Lilium

di pandamito
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The little Savage ***
Capitolo 2: *** Magic ***
Capitolo 3: *** Not you ***
Capitolo 4: *** The power ***
Capitolo 5: *** The Keeper ***
Capitolo 6: *** Lilium ***
Capitolo 7: *** The day ***
Capitolo 8: *** Thank you ***



Capitolo 1
*** The little Savage ***


 

Non era una bambina bella, non molto almeno. Aveva all'incirca fra gli undici-dodici anni, ma era diversa da tutti gli altri, o almeno così diceva Rafe, perché era stata l'unica che fino a quel momento era riuscita a leggere nella sua mente, a capirlo davvero. 
Gli occhi leggermente allungati, neri come la cenere che ogni mattina Rafe le passava sul viso e sulle mani, i capelli talmente corti e ricci che pareva un maschio.
« Non ti serve un cappello per coprirti i capelli » aveva commentato un giorno il ragazzo, mentre lei cercava di allargarne uno infilandoselo in testa, invano. Rafe notò il suo inutile tentativo e - impassibile, come sempre - le si avvicinò, scostando le mani di lei dal cappello e posandovi le sue, facendo una leggera pressione sulla testa... et voilà! Il cappello le entrava perfettamente, come per magia - e di fatti quello non era il termine sbagliato.
Lily - questo era il nome con il quale gli aveva detto di chiamarsi quando liberò il gruppo di ragazzine con cui era rinchiusa a casa di un senza-poteri - alzò gli occhi scuri in quelli verde smeraldo di Rafe - aveva solo un anno in più da lei, eppure era rispettato da tutti - il quale, però, distolse quasi immediatamente lo sguardo, con disinvoltura.
« Devo insegnarti a controllare la tua magia » la informò. « Cosa se ne faceva quel verme di una che non sa neppure fare delle magie così banali? Mi stupisco che non ti avesse ancora uccisa. » La disinvoltura e la calma con cui Rafe era solito dire cose del genere faceva gelare il sangue a chiunque, ma quando si concesse di guardarla per qualche istante con la coda dell'occhio, lei era ancora impassibile ed inespressiva, con le iridi scure sempre puntate su di lui. Stavolta era Rafe quello a cui si gelava il sangue.
« Io non lo so fare » confessò, prendendo posizione sulla difensiva. « Io faccio altro. »
Il ragazzo corvino non capiva, inclinò la testa e fu dura reprimere lo stupore che si ostinava a manifestarsi sul suo volto.
« Che vuoi dire? » domandò quello.
La bambina inspirò, guardandosi attorno ed aspettando qualche istante prima di rispondergli.
« A volte non ti chiedi... perché sia capitato proprio a tua madre e non a qualche altra persona? » gli chiese, inaspettatamente.
Rafe si irrigidì, spalancando gli occhi, come se avesse visto un fantasma. « Come fai a sapere di mia madre? » Il tono della frase era duro, Lily non aveva mai sentito tanta minaccia in una voce, nemmeno in quella dei senza-poteri che la maltrattavano.
Lei alzò le spalle, come se niente fosse. « Me l'ha detto Abigail. »
« E a lei chi gliel'ha detto? » ringhiò.
« Gli altri del Covo, suppongo » disse con sincerità. « La chiesa non è mica tanto grande, le voci girano. »
Il corvino digrignò i denti, mentre la rabbia prendeva il sopravvento. Non dovevano permettersi di parlare di sua madre, né tanto meno qualcuno doveva andare in giro a raccontare i fattacci suoi senza permesso. Lui non poteva dimenticare, una parte di lui nemmeno cercava di farlo, mentre l'altra combatteva per andare avanti e per non mettersi nei guai; la signorina B. gliel'aveva detto che non poteva ammazzare gli umani come se niente fosse, ma lui proprio non ne sopportava la vista e doveva raccogliere tutta la forza e la calma che aveva per reprimersi quando usciva. 
« Beh, mi dovranno sentire! » minacciò, coi pugni stretti lungo i fianchi, pronto a dirigersi dritto alla navata principale.
Lily l'afferrò per un polso, bloccandolo, ma lui la strattonò e, senza controllare la sua rabbia, fece volare la ragazzina a terra. Quando sentì l'urlo acuto ed il piccolo corpo che a fatica si rialzava, allora il ragazzo dagli occhi verdi si accorse di cos'aveva fatto e si spaventò come non mai, avanzando verso l'altra.
« Lily, io non... » cercò di terminare la frase, ma sia perché la ragazza lo bloccò, sia perché le parole gli morirono formando un groppo in gola, non ci riuscì.
« Stai lontano da me! » gli aveva gridato, spaventata, benché sapesse che lui non era cattivo e non le avrebbe mai fatto del male, ma quel momento precedente le aveva dimostrato il contrario. Sì, lui poteva farle del male.
Gli occhi di Rafe erano tristi e pieni di rimorso, con le sopracciglia che si corrugavano debolmente, gli angoli della bocca piegati verso il basso in una smorfia di sofferenza; lui restava lì immobile, a fissarla, in attesa che lo perdonasse da un momento all'altro. Ma nessuno parlava, anzi, lo trattava come la belva feroce di un circo.
« Vattene! » cercò di gridare, benché la sua voce tremasse, come tutto il suo corpo. Si voltò di scatto, aspettando, e quando i passi di Rafe si fecero più lontani - segno che se n'era andato - Lily poté finalmente correre dietro il mucchio di vestiti e nascondersi lì, mentre si stringeva nei suoi singhiozzi, cercando di alleviare il dolore che provava.

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Capitolo 2
*** Magic ***


 

Più il brusio di ilarità si sollevava, più Rafe si avvicinava al coro della chiesa; entrò dalla porta nel transetto e vide un gruppetto di bambini che schiamazzavano attorno a qualcosa, vicino alla pila di oggetti e vestiti al centro della navata principale.
« Lasciatemi in pace! » gridò una voce che Rafe riconobbe immediatamente.
Alcuni si spostarono spaventati dall'aggressività della ragazza, altri perché videro arrivare Rafe, altri rimasero lì vicino a prendere in giro la riccia.
« Hey, Rafe! » gridò qualche bambino vedendolo. « Guarda un po' che si è messa questa! »
Appena gli occhi neri di Lily videro quelli verdi smeraldo che le venivano incontro, subito si abbassò per riprendere il cappello caduto e infilarselo sul capo, abbassandolo in modo da coprirsi un po' in viso.
« Cos'è? Ora giochi a fare la femmina? » la derise un altro, agitando un piccolo cilindro nero davanti al viso di lei.
« Smettetela! » gridò Rafe e tutti si azzittirono all'istante. « Uscite tutti di qui. Ora! »
I bambini eseguirono l'ordine, neanche fossero stati minacciati di morte, ed il bambino di prima gettò a terra il piccolo oggetto che aveva in mano. Rafe avanzò, ritrovandosi di fronte all'unica persona rimasta nella navata, fissava il suo cappello, non potendola guardare in viso. Abbassò lo sguardo e si chinò a raccogliere l'oggetto buttato a terra, quando un calcio lo fece volare via più in là; subito dopo Lily scattò per scappare ed il ragazzo dovette tenerla da dietro per le spalle per bloccarla.
« Lasciami andare! » continuava a gridare, ma l'altro l'abbracciò, facendole affondare il volto nella maglia, per calmarla. Non si decideva a mollare, continuava a tirare pugni sul petto del ragazzo per liberarsi, ma, quando si rese conto che lui non l'avrebbe mai lasciata, si arrese e si rilassò, continuando a respirare affannosamente. 
Rafe le mise le mani sulle spalle, come se avesse paura che cercasse di scappare di nuovo, anche se sapeva bene che non l'avrebbe fatto. Si mise in ginocchio, così che potesse finalmente vedere il viso di Lily: gli occhi neri leggermente a mandorla, il naso pronunciato, la faccia rotonda ed un po' paffuta che mostrava quanto ancora dovesse cambiare e... le labbra carnose a cuoricino dipinte di un rosso opaco.
« Non prendermi in giro anche tu » lo pregò.
Rafe sospirò. « Non lo farò » promise. Si tirò in piedi ed utilizzò la polvere, che oramai caratterizzava le sue mani, per spargerla delicatamente coi pollici sul viso della minore. «Perché ti sei messa un rossetto?» chiese, impassibile. « Il rosso non è un po' troppo da... grande, per te? »
« Lascia perdere » cercò di finire il discorso, mentre si strofinava la manica della camicia sulla bocca per togliersi il rossetto, finendo con lo sporcarsi. « Ecco, guarda, ora non ce l'ho più! »
« Smettila! » la fermò. « Dimmi come l'hai avuto » insistette.
« L'ho rubato » confessò, ma questo Rafe già se l'era immaginato. « Volevo... volevo essere bella, più femminile. »
Il ragazzo si bloccò; forse si stava spingendo oltre, verso i discorsi per ragazze, forse stava davvero per scoprire i veri pensieri della piccola Lily. Ma non capiva perché dicesse cose simili, gli sembrava tanto sciocco.
« Ma non sei mica brutta » controllò le parole, « hai solo i capelli corti, non assomigli poi così tanto ad un maschio. »
Che bell'incoraggiamento Rafe, complimenti. 
Continuava ad accarezzare le sue guance col pollice, si era incantato, ma gli piaceva giocarci, non erano morbide, anzi, sembravano due palline da tennis.
« Appunto, io non sono come loro. Sono diversa. » 
Lui si fermò, ritrasse la mano ed inclinò la testa, confuso, ma qualcosa martellava nel suo petto ed il giovane stregone si accorse che aveva paura, sentiva un presagio, ma non riusciva a comprendere di cosa si trattasse.
« Non ti sei mai sentito come se il tuo destino appartenesse a qualcosa di più grande? Come se la tua presenza - seppur insignificante e sconosciuta a miliardi di persone - fosse fondamentale per qualcosa che deve ancora avvenire e che ti renderà... completo, soddisfatto, realizzato... insomma ti porterà finalmente al tuo posto, quello per cui sei stato creato, mentre la tua vita ti sembra come una lunga e straziante prigione in attesa che arrivi quel giorno? »
Rafe si sentì tremare perché gli occhi di Lily erano alla ricerca di qualcosa dentro di lui, tristi, speranzosi, spaventati, grandi e fissi su di lui, il nero gli penetrava dentro a cercare quelle risposte che neppure lui stesso era riuscito a trovare; ma soprattutto tremava perché ciò che aveva appena detto Lily era esattamente come si sentiva lui ogni giorno della sua vita. Ma non rispose, non ci riusciva e in un certo senso non ne aveva il coraggio. Rimase a fissarla, immobile, nient'altro, neanche un cenno.
« Io... » cercò di continuare, ma si rese conto che stava iniziando a balbettare per l'agitazione.
Rafe, vedendola indifesa, scattò subito in avanti e l'abbracciò. La minore si strinse all'interno di quelle braccia che la confortavano.
« Va tutto bene » sussurrò il moro, accarezzandole i piccoli ricci. « Ti capisco » ammise. Non era uno che faceva trapelare le proprie emozioni e questo tutti lo sapevano, ma qualcosa in quella ragazza poco più piccola di lui lo aveva colpito. « Perché non riesci ad usare la magia? » domandò curioso, ancora a bassa voce per paura che qualcuno stesse origliando i loro discorsi.
Lily alzò il viso, chiedendosi come quello facesse a saperlo, visto che era sempre rimasta lontana da tutto ciò che potesse comprendere la magia; ma dall'espressione del ragazzo capì già tutto, ovviamente l'aveva osservata - anche se ciò le sembrava una cosa da maniaci - e poi era accaduto quell'episodio del cappello...
Ma le parole le erano morte in gola.
« Fa niente » la interruppe, ancora abbracciato a lei. « Te la insegnerò io. »

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Capitolo 3
*** Not you ***


 

Si sentì un tonfo, poi un mucchio di foglie dalle sfumature rosse e gialle si sollevò da terra, seguito da risa innocenti. Sdraiata a terra poteva vedere le sfumature di grigio intenso nel cielo di New York, segno che stava per venire un temporale, ma comunque lei sapeva già che sarebbe arrivato.
« Dai, Rafe, vieni anche tu! » cercò di convincerlo, mentre si rotolava divertita nelle foglie.
Il maggiore scosse la testa, ma lei lo tirò a forza ed in men che non si dica entrambi furono ricoperti dal fogliame. Il ragazzo dovette ammettere che era divertente e quella fu la prima volta che Lily lo vide ridere.
Ben presto, però, Rafe si accorse che lui e le sue risate erano l'unica causa del rumore provocato lì attorno, così si voltò verso l'amica e notò che era seduta e lo fissava in silenzio, con una nota di stupore nella sua espressione.
« Che c'è? » chiese preoccupato, tirandosi su.
« E'... la prima volta che ti vedo ridere » gli fece notare e Rafe dovette darle ragione perché era la prima volta che non rideva da... anni, forse.
« Non sono un tipo che mostra la sua felicità, vero? » sorrise, un po' per sbeffeggiarsi.
« Già. »
Il ragazzo dagli occhi verdi alzò il volto verso l'alto e vide nuvoloni neri che avanzavano velocemente; dovevano rientrare al Covo al più presto se non volevano bagnarsi, ma gli dispiaceva lasciare il parco visto che si stava divertendo. Un ricordo così felice non lo aveva da quando viveva ancora con sua madre ed un'ondata di malinconia e di calore avvolse il cuore di Rafe, che sospirò un po' nostalgico, ma sollevando le estremità delle labbra.
Lily si alzò in piedi per poi mugugnare un « Oh, no! » contrariata e sbuffare, notando la macchia di fango sui pantaloni.
L'amico la seguì, alzandosi anche lui, storcendo il muso. « Che stupida » biascicò, ma la mora lo sentì comunque e lo guardò torvo. « Dai, se ne va » la consolò, mentre passava una mano sulla macchia e quando la ritrasse quella era sparita. « Certo, però, che potevi coprirti meglio. »
Mentre pronunciava quello che sarebbe dovuto essere una sorta di rimprovero, si sfilò la giacca abbastanza leggera, porgendogliela, ma la ragazza rifiutò, scostando la mano.
« Non la voglio. »
« Non puoi continuare ad andare in giro solo coi tuoi soliti abiti da spazzacamino » obiettò, ma quella lo respinse di nuovo. « Dannazione, siamo in pieno autunno! »
Lily sbuffò. « Vedi? Finiamo sempre col litigare. »
« Non stiamo litigando. »
« Sì, invece. »
« No, è solo che non vuoi metterti la giacca anche se senti freddo. »
Il rombo di un tuono riempì il silenzio autunnale di quella giornata, riecheggiando in tutta New York.
Un brivido percorse la schiena della giovane, ma non era l'aria fresca di stagione, bensì una strana nota di paura infantile.
« Non sento freddo. »
« Lily » la chiamò, esasperato, « le tue mani stanno diventando viola. »
Lei le guardò di sfuggita. « Si saranno colorate con le foglie » si inventò una scusa.
Lui alzò un sopracciglio, aprendo la bocca, di certo non credeva che dicesse sul serio, non era così stupida, anzi.
« Sta' zitto! » lo ammutolì prontamente ancor prima che potesse parlare. « Se mi metto la tua giacca tu non l'avrai e ti ammalerai. »
« Che ti frega di me, tu ti ammalerai al posto mio! »
« Mi frega eccome di te, invece! »
Il silenzio calò, Rafe strabuzzò gli occhi e l'altra si rese conto che forse aveva detto quella frase con troppa grinta e con un tono troppo alto, tanto che al pensiero le si tinsero le guance di rosso. 
Nessuno parlava, nessuno si muoveva, nessuno li guardava.
Solo un altro tuono ruppe quella tensione, seguito da un lampo che squarciò il cielo grigio, illuminandolo.
Un altro brivido risalì su per la schiena della mora, che strinse gli occhi e accorciò il collo in modo infantile, per poi uscire dal suo guscio di tartaruga ed osservare il cielo.
Improvvisamente un piccolo tocco sfiorò il braccio di Rafe, che sussultò e si voltò di scatto. Che riflessi, pensò Lily. Appena si accorse che era solamente l'amica, si rilassò mentre quella gli sfilava la giacca e fu felice che finalmente gli aveva dato ascolto. Ma la brunetta mise la giacca attorno alle spalle del maggiore e poi si infilò all'interno di essa, stringendosi a lui.
« Contento? » chiese, affondando il viso nel suo petto.
Rafe infilò le braccia nelle maniche, come prima, ma stavolta l'indumento si allargò appena lo fece e diventò grande abbastanza da coprire entrambi, ma lui, come se non fosse ancora sicuro che l'altra stesse al caldo, la strinse forte nelle sue braccia.
In un attimo la preoccupazione di perderla invase la mente del giovane stregone e capì che era l'ultima cosa che avrebbe voluto, si disse che aveva sofferto abbastanza e perdere Lily era come perdere di nuovo sua madre. Non che la paragonasse a lei, solo che da quando l'aveva conosciuta aveva capito che lei era l'unica persona che avesse mai capito come si sentiva, provava le stesse sue emozioni anche se non aveva la minima idea di ciò che lei aveva passato. In effetti... cos'aveva passato Lily? Non sapeva un bel nulla di lei, tranne che prima veniva picchiata da alcuni uomini-senza-magia, era costretta a lavorare per loro e che, stranamente, non sapesse fare le magie più banali, se non addirittura non saper usare per niente il suo potere.
Il cielo si illuminò di nuovo a causa di un fulmine e di nuovo quella strinse gli occhi, aggrappandosi con le mani alla maglia logora del ragazzo a cui era stretta.
« Hai paura? » si accorse il giovane.
Lei non rispose, imbarazzata e Rafe la lasciò stare, aveva capito che ignorava le domande volontariamente quando non voleva affrontare la questione. Prese le mani della minore e si rese conto che erano molto più piccole delle sue, benché non avessero tanta differenza d'età, era evidente che lui era più alto di cinque o dieci centimetri, ma trovava estremamente buffo questo piccolo dettaglio. Portò quelle dita vicino alla sua bocca, racchiudendole in entrambe le sue mani e poi vi alitò sopra per riscaldarle. Il tepore pian piano migliorava la temperatura dell'altra, anche se per poco, visto che una leggera pioggerellina iniziò a calare dalle nubi. Entrambi alzarono il volto quasi all'unisono; una goccia finì in un occhio verde smeraldo di Rafe, che subito lo chiuse, distogliendo la testa, quando riaprì gli occhi vide la piccola Lily con la lingua da fuori ed il collo sporgente per bere un po' e la scena fece sorridere teneramente il ragazzo. Lasciò le sue mani e sollevò la giacca fin sopra le loro teste, per coprirsi, prese un braccio della mora e lo passò attorno alla sua vita, ma quando cercò di sollevare il suo braccio, sentì una presa che lo riportò giù. Le dita di Lily salirono leggere fino a stringere saldamente la sua mano, mentre con l'altra reggeva la giacca che ora sembrava storta visto che Rafe la teneva più in alto, mentre lei non arrivava a quell'altezza. Lui scosse la testa, circondandola con un braccio per convincerla a lasciar la presa.
« Sei troppo bassa, lascia perdere. »
Il broncio paffuto e la fronte corrugata non erano buon segno, ma stavolta lui non cedette, la tenne stretta e poggiò la giacca sopra la sua testa, in modo che scendesse tranquillamente su entrambi per coprirli.
« Dove stiamo andando? » domandò lei ad un tratto, non riconoscendo più la strada.
« Ti porto in un posto » rimase lui sul vago.
Addentrati in piccole vie della periferia, arrivarono ad una casa e si fermarono di fronte al piccolo ingresso malandato di un palazzo non molto alto. Il moro frugò nella tasca dei pantaloni e trovò quasi immediatamente un piccolo mazzo di chiavi e con una di esse aprì il portone; la ragazza non si fidava molto, quel posto non ispirava per niente fiducia, ma la mano tesa dell'amico verso di lei la rassicurò e così, prendendola, entrò e salì le scale con meno fatica, addossando un po' del peso sul ragazzo. Salite non si sa quante scale - non era sua intenzione contarle - Rafe aprì la porta di un appartamento e la invitò ad entrare. Una volta dentro notò che era solo una stanza e neanche molto grande: ci si trovava subito di fronte ad un piccolo tavolo a due posti, sulla destra una piccola stufa e sulla parete affianco, sotto la finestra, vi era un qualcosa molto simile ad un materasso lercio buttato a terra, mentre sulla sinistra c'era una piccola porticina, probabilmente per il bagno. 
« Siediti pure » disse Rafe, posando la giacca su una delle sedie.
Lily avanzò lentamente, optando per andare a sedersi a gambe incrociate sul materasso ed osservando che l'altro la stava raggiungendo, sedendosi proprio davanti a lei; sembrava il gioco degli specchi.
« Questa era la mia casa prima che mia madre morisse e andassi a vivere nel Covo » spiegò. « Per il momento continuo a pagare io l'affitto, anche se non ci entro quasi mai. »
« E così fuggi ogni notte a guardare questa stanza da lontano? » chiese, come se già sapesse.
Lui assottigliò lo sguardo ed alzò un sopracciglio. « Sì, ma... »
« Oh, lascia perdere » lo azzittì con un sorriso, « intuito femminile. »
Ma il ragazzo sapeva bene che non era stato l'intuito femminile, bensì era l'intuito-di-Lily, più potente, più speciale, più io-riesco-a-capire-Rafe-e-gli-altri-no, insomma.
Si fece coraggio e fissò le pupille quasi indistinguibili dal nero delle iridi della riccia, mentre sentiva il loro peso addosso.
« Cos'è successo ai tuoi genitori? » chiese.
« Non lo so » rispose.
« Com'eri finita a lavorare per quei senza-magia? »
« Non lo so. »
Di certo non era la risposta che si aspettava. Che diavolo starebbe a significare 'non lo so'? Non è di certo una risposta concreta e stavolta, anche se avesse voluto evitare il discorso, lui glielo avrebbe impedito, si sentiva quasi in diritto di venire a conoscenza del suo passato, visto che lei sapeva il suo.
« Perché non me lo vuoi dire? » il suo tono stavolta era più duro.
Lei sapeva che non le avrebbe creduto, solo sperava che lui potesse capirla, non voleva nascondere nulla a Rafe, ma lei gli aveva detto la pura verità: non se lo ricordava, non ricordava nulla ed il solo pensiero fece inumidire i suoi piccoli occhi a mandorla.
« Te l'ho detto, io... io non lo so » insistette. Che diavolo aveva fatto?, si domandò il maggiore un po' impaurito, odiava far soffrire le persone perché in passato lui era quello che aveva sofferto per primo, ma non capiva che cosa avesse fatto quella piccola amica di fronte a lui per stare sull'orlo di una crisi emotiva. 
« Ve bene » cercò di risolvere la situazione, « ti credo. Ma perché non lo sai? »
Ed ora? Che gli avrebbe detto? La verità? Era disposta a farlo, almeno a lui, un solo tentativo per vedere se veramente riusciva a capirla pienamente, anche se aveva paura. Ma di cosa? Sapeva come sarebbe andata, lui le avrebbe creduto, certo. Il problema è che era spaventata da ciò che sarebbe successo in seguito. E se non dirglielo avrebbe cambiato le cose? Magari tutto sarebbe andato per il verso giusto. E se invece non dicendoglielo andasse peggio? Peggio di così poi, pensò la bruna, come potrebbe andare?
« Io non ricordo nulla, non ho ricordi su ieri, l'altro ieri, una settimana fa, la mia infanzia, nulla » iniziò a spiegare, anche se ciò non tranquillizzò affatto il ragazzo, anzi, lo confuse ancor di più, « bensì io ricordo solamente il futuro. Ogni notte sogno cosa accadrà nel futuro, di solito ciò che succederà il giorno dopo, altre volte sogni molto più lontani nel tempo, ma comunque sono gli unici ricordi che tengo, finché non li vivo ed appena passano, io li dimentico. » continuò, con un velo i tristezza. « Fino a quando non ho incontrato te. » I suoi occhi fissavano Rafe, lo scavavano nel profondo e lui - benché in soggezione e col nodo alla gola - corrispose allo sguardo, incitandola a continuare; voleva altre risposte. Che significava? Che c'entrava lui? « Io... io non lo so il perché, ma quando sono con te io riesco a ricordare, da quando ti conosco riesco ad avere un minimo di ricordi duraturi, poi però se ti allontani ricomincia tutto da capo, ogni cosa che vivo viene dimenticata, tranne i ricordi in cui ci sei tu, quelli durano... per sempre » concluse. « O almeno fino ad ora sono ancora vivi nella mia mente. »
Rafe non capiva pienamente cosa stesse dicendo, più volte gli balenò nella mente l'idea che la ragazza lo stesse prendendo in giro, ma la conosceva bene e gli occhi di Lily non mentivano mai. Il cuore gli martellava nel petto, i battiti acceleravano sempre di più, doveva calmarsi, doveva ragionare.
« In che senso? » domandò, confuso.
« Te l'ho appena spiegato » affermò, con gli occhi pieni di tristezza e timore. « Ti prego, non avere paura di me, non tu. »
La sua era quasi una preghiera; Rafe non aveva mai pensato di aver paura di lei, ma proprio in quel momento si accorse che stava tremando. Che avesse veramente paura? E di cosa, poi? Gli aveva detto che vedeva il futuro, forse anche il suo ed il desiderio di placare ogni suo dubbio arse in lui come non mai, finalmente poteva scoprire cosa cercava di dirgli sua madre prima di morire, o cosa gli nascondeva la signorina B., ciò che avrebbe dovuto decidere un giorno, proprio come gli aveva confessato di sentirsi Lily.
Non avere paura di me, non tu.
Prese un bel respiro e si calmò, smise addirittura di tremare. Lily gli aveva detto che da quando l'aveva incontrato, lei aveva incominciato ad avere dei ricordi, per la prima volta, solo con lui. Per la prima volta nella sua vita, Rafe si sentì legato a qualcuno, capì che non poteva abbandonarla, che lei aveva bisogno di lui, ma capì anche che allo stesso tempo lui aveva bisogno di lei.
Non tu.
E se qualcuno aveva avuto realmente paura di lei? Se l'avevano abbandonata precedentemente? Se l'avevano picchiata proprio per questo motivo? Si domandò come qualcuno potesse aver fatto una cosa del genere ad una creatura così piccola e fragile. Un senso di tristezza lo avvolse, il suo cuore si frantumò in mille pezzi, ma poi questa sensazione fu sostituita dalla rabbia che cresceva sempre più ardente nel suo animo. Il solo pensiero che qualcuno avesse potuto anche solamente toccarla solo perché aveva della magia in sé, solo perché era diversa, faceva scoppiare quella scintilla di fuoco in lui. 
« No » affermò con la solita calma che lo aveva sempre caratterizzato, « non avrò mai paura di te. »
In realtà, a dirla così sembrava più una minaccia, la sua, ma Lily sapeva cosa significava realmente e gli era grata. Un piccolo sorriso si aprì sulle sue labbra e Rafe colse l'occasione per estrarre un piccolo oggetto dalla tasca dei suoi pantaloni, che la mora riconobbe subito: era il rossetto che aveva rubato e lasciato in Chiesa giorni e giorni prima. Il ragazzo tolse il tappo, ruotò la manovella in basso e fece uscire un poco del cremoso composto rosso, avvicinandolo alle labbra dell'altra. Lo passò delicatamente sul labbro inferiore, ma poi si bloccò, prendendo automaticamente il viso della giovane fra le mani ed accarezzandole le gote coi pollici: osservava ancora quelle labbra ed il rossore solo sulla parte inferiore, capì che non erano un bene, gli facevano decisamente male, erano troppo carnose per un viso così piccolo e quella buffa forma a cuoricino gli piaceva così tanto da far accelerare i battiti del suo cuore. Si avvicinò al suo viso e poggiò la sua fronte su quella dell'altra, continuando ancora ad accarezzarla. Basta Rafe, si disse da solo, ora smettila. E si costrinse ad allontanarsi subito, sperando di riprendere lucidità, ma quando frettolosamente passò il rossetto sul labbro superiore, quello sbafò fuori, rigando tutta la guancia di rosso. 
Rimasero a guardarsi l'un l'altro con gli occhi spalancati, consapevoli del danno che aveva fatto il ragazzo, che con un flebile « Scusa » utilizzò la manica della sua maglia per togliere la sbavatura. 
« Lascia stare » lo interruppe, allontanando la sua mano ed utilizzando la manica della sua camicia per pulirsi. 
Quell'innocenza nei suoi piccoli gesti, i tratti infantili, gli occhi sinceri, quel piccolo dettaglio di non esser bella fuori ma allo stesso tempo essere la persona più bella d'animo che Rafe avesse mai incontrato, l'unica che era riuscita a farlo sorridere, l'unica che l'aveva finalmente capito. No! Si alzò di scatto dal materasso, ansimando silenziosamente, dando le spalle alla giovane. Doveva placare quella voglia di abbracciarla e stringerla il più forte possibile, la voglia di sussurrarle che sarebbe andato tutto bene, che lui non avrebbe mai abbandonata, la voglia di.... No, Rafe non era tipo da cose del genere, tutti lo sapevano, anche lei. 
Frugò nella tasca dei pantaloni ed estrasse un pacchetto di fiammiferi, poi si voltò e sorrise fintamente - forse il sorriso più finto e mal interpretato della storia, a parere della bruna - avvicinandosi al mucchietto di legna ai piedi del materasso, sulla destra, prese qualche tronchetto e lo mise nella parte sottostante della stufa.
« Le tasche grandi sono la cosa più comoda al mondo, a parer mio » affermò
Cacciò un fiammifero dal suo pacchetto e lo buttò dentro, andando ad ardere pian piano la legna, poi chiuse lo sportelletto della stufa.
« Oh, sì! » gli diede ragione l'altra, estraendo un piccolo quadernino dalla sua. « Lo tengo sempre con me. »
Aspettando che la fiamma divampasse ed il calore si diffondesse per tutta la stanza, spostò la sedia con sopra la giacca vicino alla stufa e si sedette di nuovo accanto alla ragazza. Presto anche loro si sarebbero asciugati.
« Ce cos'è? » chiese, curioso, osservando il piccolo taccuino nero.
La riccia lo aprì, sfogliandolo, e per un attimo sorrise, ma solo per un attimo. « Scrivo tutto ciò che faccio, ogni giorno da... da... » provò a ricordare, senza successo, « ...da non so quando, per non dimenticare. »
Rafe allungò la mano verso di esso, ma quella lo ritrasse, stringendolo a lei, imbarazzata per il suo gesto.
« Volevo... solo vederlo » azzardo lui.
« No, io... mi vergogno » risposte l'altra.
« Ti vergogni di me? » domandò, per farla cedere, anche se si sentì un po' in colpa per aver usato una domanda così bastarda per leggere ciò che scriveva in quel taccuino.
La riccia esitò per qualche istante, per poi pronunciare un timido « Sì » che spiazzò il ragazzo, ammutolendolo.
Estrasse un altro fiammifero dal pacchetto e dalla testa rossa spuntò subito una fiammella appena passò velocemente a contatto con la parte ruvida della piccola scatola. Tese il bastoncino verticalmente di fronte a sé e di fronte alla minore.
« Reggi » le ordinò e quella ubbidì, anche se un po' confusa e timorosa. 
Rafe si alzò, andando di nuovo verso la stufa ed aprendola, si voltò verso la giovane, assicurandosi che lei lo stesse guardando, subito dopo la mano dello stregone era avvolta dalle fiamme che bruciavano pian piano la legna. Lily si bloccò, spalancando gli occhi e ricevendo un colpo al cuore, non aveva nemmeno avuto il tempo di comprendere che cosa stesse realmente facendo l'amico ed ora vedere la sua mano tra le fiamme la faceva sussultare. L'altro tolse la mano, era integra, senza ustioni, poi andò verso la ragazza e strinse la testina rossa del fiammifero, che al contatto con le sue dita s'infuocò. L'altra ritirò subito la mano, spaventata, ma Rafe prese al volo il fiammifero e, soffiandovi sopra, lo spense. 
« Prova » la incitò, ma quella scosse subito la testa. Le prese la mano destra, facendola alzare di forza, mentre il taccuino nero le scivolò dalle mani e cadde sul materasso. « Su, prova! » insistette, trascinandola verso la stufa.
« No! » gridò, cercando di opporre resistenza. « Non posso! »
« Sì che puoi » provò a convincerla. « Tu hai la magia! Tu sei come me! »
Ci aveva pensato giorni e notti, forse era uno dei pensieri principali che occupavano la mente del ragazzo negli ultimi tempi. L'aveva osservata ed ormai era certo che non sapesse usare la magia, benché quella risiedesse in lei, inoltre ne aveva avuto anche la conferma giorni fa. Non aveva investigato poi molto, voleva darle tempo, ma sapeva che quella magia era potente dentro di lei e si decise che l'avrebbe aiutata a liberarla, era convinto che potesse farcela. In fondo loro due erano molto più simili di chiunque altro... Vero?
« Ti prego, no! » gridò lei, impuntandosi.
Rafe si chiese perché lo fece, perché non l'aveva ascoltata, perché era stato tanto testardo, ma quando mise la mano di Lily sul fuoco decretò che certamente il suo urlo agghiacciante era il più terribile che avesse mai sentito, gli perforò l'anima fino a provare lui stesso dolore e le sue orecchie gridarono pietà. Quella manciata di millesimi di secondo gli sembrarono un'eternità e ritirò subito la mano della giovane appena la vide arrossarsi e bruciarsi, sentendo chiaramente un'odore nauseante di carne affumicata nelle narici. Strinse i denti, provando improvvisamente un dolore insopportabile che lo percosse in tutto il corpo.
Che diavolo aveva combinato?
 
Sotto la coperta, la piccola testolina bruna schiacciata contro il suo petto non aveva fatto altro che singhiozzare e piangere tutta la notte; Rafe l'aveva stretta così forte che oramai si era dimenticato com'era stare senza di lei ed il suo calore, mentre proteggeva la fasciatura sulla mano destra che le aveva fatto e le accarezzava i capelli. Ma ciò che - forse - Lily non sapeva era che anche Rafe aveva pianto tutta la notte assieme a lei, per lei.

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Capitolo 4
*** The power ***


 

Qualcuno al Covo si era accorto della loro assenza, altri no, sta di fatto che la signorina B. non aveva chiesto nulla, stranamente, forse perché si fidava un po' troppo di Rafe, forse aveva mandato qualcuno a seguirli, perché il ragazzo dagli occhi verdi per primo sapeva che Henrietta Burke era quella che si preoccupava più di tutti se non lo vedeva ritornare.
Stringeva forte la mano sinistra di Lily, per paura che da un momento all'altro potesse abbandonarlo, ma la sua presa era così fragile che aumentava il senso di colpa nel cuore del ragazzo, che già era sceso a conclusioni pensando che non volesse stare con lui, che avesse iniziato ad avere paura, proprio lei. Continuava ad osservarla con la coda dell’occhio, ma quella rivolgeva il suo sguardo in avanti; meglio così, pensò il giovane, non avrebbe sopportato i suoi occhi scuri, anche perché era evidente che la sua mano destra era infilata nella tasca dei pantaloni non per il freddo, bensì per nascondere la fascia che copriva l'ustione. Non gli aveva rivolto la parola dal giorno precedente, se doveva comunicare scuoteva la testa per dire sì o no, o parlava a gesti, non aveva neppure obiettato quella mattina quando il moro aveva insistito nel far tenere il cappotto solo a lei.
Cos'era quella strana forza che lo tratteneva dall'abbracciarla? Dallo stringerla forte e dirle che gli dispiaceva? Sentì chiaramente che quella sensazione gli comprimeva il cuore, aveva il timore che scoppiasse, perché quello sembrava invece non voler finire di martellare velocemente.
« Rafe e Lily stanno sotto un pino, si guardano negli occhi e si scambiano un bacino! » li canzonò un ragazzino nel piazzale antistante la chiesa, vedendoli mano nella mano.
L'amico del precedente si voltò a guardarli, iniziando a ridere. « Si tengono per mano, poi si dicono 'ti amo'! » aggiunse. Fece qualche saltello in avanti, ma tenendo sempre un po' le distanze dai due. « Hey, Lily! » la chiamo, per attirare la sua attenzione.
Quella non si voltò, stringendo poco più forte la mano di Rafe. « Dovresti aprire un negozio, sai?! » fece Beetles.
« Già, il negozio Io-amo-Rafe-alla-follia-e-me-lo-sbaciucchio-ogni-giorno! » scoppiò a ridere l'altro.
« Basta, Jake! » il ringhio del maggiore fece azzittire tutti e due, che ora erano dritti con la schiena e sull'attenti. « Per questa bravata oggi non verrete a Brooklyn con noi. »
I due bambini assunsero un'espressione dispiaciuta e contrariata. « Ma non è giusto! » protestò Jake.
« Infatti! » concordò Beetles. « Noi non ci siamo mai stati a Brooklyn! »
« Appunto per questo. » li rimproverò il più grande. « Così la prossima volta imparate, oggi è meglio che al mio ritorno racimoliate qualcosa se non volete vedervela con me. Ed ora andate! » ordinò, mentre i due girarono i tacchi borbottando.
Improvvisamente si sentì tirare l'orlo della maglia ed abbassando lo sguardo vide la piccola Lily che la stringeva per richiamare la sua attenzione.
« Dove andiamo oggi? » gli chiese.
Aveva parlato. Aveva finalmente parlato! Era il sole che si faceva spazio nella tempesta, quello, ed il ragazzo non riuscì a trattenere un sorriso sulla sua bocca.
« Dove vuoi. » le disse. « Cosa ti piacerebbe fare? »
« Non avevi detto che andavamo a Brooklyn? »
Lui scosse le spalle. « Era per allontanare quei due. »
« Allora voglio andare al ponte. » affermò con fermezza.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi. « Sicura? C'è da camminare. » la informò.
Ma quella insistette e tutta la mattinata camminarono fianco a fianco, a volte Rafe chiedeva se l'altra era stanca e volesse fermarsi, ma Lily gli rispondeva sempre di no e continuava ad andare, fino a quando non vide la grande struttura ergersi davanti ai suoi occhi. E ne rimase meravigliata, era la prima volta che veniva in quella zona e per fortuna che c'era Rafe che le teneva la mano, sennò sarebbe finita in mezzo alla strada. Passarono sulla promenade, dove quel giorno poca gente passeggiava avanti e indietro, talvolta casomai poteva passare qualche bici, ma niente di più. Più o meno a metà del ponte, improvvisamente la riccia si voltò di scatto ed abbracciò l'amico, rischiando di farlo cadere. Quello rimase sorpreso, non sapendo bene cosa fare e si costrinse  a corrispondere all'abbraccio, anche se sotto shock. 
« Che c'è? Vuoi tornare a casa? » chiese, preoccupato.
L'altra scosse la testa, trascinandolo vicino alle sbarre al lato.
« Scusa. » disse flebilmente.
« Per cosa? » domandò, confuso.
« Io... faccio altre cose. »
Oramai Rafe aveva capito cosa voleva intendere con quella frase e con un « Quali cose? » la incitò a continuare.
Lily prese un bel respiro e si tolse il cappotto, coprendo le spalle dell'amico.
« Non dev- »
« Shh! » lo ammutolì all'istante, coprendogli la bocca con la destra.
Si sfilò il cappello, facendo sì che i suoi ricci prendessero un po' d'aria, stringendolo in mano, poi con l'altra fasciata si avvicinò a quella di Rafe. 
« Sicuro di volerlo sapere? » domandò prima, ma il giovane sembrava non aver dubbi, anche se i suoi battiti gli acceleravano come sempre, iniziava ad odiare quella stupida emozione che lo faceva apparire ridicolo e vulnerabile.
Quando Lily gli sfiorò la mano, improvvisamente tutto intorno a lui scomparve ed altre immagini presero il posto del paesaggio: all'inizio vide sé stesso mesi e mesi prima e provò una sensazione di deja-vu e stupore nel vedersi, ma capì che non era lui, bensì era entrato nei ricordi di Lily e provava i suoi sentimenti, era così familiare perché lei l'aveva già sognato. Scoprì la diffidenza iniziale ed inspiegabile nei suoi confronti, la consapevolezza di essere legata a lui, la paura che potesse accadere qualcosa, vide ogni piccolo discorso fatto con lei e non poté trattenere un sorriso, il buio che l'avvolgeva ogni volta che si addormentava, la paura di esser presa in giro e non accettata da lui, il benessere e la calma nell'aver finalmente qualche ricordo, la preoccupazione nel non sapere il perché, il sentirsi inutile nel non saper usare la magia, il vergognarsi, poi persino quella strana sensazione di calore che aveva avvolto il suo cuore in precedenza e che lo fece sentir bene e poi... ecco che lo vide, il fuoco che bruciava pian piano, il dolore intenso nel corpo, la sensazione di esser stato tradito, il non fidarsi più, il voler ritornare come prima, il convincersi che andrà tutto bene e poi di nuovo quella sensazione di calore, le loro mani strette le une nelle altre, la sicurezza che gli trasmettevano e... Si accorse che pian piano le immagini ritornavano al loro posto e lui aveva intrecciato le sue dita in quelle di Lily e non ne fu mai così rassicurato. 
Si guardò attorno un po' attonito, strabuzzando gli occhi per capire se era veramente tutto reale o no, forse doveva sembrare un po' stupido perché Lily lo stava fissando, ma quella fu l'unica volta che fu felice per avere il pesante sguardo color pece su di lui. 
« Io sento le emozioni di chiunque mi circonda e posso controllarle. Questo significa anche le tue. » spiegò e ciò non fece altro che ingrandire l'espressione meravigliata sul volto del giovane. « Scusami. » sussurrò per la seconda volta. « Io... Io non mi sono controllata e... e hai sofferto anche tu. » continuò mentre si guardava la mano fasciata.
Forse ora Rafe iniziava a capire: il dolore del giorno prima non era una sua sensazione provocata dal senso di colpa - beh, non del tutto - ma era proprio il dolore di Lily. Si sentì crollare. Come aveva potuto farle così male? Proprio lui, che era la prima persona a non voler vederla soffrire. Ma... se con questo potere tutto l'amore, la felicità e tutto ciò che aveva provato fosse stata una finzione provocata da lei? No, stava dicendo proprio una sciocchezza, stavolta. La conosceva, non l'avrebbe mai fatto... Vero?
Di getto il ragazzo abbracciò la piccola figura che aveva davanti, forte, forse un po' troppo forte, ma era tutto ciò a cui poteva aggrapparsi in quel momento, era un po' la sua ancora di salvezza, l'aveva già capito, ma era la prima volta che lo realizzava concretamente. Perché in fondo lei era l'unica che l'aveva capito, in tutti i sensi, la prima persona a cui tenesse veramente dopo così tanto tempo, l'unica... l'unica... l'unica, lei era semplicemente l'unica al mondo.
« Hai provato davvero tutto ciò? » chiese sussurrando, anche se non passava nessuno che potesse origliare i loro discorsi.
« Sì. » rispose lei, flebilmente.
« E riesci a sentire anche cosa provo io adesso? »
Lei esitò, preoccupata da cosa le avrebbe chiesto se gli avesse risposto. La verità? Si vergognava e non sapeva neanche il perché, in fondo non erano i suoi sentimenti, ma erano quelli di Rafe... Ecco, forse era proprio per questo che si vergognava, perché non erano di un qualsiasi passante o di un altro Selvaggio, ma proprio quelli di Rafe; e si sentiva un po' una ladra a spiare ciò che provava, ma in fondo non poteva farci nulla.
« Sì. » rispose, titubante.
« E cosa provo? » domandò, infine.
La ragazza sospirò, chiudendo gli occhi e concentrandosi. In realtà non le serviva farlo, oramai era naturale sapere ogni singolo sentimento provato da ogni persona attorno a lei, ma voleva che tutta l'altra gente sparisse per sapere solo ciò che provava Rafe.
« Sei stupito da ciò che hai scoperto, da ciò che hai visto, hai un po' di... paura... » e lo disse con una punta di malinconia « ...nei miei confronti. Ma non dovresti, io non ti farei mai del male, lo sai e... neanche tu, so anche questo, quindi.... non devi dispiacerti, la mano non mi fa nemmeno più male! » mentì, cercando di scherzarci su, mentre Rafe la stringeva maggiormente in quell'abbraccio, sapendo che era colpa sua e che la ragazza voleva solo distrarlo. « Smettila » lo rimproverò, « tanto oramai è fatta. Sei triste per questo e ciò non mi piace. »
Ciò che il moro non sapeva, però, era che ogni singolo sentimento lei lo provava come se fosse suo. Ed ora era triste, non per sé stessa, bensì per lui, perché a Lily non piaceva vederlo così, lei amava quei pochi momenti in cui l'aveva visto sorridere, le erano sembrati il sole nella giornata più tempestosa dell'inverno, ma questo non glielo avrebbe mai confessato a voce, anche se Rafe lo sapeva, l'aveva provato sulla sua pelle nei suoi ricordi e questo la imbarazzò. Ecco perché non voleva dirglielo, non voleva mostrarglieli, ma allo stesso tempo non voleva mentire, non a lui, perché lui non l'aveva mai fatto con lei e lo sapeva bene. E se l'amico avesse saputo che essere triste significava rendere triste anche lei? Magari avrebbe smesso di esserlo. Ma cosa poteva cambiare cosa provava lei? A chi importava, in fondo? Di certo il mondo di Rafe non ruotava attorno a lei, quindi non vedeva perché ciò doveva cambiare le cose, era una domanda stupida. Però a lui importava di Lily, gli importava veramente tanto e non sapeva nemmeno quanto lui valesse nella sua vita, ma meglio così, si disse, si sarebbe fatto meno problemi, magari, già lei se ne faceva troppi per non deluderlo.
« Ti preoccupi per gli altri, a volte anche troppo, dovresti pensare a ciò che rende te felice, per una volta. E sei arrabbiato... con te, con il mondo, con quelli che non hanno la magia e non capiscono... »
« Tutti quelli che non hanno la magia non capiscono. » sussurrò a denti stretti, quasi fosse un ringhio.
Lily aveva sempre saputo di essere diversa e le ci vollero anni per imparare a gestire il suo potere, per autocontrollarsi, per non impazzire e per non aver paura di sé stessa, ma ciò che fu più difficile fu proprio riuscire a controllare l'effetto che i sentimenti degli altri avevano su di lei: aveva provato la voglia di suicidarsi e, fortunatamente, si era controllata, la disperazione, la solitudine, il tradimento, la rabbia, la gelosia, ogni sentimento immaginabile, di solito bastava concentrarsi un po' e controllarlo, altre volte bastava semplicemente allontanarsi un po'; ma la rabbia che provava ora non l'aveva trovata in nessun'altra persona, le corrodeva l'anima spingendola verso un forte impulso di aggredire qualcuno, gridare vendetta a chiunque le avesse fatto del male e... Basta, si disse, doveva scacciar via quel sentimento, doveva sostituirlo con qualcos'altro. Ma cosa? Chiuse gli occhi per qualche istante e pensò allo smeraldo, lo stesso colore degli occhi di Rafe. Incominciò ad accarezzargli i capelli e subito la sensazione di rabbia si affievolì, venendo sostituita dalla calma, la consapevolezza di aver qualcuno al suo fianco, un'ancora di salvezza, e si rese conto che quello era ciò che pensava il ragazzo di lei.
« Mi dai troppa importanza » gli sussurrò nell'orecchio. « Grazie. » Continuò a passare la sua mano fra i capelli corti e neri. « E poi anche... » aggiunse, ma non riusciva a dire quella parola, quasi fosse proibita.
Si staccarono di poco, sempre rimanendo abbracciati, ma la distanza giusta per potersi guardare in faccia ed ora finalmente Lily poteva vedere veramente quel verde che gli infondeva tranquillità e sicurezza. Ma era stata una buona idea? Una forza incredibilmente potente circondava il petto della minore, come se volesse schiacciarla, mentre dall'interno un'altra forza esercitava battendo a gran velocità, in procinto di scoppiare e di squarciarle il petto. Ma allo stesso tempo era una sensazione di benessere e di un piacevole calore che si diffondeva per tutto il corpo, mentre piccolo brividi le percorrevano la schiena; l'ansia la uccideva, il cuore martellava troppo in fretta, quegli occhi erano troppo verdi da sopportare, troppo concentrati a fissare lei, le labbra erano secche, le sue mani non volevano far altro che stringerlo o avrebbero iniziato a tremare da un momento all'altro per la disperazione di non poterlo fare, lei voleva solamente stringerlo, benché lo stesse già facendo, ma non le bastava, voleva avere la certezza che non se ne sarebbe mai andato, voleva... voleva... voleva lui, punto. E doveva fermare tutto ciò.
« Cosa? Che cosa provo, ancora? »
Si staccò di scatto da lui, dandogli le spalle. Ecco, così andava meglio, quel non-contatto le aveva restituito la capacità di respirare e di avere un ritmo pressoché normale. 
« Lascia stare, è passato, non me lo ricordo più. » mentì. « Andiamo? » lo incitò, senza voltarsi, e forse detto un po' troppo di fretta; il non voler destare sospetti era andato a monte.
E la cosa più strana fu che Lily non riuscì a capire se il sentimento che aveva provato prima era suo o proprio del ragazzo.

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Capitolo 5
*** The Keeper ***


 

Sentì qualcosa strusciare accanto a lei fra le coperte - una sul pavimento ed un'altra che la copriva - e stringerla fra le braccia; aprì gli occhi ed i suoi, neri, si rispecchiarono in quelli molto più chiari ed accesi di Rafe.
« Non vai a vedere casa tua? » gli domandò in un sussurro, per non svegliare gli altri bambini sparsi qua e là per la navata della chiesa.
Lui scosse piano la testa. « No, non fa nulla, resto con te, i tuoi ricordi sono più importanti. »
Lily sorrise, apprezzando il gesto. « Sei uno stupido, vai a vedere casa tua. »
« Ti ho detto che non importa. »
« Sì che importa! » obiettò, cercando di imporsi il tono più moderato che potesse usare, per non svegliare gli altri. « E' l'unico posto dove puoi stare in santa pace, ci vai sempre, non puoi spezzare la tua 'tradizione' solo per una cosa così stupida. »
« Tu non sei stupida. »
« Io no, ma tu sì. » lo schernì, cercando di sorridere. « Senti, io non ho bisogno di ricordare la notte, non quando dormo. La notte sogno e basta, ricordi? »
« Sì, ma non puoi scrivere nulla sul tuo taccuino, la mano ti fa troppo male e tu non ricorderai nulla di oggi per colpa mia. » le accarezzò un braccio, dispiaciuto.
« Sono stata sempre con te, ricorderò tutto. » lo rassicurò, sorridendo. « Un giorno, però, voglio venire con te la notte. Ora son troppo stanca. »
« Davvero? » chiese. « Verrai? »
« Promesso. » concluse.
Il corvino si alzò quatto quatto allontanandosi silenziosamente e proprio quando la mora ebbe la certezza che l'altro se ne fosse andato, scivolò via dalle coperte ed in punta di piedi si diresse verso la torre, percorrendo tutta la rampa di scale a chioccola ed arrivando ad aprire la porta che dava sul terrazzo, dove un vecchio stregone di nome Scruggs si divertiva ad osservare i piccioni che dormivano nelle rientranze delle mura della chiesa, dove magari mancava qualche mattone.
« Mi serve che tu mi porti da un'altra parte. »
Sentendo la voce infantile, quello si voltò, corrugando le sopracciglia e si avvicinò velocemente alla bambina, a piccoli passi ma veloci, come un topo; la prese per un braccio e si avvicinò a guardarla faccia e faccia, squadrandola dalla testa ai piedi e sbarrando gli occhi.
« Tu sei a conoscenza del tuo destino. » contemplò Scruggs e di certo quella non era una domanda, di fatti la giovane annuì. « Dove vuoi che ti conduca? »
« Chi possiede l'Atlante di Smeraldo? » chiese.
L'anziano stregone sogghignò, mostrando i denti giallognoli e sfilando una chiave d'oro dalla tasca della giacca. Fece cenno alla ragazza di seguirlo ed arrivarono alla porta del terrazzo, dove vi erano le scale della torre; Scruggs infilò la chiave nella serratura e girò tre volte a destra, sette a sinistra e poi un'altra volta e destra. 
« Vai. » fece cenno alla piccola, indicandole la porta.
Quella lo guardò stranita, corrugando al fronte. « Mi prendi in giro? »
« Entra. » insistette l'altro, senza scomporsi... o almeno, senza scomporsi dal suo solito comportamento bizzarro ed inquietante.
La mora non si fidava molto, ma quando varcò la soglia dell'uscio, si rese conto di non essere all'interno della fredda torretta, bensì era in piedi in un grande studio pieno di libri e di fronte a sé vi erano due grandi sedie comode, una scrivania piena di scartoffie ed ancora più in là un vecchietto dai capelli scompigliati che portava un vecchio tweed sgualcito, una cravatta annodata - non si sa per quale ragione - due volte ed un paio di occhiali con la montatura a tartaruga sopra il naso. Lily lo fissò e quello alzò lo sguardo verso di lei, sorridendo.
« Posso esserti utile? » le chiese.
« Lei è il dottor Stanislatus Pym? »
« In persona. » affermò. Alzò il braccio, indicando con la mano una sedia lì di fronte. « Prego, accomodati. »
Titubante, Lily avanzò, sedendosi sulla comoda poltroncina. « Ho bisogno di vedere l'Atlante in suo possesso. » disse andando dritta al punto.
Lo stregone non si scompose e restò al suo posto, rimettendo il pennino nell'inchiostro e posando entrambe le mani sulla scrivania. Non volava una mosca, entrambi si fissavano l'un l'altro e Lily pensò che forse avrebbe dovuto spiegargli che cosa aveva sognato di preciso.
D'un tratto l'espressione del Dr. Pym cambiò così lievemente che era quasi impossibile percepirla, se non fosse che la bruna poteva sentire quella sensazione sulla sua pelle.
« Tu lo conosci, sai chi è. » parlò come se fosse una frase ovvia e lampante, ma l'altra annuì, capendo.
« Mi ascolti, la prego, deve nascondere al più presto il libro in un luogo sicuro. » lo avvertì.
L'anziano stregone assottigliò lo sguardo restando lì dov'era, non sembrava affatto preoccupato, al contrario della giovane. « Sai, pensavo che non esistessero più persone come te. »
Lily si bloccò di colpo, il sangue le si era gelato e con un po' di fatica capì cosa volesse intendere. Quindi un tempo esistevano altre persone coi suoi stessi poteri? Allora lei non era un'eccezione, aveva semplicemente ereditato i geni dei suoi antenati.
« Solo che... » proseguì, « non avevo mai conosciuto qualcuno che vedesse il futuro e che sapesse anche controllare le emozioni, questo no. »
La ragazza si chiese come diavolo faceva a sapere tutte quelle cose, la bizzarra idea che lui potesse essere come lei le formicolò nella testa, ma la scacciò, di certo lui non sembrava proprio il tipo.
« Legge nella mente? » gli chiese.
« No » rispose lo stregone, sorridendo, « ma non immagini nemmeno quanti anni io abbia, ho visto tanta di quella gente tutta diversa che saprei distinguere un biondo da un moro ad occhi chiusi. »
La ragazza non afferrò subito il paragone, forse perché era una battuta pessima, forse perché non aveva il tempo di capire, sta di fatto che lei era lì per un motivo ben preciso ed il peso di quel gesto si faceva sempre più pesante sulle sue spalle.
« Io so chi sono i Custodi. » lo informò e forse questa fu la prima notizia che scosse un po' il mago, facendolo drizzare con la schiena dritta. « Ma prima devo vedere l'Atlante. »
Lo stregone, incerto, restò per qualche attimo con lo sguardo rivolto verso di lei, poi dal cassetto della scrivania estrasse il grande libro dalla copertina verde smeraldo e lo posò sulla scrivania, spingendolo con le dita verso la giovane, che alzò un sopracciglio, confusa.
« E lo tiene così? Senza nasconderlo attentamente? » domandò.
« Beh, sì. Oggi tu mi hai detto di nasconderlo bene, allora lo farò. » le rispose.
Lily sospirò, decidendo che era meglio lasciar perdere e prese il libro fra le mani, aprendolo ad una pagina. Dire che aveva paura era poco, ciò che stava per fare avrebbe cambiato il futuro, ma era necessario per salvarlo e questa era la cosa che più importava. Posò una mano sulla pagina bianca e sentì la sua energia che si trasmetteva direttamente nel libro, che l'assorbiva. Con la destra che le faceva ancora male, si sforzò di prendere il pennino imbevuto di inchiostro e scrisse in calligrafia leggibile 29 dicembre 1899 sulla pagina. L'inchiostro nero spiccava su quello sfondo così chiaro, ma poi pian piano scomparve, assorbito dall'Atlante. Era fatta, pensò, o almeno sperava che andasse tutto bene. Pose nuovamente l'Atlante verso il più anziano ed entrambi restarono ad osservarsi. 
« Hai paura del tuo destino? » le domandò.
« Sì. » rispose sincera, senza esitare, perché in fondo non ce n'era bisogno, quello che aveva detto era semplicemente la verità.
Lo stregone si alzò, cacciando un paio di chiavi d'oro dal tweed e girandole quattro volte a sinistra, due a destra e cinque a sinistra nella serratura della porta, poi fece cenno alla ragazzina che poteva andare; quella si alzò, ringraziandolo con un cenno del capo, e attraversò l'uscio.
Se aveva paura, le aveva chiesto. Sì, lei aveva paura, tremendamente paura di ciò che aveva visto e stava facendo tutto ciò appunto per impedire che il suo destino si compisse. Lei, in fondo, avrebbe preferito morire piuttosto che usare il suo potere per ricostruire il mondo. Ma come poteva cambiare le cose? Per il momento aveva fatto in modo che al momento giusto l'Atlante trasportasse il Custode al giorno prestabilito, sperando che almeno lui potesse far scegliere a Rafe il destino giusto da seguire. E se non avesse funzionato? Se Rafe fosse diventato veramente il Ferale Magnus e avesse usato lei ed i suoi poteri per trovare i Libri dell'Inizio? Il solo pensiero che proprio lo stesso ragazzo, che metteva l'azione di proteggerla a qualsiasi costo prima d'ogni altra cosa, potesse veramente tradirla e manipolarla a suo fine, le faceva mancare il respiro.
Chiuse la porta dietro le spalle, quando una mano afferrò di colpo il suo polso, facendola spaventare e si trattenne dal gridare solo perché vide immediatamente gli occhi verde smeraldo di Rafe appena si voltò. Il suo petto si alzava e si abbassava e vederlo non le giovava affatto, anzi, non faceva altro che confonderla ancor di più ed infilzarle la testa con altri mille dubbi.
« Dov'eri? » domandò lui, duro e preoccupato.
Lily si voltò qualche istante verso la porta da dove era uscita e pensò che il Dr. Pym le aveva regalato un vero colpo di fortuna. « In bagno. » rispose, indicando con un cenno la stanza.
« Ma ci hai messo tanto. Quando sono arrivato non c'eri, mi sono preoccupato, ti ho cercato e non ti trovavo. Si può sapere che stavi facendo in tutto questo tempo? »
Lily s'irrigidì e cercò di fingersi il più offesa ed imbarazzata possibile, non che ci volesse l'arte. « Mio dio, ma ora devo dirti anche cosa faccio in bagno?! » protestò in tono scocciato.
Il ragazzo si rese conto della sciocchezza che aveva appena detto e si scusò, battendo in ritirata.
« Piuttosto, tu perché ci hai messo così poco? » gli fece notare, cogliendo al volo l'opportunità di sviare il discorso.
Era strano, pensò il ragazzo, come la solita calma che lo caratterizzava lo abbandonava completamente quando stava con lei, notò come fosse nervoso ed in pensiero ogni volta che si trattava di lei, ma ricordandosi che l'amica poteva percepire ogni sua sensazione, si agitò ancor di più, dandosi dello stupido. Ma, in fondo, lui non poteva nascondersi a Lily, neanche se l'altra fosse stata privata del suo potere, semplicemente perché lei riusciva sempre a comprenderlo, lei era come lui, tutto qui. Abbassò il capo e, vedendolo nervoso, la ragazza prese una sua mano nelle sue e cominciò ad accarezzarla. Pessima idea, come sempre. Di nuovo quella sensazione di soffocamento, che la faceva tremare in preda ai brividi che le pervadevano il corpo, riusciva a percepire i battiti del suo cuore che acceleravano all'impazzata persino nella sua mente. Ma si accorse che non era solo lei, che Rafe di fronte a lei provava il suo stesso ed identico sentimento. Doveva restare calma, si disse, ma come poteva fare? I loro sguardi s'incrociarono. Come poteva mantenere la calma quando quel sentimento sconosciuto e nuovo l'avvolgeva come una tempesta frenetica ed allo stesso tempo piacevole? Iniziò col lasciargli le mani e si sforzò di sorridere, cercando di placare le farfalle nello stomaco finché non sentì solamente un lieve tepore nel corpo e si concentrò affinché anche il moro provasse tutto ciò. Lui sorrise, invaso da un'improvvisa calma e serenità e mentalmente ringraziò la giovane.
« Ero preoccupato per te. » confessò con una strana tranquillità.
Mano nella mano, come al solito, ritornarono alle due lenzuola sfatte che fungevano da letto, in mezzo a tante altre che facevano assomigliare gli altri bambini a dei piccoli bachi  avvolti in loro stessi. Coperti fino all'orlo, sotto le coperte Rafe strinse Lily come prima, anzi, forse ancor più forte, accarezzandole la guancia. Un calore leggero sfiorò la sua pelle e si accorse che Lily l'aveva appena baciato sulla sua, di guancia; scostò il capo per fissarla e, notando come i suoi occhi - benché neri - brillavano al buio, fiochi come perle, poggiò la fronte sulla sua, abbracciandola ancora più forte. 
Gli piaceva quella sensazione, pian piano si stava accorgendo di non poterne fare a meno, gli ricordava in qualche modo la sua casa e Lily amava cibarsi di quel sentimento.
Perché non poteva fermare il tempo?

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Capitolo 6
*** Lilium ***


 

Rafe pulì la mela che aveva rubato con la sua giacca e la porse alla minore, che le diede un morso, continuando a camminare nel vicolo.
« Tra poco arriverà l'inverno, vero? » chiese, masticando il primo boccone.
« Fra un mese o due. » rispose il ragazzo.  
Dal mucchio dei capi rubati dai Selvaggi, stavolta avevano trovato entrambi un cappotto, anche se Lily - non gliel'aveva proprio confessato esplicitamente - preferiva stringersi a Rafe e sentire il calore che le trasmetteva, diceva che era più divertente.
« E fra due anni ci sarà la Separazione? »
« Sì, circa. »
Diede un altro morso. « Ed è anche l'inizio del nuovo secolo? »
« Sì. »
« Secondo te sarà positivo o negativo? »
« Non lo so, non ne ho idea. »
« Quanti anni avrai? »
« Quasi sedici. »
« Tu cosa vorresti fare la notte di Capodanno? » Altro morso.
« Ma che ne so! » sbottò, stufo. « Perché tutte queste domande? »
« Così... tanto per. » rispose timidamente, a testa bassa, non pensando che l'altro potesse reagire in tal modo. 
Dispiaciuto per come si era comportato, il ragazzo sbuffò, circondando le spalle della minore con un braccio e stringendola a sé.
« Scusa » disse, « puoi farmi tutte le domande che vuoi. »
« Non devi dire così solo perché ti faccio pena. » borbottò quella, rigirando svogliata la mela tra le mani, le era passata la fame.
« Non mi fai pena. » affermò convinto e lei gli credette.
« Qual è il tuo colore preferito? » domandò.
Era una domanda semplice, eppure dovette pensarci. Si voltò verso di lei per un attimo e sentì il peso del suo sguardo su di sé. « Mh... nero. » rispose, infine.
« Nero? Per i tuoi capelli? » chiese, ingenuamente. 
Rafe si lasciò scappare un sorriso divertito. « No, più... lucido. » spiegò. « Ed il tuo? »
« Il bianco della neve. No! Il rosso delle foglie d'autunno... o il giallo? Ah, no, no, ho sbagliato! Il verde dei prati! » alzò il tono, enfatizzata, ma poi si corresse di nuovo: « Anzi no, il verde smeraldo. Come i tuoi occhi, sì, proprio come i tuoi occhi. » disse, riniziando a mordere la mela quasi finita.
Rafe sperò con tutto il cuore che non potesse vederlo arrossire, passando una mano fra i suoi capelli e scompigliandoseli, ma poi si ricordò del suo potere ed imprecò mentalmente, mandando al diavolo tutto. Ma perché non se lo ricordava mai in momenti del genere? Lily ridacchiò, capendo, e l'altro si sentì uno stupido mentre la sua mano venne stretta maggiormente da quella più piccola, così si sentì più tranquillizzato. Dannato potere e chi gliel'aveva dato, odiava essere un libro aperto perché non lo era mai per nessuno. La riccia diede l'ultimo morso alla mela e buttò il noccio e ciò che ne restava.
Sbucati dal vicolo, si ritrovarono in una grande via piena di gente e bancarelle magiche di ogni tipo: alcune vendevano glamour, altre semplici libri di magia, presunte cartomanti, birra nanesca e altrettanti ubriachi ovunque, prodotti elfici di bellezza, o rarità più strambe come le lacrime di unicorno o squame di drago per pozioni varie; ma la mente di Lily vagò dritta alla bancarella dove un piccolo uomo ricurvo su sé stesso gridava a gran voce di avere delle uova di drago ad un buon prezzo.
« Voglio un drago. » affermò tutto a un tratto, indicando la bancarella e tirando la giacca dell'amico con l'altra mano.
Rafe si fermò e seguì il punto indicato. « Quelle sono false » la smentì, « sembrano vere ma sono false. »
Lily storse il naso, contrariata. « E dove si trovano delle vere uova di drago? » chiese, curiosa.
« Ma perché vuoi saperlo? » fece l'altro, scocciato. « Sai che non puoi tenerle, vero? Già dobbiamo pensare a nascondere noi, figuriamoci un drago! La signorina B. non ce lo permetterebbe mai. »
Riniziò a camminare fra la folla, tenendo stretta la mano della minore per paura di perderla. Rafe era il primo a sapere che Lily era strana - non uno strano come quello di Scruggs, certo, ma uno strano... strano, un po' infantile, ma più bizzarro - ma talvolta proprio non capiva perché dicesse determinate cose, ma aveva imparato a farci l'abitudine, anche perché sapere cose futili o rispondere ai suoi capricci era sempre meglio che non sentirla parlare e vederla diffidente, com'era successo nei giorni precedenti, senza un motivo ben preciso. Quando il ragazzo, notando lo strano comportamento e l'allontanamento nei suoi confronti, le aveva chiesto quale fosse il problema, lei gli aveva risposto che non lo sapeva, si sentiva solamente in bisogno di essere lasciata un po' da sola e così il maggiore fece; fino a quando, qualche giorno dopo, la ragazza tornò di nuovo da lui come se nulla fosse, anzi al moro pareva d'essersi legato ancor più all'altra. Gli erano bastati pochi giorni per disorientarsi, oramai abituato a trascorrere le giornate con lei non si ricordava più cosa facesse normalmente. Però quel giorno sembrava diversa, non era solare, non era tranquilla come al solito, bensì agitata, nervosa, preoccupata, non faceva altro che parlare, parlare e parlare; e lo sapeva perché lui riusciva a capirla, sempre, a volte si chiedeva se non avesse anche lui il suo potere perché quasi riusciva a percepire i sentimenti della riccia come se fossero i suoi. 
Ma cosa intendeva lui per una "Lily anormale"?
« Secondo te io sarei carina trasformata in drago? » Ecco, proprio questo. « Secondo me tu sì, faresti un po' paura, un drago tutto nero nato dalle ceneri di qualche vulcano, con due smeraldi al posto degli occhi. »
Rafe sorrise al pensiero di quella storia, immaginandosi veramente come un drago.
« Saresti un ottimo drago » aggiunse e la sua voce non sembrava più scherzosa come prima, ma un filo più seria ed il ragazzo non ne capì il perché, « e saresti anche carino, un ottimo drago. »
Rafe si fermò, prendendola per le spalle e rivolgendole uno sguardo dritto negli occhi.
« Cos'hai? » chiese.
« Cos'ho? » fece di rimando.
« Come cos'hai? » si sentì preso in giro. « E' tutto il giorno che dai i numeri, sto seriamente prendendo in considerazione la possibilità che gli alieni ti abbiano rapita! »
La mora deglutì, non sapendo che inventarsi. In realtà il motivo per cui si comportava diversamente era lo stesso per cui si era allontanata da lui e poi era tornata: si stava avvicinando il giorno fatidico, aveva sognato come sarebbero dovute andare le cose per salvare lui e lei doveva rispettarle, aveva solo paura. Aveva provato ad allontanarsi da lui, aveva sperato che provasse qualcosa in meno nei suoi confronti, ma nulla, così aspettare non era servito a niente, era meglio passare più tempo possibile assieme a lui. A quanto aveva sognato, lei non faceva parte del destino del ragazzo.
« Ho fame. » cambiò discorso. « Andiamo al ristorante cinese al confine di Chinatown? Quello con la porta verde. »
« Rossa. » la corresse,
« Che strano, eppure anche Jake era convinto che fosse verde... » borbottò fra sé e sé.
Il ragazzo sospirò, rassegnato, e s'incamminarono spingendosi al confine fra Manhattan e Chinatown. 
Era un piccolo dettaglio, lui lo sapeva, ma stavolta Lily aveva cambiato volutamente discorso e tutto il mondo se n'era accorto; lui sapeva benissimo che quando non voleva parlare di qualcosa lei semplicemente rimaneva in silenzio. Scosse la testa, dandosi del paranoico. 
Salirono le piccole scalette e la porta rossa - già, purtroppo non era verde, ma Lily ci aveva comunque sperato fino all'ultimo per deridere l'altro - si presentò d'innanzi a loro, l'aprirono e svincolarono dentro la folla di gente rumorosa, che mangiava non dando peso al rumore che facevano coi piatti e parlando ad alta voce, andarono a sedersi su degli sgabelli, in fondo al locale, mentre il cuoco cucinava gli spaghetti sulla piastra e di lì a poco sarebbero stati pronti. Misero i cappotti sotto al sedere, lì dentro faceva caldo e poi così erano più alti e più comodi.
L'indice della mora disegnava piccoli cerchi sopra il dorso della mano dell'amico, dando la possibilità a lui di osservarle meglio e capì che per la gente non era un bello spettacolo vederli: vestivano di stracci rattoppati, sporchi dalla testa ai piedi e le loro mani erano pieni di cenere e polvere e con le unghie mangiucchiate, il viso poi era tutt'altro che meglio.
Una zuppa di spaghetti con maiale affettato, carote, piselli, mais, cipolla tagliata, uova bollite e germogli di bambù, si presentò sotto gli occhi dei due che iniziarono subito a mangiare, affamati, specialmente Rafe che non mangiava dal giorno prima, anche se era abituato a saltare molti pasti. Lottando con le bacchette, riusciva a mangiare a stento mentre, voltandosi verso l'altra, la vide mangiare quasi senza problemi, se non fosse per il fatto che a volte si sbrodolava tutto sui propri vestiti. 
« Ora mi dici che hai fatto? » riprese il discorso il corvino.
Quella sbuffò, mordicchiando un pezzo di maiale affettato. « Non capisco di che parli, oggi sei strano. »
« Io sono strano? » chiese incredulo, voltandosi verso di lei con gli occhi sbarrati. « Sei forse impazzita? Sei tu quella che si comporta in modo strano, oggi. »
« Io sono sempre così, Rafe, ogni giorno. » si difese.
« No » obbiettò lui, serio, « tu non sei così e non puoi negarlo, non a me. Io ti conosco, Lily, »
Sembrava pregarla per fargli dire cosa c'era che non andava e quello sguardo preoccupato nei suoi confronti bloccò la giovane, che rimase in silenzio, non sapendo ciò che doveva fare o dire. Almeno in questo Rafe, finalmente, la riconosceva. Poi, però, si fece leva sulla braccia, spostando il peso del corpo sui palmi delle mani piantati nel bancone e sollevando il corpo, mentre coi piedi spostava lo sgabello per affiancarlo maggiormente a quello dell'amico, per poi risedervi e spostare la ciotola col ramen verso di sé. 
« Senti, se devi continuare a comportarti così dimmelo perché così me ne vado, io non ci voglio stare con qualcuno che non sia la mia Lily. » l'avvertì.
Si sentì sprofondare e la ragazza in causa afferrò immediatamente la mano più vicina di Rafe, stringendola; il corvino vide gli occhi spaventati e pieni di terrore che lo fissavano, lucidi e sul punto da avere una crisi, il petto della minore si alzava e abbassava troppo frettolosamente.
« No! » gridò. « Non te ne andare. » lo pregò con voce tremante. « Non tu. »
A volte si chiedeva perché Lily avesse così tanto bisogno di lui, tanto quanto lui avesse bisogno di lei, ma sapeva in cuor suo che era un qualcosa che non poteva domandare e che prima o poi avrebbe appreso, intanto, fino a quel giorno, l'avrebbe protetta e di ciò era più che certo.
« Hey » le sussurrò, prendendole il viso fra le mani perché era convinto che di lì a poco quella sarebbe scoppiata, « hey! » continuò. « Sono qui, tranquilla. » Le tolse il cappello dal capo e iniziò ad accarezzarle i capelli, cercando di confortarla, ma Lily non lo guardava. « Io non ti lascerò, non potrei mai. »
La ragazza prese delicatamente il cappello dalle mani dell'altro e se lo rimise in testa, mentre quello le asciugava le piccole lacrime che tentavano di fuoriuscire ai bordi dei suoi occhi e poi le calde labbra a cuoricino di Lily si posarono sulla sua guancia con un piccolo e leggero schiocco, che lo fece rabbrividire per tutto il corpo e subito dopo avvampare di colpo. Si voltò immediatamente, non avendo il coraggio di rivolgere uno sguardo tanto era l'imbarazzo - e cosa peggiore era che lei sapeva tutto ciò che provava - si concentrò sul piatto, affondando la testa nella tasta e facendo rumore per succhiare il brodo, come se quello potesse nasconderlo. La ragazza non lo imitò, continuò a mangiare il suo ramen finendolo e bevve solo poca zuppa. Si misero nuovamente il cappotto, il giovane mago lasciò i soldi sul bancone ed assieme all'amica uscì, ritornando sui passi di Manhattan, circondandosi di nuovo di bancarelle e di mercati, stavolta non passando attraverso il quartiere magico. Ma fu proprio il grido della sua amica ad attirare l'attenzione.
« Rafe! » La voce di Lily gridava il suo nome, costringendo il moro a voltarsi ed impallidì quando vide un uomo grosso e panciuto afferrare stretto il polso della piccola, cercando di immobilizzarla.
« Cosa cercavi di fare? » urlava l'uomo. « Rubavi le mie mele, eh? »
Il ragazzo gli si avventò di getto, con un piede si diede la spinta necessaria per balzare addosso alla sua bancarella e gli diede una sonora testata per farlo barcollare, di fatti quello lasciò la presa sulla giovane ed oscillò all'indietro, aggrappandosi però con una mano alla caviglia del moro, che scivolò trascinato dal peso dell'altro, al quale fu costretto tirare un calcio con l'altro piede per liberarsi. Scattò in piedi e saltò atterrando vicino a Lily, afferrandole immediatamente la mano e spingendola.
« Corri! » gridò, iniziando a scappare, mentre percepiva chiaramente che l'uomo si stava riprendendo ed in una manciata di secondi si sarebbe dato all'inseguimento, magari con qualche altro umano.
Doveva trovare un posto sicuro.
Correvano in mezzo alla folla di gente, dando gomitate a destra e sinistra per riuscire a passare il più velocemente possibile fino a quando s'imbatterono nei vicoli, ma mai si fermarono o diminuirono la velocità del passo, non facendo altro che svoltare in altre vie più piccole e più buie, fino a quando non sbucarono nella via principale della Bowery ed approfittarono della folla per mischiarsi tra di loro e far perdere le proprie tracce, sgattaiolando nella zona dei magazzini ed imbucando un altro vicolo, stavolta cieco. Arrivati più o meno verso la fine, Rafe indicò una scaletta di ferro nera che si fermava a mezz'aria, un metro o più distante dalle loro altezze, così fece cenno a Lily di salire sulle sue spalle e se la caricò fino a darle la spinta necessaria per saltare ed arrivare alla scala, rimanendo appesa in aria, per poi risalire pian piano. Lily cercò di incastrare meglio che poteva le scarpe luride nei gradini delle scale, poi si sporse con la testa e le mani verso il basso, temendo che potesse cascare da un momento all'altro. Rafe cercò di spingersi il più in alto possibile per saltare, ma non riuscì nemmeno a sfiorare le dita di Lily, così indietreggiò e prese la rincorsa, aggrappandosi alle mani della ragazza che ebbe paura più volte di scivolare; si fece forza e tirò su l'altro, mettendo in salvo entrambi. Salirono le scalette, arrivando al terrazzo di un magazzino ed entrandovi all'interno per mezzo della porta sullo spiazzale, felici del fatto che ora erano più sicuri - anche se non del tutto - e che lì faceva decisamente più caldo rispetto a fuori. 
« A volte sei una frana a rubare. » le confessò, col fiatone.
Lily, però, era già assorta nel suo mondo, mentre vagava per il magazzino guardandosi attorno: i tetti rattoppati, le finestre coperte, l'ampio spazio polveroso, le colonne che quasi cadevano a pezzi e teli sparsi ovunque per terra, le ricordavano qualcosa.
« Pronto, Lily! Ci sei? » chiese, insistente.
Ovvio che le ricordava qualcosa, lei quel posto l'aveva già sognato ed una morsa attorno alla gola risalì pian piano dal suo intestino.
« Rafe » lo chiamò e lui stette zitto, aspettando curioso cosa aveva da dirgli, « devi promettermi una cosa. »
Non si fidava molto, se proprio doveva essere sincero, ma quella era Lily e di certo non poteva fargli del male.
« Che cosa? » domandò.
« Vedi Jake e Beetles? » Rafe annuì, come non poteva. « Due giorni prima della Separazione tu devi mandarli qui, tutto il giorno se sarà necessario, ma devi mandarli qui. »
« Qui? » chiese il corvino sconvolto. « Qui non c'è niente da rubare! Niente, niente! »
La riccia gli rivolse uno sguardo severo. « Promettimelo. » ed il suo tono era incredibilmente serio.
« Lily, che succede? » domandò, preoccupato.
« Promettimelo. » insistette, quasi disperata.
Rafe non capiva perché Lily avesse quello sguardo preoccupato e timoroso, ma sapeva che ci doveva essere per forza qualcosa sotto.
« Che significa questo, Lily? » le domandò.
L'altra non rispose, si limitò a fissarlo come al solito, ma stavolta Rafe fu invaso da uno strano istinto di seguire ciò che gli veniva imposto, rilassandosi e ed annuendo. No! Fermi tutti! Il ragazzo spalancò gli occhi, come se si fosse appena addormentato e puntò lo sguardo fisso su Lily: « Stavi usando il tuo potere per manipolarmi!? » l'accusò, alzando il tono della voce, indignato.
La ragazza deglutì, restando in silenzio. 
Il moro non sapeva perché l'avesse fatto, sapeva solamente che ora si sentiva tradito, non sapeva perché l'avesse fatto e di certo non era una cosa piacevole essere resi delle pedine, si sentiva sfruttato e reso un manichino. Come aveva potuto? Proprio lei, come e perché?
« Perché l'hai fatto, Lily? » il suo tono non era più trattenuto.
Ma neanche stavolta lei rispose, restò lì immobile a guardarlo spaventata, sentendosi per prima in colpa e tremando perché il tempo stringeva e lei, per sbaglio, aveva rovinato tutto.
« Come hai potuto? Io mi fidavo. » Si sentiva violato, ferito.
« Lo so » provò a farlo ragionare, « ma io... ho dovuto, Rafe! » cercò di discolparsi.
Corrugò la fronte, increspò le sopracciglia, storse il muso ed affilò lo sguardo. « Dovevi? » chiese confuso. « Per cosa? Che diavolo mi nascondi? Tutti... tutti quelli che mi sono vicino mi nascondono qualcosa, mi sono rotto! » sbottò, prendendola per le spalle e scuotendola. « Perché non puoi dirmelo, Lily? Almeno tu... » 
Stava cercando di calmarsi, ma non ci riusciva, ora era lui quello disperato ed incompreso, ma neanche stavolta l'amica parlò, mandando in frantumi tutto ciò in cui il ragazzo credeva, facendolo sentire tradito e solo per l'ennesima volta. Si sentiva così in colpa che non riusciva a calmarlo, anche se sapeva che non avrebbe risolto nulla, magari quello se ne sarebbe accorto. 
« Scusami. » riuscì a sussurrare, con voce rotta.
Rafe, preso dalla rabbia, buttò giù qualche mobile coperto dai soliti panni bianchi ed impolverati, incutendo timore nella ragazza, che indietreggiò spaventata, poi se ne andò, troppo irrequieto per stare ancora lì.
« Rafe! » gli gridava dietro. « Rafe! » ma stavolta era lui a non rispondere. « Non te ne andare! Ti prego... non tu. »
Non c'era neanche da accorgersi che stava piangendo, perché Rafe le aveva promesso che non l'avrebbe mai abbandonata, eppure ora Lily era da sola... di nuovo.
Uscito, il ragazzo s'incamminò a passo veloce verso il Covo dei Selvaggi - ovvero la piccola chiesa invisibile in 1st Avenue - costretto a passare nel mercato della Bowery; poi però, ad un tratto, notò la piccola bancherella di un fioraio e la sua attenzione fu catturata da un vaso di fiori esposto in prima fila. Lilium, vi era scritto su di esso e Rafe si ricordò di quel giorno in cui era al mercato con Lily e gli aveva confessato che il suo nome deriva da lì.
Scosse la testa, per allontanare quel pensiero, e strinse i pugni per la rabbia che provava ora nei confronti della ragazza; distolse lo sguardo da quei fiori e riprese a camminare più velocemente di prima, con la stessa rabbia e la stessa solitudine che portava in sé quando aveva sei anni. 

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Capitolo 7
*** The day ***


 

Era stata tutto il dì e tutta la notte a piangere, rannicchiata su quel polveroso pavimento del magazzino, era da un giorno che non mangiava e saltando da quelle scale si era anche presa una bella storta alla caviglia, che ora le faceva male ogni passo che avanzava. 
Dov'era Rafe? Era l'unica cosa a cui riusciva a pensare, mentre si stringeva nel suo cappotto per il freddo. Aveva combinato un bel macello ed ora doveva rimediare. O era meglio lasciar così le cose? Era combattuta: poteva tranquillamente andarsene in questo momento, almeno lui l'avrebbe odiata e non l'avrebbe avuta sulla coscienza, ma poi c'era l'altra metà della sua mente che non voleva andarsene, voleva restare per sempre con lui, consapevole che era una scelta impossibile. Ma ci dovrà pur essere un altra soluzione! Continuava a sperare, ma lei sapeva che non c'era, aveva sognato tutte le alternative possibili e sapeva qual era la più giusta da fare. Ma ce l'avrebbe fatta? 
Camminare non le faceva granché bene e la caviglia continuava a mandarle delle fitte, ma mordendosi le labbra continuava ad avanzare fra le strade; tremava e non per il freddo, cercava di ricordare cos'aveva sognato, dove doveva essere Rafe quel giorno, ma la risposta le parse anche abbastanza ovvia: l'appartamento dove viveva assieme a sua madre, era sempre lì che si rifugiava quando voleva esser lasciato in pace a riflettere e fortunatamente il ricordo del ragazzo che l'accompagnava era ancora vivo dentro di lei, o a quest'ora sarebbe stata spacciata, si sarebbe persa dopo il primo passo. Era odioso, ad ogni passo che percorreva, Lily si dimenticava sempre quale fosse quello precedente, ed era sempre così, ogni giorno... se non c'era lui. Odiava dipendere dagli altri, eppure per lei quella era l'unica soluzione per avere un briciolo di memoria. Si odiava, odiava com'era, il suo aspetto, il suo potere e forse anche il suo carattere, ciò che pensava, i suoi modi di fare o il suo modo di parlare, odiava non ricordare e non poter avere amici per questo. Cosa si prova a vedere la stessa gente ogni giorno e non ricordare il nome che ti hanno detto un secondo prima? Non è bello, eppure lei doveva conviverci.
Si ritrovò a svoltare in un vicolo, ma quando fu davanti alla porta del palazzo e provò ad aprirla, si rese conto che, ovviamente, era chiusa e lei non aveva le chiavi per aprirla. Cosa poteva fare? Magari poteva salire le scale esterne del palazzo di fronte e vedere se dalla finestra riusciva a scorgere la figura del ragazzo. Ma, improvvisamente, la porta si aprì, facendo voltare di scatto la riccia, notando la figura di una signora anziana ricurva su sé stessa, con un colorito verdognolo, che le sorrideva mettendo in mostra i pochi denti giallognoli che le rimanevano.
« Devi entrare, bambina? » le chiese e Lily si limitò ad annuire, cercando di svicolare per passare, ma quando vide la mano rugosa che cercava di agguantarla, subito si tirò indietro. « Vieni qui. » disse con una tranquillità l'anziana, mettendo in mostra gli artigli che aveva al posto delle unghie. « Hai paura? »
Lily indietreggiò, diffidente.
« E' con me. » fece una voce maschile dietro la donna.
Al suono di quella voce, troppo familiare per non essere riconosciuta, subito la vecchiaccia si trasse indietro, nel corridoio, facendo passare il moro che avanzò fino all'uscio della porta.
« Che ci fai qui? » domandò con tono duro.
La riccia rimase immobile a fissarlo, non sapendo bene cosa dovesse fare. Ecco, odiava anche questo di lei, il poter sapere il futuro ma il non saper se seguirlo o no per difendere gli altri, era una condanna, altro che dono. Gli occhi verdi di Rafe erano severi su di lei, non gli aveva mai visti così. Avanzò timidamente, avvicinandosi all'altro, rimase solo pochi istanti immobile ed in silenzio, perché quella solita morsa che di solito sentiva quando era con lui, ora la stava stringendo di nuovo com'era sua solito e Lily non riusciva a controllarsi, si gettò su Rafe e l'abbracciò forte come non mai, trattenendo le lacrime. Perché doveva farlo? Perché doveva separarsi da lui? Era ingiusto, non voleva, fra tutti i destini che le potevano capitare aveva ricevuto proprio quello più doloroso. Lei, che gli aveva detto che si sentiva destinata a qualcosa di più grande. Beh, era veramente questa la sua missione? Fermare il prescelto prima che potesse diventare il più grande mago di tutti i tempi con l'intenzione di creare da capo il mondo? Uccidere Rafe, l'unica persona a cui tenesse, quella a cui era legata? No. Non poteva, no di certo.
Il corpo rigido del corvino, si sciolse ben presto, corrispondendo quell'abbraccio e baciandole il capo, mentre provava a calmarla accarezzandolo. 
« Scusa. » sussurrò, abbassandosi e posando la sua fronte su quella dell'altra, accarezzandole le gote arrossate e passando i pollici sulle ciglia umide.
« E' tutta colpa mia » continuava a ripetere sottovoce, « è tutta colpa mia. »
« No, non è vero, non è successo nulla » cercò di tranquillizzarla, « sono stato... impulsivo, tutto qui, mi dispiace tanto, davvero. »
Ma lui non aveva la benché minima idea di cosa si riferisse Lily, il groppo che aveva e che le opprimeva il petto più trascorrevano i secondi. Non avrebbe mai potuto immaginare il pesante fardello che portava, quasi più del suo.
Prese le mani di lei nelle sue, riscaldandole come spesso faceva e si sforzò di sorridere per farla rallegrare, ma non ci riuscì. 
« Torniamo a casa. » le bisbigliò, prendendola per mano e trascinandola fuori da quel vicolo.
Lily aveva la testa bassa, continuava a fissare i suoi piedi posti l'uno di fronte l'altro mentre camminava, fin quando non sentì Rafe fermarsi e, alzando la testa, si rese conto che l'aveva portata nella Bowery, di fronte alla bancarella di un fioraio ed un attimo dopo un mazzo di fiori bianchi era teso verso di lei.
« Per te. » aggiunse Rafe, porgendoglieli.
Lily li afferrò delicatamente, per paura di rovinrali e rimase sorpresa nel riconoscer di quali fiori si trattasse. « Lilium. » bisbigliò fra sé e sé. Alzo gli occhi, cercando quelli verdi di Rafe. « Te lo sei ricordato? »
L'altro annuì, sorridendole e la riccia corrispose, stringendosi in quei fiori. Ecco, così le piaceva di più, perché era inevitabile: quando Lily era triste, Rafe lo era ancor di più.
Ma cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto questo? Se solo fosse stata arrabbiata - o non so cosa - con il ragazzo, almeno avrebbe avuto il coraggio di compiere quel gesto; invece no, il destino le aveva fatto un dono e non era certo il suo potere, bensì Rafe. Lui era diventato la sua casa dove tornava ogni giorno, la spalla a cui poteva confessare i suoi dubbi, il principe delle favole che la proteggeva sempre, il fratello maggiore che restava sempre con lei, il padre che le insegnava ogni cosa, la famiglia che le dava affetto, l'amico con cui stava bene e che la capiva sempre, la memoria in cui risiedevano i suoi ricordi e poi... era anche l'anima gemella a cui aveva legato il suo destino. Lui era tutto per lei e Lily si rese conto che lo stava per perdere, doveva non per scelta, ma che oltre ad impedire le sorti della Terra stava privando sé stessa del suo mondo. 
Con il pollice di Rafe che le accarezzava le dita di una mano ed il mazzo di lilium stretto nell'altra, si fece trascinare ancora per la Bowery, finché non lasciò piano la presa dell'altro, che continuò ancora per qualche passo prima di voltarsi confuso verso di lei chiedendole cosa fosse successo.
« Ricordi... il discorso di ieri? » iniziò. « Io ne ho bisogno, Rafe, devi promettermi che quel giorno manderai qualcuno a... »
Ma non finì la frase che un nitrito agghiacciante soggiunse alle loro orecchie, costringendoli a voltarsi di scatto: un carro impazzito era a pochi metri da Rafe.
Ecco, pensò Lily, ci siamo. Era arrivato il momento, quello che aveva atteso da una vita, ciò che era destinata a fare. Ma lo voleva veramente? No. No di certo. Avrebbe perso tutto quel che aveva nel giro di pochi secondi, ma avrebbe perlomeno salvato molte altre vite, se non l'intera umanità. Avrebbe salvato il mondo, in effetti, anche se avrebbe distrutto il suo.
Eppure lo fece lo stesso.
Scattò in avanti, buttò i fiori a terra ed il cappello le volò via dalla testa, mentre spintonava Rafe via di lì, facendolo rotolare a terra poco distante nella strada. L'altro sentì il contatto duro del suolo, parti del corpo dolenti a causa dell'impatto, mani che gli bruciavano per aver cercato di proteggersi. Ma quando alzò gli occhi vide il piccolo corpo di Lily che giaceva disteso in mezzo alla strada, mentre la carrozza ora era ferma ed il cocchiere era sceso a calmare i cavalli ancora agitati. La gente attorno era immobile, silenziosa e sconvolta, solo pochi avevano il coraggio di avvicinarsi o di parlottare domandandosi esattamente ciò che era successo. Il petto di Rafe cominciò ad alzarsi ed abbassarsi in modo irregolare, scattò immediatamente in piedi e si precipitò ad accasciarsi sul corpo della ragazza, che aveva gli occhi chiusi e sembrava non reagire, il corpo abbandonato a sé stesso e la testa che continuava a sanguinare.
« Lily! » gridava lui, disperato. « Lily! »
Strinse il corpo fra le sue braccia, piangendo amaramente sulla spalla di lei, quando improvvisamente sentì morbidi e piccoli polpastrelli che gli sfioravano la guancia e l'ultimo barlume di calore delle labbra di Lily che si posavano sulla gota opposta.
Si ritrasse di scatto, spaventato, e vide il sorriso rivoltogli dalla giovane. Corrispose tristemente, non riuscendo a fermare le lacrime.
« Che bel destino, eh? » si schernì da sola. « Io l'avevo detto che ero destinata a qualcosa di più grande. Guarda, ti ho salvato! » cercò di ridacchiare, ma evidentemente fallì, procurandosi solo altre fitte e peggiorando le sue condizioni respiratorie.
Rafe le accarezzò il viso freneticamente, non riuscendo a nascondere la disperazione negli occhi. Vedeva le iridi lucide di Lily farsi sempre più spente e lei sorrideva mentre lo fissava, perché in effetti era felice: lui era salvo e questo era ciò che più le interessava, del resto Rafe poteva avere un'altra chance; e poi era contenta del fatto che i suo ultimi ricordi sarebbero stati proprio il viso di Rafe ed i suoi occhi così incredibilmente verdi. Chissà se il regno dei morti era di quello stesso colore, perché se così fosse a Lily andava più che bene.
« Non mi hai ancora promesso... »
Prima che potesse finire la frase il moro la zittì.
« Shh! Risparmia il fiato, così ti riprenderai. »
« Ma fammi il favore, Rafe! Lo saprò io se sto morendo o no. Pensi davvero che io non sapessi che oggi qualcuno se ne sarebbe dovuto andare? » disse a bassa voce, sforzandosi più del dovuto, accennando un sorriso.
E lì Rafe sgranò gli occhi perché capì che Lily era pienamente consapevole del fatto che sarebbe dovuto morire lui. Si era sacrificata volutamente, per lui.
Si dice che il destino di ogni persona sia stato già scritto, ancor prima che essa venisse ad esistere, all'interno di un grande libro e che, in un modo o nell'altro, tutti bene o male lo seguono. Ma se ci fossero persone in grado di leggerlo allora potrebbero anche decidere di cambiarlo. Perché il destino, oltre che un libro, è anche un sottile filo teso avvicinato troppo pericolosamente all'interno di un paio di forbici aperte e- zac! Ecco che si rompe. Il destino è la cosa più incerta e mutabile di questo mondo ed è proprio nel momento in cui ti trovi davanti ad un bivio che puoi decidere se cambiarlo o meno.
E cosa sarebbe successo se Lily avesse deciso di seguirlo? Di certo lui sarebbe morto e non avrebbe fatto appello a ciò che doveva diventare, magari il Ferale Magnus avrebbe trovato un nuovo erede o magari la dinastia sarebbe finita mettendo in salvo così l'intera umanità. Ma, sinceramente, non lo sapremo mai, perché Lily non aveva mai voluto che morisse. Sapeva che presto il Custode sarebbe arrivato e sarebbe toccato a lui salvarlo.
« Due giorni prima della Separazione. Manda qualcuno di cui ti fidi nella Bowey, capito? Devi promettermelo, Rafe. Devi promettermelo. »
Lui annuì, non sapendo nemmeno perché insisteva così tanto. Raccolse cappello e fiori dalla strada e sollevò il corpo di Lily, incamminandosi barcollante sotto gli sguardi scioccati della gente.
« Dove mi stai portando? » chiese flebilmente. 
« A casa. » rispose con convinzione.
« Tu sei la mia casa, Rafe, non sforzarti, è inutile. »
« Tu non sforzarti » obiettò, « risparmia energie, ce la puoi fare. »
« Copriti bene, sta iniziando a fare più freddo. »
Rafe accelerò il passo, preoccupato. « Non chiudere gli occhi. » le ordinò.
« Ma ho sonno. »
« Non chiudere gli occhi. » ripeté.
Doveva pur esserci qualcuno che poteva aiutarla: la signorina B., Scruggs, qualcuno!
« Rafe, fermati. » ordinò la ragazza, debolmente, ma quello non l'ascoltò. « Rafe, ti prego, fermati. » Niente, continuava a tirare dritto. « Rafe... » Niente. « Rafe... » Niente. « ... ti prego... »
Non poteva arrendersi, non poteva, maledizione! Con la vista appannata, Rafe cadde in ginocchio in un vicolo, stanco, tenendo ancora il piccolo corpo stretto fra le braccia.
« Mi dispiace. » confessò con la voce rotta dal pianto. « Mi dispiace tanto, scusami. »
La mano di Lily cercò di alzarsi con le sue ultime forze ed il moro la prese delicatamente per aiutarla: prima sfiorò i contorni del suo viso, poi s'intrecciò nelle dita di Rafe che sembravano combaciare perfettamente, come se costruite con un incastro su misura; ed il ragazzo sentì un brivido percorrergli per tutto il corpo, quella sensazione che aveva già vissuto ed il paesaggio attorno a sé cambiò improvvisamente.
E di nuovo rivide lui che liberava Lily e le altre ragazze dagli umani, la prima volta che ebbe quella strana sensazione di essere legato a lei, quando le chiese il suo nome e sentì la piccola ragazzina impolverata rispondergli con diffidenza, le volte in cui l'aveva schernita per il suo aspetto e subito se n'era pentito, i piccoli gesti come rubare le mele per lei o aggiustarle i vestiti, quando la difendeva, quando gli aveva confessato i suoi poteri, la paura di non essere accettata, il dolore del fuoco che divampava sulla sua mano, sentirsi tradita, lo strano calore che provava anche lui quando le loro mani si toccavano, la tranquillità e la calma mentre parlavano fra di loro, il sentirsi finalmente capita, i momenti in cui lo spiava suonare il violino ma non aveva mai avuto il coraggio di mostrarsi, le uscite in giro per Manhattan fra le bancarelle e i ristoranti di Chinatown, quando gli aveva rivelato l'origine del suo nome, il ponte di Brooklyn, i loro abbracci, i loro corpi stretti l'un l'altro durante la notte, la consapevolezza di dover decidere del proprio destino, la loro lite, il non saper cosa dover fare, il dolore della separazione, la gioia nell'averlo ritrovato, la paura di perderlo e la felicità di vederlo salvo e vivo. E si chiese perché ogni volta che lui provava un sentimento anche lei lo sentiva, o magari viceversa. Ma soprattutto, cos'era quella sensazione di benessere che lo avvolgeva in una morsa infuocata ogni volta che c'era lei? Che lo soffocava e gli faceva scoppiare il petto?
Rafe pianse di nuovo, era più debole e si strinse al corpo della giovane, abbracciandola forte.
Lily era destinata a qualcosa di più grande, vero, ma inaspettatamente a tutti, l'unica cosa per cui era realmente nata era - oltre salvarlo - fargli provare qualcosa per cui valeva la pena lottare, renderlo finalmente felice e... completarlo.
« Scegli bene. » sussurrò all'orecchio del corvino.
Rafe restò sempre attaccato a quel contatto, mettendosi solamente faccia a faccia con la riccia.
« Cosa? » domandò confuso, non capendo. 
Lily sorrise immergendosi un'ultima volta nel verde che tanto le piaceva, poi chiuse gli occhi, sempre col sorriso dipinto sulle labbra.
« Grazie, Rafe. »
Ma lui non ci voleva credere, perché era come se la sua anima l'avesse abbandonato, non poteva essere, la sua Lily non si muoveva più, non respirava più, non poteva nemmeno più fargli quelle stupide domande che non interessavano a nessuno, ma a cui lui aveva avuto sempre la pazienza di rispondere.
E cosa poteva fare adesso? Niente, se non piangere e fu proprio ciò che fece.
Trasportò il corpo della ragazza fino al suo appartamento, adagiandola sul materasso, coprendola col lenzuolo e posandole il mazzo di lilium sul petto
Non voleva tornare nella chiesa, non quella notte, perché sia Rafe che Lily sapevano che, ogni volta che aveva bisogno di riflettere, lui rimaneva nella sua vecchia casa, stavolta con le lacrime che gli rigavano il viso come non avevano mai fatto e, benché lui provasse ad asciugarsele con la manica della maglia, quelle non volevano proprio smettere.
Non avrebbe mai più rivisto la tonalità di nero degli occhi di Lily, che gli piacevano tanto, perché ora erano chiusi... per sempre.

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Capitolo 8
*** Thank you ***


 

Rafe fissava il corpo di Kate immobile e disteso, proprio come un morto - ciò che era - col suo bel vestito bianco, lo stesso di quando l'aveva lasciata.
« Ti piace? » domandò una voce alle sue spalle, che pian piano s'avvicinava.
Il corvino non si girò, continuando ad osservare la bionda.
« Sì. » rispose, sincero. « E' come... come se... »
« ... fossi legato a lei? » concluse l'altra, arrivandogli affianco. Loro quella sensazione l'avevano già provata, del resto.
Stavolta Rafe si voltò e vide nuovamente il suo sorriso. Gli era mancato, tanto. Sospirò, tornando ad osservare il cadavere. 
« Lasciala andare. » lo supplicò.
« Non posso. »
« Sei meglio di così! »
« Sono esattamente così! » 
La bruna sospirò, voltando lo sguardo verso Kate. « Scusa » sussurrò, « è colpa mia. Volevo darti una seconda opportunità. »
« Eri tu la mia unica opportunità. »
« Non è vero. » lo contraddisse, indicando Kate. « Guardala, potevi essere meglio di così. »
« Potevo » sottolineò, « ma qualcuno m'insegnò che era giusto sacrificarsi per qualcosa d'importante. »
Lily ridacchiò. « Che stronzo che sei. » e Rafe la seguì a ruota. « Quando suonavi il violino... pensavi a tua madre, vero? » gli chiese, cambiando discorso.
« Sì. » rispose l'altro.
« Ho sempre voluto chiedertelo. » confessò.
« Ma non ne hai mai avuto il coraggio, lo so, l'ho visto. » le rimembrò.
« Te lo ricordi ancora, dopo tutto questo tempo? » gli domandò.
« Sì » ammise, « ricordo ogni cosa di te. » Se fosse stato lo stesso di un secolo fa non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle ciò, ma oramai erano maturi, anche se non sembrava. « Anch'io ho qualcosa da dirti, l'ultima volta non ne ho avuto il tempo. »
Lily inclinò la testa verso di lui, curiosa.
« Amavo - amo - il modo in cui conservi ogni mio gesto nella tua mente, era l'unica cosa per cui valeva la pena vivere su questo mondo e mi è mancato il colore dei tuoi occhi. »
In quello strano scenario in cui erano finiti, la chiesa era esattamente come se la ricordavano e creava un po' di nostalgia in entrambi.
« Hai aspettato tanto? » domandò il maggiore.
« Abbastanza » confessò, « massimo un centinaio d'anni. »
« Scusa. » gli scappò una smorfia. « Siamo troppo grandi, intrappolato in dei corpi così piccoli. »
« Meglio così » disse quella, « non voglio che qualcosa fra noi cambi. »
« Sogni ancora il futuro? » chiese.
Lily scoppiò a ridere, divertita. « Rafe, ti pare davvero che qui mi servano i miei poteri? Ricordare, poi, qui è utile ancor meno. »
« Rafe... » biascicò, « era da tanto che non lo sentivo. »
« Che cosa? » domandò. « Rafe? E' il tuo nome, come dovrei chiamarti? »
Sentì le piccole dita familiari incrociarsi nelle sue e pensò che aveva proprio ragione a dire che il loro modo di combaciare le une con le altre era assolutamente perfetto.
« Riesci ancora a percepire i miei sentimenti? »
« Sempre. »
« Ed hai ancora tutti i tuoi ricordi? »
« Sempre. »
« Perché mi sarebbe piaciuto rivederli ancora una volta. »
Lily sorrise, consapevole che anche Rafe lo stava facendo, anche se non si era voltata per accertarsene.
« Sai, volevo chiederti... » iniziò l'altra.
« Sì. » rispose lui, senza manco farla finire.
« Sì, cosa? » chiese la riccia, alzando un sopracciglio. « Idiota. » aggiunse, sfottendolo.
« Se sei stata l'unica? » concluse ciò che voleva dire. « Sì. »
« Davvero? » non riuscì a nascondere quella nota di felicità nascosta fra le lettere.
« Sempre. » rispose sincero, schernendola un poco e la riccia lo guardò storto per questo.
« Ma poi è arrivata lei. »
« L'unica. » ripeté quello, quasi per rassicurarla, scostando una ciocca dei capelli biondi di Kate ed aggiustandola dietro l'orecchio. « Forse è per questo che mi piace. »
« Non mi assomiglia manco un po'. » affermò lei.
« Appunto. »
Dopo quella frase, ricevette una gomitata leggera che lo divertì. Dannazione, se gli era mancata.
Posò la fronte su quella dell'altra e la strinse fra le sue braccia come non faceva da anni. Forse il dottor Pym facendolo morire gli aveva fatto il più grande dei regali. E sorrisero, mentre la solita sensazione li travolse, ma stavolta lo sapevano: si chiamava amore. Ma era possibile dire chi aveva salvato chi?
« Lily. » la chiamò, accarezzandole i capelli. 
« Sì? » fece l'altra, cullata da quel calore nostalgico.
« Grazie. » sussurrò lui.








pandabitch.
*coro angelico*
Non ho la capacità di scrivere per quanto ho sonno.
Domani ho il compito di storia dell'arte - tanto per cambiare - e scrivendo la prima frase mi sono immaginata un quadro sul mio libro coi putti nel cielo, ma dettagli.
Questa doveva essere, un tempo, una one-shot, ma siccomera era troppo lunga l'ho divisa on parti e in effetti è molto meglio.
Per quante volte ho letto, di sicuro ci saranno degli errori, chiedo venia, ho cambiato tipo tre beta-reader ma alla fine penso che tutti avevanolo stesso problema: poco tempo e troppe parole che ti scorcono gli occhi, come a me aesso.
Ringrazio il bao, perché sì, no riesco a formulare frai sensate per il sonno.
E ricordatevi che per contattarmi sono Pandamito EFP su facebook e @pandamito su twitter e per altri link o andate sul mio profilo o chiedete a me.
Quindi bao, baci e panda, Mito.

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