Upward

di Water_wolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio ***
Capitolo 2: *** 2 Bianco e Nero ***
Capitolo 3: *** 3 Acqua uguale imprevisti ***
Capitolo 4: *** 4 La Custode dell'Acqua ***
Capitolo 5: *** 5 Fuoco: Vita e Risate ***
Capitolo 6: *** 6 Piume ***
Capitolo 7: *** 7 Lo scrittore Pazzo e la Danza delle Sirene ***
Capitolo 8: *** 8 Sei proprio un idiota, Jonas ***
Capitolo 9: *** 9 Pensieri ***
Capitolo 10: *** 10 Carpe Diem ***
Capitolo 11: *** 11 Shai: come una presenza può rovinare tutto ***
Capitolo 12: *** 12 Come musica ***
Capitolo 13: *** 13 Il piacere è tutto mio: Litigi e il Ladro ***
Capitolo 14: *** 14 Il Dolore e il Mistero ***
Capitolo 15: *** 15 Il Custode dello Spazio ***
Capitolo 16: *** 16 Andre': è Tempo di Scegliere ***
Capitolo 17: *** 17 Upward: la Città di Vetro e la Presidentessa d'Inverno ***
Capitolo 18: *** 18 Tentativo fallito: salvare il salvabile ***
Capitolo 19: *** 19 Minacce, Nemici e Proposte ***
Capitolo 20: *** 20 La Vita è un Film ***
Capitolo 21: *** 21 Determinazione: Amore e Follia ***
Capitolo 22: *** 22 La Biblioteca Perduta (Parte 1): Wacan ***
Capitolo 23: *** 23 La Biblioteca Perduta (parte 2): Mai Fidarsi dei Dejà-vu ***
Capitolo 24: *** 24 Come la Terra(parte 1): Dentro il Vulcano ***
Capitolo 25: *** 25 Come la Terra (parte 2): Vecchi Immortali e Sorrisi ***
Capitolo 26: *** 26 Attacco: Anima e Corpo ***
Capitolo 27: *** 27 Fuoco alle Polveri!(Parte 1): Solitudine e Troppe Chiacchiere ***
Capitolo 28: *** 28 Fuoco alle Polveri!(Parte 2): Di Baci e Salvataggi ***
Capitolo 29: *** 29 La Tela dell'Angelo Nero(Parte 1): Il Castello di Vetro ***
Capitolo 30: *** 30 La Tela dell'Angelo Nero (Parte 2): Scacco alla Regina ***
Capitolo 31: *** 31 Milano e Upward, Corpo e Cuore ***
Capitolo 32: *** 32 Epilogo ***



Capitolo 1
*** Inizio ***


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Era una giornata normale, la pioggia batteva inesorabile sulle strade di Milano inzuppando tutti i lavoratori e studenti colti senza ombrello e dava parecchio da fare ai tergicristalli delle automobili.
Anche per Chiara era una giorno come tutti gli altri e, come sempre, era in ritardo. Con una mano si teneva al palo rosso e rugginoso dell’autobus mentre con l’altra trastullava il cellulare controllando l’ora ogni due secondi, conscia che non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo.
Merda, dai, ma quanto ci mette questo cavolo di autobus ad arrivare?
L’automezzo sembrò dare ascolto alle preghiere della ragazza che si fiondò giù e imboccò di corsa il sottopassaggio che portava alla metropolitana. Perse minuti indispensabili a cercare nel caos della borsa la tessera ATM arancio vomito di gatto, a patto che i gatti in questione avessero mangiato salmone e scorza d’arancia la sera prima.
Fece i gradini a tre a tre e s’intrufolò tra le porte della metro proprio quando quelle si stavano chiudendo. Chiara tirò un sospiro di sollievo, era diventata un’esperta a scivolare tra le porte come una sottiletta in un toast.
Controllò per l’ennesima volta il telefono; erano le 7.58, se avesse corso sarebbe riuscita ad arrivare nell’atrio circa alle 8.05 e se le fosse rimasto abbastanza fiato in gola per arrampicarsi su quattro rampe di scale sarebbe entrata in classe giusto al suono della campanella, alle 8.10.
La ragazza finì d’elaborare la sua strategia giusto il tempo d’udire il conducente avvertire tutti i passeggieri di scendere dal treno.
E secondo te esistono persone così idiote da salire in metro per poi rimanere in carrozza? Demente, pensò Chiara scocciata.
Imboccò le scale e saltò il casello, tanto aveva già timbrato, a che pro farlo nuovamente? Salutò con un cenno della mano un barbone che campeggiava sempre a quella fermata, si riportò la borsa in spalla e fece uno scatto degno di quel nome e percorse sotto la pioggia la strada che portava al cancello. Pensò di rallentare in vista della facciata della scuola ma bastò uno sguardo al cellullare per farle subito cambiare idea.
Quasi si schiantò contro le porte del liceo con la veemenza con cui era arrivata; le aprì non curante del rumore agghiacciante che fecero quanto si chiusero alle sue spalle e si concesse un secondo per recuperare il fiato. S’impegnò a fondo nel mantenere costante il passo ma già alla seconda rampa collassò.
Scorse la professoressa di fisica prenotare l’ascensore e non poté fare a meno d’imprecare.
Era risaputo che la Rossi sceglieva la sua vittima sacrificale ogni mattina, specialmente se quelle non erano in classe per ora, per poi compiere il rituale sacro agli dei nei pressi dell’altare, comunemente denominato cattedra, davanti a tutti. E Chiara sapeva fin troppo bene cosa sarebbe accaduto se non si fosse data una mossa.
Si appoggiò al corrimano e salì le scale il più velocemente possibile; quel giorno non si sarebbe fatta fregare dalla strega. Giunse al quarto piano col fiatone notò con piacere d’essere arrivata prima della professoressa. Emilia, la sua migliore amica, le andò in soccorso e quasi la trascinò dentro la classe, la 2°B.
La campanella trillò insonnolita.
Chiara lanciò la borsa sul banco e si sedette sulla sedia di plastica marrone.
La Rossi entrò in classe poco dopo, appoggiò la cartelletta nera sulla cattedra, si sedette, aprì il registro con una calma innaturale e con altrettanta tranquillità passò le sue dita adunche sulla pagina del registro che riportava i nomi degli alunni. La donna sorrise maligna, accavallò le gambe fasciate da delle collant nere, reclinò la schiena sulla sedia legnosa, incrociò le braccia e annunciò << Calvaro, interrogato. >>
L’intera classe si lasciò andare in un sospiro di sollievo, erano salvi. La vittima ebbe un attimo di sconcerto poi si alzò, con il capo chino, e strascicò i piedi fino all’altare. Chiara non si disturbò a prendere i libri dalla sua borsa e si strizzò i capelli nocciola. Un fiotto d’acqua scosciò sul pavimento.
Quanto odio la pioggia e quanto odio Milano. Emilia le passò da sotto il banco una spazzola ed un codino per raccogliersi i capelli; lei era sempre pronta per ogni evenienza. Chiara si pettinò il nido d’uccelli che si ritrovava al posto della chioma e si riprese i ciuffi ribelli in uno chignon tutt’altro che ordinato.
La quindicenne sfilò dalla shopper di camoscio il suo blocco di fogli e l’astuccio dove teneva le matite colorate e incominciò a scarabocchiare un viso di donna. Ogni volta che impugnava un qualsiasi oggetto in grado d’imbrattare e colorare si sentiva libera. Ogni qualvolta che dava spazio a quel suo talento innato, il disegno, rimpiangeva di aver dato ascolto a suo padre decidendo di frequentare un liceo scientifico invece d’un artistico. “Con l’arte non si porta il pane a casa ” le ripeteva sempre e alla fine Chiara si era lasciata convincere. Non aveva però rinunciato completamente all’idea di diventare un artista: l’anno precedente si era iscritta a Deviantart dove riceveva numerosi complimenti dagli altri utenti.
<< Vediamo se qualcun altro riesce a rispondere alla domanda… >> incominciò la professoressa << Bianchi può illuminarci. >>
Chiara alzò la testa e fissò la professoressa << Chi? Io? >>
<< Lei si chiama Bianchi Chiara, non è così? >>
La ragazza annuì, sapeva perfettamente dove voleva arrivare la professoressa ma tentava ugualmente di tergiversare. << Allora non faccia la finta tonta e risponda alla questione! Non mi frega con questi trucchetti, non sono mica nata ieri! >>
Chiara trattenne le risate a stento << Lo sappiamo fin troppo bene… >> sussurrò ma era risaputo che la Rossi aveva dei superpoteri quali udito da pipistrello e sonar di delfino.
<< Può ripetere in modo che tutti possano sentire? >>
La quindicenne si alzò in piedi, deglutì più volte e disse ad alta voce << Lo sappiamo fin troppo bene. >>
La classe scoppiò in una sonora risata. Chiara non si poteva definire una burlona, né tanto meno le piaceva ricevere delle note, ma certe battute acide riusciva a formularle anche lei. Le guance della Rossi si tinsero di carminio << Prenda il suo libretto, signorina. >>
Perfetto, oggi è incominciata proprio bene la giornata. La ragazza frugò nelle tasche della borsa, prese il libretto verdognolo, afferrò la borsa e raggiunse la cattedra. Scoccò un’occhiataccia a Calvaro che impallidì, anche per lui si prospettava una brutta giornata. La Rossi sfogliò il libretto e trovò una pagina immacolata su cui scrivere il proprio dissenso. La quindicenne osservò la mano della donna comporre i propri pensieri…Questa mattina, l’alunna Bianchi Chiara…
Chiara sbuffò, non le piaceva il suo nome, mancava d’originalità, dopotutto l’aveva scelto suo padre e per lui la parola fantasia era un arcano mistero. Per questo preferiva farsi chiamare col suo nome d’arte, Lyra.
<< Vada in vicepresidenza a farsi firmare la nota. >>
Chiara non rispose e le voltò le spalle. Oltrepassò la porta e incominciò a scendere i gradini, lentamente. Giunta al terzo piano un’idea folle le balenò nella mente: perché non scappare?
Sorrise maliziosa, non era la prima volta che lo faceva e non era mai stata scoperta. Sfilò il cellulare dalla tasca e inviò un messaggio ad Emilia che recitava “Emy, io me la squaglio, ti aspetto a casa mia alla solita ora ;) tua Lyra”.
Chiuse la schermata e ripose il telefono nella shopper. Si fece piccola piccola per non farsi notare anche se quasi non ce n’era bisogno dal momento che le bidelle erano intente a chiacchierare e a smaltarsi le unghie di colori di dubbio gusto. Chiara raggiunse l’atrio indisturbata, si appoggiò al portone e girò piano la maniglia. La serratura scattò producendo un lieve rumore e la ragazza sgusciò via per poi darsela a gambe. Era indispensabile allontanarsi dall’edifico il prima possibile.
Fuori pioveva ancora; Chiara si strinse nelle spalle e raggiunse velocemente l’entrata della metro. Fece per entrare in un bar per ristorarsi con qualcosa di caldo ma lo trovo vuoto.
Che strano… Scavalcò il casello, non aveva la minima voglia di frugare ancora nella borsa per trovare la tessera. Si accorse subito che qualcosa non andava. Dov’era il via vai di gente di metà mattinata? E gli studenti universitari? In una metropolitana c’era sempre caos ma quel giorno era deserta. Completamente deserta.
Un cigolio sinistro le fece rizzare i capelli. Chiara si fermò nel bel mezzo del corridoio in cerca di ciò che aveva prodotto quel suono. Non era una di quelle ragazze che si spaventano per nulla, al contrario reggeva piuttosto bene la paura; in quel momento però le sembrava la protagonista di un film dell’orrore.
Un tonfo sordo la fece sobbalzare. Si girò nella direzione del suono e rimase pietrificata. Una figura vestita di nero che impugnava una pistola inseguiva un ragazzo dalla cui schiena spuntavano due ali bianche.
<< Che caz… >> provò a dire ma il giovane gridò << Corri! >>
Chiara rimase immobile, gli occhi sgranati. << Ho detto corri! Sei sorda per caso!? >> continuò quello.
La figura in nero si piazzò al casello opposto e sparò un paio di colpi contro il ragazzo. Quest’ultimo aveva scavalcato la linea delle macchinette e stava andando verso Chiara che non capiva assolutamente niente di quella situazione assurda. Il giovane le passò accanto e la prese per un polso << Vieni, forza! >>
La quindicenne si riscosse e incominciò una corsa sfrenata attraverso il corridoio; condusse quel giovane nella zona in cui partivano i treni nella direzione della propria casa. L’uomo in nero stava loro alle calcagna e non aveva perso tempo, nella pistola aveva già inserito un nuovo caricatore. Chiara si fermò a ridosso della linea gialla, sul fondo della galleria s’intravedevano i fari abbaglianti della metro.
La figura fu subito dietro di loro. Emise un ghigno lugubre e puntò la pistola contro il ragazzo. Appena sentì lo sparo Chiara chiuse gli occhi e strillò.
Quando li riaprì si ritrovò abbracciata tra due magnifiche ali arboree. La metro fischiò il suo arrivo alla fermata. La quindicenne fu catapultata dentro e le porte scorrevoli si richiusero poco dopo. La figura in nero scaricò il caricatore contro il vagone, invano. Chiara si accorse d’essere sul pavimento lurido del treno e si alzò di scatto.
A terra c’era ancora il ragazzo. Avrà avuto all’incirca l’età di Chiara, portava i capelli castano scuro leggermente lunghi con un ciuffo ribelle che gli ricadeva sugli occhi, il viso impreziosito da due perle al posto degli occhi, così grigi che parevano nuvole; indossava una maglietta bianca con un leggero scollo a V e dei jeans blu. La parte che però aveva attirato di più l’attenzione di Chiara erano le sue ali: scomposte contro i sedili, le piume bianche sparse un po’ dappertutto nel vagone. La quindicenne non si lasciò impressionare, aveva appena rischiato di morire e l’unica emozione che riusciva a provare era terrore.
<< Ma tu che diavolo sei!? >> sbraitò.
Il giovane sorrise, un sorriso incorniciato da due belle labbra rosee << Un “ciao, grazie” no, eh? >>

*** ANGOLINO DELL'AUTRICE
Salve a tutti popoli di Efp!
Questo è il primo capitolo della mia nuova storia, "Upward" che, chiariamo, in inglese significa "in alto, in su".
Detto ciò volevo avvertirvi. Mi farebbe piacere avere delle recensioni, non per qualche motivo assurdo, solo mi sto dedicando a più ff contemporaneamente. Perciò non m'importa se riceverò 200 visualizzazioni, mi basta anche solo una recensione, anche un "Bella, aggiorna" perché se no io mi fermo qui. Devo capire se questa neonata storia avrà un futuro, se qualcuno se la filerà mai.
Quindi, ripeto, mi basta anche solo una recensione, anche negativa ovvio, altrimenti la finisco qui.
Se davvero vi ho incuriositi, se volete sapere come andrà avanti, o semplicemente che cosa diavolo ci fa un angelo in metro, lasciate un commento.
Detto questo mi dileguo :[)

Water_wolf

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Capitolo 2
*** 2 Bianco e Nero ***


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<< Ma tu che diavolo sei!? >> sbraitò.
Il giovane sorrise, un sorriso incorniciato da due belle labbra rosee << Un “ciao, grazie” no, eh? >>
<< Ma tu sei tutto scemo! Ringraziarti per cosa? Quel tipo aveva una pistola in mano, ti rendi conto!? Potevo morire! >>
Il ragazzo fece una risatina frivola << Già, come se non me ne fossi accorto. >> Chiara lanciò un urlo furioso e si mise a passeggiare avanti indietro per la carrozza. << Non essere sciocca, ti ho salvato la vita mi pare. >>
<< E come? Sentiamo. >> ribatté acida la quindicenne, voltandosi verso di lui.
<< Prendendomi il proiettile per caso? >> la rimbeccò lui con altrettanto astio. Chiara lo squadrò da capo a piedi e notò che dall’ala sinistra stava colando sangue. La ragazza sbuffò irritata << Comunque non hai risposto alla mia domanda. >>
Il ragazzo abbozzò un sorriso << Come, non l’hai ancora capito? Sono un angelo. >> Chiara si fermò improvvisamente, osservò quel giovane e si diede della stupida per non averci pensato prima.
<< E chi era la figura che ci stava inseguendo? >> domandò con più calma.
<< Non credo che la metropolitana sia un luogo adatto per parlare di certe questioni. Conosci un posto sicuro nelle vicinanze? >> Chiara guardò fuori dalla vetrata semi imbrattata del metrò e disse << Non ti preoccupare, scendiamo alla prossima. >>

Chiara aiutò l’angelo ad alzarsi da terra e lo condusse fino all’uscita della metropolitana. Il traffico mattutino aveva fatto di nuovo la sua comparsa. La quindicenne decise che era meglio non prendere l’autobus per casa sua e che avrebbero continuato il tragitto a piedi.
I due batterono le strade più in ombra, passarono attraverso dei parchi e quando era possibile si fermavano per una sosta dietro un qualche albero. Le ali dell’angelo però erano fin troppo voluminose e se non fossero stati a Milano probabilmente li avrebbero visti subito ma, per fortuna, nel capoluogo lombardo la stranezza era all’ordine del giorno.
Dopo circa venti minuti, Chiara prese le chiavi di casa e le ficcò malamente nella serratura del cancello. Fecero le scale, la ragazza abitava al secondo piano e non potevano permettersi di destare sospetti macchiando di sangue l’ascensore. Dopotutto, quasi tutti gli inquilini del palazzo prediligevano le comodità che la tecnologia offriva loro.
<< Ci siamo. >> comunicò Chiara aprendo la porta dell’appartamento.
L’angelo si nascose subito dentro, anche se non voleva darlo troppo a vedere il piombo gli stava mordendo le carni provocandogli un forte dolore.
<< Seguimi. >> ordinò la quindicenne che aveva gettato la borsa, cappotto e stivali non curante sul tappeto del salotto.
Chiuse tutte le tende e si rifugiò nella grossa cucina di granito sale e pepe con l’angelo. Quest’ultimo prese uno straccio, lo bagnò con l’acqua del lavandino e lo pose sulla zona lesa della sua ala.
Chiara si girò evitando di guardare il sangue tingere lentamente di rosso lo straccio e aprì il frigo, scelse una bevanda a casaccio e ne bevve un sorso.
<< Il mio nome è Chiara Lyra. >> disse atona.
Il ragazzo le porse la mano << Piacere, Jonas. >>
Chiara la strinse riluttante, si sedette sul tavolo nero e disse << Ho bisogno di alcune spiegazioni. >>
L’angelo annuì, serio. << Era una Sentinella Nera. In quanto al fatto che mi stesse inseguendo la risposta è semplice, ho scavalcato il Muro. >>
La quindicenne poggiò la bottiglia sul tavolo e gli scoccò un’occhiataccia. << Semplice? >>
Jonas si premette lo straccio contro la ferita << Ti dispiacerebbe togliermi il proiettile prima di continuare? >>
Chiara si sentì mancare, la vista del sangue non le era mai piaciuta, figuriamoci estrarre una pallottola dalla carne viva.
<< Per favore. >> la incalzò. Fa che non svenga, ti prego.
<< Cosa devo fare? >> domandò titubante.
L’angelo le diede qualche ordine e dopo aver recuperato un coltello da macellaio e una pinza, Chiara si avvicinò a Jonas con l’intenzione di fare un lavoro veloce e pulito.
Con la lama portò in superfice il proiettile e con la pinza lo prese quasi alla cieca. La quindicenne lasciò ricadere nel lavandino gli oggetti insanguinati e si trattenne a stento dal vomitare. L’angelo non si fece sfuggire un lamento, solo una smorfia si era disegnata sul suo viso.
Con un gesto della mano formò un globo di luce e lo applicò alla ferita in tutta tranquillità; poi si rivolse a Chiara << Vengo da Upward, una città sospesa tra le nuvole sopra la Terra. Lì viviamo noi angeli, e al contrario di ciò che pensate voi, non siamo gli spiriti dei viventi né dei custodi di pace.
Upward non è l’unica città abitata dagli angeli, è collegata a molte altre tramite ponti di ferro. E’ come una gigantesca metropoli, insomma. Tutte le città sono circondate da mura ciclopiche, gli scambi interculturali non sono molto frequenti. >> sorrise al pensiero ma poi continuò
<< Circa due anni fa, Zeigen, un membro della corte suprema, incominciò a mutare. Fu costretto a una dimissione forzata dalla sua carica perché non era più lucido, diceva che "I Neri avrebbero preso e raso al suolo Upward". La maggior parte della gente pensò ad una crisi di nervi e rise di quell’assurda e insensata affermazione. Una piccola minoranza, invece, volle scoprire di più riguardo ai Neri. Nessuno sapeva cosa fossero e le ricerche non diedero frutti ma qualche tempo dopo, Zeigen incominciò una nuova campagna politica.
Parlava di questi “Neri”, angeli superiori, che possedevano di diritto il potere governativo e che i Neri non potevano condividere la stessa città con i Bianchi. Ancora un volta gli fu dato del pazzo ma Zeigen non si arrese, neanche un mese dopo si presentò alla corte suprema ad ali spiegate: le piume però avevano perso il candore tipico di noi angeli ed erano diventate nere. I curiosi furono centinaia e si fecero imbambolare dalle parole di Zeigen, da sempre un noto oratore.
Gli angeli che decisero di seguirlo scomparirono per un giorno intero senza lasciare traccia e quando tornarono le loro ali erano nere. Si fecero chiamare i Neri e reclutavano senza sosta nuovi angeli, i Bianchi, ammaliati dalle promesse dell’ex membro della corte.
Le rivalità tra Neri e Bianchi scaturirono di lì a poco e ben presto tutto fu diviso: quartieri per Bianchi e per Neri, scuole per Bianchi e Neri, persino i supermercati erano divisi tra Bianchi e Neri. Il governo non riusciva a fare altro che assecondare i bisogni della gente e un anno dopo la dimissione di Zeigen fu Costruito il Muro. Il cemento divide Upward da nord a sud, separando gli angeli Bianchi da quelli Neri.
Il Muro inizialmente era una zona neutrale ma poi Zeigen, che perseverava nella sua campagna, se ne impossessò e mise a guardia di esso le Sentinelle Nere, le quali avevano il dovere di non lasciar passare nessuno tra le due aree di Upward. Le altre città si isolarono da noi, avevano paura che la situazione degenerasse anche altrove. Zeigen in questo momento è tranquillo, non ha fretta di portare a termine i suoi ideali per un popolo di soli Neri ma il governo Bianco teme che si scateni un’aspra guerra civile. >> fece una pausa per riprendere fiato e guardò Chiara per scorgere che effetto avevano sortito le sue parole
<< Il sacerdote della massima chiesa ricevette in sogno un oracolo: narrava dei Quattro Elementi e delle due Grandezze Fondamentali. Secondo la visione solo se Acqua, Fuoco, Terra ed Aria con l’aiuto di Tempo e Spazio si fossero uniti per affrontare Zeigen, Upward sarebbe ritornata di nuovo libera, senza distinzione tra Bianchi e Neri.
Ed è qui che entro in gioco io. Ad Upward risiedevano il Tempo e l’Aria ed io sono quest’ultimo mentre Shai, la mia compagna, è il Tempo. L’oracolo mostrava anche che gli altri quattro non vivevano nelle città degli angeli ma bensì sulla Terra. Così il governo ci ha affidato una missione segreta che consiste nel scovare e convincere gli altri rimanenti ad aiutare Upward.
Ieri notte Shai ed io abbiamo scavalcato il Muro perché solo da lì si può arrivare alla Terra. Ci siamo buttati ma una Sentinella Nera ci ha visti e ci ha inseguito. Ho ordinato a Shai di scappare e ho attirato l’attenzione della sentinella su di me. Prima di atterrare in questa città ho eseguito un incantesimo insegnatomi dal sacerdote e ho fatto si che solo le forme in parte magiche potessero vedere le mie ali. Poi sono scappato in metropolitana e il resto della storia lo conosci già. >>

Chiara fissò i suoi occhi marroni in quelli grigi di Jonas e scoppiò in una risata sguainata. << Bella storiella, complimenti ma qui non siamo in un romanzo urban fantasy. >>
L’angelo rimase di sasso << Non credi ad una singola parola di quello che ho detto. >> Era più un’amara affermazione che una domanda.
<< Avevi dei dubbi? Città sospese nel nulla, angeli…nella realtà tutto ciò non esiste. >> ribatté Chiara.
<< Vorresti dire che non credi ai tuoi occhi? Ehi, le vedi queste? >> domandò Jonas indicando le sue ali.
<< Basta un buon costumista e si riesce a fare di tutto. Scommetto che fai parte di uno di quei programmi televisivi che fanno scherzi alla gente. >>
<< Ehi. >> ripeté Jonas duro << E come spiegheresti che non c’era nessuno in metro? Se il mio incantesimo ha funzionato ci sono molte probabilità che in te ci sia un elemento! >>
Chiara bevve l’ultimo sorso della bevanda, accartocciò la bottiglia di plastica e la gettò nel cestino facendo canestro. << Mettiamo che tutta questa situazione assurda sia vera, credi davvero che io abbia dei poteri e voglia aiutarti? >> chiese.
<< Sì. >> rispose Jonas. La quindicenne mimò il suono di una risposta sbagliata. << Ritenta, sarai più fortunato. >> disse antipatica << Senti, quante possibilità ci sono che tu abbia ragione? Quasi nessuna. Sono quasi morta per mano di uno sconosciuto con una pistola e credi che metterei a repentaglio la mia vita di nuovo? Mi dispiace, ma ci tengo alla pelle. >>
Il ragazzo alato si morse il labbro, quella ragazzina non aveva tutti i torti. Chiara si compiacque di se stessa e annunciò << Puoi rimanere qui fino a domani, poi non voglio ritrovarti qui. >>
<< Grazie dell’ospitalità. >> grugnì l’angelo, ma la quindicenne se n’era già andata.
<< Di niente! >> gridò sarcastica dal bagno.

§

Alle 15.00 in punto Emilia suonò il campanello. Jonas comparve sulla soglia della porta e domandò a Chiara << Chi è? >>
La quindicenne si morse il labbro e imprecò a bassa voce. << Tu vai a nasconderti da qualche parte, presto! >> ordinò, e diede uno spintone all’angelo.
<< Arrivo! >> gridò, facendo la finta scocciata e aprì la porta. Innanzi a lei c’era la sua migliore amica, i capelli biondo cenere raccolti in una treccia alta e un ombrello alla mano da cui grondavano gocce di pioggia.
<< Alla buon ora, Ly. >> la salutò entrando nell’appartamento come se fosse stata a casa sua, il che in effetti potrebbe sembrare dato che la ragazza passava la maggior parte della giornata lì invece che dalla sua famiglia. << Come mai te ne sei andata così presto? La prima ora non era nemmeno finita. >> chiese Emilia che si era già accomodata sul divano del salotto.
Chiara sbuffò << Lo sai il perché, Emy. Di certo non mi andava di farmi firmare una nota dal preside. >>
L’amica si strappò una doppia punta << Tanto prima o poi la Rossi ti chiederà di vedere il libretto e tuo padre… >>
<< M’importa di mio padre quanto a lui importa di me. >> la interruppe brusca << Ma in ogni caso se volessi farmi un piacerino-ino-ino me lo faresti vero? >> Emilia scosse la testa e Chiara si ritrovò a dover utilizzare la sua arma migliore: gli occhi dolci. << Ti odio. >>
Chiara fece una risatina scema << Ti porto una penna! >> Emilia oltre ad essere richiesta per la sua bellezza esteriore lo era per la sua abilità nel saper riprodurre le firme di chiunque dopo averle viste anche solo una volta. Alunni di molte sezioni usufruivano di questo servizio alla modica cifra di dieci euro e la parola che non avrebbero spifferato nulla. Così Emy aveva sempre i soldi per il pranzo e aveva modo di conoscere parecchi ragazzi. << Sarei diventata milionaria a quest’ora se ti avessi fatto pagare il mio aiuto. >> borbottò la bionda, alzandosi dal divano.
Percorse il corridoio che collegava il salotto alle camere in cerca dell’amica ma s’imbatté in una porta socchiusa. Si fermò di colpo. Il suo difetto? Non saper resistere alla curiosità e a qualsiasi tipo di tentazione. Scostò la porta giusto un poco e il suo sguardo incontrò quello di Jonas. Sillabò un “ciao” con le labbra e lo squadrò da capo a piedi come un intenditore ad un’asta di quadri. Chiara uscì dalla sua stanza giusto in tempo per evitare il disastro, prese per il braccio l’amica e la trascinò in sala senza scordare di lanciare un’occhiata congelante all’angelo.
<< Chi era quel ragazzo? >> domandò curiosa Emy.
<< Uhm… ehm… lui è-è … il figlio di un collega di mio padre. Sì! Il figlio di un collega di mio padre! >> balbettò la quindicenne.
<< Come mai è qui? >>
<< Il-il collega è dovuto partire per un breve viaggio e ha chiesto a mio padre di ospitare suo figlio. >> inventò lì per lì << Finito l’interrogatorio? >>
Emy sospirò e disse << E’ bello. Non trovi? >> Chiara impallidì.
<< Oh andiamo, Ly! Non mi dirai che quei suoi occhi grigi non sono stupendi! >>
<< S-sì. >>
Emilia le prese di mano il libretto, lo aprì alla pagina della nota e incominciò a picchiettarsi le labbra cercando di riportare alla memoria la firma del preside. Scarabocchiò alcune iniziali e con occhio critico decretò che era molto simile all’originale. << Perché non lo rimorchi? Mai lasciarsi scappare un figo così. >> sentenziò rivolgendo lo sguardo a Chiara.
La quindicenne si mise le mani sui fianchi e ribatté << Appunto, lui lo è, io invece rimarrò zitella a vita perché persino una tavola da surf ha più curve di me! >>
<< Oh dear, non fare la difficile! Non ci si deve fermare lì >> disse indicando il seno quasi assente dell’amica << Se facessi caso al bel faccino che ti ritrovi la tua autostima salirebbe alle stelle. >>
<< Lo dici proprio tu che sei perfetta. >> Chiara incrociò le braccia e osservò con una punta d’invidia il fisico di Emilia. Era una ragazza alta e magra, non era certo uno scheletro ma anni di pallavolo avevano sortito sul corpo di Emy un effetto tonificante. I capelli biondo cenere erano spesso relegati in code di cavallo o trecce e quando la giovane se li scioglieva pareva che raggi di sole si fossero appena sprigionati. Gli occhi erano bruni, l’iride però era contornata di pagliuzze mogano che le conferivano uno sguardo magnetico. Chiara però desiderava possedere il seno non troppo abbondante dell’amica, che non essendo una sgualdrina ma solo una donzella in cerca di un cavaliere, si teneva ben lontana dal mostrarlo ai quattro venti.
<< La smetti di fissare le mie gioie? Mica sei un cane che ha appena adocchiato una pallina! >> la prese in giro Emilia.
Chiara sorrise << Finisci di fare la firma di mio padre, va. >> La quindicenne si voltò dandole le spalle; come tutte le adolescenti non amava particolarmente il suo corpo. Alta quel che basta per riuscire a guardare un film quando le teste delle altre persone formano delle muraglie capellute, il fisico snello, i capelli lasciati ricadere lungo la schiena e dei grandi occhi marroni da cerbiatto. In vita sua non aveva mai baciato un ragazzo e mai si era fidanzata e quando si toccava l’argomento si chiudeva su se stessa come un riccio. Un cuscino le raggiunse il capo.
<< Ehi musona, ho finito! >> gridò Emilia, destandola dalle sue considerazioni.
<< E c’era bisogno di colpirmi per farmelo sapere?! >> urlò, finta arrabbiata. Emy prese un altro cuscino e glielo puntò contro, le fece l’occhiolino e annunciò << Guerra. >>

Jonas, nascosto nella stanza del padre, premeva l’orecchio contro la parete per origliare la conversazione. Emilia lo aveva intrigato non poco, quei suoi occhi lanciavano fiamme. Che lei racchiudesse il seme di un elemento? Formò un globo di luce magico e lo poggiò sull’ala ferita, aspettò che il sollievo arrivasse e si perse nei propri pensieri. Perché Chiara aveva respinto la verità con così tanta veemenza? Era certo che in lei si nascondesse qualcosa di speciale, non si sarebbe fatto sparare per un comune mortale. Se solo tu fossi qui mi potresti dare una mano…Shai, dove sei? Ho bisogno di te.

*** ANGOLINO DELL'AUTRICE
Hi! Innanzi tutto le persone che hanno recensito il primo capitolo di questa "storia". Siate felici, avete appena salvato un iceberg! Ops, volevo dire un' ff x'D
A parte gli scherzi *pessimi* siete stati dei bravi bimbi.
Questo capitolo è piuttosto lunghetto, ma volevo concludere la giornata con un po' di mistero. Ci sono riuscita? Ditemelo voi.
La storia tra Bianchi e Neri *che fantasia* è un po' noiosetta ma ci voleva, la parte dei supermercati e del Muro mi ha ricordato vagamente le discriminazioni razziali in America. Anche perché Upward e le altre città sono moderne, per così dire, altro che castelli medievali etc.!
Poi c'è l'oracolo *altra trovata originalissima* che annuncia la ricerca di Jonas e Shai dei quattro rimanenti: Acqua, Fuoco, Terra e Spazio.
Mi rivolgo a te, Demigod *ti chiamo così, l'altro nick è troppo lungo* potrai mai perdonarmi per aver parlato dei quattro elementi? Anche se le trame delle nostre due storie sono diverse *andate a vedere come se la cava, cercate I Quattro Elementi, è bravo* mi scuso lo stesso.
Vi ho fatto conoscere Emilia, un personaggino tutto a modo suo.
Curiosi di sapere come andrà avanti la storia? Volete sapere di più sulla misteriosa Shai? E che cosa cambierà nella vita di Chiara? Il bel Jonas porterà a termine la sua missione? State leggendo queste domande come se foste un banditore d'aste? *ahahah battuta pessima, lo so, ma sono andata questa sera*
Ci vediamo alla prossima!

Water_wolf

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Capitolo 3
*** 3 Acqua uguale imprevisti ***


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"One day, I'll have you beggin on your kness for me,
Yeah, One day, I'll have you crawling like a centipede"
Beggin' on your kness, Victoria Justice

Chiara uscì di casa con la luna storta. Aveva trovato Jonas ad occupare il bagno e l’angelo non aveva accennato a sbrigarsi e, anzi, non aveva rinunciato a convincere la quindicenne della verità delle sue parole. In questo modo Chiara aveva finito di prepararsi in ritardo e per non perdere l’autobus si era gettata giù dalla tromba delle scale senza nemmeno fare colazione. Supplicò il conducente di fermarsi e per miracolo quello la fece salire. Pioveva. Ancora. Lyra raggiunse la scuola con i capelli zuppi.
Io ti maledico stupido ragazzo dagli occhi grigi pensò, ricordandosi che si era dimentica l’ombrello per colpa di Jonas.
No, non avrebbe creduto alla storia che le aveva raccontato, certo alcuni fatti erano insoliti ma non per questo doveva cedere a delle spiegazioni così assurde. E alla sua bellezza…NO! Che cosa vado a pensare?! Lui, non è bello.
Era inutile negare l’evidenza, l’angelo possedeva un certo fascino e i tentativi di Chiara non sarebbero serviti a modificare la realtà.
La giornata non fu delle migliori: si susseguirono ore di lezione noiosissime, spiegazioni che assomigliavano a rompicapi e Chiara abbondò presto i suoi buoni propositi di rimanere attenta. Nessun professore le domandò della sua assenza ma la quindicenne non ci badò, si era isolata dal mondo appena aveva sfilato il suo blocco di fogli e aveva poggiato la mina sulla carta.
Quando la campanella suonò, tutti i ragazzi si catapultarono fuori dall’aula per raggiungere i consueti luoghi di ritrovo comune quali le macchinette del caffè, i distributori di merendine e i bagni.
<< Ehi, Bianchi. >> chiamò brusca una voce femminile, destando Chiara dal suo ritratto.
<< Che cosa vuoi, Veronica? >> sbuffò.
La ragazza si riportò una ciocca di capelli dietro l’orecchio << Non ti sei chiesta perché nessuno ti ha chiesto il motivo della tua “fuga”? >>
Chiara smise di disegnare, non si spiegava perché Veronica volesse parlare con lei di quell’argomento.
<< No. >> ribatté, secca.
La ragazza si sedette sul banco della quindicenne e accavallò le gambe << Invece dovresti. Sai chi ti ha coperto? Oltre la tua amichetta, Emilia, ovvio. Mi chiedo ancora perché abbia deciso di stare con una come te. >>
Chiara si alzò dal banco in un moto d’ira. Non aveva mai sopportato Veronica, la figlia di chissà quale ricco uomo d’affari che commerciava all’estero.
<< Su, su, non ti scaldare troppo. Comunque, si da il caso che sia stato Federico a pararti il culo, Bianchi. Il mio fidanzato. >>
Chiara fece una risata acida << Vorrai dire il tuo ex ragazzo. >>
Veronica divenne paonazza dalla rabbia, inchiodò i suoi occhi azzurri in quelli nocciola di Lyra e sibilò << Stagli lontana, troietta. >>
Chiara sorrise beffarda, la ragazza le aveva offerto un’opportunità troppo deliziosa per sprecarla. << Di chi stiamo parlando ora? >> ribatté infatti, il tono di voce arrogante. Fin troppo arrogante.
Veronica si alzò improvvisamente, come poteva una nullità come quella permettersi di parlare a quel modo? Si avvicinò a Chiara con una calma surreale, la stessa tranquillità che posseggono i predatori quando stanno per azzannare le loro preda.
<< Credi di essere simpatica con queste battute? Perché, sai, non lo sei affatto. >> le bisbigliò all’orecchio.
Chiara si voltò di scatto. Aveva un brutto presentimento. E aveva ragione.
Veronica le tirò un pugno nello stomaco, la quindicenne si accasciò contro la sedia per il dolore. << Stagli lontano, Bianchi, è l’ultima volta che te lo dico. >>
Chiara si sforzò di fare un sorriso << Se pensi che tornerà da te strisciando ti sbagli. Hai perso Ver, con lui e con me. >> fece una pausa per recuperare fiato << Non ci piegherai al tuo volere. >>
La ragazza si passò una mano tra i capelli, nervosa. << Continua a sperare. >> sibilò avvicinandosi a Chiara e scrutandola dall’alto dei suoi tacchi.
<< Lo stesso vale per te. >> la rimbeccò con sorriso smagliante che morì poco dopo, quando il secondo pugno andò a colpire lo stomaco. La quindicenne annaspò in cerca d’aria. Non era mai stata brava a sopportare il dolore ma, d’altronde, non si era mai aspettata di diventare il pungiball di una ragazza isterica.
La campanella trillò la fine dell’intervallo e Chiara ebbe il tempo di sfuggire dalle grinfie di Veronica. Non si curò che la lezione sarebbe iniziata di lì a poco e si diresse in bagno tenendosi la pancia dolorante. Dopotutto, nessuno era mai in classe per ora.
Si richiuse la porta alle spalle e si lasciò andare sul pavimento. Alzò la maglietta per vedere i segni dei pugni e insultò mentalmente Veronica. Che cosa centrava lei se Federico l’aveva coperta? Niente. Perché doveva subirne le conseguenze? Brutta stronza figlia di papà pensò inviperita.
Un ticchettio ritmico attirò l’attenzione della quindicenne. Un rubinetto perdeva acqua. Sospirò, quella scuola cadeva a pezzi.
Una fitta le percorse la pancia, Chiara imprecò sottovoce.
I rubinetti si aprirono, l’acqua ora scendeva calma ma persistente.
La quindicenne ripensò agli avvenimenti di quella giornata: era arrabbiata, con Jonas perché parlava di città volanti e avvenimenti assurdi, con Veronica perché l’aveva picchiata senza motivo, con se stessa perché non aveva saputo tenere chiusa quella sua boccaccia.
Un rubinetto scoppiò, seguito a ruota dagli altri.
L’acqua schizzò Chiara che si alzò di scatto e, ignorando le proteste del suo stomaco, corse a nascondersi dietro la porta di un bagno. Quella non poteva essere una semplice perdita, non se ne erano mai viste così. Mugugnò un lamento a denti stretti e uno schizzo la raggiunse anche lì.
<< Non è possibile! >> gridò arrabbiata; ora non solo i capelli erano bagnati ma anche i suoi jeans.
Sbatté la porta dai colori azzurrini e percorse il corridoio dei servizi per le ragazze, le piastrelle erano già state raggiunte dall’acqua, i rubinetti parevano cavalli imbizzarriti capaci solo di stillare e inzuppare.
<< Fermatevi! >> sbraitò Chiara contro i lavandini ma quelli non risposero, erano oggetti inanimati d’altronde.
Lyra lanciò un urlo furioso e se andò, mancava solo un’ora alla fine delle lezioni, poi avrebbe chiesto a Jonas spiegazioni. Scommetto che è colpa tua, "angelo" dei miei stivali.

***
ANGOLO DELL'AUTRICE sono pazza? sì, probabilmente. Siamo solo al terzo capitolo e già non ho saputo resistere alla tentazione di far volare cazzotti. Potevo anche aspettare un po' ma no, io sono fatta così, amo l'adrenalina.
A parte queste considerazioni personali, spero che questo capitolo via sia piaciuto e stupito almeno un po'. Credo si sia capito chi è Chiara *anche se c'è qualcuno che l'ha capito prima XD*
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito finora *di cui scrivo i nomi solo di chi mi ricordo* Hoshi98, clo_smile, KingPetertheMagnificent e roncatella. Spero di non aver dimenticato nessuno!
Baci baci
Water_wolf

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Capitolo 4
*** 4 La Custode dell'Acqua ***


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"I wanna taste the sun
cauze baby I'm born to run,
I got a feeling that I'm not the only one
I, I wanna show some skin
Yeah, baby I need the ocean,
and you can't stop me
Now I've got my heart in motion" Make it in America, Victoria Justice

Chiara aumentò il passo, questa volta se la sarebbe cavata da sola. Emilia la raggiunse prima che potesse scomparire tra i fiumi di passanti. << Fermati Chiara. >> disse risoluta. << Devi spiegarmi che cosa è successo. Sono la tua migliore amica. >>
La quindicenne si voltò, lo sguardo duro, protettivo che assumeva solo quando accadeva qualcosa di brutto. << Per questo non ti posso rivelare niente. >>
<< No! Per questo me lo devi dire! Sei fradicia, ti hanno picchiata e non vuoi che io ti aiuti? >> sbraitò Emy, un fuoco si era acceso dentro di lei.
<< Questa volta no. Il tuo aiuto non servirà a nulla se non ha peggiorare la situazione. E poi…c’è qualcun altro in grado di darmi una mano. >> Emilia sbuffò, incrociò le braccia e puntò i suoi occhi bruni in quelli di Chiara.
<< Quando scoprirò che cos’è successo ne riparleremo. >> detto ciò le voltò le spalle e andò per la sua strada. La quindicenne sospirò, come aveva fatto Emilia a scoprire che era stata picchiata era un mistero. Certo non voleva metterla nei guai con Veronica, anche se, analizzando i fatti, l’amica avrebbe avuto molto più possibilità di sopravvivenza rispetto a lei.
Camminò spedita verso casa sua, aveva incominciato a pensare che forse il ragazzo aveva ragione e che la storiella sugli elementi non fosse inventata di sana pianta. Dei rubinetti non esplodevano per degli eccessi di rabbia di una ragazzina, quel fatto non poteva avere una spiegazione razionale, invece le parole di Jonas sui Quattro Elementi non avevano nulla di scientifico che si potesse collegare alla realtà e Lyra credeva che dovesse cercare lì la soluzione al suo quesito.
Senza accorgersene era già davanti alla porta dell’appartamento, sempre vuoto a quell’ora. La aprì e si spogliò alla velocità della luce, andò in camera sua, prese una maglietta a casaccio dalla cassettiera e si cambiò gli indumenti bagnati.
<< Jonas! >> strillò. Andiamo, ti sei preso una pallottola, non puoi essertene già andato.
Sentì del trambusto provenire dalla cucina. << Sono qui! >> urlò l’angelo mentre finiva d’ingoiare il panino che si era preparato frugando nel frigorifero. Chiara fu subito sulla soglia della stanza.
<< Oggi dei lavandini nel bagno sono esplosi. >> capitolò.
<< E allora? >> chiese Jonas sgranocchiando il suo tramezzino. La quindicenne lo prese e lo gettò sul pavimento. << P-perché? >> domandò l’angelo sempre più perplesso.
Chiara si sedette sul bordo del tavolo e disse senza troppi giri di parole << Oggi Veronica mi ha fatto un regalino: due pugni nello stomaco. Sono andata al bagno e l’acqua ha iniziato a gocciolare e più mi arrabbiavo più il getto si faceva potente. Alla fine sono esplosi e mi sono inzuppata. >>
Jonas la fissò negli occhi. << Stai dicendo che il tuo potere si è rivelato? >>
Chiara sbuffò << No, tu stai dicendo che ho dei poteri, io dico che in qualche modo centri tu. >>
L’angelo sorrise << Credo proprio che tu sia l’Acqua. Se mi permetti di verificare forse… >>
<< Verificare cosa? >> sbottò la quindicenne.
> Una risata aspra fendette l’aria. << Fa’ pure, tanto non troverai niente angelo. >>
Jonas roteò gli occhi, si avvicinò a Chiara e le poggiò una mano sul cuore.
L’aria si fece densa, il tempo parve fermarsi, una calma irreale calò sui due giovani.
Poi, all’improvviso, un fascio di luce abbagliante li inghiottì.

Chiara fluttuava nel nulla, il buio era il suo unico compagno. Udì la voce di Jonas, ovattata, come se fosse dentro una bolla. Un piccolo lume rischiarò l’oscurità e una visione si prese la mente di Chiara.

Una bambina stava nuotando nelle acque tiepide dell’oceano. Ignorando gli avvertimenti della madre si allontanata; era a largo, in quel punto in cui l’acqua è blu scuro, il quel punto dove l’orizzonte pone i suoi limiti, in quel punto dove una bambina non dovrebbe stare. Ma la piccola dai capelli nocciola aveva avvertito il richiamo del mare, era stata accarezzata dalle alghe, aveva sentito il canto melodioso delle sirene.
Era per loro che si era allontanata, le voci delle creature marine la invitavano ad unirsi a loro. La piccola prese un gran respiro e si immerse.
Ora il canto era diventato più forte. Una corrente fredda le raggiunse le caviglie facendole aprire gli occhi. Si stupì di riuscire a vedere sott’acqua come in superfice ma, più di tutto, fu sorpresa d’incontrare lo sguardo profondo di una sirena.
<< Io, Regina Aurora del Popolo Sottomarino, dono a te, Custode dell’Acqua, il gioiello del nostro potere, cosicché tu possa portarlo sempre con te e salvare la vita che c’è nel mare. >>
La bambina sgranò gli occhi nocciola, la lingua della sirena non era la sua ma era riuscita a comprenderla ugualmente. Aurora le mostrò per un attimo il gioiello, un bellissimo ciondolo che racchiudeva tra mille intarsi argentati una gemma più blu del mare stesso. Lo posò sul cuore della piccola e fece una leggera pressione. Un fascio di luce scaturì da quell’unione.
<< Addio Nenè. >> sussurrò la sirena prima che la bambina fosse riportata a riva dalle correnti.

Chiara aprì gli occhi. La testa le girava, non capiva nulla di quello che era accaduto. << Ciao Acqua. >> disse sorridendo Jonas.
<< C-che cos’era? >> domandò la quindicenne, confusa.
<< Sono entrato in contatto col tuo gioiello, il dono che fa di te la Custode dell’Acqua. La visione che ne è scaturita era un modo per metterti al corrente di come sei stata scelta, ogni Elemento ne ha avuta una. Ciò che mi stupisce è che stavi nuotando nell’oceano ma qui in Italia non ve ne sono. >>
Chiara chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. << M-mia madre parlava sempre di un viaggio alle Hawaii di cui non mi ricordo niente. Vuoi dire che una sirena mi ha donato il gioiello dell’Acqua? >> domandò, un puzzle si stava formando nella sua mente.
Jonas allargò il suo sorriso. << Guarda tu stessa. >>
La quindicenne lo fissò di sbieco poi abbassò lo sguardo e lo notò: al collo portava un ciondolo argenteo, al centro risplendeva una pietra più del cielo e del mare messi insieme. Quello era il gioiello.
Lyra scese dal tavolo, barcollò in avanti e sfoggiò un sorriso << Allora questa è la prova che non mentivi. >> L’angelo annuì. << Sai che cosa? Mi piace, anzi lo adoro. Sono la Custode di un Elemento, non è qualcosa che capita tutti i giorni. >>
<< Questo vuol dire che mi aiuterai? >>
<< Sì. Salviamo Upward. >> concluse Chiara risoluta.
Proprio quando Jonas la stava per abbracciare, un capogiro la colse facendola crollare a terra. L’angelo l’afferrò giusto prima che la ragazza toccasse il pavimento.
Chiara sillabò un “grazie” e disse, la voce resa flebile dalla stanchezza << La prossima volta non esageriamo con le visioni, eh? >>
L’angelo sorrise e la sollevò, portandola nella sua camera e poggiandola delicatamente sul letto.
Acqua, giocosa e frizzante quanto bella e delicata pensò Jonas rimembrando le parole che il sacerdote gli aveva rivelato all’inizio della sua missione.

§

Un basso ronzio la fece rinvenire. Chiara girò la testa per vedere meglio che cosa produceva quel rumore ed incontrò gli occhi grigi dell’angelo. Abbassò gli occhi e vide che un globo di luce le stava dando sollievo sul ventre, lì dove Veronica l’aveva colpita. Guardò prima la palla, poi Jonas e continuò così finché non gli scoccò un’occhiata interrogativa.
<< Trucchetti da angelo. >> rispose semplicemente. La quindicenne si sentì improvvisamente in imbarazzo, si tirò giù la maglietta e si balzò dal letto.
<< Non ci provare mai più, capito!? >> lo aggredì.
Jonas fece spallucce << Se preferisci tenerti i lividi allora… >>
Chiara lanciò un urlo furioso << Non è per questo! Potevi anche chiedermi se volevo che tu mi curassi! >>
<< Già, quando scoprirai come parlare con gli svenuti, dimmelo. >> ribatté acido. << Aspetta, tu credi che io abbia sbirciato? >> domandò poi seguendo la logica di Chiara.
<< Se l’hai fatto tra poco non ti ritroverai la testa. >> lo minacciò.
<< Non ho visto niente. >>
<< Quindi hai guardato! Tzé, ma che cosa insegnano a voi angeli!? >>
<< No! Non intendevo dire quello! >> si affrettò a rimediare Jonas, messo all’angolo. Il telefono squillò in salotto. La quindicenne sbuffò << Salvato dalla tecnologia. >>
Percorse a gradi falcate il corridoi e rispose alla chiamata.
<< Chiara, sono io, la mamma. >>
<< Che cosa vuoi?! >>
<< Calma piccola, è per tuo padre. >>
<< Che ha fatto questa volta? >> chiese scocciata.
Dall’altra parte della cornetta, la madre sospirò. << Dice che deve lavorare. >>
<< Come al solito. >> la interruppe Chiara.
<< E che per due notti dormirà in ufficio. >> concluse.
<< Faccia pure.>>
<< Piccola…non trattarlo così. >>
<< E come dovrei trattarlo?! >>
<< Come un padre. >>
<< Mi dispiace ma ha perso questo diritto tre anni fa. >> dettò ciò attaccò e sbuffò arrabbiata.
<< Tutto bene? >> chiese Jonas, appoggiato alla parete del corridoio.
Chiara si riscosse, si sforzò di sorridere e mentii << Benissimo. Questa sera ti va pizza?>>
Jonas incrocio le braccia, quella ragazzina non lo convinceva. << E pizza sia. >>

***
ANGOLINO DELL'AUTRICE salve popolo di efp, come va? Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Allora, abbiamo la conferma che Chiara è l'Acqua. Come avete trovato la visione?
Spero anche che questa telefonata vi abbia incuriosito. Che cosa è successo tre anni fa a Chiara e al padre? Perché ha risposto così malamente alla madre?
I hope you enjoy it :)
Water_wolf

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Capitolo 5
*** 5 Fuoco: Vita e Risate ***


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Quinta ora: ginnastica. Anzi, no, educazione alle scienze motorie sportive.
La classe scese giù per le scale, i maschi esaltati mentre si gongolavano per i loro risultati stratosferici a quel noto sport chiamato calcio; parte delle femmine era palesemente scocciata, preferivano un’ora d’introduzione alla “storia della moda italiana” alla ginnastica, c’erano poi le ragazze come Emilia che erano impazienti d’indossare la maglietta scolastica e mettersi in campo per dimostrare le loro avanzate capacità sportive, infine c’era il gruppetto di chi voleva scomparire dalla faccia della Terra pur di non dare spettacolo della loro abilità ginniche. Tra loro c’era Chiara che ogni santa lezione faceva di tutto pur di non dover palleggiare un pallone, arrampicarsi su per le pertiche e qualunque attività richiedesse troppo sforzo. Non era una scansafatiche, solo la sua personalità dinamica non toccava anche il campo motorio, in cui era una vera frana.
Il nuoto era l’unico sport in cui riusciva ad emergere ma, d’altronde, lei era l’Acqua.
A Milano però le piscine non vengono installate nelle scuole e gli studenti invidiavano chi, che per fortuna o perché partecipava ad attività didattiche particolari, usciva una volta a settimana per praticare nuoto.
In un tempo fin troppo breve per i canoni della quindicenne, giunsero negli spogliatoi e, con la lentezza che contraddistingueva solo le lumache, si cambiò e indosso maglia e leggins.
Le ragazze andarono in palestra con passo da zombie, si misero in fila e dopo l’appello attesero il momento in cui il professore avrebbe annunciato ciò che avrebbero fatto durante la lezione.
Chiara sbuffò e incominciò a mordersi le labbra, sapeva bene che il verdetto finale sarebbe stato “pallavolo” ma sperava ugualmente in un miracolo. Purtroppo per lei, Ginni esordì solenne << Avanti ragazzi, formate le squadre che si fa pallavolo. >>
Emilia esultò e diede il cinque ad una compagna.
<< Non sai quanto ti odio stangona.>> le disse Chiara, il volto scuro, le spalle chine.
<< Non è poi così terribile Lyra, la volta scorsa sei riuscita a non colpirti da sola, è un progresso no? >> ribatté Emy, euforica. La piccola lite del giorno prima sembrava non aver mai avuto luogo.
Chiara la incenerì con lo sguardo e si maledisse per non aver chiesto a Jonas come usare i propri poteri. Andò in panchina a fianco della sua compagna di sventura, Margherita, anche lei riluttante all’idea di dover giocare.
<< C’est la vie… >> commentò pacata, mostrando una delle poche frasi che appartenevano al suo vocabolario francese. La quindicenne sospirò e di decise a sfoggiare il primo sorriso della giornata.
<< E’ inutile abbatterci Meg, sapevamo a priori che sarebbe successo. Quindi su col morale, non saremo degli assi ma nemmeno delle complete imbranate! >> disse tentando di rallegrare Margherita.
<< Parla per te, io non riesco nemmeno a fare una battuta decente! >> commentò. << Sei proprio pessimista forte tu. >>
Meg fece un sorriso scemo e fece il simbolo della pace con le dita << Fino alla fine! >>
Chiara scoppiò a ridere ma il professor Ginni le passò accanto dandole le spalle e disse << Una di voi due si muova, non vedete che c’è il cambio? >>
Alla quindicenne si gelò il sangue nelle vene, perché quell’uomo doveva apparire sempre in modo così spettrale? Margherita allargò il sorriso e spinse Chiara via dalla panchina.
<< Tocca a Bianchi prof.! Non si preoccupi vedrà che figurone! >> la prese in giro. La quindicenne le scoccò un’occhiata assassina e andò a posizionarsi sulla linea di battuta. Emilia le porse la palla mettendola direttamente nelle mani dell’amica. Chiara attese il fischio, diede slancio al pallone che fu subito intercettato da un avversario.
Bene, ora posso anche stare qui a non far nulla.
Il punto però andò alla sua squadra e quindi fu costretta a tirare nuovamente. Quando Emy le passò la palla sentì che le sue mani erano calde, quasi scottavano al contatto con la pelle. Sarà l’adrenalina si costrinse a pensare. La formazione girò più volte, Chiara non faceva niente per rendersi utile, si limitava a colpire con quanta più forza il pallone quando le arrivava troppo vicino per potersi scansare. Emilia schiacciò, un rumore secco rimbombò nella palestra. Al tocco della bionda la palla era esplosa all’improvviso. La classe si zittì, tutti la fissavano con occhi interrogativi.
<< E’ scoppiato un pallone, mica è morto il gatto! >> esordì il professore rompendo quel silenzio innaturale. La campanella trillò riportando tutto alla normalità, ragazzi e ragazze corsero a cambiarsi, non vedevano l’ora di tornarsene a casa. Chiara prese per il polso l’amica, rimasta inebetita davanti alla scena del pallone esploso. La trascinò nello spogliatoio e subito si staccò da Emilia, la sua pelle emanava un calore insopportabile.
<< Emy, stai bruciando. >>
La bionda si sfilò la maglietta << Lo so Lyra, ma non capisco perché. >>
Chiara finì di infilarsi i jeans e le chiese, passando ad un altro argomento << Oggi vieni a casa mia, giusto? >> Emilia annuì, assente. Stava ancora rimuginando sull’accaduto e sul perché la sua temperatura stesse aumentando a sproposito.

Insieme all’amica giunse in metropolitana, profondamente immersa nei suoi pensieri. Chiara le mollò un pizzicotto e sbottò
<< Allora mi vuoi dire che hai? >> Emilia si voltò di scatto.
<< Uhm? Niente Ly, niente. >> La ragazza incrociò le braccia << Tu non me la racconti giusta Emy. >>
<< Ha parlato quella non mi ha detto proprio nulla! >> la rimbeccò. Le due si scrutarono e poi scoppiarono a ridere senza motivo.
Una voce metallica annunciò il nome della fermata, le ragazze scesero e si persero tra la gente. Emilia si voltò un secondo, quell’attimo che le permise di vedere il palo a cui si era tenuta aggrappata per tutto il viaggio, iniziare a sciogliersi. Si massaggiò le tempie e sbatté più volte le palpebre, possibile che avesse visto bene?
La stanchezza gioca brutti scherzi Emy, sta’ tranquilla.
Anche così però non riuscì a calmarsi, e non poteva fare niente per nasconderlo all’amica.

§

Chiara si chinò per raccogliere le chiavi che le erano cadute sullo zerbino. Il gioiello che era comparso subito dopo la visione uscì fuori dalla maglietta, sprizzando luce.
Emilia colse il bagliore improvviso e domandò curiosa << Che cos’è questo Lyra? Un regalo del figlio del collega di tuo padre? >> la schernì.
Chiara si affrettò ad aprire la porta, mise su una delle sue migliore facce di bronzo e fece finta di non aver sentito. Un guizzò attraversò gli occhi della bionda, accentuando il luccichio delle pagliuzze mogano.
<< Che il piano “rompiamo-le-scatole-a-Chiara-finché-non-mi-dice-che-cos’è” abbia inizio. >> sussurrò tra se e se.
Emilia bussò sulla testa dell’amica e chiese << Toc-toc… >>
<< Chi è? Il lupo mangia frutta. >> la stroncò sul nascere la quindicenne, non avrebbe rivelato ad Emy d’essere la Custode dell’Acqua, non le avrebbe nemmeno creduto. La bionda sbuffò << Dai Ly, mi dici chi ti ha regalato quel ciondolo? >> L’altra scosse la testa con forza.
Emilia fece come quando da bambina i suoi genitori non le proibivano qualcosa: incominciò a ripetere in continuazione “dimmelo”, peggio di un’invasata. Chiara si tappò le orecchie e fuggì in cucina, la sua amica era proprio ostinata. Emilia strillò un ultimo “dimmelo” e la bloccò.
<< Avanti Lyra! E’ solo una stupidissima collana, puoi benissimo rivelarmi dove l’hai presa! >> <
<< No, lo sai che… >>
<< So cosa?! >> sbottò Emy << Dimmi chi diavolo ti ha dato quel ciondolo! >> sbraitò, le mani che stavano diventando incandescenti.
Chiara si appiattì contro il frigorifero per la veemenza delle parole dell’amica.
La bionda emise un urlo scocciato e diede una manata all’aria ma una palla di fuoco partì da essa e incendiò il lavello.
Le due si scambiarono un’occhiata terrorizzata e strillarono a pieni polmoni.
Jonas non riuscì a trattenersi e le raggiunse in cucina. Appena comparve sulla soglia della stanza e notò le fiamme divampare, si bloccò. Emilia strillò quasi fino a perdere la voce, aveva visto le ali dell’angelo.
Quest’ultimo si affrettò a spegnere il fuoco, con un rapido gesto della mano inglobò le spire infuocate e tolse loro l’ossigeno, sedando il piccolo incendio. Chiara si passò il dorso della mano sulla fronte << Grazie Jonas. >>
L’angelo sorrise. Emilia aveva gli occhi velati di terrore, non capiva nulla di quello che era successo e nemmeno perché mai da un ragazzo dovessero spuntare delle ali. Jonas se ne accorse e le porse la mano con fare gentile.
<< Piacere, il mio nome è Jonas. Tu devi essere Emilia, giusto? >>
La ragazza cacciò un urlo che gli trapano i timpani. << Sta’ calma, non mordo mica. >> tentò di rassicurarla il giovane, avvicinandosi. Emy strillò ancora.
Chiara le tappò la bocca con una mano, non sopportava più quelle grida. << Ora ascoltami Emilia, dobbiamo spiegarti ed è necessario che tu stia zitta, capito? >>
<< Uhm uhm >> mugugnò lei. La quindicenne fece per lasciarla libera di parlare ma Jonas la bloccò.
<< Prometti di non urlare più, te ne prego. >> La bionda annuì.
<< Ecco, come vedi ho delle ali, sono un angelo. >> si sforzò di sorridere.
<< Saltiamo i convenevoli. >> lo interruppe sbrigativa Chiara << Lui è un angelo che viene da una città nel cielo. Là ci sono dei gravi conflitti tra angeli Bianchi e Neri, un po’ come al tempo di Martin Luther King. >>
<< I Neri sono capitanati da un ex magistrato pazzo, Zeigen. >> intervenne Jonas. Chiara gli scoccò un’occhiataccia e continuò << Il solo modo per riportare la normalità è trovare i Quattro Elementi e le due Grandezze Fondamentali e sconfiggerlo. Ti sembrerà assurdo ma devi crederci. >>
Emilia scoppiò a ridere << Perché dovrei? >>
Chiara si morse il labbro << Beh… perché io sono l’Acqua e lui è l’Aria. >>
Emy li squadrò, faticava a credere alle sue orecchie ma aveva appena incendiato un lavandino con una palla di fuoco, quello che era accaduto non era per nulla razionale. Emilia si fece ripetere la storia, questa volta con abbondanza di dettagli e Jonas omesse il particolare del ciondolo di Chiara.
<< Dato quello che è successo ci sono molte probabilità che tu sia il Fuoco. >> concluse l’angelo.
La bionda abbozzò un sorriso << Allora muoviti a fare quella prova, potrei essere un Elemento, non lasciarmi sulle spine ragazzo! >>
Jonas le sorrise di rimando e canzonò Chiara, lei che era stata molto meno collaborativa dell’amica. L’angelo poggiò la mano sul petto di Emilia, attese qualche battito di cuore e poi un esplosione di luce li invase.

Emilia si ritrovò in una stanza buia. Non le erano mai piaciute le tenebre. Un fioco bagliore rischiarò l’ambiente poi fu parte d’una visione.

Un falò era stato acceso sulla spiaggia sarda. Era la notte di Ferragosto e molte famiglie che alloggiavano al villaggio turistico erano andate al mare per scorgere le stelle cadenti. Tutti avevano il naso puntato in su, tutti tranne una bambina. Era stata attratta dalle fiamme, parevano danzassero ed il crepitio delle braci era la musica. “Il fuoco brucia. Il fuoco morde. Il fuoco fa male” le avevano detto ma lei non ci aveva creduto. Era sempre stata testarda. Si avvicinò al focolare, le braccia tese, come se volesse abbracciarlo. Si perse nel guardare il carminio fondersi col giallo, diventare arancio e poi sfociare in un vermiglio carico con sfumature violette. Le pagliuzze mogano dei suoi occhi danzavano con le fiamme. Dal falò balzò fuori una scintilla, la piccola si unì a molte altre formando una figura. La bambina non indietreggiò, non era spaventata, era affascinata da quella scena. La figura prese spessore e, alla fine della metamorfosi, una ninfa fatta di fuoco era dinnanzi agli occhioni scuri della giovincella. Il viso dagli zigomi alti, gli occhi scuri quasi inespressivi, la vita esile, facevano di lei una donna bellissima. La ninfa s’inginocchiò, portandosi all’altezza della bambina.
<< Ricorda, Custode del Fuoco, le fiamme non sono solo rabbia, distruzione, odio, disperazione. Sono vita, un cuore pulsante, il segno di fertilità. >> Prese la mano della piccola e infilò una serie di braccialetti dorati dalle screziature rubino. La ninfa sorrise, si voltò e si fuse col fuoco del falò. Negli occhi della bimba si poteva ancora leggere una parola: vita.

Emilia aprì gli occhi. Si guardò le mani e vide che al polso destro portava dei bracciali d’oro con intarsi rossi. Alzò gli occhi e incontro quelli grigi di Jonas. Chiara l’abbracciò.
L’angelo sorrise, aveva appena scoperto che quella bella ragazza era un Elemento, uno tra i più potenti e difficili da dominare.
<< Emilia, sei la Custode del Fuoco. Vuoi aiutarci a salvare Upward? >> chiese per pura formalità.
Emy si staccò da Chiara, si erse in tutta la sua statura, si avvicinò a Jonas, sollevò il braccio, fece brillare i suoi gioielli alla luce del sole, strinse la mano in un pugno e non poté fare a meno di sorridere. Era un Elemento, dentro di se racchiudeva energia, dentro di lei vi era vita.
<< Gli amici di Lyra sono sempre un po’ tonti. Certo che lo voglio! >>
Jonas rise << Ti stai definendo un’idiota, lo sai vero? >>
Chiara scoppiò a ridere, seguita a ruota dagli altri due. << Ora mi dovrai risarcire Emy, non ho più un lavandino! >> la prese in giro la quindicenne tra le risa.
<< Sogna sogna piccola pesciolina! >> ribatté lei, scegliendo il primo animale acquatico che le veniva in mente.
<< Ha parlato la giraffa pallavolista! >>
<< Foca obesa! >> la rimbeccò, iniziando una battaglia a chi diceva più nomi d’animali.
<< Macaco infuocato! >>
<< Balena spiaggiata! >>
<< Rinoceronte lardoso! >>
<< Pinguino spaziale! >>
<< Scusate ragazze… >> intervenne Jonas, pacato << Sapete in che zoo mi trovo per caso? >>
Emilia e Chiara si scambiarono un’occhiata d’intesa. << E divertiti signor piccione il cagone! >> lo schernirono all’unisono.
L’angelo si guardò le ali, sogghignò. << Volete paragonare le mie piume a quelle di un uccellaccio, dugonghi che soffrono di flatulenza? >>
Le due fecero le finte indignate e lo ricoprirono d’insulti gratuiti. Continuarono così per parecchio tempo, poi lo stomaco delle ragazze brontolò chiedendo cibo, dopotutto, non mangiavano da un bel po’.

***
ANGOLO DELL'AUTRICE-PAZZA a volte mi chiedo come sia la vita da persone normali....beh, credo sia incredibilmente noiosa :')
Che grande taglio negativo che do alla scuola, ah, tra l'altro, a voi non rompono mai per la storia di ginnastica? A me molto ._.
La mia mente divaga di nuovo, perdonnez-moi s'il vous plait XD
Veniamo alle cose importanti..., allora Emilia è il fuoco *anche se qualcuno lo aveva già indovinato* ed è molto bizzarro il suo modo di scoprirlo, adesso Chiara non ha più un lavandino XD
Poi, ehm, c'è il mio sclero virtuale per così dire, solo io potevo mettermi a sparare cavolate a vanvera ma era tutto nella ricetta, siete stati avvisati prima x'D
Sarà meglio che finisca questo patetico angolino prima di farcirlo di idiozie come un panino. Spero vi sia piaciuto!
Water_wolf

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Capitolo 6
*** 6 Piume ***


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Jonas era affacciato alla finestra da più d’un ora ormai. Gli mancava spiegare le ali, sentire il vento tra le piume, aveva nostalgia dell’aria che gli carezzava il viso. Voleva salutare gli uccelli, lasciarsi trasportare dalle correnti, esibirsi in evoluzioni mozzafiato.
Ma non poteva. No, perché aveva deciso di salvare Chiara ed ora si ritrovava un buco nell’ala sinistra. Era giusto così, era meglio che la Sentinella Nera avesse colpito lui, che era forte, invece di lei, così esile e delicata.
La vuoi smettere di pensare a lei come un petalo delicato, eh Jonas?
L’angelo sbuffò “E sentiamo coscienza, che cosa dovrebbe essere?”
Non so, magari la Custode di un Elemento? Una ragazza che dovrà salvare Upward, deve imparare ad essere forte.
“Forse non è ancora tempo per questo”
Non sei tu a decidere, è Zeigen a farlo, sei lui attacca noi ci dobbiamo difendere. Se non ne siamo in grado, sarà l’inizio della fine.
“La coscienza dovrebbe essere d’aiuto, tu invece non lo sei affatto” pensò scocciato Jonas soffocando la vocina che gli stava facendo mettere in discussione le proprie azioni.
<< Fa male? >> chiese Chiara facendolo sobbalzare. A Jonas sembrò che gli avesse letto nel pensiero.
<< No, non molto. >> mentì. La quindicenne parve accorgersene ma decise di cambiare argomento di discussione. << Voi angeli mostrate sempre le vostre ali oppure le potete far “scomparire”? >>
Jonas si voltò verso di lei. << In effetti possiamo ripiegarle facendoci vedere nella nostra forma umana ma per me ora è difficile, sarebbe doloroso farlo da feriti. >> rispose atono.
Chiara tenne sospesa la matita sul foglio, comprendeva quanto gli costava non poter volare. << Se c’è un modo per aiutarti io sono qui. >> disse, specchiandosi negli occhi di Jonas. << Sei rinchiuso in casa mia da tre giorni, se riuscissi a ripiegare le ali potresti almeno uscire. >> continuò abbassando lo sguardo e riprendendo il suo disegno.
Jonas abbozzò un sorriso, esisteva un modo per diminuire il dolore. Si staccò dalla finestra, andò in cucina, prese una bottiglia d’acqua e la porse a Chiara.
<< Prima lezione su come usare i tuoi poteri. >> annunciò.
La quindicenne lo squadrò da capo a piedi, spostò la tavola colorata e si fece attenta. Jonas le spiegò grossolanamente cosa fare: prima di tutto doveva liberare la mente, poi concentrarsi sull’acqua contenuta nella bottiglia e farla fluttuare ed infine poggiarla sulla ferita dell’angelo facendo fluire tramite essa solo ricordi ed emozioni felici.
Il primo passaggio fu eseguito a dovere ma quando Chiara provava a far volare l’acqua, perdeva concentrazione e quella ricadeva a terra. Rovesciarono tre bottiglie prima che la quindicenne riuscisse a formare un globo d’acqua fluttuante.
Jonas aprì le ali e attese che l’acqua lenisse il dolore. << Ricordi felici, ricordi felici. >> ripeteva Chiara, aveva chiuso gli occhi e stava scavando nella sua memoria immagini che l’avevano riempita di gioia.
Jonas tese i muscoli, nessuna fitta lo colse, così spiegò totalmente le ali per poi farle ritornare lentamente all’interno della propria schiena.
Le piume si dissolsero in scintille abbaglianti che riempirono il salotto di luce. Jonas storse la bocca in una smorfia, le emozioni di Chiara avevano cessato il loro effetto benefico. Si sforzò di concludere in fretta.
<< Non ce la faccio più! >> si lamentò la custode, lasciando scrosciare l’acqua sul tappeto. Le ali si ripiegarono completamente. Jonas si appoggiò ad una sedia e sorrise << Sei stata brava Lyra, davvero brava. >>
<< E da quando mi chiami così? >> chiese non badando ai complimenti. << Che c’è, Emilia può farlo ed io no?>>
<< Esatto. >> rispose secca. L’angelo scoppiò a ridere senza motivo, quella ragazza non era un petalo delicato, era un’arma a doppio taglio.
<< Certo che sei proprio strano J… >> borbottò la quindicenne. Il ragazzo smise di sorridere e le pose la stessa domanda << J? Quando ho guadagnato questo soprannome? >>
Chiara andò in cucina e ne tornò con due rotoli di carta assorbente in mano. << Lo stesso giorno che tu hai incominciato a chiamarmi Lyra. Poi Jonas è troppo lungo. >>
L’angelo fece un rapido conto e ribatté << Sono solo due sillabe, non è lungo. >>
I due si persero a discutere su nomi fino a tarda notte. Chiara sbadigliò e fece segno a Jonas d’accomodarsi sul divano e dormire lì. <
Meglio che sul pavimento pensò l’angelo con una punta d’ironia. I ragazzi si coricarono.
Il cellulare di Chiara trillò, era appena arrivato un messaggio. La quindicenne però non lo udì. Questo fu il suo primo errore.

§

Del trambusto la svegliò di soprassalto. Lanciò un’occhiata furiosa alla sveglia: segnava le tre di mattina. Sentì delle urla, Jonas stava litigando con qualcuno. Si alzò dal letto e lo raggiunse in sala, insonnolita.
<< J…sono le t… >> non fece in tempo a completare la frase che sgranò gli occhi. Suo padre stava fronteggiando l’angelo, palesemente intimidito. A terra i cocci d’un bicchiere rotto segnavano il passaggio dell’ira dell’uomo.
<< Spiegami che cosa ci fa questo qui, Chiara. >> proruppe duro Marco.
La quindicenne si morse il labbro, che cosa poteva dirgli? Che un angelo era piombato in metropolitana, le aveva salvato la vita ed ora lei lo stava ospitando?
<< E’ un progetto di scuola. >> capitolò, era la peggior scusa che si fosse mai inventata. Il padre la scrutò << Sapevi mentire meglio una volta. >>
La figlia si torturò il labbro, decise di tergiversare. << Come mai sei tornato prima? Non dovevi restare in ufficio un’altra notte? >>
<< Infatti. Ma dovevo anche prendere una cosa che si trovava qui. Non pensavo di trovarti in compagnia di un amico. >>
<< Non abbiamo fatto nulla di quello che immagini. >> disse sulle difensive Chiara, schierandosi al fianco di Jonas.
<< Dimmi allora in che modo vi siete divertiti voi due. Stava dormendo sul divano Chiara. Sei in pigiama. Lui no. >>
La quindicenne si voltò verso Jonas, in boxer e gli addominali allenati in mostra sul petto nudo. Jonas osservò la scollatura profonda della camicia da notte dell’amica, che terminava molto sopra il ginocchio.
<< Non è come pensa signore. >> intervenne Jonas. Il padre fece scricchiolare il vetro sotto la suola dei mocassini.
<< Non sono uno stupido. >>
<< E io non sono una sgualdrina. >>
Marco la squadrò, poi fece lo stesso con l’angelo. Si avvicinò a lui e gli puntò un dito accusatore sul petto. << Tu, ti conviene rimanere in casa mia ancora, mi fremono le mani al solo pensiero che tu abbia fatto qualcosa a mia figlia. >>
Jonas non indietreggiò, raccolse la sua maglia e se la infilò senza smettere di sfidare con lo sguardo l’uomo. Si mise i jeans blu scuro.
Fa’ qualcosa idiota, non puoi lasciarlo andare via così.
Jonas raccolse le scarpe.
Chiara prese il polso di suo padre e tentò di convincerlo. << Non c’è stato nulla tra di noi, non mandarlo via, ti prego… >> lo supplicò ma Marco era irremovibile.
<< E’ giusto così Ly. >> sussurrò Jonas, chino ad allacciarsi le scarpe. La quindicenne sentì gli occhi umidi.
<< No! Non lo è! >> gridò accucciandosi affianco a lui. << Non hai dove andare, ti può accadere di tutto là fuori! >> gli bisbigliò all’orecchio. Jonas sorrise malinconico. Il padre lo notò e andò su tutte le furie.
<< Spostati da lui Chiara. >> ordinò ma si scontrò con lo sguardo freddo della figlia. << Non voglio fare cose di cui potrei pentirmi. >>
<< J rimarrà qui. >> obbiettò.
Marco percorse qui pochi centimetri che lo separavano dal ragazzo e lo sollevò prendendolo per la maglietta. Jonas intuì il suo destino.
“Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue.
<< No! >> urlò Chiara, accorrendo velocemente verso Jonas.
<< Sta’ lontana da lui ho detto! >> sbraitò il padre, bloccando sua figlia, le lacrime le rigavano le guance. Chiara andò a sbattere contro il divano, un coccio di vetro le ferì l’avambraccio destro, proprio sotto il gomito.<
Jonas si alzò barcollando, si tastò il labbro e sorrise. Una voce nella sua testa gli intimava di scappare da lì al più presto ma voleva far vedere a Chiara che stava bene, che poteva, che doveva, andarsene.
Aprì la porta e fece le scale a due a due, mettere più distanza dalla custode era il suo piano.
Chiara si alzò, un rivolo di sangue le percorse l’avambraccio. Strappò un angolo del disegno ancora sul tavolino del salotto e scarabocchiò qualche parola.
<< Dove stai andando?! >> la riprese Marco quando vide Chiara avvicinarsi alla porta.
<< Non puoi metterti a fare il padre quando ti pare, figuriamoci ora. >> sentenziò dura la quindicenne e corse giù per le scale.
Uscì dal palazzo a grandi falcate, pregando di riuscire a raggiungere Jonas. La pioggia batteva incessante anche quella notte. La luce fioca dei lampioni non bastava ad illuminare le vie.
La quindicenne inciampava sui suoi stessi piedi, cadeva e si faceva male. Ma ogni volta si rialzava e continuava a correre. Avanti, avanti. Dove diavolo sei Jonas?
Si appoggiò ad un lampione, sfinita. Riprese fiato, i polmoni le facevano male, l’aria sembrava volerla ostacolare. Le lacrime si unirono alle gocce di pioggia, il salato si mescolò al dolce.
Si costrinse ad alzarsi, strinse forte il pezzetto di carta e corse. Non si accorse d’essere nel mezzo di una strada finché il clacson di una macchina non la riscosse. Chiara si immobilizzò, incuriosita da quelle luci.
Occhi gialli… occhi di gatto…
L’automobile suonò ancora.
La quindicenne non si spostò.
I fari l’abbagliarono.
Un fischio acuto ruppe il silenzio della notte.

§

<< Signorina, signorina si sente bene? >>
<< Sì. >>
<< Per fortuna sono riuscito a frenare in tempo. Ma che cosa le è salato in mente? Correre per strada a quest’ora? >>
<< Sì, lo so bene, mi scusi tanto… >> Chiara non sapeva come liquidare quel ragazzo nero.
<< Senta., grazie per non avermi investito ma io ora devo andare. >> Così dicendo scappò via, doveva ancora trovare Jonas e niente l’avrebbe fermata. << M-ma forse è meglio farsi vedere da un medico… >> balbettò, stupito da quella situazione inusuale.
Chiara corse per le vie, non voleva perdere le speranze, era in debito con l’angelo, non poteva lasciarlo andare in quel modo.
Una figura illuminata da un lampione attirò la sua attenzione.
Si avvicinò furtiva come una pantera, quando gli fu alle spalle bisbigliò << Jonas sei tu? >> L’angelo sobbalzò, fece per andarsene ma Chiara lo bloccò. << Ho combinato un casino Chiara. >> ammise << Non dovevo restare a casa tua. Guarda che cosa pensa tuo padre ora…>>
<< Tu non sei l’artefice dei problemi tra mio padre e me. >> ribatté Chiara.
<< No, sono solo diventato uno stupratore, non c’è di cui preoccuparsi. >> disse sarcastico il custode dell’Aria. La quindicenne strinse le mani in pugni.
<< Ci rivedremo, ora lasciami andare. >> Jonas le voltò le spalle e s’incamminò.
<< Aspetta! >> gridò Chiara.
<< Che c’è!? >> sbraitò l’angelo, si sentiva in colpa per tutto quello che era accaduto.
<< Ascoltami. So che ti senti solo d’impiccio adesso, so che ti interessa mettere più miglia possibili tra noi due, so che probabilmente vorrai dormire sotto un ponte sperando che ti faccia sentire meglio, so che ti dispiace. Ma tu sei un mio amico e gli amici si aiutano a vicenda. Quindi ora prendi questo foglio e va’ all’indirizzo che ho scritto. Chiedi di me e non avrai problemi. >>
<< Non posso… >>
<< Tu puoi eccome. Sono stata quasi investita per darti questo, se rifiuti sarò costretta a schiaffeggiarti e dopo il pugno di mio padre non credo tu lo voglia. >>
Jonas abbozzò un sorriso, si portò all’altezza di Chiara e disse << Sei pazza, lo sai vero? >>
Chiara arrossì, non era abituata a stare così vicino ad un ragazzo. << Mi ha salvato la vita, è il minimo che potessi fare per ricambiare. >>
L’angelo sorrise timidamente, non la credeva così determinata. I due ragazzi si salutarono solo dopo essersi dati appuntamento il giorno dopo, alle 12.15, davanti al liceo di Chiara.

Quando la quindicenne giunse a casa, i piedi doloranti, i capelli zuppi e piena di lividi, il padre tentò di chiederle spiegazioni ma Chiara si eclissò, si fece una doccia e un’ora dopo si coricò. La sveglia sarebbe suonata di lì a poco, doveva recuperare il sonno perduto.

***
ANGOLO DELL'AUTRICE wow, sono riuscita a pubblicare con solo un giorno di distacco, che cosa carina *-*
Bien bien, veniamo a questo capitolo...che ve ne pare? Sono capace di descrivere situazioni tristi?
Non sempre si può vivere di felicità, non siamo unicorni che vomitano arcobaleni *anche se ammetto mi piacerebbe XD*
Il padre di Chiara è avvolto in un alone di mistero, soffre d'attacchi d'ira e ha appena frainteso una situazione imbarazzante, non credo si riprenderà presto XD
Visto che odio la suspense non vi ho lasciato sulle spine riguardo all'investimento, che brava ragazza X'D
Spero vi sia piaciuto, alla prossima!

Water_wolf

P.S.: siete diventati in molti a leggere questa storia, sicuri di voler continuare a vedere le mie pazzie? Chissà, potreste diventare folli da un momento all'altro per colpa mia XD

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Capitolo 7
*** 7 Lo scrittore Pazzo e la Danza delle Sirene ***


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"Sono stato anche normale,
in una vita precedente
m'hanno chiesto "che sai fare?"
'So far ridere la gente'
e menomale
che non ho fatto il militare.
Il Comico (Sai che risate) Cesare Cremonini "

Jonas era bagnato fradicio, l’acqua gli era arrivata fin dentro le ossa, tremiti di freddo lo scuotevano, violenti. Dopo tanto vagare, era arrivato all’indirizzo scarabocchiato sul foglietto.
Suonò più volte al campanello, stretto nelle spalle, rifugiatosi sotto un porticato. Un uomo di mezza età aprì la porta dell’agglomerato di appartamenti e lo guardò di sbieco. << Chiara. >> disse Jonas << Chiara Bianchi. >>
Il signore gli fece segno d’entrare, quasi avesse recitato una formula magica. Il ragazzo notò solo ora che era in vestaglia, un accappatoio rosa cipria, che sperava vivamente non appartenesse a lui ma ad una sua compagna. Lo condusse in ascensore, premette il bottone contrassegnato dal numero “6”, che si illuminò di una luce giallo verdognola spettrale. Jonas fissò il pavimento, ma subito la sua attenzione fu attirata dalle pantofole di pelo rosino dell’uomo.
<< Spesso si sottovaluta la bellezza di questo colore. >> disse all’improvviso quello, facendo raggelare del tutto il sangue nelle vene dell’angelo. L’ascensore si bloccò a metà tra il quinto e il sesto piano.
L’uomo imprecò e diede un calcio alla portiera, il macchinario sbuffò una nuvoletta nera e finì la sua salita. Il signore prese per un braccio Jonas e quasi lo scaraventò dentro l’appartamento per la veemenza del gesto.
L’angelo fece per sedersi su una poltrona di pelle scura ma gli bastò un’occhiataccia per farlo fermare. Le gocce producevano un ticchettio sinistro al contatto con il parquet. L’uomo scomparve per qualche minuto in una stanza e ne uscì fuori colmo di vestiario. Camicie, calzini, mutande, pantaloni da ginnastica, tutto era asciutto e enorme.
Jonas fissò sconcertato l’uomo e la biancheria, incapace di fare nulla. Il signore si accomodò su una sedia a rotelle, si accese un sigaro e osservò in silenzio Jonas, incuriosito e profondamente intrigato da quella situazione insolita. Non gli era ancora capitato di doversi alzare dal letto alle quattro del mattino per aiutare un ragazzo, che in quel momento assomigliava di più ad un gatto randagio bagnato. E lui, di avventure, ne aveva passate tante nei suoi quarantacinque anni di vita.
<< Se preferisci congelarti puoi tranquillamente rimanere lì, hai un bel profilo sinistro, saresti una bella statua. Oppure puoi cambiarti e smetterla di fare quegli occhioni da cucciolo spaesato. Ah, non ti preoccupare per il pudore…da quando mi sono ritrovato abbracciato ad un barista ubriaco nudo credo d’aver visto di tutto. >>
Jonas si trattene dallo sgranare gli occhi; ma che razza di amici aveva Chiara? Prese una camicia e delle calze a casaccio e si sfilò gli indumenti zuppi dietro il divano. Finì d’allacciarsi i bottoni della maglia, che gli arrivava fino quasi alle ginocchia e si presentò, gli pareva fosse la cosa giusta per rompere il ghiaccio.
<< Mi chiamo Jonas, sono un amico di Chiara. >> L’uomo rise << Si era capito. Giovanni Marlocchi, meglio conosciuto come lo scrittore pazzo. >>
Jonas puntò i suoi occhi in quelli di Giovanni, la situazione si faceva sempre più strana. Come faceva una ragazzina di quindici anni a conoscere uno scrittore?
<< Sentiamo… qual buon vento ti porta qui, giovane padawan? >> chiese lui, citando volontariamente la saga di "Guerre Stellari”, a suo parere faceva molto effetto, quasi come parlare come al contrario e annusare tappeti. Questo è tutto suonato.
<< Ehm, vengo da lontano… >>
<< Ah-ah, tutti voi ragazzi venite da lì, è un bel posto, quest’anno avevo intenzione di farci un viaggetto ma non ho ancora trovato una carta che indichi la direzione per “Lontano”. >> lo interruppe sarcastico.
Un brivido corse per la schiena dell’angelo, e non era per via del freddo. Deglutì e continuò il suo discorso, impacciato come mai prima d’ora.
<< Ero a casa sua, s-stavo dormendo, sul divano. E’ arrivato il padre e mi ha visto. Ha subito pensato che io sua figlia avessimo fatto…ecco… >> si interruppe in cerca della parola adatta.
<< Sesso? E questo il termine che stavi cercando? Chissà perché voi e la vostra nuova generazione avete così paura di dire sesso, mica è tabù. >> lo riprese nuovamente, con tono saccente. Jonas roteò gli occhi.
<< Beh, ho preso un pugno in faccia, sono stato buttato fuori casa, Chiara mi ha rincorso, è quasi stata investita e mi ha dato questo indirizzo. Diceva che potevi aiutarmi. >> tagliò corto.
<< Davvero? >> esclamò lo scrittore, gli occhi brillavano della luce tipica della curiosità. Si alzò, si avvicinò all’angelo, lo fissò a lungo poi gli toccò il labbro spaccato e sorrise.
<< Già, Marco è un “pochino” alterato a volte. >>
A Jonas l’aggettivo “alterato” non sembrava del tutto adatto ma decise di non controbattere, voleva solo riposare e smettere al più presto di stare con quello scrittore pazzo. Giovanni aspirò una boccata di fumo e si accoccolò nuovamente sulla sedia.
<< Ho davvero un aspetto così mostruoso oppure il cazzotto ti ha rimbambito del tutto? >> domandò. Si chiedeva come la quindicenne sveglia e dinamica che conosceva potesse essere amica di quel baccalà impalato.
<< Io… veramente… non so cosa dovrei fare. >> capitolò l’angelo, gli occhi fissi sul terreno. Il quarantacinquenne sospirò, delle nuvolette di fumo si sparsero per la stanza.
<< Lì c’è un divano, credo sia un’ora più che adatta per dormire ed io non sono uno di quei bellocci succhia-sangue che piacciono tanto alle adolescenti d’oggi. Ergo, puoi dormire tranquillo. Strano però, mi aspettavo più domande da uno come te. >>
Jonas si sedette sul divano << Uno come me? >>
<< Ah-ah, capelli castani, occhi perlati, tu. >> L’angelo osservò quell’uomo di mezza età fumare il sigaro. Le porte delle fantasia si spalancarono e milioni di domande iniziarono a pungerlo come pungiglioni di api. In effetti c’era molto da chiedere.
<< Per ora le porrò solo due quesiti. Primo, mi piacerebbe sapere qualcosa sul rapporto tra Chiara e suo padre. Secondo, come diavolo ha fatto a conoscere Chiara? >>
Gianni si passò una mano tra i capelli brizzolati. << Risponderò prima alla seconda domanda, va bene? >> domandò, leggermente turbato dalla storia che la prima richiesta gli imponeva di raccontare. Jonas acconsentì.
<< Sono uno scrittore di gialli perciò mi piace trarre spunto dalla vita quotidiana della gente normale. Mi alzo alle sei, esco e prendo i trasporti pubblici, metropolitana, autobus, a volte anche taxi. Mi siedo e aspetto. Attendo che le persone arrivino e le osservo. I loro vestiti, le loro espressioni, che tipo e marca di rossetto usano, se la suola delle scarpe è consunta, se sono in ritardo, se sono felici. Osservo. A volte una personalità mi attira e allora mi trasformo in un intenditore di quadri. Annoto sfumature, suoni, odori che quella vista mi provoca, poi rielaboro e scrivo, narro la normalità. Erano circa due anni fa, su una carrozza semi vuota della linea verde della metropolitana. Una ragazza era entrata fulminea ma aveva sbagliato direzione. La fronte imperlata di sudore, il petto che faceva su e giù per quanto respirava veloce, lo smalto grattato via dalle unghie, i capelli nocciola gonfi coprivano parte dello schermo del telefonino. >>
<< Chiara. >> lo interruppe Jonas. Trovava curioso che si ricordasse ancora la prima volta che l’aveva incontrata perfettamente.
Lo scrittore annuì. << Mi catturò subito. I polpastrelli sporchi di matita furono la ciliegina sulla torta. Sfilai il taccuino e annotai tutto di lei. Certo però che era sveglia, notò che la osservavo e mi chiese subito che stavo facendo. “Scrivo, ti va di dirmi il tuo nome artista?” le risposi. Lei mi squadrò da capo a piedi, stupita. Il treno arrivò in stazione, le bastò un’occhiata veloce al cellulare, si morse le labbra e disse “Te lo dico se sei disposto a seguirmi”. Inutile dire che la seguii. Mi mancava il punto finale per un personaggio perfetto. Mi costrinse a correre per prendere il treno che andava ella giusta direzione, non facevo sport da un po’ e quella ragazza grintosa mi insultò pur di farmi andare più veloce. >>
Rise ricordando quel momento. << Mi porse la mano e mi disse subito “Chiara, tu invece?”. Provai a fregarla rispondendo “ Tom Cruise mascherato” ma lei mi guardò di sbieco e mi rimbeccò “Mica son scema, lui non ha la pancia”. Capii in quel momento che quell’incontro non poteva essere casuale. Le posi domande su domande, sembravo uno di quei tizi che fanno le pubblicità dei farmaci. Chiara rispose, parlava molto più velocemente di me, incredibile. “Ora mi devi un favore” capitolò poi, scendendo dopo due fermate. La seguii correndo a scuola e dentro anche. Certo che voi adolescenti siete dei folli. Arrivò nella sua classe col fiatone e nonostante su mise su un teatrino spettacolare. “Ha tentato di rubarmi la borsa!” gridava “Ho dovuto seguirlo per farmela ridare ma poi non ho trovato il portafoglio! E’ scappato qui e sono riuscita a bloccarlo solo sulle scale!” urlava, recitando meglio di Jennifer Lawrence. E io che mi non sapevo se ridere o piangere. Alla fine stetti al gioco. Avresti dovuto vedere che faccia aveva la professoressa e gli studenti che stavano schiattando dalle risate. >> Jonas sorrise, era proprio la stessa persona che conosceva, dinamica, sveglia e un po’ matta.
<< E poi? >> lo incalzò, rapito dal racconto.
Lo scrittore rise << Poi me la sono filata, avevano minacciato di chiamare la polizia. Mi appostai sempre sulla stessa linea della metropolitana per giorni prima di poterla rivedere di nuovo. Passeggiammo per un parco, ci raccontammo le nostre vite, come se fossimo vecchi amici. Così diventammo amici. A volte lei fuggiva da casa e veniva da me, per una tazza di thè o per parlare. Mi confidava un po’ di tutto e io prendevo appunti, quella ragazza era un personaggio perfetto se non fosse che non riuscivo a collocarla in una storia. Purtroppo lei è senza età e senza tempo, la sua vita è fatta di corse e nemmeno io sono riuscito a imprigionare una parte di lei tra le righe di un romanzo. >>
Jonas rimase sbalordito, incapace di immaginare altro che le scene del loro bizzarro incontro. Giovanni si stiracchiò, erano le 5.30 del mattino e non aveva alcuna voglia di raccontare una storia impegnativa. Congedò Jonas malamente e andò nella sua stanza.
Chiuse gli occhi e attese che il sonno lo prendesse tra le sue braccia. Ma il momento non arrivò. Dentro di se sentiva un’emozione che non provava da tempo. Il suo sesto senso da scrittore gli suggeriva che quel ragazzo non fosse un semplice amico.
Forse avrei dovuto annusarlo si disse, tramite l’odore si capiva molto di una persona. Mezz’ora dopo suonò la sveglia, si alzò e iniziò un nuovo giorno.

§

Emilia scoccò un’occhiataccia prima ad uno, poi all’altra. Come avevano anche solo potuto pensare di lasciarla all’oscuro dei fatti di quella notte? Era arrabbiata, delusa, si sentiva tradita, non era una semplice scaramuccia tra padre e figlia, Chiara aveva rischiato di rimetterci la pelle e, conoscendo Marco, Jonas poteva aver ricevuto di peggio d’un pugno sul volto.
Da quel poco che l’angelo aveva voluto rivelare, si era svegliato di soprassalto nella casa dello scrittore, intento ad annusarlo come un segugio in cerca d’una persona scomparsa.
Per di più lo aveva quasi soffocato con l’odore di caffè amaro che prendeva assieme ad una banana.
Un brivido le percorse la schiena; era stata solo una volta da Giovanni e non le era per niente piaciuto, si era sentita la modella nuda di uno di quei tanti cartelloni pubblicitari affissi in ogni angolo di Milano, osservata, spogliata con gli occhi. Di solito non le dispiaceva essere il fulcro dell’attenzione, al contrario era ben contenta di fare strage di cuori. Nella sua vita aveva avuto molti fidanzati, nessuna relazione aveva oltrepassato il mese.
“Bella e irraggiungibile” la definivano i più bonari ma il motivo era diverso e immensamente semplice: non si era mai innamorata davvero. E non avrebbe rischiato per una persona per cui provava solo attrazione fisica, non si sarebbe messa in gioco per chi non riusciva ad andare oltre il suo seno florido e i suoi occhi magnetici.
La voce di Chiara la distolse dai suoi pensieri << Siamo arrivati. Forza scendiamo. >>
Erano saliti su un autobus diretto fuori città, verso la campagna, lontano da sguardi indiscreti. Jonas insisteva sul fatto di sviluppare i propri poteri al più presto per diventare potenti e riuscire a dominarli alla perfezione.
Per lui era facile, aveva scoperto d’essere il Custode dell’Aria circa un mese prima della sua discesa sulla Terra e aveva avuto modo di conoscere appieno molte delle sue capacità.>br /> L’odore di fieno e sterco colpì subito l’olfatto di Emilia. Ne prese una grande boccata e dilatò i polmoni. Il puzzo che in molti trovavano disgustoso le piaceva, era il profumo delle cose grezze, della semplicità che solo i campi e le risaie ti sanno regalare.
Emilia affondò le scarpe nel fango, chiuse gli occhi e si addentrò tra le spighe. Il terreno era umido e appiccicoso, la pioggia della notte prima aveva sortito il doppio effetto d’irrigare e inondare la coltivazione.
<< Avanti! >> incitò gli amici, titubanti di fronte a quella distesa fangosa.
<< Da quando ti piace la campagna? >> domandò Chiara affondando con le scarpe da tennis nella melma. Emilia sfoggiò un sorriso, riportando alla memoria le avventure che compiva da bambina quando andava in vacanza nella cascina dei nonni. Si nascondeva dietro il granaio, osservava le galline becchettare il terreno e poi correva a spaventarle, facendo a gara coi fratelli a chi riusciva ad acchiapparne di più. << Da sempre! >>
Jonas alzò le spalle, non avrebbe mai detto che Emy, la tipica ragazza rossetto e tacchi alti, amasse sporcarsi le scarpe. Percorsero il campo allontanandosi dall’autostrada capitanati dalla bionda che, nonostante sprofondasse nel fango di continuo, sembrava conoscere quei luoghi palmo a palmo. Sostarono nei pressi di una roggia, nel bel mezzo di un campo di pannocchie.
<< Che cosa dovremmo fare qui? >> domandò Chiara.
<< Esercitarci. >> rispose Jonas.
<< No guarda non l’avevamo ancora capito! >> lo apostrofò Emy, facendo la sostenuta. << Lyra intendeva come potremmo riuscirci dato che non abbiamo la più pallida idea di che fare. >>
L’angelo le rivolse una smorfia. << Dovete solo concentrarvi e lasciare che l’Elemento si mostri per poi piegarlo al vostro volere. >>
Emilia si avvicinò, portandosi all’altezza del ragazzo. << Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, non te l’hanno mai detto? Che cosa ti aspetti, che schioccando le dita compaia il fuoco? >>
Appena finì di completare la frase, sul palmo della mano destra prese vita un timido fuocherello.
<< A quanto pare avevo ragione. >> la canzonò. Emilia gli fece una linguaccia. Angelo presuntuoso dei miei stivali lo insultò mentalmente. Chiara mise una mano sulla spalla dell’amica.
<< Spiegaci come funziona. >> disse gentilmente mascherando la curiosità. Jonas cercò le parole che il sacerdote aveva usato con lui per sensibilizzarlo agli Elementi.
<< In sostanza ci sono due modi per manifestare il proprio potere. Il primo permette di sfruttare l’ambiente che circonda a nostro piacimento, è semplice ed è ciò che vi insegnerò oggi. Il secondo alimenta il potere tramite i sentimenti e le emozioni, è qualcosa di instabile e complicato, basta perdere la concentrazione e arrabbiarsi per formare uno tsunami o incendiare una foresta. Tuttavia la nostra natura influisce molto, c’è chi è più portato per il primo metodo e chi per il secondo. >>
<< In ogni caso per te è facile, l’aria è sempre presente. >> puntualizzò Emilia.
<< Questo vale anche per il Fuoco, se c’è ossigeno vuol dire che il combustibile non manca. Nel caso dell’Acqua, invece, non sempre ci si può avvalere del primo metodo, immaginate d’essere su una montagna, o nel deserto, l’unico modo per servirsi di ciò che ci circonda sarebbe il vapore. >> Le ragazze annuirono, Jonas aveva ragione.
<< Insegnami. >> disse Emilia, la teoria non era il suo forte mentre nella pratica eccelleva. Bramava anche le fiamme che sentiva ribollire dentro di se.
Jonas puntò i suoi occhi grigi in quelli scintillanti della bionda; il Fuoco era forse l’Elemento che meno gli andava a genio, non vedeva altro che distruzione tra le spire.
<< Respira e cerca di percepire intorno a te la forza del tuo potere. >> le ordinò.
Emilia inspirò ed espirò ritmicamente, avvertiva la brezza frizzante ferirle le guance.
<< Ora focalizza l’attenzione su ciò che vuoi fare e fa’ affidamento solo su te stessa. >>
Emy pensò in grande: voleva creare una fiammata. Fendette l’aria con un pugno. La distesa di pannocchie davanti a lei s’incenerì per un paio di metri. Osservò stupita quello spettacolo e saltò al collo dell’amica.
<< Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! >> esultava saltando di qua e di là lanciando fiamme dalle mani.
<< Non ti gasare Emy! Vediamo che cosa sa fare il “maestro”. >> disse maliziosa Chiara, indicando l’angelo che sorrise.
<< Mi stai mettendo alla prova? >>
<< Esatto. >>
Jonas squadrò la quindicenne, voleva mostrarle qualcosa di grosso.
Si concentrò. Senza bisogno di spiegare le ali, si sollevò dal terreno in un turbinio verticale. Arrivato ad un altezza impressionante allargò le braccia e dei globi formati d’aria presero vita. Li unì, mise le mani innanzi il petto, la palla argentea era enorme.
<< Merda. >> sussurrò Emilia parandosi davanti a Chiara, allibita.
Il getto provocato da Jonas rase al suolo gran parte del campo di pannocchie. Emy erse uno scudo di fiamme sopra la testa per proteggere se stessa e l’amica. Ma quando il tornado le investì quella rozza barriera si dissolse in fretta. La quindicenne cadde nel fango, seguita a ruota da Emilia che affondò i capelli dorati nella melma marrone.
Jonas atterrò, forse aveva esagerato. Diede una mano a Lyra ad alzarsi e tese un braccio verso la bionda, sporca dalla testa ai piedi.
Le tacche mogano dei suoi occhi mandavano scintille.
Ora ti faccio vedere io. Accettò la mano. Con un gesto svelto gli ripiegò il braccio dietro la schiena, aveva imparato quella mossa seguendo una serie televisiva americana, e lo schiacciò a terra. I capelli castano chiaro dell’angelo si fusero col fango.
<< Sta’ calma Emy! >> la rimproverò Chiara, staccandola da Jonas steso sul terreno.
La bionda sbuffò, assomigliava ad un troll zozzo con tutta quella poltiglia tra i capelli.
<< Non importa, avevo esagerato. >> la difese Jonas, spazzandosi via il fango delle vesti.

Dopo quella piccola scaramuccia gli allenamenti si fecero più seri.
Emilia lanciava fiammate a ripetizione, ogni volta il getto aumentava di raggio e potenza.
Jonas affiancava Chiara alla roggia, la ragazza non riusciva a fondersi con la natura circostante e ad ogni tentativo di eseguire un attacco falliva miseramente. Si passò il dorso della mana sulla fronte imperlata di sudore.
<< Forse dovrei provare il secondo metodo. >> sospirò.
Jonas annuì << Lo credo anch’io. Quali emozioni prevalgono quando sei in contatto con l’acqua? >>
Chiara si avvicinò alla roggia, con l’indice compose cerchi concentrici. << Pace, tranquillità… mi sento a casa, protetta insomma. >>
<< Bene, concentrati su questo e abbatti le barriere imposte dal corpo, lascia fluire queste sensazioni libere. >>
Il ciondolo di Chiara si illuminò, le emozioni che stava rievocando era chiare e potenti.
La quindicenne chiuse gli occhi, si alzò e mosse qualche passo davanti a se.
Stava camminando.
Camminando sull’acqua, non dentro l’acqua.
E mentre il buio si prendeva la sua vista, le braccia e le gambe della ragazza si mossero in un’antica danza, la danza segreta delle sirene.
Dalle piante dei piedi scaturirono tentacoli d’acqua, farfalle e uccelli cristallini si animarono dalle mani, e mentre volavano le intrecciavano i capelli, piccoli tessitori guizzanti.
Gli angoli della bocca di Jonas si allargarono in un meraviglioso sorriso, Emilia smise di creare spire infuocate, lo spettacolo della sua amica che ballava ad occhi chiusi sulla superfice del fluido era stupendo.
“La Custode dell’Acqua…la bellissima Custode dell’Acqua…” pensò l’angelo, ammirato.
Perfetto, adesso è completamente andato, ha il cervello in pappa.
“Per una volta taci, sii oggettiva coscienza, è meravigliosa”.
Come Shai? lo stuzzicò.
“Sì, come Shai”.

***
ANGOLO DELL'AUTRICE-MEZZA ANDATA
Hi! Come state? Sì, lo so che non importa a fini della storia ma non sapevo come iniziare XD
Le frasi della canzone sono evidentemente riferite a Giovanni che dentro di se ha tanto della mia follia repressa XD Che ve ne pare di lui? Scemo o più scemo?
L'ultima scena dovrebbe essere a metà tra il mistico e il romantico *genere che non sono capace di rendere serio* anche perché mr. Angelo figo ... beh, Jonas falls in love come si suol dire :')
E cosa intendeva dire la sua coscienza con quel "Come Shai?" ecco tenetevelo bene a mente, mettete un post-it *o mettetelo in una cornice e trapanatevelo ma vi consiglio vivamente un post-it*
Toh, sto impazzendo di nuovo *che strano* Comunque... credo che tutti sappiate chi è Tom Cruise vero? E Jennifer Lawrence? Ecco se non sapete chi è J.L ve lo dico io, è l'attrice che ha interpretato *magnificamente* Katniss Everdeen nel film Hunger Games, beh se non sapete che cos'è HG siete messi male XD
Ok, alla prossima! C U later!

Water_wolf

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Capitolo 8
*** 8 Sei proprio un idiota, Jonas ***


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Una voce gracchiante faceva da sottofondo al sonno di Chiara che dormiva con la testa appoggiata sul banco, la chioma nocciola sparsa sul legno come tanti tentacoli.
Era passata una settimana da quando Marco era tornato. La quindicenne metteva anima e corpo negli allenamenti e i risultati ne erano testimoni.
Il resto del tempo libero lo trascorreva a casa di Giovanni, con Jonas che lentamente si stava abituando alle stramberie dello scrittore.
Lì si scervellava tentando di imprimere nella memoria formule matematiche, parole inglesi e nozioni di chimica. Talvolta l’angelo l’aiutava a fare i compiti, diceva che “mantenere la mente attiva non poteva certo fargli male”.
In realtà la verità era un’altra perché appena si accomodava su una sedia al fianco di lei sentiva d’entrare in un altro mondo. La sua mente spalancava le porte della fantasia e lasciava che torrenti di pensieri lo inondassero.
Adorava osservare Chiara mordersi le labbra e trastullare il cappuccio di una penna in cerca alla soluzione di chissà quale enigma. Le sedeva accanto, si fingeva interessato al problema mentre invece spiava gli occhi nocciola della ragazza, poco dopo se ne usciva con una battuta idiota o una soluzione plausibile, guadagnandosi un sorriso sincero o un pugno innocente sulla spalla.
La sua coscienza lo tormentava, bastava pronunciasse l’iniziale di quel nome tanto conosciuto e un fiume di sensi di colpa e pensieri negativi lo investiva. Era una situazione insolita per uno come lui, abituato ad essere oggetto del gossip tra ragazze, ora si ritrovava a fantasticare sulla bellezza semplice e delicata di quella ragazzina cui non conosceva nemmeno il passato.
“Sei un idiota” si ripeteva all’infinito, finché quella frase non divenne una litania, una preghiera che recitava fin dal mattino. Sapeva bene che quelli erano i sintomi di un’infatuazione, ma non voleva crederci, così continuava ad ignorarli.
Ma poi Chiara chiudeva libri e quaderni e li sbatteva con malagrazia nella borsa e prendeva il quaderno di disegno, lo sfogliava finché non trovava un foglio bianco, apriva l’astuccio, disponeva le matite colorate sul tavolo e disegnava. Con una penna si riportava i capelli in uno chignon disordinato; quel gesto lo faceva impazzire.
Anche Giovanni tirava fuori il suo blocco d’appunti e annotava con cura, la scrittura minuta e ordinata, ogni singolo dettaglio che la riguardava.
Jonas si affacciava alla finestra e la scrutava con la coda dell’occhio. Allora la litania continuava.
Da qualche giorno la quindicenne si accaniva su una tavola, il ritratto dell’angelo. Chiudeva gli occhi e riportava alla memoria le sue ali dalle piume color latte e ne abbozzava il profilo. Per il corpo invece lanciava rapide occhiate a Jonas, conteneva il rossore che le prendeva le guance ogni volta che compieva quel gesto, e riportava su carta il tutto.
L’appartamento in cui abitava era diventato un luogo di passaggio, l’aria di tensione che aleggiava lì la faceva rabbrividire.
I ricordi spiacevoli affioravano alla mente e una morsa invisibile le attanagliava lo stomaco.
A cena spizzicava qualche boccone, e appena suo padre la lasciava sola, senza dimenticarsi di trapassarla con lo sguardo, si accaniva sul cibo che prima si limitava a torturare.
Avrebbe voluto che Emilia fosse con lei, per infonderle la forza necessaria. La Custode del Fuoco però aveva una famiglia presente, le scampagnate sempre più frequenti insospettivano i genitori e i due fratelli la tartassavano di domande fino a farle rimpiangere di non essere figlia unica.
<< Bianchi, è fra noi? >> domandò acida la professoressa.
La quindicenne si svegliò di soprassalto, levò il capo sbattendo contro il muro. La classe esplose in una risata. Chiara mugugnò qualcosa simile ad un “sì”. La professoressa non doveva essere in vena di torture così continuò a spiegare imperterrita. Lyra si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
La stanchezza dovuta alla sua natura, il ritorno del padre, e pensieri erranti che riguardavano Jonas erano un tarlo fisso.

La mattinata si concluse col solito trillo della campana sovrastato dalla confusione provocata dagli studenti. Emilia si accostò a Chiara.
<< Allora oggi si va in piscina? >>
La quindicenne si voltò, da quando dovevano andare lì? Emy sbuffò, gli occhi sgranati dell’amica chiarivano ogni dubbio. << Te ne sei dimentica, vero? >>
Chiara sfoggiò un sorriso da ebete << Nooo. >>
La bionda si trattenne dal ridere, Lyra era proprio scema a volte.
<< Almeno hai un costume a casa? >> le chiese.
<< Veramente…non ne ho più uno dalla quinta elementare. >> ammise sempre sorridente.
Emilia non le domandò nemmeno perché non si fosse comprata un costume in tutti quegli anni e si affrettò a scendere dalla tromba delle scale.
<< Vorrà dire che prima di andare i piscina ci fermeremo in centro e ne prenderemo uno. >>
Chiara scrollò le spalle << Come vuoi tu. >> Non che trovasse quell’idea allettante ma era da parecchio tempo che non nuotava in uno spazio diverso dalla vasca da bagno che, tra l’altro, sembrava essersi rimpicciolirsi ogni volta che la quindicenne ci entrava.
Quando furono in metropolitana Emilia sorrise all’improvviso, si era ricordata di un piccolo dettaglio. << Sai, Ly, viene anche Jonas. >>
Chiara strabuzzò gli occhi e arrossì notevolmente. Emy rise maliziosa << Certo che sei strana forte, hai l’opportunità di osservare quegli addominali meravigliosi e non la cogli? Secondo me lui ti… >>
Lyra le tappò la bocca prima che potesse completare la frase. << Non ci pensare nemmeno! >>
Gli occhi di Emilia brillarono e lei si mise a canticchiare un motivetto nuziale, lo stesso che i bambini delle elementari usavano per canzonare i compagni.
Chiara le voltò le spalle e incrociò le braccia. Sospettava che quello fosse uno dei loschi piani che l’amica architettava delle ragioni oscure, col fine principale di divertirsi.
Sospirò, sarebbe stata una lunga giornata.

§

Jonas ripassò mentalmente la via da percorrere per giungere al Duomo, luogo prescelto per l’incontro con Emilia e Chiara. Poggiò la mano sul pomello della porta ma la voce di Giovanni lo bloccò.
<< Credi che accetteranno ragazzi in mutande lì? >>
L’angelo corrugò la fronte << Che cosa vuoi dire? >>
<< Niente, niente…solo vedo che non hai nulla oltre che quei vestiti, se riesci ad entrare in acqua conciato così buon per te ma ti consiglio di comprare qualcosa di più adatto. >>
Jonas si diede dello stupido, non ci aveva pensato. Giovanni frugò nelle tasche del giubbotto, tirò fuori il portafoglio e prese un paio di banconote azzurrine. Le porse a Jonas che indietreggiò.
<< Non posso accettare i tuoi soldi, già sto qui gratis e mi sembra abbastanza. >>
Giovanni gli fece il verso. << Voi giovani siete tutto questo bla-bla-bla di buone maniere e poi vi abbassate al giro della mafia per sopravvivere. Senti, tu ora li prendi e non fai storie. >>
<< Ma >> tentò di ribattere.
<< Niente ma! Fallo per il pudore pubblico e, se non ti interessasse della comunità, fallo per il benestare dei tuoi gioielli. >>
Jonas squadrò il quarantacinquenne, se avesse potuto l’avrebbe strozzato.
<< Oppure fallo per il bel vedere di Chiara… >> lo stuzzicò. L’angelo gli strappò di mano le banconote e si gettò giù dalle scale.
Lo scrittore era riuscito nel suo intendo.
Si sporse fuori dall’uscio e gridò << Si vede lontano un miglio Jonas! >> Rise, ricordando i bei tempi passati. << Con quella faccia non riusciresti a mantenere segrete due relazioni, figuriamoci una cotta! Prima o poi dovrai dirglielo! >>
Jonas scosse la testa con forza come se quel gesto bastasse a far scomparire certi pensieri. Si concentrò sull’odio che aveva iniziato a provare per Giovanni. Si ritrovò a progettare un omicidio perfetto.
“Guanti in lattice, una pistola, cambio di vestiti…cos’altro?" Un silenziatore gli suggerì la sua coscienza. “Già, hai ragione, silenzio e rapidità saranno le parole d’ordine”
Si crogiolò in quei pensieri maligni, imboccò il sottopassaggio della metropolitana a grandi falcate.
Sapeva che quella sua fantasia era irrealizzabile ma non voleva privarsi di quel sottile piacere.

§

Emilia tramava tra se e se l’unione tra Lyra e Jonas. Aveva capito subito che l’angelo sbavava dietro all’amica dal primo allenamento in campagna e non sembrava poi così idiota da ferirla inutilmente. Per i suoi standard era più che passabile.
<< Emilia! Allarme piccione! >> urlò Chiara, mettendola in guardia da uno di quegli uccellacci che avevano prescelto il Duomo di Milano loro nido.
La bionda si scansò giusto in tempo per essere fuori dalla traiettoria dell’escremento semi liquido del piccone.
Quei volatili erano una vera scocciatura, passavano sopra le teste dei passanti come aeroplani su una città da bombardare e, quando non riuscivano più a contenersi, sganciavano un missile tra il marrone e il bianco che colpiva il capo di una persona ignara, rovinandole non solo i vestiti ma anche l’intera giornata.
Emilia lanciò una piccola fiamma che bruciacchiò le piume caudali del piccione.
<< Emy! >> sibilò Chiara prendendola per un braccio << Sei impazzita?! E se qualcuno ti avesse vista?! >>
Emilia roteò gli occhi << Sì sì, sono stata imprudente ma ogni tanto quei pennuti dovranno pure imparare! >>
Si riportò una ciocca dietro l’orecchio e all’improvviso sorrise. << Guarda guarda, c’è Jonas. >> Chiara le scoccò un’occhiataccia.
<< Dove?>> chiese atona cercando la figura del ragazzo. La bionda puntò l’indice verso un punto indefinito. << Là, dietro il culo del cavallo. >>
Chiara era indecisa se ridere o piangere, possibile che Emilia avesse così poco rispetto per una statua importante come quella?
<< Andiamo simpaticona. >> Emilia sorrise maliziosa, era da quella mattina che bramava il momento in cui si sarebbe ritrovata con l’amica e il fusto, così avrebbe potuto escogitare una strategia per farli avvicinare quel che bastava. Che il piano “a-distanza-di-bacio” abbia inizio.
<< Ciao! >> disse con voce fin troppo squillante. << Pronti per lo shopping? >> fece la bionda, era fin troppo contenta.
Jonas corrugò la fronte, perplesso. << Lyra non ha il costume, quindi dobbiamo comprarne uno. Poi…neanche tu avevi previsto di farti un bagno, giusto? >>
Jonas si sentì punto sul vivo. Annuì poco convinto.
<< Bene. Andiamo! >> Fece per girarsi quando Chiara la fermò << Emilia, siamo agli inizi di marzo, dove credi di trovare un costume da bagno fuori stagione? >>
La Custode del Fuoco allargò il suo sorriso << Seguimi e lo scoprirai! >>
Scomparse tra la gente e Jonas e Chiara si affrettarono a raggiungerla. Imboccarono parecchie viuzze finché Emilia non entrò in un palazzo grigio. I due indugiarono davanti al portone, quel luogo non assomigliava ad un negozio.
<< Allora, vi muovete? >> li incalzò Emy. Chiara e Jonas varcarono la soglia titubanti. La bionda salì le scale fino al quarto piano, tirò fuori dalla borsa un mazzo di chiavi, passò in rassegna a molte di esse e alla fine infilò quella giusta nella serratura. Aprì la porta e fece segno d’entrare agli amici. Un odore di pelliccia e vecchio aleggiava per tutto l’appartamento.
<< Che cos’è questo posto? >> domandò Jonas.
<< Un magazzino, molti negozi di vestiti lasciano qui l’invenduto e non se ne curano più. >> rispose pacata, passando in rassegna a dei cappotti di dubbio gusto.
<< E tu come fai ad averne le chiavi? >> chiesero all’unisono i due.
Emilia scrollò le spalle << Le ho rubate. >> Chiara sgranò gli occhi, Jonas sbiancò.
La bionda rise << Scherzavo! In realtà mia zia si occupava di tenere in ordine tutto, così ha fatto una copia delle chiavi e me le ha date qualche tempo fa, “per le spese impreviste”. >>
<< Questo è un reato, lo sai vero? >> la rimbeccò la quindicenne.
<< Già, ma noi non stiamo facendo nulla di male, smaltiamo tutta roba e paghiamo ciò che prendiamo lasciando i soldi sul tavolo. >>
L’angelo sospirò << Facciamo in fretta. >>
Si diressero verso un mucchio di capi estivi ammassato sulla moquette, frugarono per dieci minuti buoni ma alla fine scovarono un cartone colmo di costumi da bagno, sia maschili che femminili.
Si stupirono nel notare che vi erano dei camerini malmessi, con le tende sgualcite ma ancora servivano il loro scopo.
Chiara si svestì in fretta e furia, l’aria fredda le fece gelare il sangue. Dopo aver provato un paio di costumi trovò quello che faceva per lei: dal taglio semplice, color acqua marina con stampe bianche. Un pensiero corse subito al seno piccolo. I trapezi erano morbidi sulla pelle, e constatò che non sembrava un tacchino spennacchiato come credeva, anzi, il costume le stava a pennello.
Jonas non si disturbò nel provare un secondo modello, il primo gli andava più che bene. L’angelo si accontentava di soddisfare solo il suo gusto personale, non era un amante della moda, che poi ogni capo che indossava gli stesse bene era un altro paio di maniche.
I ragazzi depositarono i soldi sul bancone, uscirono da quello strano magazzino e imboccarono la via d’uscita.

Lo spogliatoio era ampio, alle pareti erano affissi armadietti blu e qua e là degli specchi. Chiara osservò la sua immagine riflessa. Carina… può andare.
Emilia le mise una mano sulla spalla, facendola sobbalzare. Fasciata in quel costume sensuale color corallo, il reggiseno a fascia con lo scollo a cuore, sembrava la ninfa della sua visione.
La piscina era deserta, il bagnino era giovanissimo e sonnecchiava beato su una sedia di plastica.
Emilia conosceva bene quel luogo, ci era stata molte volte da bambina e sapeva che solo d’estate la piscina era ghermita di gente e la sicurezza più presente; in quel periodo dell’anno invece si era liberi di ignorare le norme più costrittive.
Quando l’angelo vide la quindicenne e Emilia non si scompose, si avvicinò le invitò ad entrare in acqua. Appesero gli accappatoi e si liberarono delle ciabatte gommose.
Chiara si sedette sul bordo, il primo contatto con l’acqua fresca la fece rabbrividire, poi, scivolando sempre più giù, si sentì forte e tonica. L’elemento l’accolse come padrona. Chiuse gli occhi e si immerse, i capelli nocciola assunsero una sfumatura rossiccia. Jonas si nascose sott’acqua con la scusa di ambientarsi ma, in realtà, avrebbe voluto scomparire da lì.
Non riesci proprio a resisterle, eh? lo canzonò la sua coscienza.
“Sì! Non ce la faccio, ok!? E’ così, così…”
Bella? Aggraziata? Esile? Non c’è bisogno di ricordarlo ogni volta.
Jonas sbuffò e una nuvola di bollicine salì in superfice. “Lo so ma è la mera verità, la guardo e provo l’impellente bisogno di salvarla, di abbracciarla.”
La vocina dentro la sua testa rise E’ ironico pensare che non c’è nulla da cui doverla proteggere se non la tua demenza!
Jonas si lasciò sprofondare, anche se gli costava ammetterlo la coscienza aveva ragione, non c’era niente da cui dovesse salvarla.

Era da due minuti che Chiara aveva la testa sott’acqua. Sorrideva felice, non avvertiva il bisogno di respirare come se fosse all’improvviso diventata un pesce. Nuotò sul fondo della vasca, aprì gli occhi, il cloro non bruciava e si stupì di riuscire a distinguere le sagome degli amici perfettamente. Rise, e l’acqua non la soffocò. Riesco a respirare sott’acqua! Riesco a respirare, a vedere!
Avvistò le gambe lunghe e snelle di Emilia e si avvicinò a lei, silenziosa e letale come uno squalo.
Agguantò la caviglia dell’amica e trascinò giù. Rise come una matta nel vedere la sua faccia piena di sgomento. Entrambe risalirono in superfice, una paonazza di rabbia, l’altra che faticava a stare a galla dalle risate.
<< Ora ti ammazzo Lyra! >> strillò Emilia. << Provaci! >> la stuzzicò Chiara, nuotando veloce schizzando la bionda.
Jonas riempì i polmoni d’aria. Rimase incantato nell’osservare le due ragazze giocare. La litania rimbombò forte nella sua mente ma lui non ci badò. Quelle parole avevano quasi perso ogni significato per quanto le aveva ripetute.
La quindicenne gli spuzzò dell’acqua in faccia. << Ehi J, ci sei? >> domandò gentilmente.
L’angelo si riscosse << Sì, sì. >>
Chiara alzò le spalle. << Eri imbambolato lì senza muovere un muscolo, una perfetta ameba! >> scherzò lei.
<< Davvero? >> Jonas la prese per i fianchi e le fece il solletico, affondando nell’acqua in una nuvola di bolle.
L’angelo respirò spasmodicamente, a Chiara invece sembravano essere spuntate le branchie.
I tre giocarono tra spruzzi e risate, dimenticandosi dello scorrere del tempo. La quindicenne fissò il ciondolo che portava il collo e disse << Vediamo cosa riesco a fare con tutta questa acqua. >>
Si immerse. Toccò il fondo coi glutei, socchiuse gli occhi e percepì ogni singolo litro d’acqua. Distese le braccia e recitò una formula nella lingua delle sirene. Non aveva idea di come la conoscesse ma le parve la cosa più facile al mondo.
Due globi blu cobalto presero forma tra le sue mani e lentamente risalì in superfice. Emilia e Jonas si spostarono. Piccole onde smossero l’acqua. Chiara mormorò una seconda volta la formula e intorno a lei si formò un muro azzurrino. Levitò sospinta dalla potenza dell’acqua fino quasi al soffitto.
<< Yak. >> disse nella lingua delle sirene, la parola significava “basta”. L’incantesimo però non si ruppe e l’acqua vorticò attorno al suo corpo sempre più forte. << Yak, yak, yak! >> urlò ma non accadde nulla.
Jonas era aggrappato al bordo, con l’altra mano invece stringeva Emilia, cercando di non essere risucchiato da quel vortice.
Chiara perse la concentrazione per colpa della disperazione che l’aveva attanagliata non appena la formula non aveva sortito l’effetto desiderato.
Il mulinello si dissolse all’improvviso, l’acqua scrosciò potente nella piscina. Il bagnino doveva avere il sonno pesante, non si era accorto di nulla. Jonas ed Emy furono sommersi dall’inaspettata marea. Lyra si ritrovò a fluttuare nell’aria, sospesa a cinque metri dalla vasca. << Merda. >> imprecò mentre precipitava.
Lo schianto con l’acqua le provocò un dolore acuto alla schiena, calò a picco finché non incontrò le piastrelle sul fondo battendo la testa.

§

Una luce improvvisa le ferì gli occhi. Un vociare di bambini la fece svegliare. Si mise a sedere di scatto, rischiando poi di sbilanciarsi per colpa d’un capogiro.
<< D-dove sono? >> chiese Chiara. I bambini strillarono e scapparono via correndo. La quindicenne non capiva. Dov’era Emilia? E Jonas? La piscina?
Si alzò stropicciandosi gli occhi. La luce era insopportabile. Quando si fu abituata credette d’essere impazzita. Un paesaggio di alghe e coralli la circondava, i piedi toccavano una sabbia bianchissima, e un palazzo d’acqua e madreperla s’innalzava davanti a lei.
<< Non ti preoccupare, non sei pazza. >> la rassicurò una voce suadente alle sue spalle. Chiara si voltò e appena vide la creatura che aveva parlato lanciò un grido.
Quella rise << Sono una sirena, non un mostro, non avere timore di me. >>
<< E’ facile dirlo, non sei tu quella che all’improvviso si ritrova nell’oceano! >> ribatté Chiara.
La sirena rise di gusto << Mi avevano avvertita che la Custode avesse un bel caratterino. >>
<< Che? >>
<< Re Rias e Regina Moi mi avevano parlato del tuo arrivo. Il popolo sottomarino ti deve parlare Custode. >> disse seria la creatura.
<< Aspetta…stai dicendo che mi hanno fatto venire qui apposta? >>
La sirena annuì << E’ risaputo che il collegamento tra il nostro popolo e la Terra avvenga tramite sogni o stati d’incoscienza. Quando sei svenuta il Portale si è illuminato e così io sono accorsa, come il ruolo di Sacerdotessa del portale mi impone. >>
Chiara incominciava a cavarci un ragno dal buco. << Quindi quello che è successo era un piano premeditato per dirmi qualcosa? >>
La sirena fece un segno d’assenso col capo.
<< E un semplice “Ehi, Chiara, perché non vai a dormire così ti parliamo”, no eh? >> sbottò lei.
La sacerdotessa sorrise << Non sono io a decidere, se il Re e la Regina hanno ritenuto necessario ciò che è accaduto chi sono io per poterli mettere in dubbio? >>
Chiara sospirò, in fondo era solo svenuta, aveva inondato l’intera piscina e forse Jonas ed Emilia la credevano morta, non era poi così grave.
<< Comunque >> continuò la sirena << devo comunicarti delle importanti informazioni, riguardano lo sviluppo dei vostri poteri. Re Rias ha di recente scoperto un antico volume ove sono riportati appunti interessanti. L’autore dell’opera, infatti, crede fermamente che il dominio degli Elementi sia più limitato trattenuto nel corpo umano del Custode. >>
<< Questo però è il mio unico aspetto, non posso trasformarmi all’improvviso in una sirena o in un delfino. >> commentò Chiara.
<< Comprendo i tuoi dubbi. Perciò la Regina Moi ha esaminato più volte le carte e ha trovato un capitolo riguardante le Forme Originarie degli Elementi. Acqua, Fuoco, Terra ed Aria prima erano racchiusi nel corpo di quattro animali leggendari: la Tigre Azzurra per l’Acqua, il Drago Rubino per il Fuoco, il Giaguaro della Foresta per la Terra ed infine, il Pegaso Alato per l’Aria. Dovete imparare ad entrare in uno stato di trance il quale vi permetterà di farvi mutare aspetto. >>
<< Scusa, come dovremmo fare? >> domandò Chiara, dubbiosa. La sacerdotessa sfilò dalla cinta di cuoio un’ampolla di vetro soffiato.
<< Basterà inalare un po’ di questa pozione e aprirvi completamente alla natura. Poi, quando sarete abbastanza esperti, sarete in grado di farlo senza l’ausilio di essa. >>
Chiara prese la boccetta e la rigirò tra le mani.
<< Ovviamente, il vostro stato animale sarà proporzionato allo sviluppo dei vostri poteri. Quando raggiungerete una certa dimestichezza con essi, la trasformazione sarà completa. In quello stato i vostri poteri saranno alla massima espansione e sconfiggere Zeigen sarà più semplice. >>
La quindicenne abbozzò un sorriso << Certo, grazie… >>
<< Ayh, mi chiamo Ayh. >>
<< Grazie mille Ayh. Ora come faccio a tornare indietro? >>
<< Questo è compito mio, tu resta solo immobile. >> disse la sirena, accorta.
Una luce bianca accecante piombò su Chiara.
Un ufo? pensò, ricordandosi tutte gli strani bagliori dei dischi volanti. Poi fu come se lei non fosse mai stata lì. Avvertì di nuovo l’acqua sulla pelle e aprì gli occhi.

§

<< E’-è m-morta? >> chiese Emilia, titubante.
Jonas le scoccò un’occhiataccia. << No che non lo è! >> sbraitò << Non senti che respira? >>
La bionda incrociò le braccia. << Oh, e da quando Mister Fusto è diventato un medico? >> lo schernì.
L’angelo scosse il capo per scacciare quell’irritante nomignolo. Appena era risalito e non aveva visto Chiara si era immerso e l’aveva poggiata sul bagnasciuga.
<< Secondo me dovresti farle la respirazione bocca a bocca. >> sentenziò Emilia, china affianco a Jonas su Chiara.
<< Perché non gliela fai tu? >> la rimbeccò indignato.
<< Perché se quell’idiota di un bagnino si sveglia e mi vede attaccata ad una ragazza penserà che sono lesbica! >>
<< Tu sei proprio scema! Non tutti arrivano a conclusioni così affrettate! >>
<< Comunque mal che vada la baci, così finalmente capisci se la ami o no. >>
Le guance di Jonas avvamparono ma lui fece di tutto per non scomporsi.
<< Perché pensi che Lyra mi piaccia? >> si schermì. Emilia puntò i suoi occhi in quelli dell’angelo.
<< Perché è vero. >>
Jonas alzò il sopracciglio ostentando un’aria noncurante << Vorrà dire che sei pazza. >>
<< Tu credi? >>
<< Sì. >> disse duro.
<< Ti sbagli. >>
<< No, tu ti stai sbagliando. >>
<< Ma allora la vuoi salvare o no diamine!? >> sbottò Emilia, il suo piano non poteva fallire.
<< Io… >> balbettò.
<< Tu, tu, tu! Muoviti! >>
Jonas si rassegnò. In fondo voleva davvero aiutarla. Si avvicinò al viso di Chiara ma si ritrasse, non riusciva ad immaginare il momento in cui avrebbe posato le proprie labbra sulle sue.
Emy gli intimò di continuare. Jonas raccolse tutto il coraggio che trovò e sfiorò la bocca della ragazza.
All’improvviso Chiara aprì gli occhi.
“Merda” imprecò tra se. La quindicenne gli mollò uno schiaffo sulla guancia.
“Me lo merito”. Lyra si alzò di scatto e guardò furente l’amica, che era improvvisamente impallidita.
<< Tu… >> balbettò rabbiosa.
Emilia indietreggiò a carponi. << Non ho fatto niente Lyra, te lo giuro. >>
Chiara fece una risatina isterica << E istigare l’angelo lì a baciarmi è il tuo “niente”, vero? >>
Emy fece gli occhi dolci << In f-fondo non era nulla di m-male. >> tentò di giustificarsi.
<< No? >>
<< Oh diavolo, tu hai inondato una piscina! >>
<< Per colpa tua l’ho schiaffeggiato, capisci?! >>
Emilia sorrise << Ti preoccupi per lui? >>
Chiara si trattenne dal gridare. << Non è questo il punto. Se avessi voluto un bacio, e non lo volevo, avrei deciso da sola come e quando farlo! >>
<< Suvvia, un innocente bacetto… >>
<< No! Il mio primo innocente bacetto semmai! >> la corresse inviperita.
Jonas si alzò in piedi e mise una mano sulla spalla della quindicenne. << Hai frainteso, Emilia ed io pensavamo che … >>
Chiara si voltò di scatto e gli tirò un altro schiaffo che Jonas evitò prontamente. << Non toccarmi! >>
L’angelo alzò le mani in un gesto di stizza.
<< Forse è meglio se ce ne andiamo. >> propose Emilia in tono mesto.
<< Forse! >> sbottò Chiara, sarcastica.
“Una giornata davvero memorabile” pensò l’angelo raccogliendo l’accappatoio.
La coscienza rise acida Sei proprio un idiota Jonas.

***
ANGOLO DELL'AUTRICE
Good Evening Gentlemens and Ladies! How are you?
Ok, smettiamola di fare la simpaticona che è meglio.
Sono accadute parecchie cosucce interessanti direi, first of all, Jonas è proprio cotto, poi Emilia trama segretamente e Chiara si è rivelata una pugile provetta XD
Certo che ha una sfortuna immane quel povero angelo...
Allora, beh, non so se qualcuno di voi piccoli *o grandi?* lettori abita a Milano ma vi assicuro che i piccioni sono davvero una scocciatura >3<
Il cavallo a cui mi riferisco è la statua equestre di Vittorio Manuele, bella sì ma quasi sempre in manutenzione XD
Emilia in questo capitolo si è un po' lasciata andare alle idiozie, colpa mia, l'ho influenzata troppo ^-^
E ora.... *cala il sipario* vorrei ringraziare sinceramente le persone che stanno leggendo e soprattutto recensendo questa storia. Un applauso a *ta-ta-na-na* KingPetertheMagnificent, Hoshi98, Akilendra, Bimba98, clo_smile, roncatella, Clary1853, marty_17, Muix, CasperSky_98, chiaraviolinista, ScudoDiTiglio, Roberta Styles Cannavo
Vorrei chiedere a molti di voi il motivo dei vostri nickname, sono davvero strani *come se il mio non lo fosse =3=* e mi piacciono!
Ritornando sulla retta via, grazie davvero, you are my power!
Questa storia sta incominciando sta provando a volare e, nonostante creda che sia comunque un pinguino senza speranze, forse un giorno *lontano-ano-ano-ano* ce la farà ^-^
Good, spero che questa patetica scenetta non vi abbia fatto storcere il naso e che questo capitolo vi sia piaciuto!

Water_wolf

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Capitolo 9
*** 9 Pensieri ***


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"You surprised me,
hypnotized me,
Found my weakness,
then you creeped in
Took my heart then,
oh you started
To make my whole world just explode!
Bam, Miranda Cosgrove"


Chiara sbatté la porta di casa alle spalle. Era di umore nero, si potevano quasi vedere nuvoloni grigi sopra la sua testa. Marco la squadrò dal divano. << Dove sei stata? Sono quasi le sette. >>
La quindicenne lo ignorò e si diresse nella propria camera. Il padre la raggiunse, era pur sempre un suo compito badare alla propria figlia. << Dimmelo. >> tuonò sulla soglia.
Chiara si chiuse in un ostinato silenzio, disfece la borsa e poggiò i libri di testo sulla scrivania, facendo particolarmente cura a non rompere l’ampolla che le aveva consegnato la sirena. << Non fare la bambina Chiara, non puoi ignorarmi per sempre. >> insistette.
<< Ma io sono una bambina, come dite sempre per rimproverarmi. >> ribatté acida la quindicenne, senza degnare d’uno sguardo suo padre che stava diventando paonazzo dalla rabbia. Come poteva una ragazzina trattarlo a quel modo?
<< Eri con lui, vero? >> domandò titubante, avendo paura della risposta che sua figlia avrebbe potuto dargli. Chiara si voltò verso di lui e puntò i suoi occhi in quelli di Marco. << Sì. >> sentenziò sforzandosi di mostrarsi decisa.
Un’ombra scurì il viso dell’uomo. Marco la prese per un braccio << Che avete fatto? >>
Chiara sentì il sudore freddo scivolarle lungo la schiena. << Siamo andati in piscina. C’era anche Emilia. >> rispose dura. Il padre parve rassicurarsi un attimo ma invece la colpì a tradimento << L’avete “fatto” quella notte? >> La quindicenne abbassò lo sguardo. << E’ un “sì”? >> la incalzò con la rabbia che gli montava dentro.
La Custode dell’Acqua si riscosse, doveva difendere Jonas o almeno provare che non era uno stupratore. << No. >> capitolò.
Marco le strinse il braccio << Giuralo. >>
A Chiara venne da ridere ma si trattenne e sfoggiò solo un sorriso beffardo. << Perché è così importante che lo prometta? Non credi a quello che dico? E se anche avessi fatto l’amore con lui a te cosa importa? Poteva essere la persona che amavo, quella con cui volevo stare per tutta la vita, e tu lo avresti rifiutato ugualmente. Quindi perché non la smetti di preoccuparti per me e non te ne torni al lavoro? Perché non ritorni da lei? >>
Marco si sentì punto sul vivo. Strinse così forte il braccio di sua figlia che la ragazza non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un gemito. << Non hai il diritto di trattarmi così, capito?! >> sbraitò Marco. Chiara sentì gli occhi umidi e li chiuse pur di non mostrarsi debole di fronte a suo padre. << Mi fai male. Lasciami. >> mormorò.
L’uomo mollò la presa simultaneamente, andò in salotto, prese il cappotto e annunciò << Questa sera non ci sarò a cena, non aspettarmi. >>
Meglio. Con rabbia si diresse in bagno, si svestì velocemente gettando i vestiti sulle piastrelle verdognole e andò nella doccia. Di solito usava la vasca da bagno, preferiva avvertire l’acqua attorno a se, ma quel giorno era troppo irata per aspettare che la conca si riempisse. Aprì l’acqua al massimo della sua potenza e si lasciò bagnare delle gocce guizzanti.
Si accasciò contro la parete e, seduta sul freddo fondo della doccia, urlò. Inveì contro il destino, rese il mondo partecipe del dolore che la divorava da tre anni. Gridò finché la gola non le dolette. Poi, cullata dal getto del doccino, si addormentò.

§
 

<< Ti amo. >> sussurrò Marco, abbracciato ad una donna bruna, bella e formosa.
<< Anch’io. >> rispose quella, regalandogli l’ennesimo bacio di quella serata. Marco si fece prendere dall’euforia e si unì alla bruna ancora e ancora. La donna si staccò da lui e domandò << Hai detto che tua moglie e tua figlia non saranno qui entro domani, giusto? >>
Marco la baciò. << Non ti preoccupare, non c’è motivo d’avere paura.>> Invece ce n’era eccome.
L’orologio scoccò l’una e un quarto quando una chiave si mosse nella toppa. Marco e Celine si erano addormentati, stanchi dopo il fervore di quella notte. Un chiacchiericcio soffuso riempì le stanze. Due voci femminili parlavano del più e del meno, ignare di ciò che era accaduto quella sera.
<< Vado a vedere papà, è così buffò quando dorme! >> disse Chiara, felice. Lei e sua madre erano appena tronate da un week-end in una SPA, vinto partecipando ad uno dei mille concorsi indetti dalle marche famose di prodotti di bellezza.
Per loro fortuna, o sfortuna, a seconda dei punti di vista, riuscirono salire sul primo treno diretto a Milano ed arrivare quella notte. La ragazzina si stupì di trovare la porta socchiusa, di solito suo padre era un maniaco della perfezione.
La scostò giusto quel che basta per far filtrare un raggio di luce che illuminò la camera da letto e individuare due figure e le coperte raggruppate ai loro piedi. Si stropicciò gli occhi, forse la stanchezza le stava giocando dei brutti scherzi. Aguzzò la vista e la vide: la donna bruna che dormiva abbracciata a suo padre. Avrebbe voluto gridare ma non aveva più voce, avrebbe voluto svegliarsi da quell’incubo e ritrovarsi nel letto soffice della SPA.
<< Allora? >> chiese la mamma poggiandole una mano sulla spalla, affiancandola.
Le bastò spostare lo sguardo dalla figlia al letto per comprendere. << Va’ in camera Chiara. >> le ordinò con durezza che mai aveva adottato nei confronti della ragazza.
La dodicenne non si mosse, era impietrita innanzi quella scena.
<< Va’ via! >> gridò la madre spingendola fuori dalla stanza. Chiara corse a rifugiarsi in camera sua, spalancò le ante dell’armadio e si nascose dentro come aveva fatto mille volte da piccola quando c’era qualcosa che la terrorizzava mortalmente. Senza accorgersene scoppiò a piangere; cercava di trattenere le lacrime ma inutilmente, quelle scendevano copiose dai suoi occhi senza il minimo accenno a smettere. Così pianse come un adulto, in silenzio, tra lacrime di rabbia e disperazione. I suoni le giungevano ovattati in quel marasma di vestiti.
Due donne urlavano, una era sua madre, l’altra non la conosceva.
Suo padre tentava di farle smettere. “Zitta Celine!”, “Perdonami Monica…” diceva.
Ma le due non si fermavano, anzi presero a insultarsi più forte. Marco non aveva mai gestito bene la rabbia né tanto meno la tensione.
Fu una svista, perse il controllo per un attimo e lo schiaffo colpì sua moglie in pieno volto, facendole battere la testa contro lo spigolo del comodino.
Celine fu cacciata fuori da casa in gran fretta, i baci e le carezze dell’uomo cui prima si era unita erano solo un lontano ricordo.
Partirono una serie infinita di telefonate, di spiegazioni affrettate alla pattuglia e rumori confusi di sirene. Un medico portò Monica all’ospedale in fretta e furia, Marco fu ammanettato e trascinato via a forza, e Chiara rimase sola, nel silenzio comodo del suo nascondiglio. Non mangiò e non bevve per un giorno intero, poi la vicina si ricordò di lei e la trovò raggomitolata nell’armadio. La porta dell’appartamento era rimasta aperta e col trambusto della notte scorsa nessuno si era accorto di lei.
La donna cicciottella la condusse in ospedale dove sua madre dormiva. Non capiva nulla di quello che stava accadendo ma voleva sapere, nessuno però le badava, la trattavano come una poppante. << Qualcuno mi può dire che cosa cazzo ha mia mamma!? Dannazione! >> urlò il terzo giorno.
Un dottore la squadrò da capo a piedi e la portò in una stanza appartata. Le spiegò la situazione in poche parole semplici: “ha battuto la testa…è in uno stato di semi-coscienza…non sappiamo quando si sveglierà”. Il medico si aspettava che la ragazzina scoppiasse in lacrime, che gli attendesse un lungo giorno intento a consolarla, invece accadde tutto il contrario. Chiara tirò su col naso, chiese che le fosse portato un foglio di carta e una matita e si mise a disegnare. Non era nulla di più che uno scarabocchio della stanza dove sua madre era ricoverata ma in quel modo riusciva a non pensare.
Alcuni curiosi si soffermarono un poco a guardarla, non dissero nulla, poi la lasciarono di nuovo sola.
<< Ma non hai nessuno con cui stare? >> le chiese un’infermiera scura di carnagione, il quarto giorno. Chiara scosse la testa. La giovane donna si abbassò al suo livello e le disse poche parole concise << Senti, noi non possiamo tenerti qui, è contro le regole. Se ti va posso portarti a casa mia per qualche giorno, ti piacciono i cani? >>
La dodicenne la guardò, non le appariva intenzionata a farle del male così annuì. Quella notte dormì su un vero letto, mentre un meticcio dal manto bianco sporco le leccava il palmo della mano senza sosta.
Il giorno dopo Monica si svegliò.
Chiara non poté parlare per l’intera giornata ma quando giunse il momento di entrare nella camera non le saltò al collo, non la baciò, non mostrò il minimo affetto. Era scostante, fredda e quando le parlò fu lapidaria. << Forse è anche colpa tua, forse non vi amavate più come prima, forse anche tu avevi smesso da tempo. Dovevi tenerlo stretto a te però, così invece lui si è trovata un'altra, così ti ha tradita. >>

I giorni si susseguirono uguali per molto tempo, Chiara bivaccava in case diverse di sconosciuti, andava a scuola solo per non perdere l’anno, mentre Monica si riprendeva pian piano. Decise di non sporgere denuncia contro Marco, era pur sempre suo marito.
Chiara tornò a casa sua, con suo padre, che da quella notte aveva perso ogni potere su di lei. Lo odiava, si rifiutava categoricamente di parlargli, non toccava nulla che il padre avesse anche solo sfiorato. L’uomo tentava di riempire quei vuoti inutilmente, così infine si rassegnò anche lui.
Un tale consigliò a Monica di non andare ad abitare più nella stessa casa di suo marito. “E se ti picchia di nuovo? E se questa volta ti ammazza?” le chiedevano amiche e colleghe. Così la donna cedette a tutte quelle fastidiose domande senza risposta e decise di trasferirsi a casa di sua cugina, a Parigi, dove la sorella era andata per lavoro.
<< Ci sentiremo per telefono piccola, non temere. >> aveva detto a Chiara per rassicurarla. Ma lei non voleva futili promesse, voleva che suo padre se ne andasse, che sua madre tornasse da lei. Il giorno della partenza fu anche il momento in cui un rancore profondo sbocciò.
Probabilmente superò gli esami di terza media per pura pietà da parte degli insegnanti. Non si oppose al volere del padre e frequentò un liceo scientifico; lì incontrò Emilia, l’unica che fosse riuscita a farla sorridere per davvero dopo “l’incidente”.

§

Jonas sedeva sul cornicione del balcone dell’appartamento di Giovanni. Lo scrittore l’aveva lasciato fare, poteva anche cadere e sfracellarsi sulla strada, ma inspiegabilmente sapeva che quel ragazzo non si sarebbe suicidato e che voleva solo stare da solo con se stesso.
Bevve un sorso di caffè fumante e ci intinse dentro una banana. Poi si domandava perché nemmeno una donna lo voleva sposare.
L’angelo contemplava dall’alto la città, non era certo come volare sopra uno dei grattacieli di Upward e guardare il tramonto da un’altezza esorbitante, ma in quel momento non importava. Sospirò. Sentire l’aria sferzargli il viso lo aveva sempre a mettere insieme i pensieri, a rilassarsi e trovare una soluzione ad ogni problema.
Capelli nocciola, occhi castani, corporatura esile, un passato oscuro, questo era il suo demonio.
Che cosa doveva fare con lei? Inginocchiarsi e rivelarle i propri sentimenti definitivamente o continuare quella farsa pietosa? Optò per la seconda opzione. Non sapeva nemmeno lui che cosa provava nei confronti di quella ragazza, che cosa poteva dirle, “Chiara, forse mi sono innamorato di te, vorresti provare ad essere la ragazza di un angelo che ti ha spinto ad una missione di vitale importanza, forse mortale, col rischio probabile di rimanerne delusa”?
Fece una risata amara. Che cosa gli era saltato in mente? Il suo compito era un altro, salvare la sua città, la sua gente, non incappare in una cotta per una quindicenne. Aveva Shai, una giovane ragazza alata, bella e intelligente come poche, come poteva anche solo pensare di tradirla?
Al cuor non si comanda lo apostrofò la sua coscienza.
“No, questa volta sarà la testa a decidere”.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e che mare!
 “La parola sarcasmo non è nel tuo vocabolario vero? La coscienza dovrebbe aiutare, non fare di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote!”
Umpf, non sono mica il grillo parlante io! Avevo solo voglia di pronunciare qualche proverbio…
“Allora taci, sorta d’insetto chiacchierone!”
Jonas rimpianse di non poter volare, sicuramente quello lo avrebbe aiutato a riflettere. Rientrò in casa pacatamente, andò in cucina, aprì il freezer e prese una pietanza qualsiasi surgelata. La ficcò nel microonde con malagrazia e attese i sette minuti necessari.
Giovanni comparve sulla soglia della cucina. << Donne… sempre un problema, vero? >> chiese a J, facendolo sobbalzare. L’angelo borbottò un “sì” scocciato e aprì la confezione di involtini primavera.
Fece per prenderne uno quando lo scrittore riprese a parlare << Se ti serve un consiglio… >>
Jonas fissò Giovanni. << No grazie. Non mi serve il tuo aiuto. >>
L’uomo rise << Davvero? Sono quarantacinque anni che sto qui, avrò pure un po’ di esperienza in fatto d’amore. >>
<< Esperienze scritte in libri che narrano di sirene e muse ispiratrici! >> sbottò << Sono queste le avventure che hai fatto, giusto? Illusioni di poliziotti rudi e assassini psicopatici! Sentiamo, che hai fatto nella vita reale, eh?! Se questo è il tipo di consiglio che vuoi darmi non mi serve. >>
Erano parole taglienti, volevano andare a segno, fare male e Jonas se ne pentì quasi subito.
Giovanni incassò il colpo ma non si scompose. << Comunque, non sarà strozzando un involtino che troverai la risposta ai tuoi dubbi. >> commentò atono, abbandonando la stanza.
L’angelo gettò il cibo sul tavolo e si prese la testa tra le mani. Quella ragazza lo stava facendo impazzire, e lui doveva mantenere i nervi saldi.
“Pensa alla missione Jonas, concentrati su quello” si disse. Raccolse gli involtini primavera e ne addentò uno con rabbia. Era proprio una giornata no.


***
ANGOLO DELL'AUTRICE
Che capitolo tristeeee XD
Finalmente, o forse no, sapete perché Chiara odia suo padre e anche in parte sua madre. Credo sia una cosa piuttosto comune quella accaduta alla mia pargola, milioni di donne e uomini tradiscono i loto partner.
Povero Jonas, lui è proprio sfigato, non ha la più pallida idea di che fare ^^
Anche Giovanni però ha messo del suo, poteva lasciarlo in pace.
Beh, spero non vi siate depressi XD
Ho un piccolo favorino da chiedere a voi impavidi (?) lettori, una mia compagna di classe sta pubblicando una long fic ma nessuno la recensisce, persino io l'ho scoperto solo una settimana fa XP
Così visto che io ho sempre ricevuto recensioni e pareri vari, magari tra voi c'è un'anima pia che aiuterà questa ragazza.
Il suo nome è alice_love_justin98, non è un asso ma nemeno una merdina, scrive *molto* diversamente da me ma ha un buon umorismo :)
Ok, credo che questo angolino sia più lungo del capitolo stesso, questa volta meno lungo del soltio, volevo dare un po' di spazio ai pennsieri, appunto.
Enjoy!

Water_wolf

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Capitolo 10
*** 10 Carpe Diem ***


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"The day I first met you
You told me you'd never fall in love
But now that I get you
I know fear is what it really was
"
Give your heart a break, Demi Lovato

Domenica, il giorno in cui quei famosi edifici di tortura spesso comunemente chiamati scuole erano, finalmente, chiusi per la gioia degli studenti annoiati, professori che soffrono di attacchi d’ira e pazzia e bidelli e commesse svogliati.
Emilia faceva parte della prima categoria, un’alunna che potrebbe dare di più  ma che si accontenta di voti nella media. La bionda solitamente sarebbe rimasta arrotolata in un marasma di coperte fino a tarda mattinata o finché uno dei terremoti che aveva in casa non la svegliava con la forza. I due fratelli avevano smesso da tempo di provocare la maggiore, che se destata dal suo sonno non era certo un innocuo doberman, bensì un drago sputafuoco della peggiore delle specie.
Quella domenica però si era alzata di buon ora, si era lavata, vestita, aveva fatto colazione ed era uscita di casa verso le dieci e mezza. Si era diretta a casa di Chiara che, dopo essersi svegliata nella doccia a tarda notte, era ancora in uno stato di dormiveglia.
Non le era passato per la mente che forse aveva consumato l’acqua di tutto il palazzo e che la bolletta avrebbe registrato un picco elevatissimo; si era solo preoccupata di scrivere un messaggio riguardante ciò che era accaduto mentre era svenuta ad Emilia. La bionda era sobbalzata al suono del suo cellulare e aveva compreso le spiegazioni di Chiara per metà, tra cui l’obbligo di incontrarsi a casa sua la mattina seguente.
<< Se stavi ancora tra le nuvole potevi anche dire tranquillamente pomeriggio. >> sbuffò Emy << Tra l’altro non ho ben capito questa storia delle sirene… >>
Chiara agguantò il cappotto e la borsa << Avanti, te lo spiego durante il tragitto verso la casa di Giovanni. >>
Uscirono dall’appartamento e chiusero bene la porta. Scesero le scale, percorsero un grande viale alberato, salirono su un autobus che erano riuscite a raggiungere solo dopo aver corso a perdi fiato e si sedettero spompate sui sedili di plastica imbrattati. Impossibile decretare quale fosse il loro colore originale. Grigio, verde, arancio, si assomigliavano tutti sotto quegli strati di vernice.
Chiara raccontò brevemente il dialogo che aveva avuto con Ayh mentre si dilungò nel spiegarle gli effetti del filtro contenuto nell’ampolla che teneva all’interno della borsa.
<< Se ho capito bene, basta annusare un po’ di questa roba e ti trasformi in una specie di animale totem, diverso a seconda di quanto sei abile con i tuoi poteri. >>
La Custode dell’Acqua annuì. << Esatto. Puoi diventare una rondine come puoi mutare in un pantegana. >>
Emilia fece le corna con la mano. << Tiè! Lyra, se mi porti sfiga li vedrai tu i sorci verdi! >> la rimbeccò. La quindicenne scoppiò a ridere.
Dopo altre tre fermate scesero dall’autobus; camminarono tranquillamente finché non giunsero alla palazzina dove abitava lo scrittore. Chiara estrasse dalla borsa alcune chiavi ed aprì il portone principale. Presero l’ascensore, pigiarono il bottone che contrassegnava il piano giusto e, arrivate sulla soglia, bussarono.
Ad aprirle fu la coppia più strampalata che avessero mai visto: Giovanni, ammantato nel suo accappatoio rosa cipria e una tazza natalizia di caffè alla mano, e Jonas che calzava due ciabatte destre e portava solo i jeans. Emilia non riuscì a trattenersi dal ridere, Chiara invece soffocò una risata.
<< Possiamo portartelo via per un po’? >> domandò la quindicenne dopo aver salutato lo scrittore alla maniera dei cinesi.
Giovanni fece spallucce. << Fate pure, il fusto è tutto vostro. >> rispose pacato prendendo in giro Jonas e i suoi pettorali.
Chiara si avvicinò all’angelo e gli intimò di vestirsi in fretta. Jonas obbedì, ancora parzialmente in colpa per quello che era accaduto il giorno prima. Emilia seguì Giovanni in cucina e ne approfittò per sgraffignare una brioche.
Chiara si sedette sulla sedia preferita di Giovanni e attese che l’angelo si vestisse del tutto. Provava per lui un senso di attrazione e repulsione: i suoi occhi grigi impenetrabili come la nebbia, i suoi addominali perfetti, il suo carattere dolce e riflessivo la catturavano, ma al tempo stesso qualcosa in lei la bloccava mandandola in confusione.
Si sentiva stupida a non sapere come comportarsi con lui, se essere scontrosa o docile, e il soffermarsi a pesarci la faceva sentire ancora di più un’inetta. Avrebbe voluto trovarsi nei panni di Emilia, la bionda sapeva come comportarsi quando si aveva a che fare con dei ragazzi attraenti. Jonas finì di vestirsi e così le giovani poterono uscire dalla casa di Giovanni e raccontargli tutto.
L’angelo comprese al volo la situazione. Era eccitato, se il fluido nell’ampolla poteva farli trasformare in animali leggendari intrisi di magia abbattere il governo di Zeigen sarebbe stato più semplice. Questa consapevolezza gli fece gonfiare il petto d’orgoglio, da piccolo aveva sempre sperato di fare qualcosa di concreto per Upward.
I tre Custodi si diressero al loro consueto luogo d’allenamento fuori Milano. L’angelo non stava più nella pelle e anche Chiara era emozionata all’idea di poter cambiare forma. Si fermarono al centro di un campo, il terreno semi fangoso gli sporcava le scarpe e le spighe frusciavano tra i loro cappotti.
La quindicenne sfilò dalla borsa la boccetta trepidante d’eccitazione. Fece segno ai due amici di avvicinarsi e la stappò. Un liquido verdastro emanava un odore sgradevole poco rassicurante.
<< Sicura che questa cosa funzioni davvero? >> chiese Emy titubante.
Chiara le scoccò un’occhiataccia. << Deve funzionare. >>
La bionda sospirò. << Tutti insieme? >> domandò Jonas, non più sicuro che degli effetti di quel siero verdognolo.
Le due ragazze annuirono. Presero un bel respiro e avvicinarono i nasi alla boccetta, inspirarono a pieni polmoni e un puzzo di alghe marce gli inondò le narici.
Nessuno fece in tempo a lamentarsi. Jonas si rimpicciolì, le gambe scomparirono lasciando il posto a zampe piene di artigli, le braccia si trasformarono in ali bianche e brune, il capo divenne quello allungato di un rapace. Sentì l’aria solleticargli le piume e sorrise. Difficile distinguere il sorriso sul becco arcuato di un’aquila da un ghigno.
Chiara avvertì i muscoli tendersi, la pelle si ritirò i peli si infoltirono fino a ricoprila interamente, gli arti divennero zampe feline, il muso di gatto. Gli occhi nocciola rimasero gli stessi, l’unico dettaglio riconoscibile in quel guazzabuglio di strisce blu, nere e beige che le percorrevano il vello.
Emilia sentì la pelle bruciarle, la carne lasciò il posto a piccole piume color arcobaleno e volto si trasformò nella testolina di un uccellino.
Jonas osservò stupito le sue due compagne: Chiara era diventata un gatto bianco striato, mentre Emilia un colibrì dalle tinte lussureggianti.
<< Posso sapere cosa sono? >> domandò curioso.
La gatta sorrise << Un’aquila, una bellissima aquila dalle ali argentee e la schiena bruna. >>
<< E io invece? >> chiese Emilia, la voce resa stridula per colpa del beccuccio.
<< Un colibrì. >> risposero all’unisono gli altri due.
<< Che?! Un insulso colibrì?! >> sbraitò delusa. Si aspettava qualcosa di più di un uccellino esile, magari un lupo dal manto ramato.
Chiara annuì << Non ti piace? Guarda che sei carina. >> La ragazza provò l’impellente bisogno di lisciarsi il pelo. Si leccò la zampa anteriore e odiò la sua natura felina, la lingua ruvida le si stava riempiendo di peletti. 
<< E me lo chiedi anche!? Come credi che potrei esercitare il mio potere tra tutto questo pourpourrì di piume!? >> strillò. Dallo stomaco si levò un brontolio cupo. La bionda sgranò gli occhi ma non fece in tempo a dire nulla. Spalancò il beccuccio e una palla infuocata scaturì da essa.
Jonas si spostò dalla traiettoria delle fiamme e scoppiò a ridere. Chiara si abbandonò tra le spighe e si aggiunse al compagno. La risata assomigliava di più al rollio di una nave, l’acuto stridulo dell’aquila simulava i gabbiani, mentre le fusa soffocate della gatta lo sbattere ritmico dell’acqua sullo scafo.
<< Smettila di ridere gattaccia obesa! >> la riprese Emilia. Volò verso Jonas e incominciò a becchettarlo di qua e di là. << Anche tu…, sorta di aquilone! >>
Chiara smise di ridere per un secondo, squadrò da capo a coda l’amica e riprese ancora più concitatamente. Jonas sfuggì da Emilia portandosi in alta quota e lì rise come un matto.
Emy sputò un’altra fiammata. Abbassò le alucce e piagnucolò << Guardatemi… sono solo un colibrì che vomita palle di fuoco… >>
Lyra trovò l’utilizzo del verbo vomitare piuttosto divertente e continuò a ridere. Una palla di peli la costrinse a smettere. << Dai, non sei poi così male. >> tentò di rassicurarla Jonas.
<< Parla per te, dovrei essere un drago, non un uccello grande come un tappo di sughero! >>
<< Se ci alleniamo di più forse potrai diventare un pettirosso, chissà! >> la prese in giro la gatta.
<< Oh ma davvero? Tu tra poco sarai solo l’ombra di quell’ammasso di peli! >> Emilia si concentrò e sputò una palla infuocata verso l’amica. Jonas non si fece cogliere impreparato, si gettò in picchiata, afferrò per la collottola Chiara e la portò in cielo.
La quindicenne rise di gioia. << Sono il primo gatto volante delle storia! >> esultava mentre l’angelo si esibiva in giravolte mozzafiato, tenendo ben stretta l’amica tra gli artigli.
Prima d’iniziare a provare la forza dei loro poteri passò parecchio tempo. Alla fine scoprirono che padroneggiare gli Elementi nelle loro forme animali era molto più semplice, più istintivo. Jonas si divertiva un mondo a sfidare le correnti dei tifoni che lui stesso creava, Chiara sfatava il mito dei gatti che avevano paura dell’acqua cavalcando onde ciclopiche ed Emilia dimostrava la forza dei piccoli volteggiando leggiadra tra cerchi infuocati e incendi. A sera erano completamente esausti. Bastò loro pensare intensamente alla loro forma umana per mutare.
Poi tornarono alle proprie abitazioni, fieri di essere Custodi, felici di essere veramente speciali.

§

Jonas arrivò a casa di Giovanni con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. All’interno del locale però non trovò lo scrittore.
“Tanto meglio, almeno non dovrò dare spiegazioni” pensò sollevato. Già, perché dirgli che ti sei trasformato in aquila e aver volato non mi sembra affatto una buona idea.
Volare… quella parola ancora gli provocava fastidio, un brivido gli correva lungo la schiena, più intenso dove si trovava l’attaccatura delle ali. Non sapeva se il foro provocato dal proiettile si fosse richiuso, d’altronde non gli era mai capitato nulla di simile.
“E se provassi? Dopotutto sono passate già alcune settimane”. Con quella flebile speranza si diresse sul balcone. A quell’ora il buio faceva già da padrone; nonostante la primavera fosse alle porte l’inverno non voleva abbandonare il suo posto.
Respirò profondamente. Tese i muscoli della schiena e fece spuntare le ali. Lentamente petali lucenti sbocciarono dalle sue scapole e piume diafane andarono a formare le ali. Jonas chiuse gli occhi e sorrise. Ora si che si sentiva completo, senza ali un angelo non era un vero angelo.
Osservò compiaciuto la cicatrice sull’ala sinistra, lì dove la pallottola l’aveva colpito. Piccole piume stavano spuntando tra la lanuggine tipica della prima muta. Gli angeli erano come i gufi, le ali non presentavano subito piume adatte al volo e passava parecchio tempo prima che quelle definitive spuntassero.
C’era chi poi decideva di non svilupparle e perciò non le mostrava mai. Jonas aveva sempre desiderato volare, si ricordava che sua madre lo aveva spesso sorpreso sul balcone di casa voglioso di spiccare il suo primo volo. Questa sua passione gli aveva permesso di sfidare le correnti precocemente.
“Quelle ali te le dovremmo tagliare!” lo sgridava suo padre quando il figlio preferiva fare voli notturni invece che dormire. I brutti voti a scuola derivavano solo da quello, facendogli guadagnare la fama dell’angelo duro, bello, atletico e irraggiungibile. Il che era l’opposto di ciò che era veramente.
Shai era stata l’unica a capirlo davvero, l’unica che aveva compreso che le chiacchiere che giravano sul suo conto erano solo pettegolezzi. Jonas provò l’impellente bisogno di volare ancora. Non diede tempo alla coscienza di mettere il discussione quell’idea folle e spiccò un balzo giù dal balcone.
Lasciò che l’aria gli sferzasse il viso e qualche metro da terra si arrestò. Sbatté le ali finché non si trovò in alta quota. La cicatrice gli provocava qualche fitta ma il dolore non era nulla in confronto alla vista della città da lassù.
Poteva osservare le viuzze congiungersi con i viali, le macchine passare sull’asfalto come tante formiche, le luci abbaglianti erano come decorazioni su un albero di Natale. Le labbra si allargarono in un sorriso. Dentro il cuore sembrava volergli uscire dal petto, pareva che il battito potesse sentirsi a miglia di distanza per la veemenza con cui il muscolo pompava il sangue nelle vene. Lanciò un grido di felicità e si gettò in una corsa sfrenata.
Fece avvitamenti intorno ai palazzi e, senza sapere il perché, si ritrovò nel quartiere dove abitava Chiara. Si fermò per recuperare fiato. Quello fu il suo unico errore.
Una figura nera si staccò dall’ombra di un edificio, spiegò le ali nere e si levò in cielo. Quella volta non poteva farselo sfuggire. Si portò alle spalle dell’angelo nel silenzio assoluto tanto che dovette schiarirsi la gola per farsi notare.
Jonas si voltò esterrefatto. “Merda”. Imprecò a bassa voce.
Davanti a lui si stagliava una Sentinella Nera, la stessa che lo aveva ferito, la stessa che era quasi riuscita a catturalo.
 << Ci si rivede. >> disse ghignando. La tensione era tale che quasi la si poteva palpare.
<< Oh che peccato… è già finita la vacanza? >> controbatté Jonas. Quando era sotto stress dalla bocca gli uscivano solo battute idiote.
La Sentinella sfilò la pistola dalla fondina e giocherellò col cane°. << Non ti avevano detto che noi Neri siamo piuttosto assillanti, vero? >> 
Jonas sorrise beffardo << Non mi pare. >>
<< Oh beh… vorrà dire che lo scoprirai a tue spese! >> Detto ciò puntò la pistola contro l’angelo e sparò un colpo. Jonas eresse una barriera d’aria e si diede ad una fuga a rotta di collo. L’ala sinistra gli doleva per lo sforzo ma non poteva permettersi di fermarsi.
La Sentinella Nera sospirò e si gettò all’inseguimento. Il Custode dell’Aria ostacolò il nemico creando turbini e raffiche, al tempo stesso però doveva preoccuparsi di non scontarsi contro palazzi e prestava attenzione a schivare i proiettili. Si ritrovò davanti alla casa della Custode dell’Acqua.
Fece una virata improvvisa e quasi si schiantò contro la finestra dell’appartamento. Il rumore attirò la quindicenne che non appena vide l’angelo volare sobbalzò. << Che diavolo stai facendo!? >> sbraitò aprendo la finestra.
Jonas si guardò alle spalle. << Non c’è tempo! Mi ha visto, cazzo, mi ha visto! >> gridò.
<< Chi ti ha visto!? Perché non c’è più tempo!? >> urlò Chiara.
<< La Sentinella Nera! Prendi la pozione e aiutami Lyra! >> Non fece in tempo a darle altre spiegazioni che una pallottola si conficcò nel muro di casa.
Jonas si gettò in picchiata e con maestria si portò sulla traiettoria del nemico. Lo provocò e subito dopo riprese la fuga. Nel frattempo Chiara era corsa in camera e aveva inalato un po’ dell’odore del fluido. Si trasformò in un gattone striato, uscì sul balcone e balzando di cornicione in cornicione seguì l’angelo. Non aveva idea di che fare e la paura era l’unica emozione che riusciva provare.
Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola.
Si arrestò sul cornicione di un edificio malmesso per recuperare fiato. I polpastrelli le dolevano, i muscoli tesi le provocavano fitte insopportabili, se andava avanti così non sarebbe stata in grado di fare nulla. Poi accadde inaspettatamente. Un colpo, uno scoppio, e nelle orecchie si scatenò un suono acuto.
Gli occhi erano fissi sull’angelo che, sfinito, si era accasciato in una viuzza deserta. La Sentinella non aveva esitato un attimo, aveva tolto la sicura e aveva sparato. Jonas si vide passare la sua breve vita davanti.
Sei davvero un idiota, lo sai? In sedici anni non hai combinato nulla di buono, non hai nemmeno rivelato a Chiara i tuoi sentimenti. Che vita è una in cui non si vive per davvero? lo rimbeccò la sua coscienza. L’angelo non poté darle torto.
Un grido si levò nella sera; la Sentinella Nera non era riuscita ad ucciderlo. Di nuovo.
Una barriera cristallina aveva bloccato il proiettile, imprigionandolo in uno scudo d’acqua. Chiara si diresse a passo spedito verso Jonas. Forse non era in grado di sconfiggere un nemico ma sapeva di essere capace di salvare un amico. La Sentinella non badò alla gatta che si avvicinava all’angelo accasciato a terra.
<< Stai bene? >> mormorò a Jonas che annuì, incapace di proferire parola. L’angelo nero caricò un nuovo colpo. Chiara si trasformò in umana lasciandolo di stucco e, con un gesto sbrigativo della mano, creò un’onda che lo investì.
Afferò Jonas e insieme si nascosero in un negozio. La porta era rimasta aperta, il proprietario si era dimenticato di chiudere tutto aiutando inconsciamente i due Custodi. Jonas respirava spasmodicamente, l’ala sinistra gli provocava stilettate di acuto dolore.
Inciamparono nel buio, gattonarono sulla moquette, mentre drappi e pizzi di abiti da sposa impacciavano la loro fuga. Curioso  pensò la quindicenne tirandosi su. Uno sparo nella sua direzione le fece rizzare i capelli, meglio abbassarsi.
Incontrò lo sguardo di Jonas e si sforzò di sorridere. Una mano la agguantò per la maglia e la sollevò.
<< Lasciami andare! >> gridò lei, tentando di divincolarsi.
La Sentinella le puntò l’arma alla tempia, un brivido scosse il corpo della quindicenne. << Brava, vedo che hai capito con chi hai a che fare. >>
Jona strinse i pugni. Non poteva permettere che accadesse l’irreparabile, aveva sfiorato la morte e ora la vita gli sembrava un sottile filo a cui aggrapparsi a tutti i costi. Si alzò strappando l’orlo di un vestito.
<< Non hai sentito che cosa ha detto? Lasciala andare. >> disse duro. Era una delle tipiche frasi ad effetto dei film d’amore e azione, non sapeva nemmeno lui perché l’avesse detta con così tanta convinzione. La Sentinella rise di gusto. Strinse Chiara a se e indirizzò la pistola verso l’angelo. << No, no, no, così non va. Qui sono io quello che dà gli ordini. >>
<< Ti sbagli. >> sibilò Jonas a denti stretti.
<< Oh ma davvero? Posso ucciderti quando e come voglio…oppure potrei colpire lei e far soffrire entrambi. >>
Chiara rabbrividì.
<< Non lo faresti. >>
<< Mi stai mettendo alla prova? Perché credo di aver già dimostrato la mia tempra. >> Jonas abbassò il capo. Non sapeva che cosa fare e le sciocchezze non erano contemplate.
<< Se tu la lasci andare io vengo con te. >> sentenziò dopo interminabili minuti di silenzio. << Lei non deve pagare per i miei errori, sono io quello che è fuggito da Upward. >>
<< J! >> proruppe Chiara << Credi che questa idea funzionerà!? Perché ne ho visti milioni di stupidi che si sacrificano al posto degli altri senza concludere un bel niente! >>
<< Io non sono loro. >> Si rivolse verso la Sentinella che intanto aveva stretto al presa intorno alla quindicenne. << Avanti! Che aspetti?! >>
L’angelo nero non si scompose, allentò la morsa e gettò Chiara sulla moquette. Jonas avanzò verso di lui ma, prima che la Sentinella gli mettesse le mani addosso, Chiara innalzò un barriera d’acqua. Si alzò dal pavimento e spinse lo scudo contro il nemico.
L’acqua lo avvolse, prima pacifica e calda, poi lo soffocò, gelida come i mari del nord. Lacrime le solcarono il volto. Non voleva uccidere, ma era necessario per la sua salvezza e quella di Jonas. La Sentinella combatteva contro quella minaccia appena visibile quando l’angelo atterrò Chiara, costringendola a terra, e pose fine alla vita del nero sottraendogli l’ossigeno.
Chiara singhiozzava disperatamente e piangeva senza ritegno. Jonas le era sopra, il respiro affannato, e, nonostante lo sforzo, sorrise.
Chiara lo abbracciò e avvolta in quella stretta domandò << L’ho ucciso io? >>
Jonas le lisciò i capelli nocciola lentamente, con movimenti calmi che ebbero il potere di calmarla. << No. >>
Chiara pianse ancora, stringendo l’angelo come se fosse l’unica ancora di salvezza. Jonas la lasciò fare. << Grazie. >> disse poi la quindicenne, tirando su col naso.
L’angelo fece per ribattere che era stata una sciocchezza ma una fitta più dolorosa delle altre gli strappò una smorfia. Chiara si preoccupò immediatamente per lui, gli scostò la lanuggine che gli copriva la cicatrice sull’ala sinistra e vi poggiò la mano. Jonas gemette per quel contatto improvviso.
<< Scusa. >> mormorò la quindicenne, voltandosi verso Jonas. Quando incontrò i suoi occhi grigi il cuore mancò un battito.
Le iridi dell’angelo non erano più una nebbia impenetrabile, bensì uno specchio per i pensieri che percorrevano veloci la sua mente. Il muscolo pompava sangue come un ossesso, il senso di attrazione che Chiara provava nei confronti di Jonas aumentò esponenzialmente.
Lui le sorrise, un sorriso che trovò meraviglioso. Le si avvicinò al petto, regolò il suo respiro con quello della quindicenne. Le prese la mano e la spostò sul suo cuore. << Non c’è bisogno di correre anche ora che il pericolo è passato. >> sussurrò cercando di rassicurarla. Chiara deglutì. << Grazie. >> aggiunse.
<< Per cosa? >> domandò Chiara, maledicendo la sua voce tremante.
<< Per avermi salvato la vita. >>
La Custode arrossì e abbassò lo sguardo. << Anche tu hai salvato la mia… ora siamo pari. >>
Jonas sorrise << E’ davvero come dicono, sai? Intendo dire che la vita ti scorre davanti in un secondo. E sai che cosa ho capito? >>
<< Cosa? >>
<< Che quello che abbiamo oggi potremmo non averlo domani. Che io non ho combinato un bel niente. >>
<< Non è vero. >> ribatté Chiara, rivolgendo di nuovo gli occhi verso di lui. << Hai fatto molto invece. >>
L’angelo scosse la testa << Non abbastanza. >> si passò la lingua sul palato poi parlò << Adesso però voglio fare qualcosa. >>
<< E che cosa? >>
Avvicinò le labbra a quelle di Chiara, le sfiorò, le accarezzò e infine sussurrò << Carpe diem. >>
Il cuore della Custode accelerò la corsa, era un destriero imbizzarrito che correva per una prateria. Un milione di consapevolezze la assalirono.
Non sono bella. Non sono adeguata. Non sono brava in nulla. Non ho mai baciato nessuno. Non mi sono mai innamorata. Sono stupida. Sono brutta. Sono solo la sciatta copia di Alice, l’alter ego che non ha sconfitto il Ciciarampa, quella che non ha conosciuto il Cappellaio Matto, quella che è solo caduta nella buca. Sono la Dorothy che non ha incontrato il mago di Oz, quella che non è riuscita ad aiutare il Leone, lo Spaventapasseri e l’Uomo di Latta. Sono solo Chiara, la ragazza incapace, la ragazza normale, fin troppo normale.
Ma quando Jonas poggiò le sue labbra su quelle di lei, baciandola, assaggiando la sua pelle, assaporando il suo profumo, tutto scomparì, lasciando spazio solo ad una cieca gioia. Rispose al bacio e le sembrò la cosa più facile al mondo. E quando si staccò da lui, non poté non sorridere. Così le sue labbra si allargarono nell’espressione più grande della felicità. Poi chiuse gli occhi e si lasciò cullare dall’armonia che l’aveva avvolta e che ancora la avvolgeva.
Jonas la osservò addormentarsi tra le sue braccia e rise. Rise come un matto, rise perché l’aveva fatto, rise perché l’aveva baciata, rise perché aveva colto l’attimo. Solo quando sentì il bisogno di andare raccolse il corpo inerme di Chiara. Uscì dal negozio e, ignorando il dolore, spiegò le ali e volò a casa di Giovanni. Il cielo buio della notte sembrava fatto apposta per far spiccare le piume candide dell’angelo. Jonas entrò dal balcone, appoggiò Chiara sul divano, contemplò la sua figura per minuti interi poi si distese vicino a lei.
Assaggiò un altro po’ del profumo dei suoi capelli e si abbandonò al sonno. L’ultimo pensiero era rivolto a Chiara.
“Lei non è perfetta. Lei non lo è e non lo sarà mai. Eppure, le sue imperfezioni fanno di lei l’idillio della bellezza assoluta. Lei che è insicura, che non crede nelle sue capacità, che non sa di essere forte, in realtà lo è più di quando pensa. Lei è pura perché si mette in discussione. Lei è candida come la neve perché niente le ha impedito di essere ancora felice. Lei è il momento, l’istante. Lei è quel secondo di elettricità che percorre le ali delle libellule. Lei non ha bisogno di fingere, lei non mente né agli altri né a se stessa. Per questo, le è, e sempre sarà”.

" Now I wanna feel some sensitivity
I'm here, I'm telling you I
Cleared my life
I changed my head
Trying to catch my skin again
I'm finding out what makes me wanna live
By living it up again
It's my world
I paved my way
Found my sensitivity
I stepped back from the edge
Now I'm living it up again
"
Sensitivity, Alex Goot


°Il cane è un componente essenziale di molte armi da fuoco, viene armato dal grilletto oppure a mano e nella sua successiva corsa in avanti colpisce, tramite il percussore, l'innesco della cartuccia facendo partire il colpo.

***
ANGOLO DELL'AUTRICE
*si inginocchia* vi chiedo umilemnte perdono per varci messo così tanto!
Data la mia grande abilità nel ritrovarmi in una matassa di cose da fare non ho potuto fare altimenti :/
Beh, mi perdonate vero?
Avrò riscritto l'ultima parte un milione di volte prima di essere più o meno convinta, questo finale è quello che a mio parere è riuscito meglio.
Adesso mi spavento anche di come sia sdolcinata, bleah, voi li avreste mai fatti baciare due in un negozio di abiti da sposa?
However, spero che vi sia piaciuto, e aspettatevi casini, perché la misteriosa Shai è qui dietro le quinte! ^^
Alla prossima

Water_wolf

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Capitolo 11
*** 11 Shai: come una presenza può rovinare tutto ***


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Giovanni non capiva. Si sforzava di farlo, ma proprio non riusciva a trovare una logica nello spettacolo che aveva davanti agli occhi. Perché il giovane amico di Chiara ora la stava abbracciando? Ma, soprattutto, da quando gli erano spuntate delle ali?
Osservò la scenetta per un’ora intera poi, stufo di quella situazione ambigua, decise di svegliare i due ragazzi. Prese una matita e iniziò a punzecchiare prima Chiara, poi Jonas.
La quindicenne fu la prima a svegliarsi e, non appena vide che delle piume arboree la stavano avvolgendo, sgranò gli occhi e scattò in piedi, dando una gomitata nello stomaco di Jonas che non poté non svegliarsi.
<< Che c’è? >> farfugliò l’angelo, stropicciandosi gli occhi.
<< Sei un emerito idiota J! >> sbraitò Chiara, già sul piede di guerra.
<< Perché? >> chiese mettendosi seduto. La quindicenne lanciò un grido furioso e indicò Giovanni.
<< E allora? >> domandò nuovamente l’angelo, senza capire.
<< E allora sei proprio scemo! >> urlò Chiara. Jonas si alzò in piedi con veemenza.
<< Ehi, guarda che non sono un pupazzo che puoi insultare a tuo piacimento! >> la rimbeccò.
Chiara gli scoccò un’occhiata di fuoco. I due si ricoprirono di offese reciproche finché lo scrittore non intimò loro di fermarsi. << Ebbene, ragazzi, o quello che siete, io vorrei solo sapere perché d’un tratto al fusto sono spuntate le ali. >>
Jonas smise di fissare Chiara e si voltò verso Giovanni, un sorriso idiota stampato sul viso.
<< Quali ali? >> domandò con una vocetta innocente. La quindicenne si passò una mano sul volto e lo scrittore lo fulminò con lo sguardo.
<< Oh, queste ali. >> commentò lisciandosi qualche piuma. Chiara incrociò le braccia, si tormentò le labbra e incitò J << Glielo dobbiamo dire, visto che sei stato così intelligente da addormentarti ad ali spiegate.>> 
L’angelo sospirò << Va bene. >>
I due ragazzi si sedettero sul divano e raccontarono a Giovanni di come si erano incontrati, di Upward, di Zeigen, dei Quattro Elementi, delle Grandezze Fondamentali, e della missione che gravava sul loro capo. Lo scrittore ascoltò la storia con attenzione e quando finì un nuovo vigore gli stava attraversando le membra.
<< E’ tutto vero? >> chiese; sembrava un bambino allo zoo: non poteva credere ai suoi occhi. I due annuirono. Giovanni scattò in piedi, si scompigliò i capelli, squadrò prima l’angelo, poi Chiara, passeggiò per il salotto in preda all’euforia.
<< Che cosa ti passa per la testa? >> domandò Lyra, preoccupata per quello che lo scrittore avrebbe pensato e, soprattutto, per quello che avrebbe deciso di fare. << Io… io… >> iniziò Giovanni, ma non riusciva a trovare le parole. << Beh, il fatto è che non so cosa dire. Non ti è mai piombato un angelo in casa, tu cosa avresti pensato al poto mio? Insomma, è tutto così strano e meraviglioso che faccio fatica a credere a quello che vedo! >> disse d’un sol colpo.
<< Se vuoi l’insultatrice  ti fa vedere qualche trucchetto. >> propose Jonas, malizioso.
<< Oh, sì! Volentieri! >> esultò Giovanni, come se avesse perso all’improvviso trent’anni della sua vita.
La quindicenne scoccò un’occhiataccia a Jonas e declinò la proposta. << Giovanni, per favore, non buttare fuori di casa Jonas e non dire nulla a mio padre, o ai genitori di Emy. >>
Lo scrittore si fermò e si voltò verso la ragazza << Ma certo che no! Manderei all’aria tutto, vi pare? No, no, no, voi dovete compiere questa missione in tutta tranquillità. Certo mi farebbe piacere fare un voletto gratis a Madrid… >>
I due giovani tirarono un sospiro di sollievo; l’angelo si rivolse a Chiara e le sussurrò all’orecchio << E’ sempre stato così oppure è vero che l’età non conta nulla? >>
La quindicenne sentì i brividi correrle lungo la schiena e il bacio che si erano scambiati il giorno prima tornò a farsi più vivo che mai. Distolse lo sguardo da lui e si voltò verso l’orologio appeso al muro. Si stropicciò gli occhi. Era lunedì ed erano le 7.30 in punto.
<< Non è possibile… >>
<< Umpf? Cosa non è possibile Ly? >> domandò il Custode dell’Aria.
La quindicenne si passò nervosamente una mano tra i capelli. << J, è lunedì, devo andare a scuola, e sono in completo ritardo! >>
Chiara si fiondò in bagno e, mentre si occupava un minimo del suo aspetto esteriore, sbraitò ordini all’angelo e allo scrittore. << Mettici dentro qualche blocco di appunti, una penna, una matita… >> elencò; Jonas si affrettò a riempire una vecchia borsa di cuoio, con delle cinghie d’acciaio per chiuderla.
<< E i compiti? >> domandò J. Lyra si sbatté la porta alle spalle e aprì con malagrazia l’armadio, da dove tirò fuori una giacca in pelle nera che aveva lasciato nell’appartamento per le evenienze come quella.
<< Tanto non li avevo fatti, poi li copierò in classe! >> si giustificò lei, richiudendo l’armadio e infilandosi delle scarpe da tennis vecchie e logore. Jonas la imitò e rubò dall’appendi abiti un giaccone di Giovanni. Chiara spalancò la porta d’ingresso, afferrò la borsa e si gettò di corsa giù per la tromba delle scale.
<< Ti seguo! >> gridò Jonas, correndo per raggiungerla. << Richiudi quelle ali prima! >> urlò lei di rimando. L’angelo obbedì e quando il cancello d’ingresso si stagliò innanzi a loro, le piume che gli spuntavano dalle spalle erano un lontano ricordo.
Mentre i due correvano verso la strada per acciuffare un autobus, Giovanni sospirò. << E pensare che la potevo accompagnare in macchina… >>

§


Chiara e Jonas sbucarono fuori dall’ingresso della metropolitana alle otto in punto. L’angelo aveva iniziato a riconsiderare le prestazioni fisiche della Custode. Come diavolo avesse fatto ad arrivare nei pressi del liceo così velocemente per lui era un mistero. Si fermarono a riprendere fiato solo quando la facciata della scuola fu visibile.
Quando alzarono lo sguardo, pronti a riprendere la corsa, si bloccarono. Innanzi a loro si trovava una ragazza. Era vestita interamente di nero: scarpe col tacco nere, leggins neri, maglietta nera, giacchetta nera, cappello nero, capelli neri, smalto nero. La carnagione lattea spiccava tra tutta quell’oscurità.
Era alta e snella, un vitino che poteva far invidia alle modelle; i capelli corvini le ricadevano morbidi sul seno pronunciato, le labbra sottili erano accentuate da un rossetto rosso vermiglio, come sangue, e aveva degli occhi blu cobalto, così blu che ci potevi annegare dentro. Una tuba di velluto nero le calcava la testa, mentre un violino era tenuto in una custodia di pelle, anch’essa nera, dietro la schiena. Le labbra della ragazza si schiusero in un sorriso.
Chiara non l’aveva mai vista prima, né tanto meno qualcuno gliel’aveva descritta, eppure sapeva, sentiva, di conoscerla. Così, quando Jonas, dopo essere scampato ad un infarto, pronunciò il suo nome, non si stupì.
Quella giovane che era stata finora un mistero, adesso non lo era più. Perché quella ragazza era la Custode del Tempo, l’angelo che era fuggita da Upward, la compagna di Jonas. Perché quella giovane era Shai.
<< Jonas. >> disse semplicemente, rivelando una voce suadente.
<< Shai. >> mormorò l’angelo. << Shai. >> ripeté e l’abbracciò con trasporto. << Dio se mi sei mancata Shai…>> continuò Jonas.
La giovane rise e delle ciocche blu oceano e rosso fuoco fecero capolino da sotto il cappello. << Guarda che se mi chiami per nome ogni volta non succederà nulla di magico, Jonas. >>
L’angelo si staccò da lei. << Anche tu però lo fai. >>
<< Già, ma tu sai che cosa mi renderebbe felice, più d’un abbraccio, più di averti rivisto. >> disse maliziosa.
Chiara si sentì fuori posto. Che cosa centrava lei in una riunione tra angeli? Niente. E senza motivo aveva iniziato ad odiare quella Shai. Che fosse perché all’improvviso Jonas si era dimenticato di lei? Molto probabile.
L’angelo sorrise, un sorriso che mascherò la paura che quella silenziosa proposta aveva scatenato. Shai allargò il sorriso, si avvicinò sinuosa al bel ragazzo, e posò le proprie labbra sulle sue. Non aspettò oltre e lo baciò.
Lo baciò come se fossero passati anni, non settimane, dall’ultima volta che si erano visti. Lo baciò come Katniss fece con Peeta quando si trovarono. Lo baciò come se la sua anima volesse unire a quella di Jonas. Lo baciò e il tempo parve fermarsi.
E quando Jonas rispose a quella disperata richiesta d’amore, Chiara si sentì morire dentro, appassì come una piantina lasciata senz’acqua. Sul collo latteo di Shai si notò un tatuaggio a forma di chiave di violino. Le gambe di Chiara si mossero da sole e la quindicenne corse, corse con quanto fiato aveva in corpo, mentre calde lacrime le rigavano il volto.
Salì le scale che portavano al liceo senza fermarsi, non si disturbò nell’andare nella sua classe e si diresse direttamente ai bagni. Spalancò una porta a casaccio e si chiuse dentro a chiave. Scaraventò la borsa di cuoio a terra e ci si sedette sopra. Si prese la testa tra le mani, i capelli nocciola che sfioravano le piastrelle e pianse senza ritegno. Le lacrime scorrevano come fiumi in piena; i suoi singhiozzi erano l’unico suono che spezzava il silenzio.
Sei una stupida, stupida, stupida! si ripeteva. Ti odio, ti odio, ti odio! lo insultava. Brutta sgualdrina dalla lingua biforcuta! Muori schiacciata da un tram! la malediceva nella mente.
Ma per quanto gli insulti possano tirare su di morale, le lacrime non smettevano di scendere, e il cuore non finiva di stillare sangue. Un ticchettio rintonante si unì ai singulti della ragazza.
Ora anche i lavandini piangevano.

***
ANGOLINO DELL'AUTRICE
Come si suol dire, dalle stelle alle stalle ^-^
Me l'avete chiesta questa povera ragazza e ora la vedete, in tutta la sua bellezza-incosapevole-dell' altro-amore-di-Jonas.
Ah, riferimenti a Hunger games sono voluti, quando amo quei libri *----*
Ok, forse i lavandini che piangono non sono proprio un'ottima scena finale, ma il bello *spero* verrà dopo.
Perché un'amica arrabbiata è molto, molto, più arrabbiata della diretta interessata XD
Alla prossima!

Water_wolf

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Capitolo 12
*** 12 Come musica ***


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Emilia era arrabbiata come non mai. Macinava metri su metri pur di arrivare il prima possibile a casa di Giovanni per fargliela vedere.
Si era fatta persino dare le chiavi di casa. Aveva visto, o più che altro sentito, Chiara in bagno e aveva ascoltato con collera tutto il resoconto.
L’aveva costretta ad andare a casa e non muoversi da lì finché non avesse sistemato la situazione con Shai e, soprattutto, con Jonas.
<< Non ucciderlo, per favore. >> l’aveva salutata, ma non era molto sicura che ci sarebbe riuscita.
Mentre percorreva il grande viale verso la casa dello scrittore, una lenta cantilena le rimbombava in mente. Era la sua rivisitazione del proemio dell’Iliade.

Canta, oh dea, dell’ira d’Emilia incazzata,
rovinosa che infiniti dolori inflisse a quell’angelo bastardo,
gettò in preda all’Ade una vita insignificante d’idiota,
ne fece il bottino i cani, di tutti gli uccelli –se seguivi il consiglio della tua coscienza forse vivevi- da quando prima si divisero contendendo il bacio di un cretino
la bella Chiara regina delle sirene e Shai la tenebrosa.

Ne andava anche piuttosto orgogliosa. Senza accorgersene era già sull’ascensore.
Arrivata al piano giusto, poggiò la borsa a terra, si scrocchiò le dita, si costrinse a sorridere e bussò delicatamente alla porta. Giovanni aprì e l’accolse calorosamente.
<< Jonas è in casa? >> domandò con una voce tanto gioiosa che faceva fatica a riconoscere sua.
<< Sì. Gli devi parlare? >> chiese lo scrittore.
<< Esatto. >> rispose << Per favore, potresti uscire a fare una passeggiata? >>
Giovanni fece spallucce, prese il cappotto e uscì. << Andrò a bere un caffè. >>
Emilia attese un paio di minuti, poi gridò a pieni polmoni << Vieni fuori razza di cretino! >>
Jonas, in camera da letto assieme a Shai, deglutì. Mormorò un “torno subito, aspettami qui” alla compagna e raggiunse Emilia in soggiorno.
Pregò il cielo affinché non la bionda non lo uccidesse. << Tu. >> disse lugubre.
Jonas sentì i brividi corrergli lungo la schiena. Non aveva via di fuga, non poteva negare l’evidenza dei fatti, non poteva scampare all’ira della ragazza.
<< Pensavo fossi un idiota ma non poi così tanto. >> continuò lei << Quando hai baciato Lyra mi sono detta “Toh, si è svegliato il bell’angioletto”. Invece no! Perché sei talmente stupido che la tua mente va oltre l’umana comprensione della demenza! >>
<< Mi dispiace… >> azzardò lui. Emy gli scoccò un’occhiata di fuoco.
<< Non interrompermi. >> Sembrava un rapinatore armato in una banca, se lo si faceva arrabbiare ti ritrovavi un buco in testa.
<< Stavo dicendo che oltre ad essere un deficiente patentato sei anche un bastardo. Da quando un giorno sei una trota innamorata di Chiara e un altro un serpente bacia dark? Credo che la scuola che hai frequentato sia davvero ben qualificata, per sfornarne come te si deve dare parecchio da fare, non credi? >>
<< Veramente io… >> provò Jonas. Emilia lanciò una palla infuocata che colpì la finestra, liquefacendo il vetro. << Ho detto di non interrompermi! >> gridò.
Prese un lungo respiro e lo insultò come mai aveva fatto con qualcuno.
Jonas avvampò, non poteva nulla contro di lei, e non voleva fermarla perché sapeva che quello che stava dicendo era la verità.
Quando le offese però toccarono anche Shai, si sentì punto sul vivo.
Con un gesto involontario una lama di vento atterrò la bionda e gran parte della mobilia.
<< Non hai il diritto di sparlare di persone che non conosci. Puoi inveire contro di me quanto ti pare ma non insultare lei, non l’hai mai vista in vita tua, non puoi giudicarla. >> disse serio.
Emilia si alzò e si avvicinò inviperita verso Jonas, le mani che le bruciavano. << E’ vero, non la conosco, ma conosco te e cosa hanno fatto le tue labbra e questo mi basta. >>
<< E’ lei che mi ha baciato. >> si schernì Jonas.
Emy fece una risatina isterica << Un bacio si fa in due, non lo sapevi? >>
L’angelo perse il controllo. Rigirare il coltello nella piaga era doloroso, vedere stesi su carta i propri errori era tutt’altro che piacevole.
<< Che cosa cazzo ne puoi sapere tu di me?! Conoscermi, conoscermi… Allora perché non pensi che le ho salvato la vita? Che le ho regalato un momento, un dolce ricordo che nessuno mai le aveva donato? Le ho dato qualcosa che nemmeno tu, la sua migliore amica, eri mai riuscita a darle! >>
Emilia lo colpì allo stomaco, con forza. << Il passato è passato, quel che conta è il presente, quello che si vive, e se nel presente tu la ferisci, ferisci anche me. Se tu la baci, e poi te la fai con un’altra, e come se lo avessi fatto con me. Se lei si è ritirata in un bagno a piangere, io me la prendo con te. >>
Il mondo parve sgretolarsi nell’istante in cui Emilia pronunciò l’ultima frase.
E allora non fu tanto lo stomaco a dolergli, quanto la consapevolezza di aver colpito e aver centrato il bersaglio.
<< Dille che mi dispiace, non volevo… >> ansimò l’angelo.
Emy sorrise malinconica << A volte dispiacersi non basta. >>

Si voltò, aprì la porta, raccolse la borsa e se ne andò. Shai, che era rimasta in silenzio ad ascoltare tutta la conversazione, si alzò e raggiunse Jonas.
<< Ho bisogno di spiegazioni. >> disse semplicemente. Nessuno sfogo di rabbia, niente pazzie, solo una calma glaciale.
Jonas sospirò, si passò una mano tra i capelli castani e iniziò a raccontare.
L’aveva già aggiornata per quanto riguardava la missione, Shai sapeva delle due Custodi e delle trasformazioni in animali. La violinista aveva poi riferito ciò che era accaduto durante il suo viaggio.
Era stata a Roma, a Ravenna, a Genova e lì aveva trovato chi mai si sarebbe aspettata di incontrare: Andrea, il Custode della Terra.
Aveva passato poco tempo con lui, poi era ripartita alla volta di Milano per scoprire dove era finito Jonas. E a Milano l’aveva trovato.
Ma l’oggetto di quella narrazione non era la missione, bensì ciò che l’angelo aveva provato nei confronti di Chiara.
Jonas fu schietto e lapidario, non le risparmiò nessun particolare, sarebbe stato ingiusto. Shai fece vibrare un Sol.
Quando parlò la sua voce non lasciava trasparire alcuna emozione. << E tu la ami? >>
L’angelo non rispose e si richiuse a riccio.
<< Mi ami ancora? >> lo esortò, non era ansiosa, solo esigeva spiegazioni.
L’angelo si lasciò cadere di schiena sul pavimento. << Non lo so… non so se la amo, non so se ti amo… non so più niente ormai. E che quando l’ho baciata è stato meraviglioso, ma poi sei arrivata tu e il passato è come ricomparso all’improvviso. Non lo so, Shai, e mi sento stupido a non sapere, a non capire. >>
La ragazza dai capelli corvini sorrise timidamente. << Sei sempre stato così, più femmina che maschio, con più insicurezze che chiunque altro. >>
<< E tu più maschio di qualunque altra femmina. >> si schermì lui.
<< Non stavo dicendo questo… solo ti darò il consiglio che si dà ad una ragazza indecisa. >>
Jonas levò il capo e la squadrò senza capire. << A volte non c’è bisogno di capire, bisogna sentire, ascoltare ciò che ti dice il cuore. >> concluse Shai.
L’angelo rise << Dove l’hai trovata questa frase, in una scatola di cioccolatini? >>
<< Non sei nella posizione adatta per fare sarcasmo, J. >> ribatté la giovane, non realmente offesa.
Si alzò e andò in camera, prese l’archetto e ritornò in soggiorno. Suonare, era così che aveva scoperto d’essere la Custode del Tempo.
Era nell’aula di musica e stava provando un pezzo per la banda della scuola e, all’improvviso, il tempo si era velocizzato, diventando l’ “allegro” della battitura.
Si era sporta fuori dalla classe e aveva notato che tutti i ragazzi si muovevano a ritmo, compresa lei. Erano dovute passare due ore prima che il tempo si regolarizzasse.
Adesso, suonando le note di quello spartito, che conosceva a memoria, si lasciò trasportare dalla melodia e i pensieri, le emozioni provate quel giorno si acquietarono, consentendole di ragionare sul da farsi.
Sicuramente doveva delle scuse a Chiara, come poteva sapere che baciando Jonas l’avrebbe ferita in quel modo?
Secondo, avrebbe dovuto avvisare Andrea e dirgli che aveva trovato Jonas e organizzarsi, in modo che potesse raggiungerli a Milano.
Terzo, doveva aiutare l’angelo a vedere chiaramente i suoi sentimenti.
Si chiedeva ancora come poteva essersi lasciata abbindolare da uno come lui.

§

Shai percorreva i corridoi di fretta, aveva un appuntamento con la banda e non poteva assolutamente arrivare in ritardo.
Anche se mancavano ancora più di venti minuti, si costrinse ad una andatura veloce. “Meglio presto che tardi” si ripeteva.
Un frastuono di ferri contro marmo catturò la sua attenzione. Svoltò a destra ed entrò in un aula. Era una specie di sgabuzzino, solo che al posto degli attrezzi dei bidelli vi venivano riposti gli oggetti sequestrati agli alunni. Ed erano parecchi.
Un ragazzo era chino a terra e raccoglieva adirato dei cellulari. Shai si abbassò e gli toccò la spalla.
L’angelo scattò in piedi, colto in flagrante. << Ehi, che stavi facendo? >> gli chiese, il tono non accusatorio.
<< Recupero ciò che è mio. >> rispose secco il ragazzo, riprendendo a frugare tra gli oggetti sequestrati.
<< Oh, allora prenderò anch’io qualcosa che mi appartiene. >> disse Shai, lo superò e setacciò un cartone in cerca di uno specchietto, ritiratole qualche mese prima.
L’angelo la lasciò fare. La violinista trovò l’oggetto e si rivolse allo sconosciuto << Beh, io ho preso quello che mi serviva, se vuoi una mano… >>
Quello non la guardò nemmeno negli occhi. << No grazie. Ho fatto. >> le mostrò il telefonino << E poi non dovresti stare con me, io sono Jonas King. >>
Jonas King. L’angelo desiderato da mezza scuola, il cattivo ragazzo, quello irraggiungibile, quello “che ti porterà sulla cattiva strada”, per dirla alla maniera di sua madre.
Shai scrollò le spalle << E allora? Jonas o non Jonas non sei pericoloso. >>
L’angelo era interdetto. Da quando la sua fama da duro non sortiva l’effetto sperato?
<< Forse non mi conosci bene. >>
<< Forse tu non conosci me. >>
Si susseguì uno scambio di sguardi penetranti.
Jonas ruppe quel silenzio. << Chi sei? >> domandò incuriosito da quella ragazza.
Era diversa da tutte, non era scappata via urlando, non era svenuta, era rimasta solo lì, col suo modo di fare amichevole, a dispetto del look che vestiva. L’apparenza inganna gli suggerì la sua coscienza.
<< Sono Shai, la violinista dark, mai vista in giro? >> rispose lei, piccata.
L’angelo sorrise. La ragazza sorrise di rimando.
<< Ti va di fare un voletto Shai? >> chiese, scoccandole un’occhiata d’intesa. Lei annuì.
Il ragazzo la prese per un polso, la guidò su per le scale anti-incendio e si fermò solo quando raggiunse il tetto della scuola. << Sai volare? >>
<< Che domande! Certo che so volare, sono un angelo. >>
<< Allora vola! >> urlò Jonas, gettandosi nel vuoto, trascinandosi dietro la violinista.
Fu presa dal panico e con una certa difficoltà spiegò le ali. Quel ragazzo era davvero folle.
<< Sei pazzo! >> gridò lei, non appena lo vide ridere divertito da chissà cosa.
Solcarono il cielo finché non si tinse dei toni aranciati del tramonto. Le ali le dolevano leggermente per lo sforzo di stare dietro quell’angelo.
Quando Shai si rese conto dell’orario si infuriò con se stessa. << Devo andare, se ho saltato la lezione e ora a casa mi aspetterà una ramanzina, è tutta colpa tua. >>
<< Effetti collaterali… Ci si vede in giro Shai. >> la salutò Jonas.
<< Certo. >> confermò la ragazza.
Nessuno dei due immaginava che quei voli inaspettati sarebbero diventati abitudine, che quel “ci vediamo” non era più una domanda, ma un disperato bisogno di completamento.
Nessuno, poi, credeva che quella coppia sarebbe diventata così unita. Mai prima d’ora l’angelo irraggiungibile si era fatto catturare per così tanto tempo; mai prima d’ora la violinista dark aveva saltato delle lezioni di musica.
Ma Shai era riuscita a vedere oltre l’apparenza, quegli occhi nuvolosi per lei erano un cielo aperto.
Così, senza aspettarselo e senza volerlo, quel giorno normale divenne il loro primo incontro.

§

Chiara mordicchiava il cappuccio della penna nervosamente.
Nessuna notifica su Facebook, nessun messaggio, niente che le potesse dire che cosa aveva fatto Emilia in quelle tre ore.
Alla fine rinunciò a completare gli esercizi scolastici. Troppi pensieri per la testa, troppo domande senza risposta per potersi concentrare a dovere.
Prese il suo MP3, si infilò le cuffie nelle orecchie e si sedette sul divano. Pigiò qualche pulsante e la musica scaturì dagli auricolari.
Si mise a gambe incrociate e imbracciò il suo blocco da disegno. Disegnare e ascoltare le era sempre piaciuto, era rilassante e d’ispirazione.
Partì una canzone che adorava, uno dei tormentoni di quell’estate, che era subito finita nella sua lista di brani preferiti.
Era “Tu mi porti su” di Giorgia. Si bloccò con la matita a mezz’aria.
Possibile che quella canzone parlasse di lei? Di come Jonas le avesse fatto vedere le stelle e di come poi era ritornata bruscamente alla realtà? Era una semplice coincidenza oppure il destino le voleva mandare un segnale?
Scosse vigorosamente la testa. No, era solo una canzone, nulla di più.
Ma quando le voci della cantante si unì a quella del partner la sua idea vacillò.
“Sto imparando a volare”.
Sì, era vero, lei stava imparando a volare. Aveva provato qualcosa che non aveva mai sentito prima, aveva trovato qualcuno disposto a stare con lei nonostante le sue imperfezioni.
E sì, per Chiara era come imparare a volare, ad andare oltre il limite di sicurezza. Si peccato che ti sei schiantata al suolo si disse.
Controllò per l’ennesima volta il telefonino. Era arrivato un nuovo messaggio. Lo lesse avidamente.

“J mi ha detto di chiederti scusa. Beh, che lo faccia lui, mica sono un postino io. “

Chiara rimase interdetta. Almeno non l’ha ucciso pensò, cercando di tirarsi su di morale.
Gettò via il cellulare e sprofondò tra i cuscini. Emilia poteva anche sforzarsi a scrivere qualche dettaglio in più, invece non era cambiato nulla.
Per cosa si dispiaceva Jonas? Per aver baciato lei, o Shai? Sospirò, la sua vita era più aggrovigliata di un gomitolo in preda ai gatti.
Non capiva il comportamento dell’angelo. Se si era innamorato di lei perché la faceva star male? Perché invece di rifiutare l’accaduto non veniva da lei e le spiegava le sue ragioni?
A complicare maggiormente la situazione c’era Shai, un tipino che non le ispirava per niente simpatia. Guardò l’orologio del telefono; era un’ora adatta per fare merenda.
Si alzò faticosamente dal divano e si diresse in cucina. Aprì la credenza, frugò tra i pacchetti di biscotti, zucchero e caffè finché non trovò la soluzione a tutti i mali del mondo: l’appetitosa e amata crema alle nocciole, meglio conosciuta come Nutella.
Svitò il tappo e ci ficcò dentro due dita, come faceva da bambina.
Assaporò il dolce e lo trovò buono come sempre.
Dovrebbero brevettarla come medicina, farebbero affari pensò e sorrise.

"ali di cera che si sciolgono al sole,
pensieri,
parole,
ali di cera che si sciolgono al sole,
è sempre imprevedibile la rotta dell'amore e cado,
oh cado!"
Tu mi porti su, Giorgia

***
ANGOLO DELL'AUTRICE
Frohe Oster a tutti!
Sarò il più breve possibile, così voi non vi addormentate e la chiavetta non muore
Beh, gli insulti, il proemio secondo Emilia spero vi abbiano fatto sorridere, io mi sono divertita molto a scriverli xD
Shai mi sa che ve la immaginavate un po' diversa, forse più stronza xD
Spero vi sia piaciuto, alla prossima ;)

Water_wolf

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Capitolo 13
*** 13 Il piacere è tutto mio: Litigi e il Ladro ***


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Le doveva delle scuse eppure, quando incontrò i suoi occhi marroni, non poté fare a meno di provare altro che un’antipatia profonda, forse odio.
E quando Chiara la vide di nuovo provò l’impellente bisogno di prenderle il collo e spezzarglielo, come si fa con le galline.
E quando Jonas vide le due ragazze ergersi in tutta la loro statura, cercando di prevalere l’una sull’altra, seppe con certezza che quel giorno niente sarebbe andato per il verso giusto.
E quando Emilia notò l’atteggiamento combattivo dell’amica, non poté non gioire intimamente.
<< Avanti, alleniamoci. >> disse Chiara, secca. Era un pomeriggio ozioso, ma i ragazzi si erano incontrati ugualmente per conoscere Shai e aggiornarsi riguardo alle sue scoperte. Poi erano andati nel solito campo fuori Milano per allenarsi. Decisero di formare delle coppie: Emilia e Jonas, Shai e Chiara.
All’inizio le due ragazze si studiarono reciprocamente. La Custode dell’Acqua testò la tempra dell’avversaria scagliando qualche getto d’acqua che la violinista parò facilmente creando dei vuoti temporali, in cui li risucchiava.
Poi Chiara decise di fare sul serio. Iniziò a stuzzicare Shai, la fece innervosire, e al tempo stesso lottava con la rabbia ribollente che covava alla bocca dello stomaco. La mora, da parte sua, strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche; la furia che le grattava sotto lo sterno voleva a tutti i costi venire fuori.
All’improvviso, un mulinello d’acqua si abbatté sulla violinista. Chiara gioì come mai prima in vita sua. Era uno spettacolo di sottile bellezza osservare la sua rivale bagnata fino all’osso. Così non si accorse che il tempo si era fermato, e lei con esso.
Shai si avvicinò alla castana ancheggiando, godendo della rabbia che scorgeva nelle occhiate che la ragazza le indirizzava. Fece una risatina frivola. Poi mise le mani a coppa e un globo tra il viola e il blu di Prussia si formò.
Che diavolo è quel coso? si chiese Chiara. 
<< Massa di tempo, se voglio posso farti invecchiare di cento anni, con questo. >> rispose Shai, intuendo lo sgomento dell’altra Custode
. Lanciò uno sguardo al globo e sorrise maliziosa. << Questa volta, però, ti farò soltanto male. >> aggiunse, feroce. Il tempo ritornò al normale scorrimento.
Shai puntò la sfera contro Chiara. In un altro frangente forse avrebbe impresso meno potenza in quell’attacco. La quindicenne cadde a terra, colpita. Non diede spazio al dolore che le mordeva il ventre e si concentrò sul contrattacco.
Chiuse gli occhi, e quando li riaprì dietro di lei si ergeva un’onda di cinque metri. Shai evocò uno scudo temporale. Quest’ultimo s’infranse contro la massa d’acqua, impedendo solo di non inzupparla completamente. L’allenamento diventò un vero e proprio scontro; le due ragazze erano concentrate e combattive come non mai.
Dopo che l’ennesimo scoppio rimbombò nell’aria, Emilia e Jonas deciso di fermarle. L’angelo bloccò Shai, Emilia Chiara. La quindicenne tentò di divincolarsi ma inutilmente.
<< Non dovete uccidervi, prima dobbiamo salvare Upward. >> disse Jonas, aumentando la stretta sulla compagna. << Già, non ancora. >> sibilò Shai, tra i denti.
<< Sarà meglio prendersi una pausa. >> aggiunse Emy << Conosco un bar carinissimo dove possiamo riposarci. >>
Chiara sbuffò un assenso, Shai si liberò dalla morsa di Jonas e annuì, consenziente. Emilia lasciò andare l’amica e si avviò. Fecero il tragitto a ritroso, e l’angelo creò una corrente d’aria calda per asciugare la violinista. Arrivarono in una via zeppa di piccole boutiques, e Emilia li condusse in un bistrot dall’insegna colorata disegnata sul muro.
Quando entrarono ebbero l’impressione d’essere catapultati in un’altra epoca. Le pareti erano rosa cipria, il bancone color acqua-marina era luccicante, le vetrine erano colme di pasticcini e leccornie all’americana, e tutt’attorno oggetti inutili in stile retrò. Il profumo dei dolcetti si insinuò a fondo nelle narici dei ragazzi, inducendoli a sognare quei cibi deliziosi.
<< Mi devi spiegare come fai a conoscere questi posti. >> bisbigliò Chiara, all’orecchio di Emy, che rispose con un’alzata di spalle.
Si sedettero attorno ad un tavolino coperto da una tovaglia a quadretti rossi e bianchi. Ordinarono tutti qualcosa. Shai prese una tazza di thè. Stava per portarla alla bocca ma Chiara la bloccò, prese un paio di bustine di zucchero e ne rovesciò in contenuto nella tazza.
<< Che stai facendo?! >> ringhiò la violinista, visibilmente irritata. << Aggiungo un po’ di zucchero, non si sa mai che diventi meno acida! >> rispose la quindicenne, maliziosa. Shai sbuffò e distolse lo sguardo dal suo thè rovinato.
Gli occhi le caddero su un piattino, con sopra un muffin alla crema rosa e verde, e un’idea malvagia le balenò in mente. Fece per prendere la tazza ma, invece, fu rapida a far volare il pasticcino nella direzione di Chiara. Jonas chiuse gli occhi e mormorò una preghiera. La Custode dell’Acqua si tolse dalla maglietta i resti del muffin, in viso era più scura della notte.
<< Mi dispiace… non l’ho fatto apposta. >> si scusò Shai, con falsa innocenza.
Chiara fece un sorrisetto indecifrabile e disse << Non ti preoccupare, ce n’è anche un po’ per te. >>
Si passò una mano sopra la crema e la spalmò sulla faccia della violinista.
<< Oh, ma lo sai che è buonissimo? Perché non ne prendi ancora? >> la incalzò la violinista che, intanto aveva già afferrato il dolcetto di Jonas.
<< Dov’è la boccuccia? >> chiese, come si fa con i bambini per farli mangiare. Simulò il percorso di un aeroplano col pasticcino che, però, si schiantò sulla fronte della quindicenne. Prima che le due potessero fare altri danni, Emilia le fermò, ordinando loro di uscire. Pagò alla cassa e fece alzare Jonas.
<< Che cosa facciamo adesso? >> domandò lui.
La bionda sorrise << Cosa farai tu, piuttosto, perché sei l’unico che può mettere fine a questa guerra. >>
Emilia gli passò accanto, oltrepassando l’entrata. L’angelo rimase dentro, sbalordito, incapace di oleare gli ingranaggi della sua mente. Fuori Chiara e Shai si lanciavano occhiate in cagnesco, e alcuni passanti si lasciarono sfuggire una risata nel vederle sporche di crema.
<< Visto che non riuscite a sopportarvi >> iniziò la bionda, con fare risoluto << direi che è meglio se torniamo a casa. >>
<< Lo credo anch’io. Domani, tra l’altro, dobbiamo andare a scuola, a differenza di alcuni individui a cui servirebbe molto un’infusione d’intelligenza… >> commentò Chiara.
E secondo la quindicenne, l’individuo che aveva bisogno di un’infusione di intelligenza era Shai. La violinista fece per ribattere ma Jonas fu rapido a tapparle la bocca e trascinarla via, salutando di sfuggita le due ragazze con la mano.
<< Tu mi devi davvero tante spiegazioni, J. Come hai fatto ad innamorarti di una tipa come lei ?! Dio, è così … così… >> la mora si perse nel trovare le parole. L’angelo si permise un sorriso.
<< Che c’è da sorridere? >> lo aggredì.
Lui fece un gesto di non curanza con la mano. << Niente, niente. >> rispose.
Ma invece un motivo c’era eccome. Lo divertiva e, al tempo stesso, lo preoccupava l’improvviso cambiamento di Shai non appena aveva incontrato Chiara: non era più la ragazza riflessiva e ragionevole, ora era maliziosa, schietta e agguerrita.
Ricordati che lo è diventata grazie a te, cervellone cinguettò la sua coscienza.
“Ma gli affari tuoi non te li fai mai, mh?” La vocetta nella sua testa proruppe in una risatina frivola.
Eh già, ti tormenterò fin che morti non ci separi, caro.
Jonas sbuffò “Non mi ricordo d’essermi mai sposato”.

§

La bella ragazza bionda salutò la sua amica dai capelli nocciola, coperta da capo a piedi di resti di cibo.
Il ragazzo la osservò premere il pulsante rosso, quello con cui si prenotava la fermata. Era alta e snella, un fisico da pallavolista, constatò il giovane. I jeans le calvano perfettamente, così come il giubbotto di pelle colorato rosso.
In un altro momento avrebbe volentieri attaccato bottone, anche solo per vedere di che colore aveva gli occhi quella graziosa creatura. Invece aveva bisogno di soldi e un portafoglio valeva come un altro, non importava se la vittima designata fosse di una certa bellezza.
Se poi quest’ultima era stata così sbadata da lasciare il portafoglio in bella vista, metà fuori dalla tasca dei pantaloni, non c’era occasione migliore. Si tirò giù il cappuccio e calcolò il momento perfetto per agire. La osservò mentre si avvicinava alle porte scorrevoli e aggrapparsi al palo centrale, per non cadere.
Rapido e silenzioso, le fu dietro. La bionda non si accorse di nulla. Il ragazzo sentiva i muscoli fremere sotto la pelle. Non era altro che un corpo, un busto di lego da muovere a piacere, pronto a scattare, pronto a scomparire nell’oscurità alla minima minaccia.
L’autobus si fermò. La ragazza mise un piede sul marciapiede. Il ragazzo agì: mosse la mano e la tasca si allargò giusto quei due millimetri che gli permettevano di sfilare il portafoglio senza sfiorare la ragazza. Se lo mise nella tasca del giubbotto e corse veloce tra le vie. Missione compiuta.

§

Forse fu la strana sensazione che le percorse la schiena, forse l’impressione di essere osservata, forse lo spostamento d’aria improvviso, fatto sta che si voltò di scatto e lo vide. Un ragazzo piuttosto basso, la pelle olivastra delle mani che brillava nella semi oscurità, il cappuccio tirato giù fino a coprirgli il volto, e il luccichio di un oggetto che sparì pochi attimi dopo.
Si portò le mani al portafogli. I suoi polpastrelli sentirono il vuoto. Ci mise il tempo d’un battito di ciglia a capire che cos’era accaduto: era stata derubata. Si gettò subito verso il ragazzo, sicura che fosse lui il ladro. Corse più veloce che poté e intanto gridava a squarcia gola << Fermatelo! Mi ha rubato il portafoglio! >>
I muscoli le dolevano, il buio la disorientava e si maledisse per aver prolungato troppo a lungo la giornata e gli allenamenti, proprio in quel Marzo che non aveva nulla della primavera.
Un passante si parò davanti al ragazzo, e lo sbilanciò facendolo cadere a terra.
Emilia gioì nell’animo, ora gli era dietro. Il ladro si rialzò prontamente e riprese a correre, il fiato corto per via dello sgomento e dell’adrenalina.

§

In tutta la sua carriera di ladruncolo di strada non era mai stato beccato o, almeno, non in quel modo, non così facilmente. Aveva considerato male le carte della sua vittima. Un uomo di mezza età gli si parò davanti, facendolo cadere.
Sentì una fitta dolorosa al polso, su cui si era appoggiato per non cadere di faccia, ma si costrinse ad alzarsi e continuare la corsa. Ora però la bionda gli era dietro, e correva e correva nella speranza di raggiungerlo.
Poi, alle sue spalle, uno scoppio e avvertì un calore innaturale alla spalla destra. Si voltò per vedere che cosa stava accadendo. Il tessuto della felpa era bruciato completamente, e ora la sua pelle era esposta. Rallentò la corsa.
Che diavolo stava accadendo? Quello fu il suo errore. La vittima lo raggiunse e gli mollò un calcio nello stomaco. Non era il dolore più atroce che avesse mai sopportato, lui che portava un marchio indelebile sulla pelle, eppure ebbe la potenza di farlo chinare a terra.

§

Il cuore le batteva a mille, le faceva male, sembrava un trapano che le scavava un foro nel costato. Non ce la faceva più, aveva il fiato corto, e riusciva ad andare avanti con la sola forza della speranza. Allora concentrò le sue ultime energie in un globo di fuoco e lo lanciò nella direzione del ladro.
Lo colpì di striscio alla spalla destra. Meglio di niente. Lui però rallentò, esterrefatto.
Sorrise, e scattò. Gli fu vicino e gli tirò un calcio nello stomaco. Non gli diede il tempo di riprendersi.
Lo afferrò per il cappuccio e lo sbatté al muro di una casa. Il viso fu visibile e si stupì della giovane età di chi si trovava davanti.
Aveva i lineamenti asiatici tipici dei cinesi, ma gli occhi non erano a mandorla, bensì grandi e neri. Neri come la pece, neri come le ali di un corvo, neri come la notte, neri come l’inchiostro.

§

Gli prese il cappuccio della felpa con veemenza e lo attaccò al muro. Esitò sul suo viso, come tutti, come ogni persona che aveva incontrato, come tutti tranne i suoi genitori.
Si concesse di fissarla negli occhi. Erano bruni, e vicino all’iride delle tacche mogano brillavano rischiarando l’oscurità. Non ne fu sicuro, eppure sembrava che mandassero fiamme, che quello che danzava nell’iride fosse fuoco, braci ardenti di un camino.
<< Dammi i miei soldi, bastardo! >> lo aggredì, schiacciandolo contro la parete.
Lui sorrise, beffardo.
<< Ti strappo quei denti uno a uno se non fai quello che dico! >> gridò e le sue mani resero a bruciare.
<< Che fai, mi arrostisci, ragazza calorifero? >> la schernì, meritandosi un pugno in pieno volto.

§

<< Che fai, mi arrostisci, ragazza calorifero? >> la prese in giro. Emilia ribollì di rabbia e gli mollò un cazzotto in faccia.
Quel ragazzo… non sapeva dire se fosse la furia, l’adrenalina, la paura ma il suo stomaco era in subbuglio.
Quegli occhi, quei labirinti… la intrigavano, la stregavano. Il giovane sorrise ancora.
Lei fece una risatina isterica, aumentando la pressione contro la parete ancora di più.
<< Facciamo così, dimmi il tuo nome e io ti dirò il mio, così renderò la tua misera vita più felice e poi tu, per riconoscenza, mi ridarai ciò che è mio. >> azzardò.
Era un’idea sciocca, pericolosa, ma, in qualche modo, in quel momento suonò sensata.
Quello allargò il sorrise, si passò il dorso di una mano sul labbro spaccato che sanguinava e disse << Dimitri, il piacere è tutto mio, ragazza calorifero. >>

***
ANGOLO DELL'AUTRICE
Okayyy, ora mi ucciderete, quindi aspettate un secondo, chiedo perdno per averci messo un'eternità di tempo ad aggiornare, tutta colpa del liceo e della "mia grande organizzazione".
Non mi perdonate?
Bene, aspettate prima di avvicinare di più quelle spade... Expeto Petronum!
No, eh? Sono così imbranta che non riesco nemmeno a rimettere il nero, mi sa che vi toccherà leggere in verde... XD
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ve l'ho fatto penare ma alla fine è arrivato.
Devo le mie più sincere scuse a
Bimba98, sei un'amore a scrivermi un messaggio dicendomi di aggiornare, non pensavo tenessi tanto a questa storia! *----*
Ringrazio anche
P!nk, sia benetta questa donna che mi ha conciliato la scrittura ahahah Lol
Cavolate a parte, chi è il misterioso Dimitri? E perché gli ho dato questo nome? Una spia russa? Un'assassino? Un discendente dei Romanov?
No, ok, non sto affatto bene, chiamate qualcuno di esperto per me!!!
Perdonatemi gli errori, ce ne saranno a bizzeffe, non ho riletto per pigrizia, poco tempo e voglia di pubblicare^^
Vi aspetto al prossimo capitolo che *spero* arriverà prima.
Baci

Water_wolf



 

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Capitolo 14
*** 14 Il Dolore e il Mistero ***


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Emilia resistette all’impulso di rovinare il suo bel visino a furia di pugni e gli rivelò il suo nome << Mi chiamo Emilia, e se ti azzardi a chiamarmi ancora “ragazza calorifero” non credo avrai più i denti per farlo, dopo. >>
Dimitri sorrise, beffardo. << Ora il portafoglio. >> aggiunse la Custode del Fuoco.
Il ladro lo sfilò dalla tasca e, senza smettere di fissare gli occhi di Emy,  glielo porse. Lei lo afferrò, gli scoccò un’occhiataccia e se ne andò. Dimitri le se avvicinò, di nuovo, e provò a rubarle, ancora, il portafoglio.
Adesso basta, pensò Emilia. Si voltò di scatto e gli mollò un cazzotto in piena faccia. Il ladro forse non aveva calcolato bene la forza di quel colpo, perciò cadde a terra, svenuto.
Emilia roteò gli occhi. << Non ci casco, ora se mi avvicino mi rubi di nuovo il portafoglio. >>
Fece per andarsene, ma Dimitri non si alzò. Un pensiero riempì la sua mente: se l’avesse ucciso? Si torturò le mani, tirò uno schiaffo al ladro, ma nulla. In preda allo sconforto, prese il telefono e chiamò un taxi.
La macchina non tardò ad arrivare. Emilia, con un po’ di fatica, mise il corpo del ladro dentro, e diede al taxista l’indirizzo. Non sarebbe andata  a casa sua, sua madre l’avrebbe linciata se avesse visto chi si trascinava dietro, così decise di andare da Giovanni, il suo appartamento ormai sembrava un ostello per giovani, prima Jonas, poi Shai e ora quel ladro di nome Dimitri.
Emilia osservò meglio la sua vittima. Si chiamava come un qualsiasi russo eppure i suoi occhi scuri e tratti asiatici erano caratteristici dei cinesi e giapponesi.
<< Siamo arrivati, signorina. >> annunciò il taxista, cordiale.
<< Sì, sì, certo. >>
Gli mise dieci euro nel palmo aperto che le stava porgendo e uscì, senza nemmeno sapere se il costo fosse maggiore. Prese il braccio di Dimitri e se lo poggiò dietro il collo, iniziando a camminare. Jonas era già a casa, perché rispose lui al citofono.
Emy scongiurò l’ascensore d’arrivare in fretta e quando giunse innanzi la porta dell’appartamento le sembrava di aver perso due anni di vita, per tutto quello sforzo. L’angelo la squadrò da capo a piedi. Shai comparve sulla soglia, e sorrise maliziosa. << Chi è, uno dei tuoi ammiratori segreti? >> scherzò, ma si scontrò con lo sguardo duro di Emilia, comprendendo che era una faccenda seria.
Jonas prese l’altro braccio di Dimitri e insieme lo appoggiarono sul divano. Giovanni arrivò in quel momento, e sgranò gli occhi.
<< Un altro no, vi prego… >> mugolò.
L’angelo gli fece segno di stare zitto con la mano, e si rivolse alla bionda. << Chi è? >> chiese, secco.
La Custode del Fuoco si accasciò sul pavimento, sfinita e rispose << Stavo tornando a casa, lui voleva rubarmi il portafoglio e c’è riuscito. Però me ne sono accorta e l’ho rincorso. Ha provato a fregarmi un’altra volta, così gli ho tirato un pugno e… e l’ho steso. Si chiama Dimitri. >>
Giovanni si chinò sul ladro e esaminò i lembi della felpa bruciacchiati. << E questo? >> la incalzò, diventando serio.
<< Sono stata costretta a usare il mio potere. >> ammise.
<< Perché l’hai portato qui? Non potevi lasciarlo in strada? E’ un ladro, dopotutto. >> ribatté Jonas.
Emy fece una risatina scema << Sai, non tutti sono così senza cuore come te da abbandonare qualcuno all’angolo del marciapiede. >>
<< Ma avere la sindrome della crocerossina mi sembra esagerato. >> decretò l’angelo, scoccando un’occhiataccia al ragazzo inerme sul divano.
<< Non credo sia di questo che dobbiamo preoccuparci. >>  si intromise lo scrittore, un’espressione di mero terrore dipinta sul viso.
Tolse la felpa a Dimitri, mettendo in mostra un tatuaggio sulla spalla destra. Era un grosso drago cinese che si arrotolava su se stesso formando un otto, al centro vi era un pugnale dalla cui elsa spuntavano due ali spalancate.
<< Scrivendo gialli si impara molto, ragazzi. >>  iniziò Giovanni, accomodandosi sul divano << Questo marchio segna l’appartenenza di questo ragazzo ad un clan, ad un cartello della droga cinese. >>
Emilia sbiancò.  L’angelo fu scosso da un brivido.
<< Hai detto che è un marchio, non un tatuaggio. Questo vuol dire che è stato impresso col fuoco? >> domandò Shai, fredda e calcolatrice.
Lo scrittore annuì << Precisamente. L’hanno stampato nella carne come si faceva coi cavalli, un tempo. Ma il fatto insolito è che a Milano non ci sono basi di questo clan, è un cartello cinese, che risiede a Hong Gong, Shangai e Pechino. E… >> si interruppe, considerando ogni ipotesi. << Credo sia un clandestino, scappato dalla sua madre patria. >>
<< Il suo nome, Dimitri, ricorda la Russia, non la Cina. >> constatò Shai, saggiando con la pelle il viso del ladro.
<< Non ho ipotesi per questo. >> ammise.
<< Brava Emilia, hai portato  in questa casa uno spacciatore, perfetto! >> sbottò Jonas, stringendosi le tempie con le mani.
<< Oh, certo, non sei tu quello che ha corso una maratona perché è stato derubato! >> si difese lei.
Fecero per riprendere il litigio ma la violinista li fermò. << Non la sentite? >>
Scossero la testa. << L’aura che emana, non la avvertite? >> domandò.
I due si scambiarono un’occhiata confusa. << Pensi che lui… >> Emy non ebbe il coraggio di completare la frase.
<< Devo solo scoprirlo, se è uno di noi, deve svegliarsi assolutamente e spiegarci molte cose.  >> disse la mora.
Poggiò la sua mano sul cuore di Dimitri e una forza misteriosa la attrasse nei meandri del ragazzo.
Era buio, non come quando era entrata dentro Jonas. Le tenebre non si muovevano, lì sì. Formavano spire, fumi, figure mostruose, sorrisi sghembi e lame di pugnali. Un ruggito la fece voltare, e fu inghiottita da un drago da lunghi baffi rossi.
All’interno della pancia del drago il buio tentò di strozzarla. Si dimenò, si portò le mani al collo nel tentativo di non morire, ma alla fine la forza invisibile di dissolse nel nulla. Una luce abbagliante la accecò, bruciandole gli occhi, lentamente e dolorosamente. Gridò, urlò, grattò la pancia del drago, squarciò le tenebre, e con immensa pietà la visone ebbe inizio.

Un bambino era a terra, raggomitolato in posizione fetale, mentre altri ragazzi più grandi lo picchiavano, dandogli calci e pugni. Ridevano, si divertivano, gioivano del male altrui. Shai, benché cieca, li vide distintamente quei ghigni malefici di ragazzini.

A volte i bambini sanno essere più crudeli degli adulti, pensò.
“Sei diverso!”, “Sei impuro”, “Non meriti di stare tra noi!”, “Feccia russa!”, lo insultavano. La violinista li osservò meglio: carnagione olivastra, occhi a mandorla, tutti. Tutti tranne il bambino.
<< Anch’io sono come voi! >> si schermì il piccolo, tentando di proteggersi dalle percosse.
Un ragazzo più alto degli altri sputò per terra, un altro lo fece in uno dei suoi occhi. Il bambino era prossimo alle lacrime, ma non voleva dare la felicità agli altri di vederlo soffrire apertamente. Con un urlo si alzò da terra, e sfidò con lo sguardo i bambini.
Gli alberi di ciliegio si ingrandirono a dismisura, inghiottendoli in una foresta di petali rosati. Alcuni scapparono. Le radici si alzarono dal terreno, ingigantendosi a dismisura, chiudendosi sulle giugulari dei ragazzi. Loro provarono a ribellarsi, ma le radici stringevano e le loro mani erano piccole come ali di farfalla. Dopo appena cinque minuti, dieci corpicini ricaddero a terra, esanimi.
Il bambino li chiamò. Perse la voce, ma loro non si svegliarono.
Li ha uccisi, pensò Shai e sentì una lacrima rigarle il volto. Quando il cielo si tinse di rosa, tramontando col Sole, un uomo raggiunse il piccolo. Osservò disgustato la scena e schiaffeggiò il piccolo.
<< Che hai fatto, eh? Che cosa diamine hai fatto, bastardo!? >> gridò, senza smettere di picchiarlo. Il bambino pianse, impotente.
<< Non li ho uccisi io papà… ti prego… non sono stato io… >> lo supplicò.
Il padre si fermò, lo prese per un braccio e annunciò << Da questo momento non sarai più mio figlio, ho già pagato troppo per colpa tua. Ti consegnerò ai Dragoni, che facciano di te uno di loro, hanno sempre bisogno di giovani reclute. >>
Il bambino puntò i piedi. Il padre scosse la testa e lo strappò da terra con forza.
<< Sei come tua madre, solo un piccolo bastardo. >> disse tra i denti.

La violinista gridò, lanciando maledizioni contro quell’uomo che non poteva definirsi un padre. Sentì un dolore allucinante alla schiena, là dove i denti de drago le lacerarono la carne, aprendole uno squarcio sulla schiena. Gli occhi presero a sanguinare, mentre dalla bocca vomitò nuvole nere, composte da insetti assetati di morte.
Tentò di gridare ma non aveva voce, cercò di scappare ma non aveva gambe. Allora rimase lì, con la tortura che la divora dall’interno e dall’esterno al tempo stesso.


<< Shai! Shai! >> urlò Jonas, scuotendo la sua compagna per le spalle. Stava urlando, di dolore e di rabbia, mentre dagli occhi sgorgava sangue.
<< Esci da lì! Maledizione! >> sbraitò. La violinista ascoltò le sue preghiere e aprì piano le palpebre.
<< Sia lodato il cielo… >> esultò Giovanni, accorrendo al fianco dell’angelo.
<< Stai bene? >>le chiese Jonas, preoccupato, il suo viso era una maschera di orrore. Shai chiuse gli occhi, abbandonandosi alle braccia muscolose dell’angelo.
<< C-chi… è… q-q-questo ra-ag-gazzo? >> domandò, la voce appena udibile, simile al vento tra le foglie. Tentò di riaprire le palpebre, invano. Annaspò in cerca d’aria e svenne.

***
Angolino dell'autrice
Muahahah mi sentivo tanto malvagia mentre scrivevo questo capitolo, e anche un po' sadica.
Voglio bene ai miei personaggi, però è.é
Anyway, Dimitri è ancora avvolto da tanta tanta ombra, e neanche la visione di Shai ha chiarito molto la situazione. Perché non è solo un ladro, ma anche un figlio indesiderato, preso di mira, che ha ucciso per via dei suoi poteri. Quali sono? Fate lavorare i vostri cervelli e ditemelo voi, così vi sentirete realizzati se vi dirò che "sì, avete ragione" x3
E sì, Emilia fa proprio degli incontri strani...
Spero vi sia piaciuto almeno quanto a me scriverlo!

Water_wolf


Ringrazio le 8 persone che hanno aggiunto questa storia tra le preferite:
1 - Akilendra
2 - AlEsSaNdRa383
3 - Bimba98
4 - Clary1835
5 - eltanininfire
6 - giada1999
7 - Roberta Styles Cannavo
8 - Tenshi No Yume
Le 18 persone che l'hanno messa tra le seguite:
1- Bimba98
  2- chiaraviolinista
  3- Clary1835
  4- clo_smile
  5- Federicadream
  6- Francilla
  7- Hoshi98
  8- iSophi
  9- KingPetertheMagnificent
10 - marty_17
11 - Muix
12 - Netmine
13 - nike97
14 - roncatella
15 - Smiling_
16- TheSandPrincess
17 - WeAreInfinity__
18 - _hunter_
Le 3 persone che l'hanno aggiunta tra le ricordate:
1 - D_Cocca
2 - luisa_94
3 - ScudoDiTiglio
Ma soprattutto chi recenscisce dando corda a quest'autrice folle^^

Grazie!

 

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Capitolo 15
*** 15 Il Custode dello Spazio ***


"Adesso è la verità
L'unica cosa che conta
Dimmi se farai qualcosa
Se mi stai sentendo"
Luce, Elisa


Fu la sensazione di trovarsi in un luogo sconosciuto a svegliare il ladro.
Si guardò attorno, cercando un qualsiasi oggetto conosciuto, ma nulla in quel posto gli era familiare. Si accorse di essere sdraiato su un divano solo quando, provando a camminare, cadde giù da esso. Imprecò a bassa voce e si rialzò.
Era in un appartamento confusionario, su un attaccapanni c’erano giacche di varie taglie e, frugando nell’armadio, trovò anche abiti da donna. Fu quella visione a fargli ricordare l’accaduto della sera prima.
Si tastò il naso e inveì contro la ragazza che l’aveva colpito, probabilmente glielo doveva aver rotto. Camminò affiancando l’armadio e si fermò solo quando vide una porta socchiusa.
Spiò l’interno dalla fessura ed entrò. Era una stanza spartana, con una finestrella al centro del muro frontale, una scrivania a parete, un comodino di legno bianco a sinistra da dove partiva un letto singolo.
Sopra vi era adagiata una ragazza mora, con delle ciocche colorate di rosso e blu, e la pelle diafana, come se fosse stata affetta da qualche malattia. Dimitri le si avvicinò. No,  non era la stessa che lo aveva colpito.
Osservò meglio il viso della giovane, seguì la linea delle labbra rosse, l’unica nota di colore su quella bambola di porcellana. Il respiro non era del tutto regolare, come quando qualcuno è nel bel mezzo di un sogno o di un incubo.
<< Allontanati. >> intimò una voce maschile alle sue spalle.
Dimitri si alzò e si voltò. Innanzi a lui si trovava un giovane ragazzo, piuttosto alto, capelli castani che terminavano in un ciuffo ribelle, e straordinari occhi grigi, impenetrabili, fitti come la nebbia.  Il ladro sfoggiò un sorriso sprezzante.
<< Buongiorno, mister grigio. >> lo salutò, con tutta l’intenzione di far arrabbiare quello sconosciuto.
Jonas strinse le mani in pugni, facendo sbiancare le nocche. Non aveva idea di che cosa Shai avesse passato dentro quel ragazzo, ma, a giudicare dal dolore che aveva provato, non doveva essere stato piacevole. E non riusciva a tollerare che lui le avesse fatto quello. << Mi devi delle spiegazioni. >> disse, duro. Il ladro allargò il sorriso << E perché mai? Non ho idea di chi tu sia, mister grigio, e nemmeno del perché io sia qui. Dunque, mi pare che sia tu quello che mi deve dei chiarimenti. >> Jonas chiuse gli occhi e dominò il suo istinto di prendere il collo di quella feccia e strozzarlo.
<< Sei qui perché, dopo che Emilia ti ha colpito, sei svenuto, e grazie alla sua enorme intelligenza ti ha portato qui. >> spiegò l’angelo, visibilmente irritato.
Dimitri passeggiò per la stanza, sotto costante osservazione del Custode dell’Aria.
Si fermò al centro, si passò una mano sul mento con fare pensoso e commentò << Emilia… allora è così che si chiama la ragazza calorifero… >>
L’angelo si permise un sorriso tirato. << Ora, dimmi chi sei. >> lo incalzò.
Dimitri si voltò di scatto, perdendosi ad osservare quegli occhi nuvolosi. << E’ una lunga storia e non ho il tempo per raccontarla. >> ribatté Dimitri, passando accanto all’angelo e superandolo. 
Jonas lo prese per una spalla e lo sbatté alla parete. << Io ne ho molto, invece. >> disse, sprezzante.
Dimitri chinò la testa di lato e schioccò la lingua. Con un movimento fluido si liberò della stretta del Custode e lo colpì a mano piatta sul coppino. L’angelo rimase intontito, dando il tempo a Dimitri di raggiungere il soggiorno e iniziare ad aprire la porta.
Improvvisamente sentì un freddo irreale attorno a lui e una morsa sempre più stretta attanagliargli lo stomaco. Si voltò e vide un tentacolo argenteo attorno al suo torace. Tentò di romperlo, ma non appena lo toccava si dissolveva in sbuffi freddi, mantenendo però la presa.
Alzò lo sguardo e incontrò il sorriso sghembo di Jonas, appoggiato con le spalle alla parete, mentre con una mano giocava col tentacolo.
<< Cos’è, sono ricercato? >> scherzò il moro.
L’angelo aumentò la stretta.
<< Direi proprio di sì. Chi sei, Dimitri? >> domandò, malizioso.
Il ladro nascose il suo stupore.
<< Dimitri. >> rispose.
Un tentacolo lo agguantò alla gola.
<< Non scherzare con me. >> lo mise in guardia l’angelo.
<< Senti, se speri che ti racconti la storia della mia vita ti sbagli, ho già fatto troppi errori facendo cose come questa. >> disse Dimitri, serio.
“Ma allora…non può essere, non può essere lui ” pensò Jonas.
Invece può, spiegherebbe molti inconvenienti, gli suggerì la sua coscienza. Bastò quell’attimo di distrazione e Dimitri si liberò della sua stretta, sciogliendosi in acqua e ricomponendosi sulla soglia della cucina.
Jonas strabuzzò gli occhi, come era riuscito a fare ciò?
<< Ehi! >> gridò << Se mi dici che cosa ti è successo ti aiuterò! >>
Tentò un approccio più dolce, ma la voce non riusciva a mistificare la nota d’odio che provava nei confronti del ladro. Quest’ultimo scomparì nella cucina e, quando ne uscì fuori, brandiva un coltello da carne.
<< Sono già stato aiutato troppe volte in vita mia. E sai il divertimento? Tutti hanno solo peggiorato la situazione! >> urlò, i suoi occhi scuri divennero neri come le piume di un corvo.
<< Merda… >> mormorò Jonas, prima che Dimitri lanciasse il coltello.
Si scansò il più in fretta possibile, ma la lama aprì comunque un taglio sul braccio. L’angelo cadde in ginocchio sul pavimento, si osservò sprezzante la ferita, da cui colava sangue, e lanciò un’occhiata assassina verso quello che era appena diventato il suo avversario.
<< Ho provato a essere gentile, ma se l’essere un bastardo è nel tuo DNA, io non so che farci. >> lo aggredì Jonas, digrignando i denti.
Bastardo.
Quella parola risuonò nella mente di Dimitri, accecandolo, liberando il drago dai baffi rossi che abitava in lui. Si slanciò contro l’angelo, inchiodandolo alla parete. Jonas avrebbe voluto gridare per il contraccolpo, ma preferì agguantare il collo di Dimitri e ribaltare la situazione.
Giovanni si svegliò nell’istante in cui il frastuono ruppe la barriera del suo sonno. Si alzò, percorse in fretta e furia il corridoi e arrivò in soggiorno, dove osservò l’angelo e il ladro scambiarsi occhiate che avrebbero potuto cuocere al dente un pollo all’istante, tanto erano infuocate. Notò sgomento il suo coltello da carne conficcato nella parete.
<< Che cosa sta succedendo qui!? >> sbraitò.
<< Vattene da qui, non hai modo di difenderti. >> intimò Jonas, lanciandogli un’occhiata fugace.
<< Già, ti conviene, vecchio. >> aggiunse Dimitri.
Giovanni scosse la testa << E secondo voi vi lascerei scannarvi a vicenda senza fare niente? >>
<< Sì. >> risposero all’unisono i due, in un grugnito.
Lo scrittore sgranò gli occhi, incredulo << Ma che razza di generazione è la vostra? >>
<< Giovanni! >> lo supplicò l’angelo << Va’ da Shai, va bene? >> Non era esattamente una domanda, più un ordine pronunciato con gentilezza.
Lo scrittore rimase in piedi, indeciso sul da farsi, ma poi si diresse verso la camera degli ospiti, più per salvarsi la pelle da quello che si prospettava come un incontro tra due titani, che per occuparsi della violinista. Il coraggio non era una delle sue arti, lo lasciava agli ispettori di polizia cui dava vita.

<< E così, si chiama Shai quella bambolina di porcellana, mh? >> lo provocò il ladro. Jonas gli mollò il collo e iniziò a creare due globi argentei, gelidi come i venti che si infrangevano sulle coste della Norvegia.
Dimitri rise, cosa pensava di fare quel ragazzo? Non aveva nemmeno capito chi era, come poteva anche solo pensare che qualche giochetto con l’aria potesse fermarlo? Lui, che non aveva mai smesso d’essere tormentato dai ricordi. L’unico che non aveva dimenticato, ma che avrebbe tanto voluto farlo. Il ragazzo, il bastardo, che non aveva mai potuto essere come gli altri, benché già lo fosse.
Quando i due globi lasciarono l’alveo delle mani di Jonas, fu rapido a scansarsi e a rinchiuderli in una scatola trasparente.
<< Oh, non sapevo sapessi fare anche il mimo, oltre ad essere irritante. >> lo schernì Jonas.
Dimitri sorrise, ferino << Se senti la mancanza di questi >> indicò i globi argentei << te li restituisco. >>
Jonas comprese all’istante cosa aveva intenzioni fare il ladro. Con un gesto della mano aprì la finestra, e con l’altra fece deviare il corso delle sfere che prima aveva lanciato. << Mi credi così stupido? >> domandò.
Dimitri schioccò le dita.
<< Sì. >> rispose, mentre un globo colpiva alle spalle Jonas.
L’angelo cadde a terra con un gemito, emesso tra i denti. Il freddo pungente del suo potere che si rivoltava contro il suo padrone. Dimitri avanzò con passo marziale verso di lui. Si chinò, lo rivoltò e lo costrinse a guardarlo negli occhi. Jonas avrebbe tremato, se avesse potuto, ma il gelo che gli attanagliava la schiena era così penetrante che gli sembrava di vivere con solo gambe, braccia e ventre.
<< Non sono chi pensi. >> sibilò.
<< Potresti sbagliarti, Custode dello Spazio. >> azzardò Jonas, sentendo una vecchia amica venirgli incontro. 
Dimitri batté un pugno sul pavimento, a due dita dal viso dell’angelo.
<< Come mi hai chiamato!? >> ringhiò.
<< Custode dello Spazio, è ciò che sei. >> ripeté Jonas, con più decisione.
<< No… >> sussurrò Dimitri << No! >> ruggì.
Afferrò Jonas per la camicia e, con una forza innaturale, lo alzò innanzi a sé.
<< Lo sapevi, non è vero? >> chiese l’angelo, sentendo che stava toccando le corde giuste.
<< Tu non sai nulla! >> gridò Dimitri.
Jonas decise che era arrivato il momento di giocare la sua ultima carta. Spiegò le ali, e spezzando il ghiaccio che gli infuocava il dorso, si allontanò con un possente battito da lui. Il ladro lo fissò, sgomento.
<< C-chi diavolo sei? >> balbettò.
L’angelo sorrise, malizioso << Piacere, Jonas, Custode dell’Aria. >>

§


All’inizio erano quattro, e quattro era il numero perfetto.

Lei era insicura, ma potente. Lei era forte, ma fragile come uno specchio. Lei aveva la Wacan e ne faceva buon utilizzo. Lei era l’Acqua.
Lui era fiducioso, ma troppo impaziente. Lui doveva dimostrare il proprio valore, ma non doveva cedere alle tenebre. Lui aveva il Chion e ne aveva strettamente bisogno per vivere. Lui era l’Aria.
Lei era vita, ma sconsiderata. Lei si divertiva a plasmare, ma non sapeva che poteva anche distruggere. Lei aveva il Xeyl e lo trattava come un amico. Lei era il Fuoco.
Lui era calmo, ma anche pieno di energia. Lui poteva generare, ma lo faceva di rado. Lui aveva la Niayh e doveva imparare a dominarla. Lui era la Terra.

All’inizio era Luce, e Luce era la perfezione.
Poi fu Buio,  e le Tenebre mangiarono tutto.
Fu sangue, morte, e distruzione, e il numero perfetto le fermò, illuminando le Tenebre.

Il ciclo riprese, e Wacan, Chion, Xeyl e Niayh scelsero i loro successori. L’anello si chiuse, e Buio tornò. Luce non era più così luminosa, e perse. Fu rabbia, razzie, incendi, distruzione. Tenebre.

Poi giunsero due, e due era la magia.
Lei era determinata, ma non poteva essere forte senza la sua metà. Lei era Tempo.
Lui era inarrestabile, ma solo se stava con l’altra faccia della medaglia. Lui era Spazio.
Ed erano fratello e sorella.

Divennero sei, e sei era il numero dell’unione.
Il ciclo si chiuse, e Luce tornò.
Così, Tenebre e Luce, per sempre, all’infinito.

<< Dimmi di più, ti prego! >> Shai si stupì di avere una voce. Era in una biblioteca. Un’enorme biblioteca. Ed era buio. Una voce, un oracolo, aveva
iniziato a raccontare, lasciando la carta per prendere forma come macchia d’inchiostro.

La Wacan era il dono dei sogni, capace di far viaggiare ovunque, e permetteva di guardare al futuro.
Il Chion era la spada della pace, capace di unire e dividere, ma anche di fermare e iniziare.
Il Xeyl era il dono della sopravvivenza, capace di plasmare e distruggere, ma soprattutto di dare vita.
La Niayh era l’atlante della verità, capace di illuminare e oscurare, di scrivere e cancellare, ma anche di cambiare.

<< E poi? >> domandò Shai, all’inchiostro che volteggiava sopra la sua testa.

Tempo e Spazio erano come il Sole e la Luna, diversi ma uguali, due profili di uno stesso viso. Se uno moriva, l’altra con lui.
Loro erano il Legame, capace di cucire i pezzi.

Le pareti della biblioteca ondeggiarono, l’inchiostro ritornò tra le pagine del libro, e il le trame del sogno si disfecero, costringendo Shai ad aprire gli occhi.

§


Morbido. Coperte.
Luce. Giorno.
Shai spalancò gli occhi all’improvviso, uscendo da quel sogno che sogno non era. Una mano calda le lisciò i capelli corvini. Si girò e si lasciò andare in un sospiro di sollievo. Giovanni.
<< Dov’è Jonas? Ho scoperto qualcosa di importante. >> chiese.
Un grido la fece rabbrividire. Si mise a sedere di scatto, ma il movimento improvviso le fece girare la testa, cosicché ricadde sul cuscino.
<< Che cosa sta succedendo? >> domandò, il tono quasi supplichevole.
Giovanni scosse la testa, malinconico << Non lo so, bambina, non lo so. >>
Una calma glaciale calò sull’appartamento. Sta accadendo qualcosa di pericoloso, pensò Shai, e decise di alzarsi.
Ignorò gli avvisi dello scrittore e uscì dalla stanza. Si appoggiò con una mano alla parete e arrivò in soggiorno. Si sentiva inspiegabilmente prosciugata, senza forze, e in più non capiva cosa le era accaduto quando era entrata dentro il ladro.
Oltrepassò la soglia.
Jonas aveva le ali diafane spiegate e fissava insistentemente Dimitri, in preda ad una paura cieca, che gli faceva tremare le mani.
<< Non esistono altri come me, menti. >> bisbigliò Dimitri, abbassando il capo.
<< Vorresti negare quello che è appena successo? >> ribatté Jonas.
<< Che cosa “è appena successo” J? >> domandò Shai, preoccupata.
L’angelo ripiegò le ali, illuminando per un attimo il soggiorno. Non rispose.
La violinista notò il coltello da cucina conficcato nella parete, e il caos che regnava in quella stanza. Avevano avuto uno scontro.
<< L’hai scoperto, non è vero? >> lo inclazò.
Jonas la squadrò da capo a piedi. Annuì. Shai sorrise, e si avvicinò a Dimitri. Gli accarezzò una spalla, l’aura che lo circondava non era svanita. Lui si scostò malamente, infastidito da quel contatto improvviso.
<< Rimarresti stupido dal sapere che sei mio fratello. >> mormorò, cercando gli occhi scuri di Dimitri.
Il ladro fece una risata isterica, si passò una mano tra i capelli, nervosamente, e osservò gli occhi blu violacei di Shai.
<< Io credo di averlo sempre saputo, sorellina. >> La violinista incassò il colpo.
Erano come fratelli, a quanto diceva l’oracolo, se lei sapeva qualcosa, anche lui la conosceva. << Raccontami di te. >> disse, accorata.

§


Hiroshi, il padre di Dimitri, era un uomo che cedeva alle tentazioni. Non era raro che facesse sesso con delle prostitute, ma nessuno era come lei: Anastasia. Era russa, eppure diversa dalle altre. Venne più volte nel suo letto, e le regalava mance generose.
Ma poi rimase incinta, e l’idillio crollò. Le voleva tenere il bambino, e difese la sua volontà con le unghie e con i denti. Quel piccolo bambino non gli era mai appartenuto, che se ne faceva Hiroshi, un uomo vecchio e incline ai vizi, di un pargolo da crescere?
Anastasia lo chiamò Dimitri, come l’amante della principessa di un cartone animato.
Poi le complicazioni del parto, l’emorragia non curata, e il decesso. Hiroshi si ritrovò tra le braccia un figlio bastardo che non poteva crescere. Quando, quel giorno d’estate, vide ciò che quel bambino aveva fatto era terrorizzato.
Lo cedette ad un boss della malavita cinese, credendo che se ne sarebbe liberato per sempre.
Dimitri imparò a dieci anni come si caricava una pistola, come sapere quando il caricatore era scarico, e si allenò ad usarne una a dodici. A tredici compiva furtarelli per la città, a quattordici spacciava droga nelle scuole, a quindici decise che quella vita non faceva per lui.
Con le conoscenze acquisite, fu facile rintracciare suo padre. Gli chiese denaro per scappare, andare in Europa, fuggire dai Dragoni, quel cartello della droga cinese.
Poteva anche essere stato marchiato, poteva portare i segni di un addestramento sul corpo, ma la sua mente doveva rimanere sua. E così la mantenne. Hiroshi non gli diede un centesimo.
Dimitri aveva una pistola, con sé. Lo uccise.
Non era suo padre, un padre ti cresceva, non ti abbandonava. Aveva solo infettato l’utero di sua madre. Andò in Italia, dicevano che era un Paese accogliente, e conosceva qualche parola della lingua.
Il resto lo imparò per strada, rubando a qualche manager allocco in metropolitana, o intrufolandosi in casa di vecchie signore. Ma non era solo da una vita scomoda che fuggiva.
Scappava da quel ricordo, quello che lo faceva alzare di notte gridando, madido di sudore, e sulle labbra una parola: morte. Riusciva a manipolare lo spazio intorno a sé.
Era un’abilità utile per un ladro, e Dimitri la coltivò in silenzio, senza mai azzardarsi ad usarla. Poteva uccidere, l’aveva già fatto, ma aveva paura.
Un terrore folle di rivedere il volti senza sguardo di quei ragazzi.
Aveva avuto un sogno, una volta, che gli parlava di Custodi, di un qualche compito da svolgere, ma non ci aveva dato peso. Il giorno dopo si ritrovò in un vicolo milanese, con le mani sporche di sangue fino all’osso.
Se le lavò per settimane intere, scorticandosi i palmi a furia di sfregare e sfregare. Aveva ucciso, e non sapeva nemmeno chi.
Da quel giorno si allontanò da qualsiasi cosa gli ricordasse il sogno che sogno non era, fino a credere di aver dimenticato.
Ma quando aveva incontrato Emilia, poi Shai e, infine, Jonas, tutti i ricordi erano ritornati, pungenti e dolorosi.
Non voleva uccidere. Non più. Non ancora. Se guardava le sue mani ora si rivedeva mentre sparava a suo padre, mentre gli occhi dei ragazzi diventavano vacui.
Vedeva mani di assassino.
Shai lo rassicurò, come se fosse realmente sua sorella, ma non servì.
Ordinò a tutti di andarsene, compreso Giovanni, che si aggregato ai ragazzi, volendo sentire il racconto.
Si rannicchiò in un angolo.
Pianse.
Non piangeva da molto, troppo, tempo.

***

Angolo dell'autrice
Questa volta sì che sono una blava ragazza (?) sono riuscita ad aggiornare subito. *si fa i complimenti da sola*
Eh-ehm a volte mi sembra di essere qua per mettere dubbi, invece che chiarire la situazione. Facciamo il punto, così i vostri cervelli non si cuocino:
-Shai e Dimitri sono fratelli di spirito, per così dire, perché la loro madre e il loro padre sono diversi, ma sono come una stessa entità, due lati diversi ecco.
-Dimitri sapeva già usare i suoi poteri prima di incontrare tutti gli altri, ma ha smesso di usarli quando si è risvegliato con le mani sporche di sangue. E' così remissivo nei confronti di Jonas perché gli ricorda azioni "brutte" del suo passato, cose che vorrebbe dimenticare. Crede che il suo potere serva solo a uccidere, e non riesce bene a controllarlo se è arrabbiato.
Ah, poi la mia mente malata ha pensato di complicarsi la vita: -che cosa sono Wacan, Chion, Xeyl e Niayh?
Sapete già che i sei Custodi possono trasformarsi in Animali Leggendari per amplificare i propri poteri. Quelli quassù, invece, sono doti innate, ma che si sviluppano col tempo, e ognuna avrà un ruolo chiave nello sviluppo della storia. Chio, Xeyl e Niayh sono nomi inventati dalla sottoscritta, Wacan, al contrario, l'ho preso da un libro che ho letto "Il Canto della Notte" spero che Camilla Morgan-Davis non mi voglia uccidere, io però le ho fatto pubblicità è.é
Visto che sono in vena di spoiler, vi dico che vedremo un Jonas con una spada... hihihi *risata da cavallo* lol
-Che cosa è preso all'angelo, facendolo diventare così combattivo?
Semplice, odio i personaggi piatti. Quindi lui deve avere molte sfaccettature, dunque per una sorta di desiderio di protezione nei confronti di Shai, e un pizzico di antipatia personale, ha perso la sua aria da "eh, il mio nome è Jonas?"
-La biblioteca del sogno di Shai.
Era un modo per spiegare l'esistenza dei quattro elementi e a grandi linee e loro tratti distintivi. Ho voluto seguire l'idea dell'età dell'oro-Luce ed età del bronzo-Tenebre, in un ciclo infinito, dove il periodi buii possono durare molto, o molto poco. Insomma, il Bene non trionfa sempre facilmente.
-La vita di Dimitri.
Sì, esatto, si chiama come il fidanzato di Anastasia, quella dei Romanov. E sì, adoro ancora adesso i cartoni della Disney. Sono meravigliosi, mi ricordano l'infanzia *-*
Potremmo definirlo un serial killer e inserirlo in uno degli episodi di Criminal Minds, a sedici anni e dodici vite sulla coscienza!
Sì, mi piacciono i personaggi complicati.
-Shai dentro Dimitri.
Come già detto sopra, il mio bel ladruncolo ha timore dei suoi poteri. Il drago dai baffi rossi è la reincarnazione della paura, che scaccia con forza la sua vera natura, ed è il responsabile degli incubi di Dimitri. Shai soffre solo perché è la metà di Dimitri, se il male divora lui, divora anche un po' lei. Se, per esempio, fosse stata Emilia a verificare la sua natura di Custode non sarebbe accaduto nulla di ciò.

Cavolo che angolo lungo! Ma delle spiegazioni erano necessarie, se no mi uccidete a furia di misteri misteriosi... X"D
Sono proprio matta, ne sono consapevole. Ma come diceva il padre di Alice, i matti sono sempre i migliori. *momento autostima*
Fatemi sapere che cosa ne pensate, se c'è qualsiasi cosa non chiara, o curiosità, non fatevi problemi a chidere (:

Water_wolf

 

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Capitolo 16
*** 16 Andre': è Tempo di Scegliere ***


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Andrea gettò la borsa sul letto, senza curarsi di sporcare il lenzuolo arancione. Spalancò la finestra e una raffica di vento gli scompigliò i capelli.
Chiuse gli occhi, riempiendosi le narici dell’odore della salsedine. Pensò al giorno in cui Shai, quella figura scura, era apparsa sotto quella stessa finestra, per dirgli che non era un ragazzo normale, ma il Custode della Terra, e che avrebbe dovuto aiutarla a salvare una città sulle nuvole, Upward, abitata da angeli.
Gli era sempre piaciuta l’idea di creature fatate, ma mai ne avrebbe sospettato l’esistenza.
Si era allenato ogni giorno dopo quell’incontro, riscuotendo anche buoni risultati. Aspettava, però, la telefonata della ragazza con impazienza; voleva agire, svegliarsi dal torpore che lo aveva contraddistinto in quegli anni.
<< Andre’, tra poco è pronta la cena! >> lo avvisò sua madre, dalla cucina.
<< Sì, sì, ora scendo! >> gridò lui in risposta, riscuotendosi da quei pensieri.
Poggiò la mano sulla maniglia della porta, quando il telefono squillò. Fece dietro front in una frazione di secondo e si slanciò sulla borsa. Frugò tra le scarpe da calcetto, pantaloncini e varie magliette, in cerca del cellulare. Quando lo trovò rispose subito alla chiamata.
<< Chi è? >> domandò, nella foga si era dimenticato di vedere il numero di chi lo cercava.
<< Ciao Andrea. >>
Quella voce… la ricordava fin troppo bene. Sorrise.
<< Ciao Shai. >>

§


Chiara scarabocchiò qualche riga su un post-it, che appiccicò sull’anta del  frigorifero in cucina. Meglio far sapere dove stava andando, così suo padre non l’avrebbe tormentata fino allo sfinimento. Infilò le chiavi di casa nella borsa, agguantò la giacca di pelle nera, e aprì la porta.
Si scontrò contro qualcuno, finendo dritta tra le braccia dello sconosciuto.
Fa’ che non sia il vicino, ti prego, supplicò nella mente. Aveva già avuto dei disguidi con signore della porta accanto: sosteneva la tesi che Chiara fosse una ragazza da far ricoverare solo perché le piaceva ascoltare la musica ad alto volume e, quando c’era Emilia, quindi quasi ogni giorno, gridava come un’ossessa.
La quindicenne alzò lo sguardo e si chiese quanto avesse sbattuto forte la testa.
Non c’era il suo vicino innanzi a lei, ma un ragazzo molto avvenente. Era alto e palestrato, gli addominali messi in evidenza da una t-shirt a maniche corte, la curva della bocca sensuale, un naso da statua greca, e occhi di un verde brillante, così accesso che sembrava finto, il prodotto di qualche colorificio; mentre dei capelli color del grano erano tagliati corti, cose spighe dorate.
Il ragazzo le porse la mano, gentilmente. << Piacere, sono il Custode della Terra, tu devi essere Chiara, giusto? >>
Lei annuì << Andrea? >>
Il fusto mosse il capo in un cenno d’assenso.
<< Dobbiamo muoverci, c’è una riunione da fare, non possiamo arrivare in ritardo! >> lo incalzò lei, iniziando a scendere le scale.
Andrea la seguì, senza chiedere spiegazioni, Shai gli aveva anticipato parecchie informazioni riguardo tutti i componenti del gruppo. Chiara si fermò all’improvviso, facendo inciampare Andrea, che si dovette aggrappare con forza al corrimano per non cadere.
Gli puntò un indice accusatorio contro, strizzò gli occhi, inquadrando il bel ragazzo.
<< Come hai fatto a trovarmi? >> domandò, secca.
Andrea sorrise, sfilò dalla tasca un foglietto e lo porse a Chiara.
Era il retro di uno scontrino, e sopra vi era appuntato il proprio indirizzo. Lo accartocciò e lo lanciò nella direzione del Custode, che lo afferrò al volo.
<< Chi te l’ha dato? >> gli chiese, sospettosa.
<< Shai. Non eravamo in ritardo? >> rispose lui.
Chiara sgranò gli occhi, si dimenticò della risposta, e ricominciò a correre.
Andrea rimase un attimo basito, poi si affrettò a raggiungere la quindicenne, già sulla strada.

§


Arrivarono in ritardo, persino dopo Emilia, secondo la quale l’orario non contava.
<< E’ tutta colpa tua… sei lento… >> ansimò Chiara, appoggiandosi sulle ginocchia.
Andrea rise << Ah, sì? E come mai io non ho il fiatone? >>
La quindicenne gli scoccò un’occhiataccia, che fu ricambiata da un sorriso malizioso, che avrebbe fatto sciogliere chiunque, uomini e donne.
<< Eh-ehm. >> tossì Dimitri, attirando la loro attenzione.
Si erano dati appuntamento fuori Milano, nello stesso luogo in cui facevano gli allenamenti. La primavera aveva dato i primi segni spolverando l’erba di un verde più vivo, e allungando le giornate, cosicché il cielo era ancora luminoso, nonostante fossero le 18.30.
Chiara si voltò verso Dimitri, inclinando a destra la testa.
<< Lui chi è? >> domandò, esaminando ogni centimetro della pelle del ladro.
<< Il Custode dello Spazio, Dimitri. >> rispose Jonas, senza giri di parole.
<< Ah… >> la quindicenne si ricordò solo in quel momento l’identità del ragazzo, annunciatole il giorno prima dall’amica.
<< Come il fidanzato della principessa russa? >> domandò subito, mentre le immagini di neve, Mosca, e cartoni animati le riempivano la mente.
<< A quanto pare. >> commentò Dimitri, pacato.
<< Sempre in ritardo, eh Ly? >> la schernì Emilia, schioccandole un bacio sulla guancia.
<< Meglio tardi che mai! >> si difese, ricambiando il saluto con un abbraccio.
<< J, Chiara, Emilia, Dimitri, lui è Andrea, il Custode della Terra. >> intervenne Shai, prevenendo altre domande.
Emilia lo squadrò da capo a piedi.
Gli puntò l’indice tra gli occhi e chiese << Porti le lenti a contato o sei l’unico essere umano con delle iridi così? >>
Il ragazzo le prese il polso, abbassandole la mano, e ribatté << Perché, avere degli occhi come i tuoi non sarebbe strano? >>
Emilia sorrise, si lisciò una ciocca bionda, e si voltò, non rispondendo alla questione. Si sedette a gambe incrociate per terra e dichiarò << Mi piace, il tipo. >>
Andrea scosse la testa e imitò la Custode del Fuoco, così come tutti gli altri.
<< Bene… >> iniziò Jonas << Siamo al completo. Tutti hanno accettato la missione di buon grado, sviluppando i vari domini, così da poter salvare Upward, sconfiggendo Zeigen. >>
<< Possiamo fare a meno dei preamboli, mister grigio. >>
Dimitri stroncò sul nascere il discorso dell’angelo. Jonas roteò gli occhi, scocciato.
<< Un paio di giorni fa, quando Shai ha scoperscoperto che Dimitri era il Custode dello Spazio, ha fatto un sogno, una sottospecie di visione.  >>
<< Esatto. >> la violinista confermò le parole di Jonas << Era una leggenda, su di noi, su gli antichi Custodi. Ma non è questo che ci interessa. Il sogno trattava anche di alcune doti innate dei Quattro Elementi. >>
<< Solo io, Emy, Jonas e Andrea, giusto? >> domandò Chiara, facendosi attenta.
Dimitri batté le mani. << No, guarda, anche quel piccione è un Custode, signorina domandina. >> la prese in giro.
La quindicenne spalancò la bocca. << Ma… ma, ma … brutto idiota! >> balbettò, offesa.
Dimitri rise, malvagio. Shai gli tirò un pugno sulla spalla, ordinandogli di smetterla. << Come stavo dicendo prima che qualcuno mi interrompesse, voi avete delle capacità esclusive per natura. La Wacan, per l’Acqua, è come la veggenza, oltre che una dote per far viaggiare tra vari mondi. Il Chion, per l’Aria, credo si reincarni un’arma, la Spada della Pace, capace di dividere, unire, fermare e iniziare. Il Xeyl, per il Fuoco, è il dono della sopravvivenza che permette a chi lo possiede di creare ciò che vuole, ma anche di distruggerlo. E infine, la Niayh, per la Terra, che si manifesta sotto forma dell’Atlante della Verità che può illuminare e oscurare, cambiare, scrivere e cancellare. >>
<< Questo non chiarisce quasi nulla, le conoscenze su Xeyl e Niayh sono molto sibilline. >> disse Andrea.
Shai annuì << Hai perfettamente ragione, Andre’, avrei voluto sapere di più anch’io. >>
<< Aspettate. >> intervenne Chiara << Mi stai dicendo che sarei una sorta di chiromante capace di fare viaggi inter-dimensionali? >>
<< Puoi solo leggere nel futuro, mica sei una medium! >> la rimbeccò la violinista.
Gli occhi nocciola della quindicenne brillarono. << Ma che figata! Se, per esempio, non ho soldi per andare in vacanza, ci posso andare lo stesso con il mio potere, ai Caraibi? >> esultò Chiara, che sprizzava di felicità da tutti i pori.
Shai si batté una mano sulla fronte e sospirò. Dimitri, Emilia e Jonas scoppiarono a ridere.
<< Sono indeciso tra signorina domandina o ragazzina cretina, tu quale preferisci? >> la schernì il ladro, che a stento tratteneva il sorriso.
Chiara creò un globo d’acqua e lo lanciò nella sua direzione, senza dargli alcuna  risposta. Dimitri bloccò quel misero attacco intrappolandolo in una scatola trasparente.
<< Un po’ di serietà, vi prego! >> li supplicò l’angelo.
Emy osservò l’espressione esasperata di J, e scoppiò a ridere, tenendosi la pancia.
<< Detto da te è proprio l’assurdità più assurda che abbia mai sentito! >> lo prese in giro.
<< Davvero? E io che credevo fosse l’esistenza del tuo cervello! >> si difese, guadagnandosi una gomitata nello stomaco.
<< Ti odio… >> boccheggiò l’angelo, tentando di assumere uno sguardo serio.
<< Menomale che pensavo d’essere il più strano… >> bisbigliò Andrea, osservando il cielo.
<< No, tu sei solo un figo, Andre’. >> lo stuzzicò Emy, godendo del rossore che aveva tinto le guance di Shai.
<< Belloccio genovese, ti piace? >> chiese Dimitri.
<< La vuoi smettere con questi soprannomi, fratello? >> lo apostrofò la violinista.
<< Eh? Siete parenti? >> domandò Chiara, meravigliata.
<< No, è solo mia sorella d’animo. >> spiegò il ladro.
La ragazza dai capelli nocciola rise a crepapelle, rovesciandosi di schiena e agitando le gambe per aria.
Sussurrò qualcosa all’orecchio di Emilia, e anche lei iniziò a ridere come una matta.
La bionda rivelò il segreto a Jonas che si contenne.
Shai lo prese per il lobo dell’orecchio e lo tirò a sé << Che cos’hanno da ridere? >> gli domandò con voce melliflua.
L’angelo divenne rosso. << Sai… ehm… >> tergiversò lui. <
< Dimmelo! >> urlò la violinista, stordendo il ragazzo.
<< Hai detto che è tuo fratello e loro.. beh… Chiara ha pensato… povero Dimitri che ha te per sorella… >> mormorò Jonas.
Shai scattò in piedi e lanciò un grido furioso.
<< Tu >> sibilò, tra i denti. << Morirai prima di domani! >> la minacciò.
Chiara sollevò la testa. La violinista era in piedi, le gote rosse di rabbia, gli occhi che la fulminavo, e i muscoli che tremavano per lo sforzo di non metterle le mani addosso.
<< Scusa, ma tu mi porgi queste battute su un piatto d’argento! >> si giustificò la Custode dell’Acqua.
Shai le fece la linguaccia, tornando al suo posto. << Dormi tranquilla, questa notte, mi raccomando… >> sussurrò, maligna.
Andrea prese le redini del discorso e propose << Perché non prendiamo un po’ di quella pozione e ci trasformiamo in animali? Io non ne ho mai avuto l’occasione… >> ammise infine.
Lo sguardo di Emilia si illuminò. << Sì! Stiamo facendo progressi, ormai non c’è quasi più bisogno di annusare quella ‘roba’ per trasformarci. >>
<< Chi doveva portarla? >> chiese Shai.
Un paio di dita indicarono Chiara, che fece lo stesso contro Emilia e Jonas, accusandosi a vicenda.
Dimitri rise << Siete proprio degli idioti. >>
<< Ha parlato il ragazzo più intelligente del mondo! >> ribatté Chiara, sarcastica.
L’angelo si frappose tra i due, evitando altri commenti sgraditi. Chiara e Jonas decisero di trasformarsi senza l’ausilio della pozione, mentre Emilia avrebbe tentato di spiegare a Andrea come fare. Vediamo se muto in qualcosa di più grosso di un gatto selvatico, pensò, sorridendo timidamente.
Si concentrò, cercando la natura ferina racchiusa nel suo animo, e ben presto avvertì i muscoli fremere. Le spalle le si ingrossarono, braccia e gambe si allungarono, coprendosi di tendini scattanti, le mani divennero zampe più grosse di un pugno, da cui spuntavano l’inizio degli artigli retrattili. Il corpo si contrasse, costringendola a quattro zampe, e si ricoprì di una folta peluria blu cobalto.
Sbatté le palpebre, si girò, e vide una lunga coda longilinea spuntarle da dietro.
<< Mi sa che non sono più un gatto, vero? >> chiese, osservando l’espressione stupita di Shai e Jonas.
La violinista annuì << Sei più… una pantera blu. >>
Chiara emise un gorgoglio di piacere, le pantere sì che erano degli animali aggraziati e potenti.
Jonas alzò le spalle, e imitò la Custode dell’Acqua. Sentì i muscoli tendersi, la faccia allungarsi nel muso di un equino, le mani scomparirono, lasciando il posto a grandi zoccoli di bronzo. Provò a spiegare le ali, se ancora c’erano, e l’erba al suo fianco fu sradicata da una raffica di vento.
Girò la testa, tentando di controllare come era riuscito a fare ciò. Si ritrovò a compiere un giro infinito, in cui scorgeva solo una lunga coda fatta di crini lattei, e quarti posteriori prestanti.
Chiara rise, una risata roca per via del suo aspetto mutato << J, sei la copia sputata di un cavallo alato! >>
L’angelo si voltò verso di lei << Non scherzare, qualche giorno fa ero solo un albatros troppo cresciuto, non posso essere diventato all’improvviso un pegaso! >>
<< Invece puoi eccome, perché io ti sono salita in groppa. >> lo convinse Shai, che era montata sopra Jonas.
L’angelo fremette ed emise un nitrito scocciato. << Non sono un pony, Shai. >>
La violinista si chinò sul collo di Jonas, accarezzandogli la criniera così bianca che sembrava finta. << Infatti pony non volano, tu sì. >>  sussurrò.
Jonas scrollò il capo e, finalmente, avvertì la presenza di due ali piumate.
<< Ti va un voletto, allora? >>  chiese.
Non attese risposta, prese una piccola rincorsa e si lanciò in aria. Sbatté le ali più volte, andando sempre più su, nel cielo blu, catturando le correnti aeree.
La pantera scosse la testa << Esibizionista. >>
I gridolini di gioia di Shai riempirono l’ambiente circostante e, quando Jonas atterrò, lei scese barcollando, per poi cadere tra una risata e l’altra. Chiara le scoccò un’occhiata penetrante da felino, e si allontanò ancheggiando verso la sorgente d’acqua, muovendo la coda con eleganza.
Prima che potesse chinarsi per bere, un boato la fece voltare. Andrea, supponeva, si era appena trasformato. Era un giaguaro dal vello color del petrolio, illuminato da riflessi verdi, e i suoi occhi verdi brillavano come smeraldi su quel muso scuro come la notte. Sulla fronte, poi, c’erano gli accenni di due piccoli corni da cervo.
Emilia gli affondò le braccia nel pelo del petto ed esultò << Ce l’hai fatta, Andre’! >>
Il giaguaro emise un brontolio compiaciuto, e leccò una guancia della Custode del Fuoco.
<< Ora tocca a te. Mi hanno detto che la prima volta eri un colibrì… >>
<< Sì, un uccellino che sparava palle infuocate! >> scherzò lei.
Si slegò i capelli, prima tenuti insieme da una coda alta, e le ciocche bionde brillarono di luce propria. Non ci fu quasi bisogno di concentrazione, per lei, la sua natura era già in superficie.
La pelle bruciò, ma senza dolore, poi s’indurì, in squame magenta. Il corpo si allungò a dismisura, tanto che le gambe si fusero con esso; le braccia si accorciarono, diventando tozze zampe dagli artigli color della pietra. Il viso divenne il muso di un drago cinese, cui mancavano i baffi, dove gli occhi fiammeggianti di Emilia trovarono un posto perfetto nel mezzo di tutto quel rubino. Dalla coda fino al capo partiva una cresta ispida e frastagliata, che andava dal bianco al carminio, e dal vermiglio al viola, con alcune punte blu. Era lunga più o meno quanto un camion trasportatore, ma sinuosa e tondeggiante.
Il giaguaro le si avvicinò, e fece un lungo gorgheggio d’ammirazione.
Chiara si affrettò a raggiungere l’amica, e la guardò con occhi sgranati.
<< Da colibrì a drago, ecco a voi la ragazza calorifero! >> annunciò Dimitri, con una classe che avrebbe fatto invidia a un presentatore televisivo americano.
Emy si voltò verso di lui, squadrando quel figurino. Sorrise, mostrando tutte le zanne; si controllò gli artigli, e commentò, con falso disinteresse << Ho un po’ di fame… mi servirebbe uno spuntino… >>
Dimitri le sorrise, con aria di sfida.

Testarono le loro abilità, trovando la loro tempra migliorata notevolmente. Emilia e Jonas erano ineguagliabili, erano la perfetta immagine del Pegaso Alato e del Drago Rubino.
Quando il Sole iniziò a calare si trasformarono in umani. Si infilarono sul primo autobus verso Milano, consci che non ne sarebbero passati più molti a quell’orario.
Si sedettero sui sedili azzurri pelosi, tutti vicini. C’erano solo altre tre persone sull’autobus, ma bisbigliarono ugualmente.
Shai fu la prima a iniziare il discorso << Io credo che sia ora. Di andare a Upward, intendo. >>
Jonas annuì, dando man forte alla sua compagna << Andrea non potrà rimanere qui senza far nulla per molto, non ho nemmeno la più pallida idea di che scusa abbia usato per venire qui. Sfruttiamo questi momenti. >>
<< Penso sia la cosa giusta da fare. Il tempo non è dalla nostra, chissà cos’è successo lassù in tutto questo periodo. >> aggiunse Andre’.
Chiara ci rifletté in silenzio. I tre ragazzi avevano ragione, non potevano allenarsi in eterno. Emilia e Jonas erano già entranti in simbiosi con la loro parte animale, ed erano pronti a battersi.
<< Sono d’accordo. >> dichiarò << Se andiamo a Upward, poi, potremmo scoprire qualcosa in più riguardo a Wacan, Chion, Xeyl e Niayh, dato che vostra “cultura magica” non si basa su leggende che parlano di folletti. >>
Emy scosse la testa << E come facciamo con le nostre famiglie? Ho due fratelli, una madre e un padre, e penso che sia lo stesso per Andre’. Non posso scomparire di punto in bianco, Lyra. >>
Shai si diede una botta sulla fronte, le era venuta in mente la soluzione per tutto.
<< Farò un incantesimo. Fermerò il tempo, o almeno lo rallenterò, cosicché potremmo fare tutto con comodo. Sono o no la Custode del Tempo? >>
<< E se non funzionasse? >> domandarono all’unisono Andrea e Emilia.
Dimitri si stiracchiò sul sedile. << Abbiate fiducia nelle capacità della mia sorellina. >> li rassicurò.
Il silenziò calò sui sei ragazzi.
<< Allora è deciso. >> disse Jonas, rompendo il giaccio. << Idee su quando partiremo? >> li incalzò.
<< Domani. >> rispose subito Chiara << Avremmo tempo per salutare tutti quelli a cui vogliamo bene, ma non per i ripensamenti. >>
L’amica la fissò con decisione, scontrandosi con la determinazione e la fiducia della Custode dell’Acqua. << All’alba, da Giovanni. >> decretò.
Tutti annuirono.
La scelta era stata presa.

***

Angolo dell'autrice
Ta-daaan! La squadretta è finalmente al completo, e hanno deciso di partire, finalmente!
Mi sto pregustando Upward, la mia bella città sospesa tra le nuvole....
Battute idiote che fioccano da tutte le parti, così come i nomignoli mongoli *senza offesa per i mongoli XD* di Dimitri. Se volete catturarmi come animale da circo, be' sappiate che il WWF sarà sulle vostre tracce, sono una specie protetta, io v.v
Emilia e Jonas sono i più potenti tra i Quattro Elementi per ora: se vi ricordate gli Animali Elementari erano il Drago Rubino, il Pegaso Alato, la Tigre Azzurra e il Giaguaro della Foresta. A Chiara manca ancora un po' di carattere, mentre a Andrea devono solo spuntare le corna xD
Se vi interessa, ecco voi Jonas-Pegaso http://fc02.deviantart.net/fs14/f/2007/104/d/6/Pegasus_by_WhisperingSoul.jpg e Emilia-Drago http://fc03.deviantart.net/fs71/i/2012/362/4/c/sunset_dragon__d_by_lucky978-d5phdg9.jpg
I don't own anything, I'm too dump to do that :')
Spero vi sia piaciuto, grazie per non esservi dimenticata di me e questa storia nonostante gli aggiornamenti lenti, vedrò di darmi una mossa!

Water_wolf

 

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Capitolo 17
*** 17 Upward: la Città di Vetro e la Presidentessa d'Inverno ***


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Il silenzio cantava una canzone d’addio. Gli armadi, il divano, le poltrone, i fornelli, i letti erano immobili, fermi e senza vita, ma quella mattina avevano deciso di svegliarsi dal loro torpore abituale salutando la ragazza che era vissuta con loro per molto tempo.
Ma la canzone dei mobili non arrivava all’orecchio di Chiara, o meglio, lei sentiva solo un silenzio irreale. Se lo godeva, si crogiolava in quella tranquillità. Si ricordava una frase, che era subito diventata una delle sue preferite: qualche volta il silenzio è la migliore delle risposte. E, in quel momento, quell’affermazione le pareva più reale che mai.
Sarebbe rimasta lì, in piedi in mezzo al salotto, per l’eternità, tra il canto muto dei mobili. Se si sforzava poteva sentire il frusciare delle coperte all’abbassarsi ritmico del petto di suo padre. Chissà cosa avrebbe pensato di lei, se avesse tentato di fermarla o, invece, se l’avesse lasciare andare senza una parola. Scoprì che non le interessava.
La sua mente corse a sua madre, a lei sarebbe importata l’incolumità della sua unica figlia. Pensò ad Emilia, lei che una famiglia l’aveva sempre avuta, e a quanto le costasse abbandonarla in un giorno di primavera, uscendo di casa come una ladra.
Prese la cornetta del telefono fisso. Non c’era nulla di strano nel voler salutare qualcuno a cui un tempo si era voluto molto bene.
Premette il tasto delle chiamate rapide, e si mise il telefono all’orecchio.

Sono Monica Loreni, al momento non sono disponibile, se volete potete richiamarmi in seguito, se invece la questione di cui volete parlarmi è importante, lasciate un messaggio dopo il bip.

La segreteria registrata ripeté il messaggio in francese, poi il segnale acustico le riempì le orecchie. Aveva chiamato sua madre, ma ora non sapeva che cosa dirle. La bocca era improvvisamente diventata asciutta, e la mente una landa desolata.
<< Ciao. >> iniziò, la voce arrochita, ma presente << Volevo solo dirti... be’ volevo dirti che ti voglio bene, mamma. >> continuò, ritrovando le parole perdute << Anche se non te lo dico spesso, anzi, forse non te l’ho mai detto da quel giorno, sappi che sì, ti voglio bene. Solo questo. Ciao, mamma. >>
Chiuse la chiamata, poggiò la cornetta al suo posto. Sospirò, alla fine non era poi stato così difficile. Si riportò la borsa sulla spalla. Dentro, un cambio di vestiti, un blocco da disegno, il suo astuccio pieno di matite, il cellulare e l’MP3. Facendo meno rumore possibile, aprì la porta di casa e uscì.
Scese le scale lentamente, percorse il viale –deserto a quell’ora del mattino- verso la fermata dell’autobus. Scoprì che la linea iniziava il giro un’ora dopo. Scrollò le spalle, e passeggiò tranquilla finché non raggiunse la casa di Giovanni.
Controllò l’orario sulla schermata del telefono, e non si stupì d’essere di circa quindici minuti in ritardo rispetto all’ora prestabilita. Raggiunse a passo svelto la facciata dell’edificio, salutando con un cenno della mano tutti i membri del gruppetto. Shai aveva con sé il proprio violino, mentre Emilia portava a tracolla una borsa piena di spazzole, vestiti e cianfrusaglie varie, che non le sarebbero servite a nulla.
<< Alla buon’ora, Chiara. >> la salutò Dimitri, sfoggiando un sorrisetto malizioso.
La quindicenne non ci badò, e si rivolse subito all’angelo << Come facciamo a raggiungere Upward? >>
In tutta risposta Jonas spiegò le candide ali e le porse la mano. << Volando, Lyra. >>
Chiara fissò titubante la mano davanti a lei. Afferrarla o non afferrarla?
Osservò Shai stendere le ali, bianche come le nuvole, e pensò che non avrebbe mai percorso il tragitto con lei. Prese la mano di Jonas, mentre le guance si coloravano timidamente di rosso. Andrea affiancò la violinista, che parve felice di non dover passare più tempo del dovuto con Chiara. Dimitri si scrocchiò le dita.
<< Viene con me, madamoiselle calorifero? >> chiese a Emilia.
Quest’ultima sbuffò sonoramente e accettò la mano tesa del ladro. << Solo perché sai manipolare lo spazio. >> puntualizzò.
<< L’incantesimo ha funzionato. >> esordì Shai, ricordandosi di avvisare gli altri << Giovanni si muoveva a rallentatore. >>
Emilia parve rincuorata. << Bene, si parte! >> sentenziò Jonas, spiccando il volo.
Chiara sentì la strada mancarle sotto i piedi e il cielo farsi sempre più vicino. Spalancò la bocca, stava volando, stava volando per davvero.
L’angelo le rivolse un sorriso a trentadue denti << Ora sai come mi sento io ogni volta. >> Chiara non poté non confermare.
La brezza frizzantina del mattino le scompigliava un poco i capelli, gli occhi si perdevano tra l’azzurro della volta celeste. Le sembrava d’essere su un aeroplano, quando ci si sedeva sui sedili e si osservava le casse farsi piccole piccole e le nuvole grandi grandi.
Shai chiacchierava amabilmente con Andrea, il quale sembrava leggermente turbato dalla mancanza del suolo. Era la Terra, dopotutto. Emy e Dimitri, invece, battibeccavano su quanto il ladro fosse o non fosse troppo spavaldo. La bionda, alla fine, si staccò dal ladro e volò da sola, generando fuoco dai palmi delle mani. L’aria bruciava, permettendole di salire e scendere, virare e cabrare a suo piacimento, come se stesse pilotando una mongolfiera.
<< Ti invidio, lo sai J? Volare è davvero magnifico. >> ammise Chiara, sfiorando con un dito il contorno di una nuvola.
L’angelo si portò davanti a lei, cosicché si potessero guardare in faccia reciprocamente. << In fondo, Acqua e Aria si completano, non credi? Vapore acqueo tra le nubi, bolle d’aria nel mare. >> disse lui. La quindicenne avvampò, distogliendo lo sguardo, sicura che non stesse parlando solo di chimica.
Dopo circa un’ora nel cielo, un ronzio basso e ritmato riempì loro le orecchie.
<< Ci siamo. >> annunciò Shai.
Emilia fece per replicare, ma ciò che si trovò innanzi le tolse le parole di bocca. Un gigantesco specchio a forma ellissoidale si stagliava per dieci metri, al centro la consistenza era pari all’acqua, mentre al confine era più dura del ghiaccio. Era il portale che collegava la Terra con la città degli angeli.
Jonas puntò deciso verso il centro. Il grigio dei suoi occhi era di una tonalità più scura del bianco-azzurrino dello Specchio. Chiara avvicinò la mano verso la superficie, la toccò, e il freddo le percorse il braccio. Si ritrasse, infastidita.
<< Dobbiamo oltrepassare lo Specchio, poi arriveremo al confine tra Bianchi e Neri. Non accadrà nulla di pericoloso. >> tentò di rassicurarla l’angelo.
Chiara fece un sorriso tirato, osservando l’amica fare una smorfia.
<< Io vado. >> disse Shai, e oltrepassò assieme a Andrea lo Specchio.
<< Avanti, ci sono io. >> sussurrò Jonas, ponendo un braccio dentro la superficie semi trasparente.
Sì, ci sei tu, che mi hai baciata per poi gettarmi via, avrebbe voluto replicare, ma tenne quei pensieri per sé.
Senza accorgersene, iniziò a scivolare dentro lo Specchio. Il gelo si impossessò di lei, entrandole dentro il corpo, rendendo i suoi capelli e le sue ciglia di ghiaccio; poi, semplicemente, la sua temperatura corporea ritornò ai 36° gradi abituali. Sbatté più volte le palpebre e, quando si fu assicurata di non stare sognando, cacciò un grido a metà tra lo spavento e lo stupore.

A nord, vetro. A sud, macerie.
A nord, luce. A sud, tenebre.
A nord, bianco. A sud, nero.
A nord, vita. A sud, morte.

Al centro, una linea alta venti metri divideva le due zone della città, circondata da chilometri di filo spinato e sporca di manifesti razzisti. Il Muro. Stavano volando sopra di esso quando Jonas e Shai virarono velocemente, portandosi dalla parte Bianca.
Era una città di vetro: palazzi di vetro, fontane di vetro, statue di vetro, e meravigliosi, immensi, grattacieli trasparenti, di un vetro così puro che sembrava acqua. L’asfalto era stato verniciato di bianco, e solo qualche macchia scura lo identificava come strada.
Un edificio a cupola, simile in tutto e per tutto alla Casa Bianca, si vedeva all’orizzonte. Sembrava brillare di luce propria grazie al marmo bianco e le vetrate in un pregiato vetro soffiato.
Una statua raffigurante un pegaso, montato da una giovane donna angelo ad ali spiegate, in bronzo, era posta in cima alla cupola. La lancia che brandiva la ragazza era puntata contro le nuvole, come a prestabilire la proprietà di Upward sul cielo. Col suo cipiglio serio, la sua veste mono-spalla, le pieghe scolpite divinamente, e i capelli che ricadevano a boccoli sulla schiena, la donna era la copia di una dea greca.
Chiara si riempì gli occhi di quelle immagini, non osando girarsi indietro per osservare lo stato fatiscente in cui si trovava il sud. Sentì la stretta di Jonas sulla sua mano farsi più forte, come se avesse bisogno di tutto il conforto possibile.
<< Non temere, riporteremo la normalità. >> affermò la quindicenne, cercando lo sguardo dell’angelo.
Lui si girò, negli occhi si leggeva dolore, nostalgia, speranza e paura, tanta, di fallire. << E’ molto peggio di quando sono partito. Non è più solo la nostra missione, è la salvezza di questa città, di tutti gli angeli. >> disse Jonas, lanciando un’occhiata fugace all’oscurità che andava scemando dietro le sue ali.
Un brivido corse lungo la schiena di Chiara. Le settimane appena trascorse le scivolarono addosso, senza omettere alcun particolare. Non aveva mai pensato seriamente alla possibilità di fallire, alla possibilità che non riuscissero a fermare la politica distruttiva di Zeigen.
Forse perché non dobbiamo perdere, forse perché se usciamo distrutti da tutto questo anche Upward crollerà con noi, pensò.
<< Andiamo più veloci, avanti. >> disse Shai, secca.
Jonas sbatté le ali, e sfrecciò tra i grattacieli, volando a pochi metri da terra. Chiara si lasciò cullare dal vento, osservando il loro riflesso sul vetro. Raggiunsero l’edificio a cupola in poco tempo, e i due angeli si lasciarono andare in un sospiro di sollievo.
<< Benvenuti alla Residenza del Presidente Winter. >> annunciò Jonas, ripiegando le ali.
Shai lo imitò, e invitarono gli altri ragazzi ad avvicinarsi. Un alto cancello non permetteva loro di entrare, ma un maggiordomo riconobbe i due angeli, e ordinò sveltamente di farli entrare. I sei furono travolti da un turbine di attenzioni, premure, domande, futili chiacchiere e, quando si trovarono innanzi alla porta che univa il corridoio principale alla Sala delle Udienze, nemmeno si accorsero di aver percorso un dedalo di locali di superba bellezza. Il maggiordomo si chinò, aprendo l’immenso portone in ciliegio e invitando il gruppetto ad entrare.

§

<< E dunque… >> la donna si interruppe, volgendo lo sguardo verso i nuovi arrivati. Chi osava interrompere un’udienza senza nemmeno annunciarsi?
La risposta venne da sola quando pose gli occhi su Jonas. Se lo ricordava, quel giovane angelo, il Custode dell’Aria. Sorrise cordiale.
<< Siete arrivati, finalmente. >> disse, godendo dello sguardo sgomento dei giurati.
Jonas annuì << Ci perdoni per l’irruzione, Presidente Winter. >>

§

Presidente Winter. Chiara impallidì. Era davanti al Presidente di Upward, a chi governava quella città-stato. Non era altro che una donna sulla cinquantina dai capelli neri come la pece, solcati da profonde ciocche grigie e bianche, occhi color delle nuvole, in un completo grigio topo, eppure teneva in pugno le redini del Paese.
Chiara non trovava per esprimere le sensazioni che le animavano il corpo; se fosse stata nel Medioevo si sarebbe inchinata all’istante. Era ammirata, onorata di essere in una stanza con una persona di quel calibro. Ma quegli occhi vispi, furbi, guizzanti, la inquietavano. C’era qualcosa che le suggeriva di stare alla larga dal Presidente.
La donna batté le mani e decretò << La seduta è rimandata, ora ascolterò il racconto della prima parte della missione affidata all’angelo Jonas King e Shai Stephens. >>
Alcuni scranni si liberarono, mentre i giurati che prima li occupavano lasciavano la sala, lanciando occhiate incuriosite ai sei ragazzi. Elisabeth Winter si sistemò sulla sedia di legno, si sistemò la piega del vestito, e sorrise << Voglio un resoconto conciso. >>
Jonas e Shai si scambiarono un’occhiata, poi raccontarono di ciò che era accaduto in quel mese. L’angelo non disse nulla riguardo al bacio tra lui e Chiara, né parlò della situazione di tensione tra Shai e la quindicenne, ma l’imbarazzo che trasparì dalla sua voce fece intuire al Presidente che qualcosa di piuttosto rilevante le era stato nascosto. Intrecciò le dita delle mani, scrutando il gruppetto innanzi a lei.
<< Parlerò con ognuno di voi singolarmente, gli altri aspetteranno fuori il loro turno. >> sentenziò.
Indicò Shai, facendole segno d’avvicinarsi. Chiara, Jonas, Dimitri, Andrea ed Emilia uscirono dalla Sala delle Udienze. Si diedero da fare per non cedere al nervosismo che li divorava: la bionda si ficcò gli auricolari nelle orecchie, il ladro gliene rubò uno, Lyra tirò fuori dalla borsa blocco e matite e scarabocchiò il corridoio in cui si trovavano, l’angelo si concentrò su una piastrella decorata, mentre Andre’ si tenne occupato con una tenda.
La Custode dell’Acqua aveva capito subito dove mirava la Winter, così come sapeva che quei colloqui erano un modo per scoprire i particolari della situazione. Non saprai niente da me, Presidente, si ripromise, calcando il tratto sul foglio. Fu l’ultima ad essere chiamata, e poté osservare come Jonas e Shai fossero scossi.
Chissà cosa li aveva turbati così tanto. In fondo, però, non ci fu bisogno di pensarci molto. Era sicuramente una questione legata al bacio.
<< Custode dell’Acqua, entra. >> la invitò.
Lei si alzò, lasciando sul pavimento la borsa e il blocco da disegno. Varcò la soglia della Sala delle Udienze, sentendosi come davanti alla corte suprema, indagata per un assassinio. E l’ambiente era talmente simile ad essa che la sua fantasia le pareva molto reale. Elisabeth la fece sedere una seggiola di legno, mentre lei si posizionò davanti alla giovane.
<< So che ci sono stati dei disguidi tra di voi. >> iniziò, calma << Soprattutto tra i due angeli e te. Riguardo ad alcuni… eventi indesiderati. >>
<< Chi gliel’ha detto? >> chiese Chiara, sulla difensiva.
Il Presidente non si scompose. << Non ha importanza. Dobbiamo parlare di quello che è successo con Jonas King, dopo l’eliminazione della Sentinella Nera. >> Pronunciò la carica dell’angelo nero con disprezzo, mettendo nelle sillabe un disgusto enorme.
<< Credo che Lei sappia già quello che vuole. >> replicò Chiara, ingoiando le proprie paure.
La Winter sorrise, ferina << E, sentiamo, che cosa vorrei? >>
<< Non casco in trucchi così semplici. >> ribatté, dura.
La donna tamburellò con le dita sul legno dei braccioli della sua sedia. Quella ragazzina le piaceva, era di sicuro un’ottima Custode.
<< Arriverò al punto. Il triangolo amoroso non era previsto nei piani, e non lo prenderò in considerazione se non per eliminarlo completamente. Devi dimenticare il bacio che hai dato, cancellarlo dalla memoria. Per poter abbattere il governo di Zeigen serve collaborazione e non rancori nascosti. Se mai hai letto dei libri di spessore, saprai che da uniti si può costruire, mentre da soli nulla è possibile. E dal momento che una sconfitta non è quello che ci serve, se mai doveste fallire per colpa di questo bacio, sappi che ti reputerò l’unica colpevole. >>
Chiara deglutì. << Non credo di poter dimenticare ciò che mi ha reso la ragazza più felice e più triste del mondo al tempo stesso. >> mormorò, torturandosi le labbra.
<< Ascolta >> esordì Elisabeth << so che quell’angelo esercita un certo fascino, io stessa risento del suo carisma, ma devi dimenticare. >>
<< Io non posso scordarmi del mio primo bacio! >> urlò Chiara, alzandosi in piedi con impeto.
<< Calmati. >> le ordinò il Presidente << Devi fare ciò che ti dico entro domani mattina. Bevi, fuma, fa’ quel che ti pare purché riesca in questo intento. >>
<< Perché? >> domandò la quindicenne, esasperata.
<< Perché domani è il momento in cui dimostrerete il vostro valore. >>
Un silenzio carico di tensione calò tra le due.
<< Ma… non abbiamo ancora scoperto appieno cosa sono le doti innate dei Quattro Elementi, attaccare così presto è una mossa azzardata. >> osservò.
<< Il tempo non è dalla nostra. Ieri mattina, un angelo è stato ucciso durante un linciaggio. Credevano fosse un Nero perché un pezzetto di plastica scuro gli si era posato sulle ali. Se si va avanti così, saranno fratelli contro fratelli. Già le amicizie si stanno sgretolando per via di questo continuo sospetto. Zeigen ci sta abbattendo dall’interno, come un cancro. >>
Chiara si lasciò cadere sulla sedia.
<< C’è ancora tempo. >> disse, ostentando una convinzione che non possedeva.
Il Presidente fece un sorriso tirato, scuotendo piano la testa. << Credimi, c’è un conto alla rovescia che grava sulle nostre teste, contando i secondi che ci separano dalla morte. Il tempo non risparmia nessuno, c’è sempre quell’attimo sfuggente che rovina tutto. >>
Rimasero in silenzio finché la Winter non congedò Chiara, sperando che dimenticasse. Stette nella sala da sola, a rimuginare sul suo passato e ipotizzando un futuro prossimo. Ma illudersi non era il compito di un Presidente, né tanto meno ciondolare senza far niente. Confidò nella natura di quei ragazzi.
Mai avrebbe creduto che una leggenda come quella dei Quattro Elementi potesse prendere vita tra le sue dita, mai avrebbe detto che solo degli adolescenti potevano salvare la sua città, quella che aveva protetto per anni. L’orologio scoccò il passare di un’ora. Doveva darsi da fare, come aveva ribadito lei stessa, il tempo non era dalla loro parte.


***

Angolino dell'autrice
Miei prodi cavalieri, eccomi qui con un nuovo capitolo!
Questa è la mia Upward, la città che dà il nome a tutta la storia, il nocciolo della pesca, l'ombelico del mondo, il succo della questione e... dovrei smetterla con i paragoni.
Nei capitoli precedenti avevo un po' trascurato la mia protagonista, dovevo però mostrarvi per bene tutti i componenti del gruppo.
Per chi shippa la coppia Dimitri/Emilia, don't worry, il loro momento clou ci sarà c:
Per i fan del triangolo Shai/Jonas/Chiara, la bella storiella d'amore non è al capolinea, ci sarà un... ehm... uhh....colpo di scena bello stronzo tosto^^
Visto che Obama è il Presidente nero, io ad Upward ci metto una donna, che poi adoro perché una "buona" dall'aria da "cattiva".
Prossimo capitolo? Tutti contro Zeigen, e se pensate che la storia sia arrivata agli sgoccioli, be' sappiate che non vi libererete tanto facilmente di me! *risata malvagia* Non preoccupatevi, la demenza non è contagoisa, ma consiglio comunque una mascherina contro i germi
-Ringrazio tutte le persone che leggono e recensiscono, tra cui le new entry always_dragon, Maddi97 e valix97 cui ho amabilmente fatto muovere le mani sulla tastiera per scrivere una recensioneX"D

Water_wolf
 

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Capitolo 18
*** 18 Tentativo fallito: salvare il salvabile ***


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Chiara credette di impazzire non appena uscì dalla Sala delle Udienze. Già dimenticare il bacio di Jonas era un’impresa ardua, se poi la mattina dopo avrebbe dovuto affrontare un ex membro della corte suprema ammattito, faticava a trovare un modo per non cedere all’ansia. Persino Dimitri, che sembrava aver preso più alla leggera quel compito, rifletteva su quanto gli aveva detto la Winter.
La quindicenne non poté nemmeno sfogarsi con Emilia, perché la bionda era scomparsa non appena si era accertata che il “domani combatterete contro Zeigen” non fosse uno scherzo per valutare il suo quoziente intellettivo.
Si rifiutava palesemente di parlare con Jonas, l’unico che, in qualche modo sconosciuto, la capiva almeno in parte.
Così, guadagnando maledizioni dai maggiordomi che incontrò, e facendo infuriare due donne delle pulizie sporcando le piastrelle appena pulite, urtando contro un orso impagliato, due zebre imbalsamate, il busto di un condottiero baffuto e una pianta esotica, raggiunse l’estremo apice della residenza Winter.
Mentì riguardo ad un ‘certo permesso concesso dal Presidente’ che le permetteva di recarsi proprio sotto la statua equestre, e si rannicchiò per disegnare tra le sbarre di una recinzione protettiva. Si domandò come mai quelle precauzioni, visto che le persone che salivano lì si potevano contare sulle dita di una mano.
Scrollò le spalle, tirò fuori il minimo indispensabile per una bozza, e valutò quanto i garretti del cavallo dovessero occupare il suo foglio. Man mano che riportava su carta i dettagli della statua, i muscoli si distesero, i pensieri smisero di accalcarsi nella sua mente, e lei poté pensare chiaramente.
Se disegnassi anche mentre combatto, allora sì che filerebbe tutto liscio.
La ragione le fornì subito un’accozzaglia di motivi per cui fare ciò fosse impossibile, e odiò la mentalità razionale che le imponevano gli schemi e le regole in cui aveva vissuto metà della sua giornata per due anni.
Quando ormai la sua matita era spuntata, le ali della dea solo da rifinire, i polpastrelli sporchi di grafite, e il cielo più tendente all’arancio, si era già dimenticata dello scorrere del tempo e che di lì a poco sarebbe stata ora di prepararsi qualcosa da mangiare per cena.
Qualcuno le si sedette accanto, facendola spaventare a morte. Chiara sobbalzò e, notando l’espressione divertita l’angelo, le venne voglia di schiaffeggiarlo.
<< Ti odio. >> borbottò, tornando al suo disegno.
Jonas sorrise tra sé, stare a quell’altezza con Chiara era un sublime piacere.
E così che si dimentica, eh intelligentone? lo schernì la sua coscienza.
“Sta’ zitta, tu che rovini sempre tutto”.
Sospirò, volgendo lo sguardo verso Fhried, l’antica dea della libertà e vittoria.
<< L’ha chiesto anche a te, non è così? >> domandò Chiara, a bruciapelo.
I due si voltarono all’unisono.
<< Sì. >> Rimasero in silenzio cercando di capire che cosa stava pensando l’altro.
<< Non voglio. >> ammise Jonas, quasi Fhried gli avesse dato il coraggio di rivelare i propri pensieri, libero dalle catene della Presidentessa Winter.
Chiara lo fissò con decisione.
<< Nemmeno io. >> bisbigliò, ma la distanza tra i due non era così tanta come sperava e Jonas la udì.
<< E’ finita. Con Shai, intendo. >> dichiarò l’angelo, e nel dirlo eliminò il peso che aveva sullo stomaco da quando le si era seduto accanto.
<< Mi dispiace. >> mentì la quindicenne, abbassando lo sguardo, come faceva ogni volta che nascondeva i propri pensieri palesemente.
Jonas sorrise, sporgendosi verso di lei. La quindicenne spostò il blocco da disegno, mentre il gusto del proibito e dell’infrazione delle regole le faceva battere il cuore a mille. << Sai perché? >> domandò l’angelo.
Ormai le loro labbra si sfioravano.
La Custode dell’Acqua arrossì << Credo proprio di sì. >>
Non dovresti farlo, consigliò la coscienza a Jonas.
“E tu dovresti stare a cuccia, eppure parli sempre” la apostrofò.
Relegò il buon senso in un meandro della sua mente, e baciò Chiara delicatamente, come se avesse paura di romperla.
La quindicenne, dal canto suo, si era dimenticata del rancore e aveva lasciato spazio al desiderio impellente di fare suo Jonas.
E quando i due schiusero le labbra, Fhried, dall’alto del suo cavallo, parve sorridere compiaciuta.

§


Dimitri era in cerca di qualcuno da far infuriare per rilassarsi; le nuove notizie non gli erano piaciute affatto. Intrecciò le mani dietro la testa e girovagò senza meta per la Residenza.
Non credeva che essere un Custode offrisse tanti vantaggi, come scroccare muffin da tavoli imbanditi senza essere rimproverati, rovesciare a terra barattoli in vetro pieni di caviale in una cucina senza essere presi a mestolate dallo chef, sostituire uno spolverino rosa con una pianta, e tanti altri piccoli sfizi che avrebbero fatto impazzire maggiordomi e donne addette alla pulizia.
Trovò sale da tè in stile ottocentesco, piccole cucine deserte e persino una camera con un lampadario in diamanti, da cui rubò una gemma, non resistendo alla tentazione di tutto quel luccichio.
Finì nei piani inferiori, dove alcuni angeli stavano facendo ginnastica, e fu attirato dal rumore proveniente da una delle palestre lì costruite. Aprì con cautela la porta, di un grigio metallico, e spiò l’interno.
Emilia stava prendendo a pugni un sacco da boxe, senza curarsi dei capelli che sfuggivano all’elastico terminando in tanti raggi biondi e del viso imperlato di sudore. Il ladro sorrise, appoggiandosi al muro, contando i secondi che avrebbe impiegato la bionda ad accorgersi della sua presenza.
Uno, due, tre. Nemmeno si era resa conto che la porta era aperta.
Dieci, undici, dodici. Picchiava quel sacco senza sospettare degli occhi che la osservavano.
Trentatré, trentaquattro trentacinque. Si era appena girata, forse iniziava a sospettare qualcosa.
Quaranta, quarantuno, quarantadue. Scosse la testa e mollò un calcio contro il sacco.
Cinquantotto, cinquantanove, sessanta. << Ti avrei già potuta uccidere in questo minuto, lo sai, ragazza calorifero? >> le chiese.
La Custode del Fuoco cacciò un grido. << Ma sei cretino?! >> lo aggredì.
Dimitri fissò intensamente la compagna: aveva trovato il suo qualcuno.
<< Toh, non ti sei nemmeno accorta che ti ho chiamata col tuo soprannome, madamoiselle. >> commentò, pacato.
La bionda si tolse i guantoni da pugilato e si avvicinò a lui. << Già, perché la gente normale quando si spaventa comprende tutto alla perfezione. E le persone ancora più normali si divertono a sbucare dal nulla. >> ribatté, sarcastica.
Dimitri fece gli occhi dolci. << Oh, ti vuoi vendicare, ragazza calorifero? >> domandò, con voce innocente.
Emilia sentì il sangue ribollirle nelle vene.
<< Ti do dieci secondi di vantaggio. Poi ti troverò e sarò autorizzata a fare tutto quello che mi pare con te. Ti conviene scappare. >> sentenziò la bionda, scrocchiandosi le dita.
<< Uh, tremo! >> la schernì il ladro, ma quando avvertì un calore intenso vicino alla sua pancia decise di seguire il consiglio di Emy.
Quest’ultima, neanche arrivata al sei, scattò verso Dimitri.
Lui si girò indietro, osservando quanti metri lo separavano dalla morte certa. Fece la strada a ritroso, correndo come un pazzo, mentre la bionda macinava metri su metri.
Dedalo dopo dedalo, stanza dopo stanza, corridoio dopo corridoio, il Custode dello Spazio si ritrovò davanti alla Sala delle Udienze.
Si fermò un istante a riprendere fiato, ed Emilia azzerò la distanza tra loro.
<< Sei morto. >> gli sussurrò all’orecchio, gelida.
Dimitri rabbrividì, scattando in avanti. La porta si spalancò davanti ai suoi occhi, mentre il Presidente usciva dalla sala. Emilia imprecò, finendo addosso al ladro, che aveva schivato sul filo del rasoio un giurato.
<< Ma… voi due… ? >> Elisabeth non riuscì a finire la frase che Dimitri scomparì insieme ad Emilia.
L’aria gli colpì il volto, e pensò di essersi teletrasportato sulla cupola. Poi aprì gli occhi, e si rese conto di stare precipitando.
<< Sei un emerito cretino! >> gridò la ragazza, abbracciata a Dimitri.
<< Scrollati! >> ordinò, ma si rese conto che si fosse sottratta all’abbraccio del ladro non avrebbe potuto tele trasportarsi di nuovo.
<< Perché tutte le bionde devono essere così stupide? >> inveì contro il cielo.
<< E io sarei stupida!? Ma se sei tu quello che scappa dalla Winter comparendo nel bel mezzo delle nuvole! >> urlò Emilia.
Si misero a battibeccare per aria, mentre il suolo si faceva sempre più vicino.
<< Fa’ qualcosa! Non voglio morire spiaccicata, razza d’idiota! >> sbraitò.
<< Le paroline magiche? >> chiese il ladro.
<< Le paroline magiche te le ficco tu sai dove se non ti sbrighi! >> gridò la bionda, mollandogli uno schiaffo.
Dimitri roteò gli occhi e, a pochi metri da terra, mosse rapidamente una mano, trasportandosi nel giardino della Residenza. Emilia tirò un sorriso di sollievo, amando l’erba come non mai.
<< Eh-ehm, ora puoi anche smetterla di attaccarti a me come un cucciolo di koala sperduto, ragazza calorifero. >> disse il ladro.
<< A meno che non ti piaccia… >> aggiunse, malizioso.
Emilia si staccò immediatamente da lui, scattando in piedi.
<< Ma tu sei tutto scemo! >> sbottò.
Si ricordò solo allora della sfida che gli aveva lanciato. Sorrise, maligna. Oh si se te la farò pagare, ladro dei miei stivali.
<< Stare con te mi piace come un calcio nello stomaco. >> dichiarò e, per dimostrare la verità della sua parola, colpì Dimitri a tradimento. Il ladro, colto di sorpresa, si accasciò ancora più a terra.
Emilia girò i tacchi, tornando ancheggiando verso la Residenza. E, mentre lo stomaco del Custode protestava, lui non poté fare a meno di pensare che fosse il rubino che non aveva mai avuto occasione di rubare. O non ancora.

§


BAM. Il colpo di pistola risuonò lugubre per il corridoio. Chiara avrebbe voluto gridare, ma non aveva più il controllo sulla sua voce. Gli occhi si dilatarono per la paura, e gli ultimi avvenimenti di quella mattinata le sfrecciarono davanti.

Si erano svegliati tutti alle cinque o, per meglio dire, avevano ricevuto l’ordine di alzarsi alle cinque, ma loro erano già svegli o, forse, non avevano mai dormito.
Il profumo invitante della cannella e del cacao avrebbero dovuto sortire l’effetto che provoca una bistecca alla griglia per un alano affamato, ma fu tutto il contrario: lo stomaco di tutti e sei i Custodi era chiuso per la tensione.
Elisabeth Winter, ammantata in un tubino panna, li scrutava dall’alto dei suoi tacco dieci mentre le cameriere porgevano loro gli abiti adatti a una missione di quel calibro. Pantaloni aderenti e una felpa con cappuccio blu notte per le ragazze, e un completo morbido per gli altri tre.
Il colore si avvicinava molto al nero, ma se avessero indossato anche solo un capo di quel colore, il gesto sarebbe stato considerato pari ad un’eresia.
<< Le maglie sono intrecciate con fili di metallo, così da creare un tessuto simile ad un giubbotto anti proiettile. Certo, non potrete giocare al bersaglio umano. >> aveva spiegato il Presidente.
Li avevano scortati in un suv bianco per tutta la parte nord della città, scaricandoli poi innanzi al Muro. Chiara osservò l’automobile allontanarsi velocemente, con il conducente che premeva il pedale a tavoletta, intimorito dall’altezza spaventosa della cinta.
Era sicura che la Winter li avesse tenuto d’occhio ogni secondo, che avesse notato le occhiate in cagnesco che le lanciava Shai, Andrea che cercava di calmarla, Emilia che torturava la mano di Chiara per la tensione, la quindicenne che cercava conforto nello sguardo di Jonas, e l’angelo che sperava di trovare lo stesso nella calma apparente di Dimitri.
Scosse la testa e rivolse lo sguardo verso il Muro.
C’era qualcosa di inquietante e paurosamente familiare in quei chilometro di calce e filo spinato. Qualcosa che aveva diviso due zone della Terra e non era stata ricordata per la sua bellezza o utilità.
Il ladro fissò la violinista, poi i due fratelli mossero il primo passo verso il sud. Camminavano ostentando una sicurezza che non possedevano, ma confidavano nelle loro abilità di attori per infondere coraggio negli animi degli altri.
Oltrepassare il filo spinato fu la parte più facile: Andrea creò un momentaneo tunnel sotterraneo che li portò a stretto contatto con il cemento delle mura. Non riuscì a continuare così, però, perché esse si estendevano anche sotto i primi strati del terreno, bloccando la strada.
Toccò a Jonas e Shai traghettare gli altri al di là del Muro, pregando che le loro ali candide non spiccassero come pensavano tra tutto quel nero. La puzza di stantio prese alla gola i sei Custodi, era come se lì regnasse una cappa di tanfo.
I grattacieli, un tempo splendidi come quelli del nord, erano in completa decadenza, e le grandi vetrate infrante a terra. L’asfalto era di un nero così profondo che sembrava finto, e i piccoli germogli che erano sfuggiti alla morte portavano i segni di una dura lotta.
Sette torri si innalzavano, disposte a triangolo, sulla città: là risiedevano gli angeli neri, le loro famiglie, i bambini, fabbriche intere e tutto ciò che serviva per sopravvivere. Che la città all’esterno decadesse non importava. Chiara avvertì prepotente il desiderio di prendere a calci in faccia Zeigen e costringerlo a suon di percosse a riportare la normalità.
Ma sapeva che era solo una fantasia, che per la vittoria le sarebbe toccato sputare sangue.
Scivolarono tra le vie, sotto lo sguardo dei palazzi, diretti all’apice del triangolo, lì dove si era installato Zeigen. I due fratelli d’anima in testa, l’angelo e le due amiche al centro e Andrea a chiudere la coda. Si imbatterono in alcune Sentinelle Nere, che a quell’ora si davano il cambio, ma riuscirono a evitarle con facilità.
La sorveglianza aumentò più si avvicinavano al torrione centrale, e dovettero man mano prestare attenzione al minimo fruscio.
Chiara sentiva la sua parte animale acuire i sensi, captando con vibrisse e tartufo i possibili pericoli. Poi, all’improvviso, le Sentinelle Nere scomparirono nella cerchia di venti metri attorno al pilone dove erano diretti.
Jonas bisbigliò qualcosa riguardo all’ “ostentazione di potere eccessiva” che portava all’accoglienza a braccia aperte del nemico, per dimostrargli che avrebbero potuto stroncare i sabotaggi anche dall’interno.
Giunti esattamente sotto la torre, decisero di volare fino all’apice di essa. Se la loro teoria era corretta, sarebbero giunti in grembo a Zeigen, probabilmente sistemato in una delle stanze ai piani più alti.
Certo, era meglio che bussare al portone principale e presentarsi come coloro che avevano intenzione di ristabilire l’ordine naturale delle cose eliminando il loro amato Zeigen.
Dimitri, con grande abilità, creò un disturbo dello spazio attorno a loro, cosicché nessuno notasse altro se non il cielo.
Chiara strinse forte la mano di Jonas, che assaporava le correnti ascensionali come se fossero le ultime. Il loro secondo bacio, anche un perdono per lei, era stata la chiave per scoprire quanto tenesse davvero a quell’angelo.
Non certo uno di quelli vestiti con pannolini armati di arco e freccie, ma uno spuntato nel bel mezzo della metropolitana, inseguito da una Sentinella Nera con una pistola carica. Si riscosse solo quando posò i piedi su un balcone. Aprirono dall’esterno la porta-finestra ed entrarono in una camera da letto. Schiusero piano quella che dava verso l’interno e, accertatesi che non ci fosse nessuno, uscirono.
Si ritrovarono tra porte blindate, numeri che le ordinavano in ordine crescente, e corridoi chilometrici. Ne imboccarono uno che pensavano portasse ancora più su. Chiara si chiese se gli addetti alla sicurezza potessero sentire il battito frenetico del suo cuore, ormai un destriero imbizzarrito.
Presero le scale e salirono, provocando meno rumore possibile. Ma non era del suono che dovevano avere paura, bensì del loro stesso calore.
Una telecamera a rivelatore termico si girò meccanicamente verso di loro.
Li inquadrò, battendo le ciglia di sottile alluminio, per poi comunicare l’intrusione di sei elementi sospetti nella zona privata delle alte cariche. Seguirono controlli alla velocità della luce e, visto che i visi dei Custodi non rientravano nei registri, scattò l’allarme.
La sirena ruppe loro i timpani, e paralizzò le gambe.
<< Merda. >> imprecò Jonas.
Il trotto di numerosi piedi risalì la tromba delle scale.
<< Scappiamo, forza! >> gridò Andrea, in fondo alla fila.
Chiara non se lo fece ripetere due volte, scattò in avanti, superando Jonas. Il cuore aveva fatto una capriola, e ora nella sua mente regnava il caos. Solo una cosa era certa: se si fosse fermata sarebbe morta; e lei non voleva morire.
Spalancò una porta anti-incendio, e fu lì lì per precipitare nel vuoto. Shai l’afferrò per il cappuccio, sbattendola dentro.
La quindicenne si rialzò, aiutata da Emilia.
Le scale finirono, e un nuovo corridoio iniziò. Corsero a rotta di collo dritto davanti a loro, ma a sbarrare la strada trovarono tre Sentinelle.
Jonas le atterò con una falce gelida e, quando provarono a tirarsi su, la bionda lanciò una fiammata incandescente alle gambe, ustionandole. Le scavalcarono, la mente lontana dalle loro grida di dolore.
Andrea inciampò, rimanendo indietro. Fecero tutti inversione, e Dimitri effettuò un salvataggio d’emergenza, proteggendo con una barriera il Custode della Terra.
Shai diede loro il tempo per allontanarsi, bloccando momentaneamente gli inseguitori.
Persero il senso dell’orientamento, ma ormai non aveva più importanza quanti dedali avevano percorso, contava solo correre e correre e non morire.
Gli angeli neri si gettarono all’inseguimento degli intrusi, armati di revolever, semiautomatiche e fucili a pompa, come una squadra della polizia.
Ad arrestare la loro corsa fu un corridoio terminante con una vetrata a strapiombo, al sessantesimo piano.
Furono accerchiati dalle Sentinelle.
<< Arrendetevi! >> intimò una voce.
I sei si scambiarono un’occhiata complice. Scagliarono all’unisono un attacco, cogliendo di sorpresa i nemici.
Acqua e Aria compivano una danza mortale: lei inzuppava, lui congelava il fluido.
Fuoco e Terra trovarono un punto d’intesa, tra scudi di radici e palle infuocate, si proteggevano a vicenda.
I due fratelli erano una macchina di sterminio, l’una accorciava la vita delle guardie con un drastico taglio, l’altro scomponeva e ricomponeva a piacere braccia, gambe e teste.
Ma gli angeli neri spuntavano come funghi dopo un temporale e, benché mettessero l’anima per salvarsi la pelle, i Custodi erano in netto svantaggio numerico.
Fu allora che accadde.
Uno scudo troppo piccolo, l’abilità di un tiratore, e uno sparo mirato a morte.
Il proiettile fece fischiare le orecchie di Chiara mentre le sfiorava il cranio, diretto verso Emilia.
Vide la sua migliore amica cadere a terra, colpita al centro del ventre da una cartuccia di fucile a pompa.

L’odore del sangue le fece girare la testa, e un grido, prima strozzato, ora perforante, le usciva dalla bocca.
Falcidiò due Sentinelle con una scure d’acqua, mentre accorreva verso Emilia.
Aveva preso a piangere per il dolore, e le lacrime le rigavano il volto, senza azzardarsi a smettere. La quindicenne applicò le uniche conoscenze che aveva sulla medicina; premette le mani sopra la ferita, cercando d’arrestare l’emorragia.
Jonas imprecò.
Lance d’aria colpiva a destra e a manca, e scudi azzardati proteggevano precariamente le due ragazze.
<< Va tutto bene. Va tutto bene. >> mormorava Chiara, più per convincere se stessa che l’amica.
Lanciò un’occhiata alle sua mani, sporche fino all’osso di sangue, e per un attimo il rosso vermiglio le annebbiò la mente. Un proiettile stracciò la felpa di Shai, e la pelle avvertì il caldo bruciante della polvere da sparo sulla spalla. Dimitri, in risposta all’affronto, eliminò una schiera di cinque angeli neri.
<< Sst. Sta’ calma, ce la caveremo. >> sussurrò Chiara.
Il destino, la sorte avversa, o solo sfortuna smentì all’istante quell’affermazione.
Con il calcio del fucile, una Sentinella Nera colpì sullo zigomo Jonas, costringendolo a terra.
L’angelo sentì le ossa scricchiolare, la testa farsi immediatamente troppo pesante, e non poté che lasciarsi cadere.
La quindicenne sgranò gli occhi, e le sua lacrime bagnarono il viso di Jonas. Le Sentinelle lo afferrarono per le spalle, prendendolo con loro.
Chiara gridò, ma non poté fare niente per fermarli.
<< Dimitri… ti prego… >> implorò Emilia, mentre un rivolo rosso colava dall’angolo della bocca.
Il ladro si voltò, osservando la situazione.
Non ce l’avrebbero mai fatta. Salva il salvabile, gli avevano sempre ripetuto.
E allora decise. Che sarebbero tornati, ma non avrebbero sacrificato una vita per puro egoismo.
<< Hanno Jonas! Non ti azzardare a farlo! >> urlò Shai, scagliandosi contro un nemico, creando un globo più scuro di una tempesta.
Non riuscì a colpirla, perché la sfera si abbatté contro la parete della Sala delle Udienze.


***

ANGOLO DELL'AUTRICE SEMPRE PIU' SADICA
Ed eccomi qua, spero di avervi stupito almeno un pochino con questo capitolo!
Ma iniziamo dall inizio *gioco di parole penoso* spero che l'immagine del banner non rimanga solo in bianco e nero, visto che ha già scherzato con me togliendo l'immagine di sfondo. Se lo fa, amen, mi procurerò un martello per scassare il mio pc *angelica*
Cooomunque, la prima parte è un po' scherzosa, ho voluto inserise tante stanze inutili che davano l'idea della dimensione della Residenza e quante cavolate ci siano dentro.
Io, una zebra impagliata, se fossi Presidente, non la vorrei xD
Jonas/Chiara si baciano e lei perdona la stupidità dell'angelo che, però, mantiene la sua sfiga assurda.
Emilia/Dimitri *quanto mi diverto con loro X"D* incominciano a interagire, in modo strambo, ma non ancora al culmine della demenza e pazzia.
E ora la parte clou: io li ho fatti perdere sì, perché dovevano farlo, altrimenti le loro doti naturali si andavano a benedire. Emilia si becca una cartuccia di fucile a pompa nello stomaco, non morirà *non sono così cattiva* , anche se il proiettile ha un bel calibro.
Lo sapevate che una Smith&Weston,  un calibro 50, può stendere un elefante?
Sì, ecco la comodità d'avere un maniaco delle armi come fratello: farsi consigliare l'arma giusta al momento giusto ahahah
Jonas è nelle grinfie di Zeigen, quindi non si prospetta un futuro felice, altro che crépes e nutella! mmm nuuutella
Dimitri salva le chiappe a tutti ... be' non proprio a tutti.
Il capitolo è un po' più lungo del solito, ma volevo mantenere la tensione fino alla fuga.
Chiudo questo angolo enorme ringraziando tutti i lettori silenziosi, i recensitori, e tutti coloro che hanno inserito Upward tra preferite, seguite e ricordate!

Water_wolf

 

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Capitolo 19
*** 19 Minacce, Nemici e Proposte ***


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<< Io ti uccido! >> gridò Shai, lanciandosi contro Chiara.
La quindicenne creò uno scudo d’acqua per proteggere Emilia, poi si rivolse verso la violinista, furiosa << Non credi che potresti rimandare l’omicidio a più tardi, mh?! >>
Shai lanciò un grido furioso e le tirò un pugno. Chiara lo evitò, si portò dietro di lei e l’atterrò con un calcio. La mora la fissò da terra, gli occhi che mandavano fiamme, nonostante fosse prossima al pianto.
<< E’ tutta colpa tua… >> mormorò. << E’ tutta colpa tua, lurida sgualdrina! >> urlò, rialzandosi di scatto.
Afferrò i capelli di Chiara e la sbatté faccia al pavimento, torcendole un braccio dietro la schiena. La quindicenne non la diede la soddisfazione di vederla soffrire, così si sforzò di restare in silenzio, a costo di farsi sanguinare la lingua.
<< Sono stato io a portarti qui, non lei, Shai. >> esordì Dimitri, serio come non mai.
Shai gli rivolse un’occhiataccia, allentò la presa su Chiara, e camminò lentamente verso il ladro. << Hai perfettamente ragione. >> sibilò, e gli mollò un calcio in pieno stomaco.
Dimitri si piegò in due, boccheggiando. Shai lo costrinse ad alzarsi e lo colpì ancora e ancora, urlando insulti così forte che avrebbe potuto spaccare il vetro delle finestre. Furono le sue grida ad attirare l’attenzione di un maggiordomo, che chiamò il Presidente, ed insieme entrarono nella Sala delle Udienze. Quando Elisabeth varcò la soglia ebbe un capogiro. Contò le presenze in quella sala una, due, tre, quattro… un’infinità di volte. Ma il numero rimaneva sempre dispari, sempre incompleto, sempre imperfetto, sempre cinque.
<< Ora basta! >> tuonò, ottenendo l’attenzione di tutti.
<< Emilia… >> mormorò Dimitri, sputando saliva mista a sangue.
Chiara capì subito ciò che voleva dire il ladro e, prima che la Presidentessa potesse parlare di nuovo, disse << Emilia è stata colpita, dobbiamo subito fare qualcosa! >>
Elisabeth fece cenno al maggiordomo d’allontanarsi e chiamare soccorso. Sei paramedici arrivarono alla velocità del suono, caricarono la bionda su una barella, e scomparirono svelti com’erano arrivati. Si lasciò cadere su uno scranno, quasi avesse combattuto lei al posto loro.
<< Dov’è Jonas King? >> domandò, flebilmente.
Chiara distolse lo sguardo, strappandosi le lacrime dagli occhi con rabbia.
<< Non siamo riusciti a portarlo con noi. L’hanno preso. >> rispose Andrea, la voce incrinata.
Si sentiva l’unico artefice della sorte di Emilia, e benché sapesse che fosse da stupidi prendersi la colpa, non riusciva a non farlo. Il Presidente sgranò gli occhi; avevano un Custode, l’avrebbero ucciso, e poi avrebbero schiacciato la parte Bianca.
<< Com’è successo? >> chiese.
Shai sputò per terra << E’ colpa loro. >> e indicò Dimitri e Chiara
. La quindicenne la guardò con odio. << Non lo sappiamo di preciso. E’ scattato un allarme e siamo stati sopraffatti dalle Sentinelle Nere. >> si affrettò a rimediare.
Elisabeth alzò un sopracciglio, poi si rivolse ai due ragazzi << Confermate? >>
Annuirono.
Avrebbe dovuto dire qualcosa, rassicurarli, ma era sicura che se avesse parlato le sarebbero usciti di bocca solo rimproveri e imprecazioni. Così rimase in silenzio, frugando nella sua mente alla ricerca della fede perduta, quella che avrebbe potuto illuderla di poter ancora salvare Jonas. Ma aveva abbandonato da tempo le vesti di credente, e i fatti erano tutto ciò che aveva in mano.
<< Le avevamo detto che era una mossa azzardata attaccare così presto. >> esordì Andrea, duro.
<< E credi che sarebbe servito a qualcosa scovare le vostri doti nascoste? >> Elisabeth fece una risata amara, quasi lugubre << Dividere, plasmare, viaggiare… non evitano una sconfitta, non sarebbero servite  nulla, nemmeno ad evitare ciò che è successo a King. >>
<< Come può dirlo!? >>
Andrea aveva gridato, stringendo le mani in pugni così forte che le nocche erano sbiancate.
La Winter fece un sorriso tirato << Ci sono molte che non sai sulla vita, Custode della Terra. >>
<< E’ questo che siamo per lei?! >>
Chiara si era intromessa nella conversazione << Solo carne da macello, persone che devono servire i suoi scopi, oggetti usa e getta?! >>
Il presidente batté un pugno sul bracciolo della sedia, riportando il silenzio. << Qui si parla e non urla, Bianchi. E non dica sciocchezze, non sono una dittatrice, non sono come Zeigen. >>
<< Perché, allora, a me Lei lo ricorda molto? Perché ci chiama per cognome come se non ci conoscesse? Perché King, invece che Jonas?! >> sbottò.
Si rese conto delle accuse che aveva lanciato solo dopo averle pronunciate. Elisabeth divenne rossa di rabbia.
<< Lei è molto scossa, non sa cosa dice. Credo che potrebbe essere un pericolo in questo stato. Albert! >> chiamò.
Un maggiordomo pelato entrò frettolosamente nella Sala delle Udienze. Si avvicinò al Presidente, che gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Albert uscì e ritornò subito dopo con un paio di manette in mano. Chiara squadrò prima Elisabeth poi il maggiordomo.
<< Lei è pazza! >> urlò.
<< Può darsi. Ma ora ammanettala, Albert. >> sibilò.
Il maggiordomo le prese le mani e assicurò le manette. Trascinò fuori la quindicenne a forza, nonostante le grida e le proteste di quest’ultima.
<< E se non volete anche voi dei nuovi giocattoli, vi consiglio di non giocare con me. >> aggiunse, macabra.

§


Un basso ronzio risuonava nelle orecchie dell’angelo, mentre il buio invadeva ogni cosa. Poi, la luce arrivò improvvisamente e lo abbagliò.
“Almeno posso vedere”, si disse, ma subito quell’affermazione fu smorzata da una scossa elettrica che gli attraversò il corpo.
Si costrinse a non gridare, ma ben presto gli fu impossibile. Imprecò, ora i ricordi chiarivano tutti. Si sforzò di riaprire gli occhi, e quello che si presentò al suo sguardo non gli piacque per nulla. Si trovava in una sala ottagonale, il pavimento di grosse piastrelle bianche e le pareti di un vetro scuro, impossibile stabilire chi si trovasse dietro.
Ma, guardandosi i piedi e vedendoli penzolare nel nulla, si accorse d’essere incatenato per i polsi da grossi anelli di metallo, dentro una gabbia di vetro spesso. Alcune boccucce situate in alto mandavano bagliori elettrici e percepì sulla pelle il dolore procuratogli dalle scosse.
Gli venne da ridere, era proprio così che si era immaginato la sala delle torture di Zeigen, ed era ironico pensare che fosse lui, il secondo progettatore di quella stanza, ad essere torturato.
<< Allora, fatti vedere! >> gridò, ma le ultime parole si persero in un gemito di dolore.
Il petto nudo andava su e giù spasmodicamente, mentre Jonas annaspava in cerca d’aria.
<< Lui verrà quando ne avrà voglia, non sei così importante, angioletto. >> esordì una voce femminile.
<< Chi sei? >> abbaiò Jonas.
Una scossa gli fece abbassare il tono fino ad un sussurro. Chiuse gli occhi per focalizzare quanta forza gli rimanesse. “Forse ancora un attacco”, si disse per darsi speranza.
Un tocco fresco e dolce lo riscosse. Aprì gli occhi, incrociando lo sguardo con due zaffiri profondi. Capelli rossi come il fuoco ricadevano in boccoli sulle spalle, illuminando il completo nero dalla profonda scollatura a V, che lasciava intravedere le curve del seno ed evidenziava la linea morbida dei fianchi.
<< Chi… chi sei? >> ripeté Jonas, quasi bisbigliando.
La giovane donna gli accarezzò lo zigomo, dolcemente. Era un vetro speciale quello usato per la gabbia, capace di modellarsi a piacere di chi ne possedeva i comandi.
<< Ssst. Ti devono aver fatto male le Sentinelle, mh? >> fece lei, ignorando la domanda.
L’angelo si sottrasse al tocco della ragazza con veemenza. La rossa assunse un piglio severo, e commentò con voce da bambina arrabbiata.
<< Cattivo angioletto, non si tratta così una bella signora. >> Il dolore arrivò fulminante, facendo tendere allo spasimo i muscoli di Jonas.
<< Io… io… >> ansimò << non sono il tuo angioletto. >>
La ragazza girò i tacchi, poi schioccò le dita e l’elettricità penetrò all’interno della gabbia. Ancheggiò fino ad una porta in ferro, posta in fondo alla sala ottagonale, e si voltò.
<< Comunque io sono Astra, la figlia di Zeigen. >> disse, senza più maschere da bambina innocente a coprire la natura sadica della rossa.
“Che cosa?”
Sei nei guai fino al collo, ragazzo mio, commentò la coscienza prima che l’ennesima scossa invadesse il corpo dell’angelo.

§


Andrea si prese la testa tra le mani e imprecò in silenzio. E’ colpa tua, se ti fossi curato di più di proteggere gli altri al posto di te stesso niente sarebbe come adesso.
Quel pensiero occupava la sua mente e per quanto cercasse via di fuga, era sempre lì, a sbattergli in faccia la sua verità. Si alzò con impeto dal letto, e spalancò la porta. Fuori pioveva a dirotto ma lui aveva bisogno di stare all’aperto.
Corse per i corridoi fino ad arrivare all’ingresso che portava al giardino della Residenza Winter. L’umido della pioggia lo investì con tutta la sua potenza, ma Andrea scosse la testa e continuò la sua corsa attraverso il prato.
Quando ormai i vestiti erano fradici, i capelli incollati alle tempie, e i piedi nuotavano nelle scarpe udì il suono di un violino. Tese le orecchie  e si diresse verso la cupa melodia.
Si ritrovò davanti ad un salice piangente, che faceva da sfondo a Shai, le ciocche rosse e blu solo un ricordo di un passato felice, intenta a suonare il suo violino. Andrea rimase immobile ad osservarla, come stregato dal movimento dell’archetto e del candore irreale della pelle della Custode del Tempo.
Così, con la pioggia incessante a bagnarlo, si liberò dalle catene della sua autoconvinzione.

§


<< Maledetti cosi! >> sbraitò Chiara contro le manette.
Con una certa difficoltà, si era lavata il sangue dalle mani e aveva iniziato a provare ad ingannare il meccanismo che teneva salde quegli aggeggi.
In televisione sembra un gioco da ragazzi, pensò con rabbia. Relegata nella sua stanza per volere del Presidente non faceva che pensare ad Emilia e Jonas.
La pioggia era divenuta la sua unica compagna, o un carceriere silenzioso che le proibiva anche la visione di un cielo terso.
Si lasciò ricadere con la testa sul cuscino, arrovellandosi sul suo cruccio: i miei amici stanno bene?
Una voce interiore le suggeriva che uno di loro era più di un semplice amico, ma Chiara cercò di non darle peso.
Poi, senza preavviso, il suono cupo di un violino riempì il giorno, e lei seppe che quello era il modo di Shai per piangere.

§


Il ladro si alzò dallo sgabello e fuggì dalla stanza.
<< Venga qui! >> gridò una voce femminile alle sue spalle.
Si voltò giusto per godere dell’espressione furiosa del medico. Il Presidente aveva insistito perché si facesse visitare da qualcuno, visto che avevano due piani adibiti alla cura e alloggio dei malati. Dimitri aveva provato a ribattere, ma gli era bastata un’occhiata gelida di Elisabeth per farlo ammutolire.
Così era andato di malavoglia in una stanzetta con una dottoressa, che aveva scoperto che Shai era una pugile provetta, dal momento che era riuscita ad incrinare una costola a suo fratello.
E, ora, Dimitri scappava dalla donna che aveva ricevuto l’ordine di prenderlo in consegna.
Non gli erano mai piaciuti i medici, si era sempre detto “c’è chi detesta i pagliacci e chi i dottori” e aveva liquidato la questione con un’alzata di spalle.
<< Mi venga a prendere se ci tiene! >> urlò, iniziando a correre senza una meta precisa.
Sentì la dottoressa sbuffare sonoramente e apprestarsi a raggiungerlo. Si fermò all’improvviso davanti ad una stanza.
Da un piccolo spioncino si potevano scorgere camici verdi armeggiare con bisturi e quant’altro. Il ladro pensò che si trattasse dell’intervento che stava subendo la Custode del Fuoco, e quando la dottoressa lo acciuffò per un orecchio rimase un attimo perplesso.
<< Ora tu vieni con me, signorino. >> intimò e con uno schiocco di dita ottenne l’effetto sperato, facendosi seguire da Dimitri.
Dio solo sa quanto odio i medici.

§


“Non ce la faccio più.”
Sì che può resistere.
“Non sei tu quella che sta venendo cotta come un pesce alla griglia”, replicò.
Ma tu ce la devi fare! Non puoi mollare!
Saresti stata un’ottima cheerleader.”
Oh, sei proprio un idiota, Jonas.

 << Allora, che te ne pare della tua nuova sistemazione? >>
Jonas alzò lo sguardo, in cerca del proprietario della voce.
Era un ometto non troppo alto, un metro e sessanta scarso, con una parrucca da giudice a coprire le conseguenze della calvizie, due occhi come lastre di ghiaccio, nascosti dietro degli occhialetti dalla montatura di ferro tonda, e un naso adunco, dalla curva pronunciata, sputava come una carota sul viso rotondo di un pupazzo di neve. Era vestito come se dovesse andare ad un gran galà pietroburghese, con tanto di panciotto, livrea  e bottoni dorati.
<< Poteva trovare anche di meglio, grazie. >> rispose sarcastico l’angelo.
L’ometto rise, lugubre.
<< Hai fegato, ragazzo. Alcune spie di Elisabeth non erano sopravvissute ai miei…. giochetti per così tanto. >> si avvicinò a Jonas, con passo calcolato e non frettoloso. << Comunque, sono onorato di conoscerti, Custode dell’Aria. Io sono Chrysanthemum Zeigen. >>
Jonas rabbrividì. Si trovava davanti a Zeigen, un angelo che aveva stroncato le vite di molti.
<< Che cos’è quello? Un barboncino? >> azzardò, ammiccando alla parrucca.
L’ometto sorrise, mostrando una fila di denti innaturalmente affilati. Teneva particolarmente al suo copricapo, era un ricordo di quando ancora faceva parte della corte suprema. Una scossa percorse Jonas da capo a piedi, strappandogli un grido di dolore.
<< Sai, quando le mie Sentinelle mi hanno riferito che una “leggenda prendeva vita” non ho voluto credere loro. Mi ero sbagliato, però, le riprese mostrano perfettamente la tua natura di Elemento. >> L’angelo lo squadrò da capo a piedi, non aveva la minima intenzione di ascoltare i deliri di uno psicopatico.
<< Arriva al punto. >> intimò, benché la sua posizione non fosse quella adatta a dare ordini.
Zeigen si voltò, dandogli le spalle, e schioccò le dita.
Ormai Jonas sapeva che cosa quel segnale significasse.
Urlò, mentre l’elettricità saettava per il suo corpo.
<< Astra mi aveva messo in guardia sui tuoi modi bruschi. >> continuò << Ma devi sapere che per dar vita ad una buona storia bisogna partire dall’inizio. Perciò >> schiccò ancora le dita, e l’angelo fece fatica a rimanere sveglio tanto la scossa era forte << non mi devi interrompere. Io non ti voglio uccidere, anche se sarebbe più facile e pratico. >> Jonas lo guardò di sbieco. << Voglio offrirti la possibilità di salvare la tua giovane vita e prestarti al mio servizio. Altrimenti, ti costringerò io con la forza. >> si girò, per vedere che effetto la sua proposta aveva fatto all’angelo.
Non farlo!, lo ammonì la coscienza.
Jonas ci rifletté sopra. Non essere più torturato, non provare dolore, ed essere il braccio destro di un vincitore quasi certo.
<< Sa >> disse con enfasi eccessiva, gustandosi l’espressione di Zeigen << credo che sia proprio un barboncino. >>


***

Angolo dell'autrice
Capitolo diciannove a largo, pubblicato, reso visibile finalmente!
Sì, all'inzio mi ero immaginata uno Zeigen un po' diverso, ma poi ho voluto optare per un personaggio ambiguo, vestito e acconciato in modo strambo.
E ora non potete non amare Jonas. Non so da dove sia uscita l'ultima frase ma, non so voi, me gusta parecchio^^
Mmmm... Shai ha un po' di manie da serial killer, e il fatto che si stia avvicinando ad Andrea, o viceversa, mi suona strano... Boh, non ho idea se diventeranno una coppia XD
Ma quant'è bello giocare con i personaggi: diciamo che la Winter ha mostrado il suo lato oscuro, cosa che se fosse stata un agnellino gentile non avrei mai potuto fare, e quindi via alle minacce!
Astra, nuovo personaggio, ora quasi insignificate, dopo rilevante. Degna figlia di Zeigen, a mio parere.
Se credete che la tortura qua sopra proposta si già di per sé abbastanza, il mio alter ego sadico mi ha consigliato d'essere ancora più macabra con il mio pargolo, così ci sarà ancora qualche *spero* colpo di scena.
Come dice mio fratello, dopo aver studiato epica: le tue azioni sono la conseguenza dei post-sbronza di Bacco. Per una volta concordo con lui hahah X"D
Be', recensite e enjoy!

Water_wolf


 

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Capitolo 20
*** 20 La Vita è un Film ***


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"I can’t separate your sins,
To me you’re acting like you’re twins
This is a mess,
Is this a test?
How many guesses do I get?
"
Tangled up, Caro Emerald


Jonas sarebbe volentieri tornato indietro nel tempo, sarebbe ritornato sui suoi passi e avrebbe implorato Astra o Zeigen di ripensarci.
Ma, poi, la sua coscienza si faceva sentire e l’angelo si ritrovava ad acconsentire in silenzio. Sì, perché sarebbe stato molto stupido credere che, anche se avesse accettato l’accordo, non ci sarebbero state delle ripercussioni.
Era venuta la figlia a prelevarlo personalmente, per conto di suo padre, per sistemarlo in una suite d’élite.
Più che camminare Jonas veniva trascinato da due scimmioni vestiti in frac, con tanto di papillon nero e occhiali da sole. Astra si era esibita in un inchino regale e, con un movimento fluido della mano, aveva accolto felice come una pasqua l’angelo nella nuova sistemazione.
Era una stanzina buia e apparentemente minuscola, mentre le pareti mandavano riflessi violetti e magenta. Astra schioccò le dita e un riflettore, come se fossero a teatro, si accese, illuminando una scultura in metallo alta circa due metri.
La giovane si avvicinò, i tacchi allucinanti che schioccavano sul pavimento, i ricci che danzavano sulle spalle, ad essa. Da vicino, Jonas ebbe l’impressione di soffocare.
Era un enorme involucro di rame, munito di viti e grossi chiodi. Il profilo appena sbozzato mostrava una cadenza femminile e, se si guardava bene, si notavano degli accenni dei seni e dei capelli.
<< Ti presento la Vergine di Rame, angioletto. >> disse, maligna.
<< Vorrei dire che è un piacere incontrala, ma proprio non ci riesco. >> si scusò Jonas, sarcastico.
Astra gli accarezzò i capelli, dolcemente. Schioccò ancora le dita e la vergine, dopo cigolii e rumori sinistri, si aprì. Miriadi di aghi spuntavano dal metallo, così come tubi di plastica pronti all’uso, quasi fossero le fila di denti di uno squalo.
<< Avanti, non la vuoi abbracciare? >> fece la rossa, con un sorriso che le arrivava da orecchio a orecchio.
<< No, grazie. >> replicò l’angelo, che  ancora doveva capire a cosa servissero quegli aghi. Astra scrollò le spalle.
<< Mettetelo dentro. >> trillò, e i due gorilla tirarono su Jonas per le spalle. L’angelo si dimenò, provò a scagliare un attacco, ma era troppo debole per opporsi.
Fu sbattuto dentro e, prima che potesse solo gridare qualcosa, la vergine si richiuse. Gli aggeggi scattarono assicurandogli polsi, caviglie, busto e collo; gli aghi si allungarono fino a bucare la pelle dell’angelo, e dai tubi iniziò a fuoriuscire un fluido nero dai riflessi perlacei. Per quanto gli fosse possibile, Jonas imprecò.

Benvenuto, ospite. Io sono la Vergine di Rame, qui per servirla. – gracchiò un auto parlante, facendo rimbombare la voce computerizzata al suo interno – Quando uscirà si sentirà subito meglio, glielo assicuro. Non abbia paura, diventare un Nero è più facile di quanto sembri.

Jonas sgranò gli occhi. Non voleva cambiare, non sarebbe cambiato, niente sarebbe riuscito a togliergli la volontà e le sue ali bianche. Strinse i pugni, cercò di rompere gli agganci, ma invano. E allora urlò, gridò, inveì contro tutto e tutti. Poi il fluido raggiunse la sua pelle, e lui si sentì bruciare, divorare da esso.
“Non mi avrete” pensò, prima di piombare nell’incoscienza.

§


Quando la porta si aprì, la mattina seguente, Chiara balzò addosso all’ignaro maggiordomo, abbaiando l’ordine di toglierle le manette. Seppur riluttante, quello eseguì e la quindicenne fu finalmente libera.
Neanche lo ringraziò, uscendo come un tornado dalla stanza. Bussò insistentemente alla porta di Andrea, poi a quella di Shai e Dimitri. Il Custode della Terra la guardò di sbieco non appena uscì, invitandola a spiegare le ragioni per cui l’aveva cercato. Chiara aspettò che anche i due fratelli si facessero vedere, e parlò.
<< Sentite, >> esordì << io non me ne starò con le mani in mano, non mi girerò i pollici aspettando che Jonas ritorni miracolosamente sano e salvo da noi. Agirò, anche a costo che la Winter mi spedisca in carcere. Ho intenzione di ritornare là dentro e salvare J. >>
<< E’ una follia. >> ribatté Andre’.
<< Appunto. >> rincarò Shai.
<< Ma non sono forse le pazzie quelle che ci piacciono di più? >>
I due si voltarono simultaneamente verso di Dimitri, che alzò le mani in segno di resa. Chiara incrociò le braccia.
<< Perché vi  rifiutate? Preferite venir trascinati dagli eventi sottraendovi alle scelte? >> li accusò.
La violinista la fissò negli occhi, frugando nei suoi occhi la scintilla che aveva visto Jonas, quella che l’aveva fatto innamorare di lei. << Non credo che bussare alla porta di Zeigen sia ciò che dobbiamo fare. Dovremmo, piuttosto, concentrarci sullo scoprire qualcosa in più sui vostri poteri innati. >> propose.
<< Senza contare che >> intervenne Dimitri << Emilia ha bisogno di riprendersi prima di tentare una nuova offensiva. >>
<< Ma non abbiamo tempo per questo! >> sbottò Chiara.
Sapeva che era da egoisti pensare solo al proprio tornaconto, e che avrebbe dovuto precipitarsi dalla sua migliore amica prima che da Jonas, ma non riusciva a immaginare l’angelo alla mercé di Zeigen senza che lo stomaco le si attorcigliasse. Perché, perlomeno, Emilia era al sicuro lì alla Residenza Winter, mentre Jonas no.
<< Mettiamo la proposta ai voti. >> suggerì Andrea, con fare democratico.
<< Ok. >> concordarono all’unisono.
<< Chi è a favore di Chiara alzi la mano. >> dichiarò il Custode della Terra.
Se alzi quella zampa te la taglio, intimò Shai, sperando che Dimitri la sentisse. Lui la udì eccome, e non si azzardò a farlo, benché non fosse del tutto contrario.
<< Chi preferisce indagare sui nostri doni, invece? >>
Andrea, Shai alzarono la mano, poi si aggiunse anche il ladro, borbottando qualcosa d’incomprensibile. Chiara avrebbe avuto voglia di rompere tutto ciò che le si parava davanti da lì a un chilometro, ma si trattenne, dicendosi che quella era la democrazia.
<< Bene. >> sentenziò. << Fate come preferite. >>
Perché io lo farò, avrebbe voluto aggiungere, ma tenne quella considerazione per sé. 

§


Shai e Andrea avevano subito deciso di mettersi all’opera, così ottennero il permesso di frugare tra tomi, saggi e scartoffie varie raccolte nella Biblioteca della Residenza Winter.
Chiara e Dimitri, invece, si informarono sulle condizioni della Custode del Fuoco.
<< E’ molto meno grave di quello che pensavate. >> rispose loro un chirurgo che l’aveva operata, alla domanda “sopravvivrà, non è vero?” << Le abbiamo somministrato un bel po’ di SonnenblumeTieg, per questo pomeriggio sarà già in gran forma. >>
I due si scambiarono un’occhiata, sperando che almeno l’altro avesse capito che cosa fosse SonnenblumeTieg.
<< La possiamo vedere? >> domandò la quindicenne.
Il chirurgo scosse la testa << Meglio questa sera. >>
Poi, accorgendosi che i ragazzi non erano molto convinti, aggiunse, in tono di sufficienza << Vedete, la nostra medicina è molto più avanzata di quella che conoscete sulla Terra. Quindi, se vi dico che la potrete vedere dopo, credetemi. E ora filate, non ho tempo da perdere! >>
Il chirurgo li superò a passo spedito, e Chiara gli fece la linguaccia. << E chi ha voglia di aspettare? >> sbuffò.
Dimitri scrollò le spalle. << Io non mi farò ammanettare perché ho disobbedito al ‘signor nomi incomprensibili’ qui. >>
La quindicenne si morse le labbra, si prese una ciocca di capelli tra le dita e iniziò a lisciarla. Un sorriso malizioso le comparve sul volto, mentre si girava a scrutare il ladro.
<< Non è che segui gli ordini solo perché vuoi trovare la tua Emilia fresca e riposata, pronta per un po’ di flirt? >> lo stuzzicò.
Dimitri fece un mezzo sorriso e, se non fosse stato per la carnagione olivastra, si sarebbe notato che era diventato rosso fino alla radice dei capelli. Roteò un dito attorno alla tempia, un’espressione simile a quella d’un clown stampata sul viso.
<< I film mentali fanno male, Lyra. >>
<< Ah sì? >> obbiettò lei.
<< Ah-ah. >> rispose lui, continuando a far ruotare l’indice.
<< Secondo me ti piace. >> disse Chiara, scoccandogli un’occhiata indagatoria.
<< Certo, la adoro come un doberman con la rabbia che cerca di abbracciarti. >> replicò.
La quindicenne soffocò una risata. Alzò un sopracciglio, e gli puntò un indice accusatore contro, come se fosse una bacchetta magica.
<< Non sarebbe meglio dire come un cucciolo di panda? >>
Dimitri si batté una mano sulla fronte, la bocca una “O” di scherno. << Lo sapevi che i cuccioli di panda sanno essere molto pericolosi? >>
<< Dimitri, non sparare cavolate. >> lo riprese.
<< Sul serio. >> ribatté lui << Immagina un piccolo e paffuto cosetto bianco e nero, >> illustrò, creando con le mani un’immagine di una foresta << sta mangiando tranquillo il suo bambù quando, puf, arriva un’orribile ragazza castana. >> manipolò lo spazio, mostrando un sosia di Chiara davvero orripilante << Il panda si spaventa, afferra il suo bastoncino e lo punta contro il mostro. Ma la ragazza non si ferma, e arriva a qualche centimetro dal cucciolo. E allora… >> l’immagine scomparve, e il ladro mollò uno scappellotto a Chiara.
<< Ahia! >> si lamentò. Fece per colpirlo ma il ladro era già scomparso. << Non la passerai liscia! E scoprirò se ti piace davvero Emy! >> gridò.
Assunse l’espressione più compunta che conoscesse e si avviò a testa alta per il corridoio che portava ai piani superiori. Certo non l’avrebbe fatto quella giorno; aveva altri programmi in testa.

§


Le stelle brillavano di una luce bianca quella notte, bucando il cielo scuro con tanto bagliore. Chiara aveva sempre amato quegli astri, così vicini eppure così lontani. Ma a Upward le vedeva da un’altra prospettiva: non erano più puntini lucenti, ma fuochi che bruciavano nel cielo, e riflessi rossi e azzurrini li facevano assomigliare a tante piccole fatine.
Chiara lanciò un’occhiata allo specchio a parete e, vedendo riflessa la propria determinazione, pensò che non avrebbe mai potuto fallire. Si legò i capelli nocciola in una coda alta, si sistemò le pieghe del pull blu di Prussia e, senza conoscere bene il motivo, si passò un velo di rossetto ciliegia sulle labbra.
Forse era perché, in ogni film d’azione che aveva mai avuto l’occasione di guardare, la protagonista era una donna forte, sicura di sé e sexy, mortalmente sexy. E Chiara si sentiva come nel bel mezzo d’un set, a recitare una parte di rilievo, dando il meglio delle sue capacità.
Spalancò la finestra, osservò per qualche battito di cuore le stelle infiammare la notte ancora giovane, e ruotò lentamente un polso, che venne subito circondato da un fiumiciattolo d’acqua. Avanti, pensò, e scivolò sopra una scia argentea giù dalla finestra.

§


Emilia si era aspettata di provare un dolore lancinante al minimo movimento, invece, accadde tutto il contrario. Riuscì a mettersi seduta senza sforzo, e persino a muovere qualche passo per la stanza. Era tardo pomeriggio; le 18.00 erano passate da un quarto d’ora. Un’infermiera si era assicurata che non facesse pazzie, così la informò che, per lei, le visite sarebbero state concesse più in là.
La Custode del Fuoco aveva accettato di buon grado, pensando che si sarebbe concessa un po’ di tempo per riposare. Ma le ore passarono, le energie tornarono quasi appieno, e la noia era diventata la sua unica compagna.
Quando ormai aveva perso le speranze che qualcuno arrivasse –stava già assaporando l’amarezza che le aveva provocato l’assenza di Chiara- qualcuno bussò. Diede le spalle alla porta, facendo finta di dormire.
Quel qualcuno spostò uno sgabello, facendo stridere il pavimento, e rimase in silenzio. Bocciò il pensiero che le suggeriva che lo sconosciuto fosse Chiara, e rimuginò su chi sarebbe stato zitto in quella situazione.
Forse Andrea, pensò. Poi una voce familiare diede riposta alle sue domande. << Mi avevano detto che con quel… mmh… SonnenblumeTieg saresti stata in gran forma per oggi pomeriggio. Tzè, i medici sono proprio degli inetti. Perché tu stai dormendo, e io sto parlando con praticamente nessuno. Quando mi rinchiuderanno in manicomio, la Winter la pagherà cara. Che simpaticona, non sembra anche a te? >>
Emilia s’impose di non rispondere, benché il cuore le battesse a mille e le parole erano a fior di labbra. Perché, di tutti quelli che potevano venire, proprio lui? Perché, Dimitri?
<< Io non sono mai stato pessimista >> il suo tono si era fatto gravido di malinconia, di serietà << ma devo ammettere che non mi conosco per niente. Sapevo già che cosa sarebbe accaduto, tre giorni fa, quando il Presidente ha detto ciò che ha detto. E le mie teorie su un possibile Armageddon non si sono, poi, rivelate così errate. Pensavo saresti morta… lo sai? In un certo senso, l’idea che morissi non mi rendeva felice come pensavo, libero dalla ragazza che mi aveva fatto svenire il primo giorno che ci eravamo incontrati. Se potessi, farei in modo che la mia mente non formulasse certi pensieri su di te, anzi, probabilmente preferirei soffrire di amnesia temporanea di breve durata per dimenticare il tuo viso, puntualmente, ogni cinque secondi. Sei una scocciatura unica, sappilo. Me ne lavo le mani, io te l’ho detto, se dormi o no non importa, ora sai che sei così irritante da non lasciarmi scampo nemmeno nella mente. Ah, me ne vado. >> sbuffò, spostando rumorosamente lo sgabello.
Una mano lo afferrò per il polso, facendolo girare di scatto.
Merda, pensò il ladro.
Emilia lo scrutava con i suoi occhi castani, le pagliuzze mogano che danzavano chissà quale ballo, inchiodando il ragazzo in quella posizione.
<< Potrò essere tutto quello che vuoi, ma tu sei l’essere più strano che abbia mai incontrato. >> iniziò, cercando di mantenere un tono mesto << Sai, a volte vorrei strozzarti ma, in un certo senso… mi piaci. >>
Persino alla bionda quelle parole suonarono stonate, sbagliate. Sono una vera idiota, pensò, perché lei non sapeva chiaramente quali sentimenti provava nei confronti di Dimitri.
<< Che… che cosa intendi dire? >> domandò, temendo la risposta che avrebbe potuto dargli la ragazza.
<< Be’… che potremmo provarci, no? >>
Il ladro fece finta di non aver capito. << Provare a fare che cosa? >>
<< A essere qualcosa di più che amici, o compagni. >> sussurrò Emilia.
Dimitri tremò impercettibilmente. Poi, rise. Un riso folle e irrazionale invase la stanza, e il ladro si passò più volte una mano nei capelli.
<< Io me ne vado. >> sentenziò, aprendo la porta e uscendo dalla stanza. La Custode del Fuoco rimase un attimo imbambolata ma, non appena si rese conto del rifiuto, si sentì in dovere di fare qualcosa.
Emilia si alzò dal letto, senza curarsi delle lenzuola che caddero sul pavimento. Si trascinò dietro la flebo, come una propagazione del suo corpo, e andò spendita verso Dimitri.
<< Possiamo provarci, aspetta, Dimitri! >> gridò a pieni polmoni, nel mezzo del corridoio.
Le sembrava d’essere su un set cinematografico, quando la protagonista supplicava l’amato di non lasciarla. Il ladro si volse verso Andrea, il quale voleva vedere in che condizioni si trovava Emilia, totalmente ignaro di ciò che era successo tra i due.
<< Andrea. >> lo chiamò Dimitri.
<< Sì? >>
<< C’è una cosa che non ti ho mai detto… >>
<< Che cosa? >> La sua voce tremò.
Il ladro si fiondò su di lui e premette violentemente le proprie labbra sulle sue. E, con una recitazione degna di Oscar, disse << Ti ho sempre amato. >>
Si voltò, per poi scomparire con eleganza.
Emy fissava Andrea con la bocca spalancata, così come il ragazzo.
<< Tu non sei gay, vero? >> La domanda rimase sospesa nell’aria.
Sipario!

***

ANGOLO DELL'AUTRICE DA MANICOMIO
Ok Hahahahah io mi sto scompisciando! Lo amo troppo quel ragazzo, troppo! *-*
Sono una specie in via d'estinzione, per favore, se mi trovate eccessivamente demente, non esitate a sopprimermi, che salverete il mondo da tanta stupidità!
Capitolo un po' d'intermezzo *è tronata in sé, finalmente*, il prossimo sarà un po' più eccitante, con un salvataggio sul filo del rasoio compreso.
Dato che questa settimana tutti i cinema italiani hanno abbassato il prezzo dei biglietti a tre euro, qualcosa è scattato nella mia mente e mi sono detta: "perché non rendere un po' stile film questo capitolo?"
Il "SonnenblumeTieg" è un miscuglio di parole che non ha un significato preciso, Sonnenblume vorrebbe dire 'girasole' in tedesco, mentre 'Tieg' intruglio, impasto...
Mi serviva un nome strano, ecco.
Spero di riuscire ad aggiornare presto, perché ci sono un po' di interrogativi c:
Jonas diventerà un Nero? La Winter scoprirà i piani di Chiara? Andrea con che cosa ucciderà Dimitri? Emilia concederà una sepoltura al suo cadavere?
Ora mi dileguo, che devo ancora smettere di ridere!

Water_wolf

 

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Capitolo 21
*** 21 Determinazione: Amore e Follia ***


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"Yeah this time I'm not leaving without you"
You and I


La Stella Polare le indicava la strada, come secoli prima aveva fatto coi navigatori. Ma la sua destinazione non era un’isola, un porto, la luce di un faro tra i banchi nebbia, la salvezza. Tutto il contrario. Doveva dirigersi in grembo al nemico, in un viaggio verso l’ignoto. Non era spinta dalla curiosità come Ulisse, condannato tra le fiamme eterne, ma se lo sentiva addosso come un compito, come il volere del Fato che aveva regolato le azioni di Enea.
L’ombra cupa, alta, immensa del Muro le disse che era arrivata a metà strada. Chiara si controllò le spalle, come se qualcuno l’avesse seguita.
Diamo inizio alle danze, pensò, e sorrise.
Dalle spalle scesero fiumi, serpenti sinuosi, d’acqua. Si attorcigliarono su per le mani, poi spiccarono il volo come pesci volanti, costruendo dietro di loro un ponte argenteo. Chiara chiuse i palmi in pugni, e l’acqua si congelò, formando una pista di pattinaggio da favola.
Quando Chiara ci salì sopra, quello scricchiolò ma non si ruppe, accogliendo la sua creatrice brillando alla luce della Luna. La quindicenne corse sulla linea di ghiaccio, sopra il Muro, al di là dei Bianchi, scivolò fino ad atterrare nella parte Nera.
Di nuovo il puzzo di stantio e marcio le prese la gola, soffocandola per i primi minuti. Schioccò le dita, e i cristalli si ruppero in mille pezzi, come vetro, sprigionando scintillii degni d’un diamante. Avvertì un brivido lungo la spina dorsale, lì dove un frammento le aveva sfiorato la pelle. O forse era il gelo del metallo della pistola che le premeva contro la gamba.
Erano davvero incredibili gli oggetti che si potevano trovare alla residenza, Chiara non si era sorpresa di aver scovato, dentro una scatoletta di legno foderata di velluto rosso, quella che aveva tutta l’aria d’essere una Magnun, calibro 44. Si sentiva il compare di Lupin, con quell’arma, per l’estremo pericolo.
Come se il resto del suo piano non lo fosse.
Scivolò come un’ombra nella notte, affiancando palazzi, facendola sotto il naso alle Sentinelle Nere. Quando la Stella Polare fu al suo apice, illuminò la torre di Zeigen.
La quindicenne uscì allo scoperto, sciogliendosi i capelli in un movimento fluido, lasciandoli ricadere sulle spalle. Questa volta niente scale di ghiaccio. Si ritrovò davanti al portone principale.
Mento in alto, sorridi. Si va in scena.
Suonò al campanello. Neanche avesse pronunciato una formula magica, una squadra di Sentinelle Nere l’accolse ad ali spiegate.
I lineamenti dei loro visi erano impossibili da distinguere tra l’oscurità. Chiara si avvicinò, ancora chiusa al di là del portone di vetro.
<< Salve, vorrei parlare con Zeigen. Sono la Custode dell’Acqua. >> si presentò.
Una guardia le aprì, puntandole una pistola alla tempia.
<< Ripeti. >> intimò.
La sua voce era inespressiva, metallica, artificiale. Chiara allargò il suo falso sorriso.
<< Vorrei avere un’udienza con il vostro capo, Zeigen. Non sono qui per fargli gli auguri di buon non-compleanno, ragazzi, si tratta di affari. >>
Se la Sentinella Nera avesse potuto ridere, l’avrebbe fatto. La fece entrare.
<< Sei armata? >> le domandò, affiancandola  e premendole la canna della pistola contro la vita.
<< Dovrei? >> fece lei. Le si gonfiò il cuore nel petto, Giovanni avrebbe pagato per vederla recitare in quel modo.
Si susseguirono una serie di grugniti, schiocchi di lingua e sbuffi, che si conclusero  con l’aggiunta di tre Sentinelle al gruppetto di cinque.
<< Non si sa mai. >> le sussurrò all’orecchio.
Chiara rabbrividì, deglutendo. Fu scortata in un ascensore, un ovale di vetro pieno di pulsanti di alluminio, che arrivavano almeno fino al cento. La quindicenne memorizzò il piano, il settantaseiesimo. Il tlin-tlin della macchina annunciò il loro arrivo, e le Sentinelle si strinsero attorno a lei.
Si fermarono davanti ad un portone spesso, probabilmente insonorizzato, e due guardie entrarono lì. Uscirono qualche minuto dopo, facendo segno a Chiara di varcare la soglia, da sola. Le richiusero la porta alle spalle, senza curarsi di accostarla dolcemente.
Innanzi a lei, una scrivania in mogano, con la superficie superiore in acqua marina dove poggiare gli oggetti. Dietro di essa, seduto su una sedia girevole, un ometto con uno strambo parrucchino sulla testa, un naso adunco, e occhialetti sgangherati.
<< Mi hanno detto che voleva parlare d’affari, Custode dell’Acqua. >>
Lei sorrise, facendo un inchino. Era un gesto inusuale, ma in quel momento sembrava perfetto.
<< Le hanno riferito bene, Zeigen. >>

Le fece segno d’accomodarsi, indicandole una poltrona in pelle color cammello. L’angelo nero incrociò le dita, scrutandola dall’altro in basso. Lei si sedette tra tutta quell’imbottitura, dopo aver raggiunto la scrivania.
<< Ebbene, cosa l’ha spinta a venire da me, di nuovo, da sola? >> domandò.
Chiara si prese tutto il tempo del mondo prima di rispondere, sistemandosi i capelli in modo che le lasciassero scoperta la spalla sinistra.
<< La determinazione. Le piacciono i giochi? >> cambiò discorso.
L’ombra di un sorriso attraversò il volto dell’ometto. << Dipende da cosa c’è in palio. >>
La quindicenne si domandò come un angelo con un parrucchino potesse essere tanto potente. Rimandò la questione a dopo.
<< Le regole del mio sono molto semplici. Io farò una cosa per Lei, e Lei mi ricambierà il favore. >>
<< Mi piace. >> affermò Zeigen.
<< Se, per esempio, io le offrissi i miei servigi a tempo pieno come Custode dell’Acqua, Lei dovrebbe liberare il suo ultimo prigioniero. >>
<< Mi sta chiedendo di sbarazzarmi del tuo amichetto Custode in cambio di qualche trucchetto con l’acqua? >>
Chiara annuì. << Le faccio presente che non sono solo capace di far funzionare le fontane a mio piacimento. >>
Zeigen si nascose dietro le lenti degli occhialetti per riflettere, senza perdere d’occhio quella ragazzina.
<< Che cosa accadrebbe se la proposta non mi interessasse? >> le chiese.
Chiara mascherò dietro un sorriso falso la sua preoccupazione.
<< Oh, ma Lei è interessato. >>
L’angelo nero si alzò dalla sua sedia, muovendo qualche passo per la stanza. << Vede, >> iniziò << la sua offerta è alquanto allettante. Avere una ragazza così carina e –lo so bene- scaltra come Lei sarebbe un buon acquisto, soprattutto perché è consenziente. Ma, considerando quello che sto facendo al Custode dell’Aria, avrei un accordo più fittizio da proporle. >>
Si fermò innanzi ad una vetrata scura, che si confondeva con le pareti, di un nero slavato. Chiara si impose di mantenere la calma e, istintivamente, raggiunse con una mano la pistola.
<< Quale? >> chiese, temendo che se avesse pronunciato una parola di più il suo piano sarebbe andato a rotoli.
<< Be’, perché avere un solo alleato quando se ne possono avere due? Che cosa direbbe se, per esempio, io la liberassi da quel parassita di Elisabeth Winter  >> quasi sputò quel nome << e la rendessi la ragazza più felice del mondo, regalandole un’eternità col signor. King da Nero? >>
Merda secca, imprecò mentalmente Chiara. Strinse l’impugnatura tra le dita, sfilando l’arma dai pantaloni.
Si alzò in piedi, con calma glaciale. Zeigen era ancora girato verso la finestra; era iniziata a scendere una pioggerellina leggera.
<< Be’… le direi che ci sono giochi molto migliori a cui giocare. >>
Puntò la Magnum contro l’ometto, abbassando poi la mira, ricordandosi che il parrucchino non poteva essere considerato una parte della testa. Zeigen fece un sorriso sghembo, si portò una mano al colletto della camicia che indossava e premette un bottone. Neanche un secondo dopo, una schiera di quindici Sentinelle Nere invase la stanza. L’ometto si voltò verso Chiara.
<< Sa, non si dovrebbe mai mentire ad un possibile datore di lavoro. >>
<< Che cosa intende? >> ringhiò la quindicenne.
<< Che Lei non è qui spinta dalla determinazione, ma dall’amore. >>
Chiara tirò indietro il cane, mandando un colpo in canna.
<< Infondo, però, sono simili: entrambi fanno fare cose folli,  tremendamente folli. >>
Le Sentinelle Nere puntarono le loro armi contro Chiara, pronte a spappolarle il cervello ad ogni minimo movimento. Lei ingoiò un magone enorme, immaginando mille possibili finali per quella situazione. Nemmeno uno a lieto fine.
<< Sarà, ma sa cosa dicono dei matti? Che sono sempre i migliori. >>
Zeigen allargò il sorriso che si trasformò in una risata, più simile al lamento di un alce ferito che a quello di un bambino felice.
<< Sparate. >> ordinò.
I colpi partirono ma non arrivarono mai a colpire il bersaglio. Chiara fece esplodere attorno a se una barriera d’acqua e, non appena i proiettili la bucarono, lei li congelò.
Lanciò via la Magnun, rendendosi conto che in mano sua era totalmente inutile, e ruppe la barriera. Trasformò i cristalli in pugnali di ghiaccio, che non esitò a scagliare contro le Sentinelle.
Sgomberato il passaggio, corse fuori da quella stanza. Sviò le sue tracce mandando l’ascensore giù di qualche piano, mentre lei imboccava la tromba delle scale.
Dove si poteva trovare Jonas? Se al settantaseiesimo piano c’era l’eccellenza, allora l’angelo si doveva trovare sotto terra.
Andò alla cieca, accelerando non appena lo scalpiccio delle Sentinelle che la inseguivano si faceva più forte. Le scale finirono all’improvviso, e un vicolo cieco le sbarrò la strada. Che diavolo…?
Fece dietro-front, salendo di un piano e uscendo da una porta. Si ritrovò in un ufficio, dove donne e uomini battevano al computer chissà che.
Un’impiegata la notò, ma non ebbe tempo di dare l’allarme che un tentacolo spumeggiante la afferrò alla gola.
<< Dove si trova Jonas King? >> gridò.
Lei scosse la testa, gli occhi due pozzi di terrore.
<< Be’, trova il modo di scoprirlo, e in fretta! >> abbaiò.
L’impiegata si mise a scrivere velocissimamente sulla tastiera, mentre il tentacolo si allontanava di qualche centimetro.
<< Sala della Vergine di Rame, sessantottesimo piano, ala est. >> disse automaticamente la donna, quando trovò l’informazione.
<< Eh?! >> sbottò Chiara, incredula, ritirando il tentacolo.
Aveva fatto tanta strada per nulla. Le Sentinelle buttarono giù la porta in quel momento. Gli impiegati, fino a quel momento zittiti dalla paura, strillarono. La quindicenne strappò loro i fucili con un’onda, gettandoli al di là delle finestre. Colse l’attimo che intercorse tra l’incredulità e la ragione e lo sfruttò per creare una pioggia di coltelli.
Sgattaiolò tra di loro, riprendendo le scale. Inciampò su un gradino, finendo a terra. Da umana non avrebbe superato le Sentinelle, ma forse da animale sì. Lasciò fluire la sua parte ferina, e subito sentì la pelle tendersi e mutare.
Chiara si trasformò nella forma completa del proprio Animale Leggendario: la Tigre Azzurra. Si tirò su sulle zampe, e fece gli scalini ad una velocità impressionante. Scorse i numeri dei piani uno ad uno, mentre il cuore le martellava il petto.
Non ci fu bisogno di leggere il cartellino numero sessantotto per sapere d’essere arrivata. Atterrò con tutto il proprio peso sulla porta, buttandola a terra. Ruggì di felicità, e si immerse nell’oscurità di quelle stanze. Andò spedita a destra, nell’ala est, come le aveva detto l’impiegata.
Dilatò i propri sensi per captare ogni singolo suono, e quando un clic le invase le orecchie, si voltò verso una porta sigillata.
Si posizionò davanti a essa, chiuse gli occhi, ed evocò quanta più acqua le fosse possibile. Quando li riaprì, la porta non esisteva più, e parte della sala era stata allagata.
Chiara ritornò umana, inginocchiandosi a terra, provata da quello sforzo. Si rialzò con decisione, ed entrò.
Strane bolle mandavano riflessi sanguigni, ma lei non se ne curò. Camminò verso il centro della stanza, fermandosi solo quando sbatté contro qualcosa di duro. Barcollò all’indietro, cercando di capire che cosa l’aveva bloccata. Poi le parole dell’impiegata le rimbombarono nella mente: Vergine di Rame.
Si impose di restare calma, con scarsi risultati. Creò un globo, che rese così chiaro da poter rischiarare un po’ l’ambiente. Così la vide, la macchina di tortura, e il cuore mancò un battito.
Prima venne la disperazione, poi la rabbia l’avvolse. Mutò nella Tigre Azzura e iniziò a prendere ad artigliate il ferro. Ma la Vergine di Rame non si azzardava a cedere, incassando i colpi.
Chiara non sapeva come abbattere quell’involucro, ne tantomeno si era aspettata di trovarselo davanti.
Ruggì, frustata, e in quel momento uno squarciò si aprì su tuttala lunghezza del ventre. Sentì gli occhi lucidi, ma si costrinse a continuare, stracciando la Vergine.
Lo spettacolo che si trovò davanti, però, quando la parte frontale fu ridotta a riccioli di rame, le fece attorcigliare lo stomaco.
Lì, c’era Jonas, attorniato da miriadi di tubiciattoli e aghi che facevano fluire una sostanza scura dentro il corpo dell’angelo. Ritornò umana, incapace di controllare la sua parte ferina, e si lasciò ricadere a terra.
Perché non aveva fatto più attenzione alle parole di Zeigen? Perché non si era preparata alla quella vista?

<< Non si fa così, no no. I giocattoli non vanno rotti. >>
Chiara si voltò, e si scontrò contro l’immagine pallida di una ragazza giovane, dai capelli rossi come il sangue e gli occhi azzurri come il cielo. Tremò, senza conoscerne il motivo. Astra le tirò uno schiaffo che la fece accasciare completamente sul pavimento.
La giovane provò a colpirla ancora, ma Chiara si difese, murandosi dietro uno scudo d’acqua. Astra alzò le spalle, sorridendo.
<< Allora è per questo che non ha mollato… perché aveva troppo da perdere. >> constatò.
La quindicenne fece forza sulle gambe e si rialzò.
<< Chi sei? >> urlò.
<< Ha davvero importanza? Sono Astra, la figlia di Zeigen. >> rispose, e spiegò le ali.
Piume nere come la pece, corvine, al posto di quelle candide di un angelo naturale. La Custode dell’Acqua rimase imbambolata a guardarle, stregata e disgustata al contempo.
Astra non perse tempo e, in un battito di ciglia, artigliò per le spalle Chiara e la portò in alto, bloccandola contro il muro. La quindicenne la fissò negli occhi, mentre draghi senza zampe danzavano dietro la schiena della figlia di Zeigen. Uno le morse la spalla, l’altro il polpaccio, recidendole la carne con delle zanne di ghiaccio.
Astra urlò dal dolore, e lasciò andare Chiara, che atterrò a quattro zampe, di nuovo Tigre Azzurra. La rossa si liberò dei draghi, e rivolse un’occhiata di fuoco all’avversaria.
<< E così, oltre che dentro, sei una fottuta bestiaccia anche fuori. >> ansimò.
Chiara scoprì le zanne. << E tu, tra poco, sarai un ammasso di carne. >> 
Si lanciò contro Astra, ma lei la schivò, assestandole un calcio nel costato e dandole uno schiaffo sul muso con un' ala. La quindicenne ringhiò e le balzò addosso. Le piume di Astra si rigarono di rosso, lì dove i tagli erano più profondi.
Si sarebbe detta una lotta impari, ma ad ogni attacco Chiara era sempre più stanca e i riflessi meno pronti. Al contrario di Astra che, oltre che sembrare insensibile al dolore, era completamente lucida. Chiara la scartò di lato, e abbatté su di lei il manico d’ascia d’acqua. Astra colpì il muro con la testa e svenne.
La vincitrice si lasciò andare in un sospiro di sollievo, e tornò ansimante da Jonas. Si disse che doveva tagliare i tubi per liberarlo.
Fece scattare gli artigli, e li recise. Il fluido scuro sprizzò da tutte le parti e Chiara si ritrasse all’istante. Quella sostanza bruciava più della lava, come se fosse corrosiva.
Con uno sforzò, formò attorno a sé una lieve barriera argentina, e tagliò gli ultimi tubi. Il ganci che tenevano Jonas si aprirono di scatto, e il corpo dell’angelo le cadde addosso.
Questa volta, quando sentì le lacrime farsi pungenti, le lasciò scorrere dagli occhi. Aveva liberato Jonas, c’era ancora speranza. Lo chiamò più volte, ma lui sembrava incosciente.
Allora gli leccò una guancia, sperando che la lingua ruvida lo risvegliasse. Quando spalancò gli occhi, avrebbe voluto abbracciarlo. Jonas guardò la tigre innanzi a lui, e si sforzò di sorridere. Riuscì solo in un accenno, poi richiuse gli occhi.
Ma a Chiara bastava. Prese delicatamente l’angelo per la collottola e se lo mise sul dorso.
<< Tieniti forte, J. >> disse, e attese che la risposta del ragazzo.
Lui le strinse leggermente i peli azzurrini. Chiara distese i muscoli, e scattò. Corse fuori dall’ala est, e cercò una finestra. Ma al sessantottesimo piano le vetrate erano assenti, e Chiara dovette lanciarsi giù per la rampa di scale.
Innumerevoli cartellini dopo, la quindicenne arrivò al primo piano. La porta si aprì davanti a lei, e due Sentinelle Nere spararono simultaneamente. Chiara eresse una barriera d’istinto, e i proiettili le bruciacchiarono la pelle.
Ruggì, e un anaconda d’acqua se la prese con le guardie. Chiara attraversò correndo le serie di uffici, ruppe un finestra con una zampata e si buttò al di là di essa.
Le ossa scricchiolarono all’impatto, e alcuni pezzetti di vetro le ferirono i polpastrelli. Il suo manto azzurro, striato di nero, sembrava uscito dal cielo. Corse a perdifiato, mentre dietro di lei fischiavano i proiettili. Dovette più volte riparare Jonas con uno scudo, barriere che le toglievano sempre più energie.
Avvistò il Muro, e si preparò. Particelle d’acqua si unirono fino a formare un ponte trasparente, una passerella che univa Bianchi e Neri.
Chiara ci balzò sopra e un proiettile vagante le disegnò una striscia rossa sul costato. Gemette, ma non si fermò, continuando la sua corsa sul ponte.
Dove le sue zampe si poggiavano, uno strato di giacchio si formava.
Un passo dopo l’altro, fino a lì, poi tutto finirà, si diceva per farsi forza. Arrivava al punto designato, e il gioco ricominciava.
Le piccole ferite, le scottature, presero a pulsare insistentemente, accompagnandola giù dal ponte. Non si fermò nemmeno per recuperare fiato, e continuò a sfrecciare tra i palazzi dei Bianchi. Il corpo di Jonas sul suo dorso sembrava farsi sempre più pesante, anche per una tigre gigante.
Si accorse di correre nei giardini della Residenza solo quando la rugiada le bagnò il pelo.
Emise un ultimo ruggito, sperando che qualcuno venisse ad aprirle. Ma chi avrebbe mai fatto entrare un felino in casa propria?
Si costrinse a trasformarsi di nuovo umana, e afferrò il braccio di Jonas prima che cadesse a terra. Se lo mise dietro il collo, e bussò finché la porta non si aprì.
Non si curò di chi fosse e si trascinò dentro assieme a Jonas. Il portone sbatté dietro di lei.
<< Non ci posso credere… >> mormorò Shai.
Prese per l’altro braccio Jonas, aiutando Chiara. Del trambusto le raggiunse da un corridoio, da cui sbucarono Andrea, Emilia, Dimitri e il Presidente.
Elisabeth strabuzzò gli occhi, così come gli altri. Andrea accorse, lasciando la quindicenne libera dal peso dell’angelo.
Emilia ordinò con lo sguardo a Dimitri di andare da Chiara al posto suo. Era ancora impacciata dalla flebo e dalla lunga  camicia da notte da ricoverata.
La Custode dell’Acqua accettò di buon grado la spalla del ladro.
<< Sei maledettamente folle. >> le sussurrò all’orecchio.
Chiara chiuse gli occhi e sorrise << I matti sono sempre i migliori. >>


***
 

Angolo dell'autrice
Buonasera ragassuoli! (?)
Da questo capitolo si possono notare molte cose.
La prima, è che amo Suzanne Collins. Oh, anche se è piuttosto stronzetta con tutti i suoi personaggi, scrive delle frasi fighissime. *si mette gli occhiali che non ha* Nel Canto dell Rivolta, l'Epilogo, l'ultima frase è "Ma esistono giochi molto peggiori a cui giocare"; io ho storpiato facendolo diventare "ci sono giochi migliori a cui giocare".
E immaginerete come detesto le mie scarse finanze che non mi permettono di compare Gregor TT-TT
Seconda cosa, nutro per Alice in Wonderland un amore sconfinato. Soprattutto per il Cappellaio Matto, ovviamente^^
Terzo, aspettere prima di sapere che cosa è successo mentre Chiara era via, e perché Dimitri ha obbedito a Emilia nonostante abbia fatto quello che ha fatto *sorride al ricordo*
Be', spero di aver mantenuto un ritmo piuttosto serrato per la narrazione, qualcosa che avvia fatto attorcigliare le budella, o anche meno XD
Jonas fa molto automa-peso-zavorra adesso, ma i colpi di scena non sono ancora finiti... *sogghigna*
Curiosi di scoprire qualcosa di più sulla nostra presidentella?
Ma ora, Angolino dei RingraziamentI :)
Siamo a 92 recensioni, cavolicchio il vecchio! Sappiate che non sarò felice finché non arriverò a 100.
No, non è vero, ma sarebbe stupendo!
Per questo i ringraziamenti speciali vanno a chi ha recensito, come Hoshi98, KingPeterTheMagnificent, Akilendra, always_dragon, Bimba98, Smiling_  Federicadream e tanti altri, chi ha recensito sa!
Ovviamente anche i lettori sono importanti, e chi ha messo me o Upward tra preferite, seguite o ricordate :) *si prepara alla spatafiata di nick*

- Preferite:

1 - Akilendra
2 - AlEsSaNdRa383
3 - Bimba98
4 - Clary1835
5 - eltanininfire
6 - eva_p
7 - giada1999
8 - KingPetertheMagnificent
9 - Red_Roses
10 - Roberta Styles Cannavo
11 - Samael_Asrael
12 - ScudoDiTiglio
13 - Smiling_
14 - Tenshi No Yume

-Seguite:
1 - chiaraviolinista
  2 - Clary1835
  3- clo_smile
  4- Federicadream
  5- Francilla
  6- iSophi
  7- ladysyria
  8- Maddi97
  9- marty_17
10 - Muix
11 - Netmine
12 - nike97
13 - Nocturno
14 - roncatella
15 - TheSandPrincess
16 - valix97
  17- WeAreInfinity__
  18- xsmilezhenya_
19- _hunter_

-Ricordate:

1 - always_dragon
2 - D_Cocca
3 - luisa_94
 

Siete davvero in tanti, se un elefante avesse le braccia non riuscirebbe ad abbracciarvi tutti XD
Io aspetto ancora i mistici pareri dei lettori silenziosi, a cui chiederei: che cosa fate nell'8% del tempo che impiegate a non recensire?
*sfacciataggine in persona*
Mera curiosità! Sarò io che avrò manie di egocentrismo e do il mio parere a tutti... *riflette*
Ma è la bellezza delle 22.06, forse dovrei smetterla di scrivere e pubblicare questo benedetto *si fa per dire* capitolo.
Gute Nacht fur alles, Danke danke danke <3

Water_wolf

 


 

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Capitolo 22
*** 22 La Biblioteca Perduta (Parte 1): Wacan ***


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Quando Shai era entrata come un tornado nella stanza di Chiara esultando “L’ho trovato! Ho trovato un modo!” e non l’aveva scorsa, era ammutolita all’istante. Si era sentita come l’unico scarafaggio che non sarebbe sopravvissuto ad un’esplosione atomica; come poteva essere stata tanto ingenua?
Così aveva attraversato i corridoi di fretta, e quando Chiara aveva bussato alla porta con Jonas a seguito, non aveva nemmeno dovuto prendersi il disturbo di salvarla. Erano arrivati il Presidente, Dimitri, Andrea e Emilia e così avevano portato i due all’ospedale della Residenza per farli rimettere in sesto.
Ma il ladro, la bionda e il Custode della Terra avevano una storia diversa alle spalle.
Dopo che Dimitri aveva baciato il ragazzo, se l’era filata, lasciando gli altri increduli. Andrea aveva attraversato uno stadio di stupore, uno di depressione e uno di rabbia, che aveva inaspettatamente sovrastato gli altri.
Era un’offesa pubblica al suo lato puramente virile, essere stato messo in imbarazzo così era inconcepibile.
<< DIMITRI. >> aveva gridato, e aveva concentrato i propri poteri per scoprire dove stesse camminando il ladro.
Individuato l’area, si era lanciato all’inseguimento, e Emilia non aveva potuto fare altro se non corrergli dietro. Quando lo aveva trovato, Andrea non era più il ragazzo riflessivo e tranquillo di prima. Gli occhi verdi risplendevano di una scintilla folle.
Si era avvicinato a Dimitri e lo aveva afferrato per la mascella, per poi sollevarlo di qualche centimetro e sbatterlo schiena al muro.
Il ladro, dal canto suo, pensò che se avesse dovuto morire sarebbe stato meglio farla finita in fretta.
<< Ora, >> aveva sibilato Andre’ << tu mi devi spiegare perché diavolo mi hai baciato, deficiente! >> E Dimitri non aveva potuto fare altro che sorridere come un ebete.
<< Perché ha paura di darmi una risposta e ha preferito tirarsi indietro come un codardo. >> era intervenuta Emilia.
Poi se n’era amaramente pentita.
Dallo sguardo assassino di Andrea avrebbe potuto temere di tutto. Aveva mollato Dimitri, che era ricaduto a terra, e si era rivolto verso di lei.
<< E, fammi capire bene, lui mi ha baciato perché aveva paura? >>
La ragazza aveva annuito. Andrea si era passato nervosamente una mano tra i capelli. << Quindi, è anche colpa tua. >>
Emilia aveva fatto un sorrisetto innocente. Il Custode aveva lanciato un urlo furioso e aveva concluso << Potrò non colpirti perché sei ferita, ma non risparmierò lui. >>
E aveva dato un calcio in pieno stomaco a Dimitri.
<< No! >> si era opposta Emy.
Andre’ l’aveva guardata di sbieco. << Posso sapere che cosa gli hai chiesto, prima di continuare a colpirlo? >> aveva domandato.
La bionda era arrossita fino alla radice dei capelli. << Di… di… diventare il mio ragazzo. >> aveva mormorato.
<< Che cosa?! >>
Ma non era stato Andrea a scoppiare, bensì Elisabeth Winter, dietro di lei. Andrea fece una risata isterica.
<< Mi pare che lui non voglia, Emy. >>
La bionda l’aveva incenerito con lo sguardo. << Che perspicacia! >>
<< Ragazzi, spiegatemi cosa diamine sta succedendo qui! >> si era intromessa la Presidentessa.
<< Dimitri >> e mentre lo diceva Andrea lo colpì ancora << ha fatto una delle sue solite cazzate. >>
Il ruggito di Chiara li aveva interrotti e, lasciando in sospeso la questione, si erano precipitati tutti al portone principale.
Che cosa ne sarebbe stato del povero ladro se la Custode dell’Acqua non fosse arrivata in quel preciso istante?  Be’, lui preferì non pensarci.

 

§


Il sole illuminava le soffici coperte bianche, e le fronde producevano giochi di luce simili a quelli dei caleidoscopi. Un raggio le colpì il volto, costringendola ad aprire gli occhi. Chiara si stiracchiò, pensando di trovarsi a casa sua. Ma, non appena ebbe coscienza di sé e si guardò attorno, scoprì d’essere in una saletta appartata dalle pareti verdi acqua. Non era la sua stanza.
Impiegò qualche minuto a convincersi che non era da Zeigen, che non era stata catturata, che aveva salvato Jonas. Jonas!
Il solo pensiero le fece sbocciare un sorriso sul viso. Ora l’angelo era libero, era scampato alla trasformazione da Bianco a Nero, poteva tornare a stare con lei… e Chiara non l’aveva più visto dalla notte precedente.
Si mise seduta, notando che i suoi vestiti erano scomparsi, lasciando il posto a un’orribile camicia a fiori. Si chiese chi l’aveva cambiata e sperò vivamente che non fosse stato un uomo, o, peggio, lo stesso Presidente.
Delle bende le fasciavano entrambi gli avambracci, lì dove si era tagliata con le schegge di vetro, e un’altra sotto il seno, dove il proiettile l’aveva ferita leggermente. Niente di grave, constatò, scendendo dal letto.
Su una sedia erano riposti un paio di jeans e una maglietta a mezze maniche azzurra, che non esitò ad indossare. Si pettinò con le dita i capelli, maledicendo la mancanza di uno specchio.
Uscì della stanza, camminando a piedi nudi per il corridoio, cercando qualsiasi angelo le avesse potuto dire dove si trovava Jonas. Non ci fu bisogno di domandare niente a nessuno, perché un urlo furioso risuonò nella Residenza.
Chiara sgranò gli occhi; che cosa stava succedendo?
Qualcuno gridò di nuovo, e la quindicenne si precipitò in quella direzione. Arrivò davanti ad una porta spalancata, parecchi medici erano appostati lì e cercavano di calmare chi aveva urlato.
<< Si calmi, King! Non è il caso che si sforzi più del dovuto! >> sbottò una voce femminile.
La Winter, pensò, ma l’altro interlocutore sbraitò << Cosa diavolo me ne importa!? Se arrabbiarmi servirà a far tornare i miei poteri, allora non mi calmerò per nessun motivo al mondo! >>
Chiara sussultò. Quella era la voce di Jonas, ma molto più roca e quasi… vecchia, stanca.
<< Jonas! >> gridò, facendosi strada a gomitate tra i medici.
L’angelo si voltò a guardarla, lasciandosi sfuggire un sorriso. Il Presidente, invece, incrociò le braccia.
Chiara la ignorò, abbracciando di slancio il ragazzo, che rispose con trasporto. Avvertì dei piccoli forellini sulla pelle nuda del petto dell’angelo, e l’immagine dei tubi e degli aghi della Vergine di Rame le riempì per qualche attimo la mente.
<< Eh-ehm. >> tossì Elisabeth. << Noto con piacere che è sveglia, Bianchi. >>
Chiara si staccò controvoglia da Jonas, richiamata all’appello dal Presidente.
<< Che cosa è successo? >> domandò.
L’angelo strinse i pugni.
La Winter lanciò un’occhiata al pavimento, ma poi rispose, sicura << I medici hanno trovato numerose particelle ibride, ancora non identificabili, che hanno attaccato le cellule che rendono il Custode dell’Aria un angelo, inibendo i suoi poteri e la sua capacità di spiegare le ali. >>
<< Che… che cosa significa? >>
<< Che abbiamo perso un elemento, e anche un buon angelo. >>
<< Merda. >> si lasciò sfuggire Chiara.
La Winter fece un sorrisetto tirato. << Che cosa credeva, che Zeigen non avesse i mezzi per farci fuori? Per eliminarci? >>
La quindicenne levò il capo, portandosi le mani ai fianchi. << Non sono stupida come crede, altrimenti non sarei riuscita a salvare Jonas. >>
<< A proposito, ti devo ancora ringraziare. >> sussurrò l’angelo, posando le proprie labbra sulle sue.
Elisabeth si trattenne dal roteare gli occhi. Fece un gesto sbrigativo con la mano, congedando tutti i medici.
<< Vedo che avete deliberatamente ignorato il mio monito. >>
Questa volta fu Jonas a replicare << Se Chiara avesse seguito il suo consiglio, ora sarei morto. Oltre che inutile. >>
<< Tu non sei inutile! >> obbiettò la ragazza.
<< E, dimmi, che cosa posso fare in questo stato? Non domino più l’aria, non sono più in grado di aiutarvi. Ergo, sono un giocattolo rotto da buttare via. >> disse Jonas, abbassando lo sguardo.
Si sentiva un peso, non poteva più salvare la sua città natale, e ora, per colpa sua, i Bianchi non sarebbero mai riusciti a sconfiggere Zeigen.
<< Non si autocommiseri, King. Troveremo un modo per rimetterla in sesto. >> esordì il Presidente.
<< Sì? E quando? In Paradiso? >> replicò, scettico.
La porta cigolò.
<< Io un sistema lo conoscerei. >> disse Shai, un grosso tomo borchiato alla mano.

 

§


<< SABBIE ETERNE DA TEMPO CELATE,
MUFFA E PAGINE INGIALLITE,
APRIRE BISOGNA LE PORTE SIGILLATE,
PER METTERE LE MANI SU CONOSCENZE AMBITE.
OCEANI E MARI ANTICHI,
VULCANI E DESERTI PROIBITI,
DI LI’ DOVETE PASSARE
SE LA GRANDE BIBLIOTECA VOLETE VISITARE. >>

Lesse ad alta voce la violinista.
Emilia la guardò torva. << E allora? >>
Il Presidente, non appena la mora era entrata nella stanza, aveva trovato la soluzione a tutti i propri problemi. Non avrebbe dovuto più occuparsi di cercare una cura, se già quella ragazza aveva fatto il suo lavoro.
Shai aveva spiegato velocemente la sua scoperta della notte prima, quando si era rintanata nella biblioteca della Residenza per trovare informazioni su Wacan, Chion, Xeyl e Niayh.
La violinista aveva scovato un antico tomo polveroso, risalente a chissà quale epoca, e aveva notato una pergamena ingiallita così, attratta inspiegabilmente, l’aveva letta. Shai l’aveva interpretata come una sorta di codice che portava ad un’enorme biblioteca dove si poteva trovare di tutto, informazioni sulle dote innate degli elementi comprese.
Se ci aveva visto giusto, si sarebbe potuta cercare una cura ai problemi di Jonas.
Elisabeth aveva convocato gli altri ragazzi, poi era stata assorbita dalla sua routine stressante. Dopo abbracci e convenevoli vari, la Custode del Tempo aveva ripetuto tutto anche a Emilia, Andrea e Dimitri e aveva letto la pergamena contenuta nel libro.
<< Come “e allora”? Non è chiaro? >> fece la mora.
La bionda scosse la testa. << Mi sembra una di quelle filastrocche per bambini. >> ammise.
<< Emy, è semplice: esiste una biblioteca, lì possiamo trovare un libro che ci indichi come far ritornare i poteri a Jonas. >> spiegò in parole povere Chiara.
<< Aaaah. Non ho capito. Perché non potevano scrivere delle informazioni chiare al posto di qualche riga in rima? >>
Dimitri si batté una mano sulla fronte.
<< Perché non tutte le conoscenze, se messe in mani malvage, portano al bene. Quindi deve essere codificato per andarci. >> disse Shai.
<< Già… ma come facciamo ad arrivarci? C’è scritto “Sabbie eterne celate da tempo, muffa e pagine ingiallite”, come possiamo entrare in una biblioteca vecchia di millenni senza sapere nemmeno dov’è? >> domandò Chiara.
<< Senza contare che dice anche “Oceani e mari antichi, vulcani e deserti proibiti” che nascondo chissà quali insidie… >> osservò Jonas.
La violinista sorrise, sorniona. Aveva già trovato una risposta a quelle questioni.
<< La Wacan, il tuo potere, Chiara, permette di viaggiare ovunque e di prevedere il futuro. >>
La quindicenne scosse la testa << No, Shai, capisco dove vuoi arrivare ma… non so nemmeno come si usa la Wacan, figurati se riuscirei a portarvi in una biblioteca! >>
Emilia le mise una mano sulla spalla. << C’è sempre una prima volta, no? >>
<< Ma… io… insomma… uffa… >> piagnucolò.
<< Fallo per il tuo amato signor grigio, Lyra. >> esordì Dimitri.
Gli scoccarono un’occhiataccia collettiva.
<< Che cosa dovrei fare, secondo voi? >> domandò, ancora incerta sulle sue capacità.
Calò un silenzio imbarazzante, nessuno aveva idea di una plausibile risposta.
<< Forse basta solo che ti concentri sul luogo in cui vuoi andare ed è fatta. >> propose Shai.
L’angelo annuì << In fondo, è una tua dote innata, potrebbe essere solo questione di pratica. >>
<< E se invece che nella biblioteca vi trasporto alle Hawaii? >> chiese, esasperata.
<< Tanto meglio, vacanza gratis a Honolulu. >> scherzò Emilia, cercando di smorzare la tensione.
La quindicenne sorrise; l’aveva fatta sotto il naso a Zeigen, sarebbe riuscita anche in quello.
Prima di partire, però, Andrea suggerì di chiedere ai medici qualcosa che potesse rinvigorire Jonas, non sarebbe stato piacevole vederlo svenire per la fatica. Così, a Chiara vennero date delle scarpe e dei calzini, mentre Emilia poté liberarsi della camicia dell’ospedale in favore di un paio di jeans blu scuro e una maglietta dello stesso taglio di quella dell’amica, solo che di un rosso magenta. Lasciarono un messaggio ad un maggiordomo così, se il Presidente chiedeva di loro, non ci sarebbero stati poi molti problemi. Si sistemarono nella stanza di Chiara, che si sedette per terra a gambe incrociate.
Concentrati, andrà tutto bene, si disse per farsi forza.
Chiuse gli occhi, mentre gli altri cinque si prendevano per mano, formando un cerchio che iniziava dalla Custode dell’Acqua. Chiara inspirò ed espirò profondamente, cercando di sentire la Wacen dentro di sé. Sentì il proprio potere forte nelle sue membra, e lo visualizzò. Ripeté mentalmente i versi della pergamena, memorizzandoli, immaginando una grande biblioteca in parte sommersa, in parte coperta di sabbie dorate.
Il ciondolo che portava al collo brillò di una luce intensa, sprigionando tutta la sua potenza. Emilia spalancò la bocca, ammirata.
Alla biblioteca, forza! Strinse gli occhi e, quando li riaprì, le si gonfiò il cuore nel petto.
I sei ragazzi si trovava innanzi a un immenso portone in legno scuro, circondato da una volta in marmo, con caratteri in ferro battuti a formare sopra una scritta. Sotto di loro, grandi piastrelle di granito coperte da piccoli granelli di sabbia.
Quelle erano le porte della Biblioteca Perduta, l’antichissima biblioteca del Regno delle Sirene, le stesse creature con cui Chiara era entrata in contatto per due volte: la prima, da bambina, quando una sirena le aveva donato il ciondolo; la seconda, quando, il giorno in cui lei, Jonas e Emilia si erano incontrati in piscina, Ayh le aveva rivelato l’esistenza degli Animali Leggendari, quelli in cui potevano trasformarsi.
L’angelo strinse la mano della ragazza, puntando gli occhi sulla scritta opaca. Non aveva idea di cosa significasse ma ne era rimasto affascinato. Chiara, a bassa voce, lesse:

-  ATUDREP ACETOILBIB ACITNAL REP ETROP EL ERIRPA ARTOP AUQCA LLED EDOTSUC AL OLOS –


Angolino dell'autrice:
*suono di trombe* finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Abbiamo recuperato gli antefatti, ciò che era successo prima dell'inizio della missione di Chiara, e Andrea si è trasformato da buono e dolce ragazzo genevose a un tiracalci. Quindi no, non è gay. Spiacenti, niente slash in questa storia, non mi reputo abbastanza competente per scrivere relazioni omessessuali.
E poi io sono un'amente dei triangoli, difficilmente vado contro corrente xD
Tornando a questo capitolo, pensavate di esservi liberato di tutti quei nomi assurdi? Invece no, ve li siete ritrovati anche qui, con tanto pergamene in rima *uuuuh le rime °^°* e scritte senza senso.
Be'... non poi tanto senza senso, ma si vedrà nel prossimo capitolo. Ogni cosa avrà una spiegazione, e dovrete fare caso a dettagli sparsi per tuuutta la storia, come il ciondolo apparentemente innocuo di Chiara, quello che era apparso dopo che Jonas aveva scoperto che lei era l'Acqua.
Avevo in mente di svelare qualcosa riguardo alla storia della Winter, ma ho deciso di parlare di lei tra un po', ora tocca alla biblioteca&co.
Spero che vi sia piaciuto, vedrò di aggiornare presto^^
Enjoy <3

Water_wolf

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Capitolo 23
*** 23 La Biblioteca Perduta (parte 2): Mai Fidarsi dei Dejà-vu ***


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AVVERTENZE: CAUSA VACANZA STUDIO, QUESTA FANFICTION VERRA' SOSPESA DAL 15/06 AL 29/06. CONTO DI RIPRENDERE GLI AGGIORNAMENTI APPENA RITORNATA IN ITALIA. SCUSATE TANTO.

" I'm a blonde so excuse me
I'm a blonde I get crazy." 
Brigit Mendler, Blonde



Emilia storse la bocca. << E che cosa vuol dire? Atudr… >> si perse a leggere la frase.
<< Atudrep acetoilbib acitnal rep etrop el erirpa artop auqca lled edotsuc al olos. >> ripeté Chiara, avvicinandosi al portone.
Il suo ciondolo riprese a brillare, schiarendo le lettere. La ragazza lo prese in mano, sciogliendoselo dal collo, e lo alzò verso la scritta. La pietra azzurra sprigionò quanta più luce poté, e le lettere iniziarono anch’esse a brillare. Divennero d’oro, poi si staccarono dai loro posti e vorticarono in aria. Il ciondolo brillava così tanto che tutti i ragazzi furono costretti a ripararsi gli occhi.
Quando li riaprirono, le parole si erano mescolate e formavano una nuova iscrizione.

-         SOLO LA CUSTODE DELL’ACQUA POTRA’ APRIRE LE PORTE PER L’ANTICA BIBLIOTECA PERDUTA –

Chiara si mise davanti alle porte e notò l’arabesco di fili dorati che si erano creati. C’erano le onde dell’oceano, navi, sirene, mostri marini; sulla costa, dei fauni combattevano assieme agli elfi contro dei golem. Il Sole, nel centro del disegno, presentava un solco a forma di goccia al centro.
Chiara ci inserì la pietra del suo ciondolo, che si adattava perfettamente. Si udì uno scricchiolio, seguito da molti altri, e le porte iniziarono ad aprirsi, rivelando l’entrata della biblioteca.
Dimitri fischiò, ammirato.
<< Muffa e pagine ingiallite, aprire bisogna le porte sigillate, per mettere le mani su conoscenze ambite… Oceani e mari antichi…>> ripassò Shai << Ma certo! Le porte sigillate sono queste che ha aperto Chiara, e gli oceani antichi sono quelli che si sono rivelati adesso. Quindi questa è la Biblioteca Perduta, e dentro ci saranno tomi di inestimabile valore, conoscenze ambite, ma ammuffiti e vecchi di anni, …. muffa e pagine ingiallite. >>
Andrea studiò la scritta e l’arabesco, poi disse << Già, ma le altri parti non si collegano a questo. Credo che la pergamena si scombinata. >>
<< Che cosa vuoi dire? >> domandò Emilia.
<< Che i deserti, i vulcani e le sabbie di cui tratta siano una parte a sé, mentre gli oceani e la biblioteca un’altra. >>
Jonas, che aveva raggiunto Chiara e se ne stava col naso all’ insù a osservare la volta, disse << Be’, non ci resta che entrare sperando che non sbuchi un vulcano dal nulla. >>
Chiara non se lo fece ripetere due volte, ed entrò subito nella Biblioteca Perduta. La sabbia marina lì era più presente, a volte ammucchiata vicino agli angoli dei ripiani. Gli altri cinque Custodi la seguirono e rimasero affascinati dalla bellezza di quel luogo.
Le pareti erano altissime, e i ricami dorati proseguivano i loro intrecci anche là; le piastrelle a scacchi nere e bianche erano occupate dalla superficie degli enormi scaffali stracolmi di volumi, in vari stati di manutenzione. Camminarono lungo il corridoio principale per alcuni minuti, nei quali scoprirono che la biblioteca era organizzata come un albero.
Il corridoio più grosso, quello che stavano percorrendo, era il tronco e, in lontananza, si poteva vedere una piccola scala chiocciola che saliva su fino a scomparire in un piano superiore. Gli altri, invece, erano dei rami che partivano dal principale, ognuno riportava all’inizio della sezione il nome dell’argomento trattato in quei libri.
<< Dovremmo dividerci, altrimenti non troveremo mai quello che ci serve. >> propose Dimitri.
<< Lo credo anch’io. >> disse Emy, appoggiando il ladro.
Il ragazzo la squadrò da capo a piedi, nascondendo dietro un sorrisetto malizioso i suoi ormoni in subbuglio.
I Custodi si separarono in due gruppi: Jonas, Chiara ed Emilia avrebbero esaminato i vari rami, mentre Shai, Dimitri e Andre’ avrebbero continuato il corridoio principale per poi salire sulla scala.
Le due amiche insieme all’angelo puntarono subito alla sezione ‘MEDICINA E TECNICHE BOTANICHE SPECIALIZZATE’  contrassegnata da una grossa targa con disegni di primule e rose. Sfortunatamente per loro, quel ramo della biblioteca era fornito di mille e più saggi, libri e sentenze di avvenuti esperimenti con piante dai nomi impronunciabili, almeno per gli umani.
Si concentrarono solo su ciò che poteva servire loro, sfogliando velocemente gli indici chilometrici –rigorosamente scritti a mano- dei volumi. Tra fogli, carte e pagine ingiallite, a Chiara ed Emilia era sembrato di tornare a scuola, il che non le rendeva molto felici.
E se una biblioteca piena di segreti e misteri antichi faceva loro quell’effetto, nei mesi che mancavano alla fine del liceo avrebbero finito per invitare Jonas nell’ora della professoressa Rossi solo per vederla svenire di fronte alle ali dell’angelo.
Chiara stava sorridendo al pensiero quando Emilia lanciò un urlo di rabbia, per poi scaraventare il libro che aveva in mano contro la parete.
<< Non ce la faremo mai così! Invecchieremo cercando la soluzione al problemino di Jonas e, quando lo troveremo, Zeigen sarà già bello che nella tomba, la Winter si sarà fatta congelare in una capsula di ibernazione, e i Neri avranno convertito i Bianchi al Lato Oscuro! >> sbottò.
L’amica non riuscì a trattenere le risate, che fecero infuriare ancora di più la bionda.
<< Che c’è di divertente?! >> sbraitò.
<< Niente, niente… Solo che finché Darth Fener rimane in un film nessun ‘Lato Oscuro’ convertirà i Bianchi. >>
La ragazza alzò il sopracciglio. << Lyra, lasciatelo dire, hai un senso dell’umorismo che potrebbe uccidere un comico tanto fa pena. >> commentò << Non è vero J? >> domandò. << J? >>
Chiara smise di ridacchiare, diventando seria.
<< Jonas, dove sei? Se mi spunti dietro all’improvviso facendomi prendere un infarto ti consiglio di ripensarci. >> lo ammonì la Custode dell’Acqua.
Ma l’angelo non aveva intenzione di fare nulla di tutto ciò. Si era allontanato dalla sezione dedicata alla medicina attirato da una forza misteriosa. L’aveva seguita, assecondando l’istinto, riconoscendola come familiare. Si era addentrato nei meandri dei corridoi, guidato da quella sorta di legame.
<< Ho un’idea. >> disse Emilia, e chiuse gli occhi, concentrandosi.
Diede vita a due fuochi fatui, cui ordinò di trovare calore.
<< Tu segui quello, io l’altro. >> disse, la palla infuocata già in movimento.
Chiara fece la strada percorsa da Jonas in precedenza di corsa, sia per stare al passo del fuoco fatuo, sia per paura che gli potesse capitare qualcosa di male.
Emilia, invece, raggiunse presto la base della scala a chiocciola e ciò che vide sopra non la rassicurò affatto.
L’angelo continuava a camminare, stregato da quel sentore. All’improvviso, ciò che l’aveva guidato fin lì svanì. Era arrivato.
<< Jonas! >> gridò Chiara, poggiandogli una mano sulla spalla, ansimante. Il fuoco fatuo scomparve.
<< Mi hai fatto spaventare… ma cosa ci fai… >> non completò la domanda, perché alzò lo sguardo, incrociando un’oggetto meraviglioso.
Riposta in un pouf di velluto rosso, era tenuta su un piedistallo in argento una spada. Ma non una di quelle finte, quelle che si vedevano ogni qualvolta si guardava Narnia in televisione; era una spada vera.
L’elsa era d’argento lavorata finemente e finiva in con un rubino; dalla guardia partivano due protuberanze, simili a delle nubi, e che si univano alla lama che, poi, era la vera meraviglia: in leggero rilievo, si intravedevano alla luce tanti ricami che formavano nuvole, vento, correnti d’aria dando l’idea di un cielo in movimento.
<< C-che cos’è? >> farfugliò Chiara, che era riuscita con un grande sforzo a staccare gli occhi dalla spada.
<< E’ Chion, la Spada della Pace. >> rispose Jonas.
Non c’era bisogno che qualcuno glielo avesse detto in precedenza, lui sapeva, lui sentiva, che quella spada gli apparteneva. Così si avvicinò al pouf e, dopo mille attimi di esitazione, prese l’elsa tra le sue mani.
Avvertì uno strano formicolio, e sorrise, sentendosi completo e ricaricato. Poi, all’improvviso, una parte di muro crollò e, mentre si girava, vide Chiara in  quella traiettoria.

 

§


Le scale, inizialmente, erano larghe e si poteva stare in tre su uno stesso gradino. Man mano che salivano, però, si erano ristette sempre più fino a rendere difficile la  salita anche per una sola persona alla volta.
Andrea, Shai e Dimitri avevano perso presto la concezione del tempo, non sapevano quanto fossero saliti ne quanto mancasse loro per arrivare al piano superiore, così come non erano a conoscenza dei risultati della ricerca dell’altro gruppo.
La scala si infilò nel muro, formando un buco simile alla tana di un coniglio, e i tre ragazzi furono costretti a camminare storti, assecondando le curve. L’aria era poca, calda e rarefatta, e Andre’ si liberò della sua felpa in fretta e furia, stufo di quel continuo salire.
Dimitri sentiva Shai farsi sempre più affaticata attraverso il legame che li univa, così, senza che lei glielo chiedesse, lui la sorresse da dietro e l’aiutò nel percorso. Andrea fece per salire l’ennesimo gradino, e quasi cadde, perché le scale erano finite e ora si trovavano su un pavimento.
Fece spazio anche a Dimitri e Shai, che si appoggiò stanca alla parete. Intorno a loro, il buio.
Si poteva sentire l’odore di carta e di vecchio, e immaginarono ci fossero altri scaffali anche lì. Quando Shai si riprese un po’, avvertì una sensazione di dejà-vu.
Allora si ricordò del sogno che aveva avuto dopo che era entrato in contatto con Dimitri, della biblioteca buia in cui trovavano adesso, dell’oracolo che le parlava di Wacan, Chion, Xeyl e Niayh.
<< Ragazzi, non sentite anche voi questa… sensazione di trazione? >>domandò Andrea, sconcertato.
<< No. >> risposero all’unisono i due fratelli d’anima.
<< Be’… io sento di dover andare di là. >> replicò il Custode della Terra, e si avviò.
Era come un magnete attirato da una calamita, non poteva fare a meno di arrivare dove lo conduceva quel sentore. Capì di essere nel luogo giusto quando una fioca luce verde-giallognola illuminò un piedistallo dorato.
Non sentì Shai trasalire alla vista di quello che stava sopra ad esso, non si fermò quando Dimitri gli disse che forse era meglio tornare indietro.
Perché sul piedistallo era sistemato, aperto nel mezzo, un grosso libro dalla copertina verde mela con radici marrone scuro a formare il dorso.
<< Niayh… l’Atlante della Verità. >> mormorò, e mise una mano su una pagina.
Dall’Atlante della Verità si sprigionò una luce immensa che eliminò ogni traccia di buio in quella stanza. Si sentì tremare tutto, e le pareti non sembrarono più tanto solide. Quando il lume rientrò dentro il libro, e i tre ragazzi poterono ritornare a vedere senza il rischio d’essere abbagliati, una crepa profonda rigò la parete al loro fianco. Ne seguirono molte altre, finché tutta la sala non assomigliò ad un pacchetto di cracker dopo essere stato sballottato per l’intera durata del giorno in uno zaino.
Dimitri spostò il peso da una gamba all’altra, e quell’insignificante movimento segnò il corso degli eventi.
La stanza si sgretolò, lasciando intatta solo la scala a chiocciola, con loro dentro.
Andrea afferrò l’Atlante stringendolo al petto, prima che precipitassero nel vuoto.

 

§


Jonas sgranò gli occhi, incapace di fare alcunché.
Se non fai qualcosa morirà, idiota! Schioda il tuo deretano da qui e salvala! urlò la sua coscienza. L’angelo si riscosse, sollevò la Spada della Pace, e scattò verso Chiara.
“Vattene subito via da qui!” mimò la ragazza con le labbra, ma Jonas la ignorò.
La raggiunse in un lampo, ma ormai anche le macerie erano a pochi metri da loro. L’angelo l’abbracciò, poi levò la spada più in alto della sua testa e la conficcò nel pavimento. Si concentrò e, nell’istante in cui riuscì a spiegare le ali, il muro in frantumi li schiacciò.

 
§ 


<< Avanti, è tutto finito. >> mormorò Jonas, accarezzando i capelli di Chiara.
Lei aprì gli occhi, ritrovandosi nel mezzo di uno strano abbraccio fatto di braccia, ali e una spada. L’angelo sorrise.
<< Stai bene? >> chiese.
Chiara annuì. << E tu? >>
<< Più che bene. >>
Solo in quel momento la Custode dell’Acqua si rese conto che Jonas era riuscito a spigare le ali, a creare una bolla d’aria protettiva e a salvarle la vita. Arrossì all’improvviso, senza sapere come comportarsi. Rimase a pensarci un minuto buono, poi sussurrò << Grazie. >>
<< Di niente. E’ il compito di ogni fidanzato proteggere dai pericoli la propria ragazza, dopotutto. >>
<< Fidanzato? >> ripeté Chiara.
L’angelo la squadrò, infine, allargò il suo sorriso. << Non siamo più solo amici da un po’, direi. Quindi, ora, siamo fidanzati. >>
<< Già. Fidanzati. >> assentì la ragazza, sorridendo intimamente.
Le faceva uno strano effetto pronunciare quella parola, fidanzati, rivolta a se stessa e all’angelo, non a qualcun altro. Era una sensazione nuova e infinitamente piacevole.
<< Eh-ehm >> tossì, per richiamare l’attenzione << come hai fatto a recuperare i tuoi poteri? >> domandò.
Jonas guardò in alto, lì dove la bassa parete di rocce e detriti si scontrava contro la barriera che aveva creato. Osservò la sua spada, la cui lama risplendeva se possibile più di quando l’aveva trovata.
<< Credo sia grazie a Chion. Il tuo ciondolo ti permette di usare la Wacan perché sei la Custode dell’Acqua, la Spada della Verità ha riconosciuto in me il Custode dell’Aria e ha ritrovato in me i miei poteri. O, almeno, sarebbe quello che direbbero i libri a riguardo. >> spiegò.
Chiara si guardò attorno, notando solo roccia, roccia e roccia.
<< Resta il problema di come uscire da qui. Sei capace di aprire un varco tra tutte queste macerie? >> gli chiese, speranzosa.
Jonas, in tutta risposta, avvicinò le ali e le mani a coppa. Da esse diede vita ad un globo, sempre più grande, sempre più carico d’energia, tanto che Chiara avvertì la potenza di quell’attacco nelle membra. Quando la sfera raggiunse le dimensione di una palla da calcio la lasciò andare.
Come un’onda, si propagò per lo spazio oscillante e quando la prima si scontrò con il muro ne seguirono molte altre, che pian piano tagliarono di netto le rocce.
La prigione di pietra si aprì come un uovo, ma ciò che c’era fuori non era molto più rassicurante di quando erano là dentro.
Le pareti tremavano, il pavimento sembrava il ponte di una nave in balia di una tempesta, e pezzi di soffitto si staccavano di continuo. Solo la scala a chiocciola restava in piedi, perfettamente immobile.
Jonas si alzò, svelse la spada e tese una mano a Chiara. La fece mulinare, per poi afferrare saldamente l’elsa. << Dobbiamo trovare gli altri e andarcene. Subito. >>

 

§

Emilia vide la struttura imponente delle scale, l’assenza di una fine visibile da lì sotto, ma una luce intesa illuminare i gradini dal suo termine. Non era qualcosa di normale, di sicuro avrebbe generato problemi.
Si disse che doveva salire, e in fretta. Corse su, regolando il passo affinché riuscisse a mantenere un’andatura costante. Neanche a un quarto di esse, il soffitto crollò. Si fermò, riparandosi la testa con le braccia.
Ma le macerie evitavano la scala come la gente farebbe con un appestato, e lei continuò la sua scalata. Il fiato bruciava nei polmoni, ogni respiro era una tortura. Le gambe reggevano, per il momento.
Sentì un urlo di paura. Senza fermarsi, guardò in alto, e vide tre figure precipitare. Merda, pensò e riprese a correre con più foga.
Shai, Dimitri e Andrea cercavano di afferrarsi a vicenda, ma dovevano stare attenti alle rocce e continuavano ad allontanarsi l’uno con l’altro. La possibilità che raggiungessero il ladro e che lui li tele-trasportasse a terra sani e salvi erano uguali a quelle di vedere un asino volare.
Emilia si sforzava di trovare una soluzione, intanto continuava a salire, i massi che le vorticavano attorno.
Dimitri aveva il compito più difficile. Eliminare la paura di Shai dal suo corpo e proteggere se stesso, la sua sorella d’anima e Andrea, che stringeva l’Atlante convulsivamente. Era una giostra mortale. Due enormi pezzi di soffitto crollarono uno nella direzione di Andre’ e Shai, l’altro dritto verso Dimitri. Il ladro fu costretto a decidere velocemente. Chiuse i due in una gabbia argentata, e il masso diretto lì si frantumò.
Ma non c’era tempo per evitare l’altro.
Chiuse gli occhi, preparandosi all’impatto e al dolore. Questi, però, non arrivarono mai. La bionda si arrampicò sul corrimano e si lanciò fuori. Sparò una fiammata che avrebbe fatto invidia a quella di uno shuttle, e lo mandò fuori portata.
Poi si rese conto che ora stava precipitando anche lei.
Non si concesse il lusso di gridare, conscia che la sua ‘grande’ idea non era poi così geniale.
Un nuovo masso si diresse verso di lei e Dimitri, ma Emilia lo eliminò con un’altra fiammata. Il ladro fece lo stesso con uno che minacciava Andrea e Shai. La bionda si spinse verso di lui, che l’abbracciò, evitando che un pietrone la dividesse a metà.
Puntò i propri occhi nei suoi, furente.
<< Che cosa diavolo stai facendo?! >> sbraitò.
Emilia gli mollò uno schiaffo. << Ti salvo il culo! E’ questo il ringraziamento che ottengo!? >> urlò.
Il ladro fece schioccare la mascella.
<< Avresti potuto rimetterci tu, che cosa ti è saltato in mente? >> gridò la domanda per farsi sentire al di sopra di tutto quel caos.
<< Vogliamo parlare di quello che è saltato in mente a te quando hai baciato Andre’, eh? >> ribatté, piccata.
Dimitri rimpicciolì un masso, poi replicò, scocciato << Ti sembra questo il momento giusto per discuterne?! >>
<< E’ colpa tua se ti posso parlare solo mentre stiamo precipitando! >>
<< E’ colpa tua se mi tocca sempre fare mosse azzardate! >>
<< Ehi! >> sbottò Emilia << Anche tu mi costringi a fare mosse azzardate! >>
<< Come baciare un ragazzo pur essendo etero!? >> la aggredì.
<< No! Come baciare te adesso! >> urlò, e posò le proprie labbra sulle sue.
Dimitri, all’inizio si oppose, ma poi smise di respingerla. Entrambi sentirono accendersi un fuoco dentro, e lo alimentarono a respiri rubati. Il tempo parve fermarsi, e in effetti fu proprio così. Shai si concentrò, ingoiò la paura, e bloccò la discesa dei due ragazzi.
<< Smettila di limonare e vedi di non morire, Dimitri! >> lo apostrofò.
Il ladro si staccò controvoglia da Emilia, e si concentrò per trasportare lui e la bionda dagli altri due. La sorella si aggrappò a una sua spalla, e Andre’ si tenne stretto con una mano ad una sua scarpa.
Dimitri prese un grosso respiro e tele-trasportò tutti al sicuro, dietro uno scaffale. I quattro ragazzi si lasciarono andare in un grosso sospiro di sollievo.
Il ladro era madido di sudore: non aveva mai sfruttato così pienamente i propri poteri, e tele-trasportare quattro persone tutte intere richiedeva una certa quantità di energia.
Emilia si tirò su per prima, cercando con lo sguardo Jonas e Chiara. Non sapeva se l’amica l’aveva trovato o meno, ma confidava nelle sua abilità. Andre’, che ancora stringeva l’Atlante, si alzò, dando una mano a Shai.
<< Muoviamoci, se non vogliamo lasciarci la pelle. >> disse, mettendosi già in marcia.
Emilia si chinò, offrendo aiuto a Dimitri, che l’accettò senza fare storie. Le mise un braccio attorno al collo e, insieme, raggiunsero gli altri.
Presero il corridoio principale, e quasi si scontrarono con Chiara e Jonas. Bastò un’occhiata d’intesa e i sei si diressero verso le porte. Ognuno faceva del suo meglio per evitare i pezzi del soffitto che crollavano, distruggendo la Biblioteca Perduta.
Avvistata l’uscita, si sentirono in Paradiso. Sfrecciarono al di là del portone, e Chiara afferrò di slanciò il suo ciondolo. Ordinò ai compagni di prendersi tutti per mano, obbligando Jonas a infilarsi la spada tra la cintura e i pantaloni, e Andrea a ficcarsi l’Atlante dentro la maglietta.
La quindicenne si legò il ciondolo al collo e pensò con intensità: la Residenza del Presidente, la Residenza del Presidente, la Residenza del Presidente!
La Wacan svolse il suo compito e li portò tutti nella stanza di Chiara, da dove erano partiti.
I sei Custodi si scambiarono un’occhiata, poi scoppiarono tutti a ridere. Ce l’avevano fatta sul filo del rasoio.
Jonas posò l’arma sul letto, spiegando che aveva trovato la Spada della Pace nella biblioteca.
Andre’ tirò fuori l’Atlante della Verità, illustrando agli altri le pagine fitte di scritte nere. Stava giusto per raccontare di cosa era accaduto quando l’aveva toccato che… << Che diavolo…? >>
L’inchiostro scivolò velocemente via dalla pagine, lasciandole completamente bianche.


 

***

Angolino dell'autrice

Si si, so che  avevo detto ce avrei aggiornato in fretta, ma la fine della scuola mi ha obbligato a festeggiare prima  scrivere dopo. A proposito, buone vacaze e buoni esami a tutti!
Allora, con questo siamo al 23esimo capitolo, non manca poi molto alla fine. E se riuscirò a portare a termine questo progetto mi sentirò innegabilmente una figa, perché io comincio e poi non concludo mai nulla XD
Ma passiamo alle cose importanti. Come detto a inizio capitolo, ci sarà una pausa di due settimane per questa e tutte le mie altre storie a causa di una vacanza studio *a Dublino aaaaaaaaah* e appena tornerò scriverò i capitoli seguenti. Non so se questo sarà l'ultimo aggiornamento, forse se mi spiccio pubblicherò un continuo anche questa settimana^^ Don't worry!
In questa puntata c'è un momento puccioso tra Chiara e Jonas, di cui si assicura il completo stato di coppia. E poi, la più grande cavolata dopo il BigBang: un bacio volante (?) tra Dimitri e Emilia.
Io più penso a loro e a quello che faccio fare loro, più penso che uno psicologo non mi farebbe certo male LoL
C'è Jonas con la Spada della Pace, che è la rappresentazione in oggetto del potere del Chion. Per cui, il ciondolo è la Wacan per Chiara, i braccialetti sono Xeyl per Emilia, e l'Atlante della Verità è Niayh per Andrea. Il perché della pagine bianche lo vedremo nel prossimo capitolo, totalmente dedicato a lui!
Che altro dire.... spero vi sia piaciuto e ringrazio letteri e recensori tra cui quelli del capitolo precedente: Hoshi98, TheSandPrincess e Bimba98. Sono orgogliosa di dirvi che Upward è al 23° posto nelle storie più popolari per più recensioni per capitolo, olé!
E grazie alla mia amica Marta, che legge i capitoli di Upward da ospite, per il suo deretano e la sua simpatia hahahah
Mi dileguo che ho già scritto troppo, besos :*

Water_wolf

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Capitolo 24
*** 24 Come la Terra(parte 1): Dentro il Vulcano ***


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"You were a thief, you stole my heart."
P!nk, Just give me a reason


<< No, no, no! >> gridò Andrea, mentre sfogliava furiosamente le pagine alla ricerca di una sola traccia d’inchiostro.
Se non fosse stato l’Atlante della Verità, ma un semplice eserciziario di matematica, non avrebbe esitato a scaraventarlo fuori dalla finestra. Il libro gli sfuggì dalle mani tremanti di rabbia e cadde sul pavimento, chiudendosi.
Il biondo si chinò per riprenderlo, ma quando provò a riaprilo non ci riuscì. Tentò ancora, ma le pagine sembravano fissate tra loro con la colla. Lo raccolse e, senza dire una parola, uscì dalla stanza.
<< Andre’, ma che ti prende? >> gli chiese Jonas.
Lui si fermò, si voltò e disse << No. >>
Camminò per il corridoio diretto verso il giardino della Residenza Winter, e solo quando fu fuori si sentì meglio. Il sole splendeva, i suoi raggi riempivano di luce il prato e facevano brillare le foglie, di un verde sano.
Andrea si diresse verso il salice dove si trovava Shai quando Jonas era stato catturato, si sedette a gambe incrociate e sospirò, frustrato.
Perché l’angelo aveva il pieno controllo della manifestazione materiale di Chion e lui, con Niayh, no? Perché lui doveva arrivare sempre secondo? Perché non riusciva mai a vincere?
Era sempre stato un ragazzo paziente, calmo e pacifico come la Terra, che comunque girava, ma nessuno ci badava più di tanto.

§


C’era una volta un bambino, capelli biondi come le spiagge che lambivano le coste del suo mare, occhi verdi come le olive che gli piacevano tanto. Con lui, altri ragazzini. Uno di loro, castano, aveva un pallone da calcio in mano. Il bambino biondo lo sfidò con gli occhi, l’altro ricambiò, avvicinando le palpebre a fessura.
<< Sfida: chi arriva prima al vecchio ulivo senza mai perdere il pallone, vince. Chi perde non sarà più il capo del gruppo e dovrà cercarsene un altro. Ci stai, pappamolla? >>
<< Certo che ci sto, cacasotto. >> rispose a tono.
Come per magia, un altro pallone fece capolino da dietro la schiena di un bambino, che lo lanciò contro ‘il pappamolla’ nella speranza che lo colpisse. Lui, invece, lo fermò proprio sopra la sua testa e fece una linguaccia all’altro. Si misero in posizione, calcolando la distanza che li separava dalla meta e la tempra dell’avversario.
<< Pronti… >>
Misero giù i palloni.
<< Partenza… >>
Assetto da corridore.
<< Via! >>
Scatto.
Il bambino biondo corse più veloce di quanto avesse mai fatto. Le gambe erano fulmini, i piedi sfioravano la terra, le scarpe sembrano avere le ali. << Forza, Andre’! >> si sentì gridare dietro. Era Rosa, una ragazzina con le lentiggini gentile con tutti.
Calciò il pallone; era difficile correre così veloce e mantenere il controllo su di essa, ma lui era bravo. Il vecchio ulivo era davanti a lui, lo poteva quasi toccare. E lo fece, quasi ci si schiantò sopra.
Sentì esultazioni dietro di lui.
Ho vinto!, si disse. Sorridente, alzò lo sguardo e vide una cerchia di bambini che battevano le loro mani sulla schiena del suo rivale. Era arrivato prima di lui, era lui il più veloce.
La verità crollò su di lui rovinosa, e se prima era pieno di felicità adesso era pieno di delusione. Corse, scappò via, le lacrime che premevano ma che non uscivano, finché una mano sulla spalla non lo fa voltare. Era Rosa.
<< Mi dispiace che tu non abbia vinto, ma sei stato bravo, davvero! Se ti va, torno con te a casa, mh? >>
Andrea si ritrovò ad annuire, e il sorriso rassicurante di Rosa gli scaldò il cuore. Mano nella mano, si allontanarono dalla collina.

§


Il campo era gigantesco, l’erba vastissima. Stefano e Andrea correvano, il biondo era davanti e aspettava il passaggio dell’amico. Il compagno venne placcato da due ragazzi dalle spalle larghe. Lui giocò con la palla, la tenne tra i piedi prima qua e poi là, finché non vide un buco. Subito, alzò il pallone e lo calciò verso Andrea, che lo fermò col petto.
Corse come un forsennato, evitando gli avversari, finché non fu davanti alla porta. Tirò con forza, facendo rete.
Tutti esplosero in esultazioni, e l’arbitro segnò la fine della partita di calcio. La loro squadra aveva vinto. Andrea andò dai compagni, ma loro avevano occhi solo per Stefano, il ragazzo castano. “Passaggio stupendo!”, “Troppo bravo!”, “Che bomber!”, si congratulavano.
Il biondo non capiva. Non era forse lui quello che aveva segnato? Quello che li aveva fatti vincere?
Andò negli spogliatoi, si tolse la maglietta  e prese un asciugamano. Si sedette sulla panca, scosse la testa. Che cosa si aspettava? Era sempre così, invisibile. Come la Terra girava, ma nessuno ci badava più di tanto. Eppure c’era.
Di nuovo, una mano sulla spalla. << Bel goal, Andre’. >>
Non c’era nemmeno bisogno che si voltasse per sapere chi fosse. << Grazie, Rosa, come sempre. >> rispose, atono.
<< Posso scattarti una foto? Per il mio album di ricordi. >> gli chiese, gentile.
<< Aspetta, >> la fermò Andrea << ho un’idea migliore se vuoi ricordarti di questo giorno. >>
Rosa girò la testa di lato, la polaroid che le pendeva dal collo, i ricci rossi indomabili che le ricadevano sulle spalle. Il biondo si sporse verso di lei, baciandola delicatamente sulle labbra. Si staccò subito dopo, prese la sua maglia e uscì. Rosa, intanto, era rimasta immobile.
Andrea, il ragazzo più calmo e riservato che avesse mai conosciuto aveva realmente preso quell’iniziativa? L’aveva veramente baciata?
Forse, pensò, non è sempre il secondo in tutto.

§


Una mano si posò sulla sua spalla. Andrea alzò il capo, incontrando gli occhi blu di Shai. << Avanti, dobbiamo andare. >> lo incalzò.
Lui alzò un sopracciglio. << Perché? Dove? >>
<< Chiara ha deciso che farà un altro viaggio per risolvere il problemino delle pagine bianche. Vieni, prima che cambi idea. >>
Il biondo si alzò, prendendo con sé il libro, e seguì la mora fino ad arrivare nella stanza di Chiara. << Tutto bene? >> gli chiese, gentilmente.
Lui le sorrise. << Sì, grazie. >>
Si misero tutti in cerchio, prendendosi per mano, Jonas con Chion sulle ginocchia, Andrea con Niayh vicino al petto. Emilia scoccò un’occhiata sottecchi a Dimitri. Dopo il loro bacio non avevano ancora parlato seriamente di quello che era accaduto, ma tra loro era nata una sorta d’intesa.
Quando Chiara aveva deciso di fare un nuovo viaggio, notando la stanchezza di Dimitri, aveva proposto che lui poteva rimanere alla Residenza con Emilia. Il ladro aveva rifiutato, utilizzando come scusa il ‘non voler privare di una sana avventura la ragazza calorifero’.
E la bionda aveva ribattuto che, comunque, ‘si sarebbe creato un altro tipo di avventura se fossero restati lì’.
Dimitri aveva cercato senza risultati di non ridere per l’allusione al sesso di quella frase. Emy, allora, aveva alzato le spalle definendo la sua uscita una ‘battuta per persone dalle menti traviate’.
Il ladro aveva concluso il tutto con ‘però ti piacciono le menti traviate’. La bionda aveva appena avuto il tempo di sussurrare un ‘già’ languido che Shai aveva tossito, interrompendo l’inizio di una scenetta patetica.
La meta era il deserto, i vulcani di cui trattava la pergamena. La quindicenne si concentrò, visualizzando nella sua mente l’Atlante della Verità con sfondo immagini dai toni caldi, asfissianti, della sabbia cotta al sole.
Dal ciondolo –che si era rimessa al collo- si sprigionò la solita luce, che inghiottì tutto lo spazio intorno ai ragazzi, trasportandoli via da Upward. I sei Custodi aprirono gli occhi, curiosi di scoprire dove si trovavano.
Davanti a loro c’erano due dune perfettamente uguali, dietro, a destra e a sinistra rocce calcare solcate da crepe  e tanta, tantissima, sabbia fine color dell’oro. Poi, le mosche. Ronzavano un po’ dappertutto e riempivano l’aria di un fastidioso bzz-zzbz. Infine, c’era puzza di zolfo e fango secco che aleggiava tutt’intorno.
<< Che merda. >> commentò Emilia, alzandosi in piedi. << La Biblioteca ti lasciava stupito per la bellezza, questo posto per lo schifo. >>
<< Che finezza. >> borbottò Shai.
<< Be’, allora, dove credi che dovremmo andare, Andre’? >> domandò Chiara, un sorriso forzato stampato in faccia.
Il biondo scosse la testa, poi indicò le dune. Speriamo in bene, pensò la Custode dell’Acqua, mettendosi in cammino.
Ben presto i loro nasi si abituarono al tanfo circostante e rimasero solo le mosche a dare fastidio. Jonas marciava fiero con Chion ficcata tra la cintura e pantaloni, come un vero soldato. Quando raggiunsero la base delle dune, Emy domandò << Non è che potreste portarci in volo, voi angeli? Si farebbe prima. >>
Jonas annuì, spiegando le ali. Prese Chiara per mano, che la afferrò, e partirono in volo. Shai lo imitò, come compagno Andrea. Emilia, che aveva sperato in un passaggio, porse la mano a Dimitri e, lanciando una fiammata, si alzò in  alto.
Volarono al di là delle dune, le quali si dimostrarono più grandi di quello che sembrassero da terra, e poi atterrarono. Emilia aprì la bocca e la richiuse subito dopo.
La roccia era di un rosso cupo, come sangue seccato al sole, e si innalzava per chilometri. La cima era appena visibile così coperta dalle nubi di fumo e gas. Da lassù, scendevano come lacrime strisce di magma nero, solidificato da anni. Era un vulcano.
<< Qualcosa da ridire, ora? >> Andrea canzonò Emilia.
La bionda scosse la testa. << E’-è un vulcano? >> farfugliò.
<< Esatto. >> rispose Shai << Quello che cercavamo. >>
Emilia si staccò dal gruppo, avanzò verso le pendici del vulcano e posò una mano sulla sua superfice. Un calore ardente la travolse, e sentì come delle lingue di fuoco tirarla verso l’interno. Gridò, mentre quelle catene invisibili la trascinavano dentro.
Chiara sgranò gli occhi. << Emilia! >> strillò, lanciandosi verso l’amica, già per metà dentro la roccia. L’afferrò per una mano, la tirò verso di sé, ma fu costretta a staccarsi subito, urlando per il dolore.
<< Vattene! Brucerai! >> cercò di scacciarla la Custode del Fuoco. Chiara scosse la testa, le riprese la mano e si oppose con veemenza << Mai! >>
Jonas sguainò Chion, accorrendo verso le due ragazze, seguito a ruota da gli altri.
<< Chiara, lasciala! >> gridò, in tono di supplica.
La Custode dell’Acqua si voltò verso di lui, gli occhi prossimi alle lacrime di dolore, e ribadì la sua posizione << Non posso, Jonas! >>
<< Sì che puoi! >> gridò Emilia << Jonas, portala via prima che vada in fiamme! Non può sopportare questo calore! >>
<< Credi che non lo sappia?! >> sbraitò l’angelo.
Brandì la sua spada la puntò contro Chiara. << Scusami, devo farlo. >> mormorò a fior di labbra, e ordinò a Chion di attaccare. Un’onda d’aria travolse la Custode dell’Acqua, che fu sbalzata lontana.
Ad Emilia, intanto, mancava poco per essere risucchiata completamente. Dimitri fremette. Sentiva il bisogno di fare qualcosa per salvarla, ma cosa? Prese il posto di Chiara, lanciò uno sguardo agli occhi della Custode e ordinò << Tu lasciami fare, ok? >>
Lei sussurrò un “sì”, mentre le lingue di fuoco la tiravano sempre più dentro. Dimitri si appoggiò alla roccia e la baciò con passione. Avvertì attraverso il legame lo stupore di Shai, così come la domanda che gli fece subito dopo: che cosa diavolo stai facendo, Dimitri!? “Quello che c’è da fare”, pensò distrattamente, mentre le fiamme si prendevano anche il suo corpo.
Ignorò il dolore per quanto gli fu possibile, concentrandosi solo su Emilia, sul bacio che le stava dando. La sua pelle andò in fiamme, come quella di Chiara, e desiderò poter gridare. Il legame gli comunicò, tramite l’angoscia immane di Shai, che era entrato completamente nella roccia.
Si staccò da Emilia e cadde a terra con un grido di dolore. Erano in una spaccatura delle pendici, alta poco più di un metro e sessanta, stretta e bollente. La bionda fu subito accanto a Dimitri, che si lamentava per le scottature.
Gli deterse il sudore della fronte con un lembo della maglietta, ansimando per lo stupore e la preoccupazione. Si trattenne dal schiaffeggiarlo.
<< Perché l’hai fatto?! >> lo aggredì.
Dimitri fece una smorfia. <<< Perché qualcuno doveva venire con te. >>
Emilia fissò gli occhi scuri del ladro, non stava dicendo tutta la verità. Infatti… << E perché sono innamorato di te, ragazza calorifero. >>
Il suo cuore perse un colpo. Si riscosse in fretta, si alzò e, facendo attenzione a non sbattere la testa, percorse lo spazio dove si trovava. La temperatura era molto più alta del normale, quel luogo doveva essere sotto un qualche tipo di incantesimo.
<< Usciremo da qui. >> affermò, più per se stessa che per Dimitri.
Tastò le pareti, avvertendo piccole scosse, cercando qualcosa di anomalo. Le sue dita incapparono in solco circolare. Sulla stessa linea altri quattro cerchi della stessa forma. Il bordo era segnato da strani caratteri, forse rune.
Che cosa devo fare? si domandò.
Dimitri gemette. Si passò nervosamente una mano tra i capelli, e il bracciale che portava al polso da quando aveva scoperto i propri poteri tintinnò. Fu come se una lampadina si fosse appena accesa nella sua testa. Si tolse il braccialetto ad anelli, li contò e notò che erano cinque, proprio come il solchi. Cercò di nuovo i segni circolari e, ogni volta che le sue dita ne incontravano uno, lei ci mise uno dei cerchi del suo gioiello.
Non appena finì quell’operazione, sentì che la temperatura scendeva rapidamente, ritornando nella media. Poi, come se fosse appena esplosa della dinamite, sia da nord che da sud, saltò in aria della roccia.
Emilia si chinò sopra Dimitri, creando una gabbia di fuoco per proteggersi. Attese che gli scoppi cessassero prima di ritirare la protezione. Si alzò in piedi, notando che le esplosioni avevano aperto un tunnel verso l’esterno e uno verso l’interno. Gli anelli del suo bracciale erano a terra, disposti in cerchio. Li raccolse, se li rimise, e uscì fuori.
Non fece in tempo a chiamare qualcuno che Chiara l’abbracciò, piangendo. << Mi hai fatto prendere un colpo, Emy… >> piagnucolò, come tornata all’improvviso bambina.
A dividerle fu la domanda lamentosa di Shai << Dimitri? >>
<< Dentro, fa’ presto, non è esattamente il ritratto della salute. >>
La mora corse all’interno del vulcano, preoccupata come non mai. Appena vide Dimitri, steso a terra agonizzante, scoppiò in lacrime. Si chinò su di lui, creò un globo di luce e lo applicò ad un’estesa bruciatura sull’addome. E intanto piangeva, senza sapere se per la felicità, per la rabbia o per il dolore.
Quando, attraverso il legame, sentì che Dimitri si stava lentamente riprendendo, gli chiese << Sei tu il ladro, non lei, com’è che ti ha rubato il cuore, fratello? >>
Il Custode dello Spazio sorrise. << Mi ero dimenticato di mettere l’antifurto. >>


***
 

Angolino dell'autrice:
Ciao a tutiti, sono tornata!
So che vi sono mancata mooooltissimo, che non potevate vivere senza i miei angoletti da sclerata... so anche che mi faccio tanti film mentali hahah
Inizio col dire che le idee sul vulcano mi sono venute scrivendo e che non le avevo per nulla programmate, hanno allungato questo capitolo di un bel po'! Come per la Biblioteca Perduta ho diviso in parte 1 e parte 2, che sarà molto più incentrata su Andrea di questa prima volta.
Intanto, di lui scopriamo qualcosina di più sul suo passato non molte rose e fiori, così come il fatto che potrebbe avere qualcuno di imortante ad aspettarlo a casa e che potrebbe fargli dubitare dei vantaggi di una relazione un po' di che da amici con Shai come molti pensano *malvagia*
Poi, la parte tenerella tra Dimitri e Emilia, la "non - prevista".
Solo una mete malata come la mia può far soffrire come cani i suoi personaggi così per cavargli fuori parole dolci xD Se potessi materializzare i sei Custodi qui, sono sicura che mi darebbero di quelle legnate hahah LoL
Ringrazio moltissimo tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, 7 recensioni mi hanno fatto venire il diabete da zucchero! *-* Sono anche stupita e felicissima che le persone inizino ancora a leggere questa storia nonostante sia già piuttosto avanti nella stesura, recuperando capitoli su capitoli! Siete tutti dolcissimi, recensori e sileniosi!
Be', concludo qui, al prossimo aggiornamento!

Water_wolf

 

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Capitolo 25
*** 25 Come la Terra (parte 2): Vecchi Immortali e Sorrisi ***


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" I’m waking up, I feel it in my bones
enough to make my systems blow. "
Radioactive, Imagine Dragons


I sei Custodi attesero pazientemente che Shai curasse Dimitri, accelerando il tempo che avrebbero impiegato le bruciature a rimarginarsi. Poi, si addentrarono nei meandri del vulcano, utilizzando il tunnel derivato dalle esplosioni.
La temperatura era scesa notevolmente, e l’unica difficoltà era camminare chinati per non sbattere la testa contro il soffitto. Nonostante tutto, Dimitri era sul chi vive. Non ci teneva a ripetere l’esperienza.
Jonas tastò la parete, scoprendo che erano ricoperte di una sorta di patina nerastra, probabilmente fuliggine. << Secondo me, siamo in un condotto della lava. >> ipotizzò. Andrea scosse la testa, benché fosse impossibile vederlo al buio. << Non credo, qui c’è puzza di magia. Come spiegare altrimenti quello che è successo prima? >>
<< Uhm… io ho dovuto usare il bracciale di Xeyl per salvare me e Dimitri, credo sia un passaggio obbligato, una prova… >> constatò Emilia.
<< Be’, è evidente che questo posto è pieno di trappole mortali, stiamo attenti. >> disse Chiara, con senso pratico.
Proseguirono senza proferire parola. Quel luogo non parlava di vita e non invogliava l’avventuriero visitatore a intrattenere discorsi esuberanti. Dopo un tempo indefinito, dalla fine del tunnel comparve una fioca luce.
Shai, la prima della fila, si affrettò a raggiungerla, sbucando in uno stanzone circolare deserto. Si guardò attorno, scoprendo che luce proveniva metri e metri più su, da uno degli sfiatatoi  del vulcano. Era un miracolo che il sole riuscisse a far arrivare i suoi raggi fino a lì.
Emilia accese sul proprio palmo un fuocherello per rischiarare l’ambiente; qualcosa poteva sfuggire loro in quella semi oscurità. Ma nemmeno così trovarono un segno di vita.
Non c’era assolutamente nulla in quella sala circolare, e i sei Custodi stavano iniziando a pensare che avessero sbagliato meta. Le pareti erano uguali, dall’altra parte il tunnel continuava il suo percorso, diretto chissà dove. Avrebbe potuto portarli in superficie così come giù, verso i cunicoli che si diramavano dal centro della Terra.
All’improvviso, Dimitri schioccò le dita, facendo sobbalzare gli altri compagni.
<< Davvero ingegnoso, davvero… >> disse come se stesse parlando tra sé, avvicinandosi al centro del locale.
Chiara lo squadrò, scettica. Al contrario, Emilia e Shai lo osservavano speranzose. Il ladro si fermò perfettamente al centro, mise i palmi aperti davanti a lui e chiuse gli occhi, aumentando le proprie percezioni. Si spostò di qualche centimetro più a destra obliquamente. Poi, con cautela, tastò con un palmo davanti a sé. Come immaginava, toccò una superficie liscia. Sorrise, compiaciuto, e la prima crepa solcò quella barriera trasparente. Con uno schiocco di dita la mandò in frantumi.
<< Era solo uno specchio, rifletteva la parete alle mie spalle. >> spiegò, benché ormai fosse inutile.
Si girò verso i suoi compagni, sorridendo furbo. << Qualche complimento, ragazze senza fede? >> fece lui.
Una risata lugubre risuonò alle sue spalle. << Sei bravo, devo ammetterlo, ma non così tanto, Custode dello Spazio. >>
Un brivido corse lungo la schiena di Dimitri.
<< Chi sei? >> ringhiò Jonas, sguainando la spada innanzi a sé.
Di nuovo quella risata aspra, e rumore di passi. << Quanta irruenza, Custode dell’Aria. Sono solo un povero vecchio,  nulla più. >>
<< Se fossi solo un vecchio te ne staresti in una pensione a giocare a briscola, non dentro un vulcano in una landa desolata dietro uno specchio. >>
Chiara avrebbe riso, se non fosse paralizzata dalla paura. L’hai fatta sotto il naso a Zeigen, come puoi spaventarti di fronte a questo tizio? si disse, cercando di farsi coraggio.
<< Luce. >> mormorò piano Emilia, e lanciò la sfera infuocata che teneva sul palmo in aria. Quella esplose in miriadi di scintille che, poste per tutta la stanza, illuminarono tutto l’ambiente.
Chiara trasalì. Era davvero un vecchio, colpito dal passare del tempo molto più di altri. La gobba grottesca lasciava immaginare che un tempo era stato un uomo alto, e il fatto che si reggeva in piedi senza l’ausilio di un bastone da passeggio indicava che era ancora piuttosto in forze. La barba bianca sporca e gli sparuti capelli del medesimo colore erano l’unico punto di luce in quella figura coperta di cenci. Gli occhi risaltavano in quell’intrico inespugnabile di rughe per il loro singolare colore: le pupille erano nere petrolio, mentre le iridi di un giallo ambrato, come quello dei lupi.
<< Adesso mi vedete, contenti? Grazie, Custode del Fuoco. >> disse, facendo un cenno del capo a Emilia, che si sentì trapassata da quegli occhi.
<< Chi sei? >> ripeté Jonas, stringendo convulsivamente l’elsa della Spada della Pace.
Il vecchio fece una smorfia –o un sorriso, impossibile definirlo- e, con calma, domandò << Cambierebbe qualcosa in questa situazione se vi dicessi qual è il mio nome? Non credo. >>
<< Può darsi. >> convenne Dimitri, più incuriosito da quella figura che spaventato << Ma  penso che, visto che ci conosci così bene, sarebbe equo sapere qualcosa sul tuo conto. >>
Il vecchio scoppiò in una breve risata, che culminò in un eccesso di tosse. << Mi piaci, Custode dello Spazio. >> poi si rivolse a tutto il gruppo << Chiamatemi pure Canuto, è un piacere conoscervi in carne e ossa. >>
<< Non si può dire lo stesso per quanto riguarda noi. >> replicò acida Shai.
Canuto la scrutò con i suoi occhi da lupo. << Oh, Tempo, la tua antenata era molto più loquace di te. >>
<< Che cosa stai insinuando? >> insorse la mora.
<< Aspetta, >> intervenne Andrea << hai detto ‘antenata’? Abbiamo degli antenati? Qualcuno che è stato un Custode prima di noi? >>
Canuto fece quel sorriso-smorfia, visibilmente compiaciuto. << Ti credevi così unico, Terra? La storia è un circolo, gli avvenimenti si ripetono, esattamente come l’acqua evapora e ricade sotto forma di pioggia. >>
Andrea ammutolì. Chiara, che sentiva di detestare quel vecchio enigmatico, mise subito in discussione quelle parole << E tu come fai a sapere tutto questo? Potresti essertelo inventato di sana pianta, d’altronde, non è difficile immaginare un anziano che impazzisce qua dentro e inventa delle storie sui Custodi degli Elementi. Hai avuto tutto il tempo per indovinare chi eravamo e, semplicemente, la fortuna è stata dalla tua parte. >>
Canuto allargò il suo sorriso ambiguo. << Ottime osservazioni, Acqua. Solo che il motivo per cui vi conosco così bene non è un fatto da attribuire alla fortuna. >>
<< Perché? >>
<< Perché io sono il primo Custode della Terra. >>

Calò il silenzio. Era impossibile che una persona normale avesse vissuto tutti quegli anni, tuttavia, era proibitivo sopravvivere per tanto tempo anche per un Custode.
<< Immagino vogliate spiegazioni, non è così? Mettetevi comodi, la storia è lunga. >>
I sei ragazzi di sedettero per terra, mentre Canuto si accomodò su una sedia, prima nascosta dietro lo specchio. Fece segno a Andrea di porgerli l’Atlante della Verità; il biondo obbedì riluttante. Senza difficoltà, il vecchio aprì il libro alla prima pagina e lo sfogliò con le sue dita da pianista.
<< La Terra non è un elemento facile da dominare, ci vuole calma e dedizione, tempo e costanza. >> iniziò << Il primo Custode –cioè il sottoscritto- aveva imparato a entrare in contatto completo con esso e, quando il primo gruppo di Custodi sconfisse il nemico della loro epoca, lui morì in vecchiaia accolto tra le braccia della sua vera casa, il sottosuolo. >>
Fermò con una mano i tentativi di interromperlo da parte di Shai e Chiara.
<< Il secondo Custode era un buono a nulla, quasi totalmente incapace di imporsi sull’elemento di cui era padrone. L’Atlante della Verità, allora, decise che il suo potere, nelle mani di un incapace, era pericoloso. Si rese illeggibile, >> Andrea tremò, percorso da un lungo brivido << e ritornò nelle viscere della Terra, da me. Cancellò dalla Storia la morte del primo Custode e lo riportò in vita, fermandosi nel momento culmine della sua vecchiaia. Cambiò le regole dell’universo. Recuperata la vita e i suoi poteri, il Custode lesse ciò che Niayh gli comunicava: sfidare il secondo Custode e verificare se fosse all’altezza del compito a lui affidato. Fallì, e un’epoca buia si abbatté sulla Terra. Il primo Custode sfidò a duello tutti i prescelti di Niayh, alcuni fallirono, molti dimostrarono il loro valore.
A differenza di Fuoco, Acqua, Aria, Tempo e Spazio, la Terra è l’elemento più instabile per quanto riguarda i Custodi, perché Niayh era insicura riguardo alle proprie scelte che, infatti, si rivelarono in alcuni casi errati. Così, il primo Custode divenne immortale, costretto a vivere nelle viscere della Terra in piena solitudine, privo di compagni, e dovette attendere anni e anni prima che i Custodi si presentassero a lui per testare le loro abilità. Ciò che succederà a te, Andrea. Inoltre,  chiunque metta piede su questo deserto deve provare d’essere un degno Custode, rivelando i propri poteri agli altri e il loro passato al primo Custode della Terra, tramite prove sulla base della magia. >>

Emilia, forse per sdrammatizzare quella situazione, forse per vedere la reazione di Canuto, disse << Devi proprio essere un tipo pomposo se parli di te stesso in terza persona, eh? E, se posso permettermi, la gente, in passato, aveva sempre occhi così assurdi?  >>
Canuto scosse la testa, soffocando un sorriso. << No, la mia iride è gialla perché sotto incantesimo, così non ho bisogno di occhiali o affari simili. Sì, sono anche un mago. Un vecchio immortale dovrà pure trovare il tempo per distrarsi, mentre aspetta che una nuova generazione di Custodi nasca.  >>
<< Sai, Canuto, saresti stato perfetto nella parte dei non-morti, nel film “I Pirati dei Caraibi-La maledizione della prima luna”. >>
<< Emilia! >> la richiamò Chiara, soffocando una risata, che Dimitri non si disturbò a trattenere.
<< Vi prego… >> mugolò Andrea << Non rendiamo più lunga la nostra permanenza qui, fatemi combattere con Canuto… >>
Il vecchio annuì. Mormorò un paio di parole in una lingua dimenticata da tempo, e si ritrovarono all’aperto, in un campo rettangolare solcato da rocce calcaree aguzze e taglienti. Sul lato lungo disposto a destra, s’innalzava una platea naturale. Chiara, Jonas, Shai, Dimitri e Emilia si ritrovarono seduti proprio lì, in terza fila. Andrea e Canuto, invece, si guardavano a vicenda nel mezzo del campo.
Il primo Custode si schiarì la voce. << Questa è l’Arena in cui si sono susseguiti tutti gli scontri tra me e il prescelto di Niayh di quell’epoca. Il vincitore sarà colui che riuscirà a sopravvivere allo scontro senza aver mai toccato terra con tutto il corpo e a non uscire mai dai confini dell’Arena. Perdere è semplice: se varchi il perimetro del campo, se cadi interamente sul terreno, se perdi i sensi, se ti viene tolta la vita, sei fuori, e la generazione di questi anni soccomberà. >> declamò << Si possono usare i propri poteri, così come è possibile sfruttare l’ambiente circostante a proprio piacimento. Sei pronto, Andrea? >>
Il biondo annuì, e fu subito lì lì per cadere a terra. Con un impercettibile movimento della mano, Canuto aveva scagliato un mattone di terra verso la faccia di Andre’. Lui si abbassò come se stesse giocando a limbo, erse un pilone sotto la sua schiena e si lasciò spingere in aria.
Se al sicuro, quassù, si disse. Si sbagliava. Con la magia, il vecchio abbatté sullo sfidante una mano invisibile, che gli fece perdere velocemente quota. Andrea lavorò d’immaginazione. Attirò attorno a sé le rocce taglienti, chiudendosi in una palla mortale all’esterno e sicura all’interno.
La mano si dissolse nel nulla, e il globo si conficcò nel terreno con un tonfo assordante. Andre’ si spogliò della sua corazza, le rocce che si ritiravano nelle viscere della terra senza lasciare traccia.
<< Bene, sei sopravvissuto ai primi trenta secondi. Notevole. >>
Il biondo fece una smorfia, ansimando. L’attacco successivo non lo colse impreparato. Il gigantesco pugno di terra di Canuto si infranse contro il muro ciclopico di Andrea.
Basta nascondersi, la miglior difesa è l’attacco, no? si disse.
Ancora protetto dalla parete, ficcò una mano nel terreno, che al suo tocco si fece morbido come sabbia bagnata. Strinse forte il seme morto di una pianta, cui donò nuova vita. Creò una radice, che si arrampicò su una lastra di pietra aguzza dal filo irregolare, attraendola a sé. Quando Andre’ tirò fuori la mano, brandiva una spada.
<< Ingegnoso. >> lo lodò Canuto, mentre lo colpiva col profilo della mano dietro il collo.
Il ragazzo si spostò di lato, evitando un corpo mortale. Si appoggiò alla spada per non cadere, stordito dal dolore. Scrollò la testa, e si voltò mulinando l’arma. Canuto si schermò dietro un muro di roccia, mormorando senza sosta una litania.
Andrea si avventò su di lui. Fendette l’aria al posto che la sua testa, i suoi tondi si scontrarono con la roccia, e gli affondi colpivano sabbie che, puntualmente, esercitavano un risucchio potentissimo. Il vecchio magò sillabò a gran voce l’ultima serie di parole.
Andrea si fermò un istante, poi levò gli occhi al cielo. Un blocco di terra e roccia della stessa dimensione di camion merci piovve dal cielo come grandine.
Canuto sorrise, passandosi una mano sulla fronte rugosa. Si stava divertendo con quel prescelto di Niayh; la prima impressione di debolezza che aveva avuto di lui si era rivelata errata e questo lo eccitava. Di solito il suo istinto non sbagliava mai.
Andre’ gridò, portando la spada sopra la sua testa. Ma il suo urlo si spense al tonfo del blocco sulla terra, non prima di averlo schiacciato.
Gli altri Custodi, spettatori impotenti, sobbalzarono.
<< Cazzo… Andre’… cazzo, non può finire così… >> mormorò nervosamente Jonas.
Chiara sentì il sapore del sangue in bocca, ma non smise di torturarsi le labbra.
Emilia si accostò a Dimitri, che già stava perdendo l’uso della mano sinistra tanto Shai gliela stringeva forte.
Canuto rimase immobile innanzi al blocco. Avvertiva delle vibrazioni. Poi, una scossa che fece tremare l’Arena. Il blocco si spaccò in due, e una metà scivolò a terra, frantumandosi. L’altra non rimase in piedi più di altri cinque secondi. La figura di Andrea, la spada brandita a due mani sopra la sua testa, fece scintillare gli occhi di Canuto.
Il biondo gettò a terra la spada, crepata e malmessa. Abbassò le braccia, tastandosi un polso e grugnendo per il dolore.
La pausa non durò molto, perché il primo Custode fece nascere dalle viscere dell’Arena due sfingi di pietra. Andrea sospirò. Dietro di lui, un grosso basilisco di radici, stretto a intervalli di pochi centimetri in anelli neri d’ossidiana. I mostri si attaccarono con furia. Le sfingi che cercavano di scalfire la corazza del serpentone con le loro unghie affilate come coltelli, e il basilisco affondava i machete che si ritrovava nelle fauci nei corpi di quegli animali leggendari, riempiendoli di crepe.
Andrea e Canuto, intanto, combattevano con pugni  di roccia l’uno contro l’altro con una foga mai vista. E se il biondo si slanciava con foga contro il vecchio mago, l’altro sghignazzava come tornato bambino.
<< La vuoi smettere!? >> sbottò Andre’, frustato, dopo che Canuto ebbe parato un suo calcio. Quello lo trapassò con i suoi occhi gialli. << Credo proprio di no. >>
In quel momento, una sfinge si sgretolò tra le fauci del basilisco. Canuto si chinò, accogliendo il dolore della bestia da lui creata. Andrea intravide la sua unica speranza di vittoria. Affilò le proprie dita in artigli di quarzo, e attaccò.
Ferì di striscio il vecchio con quella mossa in stile Wolverine, poi cadde in ginocchio, il fiato corto provocato dalla morte del basilisco. Ma anche Canuto accusò dolore della seconda sfinge sgretolata.
Si diede del debole, lui, il primo Custode, che si faceva sconfiggere da un ragazzino di nemmeno diciassette anni. Non così. Recuperò quel tanto di fiato che gli serviva per mollargli un manrovescio.
Andrea si appoggiò con le mani a terra. Una fitta di dolore si irradiò dal polso destro, facendogli digrignare i denti dal dolore. Canuto fece per dargli il colpo di grazia, leggermente deluso, quando inciampò in una piccola radice. Si sbilanciò, e Andrea ne approfittò per costringerlo a terra in una gabbia di legno.
Il primo Custode e il biondo si guardarono, poi scoppiarono entrambi a ridere.
Emilia corrugò la fronte. << Quel vecchio matto l’ha quasi ucciso e ora Andre’ ride? Ma è cretino? >>
<< Chi lo capisce è bravo… >> commentò Chiara.
<< Magari il suo amante… >> scherzò Emy, lanciando un’occhiata maliziosa a Dimitri, che la fulminò con lo sguardo.
Andrea ritirò la gabbia di legno e aiutò Canuto ad alzarsi. Invitò con un gesto della mano gli altri Custodi a entrare nell’Arena, mentre l’Atlante della Verità compariva sul suo palmo aperto. Lo porse con estrema cura al biondo, che lo strinse a sé.
<< Vedrai che non ti darà più problemi. Usa il suo potere, il tuo potere, con coscienza. >>
<< Lo farò. >>
Canuto fece quel suo sorriso ambiguo e gli batté una mano sulla spalla. << Non divertivo così da un secolo, letteralmente. >>
<< Divertimento spastico. >> bofonchiò Shai, simulando della tosse.
Canuto scosse la testa, salutò con un cenno del capo il gruppo di Custodi e scomparve. Ce lo vedo a rapinare una banca, rifletté Dimitri.
<< Bene, pronti a tornare a casa e a del meritato riposo? >> fece Chiara.
Si disposero in cerchio, mano nella mano. La Wacan si sprigionò dal ciondolo di Chiara in miliardi di frammenti di luce, trasportandoli nella Residenza Winter.

 

§


Shai, violino e archetto in mano, si accostò ai battenti della porta e bussò sul muro. Andrea si riscosse, alzando la testa. Sorrise nel vedere la mora.
<< Ciao. >>
<< Ciao. Come va la mano? >> domandò, indicando col mento la benda che gli fasciava il polso.
Il biondo alzò le spalle. << Come dovrebbe andare dopo aver sfidato un blocco di roccia con una spada. >>
Shai suonò con le dita le corde del violino, ostentando indifferenza. << Sei stato bravo. >> esordì, sentendo le guance scaldarsi.
<< Grazie. >>
Sulla stanza calò di nuovo un silenzio carico di nervosismo. Shai strinse l’archetto tra le dita.
<< Io vado fuori a suonare, potresti essere il mio pubblico, se ti va. >>
<< Ne sarei onorato. >>
Shai sorrise, mesta. Si allontanò dalla porta, avviandosi. Sentì i passi di Andrea seguirla. Si impose di camminare lentamente, concedendosi un sorriso a trentadue denti, ringraziando l’essere di spalle. Lo sentiva nelle ossa che qualcosa di meraviglioso sarebbe accaduto.

 

***

Angolino dell'autrice
Avevo intenzione di aggiornare in fretta, ma dei giganteschi piccoli problemi di connessione me l'hanno impedito. E anche perché sono una svogliata cronica d'estate. Il caldo mi uccide e, nonostante tutto, questa è la mia stagione preferita LoL
Ma torniamo alla storia. L'ultima frase riguardo a Shai l'ho messa lì un po' così, perché adoro Radioactive degli Imagine Dragons e dovevo mettere almeno una riga di quella canzone in questa storia.
Bene, il mio cervello è così fritto che non è riuscito a trovare un nome migliore di "Canuto" (sinonimo di vecchio) per il primo Custode della Terra. Fantasia, alé!
Ora che Wacan, Chion, Xeyl e Niayh sono sistemati si ritornerà alla cruda realtà di guerra. Suculenti (?) ricordi di vita di Elisabeth Winter e mr. Zeigen, che realizzerà il suo sogno di "cattivo": muovere le truppe! x'D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che le battutacce pessime di Emilia non siano così terribili! Besos :*

Water_wolf


 

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Capitolo 26
*** 26 Attacco: Anima e Corpo ***


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"Don't you ever wonder how we survive?
Monster, Paramore"


Le sue labbra smaltate di rosa si staccarono da quelle dell’uomo. Sbatté le ciglia, facendogli l’occhiolino. << Grazie. >> sussurrò, sistemandosi la giacca grigia. << D-di niente. >> mormorò l’uomo, ma lei era già uscita dalla stanza.

Chiara si svegliò di soprassalto, sudata e con un grido che le premeva la gola. Si alzò dal letto fulminea, spalancò la porta e si fiondò fuori. Sentì l’alito caldo dell’uomo, nel sogno, le sue labbra posarsi dal suo collo. Fece un gesto d’insofferenza con la mano, strinse gli occhi, e iniziò a correre.
<< Jonas! Jonas! Jonas!>> strillò.
Arrivò in meno di un minuto alla sua porta. L’angelo le aprì prima che potesse buttarla giù a forza di pugni.
<< Che c’è? >> chiese, la bocca impastata e i capelli rizzati in aria.
<< Jonas, ho- >> Ma un altro grido le impedì di continuare.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata perplessa. Poi, Shai finì addosso a Chiara mentre strillava “Dimitri! Dimitri!”. La Custode dell’Acqua avvertì una mano sul suo fianco, calda, tremante, come nel sogno, e urlò a squarciagola. La porta che seguiva la stanza di Jonas si aprì, sull’uscio comparve Dimitri, visibilmente scocciato.
<< Si può sapere che c’è?! >>
 Shai e Chiara si staccarono, rimettendosi in piedi e sistemandosi rispettivi pigiami.
<< Jonas, ho fatto un sogno orribile sulla Winter! >> sbraitò Chiara, ma la frase non raggiunse il mittente, perché anche Shai, in contemporanea, aveva riferito le stesse parole al fratello. Le due si scambiarono un’occhiata in cagnesco.
<< Slow down, ragazze. Diteci con calma che cos’è successo. >> disse Dimitri, accostando la porta dietro di sé.
La violinista cedette la parola alla compagna, intuendo che le era accaduto la medesima esperienza.
<< Ho >> iniziò Chiara, ma poi si corresse << Abbiamo avuto un sogno orribile sulla Winter… >> sospirò, ravviandosi i capelli << Stava amoreggiando con… Zeigen. >>
Jonas impallidì, Dimitri pure.
<< Che cosa!? >>
I quattro si girarono, incontrando un’Emilia in camicia da notte, i capelli biondi scarmigliati, e la domanda urlata ancora sulle labbra. Andrea aprì in quel momento la sua porta e, dal fondo del corridoio, domandò << Che avete tutti da gridare ‘sta notte? >>
Emilia fece un gesto vago con la mano, come a volerlo zittire. << Che cosa significa “la Winter amoreggiava con Zeigen”, Lyra? >>
La Custode dell’Acqua si strinse nelle spalle. << Be’, significa che la nostra Presidentessa aveva appena finito di darsi da fare con Zeigen, e non solo con la bocca. >>
Emilia lanciò un urlo, tra il furioso e lo sgomento. << Perché la vita non fa che complicarsi? >> piagnucolò, a bassa voce.
<< Ma era un sogno giusto? >> chiese Dimitri, un sorriso indecifrabile stampato sulla faccia.
Sia Shai che Chiara annuirono.
<< Allora perché diavolo mi avete svegliando gridando come dei cammelli strozzati nel cuore della notte!? >> sbottò.
Era un sorriso omicida, si ritrovò a pensare la quindicenne, dopo aver trovato il coraggio di aprire gli occhi dopo quella sfuriata.
<< Si dice galline strozzate. >> lo corresse la bionda.
Dimitri la squadrò << Sicura? Galline, non cammelli? >>
La ragazza roteò gli occhi. << Sì, galline. >>
Jonas decise di riprendere le redini del discorso, riportandolo su un tono più dignitoso. << Shai, tu avevi già sognato qualcosa che poi si era rivelato realtà, vero? Quando sei entrata in contatto con Dimitri, e mentre dormivi un oracolo, definiamolo così, ti ha rivelato la storia sugli Elementi e le Grandezze Fondamentali. >>
La violinista annuì.
<< Che cosa diceva della Wacan? >>
La bruna capì dove voleva andare a parare il discorso dell’angelo, e rispose eccitata, quasi esclamando << La Wacan era il dono dei sogni, capace di far viaggiare ovunque, e permetteva di guardare al futuro! >>
<< Esattamente. >> convenne Jonas. << Vuoi dire che il mio sogno era qualcosa di realmente accaduto? >> domandò Chiara, in un sussurro. Jonas annuì, cupo. << Shai, visto che può dominare il tempo, ti ha fatto viaggiare nel passato anziché nel futuro. E questo significa che la Winter ci deve delle spiegazioni. >>
La Custode dell’Acqua sbarro gli occhi, poi, tirò un calcio al muro con rabbia.
<< E’ per questo che era così ansiosa di combattere Zeigen, perché voleva saldare con la morte il patto di silenzio tra lei e l’angelo nero... >> considerò, la voce inasprita e sibilante << Brutta puttana! >> imprecò << Sei quasi morto per lei, sei stato sull’orlo di perdere completamente i tuoi poteri e… Bastarda! Lo ha fatto solo per motivi personali, nemmeno per il bene di Upward! >>
<< Non ci posso credere… >> mormorò Emilia << No, abbiamo bisogno di prove vere, non ipotesi, prima di accusarla così. >>
Chiara si girò verso l’amica, furente. << Emy. >> tuonò, ma la bionda non si fece spaventare.
<< Anche io vorrei insultarla, credimi, ma per una volta credo bisogna aspettare di essere certi di queste accuse. E’ Presidente, dopotutto. >>
Chiara strinse i denti fino a farli scricchiolare. La Custode del Fuoco aveva ragione, ma non riusciva  a perdonare alla Winter il modo in cui aveva giocato con la sua vita e, soprattutto, con quella di Jonas.
<< Va bene. >> concordò, abbassando gli occhi. 
Da lontano, Andrea intervenne << Domani, se sarà necessario, consulterò l’Atlante della Verità, ok? Ma ora, per favore, lasciatemi riposare. >>
Le tre ragazze si sciolsero a quella supplica. << Certamente, Andre’. >> acconsentirono all’unisono, per poi scambiarsi un’occhiata frastornata.
<< Bene, allora a domani. >> tagliò corto Dimitri, rientrando in stanza sbattendosi la porta alle spalle. La violinista e la bionda salutarono, e ritornarono con calma nelle loro camere. Chiara rimase ferma davanti alla porta di Jonas, senza riuscire a domare la rabbia che la animava dentro.
<< Ehi >> esordì Jonas << puoi dormire con me, se ti va. >>
La Custode dell’Acqua si voltò, sperando di non aver frainteso. << Intendi stendermi sul letto con te, chiudere gli occhi e non altro, vero? >> chiese, alzando un sopracciglio.
L’angelo avvampò all’istante. << Sicuro, che cosa ti aspettavi? >>
Chiara scosse la testa, lasciandosi andare in una breve risata. << Scusa, ma questa conversazione assomiglia troppo alla pubblicità delle Schweppes! >>
Jonas sorrise per nascondere il suo imbarazzo. Aprì di più la porta, invitandola con la mano ad entrare. Chiara non si fece pregare. Si accomodò sul letto, posizionato contro il muro. La ragazza di distese all’interno, aspettando che Jonas le si mettesse accanto. L’angelo ghignò, malizioso.
Si avvicinò, i piedi che quasi non toccavano terra per la forte emozione che si aspettava di provare, e le cinse i fianchi, dolcemente. Appoggiò prima un ginocchio sul materasso, poi l’altro, sempre tenendo vicino a sé la ragazza. Si chinò per baciarle l’incavo della spalla, per poi risalire sul collo, fino a sfiorarle l’orecchio destro con le labbra.
Chiara rabbrividì di piacere. << Avevamo detto niente altre cose… >> sussurrò.
<< Ma nulla riguardo ai baci e alle coccole. >> ribatté lui.
Il fiato caldo, sulla pelle, fece scendere un nuovo brivido lungo la schiena della Custode dell’Acqua.
<< Sono stanca. >> si difese Chiara, senza imprimere convinzione nelle parole.
Jonas si fermò ugualmente, si distese affianco a lei. << E allora dormiamo. >> mormorò, cercando di nascondere il suo tono deluso.
Chiara sorrise, protetta dall’intimità dell’ombra di quella notte. << Forse farò meglio a correggermi: volevo dire che sono stanca di aspettare un vero bacio. >>
E nel momento esatto in cui finì di pronunciare quella frase, si voltò, cercando le labbra del fidanzato. Jonas non fece in tempo ne a sorridere ne a rimanere stupito, perché Chiara gli tolse il respiro. Quando si staccarono, l’angelo la inchiodò con lo sguardo. Hai fatto pratica, sembravano dirle. La ragazza sorrise. Sì, ne ho fatta, rispose con gli occhi. Poi si girò, dandogli le spalle, e decise che era ora di dormire.
Oltre che di far morire Jonas per la sua smania d’amore, pensò, ghignando.

 

§


Le piastrelle rosso rubino riflettevano i tiepidi raggi del mattino. Era l’unico ambiente, in tutto il palazzo, ad avere abbandonato i colori tipici della fazione Nera per tingersi di quello scarlatto brillante.
Zeigen l’aveva comandato su misura, apposta per quel momento tanto atteso. Una sola poltrona, in tono con il pavimento, interrompeva il riflesso del sole per gettare un’ombra ammorbidita sulle piastrelle.
Zeigen ci si era accomodato ai primi albori, era rimasto a godersi lo spettacolo del Muro che lo divideva dalla preda ambita. Il suo colore lo attraeva e ripugnava, perché, in alcuni punti semi irraggiungibili, il bianco e il nero si erano fusi, dando origine al grigio.
Un colore strano, ne pane ne acqua, cielo o terra, qualcosa che suscitava interesse. Qualcosa troppo luminosa per passare all’oscurità, ma troppo pregna di buio per esporsi completamente alla luce. Era il colore del fallimento per Zeigen, per non essere riuscito a convertire tutti gli angeli al suo pensiero, lasciando che Neri e Bianchi combattessero per la supremazia, in una macchia inevitabilmente grigia.
Il rumore di una porta aperta e richiusa, il rimbombo sonoro di passi sicuri, lo distrassero dalla contemplazione.
<< Papà. >> lo salutò Astra, poggiandogli una mano sulla spalla, non prima di aver lanciato un’occhiata di disprezzo al di là della barriera.
<< Astra, tesoro mio, ben svegliata. >> la accolse, guardandola negli occhi.
<< Il momento propizio è arrivato. >> disse lei, con l’intenzione di intavolare una conversazione.
Zeigen annuì, serio. << Le truppe si stanno già organizzando, non temere. Basterà un mio segnale e attaccheranno. >>
<< E attaccherò. >> aggiunse in un sussurro la figlia.
Il padre le sorrise, compiaciuto. << Vedo che hai saputo incanalare il tuo odio e il tuo rancore, per distruggere un obbiettivo ben preciso. >> si complimentò.
Fece un gesto vago con la mano, prima di ritornare a scrutare il cielo. << La vittima? >>
Astra strinse i pugni, al ricordo bruciante della sua sconfitta contro Chiara. << La Custode dell’Acqua, papà. Difenderò sia il vostro onore che il mio. Quella ragazzina ha osato ingannarti e …. >> Zeigen la interruppe. << Non ho bisogno che tu me lo ripeta, Astra. So già cosa si agita in te, mettendo in mostra l’orgoglio rubato a un cavaliere medievale. >>
La giovane fremette. Non desiderava altro che assaporare la paura negli occhi dell’avversaria, mentre con una lama le avrebbe tolto per sempre il sorriso dalla faccia. Fece per chiedere al genitore di far muovere le truppe, ma lui la precedette.
Premette un bottone sul bracciolo della  poltrona, e comunicò, dissimulando la sua crescente emozione << Sierra, muovete le truppe. >>
Si accomodò meglio sulla poltrona, preparandosi a godere di una vista privilegiata della battaglia tra i due eserciti.
Lo scontro con i Custodi degli Elementi non lo spaventava, anzi, Zeigen la consideravo solo una scaramuccia. Ma, da buon comandate, non poteva permettersi di sottovalutare dei nemici.
Perciò li avrebbe affrontati personalmente, poi, sua figlia avrebbe completato l’opera.

 

§


Chiara e Jonas furono gli ultimi a entrare nella camera di Andrea, non prima di aver deciso di mantenere il silenzio sulla notte prima. “Contegno” aveva mimato con le labbra l’angelo, e aveva aperto la porta.
Emilia, in fianco a Dimitri, osservò i due entrare, facendo l’occhiolino all’amica. Il Custode della Terra si era messo in una posizione tale da permettere a tutti di vedere l’Atlante della Verità, anche se per loro le scritte erano illeggibili e incomprensibili.
Andre’ aprì delicatamente il volume alla prima pagina, dove una scritta a caratteri gotici chiedeva: informazioni su…?
Il ragazzo pensò intensamente alla risposta, finché lo spazio vuoto si completò: relazioni tra Chrysanthemum Zeigen e Elisabeth Winter.
Le pagine si sfogliarono da sole, arrivando poco dopo la metà totale di esse. Sotto il suo sguardo un testo animato raccontava di quei due personaggi. Andrea scelse il paragrafo che gli serviva.
L’inchiostro scivolò via dalle pagine e volteggiò in aria, mostrando le relazioni amorose tra Zeigen e la Winter come la pellicola di un film.
Vide come la donna diventava avvocato, entrava a far parte della corte, di come lì avesse conosciuto uno degli uomini più influenti della città e delle sue macchinazioni. Osservò i due in uno stanzino, mentre al giovane Zeigen venivano strappati favori su favori, promesse su promesse.
Finché, quattro anni prima, la Winter ottenne ciò che realmente voleva: candidarsi e vincere le elezioni per la presidenza di Upward, con il favore di un angelo amato dal popolo.
Davanti agli occhi gli passarono le scuse fasulle della donna di fronte a Zeigen che, invece, aveva creduto che ottenuto il potere sarebbe riuscito a mantenere intatta quella relazione clandestina. Andrea richiuse l’Atlante della Verità senza aspettare che il filmato d’inchiostro finisse.
Gli altri, che non avevano potuto intravedere altro se non macchie scure svolazzanti, fissarono sgomenti l’espressione crucciata e pallida dell’amico.
<< Andre’, che cos’hai visto? >> domandò Dimitri.
Lui fece una smorfia. << Tanta merda, credetemi. >>

 

§


Si fecero annunciare da un maggiordomo, prima di entrare nella Sala delle Udienze. La Presidentessa si era affrettata a concludere quella riunione sulle forze militari della parte Bianca, notando con dispiacere che gli armamenti più consistenti non erano in loro mano.
Quando Elisabeth si trovò faccia a faccia con i sei Custodi, esordì << Avete già comunicato i successi –e gli imprevisti- delle azioni di ieri, perché siete qui? >>
Jonas lanciò un’occhiata ammonitrice a Chiara, prendendo parola. << Abbiamo una questione importante da discutere. >> dichiarò.
Elisabeth si irrigidì appena. << Ebbene? >>
L’angelo espirò ed inspirò, raccogliendo il coraggio a due mani. Stava per rinfacciare al suo Presidente, al Presidente della sua città, eventi spiacevoli della sua vita.
<< Abbiamo recentemente scoperto che Lei ha intrattenuto una relazione amorosa con l’ex membro della corte Zeigen. >> spiegò, controllando il tremito della voce.
La Winter si accomodò meglio sullo scranno. Soffocò un sorrisetto malizioso, riavviandosi i capelli in tranquillità,  scegliendo con cura le parole da utilizzare.
Chiara fremeva d’indignazione. Adesso vedremo che cosa ti inventerai. O si se lo vedremo. Il Presidente levò il capo, controllando quei sei ragazzi.
<< Mi domandavo se l’avreste mai scoperto, prima o poi. Dopotutto, era inevitabile. >>
<< E’… è tutto quello che ha da dire? Che potevamo anche venire a sapere di Lei e Zeigen prima? >> Chiara quasi urlò l’ultima frase.
Elisabeth non si sorprese. L’ho fatta ammanettare, l’ho minacciata, ricordò. Sorrise amabilmente a tutti.
<< Non servono spiegazioni, se conoscete già la storia. >>
Chiara si riportò una ciocca ribelle dietro l’orecchio, furente. Se solo avesse potuto, avrebbe picchiato a sangue il Presidente. Ma non poteva, perché, sfortunatamente, non ne aveva il diritto.
Emilia prese le parti dell’amica, seppur contenendo la punta d’odio che provava per quella donna. << Il fatto è che Lei ha usufruito della nostra vita a suo piacimento, rischiando soprattutto quella del nostro compagno Jonas, per meri scopi personali. Dovrebbe sapere che la vendetta non è la scelta giusta. >>
Elisabeth Winter trattenne a stento una risata. << Meri scopi personali? Vendetta? >> fece eco << Vi sbagliate di grosso. Io e Zeigen eravamo solo compagni di sesso, qualcosa che sua moglie non riusciva, o voleva, più dargli. Mi credete così superficiale da suggellare con la morte qualcosa del genere? >>
Sì, certamente, bastarda! rispose Chiara nella sua mente.
<< Non pensavo che il sesso comprendesse l’appoggio nella vita pubblica, signor Presidente. >> intervenne Dimitri.
La Winter si inumidì le labbra con la lingua. << Certo, è questo che intendevate… >> considerò ad alta voce << Be’, come pensate che si sopravviva in un mondo arduo come questo? Tutti sono pronti a scavalcare qualcun altro, nella politica, spesso e volentieri, il fine giustifica i mezzi. Se il signor Zeigen ha frainteso un rapporto di puro svago per altro, non ne ho io la colpa. >>
<< Lei sta mentendo! >> gridò Chiara, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Andrea tossicchiò, prendendo parte a quella discussione << Forse non mente del tutto, ma omette parte della verità. Senza considerare che, in un mondo arduo come quello politico, a questi livelli soprattutto,  anche un hobby pericoloso come il suo può essere motivo di vendetta. Credo che sappia cosa farebbero i media per ottenere uno scoop come questo… >>
Elisabeth Winter sospirò. << Cosa volete che ammetta? Di essere andata a letto con quello che ora è il mio peggior nemico? Sì, l’ho fatto, ma questo non condiziona assolutamente il mio modo di gestire la presidenza, ne prima ne adesso. C’è la liberta di pensiero, a Upward, per cui, credete a ciò che considerate giusto. >>
Non ne dubitavo affatto, pensò Chiara.Un’ombra gigantesca oscurò per qualche secondo la Sala delle Udienze, poi un tremendo scossone fece tremare la terra.
Elisabeth scese dalla sedia e si diresse alla finestra in un lampo.
Ciò che vide la fece tremare più della seconda scossa. Il Muro si era alzato di parecchi metri. Una barriera scura, fitta, piumata, si dirigeva verso i Bianchi. Erano angeli, angeli Neri.
La Winter si voltò verso i Custodi.
Aveva perso sia la sua spavalderia che il suo sorriso, persino la forza che l’aveva guidata fino a quel momento vacillò. Si impose la calma, si stirò il tubino grigio e annunciò << Signori, l’ora della battaglia è arrivata: ci attaccano. >>

 

***

Angolino dell'autrice
Scusate l'enorme ritardo nell'aggiornare, ma considerando che sono al amre e la connessione mi prende solo dalle 20.00 in poi, e che scrivo la notte chinata sul computer come una civetta, credo sia una fortuna essere riuscita a scrivere questo capitolo a questo ritmo!
Be', ecco il passato di Elisabeth Winter. Che ve ne pare? Forse è banale, forse no... ma credo che aumenti il suo spessore di personaggio ambiguo, che io adoro di lei. Mi sa che sono l'unica ad apprezzarla! LOL ^^"
Dimitri e Emilia fanno uno dei loro solito show, anche se il mio lato comico si rivolta al pensiero della scarsità d'inventiva di questi dialoghi. Il sole mi ha finito di friggermi il cervello C:
E *rullo di tamburi* prossimo capitolo, finalmente, si combatte! Se avete imparato a conoscermi, saprete che sarò sadica con tutti, e che ho intenzione di scrivere qualcosa che spacchi di Brotchen hahah *battutedalinguista* 8D
Visto che sono in vacanza, comunico che ci sarà un po' d ritardo negli aggiornamenti, perdonatemi *occhi da cucciolo*
fatemi sapere cosa ne pensate, un abbraccio!

Water_wolf
 

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Capitolo 27
*** 27 Fuoco alle Polveri!(Parte 1): Solitudine e Troppe Chiacchiere ***


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Colonna sonora consigliata dal primo "§":
Wings - Macklemore


"Like the cilling can't hold us
Can't Hold Us, Macklemore (<3)"

 

A Sara,
perché sole siamo niente e insieme siamo tutto.
E perché mi hai convertito a Macklemore.


 

Neanche il tempo di dire “Svelti! Andate a prepararvi!”, che angeli su angeli entrarono a fiotti nella Sala delle Udienze. Elisabeth Winter dovette prendere il martelletto che teneva sotto un banco e abbatterlo sul legno per farsi ascoltare.
<< Ordine! >> chiamò, e sui presenti scese un silenzio nervoso << Risolverò ogni problema, ma prima, scortate i Custodi degli Elementi alla zona militare. >>
Tirò un sospiro, poi disse, decisa << Sono loro la nostra arma vincente contro Zeigen. >>
Chiara s’immobilizzò. Non credeva alle proprie orecchie. Davvero ha ammesso che solo noi siamo la chiave della salvezza di Upward? si domandò. Jonas la riscosse, sussurrandole all’orecchio << Mai giudicare troppo presto una persona, può sempre trovare il modo di stupirci. >>
Il chiasso riprese a farsi sentire, e il gruppetto uscì dalla Sala delle Udienze. Trovarono fuori un angelo ad ali spiegate, in una mimetica flecktarne°, le mani intrecciate dietro la schiena. Si mise in testa, scivolando senza problemi tra i fiumi di angeli indaffarati. I malati venivano evacuati nei piani più bassi e sicuri, mentre medici e alcune infermiere si dirigevano al campo militare per assistere i primi feriti, tra i civili.
I sei Custodi erano salmoni contro corrente, arrancavano, si perdevano, toccavano corpi estranei per farsi strada verso la meta. Il militare, invece, sembrava perfettamente a suo agio in quella situazione di caos.
I muri furono il primo segno di cambiamento, più spessi, più scuri; le porte avevano meno fronzoli e i vetri furono eliminati del tutto. Chiara pensò di trovarsi in un’immensa lattina di metallo, acciaio e ferro.
Il militare aprì loro una porta, congedandosi con un mezzo inchino. La visone che si aprì fu quella di un enorme formicaio in fermento, gli angeli in mimetica militare sembravano trasudare da ogni dove.
<< Ehi, voi, reclute! Qui! >> gridò una voce.
Un soldato di mezza età, il viso e le braccia scoperte sfregiate da diverse cicatrici, fece cenno al gruppo di seguirlo. Puzzava di sudore e di una colonia scadente, la sua postura emanava arroganza e sicurezza.
<< Ancora non capisco perché abbiamo una donna come presidente, insomma, è enormemente stupido unire due obbiettivi sensibili così. Ah, se ci fosse uno di noi al comando! >> commentò il militare.
Chiara chiese spiegazioni a Jonas con lo sguardo. L’angelo dovette gridarle dritto nell’orecchio per farsi sentire.
<< Intende dire che la Winter ha commesso una negligenza, un ospedale e la Residenza del Presidente sono dei punti deboli, ciò a cui pensano subito i terroristi quando devono piazzare una bomba. >>
<< E allora perché l’ha fatto? E perché c’è un esercito intero qui? >> domandò lei.
<< Non sai quello che può fare avere il proprio presidente vicino quando si sta male, Chiara. E’ speranza, e la speranza è sempre l’ultima a morire: è una pistola contro i nemici, in questo caso. Per quanto riguarda i militari, be’, questi sono pochi in confronto a quelli stipati nelle retrovie di Zeigen. La Winter ha iniziato a crearsi un mini-esercito quando sempre più Bianchi diventavano Neri. >>
<< Vuoi dire che se non riusciamo a sconfiggere Zeigen, Upward sarebbe completamente in mano nemica? >> chiese Chiara, stringendo la mano di Jonas.
<< Io dico che tu gliel’hai fatta sotto il naso da sola, e che insieme sarà impossibile perdere. >>
La Custode dell’Acqua pensò che impossibile proprio non era, visto che la prima volta che avevano tentato erano stati sconfitti.
<< Piccioncini, per le effusioni ci sarà tempo dopo la battaglia. Ora, andate ad armarvi! >> li esortò il soldato.
Solo in quel momento Chiara si accorse di essere in una frazione del giardino della Residenza Winter. Altri angeli vagavano, presi dalle loro mansioni, soffermandosi su alcuni banchi dove erano disposte armi di tutti i generi.
Proprio in quel momento, un plotone formato da angeli bardati di colori dal verde scuro alla sabbia, armati di M4°°, partì in volo per contrastare i Neri al Muro. Dimitri si sporse verso la loro guida.
<< Perché hanno questa mimetica se siamo in città? Saranno facilmente riconoscibili. >>
<< Ottima osservazione, recluta. Essere riconoscibili è quello che vogliamo, dobbiamo distinguerci dai nemici, visto che già sarà difficile ammazzarsi tra fratelli o amici. Se fossimo tutti in urbano°°°, credimi, sarebbe il putiferio. >> spiegò, battendo una mano sulla spalla di Dimitri, che quasi si piegò in due.
Shai e Emilia soffocarono una risatina. Il soldato si fermò davanti a una specie di stand, dove sei pistole e altrettanti giubbotti anti-proiettili li aspettavano. << Indossate questi e, se vi servono, prendete con voi quelle. Tu >> indicò Andrea << va’ a farti stringere quelle bende, forza. In gamba, reclute! >>
Si allontanò, ma Shai lo fermò.
<< Aspetti! Non ci ha nemmeno detto come si chiama! >>
Il soldato sorrise, beffardo. << Be’, quando vi servirà una mano per portare a casa la pellaccia, tenetevi in contatto con me con quelli. >> indicò uno spesso filo attorcigliato, attaccato ai giubbotti. Era un auricolare. << Sono il maggiore Connor. >>
Si voltò, e scomparve tra gli altri angeli. Andrea seguì il consiglio del militare, mentre gli altri ragazzi prendevano i giubbotti anti-proiettili, evitando le pistole. I Custodi si aiutarono a vicenda, considerando che infilarseli era molto più semplice vederlo alla televisione che farlo nella realtà. Andre’ tornò presto, e Shai gli diede una mano a infilarsi il giubbotto.
Alle loro spalle si levarono delle voci concitate, e una folla di angeli in frac e militari si fecero largo tra la folla. Chiara trasalì quando riconobbe al centro di quell’uragano Elisabeth Winter.
I maggiordomi tentavano di convincerla a non fare quello che aveva intenzione di fare, qualunque cosa fosse, mentre un soldato ne atterrava uno sbattendogli in faccia il suo parere opposto.
<< BASTA! >> sbraitò infine il Presidente. Si avvicinò a un banco e prese una fondina. << Sono la massima autorità politica di questa città,  sono cosciente delle mie scelte, e non ho intenzione di ricredimi. Combatterò questa guerra con i miei soldati, il mio popolo. >>
Scelse una pistola tra tante e se la mise nella cinta.
<< Ma, Presidente, se Lei dovesse mancare chi la sostituirà? >> domandò qualcuno.
La Winter agguantò un giubbotto anti-proiettili. << Ho una squadra addestrata alla mia protezione, non dovete temere la mia incolumità. Se soccomberò, lo farò insieme a Upward! >>
Un coro di acclamazioni si levò dai soldati, che furono rinvigoriti da quel discorso. Chiara pensò che sarebbe stato adatto più a Barba Nera che cercava di attaccare una nave della marina inglese che a un Presidente del ventunesimo secolo. Un militare l’aiutò con il giubbotto.
Emilia finì di sistemarsi, gettò un’occhiata in tralice al Presidente e commentò << Ma che cosa crede fare? Tirare fuori una sciabola e gridare “fuoco alle polveri, miei prodi!”? Si farà ammazzare, statene certi. >>
Dimitri la osservò per un attimo prima di ribattere. << Sarà, ma io ce la vedo. E’ molto spaco botilia amazo familia. >>
Emilia quasi si strozzò per colpa delle risate, tanto che si dovette appoggiare a Chiara per non cadere. La comitiva per intero fu contagiata da quell’attacco di ridarella, e tutti presero a ridere senza un motivo preciso.
Quello scoppio di felicità fece dimenticare per un attimo ai sei Custodi la loro missione, il compito che gravava sulle loro spalle di adolescenti. Ma, in fondo, lo sapevano: avrebbero dato il tutto per tutto pur di salvare Upward. Quella non sarebbe stata l’ultima volta in cui ridevano.

§

Non fu facile arrivare al di là del Muro. Troppa confusione, troppi angeli, troppo sangue, troppi morti inutili. Chiara desiderò tapparsi le orecchie, poter guardare quelle scene come se appartenessero a un film, osservare solo una massa indistinta di corpi e piume in movimento, senza udire le loro grida di dolore, senza avere nelle narici l’odore del sangue.
Sentì il sapore della bile in bocca, e si affrettò a passare per il tunnel sotterraneo creato da Andrea. Arrivare dall’alto era impossibile, gli eserciti si scontravano anche in aria.
E’ la guerra, si disse, ma quel pensiero non giustificò quello che gli angeli stavano facendo. E anche lei.
Continuarono sotto strati e strati di cemento e terra finché Andre’ si fermò, tastò una parete e disse << Il palazzo è qua sopra. >>
Aprì un varco e formò dei gradoni compatti, in modo che fosse possibile salire tranquillamente. Quando arrivarono in superficie, Emilia spense i fuochi fatui che aveva acceso durante il percorso.
Era meglio non dare nell’occhio, anche se tutti erano coscienti che Zeigen sapeva del loro arrivo, non il momento esatto, ma di sicuro aveva preso delle precauzioni. Ed era di quelle precauzioni che avevano paura.
<< Ai piani alti, come l’ultima volta? >> domandò Dimitri, scrocchiandosi le dita.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma si sarebbe sentito più a suo agio a derubare il caveaux  di una banca a Montecarlo che lì, col chiodo fisso di un obbiettivo da raggiungere.
Chiara annuì, indicando il piano in cui aveva incontrato per la seconda volta Zeigen. Si stupì di ricordarselo, con la confusione che poi si era creata, ma sapeva che il cervello annota dettagli che al momento sembrano insignificanti, oppure i particolari più sgradevoli. 
Dimitri si concentrò, chiuse gli occhi, e in un battito di ciglia i sei Custodi si ritrovarono a sfrecciare insù, attraversando muri, pavimenti, stanze e anche mobilia varia come fantasmi, senza il peso d’essere morti.
<< Tlin, si avvisano i signori passeggeri che il ‘Dimitri Express’ è arrivato a destinazione. >> buttò lì per lì il ladro, ma non riuscì a smorzare la tensione.
Jonas giocherellò con l’elsa della Spada della Pace, fissando torvo la porta innanzi a loro. All’improvviso, una voce rauca e metallica fendette l’aria.
<< Il Signor Zeigen vi aspetta alla Sala Rubino, piano ottanta. Arrivederci e buona giornata. >>
Emilia commentò << Oook, questo era inquietante. >>  
Shai, pratica, ordinò <<  'Dimitri Express', ottantesimo piano, per favore. >>
Il ladro fece una smorfia, ma eseguì. Salirono i piani velocissimi, ritrovandosi in un corridoio buio e stretto, ci si poteva camminare massimo in due spalla a spalla. La voce roca li raggiunse anche lì, guidandoli ogni volta che si presentava una svolta o un incrocio.
Dopo dieci minuti buoni in quello strano piano che sembrava costruito a replica del labirinto del Minotauro, quella sottospecie di navigatore dichiarò << Siete arrivati a destinazione. Addio. >>
Ma davanti ai sei non c’era niente.
Poi, un  cigolio acuto fendette l’aria. Le piastrelle del pavimento si inclinarono pericolosamente verso l’interno.
<< Che cosa sta succedendo!? >> sbraitò Emilia.
Un sonoro tong sovrastò la sua voce. Il pavimento si stabilizzò per un attimo, dopodiché i Custodi non ebbero più nulla sotto i piedi a sostenere il loro peso. Sei buchi neri si spalancarono e li risucchiarono singolarmente.
Jonas impiegò cinque secondi a spiegare le ali, ma si rese conto di non poterle sbattere ne portarsi su. Allora usò l’aria, però anche quel tentativo fallì: il pavimento era di nuovo al suo posto. Shai tentò di catturare una debole corrente ascensionale, ma senza successo.
Ripiegarono le ali e si lasciarono scivolare giù nel buio.

§

Emilia atterrò con un tonfo sordo e tra cigolii di legno. Intorno a lei il buio più completo. Una luce entrò nella sua visuale, facendola alzare sui gomiti.
<< Chi sei? >> domandò.
Il bagliore illuminò un uomo abbigliato con vestiti d’altri tempi, basso e con una parrucca in testa. Non l’aveva mai visto, ma sapeva, sentiva, che quello era Zeigen.
<< Ho deciso di occuparmi personalmente di ognuno di voi. >> esordì, serio. Si avvicinò, strinse una frazione di buio e disse << Così farò. I miei più cari saluti, Custode del Fuoco. >>
Con un rapido movimento abbassò ciò che teneva in mano, scomparendo alla vista.
Emilia si sentì soffocare. Accese su un dito un fuocherello, e quello che vide la spaventò a morte. Si trovava dentro una bara buia e fredda.
Spense immediatamente la fiamma, nonostante fosse la sua unica fonte di luce e calore. Se voleva sopravvivere, doveva stare calma e respirare poco.
Non sapeva quanta aria ci fosse ne quanto sarebbe durata, ma strinse gli occhi e pregò i suoi amici di venirla ad aiutare.

§

Dimitri riuscì a arrivare in piedi. Non vedeva nulla, così chiuse gli occhi e iniziò a percepire ciò che c’era introno a lui. Il buco da cui era caduto, una piccola stanza quadrangolare, i suoi piedi sul pavimento, una persona che lo fissava a braccia incrociate.
<< So chi sei. >> disse, cupo.
Zeigen proruppe in una risata.
<< Ho pensato molto a come eliminarti, Custode dello Spazio, il tuo potere è così… poliedrico che il suo unico punto debole è se stesso. >> commentò, umettandosi le labbra.
<< Non mi piace chiacchierare. >> ringhiò Dimitri.
Espanse la mente e lanciò una rete invisibile contro il suo avversario. Zeigen non si mosse, anzi, mormorò due sole sillabe e l’attaccò del ladro si bloccò. Poi, all’improvviso, la gabbia si ritirò su se stessa a una velocità allucinante.
Il Custode imprecò, strinse i denti fino a farli scricchiolare, ma la rete continuò a restringersi fino a intrappolarlo. Si scagliò contro il muro invisibile, e una scarica elettrica lo percorse da capo a piedi. Gridò.
<< Sai, anche noi angeli abbiamo potenziali nascosti. Buona reclusione, Custode dello Spazio. >> disse, aprì una porta in fondo alla sala e uscì.
Dimitri si lanciò di nuovo contro la rete, urlando alle spalle di Zeigen << Sei un vile! Un codardo! Affrontami faccia a faccia! Questi trucchetti sono solo per chi ha la coda di paglia! Combatti con me! >>

§

Chiara si schiantò sul pavimento. Una fitta le percorse il fianco ammaccato quando si tirò su, sbattendo le palpebre per riuscire a vedere meglio. Niente da fare: c’era solo l’oscurità alla fine del tunnel. Dove sono? Dove sono tutti?
Dai suoi piedi iniziò a scorrere un ruscello, si trasformò in una pozza e poi in un piccolo lago. Chiara calcolò che si poteva uscire solo dall’alto o da una porta, anche se quest’ultima era chiusa.
<< Custode dell’Acqua, la mia preferita. Come stai? >>
Chiara rabbrividì, estendendo la sua percezione su tutta la superficie del lago. Ma Zeigen doveva volare silenzioso come un gufo, perché non riusciva ne a sentirlo ne a percepirlo.
<< Abbi il coraggio di sfidarmi ad armi pari. >> abbaiò, sulla difensiva.
<< Sei preoccupata per i tuoi amici, cara? >>
<< Non dovrei? >>
Zeigen rise, avvicinandosi a lei. Chiara alzò una colonna d’acqua, pronta a trasformarla in una decina di lame affilate.
<< Fai bene, perché presto soccomberanno. Sai che cosa può sconfiggere il tuo elemento, l’Acqua? >>
<< Dimmi dove sono, bastardo! >> urlò, perdendo quella poca calma che aveva.
<< Molte cose. >> proseguì imperterrito Zeigen << La Terra, per esempio, o dei veleni, persino lo stesso Fuoco. Interessante, vero? >>
<< Sì, se fossi una bambina in gita alla fabbrica di cioccolato e non la persona che ti sconfiggerà. >> ribatté, aspra.
<< Oh, siamo aggressive, eh? Va bene, diamo inizio alle danze. >> decretò.
Lanciò qualcosa nell’acqua, e quella sostanza si espanse rapidamente su tutta la superficie del lago. Zeigen aprì la porta, illuminando la stanza per un attimo, e la salutò, lugubre << E’ ora di essere cotti, Acqua. Addio. >>
E gettò un accendino acceso sull’acqua, scomparendo oltre la porta. Chiara lo capì in quell’istante: la sostanza era petrolio, e il petrolio era altamente infiammabile.
L’incendio divampò sulla superficie in pochi istanti, l’acqua si iniziò a scaldarsi.
Chiara ne evocò quanta più possibile, pensò intensamente alle correnti fredde, ai mari del nord, agli iceberg, a granite, tempeste… tutto ciò che potesse raffreddarla.
Il livello dell’acqua si innalzò fino a entrare nel tunnel. Ma le fiamme continuavano a bruciare, scaldando misteriosamente anche gli strati più sotto.
E’ magia, intuì Chiara, sentendo la calura farsi strada verso di lei.
Sperò di riuscire a resistere il più possibile, pregò per Jonas e tutti gli altri, poi chiuse gli occhi e immerse anche la sua mente nelle acqua gelide che dall’immaginazione diventavano realtà.

§

Andrea atterò di schianto. Sentì le ossa del polso ferito schioccare e piegarsi innaturalmente, facendogli vorticare davanti agli occhi una marea di puntini luminosi. La prima fitta gli tagliò in due il respiro. Rotolò supino, respirando con affanno, stringendosi il polso inequivocabilmente rotto.
Poi, una sensazione mai provata prima lo fece sobbalzare. Non sentiva la terra.
Ovunque fosse stato, anche prima di scoprire i propri poteri, l’aveva sempre trovata sotto i propri piedi. Ora era come scomparsa senza motivo.
Per un attimo, tremò. Non gli piaceva volare, ne tanto meno fluttuare nel nulla come in quel momento. Perché sapeva che il pavimento era sotto di lui, ma era come un sogno lontano.
<< Non c’è gusto a sconfiggere qualcuno già ferito. Sarò clemente con te, Custode della Terra. Dovrai solo chiuderti nel tuo guscio e sperare di resistere abbastanza a lungo. >>
<< Zeigen. >> ringhiò, tirandosi su.
Il polso rotto gli inflisse una scarica di dolore acuto, ma lui la ignorò.
Adesso più lontana, la voce del nemico disse << Divertiti e addio, Andre’. >>
Poi, fiamme, aria e fulmini squarciarono la quiete della stanza. Che cosa…? pensò, ma fu costretto a interrompere il filo della coscienza.
Innalzò, seppur con una certa difficoltà, delle alte scaglie di terra. Vi si rifugiò all’interno, sigillandocisi.
C’era abbastanza aria per qualche ora, ma il fuoco si faceva sentire, le raffiche di vento erano colpi di scure e i lampi il martello degli dei. No, non sarebbe stato facile per nulla.

§

Jonas lasciò che le ali lo facessero atterrare dolcemente, planando per quanto gli fu possibile. Non fu sorpreso di trovarsi al buio, era un ottimo modo per disorientare il nemico, soprattutto se quest’ultimo era appena scivolato giù da un tunnel dopo che il pavimento aveva ceduto sotto di lui.
<< Zeigen. >> chiamò << Fatti vedere! >>
La stanza si illuminò all’improvviso, e la figura dell’angelo nero a ali spiegate riempì il campo visivo di Jonas. 
<< Avevi la possibilità di diventare più forte, di passare dalla parte dei vincenti e l’hai sprecata. Mi hai tradito, mi hai deluso. >>
Jonas sputò per terra. << Sai che me ne importa di aver ferito i sentimenti di un mostro? Cosa può cambiare la tua insoddisfazione in questa situazione? >>
Zeigen abbozzò un sorriso ironico. << Immaginavo una risposta simile… Bene, ti sei avvicinato alla morte, angelo. >>
Con uno schiocco di dita ritornò il buio, e l’ometto schiuse un attimo la porta, dicendo << Cosa c’è di meglio di un bella morte sottovuoto per il Custode dell’Aria? >>
Il tunnel si sigillò. La nuova parete iniziò a scendere su Jonas, lenta ma inesorabile.
Il ragazzo sguainò Chion, si deterse la fronte imperlata di sudore con la mano libera e si preparò. Quando la lama, rafforzata dai venti, cozzò contro il muro Jonas avvertì il dolore farsi strada dentro di lui.
Zeigen aveva scelto una prova mortale, l’aveva costretto a sorreggere la parete da solo, come Atlante fece con il cielo perché non schiacciasse la terra.
Ma non era la terra che importava a Jonas, quanto mantenere il suo corpo integro.

§

Shai atterò facilmente grazie alle ali. Non si curò del buio: se Zeigen pensava che la spaventasse o che potesse usarlo a suo vantaggio si sbagliava.
<< Custode del Tempo, che piacere incontrarti. Uno splendente angelo bianc- >>
<< Taglia corto, Zeigen, non m’interessano le tue chiacchiere. >> lo interruppe lei.
L’altro rise. << Non hai tempo, per caso? >> cercò di scherzare.
Shai scosse la testa. << A dire il vero, ne ho quanto ne voglio. >> disse.
<< Allora possiamo conversare, cara. >> ribatté Zeigen.
Ma Shai non aveva finito il suo discorso. << Sei tu quello che non ne ha. >>
E così dicendo, scagliò un globo contro il luogo dove proveniva la voce, inaspettatamente. L’angelo nero fu colpito in pieno petto.
<< Torna fra un paio d’ore, caro. >>
Zeigen, infatti, si riavvolse come il nastro delle vecchie cassette, ritornando sui suoi passi, ripetendo le parole al contrario. Uscì dalla porta da cui era entrato, indicando a Shai il modo per andarsene.
La mora non perse tempo; chissà cos’era capitato ai suoi compagni. Strinse i pugni, serrò le labbra e il petto le si gonfiò d’orgoglio mentre percorreva i corridoi inseguendo il legame che aveva con Dimitri.
Shai, si disse, è arrivato il tuo momento per salvare il culo a tutti.


***

Angolo dell'autrice:
Alleiluia! Sono secoli che non aggiornavo, vi ho fatto penare questo capitolo non poco. In realtà l'avevo già finito di scrivere circa una settimana fa, ma rileggendolo mi è sembrata una merdina per cui l'ho riscritto tutto d'accapo.
Vediamo la Winter in un 'inno al valor civile', e ho fatto felice la mia scimmia-fratello chiedendogli parecchie cose sui militari *dovevano essere cinque minuti, ma si è prolonguata un ora intera! -w-*
Jonas ci ha regalato il modo per sconfiggere Zeigen, sta a voi individuare la frase e tentare il superenalotto x'D
Ah, mi sono ricordata solo adesso una cosuccia: ho mai specificato come leggere il nome del cattivo? Nel caso la risposta sia no, dovete leggerlo 'alla tedesca', quindi Zaighen e non letteralmente Zeigien *che è più moscio*
Sono una merdina, scusate ^^""""
Non credo riuscirò ad aggiornare prima di settembre, le mie vacanze stanno per finire e i meravigliosi doveri scolastici mi chiamano *ç_ç* Ergo: mettetevi l'anima in pace, keep calm and read my other story Sagittarius - Nel Segno del Fuoco hahah LoL xD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto (e che abbiate amato Macklemore *occhiata cattiva indagatrice*) e.... Ce la faranno i sei custodi a sopravvivere? Jonas diventerà il nuovo prodotto buitoni "Le sottilette angeliche"? Ma, soprattutto, Shai salverà il culo a tutti?
Lo scopriremo nella prossima puntata tanananananannnnnnn! *sclero time*



 

 

Legenda:




°mimetica flecktarne


°°M4

°°°mimetica urbana

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Capitolo 28
*** 28 Fuoco alle Polveri!(Parte 2): Di Baci e Salvataggi ***


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Più si avvicinava alla stanza in cui era rinchiuso Dimitri, più avvertiva i sentimenti i suoi sentimenti farsi prepotentemente strada dentro di lei. C’era odio, rabbia, delusione, paura.
Shai fu sicura di trovarsi davanti alla porta giusta quando, attraversato un intero corridoio, una fitta di dolore acuto le trafisse il petto.
Che gli avrà fatto Zeigen? si domandò, in ansia.
Fece un grande respiro, poi sferrò un calcio contro la porta. Quella resistette a un altro colpo ancora, ma, alla fine, Shai riuscì a scardinarla. Si passò una mano sulla fronte sudata.
<< Dimitri! >> chiamò.
<< Shai! Che cosa ci fai qui? >> chiese il ladro, sbalordito.
La violinista sbuffò di sollievo, recuperando un po’ di calma e sangue freddo. << Ti aiuto a portare le chiappe al sicuro, no? >>
Dimitri rise, divertito dalla spavalderia della sorella.
<< Sono intrappolato dentro il mio stesso attacco, Shai, in una gabbia trasparente che si ritorce contro di me. >> spiegò. << Non ho idea di come fare a contrastarla… >> ammise subito dopo, lasciandosi cadere seduto.
La violinista si appoggiò alla parete, pensosa. C’era lo zampino della magia, questo era certo, ma una diversa da quella che fluiva nel corpo dei Custodi, forse persino una variante della componente di quella angelica.
Rifletté sul problema per alcuni minuti che parvero ore, finché non esordì << Dimitri, crea un’altra gabbia come quella in cui sei dentro e ordinale di espandersi. >>
Il ragazzo lanciò un’occhiata di sbieco a suo indirizzo, lì dove percepiva la sua presenza e dove proveniva la sua voce. << Non riuscirò a romperla dall’interno, ci ho già provato. >> obiettò, scettico.
<< Infatti, non si romperà completamente. >> replicò Shai, sicura.
Dimitri scosse la testa, poco convinto, ma iniziò a far fluire ugualmente energia dal suo corpo. Quando fu sicuro che fosse abbastanza potente, la lasciò andare in un’ondata compatta con l’ordine di espandersi.
Le due gabbie cozzarono con un’esplosione di luce e un rumore di vetri rotti. Si contrastavano a vicenda, una premeva per rimanere al suo posto, l’altra per uscire.
Dimitri fece per dichiarare l’ennesimo piano di fuga fallito, quando uno strano sbilanciamento colse la prima gabbia.
Quella che premeva verso l’esterno aveva fatto una breccia nell’altra, che non aveva fatto in tempo a richiudersi, così la seconda la stava inglobando. La trappola fu inghiottita completamente e, prima che potesse espandersi all’infinito, il ladro la bloccò e riportò l’energia dentro di sé, recuperando un po’ di forze.
Si alzò in piedi con un grido di gioia. Si diresse a passo sicuro verso Shai, e l’abbracciò stretta. La mora fu colta impreparata, visto che non aveva visto nulla se non lo scoppio luminoso iniziale, ma rispose con ugual trasporto.
<< Siamo perfetti: tu la mente, io la forza bruta. >> scherzò Dimitri, nonostante fosse infinitamente grato alla sorella.
<< Già, proprio bruta a giudicare dalla tua faccia. >> buttò lì Shai.
Dimitri sorrise. << Potevi tirarla fuori prima la grinta, sorellina. >>
I due si  strinsero forte, cullandosi per minuti interi, stranamente al sicuro nella casa del nemico.
<< Dobbiamo andare ad aiutare gli altri. >> esordì il ladro.
Shai annuì nel buio. << Muoviamoci, non sappiamo ciò che Zeigen ha architettato per loro. >>
Uscirono come dei fulmini dalla stanza, questa volta affidandosi al potere del ladro. La sua mente era già proiettata avanti, verso un’unica destinazione: Emilia. Che trattamento le aveva riservato Zeigen?
Rabbrividì, quando alcune idee gli sfiorarono la coscienza. Le scacciò con forza, ripetendosi che sarebbe arrivato in tempo per evitare l’irreparabile. Corse fino a farsi bruciare i polmoni, seguendo la traccia che lo avvicinava sempre più a lei.
Il corridoio che aveva percorso Shai, per prima, sembrava non finire mai. Le porte erano distanti metri e metri le une dalle altre, ma almeno tutte in fila.
La prossima, la prossima, si ripeteva.
La traccia si rafforzò, e Dimitri si fermò all’improvviso. Abbatté la porta con una spallata ben piazzata, incapace di pensare a nient’altro che non fosse farsi strada al più presto. Corse, o meglio, si sbilanciò verso l’interno, senza fermarsi.
Non fece caso ai sensi che gli suggerivano la conformazione della stanza e quello che c’era dentro, così, inciampò, fece un volo in avanti e atterrò dolosamente sull’oggetto al centro dell’ambiente. Dimitri imprecò sonoramente; Shai sobbalzò, allarmata.
<< Cos’è successo!? >>
Il ladro la ignorò. Batté un pugno su quella che aveva identificato essere una bara, tastando tutt’intorno, e gridò << Emilia! Emilia! Sei qui dentro? Emilia! >>
Avvertì un calore innaturale sulla superficie del legno. Si alzò sui gomiti, convinto di sognare. Ma non era così. Sulla bara lampeggiava una scritta al contrario che recitava: SÌ, FAMMI USCIRE DA QUI, SUBITO!
Dimitri ci mise un attimo a decifrarla, ma, appena fatto, non esitò un secondo di più. Si alzò e strappò con la forza del pensiero la porta, ansioso di rivedere la ragazza, la sua ragazza.
La bionda uscì con un balzo di paura e sollievo dalla bara, gettando le braccia al collo di Dimitri. Lo baciò con passione, trasmettendo così tutte le emozioni che aveva provato in quella prigionia solitaria.
Il ladro rispose con passione, sorreggendola e aggrappandovisi come se non volesse sciuparla, ma avendo timore che potesse scomparire. Shai, entrata nella stanza, osservò estasiata scintille e fuochi d’artificio circondare i due amanti. Non poté che sorridere a quello spettacolo inusuale, forse ritenuto impossibile, e augurò loro tutta la felicità del mondo.
Quando il respiro mancò a entrambi, le loro labbra si separarono. Il viso di Dimitri era illuminato fievolmente dai fuochi d’artificio, ma Emilia vide ugualmente ciò che il ragazzo sillabava.
Sei bellissima.
Lei rispose con malizia.
Lo sono sempre stata.
<< Eh-ehm, abbiamo un’altra coppia da riunire, non vorrete privarli di questa possibilità, giusto? >> li interruppe Shai, ma sorrideva.
<< Chi manca? >> domandò subito Emilia.
<< Ci siamo solo noi, restano ancora Chiara, Jonas e Andre’. >> rispose il ladro.
<< E che cosa stiamo aspettando, allora? Abbiamo tanto da fare, su! >>
Si staccò definitivamente da lui, uscendo a grandi falcate dalla porta, desiderosa di rivedere sana e salva la sua migliore amica.
Non mi ha nemmeno chiesto come sto, pensò Dimitri, ma era troppo felice per rifletterci più di un attimo.
Questa volta con meno foga, ma più attenzione, il ladro guidò le due ragazze alla prossima porta, quella di Chiara. La aprì con i suoi poteri, percependo una strana attività all’interno.
Un fiume d’acqua quasi lo travolse, ma lo evitò per un soffio. Una larga pozza si estese rapidamente, allagando a velocità doppia rispetto al normale il corridoio.
<< Chiara! >> urlò Emilia, ma non sperava in una risposta.
La Custode dell’Acqua, però, aveva avvertito la perdita improvvisa e la mancanza della porta. Si fece forza, sapendo che fuori la aspettavano i suoi amici. Ordinò a una corrente di trasportarla da loro, abbandonando quella stanza di tortura.
Non appena si ritrovò sul pavimento del corridoio, innalzò una parete di ghiaccio per bloccare temporaneamente l’acqua e le fiamme.
<< Dimitri, serve un muro! >>
Il ladro eseguì, sigillando la stanza. Solo allora Chiara si concesse di respirare normalmente, regolarizzando il battito del cuore e cercando nuova calma.
<< Jonas? >> chiese, alzandosi in piedi, iniziando a strizzarsi i capelli bagnati.
<< Dobbiamo ancora prenderlo. >> rispose Emilia, fissandosi le punte delle scarpe.
Chiara si interruppe. << N-non siete tutti? >> domandò, interdetta.
Non aveva neanche controllato in quanti fossero i suoi salvatori, ma, dopo aver notato che con lei erano solo in quattro, si diede della stupida per non averci pensato.
Prima che Shai potesse rispondere, disse << Muoviamoci, Andre’ e Jonas avranno sicuramente bisogno di noi. >>
In realtà, la preoccupazione per l’angelo era un milione di volte superiore di quella per il Custode della Terra, e, riconoscendo il proprio egoismo, evitò di pressare i compagni a andare direttamente da Jonas.
<< Dritti dal piccolo genovese, allora. >> dichiarò Dimitri, mettendosi in marcia.
Emilia affiancò l’amica, aiutandola ad asciugare vestiti e capelli. In un modo o nell’altro, io finisco sempre zuppa,  pensò Chiara.
Camminarono spediti fino all’altra porta, non osando immaginare ciò che avrebbero visto dentro. Dimitri la aprì, che fu subito scardinata da una raffica di vento allucinante. I quattro si scambiarono un’occhiata preoccupata.
<< Ci penso io. >> disse Shai e, con uno schiocco di dita, il movimento convulso all’interno si arrestò.
Era uno spettacolo surreale poter osservare un fulmine a metà corsa, una fiamma prolungata all’infinito. La violinista fece cenno agli altri di rimanere fuori, che poteva entrare da sola.
Si orientò grazie alle vampe di luce delle fiamme, che si erano accanite contro un guscio di costoni di terra e pietra. Sentiva il calore che emanava la roccia anche a un metro di distanza.
<< Andrea! >> gridò a pieni polmoni. << Mi senti? Esci da qui, non c’è pericolo! >>
Non sperò in nulla di particolare, ma continuò a chiamarlo ugualmente. Fuori, gli altri tre pensavano al peggio.
All’improvviso, con una scossa che fece tremare il pavimento, i costoni rientrarono nel terreno ed emerse la figura del ragazzo, sudato e con un sorriso stanco sulle labbra; si stringeva al petto il polso rotto.
<< Mai pensato di fare il tenore al posto della violinista? >> scherzò, infinitamente felice.
<< Oh, sta’ zitto e ringraziami! >> fece lei,  abbracciandolo.
Andre’ sentì le guance insolitamente calde, e fu grato alla semi oscurità che lo nascondeva. Shai, si staccò, sistemandosi i vestiti con aria imbarazzata, come chi si è appena esposto troppo. Il biondo si lasciò sfuggire un gemito, quando il polso gli inflisse una fitta di dolore intenso.
<< Sei ferito? >> domandò subito la violinista, allarmata.
Fuori, i ragazzi trattennero il fiato.
Jonas sarà tutto intero? pensò Chiara, e si morse un labbro.
<< Io… sono caduto e… >> balbettò Andrea, mentre Shai, pratica, gli aveva già preso il braccio tra le mani.
Ne pose una sulla frattura, chiuse gli occhi e si concentrò. Era più difficile accelerare il tempo di rimarginazione su qualcosa di spezzato, invece che solo tagliato.
<< Scusa, avrei dovuto farlo ieri, ma mi era proprio passato di mente e non immaginavo l’attacco di Zeigen. >>
<< Tranquilla, non era e non è nulla. >>
<< Certo, raccontalo a qualcun’altra. Ti faceva male, non mentire. >>
Andrea arrossì, incapace di fare altro. Io non le capisco le ragazze: un minuto prima gridano il tuo nome che se ne andasse della loro stessa vita, un minuto dopo diventano fredde come il ghiaccio.
Sospirò, seguendo Shai fuori dalla stanza. Quando fu fuori, riuscì a sentire di nuovo la terra sotto di sé. Lanciò una rapida occhiata in giro. C’erano tutti, tranne Jonas.
<< Avanti, andiamo. >> incalzò Chiara, evidentemente in ansia.
Dimitri colse la sfumatura della sua voce e andò spedito verso la prossima porta. Presto, però, si accorse che il corridoio finora regolare si diramava in molte, troppe direzioni da percorrere.
Il ladro corrugò la fronte, impegnandosi a chiarire la traccia di Jonas. Chiara, dietro di lui, si fece sempre più irrequieta.
Dimitri scelse un corridoio che partiva da sinistra e si perdeva in un labirinto di vie e incroci fittissimo. Mentre ci si addentravano, sotto la pronta guida del Custode dello Spazio, il messaggio di Zeigen si delineava con chiarezza: Non riuscirete a salvarlo un’altra volta vivo.
Dimitri percepì un’ultima, forte, traccia e poi più nulla. Tutto scomparso, svanito.
Il ragazzo si fermò di botto, rischiando di far inciampare gli altri. Il corridoio terminava lì, in un vicolo cieco.
<< Dimitri… >>
<< No, Chiara, il percorso è giusto, ma ora non c’è più. Si è volatilizzato il segno lasciato da Jonas. >> la interruppe subito.
<< Allora la strada era giusta. >> obiettò lei.
<< Non voglio litigare, non è il momento adatto, ma forse la traccia si è interrotta per qualche altro motivo. >>
Si voltò per affrontare la reazione della ragazza, consapevole dell’argomento spinoso. Chiara stringeva le mani in pugni così forte da farsi male.
<< Voglio sapere dov’è. Sei o no il Custode dello Spazio? >>
La sua voce risuonò strana anche a lei: era innaturale, quasi metallica, insensibile. Invece, dentro di sé, ogni particella del suo corpo era in subbuglio.
Emilia le mise una mano sulla spalla. << Non ti preoccupare, Di- >>
<< Non ti preoccupare! >> scattò Chiara, scostandosi con furia.
<< Non ti preoccupare?! Ti rendi conto della stronzata che hai detto, eh?! >>
Emilia aveva calcolato un’esplosione del genere, ma ne rimase comunque impressionata.
<< Calma, sarà solo l’ennesimo trucchetto di Zeigen, lo salveremo. >>
<< Come posso stare calma? Come?! Io non me ne resterò qui ad aspettare che il segnale colpisca Dimitri come un’antenna quando Jonas morirà, per è questo quello che succederà, la fine che vuole per noi Zeigen! >>
Per la frustrazione, scagliò un pugnale di ghiaccio contro la parete di destra. Il muro si squarciò, come se fosse una tela.
Shai, Dimitri, Andrea e Emilia spalancarono gli occhi.
<< Che c’è?! >> esclamò Chiara, il petto che viaggiava su e giù velocissimo.
Emilia ebbe appena la forza di indicare con l’indice lo squarcio. La ragazza si voltò, e quasi fece un balzo.
Non era il muro in cui aveva aperto una ferita a inquietarla, ma ciò che c’era dietro.
Una parete premeva contro il basso, come una pressa gigante, e si intravedevano delle spalle chinate per lo sforzo e delle ali candide.
<< Jonas… >> mormorò, incredula. << Jonas! >> gridò subito dopo.
Emilia lanciò una palla infuocata all’interno, così da poter vedere meglio. La Custode dell’Acqua ampliò lo squarcio con furia, impugnando lei stessa i pugnali di ghiaccio. Il rumore assordante riempì il corridoio con tutta la sua potenza.
<< Jonas! >> chiamò ancora Chiara e, questa volta, l’angelo si voltò. Sorrise.
E quel piccolo gesto bastò fargli perdere la concentrazione. Una mano scivolò via dall’elsa di Chion, e la parete sembrò inghiottirlo del tutto.
Fu un attimo.
Chiara oltrepassò il muro che ormai non esisteva più e si lanciò dentro.
Arrancò per qualche metro, avvicinandosi il più possibile a Jonas. Quando si ritirò su, i palmi aperti contro il cielo, sentì l’agghiacciante peso che aveva sopportato l’angelo fino a quel momento da solo.
Maledisse, inveì e indirizzò quanti più insulti conosceva a Zeigen, mentre il dolore onnipresente le strappava un grido gutturale. Nonostante ciò, continuò a sostenere più che poteva la parete.
Voltò, con estrema difficoltà, il viso e guardò verso il basso.
Jonas giaceva con le ali scomposte sul pavimento, una mano stringeva ancora Chion, il corpo era squassato dai tremiti e la maglietta zuppa di sudore, sotto il giubbotto antiproiettili; teneva gli occhi chiusi e si imponeva di respirare con calma.
<< J… >> gemette Chiara.
L’angelo le sorrise ancora. << … Zeigen mi ha riservato una suite di lusso… si vede che mi vuole proprio bene… >>
<< Smettila di fare il cretino, non è il momento! >>
Chiara era conscia che non sarebbe riuscita a resistere sotto quella pressa più di qualche minuto ancora, e aveva la mente troppo occupata dal dolore per pensare liberamente. Si impose di dominarsi, e gridò ai compagni << Shai, Dimitri! Fermate questa cosa, presto! >>
Si voltò di nuovo verso Jonas.
<< Ti tirerò fuori da qui. >> promise, determinata.
L’angelo non rispose. << Muovetevi! >> ordinò, con una smorfia di dolore.
I due fratelli, fuori dalla stanza, unirono le mani e fusero i loro poteri. La parete smise di premere verso il basso, poi, lentamente, andò verso l’alto, lasciando ai due Custodi tempo per respirare.
Chiara smise di sostenere il peso e abbassò le braccia, imprecando per le fitte che le attraversavano spalle e avambracci.
Come ha fatto Jonas a resistere così tanto? Quel pensiero le ricordò che non era sola.
<< Ce la fai ad alzarti? >> domandò.
L’angelo scosse lievemente la testa. << … credo di no… scusa… >>
La ragazza si chinò sul ragazzo, lo prese sotto le ascelle e incominciò a trascinarlo via dalla stanza. A metà strada le venne incontro Andrea, che trasportò da solo Jonas con poco sforzo, prendendogli anche la Spada della Pace dalle mani.
<< Andiamo via da questo labirinto. >> consigliò Shai.
Il biondo si issò Jonas, contro le sue proteste, e seguì Dimitri che li guidava fuori dal dedalo di corridoi. Chiara seguiva con apprensione il ragazzo, dimentica della propria spossatezza.
Raggiunto la via principale, i Custodi si fermarono.
Andrea lasciò Jonas con la schiena appoggiata contro la parete. Chiara gli fu subito affianco.
Scrutò i visi dei compagni, i quali cercavano qualcosa che potesse aiutare Jonas a recuperare le forze. Un pensiero colpì Emilia proprio in quel momento: Il Xeyl era il dono della sopravvivenza, capace di plasmare e distruggere, ma soprattutto di dare vita.
Fece l’occhiolino a Chiara, che sorrise, intuendo che l’amica aveva la soluzione.
La bionda si chinò sull’angelo, inginocchiandosi di fronte a lui, e gli diede un bacio sulla fronte. Infuse nel suo corpo pace, tranquillità, tutta la vita che animava il fuoco. Jonas, meravigliato, iniziò subito a sentirsi meglio.
Quando Emilia si tirò su, aveva nuove energie pronte all’uso nel sangue.
L’angelo l’afferrò per un polso, attirandola a sé.
<< Grazie. >> le sussurrò all’orecchio, così piano che nemmeno Chiara riuscì a sentire.
Emilia sorrise, maliziosa. << Non ringraziare me, è la tua ragazza che ti ha salvato. Ti ricordi cosa ti avevo detto un giorno? Falle del male e te la vedrai con me, che la vita te la posso anche togliere, oltre che donare. Ma >> aggiunse a voce ancora più bassa << ho capito che l’unico modo per renderla infelice sarebbe se tu non ci fossi. >>
Jonas si lasciò andare in una breve risata.
Emilia si alzò, affiancandosi a Dimitri, che le rivolse un’occhiata interrogativa.
<< Cosa credi, che ti abbia messo le corna? >> lo schernì.
<< Be’… >> provò a dire il ladro, ma la bionda gli scoccò un bacio a stampo, interrompendo la protesta sul nascere.
<< Lo dai anche a me un premio, Ly? >>
<< Idiota. >> borbottò Chiara, ma lo accontentò, oltre che far felice se stessa.
Shai scosse la testa, gli occhi rivolti al soffitto. << A quanto pare siamo finiti in un covo di colombi. >> sospirò.
Andrea non disse nulla, ma sorrise tra sé.
Solo allora la violinista raccontò loro di come si era sbarazzata di Zeigen, e che poteva scoprire dove aveva passato le ultime ore. Jonas e Chiara si tirarono su, Emilia e Dimitri si scambiarono un’occhiata penetrante. << Andiamo. >> dissero all'unisono.

 
***
Angolo dell'autrice
Guten Tag miei prodi! Purtroppo siamo già a settembre, l'estate è quasi finita çwç
Hanno pure cambiato l'editor dell'HTML, volevano farmi prendere un colpo viste le mie grandi abilità informatiche. Almeno è semplice uguale^^
Cooomunque, veniamo al capitolo. All'inizio doveva essere drasticamente più corto, mi sono lasciata prendere la mano ed è venuto fuori un robo 3.000 caratteri xD
Quindi rimandiamo lo scontro con Zeigen per poco.
Sicura che più di qualcuno avrà storto il naso per i vari momenti 'ti-amo-non-ti-lascerò-mai' e non sapete quanto mi sia servito il mio stesso montio dell'introduzione: -un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!) LoL
Be', anche la mia protagonista doveva msotrare il suo amore al mondo, non esistono solo Dimilia è.é Quindi c'è anche un po' di Brothership ShaixDimitri^^
Durante la scrittura ho aggiunto un sacco di dettagli per via delle stanze al buio e dei giubbotti antiproiettili, che ogni tanto mi colpivano come rivelazini del genere: "Jonas non ha solo la maglietta, cogl****!"
L'ordine delle cadute non sono in relazione alla successione delle porte, Zeigen ha fatto i suoi giri come gli pareva.
Be', che dire d'altro, mi sto deprimendo perché la storia è agli sgoccioli -_- manceranno sì e no uno o due capitoli e l'epilogo, poi fine çwç
Ringrazio sempre i lettori silenziosi e i recensori, kuss:*

Water_wolf

 
 

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Capitolo 29
*** 29 La Tela dell'Angelo Nero(Parte 1): Il Castello di Vetro ***


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" 'Cause I'm only a crack
in this castle of glass.
Castle of Glass, Linkin Park"

 

Quando Chiara fronteggiò la porta, in legno di ciliegio laccato rosso cremisi, avvertì per la prima volta il peso concreto di quello che stava per fare, che sentiva di dover fare.
Si domandò se sarebbe riuscita a sconfiggere Zeigen.
Lei, una semplice quindicenne milanese, che arrivava in ritardo al Liceo Scientifico e scappava da casa per rifugiarsi tra le braccia di uno scrittore. Com’era finita lì, in una città tra le nuvole, insù, popolata da angeli in guerra tra loro? Come aveva fatto a trasformarsi in un’eroina da cui tutti si aspettavano una vittoria?
Ripercorse con la mente i giorni passati.
La prima volta che aveva visto Jonas, Emilia che inceneriva il suo lavandino, lei che faceva scoppiare le tubature nel bagno della scuola, la fuga rocambolesca da suo padre, il salvataggio in corde e il primo bacio, in un negozio di abiti da sposa, con Jonas…
L’arrivo sconvolgente di Shai, le novità sull’allora misterioso Andrea, l’incontro poco convenzionale raccontato da Emilia, la partenza da Milano e l’incontro con Elisabeth Winter…
Ricordò tutto, sensazioni, odori, profumi, paure, come se fosse un film, uno scorrere delle diapositive velocissimo; se si concentrava, poteva sentire il rumore del proiettore che proponeva quell’avventura immagine dopo immagine.
Ora era la Custode dell’Acqua, la ragazza che aveva salvato due volte il suo angelo e che era passata dalla timidezza al coraggio di una tigre. Si voltò e osservò le espressioni dei propri compagni.
Jonas trapassava con lo sguardo la porta, puntando alla meta, trovando in sé stesso la forza per andare avanti.
A Emilia tremava leggermente il labbro, forse pensando alla sua famiglia, ai suoi due fratelli, a una madre e un padre presenti e amati.
Shai muoveva piano la bocca, cantando in silenzio una canzone.
Andrea era fermo, coi piedi a terra, traendo da essa tutto ciò di cui aveva bisogno: forza, coraggio, speranza.
Dimitri si portò la mano alla spalla destra, senza un fruscio, e si toccò il punto in cui era tatuato il simbolo di appartenenza al clan dei Dragoni.
Con sorpresa, Chiara scoprì di essere più calma di quello che credeva. Forse perché non aveva molto da perdere, se non la migliore amica e il fidanzato, che erano lì con lei e che non avrebbe esitato un secondo a proteggere.
Sarebbe riuscita nella sua missione, lo sentiva nelle ossa, avrebbe sconfitto Zeigen e sarebbe tornata a casa a raccontare la storia a Giovanni, o magari a vedere come aveva reagito sua madre al messaggio che le aveva lasciato prima di partire.
Fu proprio lei a rompere gli indugi.
Mise una mano alla maniglia, usò un filo d’acqua a metà tra il liquido e il solido per far scattare la serratura, e la girò
.
§
 
L’ambiente sembrava una radura al termine di una battaglia campale: rossa; completamente e interamente rosso rubino. Chiara la trovò inquietante. I loro passi rimbombarono nella sala, mentre si dirigevano verso una poltrona al centro di essa. Si intravedeva la figura di un uomo –sicuramente Zeigen.
<< Shai, quanto tempo l’hai mandato indietro? >> domandò Jonas.
<< Non molto, ma >> si interruppe, lanciò uno sguardo in alto, pensosa << gli mancherebbero ancora quarantatré minuti, sedici secondi, due- >>
<< Abbiamo capito. >> tagliò corto Emilia. << Cosa facciamo? Aspettiamo che si svegli oppure lo buttiamo noi giù dal letto? >>
<< Direi che non possiamo prendercela comoda e girarci i pollici finché non passano quaranta minuti. >> disse Andrea.
<< Quarantadue e sedici. >> precisò Shai.
Il biondo alzò le mani in segno di resa. << Quarantadue e sedici. >>
Chiara trattenne un sorriso malizioso. << Forza, andiamogli davanti, voglio vedere che coccolone gli prende quando si accorgerà di essere stato fregato! >>
Zeigen se ne stava immobile, sprofondato in una poltrona decisamente troppo grande per la sua figura. Teneva gli occhi aperti, fissi al di là dei Custodi.
<< Ma che cosa sta guardando? >> chiese Emilia, lisciandogli scherzosamente la livrea.
Jonas si voltò, seguendo lo sguardo di Zeigen. Rimase pietrificato. Non aveva fatto molto caso alla finestra, dato che l’edifico ne contava molte. Ma da lì aveva un panoramica perfetta della scena che animava il Muro: una riga bianca e una nera si scontravano in aria e in terra, mescolandosi e cercando di prevalere una sull’altra. Era evidente, però, che quella scura avrebbe presto preso il sopravvento su quella chiara.
Seguì da lontano la caduta di un Bianco, che si schiantò sul cemento grigio del Muro, confondendosi tra molte altre piume.
Si girò verso la poltrona, e ordinò, freddo e sbrigativo << Riporta il corso del suo tempo normale, Shai. >>
La mora lo guardò, confusa, ma obbedì. << State pronti. >> raccomandò, mentre con un gesto veloce delle mani metteva il loro nemico nelle condizioni di fronteggiarli.

 
§

Zeigen aveva la netta sensazione che qualcosa non andasse. Si muoveva diversamente, e non riusciva a pensare lucidamente. Il quadro gli si chiarì quando, all’improvviso, una sveglia gli riempì le orecchie, come un timer che segnala la fine della cottura di un piatto.
Scosse la testa, si passò una mano sul viso e quasi sobbalzò per lo spavento. Si trovava di fronte ai sei Custodi, che lo fissavano truci.
Calmò i battiti del cuore e si sistemò meglio sulla poltrona. Incrociò le mani, rivolgendo loro un sorriso affabile.
<< Noto con piacere che i miei ospiti hanno avuto modo di conoscere i segreti di questo palazzo e di rivoltarli contro il suo padrone. >> si rivolse esclusivamente alla Custode del Tempo. << Ammirevole, Shai Nightmares. >>
La mora serrò le labbra, decisa a non mostrarsi stupita che il suo nemico sapesse il suo nome e cognome.
<< Siete così deliziosi, così ingenui, oserei candidi. Avreste potuto uccidermi quando non ero in grado di controbattere, ma non l’avete fatto, procurandovi tante grane e un’altra sconfitta. >>
<< Forse  non siamo degli assassini spietati. >> replicò Chiara.
Zeigen le sorrise. << Immagino non ti sia piaciuta la stanza che avevo riservato al tuo fidanzato, vero? Dopotutto, era molto particolare. >>
L’angelo nero vide la ragazza farsi livida di rabbia, aprire la bocca per ribattere, ma lui non poté parlare ancora perché si ritrovò una lama puntata alla gola.
<< Il tempo per le trattative è finito, hai avuto l’opportunità di vivere ancora qualche minuto della tua misera vita da mostro. Siamo qui per combattere, non per parlamentare. Se vuoi una morte veloce e indolore basta che annuisci, e io ti taglierò la testa, ponendo fine a questa guerra. >> disse gelido Jonas.
I Custodi, affianco a lui, rabbrividirono al sentire l’ultima frase. Chiara si chiese se l’angelo fosse davvero in grado di decapitare Zeigen. Quest’ultimo rise, sprezzante.
<< Credete davvero che se uccidete me avrete vinto? Pensate che sia così stupido da non avere preso delle precauzioni? >> sottolineò particolarmente quelle domande, insinuando un dubbio nelle certezze dei sei ragazzi.
Jonas prese il coraggio a due mani e sputò << Nel caso ci sia un piano B, ci occuperemo anche di quello. Ora >> spostò più a destra il filo della spada << muori. >>
E gli squarciò la gola.

 
§
 
Chiara non si era mai immaginata nulla del genere. Ripensando a tutti i cartoni animati giapponesi che aveva guardato da bambina, seduta a gambe incrociate davanti il televisore, con una fetta pane e nutella in bilico su un pezzo di scottex, nessun eroe o gruppo di ragazze con i superpoteri aveva sconfitto il proprio nemico tagliandogli la gola.
C’erano sempre stati scontri all’ultimo sangue, forze e poteri sconosciuti che venivano in aiuto del Bene per abbattere definitivamente il Male in ascesa.
Loro, i sei Custodi degli Elementi, non avevano ne fatto saltare in aria palazzi, ne avevano combattuto uno scontro apocalittico. Jonas aveva ucciso Zeigen con un semplice colpo di spada.
Ed era tutto finito.
Non riusciva a comprendere il moto di emozioni che le si agitava in corpo. Era sollevata, certo, perché nessuno dei suoi amici aveva rischiato la vita, ed era anche enormemente felice per Upward e i Bianchi, che presto avrebbero ricevuto la notizia della morte del leader dei Neri.
Ma c’era anche una sfumatura diversa, ambigua, come di delusione.
Si era aspettata di dimostrare a tutti il proprio valore, mostrare al mondo la potenza della magia che le scorreva nelle vene, invece… invece era bastata un fendente a equivalere la sua forza.
Una domanda la tormentava, non perché non riusciva a trovare risposta, ma perché la spiegazione era così dura da non poter essere accettata. A che cosa erano serviti i suoi sforzi se chiunque brandisse una spada o possedesse una pistola era in grado di sbarazzarsi del finora invincibile Zeigen?
Niente, pensò Chiara, non sono serviti a niente.
Guardava con accusa il corpo esanime dell’angelo nero, il sangue scuro che macchiava gli abiti come catrame. La faceva sentire inutile, un oggetto supplementare. Ma non era questo che aveva desiderato? Che nessuno si facesse male e che tutto finisse in fretta?
Jonas pulì la lama di Chion sulla poltrona, schifato. << Andiamo via. E che qualcuno comunichi al maggiore Connor che la missione è compiuta. >> disse, atono.
Dimitri e Emilia si allontanarono, il ragazzo cingendo la vita della bionda. A ruota seguirono Shai e Andrea, poi Jonas prese Chiara per mano, sfiorandola delicatamente, e la portò via.
Avrà capito ciò che penso? si domandò, sperando di sì, in modo che potesse trovare una spiegazione accettabile ai suoi dubbi.
Camminò guardandosi le punte dei piedi, senza più curarsi di nulla che non fossero i suoi pensieri. Fu quello il suo errore.
Sentì, all’improvviso, una tenaglia fredda e incorporea stringerle la gola e strapparla via dalla mano dell’angelo. La presa si rinforzò, rimanendo comunque a metà strada tra il mondo dei vivi e dei morti.
<< Aiuto…! >> gridò, prima che la morsa diventasse troppo potente per permetterle di respirare.
I Custodi si girarono all’istante.
Chiara vide Emilia farsi cinerea.
<< Tu… tu dovevi essere morto! >>
Nella Sala Rubino proruppe una risata aspra.
<< Sorprendente, vero? Ci sono tanti di quegli escamotages nel mondo toccato dalla magia che nemmeno immaginate. >>
Chiara deglutì a vuoto.
Jonas sguainò Chion, minaccioso. << Lasciala andare, Zeigen! >>

 
§

Dietro di sé, Chiara aveva l’ombra di una vita, un fantasma sfuggito alla morte. Una figura scura, alta e in continua espansione; Zeigen aveva sempre avuto un’apertura notevole, ma in quello stato le ali erano semplicemente enormi: sembrava che grumi neri le ingrandissero all’infinito, come ragni che tessono una tela fino al soffitto. Gli occhi erano fessure rosso cupo con sprizzi violetti, come lampi nella pianura di fuoco dell’inferno.
Era l’anima erosa dal male di Zeigen.
<< Oh, avanti, per quale motivo al mondo dovrei lasciar andare la dolce creatura che tengo tra le braccia? >>
Mentre parlava, sotto gli occhi delle fessure verticali si aprivano e chiudevano.
<< Morirai se non lo farai! >> gridò Jonas, e si lanciò all’attacco.
<< Ma, caro, io sono già morto. >>
Una delle sue ali si spiegò come una vela, inghiottendo l’angelo, che invano tentava di fendere quelle piume incorporee. Ci fu un attimo di panico puro, in cui nessuno dei Custodi riusciva a pensare lucidamente.
Poi, Dimitri si riscosse e tentò di manipolare le ali di Zeigen, per far uscire Jonas, ma constatò quasi subito che era impossibile. Allora, Shai provò a bloccarlo, in modo da poter pensare a come liberare Jonas e Chiara, però, nemmeno il suo potere sortì alcun effetto.
<< Altri tentativi inutili? >> fece Zeigen.
<< C-come mai non sei nell’aldilà? Jonas ti ha tagliato la gola! >> chiese nuovamente Emilia.
<< Finalmente una domanda intelligente! Sarebbe stato fin troppo facile liberarsi di me così, ne sarebbero stati capaci tutti. Così, ho giurato che il mio spirito non avrebbe trovato pace finché non avessi portato a termine la mia missione o fossi morto combattendo per essa. I giuramenti vengono sempre rispettati, sia dagli Inferi sia dal Paradiso, che a comandare siano i demoni o gli arcangeli. Sono ancora ad Upward per questo, perché ho un dovere da portare a termine prima di trovare la cosiddetta pace oltre la morte. Adesso, il solo modo per sbarazzarsi di me è quello di unire nord e sud sotto i Neri. >>
<< O ucciderti combattendo! >> replicò Chiara, sibilando.
Sferrò una gomitata, seguita da un calcio, ma l’unico effetto che ottenne fu quello di trapassare il fantasma. Fu avvolta dalla spiacevole sensazione di essere appena stata rinchiusa in un freezer.
Costretta ad essere lo scudo di Zeigen, gridò ai compagni << Attaccate! Non abbiate paura per me! >>
Incontrò lo sguardo di Emilia, che vacillava.
<< Scusa. >> mormorò Andrea, e una scossa percorse l’edifico.
Una crosta si alzò dal pavimento e saettò verso Chiara. Zeigen rise. Un tentacolo scuro spaccò in due il blocco di terra e vanificò l’attacco.
<< Non funziona. >> li canzonò l’angelo nero.
Già, non si può colpire un fantasma, per quanto non sia invisibile e bianco come un lenzuolo, pensò la Custode dell’Acqua. I vivi non possono fare nulla contro un essere non soggetto al tempo.
L’idea la colpì come un fulmine a ciel sereno.
Non essere soggetti al tempo, essere al di fuori e più potenti di ogni magia... Ayh, la sirena che le aveva parlato degli Animali Leggendari, aveva detto che nei loro corpi umani la magia era limitata, e che invece fluiva pienamente nella sua forma originale, rappresentata dagli animali.
E se Aria, Acqua, Fuoco e Terra sono sopravvissuti dalla creazione della vita fino a noi, migliaia  di anni dopo, vuol dire che esse non sono soggette alle leggi degli esseri mortali; se è così,  si potrebbe assumere la forma animale, quando si è quasi magia pura, e allora, forse… bisogna provare.
Decisa ad aggrapparsi a quel bagliore di speranza, chiamò a raccolta le forze e si trasformò nella Tigre Azzurra.
Sfuggì da Zeigen, graffiandogli il punto in cui si sarebbe dovuta trovate la guancia. Con sua immensa sorpresa e gioia, vide un rivolo rosso cupo, fosco colora dalla ferita.
Andrea comprese al volo i piani di Chiara e mutò nel Giaguaro della Foresta.
A Emilia brillarono gli occhi, mentre seguiva l’esempio del compagno, diventando il Drago Rubino. Era talmente grossa che la stanza non riusciva a contenerla, tant’è che scardinò la porta con il lungo corpo squamato per avere un po’ di campo libero nei movimenti.
Chiara fece guizzare la sua coda felina, ruggendo all’indirizzo di Jonas << Trasformati, J! E’ l’unico modo che abbiamo per vincere! >>
Le ali di Zeigen si contrassero, l’angelo nero lottò per mantenere il controllo, ma un’intensa luce bianca si sprigionò dalle tenebre delle sue piume.
Ne emerse la figura slanciata del ragazzo in forma di Pegaso, che scrollò la criniera e sbuffò. Sulla fronte brillava un corno latteo, avvitato su se stesso: la rappresentazione di Chion.
Chiara sarebbe voluta correre da lui, ma una tigre che si lancia su un unicorno alato non è esattamente un grande ringraziamento, senza contare che avevano cose più importanti a cui pensare.
La ragazza si voltò verso Zeigen, che boccheggiava nella sua forma prima impalpabile, lanciando occhiate cariche di rancore verso di loro. L’ala da cui era sbucato Jonas era ridotta a una chiazza bordeaux, quasi indistinguibile sulle piastrelle sanguinee.
Shai e Dimitri, così piccoli in confronto ai loro compagni, si sentirono spogli di ogni difesa. Senza che nemmeno se ne accorgessero, le loro dita corsero a intrecciarsi in una stretta rassicurante.
<< Bene, >> ansimò Zeigen << vedo che  non deludete mai le aspettative. >>
<< No, infatti. Soprattutto se sono quelle di centinaia di persone. >> ribatté Jonas.
Puntò il corno contro l’angelo nero e caricò. Andrea e Chiara fecero lo stesso, mentre Emilia lanciò una fiammata.
Il vello azzurro della Custode dell’Acqua fu smosso da una ventata d’aria calda, ma lei quasi non lo sentì. Il cuore le batteva nelle orecchie con forza. L’adrenalina era pompata nelle vene al posto del sangue.
Zeigen schivò le corna cervine di Andre’, fu colpito di striscio da Jonas mentre evitava la fiammata, e Chiara trovò campo libero per sferrare una zampata.
I suoi artigli furono avvolti da un bagliore azzurro, che si trasformò in ghiaccio, e il petto del fantasma fu trapassato da quelle lame primordiali.
Cadde riverso sul pavimento, e i suoi tentacoli neri cercarono di avvolgerle le zampe. Uno la sfiorò, ma bastò a farla uggiolare di dolore.
Lo stesso non accadde per Andrea, troppo lento a scansarsi, che fu intrappolato per minuti interi in una rete che sembrava di fuoco, ma che era scura come il catrame e appiccicosa più di qualsiasi colla.
A liberarlo, furono inaspettatamente Shai e Dimitri, che unendo i loro poteri, riuscirono ad agire sui tentacoli quel poco che bastava per una via di fuga. Il corpo del giaguaro era solcato da scottature dai bordi neri, ma si riusciva a intravedere, in alcuni punti, la carne viva.
Il fantasma si rialzò, come se niente fosse accaduto, riprendendo la battaglia.
I Custodi, così, furono assorbiti in un vortice infinito di mosse mortali e protezioni di fortuna. Chiara non avrebbe mai saputo dire quanti attacchi portarono a compimento, quanti colpi subì Zeigen o quanti ne dovettero incassare loro, ma fu certa che un qualsiasi numero non avrebbe potuto quantificare l’energia, la foga, la speranza e l’adrenalina che imprimevano in ogni assalto.
Con un movimento a sorpresa, Zeigen spaccò il vetro della finestra e volò fuori. Da lì, al sicuro, benché avesse un’ala instabile, intrappolò la Custode dell’Acqua in una delle sue reti.
Jonas si fiondò su di lei, cercando di tranciare la sostanza appiccicosa con il corno, e non si accorse dell’attacco rivolto a lui. Fu a sua volta inchiodato a terra, scalciando e nitrendo imprecazioni, prima che il dolore fosse troppo forte per impedirgli di pensare ad altro che non fossero le sue carni che andavano a fuoco.
Chiara, vicinissima a lui, tentava invano di alleviare il calore con l’acqua, che, però non faceva in tempo a diventare ghiaccio che evaporava immediatamente al contatto con la rete.
Zeigen rise di quella scena, compiaciuto di se stesso.
Emilia mandava lampi dagli occhi. Diede un colpo di coda che tranciò il muro orizzontalmente, avanzò nella stanza ed emise una sorta di ruggito-ululato raccapricciante. Poi, si slanciò verso Zeigen.
Il suo corpo rubino, come una lunghissima freccia rossa, frantumò i resti della finestra con un fragore immane, scagliando pezzi di vetro affilati come rasoi dappertutto. Colpì in pieno petto il fantasma, e scomparì oltre la visuale come una saetta. Le reti che tenevano ancorati a terra Chiara e Jonas scomparirono, permettendo loro di rimettersi in piedi.
Traballante, la ragazza pensò a Emilia. Corse a sporgersi oltre la finestra rotta, ma uno scossone che fece tremare l’intero edificio la fece sbandare di lato.
Subito dopo, si dovettero tappare le orecchie. Con un rombo, il Drago Rubino piombò in verticale dal tetto, circondata da un campo di fiamme scarlatte. Trapassò il pavimento, schiacciando verso il basso il corpo nero di Zeigen.
Dimitri e Shai non si concedettero un minuto in più per pensare a quello che stava accadendo: l’edificio stava crollando e se volevano rimanere vivi, dovevano tenerlo in piedi finché non fossero fuori. Riuscirono a stabilizzare la struttura portante del palazzo, ma era troppo tardi per fermare la caduta del pavimento.
Jonas si ritrasformò in umano di colpo, prese per mano i fratelli e ordinò a Chiara e Andre’ di aggrapparsi a lui. I due mutarono forma e si strinsero alla vita dell’angelo, il quale aveva già spalancato le ali. Riuscì a creare una bolla d’aria che saliva, anziché precipitare.
Dalle fondamenta provenne una serie di scoppi, come se delle bombe fossero state scagliate e, una dopo l’altra, colpissero il suolo. Si udì distintamente il ruggito di Emilia, e una serie di fiammate alte parecchi metri illuminarono l’ambiente.
Bastò un’occhiata di Chiara all’indirizzo di Jonas per far scendere la bolla dove si trovava la ragazza.
Shai e Dimitri tenevano insieme l’edificio, i volti pallidi e le mani sudate.
Jonas fece poggiare delicatamente la bolla a terra e la dissolse. Il luogo era semi-buio e i volti dei ragazzi sembravano ancora più pallidi e spossati.
<< Oh sì, cazzo, sì! >>
Chiara si voltò verso il luogo dove proveniva la voce dell’amica.
<< Emy…? >>
Sentì dei passi venirle in contro, e subito dopo si ritrovò la bionda che l’abbracciava stretta. La Custode dell’Acqua non si lamentò per il dolore che le provocò quella dimostrazione d’affetto contro le scottature, ma anzi, ricambiò con trasporto.
<< Ce l’hai fatta, vero? >> domandò.
Emilia si staccò, riportandosi un ciuffo biondo dietro l’orecchio.
<< Sì, Upward è libera da Zeigen. >>
Un sorriso a trentadue denti si schiuse sulla bocca dei Custodi. Jonas lanciò un grido di gioia, prese Chiara per la vita e la fece girare e girare e girare. Emilia diede il cinque a Andrea, poi baciò delicatamente la guancia del fidanzato.
La voce, ridotta a un sussurro irritato, di Dimitri ruppe quell’aria di festa. << Ci racconterai i dettagli un’altra volta, che ne dici? Mi sono rotto di sostenere il peso del castello di vetro di Zeigen. >>
Quell’osservazione li riportò di colpo alla realtà.
<< Dobbiamo uscire da qui. >> sentenziò Jonas.
<< Ci penso io. >> disse Andrea, mentre con facilità apriva un varco attraverso il muro.
Lentamente, a causa dei passi cauti e incerti di Dimitri e Shai, uscirono dall’edificio. Concordarono che fosse meglio non trovarsi a terra quando sarebbe crollato tutto, così Jonas trasportò gli amici in alto, tra le nuvole, lontano dai combattimenti esterni.
Shai e Dimitri lasciarono cadere il palazzo. Da quella posizione, osservarono la scena senza che potessero sentirne il suono. Videro l’edificio inclinarsi pericolosamente a sinistra, vacillare a destra, per poi calare a picco, abbattendo schiere di case sottostanti.
Rimasero a fissare tutto quella distruzione in silenzio, a pensare a quante persone –in parte innocenti- ci fossero dentro, finché un bip ripetuto non attirò la loro attenzione.
Dimitri si accorse che proveniva dagli auricolari che avevano appuntati sui giubbotti anti-proiettili.
Si portò il suo all’orecchio e chiese, leggermente inebetito << Pronto? >>
<< Pronto? Soldato, non risponderesti così neanche a una chiamata di tua madre! >>
Il ladro arrossì violentemente. << Maggiore Connor! Perché ci chiama? >>
<< Ragazzo, abbiamo visto la sede di comando di Zeigen cadere come un birillo! Questo vuol dire che avete eliminato quel vecchio pazzo dalla faccia di questa città! >>
<< Ehm… sì. >>
Dimitri dovette allontanare l’auricolare dall’orecchio tanto l’urlo di gioia all’indiana fu forte. Quando credette che l’entusiasmo e l’esuberanza del maggiore Connor non l’avrebbero stordito, osò rimettere a posto l’apparecchio e domandare << Cosa dobbiamo fare, ora? >>
La voce del militare tratteneva a stento la sua felicità. << Tornate dalla nostra parte del Muro, dovete aiutarci a liberarci dei Neri più recidivi e, perché no, abbattere anche questa barriera di cemento. Avete esperienza in materia, non credo ci saranno problemi. Appena arrivati comunicatemi la vostra posizione. Passo e chiudo. >>
Il ladro contemplò gli sguardi curiosi dei compagni, prima di spiegare ciò che gli aveva detto il maggiore. Jonas ordinò ai venti di portarli lì dove serviva, facendoli scendere di quota, avvertendo che dovevano mantenere sempre una parte di mente concentrata sulle correnti d’aria che li trasportavano.
Chiara si accorse di avere il fiato corto, data la bassa presenza di ossigeno all’altezza a cui si trovavano.
Viaggiavano a una velocità moderata e in tranquillità, ogni tanto rotta da un colpo di mitragliatrice.
La Custode dell’Acqua si perse nelle sue riflessioni. Emilia aveva ucciso da sola Zeigen? Come ci si doveva sentire di fronte alla consapevolezza di aver ammazzato un uomo, seppur malvagio come l’angelo nero?
Scoprì che non aveva mai pensato davvero a tutti coloro cui aveva tolto la vita durante il primo attacco alla torre, concentrata solo sul vendere cara la pelle e la sopravvivenza sua e degli amici. Aveva distrutto delle famiglie, quel giorno? Si era davvero capaci, alla sua età, di uccidere qualcuno senza provare un senso di stordimento e tristezza?
Studiò l’espressione della bionda, domandandosi se solo ora si fosse fermata a pensare che aveva privato della vita qualcuno.
Fu quando si girò verso Jonas, per trovare conforto alla vista, che avvertì un dolore acuto alla nuca.
La vista le si annebbiò, mentre l’incoscienza prendeva il sopravvento sugli ultimi allarmi che mandava il suo cervello.
Sentì le palpebre chiudersi e il corpo abbandonarsi in avanti, mentre precipitava.
 
***
Angolo dell'Autrice
Ok, non uccidetemi, per favore! I dinosauri hanno fatto in tempo a ripopolare la Terra durante tutto il tempo che ci ho messo ad aggiornare. Non credo che la scusa è-iniziata-la-scuola-e-ho-già-tanti-compiti si accettabile, visto che sì, di compiti ne ho, ma non è che mi sia già fiondata a capofitto nello studio. Non che l'abbia mai fatto, credo xD
Spero non vi sia venuta voglia gi abbandonare Upward, i sei Custodi e questa povera autrice ritardataria, anche se vi capirei s el'aveste fatto... Please, don't leave me!
^^"""
Ma veniamo al capitolo, che di certo ha bisogno di qualche spiegazione. Punto primo: pensavate che Jonas avesse ucciso davvero Zeigen, eh? In realtà, sono stata tanto tentata da farlo morire sul colpo, visto che non avevo un'idea chiarissima dello scontro e mi sono affidata all'istinto. Lasciarlo fare discorsi, sotto la minaccia di sei Custodi, mi sembrava stupido e controsenso, visto che loro devono solo eliminarlo.
E' un fantasma quello che combatte, che ha giurato di rimanere ad Upward finché non avesse sconfitto i Bianchi o morto combattendo per il suo ideale. L'ho pensata come l'ultimo desiderio prima di morire, o delle profezie in punto di morte degli eroi omerici: si rispettano e si avverano sempre.
Percui, quando Emilia l'ha ucciso (vi sfido a sopravvivere all'attacco di un drago u.u) è morto realmente perché ha combattuto e poi è stato eliminato.
Non credo di essere stata abbastanza chiara, quindi se non avete capito ditemelo!
A proposito di Emilia, o in generale anche di Jonas e tutti gli altri, non prendeteli per dei ragazzini che uccidono e sono felici, con una faccia badass. No, perché hanno 15 anni, e le loro certezze sono poche e un omicidio non è esattamente ciò che ci si aspetta dal corso di una vita 'normale'. Se adesso non ci pensano, è dovuto al modo in cui voglio scrivere questi capitoli, e le riflessioni su tutta questa guerra ci saranno di certo, solo non adesso, non subito.
Ho cercato di recuperare, all'inizio, un po' della storia e delle esperienze personali dei personaggi, un po' per me, un po' per voi e un po' perché mi serviva un richiamo degli eventi passati^^
Visti i regolarissimi aggiornamenti, spero sia servito a ricordare un po' di parti.
Bene, mi sono divertita un sacco a scrivere le ultime frasi (oh, io amo i maggiore Connor da impazzire *-*) e di far precipitare la mia protagonista. Che cosa le sarà successo? Io e Zeigen lo sappiamo bene, dopotutto, aveva un Piano B, perché non dovrebbe averne uno C?
*risata malvagia*
Lo scoprirete il prossimo capitolo, che mi costringerò a scrivere più in fretta di questo, perché sono davvero una merdina in fatto di regolarità.
Grazie a tutti quelli che recensiranno nonostante io non meriti molto le vostre parole dopo questo 'periodo di assenza ingiustificata', e un bacione alla mia host Marta, che mi ha scassato le balls pressandomi per aggiornare :* Non credo avrei pubblicato oggi se lei non lo avesse fatto.
Ehm... questo "agnolino dell'autrice" è enorme O.o
Alla prossima, baci! :***

Water_wolf



 

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Capitolo 30
*** 30 La Tela dell'Angelo Nero (Parte 2): Scacco alla Regina ***


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"I got the eye of the tiger, the fire
Dancing throught the fire
'Cause I am a champion, and you're gonna hear
me roar
Roar, Katy Perry"


 
Pre-angolino dell'autrice:
Sì, sì, riguardo al ritardo non c'è niente da dire né scusanti, quindi vedrò di auto-insultarmi sotto. Qui, invece, faccio presente che dopo tuto questo tempo in lavorazione il capitolo dovrebbe essere meraviglioso, mitico, straordinario, fantastico, idilliaco, magnifico, strabiliante... invece, credo sia tutto il contrario. Perciò, scusatemi tanto, spero possa piacere comunque.
Ci rileggiamo sotto.

 
 
Astra aveva sentito già altre scosse percorrere l’edificio, ma l’ultima era stata devastante. Aveva avvertito la torre smuoversi fin nelle fondamenta, ondeggiare paurosamente e poi fermarsi di colpo. Si era costretta a non pensare a suo padre e allo scontro coi Custodi; non aveva motivo di preoccuparsi, tutto era stato organizzato alla perfezione, ogni dettaglio preso in considerazione.
La parte del piano che contemplava la seconda morte, quella definitiva, però, aveva sempre faticato a mandarla giù. Era importante che lei pensasse a ciò che la riguardava direttamente, a quello che serviva ai Neri e non ad altro. Ma chi stava rischiando di perdere –o aveva già perso- era pur sempre suo padre.
Si era dovuta rimproverare da sola, farsi beffe della sua debolezza, prima di varcare la porta che conteneva il fluido che aveva trasformato così tanti angeli bianchi. Non era sicuro che l’idea di Astra e Zeigen funzionasse, ma non c’era altra scelta che provarla sulla propria pelle. Essere potenti oltre misura, riuscire a rimediare ai danni in ogni caso… sì, era stato per quello che l’aveva fatto: per il potere, per la capacità di poter schiacciare chiunque.
Aveva sfilato la pistola che portava alla cintura, aveva puntato contro l’enorme vasca di vetro, dove il fluido nero era attraversato da bagliori violacei, e aveva sparato. Il primo proiettile si era conficcato nella finestra, increspandone la superficie. Erano seguiti altri due colpi, ma solo al quarto il vetro aveva mostrato segni di cedimento.
Aveva gettato via la pistola e si era avvicinata, poi gli aveva dato una forte gomitata. La teca si era infranta e la sostanza scura ne era fuoriuscita di colpo. Astra, all’inizio, si era ritratta per il dolore intenso e aveva guardato i suoi vestiti, scoprendoli bruciati.
E’ quello che devi fare, per Upward, si era ricordata con rabbia verso se stessa e la sua debolezza. Aveva continuato a rompere il vetro, finché esso non era esploso del tutto. Il fluido nero l’aveva travolta con impeto. Si era sentita mancare il fiato e aveva provato a respirare, ma era stato come inghiottire benzina.
Aveva sentito i polmoni contrarsi con uno spasmo di dolore intenso e, mentre la sostanza nera divorava la sua pelle, la torre era caduta.

 
§

Chiara sentiva qualcosa di caldo colarle lungo la schiena, accarezzarle in un abbraccio viscido la spina dorsale, baciarle l’incavo tra spalla e collo con un brivido. I rumori le giungevano ovattati, mentre il campo nero che aveva davanti gli occhi si illuminava a sprazzi di punti luminosi. Il corpo era come anestetizzato, nessun muscolo rispondeva al comando.
Non che avesse molta forza per provare più di una volta a muoversi.
Il suo cervello le gridava un avvertimento, non un pensiero preciso, più che altro un’urgenza. Qualcosa interruppe la corsa del sangue che le colava lungo la schiena. Intuì si trattasse di una mano. Pian piano, la coscienza riaffiorò. Fu come emergere da un sogno, rendersi all’improvviso conto di possedere un corpo, e che ogni centimetro di quel corpo urlava dolore.
Il suo campo visivo si aprì su un cielo azzurro, che sembrava diviso tra nuvole nere cariche di pioggia e altre spumose come la panna. Immediatamente davanti a lei, un ragazzo dai capelli castani e gli occhi d’argento muoveva la bocca, diceva qualcosa, ma lei non riusciva a capire. L’odore del sangue le fece storcere in naso. L’udito riaffiorò per ultimo, e poté finalmente sentire le parole di Jonas.
<< Chiara! >>
Sì, smettila di urlare, J, ti sento! avrebbe voluto dire, ma tutto quello che le usci dalla bocca fu << Mmh … aah… m… >>
L’angelo imprecò. << Non ce la fai ad alzarti, vero? >> non  era quasi una domanda, ma piuttosto una riflessione ad alta voce.
<< Bene, ti metto seduta. Farò piano. Scusami tanto. >>
Chiara capì solo dopo il perché delle scuse. Non appena Jonas le mise un braccio intorno alla vita e uno sotto le gambe, tirandola su e sistemandola in modo da essere seduta, un dolore intenso esplose in tutto in corpo.
Il massimo che poté fare fu gemere e lottare per non ritornare nel gorgo dell’incoscienza. Jonas fischiettava un motivetto fatto di insulti di tutti i generi, spesso accompagnato da uno “scusa” o “perdonami” oppure “mi dispiace”. La schiena di Chiara toccò un muro, sprigionando altro dolore.
<< … cosa… >> rantolò.
L’angelo si passò una mano tra i capelli, nervoso, sporcandoseli di sangue non suo.
<< Mi credi se ti dico che sarebbe stato molto più facile morire? >>
Un sibilo tranciò l’aria e, un secondo dopo, un pugnale circondato da una melma nera era conficcato a qualche millimetro dalla testa di Chiara e la spalla di Jonas.
<< Quello era mio, scusate! >>
Dimitri.
<< Fa’ più attenzione, diavolo! >> urlò in risposta l’angelo.
<< … dimmi… sta suc-cedendo… >> riuscì ad articolare la Custode dell’Acqua, prima che il fiato le venisse strappato via dal petto. 
<< Abbiamo un problema. >> rispose Jonas. << E tu hai appena fatto un volo di centinaia di metri, con un atterraggio che sono riuscito ad ammorbidire all’ultimo. Se vogliamo dirla alla Dimitri, ‘potremmo usare le tue ossa come spiedini’. Quindi, direi che sono un idiota patentato, incapace, beota… >> e snocciolò una sequela di insulti a voce sempre più bassa.
Chiara riuscì a provare tenerezza per il fidanzato, nonostante tutto.  Rinunciò all’accarezzargli una guancia, ma mormorò <<… non è… colpa… tua. >>
L’angelo fece una risatina isterica. << Sono più bravo a fermare i proiettili che le cadute. >>
<< J, allontanati e lasciami fare, prima che quella rovini di più la situazione. >>
La voce di Emilia non lasciava spazio a obiezioni, così Jonas si allontanò dal campo visivo di Chiara.
La chioma bionda della Custode del Fuoco fece il suo ingresso, insieme a un viso solcato da un taglio da cui colava sangue. Emilia si sforzò di sorridere, così come Chiara, ma entrambe non ci riuscirono molto bene. L’amica si inginocchiò sull’altra.
Sussurrò << Ehi, ora sistemo tutto. Non ti preoccupare. >>
Posò le sue labbra sulla fronte di Chiara, che sapeva avrebbe chiamato a raccolta lo Xeyl, in grado di donare vita. Si sentì rinascere lentamente, finché il dolore non scomparì, lasciando il posto ad un’energia pronta all’uso. Quando Emilia si separò da lei, Chiara balzò in piedi.
Ricordava quello che era accaduto e quello che probabilmente stava succedendo adesso. La bionda si appoggiò al muro, barcollando per un attimo.
<< Tutto bene? >> domandò lei, allarmata.
Emilia annuì. << E’ lo Xeyl, risucchia parecchie energie. >>
Chiara scosse la testa, la prese per un braccio e la aiutò a riprendere stabilità sulle gambe. Le due amiche si scambiarono uno sguardo complice, sorrisero e scoppiarono a ridere.
<< Non raccontarmi mai quanto dovevo assomigliare a una frittella, ok? >>
Emilia si passò una mano tra i capelli, tastandosi il taglio sulla guancia.
<< Se fosse per me, il sinonimo esatto sarebbe ‘pasticcio’, ma credo lo riserverò per quella. >>
Indicò con il mento un punto a circa cinque metri da terra, dove Dimitri, Andrea, Shai e Jonas stavano combattendo contro qualcosa. Chiara non trovava una parola per definire il corpo, in precedenza di una ragazza, cui colava fluido nero e denso. Sembrava fosse una sostanza viva, che si nutrisse delle carni della persona cui era l’ospite, formandosi in continuazione, come magma in ebollizione.
<< E’ chi penso? >> domandò, non credendo ai suoi occhi.
<< Ah-ah. >> rispose Emilia. << Un po’ diversa dall’ultima volta in cui l’hai incontrata, vero? >>
<< Fin troppo. >>
In quel momento, Dimitri urlò. Colpito in pieno petto, fu scaraventato sull’asfalto di schianto, dove rimase immobile. Jonas roteò Chion e gridò per spronarsi all’attacco. La sua lama venne parata direttamente da un braccio della creatura, che sembrò non risentire per nulla del colpo. Emilia strinse le labbra, mormorò uno “scusa” veloce e corse verso il fidanzato.
Chiara osservò i suoi capelli biondi ondeggiarle sulla schiena, illuminati da un raggio di sole, prima di fissare lo sguardo sulla sua nemica. La considerava quasi una sua proprietà, una sfida personale, qualcosa che aveva il diritto di distruggere con le proprie mani.
Astra.
Con un moto di rabbia, calciò il terreno, da cui fuoriuscì un getto d’acqua proveniente da chissà quale tubatura. Creò un’onda di dimensioni enormi per librarsi in aria e partire all’attacco. Schizzi le bagnavano il volto e l’aria le spazzava i capelli all’indietro, dandole un cipiglio da dea furiosa e implacabile. Mosse le mani e dalle spalle scesero come serpenti dei tentacoli d’acqua, che le avvolgevano gli avambracci.
A pochi metri da Astra, l’onda che cavalcava si alzò di qualche metro, poi scomparì in una nuvola di schiuma bianca. Da essa, sbucarono una serie di schegge di ghiaccio, che costrinsero gli altri Custodi ad allontanarsi, ma che non ferirono la sua nemica.
Con un grido, dissolse il vapore e piombò sopra di lei e la colpì in pieno petto con un calcio, facendola precipitare. Solo poco prima che si schiantasse, si allontanò e chiamò << Jonas! >>
L’angelo rispose al suo nome, avvolse la ragazza con delle dolci correnti e la fece atterrare senza un graffio sull’asfalto. Due metri più in là, il corpo deformato di Astra si alzò in piedi, gocciolando fluido nero che, quando toccava terra, bruciava il cemento. Chiara sentì una scossa percorrerle la schiena, distese le spalle e allargò le gambe, piazzandosi perfettamente di fronte a lei.
<< Arrenditi, Astra! >> gridò, decisa a provare una soluzione diplomatica, senza ulteriori spargimenti di sangue. << Non hai visto come Zeigen ha fallito? Come stiamo vincendo questa battaglia? Non è necessario che anche un’altra anima muoia! >>
Le rispose un gorgoglio roco, che pian piano aumentò d’intensità, fino a riempire l’aria e a far accapponare la pelle.
<< Mi dispiace molto, Custode dell’Acqua, ma sarai costretta a uccidermi se vuoi che tutto questo finisca. Finché io vivrò, mio padre accompagnerà ogni Nero ad Upward e l'esercito marcerà su di voi. >>
Chiara avrebbe voluto ribattere, ma Astra balzò in avanti, la superò di slancio e atterrò Shai, dietro di lei. Il giubbotto che portava iniziò a corrodersi velocemente e la violinista cercò in tutti i modi di scrollarsi di dosso la nemica.
Quest’ultima, bloccò un attacco diretto di Andrea, che fu colpito nello stomaco da un pugno e gettato un metro più in là.
Shai vide una goccia colare dalla lingua di Astra sulla sua guancia, si riprese dall’attacco e fermò il tempo per l’avversaria. Chiara avvertì i confini della realtà farsi più morbidi, come se fossero all’improvviso entrati in una bolla di sapone. Controllò che tutti i suoi compagni stessero bene; Emilia e Dimitri si reggevano a vicenda, ma non riportavano gravi danni.
Il ladro le fece l’occhiolino, poi usò i suoi poteri per sollevare Astra, allontanarla di molto da loro e lasciarli da soli. Prima che Shai dissolvesse l’incantesimo, esordì << Lasciatela a me. >>
Jonas neanche pensò a un discorso sensato, opponendosi soltanto con un secco << No. >>
<< E’ pericoloso. >> replicarono all’unisono gli altri.
<< Tutto quello che stiamo facendo è pericoloso, andiamo! >> sbottò Chiara, che non voleva essere contraddetta. << Siete più stanchi e provati di me, avete consumato la maggior parte delle vostre energie, mentre io sono fresca come una rosa. Senza considerare che ho un conto in sospeso con Astra e che riuscirei a trovare un’altra fonte per finirla. >>
<< Non è necessario che tu ti offra come martire, possiamo sconfiggerla insieme >> protestò Jonas.
La Custode dell’Acqua si voltò verso di lui, lo invitò con lo sguardo a intrecciare la sua mano con la propria e lo fissò intensamente negli occhi. Dopodiché, continuò il suo discorso << Voi servite all’esercito, dovete aiutare la Winter, il maggiore Connor e tutti gli altri a sbaragliare altre truppe. Io mi occuperò di Astra , cercherò di convincerla ad arrendersi, anche se penso che non lo farà mai. Ma, vi prego, fidatevi di me: è così che dobbiamo agire. >>
I sei ragazzi si scambiarono uno sguardo, valutando la proposta. Infine, annuirono. Chiara sorrise, sentendosi sollevata al settimo cielo. Shai fece scorrere normalmente il tempo, Chiara, allora, diede un veloce bacio a Jonas e si diresse verso il punto in cui sarebbe comparsa Astra.
Le ultime parole che pronunciò furono << Non vi deluderò, ci vediamo alla fine di questa battaglia! >>
Percorse un isolato, quando sentì il tonfo di un corpo che cadeva. Si fermò un attimo a riprendere fiato, concentrandosi solo sulle sue capacità e traendo coraggio dalle proprie parole. Poi, si diresse verso l’edificio distrutto dalla caduta della sua nemica, altera e fiera come la tigre che ruggiva dentro di lei.
Astra si levò da un mucchio di cemento e calcinacci, senza ferite o dolori apparenti. Sembrò alzare un sopracciglio, quando avvistò Chiara, sola e innanzi a lei.
<< Uno contro uno? >> domandò, giusto per accertarsi che le sue congetture fossero corrette.
<< Esattamente. >> confermò la ragazza, riportandosi dietro l’orecchio un ciuffo ribelle.
Astra le mostrò un sorriso senza labbra. Fece un salto, spiegò le ali nere come la notte e spiccò il volo verso la parte Bianca. Chiara evocò un’onda, decisa a non lasciarsela scappare. Duellarono in aria, senza davvero iniziare né compiendo azioni spettacolari.
Astra schivava i colpi di Chiara, contrattaccava, mentre affidava alle ali il compito di tenerla sospesa in aria; la ragazza, invece, aveva diviso la mente in due tra la parte che la sorreggeva e quella che la spingeva a difendersi o attaccare.
Superata la prima cerchia dell’esercito, dove solo con una buona dose di fortuna Chiara non era rimasta uccisa da pallottole o quant’altro, i soldati avevano lasciato spazio alla visuale pulita del luogo dove vivevano i Bianchi, compreso, sullo sfondo, la Residenza del Presidente con la sua cupola e la statua di bronzo della donna angelo che brandiva la lancia. Ed era proprio a quella che puntava Astra.
Quando la raggiunsero, Chiara comprese che la scelta dell’avversaria non era casuale, bensì rappresentava la presa della sede del potere e del potere stesso dei Bianchi. Cercò di fermarla, di impedirle di posare piede sulla superficie marmorea della cupola, costringendola a pensare solamente a lei.
Ma, così impegnata a duellare, non si rese conto che stava precipitando. Picchiò con la schiena contro la parte bassa della statua, quella rappresentata dal pegaso. Stordita, dovette abbandonare ogni principio di attacco contro Astra per focalizzarsi sulla sopravvivenza. Schivò a fatica un pugno, che sprofondò di qualche centimetro nel bronzo, ritrovando stabilità issandosi sulla groppa del cavallo alato.
Non guardare giù o sei finita, pensò, cercando di mantenersi in equilibrio.
Astra fluttuava senza problemi innanzi a lei, perdendo fluido nero che corrodeva le superfici con cui entrava in contatto.
<< Sai come si chiama questa statua? >> chiese.
<< Credo di essermelo scordato. >> replicò, piccata, non capendo il perché di quella domanda.
<< E’ Fhried, l’antica della libertà e della vittoria. >> rispose, calma, Astra. << E nessuno, nemmeno un dio, potrà fermarmi dal rubarvi la libertà e prendervi la vostra vittoria. >>
Chiara aveva in mente di rimbrottarla per bene, invece disse << Non ci riuscirai. >>
<< Vedremo. >>
Astra batté le ali, sorvolando la Custode dell’Acqua, e atterrò sul braccio destro di Fhried, quello che brandiva la lancia. Il bronzo di cui era fatta resisteva, ma l’angelo nero prese a strattonare l’arma, come se volesse scardinarla. Chiara si aggrappò a un’ala del pegaso per non cadere per via degli scossoni.
<< Sei pazza! >> urlò, ma non ottenne risposta.
Con un grido, Astra strappò la lancia dalle mani della statua e, con una forza che non aveva nulla di umano, la levò al cielo. Il monumento tremò paurosamente, tanto che Chiara scivolò via dall’appiglio e cadde per alcuni metri, finché non riuscì a creare una piattaforma di ghiaccio su cui atterrare. Evitò di finire schiacciata da parti della statua, raggiungendo Astra a cavallo di un fiotto d’acqua.
La nemica ansimava pesantemente, gocciolando molto fluido, ma puntava ancora la lancia contro il cielo. Quando la distese, ricoprì la distanza che la separava da Chiara.
La Custode dell’Acqua trattenne il respiro, deglutì e si morse le labbra.
La situazione non sarebbe dovuta degenerare così.
Astra esplose in una risata selvaggia, ormai con l’avversaria in pugno perché, se anche avesse provato a scappare o a scansarsi, sarebbe riuscita a colpirla ugualmente. Premette la punto della lancia contro lo stomaco di Chiara, incapace di muoversi o pensare razionalmente.
Poi, quando Astra fece per trafiggere la ragazza, un fischio attraversò l’aria. L’arma fu tagliata in due e cadde dalle mani della figlia di Zeigen, che subito volse il capo in cerca di chi l’aveva interrotta. In un turbinio di piume bianche, Jonas comparve davanti a Chiara, come scudo, riprese Chion in mano e la puntò contro la nemica.
<< E tu cosa ci fai qui?! >> esclamò la ragazza.
L’angelo sorrise. << Non sei contenta? >>
Chiara sbuffò. << Certo, che domande, ovvio, stavo per essere trafitta… >>
<< E allora rimandiamo le spiegazioni a dopo. >> la interruppe Jonas, poi si schiarì la gola e dichiarò << In nome di Upward, e con il potere conferito dalla Presidentessa in carica Elisabeth Winter, io, Jonas King, ho il diritto e il dovere di eliminare una minaccia per la nostra città. >>
Si inumidì le labbra. << Quindi, solo due scelte di sono concesse: la tua resa incondizionata e quella del tuo esercito, o la morte. >>
Astra fremette e, quando rispose, quasi ruggì. << Così sia: uccidimi, se solo ci riuscirai. >>
Sbatté le ali, avvitandosi verso l’alto, ma Jonas non la seguì nemmeno. Lanciò Chion come un giavellotto, affidandosi alla mira e al vento che soffiava sempre a suo favore. Solo un sibilo, seguito da un gemito e Astra smise di volare.
Come la torre, crollò sulla terra, ma erano tanto in alto che non sentirono il tonfo né videro la scena chiaramente.
Jonas si passò una mano tra i capelli e mormorò << Mio Dio… >>
Chiara non aggiunse altro, sia perché non aveva niente da dire sia perché non ce n’era bisogno.
Si voltò verso la fidanzata, specchiandosi nei suoi occhi castani, e l’abbracciò. La Custode dell’Acqua iniziò a singhiozzare piano sulla spalla dell’angelo, il quale si abbandonò completamente a lei. Man mano che le sue lacrime di gioia, dolore, sollievo e paura rigavano il viso di Chiara, gli scontri dietro di loro si calmarono, fino a spegnersi nel silenzio di una nuova alba.

 
***
Angolino dell'autrice
Dopo un mese e qualche settimana, io esco dalla mia tomba e aggiorno questa storia come se niente fosse. Sono perfettamente consapevole che voi avete tutto il diritto di prendere un treno, venire a Milano e uccidermi, quindi se deciderete di farlo, vi aprirò la porta^^""
Perché solo una ragazza idiota, imbecille, indecente, impossibile, inconscente, instupidita e tutti gli insulti che iniziano con la "i" che vi vengono in mente può fare aggiornamenti sregolati come i miei, senza nemmeno ripagare il lettore con qualcosa di bello e sostanzioso.
Si vede proprio come "mi sbrigo a scrivere più in fretta".
Quindi, sono le benvenute le recensioni che contengono almeno un insulto al mio indirizzo, che tanto me li merito tutti ^^''''''''
Venendo ad Upward, posso finalmente annunciare che siamo ormai giunti alla fine dell'avventura: un capitolo ancora e l'epilogo, chiuderanno questa lunga storia urban-fantasy. E forse, per una buona volta, riuscirò a scrivere in tempi decenti?
Sono rimasta stupita da tutte le visualizzazioni che ha ricevuto il primo capitolo, nonché anche quelli a seguire. No, stupita è dire poco. Perché stavo video-chattando con un amico quando ho letto quel numero, e dopo aver partorito pensieri poco carini, aver spalancato la bocca come un'idiota, sono riuscita a malapena a balbettare un "oh mio dio", seguito dalla stessa espressione in altre lingue xD
Io tre zeri non me li merito per nulla, considerando gli aggiornamenti sballati e capitoli un po' deludenti come questo. Però mi fa un piacere immenso sapere che tutte queste persone hanno dato un'occhiata al primo chappy di Upward ^u^ hahah
Spero, comunque, che vogliate spendere due righe in una recensione e che gli avvenimenti di questa puntata non siano tutti negativi c:
Alla prossima


l'imbecille, idiota, impossibile Water_wolf

 

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Capitolo 31
*** 31 Milano e Upward, Corpo e Cuore ***


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"And you let her go [...]
Hoping one day you’ll make a dream last
But dreams come slow and they go so fast
Let Her Go, Passenger"

 

Dopo un po’, Chiara si asciugò gli occhi, tirò su col naso e per la prima volta si guardò. I suoi vestiti avevano un aspetto orribile: stracciati in più parti, coperti di sangue secco in alcuni punti, c’era persino una macchia scura e viscida di quella che era stata Astra. Se avesse potuto specchiarsi, non era sicura di essere capace di riconoscersi.
Jonas non certo messo meglio, le numerose piccole ferite che perdevano lentamente ma costantemente sangue e gli abiti a brandelli. I capelli erano arruffati come un nido d’uccelli e il suo viso sembrava smagrito, oltre che immensamente stanco.
<< Dovremmo tornare indietro, i soldati hanno il diritto di sapere che Astra… >> si interruppe, la parola “morta” faticava a uscirle dalla bocca. << … che Astra è stata sconfitta e non c’è più. >> aggirò l’ostacolo.
Jonas annuì, le strinse la mano e rilassò le spalle, dispiegando le ali. Un raggio di luce le colpì, donando loro una parvenza impalpabile e illuminando d’oro i capelli dell’angelo. Volarono bassi, evitando i sempre più rari scontri aerei tra Bianchi e Neri, i quali sembravano essersi accorti che la loro regina era morta.
Chissà, si chiese Chiara, se ci sarà un modo per farli tornare normali, riunirli alle loro famiglie. Sperò vivamente di sì, mentre sorvolava Upward, avvicinandosi al Muro.
Il palmo di Jonas le dava lievi scosse, scintille di elettricità che la mantenevano vigile. Senza più il fiato sul collo di una possibile sconfitta, la paura di essere schiacciata dall’esorbitante superiorità numerica degli avversari, riusciva a concentrarsi su tutti i muscoli doloranti e i lividi che si era procurata.
Ormai vicini al Muro, videro Emilia e Dimitri sbracciarsi da terra, facendo loro segno di scendere di quota. Non appena mise i piedi sull’asfalto, Chiara soffocò nell’abbraccio stritolante dell’amica.
<< Emy, non voglio mangiare i tuoi capelli! >> bofonchiò, sputacchiando i ciuffi biondi che le erano finiti sulla lingua come un gatto.
La Custode del Fuoco la liberò, sorridendole felice.
<< Avevo una paura terribile che ti fosse accaduto qualcosa di brutto. >> disse.
<< Sto bene. >> la rassicurò Chiara, ma Emilia aveva l’aria di chi le avrebbe fatto firmare un contratto con il quale le vietava di mettersi in pericolo.
Dimitri tossicchiò e, mordicchiandosi una pellicina, intervenne << La nostra frigida presidentessa ci ha richiamato, non credo voglia aspettare. >>
<< Da quando conosci una parola così poco utilizzata? >> domandò Jonas.
Dimitri lo guardò un po’ stupito. << Davvero esiste? Io pensavo di aver coniato un nuovo nomignolo unendo “fredda” e “rigida”. >>
<< Tipico. >> commentò l’angelo, prima di scoppiare a ridere, trascinandosi dietro anche gli altri.
<< Immagino >> iniziò Chiara, recuperando un po’ di serietà << che Shai e Andre’ siano già dalla nostra frigida amica. >>
<< Mh-mh. >> confermò Emilia. << Muoviamoci, forza. >>
I Bianchi a terra si stavano ritirando in capannelli più o meno numerosi di soldati, medici e mogli che sfuggivano ai controlli e andavano ad abbracciare i mariti.
I ragazzi si fecero strada, sgusciando come anguille, finché non li raggiunse una figura conosciuta. Il maggiore Connor fece loro cenno con un braccio, indicando il luogo in cui c’era il Presidente Winter.
Chiara si rese conto, sbalordita, che la donna era circondata da un muro di infermiere che la tartassavano di domande e premure che lei, invece, si stava sforzando di liquidare con dolcezza. Sembrava l’avesse esaurita nelle precedenti ore di cure.
Alla fine, la vide prendere un grosso respiro e ordinare a una sua guardia del corpo di dispendere quelle persone con o senza gentilezza. Le infermiere si allontanarono, ma rimasero in vista, scoccando occhiate a una benda candida attorno al braccio della Winter.
Chiara diede una lieve gomitata a Emilia, tirandola a sé.
<< Non mi avevi parlato di questo particolare. >> sibilò, quasi con accusa.
La bionda scrollò le spalle. << Sarà pure fredda, ma se si è perfino presa un proiettile per Upward, vuol dire che ci tiene a questa città. >>
<< Già. >> si costrinse a ammettere la Custode dell’Acqua, mentre Shai e Andrea si ricongiungevano al gruppo.
La mora lanciò uno sguardo a Dimitri, che le fece l’occhiolino, prima di assalire Jonas. Chiara non sentì quello che gli diceva, però riuscì a sentire la punta delle orecchie farsi incandescente e immaginò fosse una frase del genere “dovevi proprio andare a salvarla? Hai rischiato così tanto!”.
Scoccò un’occhiataccia a Jonas, che si affrettò a staccarsi da Shai e rassicurarla in poche parole, le guance spolverate di rosso per l’imbarazzo. Dimitri emise una sorta di risatina a singhiozzo trattenuta a stento, quando vide Andrea fare una smorfia e affiancarsi a lui con aria offesa. Emilia gli sussurrò qualcosa all’orecchio che, invece di farlo smettere, lo fece ridere ancora di più.
Se quella è una risata, considerò Chiara, assomiglia al verso di una foca morente. Era un pensiero così assurdo che le affiorò un sorriso alle labbra.
Il Presidente Winter ruppe quella riunione, annunciando << Vedo che siete tutti qui sani e salvi. >>
Si sistemò la fasciatura sul braccio, guardandola come si fa con uno scarafaggio particolarmente brutto. Poi sorrise, forse il primo sorriso davvero sincero che faceva da quando Chiara la conosceva.
<< Sono felice che siate riusciti a portare a compimento il vostro destino. E’ incredibile pensare che dei ragazzini siano la chiave di una guerra, ma è ancora più straordinario osservarli in azione e vederli portarci alla vittoria. >>
<< E’ un complimento, vero? >> chiese Dimitri, sottovoce, ma si sentì ugualmente.
La Winter allargò il suo sorriso. << Sì, lo è. Ma non vi ho chiamato qui solo per complimentarmi. >>
E ti pareva, sbuffò Chiara nella sua mente. Doveva saperlo che la presidentessa non faceva mai nulla se non c’erano dietro almeno cinque altre ragioni. Indicò con il braccio sano il cielo, dove i Bianchi stavano sedando le piccole rappresaglie dei Neri ancora in corso.
<< Vedete? >> domandò.
Annuirono.
<< Non abbiamo idea di come possano tornare come prima della trasformazione. >> Si accigliò, e la sua espressione si incupì. << Speravo in voi per risolvere quest’altro problema. >>
Era la stessa domanda che si era posta Chiara e cui non sapeva rispondere. Shai schioccò le dita all’improvviso, facendola sobbalzare, già pronta a combattere. Aveva ancora parecchia adrenalina in circolo.
<< Io una soluzione ce l’avrei. >> esordì.
Guardò Andrea, quasi mettendolo sotto esame, e quest’ultimo corrugò la fronte, senza capire.
Continuò a fissarlo, mentre recitava << La Niayh era l’atlante della verità, capace di illuminare e oscurare, di scrivere e cancellare, ma anche di cambiare. >>
Il Presidente Winter spalancò gli occhi, mormorò quelle frasi lentamente e sembrò sul punto di mettersi a piangere per la felicità. Chiara pensò che era davvero molto stanca se il suo cervello lasciava che certe fantasie nascessero.
Lanciò un’occhiata di soppiatto a Emilia, che gesticolò con le mani e pregò che lei capisse ciò che aveva immaginato. Suo malgrado, Chiara intuì qualcosa che riguardava uno spogliarello e una corsa per tutta Upward nuda, sventolando un cartello con su scritto: “Ho la soluzione! Sono la presidentessa migliore del mondo!”
Dormire. Doveva dormire. Il sonno le avrebbe fatto bene, a lei e a tutti.
Andrea si grattò il collo con fare nervoso, gli occhi verdi che fuggivano dallo sguardo penetrante del Presidente.
<< Credo… credo di poterlo fare, sì. >> articolò con fatica.
<< Bene! >> esclamò la Winter, forse con un po’ troppo entusiasmo. << Avete tempo un’ora per prepararvi, dopodiché, procederemo alla ri-trasformazione. Maggiore Connor! >> chiamò, e il soldato comparve in un istante, batté i tacchi e si mise sull’attenti.
Chiara pensò che era uguale a uno dei militari che si vedevano nei film d’azione, solo più sudato e stanco.
<< Tappa al padiglione medico; si procuri anche degli abiti nuovi. Può andare. >> lo congedò, e l’uomo si esibì nel saluto.
Prese in consegna i ragazzi e fece fare loro dietro-front verso un edificio basso che era stato adibito a ricovero per i feriti. Appena entrarono, videro tendoni di plastica dividere quello che prima era una grossa hall in tante sale in cui poter operare. L’aria odorava di guanti in lattice e antibatterici.
Chiara storse il naso. Non le piacevano troppo gli ospedali, soprattutto se la malata non era lei. Le ricordavano troppo il periodo che aveva passato al capezzale di sua mamma, dopo l’incidente col padre.
Cercò istintivamente la mano di Jonas, che trovo calda e sicura. Una dottoressa in camice verde acqua fermò senza tante grazie il maggiore Connor, puntandogli un indice contro il petto.
<< Ha idea di quanti microbi stia portando qui dentro? Non può entrare così e… >> iniziò, ma l’uomo scostò la sua mano dal proprio corpo e la interruppe << Sto eseguendo degli ordini, signora. Servono controlli e vestiti nuovi per i Custodi. >>
La dottoressa assunse un colorito tra il viola prugna e il rabarbaro per la vergogna, ma non poté parlare ancora, perché il soldato riprese << E, molto francamente, non mi interessa assolutamente niente di quanti microbi io possa introdurre qui. >>
Girò i tacchi senza aspettarsi una risposta, dando una pacca sulla spalla a Dimitri per farlo avanzare.
<< Non si azzardi ad aspettare questi ragazzi qua dentro, chiaro? >> gli gridò dietro la donna. << Non ha la minima idea di cosa possa trovarsi sulla pelle di un maschio adulto che ha appena combattuto! >>
Si rilassò solo quando il maggiore Connor varcò la soglia, si diede una sistemata alla alta coda di cavallo castana e si raddrizzò gli occhialetti viola sul naso.
<< Seguitemi, avanti. >> invitò, sorridendo benevola ai sei.
Forse anche lei dovrebbe starsene in un ospedale, osservò Chiara, cui il comportamento della dottoressa sembrava parecchio strano.
La donna li condusse attraverso un telo di plastica giallo, entrando in un’ala diversa dell’edificio. Indicò sei diversi spicchi – muniti di altrettanti lettini – dove si sarebbero dovuti accomodare in attesa di chi si sarebbe occupato di loro.
Chiara sfiorò le labbra di Jonas in un bacio brevissimo, poi si sedette sopra il lettino grigio topo. Poco dopo, entrò una sorridente infermiera sui vent’anni che, chiudendo i due lembi del telo che formavano la stanza con una molletta, si occupò di lei.
La aiutò a spogliarsi, le chiese dove sentisse più dolore – cosa piuttosto difficile da definire, visto che si sentiva più strapazzata di un uovo – e pulì qualche graffio dal sangue. Uscì e ritornò con dei pantaloni scuri e una maglietta anonima, entrambi i capi perfettamente sterilizzati, e glieli porse.
<< Stia tranquilla, nonostante tutto, è sana come un pesce. >> la rassicurò, allontanandosi per permettere a Chiara di vestirsi.
<< Ci mancherebbe, sono la Custode dell’Acqua. >> mormorò tra sé, ma l’infermiera era già sparita.
Si cambiò in fretta, lasciando che i vecchi abiti si sparpagliassero al suolo, e si sentì incredibilmente più pulita. Infilò la mano in una tasca dei pantaloni e vi trovò una zolletta di zucchero, che si ficcò in bocca, grata. Ben presto, le si sciolse sulla lingua. Dimitri era già sfuggito dalle grinfie del proprio medico, nessuna fasciatura evidente.
Quando si furono riuniti tutti, la prima dottoressa li condusse fuori dall’edificio, dove li consegnò al maggiore Connor, che li aspettava con la schiena appoggiata al muro. Si beccò un’occhiataccia, ma sembrò non farci caso.
<< Allora, >> disse << tirate fuori il libro magico e saremo pronti in anticipo. >>
<< Non è un libro magico. >> borbottò Andrea, ma il fatto che Dimitri fece apparire l’Atlante della Verità dal nulla non contribuì molto.
Infatti, il militare indicò il volume che fluttuava sul palmo del ladro come prova eloquente.
Andrea brontolò qualcos’altro mentre si riprendeva il libro, senza tralasciare di dare uno scappellotto a Dimitri, il quale si voltò verso Emilia e domandò << Essendo la mia ragazza, non dovresti impedirgli di trattarmi in questo modo? >>
La bionda alzò un sopracciglio. << Da quando vuoi la mammina? Avete un conto in sospeso, voi due, sbrigati a estinguerlo. >>
Dimitri avrebbe volentieri ribattuto, ma la sincera risata del soldato glielo impedì. Bofonchiò qualcosa riguardo alla gioventù che nessuno capì, però si rifece serio in fretta, assumendo quell’aria seria e composta tipica del contegno militare.
Più si facevano vicini a luogo dell’incontro con il Presidente, più si rendevano conto di che dimensioni era l’esercito di Neri di Zeigen e Astra. Gli angeli erano una schiera scura che circondava il Muro, ma molti se ne stavano aggiungendo e rimpolpavano le file, sempre sotto il controllo dei militari.
Avevano lo sguardo vacuo, notò Chiara, come se la perdita dei comandanti li rendesse infinitamente tristi, automi senza scopo. Presto, videro la Winter discutere con altri nomi importanti, discutendo e dando ordini. Assunse un’aria compiaciuta nell’osservare Andrea e l’Atlante della Verità.
Assistettero alla preparazione di quel colossale schieramento. Chiara guardò il cielo, sforzandosi di scorgere anche il minimo puntino nero, ma i suoi occhi incontravano solo macchie bianche: nuvole o angeli.
Andrea era visibilmente nervoso e, per non mostrare l’ansia, si sedette a gambe incrociate per terra e incominciò un dialogo con la terra che si estendeva sotto l’asfalto. Sembrava una specie di monaco buddhista che praticava l’arte della meditazione.
Quando la Winter annunciò che era il momento, i Neri erano così tanti da assomigliare a una nube temporalesca in avvicinamento. Andrea si alzò, si spazzolò i jeans e cercò l’appoggio nello sguardo dei compagni, che gliene infusero quanto più poterono.
Il Presidente si fece avanti, percorse con lo sguardo i nemici, poi si voltò verso la folla alle sue spalle, che si era fatta compatta e silenziosa.
Chiara non seguì l’inizio del discorso, si perse subito tra i paroloni utilizzati. Sembrava la sua professoressa di Storia, a scuola, che aveva il dono di farla addormentare. Poi sentì la parola “dimissione” e quasi spiccò un balzo per lo spavento.
Un tornado di “cosa!?” e “come?” le invasero la testa. Si levarono protese dalla folla, tanto che la Winter dovette ripetere quella parte del suo discorso per farla assimilare a tutto.
<< E’ stato un anno difficile, un periodo di guerra che non si vedeva da anni a Upward. Un così grande utilizzo di energia e forza mi è costato molto, ci è costato molto, e ora sono così spossata da sentirmi prosciugata. E’ per questo, che garantirò la stabilità di Upward e dopodiché mi dimetterò, in modo che altri più vigorosi di me possano sorreggere il peso di questa città. >>
Fece una pausa. La parte che seguì, sembrò quasi una supplica.
<< Per favore, non rendete questa scelta più dolorosa di quello che è già. Non scomparirò, non vi abbandonerò, ma ho bisogno di un periodo di riposo. >>
Fu abile a tenere le redini delle persone che protestavano, giocando la carta del grande momento in cui il Custode della Terra avrebbe riportato indietro i cari dai Bianchi.
Il ragazzo raggiunse la Winter, che si fece indietro, e diede le spalle al pubblico. Scrutò tutti quegli angeli delle piume nere, tamburellò le dita sul dorso dell’Atlante della Verità e distese le spalle.
Aprì il libro, sfogliò le prime pagine, finché non ne trovò una che lo soddisfaceva. Divaricò le gambe e i suoi piedi affondarono di un paio di centimetri nella terra, creando un contatto stabile. Mise due dita a mo’ di segnalibro, gettò una lunga occhiata al volume, alzò la testa e parlò.
Ma non nella lingua degli umani, italiano, francese, tedesco o russo che fosse. Parlò come parlerebbe una quercia, un salice, un tasso; così soavemente, però, come farebbero le violette e le campanule, le margherite e gli ibischi.
E non successe nulla.
Chiara si era aspettava qualcosa, un segno della magia che veniva portata a compimento, ma non accadde niente.
Temeva che da un momento all’altro, Andrea si sarebbe girato e avrebbe detto << Scusate, non è possibile farli tornare normali. Spero non vorrete usarmi come bersaglio, nel caso aveste un fucile. >>
Invece, dall’Atlante della Verità si sprigionò una luce talmente potente che la ragazza si protesse gli occhi con le mano. Quando sbatté le palpebre e i puntini smisero di danzarle davanti agli occhi, le sembrò che stesse piovendo cenere.
Poi, si rese conto che erano le piume scure degli angeli. Le ali di questi ultimi, da nude, misero a velocità innaturale un piumaggio nuovo e luccicante come diamanti. Le espressioni cupe scomparirono dai loro visi e, per la prima volta da molto, troppo tempo, si resero conto di chi erano veramente.
Chiara era talmente sbalordita che non riusciva a muoversi o a parlare.
Una donna dai capelli biondissimi, sciolti sulle spalle, si illuminò ancora più degli altri. Allargò le braccia e gridò << Joseph! >>
<< Mamma! >>
Alla sinistra di Chiara, la gente aprì un varco, da dove un bambino dai ricci dorati corse ad abbracciare la donna. Lei lo prese al volo, lo fece girare più volte e scoppiò a piangere. Fu la scintilla che diede il via all’abbraccio collettivo con quelli che pochi minuti prima erano i loro acerrimi nemici.
La Winter scomparve nella folla, la figura di Andrea fu inghiottita da un turbinio di piume bianche. Chiara si accorse che Jonas la stava tenendo per le spalle per paura di perderla. Sentì Emilia chiamare il suo nome, così si voltò e vide che Andrea era riuscito a tornare da loro prima che scoppiasse quella confusione.
Con fatica, trascinandosi dietro Jonas, la raggiunse. Il Custode della Terra tremava. Sorrise a trentadue denti quando Shai lo investì, ma la violinista dovette poi reggere il peso del ragazzo, che si era accasciato su di lei, privo di sensi per lo sforzo.
In quel momento, Chiara si rese conto della felicità che le inondava il petto e del cuore che le sembrava battere con rinnovata forza nel petto, il sottofondo di una giornata gioiosa che sarebbe rimasta nella storia.
§

Chiara sapeva di essere sul punto di piangere. Sentiva le lacrime pungere dietro gli occhi e la bocca era già piena del loro sapore salato. Perché doveva essere così difficile per lei?
Shai non faceva una piega o, almeno, era più brava di lei a tenersi dentro le emozioni, quando doveva separarsi dal suo quasi-ragazzo. Non sapeva con certezza né se Andrea era innamorato di lei né se sarebbe mai potuto sbocciare qualcosa, eppure, nonostante quelle domande assillanti, sembrava serena, come se niente potesse disturbarla.
Be’, certo, Emilia doveva essere sempre quella più fortunata, con il fidanzato che sì era speciale, ma non era un angelo che viveva a chilometri sopra la sua testa.
Andava tutto bene: Upward si stava riprendendo lentamente, i cittadini si prodigavano ogni giorno per abbattere il Muro, ci si stava avviando verso una futura pace. Ma dei Custodi lì non c’era più bisogno, così, la Winter non aveva esitato per comunicar loro di ritornare a Milano.
Attraversato lo Specchio – il passaggio che divideva la città volante dalla terra – e solo in quel momento Chiara si era resa conto che Jonas non restava con lei.
Non poteva essere in ritardo semplicemente coi mezzi pubblici o le scadenze, ma anche coi collegamenti mentali. Perché sarebbe stato ingiusto trattenere l’angelo, sottrarlo a una famiglia che lo amava già prima che si scoprisse la sua natura di Custode.
Capiva perfettamente il motivo che lo spingeva ad allontanarsi da lei, la sua promessa di tornare a farle visita ogni volta che poteva, eppure…
Eppure, separarsi da lui sarebbe stato come impacchettare la persona che più si amava e spedirla oltreoceano, all’Isola di Pasqua, su una nave.
Chiara si strinse a lui, si aggrappò alla sua felpa grigia come se ne andasse della sua stessa vita. Inspirò il suo profumo, appoggiò la testa sul suo petto e sentì il suo cuore battere regolare.
Non te ne andare, Jonas. Ti prego.
Ma l’angelo l’abbracciò forte, la cullò, e poi la allontanò da sé con decisione. I suoi occhi grigi erano un tumulto di emozioni, specchio di quelle di Chiara. Le baciò la fronte, come se fosse una bambina.
<< Sssh. Tranquilla. Andrà tutto bene. Non è finita, la nostra relazione, il nostro amore, continua. Non basterà il cielo a dividerci. >> sussurrò sulla sua pelle, il fiato caldo che le faceva il solletico.
Chiara si ripeté quelle frasi nella testa, come faceva con una regola, per crederci e tenerla a mente.
Andrà tutto bene. Non è finita. Non basterà il cielo a dividerci.
<< Ti prego… >> mormorò ancora, sentendosi egoista ma non avendo la forza per troncare subito quel saluto. 
Jonas la allontanò di qualche centimetro in più, la ammirò da quella distanza e si sforzò di sorridere.
<< Ehi, questo è un arrivederci. >> mormorò.
Intrecciò le dita a quelle di Chiara, si portò lo mano al petto e disse << Lo prometto. >>
La ragazza si diede il tempo di tre lunghi respiri, prima di annuire e lasciare andare la mano dell’angelo.
<< Mi mancherai. >>
Si aspettò il solito “anche tu” di tradizione, ma Jonas spiegò le ali diafane e le fece l’occhiolino.
<< Se non ti mancassi, non sarei importante. >>
Anche Shai era pronta a ripartire per Upward, aspettava che il loro saluto si concludesse. Chiara afferrò Jonas per la felpa un’ultima volta, si alzò in punta di piedi lo baciò, imprimendo in quel bacio tutto ciò che stava provando: rabbia per la separazione, tristezza, comprensione, amore e tanta, tanta paura di perderlo per sempre.
Quando si staccò, mise su il miglior sorriso di cui era capace e osservò il suo fidanzato prendere il volo. Se ci avesse pensato solo qualche settimana prima, si sarebbe data della pazza. Lei e un ragazzo, che tra l’altro vola pure? Ma scherziamo!
Sentì la calda presenza di Emilia al suo fianco e gliene fu grata. I quattro, lei, la bionda, Dimitri e Andrea, imboccarono la metropolitana insieme. Chiara non disse nulla, lasciando che i discorsi della sua migliore amica riempissero quel vuoto. Cercò di salutare con calore Andrea, arrivato alla fermata Stazione Centrale, ma aveva la testa da un’altra parte.
Lui non sembrò farci molto caso, dopotutto, non poteva sapere quali pensieri si affollassero nella mente del genovese. Dimitri gli batté forte qualche pacca sulla spalla, lo fissò con intensità e scoppiò a ridere senza motivo.
<< Non scomparire, mi raccomando, Andre’. >>
L’altro gli sorrise. << Sei il Custode dello Spazio, amico, dovresti essere bravo a trovare le cose. >>
E lasciò che le porte si chiudessero davanti a lui, sventolò la mano e si accodò alle persone che stavano prendendo le scale mobili.
Per sua madre, quella era una semplice gita di massimo un paio di giorni, e l’incanto di Shai sul tempo aveva funzionato alla grande: erano partiti all’alba ed erano stati a Upward meno di una settimana, ma lì erano a malapena le sette di sera. A Genova, la casa di Andrea, quello sarebbe stato solo un ritorno in anticipo.
Per Dimitri, che non aveva dimora fissa, la questione “tetto sopra la testa” era un po’ complicata. Emilia lo aveva invitato a casa sua, per quella sera, ma speravano nella gentilezza di Giovanni per dargli un’abitazione fissa. Che tornasse a rubare o vivere come capitava, non era contemplato.
Chiara si perse a pensare a come doveva essere la camera da letto di Jonas, o come lo avrebbero accolto i suoi compagni di classe. Si ricordò di suo padre, che non sarebbe stato contento di vederla tornare tardi, e fece una smorfia.
Alzò lo sguardo, notando che la metro si stava fermando in un punto in cui avrebbe potuto prendere l’autobus che l’avrebbe portata poco lontano dalla casa di Giovanni. Non le sarebbe affatto dispiaciuto passare la serata con lo scrittore, a raccontargli tutto ciò che era accaduto in quei giorni.
Immaginò la sua faccia quando gli avrebbe detto che si era mosso a rallentatore, proprio quando il treno si fermò e aprì le porte per far entrare le persone.
Balzò in piedi, baciò velocemente le guance di Emilia e annunciò, piena di una nuova allegria << Vado da Giò! >> e sgusciò via.
Fece gli scalini quattro a quattro, rischiò di inciampare e andò a sbattere contro una signora con la borsa, bagaglio che si era portata ad Upward e che era stato quasi inutilizzato. Almeno, visto che c’erano dentro i suoi vestiti, non era dovuta tornare a Milano con gli abiti sterilizzati forniti dall’ospedale.
Si lasciò trasportare da quella foga, che le diede energia sufficiente a raggiungere in tempo l’autobus che stava abbandonando la fermata-capolinea in quel momento. Si sedette con uno sbuffo sul sedile di plastica e si perse a guardare sfilare davanti a sé i viali.
Si ricordò di scendere quasi per miracolo, dal momento che era sul punto di addormentarsi, e notò che era iniziata a scendere una pioggerellina leggera, di quelle che sarebbe troppo aprire l’ombrello e troppo poco ripararsi sotto il cappuccio. Ma Chiara non aveva né l’uno né l’altro, così percorse il blocco di case a viso scoperto, finché non raggiunse la casa dello scrittore.
Aveva le chiavi della porta nella borsa e salì senza citofonare. L’uomo di mezza età le aprì la porta dell’appartamento, già sulle labbra la frase “no, guardi, sono ateo” per allontanare i Testimoni di Geova. Poi, si rese conto di chi si trovava davanti e l’accolse in un grande abbraccio.
<< Come mai tutto questo affetto? >> chiese Chiara, abbandonando la borsa ai suoi piedi ed entrando nell’appartamento.
Giovanni le intimò di togliersi le scarpe, per risparmiare al pavimento un po’ di sporco.
<< Be’, sei andata in una città sulle nuvole per combattere il male e sei tornata, ergo avrai sconfitto i tuoi nemici e sei tornata sulla Terra vittoriosa. >> rispose lui.
Chiara rise. << Detta così, sembra un film degli X-Men. >>
Giovanni scrollò le spalle. La ragazza si svestì, ripose le scarpe nella scarpiera e raggiunse lo scrittore in cucina.
<< Fame? >> domandò, la testa dentro il frigorifero.
<< Ah-ah. Cosa prepara lo chef? >> scherzò la quindicenne.
L’uomo riemerse dall’elettrodomestico, si grattò la barba e propose << Anatra all’arancia, pesce e frutti di mare oppure dell’ottima pasta al sugo? >>
<< Dubito fortemente che tu sappia cucinare i primi due piatti. >> replicò Chiara.
<< I miei strumenti sono la carta e la penna, non i fornelli. >> si difese, chiuse il frigorifero e aprì l’anta della credenza dall’altra parte della cucina.
Permise a Chiara di non fare nulla mentre lui scaldava l’acqua, così la ragazza si sedette al tavolo e giocherellò con la pasta cruda nella confezione. Osservò Giovanni tirare fuori il sugo, uscire sul balcone e tornare dentro con qualche foglia di basilico, che teneva in un vasetto sempre a portata di mano. Intanto, la sua mente ritornò a Jonas e la tristezza tornò a opprimerle il petto.
Non si accorse degli occhi dello scrittore su di sé finché lui non le domandò cosa non andava. Chiara non provò nemmeno a mentire.
<< Ci siamo dovuti separare. >> disse piano, chinando la testa.
Giovanni le si sedette di fronte e ascoltò il breve resoconto di quella giornata senza battere ciglio.
<< Ho paura, Giovanni. Paura di perderlo per sempre, di rimanere sola con il cuore spezzato. >> sospirò piano Chiara.
Lo scrittore le sorrise comprensivo. Prese tra le dita uno spaghetto crudo, mostrandolo alla ragazza.
<< Sai che se provi a romperne uno in due soli pezzi mettendolo tra pollice e indice dell’altra mano non ci riesci? >> domandò.
<< No. >> rispose lei.
Giovanni eseguì l’operazione, e quattro frammenti dello spaghetto crudo ricaddero sul tavolo della cucina.
<< Non puoi dividerlo a metà in questo modo, dovresti forzarlo tu stessa per separarlo a metà. Altrimenti, i pezzi non saranno mai meno di tre. >> spiegò.
<< E questo cosa c’entra con me e Jonas? >> chiese Chiara, lanciando un’occhiata scettica alla pasta.
<< C’entra eccome, invece. >> ribatté Giovanni. << Pensa allo spaghetto come a due persone che si amano e vogliono restare insieme, che hanno unito le loro anime e i loro cuori. Di per sé, in questa situazione, non si dividerebbero mai in due sole parti se non c’è un grosso problema all’interno della coppia, nessuna causa esterna. Se si lasciassero per la seconda ipotesi, le loro vite non sarebbero troncate di netto una dall’altra. Le anime si possono allontanare, dividendosi in più pezzi, perché due corpi possono essere lontani chilometri ma i cuori possono battere insieme anche a quella distanza, perché sono frammenti a sé, che richiedono integrità e si parlano e amano anche se non sono vicini, in attesa che la carne dei due torni insieme. Pensa a te e a Jonas come questo spaghetto: guarda come il vostro amore esige un frammento tutto per lui, che vi unisce nonostante tu sia a Milano e lui in cielo, a Upward. >>
Chiara fissò gli occhi su quei quattro pezzettini di pasta. Prese quello che doveva essere il cuore e se lo rigirò tra le dita, per poi osservarlo con interesse in bilico sulle unghie.
<< Tu credi che ce la faremo? A non spezzarci a metà, intendo. >>
Giovanni le sorrise. << Io non lo credo, ne sono certo. >>
Anch’io ne sono sicura, pensò tra sé e sorrise. No, non ci spezzeremo.
Il timer che aveva caricato lo scrittore suonò, destandola da quel pensiero. Giovanni spalancò gli occhi.
<< Forza, non abbiamo ancora preparato la tavola! >>
Chiara si mise ad aiutare l’uomo in cucina, evitando disastri come la mancanza del sale, e cenarono sullo sfondo delle avventure che aveva compiuto ad Upward. Il buio scese e lo scrittore la invitò a dormire a casa sua, così lei fece una breve telefonata a suo padre per chiedergli il permesso. Sarebbe rimasta lì comunque, ma era meglio non farlo arrabbiare.
Con infinita calma, si infilò nel pigiama e si lavò i denti, usando tutto ciò che aveva lasciato nell’appartamento e che aveva nella borsa. Si infilò nel letto singolo della camera degli ospiti, scivolando pian piano nel dormiveglia.
All’improvviso, spalancò gli occhi di scatto e si mise seduta in un lampo.
Si era appena resa conto che domani c’era scuola e lei non aveva fatto i compiti. Si lasciò ricadere sul cuscino con un mezzo gemito. Si passò una mano sul viso, per poi abbandonarla sulle coperte.
Che nessuno mi venga a dire che la scuola non è una rottura di palle.
 
***
Angolo dell'autrice
Sono orgogliosa di potervi presentare il penultimo capitolo di questa storia, scritto per la maggior tempo di notte, quand l'ispirazione non mi dava pace. Non dico quanto amore abbia dimostrato la mia famiglia nel sentirmi battere i tasti fino a tardi x'D
Forse è anche dovuto a questo il delerio sulla pasta, che non sono sicura di comprendere appieno pure io, ma stava nel personaggio di Giovanni e nella sua mentalità dell'amore.
In molti speravano che Jonas e Chiara stessero insieme, invece no^^ Andrea e Shai sono avvolti nel mistero, sta a voi decidere se saranno una coppia oppure meno, chissà se i vostri pensieri coincidano con i miei. La Dimilia, d'altro canto, crescerà rigogliosa! Se poi vogliamo fantasticare su maggiore Connor/dottoressa maniaca dei batteri, non mi dispiacerebbe scrivere qualcosa su di loro.
Anyway, la Winter se ne esce con la dimissione, l'ultimo final twist di questo personaggio.
In conclusione, questo capitolo, seppur più lungo degli altri, ho cercato di renderlo più leggero e magari divertente, perché dopo combattimenti/ammazzamenti/ansia/oddio-potrei-morire ci voleva ^u^ Spero vi sia piaciuto, un bacio!

Water_wolf


 

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Capitolo 32
*** 32 Epilogo ***


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" When it's all over
Wake me up, Avicii"

Non posso mentire dicendo che Chiara, l’indomani, fu fortunata e non venne interrogata sui compiti che non aveva svolto. Ma i professori spesso non capiscono che, anche se ci si prova, la vita al di fuori di quelle mura condiziona l’andamento scolastico, soprattutto se si tratta di un’intera città da salvare.
E’ vero anche che gli adulti, spesso e volentieri, si dimenticano di essere stati a loro volta adolescenti e non considerano nemmeno la possibilità che la magia esista e avvolga tutto il mondo.

Perciò, Chiara non poté raccontare la verità, ma si inventò la scusa che le tubature dell’appartamento sopra di lei perdevano acqua e che, alla fine, parte del pavimento era crollato per il troppo peso e lei era stata troppo presa dagli eventi successivi per avere il tempo di fare i compiti. Così, per verificare la storia, il giorno dopo andai a scuola e mi finsi la persona che affittava la casa sopra quella della ragazza.
Be’, ammetto che fu piuttosto divertente vedere le espressioni tronfie dei suoi compagni di classe, sicuri che quella fosse una bugia bella e buona, sfumare via via che testimoniavo in favore di Chiara con dovizia di particolari. Fortunatamente, non dovetti fingermi qualcun altro altre volte, perché il quadrimestre scivolò tranquillo fino alla fine, lasciando liberi gli studenti a Giugno.
Intanto, io scrivevo.
Ho abbandonato il libro in corso il giorno dopo che Chiara tornò da Upward e, dopo aver contattato il mio editore, mi sono messo a raccontare la storia di sei adolescenti comuni che si scoprivano i Custodi degli Elementi. Ho sempre creduto che non avrei mai trovato la cornice adatta dove inserire un personaggio come Chiara, che stona tutt’ora in ogni trama che non sia la sua.
Durante la primavera, ho lavorato interamente a questo progetto, basato completamente su fatti realmente accaduti che, però, nessuno, a eccezione dei protagonisti, conosce. E’ stato complicato, mi sono spesso servito dei ragazzi per rendere vero e fedele il racconto, che è anche loro, e sono riuscito a dargli la forma di romanzo.
Ora, chiunque va in una libreria abbastanza fornita, può trovare un libro che parli di Noemi, quindicenne milanese, che si imbatte in Jonathan, angelo atterrato in metropolitana dalla sua lontana città sospesa tra le nuvole. E’ Upward, ed è la cronaca dei giorni in cui è accaduto l’impossibile.
La copertina è realizzata da un’anonima che io conosco molto bene. Chiara disegna spesso Jonas, è talmente brava che i suoi ritratti sembrano fotografie, e il suo schizzo migliore è diventato il simbolo del romanzo. Cielo scuro di notte, illuminato dalle luci della città, nuvole di smog sullo sfondo insieme alle stelle; in primo piano, un ragazzo bello da mozzare il fiato seduto sul cornicione di un palazzo condominiale, intento ad abbracciare con le ali bianche una coetanea dai ricci capelli nocciola, la quale si fa passare un fiumiciattolo tra le dita.
Ha ottenuto successo e approvazione, Upward, tanto che in una delle librerie in cui è stato lanciato c’è una mia stampa a grandezza naturale.
Emilia non ha esitato a commentare che, secondo lei, hanno usato qualche programma di grafica come Photoshop per rendermi più gradevole. Dimitri, invece, si è divertito a far fare alla figura di cartone il balletto dello scheletro di Nightmare Before Christmas, con tanto di testa staccata che rotola sul braccio. Una donna, mentre sceglieva un libro di favole per la bambina nel passeggino, si è sentita male.
E’ più irritante e sbruffone da quando ha scoperto che parecchie ragazze adorano Aleksjei, il suo alter ego, ma basta Emilia a rimetterlo a posto. La relazione a distanza tra Jonas e Chiara funziona, la prima volta che si sono incontrati si sono isolati dal mondo e non sono ritornati fino a sera tardi, senza raccontare a nessuno gli avvenimenti di quella giornata.
Tutto sta andando bene, perfino lassù a Upward, adesso che la presidentessa Winter si è dimessa dalla politica.
Ma rimane ancora un punto interrogativo.
Jonas era venuto in Italia sotto un incantesimo che permetteva solamente alle persone dotate di magia di vederlo, soprattutto di vedere le sue ali. Eppure, sfuggito dall’angelo nero che lo seguiva da quando gli aveva sparato in metropolitana, e rifugiato a casa mia, io sono stato in grado di vedere le sue piume.
Emilia dice che è colpa dell’incantesimo che ha fatto cilecca, dopotutto, erano passati un bel po’ di giorni. Chiara ha una soluzione diversa, che si basa sulla magia pura e semplice.
Sostiene che gli scrittori sono persone che possiedono una dote molto particolare, quella di dare vita a persone che non esistono al di fuori dei libri e di donare, attraverso di loro, sensazioni ai lettori. Dice che è pur sempre magia quella che usiamo, anche inconsciamente: come lei fa nascere acqua dal nulla, gli scrittori creano mondi e personaggi che vivono la propria storia come se fossero lì con noi e si potessero incontrare per strada.
Mi piace questa spiegazione, nonostante non sia scientifica. La trovo adatta. Mi rende orgoglioso del mio lavoro più di quello che ero già, mi fa sentire speciale, come Chiara, Jonas, Emilia, Dimitri, Shai e Andrea.
Sono fiero di saper far vivere persone immaginare, di far provare al lettore brividi freddi, rabbia o impotenza, far sentire loro l’amore che provano due amanti, le passioni e le brutalità dell’amore, il dolore e la sofferenza, la paura, e soprattutto la gioia.
E’ davvero magia questa? Forse.
Ma, dopotutto, il lavoro dello scrittore non è quello di emozionare?

 

*

Fine

*

Angolino dell'autrice

Ebbene, siamo arrivati alla fine di questa storia. Upward ha, finalmente, trovato la sua conclusione.
Mi era già stata fatta la domanda "perché Giovanni riesce a vedere Jonas?", bravi quelli che hanno notato questo particolare, che chiude il cerchio^^ Dal momento che credo che 'emozionare' sia una delle componenti che facciano un autore, spero di avervi emozionato almeno un po'.

Ma, visto che una storia si fa soprattutto con i lettori, vorrei ringraziare il grande villaggio che si è costruito attorno a Upward! Un abbraccio speciale va alla mia amica nico_green, che è stata bravissima a spronarmi a finire questa storia; senza di lei, probabilmente, sarei entrata in letargo fino al 2015.
Ringrazio vivamente tutti coloro che hanno recensito, dandomi i loro pareri e - lo ammetto- facendomi gongolare più di una volta. Sono riuscita a entrare in contatto con per persone stupende. Siete tutti fantastici <3
Regalerò un negozio di ciambelle alle 40 persone che hanno inserito Upward tra le seguite ( 
Akilendra  Aleviv  AlterEstel08  Aotsuki Arya373  Bimba98 chiaraviolinista  Clary1835 clo_smile  dandelion17 Duvrangrgata echo of silence Eyeshock Gabriella Red Hoshi98 jawaadxx Jean Fire ladyselena15 ladysyria  LoveForHachi  Maddi97  marty_17  Meister Angie melody9699  Mikokun mockinghunter  Muix Netmine Night Sins nike97 Niniel_Aprile Nocturno roncatella rosy03  TheSandPrincess TiaSeraph watch me burn  Wings_of_Glass  xthis_is_berta _hunter_), alle 19 per preferiti ( Akilendra always_dragon animelover Bimba98  chiara_centini Clary1835 giada1999 Kat_Winchester King_Peter little crazy LudoBiebs99 Mikokun MiksLee Red_Roses rem1xaa Samael_Asrael ScudoDiTiglio Smiling_ the_same_ ) e ai 10 nelle ricordate ( awesomereader BlueBerries98 didichan  D_Cocca Everlast98 Genio95  giuggiolamid99  luisa_94 valix97 watch me burn ). E' per voi che una mia storia è finita nella classifica delle più popolari e ho ottenuto tante visualizzazioni!
Mi farebbe un immenso piacere se i lettori silenziosi volessero dirmi cosa ne pensano di Upward, dall'inizio alla fine, anche tramite messaggio personale se vi imbarazza uscire dalla tana calde dell'anonimato. Potete farlo anche sul mio profilo di Tumblr (
http://justnelement.tumblr.com/ ) o quello di Ask ( http://ask.fm/Apfelsafitaliana ), non mordo! xD
Le opinioni di tutti sono importanti, comprese le vostre, non importa se non siete 'capaci' o se vi sembra di ripetere le stesse cose degli altri. Siete carini, siete bravi e siete importanti u.u
Sono un po' commossa, del genere sorriso a trentadue denti con gli occhi lucidi, ma vabbè, credo sia normale quando si completa per la prima volta una long. Davvero, non so se i miei ringraziamenti rendano l'idea della mia felicità e giustizia a voi. Dal profondo del cuore vi dico GRAZIE.
Il mio ultimo bacio per voi :*

Water_wolf

 

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