Conversation With...

di PrincesMonica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coma People ***
Capitolo 2: *** ...Faith's People ***



Capitolo 1
*** Coma People ***


CONVERSATION WITH A COMA PEOPLE

Era stanco e dolorante. La battaglia contro il Sindaco era terminata per il meglio, ma per Wesley era stato necessario passare un paio di giorni in ospedale. Si era slogato una spalla ed, in più, era stato ferito all'addome. Per fortuna tutto era facilmente curabile anche a casa. Certo, ad averla una casa: aveva chiamato il Consiglio appena era riuscito a tenere in mano il telefono e si era sentito dire che erano piuttosto delusi dal suo comportamento. Non solo Buffy non aveva voluto seguire gli ordini, cioè non salvare Angel, ma aveva messo a serio rischio la protezione del mondo. Se lei fosse morta donando il proprio sangue, chi avrebbe combattuto per il bene? Faith? Non scherziamo, lei era in combutta con Wilkins, di sicuro non avrebbe cambiato sponda.

Wesley finì di mettersi una lente a contatto: purtroppo i suoi amati occhiali erano andati in frantumi durante la lotta e se voleva uscire di lì senza spalmarsi su qualche lettino o carrello, doveva premunirsi di altro, le lenti, quindi. In ospedale gliene avevano dato una piccola scorta. Le infermiere si erano impietosite di quel ragazzo completamente solo, che non riceveva visite, fiori o telefonate da chicchessia. Era come se fosse solo al mondo e così Wesley si sentiva in realtà, Solo e disperato: suo padre si era talmente vergognato di lui, da evitarlo perfino al cellullare. Buffy non si era degnata di mandargli un saluto, troppo presa dalla fine del liceo e del suo amore per pensare che qualcuno potesse stare male. E neppure Giles sembrava volergli far visita. Sperava che almeno lui, ex osservatore ed in fondo buon uomo, si interessasse un po' delle sue sorti. Invece no...solo.

Uscì dal piccolo bagno finalmente pronto. Le infermiere gli avevano dato un paio di Jeans ed una camicia e, nonostante non si sentisse perfettamente a suo agio in quei panni, dovette ammettere a se stesso che stava piuttosto bene. Si modellò i capelli neri all'indietro sperando di tenerli fermi, poi prese una piccola valigetta e iniziò a camminare per i corridoi.

Ciò che non aveva ancora detto al Consiglio, era la sorte di Faith. Oh, sapeva che di sicuro Giles li aveva avvertiti, ma lui non si era sentito di parlarne. Non essere riuscito a trattenere Buffy non gli fregava poi molto. Non era la sua Cacciatrice, era quella di Giles e se a lui andava bene così, non era certo lui a dire qualcosa in merito. Ma Faith Lehane sì che era la sua Cacciatrice. Dopo la Post era passata a lui, aveva delle responsabilità verso di lei e non era riuscito a tirarla fuori dal guai. Ammise con se stesso che forse non si era comportato benissimo, forse avrebbe dovuto ascoltare più il suo cuore e meno il regolamento del consiglio, ma, purtroppo, non poteva tornare indietro per sistemare le cose, quindi doveva tenersele così com'erano.

Arrivò davanti ad una piccola tenda tirata: una parte di se aveva paura di vederla, paura di rendersi conto fino in fondo cosa era stato della sua ragazza, della sua Cacciatrice. Poi con un gesto lento, tirò la tenda e la vide.

Faith era distesa su un letto candido e faceva concorrenza alle lenzuola per quanto pallida era. Spiccavano ancora alcuni lividi bluastri dovuti alla lotta contro Buffy. Dal braccio partivano una serie di canule per le flebo e l'elettroencefalogramma dava qualche segnale ogni tanto. Era in coma. Quella parola continuò ad aleggiare nel cervello di Wesley anche mentre si sedeva vicino a lei su una sedia.

Entrò una infermiera piuttosto stupita di trovarlo lì: non l'aveva mai vista, ma in fondo lui era stato ricoverato in tutto un altro reparto.

“Oh, non mi aspettavo una visita.” disse lei.

“Spero di non disturbare.”

“E' il suo ragazzo?”

“Oh no...diciamo che sono un conoscente.” La donna prese a controllare i vari sacchi delle flebo e sorrise a Wesley.

“Sa, lei è il primo che viene a salutarla. Poverina, è tutta sola.” Wesley evitò di dire alla giovane ragazza che Faith si era fatta tabula rasa attorno a se per il carattere così poco amabile. In fondo sarebbe stata una discussione troppo lunga e lui non aveva voglia di parlarne e di rivangare tutto. Annuì semplicemente guardando Faith che non muoveva un solo muscolo. Il cuore dell'Osservatore si strinse a vederla così: sembrava sul serio indifesa. Era così piccolina che non arrivava in fondo al letto, sembrava una piccola bambola di porcellana, terribilmente bella e fragile.

L'infermiera uscì dalla stanza lasciandoli finalmente soli. Con un leggero timore, lui prese la mano di Faith tra le sue. Si sorprese a sentirla calda.

“Ciao Faith.” Iniziò leggermente titubante. Sapeva che lei forse non poteva sentirla, ma voleva comunque provare. “Come stai? Umph, domanda decisamente sciocca...sei in coma, di sicuro bene non starai.” Sospirò pesantemente perdendosi un attimo seguendo la linea dell'elettrocardiogramma...Il suo cuore batteva forte e senza esitazioni. “Sto per andarmene da Sunnydale. Non ho più nulla che mi leghi a questo posto e sinceramente ne sono sollevato. Non è una città che mi piace, Sunnydale. Ci saresti tu, ma il Consiglio mi ha...licenziato. Eh sì, fa ridere vero? Ho cercato di essere il miglior osservatore che potessero trovare, fallendo miseramente. Comunque, non parliamo del consiglio, quelli sono fatti miei e a te non credo interessino. Sono venuto qui per scusarmi con te, Fatih. E' tutta colpa mia se sei distesa su questo letto senza sentirmi. Se io fossi stato un uomo migliore e non solo un osservatore migliore, avrei potuto capirti meglio e avrei potuto salvarti dalle grinfie di Wilkins. Tu volevi solo qualcuno che si prendesse cura di te, qualcuno che ti trovasse unica e non una ruota di scorta di Buffy. Nessuno di noi ha capito questo: Buffy prima di tutto e tu hai fatto l'unica cosa che lei non avrebbe fatto mai, uccidere un innocente. Oh Faith, che errore non è stato questo? Tu sei speciale anche senza l'omicidio sulle tue piccole spalle.” Sospirò per l'ennesima volta. “Tu non sai quanto sei bella e forte, quanto ti invidio per la tua libertà, eppure non ti sei mai sentita veramente unica...perchè?”

Accarezzò con le dita la pallida mano della ragazza continuando a guardarla con i suoi occhi azzurro cielo.

“Alla fine sono riuscito a capirti, a capire la tua solitudine, il tuo essere diverso. Scusa se ci ho messo così tanto per farlo, ma ora so che cosa hai provato e perchè ti sei fatta guidare dai tuoi sentimenti oscuri.” Sospirò di nuovo, per poi prendere una grossa boccata d'aria. “Diventerò un uomo migliore, Faith, un uomo di cui tu potrai essere orgoglioso. E quando ti risveglierai, e lo so che ti risveglierai, ci vedremo ancora e sarà tutto diverso, te lo prometto.”

Vide che i suoi battiti avevano accelerato la corsa, la macchina non mentiva, e quindi Wes sperò con tutto il cuore che lei avesse sentito le sue parole. Prese dalla sua piccola valigetta un sacchetto di pelle nera, lo aprì e fece uscire una piccola collana di argento antico, con un rubino come pendente.

“Questo era di mia nonna, Faith. Me lo sono sempre portato dietro in suo ricordo, un po' come portafortuna. Credo che ora serva più a te che a me. Me lo ritornerai quando ci rivedremo.” Gliela legò al polso, facendoci parecchi giri, visto quanto esile fosse e, prima di uscire definitivamente, le lasciò un piccolo bacio sulla fronte.

Wesley uscì dall'ospedale senza guardarsi indietro. Uscì nello spiazzo delle autoambulanze stando attento di non intralciare i movimenti dei paramedici e prese a pensare su cosa fare nel suo futuro. Infine sorrise.

“Mi sa che mi prenderò una moto.”

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Capitolo 2
*** ...Faith's People ***


CONVERSATION WITH FAITH'S PEOPLE

La chiesa l'accoglieva in silenzio, con la candele che spandevano la loro luce dorata in pochi selezionati angoli. Era l'unico posto dove lei potesse andare, nessuno l'avrebbe altrimenti capito e non giudicato. Nessuno. In fondo Faith sapeva benissimo di essere sola al mondo. Aveva lasciato Boston senza rimpianto, suo padre non sapeva neppure chi fosse e sua madre era una povera alcolizzata dimentica di avere una figlia da crescere, quindi che starci a fare?
Sinceramente aveva sperato che diventare Cacciatrice l'aiutasse ad avere qualcuno che si preoccupasse di lei, ma la sua Osservatrice era morta ancora prima di poter iniziare qualcosa di buono. E poi Sunnydale, l'ennesima delusione. Aveva trovato Buffy ed era stato favoloso, perchè lei poteva capire sul serio quello che ogni giorno passavano.
Solo che qualcosa si era incrinato.
Ed era per questo che era entrata in chiesa, voleva parlarne con qualcuno che avrebbe mantenuto il più stretto riserbo e anche che non le spillasse 100 dollari a seduta. Si sedette su uno dei banchi vicino al confessionale: aveva visto la tendina muoversi, dimostrando che ci fosse qualcuno già a colloquio. Avrebbe aspettato il suo turno. Fece uscire dalla tasca la collana che aveva trovato al polso al suo risveglio. La pietra rossa brillava cupamente mandando riflessi porpora sulle dita, grazie alla luce delle candele. L'argento le dava un'idea di antichità che le piaceva: non aveva mai avuto in mano qualcosa di così prezioso, fragile e delicato. Le si strinse il cuore al pensiero di Wesley, perchè sapeva che glielo aveva regalato lui.
Era anche per lui che ora era seduta lì in attesa di essere ascoltata e perdonata, perchè, in realtà, era questo quello che Faith voleva di più.

Finalmente dalla cabina uscì una vecchina facendosi la croce tre volte in velocità supersonica. Faith si alzò ed entrò, tirando la tendina.

“Mi perdoni, Padre, perchè ho peccato.” Disse con voce incerta. Stava ancora pensando se fosse la cosa giusta da fare, ma quando il prete parlò, si disse che ormai era fatta.

“Che cosa hai fatto, figliola?”

Faith prese un grosso respiro.

“E' una lunga storia. Io...” iniziò tentennando “Io ho fatto cose molto cattive, ma inizialmente non volevo. Sono venuta a Sunnydale pensando di cambiare la mia vita, pensando di poter non essere più sola. Per un po' è stato così, ho trovato una ragazza che mi capiva perchè...uhm... diciamo che ha subito le stesse situazioni. Speravo di poter avere con lei un rapporto unico, di diventare quasi sorelle, ma lei aveva già un mondo tutto suo, degli amici che le volevano bene, qualcuno che si prendeva cura di lei. E allora mi sono detta...Perchè io non posso averli come li ha lei?” Si passò una mano tra i folti capelli, poi riprese a parlare.

“Adesso capisco che non posso pensare di prendere il posto di una persona, ma allora ho sbagliato. Volevo essere come lei...meglio di lei, imponendomi agli altri. Poi un giorno da Londra è arrivato un uomo e io, stupidamente, non mi sono affiancata a lui, quando lui era arrivato per me. Capisce, padre? Solo per me. Oh certo, non è che sia tutta colpa mia, lui si è approcciato a me come se fossi una bambina e in maniera assolutamente inadeguata, però io ce ne ho messo del mio.” Sbottò infine.
Il prete stava cercando di immagazzinare al meglio le notizie che lei gli dava, ma ogni tanto perdeva il filo.

“Figliola, posso sapere il suo nome.”

“Faith.” Il prete sorrise per l'ironia della cosa: la Fede che veniva a chiedere il Perdono.

“E come è finita con questo uomo, Faith?”

“Ho fatto del male anche a lui, padre. L'ho trattato come se fosse della spazzatura, come se non valesse nulla. L'ho tradito, l'ho allontanato e lui? Lui mi ha regalato un oggetto bellissimo, pensando che la colpa fosse sua.” Sospirò. “Io ero in coma fino a tre giorni fa. Sono stata pugnalata e cadendo dal tetto ho sbattuto contro un camion. Sono viva solo perchè ho i poteri della Cacciatrice in me.”

“I poteri di cosa?” domandò il prete trasecolando.

“Per ogni generazioni una ragazza si erge contro le forze del male. Lei è la Cacciatrice. Io sono una delle due Cacciatrici. Buffo no? Pensavo di essere unica e invece me ne ritrovo una più unica di me, Buffy, irraggiungibile, nel bene e nel male. Capace di far innamorare di se il vampiro più sanguinario degli ultimi due secoli e di uccidere tutti gli altri della stessa razza. Mi scusi, credo che siamo usciti dal discorso fondamentale.” Il parroco era sbiancato e decisamente scioccato da quello che la ragazza gli aveva detto. Qui bisognava chiamare l'ambulanza, mi sa che il coma le ha fatto male, pensò silenziosamente tra se.

“Io avrei dovuto combattere per il bene. “Continuò imperterrita Faith, che ormai aveva rotto gli argini e si sentiva come un fiume in piena. “Invece ho usato il mio potere per far del male. Ma era così inebriante sentire che scorreva in me. Ho ucciso un uomo innocente, anzi, due, e l'ho fatto con il canto nel cuore. E ora le loro facce mi appaiono di notte puntandomi il dito contro ed urlandomi che l'unica cosa che vale per me, è l'inferno.” una piccola lacrima solcò la guancia pallida di Faith. “Ma io ho bisogno di credere che se non sono morta, se mi sono risvegliata è perchè posso avere una seconda possibilità di fare qualcosa di buono.”

“Ah sì?” domandò il prete con voce piccola. Si era spaventato quando la ragazza le aveva confessato i suoi omicidi.

“Sì. Nessuno può collegarmi ai due assassini, quindi sono libera, di fatto, dalla legge, ma non dalla mia coscienza. L'unico modo che ho per ripagarli è migliorare. E diventare la Cacciatrice che dovevo essere.”

“E come pensi di fare?”

“Troverò Wesley e farò in modo che lui possa essere fiero di me.” il prete trasecolò.

“Wesley? E lui chi è?”

“Il mio osservatore...gliene ho parlato primo, l'uomo di Londra. Oddio, uomo, ragazzo...è abbastanza giovane e appetibile.” e ridacchiò pensando alla reazione che il prete davanti a sé aveva avuto, poi tornò seria. “E' per lui che sono venuta qui. Anche Wes era in ospedale con me. Prima di andarsene è venuto a salutarmi, ma io ero in coma. Mi ha lasciato una collana splendida. Mi ha detto un'infermiera che era stato lui, dicendomi, oltretutto, che me l'aveva data come portafortuna. Capisce padre, io non sono meritevole di lui, ma voglio diventarlo, perchè lui è l'unico che dopo tutto il casino che ho fatto, ha creduto in me e io non voglio che si penta della sua scelta.” Il parroco si passò un fazzoletto sulla fronte. Quella conversazione lo stava stremando.

“E dove si trova questo Wesley?” Faith sorrise.

“Non lo so, ma cercarlo sarà un passo importante per la mia riabilitazione. Voglio essere la sua Cacciatrice!” E questo lo giurò a se stessa e a Dio che la stava di sicuro guardando, visto il luogo dove si trovava.

“Credo che se le tue parole sono sincere e la tua coscienza anche, lo troverai senza problemi. Il Signore perdona, piccola, è misericordioso. Ti assolvo dai peccati, Faith, cerca di non tornare a tracciare la stessa perigliosa strada.” E così dicendo fece il gesto della croce. “Recita dieci Padre Nostro e dieci Ave Maria, poi vai in pace.”

“Grazie padre.” Faith uscì dal confessionale decisamente rinfrancata dalla chiacchierata appena avuta. Parlare con quel tipo l'aveva aiutata a focalizzare alcuni punti fondamentali, primo fra tutti, la voglia di trovare Wesley. Appena aveva visto la collana e parlato con l'infermiera pettegola, aveva capito che tra loro due c'era qualcosa di più forte che li legava, una specie di filo che li univa. Lei doveva solo, pian piano, raggomitolare quel filo fino ad arrivare a lui. Si sedette sul primo banco e iniziò a declamare a bassa voce quello che il parroco le aveva imposto, poi si alzò ed andò davanti al piccolo altare dedicato alla Madonna. Lei la stava guardando con il suo sguardo benevole di madre e questo parve rasserenare Faith, che prese una candela e la accese, promettendo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per non sbagliare strada durante la sua redenzione.
Silenziosamente si mise al collo la collana che Wes le aveva regalato: ora che aveva fatto penitenza e che aveva tracciato il suo destino, si sentiva meritevole di indossarla e giurò che non se la sarebbe tolta fino a quando non lo avesse trovato.
Ora Faith sentiva di non essere più un'anima sola, ma di avere qualcuno, anche se solo in spirito, accanto.
Uscì dal
la chiesa e venne accolta dagli ultimi raggi di sole che tingevano il cielo e la città di arancione. Respirò a pieni polmoni l'aria insolitamente pulita dovuta ai recenti acquazzoni e si sentì stranamente felice, forse come non lo era da anni.

“Faith!” Si voltò quando sentì il parroco che la chiamava: aveva una tonaca marrone con il cappuccio, la classica chierica e lo sguardo preoccupato.

“Sì, padre?” domandò incuriosita. Non gli era bastata tutta la conversazione fatta fino a poco prima?

“Come farai a cercare questo Wesley?” Lei sorrise.

“Non lo so, ma il mio senso di Cacciatrice mi dice che mi ci vorrà una moto.”

FINE

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