Nient'altro che noi

di Panny_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 -FINE- ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Nient'altro che noi 



Le cose tra Souichi e Morinaga sembrano aver raggiunto un buon punto. Souichi comincia minimamente ad accettare la loro relazione, addirittura gli concede il permesso di venirgli all’interno durante la loro ultima “serata” prima di iniziare a stare male.
Dopo quell’episodio, infatti, la salute del senpai peggiora. Durante una visita medica, con grande sorpresa, si viene a sapere che è in attesa di un bambino. Morinaga ne è felice, ma Souichi no, non vuole questo bambino. Ma riuscirà ad accettarlo?
Questa storia nasce un giorno come gli altri, spero vi possa piacere. Non è stata scritta con scopo di lucro, solo per scrivere.
Nell’avvertimento c’è l’OOC quindi vi pregherei di non farmi notare che i personaggi, magari, sono diversi dagli originali dato che mi è successo già. Ci terrei, inoltre, a farvi notare che è una mpreg: Male pregnancy, quando uno dei due uomini nella coppia yaoi rimane incinto.
Che dire... beh, a presto con il primo capitolo di “nient’altro che noi” che pubblicherò a breve.

                                                                                    

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 1


Erano passati circa due mesi da quando avevano fatto l’ultima volta l’amore. Souichi, quel giorno, era perfino eccitato e voglioso, e quel bastardo di Tetsuhiro ne aveva approfittato, venendogli all’interno dopo averlo pregato non si sa quante volte. Quando il senpai, la mattina seguente, se ne accorse lo castigò, nonostante fosse stato lui stesso ad arrendersi a quella supplica, con una delle peggiori punizioni che Morinaga potesse avere. Ed ecco che erano giunti fino ad allora senza farlo... ma non solo per quello. Era da circa un mese e mezzo, forse anche un po’ in più, che Tatsumi si sentiva continuamente male: aveva nausee, abbassamenti di pressione improvvisi che gli portavano capogiri e, come se non fosse tutto, anche se non mangiava quasi, era ingrassato di due chili. che si notavano soprattutto sulla pancia.
«MORINAGA! COSA CAZZO MI SUCCEDE?!» urlò Souichi, mostrandogli la pancia. «sto male da quando l’abbiamo fatto l’ultima volta! Mi hai drogato neh? Tipico di te, dato che la prima volta l’ho fatto con te sotto effetto di un eccitante!» continuò, per poi sedersi a terra, portandosi le ginocchia al petto, cominciando a piangere senza un motivo. Dopo poco si alzò e, come se nulla fosse successo, scese a fare colazione. Mangiò soltanto una barretta energetica seguita da una tazza di succo di frutta.
Tetsuhiro non sapeva più che fare dato che il suo senpai cambiava umore da un momento all’altro: prima malinconico, poi pazzo isterico, felice e poi arrabbiato e indovinate chi ci andava a finire in mezzo? Lui.
«Senpai, ma se l’ultima volta che l’abbiamo fatto eri anche consenziente! Dovrei chiederlo a te se hai preso una droga o roba simile!»rispose Morinaga, ormai giunto al limite, mentre beveva del caffè.
«Tu... maled-» un conato di vomito fece correre il biondo verso il bagno, come tutte le mattine da circa cinquanta giorni fino a quel punto.
Il senpai aveva assunto un colorito cadaverico, si sentiva sempre male, debole, sempre stanco, ma non osava farsi visitare: non voleva andare dal medico e perdersi un giorno di università.
«Senpai, è da troppo che va avanti così... la mattina ti svegli, fai colazione e di corsa nel gabinetto a vomitare anche l’anima... dovresti farti vedere da un medico, cosa ti costa?!» Chiese Morinaga, tenendogli la mano, mentre lui rigettava gli ultimi residui della colazione.
«Quanto sei petulante... Va beh, mi hai convinto! Andiamo a fare ‘sta visita!» dichiarò il senpai, dopo essersi alzato e lavato la faccia e i denti.
Per la prima volta, dopo tutto quel tempo, il signor Tatsumi Souichi si era deciso ad andare all’ospedale; probabilmente ne aveva abbastanza dei continui suggerimenti del suo kohai, e poi anche per una questione di salute... non poteva continuare così.
Andarono a piedi all’ospedale lì vicino, anche se si dovettero fermare una volta davanti al fruttivendolo, dato che al senpai era venuta voglia di mandarini.
«COME SONO FINITI I MANDARINI?» urlò Souichi, attirando il pubblico.
«Mi dispiace signore, li abbiamo finiti ieri e il nuovo carico deve ancora arrivare»
«MA IO VOGLIO DEI MANDARINI!» sbraitò il senpai, da risposta.
Morinaga cercava di calmarlo, invitandolo a volere un altro tipo di frutta dato che quello mancava, ma Souichi non ne voleva sapere.
«Morinaga... se non mi procuri dei mandarini... ti ammazzo... » Minacciò il sempai, facendo deglutire il povero Morinaga che desiderava sapere al più presto una ragione logica a quello strano comportamento.
Senza che se ne accorgessero, un piccolo camioncino passò di lì e parcheggiò qualche metro più avanti.
Un giovanotto che scaricava la merce, sentendo le grida del biondo, si avvicinò di corsa e gli porse un mandarino; il carico era appena arrivato. Souichi lo guardò come se fosse il suo Dio e prese a sbucciare il mandarino, per poi gustarselo sorridendo.
«Grazie!» dissero in coro Tetsuhiro, Souichi e il fruttivendolo. Dopo la scenata, Morinaga pagò e raggiunse Souichi che lo aveva preceduto di circa cinquanta metri.
Continuarono a camminare fino a giungere alla grande struttura ospedaliera. Varcarono la soglia e si sedettero su delle poltroncine rosse in sala d’attesa. Un’infermiera si avvicinò loro e chiese cosa dovessero fare.
«Una visita medica... A proposito, spero che il medico sia libero... probabilmente è la prima e l’ultima volta che lo convinco a venire all’ospedale... »
Souichi mise il broncio e lo guardò di sottecchi.
Aveva decisamente assunto un’espressione tenera, ma allo stesso tempo poteva incutere timore. L’infermiera li fece attendere un pochino, regalando loro un dolce sorrisino. Attesero circa un quarto d’ora, per poi vedersi arrivare un giovane ragazzo che poteva avere sì e no tra i venticinque e i trent’anni. Li invitò nel suo studio, chiedendo loro quali sintomi avesse il biondo.
«Nausee mattutine, voglie improvvise, cambiamento d’umore, abbassamento della pressione improvviso e capogiri dovuti ad esso. Bene, facciamo un prelievo del sangue, lo analizzerò e vi dirò cosa succede.» Disse il dottore, dopo aver letto gli appunti riguardanti i sintomi, alzandosi e prendendo un capillare,  appoggiandolo su un carrellino insieme a dell’ovatta, alcool, una siringa e un laccio emostatico. Invitò il senpai a sedersi sul lettino e ad alzare la manica della maglia. Il dottore prese il laccio e glielo legò al braccio destro, per poi mettere un po’ di alcool su un batuffolo d’ovatta e strofinarlo su una piccola parte del braccio. Gli penetrò la carne con l’ago e prelevò un piccolo campione di sangue, per poi prendere un cerotto dal taschino e attaccarglielo sulla ferita da cui usciva un po’ di sangue, togliendo il laccio emostatico, e infine mettere il sangue nel capillare, lasciandolo il contenitore sulla superficie del carrellino, chiuso ermeticamente.
«I risultati saranno pronti tra circa quindici minuti, vi prego di aspettare in sala d’attesa.» disse accompagnandoli alla porta e porgendo il capillare all’infermiera che prima li aveva “accolti”. Il giovane dottore bisbigliò qualcosa all’orecchio della ragazza che se ne andò un po’ confusa e stranita.
Aspettarono un quarto d’ora, ma dei risultati neanche l’ombra. Il tempo continuava a passare, fin quando dal laboratorio non si sentì un urlo.
« È una cosa impossibile!» gridò il dottore. Souichi cominciò a temere il peggio. Tetsuhiro, vedendolo preoccupato, gli accarezzò la testa e lo rassicurò. L’infermiera uscì dal laboratorio.
«Voi due... state insieme?» chiese con un finto sorriso.
«INSIEME? È una cos-» Morinaga tappò la bocca del senpai che cercava di dimenarsi e di togliersi la mano dalla bocca.
«Sì, è da sei anni ormai...»
«Quando l’avete fatto l’ultima volta? Siete venuto?» Souichi era diventato rosso come un peperone e morse la mano che gli tappava la bocca. Tetsuhiro gemette leggermente per il dolore, per poi dichiarare un po’ timoroso che l’avevano fatto circa due mesi fa, e, sì, era venuto come non faceva da tanto.
Souichi voleva sprofondare.
«E-Ecco... beh, come dire... c-congratulazioni, aspettate un bambino... Sei... gravido da circa un mese...» disse indicando il senpai.
A Morinaga brillavano gli occhi, Souichi svenne.
Sia la ragazza, sia il moro cercarono di farlo riprendere; ci misero circa dieci minuti per fargli riacquistare conoscenza. Il biondo era incredulo. Cominciò a piangere, ma non di commozione.
«Tu... Tu mi hai fatto diventare un mostro... » biascicò asciugandosi gli occhi e non degnando Morinaga di uno sguardo.
«No... no tu non sei un mostro... Tu sei una persone incredibile.... un uomo che aspetta un bambino... è qualcosa di... di... »
«Orribile...» concluse il biondo, dandosi un pugno sulla pancia.
«Non fare così...» Disse Morinaga, fermandogli un altro pugno che stava per colpire il suo ventre, di nuovo.
«Signore, se mi permette, credo che il suo compagno abbia ragione... un bambino è la cosa più bella che ci possa esistere a questo mondo... però, se vuole... può abortire...» sussurrò la signorina, prendendo le mani di Souichi strette tra le sue.
«Domani tornate qui, faremo un’ecografia per vedere la condizione del feto»  disse autoritario il medico uscendo dallo studio, sorridendo a malapena. L’uomo rimase sconvolto, ma poteva rivelarsi davvero interessante... Probabilmente poteva diventare famoso grazie a quell’individuo.
Di certo non era una cosa che capitava tutti i giorni... esistevano rarissimi casi, anzi, probabilmente quello era l’unico uomo  che dopo aver avuto una relazione con tanto di orgasmo interno, possa rimanere gravido.
Tutti erano felici, tranne il senpai. Quest'ultimo non aveva completamente accettato quella relazione tra se stesso e il kohai, nonostante fossero passati tutti quegli anni, figurati avere un bambino da un lui. Era inaccettabile dato che anche egli stesso era un uomo.
Ritornarono a casa. Souichi corse in bagno e si chiuse all’interno. Morinaga lo aveva seguito, ma non era riuscito ad acciuffarlo. Lo sentiva piangere da dietro la porta e il cuore gli si stringeva in petto.
«Souichi... se non vuoi avere un bambino con me... puoi abortire... L’ha detto anche l’infermiera...»
Quelle parole dolevano, ma se il suo amore non era pronto ad accogliere un bambino, non poteva forzarlo. Nonostante sia un caso più unico che raro un uomo incinto...
Chissà come aveva fatto a generare un embrione...
Ma se in futuro avrebbero voluto averne uno, potevano adottarlo...
Intanto Souichi nel bagno, continuava a colpirsi il ventre, piangendo disperatamente. Prese un rasoio e si tagliò sulla pancia. Il sangue usciva copioso dal suo ventre, sporcandogli i pantaloni. Morinaga era riuscito ad entrare utilizzando una chiave di riserva che aveva per tutte le stanze. Lo vide sporco di sangue e che piangeva. Lo abbracciò di slancio, accarezzandolo e gettando nel cestino il rasoio sporco.
«Lasciami... lasciami in pace maledetto!» gridò Souichi, dandogli un pugno, ma Morinaga lo teneva ben stretto, doveva fargli sentire che in un momento del genere, lui c’era. Quando si calmò –per così dire, dato che continuava a piangere - il kohai prese dell’ovatta e del disinfettante, curando, in seguito, le lesioni che si era provocato il suo senpai.
Si sentiva altamente in colpa, ma allo stesso tempo era anche felice: nel suo cuore giaceva ancora una piccola speranza... poteva tentare di convincerlo e avere una famiglia insieme all’uomo che amava da undici anni circa, sperando che col tempo potesse accettarlo.
«Io ho deciso di abortire.» dichiarò Souichi, serio, smettendo di piangere.
Ed ecco che a Tetsuhiro si spezzò il cuore in tanti piccoli pezzettini; nonostante tutto, l’ultima fiamma di speranza non era andata a farsi benedire dopo quelle crude parole. Morinaga, comunque, lo accarezzò, cominciando a piangere in silenzio, lasciando che dagli occhi scendessero solo lacrime, mentre dalla sua bocca neanche un gemito. No, lui non si sarebbe arreso per nulla al mondo. 

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Ecco il primo capitolo di questa long... spero vi piaccia >⍵< 
Il prossimo lo pubblicherò tra una settimana... Va beh, ecco per voi il primo capitolo! *ha l'impressione di averlo già detto* 
Sayoonara minna e buona lettura :)

                                                                               

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 2

Il giorno seguente giunse velocemente. Quella notte Morinaga non riuscì a chiudere occhio, mentre il senpai di tanto in tanto diceva parole strane mentre si rigirava nelle coperte. Era agitato, ma non riusciva a svegliarlo. Gli prese il viso e lo appoggiò contro il suo petto, per poi vederlo calmarsi lentamente. Gli accarezzò il ventre con un gesto molto delicato... sotto quello strato di pelle e muscoli c’era un embrione che ospitava  loro figlio... quello che il biondo voleva far morire. Si sorprendeva di quanto potesse essere egoista quell’uomo molte volte. Quando riuscì a chiudere gli occhi erano circa le cinque; un’ora dopo si sarebbe dovuto alzare e cominciare un’altra giornata.
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Le sei e trenta. La sveglia non suonò, ma il senpai si svegliò da solo. Si trovò la mano di Morinaga sul proprio ventre e la  propria testa contro il suo petto. Si scostò velocemente, per poi indossare gli occhiali. Si alzò e si diresse verso il bagno, per poi chiamare Tetsuhiro dato che non si svegliava.
«Senpai... nostro figlio... non ucciderlo... » disse il moro, rigirandosi nelle coperte, ancora addormentato.
Quelle parole fecero rabbrividire Souichi, mentre il cuore rallentò il battito. Era vero, lui, volendo abortire, aveva deciso di uccidere un povero bambino innocente, con l’unica colpa di star crescendo nel suo ventre. Si toccò la pancia, ritraendo immediatamente la mano, come quel contatto con la propria pelle scottasse. Deglutì a vuoto, per poi cominciare a piangere.
Morinaga, sentendo i singhiozzi di Souichi, si svegliò, stropicciandosi un occhio.
«Senpai... Perché piangi? L’ennesimo cambiamento d’umore?» chiese mentre, sbadigliando, si alzò indossando le pantofole.
Tatsumi non rispose, guardò a terra, per poi tirare su con il naso e dirigersi verso l’armadio.
«Oggi andiamo a fare l’ecografia. Muoviti a vestirti che non ho tutto il tempo e la pazienza di questo mondo.» disse autoritario Souichi, prendendo una camicia, un pantalone e dell’intimo pulito, dirigendosi poi verso il bagno.
“Sensi di colpa, eh, senpai?” pensò il kohai, mentre prendeva degli indumenti puliti dall’armadio a fianco a quello del biondo, mettendoli su una sedia di legno e dirigendosi nella cucina per preparare la colazione.
Mentre preparava il caffè, lo vide spuntare da dietro l’archetto, con i capelli legati e ben vestito. Si sedette al tavolo e prese del succo di frutta e una fetta biscottata su cui stese un velo di marmellata di fragole.
«Senpai, perché hai quella faccia?» chiese il kohai, mentre beveva il caffè.
«Stavo pensando a... no, nulla, lascia perdere e muoviti, dobbiamo andare a fare questa maledetta ecografia.» disse serio, bevendo tutto il succo in un sol sorso e mordicchiando un po’ malvolentieri la fetta biscottata. A metà, si alzò di scatto, dirigendosi di corsa verso il bagno. Morinaga lo inseguì e lo aiutò a rimettere, come d’altronde faceva ogni volta che lo vedeva alzarsi di colpo e dirigersi verso il bagno. Quando sopraggiunse un attimo di tregua, il senpai si alzò, un po’ barcollante, e si lavò la bocca e i denti.
“E io dovrei continuare così per nove lunghi mesi?” pensò guardando la sua immagine riflessa nello specchio, insieme a quella di Morinaga che lo abbracciava.
«Senpai, sei davvero sicuro di abortire?» chiese abbassando gli occhi, con tono malinconico, tenendo Souichi stretto tra le sue braccia.
Il biondo non rispose, posò lo spazzolino e lasciò che una lacrima colma di mestizia e sensi di colpa scendesse involontariamente da un occhio andando a infrangersi sulla ceramica del lavabo.
Morinaga fermò l’altra che stava per fare la stessa fine della sua simile, asciugandogliela con un dito.
«Morinaga... non voglio togliere la vita a nessuno... ma io questo bambino... » sussurrò impercettibilmente, girandosi e aggrappandosi disperato al collo del kohai, che lo accarezzò e gli baciò la fronte.
«È troppo presto per decidere... magari col tempo potresti imparare ad accettarlo... ora andiamo, il dottore ci aspetta per la prima ecografia... » disse spostandogli una ciocca bionda dietro l’orecchio.
Dapprima il senpai voleva colpirlo, ma il moro aveva ragione, era troppo presto per giungere a conclusioni affrettate. Si staccò da lui e lo lasciò vestirsi.
«Ti aspetto in cucina... Tu vestiti nel frattempo...» così dicendo si avviò verso la stanza e tolse le cose che avevano usato per fare colazione. Si sedette sulla poltroncina e prese ad accarezzarsi il ventre. Ora non “scottava” più... anzi, era una bella sensazione...
«Potevi sceglierti un’altra mamma?» chiese dolce, rivolgendosi al feto ancora non sviluppato che andava crescendo nel suo grembo.
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Passò circa mezz’ora. Il senpai, ancora un po’ stanco, si era appisolato sulla poltroncina comoda, ancora con la mano sul ventre, mentre Morinaga era finalmente uscito dal bagno.
«Sen-» si bloccò vedendolo in quello stato. Era così dolce vederlo con la mano sulla sua pancia, addormentato. Gli andò contro, quatto quatto, e gli fece una fotografia: doveva ricordarsi di quel momento, che probabilmente mai più si sarebbe ripetuto.
«Senpai... svegliati... o faremo tardi... » sussurrò dolce. Il biondo, alzandosi di scatto, andò a sbattere contro il naso del kohai il quale gemette per il dolore.
«Scusa... ma tu proprio in testa a me dovevi metterti?» domandò lievemente scocciato mentre gli porgeva del ghiaccio.
Morinaga si pulì il sangue che era uscito e si mise il ghiaccio sul naso gonfio.
«Scusa... lo sai meglio di me quanto io sia maldestro, no?» rispose Morinaga, sorridendo a malapena, gemendo per il dolore.
«Ma l’impegno a che ora era?» domandò il senpai, prendendo a mantenergli il ghiaccio. Un gesto che Tetsuhiro mai si sarebbe aspettato... sarà un cambio di comportamento dovuto alla gravidanza?
«Beh, il medico non ci ha dato un orario preciso... però sulla porta dello studio c’era un avviso su cui c’era scritto che era disponibile dalle ore otto fino a mezzogiorno e trenta... »
«Capisco... Allora abbiamo il tempo di andare all’università a controllare gli esperimenti e di andare da Kanako per vedere se le serve qualcosa... » disse il senpai, mantenendo il ghiaccio. Sembrava così materno, quasi non si riconosceva.
Quando il sangue si fermò e il gonfiore si attenuò, Tatsumi prese lo zaino con tutto l’occorrente per gli esperimenti e, accompagnato da Morinaga, si diresse verso l’università lì accanto.
Non riusciva davvero ad andarsene da quel posto, anche se ormai era tempo di cercarsi un lavoro. Kanako, a differenza sua, aveva finito gli studi e aveva trovato lavoro in un negozio di manga e spesso gli prestava soldi, ripetendogli di doversi cercare un lavoro.
Gli esperimenti erano a posto, diede loro una veloce controllata per poi andarsene.
Erano circa le nove e un quarto. Andò a far visita alla sorellina nel negozio.
«Ciao Kanako-chan!» la salutò Morinaga, andando ad abbracciarla.
«Morinaga-kun, che piacere vederti! E ciao anche a te fratellone! Come mai sei così pallido?»
Era meglio che quella domanda non gliel’avesse fatta. Souichi si avvicinò alla sorella e sospirò, ripetendosi in testa di dover stare calmo. Era ancora presto per dirgli del bambino e se quel bastardo di Tetsuhiro le avrebbe detto qualcosa, non gliel’avrebbe perdonato.
«Ti servono soldi, neh, nii-chan? » chiese la ragazza, scompigliandogli i capelli.
«È mai possibile che ogni volta che vengo da te mi fai questa domanda? Oggi sono venuto con il solo intento di venire a trovarti, per vedere se stai bene! » sbraitò Souichi, andandosene via a grandi falcate.
Morinaga lo lasciò andare.
«Cos’ha nii-chan?» chiese ingenuamente Kanako, vedendo il fratello in quel modo.
«È solo un po’ irritato, gli passerà... ora vado, è stato un piacere venire a trovarti! E, mi raccomando, la prossima volta conservami qualche bel manga che verrò a ritirarlo, mi fido!» la salutò il kohai, andando a raggiungere Souichi.
Erano le dieci meno venti circa. Si diressero verso l’ospedale. La stessa infermiera del giorno precedente li accolse e disse loro di aspettare che il medico fosse libero. Dopo circa cinque minuti, una signora uscì dallo studio e la giovane coppietta venne invitata ad entrare.
«Pronti per vedere il bambino?» chiese felice il dottore, facendo sdraiare il biondo sul lettino. Souichi si trattenne dal non aggredirlo e piangere allo stesso tempo.
Morinaga, dal canto suo, gli afferrò la mano, accarezzandogliela mentre l’infermiera spalmava un gel dal colore simile all’azzurro sull’addome del senpai.
Il dottore, dopo aver acceso il macchinario, fece la sonda sulla sua pancia. Nel piccolo monitor comparve una piccola macchiolina: era loro figlio.
Souichi guardava quell’esserino tanto piccolo con molto stupore. Comincio a piangere silenziosamente, stringendo la mano del kohai.
«N-non posso... non posso ucciderlo... » sussurrò, mentre guardava quel piccolo bambino che si stava formando il lui.
«E allora cosa vuoi fare senpai? Vuoi tenerlo o abortire?» chiese Tetsuhiro, accarezzandogli la fronte e baciandogli via le lacrime che scendevano copiose da quegli occhi.
Senza dargli ascolto, il senpai continuava a guardare quella proiezione bianca e nera.
«Posso sapere come ha fatto a formarsi... dentro di me?»
«Beh, ecco... ha assunto, anche molti anni fa, cellule amniotiche miste a testosterone in gran quantità tutte in una volta sola?» Chiese il dottore, mentre, grazie ad un altro macchinario accanto al monitor,  ci rese le ecografie con tanto di foto in bianco e nero del piccolo embrione in fase di crescita.
«No... o almeno non credo...» disse, per poi ricordarsi di quella bevanda che aveva ingurgitato quella sera in cui lo fecero per la prima volta.
«MORINAGA!  COSA CAZZO CONTENEVA QUELLA BOTTIGLIA SEI ANNI FA?» chiese il senpai, alzandosi di colpo.
«In realtà... non ne ho idea... Hiroto non me l’ha mai detto... » rispose lui, grattandosi la testa.
«Va subito da lui e chiediglielo! Io aspetto qui... » disse il senpai, pulendosi la pancia da quel gel grazie ad un fazzoletto che gli aveva gentilmente dato l’infermiera.
«V-Va bene... torno tra un po’... »
Morinaga corse via, arrivando dopo circa un quarto d’ora al bar di Hiroto.
«Angel-kun, da quanto tempo che non ti vedo! Come vanno le cose con Souichi?» chiese lui, prendendo un bicchiere e versandogli dell’acqua vedendolo affannato. Il moro gli lanciò un’occhiataccia.
«H-I-R-O-T-O... COSA CAZZO CONTENEVA QUELL’AFRODISIACO CHE MI HAI DATO SEI ANNI FA?!?» chiese Tetsuhiro, battendo un pugno sulla superficie del bancone.
«Ehi, Ehi, calmo... b-beh, ecco.. se ricordo bene conteneva... aspetta, prendo la ricetta per essere sicuro... » affermò un po’ sconvolto da quel comportamento, dirigendosi verso la stessa stanza laddove sei anni prima aveva chiuso nell’armadietto la bevanda e dove oera conservava, nonostante tutto quel tempo passato, la ricetta.
Il kohai lo seguì.
«Eccola! Allora... oddio, dovevo essere davvero un piccolo chimico... » rise, per poi porgergli la ricetta.
Peperoncino in polvere, cioccolata in polvere, cellule staminali, una piccola dose di sildenafil, mandragora e testosterone. Quelle due sostanze c’erano entrambe.
«Hiroki... vieni con me... » ordinò Tetsuhiro all’amico, prendendolo per mano e trascinandolo a forza. Dopo venti minuti erano nuovamente all’ospedale, con la ricetta in mano.
Il senpai lesse gli ingredienti utilizzati e per poco non uccise Hiroto.
«Tu...TU! Per colpa tua, ora, sono incinto!» sbottò il biondo, mostrandogli una di quelle fotografie. Hiroto rimase a bocca aperta.
«M-Mi scusi, Souichi... I-Io non potevo sapere che mischiando questi elementi una persona poteva rimanere incinta! C-Congratulazioni comunque... e poi... dato che a me non è successo nulla, credevo che neanche a te non fosse successo niente... » il ragazzo si sentiva in colpa. Morinaga lo accompagnò all’uscita vedendo il senpai diventare rosso dalla rabbia.
«Scusa Hiroto se ho reagito così prima... ti prego di tornare al bar da solo... devo calmarlo... » sussurrò indicando il biondo. Il ragazzo annuì e il kohai lo salutò, per poi tornare da Souichi.
Tatsumi era lì, guardava la foto in silenzio. Il dottore e l’infermiera erano ancora un po’ sconvolti per quella scenata di prima.
«Senpai... ora cosa vuoi fare? Vuoi tenere il bambino?» Morinaga gli teneva una mano, mentre con l’altra teneva quella foto insieme a Souichi.
Il biondo, completamente in un mondo diverso, rispose dopo un po’.
«Voglio tenerlo.» dichiarò, continuando a fissare quel puntino nella foto.

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Ma ciau! ^-^
Ecco a voi il secondo capitolo... spero che questo vi piaccia >.< 
Sono abbastanza sconfitta dal fatto che c'è solo una "seguace" i questa storia T-T
Beh, spero che aumenteranno col tempo, anche se non sono il numero di recensioni che conta, ma il piacere di scrivere su questo fandom *-*
Ringrazio, comunque, NakyLee per aver lasciato il suo parere *-*
A lunedì col prossimo! ^-^
Baci, Panny_
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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 3

 Si potrebbe dire che Tetsuhiro potesse aver scambiato gli occhi con un paio di stelle dopo aver sentito che il suo amore più grande avrebbe accettato di tenere quel bambino.
«Che sia chiaro, lo tengo solo perché voglio fartela pagare per quello che mi hai fatto due mesi fa» dichiarò il senpai, con aria altezzosa, ma in fondo lui aveva accettato quel piccolo puntino che tra meno di sette mesi avrebbe potuto stringere tra le braccia.
Morinaga lo strinse forte a sé, baciandolo con foga. Il senpai, d'altro canto, si staccò e gli provocò in bernoccolo, facendolo scivolare a terra.
 «Ahia! Senpai!»
«Cambi d'umore improvvisi... Li dovrai sopportare mio caro~» si giustificò Souichi, alzandosi e sistemandosi i vestiti. Solo ora il povero kohai aveva realizzato che nei prossimi mesi doveva sopportare un comportamento ancor più tirannico da parte del suo amato, ma, a dirla tutta poco importava se avrebbe dovuto farlo per la giusta ricompensa. 
Prendendo le varie ecografie, ritornarono a casa.
«Ora non potrai importunarmi per ben sette mesi e mezzo~» canticchiò Souichi, saltellando felice per quella duratura scusa.
Il kohai rimase a bocca aperta. Era vero, durante la gestazione era preferibile non avere rapporti, figurati se ad aspettare un bambino fosse stato un uomo, incinto per miracolo... Meglio non rischiare.
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«Angel-kun, perché hai questa faccia?» domandò Hiroto, vedendolo entrare nel bar con una faccia cadaverica.
«Sono tre mesi che non lo facciamo... Con la scusa di essere gravido, non posso possederlo... E ogni volta che mi si rizza, posso liberarmi solo con la mia mano...» rispose il povero Tetsuhiro, bevendo, per metà, un boccale di birra,  gentilmente offertogli dall'amico.
«Beh, dai, ti stai trattenendo per una giusta causa... Pensa che tra poco, grazie a me, avrete un bambino» sottolineò il ragazzo dietro al bancone in legno.
Morinaga sorrise ripensando alla sera precedente. Il pancino cominciava ad essere più vistoso e non poté fare a meno di accarezzarlo. Si ricordò del sorriso del Senpai mentre lo accarezzava, e della mano affusolata del biondo che andava a poggiarsi sulla propria.
«Non vedo l'ora che passino questi mesi, Hiroto-kun... » Sussurrò dolce Morinaga, immerso nei suoi pensieri. Sentì il telefono squillare: era il senpai.
«Quando ti decidi a tornare a casa? Tra venti minuti abbiamo l'appuntamento dal medico!» sbraitò il biondo, stonandogli un orecchio, per poi staccare la chiamata senza neanche aspettare la risposta del futuro papà.
«Hiroto, io scappo... Oggi abbiamo la seconda ecografia... Alla prossima!»
Arrivò immediatamente a casa. Il senpai era rannicchiato su se stesso e Morinaga gli andò contro, prendendogli la mano.
«Andiamo?» chiese il moro, tirandolo un po'.
«Tetsuhiro... Ho paura... » Sussurrò il biondo, mentre si accarezzava la pancia.
«Perché hai paura, senpai?» chiese abbracciandolo affettuosamente, baciandogli la fronte.
«Ho paura di rimanere solo... Di non essere un buon genitore... Io lo odiavo questo bambino, ancora lo ripugno un po'...» biascicò, cominciando a piangere.
"Questi cambiamenti d'umore improvvisi..." pensò il kohai, dopo aver sentito le sue parole.
«Souichi, tu sarai una brava mamma per nostro figlio... e io non ti lascerò certo sol-Ahia! Cos'ho fatto ora?» domandò Morinaga, massaggiandosi la testa.
«Io sarò il papà! E ora muoviti che se no arriviamo in ritardo!!» dichiarò alzandosi e dirigendosi verso la porta.
Arrivarono con circa cinque minuti di ritardo, ma giusto in tempo per la visita.
«Ma chi si vede! Prego, entri pure... » disse il dottore che li seguiva dal primo momento.
«Ha preso le vitamine? È pronto per la seconda ecografia?» chiese l'infermiera, facendolo stendere sul lettino. Tatsumi annuì e si alzò la maglia. La ragazza gli spalmò il gel sul ventre appena gonfio, mentre il dottore era intento a sistemare il monitor e il macchinario per procedere a fare l'ecografia.
Quest'ultimo, una volta pronto tutto, accese il monitor e cominciò a far passare il macchinario sulla pancia di Souichi. Il puntino era cresciuto molto. Tetsuhiro e Souichi rimasero affascinati da quell'immagine in bianco e nero che ritraeva la condizione del piccolo.
«È cresciuto...ora è circa sei centimetri e pesa all’incirca 11 grammi... È davvero grande!» fece notare il dottore, sorridendo.
«È una cosa buona o cattiva?» chiesero, in coro, i due futuri genitori, ma il dottore li rassicurò che era una cosa più che buona.
Finita la visita, gli diede i risultati dell' ecografia, la prescrizione di altre vitamine e la raccomandazione di non bere e fumare durante la gravidanza.
Souichi, ora, voleva davvero trucidare Tetsuhiro. Come poteva vivere senza le sue sigarette e le sue sbronze? Si ripeté più volte in mente di stare tranquillo e di riuscire a resistere, avrebbe fatto tutto il possibile per quel bambino, anche se ancora non lo accettava pienamente.
Uscirono dalla grande struttura ospedaliera. Morinaga era felice come una Pasqua, Souichi un po’ meno...
Tornati a casa, il senpai si buttò a capofitto sul divano, sospirando per la sua morbidezza.
«Morinaga! Ho voglia di banane!» urlò, mettendosi un dito in bocca e guardandolo con occhi da cucciolo affamato.
«Ora vado a comprarle, aspetta qui... Tra poco sarò a casa...» rispose il moro, dandogli un bacio sulle labbra e uno sulla pancia. Souichi, invece di aggredirlo come era solito fare, si fece trasportare, addolcendosi un po'.
Morinaga uscì e andò a comprargli delle banane, passando accanto a un negozio per neonati. Nelle vetrine c'era un manichino di un bambino che indossava una tutina azzurra. Si immaginò suo figlio in quelle vesti e si commosse.
Dopo un po' ritornò a casa, avvisando il senpai che si era appisolato mentre lo aspettava.
Gli porse una banana e, dopo essersi svegliato, ammirò il senpai mangiarla. ERA MEGLIO PER MORINAGA CHE NON L' AVESSE FATTO.
Souichi, forse per provocarlo, forse per modo di fare, mangiava il frutto con un'aria un po'maliziosa, tanto che il kohai, senza accorgersene, aveva avuto un'erezione.
"cazzo! Meglio andare in bagno..."
Souichi se ne accorse e rise divertito.
«Vuoi una mano... A smaltirla?» domandò con aria perversa, mascherata, in mal modo, da un filo di innocenza, mettendo la buccia del frutto sul tavolino.
«Senpai, non voglio nuocere a nostro figlio... faccio da solo... » Disse Morinaga, alzandosi e dirigendosi verso il bagno, ma il biondo lo fermò e si inginocchiò davanti a lui, abbassandogli i pantaloni e le mutande, tirando fuori il membro eretto e iniziando a leccarlo, un po' inesperto.
«Il sesso orale non credo nuocerà alla sua salute... » Bisbigliò sul suo glande, estremamente malizioso, mentre indicava l' appena visibile gonfiore che caratterizzava il suo ventre.
Morinaga non riusciva a ribattere risucchiato interamente dalla libidine. Afferrò i capelli del senpai e spinse la testa contro il proprio bacino... Non gli era mai stato fatto quel tipo di trattamento da Souichi, insomma era la prima volta che gli faceva un pompino. Durò circa cinque o sei minuti dato che il moro non riusciva più a resistere e gli venne in bocca. Il senpai sputò il liquido a terra e si alzò e, inaspettatamente, fece unire le due bocche in un dolce bacio in cui le lingue si affrontavano come due autoscontri, prima dolcemente, poi con più ferocia.
Tetsuhiro era praticamente in estasi, ancora un po' sconvolto ed eccitato da quello che era successo poco prima.
«S-senpai...?» balbettò, mettendosi tutto nuovamente al suo posto.
«Mi andava, e poi hai resistito così tanto senza farlo... Meritavi un trattamento speciale, no?» affermò convinto il biondo, andando a lavarsi i denti.
Morinaga era letteralmente, come si usa dire, "in brodo di giuggiole". Stentava ancora a crederci.
Ritornò alla realtà quando una botta secca gli colpì la testa, facendolo gemere. Il senpai era nuovamente se stesso.
«Cos'ho fatto, senpai?!» chiese il poveretto, massaggiandosi la testa dolorante.
«Nulla, mi andava di colpirti, problemi? Sì? E io me ne vado!» disse per poi dirigersi verso la camera da letto, chiudendosi all'interno, ma senza la chiave.
Morinaga lo lasciò fare, ormai si stava abituando a quel comportamento. Gli preparò una camomilla e si diresse verso la stanza dove si era rifugiato il biondo. Trovò la porta aperta ed entrò, ma lo trovò addormentato. Posò la camomilla sul comodino e si infilò sotto le coperte, accanto a lui, abbracciandolo possessivamente.
«Vattene... Voglio stare un po' solo... » Sussurrò il senpai il quale non stava dormendo, bensì era in dormiveglia.
Cosa gli succedeva ora? L’ennesimo cambio d’umore o un ripensamento?
«Va bene... per qualunque cosa... io sono qui...» lo salutò il moro. Quest’ultimo però, dopo aver chiuso la porta, si mise ad origliare da dietro la porta in legno, attento a non produrre alcun rumore.
Lo sentiva piangere e singhiozzare. Morinaga si morse il labbro, pensando a possibili opzioni. 
Possibile che si sentisse solo? No, non era probabile... lo aveva cacciato lui stesso.
E se invece si sentisse male? No, neanche quest’opzione era plausibile... Lo avrebbe comunque trattenuto.
Lo sentiva bisbigliare qualcosa d’incomprensibile, una sorta di lamento...
Dopo tutte quelle ipotesi, il kohai pensò al possibile fatto che si trattasse di qualche sorta di astinenza da sigarette e alcool. Sì, quello poteva essere accettabile.
Si allontanò dalla porta e si diresse in cucina, un po’ più sereno sapendo che, l’eventuale causa del suo malessere, poteva essere dovuta a quella ragione.
Si mise ai fornelli per preparare la cena: riso con verdure grigliate e frittelle di alghe al forno. Dovevano mangiare più leggero ed evitare, il più possibile, cibi fritti e cose che potevano nuocere alla salute del bambino.
Ormai era passata un’abbondante ora, ma il biondo ancora non s’intravedeva.
Prese un vassoio e gli appoggiò sopra una ciotola di riso con le verdure e qualche frittella d’alghe, seguite da un piccolo contenitore, simile a un minuscolo bicchiere, con le vitamine e dell’acqua.
Mise il contenuto su un mobiletto accanto alla porta e fece per bussare, ma lo sentì parlare da solo e si fermò.
«Ciao piccolino... sono la tua... mamma... scusa se ti ho fatto tutto questo fin’ora... ma io sono in pensiero per te, non voglio che tu cresca tra mille pettegolezzi, non voglio che tu pensi che avere due genitori maschi ti abbia rovinato la vita... Io... penso di volerti bene, sei pur sempre il mio piccolo, ma non so... forse è meglio che una volta nato ti dia in adozione... »
Morinaga, sentendo quelle parole, cadde atterra come se fosse privo di forze. Il senpai, sentendo un forte tonfo da dietro la porta, l’aprì di scatto dopo essere sceso dal letto e copertosi la pancia.
Vide Tetsuhiro a terra e si inginocchiò per vedere la sua condizione. Non era svenuto, i suoi occhi erano aperti e... luccicanti. Stava piangendo.
«Senpai... ti prego... non dare in adozione nostro figlio... » biascicò, prima di cominciare a singhiozzare come un bambino capriccioso.
«E COSÌ SI ORIGLIA PURE! MA BRAVO!» gli rinfacciò, urlando, il biondo, non curandosi minimamente delle parole di disperazione del povero kohai, che era completamente straziato da quello che aveva appena sentito.
«Scusa... Scusa senpai... m...ma ti prego... fa che rimanga con noi... io lo voglio con tutto il cuore, e tu anche... lascialo ai suoi genitori naturali, non cederlo ad altre persone... potremo trasferirci a San Francisco da Tomoe, lì le adozioni gay sono legali e avere un bambino in una famiglia composta da due maschi è roba che si vede tutti i giorni...»
«Io... non voglio che soffra... non voglio che venga discriminato perché avrà due genitori uomini... io... gli voglio bene... » sibilò il senpai, per poi lasciarsi trasportare dalle lacrime di un lungo pianto liberatorio.


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Nonostante i problemi con la connessione, sono riuscita a pubblicare! Yeeeeee *-*
Spero che questo capitolo vi piaccia... mi scuso per gli errori, ma la mia beta è indaffarata e io non sono brava a scovare gli errori, anche perché di solito lo faccio la sera tardi u.u
Mi scuso anche se sto usando molta mestizia nei capitoli, ma diciamo che mi esce dal cuore... sono piuttosto triste in questi giorni ç-ç (litigi frequenti con mamma e la scuola che mi porta via taaaante ore di sonno ç_ç")
Comunque sia, invece di deprimervi con le mie cose personali, leggete il capitolo e recensite sempre se volete ^-^
Un bacio zuccherato da parte di Panny_! <3
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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 4

Il senpai piangeva e non riusciva a smettere. Anche il solo pensiero di aver detto quelle cose al suo bambino lo faceva star male. Sentiva il caldo abbraccio di conforto del suo kohai avvolgerlo col suo dolce calore. Tetsuhiro odiava vederlo in quello stato; avrebbe preferito di gran lunga il Souichi arrabbiato come una belva che se la prendeva con lui. Tutto pur di non vederlo piangere di tristezza. Gli baciò molteplici volte la fronte, cercando di calmarlo il più possibile.
«Il nostro bambino rimarrà con i suoi genitori... non lo daremo a nessuno, va bene? Però ora smettila di piangere... il piccolo non vuole sentirti stare male... » disse, convinto, il moro, guadagnandosi un cenno di approvazione da parte dell’uomo con i capelli lunghi e biondi. Gli fece soffiare il naso e gli asciugò gli occhi, per poi prenderlo in braccio e portarlo sul divano.
«Sai... invece di pensare a questo... dovremo considerare che i futuri zii non lo sanno ancora... Ormai il bambino sta crescendo, si vede che è dentro di te... non si può nascondere più con camice, maglie e maglioni, ora bisogna uscire allo scoperto... » gli fece notare Morinaga, sedendosi accanto a Tatsumi.
«CHEEEE? Ma... uff... hai ragione... ma come faremo a farlo sapere anche a Tomoe? Lui si trova in America... » ribatté, balbettando, il senpai con ancora con gli occhi rossi dal pianto, mentre si massaggiava involontariamente il ventre.
«Beh, basta accendere il computer e parlare con lui attraverso la webcam, no?» rispose quasi immediatamente il kohai, felice di non aver ricevuto pugni e calci dopo aver proposto di farlo sapere a Kanako e Tomoe.
Souichi, dal canto suo, acconsentì dopo aver ascoltato quella proposta. Stanco, probabilmente per colpa del pianto, si appisolò sul divano pian piano. Sembrava così tenero e indifeso...
Le labbra rosee si schiudevano un po’ per lasciar passare il caldo respiro, mentre il corpo si rannicchiava su se stesso per cercare di trasmettere più velocemente il calore corporeo da una parte all’altra. Morinaga, non riuscendo a resistere a quella visione, gli baciò dolcemente le labbra. Il senpai si mosse un po’, ma il kohai fu attento a non farlo svegliare. Gli prese una coperta dall’armadio nella stanza da letto e gliel’appoggiò addosso, facendo molta attenzione.
Ormai la cena era saltata, ma almeno erano riusciti a chiarirsi... forse.
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Era passata una lunga, estenuante e difficile settimana per la coppia. Le nausee stavano diminuendo ma i cambiamenti d’umore del senpai erano ancor più frequenti e il povero kohai, che cercava pazientemente di sopportarlo ogni volta, aveva quasi perso la pazienza.
«Morinaga! Io voglio tornare all’università! Voglio controllare i miei esperimenti!» ripeteva, molto spesso, il senpai, il quale metteva il broncio ogni volta. Purtroppo, da quando la pancia era diventata abbastanza visibile, il senpai, per evitare discussioni, aveva deciso di prendere un permesso e non andarci per un po’, anche perché il dottore gli aveva sconsigliato di stare a contatto con sostanze chimiche: avrebbe potuto inalare qualche sostanza che non solo avrebbe danneggiato la sua salute, ma anche quella del piccolo. Il non andare all’università, misto ad altri fattori, come non poter fumare, assumere vitamine dal sapore cattivissimo e cercare di evitare molte altre cose, lo avevano reso ancor più isterico e tirannico di quello che già era.
A volte si dava al pianto, altre cercava di creare qualcosa di commestibile in cucina, altre ancora le passava a passeggiare per il giardino, addormentandosi, quando si sentiva stanco, sul prato fresco e bagnato dalla rugiada di primavera o sulla sedia a dondolo.
In quei soli momenti, Morinaga trovava la pace, la voglia e la determinazione per continuare  ad assecondarlo in tutto e per tutto.
Quel giorno avrebbero chiamato Kanako e l’avrebbero invitata a casa loro. Avrebbero contattato anche Tomoe, dicendogli di accendere il computer per vedersi con il fratello e la sorella.
Giunse la sera, circa le sette. Il sole ancora era alto, ma la sua luce era soffusa.
«Seeeeeeeenpaaaai?» Tetsuhiro lo chiamava, girando per la casa e aprendo ogni porta per vedere se si era rifugiato all’interno di qualche stanza. Lo trovò, appisolato - come aveva intuito – sul prato, in mezzo alle margherite. Sembrava un piccolo e innocuo angelo sceso dal cielo.
Lo vide alzarsi dopo un po’, mentre si stropicciava un occhio, sbadigliando sonoramente.
«È arrivato il momento?» chiese, alzandosi, barcollando un po’.
«Sì... tu chiama Kanako che a Tomoe ci penso io... va bene?» disse Morinaga, cercando il numero del fratellino del Senpai sul suo telefono. Il biondo annuì e si diresse verso l’entrata, prendendo il telefono di casa. Le reazioni dei futuri zii furono molto simili. Dal telefono si poteva intuire una nota di preoccupazione, di solito non li invitavano mai a stare insieme a casa loro, soprattutto Tomoe rimase stupito del fatto che Tetsuhiro l’avesse chiamato e gli aveva quasi ordinato di mettersi al computer per vederli.
Kanako arrivò dopo un po’. Tetsuhiro la fece accomodare all’interno, facendola sedere sul divano. Vide il fratello scendere per le scale e gli si avvicinò, abbracciandolo. Subito notò un leggero gonfiore addominale coperto dalla felpa grigia che indossava il biondo, ma non gli diede poi molta importanza. Vide Morinaga al computer, intento ad aggiustare alla meglio la webcam. Alla fine, aprì il collegamento con Tomoe.
«Kanako!» urlò il giovane da dietro lo schermo.
«Tomoe!» rispose la ragazza, fiondandosi al p.c., facendo spostare Tetsuhiro. Parlottarono un po’ prima di essere interrotti dalla voce di Souichi.
Quest’ultimo sospirò e si accomodò accanto alla ragazza; il kohai si sedette accanto al suo amato senpai, tenendolo per mano.
«Noi... dobbiamo dirvi una cosa... importante... » dissero in coro. Il senpai tremava un po’, ma Morinaga riuscì a calmarlo.
«Cosa c’è fratellone?» chiese per prima Kanako, per poi venir seguita a ruota dal fratellino.
«E-Ecco... potrà sembrarvi strano... ma... vostro fratello... a... asp...» si fece coraggio il moro, per poi bloccarsi sul momento più importante del discorso.
«Asp...? » chiesero i ragazzi, guardando entrambi il fratello, cercando di scovare qualche indizio.
Il senpai, vedendolo in difficoltà, prese le redini del discorso e, dopo aver preso un profondo respiro, annunciò, tutto d’un fiato, di aspettare un bambino.
Kanako era felicissima, Tomoe forse un po’meno a giudicare dalla faccia che aveva fatto.
«Tu che odi tanto i gay aspetti un bebè?» chiese il ragazzo da dietro lo schermo «E poi come avete fatto?» continuò, pulendosi gli occhiali.
Kanako, intanto, si era letteralmente appiccicata al fratello e a quello che si poteva considerare suo cognato.
«Kanako-chan, Morinaga potreste lasciarmi un po’ solo con Tomoe?» chiese il senpai, cercando di staccarsi dalla presa ferrea della ragazza.
I due interpellati obbedirono e si diressero verso la cucina, lasciandolo solo insieme al fratellino.
«Tomoe... lo so che in passato sono stato davvero cattivo nei tuoi confronti... ancora ora non riesco pienamente ad accettare la relazione tra me e Tetsuhiro e quella tra te e Kurokawa... ma ora sto cercando di abolire i miei principi da omofobo e di cercare di accettare queste relazioni... anche perché ora aspetto un bambino da un uomo... e non voglio che nasca in una famiglia dove non sia apprezzato dalla sua stessa mamma... » proferì il biondo, sinceramente dispiaciuto per come si comportava con il proprio fratello e con il compagno, cosa che anni addietro non avrebbe mai mostrato... anzi, più che anni, si trattava di mesi.
Il fratellino, ciononostante, sorrise. Probabilmente il suo nii-chan aveva finalmente imparato ad accettare la sua unione con il marito.
«Souichi... grazie per queste parole... mi hai reso molto felice... ti voglio tanto bene e spero che il bimbo che porti in grembo nasca sano e viva felicemente. Ma, toglimi una curiosità, come caspita avete fatto a concepirlo?»
A quel punto, il senpai, ricordandosi della causa del suo essere gravido, fece una smorfia di disappunto e guardò giù.
«Hiroto, l’amico di Tetsuhiro, gli diede una bevanda sei anni fa che poi mi somministrò. Passati i sei anni, grazie al miscuglio di cellule amniotiche e testosterone in un sol prodotto assunto in grossa quantità, mi ha portato, col tempo, a produrre un utero che, fecondato, mi ha permesso di avere un bambino... può sembrare strano, ma è così... » confessò, tremendamente rosso in volto, il biondo, con lo sguardo basso.
«Capisco... e a che mese sei? Posso vedere la pancia?» chiese curioso il giovane Tatsumi, impaziente ora che le cose sembravano andare per il verso giusto.
«S-Sono al terzo... ma tra meno di una settimana entro nel quarto... e comunque... » si alzò e si sollevò la felpa mostrandogli il piccolo rigonfiamento che caratterizzava il suo ventre. Abbassò subito l’indumento, imbarazzato a morte.
«Ma che bel pancino! Dai che se mi prometti che non mi ucciderai, verrò a farti visita appena posso... ah, però verrà anche Kurokawa... spero non vi ammazzerete a vicenda! Ora ti saluto, da noi è ora di fare colazione... credo... beh, alla prossima e non dimenticarti di curarlo!» disse riferendosi al futuro nipotino.
Senza proferire altro che un misero “Ciao” il senpai staccò la videochiamata e spense il computer. Si diresse verso la stanza dove il compagno e la sorella stavano allegramente blaterando del bambino.
Morinaga, vedendolo così rosso in viso, gli si avvicinò abbracciandolo.
«Cerca di calmarti, potrebbe fargli male» gli sussurrò all’orecchio, mentre gli accarezzava la pancia da sopra la felpa.
Il senpai si staccò e si sedette sul divano, accendendo la televisione,
«Ho voglia di cioccolata... » sussurrò, guardando le persone che gli stavano attorno con un dito in bocca. Morinaga si avviò verso la cucina e gliene prese una piccola tavoletta.
«E così gli fai da schiavetto soddisfacendo ogni suo vizio?» chiese Kanako appena vide Morinaga fare ritorno dalla cucina, accoccolandosi al fratello maggiore e poggiando una mano sul suo ventre. Gli chiese se poteva toccarlo e il maggiore, dopo un sonoro sospiro, annuì alzandosi la maglia. La sorella prese ad accarezzare quel ventre che ricordava piatto, mentre ora presentava un dolce rigonfiamento. Il senpai, dal canto suo, coccolato da quel gesto e stanco, si addormentò sul divano con ancora quasi tutta la tavoletta di cioccolata in mano.
La ragazza era eccitatissima: tra non molto, per una qualche insensata ragione, sarebbe diventata la zia più figa dell’universo e quello che c’era oltre.
 Ora che ci pensava, però, lì in Giappone il matrimonio e l’adozione gay ancora non erano stati approvati, come potevano tenerlo?
Kanako guardò il fratello, dubbiosa. Si alzò, mettendo addosso al fratellone una coperta di lana, dove questo si aggrovigliò per cercare sempre più calore. S’incanalò in direzione di Morinaga, il quale si era diretto in cucina, per poi raggiungerlo.
Si sedette su uno sgabello alto e appoggiò i gomiti sul bancone lì in cucina, per poi poggiare la testa sulle mani. Continuava a riflettere, ma non riusciva a trovare soluzioni.
«Tetsuhiro-kun, ma lo sai che in Giappone non è stata ancora approvata l’adozione gay... quindi il bambino qui non può nascere... cosa farete tu e mio fratello?» chiese, preoccupata, la ragazza.
«Lo so, infatti, volevano trasferirci a San Francisco da Tomoe... Ah, tu verrai con noi, vero?» disse il moro, servendogli un bicchiere di succo di mela.
«D-Davvero? Oddio! Quindi staremo di nuovo tutti insieme! Sono così felice! Ma Tomoe e Kurokawa lo sanno?» esultò, felice, la futura zia.
«Non ancora... volevamo dirlo loro la prossima volta... e poi c’è ancora tempo... mancano ancora poco più di cinque mesi...» rispose, sorridendo, Morinaga.
Kanako tirò un profondo sospiro di sollievo.
“Speriamo che vada tutto bene... ” pensò Kanako, guardando l’orologio e accorgendosi di aver fatto tardi; ormai erano le nove. Salutò il moro, lasciando dormire il fratello, e si diresse velocemente verso casa.
Ma le cose non andarono bene come sperava. Qualche ora dopo che la ragazza era ritornata a casa sua, nel suo appartamentino a circa mezz’ora da quello del fratello, quest’ultimo cominciò ad accusare fitte al ventre, dapprima lievi e di poco conto, per poi diventare sempre più forti, fino a essere atroci. Morinaga lo sentiva mugolare dalla cucina. Pensò a qualche probabile incubo dato che ancora era rannicchiato sul divano. Si avvicinò al biondo e lo vide in lacrime che si stringeva il ventre, non riuscendo a parlare per il troppo dolore. Tetsuhiro non riusciva a capire che cosa stava succedendo e ipotizzò una probabile colica renale per qualcosa che aveva mangiato. Lo prese in braccio e lo portò in bagno.  Il senpai, appena arrivato, ebbe un conato di vomito. Morinaga lo poggiò a terra, davanti alla toilette. Il biondo ebbe un secondo conato, ancora più forte, che non riuscì a trattenere.
Vomitò quel po’ di cioccolata che aveva mangiato e della saliva mista a sangue.
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Ecco il capitolo 4... come al solito mi scuso per gli errori e spero non sia stato troppo pesante... Spero di addolcirlo nel prossimo ^^
Spero leggerete il capitolo e recensirete, sempre se volete ^-^
Un abbraccio dal vostro panino :3<3
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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 5

Tetsuhiro e Souichi erano impauriti: temevano per l'incolumità del feto. Il senpai cercò di farsi forza, alzandosi da terra, ma le gambe cedettero e per un pelo non si trovò a terra, dato che il kohai fu lesto a non farlo cadere. Lo prese in braccio, facendolo appoggiare a mo' di koala. Il biondo tossì ancora, accorgendosi di altro sangue sulla sua mano. Morinaga corse verso l'uscita, per poi aspettare l'arrivo di un taxi per arrivare all'ospedale. Fortunatamente il mezzo non tardò a passare. Dopo circa dieci minuti erano alla struttura. Il senpai era mezzo svenuto e freddo, mentre la mano e la maglia erano sporche di sangue. La coppia era terrorizzata: e se tutto ciò era dovuto al possibile aborto improvviso di Souichi?
Il senpai, che si trovava tra le braccia del futuro papà, era tremolante e aveva assunto un colorito cadaverico. Il kohai, accumulando tutto l'autocontrollo in corpo, si diresse verso lo studio del dottore che li seguiva. Lo incontrò che indossava il cappotto, pronto a ritornare a casa propria. Morinaga lo fermò giusto in tempo.
«Souichi sta male! Mi deve aiutare, la prego!» disse, entrando nello studio ancora aperto e poggiando immediatamente il senpai sofferente sul lettino. Il dottore, constatando la delicata situazione, accese immediatamente il monitor per fare un'ecografia. Spalmò il gel sul ventre di Souichi e cominciò a far passare la sonda usata per le ecografie su di esso.
Il bambino sembrava stare bene.
E allora cosa stava succedendo?
Il dottore passò lo stetoscopio sul petto del senpai. Lo fece alzare e fece lo stesso dietro la schiena.
Erano i polmoni.
«Ha fumato. Dopo quanto tempo?» chiese il dottore, sospirando.
«I-Io?» domandò, a sua volta, il senpai, sbarrando gli occhi.
«Sì, e probabilmente indovino che ha anche assunto alcolici... Giusto?» chiese, con un'aria seria il dottore, mentre prelevava, con una siringa, un certo medicinale da una fiala.
«Io... Non credevo che poteva farmi male un bicchierino e una sigaretta ogni tanto... » Ammise il biondo, con un po' di rancore.
«Devi ringraziare la forza della creaturina che hai dentro di te se sei ancora vivo...» dichiarò il primario, prescrivendogli dei medicinali e il divieto assoluto di assumere alcolici e di fumare, almeno durante la gestazione.
Il senpai era davvero spaventato. Cominciò a tremare come una foglia e a piagnucolare.
«Senpai...  Perché hai trasgredito le regole? Il dottore l'aveva detto... Volevi ucciderlo, vero?» chiese serio il kohai, senza degnarlo di attenzioni. Poteva amare il biondo quanto voleva, ma quello... Quello era il colmo!
Souichi, però, continuava a dire che lui lo voleva quel bambino... Lo desiderava davvero...
«Devi credermi, porca miseria!! Pensavo che una sigaretta e un bicchierino di tanto in tanto non avrebbe fatto male a noi!! Io... Io... Cazzo, lo ammetto, voglio bene al nostro piccolino!» dichiarò il senpai, alla fine. Morinaga rimase un po' colpito da quello che aveva appena sentito e le parole "il nostro piccolino" lo fecero sorridere.  Di slancio lo abbracciò forte e gli asciugò gli occhi con un fazzoletto.
«Certo, un bicchierino o una fumata di tanto in tanto non fa male... A una donna... Scusate se lo dico, ma avere un bambino quando entrambi i genitori sono maschi... È più unico che raro... Dovete tenervelo stretto...» disse, infine, il giovane dottore toccando a malapena il piccolo gonfiore.
~~~~~~~~~~~~~
Il dolore al ventre del povero Souichi si attenuò e cominciò a tossire normalmente dopo una sola settimana di antibiotici. Divenne un po' più isterico, ma le sigarette e l'alcool l'aveva messi da parte una volta per tutte.
Il ventre diventava sempre più gonfio e il bimbo diventava sempre più grande nel sui corpo. Ormai era letteralmente impossibile nascondere la sua pancia e dovette confessare a forza un po' tutta la faccenda a tutti quelli che lo conoscevano. Era ormai abituato alle coccole che riceveva, sia lui che il suo ventre, ma quelle più belle erano quelle che gli dedicava il futuro papà di quel bimbo che ora cresceva sano dentro il suo corpo; le coccole che gli dedicava durante la notte quando gli accarezzava il ventre e cercava di sentire i lievi movimenti del bambino, ma non c'era  poi molto da ascoltare essendo solamente al quarto mese e mezzo...
«Morinaga... Non vedo l'ora che nasca...» ammise timidamente il senpai, massaggiandosi il ventre, rannicchiato nelle coperte sul divano, steso comodamente sulle gambe del suo... Amato?
Lui amava quello stupido nonostante fosse stato lui a farlo diventare ciò che prima ripugnava  con tutto se stesso... e perché si ostinava a non dimostrarglielo? E se per caso dopo la nascita del bimbo l'avrebbe lasciato?
«Senpai, cosa ti turba?» chiese Morinaga, il quale mostrava sul volto profonde occhiaie dovute alle voglie notturne del biondo.
«Io... Ti... A-...a-» voleva ammettere di amarlo, perché non ci riusciva?
«Vuoi ammazzarmi? Dai, dopo magari... Ora riposa... » Sospirò il kohai, accarezzandolo, in stato di dormiveglia.
«No! Non voglio ammazzarti! Io... Ti... A-» niente da fare, non riusciva a dirglielo; era più forte di lui.
Morinaga non riusciva davvero a capire cosa voleva il suo più grande amore e questo lo portò a immaginare diverse possibilità mentre lo prendeva in braccio, ormai addormentato, e lo portava in camera da letto.
Faceva ancora un po' di fatica ad abituarsi a quei radicali mutamenti di Souichi, nonostante siano passati tutti quei mesi.
Appena mise la testa sul cuscino, il biondo cadde in catalessi, mugugnando per un probabile mal di schiena dovuto al peso che premeva in corpo suo.
Finalmente, però, riuscì a trovare la posizione giusta. Quant'era bello con mezza pancia da fuori e che abbracciava il cuscino...
Morinaga lo sentì bisbigliare nel sonno e, accarezzandolo, si avvicinò per ascoltarlo meglio.
«Morinaga... Io... Ti... Amo... Ma non riesco... A dirtelo...» balbettò, mentre si raggomitolava nel fresco lenzuolo di lino.
Se solo una persona fosse stata lì presente, avrebbe assistito allo scioglimento del moro.
"Ecco cosa voleva dirmi prima sul divano!" fu il primo pensiero di Morinaga, per poi andargli accanto e abbracciarlo, accarezzandogli il piccolo e dolce gonfiore che caratterizzava il suo ventre.
«Senpai, anche io ti amo tanto... E aspetterò che tu mi dica lo stesso quando te la sentirai...» bisbigliò il kohai all'orecchio del biondo, il quale, senza accorgersene, sorrise.
Il calore di Tetsuhiro si fece sempre più vivido quando quest’ultimo lo abbracciò stretto a sé, baciandogli il collo e l’orecchio. Souichi, un po’ infastidito bofonchiò uno “smettila” a bassa voce, girandosi dal lato opposto, stando così a faccia a faccia con Tetsuhiro.
Le ore passarono e si svegliarono abbracciati quando ormai il sole era alto nel cielo. Era domenica; il giorno dopo avrebbero avuto l’ennesima visita.
«Morinaga... Morinaga svegliati!» ordinò Souichi, strattonandolo così forte da stordirlo quasi. Nonostante tutto, dopo aver aperto un occhio, il kohai tornò a dormire. Accecato dal nervosismo, Souichi gli diede un pugno così forte da farlo cadere dal letto.
«Ma...Ma Senpai! Volevi per caso ammazzarmi?!?» chiese, piagnucolando per il dolore, il povero Morinaga dopo il “bellissimo” risveglio.
«L’intenzione era un po’ quella, ma mi servi ancora per un po’, quindi ho deciso di risparmiarti... Su, voglio fare una passeggiata sul Rainbow Bridge!»
«Non è meglio stasera? Le luci si vedranno meglio... il ponte illuminato è molto meglio... non credi?» propose il kohai, ormai totalmente sveglio e con la paura di fare un’altra esperienza come quella di poco prima.
«Ma io volevo andarci ora... » ribadì il senpai, mettendo il broncio.
«Va bene, va bene... basta che non piangi, ok?» dichiarò, infine, il kohai, sospirando.
Si vestirono e fecero colazione di fretta. Fortunatamente quella mattina le nausee non erano arrivate e partirono quasi subito.
Uscirono di casa. Sul volto del senpai c’era un sorriso che mostrava quasi tutti i denti. Si mise a ballare in mezzo alla strada, la quale era deserta a quell’ora. Morinaga lo guardava, sorridendo ammirando il suo uomo così felice per un gesto così insignificante.
Da lontano, però, vi avvicinava una Hyundai, piuttosto ad alta velocità.
«Sen… SENPAI! ATTENTO!» Morinaga, senza pensarci una seconda volta, si fiondò a salvarlo, spingendolo prima che la macchina potesse travolgere il biondo. Suo malgrado, sotto l’auto ci finì lui.
«Tetsuhiro!» gridò Souichi, andando a controllare che fosse ancora vivo; fortunatamente lo era. L’auto ormai era scomparsa, lasciando la vittima sul ciglio della strada.
«FOTTUTI BASTARDI! VI AUGURO CHE UN GIORNO VENIATE INVESTITI!» gridò, con tutto il fiato che aveva in corpo, Tatsumi «M-Morinaga, stai bene? Ehy, Morinaga? Amore, su svegliati... » ripeteva, dandogli leggeri colpetti, per poi vederlo svegliarsi man mano.
«Ripe...tilo...» biascicò Tetsuhiro, andando ad accarezzargli il volto, inumidito da una lacrima.
«Cosa?» chiese il biondo, inarcando un sopracciglio. Ci riflettette un po’ e... Lo aveva chiamato con l’appellativo “amore”! No, non l’avrebbe mai e poi mai ripetuto!
Morinaga si accorse di ciò e decise di non forzarlo. Era già stato tanto sentirlo in dormiveglia, sperando che non si fosse trattato di un sogno.
«Piuttosto, come stai?» chiese con un dolce sorriso, mentre respirava a fatica e le lesioni facevano male.
«Io sto bene... grazie per averci salvati...» rispose il senpai, con lo sguardo basso. Abbracciò di scatto Morinaga, il quale gemette tremendamente per il dolore, ma si beò di quella coccola. Accarezzò il pancino del senpai e poi ricambio, con non poca fatica, l’abbraccio del suo amato.
«Ce la fai ad alzarti?» chiese, apprensivo, il biondo che cercò di alzarlo da terra.
«Forse... » fu l’unica risposta da parte del moro che, aiutato dal senpai e facendo pressione su alcuni punti, riuscì a mettersi in piedi, fortunatamente.
«Torniamo a casa, non possiamo andare a Tokyo con te in queste condizioni... »
«Senpai... mi dici che mi ami?» disse Tetsuhiro, prima di svenire tra le braccia del senpai. Mentiva: il dolore era troppo forte, probabilmente due costole erano in frantumi e chissà quali altri danni aveva causato quell’incidente.

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Non è un granché, lo so... Beh, non ho avuto molta ispirazione, né capitoli già scritti a portata di mano... infatti, questo l'ho finito dieci minuti fa ò-ò
E poi ho avuto una settimana impegnativa... Comicooon *-*
Comunque sia, spero che un pochino vi piaccia ^^'' 
E spero che in questo ci sia più di una recensione... 
A lunedì prossimo :3
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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 6

«M-Morinaga! Su, svegliati!» il senpai gli schiaffeggiò piano le guancie per cercare di farlo ritornare in sé. Nonostante tutto, il moro non dava segni di volersi svegliare. Lo prese in braccio, anche se con non poca fatica e lo appoggiò, esausto,  sull’erba fresca del loro prato per poi chinarsi e appoggiare la sua testa sulle proprie gambe mentre col telefono componeva il numero dell’ospedale.
Dopo un paio di squilli, una segretaria rispose e dopo circa dieci minuti, una volante dell’autoambulanza fu lì. Dalla vettura scesero tre infermieri, tra i quali c’era anche la ragazza che li seguiva con il dottore sin dal primo giorno in cui la coppia aveva saputo la notizia dell’inaspettata gravidanza del biondo. Gli infermieri poggiarono il moro sul lettino, per poi caricarlo all’interno. Souichi lo seguì per tutto il viaggio, tenendogli la mano ben stretta tra le sue, cercando di infondergli un po’ di calore. Lo vide svegliarsi dopo un po’; fortunatamente era vivo e vegeto.
«Sen... pai...» sussurrò flebilmente il kohai, gemendo dal dolore in silenzio.
«Brutto scemo... guarda cosa ti sei fatto!» fu la risposta coincisa del tirannico Souichi, il quale non riusciva bene a nascondere l’evidente preoccupazione.
«Sacrificarsi... per la... propria... famiglia... è... un bel... modo... per provocarsi... tutto ciò... » ribatté, a sua volta, Tetsuhiro, gemendo tra una fitta e l’altra.
“Famiglia”... Sì, loro tra poco avrebbero creato una vera e propria famiglia... e pensare che fosse tutto così strano... cioè, voglio dire, non è possibile vedere mica tutti i giorni un uomo che aspetta un bebè?
Il senpai non poté fare a meno di mostrare un dolce sorriso, il quale ripagava tutti i colpi subiti.
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«Se l’è cavata con una gamba rotta... avrà il gesso per un bel po’... » diagnosticò la ragazza, sorridendo loro, quando ormai avevano già fatto le analisi e radiografie. Durante tutto il tempo, il senpai gli aveva tenuto inconsciamente la mano, provocando la pace nel cuore di Morinaga.
“Potrei farlo più spesso se poi si comporta così... “ pensò il kohai, massaggiandogli quella mano lunga e affusolata.
«Non pensarci neanche.» ordinò il senpai, un po’ come se avesse capito quello che il moro stava pensando.
«A fare... cosa?» chiese, ingenuamente, a sua volta, Tetsuhiro, mentre gli medicavano tutte le ferite, da quelle leggere a quelle man mano più pesanti.
«A rischiare la vita così...» sussurrò Tatsumi, girandosi dall’altra parta giacché troppo imbarazzato.
Il kohai non poté fare a meno di sorridere: era diventato così malleabile in questi mesi che a stento riusciva a riconoscerlo. Venne trasportato in un’altra stanza, circa due camere dopo la sua, laddove gli ingessarono la gamba. Dopo tutto il casino che Morinaga aveva fatto per farsi sistemare un po’ l’osso e farsi ingessare il tutto, aspettando che poi si asciugasse, ormai si era fatta una certa ora.
« Vedendo gli appuntamenti del signor Tatsumi Souichi, mi sono accorta che il sesto appuntamento è fissato per domani... ma se volete possiamo spostare anche ad oggi...»
Erano ormai arrivati alla 15^ settimana... chissà se si poteva già scoprire il sesso del futuro nascituro. Morinaga lasciò decidere al senpai che, dopo un po’ di tempo passato a meditare sull’eventuale risposta, annuì. Tetsuhiro, il quale era costretto a girare su una sedia a rotelle, fu anche un po’ “graziato” da questa scelta dato che non avrebbe saputo come fare per andarci l’indomani. Dalla sala in cui si trovavano ora, passarono al primo piano, laddove c’era il reparto per seguire le gestazioni e dove si trovavano le sale per partorire. Improvvisamente si sentì un urlo provenire da una di queste stanza e poi un forte pianto strozzato.
«C-Che succede lì dentro?»chiese il senpai, un po’ impaurito.
«Semplice: è nato un bebè... Insomma, quello che accadrà anche a te tra poco meno di cinque mesi...» rispose le dottoressa, cercando di distrarre il senpai.
“Soffrirò così tanto? Ho paura già da ora...” pensò il biondo, continuando a spingere la carrozzina verso lo studio del dottore.
Quando entrarono, il dottore non c’era. Aspettarono che tornasse: era stato lui a far nascere la creaturina di poco prima, lo si poteva capire dalla macchia di sangue sul viso.
«Scusate l’attesa... ero al lavoro con una signora che oggi ha dato alla luce Aya-chan... una bella bimba di tre chili e quattrocento grammi... Dai, andiamo a vedere se è possibile scoprire se anche a voi si tratta di una dolce fanciullina o di un forte maschietto?» gli occhi del dottore luccicavano; per lui, probabilmente, far nascere dei bambini era una gioia immensa.
«P-Perché? g-già s-si p-può s-sapere?» balbettarono, in coro, i futuri mamma e papà.
«Se il bambino, o la bambina, ce lo permette... potremo fare un’ipotesi sull’eventuale sesso... anche se per stabilirlo con precisione dovremmo aspettare ancora qualche mesetto...»
Morinaga, di scatto, afferrò una mano del senpai per poi stringerla e, senza trattenersi oltre, cominciò a piagnucolare di gioia, affiancando a sé il biondo, il quale cominciò anch’esso a far uscire le lacrime di commozione. Con la mano libera, quest’ultimo, si accarezzò il ventre gonfio, per poi poggiarci sopra anche la mano del kohai.
Entrambi annuirono alla proposta di verificare il sesso; almeno avrebbero cominciato a comprare culla e tutto l’occorrente per il piccolo o la piccola che presto avrebbe occupato un posto enorme nei loro cuori.
Tatsumi-senpai si stese sul lettino e scoprì il ventre, il quale venne poi cosparso con il gel azzurro per procedere, infine, all’ecografia.
«Le condizioni del feto sono più che stabili. La lunghezza e il peso sono nella norma e tutto è a posto... anzi, sembra anche un po’ più grande... Comunque questo non comporterà sicuramente a nessun tipo di malformazione, quindi dovete stare tranquilli. Purtroppo però il piccolo è un po’ timido a quanto pare... » il dottore sorrise, continuando a far scorrere la sonda sulla pancia.
«Timido? C’è qualche problema?» chiese allarmato il senpai.
«No... tranquillo... è che non ha ancora voglia di farci scoprire il sesso, quindi dovrete aspettare ancora un po’ per sapere se si tratta di un maschietto o una femminuccia... nel frattempo vi consiglio comunque di cominciare a prepararvi comprando magari culla e corredino in stile neutro... Vi svelo un segreto: ai bambini rilassa quando sono circondati dal bianco, anche se le macchie di colore li rendono allegri... ho sperimentato questa mia scoperta su i miei due bimbi che ora sono a casa... i miei dolci Ayako e Jirou... »
«Tetsuhiro... probabile che questo l’abbia preso da me... » affermò il senpai, sorridendo e perdendosi in quelle immagini che raffiguravano il gracile corpicino di quel piccolino.
«Molto probabile... » confermò, a sua volta, il kohai, gemendo un po’ per i dolori dovuti all’incidente.
«Scusi ma... cosa le è successo? Se posso sapere...» chiese il dottore, spegnendo il monitor e porgendo dei tovaglioli per far pulire il ventre a Souichi.
«Ci ha salvati... Ero in mezzo alla strada ed ero felice di poter andare a vedere il Rainbow Bridge a Tokyo.  Un’auto che passava ad alta velocità mi stava per investire e lui si è fiondato per salvarci... però quello che ci è andato sotto è stato lui... per fortuna è ancora v...vivo... » il senpai abbassò lo sguardo e cominciò a piangere ricordandosi di quello che era successo.
«Un vero e proprio gesto eroico per la propria famiglia... merita tutta la mia stima.» disse il dottore dopo aver ascoltato la storia e aver stampato le ecografie e prescritto altre vitamine, per poi porgere un fazzoletto al senpai per fargli asciugare le lacrime.
Morinaga si trovava accanto a lui: aveva fatto pressione sulla sedia per poi alzarsi, con non poca fatica, e sedersi accanto a lui, abbracciandolo e asciugandogli un po’ delle lacrime con diversi baci. Insieme accarezzarono il pancino dentro cui si trovava loro figlio. Sentirono un piccolo movimento. Il primo piccolo movimento di loro figlio.


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*si prepara ad essere linciata* gomeeeeeeeeeeeeeeeeen ç______ç ho avuto una settimana piuttosto impegnativa... inoltre ho avuto anche un piccolo blocco dello scrittore che ho cercato di reprimere in tutti i modi possibili rileggendo i manga del tiranno e vedendo ler l'ennesima volta l'anime... inoltre stavo una continuazione su siti per mamme in dolce attesa per aumentare le mie conoscenze ç_ç
Vi prego di perdonarmi per il ritardo... spero che riuscirò a scrivere il 7° entro oggi così per domani è bello che pronto ^-^
Vi prego di non badare ai millemila errori... l'ho finito giusto ora e non l'ho neanche controllato... Farò in modo che, una volta finita, questa storia venga riletta e corretta dal primo all'ultimo capitolo u.u
Appuntamento a domani con il capitolo 7! *sempre se ce la farò* 
xoxo, Panny_ u.u <3
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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 7

Insieme sobbalzarono un po’, ritraendo entrambi la propria mano.
«O-Oddio! S-Si è m-mosso!» balbettò il senpai, andando a toccare la pancia, ritraendo diverse volte la mano, come se scottasse, per poi poggiare, ìnfine, la mano sul gonfiore che la caratterizzava.
«I-Il suo primo m-movimento...» commentò Morinaga, emozionatissimo, andando ad accarezzare nuovamente anche lui il ventre del senpai.
Il dottore li fissava divertito e, al contempo, enormemente commosso. Consegnò una busta con le ecografie e le varie analisi, che lasciarono sul lettino: erano troppo emozionati e non smettevano di accarezzare il pancino.
Un altro movimento. Un altro battito più forte degli altri per i futuri genitori.
I sorrisi ebeti stampati sulle loro facce non volevano sentire di sciogliersi e le mani non ne volevano sapere di allontanarsi da quel dolce gonfiore.
«S-Senpai... i-il nostro... piccolo... s-senpai...senpai... grazie di questo... dono... » Tetsuhiro, troppo preso dalla commozione, dopo aver sibilato queste parole, lo abbracciò e lo baciò mentre dagli occhi cadevano piccole gocce di sentimenti misti: felicità, gioia, commozione, ma anche un piccolo accenno di paura.
Il senpai, preso dalla contentezza, gli lasciò fare tutto quello che più desiderava... anche perché lo voleva anche lui. Era davvero felice di vederlo molto partecipe, di tenerci così tanto a quel piccolo pargolo da buttarsi sotto un’auto pur di salvarlo, di essere tanto forte da riportare solo una gamba rotta e qualche graffio qua e là... Doveva ammetterlo... lui era un uomo troppo speciale per lui...
Rimuginava su tutto quello che gli aveva fatto passare anni addietro e un po’ ne era dispiaciuto... un po’ però.
Era comunque stato lui a farlo “convertire” anche se in passato era, forse, la persona che più odiava i gay al mondo.
«Senta... p-posso farle una domanda?» chiese il senpai, imbarazzato a morte per quello che avrebbe detto tra poco.
Pensava di fare una sorpresa a Morinaga una di quelle sere, sperando che potesse averne la possibilità.
«Sì, cer-»
«Tetsuhiro, esci fuori.» ordinò il senpai, aiutandolo a sistemarsi sulla sedia a rotelle.
«M-Ma...? Uh, ok... » fu l’unica risposta del kohai, il quale lo guardava stranito e incuriosito. Una volta accomodatosi sulla sedia si diresse verso l’uscita, lanciando un’ultima occhiata al senpai e notando il suo enorme imbarazzo. Era davvero qualcosa di indescrivibilmente tenero...
Una volta che la porta fu chiusa, il senpai poté liberamente dire quello che gli girava per la testa.
«Scusi... ma... ecco... s-si possono avere rapporti sessuali durante questo periodo della gravidanza?» chiese, sottovoce, il senpai, ormai diventato non più rosso, ma viola dall’imbarazzo.
«Beh... nella donna è possibile avere rapporti durante tutto il periodo della gestazione... aiuta soprattutto negli ultimi mesi... ma non credo che ti crescerà una vagina... quindi... beh, se volete provare, fate molta attenzione e non fargli venire all’interno... anche perché, nonostante tutto, il bambino si trova a una certa distanza dal “tubicino” dalla quale si è creato tutto... »
«B-Beh... a-allora glielo dirò... è che... è da un po’... che ho voglia... ma non sapendo se faceva, o meno, male al feto... ho evitato... » ammise il senpai, ancora rossissimo in volto e terribilmente timido.
«Capisco... beh, è anche un po’ colpa degli ormoni. Comunque se abbiamo finito, può anche andare a casa e, chissà, sperimentare questa sua... “scoperta”» sghignazzò il dottore.
Souichi lo fulminò e si trattenne dal non fargli assaggiare uno dei suoi pugni più forti, anche se quelli erano riservati al suo Tetsuhiro.
Si limitò a prendere la busta con le analisi e le altre cose, per poi uscire dalla stanza, dopo aver salutato il dottore, e aiuto Morinaga a muoversi con la sedia a rotelle.
«Senpai... cosa dovevi chiedergli?» domandò, curioso, il kohai, osservando il rossore sulle gote del biondo.
«uhm... la data... della prossima visita... » fu la prima cosa che gli venne in mente. Ma probabilmente non fu creduto dato che Morinaga lo guardò perplesso e fece spallucce.
«Ah, comunque il dottore mi cedette il calendario delle visite quando andammo a fare la prima... potevi chiederlo anche a me, no?» puntualizzò il kohai, dopo essere usciti dalla struttura ospedaliera.
«Volevo un’ulteriore sicurezza... » fu la risposta semplice e diretta del senpai.
Ritornarono a casa con un taxi. Il trasporto, fu abbastanza complicato, ma alla fine arrivarono. Morinaga si era già stufato di quella maledetta sedia...
Il senpai intanto, entrato in casa, si fiondò sul suo bel divano, mettendosi beatamente ad accarezzarsi la pancia.
Di tanto in tanto sentiva il bambino scalciare... era molto forte. Probabilmente aveva preso dalla mamma...
«Morinaga... sai, non sei del tutto stupido... » sibilò il senpai «è bello aspettare il tuo bambino...» concluse mostrando un sorriso che mostrava tutti i denti.
«D-Davvero senpai?» Morinaga era incredulo: davvero aveva detto quelle cose? Lui, il senpai che non perdeva l’occasione di trucidarlo con i suoi pugni e di chiamarlo stupido in ogni momento?
«Sì... ma la cosa più bella è vederti così partecipe... anzi, vederti resistere dallo stuprarmi ogni volta che abbasso la guardia... quella sì che è una cosa spassosa!» il senpai esplose in una grossa risata, per poi calmarsi pochi minuti dopo e prendere ad accarezzarsi nuovamente il grembo. Si alzò facendo leva sui pugni e si diresse in bagno.
«Faccio un bagno... tu intanto fammi una cioccolata... ne ho davvero tanta voglia... » Disse, pacato, il senpai, dirigendosi e chiudendosi, poi, nel bagno, riempiendo la vasca dopo poco mentre canticchiava un motivetto di una canzone.
Tetsuhiro era davvero tanto felice... se il senpai incinto era così malleabile, allora avrebbe voluto ingravidarlo fino alla fine dei suoi giorni, sempre se gliel’avrebbe permesso, sia chiaro.
Già, lui ci teneva davvero tanto al senpai e al loro bimbo che tra poco sarebbe anche nato. Era tanto attaccato loro che li avrebbe protetti per tutta la vita. Adorava vedere il senpai sorridere, e il suo sorriso ripagava tutti gli sforzi che doveva fare.
Il kohai si cimentò nel preparare la cioccolata richiesta dal senpai, stando attento a non sporcare. Il biondo, intanto, probabilmente si stava asciugando di già i capelli dato che si sentiva il rumore dell’asciugacapelli provenire dal bagno. Dopo circa un quarto d’ora uscì Souichi con addosso un accappatoio blu e i capelli legati in un codino, asciutti.
Il moro gli porse la cioccolata e il biondo lo ringraziò con un bacio, dirigendosi, poi, in camera da letto dopo aver lasciato Morinaga imbambolato dopo quel piccolo gesto.
Quest’ultimo, dopo aver scosso un po’ la testa per “risvegliarsi”, si diresse in cucina per lavare e mettere a posto gli utensili usati per preparare la tazza di cioccolata che ora probabilmente stava bevendo il senpai.
«Morinagaaa! Vieni! Ora!» sentì gridare dalla stanza da letto. Il moro, lasciando andare la scatola con il preparato in polvere, si diresse, con non poche difficoltà dovute al fastidioso spostamento con la sedia a rotelle, verso la camera da letto, spalancando la porta. Souichi si trovava tutto coperto dal lenzuolo.
«Hai voglia di giocare?» domandò il kohai, avvicinandosi e baciandolo da sopra le coperte.
Un cenno di approvazione gli fece scoprire il senpai, lasciandolo senza la coperta. Era completamente nudo.
«Senpai, ti prenderai un raffreddore se rimani nudo... » sibilò il kohai, tenendo il più possibile a freno i suoi istinti. Da quanto non lo facevano? Quasi cinque mesi... una lunga astinenza...
«Ho caldo... » furono le uniche parole che usò Tatsumi per giustificarsi. Si alzò per baciare il moro, per poi tirarselo sul letto, noncurante che si potesse far male, avendo una gamba ingessata.
«S-Senpai... se stai testando la mia resistenza... sei un bastardo... sai che non lo facciamo da cinque mesi e ne ho una voglia matta... » rispose il kohai, gemendo un po' per il fatto che la gamba avesse urtato il letto.
«Sai... ho chiesto una cosina al dottore oggi quando te ne sei andato... » sussurrò il senpai, dannatamente provocante, all’orecchio di Morinaga.
«La data della vis-... aspetta, mi hai mentito, giusto? Dai, cosa gli hai chiesto?» chiese il kohai, prendendo a baciargli il collo.
«Se era possibile farlo... e mi ha detto di sì... ma devi utilizzare molta delicatezza e non devi venire, insomma, l’amore perfetto...» rispose il senpai, prendendo a spogliarlo.
«Uhm, davvero? Allora approfittiamo... »
Si ritrovarono nudi dopo pochi minuti. Il senpai, il quale si era ben posizionato sulle cosce del suo kohai, attento a non fargli male, già pregustava quello che sarebbe successo tra poco, mentre il kohai si beava di quello spettacolo di uomo che era il suo Souichi.
«Sii delicato...» sussurrò il senpai.
«Delicatissimo...» fu l’ultima risposta del kohai, prima di cominciare a dargli piacere con i tanto attesi preliminari.
Finalmente, dopo cinque lunghi mesi, si toccavano di nuovo...Si scambiarono effusioni per un tempo indeterminato, tutto sapeva di nuovo, ma allo stesso tempo si trattava comunque di cose già fatte, nonostante ciò avevano comunque un sapore più dolce


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Purtroppo non sono riuscita a pubblicare lunedì scorso... spero non sia stato un problema per voi >-<
Spero che con questo capitolo mi perdonerete...
io vado a studiare... a lunedì prossimo con l'ottavo capitolo!
un bacione,
Panny_
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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 8

Da quanto non lambiva quella pelle con le sue labbra? Sembrava un’eternità. Il kohai si sentiva il cuore pulsare nelle tempie e la soddisfazione accentuarsi sempre più quando vedeva il senpai godere sotto i suoi leggeri tocchi.
I capezzoli di entrambi erano turgidi e rossastri, l’intimo stretto dava una strana sensazione appagante, i capelli del senpai gli incorniciavano il volto come i raggi fanno col Sole. I baci frequenti che univano le bocche avevano assunto un sapore diverso, la pelle fremeva a ogni più mero contatto.
I corpi volevano di più, non potevano aspettare oltre: lo si poteva dedurre dall’eccitazione di ognuno di loro.
«Senpai, sei meraviglioso...» ripeteva il kohai, fermandosi di tanto in tanto ad ammirare la sua pelle che sembrava porcellana, ma fragile come vetro soffiato, baciando il ventre che nascondeva loro figlio e accarezzandolo.
Adorava vederlo imporporarsi ad ogni complimento, assumeva un’espressione impagabile e tenera, tanto da non poter resistere alla tentazione di baciare le sue labbra socchiuse.
«Tetsuhiro...» sussurrò, prima di allargare le gambe molto lentamente, nascondendo poi il volto con un lembo del lenzuolo bianco e fresco del letto.
«Souichi...» sussurrò il kohai, andando a baciarlo in zone più a sud, per poi ammirarlo nella sua leggiadra nudità. Cercò di donargli più piacere possibile con le sue labbra e la sua lingua: doveva farlo sprofondare nel mare della libidine.
Gli tirava i capelli neri, ansimava, alzava il bacino e inarcava la schiena morbida, sentendosi l’uomo più felice del mondo.
Giunse poi il momento, per Tetsuhiro, di farlo suo: finalmente, dopo tutto quel tempo indeterminato, rispolverava quelle sensazioni profonde.
Era famelico: non si saziava mai di quella pelle e di quel girotondo di emozioni e sensazioni che vorticavano come piccoli tornado attraversandogli il corpo e distruggendo ogni sensazione negativa.
Si accarezzavano, incessantemente, bisognosi di sempre più contatto.
L’odore di mascolinità e sudore regnava in quella stanza da ormai un po’ di tempo e questo rendeva l’atmosfera sempre più gradevole.
Se fossero stati maghi, questa sarebbe sicuramente la magia che avevano imparato meglio.
Quando quest’ultima, con un’ultima scintilla, cessò, i corpi erano esausti e impregnati di goccioline di sudore che venivano assorbite dal lenzuolo bianco, il quale, ormai, non si poteva considerare più pulito.
Si tenevano abbracciati, scambiandosi sguardi luccicanti d’amore e carezze sui volti sorridenti e dalle espressioni appagate.
Le mani caddero anche sul piccolo gonfiore, laddove cresceva il piccolino, o la piccolina, che sarebbe presto venuta al mondo ed entrata nella loro routine.
«Questa è stata la volta più bella e appagante di tutte probabilmente...» sibilò il senpai, accucciandosi sempre più al corpo, dal dolce tepore, di Morinaga.
«Uhm... è probabile...» rispose il kohai, accarezzandogli i capelli profumati di un’essenza fortemente dolce, ma tenue allo stesso tempo.
Lo vide addormentarsi lentamente: beh, poteva capirlo dopo tutto quel “movimento” fatto dopo chissà quanti giorni era inevitabile che si fosse stancato. Il moro, al contrario, aveva l’adrenalina che gli scorreva lungo tutto il corpo e si sentiva in grado di muovere perfino la gamba! Anzi no... appena lo fece, infatti, trattenne un urletto dovuto alla fitta che si era provocato da solo.
Lo coprì un po’ con il lenzuolo e, con un po’ di fatica, si posizionò sulla sedia, cercando almeno di infilarsi i pantaloni.
Prese il telefono e compose il numero di Kanako-chan, la quale rispose dopo un po’ di squilli.
«Kanako-chan... sono Morinaga, ti va di venire a casa? Volevo chiederti delle cose più un piccolo favore...»
«Ma ciao! Certo, sarò lì tra pochi minuti...» rispose la ragazza, sempre molto felice di ascoltare la sua voce a telefono.
Morinaga aspettò in salotto per circa una mezz’ora. Quando si sentì bussare alla porta fu lesto ad aprire.
Ma non si trattava della Kanako tanto attesa. Al suo posto c’era il fratello, Kunihiro Morinaga.
«Ciao Kunihiro, qual buon vento ti porta a casa del sottoscritto?» Chiese, lievemente scocciato Tetsuhiro, facendolo accomodare in salotto.
«Nulla di che, mi andava di venirti a trovare dopo sei mesi che non lo faccio... a proposito, cos’è successo alla tua gamba?» chiese il maggiore, preoccupato.
«Niente di grave... me lo sono provocato per salvare la mia fami- ah, ciao Souichi... C’è Kunihiro...» disse il moro, vedendo il senpai rovistare in cucina, probabilmente in cerca di cioccolata o qualcosa di cui aveva voglia. Fortunatamente indossava una vestaglia...
«Ciao Kunihiro...» fu il rapido saluto del biondo, per poi andare ad aprire la porta dato che avevano bussato. Stavolta era la sorella di quest’ultimo, Kanako.
«Nii-san! Come va col bimbo? Ti senti bene?» chiese la ragazza, felice di essere accolta dal proprio fratellone.
«Mi ero appena svegliato siccome avevo voglia di cioccolata... Ti ha chiamata Morinaga?» chiese alla ragazzina, la quale accennò un sì con la testa.
«Bimbo? Ho sentito bene?» chiese, a sua volta, il fratello maggiore di Morinaga. Si era accorto che qualcosa era cambiato nel tirannico Souichi, a partire dal fisico. Lo vedeva più arrotondato nella zona del ventre, ma non gli diede tanta attenzione.
Il senpai si avvicinò a Morinaga, il quale era diventato rosso dall’imbarazzo. Si sedette sulla poltroncina in pelle bianca accanto alla sedia a rotelle del suo amato, facendo sì che il ventre gonfio si potesse ammirare meglio.
«Sì... può sembrare strano, ma aspetto il figlio di tuo fratello... presto diventerai zio. Felice?» dichiarò, impassibile, il senpai, accarezzandosi la pancia da sopra il tessuto, accompagnato anche dalla mano della sorellina.
«Eh? Aspetti un figlio da mio fratello? Ma è qualcosa di... innaturale!» starnazzò lui, sconcertato dalla notizia.
«Anche io l’ho pensato all’inizio, ma a quanto ho constatato è possibile... e tra poco meno di cinque mesi nascerà un nuovo Morinaga... » il senpai nascondeva un sorrisetto canzonatorio sotto i baffi, continuando a muovere la mano sull’evidente gonfiore.
«S-Sono sconcertato... ancora non posso crederci... n-non so che dire...» ammise l’uomo, ancora scombussolato dalla strana notizia, ricevuta così, su due piedi.
Morinaga non riusciva a emettere neanche un fil di voce, ma in cuor suo sperava ardentemente che il fratello avesse accettato l’attuale condizione della propria famigli.
Nonostante sapesse che ora Masaki stesse con il fratello da un po’, aveva ancora un po’ di pressione psicologica dovuta a tutte le volte che Kunihiro gli aveva dimostrato il suo forte senso di repulsione contro la sua natura sessuale in passato.
«Sai, questa» il senpai indicò la gamba ingessata «se l’è rotta per proteggerci... è un eroe.» ammise in senpai, alzandosi e baciandolo davanti ai presenti, provocando ancora più imbarazzo nel povero kohai.
«Capisco... cioè, non proprio tutto... in un uomo non può crescere un figlio! Come cavolo avete fatto?» chiese, cercando di calmare la sua agitazione, Kunihiro.
«Oh, beh, è una storia lunga... Meglio che a spiegartela sarò io data l’attuale condizione di Tetsuhiro...» il senpai si mise comodo sulla poltroncina, preparandosi la voce con qualche colpetto di tosse «Beh, tutto ebbe inizio sei anni fa quando l’amico di tuo fratello, Hiroto, gli regalò un eccitante che preparò lui stesso. Conteneva strani ingredienti, tra cui alcuni che, dopo un bel po’ di tempo, mi hanno permesso di generare un utero e una cellula uovo che, fecondata, mi ha permesso, poi, di avere un figlio da lui...» spiegò in poche e semplici parole, la vicenda, osservando le mutazioni del volto del più grande dei Morinaga.
Si aspettava reazioni diverse: non fece facce schifate, bensì curiose.
«S-Senpai... potevamo aspettare prima di dirglielo...» sibilò il kohai, dopo aver ascoltato la storia raccontata dal biondo.
«E quanto ancora? E poi mi ha visto con il pancione... Era l’occasione giusta!» ribatté il senpai.
Il kohai sospirò e gli accarezzò il volto. «Forse hai ragione... sì, dai, hai fatto una cosa buona a dirglielo... lo avresti saputo comunque prima o poi, vero?» chiese a Kunihiro, il quale si limitò unicamente a fare cenno di sì con il capo. Incrociò le gambe e ci appoggiò i gomiti sopra, appoggiando, poi, il mento sulle mani chiuse a pugno.
«Sicuri di volerlo? Cioè, qui in Giappon-»
«Abbiamo già pensato a tutto. Sappiamo bene che qui non verrebbe accettato, infatti ci trasferiremo» rispose, prontamente, il senpai.
«E dove?»
«A San Francisco. Chiederemo il permesso a mio fratello Tomoe di ospitarci per un po’ fin quando non troveremo un’abitazione abbastanza grande per ospitarci tutti e quattro.»
«Si tratta di gemelli??» chiese, quasi allarmato, Kunihiro.
«No, verrà con noi anche mia sorella Kanako» continuò, ridacchiando per quell’espressione, Souichi.
Intanto, la ragazza era appiccicata, letteralmente, al fratello e dopo quell’affermazione lo strinse ancora di più, pur sapendo già tutto.
Si sentì, improvvisamente, un telefono squillare. Si trattava di Masaki.
«Sì, Mas-... sì, ok, arrivo...» pronunciò Kunihiro, per poi staccare la telefonata e alzarsi dalla poltrona. «Beh, statemi bene... verrò a farvi visita un giorno insieme a Masaki, ora mi chiama. A presto.» disse per poi dirigersi verso la porta accompagnato da Kanako.
«Prova solo a renderli tristi e ti faccio sparire dalla circolazione.» minacciò, sottovoce e con un sorriso sulle labbra, la sorellina del senpai, provocando un brivido di paura nel corpo di Kunihiro.
«N... non l-lo farò... t-tranquilla...» si giustificò lui, scappando da lì.
Kanako scoppiò in una grassa risata, per poi ampliarla ancora di più quando vide le facce sconvolte di Morinaga e Souichi.
«Kanako-chan, ti senti bene?» chiesero in coro i futuri genitori, vedendola rossa in volto e quasi senza fiato.
«S-Sì, scusate... » pronunciò lei, ricomponendosi e andando accanto al fratello, poggiando la testa sul suo petto e accarezzando ancora la pancia dope si nascondeva il suo nipotino.
«Certo che ho una sorella davvero strana...» sospirò il senpai, accarezzandole i capelli.
«Beh, meglio se non parliamo di te, Souichi» dissero in coro, sia Tetsuhiro che Kanako, ridacchiando sotto i baffi quando il senpai sbuffò.
 


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ho pubblicato oggi dato che domani dovrò studiare per un'interrogazione... spero sia gradito ^^ ps: scusate gli errori, ma, come detto in precedenza, con l'ausilio di una beta correggerò la storia alla fine//
a lunedì prossimo con il nuovo capitolo!
un bacione,
Panny_
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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 9

Il senpai si assopì sul morbido divano, circondato da Kanako e Morinaga, i quali stavano guardando la televisione. Kanako non la smetteva di accarezzare il ventre di Souichi. Spesso sentiva il piccolo muoversi nel suo corpo e ogni volta un fremito la percorreva fin dentro le ossa.
Improvvisamente il senpai, addormentato, si svegliò di colpo, massaggiandosi il ventre. Sul volto c’era un’espressione di sofferenza e dalla fronte si vedevano piccole goccioline di sudore percorrergli il pallido volto.
Nonostante tutto sorrideva.
«Senpai, ti senti bene?» chiese Morinaga, spegnendo la tv. Il biondo annuì, alzandosi.
«Kanako, mi accompagni in bagno per favore? È solo un po’ di mal di pancia... si risolve prest-Ah!» i crampi aumentavano d’intensità, lo si deduceva dall’ampliarsi del tono di voce del biondo.
«C-Certo fratellone...» La ragazza l’accompagnò nella stanza da bagno, rimanendo dentro.
«K-Kanako... esci... non ci riesco se c’è qualcuno...» ammise il senpai, imbarazzato a morte. La ragazzina ridacchiò, per poi uscire.
«Chiamami se hai bisogno, sono qui fuor- ehi, nii-chan!» la ragazza stava per completare la frase quando lo vide accasciarsi a terra.
Morinaga, intanto, era fuori ala porta, aspettando che escano sentì il tonfo e poi le grida della ragazza e, senza pensarci due volte, entrò, vedendo il senpai a terra.
La sedia a rotelle gli dava un enorme fastidio, quindi, sprigionando tutta la forza di volontà in corpo, senza neanche accorgersene, si ritrovò in piedi. La gamba gli faceva un male della Madonna, ma doveva resistere.
Kanako, intanto, cercava di rianimarlo alzandogli le gambe ma nulla. Gli tastò il polso, ma era tutto apposto.
Dopo tanti schiaffi in faccia, il biondo riaprì finalmente gli occhi.
Il moro e la ragazza tirarono un sospiro di sollievo.
Dopo aver creato tanto trambusto, il biondo si prese anche la briga di rimproverare il povero kohai, il quale si becco anche uno scappellotto.
«Brutto scemo! Perché sei sceso dalla sedia?!?! E poi sto bene ora! Ho letto che in alcuni casi, le donne incinte svengono, e io faccio parte di quei casi... anche se sono un uomo... Inoltre... ecco, non vado in bagno da un po’, ecco perché spesso mi colpiscono delle fitte... dopo mangerò qualcosa e ci andrò...» gridò ad alta voce, abbassando la tonalità solo nelle ultime frasi.
Morinaga stette in silenzio, trattenendo le risate; l’atmosfera si era fatta improvvisamente più fredda.
Nonostante tutto, Kanako prese la sedia e aiutò Tetsuhiro a sedersi su di essa, poi portò il senpai nella stanza da letto, facendolo accomodare sul materasso.
Il kohai entrò timidamente, imbarazzandosi a morte quando notò le coperte sporche.
Kanako ridacchiò di gusto, aprendo l’armadio e prendendo lenzuola e una coperta pulite e poggiandole sulla poltroncina. Tolse quelle sporche e le portò in lavanderia, lasciando la coppia di futuri genitori da sola e in preda all’imbarazzo.
«Scusa...»
«Mh? Per cosa, senpai?»
«Per il mio comportamento di prima... non volevo farti male, scusa... »
Cosa? Il senpai che si scusava? Da quanto in qua? Sicuramente non era una cosa che faceva tutti i giorni... probabilmente tutto si collegava a un solo episodio: l’essere gravido.
«Quanto sei dolce... Comunque non preoccuparti, sono abituato alle tue angherie... e per me rimani sempre il mio senpai, il mio amore, anche se spesso vorresti vedermi morto» Morinaga ridacchiò, il senpai cominciò a piangere.
E ora che gli succedeva? Perché mai stava piangendo? Oddio, era diventato troppo lunatico...
Il kohai, sospirando, lo abbracciò, asciugandogli le lacrime con un fazzolettino che aveva in tasca. Lo lasciò due secondi per sistemarsi sul letto, accanto a lui. Il senpai, per tutta risposta, si appoggiò sulle sue gambe una volta sistematosi, rannicchiandosi sul letto e accarezzandosi la pancia mentre si lasciava coccolare dal suo kohai.
«Morinaga... domani chiederemo a Tomoe di cominciare a cercare una casa... voglio trasferirmi... mi sento in imbarazzo ogni volta che esco e portare due o tre felpe per nascondere il ventre mi dà fastidio, soprattutto quando ho gli sbalzi di temperatura...»
Morinaga continuò ad accarezzarlo, annuendo ad ogni richiesta a cui era possibile una risposta affermativa.
Adorava vederlo fantasticare, vederlo muovere le mani come se tutti gli oggetti che servivano per il bambino lo accerchiavano.
«... e infine la culla la metterei lì, accanto alla finestra... poi dipingerei tutto di azzurro se si tratta di un maschio o rosa se invece si tratta di una femmina... poi quando diventerà grande voglio proteggerlo a tutti i costi... »
«Tutto diverrà realtà, senpai... dobbiamo solo aspettare qualche mese....»
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Il tempo passò e il pancione diventava sempre più tondo. Il senpai ormai era entrato nei cinque mesi. Tomoe, dopo la telefonata fattagli da Morinaga, si smobilitò a cercare una casa abbastanza confortevole e non molto distante dalla sua e quella di Kurokawa, con almeno tre stanze da letto: una per Tetsuhiro e Souichi, una per Kanako e una per il piccolo, o la piccola, che gli avrebbe donato l’appellativo di “zio”.
Mentre Tomoe, in America, cercava casa per loro, i futuri genitori erano all’ambulatorio per fare l’ennesima ecografia. Avrebbero ascoltato il battito cardiaco del feto... erano così eccitati!
Ad accompagnarli c’era anche Kanako-chan, la quale si era attrezzata con videocamera, per immortalare il momento in cui si sarebbe sentito il battito, e fazzoletti di carta, per le sicure lacrime che verseranno di gioia lei e il fratello.
Tetsuhiro ora camminava grazie a delle stampelle: la gamba stava guarendo molto rapidamente e fu stimato che probabilmente tra un altro mese sarebbe stato in grado di camminare liberamente.
«Videocamera: presa; fazzoletti: presi; cellulare: preso; io: ci sono. Bene, ho tutto, possiamo anche andare!» commentò Kanako, probabilmente molto più emozionata ed eccitata della coppia.
Il senpai indossava una felpa nera con, colorato di grigio, un kanji della forza sulla spalla destra per nascondere l’ormai evidente pancione. Kanako si sedette al posto guida e mise in moto.
«Voglio partire al più presto... Mi sento davvero a disagio...» sussurrò il senpai, accarezzandosi la pancia. Morinaga, d’altro canto, cercava di distrarlo da quel pensiero parlando della nascita del futuro bebè.
Il senpai sorrideva sempre quando si parlava del piccino che cresceva nel suo grembo. E pensare che pochi mesi prima volesse ammazzarlo...
Arrivarono presto alla struttura. Ormai il dottore li conosceva alla perfezione e a volte li faceva entrare anche prima di altra gente che aspettava, sempre se queste persone lo permettevano e non avevano una certa urgenza, sia chiaro.
Quel giorno non c’era nessuno, quindi furono i primi ad entrare. Il senpai si stese comodamente sul duro lettino, alzandosi la felpa quanto bastava.
L’infermiera gli porse il gel azzurro, il quale stese sul ventre. Quel gel sembrava una sorta di varco tra la coppia e il bambino.
Kazako si mise accanto al senpai, prendendogli una mano. Sembrava più eccitata lei che lui, beh, era comunque la prima ecografia a cui assisteva, mentre il senpai ne aveva subite molte altre.
La sonda cominciò a scivolare sull’addome gonfio del biondo. Morinaga aveva una mano sulla spalla di kazako, mentre con l’altra si manteneva alla stampella per non perdere l’equilibrio.
Il bambino era cresciuto moltissimo, ora aveva la vera e propria forma di un feto!
Kazako si fece scappare una lacrima di gioia: presto sarebbe diventata zia... che bella emozione...
«Sembra sia cresciuto molto, bene! È diventato molto lungo. Sembra essere tutto apposto... e ora siete pronti ad ascoltare il battito del piccolo?»
«Pronti...» dissero in coro i tre. L’infermiera pulì il ventre del senpai, per poi applicargli una sonda su una parte precisa del pancione, pigiandolo prima, per poi applicarne una più in basso, laddove, secondo il ginecologo, si trovava l’utero. Quest’ultima venne ben fissata con una fascia.
Entrambe le sonde erano collegare a uno strano strumento, dissero che si chiamava cardiotocografo, che nome buffo.
Lo accesero.
Pum pum pum pum
Era il battito veloce del piccolo che risuonava nella stanza
Pum pum pum pum
Un pianto liberatorio, di commozione.
«D-Dottore... p-perché è così veloce?» domandò il senpai, balbettando e con la voce rotta dalla forte emozione.
«Non si preoccupi è normale... comunque, prima si è intravisto qualcosa... potrei ipotizzare il sesso del nascituro prima dell’ecografia morfologica...»
«CHE? Oddio, vogliamo saperlo!»


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e finalmente la scuola è finita :3 mi dedicherò alla storia con più passione... e correggerò gli errori ^^
dovrei anche cambiare il nome... manderò un messaggio a chi segue quando l'avrò cambiato ^^
Un bacione grande grande,
Panny_
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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 10

Nuovamente il gel sulla pancia. Quel freddo e viscido gel. Quella sorta di varco tra la realtà e l’aspettativa.
Quella piccola sonda scivolava nuovamente sul suo ventre per far sì che finalmente si scoprisse il sesso del nascituro.
La faccia del dottore sembrò interrogativa la seconda volta che verificò, ma si vedeva chiaramente che non c’era da preoccuparsi... o forse sì?
Il cuore dei due futuri genitori batteva forte, anche se non avrebbero mai eguagliato quello del nascituro.
Quel piccolo cuoricino che batteva come... come... no, non si potevano fare paragoni. Era velocissimo...
Il cuore di una persona normale non sarebbe arrivato mai a tanti battiti.
«Ho una notizia per voi... spero la prendiate bene... e mi scuso in anticipo per la mia disattenzione...» furono le parole del ginecologo, il quale fissava stranito il monitor.
«Prima avevo visto un sesso maschile... ma ora ce ne sono due.» disse alla fine.
Il senpai sbarrò gli occhi.
«Che? Un’ermafrodita??» chiese terrorizzato il senpai, mettendosi a sedere e sull’attenti. Aveva gli occhi spalancati.
«No, un essere umano, di regola, non può avere entrambi i sessi... io intendevo che... un piccolo si nascondeva... anzi, una piccola... si tratta di due gemelli... » disse il dottore, invitandolo a stendersi nuovamente dato che il “collegamento” si era interrotto per quel movimento brusco.
Morinaga svenne dalla sorpresa. Kanako sembrava impazzita: aveva preso a saltellare dalla felicità. Il senpai sorrideva leggermente.
«E così avremo due gemellini, un maschietto e una femminuccia... Bene, saremo in tre a tormentare Morinaga... »il senpai ridacchiò. Gli porsero dei tovaglioli per pulirsi il ventre mentre Kanako, finalmente accortasi dello svenimento del moro, lo accorse, cercando di rianimarlo.
Se gliel’avrebbero detto cinque mesi prima chissà che reazione avrebbe avuto... sicuramente ora ne sarebbe stato affatto felice.
Tetsuhiro riprese i sensi e, con l’ausilio di Kanako-chan, si rialzò e si portò una mano alla testa, la quale gli girava per il colpo subito.
«S-Senpai... a-avremo...»
«Sì, due graziosi bambini... che prenderanno tutto da me, quindi preparati... » Il biondo sogghignò mentre si accarezzava la pancia.
«E quindi tu, piccola mia, adori giocare a nascondino eh?» sibilò il senpai, riferendosi alla piccola bambina che cresceva e si nutriva comodamente dentro il suo pancione.
«S-Senpai... sei felice di questo?» Tetsuhiro ingoiò a vuoto, ricordandosi quello che successe pochi mesi prima per un solo bambino.
«Morinaga, sono cambiato... potevano essere anche tre, li avrei accettati tutti... e grazie per questo dono... Però...» il senpai sospirò, abbassando gli occhi.
Morinaga pregò che non fosse nulla di cattivo contro quelle povere creaturine.
«p-però cosa, senpai?» chiese con un fil di voce. Il cuore che pulsava forte in gola non gli permetteva di alzarla.
«Però... dovrai prepararti ai pugni e i calci triplicati che riceverai!» rispose il biondo, scoppiando in una risata che contagiò tutti coloro che erano in sala tranne il povero Tetsuhiro, il quale cominciò a prepararsi psicologicamente per quello che avrebbe passato tra pochi mesi.
Finita la visita, il dottore diede loro le nuove ecografie e li salutò, facendo entrare nuova gente che attendeva.
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Passarono i giorni e i gemellini crescevano irrequieti nella pancia del senpai. Per essere esatti, ventuno giorni precisi.
Perché tanta precisione? Beh, perché, per Morinaga, era ormai giunto il momento di disfarsi di quel gesso maledetto finalmente. La gamba era guarita e quello ormai era solo un inutile ingombro.
Kanako veniva sempre a casa loro dopo il lavoro, per vedere come stavamo. Ogni volta ripeteva al moro che doveva trovarsi un lavoro urgentemente... anche perché Tomoe, dopo aver ricevuto la notizia che sarebbe diventato zio non solo di un bambino, ma di due, si diede doppiamente da fare, trovando, in meno di una settimana, una casa adatta per il fratello, i figli e il papà dei piccoli.
Anche Kunihiro, insieme all’attuale fidanzato Masaki, si era smobilizzato per aiutare Morinaga con i vari acquisti per i bambini.
Il moro e il biondo non avevano mai sentito il calore familiare come in quel periodo... erano felici di questo.
Spesso il senpai pensava alla sua condizione: davvero avrebbe voluto quei bambini? E se quando sarebbero diventati grandi non avrebbero accettato che a concepirli fosse stato un maschio? E se avesse fatto meglio ad abortire?
Ovviamente non ne aveva mai parlato con il suo compagno, lo avrebbe solo fatto preoccupare per nulla.
Era meglio che vivesse spensierato, se lo meritava... era gentile d’animo e nel corso dei mesi era diventato molto più responsabile e aveva anche fatto pratica per badare ai futuri neonati grazie ad un corso per futuri papà.
Oltre all’enorme aiuto da parte dei familiari, anche i ragazzi dell’università, dopo aver saputo della strana notizia, spesso venivano a dare una mano in casa e a portare regalini per i piccoli.
Ora, il senpai e il kohai, erano in macchina con Kanako ed erano dritti all’ospedale, laddove Morinaga avrebbe tolto il gesso che tanto gli stava sulle scatole, anche perché, quando lui e il senpai facevano l’amore, era davvero fastidioso...
Il senpai ormai non sapeva più come cercare di nascondere l’evidente pancione e comprava felpe sempre più larghe, anche di quattro taglie in più... gli dava fastidio che la gente puntasse gli occhi su di lui... non vedeva l’ora che i piccoli fossero nati, ma doveva pazientare ancora un po’.
Dato l’orario anticipato, dovettero aspettare solo una persona che già si trovava all’interno e che uscì dopo pochi minuti. Entrarono dentro e Morinaga si sedette sul lettino e si stese in seguito, mentre il dottore indossò i guanti e prese il sega gesso: un macchinario piccolino, ma che fece tremare entrambi.
La sua lama vorticava veloce... quasi quasi quel gesso se lo sarebbe tenuto...
«Tranquillo, non avere paura... non ti taglierò la gamba, solo il gesso... e ora stai dritto e tranquillo, che se ti agiti posso tagliare storto... » disse il dottore, cominciando a passare il seghetto elettrico sul gesso. Tetsuhiro tremava come una fogliolina. Il senpai gli prese la mano e gli sorrise per tranquillizzarlo, gesto insolito...
Dopo aver provocato una bella incisione nel gesso, provò a toglierlo con le mani, ma era ancora un po’ spesso, ma, con l’aiuto di forbici specializzate, cominciò a tagliare. Più il dottore tagliava quel gesso, più si sentiva finalmente libero.
Appena fu tolto anche l’ultimo pezzo, si sgranchì la gamba.
«Uhm, fa male... ma è sopportabile...»commentò Morinaga, muovendo la gamba liberamente. Era guarita del tutto.
«Beh, dopo aver passato tutto questo tempo col gesso, è ovvio che ti faccia male, ma tranquillo, dopo un po’ non ti farà più niente... a proposito, vedo che riesci a muoverla come vuoi, quindi credo che non ci sia bisogno di fisioterapie... ma facciamo comunque una radiografia per accertarci dei fatti...» commentò il dottore, portando un enorme marchingegno poco più sopra della gamba di Tetsuhiro.
Lo accese e dal monitor notò che l’osso si era ricomposto perfettamente e tutto era al suo posto.
«Direi che va tutto bene... Ora potete ritornare a casa... per un po’, dato il dolore, continua ad aiutarti con le stampelle, così il tuo corpo si abituerà a farla muovere di nuovo...»
«Grazie mille dottore...»
Dopo aver preso le varie analisi salirono nuovamente nella macchina di Kanako. Ah, senza gesso era davvero... rilassante (?)
Per certo si sapeva una cosa: avrebbero fatto meglio l’amore senza quell’ingombro.
«Kanako-chan, vuoi che guidi io?» propose il senpai, vedendola agitata per la notizia dei piccolini.
«No, tranquillo Souichi, sto bene! E poi hai il pancione e Morinaga si è appena tolto il gesso, meglio che guidi io!» rispose serenamente.
Intanto aveva cominciato a canticchiare un motivetto strano e, senza rendersene conto, la velocità con cui andava era aumentata di poco, ma comunque lo era!
«Kanako-chan, vai più piano... per favore.» chiese Morinaga, abbracciandosi il senpai.
«Daaai! Il massimo è ottanta! Non credo che a ottantacinque km/h possa succedere qualcosa!» rispose la ragazza, girandosi indietro.
«KANAKO-CHAN, LA STRAD-»

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Spero di avervi fatto aumentare la curiosità per il prossimo capitolo! Cosa sarà successo? Mah uwu
Comunnque, come detto prima, gli errori li correggo alla fine della storia ^-^ 
Detto questo... buona lettura (lo so che è corto, ma io non scrivo mai capitoli lunghissimi ^^'' non mi riesce -.-)
e un bacio da _Panny <3
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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 11

Una violenta botta e il parabrezza in frantumi. Morinaga si era parato davanti al senpai di scatto, mentre, fortunatamente, l’airbag di Kanako si era gonfiato giusto in tempo per salvarla. Fortunatamente aveva anche la cintura o su novantanove casi su cento si sarebbe spaccata la testa. Il senpai rimase imbambolato e spaventato, non tanto per quello che era successo quanto per i piccoli. Accarezzò la testa di Morinaga, il quale non si toglieva da lui. Notò la maglia sporca di sangue. Lì per lì non ci diede retta, ma poi vide la mano sporca di sangue. Era quella che aveva passato sulla testa di Tetsuhiro come per ringraziarlo di averlo protetto. Si fece un po’ più indietro e il corpo svenuto del moro ricadde sulle sue gambe. Come percepito, dalla sua testa colava sangue.
Subito dopo una puzza tremenda di gas si fece sentire vivida nell’automobile. Kanako scese e si allontanò, vedendo uscire del fumo dalla parte anteriore dell’auto. Non vedendo suo fratello e il suo futuro cognato si precipitò a soccorrerli.
«Morinaga! Cazzo, svegliati! Siamo in pericolo!» urlava il senpai, cercando di spostarlo per liberarsi dalla cintura di sicurezza.
Finalmente Kanako-chan venne loro in soccorso, riuscendo a far scivolare via il corpo inerme del moro, giusto un secondo prima che il motore prendesse fuoco. Il senpai con estrema calma e rapidità fuggì dal mezzo in fiamme, spaventato a morte.
Si fece aiutare dalla sorella a prendere Morinaga in spalla e scappare via prima che esplodesse tutto.
La fortuna fu con loro: due minuti dopo, quando ormai erano abbastanza lontani, si sentì un forte rumore, quello dell’auto esplosa.
Subito cercò di rianimare il suo fidato kohai, il quale riprese conoscenza dopo qualche minuto.
«Sen...pai... i... piccoli... stanno... bene...?» chiese con poche forze.
«Credo... di sì... » il biondo si massaggiò la pancia preoccupato per i bambini. Non sentiva alcun rumore. Gli si gelò il sangue nelle vene.
«Non... Non si muovono... i bambini... non si muovono!» gridò disperato e tremante.
Kanako voleva morire: e se i bambini fossero morti? Si sarebbe portata due piccole vite sulla coscienza per l’eternità e un fratello che probabilmente l’avrebbe odiata per sempre.
La ragazza abbassò lo sguardo e cercò di avvicinarsi e poggiare una mano, tremolante, sul ventre del fratello.
Il senpai la scocciò via in malo modo, accucciandosi su se stesso e continuando a passare la mano sul ventre, sperando in un miracolo.
Kanako si morse un labbro, lasciando che un pianto muto prendesse il sopravvento e sprigionasse, in tutto il loro splendore, i forti sentimenti di preoccupazione e rabbia che provava contro se stessa per aver ferito profondamente il fratello e aver rubato quasi certamente la vita alle piccole creaturine che crescevano nel suo ventre.
«Shh, piccoli miei... dai, la vostra mamma è qui, fatevi sentire... anche un piccolo calcetto... sentite come batte forte il mio cuore? La mamma è preoccupata... dai, fatele calmare e il suo cuore batterà più lentamente... la mamma è spaventata...» ripeteva il senpai, parlando ai piccoli che erano nella sua pancia, isolandosi dal resto del mondo. Morinaga, dopo aver visto ciò che aveva fatto con kazako fu molto attento ad avvicinarsi. Allungò una mano verso il senpai, il quale per poco non lo uccideva con lo sguardo. Si era ben capito che voleva stare solo fin quando non avrebbe sentito i picconi nuovamente muoversi dentro il suo corpo.
«Souichi... chiamo un taxi e torniamo a casa... » propose il moro, porgendo un fazzoletto alla ragazza, vedendola piangere amaramente.
«Io... non mi muovo... fin quando non si muovono... dai piccoli, fatelo per la mamma... sferrate un bel calcio dai...» li spronò il biondo, lasciando che una veloce lacrima scendesse fin sotto il suo mento, per poi andare ad infrangersi sul pancione che, or come ora, sembrava vuoto.
Morinaga si fece forza per non piangere. Se sarebbe crollato, avrebbe solo mandato in depressione il senpai.
«Si muoveranno... i piccoli sono vivi... » sussurrò avvicinandosi, sconfiggendo le difese che aveva assunto il senpai con un abbraccio forte.
«Morinaga... prima li volevo far morire e poi, ora che probabilmente lo sono, sono triste e impaurito... » sussurrò il senpai, lasciandosi andare ad un pianto liberatorio molto rumoroso.
Le grida di disperazione echeggiavano nell’aria che sembrava essersi appesantita, mentre quelle di Kanako-chan sembravano solo inutili. Era stata lei che aveva provocato tutto questo facendo finire l’automobile nel muro e facendo morire i piccoli.
Poco dopo un forte vento fece presagire una tempesta che non tardò ad aprire le danze e far scaraventare sulla terraferma un violento temporale.
«Che divertente... anche il cielo piange insieme con me... sembra quasi una barzelletta...» sussurrò il senpai, dopo aver calmato un po’ la sua frustrazione.
«Ora, magari qualche angioletto sta venendo a prendere le anime dei bam-» disse il senpai, per poi venir zittito da un bacio di Morinaga.
«Senpai, i nostri bimbi non sono morti... io credo questo...» sussurrò il moro, accarezzandogli il volto e facendo scendere la mano al pancione coperto dalla felpa ormai completamente zuppa.
Poco dopo la pioggia cessò di bagnare la terra e un arcobaleno multicolore si mostrò, in tutto il suo meraviglioso fascino, nel cielo.
«Morinaga... i piccoli non accennano a muoversi... è ovvio che siano morti...» disse serio il senpai, cercando di rialzarsi da terra.
«Aspettiamo. Magari sono solo dei furbacchioni che vogliono far spaventare noi due...» proferì il moro, aiutandolo ad alzarsi, cercando di essere positivo.
Kanako si alzò insieme a loro, rimanendo in disparte.
«Nii-chan... mi dispiace... da morire... dovevo crepare io, non loro... » disse la giovane, cercando di non interrompere la frase con i singhiozzi.
In mente sua, il senpai pensò che aveva ragione, nonostante fosse sua sorella. Nonostante tutto le andò contro e l’abbracciò.
«È stato indolore...» fu l’unica cosa che proferì il senpai, prima di stringere forte la felpa che indossava la ragazza e accasciarsi per terra, rannicchiandosi su se stesso e gemendo di dolore atrocemente.
«Senpai! SENPAI!» lo accorse immediatamente il moro, accarezzandolo.
Quest’ultimò cercava di aprire la bocca per parlare, ma non uscivano altro che gemiti di sofferenza.
Un colpo di tosse e poi del sangue.
Kanako, dopo essersi impietrita dinanzi quella scena compose il numero dell’ospedale e, con voce roca e soffocata dal pianto, diede le coordinate per far giungere lì una volante dell’autoambulanza; quello fu il minimo che potesse fare... si sentiva un’omicida sanguinaria e allo stesso tempo un’inetta.
Vedeva il fratello soffrire sull’asfalto mentre una coppia di giovani ragazzi si avvicinava per prestare soccorso.
E lei rimaneva lì impalata e continuava a fissare la scena, sperando in cuor suo di trovarsi in un incubo.
Ma quella non era surreale, bensì la realtà amara.
A distoglierla dai suoi pensieri fu la sirena della volante che giungeva in lontananza.
La ragazza che era accorsa insieme al fidanzato cercò in tutti i modi possibili di essere il più utile possibile, strappandosi perfino la manica della camicia che indossava sotto il pullover e impregnandola con dell’acqua contenuta in una bottiglina nella sua borsa per pulire il sangue sulla faccia di Souichi, per poi porgergli la bottiglina per farlo bere un po’.
Intanto il ragazzo aveva preso dallo zaino dell’allenamento un asciugamano che piegò per farci mettere la testa del senpai sopra. Intanto anche il sangue dalla botta di Morinaga continuava a scendere impetuoso, per poi coagularsi sul viso dopo un po’.
Finalmente la volante, dopo neanche due o tre minuti, li raggiunse dopo aver sentito la sirena in lontananza.
Un equipe caricò il senpai che fu immediatamente soccorso. Insieme a lui, senza rifletterci, ci andò il futuro papà. Kanako venne lasciata sola.
«Grazie mille...» fu l’unica cosa che disse per ringraziare i due ragazzi.
«Sei loro parente?»
«La... sorella... dell’uomo svenuto...»
Dopo aver ascoltato quelle parole, i due se ne andarono un po’ straniti, parlottando tra loro.
Poteva ben immaginare cosa si stavano dicendo: sicuramente parlavano della sua inutilità pur vedendo il proprio fratello maggiore per terra sofferente.
S’incamminò verso l’automobile che, grazie alla tempesta, era diventata solo un ammasso di rottami bruciati con gente attorno, pompieri e quant’altro ancora.
Se ne stava in disparte, come se si sentisse un’ombra, camminando a passo lento verso l’ospedale dove ora era, probabilmente, ricoverato il suo nii-chan.
«Sono immensamente dispiaciuta, nii-chan... mi perdonerai mai un giorno? Mi perdonerai mai per aver ammazzato i tuoi figli? Eppure quelle creaturine ancora dovevano imparare tanto da questo mondo...» sussurrò senza farsi sentire dalla gente, indifferente, che le stava intorno.
Intanto all’ospedale avevano posto in senpai sott’osservazione.
«Vi prego, fate venire qui il dottor Kisame... è lui a seguire il mio ragazzo...» propose agli infermieri il povero e disperato Morinaga.
Questi lo guardarono un po’ straniti e uno anche schifato... anche se erano passati tanti anni, l’omofobia, purtroppo, ancora era forte in ogni angolo della città.
Una fanciulla vestita con un camice bianco, probabilmente un’infermiera nuova, fece una sorta d’inchino e si allontanò per poi dirigersi in segreteria.
Pochi minuti dopo, il ginecologo, che seguiva sin dal primo giorno che avevano scoperto la notizia, accorse in sala. Al moro non era stato permesso entrare.
Le veneziane della finestra che permetteva di vedere oltre quello spesso vetro che separava i due genitori, vennero chiuse, non permettendo più di vedere oltre.
La ragazza di poco prima raggiunse nuovamente il gruppo di infermieri che avevano soccorso il senpai, i quali, però, erano già pronti per una nuova emergenza.
La ragazza però rimase lì, anzi si avvicinò al moro.
«S...Stia... tranquillo.... a-andrà... tutto bene... il dottor Kisame... è il miglior ginecologo che io conosca... e... comunque... non so come voi abbiate fatto... ma auguri... e spero che tutto vada bene...» disse la ragazza, per poi scappare via rossa in volto, chiamata da uno dei ragazzi che erano partiti per l’emergenza.
«Lo spero... lo spero davvero tanto, ragazza mia...» biascicò Morinaga, sedendosi su una sedia nella sala d’aspetto poco distante.
Passarono diversi minuti: ogni cinque di essi sembravano formare una giornata intera.
Poco dopo vide Kanako entrare dalla porta scorrevole dell’imponente edificio bianco e rosso.
«Come va, Morinaga-kun...?» chiese la giovane, senza ricevere alcuna risposta. Morinaga sembrava essere in un altro mondo.
La ragazza non poté fare altro che starsene zitta pensando fermamente che ormai quel legame che si era venuto a formare tra loro due si fosse completamente sbriciolato.
Ma aveva ragione: gli aveva portato via la sua famiglia tanto agognata...
Si alzò e si diresse verso l’uscita, oltrepassando nuovamente la porta scorrevole. Pensò che del caffè avrebbe fatto bene sia a lei sia a lui e quindi si diresse verso la caffetteria più vicina.
Continuò senza sosta a pensare a quello che aveva fatto: aveva appena compiuto una strage.
Avevo reso vittime, di quella sua strana eccitazione, due poveri innocenti... sperando che suo fratello non fosse in pericolo... o addirittura tre.
Si sentiva un mostro non degno di felicità.
Stava seriamente pensare al suicidio, ma un colpo in testa o qualsiasi altro mezzo avrebbe reso le cose troppo facili.
Voleva soffrire lentamente, agonizzare come fanno le galline quando tagliano loro la testa, per poi sprofondare nel baratro più buio che avrebbe portato con sé l’affascinante morte.
Prese i caffè, pagando quanto dovuto e ritornando in ospedale.
Porse un bicchiere a Morinaga, il quale sembrò ancora immerso nel suo mondo.
All’inizio sembrò rifiutare l’offerta di berlo, ma poi capì che forse era meglio...
Bevve il caffè fino all’ultima goccia, per poi posare la testa sul muro.
«Kanako, non devi sentirti in colpa... tu non hai fatto nulla, è stato il destino a punirci... abbiamo preteso troppo da questa vita... e il troppo storpia... bisogna solo rassegnarsi all’amara realtà...» disse Tetsuhiro, sospirando. Il suo sguardo era fisso sulla porta della stanza laddove si trovava il suo senpai amato.
Passarono ancora lunghi dieci minuti, e poi ancora se ne sommarono.
Passò mezz’ora alla fine e da quella porta finalmente uscì qualcuno: il dottor Kisame. La sua faccia non preannunciava proprio nulla di buono.
Morinaga prese un profondo respiro, pronto a subire qualsiasi verità.
«I bambini sono solo impauriti, per questo hanno smesso di muoversi, ma Souichi ha avuto un forte stress psicologico. È una fortuna che  in quelle condizioni non c’avesse realmente lasciato le penne... lo stress nelle persone gravide si moltiplica rispetto a quello di una persona normale, essendo sempre intimoriti dalla perdita del neonato che si aspetta... figuriamoci che in questo caso si trattava di due creaturine... comunque ora vi prego di tenerlo sotto stretta sorveglianza, non deve assolutamente sforzarsi o subire altri traumi o c’è il rischio che stavolta possa rischiare di brutto... Beh, spero che oggi non vi debba incontrare più in certe circostanze...» il dottore poggiò una mano sulla spalla di Morinaga.
«La fortuna vi assiste, allontanandovi da ogni pericolo...» sussurrò, prima di scomparire.
Kanako si sentiva sollevata, anche se il pensiero di poter aver dovuto dire addio, una volta per tutte, al fratello le tormentava l’anima.
«Scusa Morinaga-kun...»
«Si è risolto tutto... non scusarti.»
La ragazza lo abbracciò e lui, per ricambiare il gesto, le accarezzò la testa.
 
Due ragazzi entrarono con un lettino dentro la stanza e ne uscirono poco dopo con il senpai disteso sopra, addormentato. Lo portarono nella stanza affianco, caricandolo poi su un ennesimo lettino.
«È possibile entrare se qualcuno di voi vuole...» sussurrò un infermiere, uscendo dalla stanza e dirigendosi in una poco distante.
«Va pure tu, Morinaga-kun... io aspetto qui...»
Il suggerimento ebbe come risposta un unico accenno di affermazione. Il moro si alzò in piedi e varcò la soglia di quella porta azzurra che fissò per tre quarti d’ora insistentemente.
Entrando, vide i capelli del senpai racchiusi in una cuffia e un lenzuolo a coprirlo. Addosso aveva solo un camice mentre i vestiti bagnati erano rinchiusi in una busta, lasciata sul comodino.
«Tetsuhiro... i bimbi stanno bene...» sibilò il senpai, aprendo piano gli occhi e regalandogli un sorriso.
«E anche tu stai bene... ma prenderai freddo con solo questo addosso...» fu la risposta del moro, baciandogli piano le labbra «Dai, vado a prendertene di asciutti e mi cambio anche io... e anche Kanako era fradicia... ti raggiungo dopo, tu non muoverti da qui... sei stato troppo sotto stress e hai bisogno di assoluto riposo!» ordinò il kohai, starnutendo.
«va bene, va bene...»
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Dopo quell’episodio andato a finire per il meglio passò un altro lungo mese e mezzo. Arrivò a sfiorare i sette mesi e il pancione ormai era più che evidente.
Dopo aver organizzato tutto erano ormai pronti ad affrontare il lungo viaggio per andare a San Francisco da Tomoe. Lì avrebbero dato inizio ad una nuova vita.


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ciau a tutti! ^-^ 
spero vivamente che questo capitolo vi piaccia anche se temo sia colmo di errori -.-
agiusterò tutto alla fine ^-^
ebbene, tra poco anche questa storia finirà... spero che vi sia piaciuta fino ad ora ^-^
sarà la prima storia che termino LOL
Beh, alla prossima con un nuovo capitolo <3
_Panny
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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 12

Kunihiro e Masaki li accompagnarono all’aeroporto, salutandoli e augurando loro di stare in salute e chiedendo di venire a farli visita quando i piccoli sarebbero nati.
Il viaggio in aereo fu interminabile, soprattutto per il "paziente" senpai.
Per tutto il tragitto non fece altro che sbuffare, mangiare, tamburellare le dita sul finestrino, dare pizzicotti a Morinaga e accarezzarsi la pancia, insomma, non stette un minuto fermo.
Immaginate in Tetsuhiro che voglia di farlo smettere era cresciuta... ma doveva aspettare pazientemente.
Quando l’aereo arrivò a destinazione, il senpai quasi urlò un forte “Finalmente!”, mentre il kohai si limitò a scendere e prendere i bagagli.
Tomoe e Kurokawa li aspettavano all’uscita dell’enorme struttura. Quest’ultimo, intimorito, si era messo dietro a Tomoe... era abbastanza coraggioso, ma quando si trattava del fratello di suo marito, aveva ancora molta paura...
Souichi, non vedendoli, li chiamò. Alla fine se li ritrovò davanti...
«Tomoe!» gridò il senpai, abbracciando il fratellino.
«Souichiiii!!! Kanako!!!» fu la pronta risposta del ragazzo.
«Nii-Chaaaan!» urlò Kanako, abbracciandoli entrambi.
«Dai, Kurokawa, vieni qui...» ridacchiò il senpai, vedendolo allontanarsi da loro. Dopo aver ricevuto un’occhiataccia da parte di Tomoe, con la coda tra le gambe, si avvicinò. Il senpai stranamente gli sorrise e gli diede la mano, stringendola abbastanza forte.
«Fratellone! Come stai? Anzi, come state?» domandò il piccolo Tatsumi, avvicinandosi per accarezzare la pancia del fratello.
«Uhm, il dottore, prima di partire, ci ha detto che stanno in gran forma, e anche io sto bene... poi mi ha detto di rivolgermi a un certo dottore suo conoscente per fare ulteriori visite... Ho la raccomandata e il nome di questo tizio in borsa... »
Improvvisamente si sentì un forte brontolio di stomaco e calò un silenzio piuttosto imbarazzante.
«Mi sa che i piccoli hanno tanta fame... » commentò Morinaga, il quale finalmente parlava: avevano dato a lui l’incarico di prendere borse e borsoni... portare due valigie e tre borsoni non era stato affatto facile...
«Uhm, vero... » ridacchiò il senpai, accarezzandosi la pancia.
«Morinaga-kun, ti aiuto a sistemare i bagagli in macchina... dai pure a me qualcosa... » si offrì gentilmente Kurokawa, prendendo due borsoni e una valigia.
«Ti ringrazio tantissimo!»
Dopo la tanto attesa riconciliazione e una volta arrivati a casa dei due, ancor giovani, sposi, parlottarono di diverse cose: viaggio, bambini...
Dopo un po’ di riposo e uno spuntino, si misero nuovamente in cammino per raggiungere il nuovo domicilio.
Distava circa due isolati dalla casa di Tomoe, era piuttosto vicina.
Arrivati, si trovarono davanti una piccola villetta di due piani, molto graziosa. Era colorata di un fresco bianco e la porta di ciliegio, quella d’entrata, risaltava tra quel candido bianco.
Souichi sbarrò gli occhi: passare da un appartamento di tre stanze a una piccola villetta a San Francisco era un grande passo.
Probabilmente anche i bambini, sentendo la loro mamma felice, erano contenti: iniziarono a scalciare senza ritegno e senza fermarsi un attimo.
Varcando la porta d’entrata, un odore di nuovo e di lavanda stuzzicò i nasi dei nuovi abitanti.
«L’abbiamo arredata noi, anche se la stanza dei bambini l’abbiamo solo rinfrescata con una mano di vernice... non abbiamo scelto un colore unico... abbiamo chiamato un nostro amico e, grazie alle sue doti artistiche, abbiamo dato vita a un vero e proprio giardino in una stanzetta... è venuto un autentico capolavoro!» intervenne Tomoe, mentre Kurokawa annuiva a tutto quello che suo marito diceva.
L’uomo ancora doveva abituarsi al senpai a pochi metri di distanza, e ogni volta che quest’ultimo si avvicinava, la paura di essere malmenato lo assaliva e si scostava, anche se poi pian piano ritornava stabile.
Fecero il giro della casa: era davvero grande e ben organizzata: due bagni, cucina, salotto, quattro stanze da letto e un ampio giardino arricchito con una fontana abbastanza maestosa e dei giochi per bambini, quali: altalena, dondoli a forma di cavalluccio e nuvola, uno scivolo.
La cosa più bella di quel giardino era un gazebo in ferro battuto con il telo bianco panna. I supporti facevano da palo a dei fiori arrampicanti, sembravano rose... avevano un dolce profumo, non molto forte. Sotto il gazebo c’era un mini salottino in bambù: due divanetti e un tavolino.
Morinaga guardava tutto in completa stupefazione, non credendo a tutto quello che gli si trovava davanti.
Si era limitato a guardare tutte le stanze che per ora avevano visto, anche se Tomoe aveva insistito per rimandare la visione della stanza da letto dei futuri genitori e dei piccoli all’ultimo, come se fosse quello il pezzo grosso della situazione.
Rientrati in casa, salirono la rampa di scale a chiocciola, scalini di marmo con passamano in legno di ciliegio.
Ritornarono al secondo piano. In fondo al corridoio, una stanza. La porta era pitturata di bianco con cuoricini azzurri e rosa. Accanto, a destra, una porta in legno di ciliegio con vetri cattedrali colorati incastonati in una “finestrella”.
«Quella pitturata è la porta della stanza dei pargoletti, quella in ciliegio è della... vostra stanza... quale volete vedere per prima?» domandò Tomoe che aveva fatto loro da guida fino a quel momento.
«Io... non saprei... MORINAGA! Scegli tu...» gli ordinò il senpai, impuntandosi senza alcun motivo.
«Ehm... quella dei bambini... » scelse il moro, riflettendoci un po’ su.
«Bene, allora vediamo prima la nostra.» decise il senpai, lasciando che la faccia di Morinaga assumesse un’espressione interrogativa.
Tomoe invece nascose una risata sotto i baffi: il suo fratellone non era cambiato poi così tanto.
Con estrema lentezza, Tomoe spalancò la porta della stanza.
All’interno c’era un arredamento pazzesco, estremamente moderno. Le pareti erano rosse , anche se i contorni della testiera del letto, dei comodini e dei mobili bassi erano grigio metallizzato.
L’armadio era a quattro ante, non molto maestoso ma molto spazioso.
«T-Tomoe... » sussurrò Souichi, guardandosi attorno.
«Abbiamo conciato così la stanza perché... rende l’atmosfera più... calda... » il fratellino del senpai si mise a ridere, non molto forte, ma era comunque inevitabile vedendo la faccia rossa del fratello maggiore.
La smise di ridere quando si trovò con un bernoccolo appena sganciato da parte del fratellone.
«Nii-san!»
«Tomoe... potevi evitare di dire quelle cose! Comunque... è molto bella... a proposito, quanto ci verrà a costare questo gioiellino di casa?» domandò il senpai, già pronto a sentire cifre esorbitanti.
«Niente. È un regalo da parte mia e di Kurokawa... spero vi sia piaciuto davvero... » rispose il ragazzo, abbracciando il braccio del suo compagno di vita.
«EEEH? NON CI CREDO!» urlarono in coro Kanako, Tetsuhiro e il Senpai.
«Credeteci... uhm, passiamo alla stanzetta dei piccoli? Spero che vi piaccia... poi andremo a scegliere insieme l’arredamento, ok?» propose solare il ragazzo staccandosi dal marito e aprendo la porta della stanzetta, l’ultima che era rimasta da vedere.
Il senpai, vedendola, si commosse. Cercò di nascondere le lacrime di gioia, ma non ci riuscì facilmente.
Era ancora vuota, ma sapere che era dei suoi bambini gli fece una certa sensazione allo stomaco. Anche i piccoli, come se avessero capito che si trovavano nella loro stanzetta, cominciarono a dare calci e pugni al pancione del senpai.
Morinaga prese un fazzoletto e gli asciugò le lacrime, mentre Kanako prese gli sposi e li trascinò fuori dalla stanzetta, lasciando i futuri genitori nella cameretta.
«Mori... naga... qui... cresceranno i nostri piccoli... » sibilò il senpai, sorridendo e toccando il muro, puntando gli occhi sul meraviglioso murales.
«Sì... proprio così... ti piace questa cameretta?» domandò Tetsuhiro, abbracciandolo.
«Tanto...» sussurrò il senpai, per poi alzare il volto e, timidamente, baciarlo sulle labbra, lasciando, dapprima, stupefatto il moro, per poi trascinarlo nel bacio.
«Qui ci vuole un bel brindisi!» propose Kurokawa.
«Io brindo... con del succo di frutta!» urlò all’uomo, il quale era sceso a prendere lo spumante e i bicchieri.
Scesero tutti e brindarono all’inizio di una nuova vita.
A stappare la bottiglia fu Morinaga, il quale versò il contenuto in soli tre bicchieri, per poi versare il succo in due; uno per il senpai e uno per sé.
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Dopo il trasferimento da una casa all’altra, passò un altro mese. Nella stanzetta dei piccoli ora c’erano: due fasciatoi, un armadio colmo di pannolini e tutine tutte nuove, un lampadario con aereoplanini e fatine attaccati vicino,una tenda azzurra e una rosa, un passeggino per gemelli e molte altre cose. Mancavano solo le culle.
«Morinaga... sai, mi piace tanto vivere qui...» sussurrò il senpai, sedendosi sul divano. Il pancione era cresciuto ancora, diventando enorme. I mal di schiena erano frequentissimi, anzi, all’ordine del giorno.
Il bagno veniva quasi sempre occupato dal senpai, fortunatamente ce n’era un altro.
I bambini, come aveva spiegato il dottore che aveva consigliato loro il ginecologo di qualche mese prima, cominciavano a muoversi di meno per il poco spazio.
I piedi erano costantemente gonfi e il carattere sempre più lunatico.
«Anche a me piace tanto, senpai... dai, dammi i piedi che te li massaggio...» disse il moro, sedendogli accanto e prendendo la crema per fargli il massaggio.
«Ti devono fare santo, Morinaga...» rispose il senpai, gemendo di piacere per quelle mani che gli davano piacere.
«Senpai, oggi andiamo a comprare le culle con Kanako, Kurokawa e Tomoe? Ci sono rimaste solo quelle da prendere... anche perché stasera devo andare a lavoro...» proferì il moro, continuando a massaggiargli i piedi indolenziti.
«Sì, alle due, dopo pranzo... Kanako è andata a un colloquio di lavoro e Kurokawa e Tomoe sono a lavoro... a proposito, dopo una settimana che hai trovato lavoro ancora non ho capito bene che cosa fai...»
«Beh, mi hanno assunto in uno studio scientifico... sono la mano destra di un vecchio scienziato... Sai, ha detto che se continuo a lavorare come faccio ora, non passerà molto che mi darà una promozione... Faccio del mio meglio...»
«Insomma, un po’ come me e te in Giappone... L’importante è che non te lo porti a letto o non ti farò mai conoscere i piccoli e ti caccio di casa.» esternò il senpai, serio.
«Ma chi se lo porta a letto... L’unico che porto tra le coperte sei tu, e lo sai bene...» rispose Morinaga, riflettendo un po’ sulle parole dette.
Mesi e mesi passati col nuovo senpai, l’avevano portato a ragionare meglio.
Se, per esempio, avesse detto “non lo porto a letto perché è vecchio e decrepito” avrebbe cominciato con il fraintendere tutto e alla fine lo avrebbe fatto stressare solo.
Lui amava solo Tatsumi Souichi, nessun altro.
Anzi avrebbe amato anche altre due persone... i loro piccoli.
«Sei bello... ah!» gemette il senpai, sentendo una fitta al ventre.
«Cosa c’è, senpai?»chiese allarmato, accarezzando il pancione.
«Nulla... credo siano i piccoli che fanno casino... aahm...» secondo gemito, seconda fitta.
«Sicuro?»
«Sicuro...»

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come avete -forse- inteso, ci avviciniamo alla fine della storia... 
beh, oltre a ripetervi che gli errori li correggerò alla fine, vi auguro buona lettura e spero che sia ben gradito :3
A lunedì prossimo con "Nient'altro che noi"! :3
_Panny
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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 13

Morinaga non era poi così convinto che fossero i bambini. Aveva letto da qualche parte che i gemelli solitamente nascevano prematuramente e da metà settimo mese era sempre in allerta.
«Senpai, rilassati e stenditi sul divano... forse tutto questo movimento non piace ai bambini...» esternò Tetsuhiro alzandosi e aiutando il senpai a sdraiarsi sul divano. Appena il biondo si stese su di esso completamente, lanciò un forte urlo. Il suo pantalone, ora che se ne accorgeva, si era bagnato.
«Senpai! S-si sono rotte l-le acque!» gridò, allarmato, il kohai, correndo a prendere un asciugamano da appoggiargli sotto al sedere. Kanako sentendo il trambusto si svegliò dal suo riposino e si affacciò da sopra la rampa di scale, per poi correre giù vedendo il senpai sofferente.
«Nii-San!» gridò la ragazza, raggiungendo il fratello.
«K-Kanako.. f-fa m-malissim-AAHHH!» il senpai gridò forte e Morinaga subito corse da lui, spostando bruscamente la sorellina del suo amato e aggiustandogli l’asciugamano come aveva pensato prima e sfilandogli i pantaloni.
«Kanako, ti vuoi muovere a chiamare l’ospedale?!? E dici che si tratta di Souichi!!!» gridò Morinaga, pur mantenendo un certo autocontrollo «Senpai, respira come faccio io e stringimi la mano quanto vuoi... voglio sopportare insieme a te questo dolore...» concluse Morinaga, rivolgendosi al senpai.
Kanako, cercando di scacciare via il panico, compose il numero dell’ospedale, tremolante come una fogliolina di un albero in pieno autunno.
Sapeva che se avesse perso il controllo avrebbe solo peggiorato la situazione, ma se l’avesse perso il futuro papà, sarebbe stata la fine.
Il senpai cominciò a gemere sempre più forte dal dolore, iniziando perfino a piangere.
Morinaga cercava di calmarlo accarezzandolo e pulendogli il sudore con un altro asciugamano mentre sopportava in silenzio tutto il dolore che il suo senpai stava provando, nascondendolo dietro a una faccia felice, sperando che potesse rassicurarlo.
Non era mai stato felice di ricevere percosse da quell’uomo, ma in quel momento ne era contento perché tutto quel dolore avrebbe portato a una gioia immensa tra le loro braccia.
Si sentì la sirena dell’ambulanza quando ormai era entrato in travaglio: lo si poteva dedurre dal sangue che gli usciva da... lì.
Entrò una squadra di infermieri, ben attrezzati, e giunse lì anche il loro nuovo ginecologo. Quest’ultimo notò che era entrato in travaglio e dedusse che era impossibile farlo arrivare in ospedale in quelle condizioni...
Tetsuhiro sbarrò gli occhi. Si sentì mancare: e se fosse successo qualcosa?
Nonostante i brutti pensieri annuì a tutto quello che disse il ginecologo. Uno degli infermieri prese un bisturi dalla valigia che il dottore si portava, costantemente, ovunque, sterilizzandolo sulla fiamma della cucina. Lo porse al suo senpai e questo cominciò a incidere sul pancione di Souichi.
«Purtroppo non ho anestetici... dovrà sopportare il dolore... mi spiace...» proferì l’uomo, sapendo cosa stava facendo. Fece un taglio profondo, mentre il povero Souichi gridava come se lo stessero ammazzando.
«MORINAGA! TI ODIO!» gridò in preda al dolore più atroce.
Il moro rimase in silenzio, accarezzandolo e facendogli mordere il braccio, così che non si spaccasse i denti dato che li stringeva forte per sopportare il dolore.
Sentì i denti del biondo affondare nella carne... sopportò tutto quel dolore con un solo pensiero in testa: “Lui sta soffrendo più di me per regalarmi la più grande gioia che possa esistere a questo mondo!”
Le mani del ginecologo esperto, ovviamente coperte da guanti sterilizzati, affondarono nel ventre del senpai, il quale cercò di calmarsi per non perdere i sensi.
Due ragazze della squadra di pronto soccorso aiutarono il primario, tamponando il sangue che usciva e asciugandogli la fronte di tanto in tanto.
Kanako si allontanò, non riuscendo a sopportare la visione di tutto quel sangue, ma nel caso serviva il suo aiuto sarebbe scattata come quando una delle ragazze dell’equipe le chiese degli asciugamani per i  bambini.
Dopo qualche minuto, il primo bambino uscì: si trattava del maschietto. Al bambino tagliarono subito il cordone che legava lui alla mamma per gli ultimi secondi.
Il senpai vide il piccolo nelle mani della ragazza, la quale accolse in neonato che piangeva prontamente tra le braccia.
Per un secondo sul volto del senpai fiorì un dolce sorriso, per poi lasciare spazio a un’espressione di sofferenza.
Il dolore atroce che sentì quando le mani del dottore affondarono nuovamente nel suo ventre fu talmente forte che perse i sensi.
Lo si poteva capire: oltretutto stava partorendo e non aveva neanche un grammo di anestesia che gli scorreva nelle vene.
«SENPAI! S-SVEGLIATI!» urlò Morinaga, cercando di farlo svegliare.
La situazione si stava rivelando quasi ingestibile, anche perché il sangue che usciva dalla ferita usciva sempre più e il panico stava cominciando a percorrere ogni persona in quella stanza.
«Non riesco a trovare la bambina!» commentò il dottore, cercando in ogni angolo del ventre di Souichi.
Morinaga sentì il suo cuore pompare forte. Sentì un nodo alla gola che non voleva snodarsi in nessuna maniera e una paura folle di perdere le sue ragioni di vita.
Vide un’espressione felice sul viso del dottore. «L’ho trovata...» disse estraendo al bambina dal ventre del senpai.
Ma quella felicità non era destinata a durare a lungo: non si muoveva e il cordone ombelicale le stringeva il collo. Con maestria fu stesso il ginecologo a tagliare il cordone che soffocava la piccola neonata.
«Presto! Controllate che stia bene! Non so come, ma fatela piangere!» ordinò l’uomo, mantenendo la calma «e tu!» si rivolse a un ragazzo che era corso a controllare lo stato dell’altro neonato il quale sembrava essere in salute «ricuci la pancia di quest’uomo! Troverai il materiale nella mia borsa! Fai presto!» concluse, avvicinandosi alla piccola.
Morinaga si sentì mancare: la... bambina... Souichi... erano cosparsi di sangue... e non si muovevano...
Due delle sue ragioni di vita più importanti si trovavano probabilmente tra la vita e la... morte.
Lui doveva resistere. Lei anche. Entrambi erano forti, non potevano lasciarlo con l’altro piccolino.
Sentirono una nuova volante dell’ambulanza arrivare e irrompere in casa con due lettini. Su di uno caricarono il corpo svenuto del senpai, il quale sembrava morto e sull’altro poggiarono la piccola, coprendola con due asciugamani. L’infermiera che teneva in braccio l’altro bambino seguì la volante dove caricarono la piccola, mentre Morinaga, indeciso, seguì la piccola mentre lasciò il senpai a Kanako.
La ragazza, dopo aver assistito a tutto quello, era ancora rimasta traumatizzata, ma si riprese correndo nella volante insieme al fratello. Correndo con i due veicoli e con la sirena accesa, si fecero spazio tra il traffico, arrivando in meno di un quarto d’ora, laddove minimo ci voleva il doppio del tempo per arrivare alla struttura ospedaliera. Presto portarono la piccola creaturina che, durante il tragitto, non aveva ancora acquistato i sensi, e il senpai, il quale si trovava in una situazione simile alla sua bambina, in rianimazione. Il ginecologo chiamò il suo fidato amico che si occupò del senpai, mentre lui fu alle prese con la piccola.
Morinaga, non potendo entrare, aspettò fuori, insieme a Kanako.
«Stanno morendo... Kanako... stanno morendo!» si lasciò sfuggire Morinaga, strattonandola e lasciandola dopo poco, lasciandosi scivolare contro il muro.

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eeeeh no, non poteva filare tutto liscio. Perché? Perché è Rosa Mele (il mio vero nome >.<) a scrivere la storia. 
Beh, spero di avervi attirato... a lunedì prossimo con l'ultimo o penultimo capitolo di "Nient'altro che noi".
Cosa succederà alla bambina e al Senpai? Il maschietto è davvero in forma come hanno notato? Chissà...
A lunedì... _Panny
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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Nient'altro che noi-Capitolo 14

Kanako cercò di consolare il povero neo-papà, il quale sembrava stare in un mondo tutto suo. Ovviamente, come si può immaginare, il moro non le degnava neanche uno sguardo tanto ch’era perso nei fatti suoi.
I minuti passavano lentamente; ogni secondo sembrava eterno. Passarono circa dieci minuti quando, improvvisamente, dalla stanza della rianimazione dove si trovava il senpai, uscì un medico, il quale si sfilò piano la mascherina dal viso. Aveva un volto serio e quello di certo non giovò alla paura che provava, soprattutto, Morinaga.
«Il suo compagno è ridotto male, ma fortunatamente si è ripreso... la bambina no però... è in coma e stiamo facendo tutto il possibile per non farla morire. L’altro piccolino sta bene, fortunatamente, anche se non si può tirare nessun sospiro di sollievo... potrebbero incombere altri problemi. Detto questo, potrete visitare l’uomo, anche se può farlo solo uno di voi. I bambini, entrambi, già sono stati a contatto con la madre, anche se un po’ in ritardo dato l’episodio.» detto questo, l’infermiere si avviò in un’altra stanza, lasciandoli soli.
La bambina era in coma. Una piccola creaturina appena nata si trovava in coma. Il senpai era straziato e debole... chissà se l’aveva già saputo.
«Entra tu, Morinaga-kun...» disse la ragazza, porgendogli un fazzoletto per fargli soffiare il naso. Il moro annuì e si diresse all’interno della stanza.
Il senpai aveva la pelle bianchissima e un flebo attaccata al braccio. Respirava lentamente e aveva gli occhi chiusi.
Il kohai gli si avvicinò cautamente, accarezzandogli i capelli arruffati. Gli baciò piano le fronte, continuando ad accarezzarlo.
Aveva sofferto tantissimo e il suo corpo lo poteva dimostrare.
«Tetsu...T-Tetsuhiro...» sussurrò il senpai impercettibile, muovendo la mano, ma senza alzarla.
«S-Senpai... riposati... sei stremato...» propose il moro, togliendo la mano dai suoi capelli e incrociando le dita.
«La... piccola... s-si è svegliata..?» domandò il senpai. Dal macchinario si poteva ben vedere che, dopo aver fatto quella domanda, il battito cardiaco si era accelerato.
Ora non sapeva che dire: certo, mentirgli lo avrebbe fatto calmare, ma di che tempo e tempo, la verità sarebbe salita comunque a galla.
«Non ancora, senpai...» disse dopo aver preso coraggio.
Gli occhi della neo-mamma si bagnarono di lacrime mute che fece scorrere sul cuscino. Il battito era salito ancora, ma non molto.
«Sei sopravvissuto tu, sopravvivrà anche lei» concluse Morinaga, continuando ad accarezzarlo. Il senpai fece un cenno d’affermazione, per poi chiudere gli occhi.
«Sono... stanco... p-puoi uscire..? Voglio dormire...» chiese sussurrandolo.
«S...Sì... ah, chiama pure se hai bisogno... ti lascio il mio cellulare qui, tu chiama su quello di Kanako...» rispose, per poi abbassarsi a sfiorare le labbra pallide con le sue e allontanarsi, lasciandolo in pace.
 
Intanto il senpai voleva stare solo per non farsi vedere in quelle condizioni: era stanco e triste... aveva bisogno di sfogarsi da solo, piangendo.
I punti facevano male, ma non quanto la paura di perdere la sua piccola... in quel momento, la preoccupazione più importante era lei.
E pensare che il giorno prima stava fantasticando sulla sua prossima vita e già aveva in mente diversi contesti pur di riempire di sberle il povero neo-papà.
Ora, invece, il suo pensiero fisso era la bambina che ora si trovava su un percorso biforcuto: morte o vita?
Il piccolino era davvero bello... aveva i capelli scurissimi come quelli di Morinaga.. la piccola invece ce li aveva talmente biondi che non si vedevano.
Il maschietto era più grande e pesante della piccola... tre chili e cinquecento lui e due chili e ottocento la femminuccia. Anche la lunghezza era differente: cinquantacinque centimetri lui e appena quarantasei lei... era davvero piccola.
Ripensando a quei pochi minuti che passò con entrambi in braccio non riuscì a trattenere più le lacrime: cercava di renderle più silenziose possibile, ma il dolore era troppo forte.
Stringeva forte il lenzuolo e si mise in posizione fetale su di un fianco, abbracciando il cuscino come se fosse uno dei suoi cuccioli.
Passare quell’inferno e pensare che avrebbe potuto non stringere più tra le braccia uno di loro era catastrofico.
 
Morinaga scese al nido. Le veneziane erano aperte e si potevano ammirare tutti i bambini che si trovavano lì. Vide suo figlio; ancora non aveva nome. Indossava una tutina bianca e dormiva beato con un ditino in bocca. Era uguale a lui, anche se il colorito della pelle era più del senpai. Chissà se aveva gli occhietti dello stesso colore della sua mamma... si appoggiò al vetro, respirando su di esso e provocando un alone biancastro che, appena si spostò, scomparve.
Lo salutò con la mano e gli lasciò un sorriso mentre il piccino riposava beato.
Salì al piano superiore laddove era sotto sorveglianza la piccina. Sperò di poter entrare per vederla...
Salì le scalinate e si appoggiò al muro bianco dov’era incastonata la porta blu. Dall’oblò non si poteva vedere molto, quindi doveva aspettare...
Dalla porta uscì un medico, che però non si fermò. Morinaga non ebbe il coraggio di fermarlo: forse andava di fretta per prendere qualcosa che sarebbe servito a salvare la sua piccola.
Vide comparire Kanako con due enormi bicchieri di caffè espresso.
«Morinaga-kun, ti ho cercato ovunque! Comunque ti ho portato del caffè... prendine che la giornata sarà lunga...» proferì la ragazza, passandogli un bicchiere.
Tetsuhiro lo accettò di buon grado e continuò ad aspettare notizie della bambina.
«Come sta nii-san?» chiese la ragazza, dopo aver bevuto un sorso.
«Male... è distrutto sia interiormente che esteriormente... non vedo l’ora che quest’incubo finisc-» non terminò la frase che subito entrarono due infermieri con il cerca persone che squillava insistentemente.
Nuovamente attimi di terrore per Morinaga: si sentiva il cuore in gola.
E ora? Ora cosa stava succedendo lì dentro?!
Non si sentiva nulla, solo un rumore fioco provenire da dietro la porta.
Si sporse a vedere qualcosa nell’oblò, ma non vide molto: solo diversi infermieri che circondavano la piccola.
«Morinaga-kun! Cosa sta succedendo lì dentro??» domandò Kanako, allarmata.
«Io... Io non lo so! Kanako-chan, io... io non voglio perdere la nostra piccola lo capisci?!» disse Morinaga, mentre gli occhi si arrossavano per il pianto. Improvvisamente, davanti agli occhi, gli passarono tutte le ecografie fatte e i diversi momenti della gravidanza e si sentì mancare. Una fitta al cuore lo fece accovacciare a terra, mentre Kanako cercava, invano, di farlo calmare.
Si spostò quando vide uscire un infermiere, sperando che stavolta gli avrebbero detto qualcosa.
«M-Mi perdoni, ma cosa sta succedendo lì dentro? Io sono il papà...» chiese Morinaga, asciugandosi gli occhi umidicci.
«La bambina... ecco... stiamo facendo di tutto...» lo liquidò l’uomo, correndo verso un’altra direzione.
Al moro si gelò il sangue. Si pietrificò udendo quelle spiacevoli parole... la bambina... quanto avrebbe resistito quel gracile corpicino?
Entrò lo stesso infermiere, accompagnato da un uomo un po’ più anziano... un suo senpai probabilmente.
Tutti si misero nuovamente a cerchio attorno all’incubatrice della piccola, anche se si poteva ben notare che e erano in maggior numero.
La questione, molto probabilmente, si era fatta seria e ingestibile. Il kohai, addolorato, non riuscì a resistere all’ennesimo dolore e svenne per terra. Un’infermiera. che passava di lì e aveva assistito alla scena, accorse, aiutando Kanako a farlo riprendere.
 
 
 
Tutto buio intorno, solo una luce bianca e una rossa. Quale seguire? A stento riuscivo a gattonare, anzi, devo dire che a stento mi muovevo... ero appena nata... il rosso è un bel colore, ma non mi piace l’aura che trasmette... Mamma, mamma, dove sei? Quale strada devo seguire? Papà, papà, mi aiuti tu? Vi prego, sono piccola, dove devo andare? Mamma, voglio sentire nuovamente il tuo calore e il tuo battito così da fare la nanna accanto a te, a papà e al mio fratellino...
Mamma, papà, fratellino...
Io... seguo questa luce... chissà se vi incontrerò più...


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*si prepara a ricevere bastonate e calci* uhuhu, vi voglio far tenere l'ansia fino a lunedì prossimo uhuhuhu :D
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo... comincio a scriverlo da ora LOL
Beh, spero che questo vi sia piaciuto e spero di ricevere vostri commenti..
alla prossima *coff coff*
_Panny
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Capitolo 16
*** Capitolo 15 -FINE- ***


Nient'altro che noi-Capitolo 15
-Fine-




Alla fine ho deciso di seguire la luce rossa... chissà se mi condurrà da voi...
 

«La stiamo perdendo! Forza! Dobbiamo fare il possibile per salvarla!!» urlava un dottore, sentendo il battito rallentare vertiginosamente.
Morinaga ancora non accennava a riprendersi. L’urlo fece raggelare il sangue di Kanako, la quale, mantenendo una strana calma, diede un forte schiaffo in faccia al neo-papà, facendolo svegliare. Sembrava stordito e confuso.
«Che succede? E la piccola? Si è svegliata?» sembrava proprio non aver sentito nulla... era proprio svenuto.
«No, è ancora dentro... e il suo battito sta rallentando...» disse Kanako, tanto prima o poi la verità sarebbe comunque salita a galla.
Morinaga saltò all’in piedi, cercando di scorgere qualcosa attraverso il vetro dell’oblò della porta. Non vide altro che infermieri che cercavano di salvare la sua bambina, anche se lei era nascosta dalle loro costituzioni.
Quella piccola a cui ancora dovevano dare un nome e già stava per... morire.
Morinaga, sensibile qual era, non poté trattenersi dal non piangere.
Poggiò il palmo della mano sulla porta, lasciandolo scivolare come facevano le lacrime che continuava a versare. Kanako cercò di infondergli coraggio con un abbraccio, ma il kohai lo rifiutò: voleva soffrire da solo.
 

Intanto, il senpai, stremato com’era, si era appisolato. Il suo sonno era continuamente disturbato da diversi incubi che si susseguivano rapidamente.
Si svegliò di soprassalto, completamente bagnato di sudore. Si ricordò della bambina quasi immediatamente e continuò a sperare che stesse bene... pregava insistentemente per lei.
 

Mamma... papà... fratellino...
Sapete, sento una dolce melodia... Mamma, sei tu a cantarla?
 

«Il battito continua a rallentare... non c’è quasi più nulla da fare... noi continuiamo fino all’ultimo!» sentì dire Morinaga da uno dei dottori che si trovavano in quella stanza.
Il moro cercò di affacciarsi il più possibile per capire meglio la situazione, ma nulla: era difficile veder bene cosa succedeva.
«Resisti, piccola mia...» sussurrò il kohai, addolorato come non mai. Sentì nuovamente cedere le gambe sotto il suo peso, ma non svenne, bensì cadde solamente.
Aspettò, impaziente, appoggiato al muro, cercando di non cedere mentalmente. La dottoressa salutò Kanako, augurando loro che la bimba si fosse ripresa. Kanako annuì e la salutò.
La ragazza si avvicinò a Morinaga, ma non troppo, tanto quanto bastava per sorvegliarlo.
Gli poggiò una mano sulla spalla, pattandolo un po’.
«Kanako... non ce la farà, vero?» chiese il moro, con un fil di voce.
«Non ne ho la più pallida idea, se proprio devo essere sincera,,, ma spero vivamente di poter abbracciare la mia piccola nipotina.... a proposito, avete pensato a che nomi dare ai piccoli?» chiese, a sua volta, la ragazza, sedendosi accanto a lui.
«In verità... ancora non ne abbiamo parlato io e il senpai... abbiamo avuto altro da fare... a proposito! Dobbiamo ancora prendere le culle! Dobbiamo affrettarci!» disse Morinaga, fantasticando su tutta a roba che avevano comprato per i bambini.
«Devo anche chiamare a lavoro per dire che stasera non ci sarò perché sono diventato... papà...» quell’ultima parola gli fece accennare un piccolo sorriso... era diventato papà!
Kazako, vedendolo sorridere, sorrise anche lei. Quella situazione era così strana...
Lei era diventata zia di due nipotini partoriti da suo fratello... che cosa strana.
Improvvisamente sentì squillare il telefono. Dalla schermata si poteva leggere che il numero era quello di Tomoe.
«Kanako-chan! Ma cosa è successo?? Io e Kurokawa siamo andati a portare un regalino a Souichi e abbiamo trovato tutto aperto e sporco di sangue ovunque! Inoltre c’era anche puzza di disinfettante e alcool!» urlò Tomoe attraverso il telefono.
«Nii-san ha partorito oggi... corri all’ospedale *** dove hanno fatto le ecografie... quello abbastanza vicino casa, ce l’hai presente?»
«Corriamo!» proferì Tomoe alla fine, staccando la chiamata.
«Chissà che faccia faranno quando sapranno tutta la storia...» Morinaga si incupì nuovamente e Kanako lo capì subito.
«Mi sa che dovresti chiamare al lavoro no? Dai, nel caso ci sono novità, ti chiamo io! Tieni il mio cellulare...» disse Kanako, tentando di sviare il discorso.
Dopo aver sospirato, Tetsuhiro si issò in piedi e, prendendo il cellulare, compose il numerò del suo senpai.
Dopo aver fatto squillare il telefono una decina di volte, una voce irritata rispose con un “Che vuoi?” molto burbero.
Morinaga, facendosi pazienza, spiegò con calma tutta la situazione e l’espressione del vecchio cambiò, o per lo meno così si poteva intuire dalla sua voce cambiata.
«Mi spiace moltissimo averti risposto a telefono in quel modo prima, spero che tutto si risolva. Ti do una settimana libera e, nel caso tua figlia non ce la facesse... ti lascio un mese a casa... spero che la bambina ne esca sana.» proferì la voce del senpai anziano, il quale, poi, staccò la chiamata.
Tetsuhiro sospirò e, girandosi per raggiungere nuovamente Kanako, si trovò faccia a faccia con un Tomoe preoccupatissimo.
«Morinaga-kun, allora? Cos’è successo??» chiese il ragazzo «Come sta nii-san? E i miei nipotini?» continuò, riempiendolo di domande fin quando, Kurokawa, non lo baciò per farlo stare zitto.
«Scusalo... è preoccupato, comunque racconta pure...» disse, con voce più pacata, il marito del Tatsumi.
Morinaga cercò di trattenersi dal non piangere ancora, anche se il solo ricordo lo faceva stare male.
«Souichi... è entrato in travaglio quando eravamo a casa,,, infatti ha partorito lì. Dopo aver partorito il maschietto, essendo senza anestesia, ha perso i sensi. Quando è nata la bambina abbiamo scoperto che il cordone ombelicale la soffocava. I dottori hanno fatto il possibile, ma non si è svegliata. Giusto in tempo hanno messo i bambini accanto a Souichi, e infine siamo giunti qua. Il senpai ora forse dorme, la bambina è in rianimazione... il suo battito è lentissimo e probabilmente... non ce la f-farà...» le ultime parole lo fanno esplodere e comincia a piangere. Tomoe e Kurokawa lo abbracciano, augurandogli un po’ di serenità e sperando che tutto vada a finire per il meglio.
«C-Ci accompagni?» domandò Tomoe, asciugandosi gli occhi per il pianto a cui aveva dato sfogo anche lui.
Morinaga non fece altro che annuire.
Raggiunta Kanako, la videro piangere.
«Kanako... novità?» chiese Tetsuhiro, con un tono mezzo allarmato. La ragazza annuì e, facendosi forza, fece fuoriuscire dalla bocca parole dure.
«Hanno fatto... di tutto...» disse, lasciando intendere.
«Non è possibile... è uno scherzo, vero?» chiese Morinaga, sul punto di piangere nuovamente.
La ragazza, però, scosse la testa, accennando un “no”.
Morinaga la fece spostare usando modi abbastanza rudi. Entrò in quella stanza dove ancora c’era qualche dottore.
Senza ragione, si avvicinò all’incubatrice della bambina, nonostante due dottori lo avessero pregato di uscire,
«Piccola... mi senti? Dai, vieni dal tuo papà... la strada che hai scelto non è quella giusta... segui l’altra,,, io, mamma e il tuo fratellino ti aspett-ehi! Ti aspettiamo!» gridò alla fine, dopo esser sbattuto fuori.
 

Papà! Papà! Sei tu? Mi hai detto... di seguire l’altra strada? Quella bianca allora? La rossa la lascio stare? Papà, parlami ancora... la tua voce mi piace... io... io ti sto raggiungendo!
 

Uscì un dottore dalla porta della stanza, un altro rimase dentro.
«Mi dispiace... abbiamo fatto il possibile... purtroppo, durante il coma, ha avuto anche un infarto e dopo di esso... il suo cuoricino ha smesso di battere... Mi dispiace.» proferì il dottore con un velo di tristezza ben mascherato.
«No... lei non può morire... lei mi ha sentito... ritornerà da noi, dal suo papà e dalla sua mamma...» disse Tetsuhiro, con una voce da psicopatico e con gli occhi rossi di pianto.
«Mi dispiace... Non sarà cos-»
«Senpai! Senpai! La bambina... il battito... è viva! La bambina è viva!» disse il medico che era rimasto dentro, tirandosi contro anche l’altro medico,
Entrati, la bambina aveva raggiunto i suoi normali livelli ed era sveglia. Aveva un dito in bocca e muoveva le piccole gambe. Improvvisamente un pianto stridulo riempì la stanza e Morinaga, che aspettava fuori, quasi si sentiva morire di gioia.
«A-Avevi ragione... c-congratulazioni!» dissero in coro Tomoe, Kurokawa e Kanako.
«Sono il papà più felice del mondo!» gridò Morinaga, crollando a terra. Kurokawa fermò l’impatto giusto in tempo.
Lo stress l’aveva logorato dentro, facendolo svenire, ma col sorriso sulle labbra.
Quando si riprese, in altre parole dopo qualche minuto, vide la sua bambina uscire dalla stanza in una piccola culla trasparente. Indossava una tutina rosa e aveva un aspetto arzillo. La seguì, liquidando i parenti che lo guardavano stupefatti. Gli porse il mignolo e la bambina lo afferrò.
«Benvenuta nella famiglia Morinaga, piccola...» sussurrò Morinaga. La bambina sorrise per un istante e il cuore del moro si riempì di felicità.
Entrarono in stanza dal senpai, il quale era accoccolato su se stesso e dormiva.
«Senpai... sveglia...» sussurrò Morinaga, prendendo, con l’aiuto del medico, la piccola tra le braccia.
«Mh... c-cosa vuoi...?» chiese, sussurrando, il senpai, svegliandosi lentamente. Con altrettanta lentezza si stropicciò gli occhi e alla fine mise a fuoco cosa aveva davanti agli occhi. Morinaga teneva in braccio la loro bambina, la quale giocava pacatamente con il dito di Tetsuhiro.
«Bella, vero? È viva, senpai... è viva!» disse il kohai, passandogliela e mettendogliela accanto.
Il senpai rimase muto: era una gioia indescrivibile a parole. Dopo pochi secondi, un’altra piccola culla fece il suo ingresso trionfale. All’interno c’era il maschietto che dormiva beato, spaparanzato.
L’infermiera lo posò in braccio al papà con estrema delicatezza. Tetsuhiro lo guardò in maniera dolce, cullandolo.
La femminuccia si mise a piangere dopo un po’, dimenandosi. Souichi fece attenzione a non farla cadere, la stessa infermiera che aveva portato il piccolo, porse al biondo un biberon con del latte tiepido.
«Molto probabilmente ha fame...» pensò, ad alta voce, la ragazza, facendogli vedere come doveva allattarla. La bambina succhiava a tratti vorace e, a tratti, lentamente.
Dopo poco anche il maschietto si svegliò con un sonoro sbadiglio e cominciò a piangere anche lui. L’infermiera pose a Morinaga l’altra bottiglina, insegnandogli a farlo mangiare.
Ora sì che sembrava una famigliola felice...

 
La porta si aprì con un sonoro cigolio. I bambini erano tutti e due accanto a Souichi sul lettino. Dalla porta, tre testoline apparvero: Kurokawa, Tomoe e Kanako.
«Si può?» chiese Kanako a nome di tutti. Il senpai annuì, accarezzando i suoi piccoli.
«Mica corro il rischio di essere menato?» chiese il povero Kurokawa prima di varcare la soglia. Il senpai rise.
«Se fai del male ai bambini, sì.» rispose, giocando con la bambina.
«Eh? Non lo farei mai!» disse il giovane, entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
Il biondo non gli diede retta. Si sentiva così felice e tranquillo in quel momento...
«Avete scelto i nomi per i bambini?» domandò Tomoe, prendendo una sedia e sedendosi, tirando fuori dalla giacca il cellulare e fotografando la famigliola, togliendo il flash.
«Uhm... per il piccolo io avevo pensato a Kichiro... mi piace tanto quel nome...» disse il senpai, accarezzando il suo bambino.
«S-Senpai, quello della bimba posso sceglierlo io?»
«No.»
«M-Ma senpai! Per favore...» chiese Morinaga, quasi disperato.
«No.»
«Aiko. Morinaga Aiko.» disse alla fine il kohai, assumendo un tono autoritario, tanto da far sbalordire Souichi. «Voglio che la bambina si chiami così.» concluse, accarezzando quel piccolo angioletto dalla tutina rosa che dormiva.
«E va bene...» sospirò il senpai.
 

Quel giorno di metà primavera, il 18 maggio per la precisione, nacquero Aiko e Kichiro Morinaga.
 
 


-Qualche mese dopo...-
 

«Senpai! Perché da quando sono nati i bambini sono stato costretto a dormire nella camera degli ospiti?»
«Perché ho i bambini sotto controllo se dormono con me! E ora sta zitto e cambia Aiko!»
«Senpai... quando faremo l’amore?»
«Quando saranno cresciuti!»
Intanto i bambini crescevano a vista d’occhio: la piccola era arrivata a tre chili e cento grammi e a cinquanta centimetri d’altezza, il bambino, invece, era arrivato a quattro chili e a cinquantotto centimetri.
Il senpai era diventato quasi più tirannico di com’era e il povero Morinaga è costretto a sopportarlo ogni giorno.
Ma ne è felice: lui e il senpai presto si sarebbero... sposati. Il moro gliel’aveva chiesto due settimane prima, mentre facevano l’amore.
Il senpai si prese una settimana per decidere,  ma alla fine proferì il tanto atteso “sì”.
Si sarebbero sposati a settembre, il 23. Giorno in cui avevano deciso anche di celebrare il battesimo.
La vita, per Morinaga Tetsuhiro, non era mai stata così... dolce.
 


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Spero di non aver deluso le vostre aspettative. Ecco qui l’ultimo capitolo di “nient’altro che noi”. Spero di rivedervi alla prossima con -forse- un extra...
Alla prossima avventura, Panny_


                                                    

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