Dreamless

di Lilith of The Thirsty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iscrizione ***
Capitolo 2: *** Incontri e Scontri ***
Capitolo 3: *** Gattino ***
Capitolo 4: *** Concorso ***
Capitolo 5: *** Rottura dell'equilibrio ***
Capitolo 6: *** Disegno ***



Capitolo 1
*** Iscrizione ***


Capitolo 1
 
Iscrizione


 

 

 
Ero appena entrata nel nuovo liceo della città dove mi ero trasferita e stringevo convulsamente, al petto, i libri per tentare di calmarmi.
Tutti gli studenti erano a lezione mentre io stavo immobile all’ingresso della scuola per aspettare la direttrice che doveva incontrarmi per darmi il benvenuto.
Mi sentivo a disagio ma ero anche eccitata; chissà quali nuove esperienze avrei vissuto e quante nuove amicizie avrei stretto.
Spostai una ciocca ribelle dei miei lunghi capelli castani dietro l’orecchio, respirando in fretta, e mi guardai intorno.
Era un’entrata spaziosa, contornata da file di armadietti tutti uguali e alcune porte blu spuntavano dalle pareti bianche.
Indossavo l’uniforme della mia scuola precedente perché quel giorno avevo macchiato di latte la mia maglietta e i miei jeans preferiti, dato che mi ero svegliata tardi.
Per non incorrere in una ramanzina già dal primo giorno di scuola, avevo preso la mia vecchia uniforme che era l’unica ad essere stata stirata e profumata.
L’abito era composto da una camicia bianca a mezze maniche, un golfino azzurro, una gonna a fantasia scozzese blu e il tutto si abbinava perfettamente ai miei occhi azzurri. Non ero nemmeno riuscita a pettinarmi i capelli e non avevo avuto occasione di guardarmi allo specchio per la fretta.
Un rumore di passi mi fece sobbalzare leggermente mentre una donna anziana marciava verso la mia direzione.
Era abbastanza corpulenta, con il viso paffuto che, incorniciato da un paio di occhiali, mi sorrideva felice. I capelli grigi erano raccolti da uno chignon e indossava un completo color rosa.
«Buongiorno signorina Djibril* e benvenuta al liceo Dolce Amoris. Spero riuscirà ad ambientarsi in fretta nella nuova scuola» mi disse, fermandosi a pochi metri da me.
«Buongiorno a lei, signora Direttrice» risposi educatamente, abbassando lo sguardo.
«Le consiglio di passare dal segretario delegato, Nathaniel, per verificare che il suo dossier d’iscrizione sia completo» suggerì la donna con calore.
«Certo, dove…».
«Credo che adesso sia nella sala delegati. Si trova oltre quella porta alla sua destra».
«Grazie».
La donna corse via rapidamente, probabilmente aveva altri lavori da svolgere ma era stata gentile a darmi quelle informazioni.
Con un lungo sospiro mi diressi nella direzione indicata dalla direttrice e, facendomi coraggio, entrai nella stanza.
Il luogo era pulito e fresco, una fila di banchi disposti a semicerchio con delle sedie rosse si estendevano alla mia sinistra mentre, in fondo, una fotocopiatrice e alcuni armadietti erano addossati alla parete.
Una persona mi stava dando le spalle e stava frugando in un cassetto aperto così, per farmi notare, mi schiarii la gola.
«Arrivo subito!» esclamò il ragazzo, senza voltarsi.
La sua voce era chiara e limpida, aveva un tono amichevole che mi scaldò il cuore e tanto bastò per farmi arrossire di riflesso.
Fui tentata di correre via dalla stanza ma mi costrinsi a rimanere. Dovevo dominare le mie paure e le mie ansie come mi avevano insegnato a fare nell’altro liceo.
All’improvviso il ragazzo si girò e mi fissò, cogliendomi impreparata.
I suoi occhi dorati mi rapirono: due pozze di oro fuso talmente calde che mi fecero perdere il respiro mentre la dolcezza con cui mi fissava era disarmante. Era lo sguardo più magnetico che avessi mai visto e non riuscivo ad averne abbastanza.
Anche i suoi capelli erano dello stesso colore e brillavano come raggi di sole quando la luce delle finestre li accarezzava.
Abbassai lo sguardo intimorita per il tripudio di emozioni che mi stavano lacerando il petto.
Solo in quel momento mi accorsi che indossava una camicia bianca, abbinata ad una cravatta azzurra, e dei pantaloni beige. In mano teneva una cartellina sulla quale c’era scarabocchiato qualcosa a penna che non riuscii a leggere.
Perché avevo avuto quella reazione? Non avevo mai parlato con un ragazzo nella ex scuola – ebbene sì, ero stata iscritta ad un collegio femminile-, figuriamoci fissarlo così a lungo.
«C-cercavo il segretario delegato» balbettai confusa, pestandomi i piedi.
«Salve, io sono Nathaniel il segretario delegato. In cosa posso esserti utile?» mi chiese con garbo, sorridendo leggermente.
«La direttrice mi ha detto di rivolgermi a te per la mia iscrizione».
«Ah sì, tu devi essere la nuova alunna!» esclamò stupito. «Guardo subito».
Il ragazzo si girò e ritornò a trafficare nel cassetto dove stava controllando poco prima mentre io rimanevo in silenzio, imbarazzata dalla sua presenza.
«Sì, ho ricevuto tutto però mancano i dati della scuola dove sei stata in precedenza. Strano» mormorò confuso.
Tirai un sospiro di sollievo. La direttrice aveva fatto come le avevo chiesto e doveva essersi tenuta le carte del mio dossier.
Non mi andava che qualcuno le leggesse, specialmente perché non volevo che nessuno scoprisse quello che cercavo di nascondere. Nessuno avrebbe visto quei documenti.
Rivangare quello che avevo fatto in precedenza non era una buona idea perché se qualcuno lo avesse scoperto, di sicuro non avrebbe più voluto rivolgermi la parola anzi, forse mi avrebbe gettata fuori da quel liceo.
Dovevo nascondere a tutti i costi il mio passato e cercare di vivere una vita migliore adesso perciò, cercando di nascondere l’imbarazzo, spiegai la situazione a Nathaniel.
Gli dissi che avevo dato il mio vecchio dossier alla direttrice e che lei si sarebbe occupata di tutto più tardi.
Dopo la spiegazione, il ragazzo parve sollevato.
«Allora» disse «benvenuta al liceo Dolce Amoris. Spero potremmo diventare amici».
Mi tese la mano e gliela strinsi di rimando.
Il suo sorriso era sincero e anch’io seguii il suo esempio lasciandomi andare.
«Certo» concordai.
Uscii dall’aula con il morale alle stelle e il cuore che rimbombava furioso nel petto. Mi rimisi a posto la solita ciocca di capelli, più volte, dietro l’orecchio mentre sorridevo inconsciamente.
Fissai il palmo della mia mano e lo contemplai.
La stretta di Nathaniel era stata ferma e decisa ma anche calda e accogliente. Forse non era proprio un brutto inizio.
Mi accorsi che era suonata la campanella che aveva decretato la ricreazione perché moltissimi studenti si erano riversati fuori dalle aule e chiacchieravano allegri.
Attirai moltissimi sguardi curiosi con la mia uniforme e mi defilai nella prima aula che trovai libera, tentando di nascondermi da tutte quelle persone.
Non ero molto socievole, me ne rendevo conto da sola, ma dovevo ancora abituarmi all’ambiente.
«Ciao! Tu sei quella nuova, vero?» mi sorprese una voce alle mie spalle.
Mi girai di scatto e trovai ad accogliermi una ragazza alta come me.
Portava i capelli aranciati, raccolti in una treccia che le ricadeva davanti alla maglietta viola.
«Io mi chiamo Iris e tu?».
«Ciao, piacere di conoscerti. Il mio nome è Djibril» dissi tutto d’un fiato.
Sorrise. «Il piacere è mio. Spero ti piacerà il nuovo liceo. E’ sempre molto movimentato!».
Prima che potessi chiederle altro, alcune ragazze la chiamarono e Iris dovette scappare da loro.
Mi sedetti in un banco vuoto e ripensai a Nathaniel.
Gli avevo promesso che saremmo diventati amici e la cosa mi spaventava. Se, per puro caso, la situazione fosse degenerata come nel liceo precedente cosa avrei dovuto fare?
Sospirai profondamente.
Avrei aspettato di vedere come si fosse evoluto il tutto perché sapevo che se per caso il nostro rapporto fosse diventato troppo pericoloso, avrei dovuto allontanarlo da me.
Con quella convinzione riuscii a calmarmi per tutto il resto della mattinata.
La scuola andò bene e fui presentata ai miei nuovi compagni di classe che mi accolsero con entusiasmo.
Tornai a casa con un sorriso stampato sul viso che si spense non appena varcai la porta buia della mia camera da letto.

 
 
 
 
 
NdA
*Djibril= la D iniziale è muta perciò si legge Jibril.
Ciao a tutte, questa è la mia prima FF su Dolce Flirt e spero di essere riuscita a catturare la vostra attenzione. Ditemi cosa ne pensate e grazie mille per essere passate a leggerla!
Alla prossima
Lilith of The Thirsty

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Capitolo 2
*** Incontri e Scontri ***


Capitolo 2
 
Incontri e Scontri

 

 
Il giorno successivo mi alzai prima del suono della sveglia ed ebbi il tempo materiale di fare le cose con calma.
Indossai un paio di jeans neri, un pullover rosso e spazzolai i miei capelli a lungo. Era un’azione che mi rilassava e che mi teneva impegnata così mi concentravo su me stessa e non sui miei pensieri.
Presi lo zaino e chiusi a chiave la porta dell’ingresso del mio appartamento. Il condominio dove abitavo distava solamente una quindicina di minuti dal liceo così potevo benissimo arrivarci a piedi, senza dovermi spostare con i mezzi pubblici.
Giunsi nel cortile ampio e spazioso della scuola in perfetto orario e molti studenti mi salutarono con cortesia anche se non ricordavo ancora i loro nomi.
«Aspetta!» urlò una voce nella mia direzione.
Per riflesso, mi girai e vidi un ragazzo con i capelli neri, disordinati, che correva dalla mia parte.
Probabilmente stava cercando qualcuno che non ero io perciò, ripresi a camminare normalmente.
«Ehi, tu! Fermati!» esclamò nuovamente.
Una mano si poggiò sulla mia spalla e mi costrinse a voltarmi. Il ragazzo di prima stava riprendendo fiato ed ebbi tutto il tempo di ammirare i suoi vestiti.
Indossava una camicia antica, probabilmente fatta su misura, con sopra una strana giacca scura ad inserti dorati. Nella mano destra stringeva un voluminoso mazzo di fiori.
Mi schiarii la gola. «Ehm, credo tu abbia sbagliato persona».
Non conoscevo quel ragazzo e non mi andava nemmeno di rimanere da sola in sua compagnia.
«Aspetta ti prego» disse, cercando di ricomporsi. «Potresti farmi un favore?».
Lo guardai accigliata.
«Vorrei che consegnassi questo mazzo di fiori alla mia ragazza».
Sgranai gli occhi. Non ero mica un fattorino anche se il gesto che stava facendo era molto dolce.
«Ma non potresti darglieli tu di persona?» domandai.
«Purtroppo non sono di questa scuola e non mi è permesso entrare nel liceo» rispose deluso.
«Mi dispiace ma io sono nuova, non conosco la tua ragazza…».
«Ti prego. Sei l’unica rimasta nel cortile».
Era vero. Tutti gli studenti erano entrati anche se mancavano ancora dieci minuti all’inizio delle lezioni.
«Ma io…» tentai di scusarmi, con poco successo.
«Per favore, per me è molto importante» insistette lui.
Mi morsicai il labbro inferiore. Rispettavo il suo amore per quella ragazza ma faceva male percepire quell’emozione sulla mia pelle.
Finii per accettare la sua supplica perché volevo solamente andarmene dentro scuola e ascoltare le lezioni.
Mi disse che la sua ragazza si chiamava Rosalya e che aveva i capelli lunghi come i miei, di color bianco panna, gli occhi dorati e un abito particolare che si abbinava al suo completo Ottocentesco.
Presi il mazzo di tulipani bianchi e mi avviai verso l’entrata della scuola.
«Ah! Il mio nome è Leigh! Grazie mille per il favore!» mi urlò dietro.
Con quei fiori in mano attirai non pochi sguardi ma tentai di concentrarmi e di trovare la ragazza che mi aveva descritto Leigh.
Fu più facile del previsto individuarla.
Appoggiata ad uno degli armadietti, stava parlando con una ragazzina dai capelli color viola intenso che teneva stretta a sé un’enorme cartellina da disegno verde.
«Scusatemi» m’intromisi nella loro conversazione, ricevendo delle occhiate sorprese. «Tu sei Rosalya, giusto?».
La ragazza annuì stupita, osservando alternativamente il mazzo di fiori e me.
«Questi sono da parte di Leigh. Mi ha chiesto di portarteli perché non può entrare visto che non è uno studente di questa scuola» dissi.
Rapidamente consegnai i tulipani alla ragazza che li fissò rapita, con un sorriso dolce stampato sulle labbra.
Si riscosse dopo poco. «Grazie mille per il favore. Come ti chiami?».
Mi presentai alle due ragazze che mi salutarono contente.
Violet – così si chiamava la ragazzina con l’enorme cartellina -, fece un timido cenno nella mia direzione mentre Rosalya cominciava a tempestarmi di domande su come avessi trovato il liceo.
Scoprii di essere nella loro stessa classe e ci avviammo insieme verso l’aula ormai quasi piena di studenti.
Presi posto accanto a Violet e la lezione iniziò.
 
 
Scappai in bagno non appena la campanella della ricreazione suonò.
Dopo aver sbagliato direzione un paio di volte, trovai la porta giusta e mi barricai dentro il wc.
La nausea cominciava a farsi strada pesantemente nel mio stomaco e respiravo a fatica per calmarmi.
Fino ad adesso era andato tutto a meraviglia. Avevo cominciato a stringere nuove amicizie e tutti erano gentili: perché continuavo a tormentarmi anche se non avevo ancora fatto nulla di grave?
Poco a poco riuscii a controllarmi; mi calmai, uscii dal wc e mi diressi verso uno specchio per darmi una rinfrescata al viso.
Fissai il mio riflesso: ero veramente pallida.
«Ehi tu, spostati dal mio specchio!» sbraitò una ragazza, spingendomi via in malo modo.
Finii addosso alla parete e guardai in cagnesco il trio di adolescenti che era appena entrato.
Quella che mi aveva spinto portava i capelli ricci, voluminosi e biondi. Gli occhi verdi mi fissarono con disprezzo mentre si voltava verso lo specchio, senza nemmeno degnarsi di farmi le sue scuse.
Le altre due ragazze seguirono il suo esempio.
La prima aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo e portava una magliettina verde mentre la seconda –intenta a sistemarsi il rossetto -, aveva i capelli neri e lisci abbastanza corti.
Uscii dal bagno senza dire una parola, irritata per quel comportamento, e venni sommersa dall’abbraccio di Rosalya.
«Djibril, ti stavamo aspettando!» urlò nelle mie povere orecchie. «Vieni a fare merenda con noi?».
Accettai l’offerta e seguii Rosa in giardino dove ci aspettava Violet che aveva riservato una panchina tutta per noi.
Scherzai e risi alle battute di Rosalya fino a quando la campanella non dichiarò il momento di tornare dentro le aule.
Mentre varcavamo l’ingresso della scuola, raccontai alle mie compagne quello che era successo in bagno - tralasciando, ovviamente, di dire che mi ero sentita male -, e a Rosa scappò una smorfia di disappunto.
«Quelle che hai incontrato erano Ambra, Lì e Charlotte» spiegò Violet.
Rosalya digrignò i denti. «Non le sopporto, si credono dive del cinema e vanno in giro con la puzza sotto il naso!».
«Beh, non che tu sia messa meglio».
La battuta di Violet era uscita come un soffio dalle sue labbra ma stupì sia me, sia la ragazza di Leigh.
La nostra compagna diventò rossa come un semaforo e cominciò a balbettare frasi incomprensibili di scuse. Alla fine ci ritrovammo a ridere tutte quante mentre entravamo in classe.
Non era poi tanto male questo liceo.
 
 
Uscii dall'ufficio della direttrice con il morale sotto i piedi e cominciai a scendere le scale.
Un'ora dopo la ricreazione, mi aveva fatta chiamare dal professore di storia e mi ero dovuta sorbire due ore di conversazione sul fatto che, secondo lei, mi serviva uno psicologo per ambientarmi bene al liceo.
Avevo frenato la sua proposta dicendole che ero appena arrivata e che non avevo ancora avuto modo di stringere amicizie perciò, se mai avessi avuto bisogno di qualsiasi cosa, sarei andata subito da lei per dirglielo.
Nonostante questo, la direttrice mi tenne nel suo ufficio fino alla fine delle lezioni per essere sicura che tutto stesse andando per il verso giusto.
Immersa nei miei pensieri, persi il passo all'ultimo gradino e inciampai.
Trasalii, chiusi gli occhi, e aspettai il contatto con il pavimento freddo. La previsione della mia testa non si avverò perché qualcuno mi afferrò prima che potessi farmi male.
Una mano forte mi afferrò per la vita e mi trattenne senza esitazione. Quando aprii gli occhi rimasi sbalordita.
Un ragazzo dai capelli spettinati e argentei – che in alcuni punti tendevano verso il bianco-, mi aveva afferrato al volo. Un ciuffo più lungo, che sfumava verso il nero, copriva in parte il suo viso aggraziato ma non i suoi splendidi occhi: uno color dell’oro, l’altro verde come uno smeraldo.
Avevo sentito parlare dell’eterocromia ma adesso ne avevo un esempio ravvicinato. Erano iridi magnetiche, talmente forti da non poterle nemmeno contrastare.
Persi il respiro mentre quel misterioso ragazzo mi rimetteva in piedi senza parlare.
«State bene, signorina?» mi chiese con garbo.
I suoi vestiti particolari e quella sua domanda così cortese fecero correre la mia mente verso le pitture e le immagini dell’arte Ottocentesca.
«S-si… Almeno credo» risposi confusa.
Il mio fisico stava meravigliosamente; l’unica cosa che non andava era il fato che il mio cuore avesse accelerato nuovamente i suoi battiti.
«Grazie» risposi titubante. «Ora devo andare!».
Corsi fuori dalle porte della scuola come una furia mentre il pensiero di quello strano ragazzo s’insinuava nella mia mente.
Poi - come se tutto questo non bastasse - la mia mente decise di tormentarmi con le immagini del sorriso solare di Nathaniel.
Funzionavo proprio male come ragazza.

 
 
 
NdA
Ciao a tutte!!!^^
Finalmente è arrivato il secondo capitolo e l’incontro con Lysandro.
Bene, adesso mettetevi comode perché la vicenda comincerà ad entrare nel vivo!^^
Ringrazio vivamente: ChibiRoby, valepassion95 e Sakyo91 per aver messo la mia storia tra le seguite!^^
Grazie mille per esservi soffermati a leggere questa mia storia senza pretese!
A presto!
Lilith

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Capitolo 3
*** Gattino ***


Capitolo 3
 
Gattino

 
 

Ormai era una settimana che frequentavo il liceo Dolce Amoris e mi stavo ambientando molto bene.
Avevo fatto la conoscenza di altre persone: Castiel, Melody, Kim, Peggy e Kentin ma non avevo idea che sarebbe sorta un’amicizia così spontanea e bella con Alexy, il fratello gemello di Armin.
Dopo essere entrata nel circolo di Rosalya, avevo conosciuto i due gemelli che frequentavano il mio stesso liceo.
Armin – quello con i capelli neri –, era sempre impegnato a giocare con i videogiochi ed era molto difficile parlargli ma, a modo suo, era simpatico e se avessi avuto qualche problema in un qualche tipo di videogame, ero sicura di poter contare su di lui per risolverlo.
Alexy – il gemello dai capelli azzurri – invece, si era inserito senza problemi nel nostro terzetto.
Era solare ed estroverso e mi aveva subito preso in simpatia, senza nessun apparente motivo, così si era aggiunto a noi e ora formavamo proprio un bel gruppetto.
Rosa mi aveva detto che a Violet piaceva moltissimo quel ragazzo e quando le chiesi come mai la nostra compagna non si fosse mai confessata, lei mi rispose, con un sorrisetto malizioso: «Diciamo che il genere preferito da Alexy non sono le ragazze».
Avevo capito subito a cosa si riferiva ma il fatto non mi sorprese più di tanto. Non ero intenzionata a farmi condizionare dai pregiudizi e volevo giudicare le persone per come si comportavano nei miei confronti e non certo per il loro stile di vita.
Forse fu questa rivelazione oppure il fatto di sentirmi finalmente al sicuro con un “uomo” a farmi avvicinare ad Alexy ancora di più.
Il fatto di essere così calma e a mio agio con un ragazzo mi faceva ben sperare che presto avrei riacquistato la fiducia nella gente.
In meno di tre giorni, avevamo raggiunto una complicità e una sintonia quasi magica e me ne compiacevo molto.
Persino Violet e Rosalya faticavano a metabolizzare la questione perché nessuno aveva saputo avvicinarsi così velocemente ad Alexy come avevo fatto io.
Quella mattina di Marzo faceva così caldo che optai per una maglietta blu leggera e dei jeans strappati corti. Avevo le braccia scoperte e, come il primo giorno che ero entrata a scuola, presi due braccialetti, fatti in stoffa, dal mio comodino e li usai per coprire i miei polsi.
Non andavo fiera di quello che mi ero fatta in passato e non volevo che la gente lo scoprisse  e quello era l’unico modo per coprire le cicatrici della mia pelle.
Raccolsi i capelli in una coda di cavallo, mi rinfrescai il viso un paio di volte e uscii dal mio appartamento.
Vivevo da sola in quel condominio perché anche se mia zia abitava di fronte, era quasi sempre impegnata con il suo lavoro e poche volte avevamo avuto l’occasione di rimanere insieme.
Non me ne dispiacevo, in fondo mi piaceva restare da sola.
Feci la strada di ogni giorno: passai nel parco, costeggiai il bar all’esterno delle mura scolastiche ed entrai nel cortile alle 7.50.
Incontrai subito Rosa che mi aspettava seduta nella panchina insieme a Violet e ci avviammo verso la classe dove ci raggiunse, pochi minuti dopo, anche Alexy.
Le tre ore prima della ricreazione passarono lente ed inesorabili come al solito e i miei pensieri fluttuarono verso il misterioso ragazzo che mi aveva salvata dalla caduta dalle scale una settimana prima.
Stranamente non lo avevo incontrato a scuola e quindi avevo concluso che non fosse un alunno del liceo così ero riuscita a rasserenarmi visto che non potevo ferire quel misterioso ragazzo.
D’altro canto, però, c’era il problema di Nathaniel.
Ci scontravamo spesso nei corridoi e capitava che ci scambiassimo qualche frase ma scappavo sempre prima di poter iniziare a fare qualsiasi tipo di conversazione o rimanere da sola, con lui, troppo a lungo.
Sapevo che nella nuova scuola tutto doveva essere diverso ma proprio non riuscivo a comportarmi normalmente con i ragazzi visto che la paura del mio passato mi tormentava ogni giorno.
Quando suonò la campanella che annunciava la ricreazione, sospirai di sollievo e mi diressi verso il cortile con i miei amici.
Alexy si sedette sullo schienale della panchina in modo da lasciare il posto a me, Rosa e Violet così da non stare troppo stretti.
La mia amica dai capelli color viola cominciò a mangiare un’arancia e a chiacchierare del corso di disegno con Rosa che tuffava ripetutamente la mano in un sacchetto di patatine.
Io ascoltavo discreta, sgranocchiando un paio di crekers con la mano di Alexy che costantemente ne prendeva un pezzo dal mio pacchetto.
Decimata la mia merenda, aprii un succo di frutta e cominciai a berlo ed ogni volta che le mie labbra si staccavano dalla cannuccia, le dita del mio amico mi afferravano il polso e portavano la cannuccia colorata alle sue labbra.
Alla fine, prima che il gemello potesse bere l’ultimo sorso del mio succo, feci finta di morsicargli le dita mentre lui arretrava la mano divertito e le mie amiche ridevano alle mie spalle.
«Ascolta Alexy, lo so che noi ragazze dobbiamo stare attente alla linea ma non ti sembra di esagerare mangiando praticamente tutta la mia merenda?» lo ammonii sorridendo.
«Ma io ho fame!» brontolò deciso.
«Comprati qualcosa, santo cielo!».
«Però la tua merenda ha un gusto migliore».
Alzai un sopracciglio divertita. «Il mio stomaco però non apprezza che gli si porti via il suo nutrimento. Potrebbe arrivare a mangiarti, un giorno, per vendicarsi».
«Mi sacrificherò per la patria se questo placherà la tua ira» disse, tentando di afferrare il mio succo di frutta senza successo.
Rosalya rideva forte per la scena comica a cui aveva appena assistito mentre Violet chiese: «Secondo voi, se Djibril fosse un animale, che cosa sarebbe?».
Ci fermammo tutti e guardammo la nostra compagna con aria interrogativa e lei arrossì a dismisura.
«C-cioè, vi ho visti lottare così e mi è venuto spontaneo pensare che foste degli a-animali» balbettò confusa.
La ragazza di Leigh sgranocchiò la sua ultima patatina e infine disse: «Mmm… Secondo me, Djibril potrebbe essere un coniglio».
«I-io me la immagino come un uccellino» intervenne Violet ancora rossa in viso.
Le fissai perplessa: come erano arrivate a quella domanda e perché dovevo essere io al centro della loro attenzione?
Non mi ero accorta che, intanto, Alexy mi aveva sottratto il mio succo di frutta e se l’era bevuto tutto d’un fiato e, quando me ne resi conto, lo fulminai con lo sguardo mentre mi rimetteva la custodia tra le mani.
«Vi sbagliate entrambe» esordì il ragazzo con aria seria, portandosi le mani dietro la schiena. «Mi sembra evidente che non siano animali adatti a lei. Se Djibril dovesse diventare un animale sarebbe…».
Alexy lasciò il discorso in sospeso e, con uno scatto fulmineo, mi posò sopra la testa un cerchietto nero con delle orecchie da gatto abbinate.
«Il mio personalissimo micetto!» esclamò vittorioso.
«O mio Dio, come sei carina! Aspetta che ti faccio una foto» disse Rosa, estraendo il cellulare per tentare d’immortalarmi.
«Adesso vieni qui che ti abbraccio e ti sbaciucchio alla follia» mi provocò Alexy.
Stetti al suo gioco e lo graffiai, soffiando come se fossi un gatto.
«Ahia!».
«Lo sai che ad alcuni gatti non piacciono gli esseri umani?».
Il ragazzo sorrise. «Me lo ricorderò. Ma adesso, ti prendo!».
Saltai indietro ed evitai l’abbraccio del mio amico che finì a faccia in giù sulla panchina, facendo ridere Violet e Rosalya ancora di più.
Cominciai a camminare all’indietro, sorridendo, mentre Alexy si alzava e si avvicinava con fare giocoso verso di me.
Mi stavo allontanando dal mio avversario sempre più velocemente.
«Attenta, Djibril!» esclamò all’improvviso il gemello che mi inseguiva, indicando qualcosa dietro di me.
Non feci in tempo né a voltarmi, né a vedere contro cosa stessi andando, perché rovinai a terra trascinando con me altre due persone.
«Ahi» esclamai, toccandomi il fondoschiena per l’atterraggio non proprio morbido.
Quando mi girai, vidi le uniche due persone che non avrei mai voluto incontrare.
Alla mia sinistra, inginocchiato per la caduta, c’era Nathaniel che mi guardava confuso e sorpreso mentre a destra c’era il ragazzo che avevo incontrato una settimana prima, con gli occhi eterocromatici che mi fissavano curiosi, inginocchiato a terra.
«Tu sei la ragazza delle scale!» esclamò lui sorpreso, provocandomi una forte vertigine e una scossa profonda nel petto.
«Djibril, stai bene?» mi chiese Nath, facendomi spostare lo sguardo su di lui.
«Sì, non ho nulla di rotto» risposi con un filo di voce mentre le mie guance prendevano colore e il cuore cominciava a battere all’impazzata.
«Meno male» sospirò contento.
«Scusatemi. Non stavo guardando dove andavo e vi sono venuta addosso, perdonatemi!».
«Tranquilla, nessuno di noi si è fatto male. Giusto, Lysandre?».
Ah, quindi era così che si chiamava quel misterioso ragazzo che mi aveva salvata dalla rovinosa caduta dalle scale.
«Sì» rispose educato.
I due si alzarono e si spolverarono i vestiti mentre io rimasi ad osservarli assorta.
Mi tesero entrambi le mani per aiutarmi ad alzarmi e le accettai per non fare un torto a nessuno dei due.
Quando le nostre pelli si toccarono, le mie emozioni si scatenarono all’interno del mio corpo come un uragano e il mio cuore perse qualche battito mentre il respiro si faceva affannoso e le guance andavano in fiamme.
«Grazie» sussurrai, ritirando le mie dita dalle loro, distogliendo lo sguardo da entrambi.
Poi, sentii lo sguardo dei due ragazzi pesare su di me e mi mossi indietro, leggermente a disagio.
Quando rialzai il viso, vidi un sorriso leggero sulle labbra di Lysandre e le guance rosse di Nathaniel mentre entrambi fissavano un punto in alto sulla mia testa.
Poi mi ricordai: le orecchie da gatto!
Prima che potessi compiere un qualsiasi gesto, delle braccia mi cinsero la vita e un viso si accostò al mio.
«Scusate, lo so che non avrei dovuto portare animali a scuola ma mi dispiaceva molto lasciarla a casa. Non è una micetta bellissima?» disse Alexy, toccando il cerchietto sui miei capelli.
Mi voltai inferocita e gli diedi un pizzicotto in pieno viso, allontanandomi come una furia per correre in bagno.
Sentii chiaramente alcune perone ridere alle mie spalle mentre mi barricavo nella toilette e mi toglievo quelle orecchie di gatto dalla testa.
Non ero arrabbiata con il mio amico che mi aveva messa in quella situazione ma, più che altro, ero confusa.
Il mio cuore non smetteva di accelerare i battiti un solo istante e la mia mente continuava a ripropormi le immagini dei due ragazzi che poco prima mi avevano aiutata.
Cosa mi stava succedendo?
Possibile che mi stessi innamorando di nuovo?
No, no, no! Non potevo permettermelo. Io non meritavo di amare nessuno.
Lo avevo giurato tempo fa che non avrei mai ceduto di nuovo all’amore e invece, adesso, ero in preda alla frenesia tipica degli innamorati.
La campanella che scandiva la fine della ricreazione suonò ma io rimasi in bagno. Mi calmai e respirai a dovere, uscii dalla toilette e mi diressi verso l’infermeria della scuola.
L’infermiera mi accolse con un viso preoccupato quando le dissi che non stavo bene, visto che il rossore non accennava a diminuire dal mio viso, così mi misurò la pressione e la febbre.
Mi disse che non avevo nulla di cui preoccuparmi e che tutto era a posto ma che, per precauzione, potevo riposare lì se volevo.
Filai dritta sotto le coperte e cercai di non pensare a quello che era appena successo (anche se era impossibile).
Riuscii ad addormentarmi e a dormire per una buona mezzoretta; tornai in classe più rilassata e lasciai che le mie amiche mi facessero un sacco di domande sul dove fossi stata mentre ascoltavo le scuse di Alexy.
Una volta finite le lezioni, uscii da scuola e rientrai in casa con il morale risollevato.
Presi dallo zaino i miei quaderni per mettermi a fare i compiti quando, all’improvviso, il cerchietto con le orecchie da gatto scivolò fuori e atterrò sul pavimento.
Lo presi e me lo rigirai tra le mani, sorridendo di tanto in tanto.
Il pensiero dei due ragazzi tornò a tormentarmi di nuovo ma, questa volta, lo accolsi con più favore. Una parte di me mi diceva che potevo cambiare e dovevo farlo quindi, accettare il fatto che potessi innamorarmi di nuovo poteva essermi utile.
Poi, il mio sguardo si fermò sui braccialetti di stoffa che coprivano i polsi e li rimossi con cura.
Tagli trasversali mi segnavano la carne rosea mentre l’altra parte di me risorse, ammonendomi solamente di non causare altro dolore alle persone intorno a me.
Quella notte andai a dormire presto sperando di scoprire se potevo riavere una vita normale oppure no.

 
NdA
Ciao a tutti, sono tornata! ^^ Perdonate la lunga assenza ma ora sono tornata. Ecco a voi il terso capitolo, che ne pensate? J
Spero tanto che vi piaccia!
Un particolare ringraziamento va a: DarkViolet92. Grazie per aver commentato la mia piccola FF!!! J
Bene, ringrazio cmq chiunque passerà per leggerla e chi l’ha messa tra le storie preferite, seguite e chi eventualmente commenterà.
Grazie anche a coloro che mi seguono sempre e che non mi hanno mai abbandonata!
Buone feste (anche se in ritardo)!!!!
Baci
Lilith

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Capitolo 4
*** Concorso ***


Capitolo 4
 
Concorso

 
«E, dopo avermi regalato questo bellissimo vestito, Leigh e io ci siamo baciati al chiaro di luna!» esclamò Rosalya, narrandoci del suo appuntamento con il suo ragazzo.
Avevo passato il weekend a districarmi tra i miei pensieri, ovvero se cedere al cuore o seguire la ragione ma non avevo ancora risolto nulla.
Tuttavia, avevo trovato un compromesso: l’indecisione.
Questa volta non avrei fatto nessuna mossa e avrei aspettato che succedesse qualcosa oppure che tutto rimanesse immutato.
Certo, sentire i racconti sdolcinati di Rosa non mi aiutava per niente a distrarmi dai miei pensieri ma almeno potevo contare su Alexy per poter scappare dalla realtà.
La ricreazione, quel giorno, sembrava non passare mai e la mia amica non accennava a smettere con i suoi racconti romantici.
Prima che potessi bloccare la voce petulante di Rosa, l’altoparlante del liceo chiamò tutti gli alunni a raccolta nella palestra.
Perplessi per quella novità, ci avviammo tutti verso l’edificio di mattoni rossi e dalle enormi vetrate trasparenti che copriva la fine del giardino e costeggiava le mura della scuola.
Entrammo all’interno, spazioso e ben pulito come al solito, sedendoci sul pavimento per ascoltare che cosa ci avrebbero detto gli insegnanti.
Un brusio forte si condensò nella palestra mentre facevano il loro ingresso la direttrice del Dolce Amoris, il professor Faize e il professor Boris.
Il brusio si calmò non appena il nostro insegnante di storia prese il microfono e ci salutò esitante.
«B-Buongiorno ragazzi, vi abbiamo riuniti qui per informarvi di un fatto molto importante che riguarderà voi, in primo luogo, dato che sarete i protagonisti di questa “vicenda” e spero che l’accoglierete con il giusto entusiasmo».
Notai facce perplesse tutt’intorno a me ma nessuno osò aprire bocca.
Il professore passò il microfono alla direttrice che, schiaritasi la gola, disse: «Cari ragazzi, parteciperemo ad un concorso indetto dal nostro giornale locale!».
Sbuffi, brusii e chiacchiericci si diffusero a macchia d’olio tra di noi ma la dirigente scolastica ci fulminò con un’occhiata e ci zittimmo tutti all’istante.
«Ho deciso di far partecipare il liceo a questa competizione per dare più prestigio alla nostra scuola e, per farlo, ho voluto coinvolgere anche voi e sono sicura che mi aiuterete in questa impresa» esordì la donna dal completo rosa.
«E’ la mia impressione oppure questa sembra una minaccia?» mi sussurrò all’orecchio Alexy, suscitandomi una risata che trattenni quasi per miracolo.
«Il primo premio sarà una pagina di giornale a noi dedicata, nuovi fondi per la scuola e, per voi, un viaggio quasi del tutto spesato da un’agenzia viaggio che ha deciso di collaborare a questa iniziativa».
L’idea cominciava a farsi interessante e le esclamazioni di approvazione arrivavano da tutti i ragazzi che, ora, avevano la più completa attenzione per le parole della nostra dirigente.
«La meta del soggiorno verrà decisa più avanti, quello su cui dovete concentrarvi sarà il concorso e le regole che adesso vi comunicherò» disse metodica la direttrice, inforcando bene gli occhiali, scrutando la platea che aveva di fronte a sé.
«Il concorso s’intitola “Sogno di una notte”. Dovete realizzare un disegno su cosa sia il sogno, l’irrealtà, dal vostro punto di vista e aggiungere una frase o una riga che spieghi la vostra opera. La scuola che partecipa potrà inviare solo tre lavori che verranno poi giudicati dai curatori della galleria d’arte della nostra città poiché il disegno vincitore, sarà l’emblema della mostra che ospiterà il museo questa estate».
Non era per niente facile trovare un’ispirazione su un tema così vasto ma i miei compagni non avevano intenzione di lasciar perdere visto l’enorme premio che c’era in palio.
Poi, il professor Boris prese il microfono che la direttrice gli offriva e si schiarì la voce per iniziare a parlare.
«Noi professori, insieme alla direttrice, abbiamo deciso di lasciarvi due giorni interi per trovare le idee e confrontarvi. Consegnerete i disegni il terzo giorno e noi valuteremo quali siano i più adatti ad essere inviati al concorso e non ci saranno favoreggiamenti. Inoltre, per questo lavoro, abbiamo deciso di dividervi in gruppi composti da tre persone e farvi lavorare insieme per integrare ancora di più il vostro rapporto e farvi collaborare».
«Noi saremo in squadra assieme!» esclamò Rosa, prendendomi sotto braccio mentre tentava di cacciare Alexy che mi voleva tutta per sé.
«Non ho finito!» esclamò l’insegnante di educazione fisica, ponendo fine alle chiacchiere che ognuno di noi stava facendo con i suoi compagni. «Per questa volta abbiamo deciso che non sarete voi a scegliere i vostri compagni di lavoro ma noi. Potrete trovarvi in squadra con chiunque e speriamo che questo sia stimolante e non accettiamo lamentele».
Gli occhi lampeggianti della direttrice ci avvisarono subito di non opporci oltre e così nessuno di noi osò fiatare.
Il professor Faize prese il microfono e ci spiegò che l’indomani mattina avremmo saputo con chi avremmo dovuto fare coppia e ci avrebbero dato altre indicazioni ed istruzioni sul concorso.
Tornammo in classe, tutti presi da una strana euforia mista alla preoccupazione ma, in generale, potevo vedere che molti di noi si stavano già dando da fare per trovare qualche idea per il concorso.
Salutai i miei amici una volta finite le lezioni e ritornai a casa fresca e riposata.
Non dovevo fare compiti, né studiare, perciò ne approfittai e andai a fare un giro al cimitero della città.
Vagai tra le tombe grigie e bianche, puntando verso la lapide in marmo chiaro che si stagliava vicino ad un grande salice.
Mi avvicinai e appoggiai un mazzetto di fiori alla base della tomba, pulendo la scritta incavata dalla polvere che vi si era accumulata.
 
“Mattew & Lucinda Donovan”
 
Avevo perso i miei genitori all’età di tre anni a causa di un disastro aereo e mia nonna mi aveva preso con sé, portandomi in un paese piccolo e sperduto, dove avevo vissuto fino a quando mia zia non mi aveva preso con sé e portato nella mia cittadina natale dove adesso mi trovavo.
Ero contenta di essere ritornata e sentivo che questo era il posto adatto a me perciò, dopo aver salutato i miei genitori, mi avviai a casa con il morale più sollevato e con il cuore un po’ più felice.
 

 
Il giorno seguente andai a scuola agitata. Per l’occasione avevo indossato una maglietta azzurra con scollo a V, i soliti braccialetti di stoffa e dei jeans abbinati alle mie Converse blu preferite.
Entrai in classe e il professor Boris ci accolse con un caloroso sorriso mentre distribuiva i fogli ad ognuno di noi.
La tensione era palpabile e nemmeno Alexy riusciva a rompere quel silenzio con qualche sua battuta; anche se vedevo che mi gettava occhiate preoccupate.
«Bene, adesso annuncerò con chi sarete in squadra. Chi sentirà il proprio nome si alzerà, verrà qui da me e gli indicherò la postazione da raggiungere per poter lavorare al concorso. Naturalmente, noi verremo a controllarvi di tanto in tanto. E’ tutto chiaro?» chiese con voce squillante.
Un timido “sì” si levò dalle nostre file e così l’insegnante cominciò a chiamare i nostri nomi.
«Iris».
La nostra compagna si alzò, portando con sé il foglio del concorso, e si avvicinò al professore.
«Tu farai coppia con Castiel e Kim. La sala che vi è stata assegnata è l’aula di scienze. Impegnatevi e in bocca al lupo!».
«Grazie» rispose Iris, scomparendo oltre la porta della nostra classe.
«Djibril» chiamò poi il professore, spaventandomi.
Non mi aspettavo di sentire subito il mio nome e per poco non rischiai di cadere dalla sedia per la sorpresa ma mi ripresi in fretta.
A quanto pareva, avrei scoperto solo alla fine con chi sarebbero stati in squadra i miei amici.
Con il cuore in gola mi alzai e mi diressi verso il docente per sentire con chi avrei fatto squadra.
«Tu starai con Nathaniel e Lysandre. Andrete in giardino. In bocca al lupo!».
Annuii sbalordita e uscii dalla classe velocemente.
Quello doveva essere uno scherzo del destino e non era affatto divertente.
Perché dovevo far coppia proprio con le persone che dovevo assolutamente evitare?
Camminai fino in giardino e mi sedetti sulla panchina. Nathaniel e Lysandre non erano ancora arrivati e mi godetti un po’ dell’aria calda e riposante che soffiava quella mattina.
Decisi che non mi sarei fatta spaventare dalle mie emozioni e che avrei affrontato con serenità e fermezza la faccenda; in fondo, non era mica un appuntamento e dovevo smetterla di martoriarmi così.
Pochi minuti dopo, apparvero i due ragazzi con cui dovevo far coppia.
Nath indossava la sua camicia bianca, accompagnata da dei pantaloni color marrone chiaro mentre Lysandre vestiva con il solito completo Ottocentesco.
«Ti abbiamo fatta aspettare?» domandò premuroso il ragazzo che mi aveva salvata dalle scale.
«No, sono appena arrivata» ammisi.
«Bene, allora dove vuoi che ci sediamo. Abbiamo tutto il giardino a nostra disposizione» sorrise il segretario delegato.
Non volevo appartarmi troppo e, per il momento, quella era la posizione più comoda per tutti e tre.
«Possiamo rimanere su questa panchina» proposi ed entrambi annuirono.
Con mia sorpresa, i due ragazzi si divisero e mi trovai Nath alla mia destra e Lysandre alla mia sinistra.
Le mie emozioni si scatenarono subito: la mia pelle sembrava scottare come lava, il mio respiro quasi si mozzò mentre il cuore mi saltava alla gola e vi si aggrappava con dei forti artigli.
Non riuscivo a capire quale dei due ragazzi riuscisse a scatenare tutti quei sentimenti dentro di me ma cercai di concentrarmi sul discorso che aveva appena iniziato Nathaniel.
«Quindi, propongo di leggere attentamente il programma, vedere cosa dobbiamo escludere e raccogliere le nostre idee e confrontarci. Siete d’accordo?».
Lysandre annuì. «Sì, se ottimizziamo il nostro tempo abbiamo maggiori possibilità di concentrarci sul nostro progetto».
«Ok, per me va bene».
Non potevo aggiungere altro, Nath aveva ragione su tutta la linea con quel discorso appena fatto e, perciò, cominciai a leggere il foglio che ci era stato dato in precedenza.
In sostanza, il concorso si basava sul realizzare un disegno con la tecnica che più si preferiva, dovevamo solamente rispettare le misure che ci erano state date e il numero di righe per le frasi o la poesia da comporre.
Il soggetto poteva essere qualsiasi cosa ci venisse in mente – paesaggi fantastici o naturali, soggetti irreali e molto altro – e che, naturalmente, avesse come tema principale il sogno.
Insomma, eravamo abbastanza liberi di fare qualsiasi cosa ma proprio per questo era complicato trovare qualcosa che non fosse troppo scontato ma nemmeno che uscisse dagli schemi.
Suonò la campanella della ricreazione e il giardino fu invaso dal solito sciame di studenti ma nessuno smetteva di riflettere sul concorso e ancora molti di noi non avevano trovato nessuna idea plausibile.
Finita la merenda, dove non avevo trovato Alexy, Violet e Rosalya, mi rituffai dentro le riflessioni del nostro terzetto.
Poi, senza preavviso, mi venne un’idea.
«Nathaniel, tu sai su cosa si baserà la mostra del museo? Cioè, che quadri ci saranno esposti?» chiesi al ragazzo biondo che si riscosse dalla sua meditazione.
«Mi dispiace, non so dirti nulla. L’unica cosa che ho letto sul giornale è il fatto che sarà presente il quadro “L’incubo” di Füssli».
«Perfetto. Allora, se vi va, ci potremmo concentrare sulle creature sovrannaturali insomma, quelle che popolano i nostri sogni fin da bambini così da poter estendere il nostro messaggio a tutti. In fondo, ognuno di noi è stato bambino, no? Credo che sia un tema che possa avvicinarsi ad adulti e ragazzi indifferentemente».
Un attimo di silenzio avvolse il nostro gruppo mentre io, presa dal nervosismo, mi morsicai il labbro inferiore.
«Sì, Djibril hai perfettamente ragione!» esclamò Nath, regalandomi un sorriso mozzafiato.
«Concordo. Sei la nostra musa» aggiunse Lysandre, sfiorandomi la mano.
Sorrisi compiaciuta, lasciando che le mie guance s’imporporassero.
I due ragazzi erano d’accordo con la mia idea e, concentrati sul nuovo argomento, cominciammo a buttare alcune idee su un foglio di carta ma nessuna sembrava convincerci appieno.
Ormai mancava solamente un’ora alla fine dell’ultima lezione.
Mi alzai dalla panchina per sgranchirmi le gambe e feci un breve giro del giardino finendo, per puro caso, sotto un albero in fiore.
Non mi ero mai sentita così calma e a mio agio con dei ragazzi ed essergli stata a fianco per tutta la mattinata, senza che mi fossi sentita male, lo dimostrava.
Potevo superare il mio trauma se avessi continuato in quella direzione.
Il vento caldo soffiò all’improvviso e alcuni petali cominciarono a cadere intorno a me facendomi sorridere teneramente.
Mi voltai verso i miei compagni e scoprii che mi stavano fissando con aria trasognata.
«Forse so cosa possiamo disegnare per il concorso» dichiarò Lysandre ad alta voce, girandosi verso Nath che ricambiò lo sguardo d’intesa con il suo amico.
Li fissai incuriosita, avvicinandomi nuovamente alla panchina.
«Te» dissero in coro i due ragazzi, fissandomi con un sorriso celato sulle labbra.
Mi gelai sul posto e li fissai terrorizzata.
Se quello era uno scherzo, non mi piaceva proprio.

 
 
NdA
Ciao a tutte, rieccomi con il nuovo capitolo! :-)
Allora, che ve ne pare? Siete curiose di sapere come andrà a finire l’idea per questo concorso e cosa dovrà affrontare la nostra Djibril?
Un particolare ringraziamento va a: DarkViolet92 e a sabrinacaione. Vi adoro ragazze! ^^
Grazie anche a chi leggerà senza commentare, a chi metterà la mia storia tra le sue preferite/seguite/ricordate.
Al prossimo capitolo allora! :-)
Baci
Lilith

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Capitolo 5
*** Rottura dell'equilibrio ***


Capitolo 5

Rottura dell’equilibrio



Guardai ancora più accigliata i due ragazzi che avevo di fronte mentre cercavo di assimilare il fatto che volessero ritrarre me per il concorso.
«State scherzando?» domandai quasi senza voce.
Nathaniel mi sorrise per rassicurarmi. «Penso che saresti perfetta come modella per disegnare una creatura fatata o un essere sovrannaturale. Insomma, dovremmo pur partire da una base, giusto?».
«Esatto, inoltre ci divideremo i compiti equamente» aggiunse Lysandre.
«Cioè?».
«Nath disegnerà. E’ il più bravo in educazione artistica e ha sempre ottimi elogi dalla professoressa perciò io direi di sfruttare la sua capacità a nostro vantaggio, senza offesa Nathaniel».
«Tranquillo, non mi offendi. Anzi, siete sicuri di voler dare un onore così grande a me? Non so se ne sarò capace» affermò il segretario titubante.
«Io sono d’accordo con quello che ha detto Lysandre. Non sono brava come disegnatrice perciò è meglio se lo fai tu» dissi, togliendomi dall’impiccio di dover prendere in mano una matita.
«Allora io propongo Lys per la poesia o la frase del nostro progetto. L’ho sentito canticchiare le sue canzoni molte volte e devo dire che scrive dei ritornelli e delle strofe molto belle. Hanno molta profondità».
Il nostro compagno accennò un piccolo sorriso. «Grazie, cerco solo di fare del mio meglio per esprimere i miei sentimenti sulla carta».
Lo fissai ammirata. Il ragazzo che mi aveva salvata dalla caduta sulle scale era anche un compositore e cantante.
Ero capitata nella squadra giusta.
«Perciò» disse Nathaniel, rivolgendosi a me «visto che ognuno di noi ha un ruolo tu potresti fare da modella visto che l’idea principale sulla quale si baserà il nostro progetto è stata tua, non ti pare?».
Aprii e chiusi subito la bocca.
Non potevo obbiettare visto che il grosso del lavoro l’avrebbero fatto loro due e non mi vennero in mente altre idee per defilarmi da quell’impiccio nel quale mi ero cacciata.
Alla fine, acconsentii.
La campanella suonò e finalmente potei avviarmi verso casa con la testa che vorticava frenetica e lo stomaco che si contorceva per l’ansia.
Non volevo fare da modella ma che altra scelta avevo? Andai dritta sotto le coperte, senza nemmeno cenare, cercando di tranquillizzarmi.
Si trattava di un concorso e nessuno avrebbe saputo che avrei fatto da modella per il mio gruppo inoltre, Nath poteva sempre cambiare colore ai miei capelli e ai miei occhi e nessuno mi avrebbe riconosciuta.
Riuscii ad addormentarmi ma dormii poche ore.
Come ogni mattina mi vestii, optando per il mio solito look casual, ma dimenticai di fare colazione.
Incontrai Violet sul cancello di scuola e cominciammo a parlare.
Mi disse che era finita in squadra con Rosalya ed Armin e che il loro progetto era ancora in alto mare.
Cercai di rassicurala con poche parole mentre scappava nell’aula di scienze dove la stava aspettando il suo gruppo.
Sospirai e aspettai Nath e Lysandre che non tardarono ad arrivare. 
«Allora, siamo pronti a cominciare?» domandò il ragazzo biondo, prendendo un blocco da disegno e una matita tra le mani.
«Se proprio dobbiamo…» dissi esasperata.
«Tranquilla Djibril, respira. In fondo non devi fare niente di complicato. Fidati di noi» concluse Lysandre mettendomi le mani sulle spalle.
Una scossa elettrica mi attraversò fulminea.
Ecco, un’altra volta quella sensazione familiare di ormoni impazziti mi accolse e non migliorò quando Nathaniel mi prese per mano e mi condusse verso un l’albero del giardino.
I due ragazzi discussero sulla posizione che dovevo assumere, dimenticandosi persino di consultarmi, volendo fa coincidere le loro idee.
Provai a mettermi in un sacco di pose: seduta con le gambe accavallate, appoggiata con la schiena al tronco della pianta, distesa sul prato e mi arrampicai persino sul ramo più basso dell’albero.
Nulla sembrava soddisfare Nathaniel e Lysandre.
Il segretario continuava a disegnare ma gettava via i fogli non appena aveva concluso lo schizzo.
Mentre Nath fissava assorto il blocco da disegno, Lys mi prese per la vita e mi aiutò a scendere dal ramo dove ero salita poco prima.
Il mio ventre divenne incandescente mentre una vertigine profonda mi scuoteva dall’interno.
Respirai profondamente e mi calmai.
Il mio compagno, intanto, si avvicinò al ragazzo biondo per aiutarlo a decidere il da farsi mentre io giocavo con le dita intrecciandole tra loro.
Possibile che fossi solo io a provare quella forte attrazione per loro? Non capivo a quale dei due dovessi rivolgere la mia attenzione perché il mio fisico sembrava soggiogato dalla loro presenza e non voleva disintossicarsene.
La campanella scandì inesorabilmente l’inizio della ricreazione e il cortile si riempì di studenti come sempre e finalmente, riuscii a trovare Alexy.
Scoprii che era in squadra con Kentin e Ambra e si lamentò del fatto che la loro compagna aveva praticamente monopolizzato la scelta del tema del concorso senza dar spazio alle sue idee.
Non appena ebbe finito il suo discorso, il suono penetrante della campanella lo strappò via da me per farlo tornare ai suoi doveri e anche io, dovetti tornare ai miei.
Mi sedetti a gambe incrociate sul prato mentre i due ragazzi della mia squadra erano ancora in piena crisi creativa.
Volevo aiutare ma non sapevo come dar loro una mano.
Mi distesi nuovamente sull’erba e cominciai ad ammirare il cielo azzurro senza nuvole.
I miei pensieri si persero mentre le forze venivano meno e i miei occhi si chiudevano per tentare di recuperare un po’ di energia visto che non avevo mangiato nulla da quella mattina.
Senza accorgermene, mi addormentai.



«Djibril? Djibril?» mi chiamò una voce preoccupata molto familiare.
Sbattei più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco l’immagine davanti a me anche se il mio cervello si rifiutava categoricamente di accendersi.
«Nath?» chiamai, vedendo dei capelli color del grano illuminati dal sole.
«Ben risvegliata» disse contento, aiutando a rialzami dall’erba.
«O mio Dio, il disegno! Io mi sono addormentata! Scusa!» esclamai preoccupata, ricordando ogni cosa.
Nathaniel mi tranquillizzò dicendo che lui aveva finito tutto e adesso toccava a Lysandre scrivere la poesia.
Mi spiegò che aveva chiesto alla direttrice una sorta di “proroga” così da poter consegnare il lavoro completo domani mattina, visto che a Lys serviva un po’ di tempo per raccogliere idee e finire la poesia o la frase che stava scrivendo e la preside aveva acconsentito.
Inoltre, aggiunse, entrambi avevano deciso di lasciarmi riposare visto che non sembravo essere esattamente in forma ed erano riusciti lo stesso a trovare un’idea per il concorso.
«Scusa, non sono stata di nessun aiuto» dissi delusa.
Nath sorrise. «Credimi, ci hai aiutato moltissimo invece».
Presi la mano del ragazzo biondo e mi alzai da terra accorgendomi che il sole stava calando dietro le mura della scuola.
Domandai dove si trovasse il nostro compagno e Nath mi spiegò che Lys era andato via per riflettere con calma e trovare la giusta poesia da abbinare al disegno che lui aveva realizzato.
«Senti, Djibril, vorremmo trovarci questa sera per mostrarti il risultato. Ti andrebbe?» chiese il mio compagno, leggermente imbarazzato.
La mia mente cominciò a ragionare in fretta.
Non volevo incontrarmi in un bar o in un qualsiasi altro locale con loro, di sera, e nemmeno finire a casa di uno dei due e imbattersi nei loro genitori (non me la sentivo proprio) così, proposi di vederci a casa mia.
Inaspettatamente, Nathaniel estrasse il suo cellulare e chiamò la sua famiglia dicendogli che sarebbe andato a casa di un’amica per finire il progetto del concorso che la direttrice ci aveva affidato.
Ottenuto il sì, il ragazzo mi accompagnò fuori da scuola e mi seguì.
«Chiamerò Lysandre per dargli l’indirizzo. Ci raggiungerà più tardi, ok?».
«Non vai a casa a cambiarti?» domandai perplessa.
«Purtroppo casa mia è abbastanza lontana e non farei in tempo a fare tutto. Se non ti dispiace, vorrei subito finire questo compito così da lasciarti libera la sera se devi studiare».
«Ah… Ehm… Certo».
La mia retorica faceva proprio schifo ma non obbiettai alla sua idea. In fondo, prima era meglio era, così non avrei dovuto restare insieme ai miei compagni per troppo tempo.
Mostrai la strada a Nath, passeggiando nel parco che mi avrebbe portata verso il mio appartamento.
«Non sapevo abitassi così vicino alla scuola. Sei molto fortunata» intervenne lui, interrompendo il silenzio tra di noi.
«Sì, è una vera fortuna» replicai, stringendomi nelle spalle.
All’improvviso, un rumore forte e delle urla alle mie spalle mi spaventarono ma non ebbi nemmeno il tempo di muovere un solo muscolo perché Nathaniel mi afferrò per un braccio e mi spostò in una frazione di secondo.
Il mio viso, insieme al mio corpo, andarono a sbattere contro la sua camicia bianca mentre sentivo le sue mani che mi cingevano la vita e trattenevano delicatamente la mia testa.
Un suono sordo mi fece voltare il viso e vidi che, poco distante da dove mi trovavo prima, un piccolo carretto si era rotto a metà finendo contro un albero del parco.
Ero stata sulla traiettoria di quell’oggetto fino a pochi secondi fa e Nath mi aveva salvata.
Il mio corpo, forse per farmi uno scherzo, fece diventare la mia pelle incandescente.
Sentivo i pettorali definiti e ben delineati del mio compagno anche sotto la sua camicia mentre le mie mani erano strette su quella stoffa bianca come se fossero prese d’acciaio.
Il profumo del suo bagnoschiuma mi riempì i polmoni e i miei ormoni andarono in delirio mentre le gambe cominciavano a tremare.
Ero abbracciata ad un ragazzo ed era semplicemente bellissimo.
Mi ero dimenticata la sensazione di sicurezza che si provava quando si stava stretti ad una persona speciale.
Ignorai persino la folla che si era radunata, come uno sciame, poco distante da noi.
«Djibril, tutto bene?» mi chiese il ragazzo, scuotendomi dai miei pensieri.
Annuii titubante, alzando lo sguardo su di lui ma… sbagliai completamente mossa.
I suoi occhi color oro mi conquistarono come il primo giorno in cui li avevo visti e fecero sciogliere il mio cuore in una sinfonia musicale che mai mi sarei aspettata di sentire.
«Ce la fai a camminare? Mi sembri sotto shock».
«N-no, ce la faccio».
Mi staccai da lui ma le mie gambe cedettero, come se fossero state di cristallo, e mi ritrovai ad essere stretta nuovamente dalle sue braccia forti.
«Devi riposare» propose Nah, cercando con lo sguardo una panchina libera nel parco.
«Voglio andare a casa» lo pregai.
Non potevo rimanere lì un secondo di più.
Inaspettatamente, i miei piedi si staccarono dal suolo e mi trovai adagiata tra le braccia del mio compagno.
Arrossii ma non mi mossi.
Con passo sicuro Nathaniel superò la folla e uscì dal parco mentre io gli dettavo le istruzioni per arrivare a casa mia.
Dovevo essere pesante ma al mio compagno non sembravo dare fastidio mentre continuavo a premere la mia testa contro la stoffa pulita della sua camicia.
Mi sentivo protetta, come se fossi dentro una sorta di bolla incantata e l’abbraccio caldo di Nath era veramente terapeutico ma anche profondamente sconvolgente.
Le cellule del mio corpo vibravano impazzite e i miei pensieri non facevano altro che rivolgersi a lui con forza.
Arrivammo davanti al mio condominio in pochi minuti e salimmo al quarto piano del palazzo. Mi ritrovai davanti alla porta del mio appartamento ancora in braccio a Nath.
Il ragazzo mi poggiò a terra delicatamente e lasciò che prendessi le chiavi senza però mollare la presa sui miei fianchi.
Con la mano che tremava, feci scattare la serratura e il mio compagno mi aiutò ad entrare e a farmi sedere sul divano.
«Grazie» sussurrai con un po’ di voce «grazie per tutto».
Lui mi sorrise e si accomodò vicino a me, facendomi sistemare la mia testa sopra la sua spalla mentre mi accarezzava i capelli.
«Tranquilla, va tutto bene. Non ho fatto niente che non volessi fare» rispose lui con calma.
L’equilibrio che speravo di mantenere si era rotto o forse non avevo mai capito che in realtà non c’era mai stato.
Mi ero innamorata di quel ragazzo sin dal primo giorno e il mio cuore, in quel momento, me lo stava urlando con tutta la sua forza.



NdA

Ciao a tutte, sono tornata!
Allora, cosa ne pensate? Vi è piaciuto? ^^ Spero di sì! 
Adesso che Djibril si è resa conto dei suoi sentimenti per Nathaniel, cosa succederà? Seguitemi e lo scoprirete molto presto!
Come sempre ringrazio DarkViolet che non mi abbandona mai! Ti adoro più di prima! :-)
Ma i miei ringraziamenti vanno anche a: BML951110, AnnaIsabelSpicaII, giorgiabratta00, JessieSomerhalder, blacksmoon, Kange e even taylor.
Mamma mia, quante siete! O.O
Non mi aspettavo che la mia FF potesse piacere a tutte voi perciò grazie, mi spronate ad andare avanti!
Alla prossima allora!
Baci
Lilith

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Capitolo 6
*** Disegno ***


Capitolo 6

 
Disegno


 
 



Rimanendo accanto a Nathaniel mi ero ripresa.
Ero ancora debole ma solamente perché sapevo che non avevo mangiato nulla perciò avrei dovuto recuperare le mie forze cercando di mettere sotto i denti qualcosa di commestibile.
Adesso, davanti alla mia piccola cucina di legno chiaro e marmo, stavo pensando a come apparecchiare la tavola.
Il mio autocontrollo mi stava aiutando a non cominciare ad arrossire o a sentirmi in imbarazzo, dato che quella era la prima volta che un ragazzo veniva a casa mia, mentre la mia mente giocava sulle possibili combinazioni che potevano succedere in quella occasione.
Il ragazzo dai capelli biondi arrivò in cucina e mi informò che aveva appena chiamato Lysandre e che sarebbe arrivato circa verso le 20.00 a casa mia perciò mi propose di ordinare una pizza.
Mentre io protestavo perché sapevo cucinare e lui mi rispondeva che dopo una giornata stressante come quella dovevo assolutamente stancarmi il meno possibile, il suo telefonò squillò.
«Scusami un attimo» disse lui, sparendo nuovamente in salotto.
Sospirai pesantemente e mi diressi in camera mia.
Chiusi la porta e mi cambiai i vestiti indossando la mia tuta nera preferita.
Quando uscii dalla stanza, scoprii che il mio compagno aveva già chiamato la pizzeria ma non mi arrabbiai.
«Ho scelto anche per te. Spero non ti dispiaccia la pizza con le patatine fritte. Credo che tu abbia seriamente bisogno di mettere sotto i denti qualcosa di sostanzioso».
Sorrisi. «No, va benissimo. Grazie».
Come aveva fatto ad indovinare che proprio quella era la pizza che preferivo fra tutte?
Lasciai cadere quella domanda e preparai la tavola con l’aiuto di Nath.
Le nostre dita si sfiorarono più volte mentre gli passavo i bicchieri e i piatti da mettere sopra la tovaglia e ogni volta, puntuale, una scossa elettrica mi percorreva il braccio facendo aumentare i battiti del mio cuore.
All’improvviso il campanello suonò e andai ad aprire la porta.
«Ciao. Scusatemi, sono in anticipo. Spero di non disturbare» disse Lysandre, donandomi un magnifico sorriso, sulla porta.
Era la prima volta che sentivo qualcuno scusarsi perché era arrivato in anticipo ma lasciai correre e sorrisi a mia volta.
«Tranquillo, non disturbi. Prego, accomodati» replicai.
Il mio compagno entrò e fu allora che notai la grande cartella verde che teneva appoggiata sul suo fianco destro.
Gli feci depositare il cappotto nero sull’attaccapanni e mettere la cartella misteriosa in salotto ed io non tentai di aprirla – per educazione –, anche se ero veramente curiosa di vedere il risultato del loro lavoro.
«Lys, ti aspettavamo per le 20.00. E’ strano da parte tue arrivare così presto. Sai, è un tipo che perde le cose facilmente» mi disse Nath sorridendo.
«Infatti mi sono perso due volte. Se non fosse stato per una gentile signora che ho incontrato per strada avresti dovuto venire a cercarmi con i cani, Nath» replicò Lys facendomi ridacchiare.
Visto che mancavano ancora dieci minuti perché arrivassero le nostre pizze, chiesi se potevo vedere il disegno ma entrambi i ragazzi mi negarono il permesso.
Volevano farmi una sorpresa e volevano mostrarmelo dopo aver cenato.
Non opposi ulteriore resistenza, tanto sarebbe stato tutto inutile e cercai di non badare alla punta di insoddisfazione e curiosità che premeva per farmi aprire quella cartella.
Finalmente il campanello suonò e il ragazzo delle pizze ci consegnò la nostra cena mentre noi dividevamo la spesa.
Non appena misi in bocca alcune patatine cominciai a sentire crescere l’appetito e mi ritrovai a mangiare con gusto.
Nath e Lys cominciarono a farmi alcune domande sulla mia nuova vita nella loro scuola: come mi trovavo, se c’erano cose che non capivo, cosa ne pensavo dei professori e dei miei compagni di classe.
Risposi a tutto senza sbilanciarmi troppo ma in generale mi divertii a seguire anche le battute tra entrambi i ragazzi.
Appresi che Nathaniel era un ragazzo che non poteva fare a meno di studiare ed essere bravo in tutto mentre a Lysandre piaceva scrivere testi o poesie e, naturalmente, cantare.
Spreparai la tavola aiutata da entrambi e ci accomodammo in salotto chiacchierando sui nostri compagni di classe.
Scoprii che a Nath non piaceva affatto Castiel – erano come cane e gatto – e quando chiesi il perché al ragazzo dai capelli d’oro, mi rispose: «Abbiamo avuto un passato turbolento e non è una storia che mi va di raccontare».
Non lo forzai a dire altro mentre Lys affermava che, per ironia della sorte, Castiel era il suo migliore amico visto che faceva parte del suo “gruppo musicale” poiché suonava la chitarra.
Avevo notato che i miei due compagni andavano d’accordo anche se avevano gusti ed interessi differenti e la cosa mi metteva a mio agio.
«Bene. E’ arrivato il momento di mostrarti il nostro disegno. Vuoi vederlo?» mi chiese Nath.
«Certo!».
Ero troppo curiosa.
Lysandre si alzò sorridente, si avvicinò alla cartella verde ed estrasse un foglio bianco abbastanza grande (di forma rettangolare) e me lo mostrò.
Rimasi incantata dal lavoro che erano riusciti a fare i miei due amici e non riuscii più a parlare.
Il paesaggio ritraeva un albero in fiore dai delicati petali rosa, dell’erba fresca e chiara sulla quale era adagiata una creatura fatata o almeno era quello che la mia mente mi suggeriva.
La ragazza era distesa e aveva gli occhi chiusi, le guance erano un po' imporporate e le labbra erano curvate in un sorriso appena accennato nel sonno.
I capelli lunghissimi e castani ricadevano ordinati dietro di lei mentre un vestito bianco con vari pizzi copriva il corpo disteso sul prato verde.
La mano sinistra era appoggiata al livello del cuore e una bagliore color arcobaleno attirava l’attenzione sul suo petto.
«W-wow» balbettai attonita.
Quella non ero io, era troppo bella per assomigliare a me.
«Ho usato i colori a tempera, spero di aver reso bene le tonalità del quadro» disse Nath, incrociando il mio sguardo.
«Scherzi? E’ semplicemente meraviglioso! Sembra davvero un sogno…».
«Si, Djibril ha ragione, hai superato te stesso Nathaniel» concordò Lys alla mia destra.
Poi, il mio sguardo venne catturato da delle parole poste sotto il disegno della fanciulla addormentata.
 
 
Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.
 
 
Le lacrime mi salirono agli occhi.
La frase era perfetta, il dipinto straordinario e io non li avevo nemmeno aiutati ma avevano creato qualcosa di unico.
All’improvviso, il telefono di Nath squillò interrompendo i miei pensieri.
Quando la chiamata finì il ragazzo ci comunicò che doveva tornare a casa perché si era fatto troppo tardi e, una volta salutati, se ne andò.
Rimasi da sola con Lysandre che mi aiutò a chiudere il disegno nella cartellina.
«Lo porterò io domani» proposi al ragazzo che annuì e mi ringraziò.
«E’ meglio che vada anch’io. Domani sarà una giornata impegnativa» propose il ragazzo, avvicinandosi alla porta d’ingresso.
«Ehm, Lys?» lo chiamai un po’ intimidita.
Mi sorrise. «Sì?».
«Hai scritto delle parole meravigliose, mi hanno toccata molto profondamente. Hai molto talento. Mi dispiace solamente di non avervi aiutato in questo lavoro».
«Non scherzare Djibril, tu hai fatto molto più di quello che pensi. Sei unica».
Detto questo, Lysandre mi prese la mano tra le sue e la baciò.
Avvampai vistosamente ma il ragazzo sembrò non farci caso e uscì augurandomi la buonanotte.
Mi catapultai a letto con il cuore in gola e la mano in fiamme.
I nervi erano in tensione, la bocca dello stomaco serrata e i battiti del mio povero muscolo cardiaco sfioravano l’isteria.
Non era possibile che mi fossi innamorata di Lysandre… Eppure, il sentimento che provavo era uguale identico a quello che sentivo con Nathaniel.
Si potevano amare due persone contemporaneamente e allo stesso modo? Come potevo far tacere i miei sentimenti adesso che si erano risvegliati più potenti di prima?
Alla fine, la mia mente cedette e lasciò perdere i ragionamenti del cuore facendomi sprofondare in un sonno ristoratore.
 

 
NdA
 
Ciao a tutte, sono tornata!
Dopo un anno di assenza ho deciso di ricominciare e concludere quello che ho lasciato indietro! ^^
Allora, cosa ne pensate? Vi è piaciuto? ^^
Ecco qui ragazze, si sta cominciando a creare il nostro triangolo!
Ma come sono cattiva!!! XD
Ahahahahah! XD Sono pazza! XD
Ringrazio saretta_007, mi hai svegliata dal mio letargo!
Alla prossima allora!
Baci
Lilith

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