Venere dai tuoni di sangue

di marig28_libra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO - fine infinita ***
Capitolo 2: *** CAP 1 - la spelonca delle tenebre ***
Capitolo 3: *** CAP 2 - rapsodia di fiamme e pelle ***
Capitolo 4: *** CAP 3- delirii duellum ***
Capitolo 5: *** EPILOGO - volo nell'infinità ***



Capitolo 1
*** PROLOGO - fine infinita ***


 Fissa la morte: costellazïone
lugubre che in un cielo nero brilla:
breve parola, chiara visïone:
leggi, o pupilla.

Non puoi. Così, se fissi mai l'immoto
astro nei cieli solitari ardente,
se guardi il sole, occhio, che vedi ? Un vòto
un vortice, un niente.


(G. Pascoli )

 
 
 
 
 

La Fine continuava.
La Fine non si vuotava.
La Fine era una laida bugiarda: prometteva eccitanti cadute, vene recise , felici decapitazioni per poi non liberare nulla.
 
Non esistevano mappamondi su cui scegliere e tracciare rotte di dissanguamento. Penzolavano,  dall’aria, innumerevoli cappi ma impiccarsi con uno di essi sembrava impossibile.  
In quale direzione ci si ammutoliva nell’eterno?
In quale istante l’anima sarebbe diventata vegetale fossile?
In quale crepa ci si poteva tumulare masticati da una coltre di paralisi, terra e vermi?
 
Suikyo capiva che se anche avesse scritto l’epilogo della sua esistenza, infilzandosi con chissà quale lama,  avrebbe proseguito il suo itinerario nel Vuoto.
Sì…perché la Fine, in realtà,  era la sintassi del Vuoto,  la balia del Vuoto, la meretrice del Vuoto.
Era l’ingresso di un’immensità amorfa e liquescente.
 
Il ragazzo errava, come un poliomielitico, orfano di precetti e alternative. Ronzava derubato di fortezze da albergare o d’abbattere. Si strascicava scevro di fame, sete, sonno. Arrancava spolpato dall’insensata e sconfinata natura che lo circoscriveva.
Da quanto non era più Eaco di Garuda? Da quanto era stato calato nel pozzo dell'essenza mortale col suo antico nome mortale? Erano  sbriciolati due giorni? Una settimana? Un mese?
Non lo sapeva e non gliene importava niente.
Aveva fallito la sua missione.
Ade lo aveva castigato scarnificandolo del titolo di Generale degli Inferi.
Sisifo del Sagittario,  il più nobile dei paladini di Atena, si era mostrato d’una brillantezza devastante. Col suo potere, con le sue  ali d’aquila eterea e di fulminante arcangelo, era riuscito a travolgerlo.
La nave volante della Parthenos, figlia di Zeus, avrebbe avanzato  verso la Tela Perduta.
 
Lui, invece? Dove si sarebbe recato?
 
Guardò, con occhi arenati, la catena dell' Himalaya: il  gigantesco promontorio, dai crani canuti,  s’immolava ad un cielo  giallognolo e fetido.
Tutta la volta era stata  astersa dal  buio ma insudiciata da nuvole sbavanti di febbre. Il sole, caliginosa e putrefatta medaglia d’inutilità, sbadigliava in attesa di essere spodestato dalla Notte. Se ne infischiava dei propri raggi deboli e asfittici, della propria chioma pagliareccia. Non provava gusto nel far risplendere un deserto concavo e convesso di rocce.
 
Non provava gioia nello scaldare un giovane uomo ritornato alla normalità.
 
Eaco era declinato per sempre.
Kagaho di Bennu, il nuovo generale, gli aveva distrutto il surplice…
 
Eaco era declinato per sempre…con le sue Ali.
Le sue Ali… La più grande e umiliante mutilazione…
Non erano mai state  di ferro ma di carne, ossa, bellezza… Bellezza di ciclone, d’amore fedele e forsennato. Avevano brillato   della granitica e somma brutalità di un rinoceronte.
 
Behemoth.
 
Suikyo  s’era inciso , nel diaframma dell' anelo, uno sguardo, un cuore, un pugno.
 
Un solo nome: Violate.
La sua Venere dai tuoni di sangue.
La sua Venere sconfitta e morta.
                                                    
L’aveva seppellita nella terra scoscesa tra le rocce, nella  mente scoscesa dal deserto.
L’aveva seppellita sperando nell’assurdo, immaginando che la sua splendida figura gli sarebbe comparsa di nuovo annientando la  Fine.
 
Violate…” meditònon ritorni da me? “
 
Il vento e la polvere vogavano rachitici e solinghi.
 
“ Continui a star zitta…e io continuo ad aspettare la tua ombra…potrei ammazzarmi, perché no? Ma dopo sarà sempre così? Camminerò schifosamente solo? ”
 
Le montagne non aggiungevano nulla dai loro sagrati irremovibili e ignoranti.
 
“ Hai ragione…Sono stato un idiota. Un bastardo. Lo so che questo desideravi dirmelo. Tu…eri fortissima però anche sciocca, troppo sciocca.  “ 
 
Il cielo farfugliava con la gola invasa da muchi nembosi.
 
Tu ci credevi. Mi guardavi veramente. Io mi accontentavo…di averti come prediletta specter e giocarti  nel mio letto. “
 
Suikyo  fu arso da una lacrima gelata.
 
Avevo terrore della tua luce. Maneggiavi le ombre ma le tue ombre scaturivano da un astro.  Un astro che mi avrebbe scoperto.”
 
Il Sole, all’improvviso, dardeggiò riesumato dalla sua ibernazione.
Splendette misterioso e ferente.
 
Dove si trovava la Morte? Tra le costellazioni nere dell’universo ultraterreno oppure in quei riverberi di pianto ustionante?
 
“ Vedi quanto sono  penoso? Avevo paura di dirti una cosa normale, semplice e…troppo immensa. È troppo tardi,  adesso…”
 

Provò a fissare il Giorno ma si ricoprì subito gli occhi.
 
Ti amo…”
 
Rise livido, spossato, frantumato.
 
“ Quant’è inutile, vero? “
 
Il passato lo investì come un rapace nero e lucente, un re Garuda dalle piume d’ossidiana aguzzate.  
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** CAP 1 - la spelonca delle tenebre ***


 

Sono la piaga e il coltello!
Sono lo schiaffo e la guancia!
 Sono le membra e la ruota,
 vittima e carnefice!  

Del mio cuore sono il vampiro
 -  uno dei grandi abbandonati
condannati all’eterno riso,
e che non possono più sorridere.”

( C. Baudelaire)

 

 

 

Erano  pronti.
Il Sole  invecchiava con la sua buccia acida e impaziente . I nembi verrucosi  s’ inturgidivano sotto il volo della  Sera.

Erano  pronti.
Il Bagmati*  tremava con  riverberi d’argilla cadaverica.
La città di Katmandu*    stava murata, oltre le sponde del fiume, in un silenzio d’arenaria e pietre rossastre
.

Erano pronti.
Il corpo  del colonnello  Rhama Parwatj attendeva d’essere cremato. Sacerdoti, parenti e amici lo attorniavano lamentando litanie funebri.

Lei non era pronta.
Lei non voleva finire sulla pira del despota che l’aveva torturata.

 Aditi, la seconda moglie del defunto,  piangeva ghiacciata di buio. Aveva la lunga chioma  nera, sfumata di grigio, raccolta in una treccia. Vestiva con  un sari bianco: il  pallore mortifero del lutto. Mentre i figliastri minori la tenevano imprigionata per le braccia, il primogenito preparava una torcia .

Una vedova era come cenere sul  pavimento. Bisognava  spazzarla  via. L’ultima dignità che ella doveva  mostrare era un atto di virtù e devozione gettandosi nel rogo del marito. 

Due magri ragazzini  sudavano mano nella mano: il  più piccolo,  dai  corti capelli corvini,  aveva undici anni, la più grande era quindicenne .
Neppure loro erano pronti.
Suikyo e Kaia desideravano riprendersi la  madre, rompere il rito del sati , evadere
.

- Sorella… come facciamo?

La fanciulla  osservò i fratellastri  sibilare minacce alla condannata.
Aggrottò le sopracciglia impaurita ma straordinariamente determinata. Non era bellissima: aveva la fronte molto ampia, il  naso un po’ tondo e il mento piccolo. I suoi occhi viola erano, però,  così fioriti, i suoi ricci capelli,  così  ventosi,  che pareva la più nobile delle principesse.

- Dobbiamo correre – disse  con fermezza.

Il fratello mandò giù  la poca saliva che  gli restava.

- Ci butteremo addosso a loro?

- Sì…porteremo via la mamma!

Il bambino annuì.
Dovevano tentare.  Avrebbero liberato Aditi e  sarebbero fuggiti per sempre,  solo loro tre.
Non potevano accettare quel furto folle , quella turpe condanna.

- Presto, Suikyo!- esclamò Kaia.

Sferzando la folla delle persone,  si scagliarono contro  i fratellastri.
Dovevano tentare. Non potevano accettare quel furto folle, quella turpe condanna
.

- Andatevene , pidocchi! – sbraitò il secondogenito di Rhama.

Suikyo lo strattonò, tentando di slacciare la madre,  ma ricevette un violento colpo in testa.
Kaia fece altrettanto  con il terzo   subendosi  una bastonata sulla spalla.
Dovevano tentare. Non potevano accettare quel furto folle , quella turpe condanna.

Neanche fosse una caccia alle tigri del Bengala, alcuni  uomini,  che partecipavano al funerale,  si unirono a malmenare i due fratelli.
Aditi, disperata, cercò di raccogliere i suoi bambini ma il figliastro maggiore l’arpionò selvaggiamente per la chioma e la gettò sulla salma del coniuge.
Completando il capolavoro di bestialità,  accese la pira.

Immerso nella sozza giostra di calci e pugni, Suikyo udì le urla della donna :  cristalli  gramolanti e assassinati.
Il sangue morto di Kaia macchiò la terra scabra. Le  membra esili e minute dell'adolescente  furono rotte pari ad  infimo vasellame di terracotta.

I  ragazzini vennero disintegrati.

Avevano tentato. Non avrebbero mai potuto accettare quel furto folle, quella turpe condanna.
Avevano tentato.
Ad attenderli solo la Fine. Una delle tante scellerate e  insensate fini
.


Suikyo annegò  nel nero senza ritorno.


Scorsero minuti. Ore.
  
    
Battiti d’acqua.
Delta d’annegamento.
Suoni grevi e ventrali.

“ Mamma…”

Gli abissi lo stavano  magnetizzando verso il  polo dell'Eternità.
Il bambino  scorse , su di lui, il coperchio del Bagmati  sgualcito, rammollito, impietoso.

“ Kaia …”

Il sangue  gli fuoriusciva dalle ferite. Quelle scie, di languore solferino, sembravano  bisce che sbiadivano nella palude del nulla.

“ Mamma…Kaia… ”

Il sommerso continuava a stordirsi tra i palpiti di quei cuori:  la madre…la sorella. Non capiva che il gong della Fine aveva  scandito percussioni ineluttabili. Le vibrazioni  della Morte echeggiavano tra gli spalti svuotati di speranza.

La discesa si snocciolava sempre più melmosa…Rotolava giù come un gomitolo di lana infeltrito…
In fondo…in fondo…in uno  spugnoso intestino …

C’erano il Silenzio che gracchiava e  il Vuoto che ballava.

Giù…Giù…Giù…

“ Suikyo…”

Cosa fu quel  mormorio che arpeggiò nel baratro?

“ Suikyo…”

Una voce maschile :  dolce, dorata ma per nulla paterna o rassicurante.

“ Suikyo…”

Un altro sussurrio serpeggiò. Anch’esso sembrava di un uomo.
Era dotato dell'affusolata minacciosità  d’una selce.

“ Suikyo…”

Algido, perentorio, metallico.

“ Suikyo…Suikyo…Suikyo…”

Le voci presero a cantilenare all’unisono,  simili ad una coppia di avvoltoi che svolazza attorno ad una carcassa.   

Il Vuoto parve concludersi all’improvviso.
 
Il bambino atterrò, con terrifica delicatezza, su una base solida.
Respirò immobile e confuso per alcuni istanti…
Si mise poi  a sedere lentamente: era  sopra un enorme  pavimento di porfido rosso.
Si guardò attorno: regnavano pareti fumose e scure, coltri di cenere  assonnata e ringhiante…

Emersero , da quella nebbia , due  figuri  altissimi  che parevano umani.
Il ragazzino si alzò intimorito vedendo  che  si avvicinarono...
Indossavano delle strane ed elaborate corazze. Rilucevano d’ una  bellezza notturna,invernale:  manifestavano  un connubio tra armonia angelica e demoniaca ieraticità.

Si fermarono.

Erano gemelli.
Il primo portava lunghi  capelli aurati, il secondo argentati. Nessuno di essi possedeva iridi punteggiati da pupille:  i loro  occhi somigliavano  a  dischi di ceramica vetrosa. Erano talmente luminosi che  Suikyo non capì  che tonalità avessero.

- V-voi…- balbettò – c-chi siete?

 Il biondo gli sorrise morbido e fosco:

- Siamo Hypnos e Thanatos, gli dei del Sonno e della Morte.

- Rappresentiamo le  fedeli lame di Ade – soggiunse il  fratello- le braccia  del Re degli Inferi.

Suikyo distinse  il colore dei  due sguardi divini: Hypnos aveva un’ espressione aurea coagulata in un  gelido calore , Thanatos ostentava due crudeli  specchi di lapide grigia.
Quei  visi erano d’una perfezione levigata e lugubre.

Il ragazzino rabbrividì con ogni muscolo ed osso del proprio  corpo.
Non sapeva se dovesse  piangere o gridare.
Non sapeva come pensare.
Non sapeva dove sprofondare.

- Tranquillizzati – gli disse Hypnos tenero e tenebroso – siamo giunti da te per aiutarti. Il nostro sovrano non desidera per niente al mondo vederti in questo stato.

- Ti permetteremo di  ricominciare – affermò Thanatos.

Il piccolo  avvertì il cuore sollevarsi di irragionevole gioia.
Osò domandare:

- Riporterete mia mamma e mia sorella?

I  gemelli inarcarono le sopracciglia.

- Ci…farete…- proseguì il bambino – restare assieme…in un posto sicuro… Per…tutta la vita?

Le due divinità si guardarono.
Lasciarono trascorrere qualche secondo.
Emisero, infine,  una risata melodiosa, calpestante e  perfida.

Il fanciullo  si sentì strangolare. Abbassò gli occhi tagliato dall’imbarazzo e dal terrore.
Le lacrime s’impadronirono di lui.

- Ragazzetto – sogghignò la Morte – in che modo possiamo farti ricominciare se ci chiedi queste assurdità?

- È vero – comprovò il Sonno – tu dovrai diventare potente…glorioso.

- Dovrai rinascere.

Gli  dei sollevarono la  mano destra.

- Proverai un po’ di dolore –  rivelò Hypnos – ma  è assolutamente necessario affinché tu possa risplendere.

- Nulla del tuo passato ti dovrà seguire in futuro.

 Le braccia delle divinità si protesero in avanti. Emisero dei gorghi risucchianti.
La vittima   urlò di dolore.
Fu  una rondinella  che venne sviscerata.
Le terre del Nepal , il Bagmati immenso, i vili ricordi del padre e dei fratellastri, i giochi che riusciva a pescare in piccole pozze di serenità…
Un tornado di fuochi sanguigni fuoriuscì dal suo animo. Fu una vivisezione eseguita con bisturi e forbici arroventati.
Gli ultimi frammenti che rimasero a galleggiare nell’aria furono due scritte.

Aditi e Kaia.
Sgonfi  sciami di lucciole terrorizzate e inebetite.

- Questi nomi non ti serviranno più.

Hypnos e Thanatos distrussero,  con raggi  viola,  i preziosi ideogrammi.

Suikyo   crollò a terra  eguale  ad un fantoccio carbonizzato e inutile.
I suoi occhi viola si offuscarono…
Qualche petalo di pianto gli colava anemico dalle ciglia.

- Smetterai d’essere  Suikyo – enunciò il Sonno- il  fango mortale non dovrà contaminare la tua nuova essenza celeste. Per il  Sommo Ade ti effigiamo del nome di Eaco.

- Per la gloria infinita del Tramonto Eterno  -  pronunciò grave Thanatos – sarai uno dei tre supremi generali dell'armata infernale.

Il ragazzino, stordito e squarciato , riuscì a focalizzare una gigantesca sagoma che iniziò a materializzarsi.
Dietro i due gemelli, comparve  un uccello di fiamme nere, viola, blu…Sembrava un’aquila mostruosa…

- O potente Garuda – esclamarono assieme Hypnos e Thanatos – che i tuoi astri guidino e  fortifichino questo Guardiano! Che le tue ali d’oceano  gli facciano toccare le sommità  della Notte!

Il titanico rapace si lanciò verso il suo custode.
Spalancando il becco abissale,  lo divorò in una sfera di fulmini e uragani
.

 

                                                                                         ______   § ______ 
 

 

Nessuna zolla di terra, nessun insetto, nessun sasso aveva l’  audacia di soffiare la propria presenza.
 Nessun filo di Sole ardiva stormire tra le fronde.
Nessuna corteccia  tentava di scricchiolare  stanchezza. Abeti, querce, pioppi  erano infedeli che attendevano il verdetto di giudici inquisitori.
Ogni elemento della natura  era ammutolito, infreddolito, ammattito di terrore.

Su un angusto piazzale  della Foresta Nera, una dozzina di   specter semplici  tremava dall’orrore. Stava  per assistere ad una condanna.
Due compagni erano stati imbavagliati ed appesi ad  un robusto ramo di pino a testa in giù. Lacrimavano  grida di suppliche soppresse. 

Solo un guerriero non piangeva: un uomo che aveva superato la ventina d’anni.
Riluceva diabolico e ferreo in tutta la sua  altezza. Possedeva  un  corpo atletico e slanciato  avvolto da una cotta metallica e da pantaloni neri. Portava i  capelli corvini e folti  oltre le spalle. Il suo viso palesava una beltà fresca, sensuale e sinistra: gli occhi viola erano umidi d’  orgoglio e sadismo;  le labbra  eleganti  disegnavano un leggero e fendente  sorriso.

Nonostante non indossasse l’armatura da guerra, Eaco di Garuda  si mostrava il più sfavillante dei demoni.

- Signori, immagino sappiate  il nostro dovere . Fra tre mesi l’anno si concluderà. Ad attenderci ci sarà il mille settecento quarantatre. Conoscete la profezia, giusto ?

Quel tono  pacato e mellifluo era più terribile d’un  urlo di fiera.

- Ade, il Signore a cui dedichiamo l’esistenza, si risveglierà nel corpo di un giovane, sua  reincarnazione. Lady Pandora lo condurrà al Castello Heinshtein  per far sì che la Guerra Sacra inizi.  Dovremo distruggere le infami schiere dei soldati di Atena. 

Gli specter annuirono in silenzio.

- Vi sto addestrando  per compiere  questa grande missione. Vi sto consentendo di raggiungere le vostre potenzialità estreme. E’ vietato   commettere sciocchezze ed errori.

Il giovane avanzò  verso il  grande albero dei condannati.
Le milizie sentirono gli stomaci spremersi.

- Uomini…vi pare  sensato che io, che mi sto dedicando assiduamente a voi, venga ripagato in questo modo?

Eaco si collocò tra i due soldati che penzolavano.

- Ditemi, vi pare onorevole disertare e fuggire?

Silenzio.
Sudore.
Occhi chiusi.

- E’ degno assumere una tale condotta verso Ade che ci ha donato una nuova vita?!

Garuda abbrancò il primo disgraziato per la faccia.
Il palmo e le dita della sua mano emisero fiammelle indaco.  All’inizio parvero piccole ma immediatamente s’ingigantirono.
I lineamenti e il cranio del soldato si sformarono come cera gelatinosa. La carne viscosa   del cervello si carbonizzò velocemente. Il fuoco mangiò pelle, muscoli ed ossa. Il sangue non ebbe tempo di versarsi  poiché sfrigolò in vapore.
Si disperse , nell’aria,  un tanfo nauseabondo.
Dell'uomo non restò che una carogna priva di testa.
Il collo consunto fumava come un tizzone di legno.  

- Vedete, miei cari? – riprese tranquillamente il Generale – non posso  tollerare queste ignominie.

Si  affiancò al secondo sciagurato.
Librò il braccio destro in alto.
Con un colpo  rapidissimo,  gli mozzò in due il corpo.
Il busto cascò a terra. Le gambe restarono appese macabre e grottesche.
Dai lembi sfilettati delle anche piovve linfa vermiglia. Sembravano pezzi di vitello infilzati  agli uncini di una macelleria.

- Mi auguro che questi due abbiano capito il loro sbaglio…Non appena  torneranno in vita dovrò accertarmene ulteriormente. La prudenza non è mai troppa.

I soldati compresero quelle parole:  in quanto spettri  possedevano la facoltà di resuscitare ogni volta che morivano.
Uno dei  più terrorizzanti  martiri  era, tuttavia,  perire di violenza e risorgere per sottostare ad  altre atrocità.
Eaco giustiziava i ribelli in quel modo: li uccideva e , una volta che ricomparivano dagli inferi,  testava la loro lealtà schiacciandoli  con novelle sevizie.

- Avanti – ordinò – togliete queste schifezze. Mi fanno vomitare i cadaveri degli smidollati.

I subordinati ubbidirono in fretta mentre tra i fusti arborei aleggiava il fonema scorticato dello scempio.

Un sibilo improvviso.
 
Un dardeggio frantumò la teca di paura che rinchiudeva la vegetazione.
Il suolo sussultò.

Garuda captò una presenza  che correva verso di lui: erano le risonanze massicce d’uno spirito che conosceva molto bene.
Sorrise.
Quei balzi,  che incedevano  sempre più forti,  somigliavano  alla musica d’una falange oplita o a tamburi dionisiaci.

Non vi erano dubbi. Soltanto uno specter percuoteva in quella maniera il vento e la sabbia.
Una creatura senza eguali.
L’ animale che venne plasmato per primo  dalle divinità.

Behemoth. L’indomabile rinoceronte dal corno di metallo.

Violate,  l’ incarnazione di quella grande energia, fracassò le frasche degli alberi.

Con un salto mortale piombò davanti al Generale.
S’inchinò con profonda deferenza.

- Eterna potenza a voi, Signore.

- Violate….lietissimo di rivederti. Che informazioni  mi porti dal lago Titisee*?

- La costruzione del vostro  vascello di guerra prosegue efficientemente.  I lavori potrebbero  terminare con un mese di anticipo.

- Magnifico! Riusciranno a completare il tutto prima di dicembre?

- Così mi hanno riferito al cantiere.

- Finalmente qualche  buona notizia! Ero stufo di deprimermi alla vista dell'inettitudine dei miei soldati. Che mi dici delle tue milizie?

- Non è semplice gestire degli incapaci. Sto eliminando i rifiuti inutili e ingombranti.  Nessuna falla vi deve essere nelle  prime linee.

- Ho totale fiducia in te, sergente .  Sono sicuro che  svolgerai alla perfezione il tuo compito.

La giovane gli sorrise con cupa e franca complicità.
Eaco la stimava oltre qualunque confine.
Sarebbe stata il suo asso nella manica. Il suo balista più saettante e massacrante.
Era l’unica donna dell'Armata Infernale  ma possedeva  una forza in grado di superare quella di un uomo. Sradicava gli alberi più grossi, frantumava le rocce, provocava sismi letali.
I soldati la temevano come il Giorno del Giudizio. Addestrava  i  sottoposti  sull’elevate e gelide montagne meridionali che cingevano la Foresta Nera.  Era intransigente e distruttiva.  Se un militare falliva lo imprigionava tra le anime dannate del Settimo girone  degli Inferi. Tale era la pena.
Molti si chiedevano se davvero fosse una ragazza. Nessuno la vedeva mai senza armatura.

- Violate – domandò Eaco –  quando rientrerai a  Castello Heinshtein?

- Fra tre giorni.

- Molto bene.  Potremo proseguire col tuo addestramento speciale. Sei  ancora decisa a  diventare tenente?

- Assolutamente.

Il giovane rise malizioso.
Girò attorno all’amazzone.

Era un’autentica meraviglia. Il viso aveva  finezza floreale e  durezza di gemma. Gli occhi gocciolavano riflessi purpurei. Il naso era sottile e liscio. Le labbra luccicavano d’un rosa aspro e invitante. I capelli  lunghissimi si vellutavano  di una tonalità bruno violaceo.

- La seconda fase di questo allenamento sarà molto più dura – avvertì Garuda accostandosi  di più alla guerriera -  potresti guastare il tuo vigore e…la tua bellezza.

Le accarezzò il volto.
La ragazza si disarmò: rabbrividì arrossendo.
Il suo  sguardo s’inciampò per poi rialzarsi.
   
- Andrò avanti, Generale - assicurò  riprendendo stabilità – niente mi farà arretrare.

- Sei uno specter eccezionale. Spero  continuerai a stupirmi.

- La mia lealtà e il mio sangue vi appartengono.

- Non ho dubbi. 

Eaco osservò Behemoth. L’esercito la conosceva come dominatrice selvaggia. La coriacea armatura  le rendeva minacciosa l’elevata statura. Dall’esterno non trapelavano   leggiadria o morbidezza femminile.
Egli , però, la conosceva da quando aveva undici anni.
L’aveva vista piccola. Vagante. Imprigionata.

- Generale? – chiese lei  con timida serietà.

Il giovane vide  quell’espressione. Disciolta, dolce, franabile. 

- Cosa c’è , Violate?

Restò silenziosa.
Lo fissò tentando di irrigidire la propria mollezza, illudendosi di non venir sorpresa.
 
- Io…- soffiò  – io…

Il Generale era in grado di descrivere tutte le striature di quello sguardo: un universo in cui s’accumulavano materia, vapore, insolite luci.

In lei non alloggiavano solo alture, ma un sacco di vallate, depressioni.
Venne messa in soggezione dall’espressione laminata del suo interlocutore.

- Io – riprese con rigore -  volevo chiedervi  dove si svolgeranno i miei addestramenti.

- Andremo sia lungo le rive del Danubio,  sia sul monte Feldberg* .

A quella risposta secca, la ragazza annuì rapidamente con la testa.
Tentò di nuovo di riprendere equilibrio.
Eaco sapeva che desiderava rivelargli qualcos’altro.
Ella però continuava a serrarsi ed altalenare.

Cadde il drappo di una tentennante quiete.
Le foglie degli alberi si sfregarono contro una ciocca di vento.
Uno stormo di corvi spruzzò via da un vecchio faggio.

- Desideri dirmi qualcos’altro  ? – fece Garuda  interrompendo il silenzio.

Violate , destandosi da quel breve letargo, accennò un sorriso:

- No. Proprio nulla.

Non era vero. Non era tagliata per fare la commediante.
Vi erano troppe cose di cui parlare e troppe cose da temere.

- Bene. Ci rivedremo, allora, al castello. A presto, sergente.

- Generale.

Con saluto marziale, Behemoth si ricoprì di durezza e sparì tra le zampe  della foresta.

Eaco era cosciente che quella era solo una fetta d’anima.

Aveva avuto modo di vedere le onde  di Violate.

L’Inferno si era rivelato un nefasto palcoscenico.

Tutti e due l’avevano saggiato.

 Per conquistare le loro surplici erano stati costretti a vivere per tre anni nella notte sconfinata dell'Ade . Era  quello il debito da pagare per il dono offerto dalle stelle malefiche. Se si voleva divenire oscurità e ripudiare un passato di fragilità,  bisognava affrontare le mascelle della morte.
Una volta cancellati il luogo natale, i legami remoti, i mattoni di casa, non restavano che i supplizi ultraterreni.
Eaco e Violate si erano ritrovati fianco a fianco come esili statue senza autore o come  manoscritti anonimi. Si erano ritrovati fianco a fianco con due animali da padroneggiare: Garuda e Behemot.  Percorrendo lo Stige e contemplando gli orrori dei gironi infernali,  avevano appreso l’arte della violenza e il sapore di sentirsi , finalmente,  d’acciaio.

Così erano sbocciati e  avevano proseguito il loro viaggio.
Sarebbero potuti restare soltanto leali  alleati di battaglia ma si era instaurato da tempo qualcosa di più complesso.
Eaco l’aveva captato dagli iridi di Violate:  ombre che lo seguivano silenti, devote e furtive. 

 

                                                                                              _____ § _____
 

 

Quella notte Garuda  si destò di soprassalto.
Le alte pareti della sua stanza gli vorticarono negli occhi e nel cervello.
Le palpitazioni del cuore gli schizzarono nelle tempie e nei timpani scaldati.

Cercò di placarsi, inspirando ed espirando…
Il sangue  tornò a fluire regolarmente…Le mura , tappezzate di decorazioni orientaleggianti,  cessarono d’ondeggiare…
Tutto approdò ad un solido porto.

Non era la prima volta che il ragazzo faceva quel sogno.
Si ritrovava, nel corpo di un bambino, a giocare in un giardino soleggiato. Vi era una ragazzina, un po’ più grande, che si divertiva assieme a lui. Lo prendeva per mano, lo coccolava, scherzava…Giungeva, infine, una donna che diceva  che dovevano preparare le loro cose e partire. Sarebbero andati in una bella città.  Sarebbero stati davvero contenti.
Quella magia si concludeva con un viaggio in barca su un fiume luminoso e sui raggi azzurri, verdi e gialli di una strana aurora.

Ogni volta che Eaco si svegliava sentiva disgusto per  quelle sensazioni  oniriche.
Cos’era quella felicità orribile, corrodente e piangente?
Chi erano quella bambina e quella donna? Perché avevano i visi totalmente sfocati? Perché pareva che un iconoclasta avesse sfregiato i loro lineamenti?

Inquietato si levò dal letto e accese una candela su un mobiletto vicino. 
Si guardò le mani. Per fortuna non erano quelle piccole e paffute di un bimbo.
Erano grandi, un po’ lunghe, vigorose. Malgrado splendessero di giovinezza,  erano calcificate da un’ invisibile vecchiezza:  il logoramento di chi era avvezzo a corrompersi di sangue.
Innervosito, il giovane spense il lume e tornò a sdraiarsi sul letto.

Hypnos e Thanatos l’avevano fatto fuggire da una dimensione che non ricordava più.
Ora era un Generale. Uno dei guerrieri più potenti di Ade.
Non aveva più paura della morte in quanto era divenuto parte della sua tunica nera.
Era il temuto Re Garuda. Un dominatore. Un castigatore.
Comandava. Comandava. Comandava.
L’esercito era suo schiavo.  Lui teneva le catene.
 Ciononostante  qualche piuma di dubbio gli svolazzava nell’animo…
Certo, possedeva le chiavi delle celle dei subordinati ma non si trovava anche lui rinchiuso in un gabbia? Non era il Sovrano dell'Averno a detenere il sigillo della sua libertà?

La libertà esisteva realmente?

Gli uomini lottavano sempre per essa…Finivano per uccidersi in nome d’essa…bisognava che per forza ci fossero delle fondamenta di verità…
Se fosse stata invece una colossale menzogna? Un mito per tenere buoni gli individui e non farli impazzire?
Il mondo non era una sfera nelle mani degli dei?
Gli oceani non erano infiniti…Neanche il Cielo, in fin dei conti…

Eaco fissò i muri della camera.

La sua vita era serrata tra quattro pannelli di buio, guerre e bave di gloria?

Chiuse gli occhi.
Era meglio addormentarsi e non partire per un viaggio senza fari e città.

 

                                                                      


                                                                                            _____ §  ____
 

 


Novembre aveva già principiato la sua parata. 
Il Sole brillava  nell’azzurrità essiccata dell'inverno.
Il Danubio strisciava pingue, regale e muto fendendo i terreni di boscaglia gelata. Il suo velo era d’un blu inumano, levigato…era d’un blu di casta crudezza.
 Dalle sponde di zuccherosa e salata neve, gli alberi , ossificati e calcarei,  si sporgevano  su quella cuticola d’acqua. Sembravano tanti ricci di mare rinnegati da Nettuno e abbandonati su una baia. Le loro immagini,  riflesse nei flussi, restavano ingessate e lattiginose.
Behemoth e Garuda si stavano concedendo  un attimo di riposo dopo gli addestramenti.
Lei si stava dissetando al fiume. Lui s’era appoggiato ad un tronco e guardava gli sterpi  denutriti degli aceri e dei castagni.
Formavano un ricamo claustrofobico che pressava la volta celeste.
Tessevano una prigione. Tessevano una prigione pari a qualunque muro, a qualunque siepe di rovi…
C’era sempre qualcosa che imprigionava.
Sempre.

Eaco detestava riflettere su ciò.
Durante la notte era orribile  approdare a quelle elucubrazioni e il sonno non gli  recava molto conforto.
Non voleva toccare quella strada eppure…sentì, in quel momento,  un folle bisogno di percorrerla in compagnia. Almeno avrebbe ammortizzato quella ripugnante sofferenza.

Vide il suo sergente tornare dalla sponda del Danubio. 
 

- Violate…sapresti dirmi dov’è possibile osservare la libertà?

La guerriera si sorprese. Inarcò le sopracciglia un po’ in soggezione.
Colta alla sprovvista, non seppe che dire. Restò zitta per diversi secondi.
Alla fine rispose:

- Sarei tentata di vedere la libertà  negli uccelli che volano, negli animali che vivono nelle foreste o nelle savane… - si fermò. Corrugò la fronte. Riprese - In realtà, riflettendoci…non posso affermare ciò.

- Per quale motivo?

- Lo stato selvaggio non è un’ anarchia meravigliosa e desiderabile. Ogni essere vivente è schiavo della legge della sopravvivenza. I cigni e le rondini migrano per scappare dal gelo e nutrirsi in posti caldi. Le belve ammazzano gli erbivori per campare e far crescere i loro piccoli…Qualunque bestia ha una meta, una sorte…

- La natura è , dunque, un dedalo di catene.

Prima di proseguire la ragazza osservò le acque piatte del fiume e poi il cielo.

- Beh…io credo che almeno il vento che soffia, la pioggia e la neve che cadono siano sollevati da vincoli. Non hanno istinto o pensieri. L’aria viaggia senza porsi perché; le gocce cadono sulla terra senza preoccupazioni. Devono soltanto sparire nei fiumi o nei mari.

- Ah!Ah!Ah! Mi conforta sapere questo tuo punto di vista. Sei davvero convinta che esista un briciolo di libertà?

- Non è facile crederci,  però…se ci sono spazi immensi, silenziosi, che danno ossigeno…mi viene voglia di sperare…

Con un sorriso sprezzante ed infelice, Eaco obiettò :
 
- Non ti rendi conto che tutto l’infinito , che pensi di vedere,  è un fondale di carta ? L’oceano, le montagne, il cielo appartengono al disegno divino. I movimenti delle stelle e dei pianeti, così alti e inafferrabili, sono orbite dettate dal potere degli dei. Ciascun ente sottostà a questo. Noi e  gli altri  esseri viventi ne facciamo parte. Sulla punta della piramide sta l’Empireo poi gli uomini e gli animali. Nei gradini più bassi vi è una fitta rete di gerarchie. È  un meccanismo ordinato di dominatori e subordinati. Io eseguo il volere di Ade e l’esercito ubbidisce ai miei ordini. La libertà è una fantasia che permette alle persone di non suicidarsi prima del tempo. Tutto finisce negli Inferi e negli Inferi comanda la legge dell'Aldilà.

Tacquero per un breve istante.
I rami degli alberi lacrimarono qualche cordoncino di ghiaccio sciolto.
Violate, un po’ in ansia, domandò:

- Non si possono creare vie d’uscita? Rompere questi circoli?

- In che modo, mia cara?  Nelle creature regna la paura! È la paura che muove la volontà! Persino il coraggio è dettato dal timore di crepare da smidollati…E’ insopportabile ritrovarsi privi d’ obiettivi da realizzare. Siamo tutti schiavi della paura.

Un pettirosso volò via da un ramo bianco: un’ultima goccia di sangue che abbandonava un braccio incancrenito.
Behemoth sospirò mesta:

- Sì…avete ragione…Non siamo liberi perché…abbiamo paura della libertà, abbiamo angoscia di vagare oltre i confini…da soli. Abbiamo paura di non amare e di venire amati. Quando si è nel proprio buio…forse si è per alcuni istanti liberi…dopo si ritorna nell’ansia. Non ci sono parole, sguardi.

La giovane s’ammutolì per qualche secondo. Lanciò un’occhiata inibita ma infervorata al Generale.
Ricominciò, fissando il suolo:

- È bellissimo, invece, possedere un sovrano da adorare anche da lontano, anche se si viene scansati da lui. Le illusioni sono infami ma fanno sentire vivi. È stupendo amare, svestiti, irragionevoli, con solo la compagnia dei sensi…Tra gli amanti non c’è asimmetria. Sono prigionieri l’uno dell'altra e…

Si girò verso Eaco. La stava squadrando con un cipiglio altero e penetrante.
Arrossì violentemente:

- Perdonatemi! N-non volevo…sbilanciarmi…

Silenzio.
Il Danubio farfugliava ciottoloso.
Degli  uccelletti infreddoliti decollarono dalle cime di un albero.
Il Giorno fischiava raggi assiderati.
 
Il giovane si ravvicinò gradualmente alla fanciulla.
Ella rimase pallida e  ferma.
Doveva attendere l’arrivo di un tifone?

Lui annullò qualunque distanza continuandola ad esaminare in modo inquisitorio.

Silenzio. 
Dondolamenti di fiume. Luccichii di Sole.
Silenzio.

Garuda  prese tra le braccia la ragazza  e la baciò in bocca.
Ogni scaglia di brina  si squagliò al contatto secco e morbido delle labbra.
Ogni ghiaccio svanì  al contatto dei respiri che , omeostatici,  non smagrirono calore.
Violate chiuse gli occhi incredula e  incapace di pensare.
Il ragazzo le asperse la lingua del sapore bagnato di fiamme, le assaggiò il profumo delle sue ombre. 
Si staccò poi dal suo viso con afrodisiaca lentezza.
Ella lo guardò accaldata e sorpresa come se avessero appena fatto l’amore.  Carezzandole i capelli neri, lui  mormorò: 

- Ho delle grandi ali. Esse hanno un nome: Behemoth.  Non provare ad oscillare. Non infrangere la rotta.

Si allontanò bruscamente da lei, dandole le spalle.

Un vento  emaciato si arrampicò timidamente tra le fronde degli alberi.

Violate si strinse nelle braccia col cuore che fremeva dolente e gridante.  

 


Note:

Bagmati*: uno dei fiumi principali che lambisce la città di Katmandu.
Katmandu*  : capitale del Nepal.
Titisee * : uno dei laghi principali della Foresta Nera.
Feldberg* : la cima  più elevata ( 1.493 m ) della catena montuosa meridionale che cinge la Foresta Nera.

 


Note personali: ciao a tutti!! ^^ Spero che questa storia possa piacervi!
L’ho scritta in un arco di tempo limitato tra un esame e  l’altro XD Vi assicuro che è stata un’impresa massacrante -.-  sarà piuttosto difficile dimenticarla!! Mamma mia!! O.O Inizialmente, questa fic doveva essere una one shot. Già…una one shot… >.<  Alla fine è diventata una storia di cinque capitoli!! Vi dico di non pensarla come una long fic, bensì come un racconto…” lunghino” . Io non mi posso dedicare ad un’altra avventura ciclopica perché mi basta già L’occhio dell'Ariete che è un bel macigno…Preferisco, quindi, stendere composizioni o narrazioni brevi che non mi portino via molto tempo.
“ Venere dai tuoni di sangue” è stata una bella sfida! Mi auguro di essere riuscita a rendere nel miglior modo possibile la complessità di Eaco e di Violate, due personaggi che ho amato molto in Lost Canvas e che mi hanno spinto  a scrivere queste pagine!  ( Aggiornerò ogni cinque-sei giorni ^^)
Un saluto e grazie!! ^^

p.s : Non so se riuscirò a postare il cap 13 de  L’Occhio dell'Ariete a fine febbraio…a marzo è sicuro e , se tutto va bene, vi sarà più di un aggiornamento!! ^^
 
                                                                             

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Capitolo 3
*** CAP 2 - rapsodia di fiamme e pelle ***


 

“ Distesa cadde tra le sabbie e l’acque.
Il ponente schiumò ne’ i suoi capegli.
Immensa apparve, immensa  nudità.”

( G. D’Annunzio )
 

 

 


Il  vascello di  Garuda galleggiava, taciturno e trionfale,  sul lago Titisee.
Le spighe cadaveriche del crepuscolo lo facevano sfavillare oleoso e dittatoriale.
La  rifrazione della sua mole, sulle acque del bacino, gorgogliava inquietante: quel riflesso era costituito da stracci di onde scure che parevano  tisiche anime  del Tartaro.

Gli operai osservavano , dalla rive,  quel tetro gioiello d’ingegneria navale: era magnifico.
La prua possedeva la forma della testa del Garuda: becco squadrato che mostrava due file di denti aguzzi,  occhi abulici ma fulminanti, testa spinosa  ed armonica. L’aspetto più sbalorditivo si mostrava l’immensa intelaiatura : erano state  fucinate  delle  piume di ferro,  affisse una ad una,  per avvolgere il possente collo della scultura.

Una volta  infuse al veliero le energie spiritiche  degli Inferi, sarebbe stato pronto per librarsi in cielo.

Eaco, sottocoperta, esplorava compiaciuto le viscere lignee di quel rapace: maestose ed enormi,  non sembravano gli antri  di una nave bensì  i corridoi di un maniero.

Violate  guardava il superiore  tacita e rapita.
Lui indossava  la panoplia* del Garuda: una corazza metallica di straordinarie eleganza e mostruosità. Una coppia di cesellate ali emergeva dalla schiena. Erano manufatti di scaglie lucenti.

La ragazza era convinta che non esistesse Generale più maestoso, giovane più splendido…

Lo  studiava con passione religiosa e struggente. Le sembrava di vedere una divinità  scesa dalle galassie, uno spirito che valutava le interiora del proprio Tempio.
Egli balenava arcano e letale come la sfinge di Tebe. Possedeva il mistero di Visnu  e l’effluvio mortifero di Kalì, la dea della morte.  I  suoi passi musicavano somiglianti a sonagliere di serpenti, a sistri egizi, a tamburi zingareschi.

Era ammantato della tenebra di Lucifero ma ciò non lo rendeva meno nobile dell'arcangelo Michele dalla corazza fiammeggiante.

- E’ tutto perfetto – appurò soddisfatto -  non vedo l’ora di annientare con  questo capolavoro. Chissà come  rimarranno gli insetti  di Atena!

Ridacchiò velenoso e seducente.
Portava sul capo un elmo  dotato di lunghe corna  e di tre occhi dorati: l’avvenenza del  viso  gli s’incastonava sinfonica in una  finezza demoniaca. 

Si voltò verso Violate che si perse nel suono del suo  sguardo… 
Gli suggé  , con l’animo,  il viola degli iridi  primaverile e  cimiteriale…

- Che ti prende? – domandò lui con tono dolce e provocante.

Ella, svegliandosi dalla contemplazione, rispose:

- Scusate! Ero…distratta.

Il ragazzo , sorridendo,  le si fece vicino. Pareva ancora più alto con l’armatura, pareva ancora più carnale con la bellezza nascosta delle membra.

- A cosa stavi pensando? 

- A...nulla di importante…

- Sei sicura?

La prese per la vita, attraendola a sé.
Le loriche rumoreggiarono l’  una contro l’altra.
Violate finì col volto a pochissimi centimetri di distanza da quello del suo Re…Era trascorso un mese dal bacio sul Danubio ma lei bruciava  come se tutto  le fosse successo quel giorno stesso.

Il Generale le premette le labbra sulle sue.
Lei gli toccò le guance e gli sfiorò i capelli  sotto l’elmo.

Purtroppo dovettero interrompersi.
Sentirono i soldati che li chiamarono.

Garuda,  stizzito, si staccò malvolentieri  dal suo sergente. 
Se avesse potuto, avrebbe fatto l’amore con lei  lì  , sul momento.
Sfortunatamente le circostanze non si erano mostrate  favorevoli e le danze dei sensi continuarono ad arenarsi in quel modo anche nell’arco dei due mesi successivi…

Il Tempo e la Sorte si rivelarono un irritante duo di beffeggiatori.

Negli allenamenti, Eaco adorava le lotte corpo a corpo. Violate attaccava e  si difendeva selvaticamente per poi lasciarsi prendere e finire a terra.
Finivano sempre allacciati l’uno all’altra.
I combattimenti  stavano divenendo simulazioni d’amplessi. 
Perché  non rompere  i cancelli  di qualunque protezione e raziocinio?

Lei doveva essere sua. 

Era Garuda. Il re.
Apparteneva alla razza dei dominatori. L’avrebbe potuta possedere al pari delle serve del castello che erano state  nel suo letto.
 
Cos’aveva di diverso Violate dalle altre donne?
Ad un’  immediata analisi, troppo cose:  i  poteri sovrumani,  la camminata atletica, gli  atteggiamenti . La maggior parte degli specter la considerava una sorta di demone asessuato. Non riuscivano a capire la sua intima identità : la corazza di Behemoth donava una mascolinità anomala.

Un involucro. Soltanto  un involucro.

Eaco ne era consapevole.
Nessuno l’aveva vista come lui.
Nessuno sapeva soggiogarla come lui.
Violate restava una donna. Sotto il surplice occultava un bellissimo corpo: un collo splendido,  un seno morbido, un ventre liscio, delle gambe calde, un incantevole fondoschiena.

Quelle meraviglie potevano essere conquistate.

Il ragazzo  immaginava innumerevoli modi per catturare la sua guerriera, esplorarla, leccarla…

Behemoth doveva finire tra le sue braccia, sotto il suo corpo.
Come quel lontano giorno. Quel giorno che li vide quindicenni.

Qualcosa, tuttavia,  s’incrinò  sformandosi in fumo.
Se lui non avesse colto in lei quella dannata luce tramortita, svenata, rimpicciolente… 
 

Il cielo era cenerognolo, avvizzito e gonfio.
Le nubi restavano inzuppate  in una torpedine slavata e  mesta.

Eaco e Violate si stavano allenando da interminabili ore.

Si esercitavano nel combattimento  sulle rive verdeggianti del fiume Brigach*.
I  ragazzi  si scontravano  in  duelli spericolati di pugni, morse, spinte, proiezioni.
Le loro braccia e le loro mani risuonavano della pesantezza dei massi  e del bruciore dei fulmini.

Garuda riuscì a sbilanciare Behemoth  e a scaraventarla con la schiena al suolo.
L’erba e le piante tremarono.

La ragazza mosse a rilento le sue membra indolenzite.
Respirò con fatica.

Il vincitore  la fissò dall’alto. Le studiò la  lunga coda disfatta, la frangia impolverata, il bel viso sporco di terra, il corpo…coperto da una leggera corazza d’addestramento.
Lei vestiva eguale ad  un maschio:   si fasciava il seno, camuffava i fianchi,  fortificava i muscoli.

In quel momento, da  una rupe invisibile, il ragazzo desiderò piombarle addosso.
Non era pervaso più dalla volontà della lotta. Una voluttuosa  curiosità  l’aveva ghermito.
Divorò con la vista la fanciulla che ansimava... Era  irresistibile distesa supina sull’erba umettata, distesa frastornata con ogni  difesa rovesciata.
Compariva come una ninfa arcadica che tentava di risvegliarsi da un temporale.
Compariva come una  rude Venere che non voleva  denudarsi.

Violate guardò Eaco: le  sorrideva  in modo strano.
 Si tolse l’armatura che gli proteggeva il petto e le spalle.
Si inginocchiò  di fronte a lei divaricandole le cosce.
La ragazza si agitò. Le venne strappata  di dosso la corazza che le celava il busto.
 Il giovane le si sdraiò sopra, con impeto, iniziando a premerle il proprio bacino contro il basso ventre. Tentò di scucire le bende che le stringevano i seni. Le morse quasi  il collo…

Violate non capì  se provava eccitazione o paura. Non era mai stata travolta da quel genere di maree. Si riconosceva simile ad  una  canoa che precipitava lungo i  capelli violenti d’una cascata.
Era splendido stare sotto Eaco, toccare il suo torace, vedere il viola letale del suo sguardo così vicino…tuttavia…una riluttanza puerile e  scontornata insisteva ad imporre la supremazia.

Garuda tentò di invadere la bocca della fanciulla ma si accorse di uno strano freddo.
Le labbra di lei  esitavano  quasi impallidite. Non avevano alcun profumo di calore. Le gote del viso si  erano innevate e ammutolite.

Il cuore di Behemoth  pulsava raffiche di pioggia e bora.

L’adolescente  s’immobilizzò.
Scrutò gli occhi purpurei di Violate: acerbi, indifesi, smarriti.
Un’ indescrivibile pesantezza lo permeò.

- Perché te ne stai ferma? – chiese.

Lei lo guardò intimidita e scossa. Non riusciva a formulare una  risposta.

- Cosa faresti se volessi continuare?

La guerriera  distolse gli occhi da lui.

- Violate!

Venne artigliata duramente per i polsi.

- Posso fregarmene, sai?!  

La ragazza iniziò a lacrimare.

- Maledizione! Perché te ne vuoi stare ferma?! Perché proprio tu?!

Violate balbettò:

- N-non….non l-lo so…

Il ragazzo si sollevò bruscamente da lei.
Indossò di nuovo l’ armatura.

-     Alzati, stupida. Torniamo al Castello Heinshtein.

Il cielo affumicato cominciò  a stillare gocce d’acqua. Il fiume venne bucherellato da aghi d’effimera e illusoria freschezza.
 


 Fu un incidente. Un incidente da dimenticare.
Quell’episodio  finì sepolto in una piramide proibita. Nessun archeologo d’emozioni represse si sarebbe più avventurato lì .

Fu un incidente. Un incidente da dimenticare. 
La stolta deviazione di una biga.
Il fallimento del tiro di una freccia.

Eaco si ricordava d’essersi sentito come un maldestro auriga e un pessimo arciere.
Per quale ragione s’era fermato?
Com’era possibile che si fosse lasciato inghiottire dall’orribile cetaceo della colpa?
Aveva avuto paura degli occhi di Violate? Aveva avuto paura della sua paura?

Avrebbe potuto devastare quella ragazza, infiammarla come Cartagine e dopo cospargerla di sale.
Era il suo Generale. Lei doveva chinare il capo.
Lo faceva già a dire il vero. Era pure una spaventosa specter ma  quando  veniva ripresa duramente taceva mortificata e devota. Tutte le volte che riceveva minacce  le labbra le sbiancavano  di  vergogna.
Diventava proprio una bambina…Si  rimpiccoliva come una ginestra intrappolata in un suolo vulcanico.

Cos’aspettava , lui, allora?!
Ella  attendeva di sentirsi preda per davvero.
Non avrebbe più tremato come quella volta. Avrebbe accettato supinamente il suo signore.
Sicuramente.

Occorreva  trovare l’occasione giusta.
Egli doveva  farlo perché sarebbe stato il gioco più eccitante della sua esistenza.
Sì…un gioco che avrebbe padroneggiato la sua mente.

Giocare e fuggire. In quale altro modo si poteva sopravvivere in un regno in cui dominavano le tenebre di Ade?
Gli specter non potevano flagellarsi o sgozzarsi. Sarebbe stato stupido e inutile visto che avevano la facoltà di risorgere.
Per non  sentire le sanguisughe della depressione v’ era una via: l’oblio. Esso offriva, a sua volta, due alternative: l’alcol e il sesso.
Il vino riempiva, gonfiava e rallegrava. Alla fine delle gozzoviglie, purtroppo,  lo si vomitava e si ripiombava nella notte.
Le femmine facevano godere, vedere il paradiso e stordire. Eaco sapeva che gli altri due colleghi generali si recavano fuori dal castello per andare a sollazzarsi nei paesi  limitrofi. Radamantis sfogava i propri appetiti su contadine o meretrici, Minos adorava sedurre e deflorare ragazzette adolescenti.

Giocare, fuggire, giocare, fuggire.
Era un meccanismo schifoso ma , d’altronde,  che  altro si poteva fare?
Eaco, in fondo, provava repellenza verso sé stesso. Meglio  fingersi demente e bestiale.

Tutto era prigione. Per preservarsi , almeno, uno straccio di sanità bisognava  sopprimere la ragione.
Il cervello  conduceva alla follia.

Sarebbe stato un gioco. Solo un gioco.
Garuda si sarebbe estasiato.

Le sue mani si erano unte da anni.
Nulla da perdere o rimpiangere.

Avrebbe soltanto necessitato di prudenza.
Gli occhi di Violate erano privi di filtri.
Erano violentemente sinceri, ingenui, passionali.

La prudenza…la prudenza…
La prudenza per non affogare nelle profondità.
La prudenza per sotterrare il terrore di vedere.

 

 

                                                          __________ § __________
  
  

 
 
Quella giornata di marzo si stava consumando , lentamente, simile ad un legno divorato da termiti.
Il sole ,  plorante di rassegnazione,  declinava il capo sotto la dolce ghigliottina della sera.
Le catene montuose orlavano, corni  di rinoceronte,  il fosco sudario del giorno che scemava.
I pini della Foresta Nera  specchiavano le corazze aculeate  su un piccolo lago dal dorso piatto…
Le acque erano incantevoli alle luci accidiose  di quell’ora: parevano mutare le loro particelle in essenza d’ amaro  liquore o tè  pescato.

Violate, instancabile, nuotava da un’estremità all’altra del bacino. Sebbene l’addestramento fosse concluso, seguitava a temprare la sua resistenza.
Le membra nude, atletiche e slanciate, laceravano con prepotente grazia le stoffe scivolose dello stagno…La lunghissima chioma nera, dai riflessi rosso-violacei, danzava temibile al pari d’una piovra dai tentacoli venefici.
Dotata dello splendore notturno e acuminato di una sirena, la ragazza prese a navigare sul dorso. Il seno magnifico e il ventre sodo, toccarono,  leggeri,  l’aria asciutta.
Il tessuto acquatico tentava inutilmente di vestire quel corpo indomabile che spruzzava,  sensuale,  spuma bianca.

Eaco era giunto sulla sponda destra del lago celando il proprio cosmo.
Non aveva potuto non notare Violate che si stava esercitando ininterrottamente.

Sorrise.

Possedeva un’arma da guerra eccelsa: le stelle di Behemoth rifulgevano nello sguardo purpureo della ragazza …Coriacea, abile, selvaggia era capace d’annientare qualunque muraglia di terra e marmo.

Il generale continuò a contemplarla : nessuna armatura o vestimento bellico ne celava l’ombrosa femminilità. Era lì…priva di barriere.

Egli avvertì il cuore sanguinargli d’ eccitazione…La mente, i polmoni, le viscere, le parti più recondite cominciarono a consumarsi voluttuosamente.
Espirando lieve ed incendiato, si liberò dai pezzi dell’armatura…Denudò le braccia possenti, le spalle ampie, il petto e gli addominali... Scoprì le gambe agili e ben tornite…Restò madido della luce tramontante, senza più un lembo di ferro che gli serrasse  la bellezza.
Raggiunse la riva del lago immergendosi con  movenze feline.

Violate, nel frattempo, si avvicinò alla sponda opposta.
I flussi le cingevano i fianchi, la chioma le aderiva al petto ansimante e  alla schiena sinuosa…Le  cosce avanzavano spostando le pesanti coperte delle acque.
 
Improvvisamente due mani l’afferrarono per le anche.

La ragazza, sussultando, si ritrovò il dorso contro un torace e un addome atletici.

- E’ imprudente abbassare la guardia – le mormorò Eaco ad un orecchio.

- Generale…

- Dovresti sempre guardare dietro.

Il giovane le lambì le spalle.
Ella,  a quella carezza  piovigginata, respirò torrida e tenera.

- Io – si giustificò accesa – come potevo accorgermi di qualcosa ? Hai nascosto la tua aurea…

Aveva abolito il “ voi” delle distanze, delle convenzioni…
Eaco la strinse con maggior veemenza, godendo delle sue scapole un po’ scivolose, delle sue natiche che lo solleticavano sotto il ventre. Palpitò di lava come il nucleo terrestre,  gli sembrò di sfregarsi contro  dune di cotone bagnato, morbido.

- Ti ho attaccata di sorpresa – rise soffuso – per vedere come ti difendi…

Le afferrò i seni, palpandoglieli  con sete e fame, suonando  quella carne soffice e florida. Giocherellò coi capezzoli rosei come stesse stringendo tre le dita steli di fiori appena nati.
Violate gemette annegata e deliziata.

     -      Non voglio difendermi…- rispose.

La mano  di lui le serpeggiò giù, sotto l’ombelico,  per approdare ai  lembi del  sesso. Glieli  toccò cocente,   lasciandosi stordire dalla loro allettante delicatezza.
La ragazza rabbrividì, si mosse estasiata a quella presa che la stava assaggiando…Le dita dell'amante le mescolavano  la sua intimità scura, celata…

Volle sentire il ragazzo ancora più a fondo, con ogni anelo della pelle.

Ella, afferrandogli le braccia, girò il corpo verso di lui e si avvinghiò alle sue membra.
Si attaccò al suo petto, al suo ventre, al suo pube. Mettendogli le mani tra i capelli grondanti, lo attrasse al proprio viso. Gli morse un labbro come  stesse assaporando uno spicchio di ciliegia, di fragola. Gli leccò, golosamente,  tutta la bocca, asciugandone  la  patina d’acqua che la impregnava.

Lui l’ avvolse con foga, insinuandole la lingua nel fiato, assalendola tra le mandibole.
La sollevò ghermendola  per le natiche, facendole avvertire il membro eccitato che la stava per invadere.
Ella gli circondò le ampie spalle, avviluppandogli  le proprie cosce al bacino. Con respiro arrovellato si lasciò esplorare dall’erezione famelica.

Come nell’incatenamento  d’una lotta,   Eaco si gettò,  assieme alla fanciulla, sulla battigia del lago.
Disteso,  sopra il corpo dell'amante, prese a mareggiare con selvaggia dolcezza, ansimando acqua e fuoco.
La sabbia acinosa della sponda massaggiò , aspramente,  il tergo di lei. Quel giaciglio cullava squassando, srotolava un attrito  fradicio e villoso: era una steppa carezzevole e grezza.

La guerriera non sapeva se stesse gemendo di piacere o di dolore. La penetrazione l’alcolizzava  in un deliquio appetitoso e spellante. La verga di Garuda le affondava tra le dune delle pelvi simile ad un dardo di legno vellutato.

Il cielo , elevatissimo baldacchino, assisteva quel rito: rimestava il viola delle ametiste col carminio dei muscoli dolenti.

La ragazza arò la schiena del Generale con le  unghie, gli addentò una spalla, gli stritolò con maggior violenza i fianchi.
Lui le morse il collo succhiandole la pelle, le graffiò il fondoschiena e le gambe.

Nessuno di loro voleva perdere.
Entrambi volevano essere padroni dell'anelo, delle membra, del sesso dell'altro.

Behemoth rovesciò il suo dominatore supino, cavalcandolo come fosse una belva, affrontando l’esaltante sofferenza dei sensi.
Abbrancandola per le braccia, lui l’attrasse contro il proprio volto: s’impossessò del seno della fanciulla gustandone le punte rosee con le labbra , mangiando gocce d’acqua.

Arrestandola per fianchi, la costrinse a stare sotto di lui.
Le annegò dentro ancora di più, scavò con maggiori fiammate, diventò più forsennato.

Ella si fece trafiggere e accecare dai quei lampi.
Quel maremoto  era la caduta più sublime e livida che le fosse mai capitata. Nel dolore roteò un illogico godimento : una valanga gelata  si tramutò in vino fervente.

Eaco le lacerò la membrana della carne, dell'anima, delle once del  sangue.
L’estasi esplose in ventata di grandine, lapilli di vulcano.
Violate fu colmata del caldo fluido del desiderio: quel siero eiaculò  nei canali più intimi del suo regno.

Il Sole era ormai collassato a Ponente.
Il cielo olezzava di frescura blu, tumida. Un’ultima coda di giorno, anguilla lassa e  violetta, restava, penitente,  all’orizzonte.
La Foresta si marchiava di penombra e canti di uccelli e insetti notturni.

I due amanti, ancora vacillanti d’orgasmo, emettevano soffi affannati.
Garuda, con le braccia ai lati del viso della ragazza, tentava di tornare in superficie.
Lei, aveva chiuso un attimo gli occhi come una menade sfiancata da un’orgia bacchica.
Sotto il ventre le danzava ancora l’orma dolente della libidine .

Il generale si staccò un po’ da lei : scorse,  tra le sue gambe, un sottile rigagnolo di sangue.
Tenue e  malizioso,  glielo asportò via con un dito della mano.
Si passò la lingua sull’estremità dell’indice impolverata di rosso.

Violate era diventata sua.
Il  gioco era iniziato in maniera eccelsa.

La giovane, puntellandosi languidamente su un gomito, lo invitò di nuovo a sdraiarsi su di lei.
Eaco si ritrovò la testa  adagiata sui suoi seni.
Avvertì le dita di lei accarezzargli i capelli, le spalle…Udì le pulsazioni accelerate del suo cuore che sfrecciavano, simili a falchi, nelle vene…

Com’erano forti, effervescenti, autentiche.
Profondamente autentiche. Tremendamente autentiche.

Assomigliavano ai battiti gioiosi che lasciavano trasparire le due figure femminili dei suoi sogni…Quelle sagome senza volto che lo chiamavano, che gli cantavano note dolcissime e sfocate…Quelle sagome che si perdevano e comparivano nella mente.

Il ragazzo si sollevò dal corpo della guerriera.

- Dobbiamo tornare alla base – disse laconico rizzandosi in piedi.

Lei, un po’ abbattuta,  gli obbedì alzandosi lentamente.

- A- avete ragione…

Cercò l’ armatura con un’aria sperduta e colpevole.
Pareva una sacerdotessa che tentava di fuggire per aver compiuto un rito proibito.

Nessun uomo l’aveva mai vista nuda.
Nessun uomo l’aveva mai toccata in quel modo.
Nessun uomo l’aveva mai navigata come donna.

Eaco s’ ipnotizzò,  la  rimirò .
Era incredibile di come, anche nella penombra del vespero, ella riverberasse… La sua capigliatura,  nera e bagnata,  era il dorso di una pantera…

Sorridendo,  le si avvicinò stringendola tra le braccia.
Lei ricambiò intensamente  quella stretta  baciandogli il collo.

I due si concessero gli ultimi  istanti per intorpidirsi ancora di nudità.

La sera aprì  pigramente il suo ventaglio di chicchi di stelle.
La luna d’avorio  si preparò ad ascendere sull’atmosfera di sonno e stuoie  d’oscurità. 
 

 

                                                                 ________ § _______
 

 

Furono epistole d’odori, di incendi.
Furono corrispondenze d’istinto.

In quei  cinque mesi che si succedettero ,  non esistettero che armamenti di concupiscenza.

Legioni di piacere  sfilarono  sui campi  di Garuda e Behemoth.
Una sinergia tuonante si radicò tra i ventri e i cuori dei due amanti.
Cacciatore e preda si congiunsero , confusamente , senza decreti e dogmi.

Nelle  notti, ove gli acquitrini delle paranoie e dei dolori si tagliuzzavano temporaneamente, la lussuria attese solo d’essere dipinta.

Violate anelò  il cielo che anneriva.
Aspettò,  con trepidazione,  di essere chiamata da lui, di rifugiarsi nella sua camera da letto, di lasciare all’oblio qualunque stento.

Eaco fu folle di passione.
Amava il corpo della guerriera, amava esplorarlo, toccarlo, farlo gemere. Finché  fu lui a pizzicare le corde di quella cetra  tutto rimase canzone perfetta.

Bastò relegare in una  segreta  la dura e abissale legge dell'anima. Se il cuore irrompeva, come un celtico furibondo, diventava più uccisore della Morte.
Garuda ne aveva terrore e per questo, in quelle lunghe settimane, spense qualunque scrupolo.

Per lui fu  più che sufficiente giocare con lei.
Lei, la devota subordinata. Lei che gli si offrì  risorgendo,  casta,  ogni sera.
Fu come   impadronirsi  della verginità di una valchiria o della cacciatrice Artemide.
Fu come  vivere in una dimensione surreale, in cui la prima notte di nozze moriva e nasceva continuamente.

Si rivelò pericoloso quel ballo ciclico.
Il ragazzo cercò di non lasciarsi invadere  dagli occhi dell'amante.  Cercò di non farsi intrappolare,  baciando e penetrando violentemente.

Ella, per fortuna, non dichiarò nulla.
Nulla di strano. Nulla di demolente.

Le notti arsero in quel modo. Eaco si appagò aggressivo e felice.
Si mostrò sicuro e inebriante. Quando l’irrazionale sessualità correva , pari ad un centauro,  non c’era niente da temere.

Le uniche cose  che lo fecero tremare  furono i momenti in cui si svegliò  guardando lei ancora addormentata.
In quegli attimi venne stregato dal silenzio e dall’inedita tenerezza della fanciulla.
Lui non  soleva osservare attentamente le sue caduche  amanti.

Per quale ragione lo fece con lei? Incalcolabili volte restò ammaliato dalle sua membra distese, che respiravano rassicuranti, intristite e misteriose. Parvero confessargli qualcosa di più elevato, ricolmo. Si sentì come un bambino che pazienta  coccole dalla madre.
Vi furono delle volte in cui, simile ad un ladro, osò accarezzare la ragazza. Osò sfiorarla con una purezza che negli amplessi non concepiva.
Lo fece sempre di nascosto quale  atto di congiura.

Non lasciò trasudare alcunché di tremolante.

Ella continuò a non dichiarare nulla.

Quell’equilibrio, tuttavia, stramazzò
Quegli argini, falsamente solidi, si ruppero.

Ciascuna cosa si rovesciò in una notte.
Una notte in cui lui sognò di nuovo di vedersi bambino.
Sognò di nuovo qualcosa di vecchio, alieno, luminoso.

Quella  volta una strana canzone riesumò dai timpani del cuore.

Corri! Corri veloce!
Salta! Salta veloce!

Io sarò dappertutto.

Nelle foglie che toccherai.
Nei fiori che prenderai.
Nel cielo che navigherai.

Chi è cantava? Chi erano quelle due anime? Per quale motivo diventavano più brumose? Per quale motivo parevano mutare in figure di carta?

Gira! Gira veloce!
Vola! Vola veloce!

Io sarò dove tu vorrai.

Nei tuoi capelli.
Nei tuoi occhi.
Nel tuo respiro.

Seguitavano a comparirgli…senza volto, senza codice…
Desideravano cullarlo? Desideravano arroventarlo? Ucciderlo?

Sarò sempre nella luce.
Sono le tue mani.
Il tuo sorriso.
La tua estate.

Mi vedrai sempre.
Nell’alba di una stella.
Nell’alba di un  sogno.


 Eaco spalancò gli occhi.
Scattò a sedere sul letto.

Si toccò il viso:  bagnato.

Stava lacrimando.
Lacrimando.
Lui. Lui!

Schifato, si asciugò quel pianto.
Assurdo. Assurdo.
Continuava a sprigionare lacrime!
Asciugava, asciugava, asciugava. Tutto inutile.
Le gote continuarono a rigarsi di torrenti…

Il ragazzo, sollevandosi dal letto, si precipitò davanti la finestra della camera.
Spalancò, febbrilmente, le vetrate.
Si affacciò respirando con rabbia incredula.
L’aria rigida della notte  gli sferzò lo sguardo e la pelle nuda.

Non poteva essere…Non poteva essere…
Quella ninnananna gli era orridamente famigliare ed estranea.
Quelle due sagome femminili, che  si erano alternate nel cantargliela,  si erano sfocate ancora di più…erano più spettrali, più sbiadite…
Eppure…avevano pronunciato quelle strofe.

- Eaco.

Il giovane si accorse di Violate:  gli aveva cinto teneramente  il busto.
Si era levata anche lei. Aveva udito il  suo tormento.

- Che cos’hai? – gli chiese.

Lui l’ allontanò burberamente.

- Non ho nulla.

La fanciulla gli andò vicino, cercando di prendergli il viso.

- Sei spaventato?

Egli si liberò dalle sue mani, distogliendo lo sguardo.

- Ti ho detto che non ho nulla.

Lei lo guardò costernata, in silenzio.
Si voltò verso la luna.
Quella luce,  infarinata ed ossea, gelava la Foresta Nera.

- Non ti devi preoccupare – mormorò la ragazza – succede…anche a me.

Lui la squadrò muto e sospettoso.

- Senti  qualcosa che emerge dal vuoto – continuò ella – vedi  una luce che ti dona felicità, pienezza e poi ti abbandona. Capisci che quella luce era stata tua…da un’altra parte…in un luogo che il Sonno e la Morte ti hanno tolto.

Tacque.

- Quella luce che sogni – concluse – l’hai vissuta e l’hai amata…

Eaco rabbrividì sconvolto.
Violate aveva indovinato.
Non poteva darle ragione. Non poteva declinarsi al cospetto della verità.

- Non dire sciocchezze. Ciò che siamo stati è morto. Morto.

Ella gli si affiancò.

- Questo è ciò che credi – affermò – in realtà…è l’ anima che ti fa battere il cuore. Essa è tua e basta e  può fuggire agli dei.

Lui , interdetto, la fissò di sbieco.
Rimase ad ascoltarla con le labbra serrate e l’agitazione fermentante.

- La cosa fa spaventare – gli sorrise lei dolcemente – ma non è per nulla brutta…bisogna affrontarla…

Lo abbracciò con un affetto e una complicità dilanianti.

Il ragazzo si percepì come intrappolato in una morsa.

- Continuerò ad accompagnarti ovunque – disse infervorata – l’ho sempre fatto e lo farò all’infinito.

Egli sperò che il discorso finisse lì.
Non tollerava più l’ansia.

- Eaco… ti amo.

Lui si svincolò sgarbatamente dall’abbraccio.
Stritolò la ragazza con  sguardo sgranato.
Fece una smorfia sprezzante.

Alla fine scoppiò a ridere schernitore e malefico.

Violate divenne di ghiaccio.
Il cuore prese a sgretolarsi.
L’umiliazione l’afferrò per le caviglie trascinandola in una voragine.

- Non hai capito, sciocca? – ghignò lui – non hai capito proprio nulla?!

Lei non voleva più parlare.
Gli  occhi le si erano incrostati di confusione disperata.

- Poveretta! Cosa pretendevi da me? Il sole?! La luna?! Le stelle?! Ma per favore!

Rise più rauco e acido.
La giovane, tremolando, si allontanò per riprendersi i vestiti.

- Volevi un giuramento di eternità? Su, dimmi…ti ascolto. Sono curioso. Che ti immaginavi?

Non poteva soffrire quel truce sarcasmo.
Behemoth si ricoprì in fretta piangendo irosa e silenziosa.
Uscì dalla stanza.

Eaco, congestionato, si massaggiò la fronte.

Si sarebbe volentieri  bruciato come un eretico.

Rimase solo con le tenebre, con la luce cancerosa della luna.

Rimase solo davanti al letto che veniva disfatto e vetrato dal Vuoto. 

 

 

                                                                     _______ § ______

 


L’alba di quell’estate non fu mai così brumosa per Eaco e Violate.
Tra le loro linee di confine s’instaurò una glaciazione,  un lastrone di ghiaccio che tratteneva crateri sottomarini.

Generale e sergente si attennero al protocollo delle formalità militari.

Il ragazzo si mostrò abilissimo  nel seppellire la passione come se nulla fosse accaduto.
La guerriera, invece,   cercava di palesarsi il più fredda possibile ma , ogni volta che guardava il suo comandante , il cuore le batteva all’impazzata.
Non poteva non provare amore, angoscia, sdegno.

Non poteva non sentirsi martoriata.

Si era donata a quell’uomo. L’aveva amato con ogni millimetro di carne, di sudore, di spirito.  Lo amava, purtroppo,  peggio di prima.

Eaco detestava il modo in cui veniva guardato da lei.
Si trovava perennemente sotto la lama di un machete.
Tentò  di sfinirla inasprendo ulteriormente le prove di addestramento ma gli  resistette  con membra di obelisco. Quella maledetta  non diceva nulla ma lo affogava lentamente. 
Lo stava disarcionando dal suo piedistallo.

In una sera , elettrica di tensione,   rientrarono al castello…Silenziosi, contratti, cinerei.

Garuda, dentro di sé, marciva di superbia sfregiata, di rabbia, di paura.

Non poteva più sopportarla.
Era troppo trasparente.
Troppo tellurica.

Si fermò davanti alle porte degli alloggi privati.
Lei gli stava dietro con il respiro martellante.

- Vedo che è difficile stremarti – le disse aridamente.

La fanciulla perpetuò il proprio silenzio.
Egli  si voltò per fissarla negli occhi.
Era gelida, arsa , torva.

- Io non scherzo mai, Generale – ribatté  dopo un po’ – io non prendo in giro l’anima e il sangue!

Garuda la fulminò furente.
Voleva trapassarlo, lei! Voleva  contrastarlo, buttarlo nella melma!

Era stata percossa nel più profondo.
Lui non desiderava capire nulla di sé stesso.

- Avanti, Violate! – esclamò avanzando arrogantemente – avanti! Cosa vuoi dirmi? Cosa vuoi farmi?!

Lei rimase immobile a vibrare di collera.

- Allora?! – schiumò lui – vuoi colpirmi? Coraggio. Provaci.

Nello sguardo della guerriera esplose un’espressione omicida. 
Un lampo d’amore assassino.
Sollevò un pugno.
Cercò di muoverlo ma…si bloccò.

Fu crivellata da un tremito. Abbassò il braccio.

- Beh? Che ti prende?

Strinse i denti. Guardò agitata il pavimento. Tornò a fissare l’avversario.
Cominciò a lacrimare snervata, vendicativa, debole.
Tentò di trattenersi ma il pianto le si sdrucì spudorato.
 
Con  un singulto,  strappato e adirato, fuggì via.

- Brava, idiota ! Sparisci!  Vattene!

Eaco la contemplò col cuore infilzato.
Era un emofiliaco che non riusciva a  coagulare le proprie emorragie.
Perché diamine provava quel dolore?! Era stato lui ad averla sfruttata , ad averla infiammata, ad averla gettata nel crepaccio  dell'abbandono.

Perché voleva strangolarsi?
Perché nella sua testa  rimbombavano quelle parole come una condanna a morte?

Ti amo…ti amo…”

Due sole parole…
Due sole chiavi per farlo precipitare nel terrore, nella voglia soppressa di essere abbracciato dalla salvezza.

 

 

Note:

panoplia* : termine di matrice greca che indica le parti che costituiscono un’armatura ( da panoplìa, composto da “ pàn” tutto + “ hòplon” arma )
Brigach* :  è un fiume tedesco che nasce presso St. Georgen, nella Foresta Nera.  Si  unisce  all’affluente Breg , presso la città di Donaueschingen,  formando il Danubio.

 


Note personali: ciao a tutti! ^^ Eccomi, come promesso!
Mi auguro, come al solito,  che stiate continuando ad apprezzare questa storia…Mi è piaciuto molto narrare questo capitolo! Forse è stato quello un po’ più difficile da realizzare anche se tutta la storia si è rivelata assai ardimentosa… Descrivere una personalità contraddittoria come quella di Eago è stata un’impresa affascinante e difficile. Ho amato mettere in rilievo tale aspetto della sua psiche raccontando la sua relazione ardente con Violate. La doppia faccia del sesso,  che può essere sia espressione dell'amore più autentico e profondo  sia  puro e arido istinto, è il tema centrale di questo episodio. La passione mette in luce le fragilità e la forza dei due protagonisti , specialmente il cuore di Behemoth, guerriera e donna, fortezza di marmo e calice di cristallo. Lei è un personaggio di cui ho adorato parlare scavando nel suo animo. Spero di essere stata fedele nel descrivere i due specter… >.<

Grazie a tutti i lettori che mi seguono e che mi vorranno seguire!! XD

Alla prossima settimana!!

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Capitolo 4
*** CAP 3- delirii duellum ***


 

“ Come  si  fa  a  conoscersi  e  poi a  vivere  con  se  stessi? “

( E. Flaiano )

 

 

Uno stormo di uccelli  orchestrava una danza fumeggiante: era una nube di coriandoli neri che s’esibiva per  un funerale carnevalesco. Volteggiava con inquietante e caotica armonia. Su quel cielo di carta grigia vorticava  un confuso schema d’equilibrio.  Pareva che un artista spostasse polvere di grafite indeciso su cosa disegnare.

Eaco contemplava quei movimenti di briciole scure.
Doveva avvertire un arioso senso di libertà e invece era angustiato.

I volatili si divisero in due gruppi.

Si intersecarono freschi di spericolata razionalità.

Il ragazzo li ammirò sbalordito: quegli esseri si incrociarono senza sbattere gli uni contro gli altri, senza demolirsi .

Li  invidiò e li osannò con ogni cellula dell'animo.

I suoi pensieri si dividevano ed esplodevano uguali a  polvere da sparo: si scontravano a vicenda rompendosi  le ali e le teste.
Nessuna euritmia. Nessuna consonanza.
Lui era Garuda e non riusciva a volare sul serio. Tutti i pezzi della mente rimbalzavano tra le pareti dell'incertezza come vespe sfebbrate e deliranti.
Lui era Garuda e non aveva il potere di far confluire in un’unica foce la dicotomia del proprio cuore.

Solo gli uccelli riuscivano a scindersi, riunirsi e scindersi in un ballo che non contemplava dissidio e stonatura.

Sì…solo loro potevano farlo.

Eaco l’aveva constatato con Violate.
Si era illuso di poter creare una perfetta simbiosi carnale con la  sola  tirannia della lascivia.
Non aveva fatto i conti  con i tuoni ribollenti della giovane.
Gli era bastato un “ ti amo “ per vedersi gettato nella crisi più nera.
Avrebbe dovuto prevedere quella confessione!  Lo sapeva di essere amato. Amato. Amato.
Come aveva agito, invece? Da emerito vigliacco. Aveva preferito aggirare lo scoglio e continuare ad alimentare  le proprie voglie. Non era riuscito a sostenere gli occhi di lei. Non era riuscito a sezionare la propria anima e studiarla attentamente.

La paura. Semplicemente e malignamente la paura. 

“ Ti amo…”

Come gli risuonavano procellose quelle parole!  Un mondo di geroglifici insostituibili era contenuto in esse; un intero continente, un intero pianeta.
Bastava davvero poco per franare.
La superbia era crollata come la torre di Babele.

Eaco aveva preferito mentire,  diagnosticarsi una falsa cecità.
Sapeva di essere amato. Amato. Amato.

Lui? Amava?

Non desiderava indagare.

La paura. Semplicemente e malignamente la paura. 

Gli facevano troppo male i sogni su quelle due figure femminili…Gli suggerivano qualcosa di troppo grande e luminoso. Qualcosa che  aveva intensamente provato e che ora si ostinava a seppellire.

Senti  qualcosa che emerge dal vuoto,  vedi  una luce che ti dona  felicità, pienezza e poi ti abbandona. Capisci che quella luce era stata tua…da un’altra parte…in un luogo che il Sonno e la Morte ti hanno tolto.”

Behemoth gli disse la verità quella notte, ma lui continuava scappare.

Era furioso con sé stesso.
Era furioso con lei. Con lei che gli aveva scaraventato in faccia i meandri dello spirito.

La detestava più che mai.
La voleva riabbracciare.
La voleva picchiare.
La voleva  sposare.

Era stomacato dalla densa poltiglia del caos.

Durante quei giorni era diventato più brutale nelle esercitazioni e i subordinati fungevano da perfetti capri espiatori.

Violate  si era diretta fuori la Foresta Nera  per  completare i propri addestramenti.
Nell’arco della settimana si era comportata in maniera piuttosto strana.

Garuda aveva captato in lei singolari  note di tristezza. Negli occhi le stavano ondeggiando screziature crepate, diluvianti. Era come se stesse cercando qualcosa…qualcosa che non voleva deliberare apertamente.

Con curiosità irritata, il generale si poneva  domande  sperando e temendo di trovare  risposte.
L’ansia era opprimente ma  desiderava scoprire cosa Violate stesse vivendo nel  cuore…

Avrebbe dovuto iniziarla alla prova finale per conferirle il grado di tenente.
Avrebbe dovuto,  innanzitutto,  capirla…

Se  fosse stata capace di giungere su vette che lui non era riuscito mai a scalare?

Inconcepibile.
Umiliante.

Terribilmente probabile…  

 

                                                               ________  § _______

 


Il sole stava ormeggiando  al molo dell’estremo ovest.
Nessuno, tuttavia, poteva vederlo.
 Nel cielo si impastavano grigio, cobalto, carminio, viola…Il crepuscolo attendeva d’essere purgato da quei nembi sciatti e sudoriferi, da quelle masse gommose e vaporose di pensieri ammorbati.

Era da più di un’ora che Eaco aspettava Violate.
Il surplice da guerra sembrava annerirgli maggiormente il viso.
La sua pazienza era giunta al limite.

Su quella distesa d’erba selvatica, costeggiata dalla Foresta Nera, si sarebbe svolta la grande prova.
Tutti i preparativi per la Guerra Sacra erano stati ultimati.
Mancava un solo ampio dettaglio: l’avanzamento di grado di Behemoth.

Perché  quella dannata donna non veniva?!
Il Generale le aveva ordinato di essere al suo cospetto  prima del tramonto. Non era da lei, non era per nulla da lei! Non tardava mai. Era fin troppo rigorosa.
Cosa le stava prendendo?!
Quali mulinelli la stavano facendo naufragare?

Era fuggita?
No…non poteva arrivare fino a quel punto…

Eaco scandagliò l’ immobile  natura che spumava di  umidità…
Gli alberi parevano aver mutilato dispettosamente le loro lingue.
Gli uccelli si affrettavano a ritornar nei  nidi.
Nessuno rivelava qualcosa.

Garuda analizzò i colli che emergevano dal tappeto verde della boscaglia…

Un rilievo lo attrasse.
Era insolito ma severamente incastrato in quel paesaggio lussureggiante e arido.
Sulla cima si scorgevano un mucchio di pietre rotte…Una costruzione antica.

Eaco aguzzò la vista: vi era una chiesa lì sopra…Sconsacrata, morta, marcente.

Un candelabro respirava in mezzo a quelle rovine.
Una fiaccola potente ma accasciata.

Violate.

Il generale corse  verso l’eremo sfondando crudelmente gli alberi che lo intralciavano.
Fronde verdi esplosero  in aria come spruzzi di sangue da arterie recise. 

Dopo aver devastato tutti i cippi arborei, il giovane giunse ai piedi del rilievo e lo scalò con irato impeto.

 La Foresta Nera, che si spianava al suolo, appariva un concilio di tristi sacerdoti.
Non aveva incensieri con cui aromatizzare preghiere…
Non aveva ostensori  da adorare con devozione…

Giunto a destinazione, il gendarme vide , inchinato ai suoi piedi,  il pavimento impolverato della basilica. Le colonne e i costoni  , che sorreggevano un tempo le volte a crociera delle navate,  componevano uno scheletro.
Tutti quei pilastri, tutti quei marmi, altro non erano che un carcame d’elefante:  i resti rosicchiati di un regale pachiderma.

Sui gradini di un  imbalsamato altare di marmo,  era seduta la giovane.
Aveva gli avambracci posati sulla ginocchia, la testa reclinata, la lunghissima criniera scura che pareva il velo di una Madonna funebre.
Indossava dei pantaloni, degli stivali neri ed una semplice cotta metallica.

Violate non portava il surplice di Behemoth. L’aveva riposto, alla maniera di un’inservibile  reliquia, davanti una colonna scalcinata .

Eaco avanzò.
I suoi passi crepitarono con la secchezza ferrata dei tamburi marziali.
I suoi occhi viola dardeggiavano,  gelati,  in direzione della guerriera. 

Le si fermò di fronte.

Un silenzio di carbone si dipanò oltre l’abside dell'edificio, oltre i mattoni stracciati…

- Ebbene, Violate?

Nessuna reazione.
Immobilità afflitta.

- Perché sei sparita?

La ragazza restò inerme.
Il mutismo ticchettava tremante.

- Perché sei sparita proprio adesso? – scandì  il giovane con lenta e minacciosa calma .

Violate si rinchiuse ancora di più, come volesse rifugiarsi in un ventre materno.

- Basta con queste idiozie!

Venne afferrata,  con brutalità fulminea , per i capelli:  aveva gli occhi invasi da un  pianto  livellato.

- Ti sto per investire del titolo di tenente! – esclamò il superiore -  devo sottoporti alla prova più importante e tu che fai?! Ti ritiri a frignare?!

L’interlocutrice  non osava rispondergli.

- Ne ho abbastanza ! È da due settimane che sei strana! Cosa sono queste stupidaggini?! 

Il sergente gli strinse l’avambraccio liberandosi bruscamente dalla presa.
Ripiombò il silenzio.

Eaco emetteva respiri d’impaziente collera.
Lei  ripiegò  il capo con sfacciata tristezza.   
 
- I-io…- frusciò tra le labbra- ricordo.

Il ragazzo sollevò un sopracciglio con fare interrogativo.

- Come?

- Io…ricordo.

Ella alzò lo sguardo.

Sorrise.
Sorrise inverosimile:  non vi era alcuna impronta di gioia ma una tragica dolcezza, una feroce coscienza.

- Dubrovnik* – disse vacillando.

 Il sangue di Garuda  si rimestò  inquieto.

- Dubrovnik – chiarì lei deglutendo – è…la città…in cui sono nata.

Il generale sbarrò gli occhi con  sbigottimento.
La sua bocca venne percorsa da un leggero singulto.

- Tu…- lampeggiò – tu…ricordi…la tua città?!

Violate annuì intorpidita da una perigliosa malinconia.

- E’…è bellissima – mormorò – si vede tutto il mare…il mare che credevo libero.

Eaco scosse la testa irritato, confuso, angosciato.

- Impossibile…- tuonò cupo.

Sì…era assurdo.
Per quale ragione lei rimembrava il luogo natale?! Prima di diventare spettri di Ade si veniva depredati in ogni angolo della memoria: era una squarciante catarsi, un esilio dalla dimensione umana.
In che modo ce la si poteva fare? Con quale prodigio?!

- Dominique…Costance…

- C-che stai…dicendo? – chiese il giovane sempre più teso.

- Nicholas…Karen…Sofja…
 
- Che stai dicendo?!

Violate si alzò lentamente dai gradini dell'altare. Spettrale e ignifera,  passò oltre il suo Re.

- Quelli…- gli rivelò- erano i nomi dei miei genitori, di mio fratello, delle mie sorelle.

Eaco sbiancò in preda ad una nausea dilapidante.
Lui che non rimembrava e  restava trepidante.
Lui che udiva soltanto il Vuoto roboante.
Si svegliava le notti  lacrimando: nei sogni non riusciva a riconoscere i contorni di quelle due figure che lo accarezzavano. Chi furono?
In che modo lo amarono? 

- Mio padre – raccontò schiacciata Violate – era un mercante. Si recava in Italia, in Spagna, in Grecia…portava con sé Nicholas per insegnargli il mestiere. Quella volta, sapendo che sarebbe  dovuto  restare a Napoli per molto, ci fece imbarcare assieme a lui.   Mia madre, le mie sorelle maggiori, mio fratello… Avremo viaggiato finalmente tutti assieme.

Il generale taceva con lo sguardo al suolo.
Era spaventato  dalla narrazione.

- Ci teneva davvero – proseguì la ragazza oscillando – papà ci teneva davvero a volerci tutti assieme…- Si fermò come  avesse affrontato una sfiancante nuotata. Proseguì   - d-durante il viaggio verso la Campania…fummo attaccati da pirati…Sembravano saraceni. Massacrarono tutto l’equipaggio… Compresi mio padre e Nicholas…che avevano tentato di proteggerci…Quei maiali bastardi non risparmiarono neppure mia madre, Karen e Sonja dopo essersi divertiti…

Strinse i pugni. Ringoiò pianto e bile per concludere:

- Io…mi salvai per poco…per un miracolo…per Behemoth. Non ne ho idea di come accadde quel caos. Fui inondata da un’energia così improvvisa ed enorme che distrussi qualunque cosa, qualunque uomo vivo. Finii poi in mare e da allora  sono andata sempre più a fondo.

Tacque.

Eaco avvertiva le  palpebre vibrargli.
Serrò i denti.
Si voltò verso la fanciulla.

- Stavi farneticando, vero? – le domandò.

Violate tornò a porgergli gli occhi : due egide   inconfutabili.

- Non sono fuori di testa – ribatté con la solennità di un’ascia.

Il giovane sussultò lievemente.
Proruppe  in una risata nevrotica:

- Su, Violate! Hai immaginato tutto! Ti sei inventata la tua storiella!

Behemoth gli si avvicinò affannata.

- Io non mi sono inventata nulla!

- Balle! Balle! Stavi talmente male senza un  passato che hai finito per  sputarmi addosso la favoletta che ti sei creata! 

La guerriera si morse le labbra lacrimando ira.
Sussurrò nera:

- Quello che vi ho detto è verità. Lo sapete.

- Sei patetica.

- Lo sapete!

Garuda le sferrò un manrovescio che la buttò a terra.

- Finiscila, Violate.

La specter si rialzò asciugandosi un rivolo di sangue al lato della bocca.
Trafisse con lo sguardo il comandante.

- Tu non vuoi ricordare.

Il ragazzo divenne ancora più furibondo: lei  aveva adoperato  il “ tu” ogni volta che era stata nella sua camera da letto.
Cos’era tale intimità? Come s’ arrischiava ad impugnare l’elsa di quella daga?

- Bada a come parli, Behemoth.

- Hai paura di ricordare. Vorresti…vorresti con tutto te stesso ma non riesci.

- Basta.

- Avevi ragione quando dicevi che siamo schiavi della paura.

- Basta!

Con una terribile ondata di fiamma la scaraventò in aria.
Ella ,  però, coi riflessi acuminati, ricadde in piedi.
Studiò l’avversario con lo spessore petroso di un rinoceronte, con l’ ansimo artigliato. Sembrava una delle turbinose Erinni.

Eaco, più che temere quella spietatezza, fissava devastato un altro tifone . Nelle pupille di Behemoth folgorava l’amore  più atroce : una croce di dolore e colore più sanguigna del sangue. 

- Anche io ho paura – affermò  la donna rizzandosi in tutta altezza – sì…ne ho tanta… ma so infischiarmene.

Il Sole del tramonto scotennò la rete delle nubi. Le sue lame sembravano forgiate da Efesto.
Abbaglianti  raggi rosso arancione schiaffeggiarono la cattedrale mummificata.
Tutto parve ingioiellarsi di incendio. Tutto parve infernale paradiso.  

- Hanno provato a dissanguarmi- continuò Violate – me nessun dio può comandare i battiti del mio cuore… Né  Ade, né Thanatos, né Hypnos . Io possiedo la mia anima. Io possiedo ogni suo movimento.

Eaco  sentì  l’aurea spiritica della guerriera accrescersi in maniera spaventosa.
Il surplice di Behemot si sollevò per vestire il corpo della padrona.
L’armatura corvina splendette di scaglie d’ infero rubino.

- Io reggo  i miei battiti! – urlò la giovane – io sola li controllo! Io te li ho dati tutti! Prima dell’inizio di questa guerra! Prima di qualunque inizio!

Il Generale scatenò le proprie ombre calpestando i fasci del Sole.
Fu circondato da lingue di fuoco nere e brillanti.

- Bene,  Violate. Mostrami  i tuoi battiti che esplodono!

Il giovane protese le braccia in avanti versando due enormi colonne di fiamme.
Le loro estremità avevano  forme di teste di Garuda.
Una coppia di becchi , dai denti aguzzi,  trafisse polvere e luce.

Violate, incrociando le braccia, si schermò dall’assalto.
L’incendio si sfracellò di fronte a lei.

Una nube di carbone e scintille ustionanti invase la sommità del colle.

Con occhi di roccia, l’ armigera venò  il terreno con l’energia che si materializzava sotto di lei.

Brutal real!!

Sbatté il piede.
Grandi zolle di terra si gettarono in alto.  Le pietre della chiesa volarono sbriciolandosi.
Ogni cosa fu triturata come carta essiccata.

Eaco si lanciò  all’attacco polverizzando le fontane di sassi e terra  che lo osteggiavano.

Si trovò  faccia a faccia con Behemoth.

Le loro mani  s’intrecciarono  stritolandosi violentemente.
Le loro bocche  digrignarono come  belve sanguinolente.
I loro occhi , spalancati,  si accoltellarono carnalmente.

Sprigionarono , follemente, la potenza dei loro spiriti.
Esasperati, distrutti e distruttori.

Il cranio del monte crepò sempre di più.

Era l’apocalisse.

Ribollivano, tentavano di sopraffarsi, ribollivano.

I due giovani avevano i lineamenti trasfigurati da sforzi incredibili.
Pareva stessero danzando diabolicamente.
I muscoli delle loro braccia erano tesi e rigonfi.
Le vene del collo vibravano di tuoni.
Le gambe, granitiche, non avevano intenzione di cedere.

Con un urlo da indemoniata, Violate caricò all’estremo l’energia e  scaraventò via il rivale.

Il ragazzo frenò l’impeto della spinta solcando il terreno squassato.
L’avversaria gli si precipitò contro.
Lui le sferrò un colpo al ventre respingendola ferocemente.
Lei sbalzò all’indietro ma ripiombò in piedi.

Riprese la rincorsa e travolse Eaco con una grandinata di pugni.

Garuda faticò a proteggersi da quelle sassate e alcune di esse gli ruppero l’armatura.
Fu sprigionando le sue fiamme che riuscì a liberarsi da  quella trappola.

Violate venne sollevata e sbattuta a terra.
Si rialzò, tuttavia,  rapidissima e saettò verso l’avversario.

Saltando e collimando , i duellanti sembravano  asteroidi in un perenne vortice di esplosione.
Le loro percosse erano macigni di catapulte che si rompevano scontrandosi.
I loro calci somigliavano a spranghe di ferro.

I due spettri guerreggiavano con brutale lealtà: si sferzavano , frontalmente,  senza finte.
Perdevano pezzi di corazza, pezzi di tenebra metallica.
Erano cieli notturni che s’azzannavano reciprocamente le carni nere. Il sangue  colava loro dal naso , dalla bocca, dalle tempie.
 
- Vediamo come balli, Violate! – esclamò Eaco.

La giovane vide lo specter sollevare le braccia in alto.
Nell’aria si sparpagliò una coltre corposa e rigurgitante di bubbolii. Pareva avesse la consistenza di una pece pesante ma distillata.
Dei piccoli solchi l’ornarono. Erano palpebre d’occhi.
Si aprirono tutte.
Eaco gridò:

Galactica illusion!!

Una spira di fulmini cominciò a circondare il corpo della ragazza.
Si fermò, però, in modo anomalo.

Garuda guardò in basso.
Una lunghissima  ombra gli stava gelando i movimenti delle gambe e di tutti gli arti.

Behemoth gli sorrise biecamente.
Con quell’incantesimo era riuscita ad inibire la potenza del Generale.
Aveva evocato le tenebre del Settimo girone  degli Inferi. Le tenebre  di cui era guardiana e che racchiudevano l’essenza di  anime dannate.

Avanzò a testa alta verso il giovane che bolliva.
Lo afferrò , per il mento,  con aggressiva tenerezza:

- Generale, io non scherzo  con l’anima e il sangue. Mi hai avuto tutta. Tutta…

Serrò il pugno con  sguardo abbacinato e minacciato dalle lacrime.

- Mi hai avuto e sono tua  ancora adesso!

Colpì l’antagonista spingendolo via, in una marea di furore.
Eaco venne scaraventato in alto.
Si schiantò sul dorso spaccando i sassi dimessi dell'arena.

Rimase disteso e immobile.

Silenzio…

Violate, angosciata, gli si avvicinò.

Lui iniziò,  improvvisamente,  a sghignazzare piano… Piano…Piano…poi sempre più forte, più forte.
Alla fine rise scomposto, impazzito, senza ritegno.

Sollevò la testa e poi il busto con una meccanicità sinistra e innaturale.

Behemoth era allibita e spaventata.

Il ragazzo la guardò con un sorriso demoniaco ed imbrattato di sangue.
I suoi  occhi erano  dischi viola inebetiti, sconclusionati, pestilenti.

- Quanto sei imbecille – rideva con voce alterata e roca – imbecille! Imbecille!

Si alzò ciondolando cadaverico.
I capelli neri gli dondolavano , scarmigliati e sporchi,  sulla fronte e sulle spalle.
Le braccia altalenavano appesantite.

Si mise diritto con una legnosità tragica e inviperita.

Levò le mani  al cielo.

Violate rabbrividì.
Sapeva ciò che stava per accadere.

Scaturì, nell’atmosfera, una coltre similare a quella dell’illusione galattica ma più bituminosa, spessa, claustrofobica…Ululava lampi e versi stridenti di rapace.
Tre linee di fessure comparvero…

La guerriera si sentì morire di freddo e caldo.
Le  vertebre le divennero  tastiere di un clavicembalo terrorizzato.
Il cuore si sbatteva contro i polmoni. Ossigeno e anidride carbonica si  squagliarono nel panico totale.  

Eaco sorrideva bulimico di vendetta.
Abbassò gli avambracci incrociandoli.
 
Galactica death bring!

Tre giganteschi occhi  si aprirono sopra di lui:  lo sguardo trino del buio della Via Lattea.

Violate si sentì infilzare il cervello da lame di mannaia.
Non riuscì più a riflettere, proteggersi…Fu pervasa dalla lava del Vuoto…Una sensazione di nero le riempì  gli organi. Era risucchiata da sabbie mobili che non la guidavano da nessuna parte…
Si paralizzò apolide e svuotata di sentieri.

Quella magia attanagliava la psiche. Qualsiasi  corrente di luce.

Il generale  inondò le proprie braccia di cicloni incendiati:

Garuda flap!

La ragazza venne investita da quel terremoto di vampate e scheggiata verso il cielo.
Fu ingoiata da un’energia sferragliante, tagliente, senza scampo.

Crollò, devastata, sul suolo rottamato.

Le nuvole di fumo e polvere del combattimento si sedimentarono.

Scivolò il silenzio.

Eaco boccheggiava  stordito, scartocciato, sudante.
Avvertiva in bocca un disgustoso e acre sapore di vomito.
Si sentiva le reni, il fegato, lo stomaco in frantumi.

Camminò verso l’inerme Violate.

Sperò che la vista della sua disfatta lo colmasse di felicità e invece lo fece stare malissimo.

La pazzia venne sfrattata dall’ anima.
La ragione e la disperazione irruppero selvaggiamente nel cuore.

Le gambe  tremarono puerili e stremate.

Eaco piombò  , con le ginocchia per terra, affianco a Behemoth.
La guardò ansiogeno, impaurito: le aveva distrutto l’armatura, le aveva dilaniato i vestimenti di stoffa, le aveva sfregiato il corpo con migliaia di ferite.
Si percepì  come l’essere più idiota, ripugnante e insensato dell'universo. Sarebbe stato meraviglioso  se qualche divinità lo avesse potuto abortire. 

Il ragazzo prese , febbrilmente, la giovane  tra le braccia.
L’attrasse dolorosamente a sé.
Si distaccò, leggermente,  per riosservarla… Grondava  sangue: pareva innaffiata da un vino malato e turpe.

Egli sollevò la  mano.

Non aveva mai adoperato i  poteri in quel modo.

Lasciò sprizzare  dei fuocherelli viola chiaro che si sparpagliarono sul corpo della ferita :  ciascuna epistassi le venne prosciugata.
Sulle splendide e forti membra  restarono incancellabili striature di cicatrici.
 
Il giovane indirizzò lo sguardo ad ovest: il Sole era appena caduto nel fossato della sera.
Lui, invece,  esisteva ancora, impossibilitato di seppellirsi dentro quell’orizzonte.
 
Sul pavimento del cielo giacevano panni di logore nubi,  stracci di mendicanti morti e decomposti.

Un tocco lieve distolse il generale da quelle elucubrazioni funebri.

Una carezza.

Violate aveva schiuso leggermente gli occhi e gli stava sfiorando la guancia.
Sorrideva debole e appassionata.
Nonostante fosse sporca e graffiata era bellissima. Nessuna purezza di rubino poteva imitarla.
Nessuna belva possedeva la sua scultorea soavità.

Lui si spezzò in un pianto sfibrato.
La strinse forte.
Le mise le mani tra i capelli per accertarsi di percepire ancora il suo odore. 
La baciò sulle labbra sentendo una dolcezza combattuta, sanguinante, pura.
Mai vi fu contatto più etereo di  quella musica cianotica di conflitto.

Il  vero sconfitto era lui.
Lui che non aveva il coraggio di guardarsi alle  spalle e ricordare un sé stesso che non gli apparteneva più…Lui che non era in grado di  trovare le luci che aveva smarrito…

Quella donna  era riuscita a ridarsi di nuovo un titolo, ritrovare la propria storia…

Eaco non aveva che un baratro dietro di sé.
L’unica via che gli stava dinanzi era  lei .

Prendendola in braccio,  la sollevò delicatamente.

- Violate…- disse lui solenne – d’ora in avanti sarai il tenente della mia avanguardia.

Quelle parole percorsero il terreno massacrato del monte.
Si dispersero nel mormorio della cortina serale.
 
La Guerra Sacra stava per cominciare.
Le armature sarebbero state riparate folgorando di tempesta.

Garuda avrebbe raggiunto le fortezze del cielo con le sue ali.

Behemoth.
Uragano di leghe metalliche.
Respiro scarlatto d’apocalisse.

 

 

 

Note:

Dubrovnik* : è una città della Croazia meridionale situata lungo la costa della Dalmazia. Conosciuta anche col nome italiano di Ragusa di Dalmazia, fu, nell’antichità,  una delle più importanti potenze mercantili dell'Adriatico e del Mediterraneo orientale.
 
 

 


 

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Capitolo 5
*** EPILOGO - volo nell'infinità ***


 

“ Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.”

( P. Neruda)

 

 

Lei era invisibile bianco.
Invisibile speranza.
Introvabile  paradiso.

Non si trovava su alcun  sperone.
Non volava da alcuna  parte.
Non correva su alcun sentiero
 
La sua assenza straripava nella Solitudine. Svuotava persino il vile Vuoto.

Suikyo continuava a cercare Violate...

Dov’era finita? Dov’era atterrata?

Non poteva averlo abbandonato lì, tra quelle lande smussate  e scolpite malevolmente.

L’Himalaya  fissava cinico, celestiale, cruento nella sua nudità anziana e titanica.

Quella Fine doveva concludersi…

Il ragazzo si pentì amaramente di essersi lasciato avvolgere dai marosi del passato, dalla vita che aveva condiviso con la sua Venere.
Durante la Guerra Sacra non aveva avuto timore dell'avvenire: l’Armata Infernale sembrava invincibile.   Gli specter avevano avuto dalla loro parte  la resurrezione perpetua.
Si era immaginato che  al termine del conflitto lui e Violate avrebbero trionfato.
Avrebbero  riaggiustato  le fortezze che avevano demolito tra loro, le trincee che li avevano separati…Si sarebbero scritti un nuovo destino.

Niente di tutto quello si era realizzato.

Asmita della Vergine aveva ribaltato  le sorti della battaglia: sacrificando la propria persona ,  era stato in grado di  liberare l’energia della Magnolia degli Inferi che aveva annichilito l’immortalità dei guerrieri di Ade.

Il rosario di Buddha aveva posto fine a qualunque rinascita.

Le cento otto  stelle malefiche  erano  diventate  periture.

Violate era irrimediabilmente deceduta.
Suikyo non riusciva a capacitarsene.

Ella si era battuta con Hasgard del Toro, avrebbe potuto  distruggere la nave dei guerrieri di Atena…
Era stata, invece, sopraffatta.  Regulus del Leone, quel guerriero di soli quindici anni,  le aveva smantellato l’  avanzata, lo scorrimento del cuore.

Tutto era precipitato.
Tutto.

Non restavano che i detriti di una piena estinta.

L’ex generale degli Inferi  era un castello diroccato, un eremita che agognava una tomba spoglia di  affreschi, iscrizioni, epigrafi.

Violate “ rifletté sarebbe stato meglio se tu m’avessi ucciso…E’ stato incredibile…Ade aveva sfruttato il tuo cadavere per colpirmi e …tu…nell’incoscienza…tu…da morta…non hai ultimato un dovere divino…Hai fermato il tuo pugno fatale…Hai lacrimato…I tuoi occhi spenti  sono stati capaci di amare ancora…Tra noi…tra noi…”

Voltarsi ad est o ad ovest non influenzava il ritmo di un tempo paraplegico, dolorante…

Tra noi c’era la verità…C’era un legame…Un legame che andava al di là della paura, della prigionia…C’era la verità più devastante e meravigliosa che io, da stupido, non ho mai voluto chiarire…”

Il giovane sarebbe restato col Vuoto. Col suo inutile nome mortale.

Si chiamava “ Suikyo” e poi?

Non gli sovveniva neanche un ricordo dal passato. Dopotutto si era disegnato un tappeto di nulla alle spalle. Aveva contribuito al proprio annientamento.
Racchiudeva  , nella mente,  volti di figure oniriche sciacquati dall’eccessiva angoscia di non voler sapere…

I raggi del sole forarono le nuvole sempre di più.
Lastre luminose scivolarono ,giù dal cielo,  creando pilastri gialli, dilatati, incipriati di foschia.

Ad un tratto, il ragazzo scorse qualcosa sulla strada di massi che stava percorrendo…

Un insieme di riflessi balenanti…Una sagoma umana…

Strinse le palpebre…
Vi era una persona.

Una fanciulla: alta, maestosa, evanescente, profana.
Possedeva una lunghissima  chioma nera lisciata di riflessi purpurei.
Non si capì  se fosse nuda o vestita. Una leggera nebbiolina grigia le avvolgeva le membra.

Lui si infiammò.

La ragazza si girò mostrandogli il viso.
Due splendidi occhi, di  rosso e  viola, lo afferrarono.
Un sorriso d’eburnea gioia gli idratò il sangue rappreso.

Violate…”

Si scosse.
Impallidì di felicità.

Cominciò a correre.

Violate…ti prego…dimmi che ci sei ancora…”

Lei lo aspettava.

Dimmi che da qualche parte ricominceremo, senza dei, senza regole…Sono stato una bestia con te…Ti ho soltanto uccisa…”

Un incommensurabile candore fasciò il corpo dell'amata.

“ Ti libererò da qualunque incubo! Ti avrò come non sono mai riuscito a fare…”

Ella sfumò abbagliante.

Suikyo si fermò.
La via terminava.

Era giunto sull’orlo di un dirupo. 

Sotto, un gregge di nuvole copriva l’oscurità di quella conca sterminata.
I granelli rilucenti di Violate sciavano come farfalle al di sopra della vacuità.

Il ragazzo sospirò.
Una pace ardente lo travolse.
Emanò un sorriso.

Guardò un attimo l’altura del cielo.

Le nubi lasciarono intravedere lagune d’azzurro.

  La mia lealtà e il mio sangue ti appartengono, Violate. Ora potrai impossessarti di me, potrai nutrirti di me…” 

Si gettò giù nel baratro.

Ad attenderlo né il Vuoto né la Fine. 

Soltanto lei.

Sarebbero stati loro due e l’immensità senza stagioni, senza anni, senza regole.

Insieme avrebbero riscritto la loro storia:  una nuova nascita, una nuova dimensione.
Avrebbero composto un poema d’eternità…
Un infinito di stelle che non avevano mai posseduto.
Un infinito di acque che non avevano mai bevuto.
Un infinito di terre che non avevano mai vissuto.

Si sarebbero ricreati.
Oltre qualunque fantasia.
Oltre qualunque vento di volo.



 


Note personali: ciao a tutti, miei cari lettori! ^^ e così termina questa fan fic u.u 
Mi auguro di avervi saputo trasmettere l’emozione e la passione che ho provato nello scrivere questa tragica avventura breve ma intensa…avrei intenzione di considerare  Venere dai tuoni di sangue un’eventuale spin-off de L’occhio dell'ariete visto che compariranno Eaco e Violate ^^ ci terrei molto a collegarmi alla loro vita precedente! Comunque questa storia può essere tranquillamente e assolutamente  letta in modo indipendente! ^^ ( Molti elementi di tale trama li inserirò pure nell’altra opera se il piano narrativo che ho in testa rimarrà così u.u)
Un enorme grazie a tutti i lettori che mi hanno seguito, commentato e che avranno modo di immergersi nel buio e luminoso mondo di questa storia d’amore!
Che Garuda e Behemoth possano avervi fatto sognare anche nelle  lande di Ade dove si può sempre scorgere un inaspettato raggio di azzurro!


 


 

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