Sogno di una notte di Halloween

di Beverly Rose
(/viewuser.php?uid=23815)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- I posti auto ***
Capitolo 2: *** Il primo drink è gratis ***
Capitolo 3: *** I fiori di arancio ***
Capitolo 4: *** Le chiavi di casa ***
Capitolo 5: *** Le quattro e dodici ***
Capitolo 6: *** Il proprietario del giaccone ***



Capitolo 1
*** Prologo- I posti auto ***




-Per fortuna non ho sbagliato indirizzo
- pensò Kagome mentre entrava timidamente dalla porta che Sango teneva aperta per lei.

- Eccoti qui, Kagome! - le diede il benvenuto, sorridendo: era ancora visibilmente in fase preparatoria e vestita soltanto per metà ma anche così, Kagome trovò che fosse bellissima.

Le sorrise di rimando pensando sconsolata a quello che avrebbe indossato lei invece, quell’accozzaglia di vestiti che aveva rimediato all’ultimo minuto e che ora giacevano nella sua borsa a tracolla, assieme al pigiama.

Come al solito per la festa di Halloween si era trovata a terra ma la sua amica le aveva caritatevolmente offerto un invito all’ultimo minuto ad una festa per l’ultimo giorno di Ottobre.
Festa, nota bene, alla quale perfino lei poteva risultare imbucata, visto che l’invitato ufficiale era suo fratello maggior ma quando si rischia di restare da soli in casa la Notte delle Streghe, tutto ciò che può assomigliare anche solo vagamente ad un incontro fra coetanei diventava appetibile.

Sango poi era talmente adorabile che Kagome amava trascorrere il tempo con lei: non si conoscevano da molto, appena dal primo giorno di liceo, ma si erano subito trovate.

- Puoi mettere la borsa lì- indicò la sua amica a caso, correndo verso il bagno, dal quale era evidentemente appena uscita; Kagome eseguì e prese goffamente posto su una sedia, guardandosi attorno curiosamente.

L’ingresso della casa di Sango era piuttosto ampio, tanto che dentro stavano comodamente sia due divani che quel tavolo al quale era seduta; da lì poteva vedere la cucina, dove campeggiava un secondo tavolo, e il bagno, dove la sua amica era intenta a truccarsi con cura; infine, c’era in vista la prima serie di gradini di una rampa di scale, che spariva poi dietro l’angolo del muro.

Si chiese vagamente quanti piani potesse avere quella casa quando Sango le si materializzò davanti, degli stivali dal tacco basso in una mano e un gigantesco qualcosa di cartapesta nell’altra.

- Vuoi che ti trucchi?- si offrì - da cosa ti mascheri?

Kagome le sorrise, vagamente sconsolata.

- Non sapevo cosa mettermi!- esclamò, alzando in piedi e frugando nella borsa - ho rimediato questi.

Estrasse una gonna a pieghe a quadrati bianchi e neri e un semplicissimo maglioncino altrettanto nero. Tutto qui. Ma Sango spalancò gli occhi apparentemente deliziata.

- Ho capito!- esclamò.

Si sporse verso il portapenne al centro del tavolo ed estrasse un bastoncino con dei fili rosa che spuntavano dalla punta, che aveva tutta l’aria di essere stato sottratto da una coppa di gelato.

- Questo fa da pon pon! Sei una cheerleader! -decise.

Kagome non pensò nemmeno a puntualizzare che nessuna cheerleader si aggirava vestita di nero come ad un funerale, piuttosto si informò quale fosse invece la maschera di Sango.

- Oh, io sono una tarantola- spiegò con noncuranza, agitando il qualcosa di cartapesta, che in effetti era una massa centrale con quattro protuberanze per lato che potevano essere zampe- anzi, mi aiuti a fissarla alla schiena? Ho anche la ragnatela in macchina, ma la metto quando arriviamo, si rovina se mi appoggio al sedile.

Ah, giusto. Perché dopo essersi preparate per bene, avrebbero dovuto mettersi in macchina e raggiungere quella che Kohaku (il fratello di Sango e unico autentico invitato) aveva il coraggio di chiamare discoteca, ma che tutto il resto della popolazione mondiale definiva buco-di-posto-in-mezzo-alle-montagne-dimenticato-da-Dio. Nonostante ciò, Kagome era piuttosto contenta di andarci, nonché rassicurata dal fatto che Kohaku e i suoi amici avessero addirittura affittato il posto, così il locale sarebbe stato solo per loro e (in teoria) non ci sarebbe stato nessuno di poco raccomandabile.

Quindi non avrebbero incontrato casi umani come Koga, il narcisista senza frontiere.

O come Naraku, il calcolatore da brividi.

O come Miroku, il cascamorto senza tregua.

Miroku, che per l’appunto, stava entrando in casa proprio in quel momento, accompagnato proprio dal fratello maggiore di Sango.

- Te l’avevo detto che veniva?- le chiese lei, spolverandole una nuvola di cipria sul viso.

- No che non l’hai detto!- insorse Kagome. Oh, cielo. Miroku si sarebbe incollato a lei oppure a Sango o a qualche altra ragazza e avrebbe messo in scena qualche teatrino estremamente imbarazzante. Ricontò mentalmente gli spiccioli nel suo portafogli e calcolò quanti drink avrebbe potuto scolarsi.

- Non ti preoccupare, vado io in macchina con lui - la rassicurò Sango- tu vieni su con Kohaku più tardi.

- Ma … come? Non andiamo insieme? - balbettò Kagome.

Sango le piantò la matita nell’occhio, come per risposta.

- Scusami!- strillò, mentre l’altra si piegava in avanti, tenendo una mano sulla parte offesa.

- Comunque- proseguì a mo di scusa - ci sono stati dei problemi con i passaggi, non ci sono due posti liberi nella stessa macchina. L’ho chiesto a lui per questo- aggiunse accennando a Miroku, che ammiccava nella loro direzione, tutto gaio, sventolando le chiavi della sua macchina come se fossero state un trofeo.

- Buonasera, fanciulle! Per questa notte guiderò io il vostro cocchio!

- E’ proprio fesso, accidenti
- scosse la testa Kagome, mentre Sango sbuffava disgustata dall’idiozia della frase.

- Sango- chiamò Kohaku, avvicinandosi alle ragazze - sei pronta? Tu e Miroku dovreste andare.

- Arrivo!

Sango raddrizzò la schiena e guardò critica la sua amica, sollevando il mascara dal suo viso.

- Non faccio in tempo a metterti l’ombretto. Stai bene lo stesso.

Kagome non riuscì a trovare una risposta adeguata, prima che la sua amica schizzasse a recuperare il ragno di cartapesta e ad infilare gli stivali, prima di caracollare verso Miroku, il cui sorriso si allargava ogni secondo che passava.

- Ho la ragnatela che mi hai chiesto, in macchina- informò con orgoglio.

- Sì … Ci vediamo dopo!

Sango agitò il braccio per salutare Kohaku e Kagome e infilò con decisone la porta, lasciando la sua amica in una casa che vedeva per la prima volta quella sera e con un ragazzo che conosceva appena.

Nel silenzio che seguì dopo che la porta d’ingresso si fu richiusa, Kagome maledisse Sango in tutte le lingue che conosceva e rivolse timidamente lo sguardo verso il ragazzo, che sembrava altrettanto indeciso sul da farsi.

- Vuoi cambiarti?- offrì infine- puoi andare di sopra.

Kagome infilò risoluta le scale, stringendo al petto la propria borsa; in cima alla rampa, si rifugiò nella prima stanza che trovò e indossò in un crescendo di depressione quegli inutili vestiti che non c’entravano nulla con la festa.
Scrutò scontenta la propria immagine nel vetro scuro della finestra, notando come prima cosa il segno leggermente livido nell’occhio, dove Sango le aveva conficcato la matita, che sarebbe diventato rosso vivo prima che fossero arrivati alla festa.

- Appena saliamo mi sente- giurò alla stanza vuota: voleva andare a casa e basta.

Infilò gonna e maglioncino e valutò poco convinta il suo riflesso: non indossava tacchi (Sango l’aveva informata che il terreno dal parcheggio fino alla discoteca era quanto di più sassoso potesse esistere) ma un paio di ballerine dalla suola piatta che non facevano proprio nulla per slanciare la sua figura; la gonna a pieghe dava il colpo di grazia, troncando le sue gambe a metà e facendola apparire ancora più irrimediabilmente bassa del solito.

Fu un discreto trambusto al piano di sotto a distoglierla dai propri cupi pensieri. In men che non si dica, Sango fece irruzione della stanza, rossa in volto e decisamente contrariata.

- Salgo con mio fratello- annunciò cupa.

- Allora andiamo insieme?-domandò Kagome sollevata.

La sua amica non celò il senso di colpa.

- Ti prego, vai tu con Miroku- la supplicò -non ti conosce bene, mi ha promesso che ti farà sedere sul sedile posteriore. Continua a dire cose inopportune, mi mette in imbarazzo!

L’altra scosse la testa. Ora doveva pure andare in macchina con Miroku!

Ma come poteva rifiutare? Sango appariva d’un tratto decisamente abbattuta.

- Dovrei andare subito … - le fece poi presente, mortificata.

Kagome decise che avrebbe compiuto questa buona azione, perché tanto già dall’inizio la serata non appariva promettente e una batosta in più non avrebbe cambiato nulla. In effetti, non conosceva Kohaku più di Miroku. Che differenza poteva fare?

- Va bene- sospirò.

- Grazie!- esultò Sango - vado subito, allora. Ci vediamo alla festa. Miroku è qui giù, penso si debba riprendere un attimo. Gli ho … Ehm … Tirato una gomitata in un occhio.

Sango guizzò di nuovo via, in un misto di imbarazzo e sollievo, lasciando Kagome sola.

La ragazza lasciò un’ultima occhiata insoddisfatta al proprio riflesso, poi voltò definitivamente le spalle alla finestra scura, sperando che quel trentuno di Ottobre terminasse presto.









Spunto come un fungo! :)
Allora, questo prologo ha una storia lunga e travagliata che spiega anche perchè a Gennaio carico una fan fiction ambientata in Ottobre!
L'ho scritto circa due anni fa pochi giorni prima di Halloween, ricalcando pure alcuni fatti relalmente accaduti a me medesima nel 2008. Poi l'ho lasciata lì per proseguirla di poche righe ogni qualche mese. Ora, forse, potrei addirittura riuscire a terminarla!

Temo che sarà leggermente OOC ma quando sposto i personaggi in un universo che non appartiene loro ho notato che ho qualche difficoltà a mantenere i caratteri D:
Dopo tutta questa pappardella, saluti, sperando in recensioni! :)
Ciao!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il primo drink è gratis ***



Kagome cercò di ritirarsi quanto più possibile nel suo angolo di sedile, quando altri due perfetti sconosciuti salirono ad occupare gli ultimi posti sull’auto di Miroku.
Li riconobbe vagamente come due studenti della sua stessa scuola ma non avrebbe saputo dire i loro nomi e loro non si preoccuparono di presentarsi.

- Quanto ci si mette ad arrivare?- fu la prima battuta del tizio che le sedeva accanto.

Poteva essere mascherato da punk ma forse quello era il suo look di tutti i giorni. In ogni modo, quei suoi capelli neri sparati in aria sembravano pronti per bucare il tettuccio della macchina.

- Una mezz’ora!- rispose Miroku giulivo.

- Che palle- sbuffò il ragazzo che aveva preso posto sul sedile accanto al guidatore.

- Solare come sempre!- vociò l’ultimo sconosciuto.

Il ragazzo, del quale Kagome vedeva solo i capelli, di un assurdo colore bianco argenteo (una parrucca?) non si scomodò a rispondergli.

- Va bene- intervenne Miroku -Comunque ho adocchiato una, eh, ve lo dico così ci state alla larga.

- Ma cosa vuoi aver adocchiato!- lo prese in giro quello dal capello assassino -nessuno ti calcola.

- Lei mi calcola- lo contraddisse l’altro -mi ha scritto per vedere se andavamo alla stessa festa.

- Voleva solo che le scarrozzassi l’amica, Miroku
- lo smontò senza complimenti quello con la parrucca.

Kagome ascoltò ammutolita.

Davvero stavano parlando proprio di Sango?

E davvero avevano intenzione di comportarsi come se lei non fosse stata lì?

Evidentemente sì.

- Sango non manderebbe le sue amiche in macchina con qualcuno di cui non si fida! - insorse Miroku offeso.

- E allora? Se si fida ad usarti come autista mica vuol dire che ci sta!

- E’ già un punto a mio favore!

L’unica ragazza a bordo non osò puntualizzare che Sango aveva percosso il ragazzo e deciso di scambiare posto con lei probabilmente due secondi dopo aver preso posto accanto a lui.

Miroku strattonò malamente il cambio, prima di sbirciarlo dubbioso, come a controllare quale marcia avesse mai ingranato.

Kagome decise che quello era il momento perfetto per dissociarsi dalla conversazione e tentò di distrarsi contando i tornanti, che si erano fatti numerosi man mano che si avventuravano verso il luogo della festa.
Quando il conteggio arrivò a quarantotto, lo stridere degli pneumatici sulla ghiaia le suggerirono che erano giunti a destinazione.

Dato che nessuno l’aveva calcolata per l’intero il viaggio si disse che poteva evitare di ringraziare per il passaggio; volò fuori dall’auto non appena il motore fu spento e incespicò sui sassi bianco gesso senza guardarsi indietro.

Sango, benedetta ragazza, se ne stava seduta su uno sgabello altro proprio accanto all’ingresso del locale. Ayame, una loro amica e compagna di scuola, stava in piedi accanto a lei.

- Eccoti!- la accolse la bruna  -sto controllando la lista degli invitati. Sai, nel caso qualcuno cerchi di imbucarsi.

Segnò una V accanto al nome di Kagome, su un quaderno che reggeva in mano.

- Ma chi vuoi che si imbuchi?- fece Ayame, non a torto.

- Ma devi stare qui fuori tutto il tempo? - si informò Kagome allarmata.

Ci mancava solo che la festa fosse in realtà la mansione non retribuita di controllare che nessuno entrasse di straforo a quella sottospecie di evento.

- No- la rassicurò l’altra- mi tenevo occupata mentre ti aspettavo.

Sango salto giù dallo sgabello, abbandonandovi sopra quaderno e matita.

Kagome si sentì così commossa che Sango e pure Ayame avessero aspettato il suo arrivo prima di varcare la soglia, che le sue lamentele circa l’abbandono ed il disastroso viaggio nella macchina di Miroku le morirono in gola.

Prese atto solo allora dell’aspetto del luogo nel quale avrebbero trascorso Halloween.
Il locale era buio, illuminato solo dalle classiche luci da discoteca.
Piuttosto piccolo, presentava una fila di tavolini lungo una parete e uno spazio libero, probabilmente per ballare. Buttati lì a caso si trovavano dei solidi neri alti forse mezzo metro, che sembravano fatti di cartapesta quanto la tarantola che Sango si era finalmente fissata alla schiena.

- Sono cubi?- strillò per contrastare la musica.

- Sì! - rispose Ayame.

- Nel senso … Che qualcuno ci salirà sopra per ballare?

- Se ha bevuto abbastanza sì!

Bene, quello chiudeva l’affare, per Kagome.

Sarebbe stato più decente se l’arredamento di quel locale non avesse cercato di emulare quello di una vera discoteca, non quando i piatti di plastica pieni di patatine sui tavoli sembravano recuperati dall’ultima festa di compleanno delle elementari.

Sospirando, Kagome si diresse infine verso l’unica porzione di arredamento che trovava la sua approvazione: il bancone del bar.

Kagome non era una fan degli alcolici. In effetti aveva alzato il gomito solo altre due volte prima, entrambe ad una festa come quella.
Alla fine l’unico motivo per il quale non aveva considerato fallimentari le serate era stato perché l’alcol ingollato le aveva fatto trovare tutto dieci volte più divertente.
Perché, quindi, non contare su un cocktail forte anche questa volta?

“Vai così, Kagome” si complimentò con se stessa “inizi ad ubriacarti per divertirti e finisci ad una riunione di alcolisti anonimi in cerca di uno sponsor”

Nondimeno, la ragazza ordinò un drink forte, scegliendolo a caso dal listino appeso alla parete.

- Ti piace il pesquito? Bleah- disapprovò Ayame all’istante.

- Mai provato- rivelò lei.

- Neanch’io!- si aggiunse Sango - ne prendo uno pure io!

Lasciò scivolare sul bancone due cartoncini con la scritta “free drink” ed il barista li fece sparire.

- Erano compresi con l’ingresso, l’avevo scordato- si scusò poi, passandone uno anche ad Ayame.

Quest’ultima scosse i codini rosso fuoco rallegrata e si decise ad ordinare a sua volta.

***

Con l’alcol che lentamente le dava alla testa, Kagome meditò se fosse il caso di mettersi a ballare.
Ayame l’aveva già preceduta e si era avvinghiata ad un loro compagno di scuola, Koga, che Kagome era pure convinta non ci sarebbe stato.

I due erano entrambi demoni lupo dalle orecchie appuntite e parevano abbastanza bene assortiti.
Koga pareva in effetti un filo imbarazzato dalla danza scatenata di Ayame ma poteva anche essere che non fosse a proprio agio perché si era presentato senza maglietta.
Chissà da cosa era mascherato …

- Mi tieni questo?- domandò Sango porgendole il proprio bicchiere mezzo pieno.

- Perché?- domandò Kagome prendendolo.

- Miroku mi punta da un’ora, meglio che rimanga sobria. Finiscilo tu, se vuoi.

Kagome sbirciò sospettosa e notò che, in effetti, il suo autista improvvisato stava lanciando occhiate focose alla sua amica, senza preoccuparsi di essere furtivo.

Non c’era traccia dei due che erano in macchina, salvo il tizio scorbutico con la parrucca bianca.

- Ha già deciso che ci vuole provare con te- comunicò - l’ha detto mentre salivamo.

- Cosa? Ma perché non l’hai detto subito?

- Non credevo che fosse necessario!

Ora Miroku stava praticamente spogliando Sango con lo sguardo ed in maniera così palese che se ne sarebbe accorto chiunque.

Il suo amico con la parrucca invece colse lo sguardo di Kagome nella sua direzione e la fulminò.
Ma che problemi aveva?

Lei gli restituì l’occhiata velenosa e registrò per riflesso le sue orecchie da animale che gli spuntavano dalla zazzera di capelli.

Allora era mezzo umano e mezzo demone, realizzò, e quello che aveva in testa non era una parrucca, ma i suoi capelli.
Cielo! Ma perché non si dava una spuntatina?

- Vado in bagno- si congedò Sango.

Kagome rimase come un’idiota in mezzo al locale, da sola con un bicchiere per mano.

Si voltò di nuovo verso Miroku e quell’altro; il tizio mezzo demone non era più voltato nella sua direzione, ma forse si sentì osservato perché si girò di nuovo verso di lei per lanciarle un’altra occhiataccia.

Così ora avrebbe pensato che lo stava fissando. Veramente grandioso.

Non sapendo che altro fare, assaggiò il drink di Sango e poi svuotò il bicchiere; si scolò anche l’altro in meno di un minuto e solo allora poté dirsi ufficialmente alticcia.

Sango tornò giusto in tempo per farsi trascinare in pista vicino ai due demoni lupi.

- Ma da cosa saresti mascherato?- domandò a Koga, che appariva estasiato di avere ben tre donne per le mani.

- Da Jacob.

Si guadagnò solo occhiate perplesse.

- Di Twilight, capito?

- Oh, Signore …
- commentò Sango nauseata.

Senza tanti complimenti afferrò Kagome per il retro del maglioncino e la trascinò nuovamente verso il bancone.

- Oh, ma come, così presto?- si lamentò lei.

- Ammettiamolo, Kagome, questa festa è un fallimento.

- Non importa. Bevi qualcosa- fu la risposta - io devo andare in bagno.

- Ti accompagno
- si offrì la sua amica.

Kagome fece spallucce e si affrettò verso la toilette; peccato che la strada fosse sbarrata.

Il tizio mezzo demone le si era parato davanti, bloccandole il passo.








Fine dei capitoli "introduttivi", se Dio vuole.
Qualcosa di più concreto succederà a breve!
Ciao! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I fiori di arancio ***



Kagome contò fino a dieci prima di profferire parola.
Primo, perché l’alcol le stava confondendo le idee e lei ci mise più tempo del previsto a formulare una frase di senso compiuto.
Secondo, perché forse questo tizio bizzarro aveva un’ottima motivazione per impedirle di raggiungere i sevizi.

Decise di dargli il beneficio del dubbio.

- Posso esserti utile?- domandò, al pieno della sua diplomazia.

Lui storse prima la bocca, poi si decisa a parlare.

- Che profumo porti?- berciò.

La ragazza rimase interdetta.

- E’ ai fiori di arancio- rispose circospetta.

- Beh, è nauseante- accusò l’altro -mi fa venire il mal di testa.

La ragazza lo fissò sbigottita.

- Scusa, ma tu non hai niente di meglio da fare che tagliare la strada alle persone per dire loro che non ti piace il profumo che usano? - con costernazione, si rese conto di avere la bocca impastata.

Il ragazzo arricciò il naso ma poi, inaspettatamente, scosse la testa.

- No- confessò.

Con un gesto fin troppo confidenziale, le circondò le spalle con un braccio e le avvicinò le labbra all’orecchio.

- Ti spiego- iniziò con fare discorsivo.

Kagome ascoltò con interesse molto maggiore di quello che gli avrebbe dedicato se fosse stata sobria.
 
Il giovane prese fiato e cominciò a parlare:

- Il mio amico Miroku andrà in vacanza con i suoi fra due week end; staranno via una settimana.. Ci sei?

Kagome annuì, concentratissima.

- I suoi hanno invitato anche me.

Kagome annuì di nuovo. Di certo non aveva intenzione di invitarla fuori città per una settimana, vero? Non si conoscevano neppure!

Lo osservò di soppiatto: certo, il suo aspetto era particolare, ma ciò non significava che fosse sgradevole.

- Ho detto ai miei genitori di aver accettato l’invito. Ma non l’ho fatto, capito? Invece mi installerò nella casa vuota di Miroku all’insaputa di tutti.

Kagome annuì per la terza volta, in attesa di comprendere a che punto della faccenda sarebbe entrata in gioco lei.

Purtroppo il suo interlocutore non sembrava intenzionato ad aggiungere altro, così si azzardò a domandare:

- E io in tutto questo cosa c’entro?

Gli occhi del mezzo demone guizzarono pigramente su di lei. Kagome notò che erano decisamente grandi per gli standard del Giappone e di un peculiare colore giallo dorato

- Tu?- fece con noncuranza -Miroku ha detto che mi avrebbe lasciato le chiavi di casa sua solo se ti avessi distratta abbastanza a lungo da non impedirgli di abbordare la tua amica.

Kagome spalancò la bocca, inorridita.
Poi, corse verso la toilette per trovare il misero cubicolo pieno solo di bicchieri vuoti abbandonati e rotoli di carta igienica rudemente gettati a terra. Sango non era più lì.

La ragazza si precipitò di nuovo fuori, scagliandosi contro il ragazzo come una furia.

- Tu… Tu… - balbettò.

- Inuyasha.

- Che?

- Il mio nome. Inuyasha.

- Ma cosa me ne frega?- strillò Kagome accalorata - dov’è che Miroku ha portato Sango?

- Boh- Inuyasha incrociò le braccia - non ti agitare tanto, vuole solo confessarle il suo amore. Niente di sconveniente.

- E io cosa faccio qui da sola?

- Per quello ti ho distratta! Altrimenti ti saresti incollata alla tua amica e Miroku non si sarebbe più potuto appartare con lei. Tu pensa solo a cambiare profumo!

Detto questo, il ragazzo le voltò le spalle e si allontanò di gran carriera.

All’apice della disperazione, Kagome barcollò verso la pista da ballo, solo per rendersi conto che là non c’era più traccia neanche di Ayame e di quel pagliaccio che era Koga.

Riconobbe Kohaku circondato da una marea di sconosciuti e nessun altro.

Si appoggiò al bancone, disperata.

- Vuoi un altro pesquito?- offrì il barista, ma lei scosse la testa in segno di diniego.

Peggio di aggirarsi ad un aborto di festa dove non si conosce nessuno e per di più brilli, c’era solo aggirarsi ad un aborto di festa dove non si conosce nessuno e per di più completamente ubriachi

***

Sango spuntò solo molto più tardi, quando la festa era ormai agli sgoccioli.

Kagome aveva passato il resto della serata seduto ad un tavolo a sgranocchiare patatine in perfetto isolamento; era tornata sobria e potè notare con orrore che la sua amica e Miroku si tenevano per mano.

- Sango!- scattò, allontanandola senza troppo complimenti dal ladro di accompagnatrici -ma dov’eri finita?

- Kagome?- la ragazza la fissò sbalordita - che ci facevi lì da sola? Miroku ha detto che Inuyasha ti avrebbe fatto compagnia!

- Inuyasha mi ha parlato il tempo sufficiente per permettere a Miroku di trascinarti via indisturbato!- rispose Kagome, sentendosi pericolosamente vicina alle lacrime.

La situazione era assurda: solo poche ore prima Sango aveva preso Miroku a gomitate in bocca per la sua imbecillità ed ora abbandonava lei per trascorrere del tempo a tu per tu con lui!

- Mi dispiace!- gemette Sango - non sarei andata se avessi saputo che saresti rimasta da sola! Ma dov’è Ayame?

- Eclissata anche lei- borbottò Kagome.

La sua amica appariva così mortificata che si sentì molto insensibile a tenerle il broncio. Ancora peggio fu quando le gettò le braccia al collo chiedendole perdono con occhi lucidi e voce tremante.

Ma Kagome non fece in tempo a comunicarle che l’arrabbiatura stava velocemente passando, che Sango, forse nella convinzione di agire nel migliore dei modi, sprecò la sua situazione di vantaggio.

- Questa volta scendo io in macchina con Miroku, ok? E gli dirò di farla pagare ad Inuyasha! Tu scendi con mio fratello, cosa ne dici?

La proposta sarebbe anche stata allettante … Non fosse stato per il fatto che Kohaku, al pari di sua sorella poco prima, si era volatilizzato.

Kagome sospirò. Quando sarebbe terminata quella serata da incubo?

- Non so dove sia, Sango, non puoi chiamarlo?- domandò.

La sala si andava velocemente svuotando e la ragazza aveva paura che il suo passaggio fosse già partito senza di lei.

A tale proposito, Sango sfoderò il cellulare.

- Non se n’è andato- la rassicurò mentre entrambe uscivano dal locale nella gelida notte autunnale -pensa di dover portare a casa me: non mi lascerebbe mai qui. Chiamalo - le porse il telefonino - digli di venire a recuperarti qui fuori, ok?

- … Ok- fece lentamente Kagome.

- Meglio che vada, ora. Uno degli amici di Miroku ha bevuto troppo e lui lo vuole portare a casa alla svelta. Ci vediamo più tardi da me, allora?

Kagome si limitò ad annuire, stringendo in mano in telefono di Sango mentre la sua proprietaria si allontanava.

Attorno a lei tutti si dirigevano verso le proprie automobili; alle sue spalle, il battente del locale con un tonfo che sapeva di definitivo.

Tremando per il freddo, Kagome scorse la rubrica ed avviò la chiamata.

Quando lui rispose, la voce di Kohaku era appena udibile attraverso la linea disturbata.

- P … to?

- Pronto, Kohaku? Mi senti?

- Sango? Do ..e sei?

- Sono Kagome!

- Non … ento u.. t … bo!

- Sono Kagome! Puoi venire a prendermi?

- S … ngo?

-No! Kagome!

Nell’unico momento in cui la linea fu caritatevole, Kohaku riuscì a portare a termine una singola frase:

- Sango, ho sentito che scendi con Miroku! Allora ci vediamo a casa!

Dopodichè, la comunicazione si interruppe, lasciando Kagome al freddo in un parcheggio deserto, con in mano un telefono inservibile
Tentò di contattare il fratello di Sango numerose altre volte ma non riuscì neppure ad avviare una chiamata.

Dopo dieci minuti di totale solitudine, Kagome potè dirsi ufficialmente terrorizzata.

Si stava guardando attorno smarrita, incapace di decidersi sul da farsi quando una voce maschile la raggiunse:

- Ehi! Ehi, fiori di arancio!

Con un tuffo al cuore, la ragazza si voltò e vide Inuyasha in mezzo demone affrettarsi nella sua direzione.

- Quell’idiota di Miroku mi ha lasciato a piedi perché non ti ho tenuto compagnia durante la festa - berciò indignato una volta che l’ebbe raggiunta - Ti rendi conto?

L’altra non rispose: il freddo le aveva bloccato la mascella.

Il mezzo demone si tolse il giaccone e glielo mise sulle spalle senza una parola.

Quando si fu riscaldata un poco, Kagome rivolse uno sguardo irrequieto verso il suo inaspettato compagni di sventure e formulò una domanda:

- E adesso?

Non ottenne risposta.







Ammetto che questo capitolo mi sa un po' di sbrigativo. Attendo opinioni/conferme/smentite ecc...
Ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Le chiavi di casa ***



Non c’era silenzio: la strada principale era troppo vicina ed il rumore delle auto che vi transitavano nonostante l’ora si udiva distintamente nel parcheggio deserto.

Kagome incrociò le braccia sotto il giaccone di Inuyasha che la avvolgeva come un sacco a pelo.

- Io lo uccido Miroku- ringhiò il mezzo demone -lasciarmi a piedi solo per fare il bello con la sua donna…

- Bell’amico- commentò l’altra.

- Non che lei sia meglio: ha abbandonato qui anche te da quel che mi risulta!

- E’ diverso! - puntualizzò Kagome, offesa -pensava che sarei scesa con suo fratello!

Inuyasha roteò gli occhi e si allontanò da lei di qualche passo; Kagome sospettò che fosse ancora tutto preso a disprezzare il suo profumo.

Con le punte delle dita che lentamente riacquistavano sensibilità e la consapevolezza di non essere l’unica persona abbandonata in mezzo al nulla, la ragazza avvertì un minimo di intraprendenza farsi strada attraverso i vari strati di panico.

- Senti, Inuyasha, andiamo almeno sulla strada, magari lì c’è campo e riesco a telefonare.

Lui la guardò accigliato; poi, d’un tratto, assunse un’espressione che poteva essere quasi sorridente. Ma forse stava solo ghignando.

- Miroku non è un amico così pessimo- affermò, senza nessuna apparente logica - sapeva che sarei potuto tornare a casa comunque. E’ solo … - scosse la testa -è solo che non le sopporto, tutte queste pagliacciate medievali. Se abbiamo le auto usiamole, e che cavolo!

Kagome non capì proprio nulla di quel curioso monologò né riuscì a comprendere perché ora Inuyasha le si fosse parato davanti per poi voltarle le spalle e piegare le ginocchia, come a domandarle di salirgli in spalla.

A conferma delle sue azioni, il mezzo demone ordinò:

- Sali, che aspetti? Ed è meglio che ti abbottoni la giacca per bene o domani ti ritroverai con un febbrone da cavallo.

Kagome eseguì ma quando si fu arrampicata sulle spalle del ragazzo non poté far altro che sentirsi molto stupida.
Cercò di toccarlo il meno possibile, sentendosi piuttosto in imbarazzo per quella vicinanza inaspettata.

Dal canto suo, Inuyasha l’afferrò saldamente dall’incavo delle ginocchia e se la accomodò senza tanti complimenti contro la propria schiena.

Poi balzò.

Non un balzo di pochi centimetri, come quello che avrebbe potuto spiccare lei a scuola, durante le esercitazioni di salto in alto.

Inuyasha si catapultò letteralmente verso il cielo nero e denso di nuvole, in uno slancio quasi verticale e di innumerevoli metri.

Dalla bocca di Kagome uscì un singolo “Oh!” di sbigottimento quando riconobbe Tokyo a pochi chilometri da dove si trovavano: un agglomerato di palazzi altissimi e lunghe strade scure punteggiate da luci gialle e bianche che erano finestre e fari di vetture.

- Ci sei ancora lì dietro?- domandò Inuyasha a voce alta per contrastare l’aria gelida che gli schiaffeggiava il viso.

L’unica risposta che venne in mente a Kagome fu un’altra domanda:

- Ma com’è possibile?

L’altro sbuffò.

- Credi che essere un mezzo demone significhi solo avere queste stupide orecchie da animale? Andiamo, sarebbe una totale fregatura!

La ragazza non poté far altro che convenire in silenzio, mentre cominciavano la discesa.

Si accorse con preoccupazione che stavano infatti perdendo quota e, buttando l’occhio sotto di loro, constatò che tutto suggeriva  che si sarebbero schiantati contro il grigio asfalto.

- Inuyasha?- chiamò incerta.

Lui la ignorò o forse non la sentì proprio, con tutto il vento che gli si infilava a forza nelle orecchie.

Man mano che si avvicinavano al terreno, la presa di Kagome sulle spalle del suo accompagnatore si fece sempre più serrata-
Avrebbe voluto strillare di paura e chiudere gli occhi ma non fu abbastanza veloce: così poté vedere Inuyasha flettere le ginocchia con prontezza, quasi con eleganza ed attutire quasi del tutto il colpo, prima di saltare una seconda volta.

- Ehi, mi hai chiamato?- domandò il mezzo demone, come se nulla fosse.

Kagome si accorse dal freddo sulla lingua che la sua bocca si era spalancata per lo stupore.

- No- rispose.

Su strinse alla sua schiena, sentendo i muscoli snelli guizzare sotto la maglietta e trovò la postazione perfetta per non congelarsi il naso, nascondendolo dietro il collo di Inuyasha.

- Beh- commentò questi- con tutta questa aria non si sente più il tuo profumo. Per fortuna.

A sentir questo, Kagome si raddrizzò indispettita.

- Ti ha mai detto nessuno che sei un cafone?- vociò.

- Perché? Perché ti ho sconsigliato di usare un profumo cattivo?

- Se non piace a te non significa che sia cattivo!

Il ragazzo aumentò la stretta sulle sue ginocchia, mentre si preparavano ad una nuova picchiata.

- L’olfatto umano è così scadente- accusò- un profumo troppo aspro non c’entra nulla con la tua pelle; il tuo odore naturale è piuttosto dolce. Ci sta come i cavoli a merenda!

Presa in contropiede, Kagome non trovò nessun argomento con il quale ribattere.
Si limitò a confermare mentalmente la propria tesi iniziale: questo tizio, questo Inuyasha, era davvero un personaggio improbabile.

Poche ore prima la squadrava con il più velenoso degli sguardi e la prendeva in giro per guadagnarsi una settimana clandestina in casa dei genitori del suo amico.
Ed ora… Quello sull’odore della sua pelle non poteva forse considerarsi quasi un complimento?

Dopo non ci fu altro da dire.

Calò il silenzio, ma non fu imbarazzante, forse per via di tutta quell’aria fredda che riempiva loro le orecchie.

Alla lunga, neppure la vicinanza forzata fu più una fonte di imbarazzo.

Kagome tornò a nascondere il viso arrossato dietro il collo di Inuyasha e si accomodò alla meglio contro la sua schiena magra; dal canto suo, il mezzo demone si limitò a mantenere salda la sua presa sulle gambe della ragazza, per essere sicuro che non cadesse.

***

Salvo riferire ad Inuyasha l’indirizzo di Sango, Kagome non aprì bocca per il resto del viaggio, che durò forse quindici minuti.

Quando mise di nuovo piede a terra, aveva le gambe intirizzite ed il freddo le era penetrato fin nelle ossa.

- Beh, grazie, Inuyasha- fece, mentre si appoggiava ad un albero nel tentativo di recuperare l’equilibrio - mi accompagneresti fino alla porta? Così ti rendo la giacca quando sono già in casa.

Alzò lo sguardo sul suo accompagnatore e notò che lui non le stava dando affatto bado.

- Inuya ….?

- Guarda- la interruppe lui -è la macchina di Miroku.

Kagome guardò dove lui le indicava e constatò che parcheggiata proprio davanti alla casa di Sango (ed in pieno passo carrabile) c’era proprio l’auto di Miroku … Con Miroku e Sango a bordo.

- Oh … - la ragazza arrossì, come se stesse guardando qualcosa di privato, di intimo - non disturbiamoli, dai …

- E’ palese che non stanno facendo niente- affermò invece in mezzo demone, imbastendo un irritante atteggiamento di superiorità.

Senza preoccuparsi di essere garbato, la afferrò per il gomito e la trascinò con lui verso i loro amici.

Fu Sango ad accorgersi di loro per prima: smontò dalla vettura in tutta fretta e gettò le braccia al collo di Kagome.

- Eccoti!- esclamò con evidente sollievo -non so dove sia Kohaku, ma credo che abbia abbordato una ragazza su alla festa. L’ho chiamato con il telefono di Miroku e mi ha detto che non ti ha vista - riprese fiato, liberando l’amica dalla sua stretta - per fortuna che c’era Inuyasha con te! - concluse.

- Decisamente!- confermò lo stesso Inuyasha, immusonito - ma che ci fate qui fuori, comunque?

Anche Miroku si unì al gruppetto e si scambiò uno sguardo desolato con Sango prima che questa rispondesse:

- Solo Kohaku ha le chiavi di casa. Non posso suonare il campanello a quest’ora, i miei mi ucciderebbero. In pratica - rivelò, spalancando le braccia in un gesto di impotenza - siamo chiuse fuori finché mio fratello non torna.

- Ed io ho offerto la mia macchina come riparo- aggiunse Miroku - a proposito, saliamo, che ne dite?

Kagome guardò i due prendere posto sui sedili anteriori, sentendo il proprio umore precipitare nuovamente: sembrava proprio che quella serata infernale non sarebbe finita mai.

Rassegnata all’idea di passare la notte su un sedile di automobile,montò sulla vettura, seguita con sua sorpresa da Inuyasha.

- Scusate tanto ma dove va la mia giacca vado anch’io-disse con noncuranza, accomodandosi.

Nel silenzio che seguì, il mezzo demone scrutò con occhio critico la ragazza che gli sedeva accanto.
Senza preavviso, allungò una mano per sistemarle il colletto del giaccone, che era tutto piegato verso l’interno.

- Scusa-  fece, non senza una certa disinvoltura - com’è che ti chiami?



Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Le quattro e dodici ***


Quando Kohaku tornò finalmente a casa, l’orologio della sua auto segnava le quattro e dodici esatte.

Non aveva la minima idea di dove fossero le persone che aveva accompagnato alla festa né se fossero riusciti a rimediare un passaggio quando non l’avevano più trovato; sua sorella Sango gli aveva telefonato per avvertirlo di essere senza chiavi e l’aveva fatto usando il cellulare di Miroku.

Kohaku si era fatto una precisa idea su cosa avrebbe suggerito il suo malizioso amico per scaldarsi in quel clima rigido di fine ottobre.

Eppure neanche questo era riuscito a convincerlo a tornare alla base prima di quell’ora indecente.

Perché con lui c’era Rin.

Rin, che era più giovane di sua sorella e lo sembrava ancora di più, con quel codino al lato della testa.

Rin, che sembrava sempre fremere di più energia di quanta potesse contenere quel suo corpo esile esile.

Rin, che quella sera aveva accettato di ballare con lui, di fare due passi fuori dal locale e addirittura di fare un giro in macchina.

Quando non aveva neppure declinato l’offerta di bere qualcosa con lui nell’unico bar della zona aperto tutta la notte, Kohaku si era sentito ben oltre il settimo cielo.

E così era stato fino a quando non aveva accompagnato Rin a casa, gioendo dei due baci su ogni guancia che lei gli aveva generosamente elargito.

Man mano che si avvicinava alla sua, di casa, Kohaku iniziò ad avvertire una nuova sensazione, la preoccupazione, come se il buon senso avesse preso a tornargli a fiotti durante il tragitto.

Quando posteggiò, proprio accanto all’auto di Miroku e scese dalla macchina, era il ritratto dell’ansia.

Spiò furtivamente attraverso il finestrino, pregando di non vedere corpi nudi ed i vestiti di sua sorella sfilati in gran fretta.

Lo spettacolo che gli si parò davanti fu, grazie al cielo, molto diverso.

La vettura di Miroku era piena, i sedili sia anteriori che posteriori occupati.

All’interno non volava una mosca né si scorgeva il minimo movimento.

Sua sorella sedeva sul sedile del passeggero accanto al guidatore, illesa, vestita di tutto punto, addormentata con la guancia incollata al finestrino.
Fra le sue braccia, la testa appoggiata nell’incavo del suo gomito, pisolava beatamente Miroku, combinato in una posa da contorsionista per rimanere sdraiato senza venire pungolato dal cambio.

Sul sedile posteriore sedevano, rannicchiati vicini, l’amica di Sango, Kagome e quello che Kohaku riconobbe per Inuyasha.

Lei teneva la testa all’indietro, appoggiandosi con la nuca alla spalla del ragazzo.
Dal canto suo, lui teneva il collo reclinato ed il viso appoggiato contro i capelli di Kagome.
Le sue braccia la circondavano e Kohaku non capì se fosse per galanteria o per non mollare la presa sulla giacca che Kagome indossava, che era chiaramente del mezzo demone.

Da quel che vedeva, dunque, il ragazzo constatò che nessuno era stato lasciato a piedi, nessuno era uscito di strada e, soprattutto, nessuno di era trovato tutto a un tratto sprovvisto di mutande.

Sollevato oltre ogni dire, Kohaku alzò il pugno e bussò al finestrino.

***

Avevano parlottato, anche piuttosto volentieri.

Miroku, oltre ogni aspettativa, si era addirittura dimostrato capace di portare a termine un discorso di senso compiuto che non comprendesse vari “sei bellissima, usciresti con me?”

Sango si era scusata più e più volte con Kagome, seduta alla rovescia per guardarla in faccia.

Inuyasha aveva più che altro taciuto.

Quando si erano trovati davvero sfiniti dal freddo, Miroku aveva avviato il motore e fatto il giro dell’isolato un paio di volte con il riscaldamento al massimo per alzare la temperatura all’interno dell’abitacolo.

Si erano addormentati tutti quanti, quasi in contemporanea.

- Vieni qui- aveva intimato Inuyasha a Kagome -hai la mia giacca, almeno coprimi un po’.

La ragazza aveva eseguito, troppo stanca anche solo per dargli del maleducato.

Aveva però trovato il suo fianco piuttosto comodo per appoggiarvi la schiena; aveva abbandonato con sollievo la testa all’indietro, contro la sua spalla.

Le braccia di Inuyasha l’avevano circondata, come poco prima, quando se l’era caricata sulle spalle e lei aveva avvertito il suo fiato caldo, vagamente alcolico, sulla fronte.

Era sprofondata nel sonno serenamente, sentendosi tranquilla per la prima volta di tutta la serata … E un sommesso ma insistente bussare l’avevano disturbata fin troppo presto.

- Sango!- sentì chiamare una voce che riconobbe - sono tornato!

Sul sedile anteriore, la sua amica stava faticosamente riprendendo conoscenza.

- Kohaku!-Berciò -che ore sono? Hai presente da quanto siamo qui ad aspettarti?

Si alzò e smontò dalla macchina come una furia, del tutto dimentica di Miroku, che rotolò dolorosamente verso il bordo estremo di entrambi i sedili.

- Chiedo venia!- si scusò Kohaku, suonando fin troppo gioviale. Fece tintinnare le chiavi di casa - guarda cosa ho portato!

- Bah!- sua sorella sbuffò, piena di disgusto.

Si voltò, osservò con vago interesse Miroku che si raddrizzava tutto dolorante; si chinò a baciarlo sulla guancia, dando l’impressione di non sapere con certezza cosa stesse facendo.

Kagome si separò a malincuore da Inuyasha.

Se fosse stato per lei, avrebbe dormito in quella macchina per tutta la notte; si sorprese a pensare che farsi abbracciare da Inuyasha non era un’esperienza così sgradevole.

Arrossì furiosamente e guadagnò la portiera, uscendo al freddo.

- Andiamo, Kagome?- domandò Sango all’istante -grazie per aver aspettato con noi, ragazzi.

- Oh, di niente- gemette Miroku.

Inuyasha tacque. Guardò Kagome con desiderio e lei realizzò che stava aspettando che lei gli rendesse la giacca; se la sfilò rabbrividendo ed il mezzo demone la prese ed indossò in silenzio.

Dopo una serie di saluti affrettati, la ragazza si ritrovò quasi senza accorgersene nella brandina che Sango aveva preparato per lei nella propria stanza.

Non lo avrebbe mai confessato ad alta voce, ma aveva mezzo sperato che Inuyasha le avrebbe offerto di tenere il giaccone, sì, forse per restituirglielo a scuola; magari che le chiedesse il numero di telefono, costringendola a comunicargli quello di casa, perché lei non possedeva un cellulare.

Ma … Niente.

Quello strano tizio che l’aveva riaccompagnata a casa a balzelloni e l’aveva stretta fra le braccia, si era allontanato da lei senza rimpianti e quasi senza una parola.

Forse Kagome era davvero così poco desiderabile?

La ragazza cercò di non pensarci e, mentre sprofondava la testa nel cuscino, si impegnò a tener presente che quell’Inuyasha l’aveva per prima cosa presa in giro e poi insultato il suo profumo.

Forse mantenere i rapporti con lui non era una buona mossa e, a pensarci bene, le sue braccia non erano poi così confortevoli.

Per la seconda volta quella notte, Kagome si addormentò, delusa.

Sognò di essere di nuovo nella macchina di Miroku, con Kohaku che tamburellava senza pietà contro il vetro.
Nel sogno cercava di sprofondare sempre di più nella spalla di Inuyasha, che era innaturalmente soffice e cedevole.

Quando si sveglio, si rese conto con costernazione che il bussare non era terminato assieme al sogno ma che si stava velocemente trasformando in un sonoro martellare.

- Ma sei fuori di testa?- sbottò Sango, che era già in piedi e parlava rivolta alla finestra.

Oltre il doppio vetro, in bilico sul davanzale, stava nientedimeno che Inuyasha in persona, l’espressione insolente ed il giaccone in mano.

- Apri!- intimò.

Che fosse arrabbiato o solo molto imperioso, Kagome non seppe dirlo.

Quando Sango lo fece entrare con riluttanza nella camera, questi gettò la propria giacca a terra, con estrema stizza.

- C’è una macchia!- esclamò.

- Prego?- domandò la padrona di casa.

- C’è una macchia!- scandì l’altro. Poi, rivoltò a Kagome:

- Non c’era prima che te lo prestassi! Guarda cosa hai fatto!

L’interessata raccolse l’indumento e lo esaminò: lì, sul tessuto color cammello vicino alla manica destra, c’era un inequivocabile alone più scuro.

- Come avrei fatto a macchiarla secondo te?- reagì con veemenza.

- Non mi interessa. Devi portarla in tintoria.

- Cosa ti sei fumato? Per quel che ne so poteva esserci anche prima!

- Beh, non c’era. E ti ho anche accompagnata a casa, lavarmi la giacca mi pare il minimo che tu possa fare!

Kagome vide rosso.

- Se tu non mi avessi presa in giro per passare una settimana a casa di Miroku, non avrei avuto bisogno di essere accompagnata!

- Va bene, allora la prossima volta ti lascerò là, se ci tieni!

- Non ci sarà nessuna prossima volta!

- Vi prego … - si intromise Sango supplichevole - sveglierete i miei. Mi ammazzeranno.

Inuyasha scoccò ad entrambe uno sguardo di fuoco.

- Sarà meglio che mi riporti la giacca pulita, Kagome- intimò - o ti trascino di nuovo davanti al locale … E stavolta ti lascio lì.

A minaccia ultimata, il mezzo demone voltò le spalle alla camera e si lanciò verso l’esterno; Sango chiuse prontamente la finestra.

- Credo che quello lì abbia almeno quindici personalità diverse- osservò con un certo distacco.

Kagome non rispose: era troppo sconcertata ed irata.

Mentre si sistemava lentamente di nuovo sotto le coperte, la colpì il pensiero che in effetti era successa una parte di quel che sperava: Inuyasha le aveva fatto tenere il giaccone, suggerendole di riportarglielo a scuola.







Ritardo estremo.
Gli esami mi uccidono :(
Saluti! :)



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il proprietario del giaccone ***



Kagome non aveva nessuna intenzione di portare la giacca di quel prepotente di Inuyasha in tintoria.

Non avrebbe potuto neanche se avesse voluto dal momento che il primo novembre tutti i negozi erano chiusi e comunque non ci si poteva aspettare che la pulitura venisse ultimata nel giro di un giorno.

Arrivò a scuola spavalda, pronta a trovare Inuyasha ad e sbattergli in faccia il suo giaccone ancora macchiato … Peccato che fu Inuyasha a trovare lei per primo.

- Ciao- la salutò con voce incolore non appena ebbe messo piede nell’edificio -non l’hai lavata, vero?

- No!- rispose lei, riprendendosi in fretta -e neanche ho intenzione di farlo.

- Ridammela- consigliò il mezzo demone -non importa: mio fratello starà via una settimana. La farò lavare da mia madre.

Non per la prima volta quando parlava con lui, Kagome rimase interdetta.

- Che?- fece.

- Questa giacca è di mio fratello maggiore. L’ho presa senza dirglielo.

- Oh. Pensavo fosse tua- commentò Kagome inutilmente.

- Bah. Io che ho qualcosa di così bello?- alzò il capo color cammello perché la ragazza lo vedesse bene -io porto solo quello che mio fratello non vuole più mettere. E’ il destino dei fratelli minori.

Kagome si sentì d’un tratto intenerita.

- Io ho un fratello minore- raccontò- ma di certo non gli lascio in eredità le mie gonne.

- Il grembiulino della scuola materna?- suggerì Inuyasha.

- Beh, quello in effetti sì.

- E’ capitato anche a me- lui si accigliò -e mio fratello è più alto. Toccava terra con l’orlo quel dannato grembiulino.

Kagome sorrise a bocca chiusa, non esattamente divertita ma sollevata che il mezzo demone non fosse sul piede di guerra: non aveva proprio voglia di mettere in scena una piazzata nei corridoi della scuola.

- Tutto qui?- domandò -ti sei arrampicato su per la finestra di Sango perché avevi paura di quello che avrebbe detto tuo fratello della macchina?

- Non paura- la corresse lui irritato -ma mi sarebbe toccato litigarci ed è davvero palloso quando sono io dalla parte del torto.

- Che scommetto succede quasi sempre.

- Non succede quasi mai!

Inuyasha piegò a metà il giaccone e se lo sistemò sul braccio; Kagome rimase in silenzio, senza sapere bene come congedarsi.

- Beh- tentò -grazie ancora per il passaggio.

Il suo interlocutore alzò gli occhi al cielo ma forse era perché non sapeva cosa rispondere; probabilmente “prego”

Kagome si stava già avviando quando lui prese finalmente parola:
- Miroku non andrà in vacanza con i suoi.

Lei si voltò a guardarlo.

- Improvvisamente ha deciso preferisce rimanere in casa e lasciare che vadano da soli- sbuffò -vado da lui lo stesso ma non sarà la stessa cosa.

La ragazza non rispose, incerta di cosa c’entrasse lei in tutta quanta la faccenda.

- Beh …- tentò infine.

- Però daremo una festa- l’altro la interruppe -e Miroku inviterà la tua amica. Vieni anche tu.

Più che un invito suonava come un ordine o piuttosto come una semplice constatazione.

Cos’era, pensava che Kagome non avrebbe avuto l’ardire di rifiutare? Dopo quella di Halloween, di feste ne aveva avuto abbastanza fino a Capodanno.

La ragazza si mordicchiò l’interno della guancia, soppesando la proposta ancora per qualche secondo.
Inuyasha la scrutò sospettoso, i capelli d’argento e la giacca beige che creavano un forte contrasto con la divisa scolastica scura.

Prima ignorata, poi imbrogliata, poi aiutata e poi stretta, salutata e presa a male parole da lui, Kagome cercò di valutare il livello di bizzaria del ragazzo che le stava di fronte.

Troppo alto, decise.

Fu in quel mentre che un particolare che le era fino a quel momento sfuggito si palesò nella sua mente, chiarendo un fatto che aveva completamente ignorato: Inuyasha non aveva bisogno che Miroku lo accompagnasse quella notte fra il trentuno di ottobre ed il primo di novembre: così come aveva raggiunto la casa di Sango semplicemente saltando, avrebbe potuto rincasare subito allo stesso modo, prendendosi la giacca che le aveva prestato e dileguandosi all’istante.

Però non lo aveva fatto.

Perché? Perché era gentile e non voleva che lei patisse il freddo?

O perché nemmeno a lui dispiaceva la compagnia di Kagome?

La ragazza non trovò risposta ma entrambe avrebbero contribuito a far guadagnare punti a quel mezzo demone dall’atteggiamento incomprensibile.

Inutile prendersi in giro: tempo una nottata disastrosa e si era presa una cotta per lui.

Ciò però non significava che avrebbe rinunciato a fare la preziosa: lui si era comportato in maniera così maleducata da meritarsi un po’ d’ansia.

- Non lo so, sai- rispose finalmente - ci penso e poi ti faccio sapere.

Sorrise alla sua espressione cocciutissima e lo salutò con la mano prima di dargli nuovamente le spalle ed allontanarsi lungo il corridoio.

Quando si girò per controllare, Inuyasha era ancora lì dove lo aveva lasciato.

- Ci ho pensato- disse -
non figurava nel suo vocabolario. verrò.








Ecco la fine! :) Mi dispiace averci messo tanto ho avuto dei giri da fare!
Comunqueeee, l’idea era proprio quella di lasciare un finale aperto. Mi sembrava esagerato che i due si innamorassero follemente dopo poche ore, così ho lasciato solo “cotta” perché mi sembrava più plausibile! Il seguito uno se lo può immaginare come meglio crede… Se qualcuno è interessato potrei mettermi a scrivere una nuova storia che riparta dalla fine di questa ma si vedrà! :)

Grazie di aver letto e a presto (si spera!).




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1506965