| Imperio Mutilado

di cocochokocookie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ~ ***
Capitolo 2: *** Mentiroso ~ Cap. 1 ***
Capitolo 3: *** El trigo y la sangre ~ Cap. 2 ***
Capitolo 4: *** Conmoción ~ Cap. 3 ***
Capitolo 5: *** Sumisa ~ Cap. 4 ***
Capitolo 6: *** Tropezar ~ Cap. 5 ***
Capitolo 7: *** Herida ~ Cap.6 ***
Capitolo 8: *** Preferencias ~ Cap.7 ***
Capitolo 9: *** Polvo y lamentos ~ Cap.8 ***
Capitolo 10: *** Compañia ~ Cap.9 ***
Capitolo 11: *** Distancia ~ Cap.10 ***
Capitolo 12: *** Onírico ~ Cap.11 ***
Capitolo 13: *** Huellas Paternales ~ Cap.12 ***
Capitolo 14: *** Arrugamientos ~ Cap. 13 ***
Capitolo 15: *** Arcos y arenas ~ Cap. 14 ***
Capitolo 16: *** Murmurar ~ Cap. 15 ***



Capitolo 1
*** Prologo ~ ***


Imperio Mutilado ~ Prologo NVU
http://i39.tinypic.com/23jhf6p.jpg
Rating capitolo: Verde
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Repubblica Italiana [Sud]
Osservazioni personali: Primo elaborato su Hetalia, e chi tirare in ballo se non il sempre disponibile Antonino bello? È qualcosa nato da una discussione di quando ero piccola, è tornata così ‘puff’.
Il risultato non mi soddisfa, sorvoliamo.
Non pubblico su EFP da un PEZZO, dopo KH ho praticamente mollato il sito ._.



Imperio mutilado
Sentiva ancora il clagore delle alabarde contro le spade, il cozzare delle armature, il nitrire dei cavalli ed il gemito soffocato dei corpi che andavano perdendo calore vitale, mentre si accasciavano a terra, sotto i colpi.
Percepiva ancora l’adrenalina scorrere nelle vene, i muscoli in tensione per l’eccitazione della battaglia e le urla dei propri generali che avvertivano di retrocessioni e ritirate nemiche.
Era battagliero, lo era sempre stato.
Per quanto a Stati più giovani potesse apparire come un personaggio quasi di sfondo, dal sorriso beffardo e la leggerezza a portata di mano, i vecchi compagni di guerra non avevano scordato le ferite inflitte dalla Nazione, ne tanto meno dimenticato la potenza della quale aveva goduto fino a pochi secoli prima.
Era pericoloso, lo era sempre stato.

Camminare lungo il corridoio sfarzoso, le pareti coperte da tessuti dalle tinte calde, percorrere il tappeto ricamato che rivestiva il legno pregiato del pavimento, non gli era mai parso tanto faticoso come in quel frangente.
L’alabarda pesava sulle spalle, mentre il vermiglio e pesante mantello aveva perso una ventina buona di centimetri di stoffa, tra strappi e lacerazioni.
Sospirò, soffermandosi per riprendere le forze, sostenuto dal suo stesso avambraccio alla parete, prima di entrare nelle proprie stanze, ritirandosi.

Era ferito, deriso, sottovalutato.

Ed un Impero non va mai sbeffeggiato, sia questo presente o passato, perché iridi che hanno arso di potere ed odio possono ritrovare la stilla nella brace riscoperta da parole di troppo e mancato rispetto.

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Capitolo 2
*** Mentiroso ~ Cap. 1 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
http://i42.tinypic.com/2s6of15.jpg
Rating: Verde
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Francis Bonnefoy ~ République française | Roderich Edelstein ~ Republik Österreich | Elizavetha Hedervary ~ Magyar Köztársaság
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: Ricorda tanto una spiegazione. Più che un primo capitolo è una sorta di preambolo dopo il prologo. BaH


Imperio mutilado
MENTIROSO

L
’aria stava facendosi irrespirabile, lungo le coste meridionali della penisola, per quanto la pressione mussulmana fosse stata stemperata e la minaccia religiosa scongiurata.
Aveva fame. Fame di gloria, di potere. Nascondeva l’imbarazzo nel ricevere inviti dall’amico francofono, nonostante sapesse quanto questi fossero tentativi di allietarlo, di allontanarlo per qualche giorno al clima della politica divisa, di stemperare i dolori di Aragona e Castiglia, per quanto Francis stesso fosse invischiato in battaglie più grandi.
Nei suoi soggiorni a Versailles e Parigi scorgeva alte cariche militari scambiarsi lettere, notava la frequenza delle interruzioni del tempo che trascorreva con l’amico d’infanzia per motivi bellici.
Non poteva non ammirare il lusso e lo sfarzo della Francia.
Ed era anche per questo che gli inviti da parte sua si erano via via fatti più saltuari, meno frequenti, quasi volesse nascondere la differenza tra le due Nazioni.
Non era invidia, semplicemente si sentiva a disagio, così differente dall’amico, iniziava a pensare all’immagine che l’Europa potesse avere di lui, della sua Patria.

Lo scenario cambiò quando la corona venne riassemblata su di un unico capo, sotto il potere della stirpe Aragonese, unita a Castiglia in un matrimonio politico che rivoluzionò la posizione di Spagna nell’economia mondiale, poiché ogni transito marittimo lungo l’intera penisola, ad eccezione dei territori del vicino Portogallo, erano sotto la sua giurisdizione.

Francis mentiva.
Non era una nuova, ma non avrebbe mai pensato che avrebbe potuto considerare lui come una minaccia al potere acquisito durante lo scorrere del tempo.
I mercati marittimi stavano arricchendo il Tesoro della corona de España, la potenza della Nazione, oramai unita sotto un unico monarca, andava ampliandosi e fortificandosi, giungendo a potersi permettere di rivaleggiare con Genova, Venezia, ed Impero Ottomano.
« Non starai esagerando? » gli aveva detto.
« Dovresti smetterla, Antonio. Non ti porterà a nulla, questa fame di potere » il tono inizialmente confidenziale era andato screziandosi di parole seccate, di consigli striati di veleno.
Li prese come una sfida.
Se Francia pensava davvero che non potesse permettersi tanta influenza, si sbagliava di grosso.
« Pensa alle tue guerre, Francis. » aveva liquidato, iniziando a rifiutare inviti e facendosi più austero nei confronti dell’amico con lo scorrere del tempo, mentre in Europa eccheggiavano le notizie del duro soffocamento di ciò che restava delle particelle mussulmane nella penisola, concludendo la Reconquista cattolica, mentre Carriedo veniva chiamato Matamori dal popolo ricolmo d’orgoglio, per quanto la sua armatura fosse insozzata di sangue.

« Roderich! » la voce altisonante si sparse per l’abitazione, facendo sussultare la minuta figura del più piccino tra i domestici, facendolo correre dietro l’ampia gonna di Ungheria, la quale non pareva allietata dalla visita, tutt’altro.
Scrutò l’uomo sull’uscio, mugugnando per la malagrazia con la quale aveva spalancato e fatto così sbattere al muro la porta.
« Il Signor Austria è impegnato » replicò freddamente la dama dai capelli castani.
Francia non era nelle sue simpatie, lo trovava troppo spinto e malizioso per i suoi gusti. E poi era vero: Roderich stava suonando il pianoforte, non aveva l’autorizzazione di disturbarlo, nessuno poteva.
« Sta suonando » mormorò lieve Italia, sbucando con la testolina dal retro della veste verde della più grande, accennando un sorrisetto compiaciuto ed allegro, per quanto fosse imbarazzato.
« Devo parlargli, Elizavetha. È importante » il tono di Francis era duro, sottolineato dalla sottile ruga d’espressione che si era andata formandosi tra le sopracciglia curate, sottili e chiare.
Ungheria tentennò alle sue parole, sospirando poi e voltandosi, dirigendosi verso le stanze del suo superiore, mentre Veneziano restava ad osservare Francia, il quale inarcò il sopracciglio destro, accennando un sorriso e chinandosi alla sua altezza, carezzandogli lieve il capo, ignorando il sussulto lieve del bambino.
« Cos’è successo? » balbettò il più piccolo dopo qualche istante di silenzio, mentre entrambi attendevano il ritorno di Elizavetha.
« Niente di cui tu debba preoccuparti. Stai tranquillo qui con Austra, sì? » domandò cordiale, non riuscendo ad abbandonare del tutto la tensione accumulata a causa del comportamento dell’amico iberico.
« Hai notizie di Romano? » mormorò lieve poi, alzando appena la testolina al suo indirizzo, riabbassandola poi in segno di rispetto, come gli era stato insegnato.
« Ungheria è sempre così accogliente? » cambiò discorso il francese, sorridendo falsamente ed apertamente, ora. Non aveva voglia di parlare ancora del maggiore dei fratellini Vargas, pianificava l’ascesa lungo la penisola al centro del Mediterraneo da qualche mese, oramai. Ma con che coraggio poteva ammettere a Veneziano che aveva intenzione di « Francia? ».
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dalla voce del padrone di casa, l’aria crucciata e nobile come al solito.
Era capace di sembrare più snob di Arthur durante le cerimonie reali.
« Austria, volevo parlarti » replicò, recuperando l’altezza persa e sorridendo appena ad Italia, avvicinandosi all’uomo con gli occhiali e seguendolo poi nell’ufficio di questi, osservandolo sedersi dietro una scrivania di legno scuro e poggiarvici i gomiti, sostenendosi il viso con le dita intrecciate e l’aria pensosa.
« Non è tua abitudine presentarti con simili espressioni, Francis. Che succede? » iniziò l’austriaco, dopo aver sospirato ed essersi abbandonato lungo lo schienale della poltrona, portando le mani intrecciate alle ginocchia ed accennando al biondo una delle tre poltrone anteposte alla scrivania.
« Lo so che non mi date credito in merito, ma Antonio sta diventando pericoloso. Kirkland non sembra minimamente interessato a ciò che penso, tanto per cambiare. Se ne sta là, isolato sulla sua zolla di terra alla deriva a prendere il the, mentre il Mediterraneo gli scivola dalle dita. Sta sottovalutando la cosa quanto te, Olanda e Prussia, dannazione! » replicò Bonnefoy, infervorandosi nella voce alla conclusione delle proprie parole, irritato dell’espressione poco convinta dell’altro.
« Francia,  Carriedo non è mai stato un problema. Ha ottenuto qualche pozzanghera in più, lascialo giocare con l’acqua e non preoccuparti, non è una minaccia. » concluse con tranquillità Edelstein, alzandosi e guardandolo con ostentata pacatezza, mentre l’espressione di Bonnefoy andava incupendosi.
« Ha il Mediterraneo, Roderich. E credo voglia arrivare a Marocco ed estendersi in Africa settentrionale.
Non è Antonio. Non quell'Antonio, per lo meno. Hai sentito che ha fatto dei gruppi relig… » insistette il biondo, interrompendosi ad un sospiro dell’altro ed alzando i palmi, facendo spallucce e voltandosi alla porta.
« Non sono qui per imporre le mie parole, Austria. Ma non ho intenzione di stare a guardare mentre Spagna va fuori di testa. » concluse, avviandosi all’uscio della stanza.
« Cosa hai intenzione di fare? » replicò l’altro, incrociando le braccia al petto.
“ Questi ragazzini… ”
« Un favore a Feliciano » concluse, utilizzando il nominativo confidenziale del domestico, uscendo e facendo cenno di saluto ad un’Ungheria piuttosto stizzita ed imbronciata sulla porta, il ricciolo castano che faceva capitolino tra le pieghe dell’abito di questa.


[same time~]
« Perché dovrei farlo? » la voce di Antonio era annoiata, spavalda e divertita mentre sedeva sul trono del proprio Paese, le gambe accavallate con scompostezza ed il viso appoggiato al pugno sinistro, chiuso e sostenuto dal braccio mancino.
Avanti alla sua figura, un uomo dai tratti gentili, latini, portava tra le mani una pergamena arrotolata e sul viso un sorriso speranzoso, gli occhi fiduciosi.
« Perché si tratterebbe della Rivoluzione, di passare alla Storia come la Nazione che ruppe le costrizioni del mare! » replicò enfatico l’uomo, prima d’indietreggiare di poco all’espressione cinica dell’iberico.
« Ho appena scacciato i pagani dalle mie terre e tu vieni a propormi una teoria simile. Ti stai forse prendendo gioco di me? » domandò poi, sarcastico, mentre l’altro scuoteva il capo.
« La Spagna è forse assoggettata allo Stato del Vaticano? » domandò quindi l’estraneo, al che Antonio si alzò in piedi, stizzito, aggrottando le sopracciglia ed ignorando eventuali sgualciture dell’abito da matador che indossava, simbolo di tradizione, coraggio ed abilità.
« La Spagna segue le leggi di Dio, non degli uomini in terra. La Spagna è il volere di Dio » sibilò in replica lo spagnolo, mentre un sorrisetto compiaciuto si faceva largo sul viso dell’altro, coperto dal palmo contenente la pergamena, prima di srotolarla sotto il viso della Nazione.
« Quindi me le concederete? » insistette l’uomo, mentre  Matamori annuiva accondiscendente, storcendo il naso e tornando a sedersi.
« Tutto ciò che troverai apparterrà alla mia terra, la terra che ti ha dato quest’opportunità, a differenza di quella natia. » concluse Antonio, accavallando nuovamente le gambe e tornando nella posizione precedente, lo stemma della casata reale sul telo che ricopriva parte dello schienale del trono alle sue spalle.
L’uomo chinò il capo, arrotolando la pergamena ed uscendo dalla stanza, soffermandosi sull’uscio allo schioccare della lingua sul palato del ragazzo.
« Solo tre » concluse infine, dandogli l’autorizzazione di allontanarsi.

Scostò l’attenzione dal portone che collegava la sala al corridoio, alzandosi e portandosi alla vetrata più vicina, osservando la figura del marinaio allontanarsi, prima di sospirare, infastidito.
Non avrebbe dovuto nominare il Vaticano, non avrebbe dovuto tirare in ballo quella fetta dell’Italia.
Scosse il capo, prima di tornare seduto, sospirando.
Francis si sbagliava, non c’era nessun motivo per fermarsi lì.


~ Risposta alle recensioni [*_____* già al prologo, come sono contenta *A*/]

la Crapa
Eh, povero lui .__.
*-* allora ti è piaciuto! *A*/
Riuscire a comunicare ciò che rappresenta le mie idee mi fa un piacere immenso, il sapere che qualcuno abbia capito cosa volessi intendere in quelle poche righe foga non poco :'D
E poi Antonio è sinistro, fondamentalmente potrebbe essere al livello di Russia, con il passato che si ritrova, e probabilmente così era, con il Sud America a sostituzione dei tre poveri paesi baltici :'D.
Scusa per i caratteri, mi si è spatasciato NVU e mò l'ho riassettato, vedremo se così risulta meno arcaica la mia scrittura —e, come mi dice la professoressa di Italiano: NON SCRIVERE IN LILLIPUZIANO, CRISTO! :'D.

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Capitolo 3
*** El trigo y la sangre ~ Cap. 2 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Giallo [Non penso di essere arrivata all'arancione, suvvia °-°]
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Francis Bonnefoy ~ République française | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Feliciano Vargas ~ Italia Veneziano | Roderich Edelstein ~ Republik Österreich | Elizavetha Hedervary ~ Magyar Köztársaság
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: Niente di che, sono sorpresa 'A', non mi era mai capitato di sputare tanti capitoli in così poco tempo °-° || Puntualizzo il fatto che fino al capitolo 6, al momento, è già parzialmente conosciuto da altri, principalmente perché la pubblicazione su EFP la tengo più a mano, poiché sto sostenendo i preesami su tutte le materie del triennio e a giugno mi aspettano gli esami —perché io PASSO è____é—.


Imperio mutilado
EL TRIGO Y LA SANGRE

E
ra pazzo.
Sì, non vi era più alcun dubbio, il suo amico era uscito completamente di melone, per accettare una proposta simile da un soggetto simile.
Forse era solo una diceria, magari si era inventato tutto una delle Nazioni confinanti, magari Arthur aveva imparato da lui a distorcere l’informazione pubblica e non sapeva ancora darsi un freno, no?
No?
Eppure le notizie che giungevano dall’altro lato della modesta catena montuosa e da piccoli staterelli confinanti non presagiva nulla di affine.
Sospirò, abbandonandosi lungo l’elegante divano, prima di mugugnare in segno d’assenso al bussare alla porta poco distante, permettendo che della luce artificiale filtrasse nella stanza illuminata esclusivamente dall’imponente e sfarzosa vetrata che ricopriva la parete a sud della stanza.
« Signore, mi aveva mandato a chiamare? » la voce dell’uomo lo riscosse ulteriormente dai suoi pensieri, al che si eresse dalla posizione supina, passandosi una mano fra i capelli più lunghi della media.
« Sì. Dì al Re che stiamo per muoverci. E manda una lettera ad Austria ed Inghilterra, non ho la minima intenzione di ricevere paternali in seguito. » concluse con un sospiro la Nazione, prima di prendere la giacca pesante dallo schienale della poltrona posta frontalmente al divano, portandosela sulle spalle e prendendo il cappello che l’uomo gli porgeva.
« Si scende » concluse con tono falsamente allegro. Era una sfida.
Era una guerra.

Dall’altra parte del globo terrestre, Spagna scendeva dalla quarta spedizione iberica in quella terra vergine, l’alabarda affilata stretta nel palmo destro ed un sorriso ambiguo che tagliava ed induriva i tratti gentili e latini del viso abbronzato.
« Signori, benvenuti nelle Indie » era esordito tempo addietro l’italiano che aveva richiesto le imbarcazioni. Tre aveva detto e tre gli erano stato concesse.
Era tornato dagli Asburgo con promesse d’oro e tesori.
Inutile dire che lo spagnolo non si era nemmeno sognato di lasciare il bottino lì dov’era, doveva solamente attraversare l’Oceano per agguantarlo.
« Signore, vi sono stati scontri con popolazioni indigene, le terre sono abitate », la voce allarmata di uno dei suoi ufficiale l’aveva esclusivamente infastidito, mentre controllava la cartina sul timone dell’imbarcazione.
« Sono barbari, non vedo perché dovremmo preoccuparcene » aveva liquidato Antonio con tono insofferente, prendendo la propria arma, poggiata lungo la tavolata dove erano disposte le cartine approssimative del territorio al quale andavano incontro.
Ora li aveva davanti, i barbari.
Reclamavano diritti sulla terra natia e chiedevano di lasciarli in pace, gli spagnoli avevano dato loro abbastanza lutti in poco meno di due anni.
La testa del pacere era finita conficcata su una lancia di legno sulla costa, mentre gli europei entravano nel villaggio più vicino.

« Ne siete sicuro? » nella penombra data dalle stoffe pesanti e pregiate che ricoprivano le pareti della sala reale, la figura del re di Francia sembrava ancora più imponente di quanto in realtà non fosse, mentre la Nazione annuiva, la spada al fianco e l’esercito armato.
« Allora andate. Ma prestate attenzione, hanno rappresentati al Vaticano » lo allertò il regnante, prima che Francis uscisse dalla sala.

« Conquistador! Una lettera dalla Regina! »
Antonio si volse, appoggiato al parapetto dell’imbarcazione spagnola, dedicando la propria attenzione dalle acque inesplorate al soldato che porgeva la pergamena portata dall’aquila spagnola e dal sigillo reale in ceralacca.
Alla lettura delle frasi brevi e tracciate in bella grafia con inchiostro rosso una ruga andò formandoglisi sulla fronte dalla carnagione olivastra.
Rilesse una seconda ed una terza volta, incredulo al principio e furioso alla conclusione, chiudendo poi bruscamente la pergamena e voltandosi al timoniere, stizzito.
« Dobbiamo tornare in Europa il prima possibile, datevi una mossa » aveva esclamato, prima d’infilare la carta nella tasca della giacca vermiglia e pesante, macchiata di sangue indigeno quanto l’alabarda fidata.
« Se è guerra che cerca, guerra otterrà »

« Ungheria! Ungheria! » la vocina acuta di Veneziano risuonava per i corridoi di Vienna quanto i passetti frettolosi ed il suono ovattato del ricciolo che rimbalzava per l’andatura frenetica.
« Ungheria! » chiamò ancora, prima di aggrapparsi nuovamente alla veste verde della donna, trovata nel corridoio affianco e dall’espressione preoccupata.
« Cosa c’è, Italia? Hai fatto un brutto sogno? » domandò, materna, accennando un sorriso nel vedere il capo del più piccolo agitarsi con convinzione in segno di dinegno.
« I confini. I confini fanno male » mugugnò allora, mentre Elizavetha alzava il capo verso Austria, appena uscito dalle proprie stanze a quel baccano, il quale aggrottò la fronte.
« È solo Francia, Italia, non preoccuparti » lo rassicurò Roderich, mentre Ungheria lo fulminava con lo sguardo.
Glielo aveva permesso?

Chi erano quelli?
Cosa volevano?
Venivano, imponevano, distruggevano villaggi ed istigavano a chiamare aiuto, bruciavano le case e sequestravano i beni.
Correva come un dannato lungo le strade polverose, tappandosi le orecchie per non sentire il suono secco delle lame che cozzavano tra loro, l’abito bianco troppo lungo per lui, ma oramai vi era abituato.
« Dov’è la tua Nazione? » continuavano a chiedere ai villani, ma questi non rispondevano, afferravano i forconi e gli attrezzi agricoli per ricacciare gli invasori, ma con scarsi risultati.
« Fermo! »
Sentì il cuore in gola nel riconoscere la voce del generale delle truppe nemiche, senza voltarsi a guardarlo e continuando ad infilarsi nei vicoli di Napoli, allontanandosi lungo le campagne circostanti, il fiatone ed il sudore come compagni tra le strade sterrate, lontano dall’odore di sangue del campo di battaglia e dalle urla del suo popolo.
Lo stavano proteggendo, era solo un bambino, dopotutto.
Sussultò nel sentire la presa salda sulla spalla destra, irrigidendosi e costretto a voltarsi, deglutì a forza nel vedere il volto dalla carnagione chiara incorniciato dai capelli biondi e dalla piuma infilata nello sfarzoso copricapo blu.
« Ehi, non ho intenzione di farti alcun male, non sono ancora un mostro » commentò l’uomo, accennando un sorriso e trattenendo a stento un’imprecazione alla fitta allo stinco.
« Piccolo stronzetto » mugugnò, afferrandolo e portandoselo a mò di sacco di grano sulla spalla, mentre questi si dibatteva e lamentava.
« Veneziano mi dovrà per lo meno una quindicina di piatti di pasta, dopo questo » concluse con un sospiro, mentre il più piccolo si agitava sulla sua spalla.
« Mollami, ho detto! Chi ti credi di essere? Lasciami andare e lascia in pace la mia terra, brutto bastardo! » urlava, mentre Francis scuoteva il capo e l’ignorava bellamente, soffermandosi ai passi alle sue spalle, seppur lontani.
Si volse, incrociando lo sguardo smeraldino dell’amico d’infanzia, non riuscendo a nascondere un ghigno soddisfatto seppur cupo.
« Oh, Spagna. Qual buon vento ti porta qui? » domandò con ironia, mentre Romano iniziava ad acquietarsi, confuso da tutte quelle apparizioni indesiderate.
Mò che voleva chisti?
« Francia, non dovresti essere qui » replicò freddamente l’iberico, l’arma lucente conficcata nel terreno fertile, sulla sua destra, la bandiera alle sue spalle, sorretta da uno dei soldati delle milizie spagnole.
« Non mi risulta che il Sud Italia rientri tra i tuoi territori, Antonio » ribattè il biondo, mentre il ragazzino irruento sulla sua spalla iniziava a divincolarsi nuovamente, irritato dall’apparente battibecco riguardante lui fatto come se non fosse presente.
E che diamine!
« Pensavo che l’influenza commerciale fosse abbastanza eloquente » tagliò corto Spagna, poco incline a perdersi in tante parole, mentre allungava la mano all’impugnatura ampia dell’alabarda, al che Francia aggrottò impercettibilmente la fronte.
Sarebbe stato davvero disposto a combattere per così poco?
« Eloquenza non corrisponde ad Appartenenza, nel dizionario della mia lingua, sono spiacente. Ed ora mi ritiro con il mio bottino. » concluse con irritante tono canzonatorio ed un sorrisetto compiaciuto, sussultando alle parole dell’altro.
« Ti dichiaro guerra, Francis. A tua scelta se combattermi sul campo o chinare il capo » concluse freddamente Antonio, puntando l’arma in corrispondenza della direzione del viso del francese, il quale ne cercò lo sguardo chiaro per cogliere sfumature di sarcasmo.
Era sempre stato uno che amava scherzare, Spagna, doveva essere un altro dei suoi scherzi stupidi.
La freddezza che scorse negli occhi verdi dell’amico gli strappò un sospiro involontario, mentre poneva a terra il peso sulla spalla del sacco di arance siciliane su alcune spighe del campo dorato che li circondava.
« Come vuoi, Antonio. Ma ricorda che l’hai voluto tu » concluse a sua volta, estraendo l’arma bianca e dalla lama lucente, il cielo rannuvolato.
« Spagna » lo corresse lo spagnolo, mentre alzava l’alabarda e dava inizio al duello.

Non era rimasto a guardare.
Al primo colpo si era voltato ed era scomparso tra le sottili e pungenti spighe dei campi della provincia, ricominciando a correre.
L’odore di sangue e i lamenti alle sue spalle gli arrivavano soffusi, eppure così chiari e dolorosi da fargli credere di non essersi mosso di un millimetro dalla scena cruenta dei due eserciti che si scontravano, delle bandiere insudiciate di sangue rappreso e dalle espressioni altere e crudeli dei comandanti.
Comunque fosse andata a finire, non aveva la minima idea di finire in mano a carnefici simili, sarebbe andato nella fortezza della sua Roma, si sarebbe asserragliato all’interno del Vaticano, protetto dagli eserciti delle nazioni cattoliche —eH, Francia e Spagna, ma sorvoliamo.
Inciampò in una delle buche di cui era pieno il terreno, inorridendo alla figura della fossa comune delle vittime dei fancofoni, ma anche degli spagnoli che avevano risalito la Calabria e la Sicilia per giungere al conflitto.
Si raggomitolò, rimanendo al limitare dei campi che ondeggiavano al vento portatore di odore acre e ferroso, piangendo le morti ed i fiumi di sangue che andavano sgorgando per la sua terra.
Chissà perché, ogni volta che due nazioni si contendevano un territorio, non erano mai loro quelli a subire la maggior parte delle perdite.

« Vattene, Francis. Per l’ultima volta, abbandona questa terra e non farti più vedere » sibilò il moro, la punta dell’alabarda a sfiorare il collo chiaro del rappresentate di Parigi, il quale aggrottò la fronte, accennando una risata triste e tirandosi in piedi, ignorando il taglio sottile e superficiale dell’arma dell’altro sul suo collo, sorreggendosi a stento e portando la mano destra alla ferita sulla spalla opposta.
« Tu sei impazzito, Antonio. E se nemmeno io riesco a farti rinsavire, se nemmeno una battaglia può farti riavere, per lo meno avrò l’attenzione di Austria ed Inghilterra.
Non credere sia finita qui, España » concluse il biondo, pronunciando il nominativo ufficiale con tono dispregiativo, prima di ritirarsi sotto gli occhi distaccati dell’altro.

Non sapeva da quanto tempo stesse singhiozzando, sapeva però che era terribilmente penoso frignare come una ragazzina che aveva appena macchiato l’abito buono.
Socchiuse appena gli occhi, scorgendo in lontananza il colore acceso del tramonto che andava concludendosi, mentre le prime gemme bianche iniziavano ad incastonarsi nel cielo violaceo, ma non era dell’umore di contemplare uno spettacolo simile, sentiva ancora il pianto disperato delle madri, delle mogli, delle figlie e delle nipoti colmo di pietà e dolore riecheggiare nelle tempie.
Era stata una mattanza, e tutto per colpa di quel francese.
Lo odiava, dal profondo del cuore, gli avrebbe fatto pentire di essere nato, non appena avesse trovato le forze per rialzarsi.
Ma sentiva dolori ovunque, lungo Catania, Palermo, Caltanissetta, Reggio ed il culmine, al centro dello sterno, Napoli pulsante e sanguinante.
« Oh, sei qui » ebbe un tremito alla voce piatta che gli accarezzò le orecchie sopra i lamenti ed i gemiti sofferenti, costringendolo ad alzare lo sguardo, aggrottando la fronte.
Non era il francese.
Distolse lo sguardo, apatico, ossevando ora un punto indefinito lungo i campi rigogliosi della sua terra macchiata di vite spezzate.
« Vattene » mugugnò dopo qualche minuto di silenzio, Antonio aveva conficcato l’arma nel terreno, tanto per non averla tra le mani, prima di levarsi la giacca pesante ed abbandonarla sulle spalle del più piccolo, la cui veste candida era andata stracciandosi sulle estremità per le corse disperate e le sottili punte di grano.
Non seppe mai definire esattamente perché l’avesse fatto.
Sapeva solo che quel bambino, quel ragazzino con la croce d’oro al collo e l’aria furiosa e sofferente gli ricordava lui, durante le scorribande mussulmane e le guerre portoghesi.
Si chinò, prendendolo in braccio ed ignorando le deboli proteste del più piccolo, voltandosi a far cenno ad uno dei suoi comandanti, dicendogli di prendere la propria arma e mandare un messaggio alle imbarcazioni lasciate al porto di Ragusa, per dare loro indicazioni di risalire fino a Salerno, mentre il resto dell’esercito scacciava gli ultimi francesi da Napoli e risaliva fino al Vaticano per assicurarne i territori.

Abbassò lo sguardo sul ragazzino, incrociando gli occhi scuri e stizziti, le guance gonfie d’irritazione e l’espressione infastidita, inarcando quindi il sopracciglio destro e scoppiando a ridergli in faccia, con sommo imbarazzo ed ulteriore rabbia dell’altro, il quale però non riuscì comunque a liberarsi dalla presa dello spagnolo.
Era differente da quella del biondo, meno cortese e posata, meno fredda e distaccata ma accogliente e calda, quasi torrida.
« Lasciami » mugugnò, poco convinto, sussultando nel sentire il pollice dell’altro sfregagli le righe rimaste sulle guancie per le lacrime, prima di distogliere lo sguardo da quel viso distaccato, raggomitolandosi un poco, senza proferire parola.
Non era una concessione, no.
Era solo stanco.
E lui era così rassicurante…


~ Risposta alle recensioni [cioè, non potete capire, tornare e trovare tutta questa gente dopo aver dubitato seriamente di quanto potesse piacere o meno per l'assenza di scene di sesso ogni cinque minuti, quanto sono felice *AAA*/]

Assassin Panda
[Prologo ~ che mi son scrodata >/////>]
Ed il carattere crebbe! Dopo l'assoggettazione di NVU alla potenza Gardesana, i font non furono mai più della dimensione della puffografia.
YEAH. Scusate, sono su di giri per la prova di Italiano :'D.
[Capitolo 1 ~ Mentiroso]
Visto, cheRRapidaa? :'D Non abituartici, solitamente impiego mesi per sfornare capitoli, dopo l'entusiasmo generale. Ho un mucchio di FanFic abbandonate, tra KH e Naruto :'D.
La guerra Francia e Spagna c'è, come vedi [SPOILER] 'kai, ci sono tutte [SPOILER], ho sfruttato il fatto che gli spagnoli si considerassero ‘civilizzatori’ sia del Nuovo Mondo sia nei confronti dei mussulmani ed ebrei nel proprio territorio, [S P O I L E E E E E R] inoltre questo porterà anche ad un conflitto con l'Inghilterra protestante [S P O I L E E E E E R] oltre che assassini in nome di Dio [tanto per differenziarsi da mille altri popoli, neH, Antò? =^=].
Ungheria non sopporta Fransu, poverino. Lo vede come uno scocciatore, dato il fatto di quanto Austria abbia rivestito l'incarico di tutore di mezza Europa, nel manga, vede in Bonnefoy ancora il bambino che rompeva le scatole, a differenza di Arthur che considera un ingrato e Prussia un teppista. Naturalmente adora Veneziano, mentre Romano la infastidisce quando si distacca dall'apparente coccolosità che dimostra.
*-* aaaaH, le piace tutto *A*/
P.S.
Dislocazione geografica: Loris e Filippo [sì, l'ho letta. Sì, è fantastica :'D, sei un genio *-*]

nihal the revenge
[Capitolo 1 ~ Mentiroso]
Il lato oscuro di Spagna, esattamente. Detesto vederlo sbeffeggiato a destra e a manca, è simpatico e tutto e sono d'accordo, ma nessuno si sofferma mai a chiedersi del perché lui si comporti così, di come faccia ad accontentarsi di ciò che ha ed a trovare il lato positivo di ogni cosa.
Ammetto che prima di questa FanFic Francia non riscuoteva molto la mia simpatia, ma dopo avergli riconosciuto un'amicizia profonda con Antonio, il resto è venuto da sé [li considero più legati tra loro che con Prussia, principalmente per il fatto che quest'ultimo penso si sia isolato da entrambi durante le guerre mondiali, quindi ho supposto che una crepa, seppur lieve, fosse già presente. Ciò non vuole affatto dire che non siano amici, anzi, ma Francia e Spagna lo sono in modo diverso, sono più fraterni, Gil è più un cugino adorato :'D]
Sarà Cristoforo? YeaH, è il genovese dalle larghe vedute!
Inquietante come Inghilterra debba tantissimo a Spagna =^=

la Crapa
Lo ammetto: mi hai fatto un regalo di compleanno anticipato, con questa recensione.
Davvero ti piace? Non nascondo di ammirarti non poco, dopo aver letto‘Caltabellotta’, tra tante Fic a sfondo sessuale, sono andata in brodo di pomodori nel vedere qualcosa di storico per un anime che tratta di storia, FINALMENTE! :'D
Uno dei problemi per la pubblicazione risulta anche questo, per me: io sto studiando la fine della seconda guerra mondiale, da portare all'esame del triennio, la conquista delle Americhe me la sono lasciata alle spalle da un pò, purtroppo ç__ç.
OMA, pure il nome dei regnanti ;w; sei tu quella che fa commuovere me, ora *-*: ricolleghi anche la Reconquista! Concordo con te, e non è l'unica mattanza insabbiata tra le piaghe della storia, cosa che temo succederà anche al sempre più flebile urlo per lo Sterminio della Shoa, il tempo lenisce ed annoia innumerevoli persone, per quanto mi risulti strano.
Francia è angosciato per quello che sta succedendo ad Antonio: hanno visto entrambi potenze crescere e poi crollare sulle proprie macerie, ma non aveva mai pensato che il potere potesse rivelare un volto dell'amico tanto cruento, sente di non conoscerlo affatto e la cosa lo agita, tenta di correre ai ripari come può.
Austria. Mi. Sta. Sulle. Chiappe.
Penso sia riconducibile ad un attrito antico, brutti monarchi austriaci del cavolo èOé/, ma è una cosa che mi traspare anche dalla Storia, oltre che da Hetalia stessa. Roderich è un pomposo, punto >>.
Solitamente io faccio giri di parole impressionanti prima di ammettere il nome del personaggio, è una cosa che mi diverte il mettere alla prova la conoscenza del lettore e farlo divertire spargendo indizi un pò ovunque :'D.
So che Elisabetta ha intercesso a suo favore, ma l'immagine strafottente di Spagna che ho tra le mani mi ha quasi imposto di far prendere a lui la decisione, anche perché dubito Colombo avrebbe osato dire cose simili ai reali :'D.
NaH, Romano, Romano, Romano. So solo che dev'essersi preso un colpo, al momento :'DDD.
Sintetica? Ma che, scherzi? *__*
Io amo le recensioni lunghe, mostrano quanto qualcuno abbia apprezzato un capitolo e ci tenga a far sapere la propria opinione in merito, anche solo per fare delle critiche, è segno che interessa ciò che è scritto.

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Capitolo 4
*** Conmoción ~ Cap. 3 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Arancione ~ maybe
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Francis Bonnefoy ~ République française | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano |  OC ~ Indovina Chi?
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: Non ce l'ho fatta, d'accordo? Si chiama imposizione da recensioni, non ce la faccio a non passare in html i capitoli e lanciarli su EFP, per quanto questo capitolo abbia ben poco di storico, è più un capitoletto di transizione. E smettetela di farmi complimenti, che poi mi monto la testa e rantolo a terra per settimane, prima di sputacchiare qualcosa :'D


Imperio mutilado
CONMOCIÓN

Storse il naso nell’avvertire la leggera pressione sull’avambraccio, mordendosi inconsciamente l’interno della guancia e socchiudendo gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di volte nel vano tentativo di mettere a fuoco linee sicure in quell’ondata di candore che lo aveva appena investito.
Mugugnò di fastidio, strattonando il braccio sinistro, aggrottando le sopracciglia nel sentirsi trattenuto e volgendosi in direzione, sussultando per la sorpresa e l’agitazione alla vista della sfocata figura scura, scendendo a mordere con incisivi, canini e premolari il dorso della mano che stringeva lieve il braccio.
Alzò lo sguardo con impeto di sfida e rabbia,  restando attonito allo sguardo divertito dagli occhi verdi ed il sorrisetto ironico sul viso abbronzato del ragazzo che aveva scacciato il pazzo francese.
« Cosa cazzo vuoi? » ringraziò elegantemente Romano, prima di levare la bocca dalla sua mano, incurante dei segni lasciati sulla pelle, gonfiando le guancie con presunzione ed orgoglio, irritato dall’imbarazzo per la brutta figura appena fatta.
« Così ti faranno meno male » commentò quindi lo spagnolo, riprendendo a fare ciò per cui era stato interrotto, finendo di fasciare il braccio del più piccolo, il quale abbassò lo sguardo sull’addome, scoprendolo avvolto in garze strette.
« Perché lo stai facendo, vecchiaccio? » borbottò, più confuso che irritato, allora il vecchiaccio si alzò, passandogli divertito una mano fra i capelli scuri, andando a prendere la giacca vermiglia adagiata sul sudario niveo, ai piedi del ragazzino, per poi afferrare l’alabarda poggiata alla parete, facendosi scivolare sul capo il cappello piumato ed inarcando con sarcasmo il sopracciglio al più piccolo, prima di uscire.
Lovino rimase qualche minuto a fissare la porta chiusa, aggrottando poi le sopracciglia e scendendo dal letto mugolando per il male provocatogli dallo sfregare delle garze contro le ferite, ancora non vi era abituato.
Osservò appena la stanza, in cerca di qualcosa da mettersi addosso oltre ai calzoni scuri, individuando una strana camicetta con colletto ricamato, borbottando orgoglioso mentre ribaltava la stanza in cerca di altro.
Niente, solo un paio di scarpe. E anche della sua misura, non se lo aspettava.
Guardò male la camicia, storcendo il naso ed uscendo dalla stanza a quella maniera, tanto aveva già capito che in quel posto faceva un gran caldo.
A proposito…
« Dove cazzo sono? »

L’opulenta villa sembrava un labirinto, per ogni corridoio si arrivava in una decina di stanze differenti collegate tra loro da altri corridoi ed altre stanze ed altri corridoi ed altre stanze ed altri corridoi, una bambina, altre stanz.
Una donna?
Si soffermò, tornando indietro e seguendo la scia della veste rossa che riusciva ad intravedere dietro la porta, afferrandola e tirandola appena, ritrovandosi nuovamente il ragazzo di poco tempo prima a fissarlo. Altro che donna e donna, aveva adocchiato la spessa giacca da Capitano della Nazione.
« Non dovresti vagare per casa in queste condizioni » commentò critico, al che il piccolo italiano sbuffò per la noia, facendo dietro front e tentando invano di scappare, sobbalzando appena per la stretta attorno alla vita, prima di ritrovarsi penzoloni al fianco del Conquistador, protestando di non essere un suino.
« Non l’ho mai insinuato, Romano » concluse questi, zittendo per qualche istante il più piccolo, il quale iniziava seriamente ad agitarsi: dov’era? Chi era quel tizio e perché conosceva il suo nome? Era una Nazione, ma nessuno si era mai particolarmente interessato a lui, era ancora un bambino, per la miseria!
« Mi vuoi dire chi minchia sei? » inveì Vargas, osservando corridoi scuri, dalle tonalità calde, alternati a vasi e quadri classicheggianti, dondolando i piedi per la noia, prima di essere preso in braccio con più garbo, ritrovandosi a fissare il tizio in questione.
« Il tuo nuovo capo, ma puoi chiamarmi Spagna » concluse questi, distaccato, mentre apriva la porta della stanza dove si era risvegliato il piccino, posandolo quindi sul letto sfatto e tornando ad allontanarsi, avvicinandosi alla porta con il chiaro intento di uscire, prima di fermarsi e voltarsi, strattonato all’altezza della metà della coscia dal pungetto stretto di Lovino.
« Riportami a casa » imperò il più piccolo, aggrottando le sopracciglia alla risata divertita di Antonio, mollando la presa e tornando sul letto, affondando la testa nel cuscino, offeso.
« Sei a casa, Italia» concluse quindi Matamori, chiudendosi la porta alle spalle ed avviandosi nuovamente alla Sala di Guerra, ove il Generale delle milizie spagnole lo attendeva, dopo quella breve pausa di baby-sitting, per i resoconti del conflitto sulla penisola italica con Francis.

« Tu hai fatto che cosa? Non è lui ad essere pazzo, Bonnefoy, sei TU! » esclamò a gran voce l’uomo in visita a Parigi, la giubba nera che sfiorava le caviglie fasciate da stivali del medesimo colore, mentre il bavero sporgeva dal colletto ornato d’oro del bolero.
« Che altro avrei dovuto fare? » lamentò a propria difesa il biondo, stizzito da tutte quelle critiche a suo discapito: era il terzo, da quando era tornato dall’Italia del Sud con la coda tra le gambe e gli abiti imbrattati di sangue.
« Lasciamo perdere » mugugnò l’altro, sbuffando impaziente e guardando dalla finestra, soffermando lo sguardo sulle fontane dei giardini del palazzo.
« Cosa pensi di fare? » domandò Francis, sbuffando ed alzandosi dal divano rifinito in raso ed imbottito, rivolgendo al presente uno sguardo indagatorio.
« Io? » domandò sarcasticamente l’altro, voltandosi e guardando l’amico, mentre il sole filtrava tra i capelli sottili ed albini, sottolineando le iridi amaranto ed il ghignetto divertito sul taglio delle labbra.

« Mi annoooooooooio~ » mugugnò il ragazzino, disteso sul letto praticamente divelto, le lenzuola tirate fin sopra il capo, prima di sedersi con le guancie gonfie e l’espressione da bambino capriccioso sul viso, mentre si dondolava con il peso.
« Spagnaaaaaaaa! » chiamò a gran voce, senza sapere a chi altri potesse rivolgersi. Sicuramente non al francese dell’ultima volta, ispirava ben poco, e lì non aveva visto nessun altro se non il ragazzo con il cappello piumato che affermava di esercitare proprietà sulla sua persona e terra.
Lo odiava.
No, non era vero, gli aveva salvato i fondelli dal biondino, ma di sicuro non stravedeva per lui.
Storse il naso, chiamandolo ancora e appallottolandosi su se stesso in seguito, quasi a rimarcare il tono oltraggiato sul quale stava marciando, quasi l’altro dovesse andarlo a trovare con vassoio ricolmo di dolciumi, arancie, cannoli e frittelle in segno di perdono per la sua negligenza.
Invece nulla, la porta non accennava a smuoversi, per quanto la fissasse cocciutamente. Scese dal letto, così arrotolato in quella specie di mantellina bianca per fissare l’uscio da vicino, nemmeno sperasse di vedere apparire Antonio dietro questa.
Sperare?
Sì, voleva un minimo di compagnia, per la miseria, era lì da solo senza appigli e senza un senso dell’orientamento decente, che almeno si prodigasse di lasciargli una cartina o gli facesse fare un giro turistico per la città che adocchiava in lontananza.
Niente, nada de nada.
Alzò le braccia, il lenzuolo ben stretto sotto il meno, facendo ruotare il pomello intarsiato e sgattaiolando fuori dalla stanza, iniziando nuovamente a girovagare, con una meta ben precisa stavolta, per lo meno.
Riuscì a trovare il portone dopo circa un paio d’ore di lamentele e vagabondaggio a vuoto, trattenendo un urlo di giubilio, mentre scendeva le scalinate ricoperte da tappeti preziosi, i passi ovattati ed attutiti da questi.
Sussultò a pochi metri dall’ingresso, mentre questo si schiudeva ed un uomo dalla carnagione ancora più abbronzata di quella del suo ‘nuovo Capo’ varcava la porta, evidentemente più anziano degli apparenti diciotto, diciannove anni di Antonio, con calzoni chiari che gli arrivavano appena sotto le ginocchia ed una camicia lisa, i calzari di cuoio consumato ed uno spesso bracciale al polso, collegato ad uno uguale al collo attraverso un intreccio con altri più piccoli*, lo fissò per qualche minuto, ricambiato dagli occhietti castani dell’italiano.
Aveva un naso adunco piuttosto pronunciato, i capelli ebano e lisci erano stretti in una coda da un nastro rosso. Notò la leggera stempiatura sulla fronte alta, il foro all’altezza di entrambe le narici, i lobi delle orecchie più lunghi del normale ed un sorriso stentato.**
« SPAGNA! » urlò il ragazzino, quando l’altro gli si avvicinò con aria amichevole, terrorizzandolo più di quanto già in passato non fecero altri. Chiunque gli si fosse approssimato con aria amichevole l’aveva fatto solo per portarlo via dalla sua terra, anche il ‘nuovo Capo’ l’aveva fatto, per quanto ora chiamasse il suo aiuto.
L’uomo arrivato dall’esterno sgranò gli occhi, indietreggiando di qualche passo, prima di sbiancare del tutto, con sorpresa del piccolo racchiuso nel lenzuolo.
Si voltò nella direzione ove lo sguardo ambrato dell’uomo si perdeva, tranquillizzandosi appena nel riconoscere il suo Salvador sotto il copricapo sfarzoso ed il bolero vermiglio dalle rifiniture dorate.
Cercò il suo sguardo come rassicurazione infantile, trovando disattenzione e freddezza nei suoi confronti, mentre l’altro usciva dalla porta e scappava.
Matamori si volse a due ufficiali con i quali era in riunione e che l’avevano seguito al richiamo del piccolino, il quale li vide uscire a loro volta, per poi avvicinarsi per curiosità alla porta rimasta socchiusa, sentendo poi nuovamente la terra sotto i piedi venirgli a mancare, ritrovandosi in braccio ad Antonio, ancora avvolto nel sudario candido.
« Mi annoiavo,  Cap 'e cazzo*** » mugugnò con tono oltraggiato, tono che comunque usava parole quasi di scuse o giustificazione, per quanto fosse testardo Lovino.
L’altro non disse una parola, si limitò a tenerlo in braccio con pacatezza, portandolo nuovamente nella sua stanza, lasciandolo scivolare seduto sul letto, lui ed il suo lenzuolo fidato.
« Se vuoi uscire chiamami » concluse Antonio con un sospiro, già conscio di quanto potrebbe farlo correre quel ragazzino capriccioso, ma non vi è altro modo per evitare che incroci gli altri.
Per l’ennesima volta, si allontanò dal letto del piccolo per arrivare all’uscita e tornare dai suoi ufficiali, prima di voltarsi appena, sentendo lo sguardo del più piccolo sulla schiena.
Accennò un sorriso, prima di uscire dalla porta, l’aria truce mentre la fissava.
Quel piccoletto gli avrebbe dato non pochi problemi.
Ed Inghilterra cominciava ad infastidirlo, tra punzecchiamenti e continui tentativi di affacciarsi al Nuovo Mondo ed alle sue colonie.



*= si tratta ovviamente di una catena, ma dall’ottica di Lovino non è riconducibile a tale, o no?
**= tirate ad indovinare: chi potrebbe mai essere il vecchiardo?
***= dialetto napoletano, termine piuttosto esplicito, non trovare? :3



~ Risposta alle recensioni [R U ready? No, I am not 'A' *panicopapanicopaUUUra :'D*]

Takami_Kinomiya
Ti dirò, io ho il serio problema d'imporre spessore psicologico totalmente inutile a personaggi che mi paiono sottovalutati, a maggior ragione se con il sorriso sul viso. Vengono spesso etichettati come idioti e messi da parte, per essere poi estratti dall'armadio dopo mesi o addirittura anni [vedasi Axel] in seguito a risvolti a loro favorevoli. Sono malata, tutto qui :'D. [e questa replica è unicamente in merito alla prima frase, voglio puntualizzare X']
Non so quanto tu possa renderti conto del peso delle parole che mi hai lasciato, umanizzare un personaggio suppongo sia uno degli obbiettivi ultimi di un ficwriter, o almeno lo è nel mio caso, dato che mi snervo nel notare quanto parecchia gente sottovaluti le potenzialità psicologiche dei singoli characters e li scaraventi tutti assieme in una massa informe di superficialità —cosa che farò anche io, come ho fatto in passato, ovviamente.
Rimettiti il copricapo, davvero. Qualsivoglia cosa io inizi devo prefiggermi il fine di non accontentarmi e di concludere un elaborato —e come potrete ben pensare, svicolo continuamente sulle one-shot per questo motivo :'3—, non elogiarmi più di quanto non meriti.
Preferiti? *-* oma, onorata! **/

la Crapa
Terzo appuntamento, oramai possiamo anche considerarci uscenti, insomma uwù —:'D perdona l'arraffata d'intimità, ma sono espansiva di mio. Fin troppo, mi dicono i vecchini del paese, ma peace.
Chiedo perdono per il pacere sacrificato, ma l'immagine stampata di Antonio stesso che deride la povera testolina ce l'ho in mente. E non sono avvezza a simili macabri pensieri, tranquilla :'D
Esattamente, monarca azzeccato, niente biscottini per bassotti così, però. E povero davvero Francis che scende per la penisola tutto pomposo e torna a casina con le orecchie basse.
Ehi, è fantastica quella FanFic! Te l'ho detto: è probabilmente il motivo principale per il quale mi sono convinta a pubblicare sul Fandom, altrimenti me ne stavo bella che lontana da EFP ancora per un annetto buono, probabilmente :'D
OVVIAMENTE ci finiamo in mezzo, anche se ammetto di essere una Felicianina Gardesana, nonostante io aspiri ad un'appartenenza under Rome ._., uffi ._.
Dubito Francia si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di canzonare un poco le sicurezze e la spavalderia di Antonio, anche se sicuramente non si aspettava una reazione simile :'D.
Gli Asburgo sono poliedrici e calcolatori, probabilmente sono una delle famiglie che ha avuto più territori per linea di sangue che per conquiste della Storia, ma questo li porta automaticamente ad essere dei voltagabbana, erano dei bastardi, sintetizziamo :'D.
Se c'è qualcosa che mi rende orgogliosa di ciò che scrivo è notare che qualcuno nota le sfumature del carattere del personaggio che mutano o che assumono tale o tal altra tonalità, non per avere il vanto di essermi espressa, bensì perché penso che la comunicazione sia una cosa fondamentale della vita, e se qualcuno coglie queste particolarità, vuol dire che coglie come io veda il personaggio in determinate circostanze o sotto dati profili.
Come parlo pesante oggi, gnareeee :'D.
Al nostro piccolo Romano —al quale io ho attribuito una tredicina di anni, non l'ho ridotto proprio un poppante, insomma :'— non succederà nulla, per lo meno non da parte di Spagna. O Iceberg come lo chiama qualcuno :'D.
VEDI? Hai colto perfettamente: sommergetemi, voglio parlare, confrontarmi, discutere ed affinare l'uno o l'altro punto, trovare punti d'incontro e scivolare in discorsi senza fine con infiniti sbocchi e tante ottiche *-* || allontanatevi lentamente, molto lentamente, e mentre sembra che io porti degli occhiali con lenti di paiette, almeno vi vedo sfocati e non v'inseguo. Forse ||.
Oh My Antonio || Austria culo [e uno l'hai beccato! :'D] || Amby [versione dettata dalla superbia X°] || Amour ed un casino di altre A, dato che è la prima lettera dell'alfabeto e di moltissime altre parole, perché tutto è Mine *-* || lentamente, ricordatevi: len ta men te ||.
Purtroppo per noi non è solo una questione di negazionisti e movimenti radicali privi di fondamenta logiche, quanto più per la ripetitività della Storia stessa, per la quale uno scempio sarà sempre paragonato ad un altro e sfocheranno così le vere mostruosità che lo compongono ._.
** oma, ora non sono solo io ad essere esaltata, ma la fic stessa :'D, così esalti il mio Ego, dovreste tirare la corda con complimenti e compagnia, dubito seriamente di meritarne tanti, sono ancora immatura sotto questo punto di vista, ma soprattutto sono facilmente gasabile, voi l'agitereste una bottiglia di Sprite? :'3 [non sto chiedendo a te, Alf, sarebbe una domanda retorica ==]
°_______________________° vuoi seriamente il link a... quella cosa? ._.
Oh, ehi, io te lo metto, ma ti avverto che racchiude scheletri nell'armadio che non è consigliabile estrarre, come il Fandom di Naruto ==
far far away ~

Ehi, io non so davvero come ringraziarvi. Cioè, sono al... quarto capitolo e già ho quasi più del doppio delle recensioni, non sono abituata a questo clamore, devo ammetterlo.
assHie *scodinzola*

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Capitolo 5
*** Sumisa ~ Cap. 4 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Amarillo | Giallo  [ *O* ]
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Arthur Kirkland ~ United Kingdom | Francis Bonnefoy ~ République française | Gilbert Weillschmidt ~ Preußen
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: E dopo questo di pronto ne ho solamente un altro, non avrei dovuto postarne due nel medesimo giorno, ora mi si sballano i tempi ç_ç | EvvaBBuò, aggiornerò dopo domenica, per il settimo, a parte il fatto che questo capitolo non mi piace minimamente, ma tant'è.
Non so come ringraziarvi per le recensioni e per il seguito muto, è come tornare alle scuole elementari ed essere riconosciuta ancora dai maestri ;w; [per la cronaca: io ho AMATO le elementari. Odiato le medie, ma amato le elementari u_ù]


Imperio mutilado
SUMISA



Inghilterra non era solito dare troppo peso alle vicende e diatribe che i paesi dell’interno dell’Europa intrecciavano tra loro, se non riguardavano Francia, ovviamente.
Gli era giunta nuova dalla Prussia di combattimenti che inizialmente parevano una presa per i fondelli, chi avrebbe mai pensato che Francis parlasse sul serio quando diceva di prestare attenzione all’ispanico tanto sbeffeggiato per la tranquillità che irradiava e l’incompetenza apparente?
« E così abbiamo anche l’Italia, eh, Carriedo? » mormorò da solo, seduto sulla sedia morbida ed imbottita di sete pregiate, lanciando uno sguardo alla tavolata imbandita poco distante da lui, in occasione di un incontro con i Reali.
Storse il naso nell’alzarsi, levando il proprio peso da tessuti commerciati principalmente dalla Spagna, aggrottando le folte sopracciglia nell’avvicinarsi ai piatti e scorgere dello strano rosso un poco dovunque, prima d’irrigidirsi nel rigirare la missiva da parte di Weillschmidt, osservando l’ampiezza dell’oramai definibile Imperio spagnolo nelle Americhe.
Andava da metà del nord fino alla conclusione del sud, una rapida proporzione matematica lo fece impallidire.
Antonio aveva territori pari a quasi due volte l’Europa.
« Dannazione »

La villa candida rifletteva il bagliore continuo del disco solare oramai alto, mentre il drappeggio vermiglio svettava tra i corridoi, il passo deciso del Conquistador che si allontanava dall’ala privata e scendeva nell’imponente ed opulento salone dai colori caldi e le piante disposte con eleganza, aprì senza difficoltà alcuna il possente portone di legno intarsiato, chiudendoselo alle spalle e proseguendo per la scalinata chiara, seguendo una via laterale acciottolata e costeggiata da vegetazione florida, nonostante la calura indossava gli abiti da navigatore, compreso il cappello piumato sul capo castano.
Scivolò rapidamente per il retro dell’ampia abitazione, poco distante dal palazzo reale, abbracciando per la centesima volta i campi in via di coltivazione, avevano levato gli ulivi circa due anni prima ed ora il ricordo degli alberi dalle piccole foglie era quasi labile, se non fosse ben impresso nella sua memoria infantile.
Ignorò i braccianti incatenati che lavoravano negli ettari della sua proprietà, afferrando con il palmo guantato un ortaggio rosso e cogliendolo dalla pianta stessa, lanciandolo in aria e riafferrandolo con facilità, proseguendo nella direzione iniziale, soffermandosi sotto un grande albero dalle fronde ampie, osservando i propri ufficiali attenderlo e salutarlo con rigore militare, prima di scostarsi e consegnare alla sua vista l’oggetto del trambusto di poco prima.
« Non mi risulta vi abbia dato in qualsivoglia modo il permesso di avvicinarvi alla mia dimora, che ci facevi lì tu? » iniziò freddamente, continuando a giocherellare con il frutto della terra, osservando la figura semisdraiata contro le radici spesse dell’albero, la catena ed il vestiario imbrattato del sangue della punizione ricevuta non molto prima.
« Chiedo perdono » mormorò l’uomo con voce malferma, gli occhi profondi spenti da un’apparente quanto sottile patina di remissione.
« Chiedi? Ho chiesto che facevi in casa mia » continuò impassibile Matamori, fermando il cadenzato lancio del pomodoro, mentre l’altra nazione rantolava appena, trovando difficoltoso respirare a pieni polmoni per il dolore.
« Avevo… ho fame. Pensavo che il ragazzo avrebbe potuto darmi da mangiare » sussurrò quindi l’incatenato, chinando il capo per la vergogna nell’ammettere una debolezza al nemico, onta per il suo popolo.
« Hai fame? » domandò retorico il Conquistador, guardando prima l’ortaggio e poi l’uomo, sorridendo inquietantemente, un sorriso che Lituania avrebbe riconosciuto facilmente.
« Come ti chiami? » continuò, inserendo un discorso totalmente differente, al che l’indios alzò il viso, rispondendo con sicurezza, una delle poche certezze alle quali poteva ancora aggrapparsi.
« Hohnihohkaiyohos Nodhi Sahale, Matamori » replicò, osservando il pomo tra le dita dell’iberico, mentre questi scuoteva il capo.
« Impero Maya ti presentasti in passato. Ebbene, datti da mangiare, Impero.
E non mostrarti più nella mia residenza, se avrò notizia di un solo sguardo rivolto al mio ospite, il cuoio non lo sentirai sulla schiena solo venti volte. » concluse, ridendo e lanciandogli il pomodoro in viso, ignorando i ringhi bassi dell’uomo mentre il succo scendeva sulle ferite e sul sangue, gli occhi scuri puntati sulla schiena del Conquistador che si allontanava.
Antonio si soffermò sulla porta d’entrata, aggrottando le sopracciglia e portandosi una mano alla bocca dello stomaco, boccheggiando per pochi istanti, prima di digrignare i denti ed entrare con rabbia, chiudendosi l’uscio pesante alle spalle.

Sotto le arcate delle logge della sua reggia, Francis osservava il cielo terso, prima di sospirare appena e volgersi alla figura dell’amico sulla destra, appoggiato alle colonne dal capitello raffinato con apparente noncuranza, strafottente quasi anche nella postura e nelle linee naturali del viso.
« Sai che Arthur non si limiterà a bacchettarlo, vero? » domandò con retorica il biondo, scorrendo lo sguardo celeste sui giardini in fiore e colorati.
« E secondo te noi a che serviremmo, se non a salvargli la pellaccia alla fine? » replicò divertito l’albino, alzando lo sguardo nel sentire l’acuto dell’aquila sua aralda, alzando l’avambraccio per offrirle un poggiolo su cui posarsi.
Sulla zampa era legata la risposta dell’inglese, con scrittura rapida e ben poco curata.

Antonio aprì la piccola pergamena dell’emissario volatile che era appena giunto alla finestra, interrompendo il banchetto con la famiglia reale e scombussolandogli i piani, avrebbe voluto ritagliare qualche ora per la nuova Colonia, per quanto i generali continuassero a sottolineare la diversità abissale tra il trattamento che riservava a questa rispetto che ad altre. Anche il Re faceva dello spirito in proposito, ma a lui poco importava, era solo un bambino.
Aggrottò le sopracciglia nel riconoscere il sigillo in ceralacca della casata reale inglese, richiamando il regnante dai festeggiamenti per l’ennerima città indioeuropea espugnata.

Gilbert sbuffò, passando la lettera più breve che avesse mai avuto tra le mani a Francis, il quale scosse il capo alla lettura delle poche parole impresse con penna d’oca ed inchiostro, pronunciandole poi ad alta voce come fossero un’imprecazione.
« Dichiarazione di guerra »




La grandezza di una casa è inversamente proporzionata all’accoglienza che vi si percepisce.
Questo era il pensiero che rimbombava nella testolina di Lovino, in maniera meno fine, ma questo era.
Girovagava senza una meta precisa, fregandosene altamente delle parole di Spagna e convincendosi sempre di più che, per quanto il tizio con il mantello rosso l’avesse salvato dal mangia lumache, ora era lui a trattenerlo a sé.
Che diavolo voleva?
La sua terra? Un altro?
Aveva visto guerre e battaglie, il suo grano aveva assorbito più sangue che acqua e le sue volontà erano sempre state ignorate, dopo tutti quegli anni aveva imparato che fidarsi è bene, ma non fidarsi è decisamente meglio.
Vestito come uno scolaretto della nobiltà, vagava a vuoto per i corridoi chiari e ricchi della villa a Madrid, esultando qualche intimo istante nell’aver trovato un balcone in quella casa, correndo fino al muretto bianco che avrebbe dovuto proteggere l’osservatore dello spettacolo naturale che si stagliava sotto di lui, a partire dalla discesa della collina sulla quale Villa Carriedo era edificata, cosparsa di ulivi e piantagioni, poco più avanti si apriva la valle, costeggiata per un versante da monti e piena di paesi e case sparse, era tutto verde.
Si sedette sul muretto, dondolando le gambe ed osservando quello spettacolo, alzando lo sguardo al cielo e sorridendo appena, prima di aggrottare le sopracciglia e sospirare, non riuscendo a negare l’evidente e profonda fitta nostalgica dei suoi campi dorati e dell’odore salmastro delle sue grandi isole.
Era tutto in mano a Spagna, non poteva farvi nulla, anche se non poteva negare di star bene e di percepire del contento tra le sue genti, ma tutto ciò era strano, innegabilmente.
Probabilmente era una mera colonia di lustro, i veri commerci ripiegavano lungo l’Oceano Atlantico, oramai.
Sbuffò, scuotendo il capo per scacciare l’idea, infastidito all’ipotesi di essere sottovalutato e ritenuto inferiore, non ne poteva più di paragoni che non poteva sostenere.
« Ti piace? » sussultò al mormorio lieve, sbilandiandosi appena e vedendosi già sul fondo della valle con qualche osso rotto, emettendo un lieve urlo di sorpresa e paura, prima di sentirsi sollevato appena e posto su un punto più alto.
Chinò il capo, ritrovandosi una piuma in bocca e sputacchiando infastidito, prima di essere posato a terra ed alzare lo sguardo, le mani che ancora lottava in corrispondenza delle labbra con una non più presente penna vaporosa.
La risata che scoppiò pochi secondi dopo lo irritò non poco, nonostante la figura di Antonio lo tranquillizzasse, non riusciva ad accettare il fatto di fidarsi tanto di qualcuno di praticamente sconosciuto.
« Vaffanculo » mugugnò in italiano, umiliato dal divertimento del ragazzo più grande, mentre questo si levava il copricapo e lo posava sul muretto, tentando per lo meno di affievolire la risata.
« Ottimo modo per salutare, Romano » commentò di risposta l’ispanico, passandosi una mano fra i capelli, prima di chinarsi e spettinare quelli dell’apparente tredicenne, il quale lo guardava imbronciato.
« Ma chi ti credi di essere? Chi ti dà il permesso di prendermi in braccio e spostarmi come ti pare? Stavi per ammazzarmi! » urlò offeso il piccolino, strepitando con le braccia e distogliendo lo sguardo dall’espressione dello spagnolo.
« Ti ho spaventato? » domandò dopo qualche minuto questi, al che Romano si volse, ritrovandoselo chino alla sua altezza.
Gonfiò le guance, orgoglioso fino allo sfinimento.
« Non mi spaventa niente, tantomeno uno come te » concluse, sicuro, ignaro dell’ombra che scivolava negli occhi verdi dell’altro, un misto tra malizia*, sarcasmo e tristezza.
« Volevo dirti che parto, e di non fare niente di avventato durante la mia assenza » commentò, alzandosi ed accennando ad un sorriso forzato, era parecchio che non sorrideva in modo naturale.
Delle sere si addormentava pensando di essersi dimenticato come farlo.
« Torni in Sud America? » mugugnò il piccolino, sporgendo appena il labbro inferiore, le sopracciglia aggrottate.
« Sì, non ci metterò molto » mentì Antonio, prendendo il cappello posato sul candore del muro, chinandosi per guardarlo ad altezza Lovino, posandogli il copricapo sulla testa.
« Non intendevo questo, non m’interessava e non me ne frega quando torni, puoi anche stare via un anno, puoi anche non tornare più, non ho bisogno di te » borbottò il piccolino, mentre l’altro scuoteva il capo e si allontanava, richiudendosi la porta alle spalle e voltandosi al generale che lo attendeva, indurendo ancora di più lo sguardo gelido per il sorrisetto di questi.
« Andiamo » imperò Ardiente Sol, imbracciando l’alabarda, ed allontanandosi per i corridoi.

Si levò il cappello, buttandolo a terra e sedendosi a braccia incrociate, dandovi le spalle e sporgendo ancor più il labbro inferiore, restando in quella posizione per qualche minuto, aspettando che Spagna tornasse.
« Stronzo, va in Sud America e mi lascia qui. Tanto chi se ne frega, neH? Io muoio di noia in questo labirinto da Minotauro e lui gironzola per il Nuovo Mondo » si lamentò a bassa voce, alzandosi e guardando male il copricapo a terra, nemmeno questi facesse di cognome Carriedo.
« Ma sì, mollami qui in mezzo alla palla totale, brutto bastardo, non mi servono le tue attenzioni, spero che il tuo fottutissimo galeone affondi in mezzo al mare, così vedremo chi morirà per primo, stronzo. » concluse con rabbia, prima di afferrare il cappello e calcarselo in testa.
Coerente, non c’è che dire.
Sullo sfondo, poco distante, l’invincibile armata saliva sui galeoni volta alla parallela avanzata inglese lungo le sponde britanniche.





*= malizia nel senso più ampio e meno conosciuto del termine, non come sottolineamento di un senso sessuale del discorso ma di una cattiveria leggera e velenosa



~ Risposta alle recensioni [Perché ‘Bad @pple’ non fa benissimo, e le prove d'esame iniziano a farsi sentire ._____.]

nihal the revenge
>////////< no, cioè, ora inizio seriamente a pensare che tutti questi complimenti siano una presa in giro :'D.
Sono contentissima che non risultino Out Of Character, è uno dei primi freni che mi pongo prima di scrivere. No, non me ne pongo di freni, ma diciamo che meno sono IC, meno sono soddisfatta del risultato, come in questo caso. Temo che Spagna si sia rivelato troppo accondiscendente ed aperto nei confronti di Lovino di quanto non fosse apparso nei capitoli precedenti, ma ci tenevo a specificare che il lato ‘buono’ di Antonio, quello che Francis e Gilbert tanto ricercano, non è morto, bensì è soffocato dall'altro, trovando però sfogo nella figura del più piccolo.
Insomma, che bisogno c'è di fare il gradasso con Lovino, quando sai perfettamente che la sua sicurezza dipende dalla sua fiducia in te, e che se lui è è perché ne ha bisogno e non se ne andrà comunque, senza necessità di costrizioni?
Oh, Antonio tratterà bene Romano. Non sempre, ma fondamentalmente lo terrà più vicino al cuore di quanto non faccia con le colonie che lo rendono Ardiente Sol, di sicuro. Il Preferido, el querido, insomma :'D.
Ovvio che Gilsome non potevo evitare di metterlo. Ho tentato, come con Francis, ma non ce l'ho fatta. Non vedo altri come amici di Antonio, ed al momento ne ha parecchio bisogno, anche se non dimostra affatto questa necessità.
Ma, anche fosse una cagata oscena, sparala! *OOO*9
Sono dell'idea che temere la reazione per le proprie parole sia peggio che soffocare quelle altrui.
NON REPRIMIAMOCIII >OOOO<
America deve all'Inghilterra che deve alla Spagna che deve all'Italia che deve alla Francia che deve all'Austria che chiunque sia tanto si arriverà sempre all'Impero Romano u_ù, siamo a cavallo >O<9

Assassin Panda
Scusa per la rapidità, come vedi me ne sono pentita io stessa, ma non ce la facevo :'D, vedevo tutte le recensioni e pensavo ‘non essere egoista, tu lo sai che ne hai altro, di materiale... e mollaglielo, tirchia! èOé’, mi sono sentita molto Vash ._.
Grazie per i complimenti, sono felice che la scena di Lovino ti abbia coinvolto tanto, adoro pigliare il lettore e sbatterlo in mezzo alla scena [è rarissimo che i miei input non siano in media res oCComeCCacchiarolasiSSScrive], alla prossima, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, nonostante tutto ;D

Kurohime [Principessa Nera? Ho detto la cagata? :'D]
Esattamente, amerindio!
La nuova lettrice ha azzeccato, è vestito così perché privato dello sfarzo dei suoi abiti tradizionali dalla cupidigia della Spagna —che messa così sembra che Antonio gli sia saltato addosso e l'abbia denudato, cosa che effettivamente corrisponde al vero, ma vade retro menti sessualmente esagerate, era pura avarizia materiale, al carnale ci pensavano i soldati, non la Nazione di per sé. Eccheccacchio :'D—.
P.S.
Anche a me![!!!!!!!!!!]

la Crapa
Ovviamente, preferisci partecipazioni olate di color vaniglia o un celestino più deciso? *oo* —cacchio, un pungo nell'occhio davvero :'D.
Oh, fidati, adoro le persone che impongono la propria conoscenza alle altre, le trovo lo sbocco migliore e sono propensa almeno per il quadruplo a relazionarmi a loro. Guarda ora, discutiamo praticamente tra commenti e recensioni u_ù CIOÈ! :'D.
Ho visto [e letto, ovviamente], purtroppo non ho avuto il tempo materiale di recensire, ma stai tranquilla che un bel commentone ti arriverà tra non molto, appena riesco ad accatastare tutte 'ste prove d'esame, yeaH.
Appunto per questo Romano è diffidente, abituato com'è tra sali e scedi per abitazioni altrui, a volte pure di due ospiti differenti, e si troverà a disagio nella magione spagnola per parecchio, in assenza di Antonio. Si sente in debito con lui, anche se non lo ammetterebbe mai né tantomeno se ne renderà mai veramente conto di per sé, ma ciò gli impedisce materialmente di andarsene da Villa Carriedo, purtroppo per lui.
OoooH, ovviamente è il nostro Preußen. Ed il pulcino è sotto il cappello, tranquilla. Spia e dirige i fili della sua marionetta albina, il pupazzetto color limone maturo.
Amerindio. ‘Nazione’amerindia, per precisare, come avrai notato :'3.
Matamori che corre dietro ad un bambinetto, magari tentando anche di darsi un contegno agli occhi degli ufficiali spagnoli. Evviva :'DDDD, come decapitare il prestiglio altrui :'D.
Oh, e chi ha detto che ti lascerò allontanare? + + [inquietante. Molto Ivanoso :'D]
Credo che Arthur sarebbe piacevolmente soddisfatto dell'alta considerazione che abbiamo dell'americano, non trovi? :'D Ci gongolerebbe non poco X°D
Axel era quello che Antonio è ora, una fonte luccicante di possibilità agli occhi di una gazza ladra troppo avara :'D.




Ed ora, a studiare Storia dell'Arteeeeee~

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Capitolo 6
*** Tropezar ~ Cap. 5 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Amarillo *-*
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Arthur Kirkland ~ United Kingdom | Francis Bonnefoy ~ République française | Gilbert Weillschmidt ~ Preußen
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: auguri a me, auguri a me, bene, fine festeggiamenti, passiamo a postare, suvvia :'D


Imperio mutilado
TROPEZAR


L’acqua che accarezzava la chiglia del galeone scivolava lenta lungo il fianco, mentre la schiuma provocata dall’impatto si alzava lieve, le vele spiegate gonfie di vento a favore, mentre il Comandante sedeva sul parapetto in legno scuro, una gamba a penzoloni sul Profondo Blu, l’altra piegata lungo la superficie legnosa e riscaldata dal tiepido sole del mare adiacente alla Manica.
Vi era già stato, in veste di visitatore alla corte di Francia o per arrivare da Gilbert, ora che ci pensava, non si era mai soffermato davvero ad osservare le coste nordiche dell’Europa centrale; al momento attivano tutta la sua attenzione, mentre scorgeva Olanda e Belgio intenti a lavorare sotto suoi ufficiali, lungo i porti che sfioravano per giungere da Kirkland.
Non avevano mai avuto ottimi rapporti. O, per meglio dire, non ne avevano proprio intessuto alcuno. Ricordava solo che Inghilterra era ottuso, cinico, saccente ed avverso a Francis, il resto era ricolmo solo di racconti da parte di quest’ultimo.
Scosse il capo lievemente, levandosi dalla testa i ricordi in compagnia del biondino francofono, volgendosi quindi al Generale in carica su quel galeone, chiamato.
« Cosa vuoi? » replicò sbrigativo, lanciando un’occhiata soddisfatta alla sua armata.
L’Invincible Armada, la chiamavano per il continente, dopo secoli adombrato dalla vanità ed opulenza altrui, ora poteva vantare uno degli Imperi più potenti al mondo.
Se non ‘il’, a suo dire.
Non riusciva a vedere nulla, se non il mare e l’oro che esso celava.
« Non manca molto, volete lasciare direttive? » domandò l’altro, rigido come l’albero maestro che si stagliava imponente sul ponte, dietro Antonio, il quale fissò Sidonia* per un lasso di tempo che al duca parve pari alla guerra dei Cent’anni.
« No. Voglio solo l’alabarda, dubito Kirkland rinuncerà ad uno scontro frontale, deve aggredire verbalmente l’avversario, suppongo lo trovi gratificante per il proprio ego. » commentò sarcasticamente Matamori, mentre si stagliavano acque più fredde sulle quali navigare.

« Bonnefoy? » la voce lievemente stridula dell’amico lo infastidì, ma non poi così tanto, oramai vi era abituato dall’infanzia, le sue urla erano routine durante le visite.
« Mi hai chiamato, Preußen? » replicò il biondo con tono elegante, sorridendo pacificamente come al solito.
« Sono a Plymouth. L’Armada è nella Manica » replicò l’albino con la fronte corrugata, del tutto disinteressato dall’aver interrotto il pranzo con i Regnanti di Francia, ma a questi non dispiacque, Gilbert ed Antonio erano di casa quanto Francis stesso al loro domicilio.
D’accordo, Spagna un pochino meno nell’ultimo periodo, ma sono situazioni.

« Capitano! »
Sulla prua della nave principale, la bandiera che sventolava sotto un cielo cupo ed uno stendardo tricolore, il ragazzo seduto a penzoloni sul prolungamento del parapetto si voltò, inarcando il folto sopracciglio destro, i ciuffi biondi che sfuggivano al copricapo nero e verde, per poi essere coperti sulla nuca dalla soffice piuma bianca che ricadeva fino al colletto della giubba scura.
« Sì? » replicò questi, l’espressione indifferente e la spada al fianco, mentre scendeva dalla posizione soprelevata e tornava in piedi, la mandritta posta sul fianco con fare saccente.
« Notizie da Sua Maestà la Regina Elisabetta I. Gli spagnoli sono a poca distanza. » riferì a voce alta l’ufficiale, il tono vocale impostato e l’uniforme troppo rigida.
« E sia, avvertite la flotta, si va ad incominciare » commentò teatralmente, alzando il braccio sinistro in segno d’inizio, il palmo dal guanto bianco che correva all’impugnatura della spada.
« Vediamo quello che sai fare, Contadinello » concluse poi con un ghigno malevolo, regalando l’espressione alle onde, incaricandole silenziosamente di portare la sfida ad Antonio, dall’altra parte della Manica.

Erano passati diversi giorni da quando il Salvador —no, non doveva chiamarlo così, era troppo… sottomesso, come termine.—, da quando Carriedo era salpato con l’Armada.
Seduto sul suo lettino sfatto, Romano iniziava seriamente a pensare di essere stato abbandonato come cento e mille volte prima, mentre sfiorava la piuma morbida del cappello di Antonio, riposto vicino al cuscino.
Non si alzava nemmeno più dal letto, oramai aveva perquisito mezza villa, e l’altra metà si era fatta man mano meno attraente quando aveva colto il fatto che il proprietario stesso non sarebbe arrivato a prenderlo in spalla come un sacco di ortaggi per riportarlo nella sua stanza.
Sembrava quasi che ora fosse casa sua, quella.
La servitù entrava, rassettava, se ne andava.
Aveva notato che la maggior parte, se non tutto il corpo delle pulizie, aveva tratti simili a quelli dell’uomo di poche settimane prima, la carnagione ed i capelli scuri, almeno quando gli occhi profondi.
Una volta aveva incrociato una bambina vestita da cameriera, l’aveva guardato nello stesso modo nel quale lui aveva guardato Austria. Lo odiava, e lui nemmeno sapeva il perché.
Ora la seguiva ogni volta che la incrociava, tentava di tagliarle la strada, ma lei scappava sempre.
« Chi sei? » era riuscito a chiederle una volta, prima di essere schiaffeggiato dalle dita magre della mano piccola e ricevere una risposta sputata tra i denti, quasi la ragazzina parlasse con un bastardino di strada.
« Inca, e tu? Tu sei uno dei suoi? » aveva risposto, mentre il suono secco della sberla aveva richiamato l’attenzione di domestiche indio americane più anziane, impensierite.
« Dei suoi di chi, brutta deficiente? Mi hai fatto male! » replicò Lovino, gli occhi lucidi più per lo spavento che per il dolore, mentre veniva afferrato per il polso da una donna vestita da cameriera, la bambina allontanata da quella che pareva sua sorella maggiore, per quanto si somigliavano.
« Asesino, asesino**! » strepitava la ragazzina, trascinata via, mentre lui veniva riportato nelle sue stanze.
« Mi annoio » aveva detto alla donna con il viso imbronciato, prima di essere bellamente ignorato ed abbandonato nuovamente alla solitudine ed alla noia.
Tornò dal cappello dell’ispanico, giocherellandoci un poco con aria svogliata, sbuffando.
« Brutto coglione » mugugnò, nemmeno Antonio potesse sentirlo da pochi metri.

Pioveva.
Chissà come mai, quando s’ingaggiavano battaglie e guerre, il cielo non si vestiva mai d'azzurro brillante.
Attribuì poi la colpa alla famosa e continua situazione metereologica del Regno Unito, scuotendo il capo e mordendosi il labbro inferiore, alzando nuovamente l’alabarda all’altezza degli occhi, parando un fendente diretto con l’impugnatura lunga, scivolando sulla destra e ruotando il polso destro, facendo leva sul fianco dell’altro con la lama in fondo all’arma, lasciando l’ennesima ferita sul corpo dell’avversario, voltandosi rapido e piegandosi sulle ginocchia per colpirlo alle gambe, ritrovandosi a boccheggiare per un calcio inferto alla bocca dello stomaco, prima di avere un attimo di buio nel percepire la suola dello stivale dell’inglese sulla tempia, scivolando sul ponte del galeone reso viscido dallo strato di pioggia che continuava imperterrita a cadere su di loro.
Sentiva il clagore delle armature che cozzavano tra loro poco distante, sulla poppa dell’imbarcazione, mentre si rialzava e stringeva la presa sull’alabarda.
« Già stanco, Aridente Sol? Tutto qui il tuo splendore? » commentò Arthur, a pochi metri da lui, gli occhi verde intenso che scrutavano aspri la figura dell’ispanico.
« Sta zitto per una volta, razza di relitto della vita sociale » sibilò lo spagnolo, alzando l’arma a doppia lama e calandola in direzione del biondo, il quale parò il colpo, indietreggiando di pochi passi sotto la forza dell’altro, storcendo il naso e defilandosi sulla sinistra, tentando di colpirlo alla spalla e ritrovandosi parato.
« Ti faccio paura, Inghilterra? » lo punzecchiò Antonio, prima di essere colpito al fianco destro, serrando la mascella per il dolore.
« Paura? I tuoi galeoni stanno affondando, Carriedo. Due sono già sotto il manto del mare e tu stai tentando di tenermi testa senza risultati, te ne sei reso conto? » rispose con acidità e vanità l’altra Nazione, indietreggiando ed indicandolo con il palmo sinistro, libero da armi.
« Sei ferito più di quanto tu possa ferire me, l’Armada sta ritirandosi e tu continui cocciutamente a combattere. Sei un’idiota anche da potente, non sono degli scrigni d’oro in più a farti lustro agli occhi del mondo. Per quanto tu possa essere forte, resterai sempre schiacciato da chi è grande per natura » concluse con una risata divertita, prima di parare un altro colpo di Antonio, arricciando il naso con fastidio alla fitta alla gamba sinistra, prima di colpire nuovamente il fianco dello spagnolo, osservandolo scivolare in ginocchio con gli occhi spalancati per la profondità del colpo.
Arthur si chinò, afferrandolo per i capelli e costringendolo a guardarlo sotto la pioggia, lui ed il suo stupido ghigno traboccante di sciocca spavalderia e tracotanza.
« Impara, Antonio. E non sfidarmi mai più, non ti conviene, Francia non te l’ha detto?
Io non perdo mai » concluse, prima di colpirlo con un calcio al petto, osservandolo cadere sul legno liscio e bagnato, sotto il temporale e la tempesta della Manica.


Storse il naso, mentre si rigirava tra le coperte bianche, svegliandosi di soprassalto e guardandosi attorno.
Stava diluviando, e lui aveva il terrore dei tuoni, gli ricordavano i cannoni delle battaglie lungo le sue coste.
Si raggomitolò un poco, allungando la mano fin sotto il cuscino, carezzando ancora la piuma morbida e mugugnando contrariato, senza però ritrovare sonno.
Quella notte non avrebbe dormito, non gli erano mai piaciuti i temporali in agosto***, presagivano cattive nuove.







* = Il duca di Medina Sidonia era a capo della flotta spagnola
** = “assassino”, Inca chiama Lovino a quel modo poiché, essendo il Sud Italia trattato di gran lunga meglio che qualsivoglia altra colonia, questa identifica Romano come alleato di Antonio, non come suo sottomesso.
*** = il 7 agosto 1588 l’Invicible Armada perde contro la marina inglese, questo sarà per l’Inghilterra il trampolino di lancio per arrivare, 200 anni dopo, al posto di prestigio che rivestì sotto qualsivoglia ottica, sia questa economica o sociale.


~ Risposta alle recensioni [Perché ‘Bad @pple’ non fa benissimo, e le prove d'esame iniziano a farsi sentire ._____.]

Kurohime
Figurati, non hai idea delle mie danze della vittoria quando indovino l'intreccio di un libro o di una fanfiction. Se poi sono libri gialli, mi sento meglio di Sherlock Holmes stesso uwù.
Eh, purtroppo non è stato Antonio a decimare, o almeno non più di Iggy :'D [che bastardo il biondino], per quanto riguarda la tua proposta ci penserò, calcolando anche l'ampliarsi del governo spagnolo in Marocco.


la Crapa
Appurato il fatto che per quanto riguarda biglietti di partecipazioni e compagnia bella siamo belle che negate —non mi chiedere di fare le bomboniere, se tieni al tuo gusto ed alla tua vita :'DDDD—, TIPO, EH! :'D
Mi piace questa cosa, mi sa d'intelletuale u_u. E mi fa sentire più secchiona di quanto già non venga riconosciuta da altri, zotici ignoranti senza attrazione per la conoscenza >^> [pardon, giornata scolastica appena conclusa —sì, torno a casa dopo le tre e mezza :'DDD].
Fondamentalmente io è così che vedo Antonio, come vedo chiunque, a conti fatti —certo, i soggetti con differenze così marcate li conto sulle dita di una mano [...:D]—, chi non ha differenze interiori di pensiero ed atteggiamenti che assume rispetto all'occasione? Diciamo che Romano fa ad Antonio quello che il sole fa ai gatti [che allegoria alla Grecia :'DDD], lo placa, lo calma e lo fa sentire meno costretto alla rigidità ed al contegno di altri, dato l'atteggiamento di Lovino, che è sbruffone ma tendente ad una ricerca d'approvazione costante [come detto sopra: parlo da ciò che percepisco io :'DD].
Oh, probabilmente Gilbo sarà il primo a ridere in faccia ad Antonio, mentre lo sorregge fino ad arrivare a Madrid, con Francis che punzecchia l'iberico, come m i n i m o :'DDD.
È in parte dovuto al deficit economico dovuto alla nobiltà spagnola ed in parte alla pesantezza di amministrare tanti territori contemporaneamente a tale distanza tra loro [Antonio: *-* come Impero Romano *-*].
...
...
Ho citato Manzoni senza aver mai letto ‘I Promessi Sposi’, non hai idea di quanto la cosa mi abbia gasato :' [risata isterica e vanesia], lo so, è un'enorme pecca letteraria non leggere quel libro, per quanto se ne decanti più la noia che la trama vera e propria, ma l'istituto che frequento non dedica grande attenzione alle materie teoriche ed umanistiche [ç_____ç l'anno prossimo solo due ore di italiano ç_____ç voglio cambiare scuooooolaaaa ;AAAA;].
L'ho già detto che tanti complimenti mi mettono in imbarazzo? :'D
Non il complimento generale in sé, quanto più il modo nel quale è espresso e chi lo esprime, ci rimango sempre un pochino quando ricevo critiche e gratificazioni da soggetti che non mi dispiacciono :'D.
Oh, ho avuto l'immensa tentazione di bacchettare in toni simili, poi mi sono imposta un contegno più professionale, tanto ridevo dall'altra parte del mac comunque :'DDD.
Ehi, avverto ora, se qualcuno spera in sbocchi Lemon o similari DUBITO CE NE SARANNO *sventola avviso* [che poi mi parta il pirlo maniaco è possibile, ma sicuramente non ora :'DDD].
Le AU non ispirano nemmeno me, per riuscire bene suppongo serva uno ‘studio’ dei personaggi o comunque un'idea sul soggetto in questione che renda a tutto tondo lo stesso, oltre che avere la capacità di esprimerla :'D.
NUO! Non mi moriiiiiiiiiiiire~, postato, postato! *corre in tondo*



E PASSATI I PRE-ESAMI YEAAAAH

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Capitolo 7
*** Herida ~ Cap.6 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Arancione [A R A N C I O N E, ho avvisato: A R A N C I O N E, principalmente per la terminologia, ma solo se siete poliglotti :'D]
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Arthur Kirkland ~ United Kingdom | Francis Bonnefoy ~ République française | Gilbert Weillschmidt ~ Preußen
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: esattamente, ieri compivo il mio diciassettesimo compleanno, sono praticamente al culmine dell'antica età da marito, quasi. OoooH~, zitella e vecchiarda, quale onta ç^ç


Imperio mutilado
HERIDA



Alto sulla costa, gli stivali affondati nella sottile e rada sabbia che intervallava le sporadiche zolle d'erba sormontanti il promontorio roccioso, restò immobile, investito dal vento della brezza notturna, mentre all'orizzonte il sole concludeva il suo ciclo, provocando l'ilarità della Nazione, la quale scoppiò a ridere, prima di voltarsi al calar delle tenebre, lasciandosi coprire dal manto della giubba lunga e scura, il ghigno sul viso più simile ad una lama insanguinata, almeno quanto il vestiario.
Sangue rappreso, sangue straniero.
Sangue spagnolo.


Sentiva i granelli sotto il corpo, sui palmi, fra le dita. Respirava con lentezza, gli occhi socchiusi e la vista sfocata.
Era a casa, lo percepiva dal sole, dall'aria che scivolava lenta e dolorosa nei polmoni, dal rumore delle onde dopo una tempesta.
Naufrago in sé stesso.
« Biondo! » aggrottò le sopracciglia alla voce lievemente acuta, troppo concentrato sul movimento del torace per badare ad altro, per dare attenzione a voci circostanti. Voleva soltanto se ne andassero, chiunque fossero quelle sagome scure che si frapponevano fra i suoi occhi ed il cielo albeggiante.
« NON CHIAMARMI A QUEL MODO! » litigavano anche. Gioia e giubilio per i suoi timpani, saturi d'acqua salmastra quanto le vie respiratorie ed ogni senso umano.
Chiuse le palpebre, era spossato, stanco, spossato.
Distrutto.


Romano camminava lento, avanti ed indietro in quel giardino antecedente l'entrata della Villa: andare nel retro, tra i campi coltivati gli era vietato; i contadini che lavoravano sotto il sole alle piantagioni erano una vista fioca e lontana, dalla sua finestra e dalla sua attenzione, attratta dallo specchio rilucente del mare, così simile a quello di casa.
Giocava con i sassi levigati che si dissestavano dall'ordinato lastricato, ai bordi, usandoli per scavare nel terreno grezzi bozzetti e caricature, ambigui disegni e percorsi per sassi più piccoli, o frutti rotondi, quando ne trovava.
Non sopportava di stare all'interno di una casa così grande in solitudine: le domestiche non parlavano con lui, si limitavano a portargli i pasti, gli abiti ed il necessario per l'igiene, per il resto del tempo riusciva a scorgerne solo l'ombra, in quei corridoi opulenti e sfarzosi quanto apparentemente fragili.
Il bianco, si sa, si sporca facilmente.
E quella casa era tutta bianca, quasi a riflettere i raggi del sole che sorgeva e moriva ogni giorno, anche nell'impero dove non tramonta mai.
Sussultò nel sentire dei passi lungo la strada, correndo all'interno dell'abitazione, non era mai successo che qualcuno si presentasse a casa di Antonio, in quel lungo periodo di assenza, gli pareva innaturale avere qualcuno intorno senza lui come riferimento effettivo, per quanto avesse imparato ad orientarsi in quella casa, seppur grossolanamente.
« Scheiße, pure la porta chiusa » sentì proferire oltre l'uscio, al che corse a nascondersi sotto la rampa di scala, osservando il portone inciso e massiccio smuoversi, così oscurato.
« La solita grazia » commentò un'altra voce, alludendo al calcio inferto dal primo per spalancare la porta. Questi mugugnò contrariato, prima di sbuffare e sistemarsi meglio il peso sulle spalle, sostenuto nella medesima quantità dall'altro, avanzando nell'atrio.
Una donna scese le scale, portava il grembiule bianco e l'ampia gonna vermiglia dell'uniforme della servitù, i lunghi capelli scuri legati in due treccie e l'espressione cupa.
« Salve, serve dell'acqua » commentò sarcasticamente il primo che aveva parlato. Lovino non lo riconobbe, non l'aveva mai visto prima, eppure aveva qualcosa di stranamente fastidioso, in quell'accento secco con cui tingeva ogni consonante e minimizzava le vocali, ogni sua parola pareva un ordine, un'imposizione. E poi era strano, non aveva mai visto capelli tanto chiari, quasi fossero ossa sottili e leggere, per non parlare degli occhi: pareva il demonio, con quelle fiamme nelle iridi.
« Lo perdoni, è un buzzurro » il tono gentile dell'altro provocò un brivido lungo la schiena dell'italiano, l'arrotondamento delle parole più secche e la morbidezza del tono di voce gli davano la nausea, oltre che infastidirlo per lo stridio con la parlata dell'albino. Era il francese di Napoli, era il francese che lo voleva portare via dalla sua terra.
Ma ora non c'era Antonio, e lui era sotto una scalinata a pochi metri dall'invasore dei suoi campi, accompagnato da una lingua grezza.
La donna non si mosse, limitandosi a tornare indietro, dopo aver guardato con indifferenza entrambi gli ospiti. Non li conosceva, ma aveva sentito parlare di loro dalle domestiche più anziane, i suoi amici.

Francis osservò la sudamericana allontanarsi, aggrottando le sopracciglia con espressione sorpresa, mentre l'amico storceva il naso, decisamente meno fino del francese.
« Ehi, dico a te: non vedi che serve una mano, blöde? » esclamò il prussiano, mentre l'altro scuoteva il capo, voltandosi poi al compare, zittito però dalle parole della donna, mentre questa si allontanava.
« Chingate, non aiuto un hijo de puta dopo quello che ha fatto a noi. Che muoia » sibilò, prima di scomparire tra i corridoi, seguita dallo sguardo furente di Gilbert, il quale fece per seguirla e sguainare la spada, se Francis non l'avesse richiamato con un mugugio per l'improvviso carico di peso solo sulle sue spalle.
« Hure » sputò tra i denti l'albino, prima di riprendere il carico amaranto, salendo le scale.
« Ti dai una calmata, sì? » lo rimproverò Francia, mentre imboccava corridoi principali, soffermandosi davanti alla porta, ignaro di essere pedinato a distanza, a differenza dell'altro, fin troppo vigile per non notare i passi ovattati, veloci e brevi a qualche metro da loro.
Entrarono nella stanza dello spagnolo, lasciandolo scivolare sul letto e sospirando entrambi, mentre il biondo si sedeva sul divanetto presente nella stanza.
Prussia osservò l'amico privo di sensi, scuotendo il capo e sbuffando, prima di appoggiarsi allo schienale del canapè, schioccando la lingua al palato.
« Blödsinnig » sospirò dopo qualche minuto il tedesco, al che Bonnefoy non potè far altro che annuire, sospirando poi.
« Devi sempre essere così volgare? » commentò, accompagnandosi con un gesto della mano, mentre la porta della stanza, lasciata aperta, lasciava intravedere una testolina castana con gli occhi grandi ed i vestiti sporchi di terra ed erba, intenta ad osservare il corpo disteso sul letto.
Era... morto?
Si avvicinò un poco, guardando male il francese ed ignorando il prussiano, arrivando con lentezza e circospezione fino al baldacchino, sotto osservazione degli altri due.
« Chi stachel è? » mormorò Gilbert, sorpreso dall'apparizione del piccoletto, le mani ai fianchi e l'espressione saccente, inarcò il sopracciglio niveo al gesto quasi infastidito di Francia di alzare la mano per zittirlo, attento, ricevendo dopo qualche istante una risposta ricollegabile alla loro ultima diatriba in Sud Italia.
Gilbert cerchiò la bocca in un'espressione quasi ebete, mentre l'altro storceva il naso con stizza, mentre il piccoletto gli rivolgeva un'occhiata d'ira, avvicinandoglisi e tirandogli un calcio negli stinchi.
« Bastardo figlio di puttana, cosa gli hai fatto? » urlò, mentre il prussiano scoppiava a ridere ed il biondo prendeva il ragazzino per la collottola, alzandolo di qualche centimetro e guardandolo con sufficienza.
« Moi l'ho riportato a casa, è lui che è sot » concluse, ignorando i movimenti di Romano, il quale si dimenava, a metà tra l'irritato e l'impaurito, prima di essere rimesso a terra, domandandosi perché tutti ci provassero tanto gusto a fargli mancare la terra sotto i piedi, per la miseria.

Fracasso, voci, baccano, rumore. Parecchio rumore.
Ed un'emicrania da far spavento, oh, se la sentiva bene, quella.
Rimbomava nelle tempie, assieme allo scrosciare della pioggia delle nottate precedenti.
« Vaya mierda, carajo » esordì finemente, in segno di disapprovazione a quella sottospecie di putiferio nei suoi timpani, sostenendosi con i gomiti, sententendosi affondare su di una superficie sofficie e morbida, aggrottando le sopracciglia e socchiudendo le palpebre, lasciandosi scivolare nuovamente sdraiato, rantolando per una fitta all'altezza della spalla dopo averla caricata di peso.
« Stai fermo, cretino » la voce leggera gli perforò il timpano destro, per quanto fosse poco più di un borbottio infastidito e sommesso, mentre gli sfuggiva dalle labbra un'imprecazione di dolore per il bruciore improvviso al taglio dolorante.
Spalancò le palpebre, costringendosi a mettere a fuoco la situazione, aggrottando le sopracciglia nel ritrovarsi il familiare baldacchino del proprio letto sopra il capo.
« Bonjour »
Alzò il capo, ritrovandosi un ammiccante e sarcasticamente sorridente Francis ai piedi del letto, mentre Gilbert ghignava con la schiena appoggiata ad uno dei bracci che sorreggevano i tendaggi pesanti e scarlatti. Sul divanetto poco distante, la giubba, la camicia di cotone e l'alabarda erano ammassati alla bell'e meglio, mentre un cappello piumato faceva capolino sulla montagnetta creata dagli indumenti.
“ Romano? ” collegò, prima di storcere il naso per il fastidio e scostare il braccio, voltandosi e trovando un ragazzino italiano dall'espressione irata e gli occhi rossi, armato di stoffa e rhum.
« Guten tag, Antonio » esordì il prussiano, inarcando il sopracciglio destro, ricevendo uno sguardo velenoso dall'iberico, infastidito dall'idea di essersi dovuto far salvare da altri, dopo la rovinosa e vergognosa disfatta lungo la Manica ad opera di quel nanetto saccente ed i seguenti temporali disseminati lungo il ritorno.
Era naufragato? Esattamente.
« Huevon » replicò lo spagnolo, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie con la mancina, prima di voltarsi nuovamente a Lovino, accennando un sorriso forzato all'espressione orgogliosa del più piccolo, evidentemente preoccupatosi, a giudicare dalla faccia quasi stravolta che tentava di mostrare il meno possibile, per quanto gli risultasse male.
« Che ci fate qui? » domandò dopo qualche minuto di silenzio, rivolgendosi chiaramenti agli altri componenti dell'antico e famigerato trio.
« Di niente, Carriedo, figurati, non c'è bisogno di tanto accoramento » commentò Francia, scuotendo il capo ed alzandosi, passandosi poi elegantemente una mano fra i capelli.
« Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno, Francia » replicò secco Matamori, mentre Lovino continuava in anormale silenzio a tamponare la ferita, la quale continuava a sanguinare, seppur non copiosamente.
« Sta zitto, con » tagliò corto il francofono, guardandolo di sbieco.
« Eri arenato a nord, ti abbiamo cercato per cinque giorni » informò l'albino, il quale continuava a ghignare, quasi calcasse la mano sulla situazione dell'altro.
« Adios » concluse freddamente Antonio, aggrottando la fronte per l'ennesima fitta causata dall'alcolico a contatto con il taglio profondo. Gilbert non proferì parola, limitandosi a fare un'ironica riverenza ed uscire dalla stanza con espressione indifferente, mentre il francese si soffermava pochi istanti sull'uscio della stanza, guardando quasi con compassione lo spagnolo, cosa che irritò il ferito più di ogni altra, probabilmente.
Ripetè il brusco congedo scandendo le lettere, incitando Francis ad andarsene, mentre questi guardava ora Romano, ora lui, sospirando ed allontanandosi.

« Romano, non dovresti essere nelle tue stanze? » domandò con tono di rimprovero il Conquistador, serrando i denti per una pressione volutamente eccessiva sulla ferita da parte dell'interpellato.
Non solo lo lasciava alla deriva quasi per mesi, tornando poi ridotto peggio di uno straccio per passare la cera sui pavimenti, ma pretendeva anche che gli obbedisse come un cagnolino quando lo aiutava.
« Pensa a sanguinare meno e stare più zitto » mugugnò il ragazzino, iniziando a passare la garza di stoffa imbevuta nell'alcol attorno alla spalla, le ginocchia sul velluto delle coperte e l'espressione concentrata nella sottile ed innaturale ruga fra le sopracciglia aggrottate.
Fosse stato un suo qualsivoglia subordinato l'avrebbe preso a schiaffi per toni simili, fosse stato Belgio, Olanda, Marocco si sarebbe ritrovato a doversi preoccupare delle sue, di ferite.
Eppure c'era qualcosa, nel tuo tono di voce e nei suoi gesti, che gli suggeriva che, tra i due, era comunque l'altro quello più fragile.
Antonio rimase silente, accennando un sorriso, divertito dal tono del più piccolo, sospirando e socchiudendo gli occhi.
« Vai, Romano, lascia stare » concluse dopo quelli che sembrarono secoli per la densità intrisa di rabbia e rimprovero che permeava il pesante silenzio calato.
« No » insistette l'altro, prima di soffermarsi alla presa sulla propria spalla, ruvida.
« Vai, ho detto. Posso finire da me. » concluse, falsando un sorriso, al che l'altro gli gettò in viso il pezzo di stoffa imbrattato di sangue e rhum, uscendo e sbattendo la porta con volontari impeto ed enfasi.
Rimasto solo, la Nazione imperiale sospirò, prendendosi il capo tra le mani, chiudendo gli occhi e serrando la mascella.
Era stato un idiota, un cretino, un deficiente a pensare di riuscire a battere Arthur su un campo di battaglia simile: era praticamente andato a tirargli i sassi sotto il balcone di casa sua.
Ed ora?
Ora sentiva scivolargli tutto fra le dita, ma non l'avrebbe permesso. Aveva lottato per guadagnarsi quelle terre, quei territori, il suo El Dorado oltreoceano, il suo Roma Caput Mundi, la sua reputazione.
El imperio en el que nunca se pone el sol.

Non aveva intenzione di muoversi. Affatto.
Dava le spalle a quella porta da tre quarti d'ora buoni, quando si decise a voltarsi, socchiudendo appena l'uscio ed osservando il più grande fasciarsi con attenzione il torace, sussultando nello spostare l'attenzione sul suo viso abbronzato, rigato.
Aggrottò le sopracciglia, chiudendo delicatamente e silenziosamente la porta, tenendo appoggiata la mano sul pomello per qualche istante, fissando l'oro con il quale era fabbricata senza vederlo davvero, prima di allontanarsi, scendendo le scale con passo veloce, uscendo e correndo fino al grande cancello privo d'inferriate.


« Che pensi? » domandò la figura sotto l'ombra di uno degli ulivi nel giardino di Villa Carriedo, le iridi rosse che svettavano per la luce solare riflessa sull'abitazione.
« Che almeno prova a sorridere » concluse il biondo in un sospiro, sistemandosi il copricapo celeste e guardandolo con espressione stanca, prima di avviarsi per le strade di Madrid, seguito dopo poco dal prussiano.
Questi si soffermò poi, sentendosi tirare.
Abbassò lo sguardo, inarcando il sopracciglio destro all'espressione infastidita del ragazzino Vargas, stranito.
« Che vuoi? » domandò seccato l'albino, guardandolo male.
« Grazie » sputò rapidamente Lovino in italiano, prima di voltarsi e tornare entro le proprietà civiche dell'iberico, sentendo lo sguardo interrogativo del tedesco, il quale non aveva capito un accidenti di ciò che gli aveva detto.



« Francis? »
« Che c'è? »
« Cosa vuol dire ‘grazie’? »
« ‘Danke’, perché? »

« ... Antonio è un bastardo »






Esatto, hanno usato tutti e quattro il fine linguaggio degli scaricatori di porto [che definizione classista] degno della loro lingua natia, eccetto Francis, il quale si è contenuto un poco, per lo meno.
I termini vanno dal ‘inchiappettati’ al ‘figlio di donna dalla cattiva reputazione’, passando per ‘sciocco’ e similari ~ Oh, ed il tono di voce, nell'ultima frase, è quello di uno che ride come un deficiente. Vai Gilbo <3 :'D
El imperio en el que nunca se pone el sol = definizione coniata da Carlo V significa letteralmente ‘L'impero dove non tramonta mai il sole’, riferendosi al fatto che quando il disco dorato calava in Europa sorgeva nelle Americhe e viceversa.


~ Risposta alle recensioni [O... M... A... °_______° maquantesono? *AAAAAA* AAAH, chebellochebellochebello]

Kurohime
Povero davvero, se poi gli arriva in casa colui in cui confidava in una situazione simile, li mortacci che salta di gioia :'D

kristin
Lieta e — ammetto— sorpresa dai tuoi complimenti, sono felice ti senta o sia sentita anche per poco nei panni di Antonio, dato che uno dei punti su cui faccio leva è appunto il tentativo costante di far immedesimare il lettore nell'ottica dell'autore stesso —l'è mìa 'na bèla roba 'A'— e nel personaggio per primo, il fatto che tu sottolinei la rarità di questo nel tuo caso, beH, ammetto che mi ha fatto saltellare per casa non poco :'D.
OMA, non so cosa dire, davvero —cosa alquanto rara nel mio caso, poiché molti si lamentano di una fioca quanto lieve persistenza all'essere logorroica [a dir loro >>]—, se non grazie.
Grazie per gli auguri, fetta di torta? *^* —su di giri :'D—

la Crapa
Adèla cheee! *fissa con inesistente senso critico il dolce, prima di affondare la forchetta nella precaria composizione di pasticceria e ficcarsela giù per l'esofago*
E mini pizze *-* e piatti di paella *-* ed ora mi calmo e faccio la brava bimba *-* —vulcano islandese che ha un nome IMPRONUNCIABILE e chilometrico, fastidioso fin dall'anagrafe =^=—
La differenza tra l'Imperio e l'Impero è probabilmente stata incarnata dalla distanza enorme che divideva le colonie tra loro e l'inettitudine del ceto aristocratico spagnolo, tanto pomposo quanto negato nell'economia e negli investimenti di capitali, rispetto all'utilizzo del denaro nell'epoca classica da parte dei romani quali costruzioni utili ad arricchire un'economia interna.
Contentissima ti sia piaciuto anche England *A* *saltella all'applauso* :'D
DORSORUGOSO DI NORVEGIA *AAAAAAAAAAAAAA* *ha amato l'animazione a computer dei draghi in HP, oltre che il libro —sia santificata la saga, anche se l'epilogo è una schifezza u_ù—*
Non riporre fiducia in me, donna, non sono sicura di riuscire a portare a compimento questo surrogato di Fan Fiction unita ad una puntata di SuperQuark :'D.

Finiti i pre-esami, a dopodomani la notizia dell'ammissione o meno.
Speròm bè çAç

Takami_Kinomiya
*lascia sventolare mantellodellefrasisparateallacazzochesisonorivelatefigate* GRAZIE *^^^^^^*9
E, manco a dirlo, ti ringrazio per la recensione, riempie di orgoglio il vedere che qualcuno apprezza o critica il tuo operato e ti spinge a continuare ad avanzare in questo percorso ‘strano’ —è dir poco :'D—

Eh, Lovino. Lovino è sboccato, probabilmente l'autore si è reso conto che la lingua italiana è quella con la gamma d'imprecazioni ed insulti maggiore al mondo ed ha partorito questo diavoletto con la censura sulle labbra :'D.
E sì, un bel ‘Fottiti’ gielo ha lanciato, al povero Tonio :'.

nihal the revenge
adoro come stai presentando il rapp spagna-romano,sono proprio loro,decisamente!
w lovi,il re della coerenza(troppo bella la scena del cappello dello scorso capitolo).bene così,perchè antonio ha comunque un lato bianco,che ora mostra solo a romano,ma c'è.(in pratica ha una doppia personalità ^^")
*rullo di tamburi*è arrivato iggy,e che ingresso!grande modestia questo ragazzo,non c'è che dire XD.mi è piaciuto come l'hai presentato,e anche le sue parole,lo adoro!(ma no,anche lui??!!ebbene sì,in questa ff amo tutti eccetto austria,che detesterò sempre e comunque,sorry ù_ù).
antonio si è preso proprio una bella batosta(se non sbaglio simbolicamente è a partire da questo momento che inizia la crisi della spagna).tocchrà a gil e francis andare a consolarlo?sarà finito in depressione poveretto,e a vedere loro,forse ci finirà ancor di più XD.
bellissimo capitolo,come sempre del resto.
una cosa...si vedrà ancora un po' feli?mi piacerebbe moltissimo *_*
gli auguri te li faccio anch'io,ciao!

La scena del cappello sta raccogliendo consensi, evviva Lovinoooo~ :'DDDDD.
Ed il cappello, ovviamente u_ù.
Esatto. Molti sottovalutano la battaglia nella Manica tra la Spagna ed il Regno Unito, senza calcolare che in questo frangente si è segnata la fine di un impero e l'inizio di un altro, il quale perdura, se possibile, ancora ai giorni nostri, nella superbia inglese e nel potere trasmesso all'America —riuscite ad immaginare la corona di Siviglia  al posto di quella inglese? Ed il pesos a sfidare l'Euro, invece che far combattere questi contro la plurinominata sterlina?—.
Non so se Feliciano si vedrà nuovamente, non so una cippa di 'sta fan fiction, per la miseria :'DDDDDDDD *dichiarazione shock* [però ci spera, in un VeneCiano sorridente per bilanciare la cruenza di Spagna :'D].
ASSHIEEE *_____*






Ed ora, madame e ... [non so come si scriva monsieu, avendo fatto tedesco alle medie, ma sorvoliamoooooo~], mi ritiro sui libri di Arte, che il tema finale incombe + +

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Capitolo 8
*** Preferencias ~ Cap.7 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
http://i49.tinypic.com/2lder7n.jpg
Rating Capitolo: Green [qualcuno potrebbe uccidermi, per le origini del termine :'D]
Personaggi:Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Arthur Kirkland ~ United Kingdom | Kjeld Bergkamp [non ho trovato il nominativo ufficiale, un pò come Lichtenstein, 'sto povero Cristo. Se qualcuno ha correzioni, ben vengano, almeno sistemo 'sto povero Paesi Bassi] ~ Koninkrijk der Nederlanden [Spesso questo Paese viene tradizionalmente chiamato Olanda, identificandolo con la regione storica su cui il regno si estende, sia in lingua italiana che in numerose altre lingue straniere. Questa denominazione, maggiormente diffusa in passato, non è corretta, in quanto la parola Olanda indica una regione, divisa in due province chiamate Olanda Meridionale e Olanda Settentrionale, che è solo una parte dei Paesi Bassi —e aggiungo: OH!] | Hohnihohkaiyohos Nodhi Sahale ~ Impero Maya [apparizione flash :'D | sì, anche io AMO il suo nome >>''']
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: No, non succede poi molto in questo capitolo, è l'ennesimo di transito, sono cosciente di quanto questi possano snervare, ma sono essenziali per non andare completamente allo sbando sul filo storico della vicenda, e poi c'è un personaggino nuovo, su :'D ~ e dieci punticini per chi becca l'ipotetico proseguimento di entrambi i filoni principali introdotti qui >O<.


Imperio mutilado
PREFERENCIAS

« Noi nazioni non siamo nate per avere dei sentimenti che siano tali. Noi siamo il popolo, il volere delle genti che si sentono fratelli tra loro, operiamo a loro favore e nell'interesse dei loro desideri.
Come il Sacro Romano Impero ricerca l'oramai dispersa potenza dell'utopia europea di Roma, altrettanto cocciutamente Spagna sta agendo per ottenere il prestigio che gli è sempre stato negato.
In tutto ciò non calcolano però una cosa, Mister:
essere assoggettati ad altri nostri simili comporta la massima delle frustrazioni, sfruttare il proprio popolo perché non si è riusciti a difenderlo per primi è probabilmente la più grande onta per qualcuno come noi. »

Per quanto, nonostante tutto, Francia e Prussia avessero tentato di limitare la fuoriuscita di notizie, l'Europa tutta era stata colta di sorpresa dal resoconto del conflitto nel Canale della Manica e, chi poteva, ne approfittò.
Lo aveva visto passare, pochi giorni prima dell'inizio della sua disfatta, probabilmente, al ricordo della flotta che seguiva il galeone principale sul quale spuntava rigido il ragazzo dal cappotto vermiglio.
Aveva qualcosa di odioso, quella Nazione. Qualcosa di malato, di morboso, mentre guardava il mare.
Sulle frastagliate coste del suo Stato sottomesso, l'arrugginito attrezzo agricolo in mano, aveva osservato Matamori sorpassarlo senza degnarlo di uno sguardo, se non con la coda dell'occhio, ed allora le parole d'Inghilterra serpeggiavano nuovamente alle sue orecchie, tra i campi di lavoro coloniale.
Erano tutti al corrente delle motivazioni che avevano spinto Spagna ad attaccare Inghilterra, a rispondere alla sua dichiarazione, invece che attenderlo alle proprie porte, per sbaragliarlo, perfino Norvegia poteva dirsi perfettamente informato: i commerci con le Americhe, il Triangolo Nero era costantemente sotto tiro di imbarcazioni illegali, di pirati inglesi, sostenuti segretamente —non poi così tanto— dalla corona di Londra; l'Inghilterra invidiava i possedimenti iberici nel Nuovo Mondo, guardava con avarizia e gola le navi traboccanti d'oro che varcavano le Colonne d'Ercole per giungere a Siviglia; e la monarchia aveva trovato il modo per distruggere ciò che Antonio aveva creato: attaccando le fondamenta stesse del potere di un impero coloniale, e le più vicine.
Si era presentato al suo indirizzo una mattina di non molto prima, con il suo ghigno spavaldo e la sua faccia da schiaffi.
Sì, aveva notato che chiunque avesse un minimo di potere rispetto all'interlocutore, sfoderava quel sorriso saccente. Da trucidare, a suo dire.
« Immagino che essere colonia del rinomato Impero spagnolo comporti delle rendite personali davvero incalcolabili, Nederland, o sbaglio? » aveva esordito. Non era poi così sottile come con altre potenze, riteneva evidentemente che lui e la sorella, in quanto sottomessi ad altri, non potessero cogliere frasi allegoriche.
Aveva sbuffato, Kjeld non era il tipo da intrattenersi in troppe chiacchiere, le tasse erano alte, rispose, era una provincia, al momento.
« Oh, indi un ragazzino gode di più diritti di te? »

Non era abituato a tanta calma, non nell'ultimo periodo, per lo meno.
La scena che abbracciava il suo sguardo non era cambiata, casa sua era rimasta la medesima della sua infanzia, fondamentalmente variavano esclusivamente gli abiti di coloro che attraversavano le vie, poco distanti dall'ampia terrazza.
Sorretto alla ringhiera di marmo, Antonio osservava distrattamente la sua città, il suo paese, il suo popolo.
Socchiuse gli occhi, ripensando per l'ennesima volta all'infamia ed alla vergogna delle quali si era bagnato il capo con una sconfitta simile, serrando i pugni sulla pietra chiara ed alzando lo sguardo con freddezza, senza voltarsi nel sentir risuonare per i corridoi immensi il suo nome.
Non degnò d'attenzione l'ufficiale nemmeno quando questi fu alle sue spalle, trafelato quanto impegnato nel non far intendere alla Nazione la stanchezza e l'urgenza della sua venuta, tutti erano consci di quanto Carrideo fosse ancora provato dall'ultimo viaggio in mare.
Non indossava il bolero rosso, né tantomeno il cappello piumato, lasciando che la brezza marina che risaliva dalle insenature delle coste spagnole gli accarezzasse la pelle abbronzata rivestita della camicia di cotone lavorato, indossata solo per nascondere le fasciature.
Non accennavano a rimarginarsi, le dannate ferite.
« Signore? » Antonio sospirò impercettibilmente, ruotando il busto e storcendo il naso per il dolore, costringendosi a donare l'intera attenzione all'uomo in divisa. Al momento l'unica cosa che pensava era a quanto fossero scomode, effettivamente, le tenute dei suoi sottotenenti.
« L'ultimo gruppo di navi è tornato dalla spediz... »
« Quante ne mancano? » lo interruppe, lapidario.
« Solo una » concluse il soldato, incrinando appena il tono di voce, tingendo l'incolore rapporto di sfumature stanche e spossate.
Antonio gli si avvicinò, posando la mano sulla sua spalla, al che l'uomo sussultò, irrigidendosi nella posa ufficiale obbligatoria in certe situazioni.
« Bene » concluse la Nazione, rientrando e passandosi una mano fra i capelli, esausto dalle diatribe marittime e dalle difficoltà nell'amministrare territori tanto ampi.*
Uscì dalla stanza, imboccando una manciata di corridoi prima di scendere le scalinate della sala principale, varcando la soglia della Villa e camminando a passo veloce verso le piantagioni di prodotti amerindi, sul retro della propria abitazione, quasi nascoste.

Non lo ricordava tanto anziano, anzi.
Appoggiato ad una pala conficcata nel terreno fertile, un vecchio si sosteneva, scosso dai tremiti di una febbre inguaribile e con gli occhi opachi di uno sguardo soffocato.
« Maya » la voce altisonante che lo richiamò lo rese preda di un sussutlo maggiore degli altri, costringendolo ad erigersi nella sua statura, per quanto finito, era ancora dotato di orgoglio, per quanto cane lo reputassero, ancora non aveva intenzione di cedere, come ogni componente della servitù di quella villa tanto opulenta quanto ricolma di ingiurie per nativi sfrattati.
« Signore » replicò con voce neutra, reprimendo a stento il desiderio di sputare ai suoi piedi l'odio che covava oramai da decenni, verso la sua figura e verso le catene che gli chiudevano polso e gola, gelide in inverno e roventi nei mesi estivi, era una tortura sottile, almeno quanto le ustioni che presentava sulle braccia.
Lo sguardo dell'iberico fu inequivocabile, poco prima che si ritirasse, era venuto solo per quello, come altre volte gli aveva visto fare con compagni ora assenti.
Ricominciò a respirare solo quando non vide più i capelli scuri della Nazione imperiale, abbassando lo sguardo alle mani tremanti, sapeva cosa lo stava attendendo, lo sapevano tutti.
Ed allora iniziò a dubitare che fosse la speranza, l'ultima a morire.

Inutile dire che non aveva nulla da fare, se non camminare a vuoto nel giardino che oramai conosceva quanto le sue tasche.
Lanciò con rabbia uno dei ciottoli, incurante di eventuali bersagli mobili quale avrebbe potuto essere il proprietario stesso di casa.
« Dovresti fare più attenzione » commentò una voce alle sue spalle, alla quale Romano si volse con stizza, pronto a strillare che di attenzione e pazienza ne aveva fin troppe, erano gli altri che pensavano esclusivamente agli affari loro e non si guardavano attorno, ma riconosciuta la figura di Antonio si limitò a bofonchiare parole senza un senso preciso, irritandosi ancor più per non poter strigliare il superiore con parole adeguate.
Non si parlavano dal giorno nel quale i due stranieri l'avevano riportato a casa, non riusciva più a guardarlo senza ricordare le lacrime cocenti che scivolavano lungo le gote del ragazzo più grande.
« Mi annoio » concluse l'italiano, facendo perno sulla cantilena che da anni ripeteva, senza ricevere mai una risposta che si scostasse dalla presa di coscienza del fatto e basta.
« Hai mai visto Barcellona? » domandò quindi il maggiore, lo sguardo assente mentre spaziava in luoghi poco più lontani della piazza che gli si presentava dinanzi, ignorando l'espressione perplessa del piccolo.
« Non la voglio vedere la tua città, voglio tornare a casa e basta » concluse dopo poco Lovino, avendo collegato il nome ad una delle regioni segnate sulle numerose cartine geografiche disperse per l'abitazione. La prima volta che ne aveva vista una, l'aveva ridotta in pezzi.
« Sei già a casa, Romano » ripetè l'iberico per qualcosa come la trecentesima volta, mentre l'ufficiale di poco prima lo raggiungeva, ugualmente trafelato, se non di più, all'apparizione precendente.
« Signore... le Colonie del Nord » mormorò a fatica, sorreggendosi al portone aperto, alzando lo sguardo alla Nazione.
« È appena tornata una spedizione, lo hai detto tu stesso, arriveranno notizie più accurate con il temp... » rispose distrattamente Carriedo, mentre Lovino aggrottava le sopracciglia, gonfiando le guancie e fulminando l'uomo in uniforme. Tutte le volte che appariva qualcuno conciato a quella maniera, Antonio lo ignorava bellamente, la cosa lo snervava.
« Colonie europee, Signore. I fratelli. È la rivolta. » sussurrò, prendendo fiato ad ogni parola.









*= Nonno Roma fa ‘CIAAAAAAAAAAAAAO, compare *O*’

~ Risposta alle recensioni [qui qualche d'una è uscita di melone :'D]

Kagura91
Lieta di trovare poliglotte disseminate per l'Italia, io le colgo solo grazie ad amicizie messicane :'D
Inca è una bambina perché vedo nelle popolazioni amerindie un'ingenuità infantile, lei è tale appunto in rappresentanza del candore della disponibilità dei popoli nei confronti di coloro che poi si sarebbero rivelati carnefici, inoltre trovo le popolazioni amerindie del Sud America particolarmente colte, lei rappresenta anche il desiderio di scoperta e la curiosità tipica dei bambini ‘ficcanaso’, se così vogliamo chiamarli :'D, oltre a ciò, sottolinea anche il fatto che la differenza di trattamento tra le altre colonie e Romano non è dettata dall'età apparente, ma ad una preferenza insita in Antonio, tant'è che Inca stessa è trattata probabilmente peggio degli altri, perché su di lei incide anche il corpo da bambina nel lavoro forzato —çAç.
Davvero, tanti complimenti non penso di meritarmeli, sono imbarazzanti :'D.
Tutte le nazioni, eccetto Austria e la maggior parte delle Native Americane, sono rappresentate con un massimo di vent'anni per sottolineare i comportamenti egoistici, individualisti e menefreghisti che generalmente vengono associati agli adolescenti —vedasi Spagna ed Inghilterra con diciannove e diciotto anni :'D.
Nella scena con Impero Maya questi tenta un approccio civile con Romano, il quale è però terrorizzato dal ‘diverso’, come da Francia e dalla villa spagnola stessa, escluso Antonio, il quale fondamentalmente somiglia a Lovino, interpreta il gesto di Maya anche come un tentativo ipocrita, come quello di molti altri verso di lui.
...
'kai, forse della logica POTREBBE essera nascosta in questa pappetta informe di spiegazione, ma sorvoliamo :'D.
Colonia ed europeo, ma non solo, come hai detto tu, anche preferito tra gli europei, cosa che non fa piacere ad altri del continente assoggettati a Spagna.
OMA, ma che ho scritto? ;A;


Kurohime
Gilbo spacca eccome *-* [:'DDDDD], era palese che sarebbe arrivato 1- in grande stile; 2- come solo uno del Bronx dei film polizieschi potrebbe eguagliare :'DD
Grazie di cosa? X°D, grazie a te per la recensione :3

Assassin Panda
Diiiiciassette [la piccola vittoria di ridere agli NC17, BUOHAHAHA —come sono superficiale °-°], e graziegraziegrazie >O<.
Oh, tranquilla, non devi scusarti per recensioni mancate, l'importante è che tu sia felice di recensire >O< [che pensiero filo anarchico x°D].
Lo so, lo faccio spesso, purtroppo. Non so perché, ma uso un tipo di scrittura particolarmente interpretativo, ho dei seri problemi mentali, spesso i capitoli sono ‘in movimento’, come dice Samby :'D.
Il Bad Friends Trio è una delle mie basi di Hetalia, nun ce posso fà niente, li adoooro :'D, ed adoro il fatto che ogni nazione sia completa storicamente, storia che si riporta nei loro caratteri, e resa dei caratteri ipotetici che diviene Odissea :'DDDDD.
Sono contentissima che ti sia piaciuto sia il combattimento che Gilbo in versione bonbon :'D [...che brutta immagine X°DDDD].
GRAZIE >O<

la Crapa [la malata, aggiungerei]
Sono in superstraritardo, ma in questi giorni non ho proprio avuto tempo. Non ce l'ho nemmeno adesso perché dovrei studiare storia per l'interrogazione di domani, ma questi sono inutili dettagli.
Mi chiedo se tu non abbia ancora pubblicato il nuovo capitolo a causa del mio dolce o per semplice mancanza di tempo, ma voglio fidarmi di me e sperare che l'opzione sia la seconda. XD
Riguardo al capitolo di prima...Beh, si sa: Nonno Roma do it bettah!
Norbertoh! Chi non ama HP? Anche se l'epilogo mi ha fatto lanciare il libro fuori dalla finestra dal nervoso. Troppo banale! Era meglio se non lo scriveva affatto.
TU, DONNAH, tu terminerai questa fanfiction anche a costo della vita di... di Canada! (Tutti: chiii?)
Come sono andati gli esami? Anche se non ho molti dubbi in proposito: scommetto che sono andati a meraviglia, o per far contento Iggy, a gonfie vele -gonfie del ventaccio del Canale della Manica (Iggy: cough, English Channel, please.) che ha favorito la vittoria inglese sugli spagnoli.
Andando al sesto capitolo, sai com'è, vivendo una settimana in Germania si imparano tutte le parolacce peggori. Perciò posso comprendere la scelta del rating. XD
Mi è piaciuta molto l'introduzione: si passa dalla condizione del vincitore, eretto e sprezzante dall'alto del promontorio roccioso, a quella del perdente, "naufrago in se stesso" (frase stupenda).
Il nostro Gilbert mi è sembrato molto urtato dalla situazione, ma d'altra parte, chi non lo sarebbe?
La scena di Romano tutto preoccupato che si scaglia contro Francia, che fino a pochi attimi prima gli ha fatto venire i brividi dalla paura, è davvero adorabile.
Ho adorato Francia e la sua ironia, soprattutto alla domanda secca di Antonio, ritrovatosi i suoi due ex migliori amici davanti senza volerlo davvero. Peccato che il nostro iberico debba proprio comportarsi così. Il bad touch trio spaccava.
Ho già detto di amare Romano? Immagino di sì! Insomma, è troppo carino, lui e la sua ostinazione. <3
Mi è sfuggito il significato dell'ultima parte? Perché l'ebete Prussia ha detto quella frase con quel tono, appunto, ebete? Ho bisogno dei sottotitoli per i diversamente intelligenti. T__T
Ci vediamo al prossimo capitolo! <33

Non se mai in ritardo, anzi sono onorata di cispare tempo al tuo studio —TORNA SUI LIBRI! :'D—, e temo la tua speranza sia riposta nell'opzione sbagliata, ma sorvoliamo su queste ammissioni stucchevoli e proseguiamo con la risposta u_ù —e si svicola dallo zucchero :'D.
Nonno Roma era italiano, tanto basta uwù —schifosamente patriottica, lo so, lo so :'D [e devo smetterla di usare questa smile :'D].
Penso che la storia dei figli di Harry sia rimasta sullo stomaco a tutti: avrebbe potuto lasciare all'immaginazione, anzi, avrebbe fatto meglio, se questa era l'unica alternativa =A=.
IO, DONNAH, io sarò la causa della morte di Canada! :'DDDDD —ANCORA?! èOé.
Sono andati bene, Italiano, Storia e tutte le materie teoriche —E PURE EDUCAZIONE FISICA 'AAAAA' [panico]— hanno sopperito a mancanze sporadiche, quindi: YEAAAAH :'D —...—
OMA, io l'ho studiato alle medie, il tedesco, ho un'amica che passa più tempo che può in Francia ed un'altra con parenti messicani che mi riempie di spagnolo. A conti fatti, io risulterei il Gilbo della siturazione, mi manca solo un canarino obeso èWé —... sì, 113? Salve...—, almeno il raiting è azzeccato —ti rendi conto che Gil, in spagnolo, è una parolaccia? :'DDDD.
Arthur non accettava l'idea di non essere sotto i riflettori almeno per qualche capitolo, quindi ho dovuto accontentarlo =A=, è peggio di Preußen, a volte.
Oh, urtato è urtato, ha chiamato praticamente lui a rapporto Inghilterra, dopo le proteste sottovalutate di Francia, entrambi si sentono in colpa, dopotutto, si sono riscossi dal fastidio per il successo di Antonio con un bel paio di sberle e il ricordo di un'amicizia.
Lovino è sempre adorabile, per quanto lo possa negare con quanta possibilità i muscoli del collo gli permetteranno di scuotere il capo con veemenza :'D.
Non è questione di essere diversamente intelligente :'D, mi sono espressa male io: Gilbert se la ride perché Francia stesso ha reagito con stizza al ricordo di aver perso Romano contro Antonio, quindi il prussiano coglie del fastidio nel mancato possesso di Lovino, se poi questo si rivela tanto premuroso —seppur negazionista convintissimo—, l'ilarità cresce, perché è un'ulteriore vittoria di Antonio su Francis :'D.
Del genere: AH-AH! Ti ha fottuto il peluuuuucheeeees! :'D
Ci vediamo alla prossima recensione! <33

P.S.
MA SEI USCITA DI TESTA?
Che era quella recensione? 'AAAAAAA'




...ti voglio bene, grazie <3
Ma... OAO :'D, non me lo aspettavo.







Eh, cioè... non so davvero come ringraziarvi tutte, se la FF va avanti è principalmente grazie a voi, è unicamente grazie a voi, assHie :3

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Capitolo 9
*** Polvo y lamentos ~ Cap.8 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Amarillo [Giallino, non ci sono armadilli nel capitolo, eH :'D —che battutaccia...]
Personaggi:Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Kjeld Bergkamp ~ Koninkrijk der Nederlanden | Anaïs Bergkamp ~ Koninkrijk België.
Nota: Alba del XVII secolo
Osservazioni personali: ... non ammazzatemi, per favore çç


Imperio mutilado
POLVO Y LAMENTOS


L'odore acre gli penetrò le narici, mentre cadeva in ginocchio, sorreggendosi all'asta di ferro, ansimando. Poggiò la fronte imperlata di sudore contro il metallo gelido, traendone il minimo sollievo, prima di alzare nuovamente lo sguardo, facendo forza sulla gamba destra e rialzandosi, impugnando a due mani l'arma ed incrociando lo sguardo furente ed ambrato che l'altro gli rivolgeva, mentre impugnava la falce agricola.
« Testardo, nh? » commentò con tono sarcastico, per quanto volesse apparire sicuro di sé, il fiato mancava in egual modo a lui quanto all'iberico, ma non poteva permettersi di concedersi nemmeno un cedimento, a differenza dell'avversario. L'aveva voluta lui questa guerra, ritirarsi perdente avrebbe rappresentato ancor più meschinità dell'umile e sottomesso stato di colonia.
« E tu sfacciato come sempre. » replicò con un ghigno divertito l'altro, al che il biondo si lanciò per l'ennesima volta verso di lui, alzando la modesta arma sulla propria testa per caricarla di forza, abbassandola sulla nazione imperialista.
Tra lacrime e sangue, polvere e mortifero silenzio, solo loro due continuavano a combattere su quel terreno di polvere, lungo la via del crepuscolo.

« Ogni sogno ha il suo prezzo, Kjeld. Non otterrai ciò che desideri con poco, come nelle guerre i lutti si contano da entrambi i fronti, egualmente bisogna pagare per qualsivoglia richiesta, sia questo conto in fatica od in sangue.
Maderai al suicidio il tuo popolo! » le urla della ragazza risuonavano per l'intera abitazione, mentre all'esterno il sole sorgeva sul profilo dell'Armada ritta lungo le colline verdi del territorio olandese.
« Non intendo sottostare ad ordini altrui un secondo di più. » liquidò l'altro, più alto della sorella di quasi una decina di centimentri, mentre si avviava alla porta, portando addosso la sua bandiera con vanesio orgoglio.
« Sei pazzo. » sibilò la più piccola, afferrandolo per la stoffa grezza sulla schiena, tentando inutilmente di trattenerlo, irrigidendosi alla vista dello spagnolo a cavallo che scendeva al galoppo, seguito dall'orda nera ispanica dalla fama indiscutibile.
« Ti farai ammazzare, dom! » continuò, alzando la voce e tirandolo ancora a sé, prima di sentire il cotone sfuggirle dalle dita in seguito ad uno strattone dato dall'altro, il quale l'osservava con aria algida, come sempre.
« Mi libererò, Anaïs. Tu fai ciò che preferisci, io ho uno spagnolo da battere. » concluse, lasciandola e dirigendosi sul campo di battaglia, ove i rivoltosi lo attendevano, inneggianti alla libertà ed all'indipendenza come esaltati.
« Idioot. » mormorò Belgio, chiudendo la porta e portandosi le mani al viso.

Olanda urlò, portandosi la mano destra allo stesso occhio, improvvisamente privato della vista dalla copiosa fuoriuscita di sangue dal taglio infertogli dall'altro.
Non ce la faceva più, erano giorni che andavano avanti senza arrivare a nulla, lui con l'alabarda e l'altro con mezzi contadini.
Aveva riso, quando gli si era presentato con un forcone come arma. Lo stesso forcone che gli aveva trafitto il braccio sinistro, prima di essere gettato lontano dalla portata dell'olandese.
« Fa male, vero? » sibilò l'iberico, avvicinandoglisi rapidamente, colpendolo alla bocca dello stomaco con la fine dell'impugnatura, portandosi dietro di lui ed irrigidendosi alla sensazione di vuoto gelido al fianco, abbassando lo sguardo e lasciando cadere l'arma, portando le mani all'impugnatura della falce conficcata poco sopra il bacino.
« Lasciami l'indipendenza, Spagna. » pretese la colonia, passandosi rabbiosamente la manica satura di sangue rappreso sulla palpebra destra, ripulendosi per quanto possibile, prima di estrarre una spada da uno dei cadaveri che costellavano il campo di battaglia.
« No. » ringhiò questi, digrignando i denti ed estraendo la falce, sgranando poi gli occhi al contatto freddo della lama con il suo collo, aggrottando le sopracciglia e guardando con odio Kjeld, il quale rispondeva con lo stesso sentimento, premendo pericolosamente il metallo contro la sua pelle.
« Voglio l'indipendenza. » sillabò ancora, mostrando appena i denti in una collerica sommessa,
« Ho detto di no. » replicò ad alta voce Matamori, traboccante di un orgoglio inutile e suicida.

Sussultò, destato dal clagore sommesso che invase sottilmente la villa di campagna, irrigidendosi e deglutendo.
Probabilmente aveva avuto un abbaglio, si disse, rigirandosi nel letto ed affondando il viso nel grande e morbido cuscino bianco, coprendosi la testa al secondo rumore inusuale, prima di levarsi di dosso il lenzuolo e scivolare lentamente giù dal letto, stringendosi nella maglia troppo lunga che utilizzava per dormire.
Corrugò la fronte, avviandosi all'ampia porta con passi piccoli e veloci, mordendosi il labbro inferiore, dicendosi che chiunque fosse stato a svegliarlo in una delle poche notti nelle quali riuscisse a dormire con il cuore in pace.
Sentì una mano sulla bocca quanto fece sbucare la testolina spettinata dalla porta, dimenandosi poi e mordendo le dita che gli impedivano di urlare.
« Ehi, ehi. » soffiò al suo orecchio il presunto assalitore, facendolo girare lentamente, prima di posare la mano sul suo capo.
« Evitiamo di svegliare tutti, d'accordo? » domandò retorico questi, mentre Romano lo guardava con aria quasi terrorizzata. Antonio avrebbe giurato che stesse tremando più per la sua presenza che per lo spavento vero e proprio, ma vi era abituato.
« Deficiente, vuoi farmi morire di crepacuore?! » strillò il più piccolo, agitando le braccia e guardandolo con ira, provocando l'ilarità nell'altro, prima di osservarlo più attentamente, distogliendo poi lo sguardo.
« Sanguini. » commentò, senza guardarlo in viso, mentre l'ombra che per pochi istanti si era allontanata dal viso dello spagnolo tornava negli occhi verdi. Lovino lo vide rialzarsi con la coda dell'occhio, prima di sbuffare ed entrare nella sua stanza, chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle e tornando sotto le coperte.

Carriedo osservò la porta chiusa, scuotendo lentamente il capo e tornando a dirigersi verso le sue stanze, gettando la fonte di tutto quel rumore sul divanetto rivestito di seta pregiata, ignorando il sangue dell'armatura che avrebbe macchiato il tessuto, prima di passarsi entrambe le mani sul viso, frustrato.
Non che Olanda fosse poi tanto indispensabile, ma era la valenza psicologica della cosa ad intaccarlo, a sottolineare la sua avanzante decadenza dopo così poco tempo dalla sua salita ad un trono tanto desiderato.
Non aveva intenzione di essere nuovamente preda della svaluta degli altri paesi, non sarebbe tornato nella valle d'ignoranza nel quale lo riconosceva l'intera Europa. Sarebbe rimasto in piedi, a qualsiasi costo.
Scosse il capo, spossato. Non dormiva da più di sei giorni, oramai, era già un miracolo che si reggesse in piedi.
Si trascinò fino al letto, abbandonandovicisi e sospirando, chiudendo gli occhi e reprimendo qualsivoglia sintomo di cedimento, lui non avrebbe mollato: c'era troppo in ballo.
Dov'è finita la volontà di Dio che si vantava d'incarnare?

Non avrebbe saputo dire che orario si fosse fatto, quando aggrottò le sopracciglia e si svegliò lentamente, percependo il peso di un corpo estraneo lungo il braccio sinistro, accorgendosi poi di essere sotto le coperte.
Con lo sguardo incuriosito di secoli prima volse l'attenzione all'arto schiacciato, scuotendo il capo e sospirando nel trovarvi appoggiata una testolina spettinata ed un corpo quasi raggomitolato su sé stesso, prima di chiudere nuovamente gli occhi, lasciandosi sfuggire un sorriso.






dom | idioot= entrambi vocaboli olandesi per definire un soggetto poco sveglio e dalla scarsa intelligenza. In Belgio si parlano il francese, il tedesco e l'olandese, ma dato che è a suo fratello che la Nazione si rivolge ed avendo inoltre passato la sua infanzia con lui (almeno questo presumo), questa è la lingua che predilige ;3.
“ volontà di Dio che... ”= uno degli ideali che la Spagna si vantava di portare avanti era l'acculturare, a dir loro, i popoli incivili attraverso l'imposizione della Chiesa di Roma, vista come luce nell'ignoranza e sapienza assoluta, altro motivo per il quale l'Armada si è scontrata contro l'Inghilterra, in piena riforma religiosa.

~ Risposta alle recensioni [Canada's dead | posso imprecare per la sorpresa? :'D | Disco Pogo dieger lienger ling, dieger lienger ling!]

Kurohime
°x°, davvero, non so come replicare ai tuoi complimenti, non pensavo potesse piacere tanto un capitolo simile :'D


Kagura92
*sbandiera stendardo con ‘indi’ inchiostrato a fuoco*
Anche a me piace come termine, lo trovo più leggero di ‘quindi’, con le prime due lettere che appesantiscono la pronuncia [non sono normale :'D].
Oh, non ti scusare, mi aggrada solo leggere espressioni simili, sono così rare, oramai :'3 [e non preoccuparti per gli essemmesse, temo sia una contromossa istintiva al lessico stringato e martoriato].
Le Fiandre mi hanno dato non pochi problemi, purtroppo, ed ancora non sono convinta di ciò che ne è uscito.
Non sono nemmeno sicura che pubblicherò questo capitolo, vedrò alla fine delle risposte alle recensoni u_ù.


La Crapa
Guarda, in questo periodo il faccino sbaciucchino ha rischiato davvero parecchio :'D. A proposito, che facevi? *v* [ ficcanaso del c. ]
Multilinguismo che io devo unicamente ad un'amica con nozioni francesi ed un'altra con parenti messicani. Oh, ed al triennio di tedesco [sì, siamo la reincarnazione femminile del Bad Friends Trio, ma il fatto di vedermi nominata ‘Preußen’ inizia ad inquietarmi °_°], ma per il resto rantolo il bresciano e l'inglese :'D [no, non italiano, non ancora almeno].
°O° SICULA? °O° [Ora penso di essere presa in giro sul serio :'D]
Di Gil nemmeno io, ma la cosa fa morì :'DDD.
Arthur mi sa di viscido. Non posso farci nulla, l'Inghilterra ha una storia che non mi piace, per quanto quella di altre nazione possa essere considerata meno ponderata e più cruenta, ma è proprio il ragionamento che la corona inglese sembra aver applicato ad ogni mattanza che rende la nazione lungi dall'essere tra le mie favorite >_>.
E poi a pelle nun me gusta, per quanto mi stia simpatico in questi capitoli [OMA! °O°].
Antonio ha più fortuna di Nonno Roma, per quanto ora ignori completamente la cosa, non avrà abbastanza tempo per rendersi conto dei territori che ha assoggettato e delle sue responsabilità, né tantomento resterà poi solo.
AwwwwH, Roma ç_ç.
°W° povera, mi faceva simpatia :'D.
*v* che bello che ti sia piaciuta la visione delle nazioni dal punto di vista dell'esaltato :'D.
Antonio è la terapia d'urto per i claustrofobici, da oggi in poi. O sopravvivi o urli per i corridoi di Villa Carriedo :'D.
°_° minchia, peggio di The Ring °_°.

Dovere morale 'staMMinchia :'D [scherzo, grazie u_ù]


nihal the revenge
È abituato ad essere diretto, il poverino :'D.
In bocca al lupo per la maturità, e che Nonno Roma sia con te *^*/ [crede fermamente che sia ancora vivo].
AHAHAH, se la fic non sarà finita :'DDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDD, bella battuta :'D.
No, a parte gli scherzi, l'ho già detto, questa FF è in completa balia del mondo, ne so meno di tutte voi, probabilmente ==''.
¡Hasta la vista!


Takami_Kinomiya
Non si tratta di Austria [eeeeek >^>], bensì dello sfacciatissimo Capitano che ha sede a London, conscio quanto il resto dell'Europa assoggettata precedentemente a territori romani della situazione in cui possono ritrovarsi delle colonie, il che lo convincerà a lasciare più libertà ai coloni americani, ma l'esaltazione gli farà trascurare in seguito questi accorgimenti con il resto del suo impero coloniale [...mpf].
Penso che Antonio si sia reso conto solo in seguito di non aver preso una bicicletta ma un carro da trasportare da solo, povero, però se l'è cercata, effettivamente u_ù.
Siiiiiì! Nonno Roma riscuote successi! E con una frase sola, eH! :'D.
Spagna va da Maya non per compiacimento personale, per quanto questo possa essere compreso negli effetti secondari, bensì svolge una sottospecie di compito di Cupo Mietitore, avvisando l'amerindio che tra non molto, per come stanno andando le cose, sarà la fine sia del suo popolo come nazione, sia di lui come essere, ed il fatto sarà a mano sua, come già successo a colonie più piccole.
Dipende. Dipende da chi si trova davanti, perché per Inca non ha avuto il minimo riguardo, né tanto meno rispetto od altro, anzi, probabilmente è quella trattata peggio, ed esteticamente ha l'età di Romano.
Ma penso che una rivolta da parte di Lovino comporterebbe non solo una crisi militare, ma anche psicologica in Antonio, il quale inizierebbe a chiedersi se sia lui stesso il problema o se davvero il potere è tanto ingestibile da non accontentare nemmeno qualcuno del quale ci si preoccupa tanto, rispetto ad altri. Lo considererebbe un ingrato, fondamentalmente.
Anche Beautiful può rivelarsi imprevedibile, ed oramai la Storia impallidisce di fronte a Brooke, per quanto il futuro sembra oramai appurato.
Ringrazio ancora per i complimenti, mi rendono veramente AwwwwwH *v* [AWWWWWWH, vi rendete conto? u_ù].


infiammabile
Oddio.


















No, 'kai, posso rispondere a questa recensione senza cadere dal letto e fracassarmi dolorosamente la fragilissima scatola cranica che mi ritrovo.
EHI! :D
Sono un genio? *v* [gongola].
Lo so, ho rotto abbastanza a furia di scribacchiare a destra ed a manca, dovrei imparare a trattenermi u_u.
CIOEEEEEEEEÈ~! [© Felics]
Evviva, non sono OOC *w* [panico totale psicologico e fisico della cosa]
Guten nacht, Vale :'D, sono felicissima ti sia piaciuto l'intero cast :'D.

E grazie per la recensione, anche se mi hai sconvolto la crescita per la sorpresa :'DDDD.



E Nonno Roma ringrazia per i pensierini nelle recensioni, è tanto orgoglioso della cosa, lui u_ù.
Heaven help in all our battles
Heaven see love, heaven help us
Avant hier, avons être
Déja demain, (nous) sommes éclairée

All glory, all honor
Victory is upon us
Our savior, fight evil
Send armies to defend us

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Capitolo 10
*** Compañia ~ Cap.9 ***


| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
http://i48.tinypic.com/23w5krp.jpg
Rating Capitolo: Amarillo [ Awwwwn~ ]
Personaggi:Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano
Nota: Alba del XVII secolo
Osservazioni personali: Ma che roba è, questo capitolo? ò_ò


Imperio mutilado
COMPAÑIA


Socchiuse gli occhi carichi di sonno, guardando il viso lievemente allungato del più piccolo, al suo fianco, aggrottando le sopracciglia.
Non lo ricordava tanto alto, come non ricordava talmente decadente Maya.
Evidentemente stava passando troppo tempo lontano dalla sua terra. Si domandò se le sue città stesse non fossero cambiate, se il suo popolo non fosse mutato.
Storse il naso, si stava facendo un sacco di castelli in aria per nulla.
« Nh » mugugnò il ragazzino, al che Antonio sorrise divertito, chiudendo nuovamente gli occhi, sospirando lievemente.

Romano corrugò la fronte, fermandosi a squadrare la Nazione più grande, grugnendo appena per l'imbarazzo, anche se sollevato dal fatto che l'altro non si fosse, apparentemente, accorto della sua presenza durante il sonno.
Scese rapido dal letto, passandosi una mano fra i capelli e voltandosi a guardarlo, prima di alzare gli occhi nocciola alla finestra che filtrava la luce mattutina, inondando la stanza di un candore soffuso, elemento che ricorreva spesso nella Villa.
Grugnì nuovamente, dopo qualche minuto d'immobilità, uscendo e lasciando la porta socchiusa, per timore di svegliare il proprietario di casa, dirigendosi rapido nelle sue stanze ed indossando qualcosa di più consono di un pigiama.

Si rigirò nel letto, scoppiando a ridere nell'immenso cuscino sotto il suo capo, sedendosi poi sul lato del letto, sfregandosi gli occhi con l'avambraccio fasciato, sbuffando ed alzandosi.
Si vestì rapidamente, lasciando giaccone e portandosi unicamente la pistola a polvere da sparo appresso, non erano in programma partenze, almeno per quel giorno.
Una sua permanenza nell'abitazione era piuttosto rara se superiore ai tre giorni, e solitamente era coinvolto nelle riunioni più disparate.
Sospirò ancora, uscendo rumorosamente dalla stanza, ignorando ed ignorato dalle domestiche di origini amerindie che attraversavano raramente i corridoi, per rassettare la casa, nemmeno loro erano abituate a vederlo in vesti tanto poco rigide.
I corridoi erano sgombri da militari di qualsivoglia genere, impegnati ad organizzare il viaggio del Re prefissato per quella data, dal quale lui era stato esonerato, per stanchezza o sfiducia, importava poco in entrambi i casi.

Nel mentre Antonio decideva di osservare minuziosamente i cambiamenti nella sua abitazione, alla Sherlock Holmes, Lovino si era recato in cucina, come oramai faceva abitualmente: aveva dato disposizioni, seppur con immane imbarazzo, alla servitù di non premurarsi più per i suoi pasti, in quanto avrebbe per lo meno avuto qualcosa da fare, così.
Ed ora scorrazzava allegramente tra i ripiani della spaziosa stanza, ben attento a non far danni come le volte precedenti.
Carriedo lo trovò a fissare con le guancie gonfie di nervosismo gli scaffali e le mensole, i primi aperti e con le ante quasi divelte, il tutto miseramente vuoto.
Si avvicinò a quello che oramai appariva un quindicenne, anche se i modi infantili indicavano la netta immaturità che continuava a strascicare tra i suoi piedi, posandogli il palmo destro sul capo, inarcando poi il sopracciglio destro per il divertimento, nello scorgere l'espressione offesa e contrita del più piccolo, oltre al leggero rossore che Antonio ancora non riusciva a spiegarsi.
« Allora, la vuoi vedere Barçelona? » domandò, retorico, scuotendo il capo per contenere l'ilarità all'ottuso ed ostinato segno di dinegno di Romano.
« D'accordo » concluse lo spagnolo, lasciandolo a fissare il deserto culinario, uscendo nel cortile antecedente la casa, sedendosi su uno dei piccoli muretti di pietre che circondavano i grandi ulivi all'entrata, accennando un sorriso nel sentire qualcuno tirargli la manica.
« C'è un cazzo di mercato, in questo schifo di città? » domandò contrariata la voce ancora bianca alla sua destra, mentre il proprietario fissava le punte delle proprie scarpe, un poco impolverate per i pomeriggi trascorsi nel giardino, ben lontano dai campi di lavoro.
« Il migliore d'Europa » replicò scherzando la Nazione maggiore, abbassando lo sguardo sull'italiano, trovandolo nuovamente paonazzo e con le mani incrociate dietro la schiena, nemmeno fosse colpevole di un omicidio.
« Allora muovi il culo, 'stardo di uno spagnolo » concluse il ragazzino, affrettando il passo verso il cancello d'uscita, l'andatura quasi militare e rapida raggiunta in pochi passi dal più grande, facilitato dalle gambe lunghe.

Cancello chiuso, bandiera abbassata.
Il Re era partito.
Spagna non era presente.

Vagavano per la città da circa un paio d'ore, tra le lamentele sommesse di Lovino per la folla brulicante che regnava altisonante su ogni via spagnola e la presa salda di Antonio alla sua mano, timoroso di vederlo annegare in tutte quelle persone.
Naturalmente non era Italia a portare la spesa, tutt'altro, lui si limitava a commentare la merce esposta e tenersi alla destra dell'iberico, carico di frutta, verdura, carne e pesce di ogni genere, la popolazione non pareva particolarmente sorpresa: mai avevano visto Romano, ed Antonio era difficilmente riconoscibile a quella generazione in assenza delle vesti di condottiero, soltanto i più anziani riconoscevano nel vent'enne che pareva accompagnare il fratello minore per il mercato la Nazione imperiale.
« Ma quanto cazzo è grande questo buco?! La tua città è uno schifoso labirito! » esclamò stizzito l'italiano dopo poco, ritraovandosi poi caricato sulla schiena del più grande, il quale sorrideva divertito, aveva notato il gonfiore ai piedi dell'altro da circa un'ora, ma si era ben guardato dal farglielo notare.
« Fammi scendere, cretino! » si dimenò Lovino, superato il primo momento di imbarazzo, irritandosi ancor di più nel vedere Carriedo scuotere il capo, le mani piene di cesti della spesa.
« Guarda Barçelona. » ribattè questi, ridendo nel sentire ammutolire l'italiano di fronte alla vista della città dall'alto, dall'altra parte dell'abitazione di Matamori.
« Niente di che. » concluse controvoglia Romano, gonfiando le guance e continuando a guardare il panorama, seguendo l'indice di Antonio che gli indicava all'orizzonte posti lontani appartenenti alla penisola iberica.
Lovino sussultò nel sentire le mani dell'altro afferrarlo nuovamente e posarlo a terra. Era quasi grottesco quanto potesse essere forte, nonostante non fosse poi questo Adone.
Alzò interdetto lo sguardo, trovandolo scuro in viso impegnato a scrutare la città.
« Resta qui. » liquidò freddamente il più grande, afferrando di mala grazia Romano per le spalle, nascondendolo dietro un albero spesso, a ridosso di un promontorio che si gettava nello specchio del mare, prima di allontanarsi a grandi passi.
« No, ehi, dove vai? Voglio venire anche io, cretino! Non puoi lasciarmi qui! » esclamò in segno di ribellione il minore, correndo per qualche metro fino a raggiungerlo, andando però a sbattere contro la sua schiena, indietreggiando poi di qualche passo.
« Ho detto che devi restare qui, Romano. Non allontanarti da quell'albero nemmeno per un secondo, e se senti arrivare qualcuno, scivola a lato della rocca, c'è un passaggio di roccia, ma non allontanarti da qui, chiaro? » impose Antonio, afferrandolo per le braccia e guardandolo in viso, spaventandolo non poco e riportandolo allo spesso tronco d'ulivo.
« Non voglio! » insistette Lovino, storcendo il naso nel sentire la presa di Spagna farsi più solida, distogliendo lo sguardo dallo spagnolo.
« Chiaro? » ripetè la Nazione imperiale, ed Italia non potè far altro che annuire impercettibilmente, sedendosi nel sentire le mani di Antonio allentare la morsa alle sue braccia, imbronciandosi ed imponendosi di non rivolgergli mai più la parola.
« Torno subito. » promise il più grande, sorridendo appena e tornando a guardare la sottile linea di fumo che si alzava poco lontano da loro, aggrottando le sopracciglia ed iniziando a correre.

Ecco, l'aveva abbandonato.
Yeah, evviva, e lui che sperava in un'alba di compagnia diversa dai cetrioli e quei frutti rossi giganteschi che riempivano sempre le cucine e le ceste che Inca si portava appresso.
Ancora non capiva perché lui non fosse messo ai lavori come le altre colonie, le vedeva dal balcone della stanza di Antonio, ogni giorno, portavano frutta ed ortaggi avanti ed indietro dal deposito a non-sapeva-dove, dietro l'abitazione.
Probabilmente era solo questione di tempo.
Sempre se Spagna fosse tornato.
Che diavolo stava succedendo, ora? Era tranquillo, lui, non gli pareva di aver fatto nulla di male, si stava anche divertendo —anche se mai e poi mai l'avrebbe ammesso ad anima viva—, ed il Boss aveva anche riso.
Ed ora l'aveva lasciato lì, da solo, in mezzo ai frutti di quella mattinata.
« Stronzo. » commentò, raggomitolandosi contro la corteccia spessa e nodosa della grande pianta che gli faceva ombra dal torrido sole spagnolo, affondando il viso nelle braccia incrociate, sospirando di delusione.

Ad attenderlo, poco distante da casa sua, si stagliava alto sul purosangue bianco un uomo sulla trentina, il quale smontò da cavallo e si avvicinò ad Antonio, spossato dalla corsa a perdifiato attraverso le stade gremite di gente in subbuglio.
« Utrecht » commentò la Nazione, facendo un rapido e breve inchino, alzando lo sguardo sul fumo a poca distanza, tra le case di quella città, prima di tornare a guardare il reggente temporaneo dello Stato.
« Chi è a capo? » domandò rapido, protraendo il braccio ad un soldato che gli porgeva la spada, trattenendo un sospiro annoiato e guardando nuovamente il futuro vescovo bianco.
« Juan de Padilla » rispose uno degli ufficiali, mentre il trentenne risaliva a cavallo e guardava Antonio, facendogli cenno con il capo ed allontanandosi, scortato, dal luogo del conflitto.
« Uh, che Capo di Stato impavido. » commentò il generale in carica, affiancandosi alla Nazione, il quale accennò un ghigno divertito ed agrodolce, annuendo appena.
« Oh, di solito fanno tutti così. » replicò, divertito, prima di alzare la spada e gettarsi contro i rivoltosi di Castiglia.

Aggrottò le sopracciglia, alzando lo sguardo al cielo, sbuffando nel ritrovarlo striato di colori caldi, segno che la sera stava calando.
Ehi, almeno non sarebbe morto di fame, nonostante il topino che girava intorno alle ceste.
« Brutto stronzo, stai lontano! » esclamò, una volta accortosi del piccolo roditore, spaventandolo ed osservandolo allontanarsi, sorridendo mestamente ed abbassando lo sguardo, avvicinando i cesti di cibo a sé, sospirando e tornando ad aspettare.
Non gli sarebbe costato nulla, in quel momento, gettarsi in mare e nuotare fino in Sardegna*, ma si disse che sarebbe stato troppo faticoso, un dispendio inutile di energie, diede, insomma, colpa alla pigrizia, intestardendosi nel rimanere lì, fermo ed immobile, accerchiato dal risultato di quella giornata.
« Dio, quanto sei lento, bastardo. » commentò con l'ennesimo sospiro.

« Portateli a Villalar, Generale. » esclamò il sopracitato Bastardo,  tirando una gomitata allo stomaco di uno dei rivoltosi, lanciando uno sguardo irritato a Padilla, impegnato nella ritirata sul fronte minore, poco più indietro alle linee di sfondamento.
« E voi? » replicò l'uomo, guardando Antonio ed aggrottando le sopracciglia, sorpreso, riuscendo solo a vederlo montare una cavalcatura con rapidità ed allontanarsi, falciando nel galoppo altri avversari, ritrovandosi in viso un sorrisetto divertito, prima di alzare la pistola e sparare al ribelle più vicino.

Controllò più volte di non essere seguito, prendendo innumerevoli strade secondarie e perdendosi nei vicoli più stretti, per l'irritazione del cavallo scuro che seguiva le sue direttive, entrando a Barçelona accolto dal silenzio innaturale, corrugando la fonte ed incitando l'equino ad aumentare l'andatura, arrivando all'albero dopo pochi minuti, guardandosi attorno con circospezione, mentre il sole moriva ad occidente, conscio dell'attuale alba sul resto del suo Impero.
Scese rapido dal purosangue, la spada tenuta ferma dal nastro rosso alla cintola e la pistola nella medesima situazione, sul fianco opposto, si avvicinò all'ulivo, affacciandosi appena e sorridendo addolcito, trovando il ragazzino assopito in mezzo ai cesti, affiancato da uno strano topino grigio chiaro.
Non ebbe il coraggio di svegliarlo, così si limitò a legare i cesti ricolmi di cibo ai lati della sella del cavallo, osservando poi il topolino rintanarsi nella corteccia dell'albero, attraverso un piccolo foro all'altezza delle radici, nascondendosi così a quel gigante scuro.
Prese Lovino in spalle, caricandolo sulla cavalcatura e mondando a sua volta, prima di dirigersi verso casa.

La prima cosa a cui pensò fu un terremoto, poi un attacco nemico, dato il suono secco che gli rimbombava nelle orecchie.
Ma aveva una cadenza troppo ritmica, non potevano essere cannonate.
Aprì di malavoglia gli occhi, ritrovandosi le abitazioni di Barcellona sfrecciare a pochi metri dal viso, voltandosi e scoprendo Antonio intento a governare un cavallo.
Ecco, era a cavallo, trovata la luminare spiegazione.
Era un genio, non c'era che dire.
Storse il naso, strattonando appena la mano destra, trovandola stretta alla sinistra da quella della Nazione maggiore, unico motivo per il quale non era ancora cascato a terra, oltre al fatto di avere praticamente la testa di Spagna sopra la propria.
Magari aveva anche rischiato di rovinare a terra, conoscendo quel deficiente doveva averlo afferrato per la maglia a tre centimetri da terra, in caso.
Socchiuse gli occhi, mugugnando qualche insulto ad Antonio all'idea, riaddormentandosi dopo poco.





*= le Nazioni hanno una percezione differente del tempo e dello spazio, rispetto agli esseri umani, tant'è che in Hetalia stessa Italia riaccompagna a casa Nihon in macchina ò_ò —per quanto possa andare alla velocità Ferrari :'D.
Dieci punti se capite che cacchio sta succedendo.
Ed altri dieci se beccate il motivo per il quale Lovino è bordeaux per metà del tempo, chi indovina... non lo so, ma ci penserò. O ci penserà il vincitore, eH :'DDD.

...
Va bene, lasciamo perdere X°DDDD.

~ Risposta alle recensioni [ Southern European kind of POP! <- perché noi non siamo Funk, Rock o Metal. No, noi siamo Pop. Evviva :'D. ]

Kurohime
Lo so, ma faceva scena u_ù.
No, a parte questa stronzat possibilità, Olanda non aveva i mezzi di armarsi più di tanto, e poi il forcone fa tanto ‘ sono un contadino ma ti faccio il culo uguale, AH! ’ — . . . no comment.
L'altro è un bellimbusto, se la merita l'ascia di tre metri u_ù —stiamo entrando in campo Prussia/5 metri?! °O° <- è idiota.
Lovino è imbranato, e povero lui che non sa mai cosa fare :'D

Miki89
Perché quando mi arrivano commenti simili mi viene voglia di sotterrarmi? :'D.
E CONOSCI “EUROPA”! *________________* *scodinzola*
Oh, che bello *w*.
E grazie per i complimenti, ma ripeto: non me li merito X°DD.
[è color Lovino, al momento .//////.]
Sono contenta ti piacca la fic, ogni volta che leggo una recensione mi salta fuori un sorriso tanto idiota da sfidare quelli di Tonio, lo ammetto :'DD.

Assassin Panda
Figurati, non importa del ritardo, è sempre un piacere avere una tua recensione *v*/
>///< ma che orgogliosa ed orgogliosa, non esagerare :'D
:'DDD inquieta un pò tutti, lo ammetto x°°.
| ALTRA RECENSIONE >OO< |
Le Ribellioni hanno riscosso successo, YAY :'D.
MI AMA! >O Belgio ha un carattere forte, per quanto sia stato enormemente ingigantito dai fan ed Anaïs sia stata Mary-Sueata dagli stessi. Mi piace, lo ammetto, ma penso che Olanda rappresenti l'unico punto debole di Belgio, abituata com'è ad avere sotto il naso la figura di suo fratello come algido e forte :'D.
*w* awwwwwwwwn~
E dai, basta complimenti >//////<

E a te che leggi, che recensisci, che hai appena aperto questa pagina, ricorda:
SEI GIà A CASA èOé

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Capitolo 11
*** Distancia ~ Cap.10 ***


Intreccio
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Rating: Verde, verdiiiiiissimo, manco fosse il semaforo dei pedoni.
Genere: Storico
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Arthur Kirkland ~ United Kingdom | Francis Bonnefoy ~ République française | Gilbert Weillschmidt ~ Preußen [non aspettatevi nulla, né il trio né qualcosa di eclatante]
Note dell'autrice: ò_______________o <- espressione che oramai accompagna ogni capitolo. Sia per la sorpresa del fatto che questa fanfiction stia proseguendo, sia per la domanda dell'utilità effettiva del capitolo :'D.



Imperio mutilado
DISTANCIA


« Per l'ennesima volta: no. » il suono secco del palmo sulla superficie lignea del tavolo delle trattative risuonò altisonante quanto il tono imperativo della Nazione, mentre il rappresentante del medesimo governo, alla sua sinistra, gli lanciò un'occhiata quasi irritata, non gli pareva il caso, in qualsivoglia circostanza, di imporre a tal maniera un'intransigenza simile, si trovavano comunque ad un confronto teoricamente pacifico. Prettamente teorica, come ottica.
« I tuoi modi si stanno facendo sempre più boriosi ed arroganti, ho modo di notare. » la risposta piccata non tardò a mancare, per quanto i due potessero avere legami personali, erano ben decisi a non permettere che questi intralciassero i programmi politici di ognuno, oltre che sociali ed espansionistici.
« E le tue richieste sono oltremodo ridicole, oltre che pretenziose. Che cosa ti aspetti che replichi? Sono miei territori e tali ho intenzione di farli rimanere. » concluse il primo, aggrottando le sopracciglia per l'irritazione ed il nervosismo.
Era la stessa storia ogni volta, aveva oramai perso il conto delle continue richieste della Nazione vicina, ma era certo avessero superato la manciata in ben pochi decenni.
« Sai meglio di me quanto la Couronne reclami quelle coste. Non prenderla sul personale, è l'unico modo per far smettere queste continue battaglie, indeboliscono sia il mio che il tuo esercito, e ciò è controproducente. » insistette la controparte, ampliando appena le braccia, in un gesto d'ovvietà che fece esclusivamente infastidire l'altro lato del tavolo.
« Sarà meglio che la tua Corona se ne faccia una ragione, Bonnefoy, non ho alcun intento di lasciare alla Francia un'influenza marittima simile. » commentò, alzandosi impunemente ed afferrando la giubba lasciata ricadere sul bracciolo della poltorna.
« Abbiamo concluso » lapidò, indossandola sotto lo sguardo quasi ressegnato dell'emissario di Madrid, a differenza dell'aria scocciata del nobile parigino al fianco del biondo.
« Non dovrebbe decidere il diretto interessato? » ricorse questi, senza dare segno di resa alcuna, alzandosi a sua volta, l'espressione quasi divertita a celare la frustrazione di doversi ridurre a rincorrere, quasi, l'altro.
« Ha già deciso secoli fa*, Françis, ed è per questo che continui a perdere. Adiós » rispose quasi compiaciuto l'iberico, voltandosi appena a guardarlo, non riuscendo a nascondere un ghigno di vittoria e scherno sul viso, prima di uscire, inseguito da un politico spagnolo non poco in imbarazzo, il quale continuava a scusarsi, per l'acquetarsi del nobile e l'indifferenza della Nazione francese.
« Une fois souri quand vous dit au revoir, Antoine** »


C'era qualcosa di subdolamente ironico ed irrisorio nelle preoccupazioni che l'Europa generava al trono spagnolo, rispetto all'ampiezza delle colonie, sì sovversive ma ben poco allarmanti.
Era il cuore europeo, un cuore arido ed avvezzo al sangue sul terreno, alle lacrime di dolore ed alle urla alla morte della fiducia nella speranza, trafitto dagli aghi e dalle lame di generali quanto di contadini.
Di Nazioni che avevano smesso di dimandarsi se a tutto ciò un obbiettivo ci fosse, una ragione che valesse le mattanze delle proprie popolazioni, quando la forza della ragione era perita per mano del tradimento bellico.


« Prusía! » per quanto potesse essere considerata una potenza imperiale, non aveva mai smesso i modi bruschi e diretti che lo contraddistinguevano dalla nascita, comprese le situazioni di mala sorpresa.
« Che diavolo è questa storia?! Incapaz, non sei nemmeno in grado di controllare il tuo popolo? » era livido, livido di rabbia per ciò che aveva quasi sconvolto il Vecchio Continente, per quanto il rappresentante attaccato fosse in conflitto con il suo Re, non era ammissibile che un suo territorio fosse teatro di simili vicende.
Attraversò ad ampie falcate l'androne alla Villa di Königsberg, ignorando bellamente le insistenze della servitù ad attendere.
« Weillschmidt, por la Madre de Dios, ¡ven aquí! » sbottò, rosso in viso per la rabbia delle parole del suo emissario in Italia, oltre che del silenzio da parte di Roderich sulla questione.
« Antonio, qual buon vento? » esordì il timbro secco dell'albino, sulla sua sinistra, emergendo dal corridoio sulla destra del vestibolo, in vesti militari e con il ghigno con il quale alcuni pensarono fosse venuto al mondo.
« Viento de guerra, cos'è questa storia? » replicò rapido lo spagnolo, condendo con non poche parole della lingua natia il linguaggio solito, al che Gilbert si limitò ad inarcare il sopracciglio destro, interdetto sia dall'argomento poco chiaro che dall'ira del moro, portandosi le mani guantate ai fianchi.
« Storia? » domandò, prima di schioccare la lingua al palato e le dita della mancina, in seguito all'espressione pensierosa ed interrogativa di poco prima.
« Oh, ti riferisci agli uomini a Roma? » azzardò, nemmeno si trattasse di un indovinello, guardandolo con aria tranquilla, conscio di aver appiccato una miccia.
« Hombres? Sono pazzi blasfemi ed eretici, e provengono dalle tue regioni e da quelle del tuo pupillo! Siete forse impazziti?! » rincarò Matamori, la voce incrinata dalla rabbia e l'oratoria dispersa tra le decine d'incontri politici.
No, la diplomazia non aveva mai rappresentato il punto forte di Carriedo, e Preußen lo sapeva, ma non potè comunque evitare d'incupirsi ed innervosirsi all'inclusione nel discorso di Sacro Romano Impero Germanico.
« Non vedo come Ludwig ed il sottoscritto possano essere coinvolti in questa situazione. » replicò freddamente, mentre gli sguardi tra i due parevano somigliare sempre di più a saette e frecciatine, oltre ai toni che si striavano di fredde ironia e sufficienza.
« Dei protestanti che occupano e distruggono mezza capitale cattolica non riguardano Alemania? » sarcasticò quindi Antonio, rilassando la fronte ed inarcando a sua volta il sopracciglio destro, quasi a sottolineare l'autoconclusione della propria domanda.
« Non mi risulta che il Kaiser dell'Impero sia sconosciuto al tuo trono.*** » il gelo che lentamente calava lungo le pareti dell'abitazione pareva quasi solido, reso quasi reale dai modi di entrambi.
« Non sono qui per el Reino. » sibilò di rimando España, al che Gilbert scoppiò a ridere, al ricordo del ragazzino presente all'ultima visita a Villa Carriedo, dopo alcuni attimi di silenzio.
« Mi dispiace per il tuo protetto, ma i Lanzichenecchi non sono al nostro servizio. L'unico che ha giovato di questo è il Rey, se non sbaglio. » ironizzò il prussiano, ampliando il ghigno sul viso diafano.


Erano mesi che non lo vedeva, e da quando era tornato aveva esclusivamente impartito ordini secchi e sporadici.
Sentarse, sigues.
« Levati la camicia. » impose, allontanandosi dalla stanza, abbandonando su una delle sedie della sala la lunga e vermiglia giacca ed il copricapo da ufficiale, uscendo dal suo raggio visivo.
Romano aggrottò le sopracciglia, levandosi l'indumento leggero ed arrossendo appena quanto Antonio tornò nella stanza, sentendo lo sguardo del più grande ricadere sulla maldestra fasciatura del busto e volgendo il viso da tutt'altra parte al sospiro appena accennato dello spagnolo, il quale lo fece sedere e gli levò le bende di cotone, aggrottando la fronte alla vista del profondo taglio trasversale, prendendo a medicarlo.
« Come cazzo lo sai? » domandò quasi frustrato l'italiano dopo qualche minuto, gonfiando appena la guancia sinistra, infastidito dalla cosa. Possibile che Spagna conoscesse tanto di lui, mentre per Lovino i loro incontri erano motivo quasi di unico disagio, tanto gli era estraneo?
« Lo sa l'intera Europa. » commentò di rimando, al che il maggiore delle Italie si zittì, quasi umiliato da quanto potesse essere plateale una sconfitta simile. Luterani che attaccano il Papa. Nella Santa Sede, a Roma. A ciò che restava, di Roma****.
Era evidente che si fosse medicato da solo, le bende erano poste in modo troppo disordinato ed accidentale, dovuto al dolore per i movimenti, probabilmente. Antonio sapeva di quanto la vita alla Villa potesse essere asfissiante per Lovino, tra Colonie avverse ed irritate dalla preferenza della Nazione Imperialista.
Nessuno dei due disse più una parola, uno per non rischiare di liberare il nodo che occludeva la gola, l'altro perché incapace di affrontare argomenti tanto delicati con il primo.
In silenzio il più grande fasciò il busto di Romano ed in silenzio entrambi si allontanarono, Spagna per riporre il necessario alle medicazioni, Lovino per rivestirsi.
« Stai solo attento a non muoverti troppo, Romano. » disse, dopo quella che parve un'eternità, lo spagnolo, prendendo gli abiti abbandonati su una delle sedie ed incamminandosi a riporli nelle proprie stanze.
« Mi chiamo Lovino » mormorò flebilmente l'altro, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri e leggeri, avvampando violentemente nel veder sbucare nuovamente la testa di Spagna dalla porta.
« Cosa? » domandò con aria confusa, non avendo capito l'intera frase né tantomeno il senso della stessa.
« MichiamoLovino » ripetè rapidamente l'italiano, lo sguardo basso e volto alla parte opposta  a quello dello spagnolo, puntanto sul suo viso. Probabilmente non vide mai il sorriso che succedette l'espressione basita del ventenne, cogliendo esclusivamente la risposta.
« Yo Antonio » replicò l'altro, scomparendo poi nelle varie stanze della Villa, lasciando un Romano solo e a disagio, oltre che impedito nei movimenti.
« Sé que***** ».




*=  sotto alcune ottiche, parecchie persone considerano la rivolta dei Vespri Siciliani una vera e propria scelta della popolazione tra la prospettiva di essere dominata dai francesi e quella di stare sotto gli spagnoli ...mki
**= ora, premetto che io il francese non l'ho mai studiato in tutta la mia millenaria vita -u_ù-, poiché alle medie mi hanno appioppato il tedesco ed alle superiori mi insegnano solo francese -e lunga vita all'amica messicana che m'inculca le parole perché le usa spesso *^*9-, mi sono affidata al bastardissimo traduttore on-line. Tirando le somme, la frase originale sarebbe ‘Una volta sorridevi, quando dicevi addio’ [addio inteso nel senso di Adiòs, dato che solo l'italiano e l'inglese, per quanto ne sappia, hanno forme diverse per dire ‘arrivederci’ e ‘addio’, ma data la durezza con la quale Antonio ha parlato, ho optato per il saluto più teatrale u_ù (sparatele -BASTA PARENTESIIIII-)].
***= il Kaiser -Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico- ed il Rey -Re di Spagna- erano Carlo I e Carlo V. Sì, sempre lui, solo con quattro numeri di differenza :'D.
****= crucchi bastardi, me l'hanno distrutta çAAAAAAAAAAAAAAAAAAAç -tedeschi perché per la maggior parte erano mercanti luterani rimasti senza lavoro ed esaltati religiosi protestanti, ecco perché va daL GilbO.
*****= lo so.

theARMY!recensioni *v* [~but does it mean that I have to walk on water? | e chi è che passa le giornate con la maglia di Villa Maravilla? *VVVVV*]

Kurohime
Exactly, sommosse varie capitanate da Juan *v*.
No, Lovino ancora non vede Antonio da quel punto di vista, anche se manca poco u_ù.
Lo dici tu, io ho diciassette anni e ne dimostro tredici, come la mettiamo? u^^^^u
SONO UNA NAZIONE *AAAA* [saltellerà per casa per le prossime sette settimane]


Miki89

Sono felicissima che il fatto che abbia sputato fuori un altro capitolo ti faccia gongolare *w* [ha esultato come nemmeno ai mondali del 2006 (Tanto quest'anno l'Italia non ha partecipato u___ù —convincitene amby, convincitene—)].
Eh, con guide simili, dubito che anche un buzzurro potrebbe disdegnare quella meraviglia che è Barcellona =w=b <- innamorata della città.
OddiHio, ti sei beccata proprio l'unico momento tragico di tutta Hetalia :'DDDDD. [P.S. com'è andato l'esame? *V*]
TOMATINA! *A*/ Ma sono SpaMano pur io! :'DDDDD
Romano è arrossito perché si rende sempre più conto di non sapere 'na cippa di min... uto su Antonio, si sta affidando ad uno sconosciuto ed è imbarazzantemente conscio del fatto che gli vuole bene, per quanto non ne sappia 'n càso. Sarà con il senno di poi che capirà che, ehi, nano, è a te che sta mostrando la parte più vera, idiota :'D.
L'html non è un mistero, è un pezzo di pupù u____ù.
E devo dirlo, ho riso come una cretina per TRE GIORNI alla frase ‘dove c'è Antonio, c'è casa’ :'DDDDDDDDDDDDD [sta ridendo di nuovo]
sHiao >O<


Lily26

Il topino è una guest star di fama mondiale, ha dato parecchio prestigio alla storia. Insomma, è uno che conta U^^^U [parte fucilata] IL TOPINO! çAAAç
Comunque.
AAH, abbraccio *v* *salta addosso*
Se l'anno prossimo ti vedrò partecipe alle ore di storia potrò dirmi soddisfatta u_ù.
E sì, Arthur è un bastardo. [Ahahahah, Inghilterra culo >>].
.//////. eBBasta complimenti.


Erichan
Finalmente rispondo! *O*
Grazie per i complimenti [oramai la madre le chiede perché è bordeaux e fa pendant con la maglia della Spagna .///////////.], sono contentissima che i personaggi ti sembrino IC e che ti piacca la fanfiction *___________*.
Come già detto, ne so meno di voi, probabilmente, su questa ff, sia per la lunghezza, sia per la fine, sia per... qualsivoglia cosa :'D,
*_* un bacio! *acchiappa*
*ne manda uno anche lei* *A*/


Assassin Panda

OddiHio, scusa per il ricordo all'ultimo periodo scolastico, de Padilla è stato caustico? :'D
Medina ._., la cosa peggiore dopo le mattanze, durante le guerre, sono gli sfasci delle città ._______.
Lovino è coccolacchiottoso, ma l'importante è non dirlo a lui X°
>///> assHie.


La Crapa
[due in un colpo solo, potresti doverti preparare ad un papiro]
Billy ha fatto il bravo? *v* [questo si chiama stalking...]
A parte questo [NON SCAPPARE çAAAç] [Uh, Hetalia Day *VVV*], mi piace il tuo vecchio programma di vita =w=b, ispira.
Non è il fatto che tu sia sicula, è il fatto che il 90% delle persone che incontro sul net e che non mi fanno repulsione siano su quell'isola :'D [fondamentalmente mi sento presa per il culo u_ù].
E, per la cronaca, ho riso come una perfetta rincretinita anche al tuo commento su Olanda :'DDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDD [X°DDD AHAHAHAHAH].
NaH, non ti uccido, non sono una persona sanguinaria e vendicativa [al contrario da ciò che potrebbe sembrare dalle mie ff].
Penso che se anche Himaruya spiegasse con altre circostanze quella cicatrice, per me resterà sempre il segno della violenta repressione spagnola e degli scontri per l'indipendenza, OH.
*v* sono contentissima che Belgio ed Olanda ti siano piaciuti [per quanto se ne può sapere dai dati distribuiti dall'autore .___.].
Un angst carino :'DDDD sinceramente mai, lo ammetto :'D.
Io di citazioni non ne faccio, sinceramente, anche perché non sono lucidissima quando scrivo i capitoli [no, non sono ciucca né tantomeno dopata o sotto stupefacenti, ma l'80% delle volte sono le TRE DEL MATTINO @____@].
Buon pisolino u_ù.

Bentornata dalla ronfata *O*
Sono una stronza, lo so, ma non le ha propriamente richieste, 'ste ferie, eH u_ù.
:'DD Ma se Watson la spazzola e le domestiche non hanno tempo di andare a fare la spesa, dato che in cucina —almeno, quella della Villa— non ci stanno mai e non sanno una cippa della stessa, è ovvio che rimanga il saHara :'DD.
Ammettiamolo: la SpaMano è inquietantemente AWWWWN *____* [idiozie durante la partita Germania-Argentina (=| LUDWIG, non ti azzardare, non ti voglio in semifinale —contro Antonio, poi OAO... immaginatevi casa Vargas :'DDDD—)].
I Cumoneros non aspettano mai u_ù [parte una stivalata in testa all'amby —Lovi: èOOOOOé].
IL TOPINO REGNA! *________________*/
Squit.
...
...
Stavo dicendo?
Ah, già, i sottoposti di Antonio. Sì, un pò per la costante di averlo come generale e vederlo come un eroe della patria, un pò per ammirazione e salvaguardia dei propri nervi, penso che si siano autoconvinti del fatto che quello che fanno, se ordinato da lui, sia più che giusto e lecito, come ogni esercito che si rispetti nella storia, no? [.___. che pena]
X°DDDDDDD
Lovino attaccato dallo squalo °^^^^° [si preannuncia una brutta fine per lo squalo].

E lo ripeto: è inquietante come tu riesca a cogliere le allegorie che nascondo come la polvere sotto il tappeto °A°.
Non azzardarti a farti del male! èOé *si lancia a peso morto sull'arma designata*
Quella cosa non mi piaceva, non volevo nemmeno pubblicarla, ma diciamo che così, per passare il tempo l'ho gettata a vuoto, quando ho capito che non l'avrei continuata né ne andavo comunque fiera per un lato che fosse uno [>>] l'ho tolta.
:'D deHe, sono coerente quanto Romano.


AlinorRed
Non lo so, sono quell'amby? *O*
Ce ne sono delle altre? *_______* NON SONO SOLA AL MONDO.
.___. uffi.
A parte questo [çAAAç non sono l'uuunicaaa], non so se sono l'amby che dici tu, io sono LLL'amby, poi magari ce ne sono altre, che ne so :'DDD.
Partendo dal presupposto che potrei non esserlo [pòta .___.], assHie per i complimenti */////*, sono contenta che ti piaccia, e che consideri questo Antonio, QUELL'Antonio —TATATATAAAN *A*.
Non è vero che non sei in grado di fare recensioni, chiunque può farlo, basta esprimere la propria opinione in proposito, anche fosse incerta, è l'idea che la persona si fa leggendo che questa esprime *-*.
assHie >OO<.
In ogni caso, anche se potrei non essere QUELL'amby —ma tanto lo sono u_ù (ò_o?!)—, ti spupazzo in ogni caso. u_ù


If u want to ask me something


Draw those flames that burn before him
Now he's gonna find a fight, gonna fool the bad

La coppa del mondo chi la vincerà?
La Germania gli è rimasta qua,
2006, l'82, il '70
quarant'anni che stanno a rosicà.
Pizza, pasta, mafia e Berlusconi
dimenticate il mandolino
intanto la figura dei cojoni
l'avete già fatta a Berlino ~

:DDDDDD

A parte le cretinate, vi ringrazio di cuore, non mi sarei mai né aspettata qualcosa di simile [41 recensioni per 10 capitoli! ;w;], che per qualcuno potrà anche essere poco a paragone, ma per me significa moltissimo, soprattutto per le persone che recensiscono e mi seguono.
Sì, posso ammettere con il mio ego montato che sono orgogliosa di chi mi legge, di chi mi recensisce e di chi anche solo apre questa fanficion per errore, sono orgogliosa di voi e non perché, come forse starete pensando, ‘fate il lavoretto a casa’ [alta considerazione delle recensioni dovuta al fatto che parecchi le considerino obbligatorie ò_ò (gran pupù)], bensì per il sostegno che mi date, chi direttamente e chi meno, ma che comunque arriva.
Grazie, grazie davvero <3.


Ed ora basta smielate èOé, vi propino una domanda così, a caso,
Capitolo preferito? *v*
[cascano le braccia X°D]

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Capitolo 12
*** Onírico ~ Cap.11 ***


hispania
ATTENZIONE: CAPITOLO PIENO DI AVVISI, LEGGERE PER FAVORE :D

Il raiting di questo capitolo è rosso [rojo, red, rouge, rot, אדום, vermelho, 赤], e non per motivi sessuali, da quanto avrete chiaramente dedotto dai capitoli precedenti [immagino].
È rosso per motivi di violenza o sensibilità, fattore che varia da soggetto a soggetto; leggendo questo capitolo [unicamente la parte iniziale, fino al primo spazio tra paragrafi] qualcuno potrebbe ridere del livello scelto, ma esperienze precedenti mi impongono, e ci tengo io stessa a farlo, ad alzare in questi casi il livello di rating.
Ve l'ho già detto, qualcuno potrebbe riderne e commentare sarcasticamente, ma non vedo il motivo, se a costoro il problema non si è posto, tanto meglio, ma non sarebbe la prima volta che qualcuno rimane impressionato o angosciato.
Semplice prevenzione, è meglio della cura in fondo, no? :D

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Rating: Rosso.
Genere: Storico. Non per stomaci delicati [come spiegato sopra]
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Juan Bravo | Feliciano Vargas ~ Italia Veneziano ◊ Repubblica di Venezia | Elizavetha Hedervary ~ Magyar Köztársaság | [E si ricomincia a giocare a: Indovina Chi? :DDD]
Nota: Metà del XVII secolo
Osservazioni personali:  NaaaaaH, non mi convince. E non convincerà nemmeno voi.  Ma almeno so cosa succederà nel prossimo capitolo [EVVAI, almeno qualcosa la so, su 'sta roBBa] e cosa nel successivo.
Gnare, non manca molto, ve lo dico subito, ai VENTI capitoli non arriva, e nemmeno ai QUINDICI, probabilmente.
Perciò, cominciate a salutare l'Imperio ~


Imperio mutilado
ONÍRICO
 
Lento e flemmatico, eppure mai tanto rapido, quasi rifuggisse dalla sua figura che lo scruta indifferente, il fumo s'innalzava per fondersi alle nubi che sovrastavano le ceneri dei respiri, avvolgendo il cielo nella morsa delle fiamme, sotto lo sguardo vacuo della Nazione.
Distolse l'attenzione a quello spettacolo rimirato decine e centinaia di volte in precedenza, avanzando tra le polveri e la sabbia alla quale era ridotta la vita.
Sabbia d'ossa, di carni, di sangue, di cuori.
Scalciò di malavoglia un corpo esanime, ignorando il gemito soffocato di dolore. Doveva avergli incrinato una costola, in mezzo a quell'ammasso di dolore.
Si voltò, una volta giunto alle porte dell'imponente città amerindia, conficcando il proprio stendardo in corrispondenza di queste, sogghignando vittorioso.
Sentì tirare qualcosa all'altezza della caviglia, scalciando nuovamente ed abbassando lo sguardo smeraldino sulle mani insozzate di fango e sangue rappreso che si arpionavano al suo stivale, occhi scuri ed umidi di sofferenza che impunemente incrociavano i suoi.
« Squallido. » sentenziò il ragazzo, tentando di allontanarlo menando la gamba per la seconda volta, prima di volgersi irritato alle sue spalle, alla volta delle sue truppe, ritrovandosi a fissare il deserto nero lasciato dalle stesse all'arrivo, corrugando la fronte.
Dove diavolo erano finiti i suoi soldati?
« Lasciami, bestia! » esclamò, mentre con orrore la donna risaliva lungo la sua gamba, con movenze serpentine ed occhi vuoti.
La Nazione afferrò l'asta della bandiera, tentando di usarla come arma, ma questa pareva insita nel terreno, immobile.
« Madre de Dios, LASCIAMI! » urlò, protendendo con impeto le mani avanti a sé, cercando di spingerla via.
Sentì il respiro venirgli a mancare, mentre si ritrovava a galleggiare nel nulla, i polsi stretti nelle dita della donna, la quale venne trascinata lontano da un'improvvisa corrente, che investì poi lui, trascinandolo fluttuante in quel mare vuoto.
Si portò istintivamente le braccia al viso, serrando gli occhi per un periodo indefinito, fino a riaprire le palpebre, scosso da un rumore ovattato.
Silenzio.
E nuovamente quel suono, sempre più vicino, un'armata al trotto, tra incitamenti militari e zoccoli che frustavano la terra vergine.
Le mani alle tempie, sentì lungo la schiena le urla dei nativi, nel costato le lame europee far breccia nelle pelli e viscere degli amerindi, in quell'infinito lago di sangue, dolore, lacrime e sudore.
Da lontano, una figura scura si avvicinò, camminando lungo un piano inesistente, tendendogli la mano scura, afferrata prontamente dalla Nazione imperiale, prima di essere attratto dalla stessa, alzando il capo e rivedendo il viso sorridente dell'uomo dai capelli scuri, legati in una coda sulla nuca, rivestito d'oro e preziosi.
« Diablo » mormorò questi, prima di sgretolarsi ad un vento irreale ed impercepibile, una risata scandita, lenta e altisonante, tra rumori di tuoni e onde infrante.
Sentì il nodo alla gola stringersi, il peso sul torace schiacciargli le costole e lo sterno, mentre l'aria si esauriva nei polmoni.
Aprì la bocca per urlare di dolore, ma l'unica cosa che sentì furono la sofferenza ed il sapore del sangue riversarsi nella sua gola.
Uno, il tuo popolo è il tuo sangue.

Nonostante fosse un ragazzino solare, non era mai stata una rarità trovare Italia Veneziano in pacato silenzio, la maggior parte delle volte capitava poco prima di assopirsi o di alzarsi.
Fermo, immobile, rigido come una tegola di legno, si raggomitolava sotto le coperte, serrando le palpebre ed ingoiando muto i dolori delle cicatrici che ogni giorno affioravano sulla sua pelle adolescenziale, lungo la schiena ed il petto.
Fu quindi motivo di angoscia per Elizavetha quando, una mattina d'inizio estate, udì il mormorio di una preghiera tra le lenzuola del piccolo stato frammentato in tante scheggie quanto una finestra colpita brutalmente da una pietra.

Spalancò gli occhi, ansimando, ritrovandosi a fissare il baldacchino del proprio letto, rabbrividendo di freddo all'alito sottile di aria che entrava dalla finestra e si riversava nella stanza, avvolgendo il suo corpo sudato di gelo.
Si alzò, chiudendo con foga e fretta l'infisso, poggiando poi la fronte all'avambraccio sul vetro, sospirando ed imponendosi di respirare con regolarità, socchiudendo le palpebre.
« Dios. » sussurrò, accennando ad un sorriso di scherno, prima di scostarsi dalla finestra e rivestirsi, oramai non avrebbe più dormito, ne era consapevole, ed all'alba mancava ben poco, si sedette sul divano, la testa stretta tra le dita abbronzate, prima di volgere la propria attenzione alla porta, la quale si socchiuse di poco, lasciando filtrare la tremula e perpetua luce della fiamma della candela che qualcuno reggeva.
Due, il benessere delle tue genti è la priorità.

Era bella l'Europa.
Oh, indubbiamente, risplendeva della sete di potere di ogni singolo essere vivente che vi nasceva, fosse questo uomo, donna, animale o pianta.
Tutto era in continua lotta con ciò che lo circondava, poiché se non procurava morte, veniva lui stesso assoggettato a questa.
Poco lontano da lui, sentiva chiaramente le urla di frustrazione della sua piccola dominazione, la più caparbia tra quelle conquistate, tanto cocciuto quanto insistente, nonostante le altre tentassero in parecchi modi di ammansirlo e rabbonirlo, o anche solo calmarlo con uno scappellotto, ma lui non cessava di mugugnare contro di lui.
Eppure aveva lo stesso fascino del resto del Vecchio Continente.
Lo stesso fascino di Cipro, di Famagosta.


Le ampie falcate con le quali attraversava i saloni di Villaral tradivano una nota d'impazienza nel condottiero secolare, accompagnato da due soldati cinque passi dietro di lui, come abitudine solita. Scese rapido i piani del palazzo dei portavoce reali nella cittadina, storcendo il naso alla prepotente zaffata d'umidità e muschi, uniti alla ruggine che permeava alcune delle spesse sbarre di ferro.
La luce filtrava dalle piccole finestre poco più alte di due metri dal terreno, circondate da licheni e sudiciume, i più imbranati riuscivano a malapena a vedere dove finiva la propria cella.
« Bravo.* » richiamò uno dei soldati, al che rispose unicamente un grugnito infastidito.
« Aprite. » ordinò la Nazione, trattenendo un ghigno nel percepire il lieve sussulto del carcerato, mentre il chiavistello veniva sganciato dei meccanismi.
Erano pochi gli esseri umani che fossero a conoscenza della personificazione effettiva delle nazioni, e quei rari dotati di tale coscienza venivano spesso sbeffeggiati, anche perché era come affermare l'esistenza di surrogati di divinità minori.
Juan giurò di sentire il sangue scorrere al cervello ed ivi raggelarsi, alla vista di un vent'enne dalle fattezze dei condottieri del passato.
Antonio piegò le cambe, chinandosi alla sua altezza, seduto a terra e con pesanti catenacci a collo, polsi e caviglie.
« Tu ed i tuoi amici avete fatto un gran trambusto, non trovi? » domandò con tono distaccato, falsando palesemente un sorriso innocente sul viso abbronzato quanto quello dell'altro.
« Il tuo Re ha un gran potere per un uomo solo, non trovi? » replicò sarcasticamente l'uomo, ripresosi dallo stato di panico, prima d'irrigidirsi nel vedere il ragazzo alzarsi, il sorriso ancora sulle labbra. Matamori volse appena il capo all'indirizzo del più anziano tra i due soldati che lo scortavano, lasciando affievolire il sorriso in un'espressione atona.
« Temo che io non sia in grado di comprendere appieno la tua ottica, Bravo. Spero ardentemente che Maldonado e de Padilla potranno essere più coscienti di me, in merito. » concluse, voltandosi ed allontanadosi lungo le scale, ignorando la voce strozzata del rivoltoso e sorpassando rapido le due incisioni sul decesso dei capi della protesta dei Comuneros.
Tre, vince il Re.



*= nnnnome, anzi, cognome, non è un complimento velato di sarcasmo pesante :D [...non che questo manchi~]
Huhuhu, e qui vi ci voglio vedere, a capire che succede nel prossimo *v*


leggete, per favore :3

Ludwig: pensavo sinceramente che il fatto del nome passasse quasi sottobanco, non è una novità per il mio stile di scrittura lanciare l'osso al cane per poi vedere se lo nota o meno, e soprattutto se trova il modo di prenderlo senza doverlo rincorrere come un cerebrato quando questo è legato ad un filo.
Spieghiamo, allora.
Sacro Romano Impero e Germania per me sono due entità distinte per quanto unite dalla storia, dal legame familiare e dalla psicologia di entrambi. Diciamo che nella mia testa Germania è una sottospecie di derivato, di ‘rimanente’ di SRI. Non è assolutamente lui, bensì è la Nazione, tra le altre che sono derivate dal fantomatico bambino con dubbia coscienza del sesso di Veneziano, che più ha conservato i tratti del predecessore.
Inoltre ho immaginato la reazione di Prussia al ritrovamento di Germania in seguito alla scomparsa di SRI, così simile al suo fratellino, finito da uno dei suoi migliori amici —coffcofftruppenapoleonichecoffcoff.
Diciamo che nella mia testa Ludwig si chiama così perché lo stesso HRE aveva quel nome.
E perché vedo Prussia fin troppo sentimentale, sotto la corazza che si ritrova >>'''

In ogni caso, lascio qui il link ad un sito nel quale potete farmi le domande più disparate, dato che mi rendo conto del fatto che me ne scordo alcune nelle recensioni e che qualcuno non vuole pormele per paura di sembrare un idiota o qualcosa d'altro.
Premettendo che io sarei capace di strutturare un discorso partendo dalla domanda ‘ti lavi i piedi almeno una volta ogni due giorni? èOé’ e trovo rispettabilissima anche una domanda riguardo l'esistenza di folletti della malora che indirizzano le zanzare a me piuttosto che ad altri, in questo modo non c'è bisogno di smanettare con l'html e non serve nemmeno un account sul sito, potete farmi domande nel più completo anonimato, inerenti alla ff o meno, come preferite :3.

Kurohime
CaVa, non posso sbandierare al mondo il mio segreto di bellezza u^u.
OddiHio, una nazione °x°. Penso Spagna, Italia o Grecia.
Lo so, sono fin troppo monotematica in fatto di zone, ma amo il Mediterraneo.
Anche se Danimarca e Norvegia non mi dispiacerebbero, voglio il mare e basta, oh U___U
Odiarti? :'D Non sono geneticamente preparata per quest'evenienza.


Assassin Panda
*___*
Eh, il Bad Touch Trio È il Bad Touch Trio, cacchiarola u_ù.
Cari, 'sti tre imbecilli <3.
Non faccio la gnorri, non hai indovinato u_ù.
Ma se vuoi faccio quello che vuoi :D, sempre disHponiBBile *^* —no, Francis, pussa via, te.

Siccome ci metto parecchio a postare e rispondendo alle recensioni mi rendo conto che scordo alcune domande o altri non leggono le risposte a recensioni altrui, ho pensato di aprire almeno 'sto profilo, così se qualcuno ha domande gli posso rispondere direttamente, diciamo che è più immediato —... no comment.
Awwwwn, che bello trovare i commenti di chi segue dall'inizio <3


s_theinsanequeen
AH! UN VOTO! A LUGLIO! *scappa*
Sorvolando sulle idiozie —...coff coff—, mi fa davvero piacere sapere che questa fanfiction ti piace, come mi fa saltellare per casa ogni recensione, che sia negativa o positiva, adoro quando si interessano tanto della cosa da esprimere un parere personale *v*.
OddiHio, la commedia :'D, sarà cosa ardua, ma so già chi dell'ammasso informe di personaggini è più incline alla cosa, grazie per i complimenti :D [tanto sono del colore di Marte da un mese, oramai .////////////////////.].


nihal the revenge
NO! LE VUVUZELAS NOOOOO! *urlo apocalittico*
Awwwwn, sei tornata! *-*
Ed ora saprai anche com'è andato l'orale, no? *v*
Sì, ai recensori esaminandi scasso le palle, ma voglio sapere se va tutto bene o no u_ù.
Tirando le somme, Francis gufa °_°, non salutatelo mai per l'ultima volta °A° [non che ADDIO sia tanto di buon auspicio A-Dio, sarebbe come dire ‘ci si rivede da morti’ °_°].
E SPAGNASPAGNASPAGNASSSSPAAAAGNAA! Ho urlato, ballato, cantato e pure scritto quella sera, sono andata fuori di testa, correndo per strada e ridendo in faccia ai tedeschi che levavano le bandierine mignon dalle bmw.
Sò soddisfazioi :D
Que viiiiiva Españaaaaaa <3
Nonno Roma è ovunque, a parte in Sud Africa u_ù


Miki89
In caso riuscissi a concluderla, sarebbe la prima *shocked*.
Gilbooooooooo! [Nominativo che rivesto nel gruppetto, tra Francis, Antonio e Lily. Siamo inquietanti, sì. Ed immagina come posso essere io, se mi appioppano il nome di AWESOME U_____Ù. Voglio un pulcino.]
Antonio e Lovino hanno il serio problema di essere ancora sconosciuti l'uno per l'altro, seppure si sentano legati, unica compagnia effettiva priva di disprezzo o insofferenza. Diciamo che per Antonio è come tornare ai tempi di Roma e per Lovino lo stesso <3 [...ho dei problemi...]
OddiHio, non hai idea di quanto mi faccia piacere e mi dia sollievo il fatto che non lo troviate OOC, pensavo di commettere quasi un'eresia per qualcuno a renderlo meno idiota e cretino di quanto non pensassero.
.___. lo rendono oscuro solo quando si tratta di sesso, eccheppalle >x>
Francis e Gilbert sono un pò il lato che occuperebbe una famiglia, in una situazione simile, inoltre tra loro e qualche cavolata di Lovino cerco di alleggerire un pò, per quanto sia difficoltoso, con Spagna incacchiato in giro :'D.
Esameesameesame? *v* cosa studi? *_____* [a te tutta la discrezione di non rispondermi e andarmi a fanculo, eH u_ù]
Figurati, ADORO le recensioni lunghe, somigliano ad un diaogo *___*


la Crapa
E non morirmo, Stèla :'D
Awwwwn, mi ama <3 mi sento completa, posso morire felice, ora u_ù.
VILLA <3 <3 <3 Dios, se adoro quell'uomo *___*.
Tré Cool! *____* OddiHio, non hai idea di quanto ti stia invidiano, li adoro *__* [non chiedermi il perché di tutte 'ste smile *___________*]
*si liquefa* lo so, a volte ho degli sbalzi di sentimentalismo imbarazzanti, ma sei così carina ad avvertire il motivo per cui non recensisci che *____*.
Non vedo l'ora che tu pubblichi la raccolta, ma a quanto pare temo di dover attendere per settembre, non ho la dote della pazienza, ma vedrai come salterà fuori *v*.
Io sto gongolando a non finire, Olanda vs Spagna, Netherlands vs España, Dios, CHE BÈL *___*
Francia sente che Antonio gli sta scivolando fra le dita come la sabbia, dopo anni di amicizia incondizionata, superstite di innumerevoli battaglie che finivano con arrabbiature di qualche giorno ed un abbraccio divertito, per quanto i sovrani potessero battibeccare tra loro, ora si trova completamente spiazzato e si ancora a qualsiasi cosa per diminuire il potere dell'iberico nel tentativo [a suo dire] di farlo tornare in sé, per quanto sia conscio che quell'Antonio è sempre l'amico di una vita.
GILBO! >O<
No, impotente no ;^;, però sono contenta che traspaiano le sensazioni sottintese che le parole provocano nell'altro *_*
ALTRO VOTO! AH! *rifugge*
Non sono un pollo, sono un gilbird, il che fa più fAigo u_ù.
POLIPO!
PAUL!
PAUL HA SCELTO LA SPAGNA PER LA FINALE!
HA SCELTO LA SPAGNA CONTRO L'OLANDA!
*_____* AAAAAAAAAAAAAAAAAAAH.




Dove c'è Antonio, c'è casa <3
© Miki89 :'D


Ed ora me ne vado con la mia chesterfield, perché non sento più la testa :'DDDDDDD.

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Capitolo 13
*** Huellas Paternales ~ Cap.12 ***


IMPERIO NUOVO
NONUCCIDETEMIPERFAVORE ;;

Inizio a diventare come Daniele Doesn'tmatter, non farò più un capitolo senza avvisi antecedenti alla lettura, me tapina D:
A parte le cazzuolate, volevo scusarmi per l'immenso ritardo, soprattutto per il fatto che avevo anche detto che sapevo -e so- cosa succede nei prossimi capitoli, ergo avrei dovuto andare come una scheggia.
...
Sono scesa in guerra. [No, non con gli olandesi durante i mondiali, anche se ero l'unica con la maglia di Villa in mezzo alla marea arancione di turisti, al Ristorante Visivo - DDDDD: -]
NON STO SCHERZANDO D: sono una roleplayer su FB, sono davvero scesa in guerra! E, come dire, mi sono lasciata prendere la mano? *3*
Oh, beH, a parte ciò, ho passato delle vacanze belleH, sono stata a Firenze, e blablablabla, ho fatto amicizia e blablablablablablablabla.
ANCORA PERDONO
http://i55.tinypic.com/169183s.jpg


Rating:
Verde? Avanti, stavolta non le ho raccontate, le teste impalate sulle navi D: !
Genere: Storico. -MA VA?!-
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | | Feliciano Vargas ~ Italia Veneziano ◊ Repubblica di Venezia | Elizavetha Hedervary ~ Magyar Köztársaság | Heracles Karpusi ~
Nota: Metà del XVII secolo
Osservazioni personali:  Ho già implorato perdono? ;;


Imperio mutilado
HUELLAS PATERNALES


Era fin troppo avvezzo al silenzio gremito di sommessi sussurri sulla cotta per dare davvero peso a questi ultimi, limitandosi a sospirare ed a poggiare la schiena al corrimano che recintava l'intero ponte, lasciando scorrere gli occhi scuri e profondi lungo le lingue di terra che allungavano le dita montuose verso un immaginario centro comune, aggrottando le sopracciglia nel trovare le proprie pupille quasi estranee nel panorama verdeggiante che gli si profilava dinanzi, piuttosto che alla costante della volta turchese che si fondeva all'orizzonte con le schiumose onde infrante dalle fiancate dell'imbarcazione pesante.
Da quando non riusciva a riconoscere le acque della sua infanzia? Eppure, non era passato così tanto tempo da giustificare una simile mancanza affettiva, per la miseria.
Sussultò, strappato dai suoi pensieri nostalgici ed alzando il viso verso la direzione indicatagli dal sottotenente poco distante da lui, il quale non avrebbe dovuto nemmeno rivolgergi verbo, tra l'altro, ma di problemi d'etichetta militare avrebbero magari discusso più tardi.
« Capitano, è predisposta l'esca? » domandò ad alta voce al giovane comandante, al che questi annuì con sicurezza, scendendo le scale del livello superiore, avvicinandosi all'albero maestro, poco lontano da lui.
« Speriamo solo che questi veneziani rendano effettiva cotanta sete di vendetta fraterna.* » commentò il ragazzo, mentre la Nazione si volgeva a guardarlo. Fisicamente parlando, quanti anni dimostrava? Quattro? Cinque in più di lui?
Si permise di accennare un sogghigno, mentre la brezza leggera si alzava tra le frastagliate coste greco-turche, annunciando in muto requiem l'inizio di ciò che quella tensione via via sempre maggiore, andava decantando da giorni, a così poca distanza tra i fronti avversari.
« È in questi momenti che mi domando se la mia corona non si trovi deposta sul capo sbagliato.** » ammise Matamori, mentre veniva issato lo Stendardo benedetto poi non molto tempo prima, al che il ventiquattrenne accennò un sorrisetto vanesio, posando la mano alla lingea e lucida superficie avanti a sé.
« Non mi pare il momento di fare discorsi di tale peso politico, España. » ribattè il capitano, prima di voltarsi alla culla del Sole nascente, sospirando appena.
« Lo so. » concluse l'iberico, allontanandosi da lui, posando sul proprio crine il copricapo tradizionale, l'arma fidata non molto distante.

L'Imperatore storse le labbra al frastuono generato dal brusco impatto del pugno chiuso, sebbene guantato, di uno degli esseri più antichi che l'uomo, a quei pochi a cui era concesso, avesse mai conosciuto, mentre questi aggrottava le candide e sottili sopracciglia.
« Mi lasci andare, ho detto! » sbottò nuovamente, provocando unicamente la noia nella controparte regale, il che non fece altro, se possibile, di stizzirlo ancora di più.
« Non ci riguarda.*** » replicò il reggente, chiudendo un fascicolo dalla carta vergata d'inchiostro vermiglio e nero, riponendolo alla sua destra, poco lontano dalla piccola conca provocata dal gesto dell'albino nella spessa scrivania di ciliegio.
L'altro si protese nuovamente in avanti, artigliando il bordo del mobile con le dita lunghe e callose, benché strette in chiare e preziose sete orientali della stessa fattura del cupo mantello sulle sue spalle.
« I turchi sono alle porte e la cosa non ci riguarderebbe? Sono alle porte di Vienna, hanno preso buona parte del Sud-Est Europa e non ci riguarderebbe?! » sibila, nervoso, mentre i muscoli delle braccia si tendono, irrigidendo la mascella nel vedere il monarca annuire.
« Gli Infedeli saranno impeganti nel Mediterraneo, Preußen. Cercate di contenervi, potrebbero scambiarvi per rozzo. » lapidò, alzandosi dal piccolo scranno preziosamente inciso ed orlato d'oro.
« Tzk, di tutti i momenti, Karl doveva lasciare questo mondo proprio ora?! » concluse la Nazione, voltandosi ed uscendo dalla sala privata, sbattendo l'uscio.
“Antonio, per l'amor di Dio, vedi di muovere quelle chiappe e sistemare questa faccenda.”

« L'ha fatto di nuovo. » la voce sottile ed assonnata arrivò alle orecchie della ragazza quasi come provenisse da una dimensione impalpabile, da uno spirito sopito tra le pieghe candide dell'aere di quell'abitazione tanto sontuosa quanto labirintica.
Evidentemente era una connotazione obbligatoria per qualsivoglia Loro civico.
« Cosa, Hera? » domandò questa, voltandosi verso il ragazzino poco più basso che le si era affiancato, gli occhi schiusi e lo sguardo distaccato.
« È uno sprovveduto. » ribattè lui, facendo spallucce ed allontanandosi, in quella tenuta araba che gli era costretta, quanto al velo della giovane.
Era arrivata con il malumore che solo le donne indispettite possono palesare ai peccatori di poca pazienza, non aveva il carattere adatto alla sottomissione od ai patti obbligatori, chiunque fosse entrato in contatto con lei in campo politico sapeva quanta testa dura e caparbietà la distinguessero, eppure, di fronte alle rare volte nelle quale quel ragazzino dai capelli spettinati e mossi si faceva tanto sibillino, non poteva far altro che mordersi le labbra e scrollare le spalle per allontanare l'inquietudine che lo sguardo chiaro e distaccato che assumeva le metteva addosso.
BaH, mediterranei.

Fuoco. Fuoco e acqua, le fiamme lambivano con devastazione vorace le imbarcazioni arabe mentre, su una delle sorelle di queste, si stagliava la figura pesantemente bardata della Nazione dei tulipani turchi.
Pareva un attore rifuggito ai palcoscenici fatiscenti e menzogneri, alla ricerca di spettatori tanto calati nella parte d'armata da esserla fino al cuore patriottico.
El Imperio aggrottò la fronte, mentre su entrambi i volti dei condottieri si andava delineando il sottile sogghigno delle lingue taglienti affamate di lame rilucenti del vermiglio altrui.

Il passo pacato sul marmo chiaro, ascoltavano l'uno il suono della suola dell'altro, mentre attraversavano le volte a botte che costeggiavano i cortili dell'Abbazia, tenendosi per mano, eppure dal sorriso vagante per tutt'altri lidi.
« Famagosta è caduta. » mormorò il più giovane, mentre l'altro aggrottava impercettibilmente le sopracciglia, abbassando lo sguardo.
« Famagosta non aveva la difesa della Lega, non ancora. » replicò, quasi ancorandosi alle sue stesse parole, mentre sentiva la mano intrecciata a quella del fratello venire sollevata dall'altro, alzando il capo ed incrociando gli occhi castani di questi.
« È bello che tu ti fidi tanto. » concluse con l'innocenza di un bambino, che ancora poteva calzare, seppur di straforo, al viso da ragazzo che andava delineandosi su di lui, al pari del Meridione, il quale si ritrovava ora le gote velate di porpora.
« Non è questione di fiducia. È questione di Fede, idiota. » borbottò, lasciando andare la sua mano ed allungando il passo, il mento alto per evitare di guardarlo ancora e lasciare che il più piccolo intravedesse l'angoscia tra le sue iridi ambrate.

Porre conclusione al conflitto: eliminare il caposaldo al quale il branco fa riferimento.
È un insegnamento che persino le bestie della minor lega conosciuta annoverano tra le proprie nozioni, e la vaga ricerca degli occhi dell'avversario era tra queste.

« Non credo che la posizione vi si addica, Matamori. » s'alzò il commento sopra il clagore delle lame tra sorelle di differente taglio e medesimo metallo, mentre la schiena del ricevente andava a scontrarsi con l'altra.
« Ed io non credo sia il caso di parlarne, Santa Cruz****. Cercate il Capitano, se hanno capito che si trova su questa nave, non tarderà ad arrivare il mio, di avversario. » concluse l'iberico, lasciando ancora affiorare il sorrisetto impietosamente beffardo sulle labbra piene, la mano stretta all'impugnatura ampia dell'alabarda già imbrattata quanto la sua armatura.
« In tal caso, vedrò di non ostacolare anche Voi. » commentò il Marchese, scostandosi e ritornando a poppa, tra spagnoli e sporadici turchi in abbordaggio.
« Chi si rivede. » strascicata. La sua pronuncia non era sicuramente migliorata nei secoli, né tantomeno avrebbe mai osato pensare che la cosa importasse a quello sbruffone vanaglorioso che andava parandoglisi dinanzi, vigliaccamente mascherato.
« Che dici, saltiamo i riti d'etichetta? » replicò l'europeo, roteando nella mandritta l'arma lunga, al che la controparte alzò la ricurva e rilucente lama della sciabola lavorata.
« Sei scortese, fratellino.***** » ribattè l'Impero Ottomano, lasciando la lingua schioccare contro il palato, prima di parare un colpo diretto, oltre che prevedibile, da parte della Nazione coloniale, sogghignando quanto l'altro poco prima.
« Non sono tuo fratello. » un sibilo, un ringhio, pressione sulla spada tanto particolare ai suoi occhi verdi ed una risata di scherno dalle labbra scure dell'arabo, mentre allontanava l'iberico con un calcio al torace, rigirando l'impugnatura con fare spavaldo, prima di alzare il tono delle risa, allargando le braccia tra quella mattanza d'uomini che andava circondandoli, prima di scandire con divertimento il verbo di sfida.
« Ed ora, chi sarà più fiero, Antonio? Roma o Cartagine? »
Sgranò gli occhi, prima di serrare la mascella in un ringhio di rabbia, scagliandoglisi addosso con quanta più foga avesse in corpo.
Con quanta più rabbia avesse mai covato.
Con quanto più rancore riuscissero a dargli gli occhi pizzicanti.



« Ave, Hispania. »









*= Le galeazze davanti allo schieramento veneziano erano al comando degli ammiragli Antonio e Ambrogio Bragadin, che chiedevano vendette per l'uccisione del loro fratello Marcantonio a Famagosta (il senatore veneziano torturato, scorticato e poi ucciso decapitato e squartato dai Turchi dopo l'assedio dell'isola). [CHEBELLO]
**= L'Infante don Juan de Austria (Ratisbona, 24 febbraio 1547 – Bouges, 1 ottobre 1578), era figlio illegittimo dell'imperatore Carlo V d'Asburgo. E PFT, non avete idea del casino che ha combinato.
***= Quando Carlos V de España (<3) abdicò, scisse i suoi possedimenti europei da quelli americani, cedendo questi ultimi al reggente di Spagna, suo figlio Filippo II, mentre il Sacro Romano Impero veniva addossato al proprio fratellino. Sì, il tizio che non va d'accordo con Prussietto.
****= Alvaro de Bazan di Santa Cruz, Marchese “Onnipresente al fianco di Juan durante il conflitto.”. Praticamente ha fatto sì di non perdere il capo in mezzo al CAOS. GH, mi fa simpatia, Alvie.
*****= ALLORA, qui si entra nelle teorie personali della nascita di una nazione. ORDUNQUE, a mio dire, le Nazioni sono trovate, nate dalla comunione tra la Madre Terra ed il desiderio dei una popolazione di essere riconosciuta come tale, scissa da altri. Antonio, a mio dire, è figlio di Roma quanto Francis [Sì, li considero fratelli. Che pensate dell'incest? *3*], poiché i cartaginesi facevano, appunto, capo alla città, non erano una civiltà nativa, quale è divenuto poi l'insediamento romano in hispania.
...
ANTONIO È LATINO, PUNTO E STOP è^é/
Almeno, per me u_u





AlinorRed
Cacca. Tu cacca D:
Sì, me li lavo *3* TUUUTTI i giorni, che ho caldo.
...
LE PATATE -l'accende [NO, non il fondoschiena].-
AWN, cara, non pensavo la seguissi da tanto ;; -commossa.- GH, sono sempre contenta quando qualcuno recensisce.
Dillo alla tua amica, non mangio, anche se a quello ce pensa la prigrizia *3* -PARLALEI.-
E, oh, i sensi di colpa. Verrà chiarita, la faccenda, nel prossimo o nel capitolo successivo -pattaH.-
GH, grazie. Apprezzo tanto quando qualcuno mi dice la sua opinione, sia questa positiva o meno, e suppongo che con te si potrebbe discutere di linee bianche e nere per ANNI, analizzando ogni lato della politica e della storia.
...
VIENIQUI D:<
Un bacio, Roma *3*



Miki89
PFT, come vedi, la tua partenza non ti ha portato problemi, io devo aver staccato il cervello lo stesso giorno :'D
Angoscia, tranquilla, le acque si calmeranno tra poco, forse in modo un pò angst, FORSE, ma si calmeranno.
A mio parere, NGH, non posso dirlo ;AAAA; -fissa FF.- 'ncület ;A;
PFT, ne avranno di tempo, e parecchio, a parte queste campagne ammazza tutti. E sì, Tonio è troppo scazzato, dovrebbe sedarsi, 'sto yandere D:
Io confido nella Russia Prussiana, un quadratino di territorio prussiano in amministrazione alla Russia confinante con Lituania, Polonia e Bielorussia. Gilbo, non abbandonarci  ;A;
GH, che figata  *_____*/ <- non ha la minima idea di che cazzo prendere all'università, ma passi.
DOVE C'È ANTONIO, C'È CASA <3 <3
E stavolta ha vinto Tonio ~


Aerith1992
.///////.
Non sono poi così brava, sto imparando. E sono contenta tu consideri Romano IC, e Antonio... Antonio è uno squilibrato, parecchi lo considerano peggio di Ivan e, se Madama Storia non sbaglia, effettivamente lui e Arthur sono i più crudeli, tra colonie e compagnia bella, anche se Carriedo si è macchiato di uno sterminio di massa impressionante.
VERGOGNA, TONIO èOé
AWN, sono contentissima ;;

Kurohime
YEHE.
Amo quel polpo. È stato pescato in Sardegna.
...
SPAMANO <3
Sono contenta ti piaccia tanto la FF *-* mi dispiace per l'attesa >>''
*le passa una Heineken*

infiammabile
PFT, te pensa come sto in ansia io, per la tua FF! D:
Te lo leverai di bocca, quel ‘Fail’, E LO SAI + +
Ma se pure io vado a spulciare Wikipedia! :'D Mai fatto storia riguardo la Spagna, a scuola, se non lo stretto necessario. Ma sono innamorata del Siglo de Oro quanto dall'Impero Romano -sangue latino <3-

nihal the revenge
DEHE.
VITTORIA -canta Que Viva España da due mesi. Andrà avanti per quattro anni.-
94?! Ci credo che ti sei snervata D: -abbraccia.-
Io sono stupida, faccio questi ragionamenti arrandom sulle parole, non sono molto normale, nH? -non dice mai Addio per quel motivo D:-
Sono AWN che ti sia piaciuta la scena dell'incubo, perché è solo la prima metà.
...SPOILER, CAZZO D: -si spara.-
No, non è facile, ma amo questo personaggio appunto per la sua concezione della vita, mi somiglia *-*. -si capirà in seguito.-
WOAH, converto *-* mi darò alla vita ecclesiastica e diventerò il Dio di... no, questa è vecchia.
Feli sembra scemo, ma ricordiamoci che la sua fu la prima repubblica d'Europa, EH.
Io penso che l'esistenza di Romano e Feliciano come due esseri scissi fisicamente sia data dal fatto che esistono da tempi antichi, ben prima dell'unificazione dell'Italia, ma anche dal fatto che un italiano su... due? Non si sente italiano, bensì campano o siciliano o veneto o, peggio del peggio, padano =A=.
sHiao *3*

la Crapa
Sono finita nel Lago.
No, non sto scherzando, e non scherzavo manco prima, ero DAVVERO in mezzo a due-tre centinaia di olandesi tutti vestiti di arancione. Ed esultavo per i goal. E per qualunque cosa.
IL POLPO È LA MIA REINCARNAZIONE! *3* Siamo come Veneziano e Romano, coesistenti.
PFT, tanta stima per il mezzo spagnolo -pattaH.-
AWN, ed apprezzo quest'impegno, perché ammetto che leggere anche solo una recensione ripaga di tanto, tantissimo, delle ore passate a ripassare storia e geografia ed a studiarsi le dinastie degli Asburgo -@A@ stronzoni, a me solo Carlos sta simpatico, TZK.-
L'intro è... D:
Diablo dovevo metterlo, penso che sia ciò che abbiano pensato i nativi dopo qualche giorno dall'arrivo del Señor Decapitazione Facile sul loro suolo :'D
ODDIHIO, amo il tuo patriottismo <3
Famagosta è un casino D: territorio di Romano EPPURE sotto giurisdizione della Repubblica di Venezia. Che rottura =3=
ANTONIO REGNA!!!ONEONE11!!!
Anche se avrà la crisi economica, anche dovesse andare in rovina -toccaferro- lui ha fatto il culo a tutti *3* -più o meno-
Non so se sia normale sbavare così tanto per una cosa di bassa lega, ma appurerò la tua sanità mentale a tempo debito + +
PREUßEN <3 che versione portaste, madamigella? *3*
:'D OddiHio, non lo definirei splatter splatter... un surrogato psicologico, magari X°
CHUCHUCHU ~ è sempre un piacere leggere le tue recensioni.

[E sì, nell'AU ERA IL VECCHIO FRITZ *33333*]


Dove c'è Antonio, c'è casa <3
© Miki89

ANTONIO REGNA!
© la Crapa

...
GH, PERCHÈ IL CONTORNO È PIÙ LUNGO DEL CAPITOLO?! D: -depressione-
-molla ‘banner’ e scappa.-


Imperio Mutilado – amby

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Capitolo 14
*** Arrugamientos ~ Cap. 13 ***


Naturalmente mi rendo conto dell'indecenza del mio ritardo e non ho la minima intenzione di dare spiegazioni in veste di attenuanti, ma di semplice esplicazione della mia negligenza, ovvero ciò che vi è giustamente dovuto. L'introduzione di questo capitolo è stata battuta a tastiera per qualcosa come una ventina di volte, ma il computer non pareva perder mai occasione per chiudere programmi in modo puramente casuale ed esplicitamente sadico quando aprivo Word o Nvu, sto pregando in tedesco, francese, spagnolo, italiano e croato, al momento, facendo solo una gran cagnara di lingue europee.
Nove mesi. Nove mesi dal capitolo precedente a questo.
Non biasimo nessuno, anzi, ringrazio di cuore se qualcuna delle mie lettrici storiche ancora ha la pazienza e la solidità digestiva di aprire Imperio Mutilado, voglio solo ringraziarvi a prescindere.
Mi dispiace. Devo scuse sia a voi che alla FanFiction stessa, spero possiate perdonarmi. Oppure semplicemente ignorare la cosa, non era mia intenzione giocare con la vostra pazienza né tantomeno frustrarvi, ma era davvero così... demolente (?) vedere tutto ciò che avevo scritto chiudersi. Ogni. Santissima. Volta.
Grazie.

Rating: Giallo –decapitazioni-.
Genere: Storico.
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano ◊ Stati italiani del Meridione | Elizavetha Hedervary ~ Magyar Köztársaság | Heracles Karpusi ~ | Sadiq Adnan ~ Impero Ottomano.
Nota: Metà del XVII secolo.
Osservazioni personali:  Sì, sto scrivendo il mio testamento, aspettate due secondi che trovo il notaio ed arrivo al patibolo ;-;. Ed oltretutto è anche uno di quei maledetti capitoli di passaggio, mandatemi anche a 'fanculo, a questo punto.




Imperio mutilado
ARRUGAMIENTOS




« Antonio*, per Dio, questi non sono affari adatti a te! »

Ricordava quelle parole, gli risuonavano nei timpani fin dall’imbarco sulla galeazza veneziana, troppo curioso, troppo ardito per restare ancorato a terra ad immaginare. Lui voleva vedere.
Aveva tanto sentito parlare delle gesta di quegli Imperi, or ora combatteva al fianco di uno dei rappresentati di una tra le più note famiglie della penisola italica, passato sulla Fiorenza dell’Ordine di Santo Stefano**, quando tutto si fece silente.

Il fracasso dei prematuri festeggiamenti arabi, lo stridente cozzare di metalli tra i più disparati. Tamburi squarciati ed armi spezzate.
Circondato dalla debole, seppur caparbia, resistenza d’altri quindici uomini, si guardò attorno con circospezione, il fiato corto.

Qualcuno era caduto.
Ora bastava solamente capire chi.


Scivolava in sottili rivoli sinuosi, dal capo mozzato ed impalato, fino a cadere in piccole gocce sul legno consunto da calzature ed affondi, oppure mescolandosi al sale del cielo capovolto.

Il trofeo dei vincitori, l’ennesimo scempio umano dagli occhi vitrei ed il viso congestionato in un’espressione mortifera.
Il condottiero era caduto.


Gli occhi socchiusi, percepiva il suono ovattato delle proprie fila alzare le spalle ed avanzare agli sconfitti, il torace che si alzava ed abbassava con lentezza quasi preoccupante mentre l’agognato respiro che tanto gli era mancato nel mezzo dello scontro rifluiva generoso entro le membra stanche del vincitore supino lungo la pavimentazione levigata della propria galea.

« I tuoi fantasmi sono tanto aggrappati a te quanto tu lasci loro carne alla quale appigliarsi, fratello. » Adombrata, la figura che cercava sostegno lungo il corrimano dell’imbarcazione mormorava sorridente, la dentatura macchiata di vermiglio.
« Taci. » sibilò in risposta Matamori, tossendo e deglutendo il sapore ferroso che gli permeava la bocca, prima di sedersi con debito colpo di reni, alzandosi con il sostegno dell’imponente arma bilame.

L’avversario non parve voler farselo ripetere, probabilmente per la carica di disprezzo con la quale l’altro gli ordinava di levarsi dal suo campo visivo ed la conseguente lacerazione d’amor proprio alla quale il suo orgoglio veniva sottoposto.

Una risata ruppe il silenzio, facendola sussultare e cingersi le spalle con le proprie mani, scuotendo poi il capo nel riconoscere l’impronta soddisfatta nel timbro adolescenziale della voce che serpeggiava dirompente tra le opulente decorazioni orientali.


Sorridente.

Nascosto, ma sorridente, attendeva lungo il porto delle sue genti, tentando di ritrovare un broncio autoimposto da più di un millennio, dietro l’ombra della novizia colonna che si protendeva verso il cielo terso.***

Quasi dall’altro capo verticale dell’Europa Centrale, il campo di battaglia pareva ancora integro, almeno entro le mura del Palazzo di Den Haag****, ove le ferite sembravano aprirsi solamente fissando un pezzo di carta firmata e controfirmata, ed ancor più osservando attentamente una porta sbattuta per l’ennesima volta.


Le Nazioni non sono nate per mera rappresentanza.

Ma allora, perché, perché, perché**** dar loro anche solo una briciola d’umanità?
Sadismo o crudele casualità, anche i legami di sangue si piegano ai capricci di esseri tanto bassi quanto gli uomini.




*= Antonio Canal, detto ‘Canaetto’ dai veneziani ed in seguito denominato ‘Canaletto’ dalla critica artistica mondiale, prese parte allo scontro.
**= Così come Tommaso de’Medici, sulla quale imbarcazione fiorentina rimasero solo altri quindici uomini. Infilarvi anche Canal è un mero capriccio personale, non si sa con precisione su quale nave fosse collocato l’artista, quindi mi permetto di prenderlo in prestito sulla galea toscana <3
***= A Napoli venne issata una colonna in corrispondenza del porto dove le navi cristiane approdarono di ritorno dalla Battaglia di Lèpanto.
****= Vecchia capitale delle allora Provincie Unite Spagnole, ora sede della Corte Penale Internazionale, della Corte Internazionale di Giustizia, dell’ Europol, dell’Eurojust, dell’Ufficio europeo dei brevetti, dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e del Tribunale internazionale per i crimini nell'ex-Iugoslavia. Chiamasi anche “L’Aia”. Sì, me la sono tirata con Wikipedia. Penosa, tzé.
*****= PERCHÉ ANCHE TU, CALEB?

Se riconoscete la quinta nota asteriscata [oramai VIVE di asterischi. Dios.] vi regalo una torta fatta da me! E sono brava, eh!
E se indovinate anche cosa c’è oltre quello sbattimento (?) di poveri infissi colpevoli esclusivamente della loro collocazione, vi regalo il Dottor Reed di Criminal Minds. EEEEH? <3

Dove c'è Antonio, c'è casa <3
© Miki89

ANTONIO REGNA!
© la Crapa

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Capitolo 15
*** Arcos y arenas ~ Cap. 14 ***


imperio13


Rating: Verde
Genere: Storico.
Personaggi:Antonio Fernandez Carriedo — Monarquía Universal Española | Tankariy Yachiy Tupac  — Impero Inca | Lovino Vargas — Italia Romano ◊ Stato del Vaticano ◊ Stati italiani del Meridione | Glória García Galvão — Império Português.
Nota: 1575 d.C. — 1580 d.C.
Osservazioni personali:  Sì, va beh. A-ah.




Imperio mutilado
ARCOS Y ARENAS


Il sollievo tolto da un petto scivola viscido tra le costole d'altri.
'Ché non è polvere l'errore.
È polvere l'uomo.

Sentiva la sua voce risuonare per le scalinate ampie, incastrate in mura dall'aspetto pesante e, per quanto il soffitto potesse essere alto ed imponente, costrette sotto volte intarsiate e cassettonate di legnami d'ansia. Gli stessi scorci di luce pura filtrati dalle grandi vetrate della sua stanza parevano costrittivi.
Nemmeno temesse di ustionarsi sotto quel sole soffocante, seppur schermato da finestroni e tendaggi pesanti che davano l'idea d'una stabilità precaria, quasi i bastoni sfarzosi su cui facevano affidamento quelle stoffe antiche e ricamate potessero cedere e piegarsi allo scorrere degli anni da un momento all'altro.
Lui che sotto il sole v'era cresciuto, osservando cicatrici rilucenti e chiare sopra carni abbronzate, vigorose, sì, ma malate.
D'un morbo dei peggiori di questo e dell'altro mondo.
Sentì nuovamente il richiamo femminile sulle scalinate, le govenanti latinoamericane dovevano essere in subbuglio, forse il proprietario di casa aveva anticipato l'orario di rientro dall'ennesimo incontro diplomatico con uno tra i numerosi cardinali della penisola.
Sbuffò scocciato al terzo lamentìo proveniente dagli ampi corridoi candidi adorni di decori e quadri ad olio di decine e decine di nobili d'ogni casata e Nazione. Nella sala che il suo “superiore” impiegava come ufficio per gli incontri formali v'era anche appeso un grande ritratto delle Nazioni sotto il controllo della famiglia degli Asburgo, da Austria ad Ungheria a quel tizio con i capelli troppo puliti.
Lasciò cadere lo sguardo sul profilo del paesaggio ispanico oltre la balconata di marmi rosei, dondolando il capo nel pensare che, almeno in quel dipinto, poteva rivedere il viso del fratello minore. Si intrufolava in quella sala da decenni, oramai il viso di Feliciano sarà mutato almeno quanto il mio, si ripeteva ogni volta, dandosi dello sciocco nel fissare quattro pennellate e due lineamenti d'una prima adolescenza impressa per sempre sulla tela pregna di colore.
Il sospiro lungo che gli sfuggì dalle labbra venne seguito da un violento calcio al mobile di pesante legno lavorato poco distante dalle colonne del baldacchino del letto dalle lenzuola indaco, ed il cuore cadde appena un poco più giù nella cassa toracica.
Gli mancavano le montagne, le correnti ed i venti salmastri, era tutto così statico. Gli mancavano i suoi Colli.


Vesti amarantine di pregiata fattura e sottovesti di lino, passi veloci, chi se ne importava della terra dei campi nell'atrio, l'aguzzino d'ogni essere vivente in quella gabbia d'aria e mari armati non sarebbe tornato che ad ore.
Tra le braccia olivastre dal sottotono vermiglio, un'anima si spegneva di solitudine, colta dal malore in pieno giorno.
Le era caduto il vassoio d'argento dalle dita lunghe e incallite, poco avevano impiegato le compagne e sorelle a capire cosa si stava delineando a poche stanze di distanza.
« Ci sta uccidendo. Tutti quanti. »
Dall'altra parte del mondo, il cranio di Tupac Amaru* si sgretolava all'impatto con le roccie della costa che stava costando al Continente tanto sangue quanto d'acqua è pieno l'Oceano, mentre dei piedi fin troppo piccoli e pieni di tagli di felce portavano urla di dolore e paura nel mezzo della grande macchia verde.


Parve una beffa.
Quantomeno alla dama in abiti d'armeria, lo parve eccome.
Inspirò profondamente, soffocando d'orgoglio un rantolìo strozzato, mentre osservava il cielo, le ginocchia sulle grandi pietre impolverate, lo scrosciare dell'acqua sopra e sotto. Desiderò annegare, per pochi istanti, desiderò annegare in pioggia, fiume e lacrime di fierezza sfregiata, mentre lasciava cadere la lancia ed urlava al cielo, i lunghi capelli scuri, incrostati di sangue raffermo di giorni e umidi di nuove stille vermiglie le ricaddero lungo la schiena inarcata, aderendo al metallo bagnato.
Dinanzi, il fratello alzava la lunga arma, vittorioso e colmo di cieco orgoglio.
Sopra Traiano**, vinceva.
La donna smise di sfogar la propria furia alla volta, per poi volgere all'avversario, al vincitore, lo sguardo smeraldino colmo d'ira, non sarebbe incorso in errore nel teorizzare un attacco alla gola, mentre incrociavano le pupille gemelle.

« Vilão.*** » sibilò la nazione atlantica, alzandosi a fatica, aiutandosi con gli arti superiori e sostenendosi a fatica, senza scostar l'attenzione dal fratello minore, il petto che doleva per la costrizione nell'armatura che limitava l'ossigeno. Mai quanto allora rifiutava di liberarsi del peso della battaglia.
« Te quiero también, Glòria.****
» replicò Matamori, avvicinandolesi a passi sicuri, l'alabarda al fianco che cozzava contro la superficie levigata ed insanguinata del ponte romano, scandendo con rumore sordo i passi dell'ispanico, il cui viso andava apparentemente deformandosi in un ghigno vittorioso, lo sguardo ricolmo e straripante di strafottente sicurezza, vacuo quanto le cataratte degli anziani.
La Monarquía Universal alzò il braccio mancino, posando la mano sulla spalla destra dell'Império, prima di scoppiare a ridere al cielo, facendole il verso, mentre ella ancora urlava di rabbia, allungando le dita furiose al viso dell'uomo, prima di cadere a terra, debolmente a carponi.

Antonio si chinò sulle proprie ginocchia, facendo sbattere ancora la punta inferiore dell'alabarda contro le pietre, avvicinando le labbra contratte in un ghigno dai denti digrignati ed i muscoli del viso dolenti.
« I Reggenti saranno felici. Feliphe è un ottimo Re. » mormorò, la voce tagliata da note di puro ed infantile scherno, gl'occhi vibranti della vendetta d'un bambino per un dispetto, un giocattolo rubato, una disputa sui regali dei Re Magi.
« Eu odeio você.***** »
 

La staticità d'una casa vuota si rifletteva sul trascorrere del tempo di coloro che attendono.
E la tensione che Italia Romano percepiva da giorni serpeggiava come vipera tra le stanze, dalle cantine risalendo per le ampie e sfarzose scalinate. Era passato del tempo dall'ultima volta che era uscito per trascorrere del tempo nei giardini, il freddo pungente, per quanto secco, gli era oramai conosciuto da anni, capiva quindi quando lasciar perdere le scampagnate negli ettari di giardino che circondavano l'abitazione, ben lontani dai campi di lavoro che svettavano lungo il paesaggio posteriore alla facciata del palazzo.
Sbuffò, girando la pagina del grande tomo rilegato e miniato, soffermandosi ancora ad osservare la cartina geografica che raffigurava il mar mediterraneo. Da mesi si aggirava per i corridoi sfogliando quel libro di pergamena, vecchio di decenni. Era l'unico risultato della corruzione di uno dei marinai salpati per una delle ultime tratte per Napoli.
Era perfettamente conscio che l'Università era stata ultimata ed era operativa e funzionante, Antonio gli aveva mostrato i progetti ed alcuni dei dipinti più recenti appesi alle pareti raffiguravano e celebravano l'opera architettonica ed accademica. Aveva chiesto al ragazzo di Barcellona di portargli un libro, un libro sulla storia del Mediterraneo.
Ed una foglia d'arancio, essiccata ed inserita tra le prime pagine. Li nascondeva entrambi accanto alla Bibbia, nel cassetto del pesante mobile di legno antico nella propria stanza. Matamori sapeva della sua istruzione, gli aveva affidato un istitutore anni prima, quando non veniva la stessa Nazione a spiegargli i dettagli dell'interazione tra i suoi simili.

Si sentiva preso per i fondelli, ma non poteva protestare più di tanto: si trattava comunque di espedienti per far trascorrere il tempo.
Sospirò ancora, scorrendo l'indice lungo il profilo della pagina e voltando pagina.


« Posso benissimo cavarmela da solo. » 

Parole taglienti, d'un uomo ferito e dalla superbia appena pizzicata.
« Preferirei non rischiare. »
Dietro finestre con gli occhi rivolte alle costellazioni splendenti, un'altra porta sbattuta, un'altra imprecazione sibilata, un'altra gamba slogata.
E boria frustrata di ricercare ancora la medesima stampella.

 
Una croce stretta tra le dita, una preghiera sulle labbra.
Nei cielo, il vuoto sordo d'un uccello che cade.


 
 
 
 



*= Tupac Amaru fu l'ultimo sovrano dell’effimero regno di Vilcabamba creato dal padre, Manco II, nei recessi più selvaggi delle Ande, nel tentativo di restaurare l’Impero Inca dopo la conquista spagnola e la perdita della capitale del Cuzco.
**= Il Ponte di Alcántara è un ponte romano ad arco costruito tra il 104 e il 106 sotto Traiano, che attraversa il fiume Tago nella località di Alcántara (Provincia di Cáceres), venen ristrutturato da Carlo V. Ad
Alcántara si è svolta la battaglia definitiva dove Filippo II di Spagna vinceva la corona del Portogallo contro le truppe portoghesi.
***= Pazzo, folle.

****= Ti voglio bene anche io
*****= Ti odio



Dove c'è Antonio, c'è casa <3
© Miki89

ANTONIO REGNA!
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Capitolo 16
*** Murmurar ~ Cap. 15 ***


imperio13

http://i.imgur.com/S2MFJ5y.jpg
Rating: Verde
Genere: Storico.
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo — Monarquía Universal Española | Arthur Kirkland  — Kingdom of England | Lovino Vargas — Italia Romano ◊ Stato del Vaticano ◊ Stati italiani del Meridione | Francis Bonnefoy — Royaume de France et Navarre
Nota: 1581 d.C. — 1594 d.C. c.a.
Osservazioni personali:  Ma che, ancora me caHate? ;DD; -giUoia e sorpresa-




Imperio mutilado
MURMURAR





Spingevano.
Spingevano. Si ritraevano lentamente.
E poi spingevano ancora, più forza, più foga.
La volontà disperata, disperato e sconsiderato desiderio d'esser monarca.
E spingevano.
Sentiva le loro mani sulle spalle, sul capo, sulla schiena.
E quel martello, insistente, costante, tra le tempie.
Tum.

Tu-tum.
Era tornato a casa da poco, pochissime ore a dire la verità. Ma aveva un bisogno spasmodico d'aria, d'aria pura, pulita dall'odore acre delle polveri alzate dalle marce degli eserciti, del pungente e ferroso aroma del sangue che si spargeva in ogni dove, lo sentiva sotto la pelle, artigliato alle fasce dei muscoli.
E su, su, fino alla gola, avrebbe potuto vomitare la morte di migliaia delle sue vittime da un momento all'altro, lo sentiva.
Ne era ebbro. Gli faceva girare la testa, doveva pulirsene gli occhi, le ciglia, le pupille.
Si domandò come facesse Gilbert a vedere quel colore ogni volta che si guardava allo specchio, scuotendo il capo dopo pochi istanti. Finché avrebbero brillato a quella maniera, il rosso degli occhi di Beilschmidt non avrebbe appestato nessuno.
Almeno così la vedeva lui, ovviamente.
Ma i suoi pensieri vennero interrotti bruscamente dal nitrito sottomesso della sua compagna di riflessioni, la quale alzò ed abbassò nuovamente la zampa anteriore sinistra, provocando un tonfo soffuso a contatto con la paglia dell'ampio box della scuderia poco distante dal palazzo della Nazione.
Antonio sorrise, riprendendo a spazzolarle il manto d'un cenere lucido, mormorando una lenta canzone in catalano, dondolando appena il capo per seguirne il ritmo, lasciando che Isabèl, la giumenta, si godesse la spazzolatura. Lo rilassava, lo rilassava enormemente passare del tempo con lei. Pareva che i grandi e profondi occhi scuri dell'andalusa lo carezzassero con fare materno, aquietando i demoni irrequieti della sua mente e del suo cuore, mentre si concentrava unicamente sul movimento della spazzola.
Si sentiva solo, solo ed abbandonato in quell'enorme abitazione. Inoltre, le governanti erano divenute, se possibile, ulteriormente più schive di quanto già non lo fossero per abitudine. Aveva notato una diminuzione del 'personale', negli ultimi anni, probabilmente era quello il motivo per cui non potevano prendersi tempo per lui, dovevano svolgere i compiti di altra gente, si diceva.
Ma il suono della carrozza imperiale se lo ricordava bene, oh, eccome. Voleva dire che non era più così solo, probabilmente avrebbe passato il resto del tempo tirandogli dei tomi esageratamente grandi per i suoi canoni, i quali lo spagnolo si intestardiva a cercare di fargli entrare nella testolina, come se non bastassero le interminabili ore di catechismo e storia della religione che doveva sorbirsi praticamente ogni giorno.
Non che seguire i dettami di Dio gli pesasse, ma quei sacerdoti sfioravano la smania. Così l'aveva seguito, che diavolo, pensava veramente di trattarlo come un perfetto idiota? Checché ne dicesse, era pur sempre suo ospite, e non si trattavano così gli ospiti. Di certo Francia non l'avrebbe tenuto tanto tempo da solo, ma il solo pensiero di trovarsi a Parigi, in quell'istante, gli fece risalire un brivido lungo la spina dorsale, gli dava l'idea di serpe, quell'uomo.
Aveva aspettato qualche minuto, affacciato alla finestra, per capire dove stesse andando, oramai conosceva, se non la città, quantomeno il quartiere a menadito, dopo tutti quei decenni recluso volontariamente in decine e decine di muri decorati degli stucchi più sfarzosi e traboccanti di quadri fino alla claustrofobia indotta.
Aveva riconosciuto la scuderia privata del sellaio che abitava poco distante, che stesse andando a commissionargli delle rifiniture per la cavalcatura in vista di qualche parata militare? L'ennesima?
Era quindi uscito e l'aveva seguito a passo sicuro, ben intenzionato a spiegargli un paio di cosucce riguardo la presunta ospitalità del sud europeo, prima d'irrigidirsi improvvisamente.
Cavalli.
Almeno una manciata. E tutti respiravano pesantemente, riusciva a sentire i loro zoccoli dietro le pareti di legno e ferro battuto, il respiro caldo ed animale filtrare e permeare tutto l'ambiente, impregnato del tipico odore del bestiame.
Ed in mezzo a paglia e terra, ben attento a non stare attento a sporcare gli stivali dell'uniforme o la parte inferiore della divisa, stava la nazione imperiale, tutt'intento a canticchiare e sellare un equino di colore grigio, della razza che vedeva più spesso per le strade, sia a tirar carrozze che ad accompagnar uomini. E Spagna pareva decisamente più tranquillo di lui all'idea di stare così vicino ad un cavallo.
Lo sentì cantare, quell'idiota. Sarebbe bastato che la giumenta s'imbizzarrisse per pochi istanti, non minuti, istanti, per fargli prendere una zoccolata in fronte e tramortirlo, se non ammazzarlo di netto. E lui se ne stava lì, a cantarle chissà quale filastrocca in quella lingua impastata e sibilante.
« Ay, Isabèl. » sospirò, assicurando la sella alla cavalla, prima di infilarle al capo la testiera e montare, tirando un sonoro sospiro di sollievo una volta a cavallo, le spalle ricurve e gli occhi apparentemente impegnati ad osservare l'attaccatura del crine bruno al manto cinerino, le braccia mollemente abbandonate ai fianchi e le mani appena chiuse, giusto per non perdere del tutto la presa sui lacci di cuoio scuro.
« Mi mancavi. » concluse quindi, sorridendo dopo un poco ed ergendo le spalle, prima di colpire dolcemente la zona poco distante dalla coscia dell'equina, chiedendole di avanzare, diretto all'uscita della scuderia, prima di tirare le redini, sorpreso.
« ¿Lovino? »

« Qual'è il rapporto? » il tono annoiato gli fece raggelare il sangue nelle vene, non per vero timore di morte, sapeva che non era il tipo da uccidere senza alcun motivo, ma si trattava di una persona certamente d'alto rango e dall'influenza indiscutibile, se il Generale della Marina lo mandava ogni sbarco a far riassunto al suo cospetto, niente meno che all'interno del Palazzo Reale, e le sue stanze non distanziavano nemmeno molto dal ramo adibito a quelle private del Re.
« Marinaio. » lo richiamò questi, mentre si allacciava minuziosamente i bottoni dorati della camicia di seta orientale, i ricami rigonfi attorno al colletto opulento di pizzi, simili alle rifiniture delle maniche, gli contornavano il collo dalla carnagione nazionalmente candida e giovane. L'ufficiale di marina si soffermò qualche istante a cercare di dargli un'età anagrafica quantomeno precisa, ma non riusciva ad andare oltre i diciott'anni, e l'idea che un diciottenne potesse avere tutto quel potere senza appartenere direttamente al clero o direttamente alla famiglia reale era destabilizzante. Quel ragazzo doveva essere decisamente qualcuno di cui aver timore. Troppo curato per un addestramento da sicario, troppo freddo per esser nato nell'agio.
« Sì, Ser. Abbiamo intercettato tre imbarcazioni dirette a Gibilterra. Il contingente del ricavato è soddisfacente, per quanto ancora non completamente calcolato. » rinsavì dai pensieri, snocciolando un elenco ben delineato nella mente, elaborato durante il tragitto.
« Nessun prigioniero, abbiamo rimandato due delle navi nel porto d'imbarco ed una è proseguita per il Continente. » concluse, stringendo appena le spalle, portandosi in posizione d'attenti con fare marziale, mentre il biondo pareva ascoltarlo distrattamente, le ampie e peculiari sopracciglia appena corrugate nell'immaganizzamento delle informazioni, mentre si metteva i guanti di cuoio lavorato e tinto di bruno.
« Ottimo lavoro, corsaro. » replicò quindi, accennando ad un sorriso accondiscendente nei confronti dell'ufficiale ventitrenne, al che questi fece un lieve inchino, prima di rialzare gli occhi azzurri ed incrociare quelli verdi, brillanti e chiari dell'altro, intento ad infilarsi la pesante cappa fregiata di innumerevoli stemmi militari, nautici e reali.
Decisamente, non doveva essere il massimo averlo tra le fila dei propri nemici.
« Accompagnami all'uscita, debbo incontrare qualcuno al porto. » concluse, facendogli segno di seguirlo mentre afferrava il pomello intarsiato dell'ampia e decoratissima porta del salotto delle stanze personali di quel ragazzo blasonato, costringendolo per etichetta a limitarsi ad un assenso e seguendolo.
« Da quanto tempo sei sbarcato? » chiese, il passo veloce per i corridoio ricoperti di stoffe e tappeti pregiati, prima di scendere lungo le scalinate principali delle sale adibite a stanze del trono e di gala, così imponentemente vuote, vacue, silenziose. Morte.
« Due ore, Ser. » rispose, al che Arthur si trovò a fare il rapido calcolo dell'ora canonica che si frapponeva tra il porto ed il Palazzo, oltre alla richiesta d'udienza ed all'attesa fuori dalla propria ala dell'abitazione reale, sospirando appena in un sorriso quasi addolcito sulle labbra sottili, mostrando un canino bianco e lucido. Non rispose, lasciando il marinaio interdetto sulla motivazione di quella domanda, ma aveva capito oramai da tempo che i superiori avevano il loro modo di conoscere qualcuno.
Una volta all'esterno, osservò per qualche istante la carrozza preparata nel piazzale, prima di richiamare il cocchiere e costringerlo a scendere, come se l'uniforme da guardia reale non fosse già abbastanza fastidiosa.
« Portalo dalla sua famiglia. E fammi preparare un cavallo, sono di fretta. »
Tum.

Tu-Tum.
Perché, perché si era allontanato dal vicario? Perché non era rimasto a leggere per la duecentesima volta quelle lettere ai corinzi?
Perché doveva nascondere delle manie di masochismo. Doveva odiarsi profondamente, quella era l'unica spiegazione che poteva giustificare il fatto che si fosse lasciato afferrare come un carico di sale ed ora si trovasse quasi arpionato al collo della giumenta andalusa, le gambe contro quelle dello spagnolo, di quel dannato che rideva ad ogni sobbalzo dello stato italiano, nemmeno lui fosse nato a cavallo.
« Fammi scendere. » mugugnò per la quinta volta, dopo nemmeno una decina di metri al passo, le spalle ancora infantili che cercavano rifugio nel contatto con le mani di Antonio, le quali reggevano saldamente le briglie di cuoio della cavalla. Non accennò a fermarsi, limitandosi a cingergli la vita con il braccio destro, dopo aver passato la briglia nella mano sinistra, avvicinando la schiena dell'apparente tredicenne al proprio addome, abbassando poi il capo.
« Confìa en mì. » replicò solo la nazione imperiale, alzando poi il mento dalla spalla del più piccolo e colpendo appena l'andalusa con il tallone, lasciando che avazasse ad un passo più spedito lungo le vie cittadine, sorridendo divertito nel notare le mani del passeggero inaspettato arpionarsi alla sella di cuoio spesso. Continuava a borbottare, prima contro di lui, poi contro chiunque si soffermasse ad osservarli. Gli abitanti conoscevano il volto di Antonio, era un eroe, un conquistador, un militare fregiato di cento e mille onori. Era un viso familiare, si diceva che non cambiasse né nome né volto per motivi di benedizione divina, perché il suo sangue era limpido quanto il cielo.
Lovino storceva il naso ogni volta che udiva dicerie simili, non avevano davvero idea di che colore fosse il sangue di Spagna, ne di quanto potesse perderne in un viaggio solo.
Dopo quasi un chilometro, la città oramai lontana, lo sguardo olivastro dell'italiano si era soffermato oramai sul cielo terso tipico, era raro che si allontanasse così tanto dal palazzo, se non per motivi quali fuga vera e propria, ma poi si perdeva o veniva riconosciuto come un appartenente alla famiglia del Señor Carriedo. Poco importava quanto scalciasse, dimenasse o parlasse in una lingua differente da quella del presunto parente, lo riportavano sempre lì. Ed a lui non dispiaceva nemmeno così tanto, dopotutto.
A parte la solitudine, ovviamente.
« Mira. » ne interruppe i pensieri il cavaliere, cogliendolo alla sprovvista e sorridendo divertito del sussulto di soprassalto del presunto erede dell'Impero Romano, tendendo appena i muscoli del braccio destro per sorreggerlo in una momentanea perdita di equilibrio dovuta alla sorpresa.
« Vuoi ammazzarmi, cretino?! » esclamò questi, prima di accontentare la richiesta del maggiore ed abbassare gli occhi alla distesa verdeggiante che si spalancava sotto di loro, dovevano aver superato un paio di colline scoscese che circondavano la città, mentre osservava il cielo.
Somigliava tanto a casa sua, in quel modo. Mancavano solo gli Appennini all'orizzonte, alti e regali.
« ¿Te gusta?* » chiese lo spagnolo, indicandogli le piccole chiazze di verde scuro di piccoli boschi che si articolavano attorno alle vie sterrate che univano il centro cittadino a Madrid ed alrri nuclei circostanti. Poco distante, ruggiva il mare. Ed era tutto e niente, c'era così tanta vita, così poco uomo, in tutto ciò.
Mugugnò contrariato in replica, prima di ritrovarsi nuovamente ancorato al collo della cavalla, la risata dietro di sé ed una certezza sola: detestava il galoppo.

Tum.
« È ufficiale? » domandò povero il primo, osservando le navi mercantili caricare e scaricare il materiale intercettato nell'ultima corsa nell'Atlantico, domandandosi se quella guerra muta avrebbe portato a qualcosa di più che qualche imprecazione da entrambe le parti e molta vergogna ai marinai che fallivano. Una volta, non molto tempo fa, avevano anche tentato di unificare le Corone, a rifletterci ora pareva solo l'idiozia di un ragazzino pacifista.
« Ha l'acqua alla gola - » replicò l'altro, concedendosi un sogghigno divertito della battuta, ricambiato da un'occhiata complice e quasi comica dalle iridi verdi « - non aveva altra scelta. » proseguì quindi il più alto, le vesti ben più pregiate dei loro ultimi incontri. La nuova Compagnia delle Indie pareva fruttargli bene, nonostante i quasi cinquant'anni di lotta per la libertà.
« Dodici anni di tregua. » informò, chinandosi e raccogliendo il cappello nero dalle casse lignee sulle quali l'aveva posato per comodità ed etichetta, riportandolo sul proprio capo, i capelli biondo grano acconciati in maniera particolare.
« Sono sufficienti a molti cambi di rotta. » asserì il padrone di casa, al che l'altro sogghignò nuovamente, scuotendo stancamente il capo ed alzando la mano guantata di bianco.
« Oh, credetemi, Engeland, non avete di che temere. »

Tu-Tum.
Spingeva.
Spingeva. Si ritraeva lentamente.
E poi spingeva ancora, più calore.
È il popolo, fuori dalla Cattedrale.
È il cuore che lo lascia sorridere, le cicatrici in via di guarigione.
Perché Parigi val bene una messa.**












*= “Fidati di me”, “Guarda”, “Ti piace?” ommioddio, grazie al cielo c'è della descrizione, suona ambiguo forte °-°'
**=  Enrico IV, dopo aver tentato l'assedio di Parigi, viene riconosciuto come Re di Francia, ma come ugonotto viene battezzato, in seguito a ciò, viene incoronato ufficialmente. Gli viene attribuita questa frase come risposta alla proposta del Trono in cambio del battesimo.











Risposta alle recensioni (che sono indietro boia) ~
Cap. 12, huellas paternales
Kurohime
Oddio, puntualità, questa sconosciuta alla mia persona X° il problema è stato l'accavallarsi di casini su casini, oltre al fatto che Imperio costringe ad un casino di ricerche e traduzioni snervanti, ogni volta che avevo un po' di tempo finivo per perdermi nei meandri della storia ed uscirne con niente di fatto. Avevo perso ogni speranza di portarlo a termine, ma ora sono uscita da un brutto periodo ed ho deciso che, se dev'essere ciò che dev'essere, che almeno questa ff sia finita, eccheccazzo!

la Crapa
Decisamente Hetalia comporta metri diversi :'D mi scuso anche con te, probabilmente soprattutto con te. So che la mia assenza può essere stata una ‘delusione’, ma questa ff comporta davvero una grande disponibilità di tempo per essere portata avanti, oltre che una mente libera. E questi sono venuti a mancare negli ultimi due anni -asssssh.
Chiedo scusa anche a te, per l'attesa, probabilmente in tutto questo tempo cala anche l'interesse, so di essere arrivata tardi ma, ehi, casa resta qui.

Miki89
È sempre così bello leggere le recensioni di voi 'prime'. E fa anche capire quanto tempo mi sia sfuggito nel cercare di sistemare tutto, ma chiedo davvero comprensione. Imperio ha davvero bisogno d'impegno e di mente sgombra, e la vita degli ultimi due anni ha lasciato davvero poco spazio per respirare o pensare ad altro, figuriamoci al fandom.
Ow, ma Antonio è siempre un figo <3
Gilbert in ricovero S.p.A., presto, prima che crolli D: ow, ecco chi era venuto ad invadermi <3


Cap. 13, arrugamientos
Kurohime
Oddio, davvero hai visto una sua mostra? Che invidia ;v;
Bello tutto Canal. TUTTOH

_Seppia
No, non è una recensione, ma sono poche quelle che sono davvero tali.
Addirittura la scemenza più grossa? Possiam far finta di non aver né letto, né scritto.
Non ne morirà nessuno, stai tranquilla.
Libera.

Nihal the revenge
Non ci credevo nemmeno io! X°
Oddio, anche tu leggevi quel fumetto? Io lo adoravo! Ma no, la citazione viene da uno dei video demenziali di willwoosh, quel ragazzo è un genio. Oltre che un gran paraculato! :'D


Cap. 14, arcos y arenas
theReason
Magari me pagassero pure, per far questo <3 e no, la mia testolina non riceverà padellate, semplicemente per il fatto che sei troppo pesaculo per tirarmele dietro. Convincerai qualcuno a farlo al posto tuo <3 <3 <3
Non mangiar Tonio, mi serve per continuare la fic, se poi riesco anche a concluderla, siamo all'apocalisse vera e propria, con tanto di quattro cavalieri delle sfighe <3 e smettila di elogiarmi, mi tiri così su che poi a cascare me rompo l'osso sacro pur io <3
Cara mia, abbiam interi armadi di personalità per cambiar d'abito ~
Ed è così. Potenzialmente non sono andata a dormire.


Dove c'è Antonio, c'è casa <3
© Miki89

ANTONIO REGNA!
© la Crapa

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