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Tutti conoscono
Johnny Depp, ma per chi non lo conosce ci sono solo poche parole per
identificarlo: uno dei più bravi attori al mondo.
Versatile a tal
punto da essere soprannominato “il camaleonte”, un titolo che gli si addice più
di quanto si immagini, perché come dissero una volta: «Nessun altro attore, e
intendo davvero nessuno, avrebbe potuto ricoprire il ruolo interpretato da
Johnny.
Quindi dategli
il suo Oscar». E si, gli diedero l'Oscar.
Insomma, Johnny
ha avuto proprio una vita intensa fino a stabilirsi come quello che era: un
eccellente attore, regista, musicista, produttore cinematografico, un sex
simbol, padre di due bellissimi figli e felicemente impegnato con Vanessa
Paradis, una cantante francese. Era anche il secondo attore più pagato al
mondo, che non è poco, e grazie a questo possedeva più di un abitazione sparse
per il mondo tra cui un'intera isola.
Migliore amico del famoso regista Tim Burton, con cui ha collaborato in
parecchi film di successo, tranne uno. L'ultimo.
Forse è stato proprio quel film a scatenare il tutto, a dare il via ad una
serie di avvenimenti a cui il nostro protagonista non ha potuto porre fine.
Forse sarebbe stato meglio se quel giorno Tim fosse rimasto a letto, invece che
alzarsi e pensare che avrebbe potuto creare un film basato su una soap opera
degli anni sessanta: Dark Shadows.
Furono molte le opinioni sul quel film: chi sosteneva che nonostante non fosse
uno dei migliori, il film di Burton avesse comunque la sua inimitabile firma
dentro, chi lo reputava un ottimo film, chi diceva che non era niente di che,
chi addirittura lo descriveva come deprimente e chi ha fatto notare che il
regista gotico si stesse piano piano affievolendo, e con lui anche il suo
protetto Johnny, a cui venne messa in discussione la sua capacità di recitare.
Vinsero purtroppo le critiche negative, quelle che consideravano il film un
totale disastro.
Dopo l'uscita di Dark Shadows fu tutta una discesa. Per Tim ci fu un periodo di
ritiro, ma a Johnny andò molto peggio.
Arrivarono pochissimi nuovi copioni a Depp, e tutti di personaggi secondari o
ancora peggio comparse, fino a quando non arrivò più niente: nessuno lo voleva
più nei propri film... e quello che una volta era un camaleonte, uno a cui non
si poteva trovare un sostituto, adesso non era più nessuno e il sostituto a
quanto pare esisteva davvero.
Per i primi tempi non fu così male, aveva abbastanza rendita dai film
precedenti per poter vivere in tranquillità come sempre, ma a lunga andare finì
quasi tutto...
Vanessa si allontanò anche lei assieme ai suoi figli, "Per dimezzare i
gossip" diceva... "Quando tornerai quello di sempre e sarai in grado
di mantenere i tuoi figli tornerò".
Ma non tornò più, perché Johnny non fu più quello di sempre.
Piano piano poi, col passare del tempo, nessuno aveva più avuto sue notizie
-famiglia compresa- e Johnny sparì lentamente dalla faccia della terra: più il
tempo passava, più le persone si scordavano di lui.
Fino a che un giorno, non si sa quale di preciso, fu come se non fosse mai
esistito. Puff.
Bene, bene, bene. Sono tornata con un’altra fic su
Johnny! Vi sono mancata? No? Bene. Non sapete neanche chi io sia? Ancora
meglio!
Che dire, questo è solo il prologo, serve per farvi
capire un po’ come sono andate le cose, quindi non c’è granché da commentare...
Ah: tutto quello che ho scritto e che scriverò nei
prossimi capitoli, è solo in parte vero. Non traumatizzatevi, Johnny è bello
che contento a casa sua xD.
E il font che ho usato per il prologo non sarà quello
che userò nei capitoli.
Era
il vent'uno
Novembre. In apparenza un martedì come tutti gli altri e io,
come tutti i
giorni a quell'ora, fissavo la lancetta dei secondi dell'orologio che
passava
fin troppo lentamente da un dodici all'altro.
Meno
tre, meno due,
meno uno. Le cinque!
Finalmente
le cinque.
Ciò poteva significare solo una cosa: avevo finito la mia
giornata lavorativa!
Non che lo odiassi il mio lavoro anzi, essere socia alla pari con una
mia
carissima amica di una splendida azienda di decoratori è
più o meno sempre stato
il mio sogno, ma alla lunga ogni lavoro stanca, anche se è
il tuo preferito.
Così,
inebriata
dall'odore della libertà fuori dall'ufficio, presi la mia
borsa a tracolla e il
cappotto rosso per dirigermi nell'ufficio accanto dove si trovava la
mia socia.
Bussai
alla porta già
aperta « Au revoir, io per oggi ho finito, ci vediamo domani
Kate!»
Lei
mi ignorò per
qualche secondo continuando a schiacchiare i tasti del pc alla
velocità della
luce, per poi premere un secco "invio" e chiudere il laptop.
Stava
sicuramente
chattando con uno dei suoi spasimanti, inutile dirlo.
« Spacchi
il
secondo, eh? A domani Audrey. E cerca di arrivare puntuale per l'amor
del
cielo...»
« Ma
io arrivo
puntuale ogni giorno!» Ribattei sorridendo, cosciente del
fatto che non era
vero
« Se
tu sei
puntuale, io sono una suora di clausura.» Risi di gusto ad
immaginarmi Kate
suora, cosa che non sarebbe potuta accadere neanche in un universo
parallelo,
credo.
E'
completamente
negata a tenere in piedi una relazione, ma di certo non se le fa
mancare mai!
M’incamminai
verso
l'uscita infilando il cappotto e dopo aver stretto per bene il cordone
sulla
vita aprii la porta facendomi travolgere dall'aria fresca di Parigi.
Mentre
avanzavo verso la fermata della metro notai che il solito barbone era
sempre
seduto sul marciapiede della mia azienda.
Quell'uomo
mi faceva
tenerezza, anche se non lo conoscevo. In realtà, non l'avevo
nemmeno mai visto
in faccia: portava sempre un cappello peruviano con tanto di sciarpa e
occhiali
scuri. Per non parlare del suo enorme, o meglio, abnorme giubbotto
nero...
Comunque, nonostante l'aspetto mi era particolarmente simpatico...
Sarà
stato perché un
giorno, lo scorso inverno, dalla finestra del mio ufficio avevo visto
dei
bambini lanciargli addosso delle palle di neve, ma lui niente.
Impassibile.
Non
mosse neanche un
muscolo, tanto che pensai fosse morto dal freddo, infatti su consiglio
di Kate
andai in missione a verificare che fosse vivo.
Mi
armai di qualche
spicciolo -in caso fosse stato vivo, non potevo andare a fissarlo e
basta- e
scesi di corsa fingendomi una passante.
Chinandomi
per
lasciar cadere gli spiccioli nel barattolo di latta che teneva vicino a
se',
potei udire un «Grazie» molto pacato e rauco, al
suono di quegli unici euro
appena caduti là dentro. Quindi era vivo.
Da
quel giorno ogni
volta che uscivo da lavoro gli lasciavo qualcosa dentro al barattolo,
una volta
mi sentii più generosa del solito e gli diedi cinque euro:
il giorno dopo aveva
comprato un paio di guanti.
Per
quello mi faceva
tenerezza: non era il solito barbone che usa i soldi per comprarsi
dell'alcool.
Così
giorno dopo
giorno gli davo quel che potevo; e anche quel giorno mi incamminavo
verso di
lui per lasciargli la solita mancia, ma forse avrei dovuto concentrarmi
un po'
più su dove mettevo i piedi piuttosto che fantasticare a
occhi aperti come mio
solito.
Fu
questione di un
secondo, quando il mio piede s'imbattè in una maledettissima
foglia bagnata che
mi fece quasi essere alla pari con un campione di sci.
Presi
tutti gli
ostacoli, compreso il barattolo di latta del barbone, per poi cadere
poco
aggraziatamente di schiena.
« AHIA!
Mannaggia-la-miseria. Stupida foglia!» Commentai ancora stesa
a terra mentre mi
massaggiavo la testa, ignara del fatto che il barbone mi stesse
fissando: ero
caduta precisamente davanti a lui. Che figura.
Mi
rialzai dolorante
« Mi scusi! Non volevo quasi caderle addosso, ma la foglia...
non l'ho vista
e-»
« Il
barattolo.»
Puntò l'indice per indicarmelo: era finito qualche metro
più avanti e sembrava
proprio che lo dovessi andare a riprendere io.
« Hey,
potevo
rompermi un'osso! E se avessi un trauma cranico? -continuai mentre
andavo a
prendere il cilindro di latta- Potrei perdere conoscenza proprio qui
davanti a
lei e lei pensa al suo barattolo?! Tanto è vuoto,
perché diciamocelo, se non ci
fossi io col cavolo che ci sarebbe mai qualcosa.» Sbottai
porgendoglielo e
mettendoci qualche spicciolo dentro -tanto per continuare la
tradizione-.
Lui
rise sonoramente
a quel mio gesto, mostrandomi un sorriso un po' malcurato ma
stranamente
familiare... Si bloccò subito notando che lo guardavo
più del dovuto, tornando
serio.
« Beh
grazie. E
comunque lei sembra tutta intera: nessun trauma, può star
tranquilla, quindi
non vedo perché tante storie per andare a riprendere il
barattolo che lei
ha fatto rotolare via.» Mi sorrise divertito
« Ah,
quindi lei
è un barbone solo per hobby, poi la notte si trasforma in un
dottore
specializzato, giusto?» Stavo esagerando, non avrei dovuto
toccare quel punto.
Insomma, chi mai andrebbe a rinfacciare ad un barbone di esserlo?!
Fece
un ghigno un po'
abbattuto « Come, non lo sa? Ormai tutti hanno una doppia
vita.» Esclamò con
leggerezza, cercando di nascondere l’offesa
« Ok,
mi scusi.
Battuta infelice, non volevo...» Abbassai lo sguardo per
fissarmi i piedi
decisamente pentita, ma si posò invece su un particolare
alquanto diverso: un
tre, tatuato sulla mano sinistra dell'uomo.
Il
mio neurone si
accese improvvisamente come una lampadina, e i miei occhi si spostarono
velocemente dal tatuaggio al sorriso, poi di nuovo alla sua mano, poi
ancora al
sorriso.
Spalancai
gli occhi
incredula e l'uomo, dopo aver ritratto la mano e aver smesso di
sorridere,
indietreggiò.
« Ehm...
Che
c'è?» Chiese, sicuramente spaventato dalla mia
espressione da maniaca
« Ommioddio
anche la voce!» Sussurrai più a me stessa che a
lui, che però mi sentì lo
stesso e fece per serrare le labbra: cosa che aumentò di
molto il mio strano
presentimento.
L'uomo
iniziò ad
innervosirsi sotto il mio sguardo fisso, e per cercare di calmarsi si
grattò la
testa e subito dopo passò a sistemarsi i baffi con l'indice
e il pollice.
Come
faceva sempre,
pensai. Ossantamadonna è lui.
Ok
Audrey, smettila
di fissarlo, smettila di fissarlo, smettila di fissarlo!
« E
va bene,
come mi hai scoperto?» Ovviamente aveva capito di essere
stato smascherato, e
senza troppe cerimonie iniziò a darmi del tu. E
così feci anch’io.
Scossi
piano la
testa, credendo di sognare « Non lo so, penso sia stato il
tatuaggio sulla mano
a farmi salire il dubbio, anche se quando hai sorriso avevo
già notato qualcosa
di familiare... sapevo di averlo già visto quel sorriso, ma
non sapevo dove. E
poi quel modo di "accarezzarti" i baffi, con quello ho capito tutto.
Lo facevi sempre, magari quando ti consegnavano un premio ed eri
nervoso perché
non ci credevi, allora ti sfioravi i baffi in quel modo...»
Ho
gli occhi lucidi,
vero?
Ero
sconvolta, non ci
potevo credere, avevo davanti a me l'uomo che mai nella vita mi sarei
sognata
di incontrare, il mio idolo, l'Adone più bello di sempre e
l'attore più bravo
del mondo -per me-: Johnny Depp. Vestito da barbone, ma pur sempre
Johnny Depp.
Perché
poi fosse
conciato in quel modo non lo sapevo, ma avrei scoperto tutto a tempo
debito, ne
ero certa. Intanto però che fare?
Dovevo
parlarci. No,
ci avevo già parlato, più o meno. Dovevo rapirlo.
Sì,
lo metto in un
sacco di patate e lo rinchiudo in cantina. Nessuno saprà
niente. No, no,
rapirlo no. Gli salto addosso. Okay, no, magari saltargli addosso non
è una
cosa da fare subito, forse più tardi... chissà.
Un
caffè. Potrei
offrirgli un caffè così mi spiega anche
perché diamine fa il barbone sotto la
mia azienda...
Macché
Audrey, non sa
manco chi sei. Presentati razza di idiota!
« E'
assurdo. Mi
hai riconosciuto da un gesto?!» L’attore, che solo
allora si decise a dir
qualcosa, sembrava più scioccato di me.
Ma
perché, è così
strano che l'abbia riconosciuto da quello? Sono forse una fan maniaca e
fissata?! Oddio.
« Ehm...
si.»
« Eri
una mia
fan?» Chiese stranito, anche se credo sapesse già
la risposta
« Lo
sono
ancora... Piacere io sono Audrey Morel, molto felice, imbarazzata e
incredula
di conoscerti!» Partii in quarta, senza pensarci troppo e gli
feci sfuggire un
sorriso.
« Piacere
mio,
Audrey.» Disse stringendomi la mano « Immagino non
ci sia bisogno che mi
presenti anche io»
Risi
« No infatti...
Senti, giusto perché forse non mi capiterà
più nella vita: vorrei davvero
sapere che ci fai qui.
In
cambio ti offro un
caffè o qualsiasi altra cosa tu voglia, ci stai?»
Feci lo sguardo più ammaliante
che mi uscì per cercare di convincerlo.
« Ti
capita
spesso di offrire caffè agli sconosciuti?»
« Ma
tu non sei
uno sconosciuto! Tu sei Johnny Depp!!! Non so se ti è ben
chiara la cosa, e poi
come ho già detto, non credo mi ricapiterà
più nella vita.» Mi giustificai
tutto d’un fiato
« Va
bene, va
bene, non lo urlare ai quattro venti però.
Andiamo.» Sorrise mentre iniziò a
camminare senza una meta.
Non
so perché pensai
che mi stesse solo dando il contentino, ma dopotutto stavo andando a
prendere
un caffè con Johnny Depp, cosa che mai nella vita mi sarei
sognata di fare,
quindi ignorai quella vocina nella testa che mi diceva che lo stavo
praticamente costringendo e mi decisi a raggiungerlo iniziando a
camminare al
suo fianco
« Allora
signorina Morel, dove andiamo?»
« Cafè
de Flore.
Ti va?» Chiesi timidamente. Non volevo aspettare decenni per
sapere tutto,
quindi scelsi il più vicino: proprio dietro l'angolo.
Ci
passavo spesso a
quel Cafè, era piccolo ma molto accogliente.
« Bella
scelta,
lì nessuno noterà che vai in giro con un
barbone» Rise, anche se credo si
vergognasse del suo aspetto così trascurato.
« Ma
che dici,
ho scelto questo perché voglio sapere tutto subito, ed
è l'unico nei paraggi.»
Risposi decisa mentre allungavo la mano per aprire la porta del piccolo
Cafè,
ma lui mi precedette mettendosi davanti e aprendo la porta, facendo
passare me
per prima.
Gli
sorrisi
calorosamente ed entrai, prendendo posto ad un tavolino vicino alla
vetrata
colorata con diversi fiori disegnati.
Lui
prese posto
davanti a me, e dopo esserci tolti i cappotti sapevo che dovevo
iniziare io la
conversazione, almeno per metterlo a suo agio.
« Non
ce n'era
bisogno» Dissi riferendomi al gesto di poco prima
« Le
buone
maniere non le ho ancora perse, è il minimo»
Rispose mentre si toglieva gli
occhiali neri, permettendomi finalmente di osservare i suoi occhi
scuri, anche
se un po' spenti.
Ordinammo
e inizammo
a parlare, prima del più e del meno, poi del tempo, poi
volle sapere qualcosa
su di me. Così gli raccontai del mio lavoro, di quella pazza
di Kate,
dell'altra mia migliore amica Charlotte e del mio ex fidanzato Andrew,
con il
quale ero stata per due anni.
Ci
eravamo lasciati
da poco, neanche due settimane, ma Andrew era il tipo di ragazzo
testardo che
non capisce quando una cosa arriva al termine.
E
credetemi, era
finita molto prima di quelle due settimane. Ma di certo non volevo
annoiare il
mio idolo con questa storia, solo che non sapevo più che
dirgli sul mio conto.
Che
si può dire su
Audrey Morel? Fa una vita abbastanza monotona, e dalle cinque del
pomeriggio in
poi non ha assolutamente niente da fare.
A
meno che una delle
sue strampalate amiche non decida di trascinarla in qualche locale
Parigino a
far baldoria, senza una motivazione di solito, ma in questo periodo la
motivazione era la rottura con And. Ecco, di nuovo a parlare di lui,
che
diamine.
Devo
trovarmi
qualcosa da fare dopo questi due anni di "prigionia dal mondo
esterno".
« Ora
scusami,
ma basta parlare di me» Dovevo assolutamente arrivare
all'argomento principale,
cioè lui.
« Oh
ti prego,
speravo non arrivasse mai questo momento...» Si mise le due
mani sulla faccia
sbirciandomi attraverso le dita. Io istintivamente alzai il
sopracciglio per
incitarlo a parlare
« Devo
proprio?»
Mugugnò, e io risposi con un «
Assolutamente».
E
così, dopo uno
sbuffo iniziò.
Mi
raccontò di come
fosse caduto sempre più in basso dopo l'uscita di Dark
Shadow, di come tutti i
giornali, le riviste e i paparazzi l'avessero messo in cattiva luce e
di conseguenza
nessuno aveva più voluto lavorare con lui. Neanche Tim, che
dopo la lunga
assenza dal mondo del cinema aveva rinunciato alla sua presenza sui
suoi set.
« ...
Litigammo,
io e Tim. Forse mi arrabbiai troppo con lui, gli diedi le colpe di
tutto, dissi
che alla fine ci stavo rimettendo io solo per averlo assecondato in
quello
stupido film.
E
da quel giorno non
lo sentii più. Per quanto riguarda Vanessa, litigai anche
con lei, ma so che
aveva ragione: dopo il casino con il lavoro... beh, diciamo che tornai
il
Johnny quindicenne di molto tempo fa.
Mi
creai anche un
sacco di debiti e nel tentativo di eliminarli persi tutto. Da qui la
sua
decisione di andarsene, almeno fino a quando non avrei messo di nuovo
tutto a
posto.
E
ora, eccomi qui a
prendere un caffè con te, Audrey. Fine della mia tragica
storia.» Si mise a
ridere, ma per quanto fosse un attore favoloso non riusciva proprio a
darmela a
bere.
Era
triste, sempre.
Più lo osservavo e più lo notavo, nei suoi occhi
non si vedeva più la
profondità di una volta, quella scintilla che da
più piccola mi faceva stare
ore incollata a guardare chissà quale sua intervista.
Quando
parlava di
Vanessa poi, glielo si poteva leggere in faccia che le mancava, e
tanto.
Dei
figli non aveva
parlato, e io non mi ero azzardata a chiedere, forse sarebbe stato
troppo.
« Mi
dispiace
davvero tanto, è terribile tutto questo. Ma com'è
possibile che tu sia finito
per strada? Tutti i tuoi amici? La tua famiglia? Dove sono,
perché nessuno ti
ha aiutato?» Era davvero assurdo: con tutta la gente che
conosceva possibile
che non ce ne sia stato uno, dico uno, pronto a dargli una mano?
« Sai
Audrey, se
c'è una cosa che ho imparato da tutto questo è
che la frase "Gli amici si
vedono nel momento del bisogno" è tremendamente vera.
Infatti,
li puoi
vedere tutti benissimo. La mia famiglia invece... beh, è
stato un po' come con
Vanessa.»
La
conversazione
stava peggiorando, mi rendevo conto che le mie domande e la mia
curiosità non
facevano altro che aumentare i suoi brutti ricordi,
quindi
decisi di non
chiedergli più niente, mi limitai solo ad un « E'
assurdo».
E
lo era davvero,
perché nonostante tutto a me dispiaceva per lui, eppure non
lo conoscevo.
Quindi il solo pensiero che la sua famiglia e i suoi amici se ne
fossero sul
serio fregati mi infastidiva più di quanto potessi
immaginare.
« Non
prenderla
male, ma tu non hai qualcosa da fare stasera? Insomma, si è
già fatto tardi...»
Quella domanda mi fece riatterrare sul pianeta terra e mi costrinse a
guardare
l'ora. Erano già le otto. Avevamo passato tre ore dentro ad
un Cafè -che tra
l'altro stava per chiudere- a parlare delle nostre vite.
Però
si, io qualcosa
da fare in realtà l'avevo, dovevo andare ad una stupidissima
cena tra amici
dove ci sarebbe stato anche Andrew.
Fantastico.
« Veramente
sì,
ho una cena a cui sfortunatamente non posso mancare, cosa che in
realtà farei
volentieri.» Sbuffai lasciandomi cadere sullo schienale della
sedia.
« Beh,
allora la
smetto di annoiarti e ti lascio andare, non vorrei facessi tardi per
colpa mia»
Ma sentitelo, annoiarmi, lui... Che assurdità!
Però
ripeto, dovevo
assolutamente andare.
« Mi
ha davvero
fatto piacere Johnny, non sai quanto!» Dissi infine,
rassegnata all’idea di
doverlo abbandonare
« Anche
a me, e
grazie di tutto.»
Ci
alzammo, ognuno
prese i suoi effetti e dopo aver pagato uscimmo dal Cafè,
con gran sollievo del
proprietario aggiungerei; credo ci volesse aggiungere alla mobilia
ormai.
« Allora...
ci
si vede» Disse sorridendo mentre si infilava il giubbotto
« Già...»
Ero
talmente presa ad osservarlo andar via che stavo dimenticando un
particolare
essenziale.
Ma
dove cavolo stai
andando, Audrey?! Lo lasci così? Ti sei forse dimenticata
dove l'hai
incontrato? No perché, come minimo starà tornando
lì.
« Hey
aspetta!
–gridai per fermarlo- Ma... si insomma, tu un posto per
dormire ce l'hai,
vero?» Si voltò e attese un attimo prima di
rispondermi
« Certo,
non ti
preoccupare...» Inizio a pensare che forse hanno
fatto bene a non volerlo
più sui set...
In
conclusione, non
ci credetti nemmeno per un secondo. Mi precipitai a prenderlo per un
braccio.
Per portalo dove, non lo sapevo.
« Andiamo.»
Rise
di gusto «
Faccio davvero schifo come attore.»
Sì
Johnny, me ne sto
accorgendo.
Qualche
mezz'ora più
tardi -caso strano- eravamo di nuovo nei paraggi del cafè.
« Ma
non ci
siamo già passati qui? Stiamo girando in tondo...»
Se non ci fossi tu a
dirmelo guarda...
Esatto,
non avevo
ancora la minima idea di dove portarlo, e si stava veramente facendo
tardi. Due
cose erano sicure: non l'avrei abbandonato di nuovo per strada, ma non
l'avrei
neanche portato a casa, non mi sembrava il caso... e poi ho solo un
letto.
Va
bene Audrey,
pensa...
« Ci
sono!»
Esclamai bloccandomi di colpo e costringendo lui a fare altrettanto,
visto che
non avevo ancora mollato la presa dal suo braccio.
Mi
guardò con aria
interrogativa e lo trascinai su una panchina poco distante, avevo come
la
sensazione che quello che dovevo fare avrebbe richiesto un po' di tempo.
« Mi
hai trovato
un alloggio? E' comodo...» Scherzò sedendosi, e io
lo fulminai mentre prendevo
il telefono dalla borsa e componevo il numero dell'unica
-ahimè- persona che ci
avrebbe potuto aiutare: Leo.
Un
mio carissimo
amico, estremamente gay, snob all'inverosimile e guardate un po':
direttore di
una locanda.
« Sul
serio
Audrey, non disturbarti per me, me la so cavare» Ed ecco di
nuovo la frase che
non smetteva di dire da almeno un'ora, lo ignorai e premetti il tasto
verde del
cellulare.
Leo
rispose subito.
« Zucchevo!»
Non
era mai riuscito a pronunciare la “r”, e dopo un
periodo di risate mi ci ero
abituata.
« Leeeo...
Come
stai tesoro?»
« E
va bene,
cosa ti sevve stavolta? Una bavca? Un' elica? Un piccolo pezzo di legno
che poi
incollevai ad un muvo e chiamevai: Avte?»
« Ehm,
no.
Diciamo qualcosa di più impegnativo... Però mi
devi assolutamente aiutare, Leo.
Ti prego, ti prego, ti prego!»
« Spava.»
« Un
posto alla
locanda. Giuro che troverò modo di pagarti prima o
poi!» Bugia. Perché la
locanda di Leo, si da il caso fosse una delle più care a
Parigi.
A
meno che non avessi
vinto alla lotteria, non avrei mai potuto permettermi due notti
là dentro.
« Stai
schevzando?! No.» Rispose deciso, sapendo già che
me l’avrebbe dovuto dare
gratis.
« Ma
Leo... è
davvero, davvero importante, lo sai che se no non
ti avrei chiesto niente...»
Cercai di convincerlo parlando con la voce più tenera che
riuscii a fare
« No.
E poi
siamo al completo!»
« Non
ti credo.
Sei pessimo quando menti.» Lo fulminai, mentre Johnny se ne
stava seduto sulla
panchina a cercare di capire cosa stesse accadendo.
« Gvazie.»
« Leo...
Lo sai
che ti voglio un mondo di bene, vero?» Ok, questa
è sempre stata la mia ultima
carta da giocare, e fin ora ha sempre funzionato.
« Quanto
sei
vuffiana Audvey. Ci vediamo qua tva un'ova, e non povtavmi cani vandagi
o cose
simili. Te ne pvego!» Mi riattaccò il telefono in
faccia, ma Leo è fatto così:
totalmente privo di affetto "o cose simili", come dice lui.
Io
intando mi spalmai
il palmo della mano sul viso. Leo non avrebbe mai accettato Johnny in
quelle
condizioni, forse a stento l'avrebbe riconosciuto, figuriamoci.
« Allora?»
Mi
domandò con aria curiosa, facendomi spuntare un sorriso
spontaneo
« Fra
un'ora
avrai un alloggio tutto tuo! - risposi con un po' troppa enfasi- Prima
però,
dobbiamo fare una piccola tappa a casa mia.» Già.
Dovevo almeno cercare di
rimetterlo un po' apposto, barba, capelli... E poi io ero in un ritardo
assurdo
per la cena, dovevo prepararmi.
L'avrei
accompagnato
alla locanda e poi sarei andata, sì. Un piano
perfetto.
Tranne
per il fatto
che non avrei mai avuto il coraggio di dirgli che avrebbe dovuto
rendersi
presentabile per Leo. Lui ancora non sapeva neanche chi fosse Leo, e
non sapeva
neanche del suo carattere snob, acido e –per chi non lo
conosce-
insopportabile.
Insomma,
lo stavo
conducendo nella tana del lupo.
Primo
capitolo! *Ma va?*
Lo
so, lo so, il modo in cui si sono incontrati è banale e per
niente originale.
Ma
dovete sapere che io quando camino per strada immagino sempre di
incontrare
persone improbabili, in modi improbabili.
Praticamente
è così che è nata questa cosa xD *Ci
ho fatto un’intera storia... Ora potete
rinchiudermi seriamente!*
Son
davvero curiosa di sapere cosa ne pensate però, quindi
sbizzarritevi!
Anche
critiche eh, non mi offendo u.u
Dal
prossimo capitolo in poi ci saranno anche i Johnny’s Pov,
contente?
Spero
di sì.
Ah,
il personaggio di Leo, lo devo dire, è totalmente ispirato a
Michelle di
“Gilmore Girls” o brutalmente tradotto in
“Una mamma per amica”.
Quindi
boh, immaginatelo così se volete xD
Bene,
lascio spazio a voi e mi dileguo.
Un
bacione e grazie ancora a tutte quelle che recensiscono/seguono, ci
vediamo al
prossimo!
Dopo due viaggi in metropolitana e
una piccola camminata, arrivammo davanti al palazzo.
Audrey mi sorrise imbarazzata e io forse lo ero più di lei. Cercai in tutte le
maniere di convincerla a lasciar perdere, ma non ne volle sapere, alla fine
passò anche ad ignorarmi e limitarsi a trascinarmi da una parte all'altra.
Le sarò riconoscente tutta la vita per questo. Lei, una totale estranea, mi
prende e mi toglie via dalla strada come se ci conoscessimo da una vita, mentre
chi forse avrebbe dovuto farlo o almeno impedirlo, ora non so neanche dove sia.
Certo era anche colpa mia, sopratutto colpa mia, ma non mi sarei mai aspettato
che nessuno non muovesse un solo dito. Mentre lei si.
E la cosa che mi spaventava, era che non sembrava l'avesse fatto solo perché
una volta era una mia fan, credo che se fossi stato un altro l'avrebbe fatto
ugualmente. Troppo buona, quella ragazza, troppo ingenua, forse.
« Sai la strada che abbiamo fatto fino ad ora? - mi chiese con uno strano sorrisetto
sulle labbra- E' nulla in confronto ai sei piani di scale che ci aspettano
adesso. Mi dispiace tanto, ma l'ascensore è rotto.» Scoppiai a ridere, stava
per portare un barbone dentro casa sua e l'unica preoccupazione che aveva era
di non farlo faticare troppo con sei piani di scale.
La seguii su, fino al sesto piano, dove arrivata alla porta numero trenta esitò
un attimo. Ecco, adesso ce le hai un po' di preoccupazioni vero, Audrey?
« Ehm... In realtà, non ricordo se ho messo in ordine prima di uscire. In caso
ignora tutto, ok?» Come non detto.
Gli feci un sorriso di approvazione, mi sembrava tutto così assurdo. Insomma,
ero io quello che si doveva vergognare, io il barbone, non lei, eppure ad ogni
passo che faceva la vedevo in tensione, come se non fosse mai abbastanza.
Glielo dovevo dire prima o poi, che non era abbastanza quello che stava
facendo, era perfino troppo.
Entrammo a casa sua: un appartamentino medio, con una grande sala, una piccola
cucina e un corridoio che portava alla camera da letto, dove all'interno c'era
il bagno.
« Siediti pure dove vuoi, o fai quel che vuoi, insomma... fa come se fossi a
casa tua. Anche se questa non è proprio come la tua, è molto più piccola, molto
più brutta, neanche a paragone... Forse non dovrei parlare così a raffica, eh?
Va bene. Io vado a prepararmi per la cena, tu...»
« Io starò bene, tranquilla, ti aspetterò per tutto il tempo che ci metterai
quindi non fare le cose di fretta, lo so che voi donne ci mettete un' eternità»
La rassicurai.
Tirò quasi un sospiro di sollievo, poi sorrise e andò verso il bagno
assicurandomi di non metterci troppo.
Io mi sedetti sul divano della sala e iniziai a dare un'occhiata alle riviste
che c'erano sul tavolino davanti a me: giornali come Vogue o People, che non mi
erano mai interessati, ma non avevo niente di meglio da fare.
Audrey...
Chiusi la porta del bagno alle mie spalle e mi ci appoggiai un secondo, ero in
totale panico da almeno mezz'ora: portare Johnny a casa mia mi faceva
quest'effetto. Chissà perché.
Senza contare che ormai avevo due personalità a me sconosciute che si
alternavano: quella "parlantina", ovvero quella che mi costringeva a
parlare a vanvera e senza un minimo di logica, e quella "ebete" che
si limitava a sorridere mentre le guance andavano a fuoco. Va bene Drey, ora ti calmi e vai a farti una doccia super veloce, poi ti
vesti, ti trucchi e tutto andrà per il meglio. Sù.
Dopo circa tre quarti d'ora ero finalmente pronta. Alla faccia del "super
veloce".
Mi ero agghindata
per bene facendo avanti e indietro tra il bagno e la mia camera, e ora esitavo
a mettere il naso nella sala: dove si trovava Johnny, a meno che non fosse
evaporato, visto il tempo che ci avevo messo.
Per mia fortuna –o sfortuna- lo
trovai ad ammirare una foto posata sulla mensola: mi ritraeva all’età di sei
anni, credo. E mi mancava anche un dente davanti.
Spalancai gli occhi e diventai rosso
carminio per l’imbarazzo. Prima o poi le dovrò togliere quelle dannate foto!
« Wow!» Esclamò lui, che notò la mia
silenziosa presenza « Stai davvero bene» Sorrise, e io diventai ancora più
rossa di prima.
« Grazie, e scusa per il ritardo...»
« Tranquilla, ho saputo come passare
il tempo» Indicò la foto con la testa mentre si sforzava di non ridere troppo
« Già, molto simpatico signor Depp.
Vogliamo andare, adesso?» Incalzai facendo la finta offesa, ma lui esitò un
attimo tornando serio
« Si, ehm, Audrey... non è che
potrei-»
Lo interruppi notando che guardava
verso il corridoio « Ma certo! Oddio che stupida. Mi è completamente passato di
testa, scusa, davvero. Ti serve qualcosa? Credo di avere quasi tutto in bagno,
cerca pure. Sai, erano di Andrew...
Se ti vuoi cambiare ho anche
vestiti» Mi sfuggì una risatina che sembrava più un nitrito di pony e avvampai
improvvisamente per l’imbarazzo.
Non sapevo se fosse il caso
proporgli di mettersi i vestiti di Andrew, ne tanto meno proporgli di mettersi
altri vestiti: mi suonava talmente scortese... Sotterratemi, ora.
« Insomma, il bagno è da quella
parte.» Dissi infine lasciandomi cadere sul divano, affranta per il mio
pochissimo auto controllo emotivo.
« Grazie. Ci metterò pochissimo
te lo giuro, non voglio farti tardare.» E detto questo, sparì dietro la porta
della mia camera, diretto verso il bagno.
Stop. Rewind.
La mia camera?! LE FOTO!
Mi precipitai –nel vero senso della
parola- nella mia camera da letto: anche lì era pieno di foto. Mie foto.
Compromettenti. Molto.
Quando arrivai, Johnny era già
dentro il bagno e io misi cautamente giù una ad una le cornici, ad alcune ci
buttai qualche foulard sopra. Fortuna che avevo tolto tutti i suoi poster dalle
pareti qualche anno fa, perché mai mi sarei aspettata che potesse entrare nella
mia camera!
Finita l’opera di camuffamento,
sentii l’acqua della doccia scendere.
Johnny Depp si
sta lavando a pochi metri da me. Nudo nella mia doccia. Con la mia schiuma!
Cos’è che
m’impedisce di entrare la dentro e stuprarlo?!
Ah già: è
chiuso a chiave. Porcamiseria!
Senza che mi accorgessi del tempo
che passava, proprio mentre poggiavo sul letto dei vestiti puliti per lui, la
porta del bagno si aprì ed io mi girai di scatto per lo spavento.
Un Johnny nudo o quasi –aveva solo
un asciugamano stretto sulla vita- e tutto bagnato mi comparì davanti.
Oddio! Oggi
muoio davvero.
Cercai di non far caso alle
goccioline che gli scendevano allegramente sul petto e d’istinto misi subito
una mano sugli occhi, impedendomi di vedere altro e probabilmente impazzire. Mentre
lui, che non si aspettava di trovarmi li, richiuse la porta alla velocità della
luce.
« Scusa, scusa, scusa, scusa!
Volevo solo darti dei vestiti non immaginavo tu uscissi proprio adesso! Non ho
sentito l’acqua fermarsi. Non che stessi origliando, eh! C’era anche poco da
origliare, ma comunque non lo stavo facendo!
E’ così imbarazzante... e io sono
ancora qua! Perché sono ancora qua?!» Smisi di parlare a vanvera e mi decisi ad
uscire dalla camera.
Lo sapevo, lo
sapevo che avere il bagno nella camera da letto prima o poi avrebbe causato
qualche danno!
Lo sentii ridere e poi uscire
nuovamente dal bagno; io nel mentre mi soffocavo contro il cuscino del divano
per la figuraccia.
« Allora, come sto?» La sua
voce mi arrivò ovattata per colpa del cuscino, così lo scaraventai dall’altra
parte della stanza senza pensarci due volte, facendo finta di niente.
Figura di merda
numero: due.
Davanti a me non c’era assolutamente
l’uomo che avevo fatto entrare un’ora fa a casa mia, in quel momento davanti a
me c’era davvero Johnny Depp.
Si era fatto la barba, lasciando
come suo solito i baffetti –anche se più curati rispetto a prima- e la parte
del mento con il pizzetto, i capelli erano in ordine anche se ancora lunghi, ma
gli stavano da Dio! E anche i vestiti di Andrew gli stavano bene, non pensavo
che avessero la stessa taglia: il golfino color panna si intonava benissimo
alla sua carnagione, nonostante non fosse proprio nel suo stile e i jeans
larghi... beh, anche quelli!
Ma che vado a
pensare?
“Il golfino
color panna si intona alla sua carnagione?!” Ok. Sto esagerando.
Anche se non era decisamente facile
dargli un parere su come stesse da vestito, considerando che avevo la sua
immagine da nudo ancora in testa, mi ripresi dallo stato di shock bavoso in cui
ero e mi degnai di rispondere.
« B-b-bene. Molto.» Balbettai.
Si sforzò di non ridere, quasi non
riuscendoci « Grazie Audrey, anche tu molto» Marcò l’ultima parola con
lo stesso mio tono un po’ impacciato, poi sorrise sornione.
Ho una voglia
di sotterrarmi pari a mille.
Mi sforzai di tornare in me « Bene,
ora che siamo tutti e due tirati a lucido, direi che è ora di andare!» Dissi
precipitandomi ad afferrare cappotto e borsa
« Giusto» Lui fece lo stesso
col suo giubbotto, e poco dopo ci ritrovammo nei parcheggi del palazzo.
... Johnny
La seguii in un piazzale enorme e
quasi privo di luce, oltre che di vita... Quando poi sentii il suono delle
portiere di un’auto e le luci all’interno accendersi, capii che si trattava di
un parcheggio. Ma non capii, se possedeva una macchina, perché girasse in
metropolitana.
Cercai di insistere almeno per poter
guidare io e toglierle così una fatica, ma ovviamente rifiutò più volte
ripetendomi che “tanto non sapevo la strada”.
Eravamo in viaggio da dieci minuti
buoni, e da quel che si poteva intuire dal paesaggio non eravamo in procinto di
arrivare.
« Solo altri cinque minuti» Mi
sorrise all’improvviso Audrey, che sembrava avermi letto nel pensiero.
Ero piuttosto nervoso, non avevo ben
capito dove mi stesse portando, ma dalla sua telefonata avevo il presentimento
di non essere proprio il benvenuto, e poi la scena di prima non aiutava: avevo
finto indifferenza, ma farmi vedere mezzo nudo da una persona conosciuta
qualche ora prima era davvero imbarazzante.
Sembrava esserlo stato più per lei
in realtà, ma almeno era vestita, lei.
« Posso?» Allungai la mano per
indicare la radio spenta. Pensai che un po’ di musica mi avrebbe aiutato a
sciogliermi.
Lei annuì convinta senza distrarsi
dalla strada.
Poco dopo fermò l’auto dietro ad un
grande casolare e girandosi verso di me spense la radio.
« Siamo arrivati. Ora, prima
che tu possa fuggire non appena incontrerai Leo, devi sapere che non è
assolutamente quel che sembra. Ignoralo semplicemente, okay?» Sorrise.
« Okay. Ma chi è Leo?» L’aveva
già nominato sì, ma se si meritava un discorsetto prima di essere conosciuto,
avrei voluto i particolari.
« Leo è il proprietario di
questa meraviglia qui davanti –indicò la locanda- ed un mio carissimo amico, ma
per chi non lo conosce, è veramente irritante. Sì, credo sia questo il termine
giusto.
Il fatto è che mi sta facendo un
grosso favore e vorrei che voi andaste d’accordo, almeno un pochino, visto che
dovrai vederlo per un po’. E lo dico a te perché parlare di questo con lui è
assolutamente impensabile.»
« Capisco» Mi ero fatto più o
meno un’idea di come potesse essere questo individuo, ma non capivo come Audrey
potesse andarci d’accordo.
« Bene, entriamo allora!»
Sorrise aprendo la portiera.
Dalla macchina all’ingresso
continuava a ripetermi che dovevo ignorare i comportamenti di Leo, e che non
era pessimo come sembrava, all’ultimo mi aveva cortesemente chiesto di non
ridere, poco prima di suonare il campanello. Non ne capivo il perché.
La porta fu spalancata da un uomo
sulla trentina, vestito di tutto punto: sembrava il proprietario.
« Siete in vitavdo!!! –sbraitò
senza neanche guardarci in faccia- Avevo detto un’ova Audvey, un’ova!!! E
indovina che ove sono?!» Forse in quel momento capii il perché non dovessi
ridere.
« Che ore sono, Leo?» Chiese
con calma ironia Audrey mentre si faceva spazio per permetterci di entrare.
« Tavdi! Ecco che ove sono!
–Leo nel frattempo andava avanti e indietro tra un enorme sala e non so dove,
senza però cessare i rimproveri- Non mi ascolti mai!
La puntualità è tutto nella vita
Dvey! Non capisco come tu faccia ogni giovno!» Tornò da noi con in mano una
chiave e una piccola cartella che continuava a consultare.
« Leo, siamo in ritardo di
pochi minuti, non farne un dramma, dai! Non vuoi conoscere il tuo nuovo
ospite?»
« Come no.» Rispose sempre con
gli occhi sulla cartella.
A questo punto toccava a me, pensai
« Lei deve essere Leo, Audrey mi ha parlato molto di lei. Piacere-»
« Leonavd. Leonavd Dupvés, pev
chi non mi conosce.» Rispose acidamente.
So che non è educato, in più Audrey
mi aveva appena chiesto di fare tutto il contrario, ma mi sentii autorizzato a
rispondere allo stesso modo.
« Johnny. John Christopher
Depp, per chi non mi conosce.» Vidi Audrey spalancare gli occhi e
contemporaneamente quelli di Leonard si alzavano da quella stupida cartella.
« Tu vuoi uccidevmi, ammettilo!!!
–sbottò contro la sua amica- Non posso cvedevci, non posso cvedevci!» Le lanciò
la chiave, che lei prese al volo trattenendosi dal ridere, e fuggì via
continuando a dire « Non posso cvedevci!» con toni sempre più acuti.
« E’ stato un piacere!» Dissi
salutandolo con la mano, che prontamente Audrey si affrettò ad abbassare.
Iniziò a ridere « Gli sei piaciuto!
Dai vieni, ti faccio vedere la tua stanza... Leo non ne sarebbe capace adesso!»
Guardò la targhetta della chiave con sopra un numero e si girò verso la
scalinata di destra. Già, in quel posto ai lati del salone c’erano due enormi
scalinate: una a destra e l’altra a sinista perfettamente identiche. Da quel
che potevo intuire portavano alle stanze, al piano di sopra.
La mia era la trent’otto.
Da quel che diceva Audrey, ogni
stanza aveva uno stile diverso e lei era riuscita a vederne solo un paio
purtroppo.
Quella che mi era stata assegnata
era piuttosto moderna: un letto in stile orientale dai bordi neri, un grande
armadio sempre in legno nero, un divano in pelle nera con cuscini rossi, una
cassettiera dove sopra si trovava un piccolo televisore e un tavolino basso,
vicino al divano.
« Questo dev’essere lo stile
“depresso”.» Esclamò Audrey con una smorfia dispiaciuta.
« Ma no dai, i cuscini sono
rossi.»
« Sì, rosso sangue. E’ un
chiaro invito al suicidio... L’ha fatto apposta!» Sbottò infine, mettendosi le
mani sui fianchi mentre guardava allibita un poster incorniciato nella parete.
Era una foto in bianco e nero di una
ragazza vestita tutta in pelle. Diceva: “suicide girl”.
« Il fotografo?»
« Leo! Oh, è così infantile a
volte... Adesso vado giù e-»
« Audrey, ci sono quattro muri
e un letto, va più che bene! –la interruppi- E poi non credo che il tuo amico
possa sopportare altro per questa sera: mi è sembrato abbastanza scosso.»
Si sciolse in una risata « Oh beh, è
comprensibile: incontrarti all’improvviso fa un certo effetto!»
« Ma dai, non sono una divinità...» Scossi la testa, non ero più abituato ai
tipici comportamenti dei miei fan. Veramente, li avevo quasi scordati, quindi
il tutto era eccessivamente strano, per me.
« No, hai ragione: tu sei
Johnny Depp. A parer mio, molto più che una divinità. Perché una divinità, a
meno che non sei un miracolato non la vedrai mai, invece a te ti si può vedere,
si possono vedere tutti i giorni le cose meravigliose che fai, le emozioni che
trasmetti, e non solo seguendo un copione. A te non serve un copione, tu i tuoi
personaggi ce li hai dentro e ti basta solo tirarli fuori quando serve. Ma
anche fuori dai film, fuori dalla vita dietro una telecamera non smetti di
essere meraviglioso neanche un istante. Probabilmente non te ne accorgi, ma
anche alzando leggermente la mano o accennando un sorriso migliori la giornata
di chi ti vede, subito. E questo non solo perché sei un adone da esposizione,
ma per la persona splendida che sei...» Intanto si era lasciata cadere sul
bordo del letto, e continuava ad elogiarmi con occhi sognanti.
Non riuscivo a credere che stesse
parlando di me, che avevo fatto io di tanto straordinario?
« ... non so veramente come tu
faccia ad essere così, è impossibile per una persona essere stupenda tutto il
tempo, ma tu ci riesci: ecco perché sei più che una divinità!»
Si bloccò di colpo, e le sue guance
iniziarono a colorarsi poco a poco, non credo si fosse resa conto di quanto
aveva detto.
Audrey...
Ommioddio.
L’ho appena definito “un adone da esposizione”?! Ditemi di no, vi prego.
Ditemi che non
ha sentito!
*Come fa a non
aver sentito? Siete soli e stavi parlando con lui!*
Eh? E tu chi
sei?
*Madama Doré!
Chi vuoi che sia? Sono la tua coscienza!*
Ho una coscienza?
Da quando? Dov’eri in tutti questi anni?!
*Da quando ho
deciso di pararti il fondoschiena, che stai facendo fin troppe figure di merda
oggi. E adesso basta. C’è fin troppo silenzio qui, gli vuoi dire qualcosa a
questo povero cristiano o lo lasci così a bocca aperta, come un merluzzo?*
« Ehm, probabilmente ho parlato
troppo. E’ comunque tutto collegato al fatto che fai un certo effetto!» *Eh...
stavi andando bene, prima dell’ultima frase.*
« Probabilmente hai sbagliato
persona – rise-, non sono così.» Scosse la testa
« Testardo, ecco come sei. Non
ti è bastato un monologo, per farti cambiare idea.» Okay, forse nominare il
monologo non era esattamente la cosa migliore da fare.
Fece spalluce « Lo dovresti sapere,
che sono testardo. Ma, grazie comunque, per tutto quello che hai detto. La
parte dell’adone da esposizione farò finta di non averla sentita, ma per tutto
il resto, grazie davvero.» Scoppiai a ridere, anche se in effetti c’era poco da
ridere, collezionavo figuracce quel giorno!
« Sì, speravo la ignorassi!»
Passammo qualche minuto a
sorriderci, forse facendo mente locale di quello che era potuto succedere in
poche ore, quando finalmente una certa coscienza mi ricordò di una certa cena.
Così mi alzai dal lato del letto dove facevo muffa.
« Johnny, io ora devo andare,
ma per qualsiasi cosa chiamami, sai, in caso ti servisse aiuto o Leo decidesse
di farti la corte, o di punzecchiarti o che so io...»
« Farmi la corte?» Esclamò
sbarrando gli occhi. Ah, ho dimenticato di dirgli che è gay?
« Ehm, si. E’ gay. Ma non credo
lo farà, non è da lui, al massimo ti infastidirà un pochino...
Comunque sia, ti do il mio numero di
cellulare» Ero pronta a dettarglierlo, quando vidi che non faceva niente
per poterlo salvare, se non guardarsi intorno.
« ... ma tu non hai un
cellulare, giusto? Scusa, l’ho scordato. Beh allora facciamo così: io ne dovrei
avere un altro da qualche parte, domani torno qui e te lo porto.
Se hai bisogno di qualcosa prima,
puoi chiamarmi dal telefono della reception, Leo ti darà il mio numero. Attento
però, è molto suscettibile.» Sorrisi, sperando vivamente che il mio amico non
lo mangiasse vivo fino all’indomani.
Lui serrò le labbra prima di parlare
« Audrey, non c’è bisogno che ti occupi di me così tanto, hai già fatto molto e
io davvero non so più come ringraziarti o ripagarti e-»
« Oh tranquillo, puoi
ripagarmi a rate, sorridi» Lo incitai, e lui sorrise davvero.
« La prima rata è andata! Però
le voglio giornaliere, eh!
Ora è meglio che ti riposi, e io è
meglio che vada se voglio vivere... Ci vediamo domani, Joh»
« A domani Audrey, e anche se è
banale: grazie ancora, infinitamente.» Ma quanto è bello quando sorride, oh!
Dopo il sorriso di ricambio – a
malincuore, lo ammetto- uscii dalla sua stanza.
Proprio in quel momento il mio
cellulare iniziò a vibrare e squillare come un dannato.
« Pronto?» Risposi senza
neanche guardare chi era
« Pronto? Pronto?! Perché sei
così calma?» E sapessi, un certo Johnny...
« Charlotte?»
« Si, Charlotte! Ma dove sei
Drey? Non ti sarai dimenticata della cena?! E’ più di mezz’ora che ti
aspettiamo»
« No, no, ma che dimenticata,
come dimenticare che devo sorbirmi quel deficiente?
Ho solo avuto un imprevisto, e
lasciamelo dire: che imprevisto! Ma ti giuro che sto arrivando, Charlie.»
Proprio mentre pronunciavo quella frase passai sotto gli occhi di Leo, che urlò
ancora una volta « La puntualità è tutto nella vita!»
« Era Leo quello? Beh, ha
ragione Drey, lasciatelo dire.»
« Sì, era Leo, quel
rompiscatole di Leo!» Alzai la voce per farmi sentire, salutandolo poi
silenziosamente con baci e segni di mano prima di uscire alla velocità della
luce dalla locanda.
« Ma perché sei alla locanda?»
Continuò Charlie, che stava per dare inizio ad uno dei suoi interrogatori senza
fine.
« Te l’ho detto, ho avuto un
imprevisto. Però non ti dico niente adesso, perché tanto lo so che hai messo il
vivavoce e mi state sentendo tutti, e poi devo guidare ora. Ciao ragazzi!»
Dall’altro capo si scatenò una serie
di risate e poi mi salutarono tutti in coro, prima di chiudere la chiamata.
E ora come
glielo spiego a Charlotte e Kate il mio “imprevisto”, senza che gli venga un
infarto?
*Non puoi,
credo. Poverette!*
Oh, ancora tu.
Com’è che spunti proprio adesso?
*Sono la tua
coscienza, e non spunto adesso, ci sono sempre stata! Te lo vuoi ficcare in
testa?!*
Non è vero, sei
comparsa quando c’era Johnny, non c’eri prima!
*Si che c’ero!*
Ti dico di
no...
*C’ero. Fine.
Stop! Quando sarei dovuta comparire, quando stavi con Andrew? Puah. Lì era
talmente tutto rose e fiori che lo sapevi da sola cosa fare, ma oggi ti ho
vista in difficoltà e sono intervenuta. Capito?!*
Ah. Allora
grazie, Coscienza.
*E non
chiamarmi Coscienza! Ce l’ho un nome: Erminia!*
Piacere, io
sono Audrey.
*Ma lo so già
chi sei! Santo cielo, fatemi cambiare testa: una qualunque, ma non questa!*
E dai,
rilassati... Proprio a me doveva toccare la coscienza mestruata? Ma guarda un
po’.
Taradadaaan! Ecco il capitolo due! O tre,
contando il prologo... Insomma, come volete, ma eccolo xD
Iniziamo con un carino Johnny’s Pov, ve li
avevo accennati, no?
Che dire... Sono finalmente arrivati alla
locanda e Leo ha fatto la sua comparsa, in tutto il suo splendore ecc, ecc...
Ecco, che siamo già in “argomento Leo”: per
rispondere anche ad una recensione, visto che mi sembra di non averlo ancora
fatto –sorry, risponderò, loggiuro!- purtroppo per voi, sì: i dialoghi di
Leo-bello avranno sempre la “v” al posto della “r”... Son, testarda? Lo so ç_ç
Ma è una cosa che fa parte del suo
personaggio, e se la togliessi non mi sembrerebbe più lui! Scusate.
Ah, qui c’è anche una nuova comparsa:
Erminia! La piccola vocina che tutti noi abbiamo, volenti o nolenti. Per lei mi
ispiro alla mia moglie bella, nessuno avrebbe potuto farla meglio! (Macci,
dovrebbe essere un complimento xD)
Anyway, la giornata di Audrey non è ancora
finita, la aspetta ancora la cena e tutto quello che succederà dopo... Ma non
mi spoilero da sola u.u
Sappiate solo che qualcosa succederà.
Muaha.
Queste piccole note iniziano a diventare
più lunghe dei capitoli, quindi basta, mi fermo qui. Ringrazio tutte, davvero,
le vostre recensioni mi emozionano sempre *-* alcune manco le merito... quindi
grazie, vi adoro già!
Un bacione sonnacchioso, oggi son parecchio
stanca, June.
Ero
finalmente arrivata al ristorante dove i miei amici avevano organizzato la
cena, e quando osai entrare li vidi tutti intorno ad un tavolo rettangolare che
urlavano
« Buon
anniversario Audrey!» Cosa?!
Esitai
un attimo « Cosa?!» A quel punto Kate mi venne incontro per trascinarmi al mio
posto nel tavolo
« Lo
sapevo io, che non l’avrebbe ricordato, gli dobbiamo sempre dire tutto noi»
Rise
« Kate...
Fammi mente locale, ti prego!» Le sussurai in preda all’Altzheimer, a quanto
pare.
« Oggi
son ben tre anni che hai fondato l’azienda, testina! Tre anni che lavoriamo
assieme, e il bello è che organizziamo questa cena ogni anno e tu la dimentichi
sempre.» Mi spiegò tra una risata generale e l’altra.
« Tre
anni?! – ripetei, incredula- Wow. E non siamo ancora fallite?»
« A
quanto pare no!» Mi poggiò una mano sulla spalla e diede l’inizio ad un
brindisi.
Tre
anni. Non potevo crederci, sembrava ieri che giravo per le strade di Parigi in
cerca di un buco dove poter costruire l’azienda, e invece erano passati già tre
anni.
Senza
mai un problema poi, il che non è poco.
Kate ed
io eravamo partite da zero, da sole, senza un minimo di esperienza e quasi con
la consapevolezza che non ce l’avremo mai fatta, ma dopo poco si unirono a noi
altri ragazzi e le cose andarono sempre meglio.
Toby,
lui fu il primo che ci chiese un lavoro: aveva letto il nostro annuncio sul
giornale e non vedeva l’ora di iniziare. Aveva appena finito le scuole e come
noi non aveva nessuna esperienza, ma la sua voglia di iniziare ci fece pensare
che sarebbe potuto diventare davvero bravo, come decoratore. E così fu.
A lui
si unirono anche Robert, Daphne e infine Hugo.
Robert
era molto più grande di noi, e sapeva quel che faceva. Mi stupì che volesse
lavorare con dei principianti, e che addirittura io e Kate potessimo essere i
suoi capi, sarebbe dovuto essere il contrario.
Tuttavia
volle accettare il lavoro e ci insegnò molto, tanto che pensai di fare scambio
di ruoli, ma rifiutò. E’ sopratutto grazie a lui, se siamo arrivate così
lontano.
Daphne
l’abbiamo presa per le sue “pazzie”: sapeva abbinare colori assurdi e ottenere
lo stesso risultati ottimi. Molti dei suoi lavori furono anche vantati.
Hugo è
il più giovane di tutti, e doveva ancora imparare molto quando si presentò, ma
ce l’avrebbe fatta proprio come Toby.
In quel
momento li potevo vedere tutti intorno alla tavola, ed ero così fiera di loro!
Eravamo
diventati un bel gruppo, e io avevo bisogno di tutti loro come loro di me.
Mentre
li guardavo, non vedevo però un’altra persona, che per come sapevo doveva
esserci: sì, Andrew.
Che
abbia finalmente rinunciato a starmi intorno?
Neanche
il tempo di pensarlo, che fece la sua comparsa dalla porta principale.
« Oh
Andrew! Ritardatario come sempre... Ecco perché stavate insieme voi due.»
Lanciai un’occhiata assassina a Kate, che era solita fare di queste battute...
La divertiva l’espressione di Drew.
Sì, ci
avevano anche nominati Drey e Drew. Come se Audrey e Andrew non bastassero:
eravamo la coppia degli scioglilingua.
« Salve
a tutti! Ciao tesoro, buon anniversario...» Mi sussurrò poi all’orecchio, prima
che mi spostassi.
« Ciao,
Andrew.»
Si
sedette anche lui al tavolo, per fortuna un po’ distante da me, e iniziammo
tutti la cena.
Tra
chiacchiere e battute varie fu una serata divertente, ma per me il bello doveva
ancora venire: dovevo parlare a Kate e Charlotte. Così, quando ci fu più
chiasso del solito e tutti erano un po’ a fatti loro, colsi lo sguardo di
Charlie e le feci segno di avvicinarsi a me e Kate.
« Ragazze,
vi devo dare una notizia!» Incalzai mentre Charlotte avvicinava una sedia per
sedersi e chiudere il nostro cerchio.
« Sei
tornata con Andrew?!» Esclamò Kate mettendosi una mano sulla bocca
« No.
Quello non accadrà mai più, fidati.»
« Ma
perché? Stavate così bene insieme... stavolta che è successo?»
« Stavamo,
Charlie, hai detto bene. E’ successo che non è più come prima, ho bisogno dei
miei spazi e lui lo sa. Non dico che non ci tengo, i sentimenti non si
eliminano così in fretta, ma credo che non sia più l’amore di prima.
Comunque, non è di questo che vi devo parlare!»
« E
allora?»
« Non
indovinerete mai chi ho incontrato oggi!» Ancora stentavo a crederci io.
« Chi?»
« Kate,
tu rimarrai a bocca aperta.»
« Parla,
donna!»
« Hai
presente il barbone sotto l’azienda?» Chiesi a Kate
« Sì,
certo... Hai scoperto che in realtà è il Papa?»
Scoppiai
a ridere « Non hai idea di quanto tu ci sia andata vicino!»
« No,
non è il Papa – continuai-, ma non è sicuramente un barbone qualsiasi.
E’
assurdo che in tutti questi anni non ce ne siamo mai accorte!»
« Vuoi
dirci chi è?! Odio quando ci tieni sulle spine» Si lagnò Charlotte
« E
va bene... rullo di tamburi... E’ Johnny Depp! Lo so, è assurdo, neanche io
potevo crederci, ma vi giuro che è vero! Stavo uscendo dall’azienda e, voi
sapete quanto sono distratta, sono scivolata su una foglia! Assurdo: gli son
caduta davanti e ho tirato un calcio involontario al suo barattolo, così sono
andata a riprenderlo. Anche se praticamente mi ci ha costretta. Comunque,
mentre glielo davo, ho visto il suo tatuaggio, il 3!!! Assurdo!
Così ho
capito che era lui, non c’erano dubbi: abbiamo parlato a lungo oggi e mi ha
raccontato i “come” e i “perché” e io non sapevo cosa fare, perché è davvero
assurdo, così ho chiamato Leo –ecco perché ero alla locanda prima- e gli ho
chiesto una stanza. Assurdo. Insomma, non potevo lasciarlo così, vi pare?
Beh Leo dopo qualche lagna ha accettato, anche questo è assurdo, e ora lui è
li! Alla locanda! Ma vi rendete conto?!»
« Okay.
Ora tu ti calmi, smetti di dire “assurdo” ogni tre secondi e ti spieghi meglio,
perché non credo di aver capito bene.» Commentò Kate.
« Io
mi sono fermata a Johnny Depp.» Sbavò Charlie, e si vedeva che il resto non
l’aveva sentito.
« Johnny
Depp? Quindi ho capito bene! Oddio. E’ quell’attore... quello che è sparito
dalla faccia della terra... Giusto? Avevo letto qualcosa su qualche rivista...
E’ stato un peccato, era bravo.»
« Capito
bene cosa? Che succede? Io non ho capito!» Charlotte aveva smesso di sbavare e
provava a collegare i neuroni
« Non
puoi definirlo “quell’attore”, potrei ucciderti per questo!» Risposi a Kate,
che scosse la testa.
« Eeeii!
Ci sono anche io qui!» Charlie ci agitò le mani davanti per farsi notare meglio
« Audrey
ha scoperto che il barbone sotto la nostra azienda in realtà è Johnny Depp, e
gli ha dato una stanza da Leo.» Disse in un fiato Kate
« COSA?!
SCHERZI? No, non è possibile... No, non lo è. NON PUO’ ESSERE LUI! Hai visto
male. Si, hai visto male, Audrey.»
« Shh.
Non ho visto male! Ci ho parlato, l’ho portato a casa mia e da Leo, non l’ho
solo visto. E’ lui!»
« L’HAI
PORTATO A CASA TUA?!» Urlò Charlotte con tono sempre più sconvolto, facendo
girare dalla nostra parte praticamente tutti.
« Chi
hai portato a casa?» Si intromise Andrew, sbucando da non si sa dove e
facendomi prendere un colpo.
« Ehm...
No, nessuno... Ho trovato un cucciolo...» Balbettai
« Di
che genere?»
« Cosa?»
« Il
cucciolo.»
« Ah!
E’... E’ un gattino. Sì, povero... Non potevo lasciarlo per strada.» Beh, in
parte è vero... Anche se Johnny non è un gattino, ma questi son dettagli.
« Mmh.
Sì hai fatto bene, dopo posso vederlo?»
« Eh?!
No. Insomma... Andrew, non credo sia il caso. E poi stasera lo do via, se lo
prende Charlotte. Ama i gatti.» Qui sta andando sempre peggio!
« Sì
Drew, io amo i gatti.» Rispose lei per niente convinta
« Capisco...
Io ci ho provato, Drey.» Disse infelice prima di lasciarci.
« Io
odio i gatti.» Commentò Charlotte appena Andrew si allontanò abbastanza
« Ringrazia
che non esiste nessun gatto. E urla più piano!»
« Va
bene, va bene, ma torniamo al discorso principale: Johnny.»
« Credo
di avervi detto tutto...» Sì, il “credo” era riferito alla figuraccia del
bagno. E no, non avevo intenzione di dirglielo. Charlie si sarebbe messa ad
urlare fino a rompere ogni vetro presente in venti chilometri.
« Sì,
ma... Che hai intenzione di fare?» Domandò Kate, l’intelligente del trio.
« Riguardo
cosa?»
« Riguardo
Johnny!»
« Che
dovrei fare?!»
« Beh,
l’hai portato da Leo, ma non può rimanere lì per sempre. Conosci Leo! Dovresti
fare qualcosa Drey... Che so, magari presentarcelo, lasciarmi da sola con lui
in una stanza...»
Certo
Charlie, adesso vi prenoto anche una stanza in Hotel, così fate con comodo!
« Scordatelo.
La seconda scordatela proprio! Però avete ragione, dovrei fare qualcosa...»
In
effetti no, non poteva restare per sempre alla locanda, Leo mi avrebbe ucciso.
Ma
allora che fare? Pensa... Pensa... Concentrati... Ho detto concentrati!
« Ci
sono: lo aiuterò.» Dissi infine, con una lampadina gialla accesa in testa,
probabilmente.
« E
come?» Chiese confusa Charlie
« Lo
aiuterò a ri-diventare il miglior attore di sempre. E vi dirò di più: ci
riuscirò. Devo riuscirci. Sì.» Annuii convinta
« Ah
sì? E come hai intenzione di fare, Einstein?» Bella domanda, Kate.
« I
dettagli sono da rivedere. Diciamo che mi prenderò cura di lui, farò il
possibile ecco...»
« Ti
prenderai cura di lui?! » Ripeterono all’unisono, scioccate solo all’idea
« Audrey,
non è un cucciolo! E’ un essere umano!»
« E
per fortuna, che non è un cucciolo!» Commentò Cherlie, in risposta a Kate
« Non
ne saresti capace. In casa tua un coniglio è durato una settimana!»
« Kate,
quel coniglio aveva già parecchi anni...» Cercai di giustificarmi
« E
il criceto allora? Ne vogliamo parlare?»
« Charlotte!
Non nominare il criceto. Lo sai che ancora ci penso...»
« Appunto,
Audrey, appunto. Se il criceto è finito così, immaginati un essere umano!
Immagina Johnny!»
« Se
fai fare a Johnny la fine del criceto io... io... Io ti spedisco nell’aldilà,
ma con atroci sofferenze!»
« Oh,
andiamo! Datevi una calmata. Non lo devo portare a spasso o dargli da mangiare,
è autosufficiente, posso farcela!» Le due si tirarono un’ occhiata saccente e
così chiusero ufficilamente il discorso, io invece in quel momento, non avevo
la minima idea che con quella frase avrei firmato il contratto per la mia fine.
Qualche
cocktail di troppo dopo, io Kate e Charlie eravamo chiuse nel bagno del ristorante
a rifarci il trucco, o almeno a provarci.
Dopo
svaritati tentativi, dove sembravamo più Heat Ledger versione Joker che altro,
ci sciacquammo la faccia ed uscimmo.
Ad
attendermi nel corridoio di fuori, c’era Andrew.
« Hey...»
« Cosa
ci fai qui?» Gli chiesi, mentre le due mi lanciavano occhiatine ammiccanti e si
allontanavano. Io le uccido. Io le uccido!
« Qui
al ristorante? Sono qui per te, Audrey.» Rispose con voce bassa, mentre si
avvicinava
« Qui,
fuori dal bagno delle donne!» Ringhiai scocciata da quel suo fare.
Possibile
che ogni momento fosse buono per flirtare?
Sorrise
« Sempre per lo stesso motivo...» Allontanati. Allontanati, no!
« Andrew...»
Cercai qualcosa di intelligente da dire, mentre lui continuava a starmi ogni
secondo più vicino, ma quei cocktail mi avevano davvero annebbiato la mente.
Continuava
ad avanzare con una lentezza inumana, fino a mettermi le spalle contro il muro
e far incontrare il suo naso con il mio.
Un
angolo della sua bocca iniziava a tirare verso l’alto, fino a sorridere di
sbieco mentre mi guardava con i suoi occhi verdi e fottutamente profondi,
facendoli fermare sulle mie labbra.
« Andrew,
per favore... non posso.» Cercai di fermarlo prima che quello si tramutasse in
un bacio, non potevo baciarlo: si sarebbe illuso, avrebbe creduto che non fosse
finita per davvero.
« Si
che puoi, perché dici così?»
« Perché
ci siamo lasciati e-»
« Allora
torniamo insieme, non c’è problema...» Dio, quegli occhi. Quel sorriso...
Sentii
le sue mani prendermi la schiena e il suo profumo mi arrivò dritto alla testa,
un profumo che non avevo mai sentito ad altri, ma era così familiare...
Mugugnai
un “no” che probabilmente sentii solo io, e questo lo fece sentire autorizzato
ad appropriarsi di me.
No, il
collo no! Oddio muoio, oggi muoio. Aaah!
Se
c’era una cosa che odiavo di Andrew, era che sapeva alla perfezione i miei
punti deboli, come il collo, o lo sfiorarmi quasi impercettibilmente la
schiena. Lo odiavo perché facendo così, riusciva a togliermi dalla mente ogni
cosa, tranne lui.
Mi passavano
brividi su e giù per tutto il corpo, e allora più che mai avrei voluto sentire
le sue labbra forti contro le mie, ma si fermò di colpo. Dopo un ultimo bacio
al collo, sorrise e andò via. Lasciandomi lì, contro il muro come una
deficiente, con un bacio in sospeso.
Sbuffai
ed attesi qualche secondo prima di raggiungere gli altri, non avevo intenzione
di fargli pensare che io e Andrew eravamo insieme e che fosse successo chissà
cosa, visto che non era successo un bel niente!
*Ti
rode, eh?*
Oddio,
ancora tu? Non avevi detto che con Andrew non c’era bisogno della tua presenza?
*Ma qui
le cose si fanno interessanti... Non posso perdermele!*
Non ti
sei persa niente. E non ti perderai niente, perché non succederà NIENTE!
*Qui
qualcuno si sta alterando...*
Mandai
al diavolo Erminia e tornai nella sala, dov’erano gli altri.
Il
resto della serata la passammo a far baldoria e asciugare il pavimento dalla
bava di Charlotte, che bramava silenziosamente un incontro con Johnny.
A fine
serata, ci buttarono molto gentilmente fuori dal ristorante perché Toby e Hugo
erano decisamente ubriachi, e il proprietario non gradì la loro versione della
danza del ventre. Neanche Andrew sembrava entusiasta, vedendo noi ragazze
ridere fino allo sfinimento, o meglio, vedendo me che facevo battutine sugli
addominali di Toby.
Una
volta fuori, salutai tutti uno ad uno e quando fu il momento di Andrew
inciampai su non si sa bene cosa.
« Bevuto
troppo?» Mi canzonò dopo avermi presa al volo
« Ho
solo inciampato, Andrew» Risi, cercando di rimettermi in piedi e togliermi così
dalle sue braccia. Lui mi lasciò fare
« Allora...
Buonanotte Drey.»
« Buonanotte.»
Stava
per andarsene, quando notò che io invece mi guardavo attorno, smarrita.
Tornò
indietro di qualche passo e aggrottò la fronte, come per capire il perché non
mi muovessi
« Non...
Non ricordo dove ho messo la macchina.» Ammisi. Sì, forse avevo leggermente
bevuto qualche bicchiere di troppo.
Rise,
prendendomi per la vita « Vieni.» Il cuore mi iniziò a battere come se volesse
uscire
« D-dove
andiamo?» Chiesi nel panico, facendomi trasportare dall’altra parte della
strada
« Alla
tua macchina, dove se no?» Mi guardò stranito
« Ah.»
Esclamai, quando effettivamente ci fermammo davanti alla macchina. Quanto
sei stupida, Audrey.
« Sicura
che riesci a guidare?»
« Certo,
grazie... Non so perché non la vedevo.» Cercai di congedarlo, ma nel frattempo
stavo anche cercando di far entrare quella stupidissima chiave, in quella
altrettanto stupida serratura. Senza riuscirci ovvio, in nessuna delle due.
Andrew
mi prese la chiave dalle mani e magicamente la portiera si aprì.
« Grazie.»
Sussurrai in un attacco di imbarazzo. L’ho già detto, che collezionavo figure
di merda quel giorno?
« Dai
Audrey, non puoi guidare... Non sei riuscita neanche ad aprire lo sportello!»
« Stai
insinuando che sono troppo ubriaca? E cosa dovrei fare, rimanere qui?!» Sbottai
alzando i toni
« No,
certo che no. Lasciami guidare, ti porto io.» Rispose lui, sempre mantenendo la
calma
« Perché,
tu non hai bevuto forse?!» Sì, ho voglia di litigare. E voglio che se ne
vada!
« Sì,
ma molto meno di te tesoro...»
« Guarda
che non sono ubriaca. E smettila di chiamarmi “tesoro”!»
« Audrey!
Per Dio, voglio solo essere gentile! Me lo concedi, almeno questo?» Anche lui
alzò la voce, ma mi fece capire che stavo esagerando. Okay, non eravamo più una
coppia, ma non per questo dovevo evitarlo e trattarlo non proprio bene ogni
volta... no?
Peccato
che avessi un problemino ad ammetterlo... Così mi limitai a ringhiare e andare
a sedermi nel posto del viaggiatore.
Durante
il tragitto lui aveva provato ad aprire almeno un centinaio di argomenti, ma
ero troppo stanca per affrontarli, e mi limitavo ad emettere qualche suono.
La mattina
seguente, mi svegliai con la testa pulsante, un po’ perché avevo bevuto e un
po’ per quell’odiosissima sveglia.
Noo.
Sono troppo stanca per andare a lavoro! E poi, come cavolo ci sono arrivata a
letto?
« Buongiorno!»
Andrew spalancò la porta della mia camera, facendomi tirare un urlo che mi
aumentò il mal di testa.
« Wow.
Sono così orribile la mattina?» Scherzò, posando un vassoio con dei croissant e
del caffé sopra il comodino
« No,
è che... Non pensavo fossi qui» Mugugnai massaggiandomi le tempie
« Ah.
Beh, ho portato la colazione, perché non mangi qualcosa?»
Una
vocina mi dice che ci è rimasto male, quando ho detto che non mi aspettavo
fosse qui.
*Io non
ho parlato!*
Mi
lasciò nel letto ed entrò in bagno, dicendo che si sarebbe rimesso un po’ a
posto, e poi sarebbe andato via.
Questo
significa che ha dormito qui? Con me? Nel mio letto?!
Perché
diamine non ricordo niente? Aiuto! Erminia?
*Che
vuoi? Io dormivo, e dormirei ancora, se mi lasciassi in pace! Buonanotte!*
Erminia
tirò il piumone e si girò dall’altra parte. Perfetto! E adesso che faccio?!
Nell’indecisione,
decisi di mangiare quei croissant che mi tentavano da quando erano arrivati, e
dopo aver bevuto il caffé andai alla ricerca di qualche analgesico.
Quando
Andrew uscì dal bagno era perfettamente vestito e profumato, e mi informò che
usciva.
« Va
bene» Fu tutto quello che riucii a dire prima che chiudesse la porta.
Si è
offeso? Ci è rimasto male? QUALCUNO MI DICA QUALCOSA!!!
Ahi, la
testa!
Mi
preparai velocemente anch’io e andai a lavoro, forse Kate sapeva dirmi il perché
lui fosse a casa mia...
Entrai
nel suo ufficio alla velocità della luce e sbattei la porta.
« Piano!
Che cavolo. Ho il carnevale di Rio in testa!»
« Lo
so, lo so. Kate, devi aiutarmi!» Esclamai buttandomi di peso sulla poltrona
vicino a lei.
Le
spiegai il poco che sapevo e lei mi disse che era andata via prima di noi,
quindi non ne sapeva niente.
« Ma
perché non lo chiedi a lui?»
« Sei
matta? Non posso, che figura ci farei?»
« Audrey,
è Andrew! Ti conosce da anni, ti ha vista anche col morbillo, e ti teneva la
testa quando era sopra un water! Direi che ormai la fase del “che figura ci
faccio?” è passata!»
Non
aveva tutti i torti, era Andrew, ormai mi aveva sopportato in tutte le mie
stranezze, ma comunque tutto quello non mi convinceva. Non sarei andata da lui
a chiedere spiegazioni, a costo di non saperlo mai.
Prima però,
dovevo provare tutte le alternative.
« Forse
Charlotte sa qualcosa...» Riflettei a voce alta, mentre Kate roteava gli occhi
in preda alla disperazione. Andai nel mio ufficio e composi il suo numero.
« Pronto?»
Rispose, quasi cantando
« Come
fai ad essere così pimpante? Io e Kate sembriamo bradipi appena usciti dal
letargo!»
« Non
ne ho idea, mi hai chiamato per questo?»
« No.
Ti ho chiamato perché stamattina ho realizzato di aver dormito con Andrew.»
« COSA?
Wow. Quindi avete...?»
« Non
lo so: abbiamo?! Non ricordo niente, Charlie. Quand’è stata l’ultima volta che
mi hai vista?»
« No
guardi, io non ho ucciso nessuno, Detective.» Rispose lei, diventando
improvvisamente seria
« Charlie!
Usa la tua serietà per cose importanti, ti prego.» Mi lagnai, sembrando una
bambina a cui avevano detto che non sarebbe mai andata a Disneyland.
« Ok,
ok. L’ultima volta eri... Ah! Stavi cadendo, e Andrew ti ha presa al volo.
Fuori dal ristorante. Poi sono andata via, mi dispiace...» Mi ha presa al
volo. Ristorante. Ricevuto.
Sì, ma
questo non aiuta!!!
« Va
bene, grazie comunque Charlie.»
« E
di che... Fammi sapere se risolvi il mistero!» E attaccò.
Mi
tormentai tutto il giorno, non riuscii neanche a finire le bozzette per un
edificio, ma niente. Non riuscii a ricordare niente, e il mal di testa non
passava.
Anche
quella giornata, insisteva nel non passare più, ma finalmente si fecero le
cinque e potei buttare ogni tipo di foglio e matita nel dimenticatoio, almeno
fino all’indomani.
Wow,
passare li fuori e non vedere più Johnny era strano... Anche se, ora che avevo
scoperto fosse lui, era meglio che non ci fosse. Sì, ero soddisfatta di quel
che avevo fatto e sicura che avrei potuto fare di più. Sentivo che stavo
facendo il mio dovere.
*Signorina
“faccio il mio dovere”, non dovevi fare qualcosa stasera?
Le parole “Johnny” e “Cellulare” ti dicono niente?*
Il
cellulare per Johnny! Me lo stavo dimenticando accidenti, ora devo tornare a
casa e si farà tardi!
*Ecco,
muoviti và... Tutto io le devo dire oh.*
Ma dove
ho messo la macchina?!
Squillo di trombe, rullo di tamburi, ecco
il capitolo tre: tanti auguri (?)
Non sono brava con le rime, chiedo venia, e
la chiedo anche per il secolo passato senza aggiornare.
Qui si scoprono un po’ di cose ed il famoso
Andrew fa la sua prepotente comparsa, carino eh?
Finalmente quel giorno lunghissimo durato
tre capitoli è finito, ma tranquille, è così solo alle volte, poi farò salti
temporali anche di settimane.
Bene: esprimetevi care fanciulle!
Io da brava me ne vado, un bacione a tutte
e ancora grazie a chi recensisce e segue, siete bellissime.