L'altra metà della mela di mar_79 (/viewuser.php?uid=26266)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
L’ALTRA META’ DELLA MELA
Capitolo
1
«Lucy, Lucy Dotson, sei
proprio tu?»
Sentendosi chiamare lei si
voltò e vide un ragazzo alto e affascinante che le sorrideva. Di certo, si
disse, non lo conosceva altrimenti se lo sarebbe
ricordato.
«Non mi hai riconosciuto
vero? Sono Andrew Archer, eravamo in classe insieme al
liceo.»
Lucy cercò di ricordare di
chi si trattasse finché…no, quello non poteva essere Andrew! Lui era un
secchione, basso, robusto e con gli occhiali che tutti, lei compresa, prendevano
in giro durante gli anni delle superiori. Però in effetti una certa somiglianza
c’era compresa quella piccola cicatrice sul mento e quegli occhi di un grigio
così particolare.
«Andrew, sei proprio tu,
ma quanto tempo, come stai?»
«Bene grazie, e anche tu
vedo,»
Lucy arrossì. «Grazie, sei
gentile.»
Lui si offrì di accompagnarla e iniziarono a
raccontarsi della loro vita. Così venne a sapere che era diventato investigatore
per una società di assicurazioni, viveva in città e, cosa non poco rilevante,
era single.
«Ecco, io sono
arrivata.»
Andrew guardò l’edificio
davanti al quale si erano fermati e rimase sbalordito. «Lavori per
l’FBI?»
«Proprio così. Anche se
non sono un agente lavoro a stretto contatto con loro, è un lavoro molto
interessante.»
«Non ho dubbi. Senti non
vorrei sembrarti frettoloso ma ti andrebbe di cenare con me questa
sera?»
Si aspettava quella
domanda, ai tempi della scuola Andrew aveva una cotta per lei che però non lo
aveva mai considerato da quel punto di vista. Doveva ammettere che invece adesso
quell’invito la lusingava molto.
«Con molto piacere.» Gli
diede il suo indirizzo e fissarono l’appuntamento per le
sette.
Quando entrò in ufficio
aveva un ampio sorriso che non sfuggì ai presenti. «Si può sapere cosa ti è
successo. Sembri il gatto che ha appena mangiato il canarino» fece notare
Myles.
«Beh, in effetti qualcosa
mi è successa. Ho incontrato un vecchio amico del liceo, ci siamo messi a
parlare e mi ha invitata a cena.»
Tara le si avvicinò
subito. «Racconta, com’è questo ragazzo?»
«Molto diverso da come lo
ricordavo ma stupendo» spiegò con aria sognante.
«Bene bene, la coppia
Hudson-Thomas fa proseliti. Oggi è toccato a Lucy, domani forse a Tara, chissà
quando a Bobby.»
Bobby lo guardò storto.
«Ehi, a me succederà molto presto, piuttosto Myles e su di te che dovresti avere
dei dubbi.»
«Molto, molto
simpatico.»
«Voi due finitela di
punzecchiarvi e torniamo a lavoro» si intromise De.
Allora tutti rivolsero la
loro attenzione al tabellone davanti al quale si trovavano Sue e Jack. «Allora
il nostro nuovo caso riguarda un traffico internazionale di droga proveniente
dalla Colombia. All’aeroporto avevano arrestato un corriere ma prima che
potessimo convincerlo a collaborare è stato ucciso in carcere. Sappiamo solo che
un altro carico dovrebbe arrivare tra tre-quattro giorni.»
«Dovremo trovare il nuovo
corriere», aggiunse Sue, «per poter avere altre informazioni. Intanto Tara farà
delle ricerche approfondite sull’uomo ucciso.»
«Bene, tutti a lavoro.»
concluse Jack.
Quando gli altri si furono
allontanati attirò l’attenzione di Sue. «Allora tutto confermato per stasera?»
lei fece segno di si «allora ci vediamo a casa tua. Ora vado dal supervisore per
aggiornarlo sulle indagini.»
Lei lo guardò
allontanarsi. Erano passati alcuni mesi ormai da quando si erano dichiarati il
loro amore nella sala lì vicino, ed erano stati mesi molto felici ma (come in
ogni storia c’era un “ma”) non era facile dover mantenere segreta la loro
relazione. Nessuno, tranne i componenti della squadra che in quanto amici non li
avrebbero mai traditi, doveva sapere di loro e questo li costringeva a fingere
durante tutto l’orario di lavoro quando erano così vicini ma non potevano
neanche sfiorarsi.
«Che ne dici di questo? Non
credi che sia troppo audace?» Lucy si guardò allo specchio per la millesima
volta nell’ultima ora.
«No Lucy, è perfetto, sei
stupenda e lui ti adorerà.»
«Ne sei sicura? Forse
dovrei riprovare quello bianco.»
Levi avvisò Sue che
suonavano alla porta. «Salvata dal campanello. Andiamo deve essere
lui.»
Arrivate in soggiorno
videro che Jack aveva già aperto e fatto entrare Andrew.
«Lucy sei
bellissima.»
«Grazie. Ah, Andrew lei è
Sue la mia coinquilina e lui è Jack.»
«Il fidanzato di Sue»,
aggiunse lui stringendo la mano che Andrew gli tendeva.
Le due ragazze lo
guardarono sorprese ma Lucy fu la prima a riprendersi. «Noi ora andiamo
altrimenti faremo tardi. A dopo.»
Rimasti soli Sue inclinò
la testa da un lato e chiese a Jack: «sbaglio o ti sei presentato come il mio
fidanzato?»
«Non sbagli. Preferivi che
dicessi boyfriend o ragazzo? No, sono termini troppo riduttivi per esprimere
quello che siamo l’uno per l’altra. Fidanzato è perfetto.» Mentre parlava le
aveva preso una mano tra le sue e l’accarezzava
dolcemente.
Sue era felice di quelle
parole ma anche molto imbarazzata e cercò di cambiare discorso. «Il film sta per
iniziare, che dici, ordiniamo la pizza?»
Jack sorrise e posò
delicatamente le labbra sulle sue per un lieve bacio. «Come potrei rifiutare
un’offerta così eccitante?»
Lucy si guardò intorno
approfittando del fatto che Andrew aveva dovuto rispondere ad una telefonata.
Quel ristorante era
proprio carino, con un’atmosfera intima ed elegante, Andrew aveva davvero buon
gusto. Sorrise vedendolo tornare.
«Scusami ma aspettavo
notizie importanti da un collega sul caso di cui mi sto occupando. Mi servono
per un appuntamento di domani mattina e non potevo evitare di
rispondere.»
«Non preoccuparti. Posso
sapere di cosa si tratta?»
Lui sorrise e poi disse con tono cospiratorio «Normalmente
non potrei parlarne ma dato che lavori perl'FBI credo di
potermi fidare. Qualche giorno fa in centro c’è stato un grave incendio negli
uffici di una società di import-export con il Sud America, ne hai sentito
parlare?»
«Si, sono anche passata lì
davanti e del palazzo non rimane granché.»
Andrew annuì. «La società
è assicurata con noi e dato che i vigili del fuoco hanno stabilito che
l’incendio è dovuto ad un corto circuito dovremo pagare il premio.
Però…»
«Tu non ne sei
convinto?»
«E’ solo una sensazione.
L’incendio è scoppiato la notte del 13, beh io ho scoperto che l’ufficio delle
entrate aveva previsto un controllo dei registri della società per il 15. Non so
cosa cercassero ma so per certo che ora quei registri non esistono più. Non ti sembra
strano?»
«In effetti. Ma se hai
questi dubbi perché non lo fai presente al tuo capo?»
Lui fece una espressione
amareggiata. «Vedi quella notte il guardiano dell’edificio è morto. Lascia
moglie e due figli piccoli. Se paghiamo parte del risarcimento andrà alla
famiglia, se avanzo dei dubbi quei bambini non solo avranno perso il padre ma
non riceveranno neanche un dollaro. È solo per questo che sto aspettando di
avere maggiori informazioni, ho sparso un po’ la voce tra quelli che conosco per
vedere se riesco a trovare qualcos’altro.»
«E’ un pensiero molto
nobile il tuo, non tutti si comporterebbero così.»
«Grazie. Ma ora basta
parlare di lavoro, parlami di te.»
Arrivata a casa Lucy andò
nel soggiorno sicura di trovarli ancora lì. E infatti erano sul divano,
addormentati l’uno tra le braccia dell’altro.
Jack le teneva un braccio intorno alle
spalle e Sue aveva appoggiato la testa sulla sua spalla. Li osservò
attentamente, erano una coppia perfetta, peccato che non potessero rendere
pubblico il loro legame.
Levi intanto si era
avvicinato per salutarla. «Fa piano piccolo», bisbigliò, «non vorrai
svegliarli.»
«Sta tranquilla Lucy, non
sto dormendo» disse Jack. «Sue voleva aspettarti sveglia ma circa mezz’ora fa è
crollata. Ora che sei tornata però sarà meglio chiamarla.» Le posò delicatamente
una mano sul braccio e quando aprì gli occhi le sorrise. «Tesoro, è tornata
Lucy. Mi era sembrato di capire che volevi parlarle appena
rientrava.»
Lei si svegliò
completamente. «Oh si, grazie.» Si alzò e andò verso l’amica. Poi, ricordandosi
improvvisamente di lui, si voltò «scusami Jack, noi ci vediamo domani a lavoro.
Buonanotte.»
Lui si alzò fingendosi
deluso. «Voi donne, quando si tratta di spettegolare siete capaci di
dimenticarvi tutto il resto, noi poveri uomini per primi!»
Sue fece finta di non
capire e lo accompagnò alla porta. Mentre stava per uscire lui però si fermò per
insistere. «Ehi, sono rimasto in quella posizione nonostante il braccio mi
facesse male per non svegliarti», voleva sembrare arrabbiato ma si capiva che
scherzava, «e non merito neanche il bacio della buonanotte?»
Sue sorrise. «Ci sarebbe
da discutere su questa richiesta, ma siccome ho fretta di andare da Lucy», si
avvicinò e gli diede un bacio veloce, «eccoti
accontentato.»
Jack la guardò scontento.
«E tu questo lo chiami bacio?» la prese tra le braccia e la baciò a lungo, con
passione. «Ecco, questo è un bacio!» poi aggiunse con tono più dolce «buonanotte
amore» e uscì.
Sue, rossa in viso, si voltò verso Lucy provocandone la
risata. «Si può sapere quando smetterai di arrossire ogni volta che ti
bacia?»
«Non lo so Lucy. Io lo
amo, lo amo tantissimo, solo che non riesco ancora ad abituarmi completamente
alla svolta che ha preso il nostro rapporto. Prima di metterci insieme tra noi
c’era una grande amicizia e forse la paura di perdere anche quella se qualcosa
dovesse andare male non mi permette di lasciarmi andare
completamente.»
Lucy la prese
sottobraccio. «Sta tranquilla, tra di voi non può andare male. Jack per te è
l’altra metà della mela.»
«Spero che tu abbia
ragione!» poi con tono complice «ora dimmi tutto di
Andrew.»
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Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
capitolo 2 mela
Capitolo 2
Jack picchiettava nervosamente con la penna sulla scrivania,
poi improvvisamente spinse con forza la sedia all’indietro e si alzò allargando
le braccia sconsolato. «Volete dirmi che in due settimane non siamo stati capaci
di scoprire nulla sul corriere ucciso e sul traffico di droga? Andiamo ragazzi,
non è possibile che nessun informatore sappia
qualcosa.»
«Non è che
non sanno, non vogliono proprio sentire parlare di questa storia.» Bobby buttò
il fascicolo che aveva in mano sulla scrivania, «sembra quasi che qualcuno li
abbia intimiditi.»
Jack era
sempre più sgomento. «Non riesco a capire, proprio non riesco.» Guardò il
tabellone degli indizi che gli stava di fronte, «ricapitoliamo: poco più di
quindici giorni fa, esattamente il 13, un uomo proveniente con un piccolo aereo
privato dalla Colombia viene arrestato all’aeroporto mentre cerca di passare da
un’entrata di servizio per evitare i controlli. Nella sua borsa vengono trovati
2kg di cocaina, l’uomo sembra disposto a collaborare ma la sera stessa, appena
arrivato in carcere, lo uccidono.»
«E noi
restiamo con un pugno di mosche.»
Jack sorrise
nervoso. «Grazie della precisazione Myles.»
«Il problema»
aggiunse De «è che le autorità colombiane non collaborano e del corriere non
sappiamo nulla di più del nome, sempre che sia vero: Emilio
Fuentes.»
«Ho fatto
ricerche in tutti i database a mia disposizione ma non ho trovato nulla. Mi
dispiace.»
Bobby le
strinse amichevolmente un braccio. «Non preoccuparti Tara, siamo tutti nella
stessa situazione.»
«Direi che
non ci resta che insistere, forza a lavoro.»
Dopo un po’, approfittando di un momento di pausa, Tara si
avvicinò a Lucy e Sue. «Allora Lucy, come va la storia con Andrew? Racconta,
sono curiosa.»
«Va tutto a
gonfie vele, non potrebbe andare meglio. Andrew è davvero un uomo speciale, sono
così felice di averlo incontrato.»
«Posso
garantirti che è vero» si intromise Sue «quando è a casa non fa altro che
cantare e sorridere. Una volta ha persino cercato di ballare con
Levi!»
Scoppiarono a
ridere.
«Ehi, voi tre
allegre comari, non sapete che la pausa pranzo è finita da un
pezzo?»
«Oh Myles sei
proprio un guastafeste.»
«Lo so, e mi
diverto tanto ad esserlo» ribattè lui sollevando le sopracciglia e riprendendo
posto alla sua scrivania.
Tara si
allontanò ed anche Sue stava per farlo quando Lucy richiamò la sua attenzione.
«Dimenticavo, Andrew ha invitato te e Jack questa sera per un’uscita a quattro.
Che ne dici?»
«Per me va
benissimo e credo che neanche Jack abbia problemi.»
«Perfetto
allora, è per le otto.»
La serata era stata molto divertente. Andrew, Sue e Jack
avevano fatto subito amicizia e il tempo era volato. Era quasi l’una di notte e
stavano camminando verso casa delle ragazze mentre Andrew li intratteneva con
aneddoti del suo lavoro.
«E così ho
dovuto rincorrere quel tizio per i campi distruggendo diverse piante. Ho temuto
che il contadino mi facesse causa.»
«Non ti ha
fatto causa? Allora sei un dilettante in confronto a me», gli rispose Jack, «io
una volta scavalcando un muro ho schiacciato un gallo e mi hanno fatto causa per
50.000 dollari. Mio caro hai ancora molto da
imparare.»
«Già, dovrei
venire in missione con te qualche volta…»
«E perché
no?»
«…però vorrei
prendere qualcosa di più grande di un pollo, non so, per esempio un
tacchino.»
«Molto
spiritoso.»
Lucy si
intromise. «Ok ragazzi, ora basta storielle, siamo arrivati. Saliamo a bere
qualcosa.»
«Mi dispiace
ma non posso, domani mattina ho un appuntamento alle 6:30 e non posso fare
tardi.» Andrew le prese la mano.
«Sono davvero mortificato.»
«Non
preoccuparti. Ma chi è che ti da appuntamenti a questi strani orari. Devo
ingelosirmi?»
«Che tu sia
gelosa non può farmi che piacere ma non devi preoccuparti, devo vedere un…, come
lo chiamate voi? Ah si, informatore.» Si portò la mano di lei alle labbra. «Sono
stato benissimo, buonanotte» concluse guardandola intensamente tanto da
lasciarla senza parole.
Una volta in
casa Lucy era euforica. «Oh Sue, sono davvero felice, credo che potrei
innamorarmi di questo uomo!»
Sue lanciò a
Jack una richiesta con lo sguardo e lui annuì comprensivo. «Vado di là a dare la
cena a Levi.»
Rimaste sole
le due amiche sedettero sul divano. «Non credevo di poter avere tanta fortuna,
conoscere un uomo gentile, educato, colto e bello con cui condivido molti
interessi e che sembra veramente tenere a me. Se è un sogno ti prego, non
svegliarmi.»
«Forse hai
trovato anche tu la tua metà della mela e sono contenta che almeno voi possiate
vivere la vostra storia alla luce del sole.»
Lucy fece
un’espressione dispiaciuta rendendosi conto di essere stata un po’ egoista. «Ma
non c’è proprio nessuna soluzione per voi?»
«Se lo
dicessimo al supervisore uno di noi verrebbe sicuramente trasferito. E poi aver
mentito per tutti questi mesi non ci metterebbe certo sotto una buona luce. Per
fortuna la preoccupazione è pienamente superata dalla felicità che Jack mi
dà.»
In quel
momento lui ritornò come evocato da quelle parole e si sedette accanto a
Sue.
«Cos’è, ti
fischiavano le orecchie?» scherzò Lucy.
Lui la guardò
senza capire e allora Sue gli spiegò: «stavo dicendo a Lucy quanto tu mi renda
felice.»
Jack le prese
una mano. «Mai quanto tu rendi felice me.» Si fissarono per qualche istante, poi
si scambiarono un lungo bacio.
Lucy si alzò
preferendo lasciarli soli. «E’ meglio che vada a dormire.» Li guardò, si stavano
ancora baciando, e non riuscì a trattenersi. «Jack, dato che sono sempre io a
preparare la colazione forse dovresti dirmi cosa preferisci, nel caso ti
trovassi ancora qui domani mattina…»
Sue la guardò
scioccata e arrossì per quello che l’amica aveva voluto intendere.
«Lucy!!!»
«Va bene, va
bene, scherzavo.» Andò verso la camera ma dopo pochi passi si voltò. «Però Jack
faresti bene a darmela questa informazione perché sono sicura che una mattina di
queste ti troverò in giro per la casa morto di sonno ma
felice!»
Sue prese un
cuscino del divano e lo tirò addosso all’amica facendola scappare. Poi si
rivolse a lui «scusala.»
«Beh, non ha
tutti i torti. Sono 4 mesi, 2 settimane 3 giorni e», guardò l’orologio, «10 ore
che stiamo insieme e forse dovremmo parlare…»
Lei lo
interruppe imbarazzata per la piega che stava prendendo il discorso. «Non sapevo
che fossi così preciso nei conti.»
«Con le cose
importanti si. Comunque stavo dicendo che…»
«Jack per
favore, io sono sicura del nostro amore ma non voglio bruciare le tappe. Spero
che capirai.»
«Certo, ti
capisco.» Si alzarono e lui che accarezzò dolcemente un braccio. «Ora è meglio
che vada altrimenti potrei essere tentato di dire a Lucy come mi piacciono le
uova per colazione.»
Verso le tre di notte il telefono squillò a casa di Lucy e
Sue. «Pronto, chi è a quest’ora?»
chiese Lucy assonnata.
Dall’altro
capo del filo gli rispose una voce allarmata. «Lucy, sono io Andrew. Avverti
Jack, mi stanno inseguendo, sono in pericolo.»
A quelle
parole lei divenne immediatamente lucida. «Andrew, cosa succede, dove
sei?»
«Non posso
parlare a lungo, stanno arrivando, se mi dovesse succedere qualcosa devi dire a
Jack che troverà tutto nella cassetta c16-64. E digli anche…maledizione, sono
qui.»
La
comunicazione venne bruscamente interrotta e Lucy, sempre più spaventata, andò a
svegliare Sue chiedendole di chiamare Jack. Dopo neanche dieci minuti lui era lì
e si fece raccontare da Lucy la telefonata parola per parola appuntandosi tutto
e si fece anche spiegare a quale caso stesse lavorando Andrew. «Lo sai vero che
non possiamo occuparcene ufficialmente prima che siano passate 24 ore dalla
scomparsa però ti garantisco che già da domattina comincerò a fare delle domande
in giro. Tu cerca ancora di contattarlo nel frattempo.» Guardò Sue. «Ora cerca
di farla riposare un po’, ci vediamo dopo in
ufficio.»
Sceso in
strada Jack si fermò a riflettere. Quella storia non gli piaceva per niente: una
società di import-export che tratta prevalentemente con il sud America i cui
uffici prendono fuoco, un incendio forse doloso appena due giorni prima di un
controllo dei registri, un povero guardiano che perde la vita e, per finire,
l’investigatore dell’assicurazione che a poche ore dall’appuntamento con un
informatore dice di essere inseguito e sparisce lasciando come unico indizio un
codice: c16-64.
No, quella
storia non gli piaceva per niente, Andrew doveva essersi cacciato proprio in un
gran pasticcio.
Tutti erano in fibrillazione in ufficio, stavano dandosi da
fare per scoprire qualcosa sull’incendio di cui si era occupato Andrew ma anche
qui, come per il traffico di droga, sembrava che tutti fossero diventati
improvvisamente muti.
Quella
mattina presto Jack aveva parlato con i superiori di Andrew che si erano detti
stupiti che lui stesse ancora indagando su quel caso visto che proprio il giorno
prima aveva presentato la sua relazione finale in cui definiva l’incendio “un
incidente dovuto al malfunzionamento dell’impianto elettrico”. E, aggiunsero, e
questa volta a stupirsi era stato Jack, che proprio un’ora prima li aveva
chiamati chiedendo due giorni di permesso per motivi di salute.
Aveva chiesto
se lo avevano trovato strano, nervoso, ma la risposta era stata che sembrava il
solito Andrew.
Ma se quella
telefonata era vera e se stava bene, cosa era successo la notte prima e perché
non richiamava Lucy per tranquillizzarla?
Alzò lo
sguardo e vide Sue e Lucy che entravano in quel momento e Tara che si faceva
loro incontro. «Oh, Lucy, mi dispiace tanto ma vedrai che lo troveremo, ci
stiamo dando tutti da fare.»
«Avete
scoperto qualcosa?»
«Beh,
seguendo le tracce del suo cellulare ora sappiamo da dove ti ha chiamato»,
poggiò sulla scrivania la mappa che aveva in mano e vi indicò un punto, «ecco,
si trovava più o meno qui.»
Sue guardò
l’indicazione. «Ma è vicino all’aeroporto. Che ci faceva lì alle tre del
mattino?»
Jack, che nel
frattempo si era avvicinato, le posò una mano sulla spalla per attirare la sua
attenzione. «Non lo sappiamo. Siamo andati subito lì ma non abbiamo trovato
nessuna traccia.» Poi, mentre Tara continuava a consolare Lucy, la prese da
parte. «Come ti senti? Siete riuscite a dormire almeno un
po’?»
«Quasi per
nulla, Lucy non riusciva a tranquillizzarsi e la capisco» si guardò intorno e
decise di proseguire con i segni “se mi avessi fatto tu una telefonata simile
nel cuore della notte credo che sarei impazzita. Lucy e Andrew si erano appena
trovati e forse si sono già persi, questo mi ha fatto riflettere e ho deciso che
non permetterò più che la timidezza o la paura mi frenino quando stiamo insieme
perché di una cosa sono sicura, io ti amo e voglio stare con
te.”
Jack era
commosso da quelle parole, avrebbe voluto abbracciarla lì davanti a tutti e
succedesse quello che doveva succedere…
Myles
riattaccò il telefono. «Ragazzi, ho delle brutte
notizie»
Lucy lo
guardò spaventata. «E’ morto?»
«Beh, ecco…non lo so.» Si
passò nervosamente una mano tra i capelli. «Hanno trovato un cadavere in un
cassonetto a circa500 metri da dove Andrew ha chiamato
ma non si sa ancora di chi sia. Avevo chiesto di informarmi subito di qualsiasi
ritrovamento e così hanno fatto.»
«Oh mio Dio!»
Lucy si afflosciò sulla sedia e Sue corse da lei.
Jack prese
subito la giacca «De, Bobby, venite con me, andiamo a vedere di che si
tratta.»
**********************************************************************
scusate se aggiorno la storia senza aggiungere un nuovo
capitolo ma avevo dimenticato di ringraziare chi mi ha recensito fino ad ora:
grazie mille ^-^. E per rispondere a Pera11: si, questa storia è la
continuazione della mia precedente fanfiction "Il nono
comandamento".
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Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
capitolo 3 mela
Capitolo 3
Tornarono dopo circa mezz’ora
e Jack andò subito alla scrivania di Lucy che lo guardò speranzosa. «Sta
tranquilla, non è lui, si tratta di una donna.»
La ragazza chiuse gli occhi e
strinse la mano di Sue. «Sia ringraziato il cielo.»
Jack annuì poi si avvicinò a
De. «C’è un pensiero che mi gira in testa da stamattina e dopo il ritrovamento
di questo cadavere mi sto convincendo di aver
ragione.»
«A cosa ti
riferisci?»
«Fuentes è arrivato il 13
all’aeroporto e la società di import-export che tratta con il sud America si è
incendiata quella stessa notte mentre il corriere veniva accoltellato in
carcere. Andrew si occupa di questo caso, dice a Lucy di ritenere l’incendio
doloso e di dover incontrare un informatore però poi scompare e miracolosamente ai suoi superiori arriva
una relazione che dice esattamente il contrario. inoltre, sempre per
combinazione la sua ultima telefonata arriva dalla zona dell’aeroporto e adesso
troviamo questa donna uccisa lì vicino e, secondo quanto dice il medico legale,
l’ora del decesso è tra le due e le tre di questa mattina. Comincio a credere
che i due casi siano collegati.»
«E la telefonata che Andrew ha
fatto per chiedere un permesso?»
«Dai, sappiamo entrambi che
possono averlo costretto in mille modi a farla. Non abbiamo nulla di nuovo su
Fuentes?»
«Forse un piccolo spiraglio.
Le chiavi che stava usando per aprire la porta di servizio sono di un tipo
particolare in dotazione solo agli addetti ai bagagli e all’impresa di pulizie
dell’aeroporto. È probabile che avesse un complice tra
questi.»
«Bene, passa l’informazione a
Tara e dille di controllare tutti gli impiegati.»
Lavorando con quei ritmi
frenetici l’ora di pranzo arrivò presto e, anche per distrarre Lucy, Bobby
propose di andare a mangiare tutti insieme.
«Io non posso, andate voi»
disse Sue «devo finire questo rapporto per Randy, lo vuole nel primo
pomeriggio»
«Quell’antipatico, deve
mettere sempre i bastoni tra le ruote.»
«Non essere cattivo Myles, in
fondo non è poi così male.»
«Sei tu Sue che sei troppo
buona.»
Levi grattò la gamba della sua
padrona per attirarne l’attenzione. «Anche tu hai fame vero? Tara potreste
portarlo con voi?»
«Certamente».
Uscirono tutti e Jack rimase
da solo con Sue. «Tu non vai?»
«Pensavo di restare a farti
compagnia, visto che non c’è neanche Levi.»
«Non preoccuparti per me»,
indicò i documenti sulla scrivania, «sarò molto
impegnata.»
«Allora
vado?»
«Vai.»
Lui iniziò a camminare
all’indietro continuando a parlarle. «Sei sicura perché io
potrei..»
«Vai!»
«Non vorrei che ti sentissi
sola»
«Jack, non farmelo ripetere
ancora, vai!» e sorrise divertita indicandogli la
porta.
In quel preciso momento lui si
bloccò di colpo, tornò indietro, si chinò, le prese il viso tra le mani e la
baciò.
«Jack, cosa fai qualcuno
potrebbe vederci.» Il suo tono tradiva la preoccupazione.
Lui si rimise dritto. «Come
potevo resistere a quel sorriso…e poi, lavoro per l’FBI, il pericolo è il mio
mestiere piccola.» Fece uno sguardo compiaciuto.
Lei scoppiò a ridere. «Ma
quanto sei stupido! Adesso lasciami lavorare e non tornare senza portarmi
qualcosa.»
I due uomini che, parlando tra
loro, si dirigevano verso l’ufficio non avrebbero potuto essere più diversi. Uno
era alto e magro, con un elegante vestito blu e i capelli perfettamente in
ordine, l’altro era più basso e robusto, vestito con jeans, maglietta e
giubbotto di pelle e aveva dei capelli ricci che doveva essere un’impresa
rendere anche solo presentabili. Arrivati nell’ufficio videro che era vuoto
all’infuori di una donna bionda che dava loro le spalle e stava cercando
qualcosa in un archivio.
L’uomo più alto si schiarì la
voce. «Mi scusi, stiamo cercando l’agente Hudson.»
Sue chiaramente non poteva
sentirlo e non avendo risposta l’uomo ripeté la domanda. Vedendo che la donna
non rispondeva ancora quello più basso le si avvicinò e la prese per una spalla
facendola voltare. Senza accorgersi dello spavento che le aveva procurato le
urlò in faccia. «Stiamo cercando l’agente Hudson. Quante volta dobbiamo
ripeterlo! Cos’ha, è sorda per caso?»
Sue era stupita di tanta
aggressività ma si riprese subito e rispose con tono gentile: «l’agente Hudson è
fuori per pranzo, tornerà tra poco. E comunque per sua informazione si, sono
sorda.» Si gustò l’espressione di vergogna sul viso di entrambi poi riprese «io
sono Sue Thomas, volete dire a me?»
Fu quello più alto a parlare.
«Le chiedo scusa, non potevamo sapere che lei…se è possibile vorremmo
aspettare.»
Neanche cinque minuti dopo gli
altri rientrarono lanciando degli sguardi curiosi a quella strana coppia. Sue
disse a Jack che lo stavano cercando e lui si avvicinò. «Sono Jack Hudson, in
cosa posso aiutarvi?»
«Io sono Marvin Kendall
dell’ufficio delle entrate» si presentò l’uomo elegante «e lui è Frank Martin della narcotici. Siamo qui perché
ci è giunta voce che state facendo delle domande sull’incendio di quella società
di import-export del centro e vorremmo sapere perché visto che non è un vostro
caso.»
Jack li guardò scettico.
«Posso sapere a che titolo lo domandate?»
Questa volta fu Martin a
rispondere. «Senta agente, non giriamoci intorno, di questa storia ce ne stiamo
occupando noi da quasi un anno e non mi va giù che voi arriviate con i vostri
bei distintivi luccicanti e i vestiti freschi di tintoria a rischiare di farmi
saltare tutto.»
Jack sorvolò sulla risposta a
tono che avrebbe voluto dargli, ora gli interessava di più capire a cosa si
riferissero senza però scoprirsi troppo. «Non so di quale caso
parliate.»
«Quella società,la
Majestic, era sotto indagine da parte del mio ufficio perché
alcune transazioni con la Colombia facevano pensare ad un coinvolgimento con i
trafficanti di droga, e qui entra in gioco il detective Martin che da anni si
occupa della droga che arriva da quel paese qui in America. Eravamo riusciti ad
avere un mandato per i loro registri contabili, speravamo di trovare qualche
traccia, ma il palazzo è bruciato due giorni prima che potessimo entrarci.
Nessuno vi ha informati però state ugualmente facendo domande al riguardo e
quindi siamo venuti a verificare di persona.»
I pezzi del puzzle stavano
iniziando ad andare a posto pensò Jack, ma il suo istinto gli suggeriva che era
meglio non dire immediatamente a quei due tutto quello che sapevano. Per il
momento gli avrebbe detto di Fuentes ma si sarebbe tenuto cauto riguardo a
Andrew, soprattutto non gli avrebbe detto del codice c16-64. «Sarà meglio
parlarne con calma di là nella sala riunioni. Bobby puoi accompagnare i signori,
io arrivo subito.»
Uscendo Kendall si avvicinò a
Sue. «Mi scuso ancora per l’increscioso incidente di prima, spero non si sia
offesa.» Le prese la mano e la strinse, troppo affettuosamente secondo Jack.
Anche Sue si sentì a disagio e ritirò la mano.
Quando i due furono usciti
Myles chiese a Jack: «allora, chi sono Stanlio e
Ollio?»
Jack raccontò quello che aveva
saputo e alla fine fece a tutti una raccomandazione: non dovevano assolutamente
parlare del codice.
«Ma Jack» protestò Lucy
«potrebbero aiutarci a rintracciare Andrew e tu vuoi tenergli nascosto un
particolare così importante?»
«Lucy ti fidi di me?» lei
annuì «allora fa come ti dico per favore, non so perché ma in quei due c’è
qualcosa che non mi convince. Ora vado a
parlargli.»
Il colloquio fu molto lungo,
Kendall e Martin vollero parlare anche con Lucy e Sue prima di andar via dicendo
però che sarebbero tornati il giorno dopo.
Appena raggiunsero di nuovo
gli altri De si rivolse a Jack. «Ha chiamato la polizia, la donna morta si
chiama Doris Williams, aveva trenta anni. Il medico legale conferma che è morta
tra le due e le tre.»
Tara richiamò la loro
attenzione. «Scusate ma si trattava di questa Doris Williams?» fece comparire un
tesserino di riconoscimento sullo schermo a parete.
«Si, è proprio lei» confermò
Bobby.
«Beh, Doris lavorava come
addetta ai bagagli all’aeroporto…»
«…e quindi era in possesso di
un mazzo di chiavi come quelle che aveva Fuentes.»
«Esatto, in più aveva
precedenti per droga e l’estate scorsa era stata in vacanza in
Colombia.»
Myles si appoggiò alla
scrivania e incrociò le braccia sul petto «signori miei, se tre indizi fanno una
prova direi che abbiamo trovato la complice di
Fuentes.»
Jack e Sue si scambiarono uno
sguardo preoccupato: la situazione era sempre più intricata e Andrew si trovava
proprio nel mezzo. Dovevano sbrigarsi, le probabilità di ritrovarlo vivo
diminuivano ogni minuto che passava.
«Lucy, devi mangiare qualcosa,
non puoi lasciarti andare così.» Sue era molto preoccupata, erano a casa per la
cena e con loro c’era anche Jack, ma Lucy era completamente apatica. Dopo gli
ultimi sviluppi delle indagini cominciava a dubitare che Andrew fosse ancora
vivo e capiva dagli sguardi che Jack e Sue si scambiavano che era anche il loro
pensiero. Ripensò alla decisione di Jack di non rivelare a Kendall e Martin del
codice: e se avessero bruciato l’unica possibilità di riportare Andrew a casa,
di riportarlo da lei?
Vide le mani di Jack e Sue
intrecciate sul tavolo, un gesto semplice ma intimo e consolatorio, e la
sofferenza aumentò. Non era giusto che loro potessero stare lì insieme mentre
lei doveva affrontare quella situazione. Si alzò e senza dire una parola andò in
camera sua. Sue la raggiunse e la trovò raggomitolata sul letto a piangere. Si
sedette e iniziò ad accarezzarle i capelli per calmarla. Dopo un po’ Lucy si
voltò per permettere all’amica di leggerle le labbra. «Mi dispiace Sue, ti
chiedo scusa.»
Sue era sorpresa, non riusciva
a capire. «Di cosa devi chiedermi scusa, non hai fatto
nulla.»
«E invece si, poco fa quando
ho visto te e Jack insieme che vi tenevate per mano sono stata gelosa e cattiva.
Ho pensato “perché è successo a me e non a loro” dimenticandomi di tutto quello
che anche voi avete e state ancora passando.
Scusami.»
«Scusami tu piuttosto, avrei
dovuto pensarci ed evitare certi comportamenti. Anche io, a parti invertite,
avrei pensato le stesse cose, la sofferenza rende sempre un po’ egoisti» le
sorrise «ora cerca di dormire per qualche ora o domani
crollerai.»
Tornata di là trovò Jack
intento a lavare i piatti. Si fermò qualche istante ad osservarlo dalla porta:
quale immensa fortuna aveva avuto! Gli si avvicinò alle spalle e lo abbracciò da
dietro posandogli la guancia sulla schiena. Allora lui le prese la mani e
lentamente si girò prendendola tra le braccia. «Ehi, cosa c’è? Lucy sta
bene?»
«E’ molto giù, dovremo starle
vicini.»
Le spostò i capelli dietro
l’orecchio. «Certo, lo faremo. Vuoi che resti qui stanotte…sul divano si
intende.»
Lo guardò, aveva il viso
segnato dalla stanchezza. «No, hai bisogno di dormire comodamente nel tuo letto.
Noi ce la caveremo.»
Andarono alla porta
tenendosi per mano e quando stava per andarsene gli disse con i segni: “quando
tutto questo sarà finito potremmo riparlare di cosa preferisci per colazione”.
Lui sorrise e le rispose sempre con i segni: “non c’è fretta, io non vado da
nessuna parte.”
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Capitolo 4 *** capitolo 4 ***
cap4 mela
Capitolo
4
La mattina seguente in
ufficio Jack riunì tutti intorno ad una scrivania per fare il punto della
situazione. «Ragazzi dobbiamo concentrarci sul codice che Andrew ha lasciato a
Lucy. Ha detto cassetta c16-64, potrebbe riferirsi a molte cose ma inizierei
dalle cassette di sicurezza. Dobbiamo controllare banche, uffici postali,
stazioni di treni e autobus…forza aiutatemi…»
«Ci sarebbero i centri
commerciali e anche, ma certo, le assicurazioni!»
«E’ vero, bravo Bobby. È
proprio da lì che partiremo, dall’assicurazione per cui lavora Andrew. Andremo
io e Sue, ho anche altri chiarimenti da chiedere a quei signori. Voi cominciate
a fare un giro per le altre assicurazioni, nel caso in cui Andrew non si fidasse
e si fosse rivolto altrove. Intanto tu Tara cerca di scoprire in quali posti
viene usato quel tipo di codice.»
Stavano per uscire quando
alla scrivania di Myles squillò il telefono. «Va bene, grazie.» Riattaccò e si
rivolse agli altri. «Dall’ingresso mi hanno avvertito che stanno salendo Stanlio
e Ollio, credo che dovremo rimandare le ricerche.»
«Non c’è che dire, un
tempismo perfetto!» Jack riappese nervosamente la giacca. «Cerchiamo di capire
in fretta cosa vogliono e togliamoceli dai piedi.»
De annuì poi guardò fuori
dalla porta e disse a bassa voce «Eccoli, cercate di trattenere le
risate.»
La strana coppia fece il
suo ingresso. «Buongiorno a tutti.» Chissà perchè era sempre Kendall a parlare.
«Sue, mi permette di chiamarla così vero? Sono così felice di rivederla.» Le
poggiò una mano sul braccio con fare amichevole e Jack lo fulminò con lo sguardo
resistendo appena alla tentazione di dirgli di mettere giù le mani. «Spero si
possa ricominciare dimenticando la giornata di ieri.»
Lei sorrise e annuì prima
di allontanarsi. Jack li stava ancora fissando e Bobby gli sussurrò ad un
orecchio «sta calmo amico, quel viscido può provarci quanto vuole tanto sappiamo
entrambi che non otterrà nulla.»
Con il viso ancora teso e
le braccia serrate sul petto Jack si avvicinò a Sue. «Ma si può sapere cosa è
successo ieri da richiedere tante smancerie?»
Lei si strinse nelle
spalle. «Niente di serio, quando sono arrivati ero di spalle e quindi non ho
risposto alle loro domande, Martin si è spazientito e quando mi sono voltata mi
ha urlato contro chiedendomi se ero sorda. Quando gli ho risposto di si, si è
vergognato come un ladro.»
Lui era perplesso. «E
perché è Kendall a chiederti sempre scusa?»
«Non so che dirti, di
solito era Ollio quello che parlava di più, nel nostro caso è Stanlio.»
Jack rise e lei fu felice
di averlo fatto rilassare almeno un po’.
Kendall, che fino a quel
momento aveva parlato con Tara, si rivolse a tutto il gruppo. «Per dimostrarvi
che vogliamo collaborare abbiamo portato le cassette della sicurezza della Majestic registrate la sera
dell’incendio. Per fortuna le tenevano insieme ad altri beni e ai contanti in
una stanza sotterranea dove le fiamme non sono arrivate.»
Fece segno a Tara di far
partire le registrazioni e tutti si concentrarono sullo schermo. Si vedeva la
postazione del guardiano intento a leggere un giornale. L’orologio segnava le
12:35 pm, circa un’ora prima dello scoppio dell’incendio. Ad un certo punto il
guardiano si alzava, guardava di fronte a se e portava la mano alla visiera del
cappello come per salutare qualcuno, ma non c’era nessun altro
nell’inquadratura. Non c’era assolutamente nulla che potesse aiutarli in quel
video.
Myles si chinò verso
Bobby. «Bel modo di collaborare, ci portano dei nastri che non servono a nulla.
Sembra uno skech muto di Stanlio e Ollio!»
«Ma non c’è
nient’altro?»
Kendall fece segno di no
con il capo. «Stranamente sembra che la videocamera che inquadrava l’ingresso
non abbia funzionato. Non sapremo mai chi è entrato.»
«Non è detto» fu Sue a
parlare. «Tara mandalo indietro a quando il guardiano si alza e ingrandisci più
che puoi il suo viso. Perfetto.» Riguardò il video con molta attenzione. «Sembra
che dica “buonasera Signor. Ros...la parte centrale del nome è coperta dalla
mano quando si tocca il cappello ma la fine è» fece lo spelling
«e-r-g-e-r»
«Potrebbe essere
Rosemberger?» chiese Martin aprendo bocca per la prima
volta.
«Si, potrebbe, le lettere
combaciano e la lunghezza mi sembra giusta. Ma chi è
Rosemberger?»
«Il presidente della
Majestic. Non vi sembra strano che si trovasse lì alle 12:35, appena prima che
scoppiasse l’incendio, mentre a noi ha detto di essersene andato alle cinque del
pomeriggio e di non essere più tornato?» Martin sorrise, e anche questa era una
novità. «Ottimo lavoro Thomas.»
Mentre tutti si agitavano
per quella nuova scoperta Jack rimase immobile a guardare Kendall il quale a sua
volta stava fissando Sue.
Decise che doveva tenere
d’occhio quell’uomo e soprattutto non doveva farlo avvicinare a Sue. Forse era
la gelosia a farlo ragionare così ma non poteva scartare a priori la possibilità
che ci fosse sotto qualcosaltro e lui non voleva che nessuno corresse dei
rischi, soprattutto non voleva che a correrli fosse la donna che
amava.
Quel nuovo indizio
scombinò i piani della squadra. Kendall e Martin decisero di andare subito ad
interrogare il presidente della Majestic invitando Jack e Sue ad
accompagnarli. Mentre prendevano le
giacche Sue si rivolse a Jack: «come faremo adesso ad andare all’agenzia dove
lavora Andrew? Non credo che con Rosemberger sarà una cosa
breve.»
Lui ebbe un’espressione
sconsolata. «Dovrò chiedere a Bobby di occuparsene.»
«Allora io inizio a
scendere con loro in modo che tu possa parlargli senza essere visto.»
Si incamminò verso la
porta ma immediatamente lui la fermò prendendola per un braccio. «No, non
andare. Preferisco che resti qui, lascerò le indicazioni per Bobby a Lucy così
non desterò sospetti. Poi scenderemo insieme.»
Sue annuì anche se non
riusciva a capire quello strano comportamento, Jack sembrava preoccupato per
lei, ma per quale motivo?
Una volta fuori Jack si
sentì osservato e guardando in giro vide uno dei suoi informatori che lo fissava
dall’altro lato della strada. Pensò che volesse parlargli perciò gli fece un
cenno con la mano per fargli capire che lo aveva visto ma non appena lo fece
l’informatore scappò via. Jack corrugò la fronte perplesso ripromettendosi di
chiamarlo appena possibile.
Giunti sul posto di lavoro
di Andrew, Bobby e De interrogarono il suo assistente, un ragazzo poco più che
ventenne, timido e impaurito: era stato l’ultimo a vedere Andrew in ufficio ed
era stato lui a consegnare la relazione in cui l’incendio alla Majestic veniva
definito accidentale.
«Allora Frank, dicci cosa
è successo quel pomeriggio, ogni particolare può esserci utile» chiese De con
tono quasi paterno per metterlo a suo agio.
«Intorno alle sei il
signor Archer mi ha salutato dicendo che usciva un po’ prima perché aveva un
appuntamento per cena» si grattava nervosamente la fronte mentre parlava «Prima
di andarsene mi ha dato alcune istruzioni per il giorno
dopo.»
«Ma non ti ha lasciato la
relazione da consegnare…»
«No, però ha telefonato
circa venti minuti dopo dicendo che si era dimenticato di consegnarla, che
l’avrei trovata nel primo cassetto della scrivania e che dovevo consegnarla io
per lui.»
«Sei sicuro che fosse il
signor Archer al telefono?»
Il ragazzo ebbe una
piccola ma evidente esitazione prima di rispondere. «Certo, era
lui.»
Bobby, che aveva colto la
sua esitazione, decise di insistere. «Frank, sono due giorni che nessuno vede o
sente più il tuo capo, se hai anche il minimo dubbio devi
dircelo.»
«In realtà la linea era
molto disturbata, c’erano delle scariche e l’eco, a me sembrava la sua voce ma,
ecco, io non posso esserne certo al 100%.»
Dopo averlo ringraziato i
due agenti andarono a parlare con il direttore dell’assicurazione.
L’uomo si era preparato
alla loro visita e non appena si furono seduti iniziò a parlare. «Non posso
farvi leggere tutta la relazione del caso Majestic, per la privacy capite, ma
posso farvi vedere quest’ultima parte in cui il signor Archer trae le sue
conclusioni.» Gli porse un foglio dove la maggior parte dello scritto era stato
ricoperto con un pennarello nero per renderlo illeggibile, restavano solo alcune
righe nelle quali si concludeva che l’incendio era dovuto al cortocircuito
dell’impianto elettrico.
Ma ad attirare
l’attenzione di Bobby fu la firma in fondo alla pagina. Ad un occhio inesperto
poteva sembrare una normalissima firma, in realtà si capiva subito che era stata
fatta con molta lentezza, come se chi scriveva fosse incerto o come se fosse
stata ricalcata. «Possiamo tenere questo foglio?»
Il direttore annuì, poi i
due si congedarono.
«La firma non convince
neanche te vero?»
«Esatto De, voglio
confrontarla con qualche altro documento.»
«E dove pensi di
prenderlo?»
Bobby prese il cellulare
ed iniziò a comporre un numero. «Penso che ormai abbiamo indizi sufficienti per
richiedere un mandato per casa di Andrew.»
Nell’istante esatto in cui
videro Rosemberger, Jack e Sue capirono che non ci si poteva fidare di lui. Non
che avesse un aspetto particolare, anzi era molto curato, però gli leggevi nello
sguardo la freddezza e la furbizia di un uomo senza scrupoli. Non si stentava a
credere che fosse coinvolto nel traffico di droga e che per coprirne le tracce
avesse dato fuoco alla sua società.
«Signori, non posso dire
che sia un piacere rivedervi ma» sposto lo sguardo verso Sue «almeno questa
volta siete venuti in ottima compagnia.»
«Ora che ci siamo
salutati» iniziò Martin «vuole dirci cosa ci faceva nell’edificio alle 12:35,
subito prima che scoppiasse l’incendio? Non era andato a casa alle
cinque?»
Rosemberger non battè
ciglio, rimase impassibile. «Infatti sono andato via alle cinque, non sono
tornato fino a quando non mi hanno chiamato i pompieri.»
«Ma noi abbiamo le
prove»
«Sentite vi dico che…, oh,
ma certo, che stupido» sorrise «avete ragione, sono tornato nel palazzo. Stavo
preparando la documentazione per un appuntamento del mattino seguente e mi sono
accorto di averne lasciati alcuni nelle cassette di sicurezza nei sotterranei
perciò sono venuto a prenderli. Me ne ero completamente
dimenticato.»
«E come mai ha preferito
venire a quell’ora piuttosto che la mattina dopo?» chiese
Jack
«L’appuntamento era
dall’altra parte della città alle otto di mattina, con il traffico che c’è a
quell’ora non avrei mai fatto in tempo.»
«Quando è tornato non ha
notato nulla di strano?»
«No, nulla. Sono entrato,
ho salutato il guardiano, pover uomo che fine terribile, sono sceso nei
sotterranei a prendere i documenti e sono andato via. Non ci avrò messo più di
10 minuti. Ma non capisco perché continuiate con queste domande, proprio
stamattina mi hanno consegnato la relazione dell’assicurazione in cui si dice
che mi pagheranno il premio perché si è trattato di un incidente. A meno che non
abbiate dei nuovi indizi…»
«Non ne abbiamo» rispose
Kendall
«Non ancora» rettificò
Martin
Rosemberger si alzò
facendo intendere che per lui il colloquio era finitò, salutò i tre uomini poi
si rivolse a Sue. «Spero che sia riuscita a seguire tutto, per una persona sorda
leggere le labbra in una conversazione a quattro non deve essere
facile.»
Mentre raggiungevano
l’uscita Martin era furioso. «Dannazione, dovevamo torchiarlo di più, si vede
lontano un chilometro che è colpevole.»
Jack annuì. «Sono
d’accordo, la storia dei documenti dimenticati è troppo
debole.»
Kendall però la pensava
diversamente. «Debole? Ma come fai a dirlo? Una giuria gli crederebbe eccome,
alle otto del mattino camminare in questa città è impossibile, e lui avrebbe
dovuto attraversarla due volte, prima per recuperare i documenti e poi per
andare all’appuntamento! Chiunque avrebbe preferito uscire a quell’ora della
notte.»
Jack stava per ribattere
quando gli squillò il cellulare. «Pronto? Si, va bene, ce ne occupiamo noi.»
Riattaccò «scusateci ma abbiamo anche altri casi che richiedono la nostra
presenza.» Prese Sue per un braccio e si allontanò
velocemente.
«Ma scusa di quali altri
casi parli? Era Lucy al telefono?»
«Era Joe, un mio
informatore. Era venuto a cercarmi stamattina e ora mi ha chiesto un incontro. E
da lui che stiamo andando.»
Nel frattempo Bobby e Di
rientrarono in uffici dopo aver perquisito la casa di Andrew. «Allora ci sono
novità?» li accolse Myles
«Molte direi. Prima di
tutto l’appartamento di Andrew è stato rivoltato come un calzino da qualcuno che
cercava qualcosa, poi abbiamo scoperto che la firma sulla relazione
dell’assicurazione è falsa, abbiamo controllato con altri documenti trovati in
casa. Chissà come la prenderà il suo capo, era così convinto che il caso fosse
chiuso quando ci ha dato questo foglio.»
Myles tese la mano. «Fa un
po’ vedere. Ehi, neanche la CIA ci ha mai dato dei documenti
cancellati così. Alle assicurazioni devono nascondere dei segreti davvero
grandi. Forse se provassimo a leggere sotto tutto questo nero scopriremmo dove
si nascondono i terroristi.»
Lucy sospirò preoccupata.
«A me basterebbe sapere dov’è Andrew.»
«Vedrai che Marvin
riuscirà a scoprire qualcosa di utile alla Majestic.»
Bobby rise «Marvin? E da
quando Myles sei così in confidenza con Stanlio? Credevo non li sopportassi quei
due.»
«Inizialmente era così, ma
poi ho avuto l’occasione di parlare con Marvin e ho capito che è molto bravo nel
suo lavoro. E lui almeno parla a differenza del suo amico che si limita a
grugnire.»
«Non sarà piuttosto che
tra voi damerini sempre perfetti andate d’accordo?»
«Vestirsi bene e curare il
proprio aspetto non è un male, ricorda sempre, caro Demetrius, che è la prima
impressione quella che conta.»
«Si, si certo. Tornando ai
discorsi seri, Tara hai trovato qualcosa su quei codici?»
«Fino ad ora sono una
decina le ditte che li adoperano, ma la ricerca non è ancora
finita.»
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Capitolo 5 *** capitolo 5 ***
cap5 mela
Capitolo
5
L’appuntamento con Joe era
in un vicolo non molto lontano dal palazzo dell’FBI, quando arrivarono lui era
già li ad aspettarli. «Ciao Joe, come va?»
«Io sto bene, tu invece mi
sembri strano.»
«Che vuoi dire, non
capisco.»
«Sono giorni ormai che tu
e i tuoi fate domande sulla droga colombiana e sull’incendio di quel palazzo in
centro…»
L’argomento si faceva
interessante pensò Jack. «Si, e stranamente siete diventati tutti
muti.»
«Il perché dovresti
saperlo visto che vai in giro con quel tizio» ribatte il ragazzo pronunciando
l’ultima parola con una nota di disprezzo.
Jack non riusciva più a
seguirlo. «A chi ti riferisci?»
«A quello che ha detto a
tutti i ragazzi di non parlare di queste storie altrimenti ci sbatteva dentro.
Era con te prima.»
Adesso iniziava a capire,
e non gli piaceva per niente. «Quale dei due vi ha
minacciato?»
«Il tizio più basso e
robusto, quello della narcotici.»
Jack e Sue si guardarono
stupiti: perché mai Martin si era dato tanto da fare per
impedirgli di ottenere delle informazioni? L’unico modo per saperne di più era
chiederglielo di persona.
L’occasione per farlo si
presentò prima del previsto infatti, raggiunti gli altri in ufficio, vi
trovarono anche Martin.
Era seduto comodamente con
i piedi sulla scrivania a leggere delle carte. Senza neanche fermarsi a salutare
gli altri Jack marciò verso di lui livido di rabbia mentre Sue lo seguiva
preoccupata con lo sguardo.
Con un colpo per nulla
amichevole Jack tolse i piedi di Martin dalla scrivania e quando l’altro lo
guardò sorpreso gli disse «io e te dobbiamo parlare subito, seguimi nell’altra
stanza.»
Una volta soli si lanciò
su Martin e, afferrandolo per la giacca, lo fermò contro il muro. «Io avrò anche
il distintivo luccicante e il vestito fresco di tintoria, ma non ho mai fatto il
doppio gioco a differenza tua.»
Martin si liberò con una
spinta. «Non capisco di cosa parli, ma se vuoi menar le mani io sono a
disposizione.»
«Parlo del fatto che hai
minacciato i nostri informatori di sbatterli dentro se ci parlavano della droga
o dell’incendio!»
Martin sorrise e si
sedette. «E così lo hai scoperto. Avrei dovuto essere più
attento.»
Jack diede un pugno sul
tavolo sempre più arrabbiato. «Questa è la tua giustificazione? dovevo essere più
attento.»
«Senti Hudson, il motivo è
uno solo. Quando ho saputo che l’FBI stava mettendo il naso nella mia indagine
mi sono preoccupato e ho deciso di tagliarvi le gambe impedendovi di avere
informazioni. Sai ho lavorato diverse volte con dei tuoi colleghi e non è stato
piacevole, combinavano dei gran casini e volevano tutti i meriti.» Lo guardò
dritto negli occhi «ho sbagliato ma lo ho fatto prima di conoscere te, di
conoscere tutti voi e prima di rendermi conto che sapete veramente fare il
vostro lavoro e lo fate con passione come me. Sono stato stupido, infantile,
chiamami come vuoi ma non ho fatto il doppio gioco, non sono coinvolto in questa
storia, io cerco la verità» gli puntò contro un dito «esattamente come
te.»
Jack lo guardò per qualche
secondo. «Spero di non dovermene pentire ma ti credo.»
Martin si alzò. «Meglio
così perché questo è stato il discorso più lungo che abbia mai fatto e non credo
di essere in grado di ripetermi. Ora devo andare dal mio capo a fare rapporto,
ci vediamo.»
Tornato in ufficio Jack
informò tutti della discussione con Martin e si fece dire da loro le ultime
novità.
«Ho io una notizia fresca
fresca per voi» iniziò Tara «sapete quei codici per le cassette di sicurezza? Li
usano anche all’aeroporto dove hanno arrestato Fuentes e dove lavorava Doris
Williams.»
«E vicino al quale Andrew
è scomparso e la donna è stata uccisa.»
«Come si dice? Tutte le
strade portano a Roma…»
«Myles, ti prego!» implorò
Jack. «Io, Bobby, De e il simpaticone andiamo subito a controllare, Tara tu
continua comunque a cercare.»
Qualche minuto dopo che i
ragazzi erano usciti, il telefono squillò alla scrivania di Lucy e lei rispose
immediatamente. «Pronto?»
Le rispose una voce
maschile. «Il tuo amico non ha voluto dirci quello che volevamo e abbiamo dovuto
farlo fuori. Se tu e la tua amica sorda non volete fare la stessa fine ti
conviene dirci tutto. Ci faremo sentire noi e ricorda, sappiamo dove
abitate.»
«Oh mio Dio!» Lucy lasciò
cadere la cornetta e si appoggiò alla scrivania per
sorreggersi.
Subito Tara e Sue le
furono vicine. «Chi era Lucy, che succede?»
«Andrew, lui è…lui è
morto.»
Lucy piangeva seduta sul
divano della camera d’albergo in cui Jack le aveva fatte trasferire subito dopo
aver saputo della telefonata minatoria.
La visita all’aeroporto si
era rivelata un buco nell’acqua, nella cassetta c16-64 c’erano solo delle
vecchie lettere e un po’ di soldi.
L’uomo a cui era intestata era un pilota il quale gli aveva detto che vivendo
più in aeroporto che a casa teneva lì i soldi per le emergenze. Avevano fatto un
controllo ed era risultato pulito.
L’umore di Jack era sceso
sotto i tacchi dopo che l’ennesima pista si era rivelata inutile, e se possibile
era ancora peggiorato quando Sue gli aveva comunicato della telefonata. Se
dovevano credere all’uomo che l’aveva fatta, Andrew era morto e presto sarebbe
toccato a Lucy e Sue se non avessero rivelato quello che sapevano. Era chiaro
che si riferiva al codice della cassetta, doveva contenere delle prove davvero
compromettenti se per nasconderle erano già morte tre persone, forse quattro,
erano stati falsificati dei documenti, bruciato un palazzo e minacciate due
agenti dell’FBI.
Jack si prese la testa tra
le mani, aveva un mal di testa terribile, come se qualcuno gli stesse trapanando
il cervello, inoltre era da dopo l’interrogatorio di Rosemberger che cercava di
ricordare un particolare senza riuscirci.
«Jack»
Sentendo Sue che lo
chiamava alzò lo sguardo.
Era così bella e così
dolce, il pensiero che qualcuno volesse farle del male lo faceva impazzire. Si
alzò di scatto e la strinse forte a se. In quel momento aveva bisogno di quel
contatto come dell’aria che respirava.
Dopo un po’ lei si sciolse
dall’abbraccio quel poco che bastava per guardarlo in viso. «Jack, non c’è
proprio nient’altro che possiamo fare?»
«Ho mandato Bobby e Myles
ad interrogare di nuovo i vicini di Doris Williams nel caso ci fosse sfuggito
qualcosa e ho chiesto a Tara di continuare con le ricerche sul codice, per il
momento non mi viene in mente altro.»
«Io non credo che sia
morto.»
Jack si girò verso Lucy e
fece segno a Sue di farlo anche lei.
«Ho detto che non credo
che sia morto.»
«Lucy, ti capisco, lo so
che vuoi continuare a sperare…»
«No Jack, non è questo. Se
lo avessero veramente ucciso perché non farci trovare il corpo così da
spaventarci di più? Andrew è ancora nelle loro mani, altrimenti ci avrebbe
contattato, ma non è morto. Probabilmente conosce delle informazioni, solo lui
intendo, che quelli cercano perciò devono mantenerlo in
vita.»
«Non ha tutti i torti
Jack. In fondo Andrew ci ha detto quel codice e niente di più mentre lui
sicuramente sarà a conoscenza di molti particolari.»
«Va bene, continueremo a
comportarci come se Andrew fosse vivo. Vado a raggiungere gli altri, fuori dalla
porta ci sono due dei nostri che non si muoveranno senza un mio ordine e non
faranno passare nessuno.» Strinse un’ultima volta la mano a Sue «torno più
tardi.»
«Portaci buone
notizie.»
«Farò il
possibile.»
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Capitolo 6 *** capitolo 6 ***
n.d.a. Mi dispiace di averci messo tanto ad aggiornare ma
Agosto è un mese molto incasinato. Voglio anche ringraziare tutti per i
commenti, siete davvero gentili :)Buona lettura!
Capitolo6
«Jack, per fortuna sei
arrivato!» Myles gli si fece incontro. «C’è una grossa novità. Abbiamo parlato
con una vicina della Williams che non era a casa quando siamo passati la prima
volta perché è appena rientrata da…»
Jack alzò le mani davanti
a se per fermarlo. «Myles, Myles non sono in vena di storie, dammi la versione
breve.»
L’altro sbuffò. «E va
bene, eccoti accontentato. La vicina dice che Doris aveva un fidanzato
sudamericano di nome Emilio e quando le abbiamo mostrato la foto di Fuentes lo
ha riconosciuto. Non ci sono più dubbi che i due fossero in
combutta.»
«A questo punto Jack»
continuò Bobby «è legittimo credere che fosse Doris l’informatrice di Andrew. Si
deve essere spaventata quando il fidanzato è stato ucciso in carcere e ha deciso
di parlare.»
«è una buona teoria ma
perché chiamare Andrew e non noi?»
«perché sperava di
ottenere qualcosa in cambio e le assicurazioni hanno certo maggiori possibilità
economiche del dipartimento.»
«ok, mettiamo che sia
tutto vero, non sappiamo ancora chi ci sia dietro. Rosemberger è sicuramente
coinvolto, l’ho conosciuto e posso garantirvi che non si farebbe certo scrupoli,
ma non può gestire tutto da solo, deve avere un complice. Concentriamoci su
questo, diamo un’identità al complice.»
Quando tornò all’albergo
quella sera Jack era distrutto. Avevano lavorato per ore ma non erano venuti a
capo di nulla. Era stata davvero una giornata durissima, l’unica consolazione
era il pensiero che stava per rivedere Sue e avrebbe passato con lei la serata.
Il sorriso nato con questo pensiero svanì nel momento in cui, arrivato davanti
alla stanza, la vide nel corridoio a parlare con le guardie. «Sue, cosa stai
facendo qui fuori?»
«Oh, ciao Jack. Io e Lucy
abbiamo ordinato una pizza e ne stavo offrendo ai ragazzi. Poverini è tutto il
giorno che sono qui fermi.»
«Va bene, ma adesso
entriamo.» Salutò i due agenti e si chiuse la porta alle spalle. «Sbaglio o ti
avevo detto di non uscire?»
«Dai non ti arrabbiare, ho
appena oltrepassato la porta e poi c’erano le guardie. Coraggio vieni a
mangiare.»
Mangiarono mentre Jack le
metteva a conoscenza delle ultime novità, poi Lucy disse che era stanca e andò a
dormire. Rimasti soli Jack e Sue si sedettero sul divano tenendosi abbracciati.
Non dissero o fecero
nulla, non era necessario, il piacere di quell’abbraccio era l’unica cosa di cui
avevano bisogno in quel momento per esprimere quello che provavano.
Rimasero così per molto
tempo finché a Sue non scappò uno sbadiglio. Jack la guardò, era molto stanca,
perciò decise che era il momento di andarsene. Lei protestò ma poi finì con
l’ammettere di avere bisogno di dormire, si salutarono con un bacio e lui uscì.
Salutò le guardie fuori dalla porta e chiamò l’ascensore.
Fu allora che sentì le
parole che gli resero tutto chiaro.
Fu una delle guardie a
pronunciarle: «certo che se non sapessi che Sue è sorda non te ne accorgeresti
mai, è così brava a seguire le conversazioni.»
Adesso sapeva quale era il
particolare che gli ronzava in testa da diverse ore.
Spero che sia riuscita a
seguire tutto, per una persona sorda leggere le labbra in una conversazione a
quattro non deve essere facile.
Con questa frase
Rosemberger aveva salutato Sue dopo l’interrogatorio, ma come faceva a sapere
della sua sordità se non l’aveva mai vista prima e nessuno lo aveva detto
durante l’incontro? L’unica possibilità era che qualcuno lo avesse avvertito del
loro arrivo parlandogli anche di Sue.
In questo caso il campo
dei sospetti era molto ristretto: quando lei aveva interpretato il labiale nel
video del guardiano nella stanza c’erano solo i componenti della squadra, per
ognuno dei quali avrebbe messo la mano sul fuoco, e “la strana coppia”. Ma chi
dei due era il complice di Rosemberger? Martin, che sin dall’inizio era stato
ostile e aveva boicottato le loro indagini ma che allo stesso tempo si era
dimostrato convinto della colpevolezza del presidente della Majestic e gli aveva
dato quella spiegazione convincente quando avevano parlato a quattrocchi, o
Kendall, sempre così gentile e disponibile che però aveva difeso Rosemberger ed
era sembrato risentito quando Sue aveva scoperto il suo nome? Forse era
semplicemente dispiaciuto di non averlo scoperto lui.
L’ascensore tardava ad
arrivare, prese le scale e le scese di corsa, non aveva tempo da perdere, doveva
chiedere un favore urgente agli agenti della scientifica.
La mattina dopo molto
presto si trovarono tutti in ufficio compresi Kendall e Martin invitati
personalmente da Jack. Si era tenuto sul vago dicendogli soltanto che aveva
delle novità che potevano interessarli.
I due stavano parlando tra
loro vicino alla porta quando anche Sue e Lucy fecero il loro ingresso. Nessuno
si aspettava di vederle lì dopo gli avvenimenti del giorno prima ma i due più
sorpresi furono proprio Kendall e Martin.
Jack si mise al centro
della stanza. «Bene ora che siamo tutti qui posso iniziare. Sapete tutti che
Bobby e De hanno scoperto che la relazione finale dell’assicurazione è falsa ma
quello che non sapete ancora è che sulla cartellina che le conteneva e in casa
di Andrew sono state trovate le impronte digitali di qualcuno di nostra
conoscenza» prese un foglio dalla sua scrivania «questo è il rapporto della
scientifica in cui si dice che queste impronte sono del detective Frank
Martin.»
Jack lo fissò con astio
mentre gli altri cercavano di assorbire il colpo. «Anche questa volta ti
giustificherai dicendo “dovevo stare più attento”? e io che ti avevo creduto.
Dovrai darci molte spiegazioni, vogliamo sapere i nomi delle altre persone
coinvolte» si avvicinò minaccioso «e vogliamo sapere se Andrew è ancora vivo.»
Fece un cenno a due agenti che aspettavano nel corridoio «portatelo di là, tra
poco verrò per l’interrogatorio.»
Martin era rosso in viso,
sembrava stesse per scoppiare. «Ti stai sbagliando Hudson, stai sbagliando di
grosso, non sai contro chi ti stai mettendo!» La sua voce continuava a salire di
tono mentre lo portavano via.
Kendall prese una sedia e
vi si lasciò cadere, poi si passò una mano sul viso. «Non ci posso credere, ho
lavorato con lui a questo caso per un anno senza sospettare nulla. Ora capisco
perché ogni volta che facevamo un passo avanti subito dopo ce ne erano due
indietro.»
Jack gli sorrise «Ehi, il
caso è più tuo che nostro, perché non partecipi
all’interrogatorio?»
«Sarà un vero
piacere.»
Un’ora dopo il sorriso
però era svanito dai loro volti.
Martin aveva parlato
pochissimo e quando l’aveva fatto era stato solo per ribadire la propria
innocenza. Insomma non aveva rivelato assolutamente nulla.
Come se non bastasse
l’avvocato che aveva chiamato aveva affermato che le prove a suo carico erano
solo indiziarie e che essendo un poliziotto dalla carriera senza ombre non
potevano trattenerlo, così erano stati costretti a lasciarlo andare.
Aveva un sorriso così
soddisfatto quando era salito sull’ascensore che Jack avrebbe voluto
raggiungerlo e farglielo sparire a suon di pugni. Tornato dagli altri non riuscì
più a trattenere la rabbia. «Maledizione, non può finire così. Lui sarà anche
libero ma noi siamo liberi di seguirlo. Bobby mettigli subito due agenti alle
costole ma che stiano attenti a non farsi vedere. Se siamo almeno un po’
fortunati forse ci porterà dai suoi complici. E da
Andrew.»
«Se non lo ha già
ammazzato come diceva la telefonata.»
Kendall si avvicinò.
«Vorrei venire con voi ma devo andare subito ad informare i miei superiori della
piega che hanno preso le indagini. Mi raccomando, tenetemi
informato.»
Jack annuì e lo seguì con
lo sguardo mentre usciva. Dopo raggiunse Sue. «Stai bene?»
«Si, e
tu?»
Lui fece una smorfia. «È
stato più difficile del previsto, quel bas***do è davvero bravo come attore. Ma
ora lo abbiamo in pugno, dobbiamo solo pazientare e ci servirà i suoi complici
su un vassoio d’argento.»
Dopo una decina di minuti
Bobby arrivò di corsa. «Jack, il nostro uomo è arrivato a casa ma non penso che
ci resterà molto. Organizzo il furgone per la
sorveglianza?»
«Si, Sue e Tara staranno a
bordo per il controllo mentre noi ci prepareremo ad
intervenire.»
Dovettero seguirlo per due
ore, poi finalmente si fermò davanti ad un vecchio capannone. Scese dalla
macchina, si guardò intorno e poi entrò.
Subito dopo Jack e Bobby
si avvicinarono alla finestra dell’ edificio per riprendere l’interno e
permettere a Sue di leggere le labbra di chiunque si trovasse lì
dentro.
«Ma guarda chi c’è» disse
Jack sottovoce «il nostro amico Rosemberger. Sue, riesci a capire cosa
dicono?»
Tara le riportò la domanda
e lei prese a ripetere quello che i due uomini stavano dicendo. «Rosemberger
dice “stiamo rischiando troppo, potrebbero prenderci da un momento all’altro.
Raccogliamo i soldi e la droga e scappiamo” l’altro risponde “non preoccuparti, sono
uscito da quel palazzo da vincente, non possono farmi nulla e comunque non posso
andarmene senza i documenti che ha nascosto Fuentes. È ora di essere più decisi
con Archer”» smise di leggere le labbra e si rivolse a Tara «allora Andrew è
vivo!» poi si riconcentrò su quei due «Rosemberger è agitato “fino ad ora non ha
parlato, come pensi di fargli cambiare idea?” - “non preoccuparti tutti parlano
con una pistola puntata alla testa.” - “ e dopo cosa ne faremo di lui?” - “ci ha
visto in faccia, dobbiamo ucciderlo e getteremo il corpo nello stesso cassonetto
in cui abbiamo gettato quello della donna. Non vorrai farti scrupoli adesso, non
ne hai avuti a incendiare la tua società con dentro quell’uomo…sei colpevole di
omicidio, ricordi?” - “vado a prendere Archer”»
Rosemberger uscì dalla
visuale della telecamera per qualche minuto, quando tornò trascinava Andrew,
malconcio ma vivo, dietro di sé. Lo fece sedere mentre il suo complice prendeva
una pistola.
«Ok, è il momento,
entriamo al mio tre. Uno…due…tre»
La porta cadde con un
tonfo e i due uomini si voltarono sorpresi.
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