Il Materiale Di Cui Sono Fatti I Sogni di NiNieL82 (/viewuser.php?uid=6229)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CRISTALLI: Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** CRISTALLI: Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** CRISTALLI: Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** CRISTALLI: Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** CRISTALLI: Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** CRISTALLI: Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** -CRISTALLI: Capitolo 7- ***
Capitolo 8: *** CRISTALLI: Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** CRISTALLI: Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** CRISTALLI: Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** CRISTALLI: Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** CRISTALLI- Fine Prima Parte ***
Capitolo 13: *** BOLLE: Capitolo 1 ***
Capitolo 14: *** BOLLE: Capitolo 2 ***
Capitolo 15: *** BOLLE: Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** CRISTALLI: Capitolo 1 ***
IL
MATERIALE DI CUI SONO FATTI I SOGNI
PRIMA
PARTE: Cristalli.
CAPITOLO
1: Un vestito nero.
Howard si guardò
intorno sorridendo soddisfatto.
Dopo tutto la vita
che aveva lasciato, quella di luci, di sogni e di paillette che erano
stati i Take That degli anni '90, gli era mancata da morire.
Gli era mancato il
casino, quella masnada di gente che gli sorrideva senza nemmeno
sapere chi fosse nonostante tutto, anche se con gli altri si metteva
a fare il cretino, a prendere in giro le fans che andavano in
alberghi che andavano ben oltre le loro disponibilità
finanziare. Quando era un bambino viziato e il mondo lo adorava solo
per qualche sorriso in un giornale. Quando era solo un guscio vuoto e
nient'altro. E pensare che, prima, tante volte, troppe, aveva provato
un senso di nausea per tutto questo. Possibile che bastasse solo
qualche disco in vetta e qualche sorriso su di un poster per far sì
che il mondo cadesse ai tuoi piedi? A quanto pareva bastava eccome. E
grazie a quei dischi, quando non stava giù, quando non vedeva
che le cose non stavano andando come voleva, quando gli eccessi non
erano la regola, quando non era Howard Donald dei Take That, ma
semplicemente Dougie, allora si rendeva conto di vivere il suo sogno
e di aver avuto quello che desiderava davvero nella vita.
Poi quel sogno si era
spezzato.
Ego troppo grandi per
convivere, un giro di soldi non indifferente, un manager un po'
troppo assettato di successo..
E il resto è
storia. Tutti conoscevano l'inferno passato dai quattro finiti nel
dimenticatoio...
Le loro vite
infrante. E per Howard, raccogliere i cocci fu immensamente
difficile. Era caduto in un baratro troppo profondo per poter
risalire da solo.
Pensò alla
morte, ma, forse, per mancanza di coraggio non prese quella strada.
E allora, armato di
forza e di buonsenso, cominciò a risalire la china,
lentamente.
Ricostruì la
sua carriera dalle ceneri della prima. Divenne un dj di discreto
successo, almeno in Germania e in Inghilterra. Alle volte, il suo
nome, quello che era stato, il membro di una delle band più
famose, o meglio, della band più famosa degli anni '90, lo
seguivano -o meglio lo precedevano- e portavano un discreto ma esiguo
numero di fans alle sue serate. Ragazze curiose che volevano vedere
che fine aveva fatto, com'era diventato uno dei ragazzi per cui
avevano pianto come delle pazze non meno di dieci anni prima.
Poi, nel 2005, 'Take
That For The Record', un documentario celebrativo che raccontava le
vite di tutti loro, prima, dopo e durante i Take That; e 'Never
Forget The Ultimate Collection', una raccolta di tutti i singoli, più
un nuovo remix di 'Relight My Fire' e una nuova canzone, 'Today I've
Lost You', scritta da Gary ai tempi di 'Back For Good'...
E di nuovo tutto
cominciò a girare per il verso giusto.
Quella vita che
sembrava lontana, persa per sempre, tornava a loro. Grazie a qualche
bicchiere di troppo e a quella serata passata insieme a guardare il
documentario.
Inutile spiegare come
andò.
Certo che quello che
successe nei mesi che seguirono, Howard lo sapeva, poteva far girare
la testa a tutti. Ma nessuno di loro aveva intenzione di fare lo
stesso errore per la seconda volta. A differenza di Robbie, loro il
fondo lo avevano raschiato, grattato con le unghie e con i denti e,
di sicuro, non volevano per troppa boria, per troppa autostima,
perdere quello che si erano riguadagnati.
Howard era felice,
troppo felice di quello che stava vivendo, per vederlo andare in fumo
un'altra volta. E in quella fortuna ci si cullava, pronto a spiccare
un grande volo.
Ann Belle si guardava
intorno annoiata.
L'aveva invitata
Eloise a quella festa del cavolo, dove tutti sparlavano di tutti e,
all'evenienza, si scambiavano persino baci traditori.
Un mondo fatto di
luci ma di altrettante ombre che lei frequentava saltuariamente, più
per bisogno che per divertirsi. Perché, in quel mondo, c'era
la chiave per sfondare e rompere quella barriera sottile che divideva
il sogno dalla realtà: Ann Belle era un'attrice, o meglio,
aveva studiato, lo era diventata, ma ancora le mancava la cosa più
importante. Il successo.
Aveva studiato alla
Guidhall di Londra, una delle più grandi scuole che, da anni,
sfornava grandi nomi che andavano ad arricchire il mondo del cinema
nazionale e no.
Aveva recitato molte
parti, ma niente che la potesse soddisfare. Niente che aveva reso
polvere di cristallo quella barriera argentea, buttandola tra le
braccia di un mondo dorato dove cullarsi e, perché no, vivere
per sempre.
E pensare che quando
era una ragazzina i suoi sogni erano diversi: sposare un Take That,
Robbie Williams in pole, vivere con lui felice, per sempre, in una
casa fuori Manchester, con tanti cani, gatti e, perché no,
tanti bambini.
Ma a quindici anni
tutto sembra facile, almeno fino a quando la realtà non
infrange quel muro di cristallo che la separa dai sogni (e non
viceversa), e quello che ti trovi di fronte, non sempre, è
quello che ti aspettavi.
E Ann Belle aveva
pagato un conto un po' troppo salato, tanti anni prima. E ancora ne
portava le cicatrici.
Trangugiò un
sorso del suo mojito, mandando giù anche i brutti ricordi, e
si guardò intorno per l'ultima volta. Si era stufata di quella
festa. Ora avrebbe cercato Eloise e le avrebbe detto che "SI, LE
DISPIACEVA, MA DOVEVA TORNARE A CASA, NON STAVA TANTO BENE, NEANCHE..
E POI DOVEVA PARTIRE PER LA REGIONE DEI LAGHI, IL GIORNO DOPO, PER
ANDARE A TROVARE SANDY, SUA SORELLA E VEDERE ANCHE LA SUA NIPOTINA,
PERCHE' NON LA VEDEVA DAL GIORNO IN CUI ERA NATA... E DOVEVA FARE LE
VALIGE E SISTEMARE I REGALI PER TUTTI, NON SOLO I VESTITI...".
Un mucchio di stronzate insomma..
Tutto, pur di
lasciare quel posto... Tutto.
Si guardò
intorno, cercando Eloise, appunto, quando urtò una signora,
facendole cadere il calice di champagne che stava bevendo,
direttamente sul vestito.
Si scusò come
meglio poté, ma in quel momento non sentì che il mondo
dei sogni, entrando in contatto con la realtà, rompeva quella
barriera sottile di cristallo. E non viceversa. E questa era
la cosa più importante.
Qualcuno fece cadere
un bicchiere. Howard che rideva parlando con qualcuno, si voltò
a guardare.
E come quando Nigel
gli aveva detto del documentario, il suo cuore fece una capriola
all'indietro non indifferente.
Stretta in un abito
nero che scopriva completamente la spalla destra, una ragazza dai
capelli castano chiaro, con due incredibili occhi grigio verde, in
equilibrio su tacchi vertiginosamente alti, si scusava con una
signora che, con il volto decisamente segnato dalla rabbia, diceva
che non era successo nulla, senza nemmeno crederci un po'.
Ma la cosa importante
non era quella. No! Era che quella ragazza bellissima, che aveva di
fronte a sé, aveva smosso qualcosa dentro di lui. E non perché
gli piaceva fisicamente. Era abituato a vedere donne bellissime -e
non per vantarsi, ma perché lavorando in quel mondo ne aveva
incontrato migliaia-, ma non era quello che lo sconvolgeva.
Quello che provava
era diverso.
Conosceva quella
ragazza. E non era una sensazione, un deja-vù che lo aveva
colpito richiamando chissà quale esperienza fisica o
metafisica o morfeica vissuta.
Quello che provava
era una certezza matematica.
Lui conosceva quella
ragazza. Anche se arricchito dal trucco e reso più sensuale
dalla maturità di una giovane donna, Howard riconosceva quei
lineamenti.
E sapeva che dentro
quel vestito nero, le curve più morbide di una ventiseienne,
cancellavano quelle di una ragazzina di quindici anni, che lui aveva
conosciuto undici anni prima. Quando le luci brillavano più
forti. Quando lui e gli altri Take That, anche se cantavano il
contrario, si sentivano invincibili. E sapevano di poter avere tutto.
Si scusò con
il suo interlocutore e si allontanò, verso di lei. Verso
quella donna bambina.
Ann Belle si sentiva
una perfetta idiota. Quella zitella acida, nonostante avesse detto
che non era successo nulla, l'aveva tratta come una cretina davanti a
tutta la sala. E come tale l'aveva fatta sentire.
Ed ora più che
mai, si guardava intorno cercando Eloise.
Voleva tornare a casa
disperatamente. Si sentiva, anche se dentro di sé aveva
coscienza che non fosse vero, osservata, derisa, additata dal resto
degli invitati.
Stava evitando con
cura gli sguardi del resto della sala, in un impresa che aveva del
titanico, cercava Eloise, quando..
"E' strano. Ma
ogni volta che t'incontro, ti guardi intorno spaventata..."
Ann Belle si voltò
di scatto e un lampo di sorpresa attraversò gli occhi grigio
verdi. Conosceva fin troppo bene quella voce. Le gambe avrebbero
ceduto, proprio in quel momento se non avesse lottato contro se
stessa per stare su. Era una voce dal passato, quella. E senza un
minimo disturbo, arrivava attraverso un canale invisibile, alle sue
orecchie, come trasmessa da una radio.
Ed era, appunto, da
una radio che voleva sentire quella voce.
Ma forse si diceva
bugie da sola. E la sua sorpresa era la prova tangibile che, quella
voce, le aveva cambiato la vita, tempo prima. Nel bene o nel male, lo
aveva fatto davvero.
Sollevò un
sopracciglio. Voleva apparire sicura. E sollevando il mento,
incrociando le braccia al petto e puntando gli occhi grigio azzurro
di fronte a sé disse:
"Che vuoi?"
Quando
ho cominciato a scrivere questa storia ero appena tornata da Londra.
Avevo deciso di fare una storia che ne contenesse cinque. Una
dedicata ad ogni membro dei Take That. È un po' differente dai
fatti reali. Non parlerò di Dawn, di Emma, di Ayda o di altre,
ma racconterò storie differenti e inventate.
Naturalmente
tutto quello che leggerete qua è pura fantasia. Non conosco i
Take That e non mi appartengono i diritti delle canzoni che troverete
citate qua.
Questa
storia nasce con l'intento di divertire di continuare una storia che
avevo cominciato a pubblicare nel FORUM ITALIANO. E che ancora non ho
finito. Vi auguro una buona lettura.
Niniel.
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Capitolo 2 *** CRISTALLI: Capitolo 2 ***
CAPITOLO
2: Cristalli rotti (1995-2006)
"Che
vuoi?"
La
voce dura di quella ragazza lo aveva scosso. Era abituato a vedere
fans cresciute ma, comunque, adoranti. Non scontrose e riottose nei
suoi confronti.
Sorrise
cercando di sembrare naturale o almeno il più possibile e
disse:
"Si
saluta così un vecchio amico?"
"Non
mi sembra che siamo stati amici io e te..."rispose secca Ann
Belle.
"Per
un po' lo siamo stati.." disse Howard sorridendo conciliante.
"Per
quanto ti ha fatto comodo, forse... E anche quando ti faceva comodo,
scusa se te lo dico, non credo fossimo amici.." ribatté
Ann Belle ancora più dura.
Howard
sospirò e cercando di essere il più calmo possibile,
avvicinandosi all'orecchio della ragazza sussurrò:
"Lo
sai che per me non è mai stato così"
Ann
Belle lo guardò con gli occhi ridotti a due fessure e disse
sfidandolo:
"Allora,
sentiamo.. Se mi consideravi un'amica, HOWARD... Come mi chiamo?"
Ecco!
Aveva fatto da solo una bella frittata. Come diavolo si chiamava.
Ricordava qualche cosa di lei. Sapeva di conoscerla e di averle fatto
del male, tanto, ma non si ricordava il suo nome.
Gli
sembrava di ricordare qualche cosa con il Belle finale, ma quanti
nomi c'erano con Belle, Bel alla fine?
Sospirò
e sorridendo, sentendosi un po' stupido nell'ostentare sicurezza,
disse:
"Isabel!"
"AHHH"
rispose Ann Belle mimando il suono metallico che veniva riprodotto
nei quiz televisivi quando viene data una risposta sbagliata.
"RISPOSTA SBAGLIATA.. La concorrente vince. La star torna con
la scatola del gioco, per divertirsi con gli amici a casa..."
Howard
guardò quegli occhi. Non rispondendo a quella semplice
domanda, aveva perso l'unica occasione che aveva di parlare con lei,
sistemare le cose.
Possibile,
però, che non ricordasse tutto. Che sapesse di averle fatto
del male, ma qualche cosa, nella sua mente, offuscasse il periodo in
cui lei era entrata nella sua vita?
Ann
Belle si stava per allontanare, quando Howard, tenendola per un
braccio la bloccò e disse:
"Ti
prego non andare.."
"ANN
BELLE! ECCOTI.. MA DOVE TI ERI CACCIATA?"
Ann
Belle! Ecco! Era questo il suo nome.
In
un attimo la testa di Howard elaborò i dati che gli erano
stati consegnati e, come un'ondata di acqua che infrange una diga, il
velo che offuscava i ricordi di Howard si dissolse, riportando a
galla quei giorni e invadendo la testa di mille ricordi.
Aprile
1995: In un albergo di Manchester, durante un meet &
great con alcune fans...
Howard
sorrise all'ennesimo obiettivo e abbracciò un'altra ragazzina
tremante per l'emozione.
Il
buon vecchio Dougie era uno stacanovista. Non si tirava mai indietro,
nemmeno quando non stava tanto bene, nemmeno quando le giornate non
erano delle migliori.
E
per questo Nigel lo adorava. Oltre al fatto che avesse un bel corpo,
ovvio!
Si
voltò per guardarsi intorno e sentì un gran vociare e
uno scroscio di risate divertite.
Come
sempre venivano dalla direzione di Rob.
A
dire il vero Robbie passava un momento strano. Se periodo era la
parola adatta.
Da
un po' di tempo stava facendo di tutto per farsi sbattere fuori dalla
band, facendo cose che non piacevano non solo a loro, ma, cosa più
grave, nemmeno a Nigel.
Tutto
era partito con delle amicizie strane. Gente che circolava intorno a
Rob solo per i suoi soldi, più che per vera amicizia. Gente
che lo riduceva uno straccio con serate che finivano alle prime ore
del mattino e, di conseguenza, rendendolo impresentabile il giorno
dopo.
Ma
Howard non voleva immischiarsi in quella storia. L'ultima cosa che
gli serviva era inimicarsi Nigel che, in confronto agli altri,
trattava discretamente sia lui che Gary.
Sospirando
un po' per l'impotenza di quel momento davanti all'autodistruzione di
uno dei membri della band, un po' per la noia, si guardò
intorno.
Notò
che poco lontana dal gruppo di fans di Robbie, c'era una ragazza.
Spiccava per la sua particolare bellezza, che la rendeva più
che appetibile, nonostante dimostrasse non più di sedici anni.
Si
guardava intorno spaventata, stretta nella sua tuta dell'ADIDAS, il
segno di riconoscimento usato da tutte le loro fans, più
perché loro stessi in più di un servizio fotografico le
indossavano spesso e volentieri. Alle volte sorrideva guardando
quelle ragazze che cercavano di imitarli perfino nel modo di vestire.
Riuscivano a comprare vestiti dai costi elevatissimi, solo per poter
spartire con il loro idolo almeno un capo di vestiario, senza sapere
che quando si diventa ricchi e famosi, per una strana regola, i
vestiti te li regalano.
Una
cosa che Howard si ricordò bene anche nel futuro più
lontano, fu che i suoi piedi si mossero da soli, senza che nessuno li
comandasse, andando verso la direzione della ragazza che aveva appena
visto. Non seppe cosa lo portò da lei. Seppe solo che lo fece.
Si avvicinò, sorridendo, cercando di capire che cosa
intimorisse quei bellissimi occhi grigio verde.
E
cercando di essere il più tranquillizzante possibile chiese,
con quella che poi, invece, perfino a lui risultò un po'
troppo suadente:
"Sei
qui per qualcuno in particolare?"
La
ragazza si voltò e gli occhi grigio verde spauriti e un po'
sorpresi lo travolsero facendogli sentire uno strano languore.
Cavolo! Doveva darsi una calmata oppure rischiava la galera.
Un
sorriso, dopo qualche minuto di esitazione, illuminò il viso
della ragazzina che con un filo di voce rispose:
"Robbie!
Ma ci sono tutte quelle ragazze.. E io non riesco a parlargli.."
Howard
fu intenerito dalla dolcezza e dalla sincerità di quella
bambina ragazza che, sicuramente, non si curava del fatto che aveva
buttato così il nome di Robbie senza nemmeno curarsi degli
altri. O di lui che era comunque un membro della band alla pari di
Robbie.
E
guardandola con altrettanta dolcezza disse:
"Dai!
Ti faccio conoscere Robbie" e le prese la mano.
Forse
quel contatto fece ricordare alla ragazza che anche lui era un Take
That, perché Howard si rese conto che tremava appena. Si voltò
e cercando di tranquillizzarla, sorrise:
"Tranquilla..
Non mangio mica... Piuttosto.. Non ti ho chiesto come ti chiami.."
"Ann
Belle.." rispose lei in fretta.
"Ann
Belle" ripeté per memorizzarlo lui "Bel nome!
Originale.. Davvero bello.." e guardandola dolce aggiunse: "..
come te del resto.."
Ma
cosa gli diceva la testa!? Era una bambina! E nemmeno la conosceva,
per quanto poteva saperne, poteva essere una pazza assassina.
Ma
in quel momento la voglia di apparire il cavaliere serviente, che
l'avrebbe portata dal suo principe, prevalse sulla ragione di Howard.
Ciò
di cui non si rese conto era che Ann Belle arrossiva.
Quella
era la prima volta che accettava un complimento senza rispondere male
a chi glielo rivolgeva.
"ANN
BELLE! ECCOTI! MA DOVE TI ERI CACCIATA?"esclamò Eloise
avvicinandosi.
La
ragazza si voltò di scatto e sorridendo riconoscete all'amica
appena ritrovata, disse:
"Arrivo
Eloise!" e guardando Howard, dura, aggiunse: "Io devo
andare 'AMICO'! Se non ti spiace..." e senza nemmeno guardarlo
si allontanò, lasciando Howard con la sua scia di profumo come
unica traccia del suo passaggio.
In
macchina Ann belle sospirò guardando fuori dal finestrino.
"Scusa..
Non sapevo che ci fosse anche lui.. Se ci fossero stati tutti me ne
sarei resa conto, avrebbero scritto il nome del gruppo... Allora non
ti avrei chiesto di venire... " si scusò Eloise.
"Non
importa El.. Non importa.." sospirò Ann Belle.
"Ann..
ne vuoi parlare?" chiese Eliose sistemandosi nel sedile.
"No.
Lui è passato. E come tale voglio che rimanga.." rispose
Ann Belle guardando fuori.
Il
passato. La prima volta che quel muro sottile di speranze si era
infranto, per colpa di un sogno diventato realtà. E quando
succede, non sempre, il risultato è il migliore.
"Rob!Rob!"
ripeté Howard.
Ann
Belle lo ricordava benissimo. La mano di Howard che calda e grande
stringeva la sua piccola, bianca e fredda.
"ROB!
PEZZO DI IDIOTA! E' PIÙ DI UN'ORA CHE TI CHIAMO...VUOI
GIRARTI SI O NO?" esclamò Howard spazientito.
Robbie
si voltò e guardò Howard divertito. Quando Ann lo vide
così vicino ebbe un tuffo al cuore. Vedeva che era strano, ma
per una ragazzina di sedici anni che non ha mai provato nemmeno la
marijuana, gli occhi rossi del ragazzo potevano essere dovuti al
troppo freddo oppure il non aver dormito troppo, anche se, ridendo
come una pazzo mostrava anche ad un cieco di essere, forse, un po'
troppo su di giri.
Ann
Belle li guardò parlare. Howard la indicò sorridendole
con dolcezza. Robbie ascoltava Howard e poi la guardò. O
meglio. La squadrò. E con quello sguardo sembrava quasi
volesse spogliarla.
Per
la prima volta in vita sua Ann si sentì come sporca, senza che
un uomo la toccasse, solo per quello sguardo strano che Robbie le
rivolgeva. E si sentì una stupida.
Quello
che successe dopo, appena Rob l'ammise alla sua corte di fans
adoranti, nella testa di Ann, per anni, non fu chiaro. Mai.
Ricordava
Robbie che la guardava e che la squadrava da capo a piedi, facendola
sentire a disagio, facendola tremare, facendola sentire sempre più
stupida. Le mani di lui un po' troppo intraprendenti.
Poi
quella frase:
"Sai
che sei proprio una bellissima ragazza... Che dici di venire con me
e..."
Il
resto della frase lo ricordava benissimo.
Si
staccò dall'abbraccio di Robbie, piangendo. Si sentiva
insultata. Quello non era lo stesso Robbie. Lo stesso ragazzo che le
sorrideva dai poster.
Howard
sospirò guardandola allontanarsi..
Era
diventata se possibile più bella. Forse era solo diventata una
donna. E questo la rendeva terribilmente sexy.
Un
suo amico si avvicinò e scherzò:
"Allora..
Stanotte in bianco. L'amica di Eloise non te la da?"
Howard
lo guardò stupito e disse:
"Le
conosci?"
L'amico
annuì:
"Certo!
Sono stato con Eloise per un paio di mesi. Frequentavo la loro casa
ogni giorno.. Ann è una che ti fa girare la testa anche al
mattina presto. È bellissima"
Howard
non ascoltava quello che diceva il ragazzo. Pensava solo ad una cosa:
quello sapeva dove abitava Ann Belle.
"Sai
dove abita, quindi!" e sorridente aggiunse: "Mi devi
aiutare, dude"
"Sei
un coglione Robbie... Non ti rendi conto che è solo una
bambina?"
Howard
sentiva pulsare la testa per la rabbia. Stavolta Robbie aveva davvero
esagerato. Ann era una ragazzina innocente, di quelle che credevano
all'immagine assolutamente finta che Nigel voleva dare di loro e non
di quelle disposte a tutto per infilarsi nel tuo letto.
"Oh!
Dougie è una fan... Cosa vuoi che voglia..." si lamentò
Robbie, fingendosi infastidito.
Le
altre fans li guardarono curiose. Mark, Gary e Jason, invece,
seguivano la scena con gli occhi sbarrati, chiedendosi cosa passasse
nella testa di entrambi e se si fossero dimenticati il fatto che
dovevano sorridere sempre e ad ogni costo.
Howard
si rese conto che non era quello il momento di fare una scenata.
Chinò la testa. Era furibondo.
E
veloce, ignorando chi lo chiamava, lasciò la stanza. Voleva
solo vedere dove fosse quella ragazzina.
La
trovò che piangeva e le porse un fazzoletto.
"Non
è cattivo. E' solo che morde ogni tanto.." sorrise
Howard guardandola.
Ann
sorrise a sua volta. E prendendo il fazzoletto, disse:
"Grazie!"e
soffiò il naso
Lui
la guardò e chiese:
"Quanti
anni hai?"
"Quindici.
Quasi sedici a dire il vero.."rispose Ann asciugando le lacrime.
"Quando
li compi" chiese sempre con più dolcezza.
"Tra
una settimana.." disse lei guardandolo negli occhi.
Howard
sorrise e disse.
"Caspita!
Che ne dici di festeggiare quel giorno? Siamo ancora a Manchester per
promuovere 'Back for good'.. E mi piacerebbe rivederti.. Per farti
gli auguri"
Gli
occhi di Ann si sbarrarono grati. Non sapeva che Howard, dentro, si
chiedeva che cosa stesse facendo. Certo! Non era la prima volta che
faceva amicizia con alcune fan. Ma lo scopo principale era quello di
portarsele a letto. E non sapeva se con lei voleva lo stesso.
Fu
mentre pensava a questo che si trovò le braccia di Ann attorno
al collo, mentre lo ringraziava, grata.
Non
sapeva che, in quel momento, si era dato la zappa sui piedi da solo.
Ann
Belle sospirò buttando la borsa sulla poltrona e si lasciò
cadere sul divano con un sospiro.
"Vuoi
che ti prepari un bagno caldo, prima di andare a dormire?"chiese
Eliose dolce.
Ann
le sorrise grata e disse:
"Vai
pure faccio da sola.."
"Sicura?"
domandò ancora Eliose.
"Tranquilla.
Vai pure.." rispose Ann sollevandosi.
Eliose
le baciò la fronte e augurandole la buonanotte, si allontanò.
Mentre
preparava la vasca e il resto per lavarsi, Ann pensò a quello
che successe dopo quell'invito. A come divenne facile, dopo che
Howard la presentò a Paul e James, entrare ovunque. A come
cominciò a considerare Howard un amico, dopo il piccolo
regalo, una collanina in corda con la A e la B in argento sopra, che
le fece per il suo compleanno. Di come si confidò con lui.
Attendesse di vederlo ogni volta che era a Manchester.
Cercò
pure gli indirizzi di tutti. E quando scoprì quello di Howard,
si piazzò sotto casa sua. E lui, invece di sembrare
spaventato, la fece salire su.
Si
immerse nella vasca, sospirando grata di quel calore. E pensò
ancora. A come a sedici anni per lei, fu facile considerare quella
una bella amicizia, un colpo di fortuna insperato.
Ma
in quel momento, conscia di quello che era successo, sapeva che
quella era solo l'anticamera dell'inferno che l'attendeva e che
l'avrebbe portata a cambiare la sua vita. Per sempre.
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Capitolo 3 *** CRISTALLI: Capitolo 3 ***
CAPITOLO
3: L'errore di Howard
"Quanto sei
stata ammollo ieri sera?" chiese seria Eliose bevendo il suo
caffè e guardando il giornale, mentre Ann scendeva le scale,
poco dopo essersi svegliata.
Ann scostò i
lunghi capelli con un mano e avvicinandosi a prendere una tazza di
caffè, rispose:
"Quanto basta
per annegarci dentro i pensieri e i brutti ricordi"
"Strano. Visto
come stavi ieri notte pensavo che ti volessi annegare tu, dentro la
vasca. Sei salita alle due di notte in camera. Noi siamo arrivate
dieci minuti dopo la mezza..." le fece notare Eloise "Ann.
Parlane. Ora lo puoi fare. Non è come allora.."
"Sembra quasi
che abbia commesso chissà quale crimine da come ne parli... E
poi sai cosa ne penso di questo argomento..."rispose Ann.
"Non sto dicendo
che ti abbia fatto del male fisicamente. So quello che è
successo. E so anche che, certe ferite, si portano dietro per tutta
la vita..." disse Eloise poggiando il giornale e bevendo un
altro sorso di caffè.
Ann sospirò e
disse:
"Devo preparare
la valigia... Devo partire da mia sorella. Non ho tempo di stare a
fare il punto del mio passato. Che è passato e tale deve
rimanere... Ora vado a finire di preparare le ultime cose, poi vado a
King's Cross. Ho un treno alle dieci"
"IL PASSATO
SARA' PURE PASSATO. MA NON PUOI SFUGGIRGLI PER SEMPRE. ALTRIMENTI,
OGNI VOLTA CHE LO VEDRAI, I FANTASMI TI PERSEGUITERANNO ANCORA E
ANCORA"disse Eliose a voce alta, cercando di raggiungere Ann al
piano di sopra.
Ci riuscì, ma
Ann Belle fece finta di niente.
Passato. Vecchiume.
Gli aveva tolti dalla sua vita dopo la fine della sua storia con
Steve. Ci voleva solo che li riammettesse ora che, una sera, ad una
festa, aveva rivisto Howard.
"Howie.. Non
credi che sia un po' azzardato correrle dietro?" chiese Mark
guardandolo serio.
"Infondo l'hai
vista solo ieri, per la prima volta dopo anni. E, l'ultima volta, se
ben mi ricordo, non è andata così bene.." continuò
Jason serio.
"Tu hai fatto
psicologia, vero J?" chiese Gary serio.
"Si"
rispose Jason guardando l'amico, serio.
"Quanti soldi
buttati.." scosse la testa Gary in tono arreso.
Tutti risero.
Come sempre non
riuscivano a stare seri un solo attimo, senza finire a prendersi in
giro. Forse era questa la cosa migliore della loro reunion. Erano
davvero amici.
Ma non era di quello
che doveva parlare in quel momento.
"Non penso che
sia azzardato. So di aver sbagliato con lei.. Ma ero giovane, Cristo!
E, tra l'altro, non potete negare nemmeno voi, ci si buttavano tutte
ai piedi. Non è facile gestire nulla, in quelle condizioni"
spiegò Howard.
"Il problema è
che lei non si è mai buttata ai tuoi piedi. E questo me lo
ricordo, Dougie, dato che passavi serate a raccontarmi quello che era
successo..." disse pratico Gary.
Gary aveva ragione.
Tutto era iniziato per colpa sua. Lui aveva fatto l'errore più
grande. Lui era quello più grande, quello dei due che doveva
ragionare assennatamente.
Ma non era stato
così. E lui se lo ricordava benissimo.
Manchester:
Giugno 1995.
Nigel aveva dato
loro la possibilità di riposarsi fino all'uscita dell'ultimo
singolo, prevista per la fine dell'estate. Aveva deciso, inoltre, di
tenerli lontani dalle scene, per non far stancare la gente di loro e
per, anche, aumentare l'attesa e la curiosità per il loro
prossimo progetto.
Grande tiranno. Ma
dannatamente bravo a fiutare soldi e a farne a palate.
Howard, pensava a
questo, in un'uggiosa giornata di fine primavera, aspettando Ann,
camuffato a dovere.
Non meno di una
settimana prima, era andata da lui, con le lacrime agli occhi,
piangendo per colpa di Richard Patterson, ragazzino di un anno più
grande di lei, il più bello della scuola, a quanto aveva
capito Howard, che, com'era giusto che fosse, piaceva anche alla
piccola Ann Belle. Il problema della ragazza era che, non solo era
stata invitata alla festa e non sapesse con chi andarci o che scusa
inventarsi per far si che i genitori la mandassero, ma non aveva
ancora trovato un vestito adatto all'occasione.
Lui, per calmarla,
aveva risolto i primi problemi, vagliando con lei nomi di amiche che,
non solo potevano accompagnarla, ma ospitarla per la notte, facendosi
promettere, però di non fare stupidaggini, tipo rimanere in
giro tutta la notte.
Poi, con un
sorriso, le aveva promesso di farle un regalo utile per quell'evento.
Ed ora, eccolo lì.
Ad aspettarla.
E quando la vide
arrivare, con due trecce , una cuffia e un lecca lecca in bocca,
bella come sempre, nonostante l'aria un po' infantile, disse con un
sorriso, una volta che, dopo averle dato un casto bacio sulla guance:
"Pronta?"
"Per cosa?"
chiese curiosa Ann Belle, spostando il suo peso da un piede
all'altro.
"Per il
regalo promesso.." disse Howard prendendole la mano.
Ann si piegò
appena, bloccandolo. E seria, guardandolo negli occhi, una volta che
lui si fu voltato, disse:
"Primo: il
mio compleanno è passato una vita fa.. Secondo: come faccio a
spiegare ai miei che Howard Donald mi ha fatto un regalo? Devo forse
ricordarti che, uno, non mi crederebbero e mi prenderebbero per
pazza. Due.. Qualora mi credessero.. Non mi farebbero più
uscire di casa, non trovi?
Howard rise
grattandosi il mento e all'orecchio di lei, sussurrò:
"Tranquilla.
Ci pensa lo zio Howard..." e le fece l'occhiolino prendendola
per mano e tirandola.
Ann lo seguì
senza protestare, fino a che, una volta entrati nel centro
commerciale, si trovarono davanti ad un bellissimo negozio di
vestiti. Ann sollevò la testa e letto 'Dorothy Perkins'
trasalì appena.
"Howard? Non
mi vuoi comprare un vestito, vero?" chiese con il naso per aria.
"Cosa te lo
fa pensare?" ironizzò Howard.
"A parte che
siamo davanti ad uno dei negozi più cari di Manchester come
due coglioni?" ribatté nello stesso tono Ann guardandolo.
Howard sorrise e,
mettendo le mani in tasca, disse:
"Ho trovato
il modo di far morire quel deficiente di Richard Patterson!"
"E come di
grazia?" chiese incrociando le braccia Ann.
"Hai mai
visto 'Pretty Woman'?" ribatté Howard guardandola fisso
begli occhi.
"Si!"
rispose Ann aggrottando la fronte.
"Bene!"
disse Howard prendendole di nuovo la mano. "Oggi sarai come
Julia Roberts"
Nonostante Ann
avesse provato mille vestiti, Howard si stava divertendo un mondo. A
dire il vero, ogni volta che stava con Ann si divertiva un mondo.
Si! Sapeva che
agli occhi di qualcuno un po' malizioso, il fatto che le stesse
comprando un vestito e la stesse riempiendo di attenzioni, poteva
sembrare equivoco. Ma a lui non importava. Per lui, Ann era una
sorellina minore, da viziare e a cui dare tutto e di più.
Perché lei
regalava quella tranquillità che, da un po', gli serviva. Per
staccare da quel mondo fatato che faceva un po' di bizze ultimamente;
al fatto che Robbie, in quel momento fosse fuori da ogni controllo; e
che tutti si stessero rompendo di Nigel e di quella vita. Tutti
tranne lui, però.
Stava assorto nei
suoi pensieri, quando uscì: stretta in un vestito blu scuro,
che aveva un fiore al lato. Nonostante fosse senza trucco, quel
vestito metteva in risalto i bellissimi occhi grigio verde,
rendendola per davvero una donna.
Ann era
meravigliosa,mentre giocava con la gonna un po' più larga,
guardandosi divertita allo specchio.
"Sei
bellissima!" esclamò Howard deglutendo.
"Howie"
disse Ann voltandosi per non far vedere di essere arrossita.
"Ricordati che sono una fan. E potrei montarmi la testa se
continui a farmi complimenti.."
Era radiosa.
Howard era davvero senza parole. Era una donna quella che aveva
davanti. Una donna bella e attraente. E forse, lui, lo aveva sempre
saputo.
"Sei sicuro
che lo posso prendere?" chiese con aria colpevole lei.
"Certo!"
esclamò Howard cercando di sembrare naturale. "Dobbiamo
comprare anche le scarpe.. Non voglio correre il rischio che tu lo
metta con le 'All Star', quel vestito.."
"Ma le usi
anche tu!" si lamentò Ann mentre Howard la spingeva nel
camerino.
"Si! Ma non
quando sono vestito elegante... Su a cambiarti, non ho nessuna
intenzione di passare tutta la serata con una sedicenne
piagnona..."scherzò Howard.
Ann gli fece una
linguaccia e sparì dietro le tende.
Howard sospirò
guardandosi allo specchio. Dio Buono...
Doveva darsi una
calmata.
La musica
assordante. Le bibite alcoliche che giravano più dell'acqua. I
palloncini che qualche idiota faceva scoppiare di tanto in tanto.
Qualcuno si era
anche avvicinato ad invitarla a ballare. Ma, ricordando il
complimento che Rich le aveva fatto quando era entrata, il modo in
cui l'aveva guardata, le dava qualche speranza, convincendola così
che era molto meglio stare a far tappezzeria piuttosto che perdere
un'occasione d'oro.
"MA HAI VISTO
DOV'E' RICH?" chiese Carol vicino all'orecchio di Ann.
Ann, infastidita
dalla domanda, disse:
"NON LO SO..
VADO IN BAGNO.."
"OK! SE MI
VUOI IIO SONO DA SCOTT" rispose Carol.
Ann annuì e
si allontanò.
Entrò nel
bagno del locale e poggiò la schiena contro la porta. La
musica arrivava attutita. Ad un tratto sentì delle voci:
"No Rich. Ti
ho detto che non voglio in un bagno.."disse una ragazza
infastidita
Ann sollevò
la testa di scatto e sentì il cuore perdere un battito. Non
poteva essere lo stesso uomo.
"E allora
perché sei venuta fin qui Liz?" chiese Rich piano.
"Perché
mi dava fastidio il modo in cui guardavi Ann Belle Richardsons..."
si lamentò Liz.
Rich rise e disse:
"Quella! Ma
dai. L'ho fatta venire alla festa solo perché è
carina... Mica perché mi piace. Mica invitavo Milly Hills.. O
Sandy Lewis.. Sono delle racchie assurde.."
"Guarda che
ho visto come la guardavi.." ribatté Liz languida.
"Lo sai che
le altre sarebbero solo per una sera. Tu, invece, per sempre.."
disse Rich, scoppiando a ridere per quella che doveva essere stata la
reazione di Liz.
"Ti faresti
una cretina che a sedici anni è ancora vergine e sogna di
sposare Robbie Williams.." protestò poco convincente Liz.
"Mi sembra di
aver visto il poster del cantante dei Take That..."sorrise Rich.
"Uff"
disse Liz ridendo e con un sospiro di piacere disse: "Promettimi
che non la toccherai"
"Nemmeno se
fosse l'ultima donna sulla terra.." rispose Rich.
Qualcuno entrò
nel bagno facendo trasalire Ann che, solo in quel momento, si rese
conto di star piangendo come una fontana.
Senza nemmeno
guardare chi fosse, spinse il nuovo arrivato, senza nemmeno
chiedergli scusa e, prendendo il cappotto e la borsetta dal mucchio
sui divanetti, scappò dal locale, cercando di non pensare che,
dentro un bagno, dopo averla derisa, stretti, avvinghiati, la più
odiata della scuola, Elizabeth Thompson e l'uomo che desiderava,
Richard Patterson, facevano sesso.
Howard spense la
sigaretta e rise guardando un programma televisivo.
Fu allora che il
campanello trillò per due volte.
Aggrottò la
fronte, abbassando il volume, alzandosi dalla poltrona. Il campanello
squillò di nuovo.
"ARRIVO!"
esclamò spazientito.
Aprì la
porta e la vide.
Con i tacchi in
mano, il viso inondato di lacrime, piccola e indifesa davanti a lui
stava Ann che, quando lo vide, sollevando la testa, si buttò
contro il suo petto dicendo:
"LUI.. LEI..
IN BAGNO.. RIDEVANO DI.. DI.. ME.. E FACEVANO.. FACEVANO.... ODDIO..
CHE STUPIDA..."e pianse più forte.
Howard la guardò
stupito e abbracciandola, la condusse in casa, chiudendo la porta
alle spalle.
La fece sedere nel
divano e le portò un bicchiere d'acqua. E sorridendo,
prendendole le mani, disse:
"Che ne dici
se mi racconti tutto da capo, per filo e per segno?"
Ann annuì e
piano cominciò a raccontare.
Parlò così
tanto e pianse altrettanto che, alla fine, esausta, cadde a dormire.
Delicatamente,
Howard la prese tra le braccia e la portò nel suo letto, dove,
coprendola, le baciò la fronte e disse, in un sussurro:
"Mi spiace
piccola che sia andata così. Vedrai. Un giorno si renderà
conto dello sbaglio che ha fatto.." e spegnendo la luce, uscì
fuori per sistemare il divano che, quella sera, lo avrebbe accolto.
Dormì per
tre ore, poi, si svegliò di soprassalto.
Si mise a sedere
nel divano e passò una mano sulla faccia, cercando di
riprendersi. Un incubo. Aveva fatto un incubo. E, cosa più
strana, in quell'incubo, la protagonista era Ann. Ma ricordava troppo
poco, a parte il rumore di mille cristalli e il pianto di lei.
Si alzò,
turbato da cosa nemmeno lui lo sapeva.
Andò in
cucina e vide la luce accesa.
Entrò e
dentro vide Ann, seduta sulla sedia, con il mento poggiato sulle
ginocchia e mille clinex usati sul tavolo.
Sorrise e disse:
"Non vorrai
perdere il tuo tempo piangendo per quegli idioti?"
Ann scosse la
testa e rispose:
"No. Ho
smesso. Ora mi da fastidio pensare che ho perso il mio tempo dietro
un ragazzino pomposo e stupido... Ma siete tutti così? Vi
fanno un corso a parte?"
Howard rise e
disse:
"Guarda che
ho anche io aneddoti niente male su delle stronzette incontrate a
sedici anni..."
"Perché?
Hai avuto sedici anni anche tu? Ah! Non sei nato vecchio e
palestrato.." scherzò Ann.
Howard e Ann
cominciarono a scherzare. Il senso di disagio provato prima da
entrambi, quando da soli affrontavano i propri pensieri e incubi,
sparì d'incanto.
Stavano bene
assieme, si completavano.
"Doug..."
disse Ann piano, guardandolo.
"Uhm!"
sorrise Howard.
"Grazie.."
pigolò Ann.
Howard non disse
una parola. L'abbracciò.
In un momento si
rese conto di aver fatto la cosa sbagliata.
Lei era lì,
sola, distrutta dalla prima delusione della sua vita. E lui, lui era
il sogno diventato realtà. Che stava a coccolarla. Il poster
sceso dalla parete, pronto a stringerla. Ma ora capiva. Ora capiva
perché l'aveva aiutata.. Perché dalla prima volta aveva
provato una forte attrazione nei suoi confronti e, quell'attrazione,
andò via via crescendo, ad ogni incontro, ad ogni arrivederci.
La voleva, E non gli importava che fosse una fan. Perché non
poteva amare una fan? Chi lo diceva che tutte amavano solo la loro
immagine e non
potessero amare qualcos'altro? Ann non amava Howard dei Take That.
Amava Howard il suo amico, che la toglieva dai guai e che, anche se
cercava di fare il grillo parlante, poi le faceva fare tutte quelle
cose che i ragazzini adorano.
La strinse,
cullato dalle sensazioni. E commise un altro grande errore. Il
profumo di Ann gli entrò nella pelle, nelle viscere. E scoprì
di volerla.
Abbassò la
testa e vide Ann, guardarlo.
"Lo sai che è
una stupidaggine!" disse cercando di convincere più se
stesso che lei, con un filo di voce.
"Allora
fammela vivere..." sussurrò lei, allungandosi per
baciarlo.
Fu un bacio
profondo, fatto di fremiti e di carezze e sospiri.
Guidati dalla
passione cominciarono a toccarsi cercarsi e Howard, prendendo in
braccio la ragazza, la portò sul letto e la posò
dolcemente.
La spogliò
senza fretta. Di rapporti occasionali ne aveva a bizzeffe. Non voleva
che anche questo fosse uno di quelli. Questo era diverso.
Quando finì
la guardò nuda. E sentì il respiro mozzarsi. Veloce si
spogliò e quando cominciò a baciare il collo della
ragazza, lei, infilando le mani nelle treccine bionde, disse:
"Howie..
Fai... Fai piano.."
Howard la guardò.
Sorrise e baciandola disse:
"Lo so...
Farò piano prometto..." e cominciò a far l'amore
con lei.
Gary lo guardò
e disse:
"Quello è
stato il tuo errore. O almeno il primo di una lunga serie. Ricordo
quando, la mattina dopo, sei venuto a dirmelo, tutto contento.Sapevo
che era una cazzata. Ma tu eri felice... E io non volevo rovinare
quel momento. Pensavo fosse una delle tante. Ma poi.. Le cose lo sai
come sono andate. E' inutile che te le racconti. Pensaci Howard.
Pensaci prima di fare una stronzata.."e dandogli una pacca sulle
spalle lo lasciò da solo nella sala prove.
Ann non era mai stata
una delle tante. E se ora la voleva..
Avrebbe fatto di
tutto per riscattare quel grande errore. Quello che dopo quella
bellissima notte, fece precipitare tutte le cose.
Ringrazio
Orangina per la sua recensione. Spero che il capitolo le piaccia.
Un
bacio e alla prossima
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Capitolo 4 *** CRISTALLI: Capitolo 4 ***
CAPITOLO
4: Una seconda possibilità.
Howard sorrise
guardando Gary scuotere la testa:
"Dougie... Tanto
che te lo dico a fare? Non mi ascolteresti mai! Ho cercato in tutti
modi di farti capire che è una cazzata" disse con un
sospiro, guardandolo negli occhi.
Howard scosse la
testa e inforcando i fidati Ray Ban, disse:
"Sto solo
cercando di avere una seconda opportunità. Un buon riscatto
dopo la figuraccia di dieci anni fa"
"Che ti sei
cercato, a dire il vero" fece notare Gary incrociando le braccia
e guardando Howard con la sua espressione sorniona.
Howard rise e
ribatté:
"A dire il vero
è successo tutto per colpa di Robbie..."
"Questa scusa
andava bene unidici anni fa. E tu lo sai Dougie" rispose Gary
asciutto.
"E tu lo sai che
tutto è andato a finire così solo perché Rob ha
fatto il coglione, quella mattina" disse Howard un po'
spazientito.
"No" fece
Gary schioccando la lingua contro i denti."Posso dire che Robbie
te l'ha buttata tra le braccia il giorno che ha fatto il cretino,
provandoci spudoratamente con lei e dicendole chissà quale
porcheria all'orecchio.. Il resto lo hai fatto da solo.. Non credo
che Robbie ti abbia detto di farti una sedicenne! Per quanto riguarda
quella mattina... Devo chiamare a raccolta Jason e Mark, dato che
anche loro erano presenti? Vuoi che ti ricordi com'è andata?"
Howard guardò
Gary attraverso gli occhiali da sole, sentendo una fitta al cuore.
Lo sapeva benissimo
cosa era successo quella dannatissima mattina, due settimane dopo
quella bellissima notte. Un giorno in cui furono costretti ad andare
da Nigel per dei dettagli su 'Never Forget'.
Lo ricordava eccome
quel giorno, dato che, da quando aveva rivisto Ann, non c'era un solo
momento in cui non ci pensasse.
Il giorno in cui
tutto andò perso.
Giugno 1995.
Howard rideva
parlando con Jason e Mark, mentre Gary, con il suo telefonino ultimo
modello -almeno per l'epoca-, parlava con sua madre che si lamentava
del fatto che anche quell'anno il figlio non passasse l'estate a casa
con loro.
Solo Robbie, con
la testa riversa sulla spalliera della sedia, stava in silenzio, in
un angolo. E stranamente nessuno si lamentava di questo.
Ad un tratto,
aprendo la porta con un colpa e chiudendola con altrettanta
delicatezza, Nigel entrò nella stanza, infuriato come poche
volte lo si era visto nella sua lunga collaborazione con i ragazzi.
"DONALD! COSA
CAZZO TI DICE LA TESTA..."
Tutti si voltarono
e Gary, guardando la scena stupito, balbettò:
"Mamma.. Ti
richiamo dopo. Ok?" e chiuse il telefonino.
Per tutti era
strano che Nigel se la prendesse così nei confronti di Howard,
persino per il diretto interessato.
"Che succede
Nigel!" chiese pacifico Howard, mettendosi in piedi.
Il manager,
sconvolto e tremante per la rabbia, lanciò sul tavolo una
copia del Sun, fresca di stampa. Sopra c'era una foto di Howard.
All'inizio nessuno
ci fece caso. Poi, Howard, si rese conto della gravità del
fatto: Ann era in quella foto con lui. E la cosa più triste
era che la foto scattata alle prime ore del mattino immortalava i due
che si baciavano appassionatamente fuori dalla porta d'ingresso della
casa di Howard, dopo una notte di passione.
In calce
l'articolo diceva:
[SCANDALOSO:
Howard Donald, star della band cult degli ultimi anni, i Take That, è
stato fotografato in compagnia di una giovanissima ragazza, alle
prime ore del mattino, mentre scambiava tenere effusioni con
quest'ultima... Che sia l'inizio di una nuova relazione per il
cantante?]
Robbie prese il
giornale e sorrise divertito dalla spiacevole situazione mentre
leggeva l'articolo con aria apparentemente interessata. Gary, prima
stupito, poi duro, disse all'orecchio di Howard:
"Non mi dire,
poi, che non ti avevo avvisato. Ora sei nella merda fino al collo..."
"ALLORA?
QUALCUNO VUOLE SPIEGARMI COSA SUCCEDE?" strepitò Nigel.
"Nigel ti
posso spiegare.." cercò di giustificare Howard, quando
Nigel lo interruppe gridando:
"TI SPIEGO UN
CAZZO.. CI SONO DELLE REGOLE. E NESSUNO, NESSUNO DI VOI LE TIENE A
MENTE.. FORSE NON AVETE CAPITO CHE SIETE UTILI MA NON INDISPENSABILI?
CHE POSSO ANCORA SBATTERVI FUORI ANCHE SE SIETE I TAKE THAT, LA BAND
DEL MOMENTO?"
"Nigel..
Tranquillizzati. È solo un'amica..." continuò
Howard. "Solo un'amica..."
"UN'AMICA?
UN'AMICA?" ripetè teatrale Nigel per poi, sibilando,
mentre indicava Howard, dire: "Senti ragazzino. Questa band l'ho
creata per arrivare in alto e non per farmi mettere i bastoni tra le
ruote da un deficiente che non lo sa tenere nelle mutande. Vi ho
chiesto di non farvi vedere con altre ragazze per convincere tutte le
altre che siete disponibili. Che basta solo allungare la mano per
avervi... E non sono disposto a mandare tutto in malora per una
qualsiasi, brava a muovere il culo dentro e fuori dal letto"
"Ann Belle
non è una qualsiasi" si lamentò Howard piano.
"Ann Belle..
Oh! Conosci anche il suo nome. Credo bene che non è una
qualsiasi. Sai anche il nome!” lo prese in giro Nigel. "Senti,
pezzo di idiota... Hai tempo due giorni per sbarazzarti di lei. Come
ho già detto tante volte anche ai tuoi amici. O lei, o la
band. Vedi cosa ti conviene" e guardando gli altri, fiero,
lasciò la stanza.
"Non lo pensa
davvero Howie" disse Mark sulla porta appena la figura del
manager si allontanò dal campo visivo, lasciando l'uscio
aperto.
"Se la vuoi
vedere di nuovo cerca un posto diverso per incontrarla. E stai
attento che nessuno ti segua." ribatté Jason.
Gary, con le
braccia incrociate stava in un angolo. A differenza di Jason e Mark,
aveva riconosciuto la ragazzina della foto. Sapeva che era Ann. La
stessa ragazza che, ogni tanto, si intrufolava nei posti più
improbabili. E non perché fosse una stalker. Ma perché
Howard aveva chiesto a Paul e James di lasciarle libero accesso ad
ogni luogo, se dentro c'era lui. E anche se cercava di stare in
disparte, Gary l'aveva notata più di una volta. Per non
parlare del fatto che Howard stesso si era confidato spesso riguardo
l'argomento.
"Howard! Non
va proprio bene..." intervenne Robbie ridendo divertito.
"Rob. Non ti
ci mettere anche tu adesso. Mi sembra che di sfuriate ne abbiamo
avute abbastanza per oggi” ribatté Mark seccato.
"Io non
voglio fare nessuna sfuriata Markie. Io voglio solo dire al nostro
Dougie che sono enormemente deluso..." rispose Robbie guardando
Howard divertito.
"E da cosa?"
chiese infastidito Jason.
"Sei caduto
in basso. Non solo è una ragazzina. Ora ti scopi i miei avanzi
Dougie" sorrise trionfante Robbie.
"Rob.
Smettila. Basta! Ci vuole solo che vi mettiate a litigare"intervenne
Mark.
"Scopa bene
Dougie?" continuò Robbie nel suo gioco di cattivo gusto.
"Basta
Robbie" intervenne anche Gary.
"Oppure,
Dougie, non scopate. Fate solo l'amore?" continuò Robbie.
"Goditela
Rob. Sfottimi pure. Lo so che per te è raro non essere
l'oggetto delle sfuriate di Nigel." rispose Howard alle angherie
di Robbie.
"Ecchecazzo
però! Non ti ci mettere anche tu, Dougie. E' già
difficile con lui" si lamentò Jason.
"Te la sei
fatta in tutti modi?" lo stuzzicò Robbie.
"Perché?
Ti da fastidio?" disse Howard avvicinandosi pericolosamente a
Robbie, trattenuto a stento da Jason e Gary.
"Io non ho
bisogno di raccattare le vostre fans per trovare soddisfazione..."
e allontanandosi disse: "Ti dice niente Kate Moss"
"Nemmeno io
ho bisogno dei tuoi scarti” disse Howard sicuro stringendo i
pugni e cercando di arrivare a Robbie.
"HOWARD!
CRISTO!" esclamò Gary, infuriato per il comportamento di
entrambi.
Robbie si voltò
e un lampo gli attraversò gli occhi.
"Non hai
bisogno dei miei scarti, non hai bisogno nemmeno di lei, vero? O ti
sei innamorato?"
"Smettila!"
ringhiò Howard.
"Oh! Il
nostro Dougie è innamorato.." lo schernì Robbie,
per poi aggiungere risoluto."Dimmelo che non te ne frega un
cazzo. Che puoi fare a meno di lei.."
"Dimmelo
che non te ne frega un cazzo. Che puoi fare a meno di lei.."
Ann sospirò.
Quella dannata frase per colpa di tutti quei ricordi era tornata
prepotente nella sua testa.
La sorella la guardò,
preoccupata:
"Ann, sono
passati undici anni. Non sarebbe ora di andare avanti? Eri una
ragazzina, bella e delusa. Ha fatto quello che avrebbe fatto ogni
uomo trovandosi in una situazione simile.." disse Sandy seria.
Ann sistemò il
bavaglino di Vivianne e rispose:
"Sandy... Non
posso rimpiangere la notte più bella della mia vita..."
"Lo so. E so
cos'è successo dopo. E penso che tu abbia avuto tutte le
ragioni di incazzarti per quello che ne è seguito... Ma è
anche vero che tu eri una ragazzina. E lui poco più di un
uomo.." disse Sandy pulendo la bocca della figlia.
"E l'unico
maturo dei due. Doveva pensarci prima." ribatté caustica
Ann.
"Inutile
ripetere che, per me, qualche cosa l'ha davvero provata a quei tempi"
rispose Sandy.
"Se provava
qualche cosa, non trovi che avrebbe dovuto comportarsi in un modo
migliore? E magari cercare di farsi vivo dopo quel giorno?"
"Era una super
star, per Dio! Apri gli occhi" esclamò Sandy.
"Ed io una
ragazza che non solo aveva imparato a fidarsi del lato umano della
super star, ma addirittura gli avevo offerto anche la verginità,
a quel lato umano dei miei stivali" fece notare acida Ann.
"Ann Belle
Richardosons, spiegami ora cosa ti fa girare più le balle. Il
fatto che ti sei innamorata di lui a quindici anni..."
intervenne Sandy.
"Sedici!"
la interruppe Ann.
"Sedici..."
ripetè Sandy in tono ironico "... o ti rode che ti abbia
sconvolto rivederlo?" formulò poi.
"A me non
importa un bel niente" rispose Ann.
"E allora di
cosa t'importa?" chiese Sandy.
Ann non rispose. Non
voleva ripetere quella storia alla sorella, raccontarla di nuovo.
Voleva cancellarla di
nuovo. Come aveva fatto dieci anni prima.
Aveva marinato
scuola. Howard, la sera prima, aveva accennato a degli impegni di
prima mattina. Poi avrebbe avuto tutta la giornata libera. E Ann
voleva coglierne l'occasione per fare l'amore con lui, aggrapparsi
alla sua schiena, graffiarlo, morderlo, mentre lui con le mani la
modellava come un pezzo di pongo e, muovendosi, la faceva morire e
rinascere mille volte..
Arrossì di
quei pensieri. Un po' da scrittrice dell'Ottocento, ma abbastanza
vicini alla realtà.
Vide Paul e disse:
"Ciao Paul..
Tutto bene.."
"Ciao!"
esclamò guardandola stupito.
Troppo felice per
rendersene conto, Ann continuò il suo cammino, stando attenta
a non farsi notare dai più.
E ci riuscì.
Tutto apposto,
tutto tranquillo. Almeno fino a che non arrivò vicino alla
stanza dove stavano i ragazzi. E avvicinandosi sentì quello
che stavano dicendo.
"Scopa bene
Dougie?" continuò Robbie nel suo gioco di cattivo gusto.
"Basta
Robbie" intervenne anche Gary.
"Oppure,
Dougie, non scopate. Fate solo l'amore?" continuò Robbie.
"Goditela
Rob. Sfottimi pure. Lo so che per te è raro non essere
l'oggetto delle sfuriate di Nigel." rispose Howard alle angherie
di Robbie.
"Ecchecazzo
però! Non ti ci mettere anche tu, Dougie. E' già
difficile con lui" si lamentò Jason.
"Te la sei
fatta in tutti modi?" lo stuzzicò Robbie.
"Perché?
Ti da fastidio?" disse Howard avvicinandosi pericolosamente a
Robbie, trattenuto a stento da Jason e Gary.
"Io non ho
bisogno di raccattare le vostre fans per trovare soddisfazione..."
e allontanandosi disse: "Ti dice niente Kate Moss"
"Nemmeno io
ho bisogno dei tuoi scarti” disse Howard sicuro stringendo i
pugni e cercando di arrivare a Robbie.
"HOWARD!
CRISTO!" esclamò Gary, infuriato per il comportamento di
entrambi.
Ann guardava la
scena nascosta nel suo cantuccio che non aveva avuto il coraggio di
lasciare da quando era arrivata. Tremava e non sapeva nemmeno il
perché.
Poi Robbie si
voltò verso la porta e uno strano lampo, che solo lei seppe
interpretare, gli attraversò gli occhi.
"Non hai
bisogno dei miei scarti, non hai bisogno nemmeno di lei, vero? O ti
sei innamorato?"
L'aveva vista.
"Smettila!"
ringhiò Howard.
"Oh! Il
nostro Dougie è innamorato.." lo schernì Robbie,
per poi aggiungere risoluto."Dimmelo che non te ne frega un
cazzo. Che puoi fare a meno di lei.."
Ann sentì
il cuore batterle talmente forte che ne poteva sentire la eco persino
nelle orecchie. Non voleva sentire la risposta di Howard, ma non
voleva nemmeno andarsene.
"Dimmelo
Donald che non la ami.. Perché io credo proprio che ci stai
facendo la figura del coglione, dato che ci sei caduto con tutte le
scarpe in questa pozzanghera di merda!” continuò a
sfidarlo Robbie.
Howard sospirò
abbassando la guardia per un attimo. Ma solo un attimo perché
tornando spavaldo disse:
"Non bisogno
di lei, Rob. Dovresti saperlo, no? Le usiamo, ci divertiamo un po' e
poi le buttiamo... Farò così anche con lei. Volevo solo
provare il brivido di farlo con una vergine."
Ann sentì
le gambe cedere. Vide Robbie ridere e dire, vicinissimo ad Howard.
"Complimenti
amico è quello che volevo sentirti dire..." e senza
aspettare risposta, lasciò la stanza, passando vicino ad Ann,
che aveva il viso rigato dalle lacrime.
Fu allora che
voltandosi Howard la vide e sorpreso disse:
"Ann!"
Non ebbe il tempo
di avvicinarsi che Ann corse via.
Ogni singhiozzo
era come il rumore di mille cristalli rotti che le impedivano di
sentire Howard che la chiamava.
Si sentiva morta.
Morta nonostante
camminasse, piangesse. Nonostante il suo cuore stesse andando in
pezzi. Proprio come un cristallo.
"Ti ho detto che
non mi importa di nulla" disse Ann ricacciando via quei
pensieri.
"A me non sembra
proprio. Ci piangi da dieci anni per questa storia. Che non ti
importi nulla non ci credo nemmeno se mi paghi"disse Sandy.
"Senti! Se
volevo farmi fare la paternale risparmiavo qualche chilometro e
andavo a Manchester da mamma e papà, non trovi?" rispose
sempre più contrariata Ann.
Sandy sospirò
arresa. E prendendo la figlia in braccio disse:
"Tanto lo so che
è inutile. Vero Ann? Non accetterai mai un consiglio. Parliamo
di una persona che è rientrata nella tua vita per un'ora,
forse mezza. Parliamo di fumo io e te, insomma. E l'arrosto è
a mille miglia, che se ne frega di me e di te che ci scervelliamo sul
passato" e lasciando la cucina andò a mettere la bambina
a dormire.
Ann rimase sola e
sospirò, frustrata.
Era vero. Howard era
entrato nella sua vita per uscirne subito. E ora non ne faceva più
parte.
E forse, lei, voleva
il contrario.
"Ann!
Fermati!" disse Howard seguendo la ragazza.
Poteva
raggiungerla, ma sentì qualcuno bloccarlo. Si voltò
pronto a tirargli un pugno, ma si bloccò ancora prima di
allungare il braccio.
Era Gary.
"Lasciala
andare. E' meglio per tutti, non trovi?"disse Gary, serio.
"Io la amo.
Quello che ho detto prima" rispose Howard sconvolto.
"Lo so,
Dougie, lo so. Ma lei ha sentito tutto. E sarà difficile farle
credere il contrario. Lasciala andare. Un giorno avrai il tempo di
spiegare. Quando tutto si sarà sistemato" disse Gary.
Howard lo guardò
e ricordò la frase di Nigel che, come una campana, rimbombò
nella sua testa: "...hai tempo due giorni per sbarazzarti di
lei.. Come ho già detto tante volte anche ai tuoi amici.. O
lei, o la band.. Vedi cosa ti conviene.."
Guardò
Gary, poi la porta. Aveva scelto. La carriera. E anche volendo, lei
era troppo lontana per poterla raggiungere e spiegare. Per poter
tornare indietro.
[SVOLTARE A
SINISTRA E ANDARE SEMPRE DRITTI...]
Il navigatore, dentro
la macchina extra sportiva di Howard faceva il suo lavoro. Sperava
davvero che quello gli avevano dato fosse l'indirizzo esatto.
In quel momento il
riaffiorare di quei ricordi gli faceva credere che, sì, aveva
solo ventisette anni e il mondo in mano, ma se avesse seguito i suoi
sentimenti, avrebbe avuto Ann Belle vicino. E con lei sarebbe
cresciuto.
Guardò il nome
della strada, preso da questi pensieri. Davon Road...
Case tutte uguali.
[PER IL NUMERO 128
ANDARE SEMPRE DRITTI.. SEMPRE DRITTI..]
"Ho capito..
Accidenti a te.." protestò Howard.
Poi la vide: una
casetta di mattoni rossi, su due piani.
Eccola.
Spense il motore e
scese dalla macchina. Un piccolo schiocco sonoro annunciò che
la chiusura centralizzata era stata attivata.
Guardò la
porta. E mille pensieri lo assalirono.
E se fosse stata
fidanzata? O peggio, sposata?
Scosse la testa
ricacciando i brutti pensieri.
Si avvicinò
alla porta e suonò il campanello.
Qualcuno andò
ad aprire.
Eccola! La sua
seconda possibilità.
http://www.google.it/imgres?q=howard+donald+1995&hl=it&sa=X&biw=1366&bih=640&tbm=isch&prmd=imvnso&tbnid=FtY7TU9JWLg7aM:&imgrefurl=http://markowendaily.tumblr.com/post/2624777829/philip-ollerenshaw-1-photoshoot-1995-click-here&docid=L9nY0Ai59cQLdM&imgurl=http://25.media.tumblr.com/tumblr_lem3orYHRN1qd53e6o1_500.jpg&w=438&h=600&ei=vPvZT-bAMpLR4QShoLmuAw&zoom=1
Per chi non li
conoscesse (chiaretta... tutta per te) una foto di quei tempi: in
alto con le trecce Howard, sotto Jason. Vicino e biondissimo Robbie.
Mark è quello che sorride sotto Robbie Williams. E vicino Gary. Ringrazio chiunque ha letto e recensito o ha semplicemente aggiunto la storia tra i preferiti, tra i ricordati e tra i seguiti... E scusate il ritardo ma dovevo studiare ^^. Enjoy!!!
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Capitolo 5 *** CRISTALLI: Capitolo 5 ***
CAPITOLO
5: Il grande salto.
La
porta si aprì e il sorriso di Howard morì all'istante.
Dietro non c'era Ann, bensì Eloise che quando lo vide per poco
non ebbe un tracollo, rischiando lo svenimento nell'ingresso.
"Eliose,
l'amica di Ann?"chiese incerto.
"Si..
Ann... Sei qui per... Ann.. Lei non c'è" farfugliò
Eloise indicando dietro di se.
"E
dov'è?" chiese Howard sentendo una strana sensazione di
vuoto allo stomaco.
"Dalla
sorella.. Con sua figlia.." sorrise nervosamente Eloise.
"ANN
HA UNA BAMBINA?" chiese Howard terrorizzato.
"NO!"
esclamò Eloise sbarrando gli occhi convinta di aver appena
fatto un casino.
"Lo
hai appena detto tu.." ribattè Howard.
"Ho
detto che è da Sandy, perchè è da tempo che non
vede sua figlia.." continuò Eloise.
"Scusa
cosa ci fa la figlia di Ann a casa di sua sorella?" chiese
Howard.
Eoise
sospirò frustrata e disse:
"Non
capisci niente, cervello di gallina...Vivianne è la figlia di
Sandy.. Ed Ann è andata a trovare entrambe, nella regione dei
laghi..."
Qualcuno
si schiarì la voce, accanto ai due, che si voltarono e videro
la vicina guardarli sorridenti.
Howard
si voltò e sottovoce disse:
"Ti
ringrazio per il cervello di gallina, ma vorrei farti notare che
quella che non sa spiegare nulla sei tu!"rincarà
risentito Howard.
"Ehy!"
esclamò Eloise risentita.
"Dicevo...
Qua fuori sembriamo Gianni e Pinotto. Forse è meglio che
entriamo dentro. Che ne dici?" continuò Howard.
Eloise
sbarrò gli occhi e mettendosi davanti alla porta disse:
"Aspetta
un attimo! Non mi sembra una cosa intelligente!"
"Perchè?"
chiese esasperato lui.
"Tu
sei il nemico. Se Ann lo venisse a sapere..." cercò di
spiegare Eloise, ma venne bloccata da Howard che, poggiando una mano
sullo stipite della porta, vicinissimo a lei disse, guardandola negli
occhi:
"Ann
è al Nord. Spiegami come cavolo può venire a sapere che
sono venuto qui? Entro un paio di minuti. E poi vado via. E nessuno
lo saprà mai"
Eloise
deglutì appena. Si sentiva stranamente tesa. Quello si che era
una ragazzo che ti metteva la testa, lo stomaco e gli ormoni in
subbuglio.
E
spostandosi appena, fece entrare Howard per poi, una volta il
cantante fu dentro, sporse la testa fuori dalla porta e si guardò
intorno furtiva e chiuse la porta.
1995
"Ehy!
Ciao Ann.." disse Greg, il ragazzo dell'ultimo anno, il più
bello della scuola, a detta delle sue compagne di classe.
"Ciao
Greg.." rispose Ann con le braccia strette al petto.
Sapeva
perché tutti la guardavano, bisbigliavano al suo passaggio.
Il SUN era da sempre una delle riviste più vendute nel Regno
Unito. Quindi tutti sapevano della tresca tra lei e Howard. Lo sapeva
perfino la madre che appena la vide rientrare a casa la sera prima la
prese da parte e le chiese spiegazioni. E dato che non c'era più
nulla da perdere, Ann raccontò tutto. E per tutto si intendeva
la verità nuda e cruda, per la prima volta da un po' di
tempo..
Mentre
camminava a testa china, cercando di non far caso a tutti quelli che
parlavano di lei quando la vedevano passare, ricordò con
amarezza la faccia del padre: un cencio, sconvolto dal fatto che la
sua ultima figlia non solo non fosse più vergine e, di
conseguenza, non fosse più una bambina, ma dal fatto che uno
di quei poster, uno di quei ragazzotti che sorridevano sulle pareti
della camera della figlia, fosse sceso dal suo trono di carta o
uscito dalle copertine di qualche cassetta per rubare l'infanzia,
l'ingenuità ad Ann.
La
madre, invece, parlava, parlava. Lei era medico. Aveva detto che
l'avrebbe mandata da una sua amica, ginecologa. Avrebbe fatto tutti
gli accertamenti, fatto le analisi per prendere la pillola. Ann
sapeva perchè: il padre poteva essere sconvolto; la madre era
sfiduciata, invece. E aveva tutte le ragioni.
Pensava
a questo quando vide Liz guardarla disgustata. Beh! Almeno di una
cosa poteva essere contenta. L'aveva superata. Lei le aveva preso
Rich, Ann aveva fatto l'amore con Howard Donald dei Take That che,
diciamolo, al confronto Richard Patterson sbiadiva un po'.
Sollevò
la testa e vide le sue tre amiche. Carol, Sammy e Jen. Le salutò,
grata di vederle, con una mano. Ma le tre, guardandola con aria
tutt'altro che felice, si voltarono e si allontanarono assieme.
Ann
sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Loro
erano sue amiche, dovevano capirla. Calde lacrime riempirono gli
occhi annebbiandole la vista. Ad un tratto sentì:
"Richardsons.."
Si
voltò. Era Rich. Abbassò la testa e, stringendo le
braccia al petto, riprese a camminare con passo spedito.
"Ehy!
Ann Belle... Dai! Ti voglio solo parlare.."
"Non
ho nulla da dirti Richard.." disse Ann senza nemmeno voltarsi.
Rich
la bloccò per un braccio e mettendola con le spalle contro il
muro, disse, guardandola:
"Non
ti piaccio più ora che hai provato qualcuno più
famoso?"
Ann
lo squadrò sollevando un sopracciglio. Non voleva mostrarsi
debole piangendo davanti a quel verme e dando a tutti la scena madre
che aspettavano da quando era entrata a scuola. Socchiuse gli occhi e
sibilò:
"Ho
sbagliato una volta. Non penso sia il caso di sbagliare un'altra..."
Richard
sorrise e la guardò ammirato. Ann sapeva che stava morendo
perché, forse per la prima volta, riceveva un rimbalzo e,
passando sotto il braccio del ragazzo, scappò via.
Entrò
in classe e tutti i suoi compagni la guardarono ridendo. Si voltò
verso la lavagna. C'era Carol che con un pennarello scriveva:"ANN
BELLE RICHARDOSONS IS A HOWARD DONALD'S BITCH..."
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso. Poteva andare Greg, Rich e
Liz. Loro erano solo gelosi. Gelosi di non essere per una volta i più
popolari. Ma Carol! Carol era la sua migliore amica. Con lei aveva
fatto tutto. Non poteva farle questo. Accecata dalla rabbia le saltò
addosso. E con furia cominciò a picchiarla. E mille voci
cominciarono a girarle per la testa.
"Non
bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con una
vergine..."
"Ann
dimmi che non sei tu quella in questa foto...."
"Chiamerò
una collega... Faremo degli accertamenti... Infondo chissà
quante donne si è portato a letto... E non voglio sentire
mah!"
"Non
ti piaccio più, ora che hai provato qualcuno più
famoso?"
Ad
ogni frase la rabbia di Ann si faceva più grande, più
cieca. E colpiva. Colpiva con forza. Le facessero il processo tutte
le altre, gridassero e incitassero quelli intorno. La sospendessero.
A lei non importava. Nulla.
"Basta
Annie ti prego... Scusa.." implorava Carol.
"Richardosons.
Richardosons. Richardosons. Richardosons." incitavano attorno.
Non
ho bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con
una vergine...
Non
ho bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con
una vergine...
Non
ho bisogno di lei, Rob...Volevo solo provare il brivido di farlo con
una vergine...
"RICHARDSONS!"
Gridassero,
pure. A lei non importava.
"Richardsons!
Ora basta!" disse la professoressa O'Brian tirandola su per un
braccio.
Ann
si accorse di aver del sangue addosso. Cercò da dove uscisse.
Ma si rese conto che aveva rotto il naso a Carol. E non le dispiaceva
affatto.
"Non
ti sembra di aver già dato abbastanza spettacolo? Ora
chiamiamo i tuoi genitori"
Ad
Ann non importava di quello che diceva la professoressa. Pensava solo
che, anche lei, dicendo quello che aveva detto, aveva letto il Sun.
Come tutti gli altri.
Ann
Belle guardò il panorama triste di Manchester, dalla finestra
della casa dei genitori.
Manchester.
La sua città natale. Che aveva lasciato dopo gli anni
d'inferno al liceo, per andare a Londra dove, entrando alla Guidhall
aveva messo in atto quella che sarebbe stata la sua vendetta:
diventare famosa e guardare Howard dall'alto al basso, usarlo magari,
come lui aveva usato lei.
Ma
alla fine, le cose, non erano andate come voleva.
Non
aveva ancora il successo e Howard, non solo era tornato con i Take
That, ma le aveva sconvolto la vita solo per essere riapparso per
nemmeno mezz'ora.
"A
che pensi, Ann?"
La
voce della madre fece voltare Ann che sorridendo, stringemdosi nel
suo golf, disse:
"Non
penso a nulla. Stavo solo guardando fuori"
"Sai
che a me non puoi raccontare bugie. Devo forse ricordarti che ti
conosco da molto prima che cominciassi a piangere?" e facendole
segno di sedersi vicino a lei, disse: "Per caso è
successo qualcosa a Londra di cui non mi hai ancora detto nulla?"
Ann
guardò la madre. Si la conosceva meglio di chiunque altro.
Fissò un punto lontano e disse:
"Si!
Ho rivisto Howard.."
"Ah!"
esclamò la madre stupita per poi, dopo una breve pausa,
aggiungere spaventata: "E che cosa è successo?"
"Nulla"
sorrise Ann per la reazione della madre, mettendosi a sedere vicino a
lei nel divano.
"Ann..."
continuò la madre con una voce dolce, accarezzandole i
capelli: "Non hai più sedici anni. Non mi arrabbio se
dici la verità"
"Mamma...
Non abbiamo fatto sesso se è questo che vuoi sapere"
disse Ann scansando la mano infastidita, aggiungendo, poi, triste:
"Ci siamo visti ad una festa e abbiamo parlato. O per lo meno...
Lui ha parlato! Io..."
"Gli
hai detto il fatto suo?" chiese la donna sorridente.
Ann
annuì e continuò:
"Gli
avrei volentieri dato il fatto suo. Eloise mi ha bloccata prima. Solo
che..."
"Solo
che...?" ripetè la madre.
"Beh!"
sospirò Ann: "Mi ha fatto pensare. Che ancora non ho
fatto nulla della mia vita. E forse sto seguendo la strada
sbagliata.."
"Shh!"
disse la madre abbracciandola e coccolandola: "Tu sei
bravissima. E non lo dico perché sei mia figlia. Ma perché
lo penso davvero. Sei solo stata sfortunata. Ecco tutto"
Stava
dicendo questo, quando il cellulare di Ann squillò.
Ann
si alzò, prese l'apparecchio e rispose, spostando i capelli
con un gesto della testa:
"Pronto?"
"Parlo
con Ann Belle Richardsons?" disse una voce dall'altro lato.
"Si!
Sono io. Con chi parlo?" chiese curiosa Ann guardando la mamma
che, ricambiava lo sguardo confusa.
"Sono
uno dei responsabili del casting della nuova serie televisiva 'Per
amore o per denaro'. La sua agente mi ha mandato una sua foto non
molto tempo fa. E mi risulta anche che lei ha fatto tre provini per
la parte della protagonista, con noi" disse l'uomo.
"Si"
rispose Ann con un filo di voce.
"La
chiamo per comunicarle che la parte è sua. E che tra una
settimana ci sarà la presentazione del cast all 'Hotel Hilton'
vicino al Tower Bridge..."
Quello
che disse dopo, Ann, lo sentì come attutito, quasi arrivasse
da un altro pianeta.
Era
passata dall'altra parte della barriera proprio ora che stava per
mollare. Aveva attraversato quei cristalli senza romperli. Il sogno
si stava realizzando.
Ringraziò
l'uomo e chiuse il telefono. Poi si voltò verso la madre e
disse:
"HO
OTTENUTO LA PARTE IN UNA NUOVA SERIE TELEVISIVA!"
La
donna saltò in piedi e abbracciò la figlia,
stringendola forte e sussurrandole:
"Sono
felice per te, cara. Tanto, tanto felice" e guardandola negli
occhi, tenendole il viso tra le mani, dopo averle dato un bacio sulla
fronte disse: "Aspetta che lo sappia tuo padre..." e corse
verso la camera gridando: "Max! Max! Tua figlia ha ottenuto una
parte!"
Ann
sorrise e chinando la testa guardò il cellulare, ancora
incredula.
Eccolo.
Il grande salto, la grande occasione.
Ora
bastava solo che si armasse di coraggio e, anche lei, spiccasse il
volo verso il cielo.
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Capitolo 6 *** CRISTALLI: Capitolo 6 ***
Chiedo
scusa per il ritardo e colgo l'occasione per ringraziare dafne,
orangina e chiaretta per le loro recensioni.
Ecco
il nuovo capitolo. Fatemi sapere che ne pensate! Buona lettura.
Niniel.
CAPITOLO
6: Ritornare a casa.
"Sono
a casa!" gridò Ann allegra entrando nell'appartamento e
togliendo il cappotto che lasciò cadere nel divano.
Eloise
scese le scale veloce e si buttò al collo dell'amica che rise
divertita alla reazione.
"Sei
arrivata due giorni prima del previsto. Come mai?"chiese Eloise.
"Ho
una notizia da darti" sorrise Ann eccitata.
"Per
caso è successo qualcosa con Howard?" chiese Eloise
speranzosa.
"No!
Quel bastardo non c'entra nulla.." rispose Ann per poi,
guardando dubbiosa l'amica, chiese: "perchè mi hai
chiesto proprio di lui?"
"Io...
Beh! Nulla! Credevo che avessi parlato con lui. Infondo lui è
di Manchester... Magari vi siete incontrati" ribatté
Eloise un po' agitata.
Ann
scoppiò a ridere.
"Si.
A Manchester posso incontrare Doug. Si vede che sei una Londoner. Di
Mancunyan hai davvero poco. No. Non ho incontrato Howard. Ma ho
ricevuto una chiamata importante. E l'ho ricevuta da un'agenzia.”
e dopo una pausa ad effetto, aggiunse: “Ho fatto un provino per
una serie televisiva e cara mia... Mi hanno presa!"
Eloise
spalancò la bocca per la sorpresa, poi, saltando al collo
dell'amica, l'abbraccio e con lei si mise a gridare.
Poteva
lasciar anche perdere quello che era successo, non meno di un paio di
giorni prima, quando Howard era venuto a casa loro cercando Ann. Lui
non l'aveva chiamata. Lui non l'aveva cercata.
Forse
tutte quelle cose che aveva detto quella mattina non era poi così
tanto vere.
"Terra
chiama Howard. Terra chiama Howard..." disse Gary fingendo una
divertentissima voce metallica.
"Si
è di nuovo incantato!" disse Mark arreso.
"Come
sempre da quando ha rivisto Ann, del resto" sorrise Jason.
"Parlate
bene voi tre. Voi riuscite a saltare da un letto all'altro senza
pensare a cosa lasciate la mattina dopo" ribatté Howard
riprendendosi dal suo stato catatonico.
"Beh!
Quello è passato" disse pratico Mark. "Una volta
fuori dal letto puoi cancellarlo. Tanto non torna"
"E
se torna c'è sempre Paul, o James alla porta" rise Jason.
Gary
lo guardò serio e disse:
"Ma
tu sei andato veramente all'università a studiare psicologia?"
Jason
annuì mentre Mark, come un matto, piano, cominciò a
ridere. Gary scosse la testa e rispose:
"Dormivi
anche lì di sicuro" e guardando Howard, aggiunse:
"Howie... Lei è parte di un passato lontano. Di un
periodo di tempo troppo lungo per far ancora troppo male..."
Howard
scosse la testa e disse:
"Ragazzi...
Io non so cosa provo. Se quello che provavo allora non si è
mai sopito e dopo averla vista ho capito di amarla. Una parte di me
lo sa che è una stupidaggine. Che lei mi odia e che dovrò
fare i salti mortali quadrupli per riprendermela. Ma l'altra parte...
L'altra parte vuole che li faccia quei salti mortali. E credo che sia
quella che vince. Quindi... Farò di tutto per riprendermela. E
non mi importa di quello che avete da dire. Sono convinto E non mi
blocca nulla" e senza aspettare risposta si allontanò.
Gary
lo guardò allontanarsi e Mark, sistemando il cappello che
aveva in testa, disse:
"È
fritto.."
"Di
più! Non è fritto. Se lo fosse non mi spaventerebbe
così tanto" ribatté Jason passando una mano sulla
barba.
"Dite
che dobbiamo aiutarlo?" chiese Gary guardando Mark e Jason.
I
due si scambiarono uno sguardo d'intesa e annuirono.
"Allora
dobbiamo trovare l'indirizzo di quella ragazza, oppure il modo di
infiltrarci in casa sua"
Jason
e Mark sorrisero. In realtà, quei tre assieme, erano peggio di
tre comari. E se i Take That non avessero avuto il successo sperato
nella reunion, si sarebbero potuti riunire per aprire un'agenzia
matrimoniale.
"Signorina
Richardsons! Questo è il suo debutto come protagonista. Si
sente emozionata?"
Ann
guardò la sala piena di giornalisti. Sorrise e pensò
che Howard, mille volte, si era trovato nella stessa identica
situazione.
"Certo..
Chi non lo sarebbe?"
"Si
parla già di possibili relazioni tra lei e il protagonista,
Dylan Grant. Le voci che circolano sono vere?"
I
due si guardarono e si misero a ridere:
"A
dire il vero ci siamo visti oggi per la prima volta" disse Ann
"E
posso dire che è un gran peccato che le voci non siano vere"
esclamò Dylan facendo ridere tutti.
Dylan
era un bel ragazzo. Di quelli carini e dolci che quando li incontri
fanno di tutto per farti ridere.
E
lui quando la vide nervosa per la conferenza stampa ascoltò le
sue preoccupazioni e le sue paure, le disse che se le domande la
facevano trovare in difficoltà, bastava che lo guardasse e lui
sarebbe corso in suo aiuto.
Tra
l'altro, Dylan, era proprio un bel ragazzo. Alto, con un bel fisico,
occhi di un azzurro intenso. Labbra sottili e capelli neri e ricci.
Un
clone di Howard, come avrebbe fatto giustamente notare Eloise. Ma lei
non c'era, quindi, quest'osservazione se la poteva benissimo
risparmiare.
Stava
giusto pensando a questo, quando la conferenza finì. Fecero
delle foto e poi, poco prima di andarsene, prendendo il coraggio a
quattro mani, Ann seguendo il suo collega, lo chiamò:
"Dylan!
Dylan!"
Il
ragazzo si voltò e sorrise:
"Dimmi,
Ann!"
La
ragazza si avvicinò a Dylan e torturando le dita disse,
leggermente imbarazzata:
"Volevo
ringraziarti per quello che hai fatto. Sei stato gentile.. E volevo
sdebitarmi con te"
"No
tranquilla. È il minimo che posso fare per te!"sorrise
Dylan.
"Insisto!"
rispose ferma Ann. "Vorrei che venerdì sera venissi a
casa mia, per cena. Una cena tra amici. Ci saranno anche altre
persone."
"Uhm!"
fece pensieroso Dylan. "Ho un piccolo problema"
"Quale?"chiese
Ann terrorizzata.
"Un
compagno gelosissimo"sorrise Dylan.
Ecco!
Scovata la magagna. Troppo carino, troppo simpatico. Non poteva
essere normale. Sarebbe stato chiedere davvero troppo.
"Ah!
Sei... Sei..." ripetè stupidamente Ann per non dire la
parola incriminata.
"Gay?"sorrise
Dylan.
"No!
Volevo dire, fidanzato" sorrise imbarazzata Ann.
Dylan
rise e disse:
"Invito
a cena ritirato?"
Ann
lo guardò non potendo non pensare a quanto spreco fosse il
fatto che Dylan fosse omosessuale. E scuotendo la testa disse:
"No.
Immaginati! Anzi ammiro la tua fiducia. Mi hai detto questa cosa..."
"Beh!
Infondo non mi sembrava il caso... Alle volte succede che qualche
partner con cui lavoro si prenda una cotta. Quindi per evitare..."
rispose con un sorriso Dylan.
-Appunto...-
pensò Ann e sorridendo lo guardò sicura:
"Hai
ragione! Comunque...Vorrei davvero che venissi a cena da me"
buttò veloce.
"Domani
iniziano le riprese, giusto?" ragionò Dylan. "Che ne
dici se stasera parlo con il mio ragazzo e gli chiedo se posso venire
a cena da te?"
Ann
annuì per dire in fretta subito dopo:
"Se
vuoi può venire anche lui..."
"Uhm!
Preferisco di no. E' paranoico! Romperebbe le scatole a tutti e
rovinerebbe la cena. Ancora mi chiedo come cavolo faccio a stare con
lui" sorrise Dylan.
Ann
sorrise a sua volta.
Quel
ragazzo le piaceva. Era davvero felice che fosse un suo collega. E
che interpretasse con lei il ruolo principale. Non sempre va così
bene.
"Allora..
Ho spiato Howard. Stava chiamando Eloise. Ha detto che venerdì
non ha impegni. E che può partecipare alla cena rituale
del venerdì sera" disse Mark a bassa voce guardandosi
intorno per paura che qualcuno lo sentisse.
"Bene!
Dobbiamo fare qualche cosa per farci invitare" disse Gary.
"Quello
disdice tutto piuttosto che mettere in mezzo noi. E non per amore nei
nostri confronti. Non si fida" fece notare Jason risentito.
"Io
di te, J, non mi fiderei nemmeno morto" ribatté Mark
serio, facendo scoppiare Gary in una fragorosa di pancia, stile
Barlow.
In
quel momento un cellulare cominciò a suonare.
Mark
aggrottò la fronte e disse:
"Chi
cazzo è che mi chiama?"
"Marika?"
chiese malizioso Gary, sollevando le sopracciglia.
"Con
Marika è finita" disse Jason. "Dopo c'è stata
Meg. E poi Teresa. E anche Danielle..."
"Devo
dire che è proprio bello che tu sia così informato
riguardo la mia vita sessuale e sentimentale" disse Mark
risentito, poi, guardando il cellulare sorrise e disse:
"Non
ci posso credere..."
"Perché
ha una vita sentimentale oltre quella sessuale?" chiese Jason,
parlando sottovoce a Gary.
"A
quanto pare. Solo che la tiene nascosta però... Molto!"
rispose Gary.
"Talmente
nascosta che nemmeno lui sa di averla" rispose J e tutti e due
scoppiarono a ridere sommessamente.
"Pronto
Rob!" disse Mark guardandoli di traverso: "Come mai chiami?
Fa tempo brutto a L.A. e non puoi uscire a cercate qualche top model
che non regga il tuo fascino?"
"Pezzo
di idiota. Se ero in America mica ti chiamavo. Hai idea di quanto si
spende?" disse Robbie.
"Caspita
vedo che stai diventando un Barlow anche tu. Ti ha fatto male fare
pace con lui, Bob..." scherzò Mark guardando Gary che
rispose con un elegantissimo:
"Fanculo
tappo!"
Mark
rise e aggiunse:
"Allora,
se non sei in America, dove sei?"
"Ad
Heatrow. Sono a casa. Di nuovo"rispose allegro Robbie dall'altra
parte.
"Lo
so. Ma lei è la mia migliore amica. Non posso invitarti a cena
e fare finta di nulla" disse Eloise abbassando la voce cercando
di non farsi sentire dagli altri colleghi, poco lontano da lei.
"El.
Ti giuro. Dammi una possibilità. Sto pensando continuamente a
lei. A quello che ho fatto. Voglio che mi perdoni..." implorò
Howard.
"E
per farti perdonare vuoi fai litigare me con lei?" chiese Eloise
pratica.
"Una
possibilità El. E se va male... Prometto! Mi metto da parte. E
non vi rompo più le scatole. Né a te, né a lei.
Sei contenta?" chiese Howard allegro.
Eloise
stava soppesando la richiesta, quando il direttore passò lì
vicino:
"Devo
andare. Il capo è qui. Ti faccio sapere dopo. Ciao!"
disse veloce riattaccando.
Howard,
dall'altro capo, rimase in silenzio, guardando il cellulare confuso.
Doveva
parlare con Ann. Doveva cercare di chiarire. Lo voleva davvero. Era
passato troppo tempo. Era ora di sistemare tutto.
Ann
rientrò a casa.
Tutto
era in silenzio. Eloise non era ancora tornata da lavoro. Sospirò
e buttò la borsetta sul divano e lasciò che la seguisse
il cappotto.
Si
guardò allo specchio. Sistemò la gonna del vestito
corto e nero e il nastro che passava sotto il seno.
Non
era brutta. Lo sapeva. Molti uomini si soffermavano a farle notare
quanto gradevole fosse il suo aspetto.
Ma
era possibile che non trovasse nessuno?
"A
dire il vero qualcuno lo hai trovato... Peccato che fosse gay"
si lamentò ad alta voce.
Proprio
in quel momento il campanello suonò.
Ann
aggrottò la fronte. Non aspettava nessuno. Chi poteva essere?
Era troppo tardi per pensare al postino.
Andò
ad aprire e per poco non sentì le gambe cedere. Come ogni
volta che lo vedeva.
Dietro
la porta c'era Howard. Bello come il sole, con una cascata di ricci
neri, portati indietro da un po' di gelatina.
Era
lì, per lei.
"Ciao
Ann. Finalmente! Dopo tanto posso parlarti..."disse lui
sorridendo sicuro.
"Ora
ricordo" disse Robbie serio.
"Oddio.
Hai un cuore Williams! Questo mi stupisce"scherzò Jason
facendo ridere gli altri due.
"Che
cazzone che sei. Ora che mi avete raccontato quello che HO
fatto, mi sento una merda. Dio ero proprio uno stronzo"esclamò
Robbie.
"Si!
Abbastanza" disse Mark
"Che
amici di merda" rise Robbie scatenando l'ilarità
generale.
"Comunque...
Bob! Eri fuori di te. Dicevi sempre delle cattiverie. E un mucchio di
stronzate. Tipo che scrivevi canzoni migliori delle mie. E su questo
posso dire che usare le droghe ti fotte davvero il cervello..."
rise Gary.
Robbie
scosse la testa, poi pensando, disse:
"Ann
lavora nel mondo dello spettacolo... Vero?"
I
tre annuirono. E Robbie aggiunse:
"Deve
avere un'agente. Lo sappiamo tutti che in questo mondo se non hai un
agente sei finito"
Jason,
Mark e Gary si guardarono annuendo. Che stupidi che erano stati. Loro
non ci avevano pensato.
Robbie
prese il cellulare. Gli altri lo guardarono senza capire..
"Shannon..
Ciao tesoro! Sono Bob. Si! Sono a casa. Devo trovare una vecchia
amica, ma ho perso il numero. Sì! Fa l'attrice. Potresti
trovarmi la sua agente?"
Robbie
prese un foglio e una penna e scrisse il numero.
Gli
amici lo guardarono sempre più sbigottiti.
"Ciao
tesoro... Un bacio a Caroline. E anche al consorte.."continuò
Robbie e poi chiuse il telefono.
Quando
si voltò sorridente, Gary chiese:
"Non
dirmi che vai a letto con una donna sposata"
"Ma
sei pazzo. Non vado a letto con Shannon.. C'è stato qualche
cosa prima... Oddio! Una pantera! Capelli rossi, seno da paura. Si è
buttata ai miei piedi. E io... Beh..."rispose Robbie con sguardo
malinconico.
"Potresti
smetterla. A Jason sta scendendo la bava" disse Mark guardando
Jason che dandogli una gomitata al braccio, disse:
"E
smettila di fare lo stronzo"
Tutti
risero e Robbie disse:
"Aiutiamo
Howard sì o no?"
"Si!
Ma chiama tu" disse Gary serio.
"Perché?"chiese
Robbie confuso.
"Ho
letto che è una donna... Quindi è meglio che chiami il
sex-symbol per eccellenza" rispose Mark, mentre Gary e Jason
annuivano.
"Scarica
barile" rise Robbie. "Ma guarda cosa mi tocca fare per
espiare le colpe passate" e lasciò squillare il telefono,
poi, con una voce sicura e suadente disse: "Parlo con Dorothy
Walsh? Sì! Sono Robbie Williams. Vorrei fare una sorpresa ad
una mia amica.. Ann Belle Richardsons... E ho bisogno del tuo aiuto"
"Howard!?"esclamò
Ann Belle.
"Posso
entrare?" chiese Howard dolcemente.
"C-Certo"
balbettò Ann facendogli spazio e facendolo entrare.
Howard
entrò e si guardò intorno.
"Carino
qui" disse voltandosi verso Ann.
"Grazie.
Ma è stata Eloise ad arredare. Io ci ho messo solo le valige"
sorrise Ann che indicandogli il divano aggiunse: "P-Puoi
sederti? Vuoi qualcosa da bere?"
Howard
la guardò. Ann sospirò. Dio! Se la guardava così,
sarebbe stata davvero dura resistergli senza nessuno che girava per
casa, pronto a disturbare.
"Perché
sei qui?" chiese piano, cercando di rompere quel contatto visivo
per non cadere in tentazione.
"Da
quando ti ho rivisto alla festa. Ho smosso un po' di mari per
trovarti..." sorrise Howard.
"Ammirevole!"rispose
sarcastica Ann. "Se sei venuto fin qua per fare del sesso, puoi
anche tornare a casa. Non sono più una ragazzina di sedici
anni. Non vado più a letto con gente che non conosco."
"Non
mi conosci!" esclamò Howard con un mezzo sorriso."Tu
mi conosci cara. Mi conosci eccome!"
Ann
si voltò. Come ringraziava il cielo di essere un'attrice e di
aver studiato per nascondere l'emozioni, perché se non
l'avesse fatto, se il viso l'avesse tradita, avrebbe fatto capire ad
Howard che, sì!, si ricordava bene delle sue labbra, del suo
corpo. E delle sue mani... Oh Dio! Le mani!
"Non
ti conoscevo dieci anni fa. Vuoi che ti conosca adesso?" ribatté
con noncuranza Ann, fissando sicura Howard negli occhi.
Mossa
sbagliata. Fu costretta a far finta di far qualcos'altro pur di non
cadere dentro quei cieli grigi. Quegli occhi erano magnetici.
Pericolosi, come una carica di dinamite. Cavolo! Non se lo ricordava.
"Sono
cambiato, Ann" disse Howard avvicinandosi, sussurrandoglielo
all'orecchio.
Ann
sospirò. Anni di scuola di recitazione rischiavano di andare a
farsi benedire se continuava così.
-Pensa
a quello che ti ha fatto. Pensa a quello che ti ha fatto!- si
ripeteva come un mantra cercando di non cadere in tentazione di
affondare il naso nel collo del cantante ed aspirarne il profumo.
"Anche
io sono cambiata Howard. E non mi faccio prendere in giro, Donald.
Non un'altra volta" disse lei decisa, allontanandosi, cercando
di mettere più distanza possibile tra lei e Howard.
"Sono
qui per chiederti scusa.." sussurrò Howard.
In
quel momento, quello che era successo anni prima ritornò a
galla. E tutta la rabbia, la frustrazione risalì con quei
ricordi. E voltandosi, riducendo gli occhi in due fessure, sibilò
cercando di essere cattiva, di ferirlo:
"Per
cosa Howard? Per avermi deriso con i tuoi amici, dicendo che ero la
verginella di turno che si buttava ai tuoi piedi e dopo essersi
bevuta tutte le storie lacrimevoli che mi hai raccontato, te l'ho
data senza battere ciglio? Oh! Quello è il minore dei mali.
Dovresti ridarmi quel periodo che va dal 1995 al 1996. Quell'anno
scolastico che per me è stato un vero e proprio inferno grazie
a te. Dovresti ridarmi la privacy che ho perso quando i giornalisti
mi aspettavano fuori dal liceo per sapere se stavo ancora con te o
no. Perché su quei giornali, Howard, c'ero anche io. Non solo
la super star che aveva passato due settimane di divertimento con una
delle tante fans, ma anche una ragazzina di sedici anni che ha visto
la sua vita cambiare. Che ha visto suo padre guardarla come un'aliena
per mesi, perché, sì!, puoi avere la certezza che tua
figlia ha avuto dei rapporti sessuali, ma non dal Sun! E dovresti
ridarmi anche la fiducia che mia madre aveva in me prima che venisse
a conoscenza di questa storia e che, dopo averla scoperta, per mesi
non ha fatto altro che farmi passare da un ambulatorio all'altro per
essere certa di cosa solo lei lo sapeva e lo sa. Ah! E grazie!
Patterson, dopo, mi ha cercato ovunque. Voleva lo stesso trattamento
che avevo riservato a te. Infondo, facendolo con te non solo ho
conquistato la popolarità, ma anche un discreto stuolo di
ragazzini disposti a tutto pur di infilarsi nelle mie mutande. Per
non parlare delle mie amiche di infanzia. Quelle si che si sono
comportate come ogni amica che si rispetti. Sono scappate! Mi sono
andate contro! Infondo, erano thatters anche loro, come biasimarle?"
e detto questo si voltò cercando di nascondere il viso.
Non
voleva far vedere ad Howard le lacrime che minacciavano di scendere.
"Io...
Io ti chiedo scusa... Davvero?" biascicò stupidamente e
imbarazzato Howard.
"Scusa!"
esclamò Ann voltandosi mentre una perla argentata mista a
trucco scivolava lungo la guancia. Alla fine non ce l'aveva fatta.
Una lacrima era scesa: "Non basta un semplice scusa per tutto
questo. E non venirmi a dire che per te è stato lo stesso, che
è stato difficile. Perché non sarà mai la metà
di quello che ho passato io. Ed ora fammi un favore. Esci da qua.
Non ho intenzione di sentire altre cazzate"
Ann
sospirò forte, cercando di ricacciare le lacrime. Howard con
le braccia lunghe contro il corpo la guardò come perso.
Poi,
con la voce rotta, disse:
"Non
ti dirò di essere stato peggio. Non voglio. Non credo nemmeno
che quello che ho passato io valga la metà di quello che hai
passato tu. Ma so ammettere i miei errori. E voglio dirti questo. Io
avevo un nome, un'immagine. Nigel ci stava costantemente alle
calcagna. Ora posso dire che mi stavo innamorando di te, ma volevo
difenderti comunque dal mio mondo. Solo che ho scelto la strada
sbagliata. Tu non puoi saperlo. Ma quando mi stavi vicino il mio
mondo si colorava, senza che usassi qualcosa di artificiale, o
l'alcool. Tu eri pura. Ed io puro in quel modo non lo ero da tanto
tempo. Poi è arrivato Robbie. A quel tempo era fuori da ogni
controllo. Beveva, si drogava, distruggeva ogni cosa che toccava o
gli stava vicino. E non volevo che facesse lo stesso con noi. E alla
fine ha vinto. Mi ha fatto dire quello che ha voluto. Che tu hai
sentito. E per non distruggere quello che avevo creato, quando sei
scappata, ricordando quello che aveva detto Nigel quando ha visto
l'articolo, ti ho lasciato andare..."
"I
soldi fanno sempre più gola dei buoni sentimenti"
sentenziò dura Ann.
"Ann...
Ero un ragazzino viziato. Davanti a me c'era una strada lastricata e
dorata. Gli altri dicevano che era una prigione. E alle volte lo era
davvero. Ma se devo essere onesto a me piaceva il mio lavoro e sapevo
che dovevo scegliere. O la fine o tutto" ribatté Howard
serio.
"È
finito tutto, comunque, dopo un anno. Prima Robbie. E poi voi"
disse quasi alle lacrime Ann.
"Ma
allora non potevo saperlo. Io credevo che sarebbe durato per sempre"
si giustificò Howard.
"Di
una cosa ti devo essere grata. Ho capito che anche le persone che più
ami alle volte ti possono ferire. E che nulla è per sempre per
quanto ci sforziamo a credere che sia davvero così!"
ripose Ann caustica.
"Ann!
Quello che voglio è dimostrarti che sono cambiato. E voglio
dimostrartelo dicendo che ti voglio essere amico, senza sesso. Perché
vederti a quella festa mi ha fatto capire che voglio una seconda
possibilità. Concedimela. Ti prego"
Ann
guardò Howard. Piangeva come un bambino. Aveva parlato con il
cuore in mano. E quegli occhi che prima erano magnetici, ora
ispiravano tenerezza. Non sapeva perché, ma sentiva che quello
che stava dicendo era vero.
Lo
guardò un'altra volta e poi, chinando il capo, imbarazzata,
replicò:
"Giurami
che non ci sarà altro"
"Te
lo giuro" disse speranzoso Howard
Ann
lo guardò e sorridendo disse:
"Fammene
pentire Howard e giuro... Questa volta me la pagherai davvero"
Howard
l'abbracciò e Ann accolse il bacio sulla guancia che lui le
dava, chiudendo gli occhi.
"Grazie
Ann" sussurrò Howard visibilmente al settimo cielo.
"Va
via! Prima che cambi idea" scherzò Ann.
Howard
fece come ordinato, felice.
Ann
lo accompagnò alla porta e poi lo guardò allontanarsi
dalla finestra. Lo seguì mentre entrava in macchina e, quando
la vettura lasciò il viale, sospirò.
La
sedicenne in lei urlava vendetta. Ma la ventisettenne aveva visto
tutte quelle lacrime che aveva versato per lui quando era ancora una
ragazzina. E voleva credere che Howard fosse davvero cambiato.
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Capitolo 7 *** -CRISTALLI: Capitolo 7- ***
CAPITOLO
7: Complotti.
"STOOOP!"gridò
il regista "Questa è la scena in cui il ricco ragazzo
incontra la ragazza povera. Tu, Dylan, credi che lei appartenga al
jet-set. E tu vuoi che lui non pensi diversamente. Devi essere
interessato a lei, tu, Ann, invece sei nervosa perché sai che
lì ci sono delle persone che potrebbero scoprire il tuo
gioco..."
"Semplice,
no? Specialmente se si sta seduti comodi su di una sedia a gridare
ordini!" scherzò Dylan.
Ann
rise e disse:
"Ti
posso assicurare che per il fingermi nervosa non devo nemmeno
sforzarmi più di tanto. Lo sono abbastanza. A dire il vero
sono proprio un fascio di nervi. Ma tu credi che il regista abbia
capito che questi sono solo i primi ciak?"
"Si.
Almeno che non abbia iniziato da solo ieri riprendendo gli operatori
che montavano il set" disse Dylan, scoppiando a ridere assieme
ad Ann.
"Allora.
Vogliamo andare in scena?" ordinò il regista spazientito.
Dylan
fece un segno per lasciare il passo ad Ann. Lei sorrise accettando e
si mise nella posizione prevista da copione.
"LA
FESTA. SCENA IX°. CIAK"
"Quindi
tu sei Kiran Mc Gregor.." disse Ann nervosa.
"Si.."
sorrise Dylan facendo un segno con il calice.
"Ma
quei Mc Gregor?" chiese lei sempre più nervosa.
"Quei
Mc Gregor"rispose divertito Dylan. "E tu?"
"Jen.
Lloyd... Jen Lloyd.."rispose Ann.
"Quei
Lloyd?" chiese nervoso Dylan, stavolta.
Ann
annuì. Dylan sorrise soddisfatto e aggiunse:
"Spero
davvero che tu ti stia divertendo. L'ultima cosa che vorrei è
che una del casato Lloyd si annoi alla festa di un Mc Gregor..."
"STOOOP!
BUONA!"
Ann
e Dylan si diedero cinque.
Si
allontanarono lasciando posto ad altri due attori.
Fu
allora che, dopo che una truccatrice aveva sistemato il trucco ad
entrambi, Dylan, disse:
"Per
la cena... Il mio adorato maritino ha accettato! Mi permette di
venire da te"
"Uhm...
Un paio di giorni fa non mi avevi detto che eravate sposati!"
scherzò Ann.
"Infatti,
non solo siamo. Ma dopo tutto questo tempo e per come si comporta lui
è come se lo fossimo"rise Dylan, aggiungendo poi:
"Naturalmente... Ha dei grandi impegni che lo costringono a non
partecipare alla cena. Quindi... Ci sarò solo io. E visto che
la cena è a casa tua. Penso che sia davvero un bene che quel
paranoico stia alla larga"
"Posso
farti una domanda?" chiese Ann seria stavolta.
"Sì!
Basta che tu non mi chieda di avere un figlio con te. Per il resto
posso darti tutto" ribatté Dylan bevendo un sorso d'acqua
dalla sua bottiglia.
Ann
rise e poi, tornando seria, chiese:
"Ma
sei ti da così tanti problemi, perché stai ancora con
lui?"
Dylan
sospirò e disse:
"Lo
amo. E quando ami qualcuno... Beh! Gli perdoni tutto. Anche le brutte
figure con gli amici. Anche le cose passate"
Ann
rimase un attimo in silenzio.
"Lo
amo. E quando ami qualcuno... Beh! Gli perdoni tutto. Anche le brutte
figure con gli amici. Anche le cose passate"
Cosa
voleva dire quello? Perché le sembrava quasi che quella frase
di Dylan la riguardasse da vicino, nonostante lui non conoscesse
nulla della sua vita passata? Che fosse una mossa del destino che la
voleva prendere in giro?
Cosa
voleva dire? Che doveva perdonare Howard?
"Ann!
Ann!" disse Dylan.
"Si!"
fece Ann come scendendo dalle nuvole.
"Ci
stanno chiamando!" rispose Dylan.
"Arrivo!"sorrise
Ann seguendolo.
Doveva
dimenticare Howard, perché sciupare quell'occasione d'oro per
colpa di qualcosa lontana mille anni, era stupido.
"E'
una cavolata"disse Mark serio.
"Per
me è perfetto"asserì Gary.
"E
se ci dovessero scoprire?"chiese Jason preoccupato.
"Sentite.
E' un mio piano. Quindi è naturale che sia perfetto!"
sorrise Robbie indicandosi.
"A
parte il fatto che tu non puoi venire" disse Gary indicando
Robbie.
"Perché?"chiese
Robbie deluso.
"Se
quella poveretta ti vede, le viene un coccolone. Nel migliore dei
casi" sorrise Jason.
"E
nel peggiore?"chiese Robbie interessato.
"Quattro
punti di sutura. Le donne sono campionesse di lancio del posacenere.
E non te lo passano per spegnerci le sigarette"rispose Mark
facendo ridere tutti.
"Ahahahah!"rise
sarcastico Robbie. "Il piano è mio. Pompey ce lo metto
io! Quindi alla cena vengo anche io. Che vi piaccia o no!"
"Cosa
vi piaccia o no?" chiese Howard entrando nella camera dove
stavano i quattro.
Robbie
sorrise. Non aveva ancora visto Howard dato che, la sera prima, aveva
visto solo gli altri tre. Si avvicinò e abbracciandolo disse:
"Nulla,
mate. Sai che sono un rompipalle immenso. E che metto sempre
condizioni su tutto"
"Ehy!"
disse Howard guardandolo. "Guarda che ora hai poco da fare lo
sbruffone. Gary ha imparato a ballare. E non abbiamo più
bisogno di te"
Tutti
risero e Gary disse:
"Ridete,
ridete. Vedrete che un giorno vi sotterro. Il grande ballerino Gary
Barlow vi farà mangiare la polvere!"
Tutti
scoppiarono a ridere ancora più forte. E Jason aggiunse:
"Il
bello di noi cinque è questo. Non cresciamo mai!"
"Ma
tu sei cresciuto. Hai le rughe" lo prese in giro Mark.
"Ehy!
Ha parlato l'uomo Braille"replicò Jason.
"Prima
che non la finiamo più... Che ne dite se ci andiamo a fare una
birra?"propose Gary.
"Magari
una coca cola. E parteciperò ad ogni brindisi con l'anima"
rispose Robbie.
"Basta
che sia anche tu dei nostri"disse Mark dandogli una pacca.
La
proposta venne accolta da tutti con allegria.
E
assieme uscirono.
Ann
rientrò a casa e poggiò l'ombrello nell'andito prima di
entrare in salotto.
Fuori
pioveva a dirotto. Il che significava che se continuava così,
il giorno dopo avrebbe dovuto girare ancora in studio. E cominciava
ad essere un po' opprimente dato che dopo poco ci sarebbe stata la
prima scena di sesso. E Ann sentiva che con Dylan sarebbe stato un
po' difficile visto il bel rapporto che si stava creano tra loro. E
anche perché Dylan era gay, dettaglio non proprio di secondo
piano almeno se c'era da girare, seminudi, una scena di sesso davanti
ad un set che per metà conosceva gli orientamenti sessuali di
entrambi.
"El!
Sono a casa!"
Eloise
si affacciò alla porta e disse:
"Ah!"
e sorridendo disse: "Come è andata?"
"A
parte pensare di voler uccidere il mio regista... Beh! Devo dire che
è andata bene" rise Ann aggiungendo: "E' già
pronto? Sento un profumino?"
"Si.
Ricetta indiana. Me l'ha data Jasmine. Deve essere buona" ripose
Eloise: "Mi aiuti ad apparecchiare?"
"Certo!"
disse Ann andando in cucina e cominciando a prendere tutto il
materiale.
Apparecchiarono
ridendo ogni qualvolta si incrociavano-scontravano. Poi, quando fu
tutto pronto, Eloise portò il piatto da portata con dentro il
riso e tutti gli altri condimenti e si misero a mangiare:
"Ah!"
esclamò Ann tra un boccone e l'altro: "Alla cena di
venerdì viene anche Dylan. Ti da fastidio?"
Eloise
quasi si strozzò. Versò un bicchiere e disse:
"B-Bene!"
e dopo aver bevuto un sorso d'acqua, disse: "Se vuoi quella sera
esco"
"El!
Ma che dici? Una cosa di cui non ho bisogno con Dylan è il
campo libero dato che è un mio collega. E sai come la penso
sui colleghi e le relazioni" mentì Ann guardando l'amica
di sottecchi.
Non
sapeva perché, ma non voleva dirle che Dylan fosse gay.
Preferiva che lo facesse lui. Era una cosa troppo personale perché
la dicesse lei ad Eloise.
"Infatti!
Potreste parlare di lavoro, dover provare qualche scena.."ripose
Eloise.
Ann
prese un'altra porzione dal piatto da portata e guardando sempre meno
convinta l'amica, disse:
"Ti
conosco abbastanza da poter dire che sei nervosa. Mi stai nascondendo
qualcosa?"
Eloise
si versò del vino e sorridendo disse:
"S-sì!
Lo sono. Ma tu non c'entri. È perché devo consegnare un
progetto entro la fine della settimana. E sai com'è il mio
capo... Vino?"
Ann
fece cenno di no con le mani e disse, incrociando le braccia e
sollevando un sopracciglio:
"Facciamo
una cosa. Se tutto va bene... Venerdì facciamo una cena per
festeggiare l'inizio delle riprese e per la consegna di questo
lavoro. Che ne dici?"
Eloise
bevve in un lungo sorso tutto il vino e guardando Ann, con un sorriso
nervoso, poggiando il bicchiere, disse:
"Uhm!
Fantastico"
"Naturalmente
puoi invitare chi vuoi" la sfidò Ann.
"C-certo!"
sorrise Eloise cercando di celare il nervosismo "Ora però
vado a prendere un po' di salsa di soia. E' quasi finita"
concluse alzandosi.
Ann
la guardò e domandò seria:
"El?
Non mi stai nascondendo nulla, vero?"
Eloise
si voltò. Ann poteva vederlo - a dire il vero lo poteva vedere
anche un cieco - una strana espressione di disagio dipingersi nel
viso dell'amica. E seria, l'attrice continuò:
"Non
hai parlato con Howard in qualche modo. Perché sto cominciando
a pensare che in questa storia del nostro incontro c'entri qualcosa
tu.."
"NO!"
esclamò con veemenza Eloise.
Ad
essere sinceri, almeno quello non era del tutto vero. Howard aveva
trovato da solo la casa subito dopo la festa. Lei non lo aveva
aiutato in alcun modo. E di certo era allo scuro dell'ideona di
Howard di andare a parlare ad Ann, dato che entrambi si erano messi
d'accordo per il famoso venerdì sera.
"Lo
sai che se mi stai nascondendo qualcosa e che non va bene per due
amiche come noi"disse Ann incrociando le braccia.
Eloise
sorrise e sussurrò:
"Non
ti nascondo nulla" e sparì in cucina.
Ann
sospirò guardando l'amica allontanarsi. Non sapeva perché
ma credeva che sulla strana apparizione di Howard in casa loro Eloise
c'entrasse qualche cosa.
E
quella sensazione non le piaceva proprio.
"Ma
sei sicura?" chiese Dylan versandosi un bicchiere d'acqua.
Il
vociare più o meno forte nella mensa, non copriva la voce di
Ann, che con un grosso boccone in bocca disse:
"Nezonnozigura"
"Tesoro...
A parte che sei disgustosa! Potresti non parlare con la bocca piena?
Non capisco nulla quando parli" sorrise Dylan.
Ann
deglutì il boccone e bevendo un bicchiere d'acqua disse:
"Scusa!
Comunque... Ne sono sicura. Eloise ed Howard si sono sentiti"
Dylan
rimase in silenzio un attimo e poi disse:
"A
complotto si risponde con un altro complotto. L'unica cosa che
possiamo fare, se la tua amica non conosce i miei orientamenti
sessuali come hai detto, possiamo fingere. Infondo lo facciamo sul
set tutti i giorni"
"Che
intendi dire?" chiese Ann guardandolo senza capire.
"Allora.
Mi hai detto che non hai detto ad Eloise che ero gay, perché
nessun giornale ha mai scoperto questo fatto. E dato che pensi che
sia una cosa troppo personale per buttarla tu così anche alla
tua migliore amica, preferisci che glielo dica io. Giusto?"
ragionò Dylan.
"Si"
annuì Ann mangiando un altro boccone.
"E
se io non le dicessi che sono gay? Tanto in meno di tre mesi, i
giornalisti, cercheranno qualsiasi cosa per far credere che siamo
fidanzati. E se lo facessimo credere anche a lei?" sorrise Dylan
raggiante.
"Scusa?"
chiese Ann confusa.
"Quello
che voglio dire è: fingiamo già tutti i giorni.
Possiamo farlo anche venerdì a cena. Lei non sa nulla. E io
non le dirò nulla. Fingeremo che tra noi sta nascendo qualche
cosa. E il tuo Howard. Beh! Se come pensi tu venerdì sarà
dei nostri, faremo in modo che anche lui ci caschi con tutte le
scarpe. E vedrai che si farà da parte" disse Dylan
facendole l'occhiolino.
"Ne
sei sicuro?" domandò perplessa Ann.
"Certo.
Lei gli dirà tutto.. E dato che lui ha detto che vuole solo
esserti amico, lascerà in pace la tua amica e tu potrai
respirare in santa pace"rispose Dylan.
Ann
ci pensò un attimo. Il piano non faceva una piega. Infondo
Howard doveva pagare quello che aveva fatto. E uno schiaffo morale
del genere era la cosa migliore. E porgendo la mano al collega disse:
"Ci
sto!"
I
due ripresero a mangiare e poco dopo Dylan le chiese:
"Ann.
Posso farti una domanda?"
"Dimitruffo!"
disse Ann con la bocca piena.
"A
parte che quando ti vedo mangiare con la bocca piena mi chiedo come
sia possibile che sia successo. Comunque..." rise Dylan
prendendo un buffetto sul braccio dalla ragazza: "...seriamente!
Anche io ero un fan dei Take That. Nella fattispecie di Howard. E mi
sono sempre fatto una domanda. Ma quanto è bravo Howard Donald
a letto?"
Ann
rise e con il tovagliolo cominciò a picchiare Dylan che,
ridendo a sua volta, cercò di ripararsi dai colpi che l'amica
le inferiva.
"Sì!
LO SO!" esclamò Eloise al telefono. "Non le devo
dire nulla"
"El...
Lo so che posso sembrare un rompi scatole. Ma voglio che tutto sia
perfetto. E non devi dirle che ci sono anche io. Arriverò a
casa vostra con la scusa di una visita. E lei non saprà mai
che c'entri anche tu" disse Howard.
"E
vorrei ben vedere. Ci manca solo che, per colpa tua, litighi con
lei"disse Eloise secca.
"Non
litigherai. Te lo prometto. Grazie El! Non sai che aiuto mi dai"
sorrise grato Howard.
"Howard!"
intervenne Eloise.
"Si?"chiese
Howard.
"Questa
è l'ultima volta che faccio una cosa del genere ad Ann. Se va
male così, non mi chiedere di aiutarti un'altra volta. Non
voglio complottare contro la mia migliore amica. E poi... Le hai
tolto troppe cose in passato. Non voglio che litighi anche con me per
colpa tua" rispose Eloise dura.
"Giuro
che se andrà bene stavolta sarà l'unica volta che ti
metto in mezzo.."ribatté Howard piano.
"Lo
spero" continuò Eloise nello stesso tono. "Ora devo
tornare a lavoro. Ho finito la pausa. Ci sentiamo per venerdì,
Ok?" e senza aspettare risposta chiuse il telefono.
Si
strinse nel cappotto e ripose il cellulare in tasca. Nervosa camminò
verso l'ufficio. Poi si bloccò verso l'off-license. entrò
e prese un pacco di sigarette.
Ne
fumò una appena fuori dal negozio.
Aveva
smesso tre anni prima. Ma quello che stava succedendo la rendeva
troppo nervosa.
E
fumare era l'unica cosa che la tranquillizzava.
Sedute
d'ipnosi andavano a farsi benedire. La forza di volontà pure.
Accidenti
al Donald e ai suoi complotti del cavolo.
Complotti,
complotti e ancora complotti.
Qualche
cosa mi
dice
che la cena di venerdì non finirà per niente bene.
E
secondo voi?
Lasciatemi
il tempo per ringraziare
chiaretta78
(che non manca mai,
non
come me che sto cercando di finire le mie storie
e
non riesco a recensire la sua);
dafne_18
che mi scrive delle bellissime recensioni;
e
orangina che è la prima che ha
recensito
questa storia e
continua
a farlo.
E
ringrazio chi ha aggiunto la storia tra le preferite e altri.
E
chi mi segue in silenzio senza recensire.
E
le forze celesti e tutto.
Scherzi
a parte.
Ringrazio
tutti davvero. E vi invito alla cena del venerdì nel prossimo
capitolo.
Per
chi non è una fan...
Molte
delle battute che scrivo prendono
spunto
dalla realtà in
quanto
i ragazzi amano sfottersi da tempi immemori.
Un
bacio e alla prossima.
Niniel82.
|
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Capitolo 8 *** CRISTALLI: Capitolo 8 ***
CAPITOLO
8: La cena per farlo ingelosire.
Ann
sistemò con un dito il rossetto sulle labbra.
Sorrise
all'immagine riflessa: aveva fatto come le aveva chiesto Dylan. Farsi
bella, bellissima, tutto pur di far morire Howard di gelosia.
E
così, aveva piegato i capelli in un nodo lento, indossato un
vestitino nero con una profonda scollatura sul seno e lisciò
la gonna morbida con la mano.
Guardò
gli occhi valorizzati da un trucco leggero, scuro solo ai lati e
sorrise soddisfatta. Aveva fatto del suo meglio per far morire
Howard. E sperava di esserci riuscita.
Spruzzò
un po' di profumo, uscì dalla camera e sorrise ad Eloise.
"Ann
sei bellissima.." disse l'amica stupita.
"Grazie!"
esclamò Ann facendo una piroetta su se stessa.
In
quel momento qualcuno bussò alla porta.
"Chi
è?" chiese Ann prontamente Ann, guardando l'orologio:
“Non può essere Dylan. Mi ha detto che sarebbe venuto
alle sette e mezza e manca mezzora!”
"Non
lo so. Nemmeno io aspettavo nessuno!" rispose Eloise cercando di
sembrare il più possibile tranquilla.
“Beh!
L'unico modo che abbiamo per scoprirlo e andare ad aprire!”
sorrise Ann dirigendosi verso la porta.
Eloise
deglutì e trattenne il respiro mentre Ann apriva la porta. E
quando l'amica lo fece lei non lo vide, ma quando si trovarono uno di
fronte all'altro, si osservarono in silenzio. Fu Ann la prima a
parlare e a dire, con una voce che non sembrava davvero stupita:
“Howard!
Che ci fai a casa mia di venerdì sera?”
"Porca
miseria Gaz.. Vuoi muoverti?" esclamò Robbie dalla
macchina.
"Un
attimo" disse Gary uscendo di casa, sistemando un pacchetto.
Mark
lo guardò curioso. E quando l'amico si mise a sedere vicino a
lui, cercando di annusare, chiese:
"Qualche
specialità Barlow dentro quel pacchetto?"
"Fatti
i fatti tuoi tappo... Non devi toccare fino a che non ceniamo"ribattè
Gary pestando una mano che Mark, invano aveva cercato di allungare
per vedere cosa ci fosse.
"Banoffi?"
chiese Jason subendo lo stesso destino di Mark, dopo aver allungato
la mano.
"Vi
ho detto che non si tocca.." disse Gary severo. "E
smettetela di fare i bambini.. Non voglio fare figuracce con le
padrone di casa..."
"Se
vuoi la diamo a Pompey e guido io. Con lui stai in una botte di
ferro. Non ama i dolci" sorrise Robbie.
"Ho
intenzione di arrivare a casa di Ann e non al commissariato più
vicino solo perché tu hai guidato senza patente. Anche se
sarebbe per una giusta causa" asserì Gary, stringendo un
po' di più il pacco, annuendo.
"Dio
quanto storie! Quante volte avremmo mangiato sta cavolo di
Banoffi"esclamò Jason.
Gary
lo guardò a bocca aperta, stupito e indignato
dall'affermazione del compagno di band. E offeso disse:
"Bene.
Vuol dire che non ne prenderai più una fetta"
"Quindi
è Banoffi!" esclamò Mark trionfante.
"NO!"
disse Gary risentito.
"See...
A chi lo vuoi far credere. Non hai inventiva Barlow e vai sempre al
risparmio. Avrai comprato il latte condensato da qualche pakistano e
le banane avrai usato quelle più brutte e più nere che
le vendono per poco" disse Robbie.
"Non
è che solo perché voi credete che ci sia della Banoffi
qui dentro, ci sia davvero della Banoffi, primo. Secondo... La smette
di dire delle falsità su di me? Non sono avaro" rispose
contrariato Gary e cercando di non notare gli sguardi divertiti di
Mark, Jason e Robbie, aggiunse: “Terzo... Non è per
niente vero che non ho inventiva!!”
"Barlow,
sono vent'anni che ci propini sempre la stessa cosa. Vuoi che non
sappiamo che, la, c'è la Banoffi" esclamò Robbie
ridendo di gusto.
"Hai
dato pure la ricetta su di una dei DVD che abbiamo fatto nel 1995"
disse Mark.
"Perché
avevi il DVD nel 1995. Ne hai inventato uno solo per te?"
scherzò Robbie guardando Mark fargli la linguaccia dallo
specchietto retrovisore.
"Dire
VHS è troppo antiquato" puntualizzò Mark.
"Beh!
Non è colpa mia se quando hanno iniziato a togliere i nostri
LIVE, c'era ancora il grammofono, Mark!" sorrise Jason.
Tutti
risero e Pompey, guardò scoraggiato Robbie.
Uno
lo poteva reggere, tutti no.
E
Robbie serio disse:
"Tranquillo
Pompey.. Sono così da quasi vent'anni. Ma sono innocui" e
ridendo sistemò la cintura di sicurezza mentre la guardia del
corpo ingranava la marcia e partiva.
“Howard!
Che ci fai a casa mia di venerdì sera?” chiese Ann
guardandolo.
"Caspita!
È così che si accoglie un amico?" sorrise Howard e
le baciò una guancia.
Ann
non si mosse, ma la sua staticità non era dovuta alla sorpresa
e fu il cantante per primo a rendersi conto che Ann non era per
niente stupita nel vederlo lì.
Eloise
tossicchiò raggiungendoli dalla sala, sorrise nervosa e
cercando di essere sempre il più naturale possibile -con
scarsi risultati tra l'altro- disse:
"Ah!
Ann questo è quel tuo amico che hai visto alla festa!" e
avvicinandosi, tendendogli la mano disse: "Io sono Eloise
Cotton..."
"Strano"
osservò Ann non celando un certo sarcasmo. "Credevo lo
conoscessi"
"A
dire il vero è la prima volta che lo vedo"disse Eloise
cercando di non far notare che il suo nervosismo cresceva a vista
d'occhio.
"Eppure
lui era ed è uno dei Take That. Mi sembra strano che tu non lo
conosca.. Tutte le donne del Regno Unito lo conoscono..."
puntualizzò Ann con una punta di cattiveria malcelata.
"Beh!
Come Howard Donald lo conoscono tutte. Ma non avevo avuto il piacere
di incontrarlo da solo.." ribatté Eloise.
"Sicuri?"
chiese Ann guardando Howard.
Howard
grattò la testa imbarazzato e cercando di deviare il discorso,
sorrise e rispose:
“Avevo
voglia di vederti e sono venuto a trovarti. Magari per mangiare
qualche cosa assieme!”
Ann
annuì per nulla convinta da quello che stava dicendo il
cantante e replicò:
“Proprio
di venerdì sera. Quando io e la mia amica facciamo la nostra
cena assieme!”
Howard
cercò di sorridere mascherando l'imbarazzo per quella
situazione ambigua e fingendo per l'ennesima volta di non aver
sentito quello che aveva detto la ragazza, rispose:
“Si
gela qua fuori! Posso entrare!”
“Certo!”
esclamò spostandosi Ann, facendo spazio ad Howard e aggiunse:
“Non vorrei che le chiappe più conosciute del Regno
Unito prendano freddo!” e aiutò Howard a togliersi il
giubbino.
Howard
sorrise ad Eloise cercando di fargli prendere coraggio.
Ann,
invece, dopo aver poggiato il giubbotto nella camera, stava per
ricominciare l'invettiva quando suonarono di nuovo il campanello.
Stavolta la sorpresa fu generale. E fu sincera.
"Oh!
Forse è Dylan" sorrise Ann dirigendosi alla porta.
Howard
sbarrò gli occhi e chiese:
"Dylan?"
"E'
un suo collega" rispose Eloise.
Howard
corrugò la fronte. Odiava ricevere sorprese quando era lui ad
averne messa in atto una. Cercando di non farsi notare da Ann allungò
il collo per riuscire a vedere chi fosse questo Dylan e come si
comportasse Ann in sua presenza, ma fu colto dall'ennesima e forse
sgradita sorpresa della serata.
"BUONASERA!"
si sentì invece un coro di tante voci.
Non
apparve nessun Dylan. E tanto meno un gruppo di amici di Ann o di
Eloise.
Il
primo ad apparire fu Gary che dando un pacco ad Ann disse:
"Ciao
Ann. Se non ti ricordi di me io sono Gary... Questo è da
mettere in frigo. L'ho portato per il dopo cena..." e guardando
Eloise continuò: "Tu devi essere l'amica di Ann, piacere
Gary Barlow..."
"Sempre
il solito. Accidenti a Gary e alle sue manie di protagonismo"disse
Robbie. "Ciao Ann. Caspita! Ti sei fatta bella. Oddio!! Se sei
quella che ricordo, non eri brutta nemmeno un paio di anni fa, ma con
tutte le droghe che prendevo potrei anche sbagliarmi. Quindi non
prendere come offesa ogni complimento fatto come paragone al passato"
e baciò la mano della ragazza che lo guardava a bocca aperta e
con gli occhi sbarrati.
"Basta
non dire nulla che riguardi il passato dato che hai fatto solo
casini"rispose Mark poco dietro, spingendo Robbie. "Ciao
Ann.. Scusa se non ti abbiamo chiamato prima di venire.."
"Come
potevamo, pezzo di idiota! Non abbiamo il numero di telefono"
fece eco Jason. "E cerca di toglierti dalla porta. E se c'è
qualcuno davanti a te... Spingi! Ma salva la Banoffi!" ed
entrando dopo Mark, facendo il galante disse: "Piacere di
rivederti Ann. E scusa i miei amici se sono maleducati e provinciali.
Essere ricchi non significa essere dei signori come me..."
"Infatti!
Tu non lo sei" specificò Mark.
"Un
signore?" domandò Jason. "Lo sono più di te,
tappo"
"Credo
che intendesse ricco J" rise Robbie.
Eloise
guardava il salotto. Tutti e cinque i Take That erano a casa sua.. Se
le avessero detto una cosa simile tredici anni prima avrebbe riso in
faccia a chi glielo diceva. Anzi! Non doveva andare così
lontano: bastavano due settimane per non crederci.
"Cosa
ci fanno i tuoi amici qua?" chiese spiegazioni Eloise.
Howard,
in un misto tra il divertito e 'ok! Ora mi arrabbio!',
rispose:
"Se
ti dicessi che hanno fatto tutto loro ci crederesti?"
Ann
entrò con ancora il pacco in mano e la bocca aperta. Eloise,
più per scuoterla che per gentilezza, prese il pacco e disse:
"Lo
metto nel frigo, Gary ha detto che va in frigo" e scosse la
testa. Era la serata delle sorprese. E non avrebbe mai immaginato di
poter dire quella frase. Infondo mica tutti i giorni, il più
grande song-writer inglese ti dice di mettere in frigo il dolce che
ha portato auto invitandosi a casa tua.
"Posso
venire con te?" chiese Mark che senza attendere risposta entrò
in cucina.
Ann
guardò Howard, ancora a bocca aperta e domandò:
"Che
significa?"
"Io
non c'entro nulla.." rispose Howard allargando le braccia.
"ODDIO!"
esclamò Mark dalla cucina.
Robbie
corse in soccorso e disse:
"Che
cazzo ti urli! Non ti porto più da nessuna parte Mark, se ti
agiti così tanto in presenza di sconosciuti!" e poi
aggiunse battendo le mani divertito: "Barlow sei cambiato
davvero, non c'è che dire!"
"Perché?"
chiese Jason sporgendosi curioso.
Eloise
in cucina boccheggiava: quei tre erano troppo vicini. La ragazzina
che era stata loro fan stava sgomitando cercando di uscire, tipo
dottor Jekyll e mister Hyde. Dovette far uso del buonsenso per non
saltare al collo di Jason che sorrideva guardando il dolce che lei
aveva appena scartato.
"NON
E' UNA BANOFFI. E' UN TIRAMISU'!"esclamò Mark.
"Ammettilo
Gaz.. Lo hai comprato... Tu non sai fare il tiramisù" lo
indicò Robbie.
Howard
rideva divertito. Poi, voltandosi, con un sorriso sulle labbra, fece
una faccia a mo' di scusa, per far capire che lui non c'entrava,
nonostante il fatto che con quei quattro li si stava divertendo come
non succedeva da anni.
Ann
ridusse gli occhi a due piccole fessure e stava per dire qualche cosa
quando il campanello suonò di nuovo.
"E
chi è adesso?" chiese Jason che aveva ficcato un dito nel
tiramisù di Gary.
"Quella
fetta la mangi tu, animale!" esclamò indignato Gary,
seduto nel divano.
"Non
sarà mica Nigel?" disse Robbie preoccupato.
"Magari
ci ha seguiti" rise Mark.
Ann
guardò Howard severa e girando sui tacchi mostrò tutta
la sua indignazione con un solo sguardo e andò ad aprire.
Fu
in quel momento che entrò Dylan che guardandosi intorno,
divertito, disse:
"C'era
una festa qui e nessuno mi ha detto nulla?"
Tutti
si voltarono e salutarono il nuovo arrivato, presentandosi.
"Io
non ne sapevo nulla" disse Ann arrabbiata.
"Abbiamo
un problema" intervenne Eloise a voce alta.
Tutti
si voltarono a guardarla e lei arrossendo disse:
"Io
avrei preparato per tre persone. Massimo quattro. Ora siamo otto. E
non credo che basterà.."
"Lo
puoi surgelare?" chiese Gary pratico.
"Così
lo porti a casa?" chiese Robbie facendo ridere tutti.
Gary
lo fulminò con lo sguardo e disse:
"No.
Lo può mangiare domani. Chiamiamo un cinese e ci facciamo
portare qualche cosa. Che ne dite?"
"Pago
io, però" disse Ann.
"Non
esiste proprio..." ribatté Mark. "Vi abbiamo invaso
casa... Quindi tocca a noi pagare"
"Allora,
visto che sono quello più ricco, pago io per tutti. Gary e
Jason appena hanno sentito dire che dovevano pagare sono sbiancati.
Troppo avaro e troppo... Com'era J? Signore?" sorrise Robbie.
"Facciamo
che decidiamo quando arriva il fattorino..."ribatté
Dylan.
Howard
lo guardò abbracciare Ann mentre parlava e una strana
sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco, sommati al fatto che
cominciavano a sudargli le mani, cominciò a far innervosire il
cantante. Che voleva lui, lì? Era già difficile senza
che si fosse messo in mezzo, figuriamoci se continuava a fare il
cascamorto con Ann.
"Chiamo
io" disse Eloise con il cellulare in mano.
"Io
voglio il riso con la carne. Lo adoro.." disse Gary.
"Cafone!"
rise Jason.
Dylan
si rese conto dello sguardo di Howard e strinse più forte Ann
baciandole la testa. Lei si voltò, guardandolo senza capire, e
sorrise capendo con un solo sguardo di Dylan le sue intenzioni.
Howard
non sapeva la verità. E quella era la cosa più
importante.
A
tavola le cose non andarono meglio. Il clima goliardico era tenuto
alto da tutti, Dylan incluso, ma Howard non poteva non rosicare nel
guardare i due che vicini si scambiavano tenerezze.
Non
avrebbe mai immaginato che avrebbe, un giorno, potuto soffrire così
tanto per una ragazza con cui aveva fatto l'amore dieci anni prima.
Voleva
prendere a pugni Dylan ogni qualvolta sorrideva e parlava
all'orecchio di Ann, facendola ridere di gusto.
Fu
Robbie che, senza che Howard glielo chiedesse, aprì la
rappresaglia verso i due:
"Allora.
Mi avete detto che vi siete conosciuti grazie al film che state
girando" e prese un'altra porzione di cibo. Alla fine, tutti
avevano deciso di prendere piatti grandi da cui tutti potevano
attingere.
"Sì!"
rispose Dylan mangiando una forchettata di riso e prendendo la salsa
di soya.
"Ho
letto ieri su di una rivista che, 'PER AMORE O PER DENARO', è
un progetto nuovissimo. Sarà la serie punta di diamante di
Channel4" disse Gary serio, più perché era
veramente interessato e perché aveva davvero letto la rivista
che per seguire l'esempio di Robbie del quale non aveva capito le
intenzioni.
"Uhm!
Un nuovo progetto!" esclamò Jason piano. "E voi due
vi conoscevate da prima?" chiese indicando Dylan e Ann e
rispondendo al sorriso di Robbie.
"Diciamo
che ci siamo conosciuti ai provini. Ne abbiamo fatti... Tre assieme?"
chiese Dylan guardando Ann che annuì bevendo un bicchiere di
vino.
Non
aveva mai raccontato tante bugie nemmeno a sua madre quando, dieci
anni prima, andava a dormire da Howard.
"Caspita!
E vi frequentavate già da lì?" chiese Howard
caustico.
"Proprio
un colpo di fulmine!" esclamò Mark annuendo ma Jason,
Howard e Robbie lo fulminarono con lo sguardo facendolo tacere.
Al
povero Mark si spense il sorriso sulle labbra e a testa china riprese
a mangiare.
Eloise,
invece, guardava Ann stupita.
Possibile
che non le avesse detto nulla di quella storia con il suo collega? Si
erano sempre dette tutto! Come poteva aver tralasciato un dettaglio
così importante?
"Oh!
Guarda è finito l'olio!” esclamò Ann per sviare
la discussione. “Vado in cucina a prenderne un po'!" e
prendendo l'oliera si alzò da tavola.
Dylan
sorrise e bloccando Ann per un braccio la baciò dolcemente
sulle labbra. La ragazza posò una mano sulla faccia
dell'attore e felice si allontanò.
Howard
accusò il colpo in silenzio. Si guardò intorno e
prendendo la bottiglia di vino disse:
"Qua
non c'è più vino... Ne prendo un po'!" e alzandosi
seguì la ragazza.
Quando
la raggiunse si fermò sulla porta e disse:
"Stasera
sei bellissima!” e avvicinandosi aggiunse: “E la cosa
assurda è che non l'hai fatto per me!”
Ann
sorrise, lo guardò, poi, versando l'olio nell'oliera, replicò:
"Non
sarai geloso Dougie? Stavamo 'assieme' quando avevo sedici
anni. Ero giovane e lo eri anche tu!"
Howard
sollevò un sopracciglio e incassando il colpo, cercando di non
farlo vedere e cercando invece di mettere in imbarazzo Ann, si
avvicinò pericolosamente e aspirandone il profumo, poggiandole
il naso sulla nuca, disse:
"Mi
manca stringerti, Ann. Mi manca da morire! Alle volte mi chiedo se
non mi fossi comportato come un deficiente se le cose tra noi
sarebbero andate diversamente!”
Ann
socchiuse gli occhi. La voce di Howard, bassa e il suo corpo
attaccato al suo, la sconvolgevano. Lunghi brividi le percorsero la
schiena e strinse forte la mano sull'oliera.
"Sto
con Dylan.." sussurrò lei.
"Se
stai con lui, perché stai tremando allora?" domandò
lui con un sorriso e le passò la mano sul braccio.
Ann
sospirò forte. La pelle divenne d'oca in un solo istante. Si
voltò lentamente e disse:
"Non
sto tremando..."
Howard
le accarezzò una guancia. Sorrise e ribatté:
"Allora
fingi davvero bene"
"Ho
avuto un buon maestro" rispose Ann con odio.
"Io
non ho mai finto con te" replicò Howard.
La
sua bocca era vicinissima alla sua. Ann voleva chiudere gli occhi e
abbandonarsi a quel bacio.
Ma
non poteva. E riprendendo possesso di se stessa, disse:
"Peccato
che hai sempre mostrato il contrario" e prendendo l'olio disse:
"Il vino è da quella parte... Il cavatappi qua.
Divertiti. Io vado dagli altri e dal mio ragazzo" e uscì
fuori lasciando Howard da solo con i suoi pensieri e il cavatappi.
"NON
E' GIUSTO PERÒ! IO HO MANGIATO UNA FETTA CON UNA DITATA IN
MENO" si lamentò Jason.
"Sei
stato avvisato di non toccare, signore. Hai fatto come hai voluto, a
te la fetta con una ditata in meno..."disse Gary che passandosi
una mano sulla pancia soddisfatto aggiunse: "Sono davvero pieno.
Che si fa?"
"Prima
di tutto darti un digestivo..." scherzò Robbie.
"Ne
ho uno forte Gary. L'ho portato dal mio ultimo viaggio in Italia!”
sorrise Ann.
Gary
rise e disse:
"Intendevo...
Usciamo?"
Dylan
guardò Ann e disse:
"Ne
hai voglia tesoro?"
Ann
sorrise e rispose:
"Io
sì! Ma solo se Gary ce la fa a sollevarsi dalla sedia" e
rise guardando l'espressione contrariata del cantante.
"Bene.
Ann è una dei nostri. Prende in giro Gary. Ha capito
tutto.."scherzò Robbie.
Eloise
sorrise e disse:
"Se
dovesse andarti male con la carriera di attrice sai che hai un futuro
come prima donna nel gruppo dei Take That!"
Mark
sorrise e indicando Eloise, disse:
"Lei
è un'ottima apprendista però"
Cominciarono
a prendersi in giro. E Gary, prendendo parola, si intromise e disse:
"Prima
che non ne usciamo vivi da questa discussione... Avete deciso dove
andare?"
"Io
ho lavorato al "Jewels" un paio di anni fa. Mi
conoscono ancora tutti! Anche se, beh! Voi sarete dei frequentatori
abituali..." aggiunse imbarazzata.
Mark
scosse la testa e disse:
"Non
è vero. Jason non ci va mai?"
"Troppo
caotico per uno intellettuale come lui?" chiese Eloise
conoscendo la risposta di Mark.
"No.
I buttafuori vedono che si veste da Primark e non lo fanno entrare"
rispose Mark facendo scoppiare una grossa, unica fragorosa risata.
"Allora!
Si va al Jewels?" chiese Robbie.
"Si!"dissero
tutti in coro.
"Chiamo
Pompey e dico di avvisare che stiamo arrivando"disse Robbie.
"Io
lascio" disse Howard.
"Troppo
tiramisù?" scherzò Jason.
"Oppure
troppo tardi? Sai... Ad una certa età ci si ritira presto per
non risentirne troppo la mattina dopo" continuò Dylan.
Howard
lo guardò stringere Ann e, prendendo l'ultima frase come una
sfida, disse:
"Beh!
Ripensandoci. Sono ancora troppo giovane per andare a dormire alle
undici. Vengo con voi"
"Bene!"
disse Eloise. "Prendo i cappotti e andiamo?"
Tutti
asserirono e Robbie entrò dicendo:
"La
grande star del pop può andare al Jewels. Stanno tenendo il
locale apposta per noi!"
Tutti
lo presero in giro per quella battuta.
Tutti
tranne Howard.
La
prima parte della cena era finita.
La
seconda stava per aver inizio. E se andava come la prima... Beh! Le
cose per lui andavano davvero molto male.
Bene
bene...
Ed
eccoci finalmente alla
tanto
agognata cena del venerdì.
Di
venerdì...
eheheheh!!!
Spero
che il capitolo vi sia piaciuta.
Ho
riscritto dei pezzi ma
non
ne sono per nulla convinta.
Bon.
Ringrazio:
dafne,
chiaretta,
orangina
e
Silvy-V.
Vi
ringrazio davvero. E
spero
di non avervi
deluso
con questo
capitolo.
Vi
mando un bacio.
Alla
prossima con
l'uscita
non richiesta
dei
Fab5 con le due donzelle.
Che
succederà???
Lo
scopriremo solo vivendo.
Un
bacio.
Niniel82. LA STORIA DELLE CHIAPPE VA RICOLLEGATA ALLA VHS HOMETOWN DOVE HOWARD MOSTRAVA LE NATICHE VESTITO DA DIAVOLO. ^^
|
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Capitolo 9 *** CRISTALLI: Capitolo 9 ***
CAPITOLO
9: Al Jewels
Il
'Jewels' è un locale nei pressi della piazza simbolo di
Londra, Piccadilly Circus. Molto chic, molto in, con tanto di
selezione non solo all'entrata ma anche per il personale.
Ann
ci aveva lavorato per due anni, come barista, un po' di tempo prima.
Aveva lasciato per seguire il sogno di diventare attrice e, più
d una volta, si pentiva della sua scelta. Aveva creato una famiglia
con i ragazzi e le ragazze che lavoravano nel locale. E anche se con
alcuni si vedeva di tanto in tanto, con molti si era persa di vista.
Quindi,
quella sera, era davvero felice all'idea di rivedere molti dei suoi
vecchi amici.
"JEFF!"
disse Ann allargando le braccia e abbracciando il grosso energumeno
bianco, tozzo e rasato, molto alto e con un grosso auricolare che gli
serviva per parlare con i colleghi all'interno del locale.
"Ann
Belle!" sorrise l'uomo rispondendo all'abbraccio: "Ammettilo.
Sei venuta qui perché hai deciso di sposarmi"
"No.
Tu mi spezzeresti il cuore e mi sembra che lo hai già fatto
troppe volte" scherzò Ann dandogli un bacio sulla
guancia.
L'uomo
sorrise e disse, con vero rammarico nella voce:
"Tesoro,
stasera non posso farti entrare. Deve venire gente molto importante"
"Per
caso Robbie Williams con tanto di Take That al seguito?" lo
prese in giro Ann.
"Chi
ti ha fatto la soffiata? Qualcuno del locale?" chiese stupito
Jeff.
"So
anche che ha chiamato la guardia del corpo di Robbie Williams,
Pompey.. E che loro stanno per arrivare e hanno chiesto di poter
avere tutto il locale a disposizione" replicò Ann facendo
ridere Dylan e Eloise, rimasti fino a quel momento in silenzio dietro
di lei.
"Ann.
Come diavolo...?" stava per dire Jeff quando la sua attenzione
venne attirata da un gruppo di ragazzi ce parlavano ad alta voce.
"Giuro,
la prossima volta che mi devo camuffare, non vi chiedo aiuto. Ann sei
già qui!" esclamò Robbie avvicinandosi al
quartetto.
A
dire il vero, Ann riconobbe la voce di Robbie e dovette far leva su
tutta la sua buona forza di volontà per non scoppiare a
ridergli in faccia.
"Ma
perché sei conciato così?" chiese guardandolo
divertita.
Robbie
aveva un cappellino da baseball calato sulla testa, una sciarpa che
lo copriva fino al naso,un piumino un po' stretto e un paio di
occhiali da sole.
"Il
cappellino è il mio, la sciarpa di Howard, il piumino di Mark
e gli occhiali di Jason. Gary, sempre il solito avaro, non mi ha
prestato niente" scherzò Robbie per poi, indicarsi e
dire: "Sono irresistibile vero?"
"Oh
certo!" disse Dylan "Credo che adotterò il tuo nuovo
look. Magari lanciamo una nuova moda!"
"Sì!"
ribatté sarcastica Eloise. "Quella dei manichini di
Marks& Spencer..."
Gary,
dietro di loro, con il colletto della giacca tirato su, disse:
"Entriamo?
Sto morendo dal freddo. All'uscita Pompey passa a prenderci"
"Sempre
meglio che pagare Paul e James, vero?" scherzò Jason.
"Il
solito taccagno, che vuoi che ti dica.." disse fingendosi arreso
Howard.
"Parlate
di Gary?" si intromise Mark.
"Se
si parla di taccagni solo di lui si può parlare" continuò
Howard guardando Gary e dicendo poi: "Gaz... Lo sai... Ti voglio
bene!"
Tutti
risero e Dylan ammise:
"Avevo
sempre pensato che foste delle super star viziate e noiose. Devo
ricredermi. Siete davvero simpatici!"
"Certo!
Tutti siamo simpatici. Io più di tutti" s'indicò
Gary.
"Tu
sei il più grasso di tutti. A riprova che le cose, dopo undici
anni non sono cambiate"rise Mark.
"A
dire il vero avevo un fisico ai livelli di Howard alla fine dei Take
That" ribatté Gary.
"Il
fatto che ti ho detto che ti voglio bene, non significa che tu debba
bestemmiare" rise Howard.
"Comunque
il più noioso è Robbie"disse Jason..
"Perché?"
chiese indispettito Robbie.
"Con
te non ci si può mai muovere liberamente, mr Superstar. Ed è
una cosa molto noiosa"sorrise Jason abbracciandolo. "Ma è
bello che tu sia tornato tra di noi"
"Prima
che vi mettiate a limonare davanti a tutti possiamo entrare?"si
lamentò Gary.
"Andiamo
va.." scherzò Ann che, dando un bacio a Jeff, disse: "Ci
vediamo.."
Tutti
entrarono e Jeff scosse la testa. Sapeva che quella ragazza avrebbe
fatto strada.
Ann
ballava con Eloise, ridendo divertita, mentre Dylan al bancone
ordinava da bere.
"Margarita...
Dicono che sia un drink da femminucce" scherzò Howard
guardando il bicchiere di Dylan. "Credevo che un attore fosse
abituato a mojito o a dosi massicce di wiskey.."
"Non
è un gioco a chi regge più l'alcool. E se lo fai per
dimostrare qualche cosa ad Ann, stai sbagliando tattica" e
bevendo un sorso del suo drink, lo fissò dritto negli occhi.
Doveva
ammettere che stava ricorrendo a tutta la sua forza di volontà
per non dimostrare il suo lato femminile e gridare, a quel dono di
Dio, quanto fosse bello e quanti pensieri poco ortodossi stesse
facendo riguardo a quei bicipiti, indignatamente in mostra sotto la
maglietta elasticizzata.
Ma
l'amicizia per Ann, il fatto che quando recitava lo faceva da vero
professionista, anche fuori da un set, lo fece miracolosamente
trattenere...
Al
diavolo Donald! Era pure fidanzato. Non doveva pensare a lui.
"Immagino
che tu sappia come prenderla. Vero Dylan?" lo stuzzicò
Howard.
"Molto
più di quello che credi" e prendendo il mojito dal
portare ad Ann disse: "La mia donna mi aspetta"
"La
rivoglio. Sono innamorato di lei" disse Howard.
Dylan
si voltò. Dentro aveva uno spettacolo pirotecnico, attivato da
quella dichiarazione del cantante. Come avrebbe voluto che un uomo
del genere dicesse le stesse cose su di lui.
Ma
nonostante questo e anche se era davvero felice per la sua Ann,
finché la sua amica non decideva di esporsi, non poteva
scoprire il gioco e sfidando a sua volta l'uomo, disse:
"Il
problema non è quanto la vuoi tu, Howard. Il problema è
se lei ti vuole o no. E per come stanno le cose, sono in una botte di
ferro..." e sorridendo malefico, si allontanò, senza
voltarsi.
Howard
non lo sopportava proprio quel damerino. E poi, dentro di sé,
sentiva che Dylan non era quello giusto per Ann. Glielo diceva
qualche cosa nel modi di fare di quel ragazzo. Qualche cosa non gli
tornava. E che indispettiva Howard, fino a che non lo avrebbe
scoperto.
Ann
si mise a sedere ad uno dei numerosi tavoli liberi della sala. Si
stava divertendo e, a dire il vero, provava un gusto pazzesco nel
fare la scema con Dylan facendo rodere il fegato ad Howard che, in un
angolo, li guardava indispettito.
Sistemò
il ciuffo davanti agli occhi e sospirò, guardando Eloise che
ballava divertita con Mark, seguendo Gary con lo sguardo. Povero
Gary! Si era un po' sciolto, ma ballare vicino a Jason e Mark, beh!
non lo faceva uscire benissimo.
"Alle
volte, mi fermo a pensare che, se mi fossi comportato meglio con
tutti, avrei avuto questo anche negli ultimi dieci anni..."
Ann
si voltò e vide Robbie. O meglio venne travolta da quello che,
dieci anni prima, l'aveva fatta innamorare: due smeraldi verdi,
tristi e insolenti allo stesso tempo, che scrutavano il mondo e lo
sfuggivano; occhi che avevano visto il peggio e che non si stupivano
di nulla, ma si commuovevano per tutto quello che gli toccava il
cuore.
Ann
sorrise e disse:
"Nessuno
ti ha detto di fare a fette Barlow & Co. Non trovi?"
Robbie
annuì e sorrise per poi, tornando serio, aggiungere:
"Volevo
chiederti scusa"
"Robbie!
Lascia perdere. Sono passati più di dieci anni..." cercò
di svicolare Ann ma Robbie la bloccò e disse:
"Per
me sono passati dieci anni e per Howard no? Non sto chiedendo di
sposarti. Forse nemmeno lo farò mai. E non parlo solo di te,
ma di ogni donna sulla faccia della terra" e sorrise amaro,
aggiungendo: "Tu sei una ragazza bellissima. Di quelle fatte per
stare con Howard Donald. E lo eri anche dieci anni fa. Ma io, invece,
ero troppo stronzo, troppo strafatto, stra ubriaco per rendermi conto
di quello che facevo. Lo so. Non è una scusa. Ma quella
mattina. Beh! Ero un po' più fuori dalla grazia di Dio. E
vedere Nigel che sgridava Howard per la vostra storia, mi ha reso...
Cattivo, diciamo.. E volevo solo farlo arrabbiare di più,
metterlo ancora in condizioni estreme. Poi ti ho vista. E gli ho
tolto quelle parole da bocca. L'ho fatto con la forza, sapendo che se
si fosse arrabbiato, pur di non essere di nuovo sgridato da quel cane
del nostro manager avrebbe detto che non provava nulla per te. L'ho
fatto solo perchè ero fuori. Ma ero anche geloso. Tu rendevi
Howard felice. Da quando eri entrata nella sua vita, Howard era un
uomo diverso. E io volevo essere come lui. Volevo essere felice.
Senza essere etichettato come una star capricciosa e rompicoglioni.
Ma quando hai vent'anni e perdi il controllo della tua stessa vita,
beh! allora è difficile essere anche una persona normale. E
credevo che per tutti fosse così. Invece, vederti mi ha fatto
rendere conto che ero io quello anormale. Mark aveva Jo. Gary
qualcun'altra, J pure. E Howard te. Io avevo Kate Moss. Naomi
Campbell. E qualche attricetta da strapazzo. Solo persone del mio
stesso estratto sociale. Merda come me, alle volte, che mi cercava
solo perché ero Robbie, quello pazzo dei Take That. E allora
volevo che anche Howard provasse quello che provavo io. E ho fatto
quello che ho fatto. A lui ho chiesto già scusa. Ma a te,
ancora no. Quindi lo faccio ora. Scusami Ann. E guarda che Robbie
Williams, non chiede mai scusa" e sorrise.
Ann
commossa lo abbracciò e stringendolo disse:
"Tranquillo
Rob. Ti ho scusato quando ho fatto pace con me stessa"
Robbie
sorrise e con il solito tono scherzoso, disse:
"Non
per fare l'avvocato del diavolo... Ma ora che sai che lui non c'entra
nulla, potresti...?"
"Un
passo per volta Williams..." sorrise Ann e, sollevandosi,
prendendogli una mano, disse: "Dai. Ora andiamo a ballare..."
e ridendo, ignorando le proteste della grande pop star, si buttò
in pista con lui.
Howard
sospirò. Era stata la peggior serata della sua vita. Nemmeno
quando si erano sciolti i Take That si era tanto sentito male, stando
chiuso in un posto.
Si
buttò sotto la doccia e lasciò che il getto caldo lo
bagnasse lentamente. Almeno quello, un po', lo rilassava. E Dio solo
sapeva quanto ne aveva bisogno!
Poggiò
le mani sulle piastrelle e sospirò, lasciando che i morbidi
ricci venissero bagnati dall'acqua che ancora sempre più calda
scendeva.
Pensava
ad Ann. A quanto avrebbe volentieri spaccato la faccia di Dylan. A
quante volte, Mark, Robbie, Gary e Jason si erano messi in mezzo
cercando di non farglielo fare. E poi... Quella strana sensazione.
C'era qualcosa nel comportamento di Dylan che non gli piaceva.
Sembrava quasi che Dylan non fosse coinvolto da Ann. E Howard sapeva
che, non esserlo, era impossibile.
Chiuse
il getto caldo. Sospirò e prese un asciugamano che legò
alla vita.
Passò
una mano sulla superficie appannata dello specchio e guardò il
suo riflesso. I ricci incoronavano il viso, gocciolando di tanto in
tanto. Passò una mano sulla barba e sospirò di nuovo.
Aveva
sviscerato la situazione.
Era
innamorato di Ann Belle. O meglio. Si era reso conto che quello che
aveva provato per lei non era mai cambiato. L'aveva amata undici anni
prima; l'amava anche ora.
Solo
che lei non era più un'adolescente. E lui non era più
un ragazzo. Anzi... A dire il vero, davanti a quel damerino, si
sentiva vecchio.
Dylan.
Il suo comportamento. C'era sempre qualche cosa che disturbava
Howard. Che non riusciva a capire. Che voleva analizzare. Senza
arrivarne a capo.
Perché?
Jason, quando gli aveva confidato questa sensazione si era messo a
ridere e lo aveva accusato di essere geloso. E infondo aveva ragione.
Geloso.
Innamorato. Frustrato. Ma non sconfitto.
Avrebbe
capito che cosa non lo convinceva di Dylan. E lo avrebbe detto ad
Ann. E poi l'avrebbe avuta solo per sé. E allora...
Si
mise a letto. Sospirò, immaginando Dylan con un'altra donna. E
lui che lo scovava. Godeva solo a pensare alla faccia di Ann davanti
al tradimento.
Alle
volte i pensieri di Howard volavano alti. Dylan un trafficante di
armi. O peggio, di droga. Una spia che cercava di carpire qualche
informazione e che rapiva Ann. In tutti e tre i casi. Era lui che la
salvava.
Vanità
maschile e una buona dose di fantasia, portarono Howard dritto tra le
braccia di Morfeo.
Dormì
tranquillo.
Avrebbe
preso Ann. Non gli importava quanto ci sarebbe voluto. Sapeva che lo
avrebbe fatto. E che sarebbe stato così.
Bastava
solo aver un po' di pazienza.
"LO
HAI INVITATO TU!" gridò Ann sconvolta.
Eloise
piangeva. Alla fine aveva svuotato il sacco. Ed ora, davanti ad Ann
non poteva far altro che piangere, sentendosi terribilmente in colpa.
"LUI
TI AMA!" gridò Eloise tappandosi la bocca.
Dylan
era lì davanti a loro. Aveva detto la cosa meno adatta da dire
davanti al ragazzo della sua amica.
Ann
sbarrò gli occhi. Howard gli aveva detto che voleva essere suo
amico. Sapeva che ci stava provando. Ma che l'amasse non lo poteva
immaginare. Non poteva credere che lo stesso uomo che non aveva fatto
nulla per riprendersela undici anni prima, ora, come se niente fosse,
ammettesse di amarla? Era assurdo! Come assurda era tutta quella
storia. Anche se -almeno se ci pensava bene- Ann non riusciva a
capire il perché di tutta quella baraonda che aveva creato
Howard. Possibile che lo avesse fatto per raggirare l'amica?
"Idiota!
E tu hai creduto davvero a questa fesseria?" sibilò con
cattiveria Ann.
"Sei
tu che non capisci Ann. Sei tu che non vuoi vedere come ti guarda"
singhiozzò Eloise. "Howard è innamorato di te. Che
ti piaccia o n.. E non puoi far nulla per cambiare questa realtà!"
Ann
rise sarcastica e disse:
"Non
ci credo. Non solo mi vendi al mio peggior nemico, ma ti metti anche
a fare da maestra. Tu che salti da un letto all'altro come se niente
fosse. Tu che non sai tenerti un uomo per più di tre mesi?"
l'accusò Ann.
Eloise
sbiancò, accusando il colpo. Ann era stata durissima. E
lacrime sempre più copiose scesero sul volto dell'amica di
Ann.
Lacrime
che, quest'ultima, non volle vedere. Si voltò e salì le
scale.
Scese
con una sacca.
E
guardando Dylan, disse:
"Vengo
a stare un po' da te"
Dylan,
spaesato, guardò Ann, che usciva e voltandosi verso Eloise,
disse:
"Non
voleva dirti quelle cose. E' solo arrabbiata"
Eloise
si lasciò cadere nel divano e Dylan, scrivendo veloce un
numero su di un foglio di carta, disse:
"Questo
è il mio numero di telefono. Se hai bisogno di un aiuto...
Farò di tutto perché tu ed Ann facciate pace. Te lo
prometto"
Eloise
prese il numero e sorrise debolmente a Dylan.
E
senza dire nulla lasciò che il ragazzo uscisse.
Si
sentiva vuota. Come la sua casa in quel momento.
Dylan
chiuse la portiera e guardando Ann disse:
"Sei
stata dura con lei"
"Non
è facile nemmeno per me, Dylan" rispose dura Ann.
Dylan
sospirò e continuò:
"Io
non lo so se, davvero, lo fa per far vedere a tutti che ti ama. Ma,
stasera ha detto anche a me che ti amava ancora"
Ann
lo guardò. E girando la testa verso il finestrino, disse:
"Andiamo.
Voglio dormire. E domani dobbiamo imparare venti pagine di copione"
Dylan
sospirò. Era arrivato da solo. Ritornava con una donna a casa.
E
forse Jim non sarebbe stato felice.
I
casini non finiscono mai.
Ecco
il nuovo capitolo.
Ringrazio
chiaretta
orangina
Silvy_V
e
Cause i am thatter.
Sono
felice che la storia vi piaccia
e
spero davvero che questo capitolo
sia
altrettanto di vostro gradimento.
Un
bacio a tutte.
Enjoy
it.
|
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Capitolo 10 *** CRISTALLI: Capitolo 10 ***
CAPITOLO
10: Amicizie
Dylan
scese le scale e sorrise guardando Jimmy, il suo compagno, fissare
stupito Ann che dormiva nel divano.
"E
lei chi sarebbe scusa?" chiese indicandola.
Dylan
entrò in cucina e sbadigliando e grattando la testa rispose:
"Ann
Belle Richardosons.."
"La
tua..?" chiese Jimmy seguendolo.
Dylan
annuì e bevve un lunghissimo sorso di caffè e aggiunse,
guardando la ragazza che dormiva sul divano:
"Indovina
con chi s'è andata a infognare sta pazza?"
Jimmy
imitò compagno e dopo aver bevuto un sorso di caffè
fece l'ennesima domanda di quella mattina:
"Un
pazzo che la picchia?"
"No.
Molto peggio! Howard Donald innamorato. E si conoscono da quando
aveva sedici anni" sorrise Dylan.
Jimmy
rimase interdetto un attimo e domandò ancora:
"Howard
Donald? Quel Howard Donald?"
"Si..
Quel dono della natura che, a quanto mi ha detto la 'povera' Ann, è
pure bravo a letto" rispose con aria arresa Dylan, quasi volendo
dire che ci ha il pane non ha mai i denti.
"Vuoi
smetterla almeno di dirmi i particolari! Non ho intenzione di
sbavarmi la mia maglietta preferita" replicò Jimmy
risentito. "Piuttosto. Che ha fatto di tanto male l'ottava
meraviglia del mondo?"
Dylan
rise e disse:
"Beh!
è una storia un po' lunga. Perché non te la fai
raccontare da lei. Tanto se ti dicessi cosa mi è successo ieri
non mi crederesti"
Jimmy
guardò sconcertato il compagno.
Quello
che stava succedendo non era vero. Non poteva essere vero. Il suo
compagno attore lo poteva anche accettare. Come poteva accettare che
portasse la sua compagna sul set a casa loro per chissà quale
motivo. Ma che ci fosse immischiato anche uno come Howard Donald
quello era davvero troppo. Accidenti! Anche lui era un fan dei Take
That quando era un ragazzino.
E
cercando di trovare qualche cosa da dire seguì Dylan, ma
stette in silenzio.
Non
si voleva mischiare troppo in quella pazzia.
"Howard...
Se tu la ami fai qualche cosa per lei, ma non mettere in mezzo me. Tu
non eri in casa. Non hai sentito quello che mi ha detto. Mi ha
ferita. E, da una parte, aveva ragione davvero. L'ho tradita. Te l'ho
servita in un piatto d'oro. E tu hai portato tutta la tua
compagnia..."disse Eloise scappando.
"El!
Io non sapevo. Sono stati loro. Io non ho chiesto nulla" ribatté
Howard.
"Da
come ti spalleggiavano, scusa se te lo dico, ci credo davvero poco"
rispose Eloise voltandosi e guardando Howard negli occhi.
Howard
poté leggere il dolore negli occhi della ragazza.
E
si sentì terribilmente in colpa..
Era
colpa sua se Ann aveva lasciato la casa della sua migliore amica,
litigandoci.
"Ho
sbagliato un'altra volta vero?"chiese grattandosi la testa.
Eloise
lo guardò incrociando le braccia e annuendo.
"Sembra
strano, ma ogni volta che mi avvicino a lei le faccio del male"
continuò Howard.
"Forse
non sei tu l'uomo giusto per lei.." gli fece notare la ragazza.
Howard
si voltò di scatto. Non ci voleva nemmeno pensare a una cosa
simile.
Voleva
solo Ann.
E
la voleva al suo fianco.
"No.
Io so che posso renderla felice ora. Perché posso e voglio
farlo. Perché sono un uomo e non più un ragazzino
viziato. Perché lei è stata mia per così poco
tempo, ma ha reso la mia vita così piena di colori che non
posso credere di averla persa in un solo attimo. Per una stronzata.
Ora tu potrai anche credere che io non sono l'uomo giusto per lei. Ma
non m'importa. Non mi importa di quello che dici tu, di Dylan che sta
con lei. Certo! La sola idea che lui possa averla tutta per sé
mi fa sclerare, lo ammetto... Ma non m'importa. Perché questo
dolore che sto passando in questo momento servirà per
tenermela stretta quando me la riprenderò. E succederà.
Molto prima di quanto tu possa credere..."
Parlò
senza fermarsi un attimo. Lo fece con il cuore che gli pulsava
fortissimo. E gli occhi lucidi. Era la prima volta che ammetteva di
provare tutte queste sensazioni per Ann davanti a qualcuno.
La
prima volta. Ed Eloise sorrideva guardandolo.
"Non
lo devi dire a me. Io lo so che la ami. E che faresti di tutto per
prendertela. Ma non è in questo modo che lo farai. E tanto
meno facendole improvvisate come quella di un paio di sere fa"
Howard
scosse la testa guardandola e disse:
"Non
so come fare.."
"Tu
sai come fare, Howard. Devi solo guardare dentro di te. Capire che
cosa sta succedendo nel suo cuore. E cosa puoi fare per prendertela.
Per farle avere di nuovo fiducia in te. Lo so che è difficile.
Ma sono sicura che puoi farcela" disse Eloise guardandolo.
Howard
aveva gli occhi lucidi. La guardò mentre gli accarezzava una
guancia e aggiungeva:
"Da
questo momento, Howard, le nostre strade si dividono. E' stato un
piacere conoscerti. Spero che tu possa avere quello che vuoi. E che
questo non faccia soffrire la mia amica" e si allontanò
mentre Howard la guardava in silenzio.
Doveva
ragionare. Doveva riprendersi Ann. E doveva farlo da solo.
Dimostrandole di essere un uomo migliore di quello che era stato in
passato.
Passarono
due settimane quando Ann cominciò a sentire il peso
dell'essere ospite in casa di Dylan.
Sapeva
che né Dylan, né Jim, avrebbero mai ammesso di aver
sacrificato non poco la loro intimità per poterla ospitare. E
per questo, Ann, si sentiva terribilmente in colpa.
Pensava
a questo mentre da sola cominciava la pausa pranzo, quando sentì:
"Signorina
Richardsons..."
Si
voltò e vide una ragazza carina, di quelle dall'aria svampita,
che entrano a lavorare in qualche studio di un bravo produttore più
per le proprie doti d'amante, che per qualche altro vero motivo. A
parte la quarta di seno. Rifatto.
"Sì!"
disse cercando di non sembrare troppo sgarbata, anche se avrebbe
preferito che nessuno la disturbasse, specialmente quando cercava di
decidere che cosa doveva fare della sua vita tra una pausa e l'altra.
"Mi
dispiace disturbarla.." cominciò la ragazza con una voce
molto simile a quella di Paris Hilton.- DAVVERO?! E allora perchè
non taci e te ne torni nel tuo ufficio a fare le cose per cui sei
stata pagata? Che di certo non contemplano la mansione rompermi le
scatole!- pensò Ann facendo finta di ascoltarla.
"...so
che è in pausa... Ma ho ricevuto una chiamata per lei..."
continuò la ragazza.
-Mmmm...
Che palle! Ma perché diavolo non mi dice che cosa vuole,
invece di tirarla tanto per le lunghe?-
"...
Robbie Williams..." finì la ragazza gustando l'effetto
sorpresa della sua affermazione.
"Robbie?
Cosa Robbie?" chiese Ann che non aveva seguito una sola frase di
quello che aveva detto la prorompente segretaria.
La
ragazza rimase un attimo delusa. Forse indispettita dal fatto che Ann
fosse abbastanza in confidenza con Robbie Williams da nominarlo solo
con il suo nome di battesimo.
"Ho
detto" riprese a parlare spazientita la ragazza. "...che
Robbie Williams l'attende nello studio del capo. E ha chiesto
esplicitamente di lei..."
Ann
non chiese nemmeno dove fosse l'ufficio in questione -sapendo, dentro
di sé che quella Barbie versione due metri e ottanta, con un
metro e settanta centimetri di gambe, sassanta di busto e il resto di
cotonatura, sapesse più che bene dove fosse e quanto posto ci
fosse magari sotto la scrivania- a passo spedito lasciò il
set, ignorando perfino Dylan che, vedendola passare come una furia,
le chiese cosa fosse successo.
Rob
era lì per lei. Che fosse capitato qualche cosa ad Howard?
Howard
si lasciò cadere nel divanetto della sua casa. Guardò
il quadro con la sua faccia composta da mille tesserine di puzzle. E
pensò che era così che lui si sentiva: a pezzi,
smembrato, con la grande necessita di trovar qualcuno che riunisse
tutti quei pezzi. E quel qualcuno lo conosceva. E aveva un nome
bellissimo. Ann Belle.
Chiuse
gli occhi e sospirò poggiando la testa sullo schienale del
divano.
Cosa
doveva fare per farle capire che era serio, che l'amava davvero, che
non voleva fare le stesse stupidaggini che aveva fatto dieci anni
prima quando l'aveva persa?
Sentiva
una grande sensazione di vuoto opprimergli l'anima. Che ne era del
ragazzo che ogni sera si portava una donna diversa a casa? Non
esisteva più e Howard lo sapeva bene. Non provava nemmeno più
gusto a fare l'amore con donne sconosciute. O meglio. A farci del
sesso.
Nessuna
avrebbe avuto quello che voleva: gli occhi grigio verde di Ann; il
suo sorriso che illuminava il volto; il suo modo di offrirsi ad un
uomo, inconsapevolmente esperto già dieci anni prima,
terribilmente sexy se solo ci pensava, ora che l'esperienza le aveva
regalato qualche cosa di più.
Nessuna
sarebbe stata bella come lei. Non agli occhi di Howard. Che se le
prendessero gli altri. A lui non interessava.
Stava
pensando a questo quando qualcuno bussò alla porta.
Sollevò
la testa e la poggiò di nuovo subito dopo. Non aspettava
nessuno. Sua madre era a Manchester. E aveva pagato tutti i
creditori. Poteva far finta di non aver sentito e aspettare che si
stancassero e andassero via, quei seccatori.
Il
campanello continuava a trillare e Howard era intento ad ignorarlo,
quando da dietro la porta sentì:
"Doug.
Se non apri la porta la sfondo. E per come sono grosso, stai pur
tranquillo che ci riesco con un colpo solo. Non son Jason o il tappo"
Howard
aggrottò la fronte e disse:
"Gary!"
e andò ad aprire la porta.
Dietro
c'era appunto il Barlow, con il suo sorriso sornione che, guardandolo
dall'alto in basso, disse:
"Non
sono mai venuto a letto con te, per far finta di non essere a casa e
non aprirmi la porta" ed entrò senza aspettare che Howard
lo invitasse.
Ed
appunto, guardandolo sedersi sul divano, Howard, disse:
"Gaz?
Che ci fai qui?"
"Volevo
mettermi un elmetto con una sirena sopra, ma visto come sono
ingrassato, ho pensato che forse era meglio evitare, prima che
cercassero di caricarmi un malato sulla schiena scambiandomi per un
ambulanza." rispose Gary con il suo solito tono finto serio,
guardandosi le unghie mentre parlava.
Howard
rise di gusto e Gary lo guardò soddisfatto, aggiungendo:
"Lo
sai che mi mancava sentirti ridere così amico?"
"Ti
sei eccitato, vero Gaz?" sorrise Howard buttandosi addosso a lui
e cercandogli di baciare le labbra.
Gary
cercò di schivarlo gridando. Una scena del genere l'aveva
vista un migliaio di volte. Lui sotto e Mark, Howard, Jason e Robbie
a turno che lo cercavano di baciare e leccare, mentre lui gridava
come un ossesso. Solo che adesso per Gary, vedere Howard ridere, era
un bella soddisfazione, di quelle che solo quando vuoi davvero bene
ad un amico ti puoi togliere.
"Ann
piccola!" disse Robbie guardandola avvicinarsi completamente
spaesata. E abbracciandola disse: "Non sai quanta voglia avevo
di rivederti. Mi sei mancata!”
Ann
non capiva. In realtà non era passato nemmeno un mese da
quando si erano visti al Jewels.
"Signorina
Richardsons, il signor Williams ha insistito per concederle una mezza
giornata di lavoro libera. E io ho accettato. Se non la secca
naturalmente..."
Ann
guardò stupita il capo. Un'epidemia aveva decimato il cast
quella settimana. E quelli della compagnia non stavano messi meglio.
Anche Dylan cominciava a sentirsi male ed erano terribilmente
indietro con le prove. Poi si rese conto che, comunque, Robbie era
una delle più grandi star del momento e che ogni capo, ogni
persona che aveva da pubblicizzare anche un pacco di fazzoletti per
il naso, sarebbe stato lieto di fare qualsiasi cosa per lui, anche
permettergli di uscire con una sua dipendente per mezza giornata,
nonostante fosse coperto di merda fino al collo.
"Sempre
che il signor Grant sia d'accordo" sorrise poi guardando i due.
Ann sospirò infastidita.
Aveva
sempre avuto una grande difficoltà nel controllare il suo
caratteraccio. E anche quella volta, fece del suo meglio per non
gridare in faccia a quell'uomo viscido che si premurava di lei solo
perché Robbie Williams aveva detto di conoscerla.
"Dylan
non è geloso dei miei amici. Stia tranquillo" rispose Ann
che voltandosi verso Robbie a voce bassa aggiunse: "Tu che ci
fai qui?"
Robbie
sorrise e replicò:
"Volevo
rivedere la mia migliore amica. Sai? Parto tra meno di una settimana
e non volevo andarmene senza salutarti"
Ann
scosse la testa e disse:
"Vado
a prendere le mie cose, ci vediamo all'uscita" e salutando con
un cenno della testa il capo, lasciò l'ufficio.
Robbie
tese la mano al direttore e disse:
"Devo
ammettere che è stato davvero un piacere conoscerla. Spero di
rivederla"
"Anche
io signor Williams!" sorrise l'uomo.
Robbie
uscì e il direttore, prendendo il telefono, schiacciò
il tasto rosso e disse:
"Matt.
Sono Carl. Chiama Frank. Ho bisogno del nostro miglior fotografo.
Abbiamo pubblicità gratis per la nuova serie che stiamo
girando"
Robbie
sistemò il tovagliolo e disse:
"Sono
qui perché, davvero parto per L.A tra meno di quattro giorni.
E non volevo andarmene senza salutarti. Sei una delle poche fans di
Robbie Williams che possono ammettere di essergli simpatiche" e
rise per la sua battuta.
"Parli
di te in terza persona. Sai che dovresti farti vedere da un bravo
psicologo?" rispose sarcastica Ann.
"Beh!
Io sono uno dei pochi uomini che possono permettere di parlare in
terza persona di se stessi. Sono sempre il re del pop. Quello da
ottanta milioni di sterline l'anno!" ribatté Robbie
scherzando ma venne bloccato da Ann che chiese:
"Si,
certo! Posso chiamarla sua maestà?"
Robbie
ci pensò un attimo e poi rispose:
"Uhm...
Sua maestà Robbie Williams... Mi piace! Sì, cara. Ti
concedo di chiamarmi Sua Maestà"
I
due risero e Robbie, quasi subito, tornando serio disse:
"Sono
qui anche per Howard"
Ann
guardò Robbie, affatto sorpresa e ricominciando a mangiare
mormorò:
"Lo
immaginavo"
"Ann.
Lo so che te l'ho già detto. Ma so che Dougie non sta bene.
Specialmente da quando ha scoperto che stai assieme a Dylan"
Ann
sospirò voltando lo sguardo oltre la grande vetrata sulla
strada. E piano rispose:
"Rob.
Io non voglio litigare con te. E te lo dico perché, al Jewels,
mi ha dimostrato di essere una persona che ha una grande voglia di
divertirsi, nonostante sia il più grande artista del momento.
E mi hai dimostrato che, nonostante tu abbia talmente tanti soldi,
puoi essere umile e ammettere i tuoi errori. Anche se son o passati
dieci anni. Ora, onestamente, io non so se lo hai fatto per fare un
favore ad Howard. E non so nemmeno se m'interessa saperlo. Sono
davvero felice che tu sia qui. E che in precedenza mi abbia mostrato,
di te, i lati migliori e non solo quelli peggiori... Ma ti chiedo una
cosa. Lascia Howard fuori da questo pranzo. Io ho un ragazzo
meraviglioso. E non intendo lasciarlo per uno che non fa altro che
fare le scelte sbagliate con me"
Robbie
sorrise e disse:
"L'ultima
cosa e poi, prometto, Howard non sarà più un argomento
di conversazione... Ti ringrazio per tutti i bei complimenti. E spero
di vederti in futuro, dato che adoro questo caratteraccio che hai.
Magari, se non va bene con Howard, mi metto io con te e ti faccio
cambiare idea su Dylan..." e rise di gusto guardando
l'espressione divertita e stupita della ragazza, per poi aggiungere
serio: "Volgio solo che tu sappia una cosa. Non ho mai visto, da
quando lo conosco, Howard, ridotto così per una donna. Non
posso dirti come stava dieci anni fa. Ero troppo tutto, come ti ho
già detto. E non solo, dato che ho lasciato la band non meno
di un paio di settimane dopo... Ma so che ti ama. E che se fa delle
stronzate, lo fa per questo motivo. E forse dovresti pensarci un po'.
Te lo dico perché penso che, se vi siete incontrati di nuovo,
qualcuno o qualche cosa vi vuole dare una seconda opportunità.
Pensaci. Pensaci davvero" e sorridendo disse: "Bene!
Cominciamo a mangiare. Il mio regale pancino brontola. E data l'ora
posso capire il perché" e ridendo cominciò a
mangiare mentre Ann, guardandolo, pensava che dieci anni prima non
avrebbe mai immaginato che avrebbe potuto parlare con Robbie Williams
come se fosse un suo carissimo amico.
Jim
la guardò rientrare. E sorridendo disse:
"Ehi,
principessa! Allora? Com'è andata con quella belva umana?"
"Parli
di Robbie?" chiese Ann mettendosi a sedere vicino a lui.
Jim
annuì con aria sognante.
Ann
cercò di sorridere e sospirando, cominciò a piangere.
Contro
ogni pronostico di Dylan i due erano diventati ottimi amici e Jim
amava aiutare Ann a risolvere la situazione che si era creata con
Howard.
"Non
so che fare. Non so se credere a quello che mi dicono. Oppure
lasciare le cose come stanno" sospirò lei tra le lacrime.
Jim
le baciò i capelli e disse:
"Tu
ami Howard, per quanto tu dica il contrario, e non hai mai smesso di
farlo. E per quello che è quell'uomo, madonna santa, hai
davvero ragione..." e sorrise con lei. Poi prendendole il viso
tra le mani aggiunse: "...devi sistemare questa cosa. Oppure ti
cadrà addosso e sarà lui a non fidarsi più di
te. Fallo ora! Digli tutto. Per me è sincero e merita una
seconda opportunità"
Ann
sorrise e guardandosi intorno disse:
"Ma
dov'è il tuo ragazzo?"
Jim
rise e disse:
"E'
stato contaminato anche lui. Ora è a letto con trentanove di
febbre.."
Ann
scosse la testa e disse:
"Devo
andare in una camera iperbarica, oppure chiuderanno il set per
assenza di attori"
Jim
la strinse e rise.
Tra
di loro si era creata davvero una bellissima amicizia.
Oddio!
Siete davvero tanti.
Grazie
a
chiaretta78,
cause
i m thatter,
orangina92,
Silvy_V,
Dafne_18.
Grazie,
grazie, grazie.
Piccolo
capitolo di passaggio.
E
forse nemmeno troppo.
Decidete
voi. E
fatemi
sapere che cosa
ne
pensate.
È
davvero importante per me.
Un
bacio a tutti, recensori e lettori silenti.
Un
bacio a tutte.
E
buona lettura.
|
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Capitolo 11 *** CRISTALLI: Capitolo 11 ***
CAPITOLO
11: Fotografie.
Mark
mangiava tranquillo il suo cornetto in un Caffè Nero di
Chelsea, leggendo tranquillo il Sun che aveva trovato sul tavolo.
-
Mi vedesse Gary mi darebbe del morto di fame... - pensò
sorridendo Mark -...non solo faccio colazione da Caffè Nero,
ma mi metto anche a leggere il giornale trovati sui tavoli, invece di
comprarlo. Ma potrei comunque dirgli che lui per risparmiare in
benzina va in giro con la metropolitana... Ed è quello che ne
ha meno bisogno di tutti noi con tutti i diritti che gli sono
fruttati per ogni canzone scritta con i Take That e no!-
Rise
prendendo la grande mug di tè che aveva ordinato, quando,
girando, vide qualcosa che gli fece andare di traverso il sorso
appena bevuto.
Incredulo
guardò bene e vide Ann e Robbie, al tavolo di un ristorante
poco lontano che ridevano mentre parlavano. E da come erano state
messe le foto, sembrava che ci fosse davvero del tenero tra di loro.
Veloce
prese il cellulare dal cappotto e compose veloce un numero.
"Gaz...
Sono Mark! Ho il Sun tra le mani"
"Lo
so che ti fa male leggere di prima mattina. Ma io avrei preferito
dormire un'altra oretta, invece di sentirti lamentare" rispose
Gary.
"Hanno
fotografato Ann e Rob mentre stavano al ristorante assieme"
disse tutto di un fiato Mark.
Gary
sospirò e replicò:
"Il
giorno che mi darai una buona notizia, Mark, ti prometto che accendo
un cero a Westminster.. Uno bello grande" e serio disse: "Chiamo
Jaze... Dougie deve andare da lui... E spero tanto che Jaze man non
ne abbia fatto una delle sue, tipo prendere il giornale e farlo
leggere ad Howard... Tu rintraccia Robbie e digli che anche se siamo
ritornati amici non vuol dire che non possa prenderlo a calci in
culo” e passandosi una mano sugli occhi sbadigliando concluse:
“Basta! Sciolgo la band! Mi date solo problemi" scherzò
infine.
"Ok!
Io chiamo Rob. Ma tu chiama Jason e digli di tenere Howard lontano da
tutte le edicole di Londra..." replicò Mark.
"Sarà
fatto tappo" rispose Gary.
Mark
chiuse la chiamata e cercò il numero di Robbie.
Schiacciò
il tasto verde e aspettò che l'amico rispondesse.
"Ehi!
So che è tardissimo da te, ma il jet leg non ti aiuterà
a cavartela stavolta! Mettiti al computer e guarda il sito del Sun.
Ho da chiederti qualche spiegazione!"
"GARY
HO CAPITO!" esclamò Jason alla terza raccomandazione di
Gary.
"Il
verbo ho capito in una frase recitata da te non mi convince affatto..
J ricordati: non farlo avvicinare ad un edicola. Non fargli vedere
telegiornali e specialmente le parti dove si parla di gossip o
affini... Dobbiamo capire, prima, che cosa ha fatto Robbie con Ann
Belle..." disse Gary.
"Robbie
potrebbe anche imparare a tenerselo nelle mutande.." ribatté
Jason.
"Su
quello ti do piena ragione Jaze. Devo constatare che, ogni tanto, sai
usare il cervello. Menomale!" scherzò Gary.
"Vai
a cagare Gaz" rise Jason.
Gary
rise e sua volta per poi, tornando serio, dire:
"Mi
raccomando J. È davvero importante che Howard non sappia
niente. Almeno finché Mark non mi dirà che cosa ha da
dire Rob in sua discolpa"
Jason
annuì e rispose:
"Tranquillo
Gaz. Siete in una botte di ferro"
"Ecco!
Tranquillo, ora, non posso essere" scherzò di nuovo Gary.
Jason
proferì un epiteto non proprio ripetibile e chiuse il
telefono. Poco dopo suonò il campanello di casa e jason
aprendo la porta si trovò davanti ad Howard. Sorrise e disse:
"Caro
Howard non ho ancora fatto colazione. Che ne dici se mi porti in
qualche sciccoso bar e mi inviti la colazione..."
"Giuro
Mark. Io le stavo parlando di Howard" si discolpò Robbie.
"Sai che quei porci riescono a far credere cose che non sono
solo scattando qualche foto in più"
"Il
problema non è quello Rob! È che lei non solo sta con
un altro, ma Howard è tuo amico. E ti giuro che non me le
farei spezzare le ossa da uno come lui" rispose dall'altro capo
Mark.
"Se
vuoi lo chiamo e..." stava per dire Robbie quando Mark lo bloccò
spaventato:
"Tu
non chiami nessuno! Hai già fatto abbastanza danni. Devo forse
ricordarti che Howard può sempre prendere un aereo e venire a
L.A. a spaccarti le ossa o romperti il parabrezza di una delle tue
bellissime macchine?"
Robbie
sbuffò infastidito e disse:
"Fanculo
al Sun. Son sedici anni che ce l'ho tra i piedi.."
"Ah!
Ti hanno rotto le palle dal 1990, a te? Pensare che io me li ho
trovati tra i piedi nel 1993..." scherzò Mark.
"Io
sono Robbie Williams. Naturale che il mondo si sia sempre interessato
a ciò che facevo!" esclamò Robbie con finto
compiacimento. Cosa che non scappò a Mark che ridendo, disse:
"Beh!
Coverboy... Non chiamare The Body. Ci pensano il grande capo Barlow e
l'intellettuale Orange a parlare con lui... Magari nel frattempo,
consiglio loro di tagliargli i capelli, magari così, Howard,
perde le forze..."
"Markie,
te la posso dire una cosa?" domandò Robbie.
"Si!"
sorrise Mark.
"In
quasi vent'anni che ti conosco sei sempre il solito coglione!"
rispose Robbie.
Mark
rise e disse:
"Ti
amo anche io... Ci sentiamo quando tutto si sistema"
"Ci
conto!" rispose Robbie e chiuse il telefono.
Dylan,
seduto nel letto, con mille clinex usati attorno, guardava
interessato il Sun.
E,
mentre beveva il suo tè, come poco prima Mark da Caffè
Nero, si strozzò con il sorso appena ingollato.
Jim
entrò spaventato e guardandolo gli chiese:
"Amore.
Tutto apposto?"
Dylan
tossì forte e, coprendo la bocca con un fazzoletto, porse il
giornale al compagno e disse:
"Guarda!"
Jim
prese il rotocalco tra le mani e sbarrò gli occhi.
"Questa
è la nostra Ann?" chiese indicandola.
Dylan
annuì e rispose:
"Credi
che dobbiamo dirglielo?"
"Oddio!
Non so se sia meglio lasciarla allo scuro di tutto. Oppure..."
ragionò Jim guardando malizioso Dylan.
"Far
si che Howard cerchi Ann e mi renda cornuto?"scherzò
Dylan.
Jim
stava per rispondere quando Ann entrò e disse:
"Chi
ti rende cornuto?"
Jim
la guardò, guardò Dylan e porgendo il giornale rispose:
"Devo
dire che mi hai deluso Richardsons! Prima mi rubi il ragazzo, poi vai
a letto con Robbie Williams..."
Ann
aggrottò la fronte e, prendendo il giornale, lo guardò
con interesse. Per poi, arrabbiandosi, indicando il giornale, disse:
"Chi
diavolo...?"
"È
la stessa cosa che ho pensato io quando mi stavo strozzando con il
mio tè" rispose Dylan.
"Ammettilo!
Hai deciso di farla pagare ad Howard facendo quello che non hai
voluto fare a sedici anni: andare a letto con Robbie Williams"
ribatté Jim.
Ann
lo guardò accigliata per qualche secondo, poi, sorridendo
chiese:
"Non
crederete mica...?"
I
due amici scossero la testa in segno di diniego e Dylan rispose:
"Lo
sappiamo tutti, lo sanno anche i sassi che sei innamorata di Howard
Donald"
"Non
andresti mai a letto con un uomo che non ami” finì Jim.
Ann
sospirò e guardò di nuovo il giornale. E seria, pensò
a voce alta:
"Ma
chi ha scattato queste foto? Qualcuno deve averlo detto al paparazzo.
Ma chi?"
"Qualcuno
che voleva farti del male o..." disse Dylan, guardando Jim che
chiese:
"Qualcuno
che voleva far qualche soldo da questa storia?"
Ann
diede il giornale a Jim e disse:
"Non
so chi lo abbia fatto. Ma di una cosa sono certa. Qualcuno ha fatto
la soffiata. E ieri, a lavoro, almeno cinque persone lo sapevano.
Quindi non posso incolpare nessuno senza avere delle prove in mano,
certe" e portando indietro i capelli con una mano, disse: "Vado
a farmi un giro"
I
due ragazzi la salutarono. E Dylan, guardando il suo compagno, serio
domandò:
"L'ha
presa male secondo te?"
"Beh!"
rispose Jim. "A parte che non è bello svegliarsi la
mattina e trovarsi immortalati in un giornale. Poi metti che Robbie e
Howard sono amici -e sono tornati amici dopo anni che non lo erano-
se mai dovessero litigare credo che Ann si sentirebbe davvero in
colpa. E vuoi che il Donald rimanga indifferente a tutto questo
casino che si è creato?"
Dylan
pensò e replicò:
"Bene!
Sarà la volta buona che passerò per quello cornuto"
Jim
rise e disse:
"E
il bello è che non lo sei" e si alzò lasciando da
solo Dylan a guardare sconsolato il giornale.
Doveva
parlare con Ann e chiarire una volta per tutte quella spinosa
situazione.
"Sai
che quando esco a far colazione con te non riesco a mangiare qualche
cosa che mi sazi completamente?"disse Howard tenendo la pancia.
"Solo
perché mangi cose sane. E non le solite porcherie"rispose
Jason spegnendo la sua sigaretta.
"Entro
in quell'off license, prendo un pacco di patatine" disse Howard.
Jason
sorrise e rispose al cellulare che in quel momento cominciò a
squillare.
Howard
entrò nel piccolo negozio e si guardò intorno. Si
guardò intorno con aria interessata e soppesando se prendere
un Milky Way o delle Walkers, optò per tutte e due,
fregandosene della dieta e delle raccomandazioni del padre che quando
era piccolo gli diceva sempre di non mischiare il dolce con il
salato. Fu proprio mentre stava facendo incetta di patatine, barrette
di cioccolato, merendine, biscottini e affini che vide il Sun. Ci
mise qualche secondo per capire quello che c'era scritto. Poi non
poté rimanere colpito dal titolo scritto in calce sulla prima
pagina.
[ANN
BELLE RICHARDSONS E ROBBIE WILLIAMS IN TENERI ATTEGGIAMENTI:
REPORTAGE A PAGINA 7,8,9,10]
Scioccato
portò alla cassa tutte le cose che aveva deciso di comprare e
prese il giornale. E mentre il commesso faceva il conto, aprì
le pagine indicate. E vide le stesse foto che avevano visto anche
Mark, Dylan, Jim ed Ann.
E
sentì il cuore esplodere. E la testa assieme.
Doveva
andare da Ann. Parlarle. Non gli importava quello che era successo,
se le aveva promesso di rimanere amici. Voleva capire perché
Robbie sì e lui no.
"Sono
10 pounds e 17 centesimi" disse il commesso con l'accento
indiano.
Howard
guardò il commesso come se fosse un alieno e la sua voce
provenisse da un'altra galassia. In realtà, si rese conto che
era solo lui che si sentiva così.
Prese
i soldi e pagò, lasciando il resto. Uscì e disse:
"Tu
non ne sapevi nulla, vero?" e indicò il giornale.
Jason
sbiancò ed esclamò:
"Cazzo!"
"Lo
sapevi!” sbottò Howard. “Jay man, lo sapevi e non
mi hai detto nulla! E presumo che lo sapessero anche Mark e Gary,
vero? Ve lo ha detto Robbie che aveva deciso di provarci con la donna
di cui sono innamorato?" chiese Howard arrabbiandosi.
"Rob
non ti farebbe mai una cosa del genere" rispose Jason.
"Oh!
Ma lo ha fatto.." disse Howard che allontanandosi, corse verso
la macchina.
"Dougie
dove vai?" chiese Jason seguendolo.
Howard
aprì la portiera ed entrando nell'abitacolo, sbattendo lo
sportello, ringhiò:
"Dall'unica
dei due che mi può dare una spiegazione!"
E
mettendo in moto lasciò Jason in mezzo alla strada con le mani
nei capelli.
Era
successo un casino.
Ann
sospirò sistemando la borsa. Stava infilando gli occhiali
quando vide l'ombra di qualcuno pararsi davanti a lei:
"Devo
parlarti"
Sollevò
la testa e vide Howard. Aveva il viso trasfigurato dalla rabbia.
Faceva quasi paura. Era spaventata. Sentiva il cuore battere a tonfi
sordi contro la gabbia toracica e le mani tremare.
"Non
devo dirti nulla!" disse lei prendendo coraggio e cercando di
nascondere le sue sensazioni.
Si
stava allontanando, quando Howard la bloccò dicendo:
"Se
non ti fossi fatta Robbie Williams forse non avresti dovuto dirmi
nulla. Ma lo hai fatto! Quindi, io e te dobbiamo parlare” e
prendendo per la mano disse: “Ora ti chiedo di seguirmi, se non
vuoi che ti trascini dentro la macchina. E alla luce degli ultimi
fatti non credo che sarebbe una buona mossa per la tua immagine farti
vedere in giro con un altro Take That!"
"Io
non vengo proprio da nessuna parte, non so se mi hai capita!"
sibilò Ann ritirando la mano.
Howard
sorrise sarcastico e prendendola per un polso, la trascinò
nella macchina:
“Io
ti avevo avvisato!”
"Lasciami.
O vuoi che mi metta a gridare?" lo minacciò Ann.
"Non
sapevo che adesso ti divertissi così, Richardsons! Immagino
che anche il mio amico Rob ti abbia trattata così, vero?"
replicò Howard sconvolto dalla rabbia.
"Io
con Robbie ci sono solo andata a pranzo assieme" si giustificò
Ann cercando di liberarsi dalla presa.
Howard
non l'ascoltò. La fece entrare in auto e poi, entrando
dall'altra parte, poggiando le mani sul volante disse:
"Non
lo sopporto! Tu non lo sai che cosa significhi per me vederti con
lui, un mio amico, tra l'altro quello per cui è finito tutto,
su di un giornale"
"Ti
ho detto che io non ci ho fatto nulla. E dovresti saperlo che nei
giornali fanno di tutto per far sembrare cose che non sono vere"
replicò Ann a denti stretti.
Howard
la guardò e mettendo in moto. Non disse nulla.
Ann,
nervosa, guardava la macchina macinare strada sotto di sé.
Camminarono
parecchio prima che Ann tenendosi alla portiera, domandasse:
"Dove
mi stai portando?"
Howard
si guardò intorno e senza rispondere svoltò.
Erano
a Chelsea, Ann lo sapeva.
Case
e palazzi, il Tamigi e i suoi ponti. La parte ricca di Londra,
deserta e tranquilla. E in quel momento inquietante. Che cosa aveva
in mente, Howard?
"Howard
ti prego, ferma la macchina" lo implorò terrorizzata Ann.
Non
lo aveva mai visto così fuori di sé e questo la faceva
sentire piccola e indifesa, in balia di una persona. E provare tutte
quelle emozioni rinchiusi nel piccolo abitacolo di una macchina
sportiva la faceva stare male.
La
macchina si fermò. La strada era deserta e i lampioni
illuminavano appena la la strada alberata.
Fu
allora che Howard, guardando Ann, si avvicinò a lei e
prendendole il viso tra le mani la baciò con passione,
graffiando con la sua barba il viso di lei.
Inutilmente
cercò di divincolarsi, cercando di tenere ancora in piedi la
scenetta della storia tra lei e Dylan, ma dovette arrendersi subito.
Si rese conto, con suo immenso dispiacere che nemmeno la barba di
Howard riusciva a darle fastidio. Anzi! Quel dolce solletico le
faceva perdere la connessione del tempo e desiderava che la lingua
del ragazzo penetrasse di più nella sua bocca e che il suo
corpo continuasse a premere contro quello di lei.
"Ti
voglio Ann." mormorò rauco Howard, mordicchiandole il
labbro inferiore e baciandola di nuovo.
Ann
si perse. La testa cominciò a girare. Ogni cellula del suo
corpo era immersa nella passione di quel bacio, nel fuoco di quella
voce e di quelle carezze.
Strinse
Howard e lo baciò con più forza.
Fu
allora che capirono di essere arrivati a quel punto in cui è
impossibile tornare indietro.
Non
seppero mai come fecero, senza staccarsi un attimo, ad arrivare alla
porta della casa di Howard, aprirla e arrivare alla camera da letto.
Seppero solo che, una volta lì, i vestiti volarono via e lei,
nuda, trovò Howard sopra di lei, che le baciava il collo, la
accarezzava.
Sovrastò
il corpo del ragazzo e cominciò a baciargli il petto,
giocherellando con la lingua con il piercing che lui aveva ancora al
capezzolo. Lo aveva già fatto e sapeva che Howard lo adorava.
Fu
come riscoprirsi e rendersi conto, finalmente, che ora la loro era
una lotta alla pari. Due persone adulte, con un'esperienza simile,
con la stessa voglia di possedersi.
E
quando anche le ultime barriere furono abbattute, Ann si lasciò
andare. E fece l'amore con quell'uomo, che le aveva insegnato cosa
volesse dire amare completamente qualcuno.
E
anche se sapeva che sarebbe stata un'esperienza unica, voleva
viverla.
Il
domani poteva aspettare. Ora voleva solo mordere, baciare, graffiare
la pelle di Howard.
La
stanza era buia.
Ann
lentamente scostò le coperte e scese dal letto, raccogliendo
le sue cose.
Con
i ricci scombinati, a pancia su, Howard dormiva beato.
Si
vestì, con la morte nel cuore. Era stato bellissimo, ma lei
aveva ancora troppa paura. Paura di soffrire perché quella
cosa troppo bella poteva di nuovo farla cadere nel terribile mondo in
cui aveva abitato undici anni prima. E senza nemmeno salutarlo,
lasciò Howard da solo, grata per quella bellissima notte
passata assieme.
Una
notte di cui avrebbe conservato per sempre un bellissimo ricordo.
Ed
eccoci qua!!!
finalmente
sono riuscita a pubblicare
un
altro capitolo.
Allora!!!
ringrazio tutti
in
particolar modo
chiaretta78
(ti adoro che non manchi mai)
dafne_18
(spero di non averti delusa)
Silvy_V
(adesso non odiare Rob che non c'entra nulla ^__^)
Cause
I m thatter (ora voglio proprio leggere quello che pensi eheheheh ^^)
e
Orangina92 (sono felice che anche tu abbia recensito)
e
naturalmente tutti quelli che
leggono
e aggiungono la storia tra i preferiti,
ricordati,
seguiti
o chi legge
senza
commentare.
Spero
di non avervi deluse.
Un
bacio e alla prossima.
Fatemi
sapere che ne pensate.
Niniel82.
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Capitolo 12 *** CRISTALLI- Fine Prima Parte ***
CAPITOLO
12: I WISH YOU A MERRY X-MAS AND A HAPPY NEW YEAR.
Howard
sospirò e allungò la mano.
Il
profumo di Ann, fruttato e buono, lo mandava ancora su di giri e gli
faceva provare le stesse identiche emozioni che aveva provato quella
notte.
Se
teneva gli occhi chiusi vedeva il viso di lei, sotto di lui,
sconvolto dalla passione e sentiva la sua voce rotta dal piacere.
Era
soddisfatto. A differenza di dieci anni prima non l'aveva guidata,
lei sapeva cosa fare. E questo gliela faceva desiderare ancora.
Sotto
la mano allungata, sentì le lenzuola. In un solo attimo una
forte fitta allo stomaco lo fece tornare con i piedi per terra.
Si
sollevò e incerto chiamò:
"Ann?
Ann sei in bagno?"
Nessuna
risposta.
Allungando
la mano afferrò i boxer e indossandoli si sollevò dal
letto. Con il cuore che martellava nel petto e nelle orecchie, si
avvicinò al bagno. Niente.
Lento
andò in cucina. Ancora niente.
Guardò
in salotto e lesse un biglietto:
"Mi
spiace essermene andata senza salutarti. Ma sentivo che era meglio
così. Sarebbe stato troppo complicato salutarti e spiegarti
quello che ti sto scrivendo in questo foglio. Stanotte ho fatto
l'amore con te. Dopo dieci anni ho sentito di nuovo le stesse
sensazioni, forse più coscienti di quelle di una ragazzina.
Nonostante questo so che mi hanno sconvolta come allora. Ma, quando
ho aperto gli occhi, ho capito una cosa. Io amo Dylan. E voglio stare
con lui. Anche se quello che c'è stato tra di noi mi ha
segnato la vita, io non posso buttare al vento quello che mi lega a
quest'uomo meraviglioso... Ti prego di perdonarmi, Howard. E ti prego
di non cercarmi... Sono convinta di quello che ho fatto. E ti chiedo
scusa se ti ho ferito... Buona fortuna. Tua... Ann."
Howard
chiuse gli occhi e portò il biglietto alle labbra. E
sospirando disse:
"Maledizione!”
Guardò
il biglietto in silenzio per quella che sembrò un eternità.
Sentì gli occhi bruciare pericolosamente. Non poteva essere
vero. Quel biglietto non rispecchiava per nulla la donna che aveva
stretto la notte prima. Quel biglietto non aveva a che fare con la
Ann che conosceva.
Era
scappata senza affrontarlo e non era da lei. C'era qualcosa sotto e
lui lo sapeva.
Ecco
perché non avrebbe ascoltato nessuna di quelle richieste. Non
gli importava di Dylan. Non gli importava se lei diceva di amarlo.
Lui
voleva Ann Belle Richardsons e se l'avrebbe ripresa. Non si sarebbe
bloccato davanti a niente.
Si
sollevò e accartocciò il foglio. Per un attimo, preso
dal dolore, aveva pensato che quella sarebbe stata l'ultima cosa che
lo avrebbe legato ad Ann e che l'avrebbe custodita come un gioiello
prezioso. Non lo avrebbe fatto. Avrebbe lottato, come si era
ripromesso, per riaverla. E avrebbe avuto accanto Ann. Stavolta senza
nessun impiccio che la potesse portare via.
Ed
alzandosi dal divano, cestinò il biglietto ed entrando in
bagno cominciò a fischiettare una canzone di Natale e si lavò.
L'avrebbe
trovata. Anche a costo di cercarla dall'altra parte del mondo.
Jim
mise apposto un ninnolo da appendere all'albero di Natale. Aveva
deciso di portare con sé Ann, dopo che l'aveva vista arrivare
alle prime ore del mattino con il viso inondato di lacrime.
"Allora?
Vuoi dirmi che cosa è successo?" chiese prendendo un
carillon.
Ann
sospirò sistemando i riccioli d'angelo e disse:
"Ho
fatto una stupidaggine... Una stupidaggine con i fiocchi..."
"E
che cosa hai fatto di grazia?" si voltò Jim.
"Ho
fatto sesso con Howard, stanotte" ribatté Ann.
Jim
la fissò stupito per un attimo e poi disse:
"Beh!
Non capita tutti i giorni di finire fotografata in un giornale con
Robbie Williams e, poco dopo, andare a letto con Howard Donald"
e guardandola serio negli occhi disse: "Posso odiarti, vero che
posso?"
Ann
rise e disse:
"Non
puoi dato che ieri ho detto a quelli della produzione che parto prima
per Manchester per problemi personali. Quindi domani ti lascio la
casa tutta per te e per il tuo amore"
Jim
la guardò serio e replicò:
"Non
è scappando che fai la cosa giusta.."
"Posso
posticipare il problema" rispose Ann. " E in questo momento
è l'unica cosa che voglio"
"Dovrai
dirgli un giorno che Dylan non è il tuo ragazzo. Lo sai che
lui non vuole portare avanti questa storia. E che se non lo dirai tu
ad Howard, glielo dirà lui" le fece notare Jimmy che
continuava a guardarla senza degnare di un solo sguardo gli addobbi
di Natale
Ann
cominciò a sentire il peso di quello sguardo addosso e si
senti ancora più in colpa. Quella storia non aveva senso e lei
ci stava portando in mezzo anche il suo migliore amico e il suo
compagno, per uno stupido capriccio e uno sciocco dispetto. Sospirò,
prendendo una confezione di palline rosse abbellite da dei bellissimi
Swarovski e fingendole di guardare, persa in realtà nei suoi
pensieri, disse:
"Credo
che dirglielo ora sarebbe stupido. Specialmente dopo quello che è
successo. No! Se lo devo fare lo faccio dopo che torno da Manchester.
Ho deciso di tenermi lontana da lui e da Londra per pensare e capire
cosa voglio. E farò così!"
"Ammettilo!
Hai paura di trovartelo di nuovo davanti" esclamò Jim
aggiungendo poi: "Io lo trovo così romantico. L'idolo
delle donne, quello che tutte e tutti vorrebbero, che ti cerca come
un pazzo perché non può dimenticarti ed ha ancora sete
del tuo corpo, dei tuoi baci..."
Ann
guardò la faccia sconcertata dell'amico che fissava un punto
imprecisato mentre la prendeva in giro. E dandogli una spinta con il
fianco disse:
"Idiota
che sei! Lo sai che una cerca conforto negli amici, non che si
mettano a sbavare sulla causa dei suoi problemi!"
Jimmy
la guardò e replicò:
"La
mia comprensione l'avresti per ogni singolo essere umano che si è
comportato male con te! Ma non se ti sei portata a letto Howard
Donald piangendoti addosso per tutta la giornata come se avessi
commesso l'errore più grande del mondo. Questo si chiama
sputare nel piatto dove si mangia,
tesoro" e si allontanò facendo ridere Ann.
A
Natale avrebbe sentito la mancanza di quell'inaspettata amicizia.
Howard
tolse gli occhiali e, con una piccola corsa, si avvicinò a
Dylan.
Aveva
aspettato per ore davanti a quello studio chiedendosi se proprio quel
giorno la sfortuna volesse che quel bamboccio non fosse a lavoro.
Appena
lo vide un moto di rabbia lo percorse da capo a piedi e con una
piccola corsa lo raggiunse e lo bloccò, cercando di non
rispondere al terribile impulso di spaccargli la faccia.
Lo
bloccò e parandosi davanti a lui, serio disse:
"Sono
qui per lei"
Dylan
lo guardò e scuotendo la testa rispose:
"E
il tuo comportamento da uomo delle caverne, dovrebbe intimorirmi?
Caro Howard Donald... Non mi fai paura se è questo che volevi
fare" e cercò di allontanarsi.
Howard
lo bloccò e avvicinandosi all'orecchio dell'uomo, disse:
"Stanotte
è stata mia. Più di una volta. Ed è stato
bellissimo. Stringerla, vederla morire sotto di me... Stringerla e
stringermi a lei... Tu non l'avrai mai così. Lei mi ama.
Lasciala andare" e guardò la faccia sorpresa di Dylan,
contento del risultato della sua rivelazione.
In
realtà, Dylan, era stupito dal fatto che Ann non solo non gli
aveva detto della notte che aveva passato con Howard, ma gli aveva
taciuto il vero motivo per cui non era andata a lavoro e che solo ora
gli si presentava nitido: non voleva incontrare Howard che,
sicuramente, sarebbe andato a cercarla lì.
Sospirò,
cercando di trattenersi dal dare un pugno ad Howard per l'aria di
superiorità che gli mostrava in quel momento, più che
per il fatto che aveva fatto sesso con l'amica e per la frustrazione
di non aver saputo nulla da Ann.
E
guardandolo rispose:
"Tu
l'hai usata di nuovo. Non sai nemmeno che cosa vuole veramente"
"Me.
Lei vuole me!" ribatté Howard abbandonando l'aria sicura.
"No."
sorrise arreso Dylan. "Lei non vuole te. Lei vuole solo capire
che cosa vuole dagli uomini, che cosa vuole dalla vita. E non è
venendo a letto con te che lo capirà"
Si
stava allontanando quando Howard disse:
"Ma
lei è stata con me stanotte. E non solo non ti ha detto nulla
ma, a quanto vedo, non è venuta nemmeno a lavoro. Possibile
che tu sia così cieco?"
Dylan
si voltò e con le mani nelle tasche del cappotto, rispose:,
"Lei
non mi ha detto questo perché non vuole rovinare la nostra
relazione per una stupida scopata"
"Lei
mi ama" puntualizzò Howard.
"Può
amarti, ma è tornata da me. Ci sentiamo..." e si
allontanò a passo lento.
Howard
non lo fermò. doveva ammettere che aveva avuto ragione.
Lei
era andata via.
E
lui era rimasto solo.
"NON
MI HAI DETTO DI ESSERE ANDATA A LETTO CON HOWARD E ME LO SONO TROVATO
A LAVORO CHE MI AVREBBE VOLENTIERI MANGIATO VISTO COME MI GUARDAVA!"
gridò Dylan.
"E
ti lamenti?" cercò di scherzare Jim.
Ann,
invece, sul piede di guerra disse:
"Non
te l'ho detto perché ero sconvolta. Mi sentivo in colpa. Mi
sentivo in colpa perché.."
"PERCHÈ?"
chiese Dylan quasi senza voce.
Ann
lo guardò e scoppiando a piangere disse:
"Perchè
sono stata bene. E vorrei che succedesse anche stasera. Ecco perché.
Ma ho una paura fottuta e non riesco nemmeno a guardarmi allo
specchio senza sentire dentro di me una vocina che mi grida quanto
stupida sono stata a calpestare tutti questi anni senza battere
ciglio. Ecco perché non te l'ho detto. Perché non sto
bene e l'unica cosa che voglio è scappare via"e senza
aspettare replica corse in bagno e chiuse la porta sbattendola.
Jim
guardò Dylan a bocca aperta e ribatté:
"Sei
contento? Ti sei sfogato?"
"Tu
non vuoi capire, cerchi solo di difenderla" rispose Dylan.
"Io
l'ho vista stamattina, spaventata come una bambina" disse Jim ma
Dylan lo bloccò dicendo:
"Lei
non è una bambina. Quindi non giocare a farle da padre"
Jim
sorrise e scosse la testa dicendo:
"Un
tempo ero io quello impulsivo. Lo so che ti fa male che abbia tradito
la tua fiducia, ma non è gridandole contro che sistemerai le
cose tra di voi" e guardando la porta chiusa disse: "Vai da
lei"
Dylan
si avvicinò alla porta. Dietro Ann piangeva come una matta.
Senza nemmeno bussare entrò.
La
trovò seduta al bordo della vasca, che tamponava gli occhi con
la carta igienica. Sorrise e disse:
“La
carta igienica non è il massimo quando uno piange...” e
mettendosi a sedere vicino a lei, aggiunse: "Hai ragione. Vai a
Manchester. Stai dai tuoi, pensa a cosa vuoi fare. Londra questo
Natale ti ucciderebbe. E quando torni promettimi che metterai fine a
questo teatrino e sai perché?"
Ann
scosse la testa e Dylan continuò:
"Perché
non ce la faccio. Non ce la faccio ad andare contro ad Howard Donald.
Primo perché mi può spaccare la faccia... Secondo
perché è troppo bello. E io non posso resistere per
troppo tempo"
Ann
rise e abbracciò Dylan. Non disse nulla. Pianse ancora e a
lungo. Si sentiva in colpa per tanti motivi ma aver tradito la
fiducia di Dylan la faceva stare davvero male. Sapere quindi che le
cose erano tornate a posto la rendeva felice.
Howard
guardò la casa. Avere delle amicizie in alto significava
tanto, specialmente se cercavi qualcuno. E diciamo che quel qualcuno,
in cambio di futuri favori, avrebbe volentieri tolto qualche
scheletro dall'armadio di quell'attoruncolo.
Scese
dalla macchina e sospirò.
Aprì
il cancello, guardò dentro la finestra per vedere qualcuno, ma
non riuscendoci, bussò vigorosamente.
Si
aspettava di vedere Dylan, ma aprì la porta un altro uomo, con
la testa rasata e degli occhi azzurri molto chiari.
"Stavo
cercando Dylan" disse imbarazzato Howard.
Jim
sorrise e disse:
"No.
Passa il Natale fuori con la sua ragazza"
Howard
accusò il colpo come la mattina che non trovò Ann nel
letto assieme a lui.
"Ah!"
disse piano. "E sai dove sono andati?"
Jim
mise le mani in tasca e scosse la testa dicendo:
"So
che non sono fatti miei. Ma hanno litigato di brutto per un uomo.
Sono felici. Se ha delle intenzioni non proprio serie... Li lasci in
pace..."
Howard
guardò la casa e serio disse:
"Appunto.
Non sono fatti suoi. E per quanto riguarda le mie intenzioni. Può
dire ad Ann Belle che sono serie e che non ho mai mollato quando ho
creduto in qualche cosa" e senza aggiungere altro salutò
con una mano e andò via.
Jim
sorrise e disse a voce bassissima:
"Era
quello che volevo sentirti dire" e senza aggiungere altro entrò
dentro e chiuse la porta.
Dylan
abbracciò Ann e disse:
"Appena
arrivi telefonami.."
"Ok!"
sorrise Ann che strinse a sua volta Dylan, proprio quando il
cellulare prese a squillare.
Ann
lo prese e lesse un SMS. Era di Jim.
[Ann
È VENUTO HOWARD A CASA NOSTRA. TI CERCAVA. HA DETTO CHE HA
INTENZIONI SERIE E CREDO CHE UNO CHE SPOSTA MARI E MONTI PER STAR CON
TE NON STIA DICENDO UNA BUGIA. AH! HA DETTO DI ESSERE MOLTO TESTARDO.
UN BACIO E BUON VIAGGIO PRINCIPESSA.]
"Chi
è?" chiese Dylan.
"Tuo
marito" rise Ann prendendolo in giro.
Dylan
rise e disse:
"Posso
ingelosirmi?"
Ann
scosse la testa e disse:
"Parla
di Howard" e spegnendo il cellulare diede un bacio alla guancia
del ragazzo e disse:" Dallo a Jim. E digli che quando torno ci
penserò. A gennaio. Con l'inizio del 2007. Prometto"
Dylan
rise e disse:
"Va
bene” e abbracciandola di nuovo, aggiunse: "Passa un buon
Natale piccola"
"Anche
voi. E chiama i tuoi. Anche se ci hai litigato. È pur sempre
Natale!" rispose Ann e allontanandosi salì nel treno.
Salutò
Dylan finché poté, poi cercò il suo posto,
sistemò il piccolo trolley e si mise a sedere. King's Cross
sparì lentamente.
Londra
rimase alle sue spalle.
L'avrebbe
rivista a Gennaio. E solo allora avrebbe pensato al suo futuro.
Quando
sarebbe stata più forte, quando sarebbe stata pronta.
Il
taxi si fermò davanti alla casa. L'uomo, da dietro il vetro
disse:
"Sono
venti sterline"
Ann
sorrise guardando l'edificio. Annuendo e prendendo una banconota da
venti e qualche pound li porse all'uomo, ringraziandolo.
Scese
e sospirò.
Sua
madre l'attendeva per il 23. Lei era arrivata con tre giorni di
anticipo. E non era mai stata così felice di essere a
Manchester. Di essere a casa, di sentire il profumo dei dolci di
pasta frolla che la madre stava già preparando per i nipoti e
per i tre figli: Mikey, Sandra e lei.
Chiuse
gli occhi ricordando quando, da bambina, si svegliava la mattina di
Natale e trovava i regali e i dolcini sul tavolo, per la prima
colazione. A quanto era bello pensare che davvero Babbo Natale era
venuto a casa sua, portato i regali e poi era partito per chissà
dove con la sua slitta dopo aver bevuto una tazza di latte e mangiato
qualche dolcino avanzato dalla cena della vigilia.
Sapeva
che a quei tempi era stata davvero felice e di aver scartato ogni
regalo con la certezza di trovare quel che voleva, perché
Babbo Natale non la deludeva mai.
Poi
un giorno, una campanella, come dice la leggenda, aveva smesso di
suonare. Era quella di Ann. Il mondo dei sogni, delicato e ovattato
dove vivono i bambini, si infranse come un cristallo contro cui
qualcuno scaglia una pietra. E Natale non ebbe più lo stesso
sapore. I sogni cominciarono anche a fare male.
E
Howard era uno di questi sogni.
Nato
in un sorriso, morto tra mille lacrime.
Prese
il trolley e lo spinse verso la porta. Cercò le chiavi nella
borsa e, una volta infilate nella toppa, l'aprì e sorridendo,
sentì le voci di Sandra che parlava con la moglie di Mickey,
di sua madre che chiamava Sophie e Ginevra, mentre Mickey, già
lo immaginava, parlava con suo padre della partita del Manchester
City contro il Fulham in salotto, tenendo sulle ginocchia David, il
più piccolo dato che aveva battuto anche Vivianne, la
primogenita di Sandra, nata due mesi prima del piccolo nipotino. Fece
un grosso respirò e felice gridò:
"Ehi,
voi! Sono a casa!"
Steve
uscì con Vivianne in braccio e guardò stupito la
cognata dicendo:
"Mi
venga un colpo!"
Ann
rise e prendendo la nipotina disse:
"Ma
guardala quanto sta diventando grande la mia nipotina"
Dei
gridolini divertiti vennero dal piano di sopra e poi, le voci allegre
di Sophie e Ginevra squillarono assieme divertite:
"La
zia Ann. E' arrivata la zia Ann"
Non
ebbe il tempo di ridare Vivianne al padre che si trovò
sommersa dalle nipoti che da subito la riempirono di baci e di
abbracci.
Il
padre uscì assieme a Mickey che con i suoi capelli neri punta
di moro, i suoi occhiali e la barba incolta, sembrava tutto meno che
il capo redattore di un'importante rivista locale, che vendeva un
sacco di copie in tutto il Nord Inghilterra.
I
due fratelli si guardarono e sorridendo, si abbracciarono come meglio
potevano:
"Oh!
Ma guarda!" disse Ann prendendo David dalle braccia di Mickey.
"Ma come si è fatto grande l'ometto di casa. E speriamo
davvero che non diventi brutto come il tuo papà"
Mickey
sollevò gli occhi al cielo e allargando un braccio accolse
Eve, la moglie che sorridendo disse:
"No!
Lui non è brutto"
"La
voce dell'amore" sorrise Mikey.
"Il
problema è che si trascura" continuò Eve facendo
finta di non averlo sentito.
Mickey
scosse la testa e guardando le figlie disse:
"Voi
amate il vostro papà, vero?"
Le
bambine gridarono all'unisono 'si' e lui, abbracciandole,
disse, grato:
"Gioie
di papà"
"Aspetta
che compiano dodici anni e vedi come cominciarono a dirti di darti
una sistemata..." intervenne il padre.
Tutti
risero e scuotendo la testa, Mickey, disse:
"Anche
mio padre! Ma questa è una congiura"
"No!"
rise Ann "Devi solo darti una sistemata e smetterla di
assomigliare ad un barbone. Guarda Steve, lui si che si cura"
Steve
sorrise e passò una mano tra i capelli lisci e biondi,
tagliati a spazzola. Spettinati ad arte come amava dire Sandra. Steve
era l'opposto di Mikey: dai colori al carattere, biondo, occhi
azzurri, serio e composto, curato anche quando doveva stare a casa.
"Guarda
che Steve lavora con la sua faccia. Io faccio il giornalista.. Posso
anche fregarmene di curare la mia immagine.. E poi Eve si è
innamorata di me perché sono così" ribatté
risentito Mickey.
"A
dire il vero... Mi sono innamorata di te perché eri simpatico,
ma ti ho visto sempre bruttino" rispose la moglie.
Steve
e Sandra, che baciò la sorella dopo essersi avvicinata al
gruppo, risero di gusto, guardando l'espressione del fratello. E il
padre, disse:
"Oh!
Non la smetterete mai se non mi intrometto io. Fatemi abbracciare la
mia bambina"
Ann
sorrise al padre e ridando David al fratello, strinse l'uomo,
accogliendo il bacio sulla guancia che il padre le dava. Adorava
sentire i baffi del padre sfregare contro la guancia. Sentire il dopo
barba che metteva ogni mattina. Il ritratto sputato di Mickey. Ma con
meno barba e con i capelli, anche se ora bianchi, costantemente corti
e apposto.
Ann
guardò l'uomo con gli occhi lucidi e poi vide la mamma che
piangendo, con i guanti da forno nelle mani, teneva le mani sul
cuore, ripetendo senza parlare il nome della figlia.
Ann
allargò le braccia e commossa disse:
"Mamma
abbracciami. Così evitiamo di farti venire un infarto" e
stringendo la donna pianse di gioia.
Mickey,
commosso anche lui rise, cercando di stemperare l'emozione, e disse:
"Bene...
Perché non andiamo a mangiare che ho una fame che non ci vedo
più?"
Tutti
lo guardarono allibiti e la mamma, scuotendo la testa disse:
"E'
vero che quando ero incinta di te, mangiavo per cinque e non
ingrassavo di un chilo e quando sei nato pesavi quattro chili... Ma
non credevo di averti fatto un forno crematorio al posto dello
stomaco..."
Tutti
risero e Mickey, andando in cucina ribatté:
"Colpa
mia se sono una buona forchetta" aggiungendo poi a voce più
alta "E non ingrasso di un etto"
Sandra
ed Eve scossero la testa dato che, Mickey, ogni volta, ricordava
questo particolare quando si parlava delle enormi quantità di
cibo che ingurgitava giornalmente, mentre loro, attente alla linea,
stavano costantemente a dieta.
Ann
rise guardando la lenta processione che si diresse verso la sala da
pranzo e guardando l'ingresso commossa disse:
"Sono
a casa. Finalmente" e abbracciata alla mamma seguì gli
altri.
"Tu,
da bambino non trovavi regali sotto l'albero, vero Jay?" chiese
Gary.
"Io
li trovavo i regali sotto l'abero, che dici Gaz!" esclamò
Jason.
"Io
invece, sapevo che i tuoi ti odiavano talmente tanto che ti
lasciavano un biglietto con su scritto: 'NON ESISTO E' INUTILE CHE
ASPETTI. BABBO NATALE'" ribatté Gary facendo ridere tutti
intorno e lo stesso Jason che annuì dicendo:
"Buona
questa Gary. Davvero buona"
Howard
rise e ascoltò un'altra battuta su Gary e sul fatto che fosse
grasso, anche dopo anni dallo scioglimento della band.
Poi
la mente ritornò alla notte passata con Ann. Sentì
l'odore di lei, le sue unghie sulla schiena, la sua voce rotta.
E
si accorse di volerla, di sentire il bisogno di lei.
"Howie?"
… Di
vedere gli occhi chiudersi e la testa reclinarsi all'indietro,
offrendole il collo bianco ...
"Doug!"
Sentì
qualcuno scuoterlo e si riprese dai suoi sogni. Guardò Gary
che serio disse:
"Potevi
anche trattenerti se, ora, non fai altro che pensare a quella
notte..."
"Si
vede così tanto?" chiese Howard serio, passando una mano
sulla faccia.
Gli
altri tre annuirono e Howard continuò:
"Il
problema è che sento di volerla con ogni parte di me. So che
per lei è lo stesso e so di aver messo in crisi quel pseudo
rapporto che ha con quello stronzetto"
"A
me Dylan piace. Devo dire che lo trovo davvero simpatico" disse
Mark.
Gli
occhi di Howard, Jason e Gary si ridussero in fessure e Mark, un po'
spaventato, disse:
"Naturalmente
tifo per te, dude..."
"E
se facessimo in modo che lei capisca che tu non sei quello di una
volta?" disse Jason guardando ancora torvo Mark, prima,
sorridendo ad Howard, poi.
"Sarebbe
un'idea!" esclamò Gary annuendo.
"E
come?" chiese Howard.
"Il
31 Dicembre dobbiamo fare una festa nella villa londinese di
Jonathan. Che ne dici di invitare lei e Dylan e qualche suo amico. E
le fai capire che sì, la ami, ma sai aspettare. Accetti che ci
sia lui, ma tu sei lì per lei" disse Jason.
Howard,
in un primo momento pensò che fosse un'idea idiota. Poi
ricordò la frase di Dylan.
"Lei
non vuole te. Lei vuole solo capire che cosa vuole dagli uomini, che
cosa vuole dalla vita.. E non è venendo a letto con te che lo
capirà..."
Non
era portandola di nuovo a letto che le avrebbe tolto Dylan dalla
testa.
Guardò
gli amici e disse:
"Ci
sto. A patto che voi mi diate una mano"
"Puoi
contarci..." disse Jason.
"Io
tifo per te amico" continuò Gary.
Tutti
si voltarono verso Mark che guardava ridendo i tre. Il sorriso morì
nella bocca del Take That più giovane che, veloce, disse:
"Certo.
Certo che ti aiuto. Mi sta simpatico, ma voglio che Ann stia con te"
Gary
scosse la testa e disse:
"Con
Mark coviamo una serpe in seno"
Tutti
risero e Mark fece una smorfia per far finta di essere risentito
dalla battuta di Gary.
"Tu
lo ami. Ann. Lo ami da quando hai sedici anni." disse Mickey
serio.
"Lo
so... Ma ho paura!" rispose Ann poggiando una mano sulla fronte.
"Di
cosa? Di essere felice?" chiese Sandy guardandola, seduta sul
bracciolo della poltrona dove stava seduto Mickey.
Ann
la guardò. Aveva detto tutto a Sandy e Mickey. Loro sapevano
davvero tutto di quella storia. Non l'avevano mai giudicata, puntato
il dito contro. Erano sempre stati dalla sua parte, anche quando non
faceva le cose giuste. Ora, però, avrebbe volentieri fatto a
meno di dire quello che la tormentava: per la prima volta, infatti,
nessuno dei due le dava ragione; anzi l'accusavano di aver paura, di
non voler accogliere Howard perché era troppo codarda per
farlo.
E
la cosa devastante era che tutto era vero.
"E
se mi facesse del male di nuovo?"
Mickey
sorrise e disse:
"Senti.
Sono un uomo. So cosa vuol dire aver paura. Sono scappato anche da
Eve quando è iniziato tutto. So di aver sbagliato. E per un
pelo non me la stavano pure portando via. Ma ho saputo fare un passo
indietro. Ho saputo capire che era lei quella che volevo, che dovevo
lasciare il mio passato alle spalle. Lei non era le altre donne. Lei
era speciale. E mi sono sposato con lei. Ho messo su una famiglia che
adoro. Tre figli che mi riempiono la vita, ogni momento... Dirai: ora
che c'entra Howard in tutto questo? Beh! Come ho già detto.
Sono un uomo. E sono sicuro che tutto quello che sta facendo
quell'uomo, a Londra, lo sta facendo non per portarti a letto, ma per
renderti felice. Perché se voleva solo stare con te,
sessualmente intendo, non ti avrebbe cercato dopo la notte che avete
passato assieme, non avrebbe smosso mari e monti per te, dopo che lo
hai lasciato senza dirgli ciao la mattina dopo... E ora, chiamalo
pure cameratismo, penso davvero che quell'uomo ti ami"
Ann
stava per rispondere, quando qualcuno suonò al campanello e
subito sua madre gridò:
"Ann
c'è qualcuno che ti cerca.."
La
ragazza aggrottò la fronte e sollevandosi dalla poltrona fece
cenno di aspettare a Sandy e Mickey e si avvicinò
all'ingresso.
Portò
una mano alla bocca e sorrise divertita.
Con
un cappello da Babbo Natale, Eloise, stava sulla porta, con gli occhi
lucidi e un grosso pacco tra le mani.
Ann
sapeva di essere stata troppo dura con lei, di averla trattata forse
troppo male. Ma il suo orgoglio, per quello che Eloise aveva fatto,
l'aveva trattenuta dal chiamarla. Dal dirle che le mancava da pazzi,
specialmente con l'avvicinarsi delle vacanze natalizie. Le era
mancato preparare con lei l'albero di Natale. Le era mancato sentirla
canticchiare canzoni natalizie.
Nonostante
questo rimase in silenzio. La guardò sulla porta.
"Ciao
Ann. Buon Natale!" disse incerta Eloise.
Ann
non rispose. Ed Eloise piano disse:
"Volevo
solo che tu sapessi che mi sono pentita di quello che ho fatto. Che
non volevo ferirti e l'ho fatto in buona fede, sperando che tu mi
capissi.. Che capissi che la persona che mi ha chiesto di fare quello
che ho fatto, ti amava... Se ti ho ferito con questo, non pensare che
non abbia pagato la mia colpa. Non averti vicino quando le cose non
andavano bene a lavoro, quando un nuovo amore non mi rendeva felice,
mi ha reso tutto più difficile. E spero davvero che tu possa
capire che io non sono una di quelle amiche che ti hanno voltato le
spalle per gelosia. Io sono diversa. Io non posso voltarti le spalle.
Non posso e non voglio farlo, perché ti voglio bene. Come una
sorella. La sorella che non ho mai avuto"
Ann
sorrise. E allargando le braccia disse:
"Avevi
già deciso quando ti ho vista sulla porta" e ridendo
strinse l'amica che si buttò tra le sue braccia.
QUALCHE
GIORNO DOPO.
Ann
sistemò l'ultima valigia nella vecchia camera quando il
cellulare prese a squillare insistentemente.
La
ragazza lo prese e dopo aver letto chi la chiamava, rispose
sorridendo.
"Dylan.
Ti mancavo già?"
Dylan
rise e rispose:
"Cara
mia, mi manchi sempre, lo sai. Ma ti sto chiamando per un altro
motivo..."
"Ho
dimenticato qualcosa?" chiese Ann cominciando a guardare le
valigie.
"Si!
Una lettera" ribatté Dylan con un leggero sarcasmo."E
indovina chi la manda?"
"Cos'è?
Howard si è messo a scrivere missive d'amore?" domandò
sorridendo Ann.
"No.
Ha invitato me e te ad una festa privata, che i Take That hanno
organizzato in una villa nei pressi di Paddington. E l'invito e
valido per altre due persone. Se vuoi io porto anche Jim e tu porti
Eloise"scherzò Dylan.
Ann
rimase qualche secondo in silenzio e rispose:
"Uhm!
Sai che sarebbe un idea?"
"Ann!
Scherzavo!" rimandò incerto Dylan.
"Perché?"
chiese Ann. "È un'idea. Fargli vedere che io alla sua
stupida festa vado, con il mio ragazzo"
"Ma
non dovevi mettere fine alla nostra messinscena?" le fece notare
Dylan, sorridendo.
Ann
annuì e ribatté:
"Io,
invece, dico che è un'idea meravigliosa, caro mio. E poi
èancora il 2006. Ho detto che comincerò a pensare ad
Howard nel 2007. Fammi vendicare un po'!"
Dylan
sospirò e rispose:
"Va
bene. Ma solo per questa volta"
Ann
sorrise e ringraziò Dylan e poi chiuse il telefono poggiandolo
sulle labbra nel quale affiorava un sorriso. E mettendolo in tasca
disse:
"El.
Hai da fare qualche cosa per la notte del 31?"
Alla
fine, nell'enorme villa di Paddington, c'erano per davvero Eloise,
Jim e Dylan, assieme ad Ann, che, con una frangia sbarazzina che
calava sugli occhi grigio verde da gatta, un vestito lungo nero che
la fasciava dal busto in giù, scendendo morbido sui fianchi,
entrò alla festa come la ragazza di un attore e non come la
donna che stava mettendo in subbuglio il cuore di uno degli
organizzatori del party.
E
non sapeva che alle volte, giocando con il fuoco, si finisce sempre
bruciati, anche l'ultima notte dell'anno.
Mark
notò Ann che prendeva un bicchiere di champagne da un vassoio
che un cameriere le porgeva.
Si
avvicinò e con una sigaretta in bocca disse:
"Fumi?"
Ann
si voltò e vide Mark, più basso di lei di una spanna,
sorridente con la sigaretta di traverso. Lo guardò ridendo e
disse:
"No!
Non fumo. E sappi che fa male anche a te..."
Mark
fece spallucce e rispose:
"Lo
so. Ma dovevo smettere quando ero più giovane"
Ann
scosse la testa fingendosi arresa e guardando davanti a sé. In
realtà stava cercando Howard tra la folla.
"Hai
provato con l'ipnosi?" chiese lei tornando a guardare Mark.
"L'ultima
volta ho fumato il doppio."rispose sincero Mark. "Sono
rimedi inutili per persone che non hanno grande forza di volontà"
concluse infine.
"Beh!
Anche questo è ver.. Forse potresti consigliarlo ad Howard.
Lui di forza di volontà ne ha dimostrato di avere davvero
poca" notò Ann che guardandosi intorno aveva intravisto
Howard che abbracciava una donna che sorridente gli aveva stampato un
bacio sulla guancia, pericolosamente vicino alla bocca tenendolo poi
stretto e parlando con una ragazza che indicava qualche cosa verso il
tavolo. Tutti ridevano e a quel che sembrava Howard non sembrava
triste, ma stranamente felice e divertito.
Mark
guardò Ann e, poi, Howard e serio disse:
"A
dire il vero... Non credo che sia la sua ragazza. Howard è
stato sempre coerente. Quando ama una donna c'è solo lei.
Certo! Come tutti gli uomini ha avuto e sue debolezze. Ma credo che
le abbia avute solo perché none erano le donne della sua vita.
Ecco perché.. Sono sicuro che quando troverà la donna
della sua vita... Sarà per sempre. E nessuna, nemmeno una
scappatella, saranno in grado di darle lo stesso amore e la stessa
passione che da quella ragazza..."
Ann
si voltò e guardò Mark che, prendendo la sigaretta in
mano disse:
"Chiedo
a Jase di farmi compagnia fuori. Ha ripreso a fumare. Il finto
salutista" e uscì salutando Ann.
Ann
guardò Howard. E forse, sentendo il suo sguardo addosso,
com'era successo qualche mese prima anche a lei, si voltò e la
guardò.
Ann
cercò di scansare quello sguardo magnetico, ma le fu
impossibile.
Odiava
Howard. Perché riusciva a farle fare quello che voleva solo
guardandola negli occhi. Ed ora che si stava avvicinando a lei, si
sentiva come piantata nel terreno. Voleva scappare, ma voleva
terribilmente che lui si avvicinasse e la baciasse.
"Ciao
Ann Belle"
Le
baciò una guancia in maniera sfuggevole. La teneva in pugno.
Come quella sera, quando stava nella sua macchina. Lui l'aveva
baciata. Lui l'aveva voluta. E lei era stata solo un piccola barca in
balia di quella passione cieca, che non poteva e, soprattutto, non
voleva controllare.
"Ciao
Doug" sorrise Ann.
Howard
la guardò. E Ann si sentì sciogliersi.
Dio
com'era bella!!
Troppo
bella.. Anche per lui che aveva avuto donne bellissime. Che aveva
dormito con loro qualche notte, che si era divertito con i loro corpi
e poi mandato via, senza parlare.
In
tutti quegli anni non si era reso conto di una cosa.. Aveva scacciato
tutte le altre con i suoi silenzi. Con il suo essere troppo chiuso.
Con il suo essere troppo perso in se stesso per prendersi cura di
un'altra.
Solo
ora si rendeva conto che non aveva voluto altre donne perché
ancora vagava alla ricerca di lei, di Ann, di quegli occhi verdi da
gatta che ora gli bucavano il petto, il cuore. E lo rendevano
quell'uomo rude anche nella passione, come qualche sera prima.
Possibile
che fosse solo lui l'unico a ricordare quella notte?
Gary
gli aveva consigliato di lasciar perdere, che la miglior arma in
alcuni casi è solo l'indifferenza. Ed era vero. Almeno lo
sarebbe stato in un caso in cui lui non fosse stato troppo attratto
da quelle labbra rosse, laccate da quel lipgloss.
L'amava.
E lo sentiva con ogni fibra del suo corpo, con tutta l'anima.
Howard
la guardava serio.
E
Ann ricordò la bocca di lui sul suo seno, il suo sorriso,
mentre facevano l'amore. Quei 'ti voglio' sussurrati appena.
Cercò
di scacciare quei pensieri. Ma era inutile. Il suo cuore, la sua
testa, il suo corpo intero la riportavano a quella notte.
"C'è
una terrazza bellissima al piano superiore. Dai! Concedimi almeno
questo. Voglio chiederti scusa per il mio comportamento. E questo e
l'unico modo. Palare tranquilli"
Ann
guardò intorno.
Solo
chiederle scusa?
La
guardava rabbrividire dal freddo, in silenzio.
"Vuoi
la mia giacca?" chiese togliendola e senza spettare risposta la
poggiò sulle spalle della ragazza.
Ann
si strinse nella giacca e sentì il buon odore di Howard
arrivare alle narici.
E
di nuovo fu preda delle sensazioni di quella notte.
"Mi
spiace. Davvero! Non volevo. Solo che appena ho visto quel giornale
ho pensato che tu.... Che amavi Robbie da sempre e che dopo quella
sera al Jewels avessi avuto un ritorno di fiamma e le avessi dato
un'opportunità che a me non volevi nemmeno dare"
"Io
non gli darei mai una possibilità, non senza conoscerlo prima"
rispose seccata Ann.
Le
dava fastidio che, questo, fosse il motivo che aveva spinto Howard a
fare quello che aveva fatto.
"Tu
mi piaci, Ann. Mi piaci davvero tanto. E ti voglio. Non voglio
spaventarti... Non voglio metterti paura... Voglio solo che non ti
dimentichi che c'è un uomo che ti vorrebbe dare tanto... E che
ti darebbe il mondo se solo lo volessi!”
Ann
lo guardò e disse:
"Howard...
Io sono fidanzata"
Howard
si avvicinò a lei e disse:
"Eri
fidanzata anche quando ti aggrappavi a me? Quando mi mordevi le
spalle? Mi ricordo tutto Ann e vivo nella speranza che succeda di
nuovo"
Ann
fremette. E sospirando chinò la testa. Voleva anche lei fare
l'amore con lui. Come quella sera.
"Ma
se tu non mi vuoi... A me non mi importa. Nella vita bisogna aver
pazienza. E io ne ho avuta per dieci anni prima di incontrarti di
nuovo. Solo che ora so di volerti più di qualsiasi cosa al
mondo. Nel bene e nel male. E lotterò per esserti accanto."
Howard
disse quelle cose e andò via a testa china, rientrando nella
stanza che dava sulla terrazza.
Ann
si voltò e con le lacrime agli occhi disse:
"HOWARD!"
Il
ragazzo si voltò e la guardò. Ann corse verso di lui e
lo baciò.
"Non
te ne andare"gli sussurrò a fior di labbra.
Howard
la guardò e la baciò con ancora più forza di
quella sera. Ann sentiva le gambe cedere. Lo voleva con ogni cellula
del suo corpo.
Ma
Howard si staccò, sospirando frustrato, mentre fuochi di
artificio scoppiavano nel cielo e sotto arrivavano le note del
'Valzer delle candele' e un vociare allegro di auguri e di
buon anno.
Era
mezzanotte. Ma ad Ann non importava. Voleva Howard. E sembrava quasi
che lui non la volesse.
"Non
stanotte Ann. Non con Dylan qua. Ti voglio. Ma gioco pulito. Non
soffio la donna ad un uomo che sta nello stesso appartamento dove sto
io"
Ann
lo guardò delusa. Stava crollando. Lo sentiva. Stava per
dirgli tutto. Ma non cedette.
Quasi
con le lacrime gli occhi diede la giacca ad Howard, dicendo:
"A
me non serve più"
Howard
riprese l'indumento e lo indossò. E senza guardarla uscì
fuori.
Fuori
festeggiavano, ignari che Howard e Ann si amavano ma che per colpa di
un passato ingombrante e di orgogli troppo forti non potevano vivere
il loro amore.
E
tutto andava distruggendosi come cristalli rotti.
La
realtà entrava nel sogno e non viceversa.
FINE
PRIMA PARTE...
Tadan...
Ed
ecco a voi il capitolo Natalizio
con
sorpresone finale.
E
adesso penserete voi.
Lo
sapete che sono una cattivona.
Ahahahaha...
Risata diabolica.
Ringrazio
tutte
(chiaretta,
silvy,dafne, orangina e Cause i m thatter)
per
le recensioni.
Spero
che il capitolo vi piaccia. Per ogni protesta
potete contattarmi al link http://www.facebook.com/Niniel82. Sono su Facebook.Per
il momento vi auguro un
Buon
Natale e un
Felice
Anno Nuovo.
Maya
permettendo,
tornerò
il prossimo anno.
Un
bacio a tutti.
Niniel82.
|
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Capitolo 13 *** BOLLE: Capitolo 1 ***
SECONDA
PARTE: Bolle
di sapone.
Capitolo
1: Il provino.
Manchester:
Settembre 1992.
"Charlieeeee!!"
Charlotte
che dondolava le gambe leggendo il giornale comprato quella mattina,
sospirò infastidita.
"Carol
che caspita vuoi?" gridò in risposta.
"Scendi
è per te!!!" rispose la sorellina al piano di sotto.
Charlotte
saltò dal letto e mise le pantofole e scese di corsa le scale.
Se la madre fosse stata in casa l'avrebbe sgridata, ricordandole che
era pericoloso scendere le scale con le pantofole, dato che rischiava
di rompersi una gamba.
E
per una ballerina come lei era davvero la fine.
"Chi
è?" chiese sotto voce alla sorellina.
La
bambina sollevò le spalle e disse:
"Non
lo so. Dice che vuole parlare con te"
Charlotte
prese il telefono e rispose.
E
dal cerchio della sua vita qualcuno soffiò una grossa bolla di
sapone.
Aspettò
per mezz'ora prima di vederlo arrivare.
E
quando lo vide gli corse incontro gridando. Lo vide sorridere, di uno
di quei sorrisi luminosi dei suoi che si allungavano anche agli occhi
e il cuore le si bloccò per un secondo.
Sì!
Lo amava.
Lo
amava da dieci anni. Da quando si era trasferita con tutta la sua
famiglia in quella casa, dove nemmeno voleva andare, vicina a quella
della madre di lui.
Lui...
Lui che aveva già un sacco di fratelli, più il suo
gemello. Charlotte ricordava che l'aveva accolta con un sorriso
gigante. Uno dei suoi appunto. E da quel momento l'aveva protetta da
tutti i prepotenti del quartiere.
Perché
agli occhi di una bambina basta davvero poco per innamorarsi.
Passarono
molto tempo insieme e in poco tempo entrambi scoprirono di avere in
comune l'amore per la danza, cosa che cementò la passione
della ragazza che gli assegnò in definitiva il titolo di
principe azzurro.
E
quando da piccola, nei tuoi sogni vedi qualcuno come un principe, è
difficile che perda quell'aura Karmica che gli hai affidato. Ed il
poveretto, rischia di averla per sempre.
E
lui era uno di quelli.
"Jase!!!!"
gridò salutandolo con la mano.
Jason
sorrise. E guardando la ragazza disse, sistemando il borsone da
palestra sulla spalla:
"Hendersons!!
Che è successo??"
Charlie
si bloccò e sorrise e una cascata di ricci si posò
leggerà sulle spalle. Saltò in braccio a Jason e disse:
"MI
HANNO PRESO PER QUEL PROVINO!"
Jason
sorrise e la strinse forte dicendole:
"Oddio.
Ma è meraviglioso!"
Charlie
lo guardò e si perse in quei mari azzurri.
Voleva
baciarlo. Ma non lo fece.
Scese
dalle braccia del ragazzo e annuì.
"Diventerò
una ballerina professionista. Come te!!!"
Jason
sorrise e disse:
"Prima
di diventare famosa come me ne deve passare di acqua sotto i ponti"
Scherzava.
Lo faceva sempre con lei. E Charlie amava prenderlo in giro a sua
volta.
“Sì!
Il giorno che tu e il tuo gruppo di pazzi salterini farete successo,
giuro che appendo un chiodo gigante a casa di tua mamma. Lo metto
sulla porta. Perché credo che sia la cosa più
impossibile del mondo.”
Jason
rise e rispose:
“Bell’amica
che sei! Comunque. Se mai dovessimo continuare a saltare nei pub e
nelle scuole, Nigel ci silura di sicuro”
Charlie
lo baciò su di una guancia e sorrise.
“Diventerai
famoso. Lo so. E lo sai anche tu”
Jason
la guardò con dolcezza e le passò un braccio attorno
alle spalle.
E
camminando tranquillamente aggiunse, guardandola:
“Oggi
è la giornata dei grandi avvenimenti”
“Che
ti è successo?” chiese Charlie godendosi quelle
tenerezze che Jason, spesso e volentieri, le dava.
Jason
sorrise e guardando davanti a sé, disse:
“Ti
ricordi Debra?”
Charlie
annuì.
Il
cuore gli si cominciò a sgretolare lentamente. Quando veniva
nominata succedeva sempre qualche cosa di brutto che spezzava il
cuore di Charlie irrimediabilmente. Non voleva sapere.
“Il
prossimo mese andiamo a vivere assieme…” aggiunse Jason
raggiante.
Dentro
il suo petto, Charlie sentì il cuore esplodere. Quello che non
voleva era successo.
Lui
amava un’altra. Lo sapeva e lo aveva sempre saputo da quando li
aveva visti baciarsi sul muretto della casa di lui.
“Sono
davvero felice per te…” sussurrò Charlie.
Jason
non si rese conto del fatto che Charlie aveva cambiato umore e
tranquillo continuò:
“Tu
non hai la minima idea di quanto ami quella donna. Ho capito che è
quella giusta. Che voglio passare la mia vita con lei… Tu non
sai quanto sono felice Charles…”
Charlie
sorrise e lo guardò. La bolla più grande, più
bella, quella che aveva volato per i cieli della sua vita tranquilla,
ora esplodeva davanti ai suoi occhi. E non era il sapone quello che
la faceva piangere… No! Era il dolore cieco di scoprire che
qualcuno che ami alla follia non ti ama affatto.
Sorrise
amara e disse:
“Sono
davvero felice per te…”
“Lo
hai già detto…” disse Jason guardandola strano.
“Charlieeee!!”
gridò Caroline dalla finestra.
Per
la prima volta in sei anni dalla nascita sentire Caroline gridare il
suo nome fu per Charlotte una benedizione. Guardò dietro di
sé, sentendo le lacrime che lente cominciavano a scendere e
sorridendo, disse:
“Quella
rompi di mia sorella. I pro e i contro di avere, a sedici anni, una
sorella di sei…” sorrise, o almeno cercò di farlo
e salutando Jason velocemente corse via, senza voltarsi.
Non
voleva fargli vedere che dopo aver visto la sua più bella
bolla di sapone scoppiare davanti ai suoi occhi, ora piangeva come
una matta.
Ora
che aveva capito che i sogni, alle volte, portano tanto dolore.
Londra:
febbraio 2007.
Charlotte
sistemò la borsetta e scese dal pullman.
Guardava
interessata il giornale.
Quel
giorno ci sarebbe stata la prima puntata di ‘Per amore o per
denaro’ il nuovo serial che la rete ammiraglia avrebbe
trasmesso, un episodio per volta, a partire dalle otto di quella
sera.
Ripiegò
il giornale e lo mise in borsa, sospirando infastidita dopo aver
guardato l’orologio.
Se
solo quindici anni prima avesse saputo che fine avrebbe fatto. Se
solo avesse saputo che quel provino, andato benissimo, sarebbe
diventato inutile solo un paio di anni dopo quando, proprio alla
scelta di una delle protagoniste di un famosissimo musical, Charlie a
soli vent’anni, scoprì di essere rimasta incinta.
Incinta
di Nick, tra l’altro, il suo migliore amico, il bambino che a
scuola tutte amavano e che per anni lei non aveva mai considerato
nemmeno come esponente del sesso opposto.
Charlotte
sapeva come la sua relazione era cominciata. Nick era sempre stato
innamorato di lei e non ne aveva mai fatto segreto. Lei aveva avuto
bisogno di una spinta che era arrivata proprio quando Jason aveva
confessato di voler andare a vivere con Debra. Fu quel giorno che
Charlie e Nick divennero una coppia. E nel giro di tre anni e mezzo
diventarono genitori di Danielle, una bambina precisa in tutto e per
tutto a sua madre.
E
Charlotte dovette abbandonare il suo sogno. La danza.
Divenne
una moglie e, in seguito, una mamma attaccata alla casa, costretta a
lavorare per poter tirare avanti, amando un uomo che, sentiva, non
era quello che voleva, non era quello che aveva sognato.
Nonostante
questo gli stette vicino. Lo vide laurearsi a pieni voti, con tanto
di lode della giuria.
Guardò
qualcuno soffiare nel cerchio della sua vita, guardando i sogni di
Nick galleggiare nell’aria, facendoli diventare anche i suoi
sogni.
Fu
una mamma. Una donna. Una moglie. Ma non più una ballerina. E
questo la logorò lentamente.
Nick
era il migliore dei mariti. Per anni provò a convincerla a
rimettersi in gioco, ma senza successo. I sensi di colpa ogni
qualvolta progettava di rimettersi a lavorare si facevano sentire
forti come un pugno e così preferì non correre rischi e
mettere a repentaglio la sua famiglia ritornando a ballare.
E
con il tempo i silenzi, anche in una coppia che prima di essere tale
era una coppia di amici, rese il matrimonio di Charlotte un campo
minato.
In
breve tempo attraversò una crisi che la portò ad
allontanarsi dal marito. Riprese a frequentare i suoi vecchi compagni
della Guildhall che la convinsero del terribile errore che aveva
fatto a lasciare la sua carriera e a dedicarsi alla sua famiglia e
basta. Le dissero che se lei era arrivata a quel punto era solo
perché il marito era stato troppo egoista e aveva preferito
che lei si sacrificasse per il bene della loro famiglia.
Il
rapporto di Charlotte e di Nick era ormai arrivato ad un punto di
rottura e quelle chiacchiere bastarono per portare Charlie a fare la
scelta sbagliata. Riprese a ballare e cominciò ad uscire quasi
ogni sera. Questo portò il matrimonio, lentamente a
sgretolandosi.
Cominciarono
a litigare e a non parlarsi più. La vita in casa divenne un
inferno e per salvaguardare il suo rapporto d'amicizia con Nick,
visto che quello di matrimonio era ormai distrutto, e soprattutto per
tutelare la piccola Danielle, Charlie, decise di fare i bagagli
riempiendoli con i vestiti suoi e della bambina e in una sera di
appena due anni prima i fatti narrati lasciò definitivamente
il marito.
L'addio
non fu indolore. Nonostante Nick fosse più un amico che un
marito Charlie soffrì sapendo di aver inflitto a lui per primo
un grande dolore.
Cominciò
a non uscire, abbandonò i vecchi compagni della Guildhall e
riprese a vivere da mamma.
Passò
qualche mese e cominciò una nuova vita, in un nuovo quartiere
e in una nuova casa.
Fu
allora che trovò nuovi agganci ed entrò a ballare per
una compagnia prendendo anche un agente.
E
fu così che trovò quel lavoro.
Sorrise
guardando Stephanie che le sorrideva sulla porta, sorseggiando il suo
tè, tranquilla nonostante fosse in ritardo colossale.
“Hendersons!?
Anche tu in ritardo? Potrei cominciare a preoccuparmi” disse la
ballerina guardando Charlie.
Charlotte
rise e rispose:
“Colpa
del mio ex. Non ho mai niente da rinfacciarli. Anzi... So di essere
fortunata ad averlo come tale. Ma con il suo lavoro, alle volte, è
costretto a partire all’ultimo momento e Danielle, che ha solo
dieci anni, non capisce. E i suoi capricci me li devo sorbire io”
Stephanie
sorrise comprensiva e disse:
“Ti
capisco. Io non ho figli. Ma con il mio ragazzo sono io quella che
deve mettere apposto tutti i casini che fa…”
Charlie
annuì e aprì la porta degli studi.
“Ma
poi hai capito per chi dobbiamo ballare. Ci hanno fatto fare quelle
prove con quei vestiti addosso e non ci hanno detto chi era
l’artista…”
Stephanie
fece spallucce e buttando il suo tè take-away nella
spazzatura, disse:
“Hanno
detto che preferivano il riserbo. Sarà una di quelle band
super famose, di quelle che non si può dire dove dormono e
come mangiano altrimenti finiscono su tutti i giornali…”
“Sarà
mica Madonna?” chiese stupita Charlie.
Stephanie
scosse la testa:
“No!
Non credo… Questa musica con gli ultimi dischi di Madonna, non
c’entra una cippa.. E poi ho sentito che sono quattro. Non
stiamo parlando di un solo cantante…”
Charlie
si morse la lingua e sospirò.
Non
capiva perché ma si sentiva stranamente oppressa.
Come
se il passato la stesse per schiacciare.
Howard
entrò nella sala di registrazione con un viso tristissimo.
Gary
lo guardò e disse:
“So
che è da stronzi dirtelo. Ma è davvero bellissima in
quella locandina”
Howard
lo fulminò con lo sguardo e replicò:
“Gaz.
Hai sempre la frase giusta tu, eh?”
“Mah!
Quello che ha studiato psicologia è Jason, mica io…”
rispose il cantante.
Mark
rise e disse:
“Se
vuoi te lo registro stasera. Non se riusciamo a tornare stasera con
le prove per il video”
Howard
scosse la testa e replicò:
“Non
voglio vederla recitare con quel... quel... oh! Non mi fate parlar
male che non ho voglia!” esclamò Howard facendo un cenno
con la mano, infastidito.
Mark
sospirò e disse:
“Se
stai così male penso che sia meglio non vederla per un po' non
trovi?”
Howard
scosse la testa e rispose:
“Mi
fa male. Non posso negarlo. Ma penso che sono ancora capace di
guardarla attraverso uno schermo televisivo. E per quanto riguarda
vederla di persona credo che a Natale ho dato prova di grande
autocontrollo non saltandole addosso”
“Quello
con autocontrollo sei tu. Jason invece si sarebbe attaccato a lei
come un cane in calore...” esordì Gary che cercò
di stemperare la tensione con un battuta.
Tutti
risero. Tutti tranne Jason che sembrava attratto da qualcosa dietro
di loro.
Tutti
si voltarono e videro una ragazza con dei lunghi e riccissimi capelli
biondi che rideva con una ragazza scura.
“Scusate
ragazzi. Devo andare…” disse Jason allontanandosi.
“Dove?”
chiese Mark senza ottenere risposta.
Howard
guardò Jason allontanarsi.
La
volta che lui si era messo a fare così, Ann era rientrata
nella sua vita.
E
non voleva che anche Jason passasse il suo stesso macello. Il suo
stesso strazio.
Charlie
sorrise guardandosi intorno quando sentì una mano poggiarsi
sulla sua spalla.
Stephanie,
davanti a lei sbiancò, vedendo il viso del proprietario della
mano che Charlotte non poteva vedere perché girata di spalle.
-Questa
è la volta buona che per un ritardo mi licenziano…”
Lentamente
si voltò e due bellissimi occhi azzurri la travolsero.
Il
cuore di Charlie sussultò.
L’uomo
che aveva sempre amato era lì. Il suo principe azzurro era
tornato. Ed era davanti a lei che le poggiava una mano sulla spalla.
Sorridendo
come lui solo sapeva fare.
Jason
Orange era lì. Il suo principe azzurro, l'uomo che non aveva
mai smesso di amare da quando aveva cinque anni.
Ricambiò
il sorriso con uno più radioso. Era felice, e sembrava davvero
che tutto quel tempo non fosse passato, che non ci fosse stato nessun
matrimonio, nessun figlio. Come se avesse di nuovo sedici anni e non
trenta.
“Charlie?
Ma sei proprio tu?”
Ed
eccomi di nuovo dopo le vacanze di Natale, come promesso.
Lasciatemi
ringraziare
Silvy_V
Cause
I am a Thatter
chiaretta78
orangina92
_MrsOwen_
che
mi hanno recensito.
E
ringrazio tutti quelli che hanno
messo
mi piace alla mia pagina FB.
Se
ancora non lo aveste fatto
cercatemi
su Fb.
Niniel82
è il nome della pagina.
Vi
aspetto in tanti.
Un
bacio e alla prossima.
|
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Capitolo 14 *** BOLLE: Capitolo 2 ***
Capitolo
2: Rincontrarsi.
“Charlie?
Sei proprio tu!” disse Jason.
Guardò
la cascata di ricci biondi e in quegli occhi verdissimi riconobbe
immediatamente la ragazzina che correndo per la via gli aveva
annunciato di essere stata presa al provino che aveva fatto poche
settimane prima e che le avrebbe permesso di diventare una ballerina
professionista.
Che
cosa era stato di lei?
Dopo
quel giorno, dopo che lui le disse che sarebbe andato a vivere con la
sua compagna dell’epoca, non l’aveva più vista.
Salvo la mattina di qualche mese dopo -Jason non ricordava con
esattezza quanto- quando, trasportando una grossa valigia, il padre
l’accompagnò a Londra.
La
scuola di ballo, infatti, aveva deciso che per gli allievi più
giovani venisse fornita una borsa di studio che li facesse entrare di
diritto alla Guildhall a Londra, una delle migliori scuole di
formazione artistica in Europa.
Dopo
quel giorno sparì. Non la vide più. Soffrì molto
per questo e si rammaricò di non essere a Manchester quando
sua madre entrò ad abitare nella nuova casa, situata in un
quartiere più ricco, che Jason aveva comprato con i primi
soldi guadagnati.
Dentro
di lui Charlotte era sempre quella bambina sottile, come un pezzo di
legno a cui basta poca pressione per potersi rompere. Quella bambina
che con i suoi ricci ribelli lottava per stringerli in un perfetto
chignon come tutte le sue compagne. La stessa bambina che per anni
aveva difeso dai bulli di quartiere. E poco importava che gli anni
passassero per tutti, lui compreso. Nel suo immaginario, Jason
Orange, vedeva Charlotte Hendersons come una bambina, anche dopo
tutti quegli anni.
La
bambina che, come dicevano i suoi fratelli per prenderlo in giro, era
innamorata persa di lui.
“Ma
che ci fai qui?” chiese Jason sorpreso.
“Ci
lavoro!” rispose Charlotte.
Jason
aggrottò la fronte notevolmente stupito. E subito replicò:
“Ma
tu non lavoravi per…?”
“Lavoravo.
Ma sono successe un mucchio di cose e ho perso il posto…”
ribatté Charlie seria.
Jason
la guardò sorpreso e disse:
“Non
è successo nulla di grave,mi auguro!”
Charlotte
sorrise dolce e disse:
“No!
Diciamo che mi sono data da fare talmente tanto con il mio ragazzo
che sono diventata mamma a soli vent'anni”
A
Jason si illuminarono gli occhi. E guardandola con ancora più
stupore di quando le aveva chiesto se era davvero lei, domandò:
“Allora
sei sposata?”
Charlie
scosse la testa e rispose:
“No!
Mi sono separata due anni fa… Indovina con chi ero sposata?”
“Nick?”
rispose sorridendo Jason sapendo già la risposta.
Charlie
annuì e Jason disse:
“Lo
sapevo. Eravate troppo amici per essere un ragazzo e una ragazza!”
“Garda
che lo siamo ancora, amici. Anzi, pensa che mi ha invitato alla sua
festa di fidanzamento con Nicole, la sua nuova compagna”
sorrise Charlie.
Jason
fischiò e ribatté:
“Dio
santissimo! Non ci credo. La piccola Charlotte mamma e moglie! Ma da
quanti anni non ci vediamo?”
“Dal
Novantadue” contò Charlie “Esattamente quindici
anni..”
“Allora
devi accettare il mio invito a prendere un caffè dopo aver
girato il video. Non voglio che passino altri quindici anni prima di
sentirti di nuovo” la invitò Jason.
Stephanie
dietro di Jason, con gli occhi sbarrati, annuendo vigorosamente tanto
da spettinarsi, suggerì la risposta alla ragazza che disse:
“Beh!
Ti faccio sapere a fine riprese che ne dici?”
Jason
annuì e sorridendo rispose:
“Ci
conto!” e si allontanò aggiungendo: “Se non puoi
venire fissiamo subito un altro appuntamento. Ti ho già detto
che non voglio che passino altri quindici anni prima di vederci
ancora” e si allontanò salutandola.
Le
due donne lo guardarono allontanarsi.
E
Stephanie, voltandosi a guardarla, disse:
“Tu
sei scema!! Hai detto ti faccio sapere a Jason Orange!”
“Devo
forse ricordarti che ho Danielle a casa?” rispose Charlie
guardando Jason allontanarsi.
“Lo
so. C'ero quando l'ho detto!” scherzò Charlie
“Ma
hai anche una sorella che non fa un cavolo dalla mattina alla sera”
replicò Stephanie.
“Non
è vero che Carol non fa nulla dalla mattina alla sera!”
le fece notare Charlie divertita. “Lei va all’università.
Ha i corsi da fare”
“E
oggi cosa sta facendo?” chiese Stephanie pratica.
Charlie
aggrottò la fronte e prese il cellulare da tasca e, guardando
la collega, dopo averle fatto un occhiolino, disse al suo
interlocutore:
“Caroline?
Sono Charlie… Non è che mi potresti tenere Dany per un
po’? Quando torno a casa ti spiego. Tanto anche se te lo
dovessi dire, non ci crederesti”
scelsero
un posto qualunque, molto anonimo ma abbastanza carino e caldo per
parlare dei vecchi tempi.
Ordinarono
entrambi un caffè e cominciarono a parlare del più e
del meno. Ad entrambi era parso semplice, dentro gli studios, sedersi
ad un tavolo e parlare. Ma ora, seduti in quel baretto isolato quasi
non riuscivano a dire qualche cosa di sensato, arrivando perfino a
parlare del tempo.
Solo
quando arrivarono i caffè, Jason prendendo coraggio, guardò
il contenuto scuro della sua tazza e un po' impacciato disse:
“Sembrano
passati secoli da allora”
lo
disse più a se stesso che a Charlotte ma questo diede coraggio
alla ragazza che aggiunse:
“Quando
tua madre si è trasferita, io ero in viaggio di nozze”
ribatté Charlie.
Jason
sorrise interessato e chiese:
“E
dove?”
“Nuova
Zelanda. Un mese. Il più bello della mia vita. Ho dovuto
lottare con il dottore che non mi voleva far partire perché
ero incinta” rispose Charlotte ricordando l’inconveniente
con un sorriso.
Jason
rise e domandò:
“Da
quanto eri incinta?”
“Tre
mesi. Mi fecero sposare subito. Non volevano le foto del matrimonio
con una pancia a mongolfiera. Così la mamma di Nick e mia
madre si misero d’accordo e organizzarono tutto” raccontò
Charlotte spostando la panna dal suo caffè macchiato.
“E
tu? Eri sicura?” continuò Jason incuriosito.
Charlotte
sorrise e rispose:
“Tutti
erano felici che io e Nick ci stessimo sposando. Ci conoscevamo da
bambini, eravamo amici da sempre. E poi, subito dopo che tu lasciasti
casa di tua madre, io e Nick ci fidanzammo. Durò per quattro
anni prima che, in una delle numerose di gite di Nick a Londra,
combinassimo il fattaccio”
Jason
rise di gusto e Charlie continuò:
“Non
c'è niente da ridere, mr Orange. Eravamo spaventati. Eravamo
due ragazzini che non sapevano nulla della vita!”
“Ma
eravate abbastanza grandi da fare sesso a quanto pare!”
puntualizzò Jason sempre più divertito e aggiunse: “E
poi non puoi dire che non sapevi nulla della vita. Abitavi a Londra
da sola!”
“E
con questo?” domandò Charlotte fingendosi infastidita ma
sorridendo: “Ero comunque una ventenne alle prime armi. E con
tanti sogni da realizzare. Quando ho scoperto di essere rimasta
incinta ho pianto per un giorno intero!” e dicendo questo
osservò con interesse il fondo della sua tazzina.
Jason
si rese subito conto che lo sguardo di Charlotte era diventato
spento. Non metteva in dubbio che Charlotte fosse una madre
amorevole. La conosceva bene e sapeva che cuore grande aveva e
avrebbe scommesso tutti i soldi che aveva in banca sul fatto che
fosse la migliore mamma che un figlio potesse avere. Ma in quanto
riguardava sogni infranti, per un lungo periodo era stato uno dei più
grandi esperti e sapeva che, anche se Charlotte più che
sicuramente, era felicissima di essere mamma, quel sogno
irrealizzato, volato via come un palloncino scappato dalla mano di un
bambino distratto, era la cosa più dolorosa da ricordare.
Cercando
di farla ridere, buttò giù una battuta, non sviando
troppo dal discorso per non mettere a disagio Charlotte facendole
capire di aver percepito il suo dolore. Sorrise e disse:
“Immagino
che trovarsi ad organizzare un matrimonio a vent'anni sia stato un
vero inferno. Conosco abbastanza tua madre per sapere che ti ha fatto
sicuramente uscire di testa!”
Gli
occhi di Charlie si riempirono di nuovo di luce e sorridendo a sua
volta, disse:
“Eravamo
continuamente sballottati! Siamo arrivati ad un punto che non
riuscivamo a decidere nemmeno che biancheria indossare il giorno
delle nozze talmente le nostre madri stavano cercando di mettere il
becco su tutto! Pensa tu che poco prima delle nozze, abbiamo pensato
di scappare!”
I
due risero di gusto e stavolta fu il turno di Charlie che cominciò
a studiare Jason.
Non
si sorprese nel vedere che il tempo su Jason non era stato malevolo.
Tutt'altro! Era diventato ancora più bello del ragazzino con
il taglio di capelli improbabile che Nigel lo aveva costretto a fare
quando la band si era formata.
Non
lo aveva mai dimenticato.
Non
aveva mai amato nessuno come aveva amato lui.
Lo
aveva visto stare con altre donne mettendo a tacere il suo cuore da
quando Jason si era innamorato per la prima volta. Aveva pianto e
sofferto e aveva messo a rischio la sua amicizia con Nick solo per
non ammettere nemmeno a se stessa che non lo avrebbe mai cancellato
dalla sua anima.
Jason
gli era entrato dentro anche alla più piccola trama
dell'anima, dentro il filo più teso del suo cuore.
E
ancora oggi il suo cuore batteva come quello di una scolaretta solo
standogli vicino.
Chinò
la testa. Si era resa conto di essere arrossita come una collegiale e
questo la fece sentire una stupida.
Non
sapeva però che Jason, invece, per tutto il tempo l'aveva
guardata e l'aveva osservata a fondo. E guardandola ridere e
scherzare si era reso conto che negli occhi verdi della sua giovane
amica raccontavano la sua vita, come un libro aperto.
Era
una donna ormai. Una donna che aveva lottato e sofferto. E che aveva
visto i suoi sogni infrangersi, scoppiare come delle bolle di sapone
che sono volate troppo in alto o che hanno urtato qualche cosa di
troppo duro per poter vivere ancora.
E
questo lo fece pensare. Non a Charlotte, ma a se stesso.
Che
aveva fatto lui per crescere? Per diventare un adulto?
Aveva
cercato di fare l’università, ma con scarsi risultati.
Era finito a letto con qualche studentessa che appena i Take That si
erano riuniti non aveva aspettato di mettere nero su bianco la sua
notte di passione con lui, e poi stop! Aveva mollato anche
l’università. Come aveva fatto con la scuola di cinema
qualche anno prima.
Aveva
deciso di prendere i soldi e viaggiare. Aveva visto migliaia di posti
nuovi.
Ma
era sicuro che nei suoi occhi non c'era la stessa profondità
che aveva Charlie nei suoi. Charlie. La ragazzina della porta accanto
che lui difendeva dai bulli.
Charlie
che aveva sette anni meno di lui.
Anche
rinunciando ai suoi sogni Charlotte Hendersons aveva molte più
cose di quante ne aveva lui. Una sopra tutte, Charlie aveva una
famiglia su cui contare. E non parlava della sua famiglia ossia
quella composta da sua madre e dai suoi fratelli. Parlava di una
moglie, di figli, di cani e gatti. Di una casa grande in campagna da
riempire di mobili e di amori. Una casa enorme, proprio come quella
di Gary.
Si
rese conto di sentirsi solo e la stessa malinconia di Charlotte, una
malinconia che toccava corde del cuore diverse da quelle della
ragazza, pervase Jason.
Aveva
sempre desiderato una famiglia e più il tempo passava più
ne sentiva la mancanza.
In
un attimo si rese conto di voler sapere di più di Charlotte e
della sua vita e senza nemmeno che la testa gli comandasse di farlo,
disse:
“Ora
mi devi far conoscere tua figlia! Quando ci possiamo rincontrare?”
Charlie
sbarrò gli occhi e domandò:
“Sei
sicuro?”
“Certo
che sono sicuro!” esclamò Jason. “Dimmi un giorno
e prometto che farò di tutto per farmi trovare libero”
Charlie
lo guardò e candida rispose:
“Domenica
le ho promesso che l’avrei portata al parco perché suo
padre invece di portarla a vedere Canterbury come le aveva promesso è
dovuto partire a New York…”
Jason
annuì e disse:
“E
allora verrò al parco con voi…” e strizzò
l’occhio verso la ragazza che sorrise imbarazzata.
Il
cuore batteva all'impazzata.
Aveva
ragione quando pensava che nemmeno dopo quindici anni si sarebbe mai
abituata a quel sorriso e a tutto il sex appeal che Jason riusciva a
emanare solo strizzandole un occhio.
Charlotte
rincasò poche ore dopo.
Aveva
viaggiato in metropolitana senza nemmeno rendersi conto di quello che
la circondava.
Come
una sedicenne Charlotte si era di nuovo e ancora più
innamorata di lui.
Scese
a Balham e camminò per le strade tranquille, che costeggiavano
il grande Sainsbury’s fuori la metropolitana.
Il
giorno prima avrebbe fatto una lista mentale delle cose da comprare
una volta rientrata da lavoro.
Quel
giorno levitava. O almeno le sembrava di farlo.
Aprì
la porta di casa e vide Caroline seduta vicino a Danielle che dormiva
tranquilla con la testa poggiata sulle gambe della zia.
“Allora?”
chiese la sorella alzandosi dolcemente per non far svegliare la
nipote, guardando la sorella con uno sguardo misto di preoccupazione
e di eccitazione.
Caroline
era completamente differente da Charlotte.
Scura
la minore, bionda la maggiore.
Carol
con gli occhi grigi, Charlie con smeraldi al posto degli occhi.
Col
fisico da ballerina la maggiore; un po’ più in carne, ma
non troppo la minore.
Il
giorno e la notte. La luce e il buio.
Fuoco
e acqua.
Charlie
si mise a sedere ai piedi della figlia e accarezzando il plaid
sollevò lo sguardo verso Carol e con gli occhi gonfi di gioia
disse:
“Ho
rivisto Jason Orange”
Caroline
parve non capire subito e chiese piuttosto stupidamente:
“Quel
Jason Orange?”
Charlie
sollevò un sopracciglio e rispose:
“Ne
conosciamo qualcuno altro, forse?”
A
Carol scappò un urletto di gioia che Charlie zittì
subito. Danielle si mosse infastidita ma continuò a dormire
così che la sorella minore potesse chiedere eccitata quanto la
sorella quando era rientrata:
“Ora
mi devi raccontare tutto!”
“Non
esiste proprio, porto Danielle a letto e poi vado a dormire. Sono
stanca morta” rise Charlie prendendo la bambina in braccio e
ignorando le proteste della sorella.
Quando
fu nella cameretta, mise la bambina a letto e la guardò.
Per
quanto Caroline era diversa da lei, Danielle era invece la fotocopia
di Charlie. Bionda, riccia, sottile come un asparago. Solo gli occhi
erano blu come quelli del padre.
Charlie
si chinò e baciando la fronte della figlia, disse:
“Non
sai quanto la mamma sia felice. Oggi dopo tanto tempo ho incontrato
un amore che credevo perduto per sempre. Oggi mi sono sentita
innamorata come mai lo sono stata nella mia vita. Mi sono sentita
come una farfalla che vola leggera. Proprio come quando ballavo alla
tua età!” e baciandole una guancia si mise accanto alla
bambina e stringendola dormì con lei, ripensando a Jason e
alla gioia di averlo rincontrato.
Bene!
Scusate la mia
latitanza.
Spero
di essermi fatta perdonare
con
questo nuovo capitolo.
Che
ne pensate????
Spero
davvero che vi sia piaciuto.
Per
chi ancora non lo sapesse
sono
su Facebook.
Il
mio nome è
Niniel82,
proprio come qui
su
EFO.
Fatemi
ringraziare
chiaretta78,
orangina92,
Cause
I am a Thatter e
Silvy_V
grazie
per le recensioni
siete
state davvero gentili e
spero
davvero di non deludervi.
Un
bacio e alla prossima.
Niniel82.
|
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Capitolo 15 *** BOLLE: Capitolo 3 ***
Capitolo
3: L’uomo che ho sempre amato.
Danielle
corse ridendo, mostrando che le mancavano alcuni dentini.
Charlie
quando la guardava ridere si sentiva davvero bene. Era come se tutti
i brutti pensieri sparissero, scacciati via dalla sua risata.
Dentro
di sé sapeva che quella piccola peste era l'unica cosa bella
che poteva salvare degli anni alla Guildhall.
Non
l'aveva cercata, eppure era diventata parte di lei, della sua vita,
già dal primo momento in cui aveva scoperto che era lì,
dentro di lei, pronta a crescere e a diventare un pezzo di lei e di
Nick che camminava e correva sotto il sole estivo.
E
da allora aveva vissuto esperienze uniche, che la fecero maturare e
la resero la madre che era diventata.
Tra
l’altro, quella mattina, Danielle era riuscita a stupirla.
Non
era mai stata una bambina che si concedeva subito alle persone. Anzi,
la maggior parte delle volte, faticava a parlare specialmente con gli
adulti. Per un po’, Charlie e Nick, si erano preoccupati di
questo modo di fare della figlia. Poi si resero conto che era solo un
po’ timida e molto selettiva nello scegliere le persone che
dovevano girarle attorno.
Ecco
perché, quella mattina, Charlie si stupì della strana
intraprendenza della figlia nei confronti di Jason.
Da
quando lo aveva visto, salvo qualche piccola titubanza iniziale,
aveva cominciato a giocare e a divertirsi con il cantante come se lo
conoscesse da sempre.
Lo
stesso era successo solo una volta: quando aveva incontrato Nicole
per la prima volta.
“Dany!
Non correre così oppure cadi e ti fai male!”
Jason
si voltò e sorrise a Charlie che, deglutendo, sentì una
fitta allo stomaco seguita da un forte sfarfallio.
Possibile
che le piacesse di nuovo?
Proprio
in quel momento, Dany, inciampando su di una radice di un albero,
cadde per terra.
Charlie,
spaventata più dal tonfo che dalla caduta si sollevò,
ma Jason anticipandola, prese la bambina in braccio e, dopo essersi
assicurato che non si fosse fatta nulla, continuando a tenerla in
braccio disse cullandola un po’ per farla smettere di piangere:
“Mi
sa che ora dovremmo dire alla mamma che aveva ragione quando ti
diceva di non correre perché potevi cadere!”
Dany
sorrise e guardò la mamma che, con le braccia incrociate,
disse:
“Stai
venendo a piangere da me, per caso?”
Dany
si nascose nella spalla di Jason, che ribatté:
“Io
lo so che cosa fa stare meglio le bambine bellissime come Danielle…”
Gli
occhioni verdi della bambina si illuminarono e guardando Jason con un
sorriso sincero chiese curiosa:
“Cosa?”
Jason
fece un occhiolino a Charlotte e rispose:
“Una
bella cioccolata calda con tanti riccioli di panna montata. Che ne
dici?”
Danielle
rise forte annuendo si fece mettere giù di Jason che
allargando le braccia ed esibendo una delle sue espressioni tipo ‘che
ci vuoi fare... Piangeva’ si allontanò prendendo la
mano di Danielle che saltellò felice vicino al cantante.
E
scuotendo la testa Charlie pensò che dopo tutto quello era
sempre stato il suo sogno: avere un bambino da Jason e viverci
assieme per tutta la vita.
Gary
stava muovendo il tempo a ritmo di musica.
Mark,
dietro di lui, leggeva alcuni spartiti.
Howard,
entrando nella sala di registrazione, disse:
“E
Jason?”
Mark
sollevò lo sguardo dai fogli e rispose:
“Credo
che sia uscito con quella sua amica, quella che ha girato il video
con noi!” e tornò a leggere gli spartiti.
Howard
sollevò un sopracciglio e replicò:
“Con
quella ballerina?”
Mark
annuì accompagnando il gesto ad un 'Mm, mm' senza sollevare
gli occhi dalla sua lettura.
Howard
si mise a sedere vicino a Gary che guardandolo con la coda
dell'occhio disse:
“Dude...
Non andrà male! Non Tutto quello che succede a te deve per
forza succedere anche a noi! Non trovi?”
Howard
si guardò la punta dei piedi e rispose:
“Sono
preoccupato per un amico perché so cosa vuol dire stare male
per qualcuno!”
“Jason
è grande abbastanza per capire quando una cosa non va come
vuole lui! Dai, Doug! Conosci Jason. Vive con la testa tra le nuvole
ma questo non vuol dire che non sappia prendersi cura di se stesso.
Stai su! E smettila di crucciarti! È solo uscito con una sua
amica. Smettila di fare la mamma chioccia con tutti noi!”
scherzò Gary.
Howard
sospirò e non rispose. Mark sollevò lo sguardo dai
partiti e domandò:
“Hai
più sentito Ann dopo quello che è successo a
capodanno?”
Howard
scosse la testa e Gary disse:
“Lascia
che il tempo faccia il suo corso. Hai avuto la prova che ti ama!”
“Ho
avuto la prova che le piace fare sesso con me!” puntualizzò
Howard.
“Dougie...
Fottiti! Non sei una liceale. Smettila di fare la bambina ferita e
prendi di nuovo in mano la tua vita. Esci con altre donne e facci
sesso. Quando Ann si renderà conto di quello che sta perdendo
vedrai che tornerà da te. Dylan o no!”replicò
Gary.
Howard
sospirò e rispose:
“Non
ci riesco!”
“Certo
che ci riesci. Non fare l'idiota!” ribatté Gary. “Ci
riesce Mark che è fidanzato e non ci riesci tu?”
Mark
sollevò un sopracciglio e domandò:
“Mi
stai forse dando del mandrillo?”
“Lo
sei Owen. Non c'è bisogno che te lo dica io!” replicò
Gary rimettendosi le cuffie e sorridendo sotto i baffi.
Howard
non ebbe il tempo di voltarsi che Mark era già partito
all'attacco.
Si
trovò a ridere come un matto, con le lacrime agli occhi.
Era
da egoisti e lui per primo lo sapeva. Come sapeva che ognuno di loro
aveva dei problemi che tenevano fuori dalla porta quando si
incontravano. Ma Howard aveva bisogno dell'allegria dei suoi amici.
Era l'unica cosa che lo faceva sorridere davvero in quel periodo di
merda.
E
sapere che Jason poteva rischiare come lui lo faceva preoccupare.
Aveva paura che quella calma che riusciva a sentire quando stava con
i suoi amici potesse sparire per sempre per colpa di un'altra donna.
Danielle
beveva tranquilla la sua cioccolata, sporcandosi tutta e facendo
ridere come un matto Jason.
Charlie,
in tutto questo, non riusciva a staccare gli occhi da quell'uomo.
Aveva
sempre visto in lui la perfezione. Ma non l'aveva mai visto giocare
con un bambina. E tutto questo lo rendeva altamente pericoloso.
Incantata
guardava i movimenti di quell'uomo, divenuto un vero lord e ben
lontano dal ragazzino dei sobborghi di Manchester, che faceva a pugni
con qualsiasi cosa si muovesse. Era diventato elegante, aveva
studiato dizione lo sentiva -e lei era un'esperta di queste cose dato
che aveva studiato alla Guildhall- e la sua bellezza con il tempo era
accresciuta. In lui c'era un fascino e un sex appeal non
indifferente, che la stava mettendo al tappeto.
Lo
stava guardando con occhi sognanti, facendo sogni non proprio casti
su di lui, quando sentì la manina della figlia scuoterla:
“Mamma!”
esclamò indignata la piccola.
“Che
c'è?” chiese Charlie voltandosi a guardarla, cercando di
nascondere l'imbarazzo di essere stata scoperta a fissare Jason e
sperando che lui non se ne fosse accorto.
“Jason
ha detto che vuole andare al London Eye. Andiamo mamma, dai, dai!”
Charlie
guardò Jason che sorrideva guardandola.
“Perché
le metti in testa queste idee?” chiese lei fingendosi
risentita.
“Perché?
Non mi sembra di aver proposto di mettere una bomba a Buckingham
Palace!” rispose candidamente Jason.
Charlie
si voltò verso la figlia che implorante ripeté:
“Dai!”
Charlie
sospirò e rispose:
“E
va bene! Ma solo un giro!” ma la sua raccomandazione andò
persa tra le urla di gioia di Dany e di Jason.
Ann
stava seduta nel divano quando sentì Jim sbattere la porta
della camera da letto.
Sui
voltò e vide la porta appena chiusa riaprirsi e Dylan seguire
il fidanzato.
“Ti
ho detto di aspettare!” implorò Dylan.
“Aspettare
cosa? Che tu ed Ann mattiate fine a tutta questa pagliacciata e tu
ammetta di essere omosessuale una volta per tutte?” sbottò
Jim.
Ann
sollevò un sopracciglio e chiudendo il giornale disse:
“Ritorno
dopo!”
“No!”
esclamò Jim. “Non vuoi sapere cosa ha appena fatto il
tuo amico? Mi ha appena detto che non possiamo sposarci. Gli ho
chiesto di sposarmi dopo tutti questi anni assieme e lui mi ha detto
di no! E mi chiede di calarmi perché mi dice che deve
aspettare che ci sono delle cose che deve sistemare!”
“Cosa
devi sistemare?” chiese Ann a Dylan.
“La
vostra 'storia'. Ecco cosa deve sistemare! Deve smettere di fare il
macho e dire che è una checca noiosa che sta con un uomo da
quasi dieci anni!” e senza aspettare risposta né da
Dylan, né da Ann mise il giubbotto e uscì sbattendo
anche la porta di ingresso.
Dylan
lo guardò impotente e mettendosi a sedere nel letto si passò
una mano tra i capelli.
Aveva
gli occhi lucidi e tremava come una foglia.
Ann
sospirò e domandò:
“Gli
hai detto di no per colpa mia?”
Dylan
scosse la testa e rispose:
“Sai
com'è il nostro mondo. Anche se ci fingiamo aperti e
comprensivi, siamo in mezzo agli squali. Prova ad immaginare che cosa
potrebbe succedere se questa notizia venisse data in pasto al SUN o
che so, al Daily Mirror. Sarei rovinato e sarei il bersaglio delle
battute di tutti...”
“Ma
non è vero!” esclamò Ann accarezzandogli la
schiena.
Dylan
scosse la testa e rispose:
“Non
puoi capire...” e voltandosi con gli occhi rossi le chiese:
“Puoi andare da sola oggi. Non ho voglia di uscire...”
Ann
annuì e mise il cappotto. Salutò l'amico con un bacio
sulla testa e uscì dalla casa.
Camminò
con le mani affondate dentro le tasche del cappotto. Nella pancia
sentiva un verme strisciante che le faceva venire il voltastomaco.
Non era colpa sua. Lo sapeva. Ma non poteva non sentire quella
viscida sensazione attanagliarle le viscere.
Charlie
aprì la porta e accese la luce, dicendo a voce bassa:
”Fai
piano mi raccomando… Potresti farti male. Dany lascia sempre
tutti i suoi giocattoli in giro. Sicuro che non vuoi che la porti
io?”
Jason
scosse la testa guardando Danielle che dormiva poggiata alla sua
spalla, stanca di una giornata piena di giochi e disse:
“Tranquilla.
Sono contento di farlo…” e guardandosi intorno chiese:
“Piuttosto... Dov’è la camera?”
“Al
piano di sopra” sussurrò Charlie indicando le scale.
Salirono
le scale che scricchiolarono appena, sotto il loro peso.
Charlie
indicò la strada a Jason, che la seguì facendo
attenzione alla bambina.
Quando
arrivarono alla camera Jason adagiò Danielle sul lettino e la
coprì guardandola sorridendo e posandogli un bacio sulla
fronte.
La
bambina si mosse appena e farfugliò nel sonno:
“Papà…”
Charlie
sorrise amara e senza dire una parola, a testa china, uscì
dalla stanza.
Jason
la seguì e chiudendo al porta, disse:
“Le
vuole molto bene, vero?”
Charlie
annuì e voltandosi verso l’uomo rispose:
“Si.
Ha una sorta di adorazione per il padre. Sai? Quando ci siamo
lasciati abbiamo fatto di tutto per non farla stare male. Ma è
impossibile. Ha sofferto, come pronosticato da tutti, specialmente
perché il poco tempo che mio marito passava a casa ora non lo
passava più”
“Perché
vi siete lasciati?” chiese Jason piano.
Charlie
sospirò e disse:
“Scendiamo?
Ti preparo una tazza di te”
Jason
fece come ordinato e la seguì in cucina, dove caricando il
bollitore Charlie cominciò a raccontare.
“Io
e Nick ci siamo amati da sempre. In modi diversi, ma comunque ci
siamo donati amore. Prima da amici, compagni di scuola che si
facevano i dispetti, poi come confidenti, poi come fidanzati. Lui è
sempre stato quello che una donna vuole avere come compagno. Allegro,
scherzoso, un po’ rompiscatole, ma capace di esserti vicino
sempre. Sono rimasta incinta a vent’anni. Mia madre stava per
avere un tracollo quando gliel’ho detto. La madre di lui,
invece, era felicissima. Come ti ho già detto ci organizzarono
un matrimonio in pochissimo tempo e ci stettero talmente tanto
addosso che io e Nick pensammo davvero di scappare. Siamo rimasti,
invece. Ci siamo sposati. E dopo un po’ è nata Danielle.
La cosa più bella della mia vita. Dovetti lasciare la scuola
appena scoprii di essere incinta. Cominciai a soli ventuno anni una
vita da casalinga, lontana dalla danza. Nick si laureò e,
nonostante lui mi spingesse a riprendere a danzare non lo feci. Dopo
la sua laurea cercammo di dare un fratellino a Danielle, ma non ne
vennero. Tanti falsi allarmi e nessuna gravidanza. E forse fu quello
che cominciò a spezzare i primi equilibri. Per anni mi ero
convinta che non mi dispiaceva essere una moglie. Ma mi sono resa
conto, troppi tardi, che io non volevo quello. Volevo essere una
ballerina. Cercai un lavoro. Mi ingaggiarono. E cominciai di nuovo a
ballare. E tolsi del tempo alla mia famiglia. E i rapporti già
incrinati si distrussero completamente. Nick non era l’uomo
della mia vita. Era solo il mio migliore amico. Non nego di averlo
amato. Ma forse il mio era un amore imparato a memoria. Non un vero
amore. E me ne sono resa conto dopo otto anni di matrimonio. Tutti
credevano che io lo amassi. Ma io gli volevo solo bene. Come ad un
fratello, come ad un migliore amico. E anche lui si rese conto che i
suoi sentimenti erano gli stessi. E così ci siamo lasciati”
Jason
l’ascoltò a bocca aperta e disse:
“Deve
essere brutto rendersi conto di aver sbagliato!”
Charlie
scosse la testa e rispose:
“Io
con Nick non ho sbagliato. Non posso aver sbagliato, perché
altrimenti non avrei Danielle. Noi ci siamo solo resi conto che
eravamo due buoni amici, niente di più”
“E
siete rimasti in buoni rapporti?” domandò Jason.
Charlie
annuì versando l’acqua del bollitore nella tazza e
disse:
“Sì.
Lui è sempre il mio migliore amico. Ed è il migliore
dei padri. Non gli faccio una colpa delle sue assenze. So che Nick ha
un lavoro che lo costringe a viaggiare spesso, quindi non lo biasimo
per le sue partenze improvvise che mi scombinavano la vita già
quando eravamo sposati. Lo deve fare, punto. È la sua vita, il
lavoro che gli piace. Senza sarebbe morto”
Jason
sorrise e disse:
“Ma
hai mai amato un uomo in vita tua?”
Charlie
sorrise girando il cucchiaio nella tazza, senza guardare Jason negli
occhi.
Se
solo avesse saputo.
Lei
aveva sempre amato lui, il suo sorriso ed i suoi occhi azzurri. E
forse, o meglio, ne era sicura, Jason era l’unico uomo che
aveva sempre amato.
“Una
persona. Solo una. E non era Nick”
Jason
sorrise e disse;
“E
pensare che quando avevi sedici anni, una volta ti vidi uscire di
casa con un vestito cortissimo. Ricordo che ho pensato: 'Wow! È
uno schianto'. A dire il vero mi sono vergognato quasi subito. Ecco
perché non te l’ho mai detto. E poi perché
credevo che tu e Nick... Beh! Lo sai! Lo hai detto tu stessa, tutti
pensavano che stavate assieme. E anche io.” si grattò la
testa e continuò imbarazzato: “È strano che te lo
stia dicendo. A dire il vero non so nemmeno il perché! Mi
ricordo solo che pensai che eri la piccola Charlie e che eri troppo
piccola. Infondo quando avevi sedici anni io ne avevo ventidue e
pensai che non era conveniente… E poi io stavo con un'altra
allora...”
“Jay?”
chiese Charlie che non capiva dove volesse arrivare l'amico
“Tu
mi piacevi Charlie…” sorrise Jason imbarazzato. “E
mi vergogno a dirtelo, perché, ad essere sincero, devo dire
che crescendo sei diventata una donna ancora più bella di
prima…”
Charlie
boccheggiò. Non poteva essere vero. Jason aveva una cotta per
lei e non le aveva mai detto nulla?
“Mi
prendi in giro?”
Jason
scosse la testa e rispose:
“No.
Mi piacevi. A dire il vero credo che tu mi sia iniziata a piacere nel
momento in cui hai cominciato ad essere una donna, nel momento in cui
la tua cotta infantile per me era passata ed io non ero più il
centro del tuo mondo. Hai cominciato ad avere nuovi amici e i
ragazzini ti hanno cominciato a girare intorno e tu come una vera
diva giravi per il quartiere, bellissima, senza degnare di un solo
sguardo ogni uomo che ti stava di fronte, che ti corteggiava,
diventando ogni giorno più bella. Justin ti moriva dietro, ma
non te lo diceva, aveva paura di essere rimbalzato da una
quindicenne…”
Il
cuore di Charlie prese a battere sempre più forte. Jason la
voleva e lei nemmeno se ne era resa conto?
“Quando
andai a vivere con la mia compagna di allora, mi ricordo di avere
pensato che non te ne sarebbe fregato nulla. E forse è stato
davvero così. Ma queste sono cose passate. È inutile
rimuginarci sopra, tanto non tornano…"
Si
alzò guardando l’orologio che capeggiava in cucina e
disse:
“Beh!
Si è fatto tardissimo. Io devo andare…”
Charlie
si alzò di scatto e mentre Jason si sistemava, spostando la
sedia, disse, con un sussurro:
“Sei
tu l’unico uomo che ho sempre amato, Jase!”
Jason
si voltò e guardandola chiese:
“Hai
detto qualche cosa?”
Charlie
pensò che bastava poco. Avvicinarsi a quelle labbra, baciarle
e andare in camera da letto a fare l’amore. Ma la solitudine
provata dopo la fine del suo matrimonio fu più forte della
passione. E sorridendo disse:
“Spero
che ti sia riposato, Jase..”
Nel
viso di Jason balenò una certa delusione che Charlie non
riconobbe come tale e sorridendo, dolcemente rispose:
“Si.
Mi sono riposato”
Uscirono
dalla cucina e si trovarono davanti alla porta.
Charlie
lo guardò imbarazzata e Jason, mettendo il giubbino spezzò
il ghiaccio:
“Spero
che quello che ho detto non ti abbia messo in imbarazzo. Perché
oggi con te e Dany sono stato benissimo. E non vorrei che tutto
andasse perso. Né questa bellissima giornata, né la
tua amicizia nei miei confronti”
Charlie
sorrise e disse:
“Tranquillo.
Non potrei. Danielle, domani, mi costringerà a chiamarti solo
per sapere quando lo zio Jason la porterà al parco un altro
giorno”
Jason
sorrise e baciandole la guancia sussurrò:
“Grazie
piccola per questa bellissima giornata. Ne avevo davvero bisogno”
Charlie
non rispose, ma lo guardò, quasi aspettandosi qualche cosa di
più. Ma quel qualcosa non arrivò. La porta venne aperta
e l’uomo uscì fuori, salutandola ancora e lasciandola
confusa sull’uscio.
Charlie
non capiva più nulla. Nella sua testa tutto correva ad un
velocità così alta che nessun pensiero riusciva a
seguirla.
Era
come se qualcuno l’avesse presa e buttata nella lavatrice,
mettendo il lavaggio veloce con doppia centrifuga.
E
lei, ora sballottata, usciva dalla lavatrice, senza capire nulla.
Il
suo sogno era diventato realtà.
Ma
lei non lo aveva colto.
E
chiudendo la porta sospirò frustrata.
L'asfalto
era bagnato, ma non viscido. Era una fortuna abitare a Londra dato
che i giorni in cui non pioveva erano davvero pochi.
Le
ruote scivolavano veloci, illuminate dalle luci a neon degli alberghi
e dei negozi ormai deserti.
Gruppi
di ragazzi camminavano e ridevano pronti a buttarsi dentro un bar e
vivere una notte giovane nonostante fosse appena mercoledì
Jason
guardava la strada che correva davanti a lui con attenzione,
cogliendo ogni singolo particolare.
Era
bella Londra e gli piaceva perché non dormiva mai.
Ma
lui non pensava a quello. Pensava ad altro.
Pensava
al tepore di quella cucina comperata all'Ikea. Pensava a quegli
occhioni verdi che lo guardavano smarriti di fronte a quella sua
dichiarazione. E pensare che per un momento si era sentito uno
stupido. Aveva capito di aver fatto qualche cosa di sbagliato e aveva
persino temuto che Charlie lo sbattesse fuori di casa sua a calci.
Poi
sentì di nuovo quella frase appena sussurrata esplodere nella
sua testa con lo stesso fragore dello scoppio di una bomba.
“Sei
tu l’unico uomo che ho sempre amato, Jase…”
Lo
aveva detto. L’aveva sentita.
Anche
se dopo aveva ripetuto un'altra cosa, gli aveva detto di amarlo.
Si
sentì tradito per un attimo. Lui era stato onesto con lei,
infondo. Lei invece aveva deciso di non aprire il suo cuore a
nessuno. Nemmeno a lui che lo aveva fatto solo pochi istanti prima.
L’aveva
voluta sedici anni prima. E questo non era un capriccio. Non era una
delle tante donne che gli passavano per il letto.
Ricordava
quando Howard parlava di Ann Belle il primo periodo che l'aveva
conosciuta.
Jason
spesso si era chiesto se sarebbe stato così anche con
Charlotte se avessero deciso di stare assieme. O meglio: se avesse
avuto il coraggio di chiederle di diventare la sua ragazza.
Invece
l'aveva fatta volare via, lontano. Non aveva colto l'occasione di
dirle che l'amava, mai.
Le
aveva detto che andava a convivere e lei non aveva battuto ciglio,
anche se alla luce dei nuovi fatti non era nemmeno tanto sicuro di
quello che aveva visto.
Un
lampo nei suoi pensieri gli fece ricordare come stava Howard.
Scosse
la testa e ricacciò il pensiero. Le cose tra lui e Charlie
erano differenti. Lui non aveva fatto nulla di sbagliato con lei e
non l'aveva ferita con comportamenti non adeguati.
Sapeva
che se l'avesse avuta, dopo tutti quegli anni in cui era stato
innamorato di lei, non avrebbe fatto nulla per perderla.
Avrebbe
lottato per averla come non aveva fatto quando erano due ragazzini.
Girando
il volante si avviò verso il tranquillo quartiere residenziale
di Londra dove lui abitava. Fermò la macchina e mentre la
chiudeva un sorriso compiaciuto gli apparve sul viso: voleva Charlie
più di qualsiasi altra cosa e l’avrebbe conquistata.
Uh!
Quanto sono mancata.
E
sono inscusabile visto che i capitoli
di
questa storia sono in buona parte scritti.
Chiedo
scusa per la mia lunga latitanza e
ringrazio
prima di tutto
_MrsOwen_
Cause
I'm a thatter
e
Silvy_V
che
mi recensiscono sempre.
Un
saluto anche a tutti quelli che leggono
e
non recensiscono
o
che hanno aggiunto la storia alla lista
delle
preferite,
delle
seguite
o
delle storie da ricordare.
Grazie
e ancora grazie.
Prometto
che vi farò aspettare poco per il prossimo
capitolo.
Nel frattempo, se volete
e
se potete,
fatemi
sapere che ne pensate di questo capitolo.
Un
bacio e a presto.
Niniel82.
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