Fin quando il sole sarà alto in cielo… di LaMusaIspiratrice162 (/viewuser.php?uid=161887)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il luccichio delle paillettes ***
Capitolo 3: *** Un disperato grido d’aiuto ***
Capitolo 4: *** Uno studente fallito ***
Capitolo 5: *** Nel baratro del dolore ***
Capitolo 6: *** Illuminata dai raggi della luna ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Guardavo le persone sedute in sala
d’aspetto eccitata. Guardavo
entusiasta attraverso il vetro della porta i cinque adolescenti seduti
sulle
sedie scomode. Alcuni erano accompagnati dai loro genitori, altri erano
soli.
Tutti erano diversi: alcuni biondi, altri castani, alcuni vestiti in
modo più
appariscente, altri avevano un abbigliamento più sobrio.
Eppure qualcosa li
accomunava. Su ognuno dei loro visi vi era un sorriso triste e degli
occhi
tristi e addolorati. Cercavo di immaginare il dolore che li divorava
dentro, ma
non era affatto facile. Tuttavia sapere che avrebbero diviso quel
pesante peso
che gli opprimeva il cuore con me, mi faceva sentire realizzata! Fare
qualcosa
per quei poveri ragazzi, mi avrebbe alleggerito la coscienza. Una
lacrima solcò
il mio viso e dopo aver attraversato la guancia, si sciolse sulle mie
labbra. Ingoiai
il groppo, che avevo in gola e sorrisi.
Guardai l’orologio : erano
le 8
in punto. Sospirai e aprii
la porta. Ero pronta!
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Capitolo 2 *** Il luccichio delle paillettes ***
Grazia
Il luccichio delle
paillettes
Ero in piedi davanti alla porta,
attendendo che il primo
paziente entrasse. Milioni di pensieri mi frullavano in testa e
altrettante
indecisioni e paure mi tenevano in tensione. Accade sempre
così : quando si
desidera qualcosa intensamente, si prova sempre timore misto ad ansia
mentre il
sogno si sta per realizzare. Avevo progettato quel momento miliardi di
volte,
eppure mi sentivo impreparata! Le mie mani che avrebbero dovuto donare
sicurezza e calore a coloro che ne avevano bisogno, tremavano come
foglie. Non
sapevo come presentarmi e avvertivo un terribile imbarazzo!
Ci pensò un profumo a
riportarmi alla realtà. Un fortissimo
profumo di ciliegia annunciò l’arrivò
di un’ eccentrica donna di trent’anni. I
capelli biondo platino, certamente tinti, erano tenuti fermi da un
cerchietto
rosa confetto. Indossava uno stretto abito di paillettes fucsia lungo
fino alle
ginocchia e un paio di stivali bianchi. Il viso era truccato in modo
molto
pesante. Se avesse avuto un cagnolino in braccio, avrei azzardato che
fosse
Paris Hilton.
-Buon giorno!- mi disse e mi strinse
lievemente la mano.
Solo allora notai la ragazzina di
quindici anni, al suo
fianco. La mia attenzione era stata catturata tanto dal luccichio delle
paillettes che non mi ero accorta di lei. Aveva
capelli castani molto disordinati a coprirle il viso
pallido e gli occhi
color nocciola, un fisico molto gracile e magro. Si nascondeva dietro
alla
madre, come fa una bimba quando vede un estraneo. Mi stupii osservando
quelle
due donne legate da un legame di sangue essere l’una
l’antitesi dell’altra. Una
era splendente e carismatica come il sole e l’altra
enigmatica e misteriosa come
la luna. Guardai la ragazzina con uno sguardo tenero e le strinsi la
mano,
sorridendole.
-Tu sei Grazia, esatto?- le chiesi,
sperando di sentire la
sua voce. Non ottenni, però, il risultato sperato in quanto
lei si limitò ad
annuire. Invitai quella strana coppia ad accomodarsi sulle poltroncine.
Quel
gesto , piuttosto formale, diede il via alla seduta.
-Dottoressa, l’ incontro
sarà breve! Infatti Grazia non ha
alcun problema… e non abbiamo tempo da perdere!- mi
avvisò.
-Signora, se la scuola l’ha
fatta venire qui, una ragione ci
sarà di sicuro! Questo non è un manicomio, vostra
figlia potrebbe essere stata
convocata qui, perché un insegnante ha notato che ha bisogno
di una persona che
la ascolti raccontare i suoi problemi. Magari ha qualche piccola
preoccupazione
o ansia, di cui potrebbe liberarsi…-
Dopo aver sentito quelle parole,
l’espressione del suo viso
mutò. Con aria turbata mi chiese di poter parlare con me da
sola. Annuii
confusa e osservai Grazia uscire dalla stanza che l’aveva
inghiottita poco
prima.
-In effetti mia figlia ha un
problema. E’ troppo timida, lo
è sempre stata, fin da piccola! Eppure sua sorella
è diversa: è allegra,
spigliata e adorata da tutti. Ho provato a guarirla, ma non ci sono
riuscita!-
-Guarirla?Da quando la timidezza
è una malattia?-la
rimproverai.
La donna non tentò nemmeno
di giustificarsi e dopo aver
sospirato, cominciò a parlarmi della sua figlia maggiore.
Raccontò dei suoi
continui successi,della sua bellezza e dell’amore che provava
per lei. Ad ogni
parola mi infastidivo sempre di più : possibile che
mostrasse così apertamente
il suo interesse per una sola delle sue figlie?
Stufa di ascoltare quelle chiacchiere
inutili, affermai che
la seduta era conclusa. Lei si alzò e uscì fuori
dallo studio il prima
possibile. Sua figlia però era rimasta a pochi metri dalla
porta e mi guardava.
Mentre ero sull’uscio, incontrai per un attimo il suo sguardo.
-Se non vuoi più venire
non importa, ma ti do un consiglio :
per sfogare la propria rabbia o tristezza non è necessario
parlare. A volte è
utile anche gridare…-le dissi.
Grazia mi scrutò con i
suoi dolci occhi color nocciola ed
annuì. Poi si voltò e raggiunse la madre fuori lo
studio.
Chiusi la porta e mi fermai a
riflettere un secondo, prima di
far entrare un altro paziente.
Mi sedetti sulla sedia girevole e mi
massaggiai le tempie.
Provai ad immaginare come si sentisse la povera Grazia. Era una piccola
rosa selvatica,
nascosta dai petali di un ‘enorme margherita.
Il fatto che stesse sempre zitta, non
voleva dire che non
avesse nulla da dire. Tra lei e il mondo ci sarebbe voluto un
interprete! Avrei
tanto voluto aiutarla a sbloccarsi e capire la ragione di quel muro che
aveva
eretto tra sé e gli altri. Speravo tanto che sarebbe tornata
…
Questo
è il primo capitolo della storia…spero vi
piaccia!Come avete potuto leggere, la
protagonista è una dottoressa, che accoglie nel suo piccolo
e anonimo studio 5
ragazzi che hanno dei problemi (bullismo,anoressia, divorzio dei
genitori,
ecc...), grazie al suo fare materno riuscirà ad aiutarli e a
renderli felici.
Si parlerà anche di una dolce storia d'amore che
nascerà tra due pazienti. Lasciate
tante recensioni…per favore!!
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Capitolo 3 *** Un disperato grido d’aiuto ***
Giusy
Un disperato grido
d’aiuto
Ero affacciata alla finestra e
guardavo il paesaggio
autunnale che appariva davanti ai miei occhi.
Vedevo un enorme giardino verde in
cui tra tanti alberi ne
spiccava uno, diverso dagli altri. Dai rami cadevano foglie marroni e
arancioni, il cui colore veniva risaltato da il paesaggio verde che lo
circondava. Sembrava quasi che quella pianta fosse invecchiata prima
delle
altre, che avesse capito per prima che l’estate era
finita…
Mentre contemplavo affascinata quel paesaggio, il
prossimo paziente bussò
alla mia porta, riportandomi alla realtà. Mi
bastò uno sguardo per capire qual
era il suo problema e che questo era molto più grave del
caso precedente.
Era una ragazza di circa venti anni,
con un caschetto biondo
che le incorniciava il viso pallido. Due grandi occhi azzurri lucidi mi
guardavano implorando aiuto. Indossava una camicetta a maniche corte
rossa a
pois bianchi e un jeans scuro. Attraverso quei vestiti larghi si
intravedeva il
corpo scheletrico simile a quello di un manichino.
Allungai la mano, fingendo
naturalezza, e mi presentai. Le
mi porse la sua piccola e magra mano, sussurrando con una voce
squillante “Io
sono Giusy.”
La feci accomodare e le domandai che
scuola frequentasse o
se lavorasse già.
-No, studio. Frequento la
facoltà di lettere moderne. Faccio
anche parte del giornalino scolastico…sì sono una
persona molto impegnata tra
studio,cineforum e articoli!-disse sorridendo.
Osservai quel sorriso che lasciava
trasparire tutta la
tristezza, che avrebbe invece dovuto nascondere.
-Ti piacerebbe fare la giornalista,
quindi?-
-Sì. Moltissimo.-
Non sapevo più cosa
chiederle, né come arrivare
all’argomento che mi interessava davvero. Per fortuna fu lei
a togliermi
dall’impaccio.
-Sì, sono
anoressica…-sussurrò, abbassando lo sguardo.
-Da quando? Insomma…da
quando non mangi nulla?-le chiesi,
imbarazzata dalla sua enorme franchezza.
-Da tre
mesi…all’incirca. Salto pranzo e cena e quando ho
troppa fame mangio una gomma. Poi tra i tanti impegni che ho, riesco a
dimenticarmi della fame. Tuttavia non mi giudichi male! La prego non lo
faccia!-
Quell’ultima frase mi
toccò profondamente e mi spinse a
cercare di tranquillizzarla. Presi le sue mani tra le mie e le strinsi
forte.
–Il mio lavoro è quello di aiutarti, non di
giudicarti,no?-
Lei sorrise ed annuì. La
abbracciai e in quel momento, solo
in quell’istante i suoi occhi lasciarono cadere le lacrime
che trattenevano da
molto tempo. Le massaggiavo la schiena e ascoltavo i suoi singhiozzi
desiderosa
di aiutarla. Improvvisamente si staccò da me e dopo aver
asciugato le guance
bagnate, si sedette di nuovo sulla poltroncina e cominciò a
massaggiarsi le
ginocchia nervosamente.
Quell’abbracciò
l’aveva messa a suo agio e convinta a
rivelare tutti i segreti della sua anima.
-Io non sono come le altre. Non
è stato qualche chilo di
troppo a farmi fare questa scelta,no. La mia è una richiesta
d’aiuto…d’attenzione.-
Mi sedetti davanti a lei, pronta ad
ascoltare la sua triste
storia.
-Fin da quando ero bambina ho sempre
pensato che la mia
fosse una famiglia felice. Avevo un’ amorevole mamma, un
antipatico fratello
maggiore ed un buon padre. Divenuta grande ho però capito
che l’immagine della
famiglia perfetta, che avevo creato nella mia testa era solo
un’invenzione. La
ragione? La dipendenza di mio padre per il gioco. Adesso mi sono
accorta del
suo egoismo che lo spinge a spendere tutti i suoi guadagni e a
dimenticarsi
della sua famiglia che lo aspetta a casa. Sono giunta alla conclusione
che lui
non mi ami…altrimenti non mi farebbe questo. Così
ho pensato di farmi del male,
così da riuscire ad attirare la sua attenzione e ricevere
una prova d’affetto. Purtroppo
fino ad ora non ne ho ricevuto alcuna. Tutti sono troppo occupati a
risolvere i
nostri problemi finanziari per avere il tempo di notarmi. Lui continua
a vivere
nel suo mondo…-
-Io non credo che tuo padre non ti
voglia bene,
probabilmente la dipendenza dal gioco è una
malattia…dalla quale non riesce a
guarire.-
-Sarà…-rispose
senza convinzione.
Guardai l’ora
sull’orologio posto alla parete e mi accorsi
che il tempo disponibile era terminato. Quell’ora era stata
così intensa che
era volata.
-Giusy adesso dobbiamo salutarci. Ci
vediamo la prossima
settimana, intanto promettimi che smetterai di digiunare. Se le persone
accanto
a te soffrono, questo non vuol dire che debba soffrire anche tu,
capito? Sei
una ragazza così piena di vita e di allegria
…sarebbe un peccato buttare via
tutto questo. Me lo prometti?-
Lei mi sorrise tristemente e
giurò che ci avrebbe provato. Mentre
usciva dallo studio notai quanto quella ragazza fosse diversa dalle sue
coetanee. Portava sulle spalle un pesante peso che la opprimeva e le
aveva
tolto la spensieratezza e la giovinezza. Era stata costretta a crescere
più in
fretta delle altre, a risvegliarsi dalla veloce stagione primaverile.
Proprio
come quell’albero che avevo osservato prima. Ma
l’inverno sarebbe finito e un
sorriso felice sarebbe rinato su quel viso smorto.
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Capitolo 4 *** Uno studente fallito ***
John
Uno
studente fallito
Nel mio studio entrò un
ragazzo, il primo dopo una sfilza di
ragazze. Quello che mi colpì fu il suo essere completamente
diverso dai suoi
coetanei. Dei capelli rossicci gli incorniciavano il viso rendendolo
particolare. La sua faccia, una volta vista, non si poteva dimenticare
facilmente.
A differenza degli altri pazienti,
lui era il più sereno. Un
sorriso allegro e cortese gli faceva piegare le labbra mettendo in
mostra i
suoi denti storti. Il suo abbigliamento scialbo e insignificante era
capace di
mettere a proprio agio qualsiasi persona. Gli strinsi la mano e lo
invitai a
sedere.
-Allora come mai sei qui?-gli chiesi.
-Io…ho avuto uno screzio
con un professore…-
La sua dichiarazione mi sorprese :
non sembrava affatto un
tipo violento o indisponente!
-Che tipo di lite
c’è stato?-
-Ho chiamato la mia professoressa
“muccosa”.-
Davanti a quell’
affermazione, fui costretta a trattenere un’
enorme risata. Tra tutte le risse a cui avevo assistito e che mi
avevano
raccontato, quella era decisamente la più insignificante!
-E come mai c’ è
stata questa rissa?-lo beffeggiai.
-Ultimamente sono parecchio
stressato! Mia madre mi sta
mettendo in tensione e non fa che dirmi di studiare. I professori
minacciano di
bocciarmi, se non mi impegno di più. –
-Beh credo che la soluzione sia molto
semplice…studia!-
Lui mi guardò e si
lagnò : - Ma non voglio! Proprio no!-
Mi alzai in piedi e alzai le braccia,
esausta.
–Possibile che tu sia
venuto qui solo per questo? Qui ci
vengono ragazze malate di anoressia, persone affette da terribili
affanni e poi
arrivi tu!-
-Beh mi ci ha mandato mia
madre…io non volevo nemmeno
venirci!-
-Non è che
c’è qualcosa di cui tu non mi hai parlato?-
Improvvisamente mi aveva ,infatti,
preso il timore che dietro
quel sorriso e quell’atteggiamento strafottente, si
nascondesse un vero
problema!
-Non lo so.-
Il fatto che non ne fosse sicuro,
confermava in pieno la mia
ipotesi.
-Parlami di tua madre…-lo
spronai.
-Beh io e lei non abbiamo un grande
rapporto. Soprattutto
dopo il suo divorzio con papà. Lei mi considera un vero
fallimento. Spesso si
chiede per quale ragione le sia capitato un figlio come me. Eppure non
credo di
essere così terribile!-
-Cosa credi che non vada in te?-
-Beh sono una frana a scuola, non ho
amici, né una ragazza. Sono
sempre chiuso in casa a giocare i videogiochi. Nulla in fin dei conti.-
-E con tuo padre come va?-
- Con lui va un po’ meglio,
ma lo vedo così poco…-rispose e
per la prima volta il suo sguardo divenne triste.
Purtroppo il nostro incontro era
arrivato al termine. Prima
di salutarlo gli consigliai di fare più vita sociale, di
uscire con qualche suo
amico.
Lui sorrise e se ne andò.
Mentre usciva mi chiesi come
faceva un ragazzo così simpatico e solare ad essere
così solo.
Spero vi
piaccia! ;)
Per creare questo personaggio mi sono ispirata ad un mio amico, il mio
migliore
amico. Solo che lui non ha i genitori divorziati! ^^ Spero che vi sia
simpatico
come lo è per me! J
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Capitolo 5 *** Nel baratro del dolore ***
Amanda
Nel baratro del dolore
Il sole aveva ormai abbandonato il
cielo e con esso se ne
era andata anche la luce. Tutto fuori dalla finestra si stava facendo
scuro :
la persona che stava per entrare sarebbe stata l’ultima. La
mia prima giornata
da psicologa, l’inizio di questa avventura stava per
concludersi. Accesi la
luce ed aprii la porta. Nel mio studio entrò una ragazza
dallo sguardo basso e
spento. Si lasciò cadere sulla poltroncina, rassegnata. Mi
accomodai anche io
davanti a lei e cominciai ad osservarla meglio.
Aveva i capelli castano chiaro e un
paio di occhi marroni,
velati dalle lacrime che erano sempre presenti nella sua vita.
Indossava una
felpa scura ed un paio di jeans larghi. Il viso era calcato da profonde
rughe
che ne mostravano la stanchezza.
-Sono Amanda…Todd-si
presentò.
-Buon pomeriggio Amanda!-
- Io sono qui perché mio
padre crede che lei riesca a
guarire i miei attacchi di panico.- sussurrò con la sua voce
debole. Solo in
quel momento notai le sue mani tremanti, appoggiate ai Jeans.
-Certo. Li hai molto di frequente?-
-Tutte le notti e ogni istante in cui
mi sento sola.-
-Ma questo tipo di attacchi sono
sempre causati da un evento
traumatico. Se non sei pronta a rivelarmi i tuoi problemi, non posso
fare
nulla.-
-La storia è piuttosto
lunga, non le dispiace vero fare un
po’ tardi?-mi chiese sorridendo.
-No…certo che no! Questo
è il mio lavoro, sai?-
Sospirò e
cominciò il racconto. Aveva dodici anni quando
aveva commesso un grande errore per cui stava ancora scontando la pena.
In una
chat aveva conosciuto un uomo che soleva adularla e che un giorno le
aveva
chiesto una sua foto nuda. Non avrebbe dovuto dargliela, ma si sa le
ragazzine
sono facili da abbindolare e lei gliela aveva consegnata.
L’uomo però era diventato
sempre più insistente e gliene aveva chieste molte altre.
Quando lei si era
rifiutata, lui aveva inviato quella foto alla sua famiglia e a tutti i
suoi amici.
Amanda presa dalla vergogna, aveva deciso di trasferirsi lontano e di
buttarsi
tutto alle spalle. Questo purtroppo non le era stato mai possibile!
Infatti
ogni volta che lei aveva cambiato scuola, quel disgustoso uomo aveva
inviato la
lettera ai suoi compagni di scuola.
Aveva quindi cominciato una fuga di
città in città, un’
evasione da se stessa, dal suo passato. Da allora non si era
più fermata.
I suoi attacchi di panico erano
causati dall’ ansia che
quell’individuo le aveva trasmesso. Per il suo gioco stupido
aveva rovinato la
vita di una ragazza. L’aveva indotta a diffidare di tutti i
ragazzi e di se
stessa. Ed ora lo spettro dell’adolescente che era, piangeva
davanti a me.
Le accarezzai la mano per darle forza.
-E i tuoi genitori come hanno
reagito?-
-Hanno cominciato ad incolparsi a
vicenda ed il mio errore
ha causato anche il loro divorzio. Mi sento così in colpa.-
sussurrò tra le
lacrime.
La abbracciai e la strinsi forte a
me.
-Comincia a pensare che la colpa non
è solo tua. E
soprattutto che una persona che commette uno sbaglio non merita tutta
la tua
sofferenza. Tu non meriti tutto questo, capito? Nessuno merita
l’odio…Non hai
nessun amico?-
Lei scuotè la testa.
-Allora io sono la tua prima amica,
cerca di fartene degli
altri. Ci sarà qualcuno che non ti giudica per quello che
hai fatto.-
-Ci proverò-
Fuori era già buio, quando
lei si congedò.
Spero vi sia
piaciuto. Anche questa è una storia vera!
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Capitolo 6 *** Illuminata dai raggi della luna ***
Elisa
Illuminata
dai raggi
della luna
Avevo chiuso la porta dello studio e
adesso stavo camminando
lentamente fino a casa. Mentre i miei piedi sfioravano
l’asfalto, la mia testa
volava. Non riuscivo a non pensare ai vari ragazzi, che erano entrati
nella mia
vita e alle emozioni che mi avevano fatto vivere. I momenti
più toccanti li
avevo vissuti con Giusy, la ragazza anoressica e Amanda, la povera
ragazzina
rovinata da un uomo senza scrupoli. Una situazione più
delicata era stata
quella di Grazia, che desideravo davvero tornasse anche la prossima
settimana.
Oh povera ragazza eclissata dall’egocentrismo della madre e
della sorella!
Sorrisi per un attimo ripensando a John, il simpatico ragazzo che
dietro il suo
buonumore nascondeva sicuramente qualcosa di più.
Il
cielo era già
scuro, eppure erano solo le cinque del pomeriggio. Sentii un gruppo di
signore
all’angolo della strada lamentarsi
dell’oscurità che portava l’autunno e
pensai
che le avrei, sicuramente, sentite lamentarsi del caldo in estate.
Dopo aver percorso un altro centinaio
di metri, arrivai
davanti al cancello della mia villetta a schiera. Mentre giravo la
chiave nella
serratura, dietro di me si fermò un piccolo autobus bianco.
Era pieno di ragazzi che ridevano tra
di loro in modo un po’
troppo sguaiato. Tutte le ragazze erano truccate e avevano un
abbigliamento
poco consono al luogo da cui stavo tornando.
-Questa è la
gioventù di oggi- pensai abbattuta.
La porta del pullman si
aprì ed una ragazza con un jeans
largo, un cappotto grigio e una borsa a tracolla nera scese con aria
stizzita.
Camminò accanto a me, avvolta nei suoi pensieri, e
suonò al citofono.
-Ciao Elisa!-la chiamai per
salutarla.
Lei si voltò verso di me e
mi salutò in modo freddo e
distaccato. Il cancello che la separava dalla sua casa si
aprì e lei si dileguò
velocemente. Restai per un attimo ferma a chiedermi se quella ragazza
fosse
davvero così superba o soltanto timida. Ma fu quando entrai
in casa mia che
trovai la risposta al suo comportamento. La sentii urlare e
così , come è
dovere per una donna che studia il comportamento dei giovani, mi misi
ad
ascoltare.
Entrata in casa Elisa era scoppiata
in un pianto isterico.
Sentii sua madre chiederle che cosa fosse accaduto e la ragazza,
soffocati i suoi
singhiozzi, aveva iniziato a raccontare:
-Oggi è stata una giornata
terribile! Il compito di fisica è
andato malissimo!-
-E perché?-le chiese sua
madre.
-Perché faccio schifo
nelle materie scientifiche e il
compito era pure difficile! L’ha trovato difficile tutta la
classe!-
-Quand’
è p tutt è
mezza fest!*-rispose sua madre, sfoderando un detto
napoletano che metteva
in mostra le sue origini partenopee.
-E al tema d’italiano ho
preso 5!! Capisci? Io che prendevo
7 l’anno scorso…ho preso 5! E Giada che ha la
media del 4 nelle altre materie
ha preso 5 e mezzo! Il professore ha voluto aiutarla! Capisci?
Aiutarla!! Ed io
non mi merito di essere aiutata? No? -
-E come mai preso 5?-
-Uffa… mi fai sempre la
stessa domanda!-
-Ah, ha chiamato Carlotta!-le disse la
madre, credendo di
tirarla su di morale.
-Quindi Rosanna si è
rimessa con il fidanzato! Ma non hai
notato che mi chiama soltanto quando l’altra amica le da
buca? Ho deciso di
restare da sola… si evita di soffrire così!-
Detto questo la ragazza
sbatté la porta e si rifugiò nella
sua camera. Si stese sul suo letto con le lacrime che le rigavano le
guance e
le cuffie nelle orecchie. Mentre Miley Cyrus cantava che “non
c’era alcuna
garanzia che la vita fosse semplice”, lei si sentiva
così sola.
Si mostrava forte, superba,
menefreghista, sosteneva di
“stare bene anche senza alcun amico”, ma la
realtà era un ‘ altra. Aveva sempre
desiderato essere la prima, in tutto. Voleva essere la migliore a
scuola, ma la
cosa si stava rivelando più difficile del previsto in quanto
c’era sempre
qualcuno che la sorpassava, nonostante lei studiasse come una matta.
Avrebbe
voluto essere la migliore amica per qualcuno e ricevere lo stesso
amore, che
lei donava, ma non ci era mai riuscita. Prima era stata la volta di
Silvia, che
la aveva trascurata fino ad abbandonarla, poi Gianna, che aveva
lasciato che
i bulli la minacciassero senza dire nemmeno una parola per difenderla.
E ora
Carlotta!
Era lei ad essere sbagliata o il
mondo? Possibile che non si
meritasse una migliore amica solo perché il suo viso era
pulito ed il suo seno
coperto? La luce della luna, che entrava attraverso il vetro della
finestra, le
illuminava i capelli scuri e metteva in evidenza i riflessi color
prugna. Chiuse
gli occhi e sospirò. Intanto
la canzone
di Miley era finita e la splendida “My Love is like a
Star” di Demi Lovato le
diede un po’ di conforto. Spense l’MP3 e afferrato
il libro di letteratura
greca, cominciò a studiare.
Quand’
è p tutt è
mezza fest!* = credo ne abbiate capito il senso,ma non si sa
mai. Significa
che dato che il compito era andato male a tutti non era una tragedia se
era
andato male a lei. Ok…non lo so spiegare bene!
Allora ho
presentato
tutti i personaggi! J
E anche questa è una storia vera, ma del resto Elisa
è un personaggio in cui
molti posso rappresentarsi. Se volete sapere a chi mi sono ispirata
chiedetemelo pure! Dal prossimo capitolo le storie di tutti si
svilupperanno e
a un certo punto si uniranno.
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