Murder Breakfast

di MuttigMaggie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Murder Breakfast.

 

 

 

Entrò nel suo appartamento stanca morta. I piedi doloranti dopo tre o quattro ore a sopportare un tacco dodici, le gambe e le caviglie erano gonfie, la pancia e il seno completamente stretti in un vestito a tubo blu, lo stomaco era in subbuglio. Era stata ad una festa di inaugurazione, cosa tanto detestata da lei visto che quando promuoveva un locale non aveva mai tempo per divertirsi e ballare.

La mattina avrebbe ucciso la sua collaboratrice, l'aveva lasciata da sola a gestire tutta la serata.

Le doveva un enorme favore visto che per tutta la sera aveva dovuto controllare che tutto fosse perfettamente in ordine, che i finanziatori fossero soddisfatti, aveva dovuto essere vigile su tutti i tipi di clienti che erano entrati: non poteva di certo fare scandalo la sera dell'apertura! Lanciò i tacchi da qualche parte nella camera da letto, era troppo stanca per metterli nella loro esatta locazione.

Si tolse il vestito e se si mise sotto le lenzuola e chiuse gli occhi. Il respiro si fece sempre più profondo, il cuore cominciò a battere sempre più lentamente, finché non si addormentò del tutto ed entrò nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

 

 

Venne svegliata dalla fragorosa suoneria del suo cellulare. Era Riley, il suo collega. Mezza addormentata con la testa che rimbombava e con la vista ancora annebbiata rispose al telefono.

-Muoviti. Sono sotto casa tua.-

-Mmmm- grugnì lei, poi guardò l'ora.-Cazzo.-si alzò dal letto velocemente e indossò i primi vestiti che le capitarono tra le mani: una maglietta larga e un paio di skinny jeans blu scuro finiti sul pavimento per caso. Prese le sue vecchie all star nere e il suo giubbotto di finta pelle rosso prima di uscire dal suo minuscolo monolocale, o come lei adorava definirlo: la botola.

Non si preoccupò nemmeno di pettinarsi, si sarebbe sistemata nella macchina di Riley.

-Quando ti deciderai a comprare una sveglia?-

-Mmm...credo mai, paparino.-disse lei mostrandogli un enorme sorriso scherzoso. -Scusa...prometto che da domani la metterò.-

-L'hai detto anche ieri.-

-Allora aspetta...vedrai che prima o poi sarò io a doverti aspettare qui per strada.-

Arrivarono in ritardo in centrale, e corsero per arrivare alle loro scrivanie, sperando di non essere beccati dal capitano Davis.

Appena videro che era rinchiuso nel suo ufficio tirarono un sospiro di sollievo.

-Vuoi un caffè?-chiese Jennifer, ricordandosi che non aveva ancora fatto colazione. Non c'erano scartoffie sulle loro scrivanie, e nessuno richiamava la loro attenzione: avevano tempo per fare uno strappo alle regole, anche se con malavoglia da parte di Riley. Fecero solo in tempo a prendere un caffè alle macchinette che il telefono d'ufficio del suo collega squillò.

Lui si affrettò a rispondere, mentre lei continuava a bere il suo caffè.

-Jennifer.-disse Riley, dopo aver chiuso la chiamata. Riconobbe subito la gravità della situazione dal suo sguardo cupo e serio, i denti che digrignavano.

-Arrivo.-disse lei, indossando il suo giubbotto di pelle rosso, comprato ad un mercatino delle pulci. Uscirono di corsa dalla stazione di polizia e salirono in auto.

-Dove andiamo?-chiese Jennifer, allacciando la cintura di sicurezza.

-A Sound Wiew Park. E' stato appena trovato un cadavere.-rispose Riley mettendo in moto.

Dopo circa mezz'ora arrivarono al parco. Era davvero una bella giornata: il sole era alto nel cielo azzurro, qualche nuvola bianca passeggiava nel cielo accompagnate da un vento caldo. Era

Andarono incontro a Connor Knight, il più giovane coroner di tutta la scientifica. Collaborava con i due detective da mesi ormai. Quando gli si avvicinarono rimasero colpiti dalla posizione del cadavere: era sdraiato in posizione supina nel bel mezzo del parco. Era stata un'esecuzione. Un colpo in fronte, e la sua vita era finita.

-Jennifer. Riley. Che piacere rivedervi. Non è una bella giornata? Questo sole!-tergiversò il giovane Connor, il coroner, alzando gli occhi dal cadavere e salutando i due detective.

-Già...è un vero peccato che lui non possa vedere tutto questo.-disse Jennifer, con sarcasmo. Cominciò a scrutare il cadavere.

-Ha un documento?-chiese Riley, guardando in modo agghiacciante Connor.

-Nessuno. Non ha nemmeno il portafoglio o qualcosa che lo possa identificare.-disse il giovane coroner.

-Mmmm...credo di averlo già visto.-disse la detective, notando che non erano presenti tracce di sangue.-Chi l'ha trovato?-aggiunse poi.

-Un ragazzino. E' la seduto, accanto alla sorella. E' stata lei a chiamare.-Connor indicò una coppia di ragazzini seduti su una panchina: lui più piccolo, di sicuro non aveva più di dieci anni, lei era un'adolescente.

-Grazie.-disse Jennifer, incamminandosi verso i due ragazzi.

-Ciao. Sono la detective Jennifer Walker. Posso farvi delle domande? -disse sorridendo loro amichevolmente.

-Ciao.-dice il ragazzino, con forte accento messicano. La ragazza le rivolse solo uno sguardo truce e seccato.

-Come vi chiamate?-chiese, cercando di essere il più serena possibile, anche se la situazione era molto più difficile. Si era ritrovata in prima persona, anni prima, a dover ricevere questo genere di domande. Sapeva bene come dovevano sentirsi, anche se molto probabilmente i ragazzini non erano coinvolti con la vittima, al contrario di quello che era successo a lei.

-E' inutile che cerchi di essere gentile: vogliamo solo sapere quando potremo andarcene!-disse schietta la ragazza.

-Non ne ho idea. Se vuoi provo a chiedere a dei miei colleghi, però prima potresti rispondere ad alcune questioni?-chiese gentilmente Jennifer.

-Può darsi.-rispose seccata la ragazza.

-D'accordo...voi siete?-

-Carolina e Eduardo Sanchez.-

-Posso sapere che ci fate qui? Vostra madre sa dove vi trovate?-

-Non lo so. Non la vediamo da giorni.-

-Avete mai visto quell'uomo prima d'ora?-

-No. Ci sono pochi bianchi da queste parti, altrimenti l'avrei riconosciuto. Possiamo andarcene ora?-chiese la ragazza con cattiveria.

 

 

 

 

 

 

 

Si svegliò alle otto di mattina. Era bagnata fradicia di sudore, come ogni mattina. Andò a farsi una doccia e poi a fare colazione.

Si preparò un caffè ed uno yogurt. Accese la televisione, cercò la bbc, e vide delle notizie di cronaca nera, come da consuetudine.

Da almeno dieci anni, da quando il padre, di professione poliziotto, era morto, lei aveva questi strani sogni in cui era una detective. Non li definiva nemmeno sogni, perchè quando si svegliava il sogno non terminava, ma continuava ogni volta che ritornava a dormire. Da almeno dieci anni viveva due vite, completamente diverse l'una dall'altra.

Era andata da uno specialista, ma non le servì.

Era parte di lei, ormai. Ci aveva fatto l'abitudine. Ci conviveva. La cosa peggiore era sapere che non c'era speranza nella vita reale per le persone che trovava morte. Si trattava solo di sconosciuti, che non aveva nemmeno mai intravisto nella grande mela.

Però da quella mattina qualcosa cambiò.

-Ben sveglia.-disse Isabella, la sua migliore amica e partner in affari. Si conoscevano da quando avevano cinque anni. Erano come sorelle.

-Più o meno.-

-Perchè?Sognato qualche altro morto?-Isabella era l'unica a sapere dei suoi incubi.

-Sì...però non vedo ancora annunci sulla sua scomparsa.-disse, preoccupata.

-Prova più tardi. Magari non è ancora morto.-disse l'amica, spremendo con forza delle arance.

-Hai ragione. Sai se Eve è ancora ammalata?-chiese Jennifer spegnendo il televisore.

-Sì. Fino a giovedì non potrà ritornare.-

-Perfetto.-disse in modo sarcastico.-Per oggi la copro io. Ma gli altri giorni tocca a te...me lo devi.-

 

 

 

 

 

 

 

Era da tempo che non se ne stava dietro al bancone a preparare caffè ed altre bevande calde, che non trasportava vassoi colmi di stoviglie sporche o di cioccolate appena fatte.

Un po' le mancava, soprattutto sentire il meraviglioso aroma dei caffè appena fatti e della cioccolata calda, ma preferiva di gran lunga occuparsi della gestione delle caffetterie.

Da quando avevano aperto le due caffetterie, avevano smesso entrambe di lavorare al bancone, ed inizialmente si sentì molto impacciata, ma doveva adattarsi visto che non aveva avuto tempo di assumere un'altra cameriera.

Chiunque fosse entrato nella caffetteria non avrebbe mai immaginato di avere davanti la coproprietaria della Books N Coffee, una delle attività imprenditoriali emergenti nella grande mela.

Stava preparando un cappuccino caldo quando lo vide entrare. Alto, moro, capelli spettinati, indossando un paio di jeans scuri, una camicia e una cravatta allentata. Era lui. Il morto.

Le sembrò di svenire: com'era possibile? Come può respirare e camminare, l'uomo che aveva visto morto fino a poche ore prima?

Non poteva essere vivo. Non doveva esserlo.

Non era mai successa una cosa simile.

Si sentì coinvolta. Sapeva la fine che avrebbe avuto, perchè in un modo o nell'altro sarebbe stato trovato a Sound Wiew Park con un colpo in testa.

-Un caffè.-disse l'uomo, ma lei non lo sentì. Era ancora turbata ed era bianca come un cadavere.

-Un caffè- ripeté poi lui. Jennifer annuì, ed ancora spaesata gli fece il caffè.

-Sono tre dollari.-disse, lei porgendogli la bevanda con mano tremante. La sua mano era calda e decisa. E solo toccandola sentì come una scossa scorrerle per tutto il corpo.

-Ecco a te.-disse il ragazzo, sorridendole. Lo vide andare verso un tavolo, prendere un computer portatile e alcuni fogli. Lui alzò lo sguardo verso di lei, che si voltò da un'altra parte.

Prese il telefono e chiamò Isabella.

-Isa è qui?-

-Chi?-

-Il morto introvabile.-

-Ah...oh...ma non era mai successo...-

-Già. Me lo sto chiedendo anch'io...che faccio ora?-

-Beh...parlagli.-

-Hai ragione.-Jennifer riagganciò, e lo guardò, solo per un'istante.

Anche se era ancora uno sconosciuto doveva fare qualcosa per lui.

 

 

 

 

 

 

Nda

 

Buona sera! E' da un po' che avevo in mente questa fanfiction e dopo tremila revisioni forse sono riuscita a farla diventare accettabile. Ho detto forse. Allora per prima cosa: anche se non so in quanti la leggeranno: poveri diavoli vi ringrazio. Non sono ancora sicura del titolo, però si vedrà.

Per il nome del morto: lo scoprirete nel secondo capitolo.

Comunque ecco a voi come mi immagino i personaggi: Jennifer, Isabella, il cadavere, Riley,Connor

Se volete inviare critiche all'autrice: fatelo, che sono ben accettate.

MuttigMaggie

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Murder Breakfast.

 

 

Forza e coraggio. Pensò tra se e se, prendendo una spugnetta e uno straccio.

Si avviò ad un tavolo proprio di fronte a lui e cominciò a pulirlo. Lo vide più volte scrivere sul suo laptop, per poi ritornare a pulire quando lui voltava lo sguardo verso di lei.

Continuarono così per vari minuti. A guardarsi di soppiatto, a nascondersi. A cercare di capire se l'altro fosse davvero interessato oppure no. Dopo vari sguardi rubati, Jennifer decise di fare il primo passo. Andò al bancone, si preparò un caffè e si sedette di fronte al ragazzo.

Lui alzò lo sguardo dal suo computer e cominciò a guardarla, con sguardo perso. Lei finì di sorseggiare il caffè e disse:

-Non ci siamo visti da qualche parte?-

-Può darsi. Ho un viso davvero comune. Tu sei nuova? Vengo spesso a bere il caffè qui. Non ti ho mai vista.-disse interessato.

-Beh...diciamo di no. Sono stata assente per un po'.-

-Allora brindiamo al tuo ritorno. Io sono Tate Collins.-disse lui, allungando la mano verso la ragazza.

-E' un vero piacere conoscerti Tate. Io sono Jennifer Walker.-rispose lei.

-Non ci credo. Tu sei la proprietaria di questo posto?-

-Sì...in parte. Il bar è mio e di Isabella. Non credo che il mio nome girasse così tanto.-

-Ho fatto un articolo su di te qualche anno fa, quando ancora lavoravo per la sezione turistica all'Albany Post.-

-A sei giornalista. Ed era un buon articolo?-

-Molto. Mi ha fatto passare dalla sezione ristoranti a quella finanziaria. E' già un passo avanti.-disse lui, facendola sorridere.

-Sono felice di essere stata una dei motivi della tua promozione. Ricordo il tuo articolo. Mi ha davvero commossa. Lo conservo ancora oggi.-

-Wow...grazie. E' stato un onore scrivere su di voi.-disse lui. Ci fu un momento di silenzio, interrotto solo dal rumore di vetri rotti causato da una cameriera.

-Mi tocca andare. E' stato un vero piacere conoscerti Tate.-

-Anche a me Jennifer.-disse mostrando un bellissimo sorriso, prima di tornare al suo lavoro.

Rimase seduto a quel tavolo per mezz'ora, per poi andarsene lasciando solo il conto, la mancia e il suo numero di telefono, che lei si segnò.

 

 

 

 

 

-L'hai chiamato?-chiese Isabella, rispondendo al telefono.

-Non ancora.-

-Fallo.-

-Lo so...ma è complicato. Io dovrei capire perché l'ho visto nel mio bar vivo e vegeto, e non uscire con lui. Lo sai che non posso fraternizzare con le vittime.-

-Hai sbagliato realtà tesoro. Smetti di pensare a cosa devi o non devi fare. Guardala in questo modo: più lo conosci e più speranze hai di capire la causa della sua morte.-la tranquillizzò Isabella.

-Hai ragione. Devo smetterla di pensare. Mi capita un uomo ogni morte di papa, devo godermelo.-

-Esatto. Ah...devo andare. Ti chiamo dopo. E aggiornami su quando uscirete.-

 

 

 

 

 

-Ehi. Ciao sono Jennifer Walker. Ti ricordi ancora di me?-

-Come dimenticarsi di te. Credevo avessi buttato il mio numero.-

-Beh, non è detto che io non lo faccia.-

-Ah ah. Molto divertente. Ti piacerebbe uscire con me?-

-Oh...sì certo.-

-Facciamo venerdì alle nove.-

-Perfetto...dove ci...?-

-Ah sì. C'è un bel locale sulla broadway. Ti mando l'indirizzo.-

-Bene...ci vediamo venerdì allora.-

-Sì.-

-Ciao.-disse lei, attaccando con imbarazzo.

 

 

 

 

 

 

Decise di mettere la sveglia quella mattina. Dopo tante esortazioni da parte di Riley, la mise mezz'ora prima del suo arrivo, così che potesse prepararsi con calma.

Sì preparò lentamente, e si fece un caffè. Accese la televisione e guardò il telegiornale aspettando che l'acqua bollisse.

-Il governatore Kevin Hailee ha dato le sue dimissioni dopo essere stato accusato da un giornale locale di corruzione nei confronti della NYMetro Spa e di aver avuto alcuni incontri poco chiari con ragazze minorenni. Non mi giudico colpevole, ha detto Hailee, mi dimetto solo per essere più vicino alla mia famiglia, in questo brutto momento. Sarà una giuria a giudicarmi. Ha detto poi Hailee. Ho mandato una querela a quel giornalista...Tate Collins per intromissione in affari privati. Non è giusto che dei giornalisti dicano cose false sul conto di persone capaci e rispettose. Finisce così il discorso dell'ex governatore. Il vicegovernatore si dice basito a riguardo dello scandalo appena uscito- Rimase allibita. Da giorni quella notizia si trovava sulle prime pagine di tutti i giornali, e lei non ci aveva nemmeno pensato. Prese il telefono in fretta e furia.

-Salve sono la detective Jennifer Walker vorrei chiederle una cosa su un vostro giornalista: Tate Collins sa dirmi il suo numero e dove abita. Ah...davvero? Grazie mille.-disse riattaccando.

-Riley vienimi subito a prendere. Ho scoperto l'identità del cadavere.-

-Arrivo.-disse lui, mettendo giù il ricevitore.

 

 

 

 

 

Li aveva fatti riunire tutti per dare la notizia: lei, Riley, il capo della polizia George Davis ed il tecnico dei computer: Molly Simmons.

-Perché ci hai riuniti tutti qui?-chiese Molly.

-Ottima domanda. Ho un aggiornamento per il caso. Se non lo sapete, ieri è stato trovato un corpo di un uomo, caucasico, alto circa uno e ottanta, capelli neri. Non aveva documenti che lo potesse identificare. Questa mattina dopo aver visto il servizio sull'ex governatore Hailee hanno detto il nome del giornalista che ha dato la soffiata: Tate Collins.-

-E questo cosa c'entra?-chiese il capitano.

-Adesso arrivo al dunque. Hanno mostrato la foto del giornalista, ed era uguale al nostro cadavere. Ho chiamato anche la Albany Post, la rivista in cui lavorava e mi hanno detto che era assente da almeno tre giorni. E mi hanno dato anche il suo numero di telefono e il suo indirizzo.-

-Bene. Buon lavoro Jennifer. Allora tu e Riley andate alla sede centrale della rivista. Tu Molly stai qui e cerca chiunque possa aver chiamato, o abbia ricevuto chiamate da Tate Collins. Al lavoro.-disse il capitano.

 

 

 

 

 

Nda

Salve ed ecco a voi il secondo capitolo. Grazie mille a chi ha letto la storia. Grazie Elio per averla recensita e messa tra le preferite.

Ecco a voi il nome del cadavere. Vi piace?

MuttigMaggie.

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


 

Murder Breakfast.

 

 

-Salve siamo il detective Riley Fisher e Jennifer Walker.-disse Riley alla segretaria

-Salve. Nessuno mi ha detto che sareste arrivati. Avete un appuntamento?-

-No. Vogliamo parlare con il redattore. Ce lo può chiamare!-disse Jennifer in modo severo e guardandola in modo truce.

-D'accordo. Ve lo chiamo subito.-disse lei eseguendo gli ordini.

-Grazie mille.-disse Riley. Dopo pochi istanti la segretaria li invitò ad andare nell'ufficio del redattore.

-Salve sono Clark Andrews e benvenuti all'Albany Post. Accomodatevi pure. A cosa devo l'onore della vostra visita detective?-chiese l'uomo. Era un giovane uomo, poteva avere al massimo quarant'anni. La cosa che colpiva di più era l'enorme quantità di tintura nera sui suoi capelli.

-Piacere Jennifer Walker e Riley Fisher. Vogliamo parlarle di un suo giornalista: Tate Collins.-disse lei.

-Ah sì. Tate. Davvero un fenomeno. Il suo ultimo articolo ha dato un vera svolta al nostro giornale. Come sapete siamo stati i primi a far luce sul governatore.-

-Già. Lo sappiamo. Quand'è stata l'ultima volta che lo avete visto?-chiese Riley.

-Quattro giorni fa. Perché?-chiese lui.

-È stato trovato a Sound Wiew Park. Morto.-disse con meno tatto possibile Jennifer. Non voleva darlo a vedere, ma l'atteggiamento da pavone dell'uomo la urtava profondamente. Quell'uomo era troppo freddo ed egocentrico. Come si notava dalle numerose fotografie che lo ritraevano mentre giocava a golf o faceva equitazione.

-O dio.-disse lui basito.

-Non si è preoccupato quando non ha più sentito sue notizie?-chiese Riley.

-No. Credevo che si fosse preso una vacanza. Com'è successo?-

-Un'esecuzione. Gli hanno sparato in mezzo alla fronte. Senta: ci servirebbero delle informazioni su Tate. Ci può dare una mano?-chiese Riley.

-Sì. Che cosa volete?-

-Ci serve il suo indirizzo e vogliamo sapere qualche notizia su amici e parenti.-disse lei.

-Ah. D'accordo. Vi do tutto il necessario. Volete controllare il suo ufficio?-chiese Clark.

-Certo. Con piacere.-disse Jennifer.

Clark Andrews li accompagnò fino al piccolo ufficio del giornalista. Era davvero in ordine. Non c'era un foglio di carta o una penna fuori posto. La cosa che colpì maggiormente Jennifer era la tazza di caffè del Book N Coffee, la sua caffetteria. Peccato che non esistesse nessuna caffetteria con quel nome in quella realtà. Era talmente stupefatta che non diede nemmeno ascolto a quello che stava dicendo il redattore.

-Jennifer tutto ok?-chiese Riley, notando il suo sconvolgimento.

-Sì sì. Che stavate dicendo?-

-Ho chiesto se avesse amici o ragazze che il giornalista frequentasse ultimamente.-

-Di ragazze non credo che ne frequentasse nell'ultimo periodo, però posso dirvi il nome del suo migliore amico è anche lui giornalista. Ah eccolo. Grant vieni qui un secondo.-disse rivolto ad un dipendente.

-Sì Clark?-disse lui avvicinandosi.

-Loro sono i detective Riley Fisher e Jennifer Walker. Mi hanno dato una spiacevole notizia su Tate Collins.-

-Oh...che gli è successo?-

-È stato trovato a Sound Wiew Park senza vita.-

-Non ci credo. Com'è stato possibile?-

-Non lo sappiamo. Stiamo ancora indagando sull'accaduto. Ho una domanda da farvi: da quanto tempo aveva questa tazza qui?-

-Qualche settimana. Non ricordo quando.-rispose Clark.

 

 

 

 

 

 

 

La settimana passò in fretta e fu subito venerdì. Jennifer non aveva mai sentito parlare di quel posto. Secondo il biglietto che le aveva dato Tate doveva essere tra la Broadway e la 7°, sulla cinquantaduesima, si chiamava Human Art, ma non c'era nessun locale con quel nome.

-Jennifer.-disse Tate, correndo verso di lei, con un piccolo mazzo di tulipani gialli.-Wow...sei davvero bellissima questa sera. Ecco: questi sono per te. Non sapevo quali fiori ti piacessero, ed ho optato per questi tulipani.-disse Tate, nervoso, porgendole i fiori.

-Sono perfetti.-disse sincera.- Sono davvero molto originali. Di solito si regalano rose rosse, ma tu mi hai stupita.-

-Già...non volevo essere banale. Accidenti...siamo in ritardo. Dobbiamo andare.-disse lui, guardando l'orologio.

-Dove?-

-In un luogo conosciuto da pochi eletti.-disse lui, incamminandosi.

-Time Square?-chiese sarcastica.

-Ah ah...molto divertente. Credimi è un posto davvero sconosciuto.-

-Ti ricordo che siamo sulla Broadway.-disse scettica.

-Ah ah. Fidati di me. Ti stupirò.-disse lui, fermandosi davanti ad una golf grigio topo, ed aprendola.

-Beh: mi hai davvero stupito con la tua auto.-sorrise lei.

-Cosa credevi? Dopotutto sono un giornalista dell'Albany Post.-disse, aprendole la portiera e facendola accomodare.-Comunque questo posto è molto isolato, e sconosciuto: quindi dovrò bendarti.-

-Assolutamente no.-

-Beh...questo è un problema...dovrò farti il lavaggio del cervello prima o poi. Scusa. Battuta pessima.-disse lui, facendola ridere sguaiatamente.

-Non ce ne sarà bisogno.-disse lei, riprendendosi dal riso.

Dopo quasi mezz'ora arrivarono in una zona di New York che, effettivamente, non aveva mai visto. Erano lontani dalle luci intermittenti di Manhattan, era quasi completamente isolato, c'era solamente un grande capannone, e moltissime macchine.

-Che ti dicevo?-disse Tate, notando il suo sguardo stupito.

-Avevi ragione. Vivo a New York da anni, e credo di non essere mai stata qui.-

-Perché non conosci le persone giuste.-disse lui. Più si avvicinavano al capannone e più si sentiva la musica molto alta proveniente dall'interno. La cosa che la sorprese di più fu l'interno del capannone. Dopo la porta d'ingresso si trovava una sala piena di persone di ogni genere, illuminata da flebili luci violacee. La musica spaccava era molto alta, tanto che fece fatica a sentire quello che le diceva Tate.

-Ti ho stupito?-comprese alla fine lei, dopo che l'altro aveva dovuto quasi urlare.

-Sì. Molto.-gli urlò lei.

-Vieni. Le mie sorprese non sono finite.-disse lui, prendendole la mano.

La portò nella stanza successiva, completamente diversa da quella precedente. Questa, invece, era illuminata da forti luci bianche, la musica era di sottofondo, le sue pareti erano occupate da diversi dipinti, tre dei quali la colpirono profondamente.

Erano tre quadri senza cornice, ed anonimi posti l'uno accanto all'altro. L'artista aveva voluto dipingere le diverse tonalità del verde nel primo, del rosso nel secondo, e del blu nel terzo.

Tuttavia, ogni quadro presentava al centro un ellisse di un colore completamente differente: marrone terra di Siena, Giallo fluorescente ed arancio.

-Questi sono fantastici.-disse lei.

-Già. Conosco l'artista.-

-Davvero chi è?-

-Non posso dirtelo. Vuole restare anonimo o anonima, così da non diventare famoso o famosa per il suo nome.-

-Sono comunque straordinari.-disse lei, stupefatta.

-Sì. È davvero un genio.-disse lui.-Ci sono ancora molte cose che devo mostrarti!-disse, prendendole la mano.

Ed aveva ragione ancora una volta.

La terza stanza era grande almeno tre o quattro volte le prime due.

L'ambientazione era simile più alla prima, però le luci erano bluastre. Vari artisti stavano dipingendo dei murales sulle pareti. Sul pavimento erano state disegnate delle rocce che sembravano sprofondare.

-Ti devo far conoscere una persona.-disse lui, avvicinandosi ad un ragazzo che stava disegnando su una parete con una bomboletta.

-Ben.-disse Tate. Abbracciando il ragazzo.

-Tate...e chi è questa splendida ragazza. Non sarai venuta qui con lui, vero? Sai...non ti merita.-disse il ragazzo, scherzando.

-Jennifer: questo è il mio simpaticissimo amico Ben, nonché proprietario di questo posto. Ben lei è Jennifer.-

-Piacere di conoscerti-disse lei.

-Piacere mio. Tate ti ha fatto fare un tour del locale?-

-Sì. È molto bello. Non ci sono mai venuta prima.-

-Ah ah: hai portato qui una novellina.-

-Già. Non avevo mai sentito parlare di questo posto. Davvero meraviglioso.-

-Grazie mille...sai volevo davvero creare qualcosa di geniale, e così è nato questo posto.-

-Non dargli ascolto: sua moglie ha avuto l'idea.-

-Beh: allora ringrazia tua moglie da parte mia.-disse lei.

-Jennifer...vuoi provare?-disse lui, porgendole la bomboletta.

-Cosa devo fare?-

-Qui ogni persona può disegnare tutto ciò che gli pare, continuando il disegno di un'altra persona. Alla fine la parete sarà piena di murales fatti da diverse persone, e poi si ricomincia tutto daccapo.-

-Wow...ma non sono molto capace.-

-Non importa. Sicuramente peggio di lui non sarai, te lo assicuro: ho ancora la foto del suo orrore.-disse lui, scherzoso.

-Allora lo dovrò sicuramente vedere.-disse lei, prendendolo in giro.

-Molto divertenti.-

-Ok...io ci provo. Però non garantisco nulla.-disse lei, cominciando a disegnare nell'unico posto libero. Ben stava disegnando una mano, mancava solo la falangetta dell'indice. Partendo da quel disegno, Jennifer creò una specie di albero stilizzato blu.

-Non è male, anzi...-disse Ben

-Meglio di come me lo aspettassi.-

-A me piace.-disse Tate.-Beh: ti va di mangiare qualcosa?-

-Volentieri.-rispose lei. Entrambi andarono nell'ultima stanza, occupata da un piccolo ristorante vietnamita.

-Ok...lo ammetto: il ristorante vietnamita proprio non me lo aspettavo-disse lei, sedendosi ad un tavolo a due.

-Già. È gestito dalla moglie di Ben: è di origini vietnamite e ti posso assicurare che cucina divinamente.-

-Wow: mi hai davvero stupita questa sera...non ci saranno altre sorprese vero?-

-No. Per questa sera no.-disse lui.-Anche tu...qual'è la stanza che ti è piaciuta di più?-

-Non lo so...sono indecisa tra la seconda e la terza.-

-Ero sicuro che ti sarebbero piaciute.-

-Davvero? Comunque: come vi siete conosciuti tu e Ben?-

-Ho scritto un articolo su questo posto e da lì siamo diventati amici.-

-Tu frequenti tutte le persone citate in tutti i tuoi articoli?-

-Beh...quasi.-disse lui. Ci fu un breve istante di silenzio, interrotto solo dall'arrivo del cameriere.

-Grazie? Ma non avevamo ordinato nulla-disse Jennifer, stupita.

-Lascia stare: li ha preparati Kim, la moglie di Ben. Decide i piatti a seconda di come vede le persone. Il tuo è Ga Kho: pollo aromatizzato con lo zenzero e salsa al caramello, mentre il mio è pho: brodo di carne aromatizzato da erbe, con spaghetti e pollo.-

-Buon appetito.-disse Jennifer, addentando un pezzo di pollo.

-Buon appetito.-rispose lui.

Si gustarono la cena chiacchierando del più e del meno.

-Mmm...davvero spettacolare. Userò quest'idea al Book N Coffee-disse Jennifer.

-Già. Davvero molto buono. A proposito del Book N Coffee: perché hai avuto quest'idea?-

-L'abbiamo avuta io e Isabella. Era un periodo davvero difficile della mia vita, e Isabella mi ha portata a prendere un caffè ed a rilassarmi, ma tutti I caffè che visitavamo erano caotici ed allora abbiamo deciso: creeremo una caffetteria che dovrà far rilassare la gente. Le persone dovranno entrare e passare solo un po' di tempo fuori dal mondo, gustandosi un ottimo caffè. E cosa c'è di meglio di un pugno di libri e di una dolce musica di sottofondo?-

-Assolutamente nulla te lo garantisco.-disse Tate.

 

 

 

 

 

 

Passarono entrambi una splendita serata a chiacchierare, scherzare.

-Mi fido.-disse Jennifer mentre erano sulla strada per il ritorno a Manhattan.

-Di cosa?-

-Di te. Di quello che è successo stasera: hai davvero un ottimo gusto in fatto di locali. Non mi sarei mai aspettata un posto simile.-

-Beh...grazie. Tutto merito della rubrica turistica. Adesso dove devo andare?-

-Gira per di qui. Sulla venticinquesima.-disse Jennifer, indicandogli la strada.

-Sbagliavo a lamentarmi con il mio capo. La sezione turistica aiuta molto.-

-Già. Quando hai deciso di diventare giornalista.-

-L'ho sempre desiderato. Quando avevo circa sette hanni ho scritto il mio primo articolo su un saggio di danza di mia sorella, è stato il mio primo articolo. È stato anche pubblicato sul corriere della famiglia Collins.-disse Tate.

-Wow. Eravate molto uniti?-

-Non proprio, però sono cresciuto in un piccolo ranch dell'Arizona, quindi dovevamo per forza essere affiatati.-

-Wow, a me piacerebbe aver avuto un rapporto così, solo che con la morte di mio padre, mia mamma è cambiata molto ed essendo figlia unica ho dovuto trovare altri rapporti esterni: Isabella è stata la mia salvezza. Siamo diventate come sorelle.-

-Immagino. Siamo arrivati.-disse, fermando la macchina davanti a casa di lei.

-Ho passato una serata meravigliosa.-disse Jennifer.

-Ne sono davvero felice.-disse Tate. Lentamente le loro labbra si unirono in un bacio pieno d'emozioni.

-Wow.-disse lui.

-Già. Wow...senti...io...dovrei...andare...-disse lei, tra un bacio e l'altro.

-Forse hai ragione.-disse lui.

 

 

 

 

 

 

 

Era da qualche tempo che cercava I vari numeri di telefono.

-Maledetto server. Perché non sei più veloce?-disse Molly.

-Con chi stai parlando?-le chiese improvvisamente Jennifer, entrando nel suo ufficio, spaventandola.

-Nulla. Che mi porti di bello?-chiese Molly.

-Il computer della vittima.-

-Wow...grazie mille...come se non avessi abbastanza...aspetta: l'ho trovato.-

-Cosa?-

-Il telefono dell'ultima persona che ha chiamato Tate.-

-Sei grande. Quanto è durata la chiamata?-

-Qualche secondo: ascolta.-disse Molly, alzando il volume.

-Molly: tu meriti sicuramente un aumento. Lo farò presente al capitano.-

 

 

 

 

 

 

Nda

Buonasera. Scusate per il ritardo nell'aggiornamento, ma è stato un capitolo molto lungo, come si è visto.

So bene che ci sono delle I scritte in maiuscolo, ma il mio correttore ha cambiato lingua ed è passato all'inglese americano.

Vorrei ringraziarvi tutti: chi ha recensito, chi ha messo tra le seguite...Alla prossima.

MuttigMaggie.

 

 

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