Fin quando il sole sarà alto in cielo…

di LaMusaIspiratrice162
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il luccichio delle paillettes ***
Capitolo 3: *** Un disperato grido d’aiuto ***
Capitolo 4: *** Uno studente fallito ***
Capitolo 5: *** Nel baratro del dolore ***
Capitolo 6: *** Illuminata dai raggi della luna ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Guardavo le persone sedute in sala d’aspetto eccitata. Guardavo entusiasta attraverso il vetro della porta i cinque adolescenti seduti sulle sedie scomode. Alcuni erano accompagnati dai loro genitori, altri erano soli. Tutti erano diversi: alcuni biondi, altri castani, alcuni vestiti in modo più appariscente, altri avevano un abbigliamento più sobrio. Eppure qualcosa li accomunava. Su ognuno dei loro visi vi era un sorriso triste e degli occhi tristi e addolorati. Cercavo di immaginare il dolore che li divorava dentro, ma non era affatto facile. Tuttavia sapere che avrebbero diviso quel pesante peso che gli opprimeva il cuore con me, mi faceva sentire realizzata! Fare qualcosa per quei poveri ragazzi, mi avrebbe alleggerito la coscienza. Una lacrima solcò il mio viso e dopo aver attraversato la guancia, si sciolse sulle mie labbra. Ingoiai il groppo, che avevo in gola e sorrisi.

Guardai l’orologio : erano le 8 in punto. Sospirai e aprii la porta. Ero pronta!

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Capitolo 2
*** Il luccichio delle paillettes ***


Grazia

Il luccichio delle paillettes

Ero in piedi davanti alla porta, attendendo che il primo paziente entrasse. Milioni di pensieri mi frullavano in testa e altrettante indecisioni e paure mi tenevano in tensione. Accade sempre così : quando si desidera qualcosa intensamente, si prova sempre timore misto ad ansia mentre il sogno si sta per realizzare. Avevo progettato quel momento miliardi di volte, eppure mi sentivo impreparata! Le mie mani che avrebbero dovuto donare sicurezza e calore a coloro che ne avevano bisogno, tremavano come foglie. Non sapevo come presentarmi e avvertivo un terribile imbarazzo!

Ci pensò un profumo a riportarmi alla realtà. Un fortissimo profumo di ciliegia annunciò l’arrivò di un’ eccentrica donna di trent’anni. I capelli biondo platino, certamente tinti, erano tenuti fermi da un cerchietto rosa confetto. Indossava uno stretto abito di paillettes fucsia lungo fino alle ginocchia e un paio di stivali bianchi. Il viso era truccato in modo molto pesante. Se avesse avuto un cagnolino in braccio, avrei azzardato che fosse Paris Hilton.

-Buon giorno!- mi disse e mi strinse lievemente la mano.

Solo allora notai la ragazzina di quindici anni, al suo fianco. La mia attenzione era stata catturata tanto dal luccichio delle paillettes che non mi ero accorta di lei. Aveva capelli castani molto disordinati a coprirle il viso pallido e gli occhi color nocciola, un fisico molto gracile e magro. Si nascondeva dietro alla madre, come fa una bimba quando vede un estraneo. Mi stupii osservando quelle due donne legate da un legame di sangue essere l’una l’antitesi dell’altra. Una era splendente e carismatica come il sole e l’altra enigmatica e misteriosa come la luna. Guardai la ragazzina con uno sguardo tenero e le strinsi la mano, sorridendole.

-Tu sei Grazia, esatto?- le chiesi, sperando di sentire la sua voce. Non ottenni, però, il risultato sperato in quanto lei si limitò ad annuire. Invitai quella strana coppia ad accomodarsi sulle poltroncine. Quel gesto , piuttosto formale, diede il via alla seduta.

-Dottoressa, l’ incontro sarà breve! Infatti Grazia non ha alcun problema… e non abbiamo tempo da perdere!- mi avvisò.

-Signora, se la scuola l’ha fatta venire qui, una ragione ci sarà di sicuro! Questo non è un manicomio, vostra figlia potrebbe essere stata convocata qui, perché un insegnante ha notato che ha bisogno di una persona che la ascolti raccontare i suoi problemi. Magari ha qualche piccola preoccupazione o ansia, di cui potrebbe liberarsi…-

Dopo aver sentito quelle parole, l’espressione del suo viso mutò. Con aria turbata mi chiese di poter parlare con me da sola. Annuii confusa e osservai Grazia uscire dalla stanza che l’aveva inghiottita poco prima.

-In effetti mia figlia ha un problema. E’ troppo timida, lo è sempre stata, fin da piccola! Eppure sua sorella è diversa: è allegra, spigliata e adorata da tutti. Ho provato a guarirla, ma non ci sono riuscita!-

-Guarirla?Da quando la timidezza è una malattia?-la rimproverai.

La donna non tentò nemmeno di giustificarsi e dopo aver sospirato, cominciò a parlarmi della sua figlia maggiore. Raccontò dei suoi continui successi,della sua bellezza e dell’amore che provava per lei. Ad ogni parola mi infastidivo sempre di più : possibile che mostrasse così apertamente il suo interesse per una sola delle sue figlie?

Stufa di ascoltare quelle chiacchiere inutili, affermai che la seduta era conclusa. Lei si alzò e uscì fuori dallo studio il prima possibile. Sua figlia però era rimasta a pochi metri dalla porta e mi guardava. Mentre ero sull’uscio, incontrai per un attimo il suo sguardo.

-Se non vuoi più venire non importa, ma ti do un consiglio : per sfogare la propria rabbia o tristezza non è necessario parlare. A volte è utile anche gridare…-le dissi.

Grazia mi scrutò con i suoi dolci occhi color nocciola ed annuì. Poi si voltò e raggiunse la madre fuori lo studio.

Chiusi la porta e mi fermai a riflettere un secondo, prima di far entrare un altro paziente.

Mi sedetti sulla sedia girevole e mi massaggiai le tempie. Provai ad immaginare come si sentisse la povera Grazia. Era una piccola rosa selvatica, nascosta dai petali di un ‘enorme margherita.

Il fatto che stesse sempre zitta, non voleva dire che non avesse nulla da dire. Tra lei e il mondo ci sarebbe voluto un interprete! Avrei tanto voluto aiutarla a sbloccarsi e capire la ragione di quel muro che aveva eretto tra sé e gli altri. Speravo tanto che sarebbe tornata …

Questo è il primo capitolo della storia…spero vi piaccia!Come avete potuto leggere, la protagonista è una dottoressa, che accoglie nel suo piccolo e anonimo studio 5 ragazzi che hanno dei problemi (bullismo,anoressia, divorzio dei genitori, ecc...), grazie al suo fare materno riuscirà ad aiutarli e a renderli felici. Si parlerà anche di una dolce storia d'amore che nascerà tra due pazienti. Lasciate tante recensioni…per favore!!

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Capitolo 3
*** Un disperato grido d’aiuto ***


Giusy

Un disperato grido d’aiuto

Ero affacciata alla finestra e guardavo il paesaggio autunnale che appariva davanti ai miei occhi.

Vedevo un enorme giardino verde in cui tra tanti alberi ne spiccava uno, diverso dagli altri. Dai rami cadevano foglie marroni e arancioni, il cui colore veniva risaltato da il paesaggio verde che lo circondava. Sembrava quasi che quella pianta fosse invecchiata prima delle altre, che avesse capito per prima che l’estate era finita…

Mentre contemplavo affascinata quel paesaggio, il prossimo paziente bussò alla mia porta, riportandomi alla realtà. Mi bastò uno sguardo per capire qual era il suo problema e che questo era molto più grave del caso precedente.

Era una ragazza di circa venti anni, con un caschetto biondo che le incorniciava il viso pallido. Due grandi occhi azzurri lucidi mi guardavano implorando aiuto. Indossava una camicetta a maniche corte rossa a pois bianchi e un jeans scuro. Attraverso quei vestiti larghi si intravedeva il corpo scheletrico simile a quello di un manichino.

Allungai la mano, fingendo naturalezza, e mi presentai. Le mi porse la sua piccola e magra mano, sussurrando con una voce squillante “Io sono Giusy.”

La feci accomodare e le domandai che scuola frequentasse o se lavorasse già.

-No, studio. Frequento la facoltà di lettere moderne. Faccio anche parte del giornalino scolastico…sì sono una persona molto impegnata tra studio,cineforum e articoli!-disse sorridendo.

Osservai quel sorriso che lasciava trasparire tutta la tristezza, che avrebbe invece dovuto nascondere.

-Ti piacerebbe fare la giornalista, quindi?-

-Sì. Moltissimo.-

Non sapevo più cosa chiederle, né come arrivare all’argomento che mi interessava davvero. Per fortuna fu lei a togliermi dall’impaccio.

-Sì, sono anoressica…-sussurrò, abbassando lo sguardo.

-Da quando? Insomma…da quando non mangi nulla?-le chiesi, imbarazzata dalla sua enorme franchezza.

-Da tre mesi…all’incirca. Salto pranzo e cena e quando ho troppa fame mangio una gomma. Poi tra i tanti impegni che ho, riesco a dimenticarmi della fame. Tuttavia non mi giudichi male! La prego non lo faccia!-

Quell’ultima frase mi toccò profondamente e mi spinse a cercare di tranquillizzarla. Presi le sue mani tra le mie e le strinsi forte. –Il mio lavoro è quello di aiutarti, non di giudicarti,no?-

Lei sorrise ed annuì. La abbracciai e in quel momento, solo in quell’istante i suoi occhi lasciarono cadere le lacrime che trattenevano da molto tempo. Le massaggiavo la schiena e ascoltavo i suoi singhiozzi desiderosa di aiutarla. Improvvisamente si staccò da me e dopo aver asciugato le guance bagnate, si sedette di nuovo sulla poltroncina e cominciò a massaggiarsi le ginocchia nervosamente.

Quell’abbracciò l’aveva messa a suo agio e convinta a rivelare tutti i segreti della sua anima.

-Io non sono come le altre. Non è stato qualche chilo di troppo a farmi fare questa scelta,no. La mia è una richiesta d’aiuto…d’attenzione.-

Mi sedetti davanti a lei, pronta ad ascoltare la sua triste storia.

-Fin da quando ero bambina ho sempre pensato che la mia fosse una famiglia felice. Avevo un’ amorevole mamma, un antipatico fratello maggiore ed un buon padre. Divenuta grande ho però capito che l’immagine della famiglia perfetta, che avevo creato nella mia testa era solo un’invenzione. La ragione? La dipendenza di mio padre per il gioco. Adesso mi sono accorta del suo egoismo che lo spinge a spendere tutti i suoi guadagni e a dimenticarsi della sua famiglia che lo aspetta a casa. Sono giunta alla conclusione che lui non mi ami…altrimenti non mi farebbe questo. Così ho pensato di farmi del male, così da riuscire ad attirare la sua attenzione e ricevere una prova d’affetto. Purtroppo fino ad ora non ne ho ricevuto alcuna. Tutti sono troppo occupati a risolvere i nostri problemi finanziari per avere il tempo di notarmi. Lui continua a vivere nel suo mondo…-

-Io non credo che tuo padre non ti voglia bene, probabilmente la dipendenza dal gioco è una malattia…dalla quale non riesce a guarire.-

-Sarà…-rispose senza convinzione.

Guardai l’ora sull’orologio posto alla parete e mi accorsi che il tempo disponibile era terminato. Quell’ora era stata così intensa che era volata.

-Giusy adesso dobbiamo salutarci. Ci vediamo la prossima settimana, intanto promettimi che smetterai di digiunare. Se le persone accanto a te soffrono, questo non vuol dire che debba soffrire anche tu, capito? Sei una ragazza così piena di vita e di allegria …sarebbe un peccato buttare via tutto questo. Me lo prometti?-

Lei mi sorrise tristemente e giurò che ci avrebbe provato. Mentre usciva dallo studio notai quanto quella ragazza fosse diversa dalle sue coetanee. Portava sulle spalle un pesante peso che la opprimeva e le aveva tolto la spensieratezza e la giovinezza. Era stata costretta a crescere più in fretta delle altre, a risvegliarsi dalla veloce stagione primaverile. Proprio come quell’albero che avevo osservato prima. Ma l’inverno sarebbe finito e un sorriso felice sarebbe rinato su quel viso smorto.

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Capitolo 4
*** Uno studente fallito ***


John

Uno studente fallito

Nel mio studio entrò un ragazzo, il primo dopo una sfilza di ragazze. Quello che mi colpì fu il suo essere completamente diverso dai suoi coetanei. Dei capelli rossicci gli incorniciavano il viso rendendolo particolare. La sua faccia, una volta vista, non si poteva dimenticare facilmente.

A differenza degli altri pazienti, lui era il più sereno. Un sorriso allegro e cortese gli faceva piegare le labbra mettendo in mostra i suoi denti storti. Il suo abbigliamento scialbo e insignificante era capace di mettere a proprio agio qualsiasi persona. Gli strinsi la mano e lo invitai a sedere.

-Allora come mai sei qui?-gli chiesi.

-Io…ho avuto uno screzio con un professore…-

La sua dichiarazione mi sorprese : non sembrava affatto un tipo violento o indisponente!

-Che tipo di lite c’è stato?-

-Ho chiamato la mia professoressa “muccosa”.-

Davanti a quell’ affermazione, fui costretta a trattenere un’ enorme risata. Tra tutte le risse a cui avevo assistito e che mi avevano raccontato, quella era decisamente la più insignificante!

-E come mai c’ è stata questa rissa?-lo beffeggiai.

-Ultimamente sono parecchio stressato! Mia madre mi sta mettendo in tensione e non fa che dirmi di studiare. I professori minacciano di bocciarmi, se non mi impegno di più. –

-Beh credo che la soluzione sia molto semplice…studia!-

Lui mi guardò e si lagnò : - Ma non voglio! Proprio no!-

Mi alzai in piedi e alzai le braccia, esausta.

–Possibile che tu sia venuto qui solo per questo? Qui ci vengono ragazze malate di anoressia, persone affette da terribili affanni e poi arrivi tu!-

-Beh mi ci ha mandato mia madre…io non volevo nemmeno venirci!-

-Non è che c’è qualcosa di cui tu non mi hai parlato?-

Improvvisamente mi aveva ,infatti, preso il timore che dietro quel sorriso e quell’atteggiamento strafottente, si nascondesse un vero problema!

-Non lo so.-

Il fatto che non ne fosse sicuro, confermava in pieno la mia ipotesi.

-Parlami di tua madre…-lo spronai.

-Beh io e lei non abbiamo un grande rapporto. Soprattutto dopo il suo divorzio con papà. Lei mi considera un vero fallimento. Spesso si chiede per quale ragione le sia capitato un figlio come me. Eppure non credo di essere così terribile!-

-Cosa credi che non vada in te?-

-Beh sono una frana a scuola, non ho amici, né una ragazza. Sono sempre chiuso in casa a giocare i videogiochi. Nulla in fin dei conti.-

-E con tuo padre come va?-

- Con lui va un po’ meglio, ma lo vedo così poco…-rispose e per la prima volta il suo sguardo divenne triste.

Purtroppo il nostro incontro era arrivato al termine. Prima di salutarlo gli consigliai di fare più vita sociale, di uscire con qualche suo amico.

Lui sorrise e se ne andò. Mentre usciva mi chiesi come faceva un ragazzo così simpatico e solare ad essere così solo.

Spero vi piaccia! ;) Per creare questo personaggio mi sono ispirata ad un mio amico, il mio migliore amico. Solo che lui non ha i genitori divorziati! ^^ Spero che vi sia simpatico come lo è per me! J

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Capitolo 5
*** Nel baratro del dolore ***


Amanda

Nel baratro del dolore

Il sole aveva ormai abbandonato il cielo e con esso se ne era andata anche la luce. Tutto fuori dalla finestra si stava facendo scuro : la persona che stava per entrare sarebbe stata l’ultima. La mia prima giornata da psicologa, l’inizio di questa avventura stava per concludersi. Accesi la luce ed aprii la porta. Nel mio studio entrò una ragazza dallo sguardo basso e spento. Si lasciò cadere sulla poltroncina, rassegnata. Mi accomodai anche io davanti a lei e cominciai ad osservarla meglio.

Aveva i capelli castano chiaro e un paio di occhi marroni, velati dalle lacrime che erano sempre presenti nella sua vita. Indossava una felpa scura ed un paio di jeans larghi. Il viso era calcato da profonde rughe che ne mostravano la stanchezza.

-Sono Amanda…Todd-si presentò.

-Buon pomeriggio Amanda!-

- Io sono qui perché mio padre crede che lei riesca a guarire i miei attacchi di panico.- sussurrò con la sua voce debole. Solo in quel momento notai le sue mani tremanti, appoggiate ai Jeans.

-Certo. Li hai molto di frequente?-

-Tutte le notti e ogni istante in cui mi sento sola.-

-Ma questo tipo di attacchi sono sempre causati da un evento traumatico. Se non sei pronta a rivelarmi i tuoi problemi, non posso fare nulla.-

-La storia è piuttosto lunga, non le dispiace vero fare un po’ tardi?-mi chiese sorridendo.

-No…certo che no! Questo è il mio lavoro, sai?-

Sospirò e cominciò il racconto. Aveva dodici anni quando aveva commesso un grande errore per cui stava ancora scontando la pena. In una chat aveva conosciuto un uomo che soleva adularla e che un giorno le aveva chiesto una sua foto nuda. Non avrebbe dovuto dargliela, ma si sa le ragazzine sono facili da abbindolare e lei gliela aveva consegnata. L’uomo però era diventato sempre più insistente e gliene aveva chieste molte altre. Quando lei si era rifiutata, lui aveva inviato quella foto alla sua famiglia e a tutti i suoi amici. Amanda presa dalla vergogna, aveva deciso di trasferirsi lontano e di buttarsi tutto alle spalle. Questo purtroppo non le era stato mai possibile! Infatti ogni volta che lei aveva cambiato scuola, quel disgustoso uomo aveva inviato la lettera ai suoi compagni di scuola.

Aveva quindi cominciato una fuga di città in città, un’ evasione da se stessa, dal suo passato. Da allora non si era più fermata.

I suoi attacchi di panico erano causati dall’ ansia che quell’individuo le aveva trasmesso. Per il suo gioco stupido aveva rovinato la vita di una ragazza. L’aveva indotta a diffidare di tutti i ragazzi e di se stessa. Ed ora lo spettro dell’adolescente che era, piangeva davanti a me.

Le accarezzai la mano per darle forza.

-E i tuoi genitori come hanno reagito?-

-Hanno cominciato ad incolparsi a vicenda ed il mio errore ha causato anche il loro divorzio. Mi sento così in colpa.- sussurrò tra le lacrime.

La abbracciai e la strinsi forte a me.

-Comincia a pensare che la colpa non è solo tua. E soprattutto che una persona che commette uno sbaglio non merita tutta la tua sofferenza. Tu non meriti tutto questo, capito? Nessuno merita l’odio…Non hai nessun amico?-

Lei scuotè la testa.

-Allora io sono la tua prima amica, cerca di fartene degli altri. Ci sarà qualcuno che non ti giudica per quello che hai fatto.-

-Ci proverò-

Fuori era già buio, quando lei si congedò.

Spero vi sia piaciuto. Anche questa è una storia vera!

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Capitolo 6
*** Illuminata dai raggi della luna ***


Elisa

Illuminata dai raggi della luna

Avevo chiuso la porta dello studio e adesso stavo camminando lentamente fino a casa. Mentre i miei piedi sfioravano l’asfalto, la mia testa volava. Non riuscivo a non pensare ai vari ragazzi, che erano entrati nella mia vita e alle emozioni che mi avevano fatto vivere. I momenti più toccanti li avevo vissuti con Giusy, la ragazza anoressica e Amanda, la povera ragazzina rovinata da un uomo senza scrupoli. Una situazione più delicata era stata quella di Grazia, che desideravo davvero tornasse anche la prossima settimana. Oh povera ragazza eclissata dall’egocentrismo della madre e della sorella! Sorrisi per un attimo ripensando a John, il simpatico ragazzo che dietro il suo buonumore nascondeva sicuramente qualcosa di più.

Il cielo era già scuro, eppure erano solo le cinque del pomeriggio. Sentii un gruppo di signore all’angolo della strada lamentarsi dell’oscurità che portava l’autunno e pensai che le avrei, sicuramente, sentite lamentarsi del caldo in estate.

Dopo aver percorso un altro centinaio di metri, arrivai davanti al cancello della mia villetta a schiera. Mentre giravo la chiave nella serratura, dietro di me si fermò un piccolo autobus bianco.

Era pieno di ragazzi che ridevano tra di loro in modo un po’ troppo sguaiato. Tutte le ragazze erano truccate e avevano un abbigliamento poco consono al luogo da cui stavo tornando.

-Questa è la gioventù di oggi- pensai abbattuta.

La porta del pullman si aprì ed una ragazza con un jeans largo, un cappotto grigio e una borsa a tracolla nera scese con aria stizzita. Camminò accanto a me, avvolta nei suoi pensieri, e suonò al citofono.

-Ciao Elisa!-la chiamai per salutarla.

Lei si voltò verso di me e mi salutò in modo freddo e distaccato. Il cancello che la separava dalla sua casa si aprì e lei si dileguò velocemente. Restai per un attimo ferma a chiedermi se quella ragazza fosse davvero così superba o soltanto timida. Ma fu quando entrai in casa mia che trovai la risposta al suo comportamento. La sentii urlare e così , come è dovere per una donna che studia il comportamento dei giovani, mi misi ad ascoltare.

Entrata in casa Elisa era scoppiata in un pianto isterico. Sentii sua madre chiederle che cosa fosse accaduto e la ragazza, soffocati i suoi singhiozzi, aveva iniziato a raccontare:

-Oggi è stata una giornata terribile! Il compito di fisica è andato malissimo!-

-E perché?-le chiese sua madre.

-Perché faccio schifo nelle materie scientifiche e il compito era pure difficile! L’ha trovato difficile tutta la classe!-

-Quand’ è p tutt è mezza fest!*-rispose sua madre, sfoderando un detto napoletano che metteva in mostra le sue origini partenopee.

-E al tema d’italiano ho preso 5!! Capisci? Io che prendevo 7 l’anno scorso…ho preso 5! E Giada che ha la media del 4 nelle altre materie ha preso 5 e mezzo! Il professore ha voluto aiutarla! Capisci? Aiutarla!! Ed io non mi merito di essere aiutata? No? -

-E come mai preso 5?-

-Uffa… mi fai sempre la stessa domanda!-

-Ah, ha chiamato Carlotta!-le disse la madre, credendo di tirarla su di morale.

-Quindi Rosanna si è rimessa con il fidanzato! Ma non hai notato che mi chiama soltanto quando l’altra amica le da buca? Ho deciso di restare da sola… si evita di soffrire così!-

Detto questo la ragazza sbatté la porta e si rifugiò nella sua camera. Si stese sul suo letto con le lacrime che le rigavano le guance e le cuffie nelle orecchie. Mentre Miley Cyrus cantava che “non c’era alcuna garanzia che la vita fosse semplice”, lei si sentiva così sola.

Si mostrava forte, superba, menefreghista, sosteneva di “stare bene anche senza alcun amico”, ma la realtà era un ‘ altra. Aveva sempre desiderato essere la prima, in tutto. Voleva essere la migliore a scuola, ma la cosa si stava rivelando più difficile del previsto in quanto c’era sempre qualcuno che la sorpassava, nonostante lei studiasse come una matta. Avrebbe voluto essere la migliore amica per qualcuno e ricevere lo stesso amore, che lei donava, ma non ci era mai riuscita. Prima era stata la volta di Silvia, che la aveva trascurata fino ad abbandonarla, poi Gianna, che aveva lasciato che i bulli la minacciassero senza dire nemmeno una parola per difenderla. E ora Carlotta!

Era lei ad essere sbagliata o il mondo? Possibile che non si meritasse una migliore amica solo perché il suo viso era pulito ed il suo seno coperto? La luce della luna, che entrava attraverso il vetro della finestra, le illuminava i capelli scuri e metteva in evidenza i riflessi color prugna. Chiuse gli occhi e sospirò. Intanto la canzone di Miley era finita e la splendida “My Love is like a Star” di Demi Lovato le diede un po’ di conforto. Spense l’MP3 e afferrato il libro di letteratura greca, cominciò a studiare.

Quand’ è p tutt è mezza fest!* = credo ne abbiate capito il senso,ma non si sa mai. Significa che dato che il compito era andato male a tutti non era una tragedia se era andato male a lei. Ok…non lo so spiegare bene!

Allora ho presentato tutti i personaggi! J E anche questa è una storia vera, ma del resto Elisa è un personaggio in cui molti posso rappresentarsi. Se volete sapere a chi mi sono ispirata chiedetemelo pure! Dal prossimo capitolo le storie di tutti si svilupperanno e a un certo punto si uniranno.

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