza giornata. Poi, baciai con passione Matt, e salii sulla macchina di Tom. Jade, al volante, partì immediatamente. Sfrecciavamo veloci tra le strade di Leeds, fino a lasciarci la città alle spalle. Ridevamo e scherzavamo, e una volta arrivate al centro benessere, un piccolo angolo di paradiso in mezzo alla campagna, ci abbandonammo a un vero e puro relax, fisico e mentale.
 
 
- Tu stai scherzando – disse Tom con tono fermo – Dobbiamo comprare un anello di fidanzamento, non svaligiare una banca -.
Tom fissava con disapprovazione i capi di abbigliamento appoggiati sul mio letto: due felpe nere con il cappuccio, due cappellini con visiera, due paia di pantaloni della tuta e due paia di occhiali scuri.
- Tom, ti prego – lo implorai – I paparazzi non devono assolutamente sorprenderci -.
Lui fece per pensarci un po’ su, ma poi accettò – Va bene, amico – disse – Sono pronto per una nuova missione alla 007 -.
Io risi. Ci cambiammo e poi salimmo sulla mia auto. Eravamo abbastanza ridicoli, ma non mi importava. Partii a razzo, e in poco tempo ci lasciammo Leeds alle spalle. Il navigatore satellitare ci indicava la strada. Dopo circa un’ora e mezza di macchina, avvistammo il cartello di una cittadina.
- Sei sicuro di essere nel posto giusto? – chiesi. Chiamare cittadina quell’agglomerato di case mi sembrava eccessivo. Lo guardai con un sopracciglio alzato.
- Matt, certo che ne sono sicuro – sbottò – Ho accompagnato un mio amico a prendere l’anello per la sua ragazza qui -.
Ripartii con la macchina, seguendo le indicazioni del navigatore. Ad un certo punto quello esclamò “Destinazione”, e io fissai fuori dal finestrino. Esattamente dall’altra parte della strada, c’era un gigantesco negozio dalle grandi vetrate. In una di quelle vetrine, scintillavano moltissimi anelli di fidanzamento. Saranno stati cinquanta.
Parcheggiai, e io e Tom scendemmo dalla macchina. Mi guardai furtivamente intorno, tirando più su il cappuccio. Tom spinse la porta a vetri e, dopo avermi sussurrato – Vestito così ci faccio la figura dello sfattone -, entrammo.
Una ragazza sulla trentina ci venne subito incontro – Benvenuti da Reynolds Gioielli, cosa posso fare per voi? – fece, sorridente. Poi, strinse gli occhi e ci scrutò con attenzione, per poi sgranarli quando ci riconobbe.
- Non commentare il nostro tipo di abbigliamento – si giustificò Tom, togliendo gli occhiali scuri – Sono stato costretto -.
- E’ stato per sicurezza – aggiunsi, togliendomeli anche io.
La ragazza soffocò una risata e ci fissò di nuovo - Vediamo un po’ – disse – Abiti e occhiali scuri per non farvi riconoscere… Siete in cerca di un anello di fidanzamento, vero? -.
Entrambi annuimmo, seguendola attraverso il negozio. Lei si bloccò davanti ad una teca che conteneva scintillanti anelli di diamanti.
- Chi dei due si vuole sposare? – chiese la ragazza, mentre estraeva alcuni modelli.
- Matt – disse Tom, indicandomi con il pollice della mano destra – Io faccio da supporto morale -.
Lei si fece pensierosa, poi prese in mano un anello meraviglioso. Non so descriverlo da quanto era perfetto. Io e Tom lo fissammo con ammirazione.
- Cosa ne dite? – chiese la ragazza, speranzosa.
- Lo prendo – sorrisi. Era davvero bellissimo. Luccicava moltissima alla luce, e mi ricordava molto gli occhi di Kat.
- Ne vuoi vedere altri prima di scegliere? -.
- No, è perfetto -. Ero deciso, quello sarebbe stato l’anello che volevo che Kat avesse al dito.
La commessa sembrò entusiasta e iniziò a impacchettare il tutto.
- Sei stato svelto – sussurrò Tom.
- Ma dai, hai visto che bello? -.
- Si che l’ho visto, sono accanto a te -. Gli sorrisi. Era troppo divertente quando faceva queste battute inutili.
- Non sembrava che l’anello mi stesse dicendo “Comprami, comprami”? – gli chiesi, dopo che fummo usciti dal negozio con il pacchettino tra le mani.
Salimmo in macchina e indossammo gli occhiali da sole.
- Ho avuto anche io quell’impressione -.
Scoppiai a ridere. Partimmo con la macchina.
- Hai pensato anche a come farai la proposta? – mi chiese, fissandomi mentre guidavo.
- Ho prenotato un volo per Parigi per domani mattina – gli feci l’occhiolino.
Tom sembrava sorpreso – Certe volte mi sorprendi, Matt -.
- Ah si? – chiesi, con un sorriso.
- Si, mi stupisci davvero. Certe volte mi fai dimenticare che sei un coglione -.
 
 
Quando io e Jade parcheggiammo sul vialetto, era già buio. Le finestre della casa erano illuminate dalla luce. Matt e Tom ci aspettavano in giardino, stesi sull’erba ad ammirare il cielo pieno di stelle. Matt rideva a più non posso mentre Tom indicava qualcosa in cielo. Quando ci videro, scattarono in piedi.
- Allora, ragazze, com’è andato il pomeriggio tutto relax? – chiese Tom, scoccando un bacio sulle labbra di Jade.
- Perfetto – dissi, entusiasta – Mi sento davvero rilassata dopo quei massaggi -.
Anche Jade fu d’accordo con me. Ci eravamo divertite moltissimo, e dopo aver fatto trattamenti per rendere la pelle più morbida, ci eravamo sottoposte ad alcuni massaggi davvero molto rilassanti.
Jade e Tom decisero di tornare a Londra, perché si stava facendo tardi. Li salutammo con la mano mentre le loro macchina partiva dal vialetto e si allontanava nella strada buia.
I genitori di Matt stavano andando a letto quando entrammo in casa. Sua madre guardò Matt con aria complice, mentre suo padre si affrettò in camera, ma avrei giurato di vedere un mezzo sorriso stampato sul suo viso. Non capivo il perché di quello strano comportamento, ma non ci badai più di tanto.
Entrammo in camera e mi buttai sul letto. Ero abbastanza esausta. Matt rimase in piedi, davanti alla porta.
- Che succede? – gli chiesi, strofinandomi gli occhi stanchi.
In risposta, lui estrasse una busta dalla sua tasca e me la porse. Lo guardai con aria interrogativa, e la aprii. Dentro di essa c’era un figlio piegato in tre parti uguali. Era la prenotazione di un volo per la mattina seguente per due persone per Parigi.
Non potevo crederci. Guardai Matt con un sorriso a trentadue denti. Anche lui mi sorrideva. Scattai in piedi e gli buttai le braccia al collo.
- Ti amo, Matt – sussurrai, tra un bacio e l’altro.
- E io amo te, bellissima -.
Lo baciai di nuovo, e poi gli sorrisi.
- Sai qual è una delle cose che preferisco in te? – mi chiese Matt, con un sorriso.
- Dimmi -.
- I tuoi occhi e il tuo sorriso. Tu mi illumini, Kat -.
Io lo fissai negli occhi e pensai che anche lui illuminava me. Il suo amore mi faceva essere felice, il suo amore era speciale perché mi rendeva una persona migliore. I suoi occhi dolci che mi guardavano erano come due stelle luminose, e io suo sorriso… Beh, il suo sorriso era il mio mondo.

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Capitolo 16
*** Hai reso migliore la mia vita ***



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Capitolo 16

Hai reso migliore la mia vita



Parigi, la città dell’amore.
L’albergo in cui saremmo stati era in pieno centro. Due passi, e ci saremmo trovati direttamente sugli Champs Élysées. Osservavo con occhi incantati le vie e i monumenti della città, mentre eravamo sul taxi.
Una volta arrivati in hotel, ci assegnarono immediatamente la camera, o per meglio dire, la nostra suite. Era all’ultimo piano dell’albergo, e dalla grande finestra, che dava su un grosso balcone, si poteva vedere, in lontananza, la Tour Eiffel. Ero affascinata dalla bellezza di quel posto.
- Ti piace? – mi chiese Matt, sedendosi sul morbido letto matrimoniale.
- E’ tutto meraviglioso – sospirai, e mi sedetti accanto a lui – Io ti amo, Matt Lewis -.
Lo feci ridere – Anche io ti amo, signorina Hollins -.
Lo baciai con passione, e ci coricammo sul letto. Lui fece per togliermi la camicetta, quando qualcuno bussò alla porta. Matt si ricompose, e andò ad aprire. Un cameriere dell’albergo era lì, in piedi.
- Scusate – disse - Intendete cenare qui stasera? – chiese, con un inglese a cui mescolò alcune parole nella sua lingua.
- No, ceniamo fuori – rispose Matt.
Lui ringraziò a scomparì. Matt tornò a sedersi accanto a me – Dov’eravamo? -.
Feci per baciarlo di nuovo con sensualità, e poi scattai in piedi – Andiamo a fare shopping – esclamai con entusiasmo.
- Sai, non era esattamente ciò che avevo progettato – fece, sarcastico – Ma va bene -.
Io risi e mi cambiai. Mi vestii da vera francesina: indossai un abitino a fiori, un paio di tronchetti marroni e il basco, accessorio essenziale. Poi, io e Matt ci incamminammo verso la via dei negozi.
 
 
Kat mi aveva trascinato dentro innumerevoli negozi, e teneva in mano sette borse piene di nuovi capi di abbigliamento, scarpe e accessori. Mi aveva anche costretto a comprare un nuovo completo elegante, per le occasioni speciali. Avevo acconsentivo solo per farla felice, sapevo che ci teneva.
Avevamo anche visto alcuni monumenti dal di fuori, ai musei ci avremmo pensato i giorni successivi.
Avevamo fatto una pausa seduti su una panchina, e avevamo preso un gelato.
- Matt, spiegami come fai ad essere così perfetto – disse lei, guardandomi con dolcezza. Vedevo la felicità nel suoi occhi che mi guardavano. E immediatamente mi ricordai perché ero lì. Avrei chiesto alla mia ragazza di sposarmi. Era un passo importante, e nonostante mi sentissi pronto, avevo paura. Magari lei non era pronta, magari avrebbe voluto aspettare e passare parecchi anni di fidanzamento prima di compiere il grande passo. Ma io non volevo aspettare molto, un anno forse. Io la amavo, e avrei voluto appartenere a lei ufficialmente in quell’esatto momento, se avessi potuto.
Una volta tornati in albergo, Kat si buttò sotto la doccia. Ne approfittai per chiamare Tom.
- Ehi Matt, come te la passi a Parigi? – chiese, non appena risposi al telefono.
- Tom, sto per farlo – dissi tra i denti, in preda al panico.
- Stai tranquillo, al massimo ti sporchi i pantaloni quando ti inginocchi -.
Riusciva sempre a farmi sentire meglio con le sue battute idiote, infatti accennai un sorriso.
- Senti, qui ho due persone che ti vogliono dare il loro personale in bocca al lupo – e mise in vivavoce il telefono. Lo capii dalla confusione che c’era in sottofondo. Probabilmente era in un bar.
- Ehi, Matt – fece la voce di Daniel Radcliffe.
- Dan – esclamai, felice di sentirlo – C’è anche Rupert, immagino -.
- Non ho detto nemmeno una parole e lui sa che sono qui – sbottò lui – E’ pazzesco -.
Tom rise, seguito da me e Daniel.
- Riguardo la questione proposta di matrimonio – continuò Rupert – Insomma, centrale il dito -.
- Quello giusto, eh – aggiunse Daniel.
Tom si stava sganasciando dalle risate.
- Perché ho degli amici come voi? -.
-  Siamo meravigliosi, vero? – si pavoneggiò Tom.
- No, siete cretini -.
 
 
Matt mi portò alla Tour Eiffel, per cena. Salimmo fino al ristorante in ascensore, e un cameriere ci condusse al nostro tavolo. Era appena passato il tramonto, e una candela splendeva al centro della tavola. Il panorama era mozzafiato, si vedevano tutti i tetti di Parigi, e le persone piccolissime che camminavano veloci.
Ordinammo una specialità francese e dello Champagne.
- Posso fare io un brindisi stasera? – chiesi, versando il vino nei nostri due calici.
- Ma certo, signorina – sorrise Matt, alzando il suo.
- Vorrei brindare al nostro futuro insieme – e avvicinai il mio calice al suo, facendoli appena tintinnare al tocco.
Mi ricordava molto quella sera al The View, la nostra prima serata insieme come coppia. Sembrava un ricordo così remoto. Ero ancora una ragazzina, a quel tempo. E ora ero lì, esattamente cinque anni dopo, insieme all’uomo che amavo. Eravamo ancora insieme, nonostante avessimo avuto un periodo difficile. Ma le difficoltà le abbiamo superate, perché il nostro amore è sempre stato più grande e più forte di qualsiasi altra cosa. Al mondo c’eravamo solo io e lui.
- Sei bellissima – mi disse, guardandomi con tenerezza.
- Anche tu sei bellissimo -.
Le luci si accesero sulla Tour Eiffel, perché ora era buio. Ogni lasso di tempo determinato, la Torre prendeva a luccicare a intermittenza.
- Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se non avessi incrociato i miei occhi con i tuoi, a quell’evento – disse, perso nei ricordi, mentre osservava il panorama intorno a noi – Mi sarei perso tutto questo -.
- Probabilmente io avrei semplicemente realizzato il mio sogno di ragazzina, riuscendo ad ottenere la foto con il mio idolo -.
- E io avrei solamente firmato un autografo ad una fan come tante -.
- E il secondo dopo averlo fatto, avresti dimenticato la mia esistenza -.
Mi guardò – E’ impossibile dimenticare che tu esisti -.
Io gli sorrisi, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Finita la cena, lui iniziò ad essere teso. Eravamo ancora seduti a tavola, me lui continuava a muovere le gambe con fare nervoso, e le mani gli sudavano.
- Ti senti bene, Matt? – chiesi, un po’ preoccupata.
- Oh, si, sto benissimo – rispose, ma non mi convinse più di tanto – Io… Ho solo un po’ di mal di stomaco -.
Oh, ero sicura che quella fosse una bugia, ma non ci badai più di tanto e feci finta di niente. 
Matt decise di alzarsi da tavola e fare un giro fino al piano più alto della torre. Per me andava bene, anche perché non ci ero mai salita. Iniziammo a salire a piedi, ammirando il bellissimo panorama puntinato di luci che si estendevano fin dove lo sguardo ci permetteva di percepirle.
Ci mettemmo circa un quarto d’ora per arrivare sul punto più alto della Tour Eiffel. Non c’era nessuno, oltre a noi. Era forse il momento più romantico che io avessi mai passato con lui: c’eravamo noi due, che sovrastavamo tutti i tetti di Parigi, sul punto più alto di quel monumento spettacolare. Guardai il cielo, e poi guardai i suoi occhi, sorridendogli. Non riuscivo a spiegarmi quanto amore io provavo per lui. Era troppo, non poteva essere espresso a parole.
Guardai la città e poi di nuovo lui. Matt batteva sicuramente Parigi.
 
 
Era lì che mi guardava con il sorriso stampato in pieno volto. Decisi che l’avrei fatto, dovevo farlo. Era il momento giusto, il luogo giusto. Sarebbe stato magico.
- Kat – sussurrai, ma la mia voce si spezzò da quanto tremava.
Lei mi guadò con occhi confusi, perché stavo davvero tremando come una foglia.
- Si, Matt? – mi chiese, prendendomi la mano per cercare di farmi calmare.
“Dannazione, Lewis, fallo. Inginocchiati e tira fuori quel maledetto anello dalla tasca della giacca. Ora” diceva una vocina nella mia testa.
Aveva ragione, dovevo farlo, in quell’esatto momento.
- Io, ecco… - balbettai – Dovrei chiederti una cosa -.
Kat si aprì in un sorriso – Certo, chiedi pure -.
Lei non aveva idea di che tipo di proposta si trattava.
“Sei ancora in piedi? Inginocchiati!” esclamò la vocina, spazientita.
D’accordo, l’avrei fatto. In quel momento. Subito. Guardai i tetti luminosi di Parigi e poi lei, e in quell’esatto istante la Tour Eiffel iniziò a brillare come aveva fatto in precedenza. Kat guardava quello spettacolo, ammirata e senza fiato.
Senza pensarci, le presi la mano e la guardai – E’ importante, quello che devo chiederti -.
Lei ora sembrava un po’ confusa e disorientata, ma aveva gli occhi fissi nei miei. Il mio cuore batteva all’impazzata quando misi una mano nella tasca della giacca, la mano mi tremava quando la richiusi sulla scatolina di velluto blu.
Ero pronto. La Tour Eiffel luccicava ancora, come gli occhi di Kat. Le sorrisi, e vidi che anche lei ricambiò il sorriso. Le lasciai la mano e lo feci. Mi inginocchiai davanti a lei. Subito vidi il suo viso farsi cupo, non capiva perché mi stessi comportando in quel modo, ma poi una mezza idea le balenò per la mente.
- Katherine Hollins – dissi, con un mezzo sorriso sul volto, e tirai fuori dalla tasca la scatolina. Kat si portò le mani alla bocca dall’emozione, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
- Vuoi sposarmi? – e aprii la scatolina, mettendo in mostra il meraviglioso anello, che splendeva nei suoi occhi, rendendoli ancora più luminosi. Quando glielo chiesi, lei espose nel pianto. Io la guardavo, e anche i miei occhi divennero umidi.
- Certo che voglio – mi buttò le braccia al collo, e mi baciò con dolcezza. 
Il bacio fu lungo e passionale. Interruppi il bacio, e mi inginocchiai di nuovo. Le presi la mano e le infilai l’anello nel dito. Una lacrima rigò nuovamente il viso di Kat, che guardava il diamante luccicante nell’anulare della sua mano sinistra.
- Matt io… - stava dicendo, ma la interruppi scoccandole un dolce bacio sulle labbra.
- Io ti amo, Lewis – disse poi.
- Anche io ti amo, Hollins – la imitai.
Lei sorrise. Le porsi la mano e lei la afferrò, e iniziammo a scendere le scale della Tour Eiffel, dopo aver osservato un’ultima volta quel panorama mozzafiato.
Ridevamo e i nostri sguardi erano pieni d’amore.
Sarei rimasto per sempre al suo fianco per renderla felice. Ecco la nuova promessa che avevo fatto a me stesso, e stavolta non l’avrei infranta.
 
 
Matt era già steso a letto, e stava per addormentarsi. Lo vedevo dai suoi occhi stanchi.
Ero sul balcone, e la città illuminata era bellissima. Si distingueva la Tour Eiffel, e mi sorpresi sorridere mentre pensavo a ciò che era successo nemmeno un’ora prima.
Sapevo che quel giorno, a Denver, Melissa e Ed sarebbero stati a casa dei miei genitori con i bambini, così ne approfittai per telefonare e dare la notizia.
La prima cosa che sentii quando Melissa rispose, fu Ed che si tuffava in piscina, seguito dalla piccola Torrey.
- Ed, sta attendo a Torrey! – tuonò Melissa, e poi si rivolse a me – Kat, scusami -.
- Tranquilla – dissi – Ci siete tutti? -.
- Intendi se ci sono anche mamma e papà? – chiese lei – Si, sono qui accanto a me con Keegan -.
- Ti dispiace mettere in vivavoce? – ero un po’ agitata a dare la notizia alla mia famiglia, non so come avrebbe potuto reagire, ma avevo qualche idea – Devo dirvi una cosa importante -.
Melissa richiamò Ed dalla piscina e fece come le avevo detto. Tutti mi salutarono e mia madre, apprensiva come al solito, mi chiese se stessi bene.
- Si, mamma – risposi, sorridendo – Va più che bene -.
- Cosa devi dirci, tesoro? – domandò mio padre.
- Io, ecco… - balbettai – Sono ufficialmente fidanzata -.
Silenzio. Non una mosca volava dall’altra parte dell’apparecchio. Nemmeno Keegan e Torrey chiedevano spiegazioni o piagnucolavano.
- Puoi ripetere? – chiese di nuovo mio padre. Sembrava incredulo.
- Matt mi ha chiesto di sposarlo – la feci più semplice.
Invece che parlare, tutti iniziarono ad applaudire. Qualcuno era scoppiato in lacrime, mia madre presumo, mentre mio padre tirava su con il naso.
- La zia Kat si sposa – esclamò allegra Torrey.
- Kat, sono davvero felice per te – fece Ed – Te lo meriti -.
- Melissa? – la chiamai, perché non avevo ancora sentito la sua voce.
- Cresci troppo in fretta, Kat – era commossa.
Mia madre scoppiò a ridere tra i singhiozzi.
- Zia, com’è l’anello? – chiese Torrey.
- Molto bello, amore – le risposi – Manderò una foto alla mamma -.
Torrey sembrò davvero felice della cosa.
Mio padre ovviamente citò un aforisma, lo faceva sempre, e dopo aver ricevuto le congratulazioni di tutti una seconda volta, riattaccai, tornando in camera. Matt sembrava addormentato. Mi stesi accanto a lui e feci per chiudere gli occhi, quando lui mi prese tra le braccia.
- Ti amo da impazzire – sussurrò, e mi baciò.
- Anche io ti amo da impazzire – sorrisi –  Perché hai reso migliore la mia vita -.

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Capitolo 17
*** E, lo giuro, sarebbe stato per sempre ***


Ebbene si, siamo arrivati alla fine della storia.
Lo ammetto, sono davvero malinconica. Sono davvero affezionata a questa storia, e spero che anche per voi sia stato lo stesso.
Vorrei ringraziare in modo particolare coloro che l’hanno seguita fin dall’inizio, ma anche chi l’ha scoperta strada facendo, recensendo i capitoli e riempiendomi di complimenti.
Grazie davvero di cuore a tutti.
Spero davvero che questa storia abbia lasciato qualcosa nel cuore di ognuno di noi, e che porterete questo qualcosa sempre dentro di voi.
Con amore e malinconia,
Sindy xx




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Capitolo 17

E, lo giuro, sarebbe stato per sempre

                                                                                                 
 
Il grande giorno era arrivato. Esattamente un anno dopo dal giorno della proposta, ero lì, pronta ad indossare l’abito bianco.
La villa dei miei genitori a Denver si stava velocemente riempiendo di persone. La famiglia di Matt era arrivata qualche giorno prima, e si era resa disponibile per aiutare mia madre con i preparativi.
Melissa era fuori di testa dall’emozione, e non riusciva a stare ferma un attimo. Comandava a bacchetta quelli del catering, tanto che credo di aver visto il ragazzo degli antipasti farle la linguaccia mentre era girata.
Ovviamente Matt aveva invitato il cast di Harry Potter, e io ero agitatissima, perché avrei potuto conoscere i miei attori preferiti. Tutto era perfetto, la mia vita era perfetta.
 
- Stai calma, è solo un matrimonio – mi tranquillizzò Melissa, aggiustandomi la coda del vestito.
- Parla quella che voleva scappare dal suo matrimonio – le rinfacciai. Lei sorrise. Torrey saltava sul letto accanto a noi, mentre Claire e Lola cercavano di tranquillizzarla.
Loro erano le mie damigelle, insieme a Melissa e le mie due cugine. Matt, invece, aveva scelto Tom, Rupert, Daniel e i suoi due fratelli. Era davvero felice di avere la sua famiglia e i suoi amici al suo fianco, quel giorno.
Mia madre entrò in camera con il velo tra le mani, seguita da Tiffany e Jenna.
Mancava poco all’inizio della cerimonia, e Claire si affacciò alla finestra.
- Mi viene un infarto – esclamò – J.K.Rowling si sta sedendo di fianco ad Alan Rickman -.
Persi un battito e mi sedetti sul letto accanto a Torrey, che smise di saltare. Mi guardò negli occhi e sorrise, poi mi prese la mano e la richiuse nella sua.
- Sei la sposa più bella – mi disse, facendomi commuovere. La strinsi in un dolce abbraccio, e anche Melissa si unì a noi. Mia madre era già una fontana, e Lola le passò un fazzoletto.
La scena era abbastanza buffa, ma allo stesso tempo commovente. Jenna era di vedetta per vedere quando Matt sarebbe arrivato all’altare.
Quello era il giorno più importante della mia vita, e avrei sorriso tutto il tempo, perché era così che mi sentivo: felice.
 
 
- E’ una cravatta, Matt – sbottò Tom – Che ci vuole? -.
- Mi tremano le mani, ok? Fallo tu, visto che sei così esperto -.
Nemmeno Tom riuscì ad annodarmi la cravatta. Fortunatamente, la porta si aprì ed entrarono Emma, Evanna e Bonnie.
- Ditemi che una di voi sa fare un nodo a una cravatta – esclamò Rupert, alzandosi dal letto – Siamo nel panico -.
Bonnie si avvicinò a me con un sorriso, e con un’abile mossa la annodò. Poi, mi abbracciò forte.
- E’ ora, Matt – fece Emma, che era rimasta sulla soglia.
Iniziai a tremare – Arrivo – dissi – Datemi due minuti -.
Le ragazze annuirono e uscirono, chiudendosi la porta alle spalle.
- Allora? – mi chiese mio fratello Chris – Se pronto? -.
Annuii, sistemandomi la cravatta.
- Devi solo ricordarti che non stai andando al patibolo, Matt – scherzò Tom, notando la mia faccia tesa.
Accennai un sorriso, presi un respiro profondo e uscii dalla porta, seguito a ruota dai miei cinque testimoni. Mi fermai davanti alla porta della casa che dava sul giardino e guardai Tom.
- So che sei un coglione – gli dissi – Ma ti voglio bene -.
Lui sorrise, e notai i suoi occhi farsi un po’ lucidi – Ti voglio bene anche io, Matt – disse, e poi aggiunse – Non cadere -.
Io scoppiai a ridere e lo abbracciai. Poi, aprii la porta e iniziammo a camminare sul tappeto bianco. Tutti i presenti si zittirono, guardandoci arrivare. Salutai con un sorriso Jo, David Yates, e i miei colleghi, e anche Lily, Julia e Robert. La mia famiglia era in prima fila, e quando arrivai all’altare, guardai la porta dell’ingresso, aspettando l’arrivo di Kat.
 
 
- Sei pronta? – chiese Melissa, chiudendo la sua mano nella mia.
- Sono pronta – le sorrisi.
Lei annuì e aprì la porta. Poi, iniziò a camminare sul tappeto. Mio padre afferrò il mio braccio e mi guardò, commosso.
- Rimarrai sempre la mia bambina – mi sussurrò, prima di iniziare a camminare insieme a me verso l’altare.
Vidi tutti gli attori del cast di Harry Potter che mi fissavano e sorridevano. J.K.Rowling portò una mano alla bocca, commossa.
Matt era lì, di fronte a me, e mi guardava, sorridendo. Mio padre lasciò il mio braccio e adagiò la mia mano in quella di Matt. Mi scoccò un bacio sulla guancia, e si sedette di fianco a mia madre.
Matt e io ci fissavamo negli occhi, e sorridevamo. Era passato molto tempo da quando ci eravamo conosciuti, ma a noi sembrava ancora la prima volta. La prima volta che i nostri occhi si erano incrociati, la prima volta che le nostri mani si erano sfiorate, la prima volta che ci eravamo baciati. I ricordi erano ancora vividi nella mia mente. Ricordavo ancora quella sensazione di farfalle nello stomaco, ce l’avevo ancora. Insieme a lui, ogni giorno era come la prima volta che avevo scoperto di amarlo. Ogni giorno mi rendevo conto di aver trovato un posto sicuro per il mio cuore.

 
 

The day we met
Frozen I held my breath
Right from the start, I knew that
I found a home from my heart
 

 
- Matthew – mi disse il pastore – Inizi tu con le promesse? -.
Io annuii, e presi tra le mani gli anelli che mi portò Torrey.
- Io, Matthew Lewis, prendo te, Katherine Hollins, come mia legittima sposa – mia madre era già una valle di lacrime, seguita da Hanna, e anche Melissa era commossa.
- … Non puoi nemmeno immaginare quanto io ti sia riconoscente, Kat. Sei entrata a far parte della mia vita, e da quel momento non sono mai più stato lo stesso. Hai portato gioia, allegria, bellezza in me, e mi hai reso una persona migliore. Quindi, grazie Kat… -. Lei mi guardava, sorridendo, nonostante i suoi occhi fossero lucidi.
- … Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Questo, è un per sempre -.
E le infilai l’anello, con mano tremante, al dito. Lei si asciugò una lacrima che le rigava il viso, e poi parlò. Molti dei presenti erano commossi.
- Io, Katherine Hollins, prendo te, Matthew Lewis, come mio legittimo sposo… - la sua voce tremava dall’emozione. Le sue cugine si tenevano per mano, trattenendo a stento le lacrime, mentre Melissa e le sue due amiche piangevano.
- … L’unica cosa che mi sento in dovere di dirti, è grazie – disse – Vorrei che tu potessi vederti attraverso i miei occhi, per poter capire che persona meravigliosa sei. Rendi felici le persone a cui vuoi bene, illumini tutto ciò che hai intorno, illumini me. Non saprei dove sarei in questo momento se non ti avessi incontrato, quindi… Grazie, Matt -.
Una lacrima rigò il mio viso. Lei era bellissima nell’abito bianco. I suoi occhi luccicavano come sempre, e il suo sorriso riempiva di luce tutto il giardino.
- … Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Quando ti volterai, io sarò al tuo fianco, per sempre -.
Un’altra lacrima mi rigò il viso, quando lei infilò l’anello nel mio dito. La mia mano era chiusa sulla sua.
- Matt, Kat… - annunciò il pastore – Sono felice di dichiararvi rispettivamente marito e moglie -.
Non appena il pastore ebbe pronunciato quelle parole, presi il suo viso tra le mani e la baciai. La baciai come la prima volta, quella sera all’evento di beneficenza. Lei mi guardò e sembrò leggermi nella mente. Sorrise e mi sussurrò – Ce l’hai fatta, Lewis -.
La strinsi tra le braccia e appoggiai la bocca al suo orecchio – Ti amo, Kat -.
- Anche io, Matt -.
Finita la cerimonia, tutti vennero a congratularsi con noi. Tom era il primo della fila, e mi abbracciò. Una lacrima rigò il suo volto.
- Siamo sentimentali? – lo presi in giro, imitando la voce di Alan, ma anche io ero commosso.
- Matt, sei un cretino – rise, asciugandosela – Ma sei il mio migliore amico -.
- Ehi – lo chiamai, prima che si fosse allontanato – Ci sarò sempre, ok? -.
Lui sorrise e annuì.
Finiti i saluti, la cena iniziò. Il cielo era puntinato di stelle, e ognuna di quelle mi ricordava gli occhi di Kat.
 
 
Eravamo seduti ai nostri tavoli e la cena era quasi finita. Era il momento tanto atteso dagli sposi, ad ogni matrimonio. Il discorso del testimone. Tutti i presenti si fecero silenziosi, quando Tom Felton si alzò in piedi dal tavolo dei testimoni.
Si schiarì la gola e si aggiustò la cravatta, poi parlò – Ricordo ancora come fosse ieri la prima volta che Matt mi disse di essere innamorato di Kat. Gli risi in faccia e lui mi mandò a quel paese – sorrise, e guardò me e Matt. Molti dei presenti risero.
- Nonostante io faccia spesso il coglione, gli voglio un bene che lui non può nemmeno immaginare – continuò – Sapete, conosco Matt forse meglio di me stesso, siamo come fratelli, ma da quando ha incontrato Kat, è diventato imprevedibile. È cresciuto, è maturato. E questo mi ha portato a riflettere sul significato della parola “amore”, grazie al loro esempio. “Amore” significa tentare, mettersi in gioco, inseguire i propri sogni e condividerli con l’altra persona, ma soprattutto “amore” è essere felici. E io posso giurarvi sulla mia vita che non ho mai visto quel sorriso – e indicò la bocca di Matt, sorridente – Prima che Matt incontrasse Kat. Quel sorriso e quella luce nei vostri occhi, ecco cos’è l’amore. E vi sono grato per avermelo insegnato -.
E, con un sorriso, concluse il commovente discorso, sedendosi di nuovo a tavola. Centinaia di mani iniziarono ad applaudire, io e Matt compresi. Una lacrima aveva rigato il mio volto, e Matt me l’asciugò, ma anche i suoi occhi erano lucidi.
Anche Melissa voleva dire due parole. Così, si alzò. Aveva Keegan tra le braccia e Torrey accanto a lei, in piedi sulla sedia.
- Come sorella maggiore, ho sempre cercato di proteggerti da qualunque cosa avesse mai potuto farti del male, Kat – iniziò - Ti ho vista crescere, ti ho insegnato ad andare in bicicletta e a nuotare. Ho visto quando ti è caduto il primo dente, e quando ti sei sbucciata le ginocchia. Ti ho vista diplomarti, e ora guardati – mi indicò con la mano – Ti sei sposata -.
Le sorrisi, e Matt strinse la sua mano nella mia. Poi, Melissa continuò – Io mi ricorderò sempre della promessa che ci siamo fatte quando eravamo piccole. “Siamo io e te contro tutti gli altri”. E per me è ancora così, Kat. Ci saremo sempre io e te contro tutto e tutti. Nonostante io fossi la maggiore delle due, ti ho sempre guardata con ammirazione, e spero davvero che i miei figli, guardandoti, facciano lo stesso. E che tu e Matt siate un esempio d’amore per loro come lo siete stati per me -.
Io piangevo, e anche mamma e papà. Gli applausi seguivano il discorso di Melissa, e io mi alzai dalla sedia e corsi ad abbracciarla. Lei mi strinse forte e mi sussurrò – Sarai sempre la mia sorellina piccola -.
Le sorrisi di nuovo e poi mi avvicinai a Matt – Vieni con me? – gli chiesi.
Lui annuì, e mi seguì nel giardino della villa, fino all’albero delle altalene. Mi sedetti su una di esse, e lui mi imitò. Lo guardai negli occhi e mi persi in quel verde immenso, attorno al quale ruotava la mia vita. Lui era la mia vita. E, lo giuro, sarebbe stato per sempre.
 
 
- Ogni volta che guardo il cielo puntinato di stelle, penso ai tuoi occhi – le sorrisi.
Lei ricambiò il sorriso, e iniziò a dondolarsi sull’altalena.
- Ti dona il bianco, comunque – le dissi, indicando il vestito che indossava.
- E a te dona questo bel completo – sorrise.
- Senti, Kat – iniziai, scendendo dall’altalena – Voglio dirti una cosa -.
Anche lei scese e mi guardò, prendendomi la mano – Dimmi, Matt -.
- Io ti giuro che saremo per sempre solo io e te -.
Lei mi sorrise, gli occhi luminosi pieni di amore.
- Sai, Matt – mi disse – Amarti è stata la scelta migliore che il mio cuore abbia mai preso -.
La abbracciai e ci sedemmo sul prato, ad ammirare le stelle. La baciai con dolcezza e la guardai negli occhi. Dio, erano meravigliosi. Mi sentivo ancora un ragazzino, di fronte ai suoi occhi dolci, riuscivano sempre a farmi sentire vulnerabile.
- Sai quello che ha detto Tom? – mi chiese, guardando il cielo e poi guardando me – Sul fatto che “amore” significa essere felici? -.
Io annuii e le sorrisi.
- Beh, io ti amo da impazzire, perché al tuo fianco io sono la persona più felice del mondo -.
Quando disse quello, il mio cuore si riempì di felicità. Anche per me era lo stesso, lo era fin dall’inizio. Kat mi aveva reso felice davvero, era stata il primo vero amore della mia vita. Guardai nuovamente i suoi occhi luminosi che fissavano il cielo pieno di stelle. E, lo giuro, sarebbe stato per sempre.

 
 
 
 
 
 
 
 

FINE.

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