Inception 2 The dream of a child

di Alaysia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** EPILOGO: James, what's going on? ***
Capitolo 2: *** An old Frech friend ... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Parigi non è mai stata così bella ***



Capitolo 1
*** EPILOGO: James, what's going on? ***


EPILOGO: James, what's going on?


Come li avevamo lasciati i protagonisti di questo film?

Allora … Cobb è tornato a casa, con l'ego distrutto ma è riuscito a ritrovare i figli e a ricominciare una vita normale, per quanto il suo passato glielo permetta.

Yusuf è tornato in India, aiutando le persone a fuggire dalla realtà con i suoi sedativi, cercando di dimenticare quell'orribile esperienza che era stata il sogno a tre livelli.

Arthur si è allontanato da Cobb ed è tornato a fare la sua vita da damerino carismatico.

Eames è tornato nei bar a scommettere e a tergiversare per guadagnare tempo nel restituire debiti.

E Arianna … lei è tornata all'Università, incapace di dimenticare anche un solo istante dell'ultimo mese, dall'incontro con Cobb e Arthur all'atterraggio dell'aereo. E soprattutto il bacio di Arthur, che nei suoi pensieri non troverà mai una spiegazione.

*

Se avete notato in tutte le frasi precedenti è scritta la parola 'tornato' … Oh si certo, sono tutto TORNATI alle loro vecchie abitudini  e alle loro vecchie vite.

Ma un sogno, così potente e terribile, come quello che hanno condiviso tre mesi fa, può essere dimenticato?

Cobb non lo dice ai suoi figli, ma a volte nella notte apre gli occhi, con ancora nella mente le immagini di tutti e tre i livelli. E questo è lo stesso per gli altri.

*

Possono davvero TORNARE tutti alla loro vita normale dimenticando un sogno? Soprattutto … questo sogno?

 

È notte.

Un singhiozzo, basso, sommesso. Cobb è già sveglio e lo sente subito.

Aspetta qualche secondo, pensa soltanto che sia la sua immaginazione.

Un altro singhiozzo, questa volta più alto.

Non è la sua immaginazione. Uno dei suoi figli sta piangendo.

Un altro rumore basso e ovattato per il corridoio.

Uno dei suoi figli sta camminando con i piedini nudi per il corridoio cercando la camera da letto del papà.

Cobb si siede nel letto, mentre la porta della sua camera si apre e un'ombra su allunga nella camera. Un'ombra bassa, piccola, che ancora non riesce a riconoscere. Ma è sicuro a chi appartiene.

-James, cosa c'è?- chiede in un sussurro, mentre suo figlio si avvicina al letto e si stringe a lui.

Cobb restituisce l'abbraccio, asciugando con il dito le lacrime del figlio. 

James prova a parlare ma non ci riesce, i singhiozzi glielo impediscono.

Allora Cobb lo stringe ancora più forte, il suo viso paffuto affondato nella sua maglietta che usa come pigiama.

Aspetta che si calmi, che i singhiozzi si plachino, e allora allenta la stretta protettiva.

-James?- sussurra guardando il figlio negli occhi. I suoi capelli biondi, ereditati dal padre, si attaccano alla fronte sudata, mentre le labbra tremano ancora per il pianto appena terminato.

-Papà, ho fatto un incubo-sussurra il bambino togliendosi i capelli dalla fronte.

Cobb avvicina la fronte del figlio a lui e la bacia.

-Vieni, andiamo in bagno un attimo-gli sussurra prendendogli la mano.

Gli da un bicchiere d'acqua e poi lo riporta nella camera matrimoniale.

-Va meglio Jimmy?-gli dice una volta che si sono seduti uno di fronte all'altro sul letto.

Il bambino annuisce, poco convinto.

-Cosa c'era nel sogno?-gli chiede ancora Cobb.

-La mamma-sussurra il bambino, la voce tremendamente vicina ad incrinarsi di nuovo dal pianto.

Cobb non se la aspetta. O almeno, se lo sarebbe aspettato qualche mese prima, ma non adesso.

-E … cosa faceva la mamma?-gli chiede cercando di tenere un tono della voce basso e rassicurante.

-Mi diceva che … dovevo alzarmi e aprire la finestra-risponde il bambino. Cobb lancia involontariamente un'occhiata alla finestra della camera, non sa perché lo fa.

-E poi?-chiede guardando di nuovo il figlio negli occhi.

-Che se volevo rivederla dovevo …- comincia il figlio, tentando di trattenere le lacrime e dire quella parola così importante e spaventosa.

Cobb ha paura. Vorrebbe tappare la bocca a James e non fargli dire niente, rimandarlo a letto dicendogli che i sogni non sono reali e che la mattina dopo sarebbe stato meglio, come un qualsiasi altro papà.

Ma non può.

-Buttarmi. Solo così potevo rivederla- 

Ok, a me l'idea è venuta così, spero che vi piaccia, magari la continuo anche XD
Mi raccomando, recensite *____*
Selene

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Capitolo 2
*** An old Frech friend ... ***


Nelle puntate precedenti: James, uno dei figli di Cobb, si sveglia dopo un incubo e racconta al padre di aver sognato sua madre che gli diceva di buttarsi dalla finestra

Capitolo 1: An old French friend (una vecchia amica francese...)

 

-Avanti Arthur rispondi- sussurrò Cobb mentre si portava il telefono cellulare all'orecchio -non ti sei fatto sentire per mesi, e adesso che ho bisogno di parlarti non ci sei?-disse ad alta voce.

-Papà con chi stai parlando?-chiese James con la voce impastata dal sonno, strofinandosi gli occhi con i pugnetti.

Cobb sospirò, guardandolo. Gli accarezzò i capelli.

-Sto chiamando un vecchio amico-gli disse, cercando di ignorare i continui squilli del telefono.

Quattro squilli.

-Posso tornare a dormire?-chiese ancora il bambino.

Cinque squilli.

-Non ancora James- rispose Cobb. Prima doveva parlare con Arthur.

Sei squilli. Sette.

'Ti prego Arthur …'

Otto squilli.

'Rispondi …'

All'inizio del nono squillo sentì una voce molto assonnata e soprattutto molto scocciata rispondere:

-Pronto?-

Cobb sorrise. Se a quell'ora avesse chiamato chiunque altro dei suoi amici non avrebbero risposto … non a mezzanotte … ma Arthur si. Irrecuperabile damerino.

-Arthur? Sono Cobb?-

-Cobb? Cos'è successo?-

-Il mio peggiore incubo Arthur …- sussurrò Cobb senza farsi sentire da James.

-Mal?-rispose Arthur sempre a bassa voce.

-Si-

Ci fu un momento di pausa carico di tensione.

-La sogni ancora?-chiese infine Arthur

-Non io. È riuscita ad arrivare a mio figlio. È arrivata a James!-

-Oddio mio …-

Un altro silenzio. Questa volta fu Cobb a romperlo.

-Devo togliergliela dalla testa. Lo ha quasi convinto ad uccidersi- Sentendosi parlare Cobb si rese conto di ciò che era veramente successo.

Suo figlio, se fosse stato un bambino normale, si sarebbe buttato davvero.

Ma era il figlio del più abile estrattore del mondo. Questo aveva protetto la sua mente fino ad un certo punto.

Si dovette sedere sulla poltrona più vicina.

-Papà stai  bene?-sussurrò James fissandolo con gli occhi spalancati-sembri pallido pallido-

Cobb si sforzò di sorridere al figlio ma non ci riuscì.

-Cobb sai cosa sto per dirti…- cominciò la voce esitante di Arthur dal telefono.

-Arthur ti prego non cominciare a farmi la morale. Mi sento già abbastanza sconvolto senza che tu ci metta il dito nella piaga-

-Ok allora non ascoltarmi se vuoi ma lo dico lo stesso-disse Arthur deciso-avresti dovuto eliminarla quando aveva cominciato ad essere un problema-

-Lo so-rispose Cobb.

-E avresti dovuto farti aiutare. Abbiamo rischiato di morire già al primo livello nella testa di Fischer per colpa sua. Non ti devi sorprendere che sia entrata anche nella testa di tuo figlio e che abbia tentato di fare ciò che aveva fallito con te. L'hai resa troppo forte senza neanche accorgerti e adesso ci stai rimettendo peggio di prima-

Silenzio.

-C'è altro?-chiese Cobb.

Maledizione aveva ragione. Su ogni parola, ogni maledetta parola. E lui lo sapeva.

-Si. Avresti dovuto dirmelo. Ti avrei aiutato-concluse Arthur, con una voce più bassa e pacata.

-Lo so amico. Hai ragione. Sono stato un idiota. Tu ci sei sempre stato in tutti i miei lavori da quando ci siamo conosciuti e …- gli morirono le parole in gola. Arthur aspettò educatamente che finisse la frase.

-E so che mi avresti aiutato. E ora te lo chiedo come amico e come padre. Aiutami- Si passò la manica sulla fronte. Stava sudando. Accarezzò James.

-Certo che ti aiuterò-disse Arthur -ma solo ad una condizione …-

-Cioè? No aspetta fammi indovinare … vuoi riunire la vecchia squadra?-disse Cobb con un mezzo sorriso.

-Si. Cobb vuoi davvero fare un'estrazione a tuo figlio?-chiese serio.

L'estrattore sospirò.

-Dammi due minuti, metto a letto James e ti richiamo-rispose.

Chiuse la chiamata e prese in braccio suo figlio.

-Dove dormo papà?-chiese appoggiando la testa sulla spalla di suo padre.

-Dormi con me nel letto grande Jamie-

Entrarono nella camera buia e Cobb rimboccò le coperte al figlio.

-Cerca di dormire ok?-disse accarezzandogli la testa.

Il bambino

annuì e chiuse gli occhi.

Cobb lo guardò. Cosa doveva fare? L'ultima volta che era entrato nella mente di una persona che amava, quella si era uccisa. Ed ora doveva proteggere suo figlio da sua madre … doveva fargliela dimenticare.

-Non posso-sussurrò sedendosi sul bordo del letto. Come aveva potuto pensare di fare una cosa del genere a suo figlio? Dopotutto Mal era stata una madre meravigliosa per i loro due bambini fino a quando non avevano fatto quel sogno condiviso.

Si alzò dal letto e cominciò a camminare avanti e indietro. Sfiorò la finestra chiusa della sua camera.

E se James l'avesse aperta? Se si fosse buttato davvero? Cobb scacciò immediatamente quell'idea dalla mente.

Richiamò Arthur.

-Allora hai deciso?-gli chiese quest'ultimo

-No. Non lo so Arthur davvero …  dovrei decidere se rovinargli la vita o rischiare che passi tutto quello che ho passato io … e francamente non so cos'è peggio-

-Posso capire c

osa provi Cobb.Ma sei suo padre. Devi decidere tu-

Cobb deglutì. Non si era mai ritrovato a pensare a una cosa del genere prima di svolgere un incarico. Lo faceva semplicemente perché glielo ordinavano … eppure adesso era tutto così complicato.

-Facciamolo- disse ad Arthur.

-Sei sicuro?-

-Si. Sono sicuro.-

-Farai tu l'architetto?-chiese Arthur cercando di assumere un tono professionale. Anche se sapeva già a risposta.

-No, è troppo pericoloso. Dobbiamo passare a salutare una vecchia amica …- disse Cobb sorridendo, per quanto la sua preoccupazione glielo permettesse.

Dall'altro capo del telefono, sicuramente Arthur stava sorridendo sotto i baffi.

Cobb allungò la mano verso la scrivania e prese un vecchio biglietto con sopra scritto un nome e un indirizzo:

Arianna Durant - Saint Germain, 16a - Parigi
 

Nella puntata successiva: Vedremo i nostri eroi andare a Parigi per richiamare Arianna. Ma lei ha qualche problema con gli studi. Riuscirà il fascino di Arthur a convincerla ad imbarcarsi in questa nuova impresa … oppure Arianna sarà ancora indecisa per quel bacio al 'secondo livello'?

Grazie mille a chi ha recensito il primo capitolo :) Aspetto altre recensioni :D


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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Parigi non è mai stata così bella ***


Capitolo 3: Parigi non è mai stata così bella


Cobb si sentiva spaccato a metà: doveva portare James con se a Parigi? Non poteva sapere quando Mal avrebbe colpito di nuovo … e se lo avesse fatto proprio mentre lui era a Parigi? I consigli di Arthur non aiutavano più di tanto, mentre Philippa si sarebbe sistemata dalla nonna.
Era la sera prima della partenza e non aveva ancora fatto le valige: strano, lui era sempre stato così puntuale … non si era mai ridotto a fare le cose all’ultimo momento. Gli sembrava così innaturale aver rimandato la decisione che, quando decise cosa fare, gli sembrava di fare la cosa più facile del mondo.
James sarebbe andato con la nonna. Le avrebbe raccomandato di tenerlo d’occhio durante la notte e se avesse incontrato un comportamento strano in ognuno dei due bambini, lo avrebbe chiamato subito. Questi erano i patti.
Cobb si sentì il cuore stretto a doverli lasciare ancora e mentre era nella sua camera prese in mano la pistola, fissandola per qualche momento. Avrebbero riunito la vecchia squadra e avrebbe fatto quello in cui era più bravo: estrarre un ricordo.
E se qualcosa fosse andato storto? Quanto sarebbero dovuti andare in profondità? Due livelli? Tre? La mente di un bambino è così imprevedibile … se fossero andati più in profondità del secondo livello, avrebbero incontrato cose che nessuno aveva mai visto.
Perché i pensieri dei bambini non sono sempre guidati dalla ragione … molte volte l’istinto prende il sopravvento e questo è ancora più pericoloso, perché le guardie del subconscio sarebbero state più forti anche se meno organizzate. L’istinto è la cosa più pericolosa nella mente di chiunque: per questo Cobb aveva sempre preferito estrarre pensieri da uomini adulti e abituati a dominare le situazioni di stress: Saito, il signor Fischer … quando lo aveva fatto con qualcuno di impulsivo era finita molto male … Mal …
Mentre stava mettendo la pistola nella valigia vide James sulla porta della camera.
-Ciao James- Cobb sorrise infilando velocemente la pistola nella valigia.
James osservò la valigia, poi tornò a guardare il padre negli occhi.
-Vai a uccidere qualcuno papà?-chiese con gli occhi sgranati
-Che cos … no James, ma che idee ti vengono in mente?-disse con tono stupito, infilando la pistola in una calza.
Il bambino scosse la testa e si sedette sul letto.
-Starai un po’ dalla nonna insieme a tua sorella ... non starò via molto, fidati-continuò Cobb chiudendo la valigia.
-Lo dicevi sempre … poi però non tornavi mai …- disse James abbassando lo sguardo.
Cobb si intrististì. ‘Ma cosa sto facendo? Lo sto lasciando … li sto lasciando ancora … e se poi tornassi a fare l’estrazione e non ci fosse niente da fare? Se fosse stato solo un fenomeno isolato?’
Poi però la sua esperienza si fece largo a forza, tra i suoi pensieri di padre preoccupato.
Sospirò.
-Però alla fine sono tornato-disse avvicinandosi a James e inginocchiandosi davanti a lui, per guardarlo negli occhi-non importa quanto starò via, tornerò sempre da te e da Philippa. Capito James?-
Il bambino annuì.
-Dai, vai da tua sorella, domattina dobbiamo partire-disse arruffandogli i capelli biondi.
 
 
La mattina arrivò, come una liberazione. Cobb non ha dormito: quando ci provava vedeva sempre qualcosa di orribile che accadeva ai suoi figli. Riapriva gli occhi con il cuore che batteva all’impazzata, si alzava e andava a controllare i bambini.
Ma cosa gli stava succedendo? Aveva imparato tempo fa a controllare le emozioni che creano i sogni, belli e brutti, e adesso … si lasciava trascinare in balia dell’agitazione.
La mattina li svegliò presto, aveva appuntamento con Arthur all’aeroporto due ore dopo e aveva bisogno di rivedere l’amico. E sapeva che l’amico ha bisogno di vedere un’altra persona … Cobb sorrise, in quel secondo che si concesse per dimenticare la bolla di preoccupazione che lo attanagliava da ormai due giorni.
Accompagnò i bambini a casa della nonna, e quando venne il momento di lasciarli non volle avere rimorsi. L’ultima volta li aveva abbandonati come un vigliacco, ora aveva bisogno di vederli in viso, imprimersi i loro sorrisi nella mente e ricordarseli così, fino a quando non sarebbe tornato.
Si chinò, davanti a lui i suoi due figli.
-Fate i bravi con la nonna va bene?-chiese come fanno sempre tutti i padri
I due bambini annuirono insieme. Philippa singhiozzò.
-Papà resta qui-disse con le lacrime che incominciavano a cadere.
-Ehi Philippa-disse Cobb stringendola a sé-cosa pensi, che vi lasci qui? Tornerò al massimo tra un mese, e tornerà tutto come nell’ultimo anno. Capito?-concluse asciugandole le lacrime con i pollici.
La bambina annuì.
-Ehi campione, occupati di tua sorella-scherzò Cobb, scompigliando i capelli a James.
-Ehi, ma io non ho bisogno di nessuno che si occupi di me-protestò Philippa.
Cobb rise. Gli sarebbero mancati molto.
Li strinse a se e partì.
Quando sarebbe tornato, sarebbe dovuto entrare nella mente di suo figlio.
Scacciò quel pensiero e si concentrò sulla persona che lui e Arthur stavano andando a trovare.
Arianna.
Sarebbero riusciti a convincerla?
Arrivò all’aeroporto con questa domanda nella testa quando vide il suo amico vicino al chek-in in perfetto orario.
Da quando lo aveva conosciuto non era mai stato in ritardo una volta.
Gli si avvicinò e si salutarono.
-Andiamo?-
-Andiamo-
Si avviarono verso l’imbarco, mentre Cobb lanciava qualche occhiata all’amico, e fu contento di vedere un sorrisino soddisfatto su quel viso da damerino.
-Voglia di rivederla?-chiese tentando di tenere le distanze.
-Chi?-chiese Arthur aggrontando le sopracciglia.
-Non far finta di non capire-
-No sul serio Cobb non … aaaah-
Cobb ridacchiò e lasciò che l’amico pensasse alla risposta.
-Si, non mi dispiace rivederla-
-Ne sono sicuro-
Arthur si voltò verso Cobb.
-Cosa stai insinuando?-
Cobb alzò le mani insegno di innocenza.
-Niente-
Arthur inarcò le sopracciglia. Entrarono in aereo e si sedettero.
-Pensi che lei sarà contenta di rivederci?-chiese cercando di sembrare poco interessato.
-A conoscerla bene direi …-cominciò Cobb
-Si?-
-No. Ci vorrà mandare via a calci in culo, ma poi ci ripenserà e ci darà una mano-concluse Cobb.
Arthur annuì e cominciò a guardare fuori dal finestrino.
-Quindi secondo te accetterà l’incarico?-
Cobb sorrise sbuffando.
Sarebbe stato un lungo lungo volo.
 
Atterrarono nell’aeroporto di Parigi e prenotarono le stanze in albergo, vicino all’università dove studiava Arianna.
-C’è un perché al fatto che abbiamo scelto l’hotel più vicino alla sua scuola?-chiese Cobb, che aveva lasciato fare ad Arthur la prenotazione.
-Così possiamo tenerla d’occhio-rispose Arthur mentre infilava le chiavi nella porta della loro camera.
-Abbiamo bisogno di tenerla d’occhio?-chiese ancora Cobb, che non capiva la logica dell’amico.
-No … cioè si … nel senso …-tentò di giustificarsi l’amico, ma Cobb ci arrivò prima.
-Aaaah capito. Siamo davanti all’entrata in modo che tu possa vederla entrare ed uscire per il tuo cuoricino innamorato-disse Cobb provocante.
-Ma stai zitto-disse Arthur, arrossendo.
E Cobb non aveva MAI visto Arthur arrossire.
Brutto segno.
 
Si cambiarono, mettendosi entrambi una camicia e dei pantaloni per essere scambiati per comuni turisti, o, nella migliore delle ipotesi, dei parigini.
-A che ora entra a scuola?-chiese Arthur. Erano appoggiati al muretto dell’entrata dell’università di architettura frequentata da Arianna.
-Dovrebbe passare qui esattamente …-
Arthur cominciò ad agitarsi, osservando un punto dietro a Cobb.
-… adesso-
Entrambi si voltarono e videro la ragazza, che camminava sul marciapiede con la borsa stracolma di libri.
Cobb sentì una stretta allo stomaco. Era passato un anno dall’ultima volta in cui l’avevano vista, ed era cambiata.
Molto.
Se l’anno prima era a metà tra una ragazza e una donna, adesso era una donna bellissima.
Il lunghi capelli color cioccolato erano un po’ più corti, ma sempre leggermente mossi, che le incorniciavano il viso più maturo e meno pallido. Le labbra erano sempre rosse, risaltando insieme agli occhi, che erano diventati più chiari.
Era alta cinque centimetri in più e indossava una maglietta rossa a mezze maniche e un paio di jeans che le abbracciavano le gambe lunghe e magre.
Cobb non riuscì a fare a meno di lanciare un’occhiata al suo amico.
E Arthur non lo notò nemmeno, tanto era occupato a guardarla.
Intanto Arianna non li aveva ancora visti e loro, con un semplice cenno, cominciarono a camminare andandole incontro. Cobb si mise un paio di occhiali da sole e si calcò il cappello sulla fronte.
Prese da una tasca un blocchetto di carta e una penna.
-Perdonnez-moi madame-le disse fermandola.
-Oui? Bien sur-rispose Arianna, senza riconoscerlo.
Cobb le allungò il blocchetto e la penna.
-Hai un minuto per disegnarmi un labirinto-le disse sorridendo.
E visto che Arianna era una donna sveglia, le ci volle un secondo per esclamare …
-COBB!?!-
 
Erano tutti e tre nella hall dell’albergo. Arianna era seduta con le braccia incrociate sul divano, mentre Cobb e Arthur erano in piedi davanti a lei.
La ragazza aveva le braccia incrociate sotto il seno, lo sguardo puntato ostinatamente a terra.
-Cosa volete?-chiese con voce bassa.
Cobb era dubbioso, come mai quell’accoglienza fredda?
-Non sembri molto felice di rivederci…-disse Arthur, con lo stesso dubbio di Cobb.
-Infatti non lo sono-rispose lei.
Cobb lanciò uno sguardo molto eloquente ad Arthur.
‘Te l’avevo detto…’
-E come mai?-
-Perché non posso lasciare di nuovo la scuola. Sono già molto indietro. E non mi va di rischiare ancora la vita-rispose lei.
-Dubito che la scuola sia un problema, sei molto sveglia-disse Arthur cercando di mischiare un complimento e professionalità.
Risultato: scarsissimo.
-Arianna?-chiese Cobb
La ragazza rimase con lo sguardo piantato per terra senza rispondere.
-Ehi, guardarmi-continuò con un tono meno duro.
La ragazza puntò su di lui gli occhi color nocciola.
-Cosa c’è davvero?-
Arianna sbuffò.
-Se proprio volete saperlo, non voglio finire di nuovo in un sogno in cui potrei morire o uccidere una persona e non ci voglio cascare di nuovo, posso avere tutto il talento che volete come architetto, ma NON sono come voi, io non prendo in mano pistole o uccido qualcuno, anche se si tratta di guardie del subconscio. Io NON …-cominciò Arianna e Arthur fece un passo indietro dal fiume di parole che lo investì insieme a Cobb. Per fortuna uno dei due si riprese prima.
-Non entrerai, va bene? Progetterai solamente il sogno, poi rimarrai fuori-disse prontamente Cobb
Arianna alzò lo sguardo. Era indecisa. Era forte, una ragazza dai principi saldi, che vedeva le sue convinzioni però in bilico. Doveva farsi coinvolgere di nuovo?
-Prometti?-chiese guardando Cobb
-Te lo giuro-rispose, incrociando lo sguardo della ragazza.
-Per chi lo dobbiamo fare il lavoro? È un’estrazione o un innesto?-chiese la ragazza.
Cobb e Arthur si scambiarono uno sguardo.
 
 
Erano tutti e tre nelle loro camere. Arianna era stata aggiornata e, dopo uno stupore iniziale, si era detta disponibile ad aiutare Cobb.
Non sapeva come si potesse sentire, ma sicuramente era distrutto: dopo essersi liberati di Mal l’anno scorso, sapere che era tornata a perseguitarlo la faceva preoccupare parecchio.
L’avrebbe aiutato, in tutti i modi possibili.
Ma non sarebbe entrata nel sogno … vero?
A distoglierla dai suoi pensieri fu qualcuno che bussava alla porta.
Andò ad aprire e si ritrovò faccia a faccia con Arthur.
-Ciao-
-Ciao-
Pausa. Si guardarono negli occhi.
-Cosa ci fai qui?-
-Volevo vedere se stavi bene-
Arianna abbassò lo sguardo.
-Sto bene-
Arthur la fissava con vivo interesse e lei fece la domanda che avrebbe dovuto fargli molto tempo prima.
-Perché quel bacio?-
Arthur non sembrò sorpreso.
-Perché era un sogno. Il migliore dei miei sogni-
Chiuse la porta e tornò nella sua stanza, lasciando Arianna in piedi, senza fiato.  

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