Stuart Little

di fri rapace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tessa ***
Capitolo 2: *** Colin ***



Capitolo 1
*** Tessa ***


La sua mamma biologica l'aveva chiamato Stuart.

Era nato prima del termine ed era così piccolo che a lei, poco più di una bambina, il nome che era parso subito più appropriato era stato quello del famoso topolino della favola di E. B. White.

Il desiderio di diventare madre era esploso in Tessa qualche anno prima, forte e doloroso quasi quanto le paure che tormentavano suo marito Colin.

Quando l'aveva sposato aveva accettato l'idea che per loro, avere dei figli, sarebbe stato un azzardo, perché il DOC aveva la tendenza a ripresentarsi in più individui della stessa famiglia e non se la sentiva di concepire un bambino che avrebbe avuto grosse probabilità di sviluppare la malattia paterna.

Non si era pentita di averlo sposato, ma rinunciare ad avere dei figli era diventato molto più difficile di quanto le era parso all'inizio.

Aveva saputo di Stuart per caso; fino al momento in cui l'aveva visto per la prima volta, innamorandosene perdutamente, non aveva mai preso in considerazione l'adozione come possibile soluzione al suo problema.

Lavorava qualche ora a settimana all'ospedale di Yarvil come consulente per le depressioni Post-Partum e aveva sentito delle infermiere del reparto maternità parlare della sua giovanissima mamma.

Considerando la sua storia familiare (le era stato detto che poteva essere frutto di un incesto, con tutte le conseguenze che ne derivavano) e il fatto che ancora nessuna coppia di aspiranti genitori si fosse fatta avanti per chiederlo in adozione, sapeva che correva forti rischi di finire parcheggiato fino alla maggiore età in una casa-famiglia.

Determinata a prenderlo con sé, si era detta che crescere con un padre che probabilmente non sarebbe stato in grado di occuparsi adeguatamente di lui fosse un male minore, rispetto alla vita di degrado che l'aspettava se l'avesse abbandonato nelle mani dell'assistenza sociale.

Ma non era stato convincere se stessa il problema, quanto far accettare a Colin la sua decisione.

Era sempre stata lei a prendersi cura di lui, e gli aveva chiesto se per una volta, una volta sola, poteva essere lui a venirle incontro: aveva bisogno del suo aiuto.

L'aveva sorpresa la destrezza con cui era riuscito a nascondere la propria malattia: solo la rigidità dei suoi arti con il conseguente particolare modo di muoversi avrebbe potuto tradirlo, ma mai nessuno fino ad allora aveva capito che non era solo troppo alto e grosso, reso goffo dalla sproporzione del suo corpo. La commissione chiamata a valutarli non aveva fatto eccezione. Qualche sorrisetto di stupore e scherno era balenato sui loro volti, ma il fatto che Colin fosse quel tipo di persona che attirava facilmente la derisione altrui non lo rendeva un possibile cattivo padre.

Così ora Stuart era lì con loro, steso nella sua culla di vimini, così piccolo che avrebbe potuto stare comodamente in una delle grandi mani di Colin.

Tessa era completamente assorbita dalle cure del neonato: il biberon che reclamava ogni due ore, giorno e notte, i ruttini, i pianti inconsolabili, i pannolini, non lasciavano spazio a nient'altro.

Colin non l'aiutava mai. Cercava di rimanere a scuola il più a lungo possibile, e quando era a casa si limitava ad osservarli a distanza, muovendosi lungo le pareti come un ragno.

Quella mattina Tessa aveva notato che aveva fatto sparire tutti i coltelli e le posate, sostituendoli con delle inefficienti copie di plastica: per farcire l'ultimo panino che era riuscita a concedersi aveva dovuto dividerlo in due con i pollici.

Quando quella sera era riuscita finalmente a far addormentare il piccolo, era così stanca che a mala pena si era accorta che Colin, steso rigido come un morto accanto a lei, la guardava, aspettando ansioso che chiudesse gli occhi. Da cinque giorni Stuart era diventato il loro bambino.

 

 

 

Prima di scrivere questo Missing Moment mi sono documentata sul Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) su internet, per cercare di trattare adeguatamente l'argomento. Tessa e Colin sono tra i miei personaggi preferiti, mi sono piaciuti da subito (difetti compresi) sia singolarmente che come coppia ^^

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Capitolo 2
*** Colin ***


Colin sapeva di averlo ucciso. Si svegliava con questa certezza tutte le mattine e anche se ogni volta il minuscolo neonato vittima dei suoi immaginari raptus lo smentiva, dimenando le gambette grinzose o urlando a squarciagola per avere Tessa accanto a sé, non si sentiva meno colpevole.

Era solo questione di tempo, un assassino è tale anche quando l'atto è ancora nella sua mente.

Non poteva sfuggire alla propria natura: sapeva di rappresentare un pericolo per le ragazze della sua scuola, ma in quel contesto aveva imparato a rendersi innocuo, ad evitare ogni contatto.

Il rituale dei cubicoli gli offriva sicurezza, sapeva che se fosse stato preciso nel ripetere sempre gli stessi gesti nulla di brutto sarebbe potuto capitare.

Ma bastava poco, pochissimo, per ricordare, magari in sogno, di aver trasgredito, aver toccato, molestato... solo qualche tempo di aspettativa dal lavoro riusciva sistemare quello che dentro la sua testa non aveva mai funzionato correttamente.

La sua casa era il suo rifugio, Tessa il suo sostegno.

Ma ora le cose erano cambiare, ora rappresentava un pericolo anche lì e non c'era più un solo luogo al mondo dove potesse sentirsi inoffensivo, dove avere la certezza che non avrebbe commesso qualche atto mostruoso.

Tessa, il secondo giorno dopo l'arrivo di Stuart, l'aveva convinto a prenderlo in braccio.

Era stata un'esperienza terrificante: così piccolino e indifeso, il bimbo riempiva a mala pena l'incavo del suo braccio, la testolina pelata riversa sul suo gomito, a esporre il tenero collo.

In quei pochi secondi che l'aveva tenuto rigidamente contro di sé, si era visto mille volte stringere la mano attorno al suo collo (gli sarebbero state sufficienti due dita!), aveva sentito scricchiolare le fragili ossicine sotto i polpastrelli. Aveva immaginato la sua pelle morbida e calda farsi gelida e non poteva, non poteva permettere che ciò accadesse.

Aveva provato a far sparire tutte le posate, come se fosse potuto servire a qualcosa: non aveva certo bisogno di un coltello per fargli del male.

La soluzione possibile era una soltanto: sapeva come rendersi inoffensivo, aveva già pensato a tutto.

Quando Tessa l'aveva trovato chiuso in auto nel loro garage, con l'abitacolo pregno del fumo invisibile proveniente dal tubo di scappamento, aveva già perso i sensi.

A Colin, di quello che era successo in seguito, era rimasto solo il vago ricordo di aghi, camici bianchi, camere iperbariche e maschere d'ossigeno. E mani, tante mani che lo toccavano.

Fra di esse, aveva cercato disperatamente di riconoscere quella di Tessa: temeva che non l'avrebbe mai più rivista, perché il suo fallimento era stato ben peggiore di quello che ricordava. Forse, prima di cercare di uccidersi, aveva comunque compiuto il mostruoso atto che tanto temeva.

Era passato molto tempo prima che riuscisse a distinguere le mani di sua moglie da quelle dei medici. Si era appena destato da uno dei suoi lunghi periodi d'incoscienza privi di sogni, quando la sentì accarezzargli il viso.

“Dove sei...?” mormorò affannato.

“Sono qui, sono sempre stata qui,” gli rispose lei, commossa e compassionevole.

La paura lo assalì, soffocando sul nascere il sollievo provato nel riconoscerla.

Tessa intuì subito i suoi pensieri.

“Stuart sta bene.”

“Non m'importa!” urlò rauco, più forte che poteva. “Non voglio tornare a casa!”

Lei si sedette sul bordo del letto, Colin non si era accorto delle lacrime che le rigavano il viso.

“Non chiedermi di scegliere tra te e Stuart,” disse con la voce rotta dal pianto.“Non sono in grado di amarti più di così, Colin.”

Colin non rispose. Una volta conquistatolo, aveva sempre dato per scontato l'amore della moglie. Non temeva di perdere lei, ma di perdere Stuart.

 

 

Ho abbandonato questa ff per molto tempo, mi spiace. Forse il finale vi stupirà un po', ma, malgrado quello che Tessa teme, io credo che Colin volesse molto bene a suo figlio. Se non gliene avesse voluto, non se la sarebbe mai presa tanto per le sue azioni. Se non t'importa di una persona, se davvero non la vuoi, tutto quello che fa ti è indifferente. Personalmente trovo più sospetto un facile perdono, o il menefreghismo, piuttosto che il rancore o la rabbia.

Spero che la ff vi sia piaciuta.

Fri

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