Love in the Darkness - Hades & Persephone

di Beauty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il rapimento ***
Capitolo 2: *** Freddo, oscurità...forse amore ***
Capitolo 3: *** Estate e inverno ***



Capitolo 1
*** Il rapimento ***


Essere la dea della discordia aveva i suoi lati negativi, ma anche i suoi vantaggi. Regina questo l’aveva imparato a proprie spese a causa della faccenda della guerra di Troia: aveva sperato che la colpa di tutta la questione ricadesse interamente su Abigail, la dea dell’amore, o su quello sciocco di Frederick, il figlio perduto del re di Ilio, ma evidentemente James era meno stupido di quanto avesse pensato, e l’aveva accusata di fronte all’intero Olimpo indicandola come colei che aveva lanciato il pomo della discordia e scatenato così la guerra.
Questo le era costato l’eterno disprezzo da parte degli altri dei e l’accentuazione dell’isolamento in cui viveva da sempre. Tuttavia, un lato positivo c’era stato: un gran divertimento.
Regina si divertiva a seminare discordia fra i mortali. Non se ne vergognava, né provava rimorso: semplicemente, faceva ciò che era nella sua natura, in quanto dea della discordia. Anzi, quando uno dei suoi tiri mancini riusciva particolarmente bene, provava quasi una sorta di soddisfazione.
Ciò che meno le piaceva era scendere dall’Olimpo o uscire dal suo tempio per mescolarsi ai mortali, come quel giorno. Regina si strinse ancora di più il lungo mantello nero intorno al collo, calandosi il cappuccio e riprendendo a camminare frettolosamente lungo le affollate vie della città. Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che stuzzicasse il suo interesse, ma quelle occupazioni quotidiane a cui i mortali si dedicavano l’avevano sempre profondamente annoiata: alla sua sinistra, un uomo stava discutendo di un affare insieme a un vicino; alla sua destra, una donna vagava per le strade reggendo un cesto colmo di frutta sul capo; proprio di fronte a lei, un gruppo di ragazzini stava giocando con una palla di cuoio.
Regina fece una piccola smorfia; non si sentiva molto in vena, quel giorno. Anche gli dei potevano annoiarsi o stancarsi delle proprie mansioni. Certo, le sarebbe bastato uno schiocco delle dita per far litigare l’uomo e il suo vicino, un cenno del capo per far inciampare la donna e rovesciare a terra il cesto di frutta, o un piccolo gesto della mano per far volare la palla dei ragazzini oltre la cancellata della casa vicina, ma sapeva che tutto ciò non l’avrebbe entusiasmata, non per quel giorno.
La dea della discordia si guardò brevemente intorno, domandandosi se guidare le lingue di quei giovani che stavano lodando la bellezza della giovane Psiche affinché aumentassero le loro manifestazioni di ammirazioni sarebbe stato sufficiente per farla divertire alla vista della rabbia delle sorelle della corteggiata o, meglio ancora, della reazione della dea dell’amore a tale affronto, quando la sua attenzione venne attirata da una giovane donna che, inginocchiata di fronte al suo tempio, stava levando alte e grida e maledizioni.
Regina le si avvicinò incuriosita; la sua espressione divenne immediatamente corrucciata non appena si rese conto di ciò che quella sciocca mortale stava facendo. Quell’inutile donna stava profanando il suo tempio con la sua empietà, accusandola rabbiosamente di essere la causa della morte del suo amato, scomparso in mare a seguito di una tempesta. La smorfia infastidita e irritata della dea si accentuò ancora di più: i mortali erano veramente stupidi. Cos’aveva quella sciocca da lamentarsi con lei? Lei era la dea della discordia, certo, ma ciò che riguardava il mare e la morte non le competeva. Perché quell’insulsa mortale non andava a lamentarsi al tempio di Killian, il dio dei mari, o ancora meglio, perché non prendeva la decisione di raggiungere il suo amato, così da poter sporgere le proprie accuse direttamente al dio dei morti in persona, Rumpelstiltskin?
Regina dimenticò per un attimo la propria irritazione contro quella donna, al pensiero di Rumpelstiltskin. Lei e il dio dei morti avevano avuto spesso a che fare l’una con l’altro, in passato, e così sarebbe stato anche in avvenire; e come sarebbe potuto essere altrimenti? La discordia e la morte spesso viaggiavano insieme; tuttavia, negli ultimi tempi Regina doveva ammettere di aver avuto non pochi screzi con Rumpelstiltskin.
Il dio dei morti era esattamente come ci si aspettava dovesse essere un dio dei morti. Cupo, malefico, un essere rivoltante dalla pelle grigio-verde e con unghie nere e affilate, occhi che sembravano volerti strappare via l’anima e in cui spesso faceva capolino un luccichio perverso, specie quando si lasciava sfuggire una delle sue solite risatine acute e rasentanti la follia, in cui vi si poteva leggere qualunque cosa, dallo scherno, alla beffa, alla derisione, alla rabbia, e alla morte.
Rumpelstiltskin non lasciava quasi mai il suo regno per mescolarsi ai mortali, come tutti gli altri dei facevano, e viveva solo nel suo mondo di oscurità, circondato da null’altri che le anime che giungevano in quel luogo.
Regina spesso era stata costretta a scendere a patti con lui, specie quando non si limitava solo a sciocchi scherzi e i suoi gesti conducevano il malcapitato fino alle sponde dello Stige, ma ultimamente Rumpelstiltskin non si accontentava più soltanto di anime da aggiungere alla sua collezione. Il dio dei morti ora pretendeva da lei compensi molto più elevati, spesso tributi destinati al suo tempio o addirittura interi sacrifici, e Regina era costretta a cedergli per ordine di James, il re dell’Olimpo, il quale temeva molto che si potessero creare delle rotture e degli screzi fra gli dei.
Ma la dea della discordia si era stancata dei giochetti che il signore degli Inferi faceva con lei, approfittandosi della benevolenza di James. Più di una volta aveva pensato a un modo per vendicarsi su di lui, ma non aveva mai trovato nulla di abbastanza efficace affinché potesse realizzare il suo obiettivo. Il dio dei morti pareva inattaccabile su tutti i fronti; ma ora, ascoltando le litanie di quella mortale e carpendo il suo dolore per la scomparsa dell’amato, Regina aveva finalmente trovato la soluzione a entrambi i suoi problemi: farla pagare a Rumpelstiltskin e dare un tocco di colore alla sua vita ultimamente divenuta alquanto noiosa.
Il suo piano era perfetto. Doveva solo fare una piccola visita a Sydney…
 

***

 
Belle guardò brevemente alle proprie spalle per accertarsi che suo padre fosse abbastanza lontano da non poterla vedere, quindi riprese a correre nell’erba, superando agilmente rocce e alberi. Le piaceva quella foresta, amava il profumo umido del muschio e della rugiada e il canto degli uccelli che si confondeva con il fruscio delle foglie. Ancora una volta, si ritrovava a essere orgogliosa di suo padre e del suo operato. Maurice era il dio delle messi, ed era solo grazie a lui se la terra abitata dai mortali era così florida e rigogliosa, e donava tanti frutti. Belle sapeva che l’opera di suo padre era importante per la sopravvivenza della stirpe mortale e affinché questa continuasse a porgere tributi agli dei, ma per quanto volesse bene a Maurice e fosse orgogliosa di lui, doveva ammettere che non sempre era felice di come si comportava con lei. Il dio delle messi non era irascibile o violento con sua figlia, tutt’altro: Maurice adorava il suo piccolo fiore, come amava spesso chiamarla, la riempiva di attenzioni, regali e tenerezze, e più di qualsiasi altra cosa voleva la sua felicità. Tuttavia, era anche molto protettivo nei suoi confronti, spesso anche troppo, dal momento che la teneva sempre sotto controllo. Raramente Belle aveva l’occasione di allontanarsi da lui, di uscire senza essere in sua compagnia o di esplorare i boschi e le città circostanti all’Olimpo da sola. Maurice la teneva quasi segregata; Belle sapeva che suo padre lo faceva per il suo bene, perché temeva di perderla, ma spesso si sentiva come un uccellino a cui erano state tagliate le ali. Si sentiva come in una prigione, da cui avrebbe solo voluto scappare.
Belle superò un’antica quercia, seguendo il rumore ritmato dell’acqua che scorreva. Sorrise, scoprendo un laghetto le cui acque limpide zampillavano dalle rocce circostanti e brillavano di un lieve luccichio causato dai raggi del sole. Poco lontano, inginocchiata sulla riva del laghetto, una giovane donna dai lunghi capelli castani e con indosso una mantella rosso con il cappuccio stava fabbricando con un coltellino delle frecce per il suo arco.
Belle sorrise nuovamente, muovendo qualche passo verso di lei; la giovane calpestò accidentalmente un ramo e quello, scricchiolando, attirò l’attenzione dell’altra, la quale scattò repentinamente in piedi brandendo il suo coltello.
- Calmati, Ruby! Sono solo io!- fece Belle, alzando le mani come per difendersi.
Ruby, la dea della caccia, sorrise e sospirò di sollievo, quindi si rimise a sedere.
- Mi spiace di averti spaventata…- disse Belle, avvicinandosi a lei.
- No, sono io a doverti chiedere scusa…Per un attimo, ho temuto che fossi un altro di quei mortali perdigiorno che ama spiarmi…- Ruby fece una piccola smorfia, a quel pensiero, ma tornò subito a sorriderle, facendole cenno di sedersi accanto a lei. Belle si pose al suo fianco, sollevando appena l’orlo dell’abito azzurro e sfilandosi le scarpe, immergendo i piedi nell’acqua fresca del ruscello.
- Non mi aspettavo d’incontrarti…- mormorò dopo qualche istante.- Non sei a caccia?
- Lo ero, ma purtroppo ho terminato le frecce…- ripose la dea, continuando a intagliare il legno con il coltello.- E tu? Come mai a zonzo per i boschi tutta sola?- ridacchiò, al che Belle fece una smorfia.- Dov’è tuo padre?
- Era impegnato con dei contadini che non riuscivano ad arare il loro campo…
- E tu naturalmente non ti sei lasciata sfuggire l’occasione e sei sgattaiolata via, dico bene?- la dea della caccia rise, dandole una piccola spintarella su un braccio. Belle sorrise, un po’ amaramente.
- Finché si ostinerà a tenermi rinchiusa, non ho molte altre alternative, non credi?
- Hai mai provato a parlargliene?
- Sì, ma non vuole sentire ragioni. Crede che senza di lui io non sia in grado di cavarmela…- Belle fece un altro sorriso amaro.
- Beh, guarda il lato positivo - Ruby sogghignò, sporgendosi verso di lei.- Grazie a lui, non dovrai mai sopportare fastidiosi pretendenti…- la dea della caccia rise nuovamente, e Belle non poté fare a meno di unirsi alla sua ilarità.
- Ruby, potresti per un attimo lasciare da parte il tuo categorico rifiuto per il vincolo matrimoniale e prendere la questione seriamente?- fece Belle, fra una risata e l’altra.
- Ma io sto prendendo la questione seriamente. Sbaglio, o il dio delle messi si rifiuta di concederti in moglie a chicchessia?- rispose Ruby. - E’ un vantaggio, a mio parere. Hai mai pensato a come potrebbe essere la vita matrimoniale? Credimi, ho visto donne mortali innamorate perse del loro uomo, sposarsi e pentirsene amaramente quando hanno scoperto che il matrimonio non è altro se non una casa da pulire, bambini urlanti e un marito a cui correre dietro.
- Non pensi di essere un po’ drastica, Ruby?- fece Belle, senza smettere di sorridere.- Non può essere veramente così! Non sempre, almeno…
- Beh, nella maggior parte dei casi lo è. E’ per questo che ho sempre rifiutato di sposarmi.
- A me non dispiacerebbe innamorarmi di qualcuno…
- …se tuo padre te lo permettesse - concluse la dea della caccia al posto suo.- Attenta a quello che cerchi, Belle…potresti trovarlo!
Belle rise brevemente, giocherellando con dei fili d’erba.
- A dire il vero, neanche a me interessa più di tanto il matrimonio - confessò dopo qualche istante.- Ciò che vorrei veramente è…essere libera. Ma mio padre non me lo permetterà mai…- concluse, con una nota di tristezza nella voce.
La dea della caccia la guardò di sottecchi, senza smettere di intagliare le sue frecce, un sorriso di comprensione dipinto sulle labbra. Ruby cercava sempre di smorzare la tristezza di Belle ironizzando sul comportamento del dio delle messi, ma sapeva quanto la sua amica soffrisse per quella situazione. Maurice era un bravo signore e un padre amorevole, ma Ruby sapeva benissimo quali fossero i suoi concetti di affetto e protezione nei confronti di sua figlia, e si rendeva conto di quanto spesso esagerasse. Comprendeva la sua preoccupazione nei riguardi di Belle, ma trovava assurdo che tentasse continuamente di tenerla reclusa lontana dal mondo affinché nulla la ferisse. Belle si sentiva come un uccellino in gabbia, una gabbia da cui cercava sempre di scappare, invano.
- Belle!
Il richiamo irruppe nell’aria annullando ogni altro suono, e Belle si alzò repentinamente in piedi, riconoscendo al volo la voce.
- Belle! Dove sei, tesoro?
- Non posso crederci, mi ha già trovata…- soffiò Belle, sistemandosi velocemente le pieghe dell’abito.
- Temo che i contadini abbiano risolto il loro problema con l’aratura…- sospirò Ruby, un poco dispiaciuta per la sua amica. Belle indossò velocemente il suo mantello.
- Mi dispiace, Ruby, ma se non ritorno immediatamente mio padre non mi farà più uscire di casa per almeno un mese…
- Non che sia un lasso di tempo così lungo, data la nostra natura immortale, ma comprendo le tue motivazioni…- sorrise la dea della caccia.
Belle le rivolse un sorriso di gratitudine e saluto insieme, quindi prese a correre in direzione della voce di suo padre.
- Belle! Figlia mia, dove sei?
- Eccomi, padre!- fece Belle, correndo incontro a Maurice.
Il volto del dio delle messi si distese immediatamente, nel veder ricomparire sua figlia, ma nel suo sguardo si leggeva ancora una nota di preoccupazione non del tutto estintasi. Belle si avvicinò a lui, un lieve e incerto sorriso di scuse dipinto sulle labbra.
Maurice le avvolse le braccia intorno alle spalle, tirando un sospiro di sollievo.
- Mi hai fatto prendere uno spavento! Ma dove eri finita?
- Mi dispiace, padre. Volevo solo fare una passeggiata…- rispose Belle, staccandosi da lui.
- Sai bene che non sono affatto tranquillo quando ti allontani da me, specialmente senza dire nulla…La terra dei mortali non è un posto sicuro per te, non voglio che girovaghi da sola…
- Vi chiedo perdono, padre, ma eravate impegnato e non volevo disturbarvi - replicò la giovane, trattenendosi a stento dal dire la verità; anche se il dio delle messi non avesse avuto degli affari da sbrigare, lei sapeva che, chiedendogli il permesso di allontanarsi, egli non gliel’avrebbe mai concesso. Suo padre la riteneva incapace di cavarsela da sola e di affrontare la vita senza il suo supporto, e lei questo non riusciva a tollerarlo. Spesso tentava di ribellarsi, fuggendo via da lui per qualche tempo, ma ben presto ritornava a casa, timorosa di aver causato troppa sofferenza a Maurice con la sua lontananza. Tutto ciò che Belle desiderava era essere libera, ma l’affetto che provava per suo padre le impediva sempre di compiere atti di ribellione che andassero oltre temporanee fughe.- E poi, non ero sola. Ero in compagnia di Ruby - aggiunse.
A quest’ultima frase, il dio delle messi parve rasserenarsi un poco.
- Sono felice che lei fosse con te, la dea della caccia è certamente in grado di proteggerti…Ma resta comunque il fatto che non voglio che ti allontani da me da sola senza permesso…
Il volto di Belle si corrucciò.
-. Non ho bisogno di protezione, padre!- protestò.- Sono in grado di difendermi, se mi dovesse accadere qualcosa! Saprei benissimo cavarmela da sola, e potrei dimostrarvelo, se solo voi me ne deste la possibilità…
Maurice fece segno di no con il capo, un gesto che Belle aveva imparato a riconoscere come il simbolo della fine di una discussione.
- Ti voglio troppo bene, Belle, per permettermi di correre questo rischio. Se ti dovesse accadere qualcosa, non so che farei…E ora andiamo, il mio compito sulla terra per oggi è terminato. Torniamo a casa.
Il dio delle messi avvolse un braccio intorno alle spalle di sua figlia, conducendola con sé verso l’Olimpo, la casa degli dei. Belle lo seguì senza profferire parola, ma il suo malumore e la sua tristezza non si erano estinti. Suo padre la considerava nient’altro più che un bel faccino, una bambolina di vetro delicata e fragile, a cui sarebbe bastato un tocco un poco brusco per andare in mille pezzi. Ma Belle non era così. Belle si sentiva forte e indipendente, in grado di compiere le proprie scelte autonomamente e di badare a se stessa senza l’aiuto di nessuno, ma a quanto pareva suo padre, e la maggior parte degli altri dei, sembrava non comprenderlo.
Chinò il capo, limitandosi a seguire Maurice in silenzio, domandandosi se mai le cose sarebbero cambiate…
 

***

 
Un forte fischio squarciò l’aria intrisa di fumo e odorante di morte, ma benché i lamenti delle anime riempissero ossessivamente il silenzio, il suono non sfuggì alle orecchie del dio dei morti. Rumpelstiltskin si voltò repentinamente, afferrando fra le mani la freccia un attimo prima che la sua punta colpisse la sua scapola. Il signore dell’Oltretomba scoprì i denti nella sua solita e agghiacciante risatina, esaminando attentamente la fattura della freccia. Non che avesse dei dubbi riguardo a chi appartenesse, dal momento che nessun mortale poteva accedere al suo regno se non dopo aver esalato l’ultimo respiro. Tutto ora stava nel comprendere perché il dio dell’amore avesse deciso di infastidirlo con la sua ridicola attività, dimenticandosi del fatto che il signore dell’Ade era molto più intelligente e scaltro di lui, e non sarebbe certamente caduto nel tranello delle sue frecce.
- Prima di domandarti a cosa devo l’onore della tua visita, Sydney, gradirei sapere come hai fatto a entrare nel mio regno. Il traghettatore delle anime non ha impedito il tuo passaggio?- domandò, noncurante.
- Non sono un mortale, Rumpelstiltskin, e non posso morire. Gli dei non devono seguire le regole degli Inferi - replicò Sydney.
- Ma devono sottostare alle mie regole!- disse Rumpelstiltskin, senza smettere il suo ghigno.- Sappi che non gradisco intrusioni nel mio regno, e spero che tu abbia una valida motivazione per spiegare sia la tua presenza qui senza essere stato invitato sia questa - il dio dei morti gli mostrò la sua stessa freccia.- Cosa speravi di fare, colpendomi con una delle tue frecce? Di farmi cadere nelle tue ridicole trappole romantiche?
- Sto facendo solo il mio lavoro, Rumpelstiltskin - replicò Sydney, con stentata spavalderia, ma il suo volto lasciava intendere fin troppo bene che ciò che aveva detto era null’altro che una menzogna. Il dio dei morti ghignò di quella patetica vista.
- Andiamo, Sydney, non sei stupido fino al punto da voler tentare di mentirmi - Rumpelstiltskin gli si avvicinò, gettando la freccia ai suoi piedi.- Con tutti i mortali che puoi far cadere nella tua rete, perché avresti dovuto scendere nell’Oltretomba a scomodare il dio dei morti? Chi ti manda qui?
Sydney deglutì, lievemente impaurito. Rumpelstiltskin era forse il dio più oscuro e temibile di tutti, e lui non era altro se non un dio minore il cui unico compito era far innamorare le persone. Non era mai stato forte o impavido, senza contare che il re dell’Ade, con il suo comportamento cupo e scostante, e il suo ghigno malvagio, l’aveva sempre terrorizzato. Temeva che lo potesse punire, in qualche modo, o fargli del male, e lui non voleva condividere le pene di Prometeo solo per colpa sua.
- E’ stata Regina - confessò infine.- E’ stata lei a ordinarmelo.
- Regina…- sussurrò Rumpelstiltskin, senza smettere di ghignare.- Avrei dovuto immaginarlo…Anche se non avrei mai creduto che la dea della discordia si abbassasse a ricorrere a metodi tanto ridicoli per vendicarsi su di me…E dimmi, Sydney, di chi esattamente Regina sperava di farmi innamorare?
Le labbra di Sydney si distesero a loro volta in un ghigno beffardo.
- Credo che la dea della discordia avesse in mente la fanciulla che stavi guardando un attimo fa dal tuo specchio…- rispose il dio dell’amore, accennando allo specchio alle spalle di Rumpelstiltskin, in cui ora si vedeva solo il comune riflesso degli oggetti nella stanza, ma che un attimo prima mostrava tutt’altra immagine.
Il ghigno di Rumpelstiltskin si trasformò in una smorfia rabbiosa. Il dio dei morti ringhiò, quindi calpestò la freccia di Sydney con uno dei suoi stivali di pelle, spezzandola a metà.
- In tal caso, ti pregherei di riferire a Regina che ha sprecato il suo tempo, inviandoti qui - sibilò, avvicinando il proprio volto a quello di Sydney, tanto che al dio dell’amore iniziarono a spuntare gocce di sudore sulla fronte.- E ora, porta immediatamente la tua inutile carcassa fuori da qui, se non vuoi che t’incateni accanto a Cerbero!
La minaccia fu sufficiente affinché Sydney scomparisse così come era arrivato.
Il dio dei morti si ritrovò nuovamente solo. Solo, come lo era stato per tutta l’eternità che aveva vissuto sino a quel momento.
Rumpelstiltskin sospirò, raccogliendo da terra una delle parti della freccia spezzata, e tornò a sedersi sulla poltrona di fronte allo specchio. Subito, il suo semplice riflesso svanì, e riapparve l’immagine di poco prima. Il dio dei morti rimase a lungo a guardare Belle, la figlia del dio delle messi, seduta sul suo letto nella sua camera sull’Olimpo, rinchiusa dal suo stesso padre.
Da anni, ormai, guardare il mondo al di fuori dell’Oltretomba era diventato l’unico modo per lui di trascorrere le sue giornate. Non usciva quasi mai dall’Ade, e le rare volte in cui si avventurava alla luce del sole era solo perché James lo richiamava a qualche dovere o riunione sull’Olimpo.
Per il resto del tempo, Rumpelstiltskin se ne stava solo, nel suo regno d’oscurità. L’Oltretomba era un luogo tanto grande quanto buio. Le tenebre avvolgevano ogni angolo della sua dimora e, fatta eccezione per i Campi Elisi, tutto era immerso nell’oscurità, dalle acque del fiume infernale fino alle sue stanze private. Non una luce, non un singolo raggio di sole filtrava attraverso la tenebra. Tutto sarebbe stato avvolto nel silenzio, se a ogni ora del giorno e della notte – benché fosse estremamente difficoltoso distinguere l’alba dal tramonto, là sotto – l’Ade non fosse stato riempito dalle grida e dai lamenti delle anime dei mortali, che erano la sua unica compagnia. Rumpelstiltskin, comunque, non parlava mai con loro: le anime non facevano altro che gemere e lamentarsi e, se dicevano qualcosa, era solo per rimpiangere la vita passata, ricordandone esclusivamente i dispiaceri, i rimorsi e i pentimenti.
Così, da secoli e secoli, Rumpelstiltskin trascorreva le sue giornate quasi interamente guardando attraverso il suo specchio il mondo al di fuori degli Inferi, il mondo a cui non poteva accedere e i suoi abitanti. Tuttavia, da alcuni anni, il dio dei morti si era reso conto di provare un particolare piacere nello spiare una persona in particolare: la figlia di Maurice, il dio delle messi.
Belle. Rumpelstiltskin non avrebbe saputo trovare un nome più appropriato per lei. Quella giovane era l’emblema della bellezza e della vitalità, benché quest’ultima venisse sempre – inconsapevolmente – fiaccata dal suo stesso padre. Maurice aveva cresciuto e allevato sua figlia come un grazioso fiore: stupendo, ma fragile. Il dio delle messi pretendeva che Belle vivesse come una reclusa, non lasciandola quasi mai uscire da sola né allontanarsi troppo dalla sua aura protettrice, tenendola chiusa in casa come un bellissimo gioiello rinchiuso in un portagioie e, benché la fanciulla avesse già ricevuto numerose proposte di matrimonio, rifiutandosi di darla in sposa a chiunque.
All’inizio, Rumpelstiltskin aveva deriso Maurice per le sue assurde manie e paranoie, giudicato sua figlia come una ragazzina debole e fragile, che non aveva il coraggio di ribellarsi, o di affrontare il mondo esterno da sola; con il trascorrere del tempo, tuttavia, aveva dovuto ricredersi.
Aveva guardato Belle per così tanti anni che alla fine era giunto a comprenderne l’indole. La figlia del dio delle messi detestava profondamente le idee e il comportamento paterni, e tentava di ribellarsi a Maurice per quanto le era concesso, ma non era mai riuscita a guadagnare la libertà che tanto bramava.
Rumpelstiltskin guardò la freccia spezzata che teneva fra le mani, tracciandone il contorno con le unghie affilate. La dea della discordia voleva che s’innamorasse di Belle, dunque; a che scopo?
Certamente, Regina voleva fare un altro dei suoi dispetti e aveva designato lui come vittima, concluse Rumpelstiltskin. Non poteva aver certo scoperto che lui era già innamorato della figlia di Maurice.
Il dio dei morti si era reso conto di amare Belle già da molto tempo, ma aveva tentato, invano, di soffocare il suo amore; era certo che la figlia del dio delle messi non avrebbe mai potuto ricambiare lui, e questo indipendentemente dalle idee di suo padre. Belle era la luce e la vita, e lui l’oscurità e la morte. C’era un motivo se Rumpelstiltskin era rimasto solo per tutto quel tempo: chi mai avrebbe accettato di vivere in quel posto tetro che emanava sentore di morte e disperazione, popolato solo da anime e spiriti di defunti? Chi mai avrebbe accettato di spartire la propria vita, mortale o immortale che fosse, con lui, il re degli Inferi, il dio dei morti e dell’Oltretomba?
Tuttavia, l’incidente avvenuto con Sydney e le sue frecce aveva in qualche modo accentuato il suo desiderio di porre fine alla sua solitudine e, ancora di più, il suo amore nei confronti di Belle. Più il dio dei morti guardava la giovane dal suo specchio, più sentiva di non poter vivere senza di lei al suo fianco.
Si alzò dalla sua poltrona, indossando un mantello nero sulle spalle. In cuor suo, sapeva di non avere alcuna speranza, ma non poteva più continuare in quel modo. Non poteva non fare un tentativo, e anche se sapeva che ciò avrebbe suscitato sorpresa e ilarità fra gli altri dei – oh, che risate si sarebbe fatta Regina! –, non poteva rinunciare ad almeno un tentativo di avere Belle con sé.
O meglio, di averla con sé in modo giusto.
 

***

 
Radunati sull’Olimpo, al palazzo del re degli dei, James, tutti gli dei abbandonarono repentinamente le loro chiacchiere e i loro compiti, lasciandosi sfuggire sguardi e mormorii di sorpresa non appena il loro messaggero, Henry, spalancò la porta del palazzo, entrando come una furia.
- Mio signore!- chiamò, rivolto a James, il quale lo squadrò con espressione di sorpresa mista a una vaga preoccupazione. Sua moglie Snow lasciò cadere il lavoro di ricamo in grembo, volgendosi a guardarlo.
- Cosa succede, Henry?- domandò James.
- Il dio dei morti, signore - rispose Henry, un po’ incerto.- E’ qui, alle porte dell’Olimpo. Chiede udienza.
In tutta la sala si levarono mormorii ed esclamazioni di sorpresa. Non accadeva spesso che Rumpelstiltskin si unisse alle loro riunioni, o anche solo si presentasse al loro cospetto. Il re dell’Oltretomba era conosciuto come un tipo solitario e per nulla incline alla vita al di fuori del suo regno, o alle questioni divine o mortali, a meno che non si trattasse di nuove anime da aggiungere alla sua collezione. Il fatto che si presentasse al cospetto loro e di James era un fatto insolito e, a tratti, anche un po’ preoccupante. Perfino Regina, seppur di malumore a causa del fallimento della missione commissionata a Sydney e della compagnia poco gradevole in cui si trovava, si fece improvvisamente attenta e interessata a quella notizia.
James fece un gesto di assenso con la mano.
- Molto bene, dunque. Fallo entrare.
Henry si congedò con un cenno del capo, e corse ad aprire il portone della sala.
- Cosa pensi che vorrà?- sussurrò Emma, la dea delle arti, sporgendosi un poco verso Graham, il dio della guerra.- Rumpelstiltskin non è il tipo da fare irruzione in mezzo a un consiglio senza un valido motivo. Pensi che abbia in mente qualcosa?
- Naturalmente ha in mente qualcosa - replicò Graham.- Ma non vedo motivo di preoccuparsi. A lui non è mai interessato altro se non le anime dei mortali, perché dovrebbe darci noie?
- Proprio per questo motivo dovrebbe darcene!- insistette la dea delle arti. - Il dio dei morti è malvagio, infido. E’ meglio stare in guardia, vorrà certamente qualcosa…
- Ma è naturale che voglio qualcosa, dearie!- proruppe una voce ridacchiante.
Emma ammutolì, mentre tutti si voltavano in direzione del portone d’ingresso. Rumpelstiltskin ghignò, squadrando di sottecchi tutti i presenti. Nella sala era piombato il silenzio. Il dio dei morti avanzò, lentamente, facendo ondeggiare il mantello, senza smettere di sogghignare. Come sempre, si compiaceva dell’effetto che aveva sugli altri dei. Sebbene nessuno di loro volesse ammetterlo, tutti avevano paura di lui. Rumpelstiltskin amava spesso giocare su questo terrore per ottenere ciò che voleva. Gli altri dei avrebbero fatto qualunque cosa, pur di tenerlo a bada.
Chissà, forse perfino…
- Mi sembra chiaro che voglio qualcosa!- ripeté, ghignando, giungendo di fronte a James.- Altrimenti, perché sarei qui? Per bearmi della vostra compagnia?- sghignazzò nuovamente, prima d’inchinarsi al cospetto del re degli dei in modo a dir poco plateale e beffardo.
James si schiarì la voce, sistemandosi meglio sul trono su cui era seduto.
- Lieto di vederti, Rumpelstiltskin.
- Non mentirmi, James, qui nessuno sarà mai lieto di vedermi, te compreso - il dio dei morti scoprì i denti in un sorriso beffardo, rialzandosi in piedi.- Sono venuto qui solo per chiederti una cortesia, nulla di più. Prima me la concederai, prima me ne andrò, lasciandovi ai vostri sciocchi affari.
- Ebbene: di che cortesia si tratta?- incalzò James, ignorando lo sguardo preoccupato di sua moglie e dicendosi che, se Rumpelstiltskin rifiutava i convenevoli e voleva venire subito al dunque, bene, sarebbero arrivati subito al dunque.
Il dio dei morti sogghignò brevemente, nascondendo dietro a quel ghigno la sua fragilità di quel momento.
- Sono qui perché voglio una sposa, James.
A quella dichiarazione, il silenzio che aveva regnato fino a poco prima si ruppe, lasciando il posto a mormorii di sorpresa e a qualche risatina soffocata. Come poteva il dio dei morti volere una sposa al suo fianco, e soprattutto, come poteva pensare che una dea volesse veramente vivere con lui in quel posto tetro, in sua compagnia?
Archie, il dio della sapienza, e Victor, il dio della medicina, si scambiarono un’occhiata perplessa; August, il dio del fuoco, si portò una mano alla bocca per soffocare una risata; Ella e Nova, due delle muse, iniziarono a parlottare fittamente fra di loro, mentre le labbra della dea della discordia si distesero in un sorriso compiaciuto. Regina ghignò, soddisfatta; in fondo, pensò, anche se Sydney aveva fallito, non poteva dire che il suo piano non fosse andato in porto.
Ci sarebbe stato sicuramente da divertirsi…
James si schiarì nuovamente la voce, tentando di riacquistare un po’ del contegno che la sorpresa aveva portato via.
- Devo dire che questa è veramente una cosa sorprendente, Rumpelstiltskin…
- Cosa c’è di tanto sorprendente, James?- domandò il dio dei morti, con il suo solito ghigno.- Quassù la maggior parte di voi ha anche più di una moglie e una gran quantità di amanti. Cosa c’è di male, se anch’io desidero una compagna?
- Nulla. Nulla, assolutamente - rispose il re degli dei, incerto.- Sono sicuro che riusciremo a trovare…
Rumpelstiltskin fece una piccola risata, facendo segno di no con un dito.
- No, no, no, dearie, troppo semplice. Io non voglio una sposa qualunque - il dio dei morti si avvicinò a James, il volto improvvisamente serio.- Io voglio Belle, la figlia del dio delle messi. O lei, o nessun’altra.
A quel punto, le risatine prima soffocate e incerte dei presenti si fecero più forti, ma sempre ben nascoste. Ciò che stava accadendo era veramente assurdo: non solo il dio dei morti voleva una sposa, ma aveva anche la pretesa che questa fosse Belle, la figlia di Maurice!
Un’occhiata truce di Rumpelstiltskin fu in grado di metterli a tacere, ma Regina continuò comunque a sogghignare nascostamente.
- Questo…questo è…- James tentò di trovare le parole adatte.- Temo che questo sia impossibile, Rumpelstiltskin…
- E per quale motivo, dal momento che lei non ne sa nulla? Come fai a esserne certo, se lei non ha ancora dato la sua risposta?
- Beh, credo che anche tu ti renda conto che…
- No, dearie, a dire il vero non mi rendo conto affatto.
- Penso che sia il caso di risolvere la questione in altri termini!- intervenne Snow nel tentativo di mettere pace, sporgendosi un poco verso i due. Tutti, James e Rumpelstiltskin compresi, si voltarono ad ascoltarla. La regina degli dei si schiarì la voce:- E’ il padre di Belle che deve decidere se darla in sposa o no, e a chi. Interpelliamo prima Maurice affinché ci dia il suo consenso. Se così sarà, allora Belle diverrà la tua sposa, Rumpelstiltskin. Se invece…
- Molto bene, allora - l’interruppe il dio dei morti, prima che potesse terminare.- Sai, James, ho sempre pensato che tua moglie avesse molto più cervello di te. Dunque, vi porgo i miei saluti - Rumpelstiltskin fece un altro inchino plateale e beffardo, quindi si voltò, avviandosi verso l’uscita.
- E ricorda, James!- aggiunse, senza voltarsi.- Io ti ho chiesto una cortesia. Se tu non avrai la bontà di farmela, allora vorrà dire che dovrò provvedere da solo.
E uscì.
 

***

 
- No! Assolutamente no!
- Ma…
- Ho detto di no!
James sospirò, abbandonandosi contro lo schienale del suo trono, mentre il dio delle messi, rosso in viso per la rabbia, digrignava i denti di fronte a lui. Non che si fosse aspettato una reazione molto differente da Maurice, e per un attimo aveva anche accarezzato l’idea di lasciar perdere e non dirgli nulla riguardo alla proposta di Rumpelstiltskin, ma sua moglie aveva insistito affinché gliene parlasse. E, esattamente come aveva previsto, si era ritrovato di fronte a un muro di mattoni.
- Non comprendo il perché di questo tuo rifiuto, amico mio - disse il re degli dei.- Tua figlia ha già ricevuto innumerevoli proposte di matrimonio, e tu hai sempre rifiutato tutti i suoi pretendenti…
- Belle è ancora una bambina!- rispose Maurice.- Non è pronta per il matrimonio, ha bisogno della mia protezione!
- Belle è una donna, ormai. E Rumpelstiltskin potrebbe essere un buon marito, per lei…
- Quel mostro!- sbottò il dio delle messi.- Quel mostro, quella bestia! Preferirei dare mia figlia in sposa a un mortale, piuttosto che a lui!
- Non vedo perché no! E’ un dio molto autorevole e rispettato, e di certo tratterà tua figlia nel migliore dei modi e non le farà mancare nulla!
- E’ il dio dei morti! James, tu mi stai chiedendo di dare mia figlia in moglie al re dell’Ade! Non potrei mai lasciare che si allontani da me, che vada in quel posto solitario e oscuro…Belle ne morirebbe. Io ne morirei!
- Sai che non possiamo morire, Maurice, e credo che queste tue idee siano solo preoccupazioni inutili…Ti prego, riconsidera…
- No, James! No! Non lascerò mai che quel mostro s’impossessi di mia figlia! Questa è la mia risposta definitiva, non riuscirai a farmi cambiare idea!
Detto questo, il dio delle messi si voltò, uscendo con furia dalla stanza. James sospirò, abbandonando il capo contro il palmo della mano.
Regina, nascosta nell’ombra, sogghignò. Presto Rumpelstiltskin avrebbe saputo del rifiuto del dio delle messi di dargli in sposa sua figlia, e allora la sua reazione non avrebbe tardato a farsi attendere…
Sì, si ripeté, ci sarebbe stato decisamente da divertirsi…
 

***

 
Belle era riuscita a sgattaiolare via dalla sua stanza anche quel giorno, ma sapeva di avere a disposizione solo due o tre ore di tempo, prima che suo padre venisse a cercarla. La giovane attraversò velocemente la foresta, diretta a quello che era il suo posto preferito: si trattava di un piccolo tempio abbandonato e pressoché caduto in rovina, situato in una delle zone più interne del bosco. Belle non sapeva a chi quel tempietto fosse stato dedicato, né perché fosse stato abbandonato, ma certo era che quelle colonne scolpite in ordine corinzio dal marmo scrostato creavano un gioco di luci e ombre che adorava, ed erano il luogo ideale per pensare, rilassarsi e isolarsi per un poco dal mondo.
Belle si sedette sui gradini, sistemandosi le pieghe dell’abito. Quando stava in quel luogo riusciva a dimenticare per qualche istante come fosse la sua vita, e con che occhi suo padre la vedesse: una bambina incapace di badare a se stessa. Belle invidiava moltissimo Ruby per la sua libertà e la sua indipendenza, e avrebbe tanto voluto essere come lei: forte e libera.
D’un tratto, la giovane udì un fruscio alle sue spalle, e scattò in piedi spaventata non appena si accorse di non essere sola. Di fronte a lei, infatti, vi era un essere dalla pelle grigio-verde, alto e magro, dalle dita lunghe e affusolate le cui unghie erano nere e affilate, i capelli castani lunghi e ondulati e un sorriso molto simile a un ghigno disegnato sulle labbra. Era avvolto in un lungo mantello nero, e indossava abiti di pelle e stivali di cuoio.
- Disturbo, dearie?- domandò, e la sua voce aveva una strana inflessione, quasi una risatina.
- Mi avete spaventata!- soffiò Belle, indietreggiando istintivamente.
- Domando perdono - fece l’individuo, con un lieve inchino.- Se posso permettermi di chiedere, come mai sei qui, tutta sola? Tuo padre potrebbe inquietarsi…
- So badare a me stessa!- rimarcò Belle.- E, per vostra informazione, mio padre non vuole che parli con voi.
- E per quale motivo?- chiese Rumpelstiltskin, nascondendo nuovamente l’ansia dietro il suo ghigno. Aveva domandato la mano di Belle a James solo quella mattina, e lei non era presente; possibile che l’avesse già saputo? Era impossibile!
Anche se, pensò, molto probabilmente il fatto che Belle non dovesse parlare con lui era dovuto alle paranoie di suo padre.
- Sai chi sono io, dearie?
- Certo che lo so. Siete Rumpelstiltskin, il dio dei morti. Mio padre mi ha parlato di voi…- rispose Belle, mantenendo un’aria sostenuta e spavalda.
- Sul serio? E cosa ti ha detto, di preciso, su di me?
- Che…che…lui dice…lui dice che siete pericoloso…- balbettò Belle, un poco imbarazzata.
- Pericoloso?- Rumpelstiltskin fece una risatina.- Pericoloso? A te sembro pericoloso, dearie?
- Beh, siete…siete il dio dei morti…- soffiò la giovane.
- E con questo? Tu sei viva, e sei una dea. Non hai nulla da temere da me - aggiunse, sottovoce, sperando che quella improvvisa serietà nel pronunciare quelle parole fosse sufficiente affinché Belle si fidasse di lui e smettesse di temerlo, almeno un poco. Lentamente, per non spaventarla, Rumpelstiltskin prese una mano della giovane fra le sue e ne baciò lievemente il dorso. Belle sentì un brivido correrle lungo la schiena, a quel contatto. Era stato un bacio casto e delicato, ma al contempo invadente. Le labbra di Rumpelstiltskin erano scivolate sulla sua mano come se la morte stessa la stesse toccando, e la giovane aveva dovuto fare uno sforzo immane per non ritrarsi. Le pareva quasi di essere stata accarezzata da un serpente.
- Io so molte cose di te, lo sai?- disse ancora Rumpelstiltskin; Belle lo guardò, perplessa.
- E cosa, esattamente?
- Oh, molte cose. Ad esempio, che odi profondamente la tua vita, e che ti senti come un uccellino in gabbia…
- Non ho idea di come facciate a sapere queste cose su di me, ma di certo io non sono un uccellino!- protestò Belle.- Sono forte e indipendente, e libera.
- Libera? A me pare che tu non sia molto libera, dearie - tornò a ghignare il dio dei morti.
- E a me pare che voi non siate molto educato!- rispose Belle.
Rumpelstiltskin smise immediatamente il suo ghigno, arretrando di un passo.
- Chiedo perdono per averti offesa. Non intendevo essere indelicato - si scusò, con un breve cenno del capo. Belle aprì la bocca per replicare, ma una voce irruppe nell’aria.
- Belle!- chiamò la voce del dio delle messi, molto vicina.
La giovane voltò il capo in direzione della voce, quindi tornò a volgersi verso il suo interlocutore, e sussultò. Il dio dei morti era sparito.
- Belle! Dove sei, raggio di sole? Belle!
- Sono qui, padre!- rispose la giovane, correndogli incontro. Maurice l’accolse a braccia aperte, ma il suo volto rimase corrucciato.
- Belle, quante volte ti devo ripetere che non voglio che ti allontani senza permesso?
- Perdonatemi, padre…- mormorò la giovane, abbassando un poco lo sguardo.
- Ti ho sentito parlare con qualcuno. Chi c’era con te?
- Ehm…no, nessuno…io…stavo solo canticchiando…- balbettò Belle, sperando che il dio delle messi credesse alla sua bugia. Maurice la guardò per qualche istante, quindi la condusse con sé senza dire una parola. Belle si voltò appena a guardare il luogo in cui Rumpelstiltskin era scomparso.
Il dio dei morti l’aveva terrorizzata. Sperava di non rivederlo mai più.
 

***

 
Il giorno dopo, Belle tornò al tempio abbandonato nella foresta. Sapeva che suo padre stavolta si sarebbe arrabbiato, se l’avesse scoperta, ma lei avrebbe fatto in modo che ciò non avvenisse. Sarebbe tornata a casa entro un’ora, ma prima aveva bisogno di un po’ di pace e calma.
Si distese nell’erba, gli occhi azzurri puntati contro le foglie degli alberi al di sopra di lei, da cui filtrava qualche raggio di sole. Quasi non si accorse di un rumore di zoccoli che si stava avvicinando velocemente, rendendosene conto solo quando ormai erano troppo vicini.
Belle si alzò velocemente in piedi, vedendo una carrozza nera trainata da quattro cavalli purosangue avvicinarsi a lei. Tentò di scappare, ma era troppo tardi. Lo sportello della carrozza si aprì, e Belle venne trascinata dentro, cadendo nell’oscurità.
 
Angolo Autrice: Va bene, sono ufficialmente da ricovero! Scusate, non so da dove mi vengano queste idee, so solo che quando arrivano iniziano a martellare furiosamente per venire fuori e…ecco il risultato! Vi prego, non linciatemi!
Anyway, questa storia è basata sul mito di Ade e Persefone (una delle poche cose buone rimastemi dopo cinque anni di liceo classico! XD), e sarà divisa in tre capitoli, più o meno di questa lunghezza.
Per chi non avesse chiare le identità dei vari dei, ecco qui un riassunto: Rumpelstiltskin è Ade, Belle è Persefone, Maurice è Demetra, James è Zeus (motivo principale per cui l’Olimpo va a catafascio XD), Snow è sua moglie Era, Henry è Ermes, Uncino è Poseidone, Regina è Eris, Sydney è Cupido (sì, lo so…), Abigail è Afrodite, Frederick è Paride, Graham è Ares, Emma è Atena, Archie è Apollo, Whale è Asclepio, August è Efesto, Ella e Nova due delle muse e Ruby è Artemide.
Dovrei pubblicare un capitolo a settimana, e tranquillizzo chi le segue che non abbandonerò né Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the BeastTitanic, di cui presto pubblicherò il nuovo capitolo!
Grazie per aver fatto un salto qui. Come sempre, le recensioni mi fanno piacere…in questo periodo mi rendo conto di non essere troppo in forma con la scrittura e le storie, quindi se questa ff fa schifo, ditelo e io la cancello subito!
Ciao, un bacio,
Dora93

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Capitolo 2
*** Freddo, oscurità...forse amore ***


- Dov’è?! Dov’è mia figlia?!
James sospirò, passandosi una mano sulla fronte mentre sua moglie Snow chinava il capo al suo fianco. Nessuno degli dei si azzardava a profferire parola ad alta voce, limitandosi a mormorii sommessi. Solo in quel momento, James comprendeva appieno le ultime parole che Rumpelstiltskin gli aveva rivolto prima di andarsene.
Io ti ho chiesto una cortesia. Se tu non avrai la bontà di farmela, allora vorrà dire che dovrò provvedere da solo.
Il dio dei morti aveva mantenuto la sua promessa.
- E’ stato lui, non è vero?- ringhiò Maurice.- E’ stato quel mostro! E’ stato lui a rapire la mia Belle!
- Maurice, cerca di calmarti…
- Come posso calmarmi, dannazione?!- urlò il dio delle messi, fuori di sé per la rabbia e la preoccupazione.- Mia figlia è sparita! Quella bestia l’ha portata via con sé! Devi fare qualcosa, James, devi riportarla da me!
- Non posso fare nulla, Maurice. Nessuno può - disse James, rassegnato.
- Certo che possiamo!- Ruby scattò in piedi, raggiungendo velocemente il centro del salone. Come la maggior parte dei presenti, la dea della caccia non era ancora riuscita a metabolizzare ciò che era successo. Le sembrava impossibile di aver parlato con Belle solo la mattina precedente e che ora lei fosse scomparsa. No, rapita. Rapita dal dio dei morti.- Possiamo entrare nell’Ade! Siamo dei, il traghettatore non pretenderà da noi alcun pagamento, né ci impedirà di passare!
- Ma lo farà Rumpelstiltskin!- intervenne Archie.- Quello è il suo regno, dopotutto. Noi potremmo anche non sottostare alle regole dei mortali, ma se entreremo nell’Oltretomba sarà lui a tenere i fili della situazione!
- Allora, costringiamolo a lasciarla andare!- suggerì Emma con forza.- Possiamo cercare di farlo ragionare, e se le belle parole non funzionano, allora lo faranno le minacce!
La dea della sapienza terminò la frase un attimo prima che una sonora risata risuonasse contro le pareti del palazzo. Emma si voltò verso la dispensatrice di quella ilarità, innervosita; detestava venire interrotta e soprattutto derisa, specialmente se era la dea della discordia a farsi beffe di lei.
Regina prolungò la sua risata ancora per qualche istante, prima di accomodarsi meglio sul proprio trono e accavallare le gambe, il volto disteso in un sorriso di strana soddisfazione.
- Ma vi prego! Qualcuno di voi si ascolta, mentre parla?- domandò.- Davvero credete che Rumpelstiltskin cederà alle vostre moine, o a delle minacce. Il dio dei morti è come la stessa Thanatos, non perdona nessuno e non ode le suppliche di chicchessia. Ha detto di volere una sposa, non è così? In tal caso, conoscendo il signore dell’Ade, temo che il destino di Belle si sia già compiuto da un pezzo…- concluse, con un sorriso cattivo.
- Taci!- tuonò il dio delle messi.- Taci! Non osare mai più dire una cosa simile, mi sono spiegato?!
- Non è colpa mia se tu non riesci a guardare in faccia la realtà, Maurice - rispose Regina, senza scomporsi.- Così come non lo è il fatto che Belle sia stata rapita da Rumpelstiltskin…
- Su questo non ci metterei la mano sul fuoco…- mugolò Emma.
- …e che voi non sappiate come fare per risolvere questa situazione - concluse la dea della discordia, ignorando il commento.- Andiamo, confessate! Non avete la più pallida idea di come riportare indietro quella ragazza. E lo sapete perché? Ve lo dico io - Regina si alzò in piedi, guardando gli dei ad uno ad uno.- Perché non c’è un modo per riportarla indietro. Rumpelstiltskin si è preso ciò che voleva, e non vi rinuncerà tanto facilmente. Non ci resta che rassegnarci al fatto compiuto.
Maurice avrebbe voluto urlarle insulti e maledizioni, ma le parole di Regina aumentarono la sua ansia, e non poté fare altro che voltarsi a guardare James con aria supplichevole. Il re degli dei, comunque, si limitò a scuotere il capo. Per quanto detestasse ammetterlo, Regina aveva ragione: molto probabilmente, Belle era già divenuta la sposa del dio dei morti, e Rumpelstiltskin non avrebbe rinunciato a lei, se non per amore, anche solo per semplice ripicca. Loro non potevano violare le porte dell’Ade e riportarla indietro, e tentare di far ragionare il re degli Inferi sarebbe stato inutile.
Non c’era nulla che potessero fare.
Maurice chinò il capo, le guance rigate da lacrime di preoccupazione e rabbia, e strinse i pugni, sentendosi debole e impotente come mai gli era accaduto nella sua vita immortale.
Non avrebbe rivisto mai più sua figlia.
Nel momento esatto in cui quel pensiero si affacciò nella mente del dio delle messi, la terra iniziò lentamente a morire.
 

***

 
Belle si risvegliò nell’oscurità. Ci mise diversi istanti a raccapezzarsi, e più si guardava intorno, più si sentiva spaesata. Si trovava in una stanza quasi completamente immersa nelle tenebre, fatta eccezione per una candela accesa, la cui debole fiammella illuminava parzialmente l’ambiente. Belle era distesa su di un letto a baldacchino, le cui tende e lenzuola erano di un cupo rosso sangue. Per il resto, non riusciva a scorgere nient’altro. Non avrebbe saputo dire se la stanza era grande o piccola, se vi era altra mobilia, o se vi fosse – fu il suo primo pensiero non appena si rese conto di non essere più a casa sua – una qualche via di fuga. Belle si guardò furiosamente intorno, gettando le lenzuola via da sé. Si sedette sul bordo del letto, prendendo la candela fra le mani e cercando di illuminare l’ambiente circostante, ma la luce si estendeva solo fino a pochi passi da lei.
Belle posò la candela, iniziando a tremare violentemente. Ricordò tutto: il tempio abbandonato, la carrozza…Dove si trovava? Cosa le era successo?
Belle prese un profondo respiro, cercando di calmarsi e di ragionare, ma non riusciva a smettere di tremare. Si alzò in piedi, barcollando un poco e avanzando di qualche passo a tentoni, ma subito si arrestò. Non conosceva quel luogo, non era in grado di orientarsi al buio.
Improvvisamente, venne colta da una vampata di gelo, quasi che uno spiffero invernale l’avesse investita improvvisamente, e avvolse le braccia intorno alle proprie spalle.
- Ben svegliata, dearie!- ridacchiò improvvisamente una voce acuta e maligna, proveniente da chissà dove. Belle sobbalzò, facendo dardeggiare lo sguardo tutt’intorno cercando di capire da dove provenisse quella voce, ma non vedeva nulla oltre lo strato di oscurità.
Indietreggiò istintivamente, tornando a sedersi sul letto e abbracciando le proprie ginocchia.
- Non avere paura!- si affrettò a dire la voce; non era più ridacchiante e canzonatoria, ma a Belle parve comunque familiare.- Non ti accadrà nulla di male, finché sarai qui.
Lo sguardo di Belle s’indurì; aveva riconosciuto la voce ancor prima che il suo possessore entrasse nell’aura della poca luce che le era concessa.
Rumpelstiltskin avanzò di qualche passo, e l’intera sua figura venne illuminata dalla debole luce della candela. Belle sentì il cuore saltare un battito; le ombre proiettate dalla fiammella rendevano il volto del dio dei morti ancora più cupo e inquietante. La ragazza prese un lungo respiro, cercando di ritrovare il sangue freddo e soprattutto un po’ di contegno. Aveva sempre desiderato essere coraggiosa: quella era l’occasione buona.
- Dove sono? Perché mi avete portata qui?- domandò, mantenendo la voce ferma. Nonostante il dio dei morti l’avesse appena tranquillizzata dicendole di non avere paura, lei si sentiva molto restia a credere alle sue parole. Aveva a che fare con il signore delle anime, dopotutto. E, con ogni probabilità, se lei si trovava in quel posto, era tutta colpa sua.
- Domanda sciocca, da parte tua, dearie. Non rendi onore alla tua intelligenza - ghignò Rumpelstiltskin.- In ogni caso, penso che sia mio dovere, in quanto padrone di casa, darti una risposta. Dunque, benvenuta nell’Ade, dearie - sorrise, accompagnando la frase con un inchino appena accennato.
Belle serrò le labbra, mentre gli occhi divennero due fessure.
- Siete stato voi a rapirmi, non è vero? Voi avete inviato quella carrozza!- ringhiò.- Perché? Cosa volete da me?
- Non sembri molto felice di trovarti nella mia dimora…- osservò Rumpelstiltskin, mantenendo il suo solito ghigno ed evadendo al contempo la domanda.
- Certo che non lo sono! Mi avete rapita, mi avete portata qui contro la mia volontà! Se desideravate che io venissi qui, avreste almeno potuto degnarvi di chiedermelo!- sbottò Belle, ma subito un’altra vampata di gelo la fece rabbrividire, e si strinse nuovamente nelle spalle; dannazione, in quel posto faceva un freddo infernale!
Rumpelstiltskin non rispose; Belle s’impose di smettere di battere i denti, e riacquistò il suo tono di voce fermo e deciso.
- Perché sono qui?- ripeté.
Il dio dei morti chinò il capo, improvvisamente serio; si avvicinò a lei lentamente, quasi stesse misurando i propri movimenti per non spaventarla. Le prese una mano, baciandone piano il dorso come aveva fatto il giorno prima presso il tempio abbandonato; ancora, Belle avvertì un brivido lungo la schiena al tocco delle sue labbra.
- Non era mia intenzione farti un torto - sussurrò il dio dei morti, stranamente serio, accarezzandole piano la mano. - Ho ritenuto opportuno portarti qui senza il tuo consenso perché sapevo che non avresti mai accettato. So che hai paura di me.
Non c’era né minaccia né beffa nel suo tono di voce, anzi, a Belle parve estremamente mesto; tuttavia, anche senza quel ghigno malefico, i suoi sentimenti nei confronti del signore dell’Ade non mutavano. Rumpelstiltskin aveva compreso tutto: lei aveva paura di lui.
- So che hai paura di me - ripeté il dio dei morti dopo qualche istante.- Ma io ti giuro che non ti farò del male.
- Sono felice di sentirvi dire questo. Ma mi è difficile credervi, in questa situazione - Belle sostenne il suo sguardo.- Perché mi avete portata qui?- ripeté.- Cosa volete da me?
Rumpelstiltskin abbassò nuovamente lo sguardo, senza lasciarle la mano.
- Volete che mi fidi di voi, non è vero? Allora, ditemi la verità!- insistette Belle.
- La verità?- Rumpelstiltskin accennò un sorriso, che morì immediatamente sulle sue labbra. La ragazza annuì con decisione.
- La verità…la verità è che…- il dio dei morti esitò; non gli era mai accaduto, e si maledisse mentalmente. Non doveva apparire insicuro, non in quel momento.- La verità è che cerco…una moglie - concluse, per nulla soddisfatto di se stesso. Avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, ma Belle si ritrasse di scatto prima che potesse farlo. Lo sguardo della ragazza era carico di orrore.
- Volete sposarmi?!- la giovane quasi gridò; il dio dei morti si sentì colpito da quella reazione, ma s’impose di non darlo a vedere, e sfoderò nuovamente il suo solito ghigno.
- Sei molto perspicace, dearie.
- Voi siete pazzo!- Belle ringhiò, allontanandosi da lui; ringraziò mentalmente che i suoi occhi si fossero abituati un poco all’oscurità, così da potersi muovere più agevolmente in quella stanza buia.- E’ per questo che mi avete portata qui? Perché sperate che io acconsenta a diventare vostra moglie? No, questo non accadrà mai, potete esserne certo! Quando mio padre lo verrà a sapere…
- …quando tuo padre lo verrà a sapere, dearie, non potrà fare altro se non rassegnarsi al fatto compiuto e accettare le cose come stanno. Dunque, se speri che il paparino venga a salvarti, temo che resterai delusa - Rumpelstiltskin fece una risatina acuta e malefica.- Sono io che comando, qui, dearie. L’Ade è il mio regno, e nessuno può entrare o uscire senza il mio permesso!
- Beh, io non intendo sottostare alle vostre regole un minuto di più!- esclamò Belle, risoluta; quindi, senza aggiungere altro, uscì sveltamente dalla stanza, senza voltarsi.
Belle raggiunse l’esterno della camera, e subito venne nuovamente colpita dall’oscurità che regnava nell’Oltretomba. Fortunatamente, qua e là, infisse alle pareti, c’erano delle fiaccole accese, così da poter illuminare un poco l’ambiente, che tuttavia restava tenebroso. Belle venne colta da un altro brivido di freddo; non vedeva niente e nessuno, ma poteva udire i lamenti e le grida delle anime morte intorno a lei. Abbassò lo sguardo: poco distante da lei il fiume infernale scorreva velocemente verso Nord, e da esso spuntavano di tanto in tanto sbuffi di fumo. I gemiti delle anime dei mortali non cessavano mai. Belle venne colta da una grande paura, ma si disse che doveva essere coraggiosa; si avvicinò alle sponde dello Stige, e subito scorse un’ombra avvicinarsi navigando sulle acque.
- Traghettatore!- chiamò, sventolando una mano per far notare la propria presenza.
Grumpy la vide, e accostò la barca alla riva.
- Portatemi indietro!- Belle tentò di dare alla propria voce un tono imperioso, ma la frase le uscì come una supplica.- Riportatemi sull’altra sponda, dove si trova la porta dell’Ade!
- Non posso farlo - replicò Grumpy, con voce piatta, ma senza smettere il suo sguardo truce.
Belle sospirò; l’avidità del traghettatore delle anime era conosciuta anche nel mondo mortale e divino. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe preteso un pagamento.
- Ascoltate: ora non ho denaro con me, ma se mi riporterete indietro prometto che vi darò dieci dracme per ricompensarvi.
- Dieci dracme?- il traghettatore scoppiò in una sgangherata risata.- Confesso che mi tentate, signora, ma non posso in alcun modo acconsentire alla vostra richiesta. Ordini superiori.
Belle avrebbe voluto gridare dalla rabbia, mentre Grumpy e la sua imbarcazione scomparivano attraverso i fumi e l’oscurità. Si lasciò cadere in ginocchio, i capelli che le ricadevano sugli occhi. Belle conficcò le unghie nella terra, costringendosi a non piangere. Non doveva piangere. L’avrebbe fatta apparire debole e vulnerabile. Era quello che lui si aspettava, quello che avrebbe voluto. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
Dunque, era in trappola. Rumpelstiltskin aveva preso tutte le precauzioni affinché lei non lasciasse il regno dei morti. Il solo pensiero che le sarebbe bastato salire su una barca e attraversare un fiume per fuggire da quell’incubo non faceva altro che accrescere la sua rabbia. Il traghettatore aveva ricevuto dal suo padrone l’ordine di non lasciarla salire sulla sua imbarcazione e, se anche Belle avesse avuto con sé del denaro, egli si era rivelato incorruttibile nonostante la sua natura avida.
E poi, il dio dei morti aveva detto il vero: là sotto, tutto e tutti dovevano sottostare alle sue regole. Né suo padre né nessun altro, neppure lo stesso James, avrebbero potuto tentare di salvarla. Rumpelstiltskin avrebbe impedito loro l’accesso, o anche fatti cacciare via da Cerbero, se fosse stato necessario. Non avrebbe permesso loro nemmeno di avvicinarsi alle porte dell’Ade.
Era una prigioniera, a tutti gli effetti; e non c’era modo per lei di fuggire.
Rumpelstiltskin l’aveva portata lì perché voleva fare di lei la sua sposa; perché? Perché proprio lei? Perché il dio dei morti non si accontentava di averla come semplice prigioniera, ma la voleva invece intrappolare ancora di più, vincolandola a lui per l’eternità?
- Ti aspetto stasera a cena, dearie!- ridacchiò una voce in lontananza, rimbombando sulle pareti.
Belle mugolò, stringendosi le ginocchia al petto. Non avrebbe ceduto. Non avrebbe acconsentito a divenire la moglie di Rumpelstiltskin.
Avesse dovuto restare imprigionata per l’eternità, ma non avrebbe ceduto. Rumpelstiltskin e la sua oscurità non l’avrebbero avuta.
 

***

 
Belle si era ripromessa di non accettare l’invito di Rumpelstiltskin e di rimanersene chiusa a chiave nella sua stanza, ma alla fine si era decisa ad andare a quella maledetta cena. Non aveva fame, né tantomeno desiderava la compagnia del re dell’Ade, ma si era detta che continuare a starsene con le mani in mano e a piangersi addosso non avrebbe giovato a nulla. Se non altro, avrebbe almeno potuto tentare di far ragionare Rumpelstiltskin.
Belle rabbrividì nuovamente per il freddo, appena mise piede nell’immensa sala da pranzo. Si domandò se avrebbe sempre dovuto patire il gelo in quel modo, o se, prima o poi, vi ci sarebbe abituata. In ogni caso, sperava che la sua permanenza nel regno dei morti non si protraesse abbastanza a lungo per poterlo scoprire.
La sala da pranzo del dio dei morti era appena più illuminata del resto dell’Oltretomba, ma la luce che scaturiva dai candelabri posti a centro tavola era flebile e inquietante. Il lungo tavolo era imbandito con ogni cibo che Belle avesse mai assaggiato, mentre Rumpelstiltskin era seduto a capotavola su un trono di pietra, in una posizione così rilassata e noncurante da apparire più disteso che seduto.
- Sei in ritardo, dearie - ghignò il dio dei morti. Belle non rispose, e si sedette all’altro capo del tavolo, il più lontano possibile da lui. Rumpelstiltskin la guardò per qualche istante, il ghigno meno sicuro e marcato di prima. Belle sostenne il suo sguardo, ignorando il brivido – stavolta non di freddo – che le corse lungo la schiena quando incrociò i suoi occhi scuri.
- Sono venuta qui per parlarvi - esordì Belle.
- Ah, certo! Pensa un po’, e io che credevo desiderassi la mia compagnia…
- Quanto volete per lasciarmi andare?- chiese la giovane, ignorando il commento.- Oro, forse?
- Oro? Hai detto proprio oro?- Rumpelstiltskin le rivolse uno sguardo incredulo.- Dearie, nel caso te lo sia dimenticato, io sono il dio dei morti. Cosa credi che potrei farmene, dell’oro?
- Allora, ditemi che cosa volete!- insistette Belle.- Ci dev’essere qualcosa…Sono certa che mio padre, oppure James, sarebbero sicuramente in grado di…
Rumpelstiltskin ridacchiò, facendo segno di no con l’indice.
- Fatica sprecata, dearie - sussurrò.- Ti ho già detto ciò che voglio, e non intendo accettare scambi. Ma perché non mangi qualcosa, mentre ne discutiamo?
Belle arrossì violentemente, quindi si alzò in piedi, indignata.
- Siete un essere spregevole!- gridò.- E’ così che sperate di ottenere la mia mano? Con l’inganno? Beh, in tal caso sappiate che non sono una stupida! So che cosa accade a chi mangia il cibo dell’Oltretomba! Non riuscirete a trattenermi qui!
- Davvero mi credi così subdolo?- Rumpelstiltskin si fece improvvisamente serio, quindi si alzò in piedi a sua volta, andandole incontro.- Davvero credi che ricorrerei a questo volgare stratagemma per trattenerti qui con me? Confesso di esserne stato tentato, ma sapevo che mi avresti odiato ancora di più di adesso, se l’avessi fatto - il dio dei morti arrivò a pochi centimetri da lei; Belle si sentì profondamente a disagio a causa di quella vicinanza.- Ho fatto in modo che tu qui possa mangiare tutto quello che vuoi, senza essere mai vincolata a questo posto. Non voglio una prigioniera, Belle. Io voglio una moglie, e sarà solo attraverso la tua promessa che rimarrai qui. Spontaneamente, senza alcun obbligo.
- E allora, perché mi tenete rinchiusa qui?- insistette la giovane.- Se mi è concessa tutta questa libertà, perché non posso ritornare a casa?
- Di che ti lamenti?- di nuovo, quel ghigno malefico rispuntò sulle labbra di Rumpelstiltskin.- Se non ho capito male, non è che lassù, con tuo padre sempre intorno, avessi molta più libertà.
- Ero a casa mia! Ero vicino alle persone che amavo, ero vicino a mio padre! Lassù non c’era mai oscurità, potevo vedere il sole!
- A che serve il sole, se lo si può vedere solo da lontano?- replicò Rumpelstiltskin.- Eri una prigioniera, dearie, tanto vale che tu lo ammetta. Si potrebbe quasi dire che ti ho fatto un favore…
- Che cosa?!- Belle lo guardò, incredula e indignata.- Un favore? Avete idea di che cosa avete fatto?!- sbottò.- Voi non mi avete salvata! Mi avete solo rinchiusa in un’altra prigione, mi avete portato via da tutto ciò che amavo…
- Ascolta, dearie…
- No! No, io non sono la vostra dearie e non intendo ascoltare un’altra delle vostre spiegazioni! E ricordate che io ho un nome, d’ora in avanti gradirei che lo utilizzaste!
- Come desideri…Belle - ghignò il dio dei morti.
La giovane non rispose, rassegnata; aveva una gran voglia di mettersi a piangere, ma il suo orgoglio glielo impediva. Venne colta dall’ennesimo brivido di freddo, e si strinse nelle spalle. Rumpelstiltskin se ne accorse.
- Hai freddo?
- Qui dentro si gela…- soffiò Belle, senza che la sua voce si addolcisse.
Rumpelstiltskin la guardò per qualche istante, quindi si tolse di dosso il mantello nero, porgendoglielo gentilmente. Belle allungò una mano per prenderlo, ma subito il dio dei morti ritrasse la propria.
- Tutto ha un prezzo, Belle - ghignò.- A te la scelta: puoi continuare a patire il freddo, oppure pagare il prezzo di questo mantello…
- Credete davvero che basterà la promessa di un mantello per farmi cedere!- ringhiò Belle.- Preferisco morire congelata!
- Dubito che, data la tua natura divina, tu possa davvero morire a causa del gelo ma, in ogni caso, non era ciò che intendevo proporti. Te l’ho detto, quando acconsentirai a sposarmi sarà per tua spontanea volontà, non a seguito di un ricatto.
- E…qual è, allora, il vostro prezzo?- balbettò Belle, giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli. Rumpelstiltskin inclinò lievemente il capo di lato, sorridendo e inarcando un sopracciglio.
- Che ne diresti di un piccolo bacio su una guancia?
Belle sgranò gli occhi, e indietreggiò istintivamente.
- Andiamo, non posso essere così repellente!- ridacchiò il dio dei morti.- C’è di peggio, devi ammetterlo…
- Non basterà un bacio, per farmi acconsentire a diventare vostra moglie.
- Certo che no. Ma sarà in grado di far acconsentire me a darti questo mantello.
Belle strinse i pugni lungo i fianchi. Odiava sentirsi ricattata, e se avesse potuto gli avrebbe dato uno schiaffo e se ne sarebbe scappata via, ma, dannazione!, aveva freddo. E più se ne stava lì, più le sembrava che il gelo aumentasse. Era solo un bacio su una guancia, dopotutto, si disse. Non avrebbe fatto del male a nessuno.
Si sollevò sulle punte, baciando velocemente la guancia di Rumpelstiltskin, quasi senza posare le labbra sulla sua pelle. Si ritrasse immediatamente, strappandogli il mantello di mano, quindi se lo avvolse intorno alle spalle.
- Meglio?- chiese il dio dei morti; Belle si sarebbe aspettata che facesse qualche commento o qualche battuta su quanto era appena successo, ma si era sbagliata. Meglio così, pensò. Meglio così.
La ragazza annuì; il mantello non la proteggeva interamente dal freddo, ma se non altro con quello addosso riusciva a sentire meno il gelo. Arrossì violentemente, alla consapevolezza di ciò che aveva appena fatto. Si sentiva come se si fosse venduta. Un bacio, in cambio di un pezzo di stoffa!
Belle strinse nuovamente i pugni, scoccando a Rumpelstiltskin un’occhiata colma di rancore. Si voltò senza aggiungere nulla, e corse fuori dalla stanza.
 

***

 
Nell’Oltretomba si perdeva il senso del tempo. Belle sentiva come per intuito che era sera inoltrata, forse anche notte, ma non avrebbe saputo dire se il buio fosse appena calato oppure se l’alba fosse vicina. Non riusciva a dormire; mille dubbi e mille domande la tenevano sveglia nonostante la stanchezza. Perché Rumpelstiltskin voleva proprio lei come sua sposa? Perché lei, e non un’altra? Perché si era ridotto a rapirla per ottenere la sua mano? Suo padre che avrebbe detto? Che avrebbe fatto? Come si sentiva in quel momento? Qualcuno, suo padre, James, Ruby, chiunque, avrebbe fatto qualcosa per liberarla? Sarebbe mai ritornata a casa? O sarebbe rimasta per sempre prigioniera di quell’oscurità?
Erano tutte domande a cui non era in grado di rispondere ma, in mezzo a tutti quei dubbi, una certezza ce l’aveva: non importava cosa sarebbe successo o cosa il re dell’Ade avesse fatto, non importava se sarebbe dovuta rimanere prigioniera per sempre, lei non avrebbe acconsentito a divenire la moglie di Rumpelstiltskin.
Non si sarebbe mai concessa a quel mostro.
Belle si accoccolò ancora di più sul suo letto, maledicendo la fiammella della candela che stava cominciando a spegnersi, e si strinse le ginocchia al petto. Sussultò, udendo qualcuno bussare alla porta; non fece in tempo a domandarsi se aprire o no, che l’uscio si spalancò. E cosa si sarebbe dovuta aspettare?, pensò. Lui era il padrone, là dentro. Poteva fare tutto ciò che voleva.
- Non ho nessuna intenzione di farti del male - esordì Rumpelstiltskin, stranamente serio, notando il suo sguardo preoccupato.- Ero solo venuto a…beh, a darti la buona notte - concluse, ritrovando il suo ghigno. Belle distolse lo sguardo, scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Buona notte, allora - replicò infine, rifiutandosi di guardarlo.
Rumpelstiltskin tornò immediatamente serio, e si avvicinò al letto. Le prese dolcemente una mano, posandovi sopra, come sempre, un bacio a fior di labbra.
- Vorrei tanto che tu non mi odiassi…- sussurrò.
Belle strinse la labbra a fessura, quindi ritrasse la mano.
- Allora, fate in modo che io non vi odi. Lasciatemi tornare a casa!- esclamò.
Il dio dei morti sospirò.
- Mi stai chiedendo l’unica cosa che non posso concederti.
Belle distolse nuovamente lo sguardo, prendendosi il capo fra le mani.
- Ma perché?- gemette.- Perché proprio io? Perché volete sposarmi?
- Perché ti amo - rispose semplicemente il dio dei morti; a Belle faceva uno strano effetto vederlo così serio, anziché con il suo solito ghigno malefico sulle labbra, ma s’impose di non lasciarsi commuovere. Sospirò, scuotendo il capo.
- Mi avete incontrata solo una volta, prima di oggi…- mormorò, in una debole protesta.
- E’ vero, ma ti ho guardata da lontano per anni - disse Rumpelstiltskin.- Sono innamorato di te da anni, Belle, ma solo ora ho deciso di farmi avanti. Ho cercato di ottenere la tua mano in modo giusto, chiedendo il permesso a tuo padre, ma mi sono ritrovato di fronte a un rifiuto. Per questo ho deciso di portarti qui. Anche con il consenso del dio delle messi, sapevo che tu non avresti mai accettato di diventare mia moglie. E io non posso vivere senza di te.
- E pensate che tenendomi rinchiusa qui io cambierò idea?- chiese Belle.- Avreste almeno potuto fare un tentativo. Chiedere a me se desideravo sposarvi, non a mio padre. Nessuno decide il mio destino, né lui né voi. Solo io.
Il dio dei morti chinò il capo, senza dire nulla. Belle si torse nervosamente le mani.
- So di aver sbagliato. Ma posso rimediare, se mi concederai una possibilità - disse Rumpelstiltskin.- Pensi che potrai essere felice, qui, un giorno?
La ragazza sospirò nuovamente, chiudendo gli occhi. Conosceva già la risposta a quella domanda ma, nonostante tutto, non voleva dare al dio dei morti un dispiacere. Anche se il suo sentimento non era ricambiato, lui l’amava, in fondo.
- Mi lascerete mai andare?- chiese, in un soffio.
Rumpelstiltskin chinò nuovamente il capo, e non rispose. Si voltò lentamente, uscendo dalla stanza.
- Buona notte, Belle - augurò, prima di chiudere la porta.
Quando anche la fiammella della candela si spense, Belle rimase sola con se stessa. E con l’oscurità.
 

***

 
Erano trascorsi tre giorni, e Belle non era più uscita dalla sua stanza da quella sera. A colazione, pranzo e cena compariva nella camera da letto un vassoio colmo vivande, ma la ragazza assaggiò sempre poche cose e con molta titubanza, timorosa che Rumpelstiltskin le avesse mentito riguardo al cibo. Tuttavia, Belle si sentì presto sollevata quando non notò alcun cambiamento nel proprio corpo.
La mattina del terzo giorno, Belle si svegliò di prima mattina – o almeno, credeva che lo fosse, dal momento che ormai lo scandire del tempo si basava solo sull’avvento del giorno o della notte – e subito notò un cambiamento nella propria stanza. Accanto alla parete vi era ora un grande armadio di legno scuro. Belle si alzò dal letto, andando cautamente incontro al guardaroba. Per tre giorni non aveva indossato altro se non il suo abito azzurro che aveva addosso quando era stata rapita: aprendo le ante dell’armadio, invece, Belle trovò una quantità impressionante di vestiti, per ogni occasione e per ogni ora del giorno. Erano magnifici, dovette convenire. Benché tutti, o quasi, fossero neri.
Belle ne prese uno, maneggiandolo con attenzione. Si trattava di un abito nero lungo fino ai piedi, con la gonna ampia e senza spalline, che si allacciava dietro al collo. La scollatura era abbondante ma non eccessiva, ed elegante. La stoffa nera brillava come un cielo stellato. Belle lo fece aderire con attenzione al proprio corpo, notando che le andava a pennello.
Fece un piccolo sorriso.
- Lieto di vedere che il mio regalo ti è stato gradito - fece una voce ridacchiante; Belle sobbalzò più per la sorpresa che per lo spavento, dal momento che sapeva esattamente a chi apparteneva quella risatina. Si voltò, incontrando gli occhi scuri del dio dei morti. Rumpelstiltskin era appoggiato a una delle colonne del baldacchino, le braccia incrociate al petto e il ghigno sulle labbra.
Belle assunse immediatamente un’aria sostenuta.
- Grazie - disse, senza che la sua voce lasciasse trasparire alcuna emozione.- Posso sapere qual è l’occasione?
- Nessuna occasione. Semplicemente, ho pensato che meritassi di più di quell’abitino azzurro - Rumpelstiltskin accennò al vestito della ragazza.- Non ti si addice molto, nella tua posizione.
- E cosa c’è di tanto importante, nella mia posizione, da richiedere dei nuovi vestiti?- incalzò Belle.
- Quando sarai mia moglie, dovrai vestirti come tale, non credi?
Belle serrò le mascelle, abbassando lo sguardo. Strinse rabbiosamente la stoffa dell’abito fra le dita.
- Date tutto quanto per scontato, ma non crediate che basterà così poco per convincermi!- sibilò.- Degli abiti nuovi e qualche complimento non saranno sufficienti a farmi accettare la vostra proposta.
- Io voglio solo il tuo bene, Belle, nulla di più.
- Eppure continuate a tenermi rinchiusa!- sbottò Belle.- Se davvero voleste il mio bene, allora mi ascoltereste!
Rumpelstiltskin sospirò, rimettendosi in piedi. Superò velocemente la ragazza, aprendo la porta e uscendo dalla stanza senza dire una parola. Quando richiuse la porta alle sue spalle, il silenzio divenne improvvisamente assordante.
Belle arrossì, spostando nuovamente lo sguardo sull’abito che teneva fra le mani. Si sedette sul bordo del letto, prendendo a fissarsi le ginocchia. Lo aveva offeso, realizzò. Lui era stato gentile con lei, in fondo, e lei lo aveva offeso senza un motivo valido. Sapeva che lui mirava a farla diventare sua moglie, il fatto che le facesse dei regali non doveva risultarle insolito. Ciò che le dava fastidio era la volontà stessa di fare di lei la sua sposa, oltre che il suo rapimento. Ma in fondo, comportarsi in maniera così villana non era giustificabile, da parte sua. Rumpelstiltskin le aveva fatto un dono, e invece di ringraziarlo lei lo aveva trattato male.
Belle guardò nuovamente l’abito, tracciando le pieghe nella seta con la punta delle dita. Fece un piccolo sorriso, quindi si rimise in piedi.
Forse poteva ancora rimediare…
 

***

 
- E’ permesso?
Rumpelstiltskin voltò impercettibilmente il capo nell’udire quel pigolio seguito dallo scricchiolio della porta che si apriva. Belle esitò un attimo sulla soglia, non ricevendo risposta, ma infine si decise a entrare ugualmente. La stanza aveva tutta l’aria di essere uno studio, o un salotto privato, anche se non assomigliava a nessuno dei due. Era una camera ampia, circolare, semibuia come il resto dell’Ade. Il mobilio era ridotto al minimo, solo uno specchio appeso a una parete e una poltrona di pelle nera posta di fronte a esso, su cui era seduto il dio dei morti. Le dava le spalle, e non si voltò quando lei entrò nella stanza, ma Belle era certa che l’avesse sentita.
La ragazza mosse qualche passo nella sua direzione.
- La porta era aperta…- esordì, un po’ timorosa.
- …e tu hai pensato bene di entrare - concluse Rumpelstiltskin, con un piccolo ghigno.
- Ho bussato - provò a difendersi Belle.
- Non giustificarti, quando ti ho detto che potevi fare tutto ciò che volevi, qui, dovevo pur aspettarmi che…- iniziò Rumpelstiltskin, ma il ghigno gli morì sulle labbra non appena si voltò e incrociò la figura di Belle. La ragazza arrossì un poco, abbassando lo sguardo sul proprio abito. Il dio dei morti boccheggiò, cercando di riprendere un po’ di contegno. Belle era stupenda, ancora più del solito, con addosso quell’abito nero. Le stava perfettamente, e metteva in risalto il suo corpo.
Belle lisciò nervosamente alcune pieghe.
- Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere vedermi con questo addosso, dato che è un vostro regalo. Come mi sta?- chiese, mordendosi il labbro inferiore.
Rumpelstiltskin fece il suo solito ghigno.
- Credo che la stessa dea dell’amore non potrebbe farti concorrenza - disse, e subito si maledì per essersi lasciato sfuggire quel complimento idiota, rozzo e privo di senso. Belle, comunque, sorrise.
- Grazie, sono felice che vi piaccia.
Rumpelstiltskin non disse nulla e, con uno schiocco delle dita, fece apparire accanto a lui una seggiola foderata di velluto nero; fece segno alla ragazza di sedersi, e Belle ubbidì, un po’ meno a disagio di prima, ma comunque nervosa.
- E che mi dici degli altri vestiti? Sono di tuo gradimento?
- Sì. Sono molto belli. Solo…
- Cosa?
- Beh, i colori sono un po’…cupi - Belle ridacchiò nervosamente.- Non sono molto abituata a indossare il nero.
- Posso fartene avere degli altri, se vuoi. Del colore che preferisci.
- Oh, no! No, va bene…Devo solo farci l’abitudine. D’altronde, è il caso che inizi ad adattarmi a questo luogo…
Rumpelstiltskin non rispose, ma la guardò, serio. Belle arrossì nuovamente. Forse aveva lasciato intendere ciò che non voleva, con quell’ultima frase. Il dio dei morti, comunque, non replicò. Sembrava contento che lei si fosse decisa a deporre l’ascia di guerra; segretamente, anche Belle lo era.
Non avrebbe ceduto al matrimonio, ma se non altro, si disse, lei e Rumpelstiltskin potevano almeno provare ad andare d’accordo.
 

***

 
- Posso sapere dove mi state portando?- Belle ridacchiò, tenendo i palmi delle mani sugli occhi.
- Pazienza, dearie, ancora un attimo di pazienza - sussurrò Rumpelstiltskin con fare scherzoso, ma subito si fece serio.- Perdonami…avevo dimenticato che non ti piace essere chiamata dearie.
- No, va bene. Era un momento di rabbia, quello. Dearie mi piace. Posso aprire gli occhi, ora?
- No.
- Dove stiamo andando?
- E’ una sorpresa.
Quel giorno segnava ufficialmente un mese da che Belle era stata portata nell’Ade, sebbene la ragazza non se ne fosse avveduta. I giorni nell’Oltretomba scivolavano via come acqua fra le dita. Rumpelstiltskin, invece, se ne era ricordato.
Il dio dei morti non sapeva esattamente cosa volesse darle a intendere, con quello che stava facendo. Se Belle l’avesse scambiato come una specie di festeggiamento della sua permanenza nel suo regno, l’avrebbe certamente presa come uno scherzo di cattivo gusto, cosa che Rumpelstiltskin non voleva assolutamente che accadesse; piuttosto, quello sarebbe potuto essere qualcosa che, lo sapeva, le avrebbe fatto certamente piacere e forse avvicinata ancora di più a lui.
Belle udì lo scricchiolio di una porta che si apriva.
- Ecco. Ora puoi aprire gli occhi.
Belle tolse lentamente le mani dal viso. I suoi occhi azzurri brillarono di felicità e stupore quando vide ciò che Rumpelstiltskin voleva mostrarle.
Era una libreria. La libreria più grande che avesse mai visto, più grande della stessa biblioteca d’Alessandria. C’erano centinaia di libri e pergamene, più di quanti un mortale – e forse anche un dio – avrebbe potuto leggere in una vita intera.
- In tutti questi anni trascorsi a guardarti da lontano ho scoperto che ti piace leggere - disse Rumpelstiltskin.- Questi libri sono tutti tuoi. Spero…spero che ti faccia piacere.
Belle distolse lo sguardo, arrossendo, senza riuscire a smettere di sorridere.
- Se mi fa piacere? Non ho mai visto così tanti libri in vita mia…Grazie.
La ragazza sorrise nuovamente, e prese a guardarsi intorno. Si chiese a cosa fosse dovuto quello strano battito accelerato del suo cuore. E sapeva che non era per quel dono.
 

***

 
Erano trascorsi quasi sei mesi, e Belle ancora non si era abituata al freddo. Rumpelstiltskin le aveva fatto avere abiti comodi e caldi, ma lei continuava comunque ad andarsene in giro con il mantello nero avvolto intorno alle spalle, e anche quello comunque non era sufficiente ad arginare il gelo dell’Oltretomba.
La ragazza si era dovuta ricredere sul conto del dio dei morti. Rumpelstiltskin si era rivelato buono, gentile e intelligente. Qualche suo atteggiamento ancora la spaventava, come quando udiva la sua voce provenire da chissà dove e rimbombare all’improvviso sulle pareti, o quando si rivolgeva a lei con quel ghigno malefico e l’espressione da folle. La sua risatina acuta la inquietava ancora, ma in compenso Rumpelstiltskin aveva rivelato anche un lato nascosto. Era sempre molto gentile con lei; le sue battute erano a volte taglienti e anche un po’ macabre, ma il suo umorismo nero aveva iniziato a divertirla. Spesso Belle lo raggiungeva in quella sala circolare dove gli aveva mostrato il suo abito nero, per tenergli compagnia. Altre volte, era il dio dei morti a venire nella sua camera da letto; s’intratteneva a chiacchierare o a leggere con lei, s’interessava – Belle non sapeva se per davvero o per finta, ma trovava comunque carino che lo facesse – a un libro che lei aveva letto o a qualche cosa che lei gli raccontava. La ragazza avrebbe quasi potuto dire che fosse tutto perfetto, se non fosse stato per un particolare.
Belle era e si sentiva ancora a tutti gli effetti una prigioniera. Le mancava suo padre, i suoi amici e la sua casa, le mancava la luce del sole e la terra dei mortali. E sapeva che Rumpelstiltskin le avrebbe concesso qualunque cosa, tranne la libertà.
Belle non aveva ceduto, a proposito del matrimonio. In tutti quei mesi, il dio dei morti non aveva più sfiorato l’argomento in maniera diretta, ma lei sapeva che il suo obiettivo non era immutato. Rumpelstiltskin desiderava che lei fosse la sua sposa, e Belle continuava a rifiutare.
Anche se, si rese presto conto, respingerlo diveniva ogni giorno sempre più difficile.
Ogni sera, prima che lei si addormentasse, Rumpelstiltskin veniva nella sua stanza per augurarle la buona notte; s’intratteneva un poco a parlare con lei, quindi le baciava sempre il dorso della mano – il gesto più intimo che si fosse mai permesso insieme a lei – e le rivolgeva sempre la stessa domanda.
- Pensi che potrai mai essere felice qui?
Ogni volta che gliela poneva, Belle sentiva come una pugnalata al cuore. Spesso non rispondeva; altre volte, gli domandava se l’avrebbe mai lasciata andare. In entrambi i casi, comunque, il dio dei morti non replicava e usciva dalla sua stanza.
Belle aveva imparato a guardare in quegli occhi scuri e a leggervi dentro. Rumpelstiltskin stava male. Stava male per colpa sua, era lei che lo faceva soffrire. Ogni volta che lo respingeva, Belle poteva leggere la delusione e il dolore nei suoi occhi. La ragazza avrebbe voluto amarlo. L’avrebbe voluto con tutto il cuore. Forse, pensava a volte, era già innamorata di lui, ma subito avvertiva un tuffo al cuore e quel pensiero veniva scacciato via dalla sua mente. Belle non sapeva se era innamorata di lui, né se avrebbe mai potuto amarlo. Era il suo carceriere, dopotutto. E la ragazza non era sicura che l’amore che provava per lui sarebbe stato sincero, finché le cose fossero rimaste tali.
Le mancava la luce del sole, e l’Oltretomba le faceva ancora paura. Tutta quell’oscurità, senza mai un briciolo di luce, la inquietava. Camminando lungo i corridoi bui, aveva sempre la sensazione che qualcosa di terribile stesse per accadere da un momento all’altro; la spaventavano le acque scure dello Stige, e il grande cane a tre teste. Ma, più di ogni altra cosa, la spaventavano le anime.
Giorno e notte, Belle non faceva altro che udire i lamenti e i gemiti di quegli ectoplasmi che un tempo erano stati uomini, e molti di loro avevano un aspetto orribile, stanco, decrepito, e minaccioso. La terrorizzavano.
Quel giorno, Belle era uscita dalla sua stanza, non sapendo bene neppure lei il motivo. Le andava semplicemente di fare una passeggiata. La ragazza attraversò un lungo corridoio, ritrovandosi a camminare lungo le sponde del fiume infernale. Belle si strinse ancora di più nel mantello, guardando le acque: erano profonde, cupe e nere. Non si vedeva nulla oltre a esse.
D’un tratto, Belle udì lo sciacquio dell’acqua, e una mano evanescente, pallida e ossuta spuntò fuori dall’acqua, afferrandole la gonna dell’abito. La ragazza gridò, cercando di liberarsi da quella presa che pareva avere una forza sovrumana, e tentava di trascinarla in acqua. Bella afferrò la propria gonna, tirando con tutte le sue forze, ma l’anima era più potente di lei. La trascinava con sé.
- Lontano, feccia!
Belle non fece in tempo a udire l’esclamazione rabbiosa che l’anima lanciò un grido acuto di terrore e le lasciò il lembo della gonna, scomparendo fra i flutti del fiume infernale, e la giovane udì le mani di Rumpelstiltskin intorno alle sue spalle.
La ragazza ansimò, senza staccare gli occhi dalle acque dello Stige; si ritrasse un poco, rifugiandosi istintivamente fra le braccia del dio dei morti.
- Non ti avrebbe fatto del male - disse Rumpelstiltskin, nel tentativo di rassicurarla.- Le anime possono spaventarti, ma sono solo le ombre di ciò che è stato e ora non esiste più. Non ti avrebbe fatto del male - ripeté.- Non gliel’avrei permesso…- aggiunse, sottovoce.
Belle tentò di riprendere fiato e di regolarizzare il proprio battito cardiaco, ma repentinamente si rese conto di come stavano le cose. Rumpelstiltskin la stava abbracciando. E lei si stava lasciando cullare nel suo abbraccio. Non andava bene. Non andava per niente bene.
Belle si allontanò velocemente da lui; abbassò lo sguardo, imbarazzata, stringendosi nel mantello. Il dio dei morti boccheggiò, sorpreso, ma subito riacquistò il proprio autocontrollo. Strinse i pugni lungo i fianchi, fissandola con quei suoi occhi scuri e penetranti.
- Perché?- chiese, e la sua voce non era né seria né ridacchiante, ma un ringhio sommesso e frustrato che la spaventò.- Perché? Sono così repellente?
Belle arrossì, vergognandosi profondamente di se stessa. Aveva agito in modo istintivo, quasi per autodifesa. Non aveva pensato alle conseguenze del suo gesto. L’aveva ferito, pensò, sentendo una stretta al cuore.
- Cosa ho fatto di sbagliato? Che cosa ho fatto, per meritarmi il tuo odio?!- urlò Rumpelstiltskin, fuori di sé. Belle aprì la bocca per dire qualcosa, ma il dio dei morti l’afferrò per le spalle, scuotendola con poca forza. Sembrava quasi che la stesse implorando.
- Ti ho mai fatto del male, Belle?- chiese, e la sua voce era ancora un ringhio, ma non furioso come prima. Il suo tono di voce aveva più della supplica.- Mi sono mai approfittato di te? Ho mai alzato la voce, ti ho forse rinchiusa in una cella umida, ti ho costretta a diventare mia moglie contro la tua volontà? Perché mi fai questo?- la voce di Rumpelstiltskin s’incrinò.- So che non sono l’uomo che avresti sempre desiderato sposare, ma tutto ciò che ti chiedo è una possibilità! Perché non mi permetti di dimostrarti che sarei in grado di amarti, perché non puoi provare ad amarmi? Ti darei tutto ciò che desideri, avresti tutto il mio amore!
Belle avrebbe voluto dire qualcosa, avrebbe voluto scusarsi e implorarlo di non essere arrabbiato, ma tutto ciò che riusciva era guardarlo negli occhi, sentendo i propri riempirsi di lacrime.
- Sono il dio dei morti, è vero. Vivo nell’oscurità. Nessuno vorrebbe stare con me, lo so. Ma tu sei diversa. So che sei diversa. Credevo che saresti riuscita a guardare oltre le apparenze, credevo avresti potuto…
Rumpelstiltskin s’interruppe bruscamente. Smise di gridare, lasciandole andare lentamente le spalle. Si allontanò di un passo, guardandola intensamente.
- Ma mi sbagliavo. Nessuno potrà mai amare me.
A Belle parve quasi di ricevere una pugnalata; il dio dei morti si voltò, allontanandosi da lei. La ragazza avrebbe voluto gridargli di non andarsene, ma ben presto Rumpelstiltskin scomparve nell’oscurità.
Belle non lo rivide più per tutto il giorno. La ragazza trascorse l’intera giornata nella sua stanza. Non pianse, non riusciva neppure a pensare. Tutto ciò che aveva in mente era il volto disperato e supplichevole del dio dei morti, mentre le sue parole le rimbombavano nelle orecchie.
Fu con esse che si addormentò.
 

***

 
Tutto era morto. Le piante, la terra, l’erba, i fiori, tutto intorno a lei era nero, secco e appassito. Morto. Il laghetto dove era solita incontrarsi con Ruby era prosciugato, non esisteva più; ora era solo uno spiazzo senza significato in mezzo al quale giacevano le ossa dei pesci.
Anche il tempio abbandonato dove lei scappava sempre, dove lei e Rumpelstiltskin si erano incontrati la prima volta, era grigio e distrutto.
Si guardò intorno; provava un senso di ansia e di tristezza. Una mano evanescente e ossuta sbucò dalla terra, afferrandole la gonna e tentando di trascinarla con sé. Avvertì il panico crescere nel suo cuore, mentre tentava di liberarsi. Ma tutto ciò che poteva fare era gridare.
- Belle! Belle, svegliati!
La ragazza si sentì scuotere per le spalle. Smise immediatamente di gridare, aprendo gli occhi. Era solo un incubo, realizzò, ma non avvertì alcun segno di sollievo. Era ancora nell’Ade, nella sua stanza, distesa sul suo letto. Seduto accanto a lei c’era Rumpelstiltskin.
- Ti ho sentita gridare…
La voce del dio dei morti la rassicurò un poco, ma la paura che il sogno le aveva lasciato non se n’era andata. Belle si sollevò a sedere sul letto, frastornata, quindi scoppiò a piangere, rifugiandosi fra le braccia di Rumpelstiltskin.
Il dio dei morti fu sorpreso da questa reazione inaspettata, ma subito la strinse a sé. Belle teneva la guancia premuta contro il suo petto, le mani intorno alle sue spalle, singhiozzando. Rumpelstiltskin l’avvolse ancora di più con le braccia, premendo una guancia contro i suoi capelli.
- Shhht…- sussurrò fra i suoi riccioli castani.- Non è niente…Era solo un incubo…Ti prego, non piangere…- le posò un bacio sulla fronte.
Belle annuì silenziosamente, chiudendo gli occhi nel tentativo di frenare le lacrime. Solo quando sentì che Rumpelstiltskin si era un poco irrigidito lo guardò negli occhi: il dio dei morti appariva imbarazzato, a disagio come mai l’aveva visto. Belle intuì che stava ancora pensando a ciò che era successo nel pomeriggio, e gli sfiorò una mano per rassicurarlo. Rumpelstiltskin gliele prese entrambe fra le proprie.
- Ti senti un po’ meglio?
Belle schiuse le labbra per rispondere, ma tutto ciò che riuscì a fare fu chinare il capo e chiudere gli occhi.
- Mi dispiace per questo pomeriggio. Ma io proprio non capisco - aggiunse, mentre due lacrime solitarie le rigavano le guance.- Come potete essere così buono e gentile, e continuare a tenermi prigioniera qui?
Rumpelstiltskin rimase un attimo in silenzio, quindi le prese il volto fra le mani, asciugandole una lacrima con le nocche.
- Perdonami, amore - sussurrò.- Ma non ho altra scelta. Credimi, non vorrei tenerti prigioniera, con tutto il mio cuore vorrei lasciarti andare. Se tu me lo chiedessi, ti libererei all’istante, ma non posso farlo. Qui sotto nessuno può portarti via da me, ma se ti lasciassi andare tuo padre e James farebbero tutto ciò che è in loro potere per tenerti lontana da me. E se anche così non fosse…- il dio dei morti esitò.- Se anche così non fosse…tu non ritorneresti mai più da me.
Belle non rispose, mordendosi il labbro inferiore per non ricominciare a piangere, e distolse lo sguardo. Rumpelstiltskin giocherellò brevemente con una ciocca dei suoi capelli, per poi spostarla dietro a un orecchio. Le diede una lieve carezza su una guancia.
- Adesso dovresti provare a dormire, dearie…- disse, tentando di sfoderare il suo solito ghigno, ma stranamente la smorfia non gli riuscì. Belle non replicò, e posò nuovamente il capo contro il suo petto, all’altezza del cuore.
- Restate con me. Solo un po’. Finché non mi addormento.
Rumpelstiltskin fece un sorriso sghembo, quindi annuì. Si distese accanto a lei nel letto, senza smettere il suo abbraccio. Le sfiorò le mani, e le trovò gelate.
- Hai freddo?- chiese.
- Ho paura che il mantello non basti…- mormorò Belle, con una breve risata.
- Domani…domani ti farò avere degli abiti più adatti…e un fuoco acceso per scaldarti…- sussurrò il dio dei morti.
- E il vostro prezzo?- Belle lo guardò, rivolgendogli un piccolo sorriso.- Volete un altro bacio?
- Il mio prezzo…è che provi a fidarti di me - Rumpelstiltskin la guardò.
Belle sorrise, e si accoccolò ancora di più accanto a lui.
- Ma io mi fido già di voi - sussurrò.- So che non mi fareste mai del male…
La ragazza chiuse gli occhi, abbandonandosi all’abbraccio del dio dei morti, sentendosi tranquilla e al sicuro. E, per la prima volta da quando era prigioniera nell’Ade, non sentì freddo.
 

***

 
Belle si risvegliò solo in tarda mattinata, senza sentirsi stanca o spaventata. Anzi, non ricordava di aver mai dormito così bene in tutta la sua vita. Rumpelstiltskin non se n’era andato, ma era ancora disteso accanto a lei, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli. Belle sorrise.
- Buongiorno…- sussurrò.
- Buongiorno a te, dearie - ghignò il dio dei morti.
- Grazie per essere rimasto con me, ieri notte…- Belle sorrise, e gli accarezzò lievemente una guancia. Rumpelstiltskin catturò la sua mano un attimo prima che la ragazza la ritraesse, posandole un bacio all’altezza del polso.
- E’ stato un piacere, dearie - ghignò, prima di alzarsi in piedi.
Belle lo fermò, trattenendolo per un braccio.
- No!- mugolò.- Restate qui! Ancora un po’…
- Mi dispiace, dearie, ma sono un uomo molto impegnato…- ghignò Rumpelstiltskin, ma non pareva molto intenzionato ad andarsene. Belle sbuffò, ridacchiando.
- E io che speravo che voleste dedicarmi un po’ di tempo, oggi…
- In tal caso…temo che dovrai alzarti…- il dio dei morti le prese le mani, facendola alzare in piedi nonostante le proteste scherzose della ragazza.
- Perché non facciamo colazione insieme?- propose Rumpelstiltskin.- Poi…beh, decidi tu. Possiamo leggere qualcosa, oppure fare una passeggiata, se vuoi…
Belle annuì, quindi si sollevò in punta di piedi e gli posò un bacio su una guancia. Il dio dei morti la guardò, frastornato.
- E…e questo, a cosa lo devo?- ghignò dopo poco.
Belle scosse il capo.
- A nulla. O a tutto. Non c’è un motivo. Volevo solo darvi un bacio.
Rumpelstiltskin fece per replicare, ma un’improvvisa folata di vento gelido glielo impedì. Belle rabbrividì, stringendosi nel mantello.
- Che cos’è?- chiese.
- Un nuovo arrivato…- Rumpelstiltskin si voltò in direzione della porta, digrignando i denti.
- Non avevo mai avvertito questo gelo, quando arrivava un’anima…
- Non si tratta di un’anima, Belle.
La ragazza lo guardò, sorpresa. Il dio dei morti appariva arrabbiato, ma soprattutto preoccupato. Senza aggiungere una parola, uscì velocemente dalla stanza; Belle lo seguì, non sapendo cosa pensare.
- Henry!- sentì il re dell’Ade esclamare.
Belle si arrestò non appena vide il messaggero degli dei di fronte a Rumpelstiltskin. Henry era in gamba, era svelto e preciso nel portare i messaggi e riferire le notizie, ma restava comunque poco più di un bambino. Perché James aveva inviato lui? Perché Belle sapeva il perché Henry era lì. Aveva spesso sognato quel giorno, e credeva si sarebbe sentita euforica.
Invece, tutto ciò che provava in quel momento era una strana paura.
- Che piacevole sorpresa, mio caro - ghignò Rumpelstiltskin.- Sai, credevo che James non avesse ancora toccato il fondo in questo modo, ma evidentemente mi sbagliavo. Mandare un bambino nella speranza di intenerirmi, quanto è patetico…
- E’ importante, Rumpelstiltskin!- disse Henry, per nulla intimorito.- Se sono qui, è per una faccenda grave…
- Davvero? I Titani sono stati liberati? Oppure Medusa è scesa sulla terra…ma beh, in questo caso, le basterà incontrare Regina una volta per tornarsene da dove è venuta…
- Rumpelstiltskin, ti prego!- implorò Henry.- Lei deve tornare!- indicò Belle.- Deve tornare il più presto possibile!
- Curioso, da parte vostra. Vi siete resi conto che vi mancava solo ora? Siete venuti a reclamarla dopo ben sei mesi?
- Tu non capisci!- insistette il messaggero degli dei.- E’ grave! Se Belle non torna immediatamente da suo padre, tutto morirà!
Belle sussultò; il sogno di quella notte le tornò immediatamente alla memoria.
- Tutto! I mortali, la natura! Ci sono delle persone che stanno morendo, e andrà sempre peggio! Rumpelstiltskin, la terra sta morendo!
Il dio dei morti non rispose; pareva pensieroso, quasi stesse riflettendo con attenzione sulle parole di Henry. Belle guardò il volto del ragazzino: sembrava serio, e sinceramente preoccupato.
- Perché non verifichiamo di persona?- propose Rumpelstiltskin, quindi si voltò, facendo segno a Belle e a Henry di seguirlo. Li condusse nella saletta circolare, di fronte allo specchio.
- Stai bene, Belle?- le sussurrò Henry.
- Sì, certo, Henry.
- Non ti ha fatto del male, vero?
- No. Non me ne farebbe mai.
Rumpelstiltskin fissò intensamente lo specchio, quindi fece un gesto con la mano. Immediatamente, lo specchio rifletté un’immagine diversa da quella del dio dei morti.
Belle sgranò gli occhi, avvicinandosi a grandi passi per vedere meglio.
Lo specchio rifletteva quella che un tempo era la foresta. Alla ragazza parve quasi di rivedere le immagini del suo sogno. Non c’era più un filo d’erba, né un fiore. Intorno alle colonne del tempio abbandonato erano avvolti rampicanti morti e bruciati. Gli alberi erano spogli e cupi.
Tutto intorno era morto.
- Da quando te ne sei andata, tuo padre ha smesso di svolgere la sua mansione - spiegò Henry.- Abbiamo tentato di farlo ragionare, ma lui era distrutto. Ha detto che, se non avesse riavuto indietro sua figlia, allora non sarebbe più stato in grado di occuparsi dei suoi doveri. E’ così da sei mesi, ormai.
Belle guardò nuovamente nello specchio; le pareva impossibile che quei luoghi così belli e familiari fossero ridotti in quello stato. Rumpelstiltskin fece un altro gesto con la mano, e l’immagine scomparve.
- Devi tornare a casa, Belle!- disse Henry.- Se non torni da tuo padre, presto non esisterà più nulla.
La ragazza guardò brevemente il messaggero, quindi si volse verso Rumpelstiltskin.
- Lasciaci soli!- ordinò al bambino; Henry fece un cenno con il capo, quindi si affrettò a uscire dalla stanza.
Belle prese un lungo e profondo respiro, prima di tornare a guardare negli occhi il dio dei morti.
- Ebbene?- incalzò Rumpelstiltskin.
La ragazza si torse nervosamente le mani.
- Cosa intendete fare?- domandò.- Mi tratterrete qui? O mi lascerete tornare?
- Una volta mi hai detto che nessuno decide del tuo destino, tranne te stessa - disse Rumpelstiltskin.- Avevi ragione. Sei padrona delle tue azioni. Scegli tu.
Belle non aveva mai udito quelle parole da nessuno; tutti le avevano sempre detto cosa fare e cosa dire, come comportarsi e come non comportarsi. In passato, aveva desiderato con tutto il cuore che qualcuno, suo padre o qualcun altro, pronunciasse quelle parole. Sei tu che decidi, Belle, ora scegli.
Eppure, in quel momento avrebbe davvero voluto che Rumpelstiltskin le desse degli ordini. Non avrebbe mai voluto trovarsi di fronte a quella scelta.
Si fece forza, e lo guardò negli occhi.
- Non posso lasciare che la terra muoia per causa mia - soffiò.- Devo…devo cercare di far ragionare mio padre…
Rumpelstiltskin fece il suo solito ghigno, ma non era beffardo o malefico come al solito. Piuttosto, pareva quasi velato di amarezza e tristezza.
- Dunque, hai deciso - Rumpelstiltskin la superò, lasciandola perplessa.- Vieni, ti scorto fino alla tua imbarcazione…
 

***

 
Henry balzò sulla barca, mentre Grumpy faceva segno a Belle di sbrigarsi, grugnendo infastidito. La ragazza si voltò un’ultima volta verso Rumpelstitskin: era serio, impassibile, nessuna emozione veniva lasciata intendere dall’espressione del suo volto. Ma in tutto quel tempo, Belle aveva imparato a comprendere cosa passasse nella sua mente.
Rumpelstiltskin non lo avrebbe mai dato a vedere, ma stava soffrendo. Soffrendo per causa sua.
Belle si morse il labbro inferiore, chinando il capo.
- Grazie per tutto quello che avete fatto per me - mormorò; avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, abbracciarlo, ma non ne aveva il coraggio.
Rumpelstiltskin sogghignò, prendendole dolcemente una mano e posandovi un delicato bacio sul dorso. Era diventato un simbolo, il loro simbolo. Il primo gesto che lui aveva compiuto quando l’aveva incontrata per la prima volta, e lo stesso che ripeteva ogni sera, prima di darle la buona notte. E ora lo stava ripetendo, un attimo prima che lei lo lasciasse.
Rumpelstiltskin sollevò lo sguardo, guardandola negli occhi.
- Addio, Belle - sussurrò.
L’aiutò a salire sulla barca, quindi fece cenno al traghettatore di partire. Grumpy iniziò a remare, smuovendo le acque dello Stige, mentre l’imbarcazione prendeva ad allontanarsi dalla riva. Belle si aggrappò al bordo, vedendo la figura di Rumpelstiltskin allontanarsi sempre di più, fino a scomparire definitivamente nell’oscurità.
A quel punto, Belle si strinse nuovamente nel mantello. Stavano raggiungendo la luce del sole, ma lei aveva ancora freddo.
 
Angolo Autrice: In genere non scrivo capitoli così lunghi, ma essendo che questa storia è stata pensata come composta da tre sole parti, anch’io ho dovuto adattarmi. Spero non sia risultato troppo pesante da leggere. Quanto al contenuto e alla qualità di questo capitolo, ho tentato di non scivolare – perlomeno non troppo – nel melenso o romantico eccessivo. Se ci sia riuscita o meno, non lo so. So solo che sono ancora mezza scioccata da The Outsider e da In the Name of the Brother, senza contare che questo capitolo è stato scritto: la prima parte, stamattina alle nove con l’ansia mentre attendevo di sostenere un esame di sociologia alquanto caino; la seconda, dopo l’esame mentre aspettavo il turno di una mia amica e gongolavo per il mio inspiegabile 28; la terza, in stazione mentre imprecavo contro i sessanta minuti di ritardo del treno; l’ultima, finalmente, a casa mia…quindi, se ci sono eventuali obbrobri, per favore, capitemi!
Dopo questo sproloquio potenzialmente letale e discutibilmente utile sulla mia vita di cui di sicuro non fregherà niente a nessuno, passo a ringraziare chi ha aggiunto la storia alle seguite, alle ricordate e alle preferite e parveth89, Nimel17, historygirl93, nari92, 1252154, x_LucyLilSlytherin, Ginevra Gwen White, Avly, Sakura 89 e Lady Deeks per aver recensito. Wow, ragazzi, grazie, non mi aspettavo tanta audience :). Grazie a tutti, siete fantastici :).
Ciao, al prossimo capitolo!
Dora93

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Capitolo 3
*** Estate e inverno ***


Belle seguì Henry fino alle porte dell’Olimpo in silenzio, rimanendo indietro a tre passi di distanza da lui, lasciando che fosse il messaggero degli dei a guidarla. Non perché fosse impaurita o si sentisse insicura; anzi, non ricordava di essere mai stata più decisa e risoluta come in quel momento. Ma aveva bisogno di riflettere, di prendere tempo e di cercare le parole adatte. Ciò che aveva in mente di fare era completamente nuovo e inaspettato perfino per lei stessa, era meglio calcolare ogni eventuale reazione da parte degli altri dei in precedenza. Doveva essere preparata anche al peggio e lottare con le unghie e con i denti, se si fosse rivelato necessario.
Più si ripeteva nella mente queste parole, più sentiva il coraggio crescere nel suo cuore. Non si era mai sentita così forte, eppure in quel momento le pareva quasi di essere in grado di sconfiggere gli stessi Titani, se l’avesse voluto.
Una volta mi hai detto che nessuno decide del tuo destino, tranne te stessa. Avevi ragione. Sei padrona delle tue azioni. Scegli tu.
Era lei che decideva, lei e nessun altro. Non era più Belle, la figlia del dio delle messi. Non era più una bella bambolina ammirata da tutti, meravigliosa ma fragile, che andava tenuta custodita e segregata gelosamente. No, quella non era più lei. Non lo era mai stata. Lei era Belle, la Belle che aveva vissuto per sei mesi nell’Ade, la Belle che era riuscita a far innamorare di sé il dio dei morti.
Lei non era delicata e fragile. Lei era forte e indipendente. E stavolta avrebbe ottenuto ciò che voleva, ad ogni costo.
Quando le porte del grande salone del castello si aprirono, Belle avvertì una lieve paura crescere nel suo cuore, ma subito la soffocò. Non doveva cedere, non ora. Il fatto che lei si sentisse forte valeva ben poco, se non era in grado di dimostrarlo. Ora anche suo padre e gli altri dei ne avrebbero avuto la prova. Perché, per la prima volta in vita sua, aveva qualcosa – o qualcuno – per cui lottare.
Belle non fece in tempo a muovere un passo all’interno del salone che Ruby le corse incontro, gettandole le braccia al collo e abbracciandola con tanto vigore da lasciarla senza fiato.
- Sei tornata!- esclamò la dea della caccia, stringendola a sé. - Temevamo che non ti avremmo rivista mai più…
- Un timore infondato, come vedi - Belle sorrise, sciogliendosi dall’abbraccio dell’amica, ma tenendole le mani fra le sue.- Sono qui, ora.
- E non sai come sono contenta!- disse Ruby. - Sai, ci sono stati diversi problemi, da quando te ne sei andata…Per fortuna stai bene. Rumpelstiltskin ti ha fatto del male?
- No…- mormorò Belle, con un piccolo sorriso.- No, Ruby. Non mi ha fatto del male, né mai me ne farebbe. E’ l’uomo più buono e dolce che io abbia mai conosciuto…
- Ma…- provò a obiettare Ruby, incuriosita, ma un rumore di passi in corsa alle sue spalle la interruppe. La dea della caccia si scansò appena in tempo prima che Maurice raggiungesse sua figlia e l’abbracciasse con calore.
- Belle!- fece il dio delle messi, con le lacrime agli occhi, stringendo a sé la ragazza.- Belle! Tesoro mio, non sai quanto sono felice di rivederti sana e salva!
- Anch’io sono felice di rivedervi, padre - sussurrò Belle, sciogliendosi dall’abbraccio paterno. Maurice si asciugò brevemente le lacrime e le rivolse un piccolo sorriso, ma subito si fece serio. La prese per le spalle, guardandola negli occhi.
- Stai bene?- chiese, preoccupato.
- Sì, padre. Sto bene.
- Quella bestia non ti ha fatto del male, vero? Quel mostro non ti ha…violata?- Maurice parve compiere uno sforzo immenso nel pronunciare quest’ultima parola. Belle si rabbuiò, indietreggiando di un passo e liberandosi dalla presa paterna.
- No, padre. Lui non mi ha mai fatto del male, e la mia purezza è intatta. E da questo momento in avanti vi sarei grata se ricordaste che Rumpelstiltskin non è né un mostro né una bestia. Non chiamatelo mai più in questo modo in mia presenza.
Il dio delle messi rimase interdetto.
- Belle…- boccheggiò.- Belle, ma che ti prende? Che stai dicendo?- Maurice abbassò lo sguardo su sua figlia. Prese con furia un lembo del mantello nero fra le mani. - Dove hai preso questo?
Belle si corrucciò ancora di più, divincolandosi. Far accettare la realtà a suo padre sarebbe stato molto difficile, ma aveva tempo, per quello. Ora, doveva discutere di un’altra questione.
- Padre, che state facendo?- sibilò, avvicinando il proprio volto a quello del dio delle messi.- Henry mi ha detto…Ho visto…ho visto com’è ridotta la terra dei mortali - concluse semplicemente, certa che suo padre avrebbe compreso immediatamente. Il riflesso nello specchio di Rumpelstiltskin le aveva dato un amaro assaggio di ciò che era accaduto dal giorno del suo rapimento, ma lo spettacolo a cui aveva assistito quando era ritornata sulla terra era stato ancora più terribile. I corsi d’acqua erano prosciugati o ghiacciati, i campi coltivati avevano smesso di dare i loro frutti, sugli alberi non crescevano più foglie o fiori e i mortali stavano morendo per la fame o combattendo fra di loro per un po’ di cibo. Era terribile.- Che sta succedendo, padre? Perché avete smesso di occuparvi della terra?
Maurice chinò il capo con aria mesta.
- Mi dispiace, Belle - sussurrò.- So che non avrei dovuto abbandonare i miei doveri, ma…Ti prego, cerca di capirmi. Sei la mia unica figlia, ti voglio bene e non sopportavo l’idea di averti persa. Il dio dei morti ti ha portata via da me, e da allora io non sono più riuscito a…- il dio delle messi esitò, cercando le parole adatte.- Ero disperato, Belle. Credevo che non ti avrei rivista mai più, per questo non ho più avuto la forza di curarmi della terra dei mortali - Maurice s’interruppe, guardandola negli occhi. Accennò un debole sorriso.- Ma adesso che sei qui, Belle, tutto tornerà come prima…
Tutto tornerà come prima, Belle ripeté mentalmente. Tutto sarebbe tornato come una volta, ed era certa che suo padre non si stesse riferendo solo alla terra dei mortali. Sarebbe stata di nuovo condannata a una vita di prigionia. Dopo ciò che era successo, suo padre avrebbe certamente esasperato la sua mania di controllo. Sarebbe stato in grado di tenerla chiusa nella sua stanza per sempre, pur di non correre il rischio che lei venisse di nuovo rapita. Non le avrebbe mai concesso di tornare nell’Ade. Non le avrebbe mai più permesso di rivedere…
James si schiarì la voce all’improvviso, attirando l’attenzione di tutti i presenti. Il re degli dei si alzò in piedi con aria solenne, scendendo i gradini che conducevano dal suo trono sino al centro del salone.
- Siamo felici di riaverti con noi, Belle - sorrise.
- Grazie, mio signore.
- Ci sono stati diversi problemi, dalla tua partenza. Ma credo che ora tutto si risolverà per il meglio.
- Oh no, James! Niente affatto!- protestò Maurice.- Io potrò anche tornare a occuparmi della terra dei mortali, ma non ho nessuna intenzione di dimenticare ciò che è accaduto!- ringhiò.- Il dio dei morti non può passarla liscia, dopo ciò che ha fatto!
- Amico mio, Rumpelstiltskin ha compiuto uno sbaglio, ma…- tentò di obiettare James.
- Uno sbaglio?!- abbaiò Maurice.- Uno sbaglio?! Ha rapito mia figlia!
- Sì, è vero, ma ora Belle è qui e sta bene, non vedo il motivo di…
- Non importa! Deve essere punito! Rumpelstiltskin deve pagare per ciò che ha fatto!
- No!
Ruby si voltò all’unisono insieme a tutti i presenti, perplessa. Belle teneva i pugni stretti lungo i fianchi, e la dea della caccia vide negli occhi dell’amica una decisione e una forza che non aveva mai scorto prima di allora.
- No - ripeté la ragazza, con fermezza.- No, Rumpelstiltskin non riceverà alcuna punizione, non finché potrò fare qualcosa per impedirlo.
James sbatté le palpebre, sconcertato; Snow si portò una mano alla bocca, Emma e Graham si scambiarono un’occhiata, mentre Archie si massaggiò il mento. August, Ella e Nova iniziarono a parlottare sottovoce.
- Beh, la cosa si fa interessante…- ridacchiò Victor.
Regina, leggermente nascosta rispetto a tutti gli altri, sorrise.
- Belle, ma che stai dicendo? Che ti prende?- boccheggiò Maurice.- Belle, lui ti ha rapita!
- E’ vero. Ma l’ha fatto per amore, non per farmi del male - Belle avanzò di qualche passo al centro del salone.- Rumpelstiltskin mi ha tenuta prigioniera per tutto questo tempo nell’Ade solo perché io acconsentissi a divenire la sua sposa - dichiarò.
- E…tu hai accettato?- mormorò Ruby, mordendosi il labbro inferiore.
Belle si voltò a guardare l’amica; sospirò, chinando il capo.
- No…- soffiò.- Ma non voglio comunque che venga punito per ciò che ha fatto - ripeté ad alta voce. - Il dio dei morti ha fatto tutto ciò solo perché è innamorato di me. Non ha mai alzato un dito su di me, né ha mai cercato di costringermi a fare ciò che non volevo. Se sono tornata, non è perché lui mi ha liberata o perché sono fuggita. Io ho scelto di tornare.
La sala dell’Olimpo, solitamente chiassosa, era ora immersa nel silenzio più assoluto. Belle sentiva addosso lo sguardo di tutti i presenti, in particolare quello sconcertato della sua amica Ruby e quello sconvolto di suo padre. Prese un lungo e profondo respiro, cercando il coraggio necessario per continuare.
- Io non ho accettato la proposta di matrimonio di Rumpelstiltskin, ma ciò non significa che io voglia che soffra più di quanto non abbia già fatto a causa del mio rifiuto. Il dio dei morti è sempre stato buono e gentile, con me. E’ l’uomo più meraviglioso che io abbia incontrato in tutta la mia vita.
Ruby sbatté le palpebre, ritornando in sé. Fece un piccolo sorriso; lei aveva sempre categoricamente rifiutato di legarsi a un uomo, dio o mortale che fosse, ma ciò non significava che non fosse in grado di riconoscere il Vero Amore.
- Tu…tu…- Maurice boccheggiò, non ancora del tutto ripresosi dalle parole e dalla nuova grinta di sua figlia.- Belle, tu non stai bene!- concluse con disperazione.- Belle, io non so cosa ti abbia fatto quel…quel…quell’essere, ma tu ora stai delirando! Non sei in te, Belle! Per favore, ora vieni qui. Hai solo bisogno di un po’ di riposo, e forse Victor può consigliarti qualcosa. Vieni, torniamo a casa. Vedrai che domani, dopo una nottata di sonno, tutto ti sembrerà più chiaro. Presto tutto tornerà come prima…Ti prego, torna a casa con me, e sarà come se tutto ciò non fosse mai accaduto…
Il dio delle messi tentò di afferrarla per un braccio e trascinarla via, ma Belle si liberò dalla sua presa, indietreggiando.
- No, padre. Io non sto delirando. Non sono mai stata così lucida in tutta la mia vita. E non ho nessuna intenzione di lasciare che le cose tornino come prima.
Belle rivolse un’ultima occhiata a suo padre, quindi mosse ancora qualche passo verso il centro del salone.
- Avete visto tutti quanti cos’è accaduto, durante la mia assenza - disse.- La mia presenza qui è importante, perché senza di me mio padre non sarebbe in grado di compiere il suo dovere, e la terra morirebbe. Se io me ne andassi, presto non esisterebbe più niente. Ed è per questo che ora dovete ascoltarmi.
Ruby incrociò le braccia al petto, sorridendo e inarcando un sopracciglio, piacevolmente sorpresa e ammirata. Belle si stava finalmente facendo valere.
- Se la terra muore, anche voi ne pagherete il prezzo. Non ci sarà più nessuno a rendervi onore e a sacrificarvi giumente, nessuno che vi porgerà i tributi o vi innalzerà delle preghiere. Dunque, se non volete che io me ne vada per sempre, lasciando che tutto questo accada, ecco le mie condizioni - Belle prese un altro respiro, prima di continuare:- Vi propongo un accordo. Resterò qui per tutto il tempo necessario affinché l’umanità si riprenda da questi sei mesi di sciagura che l’hanno colpita. Altri sei mesi saranno più che sufficienti…- Belle cercò lo sguardo di Ruby, trovandovi approvazione; quindi si decise a proseguire.- Durante questi sei mesi, pretendo che mi sia lasciata completa libertà. Non voglio più sottostare agli ordini di nessuno, né essere rinchiusa nella mia stanza come un uccello in gabbia. Lavorerò a fianco di mio padre e degli altri dei, aiutando la terra a rifiorire. Allo scadere dei sei mesi…deciderò il da farsi. Se restare ancora qui…oppure tornare nell’Ade.
- No!- esclamò Maurice.- No, non puoi farlo! Belle, non puoi farmi questo!
- Certo che posso farlo, padre. Decido io del mio destino.
- Te lo proibisco!- ringhiò il dio delle messi.
- A me sembra una proposta più che ragionevole!- s’intromise Ruby, raggiungendo l’amica al centro del salone e circondandole le spalle con un braccio.- Belle è tua figlia, Maurice, e sarebbe perfettamente in grado di aiutare a ristabilire l’ordine delle cose. Sì, forse è un po’ inesperta, ma i primi tempi potrei aiutarla io - la dea della caccia si volse verso Belle, facendole l’occhiolino.- Sono la dea della caccia, me ne intendo di queste cose. Con me al suo fianco, Belle imparerà in fretta e presto sarà in grado di cavarsela da sola…
- No! Assolutamente no! James, ti prego, fa’ qualcosa…
- Oh, per l’amor del Tartaro, Maurice!- sbottò inaspettatamente Regina.
Belle e Ruby sgranarono gli occhi nel vedere la dea della discordia alzarsi dal proprio trono e raggiungerle al centro del salone. Regina sogghignò, affiancandosi alla figlia del dio delle messi.
- Maurice, non pensi che sia il caso di smetterla, con tutte queste paranoie?- chiese ironicamente.- Sono anni che torturi questa poveretta e tutti noi con le tue ansie ingiustificate. Non credi che sia venuto il momento di lasciarla camminare con le sue gambe?
- Zitta!- tuonò il dio delle messi.- Zitta! Tu non t’impicciare! Questi sono affari di famiglia!
- I tuoi cosiddetti affari di famiglia sono stati di dominio pubblico per secoli, hanno mandato in malora la terra dei mortali per sei mesi, fatto smuovere anche la Chimera perché la tua cara figlioletta è stata chiesta in moglie in modo poco ortodosso e fatto diminuire i tributi a tutti noi a causa di questa maledetta carestia che tu hai causato, quindi credo di avere il diritto di impicciarmi quanto mi pare e piace!- replicò Regina, esasperata.- Tua figlia, Maurice, ha finalmente trovato il coraggio di risponderti per le rime, e questa mi pare una motivazione più che sufficiente per prendere le sue parti! Senza contare che il suo accordo è ragionevole e il suo ragionamento sensato. Ha sale in zucca, questa ragazzina…- sogghignò la dea della discordia, scoccando un’occhiata complice a una perplessa Belle.- Tanto vale che guardi in faccia alla realtà, mio caro. Tua figlia non ne può più del tuo continuo ronzarle intorno e, a meno che io non abbia preso un colossale abbaglio – cosa di cui dubito fortemente –, quello che tu chiami mostro e bestia ha avuto il merito di far battere il cuoricino alla fanciulla qui presente. La verità fa male, vero?- ridacchiò Regina, notando l’espressione sconvolta del dio delle messi.
Belle boccheggiava; l’aiuto da parte di Ruby era stato inaspettato ma gradito, e non troppo strano dal momento che si trattava di un’amica. Ma, per Crono, Regina! La dea della discordia non era esattamente considerata un tipo amabile e disponibile nell’aiutare il prossimo…perché la stava difendendo?
Regina parve non accorgersi del suo sconcerto, e si volse a parlare a tutti i presenti.
- Io dico di accettare le condizioni di Belle. Dopo il disastro che ha combinato Maurice, una mano in più per ristabilire l’ordine non farà altro che del bene. La terra riacquisterà il proprio vigore, noi riprenderemo ad essere venerati e tributati e la ragazza avrà la sua tanto agognata libertà…- Regina inarcò un sopracciglio, scoccando un’altra occhiata a Belle.- E, se allo scadere della data prevista la nostra eroina deciderà di tornare nell’Ade, può darsi che anche il caro Rumpelstiltskin benefici di questa nuova situazione…- Regina ritornò improvvisamente seria, voltandosi nuovamente e piantandosi le mani sui fianchi.- E ora, se non ti dispiace, James - disse, rivolta al re degli dei.- Ti pregherei di dare a noi tutti la dimostrazione che non sei del tutto inutile e vali almeno il nome che porti, e accettare la proposta di Belle.
James inspirò a fondo, ignorando la stoccata; era abituato alle frecciate di Regina. Chiuse brevemente gli occhi, quindi li riaprì, risoluto.
- Molto bene, allora. Accetto l’accordo.
Ruby lanciò un gridolino di felicità, abbracciando Belle. La ragazza sorrise, mentre tutti applaudivano tiepidamente. Belle guardò suo padre; Maurice chinò il capo, rassegnandosi al fatto compiuto. Sarebbe stato arrabbiato e forse anche un po’ deluso, pensò la ragazza, ma presto si sarebbe ripreso e ricreduto sul suo conto. Stava a lei dimostrargli quanto valeva.
Belle si sciolse dall’abbraccio di Ruby, volgendo il capo alla ricerca di Regina, ma la dea della discordia era già uscita dal salone, senza dire una parola.
- Perché pensi che l’abbia fatto?- mormorò Belle, rivolta a Ruby.
- Non ne ho la più pallida idea, ma se non altro per una volta quell’uccellaccio del malaugurio si è resa utile!- esclamò la dea della caccia, radiosa. Ruby prese Belle per le spalle, costringendola a guardarla negli occhi.- Ma ora, voglio che tu risponda alla prima domanda del mio lunghissimo elenco - ammiccò.- Quando eri nell’Ade, che cos’hai mangiato? Pane e grinta?
 

***

 
Regina sorrise, soddisfatta di se stessa. Ancora una volta, aveva ottenuto ciò che voleva.
Il suo piano le aveva fruttato abbastanza divertimento, quanto le bastava per sopprimere la noia, divenuta estremamente pesante negli ultimi tempi. Ma ora era venuto il momento di smetterla.
Si era fatta parecchie risate, ma ora era il momento di tornare seri. Ciò che aveva combinato Maurice era grave, abbastanza grave perché i mortali smettessero di venerare gli dei e dedicare loro sacrifici. La nuova condizione della terra sarebbe stata la migliore per il suo lavoro, ma tutto aveva bisogno di un equilibrio. Se le cose fossero continuate in quel modo, presto non ci sarebbe più stata nessuna stirpe umana fra cui seminare discordia. Belle avrebbe trascorso sulla terra il tempo necessario perché questa si risanasse, dopodiché tutto sarebbe tornato come prima.
E, se la ragazzina avesse deciso di tornare dal dio dei morti, tanto meglio. Rumpelstiltskin si era alquanto calmato, da quando era innamorato di Belle. Se la giovane fosse tornata, lui avrebbe avuto più tempo da dedicare alla sua sposa e meno per intralciare lei.
Regina sorrise. L’aveva sempre creduto: essere la dea della discordia aveva i suoi lati negativi…ma anche i suoi vantaggi.
 

***

 
Lentamente, la terra dei mortali riprese a rifiorire. Sugli alberi spuntarono nuove foglie e la terra diede nuovi frutti. Le acque dei laghi e dei ruscelli ripresero a scorrere, e gli animali ritornarono nelle loro abitazioni. Il sole tornò a scaldare i campi, dando dei prosperi raccolti.
James mantenne la sua promessa e, nonostante le deboli proteste di Maurice si fossero trascinate ancora per qualche tempo prima di morire del tutto, permise a Belle di partecipare attivamente all’opera di risanamento della terra.
All’inizio, Belle era inesperta e impacciata, e più volte si appoggiò all’esperienza di Ruby per poter imparare cosa fare; con il tempo, tuttavia, la giovane acquistò dimestichezza con le proprie capacità e prese a condurre il proprio lavoro da sola, dando a tutti la prova di essere la degna figlia del dio delle messi. Tuttavia, lei e la dea della caccia furono parecchio restie a stare lontana l’una dall’altra; durante la sua permanenza nell’Ade, Belle aveva sentito in particolar modo la mancanza della sua amica, senza contare che Ruby non era mai a corto di domande. I primi tempi, la dea della caccia non fece altro che perseguitare la sua amica con mille e mille interrogativi: com’era l’Oltretomba? Come erano fatte le anime dei mortali? Aveva incontrato Cerbero e il traghettatore?
Ma più di tutto il resto, Ruby era ansiosa di sapere qualcosa riguardo al dio dei morti: come aveva fatto Rumpelstiltskin a rapirla? Come l’aveva trattata, quando lei era nel suo regno? Gliel’aveva dato lui quel mantello da cui mai Belle si separava? Come le aveva chiesto di sposarlo? Quante volte? E lei che aveva risposto? Cosa si erano detti, cos’avevano fatto loro due in tutto quel tempo? Perché Rumpelstiltskin aveva deciso di lasciarla andare? E a Belle lui mancava oppure no?
Belle chinava il capo e si mordicchiava il labbro inferiore, rispondendo sempre o quasi a monosillabi, evasiva; così, dopo un paio di volte che questa scena si verificava, Ruby aveva compreso che la sua amica non aveva voglia di parlare dei suoi trascorsi con il dio dei morti, e aveva smesso di porle domande di alcun genere.
Tuttavia, esse rimanevano nell’animo di Belle.
La ragazza aveva previsto che quei sei mesi sarebbero stati sufficienti non solo per riparare il disastro che aveva causato suo padre, ma anche per riflettere con calma e attenzione su ciò che intendeva fare allo scadere del tempo stabilito. Si era sbagliata; o meglio, la sua coscienza aveva fatto in modo che lei si sbagliasse. Ogni volta che il pensiero dell’Ade o del suo signore si affacciava nella sua mente, Belle lo scacciava via immediatamente, sentendo una grande paura crescerle nel cuore.
La verità era che si sentiva tremendamente confusa.
Durante la sua permanenza nell’Ade, aveva spesso sognato il giorno in cui sarebbe ritornata sulla terra. Aveva creduto che si sarebbe sentita felice ed euforica; invece, quando Henry era sceso nell’Oltretomba per prelevarla, aveva avvertito dentro di sé qualcosa di molto simile alla disperazione. Belle non riusciva a togliersi dalla mente la luce negli occhi di Rumpelstiltskin in quel momento. Era qualcosa di…straziante. Sapeva che il dio dei morti era innamorato di lei, e che la loro separazione lo avrebbe certamente lasciato nella disperazione, ma nonostante l’avesse rapita e tenuta prigioniera per ben sei mesi non riusciva a non soffrire per il dolore che gli aveva inferto.
In fondo, Rumpelstiltskin era stato l’unico, in tutta la sua vita, a trattarla come una persona, e non come una bambola. Anche se era sua prigioniera, aveva fatto di tutto perché lei non si sentisse come tale. Ogni sua parola, ogni suo gesto lasciava intendere quanto lui la volesse al suo fianco, come sua regina. Come sua moglie. E, alla fine, l’aveva lasciata andare. Senza darle ordini o cercare di trattenerla.
Rumpelstiltskin aveva lasciato decidere a lei cosa fare, se tornare a casa o restare con lui. Era la prima volta che qualcuno lasciava che fosse lei a scegliere, e proprio in quella prima volta Belle aveva compiuto una delle scelte più difficili della sua vita.
Solo ora si rendeva conto di quanto non avrebbe mai voluto lasciare Rumpelstiltskin. Belle non sapeva dire se ciò che provava per lui fosse amore – non si era mai innamorata di nessuno, prima d’allora –, ma certo era che, come ricordava, ogni volta che lui le dichiarava il suo amore e le chiedeva di sposarlo, lei rifiutava…domandandosi immediatamente, appena il dio dei morti se n’era andato, se fosse davvero giusto continuare a respingerlo.
E ora che aveva la sua tanto desiderata libertà ed era tornata a casa, ora che aveva avuto la sua rivincita su suo padre, ora che avrebbe dovuto odiare Rumpelstiltskin con tutta se stessa, non riusciva a smettere di pensare a lui. Così come non riusciva a gettare via quel mantello che le aveva donato per proteggersi dal freddo.
Belle aveva creduto che il gelo che aveva patito durante tutti quei sei mesi fosse dovuto al fatto che si trovava nell’Oltretomba, e che ritornando a casa avrebbe smesso di soffrirne. Invece, continuava ad avere freddo. E il mantello non era mai sufficiente per riscaldarla.
Era immorale. Amare il dio dei morti, colui che l’aveva rapita…Non aveva senso. Eppure, Belle si era a poco a poco abituata a considerare l’Ade come la sua casa. In fondo, a parte i primi tempi di rabbia e disperazione, era sempre stata felice in quel luogo. L’oscurità non la spaventava più.
E il dio dei morti avrebbe dato cuore e anima, per lei.
Belle guardò il suo mantello. Ricordò che, in tutti quei mesi, l’unico momento in cui non aveva sentito freddo era stata la sua ultima notte nell’Ade. Fra le braccia di Rumpelstiltskin.
 

***

 
- Tuo padre andrà fuori di testa.
- Lo so. Pensi che si ripeterà quanto è successo?
- Naturalmente sì. Ma i mortali si adattano in fretta ai cambiamenti, e poi noi ora siamo preparati, sappiamo come far fronte a tutto ciò. Sei mesi di prosperità e sei di carestia sono un giusto tempo.
- Va bene, allora.
- L’importante, ora, è che tu sia convinta, Belle.
Belle sollevò lo sguardo su Ruby. Aveva scelto di comunicare per prima la sua decisione alla sua amica, certa che avrebbe compreso. E infatti, Ruby aveva capito perfettamente. Belle chinò il capo, torcendosi nervosamente le mani. Aveva preso la sua decisione, ma in cuor suo era preoccupata.
- Dunque, hai deciso?- incalzò Ruby.
- Sì…anche se…- Belle esitò, giocherellando con una ciocca di capelli.- Non lo so, Ruby…
La dea della caccia sorrise, e la strinse in un caloroso abbraccio.
- Ehi, va tutto bene…- sussurrò.- Non c’è niente di male. Sei innamorata, tutto qui.
- Sì, ma…- Belle la guardò negli occhi.- Ho paura, Ruby. Me ne sono andata da sei mesi, ormai. E in tutto questo tempo, lui non mi ha mai cercata…- la sua voce tremò.- Ho paura che pensi che io lo odi…ho paura che si sia dimenticato di me, Ruby…
- Questo non è possibile - dichiarò la dea della caccia.- Rumpelstiltskin non si è limitato a chiedere la tua mano. Ti ha portata con sé e ha cercato di farti innamorare di lui in ogni modo, ma ha voluto che fossi tu a scegliere di stare con lui oppure no. Un amore così non si dimentica in soli sei mesi.
- E se non mi volesse più?- insistette Belle.- L’ho ferito, Ruby! Me ne sono andata via e non l’ho più cercato. L’ho ferito!- ripeté.
Ruby sorrise, e la strinse in un altro abbraccio.
- Sta a te curare la ferita, allora.
 

***

 
Belle si sistemò meglio il mantello sulle spalle, cercando di sostenere lo sguardo di suo padre senza vacillare, ma in cuor suo si sentiva come se stesse per svenire. Debole, fragile e inerme.
- Sei sicura di ciò che stai facendo, Belle?- domandò suo padre.- Non devi sentirti costretta a farlo. Non gli devi nulla, né sei ancora legata a lui. Ricorda che è il dio dei morti, Belle. Se vuoi sposarti, posso sempre cercare qualcuno che sia disposto a…
- Padre - lo interruppe Belle, stanca di quei tentativi di farla ricredere che si trascinavano da giorni, ormai.- Padre, ho preso la mia decisione. E’ questo ciò che voglio.
Maurice annuì mestamente. La ragazza gli si avvicinò, abbracciandolo.
- Non siate troppo duro con i mortali…- sussurrò.- Loro non hanno colpa…
- La tristezza sarà immensa, Belle. Ma ci proverò - il dio delle messi fece un debole e incerto sorriso, che si estinse immediatamente. Belle ricambiò il sorriso, volgendosi verso Ruby.
La dea della caccia non esitò neppure un attimo, e le gettò le braccia al collo.
- Mi mancherai, Belle - disse, senza sciogliersi dall’abbraccio.
- Anche tu. Ma potresti venire a trovarmi, qualche volta - la ragazza la guardò negli occhi.- Sono sicura che a Rumpelstiltskin non dispiacerà…
Ruby fece una smorfia, roteando gli occhi.
- Mi ci vorrà un po’ di tempo per abituarmi al freddo e al buio, ma verrò molto volentieri - tornò a sorriderle.- E comunque, buona fortuna.
- Grazie. Ci vediamo fra sei mesi!- salutò, prima di voltarsi e varcare le soglie dell’Ade.
Ruby non distolse lo sguardo finché le porte dell’Oltretomba non si furono chiuse, e Belle non fu scomparsa al di là di esse. Maurice avvertì la terra iniziare ad appassire tutt’intorno, ma si fece forza per amore di sua figlia, ormai divenuta adulta.
 

***

 
Belle aveva una strana sensazione. Era come se tutto là dentro la stesse…aspettando. Non appena aveva varcato le soglie dell’Ade aveva udito chiaramente i lamenti delle anime estinguersi; le poche candele accese per illuminare l’ambiente parevano brillare più intensamente. Perfino lo sguardo del traghettatore le era apparso meno truce.
Belle porse una dracma d’argento a Grumpy.
- Portatemi all’altra sponda dello Stige!- ordinò, salendo sulla barca.- Agli alloggi del vostro signore.
Il traghettatore prese la dracma e se la mise in tasca; era la sua signora, lei, lo sapeva, ma la sua avidità non aveva confini.
- Come desiderate, signora.
Grumpy iniziò a remare, smuovendo lentamente le acque del fiume infernale. Belle si sedette sulla barca, stringendosi nel mantello. Come previsto, il freddo era aumentato. La ragazza si costrinse a mantenere la calma e ad attendere che la traversata terminasse, ma le pareva che il traghettatore remasse con una lentezza esasperante. I lamenti e i gemiti delle anime erano ricominciati, ma lei non ne aveva più paura come una volta. Era altro, ciò che la spaventava in quel momento.
Belle scese velocemente dalla barca non appena Grumpy attraccò alla riva opposta. Si trattenne a stento dal correre; l’Oltretomba era immensa, ma lei sapeva esattamente dove avrebbe trovato Rumpelstiltskin.
Belle aprì piano la porta della sala circolare, la stessa in cui lei e il dio dei morti avevano trascorso tanti momenti insieme, la stessa in cui lui l’aveva guardata per tanti anni dal suo specchio. La ragazza lo vide anche se lui le dava le spalle.
Rumpelstiltskin era seduto sulla poltrona in pelle nera, immobile. Certamente l’aveva sentita entrare, ma non si era voltato, né aveva dato alcun segno di aver notato la sua presenza. Si stava comportando come se lei non fosse lì.
Belle abbassò lo sguardo, rimanendo ferma sulla soglia della porta, incerta.
- So che sei lì, dearie, tanto vale che tu entri…- ghignò il dio dei morti, senza voltarsi.
Belle esitò ancora un attimo, quindi mosse qualche passo all’interno della stanza. Il rumore dei suoi tacchi sul pavimento di pietra rimbombava come un tuono nel silenzio della stanza. La ragazza prese un profondo respiro, stringendo convulsivamente la stoffa della gonna fra le mani. Giunse fino alla poltrona su cui era seduto Rumpelstiltskin, ma lui non sollevò neppure lo sguardo su di lei.
Il suo volto appariva impassibile, un’impassibilità turbata solo da un debole accenno di quel suo solito ghigno sulle labbra, ma per il resto non lasciava intendere alcuna emozione.
- Cosa ti porta nella mia umile dimora?- chiese, senza guardarla.
Belle si morse un lembo del labbro inferiore; non si era aspettata una simile accoglienza. Aveva messo in conto che Rumpelstiltskin sarebbe stato arrabbiato, ma aveva sperato che le desse almeno il tempo di spiegarsi. Invece, il dio dei morti la stava trattando come una perfetta sconosciuta. Era come se tutto ciò che era accaduto fra di loro non fosse mai esistito, e lei fosse solo un’ospite inattesa e indesiderata nel suo regno. Perché si comportava così? Perché non la guardava?
- Io…- balbettò; aveva programmato tutto in un altro modo, e ora non sapeva che cosa dire. Beh, pensò, tanto valeva dire la verità.- Io…sono tornata da voi.
- Tornata da me?- ripeté Rumpelstiltskin in un sibilo; fece una risatina sommessa, la stessa risatina acuta e maligna che Belle aveva all’inizio trovato tanto inquietante.- Sul serio, dearie? Curioso che tu ti sia ricordata di me, dopo tutto questo tempo.
Nella sua voce voleva forse esserci ironia e beffa, ma tutto ciò che ne risultò fu solo malcelata amarezza.
- E perché saresti tornata, dearie? Forse c’è qualche problema che richiede la mia presenza? James ti ha inviata qui nella speranza di convincermi a correre in suo aiuto?
Non la guardava; si stava rifiutando di guardarla. Belle non lo poteva sopportare. Avanzò di qualche passo in modo da trovarsi di fronte a lui. Finalmente, Rumpelstiltskin alzò gli occhi su di lei.
- No, sono venuta di mia volontà - replicò, tentando di mantenere la voce ferma, ma dalla gola le uscì solo un sussurro incerto.- Ho…ho stretto un accordo con mio padre.
- Interessante. Confido che Maurice abbia ripreso a fare il suo dovere, con a fianco la sua cara figlioletta…
Belle si costrinse a ignorare la stoccata. Strinse ancora di più la stoffa della gonna fra le dita.
- Resterò con lui in superficie per sei mesi all’anno, in modo che la terra possa vivere. Quanto agli altri sei mesi…- Belle chinò il capo, inspirando a fondo. Tornò a guardare negli occhi il dio dei morti.- Ho ottenuto di poter trascorrere gli altri sei mesi quaggiù. Insieme a voi.
Il dio dei morti non rispose; chinò il capo, chiudendo brevemente gli occhi. Rumpelstiltskin conficcò le unghie scure nei braccioli della poltrona, serrando le mascelle. Belle avvampò, sentendosi infinitamente stupida e in imbarazzo. Non era la reazione che si era aspettata. Cominciò a temere che le sue paure fossero fondate. Forse davvero Rumpelstiltskin non la voleva più. Forse Ruby aveva avuto torto: lei non poteva sanare alcuna ferita.
Belle esitò un attimo, quindi allungò lentamente una mano verso il viso del dio dei morti. Gli sfiorò piano una ciocca di capelli con la punta delle dita, scostandogliela un poco dal volto, ma Rumpelstiltskin voltò repentinamente il capo di lato, sottraendosi alle sue carezze. Quel gesto la ferì.
- Credi di poter sistemare tutto quanto con una carezza?- sibilò il dio dei morti, senza guardarla.- Credi di poterti ripresentare qui dopo sei mesi e fare finta che non sia successo nulla?
Belle ritrasse la mano, indietreggiando di un passo. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
- Io ti amavo, Belle. Ti avrei dato tutto ciò che desideravi, se me l’avessi chiesto. Ti ho lasciata ritornare a casa perché sapevo che era ciò che volevi. Ma credevo…speravo…speravo che non ti saresti dimenticata di me. Per un attimo ho creduto che fosse stato tuo padre a tenerti lontana da me, ma poi ti ho vista nello specchio…- Rumpelstiltskin la guardò; nei suoi occhi c’era tanta rabbia e tanto rancore come mai Belle ne aveva visto.- Sapevo che non mi amavi, ma credevo che dopo tutto questo tempo ti importasse almeno qualcosa di me. Tu non puoi neanche immaginare come mi sono sentito. Non puoi immaginare che cosa ho provato nel vederti felice lassù senza mai pensarmi, nel vedere che ti eri dimenticata di me…
- Io non mi sono mai dimenticata di voi…- balbettò Belle, con la voce incrinata.
- E allora perché non mi hai mai cercato?- Rumpelstiltskin scattò in avanti sulla poltrona con il busto, ringhiando.- Perché non sei mai tornata? Sapevi che non ti avrei trattenuta qui! Mi sarebbe bastato un messaggio…una lettera…una tua visita, vederti anche solo per un’ora mi avrebbe fatto capire che per te contavo qualcosa! Speravo che tu tornassi a farmi visita, se non per amore o amicizia, almeno per pietà!
Belle indietreggiò di un altro passo; ormai non riusciva più a trattenere le lacrime.
- Quando…quando mi parlavi…quando leggevamo insieme…Quella notte in cui tu hai avuto un incubo e io sono rimasto con te…In quei momenti, mi sono illuso che tu provassi qualcosa per me…- Rumpelstiltskin distolse lo sguardo, stringendo rabbiosamente i pugni.- Sapevo che era tutto falso! Non te n’è mai importato niente di me!
- No!- sbottò Belle.- No, non è vero!
Non riuscì più a trattenersi, e scoppiò a piangere. Tentò di frenare le lacrime, ma fu tutto inutile.
- Mi dispiace!- singhiozzò.- Vi prego, credetemi…Non ho mai voluto ferirvi! Ho sbagliato, lo so…- Belle nascose il volto fra le mani. - Ho sbagliato. Sarei dovuta tornare da voi non appena avessi risolto i problemi di mio padre, ma ero…io…avevo paura - confessò.- Non sapevo…non…ero confusa, non sapevo…Vi prego…- sussurrò.- Vi prego, non mandatemi via…- concluse miseramente.
Rumpelstiltskin ansimò; Belle nascose ancora di più il volto fra le mani, incapace di continuare. Non avrebbe voluto piangere, non avrebbe dovuto, ma proprio non riusciva a smettere di singhiozzare. Il dio dei morti parve calmarsi, ma il suo sguardo era incredulo.
- Mandarti via?- ripeté, frastornato.
Belle si asciugò le lacrime dagli occhi, ma subito queste tornavano a rigarle le guance.
- Mandarti via?- Rumpelstiltskin si alzò velocemente dalla poltrona, andandole incontro.- Basta, adesso smetti di piangere!- ordinò, con poca forza.
Belle tentò nuovamente di asciugarsi le lacrime; il dio de morti scosse il capo, ancora incredulo, e la strinse fra le braccia.
- Basta…- sussurrò, facendole poggiare il capo contro il suo petto.- Mandarti via, dici?- mormorò, accarezzando i suoi riccioli castani.- E come faccio a mandarti via? Non potrei mai…Non ti manderei mai via, Belle…Per favore, non piangere più…
La ragazza presto smise di essere scossa dai singhiozzi; Rumpelstiltskin la guardò negli occhi, serio. Le asciugò le lacrime dalle guance e, al contatto con la sua pelle, la trovò ghiacciata.
- Sei gelata, dearie…- osservò, ritrovando un poco di tenerezza.
- Ho freddo…- mormorò Belle, stringendosi nelle spalle.- Ho sempre avuto freddo, da quando me ne sono andata.
Rumpelstiltskin fece un piccolo sorriso, e tornò ad abbracciarla. La tenne stretta fra le sue braccia per diversi minuti, durante i quali nessuno dei due parlò, entrambi troppo impegnati a perdersi nel calore dell’abbraccio dell’altro.
- Mi dispiace per prima, amore…- sussurrò infine il dio dei morti, rompendo il silenzio.- Ero arrabbiato…La verità è che non speravo di rivederti di nuovo. Ho sofferto tantissimo in questi mesi, credevo non saresti mai più tornata…
- Che cosa?- Belle si sciolse dal suo abbraccio, guardandolo negli occhi.- Davvero credevate questo?
- Ero certo che mi odiassi, che non volessi rivedermi mai più…
- Ma che state dicendo?!- sbottò Belle, e la voce le uscì più dura di quanto avesse voluto.- Certo che sono tornata da voi, sciocco che non siete altro! Siete l’uomo più buono e gentile che io conosca, e vi amo!
Le parole le uscirono dalle labbra come un fiume, libere dalla prigionia razionale in cui erano state rinchiuse per tutti quei mesi. Belle boccheggiò, incredula di quanto aveva appena affermato, e guardò negli occhi Rumpelstiltskin. Non fece in tempo ad aggiungere altro che si ritrovò con le labbra del dio dei morti premute contro le sue.
Rumpelstiltskin la baciò con tutto l’amore che provava, assaporando il sapore di quel bacio e delle sue labbra. Si staccò solo brevemente, per poi riprendere a baciarla con foga, quasi quello fosse l’ultimo bacio che loro due si stessero scambiando per il resto della vita, invece del primo. Belle rispose al bacio con passione, circondando le spalle di Rumpelstiltskin con le proprie braccia. Il dio dei morti la strinse ancora di più a sé, interrompendo solo brevemente il bacio il tempo necessario perché entrambi respirassero.
- Dillo di nuovo - sussurrò Rumpelstiltskin contro le sue labbra.- Dimmi ancora che mi ami.
- Vi amo - Belle sorrise, prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi nuovamente alle labbra del dio dei morti. Rumpelstiltskin riprese a baciarla con la stessa passione di prima, senza quasi mai fermarsi, senza mai staccare le labbra dalle sue; sembrava fosse incapace di smettere di baciarla.
Alla fine, il bacio si fece a poco a poco più lento e tenero, e le labbra del dio dei morti iniziarono a posarsi su quelle di Belle con più dolcezza. La ragazza sorrise, appena prima che il bacio si concludesse. Rumpelstiltskin si staccò un poco da lei, guardandola negli occhi.
- Amore, è troppo?- chiese.
Belle sorrise, scuotendo il capo.
- No. Desideravo con tutto il cuore che voi mi baciaste - confessò, arrossendo un poco.- E poi, abbiamo solo sei mesi per recuperare il tempo perduto…
- Tuo padre, vero?
Belle annuì.
- L’accordo è questo. Starò con voi per sei mesi, e ne trascorrerò altri sei sulla terra…E’ l’unico modo. Ma…- Belle esitò un attimo, quindi tornò a guardarlo, sorridente.- Naturalmente, durante la mia assenza, potrò tornare da voi, di tanto in tanto. Ormai mio padre sa che vi amo…
Rumpelstiltskin fece un breve sorriso, ma tornò immediatamente serio. La guardò intensamente.
- Se mi ami, Belle - sussurrò,- allora, sposami.
Le accarezzò teneramente una guancia.
- Sposami, Belle. Diventa mia moglie. Non posso più vivere senza di te, voglio che tu sia la mia sposa. Vuoi sposarmi, Belle? Ti prego, dimmi di sì…
Questa volta fu il turno di Belle di baciare lui. La ragazza si sollevò sulle punte, posando brevemente le proprie labbra su quelle del dio dei morti.
- Sì.
Da quel giorno, Rumpelstiltskin non si sentì più solo, e Belle non ebbe mai più freddo.
 

***

 
Belle divenne la sposa di Rumpelstiltskin e regina dell’Ade. Per tutto il tempo a venire, mantenne sempre l’accordo stretto con suo padre. Trascorreva sei mesi all’anno in superficie, in compagnia di suo padre, occupandosi insieme a lui della terra dei mortali; durante gli altri sei mesi, invece, ritornava nell’Oltretomba, a fianco di suo marito.
Presto, la terra si abituò a questo accordo. Durante i sei mesi che la giovane trascorreva in compagnia del padre, la terra dei mortali era florida e rigogliosa, tanto che gli uomini indicarono quel lasso di tempo con i nomi di primavera ed estate; in seguito, esse venivano seguite da un periodo di freddo e sterilità, chiamato autunno e inverno, durante il quale – dei e umani lo sapevano – Belle faceva ritorno nell’Ade, insieme a Rumpelstiltskin.
 
Angolo Autrice: Chiedo scusa a tutti coloro che hanno problemi di glicemia per l’ultima parte di questo capitolo; non so dire con obiettività come mi sia venuto, spero solo di non aver esagerato con gli zuccheri. Se sì, chiedo umilmente perdono. Forse il fatto dei sei mesi e sei mesi potrebbe risultare un po’ amaro, specie per chi come me è ancora scioccato da 2x11 e 2x12 e ha il livello di fluff alle stelle quando si parla di questi due (*Ma quanto sono carini?! Ma copulate felicemente, damn it!* Okay, scusate, passato momento di sclero…XD), ma se non l’avessi inserito si sarebbe perso il senso del mito greco originale. Non fraintendetemi, per carità, anch’io penso che questi due debbano stare insieme sempre e per sempre, ma il mito di Ade e Persefone non l’ho scritto io, la sottoscritta ha solo scopiazzato malamente da esso…XD. Anyway, grazie a parveth89, Evils_Revenge, Stria95, historygirl93, nari92, 1252154, x_LucyW, Ginevra Gwen White e Lady Deeks per aver recensito e a tutti coloro che hanno seguito la storia fino a qui. Spero che questa three-shot vi sia piaciuta :). Un po’ mi spiace di averla conclusa così presto, ma ora è tempo che torni alle mie altre long Titanic e Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast (la quale è rimasta in stagnazione per troppo tempo per i miei gusti, sarà meglio che ci metta mano al più presto ù_ù). Ancora un grazie a tutti quanti :).
Ciao, alla prossima!
Dora93

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