La Lancia Spezzata

di DarkSide_of_TheRunes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La voce di Dio ***
Capitolo 2: *** L'amore è come un germoglio ***
Capitolo 3: *** Il sogno della Lancia ***
Capitolo 4: *** Donzelle in pericolo ***



Capitolo 1
*** La voce di Dio ***


La Lancia Spezzata

I
La voce di Dio


 

Le ultime fiamme si nascondono tra le ceneri ancora calde, accompagnate dai pezzi di rami secchi che sono stati quasi del tutto consumati. Ed è lì che il calcio di Erech va a sfogarsi, per celare la fioca luce che sta per scomparire del tutto.

Gli occhi azzurri, simili a lame di ghiaccio, si incastonano tra le stelle che ricoprono il manto nero privo di luna. Il vento della notte sopraggiunge, sfiorando prima gli alberi che circondano la macchia verde della foresta, per insinuarsi poi tra i suoi lunghi capelli neri e la folta barba, lasciata crescere incolta. Un tempo, quando la gioventù scorreva vigorosa tra le sue membra, non avrebbe mai usato abbandonare la cura e l’interesse per il proprio aspetto. Un tempo, il suo comportamento rispecchiava la sua essenza. Ora invece sembra che non abbia nulla a cui appellarsi: di ciò che ha lasciato sulla sua strada, non porta alcun ricordo visibile nell’ombra dei suoi occhi. Che ami o meno quel cambiamento, di certo rappresenta un'estrema fuga verso la libertà.

Si costringe ad alzarsi in piedi, dormire non gli avrebbe giovato per il resto di tutta la notte. Calpestato il mantello su cui poco prima aveva costruito un giaciglio approssimativo, si copre con il pesante manto di pelliccia. L’inverno è appena iniziato, ma la neve ancora non si lascia scorgere, probabilmente nella sua vecchia casa essa già si è posata sui manti erbosi che d’estate sono verdi e colmi d’alberi in frutto.

Per una volta in tutti quei lunghi anni è lieto di non trovarsi da solo nel suo cammino, felice che Fionn si trovi assieme a lui. Quanto durerà quel bisogno di solitudine? Quanto ancora si nasconderà dietro la maschera che si è adagiato sul viso? Sa di non essere più, forse un giorno sarà.

Volta lo sguardo distrattamente verso il suo compagno, intento ad osservare le stelle. Sembra che le stia contando, come ogni sera.

Lo vede grattarsi il naso, prima di puntare il dito verso una stella particolarmente luminosa.

«La Punta di Lancia!» esclama Fionn «guarda come brilla forte stasera. Quando la stella della tua casata brilla così, sta per avvicinarsi la fortuna».

All’udire quel nome, Erech non può che richiamare lo sguardo verso la stella, sollevando appena il capo per poter incontrare quella luce così alta e luminosa nel cielo, più bella tra tutte. La osserva in un silenzio prolungato, prima di chinare lo sguardo, quasi vergognoso di appartenere ad una Stirpe di cui non si sente più degno.

«Brillava così anche quella notte, Fionn. Brillava anche quando i miei uomini furono trucidati, quando mio padre soccombette sotto la lama dell’Usurpatore. Ho timore delle stelle, soprattutto quando emanano una luce così forte».

«Secondo me non brillava così forte. Ero un bambino, mio signore, ma me lo ricordo bene» Fionn si stringe nelle spalle, sembra che stia riflettendo su qualcosa che solo lui può conoscere o ascoltare. «Il Grande Vecchio non vorrebbe che tu temessi le stelle, mio signore. Sono i suoi messaggi, e noi dobbiamo solo imparare a leggerle».

«Ah, certo. Il Grande Vecchio» Una risata lugubre esce dalle labbra nascoste sotto la barba, vivere fuori dal suo Regno per così tanto tempo gli ha fatto dimenticare tutto ciò che di nobile possedeva. «Se il Grande Vecchio ci avesse mandato un messaggio simile quando ci serviva, saremmo tutti nelle nostre case ora, in Grazie e Giustizia. Non mi hanno dato ascolto i miei Dèi, perché mai dovrei voler ascoltare i messaggi del tuo?»

Alla fine della frase sputa a terra con disanimo. 
Vede il compagno scuotere la testa.

«Beh, il mio Dio è più simpatico dei tuoi dèi. E non brandisce lance.»

«Non dirmi che il tuo Dio opera secondo Giustizia ed Amore, come siete soliti predicare tutti, con assenza di sangue e guerra, perché sono pronto a dirti che esso vale meno di niente».

Fa vibrare quelle parole tra i denti, togliendo lo sguardo dalle stelle e volgendolo verso quello di Fionn che sembra al contrario così tranquillo, dai lineamenti rilassati e sereni. A volte non sa chi ringraziare che lui l’abbia seguito per così tanto tempo, altrimenti ora si ritroverebbe da solo contro il mondo, o contro se stesso.

Le parole acri muoiono sul nascere, così Fionn rivolge gli occhi al cielo prima di domandare «Quanto manca ancora, all’alba?»

Erech si sofferma a guardarlo per qualche istante, ancora dalla sua posizione alta e robusta, non riesce a comprendere se quella domanda sia volta a lui, ma sente di dover dire qualcosa.

«Poche ore, partiremo non appena sarà sorto il sole. Ma io non ho sonno, se vuoi riposare, ti sveglierò appena sarà ora di andare. Monterò la guardia fino a mattina».

Fionn riporta lo sguardo su Erech, lasciando trasparire un’espressione quasi sorpresa. Impiega diversi istanti per registrare la sua presenza, come se per un attimo l’avesse dimenticata, ma poi replica: «Se tu vegli su di me, chi veglierà su di te?»

Solo allora Erech comprende che la sua domanda era rivolta altrove, verso le Stelle luminose del cielo, forse. Sospira, evitando di incorrere in una nuova discussione sprezzante sul suo Unico Dio. Quante sciocchezze, voler affidare il destino del mondo ad uno solo.

«Non ho bisogno che qualcuno vegli su di me, Fionn.»

«Ah, sciocchezze, ne hai bisogno come tutti, mio signore» ribatte spostando le braci con un bastone, con fare pensieroso, prima di aggiungere «Tu te la ricordi, tua madre?»

Che strana domanda, sopraggiunta così all’improvviso a rischiarare le acque tenebrose creatosi nel suo cuore. Sua madre, come non ricordarsi di lei?

«Sì, me la ricordo. Ella era bella, dalla voce melodiosa e sincera. Aveva lunghi capelli castani intarsiati d’argento, ninnoli di famiglia. Le chiamavano Stelle di Luce, che assurdità. Eppure mi piaceva guardarle la sera, tra i suoi capelli, prima di andare a dormire. Sembrava di poter vedere il cielo in una stanza. Ma perché mi poni questa domanda?».

Il compagno sembra ascoltare il suo racconto con attenzione, come se fosse concentrato sull’evocare il ricordo della Regina.

«Stelle di luce. Il cielo dentro la stanza» annuisce, per poi poggiare la bocca sulle mani giunte «Niente, cercavo di ricordare la mia. Il Vecchio non mi aiuta molto, in questo. Però mi assicura che era una donna bellissima. Com’è che tutte le madri sono sempre bellissime?» Accenna ad un sorriso. «Tu te la ricordi, mia madre? Era davvero bellissima, o il Vecchio lo dice per farmi piacere? Io sospetto che sia così».

Erech si sofferma per un attimo, conducendo lo sguardo verso le braci ancora calde, corrugando la fronte con fare pensieroso. No, lui era un principe mentre Fionn non era che il figlio del siniscalco del Re. Ricorda suo padre, certo, un uomo importante a corte ma non può rimembrare il viso di sua madre.

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«Tuo padre non ti lasciò nemmeno un ritratto?» chiede quasi d’incanto, con voce addolcita.

Fionn si ferma a riflettere, prima di ripetere: «Siamo noi a renderle belle…», poi scuote il capo. «No, nemmeno un ritratto. Però so che si chiamava Aimèe.». Chiude gli occhi. «Me la ricordo, la notte in cui l'usurpatore ha preso il tuo regno. Mio padre mi ha preso per mano e mi ha messo tra le braccia della balia. C'era il rumore del metallo sui gradini di pietra. Gli strali delle catapulte sulle mura. I corridoi vibravano, credevo che mi sarebbero caduti sulla testa.» Apre gli occhi, per fissarlo con serietà. «Ricordo quando tu ci hai guidati in salvo, noi gente del borgo. Eri coperto di sangue e fuliggine, ti tenevi il braccio ferito, ma non ci hai lasciati al nostro destino, anche se non eravamo importanti. E’ per questo che ho giurato di proteggerti. Nel caso te lo stessi chiedendo. Non ricordo se te l’avevo mai detto, ma ora lo sai. Non ricordo mai se ho già detto le cose importanti. Ma è meglio ripeterle, nel caso. Non credi?»

«Aimèe, uno splendido nome, delicato come quello di un fiore» risponde Erech in un sussurro, prima di passare una mano tra i capelli, facendo un giro intorno alle braci, calpestando il terriccio secco e caldo. Poi, ecco i ricordi affiorargli nella mente, trasportandoli in espressioni del viso punte di rammarico. 
«Mio padre mi incaricò di portarvi in salvo, prima della fine. Non avrei desiderato abbandonare la battaglia proprio in quel momento, ma c’era bisogno di qualcuno che avesse il sangue freddo per portarvi via e difendervi, o sareste morti. Rimpiango ancora tutta quella gente che non ebbi modo di portare in salvo, erano troppi ed io mi sentivo…solo.»

Come non ricordare quei bui e tetri momenti, le urla delle donne e dei bambini, gli uomini che invece correvano verso la battaglia per difendere se stessi e le proprie case? Le lance contro gli scudi nemici, le lame delle spade spezzate e colme di sangue, quella ferita al braccio che bruciava in profondità, ma sembrava esser stato il cuore ad aver ricevuto una ferita ben più profonda. Porta ancora quella cicatrice, ma è ben nascosta, come se fosse motivo di vergogna.

«Io mi ricordo di te, Fionn» A seguire quel turbinio di pensieri avanza ancora, avendo il bisogno di comunicarli. «Avevo gli occhi intorpiditi dal calore delle fiamme, dai fumi che si levavano alti nel cielo. Sì, mi ricordo. I tuoi occhi sono inconfondibili, non avevi un briciolo di paura, nonostante fossi tra le braccia della tua balia. Così fiero e sicuro. Sei tu che mi hai dato la forza per andare avanti, combattere. E non hai nemmeno avuto bisogno di parlare.» Compare un sorriso sulle labbra disegnate sotto la barba «Certe cose è meglio che non vengano dimenticate, mai. Ribadirle significa aprire le ferite, ma che importa? Esse rimangono sulla nostra pelle».

Fionn sembra accennare ad un sorriso prima di abbassare gli occhi. «Io ti ho dato la forza? Accidenti.» Scrolla le spalle, continuando a stuzzicare il fuoco, come se amasse veder scoppiettare le scintille sulle fiamme. Porta distrattamente la mano sotto i piedi, dove tiene il suo arco non ancora incordato.

«Sì, tu Fionn. I tuoi occhi parlarono chiaro quella notte, avevo il compito di portarvi tutti in salvo e solo dopo avrei potuto adempiere al mio dovere.»

Una risposta così fugace, colma di rammarico, gli fa stringere gli occhi, come per cercare di dimenticare quelle immagini che lo fanno ancora sussultare.
«Parlavi già col tuo vecchio Signore?» aggiunge, desideroso di cacciarle via, mentre decide di sdraiarsi sul tronco di un albero caduto, abbastanza spesso da poterne contenere schiena e gambe incrociate.

«No. La prima volta che mi ha parlato è stato quando ho preso in mano un arco» Fionn sorride entusiasta al ricordo «Pensavo fosse la voce dell’arco! Lui mi ha detto come incordare, come incoccare, quando lasciare andare la freccia. Devi ringraziare l’Unico, sai, se oggi sono in grado di combattere al tuo fianco!»

«Ti ha insegnato persino ad usare l'arco...è incredibile, sono preziosi i suoi consigli, a volte» lo canzona, continuando a tenere gli occhi ben chiusi, come per proteggersi dalle parole e dalle immagini, dalla luce della stella che continua a brillare nel cielo, ma meno luminosa di prima. 
Poi, d'improvviso, con la stessa voce infantile Fionn dice: «Ricordami cosa faremo quando avremo tra le mani l’usurpatore».

Erech sa che non è casuale quell’affermazione, oltre al voler volgere l’argomento verso un’altra direzione.

«Lo uccideremo, dissanguandolo e strappandone le carni.» E' il suo più brutale desiderio, sanguinario e animale. Sì, lo desidera più di ogni altra cosa. Ma poi non diverrebbe altro che una belva, una delle peggiori fiere dell’umanità. Sospira, scuotendo il capo e modificando la sua risposta. «Lo cacceremo via, per sempre».
Non può vedere l’espressione di Fionn, da quella posizione, ma immagina in quali riflessioni possa esser caduto.

«Sarai un re migliore di lui, mio signore. Migliore anche di tuo padre» Il ragazzo volge gli occhi al cielo «anche Lui è d’accordo».

All’udire quelle parole sente gli occhi bruciare, come immersi in una lava vulcanica. Cosa sono, lacrime forse? Sì, le riconosce le maledette che per anni hanno cercato di infondersi tra i suoi occhi e il suo viso. Le caccia via con un movimento brusco, impedendogli di scendere. Sente l’animo vibrare all’interno delle sue carni, fremere per la vendetta e per rivendicare il Sangue che è stato sparso, il suo stesso sangue che non ha saputo proteggere. 
Dove ed in chi troverebbe la forza se Fionn non gli fosse così fedele, così amico? Eppure mai lo aveva ringraziato fino ad ora, mai nemmeno una parola carica d’amicizia, alcun gesto d’affetto fraterno. 
Il bruciore appena spostatosi in gola gli rende la voce più scura, quasi da oltretomba.

«Questo non sarà il tuo Dio a deciderlo, né io né tu. Che ci sia almeno propizio insieme agli Dèi tutti per questa ardua missione. Ora siamo soli, ma dovremo recuperare altri volontari. Altri che possiedono la nostra stessa affinità di sentimenti».
Avverte il rumore di un ramoscello gettato nel fuoco che attecchisce nelle fiamme, arde e si annerisce consumandosi lentamente.

«Mio signore, gli dèi non decidono. Sanno e basta» Lo sente alzarsi in piedi, scrollandosi le vesti dalla cenere «In questo posso aiutarti ancora meglio. La gente mi ascolta, quando predico» ora si ferma, come non si stesse rivolgendo solo al suo interlocutore terreno «Va bene, va bene, ascolta Te che parli attraverso me. Ma non è la stessa cosa?» Si volta verso Erech spalancando le braccia <

Un nuovo sorriso, ben nascosto, compare sulle labbra, divertito dal fare eccentrico dell’amico. Apre un occhi solo per poter incrociare il suo sguardo.

«Fionn, ci sono diverse cose che continuo ad ignorare di te. Ad esempio, mi son sempre chiesto come tu possa vivere assieme ad una voce che continua a ronzarti nelle orecchie. Non è già abbastanza faticoso esser il compagno di se stessi?».

Intanto si rende conto che la luce del mattino inizia a distogliere l’imbrunire della notte, quasi non si è reso conto che i colori iniziavano a divenire più opachi e freschi, più luminosi e bianchi.
Sospira, costringendosi ad alzarsi di nuovo, prima di aggiungere «Inoltre, non so fino a che punto io sia intenzionato ad ascoltare le parole del tuo Vecchio Signore».

«Beh, tu come fai a vivere con i tuoi pensieri? Come fai a respirare?» Fionn si gratta la barba un po' ispida, ed Erech inizia a rendersi conto di quanto comincino a rassomigliarsi nei comportamenti e nell’aspetto. Batte le palpebre, abituandosi alla luce che inizia a dilagare sciogliendo la notte. «E' una cosa così semplice. A volte è anche riposante.» Il ragazzo inarca un sopracciglio, iniziando a raccogliere i suoi pochi averi «Non è importante che tu le ascolti, mio signore. L'importante è che le ascoltino i contadini...se sapranno che il mio Vecchio è con noi, forse saranno più disposti a seguirti» conclude, legando con particolare attenzione l'arco alla bisaccia. 
Così anche Erech lo imita, raccogliendo le sacche prima di spegnere del tutto le braci, per estrema sicurezza. Scrolla le spalle mentre raccoglie da terra il mantello sgualcito, battendolo dalla polvere, e se lo lega al collo per poi indossarne il cappuccio che finisce per adombrargli il viso, nonostante corra fuori la sua lunga barba.

«Se i contadini ti ascolteranno, forse potremmo ritenerci già avanti con la nostra Missione. Ma saprai farti ascoltare?»

Gli volge le spalle solo per potersi avvicinare al carro che hanno trafugato tempo fa, gettandovi dentro le bisacce e recuperando il pugnale che aveva lasciato incustodito. Certe attenzioni dovrebbero essere primarie.

Fionn dà un colpetto amichevole all'arco, prima di avvolgerlo nella coperta per nasconderlo. Sale in cassetta con un balzo. «E tu, saprai non spaventare la gente con quello sguardo torvo? Sorridi! L'Unico» strizza l'occhio verso l'alto «sta per predire alle folle il tuo avvento al trono.»

Erech sale immediatamente sul carro, afferrando le redini dei cavalli da tiro che fino ad ora non hanno mai dato alcun disturbo. «Sorriderò solo quando riavrò quel che mi spetta, quando ne varrà davvero la pena» Eppure sotto la sua folta ed incolta balba, si ricalca un lieve sorriso temperato. Dà il comando di avanzare ai cavalli e l’impatto lo fa quasi sospingere indietro, ma prontamente aggiunge «Con o senza l’aiuto del tuo Dio».

Fionn non riesce a fare a meno di lanciare un verso entusiasta quando i cavalli partono, come un ragazzino eccitato per un viaggio fuori dal villaggio. Da quanto tempo sono solo loro due, che girano come rinnegati di nascondiglio in nascondiglio con lo scopo primario della sopravvivenza?

«D'accordo, mio signore. Andiamo a far sentire la voce di Dio!»

 


 

Note delle Autrici

Ciao a tutti! Siamo Laura e Giulia, in arte Dark Side (Giulia) of the Runes (Laura). Siamo già presenti su Efp con account singoli, ma questa è la prima volta che pubblichiamo qualcosa che abbiamo scritto a quattro mani. Emozioooone! ^_^

La particolarità di questa storia è che nasce da un gioco di ruolo su facebook. Giulia ed io (in questo momento è Laura che parla) ruoliamo insieme già da un paio d'anni, ma questa volta, per una serie di coincidenze astrali, abbiamo deciso di provare a rendere sotto forma narrativa il risultato delle nostre amate ruolate. Speriamo di cuore che il testo risulti abbastanza scorrevole: è dura tagliare il punto di vista di uno dei personaggi in gioco per uniformare il capitolo il più possibile, ma stato piuttosto è interessante vedere come cambia la scena quando è raccontata soltanto da un protagonista :)
"La Lancia Spezzata" nasce dalla nostra comune passione per le storie alla Robin Hood, commedie avventurose e un po' romantiche, con qualche punta di conflittualità, tanto onore, lealtà e cavalleria. Speriamo che vi andrà di seguirci, per incontrare due principesse (apparentemente) dolci e un po' sprovvedute nel prossimo capitolo: "L'amore è come un germoglio".

 

Saluti e ossequi! ^_^

 

DarkSide e Runa 

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Capitolo 2
*** L'amore è come un germoglio ***


[EDIT: Corrette tutte le assenze delle lettere accentate, un disguido con il file rtf. Scusate l'enorme ritardo, ora dovrebbe essere più leggibile!]


Quando Iseult legge, il mondo intorno a lei non esiste. Il vento non soffia contro le finestre, il fragore del tuono lontano non si confonde alla risacca del mare che schiaffeggia con forza la scogliera su cui si erge il palazzo; lo scalpiccio delle serve nei corridoi è solo un'illusione. Non c'è nessuna cena di rappresentanza che l'attende al piano di sotto, tra poche ore, né una madre arrabbiata perché “ha ancora perso tempo con quegli sciocchi libri”.

Se solo sapesse, sua madre, quanto sapere c'è in quei libri! Una futura regina non deve soltanto essere bella ed elegante. Una futura regina deve essere una guida per il suo popolo, e un'icona di saggezza.

Per questo alto senso della morale e del dovere, dunque, la principessa primogenita del regno di Muirìn se ne sta sprofondata nella sua poltrona preferita, con le gambe raccolte al petto in una posa molto poco signorile e il libro vicino al viso. Sua madre sostiene che perderà la vista, a furia di leggere. Ma non importa, è troppo rapita per pensarci.

Secondo l'autore del trattato può esistere una società in cui tutti gli uomini sono uguali. Tutti i beni sono in comune. Tutti lavorano e condividono tutto. E' un mondo perfetto, quasi ideale...ma possibile? Si chiede, sfogliando le pagine febbrilmente, nella speranza di trovare una risposta. La bramosia umana è dovuta alla natura o alla struttura della società? Si può davvero eradicare la disuguaglianza rivoluzionando lo stato? Non vede l'ora di scrivere a Owen per sapere cosa ne pensa. E' un giovane a modo, di cultura, intelligente. Di certo avrà idee interessanti a riguardo.

Nemmeno si accorge della presenza di sua sorella Cèline nella stanza, assorta com'è in quelle riflessioni. Le immagini del regno ideale sono lì, davanti a lei: le sembra quasi di poterle toccare.

«E' tutto così quieto oggi, non credi?» La voce di Cèline risuona come un sasso gettato in lago, spezzando il silenzio. Dopo qualche istante, Iseult risponde con un laconico:

«Uhm.»

«Ed io sono stanca di portare avanti questi lavori, sono tutti uguali agli altri.»

Iseult gira una pagina mentre sente appena lo strascico dell'ultima frase della sorella: lo sapeva, ha perso la riga. Sospirando, alza gli occhi grigi su Cèline.

E' seduta accanto alla finestra, e sta finendo di ricamare un nuovo lavoro che le è stato affidato. Indossa un abito da giorno, dai delicati toni del lilla, che accende le sue guance già naturalmente rosee. Un ricciolo biondo le cade sul viso a coprirle la vista: mentre continua a ricamare al tombolo, Cèline lo sposta con un soffio. Divertita da quella dimostrazione di pigrizia, Iseult sorride, per poi portare di nuovo gli occhi sul libro.

«Se quei lavori ti annoiano, per quale motivo li porti avanti?» Si riavvia una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio. «Lasciali perdere. Fai dell'altro, qualcosa che ti piaccia davvero.»

Per lei, dopo tutto, è semplice parlare: è così inetta in quel tipo di attività di ricamo che raramente le vengono affidati lavori del genere. Il padre ha - scioccamente, secondo sua madre - assecondato la sua voracità per i trattati politici, permettendole di trascurare materie - fondamentali, sempre secondo sua madre - che invece la sorella sembra padroneggiare senza sforzo. A volte invidia a Cèline quell'innata capacità di corrispondere a tutte le aspettative su come una vera principessa dovrebbe comportarsi.

La sorella le risponde dopo qualche istante. «Sai cosa nostra madre desidera che portiamo a compimento. Altrimenti come potremo trovare un marito adatto, se non conosciamo le arti femminili?»
Sembra assorta, forse sta guardando il cielo fuori dalla finestra. A volte Iseult pensa che la reggia sia una prigione per lei. A volte, invece, pensa che sia un nido da cui Cèline non vorrà mai uscire.

Sente i suoi vivaci occhi azzurri addosso, ora: alza lo sguardo per vederla sospirare.

«Tu sei così intelligente Iseult, sei sempre pronta a fornire una risposta di fronte a qualunque tipo di problema, sai cosa ribattere, verso chiunque. Io invece non capirei nemmeno la metà di quei libri, almeno credo. So fare quello che mi hanno insegnato, è vero, ma non ne traggo alcun piacere. In ogni caso non so nemmeno cosa potrebbe piacermi».

«Oh, Cèline, smettila! Non ascoltare nostra madre.»

In uno slancio di entusiasmo, Iseult si alza, afferra il polso della sorella e la trascina via dalla sua sedia accanto alla finestra. La fa sedere sulla grande poltrona e si sistema sul bracciolo, come facevano sempre quando erano bambine e leggevano fiabe prima di andare a dormire. Le mette il suo adorato libro in mano.

«Non c'è nulla di difficile in questi trattati, sai. Anzi, a volte sono pura poesia.» Cerca un passo che ha sottolineato con il lapis, e glielo indica. «Ecco! Qui ad esempio, è meraviglioso. Dice che tutti gli abitanti di questo immaginario paese adorano diversi dèi...c'è chi venera il sole, chi la luna, chi la terra e il fuoco, e chi invece segue l'Unico. Eppure, tutti questi credo sono uguali davanti alla legge, perché riconducono ad una fonte di Giustizia e Saggezza.» Guarda la sorella con occhi brillanti. «Non sarebbe splendido, se anche a Muirìn fosse così? Invece gli adoratori degli dèi antichi sono ancora perseguitati, quando non schiavizzati.»

«Iseult...stai forse dicendo che gli adoratori dei tanti dèi non dovrebbero essere convinti della Giusta ed Unica via? Se si ribellano, come si può perseguire la volontà dell'Unico? Non capisco, davvero.»

Iseult torce le labbra, ma non si arrende. Sa che Cèline non è davvero convinta di quelle parole: gliele hanno soltanto messe in testa.

«E chi dice che la volontà dell'Unico debba essere oppressione?» Parla con foga, ma il sorriso sul suo volto indica tutta la fiducia che ripone in quelle idee. Quando si tratta di retorica, è abituata a vincere. «Può un Dio di bontà voler distruggere chi non crede in Lui? Guarda, qui dice: "...poiché non è importante il nome con cui il divino viene invocato, ma la disposizione dell'anima di chi lo invoca. Tendere alla perfezione è ciò che rende l'uomo migliore, e degno: Dio è la meta, molteplici le strade per arrivare a Lui. E' il cammino, e non l'arrivo, che ci rende santi."»

Iseult guarda intensamente la sorella, ancora pervasa da quel sentimento di positività quasi infantile, come se la bontà di quelle tesi fosse evidente e impossibile da negare.

Cèline, da suo canto, si chiude in un silenzio meditativo. Se la conosce, è perché ha paura di dire qualcosa di sbagliato. La vede trarre un lungo sospiro mentre adagia il capo allo schienale della poltrona.

«Ma questa non è l'ipotesi del tuo libro? Se essa è un'ipotesi, possono esservene molte altre. Non vedo nessun portatore della Vera Voce di Dio. O forse lo siamo tutti ed ognuno dice la sua.» Si stringe nelle spalle. «In fondo, se persistono problemi nel Regno di Garth, vuol dire che non sono riusciti a concentrare il potere divino dell'Unico su chi ancora vi abita. Se ci fosse qualcuno in grado di convincere senza spargere sangue...e a questo punto non si tratta di convincimento, ma di buonsenso.»

Ecco, dove si dispiega tutto il potere di sua sorella minore. Sono solo due anni, nemmeno interi, a separare le loro nascite: eppure, Cèline sempre sembrata la maggiore, come senno e riflessività. Come al solito, con quelle osservazioni quiete riuscita a insinuare il dubbio nelle sue inattaccabili convinzioni.

«Voglio scriverne al principe Owen» esclama Iseult, dopo un ragionevole momento di riflessione, come se avesse trovato in quel nome la soluzione al suo quesito «e sapere cosa ne pensa. So che nel regno di Garth i problemi con i pagani sono ancora molti...mi domando come suo padre il Re tratti la questione.»

«Scrivi spesso al Principe Owen?»

Il tono di Cèline troppo fintamente casuale perch Iseult non colga la leggera insinuazione. Le sue labbra si tirano in un sorriso misterioso.

«Abbastanza spesso. E lui risponde sempre...» Si alza dal bracciolo della poltrona, per riporre il libro nello scaffale con una certa reverenza «non appena i suoi molti impegni di rappresentanza glielo consentono. Sembra un giovane molto posato, sai? Non ha mai espresso neppure un'opinione banale, e ha molto a cuore la giustizia.»

Sorride più dolcemente, ricordando le parole sulla carta e il modo in cui sono state vergate. Del principe Owen ha un vago ricordo di un incontro da ragazzini, e il ritratto che l'ambasciatore di Garth ha fatto avere loro quando suo padre, il re di Muirìn, ha iniziato le trattative per il loro matrimonio. La sua grafia sulle lettere le ha permesso di immaginare una voce gentile, ben modulata, che si sposa perfettamente con i lineamenti armoniosi del volto.

Sorprende lo sguardo di Cèline su di lei: la sta osservando con la testa lievemente inclinata, come soppesando i suoi pensieri per misurarne il grado di felicità.

«Dunque immagino che queste nozze non saranno affatto dolorose, anzi credo che inizierai a fremere per poter andare dal tuo giovane Principe per realizzare quanto in realtà tu ne sia infatuata.»

«Infatuata, dici? Non sai quanto ti sbagli!»

Iseult ride, quietamente. Siede di nuovo accanto a lei e abbraccia le sue spalle. Cèline ricambia la stretta appoggiando una mano sul suo braccio.

Ricorda per un istante gli occhi calmi e sinceri di Owen, come li ha ritratti il pittore. E' il dipinto che perfettamente corrispondente ai suoi ricordi su di lui, o sono forse i ricordi che stanno diventando di giorno in giorno pi simili a quel ritratto? Non lo sa, ma al momento la domanda non la turba particolarmente: che sia bello o meno, Owen ha una splendida anima. Lei ne certa, glielo hanno rivelato le sue lettere. Sospira, come se non potesse pi contenere tutta quella gioia e dovesse espellerla con il fiato.

«Penso di essermi innamorata, Cèline. Lui è così colto! Ed è saggio, per essere tanto giovane. E, ciò che più conta...ascolta sempre la mia opinione, non mi tratta come una donna sciocca. Lui ha stima di me.»

«Innamorata?» Cèline sussurra, sgranando gli occhi azzurri. «Iseult, non mi hai rivelato mai nulla in proposito! Ti prego, raccontami ogni cosa, cos'è che provi nei suoi confronti? In fondo, non vi siete mai parlati l’uno di fronte all’altra... e se fosse solo un abbaglio?»

Iseult si culla per un po' nell'incredulità della sorella, come se le stesse facendo i complimenti per un nuovo gioiello o un abito. Non dà peso al dubbio che lei propone; o meglio, decide di metterlo in secondo piano. D'altronde, ha esaminato così scrupolosamente ogni movimento del proprio cuore che questa volta ne certa: si tratta di amore. E' esattamente la stessa sensazione di cui ha letto tante volte nei romanzi e nelle poesie. La stessa leggerezza di spirito, lo stesso vuoto all'altezza del petto. Non può essere nient'altro.

«E' qualcosa che ho capito dalla sua ultima lettera...quando mi ha parlato della sua terra che fiorisce in primavera. Mi ha descritto il modo in cui i campi si tingono d'oro e i pascoli di verde smeraldo, degli alberi che fioriscono e dei contadini che curano le piante in vista del raccolto...c'era tanto amore per il suo regno, tanta delicatezza in quello che diceva...è come se avessi visto il riflesso del suo cuore in quelle parole. E il mio cuore, per un attimo, si è riflesso dentro al suo!» Ride leggermente. Quelle parole le ha finemente cesellate, nei suoi pensieri: non vedeva l'ora di pronunciarle. «Sono certa che vedrò questo stesso cuore generoso nei suoi occhi, appena ci incontreremo.»

Appoggia la fronte contro la tempia della sorella, come per ascoltare il rumore dei suoi pensieri. «L'unica cosa triste del mio matrimonio sarà che dovrò separarmi da te.

Avverte un lieve rilassamento del capo di Cèline, che si inclina per andare incontro alla sua fronte.

«Questa una cosa che rattrista anche a me, sorella. Come far quando tu sarai via?»

Iseult si solleva appena, ma non scioglie l'abbraccio. «Intanto, sarai con me allo scambio delle promesse di fidanzamento. Poi, potrai venirmi a trovare quando vorrai, e fermarti per mesi, se lo desidererai...almeno fino a che nostro padre non troverà anche a te un marito bello e buono come il mio.» Le sorride, incoraggiante «E quando non ci vedremo, ci scriveremo ogni giorno. Sono io che non posso fare a meno dei tuoi saggi consigli, lo sai.»

Cèline sospira, prima di lasciarle un bacio sulla guancia.

«Verrò di certo, non posso lasciarti in balia delle tue strane e moderne idee» Ride divertita prima di aggiungere «Sono così felice per te. Mi auguro di avere la tua medesima fortuna.»

Il pensiero di lasciare Cèline, effettivamente, è qualcosa che fa traballare il suo perfetto castello di felicità: ma Iseult è ben consapevole della propria buona sorte, e prega l'Unico, con tutto il suo cuore, che ne conceda altrettanta a Cèline. Non potrebbe sopportare di vederla accanto a un uomo che non riesca a stimare il suo carattere posato e riflessivo al pari della sua bellezza.

«Oh, sì, se non fosse per te a quest'ora avrei preteso di guidare il regno di nostro padre da sola!» Ride, ma la sorella la guarda con serietà.

«Sì, so bene quanto avresti desiderato divenire Regina di questo Regno. Tu avresti potuto, dopo tutti gli studi che hai compiuto, con il carisma che hai, saresti riuscita a portare avanti Muirìn forse anche meglio di un Re. Ma temo che questo sia impossibile e lo sar ancora per molto, a meno che tu non riesca a sovvertire le regole di Garth prima e di tutto il mondo poi.»

«Ovvio, che sovvertirò le regole di Garth!»

Scherza, certo...benché, lo debba ammettere, qualche volta le sia passato per la testa di far rivedere la legge di successione al Consiglio di Muirìn. Chi ha detto che una donna non dovrebbe ereditare? Secondo quale principio una Regina è tale soltanto per matrimonio, e non per diritto di sangue?

Per tutta risposta, Cèline ridacchia, divertita: «Attenta a non usurpare il trono del re!»

Iseult scuote il capo con un sorriso. Una volta forse avrebbe ambito sul serio a diventare regina senza un uomo accanto. Ora non importa, comunque...al fianco di Owen potrà amministrare un regno potente come quello di Garth, ne è certa. Finalmente avrà la sua occasione di applicare ciò che ha studiato per tutta una vita, e lasciare la propria impronta nel mondo.

Si alza dalla poltrona per prendere la spazzola: fin da bambina, questo è uno dei rituali che preferisce, quando spazzola i capelli dorati di Cèline prima dell'ora di cena, e di nuovo prima di andare a dormire. E' ancora di fronte alla toletta e cerca le essenze profumate nei cassetti, mentre dice in tono leggero:

«Sai, nostro padre sta valutando un'alleanza con il reame oltre le montagne. Dicono che il loro re sia giovane e ambizioso...gli ambasciatori saranno invitati alla festa del mio fidanzamento, forse porteranno un suo ritratto per te.»

«Il reame oltre le montagne?» Cèline deglutisce a vuoto, e dal suo evidente sconcerto Iseult comprende che non sapeva nulla. «Ma è così lontano da qui, da Garth, da tanti posti...» Si morde le labbra: è un gesto che compie spesso, soprattutto quando è nervosa. Ecco spiegato perché sono così rosse, pensa Iseult con un sorriso, mentre si riporta accanto a lei. La vede drizzare la schiena e sedersi più comodamente: prende posto a sua volta, e inizia a dividere le sue ciocche morbide simili a onde di seta, distribuendovi sopra le essenze che li fanno profumare di fiori.

«Io non credo di volermi sposare» le confida teneramente Cèline, in un sussurro appena accennato «ho paura, così tanta che vorrei nascondermi dal mondo e non uscire mai allo scoperto. So che è un mio dovere e alla fine mi dovrò adeguare ma...» si stringe nelle spalle incassando la testa tra di esse «non mi piace pensarmi sposata.»

«E per quale strambo motivo dovresti nasconderti? Sei bellissima, sei assennata e prudente: sei la sposa ideale per un sovrano.» Iseult le scosta una ciocca dietro le orecchie per studiarle meglio il viso. «Per quale ragione non ti piace pensarti sposata?»

Cèline inclina indietro la testa quel poco per consentire alla sorella di spazzolarle i capelli più facilmente. Ci vuole qualche istante, prima che confessi, con lo sguardo rivolto in un punto qualsiasi di fronte a sé:

«Ho paura, Iseult...paura di perdere la mia occasione per essere felice. Fino ad ora ho sempre fatto ci che mi hanno ordinato di fare, ho sempre seguito le aspirazioni di altri e della mia volontà non mi sono mai preoccupata. Dover sottopormi ancora a quella degli altri mi fa credere che potrei perdere così tanto...» Sospira con amarezza. «C'è così tanto al mondo che potrei conoscere. Inoltre, non credo di essere una moglie ideale. Guardami» eppure non si fa guardare «ho paura anche dei miei pensieri.»

Istintivamente, anche la voce di Iseult si abbassa ad un sussurro, come per accordarsi ai pensieri della sorella. «E sai cos'è che ti blocca dal conoscere il mondo?» Si china sul suo orecchio, lo fa ogni volta che vuole svelarle un segreto. «La tua stessa paura. C'è così tanto dentro di te, sorellina mia...devi solo permettere al mondo di vederlo. E un marito, sai, non è necessariamente un padrone, o qualcuno da cui farsi guidare. Può essere un buon compagno.»

Riprende a pettinarla con più dolcezza, come se ogni colpo di spazzola fosse una carezza. «In ogni caso, nessuno ti obbligherà a sposarti, se non vuoi. Nostra madre potrà scalpitare finché vuole, ma è nostro padre che ha l'ultima parola...e sai che di certo non ci vuole infelici.»

«E come puoi sapere, Iseult, che questo marito una volta preso in sposo non diverrà un vero e proprio padrone? L'avanzare dell'età, l'abitudine, vi sono molte cose che possono portare anche a questo. Non tutti sono come nostro padre. Credo che non mi sposerò mai e forse nemmeno mi innamorerò mai, non so nemmeno come si fa.»

Serena, Iseult posa la spazzola e comincia a dividere le ciocche lucenti in tre, per poterle intrecciare delicatamente. «Oh, sorellina! Ma non devi sapere come si fa, non c'è una tecnica. Quando ti sarai innamorata, lo saprai.» Prende un nastro dalla toletta, e sigilla la treccia morbida con un fiocco.

Finalmente sistemata, Cèline si volta poggiando un gomito sul bracciolo della poltrona.

«Vuoi forse dire che è del tutto naturale innamorarsi? Che non ci sono regole, né sistemi?» Si volta di nuovo. «Allora non dovrebbe essere così difficile...»

Iseult osserva soddisfatta il suo lavoro, per qualche istante: il volto dolce di sua sorella valorizzato da quella treccia semplice, ciò che davvero bello non ha mai bisogno di troppi ornamenti. Anche lei, ne ben consapevole, ha ricevuto una certa dose di bellezza dalla Stirpe delle Maree; ma più simile all'algida madre dagli occhi di acciaio che non al suo solare padre. E' così che l'hanno sempre chiamata, sua madre: la Regina di Ferro, per questo suo essere apparentemente aliena da ogni debolezza femminile. E' composta, elegante, ma sempre altera. Iseult non felice di rivedere i suoi tratti nello specchio, e si sforza in ogni modo di essere solare, allegra, ridente. Non tutto ciò che tenace e forte deve essere anche freddo come la neve, questo un giorno riuscirà a dimostrarlo a sua madre così come a tutti gli altri.

Con un grande sospiro, si siede sul tappeto, ai piedi di Cèline. Allunga le gambe verso il focolare concedendosi una posa poco principesca. Chissà se anche a Garth potrà avere dei momenti come questo?

«Non è difficile, no. E' semplicemente...qualcosa che accade lentamente. Come la nascita di un germoglio. E' qualcosa di così dolce e delicato che nemmeno te ne renderai conto...dove prima non c'era che terra brulla d'improvviso sarà sbocciato un fiore.»

«Non me ne intendo molto di fiori e piante, lo sai bene..» Iseult avverte le mani fresche di Cèline che le prendono il capo e lo posano sulle sue ginocchia. La sua risata è leggera, e si spegne in un sorriso sincero che le impregna la voce. «Mi auguro davvero, sorella, che la tua felicità possa crescere come un albero in frutto.»

Restano così per qualche istante, godendo di quei momenti sereni strappati all'infanzia. Non sono più bambine, ormai, ma giovani donne pronte a incamminarsi verso il loro destino di spose, e forse di regine. Un destino che, probabilmente, non le vedrà più unite e complici come adesso.

«Avrei tanta voglia di una passeggiata a cavallo, per liberarmi di tutti i pensieri» dice Cèline, e subito Iseult scopre che è esattamente ciò che vuole fare: andare a cavallo. Il tempo non è dei migliori e promette pioggia: ma quando mai è diverso, a Muirìn? Inclina la testa all'indietro a sufficienza per intercettare il suo sguardo.

«Potremmo andare ora. I giardini sono deserti.»

Cèline si morde il labbro, come come faceva quando era una bambina ed era sempre in tensione per le regole che stava per infrangere. «L'importante è tornare in tempo per esser pronte all'ora di cena, giusto?» Inclina leggermente il viso, lasciando ricadere la treccia davanti alla spalla. «E' da molto che non andiamo a cavallo, tutti questi impegni ci impediscono di prendere del tempo per noi ed io spesso sono molto stanca per farlo. Ma ora...» Guarda all'esterno della finestra. «Ho un assoluto bisogno di libertà.»

Iseult si solleva di scatto, entusiasta. Adora quando la sorella la prima a proporre quelle piccole infrazioni all'etichetta.

«E allora avrai tutta la libertà che vuoi!» Ride sottovoce, guardandosi intorno per essere certa che non ci sia nessuno nei paraggi. Quindi, va rapidamente all'arca, per prendere i loro abiti da equitazione. Dopo tutto, presto Iseult si sposerà e andrà a vivere lontano. Chi potrebbe negare loro qualche momento in più di spensieratezza da vivere insieme?

Continuano a ridere, complici, mentre si aiutano a vicenda a riporre accuratamente gli abiti da giorno e infilano quelli più comodi che indossano per andare a cavallo. La preoccupazione di essere scoperte è forte quasi come quando erano bambine: ma altrettanto forte è la voglia di evadere, almeno per un momento, da tutte le definizioni che portano addosso. Principesse adeguate. Spose sottomesse. Regine misurate. E' così che il mondo le vede e le vuole. Ma adesso, in questo preciso momento, quelle immagini stridenti non hanno ragione di esistere. Adesso, Iseult e Cèline sono libere.




Note delle autrici
Eccoci qua, con un altro capitolo! Abbiamo appena conosciuto altri due importanti personaggi: la determinata Iseult e la timida Cèline, che fino ad ora hanno vissuto in un mondo ovattato. Come sarà il loro scontro con la realtà - e quanto questo impatto le cambierà? Che ruolo avranno nella rivendicazione di Erech al trono di Garth? ...beh, questa risposta a dire il vero ce la siamo già giocata nel riassunto della trama, ma la domanda retorica ci stava bene XD
Nel prossimo capitolo, "Il Sogno della Lancia", seguiremo le peripezie di Erech e Fionn che tentano di raccogliere proseliti, guidati da un Unico con un certo senso dell'umorismo. Inoltre, scopriremo qualcosa di più sulla Lancia spezzata che dà il titolo alla storia. 

Stay tuned! E grazie di essere passati di qui <3

DarkSide e Runa

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Capitolo 3
*** Il sogno della Lancia ***


Capitolo 3

Il sogno della Lancia
Da quando ha indossato la tunica di tessuto grezzo color ocra, Fionn non fa che grattarsi. Non che sia abituato ad abiti molto più raffinati, ma accidenti, il Vecchio non gli aveva detto che sarebbe stata una penitenza del genere. I capelli lunghi, accuratamente intrecciati, sono stati nascosti sotto il cappuccio da monaco. E' stato difficile convincere Erech a fare altrettanto: ma l'Unico dice che le Stelle di Luce tra i suoi capelli sono un marchio fin troppo evidente della sua ascendenza, e se le folle lo riconoscessero fin da subito potrebbe non essere un bene per la loro causa di predicazione. Per ora, è meglio non provocare troppo scompiglio. Mentre guida il carro, con lo sguardo perso all'orizzonte, mormora:
«Quanto ci vorrà ancora, per Rua?»
Non lo sta chiedendo a Erech, che ancora sbuffa seduto nel carro insieme alle provviste e all'attrezzatura da accampamento. Eppure, il suo signore gli risponde comunque:
«Questa volta hai scelto di prendere in considerazione anche le mie opinioni, decisioni e tutto ciò che potrebbe riguardare il nostro viaggio?»

Fionn quasi non lo sente, ancora in attesa di una risposta divina che non arriva. Sospira. Sa che il suo compagno di viaggio mal tollera di indossare gli abiti dei devoti di una Divinità che non solo non è la sua, ma per la quale prova anche una perversa antipatia. Dopo tutto, l'Unico è il Dio dell'Usurpatore, ai suoi occhi. In segno di protesta per quella piega inaspettata degli eventi, è rimasto chiuso in un mutismo altezzoso e fiero, fino a questo momento.

Dopo un attimo di silenzio, spezzato dal rumore cigolante delle ruote su un dislivello sassoso del terreno, Erech prosegue:
«Ormai dovremmo essere quasi arrivati, ricordo bene questa strada, è sempre stato un tormento doverla percorrere.»

Solo allora, Fionn realizza pienamente che Erech sta parlando con lui. Si volta a guardarlo con aria stranita. «Io prendo sempre in considerazione le tue opinioni, mio signore.» Punta un dito verso il cielo e aggiunge «Solo che poi seguo le Sue.»

«Esattamente per questo detesto quando impone le Sue decisioni.»
Fionn vorrebbe replicare, davvero: ma n
on fa in tempo ad aggiungere altro, che avverte come un trillo prolungato nella mente. Ogni altro suono si annulla. Porta la mano alla tempia: mille aghi ghiacciati si stanno schiantando contro la sua fronte. La vista si appanna.
«Siamo...vicini a...»
Ci sono voci che fluttuano in quel trillo, ma non riesce a distinguerle: sono così sfuggenti, lame di luce che gli attraversano nel contempo la vista e l'udito.

Le parole preoccupate di Erech a malapena lo raggiungono. «Fionn, che succede?»
Che succede? Vorrebbe saperlo anche lui, ma a malapena lo sente. Come fosse sott'acqua. Come fosse al di là di un vetro infrangibile...
D'improvviso, i suoni cessano, la vista torna chiara. Gli occhi di Fionn si sono soffermati sulla collina che stanno aggirando. C'è la secca sagoma di un patibolo, lassù; voci concitate stanno risalendo il sentiero che porta alla vetta.
Senza una parola di spiegazione al suo signore, Fionn sprona il cavallo ad andare più veloce, e devia dal sentiero per Rua a quello che porta sulla collina. Il carro sobbalza rudemente fuori dal sentiero, tanto che Erech si deve aggrappare con forza per non rischiare di scivolar via.
«Dove accidenti stiamo andando?! Se questo è uno scherzo dell'Unico giuro che non mi dimenticherò!»
Erech alza la voce con furore, ma Fionn tiene strette le redini. La sua mente è lucida e determinata. Deve fermare quell'impiccagione. Deve farlo, ne va della loro missione!

«Fidati di me, mio signore!» urla contro il rumore dannato delle ruote del carro sul sentiero sassoso. «Il destino mi ha appena parlato.»

«Per tutti gli Dèi del cielo, giuro che appena avremo concluso questo viaggio ti striglierò così bene che dimenticherai il tuo Unico Dio, il tuo nome e il destino che ti parla!»

Fionn non ascolta le rimostranze del suo signore: le orecchie sono tese a cercare di trattenere l'eco di quelle voci che gli sono risuonate nella mente. Deve fare presto, potrebbe essere questione di istanti.

Quando è costretto ad arrestare bruscamente il carro perché il sentiero si è fatto troppo ripido, salta agilmente giù di cassetta, senza curarsi di vedere se Erech lo segue oppure no.
Eccoli lì. C'è una piccola folla intorno al patibolo, che tira verdure marce addosso a un uomo secco e diafano. Dalla forca pende un cappio. E' per lui, lo sa. E la voce dell'Unico gli sussurra: se lui muore, tutto sarà perduto...
«Ehi, voi!» la folla non sembra sentirlo, troppo impegnata a vituperare il condannato che sta salendo alla forca. Fionn non trova niente di meglio che raccogliere tutta la sua voce e gridare, con le braccia spalancate. «Fermi! In nome dell'Unico Signore Altissimo del Cielo e della Luce, fermatevi!»

Il condannato alza gli occhi, infossati per l'avvilimento, su di lui. Il suo volto magro si illumina, acceso d'improvviso di una scintilla violenta di vita.
«Che l'Unico ti abbia in gloria, giovane ministro di Dio!» Con aria di sfida, si volta verso i due uomini che lo stanno conducendo al patibolo, strattonandoli. «Non avete sentito? Lasciatemi andare!»

«Perché dovremmo lasciarlo?» borbotta di rimando uno dei due, trattenendo il condannato con più energia e soffocando ogni suo tentativo di strapparsi alla presa. «Quest'uomo non può pagare i suoi debiti, e per legge chi non può pagare i debiti deve essere impiccato!»
Fionn incrocia le braccia al petto. «Che sciocchezza inaudita. Se qualcuno ha dei debiti come può ripagarli con la sua morte? Fatelo lavorare, piuttosto!»
Una puntura acuta di spillo gli trapassa le tempie con un sottile suono metallico. Strizza appena gli occhi.
«...al servizio di Dio Misericordioso e Unico, naturalmente! Siamo pronti a prenderlo sotto la nostra custodia di monaci.»
Il giovane futuro pendaglio da forca sembra completamente rianimato dalla possibilità che per lui non sia ancora finita, e grida a gran voce:

«Proprio così, il ragazzo ha ragione da vendere!» Lancia uno sguardo di sfida al cappio che pende a pochi passi da lui, scatenando lo sdegno dei creditori, che non smettono di vociare. Uno di loro, un omone tarchiato dai lineamenti duri, urla di rimando:
«Lavorare? Non è questa la legge del Regno, vogliamo Giustizia e quest'uomo deve pagare per le ingiurie!»
Un'altra voce emerge dal coro indistinto. «E poi cosa vorreste garantire? Prenderlo con voi e far rimanere noi senza nemmeno la soddisfazione di aver estirpato una radice velenosa dal terreno?»

Fionn avverte al suo fianco la presenza imponente di Erech, che gli sussurra con il capo basso:

«Sei forse uscito fuori di testa! Non possiamo permetterci carichi inutili, inoltre non voglio che un debitore si unisca alla nostra missione.»

«E' l'Unico che lo vuole. Proprio per la nostra missione» gli risponde quietamente; poi, con voce più possente apostrofa la folla:

«La Giustizia terrena, è quella che volete? La stessa Giustizia che vi costringe a versare tre quarti del vostro raccolto al vostro feudatario come tributo, e vi impedisce di rivendere i prodotti della vostra stessa terra. La stessa Giustizia che vi tiene schiavi di signori che non hanno altro merito se non quello di aver appoggiato il vincitore, quando si insediò impropriamente nelle terre che sono vostre, vent'anni fa!»

Fa un passo avanti, mettendo gli occhi scuri in quelli di uno dei creditori che più alacremente chiede la morte del condannato. Quietamente, quasi accorato quanto un fratello maggiore, dice:

«Tu la ricordi, la notte della presa di Garth? Io la ricordo. Ero solo un bambino, ma ricordo il giorno in cui siamo caduti prigionieri di quella che oggi tu chiami Giustizia.»

Sente appena il borbottio infastidito di Erech: Fionn apprezza troppo il suo sforzo di non intervenire nella faccenda per potersi lagnare di quel piccolo segno di fastidio. Eppure, lo avverte irrigidirsi quando nomina la presa di Garth. E' una notte che lui, più degli altri, non potrà scordare facilmente.

A spezzare quel clima di empatica tensione, giunge la voce squillante del condannato.

«Io la ricordo!»
Il giovane debitore si fa avanti, sciogliendo finalmente la presa dei due uomini che sembrano colpiti dalle parole di Fionn. I suoi movimenti non sono del tutto equilibrati, con le mani ancora strette tra le corde, eppure declama con grande passione:
«Io la ricordo quella notte di dolore, ci strapparono via la casa. Sì, non posso dimenticare. Portarono via tutti i ricordi che possedevo, tolsero la dignità a mio padre, uomo di valore che aveva deciso di rimanere dalla parte del Vero Re! Non vedete quello che sta accadendo? Hanno preso il Regno con la forza e con la forza hanno tentato di prendere parte delle vostre anime!»
Compie ancora un passo avanti, superando il cappio.
«Signori, Dame e bambini...questo monaco è Saggio quanto lo è la voce dell'Unico. Voi sapete dove si trova la verità, non punite un vostro fratello che è soggiogato alle dure leggi del Nuovo Re, dei nobilastri che tentano di portare via tutto ciò per cui lavoriamo!»

Fionn annuisce profondamente alle parole del condannato, ma non capisce perché l'Unico stia ridendo forte nella sua testa in questo momento. Deciso a sfruttare la scia di quella stessa emozione su cui il condannato ha giocato, si rivolge a tutti, spalancando le braccia. «Se vi mettete una mano sulla coscienza, saprete che colui che vi è davvero debitore non è questo pover'uomo...è l'Usurpatore! Quinn, il falso re di Garth!»

C'è un mormorio che si alza dalla folla tutta intorno; quasi tutti sono sconcertati dalle parole audaci di questo monaco, ma qualcuno borbotta dubbi: e se avesse ragione?
«E chi sarebbe il vero Re?» sbotta una voce di vecchio, rammaricata. «La stirpe della lancia ormai è estinta, e non può tornare!»
A quel punto, Fionn stringe la bocca in uno spasmo: ecco, quello è il punto difficile. Offrire il nome e il vero lignaggio di Erech in pasto alla curiosità del popolo può essere controproducente, in questa fase: se la voce si spargesse troppo presto, re Quinn potrebbe annientarlo prima che riesca anche solo a piantare il seme della ribellione. Prendendo un grande respiro, inizia con cautela:
«Il mio confratello, che sta silente qui accanto a me, ha fatto un sogno, ispiratogli direttamente da Dio.» Poggia la mano sul braccio di Erech, ma senza guardarlo in viso: sa bene che non sarà felice di essere stato tirato in ballo nella predica in questo modo. «Racconta, ti prego. Fa' che i nostri fratelli sappiano.»

In quest'ultima frase mette una preghiera sincera.

Erech alza leggermente lo sguardo su di lui, corrugando la fronte all'ombra del cappuccio color ocra. In quel breve momento, Fionn può vedere il suo scorno; tuttavia, dopo qualche istante lo sente pronunciare parole sicure, anche se cupe. Come se gli salissero dal fondo dell'anima.
«La Stirpe delle Lancia è estinta, qualcuno di voi ha detto.» Erech alza appena il mento, l'unico elemento del viso non in ombra. «Posso assicurarvi, che non è così. C'è ancora qualcuno, che vaga libero tra queste terre, che ha con sé il Sangue della Lancia, che porta il marchio della propria famiglia. Ho avuto un sogno, tempo fa, un sogno che ha fatto rinascere in me la speranza.»

Fionn lo guarda con un vago sorriso: chissà se il suo signore si è accorto che sta iniziando a usare un tono di voce più alto, di comando...quello che lui ricorda ancora, dalla notte della caduta, quando incitava i suoi fedelissimi a non crollare per la disperazione mentre li guidava verso la salvezza. E' nato per essere un capo, e lui sarà orgoglioso di essere al suo fianco quando anche il resto del mondo sarà pronto a riconoscerlo.

Con quel tono forte e sicuro, Erech prosegue: «"Sovvertire gli ordini del mondo, far tornare l'antica pace, restaurare la Giustizia vera della famiglia che per secoli aveva proseguito in questo intento", mi disse una voce in sogno.
Impossibile! Fu quello che pensai. Davanti agli occhi dormienti vidi scorrere la notte della presa di Garth, fioche luci del mattino che albeggiavano di fronte al Lago Sacro dove fu benedetta la Lancia dei Carandir. Proprio lì, su quelle sponde, vidi un uomo intingersi d'acqua fino alle caviglie e d'improvviso il cielo si aprì a metà, mentre un fulmine scagliava una lancia argentea che andava conficcandosi tra le sponde del lago. Ed è lì, che vidi quell'uomo gettarsi tra le acque e risorgere assieme alla Lancia. Egli era Erech, della Stirpe di Carandir.
"Quando la lancia verrà di nuovo forgiata con gli antichi resti, allora la Stirpe di Carandir risogerà"
Questo mi disse la voce.»
Il silenzio torna di nuovo tra le sue labbra, e Fionn comprende facilmente perché. Raccontare i sogni non è mai impresa facile, e ancora di più non deve esserlo condividere un sogno così determinante per il destino di un uomo, forse di un popolo intero.

Se il capannello di creditori e boia improvvisati si sta chiedendo come mai i monaci dell'Unico vogliano riportare allo splendore i Carandir, non è chiaro. Sembrano semplicemente attoniti: un sogno divino, soprattutto uno che profetizza il ritorno di un'antica stipe, non è cosa da prendere alla leggera. Soprattutto se è un monaco – o un uomo che ne indossa le vesti – ad annunciarlo.

A quel punto, il quasi ex impiccato sorride lievemente.
«Un sogno premonitore, io chiamo, quello di un Servo di Dio!»

Fionn si trova a pensare che quello strambo giovane non riesce proprio a stare zitto. Interroga il cielo con gli occhi: perché ci hai portati da lui? Volevi solo un giullare per farti divertire?

Un raggio di luce gli danza sulla fronte: da tempo Fionn ha imparato a riconoscere in quel segno il sorriso di Dio.

La folla, però, è ancora piena di domande.

"I Carandir adoravano tanti Dèi! Perché l'Unico dovrebbe volerli di nuovo sul trono di Garth?"
Questa è una bella domanda. Guarda di nuovo verso l'alto, in attesa di una risposta che non gli arriva. Oh, accidenti, ma perché quando si trova nelle situazioni più difficili è sempre da solo? E dire che sta agendo per Lui - e per Erech, ovviamente.

Se Tu mi mettessi a parte dei Tuoi piani sarebbe tutto molto più semplice, lo sai, Vecchio?
«Perché, chiedete.» lo dice in tono basso e roco, come se la domanda lo deludesse. «Perché l'Unico vuole il bene dei Suoi figli, e soffre nel vederli soffrire. Perché Egli, nella Sua infinita comprensione che va oltre quella umana, sa quali uomini sono davvero giusti, al di là della loro ascendenza o delle scelte dei loro padri. Perché l'Unico ci ha promesso un futuro migliore, quando la Lancia di Carandir sarà di nuovo integra e quello che un tempo avevamo sarà di nuovo nostro.»

Poggia la mano sulla spalla del condannato. Il suo tono si fa più forte, sicuro.

«Perciò, liberate questo povero demonio che non è il vostro vero nemico. Tornate nelle vostre case, e riflettete. Pregando, la sera, domandatevi: da che parte starò, quando l'Unico mi chiederà di scegliere? Perché è questo ciò che accadrà. Ai Suoi piani non si può sfuggire. E quando questi inizieranno a compiersi, vi nasconderete nelle vostre case come pecore impaurite o sarete parte di coloro che opereranno la Sua Volontà? Resterete a tremare come foglie in attesa che tutto sia finito o aiuterete il disegno divino a farsi realtà?»

Segue un vociare: li ha colpiti, lo sa. Non necessariamente in bene. Ha fatto leva sulle loro coscienze, sfidandoli a dimostrare che non sono codardi. Questa è un'arma a doppio taglio, ma che valeva la pena tentare. In quel mormorio lievemente ostile, si alza, lamentosa, la voce di un uomo tra i più anziani.

«L'erede dei Carandir è morto vent'anni fa, altrimenti sarebbe tornato a riprendere il proprio trono molto tempo prima di ora. Sono troppo vecchio per affrontare una nuova guerra, sono a stento riuscito a sopravvivere ad una.»
Si umetta le labbra, pronto a rispondere, quando sente Erech intervenire al suo posto.

«Certi sogni non sono menzogneri. Erech Carandir o chi per lui risorgeranno assieme alla Lama dell'Antica Stirpe! Non rifugiatevi tra le vostre paure, non abbiate timore della vostra ombra! La Luce tornerà presto a splendere tra le terre di Garth, ma avverrà solo se lo desidererete.»

Il suo signore si volge a guardarlo, gli occhi azzurri brillanti di rinnovato orgoglio. Palpitanti, anche, di un dolore mai sopito. Rimettere in gioco se stesso deve costargli uno sforzo più grande di quanto avesse immaginato: segretamente, Fionn è fiero di lui.
E' allora che il condannato si unisce a loro per l'arringa finale.

«I veri eroi siete voi, popolo di Garth! Nessuno nasce con il Coraggio che scorre tra le vene, nessuno è pronto ad affrontare il proprio destino, ma la volontà che ogni uomo possiede lo rende Grande! Come si può raggiungere l'Unico e la beatitudine se non cerchiamo di assomigliargli? Basta con i tremori, basta con i timori inutili, non dobbiamo più rimanere chiusi in casa nella speranza che la morte non sopraggiunga. La morte cadrà su ognuno di noi, prima o poi, ma spetta solo a voi di scegliere come morire! E dunque, morire con onore, conservando i propri valori, o nel proprio letto senza aver lasciato nulla ai propri figli?»

«Popolo di Garth, ascolt- »

Fionn non riesce a finire la frase, che una delle verdure marce prima lanciate contro il condannato gli arriva in pieno viso.
«Buuuuuuu!» urla una vecchia sdentata «Impostori! Sovversivi! impicchiamo anche loro con il lestofante!»
Getta un'occhiata preoccupata ad Erech, ma la voce resta salda mentre dice:

«In nome dell'Unico, volete macchiarvi le mani non di una, ma di tre morti?»

Spalanca le braccia, cercando di riguadagnare disperatamente terreno con le parole. Non vuole arrivare alle maniere forti con queste persone innocenti...che, certo, li battono decisamente in quanto a numero...nemmeno le maniere forti potrebbero bastare per tenerli a bada.

La vecchia sembra aver rotto l'argine su cui si tenevano disperatamente in equilibrio. Li hanno persi. Una pioggia di verdure incalza; Fionn si ripara con il braccio, ma può vedere lo scorno di Erech quando viene colpito. Il suo signore sta per mettere mano alla spada nascosta, ma l'arrivo di altre verdure lo costringe a retrocedere.
«Prendiamoli, impicchiamoli tutti! Impostori, sono amici di Godfrey, volevi farla franca topo di fogna?»
L'uomo che ha appena gridato mette mano ad un bastone. Accidenti. Le cose stanno decisamente precipitando.

 «Topo di fogna?»
Godfrey, il condannato, digrigna i denti, prima di innalzare la schiena in posizione eretta, gettandogli uno sguardo di sfida che al momento non sarebbe affatto consono. «Hai idea dell'offesa che mi hai appena arrecato? Io sono Godfrey, figlio di Godrik, il più illuminato tra gli scrittori, tra i bardi, i contastorie di questo regno! E non ho paura di questi insulti!»
Un momento di silenzio giunge subito dopo le sue parole.
«...forza, prima che arrivi la fine della giornata, ne abbiamo tre da impiccare!»
Quando si avvede che gli uomini iniziano ad avanzare minacciosi, Godfrey corre via, rifugiandosi alle spalle di Fionn.
«Signore, servo vostro, indicatemi la via per la salvezza!»

Fionn raramente impreca, ma questa è una di quelle occasioni in cui non riesce a trattenersi. Non voleva arrivare a questo. Guarda il condannato sulla propria spalla.

«Io speravo che me la indicassi tu.»
Rivolge di nuovo lo sguardo alla folla che inizia a incalzare, poi afferra con una mano lo scollo della tunica del condannato, con l'altra la manica di Erech, e li trascina correndo verso il carro.
«Giuro che questa non l'ho capita, Vecchio mio! Non l'ho capita proprio!» sbraita, furioso verso l'Unico che l'ha trascinato in quella situazione senza dargli uno straccio di spiegazione, una minima prova da opporre ai popolani né una vaghissima difesa. Ciò che gli fa ancora più dispetto è che, nel fondo della sua mente, può avvertire ancora l'eco di una risata lontana e dorata, come l'esplosione di certi tramonti dietro le nubi.
«Maledetto sia il giorno in cui ho deciso di portarti con me!» gli grida contro Erech, liberandosi dalla sua stretta per continuare a correre, mentre altra frutta marcia viene lanciata contro di loro. Il principe spodestato continua a brontolare furiosamente, finché non monta in cassetta, tira su il condannato afferrando per un braccio e gettandolo dietro di lui con forza. Fionn salta sul retro del carro con un balzo agile, e scopre arco e frecce nascosti sotto i cenci. Erech afferra in fretta le redini e lancia i cavalli alla corsa per sfuggire alla folla inferocita.

Per poco, Godfrey non batte la testa sulle assi di legno.
«Che modi!» brontola mentre cerca di sedersi, ma viene gettato indietro dallo slancio dei cavalli. «Correte miei Signori, correte! Questi uomini sono in grado di esser veloci come delle linci!»

Fiornn tira indietro il cappuccio che l'aria battente gli ha già strappato per metà, incorda più rapidamente che può e incocca una freccia: non ha alcuna intenzione di fare del male, ma solo di rallentare la corsa dei loro inseguitori. Mira al cappellaccio di uno di loro, come avvertimento. Nella sua mente, l'Unico sussurra con la sua voce che somiglia a mille cristalli. Chiude gli occhi un istante: poi, volta di scatto la testa verso Erech.
«Mio signore, prendi la strada verso la scogliera! E' l'unica opportunità di seminarli!»
«Ora sono diventato io il tuo Signore?»
La replica di Erech gli arriva smorzata dal vento battente: dice qualcos'altro, che Fionn non riesce a sentire. Si concentra, incocca di nuovo. E' difficile mantenere l'equilibrio, a quella velocità: può solo sperare che la sua mira lo assista. Vede un uomo che regge un forcone, e carica il braccio all'indietro prima di scagliarlo su di loro. La sua freccia gli trapassa la mano prima che possa farlo. Lo vede accasciarsi con un gemito di dolore. Ora i loro inseguitori sono ancora più inferociti.

Fortunatamente, Erech l'ha ascoltato. Stanno deviando verso la scogliera. Un sospiro di sollievo fa gocciolare la sua fronte di sudore freddo.

Godfrey, al suo fianco, non sembra altrettanto consapevole del pericolo corso. Appena nota che stanno distanziando gli inseguitori, il sedicente cantastorie urla:

«Ah! E adesso chi è il topo di fogna?»

 Poi si volta immediatamente, appoggiando una mano sulla spalla di Erech.
«Ottimo mezzo, quello del sogno, per convincerli di qualcosa di così impossibile. Ma si può sapere chi diavolo siete? Di certo non sembrate due monaci, nonostante i vostri abiti dicano altro.»

Scoppia in una gran risata, prima che uno scossone lo faccia ribaltare dall'altra parte.

Fionn abbassa l'arco quando vede che stanno distanziando i paesani; quindi, aiuta l'ex condannato a morte a tirarsi su, prima che rotoli giù dal carro in corsa. Si prende l'onere di rispondere per il suo signore.
«Non era un mezzo, era una cosa reale. E anche se dubito che il Vecchio avrà la bontà di spiegarmi perché, siamo stati mandati per salvarti, Godfrey figlio di Godrik.»
Poi, Fionn si sporge sulla spalla di Erech, dicendo a mo' di scusa:
«Lo sai che hai la mia cieca lealtà, ma Lui è onnisciente. E, tra l'altro, dice che una volta imboccato il Sentiero delle Vergini Suicide saremo al sicuro.»

 «Il Sentiero delle Vergini Suicide!» L'erede della lancia continua a lamentarsi, prima di far aumentare ancora il passo ai due cavallo, imboccando la strada della Scogliera che si rivela frastagliata e sconnessa, e costringe il carro a violenti scossoni.
«Certo, dove altro vuole condurci il tuo vecchio? Rechiamoci anche al Fosso di Hilm, per farci trucidare dalla via che solo i Morti possono attraversare. Di certo arriveremo prima, è una scorciatoia!»

 «La gente di qui è superstiziosa» spiega Fionn con la pazienza che riserverebbe a un bambino «non si inoltra mai nel Sentiero delle Vergini Suicide. Invece si inoltrano nel Fosso di Hilm, almeno per tentare di cacciare di frodo...però i più non fanno una bella fine, o così dice Lui.»
Si siede, un po' più tranquillo, tenendosi alle paratie del carro mentre i lunghi capelli gli frustano il viso. Mezzo convinto, Erech replica:

«Giocare sulle superstizioni, potrebbe tornarci utile in futuro, in effetti.»

 Godfrey li ascolta con le sopracciglia aggrottate: Fionn non ha idea se li abbia presi sul serio o meno. Tuttavia, sembra sincero quando gli dice:

 «Questo Vecchio, come lo chiami tu... potresti ringraziarlo per avervi condotto da me?» Alza le mani al cielo in segno di devozione. «Vi devo la vita, Grande Vecchio!» Si volta poi di nuovo verso Fionn. «E' così che ci si rivolge al tuo amico?»
Fionn scrolla le spalle, divertito. «Non proprio così, ma apprezza comunque. Dice che lo diverti, tra l'altro.»

 «Io lo diverto? Questo ed altro per l'Unico e Grande!»
Godfrey scoppia a ridere vigorosamente, e Fionn non è certo che l'abbia preso sul serio. Tuttavia, sembra un uomo di buon cuore. E' contento di avergli salvato la vita.

 «Dimenticavo» aggiunge poi, come cadendo dalle nuvole. «Il mio nome è Fionn Adhmaid. E non avere paura...possiamo sembrarti un po' pazzi, ma è il Grande Vecchio che ci guida. Siamo nelle Sue mani.»

Godfrey replica con un ghigno divertito, ma sincero.

 «Ebbene, vi ringrazio Fionn Adhmaid per aver eseguito il volere del Grande Vecchio, senza di voi probabilmente a quest'ora penzolerei dalla forca e il mondo avrebbe perso il miglior bardo di sempre.»
Nel frattempo, Erech ha rallentato leggermente l'andatura dei cavalli, il sentiero scosceso non permette una corsa adeguata, rischiano di non arrivare nemmeno alla fine. Ormai il pericolo sembra passato, comunque.

«Io ho una gran paura del tuo Vecchio» sussurra l'erede della Lancia, prima di rimanere qualche istante in silenzio. Nel momento in cui l'ex condannato chiede anche il suo nome, volge un'occhiata a Fionn di sfuggita, prima di decidersi a dire:
«Sono Erech, della Stirpe di Carandir, il legittimo erede al trono di Garth.»
Così facendo abbassa il cappuccio sulle spalle, facendo scivolare i capelli incolti e striati dalle Stelle di Luce.

All'udire quel nome, Godfrey sfodera un'altra risata.
«Ah! Erech Carandir, questa proprio non me l'aspettavo! Un uomo che parla con Dio e un altro che sembra esser resuscitato, un morto vivente!» Appoggia le mani sulle spalle di entrambi. «Voi due, miei signori e salvatori, vi siete guadagnati l'onore di esser i nuovi protagonisti di una mia prossima storia.»

 Un grande sorriso si allarga sul viso di Fionn: l'idea di far parte della canzone di un bardo è per lui un premio sufficientemente allettante per averlo salvato. Chissà quali sono i piani dell'Unico su di lui? Fosse anche solo per cantare quella storia, ne sarebbe felice.
«Signore, hai sentito? La nostra impresa avrà pur bisogno di un bardo. In più, sarà bravo con le parole, sicuramente più di me. Potrà aiutarci a predicare!»

«Un altro predicatore...»
Erech mastica qualche altra parola come ha fatto fino ad ora, mormorare tra sé e sé è stato il gioco di tutto il giorno. Fionn sorride: sa che non è del tutto convinto, ma gli è grato di averlo ascoltato comunque. Di averlo ascoltato sempre. Erech è forse l'unica persona al mondo che non lo consideri davvero pazzo. Certo, a volte gli dice il contrario; ma quando si tratta di avere fiducia in lui, non si tira mai indietro.

«Mi auguro che la nostra storia sia degna della azioni che compiremo.» aggiunge Erech, e sembra già più rilassato. O rassegnato. A volte, Fionn non sa distinguere le due emozioni nella sua voce.

Godfrey è subito pronto ad avallare, entusiasta:

«Due uomini che vanno incontro al proprio Destino, contro un intero Regno! I bambini impazziranno e le donne vi cadranno ai piedi.» Sospira, come cercando nell'aria sottile i versi che sta per enunciare. Fionn gli dà un'amichevole pacca sulla spalla, come a dirgli: benvenuto in questa pazza impresa. Godfrey ricambia con un sorriso soddisfatto.

«Che l'Unico illumini la mia e la vostra strada, miei Signori!»

«Che l'Unico ci illumini sempre» risponde Fionn, con devozione.

E, soprattutto, che inizi a dare loro qualche spiegazione dei suoi piani: perché perfino a lui, che crede ferventemente e seguirebbe la Sua voce fino agli inferi e ritorno, a volte risulta molto, molto difficile intuire il percorso che la Sua volontà ha tracciato.

Il carro, lentamente, torna sul sentiero disertato, quello che conduce al villaggio di Rua. Le nuvole incitano il cielo a scatenare un temporale in lontananza. Un segnale che gli antichi dèi sono arrabbiati con loro? Forse. O forse soltanto un segno della stagione che avanza. O un'eco del sogno di Erech sul ritorno della Lancia di Carandir tra loro.

Note delle Autrici
Eccoci di nuovo qui, a seguire le avventure dei nostri due pazzi errabondi...sembra che l'Unico abbia piani per Erech, anche se la simpatia non è reciproca. Perché la vita del bardo Godfrey è tanto importante per la missione del principe esiliato? E soprattutto, che fine hanno fatto le due principesse che abbiamo lasciato nel loro palazzo, e come rientrano in questo disegno divino? Ma siamo sicuri sicuri che Fionn non sia pazzo davvero?
Tutto - o quasi - troverà risposta strada facendo...stay tuned! ^_^

Saluti e Ossequi!

DarkSide&Runa


 

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Capitolo 4
*** Donzelle in pericolo ***



 

Il grande giorno di Iseult è arrivato.

Ha indossato l'abito celeste che è il colore tradizionale dei vessilli di Muirìn; ha arricciato i capelli e li ha raccolti in alto, perché spiovano sulle spalle, trattenuti sulla fronte dal diadema di acquemarine. Attorno alla vita, una fascia dorata con lo stemma della sua casata - l'onda che si infrange sullo scoglio -, a simboleggiare la devozione dei regnanti di Muirìn all'Unico.

Le mani non tremano, anche se sta per lasciare la sua casa. La tristezza è lontana dal suo cuore. Gli addii informali sono già stati sbrigati. Il padre l'ha salutata con un bacio sulla fronte, la sera prima, e una dolce raccomandazione di dimostrare il proprio valore alla corte di Garth. La madre le ha dato una carezza leggera sul viso, e le ha chiesto di tenere alto l'onore del regno da cui proviene. Congedatasi con affetto immenso dall'uno e con una sorta di nostalgico rancore dall'altra, Iseult ora è serena e consapevole. Sta compiendo il primo passo verso la sua nuova vita.

Quando l'ambasciatore di Garth viene annunciato e sta per fare il suo ingresso nella sala del trono, il re e la regina stanno ieratici e solenni alle spalle delle figlie. Iseult volge appena il capo verso Cèline, che siede al suo fianco, avvolta in abiti degli stessi colori e con simili ornamenti tra i capelli. Soltanto una cosa contraddistingue la promessa sposa di Owen da Garth: Iseult porta al collo la Lacrima del Mare, un raffinato gioiello di famiglia che rappresenta un turbine di alghe d'argento incrostato intorno a una perla purissima. Quella è parte della dote che porta al suo promesso.

Stringe la mano di Cèline, e le sorride, per tranquillizzarla. Non ha bisogno di conforto: sta bene. Tutto andrà per il verso giusto. Glielo dice con gli occhi, prima di volgerli di nuovo verso la porta di ingresso della sala del trono, da cui tra poco entrerà l'ambasciatore.

Appena le alte porte intarsiate si aprono, fa il suo ingresso un uomo alto, dai capelli biondi lievemente mossi che gli ombreggiano le spalle. Il suo volto è orlato di una barba ben curata: gli occhi velati di quella che sembra una malinconia perenne si fanno largo attraverso la sala che inizia ad attraversare, con la mano solennemente poggiata sul pomo della spada che ricade al fianco sinistro. Le hanno detto che è il Comandante dei Cavalieri del Regno di Garth: sembra molto giovane per ricoprire quella carica, deve avere poco più di trent'anni.

L'uomo si inginocchia di fronte al trono, e il Re ha parole di benevolenza per lui. Lo invita ad alzarsi, e gli introduce le figlie...in particolare Iseult, la sposa. Il suo cuore si stringe in petto a quell'appellativo. La sposa è lei. Sta succedendo davvero.

Lode a voi, mia Signora.” mormora l'uomo, inchinandosi profondamente a entrambe le principesse. “Il mio nome è Heremon, Cavaliere di Sua Maestà il Re. La carrozza è stata predisposta per la partenza, tutti i vostri averi sono stati sistemati nel migliore dei modi. Se vi aggrada, è ora di andare. Tutta Garth vi aspetta con trepidazione.”

Iseult sorride con compiacenza al suo inchino: dunque, è quello l'uomo che suo padre ha accolto a Muirìn con tutti gli onori, colui che la scorterà fino a Garth per le sue nozze con Owen. E' la prima volta che lo vede così da vicino.

Osserva il cavaliere con l'occhio distaccato che di solito posa sui dignitari stranieri: da quelle prime parole e gesti, l'impressione che ne ha è buona. Sembra un uomo di poche parole, cortese ma non cerimonioso: probabilmente è più un combattente che non un politico. Se nonostante questo è stato messo a capo della delegazione che condurrà Iseult, Cèline e la loro servitù fino a Garth, significa che Re Quinn deve fidarsi molto di lui: dunque, probabilmente è anche leale.

Soppesate per un attimo quelle qualità ipotetiche, pronuncia a voce chiara:

Vi ringrazio, sir Heremon. La principessa Cèline ed io siamo pronte, ed impazienti per la partenza” getta una breve occhiata alla sorella, sorridendo con studiata dolcezza. “Non attendiamo oltre, dunque.”

Con un ultimo saluto rituale al padre e alla madre, molto più freddo di quello personale della sera prima, Iseult lascia la mano di Cèline e si incammina un passo davanti a lei, pronta a raggiungere la carrozza che le porterà lungo le strade della città, fuori da Muirkirk, e infine lontano dai confini del regno.

Non si volta a guardare le mura che si sta facendo alle spalle: il re e la regina si affacceranno ai bastioni per salutare la sua partenza. Fino ad allora, è un bene che non possa vederli di nuovo, per non vacillare nelle sue certezze né desiderare di non partire.

Mentre stanno per salire in carrozza, sente al sorella sussurrare: “Arrivederci, Muirìn”. Iseult stringe le labbra. Per lei, non è un arrivederci...almeno, non a breve. Tornerà per visite di rappresentanza, o forse per il matrimonio della sorella. Potrebbero passare anni interi.

No, non deve pensarci.

Con un respiro appena più profondo, si decide a salire sulla carrozza, e appena al suo interno cerca di nuovo la mano di Cèline.

Tra poco saremo lontane da qui” mormora la sorella, e Iseult non può fare a meno di annuire. Cerca di mantenere quell'espressione serena e regale che ha avuto in volto fino ad ora. L'avventura è al suo inizio. Andrà tutto bene.

 Mentre chiude il portello, sir Heremon le rassicura: “Se avrete bisogno di qualcosa, io cavalcherò qui al vostro fianco”.

Quindi, sale in sella al proprio cavallo, e come promesso fiancheggia la carrozza quando fa cenno al cocchiere di partire. Alcuni soldati cavalcano davanti la carrozza, altri al suo seguito. In tutto, non sono più di dieci guardie: il re di Garth ha promesso rinforzi una volta oltrepassato il confine, per garantire la sicurezza delle principesse. Il re di Muirìn sa che le strade fino al confine sono diligentemente pattugliate dai propri soldati, e ha acconsentito all'accordo. Una scorta leggera viaggia più rapidamente, ed evita ulteriori dispendiose spese.

Mentre varcano le mura di Muirkirk, salutate dalla folla festante e da una pioggia di fiori, Iseult è di nuovo talmente piena del regale orgoglio che si è messa addosso insieme alla tiara e al vestito che non riesce a provare paura. Inoltre, la presenza di Cèline le dà coraggio. Sente in qualche modo di doverla proteggere, di doversi occupare di lei nel luogo estraneo dove stanno andando: Iseult non si sentirebbe così forte se non dovesse fare forza alla sorella. Saluta la folla, si sporge dal finestrino senza timore per farsi ammirare e benedire dai volti e dalle voci del suo popolo. Quel popolo che una volta ha sperato di poter guidare. Spera solo che chiunque sposerà Cèline ed erediterà il regno saprà guidarlo con lo stesso amore che lei gli avrebbe riservato.

Sta ancora osservando le sue campagne e le scogliere a picco sul mare, quel mare che i Muirìn hanno dominato con le loro navi veloci e resistenti per generazioni. A Garth, il mare non c'è. Non sentirà più l'odore della salsedine e non potrà più fuggire sulla spiaggia, per sentire la sabbia raggrumarsi sotto la pianta dei piedi.

Basta. Era decisa a non indugiare in pensieri tristi...deve distrarsi.

Mentre guarda all'esterno, i suoi occhi si posano di nuovo su Sir Heremon. Gli rivolge un sorriso, che lui ricambia con un cenno devoto del capo. Ritirandosi all'interno della carrozza, Iseult ammicca in direzione di Cèline.

Un uomo avvenente, non c'è che dire. Credi che tutti i dignitari della Corte delle Lance saranno così...interessanti?”

Iseult!” la rimprovera immediatamente la sorella, e già è arrossita “Non dovresti dire certe cose. Affermare che sia un uomo avvenente, mentre stai per andare in sposa ad un Principe!” Nonostante quelle parole, le sfugge una lieve risata. “Però hai ragione, è un uomo molto affascinante. Mi chiedo se non abbia da raccontare qualcosa di ben più interessante di mille altri Principi di tutti i regni della terra.”

Iseult ride a sua volta.

Oh, su! Sono fidanzata con un principe, ma ho ancora occhi per guardare. E poi, non lo stavo valutando per me... *ammicca, rivolgendo un'altra occhiata al bel capitano. “Ne convengo, forse un capitano delle guardie non è abbastanza nobile per una principessa. Ma, dopo tutto, non si sa mai. Quando sarò regina, potrei conferirgli qualche titolo in più del dovuto!”

Cèline arrossisce di nuovo, questa volta fino alla punta delle orecchie. Stringe i lembi dell'abito, cercando di celare l'imbarazzo. “Iseult, ti prego. Non ho intenzione di prendere marito, non finché nostro padre non avrà preso una decisione per me. Inoltre, Sir Heremon mi sembra un uomo molto maturo e sicuro di sé. Deve avere un animo gentile, ma credo che abbia vissuto molto fino ad ora. Mi chiedo quale sia la sua storia...”

Iseult sorride della serietà della sorella. Si diverte a stuzzicarla per continuare a spingere i pensieri che la spaventano al limite della coscienza. Come sarà la corte di Garth? Riuscirà a muovervisi con naturalezza? Saranno gentili con lei, o dovrà scavarsi un posto accanto alla Regina Lorna a suon di graffi e morsi? E Owen, sarà davvero nobile quanto le sue lettere promettono? Sarà altrettanto bello, altrettanto saggio e appassionato?

In quel momento, l'interpellato si accosta alla carrozza, facendole sussultare entrambe per la colpevolezza di aver parlato di lui fino a quel momento.

A breve sorpasseremo il confine del vostro Regno, Principesse” le informa, per poi riprendere a guardare in avanti.

Che? La linea delle bianche scogliere che costeggia la Cattedrale del Mare è già finita? Si sporge dal finestrino per cercare la sagoma del palazzo. Di casa. E' lontano, come un piccolo castello giocattolo posto su un mobile troppo alto, che una bambina non può raggiungere. E' fuori dalla sua portata, ora.

Iseult china il capo e sorride alla sorella con aria complice.

Accidenti, siamo andate molto più in là delle nostre solite cavalcate. Nostra madre ci farà una ramanzina infinita se non torniamo in tempo per cena!” sorride. 

Cèline raccoglie lo scherzo e ride. “Questa volta nostra madre non sarà clemente, ci vieterà di cavalcare per un'intera settimana.” 

Dopo aver scherzato ancora per un po' con la sorella e aver parlato di tutto ciò che può tenere la mente di entrambe lontana dalla tristezza e dall'ansia, Iseult poggia la testa sullo schienale morbidamente imbottito. Non ha intenzione di dormire. Guarda i paesaggi che rappresentano tutta la sua vita scivolare fuori dal finestrino, cullata dall'ondeggiare dell'abitacolo. Chissà quando avrà l'occasione di tornare? Non deve pensarci adesso. Non ha intenzione di dormire...

...eppure chiude gli occhi. La testa scivola dolcemente, in barba alla complessa acconciatura, contro la spalla di Cèline. Nel suo sogno, la corte di Garth è decorata a festa con fiori freschi, e inondata di luce. Tutti le sorridono, soprattutto il suo Principe. E' un luogo in cui non rimpiangere "casa".

 

 *

 

"Stanno varcando il confine!"

La voce fresca di Liam arriva alle orecchie dei compagni, nascosti al limitare della foresta che preclude il passaggio al Regno di Garth. Erano a conoscenza di quel viaggio ormai da giorni, hanno seguito passo passo ogni movimento, si erano resi conto che una carrozza simile non poteva che trasportare qualcosa o qualcuno di prezioso.

"Rimaniamo tutti uniti, dividiamoci, li attaccheremo ad entrambi i lati. Liam, nasconditi, c'è un solo sentiero che possono attraversare. Abbiamo bloccato tutti gli altri."

Liam esegue prontamente gli ordini, nascondendosi dietro un cespuglio in fervente attesa. Tiene la mano sulla daga legata al fianco, ascoltando soltanto il proprio respiro.

  

*


 

Attraversata la foresta, potremo dire di essere quasi nel cuore del vostro nuovo Regno, Principessa.”

Iseult è ancora immersa in quello stato di dormiveglia, quando sente la voce di sir Heremon che le parla di Garth. Garth...la immagina come nella lettera che Owen le ha scritto...i campi fragranti di terra fertile, le messi, la gente che lavora di buona lena sotto il sole per trarne frutti...può quasi vederne i colori.

Socchiude appena gli occhi. La sagoma di sir Heremon è indistinta oltre l'abitacolo, la carrozza continua a ondeggiare, e il profumo dolce e famigliare di Céline la fa sentire sufficientemente al sicuro da rimanere in quello stato di semi-incoscienza. Vuole vedere quei campi...vuole vedere quegli uomini, il suo nuovo popolo, che lavorano la terra...

 

*

"ORA! UOMINI, ALL'ATTACCO!"

Al suono della voce del Capo dei banditi, gli archi vengono tesi dall'alto dove un uomo è seduto su un ramo di una grande quercia. Le prime frecce vengono scoccate e immediatamente due tra i Cavalieri sono feriti poco sotto le giunture degli elmi. Si sono esercitati fino allo sfinimento per avere la prima mossa dalla loro parte e la precisione dell'arco è stata fondamentale. Heremon si guarda intorno quasi spaesato, quando sente le grida dei banditi che escono allo scoperto e due dei suoi uomini cadere a terra, sguaina la spada urlando:

Proteggete la figlie del Re! Tutti intorno a me!”

Incita gli altri Cavalieri e fare breccia contro i banditi che mirano prima ai cavalli, per poter avere più forza d'impatto. Liam sbuca da uno dei cespugli correndo verso uno degli uomini con l'armatura, sfoderando la daga e incidendo un segno indelebile su una parte scoperta. Lasciando sanguinante uno dei nemici, accorre dagli altri compagni per aiutarli.

Iseult viene strappata con violenza al suo sogno dalle grida degli uomini intorno a sé. Alza il viso di scatto, incontrando quello altrettanto spaventato di Cèline: guarda fuori dal finestrino per cercare di capire cosa stia accadendo, e vede uno dei soldati cadere da cavallo, il fusto di una freccia conficcato nel collo.

Ricade sul sedile e batte le palpebre, una volta, due volte, con il cuore ghiacciato. Fa parte di un incubo?

Lo stridere delle armi e gli scossoni a cui è sottoposta al carrozza la svegliano definitivamente dal torpore. No, non è un incubo. E' reale.

Atterrita, stringe a sé Cèline e spinge le spalle contro l'abitacolo della carrozza.

Andrà tutto bene” mormora tra i capelli della sorella, ma ogni tonfo e ogni grido della battaglia la fanno sussultare. “Sir Heremon ci proteggerà.”

Cèline si stringe a Iseult, nasconde il viso sulla sua spalla.

Non voglio guardare, non ci faranno del male. No, non succederà niente”. Le lacrime scorrono copiose sul viso di Cèline, può sentirle mentre le bagnano la spalla. La stringe più forte. Non permetterà che le accada nulla di male.

Heremon si avvicina alla carrozza e urla: “Rimanete qui, non muovetevi!”

Iseult segue il suo mantello verde con gli occhi, pregando incessantemente. Uno dei banditi lo tira giù dal cavallo per iniziare uno scontro aperto. Nonostante Heremon cerchi di difendersi a colpi di spada, uno degli altri banditi lo assalgono alle spalle bastonandolo sul capo. Cade a terra. E non si rialza.

E' solo allora, che Iseult serra gli occhi e permette al panico di sovrastarla. Stacca la Lacrima del Mare dal collo e la stringe forte tra le mani, aggrappandovisi come se fosse un artefatto dell'Unico. Non le resta che continuare a pregare.


 

Gli ultimi scontri finali stanno per volgere al termine. Liam con la sua daga non fa che incitare i rimanenti Cavalieri al combattimento, comportando come al solito da sciocco avventato, tanto che si sospinge fino a salire sulla ruota della carrozza, gettando uno sguardo all'interno.

Salve, fanciulle, non temete! Se farete le brava, non vi accadrà nulla...di troppo spiacevole”.

Scoppia a ridere prima di ritornare in sé e voltarsi verso uno degli uomini a cavallo che cerca di spodestarlo, ma con un balzo salta sul cavallo facendo cadere a terra il proprietario.

Tutto qui quello che sanno fare gli uomini di Sua Maestà?”
 

*

 

Erech, Fionn e Godfrey hanno deciso di sostare per permettere ai cavalli di riposare e di mangiare qualcosa, così da occupare parte del faticoso viaggio con il dovuto ristoro.
Seduti attorno al focolare appena scaldato dove stanno arrostendo due magre lepri, Godfrey sonnecchia e si pronuncia con uno sbadiglio affermando: “Non immaginavo che viaggiare fosse così tanto spossante, avevo proprio bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Anche se non amo la carne di lepre, somiglia troppo a quella di pollo”.
Erech gli rivolge uno sguardo in tralice per rimbeccarlo. “Non lamentarti Godfrey, potremmo vedere giorni in cui non avremo nulla da mangiare.”
Si accorge qualche istante dopo che lo sguardo di Fionn si perde nel vuoto, come spesso accade, come se fosse totalmente perso nel suo mondo, preso dal dialogo che ha con se stesso o con l’Unico, come gli piace credere.
Sente la sua mano aggrapparsi alla manica con forza e sussurrare di conseguenza “Sono qui…sono vicine”.
“Vorrei sottoporti una questione, cosiddetto legittimo erede al trono della Lancia” Godfrey sbeffeggia Erech con un certo divertimento “il tuo amico è sempre così su di giri? A volte ho la sensazione che parli da solo, non riesco a capire se sia in grado di vedere i fantasmi”.
“Temo che questo sia il suo normale stato di vita, Godfrey” risponde di malavoglia portando gli occhi scuri ad osservare la manica che viene tirata con maggiore forza.
“Sono in pericolo!” la voce di Fionn risuona più alta delle loro.
“Chi è in pericolo?” quando si rende conto che il suo compagno sembra essere assorto nei suoi pensieri, in un mondo troppo lontano per essere raggiunto, si decide ad alzarsi in piedi e a scuoterlo per le spalle.
Sembra che non riesca a vedere nulla, nei suoi occhi emerge un vuoto che non si colma nemmeno con gli strattoni di Erech, come se stesse osservando ciò che agli altri è precluso.
“Una carrozza assaltata dai briganti, ci sono delle donne in pericolo all’imbocco della foresta” ora che gli occhi profondi tornano a guardare Erech sono colmi di timore. “Mio signore, non possiamo lasciarle nei guai!”.
Erech rimane attonito, piuttosto confuso da quell’espressione colma di rammarico, mentre Godfrey si alza in piedi per poter girare attorno a Fionn con una mano posta sotto il mento, intento a studiare il suo comportamento.
“Stai parlando di briganti, a Garth!” Erech digrigna i denti pensieroso “Non ce ne erano mai stati nella foresta, mio padre aveva provveduto a…” rendendosi conto di perdere solo tempo con le parole, rinnova il proprio vigore. Si fida dell’istinto di Fionn, in un modo o nell’altro ciò che dice si avvera sempre, o quasi.
“Non possiamo permettere che a qualcuno venga fatto del male, soprattutto all’interno del mio regno e a delle donne indifese” volge un’occhiata fugace a Fionn “Guidaci verso di loro!”.
Degnarsi di ascoltare Godfrey, al momento, è assolutamente futile e ascolta soltanto distrattamente le sue parole colme di stupore.

Donzelle in difficoltà, un uomo che crede di parlare con Dio, il legittimo erede al trono (forse più folle dell’altro), ne avrò da scrivere!” la sua risata risuona nelle orecchie di Erech che immediatamente gli lancia una delle spade corte che tengono nascoste sul carro.
“Cosa devo fare con questa?”
Accorgendosi che Godfrey non è riuscito ad impugnarla al volo, gli indica di afferrarla velocemente “Se non vuoi spargere sangue, fa che non venga sparso il tuo” si avvicina e gli posa una mano sulla spalla per incoraggiarlo assieme ad uno sguardo carismatico.
La frenesia del momento viene incitata dalle parole di Fionn che si è armato di arco e frecce ed è montato sul carro prima di loro “Che state aspettando? Salite!”
“Un…un momento! Nessuno mi aveva parlato del MIO sangue!” grida Godfrey in preda al timore di non sopravvivere.
Erech, socchiudendo gli occhi nel tentativo di mantenere la calma, non è intenzionato a sentire ragioni, soprattutto da parte di qualcuno che nemmeno voleva portare con sé.
Nel momento in cui sale sul carro, afferra il braccio di Godfrey e lo issa su per farlo sedere dietro di loro.
“Cerca di fare silenzio e disturbare il meno possibile” grugnisce prima di fare cenno a Fionn di avviarsi verso il luogo prestabilito.
Il carro inizia la sua corsa frenetica sul sentiero più stretto e scomodo della foresta, ma il più veloce per poter arrivare in tempo.
Man mano che il loro avanzamento si fa più fitto riesce ad udire indistintamente il cozzare delle lame.
Si augura di non arrivare troppo tardi, non potrebbe perdonare se stesso di non aver fatto qualunque cosa pur di salvare la vita di innocenti.
Non appena sopraggiungono sulla scena del combattimento, la prima cosa su cui fa cadere lo sguardo è l’ammassamento di corpi ricoperti di armature stesi nella fanghiglia, tra cui un uomo che indossa una casacca regale.
Sembra esser vestito come una delle guardie dell’Usurpatore, o di un suo cavaliere. Corruga la fronte, dunque ciò che si nasconde all’interno della carrozza assalita ha un legame con la Corte di Garth.
Si accorge che alcuni uomini, quelli che devono essere i briganti, stanno trasportando via dei bauli mentre un ragazzo, il più giovane di tutti, continua a scontrarsi con uno dei Cavalieri che ancora è rimasto in piedi.
“Voi!” esclama d’improvviso, scivolando giù dal carro che si arresta di colpo. “Fermatevi o saremo costretti a piegarvi!” urla a gran voce, una voce che risuona sul sentiero fermato dall’assalto. Una voce che un tempo risuonava sui campi di battaglia, per portare onore al Re, il Vero Re.
I banditi che trasportano il bottino si voltano a guardare i nuovi arrivati e sghignazzando divertiti della situazione.
“Lasciate andare le donne che si trovano nella carrozza, all’istante” sguaina la spada con furore, puntandola verso di loro.
Avverte il mugolio di Godfrey proprio dietro di sé, che rimane ancora saldo sul carro.
“Il mio padrone vi ha avvertiti, Signori, se così vi si può chiamare. Far del male a delle fanciulle indifese non è onorevole e colui che qui davanti vedete è un Guerriero, il Salvatore di Donzelle in pericolo rinomato in tutti i Regni!”.
Erech, pur non abbassando lo guardia, sospira infastidito da quell’improvvisa presentazione che di certo non gli si addice, ma non è contro di lui che deve inveire, se non fosse che i banditi producono una risata ancor più forte.
Subito dopo, con la coda dell’occhio, vede spuntare la punta di una freccia incoccata da Fionn che gli si è affiancato per dargli manforte, rivolta verso uno dei banditi, un omaccione panciuto che mostra un’aria sorniona.
“Potete avere le due sgualdrinelle, se vi levate dai piedi. Certo…dopo che ci saremo divertiti un po’ con loro.”
Di parola, un altro dei briganti trascina fuori in malo modo le due fanciulle totalmente spaventate.
Erech nota immediatamente che i loro abiti sono stati derubati dalle spille dorate, laceri e sconvolti, così come le chiome disciolte da una precedente e ricca acconciatura.
Devono trattarsi di due nobildonne, si stringono l’una all’altra e tremano. Ma mentre una sembra conservare disperatamente un'aria altera e orgogliosa, l'altra, dai capelli più biondi dell'oro, ha il volto rigato di lacrime.
Non ha nemmeno il tempo di dare l’ordine di attaccare, che sente la freccia di Fionn esser scoccata in fretta per conficcarsi nel ginocchio del brigante.
Se vi era modo di poter ragionare con loro, ormai avevano perso l’occasione.
Il brigante ferito lancia un urlo, agguerrito e addolorato per la freccia incastonata nella carne ma non lascia ancora le due fanciulle.
“Avevate detto che avremmo lasciato stare le donne e saremmo fuggiti con i gioielli!” rimbrotta il più giovane, con il viso arrossato e adirato. Quando si rende conto che uno dei compagni è ferito, si fa perno sulla ruota delle carrozza con le braccia, solleva i piedi da terra e tira un calcio sul petto del Cavaliere, già tramortito da diverse ferite, il quale cade a terra perdendo l’equilibrio.
“Andatevene, non sono affari che vi riguardano!” non ha il tempo di aggiungere altro che Erech gli salta al collo, iniziando a sferrare colpi di spada che lo costringono ad indietreggiare. Notando che il giovane ragazzo riesce a sovrastare la carica innumerevole di fendenti alla testa, cambia la direzione del colpo, ma pare che il giovane bandito non abbia intenzione di arrendersi.
“Aiutatemi, maledizione!” impreca nel momento in cui si accorge che i compagni stanno fuggendo con i preziosi, trascinando con sé le due fanciulle.
“Sembra che nessuno sia intenzionato a venire in tuo soccorso. Piuttosto di chiedere aiuto, arrenditi ragazzo, sarai risparmiato” Erech tenta di raggiungere un accordo, ormai non ha il tempo per occuparsi degli altri banditi, almeno non finché non potrà esser sicuro di non ricevere colpi alle spalle.
I Cavalieri di Garth assieme al loro Capo giacciono inermi accanto alla carrozza che invano hanno tentato di salvare.
Possibile che sia stato così semplice sconfiggerli? Ma non ha il tempo di riflettere su tutto questo, il giovane bandito inizia ad incalzarlo più furiosamente.
“Non mi arrenderò a nessuno, non voglio la tua grazia” sputa a terra prima di tirare un altro colpo.
Erech, rendendosi conto di aver un valido avversario, non può che dedicarsi totalmente a lui e alla prossima sconfitta.
“Fionn, Godfrey! Pensate voi alle donne!” li richiama ordinando perentoriamente di pensare agli altri banditi.
L’eco della voce di Godfrey giunge sottile “Dovrei affrontare simili bricconi? Io ferisco con la penna, non con la spada!” a seguito poi di un grido femminile aggiunge “Sia mai che io lasci una donna in difficoltà!”

 

*

 

Quando la freccia scocca, Iseult non si pone domande: Cèline le stringe il braccio, è il segnale per tentare di scappare. Chi sono quegli uomini giunti a salvarle? Non è il momento di chiederselo: sono in tre, contro tutti i briganti. I soldati di Garth non sono riusciti a proteggerle. Se vuole salvare la propria vita e quella di Cèline, può contare solo sulle proprie forze.

Dopo pochi passi, le mani rozze di altri briganti la afferrano, trascinando lei e la sorella per reclamarle per sé. Il disgusto la assale: morirà, prima che accada. Morirà, e si porterà qualcuno di quei topi di fogna con sé agli inferi!

Tentando di divincolarsi, caccia i denti nella mano del brigante che le sta strattonando brutalmente. Quello, con un urlo, sottrae il palmo al morso, e le riserva uno schiaffo che la fa cadere a terra, con i palmi delle mani affondati nel fango imbrattato di sangue.

Una fitta di nausea le serra lo stomaco, e per un attimo è più forte anche del dolore.

Fermo, tu!”

Sente la voce di un uomo, sì, è lo stesso che ha scagliato il dardo poco fa. Ma subito dopo viene il dolore bruciante: il brigante le sta strattonando i capelli sulla nuca, per rimetterla violentemente in piedi. Iseult non è mai stata sfiorata nemmeno con un dito. Nessuno può permettersi...nessuno! Le lacrime di umiliazione le bruciano negli occhi, mentre aspetta che l'arciere scocchi di nuovo. Nulla, nemmeno un suono. Alza gli occhi lucidi su di lui, incontra la sua figura ammantata dei lunghi capelli scuri. Cosa aspetta?
Sì, ora capisce. Il brigante la sta usando come scudo, e se l'arciere non scocca è perché non è certo di non poterla colpire. Lo sente dire, a voce alta e possente:

Lasciale, uomo indegno. Altrimenti, la giusta punizione dell'Unico ti coglierà.”

C'è un altro uomo, biondo allampanato, che brandisce l'arma in malo modo sopra la testa e per poco non si sbilancia in avanti. Il bandito ride, il suono sgraziato stride contro l'orecchio di Iseult, nauseata dal suo alito pestilenziale.

"Per tutte le terre di Garth! E' così che si tratta una signora?” sbotta l'uomo biondo “Non mi stupisco che dobbiate cercarvene una con la forza, nessuna si piegherebbe di fronte a tanta meschinità."
Al momento, lo ammette, Iseult preferirebbe meno cavalleria e più azione.

 

*

 

Erech continua a destreggiarsi con la spada contro il ragazzo, seppure nessuno dei due sembra uscirne ancora vincitore.
“Sei bravo, ma non abbastanza. Non credi di meritare una fine migliore di quella che potresti trovare qui?” si ferma per un istante, di modo che possa dargli il tempo per prendere un’ulteriore decisione.

Il giovane non sembra volersi chinare per nulla al mondo “Chi ha stabilito che sarò infilzato come un animale? Forse sarò io a farlo, vecchio!”
Apre le braccia orizzontalmente, come a voler incitare Erech a colpirlo al petto.

 

*

 

Con l'altra mano, il brigante strattona anche Cèline. Stringe entrambe a sé, per proteggersi da eventuali attacchi.

"Se desiderate le loro vite, andatevene! Sono nostre, le abbiamo catturate noi!"

Dalla sua voce che trema, Iseult può sentirlo: il rapitore ha paura. Fino a pochi istanti fa era spavaldo, ma ora si è reso conto di essere rimasto l'unico lì intorno, a parte un testardo ragazzo impegnato in un duello con il terzo provvidenziale soccorritore. Tuttavia, nonostante sia rimasto solo il brigante non si arrende, e continua a proseguire all'indietro per allontanarsi dai due uomini. Non le resta che assecondarlo.

Mentre lo fa, osserva l'uomo con l'arco, che non si decide a scoccare. Che cosa sta facendo? Basterebbe mirare all'occhio del brigante, perfino lei lo sa! Cerca di fargli un cenno, ma la mano villosa che la strattona la costringe a indietreggiare. Non può fare altro che seguirlo.

Accade in un attimo.

E' tutto molto veloce: il brigante perde l'equilibrio, cade, trascina Iseult e Cèline con sé...è la loro occasione. Con un colpo deciso, Iseult spinge via la sorella, poi rotola di lato, avvertendo la durezza del terreno sulla pelle. Non importa. Con quel gesto ha dato l'occasione all'arciere di intervenire.
L'uomo dai lunghi capelli scuri è sul brigante in due falcate: gli poggia lo stivale sullo sterno e punta la freccia tra i suoi occhi.

Dì le tue ultime preghiere, perché l'Unico ti riceva con la coscienza candida.”

"Non uccidermi...ti prego...mi dispiace, volevo solo..."

So cosa volevi!” tuona l'arciere, con voce mortalmente seria “Uomo indegno, bestia immonda...dammi una sola ragione per evitarti la giusta punizione! Solo una!”

"Io...mi pento! Mi pento di quello che ho fatto..."

Parole facili, ora che la tua vita sta per finire. Ma sapresti mantenerle per mesi? Anni? Sapresti espiare le tue colpe servendo l'Unico Dio?”

"Sì...sì! Pregherò...digiunerò...mi farò monaco!"

L'arciere stringe le labbra, ma perfino Iseult può vedere che sta sorridendo. Che sia solo una specie di stupida presa in giro? Be', lo ammette, è contenta di non veder versare del sangue...eppure, una parte di lei si aspettava più combattività da parte dei loro salvatori. Se lei fosse un uomo, non lascerebbe vagare per la terra della feccia del genere...tanto meno, gli permetterebbe di servire l'Unico!

E allora vai, fratello!” esclama l'arciere, abbassando l'arco “Vai al primo monastero, e predica la parola dell'Unico! E se non lo fai...” ammicca, picchiettandosi la tempia. “Lui me lo dirà. E io ti verrò a cercare per finire quello che ho iniziato.”

Con un singulto e qualche professione di fede masticata tra le labbra tremanti, il brigante scappa via.

L'arciere posa l'arco, trattenendo a stento una risata. Si avvicina a Cèline, le sfiora il braccio.

Vi sentite bene, mia signora?”

Spaventata, Cèline indietreggia fino ad appoggiare la schiena al tronco dell'albero. Si limita ad annuire velocemente, senza dire una parola.

A quel punto l'uomo biondo, quello che sembra preferire le chiacchiere all'azione, si inchina profondamente davanti a Iseult.

"Nobilissima dama, vi prego di accettare il mio aiuto. Son qui per servirvi"

Gettata via la spada dietro la schiena, si ripulisce la mano che le porge dalla terra inumidita incastrata tra le dita e le unghie. Iseult rotea gli occhi al cielo, ma solo mentalmente. Dopo tutto, non si può essere troppo schizzinose quando si tratta di salvatori.


 

*

 

La rabbia inizia a montare più di quanto Erech non avesse desiderato.
“Vecchio, osi nominarmi, povero stolto?” grugnisce di fronte a quell’offesa, nonostante si renda conto che la loro differenza di età sia ben visibile. Preso da un lungo fremito di ira, si avvicina per colpirlo con il pomo della spada al suo ginocchio, facendo attenzione a coprirsi la testa, di modo che l’altro perda l’equilibrio cadendo a terra.
Tirando via l’affanno che gli opprime il petto, gli punta la lama alla gola.
“Ed ora, che la morte è così vicina ed oscura, c’è ancora la possibilità che la vita non ti sia tolta” preme maggiormente la punta nell’incavo del collo.
“Dovrei arrendermi? Perché mai! Preferisco morire qui, sul campo di battaglia, piuttosto che implorare il perdono di un vecchio!”
Il ragazzo ha coraggio, avanza il collo verso la punta dell’arma, mentre un rivolo di sangue scorre sulla camicia sporca e sgualcita.

 

*

 

Iseult vorrebbe dare un ultimo sfoggio di orgoglio, e non prendere la mano che l'uomo biondo le porge. Tenta di alzarsi in piedi da sola, ma le ginocchia le tremano, e si ritrova costretta ad accettare il suo aiuto. Dopo tutto, si sono dati tanta pena per salvarle che di certo non vorranno fare loro del male...giusto?

Vi ringrazio.” lo dice ancora con voce il più possibile dignitosa, tentando di lisciarsi la gonna dell'abito ormai strappato e rovinato. “Avete salvato il nostro onore e la nostra vita, signori. Vi saremo debitrici per sempre.”

"Dovere, mia signora" si limita a rispondere l'uomo, reverente.

Gettata un'occhiata sulla spalla del suo soccorritore, Iseult scorge il volto pallidissimo di Cèline: sulle gambe ancora malferme per la tensione e la paura, si affretta ad andarle accanto, quasi spingendo di lato quello strambo guerriero-predicatore che sembra spaventarla.

Cèline! Tesoro mio, stai bene?”

La sorella, quando la vede arrivare, cerca di alzarsi in piedi a sua volta, ma il tremore delle gambe per poco non la fan ricadere a terra. Fattasi forza, si alza e la abbraccia.

Sto bene, sto bene! Non hai idea di quanta paura mi sia presa, Iseult!”

Altre lacrime le scorrono sul viso, e Cèline le nasconde tra i capelli di Iseult, che la stringe forte tra le braccia, sussurrando parole di conforto. E' finita, adesso. E' davvero finita.
 

*

 

Il coraggio che mostra il ragazzo è quasi infantile e fittizio, forse commovente. Un’indole simile garantisce guai, dei peggiori, tanto da raggiungere una morte veloce e indolore quanto indesiderata. Non premerebbe mai la lama in fondo alla sua gola, non è uomo da uccidere un giovane senza prima avergli dato un’ultima possibilità di salvezza o redenzione.
Quel pensiero viene sfiorato dall’arrivo stesso di Fionn che correndo nella sua direzione, si sofferma tra di loro, posando una mano sulla lama della spada.
“Fermati, mio Signore! Quest’uomo è parte del Disegno. Fermati, ti prego. Hai bisogno di lui”.
“Parte del disegno, questo ragazzino?” gli rivolge uno sguardo furtivo “Non ha nemmeno un filo di barba! Non voglio caricarmi di bambini, soprattutto se tutto ciò riguarda il mio disegno” continua quindi a tenere la spada verso l’avversario sconfitto.
“Piuttosto rinnovo la mia offerta, può scegliere se aver salva la vita, chiedendo perdono per le sue mancanze di educazione, oppure…” torna a guardarlo “riprendere l’arma e morire da guerriero come sembra desiderare. Qual è la scelta?”
Lo vede che corruga la fronte, indispettito e innervosito. “Perché dovreste aver bisogno di me?” ora si rivolge a Fionn, prima di sfidare la punta della lama con lo sguardo “Ho già detto che preferisco morire da eroe, piuttosto che chiedere perdono!”
“Se questo bambino muore ora, il tuo disegno sarà perduto. Il trono di Garth non ti apparterrà mai più! Mio signore, Erech, ti prego. Ti prego, ascoltami ancora una volta...” Fionn è ricaduto di nuovo nei suoi vaneggiamenti, prima di aggiungere con tono solenne “Liam figlio di Wolferl. Non provocare il mio signore: egli può darti l'onore e la grandezza che desideri, se deciderai di seguirlo”.
Erech si morde le labbra, riflettendo attentamente sulla situazione. In realtà è piuttosto in contrasto con il suo compagno di viaggio: prima lo trascina a salvare un bardo qualunque, che non è nemmeno di aiuto alla loro missione, viste le sue scarse abilità con le armi; poi lo costringe ad accorrere in salvo a due donzelle in pericolo ed infine pretende anche di dover portare con sé un brigante che crede di essere un eroe, ma non è abbastanza maturo da comprendere l’importanza della vita.
In fondo, potrebbe proprio ora non fidarsi di Fionn, che gli è sempre stato fedele?
“E va bene. Ma ricordati, Fionn, che se creerà problemi sarai tu o il tuo Signore Unico a risponderne” così facendo ritira la spada dalla gola del ragazzo, rinfoderandola nella guaina.
Subito il giovane si rialza dalla fanghiglia, con l’espressione accigliata e visibilmente spaesata.
“Non so come voi conosciate il mio nome, signor predicatore, ma non c’è Dio all’infuori di me che possa comandarmi cosa devo fare o non fare. Soprattutto, non mi fido di coloro che credono di poter parlare con qualcuno di così Potente ed Unico come se nulla fosse!”
Erech sta per lamentarsi, ancora una volta, di quel carattere così avulso al chinare la testa umilmente, quando vede Fionn raccogliere la spada avversaria e colpire il giovane alla nuca con un colpo dell’elsa, lasciandolo tramortito a terra.
“I piani del Grande Vecchio non sono qualcosa che si possa rifiutare” commenta in sua difesa, stringendosi nelle spalle.
Non può che sgranare gli occhi, rendendosi conto di quanto Fionn prevalichi sulla volontà altrui, pur di inseguire ciò che crede di aver udito dall’Unico.
“Mi auguro solo che sia come tu dici, Fionn, o come ti ho detto, ne pagherai le conseguenze.”
Rivolge lo sguardo al giovane ragazzo sdraiato nella fanghiglia, sarà meglio tenerlo al sicuro affinché non tenti di fuggire, perciò recupera delle corde che hanno abbandonato all’inizio del sentiero, per impegnarsi a legargli caviglie e polsi.
Così facendo lo issa su una spalla e lo conduce sul carro, lasciandolo cadere sul legno indurito.
“Cosa ne facciamo delle due donne? Hai scoperto qualcosa su di loro?” domanda una volta tornato indietro, verso Fionn, senza andare a chiedere alle dirette interessante. Non ama particolarmente conversare con gli esseri femminili.

 

*

 

Iseult osserva quella scena mentre stringe ancora una tremante Cèline tra le braccia: lei stessa trema, per il sollievo dello scampato pericolo e l'incertezza di quale sarà la propria sorte ora. Quei tre uomini le hanno salvate, è vero: ma saranno disposte ad accompagnarli a Garth? Cerca di non guardare i cadaveri della loro scorta, di non cercare il viso del povero sir Heremon. Se almeno lui si fosse salvato, saprebbe come consigliarla, ora...

Un momento, di cosa sta blaterando il predicatore? Non ha seguito per bene le sue parole, ma ha a malapena colto un "disegno divino" nel suo discorso. Si tratta dunque di monaci guerrieri?

Osserva l'altro, l'uomo che sembra il capo del gruppo. I lunghi capelli portati intrecciati come quelli di un selvaggio e la barba incolta non gli danno proprio l'aria del monaco...per un attimo valuta, inquietata, la sua notevole altezza e l'ampiezza delle sue spalle. No, è senz'altro un guerriero. Forse, se gli prometterà onori e ricchezze, accetterà di scortarle fino alla corte di Garth con i suoi strambi compagni.

Mettendo insieme tutta la dignità che le resta, si schiarisce la voce.

Signore, io sono Iseult di Muirìn, e questa è mia sorella, la principessa Cèline. Quello che vedete è quello che resta della scorta che ci stava portando nel regno di Garth, affinché io raggiungessi il mio promesso sposo.”

Gli occhi del guerriero si spostano su di lei: sono gelidi come due pezzi di cielo invernale. Un brivido freddo l'attraversa.

Dopo un istante di silenzio, l'uomo si prostra in un inchino, e fa cenno ai suoi compagni di porgere i loro rispetti.

Principessa Iseult, principessa Cèline. Non avevamo idea che foste di sangue reale, vi avremmo riservato un trattamento migliore.”

Iseult accenna ad un sorriso rinfrancato: dunque, si trovano tra uomini civili. Con quella nuova consapevolezza in petto, trova il coraggio di aggiungere:

Non ho parole per ringraziarvi di quanto avete fatto per noi. Al nostro arrivo a Garth, voi e i vostri compagni sarete compensati con grandi onori.”

A quel punto, l'uomo aggrotta le sopracciglia corvine. Il suo sguardo si fa più cupo e intenso, intriso di grandissimo orgoglio.

Non ho bisogno di onori, né di ricompense.”

"Ma Signore, in realtà ci servireb..." interviene l'uomo biondo, ma viene fermato da un gesto brusco del suo capo.

Viaggiavate per Garth per sposarvi?” La sua fronte si corruga, come colpita da un pensiero. “E chi mai è il vostro futuro sposo, Signora?”

Dal suo modo di parlare, Iseult è forse ancora più colpita di quanto non lo sia stata dai suoi occhi. Gli altri due sono più impacciati, ma quell'uomo non deve essere estraneo alle maniere di corte. Non sa se sentirsene sollevata. Di certo non è un uomo del re di Garth, o saprebbe senz'altro del matrimonio.

Il mio promesso è il principe Owen, figlio di Re Quinn.”

Lo vede esitare solo un istante, prima che il suo viso si tiri in un sorriso.

Non mi era giunta voce di un tale matrimonio, quale gioia dunque, venire a scoprire di aver appena salvato la futura padrona di questo Regno!”

Ancora incuriosita e perplessa dal suo rifiuto così secco di qualsiasi ricompensa - quanto orgoglio! - Iseult insiste:

Proprio per l'importanza della vostra impresa meritate tutto l'onore possibile. Vi prego, ditemi come possiamo dimostrarvi la nostra riconoscenza.”

L'uomo volge lo sguardo verso l'arciere, per poi dire:

Fatemi pensare, un istante solo. Vorrei parlare prima con i miei compagni, in fondo anche loro vi hanno partecipato.”

Così facendo, l'uomo prende da parte i suoi compagni.

 

*

 

Una volta che si son raccolti tra loro, Erech sussurra ai due “Avete inteso, vero? Intendo dire, chi abbiamo di fronte.”
“Ho inteso” replica Fionn con gravità “ma non dovremmo nemmeno pensare…sono donne, e sono innocenti.”
“Potrebbero però esserci utili” si pronuncia Godfrey in un sussurro, prima di avvicinare entrambi poggiando le mani sulle loro spalle “Prendiamole con noi, fingiamo che sia avvenuto un rapimento. Nessuno mancherà loro di rispetto, ma potrebbe essere un modo per avvicinarsi ai regnanti, senza che sappiano chi siamo…cosa ne pensate?”
Erech, per la prima volta, sembra stupito dalle parole di Godfrey e affatto annoiato. Volge un’occhiata di sottecchi alla Principessa Iseult, come se da lei volesse trarre la risposta, per poi tornare a concentrarsi sui compagni.
“E’ vero, la loro utilità è indiscutibile. Non sanno chi siamo, crederanno che desideriamo solo un riscatto, ma potremmo sfruttare tutto a nostro vantaggio. Fionn, il tuo Dio non ci consiglia nulla?” La sua parola, in tutto questo, è fondamentale.
Lo vede socchiudere gli occhi, come se stesse cercando la risposta da ascoltare, fino a raggiungere un certo limite di concentrazione.
Poi, arreso, afferma “Non dice niente, no. Ma non mi piace. Usare delle donne…” scuote la testa e sospira “Come intendi sfruttarle a nostro vantaggio, mio signore?”

 

*


 

Iseult è nervosa. Stringe le braccia intorno alle spalle di Cèline, e si guarda intorno, alla ricerca della spada più vicina. Non che abbia un'idea precisa di come usarla: ma non le piace il modo in cui quei tre parlano tra loro. Anche se finora sono sembrati abbastanza cavallereschi, potrebbero riservare brutte sorprese...

Si morde furiosamente il labbro: credeva che rivelare il proprio nome sarebbe stata una garanzia di un trattamento rispettoso, soprattutto in vista degli onori che potrebbe conferire loro una volta arrivata a Garth. C'è ricchezza più grande di quella elargita da un sovrano riconoscente? Eppure, si rende conto della propria ingenuità troppo tardi. Potrebbero essere finite in mani peggiori di quelle in cui erano cadute poco fa.


 

*


 

Non credere che piaccia anche a me, Fionn. Le donne portano sempre guai, ma mio malgrado, questa volta dovrò chinare la testa.”

Sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, riunendoli con la massa confusa che giace sulle spalle, prima di grattarsi la barba pensieroso.
“Una di loro potrebbe essere funzionale come spia. Ne terremo soltanto una con noi, mentre l’altra andrà al Palazzo di Garth, per poterci riferire tutti i movimenti interni e rivelarci i segreti.”
Godfrey alza un sopracciglio. “Tutto qui, questa è la grandiosa idea?” alza gli occhi al cielo “Che l’Unico ci venga in soccorso…”
“Una come ostaggio, e l’altra come informatrice? E dove avverranno gli incontri? E come…” Fionn spalanca gli occhi “Dovremmo minacciare l’una di fare del male all’altra se non fa la spia per noi?” sibila con un moto di sconcerto “Mio Signore, io non credo di poter…”

Il suo viso improvvisamente cambia, come se avesse visto un lampo attraversargli occhi, si ammutolisce per qualche istante e abbassa il capo. “Il segno è giunto” sospira “il piano funzionerà.”

E’ proprio questo che voglio da entrambi, che siate ottimisti. Ce la faremo, vedrete. Vi prometto che funzionerà, non farò cadere nel vuoto la fiducia che avete riposto in me” si lascia sfuggire un sorriso pienamente soddisfatto, ammutolisce subito Godfrey che inizia a replicare sul fatto che non ce la faranno mai con un piano simile e si volge quindi alle due donne.
 

*


 

Iseult sta per chinarsi e prendere sul serio una delle spade, quando l'improvviso volgersi di quell'uomo imponente la fa sussultare. Passa un braccio intorno alla vita di Cèline, per sorreggerla.

Mia Signora” dice lui, di nuovo pieno di sussiego come prima “vi prego di perdonare questo breve colloquio. Io e miei compagni abbiamo considerato l'ipotesi di poter accompagnare voi e vostra sorella a Garth. Sia mai che un fedele suddito di Re Quinn lasci fanciulle di sangue reale in questa foresta senza averle aiutate!”

Segue un altro profondo inchino. Iseult batte le palpebre e lo squadra da capo a piedi. Fidarsi, o no? Non che a questo punto abbiano molta scelta.

Grazie della vostra premura, signore.” E' cauta quando pronuncia quelle parole. “Posso sapere i nomi degli uomini che mia sorella ed io dobbiamo ringraziare, per tanta cortesia? Essi avranno lustro presso Re Quinn, ve lo posso assicurare.”

L'uomo la squadra con lo stesso sospetto che lei gli riserva. Possibile che abbia compreso ciò che voleva fare? Tuttavia, se è così, preferisce ignorarlo. Poggia una mano sulla spalla del compagno alto e biondo.

Ho l'onore ed il piacere di presentarvi Godfrey, figlio di Godrik. Crede di essere un grande cantastorie, ma non è ancora giunto il giorno in cui il popolo acclamerà a gran voce il suo nome.”

Quindi, si volta verso l'arciere dai lunghi capelli bruni.

Fionn Adhamid, mio servitore e compagno. Un ottimo cacciatore.”

L'uomo le si avvicina. Santa Luce dell'Unico, è davvero alto quanto una montagna! Iseult si scopre lievemente in soggezione quando quelle mani - callose, da soldato, come sospettava - prendono la sua, martoriata dai graffi e sporca di sangue e fango, e la conducono alle labbra nascoste dalla folta barba.

Ed io sono Erech, per servirvi Principessa.”

La sua barba le punge la pelle, ma il tocco della bocca è appena accennato. Di nuovo, come quello di un perfetto cortigiano.

Vi ringrazio dal profondo del cuore, dunque...” Iseult ripassa lo sguardo sui loro volti “Godfrey, Fionn ed Erech.”

Lascia scivolare rapidamente le dita dalle sue, e l'uomo si risolleva dall'inchino. Volge lo sguardo su Cèline.

Vi suggerisco di accomodarvi sul carro, la carrozza ormai sarà inutilizzabile. Hanno portato via i cavalli e il nostro non è adatto per trasportare un peso simile. Inoltre, temo che la Principessa Cèline non stia affatto bene.”

Iseult osserva preoccupata il volto pallido di Cèline: è vero, deve sedersi e riposare. E, per quanto detesti ammetterlo, ne ha bisogno anche lei.

Conduce dolcemente la sorella verso il carro, sussurrandole parole di conforto all'orecchio mentre la fa accomodare sul retro. Scomodo, certo, ma se è l'unico mezzo di trasporto che hanno...

Siede a sua volta, con un po' di difficoltà, facendo distendere Cèline sui sacchi e coprendola con ciò che resta del proprio mantello. Accanto a loro giace inerme uno dei giovani banditi, che ha le mani ed i piedi legati, eppure i lineamenti del viso sono incantevoli e pare piuttosto rilassato. Forse l'hanno preso per consegnarlo alle guardie, una volta giunti a Garth. Sembra ragionevole...qualsiasi cosa lo sembrerebbe, in questo momento, alle sue tempie pulsanti.

Tuttavia, deve mostrarsi forte per Cèline. Le accarezza i capelli con premura, per tranquillizzarla, gettando occhiate in tralice a quei nuovi compagni di viaggio. Potrà fidarsi?

La voce della sorella giunge in un sussurro, lontana come in un sogno.

Non temere Iseult, mi sembrano uomini d'onore. Soprattutto il predicatore, ha uno sguardo...dolce.”

Cèline porta le braccia strette al petto per coprirsi dal freddo assieme al mantello ormai fatto a brandelli.

Rimani accanto a me...”

Aggiunge ancora, prima di socchiudere le palpebre. La osserva addormentarsi, e oh, l'Unico sa se vorrebbe fare lo stesso. Ma deve restare vigile. Deve proteggere sua sorella da qualsiasi eventuale pericolo...non riposerà fino a che non saranno a Garth. Godfrey sale sul retro del carro insieme a loro, tenendosi a rispettosa distanza, mentre Fionn ed Erech salgono in cassetta. Iseult osserva le loro chiome selvagge, lunghe lungo tutta la schiena, come a Muirìn le porterebbero soltanto le donne. Che strani individui. Sembrano usciti da un altro tempo, o da un luogo lontano.

Questa sera potrete mangiare degnamente, avrete un pasto caldo” promette Erech. Forse non si è accorto che Cèline si è addormentata...ma Iseult nota l'assenza, in quella promessa, di un letto caldo. Meglio. L'asprezza del carro l'aiuterà a restare sveglia. Non può permettersi di riposare.

E ora, in marcia.”

Sono le ultime parole che Erech pronuncia, prima di spronare i cavalli sul sentiero che la carrozza stava percorrendo prima dell'assalto. Allontanandosi, Iseult posa una mano sul proprio corpetto, dove ha nascosto il gioiello della sua stirpe, la Lacrima del Mare, fino a quel momento. Qualcosa, almeno, è riuscita a salvare...anche se si tratta di un oggetto inanimato, che ha a che fare con la sua stirpe, sì, ma che non ha una famiglia a cui fare ritorno. Lancia un'ultima occhiata colma di rammarico ai cadaveri della scorta: chiude gli occhi, e si traccia tre rapide spirali sulle labbra in una muta preghiera per chi è caduto per difenderla...in particolare sir Heremon, con i suoi occhi verdi e tristi, di cui ora non conoscerà mai la storia.

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