The weeping London.

di Miriko96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A study in statues ***
Capitolo 2: *** Stuck as humans. ***



Capitolo 1
*** A study in statues ***


Nota:

Questa è la mia primissima Fanfiction, e in quanto tale non pretendo che sia chissà che opera d'arte, ma sentivo il BISOGNO
compulsivo di scrivere qualcosa sul cross-over SuperWhoLock. A quanto pare esistono un sacco di ff in lingue straniere, ma ho faticato
a trovarne in italiano, quindi, perchè no?
Certo, devo ammettere che non mi sono scelta un soggetto semplice per iniziare quella che sarà una più-che-breve "carriera" nel mondo delle
fanfiction, e anche se la storia non è troppo originale (ho visto di molto meglio in giro, ma purtroppo la mia fantasia non è altrettanto allenata ^^")
dal punto di vista della trama, cercherò di compensare con il collegamento che si creerà tra i vari personaggi...Vediamo cosa ne esce fuori.

Personaggi principali: Sherlock Holmes, John Watson, Eleventh Doctor, Castiel, Dean, Sam.

Primo Capitolo
Il primo capitolo vede solo i personaggi di John e Sherlock. Considerando la lunghezza media di quello che dovrò scrivere
penso che il secondo introdurrà il dottore e il terzo Dean,Cass e Sam. Non voglio spiaccicare tutto insieme, tanto
(almeno spero) i prossimi capitoli usciranno nei giorni successivi quindi non ci sarà da aspettare. Buona lettura!







John suonò al campanello del condominio, schiarendosi la voce per rispondere alla signora che gli parlò dal citofono.
Detestava doversi occupare di queste faccende per Sherlock, d'altro canto, era sollevato al pensiero che questa povera donna
avrebbe dovuto discutere del suo scomparso marito con lui e non con il suo non-esattamente-sensibile coinquilino.
Questa faccenda delle sparizioni misteriose aveva fatto impazzire tutti i telefoni di scotland yard, e di certo il consulente investigativo
non se ne sarebbe stato in disparte, tantomeno dopo aver ricevuto una richiesta d'aiuto direttamente dall'ispettore Dimmock, consapevole
di quanto questo lo avesse ferito nell'orgoglio.

Dopo cinque piani di scale, alquanto inadatto ad una signora che si avvicina alla sessantina pensò John, il medico arrivò di fronte alla porta, semi aperta,
dell'appartamento, dalla quale spuntò una signora molto minuta dai capelli biondo platino (probabilmente tinti, a giudicare dall'aspetto impeccabile e curato della donna)
che fece segno all'uomo di entrare. John si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso la poltrona nel salottino dove era stato gentilmente invitato a sedersi,
tirò fuori il taccuino dalla tasca interna della giacca e sorrise di rimando alla padrona di casa.
"Allora signora Murray, cosa sa dirmi dell'ultima sera in cui ha visto suo marito?" chiese John, cercando di sembrare più professionale possibile, senza però mettere
a disagio la donna. "Era uscito all'incirca verso le 7:30 per tornare alla Biblioteca dopo essersi accorto di aver dimenticato la sua valigetta, aveva passato lì tutta la mattina, ma non è più tornato. Ho pensato che quel vecchio pazzo di Henry lo avesse trattenuto ulteriormente con una delle sue sciocchezze sulle statue e che questo fosse il motivo del suo attardarsi,
ma passata l'ora di cena ho iniziato a preoccuparmi così ho provato a chiamarlo, ma non mi ha risposto. La mattina seguente ho chiamato la polizia e beh, il resto lo sa anche lei, non che sia molto."
John scrisse qualche nota nella piccola agenda poi si voltò verso il viso della donna, che ora sembrava più angosciato, mentre il suo era più che altro confuso, si portò un dito
alle labbra per riflettere e poi chiese "Henry? E scusi ma cosa intende esattamente per 'sciocchezze sulle statue'?"
"Henry è un amico di vecchia data di mio marito, andavano al liceo insieme e hanno sempre condiviso una passione -che ho sempre ritenuto frivola- per le storie
di fantasia e mistero. Ultimamente erano entrambi ossessionati dalle statue. Si figuri che una sera mio marito tornò a casa e vaneggiò per quasi 2 ore come un
folle, perchè era convinto di averne vista una muoversi. Dopo quell'evento lui ed Henry si videro in biblioteca quasi tutti i giorni, per studiare non so che fandonie riguardo
stregonierie simili. Erano entrambi certi che le statue fossero vive, che si muovessero senza farsi vedere, e che fossero addirittura pericolose. Certo, ovviamente non crederà che  tutte queste scemenze c'entrino qualcosa con la sparizione di mio marito, vero agente?" rispose la signora, abbozzando una risata.
John rimase spiazzato dalle parole della donna, di certo non era una cosa ordinaria, anche se ormai il suo concetto di "ordinario" era stato più che stravolto, dato la routine nel 221B.
Si limitò a sorridere e continuò a fare domande da protocollo.

All'incirca mezz'ora dopo, John tornò in strada, diretto verso casa. Quasi riusciva a sentire la voce di Sherlock :"Perchè ci hai messo così tanto John?!" beh aveva ben poco di cui lamentarsi, dato che stava svolgendo quello che in teoria era il suo lavoro, solo perchè signorino MindPalace necessitava di un intero appartamento vuoto per pensare.
Al contrario, quando entrò nell'appartamento e trovò il suo coinquilino seduto sulla poltrona che suonava il violino, questo a malapena si accorse della sua presenza finchè l'altro non tossì volutamente ad alta voce. John fece un veloce resoconto delle informazioni che aveva raccolto (secondo lui abbastanza inutili per il caso), mentre Sherlock si limitava a dare segni di vita solo per chiedere dettagli apparentemente casuali e per il resto del tempo fissava un punto della stanza con le mani congiunte alle labbra.
"Allora, cosa ne pensi?" chiese il dottore dopo aver letto tutti i suoi appunti. "Tutte informazioni che già possedevo grazie alle dichiarazioni lasciate alla polizia. Anche se devo dire che sono incuriosito su quell'aneddoto riguardante le statue." rispose, quasi in monotono, Sherlock.
"Se già sapevi cosa mi avrebbe raccontato perchè diavolo mi hai mandat- Oh no! Non dirmi che seriamente era una scusa qualunque per non avermi tra i piedi!" disse con tono irritato John, "A dire il vero è MOLTO interessante, si da il caso che una delle altre persone scomparse sia stata filmata da una telecamera di sorveglianza
mentre indicava una statua e poi fuggiva. Questo prima che il video fosse rimpiazzato da interferenze." Sherlock continuò il suo ragionamento, ignorando completamente il povero Watson che avrebbe probabilmente voluto strozzarlo con la sua preziosa sciarpa blu.

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Capitolo 2
*** Stuck as humans. ***


"Acciuffate quel mascalzone!!" gridò la guardia brandendo una spada nella mano.
Il Dottore corse fino alla sua cabina e si chiuse le porte alle spalle.
"Ok. Forse è stato un errore baciare la loro regina, ma dai! Condannarmi alla decapitazione non è un po' esagerato?!"
Alcune delle guardie iniziarono a colpire le porte con un grosso tronco di legno, e il Dottore fece un balzo staccando la schiena
dall'entrata. "Va bene ho capito siete suscettibili! Sarà meglio andarsene in fretta da qui, vero Sexy?" disse aggrappandosi allo scorrimano e dirigendosi
verso i controlli. Mentre all'esterno si sentivano soldati urlare e dare colpi alle porte, il Dottore calibrò alcuni comandi girando una sfera con le dita e alzando qualche leva.
Il TARDIS cominciò a tremare facendo il suo tipico suono e le voci all'esterno scomparvero, anche se probabilmente con quel trambusto non si sarebbero sentite in ogni caso.
Il Dottore venne sballottato da una parte all'altra e quasi cadde giù dalla rampa prima di aggrapparsi ad una delle ringhiere ed urlare "GERONIMOOOOOO!".

Quando la cabina atterrò, il Dottore si alzò in piedi sistemandosi il cravattino e pulendosi la giacca. Si avviò verso l'uscita e aprì le porte (come sempre nel verso
opposto a quello indicato sulla targa esterna) "Bene. Mi ci voleva proprio un bel viaggio alle Hawa- hey. Ma che?" il sorriso che un attimo prima aveva stampato in faccia
si tramutò in delusione, come un bambino quando riceve un maglione invece del giocattolo che desiderava.
"Ma questa è Londra. Si, e se non vado errato è la Londra del tempo di Amy e Rory. Perchè diavolo mi hai spedito qui maledetto catorcio?!" disse girandosi verso la console,
come se effettivamente potesse rispondergli. Beh, parlava sempre con il Tardis quando era da solo.
Richiuse le porte e guardò il monitor. "...Qualcosa qui non va." disse risettando i comandi, e spingendo nuovamente la leva che lo aveva portato lì. Il Tardis ricominciò a muoversi,
ma prima di atterrare ci fu una forte spinta, quasi come se fosse stato colpito da qualcosa, alcuni pulsanti andarono in cortocircuito emettendo delle scintille e il Dottore fu costretto ad allontanarsi
cadendo sul divanetto. "Che sta succedendooo?!" urlò il Dottore cercando di non cadere, e all'improvviso tutto si spense. Alcune luci si riaccesero pochi istanti dopo, come se si fosse attivato
un sistema d'energia di emergenza, ma i comandi non rispondevano e il tutto non sembrava intenzionato a muoversi.
"È come se qualcosa avesse respinto il Tardis prosciugandone l'energia, ma come è possibile?"
il Dottore guardò nuovamente il monitor e analizzò tramite esso l'area che lo circondava. "Oh no. Sono bloccato. Bloccato sulla Terra! Come un normale essere umano!" si sentì quasi in colpa di averlo detto finchè non si ricordò di non avere compagni umani nei dintorni in quel momento. Prese il cacciavite sonico dalla tasca della giacca e uscì all'esterno.
Iniziò a sventolare il cacciavite ovunque, puntandolo in direzioni diverse e attirando l'attenzione di diverse persone logicamente perplesse alla visione di un uomo vestito in modo così bizzarro
intento a gesticolare in modo imbarazzante con una specie di penna luminosa.
Il Dottore non ci fece caso, dato che in quel momento era troppo occupato a captare segnali per niente rassicuranti intorno a se e a quelle persone.
"L'intera città è bloccata in un flusso di distorsioni temporali, come una trappola creata per non far teletrasportare nessuno all'esterno, ma la domanda è: chi è stato a farlo e perchè?"
borbottò il Dottore facendo scattare il cacciavite e osservandolo. In un modo o nell'altro, era diventato un suo problema, dato che il Tardis era fuori gioco e lui era rinchiuso lì.

Deciso a scoprire cosa fosse successo in quella città, si diresse verso un'edicola e comprò un giornale, per cercare qualche informazione utile.
"Oh! Giornali! Adoro i giornali!" esclamò ancora prima di averlo sfogliato.  In prima pagina vide la foto di un uomo con un buffo cappello e, impresse sopra la foto,
a caratteri cubitali, vi erano le parole "Sherlock & John, blogger detective".
"Beh potrei cominciare da qui." disse leggendo l'indirizzo e cercando di capire quanto fosse distante da quel posto.
Fortunatamente per il Dottore, che non era abituato a mezzi pubblici di alcun genere o a spostamenti così lenti, si trovava a pochi minuti di distanza da Baker Street, che quindi raggiunse a piedi, chiedendo più volte informazioni a dei passanti. Giunse davanti ad una porta in legno nero, quasi nascosta dal tendone del bar alla sua destra, sulla quale luccicavano le placche dorate "2-2-1-B".
Il Dottore suonò al campanello e, nemmeno un minuto dopo, venne ad aprire una donna anziana che sorrise gentilmente alla vista dell'uomo.
Con molta fretta lui tirò fuori dalla giacca la carta psichica mostrandola di sfuggita alla donna, inventandosi il nome di una professione che -almeno- suonasse importante, e senza troppi convenevoli entrò in casa. "Oh! Sherlock! C'è qui un signore molto affascinante che vorrebbe parlare con te!" gridò la donna voltandosi verso la porta in cima alla rampa di scale.
Anche se non era troppo convinta di aver capito esattamente chi fosse quell'uomo, era abbastanza abituata a gente strana che vagava per il suo appartamento, compreso lo stesso Sherlock, quindi non si fece troppe domande. Il Dottore salì la stretta scalinata facendo due gradini alla volta, e prima che potesse posare la mano sulla maniglia, la porta si aprì dall'interno.
Il Dottore dovette abbassare lo sguardo per poter guardare negli occhi colui che gli stava di fronte, che era decisamente più basso di lui.
Era un uomo dai capelli corti biondo cenere, gli occhi blu scuro e di carnagione fin troppo abbronzata per un londinese. Indossava un maglione color panna e aveva in mano una tazza di thè ancora fumante quando gli chiese chi fosse. "Sono il Dottore! E ho bisogno del vostro aiuto!" disse con un sorriso pimpante facendosi strada nella stanza.
"Un dottore? Che coincidenza, anche io sono un medico! John Watson, piacere!" disse posando la tazza così da poter stringere la mano al nuovo conoscente.
"No a dire il vero non sono esattamente esperto in campo di medicina, mi considero più un dottore in ogni campo!" rispose mentre era intento a toccare ogni oggetto che catturasse la sua attenzione nella stanza. "Ah e....scusi la maleducazione del mio collega, Holmes, ma a volte è così concentrato a pensare che nemmeno si accorge di tutto ciò che gli accade intorno.." disse John mandando una frecciatina a Sherlock, dato che era ancora irritato per ciò che era successo quella mattina.
Quest'ultimo era in piedi davanti alla finestra, che pizzicava le corde del suo violino in modo distratto, emettendo dei suoni disarmonici.
All'improvviso si voltò di scatto e quasi lanciò lo strumento sul divano, lanciando un'occhiata a John come per dire Guarda che ti ho sentito.
Poi il suo sguardo si posò sull'altro uomo nella stanza. A risvegliare la sua attenzione in realtà, non era stata la futile battutina sarcastica del suo coinquilino, ma la frase dello sconosciuto.
"Dottore in ogni campo", suonava strana persino per lui, che d'altro canto, aveva inventato il nome per il suo lavoro. L'uomo in questione era alto e magro come lui, indossava un vistoso cravattino rosso -Scelta piuttosto discutibile- sopra una camicia azzurra con delle bretelle, anch'esse rosse. Sopra di essa, portava una giacca marrone con delle pezze sui gomiti, probabilmente volute e non dovute ad uno strappo. I pantaloni erano lunghi e neri, con la vita molto alta, e le scarpe, decisamente enormi, erano nere. Sherlock iniziò ad analizzare la persona che gli stava di fronte, facendo deduzioni decisamente dettagliate nei pochi secondi che bastarono all'altra persona per fare un passo avanti e tendergli la mano.

L'aspetto dimostrava approssimativamente 30 anni, anche se lo sguardo nei suoi occhi sembrava suggerirne molti di più, "una futile impressione basata su un'opinione e non un dato effettivo", pensò correggendosi Sherlock. Le sue mani non mostravano calli o cicatrici, e le sue unghie erano altrettanto pulite, quindi non svolgeva un lavoro manuale. I suoi vestiti erano puliti, ma sembravano essere stati usati molte volte e probabilmente sottoposti a diversi tipi di temperature, dato lo sbiadimento dell'azzurro della camicia. Un angolo della giacca era leggermente sgualcito, come se fosse stato bruciato, Sherlock pensò di riconoscere quella sfilettatura del tessuto come un colpo di arma da fuoco o simile. Nella tasca interna della giacca si trovava un oggetto, delle dimensioni di una penna all'incirca, mentre nell'altra riusciva ad intravedere un pezzo di plastica nero, come un portafoglio ma decisamente più sottile, probabilmente una carta d'identità, che era stata appena riposta. Sui pantaloni notò una piccola macchia di polvere terrosa, decisamente insolita, sembrava appartenere ad un luogo di campagna, sicuramente non di città. Questo voleva dire che l'uomo veniva da fuori, probabilmente era arrivato da poco e non si era ancora cambiato i vestiti. Questa sua teoria venne confermata e approfondita dallo stato delle scarpe: sembravano nuove, ma le suole erano molto rovinate, come se fossero state usate molto spesso per correre. Non erano certamente scarpe da corsa però, questo voleva dire che le suddette corse non erano programmate o volute.
"È un uomo che viaggia molto e si trova spesso a fuggire da situazioni pericolose, non è vero signor...scusi ma non ho afferrato il nome."  disse Sherlock stringendogli la mano.
"Dottore. Solo Dottore." disse meravigliato, ricambiando la stretta di mano. "Come sarebbe a dire solo Dottor-" provò a chiedere John, prima di essere interrotto (come al solito) da Sherlock.
"Ha detto di necessitare del nostro aiuto, di cosa si tratta?" disse, senza mostrare troppo interesse. Solo in quel momento il signore del tempo realizzò che non poteva esplicitamente domandare a due esseri umani comuni ciò che realmente gli serviva, così dovette rimanere vago. "È successo qualcosa di strano a Londra in queste ultime...diciamo....32 ore?" in qualunque modo la si ponesse, rimaneva una domanda bizzarra. "Dipende dalla sua definizione di 'strano', nel nostro ambito sicuramente sì. Molte persone sono sparite nel nulla. Persone che non hanno apparentemente niente in comune o di speciale. Io e il mio collega Watson stiamo indagando a riguardo, quindi non si preoccupi." disse il consulente investigativo, con tono un po' arrogante. "Nulla in comune se non si conta quella strana faccenda delle statue, giusto?" aggiunse John, suscitando l'attenzione del Dottore. "Statue? Intendi per caso statue di angeli che si coprono il viso?" disse allarmato, cambiando decisamente tono di voce. "Ma certo ora è tutto chiaro. Beh non è chiaro come abbiano fatto a prendere il controllo di una città così grande visto che erano così deboli, ma- oh. Ovvio. Si sono nascosti fino ad ora nutrendosi di energia temporale catturando persone innocenti e spedendole chissà quando! Se ci sono loro dietro tutto questo....è decisamente più grave di quanto pensassi." John guardò Sherlock con la confusione assoluta dipinta in volto, che per la prima volta da quando lo conosceva, riuscì a percepire anche sul suo.

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