Cicatrice.

di Reveur de merveilluex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi tace acconsente. ***
Capitolo 2: *** Angeli e Demoni. ***
Capitolo 3: *** "La sua rovina". ***
Capitolo 4: *** Fiducia. ***
Capitolo 5: *** Al diavolo. ***
Capitolo 6: *** Perché volevo che fosse reale. ***



Capitolo 1
*** Chi tace acconsente. ***


Era una fredda mattina di Settembre, gli alberi erano ormai quasi del tutto spogli. Una lieve pioggerellina sbatteva delicatamente sul finestrino dell'Audi di Mrs. Bradshaw, che si apprestava a lasciare il garage della piccola casa.
Scarlett Bradshaw cercava di riaddormentarsi, cosa praticamente impossibile ad una come lei, una volta sveglia. Si girò e rigirò tra le coperte pervinca del letto, arrotolate intorno alla sua figura. Poi si sporse goffamente, allungando un braccio verso il comodino per prendere il cellulare.
Erano solo le sei.
Sbuffò e si tirò le coperte fin sopra la testa, buttando la faccia sul cuscino e cercando di fare i primi piccoli movimenti. Era tutta indolenzita.
Dopo non si saprebbe dire quanto trovò la forza di alzarsi dal letto e mettersi a sedere.
La sveglia iniziò a suonare.
«Ho capito. Ho capito, dio santo!» Prese la sveglia che le aveva regalato sua zia Mad al quinto compleanno e la lanciò contro il muro. L'oggettino emise qualche lamento e poi si spense per sempre.
Scarlett si diresse in bagno strofinandosi gli occhi, si fermò quando il suo piede tastò qualcosa di freddo e poco confortevole sul pavimento.
La ragazza si chinò a prendere il vetro rotto che aveva pestato, poi si guardò intorno, e infine davanti a sé. «Ah».
Diede uno sguardo veloce alla sua mano, tra le nocche c'era del sangue asciutto. Aprì e chiuse la mano più volte. No, non le faceva poi tanto male.
Si diresse verso il bagno della camera di sua madre e senza perdere tempo andò sotto la doccia.
Mmhh devo aver colpito lo specchio ieri sera quando sono tornata.
Chiuse gli occhi, mentre lasciava che l'acqua calda le scivolasse addosso. Poi prese a districarsi i capelli, che come sempre trovò annodati.
Bene, devo andare a scuola, che palle. Quando mia madre tornerà dovrò spiegarle dello specchio rotto, sempre se non l'abbia già notato ieri sera.
La ragazza cercò di ricordarsi qualcosa della sera prima, ma doveva aver bevuto tanto da non ricordarsi nemmeno il suo nome. Probabilmente era tornata a casa arrabbiata per qualcosa, forse aveva dato un paio di pugni al punching ball in camera sua e poi lo aveva trovato meno divertente del solito, quindi era passata allo specchio.
Con un sospiro, uscì dalla doccia, tra il vapore.
Un rumore da fuori il bagno la risvegliò dai suoi pensieri. Si fermò.
«Mamma?»
Nessuna risposta. La madre doveva essere andata al lavoro alle sei.
Dev'essere la mia immaginazione.
Scarlett prese un'asciugamano e se la fissò attorno.
Un altro rumore.
«C'è nessuno?» Chiese stavolta più forte.
Le parve di sentire qualcuno ridere.
Ma cosa..?
Uscì dal bagno, spalancando la porta, cercando di vedere qualcosa tra il vapore che la seguiva.
Guardò a destra e a sinistra, lungo il corridoio. Non c'era nessuno, nessun rumore.
Fece per chiudere la porta dietro di lei.
Forse non era ancora del tutto sobr.. «AAH!»
La ragazza urlò.
Dietro la porta, un ragazzo la guardava ridendo. Un ragazzo che Scarlett non aveva mai visto.
Curvò la testa, guardandola con un ghigno divertito sulla faccia.
«Chi cazzo sei tu? Come hai fatto ad entrare?» La ragazza si fissò meglio l'asciugamano, guardandolo come se le potesse saltare addosso da un momento all'altro.
«Hey, calma fiamma. Sembra che tu stai andando a fuoco.»
Il ragazzo si voltò come se volesse che Scarlott lo seguisse, senza smettere di sorridere.
Ma era in casa SUA.
«Chiamo la polizia se non mi dici chi sei e cosa vuoi.»
Il ragazzo le si avvicinò, mettendogli le mani sulle spalle. «Hey hey hey hey, ti ho detto di stare calma fiamma. Ti spiegherò tutto a tempo debito, ora ho bisogno che ti metti qualcosa addosso mentre aspettiamo l'altro.»
Scarlett era allibita. Se non avesse dovuto reggersi l'asciugamano, gli avrebbe stampato un pugno sul naso. E non aveva abbandonato l'idea di chiamare la polizia, comunque. Non era la prima volta che un ragazzo si introduceva in casa sua. Alla prima occasione, avrebbe preso il cellulare e composto il numero.
«Scusami?» Alzò le sopracciglia, togliendosi le mani del tizio dalle spalle. «L'altro?»
Il ragazzo si rivoltò e gli fece segno di seguirlo, mentre iniziava a camminare. «Sì, quello effemminato. mi pare si chiami Henry, Menry, qualcosa così.»
Scarlett lo seguì a passo lento, cauto. «Cosa vuoi da me? Sei qua per rubare?»
Il ragazzo si voltò verso di lei e le prese il mento con naturalezza. «Ooh sei cocciuta, fiamma. Te l'ho detto..» Le si avvicinò, tanto vicino perché bastò un sussurro per farsi capire. «Tutto a tempo debito.»
Scarlett gli levò il mento dalle mani con un gesto brusco, cercando di esprimergli tutto il suo ribrezzo. Il ragazzo la condusse in camera sua, dove Scarlett, senza vapore attorno, poté finalmente squadrarlo da dietro.
Era alto e sembrava avere un fisico niente male, probabilmente era più forte di lei. Se avesse dovuto usare le mani, non era sicura che ne sarebbe uscita vincitrice. «Cosa stai facendo?»
Il ragazzo era di spalle, e aveva aperto il suo armadio. E ci stava frugando dentro.
«Te l'ho detto, ho bisogno che ti metti qualcosa addosso.»
«Perché?» Incrociò le braccia.
Lui si girò, con un sorriso malizioso ed un vestito beige leggero in mano. «Beh, non fraintendermi. A me non dispiace vederti con solo quello addosso.»
Le lanciò una veloce occhiata, squadrandola dalla testa ai piedi con aria compiaciuta. «Ma a quanto pare per questo genere di cose è meglio che tu sia quantomeno decente.» Le lanciò addosso il vestito, che lei prese con qualche difficoltà al volo.
«Che genere di cose?» Il cellulare era sul comodino, dall'altra parte del letto. Un salto e sarebbe riuscita a prenderlo.
«Oh piccola Scar, sta' tranquilla. Tutto a suo tempo.» Gli sussurrò lui, spostandosi al suo fianco, all'orecchio. Scarlett rabbrividì: sapeva il suo nome.
«Ora vestiti.» Gli disse poi con voce più dura, tanto che lei pensò fosse meglio assecondarlo.
«Il bagno è pieno di pezzi di vetro.»
Lui sbuffò teatralmente.«Ooh, la furia distruttrice della piccola Scar. Non importa, vestiti qui. Mi giro.»
«Stai scherzando?»
Sbuffò ancora. «Se stessi scherzando ora staremmo ridendo. Non stiamo ridendo, quindi evidentemente non sto scherzando. Vestiti.»
Scarlett rimase immobile un attimo, poi, con tutto il coraggio che trovò scattò verso il letto. Verso il cellulare.
In qualche modo, il ragazzo fu più veloce di lei. Le si parò davanti e le prese i polsi, guardandola con aria meno divertita. «Eh no, fiamma. Non si fa così. Se non mi ascolterai sarò costretto a vestirti io. Avanti, non sei una bambina.» Con un gesto brusco le liberò i polsi. Poi andò alla finestra, aprendola e sporgendosi, come se aspettasse qualcosa -o qualcuno.
«Come hai fatto?»
Nessuna risposta.
«Come hai fatto a prendermi? Io ero vicino al letto, tu eri accanto all'armadio. Come hai fatto a raggiungermi così in fretta?»
Di tutta risposta, lui girò la testa e fece un mezzo sorrisetto. Poi la sua espressione si indurì, e disse un'unica e ferma parola. «Vestiti.»


***

Ancora non riusciva a capacitarsi della situazione. Scar era seduta sul suo divano pervinca -la madre aveva una fissazione per quel colore- e il ragazzo che neanche una mezz'ora prima l'aveva costretta a vestirsi e si era introdotto a casa sua chissàcome camminava avanti indietro lungo il salotto, ma non in modo impaziente.. come se fosse annoiato, più che altro. Scarlett aveva avuto tempo di notare che lo sconosciuto aveva due grandi occhi azzurri. Ma non quel genere di occhi profondi. Erano come piatti, senza alcun movimento, quasi senza alcuna emozione o sensazione. Quasi senz'anima.
«Come conosci il mio nome?» Scar si strofinò i polsi, le pareva di sentire ancora la sua presa.
«Non entri in casa di qualcuno senza conoscerne il nome, Scar.» Si limitò a rispondere lui, continuando a camminare.
«Solo i miei amici mi chiamano così.»
Lui si fermò. «Scar?»
Il silenzio bastò come risposta.
«Chi tace acconsente, è così che si dice, vero? Ti conosco meglio di quanto credi, fiamma.» Il ragazzo si appoggiò allo schienale del divano, vicino a lei.
«Cosa sei? Una specie di stalker che si fissa con le ragazze e le perseguita? E smettila di chiamarmi fiamma.»
Lui scoppiò in una risata sonora. «No, non sono niente del genere. Perché dovrei smettere? E' divertente, l'aria intorno a te sembra andare a fuoco, sai, Scar?»
La ragazza non capì il significato di quest'ultima frase, ma prima che potesse chiedere qualunque chiarimento, qualcuno suonò al campanello. Il ragazzo sembrò sollevato, andò ad aprire come se quella fosse casa sua. «Era ora! Quanto ci mettete voi canarini a pettinarvi le penne? E' da un po' che aspettiamo.»
Un ragazzo dai capelli biondo cenere e gli occhi azzurro cielo entrò in casa, guardando dritto verso Scarlett. «Mi dispiace.. Non abbiamo più tempo da perdere. Quando cominciamo?»
«Subito!» Rispose l'altro facendogli segno di entrare.
«Cominciamo cosa?»
Il ragazzo dagli occhi freddi le fece segno di stare zitta, spazientito.
L'altro si sedette semplicemente sul divano di fronte a lei. «Ci sono un paio di cose che dovremmo spiegarti, Scarlett.»
Le sembrò di essere in uno di quei film di rapimenti, tutti azione e passione. Rimase in attesa.
«Hai mai sentito parlare di angeli?»
Prima che Scarlett potesse rispondere con qualcosa di poco educato a una domanda tanto stupida, Daniel intervenne, avvicinandosi ai due. «Oh, voi pennuti con le vostre manie di protagonismo. Perché il discorso deve iniziare sempre così? Prima c'era dio e blabla.. Cambiamo un po' le cose.»
Scarlett non era sicura di dove stesse andando a parare, si limitò a guardarlo.
«Hai mai sentito parlare di demoni?»
Quei due le sembravano troppo strani, troppo sicuri. C'era qualcosa di davvero davvero strano. Non sapeva cosa dire, era uno scherzo? Cosa? Eppure erano così seri.
«Demoni? Vuoi dire quelli che posseggono le persone e le perseguitano?»
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. «Ma io dico, cos'è che insegnano a questi ragazzi nelle scuole? No, per l'amor di tutti i demoni, no! Porc..»
L'altro tossì, spazientito. «Scarlett. Hai presente tutte quelle storie di angeli che proteggono gli uomini, e demoni che li tentano?»
Ci pensò un attimo su prima di rispondere. «Sì.. Ovviamente.. Cosa c'entra?»
«Ecco.. Vedi, noi ..»
Scarlett scoppiò a ridere prima che finisse la frase, forse iniziava a capirci qualcosa. Era una risata senza divertimento, vuota. «Aspetta, stai per dirmi che voi siete angeli?» Guardò l'altro ragazzo. «No, forse demoni.» Lui alzò le sopracciglia, quasi sorpreso dallintuizione. Ma nessuno rideva.
Scarlett assunse un'espressione molto meno divertita, senza spiegarsi il perché. «O forse.. Entrambi?»
Nessuno rispose.


Ma chi tace acconsente.


-

BEEEENEEEEE, salve ragazzi. Mi è venuta l'ispirazione e ho deciso di iniziare una storia, spero che il primo capitolo vi piaccia. Ne vedremo delle belle! Recensite:3

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Capitolo 2
*** Angeli e Demoni. ***


***

 

«Tu come hai detto che ti chiami?»
«Mi chiamo Henry»
Scarlett si sistemò meglio sul divano, stringendosi attorno le braccia sistematicamente incrociate quasi a difendersi da qualcosa di inesistente. «E tu invece?» Si rivolse all'altro, quello che inizialmente pensava essere un pervertito.
«Daniel.»
I due ragazzi se ne stavano lì a fissarla come se si aspettassero un'esplosione da un momento all'altro. Scarlett invece guardava il vuoto, solo il vuoto. Un piccolo punto indefinito e inesistente. Cercava di rielaborare. «Okay.. Allora.. » Si rivolse al ragazzo dai capelli biondo cenere, Henry. «Io dovrei credere che voi siete..» Si fermò un attimo. «..Un angelo.» Poi si volse verso l'altro, Daniel. «E un demone.»
Loro annuirono, rimanendo completamente seri. «E siete qui perché..»
Daniel alzò gli occhi al cielo, spazientito. Era la terza volta che le ripetevano il tutto, quando diamine ci metteva a capire? «Perché abbiamo fatto qualcosa che ha fatto incazzare I capi supremi e ora siamo qui a farti da balia, cercando di spingerti..» Gesticolò il tutto. «Dalle rispettive parti, così da essere perdonati.»
Lei annuì lentamente. Non era ancora sicura di credergli, non era neanche del tutto sicura di essere sveglia. Forse era solo uno stupido sogno. Solo uno stupido, strano sogno.
«Chiaro adesso?» Daniel si sedette pigramente sul divano, guardandola come fosse una bambina a cui veniva spiegato di non mettersi le biglie in bocca.
Guardando il vuoto, Scar annuì lentamente, poi si bloccò di scatto. «Come faccio a credere a questa storia? Voglio dire, un angelo e un demone!» Li indicò teatralmente. «In casa mia!»
Henry, che fino a quel momento era sembrato essere più paziente di Daniel, si prese la testa fra le mani e respirò profondamente, poi si rivolse a Scar. «Senti, ogni umano, ogni singolo essere umano ha un angelo e un demone che vegliano su di lui. Noi vi chiamiamo 'protetti'. Per tutta la durata della vostra vita cerchiamo di spingervi verso la retta via..» Diede una breve occhiata al suo vicino. «O quella cattiva. Non interveniamo mai fisicamente nelle vostre vite, in genere.»
«Ma ci sono delle eccezioni.» Continuò Daniel. «Quando facciamo qualcosa, che come ti ho detto, fa incazzare i pezzi grossi veniamo mandati qui da voi e dobbiamo rimediare cercando di spingervi il più possibile dalle nostre parti.. Quel genere di cosa che voi umani definireste 'sfida'»
Scarlett li guardò, squadrandoli bene. Due ragazzi, uno biondo e l'altro moro. Due ragazzi che sostenevano di essere rispettivamente un angelo e un demone, arrivati sulla terra per farla andare sulla buona o sulla cattiva via, così da essere perdonati per lo sbaglio che hanno commesso. Si chiedette quale poteva essere questo sbaglio, ma lasciò scivolare via il pensiero. Forse non voleva saperlo davvero.
«Mettiamo che io vi creda, solo per un attimo.. Come dovreste fare a spingermi dalle vostre parti?»
Daniel fece un sospiro di sollievo. Finalmente iniziava a capire. «Non ci hanno dato istruzioni su questo, immagino troveremo un modo.» Batté le mani e si alzò energicamente, andando verso la cucina. «Se non vi dispiace, io mi faccio un panino.»
Scar aggrottò le sopracciglia, non sapendo se era più frustrata per la situazione o per il fatto che Daniel si comportava come fosse a casa sua. «I Demoni hanno bisogno di mangiare?»
«Beh, non nella nostra vera forma..Sai, ali nere e tutto.. Ma quando siamo qui siamo come te. Abbiamo solo qualche piccolo gadget in più.» Le fece l'occhiolino, mentre tornava nel salone con un panino in mano.
Scarlett sospirò. «Non sono sicura di credervi.»
«Cosa ti serve per crederci?» le domandò il demone con la bocca piena.
«Una prova.»
«Che genere di prova?» Henry si alzò e si appoggio al bracciolo del divano, con le braccia incrociate.
«Non so.. Qualunque cosa immagino.»
Daniel fece un sorriso malizioso.



***



Scarlett pestò una pozza di fango che andò a sporcare terribilmente le scarpe nuove. «Perfetto..» Cercò goffamente di togliere un po' di fango muovendo avanti e indietro il piede. «Quanto è lontano ancora questo posto, Daniel?» Urlò al ragazzo ormai distante una decina di metri da lei ed Henry, che aveva avuto la buona educazione di aspettarla.
«Non molto, e poi l'hai chiesta tu una prova. Muovetevi!»
Henry sospirò, stringendosi le mani nel giubbotto.
«Com'è che un angelo e un demone si sopportano così facilmente?» Chiese lei sarcastica, riprendendo a camminare
«Al contrario di quel che si potrebbe pensare, non c'è una guerra tra le due fazioni.»
«Ah no? E io che pensavo sarebbe stata una cosa tipo battaglia tra il cielo e l'inferno.»
Lui rise fievolmente.«Non che non ci sia mai stata, anzi.. Ma al tempo Dio e Lucifero giunsero ad un patto che accontentò entrambe le parti..»
«Fammi indovinare.» Lo interruppe lei. «Quello che ad ogni umano sarebbe stato assegnato un angelo e un demone che con i loro poteri mistici avrebbero cercato di spingerlo per tutta la vita verso la retta o cattiva strada?»
«Non con i loro”poteri mistici”, Scarlett. Ogni essere umano ha un libero arbitrio che noi non possiamo neanche sfiorare.»
Ancora una volta, sul volto del ragazzo non si intravide nessun segno di scherzo o divertimento.
«Ah.» Abbassò lo sguardo, vergognandosi quasi di essere stata così sfacciata. Come se stesse toccando argomenti troppo importanti per scherzarci sopra. «Henry.. Toglimi una curiosità..»
«Dimmi pure»
«Avete detto che a chi riuscirà a portarmi verso la sua parte sarà donato il perdono.. Ma chi invece non..»
«Siamo arrivati!» Un urlò si levò da una quindicina di metri da dov'erano i due ragazzi. Daniel li aspettava sull'orlo di un dirupo, dietro di lui, il nulla.



***



«Cos'è che vuoi fare? Non credo di aver capito.» Scarlett lo guardò con gli occhi sgranati. Poi spostò lo sguardo sul dirupo.
«Volevi una prova, no?»
«Daniel, non possiamo.» Intervenne Henry.
«Oh, andiamo. Hai paura che il tuo papino ti lasci cadere?»
La mascella di Henry si serrò. «No, ma non possiamo farlo. Lo sai.»
Daniel guardò Scarlett. «Dai Fiamma, non dirmi che non ti piacerebbe vedermi cadere da un dirupo.» Fece per prenderle di nuovo il mento, ma lei si spostò riluttante.
«Non voglio che vi buttiate da un dirupo, non ha senso.»
Daniel sbuffò. «Siete così dannatamente noiosi. E tu volevi una prova. Ecco la tua prova.»
Senza che potessero fermarlo, Daniel si lanciò nel vuoto. «No!» Scarlett si lanciò il più velocemente possibile a cercare di prendergli il braccio, ma Daniel ormai era andato. La ragazza fermò lo slancio che si era data per fermare Daniel proprio a un passo dal dirupo. Si voltò verso Henry, era in silenzio. Niente. Niente di niente. Era morto?
Fece per fare guardare in basso, cercando di sporgersi il meno possibile, cercando di scorgere un cadavere. Il fondo era poco chiaro.
«BUH! »
Scarlett si sbilanciò in avanti.
Qualcuno la afferrò poco prima che cadesse. Era quasi certa di essersi persa un battito cardiaco.
Quando alzò lo sguardo, Daniel la teneva stretta a sé, guardandola con aria divertita.
«Sei un idiota!» Lei fece per staccarsi, ma la teneva troppo stretta.
«Wo, wo, wo. Stai calma, Fiamma. Ti faccio notare che sei a un passo dal burrone.»
Con un movimento calzante, spostò Scar dall'altra parte. Lei prese a tirargli pugni sul petto.
«Sei tutta rossa.» La guardò con un ghigno divertito stampato in faccia.
«Sei un idiota!»
Prese a ridere. «Sei arrabbiata perché ti ho spaventato o perché sono ancora vivo?»
Scarlett si fermò di colpo. Era vivo, non era caduto. Ci mise un po' di secondi a realizzarlo. Questo significava..
«Non mi avete mentito.»
«Visto?» Daniel la lasciò andare.
«Scarlett..» Henry fece per avvicinarsi.
«No, sto bene.» Era quel che voleva sapere, giusto? Un angelo vuole che il suo protetto stia bene..
«Sei bianca come il latte, Scarlett.» Le si avvicinò giusto il tempo perché riuscisse a prenderla, mentre cadeva tra le sue braccia, svenuta.



***



Scarlett si svegliò nel suo letto, tra le calde coperte pervinca.
Oh, era stato solo un sogno.
Si mise a sedere, strofinandosi gli occhi. Era vestita. Quindi non era solo..
«Buongiorno Fiamma.»
Daniel entrò nella stanza sudato, con una canottiera attillata e dei pantaloncini sportivi. I capelli erano bagnati di sudore. «Era ora che ti svegliassi. Hai fatto preoccupare non poco il tuo canarino da compagnia.»
Scarlett guardò il demone, immobile, cercando di riordinare le idee. «Cosa..? Perché..?»
Daniel la guardò con aria interrogativa. «Oh, questo? Beh, anche i demoni hanno bisogno di mantenersi in forma. Questi pettorali non sono grazia divina.»
Scarlett non sentì neanche quel che disse. Cercava di riordinare le idee. Daniel era davvero un demone, se non era caduto.. Anche se Scar non sapeva come non fosse caduto. Però si era buttato. Questo significava che anche Henry era realmente un angelo.
Ma un altro, ingombrante pensiero, le si parò in testa, spiazzando via tutti gli altri.
Daniel le disse qualcos'altro, che lei non ascoltò.
Poi corse in bagno e si chiuse dentro.
Non c'erano più pezzi di vetro, probabilmente sua madre li aveva tolti, o forse erano stati Daniel ed Henry..
Sua madre. Cosa avrebbe raccontato a sua madre?
“Questi due ragazzi che mi seguono come stalker sono solo il mio angelo e il mio demone, non preoccuparti.”
Guardò la sua figura allo specchio.
Gli angeli esistono. E anche i demoni. Esistono e sono in casa mia
Forse una rivelazione del genere avrebbe dovuto cambiarla in qualche modo, ma la figura riflessa nello specchio era sempre la stessa. Lunghi ricci rossicci che ricadevano spettinati sulle spalle, uno sguardo sgranato.
«Hey, Scarlett. Esci di lì, non vogliamo mica ammazzarti.»
Con un'estrema lentezza, Scarlett aprì la porta ed uscì, guardando Daniel con tutto il ribrezzo che riuscì a trovare.
«Non vincerai mai.»
«Cosa?»
«Ho detto che non vincerai mai.»
Ci fu un attimo di silenzio, poi riprese. «Non riuscirai a farmi fare qualunque cosa tu abbia in mente per farti vincere, perché non lo farò.»
«Scar.. Calmati.. Tu cred..»
«No. Henry vincerà, sarà lui. Sarà lui a vincere. Non diventerò una specie di pedina del male nelle tue mani o..»
Due mani la imprigionarono contro il muro, il viso di Daniel era a un centimetro dal suo. La guardò dritta negli occhi. Sembrava.. Afflitto. Scarlett non avrebbe trovato altra parola per descriverlo.
«Scar, non sei una pedina, sei una protetta.. Noi..»
«No, non voglio sentire niente di quel che vuoi dirmi. Non mi importa né di te, né di Henry. Voglio solo che questa cosa finisca al più presto e voglio che lui vinca.»
Era così affranto. Quelle parole sembravano toccarlo più di quanto Scarlett avrebbe immaginato. Cosa c'era in ballo? C'era qualcosa che non gli avevano detto?
«Sei stato tu, vero? E' colpa tua..»
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Non era mai stata così fragile davanti a nessuno. Ma quel ragazzo.. Era così sfrontato. Era entrato in casa sua, l'aveva costretta a vestirsi, l'aveva spaventata. E non poteva non ricordargli di com'era lei qualche anno prima. Era oscuro.. E lei.. Lei era sicura che fosse stata colpa sua.
Daniel aggrottò le sopracciglia. «Cosa intendi?»
Scarlett promise a se stessa di non farsi venire mai più l'impulso di piangere di fronte a qualcuno. Guardò il comodino, verso il quale aveva cercato di correre quella mattina per prendere il cellulare. Proprio lì, c'era una foto. Un piccolo bambino dai capelli bruni e una bambina dai capelli rossicci, entrambi sorridevano.
Daniel volse lo sguardo verso il comodino, verso la foto.
«E' stata colpa tua se lui è..»
«No, Scarlett. Aspetta.. Non..»
«Tu c'entri qualcosa, vero? Ne sono sicura. E' questo che fanno i demoni, no? Portano verso la cattiva via, quella sbagliata. Ed io ero su quella, giusto?» Tirò su col naso.
Si sottrasse alla presa di Daniel, e uscì dalla stanza, correndo. Probabilmente l'aveva lasciata andare.
Meglio così. Pensò.
 

Scarlett si uscì dalla finestra del corridoio, attaccandosi ai pioli della scala antincendio. Si arrampicò verso l'alto, fino ad arrivare al tetto.

Da piccola suo padre le diceva sempre che le stelle erano la felicità dei bambini, che brillavano solo grazie a quella. Suo fratello Jackson giocava sempre ad essere felice, perché gli piacevano le stelle e gli piaceva vederle brillare. Così la sera, Scarlett e Jackson si arrampicavano sul tetto della casa per poter ammirare la loro felicità in cielo.
Quando Jackson morì, a Scarlett le stelle parvero sempre meno luminose, fino a che non le guardò più.
Non era abituata a far tornare a galla quel genere di ricordi, ma non era abituata neanche ad angeli e demoni.

Una testa bionda spuntò dal tetto. «Hey.»
«Hey..» Col palmo della mano, Scarlett si asciugò velocemente le lacrime che le erano iniziate a scendere lungo le guance.
Henry andò a sedersi vicino a lei. «Tutto bene?»
Annuì. «Sì, stavo solo spiegando a Jackson come andranno le cose.»
«Già.. Scarlett, so che tu credi..»
«No, perfavore. Non mi va di sentire niente. Per oggi ne ho avuto abbastanza.»
Si guardarono a lungo, ma nessuno osò ridire una parola.
«Potresti lasciarmi sola?»
«Sì, certo..»
Henry fece per andare verso la scala, lentamente, poi si rigirò verso di lei. «Scarlett.. Ricordi quella cosa che mi stavi chiedendo mentre andavamo verso il dirupo?»
Scossa dalla domanda improvvisa, restò a pensare un attimo. Poi le venne in mente. «Oh, sì.. Ti stavo per chiedere cosa succede a uno se l'altro vince..»
Henry annuì, con lo sguardo perso nel vuoto.
«Immagino perda 'la sfida', no?» Fece lei, non capendo dove voleva arrivare l'angelo.
«Non perde solo la sfida, Scarlett..» La guardò, dritta negli occhi. «Perde se stesso. Per sempre.»





---



Helloo everyoneee. Spero vi piaccia:3

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Capitolo 3
*** "La sua rovina". ***


 Nessuna premessa su questo capitolo, solo che è un po' lungo.





Daniel si mosse pigramente tra le coperte, a svegliarlo era stato il sole che filtrava luminoso tra le tende.
Ma in questa casa è tutto color pervinca?
La situazione non era esattamente tra quelle che avrebbe definito migliori: Scarlett era in modalità 'difesa', riluttante, non gli avrebbe sicuramente neanche permesso di parlarle. Essendo la sua protetta, la conosceva meglio di quanto lei potesse immaginare.
Si mosse lentamente, svogliato, scese al piano di sotto stiracchiandosi, dove trovò Scar e Henry parlare di qualcosa che sembrava catturare l'attenzione della ragazza.
«E' sempre così? Voglio dire, venite sempre mandati nel nostro mondo a seguirci in tutto e per tutto? E'.. Non lo so, nessuno se n'è mai accorto.»
«Certo che nessuno se n'è mai accorto. Molti di noi hanno più di mille anni di esperienza, Fiamma. Non siamo così facili da scovare.» Intervenne Daniel, entrando nel salone.
Scarlett rimase un attimo interdetta, guardando il ragazzo -no, non ragazzo, il demone a cui la sera prima aveva addossato colpe non tanto leggere, e forse -a quanto diceva Henry- infondate. Nonostante il senso di colpa che iniziava a nascere, provò anche una crescente sensazione di irritazione a vederlo lì a petto nudo in casa sua, così sfacciato.
Scarlett distolse lo sguardo. «Vestiti. Mia madre torna prima oggi.»
«Scarlett..» Iniziò Henry.
«E non voglio che trovi due ragazzi in casa, di cui uno mezzo nudo..»
«Scarlett, volevo appunto parlarti..»
«E poi come dovrei fare con la scuola? Mi seguirete anche lì? Dio, non ci farò una bella figura a girare con due ragazzi che mi fanno da cagnolini. Potremmo inventarci che siete miei cugini, o che so io..»
«Come se non avessi già una brutta reputazione.» Ghignò Daniel.
Lo fulminò con lo sguardo.
«Scarlett, riguardo tua madre..»
«Immagino che però la mia reputazione sia qualche punto in più sulla scala angelo-demone, o no?»
«Mai detto che non lo è.» Ammise lui.
«Allora faresti meglio a chiudere il becc..»
«RAGAZZI»
Daniel e Scarlett si voltarono all'unisono verso Henry, che aveva visibilmente perso la pazienza.
«Scarlett, riguardo a tua madre.. Ha ricevuto una telefonata da New York, una proposta di lavoro. Probabilmente la accetterà a starà lì per un po', così sarà più facile per noi portare a termine la sfida.» Sospirò.
«Cosa? Pensavo non poteste intervenire così tanto sulle nostre vite. Come.. Come hai fatto?»
«Non sono stato io.» Henry si alzò. «E se mi scusate, ora mi andrei a fare una doccia.»
Fumante di rabbia, Scarlett si voltò verso il ragazzo che la fissava con un sorriso sfacciato stampato in faccia.
«Sono stato io.» Ammise Daniel.

 

 

***


 

Daniel scese al piano di sotto, questa volta con una maglietta addosso. La trovò ancora seduta sul divano, si alzò appena scese. Quanto cazzo era stressante quella ragazzina?
«Fatto, sono vestito. Soddisfatta?»
«Abbastanza.» Scarlett si lasciò sfuggire un piccolo sorriso, guardando il demone. Sorriso che scomparve al ricordo della chiaccherata che avevano avuto la sera prima.
«Daniel..» Iniziò. «Riguardo ieri sera.. So di aver.. Esagerato ad addossarti quelle colpe. Ed Henry dice che..»
«Henry?» La interruppe. «Ti fidi di lui?»
Scarlett rimase spiazzata dalla domanda. «No, ma non mi fido di te.»
Silenzio.
«Sbaglio a non farlo?» Riprese poi lei, come se fosse stata catturata all'attenzione da un particolare, ci si poteva fidare di un demone?
«Sono un demone, Scar.»
Ecco, aveva confermato i suoi dubbi. «Immagino che questo faccia di te una davvero cattiva conoscenza.»
«Probabile.»
Rimasero in silenzio a lungo, valutando entrambi la posizione dell'altro. Un protetto e un demone. Uno la probabile salvezza dell'altro.
 

Qualcuno suonò al campanello.
Scarlett si svegliò dallo strano giro di pensieri in cui era finita, in qualche modo sentì una strana sensazione, quasi di dispiacere.
Daniel rimase interdetto a guardarla per un attimo, poi andò verso l'entrata. «Sì?»
Aprì la porta, dove un'avvenente biondina dagli occhi verdi con un sorriso a trentadue denti se lo mangiò con lo sguardo. Guardò prima lui e poi Scarlett.
«Hey Scary Scar!» Le fece un segno teatrale, che stava per dire: Chi è questo figone? «Sono passata solo per dirti che stasera siamo tutti alla Delirium, e ovviamente sei invitata anche tu.»
Scarlett scattò verso la porta, frapponendosi fra lei e Daniel.
Oh dio, perché? Perché lei?
«Grazie Charlene.. Ma credo che per questa sera passerò.»
La bionda la fulminò con lo sguardo. «Come sarebbe a dire passerai?»
«Già Scar, come sarebbe a dire?» Le fece il verso Daniel. «La Delirium, Scar. Non possiamo perdercela.»
«Daniel..»
«Sono sicuro che anche Henry sarà d'accordo con me. Vero, Henry?» Gridò verso il piano di sopra. Da cui si sentì solo il rumore dell'acqua della doccia che scende e la voce di un ragazzo che biascicava qualcosa.
Charlene strabuzzò gli occhi. Scarlett Bradshaw, con due ragazzi in casa, uno nudo in una doccia. Questo sarebbe stato ancora più divertente di quella volta che Juliet Brownwood fu filmata mentre si metteva carta igienica nel reggiseno, se ne sarebbe parlato per settimane.
Scarlett ebbe, per la prima volta, l'impulso di uccidere qualcuno.
Daniel le sorrise sornione.
«Perfetto. Allora ti aspettiamo..» Spostò lo sguardo su Daniel. «Vi aspettiamo.» Gli fece l'occhiolino e si voltò, incamminandosi sculettando verso la sua Porsche rosso fuoco.

 

Quando Daniel chiuse la porta, Scarlett gli saltò letteralmente addosso.
«Che diavolo pensi di fare?» Urlò sbattendolo contro il muro.
«Hey fiamma, stai calma. Voglio solo divertirmi un po'.»
«Non qui, Daniel. Non puoi farlo qui, a Deadwood! E' una città piccola, le voci girano.»
Lui la prese per i polsi. Era forte, molto più forte di lei. «Non sarai tu a dirmi cosa fare, Scar. Stasera andrò a quella festa, tu puoi restare qua a giocare a scarabeo col Henry dalle candide piume o venire e assicurarti che non combini niente di troppo disastroso.»
Guardò riluttante il demone, dritto negli occhi ghiacciati. Poi sospirò, lentamente, cercando di sbollire.

 

Come previsto, più tardi arrivò la telefonata di sua madre. Sarebbe partita la sera stessa, visto che a New York avevano bisogno di lei subito. Qualunque contatto avesse Daniel, aveva funzionato. Non ci sarebbe stato nessun saluto toccante madre-figlia, Mrs. Bradshaw non sarebbe neanche passata da casa sua a salutarla. Non che a Scarlett desse fastidio, anzi. Non aveva avuto più alcun rapporto con la madre da quando Jackson era morto.


 

***


 

«Rispiegatemi come avete fatto a convincermi.»
«Me lo stavo chiedendo anch'io, pennuto. Voi non dovreste essere una cosa del tipo tutti casa e chiesa? Le discoteche non sono peccato?» Daniel girò a destra, la discoteca doveva essere vicina ormai.
«Ti faccio notare Daniel, che non sono Gesù. Intendevo..come avete fatto a convincermi a vestirmi così?»

Scarlett e Daniel, dai sedili anteriori, si voltarono all'unisono verso Henry.
Aveva i capelli pieni di gel, gli occhi azzurro cielo risaltavano ancora di più con i capelli tirati in alto a quel modo. Era vestito con una maglia mal concia -fatta apposta- e dei pantaloni strappati qua e là.
«Stai benissimo, Henry. Non preoccuparti.» Scarlett si voltò verso il suo specchietto.
«Siamo arrivati.» Daniel li richiamò all'attenzione.
Davanti a loro si ergeva un locale scuro e alto, la scritta fosforescente “Delirium” a caratteri cubitali. Una fila di una cinquantina di persone si allungava davanti all'entrata.
«Credo servano i biglietti.» Sospirò Scarlett.
«Io non vado a prenderli.» Daniel iniziò a battere ritmicamente una mano sul manubrio.
«Ho capito. Vado io.» Henry scese dall'auto e si fece per avviarsi verso la fila. Daniel lo bloccò prendendolo per un braccio.
«Cosa c'è?»
«Niente, è che sei proprio un angelo.» Ghignò con tono teatrale, poi rise.
Scarlett scosse la testa, guardando Henry che si allontanava verso la fila.
«Cosa? E' divertente.»
«Non sei divertente per niente.»
Lui rise ancora, poi sospirò scocciato. «Non hai la tua solita aria fiammeggiante stasera, cos'hai Scar?»
Scarlett aggrottò le sopracciglia. «Cosa vorrebbe dire?» Poi le tornò alla mente quel che Daniel le aveva detto al loro primo incontro. E' come se l'aria intorno a te andasse a fuoco, sai, Scar?
«Hai già detto una cosa del genere.»
«Quindi non sei stupida come sembri.»
Continuò a guardarlo male.
«Dai Fiamma, sto scherzando.» Poi prese a spiegare. «Possiamo percepire le sensazioni degli umani.. Sai, noi demoni.»
«Sul serio? Quindi sapresti se ad esempio odiassi qualcuno e volessi ucciderlo?
Lui rise. «Ho detto sensazioni, non emozioni. E' una cosa ben diversa. Saprei dire se sei seccata o no, o se sei irritata. Ecco, ad esempio adesso sei irritata.»
«Certo che lo sono.. Sono in macchina con un demone, forse il più irritante di tutti. Ma cosa vuol dire che l'aria intorno a me.. va a fuoco?»
Lui ci pensò un po' su. «Non saprei come chiamarlo. Ma è come se sprigionassi un'energia combattiva da far andare a fuoco l'aria, è quasi distruttiva.»
«Per me o per gli altri?»
«Immagino che questo stia a te saperlo.»
Giusto Pensò lei.
«Prima.. Stavi dicendo qualcosa su Henry. Qualcosa che ti ha raccontato e a quanto pare ha fatto cessare la tua furia omicida nei miei confronti. Cos'era?»
«Mi ha spiegato come funziona.» Iniziò lei. «Che non è stata colpa tua se..»
Qualcuno picchiettò sul finestrino dell'auto. «Biglietti presi.» Disse Henry, facendogli segno di uscire.

 

 

***

 

 

La prima cosa che notò Scarlett quando entrò nella discoteca, fu l'odore di alcol. Doveva essere caduto sopra qualcosa o qualcuno, perché penetrava nelle narici come se fosse nell'aria.
Poi, fu la volta della musica. Quel genere di musica da discoteca che ti fracassa i timpani e ti rende impossibile parlare con nessuno.
Per sua fortuna, aveva messo un vestito non troppo corto e non troppo scomodo e poteva muoversi abbastanza liberamente. I ragazzi iniziarono a guardarsi intorno.
«Io vado nell'altra stanza.» Urlò Scarlett. Daniel annuì facendogli segno di aver capito.


L'altra stanza era piena zeppa di gente ubriaca, che si buttava sui divanetti e osannava per altri drink al bancone. Fu lì che si diresse Scar.
«Qualcosa di forte.» Il barman le porse un drink color verdognolo e le sorrise.
Non penso che riuscirò a superare questa serata.
Tutto quel che aveva in testa, erano angeli, demoni, protetti, sfida. Buttò giù il drink tutto d'un sorso e ne ordinò un altro, e poi un altro ancora.
Tanto vale renderla più sopportabile.
Intravide Charlene in lontananza, che sbraitava come una gallina indicando dei ragazzi.
Forse aveva avvistato Daniel.
Il pensiero le diede stranamente fastidio. Daniel era un demone, si sarebbe approfittato sicuramente di Charlene. Scarlett non l'aveva mai sopportata, ma questo non cambiava niente..
Doveva stare lontana da lui.
Si diresse verso l'altra stanza, quella con la musica, barcollando leggermente.
A metà strada, si fermò e decise che lasciava perdere. Che le importava di quel che faceva Daniel? Si buttò su un divanetto, accanto a un ragazzo dai mille piercing.
«Mi chiamo Gabriel.» Le porse la mano lui.
«Piacere» Rispose lei, dimenticandosi di dire il suo nome.
Di tutta risposta, Gabriel le porse il suo drink. «Serata difficile?»
«Molto.» Scarlett accettò il drink e sorrise al ragazzo.
«Cosa ti turba?»
Lei sospirò, bevve tanto drink quanto poteva buttarne giù in una volta, e poi rispose. «Sono in un brutto giro.»
Gabriel rise. «Che genere di giro?»
Scar si fermò a pensare. «Brutto.»
«Capisco.. Tutto qui?»
«Come sarebbe a dire tutto qui?»
«Con voi ragazze non si sa mai.. C'è sempre qualcos'altro sotto.» Le fece l'occhiolino.
Lei lo guardò a lungo, gli ricordava qualcuno che aveva già visto da qualche parte. «Beh.. Mio fratello è morto.» Buttò lì, come se fosse una cosa leggera come l'aria. Come se non avesse nascosto il pensiero per due lunghi anni e non la uccidesse dentro.
«Oh, mi dispiace. Com'è successo?»
«E' stata colpa mia.» Bevve un altro sorso.
«Sono sicuro che non è così.»
«Sì invece.. E non riesco ad accettarlo. Io..» Gli occhi le si inumidirono. Fece un respiro profondo, e poi riprese. «E' stata colpa mia. Ero in un brutto giro.. Anche a quel tempo.»
Gabriel si limitò a continuare a guardarla, facendole segno di continuare.
«Ero ad una festa e.. e lui mi aveva seguita, non so come.. E non ero lucida.. Mi sono arrabbiata e volevo riportarlo a casa in macchina ma..» Tirò su col naso. «Ho fatto deragliare la macchina ed è caduta lungo il fianco della montagna.» Serrò la mascella. «Lui è morto.» Lo ripeté più per se stessa che per James. Suo fratello era morto, per colpa sua. Era inutile negarlo a se stessa o a chiunque altro, era così e basta. «E io no. »
Gabriel la guardò a lungo, poi le accarezzò una spalla per un attimo, il suo tocco la fece rabbrividire. «Mi dispiace, Scarlett. Evidentemente doveva succedere. Sono sicuro che..»
«No, è stata colpa mia. E' così e basta. E' stata colpa mia anche se mio padre se n'è andato e se mia madre..»

«Scarlett.» Una testa bionda le venne incontro, Henry la guardava allarmato. «Va tutto bene?»
Scarlett lo guardò per un attimo, non capendo, poi annuì. «Sì.. Sì, benissimo.» Tirò su col naso e si alzò. «Henry, questo è..» Si voltò verso Gabriel. O meglio dov'era Gabriel, perché il suo posto era vuoto, non c'era nessuno.
«Scarlett?» Henry le toccò il braccio. Lei lo ritrasse.
«Qui c'era..» Si guardò intorno, lungo la stanza. «Un ragazzo.»
«Scarlett.. Credo che tu sia ubriaca..»
«Nono, era qui Henry. Sono sicura.» Si toccò il punto in cui Gabriel l'aveva sfiorata, sulla spalla. Era come se potesse percepirlo ancora. «Lui..» Guardò l'angelo negli occhi, che la squadravano senza capire. Realizzò un'altra cosa. «Sapeva il mio nome.»
«Credo sia meglio se torniamo a casa.»
«Sì.» Lo prese per il braccio lei, stavolta. «Perfavore, torniamo a casa.»


 

***


 

Nel mezzo della folla, un ragazzo dagli occhi di ghiaccio ballava senza freni. Accanto a lui, una biondina gli stava appiccicata, strusciandosi su di lui su e giù.
Quando Scarlett vide la scena, fu presa da un moto di ira. Andò verso il ragazzo, mettendosi dritta davanti a lui. «Smettila Daniel.»
Lui aggrottò le sopracciglia. «Che ti prende?»
«E' solo una ragazza» Per quanto irritante. «Non farlo.»
«Fare cosa? Di che parli?» Continuò a muoversi a ritmo, avvicinandosi a lei. «Sei ubriaca?»
«Lo sai benissimo di che parlo.»
Un ragazzo con un gigantesco tatuaggio sul braccio fece per avvicinarsi a Scarlett, lei cercò di evitarlo sistematicamente.
Henry si avvicinò a loro. «Daniel, dobbiamo andare.»
Guardando i visi preoccupati dei due ragazzi, Daniel si fermò. «Cos'è successo?»
«Possiamo soltanto..» A Scarlett venne l'impulso di piangere. Probabilmente erano gli effetti dell'alcol. Il ragazzo nel frattempo, continuava ad avvicinarsi.
Si avvicinò a Henry e Daniel, cercando di spingerlo via.
«Che succede, Scar?» Daniel la guardò con le sopracciglia aggrottate.
Charlene intanto, l'irritante bionda, spingeva per avvicinarsi a Daniel.
Lui tirò Scarlett e Henry lontano sia da lei che dal ragazzo che seguiva Scarlett.
Che situazione seccante.
«Possiamo soltanto andarcene? Perfavore.» Scar lo guardò, implorandolo con lo sguardo. Le girava la testa, si sentiva gli occhi lucidi ed era confusa, tanto confusa. Non capiva chi o cosa avesse incontrato o se fosse stato reale o solo frutto della sua immaginazione. Gli aveva raccontato troppo di lei, senza quasi sapere il perché. E la musica, quella dannata musica era terribilmente alta.
Il ragazzo del tatuaggio fece per avvicinarsi.
«Daniel, Scarlett ha..» Iniziò Henry.
«Perfavore, andiamocene e basta.» Scar incrociò le braccia, a mo' di protezione.
«Hey Danieeeel!» Charlene cercò di farsi spazio tra la folla.
«Daniel..» Riprese Henry.

«Ciao, bellezza.»
Una voce tetra e profonda si levò dalla parte del ragazzo del tatuaggio, che era riuscito a farsi strada fino a Scarlett.
Subito dopo, il poveretto si ritrovò a terra con il naso sanguinante. Davanti a lui, Daniel era ancora col braccio teso e la mano stretta a pugno.
La musica si fermò, tutti si voltarono.
«Andiamocene.» Daniel tirò Scarlett fuori dalla pista. «Prima che arrivi la sicurezza.»
Ancora incredula, lei fece come diceva il demone.




***




Scarlett se ne stava seduta sul divano, avvolta in una coperta e con una tazza di caffè tra le mani. Henry raccontava quel che aveva visto e sentito lei a Daniel. Lo stesso che neanche una mezzora prima aveva praticamente dato di matto e colpito un ragazzo. Erano riusciti a scappare dalla discoteca per un pelo dall'essere beccati dalla sicurezza.
Daniel ascoltava con attenzione, e a mano a mano che il racconto andava avanti, in lui sorgeva un dubbio che si faceva sempre più sentire.
«Daniel, pensi che sia..?»
«Non lo so.» Guardò Scarlett, che reggeva la tazza da cui aveva bevuto neanche un sorso di caffè. Probabilmente era ancora ubriaca.
«Cosa?» Al contrario di quel che avrebbe pensato Daniel, Scarlett intervenne. Riusciva a vedere che lottava per mantenere la mente lucida. Si reggeva più di quel che pensava.
«Scarlett, ascolta..»
«Solo.. Ditemi solo cosa pensate che fosse.»
«Tu sei sicura che fosse reale?» Daniel si sedette di fronte a lei, sul divanetto opposto.
Scarlett si toccò la spalla. «Sì, sono sicura.»
Henry sospirò, sedendosi di fianco a Daniel. «Non è una cosa rara, o leggendaria. Anzi.. E' solo che mi sembra troppo presto. Non possiamo esserne sicuri.»
«Non capisco.» Scar strinse con le mani la tazza, sentendo il calore del caffè invadergliele.
«Te lo spiego io.» Prese la parola Daniel. «Come ben sai, la natura demanda che ci sia un equilibrio, sempre e comunque. Le scritture sacre..» ammise con riluttanza «Quelle stipulate tra Dio e Lucifero tempo e tempo fa, decretavano che un angelo e un demone avrebbero dovuto vegliare su un umano, un protetto, per tutta la durata della sua vita.»
«D'accordo. Questo cosa c'entra con Gabriel?» Aggrottò la fronte.
«L'equilibrio non era stato raggiunto neanche con quell'accordo. Così la natura demandò che nascessero gli anti-protetti.» Henry riprese la parola. «Alcune leggende raccontano che siano umani che nella loro vita hanno commesso qualcosa di terribile, e quindi condannati ad una vita di massima sofferenza..Una vita senz'anima.»
«Non sono umani.» Sussurrò Scarlett, iniziando ad andarne a capo. «Ma non capisco, cosa c'entra con me?»
«Ogni protetto ha un anti-protetto che sta a lui. Ogni singolo essere umano, nel mondo, ha un equivalente. A volte gli anti-protetti ci mettono anni a trovare i protetti corrispondenti, a volte neanche ci riescono.» Continuò Daniel.
«E voi pensate che questo sia il mio equivalente 'anti-protetto'?»
«Non possiamo esserne sicuri.» Affermò Henry.
Scarlett li guardò, ancora confusa. «Avete detto che gli anti-protetti cercano i protetti. Perché? Perché li cercano?»
Henry si alzò. Era quasi.. Nervoso. «E' quel che devono fare. Nascono solo per quello, Scarlett.»
«E questo cosa vuol dire? Cos'è un anti-protetto per un protetto?» La ragazza strinse la tazza, più forte.
Per qualche secondo, nessuno rispose. Poi Daniel prese la parola, guardandola dritta negli occhi, con l'espressione più seria che si possa immaginare.
«La sua rovina.»








 

 
Il nuovo capitolo arriverá tra un po', siccome mi si é rotto il pc.
Ringrazio le persone che hanno recensito fino ad ora o che mi hanno dato un parere sulla storia. Spero vi piaccia anche questo terzo capitolo. Recensite:3 -Ile.

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Capitolo 4
*** Fiducia. ***


Ebbene, mi hanno aggiustato il computer! Ho fatto il prima possibile. Ecco il capitolo.
 







«Scarlett!»

Don't, don't you want me? You know I don't believe you when I hear that you won't see me
Don't, don't you want me? You know I can't believe it when I hear that you don't need me
It's too late to find, you think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry..

 

«Scarlett! Dio cristo, apri la porta!»
Scarlett si fermò, la musica ancora sparata al massimo volume dalle cuffiette nelle orecchie.
 Ma cosa..?
Fermò il sacco a cui stava tirando pugni da più di due ore. Le mani, nonostante fossero protette dai guanti, le facevano male.
Si tolse le cuffie, giusto per sentire Daniel urlare ancora. «Scarlett, se non la apri dovrò..»
Scar spalancò la porta, ancora col respiro pesante.
«Che diavolo stavi facendo?»
Daniel guardò la versione di Scarlett sudata, i capelli raccolti in una coda fatta male, pantaloncini, canottiera e guantoni da boxe. «Sei richiesta al telefono. Dice di essere tuo cugino, credo abbia detto si chiami.. Armony, Anthony, una cosa del genere.»
Scarlett sorpassò il demone, andando al piano di sotto, verso il telefono.
«Non c'è di che» Disse lui ironico, poi si voltò verso il sacco da boxe ancora oscillante nella stanza della ragazza, fissandolo stranito.

 

«Scarlett, sei tu?» Una voce calda e tranquilla, e per niente familiare risuonò nella cornetta del telefono -color pervinca- di casa Bradshaw.
«Sì, pronto? Chi parla?» Scarlett cercò di ricollegare quella voce a un qualcosa, ma nulla le saltò alla memoria.
«Sono Anthony, Anthony Hideshame. Ti ricordi di me? Da piccoli..»
«Oh, sì! Anthony!» Le apparve in testa l'immagine di un ragazzino dai capelli neri corvini, gli occhi grigi, simili a quelli di Scarlett, non aventi un vero e proprio colore. Si ricordò del profumo di lavanda che tingeva l'aria nelle estati della sua infanzia, quando suo padre la portava alla tenuta degli Hideshame, vicino Portland. Le tornarono alla mente piccoli pezzi di ricordi dei pomeriggi condivisi col suo piccolo cugino, di quarto -forse quinto?- grado. Scarlett non era neanche sicura che ci fosse un vero legame sanguigno a legarli, ma comunque, si ricordava di lui.
«Ne è passato di tempo.»
«Tanto tempo. Cosa posso fare per te?»
«Ecco..» Iniziò il ragazzo. «So che non ci sentiamo da tanto, ma vorrei chiederti un grosso favore. E' importante.»
Scarlett esitò, giusto per un attimo. «Dimmi.»
«Non so se ne sei a conoscenza, ma la ma famiglia non sta attraversando un bel periodo.. Mia madre ci ha lasciato da poco e mio padre sta avendo qualche difficoltà a far quadrare i conti. Non lo chiederei a te e tua madre se non fosse davvero importante, è che non so a chi altro rivolgermi. Non abbiamo mai avuto alcun rapporto con gli altri parenti, soltanto voi..»
«Oh, mi dispiace.. Ma..»
«Vorrei chiedervi se posso stare da voi per qualche tempo. Non molto. Mio padre dovrà vendere la tenuta qui e non sa dove mandarmi, e ho bisogno di andare in una scuola per mantenere la media alta per poter entrare al college.»
Scarlett rimase interdetta. Cosa doveva rispondere? Avrebbe sicuramente ospitato Anthony senza pensarci se non avesse già avuto altri due ospiti meno desiderati. «Anthony, io..»
«Prometto che non sarò di alcun disturbo. Non vi accorgerete neanche della mia presenza.»
Silenzio. «E' solo per poco tempo, davvero..»
Scarlett sospirò, cercando di non pensare alle ripercussione che ciò avrebbe avuto. «D'accordo. Quand'è che ti trasferisci?»
«Oh.. dio. Non so come ringraziarti. Tua madre cosa ne pensa? E' d'accordo?»
«Lei.. Non è qui. Starà a New York per un po', ha ricevuto un'offerta di lavoro lì e non ha potuto rifiutare.»
«Oh, va bene.. Mi avrai fra i piedi il prima possibile, arriverò nei prossimi giorni. Grazie, grazie, grazie.»
 


***
 


«Tu cosa?» Sibilò Daniel,
«Senti, è uno di famiglia. Non potevo semplicemente lasciarlo senza un posto dove star..»
«Certo che potevi! Dio, Scar, non ti sembra che abbiamo già abbastanza problemi senza che si metta uno piccolo principe in mezzo ai piedi?»
Scarlett si appoggiò al bracciolo del divano, fulminando il demone con lo sguardo. «Lui non..»
«Non ascoltarlo. Hai fatto la cosa giusta, Scarlett.» Henry si passò una mano tra i capelli biondi, guardando la sua protetta. Lei allargò le braccia teatralmente. «Dio, grazie!»
Di tutta risposta, Daniel se ne andò, uscendo dalla casa sbattendo la porta. E anche piuttosto incazzato, pensò Scarlett. «Che gli prende?»
Henry si sedette su un divanetto, sospirando. «E' arrabbiato, perché non lo ascolti. Ed è preoccupato per la storia dell'anti-protetto.»
Scarlett fissò la porta da cui era uscito Daniel. Che problemi aveva? Era preoccupato per lei, questo non gli dava il permesso di comportarsi come un bambino. No, non era preoccupato per lei. Era preoccupato per la sua vita, la sua eternità. La sfida. Scarlett ricopriva solo un piccolo incoveniente di cui essere preoccupati. La cosa le diede più fastidio di quanto avrebbe potuto immaginare.
La ragazza lasciò tutti quei pensieri volare via come erano arrivati, e si voltò verso Henry, sormontata da un nuovo dubbio. «Henry, mi stavo chiedendo..» Si massaggiò una mano. «La sfida tra voi due è già iniziata?»
Lui la guardò per un momento, prima di rispondere.«Probabilmente è iniziata da quando siamo scesi sulla terra.»
«Oh..» Quindi ospitando Anthony stava dando un vantaggio ad Henry, andando contro Daniel? «Non ho ancora ben capito come funziona. Cioè, c'è un limite di azioni giuste o sbagliate che posso fare prima di dare la vittoria a uno dei due?»
L'angelo sospirò. «Vorrei tanto saperlo.»
Scarlett si sedette sul bracciolo del divanetto. «Posso chiederti un'altra cosa?»
«Dimmi, Scarlett.»
«Oh, e chiamami Scar. Scarlett è troppo.. formale.»
Lui rise. «D'accordo Scar, spara.»
«Voi siete stati mandati qui per aver commesso qualcosa di sbagliato, da quel che ho capito. Posso chiederti cosa avete fatto?»
Henry rimase con la bocca semi-aperta, pensando. Cosa avrebbe dovuto dirle? E come?
«Beh, non dovrei parlarne in realtà..»
Scarlett rimase in attesa.
«Ma immagino sia una mia scelta.» continuò Henry. «Non posso dirti cosa ha fatto Daniel, perché non mi è permesso. Ognuno è responsabile di sé. Ma posso raccontarti di me, se proprio lo vuoi sapere.»
«Mi piacerebbe.»
«Beh, è successo tempo fa, molto tempo fa.»
«Non sei stato mandato qui subito dopo?»
«No, in genere per queste cose ci vuole del tempo.. Per le sfide.» Le spiegò lui. «Comunque sia, sono andato contro la mia natura di angelo.»
Lei lo guardò confusa. «Cioè?»
«Mi sono affezionato ad un'.. umana.»
«Davvero?» Lo guardò con una certa curiosità. Una cosa tanto strana quanto interessante. Un angelo affezionato ad un umana. A quanto pare agli angeli non piacevano le storie stile Romeo e Giuilietta.
«Sì.. Ed era in una situazione piuttosto complicata. Così sono intervenuto fisicamente.»
«Oh.» Scarlett rimase a pensare, per un momento. Né angeli, né demoni potevano intervenire in nessuna questione umana fisicamente, da quel che aveva appreso. Era proibito. «E te ne sei mai pentito?» Chiese.
Henry abbassò lo sguardo sulle sue mani, per poi rialzarlo e guardare la ragazza negli occhi. «No.»

 


 Più tardi

 

 

Scarlett correva da più di due ore, ormai. La musica sparata al massimo dalle auricolari le arrivava dritta al cervello, teneva la sua mente concentrata sul ritmo e non le permetteva di concentrarsi sui muscoli che bruciavano. Era da un po' che non andava a correre. In realtà, non lo faceva dalla terza media. Aveva solo bisogno di sfogare tutta l'adrenalina accumulata negli ultimi giorni, nei quali la sua vita era stata totalmente capovolta da angeli, demoni e anti-protetti.
A dirla tutta, lei odiava correre. La stancava troppo in fretta ed era noioso. Le piaceva molto di più bruciare energia prendendo a pugni un sacco. Già dall'età di quattro anni, Scarlett aveva iniziato a frequentare un corso di karate. Divenuta cintura nera, si era dilettata in arti della lotta più complesse. Era stato suo padre a trasmetterle quella passione..

Il sole stava tramontando e stava iniziando a calare una leggera nebbiolina. Scar entrò in un parchetto deserto, dirigendosi verso la fontanella dell'acqua. Si tirò i capelli indietro e si abbassò per bere, quando notò una figura familiare a una decina di metra da lei, vicino a un albero.
Alzò la testa di scatto, cercando di vedere attraverso la nebbiolina.
Niente.
Non c'era niente.
Me lo sarò immaginato.
Bevve un sorso veloce dalla fontanella, quasi dovesse sfuggire a qualcosa, e si rimise in marcia verso casa.

 

Sul suo vialetto trovò Charlene che sculettava verso la porta.
«Charlene?» Chiamò avvicinandosi.
La ragazza si girò. La squadrò dall'alto in basso e fece una smorfia.
Charlene odiava anche solo fare stratching a ginnatica. Diceva 'che l'avrebbe fatta sudare ed era allergica al sudore', quindi la vista di Scarlett non era esattamente di suo gradimento.
«Scarlett!» Squillò. «Sono venuta a trovarti, devo darti una cosa.»
«Oh.» Scarlett rimase interdetta per un attimo. Cosa avrebbe dovuto mai darle Charlene Chamberlain?
«Tra qualche giorno è il mio compleanno, e come sai, la festa sarà epica. Ovviamente non puoi mancare, e so che non lo farai. Porta pure i tuoi.. Amici.»
Ah, certo. La festa epica di Charlene Chamberlain. «Charlene, io non credo che..»
«Fantastico! » Continuò lei. «Questi solo gli inviti.» Le porse tre foglietti di carta color rosa shocking, che Scarlett non si preoccupò neanche di leggere.
«Ah, quand'è che torni a scuola?» Le sorrise ampiamente, mettendosi una mano sul fianco. Più che un semplice interesse sembrava cercasse di informarsi per poter mettere in giro qualche pettegolezzo, non sarebbe stato soprendente per niente. Anzi, forse l'aveva già fatto.
«Non so. E' complicato.»
«Certo.» Sorrise a labbra chiuse. «Complicato.»
Silenzio.
«Ora devo proprio andare, Scary Scar. Ci vediamo in giro.» Le fece un occhiolino e fece per allontanarsi sculettando, quando sembrò ricordarsi di qualcos'altro e tornò indietro. «Ah, quasi dimenticavo. Devo darti anche questo.»
Scarlett prese in mano il foglietto che Charlene le porse, osservandolo confusa. Sopra c'era scritto “Grey Street. Fnt, 12, 4.” «Che cos'è?»
«Non lo so, dimmelo tu. Me l'ha dato un tizio oggi, dicendomi di consegnartelo e che era importante, molto importante.»
Scarlett sollevò gli occhi dal foglio, guardandola confusa. «Qualcuno ti ha dato questo per me? A te?» Ridusse gli occhi a due fessure.
«Beh? Perché fai quella faccia?» Charlene guardò prima il foglio, e poi lei. «Cosa significa?»
Scar scosse la testa. «Non lo so.» Perché qualcuno avrebbe dovuto dare un bigliettino a Charlene per lei? Non aveva il minimo senso.
L'altra sbuffò. «Che noia. Ora, se non ti dispiace, levo le tende.»
Si voltò, prima che Scarlett la fermasse prendendola per il braccio. «Aspetta. Che aspetto aveva il tipo che te l'ha data? Ha detto qualcos'altro?» La memoria la ricondusse a quel pomeriggio, al parco, quando aveva creduto di aver visto qualcuno. E se fosse stato..?
«Non lo so, stavo leggendo Vogue e non ho avuto tempo di comporre un testo descrittivo.» Sbuffò. «Ha detto che era importante e di dartelo il prima possibile.» La ragazza tolse bruscamente il braccio dalla presa di Scarlett, guardandola come se fosse un ferro bollente.
Si voltò di nuovo, andando ad alla macchina.
Scarlett rimase lì a fissare il bigliettino. Se avesse chiesto altro Charlene si sarebbe insospettita? Ma lei era l'unica ad averlo visto. Ma perché lei?
«Charlene! Il ragazzo.. L'uomo che ti ha dato questo, aveva dei tatuaggi?»
La ragazza sembrò scossa da un ricordo, poco prima di entrare in macchina. «Non ricordo bene, ma mi sembra di sì. Aveva una felpa grigia ed era incappucciato, quindi non c'era molto da vedere. Ho visto solo una parte dei polso quando ha messo il biglietto sul tavolo.»
Scarlett annuì lentamente, era meglio di niente. E Charlene probabilmente era davvero troppo occupata a fare altro anche solo per voltarsi a cercare di scorgere il volto del ragazzo. Fece per tornare in casa, quando fu bloccata dalla voce di Charlene. «Ah, Scarlett.. Il ragazzo, prima di andare, ha detto anche che a volte è meglio non fidarsi delle persone che ci stanno intorno.» Si fermò un attimo. «Doveva essere un pazzo, eh?»
Scarlett si sentì un tuffo allo stomaco. «Già..Un pazzo.»


 

***



«Che senso ha, Henry?» Scarlett aveva le mani sul tavolo, il bigliettino davanti a lei. Henry al suo fianco, pensieroso. Quelle parole non avevano proprio un senso, se neanche un angelo riusciva a trovarlo. Forse era solo uno scherzo stupido di qualche ragazzino e stavano solo perdendo tempo.
«Io.. Non lo so davvero, Scarlett. Mi dispiace.» L'angelo incrociò le braccia al petto, guardando quel pezzo di carta. Dov'era Daniel quando serviva? Forse lui ci avrebbe capito qualcosa. «Hai detto di aver visto qualcuno al parco, giusto?»
«Mi è sembrato di aver visto qualcuno. Non ne ero sicura, ma adesso si sta facendo inquietante. Pensi potesse essere..?»
«Gabriel? E' probabile. Se è il tuo anti-protetto non sarebbe strano che ti stesse seguendo.»
«D'accordo, è inquietante. La persona che mi vuole rovinare la vita mi pedina, quindi? Forte. Immagino di non poter chiedere un'ordinanza restrittiva, vero?»
Henry fece un mezzo sorriso. «Direi di no. In genere gli umani non hanno neanche idea di cosa sia un anti-protetto, vivono completamente all'oscuro di tutto.»
Scarlett annuì. «D'accordo, quindi qual è il piano adesso?»
«Tenerlo lontano da te. Se solo Daniel rispondesse al cellulare..»
«Non è ancora tornato?» Scarlett si guardò attorno, accorgendosi della presenza mancante del demone.
«No, e non credo lo farà presto. Scarlett..»
«Cosa?»
«Vorrei chiederti una cosa.»
«Spara.»
«Vorrei che tu evitassi di prendere qualunque iniziativa, di qualunque tipo, da sola.»
Scarlett rimase a guardarlo per un attimo. «Che intendi?»
«Me lo prometteresti? Sarebbe molto più facile se sapessi che non hai intenzione di cacciarti nei guai.»
Scarlett ci pensò su un attimo. Promettere di non cacciarsi nei guai? Era difficile. Ma questo per quanto riguardava i guai di natura umana. Con quelli di natura soprannaturale, era tutta un'altra storia. E anche se le sembrava di essere già nella merda fino al collo, lo fece lo stesso, per far stare più tranquillo Henry.
«Va bene. Lo prometto.»

Henry congendò Scarlett, dicendole che era meglio che andasse a dormire subito. Dopo essersi fatta una doccia, fece come diceva l'angelo. Non che lo facesse per accontentarlo, anche perché odiava quando le dicevano cosa fare, ma era stata una giornata stancante. Comunque sia, decise di concedersi un po' di tempo sul tetto della grande casa, prima di andare a dormire.



Quando si svegliò, si trovò nel caos. Si sentiva il sangue alla testa, che le girava vorticosamente. In bocca sentiva il sapore di ruggine. No, non ruggine. Sangue. I capelli le cadevano davanti agli occhi impedendole di vedere, e sentiva un rivolo di sangue che le scendeva caldo dalla fronte. Provò a muoversi, ma non ci riuscì. Era immbolizzata. Con un po' di sforzi, riuscì a muovere a malapena la mano, non la sentiva neanche. Forse non era neanche più lì. Sentiva il rumore di qualcosa che colava a grande quantità dietro di lei. Poi si ricordò.
Era ad una festa. Si stava divertendo da matti quando era arrivato Jackson, quel rompipalle di Jackson, suo fratello. Era disorientato e lei non capiva come avesse potuto raggiungerla. L'aveva sgridato non poco, e poi lo aveva costretto a salire in macchina per riportarlo a casa. Era lì che andavano, a casa. Ma cos'era successo? I fari. Aveva visto dei fari. Una macchina. Una macchina e il grido di suo fratello. Era lì che si fermava la memoria.
Era morta? No. Sentiva di essere viva, sentiva il sangue che le scivolava lungo la fronte, andando a bagnarle i capelli, e sentiva di essere a testa in giù.
Avevano avuto un incidente.
Provò a chiamare il nome del fratello, ma ne uscì un leggero lamento. Forse si era morsa la lingua. Non sentendo nessun rumore dal posto vicino al suo, provò a muoversi. All'inizio con pazienza, poi con più forza. Ma non ci riusciva. Iniziò ad agitarsi. La testa le girava sempre di più.
Perché Jackson non si muoveva? Era svenuto, come lo era lei qualche minuto prima? O forse si era svegliata ore prima? Non capiva, non capiva più niente.
Le sembrò di sentire il rumore di dei passi che sia avvicinavano.
E poi buio.
Quando si risvegliò, era a qualche metro dalla sua macchina.. La sua macchina capovolta, con tutti i vetri rotti e il serbatoio che perdeva liquido. Le sembrava ancora di sentire dei passi. Dovette ripercorrere tutto da capo per ricordarsi cos'era successo, di nuovo. Provò a muoversi, urlare. Niente. Dalla bocca uscì una sottospecie di lamento flebile, che nessuno sarebbe mai riuscito a sentire. Era tutta indolenzita, non riusciva a ritrovare l'uso degli arti. Provò di nuovo. Niente.
Sentì altro colargli sulla faccia. Altro sangue? No, no. Quelle erano lacrime. Stava piangendo.
Un dolore lancinante le colpì la testa. Cos'era? Cos'era quel fottuto rumore che le faceva andare in fiamme il cervello?
Una sirena. Si avvicinava, la polizia, l'ambulanza, qualcuno. Erano salvi. Lei e suo fratello erano salvi. Provò di nuovo a muoversi, ad urlare che era lì, che suo fratello era sulla macchina.
E qualcuno se ne accorse. Sì, qualcuno doveva averla sentita, perché un uomo vestito con un camice bianco la circondò con le braccia e la tirò indietro.
La tirò indietro un attimo prima che la macchina scoppiasse in fiamme.

 

A svegliarla fu il rumore di qualcuno che si arrampicava. Si svegliò sul tetto di casa sua, alla luce della luna. Quel sogno, quell'incubo.. Non era la prima volta che lo faceva, ma questo era così limpido che faceva fatica a capacitarsi che fosse solo un'altra replica.
Prima che potesse rimuginarsi sopra di più, una testa bruna spuntò da dietro il tetto. Due occhi freddi e azzurri la fissarono.
«Daniel.» Sussurò lei, mettendosi a sedere. «Dove sei stato?»
«Hey Fiamma, tutto okay? Sembrai sul punto di vomitare.»
Scarlett si chiese se non stesse proprio per vomitare. «No, sto bene. Dov'eri?»
«In giro.»
Scar alzò le sopracciglia. «Davvero? In giro? A fare cosa?»
Daniel, con uno slancio, si sedette a fianco della ragazza. «Sono andato a trovare vecchi amici. Che mi sono perso?»
Scarlett alzò gli occhi al cielo. «Un bel po' di cose. Che genere di amici?»
«Sei sicura di sentirti bene? Davvero, sei bianca come un cadavere.» La squadrò. «Stavi dormendo?»
«Sì, mi ero addormentata.» Scar si stronfinò gli occhi col palmo della mano. «Smettila di cambiare discorso. Dov'eri?»
«Fiamma, piantala con questo terzo grado. Potrei iniziare a pensare che ti importa qualcosa di me.» Sorrise beffardo. «Allora, che è successo di divertente?»
«Non sono in vena di scherzi, Daniel.» Guardò con astio il demone. Dio, era così dannatamente irritante. Certo, non poteva sapere che aveva appena sognato l'indicente che aveva avuto con suo fratello, né che una parte di lei ancora attribuiva a Daniel quell'incidente -cosa che come aveva spiegato Henry, non era affatto colpa sua, poiché non è quello il compito di un demone.
Ma comunque sia, evitava di rispondere alle domande, delle stupide domande. Come avrebbe mai potuto fidarsi di lui?
Non lo avrebbe mai fatto. Ecco tutto.
Si alzò, distogliendo lo sguardo da quei piatti occhi di ghiaccio.
Daniel si alzò con lei.«Suvvia Fiamma, che ti prende? Henry ti ha abbandonato qua tutta sola e indifesa?»
Prima che Scarlett potesse controllare l'impulso, la sua mano scattò verso il viso di Daniel.
Impulso che Daniel bloccò prontamente, afferrandola per il polso. Stavolta il sul sguardo non lasciava intendere nessun divertimento, nessuno scherzo. Era immobile, quasi non lasciava trapelare nulla. Tranne forse.. Preoccupazione.
«Cos'è successo, Fiamma?»
«Lasciami.» Scarlett provò a mantenere un tono di voce piatto e fermo, ma quel che ne uscì fu un suono traballante e instabile. Cose che andarono a rafforzare la tesi di Daniel sul fatto che qualcosa non andasse. Quel dannato demone, capitava sempre nei momenti meno opportuni. La faceva apparire così debole, e lei non era debole. Per niente.
Daniel fece finta di non sentire. «Cos'hai sognato?»
Scar strinse i denti. «Ho detto di lasciarmi, Daniel.»
«Fiamma, cos'hai sognato?» Attirò la ragazza verso di lui, senza lasciarle il polso, in modo da trovarsi esattamente di fronte a lei. Gli occhi dell'uno puntati su quelli dell'altro.
Scarlett lo guardò dritto negli occhi, il contatto con il corpo del demone la fece rabbrividire. «Mio fratello. La sua morte. Sei contento adesso?»
Daniel allentò la presa sul polso di Scar. Evidentemente non era la risposta che si aspettava. Meglio, forse adesso l'avrebbe smesso di essere così.. Daniel. I suoi occhi ora lasciavano trasparire una briciola di qualcos'altro.. Rammarico.
«Fiamma..»
«Lasciami, Daniel. Non voglio parlarne con te.»
Lui allentò ancora di più la presa, lanciandole libero il polso.
Lei si allontanò, ma prima che potesse voltarsi, Daniel la riattirò a sé nuovamente, tenendola per le spalle.
«E con Henry, invece? Con lui ne parleresti?» La guardò quasi perforandola, mentre nei suoi occhi si faceva spazio un altro sentimento, rabbia.
«Cosa vuoi dire?» Questa volta non si dimenò né si ribellò. Rimase lì, ferma, a contatto col corpo di Daniel. Al contrario di quel che si sarebbe aspettata da una creatura demoniaca, era piacevolmente caldo. Non freddo come si aspettava.
Lui fece un ghigno. «Ti fidi delle persone sbagliate.»
Lei alzò le sopracciglia. «E di chi mi dovrei fidare? Di te? Te ne sei andato e non sei tornato per tutto il giorno, senza una spiegazione.» Disse con rabbia, accorgendosi del fatto che le aveva dato fastidio che Daniel non fosse tornato, che non fosse stato lì con lei e Henry a cercare di decifrare il biglietto.
«Sono qui adesso. Il tuo angelo invece no. A lui lo chiedi, dove va la notte?»
Scarlett aggrottò le sopracciglia. «Che stai dicendo?»
«Mi hai sentito, non è qui.»
Scarlett fece per voltarsi verso la casa, anche se le era impossibile capire se ci fosse Henry dentro o no. Proprio come doveva esserlo per chiunque altro. «Come lo sai?»
«Lo so e basta.»
«Probabilmente è venuto a cercarti, ha provato a telefonarti.»
Daniel inghiottì la saliva. Stavolta negli occhi vi era qualcosa che non si poteva leggere, qualcos'altro. «Sei così dannatamente ingenua, Fiamma.» Sussurrò. Lasciò che le mani le cadessero lungo le braccia, e poi successivamente sui suoi fianchi., liberandola dalla sua stretta ormai inesistente.
Scarlett sussultò, guardandolo. Cosa intendeva? Rimase lì, ferma, a guardare quegli occhi tanto strani, chiedendosi se potesse avere ragione o se lo diceva solo per confonderla. Il contatto con le sue mani le fece bruciare la pelle.
Daniel si voltò di scatto verso gli alberi scuri, per poi sospirare.
Si voltò verso di lei e le prese il mento tra le dita, esalando un lungo respiro. «Devo andare, Fiamma. Ne discuteremo un'altra volta.»
Scarlett si risvegliò dallo strano giro di pensieri in cui era finita. «Cosa? Dove?»
Il demone si voltò verso di lei nuovamente, scuotendo impercettibilmente la testa. «E' tardi. Chiudi a chiave.» La guardò un'ultima volta, prima di lanciarsi dal tetto con un salto e sparire tra gli alberi.
La lasciò lì, sbigottita, confusa. Ancora scossa da quel che era appena successo.
Ma cosa era appena successo?
Scarlett si toccò il mento, e quando tornò in casa chiuse per bene la finestra, andando poi a controllare la porta. Le parve di sentire un rumore strano, per poi accorgersi che era solo il cuore che le martellava nel petto.
Calmati. Si comandò.
Andò verso la cucina per preparasi una camomilla, dove ancora sul tavolo vi era il bigliettino strano. Si comandò di non pensare alle parole di Daniel, o di qualunque cosa fosse successa tra loro due sul tetto. Doveva concetrarsi sul biglietto.
Lo prese tra le mani e lo rigirò più volte.
Grey Street. Fnt, 12, 4.
Cosa voleva dire? Grey Street era sicuramente una strada, ma quante potevano essercene in tutta l'America con quel nome? Fnt, 12, 4.
Sembrava una specie di versetto della Bibbia. Scarlett sorrise, sentendosi stupida. Erano solo parole a vuoto.
Ributtò il foglietto sul tavolto, andando verso la credenza dei pentolini. Ma nonostante questo, la sua testa continuava ad elaborare.
Grey Street era una strada poco trafficata di Deadwood, ma non c'era niente di interessante. Di sicuro non numeri. Con Henry aveva già controllato su internet, nonostante conoscesse il posto. C'era solo un negozio di alimentari e uno per animali. Era pieno di piccoli vicoletti che portavano in posti da cui era meglio tenersi alla larga.
Non c'era altro.
Scarlett mise a bollire, l'acqua, per poi appoggiarsi con i gomiti sul tavolo, aspettando.
Grey street.
Continuò a rimuginare.
Che strano. Grey Street.
Tutte le strade di Deadwood erano nere. Neanche I marciapiedi si sarebbero potuti definire grigi, erano un nero sbiadito, abbastanza vomitevole in realtà.
Eppure quelle parole risvegliavano in lei qualcosa che ancora non riusciva a capire. Qualcosa del suo passato, forse?
Mossa da chissà quale istinto, decise di andare a prendere quel vecchio scrigno con le foto da bambina che teneva sopra l'armadio. In genere non lo apriva mai, perché molte foto raffiguravano anche Jackson. Non sapeva cosa sperava di trovare lì, ma anche un semplice presentimento poteva rivelarsi utile, no? Posò lo scrigno sul tavolo e sparpaglò le foto.
Rivide il volto di suo fratello sorridente mentre pescava con il padre, e quando gli regalarono quella stupida pista di auto che desiderava da mesi a Natale. Poi trovò una foto in cui era appena nato e lei lo teneva in braccio.
Sei solo una stupida, Scarlett. Si disse. Cosa pensare di trovare? Tutto quel che vedeva sparpagliati sul tavolo erano ricordi che non facevano altro che farle male.
Qualcuno bussò alla porta, facendola sussultare. Chi diavolo poteva essere a quell'ora? Forse Daniel era tornato, o forse era Henry. Evidentemente era davvero fuori casa.

Iniziò a rimettere a posto le foto, guardandole una ad una velocemente.. Ribussarono alla porta. Chiunque dei due fosse non sembrava avere molta pazienza.  
Per le mani si ritrovò una foto di lei e un altro gruppetto di bambini, compreso Jackson, in una vecchia strada. 
Ribussarono alla porta, questa volta ancora più forte.
Un presentimento si fece strada nella sua testa. E se non fosse stato né Daniel né Henry? Che bisogno avevano di bussare, quando erano riusciti ad introdursi in casa sua senza problemi già una volta? E poi perché, chiunque fosse, batteva sulla porta così forte?
Scarlett si avvicinò lentamente alla porta, la foto ancora in mano, cercando di scorgere un qualunque tratto familiare dall'ombra proiettata sulla tendina che copriva la porta.
Si fermò con la mano sulla maniglia, ancora sovrappensiero. Decise poi si scostare leggermente la tendina, cercando di non farsi notare, per quel che fosse possibile.
Guardò velocemente la foto che si accorse di tenere ancora stretta in mano, e si ricordò di qualcosa. 

I bambini ci andavano sempre a giocare a pallone, compresa lei. Era una strada poco trafficata vicino c'era anche un bel parco. E un giorno, successe la tragedia. Un'auto investì un bimbo che inseguiva una palla, Theodor.
La strada percorreva la via che portava all'ospedale. Era lì che fu portato il bambino appena investito, ma non fecero in tempo a salvarlo. Nessuno andò più giocare in quel posto, ma tutti gli amichetti di Theodor iniziarono a chiamare la strada con il suo nome, per rendergli omaggio e ricordarlo sempre. Ed era quel che aveva fatto Scarlett, se n'era ricordata.
Si portò una mano alla bocca, capendo.
Il nome del bambino era Theodor. Theodor Grey.
La persona fuori dalla porta intanto, urlò il suo nome con una voce che lei non riconoscette, sbattendo con forza sulla porta d'ingresso.
Scarlett raggelò.


 

Grazie per aver letto! Lasciate una recensione, accetto volentieri anche critiche. 
 In questo capitolo, come potete vedere, sono stati introdotti molti punti bui. Non avete idea di cosa succederà muhahah.
Comunque, spero vi piaccia.

-Ile.

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Capitolo 5
*** Al diavolo. ***


Scarlett rimase ferma, immobile. Non aveva ancora scostato la tenda, era rimasta con due dita che la reggevano. Riusciva a sentire il cuore pulsarle forte nelle orecchie, rimbombando all'impazzata.
Era appena riuscita a decifrare la scritta sul bigliettino, o almeno, una parte. Sapeva dove andare a cercare qualunque cosa dovesse cercare, ma non sapeva che significato avessero 'Fnt, 12, 4'.
Avrebbe sicuramente cercato di capirlo, se non fosse stato per il fatto che sembrava esserci un misterioso uomo urlante fuori dalla sua casa, che batteva violentemente i pugni sulla porta.

 

Poteva mettersi a correre a chiamare la polizia, oppure scostare di poco la tenda e vedergli il volto. Se fosse stato Gabriel, l'avrebbe sicuramente riconosciuto. E questo avrebbe significato che era il suo anti-protetto, e in teoria non le avrebbe fatto alcun male. Quindi poteva essere qualcun'altro che non conosceva? Ma se non lo fosse stato, avrebbe chiamato la polizia per niente, sua madre sarebbe stata avvertita e sarebbe dovuta tornare a casa, e tutto si sarebbe complicato.
Allontanò lentamente la mano dalla porta, e poi a passo felpato si avvicinò alla cucina. Aprì un cassetto e ne tirò fuori un coltello che sembrava essere quello del macellai, lo stesso che si vede nei film horror. Vide il suo riflesso distorto sulla lama e rabbrividì.
Almeno così aveva qualcosa con cui difendersi se fosse servito. Ma sarebbe bastato?
Tornò alla porta, e girò lentamente la chiave nella serratura. Poi la aprì lentamente.
Un ragazzo si fiondò dentro casa, aveva i capelli neri corvini, ma Scarlett non riuscì a scorgere gli occhi. E non sembrava un assassino per niente.
«Scarlett!» Le urlò gettandole le braccia al collo. Aveva il fiatone.
Lei gli si allontanò sistematicamente, tenendo ancora il coltello stretto in mano.
Ma cosa?
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, alla vista del coltello. Alzò le mani in aria e la guardò come fosse una matta da rinchiudere. «Sono io. Sono Anthony, ricordi?»
La sorpresa illuminò il volto di Scarlett, poi, la vergogna. Se ne stava lì a puntare un coltello contro suo cugino, che avrebbe dovuto ospitare. Lasciò cadere il coltello sonoramente. «Oddio,
Anthony! Mi dispiace, oddio. Mi dispiace tanto! Pensavo.. Stavi battendo così forte ed io..»
Anthony le si avvicinò, mettendole le mani sulle spalle. «E' tutto okay, Scarlett. Mi dispiace averti spaventata. E' che ho sentito dei rumori e pensavo stesse succedendo qualcosa.»
Scarlett rimase lì a fissarlo, ancora sbigottita. Quali rumori?
«Oh, certo. Mi dispiace tanto.»
Fissò gli occhi del ragazzo. Non erano come se li ricordava. Erano ghiacciati, completamente gelati. Così diversi da quelli di Daniel. Le ricordavano le enormi masse di ghiaccio che si vedevano nei documentari sul polo nord. Impenetrabili, immobili.
«Non preoccuparti. Sono in anticipo, sarei dovuto arrivare tra qualche giorno, ma non ho potuto proprio aspettare..» Scosse leggermente la testa, quasi dicendolo a se stesso più che a lei.

 

 

***



 

Dopo aver dato un degno benvenuto ad Anthony ed essersi scusata altre mille volte, Scarlett decise di andare a dormire. Ma non chiuse occhio. Rimase immobile a fissare il soffitto della camera, pensando.
La presenza di Anthony la intimoriva, non la faceva stare tranquilla. Probabilmente era perché gli aveva appena puntato un coltello addosso e.. La foto.
Dove aveva messo la foto? Probabilmente le era caduta al piano di sotto.
E Daniel ed Henry? Dove diavolo erano finiti?
Ma non dovevano vegliare su di lei?
Dio. Pensò. Che gran casino.
Verso le sei del mattino, Scarlett entrò in un leggero dormiveglia, che fu interrotto quando qualcuno socchiuse la porta della sua camera.
«Fiamma!» Sibilò una voce familiare.
Si mise retta a sedere, di scatto. Guardò la figura sfocata di Daniel che le si avvicinava, il demone la prese per spalle e la scosse.
«Hey, hey! Che ti prende?» Cercò di allontanarsi.
«Sei lucida?» Daniel le lasciò bruscamente le spalle. «Vuoi spiegarmi cosa ci quel tizio nella mia camera?» Disse a denti stretti, fulminandola.
«Eh? Parli di Anthony? E' arrivato ieri sera, gli ho detto di scegliersi una camera e andare a dormire.»
«Lo vedo questo. Ma deve andarsene dalla mia.» Sibilò ancora Daniel.
Scarlett squadrò il demone, ancora non completamente sveglia. Che problemi aveva?
«Forse la prossima volta dovresti appenderci un cartello. O magari marcare il territorio con la pipì, come fanno i cani.»
Il demone rise falsamente. «Divertente, o forse potrei semplicemente andare di là e sbatterlo fuori a calci, no?»
Daniel si alzò di scatto, andando verso la porta. Scarlett gli si parò davanti, chiundendola, le mani dietro la schiena come se proteggesse qualcosa di importante. Si ritrovò il demone davanti alla faccia. «Non fare il coglione, Daniel. Si può sapere qual è il problema? E' solo una camera, ce ne sono altre, la casa è grande.»
Daniel chiuse lentamente gli occhi, esasperato. Evidentemente cercava di controllarsi. «D'accordo, Fiamma. Per questa volta.» Curvò la testa di lato, guardandola a denti stretti. Scarlett si spostò di lato, lentamente, facendolo passare.
«Ma ricorda.» Cominciò Daniel prima di sparire dietro la porta. «Odio quando viene toccato quel che mi appartiene.»
Per qualche ignota ragione, Scarlett rabbrividì.

 

 

Appena fu sicura di non essere più a portata d'orecchio, corse verso l'armadio e si vestì in fretta. Raccolse i capelli in una coda veloce scese le scale correndo.
Aveva avuto abbastanza tempo per pensare, durante la notte:
Chiunque le avesse inviato il biglietto le aveva anche mandato a dire che non bisogna sempre fidarsi di chi ci sta attorno. Aveva scritto il nome di una strada che solo lei poteva capire, evidentemente perché voleva che solo lei capisse. Ma poteva benissimo anche essere una trappola, quindi non poteva semplicemente andare a cercare un qualcosa non ben definito in un luogo non ben definito, quando poteva benissimo essere stato il suo anti-protetto a volerla mandare lì. Eppure era quel che avrebbe fatto, visto che sentiva di non poter aspettare.
Arrivò in cucina con l'intenzione di cercare il biglietto e la foto, quando trovò Daniel intento a squadrare il biglietto e Henry di fianco a lui. «E' questo?»
Scarlett inghiottì la saliva, si sentiva colta sul fallo, anche se non ne aveva motivo.
«Sì.» Rispose Henry. «Ti dice niente?»
«No.» Daniel lanciò il bigliettino ad Henry. «Fiamma, ti senti bene?»
Scarlett si accorse che stava trattenendo il respiro, lasciò andare il fiato cercando di non farsi notare.
«Benissimo.» Andò verso la credenza, facendo finta di cercare un pentolino. Ma si sentiva gli occhi dei due ragazzi addosso, che la seguivano insospettiti.
«C'è qualcosa che vuoi dirci?» Interruppe il silenzio Henry.
Scarlett si girò verso i ragazzi con un pentolino in mano. «Sì, oggi esco. Cercate di far sentire a suo agio Anthony. Ah, Daniel.. » Riempì il pentolino di latte. «Vedo che Henry ti ha aggiornato. Siete giunti a qualche conclusione?»
«Niente.» Daniel continuava a guardarla, cercando di capire cosa la portava ad essere così strana. «Dov'è che vai?»
Scarlett accese il fornello, mettendo il pentolino a bollire. «Ah, mi sono dimenticata di dirvelo.. Charlene ci ha invitati alla sua festa di compleanno, credo sia domani. Vado a prenderle un regalo.»
«Oh.» Fece Daniel. «Charlene la biondina della Delirious? Aveva un bel culo.»
Scarlett fece un ghigno. «Se ti piacciono i pali, allora sì.»
«Come sei divertente, oggi.»
Henry tossì leggermente, avvicinandosi a Scarlett.
«Scar, non è che ti stai cacciando nei guai, vero?»
Prima che la ragazza potesse aprire bocca, Anthony e i suoi capelli spettinati fecero la loro comparsa nella cucina. Si fermò di colpo, guardando le tre persone davanti a lui.
«Che mi sono perso?»
 


 

***



 

Non era stato facile convincere Daniel a sopportare la presenza di Anthony. Era evidente che non gli piacesse, ma doveva abituarcisi. A dire la verità, neanche Scarlett si sentiva molto a suo agio in sua presenza, ma doveva farci l'abitudine anche lei.
Aveva lasciato i tre ragazzi lì, dicendo di dover muoversi a trovare qualcosa di incredibile da regalare a Charlene. In realtà voleva solo squagliarsela prima di pensare ad una qualunque scusa da rifilare ad Anthony che giustificasse la presenza permanente di due ragazzi in casa sua. Quindi aveva lasciato Daniel ed Henry a sbrigarsela da soli. Gli avrebbero detto che erano suoi compagni di laboratorio, o altri lontani cugini. In realtà non le importava, aveva cose più importanti da fare.

 

Tutto quel che sapeva, era che doveva andare a Grey Street - il cuo nome reale era 'St. James Street'.
Non aveva un vero e proprio piano, e stava infrangendo la promessa fatta ad Henry. Ma sentiva di doverlo fare, sentiva che doveva andare in quella strada e cercare qualunque cosa la aspettasse.
Se avesse avuto bisogno di aiuto, li avrebbe chiamati.
E poi correva veloce.
 
Scese dall'autobus che l'aveva portata fino lì, alla fermata vicina ad una drogheria, ed iniziò a guardarsi intorno.
Dopo una buona ora di camminata, si rese conto che stava facendo una cazzata. Era stata così dannatamente una stupida a pensare di poterlo fare da sola. Non sapeva neanche cosa stesse cercando. Numeri? Negozi? Cosa?
Si appoggiò ad una panchina, stanca.  Non ho neanche fatto colazione. Sbuffò.
Era meglio trovare un regalo da rifilare a Charlene il prima possibile. Entrò nel primo negozio che trovò, dieci minuti dopo ne uscì con una borsa color argento. In realtà faceva schifo, ma i gusti di Charlene non erano da meno.
Stava guardando la borsa con una smorfia di disgusto, quando andò a sbattere contro qualcuno. «Dio.. Scusami!»
Aveva urtato una ragazza dai capelli bruni, era minuta e bassa. Reggeva stretti al petto dei libri che le caddero tutti a terra. Scarlett si abbassò, aiutandola a raccoglierli. Da uno di questi uscì un bigliettino. 'Proprietà della biblitoeca di Deadwood'.
Le sorse un dubbio. «Scusami, sapresti dirmi dov'è la biblioteca?»
La ragazza emise un flebile suono, inizialmente Scarlett pensò che si fosse fatta male. Poi si accorse che stava parlando. «E' proprio qui dietro, svolta l'angolo e ci sei.»

 

Bingo.
Come aveva fatto a non pensarci prima?
Beh, non che fosse una grande fan delle biblioteche. Ricordava vagamente che ce ne fosse una a Deadwood, ma che fosse proprio lì.. Non poteva essere una coincidenza. Non lo era. Non c'era nient'altro di interessante in quella strada, qualunque cosa la attendesse, era lì. Abbastanza nascosta ma abbastanza rintracciabile.
Sentì un fremito nelle gambe, doveva essere l'adrenalina che le entrava in circolo.
Scar iniziò a camminare velocemente, seguendo le indicazioni della ragazza. Quando svoltò l'angolo, si ritrovò a correre.
Il vicolo era molto più lungo di quel che si aspettava. Lo percorse tutto. Si trovò davanti ad un alto palazzo color amaranto. Senza indugiare, spinse le grandi porte di legno ed entrò.
Nell'aria vi era odore di polvere, e di legno. La biblioteca era enorme, divisa in due piani. Sul soffito vi erano varie lampade al neon che la illuminavano tutta. Qua e là erano disposti grandi tavoli di legno, e gli scaffali di libri sembravano infinti. Erano divisi per categoria.
Categoria.
Scarlett tirò fuori il biglietto stropicciato che aveva in tasca. Fnt. Poteva essere un'abbreviazione? Sì, Fantasy.
Doveva andare nella sezione fantasy.
Cercando di controllare il passo, si mosse attraverso gli scaffali, arrivando alla sezione Fantasy.
12, 4. Scaffale dodici, quarto libro. Possibile che fosse così semplice?
Con le mani che fremevano, Scarlett si mise a contare. Raggiunse lo scaffale numero 12 e il libro numero 4 e lo sfilò.
Un libro sui folletti.
Oh, sul serio?
Prese a girare le pagine. Niente. Provò a leggere una riga, magari la copertina era diversa ed era un libro del tutto diverso da una guida sui folletti..
“Dall'altra parte dell'arcobaleno l'aspettava..” No, niente.
Davvero pensava che sarebbe stato così facile?
No, forse non c'era proprio nulla. Forse era davvero uno scherzo e aveva sprecato tutto quel tempo per niente. Eppure un libro sarebbe stato di grande aiuto, soprattutto se riguardava cose che avrebbe dovuto sapere..
Chiuse il libro di scatto, e un polverone si erse sopra di esso. Tossì.
Bello, davvero bello. Non solo aveva perso la mattina a cercare qualcosa probabilmente inesistente, ma era in una biblioteca tremante a leggere un libro sui folletti.
Rimise il libro al suo posto e sbuffò.
Possibile che non ci fosse niente? Eppure lei ne era così convinta.
12, 4.
Lo ripetè a mente. Forse era sul serio un verso della Bibbia.
Rise, senza preoccuparsi di chiunque l'avesse potuta sentire.

 

Un momento..
Un verso.
Scarlett riprese il libro, velocemente, e andò a pagina 12. Pagina 12, riga 4.
Ma era una riga intera.
Mi chiedo se...
Provò ad andare alla parola 12. 'Apocalisse'.
Apocalisse, la sezione apocalittica della biblioteca.
Si mosse velocemente, tenendo il libro stretto a sé.
E' un ciclo continuo! Urlò una voce nella sua testa. I numeri si ripetono!
Certo, era così semplice. Era una semplice sequenza di due numeri che si ripetevano. Facile ma efficace, alla portata di chiunque.
Alla sezione sui testi apocalittici, andò allo scaffale numero quattro. Libro numero 12.
Un libro sull'anticristo. Andò a pagina 4, parola numero 12. 'Fianco'.
Fianco? Cosa voleva dire?
Si guardò a fianco, come se si aspettasse di vedere materializzare qualcosa. Poi spostò lo sguardo sull scaffale. Fianco, il libro a fianco?
Era un libro sulle creature della notte, quelle del male. Ma così non aveva senso, la sequenza si interrompeva.
Provò a sfogliare il libro, ne caddero alcuni fogli.
Li raccolse. Erano appunti?
No, non erano appunti. Erano pagine di diario. Un Diario. Provò a leggerne un verso 'Questa notte ho appreso che i demoni..'
Un controllore le passò a qualche metro di distanza, lei si girò dall'altra parte.
Doveva essere quello. Qualcuno doveva averle lasciate lì per lei.
Si mise le pagine dentro la giacca, controllando di averle tutte, e poi rimise il libro al suo posto.
Il cuore le tamburellava nel petto.

 

 

Anche quando fu tornata a casa, Scarlett aveva il cuore che le batteva ininterrottamente.
Doveva parlarne con Henry e Daniel? Era riuscita a trovare quel che doveva trovare senza di loro, nessuno si era fatto male. Forse era giusto così. Non sapeva da dove arrivasse quella sensazione, ma c'era. Se avesse dato le pagine a loro forse gliele avrebbero tolte. Non poteva correre il rischio, doveva leggerle prima.
Entrò in casa il più silenziosamente possibile.
«Fiamma.»
Daniel le si avvicinò, guardandola ad occhi socchiusi. Sembrava fosse lì proprio per lei, ad aspettarla.
«Dove sei stata?»
Lo guardò con l'espressione più tranquilla che potesse fare. «A prendere il regalo a Charlene, lo sai.»
«Mh mh.» Rispose lui, avvicinandosi ancora di più. «Mi stai nascondendo qualcosa, vero?»
Scarlett strabuzzò gli occhi. Ma come..?
Oh. I demoni potevano percepire le sensazioni umane, se n'era quasi dimenticata. Probabilmente adesso appariva nervosa. Ma come poteva controllarsi? Il pensiero che Daniel potesse leggerle dentro la rendeva ancora più nervosa.
«Io? A te? E cosa dovrei nasconderti?» Improvvisò una risatina.
«Non lo so, dimmelo tu.» Daniel le si avvicinò ancora di più fino a sfiorarle il naso. Scarlett si chiese se non potesse anche capire qualcosa dagli occhi, così distolse lo sguardo.
«Non essere stupido, Daniel.» Fece per evitarlo e andarsene, ma lui la afferrò per il polso facendola ritrovare di nuovo sotto il suo sguardo indagatore. Faccia a faccia.
«Qualunque cosa tu abbia in mente, Scarlett, spero non tu stia facendo cazzate che ti mettano in pericolo.» Disse lui quasi in un sussurro.
«Sto benissimo.» Resse il suo sguardo perforante meglio di quel che si sarebbe aspettata. «La pedina per la tua vincita è ancora in salute, non preoccuparti.»
Daniel aprì la bocca, probabilmente per ribattere qualcosa. Ma la richiuse subito. «Meglio così.» Disse soltanto.

 

Scarlett provò a controllarsi mentre saliva al piano di sopra, ma le gambe le fremevano ancora e non mettersi a correre fu più difficile del previsto. Quando arrivò alla sua stanza, chiuse la porta a chiave e tirò fuori le pagine dalla giacca.
Si chiese se Daniel la stesse ascoltando. Poteva sentire i rumori a distanza? Come poteva saperlo lei? La verità era che non sapeva quasi niente su Henry e Daniel, quindi non poteva fidarsi di loro. Almeno non completamente.
E' giusto che non sappiano delle pagine, almeno per ora. Pensò, quasi per giustificarsi con se stessa.
Si tolse la giacca che buttò frettolosamente sul letto e si sedette sul pavimento, disponendo le pagine in modo da vederle tutte. Non erano tutte, le date era disconnesse. Ma erano sempre qualcosa.
Prese in mano la pagina che doveva essere la prima scritta di quelle possedeva.
La data segnava il 01.02.1898.
1898? Erano così vecchie quelle pagine?
Scarlett si appoggiò al letto e iniziò a leggere.

 

Io, Edmund Lancaster, ho deciso di raccogliere i miei pensieri e le mie testimonianze in questo libretto, sperando che un giorno possa tornare utile a qualcuno.
Stiamo partendo per l'Avana. Il numero di soldati ammonta a più di 260.

 

Scarlett si fermò. Era una testimonianza di guerra? Da quel che si ricordava dalle noiose lezioni di storia in quei tempi si svolgeva la guerra ispano-americana..
Almeno credo. Pensò.
Continuò a leggere.

 

Con noi si stanno imbarcando strani uomini. Non comprendo le loro usanze e il loro modo di relazionarsi. Sembrano provenire tutti dallo stesso luogo, ma molti non si rivolgono la parola. Mi domando cosa questo possa significare. Parlano fluentemente la nostra lingua ma non sono sicuro siano americani. Ieri ho avuto modo di conoscere uno di loro, ha detto di chiamarsi Deshawn. Personalmente, non ho mai sentito questo nome prima d'ora, il che rafforza la mia tesi sul fatto che questi uomini non hanno origini americane. Dice di provenire da un paesino sugli Appalachi. Ma esistono paesini lassù?
Mi sembra un uomo oscuro, quindi cercherò di prendere le distanze. I suoi occhi sono gelidi, il che mi turba molto. Non avevo mai visto occhi così prima d'ora.
Mi manca molto Josephine, la mia amata. Non credo riceverò sue lettere mentre sono in missione. Nell'ultima mi ha comunicato che crede di aspettare un bambino. La notizia mi rallegra e rattrista molto, perché non sono sicuro di riuscire a tornare. Nel caso non lo faccia, le ho racomandato di trovarsi un altro sposo e di sistemarsi di nuovo.

 

La pagina finiva lì. Scarlett si trovò con un migliaio di domande che le ronzavano in testa. Perché qualcuno aveva voluto che trovasse quelle pagine? Chi erano gli uomini di cui Edmund parlava? Erano demoni? Angeli? E chi le aveva mandato quelle pagine?
Spinse via tutti quei dubbi e passò alla prossima pagina.

 

16.02.1898.
La mia testa è giace nella più totale confusione. Mi sono svegliato su questa sottospecie di isoletta, la gente parla una lingua che non comprendo e mi sento completamente spaesato. Ho una grave ustione sulla gamba. Da quel che ho capito, il Maine, la nostra nave, è saltata in aria. Sono morti quasi tutti, se non un pugno di uomini. Tra cui io..
Gli altri sopravvissuti non sono sicuro di poterli chiamare uomini. Non hanno nessuna ferita di alcun tipo, sono molti di coloro che si sono imbaracati con noi. Quella specie di stranieri. Sembrano come indistruttibili. Deshawn passa ogni sera a medicarmi la ferita insieme a un altro uomo che credo si chiami Basil. L'altro giorno, mentre pensavano che dormissi, li ho sentiti parlare di anti-protetti. All'inizio credevo che la mente mi avesse giocato un brutto scherzo, ma poi ho notato che questa parola si ripete molte volte nei frammenti di conversazioni che riesco a sentire da dentro la mia tenda. Cos'è un anti-protetto? Che siano stati loro a far saltare in aria la nostra nave?
Chiederò spiegazioni a Basil, che mi sembra molto più docile di Deshawn.

 

La pagina era finita.
Scarlett giaceva nelle mille domande che ad ogni secondo andavano aumentando nella sua testa. Prima che potesse cercare di rispondere ad almeno ad una, il telefono squillò. Pochi secondi dopo, qualcuno bussò alla sua porta.
«E' per te, Scarlett!» La voce di Anthony risuonò da dietro la porta, risvegliandola dall'oblio.
Scarlett prese tutte le pagine e le nascose sotto il materasso. Forse era stupido, ma nessuno sarebbe andato a controllare. Poi aprì la porta.
«Chi è?»
«Ha detto di essere una tua amica, Charlene credo.»
Scarlett scese le scale velocemente. Avrebbe chiesto a Charlene cosa voleva e sarebbe tornata a leggere il più in fretta possibile.
«Pronto?»
«Scarlett!» La sua voce squillante risuonò nella cornetta.
«Charlene, dimmi.»
«Volevo solo dirti che la festa è stata anticipata.»
«Cosa? Come anticipata?» Scarlett ricorse a tutta la sua forza interiore per non assumere un tono infastidito, e chiuderle il telefono in faccia.
«Già, è stasera! Non è magnifico?»
«Charlene.. Non so se..»
«Verrai comunque, spero. Ma certo che lo farai!» Più che altro sembrava una minaccia. «Perdersi la mia festa è il miglior modo per uccidere la propria vita sociale.» Sibilò lei, dolcemente. «Se mancassi non te lo perdonerei mai.. Ma ovviamente non lo farai. Ci vediamo stasera, Scary Scar!»
Charlene riattaccò.
Scarlett sbatté la cornetta del telefono al suo posto.
«Che succede?» Daniel ed Henry fecero la loro entrata nel salotto.
«Niente.» Scar si passò una mano fra i capelli. «Vestitevi.» Disse loro. «Ci aspetta una festa.»
 
 
 


***




 

Due ore dopo, Scar, Henry e Daniel erano davanti casa Chamberlain.
Scarlett non aveva potuto fare niente, doveva andare a quella festa. Quando Charlene diceva che sapeva vendicarsi quando un'amica la tradiva, non scherzava. E non presentarsi alla sua festa sarebbe stato il più alto grado di tradimento. E avendo avuto prova delle tecniche di tortura della sua 'amica' non ci teneva a sperimentarle sulla sua pelle.
«Vuoi rilassarti un po', Fiamma?»
Daniel si avvicinò al cancello dell'enorme villa con le mani in tasca. Indossava dei pantaloni semplici che gli ricadevano morbidi fino al ginocchio, e una camicia sbottonata in alto. Aveva anche un profumo che Scar non aveva mai sentito, e che non aveva potuto far a meno di notare.
Scarlett fu risvegliata dai suoi pensieri. «Eh?»
«Sei tesa.» Aggiunse Henry, avvicinandosi anche lui al cancello.
«Sto benissimo.» Scarlett strinse la mano sulla carta stropicciata del regalo per Charlene. Anche Henry poteva percepire le sensazioni umane? Daniel aveva dimenticato di accennarglielo.
«Prima inizia, prima finisce.»
Entrarono.



 

***


 

«Woo, Scary Scar! Sei uno schianto!» La versione Barbie di Charlene si avvicinò sculettando a Scarlett. Aveva un tubino rosa che non poteva essere degno di chiamarsi vestito. Le arrivava appena sotto le natiche.
Scarlett sapeva bene che il complimento di Charlene era un avvertimento.
Charlene odiava quando qualcuno le rubava la scena se era lei a dover essere al centro dell'attenzione, e secondo lei, Scarlett era nella posizione di poterlo fare.
Bene, me ne starò zitta e buona in un angolino finché tutto questo non finirà. Si disse.
La festeggiata fece fare un giro a Scar, osservando con attenzione il tubino nero che indossava la ragazza, pieno di ricami in rilievo. «Woo ancora!»
Poi fu distratta dalla presenza di Henry e Daniel, e si fiondò verso di loro.«Sono felice che siate venuti!» Andò ad abbracciarli. Anche se sembrava più una richiesta urgente di sesso che un abbraccio. «Ora divertitevi!»
Scarlett sgattaiolò via prima di poter essere vista. Posò il regalo in cima a tutti gli altri, su un tavolo, e si guardò intorno. La festa si svolgeva nel giardino enorme di casa Chamberlain. C'era cibo, alcol e un casino di gente. Adirittura una piscina, riempita solo per fare scena. Scar era sicura che ci fosse gente anche in casa, ma probabilmente facevano molto più che solo ballare lì dentro.
Si avvicinò ad uno dei tavoli e prese un drink. Stava per berlo, quando qualcuno glielo tolse di mano. «Fiamma.»
«Che stai facendo?» Scarlett si voltò verso il suo demone, fulminandolo.
«E' meglio che tu stia lontana da questa roba.»
«Stai scherzando? Daniel, ho diciassette anni. Dammi il bicchiere.»
Daniel sospirò, spostò il braccio vicino ad una pianta alta e versò il contenuto del bicchiere nel vaso.
«Ma che ti prende?!» Scar cercò di fermargli il braccio, ma quel che ottenne fu che lui le prese il polso, tenendola ferma davanti a lui.
«Sono stati corretti. Se bevi uno di questi sei fuori uso per tutta la notte. E tu mi servi sobria.»
«Ti servo sobria? Per cosa?»
Daniel la tirò, facendola girare e mettendola dietro la pianta, in modo da farle aderire la schiena. Poi avvicinò il suo volto al suo, guardandola negli occhi.
Il cuore di Scarlett perse un colpo.
«So che stai combinando qualcosa.»
«Non so di cosa stai parlando.»
«Dimmelo, Fiamma. E' tutto il giorno che sei strana.»
Scarlett si trovò, letteralmente, con le spalle al muro. E se Daniel non avesse mollato prima di scoprire cosa avesse trovato?
«Lasciami, Daniel.» Provò a sottrarre il polso, ma Daniel era irremovibile.
«Non prima che tu mi abbia detto cosa stai combinando.»
Scarlett si fece uscire una risata nervosa. «Altrimenti?»
Daniel la trapassò con lo sguardo. «Altrimenti vado lì fuori a rendere la serata di tutte quelle ragazze una serata indimenticabile.»
Cosa? Era una minaccia? Gli avrebbe fatto del male?
«Che vuol dire?»
«Sta' a vedere.» Daniel la lasciò lì, andando verso la festa.

 

«Va tutto bene?» Henry era dall'altra parte della pianta, ad aspettare che Scarlett uscisse.
La ragazza rimase un attimo scossa nel vederlo, ma si ricompose. Cercò Daniel con lo sguardo.
«Henry.. Sì, tutto perfetto.»
«Scar.. Sei sicura che non c'è niente di cui vorresti parlarmi?»
La ragazza si voltò verso l'angelo. «Non c'è niente da dire.»
Henry annuì. «D'accordo.»
«Ti fidi di me?» Scarlett ne rimase sorpresa.
«Perché non dovrei?»
«Beh..» Perché io non mi fido di te, non mi fido di nessuno dei due. «Perché ci conosciamo da po..»
«Mi hai fatto una promessa, Scarlett.» La interruppe. «Ho buona fede che la manterrai.»
Lei annuì, con lo sguardo perso nel vuoto. Un grande senso di colpa la prese in pieno. Sentì di dover cambiare argomento. «Hai visto Daniel? Era abbastanza.. Instabile, prima.»
«Io credo sia preoccupato.»
«Preoccupato?»
«Credo abbia un modo oscuro e strano di esprimere come si sente, ma sì, credo sia preoccupato perché pensa tu ci stia nascondendo qualcosa.»
Scarlett inghoiò la saliva. «Sta sprecando tempo.»
 

 

La musica era altissima, e la gente ballava strusciandosi l'uno contro l'altro. Fu in mezzo a quella folla che Scarlett andò a cercare Daniel.
Che cosa stava combinando?
Dio, solo per delle lettere. Cioè, era andata a cercarle da sola, ma era tornata viva e vegeta, non era una trappola. E tecnicamente non si era messa in nessun pericolo, quindi forse non aveva neanche rotto la promessa fatta ad Henry. Ma Daniel era così determinato a scoprire cosa stesse facendo.. Lei ce l'aveva fatta da sola, aveva trovato le lettere, poteva andare avanti senza farlo sapere agli altri. Dopotutto loro erano essere sovrannaturali immortali, lei che cosa aveva dalla sua parte? Niente. Tranne che quelle lettere. E Daniel non aveva alcun diritto di costringerla a mostrargliele.

 

Fu tra due ragazze mezze nude che lo trovò. Aveva i bottoni della camicia tutti slacciati, e teneva i fianchi alla ragazza di fronte a lui. Quando vide Scarlett, prese la ragazza e gli ficcò la lingua in bocca, tenendo gli occhi puntati su di lei per vedere la sua reazione.
Scar si immobilizzò, e realizzò una prima cosa:
Era così che Daniel aveva intenzione di punirla: Probabilmente baciando le ragazze della festa, o magari andandosele a scopare.
Che cosa terribilmente, decisamente stupida.
Daniel premette il suo corpo su quello della ragazza, attirandola a sé. Socchiuse gli occhi, ma Scarlett era sicura che la stesse ancora guardando con la coda dell'occhio.
Rimase lì, immobile, a guardarlo.
Poi Daniel si staccò, si passò un dito sul labbro e sorrise a Scarlett. Si voltò verso qualcun altro ed iniziò ad andare verso la sua direzione.
Scar si sporse per vedere chi fosse. Vide una testa bionda spuntare tra la folla, la testa bionda della festeggiata.
 
E fu quando Daniel attirò Charlene a sé e le cinse i fianchi, che Scarlett realizzò una seconda cosa:

Le dava fastidio.

 

 

***



 

Per quale ragione remota al mondo, Scarlett Bradshaw sarebbe dovuta essere gelosa di quattro sciacquette che un ragazzo senza cuore si passava ad una festa? No, non era gelosa. Certo che non lo era. Le dava fastidio e basta. Le dava fastidio perché Daniel era un tale coglione che meritava solo di essere chiuso in una cantina con una catena alla gamba, senza vedere mai più la luce del sole.
 
Strusciandosi su Charlene, il ragazzo fece un ghigno divertito.
Le sensazioni. Poteva percepirle. Scarlett doveva controllarsi.
Distolse lo sguardo, che pochi minuti dopo fu reindirizzato verso di lui. Adesso teneva Charlene dalla schiena e la baciava come volesse consumarla.
Era troppo. Scar si voltò e tornò verso il tavolo degli alcolici.
Come faceva Daniel a sapere che le avrebbe dato fastidio?
Ma perché le dava fastidio?
Prese il primo bicchiere che trovò, ma prima di mandarlo giù si bloccò. “Sono stati corretti. Se bevi uno di questi sei fuori uso per tutta la notte.”
Aveva davvero bisogno di sballarsi tanto da non ricordarsi il suo nome?
La sua testa rispondeva no. Un'altra parte di lei non ben definita diceva sì.
«Al diavolo.» Sussurrò rimettendo il bicchiere al suo posto.
Si guardò intorno in cerca di Henry, magari sarebbero potuti andare via. Ma così Daniel sarebbe stato soddisfatto, no? No, non poteva andare via.
L'angelo non era nei dintorni, quindi optò per andare a cercarlo. La sua compagnia sarebbe stata meglio di niente.
Si fece strada tra la folla, perché erano tutti così ammassati?
D'un tratto si accorse che erano tutti intorno a qualcosa. No, no qualcosa. Qualcuno.
Si fece spazio tra la gente, che era disposta in cerchio davanti a delle ragazze con dei vestiti discutibili e Daniel. Lo stesso Daniel che era in mezzo a loro che ballava strusciandosele addosso, prendendole per i fianchi.
Scarlett si voltò e tornò indietro.
Dio.
Si fece strada a gomitate, arrivando fino a vicino la piscina, che grazie a Dio, era deserta.
Sospirò, sedendosi vicino al bordo e passando un dito sul velo dell'acqua.
Poi sentì un sussurro dietro di lei.
Si alzò di scatto, ma non trovò nessuno.
Perfetto. Pensò. Adesso sento anche le voci.
Si voltò di nuovo verso la piscina, ma davanti a lei trovò una ragazza dai capelli scuri e gli occhi altrettanti scuri, quasi neri. La fissava in modo inquietante, tanto da farla indietreggiare. Da dove era spuntata?
«Tu.» Sussurrò la ragazza, guardandola con quegli occhi scavati.

 

Da dietro, arrivarono dei ragazzi che corsero a buttarsi nella piscina. Scarlett li guardò per un istante, poi si rivoltò verso la ragazza. Era sparita.
Si circondò con le braccia, rabbrividendo, e pensò che tornare in mezzo alla folla sarebbe stato meglio.
Si rifece strada in mezzo a tutti, evitando di guardare dalla parte di Daniel che continuava a dare spettacolo. Purtroppo, colse con la coda dell'occhio il momento nel quale Charlene si era rifiondata tra le sue braccia, e le sue labbra. Il Dj urlò qualcosa a proposito di un ballo che Scarlett non riuscì a cogliere,  un ballo che ci sarebbe stato a breve.
Tornò al tavolo degli alcolici.
Al diavolo Daniel.
Al diavolo la ragazza che dava i brividi.
Al diavolo tutte le domande che non trovavano una risposta.
Al diavolo tutti i problemi.
Al diavolo tutto.

 

Scarlett prese un bicchiere e se lo portò alle labbra. Bevve solo un sorso, poiché qualcuno glielo tolse dalle mani e lo lanciò via. Daniel.
«Vattene.» Sibilò lei a labbra strette. Al diavolo anche l'idea che si poteva fare Daniel sulla sua reazione.
«Fiamma.» Le sfiorò il braccio con due dita.
«Vattene, Daniel.»
Per qualche strano, ignoto, insensato motivo Daniel aveva raggiunto il suo scopo. L'aveva punita. E questo la faceva sentire.. Ferita. Più di quanto avrebbe potuto immaginare.
«Balla con me, Scar.» Le porse la mano. Scarlett la fissò.
«Non ne hai avuto abbastanza?» Sibilò.
Daniel sorrise a malapena. «Quel che ho fatto era abbastanza. Adesso balla con me.»
Scar non si mosse.
«Fiamma.» La guardò avvolgendola con quei due occhi freddi, implorandola con lo sguardo.

 

Scarlett posò la sua mano dentro quella del demone. Lui la attirò a sé, posandole una mano sul fianco.
Non era un gesto volgare come quando stringeva i fianchi delle altre ragazze. Era.. Diverso.
Solo allora Scarlett si accorse della musica. Lenta, dolce. Il Dj prima parlava di ballare un lento.
«Ti sei divertito?» Scar poggiò la mano sulla spalla di Daniel, evitando il suo sguardo.
«Tu ti sei divertita?»
Scarlett non ebbe neanche bisogno di pensarci. «No.»
Daniel fece aderire il suo corpo sul suo, mentre si muovevano a quel lento ritmo.
«Guardami.»
Scar alzò gli occhi, a trovarla ci furono quelli di Daniel. Forse era un gioco di luci, ma a Scarlett parvero meno freddi del solito.
«Voglio che ti fidi di me, Scar.»
Lei sorrise amaramente. «La fiducia non si regala.»
L'espressione del demone non cambiò.
«Come sapevi che mi avresti ferita, Daniel?» Le parole uscirono prima che potesse controllarle. Quando se ne rese conto, Scarlett abbassò di nuovo lo sguardo.
«Fiamma..» Daniel si fermò, ma non tolse le mani dal corpo di Scar. «Guardami.» Ripetè.
Scarlett fu costretta a rialzare lo sguardo, cercando di reggere l'altro. Non voleva sopportare un minuto di più di quella scena. Si sentiva patetica. «Puoi lasciarmi andare?»
Daniel rimase spiazzato dalla domanda. «No.»
Lei socchiuse gli occhi, non capendo. «Perché no?»
Il demone schiuse le labbra, guardandola con una tale intensità da mandare a fuoco un palazzo. «Perché non voglio.»
La ragazza scosse la testa impercettibilmente. «Cos'è che vuoi, Daniel?»

Di tutta risposta, Daniel la attirò a sé, sfiorandole la guancia con due dita.
Poi chiuse lo spazio tra di loro posando le sue labbra su quelle di Scarlett.
 

 Eeeehm, cosa posso dire (?) E' un capitolo mooolto lungo e con mooolte cose. Spero vi piaccia:3 
Recensiteeeee:')

-Ile. 

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Capitolo 6
*** Perché volevo che fosse reale. ***


Non so cosa dire.. Sono passati quattro anni da quando ho scritto il capitolo 5 di questa storia. Ma l’altro giorno mi è ricapitata sottomano, e le mie mani e la mia mente fremevano.. perché Scarlett, Daniel ed Henry erano stati lasciati in sospeso. E allora ho scritto.
Non so esattamente cosa io mi aspetti.. Ma spero che questo capitolo possa piacere a chiunque abbia ancora un minimo di interesse a leggere questa storia. E’ un capitolo un po’ diverso dagli altri, sarà perché sono passati anni e lo stile di scrittura si è “sviluppato”, sarà la sera, ma ho voluto creare un capitolo un po’ introspettivo che aprisse una finestra nella mente della protagonista. Una specie di time-out dalla narrazione, anche perché riprenderla così, di punto in bianco, mi farebbe un po’ strano.
Spero che possa piacere, in modo da.. continuare, scrivere un seguito a questa storia.
Buona lettura.

 
 
 
Ed eccomi là. Scarlett. Scarlett catapultata nel mondo degli angeli e dei demoni. Scarlett con gli angeli. Scarlett coi demoni. Scarlett con Daniel. Scarlett che bacia Daniel. Una genialata, penserete voi.
Le labbra di Daniel rimasero sopra le mie per cinque, forse dieci secondi. Immobili. Un demone così irruente, si potrebbe pensare, -e come mi aveva dato precedentemente motivo di pensare-, ficcherebbe la lingua in bocca ad una ragazza ed inizierebbe a centrifugare in meno di un secondo. E invece eccolo lì, a pronunciare il bacio più casto che potessi mai immaginare. E a pronunciarlo sulla mia bocca. Con la mia bocca. E fu come se per un attimo, il mondo stesse andando a rallentatore, e l’aria sapesse di vaniglia, e le sue mani, che mi avevano tirato ancora più vicino a lui fino a fare aderire i nostri corpi, fossero fatte di panna, e la sua bocca, la sua bocca, la sua bocca, era vellutata, vellutata come i petali di un giglio coperto di rugiada in una mattina d’estate, di quelle fresche, di quelle che vorresti vivere ogni mattina. Nella vita uno non ne prova tanti di baci così. Ed io, vi assicuro, non ne provai nessun altro come quello. Come il bacio di Daniel.
E Daniel, sembrava quasi come se non volesse oltrepassare un limite. Come se non volesse andare oltre con me. Era delicato, morbido, gentile. Ed io non me lo sarei mai aspettato.
Certo, tutto questo per cinque, forse dieci secondi. Perché poi mi ricordai dove ero. Chi ero. Scarlett. Scarlett catapultata nel mondo degli angeli e dei demoni. Scarlett con gli angeli. Scarlett coi demoni. Scarlett con Daniel. Scarlett che bacia Daniel. Scarlett che bacia Daniel, il demone che farebbe di tutto per portarla dalla sua parte. Scarlett che bacia Daniel, il demone che farebbe di tutto per vincere la sfida.
Ed allora capii.
Mi staccai di colpo dal corpo di Daniel che, con la delicatezza di una piuma, aderiva sopra il mio, spingendolo avanti con i palmi delle mani. Poi portai indietro il braccio destro, stendendo il palmo della mano, e infine lo buttai in avanti con tutta la forza che avevo, colpendo in pieno la guancia destra di Daniel. Gli tirai un grosso, e sonoro, schiaffo.
Le persone intorno a noi interruppero un attimo quel che stavano facendo, per guardarci con curiosità. Dopo due secondi, ripresero a parlare, tornando ad ignorarci.
«Tu mi credi stupida, non è vero?» Lo guardi con sguardo truce, mentre i pugni mi si serravano lungo i fianchi. In un attimo, tutta la bellezza era svanita. A farsi largo, vi era un forte e rumorosa rabbia. La rabbia di chi ha paura di essere fregato.
«Cosa?» Le pupille di Daniel si dilatarono, mentre l’area colpita dal mio schiaffo si faceva più rossa. Non si toccò la guancia con la mano. Forse non sente il dolore. Pensai.  Vorrei che sentisse dolore.
Sembrava confuso.
«Credi davvero che questo ti aiuterà a vincere? E’ questa la tua strategia
Aggrottò le sopracciglia. «La mia..» Serrò la mascella, come colpito da una rivelazione scomoda. «Ah.»
«Beh?» Il tono della mia voce si alzò. Sentivo le lacrime pungermi ai lati degli occhi. Ero così stupida. Ed era così ovvio. Tesi le braccia e gli diedi una spinta forte. Indietreggiò, o meglio, si lasciò “indietreggiare” da me, che sicuramente non disponevo di una forza tale da farlo smuovere di un passo.
Fece un ghigno ironico, guardandomi con due occhi di ghiaccio. Sembrava quasi.. Amareggiato. Amareggiato come se non si aspettasse di sentire quello che aveva sentito.  Scosse la testa impercettibilmente. «Beh.» Girò i tacchi e se ne andò, mischiandosi tra la folla, senza neanche darmi il tempo di urlargli contro un’altra volta. Beh, se volete sapere la verità, urlai lo stesso alla sua figura tesa che si allontanava con i pugni chiusi. Una cosa come “Sporco stronzo!” o giù di lì. Sentii la flebile speranza che non fosse come pensavo, che si era accesa senza che me ne accorgessi, nel mio cuore, spegnersi di colpo.
Certo, scappa. Pensai.
Scappa, Daniel. Scappa dalle scocciature, ti riesce bene.
Mi sentivo così, così arrabbiata. E così stupida. Mi ero fatta abbindolare da Daniel. Daniel che voleva solo vincere la sfida, ed io lo sapevo. Lo sapevo, ma comunque glielo avevo lasciato fare.
Sentii lacrime di rabbia riempirmi le palpebre. Mi appostai dietro ad un cespuglio, e mi sedetti di per terra, in modo da non essere vista. Perché piangevo? Perché ero così arrabbiata? Perché mi sentivo così ferita?
Perché dovevo essere io l’oggetto della sfida di un angelo e un demone? Perché proprio io?
Sbuffai mentre una lacrima mi si faceva strada tra le labbra, e ripensai al bacio. Iniziarono a scendere più lacrime, ed un pensiero si fece strada nella mia mente, prima piano, e poi sempre più ingombrante. Eppure non volevo accettarlo, non volevo considerarlo, ma era lì, lì come un chiodo che mi faceva sanguinare la mente, fastidioso e presente.
Ero così arrabbiata perché il bacio mi era piaciuto.

Ero arrabbiata perché volevo che fosse reale.
 
 
 

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