love is mad

di artemisia reight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le Origini ***
Capitolo 2: *** Non tutti gli sfigati restano tali ***
Capitolo 3: *** Ansia ***
Capitolo 4: *** Biglietti e fango ***
Capitolo 5: *** L'incontro ***
Capitolo 6: *** Bacio ***
Capitolo 7: *** Piccola ***
Capitolo 8: *** Rissa ***
Capitolo 9: *** Mamma?! ***
Capitolo 10: *** Livido ***
Capitolo 11: *** Non possiamo più stare insieme... ***
Capitolo 12: *** Io so essere dolce ***
Capitolo 13: *** Un'amica e una nemica in più ***
Capitolo 14: *** Ma io ti amo! ***
Capitolo 15: *** Ti conosco meglio di quanto tu creda ***
Capitolo 16: *** Le hai fatto venire un livido! ***
Capitolo 17: *** Nessuno può salvarmi... ***
Capitolo 18: *** Ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Le Origini ***


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Un anno fa.

 

 

Rovescio il vassoio a quello sfigato di Alex e rido come una matta per la sua faccia rassegnata. "Fai bene a rassegnarti, sfigato" gli urlo dietro "Fai così schifo che neanche il vassoio vuole averti vicino!" batto distrattamente il cinque ad un ragazzo della squadra di football e prendo posto, tutta sola, ad uno dei tavoli più ambiti della mensa. Non ho un ruolo vero e proprio. O, per meglio dire, un'etichetta. Avete capito di cosa sto parlando no? Parlo delle etichette che ogni ragazzo ha al liceo. Ci sono i sfigati, i bulli, i giocatori, le cheerlader, i nerd, e così via. Ma io sono solo.....io. Faccio quello che mi va di fare, anche se si tratta di rovesciare il vassoio a chi mi sta antipatico, senza dovermi aggregare ad una qualche specie di gruppetto. Io sono così, preferisco stare da sola e non faccio le cose "perché fa figo" ma perché ho voglia di farle. C'è comunque da dire che i più IN della scuola mi rispettano e, addirittura, vogliono fare amicizia con me, ma hanno ben chiaro che io non tengo conto di queste cose. Per questo, se qualcuno viene picchiato o è vittima di qualcosa, io non vengo mai incolpata, anche se la maggior parte delle volte è colpa mia. Ma torniamo a noi. Alex Pettyfer, la persona a cui ho appena rovesciato il vassoio, è uno sfigato totale. Odio il modo in cui sembra sempre inadatto alle situazioni e odio il suo grattarsi la testa per evitare di dover rispondere subito ad una domanda. Questo gesto, lo ammetto, mette in evidenza le sue spalle muscolose, ma lui le nasconde sempre in larghi maglioni fatti a mano e questo è uno dei tanti motivi per cui preferirei essere vicina di banco ad uno scorpione, piuttosto che a lui. Ovviamente la sorte è ironica a volte, quindi mi ritrovo a dover sopportare il suo muoversi goffamente per tutta l'ora di chimica, dato che è seduto vicino a me. "Incapace" lo chiamo schioccando le dita davanti al suo sguardo vuoto che punta fuori dalla finestra "Vedi di farmi prendere un bel voto, questa volta, perché mi manca solo un altro cinque e comincerò ad usare i coltelli per tagliarmi le vene invece che il cioccolato!" sono brava in tutte le materie, un altro elemento per cui non potrei far parte degli strafighi, ma la chimica per me è come l'arabo. Anche lui è molto bravo, però la volta scorsa ha risposto ad una domanda invece che suggerire a me la risposta ed io ho verniciato la sua macchina con orride sfumature verdi e marroni per ricordargli che sono IO quella che deve prendere un bel voto, non lui. Si limita a fare un cenno con la testa ed io gli monto su un piede "E parla un pò, che sembri morto!" gli grido sentendo la risata gracchiante della capo cheerlader che incita "Vai Arty, fagli vedere chi comanda!" io alzo gli occhi al cielo e mi siedo al mio posto. Ah, quasi dimenticavo. I miei genitori non avevano nulla di meglio da fare che umiliare la loro unica figlia a vita affibbiandole un nome degno di un pony rosa con l'arcobaleno sul sedere. Così mi chiamo Artemisia.

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Capitolo 2
*** Non tutti gli sfigati restano tali ***


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Ora.

 
 
 

Saluto i miei compagni come tutti gli anni e senza un minimo di entusiasmo, controllando di tanto in tanto se il mio fidanzato mi ha mandato qualche messaggio. Eh già, mi sono fidanzata. Si chiama Taylor ed è perfetto. Non perfetto per modo di dire, DAVVERO perfetto. E' bello, muscoloso, divertente, intelligente e molto romantico. Ci siamo conosciuti in spiaggia e lui ha cominciato a mandarmi rose nella camera del hotel finché non ci siamo messi insieme. Abitiamo in città diverse ma non troppo lontano. Mi ha assicurato che verrà a trovarmi appena possibile e che non riuscirà a vivere senza di me per tutto questo tempo. Per me amare è una parola molto importante, di quelle che si dicono ad una sola persona per tutta la vita. Ma Taylor è così dolce che credo di amarlo. Uno squillo mi riporta alla realtà, ed ecco il messaggio tanto atteso:

 

" Mi manchi da morire, non riesco a non pensare a te. Vorrei tanto fossi qui.... Comunque giuro che appena posso vengo a trovarti, non vedo l'ora! Divertiti il primo giorno di scuola, io ci proverò ma so già che fallirò.......non posso divertirmi senza te!"

 
 
 

Sorrido compiaciuta, il giusto inizio anno! "Ed ecco a voi lo sfigato dell'anno! Oh, e anche dell'altro anno e di quello prima ancora e di quello prima ancora! Ci mancavi Alex!" una cheerlader fa un finto saluto caloroso alla macchina che prende l'ultimo posto libero nel parcheggio della scuola. E' la solita Alfa del '67 grigio topo, con graffi ripetuti per provare a togliere la vernice che ci spruzzavo praticamente una volta alla settimana. Non è cambiato nulla, tranne colui che è dentro la macchina. Dei capelli ribelli ma perfetti scendono soavi su un viso diverso, più grande, più consapevole, più.....cattivo. Una barba scura ma delicata adorna la sua mascella appuntita. La camicia bianca è sbottonata quel poco che basta per intravedere dei muscoli scolpiti e delle braccia forti. Si guarda intorno, non più spaesato ma tranquillo e sicuro, prima di lanciarmi un'occhiata che mi provoca un tuffo al cuore. Per un attimo la gambe mi cedono e solo la macchina a cui sono appoggiata mi salva da una figuraccia colossale. "Alex Pettyfer?" gli chiede Brad, un belloccio senza cervello della squadra di football, indicandolo con un dito tremante e lo sguardo interdetto. "Sì?" domanda a sua volta lui, come se fosse scontata una trasformazione del genere. Alla fine, sotto l'incredulità dell'intera scuola, gli da una spinta sulla spalla che lo fa quasi cadere a terra e si incammina verso l'entrata proprio mentre la prima campanella dell'anno inizia a trillare. 

 

In pochi giorni, Alex diventa il bullo-strafigo più famoso della scuola e chiunque vuole mettersi con lui. Sembra che tutti abbiano dimenticato tutte le volte in cui lo hanno vittimizzato con spinte, calci o cazzotti o anche solo con qualche battuta.Ora è lui quello che rovescia i vassoi, getta a terra i quaderni di chi si siede ad un posto che a lui piace e picchia gli sfigati. Io, personalmente, penso solo alla reazione che ho avuto quando lui mi ha guardato. E' stata l'unica volta che l'ha fatto, ma non avevo mai provato nulla del genere. Ricordo ancora come mi sono sentita, il suo sguardo mi ha rapito, emozionato, ma anche spaventato, inquietato. Il solo pensarci mi fa venire i brividi e lo incontro così spesso nei corridoi o nelle aule che non riesco a concentrarmi su altro. Il fatto che mi ignori mi fa credere che non gli importi più di me. Forse si è dimenticato quello che gli ho fatto, o forse il suo intento è proprio quello di dimenticare. Per quanto venire ignorata per la prima volta nella mia vita mi irriti, una parte di me spera che sia così, perché vedendo quel ragazzo con le spalle alte e il mento all'insù mi pento quasi del mio comportamento degli anni passati. L'altra parte di me, però, quella più coerente, sa che non può essere così. Che Alex non può aver dimenticato in un attimo tutto quello che gli ho fatto passare. E' più che altro questo a farmi chiedere: come ha intenzione di prendere la cosa? Vorrei addirittura chiedergli scusa, ma so che non posso farlo e per di più, se lui non ha intenzione di parlarmi, potete star certi che non sarò io a comunicare. Il vero problema si presenta a chimica. Il professore non cambia i posti per tutti e cinque gli anni perché crede che se abbiamo problemi a fare amicizie questo è il miglior metodo per stringerne una duratura. Oltretutto, vedendomi perennemente sola, mi considera da sempre uno dei casi che ha più bisogno di aiuto e per questo respinge subito la mia richiesta di cambiare banco con la scusa che "Non vedo molto con la luce della lampada che sovrasta il primo banco e seguirei meglio un pò più in fondo." Il risultato è che entrambi, ossia io ed Alex, veniamo spediti all'ultimo banco, posto che da la privacy sufficiente da impedirmi di fingere di seguire attentamente la lezione invece che evitare spudoratamente lo sguardo di Pettyfer. Di solito, chi è all'ultimo banco gioca a carte, messaggia o chiacchiera con il vicino di fatti totalmente non inerenti alla lezione che si sta svolgendo un pò di metri più in la. Questo non è proprio ciò che fa al caso mio. Per un pò giocherello con le penne e disegno sul banco un fiore dalle origini dubbie che viene poi adornato dalla mia mano incerta fino a diventare parte integrante di un prato fiorito e con tanto di sole. "Wow" commenta Alex accennando alla mia opera d'arte un pò decadente. Senza pensare al fatto che è la prima parola che mi rivolge di sua spontanea volontà da quando ci siamo conosciuti, inarco un sopracciglio e lo guardo interdetta. "Dici sul serio?" gli chiedo, mentre la voce mi si spezza alla fine seguendo a ruota la consapevolezza che si fa strada dentro di me: sto parlando con LUI, e non mi sembra arrabbiato. "bhè" mi risponde fissandomi proprio negli occhi, in un modo che mi costringe a distogliere le sguardo "E' un pò strana, ma è sinonimo di grande personalità. E poi si vede che c'è dietro una mano esperta." continua a fissarmi. Me ne accorgo solo quando provo ad alzare lo sguardo e questo mi fa decidere a concentrarmi sulla lavagna, almeno con gli occhi. Caccio fuori una risatina svogliata mentre in me cresce la tensione e, sussurrando un veloce "Scusami un attimo", chiedo al professore di andare in bagno. Nel corridoio non c'è nessuno perché a quest'ora sono tutti a lezione, così, non appena fuori dall'aula, mi addosso al muro e chiudo gli occhi, riordinando i pensieri. Perché ero così incerta mentre parlavo con lui? Non era semplicemente perché non ero abituata o mi faceva strano. No. C'era qualcosa di più. Nei suoi occhi leggevo fame di vendetta. Mi convinco di aver immaginato tutto e a tornare in classe quando sento la porta della nostra aula aprirsi e richiudersi. Un brivido improvviso mi attraversa la schiena, ma non ne capisco il motivo. Alex avanza verso di me con passo sicuro ed uno sguardo che non gli ho mai visto. Mi sovrasta con la sua stazza e mi tira i capelli verso il basso costringendomi ad alzare il volto e guardare quegli occhi che tanto mi incutono terrore. "Non avrai mica pensato di passarla liscia così, vero?" mi sputa le parole in faccia "Quello che mi hai fatto per tutti questi anni è stato orribile, ma puoi starne certa, quello che ti farò io sarà molto peggio" il dolore alla cute e le sue parole pronunciate con disprezzo mi fanno salire le lacrime agli occhi e lo supplico di lasciarmi andare. "E non piangere" mi da uno schiaffo in pieno viso "Non ne hai ancora motivo!". Così dicendo mi lascia andare e mi fa un cenno verso la porta. "Dopo di lei" mi dice indicandola e facendo un inchino. Io entro reprimendo le lacrime e fingo che sia tutto normale e dopo un paio di minuti anche lui rientra il aula, sorridente e radioso come se nulla fosse successo. "Ed ora, ragazzi, progetterete un piccolo modello di hovercraft tutto da soli!" annuncia il professore tutto contento. "Che bello!" esclama Alex compiaciuto "Ho sempre amato la loro struttura!" e cosi i due cominciano a conversare sui vari modelli ed io mi convinco che tutto è come prima. Anche se in cuor mio so che nulla lo sarà più.

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Capitolo 3
*** Ansia ***


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E' domenica, sono passati due giorni da quando Alex mi ha scioccata in quel modo in corridoio, ma ancora non riesco a togliermi dalla testa le sue parole e dal corpo i brividi. Il cellulare squilla a vuoto un paio di volte prima che mi decida a rispondere. "Ehi!" è Amber, una mia 'amica'. Frequentiamo praticamente tutti i corsi insieme e per questo è stato inevitabile cominciare a conversare, anche se da parte mia ci è voluto un pò prima di ricambiare. Lei è molto bella, bionda e con gli occhi verde prato ed fa un bell'effetto vederla vicino a me, mora e con gli occhi azzurro cielo... è un bel contrasto! Per fortuna lei non è una cheerlader, ma è comunque molto richiesta dai ragazzi della nostra scuola. "Non puoi rimanere a casa anche oggi, te lo proibisco!" grida dall'altro capo del telefono. Ribatto per un pò, ma alla fine riesce a convincermi e prendiamo appuntamento per una passeggiata lungo Central Park. Quasi mi addormento su una panchina mentre la aspetto, però, quando arriva, porta con se una ventata di vitalità che mi tira subito su il morale. Comincia a chiacchierare e spettegolare del più e del meno finché i miei timpani e la sua gola non raggiungono entrambi lo stremo. A quel punto decidiamo di prenderci un gelato ed io la lascio andare verso il banco che li vende per concedermi un attimo di tempo da dedicare al mio ragazzo, che non so mai quando potrò risentire. Lo chiamo impaziente e risponde al primo squillo. "Mi sei mancato così tanto" mormoro "anche tu, non sai quanto" mi risponde e continuiamo a lamentarci di quanto ci siamo sentiti soli fin quando lui non dice che verrà a trovarmi tra un paio di settimane, massimo tre. Trattengo a stento un urlo di eccitazione mentre conto i giorni che ci separano, ma lui mi avvisa triste che deve correre a studiare. Ci salutiamo per almeno cinque minuti e nel frattempo mi viene in mente che Amber non avrebbe potuto metterci tanto tempo neanche se la fila per il gelato fosse stata lunga un chilometro. Arriva proprio in quel momento ed il suo sorriso radioso mi mette subito in allarme. "Indovina che ho incontrato al chiosco dei gelati?" mi domanda saltellando "Alex Pettyfer, quello strafigo!" sentire il suo nome mi stringe lo stomaco in una morsa ma mi costringo a sorridere. "Cosa ti ha detto?" domando a mia volta fingendo felicità. "Okay, però potresti sentirti male!" trilla tutta contenta. 'Tanto peggio di così' penso, mantenendo però il sorriso. "Mi ha chiesto il tuo numero!" grida finalmente, potendo esprimere tutta la sua gioia. Ho un tuffo al cuore. "E tu gliel' hai dato?" domando ansiosa, anche se per un motivo diverso da quello che crede lei. "Ma certo che gliel'ho dato! Sì, sono un pò invidiosa ma sono tua amica, credevi che, dato che è così bello, io lo volessi tutto per me e non aiutassi una mia amica? Tesoro, io farei di tutto per te, non lo dimenticare!" dice abbracciandomi. Il terrore mi pervade ma mi convinco a rimanere calma finché non sarò tornata a casa, almeno finché non lo vedo. E' seduto su una panchina, di fronte a noi e, anche se lontano, riesco a scorgere il ghigno perfido che gli solca le labbra. L'ennesimo brivido mi travolge e gli volto le spalle appena in tempo per non scoppiare a piangere.






Spazio autrice (?) :

ok, ok, lo so, faccio schifo....... :-( Però devo dire che mi sto impegnando abbastanza in questa storia e considerando che è la prima che scrivo direi che mi posso accontentare... comunque, anche se non pretendo nulla, sarebbe carino ricevere qualche recensione, almeno per sapere cosa pensa il resto del mondo della mia misera storiella...... sigh, sigh, fate la carità! :-((((
 

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Capitolo 4
*** Biglietti e fango ***


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E' lunedì e la mia paura arriva alle stelle. Ho controllato il cellulare ogni due minuti temendo qualche messaggio o chiamata da parte di Alex e, vizio che non sopporto, mi guardo alle spalle con una frequenza che ha fatto preoccupare i miei. I miei genitori non mi seguono molto, ma questo non mi fa soffrire, anzi, mi ha fatto acquistare indipendenza. Le poche volte che mi vedono divento impenetrabile come una statua di cera e fingo che tutto vada bene anche se qualcosa mi preoccupa. Questa volta però, si sono accorti subito che qualcosa non andava e questo mi ha fatto pensare.... sicuramente, per essersene accorti loro, tutti a scuola si renderanno conto che sono cambiata e non voglio che Lui capisca che mi fa paura. Per questo ho convinto i miei che non avevo nessuna preoccupazione in mente e ho passato più di due ore allo specchio per riuscire a nascondere del tutto gli atteggiamenti che facevano trapelare pensieri che non volevo gli altri sapessero. Ora sono pronta, o almeno così spero, ad affrontare il mio liceo e coloro che lo frequentano. La prima che incontro, purtroppo, è Amber e, ovviamente, la prima che cosa che mi chiede è:"Allora, ti ha già chiamato?". "Assolutamente no!" quasi le grido prima di ricordarmi la mia nuova regola sull'autocontrollo, ossia di non urlare mai in pubblico. "Bhè, avrà pensato che fosse meglio aspettare perché non sa se ti interessa. Devi fargli capire che ti piace!" esclama come se avesse risolto un enigma impossibile. "Ma possibile che non ti ricordi tutto ciò che gli ho fatto? Non ricordi quante volte l'ho trattato da stupido e l'ho umiliato e quante volte tutti noi lo abbiamo trattato da nullità?" sbraito "Possibile che hanno tutti dimenticato gli anni passati solo perché si è messo un pò di gel tra i capelli?" e addio alla regola dell'autocontrollo... Solo dopo mi rendo conto di chi ho intorno. L'intera scuola mi sta fissando e si vede che ognuno di loro ha interrotto ciò che stava facendo per godersi lo spettacolo della matta che sclera. Non provo vergogna, non mi è mai capitato in tutta la vita, ma non voglio che tutta la scuola sappia ciò che penso di lui o anche solo che ci penso. Cerco di trovare uno spazio tra la folla per sgattaiolare via prima che si rendano conto di ciò che è successo. Ed eccolo lì. Mi fissa con uno sguardo indecifrabile. Solo dopo capisco che la sua espressione è soddisfatta. Le labbra sono leggermente piegate all'insù e gli occhi sono così intensi da farmi decidere una volta per tutte ad andarmene da quella situazione imbarazzante.


 

Mi rifugio in bagno cercando un modo per uscirne ed affrontare il resto del mondo dopo la figuraccia appena fatta. Cerco di far mente locale sulla situazione, ricordando ciò che è successo e sperando che in pochi abbiano capito a chi mi riferivo. Realizzo che tutti sanno che parlavo di Alex perché lui è il protagonista di praticamente tutti i discorsi che si fanno a scuola in questo periodo. Un rumore di passi interrompe i miei pensieri. Socchiudo la porta per vedere senza essere vista e scorgo un'Amber trafelata che mi cerca per consolarmi. Sta per raggiungere la porta, così faccio per aprirla e farla entrare, ma il rumore di altri passi interrompe entrambe. Alex, slanciato e con un velo di sudore che lascia pensare che si sia preoccupato per me e sia corso a cercarmi, chiede ad Amber se sono nel bagno e quanto lei glielo conferma la prende delicatamente per un braccio e mormora un dolce: "Ci penso io". Lei lo guarda ammirata dal suo cuore tenero ed annuisce sorridendo per la sua amica così fortunata da avere un ragazzo che la consola quando fa una figuraccia. Io, nel frattempo, tento di scappare, ma lui fa andare via Amber e blocca la porta in meno di un secondo, impedendomi di muovermi. Entra nel bagno e mi blocca le spalle al muro, tenendomi per un braccio. "Sta a sentire" dice tranquillo "Qui tutti pensano che io abbia una cotta per te, quindi facciamoglielo pensare". Lo guardo senza capire e la sua stretta si fa più forte. "Devi solo accettare quello che faccio in pubblico come una ragazza che viene corteggiata" spiega scrollando le spalle. Per come parla, sembra mi stia spiegando un problema di algebra, ma il livido che mi si sta formando sul braccio dice il contrario. "Ah, dimenticavo." dice infine "per quanto sia stata d' effetto per la nostra finta storia d'amore, non provare mai più a fare sparate così davanti a tutti!" Probabilmente il mio viso chiede spiegazioni perché ammette: "Un sacco di ragazzi ti guardavano e mi ha dato fastidio..." detto così mi volta le spalle e se ne va. Io ci metto un pò a riprendermi da questi suoi scatti di ira improvvisi ma sono decisa a non far trapelare ciò che succede tra me e lui al resto della scuola, anche perché ho paura di scoprire cosa mi farebbe se qualcuno scoprisse la sua fame di vendetta nel miei confronti.  

 

 

"Oggi faremo un esercizio semplice semplice ma che vi impegnerà per l'intera ora, così da permettermi di riposare" come ha detto il professore, non facciamo quasi nulla per venti minuti ed io comincio ad annoiarmi. Mi guardo intorno assonnata e riconosco Felicity, una cheerleader, che mi saluta con le sue unghie smaltate e mi fa cenno verso Alex. Mi chiede a gesti se stiamo insieme ed io scuoto la testa sorpresa. Un attimo dopo mi viene in mente che forse avrei dovuto dire di sì, ma il pollice alzato di Alex a due banchi di distanza mi fa rilassare. Felicity ritorna delusa a guardare verso il suo quaderno ed io mi volto verso il mio. Philiph, un ragazzo riservato e poco attivo, mi passa un biglietto e per un attimo credo che sia da parte sua, ma quando leggo cosa c'è scritto: "Ti aspetto sotto casa" realizzo che è stato Lui a mandarmelo. Il solito brivido segue i miei movimenti e mi giro a guardarlo. Mi fa l'occhiolino ed indica il biglietto come se fosse una qualche specie di lettera romantica. Quasi tutti, mi correggo, tutti, mi fissano con occhi sognanti, ammirando un gesto così dolce ed invidiandomi perché è rivolto a me. Io faccio una risatina lusingata e devo dire che recito davvero bene, perché Lui sorride e so che non lo sta facendo per recitare ma perché vuole farmi capire che ho avuto la reazione giusta. 

 

Quando esco da scuola fatico a riconoscere la mia macchina e alla fine ci riesco solo perché raggiungo il parcheggio in cui l'ho lasciata questa mattina. Solo che quella lì non è la mia macchina. La mia macchina è bella, splendente e brilla di luce propria. La macchina che è parcheggiata davanti ai miei occhi è verniciata di colori scuri e che ricordano le sfumature del fango. Lancio un piccolo gemito di dolore e mi precipito sulla carrozzeria per tentare di togliere la vernice a spruzzo che usavo così tanto sulla Sua macchina da conoscere a memoria. Oh no, la Sua macchina. In un attimo capisco il significato di questo gesto. Significa: "Ora sei tu la vittima, e in più devi anche fingere che vada tutto bene." Le lacrime mi salgono agli occhi per l'ennesima volta e mi copro il viso con il giubbotto per non mostrare la mia debolezza. "Che cattiveria certa gente!" dicono tra loro varie cheerleader insieme ai loro fidanzati della squadra di football scuotendo la testa "prendersela con lei solo perché piace al più bello della scuola!". 'E bravo Alex' penso 'sei riuscito a far passare anche questo gesto per una cosa scontata e solo io e te sappiamo che cosa vuol dire davvero'. Mi complimento mentalmente con Lui per la sua furbizia e mi accorgo che il fatto di condividere un segreto solo con lui mi fa sentire speciale, ma mi rendo conto che tutto ciò è un'idiozia e reprimo il pensiero. Lo scorgo mentre parla con una ragazza, Cindy, che è sempre stata così bella da poter comandare a bacchetta tutti i maschi della nostra scuola. Indossa una minigonna rosa così corta da non lasciare spazio all'immaginazione e sbatte le palpebre ripetutamente. Di solito questo atteggiamento fa letteralmente cadere i ragazzi tra le sue braccia, ma Alex, di tanto in tanto, guarda verso di me come se non vedesse l'ora di essere lasciato in pace per potermi raggiungere. Brutta mossa Alex, non si rifiuta così una come Cindy... Lei se ne accorge, diventa tutta rossa in viso, scappa via senza aggiungere altro e riesco a vederla poco più in là mentre singhiozza sulla spalla di un'amica. Non è abituata ad essere ignorata così. Lui pare proprio essersi liberato di un peso e si dirige a grandi passi verso di me. "Hai visto?" mi domanda senza accennare a nulla in particolare, anche se capisco di cosa sta parlando. "Ti ricordi quante volte eri tu a verniciare la mia?" io abbasso lo sguardo ma vedo le sue spalle irrigidirsi per quel gesto. E' arrabbiato ma non può farlo vedere. "Ridi come se avessi detto qualcosa di divertente!" mi ordina in modo brusco. Io ridacchio in un modo simile a quando ho ricevuto il bigliettino, ma fortunatamente funziona. "Allora.......a dopo" dice come se mi avesse appena chiesto un appuntamento "A dopo" mormoro imbarazzata come se avessi appena accettato. Mi sento ridicola a recitare così, perché so che con quel 'a dopo' si riferisce al biglietto. Mi aspetta sotto casa. Ho paura e non vorrei tornare, ma semplicemente non potrei fare una cosa del genere perché i miei si preoccuperebbero e Lui si arrabbierebbe ancora di più. Così lo saluto e salgo sulla mia nuova macchina marrone fango.





Spazio Autrice:

perchè non recensite???????????????????? sigh sigh. Comunque se vi va mi farebbe piacere sentire il vostro parere su una cosa: non descrivo molto l'aspetto e il modo di vestire di Artemisia (protagonista -.-) perché vorrei che ognuno la immaginasse come meglio crede, per fare immedesimare chiunque nella storia. Ma secondo voi dovrei decidere io e quindi descriverla di più??? grazie a chi risponde! =))
 

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Capitolo 5
*** L'incontro ***


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Tornare a casa è un'agonia. Mi vergogno per le condizioni della mia macchina e per di più non voglio arrivare. So chi mi aspetta lì ed ho paura, ho paura più di quanta ne abbia mai avuta in tutta la mia vita. La figura nitida della mia villetta mi si staglia davanti agli occhi troppo presto ed io non so cosa fare. Mi costringo a mantenere la calma, nonostante il tremore delle mani e faccio molti respiri profondi in rapida successione. Risalgo lentamente la montagnola sulla cui punta è situata la mia casa e parcheggio l'auto proprio di fronte all'entrata per averla vicino in caso dovessi scappare. Ovviamente, i miei genitori sono in vacanza da qualche parte a me sconosciuta, quindi mi ritrovo tutta sola, in un paesaggio sperduto, con Lui. Il cellulare qui non prende, tanto per aggiungere qualcos'altro alla lista di cose a mio sfavore. Immagino riusciate a comprendere la mia ansia in questo momento. Scorgo quasi immediatamente la Sua macchina che, per la prima volta, assomiglia un pò alla mia per i rimasugli di vernice. Ironia della sorte. Lo cerco nei dintorni del mio giardino ma non lo trovo da nessuna parte e alla fine mi decido ad entrare. Faccio per estrarre la chiave del portone, ma mi rendo conto che la porta è già aperta. Entro sospetta e mi guardo intorno per capire chi sia entrato. I miei sono tornati prima? Improbabile. Spendono il minor tempo possibile con me, quindi approfittano di ogni momento. Allora.... che sia lui? Mi chiedo come abbia fatto ad entrare. Eccolo. E' comodamente spaparanzato sul MIO divano e guarda la MIA tv come se fosse casa sua. Appena mi vede si alza e spegne la televisione nello stesso momento, sorridendomi. "Finalmente!" esclama ed io mi chiedo per quanto tempo sia stato in casa mia. "Siediti" mi indica il divano ma io scelgo la poltrona e lui alza le spalle. Perché cavolo mi sta dicendo cosa devo fare? Questa è casa mia! "Preferisco stare in piedi" dico alzandomi di scatto. "Artemisia!" la sua voce si fa irritata e quasi urla il mio nome "Ho detto siediti" ripete un po' alterato. Io mi risiedo spaventata e lui si rilassa sul divano. "Cosa c'è?" azzardo a chiedere. Lui ride per una battuta fatta alla tv, che ha riacceso, e che io non ho colto per la troppa tensione. Si volta a guardarmi come se si fosse appena accorto che sono lì. "Non lo sai?" domanda a sua volta, stupito. Io lo guardo sconcertata, non capendo di cosa parli. "Non hai idea di cosa voglia dirti?" è incredulo. "....che ti vuoi vendicare?" provo. Scuote la testa ed io mi sento stupida per non riuscire a capire a cosa si riferisce. "In tutti questi anni. Non ti sei mai accorta di nulla?" continua a farmi domande di cui non so la risposta. Se ne accorge e si sistema meglio sul divano. Spegne per l'ennesima volta la tv e questa volta mi guarda negli occhi. Fa un respiro profondo, come se fosse teso, e comincia: "Per tutti questi anni tu mi hai maltrattato ed io non ho mai provato a difendermi. Avrei potuto farlo! Certo che avrei potuto! Non sei certo più forte di me!" ora mi grida contro "C'era un motivo se non ribattevo! E ora vengo a scoprire che non solo non ti interessava, non te ne sei neanche mai accorta!" Mi viene da piangere ma non so perché. Non pensavo mi aggredisse così, anche perché non capisco di cosa non mi sono resa conto. Mi è sfuggito qualcosa e, evidentemente, era qualcosa di importante. "Alex, di cosa stai parlando?" quasi lo supplico di fornirmi risposte invece che continuare a farmi domande. "Artemisia!" grida "Io ti amo!". Mi copro la bocca con le mani per la sorpresa. Questo proprio non me lo aspettavo. Come potevo immaginare che gli piacessi dopo tutto quello che gli ho fatto? "Io......io non ne avevo idea...." mormoro shockata "m....mi dispiace...." tento di chiedergli scusa, ma so che non è così semplice, non dopo tutto quello che gli ho fatto. Non sono stata crudele, sono stata spietata. Ma la cosa peggiore è che non volevo. Se solo lo avessi saputo prima, le cose sarebbero andate diversamente.........molto diversamente. "Se lo avessi saputo io....." "Cosa?" mi interrompe "...non ti avrei fatto soffrire...." "E' troppo tardi ormai!" grida "Le scuse non servono più.....sapevo che non ti interessavo, ma...... ti ho sempre fatto capire che mi piacevi!" io scuoto la testa tentando di ricordare. "Al ballo di Beth" dice infine. Beth è una ragazza i cui genitori permettono praticamente tutto. Fa una festa ogni mese, ma io non ci sono mai andata. L'unica volta in cui mi sono fatta convincere c'era anche Lui. Lo hanno cacciato quasi subito urlandogli dietro che uno sfigato come lui non poteva permettersi una festa del genere, ma prima che succedesse.........ora ricordo. In un attimo ritorno nel passato, con Alex lo sfigato con le spalle curve ed i maglioni sformati.

 

"Cosa ci fai qui, incapace?" domando irritata. Lui si guarda intorno come per accettarsi che nessun altro si sia accorto che è lì. Io alzo le spalle per la sua assenza di risposta e faccio per andarmene, ma lui mi blocca "Aspetta" esclama. Lo fisso strabiliata. "Cosa vuoi?" dico sprezzante. "Vuoi qualcosa da bere?" chiede quasi in un sussurro. Scoppio a ridergli in faccia, sicura che si tratti di uno scherzo. Gli poggio in mano il mio bicchiere vuoto e me ne vado. Poco dopo Brad, il fidanzato di Beth, la avvisa che uno sfigato è entrato in casa sua di nascosto e tutti si mettono d'accordo per cacciarlo nel modo più umiliante possibile. Lo gettano nell'enorme piscina di Beth. Lui per un pò nuota da vero professionista, ma poi viene sopraffatto dai vari bicchieri che gli gettano addosso e arranca verso il bordo come una piovra ferita. Io gli tendo la mano e lui la afferra speranzoso proprio mentre la ritiro divertita. Si sistema come può per riacquistare un minimo di dignità e, non prima di avermi lanciato un'ultima occhiata di supplica, se ne va in silenzio. 

 

"Ci sono andato solo perché sapevo che ci saresti stata anche tu!" fa una smorfia al ricordo di come l'hanno umiliato e mi guarda schifato. Io mi sento davvero malissimo al ricordo di ciò che ho fatto, ma non riesco a dire nulla a mia discolpa. "Scusami un attimo" dico e mi rifugio in bagno prima che possa seguirmi. Piango, addossata al muro, ricordando tutte le volte in cui l'ho trattato da pezzente. Ora mi vengono in mente milioni di momenti in cui ha tentato di farmi capire cosa provava per me, ma in nessuno di questi sono riuscita a coglierne il significato. Che stupida! All'improvviso sento il rumore della chiave, rimasta fuori, che gira. Cosa vuole fare? Mi dirigo verso la porta e provo ad aprirla, ma non ci riesco. "Alex?" grido spaventata. "Rimarrai qui" mi dice "Finché qualcuno non si accorgerà di te" "No" strillo impazzita "No, no, ti prego, ti prego, no!" il panico si fa strada in me. Sento i suoi passi farsi sempre più lontani e comincio a chiamarlo. Lo chiamo fin quando la voce mi va via completamente. A quel punto mi limito a singhiozzare e a bere acqua dal rubinetto.



Spazio Autrice:
vedo che non recensite quindi deduco che non vi piaccia..... vi sarei grata se scriveste sulle recensioni ciò che non vi convince della storia, così da aiutarmi a migliorarla! Grazie in anticipo!

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Capitolo 6
*** Bacio ***


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Le lacrime ormai mi sono praticamente finite e anche il panico è diminuito. Ho paura perché non riesco ad immaginare come riuscirò ad uscire da qui. I miei, me ne sono ricordata solo ora, torneranno tra tre giorni ed io non posso rimanere chiusa qui per tutto quel tempo! Di sicuro morirei di fame, o qualcosa del genere. O forse non riuscirei più a respirare.......non lo so! Ma so che non si può rimanere chiusi in un bagno per più di 24 ore. Ha davvero intenzione di farmi morire così? Certo che no. Se mi ucciderà davvero, e non credo che arriverà fino a quel punto, lo farà in un modo molto peggiore. A questo pensiero, brividi di terrore si fanno strada in me e bevo un altro po' d'acqua. E se Lui pensasse che i miei sarebbero tornati questa sera perché non sa che sono partiti? Oh dio, oh dio. Il respiro comincia ad aumentare per l'ennesima volta ma riesco a mantenere la calma. Devo distrarmi. Anzi no, devo trovare un modo per uscirne. Non posso solo aspettare che lo faccia Lui, perché è probabile che non lo farà. Sbatto i pugni sulla porta, più che altro per scaricare un po' di tensione e un lampo di speranza si fa strada in me. Nella tasca ho le chiavi di casa, che aprono, non solo il portone, ma tutto il resto dell'appartamento. Faccio per prenderle con trionfo, ma la tasca è vuota. Deve avermi preso le chiavi Lui, quando mi si è avvicinato all'uscita da scuola. Ecco come ha fatto ad entrare in casa prima che arrivassi, ecco come ha chiuso il bagno. Oh dio, oh dio. Il panico questa volta diventa una sensazione insopportabile e mi lancio un pò d'acqua fredda in faccia. Devo stare calma! Bevo un pò d'acqua per l'ennesima volta e mi siedo nella doccia, abbracciandomi le gambe e provando a dormire. Non so come, ma riesco ad addormentarmi per qualche minuto. Poi mi risveglio e sono più ansiosa di prima. Grido per un pò, finché non ne posso più, mi scoppia la testa e ho la nausea. "Aiuto." sussurro, ma nessuno arriva...

 

 

Un bussare improvviso fa salire in me paura e speranza. “Sei ancora lì?” chiede Lui. “Certo!” rispondo. Dove vuole che sia andata? Lo sento cercare le chiavi e in un attimo la porta si spalanca. Assaporo l’aria dell’esterno e il suo corpo mi travolge. Oddio. Cosa vuole farmi? Non è bastato chiudermi in una stanza per quasi un giorno intero? Un momento. Mi stringe forte, ma non è spiacevole. Mi sta abbracciando! Sono strabiliata. “Mi sono spaventato così tanto!” mormora sulle mie spalle. Lui si è preoccupato? Vorrei rispondergli che per non preoccuparsi avrebbe potuto semplicemente non chiudermi là dentro, ma la situazione è così incomprensibile per me, che non riesco a spiccicare parola. Mi lascia all’improvviso e mi tiene per le spalle, guardandomi negli occhi in un modo diverso da come abbia mai fatto. “Mi dispiace” mi dice sospirando “Ti amo”. Non ci capisco più nulla. Cosa sta succedendo? Mentre rifletto su che diavolo possa dirgli il cervello in questo momento, mi prende il viso tra le mani e mi bacia. Sì, mi bacia. Ed io impazzisco. Ciò che provo è indescrivibile. Dimentico tutto ciò che ho vissuto fino ad oggi, concentrandomi solo sulla persona che mi tiene tra le sue braccia. Mi rendo conto di aver trovato Lui. Colui che si sposa perfettamente con ciò che sono io. E’ come se, in quel momento, nient’altro esistesse. Non solo intorno a noi, no. Proprio dovunque. Come se galleggiassimo in un vuoto fatto di amore e dolcezza. Mi gira la testa, ma è una bella sensazione. Di quelle che si provano solo con la persona giusta. Non riesco  a pensare ad altro in questo momento. E’ Lui. E’ Lui che aspettavo. Da ora, da sempre. Colui che è destinato a riempire la mia vita come nessun’altro potrà mai fare. Ho gli occhi chiusi ma riesco ad immaginarmelo come se lo vedessi. E’ bello, bello come solo Lui può essere. Lo amo così tanto da sentire il cuore che scoppia, lo stomaco che va a fuoco e le gambe che tremano. Gli stringo le braccia al collo per sostenermi, convinta che a questo punto possieda un equilibrio molto precario. Mi scappa un sorriso e lui se ne accorge. Mi accarezza la guancia riavviandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Solo quando smettiamo di baciarci mi rendo conto di chi ho davanti, di tutto quello che mi ha fatto e di tutto quello che io ho fatto a Lui. Insomma, non è proprio l’amore della mia vita! Ma, ora come ora, non mi sento in grado di formulare un pensiero nitido e coerente, per cui lascio perdere, smetto di preoccuparmi, e lo guardo come se non avessi mai visto nessun’altro … e forse è proprio così. "Ti amo" ripete, ed io rischio di fare lo stesso. Sto per rispondergli 'Anch'io' quando mi rendo conto di quanto vale quella parola e che non posso dirlo ad una persona qualunque. Ma lui non è una persona qualunque, è Lui. Sono del tutto persa nella sua bellezza. Nel suo viso che mi guarda sorridente e mi manda fuori di testa. Non sono lucida, è come se fossi drogata. Drogata d'amore. 'No!' penso 'devo reagire! Non può decidere lui!'. "Perché?" chiedo semplicemente. Una sola parola, ma che ha migliaia di significati. Significa: Perché mi hai baciato? Perché ora mi tratti bene? Perché non mi hai mai detto che mi amavi? Perché mi sento così quando sono con te? Perché mi ami? Perché sei così lunatico? Perché ti amo? "Ok, ok" risponde "Capisco che tu voglia delle spiegazioni" fa un sospiro e riprende "Ho un problema. Non è proprio un problema, diciamo solo che ho poco controllo della rabbia. Esatto. Quando mi arrabbio non riesco a controllarmi. Il medico ha detto che è normale che me la prenda con le persone a cui voglio bene. Divento violento, cattivo, ma lo faccio involontariamente. E' come se i miei pensieri si appannassero. Non riesco a ragionare e... esplodo. Non penso davvero ciò che dico in quei momenti. Mi dispiace. Appena mi riprendo, mi pento di ciò che ho fatto, ma non riesco a rendermene conto fino a quel momento." "Non ho mai sentito parlare di un disturbo del genere" dico. "Bé, non succede spesso" risponde un pò piccato. Ora so che lui mi ama, che mi vuole bene, ma so anche che se si arrabbierà io sarò il suo bersaglio. "E' colpa mia" annuncio stringendomi nelle spalle. "Cosa?" domanda incredulo. "Se ti arrabbi" spiego "E' colpa mia. Per quello che ti ho fatto passare, per tutte quelle umiliazioni... è naturale che tu abbia degli scatti d'ira. Te ne ho dati molti di motivi per averne". Annuisce. Vorrebbe smentire, ma so che non può, perché è la pura verità. "Mi dispiace" dico. E, prendendo coraggio, mi azzardo anche ad abbracciarlo. Temo la sua reazione, ma mi stringe semplicemente a sé, mormorando "Anche a me" con il viso affondato nei miei capelli. 



Spazio Autrice: 
no, non sono impazzita. Voglio solo rendere Alex un pochinininininio più tenero. Dai prossimi capitoli la storia sarà più chiara, ma lui rimarrà lunatico..... spero vi appassioni!

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Capitolo 7
*** Piccola ***


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Ho saltato un giorno di scuola per colpa di Alex e del suo lampo di genio, ma sono così abituata a falsificare giustificazioni che non mi pongo neanche il problema. Dalla preside, a cui porgo il foglio con la firma falsa senza il minimo indugio, sento alcuni ragazzi dire che Alex ha ottenuto un appuntamento con me e ne ha approfittato. Dicono che voleva così tanto fare colpo che mi ha fatto saltare un giorno di scuola e mi ha portato in un ristorante di lusso. 'Siete un pò fuori strada' vorrei dirgli 'in verità mi ha chiuso in bagno per quasi un giorno intero, niente di che'. Alcune volte mi viene da rispondergli così davvero, ma ho il dubbio che debba mandare avanti questa storia di Lui che ci prova con me, per cui mi limito a non parlare. Mi aspetto che oggi sia diverso. Però mi chiedo se sarà affettuoso davanti a tutti o mi parlerà solo in privato. Non mi resta che aspettare e scoprirlo. L'ora di Educazione Civile, il cui corso frequentiamo insieme, arriva seguendo a ruota i miei pensieri, mio malgrado rivolti perennemente a Lui. Sono riuscita ad evitare Amber, anche se ho dovuto fare il giro della scuola due volte per riuscirci, e evito accuratamente di rispondere alle sue chiamate minatorie. Il problema è che non saprei cosa dirle. Conto di chiedere ad Alex come devo comportarmi, perché la situazione sta diventando un pò complicata. Mi siedo vicino ad Jennifer, una cheerleader che dedica la sua vita a truccarsi e pettinarsi. Ovviamente, mi chiede informazioni su Alex, ma io cambio discorso chiedendole che tipo di ombretto ha usato some sfondo per quegli occhi tinti che si ritrova e lei, fortunatamente, si lascia prendere dalla foga, elencandomi i vari modelli di ombretti illuminanti che potrei usare in base alla mia carnagione, e dimenticandosi della mia vita sentimentale. Io, nel frattempo, lo cerco con lo sguardo. Eccolo lì. Un pò in ritardo. Si vede che si è sbrigato. Si manda i capelli all'indietro e il solito brivido si fa strada in me.  Dovrei salutarlo. O forse no. Potrei passare per l'antipatica. Potrei passare per la stupida di turno. O potrei far finta di non averlo visto. Opto per quest'ultima e mi volto dalla parte opposta. Non mi sembra interessato a me. Per l'intera lezione è come se non esistessi. Non che questo mi dia fastidio. Solo dopo quello che è successo ieri potrebbe almeno rendersi conto che sono lì. Ma no, non mi da fastidio. Assolutamente. Forse un pò sì. Ma no. Neanche un pò. Non mi interessa minimamente. Però mi viene in mente quando ero io a comandare tutto. Quando era Lui a preoccuparsi. Quando decidevo io. Ora, questo è ovvio, è Lui a comandare. Si giostra la faccenda a suo favore, ed io in risposta passo le ore a pensare a quanto sia affascinante. E' chiaro che sono cambiata molto dall'anno scorso, quasi quanto è cambiato Lui. Sono molto meno dura, faccio decidere gli altri per me. Potrei dire che Lui mi costringe a non replicare, ma è anche vero che io non ci provo neanche. Sono diversa. Che schifo! Sembro una femminuccia. "Ehi" ero così persa nei miei pensieri da essermi accorta a malapena che la campanella era suonata e quindi non l'ho sentito arrivare. Jennifer ci guarda eccitata, come aspettandosi che mi baci davanti a tutti. Forse è proprio questo che si aspettano. Qualche effusione per tenere viva la nostra storia da copertina. Allora, spinta da una forza che non credevo di avere, mi alzo dalla sedia e lo bacio con passione, assicurandomi che tutti nell'aula riescano a vederci. Se dobbiamo "stare insieme" almeno voglio che capiscano che anche io servo a qualcosa. Che non sono solo succube. Che decido anche io. Forse ho un pò esagerato. L'orgoglio è stato tale che non mi sono minimamente soffermata a ragionare. Alex mi guarda strabiliato, ma non sembra arrabbiato. Riesco a scorgere un sorriso celato sulle sue labbra. Si è fatto crescere un pò di barba, quindi è ancora più complesso capire se è divertito, ma riesco a vedere la sua bocca curvata all'insù. Me ne vado soddisfatta, attaccandomi a questa situazione a mio favore come ad un'ancora di salvezza. Voglio tornare a contare qualcosa, e non per essere 'popolare', ma per convincermi che sono ancora io, e non una brutta copia di me stessa, resa debole da Alex e dalla sua cattiveria. Mi accorgo quasi subito che essere considerata dal più bello della scuola mi fa guadagnare punti con tutti gli altri ragazzi. Ora mi guardano interessati, non come una loro amica che fa battute spiritose, ma come una ragazza affascinante, con cui vorrebbero avere una storia. Ovviamente non mi piace nessuno del mio liceo, però ammetto che essere guardata e ricevere apprezzamenti per la prima volta nella vita mi fa sentire potente e, lo ammetto, bella. Non mi sono mai preoccupata della bellezza, non mi impegnavo perché gli altri mi giudicassero positivamente. Ora mi rendo conto che non mi è mai interessato perché non sapevo come ci si sentiva. Quando passo per il corridoio tutti mi fissano e qualcuno lancia anche qualche fischio di ammirazione. Wow. E chi se l'aspettava? Appena esco dall'aula di Scienze Umane, l'ora seguente a quella di Educazione Civile, sento qualcuno prendermi per un braccio e faccio un urletto sorpreso.  "Come ti è venuto in mente?" chiede Alex alludendo al bacio. Per un attimo temo sia arrabbiato, ma vedo che sorride e subito mi ribacia. Io rido, rilassata dal fatto che è felice. Non voglio affatto raccontargli della mia crisi d'identità. E' un fatto personale e voglio tenerlo per me. "Non ne ho potuto farne a meno" dico alzando le spalle "Jessica ti guardava ed io volevo fargli capire che sei di mia proprietà!". Ora mi sento un verme. La verità è che l'ho fatto solo per me e non ho pensato minimamente a Lui quando ho deciso di farlo. E' felice della mia gelosia. Direi quasi soddisfatto. Comunque io cambio subito argomento, evitando i sensi di colpa che iniziano a farsi strada in me. Sorrido di rimando e gli faccio notare che siamo in ritardo per la lezione successiva. "Ok, piccola!" dice allontanandosi. Che soprannome odioso!



Spazio Autrice:
lo so, lo so. questo capitolo fa un pò schifo...... ma dovevo farlo per forza, perché è utile alla storia. comunque vi prometto che posterò il capitolo seguente il prima possibile, giuro che mi dedicherò a quel capitolo giorno e notte, quindi sarà pronto tra pochissimo, giurooooo!!!

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Capitolo 8
*** Rissa ***


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"Sei davvero carino" dice Katherine, avvicinandosi sempre di più e mettendosi in punta di piedi per riempire quei trenta centimetri di altezza in più che rende Alex apertamente fuori dalla portata delle sue labbra. Lui annuisce imbarazzato. Per quanto si sia abituato subito ad assumere l'atteggiamento del bello sicuro di sé, a volte certi commenti lo mettono ancora in difficoltà. Io sono a circa sei metri di distanza, ma riesco comunque a seguire il discorso come se fossi tra loro. E' impossibile non sentirlo. Tutti quelli intorno a noi stanno trattenendo il respiro per riuscire a recepire ogni singola parola che si stanno scambiando. Gira voce che Katherine si sia innamorata di Alex e che non gli vada giù che lui stia con una "cessa" come me. Sì, ha detto proprio così. Per questo tutti vogliono sapere chi vincerà. Io personalmente, me ne frego. L'unica cosa che mi infastidisce è che è un pò troppo vicina in questo momento. Ma mi sono già imposta di non diventare gelosa di lui, quindi mi volto dalla parte opposta. Mi estraneo da loro, mettendomi le cuffie alle orecchie e ascoltando una canzone che adoro. Mentre mi dirigo alla macchina, però, noto le facce sconvolte di quelli che mi circondano. Per un attimo penso che sia perché per un pò ho cantato ad alta voce, ma poi capisco che stanno guardando verso Alex e Katherine. Mi volto, quasi temendo di vederli baciarsi con passione, e invece vedo Derek avanzare minaccioso verso di Lui. Katherine l'ha lasciato ieri proprio perché era interessata ad Alex, quindi capisco perché lui ha il viso così rosso: li ha appena visti vicini. Provo subito pena per lui, ma poi penso che se ti metti con una facile come Katherine devi per forza aspettarti cose del genere. Derek da una spinta ad Alex facendolo cadere a terra e la sua ex si scosta eccitata. Riesco in un attimo a capire a cosa sta pensando: due ragazzi che litigano per lei!

"Che problema hai?" chiede Alex rialzandosi. "Non hai nessun diritto di parlare con la mia ragazza!" risponde Derek, preparandosi per la rissa. Io, come una scema, mi aspetto che Katherine gli faccia notare che non è più la sua ragazza, ma quella stupida li lascia fare gustandosi la scena come fosse un film d'azione. Io scuoto la testa disgustata, ma noto che tutti guardano anche me per capire come reagisco. Giusto, anche io sono la fidanzata del bullo che si sta picchiando. Sospiro, rassegnata dal corso degli eventi. Penso che dovrei davvero intervenire, mentre Alex dice "Senti, era lei a parlare con me, non voglio problemi ok?". "Ah, non vuoi problemi?" grida Derek "Avresti dovuto pensarci prima!" e gli si lancia addosso. Io lo prendo per le spalle quasi nello stesso momento e gli urlo di fermarsi. "Zitta tu! Idiota!" mi dice, spingendomi così forte da farmi cadere a terra come un sacco di patate. Alex, in un attimo, cambia espressione e si alza le maniche della camicia. "Cosa hai appena detto?" chiede, con gli occhi fiammanti. Io mi terrorizzo per quello sguardo e ringrazio il cielo che non sia rivolto a me. Scorgo un pò di paura negli occhi di Derek prima che Lui lo butti a terra. Lo riempie di calci e pugni, mentre lui lancia grida di aiuto. Cerca di rispondere o ripararsi, ma Alex è palesemente troppo forte e in poco tempo Derek non è altro che un ammasso di contusioni e sangue. Senza sapere perché, mi volto verso Katherine e la vedo sorridere. Non pensa a quanto Derek stia soffrendo, pensa solo a quanto sia forte Alex. All'improvviso la situazione per me diventa insopportabile. Penso alla cattiveria di Alex, al dolore di Derek, alla superficialità di Katherine......e scoppio a piangere. Mi accascio a terra, rannicchiandomi su me stessa per non vedere e non sentire le grida di aiuto di quel povero ragazzo. Capisco che è tutto finito quando la gente se ne va, come se avesse appena visto una rappresentazione teatrale con tanto di popcorn. Rimango in quella posizione, però,  perché non voglio tornare a casa. Semplicemente non ne ho la forza. Un calcio improvviso allo sterno mi fa alzare lo sguardo. "Alzati" mi ordina Alex "la gente deve passare, piccola" mi da un altro calcio, più forte, e se ne va, lasciandomi lì. Il male allo stomaco è insopportabile e ricomincio a piangere come una fontana, non solo per il dolore, ma per la paura di quell'essere orribile che se ne è appena andato. Ho fatto male a considerarlo buono. E' cattivo fino al midollo e non mi ama, vuole solo la sua vendetta. 

 

 

 

Il giorno dopo ci vuole tutta la mia forza di volontà per andare a scuola. Ho paura di sapere come sta Derek, e non voglio più fingere di essere fidanzata con quel'ignobile di Alex. Mi faccio schifo per questo, ma non posso dire di no, non posso. Un attimo. Da quando mi faccio comandare così? Io non sono quel tipo di persona! Io sono una che comanda, non lascerò che quel bastardo decida per me. Se non voglio fare una cosa, non la farò! Mi convinco di ciò proprio mentre entro in classe, e lì c'è Lui che mi guarda fisso. Mi siedo, apro il quaderno, commento l'abbigliamento della professoressa con Katy, la mia vicina di banco, tento dei fare tutto naturalmente, ma ho il suo sguardo addosso, lo sento, e non riesco a contenere i brividi. Ho paura e non voglio che mi guardi, perché così potrebbe capirlo. La campanella suona dopo un eternità ed io scappo velocemente fuori perché so che non lo rivedrò per il resto della giornata, visto che non abbiamo altri corsi insieme. Ma, proprio sulla porta, Lui mi blocca. "Oggi, all'uscita da scuola, aspettami sotto il chiosco-bar" ordina, con la mano stretta sul mio braccio."Perché?" chiedo impaurita "Ti accompagno a casa con la mia macchina" spiega "Ma io ho già la macchina, è parcheggiata vicino alla tua" gli ricordo, tentando di evitare l'inevitabile "Non mi interessa, piccola" dice, avvicinando il volto al mio in un modo che mi fa rabbrividire. "Quando ti dico una cosa, tu annuisci, senza replicare" sussurra sulle mie labbra. "Chiaro?" domanda, rimanendo in quella posizione. Io annuisco tremante e Lui se ne va soddisfatto. 



Spazio Autrice:
ciaoooo!! questo capitolo spero vi sia piaciuto un pò di più perché mi ci sono impegnata davvero tanto e, anche se un pò violento, è servito a farvi capire quanto è complicato il personaggio di Alex. Scoprirete la sua personalità capitolo per capitolo!! 
 

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Capitolo 9
*** Mamma?! ***


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Passo il resto della giornata con ansia e riprendo il vizio di guardarmi sempre alle spalle. L'ultima campanella suona troppo presto e mi ritrovo a tremare come una foglia. 'Vuole solo accompagnarmi a casa, vuole solo accompagnarmi a casa' continuo a ripetermi questa frase, ma so che non sarà affatto così semplice. Ieri ho capito fino in fondo di cosa è capace, e oramai sono abituata a i suoi sbalzi d'umore. Mentre varco il cancello verniciato di blu da poco, penso di tirare dritto, salire in macchina e correre a casa, ma la paura è di nuovo troppa. Il chiosco-bar è praticamente attaccato al mio liceo. Ci arrivo con pochi passi, proprio mentre inizia a piovere. Mi rifugio sotto una tettoia lì vicino e aspetto tremante di freddo e paura. Arriva trafelato, con un ombrello argento, che in questo momento è la cosa che più desidero.  Mi prende per mano, ma non è un gesto dolce. E' aggressivo e mi spaventa. "No!" dico d'istinto, ribellandomi a quella presa possessiva. Lui mi guarda come per controllare che non stia scherzando, poi annuncia: "Sali in macchina". Solo questo. Penso lo consideri il massimo di parole sufficienti per farmi recepire il concetto. Annuisco contro la mia volontà e lo seguo. Non cammina veloce.  Anzi, nonostante la pioggia, ha la situazione totalmente sotto controllo. E' tranquillo, lo vedo, perché sa che ha tempo. E ciò mi terrorizza. Stranamente, durante la sua transizione da sfigato a più figo della scuola, non ha cambiato la macchina. E' sempre stato ricco, la sua famiglia è benestante, lo confermano i vestiti firmati che porta. Avrebbe potuto comprarsi una Porsche decappottabile ultimo modello, ne aveva tutta la libertà. Questo mi fa pensare che l'abbia tenuta per un motivo ben preciso. Probabilmente il suo intento è di farmi ricordare ciò che gli facevo per non potermi lamentare per quello che mi fa lui ora. Se è così, si sbaglia di grosso. Io non sono mai stata così crudele, e di sicuro non capirò la sua cattiveria solo per una stupida macchina vecchia. Sono così arrabbiata che quasi do un calcio alla carrozzeria. Per fortuna mi fermo in tempo. Lui mi apre la portiera per farmi salire. E' un misto di galanteria e di controllo. E' come se volesse controllare che non scappi, ma lo nasconda facendomi credere che stia facendo solo il gentiluomo. Sorrido, fingendo di esserci cascata, e salgo in macchina con le gambe che tremano. 'Vuole solo accompagnarmi a casa, vuole solo accompagnarmi a casa' continuo a ripetermi in testa. Evito di guardarlo perché, talvolta, il suo sguardo mi spaventa a tal punto che non posso più girarmi e questo rende difficile rispondere alle sue domande. Mi sono ripromessa di comportarmi come se nulla fosse, e per questo evito di fare qualsiasi cosa possa rendermi difficile dialogare con Lui il più tranquillamente possibile. Sale in macchina e gira la chiave. Un caldo improvviso, direttamente dai riscaldamenti, mi fa rilassare. Scelgo di esordire con una battuta, per allentare la tensione che mi sento dentro e fargli capire che non lo temo.  "Ora ho capito perché non hai cambiato macchina!" dico sorridendo "Con dei condizionatori del genere! E quando ne trovi una simile!". Mi aspetto, stupidamente, che rida. O almeno che sorrida. Oppure anche solo che alzi le labbra all'insù per farmi capire che è tutto apposto. Ma non è tutto apposto. Lo capisco subito. Ho fatto qualcosa che non va'. Tremo, quasi aspettandomi che mi prenda a sberle. "Non ho cambiato macchina perché mi ricordava quanta attenzione mi davi. Era romantico" quasi sussurra e devo tendere l'orecchio per sentirlo. Ridacchio, pensando sia un'altra battuta. Ma Lui non ricambia e comprendo che è serio. Sembrerebbe una frase romantica, ma il modo in cui l'ha detta non lo era per niente. Sono certa che volesse farmi capire quanto ci soffrisse. E io l'ho capito. Ma non posso perdonargli tutto quello che mi sta facendo solo per questo. Mi impongo di rimanere a bocca chiusa per il resto del viaggio, quindi incrocio le braccia e guardo fuori dal finestrino. "Ehi, devi girare qui" indico il vialetto di casa mia "No, no. L'hai passato!". Lui mi guarda con compassione. Starà pensando che sono davvero stupida se non ho ancora capito che non è davvero a casa mia che stiamo andando. Sospiro e mi esce una lacrima. Lo squillo del cellulare mi fa sobbalzare e lo afferro, involontariamente, prima che nessuno dei due riesca a vedere chi sia a chiamare. Rispondo e ringrazio il cielo che Lui non abbia visto chi era. "Amore?" chiede Taylor sentendomi. "Mamma!" grido, escogitando un piano il più veloce possibile. Taylor sembra capire al volo e sta al gioco. Visto? Ve l'avevo detto che era perfetto! "Sì, sì. Non ti preoccupare." dico, annuendo come se mi stesse scocciando con le solite raccomandazioni "Sì, certo che mi ricordo della cena di stasera!" lancio uno sguardo ad Alex, come accorgendomi solo in quel momento che è lì "Oh, non è che potrei saltare oggi?" assumo il mio miglior tono di supplica e dall'altro capo del telefoto Taylor ride come un matto. "Ti prego??? Va bene, va bene. Sì, sì. Però sappi che sei veramente cattiva! Uffa!" attacco senza salutare e mi dispiace un pò per il mio fidanzato, ma gli spiegherò sicuramente tutto dopo. Alzo le spalle rassegnata. "Odio quella cavolo di cena!" annuncio "Potresti riportarmi a casa per le 7?". Lo vedo pronto a dire di no, ad urlarmi in faccia che decide Lui quando riaccompagnarmi a casa, ma poi capisce che farebbe sospettare mamma con un comportamento del genere, quindi si limita ad annuire. Si volta a guardare la strada e non mi rivolge più la parola finché non arriviamo. "Tieni" dice, porgendomi le chiavi di casa. Io rimango per un attimo interdetta. Si fida così tanto di me? E perché proprio adesso ha deciso di farlo? Le prendo controvoglia, per fargli capire che non ho intenzione di scappare, e apro il portone di legno scuro che ho davanti. Lo guardo, attendendo comandi. "Tu vai, io ti raggiungo" mi ordina facendomi cenno di entrare. Varco la soglia guardandomi intorno. L'arredamento è delizioso. Qualsiasi spazio è occupato da piccoli o grandi oggetti di vetro colorato che sono un piacere per gli occhi, ma non è come le solite case piene di soprammobili, che danno l'idea di non poterci neanche entrare. No, questa casa è enorme, quindi il mobilio la rende solamente più accogliente e meno dispersiva. Rimango a bocca aperta. Non riesco ad immaginarmi Alex che arreda la casa con tanto gusto, quindi deduco che sia sua madre ad essere così abile con i suppellettili. Mi lascio scappare un: "Wow" sorpreso. "Sono contento che ti piaccia" esclama Alex alle mie spalle. Sobbalzo, presa alla sprovvista. "Sì, è davvero molto carina" dico sorridendo. Quella casa mi mette allegria, non ci posso fare niente. "Accomodati" mi fa un cenno verso il divano "vuoi qualcosa da bere?". Scuoto la testa e Lui si stringe nelle spalle. "Come vuoi" dice, andando in quella che suppongo sia la cucina. Torna poco dopo con un piccolo bicchierino in mano. Capisco che si tratta di whisky. Temo voglia farmelo bere per annebbiarmi le idee, ma in un attimo si scola il contenuto, togliendo ogni dubbio. Fa un respiro profondo. "Ci voleva proprio!" esclama, scuotendosi come se si fosse improvvisamente risvegliato da un sonno profondo. Annuisco, fingendo di capire di cosa parla. Decido di andare dritta al punto, perché non voglio rimanere qui a lungo. "Perché sono qui?" domando. "Sei arrabbiato con me?" aggiungo subito dopo, intuendo che sia proprio quello il motivo. "Non sono arrabbiato" scuote la testa "Ho solo riflettuto un pò". Non mi muovo, aspettando che continui. "Sai quanto la rissa con Derek abbia fatto parlare di me, in questi giorni?" chiede. Scuoto la testa quasi impercettibilmente, temendo un suo scatto d'ira, che puntualmente arriva. Sbatte il bugno sul tavolo e io mi rifugio sempre più indietro nel divano. "Per colpa tua, ho dovuto picchiare quel tizio e ora tutti capiranno quanto io sia pericoloso quando mi arrabbio!" urla. Non capisco perché ciò debba preoccuparlo. Poi afferro. Lui non vuole che gli altri capiscano la sua cattiveria, perché così può continuare a torturarmi facendo credere a tutti che non sta facendo nulla di male. "Perché è colpa mia?" sussurro. Socchiudo gli occhi, vedendolo avvicinarsi. Mi rannicchio su me stessa, aspettandomi il peggio. Mi mette una mano sotto il mento, costringendomi ad alzare lo sguardo. "Ti sembro uno che ha bisogno di aiuto?" domanda con un tono che mi terrorizza."TI SEMBRO UNO CHE HA BISOGNO D'AIUTO?" ripete, alzando la voce. "No" mormoro "Certo che no". Avvicina il viso al mio e abbassa la voce finché devo sforzarmi per riuscire a recepire ciò che dice. "Hai idea di quanto sia irritante, per me, venire aiutato da te, rischiando che tu ti faccia del male? Poteva farti del male, Artemisia! Te ne rendi conto?". Ha ricominciato ad urlare. Sono sbalordita. E' arrabbiato con me perché mi sono messa in pericolo? Ora capisco fin dove si estenda la sua pazzia. 

 

 

Meno di un'ora dopo mi riaccompagna a casa. In quel lasso di tempo ha buttato giù altri quattro di quei bicchierini 'magici'. Ora, in macchina, continua a ripetermi che sono bellissima e che la mia maglietta gli piace da morire. In realtà indosso un maglione grigio con una renna rossa davanti, quindi non vedo come possa essere tanto attraente. Le sue lusinghe, comunque, non mi lasciano indifferente, per cui, quando arriviamo a destinazione, io sono completamente persa nei suoi lineamenti così taglienti e perfetti. Inchioda proprio davanti al vialetto, risvegliandomi da quel sogno così bello. "Siamo arrivati" annuncia, improvvisamente serio. Annuisco e scendo, senza aggiungere altro. Mentre mi avvio verso il cancello, rifletto su quanto sia strano ciò che provo per Lui. Per quanto sia violento, cattivo e senza cuore non posso fare a meno di esserne attratta. Non è solo la bellezza, che, devo ammettere, è notevole, ma è anche ciò che nasconde dentro di sé. E' come se una calamita mi attirasse verso di Lui nonostante tutto. Come se la mia mente arrivasse a vedere dove i miei occhi non vedono e riuscisse a capire che c'è qualcosa in Lui per cui non posso fare a meno di amarlo. Ma non lo amo. No. Non posso amarlo. Perché io ho trovato l'amore della mia vita, e non è Lui, ma Taylor. Il solo pensare a lui mi riempie il cuore di gioia. C'è una grandissima differenza per ciò che provo per lui e ciò che provo per Alex. Taylor è la mia metà, questo è sicuro. Ed è proprio questo a rendere i due sentimenti totalmente differenti. Alex non è la mia anima gemella, non lo amo, e nulla di tutto ciò che fa, da come si muove a come sorride, potrà farmi cambiare idea. Entro in casa convinta di tutto ciò e quasi non mi accorgo che i miei sono davvero qui. Stanno cenando e ridono come matti. Ovviamente non si sono neanche accorti che sono arrivata. "E' rimasto qualcosa?" domando, entrando in sala da pranzo.  Mamma scuote la testa, dispiaciuta "non ti abbiamo trovata e credevamo cenassi da qualche tua amica" si scusa. "Vabbè" dico, scrollando le spalle e riuscendo. Il vento mi avvolge subito, ma è una bella sensazione perché so che nessuno mi darà fastidio con questo freddo. Per fortuna la scuola non è molto lontana, quindi ci arrivo a piedi, recuperando la mia macchina, che è rimasta l'ultima parcheggiata. E' quella i mio padre, veramente, perché da quando la mia è stata verniciata abbiamo fatto cambio. Sì, lo so, sembra assurdo, ma i miei fanno così. Non si interessano minimamente a me, però tentano di non farlo notare comprandomi tutto ciò che voglio. Ovviamente non potevano comprarmi direttamente una macchina nuova, ma papà ha subito acconsentito a scambiarle. Almeno in questo posso ritenermi fortunata. Prima di tornare a casa mi fermo ad un negozietto che vende un sacco di cibo tipico del Natale. In questo periodo è sempre pieno, ma a quest'ora non c'è quasi nessuno. Prendo un sacchetto di praline al cioccolato con ripieno di fragola (le mie preferite) e una confezione da sette di preparati per la cioccolata calda. Poi vado in una caffetteria e ordino una cioccolata calda fumante con dei marshmallow dentro. Per quanto io provi a farla in casa, quella già pronta non può proprio competere e non riesco a resistergli. La gusto, prendendomi tutto il tempo possibile per non dover tornare a casa, e ci mangio assieme un pò di praline. Mi rendo conto di essermi comportata malissimo con Taylor, quindi decido di richiamarlo. Mentre squilla, realizzo che devo rifilare una bugia anche a lui. Mi risponde con il solito tono dolce e la sua voce mi riscalda meglio di qualsiasi bevanda bollente. Ovviamente vorrebbe sapere cosa stava succedendo quando ha chiamato, quindi gli dico che c'era una mia compagna di classe che proprio non sopporto che mi voleva invitare a cena ed io avevo bisogno di una scusa veloce. Mi fa notare che avrei potuto trovarne di migliori, senza farlo passare per mia madre, ma io mi scuso dicendo che avevo poco tempo e non ci avevo riflettuto. Ci salutiamo tropo presto e sprofondo di nuovo in uno stato confusionario.Dove posso andare? Non ho voglia di tornare a casa e neanche di dormire, anzi credo che passerò tutta la notte in piedi. Ordino un caffè al caramello e arriva in pochi secondi. Probabilmente il barista del turno di notte non ha mai avuto così tanto da fare. Effettivamente, ho parlato davvero poco con Taylor in quest'ultima telefonata. Vorrei richiamarlo perché sentirlo mi rende felice, ma probabilmente a quest'ora starà dormendo. Mi squilla il cellulare e quasi grido dalla gioia. E' lui! Vuole risentirmi anche lui! Controllo il display. Numero sconosciuto. Mmm. "Pronto?" rispondo con meno esuberanza, capendo che non è Taylor a chiamare. "Come mai c'è tutto questo silenzio?" domanda Alex "Durante le cene non si.....parla?". Tremo. Non sapevo fosse Lui e non ho neanche mezza scusa pronta. "Ehm.... sono in camera mia. Avevo il telefono nella borsa e quando ho sentito che stava squillando sono venuta in camera. Sai, di là fanno così chiasso che non sentirei nulla!" tiro un sospiro di sollievo per la mia idea brillante. Sembra interdetto, ma poi si convince. "Comunque volevo solo dirti che hai lasciato la borsa a casa mia" dice. Oh no! Balbetto spiegazioni, ma Lui ha già riattaccato.



Spazio Autrice:
ciao a tutti! mi dispiace moltissimo di averci messo così tanto tempo a postare questo capitolo, ma con le feste in pieno svolgimento trovo difficile ritagliare anche solo pochi minuti alla storia. ho comunque moltissime idee per il continuo e, anche se credo mi ci vorrà un pò per pubblicare il prossimo capitolo, giuro di impegnarmi a finirlo il prima possibile! spero la mia storia vi piaccia! <3

 

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Capitolo 10
*** Livido ***


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Ovviamente rimango sveglia tutta la notte, tornando a casa solo all'ora in cui dovrei prepararmi per scuola. Ho fatto scorta di cibo perché so che i miei partiranno domani ed io non ho voglia di prepararmi da mangiare tutti i giorni. Forse mangiare solo cose preconfezionate mi fa male, ma ho un metabolismo così veloce che non ingrasso neanche mangiandomi un pollo intero, quindi non me e rendo conto. So già che non mi aspetta nulla di buono al liceo. Alex mi starà già aspettando. Non devo mentirgli, me l'ha già detto, ma una bugia così grande supera qualsiasi cosa. Quando scoprirà che non c'era nessuna cena e che l'ho preso solo in giro si arrabbierà da morire. Rimango in macchina finché non sento la prima campanella suonare, quindi comincio a correre come una matta per arrivare in tempo in classe. Ottengo un richiamo per ritardo, ma anche che nessuno mi vede passare. Tiro un sospiro di sollievo e la giornata passa allegramente, senza Alex nei paraggi. Alla fine delle lezioni esco da scuola praticamente saltellando. E' stata una mattinata serena, tranquilla. Quasi non me ne capacito. Non sono mai stata così calma da quando è iniziato quest'anno scolastico e per quanto mi sembri strano, sono davvero contenta di non aver incontrato Alex e soprattutto che Lui non sia venuto a cercarmi. 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Mentre salgo in macchina mi ricordo che la professoressa di arte mi aspetta per addobbare il teatro. Torno dentro e la trovo già con i festoni in mano. Mi scuso per il ritardo, non ammettendo di essermene dimenticata, e cominciamo a lavorare. Quando quasi metà dell'enorme sala è pronta per affrontare il Natale, mi sento finalmente felice. Anche se faticosa, questa attività mi rilassa molto. "Artemisia!" la professoressa ha una voce stridula e, anche a metri di distanza, riesco a sentirla senza problemi "Vorrei più rosso là e meno verde qua, ti dispiace? Così sembra una pianta invece che un'addobbo!". E' sempre molto ansiosa al riguardo, si agita appena qualcosa non va. Vuole che tutto sia perfetto perché prima se ne occupava l'insegnante di fisica nucleare e ogni anno ci stupiva con nuovi effetti speciali. Ora che il compito spetta a lei, vuole per forza fare bella figura. La porta del teatro si apre di scatto e entrambe ci voltiamo, colte alla sprovvista. Una chioma bionda fa capolino dalla porta con tono autoritario, quasi fosse un docente. "Professoressa?" chiede "Artemisia potrebbe venire un momento? E' per un progetto di scienze, giuro che gliela restituisco subito". "Ma certo, ma certo" trilla la professoressa con il suo solito tono "Tu sei...Pettyfer, giusto?". Lui annuisce, mentre io cerco una scusa per non andare. Ce ne sarebbero molte, ma so che poi mi aspetterebbe fuori dall'edificio e io non posso vivere a scuola. Scendo le scale e lo raggiungo rassegnata. Appena la porta si chiude dietro di noi, Lui mi sbatte le spalle verso il muro e sibila: "come hai osato mentirmi?". "Non ti ho mentito!" dico ad alta voce, prima di ricordarmi che il teatro è insonorizzato, quindi non sarò soccorsa dalla professoressa se grido. Allora attuo il piano b e comincio a scusarmi. "Ho detto che il telefono era nella borsa perché non volevo farti capire che ero in camera mia. La verità è che quando ci sono queste cene io rimango quasi tutto il tempo chiusa lì perché non mi va di sentire quel chiasso, ma mamma vuole che sia presente comunque e che non sia fuori casa. Quindi non potevo fare altrimenti!" piango, un pò perché devo far finta di essere triste perché Lui non mi crede, un pò perché mi sta tirando i capelli fin quasi a strapparmeli. Mi tiene ferma con una mano sulla spalla e l'altra che tira verso il basso la mia coda di cavallo. All'improvviso poggia entrambe le mani sul muro ai lati della mia testa, avvicina il viso al mio finché quasi si toccano e sussurra: "Non ti credo, piccola". Mi da un pugno sullo zigomo, che puntualmente comincia a pulsare per il dolore e lo sento gonfiarsi. Gemo e premo il rigonfiamento con la mano per non farlo ingrossare. Un gesto inconscio, dettato esclusivamente dalla sofferenza. Lui mi guarda intensamente, mi prende il viso tra le mani e mi bacia con passione. Sono sorpresa e mi ritrovo a restituirgli il bacio. Sento le mie braccia circondargli addirittura il collo e le sue stringermi. Il suo bacio cura ogni ferita ed è una sensazione così bella che, anche questa volta, non mi rendo conto di ciò che sto facendo. Le sue labbra cercano le mie con una foga che mi fa quasi soffocare. Un attimo. Ma che sto facendo? Non devo assecondarlo! Lo spingo via debolmente e noto con stupore che Lui non protesta e mi molla subito, andandosene senza degnarmi di uno sguardo. Crollo a terra sopraffatta da mille emozioni. Per terra c'è qualcosa che prima non avevo notato. La mia borsa! La porta si riapre di scatto e la professoressa di arte mi aiuta a rialzarmi. "Ma che ti è successo?" domanda spaventata. "Nulla, nulla" la tranquillizzo "Sono caduta come una stupida in bagno perché non avevo letto il cartello che avvisava che era bagnato." scrollo la testa, come a vergognarmi di me stessa per un simile episodio. Lei annuisce e mi osserva. "Bhè," dice "non è grave, ma dovresti metterci un pò di ghiaccio, ti farà passare il dolore". Accetto i suoi consigli e mi dirigo in infermeria con la ritrovata borsa tra le mani. 

 

 

 

Sembra che nessuno, a parte Amber, noti il mio livido ormai violaceo. Quando passo, a scuola, la gente mi fa più complimenti per i capelli che facce schifate per l'evidente bubbone che ho su un'occhio. Non mi sta male, lo ammetto, perché posso coprirlo facilmente con un pò di fondotinta, ma mi mette comunque in imbarazzo. Quando arriva l'ora di scienze naturali, Alex mi saluta come se fossi la sua migliore amica. Non ricambio il saluto, ma Lui non demorde. Continua a sorridermi durante tutta la lezione. Quando finalmente la campanella suona, mi raggiunge mentre sistemo i libri nello zaino. Mi si avvicina dolcemente. "Come mai non mi hai salutato prima?" domanda avvilito. Sono scioccata. Scuoto la testa: è completamente matto! "Non ti ricordi cosa mi hai fatto ieri?" domando, indicandomi l'occhio tumefatto. "Sono stato io?" sembra incredulo. "Sì!" dico urlando. Alcuni ragazzi si voltano a guardarmi, quindi abbasso la voce. "Oh!" risponde "Mi dispiace!". Sospiro. Capisco che non ha solo un disturbo, è davvero matto! Me ne vado continuando a scuotere la testa. "Aspetta!" mi grida dietro, ma non lo ascolto.

 

 

Alle due, mentre sto pranzando in un fast food vicino casa, mi arriva un messaggio da parte di Alex e uno da parte di Taylor. Quest'ultimo si scusa per non avermi chiamato in questi giorni ma era troppo occupato con la scuola. Gli rispondo che, anche se mi è mancato terribilmente, lo capisco perfettamente. Alex, invece, si scusa per qualsiasi cosa abbia fatto per meritarsi questa ostilità da parte mia. Non gli rispondo proprio e lancio il cellulare nella borsa, dimenticandomene per il resto della giornata. 

 

 

Un'ora dopo sto facendo i compiti in camera mia, mangiando le ultime praline al cioccolato e fragola sul letto. Ovviamente i miei sono in una qualche sottospecie di posto sperduto in vacanza. Posto in cui non prendono neanche i cellulari, quindi per le emergenze posso solo che chiamare la polizia. Suonano alla porta proprio mentre sto afferrando l'ultima pralina. Scendo le scale di corsa, approfittandone per passare davanti il frigo e spruzzare un pò di panna sull'ultima, preziosa, pallina di zucchero che mi rimane. La mando giù tutta d'un fiato e apro la porta. Per fortuna ho già inghiottito, perché Alex mi si lancia addosso, baciandomi con dolcezza. E' come quando sono uscita dal bagno: tenero e delicato. Mi provoca una serie di brividi lungo la schiena che mi fanno sperare che questa sensazione non finisca mai. Appoggia la fronte alla mia e sussurra: "Mi dispiace tanto, perdonami". Non voglio farlo, certo che no, ma voglio così tanto continuare a baciarlo che annuisco. "Non volevo, ne sono sicuro" dice abbracciandomi. Non posso farcela, non posso. Non posso seguire i suoi sbalzi d'umore. Mi tiene stretto a sé, oscurandomi i pensieri. Continuiamo a baciarci fino a tarda sera, e quando mi sveglio il mattino dopo mi ritrovo abbracciata a Lui sul divano. 



Spazio Autrice:
ciao! Volevo avvisarvi che è probabile che per tipo una settimana non potrò scrivere (per il Natale e tutto il resto), ma continuerò appena posso!! :)

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Capitolo 11
*** Non possiamo più stare insieme... ***


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Nel mio sogno un telefono squilla all'infinito, perforandomi i timpani con il suo suono assordante. Faccio per spegnerlo, ma non riesco a trovarlo e quello continua a trillare come un ossesso. Mi sveglio di soprassalto, rendendomi conto che il mio cellulare sta davvero squillando. Non riesco a muovermi... sono tra le braccia di qualcuno! Apro gli occhi controvoglia e mi ritrovo Alex davanti che si stiracchia. In questo momento la sua somiglianza con un cucciolo di orso è impressionante. Lo guardo con tenerezza, non succede spesso. E' dolce e mi fa venire voglia di abbracciarlo. Il suo sembrare così amorevole mi da sicurezza, come se potessi nascondermi tra le sue braccia e non uscirne mai più.  Piego la testa da un lato, osservandolo. Vorrei fargli notare che è molto tenero, ma penso che non gli piacerebbe saperlo. Sospiro, poi tutto si trasforma in un incubo. Si scuote e prende il mio telefono prima che riesca a fermarlo. Risponde, sbadigliando. "Taylor chi?" chiede. Comincio ad urlare di passarmelo, ma sento lui dall'altra parte affermare stizzito: "Taylor, il fidanzato di Artemisia!". Mi prendo il volto tra le mani: troppo tardi! Alex attacca e lancia il telefono sul tavolo, sfiorandomi. 'Perché?' penso 'stava andando così bene, perché deve sempre rovinarsi tutto?'. Avevo già in programma di fingere di innamorarmi di Lui e poi mollarlo mentre rimaneva 'buono', ma ora è tutto diverso. "Perché non mi hai detto che avevi un fidanzato?" mi chiede, tentando invano di mantenere la calma. "Non pensavo di dovertelo dire..." sussurro. "Ma che razza di fidanzata si bacia con un altro come se nulla fosse?" si domanda, come se stesse riflettendo su quanto io sia ingrata. "Tu non mi hai lasciato altra scelta!" grido, ferita nell'orgoglio. "Già" dice " e non ti lascerò altra scelta neanche ora". Mi passa il telefono e io lo guardo senza capire. "Chiamalo e lascialo" spiega tranquillo "digli che non è la persona giusta per te o che hai bisogno di una pausa o.... non lo so! Digli una di quelle cose che si dicono quando ci si lascia!". "Ti prego, no" singhiozzo impaurita, perché so che non sta scherzando "non puoi chiedermi questo". "Sì che posso!" grida "Tu. Ora. Sei. Fidanzata. Con. Me. Mettitelo bene in testa. NON hai scelta."  Mi strappa il telefono di mano e compone il numero, poi me lo rilancia. "Pronto? Artemisia?" dice Taylor dall'altra parte dell'apparecchio. "Taylor" rispondo "ciao". "Amore! Che sta succedendo, si può sapere?" domanda lui, sentendomi. Sentire la sua voce mi rende incapace di reagire. Mi rendo conto di quanto lo amo. E' un sentimento che supera la ragione. Piango, senza riuscire a fermarmi. Non posso lasciarlo, semplicemente non posso. Ma devo farlo. Non ho altra scelta. "Senti..." comincio, senza riuscire a far uscire il resto del discorso. La mia bocca non collabora e lo stomaco mi si è chiuso in una morsa. Che posso dire? Alex mi guarda, spronandomi a continuare. "Senti" riprovo, piangendo sempre di più "non possiamo più stare insieme" dico tutto d'un fiato. "Perché?" domanda Taylor, senza capire. "Siamo... troppo lontani" invento, senza trovare nulla di meglio. "Ma tra due giorni ti vengo a trovare" mi ricorda "vedrai che ti renderai conto che la lontananza non può dividerci. Non ci dividerà, Arty, te lo prometto". Ha il terrore nella voce, ha davvero paura di perdermi. Un'amore così non lo troverò mai più. E' unico, e io lo sto buttando al vento. "Non è solo quello" riprendo, cercando qualcos'altro prima che Alex si spazientisca "Io non voglio stare con te!" le lacrime sgorgano sulle mie guance e, non riuscendo a continuare, attacco. Mi richiama meno di tre secondi dopo, ma ovviamente Lui mi impedisce di rispondergli. "Era un problema" dice, scrollando le spalle "vedrai, sarà una liberazione sia per me che per te". Si volta a guardarmi, come rendendosi conto solo in quel momento che sto piangendo. "Ehi" mi sussurra, raggiungendomi. Mi asciuga le lacrime con dolcezza. "Non preoccuparti" mi rassicura "era solo uno stupido ragazzino. Ricordati che ti ho fatto un favore". Il contatto che abbiamo avuto quando mi ha accarezzato la guancia mi conferma che questa è la parte cattiva di Lui, perché quando ieri ci siamo baciati non ho provato nulla fuorché felicità, mentre questa volta sono stata percossa da brividi incontrollabili. E' come se interpretasse due persone ed io provassi una sensazione diversa per ognuna di esse. Si alza dal divano e fa per andarsene. "Oh" si volta, tendendo la mano "per sicurezza". Capisco che vuole che gli dia il mio cellulare. Scuoto la testa "Giuro che non lo chiamo". Per l'ennesima volta si dirige verso di me. Si piega sulle ginocchia per raggiungere la mia altezza, dato che sono seduta, finché non siamo alti uguali. Mi prende il viso tra le mani ed avvicina il volto al mio così tanto che sono certa stia per baciarmi. Si blocca quando il mio naso sfiora il suo, facendomi quasi il solletico con un tocco così delicato. La mia mente mi suggerisce di avvicinarmi per permettere alle nostre labbra di unirsi, ma riesco, anche se con fatica, ad allontanare il pensiero. "Ecco una nuova regola, piccola" sussurra, senza allontanarsi e piantando gli occhi nei miei "quando ti dico di fare qualcosa, tu la fai e basta. Chiaro?". Annuisco, tremante. Mi strappa il telefono dalle mani e se ne va, lasciandomi impaurita e con un'irritante voglia di baciarlo.

 

 

Mi manca. Lo amo, e mi manca. Ci chiamavamo almeno tre volte al giorno e non poterlo sentire mi uccide. Ma la cosa peggiore è sapere che non lo sentirò mai più, perché l'ho lasciato. L'ho lasciato. Oh dio, l'ho lasciato. "Come ho potuto farlo?" urlo a me stessa mentre prendo a calci la porta della mia stanza. Sono sola, ma avere la porta chiusa mi rassicura. Sdraiata per terra, piango più lacrime di quante credevo di possedere. Ovviamente non so il suo numero, l'unico recapito era salvato sul mio cellulare. E il mio cellulare ce l'ha Lui. Il solo pensarci mi fa venire il voltastomaco. Verme schifoso. Solo una persona così cattiva poteva costringermi a fare una cosa del genere. Lo odio. Lo odio con tutta me stessa. La rabbia mi divora, ma la tristezza non mi da la forza di reagire. Grido più forte che posso e sbatto i pugni a terra. Non posso fare nulla. Lui è più forte di me. E non mi permetterà di fare nulla. Lo odio.

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Capitolo 12
*** Io so essere dolce ***


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Non voglio andare a scuola. Non voglio vederlo e non voglio sentirlo parlare e non voglio.....nulla. Non lo voglio nella mia vita e voglio che sparisca all'istante. Ma ovviamente niente di tutto ciò succederà. Dovrò andare a scuola, vederlo, sentirlo parlare e averlo nella mia vita contro la mia volontà. Perché così è la mia vita. Nessuno si accorge di quando soffro e devo cavarmela da sola. In più non posso neanche desiderare qualcosa perché un essere schifoso crede di poter decidere per me e mi sta rovinando l'esistenza. "Sai? Ieri mi hanno sparato dei poliziotti perché stavo spacciando droga, me la sono cavata per un pelo, ma ho dovuto comunque corrompere un giudice". "Fantastico!" risponde mia mamma, intenta a giocherellare con il suo Ipad. Sta prenotando un viaggio su internet, lo so per esperienza. "Allora, noi partiamo tra un paio d'ore per Istanbul, ma andiamo con l'aereo e visto che la tua scuola è di strada verso l'aereo-porto, oggi ti accompagniamo"mi spiega, muovendo il dito laccato di smalto come fosse una bacchetta da maestra. "Ma come, non lo sai? Tutti i voli sono stati cancellati fino a domani" fingo sorpresa. Lei scuote la testa, riuscendo finalmente a sentire ciò che dico. "Non può essere vero!" grida, in preda al panico. "Mamma, stavo scherzando" la tranquillizzo. L'unico modo per farmi sentire è parlare di loro. Loro, loro, sempre loro. Adoro la mia famiglia. "Comunque oggi non ho proprio voglia di andare a scuola" annuncio, tornando in camera mia. Dopo poco la sento raggiungermi. Irrompe in camera, aprendo la porta di scatto. "Non puoi non andare a scuola oggi" scuote la testa "dobbiamo parlare con il professore di chimica". "E ce la fate ad arrivare all'aereo-porto in tempo?" domando, incrociando le dita. "M certo" dice, scrollando le spalle. Dovevo aspettarmelo, ha già pianificato tutto. Tipico di mia madre. Quindi ora mi tocca anche andare a scuola. Fantastico. 





 

 

"Noi andiamo direttamente nell'ufficio del professore, quindi ci salutiamo qui" trilla mamma, già entusiasta per il viaggio che farà da lì a qualche ora. "Sì, ok...." rispondo. Le volto le spalle e, lasciandola con un bacio sulla guancia in sospeso, mi dirigo verso la mia aula. C'è anche Alex, ma è vicino a Christabel, quindi posso stare tranquilla che non mi darà fastidio. E' impressionante quante cheerleader senza cervello ci siano alla mia scuola, e anche lei è una di quelle. Non sto scherzando, davvero. Rappresentano praticamente la maggior parte delle studentesse di questo liceo. Mi soffermo sulla lezione e, quando facciamo un compito in classe a sorpresa, finisco prima dello scadere del tempo e la professoressa, che non ha nulla da fare mentre aspetta che tutti terminino il loro lavoro, me lo corregge subito. Prendo il massimo dei voti e me ne torno a posto con un'aria soddisfatta che non riesco a togliermi dalla faccia. Purtroppo è di norma, in seguito ai compiti in classe, mettersi a parlare con un tono di voce poco pacato per tutta l'aula. C'è un casino infernale ed io mi prendo il volto tra le mani, mentre la testa letteralmente mi scoppia. Riesco a distinguere la voce frizzante di Christabel e sono contenta lo tenga occupato. Non voglio davvero avere a che fare con Lui, perché potrei prenderlo a sberle. Stranamente, però, ho lo stomaco in subbuglio. So perfettamente che sensazione è, e non voglio provarla per Lui, non voglio! Ma la sensazione si fa sempre più forte, finché non sento qualcosa urlare di frustrazione dentro di me. E' gelosia. E non posso fare nulla per fermarla. "Oddio, ti prego, smettila!" il grido di Alex mi arriva come un uragano. Arriva a tutti. "Non ce la faccio più. Non fai altro che blaterare, blaterare, blaterare, senza fermarti mai!". L'intera classe ride e Christabel diventa rossa per l'umiliazione. "Era da tanto che volevo dirglielo" sento qualcuno sussurrare a qualcun'altro. "Grande Alex!" si leva un coro per tutta l'aula. Ormai lo ammirano tutti. Christabel se ne va indignata. Poverina, penso, non è proprio abituata. Ma una parte di me sta sorridendo, anzi, sta proprio ridendo, una risata soddisfatta, perché ha avuto ciò che si meritava per aver parlato con Lui; ride perché sa che Alex non desidera nessun altro oltre a me. Oh mio dio! Ma che sto dicendo?

 

 

"Ehi" Alex mi prende per una spalla e mi trascina dietro il muro che da sulla biblioteca. A quest'ora non c'è nessuno perché la biblioteca non è visitata di solito, figuriamoci negli orari di lezione. Dannata ora di buco. E' buco anche per Lui. Uff. Mi bacia dolce, ma lo spingo via. "Cosa c'è?" domanda sorpreso. "Non avevi nessun diritto di immischiarti nella mia vita privata!" tiro fuori le parole che avevo dentro da ieri. "Volevi davvero stare con quello?" domanda, poggiando entrambi i palmi sul muro così da non farmi andare da nessuna parte. "Certo!" grido. Lo odio. E' così alto che non riesco a vedere nulla a parte il suo busto possente e il suo volto che va a fuoco. "Che cos'ha lui più di me?" chiede, includendoci un calcio nello stinco che mi manda fuori di testa. Urlo di dolore. Mi guarda "Sto aspettando". "E' dolce, buono e di sicuro non mi picchia!" dico piangendo. "Io so essere dolce" mi prende il viso tra le mani, mi bacia mordendomi il labbro delicatamente. Lascia una scia di baci leggeri sul mio collo. Sono avvolta dalle sue carezze, quando mi da una ginocchiata sullo stomaco che mi toglie il respiro. Mi lascia cadere a terra e io ansimo in cerca d'aria. "Solo che non voglio esserlo" scrolla le spalle e se ne va, lasciandomi agonizzante sul pavimento. 

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Capitolo 13
*** Un'amica e una nemica in più ***


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Passo la serata in cucina a mangiare montagne di cinese ordinato per telefono e piangendo. Quel bastardo! Lo odio! E mi manca Taylor. Tanto. Passo al cioccolato e faccio fuori tre scatole di praline alla frutta ricoperte di zucchero. Devo smetterla. Prima o poi rimedierò qualche chilo continuando a mangiare così. Ma non riesco a fare altro. A parte piangere, ovviamente. Quello riesco a farlo benissimo. Perché deve condizionarmi in questo modo? Non ne ha nessun diritto. Non ha il diritto di farmi del male e non ha il diritto di trattarmi come vuole. Ma ovviamente lo fa e io non posso fare nulla per fermarlo. Lo odio! Lo voglio fuori dalla mia vita! E' forse chiedere troppo? Evidentemente sì...

 

Mi addormento sul tavolo, vestita e con intorno quintali di cibo, fino alla mattina dopo. E' sabato, quindi non mi preoccupo di nulla e dormo come un sasso. La porta di casa sbatte, ma io quasi non me ne accorgo. "Oh. mio. dio." esclama Amber, vedendomi in questo stato. "Come hai fatto ad entrare?" domando, sbadigliando. "Hai lasciato la porta aperta" spiega, con tono di rimprovero. "Forza," mi scrolla, rimboccandosi le maniche "sistemiamo questo schifo". Anche se mantengo le distanze, le voglio bene davvero. Ha una carica di energia positiva che mi ritempra sempre. Quando l'intera casa brilla, si siede sul mio letto e incrocia le braccia. "Non me ne vado di qui finché non mi dici che sta succedendo!" afferma. Mi preparo a fingere di non capire cosa intende, ma lei sa che ho già capito cosa vuole sapere, quindi tanto vale saltare direttamente la parte delle scuse. "Bhè" comincio "nulla in particolare..." "No, no, no!" mi interrompe "Non fare la vaga con me! Ricordati che io mi accorgo di quando stai mentendo anche ad occhi chiusi, quindi sputa il rospo e sfogati!". "D'accordo" sospiro, stringendomi nelle spalle "Ci sono... un pò di problemi con Alex". "Che intendi con problemi?" domanda subito. "E' un pò..." cerco la parola giusta "violento". "Aspetta un attimo...." rimugina sulle mie parole "Il livido sull'occhio....." annuisco, abbassando lo sguardo. "Oh mio dio!" si porta le mani alla bocca. Si alza e corre ad abbracciarmi. Alla fine non ce la faccio più a resistere e le racconto tutto. Sfogarsi con qualcuno mi toglie un peso indescrivibile. Avevo davvero bisogno di farlo. "Tesoro!" mi asciuga le lacrime e continua ad abbracciarmi "E' davvero triste! Non posso crederci! Che persona orribile! E io che gli ho persino dato il tuo numero credendo che volesse solo corteggiarti! Che stupida sono stata!" scuote la testa. "Tu non c'entri nulla" le appoggio una mano sulla spalla "Ti voglio bene". Non lo dico con molta dolcezza, ma Amber è così poco abituata a sentirmi dire frasi del genere, che strabuzza gli occhi e sorride, felice. "Io ci sarò sempre" mormora "e da oggi in poi non voglio più venire ignorata in questo modo! Se hai un problema io sono davvero l'unica con cui puoi parlare!". Ha ragione. Ho capito che non posso più andare avanti fingendo che tutto vada bene e tenendomi tutto dentro. Devo sfogarmi con qualcuno, e lei è la persona giusta. Forse per la prima volta, sono davvero felice di avere un'amica.

 

 

Due giorni dopo, lunedì, la scuola è su di giri per il coro di Natale. Per Natale non si intende la festa. Natale Pitman è una persona. Un insegnante di musica, per la precisione. Organizza questo coro ogni anno. Le prime volte era un fiasco, ma con il passare del tempo ha cominciato a selezionare con più attenzione i componenti e ora far parte del coro è una vera e propria ambizione. Quando hanno cominciato a scherzare sul suo nome, ha deciso definitivamente di intitolare quel gruppo di ragazzi che intonano canzoni natalizie a ripetizione passando di classe in classe il "coro di Natale". Christabel, come tutte le sue amichette, assisterà alla selezione di quest'anno, che si terrà in teatro, con frizzante impazienza. Si esibirà e, anche se non ha grandi doti canore, verrà presa quasi sicuramente perché il padre ha offerto una somma alquanto notevole all'ultima colletta organizzata dall'istituto. Io, come è ovvio, non mi sono iscritta, quindi non mi esibirò, ma il preside vuole che tutti gli studenti partecipino alle selezioni, fingendo anche interesse. Per questo, dopo le lezioni, mi ritrovo reclusa nell'aula claustrofobica e traboccante di addobbi che ho attaccato personalmente che costituisce il nostro teatro, costretta a sentire mezza scuola che tenta invano di azzeccare qualche nota senza stonare. Mi siedo decisa vicino ad Amber, che mi ha tenuto il posto, senza curarmi della sedia vuota accanto a me. "Oh no..." sento mormorare Amber, mentre guarda oltre le mie spalle. Mi volto e vedo un Alex disinvolto e con la camicia  sbottonata abbastanza da far girare tutte le ragazze all'interno della stanza. Punta dritto alla sedia vuota vicino a me, proprio mentre Christabel lo avvisa che gli ha tenuto il posto. Certo che quella ragazza non ha limiti! Lui si volta, sentendola, e le sorride. Cambia traiettoria e si dirige verso di lei, senza degnarmi di uno sguardo. Che bastardo! Amber scuote la testa. "Che bastardo..." dice, seguendo i miei pensieri. In quel momento il professor Pitman da dei colpetti al microfono e si schiarisce la voce, annunciando che le selezioni stanno iniziando. Per quanto sussurrino, il blaterale ininterrotto di Alex e Christabel mi da ai nervi. Tutti in questo momento stanno parlando di ciò che sta succedendo due file di sedie avanti a me. "Le ha chiesto scusa..." sento bisbigliare qualcuno. Non solo mi ha fatto fare una figuraccia davanti a tutti snobbandomi in quel modo, sta anche chiedendo scusa a quella gallina! Lo odio! Mezz'ora più tardi, mentre le mie orecchie sanguinano, viene il turno di Christabel. Si alza dalla sedia (più che altro dalle gambe di Alex, visto che gli si era quasi seduta in braccio nel frattempo) e zampetta sul palco. Canta a squarciagola una canzone delle Little Mix che non le si addice affatto e fa un inchino. Alex batte le mani energicamente, quasi fosse una madre orgogliosa della prima recita della figlia all'asilo, e io faccio finta di infilarmi un dito in gola ad Amber. Lei sghignazza e Christabel mi guarda con disprezzo. Scrollo le braccia."Che c'è? E' vero!" le grido, fingendo ingenuità. Tutta la classe segue il nostro scambio di battute, quasi fosse una partita di tennis, ma lei smette di rispondermi e si siede sulle ginocchia di Alex. Sì. Sulle sue ginocchia. Apro la bocca, sorpresa, ma Amber mi suggerisce di chiuderla prima che qualcuno possa vedere il mio sconcerto. Giusto. Non sono affatto sconcertata. E' un colpo basso, ma devo fingere che non mi interessi. Fingo di essere presa terribilmente dal ragazzo che in questo momento sta cantando "Happy Christmas" in modo a dir poco penoso. Ad un certo punto Christabel tenta anche di baciarlo, ma Lui si allontana. Lei ci rimane male, ma Alex le accarezza il braccio e continua a parlarle, così da farglielo dimenticare. Bhé, a questo punto tanto vale che la baci. Non sarebbe poi così strano, dopo tutte queste effusioni. 
Le selezioni finiscono due ore dopo e le mie orecchie vano letteralmente a fuoco. E' incredibile quante persone non abbiano un minimo di amor proprio, quanto basta almeno per rendersi conto che cantare NON E' la loro vocazione."Vuoi che venga a casa tua?" domanda Amber, premurosa. Annuisco "ti dispiace?". "Hai del cioccolato?" chiede. Annuisco. "allora non mi dispiace". Rido e vedo che è felice di avermi fatto sorridere un pò. Vuole farmi dimenticare di Christabel. Che dolce! Ma come posso dimenticarmene se ogni volta che tento di pensare alla mia vita arriva qualcuno che mi prende per un braccio e mi dice: "Dobbiamo parlare"? "Che vuoi?" dico sprezzante. "Gelosa?" è compiaciuto. "Assolutamente no!" scatto. Incrocio le braccia al petto e Lui sorride. Avvicina il volto al mio finché i nostri nasi non si sfiorano, ma io lo spingo via. Ci riprova, ma io mi scanso e mi dirigo verso Amber, che sta aspettando un pò più in là. "Artemisia, aspetta!" mi grida dietro. Mi volto solo perché ci sta guardando mezza scuola e non voglio fare la figura della menefreghista. Si guarda intorno. "Che avete da guardare?" si rivolge a la sopracitata mezza scuola che ci fissa, in attesa di qualche colpo di scena. Quasi tutti fingono di guardare in aria o per terra, ma c'è una persona che non distoglie lo sguardo. Rimane appoggiata alla parete, con le braccia incrociate e il volto in fiamme. E' furiosa, mi fissa come se volesse incenerirmi. In un attimo so cosa devo fare. Sorrido, sfidandola con gli occhi, ma smetto subito per tornare a fare l'offesa. Alex mi si avvicina di nuovo e appoggia la fronte alla mia. "Sono solo tuo" sussurra "lo sai". Quando prova a baciarmi per l'ennesima volta, tento di allontanarmi, ma poi cedo e mi lascio baciare mentre tutti intorno a noi si godono la scena. Lo abbraccio e, dalla sua spalla, non riesco a trattenere un sorriso arrogante a quella palla di fuoco che rimane appoggiata al muro a fissarci. Lo vede solo lei, ma è come se l'avessero visto tutti. Mi rende vincente. E' una sensazione che adoro. 

 
 

Mentre torno a casa, parlandone con Amber, riconosco di aver perdonato Alex solo per infastidire Christabel. Era l'occasione perfetta per tagliare i ponti, mi fa notare, ma non potevo lasciarmi sfuggire una vittoria del genere, dovevo fargliela pagare, dovevo! E l'ho fatto. Non finirò mai di congratularmi con me stessa per averlo fatto. Ha avuto ciò che meritava. Per la prima volta dopo tanto tempo, mi sento di nuovo io. Ho tirato fuori di nuovo il mio carattere. Bello o brutto che sia, è pur sempre il mio carattere, e sono felice di essermi assicurata che c'è ancora la "me" degli anni precedenti, anche se è un pò nascosta dalla "me" paurosa che la sta rimpiazzando. Sono di nuovo io. Finalmente!





Spazio Autrice:
ciaoooo!!!! Che ne dite, preferite Artemisia succube o Artemisia che fa la str****a?? recensitemi, perché sono indecisa su come modificare il suo carattere nei prossimi capitoli. ;)

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Capitolo 14
*** Ma io ti amo! ***


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La scuola oggi è ancora più in subbuglio. Ovviamente, Christabel e le sue amichette raccomandate sono state prese e ora si sta decidendo quando far fare le prove al coro rispettando gli impegni di tutti i componenti. Fosse per me sceglierei un giorno a caso e a chi non va bene può anche dire addio alla sua parte nella rappresentazione, ma forse è proprio per questo che non sono adatta ad organizzare cose del genere. Le prime due ore abbiamo ginnastica, materia che odio. Se devo dire la mia, non la considero neanche una materia vera e propria, perché non ci sono compiti, non si studia... si suda  solo! Preferirei di gran lunga otto ore di storia, ma, anche scegliendo il corso con meno movimento come ho fatto io, devo comunque subire due ore a settimana di tortura fisica. La nostra professoressa ci fa fare di corsa almeno dieci giri dell'istituto, ma io delle regole me ne infischio e passeggio più o meno tutto il tempo. Sto quasi per sedermi a terra per la noia quando vengo raggiunta da un'Amber sudata e affaticata che mi ha già superato di vari giri. "Come va?" mi chiede, fermandosi e respirando con affanno, con le mani sulle ginocchia. "Benissimo!" annunciò "mi sto godendo il panorama!". Ride, abituata a vedere il mio 'grande impegno' durante quest ora. Ci sediamo su una panchina e Amber riprende fiato, mentre io mi guardo le unghie.  "Dovevo aspettarmelo" grida una voce alle nostre spalle, anche lei con il fiato corto "sport come questo sono troppo impegnativi per individui del genere!". Riservo a Christabel un gesto poco educato e lei se ne va indignata. "Che gente..." sospira Amber. "Lo so..." la appoggio. 

Un giro dopo, siamo ancora ancorate alla nostra amata panchina. Anche Alex, che si allena con un'altro professore, è costretto a correre intorno alla scuola a quest'ora, perché siamo così tanti che il preside ha deciso che il viale è grande abbastanza per farci entrare due classi invece che una ad ogni turno. Mi alzo per salutarlo con la mano, convinta che voglia continuare a correre, ma quando mi vede mi viene incontro, mi prende per la vita e mi bacia con passione. "Ma questa qui fa un giro al secondo?" sento mormorare Amber accanto a noi. Ci voltiamo entrambi di scatto e troviamo Christabel che ci fissa. Alex mi sussurra che vuole chiarire la situazione e si dirige verso di lei. E' abbastanza lontano da non farmi sentire ciò che dice, ma vedo una lacrima rigare quel volto colmo di fondotinta. "Ma io ti amo!" grida ad un certo punto lei con la sua voce stridula. Lui le posa una mano sulla spalla e le dice qualcosa, indicandomi. Mi volto verso Amber, inarcando un sopracciglio e lei si stringe nelle spalle. Continuano a parlare per un pò, finché Christabel non gli si lancia addosso e lo bacia. Lui la respinge poco delicatamente e scuote la testa, abbastanza irritato. Continua ad indicarmi e io non so che fare. Mi sento presa in causa. "Ma tu guarda!" grida Amber indignata, vedendo il mezzo-bacio. "Bhé, lui l'ha respinta, quindi va bene" aggiunge subito, rivolta a me. Annuisco, senza distogliere lo sguardo dalla scena. Alla fine lei scoppia a piangere e si dirige verso gli spogliatoi. Alex viene verso di noi. "Ti sei divertito?" domando. Inclina la testa "Non l'ho mica baciata io!" dice, senza capire perché sono arrabbiata. Effettivamente non lo so neanche io. So che ciò che è successo poco fa mi ha innervosito a dir poco e ho ancora un vuoto allo stomaco per averlo appena visto baciarsi con un'altra. All'improvviso, senza sapere neanche perché, scoppio a piangere. Forse è la tensione accumulata per tutto questo tempo, o lo stress o qualsiasi altra cosa, fatto sta che quando mi prende tra le braccia io mi stringo a Lui e continuo a singhiozzare sulla sua spalla. "Ehi..." mormora, accarezzandomi i capelli. Sento Amber andarsene, più che altro perché ha capito che in questo momento non sono esposta alla sua rabbia, quindi non ho bisogno che mi controlli. Tenta di baciarmi ma gli allontano le labbra con la mano. "No, no" scuoto la testa "prima di baciarmi di nuovo lavati la bocca! Altrimenti mi becco tutti i germi di quell'oca!". Sorride e mi bacia delicatamente il collo.

 

 

"Artemisia?" durante una delle tante riunioni in teatro di cui non so con precisione neanche il motivo, mi si avvicina Jeremy, un ragazzo con cui frequento il corso d'arte. Ha gli occhi azzurri e dei capelli selvaggi, tendenti al biondo. E'....bhè....bello. Molto bello, se devo essere sincera. Le ragazze qui non lo considerano molto perché è molto riflessivo e non gioca a football. Preferisce dipingere un quadro e questa è una delle caratteristiche che decisamente non ti fanno guadagnare punti in questa scuola. "Ti andrebbe di uscire....uno di questi giorni?" domanda impacciato. Lancia uno sguardo verso gli spalti più alti. "Come amici ovviamente!" si affretta ad aggiungere. Mi volto anch'io, provando a capire cosa può aver visto per essersi agitato in questo modo. Alex, seduto sugli spalti, ci fissa, impassibile, senza distogliere lo sguardo. La sua espressione, anche se indecifrabile, da la sensazione di essere sotto un riflettore. "Ma certo che mi piacerebbe!" dico, mantenendo la calma. Ovviamente non può riuscire a sentirci perché è troppo lontano, quindi non mi resta che finire questa conversazione il prima possibile e magari continuarla più tardi. "Bene, fammi sapere quando sei libera. C'è il mio numero sul mio profilo facebook, mandami un messaggio" dice tutto d'un fiato, capendo la situazione e andandosene velocemente. Meno di un minuto dopo, Alex mi raggiunge. "Che voleva?" domanda, aspro. "Nulla" scuoto la testa "solo i compiti di arte". Lo guardo, sorridendo. "Geloso?" domando, con uno sguardo di sfida. "Anche fosse?" chiede a sua volta, inarcando un sopracciglio. "Non ne hai motivo" sussurro, circondandogli il collo con le braccia e baciandolo. 

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Capitolo 15
*** Ti conosco meglio di quanto tu creda ***


Image and video hosting by TinyPic Appena torno a casa cerco il numero di Jeremy. 'Domani per me sarebbe perfetto. Possiamo vederci 
per le tre? Scegli tu il posto.'. Semplice e conciso. Non sono certo il tipo da messaggini romantici. A parte con Taylor, ovviamente. Con lui era diverso. Ed ecco che mi ritrovo a piangere per l'ennesima volta. Mi manca.Tanto.
Il messaggio di risposta di Jeremy mi distrae dai miei pensieri tristi. Decidiamo di incontrarci in una delle piazze più famose della città, a pochi passi da casa mia, per un gelato. Perché lo sto facendo? Perché il mio stupido cervello vuole una conferma che posso fare ciò che voglio senza essere comandata da Alex, per non cadere in depressione. Sospiro. Tanto vale provarci...


Il giorno dopo, all'uscita da scuola, non sono più tanto convinta di poter dimostrare la mia indipendenza. Alex non sembra sospettoso, ma il suo sguardo basta a farmi immaginare cosa succederebbe se lo scoprisse. Ma ormai ho detto sì, quindi devo solo farmi coraggio e buttarmi. Posso farcela. 

Quando arrivo nel posto stabilito, mi siedo su una panchina e mi rilasso. E' praticamente impossibile incontrarlo qui. Jeremy arriva un paio di minuti e si scusa subito per avermi fatto aspettare. Compriamo due gelati giganti e impieghiamo quasi un'ora per mangiarli tutti. "Come fai?" domanda, guardandomi. "A fare cosa?" chiedo a mia volta, mentre tento di non far colare la crema sciolta dal cono. "Ad essere bella anche mentre mangi un gelato, intendo." si spiega "cioè, tutte a scuola fanno chissà cosa per sembrare attraenti, ma alla fine non lo sono affatto. Sono solo delle bambole di plastica senza espressioni. Tu invece, sei bella proprio perché sei spontanea". "Ma ho un brutto carattere" gli faccio notare, mentre tento di non arrossire. "A me il tuo carattere piace" mi smentisce "Certo, è un pò forte, ma mi piacciono le ragazze che sanno reagire!". Abbasso lo sguardo. Se dovessi analizzare davvero questo mese, dovrei ammettere che non ho provato a reagire neanche un pò di fronte alle costrizioni di Alex. "Dici così perché non mi conosci bene" dico. "Ti conosco meglio di quanto tu creda" mi confessa "ti osservo spesso e... bhè... più o meno mi sono fatto un'idea di come sei". Scuoto la testa "non sono così facile da capire". "Non sopporti praticamente nessuno a scuola e non fingi che non sia così. Quando qualcuno ti innervosisce non ti preoccupi di nulla e glielo dici." comincia ad elencare "sei sempre stata attratta da Alex, ma ti innervosiva il suo comportamento, quindi hai sempre mentito anche a te stessa sui tuoi sentimenti, fino a quest'anno. Adori cantare, ma quando lo fai davanti agli altri ti senti stupida, quindi metti le cuffie e canti solo nella tua testa. Scommetterei che quando non c'è nessuno canti a squarciagola e sei anche brava". Applaudo, sorpresa. "Qualcos'altro?" domando. "Ci sono dei problemi con Alex." aggiunge "E' strano. Non capisco cos'ha, ma non mi sembra nulla di buono. Non sei soddisfatta della tua vita odierna. Odi i tuoi genitori. Non sei attratta da me se non come un'amico.". "Non è vero!" lo smentisco subito, ma entrambi sappiamo che tutto ciò che ha detto corrisponde a verità. 

Continuiamo a parlare, ridere e magiare, senza più toccare l'argomento Alex. E neanche il fatto che per me lui è solo un amico. Quando mi riaccompagna a casa lo ringrazio del bel pomeriggio e nessuno di noi allude ad un bacio. Tiro un sospiro di sollievo. E' andato tutto bene. 

 

 

 

 

 

Il telefono di casa squilla, destandomi da un sonno profondo. Alzo la cornetta, sbadigliando. "Pronto?" rispondo, assonnata. "Dove sei stata ieri?" la voce arrabbiata di Alex mi fa rabbrividire. Come ha fatto ad avere il mio numero fisso? "Alex, sono le tre del mattino! Non posso dirtelo domani a scuola" fingo di stiracchiarmi, ma il panico comincia a farsi strada in me. Lo sa. "Dimmelo ora" insiste. E' davvero arrabbiato. "Sono uscita..." "Con chi?" mi interrompe subito. "Nessuno" dico, sulla difensiva. "Jeremy non mi sembra nessuno..." sibila irritato. "Chi te l'ha detto?" domando. "Non ha importanza!" grida. "Sì che ce l'ha!" urlo anch'io "tu mi spii, Alex! Non puoi farlo!". "Non ti ho spiato!" sbraita, offeso " non sono io ad averti visto!" abbassa la voce, diventando triste "mi hai detto che non dovevo preoccuparmi. Che non avevo motivo di essere geloso... Mi hai solo preso in giro! Come ho potuto fidarmi di te? Mi hai fatto passare per uno stupido! Ma la pagherai per questo, Artemisia, te lo prometto!". Attacca all'improvviso e io inizio a piangere, abbracciandomi al cuscino. Non posso farcela...




Spazio Autrice:
Spero di avervi incuriosito con questo capitolo.... chi ha fatto la spia con Alex??? penso l'abbiate già capito....... altrimenti aspettate il capitolo successivo, che arriverà il prima possibile!!!! (quello nella foto è Jeremy)

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Capitolo 16
*** Le hai fatto venire un livido! ***


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Inutile dire che per il resto della notte non faccio altro che piangere e rigirarmi nel letto. La mattina, a scuola, sembra uno zombie. Ho delle occhiaie violacee che sembrano dire: 'ho così paura di Alex che non ho dormito per tutta la notte'. E purtroppo è anche vero. In corridoio, Jeremy mi si avvicina e non ho cuore di far finta di non vederlo. "Ieri sono stato davvero bene" mi informa "Se non è chiedere troppo..." allude ad Alex "...ti andrebbe di rifarlo....qualche volta?". "Vedi, sono un pò occupata in questi giorni..." comincio, ma capisco dalla sua espressione che sembra che io non mi sia divertita e non voglia più uscire con lui. "Non è per me..." accenno ad Alex, che si sta dirigendo q grandi passi verso di noi. "Capisco" sussurra. "Vieni con me!" Alex mi prende bruscamente per un braccio. "Ehi!" Jeremy fa per fermarlo, ma Lui non lo sente e si dirige verso il bagno, con me al seguito, proprio mentre la campanella suona. Ecco. Ora non posso neanche sperare che qualcuno entri in bagno e mi aiuti. Mi dà una spinta così forte che mi manda addosso alla porta di un bagno. "Siamo qui per un motivo" comincia. Mi costringe a guardarlo mentre mi tira i capelli verso il basso. Sento le lacrime raggiungermi gli occhi, ma mi costringo a non distogliere lo sguardo. Non sono solo una pedina del suo gioco. Non lo temo, e non sarà mai più forte di me. Mi risulta difficile pensarlo, però, mentre mi fa del male senza che io possa fare nulla per impedirglielo... "Siamo qui" spiega, tranquillo "perché dobbiamo farti capire che non hai a che fare con un idiota che puoi prendere in giro come ti pare, mentendogli... mentendogli!" ripete "Ma con chi credi di avere a che fare? Tu, davanti a me, non sei nessuno. Hai capito? Se io voglio che tu faccia una cosa, qualsiasi cosa, la devi fare. Perché sono IO che comando. Non tu! Chiaro?". Non rispondo. Continuo a guardarlo, con la mia migliore espressione di sfida, sfigurata solo dagli occhi lucidi. Aspetta che gli dica di sì, ma non lo faccio. Lo fisso, aspettando la sua prossima mossa. "Probabilmente non ti è ancora chiara questa parte..." dice. Mi da un calcio nello stomaco e io mi accuccio a terra, urlando di dolore. "Bastardo!" gli grido. "Stai zitta" sussurra, scuotendo la testa, forse non riuscendo a capacitarsi che io abbia ancora il coraggio di rispondergli. Mi riempie di calci da tutte le parti e non riesco ad alzarmi da terra e reagire. "Basta!" sbraito, mugolando dal dolore. Si ferma a guardarmi. "Ti prego..." lo supplico. Lo so non dovevo farlo, ma non avevo altra scelta. Tremo, piena di contusioni e lividi. Lui sorride, contento che io mi sia abbassata ad implorarlo. Ha avuto la sua vittoria. Proprio in quel momento irrompe dalla porta Jeremy, trafelato. Mi fissa, sgomento, poi si volta verso Alex. "Lo sapevo..." sussurra, scuotendo la testa. Mi tiro su per non fare la figura della lagnosa, ma il dolore è insopportabile. Vedo gli occhi di Alex brillare. Ha avuto un'idea. Non riesco a capire quale sia. Ormai è stato scoperto. Cos'ha in mente? "Fatti sotto!" invita Jeremy, sfidandolo. Lui gli si lancia addosso e comincia a prenderlo a pugni, ma Alex è palesemente troppo forte. Proprio quando sta per atterrarlo, l'intera scuola, o quasi, viene a vedere che cosa sta succedendo e un paio di professori li dividono. "Lasciatemi!" grida Alex "quell'idiota ha picchiato Artemisia!". Entrambi rimaniamo senza parole. "Cosa?" dice Jeremy, sconvolto "non è vero!". "Sì che lo è!" si volta verso di me "guarda! Le hai fatto venire un livido!". Io scuoto la testa, come può arrivare fino a questo punto? Alex continua ad inveire contro Jeremy, finché il suo insegnante di educazione fisica, che lo ritiene il suo allievo migliore, gli chiede cosa è successo. "Ci stavamo picchiando e lei ha cercato di separarci ma lui le ha dato un pugno in faccia!" sbraita Lui, in un modo davvero credibile. Ora capisco. L'unico livido visibile che ho (ossia non coperto dagli abiti) è sul mento, quindi si può benissimo pensare che ci sia SOLO quello. "Non è vero!" dico, ma Lui grida così forte che nessuno mi dà attenzione. Lo odio! Come può aver dato davvero la colpa di tutto a qualcuno che mi stava solo aiutando? Solo un verme come Lui poteva fare una cosa del genere...



I giorni passano e lo scoop della 'rissa a tre' diventa sempre più costruito. Si formano varie versioni, alcuni dicono che litigavano per me, altri che litigavano per 'il coro di Natale', altri perché ad Alex non piaceva il colore della felpa di Jeremy, altri ancora che eravamo io e Jeremy a litigare e Alex ci ha solo diviso. Comunque, ho rinunciato già da tempo a rivelare la verità agli altri, perché nessuno vuole ascoltarmi e Jeremy è grande e vaccinato, quindi può difendersi da solo!  

Durante l'ora di storia quasi mi addormento sul banco. Ognuno si fa gli affari suoi, quindi decido di accendermi l'ipod. Il professore non si accorge di nulla, quindi metto a tutto volume una delle mie canzoni preferite degli AC/DC. Con una incredibile puntualità, proprio mentre c'è l'assolo di chitarra, viene annunciata l'ennesima riunione in teatro per parlare di qualche disastro ambientale di cui non sono a conoscenza. Sospiro e mi dirigo, strascicando i piedi, fuori dall'aula. 

Appena entro trovo Amber ad aspettarmi. Involontariamente, passo vicino a Christabel e lei mi da una spallata proprio su uno dei tanti lividi che conservo sotto la maglietta. "Ehi!" le dico. "Ti sei divertita con Jeremy?" chiede, sorridente. "Un momento..." rifletto "sei stata tu a dirlo ad Alex!". "A quanto pare tra di voi ci sono dei bei segretucci..." scuote la testa, fingendo disapprovazione. "Brutta..." mi lancio addosso a quell'odiosa faccia soddisfatta. Le strappo i capelli e lei urla di dolore. Continuo a graffiarla in faccia e lei non riesce a difendersi. Amber tenta invano di allontanarmi. Quando mi arrabbio davvero nessuno può fermarmi! A parte colui che mi prende di peso e mi porta via dalla faccia ormai sfregiata di quella sciacquetta. "Calma, calma..." mi sussurra all'orecchio, ma io continuo a scalciare. Voglio continuare a farle del male. "Lasciami!" grido all'individuo che mi stringe forte, per non farmi scappare. "No che non ti lascio!" risponde "Prima calmati!". Dopo un pò mi tranquillizzo. Non ho altra scelta, se non voglio restare tra le sue braccia per il resto della giornata. "Perché la stavi picchiando?" mi chiede, ancora alle mie spalle. "Lasciami stare" lo spingo via. Amber si avvicina a noi a grandi passi. "Solo perché esci con un altro a sua insaputa io devo rimetterci? Ho solo fatto ciò che è giusto..." sbatte le palpebre con finto sguardo angelico. "Non è uscita con un altro a mia insaputa. Io lo sapevo." dice Alex. "Ma... quando te l'ho detto tu mi hai ringraziato..." continua Christabel, meno convinta. "Non volevo che non ti sentissi importante." le risponde, quasi fosse una ragazzina dell'asilo. "Mi hai preso per un'idiota?" sbraita lei, diventando rossa "Non ho bisogno di sentirmi importante! Io sono importante!". "Bhè, non per noi..." sussurro io. Alex ride. Christabel lancia un'urletto di disappunto e se ne va, lanciando ad Alex uno sguardo adorante. Come può piacergli nonostante tutto? Forse dovrei farmi fare un corso accelerato da lei per sopravvivere a questo inferno...

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Capitolo 17
*** Nessuno può salvarmi... ***


Image and video hosting by TinyPic "So che era solo una recita quella di ieri. So anche che io ti interesso sotto, sotto.... incontriamoci." leggo, aggrottando le sopracciglia. "Perché guardi il mio telefono?" domanda Alex, tornando dalla cucina. Ok, ok. Vorrete sapere che ci faccio a casa sua. Bhè, diciamo solo che la chimica per me è rimasta un mistero e Lui è rimasto il primo della classe in questa materia... "Christabel continua a torturarmi?" chiede. Gli passo il telefono e Lui sospira, leggendo il suo ultimo messaggio. Noto, con non poca soddisfazione, che non le risponde neanche. Mi si avvicina e mi bacia teneramente. "Sono felice che tu sia qui" sussurra. "Anch'io...." rispondo, un pò incerta. Non sono sicura di essere davvero felice di essere lì, piuttosto sono felice che oggi non sia arrabbiato per nulla, ma non glielo faccio notare. Jeremy mi chiama pochi minuti più tardi. Ovviamente il cellulare non è mio, è di mia madre, perché Alex non ha ancora intenzione di restituirmelo, ma Jeremy conosce già questo numero perché è quello con cui ci siamo dati appuntamento l'altro giorno. Mi appunto mentalmente di essere più veloce nei movimenti le prossime volte, mentre Alex afferra il telefono e risponde al posto mio. Cominciano a prendersi a parolacce e Alex lo rassicura che nessuno mi proteggerà mai meglio di Lui. Sento chiaramente Jeremy spiegargli che non l'ha denunciato solo perché io gliel'ho chiesto espressamente. E' vero, l'ho pregato di non dire nulla a nessuno perché non sarebbe servito ad altro che a farmi picchiare di più. Ormai sono arrivata alla conclusione che nessuno può salvarmi...

 

 

 

La telefonata andò avanti con insulti vari, dopodiché io ed Alex ci dedicammo alla chimica e la giornata finì più o meno così.

Il giorno dopo, a scuola, il preside ci ricorda almeno dieci volte che il 'coro di Natale' si esibirà tra meno di una settimana. Quasi tutti fingono impazienza, ma la verità è che: o non gliene frega nulla, come me, oppure sono stati scartati, quindi odiano il coro e tutti quelli che ne fanno parte. Comunque, io vago di classe in classe, fingendo di essere attenta, mentre penso solamente al Natale che si avvicina e a quanto io odi quel giorno da quando sono nata. I miei se ne vanno in vacanza e prima mi lasciavano con qualche baby sitter strapagata perché lavorasse anche il 24, mentre ora mi lasciano semplicemente a casa da sola, a mangiare patatine e torrone e guardando qualche stupido

cine-panettone in TV. Amber è casa dei suoi zii, quindi, per quanto vorrebbe, non può invitarmi da loro. Dice di essersi innamorata, ma on vuole dirmi chi è, perché sa che lui non ricambia e quindi si vergogna. Non sono mai stata un'amante dei pettegolezzi, quindi non le faccio domande e aspetto che sia lei a volermene parlare. "Come va con Alex?" mi chiede, appena ci vediamo. "Diciamo tutto a posto, ma non è ciò che voglio" le rispondo, sospirando. "In che senso?" domanda. "Non voglio stare con Lui, quindi, anche se non è molto violento questi giorni, è comunque una situazione che non mi piace". "Non c'è proprio modo di rintracciare Taylor?" prova a trovare qualche soluzione, ma invano. "Ormai con lui ho perso le speranze...." scuoto la testa, mentre una minuscola ma insolente lacrima mi riga il volto. 



Le strade che portano a quel piccolo paese di campagna in cui la nostra protagonista abita sono ormai quasi desolate, ma una macchina disturba la quiete cittadina. Sfreccia agitata tra i prati e le ville, quasi invisibile. Colui che la guida è agitato, abbastanza confuso e deluso. In quest'ultimo mese ha pianto tanto, ha avuto problemi a scuola e non ha dormito la notte. E' triste e non riesce a riempire il vuoto che gli si è formato dentro,  ma vuole comunque raggiungere quel paesino il prima possibile, perché ha capito che la persona che ama, che lo voglia o no, è in pericolo...


Spazio Autrice:
lo so, lo so, il capitolo è un pò corto, ma serviva solamente da collegamento con il prossimo (che spero di postare il prima possibile) ciaoooooo!!!!

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Capitolo 18
*** Ultimo capitolo ***


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Non so come ho fatto a trovarmi in questo guaio. So solo che quando Alex  mi ha chiesto di venire a casa sua, anche se Amber non era d'accordo, io ho annuito e mi sono fatta guidare nella sua macchina, poi sul vialetto e infine dentro casa. Tremo, rendendomi conto solo adesso del grande errore che ho fatto. Era abbastanza dolce fino a pochi minuti fa. Ci eravamo baciati e tutto era andato per il meglio. Poi il suo telefono ha squillato... Ho capito in un attimo che si trattava di Christabel, perché la sua voce guizzava fuori dalla cornetta come lo stridio delle gomme sulla strada. Non capisco cosa gli stia dicendo, ma di sicuro non sta parlando di sé stessa. "E perché ti avrebbe minacciata?" domanda Lui, aggrottando la fronte. La risposta arriva subito dall'altro capo del telefono, e posso quasi immaginare Christabel che sorride soddisfatta. L'umore di Alex si fa sempre più nero e lo vedo stringere i pugni mentre lei gli spiega la situazione. Situazione di cui io non sono minimamente a conoscenza. E' ormai ovvio che stanno parlando di me,  le occhiate di fuoco che Lui mi sta lanciando ne sono una conferma. "Sì, è qui vicino a me" afferma infine, togliendo ogni dubbio. L'ansia si impossessa di me. E' arrabbiato, ed io sono sola, chiusa in casa, con Lui. Vorrei scappare, ma so che non me lo permetterebbe. All'improvviso attacca, sbattendo il cellulare sul tavolo così forte che temo si frantumi in mille pezzi. Incredibilmente rimane integro ed io mi soffermo così tanto su di esso da non accorgermi che Alex si sta dirigendo a grandi passi verso di me. "Era Christabel" dice, distogliendomi dal telefono "Ha detto che l'hai minacciata perché non volevi che si mettesse con Jeremy". Sbarro gli occhi. "Non è vero!" nego, scuotendo la testa. Come ha potuto Christabel inventarsi una cosa del genere? "Perché ti interessa quello?" chiede, triste. Sbatte il pugno sul tavolo e mi si avvicina, inchiodandomi con le braccia al divano su cui sono seduta. "Io ho tutto ciò che tu possa desiderare" sibila, con il volto attaccato al mio "sono ricco, bello, popolare... non è ciò che ti interessa?". "Certo che no!" sbraito, incredula "Non è questo ciò che voglio!" "E allora cosa vuoi!" grida stancamente, come se avesse provato di tutto, ma non avesse mai funzionato nulla. E forse è proprio così... "Voglio dolcezza!" urlo "amore, tenerezza, conforto!". Mi abbraccia all'improvviso e lo sento singhiozzare sulla mia spalla. Sta piangendo?! E chi se lo aspettava! Lasciando le mie braccia, mi prende il viso tra le mani e punta gli occhi azzurro cielo nei miei del medesimo colore. "Mi dispiace" sussurra, mentre una lacrima gli riga il volto. "Lo so..." mormoro, asciugandogli la guancia. Il suo pianto è così sincero che non posso fare a meno di credergli. "Il mio comportamento nei tuoi confronti negli anni precedenti è imperdonabile" dico. "No!" scuote la testa "certo che no! Tu non hai fatto nulla! Ho fatto tutto io, è tutta colpa mia! Sono una persona orribile...". Anche dopo tutto quello che mi ha fatto, non posso non provare compassione per Lui. Mi ha chiesto scusa, e non è proprio il tipo da cui ci si può aspettare una cosa del genere. Mi bacia dolcemente, esprimendo con quel bacio ciò che non è riuscito a dire a parole. Improvvisamente scoppio a piangere anch'io, sopraffatta dalle emozioni. Eppure non è ciò che voglio. Non è chi voglio. Ma non è proprio il momento giusto per dirlo... "Ti amo" sussurra, accarezzandomi i capelli. Attende invano una mia risposta, ma io abbasso lo sguardo. "Non posso. Non sarebbe sincero..." dico. "Perché?" mormora, mentre una lacrima scende repentina sul suo zigomo accentuato. "PERCHE'?" inizia a gridare, prendendo a calci il tavolo che ha davanti e gettando un vaso di fiori per terra. "Io non voglio nient'altro!" sbraita "Nient'altro che te! Perché non posso averti? Perché non mi vuoi?". "Il mio cuore appartiene ad un altro..." bisbiglio, rendendomene conto io stessa solo in quel momento "non posso farci niente.". Il suo schiaffo mi coglie alla sprovvista. Mi colpisce in piena faccia, facendomi cadere dal divano. "Tu sei mia, hai capito?" urla "MIA!". "Non puoi!" sbraito con tutto il coraggio che ho in corpo "non puoi decidere per me!". "Vuoi vedere?" domanda, con un sorriso che mi terrorizza. Si avvicina lentamente, stringendo i pugni così forte che le nocche gli diventano bianche. Il suo sguardo mi provoca una paura incontrollata e dei brividi alla schiena. "Alex ti prego!" lo supplico, piangendo "Non farmi del male, ti prego! Non risolveresti niente...". "Non supplicare!" mi ordina, scuotendo la testa "Non mi farai cambiare idea, così". Quest'ultima frase accende una lampadina nel mio cervello. Ha ragione, non è così che gli farò cambiare idea, devo trovare un'altra tattica. Mi alzo e corro in cucina, stupendomi io stessa di essere riuscita a sfuggirgli. Evidentemente non si aspettava che io reagissi, quindi l'ho colto di sorpresa. Apro un cassetto qualsiasi, mentre sento i suoi passi farsi sempre più vicini. Quando mi volto me lo ritrovo davanti, ma ora mi sento molto più sicura di me stessa. "Posa quel coltello" dice tranquillo, come se si aspettasse che io non riesca neanche a tenerlo in mano. Scuoto la testa e riesco quasi a vedere i suoi pensieri mentre li formula. Si ricorda la ragazza che ero prima che Lui mi rendesse 'docile'. La ragazza degli anni precedenti è più che capace di utilizzare un coltello, anzi, ha la situazione totalmente sotto controllo. "Ti conviene allontanarti..." mormoro, senza un minimo di esitazione nella voce. Lui fa invece un passo in avanti "Non oseresti...". "Vuoi vedere?" domando, per fargli capire che ormai la situazione si è capovolta e sono io a comandare. Esita un attimo e un guizzo di paura gli attraversa il volto. Poi, però, sorride, sfidandomi con lo sguardo. Quell'espressione provoca in me una rabbia che mi ribolle dentro. Non se ne andrà finché non la sfogo, quindi l'unica scelta che ho è togliergli quel sorriso idiota dalla faccia. Mi avvento contro di Lui, facendo un taglio profondo sul suo braccio. Grida di dolore, tentando inutilmente di fermare il sangue che sgorga in modo incontrollato. Vorrei fare uno di quei monologhi da cattivo dei cartoni, ma l'unica cosa a cui penso in questo momento è scappare da lì e non tornarci mai più. Corro verso la porta d'ingresso, ma la trovo bloccata. Oh, cavolo... Grido e spingo con forza la maniglia ma è ovvio che Lui mi ha chiuso dentro a chiave. Se fossi dall'altra parte sarebbe facile buttarla giù, ma visto che si apre dall'interno, non ho speranze. Cerco qualche altra via di uscita, ma non faccio in tempo a voltare lo sguardo che Lui mi ha già raggiunto. Ha attorcigliato un tovagliolo sull'avambraccio e purtroppo per me sembra che il metodo funzioni, perché ora di sangue non ce n'è neanche l'ombra. Mi colpisce ed io mi butto a terra, proteggendomi il corpo con le braccia. "Me la pagherai!" dice, con gli occhi in fiamme. Proprio in quel momento la porta si apre ed entra qualcuno. E' evidente che questo qualcuno è più forte di me ed è riuscito a prenderla a spallate. "Amore!" grida 'qualcuno'. "Taylor!" urlo io, incredula. Non posso crederci. Taylor è qui. TAYLOR E' QUI! Sono salva. Mi avvicino per abbracciarlo ma lui si avventa su Alex. Per un pò si prendono a cazzotti e non riesco a capire chi ha la meglio, ma non ho la forza di intervenire. Alla fine Taylor colpisce il braccio di Alex e quello comincia a sanguinare. Il sangue esce a fiotti e non c'è bisogno che Taylor continui. Alex si sdraia a terra, sopraffatto da un dolore tremendo. Non so quale parte remota di me stessa mi convinca a farlo, fatto sta che faccio il numero del pronto soccorso e gli do l'indirizzo, prima di andarmene insieme a Taylor.

 

 

 

 

 

 

 

Sono passati quasi tre mesi e la mia vita è cambiata radicalmente. Sto con la persona che amo e con cui voglio passare il resto della mia vita. Amber si è finalmente messa con Jeremy. Era lui quello che gli interessava fin dall'inizio. Quest'ultimo mi ha rivelato che era uscito con me solo per conoscere Amber. Siamo grandi amici e, contando il fatto che non era neanche interessato a me, non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi protetto da Alex, in un modo o nell'altro. Christabel si è rimessa con il suo ex fidanzato e pare che non abbia intenzione di sabotare la relazione a nessuno, per ora. "Ecco il tuo mega-gelato!" la voce di Taylor mi distoglie dai miei pensieri. E' il nostro anniversario e non c'è nulla di meglio che passarlo in spiaggia a godersi la luna e due mega-gelati alla crema di nocciole. Taylor mi bacia improvvisamente ed io sorrido, soddisfatta della mia vita come mai prima d'ora. Lo guardo negli occhi e penso che non possa esistere nulla di più perfetto. "Ti amo" sussurro. "Anch'io" risponde, prima di riprendere il bacio interrotto. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al limitare del parcheggio, proprio sul tratto che separa il cemento dalla spiaggia, appoggiato su un piccolo recito di legno, una figura si staglia nel cielo notturno. Ha gli occhi azzurro-verdi che brillano nell'oscurità e guarda fisso la coppietta che si sbaciucchia pochi metri più in là, completamente ignara di essere osservata. Il suo sguardo è impassibile, ma ha la mascella serrata. Reclama vendetta. Si sistema indietro i capelli biondi che gli coprono il viso a causa del vento e scopre una cicatrice che gli attraversa l'intero braccio...

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