Capitolo 4: Hai mai provato paura?
Aya Kiyoiwa
Dovevo aver dormito un'oretta sì e no quando sentii la sveglia rimbombarmi fastidiosa nell'orecchio.
Perché diavolo...? Ah...già..devo andare alla festa mondana..
Sbuffai rumorosamente e mi stropicciai gli occhi assonnati e ancora socchiusi.
Che palle le feste!
Mi alzai con grande fatica, convincendomi che in poche ore sarei riuscita a sfuggire a quella noiosa incombenza e mi diressi verso il bagno sbadigliando numerose volte. Mi spogliai, appoggiando il pigiama sulla sedia di legno che troneggiava vicino alla porta e mi fiondai sotto le carezze dell'acqua rinfrescante.
Se c'era una cosa che adoravo era la doccia: aveva l'incredibile capacità di rigenerarmi al massimo e di rilassarmi i nervi.
Non appena uscii dal bagno pieno di vapore , mi diressi davanti all'armadio. Ecco uno dei tanti motivi per cui odiavo le feste mondane: non sapevo mai come mi sarei dovuta vestire.
Scelsi un abbigliamento abbastanza sportivo, del mio genere insomma: un top nero aderente, un paio di jeans stretti e scarpe nere col tacco, stile stivaletto. Presi una pochette, dove infilai il cellulare, e uscii fuori casa, dove già mi aspettavano Zero e Kaito. Entrambi erano vestiti eleganti, con tanto di giacca e cravatta abbinata.
Se Zero era animato sempre da quel suo sguardo scontroso e rude, Kaito esibiva un sorriso affettuoso.
“Andiamo?” sentenziò Zero, abbastanza infastidito per l'attesa.
“Si, mister simpatia”
Risposi a tono.
A volte proprio non lo soffrivo Zero, anche se gli volevo molto bene.
In circa dieci minuti di cammino, durante il quale nessuno osò proferir parola, giungemmo proprio davanti al cancello della scuola. Quest'ultimo, al nostro arrivo, si spalancò lentamente con un gran rumore. Attraversammo il giardino senza parlare e io, quasi istintivamente, guardai il cielo. La luna piena sfavillava in tutta la sua luce. Sorrisi, e, abbassato lo sguardo, mi accorsi di essere appena arrivata davanti al portone.
Non appena entrammo nel corridoio che ci avrebbe condotto alla sala sentimmo la musica di un'orchestra aleggiare nell'aria.
Facemmo il nostro ingresso nell'enorme stanza da ballo e l'adrenalina si fece presto sentire.
Se l'avessi visto cosa avrei fatto? L'avrei salutato o avrei fatto finta di niente?
Scorsi Yuki Kuran insieme al suo fidanzato Kaname, un altro sangue puro da controllare. Più in là c'erano i soldatini di Kuran: Aido, Kain, Rima, Shiki , Seiren . La Night Class al completo, tranne Ichijo e...Kenji.
La sala era gremita di persone, tutte appartenenti a nobili casati e tutte rigorosamente vestite con stoffe e abiti preziosi.
Mi facevano afa solo a vederli. Ecco un altro motivo per cui odio le feste: ci sono persone disgustose.
Alla fine scendemmo l'ampia scalinata e decidemmo di dividerci: Zero avrebbe controllato la sala, Kaito i piani superiori e io parte della sala e stanze attigue. Alcuni ci osservarono dimostrando chi curiosità, chi disprezzo e chi ancora quasi timore. Notai subito lo sguardo di Kaname, ma aveva un'espressione tale che non riuscii a decifrarla.
Un ampio tavolo esibiva pietanze per tutti i gusti e dolci, nonché le più varie bibite. Gli ospiti iniziarono ad accalcarsi alla tavola, segno che era l'ora dell'aperitivo. Mi appoggiai ad una colonna, incrociando le braccia sul petto e iniziai a controllare la situazione: era tutto a posto, a prima vista.
Rimasi in quella posizione per un po', poi mi stufai e decisi di salire ai piani superiori per sentire qualche news da Kaito. Nel mentre che salivo lentamente i gradini, il portone che a mezza scalinata dava l'accesso all'intera sala, si aprì, scricchiolando sui cardini. Io, per istinto, portai la mano destra su Panthergaze e alzai gli occhi.
Non scorderò mai più quella scena: Kenji era davanti a me, sì proprio lui. Aveva i soliti capelli ricci e nerissimi, forse un po' più lunghi rispetto a quando l'avevo visto l'ultima volta, e i medesimi occhi, profondi e scuri anche quelli. I lineamenti del suo viso erano dolci e perfetti. La sua bellezza era rimasta inalterata, anche se era passato così tanto tempo e lui era un giovane uomo. Indossava una camicia bianca, che, slacciata in cima, metteva in risalto il suo corpo muscoloso e forte; sopra a quella vestiva una giacca nera, finemente lavorata; il tutto era completato da un paio di pantaloni neri e scarpe nere.
In quel momento non capii più niente. La vista mi si offuscò e , improvvisamente, mi sembrò che il tempo si fermasse e che anche la musica si fosse interrotta; l'unico rumore udibile erano i battiti del mio cuore, che mi risuonavano nelle orecchie. Mi ero completamente dimenticata della festa, della gente, della missione, di tutto: L'unico mio punto di riferimento era lui, in tutto il suo divino splendore. Persi quasi l'equilibrio e mi dovetti aggrappare per un attimo al corrimano. Lui, che inizialmente non mi aveva notata, spostò lentamente lo sguardo su di me. Mi squadrò da capo a piedi, e poi, indugiando sul mio viso, fissò i suoi occhi nei miei, provocandomi un brivido lungo la schiena. Sorrise, un sorriso strano,malizioso e allo stesso tempo glaciale. Poi, scese i gradini e, nel momento in cui mi passò accanto, accostando le sua labbra al mio orecchio destro, solleticandomi la pelle, sussurrò:
“Buona serata, Aya.”
Dopodiché continuò a scendere gli scalini e, senza più voltarsi, andò ad unirsi ai suoi compagni della Night Class. Quelle parole tornarono più e più volte alle mie orecchie come un'eco infinita, stravolgendomi completamente. Non riuscivo più a pensare o a fare alcunché, rimasi attaccata al corrimano, senza più essere capace di muovermi, mentre il brusio della sala e la musica tornavano a farsi sentire nelle mie orecchie, mentre riprendevo coscienza di dove mi trovavo. In quel frangente, Kaito, che doveva avermi notato, scese la scalinata e avvicinatosi, mi afferrò il braccio, scuotendomi.
“Aya! Che succede? Stai bene?”
Io, incapace di rispondere sulle prime, dissi di sì, che stavo bene, con un semplice cenno della testa, poi, aggiunsi:
“N-Niente. G-Grazie c-com-comunque!”
Kaito aggrottò le sopracciglia, per niente convinto della mia risposta.
“Chi hai visto? Kenji?”
Lo guardai fisso, con un'espressione dolente. Ormai ero diventata prevedibile.
Non risposi niente però, se non un semplice:
“Tutto a posto Kaito. Torna pure su!”
Forse ebbi poco tatto e fui un pochino brusca, è vero, ma in quella situazione la sua preoccupazione per me mi metteva leggermente a disagio: la verità è che non amavo mostrare la mia debolezza agli altri.
Scesi di nuovo in sala e mi avvicinai a Zero. Anche lui, come me, non notava niente di strano o di sospetto. Lanciai più volte delle rapide occhiate a Kenji. Parlava e scherzava con i suoi compagni, ma c'era qualcosa in lui che non mi convinceva: sembrava tutto così...artificioso, costruito oserei dire. Non saprei spiegare meglio a parole ciò che provavo, ma l'unica cosa che potrei dire è che quel ragazzo non me la diceva giusta.
Ad un certo punto, iniziarono le danze, mentre una dolce melodia di valzer si diffuse nell'aria. Con la coda dell'occhio notai Kenji dirigersi verso l'ampia scalinata e sparire oltre la soglia del portone. Che fosse andato via?
Forse, pensai, è meglio se lo spio da lontano, visto che la mia missione non consiste nel partecipare ad un'anonima quanto fastidiosa cena mondana.
Zero, che aveva tenuto gli occhi ben aperti, si mosse per andare dietro a Kenji, ma io gli afferrai il braccio destro con decisione:
“Zero...Voglio andare io”
Lui, seppur infastidito, annuì con un cenno del capo e, con un sospiro, tornò al suo posto, a vigilare la situazione.
Dopo averlo salutato con un cenno, salii anche io i gradini, alzando continuamente lo sguardo per la paura che potessi trovarmelo davanti come poco prima. Aprii il portone cigolante e una brezza estiva mi solleticò la pelle, provocandomi qualche brivido. Posai un piede sul prato del parco che circondava l'edificio e, sotto lo sguardo attento della luna e delle stelle, mi incamminai sul lastricato pietroso, mentre tenevo sempre presente davanti a me la lontana e nebulosa figura di Kenji.
Quest'ultimo, dopo aver indugiato qualche secondo, si diresse verso l'edificio che ospitava la Day Class.
Ma chissà che ci va a fare?
Con piccoli passi furtivi, mi nascosi dietro una quercia, ed osservai la situazione.
Kenji si era fermato davanti al portone che dava accesso al dormitorio e sembrava aspettare qualcuno.
Improvvisamente, dopo pochi secondi, una ragazza giovane comparì, subentrando dall'ombra. Aveva i capelli biondi come filigrane d'oro ed era vestita con una semplice veste da notte blu.
“Kenji!” soggiunse lei, con un velo di imbarazzo celato nella voce.
“ Shhhh...aspetta. Non è ancora il momento di parlare, perché vedi...qua c'è qualche ficcanaso di troppo!”
Un enorme masso sembrò opprimermi la gola e percepii vividamente l'adrenalina crescere.
Mi ha scoperto!
Pensai sul momento, ma non mi scomposi più di tanto. Nel mio lavoro capitano situazioni di questo genere e l'unica cosa da fare è mantenere la calma.
Quello che più mi sconvolse non fu il fatto che mi avesse intercettata, quanto il fatto che, senza il più flebile rumore, mi fosse apparso dietro, all'improvviso, poco dopo.
Mi accorsi di lui perché percepii il suo corpo caldo a contatto con la mia schiena e le sue labbra posate sui miei capelli.
“Ma guarda qui chi abbiamo: un Hunter! Aya, mi sorprendi!”
La sua voce melodiosa e suadente mi infastidì.
“Kenji togliti!” ruggii, senza nemmeno guardarlo in faccia.
“Oh, ma senti senti. E invece...si dà il caso che io voglia giocare un po' con te!”
Io non mi mossi di un centimetro, mentre la ragazzina della Day Class scappò via per la paura all'interno del suo dormitorio.
Finalmente Kenji si spostò ed iniziò a camminare lì intorno, quasi con fare riflessivo.
“Ti devo ringraziare, visto che mi hai fatto sfuggire la preda!”
Percepii chiaramente il sarcasmo insito nelle sue parole, ma non gli diedi spago.
Uscii dal mio nascondiglio e, illuminata dalla luce chiara della luna, mi avvicinai a lui. I suoi occhi erano inespressivi. Non so bene perché, ma mi salì la rabbia.
“E così ti piace bere il sangue dalle povere ragazze della Day Class? Non sai forse che in questo collegio è assolutamente vietato? O forse, te lo devo spiegare io?”
Tirai fuori Panthergaze e gliela puntai alla gola.
Per tutta risposta Kenji sorrise e allontanò dal suo collo la punta della mia spada.
“A me non me ne frega proprio niente delle vostre ridicole regole!”
Quel suo tono mi fece imbestialire.
“Mi stupisci, Kenji; non ti ricordavo così!” ringhiai io.
“Mh fammi indovinare...Ti hanno mandato qui solo per farmi una sciocca predica? ” Si mise a ridere, di gusto, e, poi, appoggiò la schiena alla quercia dietro la quale mi ero nascosta prima e, alzando lo sguardo, mi squadrò con un atteggiamento a dir poco strafottente.
Ne avevo veramente abbastanza di quell'impertinente e, a quel punto, dato che la diplomazia non aveva funzionato, mi decisi ad affrontarlo.
“Bene, che aspetti? IN GUARDIA!” Urlai io, brandendo la mia Panthergaze e correndo dalla sua parte. La cosa che mi sorprese è che lui non si mosse di un centimetro. Rimase appoggiato all'albero, nonostante lo stessi attaccando, peraltro con un'arma antivampiro, letale persino per un sangue puro. Quello che più mi infastidiva era quel sorrisetto sardonico che aveva sempre dipinto sulle labbra.
Ma non capii che guardarlo era l'ultima cosa che avrei dovuto fare. Ero come una mosca ingenua che rimane preda della trappola di un famelico ragno.
Notai quasi un debole movimento in quelle iridi scurissime , moto che divenne sempre più rapido e concentrico, come se dentro quegli occhi vi fosse un vortice senza fine che ti attraeva e che ti risucchiava via.
Improvvisamente sentii tutto il mio corpo rabbrividire, ma non si trattava di brividi di freddo, quanto di...paura.
Ecco, paura è la parola giusta, esemplifica perfettamente il mio stato d'animo di allora. La paura, un meccanismo che ti distrugge, che inibisce ogni tuo movimento, che annichila ogni tua azione. E, in effetti, mi fermai, ad un centimetro dal suo volto, mentre la spada mi cadeva a terra, quasi impercettibilmente. Si, perché io ero prigioniera di quegli occhi. Lui, Kenji, mi stava ammaestrando come un burattino.
“ Che succede, Aya?” Chiese lui,assottigliando gli occhi, diventando improvvisamente serio.
“Che...Che razza di sortilegio mi hai fatto, brutto BASTARDOOOOOOOOO??!!!” urlai io, continuando a fissarlo negli occhi, senza poter fare nient'altro. La mia forza di volontà , purtroppo, non esisteva più. Tremavo, tremavo come una bambina impaurita , perché il timore, mai così concreto e palpabile, mi aveva incatenato, completamente.
“Io..non ho fatto niente..” sorrise lui, quasi come se fosse una cosa ovvia.
“Non fare il finto tonto! Tu mi hai stregato!”
“Sei tu che mi hai attaccato per prima e così ne paghi le conseguenze, no?”
“Brutto Stronzooooooooo” Strinsi gli occhi per cercare di liberarmi di quell'arcano e misterioso panico che mi impediva persino di ragionare razionalmente per cercare una soluzione.
“Tsk! Pare che un altro piccolo insetto voglia giocare con me!”
Quel commento mi fece rabbrividire; avrei voluto girare la testa per vedere chi era che si stava avvicinando, ma, essendo completamente immobilizzata, lo vidi dal riflesso dei suoi occhi: Zero.
“NOOOO! ZERO SCAPPAAAA!” gridai io, sperando che il mio compagno mi sentisse.
“Oh, ma che carina, ti preoccupi per il tuo amichetto eh?” disse ridendo, accarezzandomi con la mano destra la guancia.
Avrei voluto staccargli quella mano a morsi, per la rabbia che covavo, ma, così ridotta, ero del tutto impotente.
“Ehi tu, allontana quelle luride mani da Aya!” sentii ringhiare dietro di me, mentre, con la coda dell'occhio, riuscii a vedere la canna della Bloody Rose.
“Anche tu con quelle inutili armi anti vampiro, eh? Bene, bene..”
Sorrise, capii che stava per metter in atto quella sua terribile tattica, ed urlai:
“ZERO, NON GUARDARLO NEGLI OCCHI!”
Ma era troppo tardi. Con la coda dell'occhio notai Zero incominciare a barcollare, mentre la sua mascella si contraeva e dei piccoli rivoli di sudore solcavano la sua fronte.
“Ditemi, Hunter: conoscete la paura?” sibilò il moro, sorridendo.
“C-Cosa sta succedendo?” Zero sembrava totalmente sbigottito e attonito.
“Zero, ti ha stregato!” gli dissi io, al limite della sopportazione.
“V- Vedo...delle cose mostruose..è..è..terribile!” Il guardiano si prese il volto tra le mani e incominciò a scuotere la testa, facendomi preoccupare per la sua incolumità. Verosimilmente il potere di Kenji aveva un effetto diverso sulle persone, a seconda della loro forza psicologica.
Non sapevo veramente cosa fare e temetti che sarebbe finita male. Fu un vero sollievo sentire la voce suadente e perentoria di Kaname, poco dopo.
“Kenji Fujioka, ti ingiungo di smetterla e di lasciar andare via quegli Hunter.”
Kenji divenne improvvisamente serio, le sue iridi si fecero più trasparenti e limpide, e, cosa che mi impressionò abbastanza, rispose con cortesia, mite come un agnellino.
“Si, Kaname! Perdona la mia impudenza!”
Prima di andarsene mi si avvicinò e, sebbene io stessi brandendo Panthergaze, osò sussurrarmi:
“Spero che questa lezione ti sia servita, carota: ti consiglio di non mettermi più i bastoni tra le ruote, intesi?”
Poi, senza aggiungere altro, se ne andò, dirigendosi verso il dormitorio Luna.
Mi voltai, ancora mezzo intontita, verso Zero. Era ancora lì, in piedi, in preda al terrore. Lui che era sempre così sicuro di sé...faceva davvero effetto vederlo in quello stato.
“Tutto a posto?” sopraggiunse Kaname, avvicinandosi. “Sono davvero dispiaciuto per ciò che è accaduto...Ultimamente quella testa calda ne sta combinando una dopo l'altra.”
“Perché non l'avete ancora estromesso dalla scuola?” domandai allora io, con una punta di collera. Se fossero stati più attenti tutto questo non sarebbe mai successo, ma forse, in fondo, parte della colpa era anche da demandare alla nostra incapacità.
“ Prenderò presto provvedimenti al riguardo. Nel giro di qualche giorno lo sbatterò fuori.”
Il tono tranquillo della sua voce e il modo in cui sembrava aver quasi voluto finire il discorso in fretta mi lasciarono interdetta: quel Kuran non mi convinceva per niente.
Poco dopo lui se ne tornò alla festa e io, dopo averlo ringraziato per averci salvato la vita, tornai da Zero, che sembrava ancora preda del potere di Kenji.
“Zer..” lo interpellai, toccandogli leggermente il braccio.
“ Niente, non c'è niente, assolutamente niente.”
Cercò di calmarsi e si scostò da me, per procedere in direzione dormitorio Sole, mezzo barcollante.
“ZERO, ASPETTA! Lascia che ti accompagni!” lo scortai e, sorreggendolo appena, lo portai su per le scale fino in camera sua, nonostante i suoi borbottii. Dopo essermi assicurata che stesse meglio me ne tornai a casa. Quando mi coricai ero stanchissima ed esausta e mi addormentai in pochissimo tempo; sognai e i miei sogni furono funestati dall'immagine di quegli occhi, neri e profondi: gli occhi di Kenji Fujioka.
Angolo di Asterion
Ciao a tutti cari lettori!
Rieccomi qui a pubblicare un altro capitolo della storia!
Come avete potuto appurare leggendo, le vicende hanno preso l'avvio proprio con questo aggiornamento!
Cosa farà adesso Aya? Darà la caccia a Kenji o no? E Zero riuscirà a liberarsi delle proprie paure? Lo scoprirete nel corso della fanfiction :D
Ringrazio immensamente tutti coloro che leggono/recensiscono/ seguono e, soprattutto, Chrysanthemum che non manca mai all'appello! <3
Kisses and Hugs
Asterion
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