La doppia ombra

di Pillowofwind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo e conclusione ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.
Casteltorrio, 17 gennaio
Finalmente ricomincio a scriverti, alla fine di un periodo difficile; dopo l’accusa d’insubordinazione che mi è costata l’espulsione dall’Accademia Militare non sapevo più che fare della mia vita. Poi è arrivata l’idea di aprire l’agenzia investigativa che mi ha restituito una prospettiva di futuro; ho preso in affitto un paio di locali dell’antica distilleria e li ho ristrutturati da solo, contenendo al massimo le spese. E’ trascorso appena un mese dall’inaugurazione ed ho già un incarico, sono al settimo cielo!

Almaluce Vezzali, una giovane donna gracile, affamata di comprensione, mi ha contattato per fare chiarezza sulla morte di suo padre, facoltoso ed acrobatico imprenditore rinvenuto annegato nelle acque del lago del Tauro undici anni fa, in circostanze che, a quel tempo, non si fece fatica ad archiviare sotto la voce “suicidio”.

“Buongiorno signor…  Icon, giusto? Mai sentito questo nome, da dove proviene?”
“Dalla fantasia dei miei compagni d’Accademia, adesso tutti mi chiamano così.”
“Di sicuro non si dimentica, ma veniamo subito al dunque.”

Almaluce non ha mai creduto a quella sbrigativa conclusione e mi ha proposto di tornare a Casteltorrio per fare chiarezza sul tragico evento. All’inizio sono stato incerto se accettare, ma la cospicua retribuzione che mi ha proposto ha fugato ogni dubbio; ho incassato l’anticipo ed ho iniziato il mio viaggio.

A bordo del mio pick-up ho raggiunto la ridente località dalla quale ti sto scrivendo, incorniciata da monti aguzzi ed improvvise radure animate da cavalli al pascolo, la vista del lago è apparsa abbagliante dopo una duplice curva fittamente alberata. Il bacino è spezzato al centro da un vecchio ponte in ferro che congiunge le sponde nel punto di maggiore distanza e, in prossimità dell’emissario, sorge il borgo dominato dallo sperone di roccia dove da secoli il Palazzo di Guardia veglia sul paesaggio pressoché immutato.

Ho deciso di fermarmi nel piccolo albergo che si incontra salendo, sulla riva destra del lago, ad una manciata di chilometri dal paese. Una costruzione semplice ma in armonia con il contesto, il giardino rigoglioso, il legno bruno degli infissi, l’estremità del ponte utilizzata come darsena per due battelli a pedali ed una lancia celeste che mi suggerisce come concludere questa prima tiepida e promettente giornata di lavoro. Mi è sembrato il posto migliore per organizzare le informazioni che mi procurerò seguendo le indicazioni dei luoghi e delle persone che ho trovato nel promemoria allegato all’assegno di Almaluce.

Abbandonata la sacca all’ingresso ho cominciato a guardarmi intorno; nell’atrio c’è un salottino per la lettura ed il bancone del bar, nella sala da pranzo pochi tavoli robusti e finestre ariose, ovunque poco sfarzo ma un’atmosfera accogliente, domestica, però non c’è anima viva in giro, indubbiamente perché non è periodo da turisti.  E la cosa non mi dispiace affatto. Un cartellino sbilenco sulla porta colorata accanto al bar segnala che quell’area è privata, ho bussato ed ho aperto cautamente anteponendo al mio ingresso la consueta formula:

“Permesso, c’è nessuno?” .
Niente.
Schiarisco la voce.
“C’è qualcuno?”
“Ci sono io, buonasera”.
Dal corridoio compare un ragazzo, avanza verso di me lentamente, ha un che di austero e pare circondato da un’aura magnetica.
 “Vuole una stanza?”

Non riesco a rispondere, sto ancora rimuginando sulla stranezza di quell’apparizione,
“Una singola, suppongo.”

Mi incalza con garbata malizia, probabilmente per scuotermi da quella sospensione incredula, come fosse ben avvezzo a liberare la preda dopo averla infallibilmente trafitta con quello sguardo glaciale ed insieme incandescente.

 “Eh?.. Ah, si, buonasera, dovrei soggiornare per qualche giorno e… non… beh, al momento non posso essere più preciso, spero non sia un problema”.
“Niente affatto. L’accompagno nella stanza panoramica, affaccia sul lago, le piacerà”.

Quanta sicurezza! Penserà di avermi già inquadrato, di trovarsi di fronte al classico viaggiatore solitario in cerca di avventure bucoliche, devo trovare la maniera per chiarire l’equivoco. Ma perché diamine me ne sto preoccupando? Ho guidato troppo e sono stanco, ecco tutto.

La stanza mi piace, aveva ragione. Faccio una rapida sosta e, ritemprato da una doccia, riparto alla volta del paese per avviare subito la mia indagine, scansando la tentazione di indugiare sull’effetto inspiegabile sortito da quell’incontro.

Mi dirigo subito alla taverna della piazza principale dove un numero indistinto di anziani si mescola ad un’esigua rappresentanza di giovani, tutti ugualmente impegnati in agguerrite partite a biliardo. La coltre di fumo di sigarette ed il tanfo tipico delle pareti asfissiate mi rimanda alle ore trascorse al Green River, ti ricordi i tornei della domenica? Metto a frutto queste improvvise reminiscenze cercando di fare domande sulla famiglia Vezzali senza dare troppo nell’occhio, con la disinvoltura di uno che s’imbuca innocuamente nei discorsi da bar. Ma la sola persona che mi accorda attenzione è Pagus, un vecchio appartato, dalla postura malferma, che mi liquida assicurandomi che nessuno avrà niente da aggiungere sui fatti di quella notte, inutile sforzarsi di sembrare un semplice turista curioso.

Aggiunge solo che l’avido magnate del cemento era in realtà soverchiato dai creditori e l’ultima speranza riposta nell’acquisizione del Palazzo di Guardia, in odore di svendita da parte dei proprietari, si era rivelato l’ennesimo fallimento che lo aveva condotto all’estremo gesto. A questa dichiarazione i presenti annuiscono con monosillabi gutturali incomprensibili. Mi congedo abbattuto per essere stato così prontamente smascherato, tuttavia mi incoraggia pensare che una tale unanimità di giudizio debba necessariamente nascondere qualcosa di sospetto.

Al ritorno in albergo mi accoglie una pizza quadrata ed un biglietto dattiloscritto con le istruzioni del microonde e l’invito ad usufruire liberamente della residenza quand’anche vi fossi da solo. Firmato: “Elis”.

Elis…. Ti sembrerà assurdo ma è stato l’unico suono nella mia prima notte a Casteltorrio  evocato dal quieto andirivieni delle onde leggere sul lago.

2.
Casteltorrio, 20 gennaio
La mattina successiva sono tornato in piazza ma non c’era che un ricurvo parroco intento nella messa a fuoco del telescopio del belvedere. Mi sono avvicinato col pretesto di prestargli aiuto ma Padre Stelvio sapeva già tutto di me perché, quando non è periodo di villeggiatura, uno straniero diventa subito oggetto delle conversazioni più irriverenti. Mi ha rivelato che, contravvenendo ai doveri della sua vocazione, ha sempre avuto un’impressione vagamente negativa del Commendator Vezzali  ma, subito pentito di tanta faciloneria, si è sottratto alla richiesta di ulteriori particolari. L’ho lasciato al suo cimento e tentato  il colpo in canonica. Una perpetua raggrinzita mi ha accolto con l’entusiasmo di chi da tempo ambisca a dire la sua:

“Non daremo nell’occhio, sono tutti al mercato a farsi raggirare da quei bottegai di Roccaribalda, figli di lepre. Mi chiami pure Marta”.

Scagliando una sequela impressionante di malevolenze sull’intera cittadinanza di questo e quel paese, mi ha fornito  le informazioni che ti riferisco di seguito:

Il commendatore Attilio Vezzali ricattava Amaranta Aquileja, l’ultima discendente della famiglia che edificò il Palazzo di Guardia, per costringerla a svendergli la proprietà e trasformarla in hotel di lusso. Il padre di Almaluce era infatti venuto a conoscenza di un segreto che la nobildonna avrebbe voluto mantenere tale ad ogni costo. A raccogliere lo sfogo disperato di Amaranta si trovò un giorno Pagus, a quel tempo devoto servitore a Palazzo Aquileja. Egli dopo averla rassicurata che la divina provvidenza non si sarebbe mai dimenticata di lei, tornò dalla moglie e le raccontò commosso il segreto che nessuno doveva sapere.

Sedici anni prima Amaranta Aquileja aveva follemente amato un uomo che non era suo marito ed il frutto di quella travolgente passione venne messo al mondo di nascosto  per risparmiargli la sicura vendetta di Don Alfonso Aquileja. Il bambino, sano e splendente di tutto l’amore da cui proveniva, venne ceduto ad una signora del posto che non riusciva a rimanere incinta. L’accordo tra le due sventurate madri prevedeva l’assoluto riserbo, in primo luogo con i rispettivi consorti. Il buon Pagus si fece promettere altrettanta discrezione dalla moglie che però, evidentemente,  presto o tardi l’avrebbe tradito.

A quel punto nei solchi sul viso scavato della perpetua ho intravisto una lacrima ed ho dato forma all’ipotesi che avevo formulato durante le sue invettive, così, pur rischiando di apparirle insensibile le ho chiesto se fosse lei la moglie di Pagus ed ella, con un gesto di sdegno, mi ha risposto laconicamente:
 “Ero”.

Alla morte del nostro unico figlio per una febbre da tifo, Pagus si è inimicato la felicità consacrandosi al vino ed al gioco d’azzardo, arrivando in poco tempo a perdere i risparmi di una vita, la mia dote e la sua posizione a Palazzo. Quando è stato chiaro che non potesse onorare i debiti accumulati, la comunità lo ha insultato pubblicamente ed io l’ho ripudiato, maledicendolo e maledicendo me stessa per tanta sciagura. Da allora si è esiliato sulla riva più inaccessibile del lago, vivendo di pesca in una baracca di legno che continua ad ingrandire come se dovesse un giorno ospitarvi una regina e la sua corte. Io sono stata accolta da Padre Stelvio nella sua canonica e gli devo una gratitudine inesprimibile. Di tanto in tanto incrocio Pagus mentre arranca verso il bar ma mi guardo bene dal farmi notare, lui fa volentieri altrettanto.”

Le ho espresso il mio rammarico, sincero; Marta, quasi consolandosene, mi confida che la sola persona che non si cura del passato di Pagus e che anzi gli ha donato una capra da latte e lo conforta quando si lascia atterrire dai rimpianti è Elis, figlio dei proprietari del piccolo albergo dove alloggio, che assiduamente sbeffeggia l’intolleranza popolare tenendo compagnia a quel vecchio dallo sguardo limpido. E Pagus  ricambia l’insperata generosità risparmiandogli il dolore di sapere che è proprio lui, Elis il segreto di Amaranta Aquileja.

Una conversazione a dir poco interessante, tuttavia ho l’impressione di essermi imbattuto in una questione più complicata del previsto.

Quando sono rientrato in albergo ho visto Elis che prendeva il largo con la lancia celeste,  l’ho osservato manovrare il timone, fissando lo sguardo verso un punto lontano e, pian piano, scomparire dietro le anse del lago. Non so come dirti, ma ho provato una sensazione dolorosa, un grido interiore senza uditorio. Avrei voluto rincorrerlo e scrutarlo nel fondo di quegli occhi infiniti per cogliervi una traccia di consapevolezza di questi fatti che lo riguardano molto, molto da vicino. Sono più che mai determinato a conoscerlo meglio, a coinvolgerlo nelle indagini perché, a questo punto, è chiaro che sarebbe di enorme aiuto. So anche che dovrei aggiornare Almaluce ma dubito possa giovarle scoprire che il padre era un ricattatore sull’orlo del fallimento.
 
 
 
3.
Casteltorrio, 25 gennaio
Al contrario di quanto temessi, non si sta rivelando troppo impervia la strada verso Elis. Sembra ricambiare il mio interessamento, seppure in maniera molto contenuta. Già da un paio di mattine ci incontriamo in giardino e ci sediamo qualche istante per bere il vigoroso caffè di Matilde e commentare lo spettacolo delle anatre che si rincorrono ai bordi del lago producendosi in singolari coreografie.

Ti ho parlato di Matilde? Cuoca incredibilmente dotata, prodigiosa interprete delle più svariate esigenze dei clienti ed, al momento, unico aiuto concreto di Elis nella gestione dell’attività. Rimastagli accanto quando i suoi genitori hanno deciso di trascorrere gli ultimi anni della loro vita rifugiati nel pensionato di Roccaribalda, si infiamma come una bambina a spiegarmi che nessuno avrebbe scommesso un soldo sul futuro dell’impresa solitaria di Elis ed invece eccolo lì, anno dopo anno, a mandare avanti la baracca con quieta dedizione. Elis ascolta in un silenzio indulgente, poi descrive la sua famiglia con il solito distacco e non mi è difficile immaginare la sua infanzia ed adolescenza adombrate da un clima di perenne tensione. 

“La tirannia esercitata da mio padre non gli fa onore. Né fa onore a mia madre non avervi mai opposto resistenza. Quando hanno compreso che non era più tempo per me di sottostare a quel regime, hanno battuto la ritirata. ” 

Si esprimeva come se descrivesse una  guerra, evidentemente per lui lo era stata.

“Hai tempo di dare un’occhiata al fusto della birra? Non riesco a sganciarlo"
Aveva già richiuso quell’uscio, lasciandomi però intravedere l’interno.

Appena finito col sifone, Matilde mi ha preso da parte; non si faceva capace di quanto si fosse aperto con me, non parlava mai del suo passato, a stento discuteva del presente e comunque mai di sé. Ne sono compiaciuto ma, al contempo, mi sento investito di una grande responsabilità; sta cercando di farmi capire che è giunto il momento che qualcuno si addentri in quella trama oscura e, rispondendo a chissà quale istintivo richiamo, ha scelto me.

Biglietto di Almaluce:
Attendo notizie, sei annegato anche tu? Le  ciance dei torresi ti avranno snervato; tieni duro! Prima che te lo dicano loro, ma forse te l’avranno già detto, sì, è vero, io ed Elis, il figlio dei gestori dell’albergo dove sei alloggiato, avevamo una simpatia da ragazzini, quello che oggi si definisce flirt stagionale. Si è rinnovato ad ogni estate, fino alla morte di mio padre,  ma non siamo mai andati oltre lo scambio lacrimevole di qualche insignificante pegno d’amore, da parte mia, ovviamente. Il suo carattere è una fortezza inespugnabile, scommetto che è anche peggiorato. Ti confesso che mi piacerebbe averti ingelosito! Non sarebbe fantastico incarnare il cliché dell’investigatore che s’innamora della cliente più problematica?!
Scherzi a parte, fammi avere presto un cenno, cari saluti,
Almaluce, Centrocittà, 7 febbraio.
.
Casteltorrio, 15 febbraio
Hai ragione a sollecitarmi, lo ha fatto anche la mia cliente, ho lasciato trascorrere troppi giorni!
Comunque mi sono dato da fare, ho avuto lunghe conversazioni con quasi tutti gli abitanti di Casteltorrio ma, come aveva predetto Pagus, nessuno si è sbilanciato più di tanto sui fatti di quella notte. In compenso si va rafforzando la mia intesa con Elis, che ha voluto condurmi a visitare molte amene località nei dintorni. L’ho aiutato a risistemare la piccola scuderia per avviare in estate il corso di equitazione per bambini e abbiamo trascorso la notte di luna piena ad aspettare che i cervi scendessero ad abbeverarsi al lago. Quando è apparso il primo esemplare, maestoso e leggiadro come il sovrano di un regno oltre le nuvole, la mia soddisfazione è esplosa in un grugnito che per poco non ha vanificato il compenso di quella stoica attesa!

Quella stessa notte Elis mi ha parlato dei suoi genitori e mi ha chiesto come mai non avessi ancora voluto intervistarli per la mia indagine. E, siccome ogni volta che mi parla s’immerge con gli occhi nei miei come se non volesse più risalirne, non riesco mai a sfuggire da quello che intende ottenere:

“Circolano voci che mi hanno messo a disagio, non voglio che tu ne sia toccato”.
“So bene di che si tratta, non è importante. Andremo a trovarli presto”.

Sembrava sollevato, io di certo lo ero, avevamo varcato quella soglia di confidenza che poteva portarci molto lontano.
“Allora, come succede che una persona decida di fare un lavoro da telefilm come il tuo?”
“Dai, Elis, non fare del sarcasmo, il mercato dell’adulterio non conosce crisi…”
“Eppure il tuo primo incarico è ben diverso da un banale caso di tradimento!”
“Non è detto….ma, scusa, cosa ti fa pensare che questo sia il mio primo caso? Ho proprio l’aria da matricola oppure la leggendaria rete d’informazione paesana ha frugato nel mio curriculum?”
Nessuna risposta, gli piace mantenere lo scettro del mistero.

Qualche giorno dopo abbiamo preso il tè sulla veranda del pensionato con i genitori di Elis. La coppia aderiva fedelmente alla descrizione che lui ne aveva fatto; il padre, arcigno e livoroso, indubbiamente conosceva il segreto della moglie e se ne era fatto divorare lo spirito.La madre, esausta, leggermente instupidita dall’eterna sottomissione a quel marito dispotico e brusco.

 “Il Commendatore…Attilio, Attilio, lui….il nostro cliente più prezioso, sa? Ogni estate, da quando la moglie lo aveva lasciato….da noi veniva, solo da noi! E dire che poteva andare ovunque….Oh, e la figliola poi…tanto carina, così a modo. Lei ed Elis…beh, insomma, erano adolescenti, sa, …il matrimonio del secolo! Tutti ne parlavano in paese! Se solo nostro figlio avesse avuto un carattere più docile, più accondiscendente…”
 
Faticavo a trattenermi dal farle notare che c’erano ben pochi presupposti perché Elis crescesse con un simile carattere.
La signora ha abbassato la voce, saettando uno sguardo verso il marito, voleva essere certa che il marito non ci stesse ascoltando e ha continuato: “Ci abbiamo riflettuto tanto, sa, glielo dica lei ad Elis, non abbiamo mica deciso come se si trattasse di fare una passeggiata, lui deve convincersene prima o poi! E perdonarci….”
“Parla dell’hotel, signora?”
“Eh… l’Hotel, chissà oggi cosa sarebbe se quella notte…. “
“Quella notte, cosa?”

Cominciavo ad agitarmi ma riuscivo  a dissimulare per non attirare l’attenzione di Elis e del padre che discutevano di contabilità.
Educatamente ho sollecitato la signora, che si torturava le mani come se i ricordi dovessero uscirle da lì; infine, in preda ad uno spasmo rabbioso, si è liberata del peso con il quale lei e il marito convivevano da tutti quegli anni.
Fine prima parte.

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo e conclusione ***


Il mio fedele pick up ci stava riportando verso Casteltorrio, Elis era torvo, contrariamente al solito non mi guardava mai negli occhi.

Era chiaro che la conversazione tra me e sua madre lo aveva turbato, così tentai di affrontare l’argomento trasversalmente;

“Secondo te come sta tua madre? Voglio dire, credi che sia completamente instabile?”

“Faresti prima a chiedermi se quanto ti ha detto è vero, dato che questo vuoi sapere.”

Sembrava tornato all’indifferenza dei primi giorni, con l’aggiunta di un’inedita nota di spregio nei miei confronti. Stavo sbagliando a prendere così alla larga un discorso tanto delicato, forse è vero, ma potevo fare altro? Il racconto di sua madre mi aveva lasciato dapprima perplesso e poi inorridito. Avrei dovuto mostrare ad Elis tutto il mio sgomento senza lasciare neppure uno spiraglio alla possibilità che si trattasse dell’invenzione di una povera donna fuori di senno?

“E’ così, è andata esattamente così.”

Come da un soffio lontano.

Ho insistito per fermarci sul bordo della strada e scendere dall’auto per una boccata d’aria; stavo per dare i numeri anch’io e non era prudente guidare in quello stato. Lui non si è voluto muovere, ha abbassato il finestrino seguendomi furtivamente con lo sguardo mentre mi appoggiavo alla portiera, dal suo lato.

Benché gli stessi di spalle, o magari proprio per questo, ha sentenziato con ironica mestizia;

“Non si salva nessuno, da queste parti. Al posto tuo farei i bagagli e tanti saluti all’onorario.”

Ho acceso la prima sigaretta dopo mesi di virtuosa astinenza e mi sono sistemato più comodamente contro la portiera per avvicinarmi al finestrino da cui proveniva il suo respiro calmo, impassibile.

“Faresti prima a dirmi… che vorresti non avermi più intorno!”

Speravo di farlo sorridere con la parodia della sua sprezzante esortazione di prima e invece giocherellava distratto con la mia piastrina militare appesa allo specchietto retrovisore.

“Non ti ci vedo in una caserma.”

“E infatti eccomi qui.”

“Cos’hai combinato, esattamente?”

“E’ una lunga storia, diciamo che non faceva per me, con buona pace della mia famiglia.”

“Suppongo che entrambi possiamo vantarci di averli delusi con successo”.

Ho sorriso con levità. Forse anche lui.

Finita la sigaretta siamo ripartiti con un cielo minaccioso che incombeva alle nostre spalle.

Non so cosa mi abbia fatto più male, scoprire il passato di Elis o ripensare al mio. Al nostro. Sai meglio di me che la scelta di spedirmi in Accademia non fu esclusivamente una questione di tradizioni da rispettare e se non riesco a perdonare io, mi chiedo in che modo possa riuscirci Elis.

Tradito dalle persone che dovrebbero amarti più di ogni altra cosa al mondo.

Posso dirlo di me, come di lui. Probabilmente ci siamo riconosciuti da questo lugubre marchio che ci contrassegna come bestie scampate al macello.

Non biasimarmi per non averti ancora raccontato ciò mi ha detto la madre di Elis, ho dovuto lavorarci su, mitigare la rabbia e sostituire la frustrazione con la razionalità necessaria per proseguire la mia indagine. Adesso che mi accingo a parlartene, mi rendo conto che non mi è più possibile mantenere la distanza di sicurezza tra me e questi eventi, queste persone, e soprattutto da Elis, ovviamente:

Una sera d’estate come tante altre, il Commendator Vezzali fece un discorso ai genitori di Elis: mancava poco per concludere l’accordo con Donna Amaranta Aquileja, questione di giorni, puntualizzò, e sarebbe diventato il nuovo proprietario del Palazzo di Guardia. Per una cifra irrisoria sulla quale i genitori di Elis preferirono non interrogarsi.

All’entusiastico preambolo del Vezzali seguì la proposta di entrare in società con lui per la trasformazione del Palazzo in residenza di lusso; i profitti non avrebbero tardato a soddisfare i più rosei pronostici grazie alle sue frequentazione altolocate. L’attrattiva dell’operazione era innegabile, ai genitori di Elis brillavano gli occhi dall’emozione.

Tuttavia erano pronti a metterci subito una pietra sopra; i loro risparmi non sarebbero mai stati sufficienti per acquisire la loro quota, per quanto il Commendatore avesse voluto agevolarli, avevano pur sempre solamente i frutti del modesto rendimento che garantiva il piccolo albergo. A meno che… Corsero dritti col pensiero al matrimonio del secolo, quello di cui tutti in paese già parlavano da una vita. Certo, i ragazzi erano molto giovani, minorenni addirittura, ma chissà che con le illustri conoscenze del Commendatore non si sarebbe potuto ovviare a quel fastidioso intralcio giuridico.

E invece…..Quella sera d’estate, uguale a tutte le altre, con i tavoli all’aperto e le gare di pesca notturna, la proposta del Vezzali tuonò nella quiete della normalità in tutta la sua oscena essenza.

Egli voleva Elis. Non per sua figlia, per se stesso.

Quell’attrazione inconfessabile era maturata nel silenzio dei lunghi soggiorni, anno dopo anno, nutrita dalle poche parole scambiate durante una gita in battello o una passeggiata nei boschi. Si trasformò poi in malata ossessione quando diventò evidente che Elis ed Almaluce si sarebbero apprestati a condividere ben più d’una semplice simpatia adolescenziale. Infine divampò in tutta la sua turpitudine quando ci fu l’opportunità di offrire ai genitori di Elis una merce di scambio per appagare quell’indegna perversione. Il Vezzali era certo che, soprattutto per il padre, non sarebbe stato un vero sacrificio barattare l’innocenza del figlio sul quale erano sempre piovute tutte quelle insinuazioni tra i compaesani, con il prestigio di un’elevata posizione sociale. Ed era altrettanto sicuro della totale arrendevolezza della madre al volere di suo marito.

Nessuno può neppure immaginare cosa possa aver provato Elis quando i suoi genitori gli hanno riferito di aver accettato quella vergognosa proposta.

Ma forse io, noi, possiamo averne un’idea, sia pure lontana, non trovi?

Adesso non posso fare a meno di pensare che Elis sia in qualche modo coinvolto nella morte di colui che stava per diventare il suo aguzzino, tuttavia mi chiedo se sarò capace di denunciarlo nel caso in cui riuscissi ad averne le prove.

Ho deciso di andare a parlarne con Pagus; stando a quello che mi ha detto Marta, lui ed Elis sono buoni amici.

Non esiterò ad aggiornarti presto.
 
Casteltorrio, 20 marzo

L’incontro ha preso una piega imprevista: il vecchio ed Elis stavano preparando la legna per la comitiva di ospiti che arriverà in occasione del solstizio di primavera. Mi hanno accolto prendendo in giro il mio tempismo ed hanno iniziato ad interrogarmi per decretare chi tra loro fosse il più abile con l’ascia, salvo poi concordare sghignazzando che la mia valutazione non contasse un granché.

Complice il buon vino che Pagus mi ha offerto, si è aperta una breccia nel muro che avevo eretto per impedire ai fatti di collegarsi tra loro e connotarsi di una logica che mi avrebbe costretto a prendere una posizione definitiva in questa  vicenda.

A vederli insieme, erano l’immagine della consolidata ed inattaccabile fiducia reciproca che unisce i fratelli, anzi, i veri amici. No, nemmeno: i complici.

Ho aspettato che Elis andasse via, ho ingollato l’ultimo bicchiere ed ho guardato Pagus dritto negli occhi:

“Devi dirmi cosa ricordi veramente di quella notte. Sono convinto che Elis c’entri qualcosa ma non ho nessuna intenzione di mettere a rischio la nostra amicizia per un semplice sospetto, aiutami a fare chiarezza, te ne prego.”

Volgendo altrove lo sguardo, forse per chieder consiglio all’orizzonte, mi ha concesso un solenne:  “so tutto, io c’ero”.

“Sono troppo vecchio per portarmi ancora dietro questo segreto, il secondo segreto di Elis di cui mi sono fatto carico. Presto morirò e, se il Dio di padre Stelvio non mente, mi ricongiungerò al mio povero figliolo. Vorrei però essere sicuro che qualcuno resterà vicino ad Elis, ne ha bisogno, tu mi sei subito sembrato la persona giusta. E spero proprio di non sbagliarmi.”

“Non ti sbagli, vecchio.”

La mia ebbra fermezza deve averlo convinto perché ha proseguito il racconto come se stesse redigendo il suo testamento:

“ L’appuntamento era sul ponte, il Commendator Vezzali avrebbe riscosso il dovuto nella vecchia baracca di legno, approfittando della mia assenza; come al solito a quell’ora sarei stato accasciato su qualche sgabello del bar, lo sapeva bene.
Quello che non poteva sapere era che, prima di andare ad ubriacarmi, avevo scrupolosamente provveduto a segare un pezzo della balaustra dove Elis si sarebbe fatto trovare fingendo di esservi appoggiato.

Non fosse stato per il quarto di luna crescente riflesso sul lago, il buio sarebbe stato assoluto.

Al primo approccio famelico del Vezzali, Elis si scostò docilmente dalla balaustra e lasciò che lo slancio del Commendatore facesse il resto. La balaustra cedette e con essa quel corpo pesante pieno di colpe. Elis si sporse a contemplare lo spettacolo della disperata battaglia del Vezzali contro l’abisso che inesorabilmente lo ingoiava. Il suo sospiro orgoglioso deve aver riecheggiato in quella notte scura e in tutte le altre trascorse a rivivere con la memoria quel momento.

Incamminandosi con estrema calma verso casa, si deliziava al pensiero della delusione che avrebbe procurato ai suoi genitori.
Poi si convinse che non era il caso di raccontare loro la verità e recitò la parte che meglio sarebbe stata accolta; lo aveva atteso a lungo, ma il Vezzali non si era presentato, forse perché preda di repentini sensi di colpa. Rinunciò a rivendicare le sue ragioni sulle espressioni afflitte dei suoi genitori ed andò a dormire tranquillo.

Poco prima dell’alba, tornando dal bar, rimpiazzai il pezzo di balaustra mancante con uno di quelli abbandonati da secoli nel deposito comunale e andai anch’io a dormire tranquillo.”

E’ stata una rivelazione ma soprattutto una liberazione. Per me e per Pagus che da tanti anni custodiva fedelmente questo segreto come pegno per la sincera amicizia di Elis. L’ho ringraziato per avermi considerato adatto a prenderne parte e sono uscito dalla baracca di legno rafforzato dalla consapevolezza della verità, finalmente spogliata di ogni peso.

E’ dunque questo che mi ha avvicinato ad Elis fin dall’inizio. Aver provato sulla nostra pelle la paura senza nome di chi è costretto a fare i conti con qualcosa di più grande delle proprie forze, che ci mette alla prova. Facendoci crescere in un solo istante, sbalzandoci a mille miglia di distanza dalla nostra condizione di innocenti.

Non è successo lo stesso a me quando ho accettato, sopportato, l’arruolamento?

Quando mi sono procurato l’espulsione non ho forse gettato il mio Vezzali dalla mia balaustra?

Mi dispiace per Almaluce ma non sarà da me che scoprirà la verità su suo padre.

Sono tornato in albergo ed ho attraversato l’atrio alla ricerca di Elis.

L’ho trovato impegnato nella preparazione delle camere e, senza dargli il tempo di voltarsi, stringendolo per un braccio, l’ho costretto a guardarmi negli occhi come aveva smesso di fare dal giorno in cui avevo parlato con sua madre; quando ha ceduto alla mia presa ho allentato la stretta ed ho chiamato a raccolta tutte le mie energie per fargli capire cosa provavo, senza doverlo sottoporre allo strazio delle parole. Si è abbandonato su una sedia e con uno sguardo ardente di fiducia mi ha chiesto cosa avessi intenzione di fare.

Ci ho pensato un po’, ma davvero poco e gli ho risposto:

“Ti aiuto con gli ospiti”.

Il primo, lieve, sorriso che abbia mai visto sul suo volto ci ha illuminato entrambi. Ed abbiamo continuato a sistemare le stanze, insieme.  

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