Smell Of Sex.

di Moka96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


 

Sono tornata, con nuova storia e nuova ispirazione! Yay! (?)
Volevo solamente avvertirvi, giusto che non me li fa inserire tutti, che questa fan fiction contiene più personaggi di diversi gruppi. 
In seguito scoprirete di chi si tratta, spero vi piaccia.
Buona lettura! :3



CAPITOLO 1


Mi chiamo Billie Joe Armstrong, nome alquanto insolito ma non sono stato io a sceglierlo, purtroppo. Ho vent'anni e vivo ad Oakland, questo schifo di cittadina che fra un anno mi lascerò alle spalle, odio stare qui, ma per ora mi devo accontentare di questa merda.
E' l'una di notte, o almeno lo era quando guardai l'orologio circa.. venti minuti fa, credo. Non do molta importanza alla cognizione del tempo durante le mie giornate, tranne a l'una di ogni domenica notte.
Amo camminare per le strade buie della città, illuminate solamente dalla fievole luce della luna o dei fari delle auto che sfrecciano lungo le vie per poi sparire in un batter d'occhio, lasciando che l'oscurità mi invada di nuovo.
I miei pensieri furono d'un tratto interrotti dalla suoneria del mio telefono che risuonò nel più completo silenzio, facendomi sobbalzare come un ladro colto alla sprovvista. Lo tirai fuori dalla tasca e risposi senza neanche leggere il nome sul display: sapevo già chi era.

- Sono nel vicolo affianco il negozio di Danny, datti una mossa. -
- Puntuale come sempre, Armstrong. - ricevetti in tutta risposta, da una voce roca dall'altra parte del telefono.
Feci una smorfia e riattaccai il telefono senza rispondere, odiavo quando mi chiamava per cognome, ma lui lo sapeva ed era proprio per questo che si divertiva a farlo, istigandomi.
Passai cinque lunghissimi minuti poggiato con la schiena contro il muro e le mani nelle tasche dei pantaloni, a fissare il brecciolino sotto i miei piedi impazientemente, fin quando non sentì una mano poggiarmisi sulla spalla, la sua mano.
Sobbalzai e mi girai di scatto per lo spavento, provocando una sua fragorosa risata.
- S-Shan! Che cazzo, vuoi farmi morire d'infarto?! -
- No, ma se non chiudi quella bocca rischi di svegliare tutto il quartiere. -
Non feci nemmeno in tempo ad obiettare che mi afferrò per la maglia grigia e mi tirò verso di lui, incollando le labbra alle mie.
Shannon, il solito. Odiavo quando faceva così.
Strinsi gli occhi e mi allontanai facendo pressione con le mani, sul suo petto.
- Vedo che siamo particolarmente scontrosi oggi, piccoletto. - disse lui, riuscendo a farmi indietreggiare fino ad un muro, che purtroppo, non era molto lontano da me.
- Non sono qui per questo, Shan. -
- E allora? -
- Ti ho detto che non sono qui per questo, non toccarmi. - mormorai freddo.
Sbuffò alzando gli occhi al cielo, e si infilò una mano nella tasca dei pantaloni. Si guardò attorno furtivo per assicurarsi che non ci fosse nessuno, poi mi porse una bustina trasparente con all'interno della polvere bianca, che io nascosi per bene.
Che ne dici di pagarmi in natura, Armstrong? - sibilò con un ghigno stampato sul volto, provocando una mia risata alquanto ironica.
- Tieni a bada i tuoi bollenti spiriti, Leto. -
Con un abile gesto gli infilai i soliti cinquanta dollari nei boxer facendolo fremere. Mi girai di spalle e lo salutai con un cenno della mano, per poi ripercorrere la stessa strada di poco fa.
Faceva freddo, un dannatissimo freddo, per questo avevo velocizzato il passo, volevo tornare a casa il prima possibile.
Condividevo la mia piccola dimora con Michael, o meglio, Mike, il mio migliore amico d'infanzia. Eravamo molto legati. Lui fu l'unico che mi rimase accanto, quando mio padre morì dieci anni fa, lo ricordo come se fosse ieri.

Mi accorsi di essere già davanti il vialetto di casa, solamente perchè andai a sbattere contro un albero senza accorgermene, avrebbero dovuto tagliarli quei cosi. Era impossibile distinguere le cose in quel buio assurdo, credetemi.
Massaggiandomi la testa arrivai davanti la porta di casa e la aprì con lentezza, cercando di fare il minimo rumore.
- Dove sei stato? -
Sobbalzai di nuovo dallo spavento. Oggi volevano proprio farmi crepare.
Accesi la luce e mi ritrovai davanti la figura di Mike seduto sulla poltrona a braccia conserte. Sembrava una di quelle classiche mogliettine isteriche che aspettano impazienti il ritorno del marito, pronte a rifilargli un megacazziatone che si sarebbe ricordato per il resto della sua vita.
- A prendere un po' d'aria. -
Bella sparata, Armstrong. Sicuramente ci crederà.
- A l'una di notte, Bill? - disse con tono seccato.
Rimasi in silenzio a fissarlo con sguardo impassibile, poi abbassai la testa, non sapendo ne cosa fare, ne cosa dire. D'altronde aveva ragione, a una scusa del genere non ci avrebbe creduto nemmeno un sasso.
Sentì solo i suoi passi e poi due possenti braccia avvolgermi e stringermi con delicatezza. Ricambiai il suo gesto, stringendomi forte a lui, cosa che lo fece sorridere.
- Non importa.. sei tornato ora. -
- Sono stanco.. - mormorai contro il suo petto. Mentii.
- Vieni, andiamo di sopra. -
Dormivamo sempre insieme, e io anche se posso sembrare un tipo abbastanza freddo, di certo con lui non lo ero per niente.
Arrivammo di sopra ed iniziammo a spogliarci per metterci a letto.
- Come mai non è rimasta la notte, quella troietta della tua ragazza? -
Attaccai briga, mentre saltellando tentavo di togliermi le converse, ma quei dannati lacci stretti me lo impedivano.
Lui rise, scuotendo appena la testa.
- La troietta della mia ragazza l'ho mollata. -

- Che novità! E perchè, questa volta? -
- L'ho vista con Josh, quel tipo grosso e rozzo della Norway High School. -
- Uhuh, brutti gusti la ragazza. -
- Ehi! - scoppiammo entrambi a ridere e ricevetti un piccolo pugno sulla spalla.

Riuscii finalmente a togliere di mezzo quelle maledette scarpe, e misi una mano dentro la tasca della giacca.
Sbiancai.
Non c'era. Non era possibile.
Iniziai a tastare ogni mio indumento freneticamente, come un pazzo, ma nulla, della bustina nessuna traccia. Probabilmente Mike mi stava anche parlando, ma io non lo stavo affatto ascoltando.
- ..e poi è apparso così dal nulla, ma ti pare normale una cosa del genere?! Billie? ...Billie? ..Cristo santo Billie mi stai ascoltando?! -
Mi girai di colpo verso di lui, e feci in tempo ad accennare un sorriso tirato. Non sapevo nemmeno di cosa stesse parlando.
- Sì..sì, ehm cioè.. -
Rimase a fissarmi per qualche secondo poi sbuffò - Aah, al diavolo. -
Si mise nel letto e si girò su un fianco, dal lato opposto al mio, coprendosi con le coperte.
Lo sapevo che gli dava fastidio quando qualcuno non lo ascoltava mentre parlava, ma se avesse scoperto cosa io avevo perso, sarei finito in guai grossi.
Glielo avevo promesso, gli avevo promesso che mi sarei liberato da quella roba, ma era pià forte di me. Se l'avesse scoperto forse non si sarebbe fidato più di me, e non volevo che accadesse.

Mi spogliai tenendomi i boxer, e mi misi a letto portandomi velocemente le coperte sopra la testa.
Forse lui stava già dormendo, ma non avevo nemmeno il coraggio di svegliarlo o che.
Avevo mille pensieri in testa, non riuscivo a pensare ad altro, e la paura di essere scoperto era troppa.
Mi rannicchiai su me stesso, tremando per il freddo. Mi sentivo uno schifo.

“Sono un disastro. Mi dispiace, Mikey.”
Pensai tra me e me, lasciando che una lacrima ricadesse sul mio pallido viso.


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


CAPITOLO 2


Erano le dieci del mattino quando mi svegliai da quel profondo sonno in cui ero caduto la notte precedente. Sentii un peso in più all'altezza dei fianchi, ed aprii gli occhi con lentezza guardandomi attorno come smarrito.

Si sa, appena svegli, siamo tutti in un altro mondo.

Contro la mia schiena c'era Mike, che mi teneva stretto in una morsa con una delle sue braccia muscolose.

Mi divincolai dalla presa con agilità, avevo ben altro da fare prima che si svegliasse.

Furtivo, uscii dalla camera ed iniziai a cercare per tutta casa la fatidica bustina trasparente, senza ottenere risultati.

Le soluzioni erano due: o mi ero sognato tutto, o l'avevo persa da qualche parte, ma la seconda mi parve più fattibile.

 

-Non è possibile, non è mai successo!- dissi dannandomi ed iniziando quasi a mettere tutta casa sottosopra.

Aprii la porta d'ingresso ed abbassai lo sguardo.

Era lì, ancora intera, sullo zerbino. E ci era rimasta per tutta la notte.

La presi e la rigirai fra le mani per constatare se era ancora in buone condizioni ma una voce attirò la mia attenzione, la voce della persona con cui condividevo casa.

 

-Già sveglio?-

Sobbalzai e mi irrigidii di colpo, sudando freddo.

-M..Mike!- mi girai mostrandogli un finto sorriso, mentre tenevo le mani dietro la schiena.

Quanto sono coglione.


-C-Controllavo..-

-Che hai lì dietro?- mi chiese d'un tratto senza neanche darmi il tempo di finire di parlare, sporgendo la testa per vedere cosa nascondevo.

-Niente!- mi affrettai ad indietreggiare.

-Billie, che diamine hai in mano?-

-Ti ho detto nie..-

-Billie!- mi urlò contro e rimasi immobile a fissarlo con il fiato in gola.

-Dammi qua.- disse con tono freddo allungando una mano e prendendomi per un braccio, non dandomi nemmeno il tempo di replicare. La prese. Ero nel panico.

 

Rimase qualche secondo a rigirarsela fra le mani, guardandola con attenzione per poi alzare lo sguardo sulla mia figura, deluso. Lo sapevo.

-Mike, non..-

-Ti avevo detto di non usare più questa merda!- urlò di nuovo, sbattendo la bustina a terra in preda alla rabbia.

-Non sei mia madre, cristo! Non dirmi quel che devo o non devo fare!- sbottai con le lacrime agli occhi e senza nemmeno pensarci, aprii la porta ed uscii di casa, iniziando a correre lontano da quel posto.

Sentivo i suoi passi, la sua voce che urlava il mio nome a qualche metro da me, ma io non avevo la minima intenzione di fermarmi, ero stufo di essere trattato come un ragazzino da tutti, soprattutto dal mio migliore amico.
Ma se non avevo lui, cosa ne rimaneva di me? Sono sempre stato quello più piccolo, e non solo tra i miei fratelli, mi considerano tale tutt'ora. Tutti. Come posso non odiarmi? Sono la feccia della società.

Mi fermai e posai le mani sulle ginocchia affannando, sfinito dalla corsa estenuante. Alzai gli occhi e mi guardai attorno, ragazzi, che mi crediate o no, non sapevo dove mi trovavo.
Non pensavo di aver corso così tanto!
Era un quartiere..strano, all'apparenza deserto.

- Ehy dolcezza, che ne dici di un giro? -
Una voce sconosciuta risuonò dietro di me facendomi rabbrividire. Mi girai e vidi due uomini, di corporatura robusta, uno dei quali giocava con uno yo-yo, infantile si direbbe a prima vista, ma non quando se l'attorcigliò intorno ad un dente, strappandone la corda.
Quel gesto mi fece capire che ero nei guai, in guai seri.

- Che c'è, sei muto per caso, ragazzino? -
- C-Cosa volete da me..?! -
Una fragorosa risata sarcastica da parte di entrambi ruppe quel silenzio innocente.

- Che ne dici, eh Kyle? -
- Al Capo non dispiacerebbe della carne fresca con cui giocare. -
- L'ho trovato io, voglio il 70% della ricompensa. -
Ne riparleremo quando saremo tornati al covo, ora muoviamoci. -
Rimasi allibito nell'ascoltare la loro conversazione. Parlavano di un certo Capo, di un covo..e di me, come se fossi merce da vendere. Ero terrorizzato, sentivo le gambe appesantirti, incollarsi al terreno; non riuscivo a compiere nemmeno un passo.
I due si avvicinarono a me e senza darmi il tempo di replicare il più grosso mi afferrò per un una spalla e mi cinse un braccio attorno al collo per non farmi scappare, portandomi immediatamente una pezza bianca al viso, per farmene inalare la sostanza.

Dove sei, Mike..?” chiesi tra me e me prima di chiudere gli occhi ed accasciarmi fra le braccia di quel rozzo uomo, privo di sensi.


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Erano ore che lo cercavo, ore che ero fuori casa ad urlare il suo nome senza ricevere nessuna risposta. Odio quando si comporta da ragazzino immaturo.

“Non sei mia madre, cristo! Non dirmi quel che devo o non devo fare!”

Le sue parole continuavano a risuonare della mia mente e forse aveva ragione, chi sono io per preoccuparmi così tanto per lui?
Cristo Mike, ragiona! Sei il suo migliore amico, lui ha solo te, ha bisogno di te, tu sei la persona che gli è sempre stata accanto, non può trattarti in questo modo e mandare a fanculo la sua vita con quella merda!
Scossi la testa, e presi il telefono componendo il suo numero, nella speranza di una sua risposta. Che illuso.
Uno, due, tre squilli. Feci una smorfia, c'era troppo rumore attorno a me, un rumore di un telefono che squillava in attesa di una risposta, eppure non c'era nessuno attorno a me.
Abbassai lo sguardo e chiusi la chiamata; il rumore cessò.

Raccolsi il cellulare del mio amico da terra, scrutando con sguardo attonito la foto di noi due fissa sul suo Display.

- Billie.. -

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


CAPITOLO 3
 

Avete mai provato l'ebrezza di affrontare un viaggio, un viaggio colmo di insidie, paure, insicurezze e difficoltà? Io sì, e anche voi: la vita.

                                                                                                                                                                                                          [Cit.]

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- Svegliati, puttana. -
Una sporca mano osò violare la pelle vellutata e rosea del mio viso, facendomi svegliare da quel sonno in cui ero stato intrappolato qualche ora prima.
Il buio. Fu la prima cosa che vidi quando aprii gli occhi. Ero confuso, stordito e non avevo la minima idea di dove fossi.
Mi resi conto dello squallido posto in cui mi trovavo quando una luce fioca illuminò il piccolo spazio di pareti grigie che mi circondavano; davanti a me un uomo.

- Vedo che le buone maniere funzionano ancora da queste parti. -

Voce roca e all'apparenza tranquilla, a primo impatto.
Alzai lo sguardo, incrociando il suo.
Viso smunto, capelli scuri raccolti in una coda e occhi di un azzurro chiaro e profondo, da perdercisi dentro.
Non sembra essere molto giovane, ma nemmeno molto vecchio, forse sulla quarantina.
Oh cristo, sono in un posto che non conosco, davanti ad un uomo del tutto sconosciuto e per di più legato ad una sedia con delle corde molto spesse ai polsi e alle caviglie, e io mi metto a pensare all'aspetto fisico di questo..oh, lasciam perdere.
Bella merda, Billie Joe.

- Dove sono? - non accenno a distogliere lo sguardo dai suoi occhi e dal suo sguardo magnetico, in cerca di una risposta, ma tutto quel che ricevo non è altro che una risata sarcastica da parte dell'uomo.
- Sei a casa, Billie Joe. -

Sgranai gli occhi. Come cazzo faceva a conoscere il mio nome?!
La mia confusione stava crescendo sempre di più. Cosa significava tutto questo?

- Come..come fai a sapere il mio nome? -
- Nessuna spiegazione. Solo una cosa devi sapere.. -

Detto questo si avvicinò a me e con un rapido gesto afferrò una ciocca dei miei capelli corvini, incollando le labbra alle mie.
Cercai di oppormi in tutti i modi possibili, ma potevo fare ben poco e quelle corde cominciavano a lacerarmi, lasciandomi segni rossi attorno ai polsi nudi.
Sentivo la sua lingua cercare la mia ed intrecciarsi con talmente tanta violenza da farmi mancare il respiro.

Si allontanò di colpo.

- Sei di mia proprietà ora. - Un sussurro. Mille brividi.

Lo seguii con lo sguardo mentre usciva dalla stanza sbattendo la porta dietro le proprie spalle, facendomi sussultare.
Rimasi lì a testa bassa, in quelle condizioni non potevo muovere nemmeno un muscolo, e con un gesto spontaneo sputai schifato la saliva che avevo in bocca, liberandomi, anche se inutilmente, del sapore di quell'individuo che sapevo avrei odiato a vita.

Perchè sono qui?
Come ci sono arrivato?
Chi è quell'uomo?
Dov'è il mio migliore amico?
Salvami, salvatemi! Che qualcuno mi porti via da qui prima che arrivi il peggio.

Sono finito nel giro dell'inferno.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4
 
Il suo telefono squillò.
“Shannon”
Chi cazzo è questo? 
Billie non mi ha mai parlato di un certo Shannon, eppure lui mi dice sempre tutto.
Assorto dalla curiosità risposi.
 
- Pronto? -
- Ehy dolcezza, devi ancora ripagarmi bene per la roba di domenica notte. -
 
Strinsi i pugni mentre la rabbia si incanalava nelle mie vene.
Così era lui, lo spacciatore di Billie.
Quel bastardo. 
Il bastardo che all'una di notte di ogni domenica incontrava.
 
- Che cazzo vuoi da Billie? -
- Hey hey, calma bello. Hai rubato il telefono al tuo amichetto? Non è una cosa molto carina da parte tua, sai? La puttanella potrebbe arrabbiarsi. -
- Non osare rivolgerti in questo modo a Billie, figlio di puttana. -
- Rilassati amico, credo che invece sia l'aggettivo che gli si addice di più. -
- Dov'è. -
 
Una fragorosa risata si estese dall'altra parte del telefono, poi il silenzio.
 
- Sarà con mio fratello da qualche parte, a divertirsi. -
- Dimmi dove cazzo è! -
- Non ha bisogno di te. -
 
Il respiro mi si bloccò in gola alla sua frase.
“Non ha bisogno di te.”
E se fosse davvero così? Se davvero fosse stufo di me?
Non sapevo cosa pensare.
Mi sentivo un contrasto vivente.
 
Una parte di me mi diceva: 
 
“Lasciagli vivere la sua vita, idiota! Lui non ha bisogno di te, non sei mica sua madre, te l'ha detto anche lui. Mettiti l'anima in pace, tornatene a casa e beviti una birra in compagnia del tuo divano e della tua TV, che sicuramente sono molto meglio di quello sgorbietto.”
 
 
“Vai, vai da lui, cercalo, trovalo e portalo a casa. Lui ha bisogno di te come l'ossigeno, e tu hai bisogno di lui. Il tuo migliore amico è in pericolo. Non perdere tempo, Mike!” 
 
Mi consigliava invece l'altra.
 
- Lo troverò, dovesse costarmi la vita. -
 
Chiusi la chiamata e riposi il telefono di Billie nella tasca del pantalone.
Lui ha bisogno di me.
Ho bisogno di rivedere ancora una volta quegli occhi verde smeraldo.
Ho bisogno di vederlo sorridere, ridere.
Ho bisogno di un suo abbraccio, uno di quelli che durano ore.
Ho bisogno di vederlo felice, come la luce nei suoi occhi ogni volta che corriamo per tornare a casa, mano per mano e io lo prendo in braccio quando lui è ormai sul punto di strisciare sul marciapiede. 
Ho bisogno del mio migliore amico.
 
No, non lo lascerò solo, io che sono da sempre stato il suo unico punto di riferimento, no.
 
Aspettami piccolo, sto arrivando.
 
          _____________________________________________________
 
 
Un ora, era passata una lunga ed interminabile ora da quando quell'uomo se ne era andato, lasciandomi da solo nel buio.
Non sentivo nessun rumore, nessun passo, nessun segno di vita.
Per quanto ancora sarei rimasto lì?
Faceva caldo, molto caldo.
Abbassai lo sguardo sui miei vestiti, quasi inzuppati dal sudore, a malapena riuscivo a respirare.
Provai a forzare le corde in qualche modo, per strapparle, consumarle e provare ad uscire da quel maledetto buco, ma nulla.
Era del tutto inutile.
Arrenditi Billie, sei fottuto.
 
Il frastuono di un gancio che si apre risuonò nella stanza, dei passi.
Passi familiari.
Era tornato.
Quel tonfo si avvicinava sempre di più, fino a fermarsi davanti a me.
Era buio pesto, ma ciò non mi negò di intravedere un ghigno sul suo volto.
Mi slegò i polsi e mi afferrò per il colletto della maglia ormai consumata, carezzandomi il viso con l'altra.
Le sue labbra sfioravano le mie.
 
- Sai perchè sei qui, vero? -
- No.. - riuscii a malapena a mormorare, tenendo gli occhi stretti. Tremavo, non riuscivo a muovermi, la sua voce mi immobilizzava, provocandomi brividi lungo la schiena.
 
- Sono anni che aspetto questo momento.. - soffiò sulle mie labbra, leccandole avidamente.
- Chi.. chi sei? -
 
Il mio tono spaventato, sapevo che l'avrebbe nient'altro che soddisfatto, ma non riuscivo a fare altro, non potevo fare altro, quell'uomo riusciva ad ipnotizzarmi con un solo sospiro.
Le sue labbra, la sua lingua che vezzeggiava con divertimento e avidità il mio collo per poi morderlo, marchiandomi e facendomi urlare.
A che gioco stava giocando?
 
Provavo schifo.
Di nuovo quel ghigno, poi la sua mano che violò improvvisamente la mia pelle con una stretta al cavallo dei pantaloni.
Urlai, di nuovo.
Urlai sotto i suoi sorrisi soddisfatti, sotto il suo sguardo compiaciuto.
Ero succube della sua malata volontà.
 
- Il mio nome è Jared, ricordatelo bene, perché fra poco lo urlerai. -

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