Le Cronache del Vento 4: L'inizio della tempesta

di Supreme Yameta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ACCORRETE IN EDICOLA: LA NUOVA SERIE POMICIOSA E' IN USCITA! ***
Capitolo 2: *** SOGNI, DESIDERI E PAURE ***
Capitolo 3: *** GLI SCHELETRI NELL'ARMADIO ***
Capitolo 4: *** LA BATTAGLIA DI UNRAIKYOU ***
Capitolo 5: *** LA NUVOLA SI MUOVE ***
Capitolo 6: *** LA TECNICA DELLA RESURREZIONE IMPURA ***
Capitolo 7: *** IL RICORDO DELL'AMATO ***
Capitolo 8: *** IL VILLAGGIO DEI VORTICI ***
Capitolo 9: *** IL DESTINO DEGLI HYUGA ***
Capitolo 10: *** UNA BATTAGLIA TUTTI ASSIEME ***
Capitolo 11: *** LA NAZIONE DEI SAMURAI ***
Capitolo 12: *** IRRUZIONE NEL PAESE DEL FERRO ***
Capitolo 13: *** IL SUMMIT DEI CINQUE KAGE ***
Capitolo 14: *** SASUKE CONTRO I KAGE ***
Capitolo 15: *** LA DICHIARAZIONE DI GUERRA ***
Capitolo 16: *** ALLA RICERCA DELL'OTTACODA ***
Capitolo 17: *** DUE BESTIE A CONFRONTO ***
Capitolo 18: *** LE POLVERI ROVENTI ***
Capitolo 19: *** UNA RIUNIONE FRA VECCHI COMPAGNI ***
Capitolo 20: *** LA TECNICA PROIBITA DEGLI UCHIHA ***
Capitolo 21: *** L'ETERNO PERDENTE ***
Capitolo 22: *** LA DISTRUZIONE DEI LEGAMI ***
Capitolo 23: *** LA SQUADRA 7 DI NUOVO INSIEME ***
Capitolo 24: *** UNA PROMESSA DA MANTENERE ***
Capitolo 25: *** L'UOMO CHE VIVEVA NELLA LUCE E QUELLO CHE VIVEVA NELL'OSCURITA' ***
Capitolo 26: *** IL PIU' GRANDE RISULTATO DELL'AMICIZIA ***
Capitolo 27: *** MOVIMENTI FRA LA SABBIA GUARDANDO LE NUVOLE ***
Capitolo 28: *** NEBBIA DI CALDO SAKE' SEDUTI SU UNA DURA ROCCIA ***
Capitolo 29: *** L'EROE TORNA A CASA ***



Capitolo 1
*** ACCORRETE IN EDICOLA: LA NUOVA SERIE POMICIOSA E' IN USCITA! ***


Carissime lettrici, carissimi lettori. Sono tornato!!
Spero di esservi mancato, come mi siete mancati voi e l’ebrezza di scrivere una bella storia su un bel manga. Ne ho passate di cotte e di crude nel mese precedente: viaggio in America, studio, studio, studio e ancora studio. Ammetto che non sono ancora completamente libero dai miei impegni, ma devo per forza riuscire a ritagliare uno spazio la sera per fare cose del genere; mi serve per mantenere viva la mia creatività.
Comunque, problemi a parte, ecco le prime cose che vorrei dirvi sull'andazzo dei capitoli.
Ho deciso di togliere l’uso delle canzoni a ogni fase della narrazione e tentare di essere leggermente più serio, al fine di migliorare la mia preparazione in vista della stesura della tesi di laurea e del mio romanzo inedito: questo è un buon allenamento.
Inoltre, tenderò ad analizzare maggiormente i personaggi e ad arricchire lo scenario e le situazioni ancora meglio di prima; l’unica cosa che vi chiedo è di seguirmi con parsimonia in questo lungo percorso. Ovviamente i primi capitoli non saranno all'altezza delle mie aspettative (spero che lo siano sempre delle vostre, però) e ci vorrà di tempo per maturare.
Detto questo, direi che vi ho annoiato abbastanza ed è giunto il momento di passare alla storia.
Breve riassunto: Naruto ha sconfitto Pain, il quale si è sacrificato per riportare in vita tutte le persone che aveva ucciso al villaggio della Foglia. Sempre Naruto, egli ha preso la decisione di disseminare nel mondo ninja la notizia della sua morte; ciò ovviamente include gli amici dell'Uzumaki e i suoi nemici. Danzo è diventato Sesto Hokage e ha reso Kakashi un fuggitivo; in questo modo ha il diretto controllo della Foglia. Sasuke, invece, si prepara a scagliare la sua vendetta su coloro che hanno distrutto la vita di suo fratello.
Bene! Direi che sono stato fin troppo discorsivo, per cui iniziamo rapidamente con il capitolo.
Vi auguro una buona lettura!



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L'ultimo membro della squadra 7 e il suo grande dolore.


Mondo ninja. Entroterra della nazione del fuoco. Villaggio della Foglia.
Un mese dopo la nomina di un nuovo capo-villaggio.
Cambiamenti. Forti tensioni politiche. Campagna elettorale imminente per dare al nuovo reggente effettivi poteri esecutivi. Polizia segreta. Ronde segrete. Nessuna libertà di stampa. Controllo ferreo sui comportamenti dei ninja, benché ancora limitato, sempre a causa delle elezioni.
I fatti, alle volte pure fortuiti o reputati tali, di cui si stava parlando erano figli di un’unica matrice che i giornalisti, quando dovevano stampare le copie dei loro giornali per la distribuzione, alle volte dovevano unicamente limitarsi a cambiare qualche sciocchezza degli articoli del giorno prima e pubblicare.
Ogni giorno si leggeva la stessa cosa.
C’era sempre un padre di famiglia sbuffava in seguito di quello che leggeva. Ogni volta un ninja si soffermava a pensare a quanto la vita umana fosse fallace e che al peggio non poteva mai esserci fine.
Inoichi Yamanaka tirò un lungo sospiro denso di tutti i sentimenti contrastanti che in quel momento albergavano nel suo cuore; essi erano capaci di renderlo inquieto fin dalla nomina formale del reggente Hokage e più tempo passava, in vista delle elezioni, più sentiva che era da impedire a tutti i costi che Danzo divenisse il nuovo capo villaggio.
Sua moglie notò i sintomi della perplessità sul suo viso.
«Va tutto bene, caro? Non hai ancora toccato la tua colazione.»
I due coniugi Yamanaka erano seduti attorno al tavolo della piccola cucina della loro nuova casetta.
Si trattava di una sistemazione ancora in via di sviluppo, poiché per molto tempo si erano dovuti accontentare di vivere in comunità, come le altre famiglie del villaggio, in attesa che venissero ricostruite delle abitazioni.
Mattina verso le sette e mezzo.
Inoichi era solito alzarsi assieme alla moglie e fare colazione insieme, leggere il giornale e parlare nell'attesa che Ino si svegliasse, cominciando ad attirare l'attenzione generale della casa su di sé.
Alle volte quella ragazza aveva bisogno di diventare più matura, pensava il padre, anche se sapeva che era da attribuire a lui la colpa per la sua condotta; l'aveva viziata fin troppo. Solo in quei tempi, tuttavia, la figlia si stava dimostrando meno attiva del solito; magari c'entravano gli ultimi eventi dei mesi passati o il malumore disseminato nel suo gruppetto di amici.
I signori Yamanaka stavano affrontando quel problema con molta serietà. Come loro, anche i genitori delle altre famiglie degli amici della figlia.
Perdere un compagno era una cosa molto difficile da riuscire a mandare giù, in special modo, se si considerava che quello stesso compagno avesse sacrificato la propria vita per il bene comune. Allora faceva ancora più male, poiché la sua era stata una morte ben diversa da quella del maestro Asuma, sebbene non con lo stesso impatto emotivo.
Inoichi guardò la moglie con la sua solita serietà.
«Pensavo che potremmo andare a fare una vacanza questo fine settimana. È da quando è successo tutto questo trambusto che non stiamo fermi un minuto.»
La signora Yamanaka storse il naso, tanto era sorpresa da quello che stava udendo provenire dalla bocca del marito.
«Di un po’, Inoichi. Hai già bevuto di prima mattina?»
L’uomo tremò. Capitava alle volte che tornasse a casa ubriaco, dopo una delle sue festicciole con gli amici di sempre. In effetti poteva dirsi che avesse la coda di paglia, malgrado ciò, quella volta era serio.
«È che tutte queste questioni politiche mi stanno uccidendo. Lady Tsunade non si trova più. Shikaku rischia di farsi ammazzare da un attentato della Radice e non abbiamo nessuno che fermi Danzo nella sua scalata al potere.»
«Ma non c’era quel tipo… Come si chiamava… l’allievo di Minato… Uhm…» fece la moglie nel tentativo di ricordare.
«Vuoi dire Kakashi?»
«Ecco bravo! Che fine ha fatto quel tipo? So che era lui il candidato che voleva sostenere Shikaku.»
Già, era il piano originario di Shikaku. Kakashi dello Sharingan era l’unico nome abbastanza valido da poter competere con Danzo per la scalata alla carica di Sesto Hokage.
Purtroppo nessuno sapeva dove fosse finito Kakashi, poiché era da più di un mese che di lui non ci fosse traccia. Alcuni dicevano che si era dato latitante per paura di Danzo, altri perché era impazzito come i suoi allievi, riconosciuti come ninja traditori del villaggio.
Baggianate, secondo Inoichi e tanti altri.
Il ninja copia non era tipo che si sottraeva dai suoi doveri in quel modo; era una persona coraggiosa e leale al suo villaggio e ai suoi compagni.
Inoichi si rifiutava di credere che quest’uomo fosse scappato.
Ad arrestare i suoi pensieri scombussolati bastò l’ingresso nella stanza della figlia.
«Buongiorno!» salutò tutta allegra.
«Giorno, tesoro.» ricambiarono i genitori.
Mamma Yamanaka si accinse a prendere la colazione della figlia, intanto che quest’ultima si sedeva accanto al padre, il quale non poté fare a meno di notare il suo abbigliamento.
«Capisco che oggi sia una bella giornata e che sia iniziata la primavera, ma non credi che faccia un po’ troppo freddo per uscire conciata così?»
Di fatti la ragazza indossava una camicetta e dei jeans super corti, aveva i capelli legati a due grandi trecce e teneva un cappello di paglia sul tavolo, al suo fianco.
Rapida giustificazione della ragazza.
«Ah questo? Beh, oggi andremo al fiume con tutta la giornata assieme agli altri. Sai, per svagarci un po’…»
Né Inoichi né sua moglie osarono ribattere; anzi era meglio così per loro, almeno si svagavano.
«Beh, allora divertiti, piccola mia.»
Detto questo il jonin si alzò dalla tavola per dirigersi verso l’attaccapanni da cui prese il suo mantello nero; tempo di tornare a lavoro.
Quanto avrebbe voluto andare anche lui al lago a rilassarsi e invece no; doveva lavorare.
«Io vado. Kizashi mi deve mostrare qualcosa di nuovo sull’ultimo caso.»
Dopodiché dette un bacio di sfuggita alla moglie, la carezza alla figlia e scappò via; era anche in ritardo.
«Buon lavoro, papi!» la salutò la figlia.
Mezz'ora dopo anche Ino uscì per andare a quella brillante festa, scaturita da un’idea della grande Ten Ten.

*

Fu appunto Ten Ten, colei che aveva proposto di passare assieme una giornata, in modo che tutti potessero svagarsi e rilassarsi in pace e tranquillità, a seguito di un periodo veramente nero per la totalità del loro gruppetto di amici.
La zona scelta era completa di un comodo boschetto in cui rifugiarsi all'ombra quando c’era troppo calco e dove consumare dei pasti tutti assieme.
Quando Ino giunse a destinazione vi trovò già Chouji che sistemava con cura la carne acquistata nel posto più fresco che era riuscito a trovare. Shikamaru, intanto, controllava che non mancasse nulla per la brace, aiutato dalla vigile supervisione di Shino.
«Ehi, ragazzi.» li salutò la ragazza.
I suoi amici le si rivolsero con gaudio.
Ten Ten le venne incontro tutta contenta.
«Fantastico! Mancavano proprio i bicchieri di carta. Meno male che ci hai pensato tu!»
Mugugnò qualcosa contro Rock Lee che la ragazza non riuscì bene a distinguere e a cui non diede particolarmente caso. Ten Ten si lamentava di continuo degli idioti del calibro dell’amico.
Quindi la bionda sghignazzò.
«Lo so, sono magnifica!»
D’un tratto s’intromise la saccente opinione di Sakura Haruno.
«Sempre modesta, eh, maial-Ino?»
Subito l’altra si fiondò sulla rivale con la tipica aggressività dei loro lunghi e discorsi.
«Sempre con più tette di te, fronte spaziosa!» ribatté l’altra.
Quest'ultimo commento scatenò il violento battibecco fra le due kunoichi, le cui voci divennero da sottofondo alle discussioni degli altri partecipanti alla discussione; gli altri erano troppo abituati a sentirle battibeccare che oramai non ci facevano più caso.
«Quando la smetteranno? Sakura deve ancora dirmi dove ha messo la carne di maiale.» mormorò Neji, accanto all'Inuzuka.
Quest’ultimo rispose con la sua solita annoiata sufficienza.
«Bah, vedrai. Prima o poi si stancheranno.»
Kiba aveva proprio ragione.
Prima o poi si sarebbero stancate, malgrado fosse stato necessario l’intervento della corrucciata Kira Nekozuka, la quale concentrò l’attenzione generale sulle urla appena emesse dall'amante dei cani per aver ricevuto un pezzo di carbone ardente dentro i pantaloni; regalo macchinato da Kira, in collaborazione del saccente Shino.
Benché la povera vittima fosse stata costretta a gettare le natiche nell'acqua fredda come il ghiaccio, il risultato fu quello ben sperato dai cospiratori dell'attentato.
I presenti scoppiarono a ridere ancora di più, quando l'Inuzuka tirò con sé i due terroristi, facendoli bagnare a loro volta; il risultato fu ancora più divertente di prima.
A quel punto, presa forse da uno spasmo di sprovvista, alla Yamanaka sfuggì una semplice, quanto brutale domanda.
«Comunque, dove diavolo è andata a cacciarsi Hinata?»
Seguì un silenzio tombale.
Gli sguardi dei presenti si spostarono automaticamente sul cugino dell'assente e sulla sua più cara amica.
Entrambi si mossero automaticamente, scambiandosi un’occhiata ricca di perplessità sulla risposta. Tutti e due non erano in grado di dare una risposta.
Poco dopo, per il bene della tranquillità del gruppo, Neji si accinse a dare una versione dei fatti, dimostrando quindi l’assenza della cugina.
«Ecco, stava poco bene. Anzi si scusa con voi per non essere potuta venire.»
Una risposta che non sembrò soddisfare la curiosità del gruppo, infatti Kira si lasciò andare a un cinico commento.
«Strano… Di tutti gli incontri che abbiamo avuto in questo mese, la tipa sta sempre male.»
Commento che non piacque a nessuno dei presenti, dato che si conoscevano le ragioni per cui la loro amica era sempre assente. Certo, per loro era triste pensare che la loro amica stesse soffrendo in questo modo e nessuno poteva fare nulla per poterle risollevare il morale.
Infatti ci pensò Shino a parlare in difesa della cara amica.
«Andiamo, Kira. Non credi di esagerare. Dovresti capire che nelle sue condizioni, Hinata abbia perso la volontà di vivere, proprio com'è successo al maestro Kurenai, quando il maestro Asuma è passato a miglior vita.»
Subito la ragazza si acquietò e non solo lei.
Venne infatti proposto di accantonare quel problema e pensare al bene generale, sebbene rimanessero degli estratti dell’assenza di una di loro.
Dunque i ragazzi e le ragazze si divertirono a preparare da mangiare, ridendo, giocando, bevendo qualche alcolico portato di nascosto da Kiba e Ino, dopodiché nel pomeriggio inoltrato, si sedettero a cerchio per discutere delle cose più divertenti del loro passato e del loro presente. Quando però mancarono la cola e i tovaglioli, lo spirito del gruppo venne deturpato e si decise su chi dovesse andare a comprare ciò che mancava.
Andarono Sakura e Ino.
Durante la piccola commissione, le due amiche ebbero occasione di poter parlare della loro cara amica che non vedevano da un pezzo.
«Che ne dici se passiamo da Hinata per vedere come sta?» propose Sakura.
Ino non ne era tanto sicura, invece.
«Non so se sia una buona idea. Finirebbe come l’ultima volta.»
Erano andate a trovare Hinata una settimana prima, assieme a Ten Ten. L’accoglienza non era stata delle migliori e il cuore si era completamente sgretolato alla vista di una graziosa fanciulla ridotta a una pallida figura di quello che era in passato. Fredda, cinica, carica di sofferenza e odio allo stesso tempo, completamente soggiogata dalla sofferenza.
Sakura le aveva urlato contro quella volta. L’aveva accusata di essere diventata ossessionata dalla vendetta come Sasuke, facendole inoltre presente che Naruto non avrebbe mai voluto che si riducesse in quel modo. Ovviamente il risultato fu che stavolta Hinata litigò di brutto con la sua più cara amica e le mandò via da casa propria.
La rosa si rabbuiò. Erano successe così tante cose brutte in quel periodo che non sapeva nemmeno per quale dispiacersi prima.
Il maestro Kakashi se n'era andato senza dire nulla. Non riusciva a trovare Shizune e Tsunade da nessuna parte, stessa cosa riguardo Sai. Nessuna notizia da parte di Sasuke.
Ultimo colpo, il più doloroso, il vecchio compagno di squadra, Naruto Uzumaki, era morto un mese prima, sconfitto dal leader dell’organizzazione criminale chiamata Akatsuki.
Aveva sofferto molto per la morte dell’amico, anche se non agli stessi livelli della corvina. Eppure lei aveva preso la decisione di andare avanti e godersi la vita ancora di più. Proprio a condizione di ciò, Hinata l’aveva accusata di essere ipocrita, poiché sapeva bene che si sarebbe comportata diversamente se a morire fosse stato Sasuke.
Diavolo se aveva ragione.
Ino notò la sua espressione rabbuiata.
«Tutto bene?»
«Diciamo di sì…» obiettò lei.
No, stava da schifo.
«Sai, Ino… È da un po’ di tempo che sto pensando di fare domanda per entrare nelle forze speciali.»
Un suggerimento fatto a freddo dal capitano Yamato, durante la loro ultima missione dello scorso fine settimana. Sapeva che entrare nelle forze speciali significava perdere ogni contatto con la gente che si conosceva per annullarsi in una figura mascherata per anni e anni, forse anche per tutta la vita; magari Sakura aveva bisogno proprio di questo al momento.
A tale proposta, la bionda non seppe che dire; era rimasta spiazzata.
«Non puoi dire sul serio!»
«Non lo so…» obiettò lei perplessa.
«Ci sto ancora pensando attentamente, non voglio prendere una decisione affrettata.»
Ino la fissò perplessa.
«E che stai aspettando?»
Aspettava tantissime cose.
Kakashi che tornava, Tsunade che si risvegliava, Sasuke che la sosteneva e Hinata che rideva assieme a lei.
Se una di quelle cose non sarebbe arrivata, probabilmente non aveva più senso continuare con quella vita.
In un modo o nell'altro, la bionda sembrò captare i suoi bisogni; di conseguenza si apprestò a scrutarla arcigna.
«Voglio ben sperare che non ti sia dimenticata di me, fronte spaziosa.»
Sakura si bloccò di colpo. Non ci aveva pensato proprio.
Pure Ino lo intuì e non poté nascondere di non essersi offesa per quel comportamento così superficiale.
Allora la rosa si scusò velocemente per averla data sempre per scontata e non averne apprezzato meglio l'amicizia. Avrebbe anche arricchito le sue scuse di elementi commoventi, se solo l'attenzione non venne spostata verso una folla maschile, che si era raccolta dentro una libreria.
«Ma che sta succedendo lì?» domandò Ino.
Ovviamente andarono a controllare e non appena lo fecero, si maledissero per essere così curiose di natura.
Era appena uscito l’ennesimo libro della serie scritta da Jiraiya. Quella volta si stava parlando del famosissimo best-seller atteso da tutti i fan dello scomparso scrittore.
«”Il desiderio della Pomiciata?” Ma quale persona sana di mente darebbe un titolo del genere a un libro?!»
A porsi quella domanda era stata Ino. Lei era stata la voce di una lunga orda di donne corrucciate perché amichi, fidanzati, fratelli, cugini, padri e mariti mandavano all'aria il loro cervello per leggere di un libro eccessivamente spinto. Un libro scritto da pervertito per pervertiti.
Sakura ci mise pure del proprio.
«Più che altro, chi è quell'idiota che lo comprerebbe?»
Da quel che vedeva, di idioti al villaggio ce n’erano veramente a bizzeffe, magari pure in esubero. Proprio per questo motivo, stentarono a credere che il capitano Yamato uscisse proprio in quel momento dal locale con in mano una busta, la quale ovviamente conteneva il prezioso testo.
Il manipolatore del legno notò subito le due ragazze e le salutò come se nulla fosse, ignaro di aver appena perso il rispetto delle due chunin.
«Salve, ragazze. Qual buon vento vi porta qui?»
Come fu plausibile, entrambe gli fecero presente di quello che era successo con la loro tipica riserbatezza.
«Non ci credo, anche lei capitano?! E io che credevo fosse l’unica persona che si salvasse.»
L’uomo non riuscì a capire a che cosa alludesse la ragazza dai capelli rosa con quelle parole. Solo dopo tirò le dovute somme, arrossendo di conseguenza per l’imbarazzo.
«Non… Non è come pensate! Ho presto questo libro solo per curiosità, perché volevo capire cosa Kakashi ci trovasse di interessante!»
Tesi che non stava per nulla in piedi, secondo le ragazze.
Ino infatti aveva continuato saccente.
«Avanti, lo ammetta, capitano. Vedrà che dopo si sentirà certamente meglio.»
Il capitano Yamato non ammise proprio nulla, anche perché sapeva che quello che stavano pensando le due era totalmente diverso dalla realtà dei fatti. Peccato che non potesse rivelare loro le sue vere intenzioni, ne andava della loro sicurezza; anzi, stava rischiando anche lui stando in un luogo così scoperto con un testo così compromettente.
Per quella ragione, decise di troncare all'istante la conversazione con le ragazze.
Si apprestò ad andarsene. «Dovete scusarmi, care ragazze, ma purtroppo ho una certa fretta. Ne parleremo un’altra volta. Ciao!»
«Aspetti, capitano!» sbottarono le due all'unisono.
Troppo tardi. Il jonin si era volatilizzato.
«Che strano…» cominciò Sakura dubbiosa.
Ino la fissò. «Cosa?»
«Il capitano non è mai stato così sfuggente e non ha mai mostrato a nessuno alcun aspetto della sua vita privata. È come se si comportasse come un’altra persona.»
«Già. Sembra proprio il maestro Kakashi…» concluse la Yamanaka con una punta di ilarità.
D’un tratto Sakura si bloccò. In quel momento si stava domandando una cosa proprio inerente al libro che stava comprando la clientela maschile.
«Che succede?» le domandò l’amica, notandone l’espressione.
«C’è qualcosa che non quadra affatto.»
«Riguardo?»
«Riguardo al fatto che è impossibile che l’autore possa aver scritto un altro di questi libri!» sbottò la ragazza rosa.
Ino non riuscì a capire.
«Insomma, vuoi spiegarti meglio?!»
Detto, fatto.
«Vedi l’autore di questa serie era lord Jiraiya, ma lui è morto!»
«Era lord Jiraiya?»
A quel punto fu Ino a bloccarsi. Era tutto chiaro adesso. Chi altri se non un pervertito come l’eremita dei rospi poteva scrivere un testo del genere?
Però il fatto del libro poteva essere spiegato in maniera differente.
«Magari è qualcuno che lo sta imitando…»
Anche Sakura ne era convinta, ma per avere delle certezze, aveva bisogno di uno di quei libri; voleva andare fino in fondo a quella cosa.
«Hai dieci ryo per caso? Ho con me solo altri cinque e il libro ne cosa sedici.»
Alla bionda rizzarono i capelli. «Non vuoi mica comprarlo?!»
«Dai, poi te li ridò appena torniamo al lago!» sbottò la rosa.
«Non è questo il punto! Sakura hai idea di che significa entrare in quella libreria e comprare uno di quei libri? Sarai etichettata a vita come una poco di buono!»
A Sakura Haruno non importava. C’era qualcosa che voleva capire e voleva farlo nella massima discrezione. A condizione di ciò, prese l’amica e corse nel primo vicolo scuro dove poter parlare, senza orecchie indiscrete.
«Ma che ti prende?! Perché diavolo stai cambiando atteggiamento in questo modo?! È solo un libro.» tuonò la Yamanaka.
«Sì, hai ragione.» fece l'altra, la quale si attristò un minuto dopo.
«Il fatto è che credo che quel libro l'abbia scritto il maestro Kakashi e se è così, io…»
«Tu cosa?»
Stavolta era Ino che voleva farla ragionare.
«Mettiamo per vera l'ipotesi che sia il maestro Kakashi l'autore del libro. Cosa ti fa pensare che riuscirai a trovare qualcosa? E cosa cerchi poi?»
«Cerco qualsiasi cosa utile, ok?!» sbottò l'Haruno spazientita.
«Come?»
Lo scatto d'ira di una ragazza che era giunta al limite della sopportazione, scoppiata pure in lacrime per il senso di inadeguatezza provato nel svelare il suo turbato animo.
«Dannazione, Ino! Sono sola! Mi hanno lasciata tutti! Naruto è morto, Sasuke, Sai e il maestro Kakashi si sono dati latitati e con te e Hinata litighiamo. Mi spieghi per chi continuo ad andare avanti?!»
In quel mese aveva finalmente assaporato la minima dose della solitudine che Naruto e Sasuke avevano provato quando erano bambini; che sensazione orrenda che si provava! Adesso capiva quando fosse stata insensibile nei loro confronti, cercando di capire due lupi solitari come loro.
Non voleva più essere da sola, in nessunissimo modo. Basta. Era troppo per il suo debole animo.
A quelle sofferenze, Ino non poteva replicare con toni dello stesso livello. Al contrario, dovette cercare di trattenere a sua volta le lacrime. Di conseguenza abbracciò Sakura e lasciò che tirasse tutto quello che aveva dentro.
Pianse anche lei per un tempo molto lungo, dopodiché le sussurrò lentamente all'orecchio le uniche parole incoraggianti che potevano far presa sul suo agitato cuore.
«Tu non sei da sola. Ci sono io con te e non ti lascerò mai da sola.»
Quelle parole sì che fecero presa. Sakura strinse Ino con tutta la forza che aveva e pianse nel ricordare i momenti passati con i suoi amati compagni di squadra.
«Perché è morto? Perché è andato via?»
Domande a cui non vi era una risposta.
Ma quando mai lei era stata una persona con risposte?

*

Tenzo si guardò in ogni direzione, prima di appoggiare una mano alla corteccia di un albero e usare la sua abilità innata per essere assimilato dalla pianta e scomparire dalla circolazione. Da un mese oramai adottava quella tattica per tenersi fuori dalla portata dagli uomini del reggente Hokage e, a sua volta, di tenere al sicuro l'uscente Hokage, ancora in stato di coma, e la sua assistente; se Danzo le avesse trovate, sarebbero state certamente uccise.
Scomparve lentamente dentro la corteccia e aprì la prima pagina del libro che aveva appena comprato. All'interno erano presenti dei messaggi invitati dall'autore del libro, ovvero Kakashi Hatake, il quale aveva deciso di adottare uno pseudonimo e scrivere quel testo in modo da notificare ai suoi alleati quanto avesse scoperto durante la sua assenza dal villaggio.
Il libro era stato ovviamente scritto con formule in codice e non sarebbe stato facile ricavarne il contenuto originale dei messaggi. Per svolgere quel compito, occorreva molto lavoro e tanta pazienza e Tenzo sapeva che di quelle ne aveva in abbondanza; quello che gli mancava era certamente il tempo.
Stava quasi per tirare un sospiro di sollievo, quando un kunai andrò a piantarsi sulla corteccia dell’albero in cui si era rifugiato. L’uomo puntò subito lo sguardo sull'arma, sperando che potesse trattarsi di qualche sprovveduto che aveva sbagliato; invece no. Sull'asta dell'arma c'era legata una carta esplosiva.
L’avevano scoperto.
«Merda!»
Riportò qualche ustione dall'esplosione, poiché era balzato il più velocemente possibile fuori dal suo nascondiglio. Nonostante le ferite, però, non poteva permettersi di perdere il libro con le informazioni e di venire catturato.
Dunque approfittò della polvere che era stata sollevata dall'esplosione per mimetizzarsi. Purtroppo sapeva che in quel modo non ce l’avrebbe fatta a scappare in quella maniera. Aveva avvertito la presenza di diversi ninja, un numero fin troppo eccessivo da gestire.
Al primo cespuglio vi si gettò addosso per riprendere il fiato e fare il conto dei suoi nemici, i quali, senza alcun dubbio, erano tutti provenienti dalla Radice e lo cercavano per conto del reggente Hokage.
Tenzo cercò di calmarsi. Non poteva farsi prendere dal panico come un novellino, doveva piuttosto pensare a un piano costruttivo che gli avrebbe permesso il successo dell'operazione, anche a costo di sentire dolore da qualche parte.
Prese un kunai, poi guardò il libro. Se non l'avesse avuto, probabilmente avrebbe già usato una tecnica dell'arte del legno per potersela svignare, purtroppo quell'importante complesso di informazioni c'era e lui non poteva farlo cadere nelle mani del nemico, altrimenti avrebbe capito che i libri nella libreria del villaggio erano pericolosi e li avrebbero distrutti tutti: da impedire.
Allora Tenzo dovette far fronte al problema nel modo più macabro possibile. Si tolse la giubba da dosso, scostò parte della maglia per far entrar in contatto la punta della lama del kunai con la sua carne. Trattenne il fiato, respirando a ritmi molto spossati quando si premurò a incidere un bel buco sul suo ventre dove conservare il libro. Il dolore era, senza ombra di dubbio, lancinante e al minimo urlo sarebbe stato scoperto dal nemico.
Per sua fortuna questo era ancora intento a correre appreso a una sua copia che stava usando come diversivo.
«B… Bene…» concluse dopo aver cauterizzato la ferita con una violenta cucitura in duro legno.
Ancora una volta il suo sollievo venne eliminato da un altro kunai esplosivo che si conficcò a qualche metro da lui.
Tenzo provò ad alzarsi, ma era troppo debole e aveva perso troppo sangue per muoversi come prima; doveva usare la sua tecnica al più presto o era spacciato.
Prima di farlo, però, doveva accertarsi della presenza del nemico e se questo fosse abbastanza lontano per usare la sua tecnica. Con orrore si accorse che a qualche metro si trovava un giovane shinobi che aveva conosciuto molto bene.
«Sai…?»
Anche questo ninja lo fissò dritto in volto, ma la sua espressione rimase come prima: priva di qualunque emozione.
Gli altri ninja della Radice accorsero alla posizione del ragazzo.
«È qui.» aveva riferito quest’ultimo ai propri compagni mascherati.
Tenzo non ebbe altra scelta se non usare prima una delle sue tecniche per poter guadagnare tempo; certo, da quel momento in poi, anche il fatto che sarebbe sopravvissuto era incerto.
«Mokuton: Sashiki no jutsu!»[i]
Dalla schiena del manipolatore del legno fuoriuscirono delle ramificazioni di legno secco che si insidiò pericolosamente sulla terra e sulle carni dei ninja della Radice che erano andati a prenderlo.
Già in tanti erano periti per colpa di quella tecnica.
«Fate attenzione, idioti! Possiede l’abilità innata del Primo Hokage!»
Non fu affatto facile.
Badare all'arte del legno era un compito molto impegnativo e in pochi erano fortunati ad attaccare i rami e a sopravvivere. Questo finché alcuni di loro usarono l’arte del fuoco per incenerire i rami; solo in quel modo poterono concludersi le morti voraci dei membri della Radice.
«Andiamo a prenderlo!» fece un altro membro della Radice.
«Aspettate.» fece Sai, prima che qualcun altro potesse perdere la vita inutilmente.
Voleva prima assicurarsi che la loro preda fosse ancora distesa sotto le foglie del cespuglio, pronta a mandare un altro di quegli insensati attacchi, oppure fosse già scappata.
Per verificare, prese un sasso abbastanza grande quanto il palmo della sua mano e lo lanciò nella direzione in cui provenivano gli attacchi.
Niente.
Allora uno dei capi delle operazioni, un uomo che indossava un completo nero e una maschera dello stesso colore sul volto, lo scansò e andò a verificare con altri ninja.
«Cazzo!»
La loro preda si era data alla fuga, facendo disperdere le loro tracce.
Lo stesso uomo che aveva spinto il ragazzo chiamato Sai, tuonò ai suoi colleghi con tutta la sua rabbia, dopo aver analizzato la pozza di sangue e alcuni resti a qualche metro.
«Ha perso troppo sangue, non può essere andato lontano. Trovatelo!»
Le ricerche non andarono a buon fine. Del capitano Yamato non vi era nemmeno una traccia e a nessuno della Radice andava di accettarlo, poiché significava che al ritorno alla base, le alte sfere dell’organizzazione li avrebbero puniti e il futuro Sesto Hokage avrebbe riservato loro un trattamento ancora peggiore.
Almeno Tenzo era riuscito a scappare con le sue informazioni.

L'angolo dell'autore
Bene, cari lettori. Finalmente si è concluso questo primo capitolo. Che cosa ne pensate?
Attendo con impazienza i vostri commenti per vedere che ne pensate delle scelte da me fatte in questo capitolo; mi riferisco all'episodio con Yamato, soprattutto.
Spero comunque che nel complesso la storia sia stata di vostro gradimento e che abbiate compreso la linea che intento intraprendere nella narrazione della storia.
Ho detto tutto.
Come sempre vi ringrazio per aver letto e vi saluto in vista del prossimo capitolo.
CIAO!


NOTE
i. Mokuton: Sashiki no jutsu = Arte del legno: Tecnica del taglio. Si tratta di una tecnica che si visionerà in seguito nel capitolo che narra del passato di Tobi.


Scheda Personale di Tenzo, alias Yamato
Compleanno: 10 Agosto
Sesso: Maschile
Età: 27
Abilità Innata: Arte del Legno
Affiliazione: Villaggio della Foglia
Rango: Membro delle Forze Speciali/Jonin
Occupazione: Capitano in seconda della squadra 7
Natura del Chakra: Acqua, Terra, Legno
Gusti Alimentari: Adora le noccioline. Odia invece qualunque cibo fritto.
Hobby: Leggere libri sull'architettura
Statistiche di Abilità
Nin: 4.5 Tai: 4 Gen: 3.5 Int: 4.5 Fo: 3.5 Velo: 4 Stam: 3.5 Seg: 3.5 Tot: 31


Nel prossimo capitolo

«Che brutta cera che hai, amico mio. Hai fatto un brutto sogno?»
«Un incubo a dirla tutta.»
«Probabilmente sarai ancora stanco dall'allenamento di questa mattina.»
«Anche se fosse, non sono affari tuoi.»
«Su questo devo correggerti, amico mio. Se inizi a parlare nel sonno come prima e non mi lasci dormire, allora si che è un mio problema.»
«Parlare nel sonno? Io?»


Nel bel mezzo dei sogni di Sasuke Uchiha

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Capitolo 2
*** SOGNI, DESIDERI E PAURE ***



Salve a tutti voi, cari lettori. Eccomi tornato alla carica con un nuovo esilarante capitolo sui nostri strambi eroi. Perché sono strani, dovete ammetterlo. C’è chi sclera, chi si procura ferite gravissime sul proprio corpo, altri che diventano perfetti serial killer; insomma, chi ne ha, più ne metta!
Non anticiperò molto sul nuovo capitolo, solo che per il momento mi interesso più alle questioni giovanili che agli scontri; non temete. Nel prossimo capitolo ci sarà uno scontro avvincente, uno dei più belli della serie.
Adesso, senza aggiungere altro, vediamo di fare qualcosa per questo capitolo e di farvi ancor più interessare alla storia. Colgo quindi l’occasione per augurarvi una buona lettura e buon divertimento.




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Il Reggente Sesto Hokage entra in azione


Il fallimento è uno stato in cui non si è in grado di adempiere a un determinato compito.
Ai piccoli aspiranti membri della Radice veniva insegnato a non cadere mai in una situazione, adempiendo sempre ai suoi doveri. Nel caso questi piccoli non adempiessero a tali aspettative, essi venivano puniti con pene corporali, le quali, a seconda del grado di importanza della missione fallita, potevano condurre addirittura alla morte.
I membri della squadra di recupero di Tenzo, l’unico utilizzatore vivente dell’arte del legno, che avevano fallito il loro compito, sapevano di doversi aspettare una punizione esemplare da parte delle alte cariche dell’organizzazione.
Per prima cosa ci sarebbe stato il confronto diretto con il reggente Sesto Hokage.
Danzo restava seduto sulla sua comoda poltrona a udire dei lunghi resoconti dei suoi uomini più validi e delle missioni che avevano completato per quella giornata. Fino al gruppo che si doveva occupare della cattura di Tenzo, tutto era andato bene, solo dopo l’umore del vecchio ninja cambiò in maniera repentina.
«Che cosa significa che ve lo siete lasciato scappare?»
Il capo delle operazioni e il suo secondo erano in ginocchio ad attendere desolati la sua ramanzina, sperando appunto che per le loro vite sarebbe andata bene per quella giornata.
Fu sempre il capo delle operazioni a parlare.
«È più in gamba di quello che ci aspettavamo e ha ucciso parecchi dei nostri uomini, prima di scappare.»
Allora Danzo diede una delle sue opinioni personali, oltre a dar dimostrazione di essere un tipo incredibilmente imprevedibile.
«Non fa nulla. In fin dei conti possiamo aspettare per averlo fra le nostre fila. Non appena verrò ufficialmente eletto Hokage, allora egli stesso sarà tenuto a obbedirmi.»
Dal tono con cui Danzo l’aveva detto, era possibile capire quanto tenesse a diventare il nuovo capo del villaggio della Foglia. Aveva tanti progetti per la sua gente.
Per prima cosa voleva attuare una politica di stampo di quella del Secondo Hokage, poiché secondo lui, il Terzo era stato molto permissivo e aveva permesso il nascere di diverse questioni, le quali, a loro volta, sarebbero state appianate in maniera differente, se al potere non ci fosse stato il Terzo o il Quinto Hokage.
Danzo aveva in mente di cambiare molte cose; tantissime. Credeva che la Foglia avrebbe fatto la figura del zimbello di fronte alle altre nazioni e questo era assolutamente imperdonabile, dato che era stata proprio la Foglia la forza militare che aveva sempre ispirato gli altri villaggi.
Il futuro Sesto Hokage tornò a fissare i propri sottoposti.
«Come procede la ricerca di Kabuto Yakushi?»
Il compito di rispondere toccò allo stesso capo della squadra che aveva tentato di catturare il manipolatore del legno.
Non era per nulla conveniente dare al capo della Radice più di una notizia brutta al giorno.
«Sfortunatamente Kabuto è molto più abile di quello che risulta dalle nostre informazioni. È molto sfuggente e sa come non lasciare tracce, signore. Tuttavia…»
«Cosa?» lo interruppe bruscamente l'anziano shinobi.
Nel male c’era sempre una luce di speranza che andava sempre perseguita.
«Fonti certe attestano che si trovi nella nazione del fulmine e alcuni ninja sono stati già mandati a cercarlo.»
«Di chi si tratta?»
«Di una squadra comandata da Anko Mitarashi.» riferì l’uomo.
A quel punto Danzo tirò un sospiro dalla contorta natura.
«L'ultima mossa di Tsunade, prima dell'attacco del nemico. Questo potrebbe essere quindi un problema. Kabuto potrebbe parlare.»
«Ne è sicuro?» domandò uno dei ninja incappucciati al fianco del vecchio leader.
Di conseguenza quest’ultimo rivolse il suo ordine successivo a uno di loro.
«Tera. Occupati tu di chiudere la bocca alla Mitarashi.»
L’uomo in possesso di quel nome era incappucciato. Annuì meccanicamente e sparì un attimo dopo nel nulla per accingersi ad eseguire la sua malintenzionata missione.
Una volta aver predisposto le procedure per risolvere quel problema, il reggente Hokage passò a un’altra delicata questione, la quale richiedeva a sua volta l’intervento di uno dei suoi uomini più fidati.
Quella persona era proprio di fronte a lui; il giovane ninja dalla grande bravura nella pittura che egli aveva inserito nella squadra Kakashi, al fine di controllare meglio le mosse del Quinto Hokage. Gli serviva lui, che per quella occasione aveva battezzato Sai.
Il suddetto comprese tutto dal suo sguardo magnetico, nascosto dal capello da Hokage.
«In che cosa consiste la mia missione?» domandò il giovane ninja.
«Riprenderai il nome di Sai e tornerai da quei ragazzi. Ci sono alcune cose che non mi convincono e vorrei che investigassi per mio conto.»
Una richiesta alquanto criptica; necessitava di alcune spiegazioni supplementari.
«Mi perdoni, ma non riesco a capire che cosa dovrei cercare di specifico. L’ultima volta voleva che riferissi degli spostamenti di Naruto Uzumaki, ma ora lui è morto, quindi…»
Sì, Danzo lo sapeva bene e ancora non riusciva a credere che la Foglia avesse veramente perso il Nove Code; tutta colpa di Tsunade.
Tuttavia quella volta l’obbiettivo del vecchio era differente e gli serviva il ragazzo chiamato Sai al fine di ottenere netti risultati.
«Fra quei ragazzi c’è Sakura Haruno che è stata allieva di Kakashi e Tsunade. Quella ragazza saprà sicuramente dove si trovano i suoi maestri e voglio che tu riferisca quello che sa. Inoltre, fra di loro c’è anche Gai Maito, che sarà a sua volta a conoscenza di qualcosa.»
«Ho capito.» riferì il pittore meccanicamente.
In poche parole gli veniva chiesto di tradire la fiducia di quelle persone che si erano proclamate sue amiche.
Quando Danzo gli aveva domandato se per lui non ci fossero problemi a eseguire quel compito, aveva risposto che non c’era nessuna motivazione per cui non ne dovesse essere in grado; però, quando era rimasto da solo a casa propria, erano cominciati a balenare i primi dubbi.
Era giusto ripagare la gentilezza di Sakura, Hinata e tutti gli altri con il tradimento?
Poteva realmente affermare di aver smarrito la voglia di voler esplorare il mondo delle emozioni? Poteva dire con certezza che non si era sentito vivo quando era con quei ragazzi, vivendo avventure con loro, scherzando, patendo, soffrendo?
Che cosa doveva fare? Andare avanti con gli insegnamenti della Radice o seguire il suo sveglio cuore, non tradendo i suoi amici?
In un modo o nell'altro avrebbe tradito qualcuno. O i suoi amici, oppure la Radice?
Restava dunque un’ultima domanda, prima di assopirsi sopra il letto in quel tardo pomeriggio: chi tradire?

*

Masato Ota aveva undici anni, era ninja da due e genin del villaggio della Pioggia poco meno di un mese. I motivi per cui fosse diventato uno shinobi erano tanti, irti come una fitta matassa e degni di essere riassunti in un lungo romanzo intrecciante con la storia dei suoi compagni. Le stesse modalità sarebbero potute essere applicate alle ragioni per cui fosse passato dalla concezione di non avere nessun luogo di appartenenza ad averne uno: il villaggio nascosto della Pioggia, della nazione della Pioggia.
La prima impressione che aveva di quel posto non era stata molto positiva, dopotutto, abituato a un clima caldo e solare, la perenne pioggia, tipica della nazione ospitante, gli aveva regalato un nuovo status mentis che lo lasciava ancora basito, poiché non aveva conseguito la famosa abitudine che i suoi compagni, all'opposto, avevano guadagnato da diverso tempo. In effetti, non riusciva a capire come questi fossero riusciti a sentirsi a loro agio, dato che erano sempre stati i primi a non voler andare in quel villaggio; peccato che la decisione intrapresa dal loro maestro non aveva lasciato scelta: se volevano allenarsi, dovevano seguirlo.
Passeggiava per i bui corridoi della torre più alta del villaggio. Il mantello fradicio, la pelle infreddolita e umida, le dita affusolate che si attorcigliavano in un piccolo rotolo che tentava di tener nascosto da occhi indiscreti.
Masato era un ragazzino dall'aspetto che rappresentava la perenne contrapposizione fra bene e male; occhi di un insolito ghiaccio e capelli scuri come l’ebano, pelle molto chiara e bassa statura. Una zazzera di capelli ricci che copriva in parte il copri-fronte della Pioggia che indossava, assieme a una espressione continuamente corrucciata.
Masato aveva in continuazione da ridire su qualunque cosa. Il tempo, la gente, il modo di vestirsi, il cibo, il denaro, gli allenamenti, i compagni, il maestro, le missioni. Questo lo rendeva dotato di una folta parlantina, la quale alle volte era l’unica ragione perché la gente tenesse molto a tagliare una conversazione con lui. L’unico a non farlo era il maestro, il quale, secondo lo stesso ragazzino, in realtà non lo stava propriamente ascoltando e isolava la sua mente a ogni disturbo esterno.
Era proprio il suo maestro che aveva intenzione di andare a disturbare, dato che il rotolo che aveva recuperato gli era costato tanta fatica e maledizione dai chunin della Pioggia, era un oggetto personale che aveva richiesto proprio lui.
Giunse di fronte alla porta da cui si accedeva alla stanza del maestro. Stava quasi per bussare, quando la sua mano venne frenata dal marasma di voci estranee, provenienti dalla stanza.
«Voglio vedere il corpo della forza portante.» aveva sibilato con insistenza una cupa voce.
Dopodiché sfociò una seconda voce mai sentita dal piccolo genin.
«Al momento si trova dentro Regno Infernale e purtroppo non posso usarlo, perché sono a corto di corpi.»
Dei passi.
Masato premette l’orecchio contro la porta per ascoltare meglio.
A quel punto udì finalmente una voce familiare.
«La battaglia è stata veramente difficile. L’Ennacoda si è dimostrato addirittura capace di sconfiggere Tendo, infatti siamo dovuti intervenire direttamente noi per fermalo.»
«E ha funzionato, stando quanto mi state dicendo.» mormorò la prima voce.
Masato riuscì a distinguere in essa una sana dose di scetticismo.
Sentì nuovamente dei passi dentro la stanza, tuttavia non poteva fare a meno di pensare per quale motivo quella gente si trovasse dentro la stanza del maestro quando lui non c’era nemmeno.
Che cosa stava succedendo?
Il pensiero di Masato, prima di attivare una tecnica di mimetizzazione e nascondersi nell'oscurità sulla parete adiacente, quando la porta da cui origliava si aprì.
Da essa fuoriuscirono tre individui avvolti in un lungo mantello nero con delle nuvole rosse disegnate sopra. Di quei tre, lui conosceva solo l’unica donna del gruppo, ovvero lady Konan, la padrona del palazzo della Pioggia che li aveva accolti un mese prima.
Assieme alla bella donna vi era un tipo molto alto dai capelli rossi e dal viso pieno di piercing che il piccolo genin non aveva mai visto; il tenebroso tizio si distingueva tuttavia per un particolare più rilevante, ovvero i suoi occhi. Masato non aveva mai visto qualcuno con degli occhi così strani e inquietanti.
Stesso ragionamento il ragazzino poté farlo per l’uomo dal volto coperto da una maschera arancione, provvista di un solo buco, da cui lo sconosciuto poteva vedere con il suo unico occhio. Probabilmente, pensò Masato, doveva aver perso il sinistro in battaglia.
Smise di pensare nell'esatto momento in cui i due sconosciuti ripresero a discutere nel corridoio.
Fu la signorina Konan a parlare.
«Come procede la cattura dell’Ottacoda. È da più di un mese che ci dici di aspettare Sasuke.»
L’uomo con la maschera emise un flebile suono di dubbiosa origine; poteva essere sia una risata smorzata o un verso, originato dalla noia.
«Manca ancora poco.» replicò poi.
«Sasuke e i suoi partiranno per il paese delle Nuvole dopodomani, confido che completino la missione in un paio di giorni.»
«Me lo auguro per lui, altrimenti verrà ucciso dall’Ottacoda.» sbottò con ilarità l’uomo dai capelli color carota.
Quel commento generò a sua volta il ridacchiare dell’uomo mascherato, il quale a sua volta decise di cambiare argomento.
«Piuttosto, Nagato, perché c'è un moccioso che ci sta spiando per mezzo di una banalissima tecnica della trasparenza?»
Masato sbiancò. Com'era riuscito a scoprirlo?
Eppure si era camuffato bene e la sua tecnica, a detta dello stesso maestro, era la migliore, rispetto a quella dei suoi compagni e dello stesso maestro.
Chi era quell'uomo? E perché stava iniziando a temere per la propria incolumità?
Quell'uomo, chiamato dal mascherato Nagato, guardò assieme agli altri due in direzione del suo nascondiglio. Masato lo distinse chiaramente; quel brivido lungo la schiena, generato da orrende sensazioni concatenate alle nozioni di disagio e paura.
L’avrebbero ucciso?
No.
«È uno dei ragazzini che ho preso come discepoli.»
Risposta molto strana da parte sua.
Masato poteva giurare di non aver mai visto quell’uomo in vista sua; nonostante ciò, questi assicurava al tizio più inquietante che fosse suo allievo.
Cosa più importante, sempre onnipresente nei pensieri del genin: dove diavolo era finito il suo vero maestro?
Con ancora in cuore e mente tale questione, tornò ad ascoltare la discussione fra i tre, assieme alla risposta del mascherato.
«Hai preso degli apprendisti? Non è da te, Nagato.»
L’altro si affrettò subito a rispondere, contemporaneamente a lanciare un’occhiata a Masato, come per ordinargli di non azzardarsi a muovere un singolo muscolo.
«Ho capito che con le perdite ingenti che abbiamo subito, è necessario arricchire l’organizzazione di nuove pedine per il futuro e quei tre ragazzini mi danno diverse soddisfazioni, nonostante la tenera età.»
«Addirittura…» sbottò il mascherato.
Dopodiché questi si mosse di qualche passo in più rispetto a Konan e Nagato e, in procinto di oltrepassare la successiva porta, espose ai collaboratori le sue ultime idee.
«Dal momento in cui recupereremo l’Ottacoda, l’organizzazione entrerà sicuramente nella lista nera della Nuvola e il Raikage ci darà la caccia. Dopotutto è un sentimentale che tiene molto a suo fratello. Arriverebbe pure a mettere da parte il suo smisurato ego per lavorare con gli altri Kage.»
Seguì un breve ghigno del pel di carota.
«Hai per caso paura dei cinque Kage, Madara? Non pensavo sapessi provare paura.»
«Non si tratta di avere paura o meno.» replicò il mascherato.
Il loro piano non aveva bisogno di nessun’altro fattore di disturbo.
«Se le cinque grandi terre dovessero allearsi, per noi sarebbe un grande problema…»
Si bloccò subito dopo, come colpito da un’idea che andava subito espressa, evitando così di perderla per sempre.
«In quel caso quei mocciosi che stai allenando potrebbero tornarci utili. Dì, sono in gamba?»
L’uomo mosse il capo.
«Certo che lo sono, anche se hanno ancora delle doti acerbe. Altrimenti non li avrei scelti, non credi?»
«Hai ragione.» concordò con lui il mascherato.
Egli si mosse ancora, quasi sembrava che stesse per andarsene via da un uscita diversa dalla solita, usata da tutto il personale della grande torre.
Lentamente l’uomo mascherato iniziò a svanire nel nulla, tratto via da un vortice ipnotico, assieme all'intensità delle sue ultime parole.
«Ho alcune cose da portare a termine in queste settimane, per cui approfittane per riprendere le energie e preparati a sigillare l’Ottacoda e l’Ennacoda. Ne avremmo bisogno quando i Kage inizieranno a scalpitare.»
Un attimo dopo era sparito.
Nella stanza era rimasto solo silenzio.
Konan e Nagato non osarono scambiarsi una singola parola; nessun motivo spiegabile perché non accennassero a farlo. Il che era un male per Masato, dato che non vedeva l’ora di scoprire che cosa ne sarebbe stato di lui, dato che era stato scoperto.
Quei due si erano accorti facilmente della sua presenza e potevano tranquillamente notificarlo al maestro; allora sì che sarebbero stati guai. Di solito, il maestro li puniva con esercizi fisici molto estenuanti; altre volte li obbligava a mangiare fino allo sfinimento; altre ancora li mandava a pulire i bagni degli edifici pubblici.
Il suo amico Koichi aveva definito il maestro un sadico naturale.
Arrestò i pensieri quando il misterioso Nagato lo richiamò.
«Scendi da lì, Masato.»
Lui obbedì. Si avvicinò titubante alle due figure con la testa china e un groppo in gola. Il cuore palpitava all'impazzata e le dita tremavano che, a un certo punto, gli cadde addirittura a terra il rotolo che aveva recuperato nell'ultima missione.
«Cavolo!» fece quando gli cadde.
Provò a recuperarlo, ma venne preceduto dal pel di carota, il quale si premurò tempestivamente di analizzarne il contenuto con molta attenzione.
«Così ce l’hai fatta. E io che credevo di aver esagerato nel mandarti da solo ad eseguire un compito così difficile. Ottimo lavoro, Masato.»
Konan riprese parola e commentò l’impresa del bambino. «Impressionante. Stanno migliorando a vista d’occhio.»
«Già.» replicò l’uomo, mentre si infilava il rotolo dentro la manica della cappa.
Solo allora Masato ebbe il coraggio di parlare.
«Mi scusi, ma io non la conosco. Perché si comporta come se mi conoscesse?»
Scambio di sguardi fra i due adulti, poi l’uomo scattò a ridere.
«Hai ragione. Scusami. Se sono riuscito a ingannare Madara, non vedo come tu possa riuscirci!»
Ancora più confusione nella mente del ragazzino.
L’uomo dai capelli rossi compose un sigillo e scomparve in una nuvola di fumo, lasciando il suo posto a un giovane diciassettenne biondo, abbigliato in un kimono nero e con dei fragorosi zoccoli rossi che avevano sempre fatto parte dell’assortimento sonoro di Masato e dei suoi amici, quando si allenavano; spesso solevano bighellonare per qualche minuto in più del concesso e usavano il rumore degli zoccoli per capire quanto fosse distante da loro il maestro.
«Maestro!» sbottò il ragazzino.
«Ma come diavolo si è conciato? Perché ha usato una tecnica della trasformazione?»
Il maestro tirò un sospiro di sollievo immotivato e a lanciare sguardi alla trentenne dai capelli blu, la quale, intanto, si era tolta di dosso il mantello nero a nuvole rosse.
Konan rispose allo sguardo qualche attimo dopo, ostentando la tipica freddezza.
«Ci ha salvato la vita.»
Masato non comprese assolutamente e chiese spiegazioni al maestro.
«Quel tizio era un mio nemico che pensa che io sia morto. Ho usato la tecnica della trasformazione per confonderlo e ancora stento a credere che abbia funzionato!»
«Ah, capisco…» fece il ragazzino, grattandosi il naso.
«Comunque non deve trattarsi di un particolar ninja se si fa fregare in questo modo.»
Konan lo contradisse subito.
«Non per niente non ti ha notato, vero? Guarda che stiamo parlando di Madara Uchiha.»
«Uchiha hai detto?» sibilò il ragazzino una seconda volta; conosceva molto bene quel cognome.
Si aggiunse il maestro a spiegare.
«Credimi, Masato, è stato un miracolo che ci sia cascato. Abbiamo avuto una grande dose di fortuna se ancora siamo tutti interi.»
Masato impallidì; non era tipico del suo maestro temere così un avversario.
Dopotutto il maestro Naruto aveva sconfitto il temutissimo Pain.
«Questo tizio è veramente così potente?»
Il maestro annuì con una nota di disappunto e disprezzo, dovuto probabilmente al fatto che stesse ammettendo di avere paura di qualcuno come Madara.
Non ci teneva affatto di dare quella impressione di sé, per cui si affrettò a cambiare argomento in fretta.
«Piuttosto, va’ a cercare quei due e preparatevi per l’allenamento di più tardi. Dobbiamo ripassare le ultime cose, prima della nuova lezione.»
Masato tentò di obiettare; voleva sapere ancora di più su quel temutissimo uomo di cui il suo maestro e lady Konan avevano molto timore.
Tuttavia il maestro Naruto non volle sentir ragioni.
«Va’ ti ho detto. Non sono cose che ti riguardando.»
Dunque Masato fu costretto a ubbidire, seppur in cuor suo sperava di riuscire a trovare qualche informazione su Madara Uchiha da qualche altra fonte; ne avrebbe dovuto attendere di tempo, prima di essere privato dall'ignoranza di quell'argomento.

*

Aveva spesso dei sogni perturbanti da quasi più di un mese. Ogni mattino si domandava per quale motivo ne facesse così tanti e tutti dei più disparati aspetti della sua vita; episodi che arrovellavano le sue budella al punto da fargli addirittura lasciare sul materasso una pozza di sudore.
Delle cause non sapeva accertarne nemmeno una.
All'inizio aveva infatti pensato che si trattasse di quello che aveva mangiato a cena, così aveva provato a digiunare, eppure i sogni tornarono a palesarsi.
Pensò allora che si trattasse della scorretta postura mentre dormiva; le notti successive smentirono anche quella teoria.
Allora, secondo le ipotesi di un ninja medico, doveva trattarsi di un particolare stato emotivo, retto anche da un malessere mentale; dopotutto Sasuke era ancora fresco di lutto.
Sasuke Uchiha dunque si chiese se fossero i fantasmi del passato che lo torturassero per aver ucciso Itachi.
Che fosse dunque anche lo spirito di suoi fratello a torturarlo mentalmente, solo perché aveva deciso di fare di testa sua, anziché percorrere il sentiero che era stato tracciato per lui dal fratello maggiore?
Sasuke non ne aveva idea; non era un tipo superstizioso, ma nelle recenti notti aveva sognato spesso di allenarsi in macabri allenamenti con Itachi e Orochimaru, venir picchiato da Naruto, messo a ridicolo da Kakashi e tradito da Sakura, la quale era spesso sognata limonare con il tizio dalla pelle cadaverica che faceva parte della nuova squadra 7.
Cavoli come moriva quando la sognava andare anche oltre il bacio. Aveva voglia di urlare e commettere violenza quando la sognava nuda, giacente al fianco dell'odioso ragazzo che distruggeva il suo animo; quel bastardo che si prendeva ciò che era suo.
Il peggio giungeva quando la sua rabbia si traslava in violenza sessuale allo stato puro.
Di solito gli capitavano per la mente sia lo stesso oggetto della sua sofferenza, la quale era per la maggior parte presente nel 90% di quella tipologia di sogni e nel 60% negli altri, in stretta competizione con Itachi, Kakashi, mamma e papà e Naruto, oppure Ino o Karin, nelle quali trovava uno strenuo e appagante trionfo nel commettere l’atto di coito di fronte ad altri amici. Una volta sognò pure di possedere Hinata Hyuuga di fronte all'acerrimo rivale, solo per il brio di vedere la sua odiosa espressione sofferente, dato che sapeva che c’era sempre stato del tenero fra loro due.
Un sussulto nel sonno per aver sognato Sakura che baciava quel ragazzo pittore. Poi il sogno iniziò a contorcersi. Lo strano tizio aveva lentamente assunto le fattezze di suo fratello, il quale lo lasciava aspettare nella esecuzione dell’atto finale, dopodiché lo riempiva di saccenti commenti.
Un attimo dopo faceva il suo ingresso Naruto, che andava ad abbracciare Itachi, chiamandolo fratellone.
«No!»
Itachi era suo fratello, solo suo! Era per lui che aveva sacrificato il clan e la propria vita, non per quel bastardo di Naruto!
Poteva anche aver ragione; ciò non toglieva il fatto che fosse suo fratello a preferire Naruto a lui.
«Non ho di che farmene di te, Sasuke. Stavo male e l’unica cosa che hai saputo fare è farti accecare dalla vendetta, senza distinguere la menzogna dall’inganno. Non sei niente!»
Parole più dure non poteva sentirle proprio da parte sua.
In più ci si aggiunse lo sprezzante Uzumaki.
«Ah, lascialo perdere, Itachi. È solo un perdente. Ora che ci sono io, ti riabiliterò e mi prenderò cura di Sakura. Lei ha bisogno di un vero uomo.»
«Sta zitto!»
Non poteva toccarlo e non ne sapeva nemmeno il motivo.
La rabbia cresceva assieme al desiderio di rendere il villaggio della Foglia un cumulo di macerie.
Aveva solo pensato a tale desiderio, ma suo fratello sembrò comunque intuirlo e gli indirizzò parole molto dure.
«Giustificati come ti pare e piace, Sasuke. Usa il mio nome per motivare i tuoi futuri crimini, anche usando il potere che ti ho lasciato. Però, se osi fare qualcosa contro il villaggio, allora non sarai più mio fratello. Naruto è una scelta migliore di te.»
No. Non poteva accettare di sentirsi dire di essere inferiore a Naruto; tutto ma non quello!
Nemmeno il tempo di ribattere che Naruto aveva tirato fuori una spada e aveva squarciato il ventre del martire del villaggio della Foglia.
«Fratello!»
Come se non bastasse, erano apparsi dal buio Kakashi, il vecchio Terzo Hokage e tutti i suoi vecchi compagni d’accademia che davano una pugnalata sulla schiena sempre sul ferito.
L’ultima pugnalata venne da parte di Sakura.
Sasuke provò a fermarla, però, durante l’atto fisico, egli venne scacciato violentemente da Kakashi.
«Sparisci, spazzatura!»
Anche Sakura non fu da meno.
«Non sei niente, Sasuke. Maledico me stessa per non essermene accorta prima.»
Era in vestaglia che presto lasciò cadere per terra, mostrandosi in tutto il suo splendore. Sorrise maligna e si mosse sinuosamente attorno all’Uchiha, procurandogli molti impulsi di piacere. Subito dopo, però, si allontanò, schifata, gettandosi fra le braccia del tizio pittore, di Kakashi e di Naruto che l’avrebbero fatta loro sempre di fronte a lui, deridendolo.
Stavano tutti ridendo di lui e di Itachi. Deridevano il sacrificio di suo fratello.
Ira.
Sharingan.
Mangekyo Sharingan.
Una forza oscura provenirgli dagli angoli più remoti del cuore.

*

Il letto era una pozza di sudore. Il suo petto pulsava, assieme alle vene di ogni parte del suo corpo ed emise un lungo sospiro. Ringraziò il cielo di essere da solo nella sua stanza, in quel modo nessuno avrebbe potuto vederlo in quello stato pietoso e deriderlo.
Lui era Sasuke Uchiha. Per lui quel cognome era tutto e il suo modo di vivere doveva esemplare la perfezione più totale, proprio perché era un Uchiha.
Conscio di ciò e affrancato da tale stato mentale, non si accorse della presenza di un estraneo nella sua stanza.
Iracondo attivò il suo Mangekyo Sharingan e lo puntò contro lo straniero.
«Che cazzo ci fai qui?!»
Suigetsu Hozuki sbadigliò con amarezza, maledicendo Madara per averlo obbligato a vegliare sul suo superiore in una posizione odiosa e scomoda.
«Calmati, amico. Non lo sto facendo perché voglio curiosare nella tua vita privata. È stato il tizio mascherato che mi ha ordinato di controllarti.»
Ciò non servì comunque a calmarlo, sebbene sapesse che Suigetsu fosse in buona fede.
Accese un lume. «E tu ora segui gli ordini di Madara, anziché i miei?»
Sentì Suigetsu sghignazzare nella penombra.
Subito dopo lo spadaccino si affrettò a cambiare rapido argomento, senza dare risposta alla domanda dell’Uchiha.
«Che brutta cera che hai, amico mio. Hai fatto un brutto sogno?»
«Un incubo a dirla tutta.» replicò lui, massaggiandosi le tempie.
«Probabilmente sarai ancora stanco dall'allenamento di questa mattina.» azzardò l’altro.
«Anche se fosse, non sono affari tuoi.»
Nuovamente l’albino scattò a ridere.
«Su questo devo correggerti, amico mio. Se inizi a parlare nel sonno come prima e non mi lasci dormire, allora sì che è un mio problema.»
Notizia eccessivamente sconvolgente per il moro, poiché non si aspettava proprio che LUI, proprio LUI, faceva delle cose squallide del genere.
«Parlare nel sonno? Io?»
Il sottoposto annuì.
Per Sasuke era un problema; nessuno, nemmeno Madara, doveva venire a sapere di quel lato così intimo del suo essere. Era addirittura tentato di tappare la bocca all’Hozuki, per paura di poter continuare a vivere tranquillo, sapendo che c’era qualcuno che l’aveva beccato in un momento in cui stava vacillando; soprattutto se si trattava di Suigetsu.
«Che cosa hai sentito?»
L’altro sembrava aver intuito le sue intenzione e aveva lentamente portato la mano sull’elsa della sua katana, pronto a scattare alla minima mossa. Ciò nonostante, continuava a mantenere la solita strafottente espressione in viso.
«Oh beh, hai parlato in continuazione di tuo fratello, di un tizio di nome Naruto e di una certa Sakura che, da quel che ho capito, adora molto la carne fresca.»
«Ehi!» tuonò il moro alzando la voce.
Mangekyo Sharingan attivato.
Suigetsu venne pervaso da un brivido lungo la schiena; aveva esagerato. Per questo si apprestò a rimediare il prima possibile.
«Scusami. Avrò capito male io.»
«Sciacquati la bocca prima di nominare mio fratello e quella ragazza, mi hai sentito, pezzo di merda?» continuò l’Uchiha.
Suigetsu era rimasto di sasso. Era la prima volta che sentiva parlare il posato Uchiha in modo tanto scurrile, tuttavia poteva anche comprenderlo, dato che si sarebbe comportato nella medesima maniera, se qualcuno avesse osato scherzare sulla morte di suo fratello Mangetsu.
«Comunque…» si affrettò a dire con titubanza.
«Non devi temere, non aprirò la bocca con nessuno.»
Sasuke si massaggiò nuovamente le tempie con ancora i suoi nuovi occhi attivi. Respirò copiosamente per qualche attimo, come se stesse pensando a qualcosa di tremendamente problematico, poi riprese parola.
«Devo essere sicuro…»
«Allora usa i tuoi occhi per cancellare i miei ricordi, se non ti fidi!» sbottò l’albino.
«È proprio quello che ho intenzione di fare. Dopo che avrò finito, va a svegliare Karin e Jugo e dì loro che fra un’ora si parte per la nazione dei fulmini.»
Suigetsu non ebbe nemmeno il tempo per annuire che già era caduto sotto l’influenza del potentissimo sharingan. Un secondo dopo, durato secondo la sua percezione una miriade di secoli, cadde al suolo, esausto.
Non appena si riprese andò ad eseguire l’ordine precedentemente ricevuto.
«Karin! Jugo! Alzatevi! Il capo vuole partire fra un po’!»
Rimasto da solo, Sasuke ebbe tutto il tempo per alzarsi e recarsi verso la doccia del bagno per aprire l’acqua e prepararsi per una rapida doccia. Avrebbe fatto una lunga doccia, dato che si sentiva tremendamente sporco per quei sogni così poco casti che aveva fatto; non erano proprio da lui, soprattutto perché si era svegliato con l’alzabandiera.
«Merda…»
Diavolo come avrebbe voluto avere in quel momento Sakura con sé, prenderla, sbatterla dentro la doccia e farla sua finché non sarebbero stati stremati.
Sentì la voce di Karin squillare contro Suigetsu. Ci volle veramente tutta l’unione della sua dignità Uchiha per non mettersi una vestaglia, entrare nella stanza della rossa e adoperare la stessa strategia coniata con Sakura; tanto sapeva che per Karin non si trattava altro di un invito a pranzo.
Nolente dovette arretrare.
Non era una cosa da lui, dopotutto. Eppure era pur sempre un essere umano. Inoltre era un adolescente di diciassette anni, ovvero in piena fase ormonale e voglioso di avere le sue prime esperienze; significava essere uomini.
Se ne vergognò molto quando entrò nella doccia tutto nudo. Doveva fare in modo di arrestare quei pensieri impuri dando loro di che sfamarsi, ma l’avrebbe fatto da solo; non voleva rendersi preda della sua contorta sessualità in quel modo: Sasuke Uchiha dominava le sue emozioni, non viceversa.
Una volta che ebbe concluso aveva raggiunto la sua squadra, partendo a loro volta verso la nuova missione del Falco.
Adesso aveva la mente più serena e focalizzata totalmente sull'intera missione che Madara aveva affidato loro: catturare la forza portante della bestia a otto code.

L'angolo dell'autore
Bene!
Anzitutto premetto che non voglio dilungarmi troppo nelle fasi finali dei miei commenti. Per tale ragione, chiedo scusa a tutti voi per gli argomenti spinti nella parte riguardante i sogni di Sasuke; l'ho fatto perché ho immaginato che in lui il processo di imbastardimento avvenisse a gradazioni e questi sogni sono perfetti come dimostrazione.
Che ne pensate comunque di Masato e del fatto che Naruto sia diventato sensei? Volete conoscere gli altri due e la loro storia?
Fatemi sapere. Intanto ci vediamo al prossimo capitolo!
Ciao e grazie per aver letto e commentato!


NEL PROSSIMO CAPITOLO
«Dove si trova l'Ottacoda? Dimmelo e ti verrà risparmiata la vita.»
«Fanculo! Noi, ninja del clan Yotsuji, non tradiremo mai un compagno, maledetti!»
«Mi sa che non hai altra scelta, amico.»
«Avanti, parla!»
«Non ucciderlo, Suigetsu. Ci serve vivo.»
«Oh, questo non posso assicurartelo, ma posso invece garantirti che lo farò cantare a modo mio, prima che tiri le cuoia.»
«No. Ci metteresti fin troppo tempo. Ci penso io.»

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Capitolo 3
*** GLI SCHELETRI NELL'ARMADIO ***



Eccomi di nuovo qui, carissime lettrici e cari lettori!
Direi che abbiamo iniziato bene la storia, che ne pensate?
Fra Sasuke e i suoi problemi mentali, Naruto e i suoi allievi, i ragazzi della Foglia che stanno impazzendo, Kakashi volatilizzato, Sai freddo come l’acciaio e Danzo scatenato, ne vedremo delle cotte di crude.
Vi sarà comunque utile sapere che nel prossimo capitolo ci sarà lo scontro fra Sasuke e l'Ottacoda, come avrete sicuramente letto nell'anticipo dello scorso capitolo. Sarà l'unico combattimento di cui parlerò per un poco di tempo; almeno per cinque/sei capitoli ci saranno introspezioni psicologiche, fatti quotidiani e tanto altro: una specie di beautiful, insomma.
Però aiuterà soprattutto a me a gestire più argomenti assieme, senza combinare cazzate.
Spero di riuscirci.
Intanto diamo il via al capitolo che già vi sarete stufati di leggere l’introduzione. Passo e Chiudo.
Buona lettura!


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Perdere chi ti ha fatto conoscere la bellezza intrinseca dell’amore, la stessa persona per cui il tuo cuore ha cantato melodie al sol riscatto del pensiero. Perdere una persona del genere, significa assoggettarsi nella bieca perdita di se stessi.




La giornata era trascorsa con i suoi alti e bassi. Sakura doveva essere veramente grata a quelle persone così care che la circondavano in un momento tanto difficile della sua esistenza.
Ino era certamente la sua forza, la persona con cui si era fin da sempre sentita più in sintonia che con le altre. Maledisse il giorno in cui si erano innamorate entrambe di Sasuke, poiché non avevano fatto altro che allontanarsi l’una dall’altra per una rivalità che non era mai esistita, dato che all’oggetto del loro amore era sempre interessata una sola donna: la dea della vendetta.
Ora che le cose erano cambiate, invece, Sakura non si era mai sentita così a suo agio con Ino; nemmeno con Hinata aveva raggiunto un tale livello di intimità, ragione dovuta soprattutto al fatto che non si parlassero da molto tempo, dopo aver litigato pesantemente.
La dolce corvina si era chiusa in se stessa fin da quando erano tornati dalla nazione della Pioggia, non spiccicò parola con nessuno, né con lei, né con Neji, nemmeno con suo padre. Non aveva neppure versato una singola lacrima, dopo aver appreso la notizia della morte di Naruto e probabilmente Sakura aveva intuito che si trattasse del fatto che il suo cuore era andato in frantumi; non poteva esistere nessun’altra spiegazione.
Proprio per tale ragione, avrebbe voluto starle vicina, aiutandola nel difficile percorso che l’avrebbe portata ad accettare la morte dell’amato e andare avanti.
Hinata non ne aveva voluto sentire ragioni. Si era totalmente chiusa in se stessi, commettendo addirittura atti di negligenza sia come amica che come kunoichi del villaggio della Foglia.
Perdere Naruto equivaleva a perdere la sua anima. Una persona senza anima non può vivere come le altre, è solo un guscio vuoto pieno di risentimento e odio che non aspetta altro che la morte, pur di estirpare il male che l’assale.
A condizione di ciò, la notte della kunoichi dai capelli rosa era spesso tormentata da visioni dell’amica morta suicida o peggio, dichiaratasi nemico dell’umanità che andava a gettare la sua vita in una vendetta inutile contro Akatsuki.
Ma che poteva fare lei se non riusciva nemmeno a convincerla ad aprirsi? Che cosa?
«Sakura…»
Una voce che destabilizzava il groviglio di dubbi e rimpianti, presente all’interno del suo subconscio, durante la fase di riposo notturno.
«Sakura…»
Di nuovo. Se l’aveva sentita una seconda volta, probabilmente non doveva trattarsi di un caso: qualcuno la stava chiamando dal mondo reale.
Lentamente aprì gli occhi, intanto che il possessore di quella voce continuava a chiamarla.
«Dai, tesoro, svegliati. È importante.»
Era suo padre.
Perché il suo papà la stava scuotendo con insistenza alle tre di notte? Che cosa poteva mai essere successo?
Sakura non poteva saperlo. Aveva ancora tutto il corpo intorpidito dal torpore della fase dormiente e gli occhi a fatica riuscivano a reggere il confronto con la foschia luminosa della limpida notte.
Le palpebre sembravano incollate fra di loro con la colla, fu un’impresa recidere i loro legami e mettere all’opera l’occhio per il suo lavoro; con una buona dose di impegno, la ragazza ci riuscì e mise pian piano la figura del genitore.
«Che succede?» mormorò con voce soffocata.
Se c’era una cosa che odiava era essere privata delle sue ore di sonno, poiché le veniva difficile riprendere sonno, una volta sveglia e passare la notte insonne non era una buon cosa. Infine le era entrato in mente lo stesso pallino di Tsunade, la quale asseriva che dormendo si riusciva a mantenere gran parte della propria bellezza; dormire, per cui, era essenziale!
Nonostante quei fattori, era troppo stanca e giù di morale per arrabbiarsi, inoltre l’espressione di suo padre non lasciava presagire nulla di buono.
Ben presto Kizashi le fece presente il problema che si era andato a palesare quella notte.
«C’è la tua amica Hinata in salotto. Non ha una bella cera e mi ha chiesto di vederti, nonostante l’ora. Parlale, per favore. Sembra importante.»
Bastò che l’uomo pronunciasse il nome della ragazza, che Sakura era già in piedi, con una mano che teneva stretta una vestaglia e con il padre caduto a terra per colpa dell’irruenza della figliola.
Gli avrebbe chiesto scusa dopo; ora c’era Hinata con cui doveva andare a parlare.
Le cure di bellezza potevano aspettare, tanto era ancora giovane.
Hinata era più importante.
Hinata era lì che le chiedeva aiuto per un’inspiegabile ragione e lei era pronta a darle tutto il suo sostegno.
Arrabbiata con lei per la lite?
No, nemmeno per un secondo.
Scese le scale di fretta, con il rischio di rompersi l’osso del collo per compiere movimento compulsivi nell’atto di mettersi addosso la vestaglia e agitarsi come un’ossessa.
Giunta in salotto la vide seduta sul sofà, stretta da un alone di tristezza.
«Hinata!» tuonò.
Vederla le aveva donato una nuova forza dirompente; la stessa forza che aveva perso dai tempi dell’assalto di Pain al suo villaggio. Pian piano stava tornando la solita determinata Sakura, senza nemmeno una spiegazione plausibile per tale processo; stava accadendo e basta.
La sua eccitazione andò tuttavia a scemarsi, quando vide l’espressione affranta della corvina e una valigia accanto. Hinata stessa non si era alzata dalla sua postazione e continuava a tenere la testa bassa, quasi non fosse in grado di sostenere lo sguardo di Sakura, dopo quello che le aveva detto.
L’allieva delle principesse delle lumache stessa si bloccò a sua volta, al fine di scrutarla meglio.
«Che cosa è successo, Hinata?»
La Hyuuga si affusolò le dita per il nervosismo, com’era solita fare quando si trovava in situazioni difficili. Il senso di disagio era misto a un opprimente vergogna, la quale le stava opprimendo a un tale livello l’animo che parlare le sembrava persino un diritto di cui non era in possesso.
«Ecco… Io…»
«Dai, non tenermi sulle spine!» la istigò l’Haruno.
Allora l’ospite si fece coraggio e parlò.
«Mio padre mi ha cacciata da casa… Non sapevo dove altro andare, per questo sono venuta qui. So che non avrei dovuto solcare la porta, dopo tutte quelle cose immeritate che non ti ho detto. È che tuo padre ha insistito…»
Fece una pausa, poiché aveva soffocato un lungo spasmo, il quale, se non fosse stato fermato, sarebbe stato seguito da un’ondata di lacrime.
Sakura l’avrebbe interrotta nel suo resoconto già dalla sua prima frase, ma era rimasta talmente sconvolta dal credere che il padre dell’amica fosse stato realmente capace di cacciarla da casa; con che cuore poteva agire in maniera tanto fredda, anche sapendo che non era un bel periodo per la figlia.
D’un tratto Hiashi Hyuuga perse ogni forma di rispetto da parte di Sakura Haruno.
Intanto la Hyuuga si era alzata e aveva afferrato il manico della valigia.
«Hinata…»
«Scusami… Ancora una volta ho fatto la cosa sbagliata.» sibilò lei.
Il viso si deformò in una smorfia, inumidita da lacrime fresche.
Allora la rosa la fermò per un polso.
«Dove credi di andare?!» domandò lei decisa.
La corvina la fissò interrogativa, poi tentò di spiegarsi.
«Ecco io…»
Sakura la bloccò. «Tu cosa? Siediti e non fare la cretina, Hinata. Come se potessi realmente buttarti fuori di casa nel cuore della notte!»
«Sì, però io…» tentò di obiettare lei.
Stava pensando alla discussione animata che avevano avuto. Lei le pensava veramente quelle cose, non era cambiato nulla circa il suo odio per Akatsuki e i rimpianti avuti. Inoltre sentiva continuamente rimbombargli nella testa le parole di Naruto, circa le sue intenzioni di tornare al villaggio solo per lei.
Perché era morto? Perché non aveva portato a termine la sua promessa?
Non era giusto.
Naruto era stata la stessa persona che l’aveva salvata anni prima dal baratro della disperazione. Grazie a lui, aveva potuto sospirare per una persona ricca di pregi e difetti; una persona che non si arrendeva mai, che ci provava allo sfinimento per poi riuscirci: lei voleva diventare così.
Il sogno di Naruto era diventato il suo.
Ben presto era pura finita la distinzione che faceva fra la sua nindo e quella di Naruto: era la loro nindo, solo loro.
Con quei desideri nel cuore e con le continue dimostrazioni di tale filosofia, Hinata si era pian piano innamorata perdutamente di lui. Non si trattava di una cotta passeggera come quella che tutte le ragazzine avevano almeno una volta nella loro vita: lei lo amava veramente.
Lo dimostrava il fatto che non ci avesse pensato due volte, prima di andare contro morte certa, sfidando Pain; eppure l’aveva fatto, l’aveva protetto con tutte le sue forze, anche se, alla fine era stato lui a salvarla.
Ora però non avrebbe mai più avuto l’occasione.
Si sarebbe cibata dei suoi ricordi per il resto di una vita, giudicata fin da quel momento miserabile.
Una vita vissuta a metà, perché la sua anima era morta assieme a Naruto.
Lo pensò nuovamente. Le lacrime caddero nuovamente e si lasciò andare nuovamente nel posto in cui era precedentemente seduta.
«Sono una stupida, Sakura… Se solo io…»
Sakura le strinse forte la mano, dandole in qualche modo sentore di essere lì a vivere il suo grande dolore.
«Quello che mi dicesti a casa tua… Ho cercato di immaginare la situazione e credo che mi sarei comportata anche peggio di te, però…»
Breve pausa della rosa, volta alla ricerca delle parole giuste.
«… Io… Sto già provando un grande dolore per Naruto e non avrei mai creduto che avrei sofferto così tanto. Per me era un fratello…»
Hinata continuò a singhiozzare. «Sakura…»
Stessero abbracciate per un tempo immemore. Sakura cercava di essere colei che la recitava la parte della consolatrice, anche se avrebbe fatto volentieri a cambio di qualcun altro: di consolare non le andava affatto. Pensò allora al fatto che se piangeva anche lei, Hinata non sarebbe stata confortata da nessuno.
Per tale ragione, a un certo punto dei silenziosi pianti, la rosa proruppe con una domanda.
«Te la senti di raccontarmi quello che è successo?»
La Hyuuga la fissò smarrita e molto riluttante all’idea; malgrado la poca voglia, ella si asciugò comunque le lacrime e fece un cenno di assenso molto lento.
Allora Sakura ricambiò alla sua decisione con un sorriso, dopodiché si alzò, dirigendosi in cucina.
«Prima però lasciami preparate del tè. Ci aiuterà a distendere i nervi.»
Hinata emise un limpido sorriso. «Grazie.»
Nonostante tutto, Sakura ci sarebbe stata a sorreggerla in quella dura situazione. Aveva bisogno di lei, perché solo assieme l’amica si sentiva potente e determinata. Desiderava emularla, anche in minima parte, armata della stessa determinazione nel voler affrontare Pain.
Strinse in denti non appena pensò al terribile capo dell’organizzazione dalle nuvole rosse. L’odio che covava nei suoi confronti era pari a quello che stava dirigendo ai capi delle operazioni che non avevano fatto nulla per avere il corpo del suo amato Naruto indietro; sapeva che non era molto, ma voleva almeno avere il diritto di seppellirlo nella sua terra natale.
Hinata sapeva comunque che per realizzare quel desiderio le parole non sarebbero bastate, come nemmeno voler desiderare che Naruto tornasse indietro, sebbene gran parte del suo cuore l’avrebbe spinta in futuro a cercare ogni rimedio possibile per poter riportare in vita l’amato.
«Sakura…» aveva chiesto con voce roca, durante l’attesa che il tè si freddasse.
Non appena ricevette l’attenzione dell’amica, la corvina continuò.
«Ecco… Hai mai sentito di una tecnica che…» si bloccò; si stava chiedendo se fosse il caso di porre quella domanda in quel frangente.
«Quale tecnica?» domandò la rosa.
«Niente!» replicò sbrigativa la corvina.
Aveva deciso che era meglio non parlarne, chissà che cosa Sakura avrebbe pensato di lei altrimenti.
Tanto per cambiare, si affrettò a tornare all’argomento principale della conversazione, in modo da troncare pure le future domande in merito a quella stupida questione.
«Mio padre aveva paura…»
«Eh? Paura? Tuo padre? E di cosa?» questionò la rosa.
«Non lo so…» replicò la corvina.
«Sta di fatto che ha detto delle cose su Naruto che non sono riuscita ad accettare e così abbiamo litigato.»
Sakura stentava a crederci.
Hinata non aveva mai controbattuto con suo padre. Per la prima volta in vita sua, aveva alzato la testa e duellato verbalmente con il temibile capo degli Hyuga perché aveva osato inzozzare la memoria dell’amato della corvina.
La Hyuuga strinse i pugni. «Lo so, ho sbagliato. Sono stata presa dalla rabbia e ho fatto cose di cui mi sono pentita subito. Credo che quello schiaffo me lo sia proprio meritato.»
Suo padre l’aveva schiaffeggiata il giorno dopo del loro litigio, dopo che Hinata si era rifiutata di venire a una riunione del clan e aver parlato nello stesso identico modo di Itachi Uchiha sugli usi e costumi del clan.
Dopo aver udito tali parole, Hiashi Hyuuga aveva perso le staffe. Lo schiaffo alla figlia maggiore venne accompagnato allo sgomento per come si era trasformata in una creatura completamente differente dalla dolce angelica kunoichi che era un tempo.
«Rivoglio indietro mia figlia…»
Quelle parole riecheggiavano nella mente di Hinata come scoppi di cannoni.
Hiashi aveva dato la colpa di tutto questo all’amore che Hinata provava per Naruto e soprattutto al fatto che ella avesse preso una brutta strada, non essendo in grado di gestire una perdita così ingente nel suo cuore. In più aveva asserito che un comportamento del genere non sarebbe stato affatto gradito dall’Uzumaki; era stata una scintilla esplosiva che aveva svegliato Hinata dal suo torpore di odio.
Dopo quella discussione, Hiashi aveva deciso di cacciare via la figlia sia da casa che dal clan.
«In questo clan non c’è posto per tipi patetici come te e nemmeno nella mia famiglia.»
Hinata aveva ingoiato quel rospo e se n’era andata, carica di sofferenza; sola come non mai.
«Tanto hai Hanabi. A te non è mai importato niente di me. Per te ci sono solo lei e Neji.»
Non aveva avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, perché non era a conoscenza del danno che avrebbero potuto fare quelle parole sia a ella stessa che al padre. Aveva fatto fagotto e se n’era andata a raccontare tutto all’amica Sakura.
Quest’ultima trascorse il tempo del racconto ad ascoltare in silenzio, poi aveva accarezzato la fronte dell’amica, piangendo.
«Stupida. Stupida. Stupida.»
Insulti della stessa portata di un sibilo, arricchiti da tetri singhiozzi che riecheggiavano per l’intera cucina, assieme a quelli della corvina.
«Sakura… Mi manca.»
Singhiozzi eterni.
«Anche a me.»
Soppresse da un dolore unico, asfissiante, le due amiche sapevano che la vita sarebbe stata ancora più dura da vivere con una tale morsa sul petto. Andare avanti era sempre difficile, ma bisognava comunque farlo, poiché non ci si poteva restare per sempre sull’orlo di un marciapiede; occorreva rialzarsi e proseguire a ogni costo.
Significava essere ninja.
Coloro che proseguivano verso il loro sentiero.

*


Nelle profondità della foresta attorno al villaggio della Foglia vi erano angoli addirittura sconosciuti ai nativi del luogo. La foresta era irta di sentieri, luoghi segreti e di tanti racconti leggendari che potevano riempire un’intera biblioteca, se trascritti.
Di quei pochi adepti a essere venuti a conoscenza dei suoi più grandi segreti, Tenzo, manipolatore dell’arte del legno, era certamente degno di ricoprire un tale privilegio; dopotutto la foresta era ella stessa fonte del suo potere, come tempo addietro lo era stata per il Primo Hokage e per la gente che vi aveva vissuto al suo interno.
Proprio per tale ragione, Tenzo non aveva avuto problemi a sfruttare l’ambiente a sua disposizione per nascondersi dopo il lungo inseguimento, a cui era scampato dalle grinfie degli uomini della Radice. Stanco e ferito, il jonin aveva raggiunto il più in fretta possibile il rifugio sotterraneo in cui Shizune e la dormiente ex Hokage stavano nascoste da più di un mese.
Shizune era corsa subito a salvare l’amico, curandolo nei migliori dei modi.
Erano passati cinque giorni dall’attentato nei suoi confronti e ancora il manipolatore del legno si sentiva uno straccio.
«Dai, Tenzo, non insistere come al solito. Sai che se ti muovi di più, le ferite si riapriranno.» l’aveva canzonato Shizune.
L’uomo era sdraiato su un futon accanto a quello del Quinto Hokage. Tenzo aveva sbuffato seccato e si era nuovamente appoggiato sullo schienale in legno, facendo attenzione alla bendatura rosella che copriva tutto il suo ventre.
«Merda… Sono stato un imprudente.»
Ne stava pagando il prezzo adesso. Di certo non poteva permettersi di stare coricato in una situazione del genere.
«Hai fatto una pazzia. È diverso.» lo contraddisse l’assistente della nipote del fondatore del villaggio.
Tenzo fece una smorfia. «Hai proprio ragione…»
Non avendo più l’occasione di poter conferire sull’argomento, l’uomo decise dunque di porre fine alla lettura che l’aveva impegnato in quei giorni; il frutto dei suoi sacrifici al quale non era riuscito ancora a dare un senso.
«Ma siamo sicuri che in quel libro ci sono dei messaggi da parte di Kakashi?» chiese la donna, mentre fissava la copertina del libro.
Ella poi assunse un’espressione saccente, ostentando un velo di gelosia in quello che stava per dire.
«A me sembra solo una scusa per voi uomini di fare i pervertiti.»
Questo perché odiava indicibilmente quando Kakashi rideva malefico da sotto la maschera, quando leggeva quei dannati libri di cui andava completamente pazzo. Shizune non poteva accettare che si pensasse continuamente a quelle cose del genere; non almeno da parte di un uomo grande e vaccinato e proprio da parte di Kakashi.
Se n’era fatta comunque una ragione, dato che l’uomo proveniva da una lunga schiera di grandi pervertiti. Partendo dal Terzo Hokage e alle sue incursioni con Jiraiya nelle terme femminili, seguendo il grande Quarto Hokage, del quale ricordava avesse problemi con la moglie, in merito alle sue medesime motivazioni, arrivando infine a Kakashi, il quale aveva inoltre subito una doppia influenza da parte di Jiraiya. Quei due, infine, avevano influenzato quel poveretto di Naruto Uzumaki.
Già, Naruto.
Chissà come avrebbe fatto a dire della sua morte alla sua insegnante, qualora si fosse svegliata. Temeva conseguenze madornali per chiunque.
Tornò a fissare l’attento Tenzo, il quale era assorto completamente nella lettura del testo.
«Mi stai ascoltando?» gli chiese.
Da un po’ di tempo nessuno la ascoltava più. Tutti chiusi nei loro segreti e nessuno che voleva dirle nulla su quello che accadeva fuori e sulle notizie inerenti Kakashi. Va bene, era l’amante del ninja copia e quindi possibile vittima del governo Danzo, ma questo non dava a nessuno il diritto di tagliarla fuori!
«Sì, Shizune. È solo che ci sono tante cose qui dentro e ho bisogno qualcuno con una buona memoria per tenere il numero delle pagine. Mi dai una mano?»
Ella arrossì. Magari era stata un po’ troppo frettolosa nel giudicare.
L’indagine era appena cominciata e già Tenzo e Shizune sapevano a priori che non sarebbe stato facile carpire le informazioni che servivano dalle fitte righe di prosa del testo; una cosa sola erano in grado di dire con certezza: Kakashi era un favoloso scrittore.
Il modo con cui collocava figure retoriche era unico, geniale era allo stesso modo la sua capacità di essere così discorsivo da ricoprire mezza pagina di una sola frase, riuscendo lo stesso a far comprendere al lettore ciò di cui si stava parlando. Shizune ricordò che solo un ninja del villaggio del Bagliore, un certo Alendri Manzoni, era stato uno scrittore di tale leva.
Malgrado i tanti elogi, i due lettori ben presto dovettero ammettere che non sarebbe stato facile trovare qualcosa nel testo, proprio perché il compositore era stato così abile, da mimetizzare ciò che realmente voleva comunicare in fittissimi veli di Maia.
«Ok.» fece a un certo punto Tenzo, una volta conclusa una pagina che stava leggendo.
«In questo modo non otterremo mai nulla. Conviene partire dall’inizio.»
Così fecero, iniziando dalla copertina del testo. Sullo sfondo blu cobalto una giovane figurina bianca correva appresso a una donzella della medesima natura, reggendosi il petto con una mano e l’occhio sinistro con l’altra; essa era inseguita da folli orde di esserini della stessa specie con gli occhi a forma di cuoricino e kunai, branditi sulle mani.
«Che strana copertina…» commentò l’assistente del Quinto Hokage.
Intanto Tenzo ebbe fatto la sua prima deduzione.
«So che sembra strano, ma pare che quel pupo sia in realtà Kakashi che viene inseguito da qualcuno. Ricordi?» si voltò verso la donna.
La quale subito risorse. «Ah, vero. Se non ricordo male lo stavano inseguendo quelli della Radice.»
Altri dettagli tornarono alla mente dei due.
Intanto alla donna sorse un dubbio.
«Anche se ancora non ho capito perché la Radice lo stesse inseguendo.»
Tenzo ebbe la soluzione.
«Se non sbaglio Kakashi aveva detto che Danzo aveva provato a prendersi il suo sharingan… Ma per quale motivo? Cosa sta tramando?»
La risposta a quelle domande l’avrebbero trovata certamente all’interno del testo, sebbene i loro sospetti comprovassero che il vecchio ninja mirasse all’occhio del ninja-copia, solo per il puro e semplice desiderio di accrescere il suo potere.
L’occhio di Kakashi era raro. Era uno di quegli sharingan che nascevano una volta ogni mille anni.
«Andiamo avanti.» propose l’uomo.
Girarono la copertina del testo. Non vi era la foto dell’autore, a differenza delle precedenti edizioni, bensì solo uno scarno trafiletto che riassumeva in poche righe la storia dell’omonima protagonista della serie, Jundo e delle sue piccanti disavventure assieme agli altri protagonisti.
Allora i due lettori passarono alla dedica dell’autore; lì trovarono qualcosa di veramente interessante.
L’autore aveva specificato che parte della sua opera era stata generata dalla collaborazione con un grande scrittore, il quale preferiva tuttavia rimanere anonimo per circostanze sconosciute. Andando avanti per il primo capitolo, uno dei protagonisti aveva incontrato un caro amico che non vedeva da molto tempo. Questo amico era solito vivere nelle foreste e sembrava essere legato sia al personaggio che alla protagonista per eccellenza del racconto. Seguì che il primo che gli chiedeva retoricamente se le vecchie radici del vecchio albero, in cui da piccola Jundo era solita giocare, fossero state ancora potate e che le foglie fossero maturate.
Per Tenzo e Shizune si trattò di un messaggio diretto a loro; un chiaro riferimento a Tenzo stesso e a Danzo.
Ansiosi, i due continuarono a divorare le pagine successive, riuscendo a catturare con molta difficoltà le chiavi di lettura che erano sparse fra i punti e le virgole. Una frase, per essere compresa, andava letta, partendo con un significato ambiguo che poteva trovarsi nelle pagine precedenti o successive; alle volte persino sulla copertina, oppure sulle conclusioni o sulla bibliografia.
«E Kakashi avrebbe scritto una cosa del genere in un solo mese?» domandò retorica l’assistente dell’Hokage.
Era stupefacente. Quell’uomo era veramente così in gamba e ingrifato che aveva composto la storia originale in quattro e quattr’otto, dopodiché aveva aggiunto con cura i suoi messaggi cifrati, fornendo alcuni stupidi indizi che potevano essere solamente compresi da chi lo conosceva: dopotutto era risaputo che Kakashi Hatake fosse un genio.
Shizune e Tenzo vennero a scoprire che Danzo era in possesso di uno sharingan e che aveva provato ad aumentare il suo potere, servendosi dell’occhio di Kakashi. Quest’ultimo era inoltre venuto a sapere che il vecchio capo della Radice si era di proposito tenuto da parte, durante l’assalto del capo dell’Akatsuki al villaggio e che era sempre lui dietro a molte quisquiglie complicate, capitate nel corso degli anni al villaggio.
Il misterioso omicidio di un reverendo membro del clan Uchiha. Misteriose sparizioni di bambini e giovani donne. Una strana e presunta collaborazione con Orochimaru, nei tempi in cui il ninja leggendario era ancora militante del villaggio della Foglia. Diversi attentati alla vita del Terzo e del Quinto Hokage. Un altro contro un emissario della Sabbia, ai tempi del conflitto fra la Foglia, la Sabbia e il Suono. Stermini di massa e tanto altro.
Alla conclusione del racconto, non c’era da meravigliarsi, quindi, se i due lettori fossero rimasti decisamente traumatizzati da quanto appreso.
Shizune convenne addirittura che un buon tè fosse un buon modo per sedare i propri animi e recuperare parte del colorito che a entrambi era stato rubato dalla lettura.
«Non posso credere che Danzo abbia fatto tutte queste cose…» sbottò la donna, dopo essersi calmata.
«Hai proprio ragione – fece Tenzo. Abbiamo sempre saputo che Danzo fosse pericoloso, ma non lo credevo fino a questo punto.»
Il manipolatore del legno sembrava molto turbato, più di quanto non lo fosse Shizune, la quale, accortasi del suo turbamento, volle provare a domandare quale fosse la natura delle sue ansie, in modo da potare in qualche modo un briciolo di sollievo nel suo cuore.
«Questo spiega tutto…»
«Eh? A che ti riferisci?» domandò la donna.
«La notte dello sterminio del clan Uchiha, trovammo molti dei loro cadaveri privi dei bulbi oculari.» rispose l’uomo.
Un brivido percosse la schiena dell’assistente dell’Hokage. Benché fosse medico, quindi abituata a vederne di cotte e di crude, il pensare che qualcuno avesse potuto giovare nell’estrarre le orbite a cadaveri di uomini, donne, anziani e addirittura bambini era assolutamente inaudito.
«Oh mio Dio… Non vorrai mica dire che…»
Dolente, il manipolatore del legno dovette annuire.
«Già. Quello che pensavamo fosse un delitto sviscerale, compiuto solamente da Itachi, si sta dimostrando una qualche sorta di pretesto per molti. Allora è stato Danzo a prendersi questi sharingan e se n’è trapiantato pure uno sull’occhio destro.»
Ora era tutto chiaro; ecco perché molti degli uomini del vecchio ninja gli andavano appresso come dei cagnolini.
Per di più, fu un altro il problema che urtava molto il jonin e voleva al più presto fare qualcosa. Provò a muoversi, al fine di rialzarsi, ma non ci riuscì, perché le cuciture sulla sua carne iniziarono a stridere. Cadde con un tonfo sul futon, con il kimono umidito da un alone rosello e colto da grandi spasmi, il manipolatore del legno dovette arrendersi al suo dolore.
Ovviamente Shizune accorse tempestivamente al suo capezzale.
«Maledizione, Tenzo! Eppure ti avevo detto che non ti devi muovere. Vuoi forse far rompere i punti?»
Ancora ansimante, l’uomo tentò di spiegare le sue ragione. Era talmente agitato che afferrò la donna per le spalle con le sue possenti mani, fissandola con espressione seria e concisa.
«Ascolta, Shizune. Dobbiamo assolutamente far sapere di queste informazioni il signor Nara. Se quello che abbiamo scoperto corrisponde al vero, allora deve ritirarsi. Danzo è troppo pericoloso!»
Era vero. Shikaku era in pericolo di vita, poiché era uno dei pochi che stava facendo opposizione alla nomina di Danzo come Sesto Hokage. Ben presto, molti erano convinti che il vecchio ninja avrebbe fatto scattare all’opera un piano per sbarazzarsi degli oppositori, senza provocare allo stesso tempo sdegno nell’opinione pubblica. Il fatto che le elezioni erano incombenti aveva reso la vita di Shikaku al sicuro, per il momento.
La donna aveva subito compreso la situazione e aveva assicurato al paziente che avrebbe cerca di inviare un messaggio al capo dei jonin il prima possibile.
«Tu pensa a riposare, altrimenti non ci sarai utile.» ripeté.
Una volta che il paziente l’ascolto, Shizune preparò con cautela un messaggio protetto da una tecnica da sigillo che le aveva insegnato tempo addietro la sua insegnante, dopodiché convocò al suo cospetto la versione più ridotta della grande regina delle lumache e le consegnò il messaggio, al fine di consegnarlo a chi era di dovere.
Shizune sospirò. Non era abituata a vivere in situazioni tanto tese da fin troppo tempo. La pace di quegli anni l’aveva totalmente inglobata al punto da dimenticare, in maniera più o meno volontaria, che il mondo ninja era sempre pieno di insidie; esse erano sia dentro che fuori dal proprio focolare domestico ed erano pronte ad attaccare al primo momento di distrazione.
Fissò il volto rugoso della sua dormiente maestra e pregò per un qualche tipo di conforto.
Quanto avrebbe voluto che si svegliasse.
Quanto avrebbe desiderato avere qualcuno con cui potersi confidare. Certo, con Tenzo si conoscevano fin dai tempi dell’accademia, ma non c’era mai stata tutta quella grande confidenza; le sarebbe bastata pure Kurenai, Sakura. Nessuno sarebbe venuto, perché si stavano nascondendo dal nemico e per la sicurezza di tutti aveva dovuto troncare i legami del mondo.
Con il mondo. Con Kakashi. Con Sakura. Con la signorina Tsunade.

*


Erano trascorsi quattro giorni.
La squadra del Falco aveva finalmente messo piede nella nazione dei fulmini.
Era la prima che uno di loro metteva piede in un posto tanto idilliaco, tempestato da irte catene montuose, avvolte da densi strati di goffe nuvole bianche e aria nella sua forma più pura. Ai pendii dei monti si estendevano boschetti, ognuno di essi con il proprio ruscello personale, dal quale sgorgava acqua rinvigorente, che tuttavia doveva essere raggiunta di proposito, poiché i sentieri da percorrere erano tutti incastonati nelle montagne, baciate perennemente da una leggera brezza da introduzione alla primavera.
I membri del Falco percorsero i vari scenari con una insolita calma. Si fermarono a ristorarsi parecchie volte e fu molto piacevole godersi quel gran bel panorama, mentre si mangiucchiava qualcosina in vista dell’ora di pranzo.
L’unico che continuava a fare pressione per accelerare la marcia, era ovviamente il capogruppo, poiché continuava ad asserire che con le cappe nere a nuvole rosse che indossavano, era molto vistosi e la gente del villaggio della Nuvola avrebbe potuto riconoscerli. Tale opzione andava assolutamente eliminata, poiché così non avrebbero potuto sfruttare l’elemento sorpresa per catturare la loro preda.
«Andiamo, Sasuke. Rilassati. Tanto c’è Karin che può intercettare il nemico.» sbottò il lavativo Suigetsu.
Anche la ragazza in questione si trovò nolente a dar retta allo spadaccino.
«Smettila di fare l’emo e smetti di rompere le scatole! Che tipo!»
In realtà non avrebbe voluto dire una cosa del genere al suo Sasuke, ma siccome era una persona molto orgogliosa, non avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, che le piaceva il tenebroso Uchiha così per com’era. Invece avrebbe proposto di appartarsi da qualche lato a godersi al meglio la giornata in maniera più romantica, solo loro due.
Nemmeno Jugo ebbe da ridire. Quel posto gli piaceva.
«Questa quiete è assolutamente stupenda. Qui mi sento in grado di controllare i miei istinti.» pensò beato.
A Sasuke comunque non importò; avevano un lavoro da portare a termine e l’avrebbero fatto. Subito.
Non passò infatti molto tempo che il gruppo s’imbatté in un chunin del villaggio della Nuvola che stava compiendo un giro di ispezione nei confini. Era da solo.
Il Falco non poteva chiedere di meglio.
I componenti adottati da Akatsuki piombarono alle spalle del malcapitato, senza che questi non potesse far nulla per impedire lo scorrere degli eventi.
Suigetsu lo aveva fatto sbattere contro una recinzione di contenimento con un calcio. Sempre lo stesso, lo afferrò saldamente per il collo con il suo potente braccio acquatico.
Una volta che i giovani ninja si assicurarono l’immobilità del nemico, partì il tempo degli interrogatori.
«Dove si trova l'Ottacoda? Dimmelo e ti verrà risparmiata la vita.»
Il ninja della Nuvola non si sorprese più di tanto di ricevere quella domanda; evidentemente non era uno stupido e sapeva benissimo che la risorsa più importante del suo villaggio, era la forza portante dell’Ottacoda; tutti volevano il suo terrificante potere.
L’unico potere in grado di accostarsi a quello della volpe a nove code.
Proprio a condizione di ciò, l’uomo si ribellò fin dal principio.
«Fanculo! Noi, ninja del clan Yotsuji, non tradiremo mai un compagno, maledetti!»
«Mi sa che non hai altra scelta, amico.» sibilò Karin maligna.
Conseguenza di ciò, Suigetsu aumentò la forza nella sua presa, arrivando addirittura a far quasi perdere i sensi al poveretto.
«Avanti, parla!» continuò lo spadaccino.
L’uomo stava quasi per soffocare.
A quel punto intervenne il capo del gruppo. «Non ucciderlo, Suigetsu. Ci serve vivo.»
«Oh, questo non posso assicurartelo, ma posso invece garantirti che lo farò cantare a modo mio, prima che tiri le cuoia.»
«No. Ci metteresti fin troppo tempo. Ci penso io.» replicò Sasuke.
Era un ordine.
Suigetsu fu dunque obbligato a ubbidire e ad allentare la sua presa, mentre il suo capo eseguiva il suo mirabolante incantesimo.
Sasuke si fece avanti verso l’uomo. L’occhio sinistro completamente chiuso, dando centralità nel suo viso solo all’occhio destro, provvisto del suo Mangekyo Sharingan.
«Tsukuyomi
L’arte illusoria per eccellenza dell’occhio degli Uchiha a cui nessuno poteva resistere.
Il chunin della Nuvola venne per l’appunto pervaso dallo sguardo ottenebrante del suo nemico; la sua psiche venne totalmente sconvolta, assieme a ogni padronanza del proprio Io.
Sasuke Uchiha non sprecava inutilmente il suo fiato. Se faceva delle domande, pretendeva una celere risposta di rimando ed è quello che avrebbe avuto dal suo nuovo giocattolo.
«Dove si trova l’Ottacoda?»
I suoi sottoposti ascoltarono in silenzio, ammaliati dal grande potere del loro temuto capo.
«Valle… Unraikyou… Allenamento…» rispose meccanicamente la vittima.
L’Uchiha fece un leggero ghigno; tutto stava andando nel migliore dei modi. Passò dunque alla seconda fase dell’interrogatorio.
«Come lo riconosco? Descrivimelo.»
La marionetta obbedì.
«Pelle scura… Occhiali da sole… Sette Spade… Simbolo Ferro su spalla destra… Corna sulla guancia sinistra…»
Una descrizione incredibilmente dettagliata. Il Falco non avrebbe potuto confondere la sua preda nemmeno volendo.
Quello che serviva al Falco era stato detto. La vittima non serviva più.
«Andiamo.»
Sasuke sciolse l’illusione, provocando uno shock mentale alla sua vittima, la quale stramazzò al suolo immobile e a cui i membri del rapace davano le spalle, diretti verso la famosa valle di Unraikyou.
«Cavolo! Con quei nuovi occhi è diventato ancora più pericoloso!» sbottò mentalmente l’albino del gruppo.
Karin invece era assolutamente ammaliata, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
«Oh, Sasuke. Sei così figo!»
Il Falco si incamminò lentamente verso la meta prestabilita; l'Ottacoda si trovava lì. Malgrado ciò, ognuno dei membri della squadra ignoravano del tutto che il nemico che stavano per affrontare era di tutt'altro livello rispetto al loro.

L'angolo dell'autore
Bene, gente. Ammetto che è stato molto arduo completare il capitolo, perché ho avuto poco tempo da dedicarvi, tuttavia ho deciso di ridurre la lunghezza dei capitoli, in modo da diminuire il carico di lavoro, aggiornando il prima possibile.
Nel prossimo capitolo avverrà lo scontro fra il Falco e Killer B, anzi dedicherò totalmente il capitolo allo scontro.
Per concludere, vorrei avere una vostra opinione in merito alla discussione fra Sakura e Hinata. Vi è piaciuta?
In prospettiva di conoscere le vostre opinioni, vi saluto, ringraziandovi con cuore per aver partecipato alla lettura del mio lavoro.
Ci vediamo alla prossima!
Ciao!

Nel prossimo capitolo

«Sta attento, Sasuke! Questo tizio è a un livello superiore al nostro!»
«Oh... Puppetto, quello che vedo è uno sharingan?»


La battaglia di Unraikyou

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Capitolo 4
*** LA BATTAGLIA DI UNRAIKYOU ***



Carissime lettrici. Cari lettori.
Sasuke contro Killer B!
Questo è il capitolo che stavo aspettando da molto tempo, in modo da essere finalmente in grado a scrivere la prima scena di lotta effettiva della storia. I primi capitoli sono stati un trauma, poiché troppo calmi; ho bisogno di violenza allo stato puro e sono certo che questo capitolo riuscirà a sopperire a parecchia carenza.
Non mi dilungo oltre e vi auguro una buona lettura!



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Scontro con il grande demone dalle otto code. Il nuovo potere di Sasuke si risveglia.


Non appena ebbe concluso il suo allenamento quotidiano, la forza portante del demone dalle otto code uscì dal piccolo tempio, situato in cima una irta scalinata scavata fra le rocce del sacro santuario di Unraikyou. Da anni quel posto era il campo personale della forza portante, spesso anche considerato l’ideale per starsene da soli con i propri pensieri, sebbene fare casino fosse la sua priorità primaria.
La forza portante scostò la tenda dell’uscita del tempio. La luce del sole inondò il suo corpo all'istante; sensazione più sgradevole non avrebbe potuto patire. Se c’era una cosa che la forza portante dell'Ottacoda odiava era la luce del sole, per questo preferiva l’oscurità, senza togliersi mai da dosso un paio di spessi occhiali da sole.
La forza portante dell'Ottacoda era un uomo molto alto, dal fisico muscoloso, pigmenti scuri, capelli biondi tirati all'indietro e barbetta del medesimo colore. Si aggirava attorno ai trentacinque anni e indossava la tipica divisa dei jonin del villaggio della Nuvola, in cui gli unici tratti distintivi consistevano in una sciarpa bianca e una lunga cinta rossa lungo la vita. Portava inoltre una grande faretra sulla schiena in cui erano contenute le sue temute armi.
«Che palle questa luce…»
La forza portante dell’Ottacoda non era un tipo di cui ci si poteva dimenticare. Per prima cosa era il fratello minore dell’attuale Raikage della Nuvola, inoltre era un tale megalomane che si faceva sentire per tutto il villaggio con la sua più grande vocazione della vita: il rap.
Killer B, questo era il suo nome, parlava continuamente in rime.
Egli trascorreva i giorni a creare nuove rime e a migliorare le sue doti da cantante, dato che quelle da ninja erano giunte a un livello tale che aveva bisogno di allenarsi poche volte; certo, con l’avanzare dell’età doveva sudare di più per mantenere un’ottima forma, ma per lui, che era abituato agli allenamenti strazianti, non costituiva un problema.
«YEAHH!!» sbottò l'energumeno.
«♪ E adesso si mangia. Pancia mia fatti capanna! Yeah! ♪»
Killer B scese trotterellando l’irta scalinata del suo luogo di allenamento preferito, macchinando di farsi una grande scorpacciata per saziare la sua grande fame; dopotutto era già mezzo giorno e doveva far stare zitta la bestia dentro il suo corpo, la quale aveva a sua volta fame come lui.
Per tale ragione, rimase leggermente seccato quando giunse alla fine della scalinata, per accedere alla grande piazzola del tempio, trovandovi quattro individui che non aveva mai visto in vita sua.
Si trattava di quattro giovani sconosciuti che indossavano un lungo mantello nero con delle nuvole rosse stampate di sopra. Non avevano affatto un’aria amichevole; non che questo importasse alla forza portante.
«Sei tu la forza portante dell’Ottacoda?» domandò uno di loro.
Si trattava di un giovane ragazzo dalla espressione che inquietò pure la forza portante: Sasuke Uchiha.
Non che facesse paura al grande Killer B.
«Forse volevi dire “onorevole Ottacoda” oppure “signor forza portante”, bastardo, coglione.»
Aveva appena confermato la sua identità.
Ciò era più che a sufficienza per Sasuke.
«Bene. Siamo qui per catturarti.»
La forza portante sghignazzò. Non proferì parola, però l’idea che quei tizi, giudicati da lui un branco di pivelli, potesse solo pensare di poterlo catturare era lontanamente impossibile.
«Forse volevi dire “Siamo qui per catturarla, vostra signoria!”»
Non ottenne risposta da nessuno dei quattro; lo interpretò comunque per un sì.
In seguito il moro a capo del gruppo iniziò a dettare ordini agli altri componenti, in vista dello scontro imminente.
«Suigetsu a sinistra.»
Eseguito.
«Jugo a destra.»
Fatto.
«Karin dietro di me.»
Obbedito.
Le loro mosse restavano comunque ininfluenti contro Killer B: niente riusciva a intimidirlo. Egli aveva preso quell'attentato come il pretesto per un allenamento extra; era stufo di allenarsi da solo.
«♪ Ok, pivellini. Ora vi stendo e dopo vado a mangiarmi cento panini! ♪»
Reazione assente per il suo rap alternativo.
L'unica conseguenza del suo urlo di battaglia, lo scatto repentino dello spadaccino albino verso di lui.
Il giovane aveva appena sguainato la grande katana che portava in schiena; un'arma pericolosa e che ogni spadaccino del mondo aveva almeno sentito parlare una volta nella vita.
Killer B era uno shinobi molto esperto e aveva riconosciuto subito la Kubikiri Hocho[i] del demone del villaggio della Nebbia; eppure, malgrado la fama della grande mannaia, la forza portante riuscì tuttavia a mantenere un certo tono di sicurezza che impensierì parecchio il suo avversario, ancor prima che sferrasse il suo potentissimo attacco.
L'attacco di Suigetsu aveva lo scopo di confondere l’avversario, in modo da fornire a Sasuke e Jugo il tempo necessario per attaccare il nemico in un momento di distrazione; quanto male avevano fatto i loro calcoli.
La forza portante fu molto scaltra. Ella fermò l’avanzata della grande lama a mani nude, facendo risentire del grande impatto il terreno circostante.
La forza portante dell'Ottacoda era fresca come una rosa, come se avesse fermato l’avanzata di un foglio di carta smosso da una leggera brezza.
Prodezza che lasciò i membri del Falco senza parola.
La forza portante tornò a sfottere Suigetsu.
«♪ Credevi di farmi male? Lasciatelo dire, amico, il tuo attacco era un po’ banale! ♪»
Il che rendeva pericolosamente irrequieto lo spadaccino.
«Ne ho abbastanza di questo cazzo di parlare a versi!»
Provò ad aumentare la forza nella presa, però la sua spada era completamente in balia della forza delle braccia dell’avversario, il quale non aveva perso più tempo a sfotterlo, colpendolo rapidamente con una pedata allo stomaco.
Nolente, Suigetsu dovette abbandonare la sua preziosa spada e tornare dai compagni.
«Cazzo! È dannatamente forte!»
Killer B, intanto, aveva conficcato la punta della grande spada al suolo e vi si era appoggiato per la noia; quel breve scontro era stato tremendamente facile da vincere e se quello era il massimo che i nemici sapessero fare, allora non si sarebbe per niente divertito.
Subito dopo, li fissò con una punta di brio sul viso, in attesa che compissero la mossa successiva.
Giunse il turno del possente Jugo. Egli ricorse alla sua speciale abilità per deformare il proprio braccio destro in un groviglio di dura carne scura; il braccio di un vero demonio.
«Non sottovalutarci!»
L'omone si gettò addosso il placido avversario, il quale non sembrava per nulla impaurito dal bipolare. Killer B aveva infatti infilato la testa dentro l’apertura della grande spada che aveva appena rubato, facendo girare la lama con tono giocondo.
«Bastardo! Ci sta prendendo in giro!» sbottò Suigetsu.
Sentimento perfettamente condiviso da Jugo, che continuò il suo attacco, riuscendo ad afferrar l’elsa della katana, dopo aver ricevuto qualche colpo dalla stessa.
«Bastardo!» tuonò in procinto di attaccare.
Peccato che Killer B fosse molto più potente di più e l’aveva colpito con un montante così forte da fargli sputare sangue; di conseguenza, il possente Jugo cadde al suolo e la lama della Kubikiri si conficcò nuovamente al suolo.
«♪ Dell’Ottacoda sono la forza portante, il che mi fa uno importante, e a te lascia solo il mutande! YEAH! ♪»
Jugo era a terra e sembrava proprio che non avesse la forza per effettuare un secondo tentativo. La potenza della forza portante era dirompente e aveva lasciato letteralmente basiti Taka, in primis il capo della squadra.
«Non ci credo! Ha battuto Jugo senza battere ciglio! Ma chi diavolo è questo tizio?» fece sbalordita la ragazza del gruppo.
Credere che ci fosse qualcuno capace di stendere un energumeno come Jugo con facilità era inaudito. Pensare alla eventualità che qualcuno potesse bloccare a mani nude la grande spada di Zabuza, non era stato contemplato nemmeno dal fabbro che aveva forgiato l'arma.
Non erano tuttavia tali prodezze a infastidire il Falco; il tono giocoso e strafottente del nemico era la beffa più insopportabile in tutta la loro carriera, essendo sempre stati geni, le cui lodi erano state sempre tanto tessute.
«♪ E voi volevate catturarmi? Branco di dilettanti che hanno fatto una figura penosa! Yeah! ♪»
«Ma dove cazzo è la rima in questa frase?!» sbottò spazientito l’albino del gruppo.
«Calmati, Suigetsu.» intervenne Sasuke, senza scomporsi.
Successivamente la forza portante prese con nonchalance Jugo per il bavero del mantello e lo lanciò contro i suoi compagni, fissandoli annoiato.
«♪ Voi non mi potete battere, idioti, deficienti! Splende la mia possanza di bellezza e potenza e -»
Il teatrino dello scuro shinobi si arrestò inspiegabilmente, lasciando un serio segno in egli stesso, come se stesse reprimendo a stento a rabbia per essere stato interrotto.
«Merda. Mi sono morso la lingua…»
Il tono della sua voce era cambiato. La forza portante si era fatta seria e stufa di perdere tempo inutile con quella marmaglia di principianti; il suo tempo era certamente più prezioso.
Smise di pensare a una cosa del genere, quando il giovane moro del gruppetto si fece avanti; egli riusciva a trasmettergli una sensazione totalmente diversa dal senso di inettitudine degli altri due ragazzi che aveva già sconfitto.
Quel giovane tenebroso dava l’aria di essere forte.
«Vado io.»
La dichiarazione di Sasuke al suo gruppo, prima di incamminarsi verso il suo avversario, con la sua fida katana sguainata.
«Ehi, Sasuke, vedi di stare attento. Questo tizio è dannatamente forte!» lo avvertì l’albino.
L'Uchiha non rispose; non aveva senso farlo di fronte all'ovvio.
Intanto continuavano le discussioni alle sue spalle, stavolta con un pensiero espresso dalla rossa kunoichi.
«Sinceramente, non capisco come siamo giunti ad avere a che fare con un individuo del genere che fa delle rime assurde.»
«Se non ti sta bene, puoi anche andartene. –replicò Sasuke. Il nostro obiettivo è quello di acquisire rapidamente più potere e solo con la forza delle bestie codate è possibile.»
Essendo cinico, Suigetsu lo corresse mentalmente, asserendo che in realtà, acquisire il potere delle bestie codate era una fissazione che al suo capo era stata inculcata dal vecchio Madara, poiché Sasuke voleva servirsi di tale potere per attuare la sua vendetta.
«Ricordate. –aggiunse poi il moro. Siamo noi a usare Akatsuki, non viceversa.»
Con quelle parole, il più giovane Uchiha aveva rialzato rapidamente il morale nelle sue truppe e si stava tenendo pronto ad attaccare il suo avversario.
Killer B intanto rifletteva sul nome che aveva appena udito.
«Akatsuki? Gli stessi tizi che hanno rapito Yugito.» pensò.
In seguito gli venne automatico fare delle altre domande, in merito ai piani dei suoi attentatori.
«Perché volete catturarmi? A che vi servo?»
«Non sono tenuto a rispondere.» tagliò corto Sasuke.
Non aveva più senso parlare. Di fatti l’Uchiha attese il momento più opportuno per spiccare un rapido balzo verso l’avversario e dar inizio allo scontro.
Killer B l’aveva capito subito che l’avversario che aveva di fronte era a un livello totalmente diverso dagli altri. Per tale ragione, aveva deciso di impegnarsi discretamente di più con lui.
I suoi movimenti furono rapidi quanto quelli dell'Uchiha.
Dopo aver afferrato l’elsa della Kubikiri Hocho, l'uomo aveva sferrato una poderosa sferzata verso l’avversario, il qualche aveva usato la propria arma tagliente per attutire la violenza del colpo subito.
Sasuke dovette strisciare parecchi metri per riuscire a fermare l’avanzata della pericolosa arma, tuttavia ci riuscì e dovette sbrigarsi a riprendere il combattimento, se non voleva finire a fette. Naturalmente la sua grande velocità nei movimenti era un fattore che gli era molto d’aiuto in uno scontro come quello, dato che la forza portante sembrava non avere rivali in uno scontro corpo a corpo; persino contro uno specialista di arti marziali come Sasuke Uchiha.
Killer B continuò ad attaccare. Sfruttò il peso della mannaia per ruotare vorticosamente su se stesso con l’obiettivo di tranciare a metà l’avversario, il quale non era per nulla intenzionato a fare una brutta fine, così, per stare pari passo con i suoi movimenti, ruotò su se stesso nell'identico modo.
Il ninja della Nuvola non si aspettò di certo ciò che accadde successivamente, poiché gli aveva fatto aprire gli occhi su quanto avesse sottovalutato il ragazzino moro.
Infatti Sasuke aveva escogitato un astuto stratagemma per bloccare la grande lama del demone della Nebbia. Grazie al suo sharingan, egli era riuscito quindi a conficcare la lama della propria arma nel bel mezzo della fessura circolare che vi era all'interno della spada. Tale azione aveva fermato di botto l’attacco della forza portante, la quale, molto sorpresa dalla prodezza appena eseguita, non poté far nulla all'attacco successivo dell’avversario, ricevendo un calcio potente dritto sulla giugulare.
Sasuke Uchiha era veramente in gamba.
Anche i suoi compagni dovettero ammetterlo per l’ennesima volta; il loro capo sapeva sempre come stupirli, anche con un nemico indubbiamente molto più potente di loro. Ovviamente quella più estasiata della squadra era Karin.
«Oh, Sasuke. Sei un grande!»
Intanto la forza portante lasciò cadere a terra la Kubikiri Hocho.
Sasuke pensò che l’avesse fatto poiché aveva risentito del suo colpo letale, invece l’avversario aveva estratto velocemente un quadernetto logoro dalla tasca e vi stava appuntato qualcosa con una matita.
«Ma che cazz…?»
Suigetsu imprecò parecchie volte per l’invidia, osservando gli strani comportamenti del nemico.
L'Uchiha ne approfittò per alzare la lama del compagno in aria con la sua katana e lanciarla verso Suigetsu, dopodiché scrutò la forza portante, rimuginando sui suoi enigmatici comportamenti. Giudicò abbastanza anormale il fatto che scrivesse, considerando la situazione, malgrado ciò il moro evitò di attaccarlo, poiché non poteva permettersi alcun passo falso con un avversario così in gamba.
Ci vollero cinque minuti prima che il rapper chiuse il suo quadernetto; tempo che venne giudicato dal Falco molto snervante, persino da Sasuke.
I membri del Falco non sapevano purtroppo che si sarebbero pentiti che la loro attesa fosse volta al termine: da quel momento in poi, Killer B avrebbe fatto sul serio.
L'uomo infatti aveva portato le proprie mani verso l’elsa delle spade foderate sulla sua schiena; stava sorridendo.
«Ti ringrazio, bambino. Il colpo che mi hai dato mi ha ispirato, così sono riuscito a scrivere dei buoni versi. Per questo, ho deciso di premiarti, facendo sul serio!»
Le sette lame tirate fuori danzarono in cielo con ritmo sinuoso di fronte agli occhi del Falco. Il dubbio andò ad alimentarsi nei cuori dei presenti, in merito a quali diavolerie avrebbe usato la forza portante quelle sottili lame tenebrose.
Suigetsu aveva comunque capito che quell'uomo era uno spadaccino di gran lunga migliore di se stesso che di Sasuke; probabilmente era bravo quanto Kisame.
«Sta attento, Sasuke! Questo tizio è a un livello superiore al nostro!»
Anche Sasuke lo sapeva, per questo attivò rapidamente i suoi occhi speciali. Aveva bisogno di tutto il suo potere per studiare lo strano modo con cui la forza portante reggeva le sue armi.
Killer B riusciva a maneggiare sette spade in contemporanea, assumendo una strana posa che nessuno del Falco aveva mai visto in vita loro. Due spade erano rette dagli avambracci, un’altra dal collo, poi una in bocca, un’altra ancora sotto l’ascella, una fra lo stomaco e la coscia, infine fra la gamba. Si trattava della famosa tecnica a sette spade della forza portante dell'Ottacoda.
«Oh... Puppetto, quello che vedo è uno sharingan?» disse l'uomo, scrutando meglio il suo avversario.
La prospettiva di combattere contro un Uchiha non lo impensieriva comunque.
«Ti farò assaggiare i miei artigli!»
«Ma che razza di posa è quella?» domandò Karin.
Nella perplessità, i due si rivolsero a Suigetsu.
«Ne sai qualcosa a riguardo, Suigetsu?» chiese Jugo
L'albino non rispose; era rimasto troppo allibito per poter rispondere, anche perché non aveva idea che qualcuno potesse combattere con sette spade. Era praticamente impossibile!
L'attenzione si concentrò tutta su Killer B e Sasuke. Il primo spiccò un rapido balzo verso il secondo, ruotando su se stesso, assieme alle sue lame letali. Il secondo strinse con forza la propria arma e si scagliò sull'avversario, sebbene non riuscì nemmeno una volta ad effettuare un attacco significativo, dato che doveva pensare di più a difendersi che ad attaccare.
La forza portante dell'Ottacoda aveva uno stile completamente stravolgente e imprevedibile; era chiaro che non era uno shinobi comune, bensì uno con un talento più unico che raro nella lotta corpo a corpo. Nemmeno lo sharingan era in grado captare i suoi movimenti.
Proprio a causa dell’imprevedibilità, il giovane Uchiha si guadagnò diverse ferite durante il suo scontro con lo spadaccino della Nuvola. Era come combattere contro sette abili spadaccini allo stesso tempo che sapevano colmare le inefficienze dei loro compagni e Sasuke non era stato ancora in grado di trovare un punto cieco in quello schema di attacco; in un tentativo rischiò pure di perdere un occhio.
Una sequenza di rapidi colpi di lama e calci lo ridusse al tappeto, privandolo addirittura della sua fidata katana come nessuno era mai riuscito a fare.
Panico fra il team del Falco.
«Questo tizio –mugugnò Suigetsu. Che razza di stile usa?»
Karin era rimasta addirittura senza parole.
«I… Incredibile. Nemmeno Sasuke riesce a stargli dietro…»
L’Uchiha in questione si era rimesso rapido in piedi, preparandosi a recuperare la propria arma e riprendere l’attacco. Non avrebbe mai immaginato di incontrare uno shinobi in grado di eguagliare la velocità di suo fratello e una tecnica di uso della spada superiore alla sua e di Orochimaru.
Suigetsu e Jugo lo affiancarono, armati rispettivamente della Kubikiri Hocho e di due grosse braccia demoniache fornite di lama.
«Sasuke, fatti dare una mano, sennò ci lasci le penne.» fece Suigetsu, pronto alla lotta.
Il moro li superò senza proferir parola, avventurandosi verso il suo nemico.
«Mi basta che lo distraiate per qualche secondo, giusto il tempo che lo colpisca con un Chidori.»
«Sicuro di farcela?» domandò sfottente l’albino.
«Ha lo sharingan. Lui è l’unico che può farcela.» ribatté Jugo.
Detto questo, i due guerrieri del Falco si gettarono contro il loro avversario, il quale non perse tempo ad attenderli, gettandosi a capo fitto verso di loro, con la sua tagliente danza dei sette artigli.
Killer B si muoveva davvero in maniera asincrona; il suo stile non disponeva di nessuno schema di attacco ed era impossibile prevedere che mossa avrebbe effettuato, nemmeno se Sasuke dedicava tutta la sua abilità a fissare i suoi movimenti con lo sharingan.
Un attimo di distrazione e per fortuna i suoi occhi captarono una delle katane del nemico giungere come un proiettile verso di lui. Si mosse rapido per evitarla; se non l’avesse fatto, l'arma gli avrebbe perforato il cranio, donandogli una morte veramente disonorevole.
Subito dopo Suigetsu e Jugo vennero scaraventati a qualche metro di distanza dalla forza portante. Jugo aveva il mantello tutto sporco del suo stesso sangue, mentre Suigetsu era ridotto a una manciata di goccioline e privato nuovamente della sua spada.
Fu il momento ideale di agire. Non appena l'Uchiha ebbe formulato i simboli necessari per l’evocazione dei fulmini della sua tecnica, si fiondò verso il suo avversario. Durante il tragitto afferrò l’elsa della sua katana, infondendo i fulmini al suo interno e corse verso l’immobile spadaccino.
I membri del Falco trattenevano il respiro.
«Certo! –tuonò pensieroso, Suigetsu. Con il Chidori ha rinforzato la forza penetrate della katana. Ora dovrebbe riuscire a fermarlo!»
Pallide illusioni.
Nessuno del Falco aveva pensato per un secondo che fosse possibile fermare anche quell'attacco; per questo i membri della squadra rimasero a bocca aperta quando l’impatto fra la katana di Sasuke e quella di Killer B, entrambe percosse dai fulmini, non produsse alcun effetto.
Altra dimostrazione che Killer B fosse uno shinobi di alto livello.
«Merda! Anche lui sa infondere il chakra negli oggetti!» sbottò la rossa del gruppo.
Persino Sasuke era rimasto sbigottito.
Invece Killer B se la rideva sotto i baffi, poiché con quella mossa era riuscito a trovare l’apertura che gli serviva per infliggere il colpo decisivo al suo nemico. Magico nei movimenti, alzò le spade nella giusta angolazione e recitò il suo ritornello mortale.
«♪ Volo come una farfalla.»
Rapidi movimenti, così veloci che nemmeno il giovane Uchiha era riuscito a muoversi per schivare il grande problema che stava per fronteggiare.
Sasuke Uchiha aveva rischiato seriamente di morire due volte in vita sua fino a quel momento. La prima volta contro la tecnica del ghiaccio di Haku, il ninja che manipolava il ghiaccio; l’altra contro suo fratello. Nessun altro; nemmeno Orochimaru. Per questo non avrebbe mai immaginato che Killer B sarebbe riuscito a utilizzarlo come un puntaspilli.
«Pungo come un'ape[ii]! Sono il mitico Ottacoda! ♪»
Stupore generale.
Sangue Uchiha zampillava lungo le lucenti lame dentro la carne del giovane shinobi, alcune gocce si scaraventarono sia sul viso della forza portante dell'Ottacoda che su quello della sua vittima, mentre quest’ultima cadde a qualche metro dal suolo, immobile.
I membri del Falco accorsero verso il loro capo, così come lo stava facendo rapidamente il ninja della Nuvola, premeditando l’attacco finale.
«Sasuke!»
La forza portante spiccò un rapido balzo verso il suo avversario, contemporaneamente ai movimenti dei ninja della squadra del Falco. La spada tratta verso l’Uchiha, pronta a perforarlo e finirlo.
Suigetsu si mise in mezzo con la sua grande spada; il suo intervento aveva salvato la vita del suo capo.
«Che tempismo, Suigetsu!» tuonò festosa Karin, tirando un sospiro di sollievo.
Lo spadaccino della Nebbia tentò di fermare l’avanzata della forza portante, ma ella non si era tirato indietro e aveva cosparso la sua lama di un fascio fulmineo che iniziò a tagliuzzare la lama della Kubikiri Hocho.
«Oh, merda!» imprecò l'Hozuki.
Fu allora l’intervento del pugno potenziato di Jugo sul viso del nemico a destabilizzare il controllo della difficile situazione. Inoltre Karin ebbe l’occasione ideale per prelevare l’Uchiha dalla zona rossa e portarlo alla salvezza.
Si alzò un polverone. Le urla di Suigetsu e Jugo tuonanti. La forza portante dell’Ottacoda che si muoveva sinuosamente. Nessun colpo. Nessuna ferita ai danni di quest’ultimo. Gli altri stremati. Senza energie. La loro indomita sicurezza nell'essere ninja d’élite messa in dubbio da un mostro di bravura.
Karin intanto eliminò le fatali armi dal corpo del suo amato capo. Non avrebbe mai immaginato che il capace Sasuke Uchiha fosse stato messo fuori combattimento da uno sconosciuto potentissimo.
Fissò le profonde ferite sanguinanti che tempestavano il mantello del giovane; il suo corpo era pallido e ansimava debolmente con rivoli di sangue che colavano dalla bocca. Le lame del nemico vennero prelevate. Karin si apprestò a curarlo.
La rossa scostò una delle sue maniche, esponendo al ferito la sua carne nuda. Nuova scoperta sulle sue abilità, poiché aveva la gran parte della sua pelle era coperta da morsi; una delle sue abilità era di guarire qualunque malato con un semplice morso.
«Avanti, Sasuke! Mordimi!»
Per la ragazza fu un’esperienza impagabile. Chiunque la mordesse e risucchiasse il suo chakra, le provocava un’emozione equivalente all'estasi sessuale.
Sasuke guarì in fretta e Karin si accasciò al suolo con il fiatone e perdutamente sudata e soddisfatta.
Lo sharingan si riattivò nel giovane guerriero, il quale osservò perplesso la forza portante dell'Ottacoda che pestava per bene i suoi compagni: quel tizio era forte.
«Resta qui dietro, Karin.»
Afferrò nuovamente la katana e affiancò i suoi compagni.
«Come ti senti, Sasuke?» domandò Jugo.
«Sto bene. –replicò lui. Pensiamo a sconfiggere questo energumeno, piuttosto!»
I tre membri del Falco si preparavano per l’ennesima baraonda ai danni della loro preda. Nel frattempo, quest'ultima stava facendo delle sue considerazioni mentalmente, in merito al giovane portatore di sharingan che era ancora vivo, dopo aver subito il suo terrificante attacco; era la prima persona che ci riusciva.
«Ha usato la manipolazione del fulmine su tutto il suo corpo nel momento in cui l'ho trafitto con le mie lame, in questo modo ha annullato l’azione perforante del mio chakra. Non c’è che dire, il moccioso sa il fatto suo.»
Dopodiché l’uomo si voltò verso la ragazza dai capelli rossi accasciata al suolo, stanchissima.
«Quella mocciosa è un ninja medico da una stana abilità. Devo toglierla di mezzo.»
Prima che il suo piano potesse essere portato a termine, le urla dei tre ragazzi del Falco riecheggiarono per il santuario di Unraikyou e Killer B dovette focalizzarsi a un gioco di pugilato contro tutti loro. Era rimasto senza nessuna delle sue preziose spade, poiché distrutte dalla spessa pelle di Jugo e dai colpi con la lama di Suigetsu.
Ciò non significava che la forza portante dell'Ottacoda avesse problemi. Poteva gestire benissimo quei tre a mani nude, sfruttando le basi di un elegante pugilato, alternato ad arti marziali più free-style che altro.
Jugo venne colpito da un montante al mento, dopo che il suo pugno gigantesco era stato schivato dall'avversario.
Suigetsu aveva nuovamente le braccia demolite dai colpi. Sasuke era stato atterrato con un calcio alla nuca, rischiando quasi di ficcarsi in petto il suo stesso Chidori.
Non c'era dubbio che Killer B fosse tremendamente potente. Il grande guerriero era molto più abile di loro, imprevedibile e con un bagaglio di esperienze pari a quello dello stesso Orochimaru o di Itachi Uchiha; era normale che la stessa Akatsuki l’avesse lasciato come ultimo soggetto da catturare, poiché era conosciuta da tutti la sua forza sia come shinobi che come forza portante.
Però Madara aveva reputato Sasuke e la sua squadra in grado di catturarlo; malgrado ciò, nessuno di loro credeva fosse lontanamente possibile.
Killer B continuò la sua truce avanzata verso il nemico. Il suo obbiettivo era Suigetsu, il primo che gli era capitato a tiro. Gli rifilò un tremendo montante dritto allo stomaco, tanto che si sentì il rimbombo del colpo per tutta l’arena di battaglia.
Killer B era convinto che con quella mossa si sarebbe liberato di un fastidioso avversario, invece non andò così, poiché contro Suigetsu non funzionavano gli attacchi fisici, perché era un uomo fatto d’acqua.
L’Hozuki aveva infatti approfittato della situazione per chiamare a sé i suoi collaboratori per usufruire della ghiotta occasione.
«Lo tengo!»
Sasuke si fece avanti con un Chidori a massima potenza.
«Chidori!»
Il colpo andò a segno. L’acqua di cui era composto Suigetsu entrò in contatto con il corpo della forza portante, spargendo l’azione dei fulmini per i due combattenti. Sebbene Suigetsu avesse comunque risentito di più di Killer B del colpo, egli era ben conscio che quella azione era necessaria al fine di ottenere la vittoria.
La forza portante barcollò per qualche secondo; il colpo era stato più doloroso di quello che si immaginava e questo gli aveva fatto perdere l’occasione.
Jugo ne approfittò per un attacco a sorpresa, con un doppio colpo che alzò un violento polverone. Solo dopo qualche secondo l’omone si accorse che qualcosa non andava.
«Merda! È sparito.»
Proprio così. La forza portante si era volatilizzata, approfittando del grande polverone alzato dal nemico; nessuno riusciva a capire dove si fosse cacciato.
C’era un unico modo per far luce sulla situazione. Sasuke sapeva quale fosse.
«Karin! Trovamelo!»
La ragazza si era appena ripresa dalla pratica di cura del suo superiore, eppure eseguì senza fiatare il suo ordine.
Ella era un ninja sensoriale. I ninja sensoriali erano persone in grado di percepire il chakra della gente e di distinguerlo uno dall’altro. L’abilità di un ninja sensoriale si misurava per il grado di accuratezza e alla distanza che riuscivano a coprire le loro abilità. Si trovava un ninja sensoriale uno shinobi su venti e Karin era una rara eccezione anche fra di loro.
«Kagura Shingan![iii]»
Con quella tecnica, Karin era in grado di amplificare le sue capacità percettive, ricoprendo una distanza considerevole. Infatti non le venne per nulla difficile rintracciare la sfuggente forza portante dell'Ottacoda, che si era nascosta dietro a una montagna vicina.
La rossa notificò subito ai propri compagni quanto scoperto, ma li bloccò un attimo dopo, impedendo che Sasuke si fiondasse contro il nemico, specie dopo che lei aveva avvertito dei cambiamenti radicali in quest’ultimo.
«Che ti prende, Karin?»
Si accorsero subito di quanto fosse diventata pallida in maniera tanto repentina, anche se non ne compresero il motivo, fino a quando non udirono delle urla provenire dal punto suggerito dalla ragazza.
Subito dopo la montagna andrò letteralmente in frantumi. Cumuli di macerie cadenti come meteoriti sul lago, situato sotto ai promontori del santuario Unraikyou. Da essi era fuoriuscita una figura avvolta da un luminoso chakra rossastro che si rivelò essere niente poco di meno la forza portante dell'Ottacoda.
«Ma che diavolo…?!» sbottò Suigetsu per lo stupore.
Karin si mise le mani in testa per la disperazione; quel chakra la terrorizzava.
«Quel tizio… Ha un chakra pazzesco!»
Killer B si era stufato di combattere contro il Falco e aveva deciso di fare sul serio, ricorrendo ai poteri ancestrali della sua bestia codata. Proprio come ogni altra forza portante, egli si era lasciato cospargere dal chakra rosso del demone, che andò ad assumere la forma geometrica di un manto dalle corna da toro e sei code mostruose.
La forza portante si stava fiondando contro i suoi nemici.
Il Falco era rimasto impietrito dalla mutazione dell’avversario e aveva deciso di distanziarlo, poiché in quella forma era decisamente troppo per le loro attuali condizioni.
Sasuke fu l’unico che volle tentare un approccio con il possente nemico.
«Quel chakra… Proprio come quella volta.» pensò.
Era la stessa trasformazione che aveva subito il suo rivale, durante il loro scontro nella valle dell’Epilogo. Ricordò benissimo che con quel manto, Naruto era riuscito a colpirlo ripetutamente, nonostante le doti divinatorie del suo sharingan; probabilmente per Killer B era la stessa cosa.
Per questo motivo, sapeva che un normale sharingan non sarebbe stato all'altezza della situazione, così decise di ricorrere al nuovo potere che aveva ottenuto nel suo primo combattimento. Sfortunatamente non ebbe il tempo per scagliare uno Tsukuyomi, poiché gli serviva maggiore chakra per scagliarlo contro il nemico e non aveva ancora avuto tempo per raccoglierlo.
Jugo lo tirò via, altrimenti sarebbe stato spazzato via dalla tremenda potenza della forza portante. Se non fosse stato per l’omone, tutti i membri del Falco sarebbero stati coinvolti nell'esplosione generata dalla bestia. Egli era stato capace di creare dei tubi di carne da una parte del suo corpo, con i quali poteva aumentare la propria velocità, se alimentati da chakra.
Ben presto il Falco si trovò a cadere in picchiata da un dirupo assieme a grossi pezzi della piazza del santuario. Finirono alle pendici del grande lago sotto al santuario. Indolenziti. Stanchi. Senza più la possibilità di distinguere fra finzione e reale.
«Dannazione! Questo bastardo ci sta facendo a pezzi.» borbottò Suigetsu.
L’albino era coperto di ferite e stava strisciando verso il grande specchio d’acqua per fondercisi, in quel modo avrebbe quantomeno recuperato le forze.
Karin e Jugo respiravano a fatica, così come anche Sasuke, sebbene egli stesse in silenzio con un occhio chiuso, attuo alla raccolta del chakra.
«Arriva!» tuonò Karin.
Pessima notizia per tutti.
Killer B emerse dalle macerie cadenti, diretto ancora una volta verso il nemico. Stava puntando su Sasuke e nessuno quella volta poteva salvare il giovane shinobi da uno scontro diretto con la forza portante.
Invece quella volta Sasuke era pronto per scagliare un potente Tsukuyomi contro l’avversario e ne bloccò l’avanzata.
La forza portante cadde a qualche metro dall’Uchiha, immobile, vittima della potente illusione del Mangekyo Sharingan di Sasuke.
«C… C’è riuscito?» domandò titubante l’omone del Falco.
Nemmeno Karin ne era sicura.
«Almeno adesso quel mostro non potrà più attaccarci.»
La magra consolazione che andò a frantumarsi un attimo dopo.
Accadde tutto in un istante. Karin e Jugo non riuscirono a credere ai loro occhi. La forza portante si era rialzata e aveva assestato un potente colpo sul petto dell’ignaro Sasuke.
«LARIAT![iv]»
Sasuke volò per una decina di metri. Dal suo pezzo zampillava del sangue lucente in una quantità indicibile e in lontananza si poteva notare che il braccio del rapper della Nuvola era ricoperto del medesimo liquido di appartenenza Uchiha.
«SASUKE!» urlò Karin in preda al panico.
Accorsero al capezzale del loro compagno, sgranando gli occhi per la sorpresa e allo stesso il terrore per quanto fosse grave la ferita generatasi per il colpo ricevuto. Il petto di Sasuke era stato completamente sfondato e gran parte del mantello e della pelle sbrandellata con una violenza tale da spezzare anche qualche osso della cassa toracica.
«Oh mio Dio…» mormorò la rossa terrorizzata.
Jugo sollevò pian piano l’amico per guardare meglio quello che si potesse fare per salvargli la vita; in quelle condizioni aveva ancora poco da vivere.
«Si riesce persino a vedere i suoi organi interni…»
Sasuke respirava molto lentamente e anche male, poiché il colpo del nemico aveva compromesso anche il funzionamento dei suoi polmoni. Il suo colorito cominciava a sfumare. La terra a lui sottostante si stava tingendo di un denso rosso scuro, così come i piedi e le gambe dei suoi compagni.
Karin si sbottonò gran parte della sua maglia, fino a rendere visibile gran parte del suo petto coperto di morsi; non c'era un minuto da perdere, altrimenti Sasuke sarebbe morto.
«Presto, Sasuke! Mordimi!»
«Aspetta, Karin. –la fermò Jugo. Hai già usato questa tattica, sarai a corto di chakra. Lascia che ci pensi io stavolta.»
«E come pensi di fare? Non sei un ninja medico!» rispose ansiosa la giovane donna.
Jugo poggiò la sua mano demoniaca sulla grossa ferita del compagno, poi spiegò le sue intenzioni.
«Gli donerò la mia carne. Credo che non dovrebbe avere problemi, dato che era compatibile con il segno maledetto.»
Già poteva funzionare.
Tuttavia, entrambi si erano completamente dimenticati della forza portante dell'Ottacoda.
«♪Coglione, Non ti servirà. L’amico tuo fra un poco creperà! Yeah!!♪»
La forza portante stava iniziando a subire un'altra mutazione. La sua pelle stava iniziando a bruciare e a staccarsi dal suo corpo in maniera sempre più rapida.
Anche il tono di voce dell’uomo cambiò; non cantava più e parlava in maniera seria su quanto avesse intenzione di farne di loro.
«Il vostro amico credeva che le illusioni potevano fermarmi, ma è stato un illuso e ne ha pagato le conseguenze. Per annullare l’effetto di una illusione serve un compagno che destabilizzi il mio chakra e io ho la bestia codata dentro di me che opera questo lavoro. Le illusioni sono inutili contro una forza portante che sa controllare per propria bestia!»
Le code rossastre assunsero una consistenza propria, mutandosi in tentacoli da polipo, le quali ricoprirono interamente il corpo del loro possessore, mentre questi completava la sua trasformazione finale.
«♪Avete voluto scherzare con il fuoco, questo non è un gioco. L'Ottacoda vi farà cagare sotto, ora che assumo la sua forza terrificante in un botto!!♪»
Detto fatto.
Karin e Jugo si videro privati della luce del sole. Le loro presenze vennero sottomesse a quelle di una titanica bestia di sessanta metri da otto code.
Un bue[v] privo di un corno, poiché tagliato da un potente avversario tanti anni prima, egli stesso sembrava una montagna con i piedi. Il suo stesso respiro emetteva vapori che si spargevano per l’intera valle e le sue otto code da polipo. Il mostro era sprovvisto di gambe, ma compensava con due grosse braccia giganti e spesse quanto la massa totale di due Manda[vi]: questo era il demone dalle otto code.
«Mio… Dio…» recitò Karin con il respiro bloccato.
La creatura che si estendeva di fronte a loro era immensa sia dal punto di vista della forma che dal chakra; da quel che percepiva, le sembrava impossibile che esistesse qualcosa con un chakra di una tale potenza e quantità.
Era impossibile per loro solo pensare di poter catturare una creatura così mastodontica.
Karin era rimasta senza parole, poiché il demone si estendeva in lontananza in tutta la sua possanza, per cui si focalizzò sul ragazzo che reggeva fra le braccia, condividendo il peso con il grande Jugo.
Il grande.
«Ma che ti è successo Jugo?»
In maniera anomala il gigante dai capelli rossi si era rimpicciolito di colpo, tornando nelle sue dimensioni da bambino; in compenso però il petto di Sasuke era tornato al suo aspetto originario, così che quest’ultimo infine ebbe recuperato un poco di colorito.
Il piccolo omone ansimava per la stanchezza, continuando a fissare Sasuke con uno sguardo ricco di speranza.
«Sasuke è l’incarnazione di Kimimaro, non posso lasciare che muoia.»
Per il vecchio amico avrebbe dato pur volentieri la sua misera vita; non solo quella volta, sempre.
A quel punto Sasuke emise qualche tossito, donando così ai suoi compagni una buona dose necessaria di sollievo; tuttavia tale quantità non sarebbe mai stata a sufficienza per colmare il profondo senso di terrore che si provava di fronte alla bestia dalle otto code.
C’era solo una cosa da fare.
«Dobbiamo scappare il più lontano possibile da qui, o moriremo!» suggerì la ragazza del gruppo.
«Dove diavolo è finito Suigetsu?» continuò sempre la stessa, nel cercare l’antipatico aguzzino.
Nel frattempo il bambino aveva aiutato il moro a rimettersi in piedi.
«Non preoccuparti per lui, sa badare a se stesso.» replicò appunto quest’ultimo.
«E chi si preoccupa! Quel coglione può anche crepare per quel che mi riguarda. Pensiamo a scappare piuttosto!» controbatté la rossa.
Eseguirono.
Il chakra del mastodontico mostro si stava espandendo per tutta la valle. La terra tremava a ogni suo respiro che quando il demone compì il primo movimento, sembrò che fosse vittima di un tremendo terremoto.
A quanto sembrava, la forza portante non aveva la benché minima intenzione di lasciarli andare; dopotutto era sensato. Avevano cercato di infastidire il can che dorme e ne avrebbero pagato le dovute conseguenze.
«♪L’Ottacoda vi farà a pezzi, con tutti i mezzi, affinché io spezzi i vostri ossicini! ♪»
I membri del Falco corsero a più non posso. Sentivano la presenza del grande demone alle loro spalle che non li voleva lasciare andare e ben presto li avrebbe raggiunti.
«Non ce la faremo mai!!»
«Risparmia il fiato e corri!»
Nonostante le dimensioni ridotte, la forza di Jugo era rimasta sempre la stessa, per questo non gli risultava particolarmente faticoso portare Sasuke in braccio e correre all'impazzata allo stesso tempo. Malgrado ciò, riconosceva che le speranze di salvezza tendevano drasticamente allo zero.
A un certo punto, di fronte al trio si estese una gigantesca ondata d’acqua che aveva magicamente assunto la forma di un grosso piranha, il quale sembrava piuttosto determinato a voler ostacolare l’avanzata del demone con le otto code.
Nel cuore del suddetto ammasso d’acqua c’era proprio lui: Suigetsu.
«Avanti, muovetevi! Non so per quanto riuscirò a tenere a bada questo bestione!» urlò loro.
Allora i tre membri del Falco ne approfittarono, nascondendosi dietro a una montagna, intanto che il membro del clan Hozuki se la vedeva contro il bue del villaggio della Nuvola.
Prima che lo scontro fra queste due bestie cominciasse, l’albino fissò i suoi compagni e con tono saccente ripeté a se stesso le seguenti considerazioni.
«Chi l’avrebbe mai immaginato che avrei messo a repentaglio la mia stessa vita per quei bastardi. Dannazione a te, Sasuke.»
L’Ottacoda era di fronte a lui.
«♪Mi vuoi sfidare? Attenzione perché ti farò tanto male! Yeah!!♪»
Il piranha si gettò contro il bue e tentò di morderlo. Il bue replicò con un potente montante, il quale non ebbe comunque l’effetto sperato, poiché l’alta pressione di cui era composto il pesce era in grado di privare della sua forza il mostro codato.
«Merda! –tuonò Killer B infastidito. Proprio del mio punto debole è composto questo coglionazzo!»
Un altro colpo. Ancora nessun effetto. Di nuovo. Ancora nulla.
Nervosismo alle stesse. Le urla di battaglia di Suigetsu. I suoi sforzi più intensi. La sua fatica. La sua vita. Entrambe messe fino agli estremi per il bene dei suoi compagni. Lui. La reincarnazione del demone Zabuza che si sacrificava per il bene dei suoi compagni. Perché?
Perché stava per prendersi in pieno una tremenda sfera di chakra per quelle persone, sebbene sapesse che avrebbe tirato le cuoia?
«Diavolo se non lo so!»
Killer B aveva perso la pazienza. Quando iniziava a dare di matto, egli risolveva le cose in un unico modo: distruggendo tutto. In quello stato solo il Raikage poteva fermarlo, ma lui non c’era e questo gli aveva dato la consapevolezza di avere le carte in regola per spazzar via l’intera valle di Unraikyou in un solo istante.
Karin tremò quando percepì l’immensa quantità di chakra che andò a concentrarsi nella sfera nera appena generata dal possente demone. La sfera del demone si abbatté senza pietà contro il nemico l’attimo seguente, coprendo l’intera zona di un bagliore accecante, il quale venne persino percepito da alcuni shinobi della Nuvola che si trovavano in quelle zone per motivi di lavoro.
Due di loro accorsero il prima possibile nei pressi della tremenda esplosione della Teriosfera[vii] della bestia codata. Uno fra questi estrasse un piccolo cannocchiale per osservare meglio.
«Ma perché? Lord B sa benissimo che non deve trasformarsi in una zona come questa! Ha usato addirittura il colpo più potente della bestia! Eppure il Raikage glielo aveva proibito.»
L’altro allora iniziò a tremare per la paura.
«Non oso nemmeno immaginare quel che dirà il sommo Raikage non appena ne verrà informato!»
Tuttavia sempre quest’ultimo si sentì in dovere di rammentare all’osservatore che probabilmente la forza portante si era trasformato per un valido motivo.
«Può darsi. Vediamo che succede.» continuò l’altro.
La valle di Unraikyou era stata completamente distrutta, sommersa dalle acqua del grande lago, nel quale al centro si ergeva l’immensa bestia codata; doveva per forza essere accaduto qualcosa di grave per spingere Killer B a distruggere una tale meraviglia naturale.
Il colpo sferrato era stato il lampante esempio di che cosa una bestia codata fosse in grado di distruggere in pochi secondi, soprattutto se nervosa e ansiosa di concludere a breve la sua lotta per andare a mangiare; perché aveva veramente fame, dato che erano ormai l’una del pomeriggio e nella sua routine lui era già a poltrire sotto il portico della magione del capo villaggio.
Di tutto questo a pagarne le spese era stato Suigetsu. Il poveretto era stato ridotto a un colabrodo e aveva perso i sensi a tal punto che il suo corpo era mutato in una consistenza simile a una melma acquatica incapace di solidificarsi completamente.
Karin si apprestò a controllarne le funzioni vitali.
«Dannazione! È ridotto veramente malaccio.»
Lui più di loro, poiché gli aveva fatto da scudo contro l’onda di energia sprigionata dal nemico.
«Povero Suigetsu…» sibilò desolato il bambino.
Sasuke gli donò solo la sua espressione più pensierosa.
Non avrebbe mai immaginato che le loro vite si sarebbero estinte in un posto del genere, soprattutto contro una tale mostruosità, che lo stesso Madara credeva fossero in grado di catturare. Che razza di gente erano quelli dell’Akatsuki se erano in grado di catturare bestie del genere.
Quant'era grande la distanza a separare Sasuke dal livello di potenza di suo fratello?
Egli era certo che Itachi sarebbe già stato in grado di sconfiggere la potentissima forza portante, o quantomeno avrebbero combattuto alla pari; non come lui che stava mettendo pure in pericolo la vita di quelli che oramai reputava compagni.
Il demone si avvicinava lentamente verso di loro per finirli.
Non potevano più far nulla. Erano ridotti a uno straccio.
Sasuke allora si passò il tempo a guardare i volti dei suoi compagni di ventura. Le stesse persone che avevano dato la loro vita per salvare la sua, stavano per essere divorate dal mostro, senza che lui fosse stato in grado di difenderle.
«Uno shinobi che non è in grado di proteggere i suoi compagni è solo spazzatura.»
Kakashi aveva detto quelle sacrosante parole alla squadra, prima del suo scontro mortale con Zabuza. Aveva portato a termine quanto promesso e li aveva protetti a costo della vita.
Lui era un leader adesso e benché nel suo cuore esistesse solo vendetta, non aveva dimenticato gli insegnamenti che gli erano stati impartiti. Era stato protetto dai suoi subordinati, significava forse che in realtà fossero loro a essere più forti di lui?
Guardò Karin colta dal terrore.
«Presto, Sasuke! Mordimi!»
Due volte aveva pronunciato quella frase, durante il combattimento, quando era stato ferito pesantemente dalla forza portante della Nuvola.
Passò a Jugo. Lui aveva messo a repentaglio la sua vita per salvarlo.
«Sasuke è l’incarnazione di Kimimaro, non posso lasciare che muoia.»
«Avanti, muovetevi! Non so per quanto riuscirò a tenere a bada questo bestione!»

Infine a Suigetsu che era in bilico fra la vita e la morte per aver fatto loro da scudo.
Loro tre avevano fatto così tanto per la loro piccola squadra. Ognuno aveva usato le corrispettive abilità per proteggere l’altro, specialmente lui, Sasuke Uchiha che della forza aveva sempre fatto la sua maggior prerogativa; la sua forza era il suo orgoglio. Nonostante ciò, non aveva ancora fatto nulla di encomiabile per salvare la squadra; che penoso.
«Stupido debole fratellino.»
«Itachi ti ha protetto.»

Lui non aveva bisogno la protezione di nessuno. Lui era forte. Lui era forte! Lui era forte!!
Lui avrebbe protetto quelle persone! Gli servivano ancora. Erano la squadra migliore che potesse avere per raggiungere il suo obiettivo: distruggere il villaggio della Foglia!
Avrebbe raggiunto quel grande scopo vendicativo solo grazie al loro aiuto e non voleva perderli, prima di quel grande giorno.
La squadra del Falco. Simile alla squadra 7. Al suo passato che aveva rinnegato. Alla gente che aveva giurato di uccidere per la sua vendetta. Ora e per sempre.
Ogni mezzo sarebbe stato utile al conseguimento della sua causa e l’avrebbe usato anche a costo di vivere una vita densa nel peccato e nel dolore.
SEMPRE.
L'ombra del mostro dalle otto code li coprì interamente. Proprio quello che stava aspettando per scagliare il suo ultimo, disperato attacco.
L’occhio sinistro iniziò a sanguinare copiosamente. Il suo Mangekyo Sharingan andava a fuoco. Proprio quello che gli serviva.
«AMATERASU!!»
Proprio com'era successo con Itachi e Madara, si palesarono le eterne fiamme nere che divoravano qualunque cosa toccassero, senza che niente fosse in grado di fermarle; il che comprendeva anche la bestia con le otto code, la quale venne totalmente sommersa dalle fiamme.
Sasuke sentiva l’occhio sinistro esplodergli; non aveva mai patito un dolore del genere, non si era mai sentito così potente come in quel momento. Sentire il mostro contorcersi dal dolore per la sua tremenda tecnica gli stava pian piano suscitando un profondo senso di gratificazione, poiché aveva scoperto che i suoi limiti erano soltanto illusori: il potere che aveva a disposizione era insuperabile!
«Fiamme nere… Sasuke…» mugugnò Karin, osservandolo, assieme a Jugo.
Il dolore si fece troppo intenso, così il moro fu costretto a chiudere l’occhio e a squittire nella sua agonia, con mani e viso coperti dal suo stesso sangue.
Che potere.
Le fiamme stavano ancora consumando l’agitata bestia, la quale aveva perso ogni forma di controllo e stava distruggendo qualsiasi cosa le capitasse a tiro.
«Presto! –suggerì Jugo. Mettiamoci al riparo!»
La mossa successiva fu recuperare Suigetsu e muoversi, però la storia insegnava che niente andava mai come previsto in momenti del genere; c’era sempre un intoppo e toccò a Karin ricoprire quel ruolo.
La svista di una delle code del demone era stata fatale e aveva colpito Karin alla schiena con una forza tale da farle perdere i sensi; in più, sulla coda erano presenti alcuni frammenti di Amaterasu che si trasferirono sulla povera disgraziata. Karin cacciò un urlo di dolore, prima di cadere sullo specchio acquatico, venendo inghiottita dalle fiamme nere.
«Karin!» tuonò Sasuke.
Doveva salvarla.
Jugo provò a fermarlo.
«Lascia perdere, Sasuke. Ormai è andata.»
Il moro se lo scrollò di dosso. Non era proprio intenzionato a lasciare morire nessuno.
«Possiamo ancora salvarla!»
Ne era assolutamente convinto. Era sicuro che poteva domare quelle fiamme nello stesso identico modo con cui le aveva evocate. Attivò il suo Mangekyo, focalizzandosi sulla porzione di Amaterasu addosso a Karin. Sforzò così tanto l’occhio sinistro che non ce la fece più e aprì anche il destro; proprio quello che serviva. Così come il sinistro serviva per evocare le fiamme nere, il destro, se allenato, era in grado di dominare interamente le fiamme, manipolandole secondo i gusti del padrone.
Grazie a quella scoperta, Sasuke fu in grado di salvare la vita di Karin.
«Forte.» sbottò Jugo al suo fianco.
Sasuke cadde in ginocchio per lo sforzo appena compiuto, ma non ebbe nemmeno il tempo di riposarsi che dovette preoccuparsi anche della forza portante, la quale coda stava per colpire nuovamente la ragazza. Usò dunque la sua spada fulminea di chakra per tranciare a metà la coda, salvando nuovamente la vita alla compagna.
La parte di coda andò a finire nei fondali del lago, mentre il resto del corpo del mostro si stava contorcendo per il troppo dolore. A quel punto, Sasuke sapeva che cosa fare per ottenere la vittoria.
Per prima cosa egli si accertò che il recupero di Karin fosse portato a buon fine; ci pensò Jugo e il suo braccio estendibile a portare a termine quel compito. Infine il moro usò nuovamente il suo Mangekyo Sharingan alla massima potenza per acutizzare la potenza delle fiamme al punto che il demone perdesse i sensi.
Man mano che la sua tattica andava a compiersi, il mostro emetteva spasmi sempre più acuti, fino al punto da zittirsi e rimpicciolirsi allo stesso tempo, tornando nella sua devastata forma umana. A quel punto Sasuke sospese l’azione delle fiamme e poté finalmente dichiarare che la missione si era conclusa.
«Incredibile…» fece Jugo.
«Recuperiamo subito la forza portante e andiamo via. I ninja della Nuvola potrebbero arrivare quanto meno ce lo aspettiamo.» proferì il capo del Falco.
Fu egli stesso ad accertarsi delle condizioni di Killer B e a legarlo per bene con il suo mantello a nuvole rosse, dopodiché prese il pesante carico sulle spalle e raggiunse Jugo, il quale teneva in braccio gli altri membri del team.
La battaglia della valle di Unraikyou si era conclusa.
«E adesso che faremo? Terremo per noi il potere della forza portante?» domandò il bambino, durante la marcia.
«Dimenticati delle forze portanti. Lo consegneremo a Madara e poi ci riprenderemo dallo scontro.» replicò invece Sasuke.
Non aveva più bisogno del potere delle bestie codate. Il potere che gli aveva donato Itachi era immenso e ancora tutto da scoprire; quel potere sarebbe certamente bastato per radere al suolo il maledetto villaggio della Foglia.
Nonostante la vittoria, i due membri del Falco non si accorsero di essere osservati dall’alto da due ninja della Nuvola, i quali avevano assistito a tutto il combattimento.
«Merda! Dobbiamo fermali, prima che portino via lord B!» fece guerrigliero uno dei due.
L’altro lo bloccò.
«Quei tizi hanno battuto lord Killer B, non avremmo alcuna speranza contro di loro. La cosa migliore che possiamo fare è avvertire il Raikage e lasciare che ci pensi lui.»
La migliore soluzione. La più dura da sopportare.
Solo dopo il ninja che usava il cannocchiale per scrutare il nemico si accorse di un particolare molto importante. Quel particolare era situato sopra la maglia dell’individuo che aveva sconfitto la forza portante, un simbolo di un clan molto potente.
«Ma quello… Il simbolo del clan Uchiha.»
«Clan Uchiha? –ripeté perplesso il compagno. Non l’ho mai sentito.»
Il compagno invece sapeva tutto sugli Uchiha e gli risultava più facile credere che Killer B fosse stato battuto, se c’era in mezzo un membro di quel terrificante clan di ninja.
«La situazione è più grave del previsto. Andiamo ad avvertire subito il Raikage!»
Così fecero.

*


Madara dovette ammettere che un po’ non si aspettava di vedere la squadra del Falco tornare tutta intera, dopo uno scontro con una forza portante. Nella sua testa aveva fatto qualche scommessa su chi sarebbe morto nel tentativo, invece erano tutti e quattro vivi, benché due fuori gioco e altri due seriamente provati; erano tornati e avevano portato con loro un regalo molto allettante: la forza portante dell’Ottacoda.
Sasuke gettò l’uomo della Nuvola ai piedi del vecchio Uchiha con sprezzo, dopodiché si sedette per qualche secondo, al fine di recuperare fiato.
«Te l’ho portato, proprio come mi hai chiesto.»
Madara scrutò per qualche istante il corpo della forza portante tutto annerito e capì che cosa fosse successo.
«Dovresti stare attento. Amaterasu non è una tecnica a cui puoi ricorrere a tuo piacimento.»
Dopodiché si interruppe, notando l’espressione infastidita del moro; decise di fregarsene, poiché Sasuke aveva deciso di agire per conto proprio.
«Comunque hai portato a termine il compito che ti ho assegnato ed è questo quello che mi interessa.»
Dunque il giovane si alzò per entrare in un’altra stanza del nascondiglio che Madara aveva allestito per loro, nei pressi della nazione del fulmine.
«Adesso tocca a Naruto e poi al villaggio della Foglia.»
Poi tutto sarebbe stato perfetto.
«Ah, mi sono completamente dimenticato di avvertirti. –disse con nonchalance il vecchio Uchiha. Il tuo amico Naruto è già stato catturato da Pain, in pratica puoi anche consideralo morto.»
Sasuke si immobilizzò di colpo. Madara avrebbe dato tutto l’oro del mondo per vedere la sua espressione in quel momento, ma non gli venne dato quel piacere.
«Bene. Allora mi preparo per distruggere la Foglia…»
Subito dopo sparì dalla visuale del capo di Akatsuki assieme a Jugo e ai suoi compagni.
Rimasto solo, Madara scrutò per qualche altro istante il corpo della forza portante, dopodiché focalizzò nuovamente i suoi pensieri sul giovane Sasuke Uchiha e sul loro ultimo colloquio privato.

«Quindi hai deciso di distruggere il villaggio della Foglia. Sei sicuro che sia la scelta giusta?»
Erano seduti uno di fronte all’altro, da soli. Parlavano attivamente dei piani che avevano intenzione di applicare contro i loro più acerrimi nemici, ma spesso si ritrovavano indirettamente a parlare di Itachi, sulla sua missione e sul profondo desiderio di vendetta covato da Sasuke.
Madara stesso aveva delle idee molto precise sull’uso che ne avrebbe fatto del giovane Uchiha e voleva scoprire sempre di più sui suoi pensieri e le sue motivazioni, per questo faceva sempre quelle domande.
«Itachi ha sacrificato la sua vita per il villaggio, come suo fratello minore, non credi che sarebbe più consono continuare a proteggerlo per rispettare la sua volontà?»
Sasuke non la pensava affatto così; per questo stava agendo in maniera controcorrente alle aspettative del fratello maggiore.
«Quando a Itachi venne affidata quella missione, egli uccise tutto il clan per il bene del villaggio. Non gli importò di chi dovesse assassinare, fossero i nostri stessi genitori o estranei, lui li aveva anteposti al bene del villaggio. Però lui fu in grado di uccidermi, perché, come hai detto tu, lui mi considerava più importante del villaggio. Per me è la stessa cosa. La vita di mio fratello è più importante di quella di un insulso villaggio che non ha fatto altro che condannarlo per una pace fittizia!»
Era proprio quello che Madara voleva sentire; musica per le sue orecchie.
«Quindi cosa farai? Ucciderai i consiglieri?» domandò in seguito.
«TUTTI!»
Madara sgranò gli occhi per quella risposta. Diavolo se Sasuke non era veramente se stesso quando era giovane; erano così identici che alle volte stentava a fare delle differenze fra di loro.
«I consiglieri saranno i primi a pagare per quello che hanno fatto, dopodiché ucciderò tutti gli abitanti della Foglia, perché sono stati complici del trapasso di mio fratello. Loro devono vivere lo stesso ammontare di sofferenza di Itachi!»
Sasuke si era lasciato andare al dolce conforto della sedia in cui erano poggiate le sue regali natiche e sospirò a seguito di quanto precedentemente affermato.
«Chiamami bambino, dimmi che sono solo un moccioso capriccioso. Lascia che siano anche gli altri a dirlo. Non mi importa. È facile criticare quando non si conosce il mio dolore. Ucciderò le persone più care di chi oserà criticarmi… Magari così capiranno in parte che cosa sto provando.»
Il Mangekyo Sharingan di Sasuke emanava un folle istinto omicida percepibile anche da parte del vecchio Uchiha.
Quest’ultimo non aveva avuto nient’altro da dire a tal proposito. Sasuke avrebbe fatto quello che era stato fatto a sua volta a Itachi dal complesso mondo dei ninja. Una catena d’odio che li legava per sempre.
Non poteva essere altrimenti. Per odiare in quel modo, prima bisognava aver amato in maniera totale qualcuno. Era un rischio che comportava l’amare; in un modo o nell’altro si finiva sempre a covare odio dentro il proprio cuore.


*


Quel pomeriggio non era per nulla consigliato passare vicino all’ufficio del capo del villaggio della Nuvola. La tragica notizia che era appena giunta alle orecchie del Raikage non era stata recepita per nulla bene da quest’ultimo che aveva la stessa dose di pazienza della capienza di un tappo di bottiglia.
Nervoso, il possente capo della Nuvola sollevava rapidamente un manubrio da duecento chili con un’energia incontenibile. Dal suo cappello da Kage emergeva fumo e continui ruggiti che intimidivano il ninja che aveva appena notificato quanto accaduto alla forza portante dell’Ottacoda.
«Non ci credo! Non è possibile che anche B sia stato catturato! Impossibile!»
«Mi dispiace, sommo Raikage. Purtroppo è quello che ho visto. –replicò il ninja inchinato. Da quel che sappiamo, si tratta dello stesso gruppo di criminali che ha rapito Yugito qualche mese fa.»
Il Raikage non ce la fece più a contenere la rabbia e con la mano libera spaccò a meta la spessa scrivania del suo ufficio in un attimo di foga.
«DANNATA AKATSUKI!»
L’uomo impallidì completamente, mentre la bella segretaria del Raikage teneva un comportamento molto pacato, al fine di impedire al diretto superiore di distruggere l’intera magione. Mantenere la calma non era mai stata una prerogativa del possente Raikage, per questo era sempre affiancato dalla sua segretaria, che lo aiutava a gestire la rabbia, specie in situazioni del genere.
«Come agiamo, sommo Raikage?»
Il Raikage sapeva perfettamente come agire e non avrebbe risparmiato ogni singola risorsa a sua disposizione per recuperare la forza portante del suo villaggio. Oltre che come a Raikage, quella faccenda lo coinvolgeva anche in maniera personale.
«Non preoccuparti, fratello! Giuro che ti salverò e farò a pezzi quei porci di Akatsuki!»


L'angolo dell'autore
Cavoli, ragazzi. Fra le lezioni, gli esami, la tesi e la poca voglia di scrivere ho perso veramente così tanto tempo su un capitolo in cui alla fine ricalco esattamente gli eventi narrati del manga; sono veramente un deficiente, lasciate che ve lo dica.
Mi farò perdonare nel prossimo, ve lo prometto.
Grazie per la lettura e ci vediamo presto. CIAO!

NOTE
i. Kubikiri Hocho = ovvero Mannaia Decapitatrice. Una delle famose spade dei sette spadaccini della Nebbia. Essa è appartenuta a Zabuza Momochi.
ii. citazione = la frase è una famosa citazione del pugile Mohamed Alì.
iii. Kagura Shingan = letteralmente specchio di Kagura. Si tratta di una tecnica sensoriale unicamente usata da Karin.
iv. Lariat = Letteralmente "Lama lucente del fulmine. Si tratta di un colpo di nin-taijutsu usato da Killer B e A.
v. bue = in realtà l'Ottacoda è un Uchi-Oni, ovvero un demone toro con le code a tentacoli.
vi. Manda = era il re dei serpenti che evocava Orochimaru quando doveva affrontare scontri difficili. I suoi corrispettivi rivali erano Gamabunta e Katsuyu. Muore durante lo scontro fra Sasuke e Deidara.
vii. Teriosfera = meglio conosciuta come Biju-Dama. Attacco concentrato di una bestia codata sotto forma di sfera colma di denso chakra.



Scheda Personale di Killer B
Compleanno: 16 Settembre
Sesso: Maschile
Età: 35
Abilità speciale: Forza Portante dell'Ottacoda
Affiliazione: Villaggio della Nuvola
Rango: Jonin/Ninja di Livello S
Occupazione: Guardiano del villaggio della Nuvola
Natura del Chakra: Fulmine
Parentele: A (fratello maggiore)
Hobby: Sviluppare il suo rap
Statistiche di Abilità
Nin: 5 Tai: 5 Gen: 3.5 Int: 3.5 Fo: 5 Velo: 4.5 Stam: 5 Seg: 3 Tot: 34.5


Scheda Personale di Sasuke Uchiha
Compleanno: 3 Luglio
Sesso: Maschile
Età: 17
Abilità Innata: Sharingan; Arte della Fiamma
Affiliazione: Akatsuki
Rango: Genin/Ninja Traditore/Ninja di Livello S
Natura del Chakra: Fulmine, Fuoco, Fiamma nera
Parentele: Madara Uchiha (avo); Fugaku Uchiha (padre); Mikoto Uchiha (madre); Itachi Uchiha (fratello maggiore)
Gusti Alimentari: Adora le noccioline. Odia invece qualunque tipo di dolce.
Hobby: Allenarsi e fare lunghe passeggiate
Statistiche di Abilità
Nin: 5 Tai: 3.5 Gen: 4 Int: 3.5 Fo: 3.5 Velo: 4.5 Stam: 3.5 Seg: 4 Tot: 32


Nel prossimo capitolo
-Allora la situazione è anche più grave di quello che immaginavo.-
-Eh già.-
-Lei che intenzioni ha a tal proposito?-
-Per il momento voglio restare nell'ombra e attendere gli esiti dell'incontro fra i Kage delle cinque grandi terre.-
-Direi che è la scelta migliore. Dopotutto non c'è nessuno che sa calcolare bene la situazione come lei, maestro.-


Il Raikage si muove

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Capitolo 5
*** LA NUVOLA SI MUOVE ***



Eccomi qui, cari lettori. Il periodo delle mele è finito, alcuni esami sono andati, altri restano per essere affrontati a Luglio e io alterno fasi di cazzeggio e studio matto e disperatissimo, senza nessun nesso logico e poca considerazione dell’equità delle percentuali.
Ammetto di averci messo veramente tanto per la stesura del quinto capitolo, anche se non tanto quanto lo scorso capitolo; spero quindi di riuscire a farmi perdonare e a stupirvi anche questa volta con i nostri cari amici del mondo di Naruto.
Vi auguro una buona lettura!




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Discussione fra maestro e allievo. Ordine un ottimo piano assieme è sempre complicato.


Aggirarsi per i corridoi della magione del Raikage era prettamente sconsigliato quel pomeriggio. Da quando il capo villaggio era venuto a conoscenza della grave tragedia capitata all'amato fratello, aveva iniziato a urlare come un forsennato e a spaccare i pesanti manubri sul pavimento, rischiando di far cedere il piano per la troppa ansia.
Il compito di impedire che la tragedia si trasformasse in catastrofe era della segretaria del Raikage, la calma donna dalla splendida bellezza che era in grado di gelare anche il sangue caldo del suo superiore con poche sillabe uscenti dalla sua bocca.
«Da quello che ha detto Jay, pare che chi abbia catturato B sia un membro del clan Uchiha.»
Motivo per il Raikage di bloccarsi di colpo dalle sue farneticazioni pericolose per il pavimento della stanza.
«Hai detto Uchiha?»
La donna annuì, dopodiché invitò il superiore a posare i manubri nei rispettivi spazi adibiti e a sedersi sulla sua poltrona a sorseggiare un'intera teiera di tè verde fumante, al fine che egli calmasse la sua agitata tempra.
«Hai già fatto delle ricerche, spero.» domandò il capo del villaggio della Nuvola, dopo essersi calmato.
La notizia della cattura di Killer B era stata registrata da meno di un’ora, ma ciò non aveva impedito alla capace segretaria di fornirsi di tutte le informazioni in loro possesso per risalire alle identità degli assalitori e alle possibili ubicazioni in cui si erano rifugiati assieme al loro prezioso bottino.
«Si tratta di Sasuke Uchiha. È un giovane ninja traditore del villaggio della Foglia che si era unito a Orochimaru qualche anno fa. Pare che sia stato sempre lui a ucciderlo ed è inoltre fratello minore del famigerato Itachi Uchiha che ha sterminato il suo clan in una notte e che è inoltre membro di Akatsuki.»
Il Raikage respirava a ritmi regolari nel tentativo di calmarsi e ragionare con lucidità; sapeva benissimo che un comportamento differente non gli avrebbe dato indietro suo fratello.
«Ho sentito dire che Itachi Uchiha è morto qualche mese fa, ma non avevo idea che avesse un fratello e che quest’ultimo avesse assassinato quel mostro di Orochimaru.»
Manifestazione di rabbia repressa.
«Che diavolo starà combinando l’Hokage?! Perché non ha sculacciato come si deve quel marmocchio?! Eppure quando si è trattato degli Hyuga non si è certo tirato indietro!»
«Non abbiamo idea del motivo, signore, anche perché al momento la situazione politica della Foglia non è molto stabile in questo periodo, poiché è stato eletto un nuovo Hokage.» continuò la fida collaboratrice.
Notizia a cui il Raikage reagì con molto scetticismo.
«Come? Ma quanti Hokage cambiano quelli lì? Che fine ha fatto la principessa Tsunade?»
«Pare che la Foglia sia stata pesantemente colpita dal leader dell’Akatsuki e che il Quinto Hokage sia stato rimosso dall'incarico.»
La segretaria si prese qualche istante per controllare nella sua cartella se ci fossero qualche informazione in più in merito alla vicenda del conflitto Foglia-Akatsuki.
«Adesso l’Hokage è un certo Danzo Shimura, ma non si sa nulla sul suo conto, tranne il suo nome e che sia uno degli anziani consiglieri del villaggio della Foglia.»
Invece il capo della Nuvola conosceva molto bene quel nome. Suo padre, il precedente Raikage, lo aveva sempre ammonito su diverse vecchie reliquie del suo tempo, di cui doveva sempre tenersi alla larga; una di queste era Danzo della Foglia.
«Che cosa quel vecchiaccio è diventato Hokage?!» sbottò sbalordito il Raikage.
«Lo conosce?» domandò di conseguenza l’assistente.
Il Raikage fu costretto ad annuire con ribrezzo.
«È uno della vecchia guardia, un vecchiaccio che cospira congiure con la stessa frequenza di un bambino che vuole il latte materno. Quel dannato doppiogiochista si era messo in mezzo anche nella questione che avemmo con la Foglia in merito agli Hyuga.»
In pratica ogni tipo di relazione possibile fra Nuvola e Foglia in futuro sarebbe stata trattata con i guanti di velluto; ciò nonostante, al Quarto Raikage non sarebbe importato tanto socializzare con gli altri villaggi, tuttavia aveva in mente una strategia molto dura da attuare per fronteggiare lo smacco appena ricevuto da Akatsuki.
«Manda una missiva al Daymno e digli che voglio parlargli subito.» ordinò il possente Kage.
Sebbene la donna avrebbe voluto storcere il naso, incerta su eseguire o meno con velocità quel compito, decise di mantenere il tipico comportamento posato e obbedire senza discutere.
Intanto il Raikage le stava indicando quali sarebbero state le mosse successive del villaggio della Nuvola.
«Convocherò un summit dei Kage delle cinque grandi terre e vedrò di risolvere questa situazione con Akatsuki una volta per tutte! Quei dannatissimi bastardi la pagheranno molto cara per quello che hanno fatto a mio fratello e gli altri Kage li seguiranno, perché se scopro che sono invischiati nella faccenda non avrò alcun ripensamento a dichiarare guerra!»
Per di più aveva qualche dubbio sulla ipotetica fiducia da attribuire al cinico Sesto Hokage e al Terzo Tsuchikage, quest’ultimo famoso per la sua natura doppiogiochista e per le irte trame che avrebbero potuto decimare gli altri villaggi.
Questo non significava tuttavia che avrebbe riposto più riguardo verso la Sabbia e la Nebbia. Di quest'ultima aveva perso ogni contatto e il Mizukage aveva deciso di adottare una politica di isolamento massiccia. D’altra parte, del Kazekage non accettava il fatto che fosse un moccioso di soli diciassette anni a ricoprire tale importante carica e per questo non l’avrebbe mai preso sul serio, poiché non erano effettivamente alla pari in quanto esperienza e potenza.
Quei pensieri molto preoccupanti vennero pienamente condivisi dalla segretaria, la quale tuttavia volle comunque chiedere una seconda volta al superiore se fosse certo della sua scelta.
«Non sarà facile convincere gli altri Kage a partecipare all'evento, specie per quanto riguarda l'Hokage.»
«Al diavolo! –ribatté nervoso il Raikage. Converrà che si facciano trovare tutti e quattro nella nazione del ferro per quel giorno o giuro che raderò al suolo ognuno dei loro cazzo di villaggi!»
Per la rabbia, il possente shinobi dalla pelle scura spaccò anche una parete con un portentoso cazzotto che non intimorì per nulla l’assistente del capo villaggio, poiché abituata alle scenate di furia del superiore.
«Poi convoca la squadra di Samui che voglio parlarle e fammi sapere se Jay ha già rintracciato quei bastardi di Akatsuki. Subito!»
La donna scattò rapida sull'attenti.
«Agli ordini!»

*


Nonostante la pungente situazione attraversata dal villaggio della Foglia, si era deciso che la vita dovesse riprendere la normalità necessaria il prima possibile. Sebbene la situazione politica del villaggio non fosse delle più rosee, dato i continui dibattiti fra il Reggente Sesto Hokage e il capo dei jonin, gli abitanti del villaggio volevano veramente oltrepassare i traumi patiti durante l’attacco di Akatsuki e andare avanti, verso il futuro.
La ricostruzione del villaggio era stata posta nei primi obiettivi della nazione del fuoco e i migliori carpentieri al servizio di Tazuna stavano ripristinando la bellezza del villaggio fondato da Hashirama Senju e Madara Uchiha, donandogli addirittura un fascino mistico che prima non aveva mai avuto, poiché adesso il villaggio sorgeva proprio nel cuore del grande cratere generato dallo Shinra Tenseii di Nagato.
Nuove abitazioni erano state erette in maniera ben calcolata, e la nuova magione del capo villaggio era sotto i piani degli architetti del capo mastro del paese delle Onde. Era solo questione di tempo e il villaggio della Foglia sarebbe tornato quello di un tempo.
Intanto i ninja del villaggio continuavano a svolgere missioni su missioni al fine di risanare le casse del villaggio e delle proprie famiglie per merito di Danzo, che aveva alzato le tasse per permettere la più rapida ricostruzione del villaggio.
Per tale ragione, fra le strade del villaggio c’era sempre un via vai di shinobi dai disparati livelli che si assumevano l’incarico di svolgere le missioni più imprevedibili, anche ai confini del mondo ninja; tutto era necessario per la causa.
Malgrado la grande voglia di ricominciare, i problemi non mancavano, poiché il livello delle missioni proposte non era mai inferiore al livello B e questo significava che spesso i genin e i chunin meno preparati perivano in missione, poiché non erano ancora giunti al livello di portare a termine compiti tanto rischiosi. Per questa ragione, sotto richiesta del capo dei jonin era stato integrato un nuovo metodo che assemblava shinobi di diversi livelli in squadre nel caso si dovesse compiere una missione di livello A o S; in questo modo, come sempre suggerito dallo stratega della Foglia, il tasso di sopravvivenza dei ninja della Foglia saliva di parecchi punti.
Capitò che in tali situazioni anche Sakura e Hinata ne venissero coinvolte attivamente; malgrado il grave compito che le due chunin non si sentivano in parte in grado di affrontare, l’avere al fianco i loro amici era molto gratificante; per questo avevano sempre cercato di formare gruppi compatti fra di loro, in modo che le missioni da affrontare lo fossero fatte da sempre i soliti protagonisti.
«Uffa, che palle! Ma quando partiamo?» domandò annoiato Kiba.
Il ragazzo era coricato per terra, con la testa appoggiata fra il folto pelo bianco del suo amatissimo cane Akamaru.
Al suo fianco, Ino lo osservò con una grande dose di sufficienza.
«Cavoli, Kiba, perché non vedi di darti una regolata e la finisci di comportarti come un bambino?»
L’Inuzuka era troppo annoiato per poterle rispondere a toni.
«Ma va’ a quel paese!» disse svogliato, per poi tornarsene a poltrire.
In altre circostanze Ino avrebbe rapidamente risposto in maniera consona al modo in cui era stata attaccata, ma ne aveva piene le tasche di quegli insulsi battibecchi ripetitivi e senza senso. Si avvolse il viso dentro il lungo colletto del suo mantello e ricambiò a quella gentilezza con qualche frase tipica.
«Va a cagare tu, idiota.»
Come sempre fu il buon Chouji a tentare di sedare gli animi.
«Suvvia, ragazzi. Non vi pare il caso di smetterla? Oggi è tornata con noi anche Hinata, e conoscendola non le andrà di assistere a scene del genere.»
L’attenzione si spostò dunque sulla pensierosa Hyuga, la quale si affrettò subito a cadere dalle nuvole e a ricambiare con dolcezza la gentilezza dei suoi cari amici.
«Oh, non c’è bisogno che vi preoccupiate, ragazzi. Va bene così, è divertente.»
Cercò di accennare un sorriso quantomeno verosimile a un qualcosa che suggerisse divertimento nel suo animo, non se sentiva ancora quella serenità necessaria per dissimulare quanto fosse grande il dolore che stava covando. Nonostante quel suo turbato stato d’animo, la Hyuga dovette ammettere di sentirsi meglio da quando era stata cacciata da casa propria ed essere andata a vivere a casa di Sakura.
Gli Haruno erano tutto l’opposto dell’austero clima familiare in cui era sempre vissuta. Non c’erano regole ferree sul modo di comportarsi, nessun servo che correva di qua e là pur di compiacere i desideri del suo padrone, nessuna aspettativa, nessuna pretesa, nessun pregiudizio. Lì era accettata a ben voluta proprio così com'era, senza alcuna pretesa; trovò quell'ambito talmente perfetto per il suo corrente stato emotivo che iniziò piano piano a sopportare il dolore che provava fin dai primi giorni.
I signori Haruno non avevano avuto niente da ridire sul fatto che rimanesse a casa loro per un tempo non specificato, anzi ne erano parsi subito entusiasti tanto che Kizashi Haruno l’aveva scherzosamente definita come una seconda figlia. Hinata non poteva essere più felice e si sentiva in pace quando si sdraiava sul futon posto dentro la stanza di Sakura a parlare con quest’ultima della giornata.
Entrambe avevano deciso di affrontare l’argomento Naruto per passaggi, in modo che nessuna delle due si deprimesse a tal punto da tagliarsi le vene; fortunatamente quel metodo stava funzionando per il momento, lo dimostrava ancora il fatto che nessuna delle due avesse commesso follie.
Inoltre, nel guardare i suoi amici che si preoccupavano per le sue condizioni non faceva altro che sentire Hinata fortunata di che nobili persone si era circondata; quelle persone le volevano veramente bene.
Si lasciò scappare uno starnuto.
«Hai preso freddo stanotte?» le domandò Sakura.
Era fatta così. Da quando Hinata si era trasferita a casa sua, la rosa si preoccupava a ogni sentore di malessere dell’amica, sia che esso fosse nel corpo o nella mente o nello spirito.
La corvina si appropinquò a gridare falso allarme.
«Tranquilla, è solo un po’ di influenza, niente di che.»
Pochi minuti dopo giunsero nel loro gruppo Shikamaru, accompagnato dal maestro Gai e da una vecchia loro conoscenza, Sai.
«Ma dove diavolo eri finito, Sai?! –sbottò rabbiosa Sakura. Eravamo preoccupati!»
«Ho avuto da fare con delle missioni per conto dell’Hokage.» rispose placido lui.
Non fu molto piacevole notare che il suo modo di fare era tornato perfettamente identico a quando si erano conosciuti. Quel ragazzo curioso di scoprire la bellezza delle emozioni umane era stato nuovamente inglobato dalla ferrea legge della Radice; la fedeltà di Sai nei confronti del Reggente Sesto Hokage era stata maggiore alla sua indipendenza personale.
Tutti si erano accorti del suo nuovo mutamento e ognuno si adattava alla propria maniera a gestire la presenza di Sai, poiché erano a conoscenza che adesso era un adepto molto fidato del capo-villaggio e dovevano comportarsi bene in sua presenza.
L’unico che non aveva compreso per nulla la gravità della situazione fu l’esuberante maestro Gai.
«Suvvia, ragazzo, cerca di essere un pochino più sprint! –gli suggerì dopo una potente pacca. Tira fuori tutta l’ardente passione che ti ritrovi e sorridi qualche volta!!»
Com'era sempre stato da copione, alla dichiarazione della bestia verde seguiva quella del suo adepto più appassionato che in quel momento si trovava intento a effettuare delle flessioni nell'attesa della partenza.
Sai reagì in maniera alquanto strana al comportamento delle due esuberanti bestie; un modo di fare che ricordava molto quello di Sasuke quando disconosceva un imbecille e si chiudeva nell'assoluto silenzio, ignorandolo.
Né a Sakura e Hinata, né tanto meno al resto del gruppo piacque molto il comportamento del cadaverico pittore, il quale si era messo in testa il cappuccio del suo mantello e si era appoggiato al muro più vicino, in occasione del discorso che Shikamaru aveva intenzione di fare subito dopo quel penoso siparietto.
«Beh, ragazzi. La missione che ci hanno affidato non è delle più belle, anzi. Quelli dell’ufficio del lavoro sembravano molto contenti di liberarsi di questo incarico.»
Il genio del gruppo aveva addosso pesanti chili di stanchezza e due occhiaie sotto gli occhi color noce che gli donavano più anni di quelli che dimostrava sul volto; tutto dovuto all'enorme mole di lavoro e alla grande preoccupazione che serbava per l’incolumità di suo padre.
«Ehi, Shikamaru. –lo interpellò Ino. Ma perché non sei rimasto a casa se sei così tanto? Da quando non ti fai una bella dormita?»
«Da un paio di giorni. –replicò saccente il ragazzo. Ma non è il momento di dormire, anche perché stanotte sono dovuto andare a girovagare per il villaggio con Ibiki alla ricerca di un ladro che si era introdotto negli archivi segreti del Secondo Hokage.»
Seguì un altro starnuto, stavolta più potente, da parte della Hyuga.
«Bah, comunque, vedo che non sono solo io quello messo male.» continuò il jonin dal codino.
La notizia che il genio della Foglia non se la stesse passando bene per le varie quisquilie contemporanee era qualcosa di risaputo, ma mai i suoi amici avrebbe creduto che Shikamaru Nara arrivasse a rinunciare alle sue sacre ore di sonno per il lavoro; una volta si era addormentato persino durante gli esami di selezione dei chunin, rischiando di farsi uccidere! Era inaudito che non dormisse!
Successivamente si decise di lasciar perdere quel dettaglio, mentre il Nara si forniva di qualche tazza di caffè nel bar più vicino. Gai allora ne approfittò per parlare dell’obiettivo della missione che stavano per andare ad affrontare.
«Ci dirigeremo verso i confini della nazione, nel cosiddetto paese dei vortici; è in uno degli importanti villaggi di quel luogo che sono accaduti fatti misteriosi e le autorità del paese hanno chiesto al villaggio della Foglia di indagare per conto loro.»
«Il paese dei vortici? Mai sentito.» disse Ten Ten, anche se parlava per la globalità dei giovani ninja lì presenti, eccezion fatta per Sai.
Allora Gai spiegò loro anche quello.
«Si tratta di un paese molto piccolo, formato essenzialmente da laghi molto pericolosi, poiché colmi di potenti vortici marini. Spesso ci sono anche delle trombe d’aria e diversi terremoti. Con un clima del genere, è naturale che la gente che ci vive sia caratterizzata da una tempra molto forte. –riferì Gai. Diversi anni fa il paese era dominato da un clan ninja molto potente che era molto legato al nostro villaggio e alla famiglia del Primo e del Secondo Hokage.»
«Lei c’è mai stato, maestro?» domandò in seguito l’appassionato Rock Lee.
«Solo una volta, quando avevo la vostra età.» rispose prontamente l’uomo.
Superando la discussione originaria che coinvolgeva la situazione geografica, climatica e politica del paese dei vortici, si giunse finalmente al sunto essenziale del problema.
Ci pensò Neji a chiedere maggiori dettagli, prima che Gai si lasciasse andare ai ricordi del passato e non la finisse più con le sue storie.
«Ah, sì! Stavo per dimenticarmene.» sbottò l’uomo, dopo che l’allievo gli aveva fatto ricordare dell’importanza della missione.
«Fonti certe attestano che da qualche tempo in quel paese si aggirano diversi shinobi che non sono più in vita che terrorizzano la popolazione, depredano le ricchezze del territorio e spariscono subito dopo.»
A quel punto il terrore si spanse fra i componenti del gruppetto.
«Mi vuole per caso dire che quei cosi sono…» mormorò la Yamanaka.
Per la paura la poverina non aveva avuto la forza per finire la sua frase; le tremavano le gambe al sol pensiero di quei cadaveri ambulanti dalla pelle fetida, pervasa da orripilanti fluidi viscosi che avrebbero contaminato la purezza del suo corpo.
«Sono cosa?» chiese Gai che non capì.
«Beh, zombie.» spiegò Kiba.
«Come? Zombie?» ripeté perplessa la bestia verde.
Osservò per bene i volti terrorizzati degli allievi, dopodiché proruppe con una fragorosa risata.
«Ma quale zombie! Sarà sicuramente la tecnica di qualche dannato furfante che si prende gioco della povera gente! Non lasciatevi abbindolare da quella gentaglia, ragazzi miei!»
«Sarà come dice lei, maestro, ma questa situazione non mi convince per nulla!» ribatté impaurita la Yamanaka.
Allora Sakura la prese in giro.
«Ehi, Maial-Ino, non dirmi che hai paura?»
Solo allora Ino si rese conto di essere una delle poche che si comportava ancora come una fifona e di certo non voleva dare la soddisfazione a Sakura di vederla così debole.
«Ma figurati! Avevo paura solo per quei poveri zombie. Mi fanno pena perché se la devono vedere contro di me! Ecco!»
Sonora risata generale. Sai fu l’unico a starsene in disparte e a divenire oggetto dell’attenzione di Sakura e dello stesso Gai; la prima covava rabbia per com'era regredito, il secondo invece non si fidava per nulla di lui. Gai era certo che Sai fosse lì per spiarli per contro di Danzo.
All'arrivo di Shikamaru, il gruppo partì in direzione della loro meta senza fiatare. Dei problemi che avrebbero incontrato laggiù e delle complicazioni che avrebbero generato alcuni dei membri del folto gruppo.

*


La squadra Samui era appena giunta nella zona centrale del villaggio della Nuvola, di ritorno da una precedente missione. I tre shinobi che componevano la squadra erano stati appena informati da un falco messaggero che il Raikage li voleva vedere nel suo ufficio il prima possibile e così il capitano Samui aveva deciso di abbandonare la missione corrente della squadra e di tornare al quartier generale.
«Secondo voi che vorrà il Raikage?» domandò una ragazza.
La ragazza in questione aveva la pelle scura, capelli rossicci e occhi color miele. Indossava degli orecchini del medesimo colore e portava una bandana bianca con sopra il copri-fronte del suo villaggio. Sopra la giubba da chunin del suo villaggio, indossava una maglia grigia in pantane con la lunga gonna. Sul dorso portava una lunga katana dal fodero bianco.
«Non ne ho idea. –replicò la giovane donna a capo del gruppo. So solo che è urgente.»
Ella era il capitano Samui, un jonin del villaggio della Nuvola. Samui era una splendida ventenne dai capelli biondi a caschetto e un generoso décolleté che lasciava basito ogni passante che si imbatteva in lei mentre che proseguivano per il palazzo del Raikage.
L’ultimo componente della squadra era un giovane spadaccino dal vestiario simile alla prima ragazza. Aveva capelli biondi brizzolati, pelle scura come gli occhi e un lecca-lecca perennemente in bocca.
«Oh no! –sbottò stoico. Che si sia accorto che ho messo su qualche chilo negli ultimi tempi? Lo sapevo che non dovevo mangiare tutte quelle patatine fritte con la maionese.»
Allora la prima ragazza lo fulminò con lo sguardo; la stupidità del suo compagno era alle volte letteralmente sconvolgente.
«Ti rendi conto delle cazzate che spari, Omoi? Il Raikage avrà cose più importanti a cui pensare e al massimo ti manderebbe a comprare qualche proteina in più, che vuoi che sia.»
Alche il capitano Samui sospirò e si massaggiò le spalle per la stanchezza.
«Accidenti a voi, ragazzi. Siete veramente stancanti, senza contare che ho sempre questo mal di schiena.»
«Beh. –ipotizzò Omoi. Probabilmente ti senti così per colpa del tuo seno. Non c’è che dire, alle volte tanto splendore comporta qualche sacrificio.»
Ragionamento che lasciò indifferente la bionda, mentre inalberò totalmente l’altra ragazza, la quale, di seno in vene ne era totalmente sprovvista.
«Sei un porco, Omoi! Vai sempre a pensare queste cazzate!»
L’altro aveva già la risposta pronta.
«Dici così solo perché sei una tavola piatta.»
Tuttavia con quelle parole non fece altro che fare arrabbiare ancora di più la compagna di squadra, la quale iniziò a dargli sonori calci.
«Crepa, porco! Crepa! Crepa! Crepa!»
«Ahia! Mi fai male, Karui! Ahia!» sbottò il povero Omoi.
La disputa fra i due andò avanti finché Samui non decise che avessero giocato abbastanza; inoltre erano appena giunti all'ingresso della magione.
«Cercate di essere più maturi. Siete shinobi, non bambini dell’accademia.»
Una volta ottenuta l’attenzione dei due, ella si appropinquò a salire le scale verso l’ufficio del Raikage. I due compagni di squadra la seguirono a ruota.
Ciò che venne loro comunicato al loro arrivo donò loro un tal senso di inadeguatezza e sconforto. Per loro fu molto dura da mandare giù che esistesse qualcuno capace di catturare uno shinobi potente come Killer B.
«Cavolo! Lo sapevo che non erano belle notizie. Chissà cosa sta passando in questo momento. È una tragedia!» sbottò turbato Omoi.
Il giovane shinobi era inginocchiato assieme alla compagna Karui al cospetto del Raikage e commentava la tragica notizia con evidente pessimismo, com'era solito fare in situazioni drastiche del genere.
«Vedi di calmarti, Omoi. Vedrai che starà bene.» replicò infatti la compagna di squadra.
«Ma come fai a essere così tranquilla?! –ribatté l’altro. E se in questo momento lo stessero torturando o peggio, se…»
La ragazza lo bloccò sul posto.
«Non osare nemmeno dirlo!»
Karui sapeva perfettamente che non poteva lasciare trasparire le proprie emozioni, proprio come stava facendo Omoi; il suo vizio era che comunque commetteva sempre l’opposto di quello che pensava e non voleva nemmeno pensare a quell'uomo in una situazione in suo sfavore.
«Stiamo parlando del maestro, vedrai che deve esserci una spiegazione. Non può essere stato veramente battuto!»
Omoi non se la sentiva ancora di sperare fino a quel punto, data appunto la sua saccente natura da pessimista.
Fu il Raikage a calmare gli animi, trasmigrando nelle poche parole che esplicò la sua ardente commozione per l’affetto di quei cari ragazzi per suo fratello. Si mise addirittura a piangere.
«Lo salveremo, ragazzi. Ve lo prometto!»
Omoi e Karui lo imitarono con lo stesso ammontare di commozione.
«Lord Raikage!»
La segretaria era l’unica che manteneva la sua tempera d’acciaio, così come il capitano Samui, la quale tuttavia presentava degli impercettibili sintomi di apprensione per le sorti del suo maestro.
Una volta calmati, il capo villaggio ebbe finalmente l’opportunità per dettare le sue decisioni alla squadra degli allievi del fratello minore.
«Mabui ha scritto una lettera di raccomandazione a nome mio. Voglio che la consegniate all’Hokage e che recuperiate tutte le informazioni possibili su Sasuke Uchiha. Dovrete sbrigarvi, perché ho indetto un summit dei cinque Kage e probabilmente si svolgerà la prossima settimana.»
«Per arrivare alla Foglia ci vogliono tre giorni. –disse pensierosa Samui. Direi che si può fare, sperando che l’Hokage sia collaborativo.»
«Bene. –proruppe il Raikage. Partite immediatamente allora.»
La squadra Samui obbedì e partì verso la nazione del fuoco per adempiere al proprio compito. Il Raikage fremeva per l’attesa che lo separava dall'incontro con gli altri Kage e il suo umore peggiorò ulteriormente quando gli venne notificato che Jay, lo shinobi che era partito all’inseguimento della squadra del Falco, era stato ritrovato privo di vita dai suoi compagni in un nascondiglio vicino al villaggio.
«DANNATA AKATSUKI!!!»

*


Intanto nel villaggio della Pioggia, Naruto si preparava a ricevere una visita del tutto inaspettata che l’aveva reso di buon umore. Con quella persona non si vedeva da parecchi mesi e non si erano lasciati nel più pacifico dei modi, anzi.
La prima cosa che arrivò a interrogarsi fu come quella persona avesse fatto a capire delle bugie attorno alla sua morte e al luogo in cui si trovava; per far sì che questi l’avesse capito, doveva esserci qualche falla che avrebbe dovuto rapidamente tappare, altrimenti anche lo stesso Madara sarebbe venuto a conoscenza della messa in scena ordita ai suoi danni.
Quando Naruto lo raggiunse nell'ala del palazzo appena ripristinata dai tempi del suo scontro con Nagato, egli notò subito quanto quella persona fosse cambiata dall'ultima volta che si erano visti; inoltre constatò che la stessa stava avendo le medesime considerazioni sul suo conto.
«Quanto tempo, maestro.» lo salutò.
Non sapeva in quale modo iniziare una conversazione con il suo vecchio maestro, dopo tutto quello che era successo fra di loro e con il fatto che si stesse spacciando per morto.
La sua paura maggiore consisteva nel fatto che avrebbe vuotato il sacco con le autorità del villaggio e lui non era ancora pronto per uscire allo scoperto e fronteggiare Madara.
Tuttavia, quando osservò meglio il ninja argentato, notò dei lampanti particolari che prima gli erano totalmente sfuggiti. Ad esempio la fascia che copriva il suo occhio sinistro non era la stessa di sempre, non vi era la placca che indicava la sua identità di ninja del villaggio della Foglia. Kakashi non indossava nemmeno la divisa da jonin del villaggio, bensì un austero completo blu scuro composto da pantaloni, canottiera e una lunga cappa nera, molto simile a quella di Akatsuki.
Naruto non seppe interpretare quel modo di presentarsi al suo cospetto, finché non fu Konan, emersa all'improvviso dal nulla, a rendergli chiare le idee.
«Non è in vesti ufficiali, Naruto. Significa che la Foglia non è coinvolta nella sua visita.»
«Come? –domandò suscettibile il giovane. È davvero così?»
Il suo maestro annuì.
«Ti racconterò tutto a tempo debito.»
Kakashi Hatake era sempre fatto così; evitava spesso di rispondere alle domande più importanti, poiché così evitava di dover rivangare tutto il lavoro sporco che era stato costretto a ultimare pur di raggiungere il suo obiettivo.
Per sua fortuna la sua apparizione comportava problemi ben maggiori per Naruto e Konan.
«Come hai capito che la morte di Naruto era una messa in scena?» chiese la splendida manipolatrice di carta.
«Oh, ma io non l’ho mai capito, è anche per questa ragione che sono qui. –replicò il ninja copia. È stato il maestro Fukasaku a dirmelo.»
«Quel vecchio rospo…» sbottò saccente l’Uzumaki; avrebbe dovuto starsene zitto.
Konan continuò il suo interrogatorio.
«Non l’hai detto a nessuno, vero, Kakashi dello Sharingan? Sai bene quanto questo potrebbe compromettere il piano se spifferassi tutto.»
Per prima cosa la bella donna della Pioggia lo avrebbe ucciso fra atroci sofferenze.
Tuttavia il figlio di Zanna Bianca non sembrava affatto turbato dalle sue minacce; tutt’altro, egli manteneva il suo decoroso placido stato d’animo.
«È proprio perché voglio sapere del vostro piano che mi sono precipitato qui, senza dire nulla a nessuno. –replicò Kakashi. Non mi prenda per un novellino, signorina. So come far perdere le mie tracce.»
Dopotutto era pur sempre stato un capitano delle forze speciali e famoso per il suo olfatto, oltre che orgoglioso possessore di sette cani ninja che erano specializzati nella ricerca di tracce. Se Kakashi era bravo a cercare, era altrettanto bravo a nascondere qualsiasi cosa desiderasse.
«E la vecchia Tsunade ti ha lasciato andare senza dire nulla?» domandò in seguito Naruto.
«No. –tacitò secco l’argenteo. In questo periodo non sono in buoni rapporti con il villaggio.»
Era un ricercato.
Kakashi scoprì che l’allievo era rimasto allo scuro di tutto quello che era successo al villaggio della Foglia, dopo l’attacco di Pain. Allora Kakashi gli raccontò di Tsunade che era entrata in coma, di Danzo che era stato eletto Sesto Hokage, di quando sempre quest’ultimo tentò di estirpargli il suo sharingan e della difficile situazione che attraversata dal gruppo di amici del biondo, dopo la notizia della sua morte.
«Allora la situazione è anche più grave di quello che immaginavo. Merda!» sbottò l’Uzumaki molto preoccupato.
«Eh già.» concordò con lui l’Hatake.
«Lei che intenzioni ha a tal proposito?»
Kakashi tirò un sospiro per riprendere fiato e parlare nuovamente.
«Per il momento voglio restare nell'ombra e attendere gli esiti dell'incontro fra i Kage delle cinque grandi terre.»
Naruto e Konan si scambiarono uno sguardo, dopodiché proseguì il primo dei due.
«Direi che è la scelta migliore. Dopotutto non c'è nessuno che sa calcolare bene la situazione come lei, maestro.»
Toccò al ninja copia il turno di avere delle risposte alle sue domande
«Parlami di te, adesso. Perché ti è venuta in mente questa malsana idea di fingerti morto e lasciare che tutti quanti lo credano.»
A quel punto Naruto tirò un sospiro, dopodiché lanciò uno sguardo a Konan come per chiederle di lasciarli da soli a discutere. La donna recepì chiaramente il messaggio e se ne andò fuori dalla stanza.
Allora maestro e allievo si sedettero sopra la lingua della terrazza in cui era solito sedersi Pain e iniziarono la loro lunga discussione.
«Quella volta… -iniziò il biondo.»
Ricordare le vicende dello scontro con Nagato non fu piacevole per moltissime ragioni. La visione del suo nemico che uccideva la persona che lo amava era ancora viva in lui, nonostante sapesse che quest’ultima fosse sopravvissuta; non riusciva a non pensarci o a cancellare. Era addirittura pronto a liberare la volpe per la furia che aveva vissuto in quei minuti.
Per fortuna aveva incontrato suo padre che gli aveva spiegato che cosa fare per sopportare il dolore.
«Sa, negli anni che ho passato con Itachi e Kisame ho ucciso un sacco di gente e ancora ora mi sento sporco del loro sangue. Sono veramente un mostro, però ero felice di non essere più legato a nessuno.»
Almeno così lui credeva; ma con Hinata non era andata come aveva sperato e continuava a essere dipendente da lei, così come lei stessa lo era a sua volta per lui.
«Se Pain ha già usato le persone che amo per arrivare a me, che motivo c’è per credere che Madara non faccia altrettanto.» concluse infine.
Kakashi lo fissò perplesso per qualche istante; sul suo viso era tinta una espressione che Naruto gli aveva visto indirizzare solo a Sasuke ai tempi che lo allenava: si trattava per caso di orgoglio?
«E sentiamo. –domandò a sua volta l’uomo. Cosa ti ha detto il maestro Minato per farti arrivare a questa conclusione?»
Se lo ricordava perfettamente e avrebbe custodito gelosamente quelle parole per il resto della sua vita; magari un giorno, se sarebbe stato fortunato, avrebbe pronunciato le medesime parole a suo figlio.
Al sol pensarci sorrise dalla gioia.
«Ha detto che crede in me!»
Sebbene portasse la maschera, l’Uzumaki intuì che anche l’Hatake stava sorridendo in quel momento; gli piacque molto godere di quell'idilliaco momento mentore/allievo, poiché non aveva mai avuto occasione di condividere momenti del genere con il maestro Kakashi; invece di quei momenti ne aveva avuti molti con Jiraiya.
Quanto gli mancava.
«Anche io ho incontrato mio padre, quando ero morto. –raccontò l’argenteo. Direi che ne abbiamo ancora tante cose da imparare, prima di diventare grandi come loro.»
Naruto concordò con lui.
«Ora che ci penso, non ti ho mai chiesto che tipo fosse mio padre come insegnante.» continuò la forza portante.
«Beh. –disse il ninja-copia. Era molto esigente e dato che era molto forte, era veramente difficile stare sempre a passo delle sue aspettative, però era anche un buon consulente e insegnante, proprio come il maestro Jiraiya.»
«E come lei.» aggiunse il biondo.
Kakashi non poteva essere più che in disaccordo a tale ragione.
«Se lo fossi stato veramente, non avrei permesso che la nostra squadra si sfaldasse in questo modo.»
«Siamo esseri umani, siamo quindi portati a sbagliare di continuo. L’unica cosa che dobbiamo fare è trovare una ragione per andare avanti e lasciarci alle spalle gli errori.»
Kakashi fissò l’allievo con molta perplessità.
«Questa frase non è farina del tuo sacco, vero?»
Allora Naruto sbuffò, colto in fallo.
«Ok, me l’ha detto una volta Itachi. Volevo solo fare il figo, perché adesso anche io sono diventato un insegnante e voglio essere all'altezza dei miei maestri.»
Alche l’argenteo ridacchiò sotto la maschera, dopodiché rifletté molto su quanto detto in precedenza dal vecchio discepolo.
«Sbaglio o hai detto di avere degli allievi, ho capito bene?»
Naruto annuì, contento al sol pensare a quei petulanti ragazzini.
«Dei trovatelli che ho incontrato un anno fa e che ho deciso di allenare con la consulenza di Itachi.»
«E perché mai avresti deciso di farlo?» domandò il ninja-copia.
«Mi ricordavano molto me stesso, così ho deciso di prendermi cura di loro, dopo che avevo distrutto il loro villaggio. Probabilmente avrò ucciso anche i loro genitori e loro nemmeno lo sanno.»
Naruto ci pensava molto a quello che era stato; sentiva la sua anima imbrattata dal peccato e le mani sempre imbrattate di eterna colpa. Niente gli dava sollievo a quella tortura.
Kakashi poteva capirlo molto bene; dopotutto anche lui aveva fatto delle cose di cui non andava molto fiero; tutt'altro. Era convinto che la sua anima sarebbe sempre stata destinata alla tortura eterna.
«E adesso dove sono?» continuò l’uomo.
«Li ho mandati in missione. –rispose l’Uzumaki. Essendo ancora in convalescenza, non posso andare dove vorrei dirigermi, così li ho mandati a svolgere delle commissioni per conto mio nel paese del vortice.»
Fu allora che il tono di voce di Kakashi si aggravò per qualche istante.
«Le rovine del clan Uzumaki, eh? Quanto sai?»
L’Uzumaki assunse la medesima modalità per discutere.
«In realtà mi sorprende che lei ne sia a conoscenza.»
«Per favore. –replicò saccente l’uomo. Andavo nel paese del vortice prima ancora che nascessi. Tuo padre aveva la passione per le antiche scritture e spesso mi portava con lui. Io mi annoiavo molto durante quei momenti, ma ero troppo intelligente per non apprendere quanto detto.»
Alla forza portante dell’Ennacoda venne automatico sogghignare, non appena udito il racconto del maestro. Gli riusciva difficile immaginarsi lo stoico Kakashi Hatake come un ragazzino borioso e capriccioso; l’esatto opposto di quello che era sempre stato, dato che era continuamente paragonato con Sasuke. Invece Kakashi era molto simile a lui, più di quanto immaginasse.
Kakashi sembrò intuire che cosa gli stesse passando per la testa e si privò della sensazione tesa che provava fin dal suo arrivo al villaggio della Pioggia.
«Parlami di loro.» chiese successivamente.
«Beh. –iniziò l’Uzumaki. Sono tre mocciosi petulanti che sono veramente in gamba. Pensa che hanno dieci anni ciascuno, ma sono già a livello di un chunin. Uno ha una grande forza di volontà. Un’altra una capacità formidabile per il combattimento con la katana. Un altro ha un’abilità innata molto rara.»
Dei tipetti veramente particolari.
«Ti ricordano la vecchia squadra 7?» domandò in seguito l’argenteo.
«Più o meno. –replicò con una smorfia il ragazzo. Più che altro è Masato che mi ricorda molto me, invece Koichi è molto simile a lei.»
«E la ragazza?»
A quella domanda, Naruto sbiancò.
«Quella è pazza. Totalmente. Mi creda è meglio non ronzarle attorno.»
Una pausa silenziosa, poi i due scoppiarono a ridere. Era incredibile credere che si fossero quasi uccisi a vicenda qualche mese prima nei pressi di un lago del paese del fuoco; ora quel giorno non era mai stato più lontano come in quel momento.
«Devo ammetterlo, Naruto. –fece Kakashi all'improvviso. Sono veramente fiero di come sei maturato.»
Il ragazzo si grattò la nuca imbarazzato; era la prima volta che l’eroe dallo sharingan si complimentava con lui, fin dai tempi della nascita della squadra 7.
Che fosse cambiato se n’era reso conto da solo. La discussione con suo padre e Nagato aveva aggiustato le certezze che avevano vacillato con la perdita fittizia di Hinata, la quale restava comunque nel suo cuore, poiché gli serviva per mantenere viva la sua speranza di una vita normale con i suoi amici.
Tuttavia, sapeva benissimo che i suoi desideri difficilmente si sarebbero avverati, poiché a sbarrare la strada del loro conseguimento vi era un grande ostacolo: Madara Uchiha.
Com'era plausibile il momento di pace si estinse rapidamente e Konan tornò in scena con brutte notizie.
«Madara vuole vedere Pain immediatamente.»
Nonostante la sua espressione fosse sempre posata, ella stessa mostrava piccoli segni di preoccupazione ogni volta che il vecchio Uchiha era in mezzo a una questione.
«Ho capito bene? –s’intromise Kakashi leggermente scosso. Il vero capo di Akatsuki è Madara Uchiha? Incredibile.»
Kakashi immaginò subito che doveva trattarsi di quell'inquietante membro dell'organizzazione mascherato in cui si era imbattuto Neji, durante la missione per impedire lo scontro fra i fratelli Uchiha.
«Esatto. –riferì l’allievo. E non sarà per niente di buono. Che cazzo vorrà quel bastardo ora?»
Konan però era a conoscenza della motivazione.
«Pare che dobbiamo sigillare l’Ottacoda che Sasuke ha catturato proprio stamattina.»
Sorpresa per i due ex ninja della Foglia.
«Che cazzo sta combinando quel coglione? Perché sta lavorando per Madara?»
«Più che altro… -aggiunse cupo l’argenteo. Come avrà fatto a battere Killer B? Non posso credere che abbia sconfitto il ninja più forte della Nuvola, dopo il Raikage.»
«È un Uchiha, dovrebbe bastarti come motivazione. –replicò Konan. Tu hai parte del potere degli Uchiha, ninja-copia. Dovresti capire di che sto parlando.»
Naruto stava intanto riflettendo con cura al passo successivo da compiere. Madara doveva ancora credere che Pain avesse sconfitto la forza portante del Nove Code, però non poteva permettere che l’Ottacoda venisse estratto dalla sua forza portante, poiché anche il suo piano allora avrebbe vacillato.
Che cosa fare dunque?
«In più c'è un altro problema.» aggiunse la bella donna lì presente.
«Sarebbe?»
«Stavolta una tecnica della trasformazione non basterà per ingannare Madara. Assieme a lui ci sono Zetsu e Kisame che sono entrambi ninja sensoriali e conoscono il tuo chakra.»
«Merda! –sbottò Naruto rabbioso. Hai proprio ragione. Samehada mi riconoscerebbe subito.»
Che cosa fare? Come risolvere la situazione?
Dovevano sacrificare la vita della forza portante dell’Ottacoda per la riuscita del piano? Probabile. Potevano cercare una scusa per non prendere parte alla estrazione? Sprovveduto.
Pain prendeva parte a ogni estrazione, non si sarebbe mai assentato per qualcosa per cui avrebbe dato ben volentieri la vita.
Fu allora che il genio del ninja copia tornò a funzionare.
«Basta che usi una tecnica che camuffi il chakra per un certo lasso di tempo.»
«Il problema è che non ne conosco nemmeno una. Solo Nagato era capace di fare una cosa del genere.» replicò la manipolatrice della carta.
Stessa discussione riguardava anche l’Uzumaki.
«Ma io sì. –replicò il ninja copia. Ho copiato più di mille tecniche, credete che non ne abbia pure una che sappia fare una cosa del genere?»
«Lei è un grande, maestro!» gioì l’Uzumaki.
«Però c’è un ma.» continuò Kakashi titubante nel continuare.
«Come sempre.» commentò saccente la donna.
«Sì, infatti. –proruppe l’argenteo. In pratica per usare questa tecnica serve una grande quantità di chakra, per cui credo che dovresti usare il chakra della volpe.»
A quel punto il biondo si incupì.
Kakashi notò subito la sua espressione trafitta.
«Che succede?»
«Quello che mi chiedi è impossibile, perché da quando la volpe non è riuscita a liberarsi, ha deciso di non passarmi nemmeno una goccia di chakra per punirmi.»
Fissò le bendature che avvolgevano tutto il suo corpo e ne accarezzò una gran parte con molta rabbia repressa.
«È anche per questa ragione che sto guarendo così lentamente e tento di aumentare la mia riserva di energia naturale per tenermi pronto a ogni evenienza.»
«Hai provato a parlare con il Nove Code?» domandò in seguito l’Hatake.
«Spesso, ma non vuole sentire ragioni. È molto testarda quella volpaccia!»
Dunque Kakashi tirò un sospiro e iniziò a pensare a un’ipotetica soluzione. Il tempo stringeva e dovevano assolutamente trovare una strategia efficace, capace di gabbare il grande Madara Uchiha.
Alla fine, l’eroe dello sharingan giunse a un’unica soluzione, seppur folle.
«Fammi parlare con il Nove Code. Proverò a convincerlo.»
Sia Konan che Naruto lo fissarono senza parole, troppo scossi dalla proposta appena fatta.
Solo dopo qualche secondo dalla ricezione della proposta, il carceriere della volpe smosse il capo.
«A questo punto tentar non nuoce, dico bene?»
Così Kakashi avrebbe fatto, benché fosse a conoscenza che non sarebbe stato parlare con il possente demone con nove code che il suo maestro aveva sigillato dentro il suo stesso figlio, perdendo la vita.
Sapeva solo che era l’unica plausibile e che il tempo a loro disposizione era molto poco per crogiolarsi sugli allori.

*


Giaceva al suolo con la manica del mantello da cui colava una copiosa quantità di sangue, dovuta alla perdita del braccio che si trovava attaccato prima alla sua spalla. La vista si annebbiava. Farneticazioni. Sangue che si mescolava a terra. Putridume. Cadaveri. Armi. Fetore. Paura; grondante per tutto il corpo. Marasma totale.
La morte sarebbe stata una liberazione. La attendeva con ansia. La vedeva dolce. La vedeva calda. La vedeva come unica soluzione. Qualsiasi cosa per liberarlo dal profondo stato di confusione in cui era caduto.
Lui, un ninja della Radice. Uno fra i più esperti che piangeva come una mammoletta alle prime armi. Eppure era stato vittima del processo che cancellava le sue emozioni. Perché aveva paura allora? Perché?
«Kuchiyose: Edo Tensei!ii»
La formula mortale dettata da uno spirito nascosto nell'oscurità. L’incantesimo. L’orrore negli occhi di Tera.
Cinque bare si sollevarono da terra, proprio sotto il porticato angusto di quella palude in cui aveva scorto il suo bersaglio.
«Che significa…?»
Non lo sapeva, malgrado fosse esperto.
Nessuno era un esperto quando c’era la morte in mezzo; quello che non riuscivano a capire i ninja. Probabilmente alcuni di loro lo riconoscevano e l’accettavano, ma altri subivano solo perdite, di qualunque tipo.
I coperchi delle bare caddero al suolo e il ninja della Radice osservò con paura il terrificante contenuto. Impresse a fuoco la visione di quei zombie pericolosissimi che stavano per ucciderlo o peggio, divorarlo.
Le figure dei due ex membri dell’Akatsuki che avevano lasciato il mondo dei vivi recentemente: Deidara e Naruto Uzumaki. Uno dei cosiddetti “famosi” shinobi del villaggio della Foglia: Gekko Hayateiii. Un membro del famigerato clan Uchiha, ucciso nella notte del massacro del clan: Yashiro Uchihaiv.
Quei potenti shinobi erano stati richiamati dall'oltretomba per ucciderlo. Lo fecero. Più rapidamente di quanto avesse mai sperato. Almeno così lui credette, poiché nei momenti successivi alla sua ferita mortale, aveva sentito una voce subdola penetrargli dentro l’animo.
Seguì una risata.
«E con questo, avrò anche il corpo di questo famoso combattente del clan Hyuuga. Così non dovrei avere problemi per entrare.»
Tera l’aveva riconosciuta. Era la voce di Kabuto Yakushi, il suo obiettivo.
Voce sgraziata. Dal tono molto basso. Subdola come quella di un serpente. Pregna di un insano istinto omicida che l’aveva stordito. Malvagia. Colma di ambizione.
La voce di un omicida.
Quello che compì un attimo dopo con la sua cavia.

L'angolo dell'autore
Che ne dite, ragazzi? Questo capitolo vi piace? C'è abbastanza suspense nel capitolo?
Spero di sì, perché aggiornerò credo verso la fine del mese, per cui dovrete avere molta pazienza. Esami in vista.
Grazie molte per aver letto il capitolo. Alla prossima.

Note
i. Shinra Tensei = Tecnica di Nagato in grado di controllare le forze della gravità. Con tale tecnica, Nagato ha raso al suolo il villaggio della Foglia.
ii. Kuchiyose: Edo Tensei = Conosciuta anche "Tecnica della Resurrezione Impura. A inventare la tecnica fu il Secondo Hokage. In seguito, Orochimaru sviluppò la tecnica e la utilizzò nel suo assalto alla Foglia, riportando in vita l'inventore della tecnica e il Primo Hokage.
iii. Gekko Hayate = Era uno shinobi della Foglia che fece l'esaminatore delle selezioni dei chunin. Viene ucciso da Baki.
iv. Yashiro Uchiha = Era uno dei membri del clan Uchiha che stava sotto il comando di Fugaku Uchiha ai tempi del massacro del clan.


Nel prossimo capitolo
-Moccioso impudente! Me la pagherai!-
-Ti sfido a farlo, maledetto bastardo!-
-DANNATO!-


L'agguato di Kabuto

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Capitolo 6
*** LA TECNICA DELLA RESURREZIONE IMPURA ***



Ehilà!
Rieccoci a un nuovo capitolo assieme ai nostri eroi. Chissà che accadrà questa volta, di idee ne ho tante, ma come sempre spero di essere in grado di materializzarle a dovere per fare in modo che vi divertiate.
Bando alle ciance, cari lettori. Vi auguro una buona lettura!



Lo shinobi che non voleva amare. L'uso di una tecnica che riporta in vita sentimenti assopiti.



http://i.imgur.com/AWNnN.jpg




Il paese dei vortici non era molto distante dalla nazione del fuoco dal punto di vista geografico; anzi, era sorprendente che i ninja della Foglia potevano raggiungere quel paesello tanto angusto in pochissime ore di viaggio, come se non avessero mai capito quanto fosse stata importante la vicinanza dei due paesi e dei clan ninja che li hanno abitati in passato.
I ragazzi della Foglia si guardavano attorno, qualunque cosa era una novità; dall'albero dalla corteccia dura come l’acciaio, all'erba verde tagliente come lame, persino l’acqua sembrava pesante da scostare per le loro gambe quando dovettero attraversare un fiume, così come l’aria che respiravano che era molto rarefatta, nonostante fossero in pianura; addirittura il cielo sembrava totalmente differente dalle altre parti del pianeta.
Proprio come il maestro Gai aveva detto loro, il paese dei vortici non era come tutti gli altri; era un posto tutt'altro che tranquillo e piacevole dove trascorrere i propri giorni.
Belve feroci vivevano in una lotta continua per la sopravvivenza all'interno delle foreste del piccolo paese; grandi vortici erano presenti nei diversi laghi in cui il folto gruppo si imbatté durante il viaggio; dovettero persino rifugiarsi da un uragano che stava passando per quelle zone.
«Ma come cavolo fa la gente a vivere in un posto del genere?!» tuonò Ino nel pieno sbigottimento.
Ai piedi di una montagna nera avevano scorto un villaggio avvolto da spesse mura di cinta, accanto ad esso vi era un grande lago, in cui era presente il vortice più possente che i ragazzi avessero mai visto in vita loro.
«Proprio come vi ho spiegato prima. –disse il maestro Gai. La gente che vive in queste zone ha una forte tempra, a partire dal più possente shinobi al civile più debole. Ognuno di loro sa usare il chakra, anche senza dover essere necessariamente ninja o samurai.»
«Persino coloro che non si sono allenati a sviluppare il chakra?» domandò Shikamaru.
«Esatto. La forza di questa gente è unica.» rispose il maestro dalle folte sopracciglia.
A tal dimostrazione, ebbero ben poco a cui pensare, quando una feroce tigre aveva fatto il suo ingresso alle loro spalle, in punta di piedi. Con un plateale ruggito essa si era fiondata contro Ten Ten, senza che nessuno avesse avuto la possibilità di prevenire quel grande pericolo.
Fortuna che Neji era intervenuto in difesa della compagna di squadra, colpendo l’animale con una delle sue portentose tecniche.
«Hakke Kusho!i»
Benché l’onda d’urto li avesse distanziato di parecchi metri dalla feroce bestia, quest’ultima si era rialzata un attimo dopo, come se il colpo non le avesse patito nulla di grave.
«Ma che diavolo?! Il mio colpo non gli ha fatto nulla!» sbottò sbalordito lo Hyuga.
Allora l’animale provò un secondo attacco, che tuttavia non gli riuscì, poiché venne messo in fuga dalla presenza terrificante del maestro Gai che aveva aperto le prime quattro porte del chakra in un sol colpo.
«Dovete fare attenzione, ragazzi. –comunicò l’uomo. Queste creature sono feroci tanto quanto quelle dell’isola Temujinii
Chouji cadde per terra, ancora tremante per la presenza della tigre.
«Wow, questo posto è veramente pericoloso. Che ci facciamo qui?»
«Andiamo, Chouji, non fare il fifone. Non possiamo frignare solo per un gattaccio spelacchiato, altrimenti che aiuto diamo a questa gente?» sbottò saccente Kiba.
Gai però scosse il capo.
«Non devi prendere alla leggera questo posto, ragazzo. Molti ninja prima di te hanno perso la vita in questo posto, perché si credevano in gamba. In verità non lo erano abbastanza per sopravvivere qui.»
I ragazzi si guardarono nuovamente intorno, spaventati anche dalla vista di un innocuo rapace che si stava cibando di alcuni topolini che aveva appena catturato; ai loro occhi anche la creatura più innocua era quella che poteva ucciderli in qualunque momento.
«Mi chiedo che razza di minaccia abbia scombussolato la vita di questa gente.» domandò la ragazza dai capelli rosa.
Shikamaru si accese una sigaretta in modo da far andare via il nervosismo.
«Beh, si tratterà di qualcosa di ancora più pericoloso di questo posto.»
Allora Gai li osservò e scoppiò a ridere subito dopo; doveva immediatamente trovare un modo per risollevare il morale a quei poveretti.
«Non demoralizzatevi, ragazzi. Già il fatto che non avete problemi a stare in questo posto è segno che siete tipi tosti dalla focosa gioventù! Dovrebbe essere sufficiente, non credete?»
No, non lo era affatto per nessuno di loro, fatta eccezione per Rock Lee che pendeva sempre dalle parole del suo prode maestro.
Continuarono a discutere, intanto che il gruppo raggiungeva tranquillamente il villaggio a piedi, ascoltando quanto la bestia verde avesse loro da raccontare sul paese dei vortici.
«Di norma, qualunque tipo di missione in questo paese viene classificata minimo di rango A e vengono inviati solamente jonin o membri delle forze speciali.»
«E allora perché hanno inviato noi che la maggior parte siamo ancora chunin?» domandò Ten Ten oltraggiata.
Ci pensò Shikamaru a rispondere.
«Beh, al momento il villaggio non è in buone condizioni economiche e al Sesto Hokage interessa solo rafforzare il villaggio. Per questo siamo in questa situazione. Che seccatura.»
Cacciò la mano in tasca per tirare fuori il pacchetto di sigarette e prendersene un’altra.
«Non credi di star fumando un po’ troppo negli ultimi tempi?» lo pizzicò l’amica bionda.
«Ah, non rompere, Ino. –sospirò amareggiato il genio. Ho troppe grane negli ultimi tempi e ho bisogno di rilassarmi in qualche modo.»
«Comunque… -intervenne Sakura, tagliando la conversazione. Ha altro da dirci su questo posto, maestro?»
La bestia verde ci pensò su per qualche secondo.
«Oh, già. Se qualcuno di voi sapesse usare il Sakkiiii saremmo a posto per quanto riguarda le belve. Non posso sempre aprire le otto porte per ogni tipo di attacco!»
«Che c’entra il Sakki, scusi?» chiese Neji.
Come lui, anche il resto della truppa era molto confuso si quanto stava scoprendo su una parte del mondo ninja che ignoravano totalmente.
«Ah, già. –fece Gai desolato. Voi non lo sapete, per questo non ne potete fare nulla, ma comunque, ne parliamo più tardi.»
Erano appena giunti all’ingresso del villaggio, di fronte a un portone protetto da due possenti guardie armate di lance.
«Ma maestro…» tentò di obiettare Rock Lee.
«Più tardi, ragazzi.» disse placido l’insegnante.
Delusione generale del gruppo.
La discussione però venne obbligatoriamente accantonata a data da destinarsi, poiché al gruppo era stato concesso l’accesso al villaggio. Un’austera guardia dalla faccia dura si era offerta di condurla dal capo villaggio.
Durante il tragitto, i ragazzi notarono che gli abitanti del villaggio erano molto simili a gente normale. I bambini giocavano spensierati per le strade, gli anziani stavano seduti a discutere per i fatti loro e i ninja e i lavoratori conducevano le loro faccende. Si accorsero solo dopo delle differenze: ognuno di loro aveva almeno un’arma sempre con sé; che fosse kunai, pugnali o quant’altro non importava.
Anche le abitazioni erano pressoché normali. Alcuni di loro giurarono che si aspettavano casupole da montanaro, con capre appena sgozzate al suolo e sangue sempre per terra; eppure c’era sempre qualche lama all’interno di ogni abitazione che era sempre sporca di sangue fresco.
Gli stranieri non godevano di grande considerazione e il gruppo della Foglia si sentiva molto osservato; ognuno di loro era certo di non godere della simpatia degli abitanti del villaggio ed era molto inquietante, eccetto per il maestro Gai e per Rock Lee che tentava di mascherare l’ansia, emulando il suo maestro.
«Vogliate perdonare l’accoglienza gelida che vi è stata riservata. Purtroppo la gente non è abituata a vedere stranieri e non si fida.»
Fu la scusa che tirò fuori dal cappello il capo villaggio, un anziano sessantenne dalla barba bianca e una folta capigliatura del medesimo colore. Aveva anch’egli un fisico molto possente, statuario e coperto da fitte cicatrici su tutta la scolpita muscolatura; nonostante l’età, dava l’aria di essere un guerriero molto feroce.
Il vecchio capo villaggio li aveva ricevuti dentro una piccola stanza che era il suo ufficio, anche se dava l’aria di non frequentarlo molto, poiché preferiva farsi coinvolgere da altre attività.
D’un tratto il volto duro del vecchietto si illuminò con un sorriso.
«Comunque, sono felice di darvi il benvenuto al nostro villaggio. Io sono Makuzu Umiriki e sono a capo di questo piccolo villaggio e il vostro cliente.»
Allora tutti risposero a tale gentilezza com’era solito fare nel galateo, ovvero con un rispettoso mezzo inchino e lo stare sull’attenti, dato che erano pur sempre dei militari.
Fu sempre il maestro Gai a parlare per il gruppo, dato che era il capitano.
«La ringrazio, signor Umiriki. Se permette, vorremmo subito sapere per quale motivo ci avete contattato, senza perderci in ciance.»
Alche l’anziano sogghignò, lasciandosi cadere sulla poltrona polverosa della scrivania.
«Mi piacciono le persone come lei, giovanotto. È una vera noia imbattersi in tipi che si perdono in chiacchiere e poi sarete molto stanchi dal viaggio. Vorreste andare a riposare, dico bene?»
«Beh… -sbottò il maestro, voltandosi verso gli allievi. Per loro è la prima volta che vengono in questo paese.»
Con quello aveva detto tutto. L’anziano signor Umiriki aveva compreso perfettamente; l’anziano guerriero colse l’occasione per parlare ai giovani ospiti.
«Sopravvivere in questo paese non è molto semplice anche per noi che ci abitiamo fin da quando siamo nati, ma la vita qui è molto più pacifica di quello che crediate, una volta che ci si abitua al clima molto rigido.»
La discussione venne gelata qualche attimo dopo, senza dare ai ragazzi della Foglia nemmeno il tempo di recepire il messaggio del gentile signore.
La porta dell’ufficio si era aperta e da essa due bambini avevano appena fatto il loro ingresso; si trattava di un maschio dai capelli scuri e capienti vestiti estivi e della sua sorellina dai capelli rossicci, la quale si era subito gettata alle braccia di quello che doveva essere suo nonno con molto affetto nel cuore.
«Oh, mia piccola Mira! –squittì gioioso l’anziano. Su, dai un bacino al nonno.»
D’un tratto quell’uomo dall’espressione dura si era trasformato in un dolce nonno che passava le sue giornate a viziare i nipotini, esaudendo ogni loro capriccio. Come poteva non essere altrimenti, dato che si trattava degli unici nipotini che il signor Makuzu Umiriki aveva. I genitori dei piccoli Rio e Mira erano morti qualche anno prima, per colpa di una rara forma di tubercolosi, così era toccato al nonno Makuzu e nonna Ukyo prendersi cura di loro.
La suddetta nonna entrò un attimo dopo nella stanza, avvolta nel suo kimono da lavoro.
«Mi dispiace, caro. Appena hanno saputo che eri rientrato sono corsi subito da te.»
«Oh, fa nulla. –replicò l’anziano uomo. Per i miei nipotini ho sempre tempo.»
L’uomo diede un bacio affettuoso sulla fronte della bambina, poi guardò il nipote che si nascondeva fra gli shinobi, in modo da non farsi cogliere dal coinvolgente affetto del nonno. Il piccolo Rio odiava le smancerie.
Il signor Umiriki decise di lasciarlo perdere per il momento, concentrandosi nuovamente sui suoi ospiti.
«Vogliate scusarmi, signori, ma i doveri di un nonno vanno messi davanti ogni cosa. Nel mente, permettete che vi vengano mostrati i servizi e delle brande su cui riposare.»
A quel punto il maestro Gai parlò per il gruppo.
«La ringrazio, signor Umiriki. Accettiamo la sua proposta con molto piacere.»
Intervenne la moglie del capo villaggio.
«Immagino che questi poveri figlioli saranno affamati. Guarda che pallore ha questo poverino.»
Si fermò a guardare la carnagione bianca di Sai con insolita preoccupazione, poiché non aveva mai visto nessuno con un colore di pelle tanto pallido, persino peggiore di quello di un cadavere.
«Vi preparo qualcosa di bello energetico, così vi rimettete in forza, va bene, cari?»
Allora i ragazzi si trovarono imbarazzati da tanta disponibilità da persone che all’apparenza apparivano con una tempra dura come l’acciaio.
Parlò Shikamaru per il gruppo quella volta.
«La ringraziamo moltissimo, signora, ma non è necessario.»
L’unico effetto generatosi da tale decisione fu l’abbattimento dello sguardo dell’anziana donna che si abbatté sul gruppo come un pesante macigno.
«Voi… Mangerete… Intesi?!»
Dal tono usato, i ragazzi poterono perfettamente comprendere che più che un invito, quello che avevano appena ricevuto era un placido ordine che andava rispettato, altrimenti la pena sarebbe stata troppo grave da sopportare.
Gai aveva dimenticato di accennare ai suoi ragazzi che gli abitanti del paese dei vortici erano conosciuti specialmente per la loro grande gentilezza.

*


La procedura di estrazione dell’Ottacoda proseguiva senza alcun intoppo. I praticanti della tecnica stavano troppo attenti alle modalità del loro lavoro, senza avere nemmeno l’occasione di scambiare qualche chiacchera fra di loro.
Di certo la mancanza di tipi rumorosi come Deidara e Hidan era un buon spunto per rendere l’atmosfera abbastanza tediosa; in più a Kisame non andava molto di parlare durante tutto il tempo che i rimanenti membri di Akatsuki erano stati insieme. Con il fatto che il buffo Tobi avesse smesso di recitare la sua parte, rivelandosi per quello che era veramente, il tenore degli animi dei presenti era tenuto basso.
Naruto non avrebbe potuto chiedere di meglio. Controllare il chakra della volpe per la tecnica di estrazione, contemporaneamente la tecnica che lo camuffava perfettamente alle doti sensoriali di Zetsu e Samehada, non era certo uno scherzo, senza contare che aveva i nervi a fior di pelle.
Più volte Naruto/Pain aveva lanciato il suo sguardo verso Konan, la quale aveva tentato più volte di farlo desistere da tale azione, poiché avrebbe potuto insospettire Madara, il quale conosceva molto bene i modi di fare di Pain e avrebbe capito.
C’era un’altra cosa a cui pensava la bella donna della Pioggia. Non riusciva a credere che Kakashi Hatake fosse riuscito a convincere la volpe a nove code ad aiutare Naruto ed era veramente curiosa di sapere come avesse fatto; peccato che quando lo chiese alla forza portante, quest’ultima avesse adottato una tattica evasiva per evitare la discussione.
Che cosa aveva voluto la volpe in cambio del suo aiuto?
Konan sperava nulla di grave.
Ben presto però ella dovette concentrarsi su ben altri problemi; lei come tutti gli altri membri dell’organizzazione che non riuscirono a credere a quello che era successo.
Il corpo della forza portante dell’Ottacoda si era trasformato improvvisamente in un tentacolo, dal quale il chakra rosso sgorgò solo per qualche altra manciata di secondi, prima di venire inghiottito dalla grande statua; subito dopo il tentacolo cadde a terra, nel completo silenzio.
La forza portante aveva giocato loro un brutto tiro e non era stato per nulla gradito dal vecchio capo degli Uchiha, il quale stava immobile nel tentativo di gestire la cocente rabbia covata nel cuore.
Nessuno dei presenti osò prendere parola, per paura che Madara potesse dirigere la sua ira contro quell’impudente.
Alla fine solo White Zetsu ebbe il coraggio di dare la sua opinione, iniziando con una fragorosa risata, densa di tutto il divertimento che fino a quel momento aveva cercato di reprimere per paura.
«Un tentacolo! Un tentacolo! Che figuraccia!»
A breve vi si aggiunse anche l’ilarità di Kisame.
«Ecco che succede quando si affida un compito così importante a dei pivellini. Quel Sasuke non si è accorto di niente.»
Anche Madara era molto deluso da come si erano andate a concludere le cose e avrebbe punito molto bene Sasuke e la sua squadra, spendendoli a calci a recuperare la vera forza portante dell’Ottacoda per rimediare ai loro errori. Quella loro svista aveva provocato un ritardo incombente sulla sua tabella di marcia.
«Male, molto male.» aggiunse Naruto/Pain con sufficienza.
Il giovane era convinto che un suo commento era necessario per la situazione.
Madara stette in silenzio a pensare, senza ancor proferire parola; stava riflettendo su che cosa fare per recuperare la preziosa preda e voleva che venissero operate delle soluzioni il più tempestivamente possibile. Il mascherato era giunto pure a pensare di volere sempre accanto a sé tutte le sue carte vincenti e questo includeva pure Naruto Uzumaki, che non aveva ancora visto dallo scontro con Pain.
Il leader quindi operò le sue dovute decisioni.
Prima di tutto si rivolse al fidato spadaccino di Samehada.
«Quei mocciosi mi hanno deluso. Occupati tu dell’Ottacoda.»
A ciò il mostro della Nebbia annuì.
«Ai tuoi ordini.»
Dopodiché l’uomo pesce si lasciò andare a qualche commento che non era stato in grado di trattenere prima.
«Hai dato troppo peso a quel moccioso, maestro Madara. Certo, è forte, ma non puoi paragonarlo a Itachi. Infatti lui non si sarebbe fatto fregare in questo modo dall’Ottacoda.»
«Hai ragione.» confermò l’Uchiha.
A seguito di ciò, Madara si rivolse al proprietario del rinnegan, rendendolo partecipe delle sue prossime intenzioni.
«Voglio che mi porti Naruto Uzumaki in questo rifugio il prima possibile. Ho intenzione di sigillare il Nove Code assieme all’Ottacoda, non appena Kisame l’avrà recuperato.»
Naruto imprecò mentalmente; richiesta peggiore non poteva esistere.
Madara gli stava chiedendo di portare se stesso al suo cospetto, in modo da segnare la sua morte; in pratica gli stava chiedendo di scoprirsi, seppur inconsapevolmente.
Naruto sapeva bene che non poteva sperare di usare un clone per imbrogliarlo; già una volta era riuscito a gabbarlo con una semplice tecnica della trasformazione e ancora non sapeva quale divinità l’avesse protetto nel dato tentativo. Stavolta però nessun trucco avrebbe funzionato e nessuna tattica sarebbe valsa a proteggere il suo anonimato.
Non gli restava altro che costituirsi e sfidare apertamente Akatsuki; tanto lui e Konan erano gli unici sotto forma di ologrammi e si trattava solamente di una dichiarazione di guerra.
Così l’Uzumaki decise di rispondere a toni alla richiesta postagli dall’Uchiha. Alzò un braccio verso il superiore e gli mostrò il medio in segno di disprezzo.
«Da questo momento in poi, questo sarà l’unica cosa che avrai da parte mia, Madara.»
D’un tratto l’atmosfera nella stanza si gelò, lasciando i presenti in uno stato catatonico molto simile a pazienti che si servono della criogeniaiv. Ognuno dei membri dell’Akatsuki spostava lo sguardo da Naruto/Pain a Madara in attesa di una risposta da parte di quest’ultimo; magari si sarebbe capita quale fosse la natura del cambiamento nel comportamento di Pain.
La più spaesata di tutti era ovviamente Konan, la quale malediceva la forza portante sua collaboratrice per la decisione che aveva preso.
«Che diavolo hai in mente, Naruto?» pensò turbata.
Konan convenne che oramai non aveva senso tirarsi indietro; avrebbe accettato le conseguenze della decisione presa da Naruto, anche perché non c’era altro da fare.
Solo in seguito Madara prese parola con un tono di voce molto basso e freddo.
«Questo Pain non è controllato da Nagato. Dimmi di chi si tratta, Konan!»
La donna si chiuse in tacito silenzio, intenta a non ubbidire più a nessun ordine di quell’uomo spregevole.
A Madara non andò per niente giù.
«Rispondi!»
Allora intervenne Naruto, sciogliendo la tecnica della trasformazione per mostrare la sua silhouette tramite l’ologramma.
«Non ti agitare, Madara. Sono io, Naruto.»
«Che cosa?!» sbottò il vecchio Uchiha, totalmente allibito.
Zetsu. Kisame e Madara erano rimasti senza parole. Com’era possibile che Naruto stesse agendo in vece di Pain, quanto sarebbe dovuto essere rilegato in una zona di contenimento, in vista dell’estrazione dell’Ennacoda.
«E così sei ancora tutto intero, moccioso.» commentò lo spadaccino di Samehada.
A Madara comunque premeva sapere dell’altro; in un momento tanto ricco di confusione, necessitava di tutte le informazioni che poteva raccogliere.
«Che fine ha fatto Nagato?» chiese.
«Nagato è morto. –replicò Naruto. Ha deciso di sacrificare la sua vita per un futuro migliore e ha riportato in vita la gente che aveva ucciso nel villaggio della Foglia.»
«IMPOSSIBILE!!» tuonò Zetsu.
Fu molto strano per l’Uzumaki che tutti e tre i suoi nemici fossero rimasti totalmente spaesati a seguito della notizia della morte del caro mentore che lo aveva indirizzato sul sentiero giusto per il raggiungimento della pace.
Madara era quello più scuro di rabbia.
Infatti con calma sostenuta, il vecchio si rivolse all’unica donna lì presente per avere chiarimento su un timore appena sorto. Sperava veramente che ciò che pensava non si fosse avverato.
«Konan. Non dirmi che Nagato ha usato il Gedo Rinne Tenseiv?!»
Nessuna risposta da parte di quest’ultima, per cui l’Uchiha dovette dedurne che Nagato aveva effettivamente usato quella tecnica ed era veramente morto.
D’un tratto la sua furia si abbatté su tutta la grande stanza in cui erano riuniti; le onde mentali del suo chakra si abbatterono su tutte le mura circostanti e la pelle di ogni presente fu colta da brividi talmente fitti che i pori della pelle assomigliavano a delle squame: era il Sakki di Madara Uchiha.
«Moccioso impudente! Me la pagherai!»
Nessuno aveva mai udito il vecchio leader degli Uchiha urlare come quella volta; era veramente terrificante.
Zetsu era talmente spaventato che si era rinchiuso dentro il suo fogliame. Kisame aveva invece convenuto di tenersi a debita distanza, prima che il superiore se la prendesse inavvertitamente con lui.
Caso totalmente opposto per Naruto e Konan: i traditori. Per loro non c’era niente di sicuro, tranne che avevano fatto incazzare di brutto una persona che non andava sfidata; oramai non potevano tornare indietro e questo lo sapevano bene.
Infatti Naruto decise di mascherare l’inquietudine che stava provando per comportarsi da vero uomo.
«Ti sfido a farlo, maledetto bastardo!»
Aveva commesso un passo falso. Madara Uchiha era livido dalla rabbia, tanto che il suo occhio destro stava totalmente andando a fuoco, riempendo la stanza di una strana atmosfera per nulla sicura nemmeno per egli stesso; era come se il mondo si stesse per frantumare per colpa di un essere soprannaturale che stava distorcendo il mondo stesso.
«DANNATO! –tuonò l’uomo. Nagato doveva usare il Gedo Rinne Tensei per me e per nessun’altro! Hai la minima idea di quello che hai osato fare?!»
Nessuno dei due indiziati poteva affermare con certezza a chi dei due il nemico si stesse rivolgendo; presumibilmente era Konan quella che avrebbe risposto maggiormente della grave situazione.
Tuttavia anche lei era fermamente decisa a non tirarsi indietro.
«Mi spiace, Madara, ma adesso io e Nagato abbiamo deciso di credere in questo ragazzo, anziché in te. Siamo convinti che la vera pace è possibile solo se aiutiamo Naruto a completare questo disegno.» disse convinta.
Tutti pendevano dalle sue labbra, persino il mascherato, così lei decise di continuare, rendendo partecipe il nemico delle ultime volontà del suo carissimo amico.
«Nagato ha deciso di morire di sua spontanea volontà, dopo che è stato battuto da questo ragazzo, al quale però ha deciso di affidare le sue speranze. Io ho deciso di fare lo stesso.»
«Me la pagherete cara, tutti e due. –insisté furioso l’Uchiha. Nessuno può tradirmi senza subire le dovute conseguenze!»
Più che altro, Madara voleva tanto sapere come Naruto fosse riuscito a persuadere Nagato e Konan dai loro propositi, dato che erano i suoi più fidi collaboratori, coloro che credevano nella causa dell’organizzazione più di chiunque altro.
Come? Come? Come?
Successivamente, i nemici di Madara Uchiha decisero di levare le tende, mentre ne avevano la possibilità; ritardare oltre sarebbe stato deleterio per loro.
«Non ho voglia di trattare con te in questo momento, Madara. – mormorò l’Uzumaki saccente. Non è ancora il momento di scontrarci, dato che non sono forte come te, ma è solo una questione di tempo, vedrai. Vi ucciderò tutti.»
Quelle ultime parole vennero pronunciate dall’Uzumaki con tutta la rabbia che fino a quel momento aveva trattenuto per cautela. Adesso non aveva più motivo di nascondersi e poteva lasciar uscire tutte le emozioni provate nei quattro anni in cui aveva militato come membro di Akatsuki, svelando così l’obiettivo originario a cui aveva reso partecipe Kakuzu, quando l’aveva battutovi.
Li avrebbe uccisi tutti, dal primo all’ultimo, impedendo anche che Madara potesse portare a termine il suo folle piano, servendosi del potere delle bestie codate.
Subito dopo, Konan gli fece cenno di smetterla di aizzare il nemico contro di loro, suggerendo di andare via; non c’era nient’altro da discutere con loro.
Naruto concordò per una volta con lei.
«Alla prossima.»
Sparirono senza preavviso, lasciando a metà le maledizioni che White Zetsu stava lanciando contro di loro.
Dell’organizzazione criminale conosciuta a livello mondiale come Akatsuki erano rimasti solamente tre membri. Di quelle persone, due stavano in silenzio, in attesa delle azioni del diretto superiore, intanto che quest’ultimo comandava il ritiro della grande statua eretica.
Nel buio del rifugio, Zetsu e Kisame scrutarono l’immobile superiore come immane interesse per le mosse che avrebbe ordito, in seguito degli sconvolgenti eventi ai quali avevano assistito come meri ed inermi spettatori allo stesso tempo; di sicuro si aspettavano che l’Uchiha perdesse la sua proverbiale calma, proprio qualche minuto prima, con le disastrose conseguenze.
Invece Madara Uchiha si mise a ridere compiaciuto.
«Ho perso il potere del rinnegan, ma non ha importanza… No, per niente.»
Zetsu e Kisame si scambiarono uno sguardo carico di perplessità, in attesa di capire che cosa ci fosse da ridere, proprio sapendo che Akatsuki aveva perso una delle sue pedine più potenti: Nagato e il suo rinnegan.
In realtà, Madara era veramente furioso, eppure aveva trovato rapidamente una risoluzione ai suoi problemi e sapeva che solo con una buona dose di pazienza, tutto quello che aveva sognato fino a quel momento si sarebbe realizzato senza particolari intoppi.
Il tradimento di Nagato, Konan e Naruto non faceva altro che accelerare drasticamente i tempi a suo favore.
«Ho agito con fin troppa cautela fino a questo momento. È ora di smetterla!»
La voce del grande Uchiha era decisa, pregna dei sentimenti provati dal suo ambizioso cuore e finalmente libera da un peso che tutto il suo essere si era portato appresso per molti anni di snervante attesa.
Solo allora Black Zetsu ebbe il coraggio di esprimersi per chiedere maggiori delucidazioni su un comportamento anormale adottato dal superiore.
«Allora, quale sarà la prossima mossa? Andremo alla Pioggia a catturare Naruto, intanto che Kisame si occupa dell’Ottacoda?»
«No. –replicò lapidario il mascherato. Konan non è una sprovveduta e conoscerà sicuramente molte delle tecniche da sigillo di cui era in possesso Nagato. Saprà certamente come tenermi a debita distanza dalla Pioggia per un certo periodo di tempo.»
«Quindi?» insisté la parte nera del mostro pianta.
«È finalmente arrivato il momento di avviare il progetto Occhio di Luna!»
Madara Uchiha era al settimo cielo quando aveva dichiarato l’inizio del suo progetto speciale, per il quale erano necessarie le bestie con la coda come chiavi di volta per il cambiamento del mondo; una svolta epocale che avrebbe portato lui sulla vetta del nuovo mondo che avrebbe creato.
A tale notizia, anche il Mostro della Nebbia sorrise dalla gioia, dopodiché quest’ultimo si avviò verso l’uscita più vicina con ancora il sangue in fermento per la dichiarazione appena fatta dal superiore.
Il progetto Occhio di Luna era il vero piano di Akatsuki, qualcosa che per realizzarsi aveva necessitato di un cospicuo investimento di tempo, denaro e vite umane, sebbene alla fine avrebbe dato i suoi succulenti frutti dei quali solo i fautori di quel grande piano se ne sarebbero nutriti.
Madara, Kisame e Zetsu non vedevano proprio l’ora di affondare le fauci in quei succulenti frutti.

*


Una volta concluso l’abbondante pasto offerto dalla moglie del capo villaggio, i ragazzi della Foglia erano letteralmente a pezzi, poiché con gli stomaci colmi fino all’orlo e vittime dell’abbiocco più intenso, il quale li aveva sospinti in uno stato pseudo-catatonico, aiutato anche da un giardinetto su cui si ergevano querce secolari dalla grande corteccia.
Shikamaru, Chouji, Kiba e Akamaru furono i primi a cedere alla stanchezza e il ricordo che dovessero lavorare, anziché poltrire, non li attraversò nemmeno per l’anticamera del cervello. Comunque anche gli altri non erano tanto in vena di volersi mettere a lavoro, anche perché era stato loro ordinato dal maestro Gai di passare un paio d’ore a riposo, intanto che lui avrebbe discusso di alcune questioni importanti con il signor Umiriki.
Ovviamente quella pausa dal cospicuo pranzo era stata accettata con piacere dall’unanimità, eccetto per Rock Lee, il quale si era messo a eseguire alcuni dei suoi allenamenti come al suo solito, e Sai, il quale invece si era chiuso in se stesso in un angolo ad osservare il territorio circostante con un interesse puramente professionale.
Era proprio sul pittore della Radice che Sakura era concentrata fin dall’arrivo nella nazione.
«Dai, Sakura. Siediti qualche secondo. Io sto morendo! Sono piena!»
Ino era coricata sull’erba fresca, completamente stesa da tutte le cose buone che era stata costretta a mangiare. Non solo aveva mandato al diavolo la dieta che stava facendo orgogliosamente da tre mesi, ma era stata obbligata a ingurgitare quantità di cibo pari a quelle di Chouji; lei come il resto del gruppo.
Comunque la Yamanaka si concentrò sullo strano comportamento assunto dall’amica dai capelli rosa e da quelli dal byakugan, provvista di una espressione totalmente persa nel vuoto.
«Fantastico! –pensò sarcastica. Sono circondata dalle abitanti di felicilandia!»
In seguito al suo pensiero, sgorgò l’opinione dell’allieva delle principessa delle lumache in merito all’oggetto dei suoi pensieri; colui che le aveva da tempo scombussolato la pace appena riguadagnata.
«Non mi piace per niente…»
«Cosa?» le domandò Ten Ten che si trovava al suo fianco.
Sakura allora fece cenno in direzione del placido artista della Radice che ne se stava in disparte in un angolino, senza socializzare con nessuno; comportamento totalmente all’opposto di quello che era solito fare, prima della nomina del suo capo come Sesto Hokage.
«Che cosa gli avranno fatto quelli della Radice? Sembra una persona diversa.»
La ragazza aveva proprio ragione, poiché dei sentori del suo nuovo regresso erano stati resi partecipi tutta la loro compagnia e a nessuno andava giù di essere al fianco di qualcuno di cui probabilmente non si poteva più fidare.
«Non ti so dire. Magari non gli va di parlare.» ipotizzò la fioraia part-time.
No. Sakura non lo pensava affatto.
Sai era tornato a essere lo stoico shinobi di quando si erano conosciuti, glielo leggeva sullo sguardo, oramai privato della luce della sete di conoscenza che l’aveva animato durante tutto quel periodo che erano stati assieme.
Sakura Haruno non poteva dimenticare quello che l’amico era stato in grado di fare quando era lei a sentirsi inabile a credere in qualcosa, dopo che il villaggio era stato distrutto dalla potenza del leader dell’Akatsuki; se non ci fosse stato Sai, probabilmente non sarebbe mai riuscita ad andare avanti e a trovare l’epifania che le serviva. In quel mondo, non solo avrebbe smarrito se stessa, ma non avrebbe nemmeno potuto aiutare Hinata, la quale aveva un disperato bisogno del suo sostegno in quel periodo per ovvie ragioni.
Giunta a tale conclusione, Sakura era giunta a una nuova epifania, la quale la stava spingendo a togliersi di dosso ogni opprimente dubbio in modo da risolvere una situazione che non accettava. Si mise in piedi e avanzò con passo deciso verso l’oggetto della sua inquietudine.
Gli occhi degli amici puntati su di loro, interrogatori sull’entità del problema che ben presto tutti loro si sarebbero trovati in qualche modo ad affrontare, mentre avevano la possibilità di non pensare al lavoro.
Sakura piantò i piedi in mezzo all’erba umidiccia, cresciuta sotto la grossa radice dell’albero su cui era appoggiato l’artista privo di emozioni.
«Ehi, Sai. Devo chiederti una cosa.» iniziò la ragazza.
Il giovane pittore non l’aveva degnata subito della sua attenzione; infatti questi era intento all’osservazione del paesaggio del paese dei vortici, poiché ammaliato dalla crudezza che l’ordine naturale delle cose potesse erigere in un mondo tanto ostile di cui lui non era mai stato a conoscenza.
«Sai!»
Il richiamo della ragazza dai capelli rosa lo fece finalmente voltare verso di lei; fu allora che Sai s’imbatté nel suo sguardo.
Il ragazzo non ricordava affatto da quanto tempo non si soffermava a guardarla per bene, tuttavia aveva compreso bene il motivo per cui non era solito farlo come in passato: Sakura aveva la stranissima capacità di far emergere le sue emozioni grazie alla sua grande voglia di vivere; la sua personalità dirompente era qualcosa di unico e per questo la temeva, la ammirava e la evitava allo stesso tempo.
Nonostante quel complesso marasma di emozioni lo stesse sfiancando, aveva deciso che non avrebbe mostrato alcun cedimento, poiché lui lì aveva un compito molto complesso da portare a termine e non poteva deludere le prospettive che Danzo aveva riposto in lui.
«Dimmi pure.» disse placido.
Allora Sakura agì, anche se non aveva idea delle conseguenze che sarebbero potute nascere in seguito.
«Vorrei che mi dicessi qualcosa in più su Danzo!»
Tutti trattennero il respiro. Quello che Sakura aveva chiesto era una chiara e diretta richiesta di svelare i segreti del tenebroso capo villaggio a uno dei suoi collaboratori più stretti.
Il ninja della Radice non si scompose per niente.
«Non posso.»
Dunque Sakura perse la pazienza e agguantò Sai per il bavero della mantella con tanta energia che lo stesso ragazzo si dovette tenere alla corteccia dell’albero per evitare di inciampare nel suo stesso vestiario.
«Perché no?! Una volta ce l’avevi detta qualcosa su Danzo! Che è cambiato?!»
Erano cambiate tante cose e Sakura ne era perfettamente conscia; tuttavia era convinta che ciò non dovesse direttamente implicare che anche il rapporto con Sai sarebbe mutato.
«Era diverso. –replicò il pallido. Quella volta dovevo difendere la reputazione dell’Hokage, questa volta no. Inoltre quello che ho detto era il massimo che potessi divulgare. Il resto non posso proprio dirlo, mi dispiace.»
«Ma perché?! Sbaglio o siamo amici?!» sbottò rabbiosa la rosa.
Allora Sai compì un gesto che avrebbe chiarito qualunque punto messo a verbale, eliminando anche qualunque chance di domande a trabocchetto: mostrò alla ragazza il dorso della sua lingua.
La ragazza dai capelli rossa rabbrividì; aveva visto giusto.
«Ma quello è…?»
Sul dorso della lingua dello shinobi vi erano tatuati dei simboli rettangolari che lo stesso ninja non era molto contento di mostrare in pubblico; il suo disagio era anche dovuto in parte che attirò l’attenzione degli altri, i quali accorsero per vedere di persona il tatuaggio.
«Quello è proprio il risultato di una tecnica di sigillo.» notò Neji; ciò gli ricordava molto l’analogo sigillo che egli aveva tatuato sulla fronte.
Sai chiuse la bocca molto rapidamente, dopodiché dette conferma a quello che avevano dedotto.
«Il sommo Hokage ci ha personalmente dotato di questo sigillo, in modo che esso possa scattare qualora decidessimo di rendere note informazioni compromettenti sulla sua persona o sulla Radice.»
«Beh, non c’è che dire. –commentò Kiba. Quel vecchietto è molto astuto. In questo modo se venite catturati da un utilizzatore di arti illusorie, non potreste comunque rivelare niente su di lui, giusto?»
«Moriremmo di una morte lenta ma silenziosa.» concluse il pittore della Radice.
Solo allora il ragazzo afferrò il polso della rosa con il quale lo stava tenendo ancora a stretto contatto con sé, la allontanò per tornare nella sua posizione originaria. A quel punto si accorse con sorpresa che sulla maggior parte dei presenti vi era dipinta un’espressione molto diversa da quelle che aveva mai visto.
Non capiva che cosa fosse? Perché lo guardavano nello stesso modo che si guardava un animale in procinto di morte? Che cosa aveva che non andava?
«Sai…»
Non ce la faceva proprio a reggere i loro sguardi. Perché lo stavano dando per spacciato prima del tempo? Perché? Perché diavolo lo stavano facendo quei maledetti?
Era in procinto di chiederne le motivazioni, quando le parole di Shikamaru Nara risuonarono per tutta l’area, presagendo quella tempesta che era tanto attesa da parte dell’artista, sebbene fosse molto confuso da quello che stava provando la sua anima.
«Quello che però Sai non vi ha detto, è che la sua presenza qui è dovuta al fatto che l’Hokage gli ha ordinato di tenerci d’occhio.»
Tutti si voltarono verso il genio dal codino; erano sconvolti.
«COSA?!»
Il rimbombo sbigottito della folla di ragazzi a quella notiziona. Gli sguardi che si spostavano da quelli del genio loro amico a quelli dell’artista che era stato reputato amico fino a quel momento.
«Perché mai l’Hokage dovrebbe tenerci d’occhio?!» sbottò Ten Ten un tantino scettica.
«Nemmeno io sono convinto. –sbottò Rock Lee. Infondo siamo semplici chunin, sono certo che ha cose più importati a cui pensare.»
«Ed è qui che ti sbagli.» replicò Shikamaru.
La sua risposta gelò completamente gli animi, tanto che il fatto che si stesse muovendo attivamente, quindi non era annoiato o assonnato, era un valido motivo per credere che ciò che diceva aveva dei fondamenti più che validi.
«Danzo non si fida dei jonin della Foglia, perché grazie a mio padre non lo vogliono votare come nuovo Hokage, per questo sta cercando qualche modo per colpire mio padre, senza che si venga a scoprire.»
Dopodiché il Nara si avvicinò verso il pittore per porgli qualche questione.
«Dimmi la verità, Sai. Se mai ne avessi occasione, hai per caso avuto l’ordine di uccidermi in quanto figlio di Shikaku Nara?»
Una domanda troppo assurda per potere credere che corrispondesse alla verità. Sakura e Hinata in primis non volevano crederci, poiché non potevano accettare che un loro caro compagno potesse veramente fare una cosa subdola del genere.
E invece andò totalmente in maniera differente.
Sai aveva un’espressione truce sul viso, per nulla sua: una espressione che manifestava il sentimento di voler incutere paura nell’avversario.
«Proprio così.»
Come conseguenza di tali focose dichiarazioni, i ragazzi del gruppo si scaldarono, poiché non si aspettavano per nulla un esito del genere nella discussione precedentemente iniziata con il pittore.
Kiba e Akamaru iniziarono a sbraitare contro il pittore.
Chouji si mise davanti al suo migliore amico con la chiara intenzione di proteggerlo dalle manie omicida di un nemico inaspettato.
Rock Lee e Ten Ten circondarono l’avversario, osservandolo con fare sospetto, mentre i restati rimanevano immobili ad analizzare la situazione con le proprie considerazioni.
Nonostante la situazione, fu comunque lo stesso Shikamaru a tentare di sedare gli animi bollenti, anche perché il presunto nemico sembrava non covare cattive intenzioni per il momento.
«Non fate nulla, ragazzi. Non conviene a nessuno ingaggiare una lotta inutile come questa.»
«Ma come fai a dirlo, Shikamaru?!» tuonò l’Akimichi al suo fianco.
A cui vi si aggiunse ben presto anche l’Inuzuka a fare presente che le intenzioni di Sai erano sempre a loro sfavore.
«È evidente che non possiamo fidarci di lui. Come fai a dire di restare calmi dopo che questo bastardo ha ammesso che ti vuole uccidere?!»
Il Nara aveva argomentazioni fin troppo valide per potersi ritirare da quanto precedentemente detto.
«Non dobbiamo sottovalutarlo per alcuna ragione. Dopotutto lui è un membro della Radice ed è stato educato ad essere un killer. Sono certo che non sarebbe un problema batterci tutti.»
Purtroppo il jonin dal codino non aveva torto e tale considerazione aveva abbassato di parecchio l’istinto guerrigliero dei membri del gruppo, lasciandoli con un senso di oppressione, dovuto alla loro inettitudine a non essere in grado di reggere il confronto con nessuno.
Fu allora che Sai prese la parola.
«Non mi interessa niente di tutto questo al momento. Mi è stata affidata la missione di tenervi d’occhio ed è quello che farò, che lo vogliate oppure no.»
Tali informazioni non fecero altro che gettare ancora più incertezza nel gruppo, del quale l’interesse verso il pittore della Radice stava iniziando a scemare man mano che le sue intenzioni venivano allo scoperto.
«E quale sarebbe la ragione per tenerci d’occhio?» gli domandò indagatore Neji.
«Non proprio tutti voi, soprattutto Sakura e il maestro Gai. Sono due potenziali obiettivi con il quale il maestro Kakashi potrebbe mettersi in contatto.» rispose con nonchalance il ragazzo.
«Cosa?!» tuonò Sakura, facendosi avanti.
L’allieva del Quinto Hokage era letteralmente furiosa; il desiderio di stampare un altro pugno sul viso di Sai stava diventando veramente bisogno di realizzazione.
«Tutto qui? Ci spii per poterci tradire?!»
«Sì. –rispose placido il ragazzo. È questa la mia missione e un ninja porta sempre a compimento la sua missione. È una regola d’accademia.»
«Fanculo le regole!» continuò la ragazza dai capelli rosa.
«Adesso basta, Sakura!»
Era stato il maestro Gai a richiamarla all’ordine. L’uomo era appena tornato dalla sua discussione con il capo villaggio e sembrava non essere per nulla disponibile per qualunque tipo di scherzo, figurarsi gli screzi fra compagni di squadra.
«Maestro Gai…»
La bestia verde avanzò lentamente verso i protagonisti principali della discussione. Sebbene i suoi fossero passi molto lenti, la totalità del gruppo percepiva distintamente il suo nervosismo, tanto che quest’ultimo era addirittura palpabile da rendere evidente la gravità della situazione corrente.
«Litigare fra compagni è l’ultima cosa di cui dovremmo preoccupaci, ragazzi. Se avete qualcosa contro questo ragazzo, vi prego di tenervela per voi per tutto il resto della missione. Non tollero screzi fra i miei sottoposti.»
Al massimo avrebbe potuto tollerare qualche scaramuccia fra i dichiarati rivali del gruppo, ovvero Rock Lee e Neji, nel quale il primo insisteva nel coinvolgere il secondo in un assurdo allenamento da eseguire. Invece per quanto riguardava le liti, Gai non riusciva proprio a digerirle, probabilmente perché tali momenti di confusione spesso gli era costato qualche ferita o alle volte la morte di qualche compagno.
Nonostante il suo avvertimento, Kiba insistette comunque sul dare un senso nobile alle motivazioni che avevano portato alla nascita del conflitto.
«Maestro, questo bastardo ha dichiarato che vuole uccidere Shikamaru e che è qui per spiarla. Non possiamo lasciarlo fare senza muovere un dito!»
«Questo non è un tuo problema, ragazzo. –lo liquidò Gai. Finché siete in questa squadra, io sarò il vostro superiore e se non ci sono, c’è Neji a cui dovete obbedire, per cui smettetela di frignare che abbiamo molte cose da fare.»
Un modo di fare che non era mai appartenuto a Maito Gai; chi lo conosceva bene, sapeva che di solito avrebbe sbraitato assieme a Kiba e compagnia per fare in modo che Sai cambiasse idea sul suo compito o venisse allontanato.
Molti infatti non accettarono la sua decisione. Ten Ten era fra quel gruppo e provò a esortare il diretto superiore a cambiare idea.
«Ma maestro!»
Fu una pessima idea, poiché Gai si innervosì davvero quella volta.
«Ho detto basta!»
Un ordine che venne pronunciato con una tale energia da superare la barriera del suono, estendendosi per tutta la forestale in cui erano accampati i ragazzi del villaggio della Foglia.
Nonostante ciò, nonostante la paura che il maestro Gai aveva trasmesso ai suoi irrequieti sottoposti, c’era ancora qualcuno che non riusciva ad accettare la sola presenza di un Sai così bastardo, tanto che aveva bisogno di allontanarsi dal gruppo per un poco di tempo e starsene da solo a riflettere: quel qualcuno era Sakura.
La ragazza in questione era scattata verso un punto indefinito della foresta. Corse come una forsennata, senza dar peso ai richiami dei suoi compagni, anche perché, se non era il maestro Gai a chiamarla, significava che le era stato indirettamente concesso il diritto di starsene per gli affari suoi per un poco di tempo.
«Ma dove starà andando quella stupida?» domandò Kiba incerto.
«Che importa! –sbottò la Yamanaka. Dobbiamo raggiungerla subito! Questa zona è abitata da molte di quelle dannate bestiacce super potenti!»
«Andiamo!» si aggiunse il bonario Akimichi.
Ancora una volta, il maestro verde si intromise nelle decisioni dei suoi sottoposti con una insolita serietà.
«Andrà solo Ino. Ho alcune cose di cui discutere con voi, poi le raggiungeremo.»
«Non crede che sia solo pericoloso lasciarle andare da sole?» domandò inquieto l’Aburame.
Gai si era già seduto per terra, pronto a raccontare quanto appreso dal capo villaggio sulla missione che avrebbero dovuto portare a compimento.
«Sanno badare a loro stesse. –disse sicuro di sé, rivolto all’Aburame. Ora siediti che comincio.»
Intanto Ino era già corsa via nella direzione percorsa da Sakura. La paura la stava assalendo, poiché aveva timore di venire attaccata da una delle pericolose bestie che abitavano le foreste della nazione dei vortici. Correva con cautela, armata della lama di un kunai che sarebbe stata comunque inefficiente per eliminare una eventuale minaccia, ma che comunque le donava quel senso di sicurezza impagabile; in più, la sua mente era affollata dalle preoccupazioni della stessa Sakura e dell’inquietante pittore della Radice.

*


Sakura era stata appena scovata dalla sua amichevole inseguitrice. La giovane si era inginocchiata sulla foce di un lago che costeggiava il complesso lignifico in cui il gruppo si era accampato.
Sakura era molto turbata dal miscuglio di emozioni che le stava confondendo per bene le idee; aveva bisogno di stare da sola per qualche minuto, poiché non era in grado di fornire un pensiero logico e professionale al suo comportamento.
La giovane ninja medico venne attirata dalla sua figura specchiata dalla superficie acquosa. Le venne molto dura accettare che quella pallida figura fosse la stessa ragazza gioiosa qualche mese prima.
Proprio così, prima della distruzione del villaggio, tutto le sembrava più semplice, bastava solo affrontare il problema e perseverare fino a oltrepassare l’ostacolo. Ora invece era una stoica figura che non riusciva a sopportare i mutamenti orribili del mondo di cui non poteva fare nulla per impedirne il completamento; Sakura Haruno si era trasformata in una vittima dei tempi correnti, della crudeltà del mondo ninja.
Proprio in quel momento si sentiva come un giocattolo nelle mani dei grandi ninja che amministravano il suo mondo. Uno di quei dannati pupazzi manovrati da Sasori, la quale tuttavia era in grado di provare fin troppe emozioni; probabilmente era per quella ragione che la regola d’oro dei ninja era di non ostentare mai nessuna emozione umana: peccato che se ne fosse resa conto troppo tardi.
«Ma che cazzo mi sta prendendo?»
Una buona domanda; peccato che non fosse in possesso della risposta del più grande dilemma della sua vita. Sakura dovette ammettere che per sapere che cosa fare in un momento tanto confuso della sua vita, avrebbe dato qualsiasi cosa, persino se si fosse trattato di commettere qualche macabro crimine che andasse contro la sua morale.
Ovviamente la ragazza dai capelli rosa non avrebbe mai rivelato le sue effettive necessità all’amica che l’aveva appena raggiunta con tanta apprensione sul volto.
«Mi dici che ti è preso? Non è da te comportarti in questa maniera.»
Sakura immerse le mani dentro l’acqua gelata del lago, ne raccolse una piccola quantità per gettarsela in viso; sperava che magari in quella maniera qualcosa sarebbe cambiato e che le voci dentro la sua mente avrebbero cessato di tormentarla; processo per nulla facile da portare a compimento.
«Non ci sto capendo più niente, Ino… Davvero, non so che cosa fare a questo punto.»
L’amica tirò un sospiro di rassegnazione, dopodiché le si sedette accanto a condividere la medesima esperienza, come se fosse alla ricerca di maniere per poter vedere le cose nell’ottica della rosa, in modo da poterne condividere la visione delle cose.
«Ti fai troppi problemi, ecco tutto.» replicò la ragazza, mentre immergeva le mani dentro l’acqua gelata.
Sakura ci pensò attentamente su a tal proposito, mentre l’amica ripeteva la sua azione originaria e godeva della freschezza di tale liquido rinvigorente.
«Ho deciso!» sbottò a un certo punto l’Haruno.
Durante quei pochi istanti, era riuscita in qualche modo alla sua tanto sospirata epifania e non vedeva l’ora di rendere partecipi i suoi amici più cari della sua presa di coscienza; Ino rientrava fra questi.
«Non ho potuto fare nulla per Naruto, il maestro Kakashi e la signorina Tsunade, però farò in modo di salvare Hinata e Sai da quello che potrebbero diventare. Questo almeno glielo devo, dopo tutto quello che hanno fatto per me.»
Alche la Yamanaka, dopo aver udito l’ultima decisione dell’amica, le mostrò uno dei suoi più belli sorrisi, ostentando così il suo sollievo che in realtà lo stato di Sakura fosse solo temporaneo.
«Così mi piaci, amica mia! –disse orgogliosa. E io e tutti gli altri ti aiuteremo!»
Lei si era già rimessa in piedi e aveva appena teso la sua mano verso l’allieva della principessa delle lumache; quest’ultima aveva accettato di buon grado quell’aiuto e aveva afferrato la mano dell’amica per rimettersi in piedi.
Sakura non poteva che esserle grata per il semplice fatto che ci fosse; che Ino parlasse o stesse zitta non aveva importanza, l’importante era che la sua migliore amica fosse lì presente come supporto morale.
«Grazie, Ino.» disse Sakura grata.
«Figurati, fronte spaziosa.» ricambiò la bionda scherzandoci su.
Le due amiche scoppiarono a ridere per il divertimento, dimenticandosi totalmente della discussione precedentemente avuta con i loro compagni; allo stesso modo rimossero temporaneamente tutti i problemi che affliggevano i loro animi e si scoprirono essere più leggere che mai. Una sensazione impagabile per cui avrebbero lottato con le unghie e con i denti per raggiungerla.
Sfortunatamente il percorso che avrebbero dovuto seguire era pieno di insidie e una di quelle prendeva il nome di Kabuto Yakushi, il quale aveva assistito a tutta la scena per puro caso e ne era parso molto interessato, soprattutto perché quelle due ragazze condividevano qualcosa che lui non aveva mai provato in vita sua.
Il quattrocchi si posizionò su una collinetta appena al di sopra dal punto in cui erano le due kunoichi del villaggio della Foglia, richiamandone l’attenzione nel momento che giudicò più consono per darsi una certa teatralità.
«Guarda un po’ chi si rivede. Non avrei mai immaginato di rincontrarci proprio in questo posto.»
Non appena le due ragazze udirono quella voce tenebrosa, simile a un sibilo di un serpente, si misero in assetto da combattimento, alla ricerca della fonte delle loro preoccupazioni. Ovviamente, non fu un mistero per nessuno rimanere in balia dello stupore di fronte a un famoso ricercato che sembrava bearsi della loro stessa paura nell’averlo incontrato.
«Kabuto!» tuonò rampante l’Haruno, non appena lo riconobbe.
Non era stato facile per Sakura capire con chi stesse parlando; il volto del nemico era coperto dal cappuccio del mantello in cui era avvolto l’ex braccio destro del ninja leggendario, comandante dei serpenti.
Sakura e Ino scorsero nello sguardo del nuovo arrivato lo stesso impeto di terrore che era solito generare il vecchio Orochimaru nelle sue vittime. Comunque le kunoichi sapevano con certezza che non si trattava del ninja leggendario, perché l’uomo che avevano di fronte, portava occhiali spessi di fronte agli occhi color miele e i soliti capelli grigi; persino nella voce di Kabuto erano presenti dei cambiamenti, diventata molto bassa e disturbata da continui sibili da serpente.
L’erede di Orochimaru fissò le due kunoichi con una punta di estasi, dal momento che era animato da un forte desiderio di testare la sua superiorità su degli individui che giudicava delle formiche a suo confronto. Kabuto si sentiva invincibile e non avrebbe avuto timore di svelarsi al nemico, nemmeno se si fosse trattato di un esercito.
Di conseguenza, con un tale stato d’animo a suo carico, il serpente con gli occhiali ghignò, intanto che Sakura si scaldava come un toro imbizzarrito, dopo averlo visto.
«Che diavolo ci fai qui?!» domandò la ragazza.
«Non credo che siano affari tuoi, piccola Sakura.» replicò sprezzante il giovane uomo.
«Cosa?! –tuonò sempre la stessa ragazza. Bastardo!»
Entrambe le kunoichi sapevano bene che Kabuto non era affatto il tipo che faceva delle determinate cose, senza una valida ragione. Se quel pericoloso criminale si trovava nel paese dei vortici, non era certamente dovuto al caso, bensì a un complicato piano in cui la Foglia ci andava spesso in mezzo.
Sakura e Ino inoltre erano a conoscenza che parlare non sarebbe servito per far confessare il nemico; per scoprire la natura della sua presenza in un angolo remoto delle terre ninja, era necessario sconfiggerlo e catturarlo.
Di conseguenza, Sakura agì rapidamente, usando uno dei suoi pugni distruttivi con il solo scopo di colpire in pieno l’obiettivo e portare a termine il compito, senza particolari problemi.
Tuttavia, la ragazza aveva completamente rimosso dalla mente che Kabuto Yakushi non era mai stato uno shinobi che poteva affrontare a viso scoperto. La forza dell’ex braccio destro di Orochimaru era stata paragonata dall’intelligence del villaggio a quella di Kakashi Hatake, per cui molto vicina al livello di un Kage; le sue conoscenze mediche a livello di quelle di Tsunade e Shizune; la sua intelligenza pari a quella di Shikaku Nara; la sua follia andava a tu per tu con quella di Orochimaru.
Infatti per Kabuto fu un gioco da ragazzi sfuggire dalle grinfie dell’allieva del Quinto Hokage.
«Come sei impaziente, Sakura. Non sai che è maleducazione attaccare in quel modo una persona?»
Successivamente l’uomo dovette evitare con nonchalance i kunai lanciati da Ino, infine si posizionò sopra la superficie acquatica a fissare annoiato le due ostili kunoichi.
«Allora non volete proprio capire, eh?»
«Sei tu a non capire, bastardo!» tuonò l’Haruno.
«Ti cattureremo a qualunque costo! –continuò la Yamanaka. Sono tanti i crimini a cui devi rispondere, razza di mostro!»
Kabuto risultò molto divertito dalle loro minacce e lo fu ancora di più, quando i restanti componenti della squadra della Foglia avevano raggiunto le loro compagne, poiché attirati dall’esplosione causata dal pugno di Sakura.
«Ehi! Chi diavolo è quel tizio?!» domandò Ten Ten in vece di tutti gli altri.
«È Kabuto! Fate attenzione a questo bastardo!» li avvertì l’allieva della principessa delle lumache.
«Che cosa? –sbottò il maestro Gai. Quel tizio è proprio Kabuto? Ne sei certa, Sakura?»
Purtroppo era così. I ninja della Foglia si erano trovati di fronte uno dei nemici più temibili del villaggio della Foglia nel ben mezzo di una missione sempre più stratosferica. Per di più, sembrava proprio che la consapevolezza di essere in superiorità numerica era un fattore del tutto relativo, soprattutto se si aveva a che fare con un nemico pericoloso come Kabuto Yakushi.
Nonostante tutti avessero quello status mentis, si optò a non mostrare la corrente inquietudine al nemico, poiché segno di debolezza.
Il maestro Gai si fece carico del grosso del lavoro.
«Se sei veramente Kabuto Yakushi, allora mi dispiace, ma dobbiamo catturarti e portarti al villaggio della Foglia per interrogarti.»
Alche il ninja traditore scoppiò in una fragorosa risata che infastidì moltissimo i membri del gruppo della Foglia, soprattutto quei tipetti calienti com’erano Sakura, Kiba e lo stesso maestro Gai, anche perché nessuno riusciva a capire che cosa ci avesse da ridere.
«Che cazzo hai da ridere, bastardo?!» domandò furiosa la ragazza dai capelli rosa.
Altro ammonimento da un membro più controllato del gruppo; in quel Shikamaru.
«Sta calma, Sakura. È chiaro che sta bleffando, non deve esserci nessun’altra spiegazione.»
«Ti sbagli, Shikamaru. È tutto il contrario.» ribatté Kabuto tutto beffardo.
Il silenzio si era impadronito della scena, arricchito da un alone di mistero, generatosi dal seme del dubbio appena gettato a germogliare dall’aspirante eremita dei serpenti.
«Il fatto che crediate di avere una possibilità contro di me è tremendamente divertente. Tutto qui.»
Ovviamente quelle parole ebbero come diretta conseguenza di fare incavolare di brutto il nemico, il quale di fatti reagì proprio come previsto.
«Come osi, pezzo di merda?! –tuonò l’Inuzuka, pronto ad attaccare briga. Adesso di faccio vedere io!»
Quella volta non ci fu nessuno che bloccò la sete di thanatos di Kiba Inuzuka e del suo feroce Akamaru. Tutti erano pronti ad attaccare in qualsiasi momento e non aspettavano altro che la minima distrazione da parte del temibile avversario.
«Mi raccomando, ragazzi. –dichiarò Gai con apprensione. Ricordate che stiamo parlando di qualcuno che ha i poteri di Orochimaru, non sappiamo che diavoleria potrebbe usare per attaccarci.»
«Se lo attacchiamo prima che possa fare dei segni, non avremmo problemi!» tuonò lo Hyuga al suo fianco.
Tutti stavano partendo alla carica contro l’ex braccio destro di Orochimaru, il quel tuttavia rimaneva immobile nella sua posizione ad osservare lo spreco di energie di quelli che giudico come poveri stolti; solo dopo Kabuto si accinse a ricorrere alla tecnica che gli garantiva una sicurezza totale su qualunque tipo di situazione.
«Kuchiyose: Edo Tensei!vii»
Come per incanto, una miriadi di casse funebri si ersero dal suolo, proprio alle spalle dei guerrieri del villaggio della Foglia. Il fenomeno fu talmente sconvolgente che tutti loro interruppero la fase d’attacco per concentrare tutto lo stupore su quello che era stato portato a termine dal folle scienziato serpente.
«Ma che diavolo sono quelle cose?» domandò la Yamanaka perplessa.
In realtà Ino, come tutti gli altri, aveva già dei terrificanti sospetti a tal proposito, tuttavia non accennava nemmeno a pronunciarsi per la troppa paura.
Un'altra domanda venne sollevata da Shino.
«Delle bare? Ma che significa?»
I ragazzi si trovavano all'interno di un campo magnetico ai cui poli si trovavano Kabuto e le varie bare a cui dedicavano con agitazione uno sguardo e sempre cambiavano prospettiva, poiché non sapevano a chi dover dare più importanza. Tale problema si annullò totalmente quando i coperchi delle bare si staccarono dalla loro postazione e caddero al suolo, mostrando dunque il loro prezioso contenuto.
«Non può essere!!»
Fu una frase che venne detta o pensata da ognuno dei ninja della Foglia, perché fra le figure che si trovavano all'interno delle bare c’erano delle persone che non avevano per nulla l’aspetto di star bene; erano i fantomatici zombie per il quale il paese dei vortici aveva chiesto aiuto alla Foglia.
E come se ciò non fosse stato a sufficienza, fra quegli shinobi erano presenti volti noti ai ninja della Foglia e questo non faceva altro che aumentare il senso di smarrimento appena nato.
Gai fu in grado di riconoscere fra quelle persone il vecchio compagno d’avventure, Gekko Hayate che era stato assassinato cinque anni prima, durante la guerra fra la Sabbia e la Foglia.
Oltre allo spadaccino, Gai poté riconoscere benissimo altri due shinobi del suo villaggio, famosi per le loro tecniche segrete e per le doti speciali.
Imbattersi nei fantasmi del passato non era mai piacevole e tutti lo sapevano bene. Rivedere delle persone che erano morte faceva uno strano effetto, poiché non si sapeva come ci si doveva comportare con quei poveretti, vittime di una tecnica folle come quella.
Per Sakura e Hinata non fu affatto gradito rivedere il vero Sasori al fianco del temibile Itachi Uchiha. I due ninja dell’Akatsuki erano immobili, privi di vita, così come lo era il Demone Zabuza o altri ninja della Foglia e alcuni della Nebbia e della Nuvola.
Il trauma più grande, però, venne vissuto dai membri della squadra 10, dato che, ad essere stato evocato da Kabuto, era stato anche il loro amato maestro, la cui perdita aveva segnato nei loro cuori una profonda cicatrice ancora grondante di sangue.
«Ma… Maestro Asuma…» mormorò Chouji in lacrime.
Il bonario ciccione era talmente commosso di rivedere l’amato maestro oramai defunto che stava quasi per andare ad abbracciarlo in preda alle emozioni.
«Fermati, Chouji!» tuonò il Nara al suo fianco.
La rabbia dipinta nel suo volto non era mai stata rappresentata in tale maniera, nemmeno quando voleva vendicarsi di Hidan e Kakuzu era così furioso.
«Quello non è il maestro Asuma. –continuò il genio. Quella è una pedina di Kabuto!»
Proprio così. Quell’essere inanimato non era il loro maestro, quello che condiva i loro momenti con l’insopportabile aroma delle sue sigarette a doppio filtro. Ciò che i ragazzi della squadra 10 avevano di fronte era un cumulo di carne decomposta e insetti, una mera marionetta senz'anima.
«Ma perché il maestro è lì? Perché?» domandò Ino confusa.
Come lei, anche tutti i restanti membri del gruppo erano rimasti senza parole; l’unica cosa di cui tutti erano certi che quei ninja erano stati riportati in vita da una tecnica proibita per cui era necessario razziare le tombe delle vittime.
Chouji non riusciva proprio a sopportarlo e si gettò a capofitto contro Kabuto, poiché ritenuto responsabile per aver offeso la memoria del grande figlio del Terzo Hokage.
«Figlio di puttana!!!»
Il giovane ciccione si era appena ingigantito in un batti baleno e stava per far precipitare il suo possente pugno sul subdolo manipolatore di cadaveri. Tuttavia non fu in grado di raggiungere il suo obbiettivo, perché uno shinobi resuscitato si era messo in mezzo, deviando il colpo del giovane con un colpo delle lunghe lame legate ai polsi.
Chouji urlò dal dolore, il suo sangue cadde a catenelle su tutti coloro che erano sotto di lui; l’unico a ridersela era Kabuto che nel frattempo si dilettava nel controllare qualche sua pedina, al fine di rendere il gesto del gigante, un chiaro esempio che non conveniva mettersi contro di lui.
«Chouji!» lo richiamarono preoccupati i suoi compagni.
Il povero malcapitato aveva appena indietreggiato per il dolore, quando un possente shinobi della Nuvola venne richiamato dal subdolo scienziato per concludere il lavoro; questi risultò essere molto veloce e potente, tanto da poter assestare un montante violentissimo sullo stomaco del gigante, riuscendo ad atterrarlo senza nessun altro problema.
«Vediamo di divertirci.» pensò malefico lo Yakushi.
In realtà Kabuto aveva cose molto più importanti di cui occuparsi, ma se c’erano i ninja della Foglia, era meglio suddividere le sue pedine in due gruppi. Il primo si sarebbe occupato di concludere il suo importante compito, l’altro avrebbe tenuto a bada i ninja della Foglia, finché egli non lo avrebbe ritenuto necessario.
Sotto ordine dello scienziato, si mossero anche i corpi di Gekko Hayate e di uno delle squadra di cattura criminali della Nebbia. Seguirono due ninja del villaggio della Roccia e altri due della Foglia che però i presenti non conoscevano, fatta eccezione per il maestro Gai e Shikamaru, che sui ninja passati della Foglia sapeva praticamente tutto.
«Merda! Quel maledetto ha riportato in vita pure il padre di Kurenaiviii!» tuonò il maestro dalla calzamaglia.
L’uomo aveva appena schivato il fendente di uno shinobi della Foglia, la cui età si aggirava sulla cinquantina, ma che era molto veloce nei movimenti; inoltre, se quello che era stato detto era vero, bisognava prestare attenzione alle sue doti nelle illusioni, proprio perché era il padre di Kurenai.
Chi si trovava in difficoltà erano anche Neji e Hinata, perché se la stavano vedendo contro un membro del clan Uchiha che come ultima mossa, aveva assestato un forte calcio all'erede della casata principale sullo stomaco.
«Signorina Hinata!» urlò il cugino dell’infortunata.
Hinata si rialzò appena in tempo per accorgersi di un attacco ai suoi danni di uno dei cloni d’ombra creati da Gekko Hayake.
Rock Lee intervenne tempestivamente.
«Konoha Seppu!ix»
Il nemico venne sconfitto, sebbene si fosse rivelato un clone d’ombra, poiché si era scoperto che lo spadaccino della Foglia sapeva usare la tecnica superiore della moltiplicazione del corpo; grazie a tale tecnica, egli aveva circondato il campo di battaglia e stava dando a tutti quanti molte grana da pelare.
«Grazie, Rock Lee.» disse la Hyuuga riconoscente.
«Ah, figurati. –rispose l’altro tutto contento. È normale difendersi fra compagni.»
Una volta detto ciò, lo specialista di arti marziali venne richiamato dal suo mentore e lo raggiunse tempestivamente a dargli una mano.
Intanto Neji aveva in qualche modo fatto in modo da rendere pan per focaccia all’Uchiha nemico, scagliandogli contro una potente onda d’urto che lo ridusse a un colabrodo.
«Fuori uno!» sbottò.
Una volta concluso quel compito, il ragazzo dagli occhi bianchi si diresse al fianco della cugina per accertarsi che non si fosse fatta nulla di grave; era suo compito proteggerla da qualunque pericolo anche a costo della vita.
Tuttavia, sebbene Neji fosse a conoscenza dei suoi doveri, egli era anche conscio che il membro della casata principale che veniva protetto, doveva essere quantomeno in grado di rendere la sua stessa protezione abbastanza fattibile. C’erano momenti in cui lo Hyuuga non sapeva nemmeno che cosa frullasse in testa alla cugina.
«Vorrei sbagliarmi, signorina, ma non siete concentrata. Per quale ragione?» domandò autoritario alla ragazza.
Hinata sobbalzò. Temeva che il cugino stesse sospettando di qualcosa e non se li poteva permettere proprio dei sospetti; doveva cercare di nascondere per bene le sue emozioni: la posta in gioco era veramente alta e la risoluzione dei suoi dubbi doveva essere raggiunta.
«Guarda, Neji. –disse la ragazza, indicando gli zombie di Kabuto. Perché non si muovono anche loro?»
Neji non lo sapeva proprio, eppure il dubbio che Hinata gli stesse nascondendo qualcosa non accennava a svanire; era addirittura tentato di sbirciare dentro di lei con il suo byakugan per capirci meglio, ma purtroppo l’Uchiha era tornato alla carica, rigenerandosi dal nulla.
«Attenzione, signorina!» tuonò il ragazzo, rivolgendosi alla corvina.
I due cugini Hyuuga spiccarono un balzo perfettamente sincronizzato per schivare i colpi dell’avversario, anche quando quest’ultimo aveva usato contro di loro la tecnica della pioggia di fuoco del clan Uchiha.
«Fate attenzione, ragazzi! –tuonò Kiba dall'altro angolo del campo di battaglia. Questi bastardi si rigenerano a vista d’occhio!»
Un bel problema. Significava che qualunque colpo non sarebbe stato abbastanza per poter neutralizzare quei morti viventi. Inoltre, molti erano impensieriti dal fatto che molti degli shinobi evocati da Kabuto erano rimasti immobili.
I ninja della Foglia non potevano sapere che persino Kabuto si chiedeva con ansia perché quelle potenti pedine non avessero risposto ai suoi ordini; la soluzione doveva essere una solamente.
«Non sono ancora abbastanza potente per poter controllare gente del calibro di Sasori o Itachi. Maledizione.»
Le preoccupazioni del folle scienziato andarono ad infoltirsi quando udì Shikamaru urlare qualcosa al maestro Gai e al ninja della Radice che avrebbe potuto mettere i bastoni fra le ruote del suo grande piano.
«Dobbiamo provare con le tecniche sigillanti! Se blocchiamo i loro movimenti non sarà difficile intrappolarli.»
Il Nara aveva già bloccato i movimenti di cinque zombie, grazie alla sua fidata tecnica del controllo dell’ombra e questo aveva causato non poco fastidio in Kabuto.
«Giusto! Dovrebbe funzionare!» tuonò il maestro Gai.
L’uomo aveva appena sconfitto il padre di Kurenai grazie all’aiuto di Shino e dei suoi insetti che erano in grado di spezzare le illusioni del nemico.
Gai confidava molto nelle tecniche di Shino e Sai per poter riuscire in quella complessa pulizia di morti viventi. Il jonin aveva preso la decisione di lasciare alla sua squadra il compito di sigillare i morti, mentre lui avrebbe pensato direttamente alla fonte dei loro problemi.
Sfortunatamente per i ninja della Foglia, Kabuto era preparato, come lo era sempre stato, a ogni tipo di inconveniente, così aveva nuovamente effettuato il sigillo della Resurrezione Impura per richiamare dall'oltretomba due shinobi che i suoi nemici avrebbero fatto fatica a dimenticare.
Kabuto dovette ammettere che lo stupore nelle loro facce dava una sensazione a cui era difficile dare un nome, tanto era impagabile.
Gai aveva persino desistito dai suoi propositi di fermare il nemico, non appena vide i due nuovi arrivati dall'oltretomba.
«Non… Ci credo…» sbottò Ino a qualche metro più là.
Nessuno voleva crederci, poiché sembrava così inverosimile e ingiusto che un subdolo mostro mettesse il dito dentro una profonda ferita che ancora grondava sangue alla minima pressione.
«Questa non ci voleva…» commentò a tal proposito il rivale di Kakashi Hatake.
Probabilmente Gai era l’unico ninja in quel gruppo, oltre a Sai, ad aver conservato le sue emozioni, per concentrarsi sulla effettiva gravità del problema in cui consisteva la presenza di quelle due persone.
Purtroppo non si poteva dire lo stesso per i suoi sottoposti, poiché erano rimasti letteralmente basiti e privati dalla forza di combattere alla vista del loro vecchio compagno, ridotto allo stato di un decadente zombie privo di volontà.
Naruto Uzumaki costeggiava il corpo del dinamitardo dell’Akatsuki e l’ex braccio destro di Orochimaru. Rivederlo non fu affatto piacevole per i suoi vecchi compagni, perché struggeva moltissimo il cuore operare un processo di comparazione fra il Naruto dei loro ricordi e quell'ammasso di carne fetida che avevano di fronte.


L'angolo dell'autore
Una sola parola, cari lettori: finalmente!
Questo periodo non è stati dei più rosei per me, qualunque universitario potrà capirmi. Spero comunque che ne sia valsa l'attesa, perché da ora in poi mi metterò a parlare attivamente di Edo Tensei con la stessa frequenza di Masashi Kishimoto.
Comunque, nel prossimo episodio conto di far fare a Hinata la protagonista principale, così da togliere ogni dubbio sul suo stato d'animo.
Ultima domanda: che ne pensate della mia scelta di far litigare Naruto e Tobi?
In attesa della vostra risposta, vi ringrazio come sempre per la lettura e torno a studiare.
Ciao!

NOTE
i. Hakke Kusho = Palmi dell'uragano.
ii. Temujin = Si tratta di un'isola situata nel paese dei fulmini, in cui Naruto andrà ad allenarsi con Killer B per apprendere il controllo del potere della volpe.
iii. Sakki = Letteralmente significa "Istinto Omicida" e gli usi verranno spiegati in seguito nella storia, sebbene ne siano stati già fatte alcune allusioni nei capitoli precedenti.
iv. Criogenia = La criogenia è una branca della fisica che si occupa dello studio, della produzione e dell'utilizzo di temperature molto basse e del comportamento dei materiali in queste condizioni.
v. Gedo Rinne Tensei = Tecnica finale dell'Eremita dei sei sentieri che permette la resurrezione di uno o più esseri viventi. Nagato usa questa tecnica per riportare in vita gli abitanti della Foglia, sebbene muoia dopo averla usata.
vi. [...] quando l'aveva battuto. = Nella precedente storia, Naruto subisce un agguato da Kakuzu, tuttavia il ragazzo riesce a batterlo, infliggendo una pesante offesa nell'orgoglio del ninja traditore della Cascata.
vii. Kuchiyose: Edo Tensei = Tecnica del Richiamo: Resurrezione Impura.
viii. Il padre di Kurenai = Quest'uomo compare nel flashback di Kushina, quando le generazioni del periodo erano state messe al sicuro dagli adulti, perché non volevano che venissero uccisi dalla volpe a nove code. Il padre di Kurenai coordinava quei lavori e sua figlia era molto contraria a quella decisione. Non si sa che fine abbia fatto, ma presumibilmente è stato ucciso dalla volpe.
ix. Konoha Seppu = Vento della Foglia. Arte marziale usata da Rock Lee, Gai e Kakashi.

Nel prossimo capitolo
«Quello che è successo è abbastanza chiaro. Hinata ha tradito il villaggio.»
«Non dire assurdità, Sai! Hinata non ha tradito proprio niente!»
«Ha abbandonato la sua posizione e i suoi compagni per inseguire un fetido cadavere. Non mi viene nessun altro modo per definire il gesto che ha fatto.»
«Tu! Sei solo un lurido pezzo di merda e un ingrato! Come puoi solo pensare di tradire Hinata e tutti noi altri, dopo quello che abbiamo fatto per te!? Rispondimi, Sai!»


Vivere per potermi ricordare di te

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Capitolo 7
*** IL RICORDO DELL'AMATO ***


Salve a tutti, mie care lettrici e miei cari lettori! Sono passati davvero molti secoli dal mio ultimo aggiornamento e non ho nessuna scusante, per cui credo che mettermi a farneticare sulle scuse più assurde sarebbe controproducente; tuttavia permettetemi di dire solamente che questo incredibile ritardo è stato dovuto per tre motivi: la mancanza di ispirazione e voglia di scrivere, il poco tempo a disposizione, il quale, unito alla poca voglia, ha ritardato di molto la stesura del capitolo e il fatto che ho dovuto pensare molto alla mia laurea che ho finalmente preso; sono dottore in lingua inglese!
Ho deciso di raccogliere tutte le mie idee e di fare un capitolo molto lungo per farmi perdonare e di salutare questo nuovo 2014 con un bel capitolo che spero sia di vostro gradimento.
Bando alle ciance. Ho un capitolo da narrarvi e spero di non aver perso il callo durante tutto questo tempo. Torniamo dai nostri amici della Foglia e alla temibile tecnica della Edo Tensei che ha mostrato ai nostri eroi una sorpresa letteralmente sorprendente; scusate per il gioco di parole.
Vi auguro una buona lettura!



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I ricordi fanno male. Dai ricordi non si sfugge, soprattutto se legati a qualcuno a cui si è voluto molto bene.






Kabuto Yakushi adorava molte cose. In genere i suoi gusti erano il frutto dell’influenza degli anni di convivenza con il suo maestro, il che lo rendeva un sadico estremamente puntiglioso nei suoi esperimenti, ma in genere ciò di cui si sentiva estremamente fiero era il donare un profondo senso di smarrimento al suo nemico, attraverso la sua opera. In passato gli era capitato di essere il debole, il sottomesso, il malleabile ed era sempre stato sottovalutato dai suoi superiori, con la unica eccezione di lord Orochimaru che gli aveva sempre dato la più assoluta libertà. 
Da quando aveva acquisito il potere del suo amato mentore, Kabuto si era caricato di un senso di rivalsa che gli aveva dato la grinta necessaria per divenire un perfetto giocatore di emozioni umane. Avrebbe sbrandellato i sentimenti della gente, li avrebbe calpestati, modellati a suo piacimento; le conseguenze erano del tutto inesistenti nel suo animo, anzi, trovava divertente assistere alla distruzione spirituale di chi gli stava intorno.
Usare la tecnica della Edo Tensei si era rivelato un punto a suo favore, dato che era uno dei migliori mezzi a sua disposizione per le sue manie. Non aveva bisogno di sporcarsi le mani nelle imprese che si prefiggeva. Avrebbe usufruito della forza di shinobi che risultavano essere anche più forti di lui, i quali erano sotto il suo controllo e quindi sue pedine immortali che Kabuto poteva utilizzare a suo piacimento. 
Kabuto si divertì molto nell'osservare gli sguardi allibiti dei nemici del villaggio della Foglia quando questi si trovarono di fronte lo zombie del loro vecchio compagno d’armi; la loro espressione non aveva alcun prezzo equiparabile, tanto che nemmeno lo scienziato sapeva definire con l’esattezza quale sentimento stessero provando in quella data situazione.
Colui che i ninja della Foglia avevano di fronte era proprio Naruto Uzumaki; non vi era alcun dubbio a tal proposito, eppure era palese che quella persona era al contempo un falso, un pupazzo del tutto identico agli altri zombie affrontati in precedenza. Nonostante tale considerazione, non si poteva fare a meno di pensare al di là della logica, proprio come era successo ai membri della squadra 10, quando avevano intravisto la sagoma del maestro Asuma fra le pedine del nemico.
«Non c’è dubbio. Quello è proprio Naruto, mentre quell'altro è il tizio che aveva rapito il Kazekage.» elargì il maestro Gai.
Il jonin fu il primo e l’unico fra i presenti a ricordarsi che quello era il momento meno indicato per farsi prendere in ostaggio dalle proprie emozioni; se avesse permesso che accadesse, sarebbero tutti morti per mano del nemico e la colpa sarebbe stata tutta sua, in quanto caposquadra.
Per fortuna Gai non fu l’unico a ravvedersi e piano piano anche Shikamaru, Neji e persino la stessa Sakura iniziarono a ravvedersi dal lasciarsi trasportare troppo dallo scorrere degli eventi. Purtroppo altri non ci sarebbero mai riusciti.
«Quante tombe hai dovuto profanare prima di sentirti soddisfatto, Kabuto?! Ti rendi conto di quello che hai fatto?» domandò Shikamaru.
L’evidente rancore nella sua voce era segnato dal tremore dei suoi nervi saldi che andavano a perdere ogni supporto, poiché il genio della Foglia era troppo nervoso per quanto Kabuto si fosse spinto lontano quella volta: aveva esagerato.
Kabuto replicò armandosi di un ghigno carico di soddisfazione.
«Più di quanto tu possa immaginare, caro Shikamaru. Ho così tanti pezzi nel mio esercito che sarebbe solo controproducente elencarteli tutti, perché se nel mal augurato caso che uno di voi sopravviva, andrebbe subito a raccontarlo ai cinque Kage e allora rovinereste la sorpresa che ho in serbo per loro.»
«Maledetto! Non hai alcun rispetto per i defunti!» lo rimproverò iroso il maestro Gai.
«Oh, si sbaglia, Gai – replicò lo scienziato. Io ho molto rispetto per i defunti, ma non riesco a pensare di perdere delle grandi tecniche in questo modo. Per questo ho deciso di collezionare le abilità dei grandi ninja del passato e di metterle al mio servizio. Non è poi così diverso da quello che fanno gli altri villaggi. Anzi, figuratevi che il Secondo Hokage era conosciuto in tutto il mondo proprio per questa tecnica e ammetto che è molto utile.»
«Questa tecnica gioca con le anime dei defunti!» tuonò Sakura.
«Non avevi alcun diritto di risvegliare la gente morta.» continuò con disprezzo Neji.
Benché quel ragionamento avesse i cardini su cui poggiare, per Kabuto non aveva senso parlarne, perché a lui non interessava l’opinione altrui, fatta eccezione per quella di Orochimaru, per cui le parole dei suoi nemici non ebbero alcun effetto su di lui; era impermeabile alle loro argomentazioni così deboli.
Un gesto con la mano, un ordine per i due zombie di Akatsuki sotto il suo controllo, i quali iniziarono a muoversi lentamente verso i ninja del villaggio della Foglia.
I loro occhi vitrei riflettevano l’assenza di una volontà a gestirli. Il loro silenzio era addirittura più inquietante del loro aspetto, perché i ragazzi della Foglia sapevano che quelle non erano più persone con cui ragionare: erano macchine assassine.
«Se proprio ci tenete alle anime dei defunti, perché non ci pensate voi a farle addormentare, sempre che ne siate in grado!» 
Kabuto lanciò la sua sfida ai ninja del villaggio della Foglia. 
Lui si sarebbe limitato ad assistere allo scontro, mentre i suoi servi avrebbero fatto di tutto pur di eliminare il fastidioso nemico. Al suo lato aveva l’ex forza portante della volpe a nove code, il possessore dell’abilità innata dell’esplosione, un membro del glorioso clan Uchiha, uno dei più validi spadaccini della Foglia, un riconosciuto jonin della Foglia e tre ninja che facevano parte di squadre d’élite nei loro rispettivi villaggi ninja.
Di conseguenza i ninja della Foglia si misero sulla difensiva, timorati dal dubbio di quale fra gli zombie avrebbe attaccato per primo.
«Ascoltatemi, ragazzi!» irruppe il maestro Gai, attirando l’attenzione generale del gruppo.
I ragazzi rimasero in silenzio ad ascoltare le direttive del superiore.
«Occupatevi di tutti gli altri zombie, io penserò personalmente a Naruto e lo colpirò con Hirutorai per poi pensare a Kabuto. Pensate di potercela fare?»
Come tutti quanti, Gai aveva ben compreso che gli avversari più pericolosi di cui occuparsi erano certamente Naruto, in primis, e anche Deidara, al quale avrebbe affidato il compito di sconfiggerlo a Neji. A Naruto avrebbero pensato lui e Rock Lee, proprio perché non era sicuro se l’avversario fosse in grado di usare il potere della volpe a nove code; in quel malaugurato caso sarebbe stato un serio problema da affrontare.
Tuttavia, i piani del jonin dalla tuta verde non sarebbero andati a buon fine se prima tutti i restanti membri della squadra non cancellavano le loro emozioni e combattevano il nemico senza disperarsi. Se non si soddisfaceva tale condizione allora la missione sarebbe stata compromessa o peggio, avrebbero perso la vita contro dei non vivi.
«Sentite…» iniziò.
Il suo discorso era diretto a tutti coloro che ancora non riuscivano a staccare gli occhi di dosso dalla defunta forza portante, in primis Hinata.
«So che è dura affrontare lo zombie di Naruto, ma quello lì non è lui. Quella cosa non è umana, è solo una pedina agli ordini di Kabuto.»
«Ha ragione!» squittì Ino.
«Dobbiamo fermarlo proprio perché Kabuto lo sta usando! È un insulto alla memoria del nostro amico!» continuò Chouji.
Tale prospettiva sembrò giovare al gruppo, il quale si riprese al tempo debito per poter partecipare allo scontro imminente con gli zombie.
Kabuto non vedeva l’ora di distruggere le loro speranze.
I ninja della Foglia non vedevano l’ora di prendere a calci lo sfottente scienziato e portarlo al villaggio a suon di pedate per spedirlo nelle mani delle autorità del villaggio; al momento ignoravano che così avrebbero fatto il gioco del Reggente Sesto Hokage.
Nonostante tale animo, c’era ancora qualcuno che non aveva superato la prospettiva che quello evocato dal nemico fosse un fantoccio.
Per Hinata era stato un vero trauma rivedere il suo tanto compianto amato in quelle fattezze. Il soggetto dei suoi sogni era stato ridotto a un cumulo di carne e le era stato mostrato in un momento che il ricordo di lui ancora la perseguitava.
Spesso capitava che prima di andare a dormire versasse qualche lacrima, al mattino si svegliava spesso con la faccia tutta appiccicaticcia proprio a causa del liquido essiccato. Sakura le aveva pure detto che ogni notte parlava nel sonno e chiamava l’amato con un profondo senso di rimorso per non essere stata in grado di salvarlo.
Hinata si dava delle colpe. La colpa per essere così innamorata di Naruto da non essere più in grado di vivere senza di lui. Era così ossessionata che si era pure convinta di cercare un modo per riportare l’amato in vita con una tecnica proibita; il prezzo non aveva alcuna importanza.
Un giorno, girovagando fra la biblioteca del villaggio, si era imbattuta in un testo che citava una strana tecnica per cui il Secondo Hokage era tristemente noto ai suoi tempi; tale tecnica era in grado di riportare in vita i defunti in cambio di una vita umana. Quando la Hyuuga lesse le prodezze di quella tecnica ne rimase ossessionata e cominciò a cercare sempre più informazioni sulla Edo Tensei; aveva perso il controllo, tanto da entrare nella biblioteca segreta del Secondo Hokage, infrangendo la legge.
Adesso era lì. C’era qualcuno che sapeva usare quella tecnica spaventosa e che aveva operato proprio come nei suoi desideri. 
Naruto era lì. Il suo Naruto era di nuovo di fronte a lei. Era vivo.
Avanzò di un passo, un altro ancora. Voleva avvicinarsi il più possibile, prendergli la mano, toccargli il suo calore; sentirlo vicino a sé.
Ne aveva bisogno troppo.
Più passi compiva verso di lui, più la felicità si stava appropriando di lei, la stava totalmente accecando dalla realtà anche se a lei non importava affatto di starsi perdendo: c’erano lei e Naruto, nient’altro contava più.
L’ennesimo passo e andò a sbattere su qualcosa. Non si perse d’animo e ci riprovò ma niente, non poteva passare. Solo allora uscì dal mondo dei sogni per capire che cosa stesse succedendo.
Si trovò di fronte il cugino dalla fronte stranamente corrucciata.
«Che cosa sta facendo, madamigella?» domandò quest’ultimo con tono autoritario.
La ragazza tentò di aggirare l’ostacolo, invano. A quel punto fu costretta a spintonare il cugino, fregandosene completamente di quanto sarebbe stato poco cortese per una persona gentile come lei; in quel momento poco le importava degli altri: c’era solo lei e il suo Naruto.
Malgrado ciò, Neji insistette con più ostinazione, afferrando con una presa decisa la cugina alle spalle. La fissò dritto negli occhi.
«La prego, signorina… Non faccia un altro passo. Non voglio che provi ulteriore dolore per colpa di quello lì.»
«Ma che stai dicendo, Neji? È tutto apposto. Lasciami passare, ti prego!» replicò lei.
Il suo sorriso era identico a quelli di Sai. Non ci voleva un genio per non capirlo. Come se Hinata fosse sotto l’influenza di una potente illusione, degna del più subdolo essere esistente al mondo; in effetti era proprio così. Ella era mossa dalla forza più devastante del mondo: l’amore.
L’amore spingeva la gente a concedere tutto il proprio io verso il soggetto amato, non aveva importanza quale fosse l’origine, l’importante era che il soggetto innamorato viva uno stato di torpore dell’anima e arrivava a pensare che quella sensazione era il climax della felicità di tutta la propria vita. 
Di conseguenza, se il soggetto veniva strappato con forza da quella dimensione, se veniva privato dell’oggetto tanto amato in maniera drastica, avendo la certezza che non avrebbe mai avuto la possibilità di riaverlo né di sostituirlo con qualcos'altro di quantomeno simile, allora l’innamorato diventava un alieno. 
Un mostro ossessionato dall'odio verso gli altri che potevano ancora essere felici, verso chi era stato così bastardo da privarlo del suo mondo.
Ecco come nascevano individui come Orochimaru, Pain, Madara Uchiha, Kabuto Yakushi e tanti altri.
Probabilmente l’episodio corrente avrebbe avuto un enorme impatto sul futuro di Hinata Hyuuga. Non era ancora certo se avrebbe odiato tutta la vita, ossessionata dal suo amore, oppure sarebbe andata avanti. Da sola non ci sarebbe certo riuscita a prendere una decisione; tutto dipendeva dallo svolgersi degli eventi.
L’unica cosa a essere certa era la voglia di Hinata di andare verso la pallida immagine del suo amato e abbracciarlo, sentire il suo calore. 
Neji era l’unica barriera che le impediva la realizzazione del suo obiettivo. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di andare da Naruto e lo dimostrò colpendo a tradimento il cugino in pieno petto con un colpo di Juken.
Neji cacciò un urlo, piegandosi dal dolore per il colpo ricevuto. Il ragazzo tentò di bloccare la cugina con tutta la tenacia possibile, purtroppo quest’ultima fu più veloce e lo aggirò senza problemi mentre lui tentava di chiamarla con il tono di voce più alto che riusciva a produrre. Sfortunatamente non usciva niente dalla sua bocca, era come se quel colpo gli avesse tolto tutta l’aria dal corpo; aveva bisogno di qualche momento per riprendersi.
La sofferenza dello Hyuuga venne osservata dal resto dei compagni della Foglia, i quali rimasero increduli dal gesto di Hinata. Mai avrebbero immaginato che una persona così pacifica e dolce come la Hyuuga, potesse essere capace di un’azione tanto vigliacca.
 «Ma che diavolo sta succedendo?» abbaiò Kiba incredulo.
L’attenzione generale si concentrò su Hinata e sulle sue intenzioni. Nessuno tuttavia azzardò a muoversi in sua direzione, bensì si andò ad assistere il povero Neji che aveva serie difficoltà respiratore e sarebbe stato un problema non godere della sua forza in un momento grave come quello.
Sakura era dubbiosa sull'agire. Oramai non sapeva più che cosa stesse capitando alla cara amica che aveva per molto tempo aiutato a superare la morte di Naruto. 
Perché aveva colpito Neji? Perché stava correndo incontro a un nemico? Sì, era lo zombie di Naruto. Quella cosa era identica a Naruto, ma era marcia, priva di calore umano e di una volontà. Perché non riusciva vedere oltre a tutto ciò? Oppure erano loro a considerarli in quel modo, soffermandosi solo su un’unica prospettiva?
Sakura non ne aveva idea, tuttavia smise di pensarci su al momento del richiamo del maestro Gai che era corso appresso a Hinata, seguito da Kiba, Akamaru e Ten Ten. Decise di seguirli, tentando di scrollarsi di dosso quello strano pensiero. 
La palese verità risiedeva nel fatto che Kabuto avrebbe presto dato l’ordine allo zombie di Naruto di uccidere Hinata nella maniera più crudele possibile e la ragazza sarebbe morta in un bagno di sangue per mano del suo amato.
Sakura non l’avrebbe permesso. Non poteva perdere un’altra persona a lei cara, non ne poteva più di soffrire per la perdita di qualcuno. Basta. Basta. Basta. Basta con tutte quelle maledette battaglie in cui i suoi amici morivano. Basta.
«HINATA!» urlò.
La diretta interessata non la stette a sentire, troppo concentrata sull'immagine del suo amato, così vicina a lei, troppo. Era così vicina che Hinata stessa non si aspettò di ritrovarsi di fronte all’oggetto del suo desiderio così velocemente.
Naruto era proprio di fronte a lei. Occhi vitrei dalle cornee nere come la pece. Pelle scura, marcia. Capelli color paglia secca. Una puzza di terriccio. Silenzioso, proprio come un defunto, immobile; eppure si sentiva che c’era della vita in lui, Hinata lo sentiva distintamente che dentro di lui c’era un’anima pulsante.
Nonostante quel primo impatto, Hinata non si perse d'animo, alzò lentamente la sua mano e la portò verso il viso del suo amato. L’avrebbe amato anche con quell'aspetto, non le importava niente, l’importante era che si salvasse la sua anima, il fulcro del suo vero io.
D’un tratto il tempo sembrò congelarsi. Non c’erano più degli zombie assetati di sangue. Il folle scienziato che ne controllava le azioni era stato dimenticato. I problemi al villaggio, rimossi. Gli amici che urlavano venivano ignorati. Era proprio come quando si erano incontrati nel mondo della volpe a nove code, era solo loro due. Buio e luce, un composto dvandvaii ineccepibilmente inscindibile, unico nella sua diversità.
Hinata fissò per bene il volto del suo amato, non riusciva ancora a credere ai suoi occhi: Naruto era vivo ed era di fronte a lei, per davvero.
L’innamorata non riuscì a trattenersi oltre. Voleva toccarlo, abbracciarlo, sfogarsi per il dolore patito nel tempo della sua assenza, gioire del suo ritorno. Alcune lacrime le colarono sul viso, Hinata non ce la faceva più a resistere, aveva trattenuto le sue emozioni troppo a lungo e non avrebbe certo continuato a farlo in un momento così tanto bello.
Finalmente la sua mano si avvicinò al viso del suo amato; qualche centimetro, poi ne sfiorò la pelle cadaverica infine posandocisi sopra con la tipica leggerezza di un gesto titubante, ancora ristretto da un pallido riflesso di imbarazzo; dopotutto si trattava pur sempre di Hinata Hyuuga.
«Oh, Naruto…» mormorò lei in preda alle emozioni.
I ninja della Foglia continuavano a urlarle contro di allontanarsi da Naruto ma lei non ne capiva la ragione, perché mai avrebbe dovuto farlo? Naruto non aveva alcuna ragione per farle del male, lui era tornato per mantenere fede alla promessa fatta: era tornato per stare con lei per sempre.
La sua convinzione era tale che per qualche secondo tentò di ignorare una fastidiosa sensazione che si era venuta a creare all'improvviso sul suo corpo. Hinata stava avvertendo uno strano calore generato sul suo grembo e che pian piano si stava diffondendo su tutto il suo corpo, la stava intontendo, confondendo i sensi, privando lentamente di tutte le sue forze. All'inizio la ragazza provò con ostinazione a ignorarlo, ma non ci riuscì; l’unica cosa che poteva darle man forte per fronteggiare quel dolore era la visione del suo amato e il tocco della sua pelle.
Qualsiasi dolore sarebbe stato sopportabile per Hinata; se quello era il prezzo da pagare per poter stare con il suo Naruto, allora avrebbe stretto i denti e sopportato. Con lenta ostinazione, ella riuscì a ingannare lentamente i propri sensi tramite l’osservazione di ogni connotato dell’oggetto del suo desiderio. Fissò le sue labbra e le montò in corpo il focoso desiderio di volerne assaporare il gusto; era il suo sogno più recondito ed era stufa di aspettare. 
Solo allora Hinata si accorse che le labbra del suo amato iniziarono a muoversi lentamente.
«Hi… Na… Ta…»
Hinata non seppe più controllarsi e scoppiò in lacrime. 
Il dolore aveva raggiunto un’intensità insopportabile e lei era allo stremo delle forze, ciò nonostante non avrebbe mandato in fumo tutti i suoi sforzi perché il suo corpo era così debole. Si avvicinò ancora di più verso il suo Naruto e lo abbracciò con forza.
«Ti amo tanto, Naruto…»
Che momento perfetto, pensò la ragazza. Quello era sicuramente il climax di tutta la sua vita, la piena realizzazione del suo mondo di pace indisturbata. 
«HINATA!!» 
L’urlo dei ninja della Foglia fu così forte che anche la pace immaginaria della Hyuuga venne deturpata. I ninja della Foglia erano così vicini alla ragazza che Hinata provò a vedere che cosa stavano facendo con la coda dell’occhio, non capendo tuttavia che lo zombie di Yashiro Uchiha si era messo in mezzo agli alleati e alla coppia.
«Cazzo, Hinata! Allontanati!»
Hinata ci mise molto per riconoscere quella voce, era Sakura. Non capiva il motivo di tanta agitazione, dato che Naruto era lì con loro e le cose sarebbero sicuramente andate per il meglio da quel momento in poi. Certo, lei avrebbe per sempre convissuto con quel dolore massacrante, ma era un prezzo a cui era disposta. 
Fu allora che accadde.
La felicità di Hinata, distrutta, frantumata in milioni di pezzi, a brandelli. 
Il momento in cui dal suo amato non uscirono parole calde come la sua immaginazione. Il tono della voce le fulminò il cuore, il cervello, l’ipofisi; il suo sogno era finito.
«Stai qui con me… Hinata…» le aveva sussurrato Naruto.
Quella non era la voce di Naruto. 
Hinata non aveva avvertito alcun calore provenire da essa, non era proprio come se la ricordava.
Lentamente la ragazza sembrò essere vittima di una confusione che coinvolse tutti i suoi sensi. 
Il suo senso dell’olfatto le fece percepire un fastidioso odore di muffa e terra. Il suo tatto le fece notare di stare toccando un pezzo di legno marcio, la pelle che stava toccando non era forte e vigorosa come le era sembrato, era fredda e dura come la roccia coperta da licheni.
Il dolore tornò a farsi sentire. Era insopportabile. Tanto. Un caldo pazzesco. Sudava tantissimo. Eppure. Tanto freddo. Brividi sconnessi. Convulsioni. Reazioni incontrollabili. 
Hinata iniziò a sentirsi veramente molto debole. 
La vista iniziò a sfocarsi. 
Il volto solare del suo amato cominciò a sbiadire, si incupì, divenne marcio, proprio come il resto della pelle che aveva percepito con il suo tatto.
Hinata urlò.
Quello era un cadavere vivente. Un cadavere con la faccia di Naruto, il suo Naruto.
«Che cosa c’è, amore mio?» le chiese quest’ultimo.
Hinata non riconobbe quella voce, ma era certa che non fosse quella di Naruto, assolutamente.
Che cosa le stava succedendo?
Che diavolo era?
Il suo sguardo si spostò lentamente dal viso di Naruto verso il centro del grande bruciore che provava in corpo.
«Na… Na…»
La voce. Sparita. Troppo debole.
Perché?
Hinata lo scoprì quando il suo sguardo seguì il braccio dello zombie di Naruto che si estendeva verso il suo ventre. Lì notò che l’amato reggeva un oggetto metallico a lei molto familiare; le era talmente familiare quell'oggetto che giurò di possederne uno identico nella sua fodera dei kunai.  Proprio così. Era un suo kunai con cui Naruto l’aveva pugnalata al ventre dal quale stava sgorgando una copiosa quantità di sangue. 
«N…»
Perché l’aveva fatto? Non era quello che si aspettava. 
Naruto non l’avrebbe mai fatto.
Infatti quello non era Naruto.
Quella era una marionetta.
La marionetta del sadico Kabuto Yakushi.
D’un tratto fu tutto chiaro a Hinata. 
Quello che aveva vissuto era solo frutto della sua disperazione. Era così persa senza Naruto che era rimasta in balia dei suoi desideri. Era corsa fra le braccia del nemico, mettendo in pericolo i suoi compagni. Probabilmente con quella ferita sarebbe morta. 
Si sentiva così debole.
Lo zombie di Naruto e il suo evocatore se la stavano ridendo con gioia mentre estraevano lentamente il kunai dalla carne della povera Hyuuga.
Kabuto dovette ammettere che era stato veramente divertente giocare con la stupida ragazzina innamorata; veramente soddisfacente come vendetta nei confronti di Naruto che odiava perché aveva ucciso Kimimaro e perché lo aveva sempre invidiato: adesso erano pari.
«Figlio di puttana!!»
Il maestro Gai assestò un poderoso calcio al viso dello zombie. L’uomo aveva già aperto le prime cinque porte del chakra, arso da un rancore raccapricciante per aver assistito a un gioco malato come quello.
Ovviamente allo zombie non servì molto per rigenerarsi, però durante il tempo necessario a completare il processo, i ninja della Foglia ne approfittarono per portare in salvo la compagna ferita.
«Hinata! Resisti! Resisti!» urlò apprensiva Ino al suo capezzale.
Nel frattempo Shino le stava dando qualche schiaffo per aiutarla a mantenere coscienza.
«Resta sveglia, hai capito Hinata? Qualunque cosa succeda resta sveglia!» 
Sakura aveva iniziato un primo check-up.
«Merda! La situazione è davvero critica!»
«Portatela in una zona sicura! -tuonò Gai. Sakura, Shino, prendetevi cura di lei. Noi penseremo a questi bastardi!»
Il jonin spiccò un balzo felino verso Kabuto, supportato da un Gatsuga di Kiba e Akamaru. Il loro obiettivo era quello di guadagnare il tempo necessario ai propri compagni per allontanarsi dal campo di battaglia con il ferito.
Kabuto tuttavia non era sprovveduto e comandò due suoi zombie di prendersi in pieno i colpi dei nemici, evitando così fastidiosi sforzi per avversari che giudicava di poco conto. La sua azione successiva consistette nel dare l’ordine di attacco agli zombie della forza portante e del dinamitardo.
Deidara gettò alcune delle sue bombe di argilla contro Gai, Kiba e Akamaru, i quali erano stati colti alla sprovvista, poiché impegnati a fronteggiare i fastidiosi attacchi degli zombie che avevano colpito. Per loro fortuna, Ten Ten si era immersa sott'acqua e aveva evocato un muro di duro acciaio proprio sotto i piedi dei suoi alleati.
«Appena in tempo.» commentò la ragazza dopo essere emersa.
«Molte grazie, Ten Ten.» replicò Gai.
Tuttavia i problemi non erano ancora finiti, anzi erano appena diventati ancora più complicati, dato che anche due avversari del calibro dell’Akatsuki si erano messi in mezzo. 
Deidara aveva appena creato degli uccelli di argilla, stava per lanciarli contro il nemico, il quale si era messo sulla difensiva per fronteggiare la minaccia, quanto un dragone d’inchiostro era sbucato dalle spalle dei ninja della Foglia con sopra Sai.
Allora Deidara cambiò le sue priorità e attaccò l’opera d’arte del ninja della Radice, senza ottenere considerevoli risultati. Si susseguì un rapido inseguimento nel quale il dragone tentava con tenacia di inghiottire l’ex ninja della Roccia che a sua volta era troppo rapido per cadere in quella trappola.
Lo stesso Kabuto si premurò a dare sempre più coscienza allo zombie di Deidara, in maniera tale da fargli fronteggiare al meglio un avversario temibile come lo poteva essere uno dei cagnolini di Danzo. Infatti era opinione di Kabuto che dentro il drago il nemico avesse inserito una formula sigillante, che sarebbe scattata nel preciso momento in cui il drago avrebbe addentato la sua preda.
A un certo punto Deidara creò un uccello di argilla e si rifugiò in cielo, in modo da potersi riorganizzare. Tuttavia non ebbe molto tempo per farlo, poiché Sai aveva convertito la forma della sua creatura, rendendola una creatura alata con cui poter inseguire il suo obbiettivo anche in cielo.
In un primo momento Kabuto seguì con cura lo scontro fra i due, ma poi iniziò ad annoiarsi e a vedere di dare un’accelerata al combattimento, utilizzando la carta più potente che aveva a disposizione: la forza portante della volpe a nove code.
Lo scienziato osservava i movimenti della sua pedina mentre che questa combatteva contro Gai e Rock Lee, i quali avevano entrambi aperto il quinto cancello del chakra. Kabuto vedeva chiaramente che non era in grado di tener loro testa senza un aiuto considerevole da parte sua, allora decise di intervenire dando anche a lui maggiore coscienza.
Il risultato fu che lo zombie venne avvolto dal tipico manto del demone volpe con evidente sorpresa dei ninja della Foglia. 
Grazie a quell'aumento di potenza, lo zombie fu capace di colpire pesantemente Rock Lee e di sferrare un attacco di tagliente vento sul maestro Gai, il quale fu veramente fortunato dato che se la cavò con qualche profondo taglio sulle braccia; poteva andargli veramente peggio.
«Merda! Ha pure il chakra della volpe!» tuonò Ten Ten.
«Credevo che l’Akatsuki avesse sigillato tutto il chakra della volpe.» commentò il maestro Gai.
Il suo commento era più che altro in maniera ambigua a Kabuto come una domanda che esigeva una repentina risposta soddisfacente.
Pane per i denti di Kabuto; adorava rendere pubblici gli effetti del suo lavoro per vantarsene.
«Non è per niente difficile ottenere alcune tracce del chakra di una bestia codata –spiegò soddisfatto. Lord Orochimaru ne aveva prelevato una quantità estrosa durante un suo scontro con Naruto e Itachi anni fa.»
I volti esterrefatti dei ninja della Foglia erano veramente fonte di divertimento per lo scienziato, lo erano così tanto che non riuscì nemmeno a resistere dal trasmettere qualche altra traccia di timore fra il suo nemico.
«E se proprio ci tenete a volerlo sapere, non ho solo il chakra della volpe, ma anche quello dell’Ottacoda e della Monocoda!»
L’unico inconveniente era che non riusciva ancora a comandare gli zombie delle forze portanti in cui aveva trapiantato quel particolare tipo di chakra; non era necessario che il nemico lo sapesse però, perché altrimenti sarebbe stato controproducente. 
Inoltre Kabuto non aveva ancora rivelato che poteva sfruttare il potere di una forza portante anche a uno stadio superiore da quello in cui era attualmente lo zombie di Naruto.
La sua lunga lingua uscì dalla bocca agitandosi in maniera disgustosa. Kabuto emulava perfettamente ogni aspetto del suo grande modello di riferimento, dato che conosceva Orochimaru da una vita, per lui non era affatto difficile, anzi trovava le azioni del suo maestro quasi automatiche da imitare, quasi come se esse fossero sempre state di sua personale possessione.
Proprio per tale ragione, Kabuto non vedeva l’ora di ammazzare quei poveri stolti della Foglia e catturare i proprietari di abilità innata così da poter fare contorti esperimenti su di loro. In primis gli interessava il byakugan, ma anche estrarre una considerevole quantità di fluidi corporei dal possente fisico di Gai. 
Tagliare, sezionare, studiare, inventare, ricombinare. Non aveva nient’altro in testa, tranne quel grande desiderio di aumentare le proprie conoscenze a dismisura; quanto odiava la sua insaziabile sete di conoscenza.


*

«Hinata.» 
«Hinata.»

Una figura priva di un volto con cui si poteva identificare. Mistero nella sua mente, forse perché troppo intontita da una droga che Sakura le aveva somministrato per fronteggiare il grande dolore del suo corpo.
Hinata era in uno stato di semi coscienza, posseduta dai suoi demoni che continuavano a sussurrarle frammenti di ricordi, oscurando le espressioni preoccupate di Sakura e Shino, isolando a loro volta anche qualunque tipo di suono che fosse al di fuori del suo mondo.
«Stupido Shirohyakuiii, così incosciente dall'avvicinarti a quel fuoco di morte che non ti rendi conto quanto possa bruciarti.»
Quella tenebrosa voce sensuale che non gli apparteneva. Le capitava spesso di sognare quella sua criptica filastrocca di cui era certa non fosse lui l’autore; conosceva fin troppo bene Naruto per sapere che era più un tipo pratico, anche per questo lo amava.
«Fa' attenzione…» continuava.
«… I demoni non dormono mai, potrebbero impedirti di avvicinarti al tuo fuoco…»
Diavolo se aveva ragione. Lo scontro fra Naruto e Pain era stato un chiaro di esempio in cui era finita senza nessun preavviso. 
Naruto lo aveva detto chiaramente che andargli appresso avrebbe portato ad avere a che fare con cose ben più grandi delle singole possibilità di un semplice umano. Tuttavia Hinata dovette considerare che, sebbene quelle drastiche anticipazioni, non si era tirata indietro di tener fede alla sua nindo, fronteggiando il temuto Pain pur di difendere il suo amato.
«…Fa' attenzione, se supererai il fuoco, potresti incontrare il vento a farti a pezzi.»
Tutto profetizzato. Era bastata la pallida immagine su uno dei manichini di Kabuto per farle dimenticare di tutto il resto. Aveva messo in pericolo i suoi compagni e colpito Neji con un’azione vigliacca pur di andare incontro a quello che poteva essere il suo assassino; se stava morendo era per colpa del colpo mortale che le era stato inferto dallo zombie, eppure Hinata era conscia del fatto che in realtà era colpa sua, perché non era stata capace di distinguere la finzione dalla realtà.
Non era degna di Naruto. Meritava di morire come un verme, anzi sarebbe dovuta morire anche prima, quando Pain le aveva inferto quel colpo mortale di fronte al suo Naruto.
«Voglio conoscerti, Hinata... Voglio scoprire tutto quello che c’è da sapere su di te…»
Non era affatto come pensava, se l’era appena ricordato.
Naruto ci teneva molto a lei.
«Non dico di amarti… Sarebbe ancora troppo presto. Sei importante per me, molto e non provo un tale sentimento per una persona da troppo tempo, troppo abituato a odiare. Alla fine, anche se proteggevo il villaggio, il mio odio era vero, il dolore che provato autentico, per cui non avevo nemmeno bisogno di recitare. L’ho lasciato uscire fuori e mi sono tramutato in un mostro assetato di sangue…»
La parte più bella.
«Poi sei arrivata tu e ho iniziato a cambiare, di nuovo. Grazie, Hinata. Grazie per essere sempre dalla mia parte.»
Questo significava solo una cosa, ovvero che Naruto la considerava una sua pari, una sua futura compagna. Magari si sarebbero sposati una volta sconfitta Akatsuki, Naruto sarebbe diventato Hokage e avrebbero avuto anche dei figli. Sarebbero invecchiati assieme, godendosi le gioie di essere dei nonni e dello stare assieme.
Sarebbe stato veramente bello, proprio perché era quello che Hinata aveva sempre desiderato fin da quando Naruto Uzumaki era entrato nella sua vita. In fondo non chiedeva nemmeno tanto.
Non sarebbe stato possibile.
Naruto era morto.
Per salvarla.
Per proteggere lei.
I loro amici.
Il loro villaggio.
Il mondo intero.
Era un eroe.
Morto, ma pur sempre un eroe.
E lei?
Che diavolo stava facendo?
Stava rimanendo con un pugno di mosche, ancorata a un passato fatto di piccolezze e un futuro che esisteva solo nella sua testa.
Pianse. Pianse come non aveva mai fatto in vita sua.
In quelle lacrime erano racchiuse la disperazione di essere rimasta senza Naruto, al loro interno c’era inoltre il risentimento per essere rimasta senza nulla, privata del suo credo e della volontà di non voler superare quella grande tragedia.
Non si sarebbe mai riuscita. Era giusto così.
I grandi amori non si dimenticano mai, nemmeno ci si smette di pensare un attimo.
In conclusione, Hinata aveva preso una decisione.
Qualunque cosa sarebbe successa d’ora in avanti, sia nel caso che riuscisse a sopravvivere, sia nel caso contrario, ella sarebbe rimasta la Hinata di sempre, quella che sveniva alla sola vicinanza con Naruto, che si sentiva esplodere il cuore al solo nominare il suo nome; la ragazza che stava riuscendo a far breccia nel suo cuore proprio con i suoi stessi mezzi.
«Mai arrendersi, Hinata. È il nostro credo ninja.»
La figura nella sua testa iniziò a diventare sempre più nitida: era Naruto. 
Il suo amato le era apparso proprio come se lo ricordava l’ultima volta che l’aveva visto al villaggio della Pioggia. Capelli biondi. Occhi azzurri. Sorriso bonario. Fisico statuario. Aria felice. Il copri-fronte del villaggio della Foglia intatto nel suo posto originale, proprio come avrebbe voluto lui.
Hinata provò a chiamarlo con tutte le sue forze, ma non ci riuscì, non aveva voce, non aveva voglia di rispondergli. Si voltò di scatto e andò avanti con un sorriso ricco di speranza. Qualunque cosa sarebbe successa da quel momento in poi, Naruto sarebbe stato sempre a vegliare su di lei.
Potevano fare tutto se erano insieme, come un unico essere pensate, capace di amare e di combattere per i propri nobili valori.
Hinata sorrise.
Sakura e Shino trovarono alquanto strano che l’amica si mettesse a ridere e a piangere allo stesso tempo in una situazione tanto drastica; si chiesero a che cosa stesse pensando in quel momento, anche se sapevano perfettamente che l’oggetto di quei pensieri era Naruto Uzumaki.
Non avrebbero sbagliato, però avrebbero questa volta mal interpretato le intenzioni della Hyuuga, la quale era fermamente decisa a fare determinate cose dopo aver ricevuto l'epifania tanto attesa.
«Naruto…» disse.
Finalmente le era tornata la voce e senza voltarsi proferì la sua nuova intenzione al suo angelo custode.
«Ho deciso che per portar fede alla tua memoria, realizzerò il tuo sogno e diventerò Hokage. Questo te lo devo per tutto quello che hai fatto per me.»
Sapeva perfettamente che la strada che aveva appena scelto era molto faticosa, ma non aveva paura, perché al suo fianco c’era un grande esempio da seguire e che le dava la forza necessaria per non arretrare mai di fronte agli ostacoli.
«Sei la cosa più importante della mia vita e farò di tutto perché tutto il mondo si renda conto di quanto tu sia prezioso. Te lo prometto.»
I suoi sogni erano molto pretenziosi, ma Naruto le aveva insegnato che non bisognava mai smettere di sognare, perché i sogni non hanno limiti. L’importante è crederci e fare di tutto per realizzarli, anche a costo di rischiare di perdere qualcosa a cui si tiene molto.
Ma soprattutto bisognava la regola d’oro: MAI ARRENDERSI.
Hinata non l’avrebbe mai fatto, mai più. Non si sarebbe arresa alla morte, né allo sconforto, né tanto meno alla solitudine. Aveva degli amici fantastici e tanti buoni propositi per affrontare il mondo con testa alta, come degna erede dei sogni di Naruto.
Pian piano la sua percezione della realtà tornò e si sentì avvolgere da uno strano calore molto familiare, era un chakra che lei era in grado di riconoscere, dato che ne era stata esposta parecchie volte durante i suoi incontri con l’amato.
Era normale, pensò. Quel chakra non era altro che la prova tangibile che Naruto sarebbe stato sempre al suo fianco e l’avrebbe protetta.
Infatti il chakra della volpe era intervenuto appena in tempo per aiutare Sakura nelle drastiche cure mediche in cui la ragazza era impegnata; grazie a quel chakra Sakura aveva potuto dichiarare la sua paziente fuori pericolo.
«Sa… Sakura… Shino…» mormorò con debolezza la Hyuuga non appena riprese conoscenza.
Shino tirava un profondo sospiro di sollievo, lasciandosi cadere al suolo sotto le fronde di un albero; non era mai stato un tipo molto espansivo, il che era perfettamente naturale per uno come lui.
Sakura invece era in lacrime e aveva abbracciato con dolcezza la sua cara amica.
«Brutta cogliona non fare più una cosa del genere. Non voglio perderti, non devi lasciarmi da sola, hai capito?»
«Mi dispiace, Sakura…»
Era un bellissimo momento di pace nel quale nessuno credeva fosse possibile la deturpazione.
Quanto si sbagliavano.
Bastò il boato di una grande esplosione proveniente dal campo di battaglia per destare i tre ragazzi dall'apparente pace che tanto desideravano. Purtroppo i loro guai non erano finiti, dato che Kabuto e i suoi zombie erano ancora in circolazione a seminare caos; non era nemmeno quello il problema più grave. 
Sakura aveva subito un déjàvu osservando la colonna di chakra nero che si ergeva in cielo, partendo proprio dal punto in cui stavano avvenendo gli scontri. La sensazione che quel chakra riusciva a trasmettere anche a dei soggetti distanti era veramente inquietante e faceva molto preoccupare i ragazzi. 
Infatti Sakura e Shino non ci misero molto a impallidire al sol ricordare della forma totalmente demoniaca assunta dalla forza portante della volpe nel villaggio della Pioggia; ancora ci si chiedeva come Hinata fosse riuscita a sopravvivere grazie a quell'agglomerato di malvagità pura.
Nessuno riusciva a darne una spiegazione. Nessuno sarebbe mai riuscito a darne una.

*

Una strana sensazione partì da un punto della sua schiena per arrivare dall'altro apice, rimanendo con uno strano groppo allo stomaco al quale era difficile darne una spiegazione che verosimilmente si potesse avvicinare alla verità. Ciò che gli restava era solo un vuoto con cui era difficile convivere senza che nessuno di quelli che gli stavano vicino se ne accorgesse.
«C’è qualcosa che non va?» gli domandò il maestro Kakashi.
Naruto scosse il capo; man mano che cercava di capire meglio i suoi sintomi si accorgeva che quel disagio era dovuto a un fattore esterno che probabilmente non avrebbe mai potuto coinvolgerlo.
Nonostante ciò, Naruto decise di volerne parlare con il suo maestro; magari lui sarebbe stato in grado di chiarire meglio quell'oscuro punto.
«È solo… –borbottò Naruto. È come se fossi in un punto differente da dove sono ora, ma allo stesso tempo sono anche qui.»
Kakashi lo fissò storto; non ci aveva capito niente.
«Eh?» esclamò.
Allora l’Uzumaki tossì nervosamente, maledicendo se stesso per quella sua parlantina che non andava mai a parare su quello che pensa. Odiava perdere le care vecchie abitudini apprese negli anni nei viaggi con Itachi e Kisame, ma da quando era assieme ai suoi allievi e al maestro Kakashi era meno soggetto a “pensieri oscuri”.
Il buon vecchio Itachi lo diceva sempre: “Parla solo quando hai qualcosa di interessante da dire”. Tuttavia l’Uchiha aveva scordato di consigliare un modo per esplicare al meglio ciò che era realmente importante da comunicare.
Naruto tirò fuori un lungo respiro; aveva bisogno di ricomporsi e di cercare in tutti i modi di essere il più caro possibile altrimenti avrebbe fatto la figura dell’ignorante mentre i suoi allievi erano a portata di orecchio: non sarebbe stato proprio il caso.
«Allora? –continuò Kakashi. Vorresti essere più chiaro? Perché sto iniziando veramente a chiedermi se la volpe non stia iniziando a manomettere lentamente le funzioni del tuo corpo per farti impazzire.»
«Ah, sì, sì, ci son…»
Naruto si bloccò prima di finire la sua frase; stava pensando a ciò che il maestro aveva detto prima sulla volpe e sul fatto che avrebbe potuto impadronirsi in quel modo sinistro del suo corpo. Tremò a solo pensare a una tale tremenda opzione e maledisse il maestro Kakashi per aver pronosticato tale opzione. 
«Beh? Che ti prende?» chiese insistente Kakashi.
Nemmeno Naruto seppe dirlo con certezza; era stato colto da una strana sensazione che non lo rendeva affatto tranquillo, poiché il chakra che aveva percepito era proprio identico al suo quando era influenzato dalla volpe. Eppure, si chiese perplesso, come era possibile una cosa del genere?
«Senta, maestro… -disse Naruto. Lei crede che sia possibile che qualcun altro possegga il chakra della volpe oltre a me?»
Tale domanda sorpresa molto il ninja-copia, il quale dovette ammettere che non aveva mai pensato a una cosa del genere, sebbene fosse convinto che nessuno sarebbe stato capace di dominare il chakra dell’Ennacoda oltre al Primo Hokage e a Madara Uchiha.
«Non credo. Da che mi ricordi la volpe è sempre stata sigillata dai tempi del Primo Hokage, quindi nessuno ha avuto l’occasione di prendere il suo chakra a parte durante l’attacco alla Foglia.»
«Oppure combattendo contro di me.» aggiunse l’Uzumaki.
Solo allora Naruto si ricordò che negli ultimi anni aveva smerciato il chakra della volpe, specie sui suoi amici e soprattutto su Hinata. E se qualcuno dell’Akatsuki avesse scoperto ciò, progettando come obiettivo l’estrazione dai loro corpi? Era un’ipotesi.
Tuttavia c’era ancora qualcosa che stonava secondo Naruto ed era il fatto che il chakra che percepiva era proprio il suo. Era così lontano eppure non poteva sbagliare: quello era il suo chakra.
«E allora come può essere? Quel chakra si trova a molte miglia da qui, eppure lo percepisco. È il mio chakra.»
Kakashi sgranò l’unico occhio che non copriva.
«Davvero? Che strano… Magari ti sarai sbagliato.»
Nemmeno lui ne era certo; era tutto possibile quando si aveva a che fare con Akatsuki, specie con Madara Uchiha. 
Kakashi comunque non poteva fare a meno di effettuare una considerazione mentale sulla discussione avuta con l’allievo, mentre la loro conversazione era stata interrotta da Masato che aveva trascinato l’Uzumaki al piano di sotto per iniziare gli allenamenti.
«È incredibile che abbia acquisito delle doti sensoriali così spiccate per la sua età. Ormai non ha nulla a che invidiare al Secondo e al Quarto Hokage.»
Kakashi dovette ammettere di essere molto orgoglioso a quello che era diventato il suo allievo, era riuscito a realizzarsi come un grande shinobi che aveva anteposto il proprio benessere a quello del villaggio; degno del figlio del Quarto Hokage e del figlioccio del leggendario Jiraiya.
«Chiedo scusa, maestro Kakashi…» irruppe una voce.
Kakashi alzò lo sguardo. Un ragazzino della stessa età di Masato aveva appena fatto la sua comparsa nel suo kimono da combattimento. I suoi capelli bianchi erano tremendamente familiari a quelli dell’Eremita dei rospi, sebbene la capigliatura fosse la stessa di quella di Obito, inoltre quel ragazzino portava degli occhiali dalle lenti quadrate che ponevano un denso vetro fra l’esterno e degli occhi color noce. 
Kakashi si bloccò a guardare Koichi; diavolo come assomigliava molto al suo Koshiro, gli mancava davvero tanto il suo figlioletto.
«Sono desolato dall'averla disturbata, ma il maestro Naruto non si sente molto bene e mi manda a chiederle se possiamo continuare l’allenamento con lei.»
«Come? E che cos'ha?» domandò perplesso Kakashi.
«Non ce l’ha voluto dire. –replicò tacito il ragazzino, però credo che avesse qualcosa allo stomaco, perché continuava a sfregarselo con la mano con tanta insistenza.»
«Uhm… Capisco…» 
Che strano, pensò Kakashi. Da quando conosceva Naruto, l’uomo l’aveva visto poche volte ammalarsi, anche se spesso aveva qualche problema intestinale perché si dimenticava di controllare la scadenza dei prodotti che acquistava. Non gli risultava inoltre che fosse lui a preparare i suoi pasti, dato che ci pensavano i domestici del palazzo.
Un potente urlo distolse l’uomo dal suo pensiero, sentire quelle vibrazioni era ancora più terrificante di imbattersi nell’Ennacoda in persona o in Madara Uchiha. Percepire quella furia omicida che proveniva dal piano di sotto equivaleva ad avere vicini il Quinto Hokage pronto ad esplodere dalla rabbia perché qualcuno le aveva dato della vecchia. In realtà si trattava del membro femminile degli allievi di Naruto che si era stufata di aspettarlo.
Koichi aveva mosso lentamente la testa verso le scale, pregando che quel demonio dalle code non salisse e che Masato potesse trattenerla il tempo necessario per persuadere il ninja-copia.
«Mi perdoni, maestro, sarebbe un’emergenza!»
«Sì, meglio andare, prima che Hasuko inizi a dare in escandescenze. Non c’è la signorina Konan a tenerla a freno oggi.» disse Kakashi.
A Naruto. Al chakra che aveva percepito. Al suo malessere. Avrebbe pensato dopo. Sia lui che Naruto stesso che continuava a domandarsi le cause di tutte quelle brutte sensazioni messe assieme; non poteva sapere che in realtà quella fantomatica divinità di cui gli aveva parlato Nagato prima di morire lo stava punendo per aver tenuto nascosto la verità alle persone che gli volevano bene.

*

Il chakra della volpe era in ebollizione. Il vessillo che ne tratteneva tutto il potere si stava lasciando rapidamente possedere da tutta la malvagità del chakra della volpe che Orochimaru aveva rubato a Naruto durante il loro ultimo scontro; successivamente Kabuto, che aveva indirettamente ereditato tutti i possedimenti del ninja leggendario, aveva somministrato il chakra rubato nel suo manichino creato dalla Edo Tensei: era stato creato un perfetto demone tetra-coda con il chakra della volpe.
La presenza in campo di una tale mostruosità aveva bloccato l’andazzo degli scontri che stavano avvenendo, persino le bambole sotto il controllo di Kabuto smisero di attaccare, come pervase da un snaturato terrore nei confronti del demone. Di conseguenza Kabuto provvide a sigillare nuovamente quelle pedine per poterle usare in un secondo momento; il demone volpe e Deidara sarebbero stati più che a sufficienza contro il nemico.
Una volta operata tale operazione sotto gli sguardi sbalorditi del nemico, lo scienziato estrasse dalla manica del mantello un kunai al quale era stata legata un pezzo di carta nel quale era stata scritta una complicata formula che serviva per tenere sotto controllo il demone volpe. 
«Cos'hai in mente, Kabuto?» tuonò il maestro Gai.
Lo scienziato si avvicinò all'immobile fonte di potere distruttivo e iniziò a premere con la punta dei kunai il cranio della bambola sotto il suo controllo, fino a quando l’interno kunai non entrò dentro la sua testa.
«Bene! –elargì Kabuto. Ora che il più è stato fatto, non mi resta altro che augurarvi buona fortuna contro questo dolce esserino. Non avrà la potenza dell’originale, ma vi assicuro che nemmeno lord Orochimaru è riuscito a sconfiggerlo quando Naruto era in questa forma.»
Lo scienziato si voltò con nochalance e iniziò ad allontanarsi, senza degnare di uno sguardo i suoi terrificati avversari. Tale atteggiamento fu però un errore, poiché Kabuto non aveva calcolato l’ipotesi che la sua formula di controllo fosse sufficientemente potente da tenere a bada il potere della volpe a nove code; infatti il demone lo attaccò senza motivo alcuno, benché l’oggetto del suo attacco fosse il suo stesso padrone.
Kabuto schivò con una impressionante fortuna la zampata del demone volpe, dopodiché fu costretto a tenersi a debita distanza dal mostro, poiché quest’ultimo tentava continuamente di squartarlo a mani nude.
«Che diavolo succede?!» tuonò lo scienziato.
La caccia andò avanti. Il demone volpe non si fermava in alcun modo, seppure venisse colpito pesantemente dai serpenti evocati da Kabuto durante lo scontro.
Intanto i ninja della Foglia restavano in silenzio a guardare attoniti allo scontro fra i due.
«Ma che sta succedendo? Non capisco» sbottò Shikamaru.
«Sembra che Kabuto non riesca a controllare il chakra della volpe. Naruto è fuori controllo.» continuò Neji con evidente preoccupazione in volto.
«Ecco che cosa succede quando si vuole giocare con la vita umana.» commentò Shino nell'osservazione dello scontro.
Shino e Sakura erano appena tornati dalla foresta in cui avevano lasciato Hinata da sola a riprendersi, vigilata dagli insetti di Shino.
«Come sta la signorina Hinata?» domandò apprensivo Neji non appena vide i due.
«Sta bene. –rispose Sakura. Abbiamo visto quella colonna di chakra e siamo corsi a vedere. Hinata riposa in un posto sicuro.»
«Avete fatto bene. –disse il maestro Gai. Dobbiamo approfittare della scaramuccia fra Kabuto e Naruto per aiutare Sai.»
I ninja alzarono il capo verso il cielo. Sai aveva ingaggiato una tremenda lotta contro il dinamitardo di Akatsuki in una lunga sequenza di bombe e piogge di inchiostro che rendevano la situazione traballante dello scontro molto criptica.
«Come facciamo a raggiungerli? Sono troppo in alto.» sbottò Ino.
«Lascia che ci pensi Ten Ten, noi dobbiamo cercare di fermare Naruto.» aggiunse Neji, indicando la ragazza di cui stava parlando.
Ten Ten si era allontanata dal campo di battaglia da qualche minuto, ma data l’ansia dei ragazzi, nessuno di loro si era accorto della sua mancanza, anche perché Ten Ten era un tipo che stava in silenzio se non poteva attaccare; del resto le armi avevano poca effettività contro degli zombie immortali. Di conseguenza il maestro Gai aveva chiesto all'allieva di ritirarsi dal campo di battaglia per la creazione di trappole appropriate per ridurre la mobilità degli zombie.
«Ehi!» urlò la specialista di armi a un certo punto.
Ten Ten aveva appena finito di fissare una spessa corda al tronco di un albero lì vicino, imitando il processo che aveva compiuto in precedenza per la creazione di una potente fionda, la cui capienza era in grado di contenere un dispositivo per immobilizzare i nemici. Ten Ten ci aveva messo molto tempo per costruirne un prototipo di quell'aggeggio; aveva trovato il progetto in un vecchio libro appartenente alla sua famiglia e non aveva resistito dal costruirlo, seppur avendo impiegato molta fatica per la sua realizzazione, data la complessità dell’opera.
Ten Ten fissava orgogliosa il cubo formato da lastre metalliche che aveva forgiato con le proprie mani e che aveva successivamente saldato alla base della sua creatura dopo molte notti passate insonni. La ragazza era così orgogliosa di quel lavoro che non vedeva l’ora di poterlo sottoporre in esame alle autorità del villaggio per fare in modo di approvare la riproduzione in vasta scala.
«Maestro! –urlò Ten Ten. Sono pronta a lanciarlo contro Naruto in qualsiasi momento.»
Ten Ten era convinta che niente poteva fermare quel concentrato di ingegneria marionettistica sviluppato dai suoi antenati e non vedeva l’ora di voler dimostrare a tutti quanti di che pasta erano fatte le sue tecniche, alle quali nemmeno le forze portanti erano immuni.
Tuttavia il maestro Gai la bloccò; non erano questi gli accordi.
«Devi colpire lo zombie che sta combattendo contro Sai! Naruto non si farà mai catturare da quell'aggeggio!» replicò il maestro Gai.
A quel punto Ten Ten la prese come un’offesa personale, poiché di recente si sentiva denigrata all'interno del suo gruppo con la scusa che Neji fosse già un jonin e che Rock Lee fosse l’allievo prediletto del maestro Gai. 
La cattura del demone-volpe, per tanto, era una questione di principio, in modo da poter dimostrare al maestro che si stava sbagliando, che il frutto dei suoi sudori era perfettamente in grado di contenere quella bestia spaventosa che aveva appena squartato con una sola mano un serpente grande quanto un palazzo.  
Ten Ten non si perse d’animo e iniziò a spostare il marchingegno verso il demone-volpe; non avrebbe fallito, era impossibile che fallisse.
«Quando ce l’hai colpiscilo!» tuonò Gai, che si era voltato.
L’uomo non si era accorto delle intenzioni dell’allieva ed era convinto che quest’ultima stesse mirando allo zombie di Deidara, bensì a quello di Naruto; sarebbe stato sicuramente un errore che Ten Ten avrebbe pagato sulla sua pelle, qualora non fosse riuscita nel suo intendo.
Ten Ten fissò attentamente i rapidi movimenti di Kabuto e del demone. Quei due si muovevano fin troppo velocemente per i suoi gusti, tanto che la ragazza non riusciva nemmeno a leggere il loro schema di attacco, poiché quello del demone cambiava totalmente a ogni mossa, mentre quello di Kabuto andava ad adattarsi alla situazione; colpire il demone non sarebbe stato affatto facile.
All'improvviso Kabuto evocò dai fondali marini un serpente bianco da dimensioni mastodontiche. Quando il rettile si erse in tutta la sua possanza, la sua figura era in grado di privare il campo di battaglia da tutta la luce inviata dal sole.
«Porca Puttana! Quel coso è enorme!» tuonò Kiba nell'osservare per bene la creatura.
«Siamo morti!!» urlarono terrorizzati Ino e Chouji mentre si abbracciavano a vicenda per la paura.
Il maestro Gai non aveva perso il tempo necessario per farsi prendere dal panico, aveva già oltrepassato quella fase e si stava addirittura preparando a effettuare una distruttiva controffensiva contro quei due mostri invincibili.
«Merda! Qui devo usare veramente Hirutora o va a finire che ci lasciamo le penne!»
Nemmeno gli altri membri della squadra si lasciarono sopraffare dal terrore e ognuno cercò di ingannare la propria fifa nella maniera a loro più consona.
Rock Lee si mise a fare flessioni nel bel mezzo della battaglia. 
Neji passò il tempo a cercare la cugina in lontananza, usando il byakugan.
Gli altri erano veramente sopraffatti dal terrore.
«Non capisco perché ne state facendo un dramma. È solo una biscia troppo cresciuta.» replicò Shikamaru che si era accesso la sigaretta.
In realtà, benché il genio del villaggio della Foglia stesse mantenendo un aspetto estremamente composto, le sue gambe stavano tremando così tanto dalla paura che era estremamente palese accorgersi che stava bluffando.
«Dannato, mentecatto!!! Vedi di trovare una soluzione o giuro che ti ammazzo prima di quella cosa!» urlò furibonda Ino.
Kabuto sghignazzò proprio in quell'esatto momento, coprendo le urla di Ino con una sonora risata da parte sua.
«Ammetto di aver avuto qualche inconveniente tecnico, ma adesso la situazione è tornata in mio favore con questo piccoletto che ho cresciuto modificando il DNA di Lord Orochimaru. Non è grazioso?»
«Affatto! –replicò Sakura. È incredibile orrendo.»
Sakura andò ad abbracciare la cara amica fioraia e assieme commemorarono la loro bellissima vita e al fatto che non avevano alcuna intenzione di volerla perdere.
«Non posso immaginare che tanta bellezza venga sciupata da una creatura immonda come quella.» sbottò Ino.
«E io che volevo farmi una famiglia… Perché sono sempre circondata da dei matti?!» aggiunse Sakura.
Le due ragazze iniziarono a piangere in una maniera così patetica che sembrò che si fossero dimenticate di tutto ciò che le circondava, incluso l’enorme serpenteiv, la forza portante, Kabuto e Deidara.
«Ehm… Scusate, ragazze. –sboccò Kiba. Non vi sembra di stare esagerando?»
L’idea di porre quella domanda fu l’errore più grave di Kiba, poiché andò a finire che le due ragazze andarono a prendersela con lui con una rabbia tale da far accapponare la pelle al demone volpe stesso.
«Come puoi essere così superficiale, eh Kiba?! Perché non comprendi il mio trauma?! Ho ancora tutta la vita davanti e non voglio finire divorata dall'immonda creatura o venire vivisezionata da quel pazzo omicida!!» si sfogò Ino in tutta la sua rabbia.
Alche Sakura, la quale condivideva appieno quanto elargito dall'amica, si premurò a rincarare la dose rivolgendosi a tutti coloro che reputava in grado di poter eliminare quella grave minaccia.
«Si muova, maestro Gai! Forza faccia a pezzi quell'enorme schifezza! Forza! FORZA! FORZA!!!» 
Shikamaru e Shino si scambiarono uno sguardo carico di perplessità; non sarebbero mai stati in grado di comprendere la complessità della mente femminile e tanto meno avevano voglia di farlo, considerata la situazione corrente, anche perché Sakura e Ino erano sicuramente ai limiti della comprensione umana.
La situazione ricevette un drastico arresto quando, all'improvviso, il demone-volpe aveva operato la sua mossa con uno scatto repentino verso il grande rettile con l’intenzione di squartarlo pezzo per pezzo, dando così sfogo alla sua sete di sangue. Tuttavia ciò si rilevò essere più arduo del previsto, poiché il colpo del demone non fece nemmeno il solletico al grande serpente.
Kabuto rise; era veramente soddisfatto del risultato da lui raggiunto.
«La pelle di questo serpente è ricca di densi strati di carbonio ammassati tra di loro in una struttura molto complessa. Le sue scaglie sono spesse quanto il diamante e nemmeno l’attacco più potente sarebbe in grado di fare breccia in questa difesa, a parte la tecnica dell’Idrav di Lord Orochimaru e il veleno di Manda.»
Il demone volpe non riusciva a danneggiare il suo gigantesco avversario, nemmeno se faceva sgorgare tutta la sua rabbia fino agli estremi. Purtroppo lo zombie aveva delle limitazioni considerevoli che non potevano valorizzare decentemente il potere della volpe a nove code; Kabuto lo sapeva bene, per questo desiderava tenere a bada quella forza incontenibile per evitare che tanto potere venisse sprecato così inutilmente.
Kabuto aveva in mente un piano ben articolato con il quale avrebbe sedato la rivolta della sua pedina e si sarebbe liberato dei ninja della Foglia. Per prima cosa dovette aspettare che il demone volpe iniziasse a esporsi sempre di più, cosicché il serpente potesse ingoiarlo in un sol boccone per contenerlo per bene nella sua pancia; una volta avvenuto ciò, Kabuto si avviò ad attuare la seconda fase del suo piano.
«Dannazione! –sbottò il maestro Gai. Kabuto ha intenzione di squagliarsela! Dobbiamo immobilizzarlo il prima possibile!»
Il ninja dalla calzamaglia verde si rivolse alla propria allieva, la quale stava ancora attendendo il momento propizio per lanciare contro il nemico la sua potentissima arma immobilizzante.
«Veloce, Ten Ten!» tuonò il maestro Gai.
La specialista di armi non se lo fece ripetere una seconda volta e, dopo aver preso la mira, tagliò i cavi che reggevano la sua fionda gigante, scagliando la sua potente arma contro il suo obbiettivo: Kabuto.
Kabuto si accorse del pericolo che stava correndo solo grazie alle spiccate doti sensoriali del grande serpente, il quale si era fissato in testa di voler fagocitare la trappola dei ninja della Foglia in modo da debellare per sempre il grande pericolo. Tuttavia lo scienziato aveva in mente un piano differente e lasciò che fosse lo stesso Deidara, appena richiamato dal suo padrone ad abbandonare lo scontro con Sai, il quale sommerse completamente di bombe la macchina intrappolante di Ten Ten, rendendola un mucchio di ferraglia fumante che il grande serpente scagliò via con un colpo della sua lunga coda.
«Porca puttana! Se n’è accorto!» tuonò arcigna Ten Ten.
«Qui la cosa inizia a complicarsi sempre di più.» aggiunse Kiba con scetticismo.
«Quel bastardo di Kabuto me la pagherà! –si intromise nuovamente Ten Ten. C’ho messo un sacco di tempo per costruire quell'affare e lui me l’ha distrutto senza battere ciglio! Ti ammazzo, fottuto quattrocchi di merda!!»
Rock Lee tentò di far calmare l’amica, nel tentativo di farla desistere dall'insultare il nemico oltre a quanto già detto in precedenza.
«Suvvia, Ten Ten. In fondo era solo una macchina.»
Una risposta che indispettì moltissimo la specialista di armi che, di conseguenza, agguantò Rock Lee per il bavero della sua maglia, fissandolo dritto negli occhi con un’espressione spaventosa.
«Razza di fottutissimo bastardo egocentrico, guarda che al mondo non esistono solo i tuoi cazzo di allenamenti con il maestro. Ci siamo anche noi altri, chiaro?!! Quella cosa era importante per me!!»
«Ok… Ok… Mi spiace… Non volevo mancarti di rispetto!» disse Rock Lee, tentando di scusarsi.
«E di che me ne faccio delle tue scuse?! –ribatté acida Ten Ten. Voglio la testa di quel figlio di puttana!!»
Solo in quel modo Ten Ten avrebbe potuto quanto meno digerire la perdita della sua arma in una maniera così tanto inutile.
A conseguenza di quanto detto in precedenza, Neji non poté fare a meno di pensare a quanto fossero mentalmente instabili le persone che aveva la sfortuna di chiamare “compagni”, “amici” e “colleghi”. Era mai possibile, pensò senza parole, che in una situazione drastica come quella si pensasse ad altre idiozie che non c’entravano nulla con la grave questione?
Guardando i suoi compagni poteva dedurre una sola cosa.
«Come diavolo ci sono finito dentro questa gabbia di matti?»
Il più matto di tutti era sicuramente Kabuto. Lo scienziato aveva studiato veramente un piano degno di un grande bastardo degli anime per potersi sbarazzare dei suoi avversari e non avrebbe perso altro tempo a commemorare le loro reazioni, anziché darsi una mossa e concludere quello per cui era giunto nella nazione dei vortici.
Il primo passo fu quello di dare l’ordine di mobilità a Deidara.
«Dobbiamo salutarci, cari amici della Foglia. Purtroppo ho degli impegni improrogabili da portare a termine.»
«Cosa ti fa credere che ti lasceremo andare via come se niente fosse?» domandò Shikamaru di conseguenza.
Kabuto non si lasciò sfuggire un ghigno derisorio per la provocazione appena lanciata dal suo nemico.
«Semplice. Non potete vincere contro di me, perché siete troppo deboli.»
La dura verità. Quello che i ninja della Foglia non avrebbero mai voluto sentire da parte di un nemico, sebbene si trattasse dell’assoluta e pura verità.
«Vi credete tanto in gamba perché avete combattuto contro quelli dell’Akatsuki. –continuò. In realtà solo Kakashi e Shikamaru fra i vostri sono riusciti a combinare qualcosa di buono. Agli altri membri hanno pensato sempre ninja di livello nettamente superiore al vostro.»
In effetti anche questo era vero. Sebbene Sakura e Hinata avessero combattuto contro Sasori, era stata la vecchia Chiyo a finirlo e sempre senza di lei, le due kunoichi non sarebbero sopravvissute. La stessa questione riguardava Deidara, colui che aveva sconfitto il grande Gaara del Deserto, era stato sconfitto da Sasuke, il quale non era da considerarsi un alleato della Foglia al momento; stesso ragionamento coinvolgeva Itachi Uchiha. Pain invece era stato sconfitto da Naruto che era a sua volta un membro interno dell’organizzazione, il quale aveva deciso di farsi sconfiggere dal suo avversario, una volta dimostrata la sua superiorità.
Nonostante tali fattori, a nessuno dei ninja della Foglia andava molto di toccare quel nervo scoperto, dato che erano ancora freschi di lutto e facilmente propensi a dare in escandescenze se si parlava di Akatsuki.
«Proprio come quello che ha fatto fare una brutta fine al tuo capo!» ribatté arcigna Sakura.
Alche Kabuto ebbe una reazione giudicata molto strana da parte dei ninja della Foglia. Era svanito nel nulla il sorriso che aveva dapprima ostentato ai suoi avversari, lasciando il posto a una espressione estremamente cupa che nessuno dei restanti presenti poteva carpirne i segreti.
Dopo qualche secondo di silenzio, Kabuto si premurò a effettuare un sigillo con il quale ordinò a Deidara di usare una delle sue tecniche più letali.
«Lord Orochimaru non è morto. –disse convinto. Serve ben altro che uno stupido Uchiha per farlo scomparire. Lui non può morire perché è un bene troppo prezioso che l’umanità non può perdere!»
Tale frase carica di pragmatismo aveva lasciato i ninja della Foglia con l’amaro in bocca, poiché poteva avere ogni genere di interpretazione e sarebbe stato deleterio cercare di perdere tempo a decodificarla, poiché sarebbe sempre stato necessaria la conferma di qualcuno che aveva conosciuto molto bene l’Eremita delle Serpi.
Durante quegli attimi di confusione, solo Sakura notò un particolare strano presente sul volto dello scienziato. La luce del sole stava facendo brillare in modo molto strano il viso di Kabuto. Solo allora Sakura comprese: Kabuto stava piangendo.
Sakura non poté fare a meno di pensare che giudicare Kabuto da un solo punto di vista non le avrebbe dato un quadro completo, poiché non aveva considerato che probabilmente Orochimaru era stato per Kabuto ciò che il maestro Kakashi o la signorina Tsunade erano per lei o forse anche di più. Solo dopo aver sfiorato tale sensazione, Sakura poteva capire perché Kabuto serbasse vendetta nei confronti di Sasuke e non poteva di certo biasimarlo, sebbene si trattava ugualmente del suo Sasuke e di un essere diabolico come Orochimaru; eppure era proprio così che andava.
«Quindi…» pensò la ragazza.
Il suo pensiero venne interrotto dalla visione dello zombie di Deidara che precipitava verso il suolo, privato della sua tunica che lo scopriva a petto nudo. 
«Guardate là! –tuonò Kiba. È il tizio che usa le bombe! Che sta facendo?»
Lo zombie aveva estratto un grosso pezzo della sua argilla dalla sua riserva personale e l’aveva data in pasto alla bocca presente sul suo petto. Nessuno dei presenti sapeva a che cosa si andasse in contro, una volta che il dinamitardo aveva effettuato quella data operazione, ma comunque se si rifletteva bene sulle doti del nemico, si poteva giungere a una conclusione simile a quella a cui giunse Sasuke quando combatté contro Deidara (fermo restando che quest’ultimo non avesse nascosto le sue intenzioni, dopo aver attivato tale tecnica).
«Oh merda…» sbottò Neji.
Lo Hyuuga aveva visto molte cose con il suo byakugan e aveva tirato le dovute somme per dedurre ciò che stava per accadere.
«Che succede, Neji?» domandò ansioso il maestro Gai.
«Siamo nella merda! –spiegò lo Hyuuga. Quel tizio sta raccogliendo una grande quantità di chakra in un solo punto del suo colpo. Vuole usare la stessa tecnica con cui tentò di ucciderci nel paese dei Fiumi!»
Neji era un tipo che usava sempre modi di alto lignaggio ed eleganti; era estremamente difficile che imprecasse come una persona normale; dovevano essere veramente nei guai.
Allora tutti si preoccuparono, sebbene non avessero idea dell’entità dell’esplosione, dato che quella volta fu la tecnica del maestro Kakashi ad assorbirla. Tuttavia c’era anche un altro fattore che bisognava tenere in conto, ovvero che Deidara non aveva ricevuto l’ordine di usare quella tecnica, bensì gli era stato ordinato di commettere suicidio, facendosi esplodere proprio come aveva fatto pur di uccidere Sasuke Uchiha.
Kabuto approfittò della confusione generata dal dinamitardo per intrufolarsi dentro la bocca dell’enorme rettile.
«Qui dentro non dovrei correre alcun rischio. –pensò. Aumenterò la densità di carbonio delle squame e lascerò che Deidara esploda al momento giusto e poi… Addio, ninja della Foglia.»
«Dov’è finito quel bastardo di Kabuto?!» tuonò Sakura non appena notò l’assenza dello scienziato.
«Non può essere andato lontano –comunicò Kiba. Il suo odore è ancora qui! Si sarà nascosto da qualche parte!»
«Vigliacco!» aggiunse Ten Ten.
«Lasciate perdere Kabuto. Abbiamo cose più importanti a cui pensare!» proruppe Shikamaru, rivolto alla questione della bomba umana.
Il processo di esplosione era molto lento, ma si poteva ben vedere un chiaro mutamento nel corpo dello zombie, il quale stava piano piano andando in pezzi, annerendosi per il contatto con una qualche sostanza virale di cui nessuno conosceva l’esistenza; doveva trattarsi del suo chakra.
Impossibile fermare il conto alla rovescia; non avrebbe nemmeno funzionato una tecnica sigillante che potesse bloccare la tecnica dello zombie, oramai giunta a una fase di sviluppo che era impossibile contenere. 
Le bombe che Sai lanciò contro il dinamitardo non ebbero nessun effetto.
«Ci deve essere un modo…!» commentò il pittore, oramai perso d’animo.
In effetti ne esisteva uno, benché avesse una percentuale di successo molto esigua, poiché non si conosceva l’entità dell’esplosione che sarebbe stata prodotta e non si sapeva se quell'idea avrebbe funzionato.
«Vieni via da lì, Sai!» urlò a un certo punto Sakura.
Il ragazzo non si mosse. Comandò il suo uccello d’inchiostro a un’altezza tale affinché le sue parole potessero venir udite dal resto della squadra.
«Mi dispiace, ragazzi…» iniziò.
Si voltò verso tutti loro, ostentando uno dei suoi tipici sorrisi finti che lo avevano tanto contraddistinto in tutto quel tempo passato con quei ragazzi. 
«Che stai dicendo?!» domandò Sakura ancora una volta.
«Mi riferisco alla discussione che abbiamo avuto prima. –precisò Sai. In realtà non avrei mai fatto nulla contro di voi, ma non posso disobbedire a lord Danzo. Sarebbe come mordere la stessa mano che mi ha nutrito, proprio come per voi sarebbe impensabile tradire la fiducia del Quinto Hokage. La Radice avrà anche fatto molte cose brutte per ordine di lord Danzo, ma l’abbiamo fatte sempre per il bene del villaggio, per il bene comune sono morte tante persone.»
«Credimi, Sai… -intervenne Shikamaru. Tutto quello che dici è veramente giusto, ma ora non è il momento di pensare a queste cose. Quel tizio sta per farsi saltare in aria.»
«Ma scappare?» sopraggiunse Chouji.
«Impossibile. –riferì Neji. Anche se scappassimo, non riusciremmo mai ad arginare la grandezza dell’esplosione.»
Inoltre l’esplosione avrebbe anche coinvolto la foresta adiacente, nella quale stava rifugiata Hinata, la quale sarebbe morta senza poter fare nulla a impedirlo. Neji non poteva permetterlo; per nessun motivo poteva lasciare morire la sua protetta.
«Bastardo di un Naruto. –pensò rancoroso lo Hyuuga. La sto proteggendo anche per te, ricordatene bene!»
Allora Sai tentò di sovrapporre la sua voce alle miriadi di conversazioni in atto.
«Statemi a sentire, vi prego!» urlò.
L’attenzione tutta per lui.
«Andate il più lontano possibile da qui. Penserò io alla bomba!» tuonò il pittore.
I ninja della Foglia lo fissarono attoniti; nessuno di loro si aspettava che un loro dichiarato nemico intendesse sacrificarsi per il bene comune, a che scopo poi?
«Non starai dicendo sul serio, vero, Sai?!» domandò perplesso Shikamaru.
Il pittore si zittì; non aveva nient’altro da dire, poiché qualunque cosa non sarebbe mai stata abbastanza per cancellare la conversazione avvenuta in precedenza. Niente poteva cancellare l’odio professato che tutti, Sakura inclusa, gli avevano lanciato addosso o le sue chiare minacce.
Quella era la sua nindo, erano gli ordini di lord Danzo. La sua nindo era quella di obbedire sempre, non importava in che modo, ma doveva obbedire per dare un senso alla morte di suo fratello Shin; glielo aveva promesso sul suo letto di morte.
«Un ninja segue sempre i suoi ordini…» sibilò Sai nella profondità del silenzio.
Il ragazzo si voltò verso i ninja della Foglia per osservarli per bene, ricordando gli strani momenti che aveva condiviso in loro compagnia nella sua perenne ricerca dell’essenza della natura umana. Come non dimenticare Sakura e Hinata, le quali gli avevano aperto gli occhi sul mondo delle emozioni, poi tutti gli altri; gli avevano aperto le porte di nuovo mondo a cui purtroppo poteva dare solo una piccola sbirciata, poiché non vi sarebbe mai appartenuto.
Lui era della Radice: era quello il suo luogo d’appartenenza, il suo mondo.
«Da vivo continuerei solamente a farvi soffrire e non è mia intenzione farlo, non dopo tutto quello che avete fatto per me. –continuò Sai. Continuerei a obbedire agli ordini della Radice, perché la Radice è parte di me e lì ho seppellito le mie emozioni assieme a mio fratello. Però…»
Si bloccò. Quello che voleva cercare di spiegare ai suoi interlocutori era troppo difficile da dire senza che se ne vergognasse, inoltre aveva troppo poco tempo prima che Deidara saltasse in aria.
«… Niente mi vieta di dare la vita pur di proteggere i miei compagni. È il mio modo per dire grazie per avermi fatto diventare umano.»
«Sai…» mugugnò Sakura nel silenzio generale.
La sua strana calma non tardò a scemare in pochi secondi prima che il pittore solcasse i cieli sopra il suo uccello d’inchiostro. 
La ragazza fu rapida abbastanza per afferrarlo per un polso, obbligandolo a uno scontro diretto fra i loro occhi.
Sai dovette ammettere a se stesso che quella era la prima volta che osservava per bene Sakura; finora aveva semplicemente “visto” quei brillanti smeraldi sul suo viso e non si era accorto di quanto fossero accecanti quando animati dalla determinazione della loro proprietaria.
«CREDI CHE FARE QUESTO DISCORSO TI ASSOLVA DA QUELLO CHE HAI DETTO?! RAZZA DI BASTARDO NON PERMETTERÒ CHE ALTRI MUOIANO ANCORA!» urlò Sakura collerica.
Sai era senza parole, era rimasto attonito da quella frase e lo fu ancora di più quando il viso della sua interlocutrice iniziò a bagnarsi delle sue lacrime.
«Non ne posso più di vedere la gente morire… Basta… Basta con queste morti inutili…»
La ragazza era così esausta di doverlo ripetere che non ne ce la fece più a stare in piedi e si lasciò cadere dolcemente sul petto di Sai a lasciarsi piangere addosso.
Sai era pietrificato, non aveva idea di che cosa fare. Sakura stava piangendo fra le sue braccia e lui non sapeva come poter fare per aiutarla a calmare il dolore che stava patendo; solo allora se ne rese conto.
Lui non poteva capirla, non poteva capire nessuno di loro, perché non aveva più lacrime da versare o urla da gettare, dato che le aveva finite tutte durante il funerale di Shin, sotto lo sguardo soddisfatto di Danzo. Che arroganza credere di poter viaggiare sotto la stessa lunghezza d’onda.
«Sakura… Io…»
«Sta zitto! –replicò Sakura. Non dire una sola parola…!»
Il fatto che ci fosse una bomba pronta a ucciderli era passato in secondo piano; oramai i ninja della Foglia sembravano aver accettato che non ci sarebbe stata alcuna speranza per loro in nessun caso, per cui avevano deciso di trascorrere quegli ultimi momenti a ripensare alla loro vita.
«Bah… Mi sarebbe piaciuto vivere ancora per un po’. Avrei tanto voluto diventare Hokage.» sbottò con un sorriso amaro Kiba.
«Ma chi? Tu? È più probabile che avrebbero dato la carica al tizio del ramen.» replicò Shino.
«Vaffanculo, Shino! –replicò Kiba. Almeno io non vengo costantemente dimenticato dalla gente!»
Fu la prima volta che Kiba Inuzuka era riuscito a rispondere a tono all'amico, facendolo deprimere per colpa di una sacrosanta verità.
«Beh, almeno io mi fumo una sigaretta…» disse Shikamaru con la sua solita calma.
«Ma scusa, non pensi a Temari? Come la prenderà?» domandò Chouji.
«Ah beh… -mugugnò il Nara. Credo che nemmeno la morte riuscirebbe a tenerla alla larga. Sarebbe benissimo capace di cambiare le regole del mondo solo per rompermi le palle.»
Già. Lei era fatta così, per questo le era così affezionato; gli dispiaceva solo non potere dare un meritato addio a lei e ai suoi genitori.
D’un tratto i ninja della Foglia vennero avvolti da un bagliore sempre più crescente. Esso proveniva dal corpo dello zombie del dinamitardo di Akatsuki, segno della loro imminente fine.
Presa dall'ansia degli eventi, Ten Ten si ritrovò costretta a doversi liberare da un peso allo stomaco che avrebbe preferito tenere segregato dentro al suo cuore.
«Ehi, Lee…»
Rock Lee stava effettuando una faticosa serie di flessioni fin da quando era stato chiaro che per loro non ci sarebbe stata speranza; era il suo modo per accettare la fine, sebbene conservasse il rammarico di non aver portato a termine il suo ambito sogno.
«Dimmi tutto, Ten Ten. Sono in ascolto…» disse Rock Lee.
Un attimo dopo il ragazzo si beccò un violento cazzotto sulla nuca da parte dell’esperta di armi della Foglia.
«E questo per cos'era?!» tuonò il ragazzo dolorante.
«C’è che sei una testa di cazzo! –replicò Ten Ten. Possibile che in una situazione del genere tu possa pensare ai tuoi dannati allenamenti?!»
«Certo!» rispose Rock Lee.
«Non sono riuscito a realizzare il mio sogno nel mondo dei vivi, per cui inizio ad allenarmi per poter diventare lo specialista di arti marziali più forte dell’aldilà!»
Tale affermazione lasciò senza parole gli amici lì presenti, i quali non seppero come reagire a quanto detto dall'amico dalla tuta verde.
«Ok, è andato!» sbottò Kiba.
«Che vuoi farci. Lee è fatto così» intervenne Neji sorridendo.
«Col cavolo! –proruppe Ten Ten. Non posso credere che puoi pensare ad allenarti in un momento del genere! Stiamo per morire!»
«Non è così!» disse Rock Lee sospettosamente serio.
«So che stiamo per morire, ma come ho detto prima, il mio unico rimpianto è quello di non aver realizzato il mio sogno e poi…» 
Il ragazzo si bloccò per qualche secondo affranto; gli era molto difficile dire quanto avrebbe seguito.
«Il fatto che state morendo anche voi non può fare altro che ricordarmi quanto sia debole rispetto Naruto. Lui almeno si è sacrificato per una nobile causa, noi stiamo morendo perché non siamo stati abbastanza forti e questo non posso accettarlo!»
Tutti i presenti erano turbati dalla corrente situazione. Tale situazione era servita per far emergere tutte le paure dai loro cuori, creando una scomoda situazione da cui era impossibile liberarsi se non si moriva. Il fulcro fondamentale del disagio risiedeva nel fatto che nessuno di loro era stato capace di impedire che gli eventi si sarebbero svolti in tale maniera; loro non volevano morire.
Ten Ten aveva preso la decisione di tenersi tutto per sé; aveva perso ogni vitalità e l’unica cosa che desiderava era afferrare la mano di Rock Lee, in modo da darle forza per superare quel grande ostacolo.
Rock Lee non capì la ragione dello comportamento fin troppo docile dell’amica, ma comprese che probabilmente era affranta dalla paura della morte e che aveva bisogno di sostegno morale; non avrebbe mai potuto negarglielo. Strinse con più forza la mano della ragazza, poi portò l’altra presso la sua vita per spingerla a sé.
Ten Ten rimase folgorata, non si sarebbe mai aspettata un’azione tanto romantica da parte di Rock Lee. A quel punto sperò che fosse proprio lui a dirle quella cosa che la avrebbe aiutata ad accettare meglio il suo cruento destino; proprio quando quel momento sembrava essere giunto e Ten Ten attendeva il tanto agognato bacio, ecco che il suo adone rovinò tutto.
«Ma dov'è andando a cacciarsi il maestro Gai?» domandò alla massa.
Neji, il quale aveva osservato la scena, si dette una manata sulla fronte, segno dell’enorme stronzata appena compiuta dal rivale. Ebbe pena per lui in quel momento, chiedendosi se non fosse stato meglio morire per l’esplosione anziché venire scorticati vivi da Ten Ten; in ogni caso Lee aveva una vita molto breve.
Tuttavia con quella domanda Rock Lee aveva alzato un grande polverone, poiché nessuno dei presenti era a conoscenza del maestro Gai e nemmeno ci fu il tempo per interrogarsi, dato che Deidara era finalmente esploso in una grande onda luminosa esplosiva che coinvolse tutta la zona che lo circondava.
In quegli istanti i presenti si imbatterono nei loro rimpianti, nel loro passato e nelle persone che stavano lasciando così prematuramente. 
Chi lasciava una famiglia che aveva tanto amato. Chi un ideale che non avrebbe mai potuto vedere realizzato. Chi sperava che le cose si sarebbero sistemate con il tempo. Chi rimpiangeva di non aver realizzato i propri sogni. Chi pregava che le persone non presenti si salvassero in qualche modo, in qualunque modo.
Seguì il bagliore.
La luce sommerse interamente i loro corpi e molti di loro si lasciarono andare alla realtà dei fatti, come posseduti da un’entità superiore che li stava conducendo in un altro modo.
Un sibilo. 
Una seconda esplosione. 
Un boato assordante simile a un ruggito. 
Un urlo.
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«HIRUTORA!»



*


 I residui della cenere sparsa per tutta l’area circostante andavano ad annidarsi nelle narici, procurando una fastidiosa sensazione che portava il soggetto alla lacrimazione e a farlo starnutire per il disagio. Fu quello che i ninja della Foglia provarono all'unisono non appena ripresero conoscenza avendo di fronte un panorama completamente cambiato da quello in cui si trovavano in precedenza.
«Che cosa è successo?» domandò Chouji una volta ripresosi.
Ognuno di loro era convinto che avrebbe lasciato il mondo dei viventi per colpa della potentissima esplosione generata dal nemico; invece erano tutti lì, malconci ma potevano giurare di essere ancora vivi e vegeti e non riuscivano spiegarsi come potesse essere possibile.
Era successo qualcosa. Nessuno di loro sapeva tuttavia dare una spiegazione. L’unica cosa a cui concordarono i presenti fu l’abbagliante luce generata dalla bomba umana e una successiva onda d’urto che li aveva sbattuti violentemente per tutta la zona circostante, poi nulla.
«Tu hai qualche idea, Shikamaru?» chiese Chouji all'amico al suo fianco.
Il genio della Foglia scosse il capo con poco interesse. Shikamaru non aveva perso tempo pur di accendere una sigaretta in modo da allentare la tensione che stava ancora percuotendo il suo corpo. Solo dopo essersi calmato un poco, il genio poté finalmente analizzare razionalmente la situazione con i propri occhi.
Shikamaru vide che l’intero lago era sparito; l’esplosione aveva creato una grande voragine al centro del lago nella quale tutta l’acqua stava andando a concentrarsi, finendo inevitabilmente con il prosciugare l’intero specchio acquatico.
Successivamente notò un secondo dettaglio estremamente importante.
«Kabuto è sparito. Deve essersela svignata nel mezzo del trambusto.» commentò.
«Ce la siamo veramente vista brutta questa volta, amico mio.» sbottò Chouji.
Il bonario mangione stava ridendo con tanto gusto.
«Perché stai ridendo?» domandò Shikamaru.
«Siamo vivi! Siamo dannatamente vivi anche questa volta. Credo che siamo nati tutti sotto una buona stella.» disse l’altro.
Allora anche a Shikamaru scappò un sorrisino.
«Già. Hai proprio ragione.»
A quel punto i due amici sentirono la loro amica Ino chiamarli, così si affrettarono a raggiungere lei e la maggior parte dei loro compagni che si erano fatti vivi. Ora il sollievo di essere vivi si stava lentamente sostituendo con la paura che qualcuno di loro non si fosse salvato.
«Chi manca?» domandò repentino Shikamaru una volta raggiunto il gruppo.
Non ebbe nemmeno il tempo di ricevere una risposta che Ino si gettò fra le braccia di entrambi i suoi compagni di squadra in preda alle lacrime; evidentemente anche la paura estrema della morte aveva scosso anche una persona forte come lei. 
«Ino…» mugugnò Chouji.
Il bonario Chouji avvertiva chiaramente la paura provata, tanto che la sua amica stava letteralmente tremando dalla paura in un modo così anormale che le fece così tanta pena. Successivamente notò anche che l’imperturbabile Shikamaru stava tremando a sua volta, sebbene stesse facendo di tutto per non darlo a vedere, divorando quasi le sue sigarette; in quel momento Chouji giurò a se stesso che non avrebbe mai permesso che i suoi amici patissero più una paura del genere.
Subito dopo Shikamaru notò che al centro del gruppetto dei loro amici c’era ancora qualcuno a terra e non riusciva a capire chi fosse. Provò ad avvicinarsi, ma gli venne difficile con Ino che gli era praticamente addosso; riuscì solamente a scorgere gli scaldamuscoli arancioni indossati dal maestro Gai e da Rock Lee; ma chi era?
«Ino… -sibilò il ragazzo. Chi è a terra?»
La ragazza lo fissò per un attimo, poi la sua espressione mutò, deprimendosi ancora di più per lo sconforto. Ino lasciò andare la sua presa su Shikamaru e affondò il viso sul grande petto dell’amico Chouji, lasciandosi sopraffare dalle lacrime. 
Durante i suoi piagnistei la ragazza continuava a urlare frasi sconnesse nelle quali si poteva palpare perfettamente la disperazione che albergava dentro di lei.
«Non ci riesco… Non ci riesco! Dannazione! Sono un’incapace!» 
Shikamaru e Chouji si scambiarono occhiate languide, dopodiché il primo decise di tagliare la testa al toro e avanzare per scoprire chi fosse a terra per poi chiedere delle spiegazioni. Una volta giunto abbastanza vicino, Shikamaru attirò gli sguardi di Kiba, Akamaru, Neji e Shino, i quali gli fecero spazio per osservare il ferito.
Si trattava del maestro Gai.
«Il maestro Gai ci ha protetti.» raccontò Neji.
Il ragazzo aveva gli occhi bendati per arcane ragioni che Shikamaru ignorava, il quale tuttavia posticipò il momento in cui avrebbe chiesto spiegazioni per osservare meglio il loro povero malconcio salvatore.
Maito Gai era privo di coscienza, con il fisico completamente corrotto da profondi tagli evidentemente provocati dall'esplosione del nemico. Gran parte delle sue vesti erano in brandelli, la giacca da jonin completamente sparita. Tuttavia, ciò che faceva più accapponare la pelle era lo stato delle sue mani, nelle quali mancava gran parte della pelle, probabilmente andata bruciata nel tentativo di reprimere l’esplosione. 
Ma come aveva fatto il maestro Gai a compiere un’impresa del genere?
«Il maestro deve aver utilizzato Hirutora, non ci sono dubbi. –raccontò Neji. Ha aperto la settima porta e ha usato una tecnica che riesce a mettere al tappeto una persona fisicamente preparata come lui. L’ha fatto per proteggerci…»
«È ancora vivo?» chiese Shikamaru dopo qualche minuto di silenzio.
Faceva uno strano effetto vedere in quelle penose condizioni il viso di una persona con cui si ha un certo rapporto. I membri della squadra 10 ci erano già passati il giorno che era morto il maestro Asuma e ora quel dolore era vissuto in tutta la sua intensità dagli allievi del maestro Gai.
Neji annuì per rispondere alla domanda di Shikamaru.
«Ino ha detto che è in condizioni gravi e ha bisogno di cure urgenti, ma lei purtroppo non è in grado di fare nulla per lo shock. Stiamo cercando Sakura, con la speranza che lei ne sia in grado.»
In quel momento fu chiaro a Shikamaru il motivo per cui l’amica prima si stava sfogando fra le lacrime; certo che doveva essere veramente svilente non essere in grado di adempiere a doveri del genere verso una persona che aveva dato la vita per tutti loro.
«Ma non potremmo almeno cercare di asciugare quelle ferite? Il maestro sta perdendo tanto sangue.» propose a seguito il Nara.
«Neji dice che non si può. –spiegò Kiba. A quanto pare dopo aver aperto la settima porta, il corpo del maestro è pervaso da un dolore totale che lo porta a un’agonia indescrivibile. C’è il rischio che lo uccidiamo anche solo se lo tocchiamo.»
«Che brutta gatta da pelare…» sbottò seccato il Nara.
Il senso di impotenza era veramente una sensazione che mai nessuno avrebbe voluto provare in nessuna circostanza, specie in quella che stavano vivendo. Purtroppo i ragazzi erano costretti a ignorare i gemiti del maestro Gai per paura che morisse qualora l’avessero soccorso. C’era bisogno dell’intervento di un ninja medico esperto e Ino non lo era abbastanza, considerando anche il suo stato emotivo e il fatto che continuasse a tremare; la sola speranza era Sakura, ma nessuno sapeva dove fosse finita e se stesse bene.
«Piuttosto, Neji. Che ti è successo agli occhi?» domandò in seguito il Nara.
Neji si toccò con estremo fastidio la bendatura che si era fatto fare, poiché essa copriva la sua vergognosa situazione.
«Devo aver perso la vista per colpa del bagliore dell’esplosione. Non avrei mai creduto che persino il mio byakugan potesse ottenere una tale deficienza. Per fortuna Ino ha detto che è solo una situazione temporanea.» 
Il problema che turbava Neji era che senza i suoi occhi non poteva rintracciare sua cugina per accertarsi che fosse sfuggita all'esplosione e stesse bene.
Ognuno dei presenti captava chiaramente quella sua preoccupazione e nessuno era in grado di dirgli qualcosa di rincuorante che potesse differenziarsi dalle solite frase d’occasione.
«Voi siete tutti illesi?» domandò successivamente Kiba a Shikamaru.
«Credo di aver battuto forte la testa da qualche parte, ma nulla di grave.» replicò l’altro.
«Per sicurezza fammi controllare, non si sa mai. Non vorremmo rischiare di avere un altro ferito grave.» disse Kiba che si apprestò a medicarlo armato di garze e bende.
«Novità degli altri?» chiese Shikamaru nel frattempo che lo curavano.
«Ten Ten è andata a cercare Hinata, mentre Rock Lee sta cercando Sai e Sakura.» spiegò Shino.
«Ah, Shino… sei qui? Non ti avevo visto.» disse Shikamaru con la sua consueta nochalance.
Frase che come al solito lasciò deprimere l’Aburame, dato che spesso era quello che veniva sempre dimenticato dagli altri.
«Perché mai mi fate questo? Sono o non sono un vostro compagno?» domandò Shino con la sua solita espressione inquietante.  
«Dai Dai, amico. Rilassati e fumati una di queste. Ti assicuro che ti fanno rilassare molto» disse Shikamaru.
«Ti ha zittito proprio Shino!» sbottò Kiba.
«Ma sta’ zitto, buffone. Questo non è il momento di scherzare.» replicò Shino.
«Ehi! Sto solo cercando di allentare la situazione! Che c’è di male?!» continuò alterato Kiba.
«Vedete di darci un taglio, ragazzi. –sbottò Neji. Non sono proprio in vena di stare a sentire le vostre scaramucce da bambini dell’accademia.»
Il tono tanto truce con cui Neji aveva troncato la zuffa fra i due amici/nemici era stato più che sufficiente per far calmare le acque; ciò aveva provocato che la preoccupazione del ragazzo sulle sorti della cugina si amplificasse maggiormente, finché questi captò delle persone venire in contro a loro. Neji sperò si trattasse della cugina e di Ten Ten.
Si trattava di Rock Lee che era tornato assieme a Sai e Sakura. 
I due ragazzi erano leggermente malconci, ma in ottima salute, eccetto per il viso di Sai su cui sembrava essere passata un’intera mandria di bufali che non avevano avuto pietà per i suoi connotati; Sakura diede un’occhiata al suo capolavoro sulla faccia insofferente del ninja della Radice.
«Dannato pervertito… Voi uomini siete incorreggibili, avete la testa sempre lì…» sibilò la ragazza.
Sai non osò rispondere; sebbene ignorasse il motivo che lo spingeva a farlo, era cosciente che il minimo accenno a una replica avrebbe fatto soltanto imbestialire ancora di più Sakura, per cui stette in silenzio a soffrire per i violenti colpi ricevuti.
«Presto, Sakura! Il maestro Gai è proprio qui!» tuonò Rock Lee.
«Scusami, Lee. Arrivo subito.» rispose la ragazza.
Sakura si precipitò rapidamente al capezzale del maestro Gai e iniziò le procedure mediche con una tale maestria che tutti i presenti rimasero sconvolti di quanto fosse professionale una loro coetanea in un settore così complesso come la medicina.
A tal proposito Shino si lasciò scappare un commento a caldo.
«Non c’è che dire… la squadra 7 era proprio composta da tipi unici nel loro genere…» 
Non solo Naruto, Sasuke e Sakura avevano dato prova di grande valore in prove sempre più complesse, addestrati dalla saggia guida di un veterano di guerra come Kakashi Hatake. Quei tre erano stati inoltre indottrinati alle tecniche segrete dei ninja leggendari e li avevano lentamente superati in potenza e maestria; chiunque li avrebbe invidiati per le fortune che avevano ottenuto, fossero queste meritate o meno.
In quel momento Sakura stava dimostrando di essere degna di aver raccolto l’eredità lasciata da Tsunade, dimostrando a tutti delle conoscenze mediche e una professionalità uniche nel loro genere, paragonabili solo a quelle di Shizune e Tsunade.
«Il maestro è ridotto veramente male, ha un eccesso di acido lattico in tutto il corpo e le fibre dei suoi muscoli sono completamente a brandelli. –comunicò il medico in un primo check-up. Dobbiamo portarlo al villaggio e procedere con delle cure più approfondite.»
«Ma si salverà?» domandò Rock Lee preoccupatissimo.
Sakura sorrise.
«Certamente. Il maestro Gai non è una persona comune, lo dimostra il fatto che è ancora vivo. Basteranno delle cure appropriate per farlo tornare quello di prima.»
Tutti i presenti tirarono un profondo sospiro di sollievo e ringraziarono il ninja medico per averli finalmente privati di un grosso peso.
Sakura si concentrò nuovamente sulle ferite del maestro Gai, non riuscendo a non pensare in che modo una semplice missione si era complicata in un modo del genere e non erano nemmeno a metà del lavoro e già il loro caposquadra era fuori combattimento. Che cosa avrebbero fatto?
Sakura si guardò successivamente intorno alla ricerca di chi fosse ancora assente, solo allora notò che a mancare c’era anche Hinata; sperò che l’amica si fosse salvata. Dopodiché il suo sguardo si spostò su un sconsolata Ino.
«Ehi, Porcellino, che diavolo stai facendo lì imbambolata?! Vieni a darmi una mano!» la chiamò.
Il tono che aveva usato per chiamarla era quello che l’amica meno sopportava, poiché era evidente che Sakura si stava dando delle arie per essere migliore di lei.
Questo Ino non poteva accettarlo per nessunissima ragione: era stata la promessa che aveva fatto al maestro Asuma in punto di morte.
«Vedi di abbassare la cresta, fronte spaziosa. C’è il rischio che con quella tua testaccia tu faccia morire il maestro Gai per inquinamento da luce riflessa dalla tua fronte!» replicò Ino.
La ragazza si catapultò rapidamente al cospetto dei malati e iniziò a curarli con una forza d’animo paragonabile a quella di Sakura. 
Per i presenti fu un vero sollievo vedere che Ino era tornata quella di sempre e aveva smesso di darsi colpe che non aveva.
Quando le due ninja medico si trovarono vicine, Ino non poté fare a meno di sussurrarle la sua gratitudine.
«Grazie, Sakura…» 
L’amica dai capelli rosa le sorrise, ma non disse nulla, non ce n’era bisogno. 
I due medici aiutarono il resto del gruppo a mettere il maestro Gai su una lettiga di fortuna e attesero notizie da parte di Ten Ten e Hinata che ancora non si erano fatte vedere.
«Kiba, Shino. Non potete usare i vostri poteri per rintracciare Hinata e Ten Ten?» domandò Shikamaru.
«Vorrei proprio, amico. –sbottò Kiba. Purtroppo con tutto questo sangue e la cenere sia il mio olfatto che quello di Akamaru è compromesso.»
«La maggior parte dei miei insetti sono morti prima. Ho bisogno di qualche ora per farne nascere altri.» fu la risposta di Shino.
In poche parole non si potevano avvalere dei loro punti di forza per rintracciare le loro compagne, non restava altro che aspettare.
A un certo punto Sai si fece avanti con una proposta.
«Se volete posso pensarci io, ma ci vorrà del tempo.»
«E come pensi di fare?» domandò Kiba.
Tutti fissarono storto il ninja della Radice; era evidente che nessuno si fidasse di lui.
«Posso mandare dei miei roditori di inchiostro alla ricerca delle ragazze, ma ci vorrà un po’ di tempo e non sono sicuro che funzionerà. Non ho molto chakra a disposizione.» spiegò Sai.
I ragazzi stettero in silenzio per qualche minuto a riflettere se fosse saggia la scelta di affidare un compito del genere a un loro nemico dichiarato; tuttavia alla fine decisero di dargli fiducia, dato che non avevano nessun’altra scelta.
«Va bene. Muoviti.» lo esortò Shikamaru.
Sai non fece nemmeno il tempo di aprire un rotolo bianco per poter disegnare che si era bloccato per uno strano tremore che stava facendo la sua mano; doveva avere delle compulsioni dovute al suo tentativo di usare del chakra per trascinare Sakura il più lontano dall'esplosione. 
Per fortuna Sai era anche provvisto di mediocri abilità sensoriali e fu in grado di percepire la presenza di chakra amichevole che si stava rapidamente avvicinando alla loro posizione.
Ten Ten giunse al loro cospetto dopo qualche secondo.
«Ehi, ragazzi… ci siete tutti…» disse la ragazza con aria turbata.
«Ebbene? Dov’è Hinata?» domandò Neji ansioso.
«Come? Non è qui? –domandò sorpresa Ten Ten. L’ho cercata dappertutto, ma non ne ho trovato tracce, così ho pensato che fosse già con voi.»
Mai come in quel momento Ten Ten non si sentì così in colpa per non essere riuscita a fare una cosa così dannatamente semplice per un ninja, ovvero rintracciare una persona e per lo più ferita.
«Dove diavolo sarà finita quella stupida?» sbottò iracondo Kiba.
«E se fosse stata coinvolta dall'esplosione?» propose Chouji turbato.
«Questo non lo devi nemmeno pensare! –sbottò Sakura. Sono certa che Hinata sta bene e che si farà vedere da un momento all'altro.»
Tale prospettiva sembrò per lo meno far tranquillizzare un tantino Neji, il quale però aveva dichiarato che non si sarebbe mosso da lì a meno che sua cugina non si fosse fatta vedere, il che metteva in evidenza un problema per quanto riguardava le condizioni di vita del maestro Gai.
«Temo che tu ti stia sbagliando, Sakura…» sibilò Sai a un certo punto.
Gli sguardi dei presenti tutti verso di lui.
«Che vuoi dire?» domandò Sakura.
La ragazza non aveva nemmeno idea su che cosa si stesse riferendo il criptico pittore.
C’era bisogno che Sai si esprimesse meglio e lui non accennava a farlo, forse perché non riusciva a trovare il coraggio di dire quello che aveva appena scoperto.
«Su, parla!» lo esortarono tutti.
Sai tirò su un lungo respiro, dopodiché si decise a vuotare il sacco, conscio che come conseguenza avrebbe solo racconto fango addosso.
«Ho appena percepito il chakra di Hinata. Era una traccia molto flebile, ma era proprio lei.»
«Fantastico! –sbottò Sakura al settimo cielo. Vedete che era come vi dicevo?»
«No. –la contraddisse Sai. In realtà il chakra di Hinata sta andando nella direzione opposta alla nostra posizione e credo di avere una mezza idea di dove stia andando.»
La paura si dipinse sui volti dei presenti, i quali sapevano bene quale fosse l’obbiettivo ipotetico dell’amica; tuttavia nessuno di loro aveva la benché minima intenzione di volerlo dire apertamente.
«Quello che è successo è abbastanza chiaro. Hinata ha tradito il villaggio.» disse all'improvviso Sai.
Tutta l’ansia generale non fece altro che tramutarsi in odio nei confronti del ninja della Radice e per la frase che aveva appena menzionato. Per la Radice erano tutti traditori.
«Non dire assurdità, Sai! Hinata non ha tradito proprio niente!» sbottò Sakura che si era nuovamente inalterata.
«Ha abbandonato la sua posizione e i suoi compagni per inseguire un fetido cadavere. Non mi viene nessun altro modo per definire il gesto che ha fatto.» continuò Sai.
La rabbia nei suoi confronti continuava ad aumentare in maniera esponenziale, soprattutto perché tutti loro erano consci che le argomentazioni di Sai aveva dei fondamenti solidi su cui basarsi e questo non potevano accettarlo.
Hinata era una brava persona. La fanciulla dall'animo più gentile che loro avessero mai conosciuto e pensare solamente che una creatura tanto nobile d’animo potesse imbrattarsi con l’onta del tradimento era puramente ridicolo. 
Per Neji era addirittura offensivo.
Per Sakura era la goccia che fece traboccare il vaso. Ormai più nulla l’avrebbe trattenuta dal dare un pugno a Sai per la sconcezza che aveva dichiarato.
«Tu! Sei solo un lurido ingrato pezzo di merda! Come puoi solo pensare di tradire Hinata e tutti noi altri, dopo quello che abbiamo fatto per te!? Rispondimi, Sai!»
Il pittore non accennò una sola parola, limitandosi esclusivamente alla pulizia del viso imbrattato dal sangue che stava uscendo copiosamente dal suo labbro dopo il pugno di Sakura; solo dopo aver adempiuto tale compito, il giovane si prodigò a dare le dovute spiegazioni.
«Io non l’ho affatto pensato, Sakura… -replicò Sai. Quella che ho detto che una costatazione in seguito a quello che i fatti mostrano. Spiegami perché Hinata non è qui, anziché essere altrove!»
«Tu non hai la minima idea di quello che la madamigella Hinata sta passando!» proruppe Neji con rabbia.
«Esatto! Hinata amava molto Naruto e per lei è inaccettabile che Kabuto se ne serva per i suoi loschi scopi!» continuò Sakura.
Quella volta Sai ebbe la risposta pronta e adatta per zittire tutti quanti in un solo colpo.
«State solo dando delle motivazioni per cui Hinata si è allontanata, non state smentendo quanto dico, ve ne rendete conto?»
Nessuno osò convenire con lui sul fatto che avesse piena ragione.
Kiba intervenne subito dopo quanto affermato, afferrando il pittore per il bavero della sua maglia con tanta forza e gli donò una forte testa, sfregiando i loro copri-fronte con alcuni profondi graffi.
«Attento, bello. Non permetto a nessuno di infangare così il nome di Hinata, sono stato abbastanza chiaro?!»
Ancora una volta Sai non rispose. Il pittore restava sempre parole di quanto fosse il legame di amicizia che unisse quelle persone così eterogenee fra di loro. Sai non aveva mai compreso perché quei tizi seguissero con così tanta insistenza i loro compagni traviati dal male; l’unica cosa di cui poteva essere certo su quel punto era che questi tizi non avrebbero mai avuto vita lunga.
Kiba continuò a stringere con forza Sai al punto da fargli mancare il respiro.
«Adesso smettila di fare tanto il saputello e dicci in che direzione si trova Hinata, brutto pezzo di merda!»
Sai chiuse gli occhi; non c’era nulla da fare con loro, erano senza controllo.
«Prima lasciami andare per favore…» replicò Sai con uno dei suoi sorrisi finti.
Kiba eseguì in malo modo, gettando il pittore nuovamente al suolo con poca nochalance.
Sai si pulì per bene e si maledisse per aver svelato le sue doti sensoriali e aver detto quelle cose su Hinata; non perché non le pensasse, tuttavia considerando che si trovava in inferiorità numerica in una squadra priva di un caposquadra, non era stato saggio scoprirsi in quel modo.
«Ebbene?» chiese con insistenza Neji.
Sai provò a rintracciare nuovamente il chakra della fuggitiva, però questa volta ebbe qualche difficoltà a identificarlo e non ne capiva la ragione. La sua ansia per non essere in grado di riuscirci trapelò fuori con sua disapprovazione.
«Che succede?» gli chiese Sakura.
«Non riesco più a percepirla…» rispose afflitto il pittore.
I suoi sensi erano intontiti da una forte massa di chakra proveniente dallo stesso punto in cui aveva percepito prima il chakra di Hinata dirigersi. 
Il chakra che Sai stava percependo era veramente potente, persino più di quello dallo zombie dell’Ennacoda con cui avevano combattuto prima; di conseguenza Sai non sapeva se fosse saggio rivelare tali informazioni al resto del gruppo, perché temeva che andando verso quella direzione, tutti quanti sarebbero morti senza ombra di dubbio.
Ciò che Sai tremante poteva constatare solamente era la potenza opprimente di quel chakra nelle profondità della foresta della nazione dei vortici. Tremò addirittura al solo pensiero di che cosa potesse possedere un tale potere; sicuramente non era un essere umano.
«Che diavolo è questo paese?» pensò il pittore.
Soprattutto. In che guaio era andata a cacciarsi Hinata?



Note

i. Hirutora: letteralmente significa Tigre del Mezzogiorno ed è una delle tecniche offensive più potenti del manga. Tratterò in seguiot la tecnica molto meglio in un famoso futuro incontro che vedrà protagonista il nostro maestro Gai.
ii. dvandva: parola di origine sanscrita, sta a significare un composto inscindibile, due entità che non potrebbero vivere se non stando unite fra di loro.
iii. Shirohyaku: letteralmente significa giglio bianco, è un nomignolo che da Naruto a Hinata. (vedi Naruto Uzumaki Chronicles 3)
iv qui si ha un riferimento alla creatura chiamata Miðgarðsormr che è un enorme e mostruoso serpente che compare nella mitologia norrena e che ha una faida millenaria con il dio Thor.
v. La tecnica dell'Idra (Yamata no jutsu) di Orochimaru è stata creata da Kishimoto, prendendo come riferimento il mitologico mostro giapponese, Yamata no Orochi.





L'angolo dell'autore

Beh, direi che questo capitolo è stato ricco di avvenimenti e spero di non avere mai più il blocco dello scrittore per così tanto tempo, è stato orribile lasciare quel povero capitolo incompiuto. Spero che possiate perdonarmi per l'enorme ritardo (perché sono mesi e mesi che continuo a ripetere a chiunque, incluso me stesso, di mettermi a scrivere e aggiornare entro il prossimo mese). Purtroppo la questione non dipende soprattutto da me, perché sono impegnato con lavoro, studio e tanto altro e torno a casa la sera, dopo una giornata infernale. Comunque, spero di riuscire ad aggiornare entro la fine del mese con un nuovo grandioso capitolo! Grazie a tutti per la lettura e i commenti e ci vediamo alla prossima. Buon 2014!!



Nel prossimo capitolo


«Chi osa disturbare il mio sonno?»
«Ma che diavolo è quella cosa? È così enorme che non riesco a vedere bene che aspetto ha.»
«Yatsura… si è risvegliato…??»
«Dove si trova quel dannato umano che ha osato sigillarmi?! Mostrati al mio cospetto, maledetta Tojime!!»



I ruderi del villaggio del Vortice

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Capitolo 8
*** IL VILLAGGIO DEI VORTICI ***


Salve a tutti, cari lettori. Eccomi con un nuovo capitolo.
Sicuramente ho tardato come al solito a postare il capitolo e me ne scuso; purtroppo gli impegni universitari sono molti e in più si è aggiunto lo studio matto e disperatissimo del giapponese. Spero che possiate comprendere.
Allora, torniamo al capitolo. Il mio obiettivo è quello di poter concludere rapidamente questa saga, così da passare a quella checca di Sasuke che rompe le palle ai cinque Kage; non vedo l’ora. Spero che la lettura sia di vostro di gradimento, dato che ho cercato di essere sintetico e conciso.
Buona Lettura a tutti voi.

 



http://www.myanime.me/screenshots/Naruto-Shippuuden-episode-219-screenshot-006.jpg




Determinazione. Coraggio. Perseveranza. I ragazzi crescono.

 
Naruto fissava il soffitto da un tempo immemore. Nemmeno lui si ricordava perché avesse iniziato tale mansione e non capiva nemmeno per quale ragione non aveva ancora smesso; probabilmente tutto ciò era dovuto alla mole di preoccupazioni che si accavallarono nella sua mente, man mano che si lasciava possedere dalla stanchezza.
Il dolore provato prima era andato ad affievolirsi con il passare delle ore. Nonostante ciò, Naruto continuava a interrogarsi sulla causa, ma sapeva solo che nemmeno il medico da cui si era fatto visitare, era stato in grado di dargli una spiegazione valida. Naruto aveva così deciso di riposare nelle sue stanze, dopodiché, una volta destatosi, aveva deciso di aprire il taccuino su cui erano conservati degli appunti su un progetto che aveva stilato nei tempi recenti e di dargli un’occhiata.
Da quel momento in poi, Naruto aveva perso totalmente la cognizione del tempo, lasciandosi sopraffare dal pensiero dei suoi compagni e dalla situazione corrente del suo amato villaggio; ciò che lo preoccupava di più era quel fantomatico Reggente Sesto Hokage, di cui Kakashi gli aveva parlato molto male; persino Konan non aveva esitato a darne una pessima recensione, una volta udito il nome dello shinobi che ricopriva la carica.
Successivamente il suo pensiero era si era spostato a un altro dei suoi potenziali nemici, probabilmente quello che sentiva più vicino a sé e allo stesso tempo più distante: Sasuke.
Naruto non riusciva a capire perché Sasuke avesse deciso di allearsi con Madara; non c’era alcuna ragione per cui quei due collaborassero a rigor di logica.
L’Uzumaki era certo che Madara avrebbe usato Sasuke a suo piacimento, proprio come un tempo avevano fatto Orochimaru e Itachi, e questo lo preoccupava molto.
«Perché Sasuke? Perché ti sei unito ad Akatsuki? Qual è il tuo scopo?» sibilò afflitto.
Domande che avrebbe tanto voluto fare all’amico, se mai un giorno si sarebbero incontrati.
Solo allora gli tornò in mente la discussione avuta con Itachi.
«Cosa faresti se un giorno Sasuke dovesse minacciare la sicurezza del Villaggio della Foglia? Lo fermeresti, anche a costo di ucciderlo?»
Quella volta Naruto aveva risposto in maniera molto approssimativa, esternando i suoi ideali ai quattro venti, dopo averli tenuti assopiti dentro di sé per un lungo periodo, tuttavia adesso era pienamente convinto che con Sasuke le parole non sarebbero bastate, però non avrebbe permesso che il villaggio, per cui eroi come Itachi e Jiraiya si era sacrificati, venisse distrutto, a prescindere dall’identità di chi ne minacciava la sicurezza.
Naruto sapeva benissimo che dietro a tutti quei problemi c’era solo un uomo: un dannatissimo bastardo mascherato di nome Madara Uchiha, con il quale egli aveva appena iniziato una guerra personale che non avrebbe risparmiato colpi di scena da entrambe le parti.
«Me la pagherete cara. Nessuno può tradirmi, senza subire le dovute conseguenze!»
Madara non sarebbe stato un avversario facile da battere, di questo Naruto ne era cosciente, eppure non si sentiva per nulla timorato di dover affrontare un nemico tanto potente; più che altro il ragazzo si pentiva di qualche scelta logistica apportata all’ultimo momento: aveva fatto una vera cazzata a scoprirsi in quel modo tanto arrogante al suo nemico.
Sia il maestro Kakashi che Konan lo avevano rimproverato per aver agito in maniera così sconsiderata, soprattutto dopo tutta la fatica a tenere nascosta la verità su Nagato e sulla cattura della forza portante dell’Ennacoda.
Naruto non aveva resistito. Benché armato di buone intenzioni, non era riuscito a sopportare la visione della forza portante dell’Ottacoda che veniva prosciugata dal chakra della sua bestia codata. Più volte, durante gli anni in cui aveva militato in Akatsuki, aveva dovuto assistere inerme alla morte dei suoi simili; il pensiero della vendetta non gli bastava, era stanco di meditare e pianificare, non era per lui.
Naruto Uzumaki era un tipo pratico, non certo un avido calcolatore come potevano essere altri grandi shinobi, i quali pretendevano da lui un medesimo comportamento. Avrebbe lasciato la logistica a Kakashi, dato che non esisteva nessuno abile come lui in quel tipo di cose.
Solo allora a Naruto tornò in mente la discussione che aveva avuto con la volpe, qualche minuto prima di camuffarsi da Pain e lanciare la sua dichiarazione di guerra a Madara. Nessun dubbio che, se non fosse stato per il maestro Kakashi, non sarebbero mai riusciti a convincere la volpe a ricominciare a donare chakra al suo carceriere.
A che prezzo…
 
*

«Volpe!» proruppe Naruto.
Silenziosa come sempre, la dimensione nella sua testa sembrava più disabitata del solito. Naruto riusciva a cogliere perfettamente le sfumature presenti, comparandole a loro volta con le esperienze del passato, quando era solito rifugiarsi in quella dimensione per allenarsi o per starsene per i fatti propri, sebbene la volpe non perdesse occasione di importunarlo.
Quella volta era differente. Il carceriere non udiva altro che il fragore dell’acqua che si spostava ai suoi passi; della volpe non vi era nessuna traccia.
Come se non fosse abbastanza, quando era giunto in quella dimensione, non si trovava al cospetto della gabbia del demone, bensì in uno dei tanti angusti corridoi che aveva percorso da ragazzino, proprio perché alla volpe non andava di vederlo; probabilmente era questo il motivo per cui era finito così lontano dalla fonte del suo potere.
La volpe a nove code era molto vendicativa e non aveva ancora digerito di aver sfiorato per un soffio la libertà, se solo non fosse intervenuto il Quarto Hokage a fermare il proprio figlio. Da quel momento in poi si era rifiutata di passare una sola goccia di chakra alla sua forza portante.
Adesso quel chakra serviva moltissimo a Naruto e non se ne sarebbe andato, qualora non lo avesse ottenuto.
Tentò nuovamente a chiamare il demone.
Ancora silenzio.
La volpe non dava alcun segno di vita.
«Mi sa che non ha proprio voglia di parlare con te, eh, Naruto?» proruppe alle sue spalle il maestro Kakashi.
Naruto si voltò verso il suo istruttore per lanciargli un’occhiata seccata. Non era proprio in vena in quel momento. Tornare dalla volpe con quella sua nuova forma mentis lo impauriva, poiché la volpe sapeva bene come far riemergere le sue paure e non voleva compiere nessun passo falso.
Non c’era nessuno che conoscesse Naruto Uzumaki come la volpe a nove code, ma non si poteva dire il contrario purtroppo.
Naruto non era mai stato in una condizione paritaria con il demone. Non c’era mai stata fiducia fra di loro, solo patti folli e ricatti a non finire. Se lui otteneva qualcosa dalla volpe, era solo perché era quest’ultima a concederglielo benignamente; solo perché lei non voleva morire, tutto qui.
Naruto e Kakashi avanzarono silenziosamente per gli angusti angoli bui del subconscio dell’Uzumaki e solo dopo quelle che sembrarono ore, raggiunsero finalmente la grande gabbia che teneva segregato il Nove Code.
«Quindi è qui…» commentò il maestro Kakashi.
L’uomo aveva ipnotizzato il suo allievo con lo shāringan per forzare la chiusura psichica che la volpe aveva posto sulla mente del suo carceriere, in modo da non farlo entrare in quella dimensione. Considerando tale fatto, i due shinobi erano certi che il demone non aveva affatto gradito della presenza di quei due ospiti tanto indesiderati.
«Dove cazzo sei finita, dannatissima volpe?! Fatti vedere!» sbottò ad un certo punto Naruto.
Il ragazzo era oramai stufo di urlare, senza ottenere risultati.
Fu allora che si sentì un ruggito.
La volpe non ebbe altra scelta che palesarsi al cospetto dei due ninja.
«Naruto… -ruggì il demone. –Quella tua voce squillante è veramente fastidiosa, te l’ho sempre detto… Perché non parli come l’altro te?»
Ai due ninja servì aguzzare la vista, prima di individuare gli occhi color sangue del demone risplendere dalle profondità della cella; una volta che li ebbero individuati, non ebbero alcun dubbio che si trattasse di lei: la volpe a nove code!
«Di che diavolo stai parlando?  Altro me? Non raccontarmi cazzate, volpe!» replicò l’Uzumaki con evidente strafottenza.
A quel punto la volpe non parlò più, ma si potevano benissimo sentire i suoi fiochi ruggiti provenire dall’oscurità della prigione.
«Naruto… -intervenne Kakashi. Cerca di moderare i toni o la volpe non ci darà mai retta.»
Invece l’Uzumaki sembrava di tutt’altro avviso.
«Non si deve preoccupare. Tratto con questa maledetta da molto tempo, so come prenderla!» replicò.
«Razza di impertinente! Come se io potessi sottostare alle richieste di un patetico umano come te!» tuonò all’improvviso la volpe.
Il faccione del demone si era appena appiattito contro le sbarre della sua gabbia, le quali avevano dato l’impressione di incrinarsi per la forza usata dal demone.
«Diavolo… Si muove molto velocemente, nonostante la stazza…» pensò Kakashi in quel momento.
Intanto la volpe continuava a urlare contro il suo carceriere la sua rabbia.
I suoi grandi occhi rossi puntati sulla sua sprezzante, dannata forza portante.
«Rivoglio il vero te! Ridammelo! Voglio quel guerriero sanguinario dei tempi dell’Akatsuki, quello privo del pensiero dei suoi compagni e di quella dannata umana del clan Hyūga!! Era suo, il corpo e lo spirito di cui mi sarei impossessato!!»
Il piano della volpe era stato rivelato. Oramai non aveva più senso tenerlo nascosto, dato che il demone sapeva che non sarebbe più riuscito a manipolare Naruto come un tempo: tutta colpa di quella maledetta umana.
D’un tratto Naruto si fece inaspettatamente serio.
«Hai perso la tua occasione, dannata volpe. Da ora in poi non mi faccio controllare da nessuno!»
Lungo istante di sguardi fra i due. Nessun’altra parola. Solo sguardi e odio reciproco che non sarebbe mai stato cancellato. Mai.
«Vedremo quanto durerai senza di me, patetico sbruffone… -aggiunse l’Ennacoda. Non passerà molto tempo, prima che ritorni strisciando come il verme che sei da me a chiedere potere. E non ci sarà di nuovo il tuo fottuto paparino a salvarti!»
«Non ne avrò bisogno, stanne certa, bastarda!» ribatté l’Uzumaki.
La volpe provò a colpirlo, ma i suoi artigli non riuscirono a raggiungere il ragazzo a causa della gabbia e così il demone non fece altro che infuriarsi ancora di più.
Come se non bastasse, Naruto aveva fatto un gesto con il dito medio contro il demone, il quale non l’aveva presa affatto bene. Il demone stava quasi per perdere il controllo, rischiando di far rompere il sigillo, se ancora Naruto agiva in quel modo.
Kakashi fu obbligato a intervenire.
«Basta, Naruto!»
L’uomo lo afferrò per un orecchio e lo obbligò a calmarsi con le cattive, dato che non capiva affatto che non erano lì per giocare con la volpe.
«Mi fa male, maestro! Mi lasci!» sbottò il ragazzo.
Kakashi eseguì, dopo un lungo sospiro; preferiva il suo allievo quando cercava di emulare Itachi, anziché le sfaccettature del carattere di Jiraiya. Dopotutto, Naruto Uzumaki era un mix di tutti quelli che erano stati importanti nella sua formazione e aveva un carattere mutabile; forse era quello che piaceva a Kakashi sotto sotto.
«Seriamente… Non so perché ti metti a fare come un poppante. Cerca di comportarti in maniera più matura.» lo sgridò l’argenteo.
Di colpo l’Uzumaki si zittì, decidendo di mettersi da parte, in modo da lasciare che fosse il maestro Kakashi a discutere con la volpe a nove code. Naruto si era resto conto che parlare con quel demone lo cambiava, poiché quel mostro aveva sempre la capacità di tirare fuori il suo lato malvagio.
Naruto si voltò nuovamente verso la creatura imprigionata che stava ridendo di lui.
«Bravo, Naruto. Fa il cagnolino e nasconditi dietro gli adulti. Tanto è inutile che tenti di atteggiarti come tale. Sei ancora un moccioso!»
Naruto strinse i denti; non doveva cadere nella sua trappola. Il suo compito era quello di non dare peso alle provocazioni della volpe, per lasciare così al maestro Kakashi lo spazio per poter conversare con il demone.
Proprio in quel momento, fu il maestro Kakashi a intervenire.
«Bene, Ennacoda. Che ne dici di scambiare qualche parolina con me?» propose.
Allora il demone smise di ridere e mosse lentamente l’enorme faccione verso l’essere umano che aveva osato così tanto parlargli con quel tono irriverente. Lo sguardo della volpe andò nuovamente a concentrarsi sull’occhio sinistro che l’uomo aveva coscienziosamente scoperto, prima di iniziare a parlare.
«Che cosa vuoi da me, maledetto?» disse la volpe.
«Vorrei delle spiegazioni sul fatto che non passi più chakra a Naruto.» domandò il ninja-copia.
«E quale sarebbe il tuo problema, di preciso?» continuò il demone.
Il muso della volpe si compresse sulle sbarre, in modo che questa potesse guardare meglio lo sguardo carico di sfida nell’uomo. Lo stesso sguardo che Madara Uchiha, il Quarto Hokage e Naruto erano soliti lanciarle contro.
«Ci serve quel chakra, per cui adesso ce lo ridarai.» dichiarò Kakashi.
Il Nove Code sghignazzò.
«E con quale autorità me lo imporresti, sentiamo!»
«Nessuna. –replicò saccente l’argenteo. Sono sicuro che sai già il motivo della nostra visita e le motivazioni che ci hanno spinto a venire fin qui, per cui non perdiamo tempo a giocare. Qui c’è in ballo il destino del mondo intero, incluso il tuo.»
La volpe però fece finta di nulla, roteò i suoi grandi occhi rossi verso la sua forza portante, lanciandogli un’occhiataccia, come per maledirlo per aver condotto fino a lì un interlocutore tanto seccante.
«Non metterti a farmi la lezioncina, maestrino. –replicò strafottente il demone. Non vedo che cosa cambi fra la mia situazione corrente e a quella di essere catturato da Akatsuki. Inoltre, non c’è nulla che tu possa offrirmi, a parte la libertà e so che non me la offrirete mai.»
Fu allora che Kakashi gettò la sua esca; era abile nell’arte della retorica.
«Non cambieresti idea, nemmeno se ti si palesasse la prospettiva di tornare sotto il controllo di Madara Uchiha?»
La volpe esitò nel dare una risposta a tale domanda. Troppi ricordi spiacevoli erano legati a quell’uomo, che solo al pensiero il demone stava per dare in escandescenza; mai e poi mai avrebbe ceduto al controllo di quel bastardo; meglio Naruto che lui a quel punto.
Quindi, con molta probabilità l’Ennacoda avrebbe aiutato gli esseri umani solo perché aveva paura di Madara Uchiha. Kakashi e Naruto ne erano ormai certi, tanto che l’ansia che avevano provato prima andava sempre di più a scemarsi.
Invece la volpe li sorprese con una mossa molto astuta.
«Il tuo ragionamento è corretto, Kakashi. –iniziò il demone. Ma ho già stipulato un accordo del genere con Naruto diversi anni fa. Gli ho donato la mia forza per un numero esorbitante di volte e lui sa bene che questo lo ha aiutato a sopravvivere, eppure non mi ha mai dimostrato gratitudine, questo maledetto moccioso!»
L’Uzumaki fissò il Nove Code con astio; per lui quegli anni passati nella più profonda perdizione erano da dimenticare e da attribuire esclusivamente alla sete di sangue e di caos del demone. Per Naruto non c’era nulla per dover essere grato alla volpe.
Due opinioni completamente opposte e Kakashi vi si trovava in mezzo.
A quel punto non sarebbe stato facile trovare un punto d’accordo, senza intercorrere un patto folle con il demone. Naruto doveva assumersi qualche rischio al fine di ottenere ciò che voleva.
Di conseguenza, la domanda che Kakashi dovette porre successivamente era perfettamente logica.
«Che cosa vuoi?»
La volpe tacque per qualche secondo, poiché stava riflettendo per bene sul modo per poter ottenere ciò che più bramava, senza che la sua richiesta potesse essere ritenuta oltremodo infattibile. Una volta che ebbe deciso, il demone si voltò a osservare Naruto.
«Voglio la tua progenie, Naruto. Se mi prometterai che uno dei tuoi eredi sarà mio, allora ti darò il chakra di cui tu hai bisogno.»
Kakashi sospirò; doveva proprio ammettere che la volpe era veramente furba. Subito dopo l’uomo si voltò verso l’allievo, per vederne la reazione.
«Quello che chiedi è insensato! Nessuna persona sana di mente accetterebbe una cosa del genere. Per che cosa poi?» sbottò l’Hatake.
«Questa non è una tua decisione, Kakashi. –replicò l’Ennacoda, la quale si era rivolta a Naruto. Avanti! Fa la tua scelta.»
«Naruto…» mormorò Kakashi.
Naruto era rimasto in silenzio a pensare. Quella volta non sapeva proprio che decisione prendere, dato che si stava parlando di un progetto di cui non vi era una piena sicurezza della sua realizzazione; dopotutto non aveva mai sfiorato l’idea di poter diventare un padre un giorno, sia perché era ancora troppo giovane e anche per causa della sua guerra personale contro Akatsuki. Per tanto, egli era portato ad accettare la proposta della volpe per il momento, dato che si trattava di avere degli effetti a suo tempo; c’era però sempre uno svantaggio in questa decisione.
«Mi darai tutto il tuo chakra? Potrò anche superare la quarta coda e tu non prenderai il controllo?» domandò il biondo.
Il gioco ne valeva la candela.
«E sia! Ti concederò la quarta coda. –sbottò la volpe. Non illuderti solo perché hai sconfitto quel Nagato, tu possa metterti al mio stesso livello. Se non era per me, a quest’ora saresti morto.»
No, non era per merito della volpe se quella volta Naruto era sopravvissuto; era per merito di Hinata.
«Allora? Che cosa hai deciso, Naruto?» domandò con insistenza il Nove Code.
Naruto stava per dare la sua risposta, quando venne fermato dal pronto intervento del suo maestro, il quale lo aveva scosso con energia, pensando che l’allievo fosse vittima di un’illusione della volpe.
«Rifletti bene, prima di prendere una decisione. Un giorno potresti pentirtene amaramente.» gli suggerì.
«Stia tranquillo. So quel che faccio. –replicò il biondo, calmandolo. E poi non è mica sicuro che io abbia dei figli, per cui se alla volpe sta bene così, non posso che approfittarne.»
Kakashi tentennò. L’allievo stava giocando con il fuoco.
«E se mai un giorno dovresti realizzarlo?» domandò.
Naruto non rispose.
Kakashi rimase allibito da una tale decisione. Uno spirito di sacrificio del tutto identico a quello del suo caro compagno Obito.
La volpe sghignazzò.
«Oh beh. Sul fatto che tu non abbia dei figli ne sono molto incerto. Dopotutto non sono io quello che ha sempre in testa Hinata, non è vero, Naruto?» disse maligno il demone.
Naruto sbiancò; la volpe aveva appena toccato un nervo scoperto.
«Chissà come sta? Chissà se mi pensa ancora? Chissà se mi ama o se mi ha già dimenticato? E se si è messa con Kiba? O con qualcun altro? –recitò la volpe. Sono queste le domande che ti fai spesso. Non negare che pensi sempre a lei in tutti i frangenti.»
«Devi lasciare Hinata fuori da tutto questo!» sbottò l’Uzumaki infastidito.
«Avresti dovuto pensarci prima di farla entrare in questo posto quella volta. Adesso la voglio anche io!» tuonò il demone con sguardo famelico.
Naruto lanciò uno sguardo carico d’odio nei confronti della bestia codata; non avrebbe mai pensato che si sarebbe spinta fino a tanto e ne rimase schifato.
Hinata non gliel’avrebbe toccata nessuno. L’avrebbe protetta dalla volpe e da Akatsuki a tutti i costi!
«Scordati il patto allora.» dichiarò deciso l’Uzumaki.
«Aspetta, Naruto. Non essere così precipitoso.» lo fermò l’Hatake.
Allora Naruto si rivolse al maestro con fare scontroso.
«Insomma, maestro! Prima mi dice di non accettare e adesso la pensa al contrario. Mi dice una buona volta quello che devo fare?»
«Devi calmarti, per prima cosa. –disse l’uomo. Non stai usando più la logica.»
«Non c’è niente di logico! –ribatté l’allievo. Non esporrò più Hinata a nessun pericolo!»
«E che pensi di fare allora? Quel chakra ci serve.» continuò il maestro Kakashi.
Naruto si voltò, addentrandosi in uno degli angusti corridoi, così da scappare da lì. Non voleva sentire ragioni e Kakashi poteva perfettamente comprenderlo; la volpe stava chiedendo fin troppo: la vita di Hinata, quella di Naruto e di un loro eventuale figlio.
Quando Naruto ci ripensò, tentò di immaginare una scenda del genere e provò uno strano senso di pace; era un bella prospettiva di vita.
«A che stai pensando?» domandò il maestro Kakashi, comparendogli all’improvviso.
Naruto sobbalzò tutto rosso in viso e tentò di giustificare tale situazione con frasi sconnesse.
«Niente! Niente! Lo giuro!» sbottò.
Kakashi lo guardò in uno strano modo.
«Qualcosa mi dice che era qualcosa di tremendamente sconcio.» ipotizzò.
Non ci aveva visto tanto male, ma non si trattava solo di quello, sebbene Naruto non avrebbe mai parlato, nemmeno sotto tortura.
«Ti stai sbagliando!» tagliò corto l’Uzumaki, tutto imbarazzato.
Kakashi allora sorrise sotto la maschera, tuttavia si concesse poco relax in un momento del genere, dato che avevano ancora molto di cui discutere con la volpe.
«Io… -mugugnò Naruto. Non voglio più mettere in pericolo le persone che amo.»
«Non hai scelta.» ribeccò il maestro Kakashi.
Naruto mandò giù un sospiro.
«No. Non coinvolgerò Hinata in queste cose, ne nessun’altra persona!» dichiarò deciso.
Il maestro Kakashi lo fissava in modo molto strano e di questo Naruto se ne accorse, tuttavia aveva deciso di ignorarlo di proposito, poiché niente l’avrebbe mosso da quella sua decisione.
A un certo punto Kakashi se ne uscì con una frase.
«A volte bisogna fare dei sacrifici per un fine superiore…»
Naruto non poteva non essere che in disaccordo.
«Sbagliato! Non bisogna mai coinvolgere gli altri nelle proprie scelte! E poi lei la fa facile! Mica deve essere lei a fare questa scelta che la terrà vincolata per tutta la vita!» ribeccò Naruto.
Solo dopo aver detto ciò si tappò la bocca. Aveva sbagliato a rinfacciare proprio una cosa del genere al maestro Kakashi; aveva proprio fatto una cazzata.
Kakashi avrebbe potuto benissimo colpirlo e mandarlo al diavolo per quello che aveva udito e Naruto non avrebbe potuto biasimarlo; invece non lo fece.
«Naruto… -sibilò l’uomo. Hai incontrato il Quarto Hokage in questo posto, non è vero?»
Il giovane non capì l’origine di tale domanda, comunque rispose.
«Beh, sì.»
«E che cosa ti ha detto?» domandò l’Hatake.
Naruto rifletté a lungo sulla conversazione che aveva avuto con il padre, quando stava per consegnare le chiavi della libertà alla volpe su un piatto d’argento. Se non ci fosse stato il Quarto Hokage, probabilmente adesso lui sarebbe morto e Nagato non avrebbe mai cambiato idea, continuando con l’attuazione del distorto piano ordito con Madara.
Una volta pensato per bene, sul viso della forza portante si andò a formare un piccolo sorriso carico di una triste felicità.
«Ha detto che crede in me…» disse infine.
Era quello ciò che contava. Il problema era che Naruto non ci credeva in se stesso, né voleva credere nella volpe o nell’imprevedibilità della vita.
«Tuo padre ha sacrificato molte cose per il bene comune. La sua vita, la vita di tua madre e tutti i suoi sogni. L’ha fatto sia in qualità di padre, che di maestro e soprattutto di Hokage.» disse l’Hatake.
«Non volevi essere Hokage anche tu un tempo?» continuò l’uomo.
Naruto continuò ad ascoltare le parole del suo maestro in silenzio; tali frasi gli avevano toccato l’animo fin nel profondo.
«Quanto a me… -continuò l’argenteo. Ne ho sacrificate così tante di cose, che ormai ho perso il conto di quante volte ho sbagliato nel riconoscere quelle che per me erano più importanti. Adesso mi resta solo mio figlio e non sono nemmeno sicuro se un giorno potrà mai perdonarmi per quello che ho fatto a lui e a sua madre.»
«Perché? Che cosa è successo alla signora Rin?» domandò allibito l’Uzumaki, caduto dalle nuvole.
Kakashi strinse i pugni per la rabbia che provava contro se stesso. Avrebbe tanto voluto chiudersi in un silenzio carico di sconforto, ma oramai era così abituato a vivere nel senso di colpa che aveva imparato a non farsi più dominare dalla sua debolezza; dopotutto era conosciuto a tutti anche con il soprannome di Sangue Freddo.
«È stata sacrificata per il bene comune. Con le mie stesse mani.» concluse il ninja-copia.
Naruto sgranò gli occhi. Non ne sapeva niente. Né di Rin, né tantomeno del figlio di Kakashi. Non avrebbe mai immaginato che una tale sciagura potesse abbattersi anche su di loro.
«Maestro…» mugugnò il ragazzo.
Poi Naruto si bloccò. Che cosa avrebbe potuto dirgli di tanto efficace da potersi scusare per la sua sconsideratezza? Egli riusciva solo a vedere l’enorme sconforto, trasudato dalla espressione cupa del suo maestro. Era immobile. Balbettante.
Kakashi fu più veloce di lui a parlare.
«Mio figlio è sfortunato. Non ha avuto la possibilità di conoscere sua madre, proprio come noi due. Anche noi siamo vittime di questa catena di sacrifici. Ma stiamo bene, no? Noi siamo ninja, noi perseveriamo fino in fondo, anche se abbiamo ferite grondanti dal nostro cuore.»
«E adesso lei mi chiede quindi di fare la mia parte?» domandò Naruto, dopo aver trovato il coraggio di parlare di nuovo.
Kakashi sospirò.
«Odio me stesso per questo, ma purtroppo è la nostra unica soluzione. –disse deciso. Senza questa tua decisione, non riuscirei mai a strappare un patto vantaggioso con l’Ennacoda.»
Kakashi si avvicinò al suo allievo e gli poggiò una mano sulla spalla.
«Qualora la tua sposa fosse Hinata, o chiunque altra, anche lei deve accettare i suoi doveri come consorte di una forza portante…»
Kakashi fece una pausa, dopodiché aggiunse.
«… E di un futuro Hokage.»
Naruto allora sbuffò, abbassò il capo per nascondere il tremore che aveva alle labbra, dovuto alla commozione nel sapere che c’era ancora chi credesse in lui.
«Crede ancora che possa diventarlo?» domandò poi.
«No. –rispose il ninja-copia. Ne sono convinto. Per questo voglio che tu ti fidi di me e che accetti questo grande sforzo. Lascia che al resto pensi io.»
Naruto allora guardò fisso negli occhi il maestro Kakashi e prese la sua decisione.
I due allora tornarono dalla volpe per renderla a conoscenza della decisione della forza portante.
«Ebbene? –sibilò il demone. Hai smesso di fare il piagnucolone? Hai preso una decisione?»
«Accetto la tua richiesta, ma il nostro patto sarò io a deciderlo!» replicò il giovane ninja.
La volpe non capì.
Fu Kakashi allora a spiegare meglio quanto precedentemente espresso dall’allievo.
«Avrai l’erede che chiedi, ma solamente se non tenterai mai più la fuga e donerai tutto il chakra che serve a Naruto, senza intaccarlo con la tua presenza.»
Successivamente Kakashi tirò fuori un rotolo bianco, sul quale si mise a scrivere rapidamente a chiare lettere il contratto che si stava stipulando in quel momento.
«Fai sul serio a quanto vedo, Kakashi.» sbottò il demone volpe.
«Pensavi che ci saremmo messi a giocare con te, Nove Code? –ribatté Kakashi. Mi spiace, ma in questo momento non ne abbiamo il tempo. Abbiamo altro a cui pensare.»
Il demone allora si zittì, indispettendosi per l’irruenza del comportamento di quell’uomo tanto diretto. Non era certo come discutere con Naruto, poiché più facile.
Kakashi finì di scrivere i dettagli del patto che sarebbe stato fra poco stipulato fra bestia ed essere umano, dopodiché lo lesse tutto a un fiato, elencando le clausole più importanti.
«Tutto questo… -disse l’argenteo in conclusione. Solo se il giorno pattuito Naruto non riesca a sconfiggerti, Nove code.»
Il patto quindi si sarebbe realizzato solamente se Naruto fosse uscito vincitore da uno scontro con il demone.
Naruto aveva sgranato gli occhi per lo stupore; non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere e stava pensando a che cosa potesse essersi fumato il maestro Kakashi per pensare a un piano del genere.
Anche la volpe considerava quell’accordo estremamente insensato, tanto che era scoppiata a ridere non appena l’Hatake aveva concluso di leggere il contratto.
«Di certo non ti manca il senso dell’umorismo, Kakashi! Come se fosse possibile che io venga battuto da questo moccioso!» sbottò la volpe.
Non per niente la volpe era conosciuta come la forza naturale più potente che esistesse al mondo, capace di radere al suolo villaggi e montagne solo agitando le sue grandi code. Non c’era nessuno che potesse combattere quella tremenda forza della natura, eccetto il Primo Hokage, Madara Uchiha e l’Eremita dei Sei Sentieri; in passato, forse, ma ora Hashirama Senju e il Saggio Eremita erano morti e Madara non era all’apice della sua forza.
Di conseguenza, come si poteva solo pensare che un diciottenne sarebbe riuscito a sconfiggere la volpe a nove code? Era assolutamente inconcepibile!
Eppure Kakashi sembrava essere convinto del contrario.
«Converrebbe a questo punto che Naruto mi dia il suo corpo, senza perdere tempo!» continuò superbo il demone codato.
Allora Kakashi si avvicinò a una delle sbarre della cella del demone e gli mostrò il suo Mangekyōu Shāringan.
«Sono pronto anche a giocarmi il mio occhio sinistro che Naruto riuscirà a prenderti a calci per il culo!» incalzò l’Hatake con decisione.
La volpe si acquietò. Il suo sguardo era puntato su quegli occhi che tanto odiava e a cui era legato in maniera indissolubile allo stesso tempo; voleva quel potere a ogni costo!
«Se sei pronto a mettere la tua stessa vita in gioco, rendi il gioco ancora più interessante, Kakashi. –disse la volpe. So che mi stai manipolando a tuo piacimento per proteggere al meglio Naruto e la cosa non mi interessa. Hai attirato la mia intenzione, umano! Sappi però che se Naruto quel giorno perderà, allora dovrai rispettare anche la tua parte del patto.»
«Non temere. Sono un uomo di parola.» replicò Kakashi fiero.
La volpe sorrise malignamente; che bella giornata.
«Aspetti, maestro! –intervenne all’improvviso Naruto. Non può fare sul serio, è una pazzia!»
«Vuoi dire che non affronteresti mai la volpe? Non ti credevo un codardo.» ribatté con nonchalance l’argenteo.
«Non è per questo!» ribatté l’Uzumaki.
Rabbioso per come era, il ragazzo non poteva credere che per difendere la sua vita e quella dei suoi cari sarebbe stato costretto addirittura a dover affrontare il demone da cui aveva sempre diffidato, poiché avendone sempre temuto la potenza, aveva in qualche modo obbedito per paura; il maestro non poteva chiedergli uno sforzo del genere: non ne era in grado.
«Che cosa la rende così sicuro che possa farcela?!» domandò il ragazzo.
«Semplicemente perché credo in te. –replicò l’insegnante. Inoltre sono convinto che tu sei l’unico in grado di superare il Quarto Hokage, perciò la mia vita non può non essere che in mani migliori.»

 
Dannato ammaliatore di folle. Con il dono della parola si era in grado di poter manipolare la gente a proprio piacimento; mai Naruto avrebbe immaginato che, se solo volesse, Kakashi Hatake risultava essere addirittura più subdolo di Orochimaru e Pain messi assieme. Tuttavia, le sue parole gli avevano dato il coraggio e la fiducia che gli sarebbero serviti da quel momento in poi; fino al momento in cui avrebbe sfidato a viso aperto la volpe a nove code per difendere il credo di tutte le persone che si erano affidati a lui.
Dall’oscurità della sua stanza da letto, Naruto strinse con forza i pugni per giurare a se stesso che ci sarebbe riuscito; fosse stata quella una questione di vita o di morte.
«Io ce la farò a ogni costo!»
 
 
*

Shikamaru non faceva altro che girare nervosamente su e giù per la stanza. Era nervoso e stava impazzendo perché aveva finito l’ultima sigaretta più di un’ora fa; oramai era diventato succube della nicotina, proprio come lo era ai suoi tempi il maestro Asuma. In quel momento Shikamaru avrebbe dato il suo braccio pur di avere una sigaretta.
«Insomma, Shikamaru! La vuoi finire di andare avanti e indietro per tutta la stanza?! Mi stai facendo venire il mal di mare!» sbottò all’improvviso Kiba.
«Il mal di mare che viene in mezzo a una foresta. Azzeccatissima come espressione.» ribatté arcigno Shino.
«Era un modo di dire, deficiente!» proruppe Kiba.
I due compagni di squadra stavano quasi per mettersi a litigare come a loro solito, quando Sakura intervenne tempestivamente per fermarli.
«Dateci un taglio! Non è proprio il momento di mettersi a fare i bambini!»
Kiba e Shino si scambiarono uno sguardo, dopo essere stati rimproverati con così malo modo, per poi farsi piccoli piccoli per l’imbarazzo.
«Hai ragione, Sakura… Scusaci.» dissero i due all’unisono.
Tutto il gruppo era estremamente teso fin da quando era stato ricondotto nel villaggio del Vortice dal signor Umikiri e dai suoi uomini. I ragazzi erano molto malconci, soprattutto il maestro Gai e Neji, per cui erano stati condotti dal medico del villaggio, il quale si era avvalso dell’aiuto delle ninja medico presenti nel gruppo per farsi aiutare nelle operazioni di soccorso dei malati; erano state necessarie quattro ore di lavoro, ma alla fine i feriti potevano considerarsi fuori pericolo.
Era notte fonda. Ai ragazzi era stata concessa la stanza più grande della clinica del villaggio. Era stato offerto loro del cibo e qualche coperta per tenersi al caldo; durante la notte, il clima era estremamente rigido, benché fosse già primavera: pure il clima del paese dei Vortici era duro come tutto il resto.
A nessuno però andava di riposare o di pensare con una punta di sollievo di essere sopravvissuti a una giornata infernale come quella; c’erano ancora troppe ansie per potersi permettere di gioire.
Di Hinata non c’era ancora nessuna traccia: ecco il perché di tanta apprensione da parte di tutti.
«Che ore sono?» domandò Kiba verso Ten Ten.
L’altra controllò nuovamente, leggermente seccata dalla richiesta.
«Kiba è passata solo mezz’ora da quando me l’hai chiesto. Vedi di calmarti e di aspettare pazientemente.»
«E come faccio a calmarmi in una situazione come questa, secondo te?!» ribatté alterato il ragazzo.
«Hinata potrebbe essere da qualunque parte là fuori, ferita, al freddo ed esposta al rischio di imbattersi di nuovo in quello svitato di Kabuto! –continuò Kiba furioso. Dimmi tu come devo fare per calmarti, quando c’è la mia amica in pericolo!»
Per tutta risposta Ten Ten lo afferrò per il bavero della maglia, cosicché potesse fissarlo dritto negli occhi e dirgliene quattro.
«Credi di essere l’unico a essere preoccupato per lei?! Guarda che anche noi stiamo male!» tuonò furiosa la ragazza.
«E allora perché non andiamo a cercarla?!» ribatté Kiba.
«Hai forse dimenticato quello che ci ha detto il signor Umikiri? –disse Shikamaru. Hanno già mandato dei guerrieri del villaggio a cercare Hinata, perché noi non riusciremmo a orientarci nella fitta foresta qui attorno.»
Kiba si zittì subito, dopodiché sbatté un pugno su un tavolo vicino a sé.
«Merda! Se solo non avesse piovuto, potrei utilizzare il mio olfatto per rintracciare Hinata.»
«Io nemmeno posso usare i miei insetti. –intervenne Shino. Certo che siamo proprio in una situazione veramente problematica.»
«Quello che dobbiamo fare è solamente di aspettare e recuperare le forze.» disse Shikamaru con tono rassicurante.
Il jonin fissò i volti dei suoi compagni, dopodiché tirò un sospiro di apprensione che tentò rigorosamente di non dare a vedere, poiché voleva tentare di rassicurare tutti quanti.
«Sono certo che Hinata sta bene. È in gamba.» disse infine.
«Speriamo…» sibilò Ino.
In verità tutti loro stavano pensando a quelle bestie pericolose in cui si era imbattute all’ingresso del paese dei Vortici, a Kabuto e ai suoi zombie. Là fuori non era certo il posto migliore dove stare e Hinata, ferita e senza una meta, rischiava di finire veramente in guai seri.
Tutti ci stavano pensando, lo si vedeva chiaramente nei loro volti. Shikamaru non sapeva più che cosa dire di abbastanza rassicurante per poterli far stare meglio.
A un certo punto la porta della stanza si aprì e vi entrò il signor Umikiri; il Nara non potette essergli più grato.
Subito Sakura, Ino, Rock Lee e Kiba si fiondarono verso l’anziano uomo, sommergendolo delle più disparate domande.
«Come stanno il maestro Gai e Neji, signore?» aveva chiesto Rock Lee.
«Ci sono novità su Hinata, signore?» domandarono le due ninja-medico.
«Mi dica dove si trova che la vado a prendere!» sbottò Kiba impaziente.
Il signor Umikiri si grattò la nuca imbarazzato; tutte quelle domande lo stavano confondendo, tanto che non sapeva a quale fosse meglio rispondere prima.
«Aspettate, ragazzi. –intervenne Chouji. Non assalite il signor Umikiri in questo modo.»
Il bonario gigante si era messo in mezzo ai compagni e all’anziano, in modo da lasciare a quest’ultimo lo spazio necessario per poter parlare, senza essere assalito.
«Ti ringrazio, ragazzo.» disse in seguito Makuzu Umikiri.
Una volta che i ragazzi si calmarono, calò il silenzio necessario che precedeva la conferenza stampa del capo villaggio.
«Allora… -iniziò l’anziano. Per quanto riguarda i vostri compagni, stanno bene. Anche perché le prime cure erano state date da queste due brave ninja medico.»
L’uomo si stava riferendo a Sakura e Ino, le quali arrossirono imbarazzate.
Sollievo generale.
Dopodiché l’uomo continuò. La sua espressione si fece più cupa.
«Per quanto riguarda la vostra amica, invece… -disse l’uomo. Ahimè, non siamo riusciti a rintracciarla da nessuna parte. È come se si fosse volatilizzata.»
 «Che storia è questa?! È impossibile!» tuonò Kiba.
Il ragazzo si era alzato di scatto per urlare contro il vecchio tutta la sua rabbiosa depressione.
Il signor Umikiri lo lasciò sfogare per tutto il tempo necessario, dopodiché gli puntò un dito alla tempia con estrema velocità.
Kiba vacillò per qualche istante, dopodiché cadde a terra, dopo che il dito dell’uomo ebbe solo sfiorato la sua nuca.
Nessuno capì che cosa fosse successo, in primis lo stesso Inuzuka. In realtà era stato il vecchio Makuzu a stendere in quel modo il ragazzo, in modo da fargli dare un poco di contegno.
«Quest’uomo deve possedere una forza fisica al pari della signorina Tsunade…» considerò Sakura, assistendo alla scena.
Tale episodio venne accantonato rapidamente, venendo sostituito con l’argomento precedente, ovvero la ricerca della compagna dei ragazzi della Foglia.
«Non vorrei essere irrispettoso, signor Umikiri. –disse Shikamaru. Ma è proprio sicuro che non sia da nessuna parte?»
L’anziano capo villaggio stette in silenzio a riflettere su qualcosa che sembrava essergli balenata proprio in quell’esatto momento, come se non avesse considerato una variabile molto importante.
«In effetti c’è un posto in cui non abbiamo controllato, ma non credo che la vostra amica sia dove penso. È impossibile che abbia avuto accesso a quella zona…» disse l’anziano.
«A che cosa si riferisce?» domandò Ino.
«Ma no… È impossibile!» sbottò l’anziano, senza considerare la domanda precedentemente ricevuta.
L’uomo non rispose subito, poiché stava riflettendo per bene sulla sua ipotesi, dopodiché uscì dalla sua tasca una cartina che andò ad adagiare su un tavolo nella stanza. L’azione del signor Umikiri attirò l’attenzione generale; attorno all’uomo andò a crearsi un gruppetto dei presenti, i quali volevano scrutare sul contenuto della zona, segnata in rosso dal pennarello del signor Umikiri.
Durante l’osservazione, Shikamaru notò un particolare strano presente nella cartina; proprio ai margini del cerchio segnato dal signor Makuzu era presente una zona completamente segnata in nero e marcata con una grande X; a quel punto a Shikamaru venne il dubbio che Hinata dovesse essere proprio laggiù.
«Che cosa c’è qui, signor Umikiri?» domandò Shikamaru, segnando il punto interessato.
All’improvviso lo sguardo dell’uomo si incupì.
«Laggiù ci sono le rovine di Uzu, il villaggio dei Vortici.» rispose lapidario.
«Uzu? C’era anche in questa terra un villaggio ninja?» domandò all’improvviso Ino.
L’anziano uomo annuì.
«Altroché. Fino a trent’anni fa, Uzu e Konoha erano strette alleate.»
«Davvero? –squittì Sakura. Eppure nei libri di storia non è mai menzionato questo villaggio.»
«Il clan Uzumaki, che era sempre stato a capo di Uzu, non ha mai gradito la fuoriuscita di informazioni preziose. È sempre stato un villaggio isolato, rispetto agli altri. –spiegò il signor Umikiri. Dovete sapere…»
«Un momento!»
Chouji, in vece di tutti i presenti, aveva interrotto il racconto dell’uomo, poiché sorpreso di aver udito il nome di un clan che ricordava molto un caro vecchio amico che oramai non c’era più.
«Che succede?» domandò l’anziano.
«Ha detto proprio “clan Uzumaki”?» domandò Ten Ten.
«Esattamente. –confermò il signor Umikiri. Il clan ninja più potente del nostro paese, i suoi membri sono da sempre stati influenti nella politica nazionale e in quella mondiale. Che cosa c’è di strano?»
«Beh, ecco… -disse titubante Chouji. Un nostro amico si chiama Uzumaki. Probabilmente appartiene a questo clan.»
D’un tratto il viso di Makuzu Umikiri parve illuminarsi.
«Dici sul serio?! Un membro del clan Uzumaki è ancora in vita?»
I ragazzi si guardarono intensamente per qualche secondo, dopodiché abbassarono tutti lo sguardo verso il pavimento. Nessuno aveva il coraggio di dare quella brutta notizia al signor Umikiri.
«Ci ha lasciati qualche settimana fa. –comunicò Shikamaru. Ha perso un combattimento contro il leader di Ame, il villaggio della Pioggia.»
Il volto dell’uomo tornò a incupirsi, anche peggio di prima, poiché adesso caricato di uno sconforto che i presenti non riuscirono a comprendere.
«Quindi ormai non c’è più nessuno in vita…» sibilò l’uomo.
Il suo silenzio preoccupò molto i presenti, i quali notarono che sulla mappa proprio sotto il viso dell’anziano uomo erano apparse due orme; il signor Umikiri stava piangendo.
«Va tutto bene, signor Umikiri?» domandò Ino.
L’uomo annuì subito, dopodiché si affrettò a ricomporsi.
«Vi chiedo scusa, cari ragazzi. Mi sono lasciato trasportare da vecchi ricordi. Io un tempo ero uno shinobi di Uzu ed ero molto amico dell’Uzukage. –spiegò l’anziano. Assieme a lui ho partecipato ad alcune missioni con i vostri Secondo e Terzo Hokage.»
Una lunga pausa dell’uomo, poi un suo sospiro.
«I bei tempi con il caro Fukurokujū[1] Uzumaki.»
«Mi scusi, signor Umikiri, non vorrei interromperla ma… -proruppe Shikamaru. Che cos’è successo a Uzu? Perché è andata distrutta?»
Il signor Umikiri sospirò per lungo tempo, come se volesse evitare con tutte le sue forze di affrontare quell’argomento; successivamente però, in una manciata di secondi, passata ad osservare i volti dei presenti, l’uomo si persuase a parlare.
«Più di trent’anni fa successe che Uzu e l’interno clan Uzumaki vennero distrutti all’improvviso da delle truppe di guerrieri misteriosi. In una notte, cento anni di storia vennero cancellati in men che non si dica. –raccontò il signor Umikiri. Pochi shinobi di Uzu si salvarono, incluso me, sebbene abbia perso un figlio che, durante l’attacco, si è sacrificato per permettermi di fuggire.»
Silenzio totale dei ragazzi; nessuno si aspettava che il signor Umikiri sarebbe andato così in fondo al racconto, parlando di un avvenimento passato molto tragico per l’uomo. I ragazzi immaginarono che cosa poteva significare.
«Avete mai scoperto chi vi ha attaccato?» domandò Shikamaru curioso.
L’uomo scosse il capo.
«Sfortunatamente no. Ricordo solamente che quegli shinobi non erano umani, ma qualcos’altro. Erano delle bestie con un chakra che faceva invidia agli stessi membri del clan Uzumaki.»
«Beh, non mi sembra abbia detto molto. I membri del clan Uzumaki erano forti?» domandò Kiba.
«Gli Uzumaki erano fra le poche persone in grado di sopprimere il chakra delle bestie codate con il loro. –spiegò il signor Umikiri. Non per nulla, la moglie del Primo Hokage apparteneva al clan Uzumaki. Presumo che anche il vostro amico era potente, come tutto il resto del suo clan.»
«Oh, sì. –replicò Shikamaru tristemente. Aveva una forza vitale unica nel suo genere.»
Il signor Umikiri notò le espressioni devastate dei presenti e cercò di affrettarsi a continuare la sua storia, evitando da quel momento in poi di nominare l’amico che i ragazzi aveva perso.
«In seguito i sopravvissuti di Uzu immigrarono in ogni zona, eccetto la famiglia di lady Mito, che andò a vivere presso la Foglia, sotto richiesta del Terzo Hokage. –riprese a narrare l’uomo. Io rimasi qui assieme ad alcuni miei discepoli. Costruimmo questo villaggio alle pendici dei ruderi di Uzu, per portare a termine l’ultima missione che mi era stata affidata.»
«Posso chiederle di che missione si tratta?» domandò Sakura.
«Impedire che il sigillo che tiene a bada Yashūra[2] non venga rimosso da nessuno.» rispose il signor Umikiri.
«E che diavolo sarebbe questo Yashūra?» chiese Kiba.
«Si tratta di una creatura abominevole che un tempo attaccò Uzu, quando ero ancora giovane. –raccontò l’anziano. Era una creatura addirittura più grande di una Bestia Codata, dotata anche di poteri soprannaturali e di una potenza incomparabile.»
Seguì la domanda successiva dei ragazzi.
«E come avete fatto a sigillare un mostro del genere, dato che era così potente?»
Di conseguenza il signor Umikiri si sciolse la parte superiore del suo vestito per mostrare un fisico allenato atipico per un uomo della sua età. Sul petto vi era una profonda cicatrice lungo tutto il polmone destro che oscurava le altre cicatrici più piccole, ma ancora più profonde.
«Avevo la vostra età quando combattei contro Yashūra. Io e diversi ninja della Foglia affiancammo il nobile Secondo Hokage in un combattimento mortale contro quel mostro. Dopo molti sforzi, riuscimmo a farcela, e sigillammo Yashūra all’interno di una Jingu[3] al quale la mia famiglia ha promesso di proteggere l’interezza del sigillo per sempre.» spiegò il vecchio shinobi.
«Un mostro che nemmeno il Secondo Hokage è stato in grado di uccidere?» commentò perplesso Shikamaru.
«Yashūra è immortale, non c’era altro modo.» spiegò Makuzu Umikiri.
Nuovamente silenzio fra le fila dei ninja della Foglia, mentre il vecchio shinobi ricopriva lo scempio subito in passato da quel tremendo mostro.
«Ma… -sbottò Kiba. Questo che cosa c’entra con Hinata? Ancora non siamo riusciti a trovarla e perdiamo tempo in questo modo!»
«Piantala, Kiba! –intervenne Sakura. Siamo tutti preoccupati per Hinata, ma innervosirci non ha il minimo senso!»
«Non solo… -aggiunse Shikamaru. Qualcosa mi dice che Hinata è in qualche modo a caccia dello zombie di Naruto.»
«E da che cosa lo deduci?» domandò Ten Ten.
«Aspettate un momento!» sbottò il signor Umikiri.
Ciò che era stato appena ipotizzato da Shikamaru aveva appena ridestato i motori della mente dell’anziano shinobi, il quale si era appena ricordato di un particolare che lo aveva reso parecchio nervoso. L’uomo si era nuovamente catapultato sulla cartina, venendo seguito dagli sguardi del resto dei presenti.
«Avrebbe senso… Già…» proruppe infine l’anziano ninja.
«A che cosa si riferisce?» domandò Sakura.
L’uomo si era appena precipitato verso l’uscita della stanza.
«Preparatevi, ragazzi. Ho capito dove si trova la vostra amica e perché non siamo riusciti a rintracciarla.»
«Come?! E dov’è?!» tuonò Kiba in apprensione.
«Non c’è tempo da perdere! –ribatté il signor Makuzu. Vi spiegherò tutto lungo la strada. Ora muovetevi, giovani!»
Così i ninja della Foglia si prepararono in fretta e furia, lasciando il maestro Gai e Neji sotto le ben professionali cure del medico del villaggio. Il gruppo si raccolse tutto nel corridoio della spartana residenza che dirigeva il villaggio. I ragazzi percorsero tutto l’itinerario, fino a giungere l’uscita dell’abitazione, in cui vi era gli uomini del villaggio e il signor Makuzu Umikiri, vestitosi con una strana armatura che i ragazzi avevano visto solo addosso ai ninja dei libri di storia, che li aveva rapidamente guidati verso l’uscita del villaggio.
Durante il tragitto, il signor Umikiri spiegò ai ninja della Foglia che il santuario in cui era rinchiuso Yashūra era un luogo in cui non era possibile percepire chakra; era addirittura impossibile accedervi, se non si disponevano di particolari tecniche ninja, a meno che non si fosse in possesso del sangue dell’Eremita dei Sei Sentieri; da quello che gli era stato spiegato, il signor Umikiri era certo che sia il nemico che la ragazza del clan Hyūga erano perfettamente in grado di solcare le restrizioni di quel luogo: lui era l’unico che conosceva la tecnica sigillante che permetteva di accedervi senza problemi.
A seguito di quella spiegazione, a Shikamaru balenò in mente un dubbio che gli aveva fatto venire i brividi.
«Senta, signor Umikiri… -sibilò all’uomo. Lei sa se è possibile liberare questo Yashūra, oppure è impossibile?»
Sebbene fosse buio, Shikamaru distinse perfettamente il pallore sul viso dell’anziano shinobi; era come se gli avesse appena predetto una morte sicura e piena di sofferenze.
«Purtroppo sì…» rispose l’uomo.
Aveva quasi soffocato la sua risposta, poiché timorato di una tale prospettiva. Il signor Umikiri lo fu così tanto, che ordinò ai suoi uomini di aumentare la velocità di marcia, così da arrivare il prima possibile nel luogo prestabilito ed eliminare il seme del dubbio.
La situazione si stava aggravando.
Non si sapeva nulla di questo demone Yashūra, solo che se fosse stato liberato dalla sua prigione, sarebbe stata una catastrofe.
E Kabuto era capace di tutto; anche senza un motivo apparentemente logico.
Dovevano sbrigarsi il prima possibile.
 
 
*

Era impegnata a lavare i piatti in pace e in tranquillità. Per la casa non sentiva altro che il rumore degli elettrodomestici e quello delle stoviglie che si dimenavano nell’acqua schiumosa. Avrebbe creduto che sarebbe durata più a lungo quella pace, ma come ogni mattina si stava solo illudendo.
«Ehi, mamma! Per caso hai visto il mio copri-fronte?» tuonò una voce, proveniente dalle scale.
Ne seguì un’altra che si lamentava.
«Mamma, Mariko si è rinchiusa in bagno e non vuole uscire! Non ho tempo da perdere IO!»
«Ho un appuntamento con Obo, quindi non rompere, piccola guastafeste!» aveva ribattuto la sorella maggiore a quella minore.
La mamma sospirò.
Che figli pestiferi che le erano capitati; ogni giorno quelle piccole pesti ne combinavano una più del diavolo, nonostante fossero già ninja provetti e due di loro fossero già chunin. Purtroppo però tutti e tre avevano ereditato la loro essenza da teppista dal padre e quindi erano sempre fonte di preoccupazione per i genitori.
Successivamente si voltò verso suo marito, il quale era intento a leggere il giornale, mentre sorseggiava una tazza di caffè, nell’attesa che la sua colazione fosse pronta.
L’uomo avvertì di avere lo sguardo della moglie e abbassò il giornale per far sì che i loro sguardi si incrociassero.
«Va bene –disse l’uomo. Vado a parlarci io.»
La donna vide il marito scomparire dall’uscio della cucina, con l’intento di andare a sedare la discussione fra le figlie. Di fatti, dopo qualche secondo che era servito al marito per salire le scale, aveva sentito le voci delle figlie lamentarsi con il padre sul comportamento dell’altra.
«Ma stanno ancora discutendo?»
Il figlio maggiore era appena sceso dalla porta secondaria con l’aria di uno molto affamato.
«Eh già… -rispose la madre. Tuo padre è andato a farle calmare.»
«Oh, beh. Speriamo che non si faccia mettere i piedi i testa da tutte e due, com’è al suo solito.» ribatté il giovane shinobi.
Sua madre lo fissò accigliata per qualche istante, distaccandosi dai fornelli che avrebbe spento subito dopo per servire in tavola l’abbondante colazione.
«Attenzione, giovanotto! Non essere troppo impertinente! Dopotutto stai parlando di tuo padre e dell’Hokage.»
«Va bene, va bene. –si giustificò il figlio con nonchalance. Scusami, mamma.»
Il ragazzo fissò famelico il cibo appena messo in tavola dalla madre, fece per prendere una forchetta per prenderne un pezzo, quando la madre gli diede un piccolo schiaffo sulla mano per farlo desistere.
«Si aspettano gli altri, Daisuke. Non voglio ripetermi ogni mattina su questa cosa. Si mangia tutti assieme, intesi?» sbottò con tono deciso la madre.
«Ma io ho fame, mamma!» obiettò il figlio.
Niente da fare. La mamma non volle sentire ragioni e concesse solamente al figlio qualche toast imburrato mentre attendevano che le figlie arrivassero in cucina assieme al loro padre, il quale non perdeva mai occasione per criticare il vestiario fin troppo succinto delle figliole, borbottando continuamente frasi sconnesse.
«Quanto sei noioso, papà! Uno è libero di vestirsi come gli pare e piace!» sbottò a un certo punto la figlia maggiore.
«Col cavolo! Finché vivi sotto questo tetto, soldi miei, regole mie e si obbedisce senza fiatare! –ribatté arcigno l’Hokage. Così fai solo mettere strane idee in testa ai ragazzi!»
La figlia incarnò un sopracciglio e guardò sua madre, con la speranza che quest’ultima potesse schierarsi dalla sua parte.
«Mamma!» squittì come un cucciolo indifeso.
La donna decise allora di aiutare la figlia, prima che accadesse l’irreparabile; per tanto si rivolse al marito, nel tentativo di mediare fra quei mondi così diversi.
«Andiamo, tesoro. Non serve fare una scenata ogni mattina per i vestiti di Mariko. Dopotutto è così che si vestono i ragazzi della sua età.» disse lei con tranquillità.
Per tutta risposta, l’uomo le lanciò un’occhiata seccata, come se non credesse che fosse possibile di venire pugnalato alle proprie spalle dalla propria moglie.
«Non ti ci mettere anche tu! Io non permetterò che mia figlia se ne vada in giro a esporre in questo modo le doti di famiglia! Mai e poi mai!» sbottò.
La moglie ci rimase un poco male per la risposta aggressiva appena ricevuta, ma con il tempo aveva imparato a tirare fuori la grinta anche nelle situazioni più varie, quindi non le fu particolarmente difficile controbattere a quanto detto prima dal marito.
«Senti, amore. Capisco che tu possa essere preoccupato, ma ritengo che abbiamo educato nostra figlia a dovere, quindi non hai di che temere.»
Dopodiché la donna si rivolse alla figlia maggiore.
«E tu, signorina! Vedi di non approfittartene e chiudi la tua felpa che hai esposto tutto il petto!» continuò la donna.
«Uffa! –ribatté la ragazza. Come diavolo è possibile che sono pure privata di vestirmi come mi pare. Questa è pura anarchia.»
«Casa mia. Regole mie.» disse la madre, emulando la frase precedentemente detta dal marito.
La figlia piccola della famiglia si alzò all’improvviso.
«Io vado! Gli altri mi staranno sicuramente aspettando per la missione di oggi. Ci vediamo!» disse, prima di sgattaiolare fuori dalla cucina.
Subito dopo toccò al figlio maggiore andare a lavoro.
«È meglio che vada anche io. Quei rapporti non si scriveranno da soli, dico bene, sommo Hokage?»
Subito il figlio fissò con saccenza il proprio padre, il quale aveva ricambiato allo sguardo con altrettanta indifferenza.
Quando se ne andò anche la scostumata figlia, i due coniugi rimasero da soli per qualche minuto, senza dirsi nulla.
La donna iniziò a lavare i piatti in silenzio, mentre l’uomo finiva di ripulire il tavolo dai residui scartati da quelle piccole pesti, dopodiché l’Hokage andò a vestirsi con le tipiche vesti del capo villaggio e si avvicinò alla moglie.
«Sto andando anche io, Hinata. Penso che per l’una dovrei essere di ritorno. Tu sei a casa?» chiese alla fine Naruto, mettendosi in testa il cappello di Hokage.
Hinata smise si lavare i piatti e si voltò verso il marito. Provò un sussulto, proprio come i vecchi tempi, nel trovare il suo viso così dannatamente vicino al suo, benché fossero già marito e moglie da molto tempo.
«D-Dovrei andare a fare la spesa e passare dall’Accademia per ritirare qualche documento. Niente di speciale.» rispose lei.
Allora l’uomo le sorrise.
«Ottimo! Allora ci vediamo a pranzo.» disse l’altro.
I loro visi si avvicinarono con una tale lentezza che per Hinata il tempo sembrò fermarsi, come se quello fosse il loro primo bacio e invece non lo era, ma c’era sempre quell’ammontare di emozioni reciproco che non era per nulla svanito con il passare degli anni.
Le loro labbra erano quasi giunte a congiungersi, quando a un tratto, Hinata sentì un brivido lungo la schiena; una sensazione per nulla assimilabile a quella di candore perfetto che stava vivendo.

 
Hinata aprì all’improvviso gli occhi, scossa dalla condensa che era scivolata dalle foglie di un albero e che le era caduta sul viso, fredda come lo era la cruda realtà a cui invece doveva credere.
Non era con Naruto. Non era al villaggio, nella loro casa, con la sua famiglia.
Era ancora da sola, ferita, debole. Era immersa nelle profondità della foresta del paese dei Vortici in piena notte.
La ragazza si era appisolata per qualche istante, dopo una folle corsa, atta all’inseguimento del nemico numero uno della Foglia, il folle scienziato pazzo, erede di Orochimaru, che si era fermato a sua volta presso delle grandi rovine a studiarle.
Hinata non aveva proprio alcuna idea su che cosa Kabuto stesse cercando in quelle rovine, non che le importasse molto, finché quel mostro non si fosse accorto della sua presenza e fino a quel momento non era successo.
«Merda… -disse a bassa voce. Era solo un sogno.»
Era più forte di lei non pensare a Naruto, specie dopo quella tortuosa giornata in cui si era scontrata con il suo zombie e aveva avuto la sua epifania, decidendo di voler portare a termine il sogno del suo amato.
Quando Sakura e Shino l’avevano lasciata da sola per andare ad aiutare gli altri, Hinata aveva riposato un poco, fino a quando non aveva avvertito un potentissimo rimbombo che l’aveva destata dal suo sonno. Una volta aperti gli occhi, la ragazza vide un gigantesco bagliore estendersi per tutto il bosco e il cielo; aveva tutta l’aria di una delle diavolerie di Kabuto.
Dunque, Hinata provò ad alzarsi per potersi dirigere verso i suoi alleati, ma ancora una volta dovette rendersi conto di non avere le forze necessarie per potersi muovere, figurarsi andare ad aiutare i suoi amici. Dopodiché una potentissima onda d’urto si espanse per tutta la zona e colpì anche la ragazza, scaraventandola a diversi chilometri lontani dall’esplosione.
Indirettamente, l’Hirutora del maestro Gai aveva salvato anche la vita della Hyūga.
In seguito, quando Hinata si riprese dalla botta, dopo essere stata strattonata fra una maceria all’altra, si rese conto di essere rimasta da sola e che nessuno non veniva a darle una mano. Come se non fosse stato abbastanza, non riusciva ad attivare il suo byākūgan, a causa delle poche energie che aveva nel suo corpo. A quel punto, Hinata tentò di orientarsi alla meglio che poté, attingendo agli insegnamenti del maestro Kurenai, si era addentrata lentamente presso una radura oscura nella quale aveva visto provenire della luce; fu allora che venne colta da una strana sensazione: stava percependo il chakra maligno dello zombie di Naruto.
Hinata non riuscì a capire come ci stesse riuscendo, in qualche modo aveva acquisito l’abilità di percepire il chakra; infatti, non solo la ragazza era in grado di percepire il chakra della volpe, ma anche l’aura malvagia di Kabuto. Non solo. Il chakra che stava percependo era proprio nelle vicinanze.
Dunque Hinata dovette prendere una decisione che l’avrebbe esposta a rischi mortali, ma che tuttavia decise di prendere, in quanto era suo dovere come kunoichi di indagare sulle tetre macchinazioni di Kabuto.
Il suddetto scienziato era stato individuato dalla Hyūga nei pressi di un mucchio di rovine immerso nella foresta. L’uomo si era firmato di fronte a una grandissima porta adornata da tantissimi simboli dall’origine arcana e aveva iniziato a studiarne la composizione; da quel momento in poi, erano già tre ore che Hinata scrutava nell’oscurità le azioni del nemico.
Hinata sbadigliò il più silenziosamente possibile, dopodiché cercò sul suo zaino delle pillole del soldato, con le quali rimettersi in forze; si era resa conto che l’attesa sarebbe stata delle più lunghe. Ne avrebbe approfittato per riprendere le forze e tentare di comunicare con i suoi compagni.
All’improvviso, la pace della ragazza si interruppe.
Kabuto aveva appena evocato un serpente bianco gigantesco che aveva creato un enorme spazio libero, eliminando la maggior parte degli alberi lì attorno.
«Che succede?» disse Hinata.
La terra iniziò a scuotere senza alcuna ragione. Kabuto aveva dato inizio al suo diabolico piano.
Hinata non seppe quali fossero le ragioni del nemico, per cui utilizzò il suo byākūgan per poterlo spiare meglio; le erano tornate le forze e voleva essere il più utile, in modo da ritardare il nemico, prima dell’arrivo dei rinforzi, ai quali aveva mandato un messaggio. Tramite i suoi occhi, Hinata vide con chiarezza le mosse che il nemico dedicava ai complessi simboli riportati sulla grande porta.
«Vorrà aprirla?» ipotizzò la Hyūga.
Che cosa c’era aldilà di quella porta? Hinata non lo sapeva, ma c’era una sola cosa di cui poteva essere certa, conoscendo il tipo di persona che fosse Kabuto Yakushi; dentro quella porta doveva esserci per forza qualcosa di tremendamente pericoloso e prezioso allo stesso tempo: di conseguenza, Kabuto non doveva aprire quella porta a qualunque costo.
Tuttavia, Hinata non sapeva come avrebbe fatto a fermare un nemico di un calibro superiore al suo, tutta da sola; era praticamente impossibile che avrebbe potuto batterlo.
«No! –dichiarò decisa. Non posso arrendermi proprio ora! Devo fare un tentativo!»
Dunque la kunoichi decise di entrare in azione a discapito della propria vita. Non poteva fare altrimenti, dopo aver deciso di voler seguire la stessa strada del suo amato. Naruto si sarebbe gettato a capofitto sul nemico a costo da impedirgli di vincere; lei avrebbe fatto altrettanto.
«Naruto… Ti prego. –pensò apprensiva. Veglia su di me.»
Hinata corse fuori dal suo nascondiglio, attivando la tecnica dei Palmi dei Leoni Gemelli, con la quale era intenzionata a colpire con tutte le sue forze il nemico, cogliendolo di sorpresa, in modo che quest’ultimo non avesse il tempo di rispondere all’assalto. Hinata approfittò del grande serpente per nascondersi ed avvicinarsi al nemico di soppiatto; superò un passaggio stretto e si trovò proprio Kabuto con le spalle rivolte a lei a qualche metro di distanza: l’occasione perfetta per sferrare un colpo.
«Adesso!»
Hinata balzò con scatto felino, concentrando tutto il suo chakra sul suo palmo, in modo tale da ferire gravemente il sistema circolatorio del nemico. Purtroppo per lei, il piano non andò a buon fine, poiché Kabuto era stato più abile di lei nel prevedere una tale eventualità e aveva posizionato una trappola sigillante in alcuni punti, le quali si sarebbero attivate, qualora l’utilizzatore delle trappole corresse pericoli.
Hinata venne avvolta dalla possente coda del serpente bianco; il dolore era allucinante.
«Ma guarda un po’ chi abbiamo qui. –sibilò Kabuto, avvicinandosi alla sua preda. Guarda caso stavo proprio pensando che tuo o tuo cugino Neji potevate essermi utili, piccola principessina del clan Hyūga.»
«La-Lasciami!» tuonò dolorante l’indifesa corvina.
Kabuto sghignazzò, ondulando il proprio indice, come risposta negativa alla richiesta appena ricevuta.
«Credevi che fosse così facile prendermi alle spalle? Da te poi? Povera illusa. Ora pagherai il prezzo per la tua imprudenza.» replicò Kabuto.
Il suo sorriso maligno fece passare per la mente di Hinata ogni sorta di nefandezza. Dapprima la giovane pensò che quel mostro avrebbe fatto violenza su di lei, poi l’avrebbe uccisa, poi, quando la coda che la teneva stretta andò a premerla con forza sul grande portone, i suoi dubbi divennero ancora più confusi.
L’ignoto era la cosa che terrorizzava maggiormente l’essere umano.
«C-Che cosa vuoi farmi, maledetto?!» domandò Hinata.
Kabuto tirò fuori un kunai e si avvicinò pericolosamente alla sua nuova cavia.
«Questa porta è stata creata direttamente dall’Eremita dei Sei Sentieri. È impossibile distruggerla, poiché è composta da un materiale rarissimo. Inoltre qualcuno vi ha posto dei sigilli estremamente potenti, in modo che nessuno potesse aprirla.»
«Che c’è dietro questa porta?» chiese Hinata.
«Un demone.» rispose rapido Kabuto.
«U-Un d-demone? –squittì terrorizzata Hinata. Un vero demone?»
«Proprio così, mia cara Hinata. –spiegò lo scienziato. Il demone Yashūra ha un potere equiparabile a quello dell’Ennacoda e lo voglio a tutti i costi per le mie ricerche.»
«Quindi… -sospirò la Hyūga. È per questo che sei venuto in questo posto e hai terrorizzato quella povera gente?»
Hinata si stava riferendo agli abitanti del villaggio del signor Makuzu Umikiri.
«Quella gente ha protetto questo posto per più di cinquant’anni, quindi ero certo che sapessero come aprire questa porta. –spiegò Kabuto. Ho dovuto ucciderne una ventina, prima che mi rivelassero che era necessario il sangue dell’Eremita dei Sentieri per liberare Yashūra.»
Hinata cominciò a sudare freddo. Non le piaceva proprio lo sguardo di Kabuto, soprattutto perché continuava a giocare maniacalmente con il kunai che teneva in mano, avvicinandolo sempre di più alla sua pelle.
«E… E che c’entro io?» domandò la Hyūga.
Allora Kabuto sghignazzò per l’ennesima volta.
«Andiamo, Hinata. Non fare la finta tonta. Hai capito benissimo che voglio usare il tuo sangue per rimuovere il sigillo. Dopotutto sei uno dei membri più puri del clan Hyūga, che discende direttamente dall’Eremita dei Sei Sentieri. Credo che tu lo sappia benissimo.»
Hinata lo fissò perplessa. Quello che stava apprendendo in quel momento non l’aveva sentito pronunciare mai una volta dagli anziani del clan, nemmeno da suo padre.
«Io…» mormorò la ragazza.
Hinata sentì nuovamente il freddo abbraccio della morte per i polsi e il ventre. Era la seconda volta che qualcuno le provocava ferite mortali in quella missione; questa sarebbe stata la volta buona che ci avrebbe lasciato la pelle.
Hinata alzò lo sguardo sofferente verso lo scienziato. Lo odiava con tutto il cuore.
Kabuto non fu da meno. Il suo sguardo esternava un disprezzo e una pena di cui Hinata non riuscì a captarne l’origine, fino a quando non fu lo stesso uomo serpente a rivelarlo.
«Veramente penoso. –sibilò lo scienziato. Non solo questi mocciosi hanno l’onore di essere legati all’Eremita dei Sei Sentieri, ma non sanno nemmeno apprezzare la loro preziosa vita. Un vero spreco.»
Se Kabuto fosse stato al posto di Hinata o di Sasuke, mai avrebbe lasciato che la sua vita corresse pericoli simili a quello in cui si era cacciata la Hyūga; per tanto, una volta che quest’ultima sarebbe morta, lui le avrebbe sottratto gli occhi al fine di studiarli con attenzione, in mancanza di uno shāringan.
Il sangue del membro della casata principale del clan Hyūga iniziò a colare dal suo corpo, finendo per raggrupparsi su un’incavatura proprio sotto i piedi della vittima sacrificale. Successivamente il fluido vitale andò a condensarsi su diverse incavature che insieme formavano un complesso sigillo con il simbolo del clan Uzumaki.
Kabuto attese il tempo che il sangue estratto fosse abbastanza per attuare le pratiche di scioglimento del sigillo, dopodiché si liberò della Hyūga, ordinando al suo animale domestico di lanciarne il corpo lontano da lui, in modo che quest’ultimo avesse a disposizione tutto lo spazio necessario per il rituale; avrebbe pensato più tardi al byākūgan della ragazzina.
Il momento per risvegliare Yashūra era finalmente giunto.
Kabuto congiunse la mani per attivare la tecnica, dopodiché poggiò la mano destra sul simbolo insanguinato del clan Uzumaki. Ne seguì un bagliore accecante che si espanse dal simbolo a tutta l’enorme porta e alle sue fessure.
«Sta funzionando!» proruppe soddisfatto Kabuto.
Lo scienziato aveva ragione. La porta si stava lentamente aprendo, inondando tutta la zona di spiragli di una luce accecante che era stata anche vista dai ninja del villaggio del signor Makuzu e da quelli della Foglia.
Un rimbombo.
Il cigolio della porta. Assordante. Rimbombante per metri, chilometri.
La luce stava lentamente scomparendo, lasciando spazio a un’aria calda, rovente.
Kabuto ebbe sentore di pericolo e si allontanò per prudenza, osservando l’entrata in scena di Yashūra da una zona sicura.
Hinata era rimasta lì a terra priva di forze e in balia dell’avanzata del potente demone. La sua situazione non poteva essere più incerta di quel momento.
Il demone Yashūra avrebbe fatto la sua apparizione da un momento all’altro, ne era prova l’enorme chakra che si stava espandendo dalla fessura del portone e che stava circondando la zona, divorando la presenza di coloro che abitavano nei paraggi. I potenti animali della foresta perdevano rapidamente i sensi, così come anche diversi shinobi al seguito del signor Makuzu.
«Ma che succede? Che gli è preso a questi tizi?» domandò Ten Ten, osservando questo fenomeno.
«Che siano tutti vittima di una potente illusione?» ipotizzò Shikamaru.
«No. –replicò il signor Umikiri. Questo è il chakra di Yashūra. Non si può resistere a questo chakra, se non sei preparato.»
«Allora aiutiamo questi poveretti!» propose Ino.
«Sono solo svenuti, non temete.» spiegò l’anziano shinobi.
La sua espressione si fece ancora più seria, tanto da fargli accelerare ulteriormente il passo verso la meta prestabilita.
«Dobbiamo sbrigarci! »
Poi si sentì. Non importò come o quando, ma la voce del temibile demone iniziò a filtrare fuori dalla sua gabbia centenaria.
«Chi osa disturbare il mio sonno?»
Una voce profonda. Tombale. Una voce che si insinuava nella mente di chiunque la udisse.
A seguito della voce, dalla porta iniziarono a fuoriuscire delle grandi braccia rosso fuoco che si espansero per tutta la zona circostante, illuminando addirittura il cielo per la loro imponenza.
«Ma che diavolo è quella cosa? È così enorme che non riesco a vedere bene che aspetto ha.» sbottò Kiba.
Una creatura mastodontica.
Il signor Umikiri addirittura si fermò sulla fronda di un albero con un’espressione cupa in viso, come se avesse appena visto la morte in faccia, tanto da fargli sudare freddo.
«Yatsūra… si è risvegliato…??» mormorò incredulo.
Il suono della voce di Yashūra aveva destato nell’anziano shinobi delle sensazioni che non provava da tempo. Ferite che si erano riaperte e paure appena riscoperte. I tragici ricordi della battaglia avevano pesantemente colpito l’animo di Makuzu Umikiri e più le possenti braccia del demone si estendevano in cielo, più il suo animo veniva sotterrato dalla paura, venendo completamente soggiogato.
Successivamente alle braccia, venne il turno del viso del demone, ma non fu facile per quest’ultimo tirar fuori dall’oscurità della sua prigione; probabilmente ciò era dovuto al fatto che il demone era bloccato da ulteriori restrizioni che gli impedivano di muoversi liberamente.
Il grosso occhio del demone si sporse al mondo esterno. Una pupilla rosso fuoco che uccideva solo incrociando lo sguardo con un essere più insulso. A Yashūra comunque non interessava altro della sua liberazione, al demone interessava solo la sua vendetta.
«Dove si trova quel dannato umano che ha osato sigillarmi?! Mostrati al mio cospetto!!»
 





L'angolo dell'autore Finalmente anche questa volta ce l'ho fatta. Ci stiamo avvicinando alla parte più emozionante di questa saga, manca veramente poco, carissimi lettori. Nel prossimo capitolo cercherò di farvi restare senza parole per i piani che ho in mente. Siccome non ho altro da dire, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Grazie per aver letto, ci vediamo alla prossima!




NOTE 1. Fukurokujū: Il dio della Fertilità. Ho ipotizzato che questo signore potesse essere il tizio del clan Uzumaki che si vede assieme ad Hashirama. Quindi di norma potrebbe trattarsi del fratello di Mito Uzumaki, quindi un probabile nonno di Kushina Uzumaki e bisnonno di Naruto Uzumaki. 2. Si tratta di un Oni leggendario dai poteri mistici che sto ancora elaborando per bene. 3. I Jingu sono dei reliquiari associati in qualche modo con la famiglia imperiale del Giappone, come per esempio Ise Jingu, dove è racchiusa Amaterasu Ohmikami. Ci sono Jinja comuni non collegati con la famiglia imperiale. Sono sotto il controllo di Jinja Honcho, l’associazione per i reliquiari scintoisti.




Nel prossimo capitolo: -Dobbiamo farcela! Dobbiamo farcela a qualunque costo!-


I ragazzi del villaggio della Foglia

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Capitolo 9
*** IL DESTINO DEGLI HYUGA ***


Salve, carissime lettrici e cari lettori. Il nuovo capitolo è stato appena ultimato, dopo una lunga serie di sofferenze e imprecazioni per tutto quello che mi è capitato in questi tempi.
Allora, se non ricordo male eravamo giunti al risveglio del demone Yashūra. Ho avuto molte problematiche a pensare a lui e ai suoi poteri, comunque vi anticipo che questo demone ce lo porteremo appresso per qualche tempo, fino alla prossima storia, ma non lo tratterò per molto. Qui esalterò molte azioni dei protagonisti e ne sottolineerò molte altre che ci preannunceranno gli ulteriori sviluppi della storia. 
All'inizio avevo deciso di dedicare solo un capitolo su questa saga, in modo da poterla chiudere il prima possibile, tuttavia ho recentemente deciso di cambiare e di dividere quest’ultima fase in due capitoli. Questo primo capitolo, per l’appunto e un altro finale; entrambi saranno meno corti, rispetto al normale e questo è dovuto al fatto che non voglio farvi aspettare ancora molto, per tanto, spero che apprezziate questo breve (per i miei standard s’intende ^^) capitolo.
Non ho altro da aggiungere, per tanto vi auguro una buona lettura.


 



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Poteri immensi. Immortalità. Titano. Un mostro invincibile da sconfiggere a ogni costo! Ma Come?


Il ruggito del demone era percepibile anche da una distanza molto lontana dal luogo della sua prigione. Era possibile distinguere persino la sua possente aura filtrare per le fronde degli alberi. I ninja della Foglia vennero spesso abbagliati da quei raggi e venivano rallentati proprio per tale ragione; proprio nel momento più improprio per potersi mettere a frignare di quel piccolo disagio.
«Manca ancora molto?» domandò Chouji.
«Fossi in te non sarei così impaziente, giovanotto.» replicò l’anziano signor Umikiri.
L’espressione dell’uomo rifletteva una paura sviscerale che non percepiva da tempo e che lo rendeva tremante come un bambino, quando ascoltava la storia dell’uomo nero. Se tutti gli uomini neri fossero identici al demone Yashūra, allora tutti i bambini avevano il pieno diritto di bagnare il letto e dormire assieme ai propri genitori.
Shikamaru notò all'istante la preoccupazione del vecchio shinobi.
«Va tutto bene, signor Umikiri?» 
L’uomo sospirò.
«Assolutamente no, ragazzo. Da ora in poi non sapremo nemmeno se riusciremo a vedere l’alba di domani.» 
Il signor Umikiri non avrebbe mai voluto preoccupare in questa maniera quei poveri ragazzi, tuttavia, ritenne più giusto da parte sua dare una visione chiara e quantomeno più vicina alla realtà.
Contro Yashūra non c’era nulla di sicuro e rassicurante; c’era solo morte.
L’anziano shinobi toccò la cicatrice sul suo petto. L’antica ferita, procurata durante lo scontro con il demone, stava tornando a far male.
«Non c’è modo di sigillare nuovamente quell'essere?» domandò Shino all'improvviso.
Il suo intervento serviva soprattutto a porre qualche barlume di speranza nella tetra situazione in cui si trovavano.
Il signor Umikiri non rispose; evidentemente non c’era nessun modo per sigillare Yashūra.
«Se non sbaglio… -s’intromise Shikamaru. Lei ha detto che il demone è stato sigillato dal Secondo Hokage. Non credo che l’Hokage non vi abbia lasciato la formula, in caso di una situazione del genere?»
«In realtà… -obiettò il signor Umikiri. Siamo stati noi a insegnare al nobile Secondo Hokage la tecnica sigillante, tramandata direttamente nel clan Uzumaki. Il problema è che per usare questa tecnica, serve molto tempo per accumulare una quantità estrosa di chakra.»
Per tanto, non voleva nemmeno un genio per comprendere che nessuno lì presente era in grado di potere usare la tecnica di cui stava parlando Makuzu Umikiri.
In più si aggiunse un rapporto dell’ultima ora degli insetti di Shino e del naso di Kiba.
«Hinata!» sbottò Kiba apprensivo.
«Che le è successo?!» domandò Sakura apprensiva.
Kiba era diventato ancora più nervoso di prima. Accelerò la sua andatura, fregandosene dei richiami continui lanciati da Shikamaru.
«Sento l’odore del sangue di Hinata mischiarsi con la terra! Hinata è in pericolo!» tuonò il ragazzo.
D’un tratto anche il resto della combriccola si dette una svegliata, accelerando notevolmente la propria andatura, a discapito dei rancorosi rimproveri del loro capogruppo.
Shikamaru, Sai e il signor Umikiri erano rimasti infatti indietro.
«Quegli idioti… Che diavolo credono di fare?» si lamentò il Nara.
«Tu non sei preoccupato per Hinata?» intervenne Sai con le sue solite criptiche domande.
«Non intendo questo! –sbottò Shikamaru. Il problema è che non possiamo permetterci di rischiare le nostre vite, facendoci dominare dalle nostre emozioni. Siamo shinobi e per tanto dobbiamo agire come tale. Tuttavia… -si corresse poi il ragazzo. Non possiamo lasciare un nostro compagno in pericolo e dobbiamo salvarlo. Però con un piano, non così alla cieca.»
In seguito al lungo commento di Shikamaru, il signor Umikiri si mise a ridere; era contento che anche in una situazione del genere, ci fosse ancora qualcuno che lo rendeva abbastanza sicuro.
«Non ricordo il tuo nome, ragazzo. Potresti ricordarmelo?» chiese l’anziano ninja.
«Il mio? –mormorò il Nara. Mi chiamo Shikamaru Nara.»
Makuzu Umikiri sogghignò.
«Semmai riuscissimo a sopravvivere a questa catastrofe, sono certo che farai molta strada nel mondo degli shinobi. Te lo dice uno che, nello splendore della sua giovinezza, era considerato fra i più forti.»
Shikamaru arrossì, poi scosse il capo e procedette dritto per la strada.
«La ringrazio, signor Umikiri… -rispose scazzato come sempre. Se sopravviviamo, allora potrei anche crederci.»
Già. I ninja della Foglia si erano resi conto che il demone Yashūra era un problema che non si sarebbe risolto con il mero impegno o con uno dei piani geniali di Shikamaru. Quelle cose forse potevano funzionare con gli esseri umani, non con un demone; una divinità demoniaca.



*

Il demone Yashūra era imponente da qualunque punto lo si osservasse, soprattutto se da un punto ravvicinato, proprio perché si riusciva a captare con chiarezza la potenza del chakra del grande demone. 
L’enorme mostro continuava a divincolarsi come un pazzo per poter riacquistare la propria libertà. A impedirgli il realizzarsi di tale desiderio, spesse catene di chakra gialle avevano avvolto il corpo del mostro che era stato esposto al mondo degli esseri umani.
«Maledette catene! Maledette!» urlò rabbioso il demone.
Kabuto aveva assistito in silenzio alle azioni del demone, dopo aver lasciato la povera Hinata in mezzo al marasma. Adesso, lo scienziato aveva preso la decisione di approfittare dell’handicap del demone per poterlo attaccare e acquisirne i poteri, al fine di completare le sue ricerche.
Kabuto congiunse le mani nel segno di evocazione, affinché gli zombie della Edo Tensei si riattivassero dal loro sonno eterno. A differenza di quando aveva affrontato i ninja della Foglia, questa volta Kabuto riportò in vita un numero maggiore di shinobi: decine di ninja della Foglia che appartenevano ai clan più famosi del villaggio; una sfilza di membri del villaggio della Sabbia, esperti spadaccini dal villaggio della Nebbia, utilizzatori di abilità innate dal villaggio della Nuvola e della Roccia; infine membri delle Forze Speciali di ciascun villaggio ninja esistente, anche di quelli minori. 
Deidara era in testa al gruppo; era l’unico membro di Akatsuki che rispondeva agli ordini dell’evocatore; gli altri erano ancora off-limits per lo scienziato.
«Non è un problema. –rifletté Kabuto. Una volta che avrò acquisito il chakra di Yashūra, niente mi sarà impossibile. Potrò utilizzare persino LUI.»
Seguì il suo ordine: ATTACCARE YASHŪRA!
Le pedine senza vita obbedirono, dando così inizio alle feroci urla del demone che si espansero per tutta la zona circostante. Deidara forniva attacchi dal cielo con il suo C-3, mentre il resto degli shinobi utilizzava ognuna delle sue abilità speciali per arrecare maggior danno all'enorme nemico.
Kabuto osservava meravigliato lo scontro. Più la battaglia infuriava, più si rendeva conto che le sue pedine immortali non avrebbero mai potuto sconfiggere l’abominio; Kabuto stava già pregustando il momento in cui avrebbe attinto al potere mostruoso di Yashūra. A tal punto, lo scienziato decise di ricorrere all’artiglieria pesante, ricorrendo alla potenza del suo titanico serpente, evocato dal nulla, con il quale lo scienziato si apprestò allo scontro diretto con il demone.
«Dannato umano! Come osi?!» tuonò furioso il demone, dopo aver ricevuto un morso dal grande serpentone.
Un colpo potentissimo del demone scagliò il rettile lungo tutto la distesa forestale, sradicando decine e decine di alberi. Si alzò un altissimo polverone che coprì tutta la forma del serpente, il quale ne approfittò per nascondersi nel sottosuolo al fine di sferrare un attacco a sorpresa, mentre gli zombie continuavano a distrarre il demone.
«ORA!» urlò all'improvviso Kabuto.
Il suo piano prese forma: lo zombie della forza portante del demone volpe uscì dal sottosuolo, dopo essere stato liberato dalle possenti fauci del titanico serpente.
A questo punto, Kabuto contava di approfittare della pedina fuori controllo per mettere a nanna Yashūra per il tempo sufficiente di rubare parte del suo potere; il demone volpe fece proprio quanto predetto dallo scienziato: lo scontro fra i due demoni ebbe inizio.


*

Nel bel mezzo del trambusto, Hinata si ritrovava distesa al suolo morente.
«Non… riesco a muovermi…» 
Era la terza volta che rischiava la vita in quella giornata; era davvero irrecuperabile. Una inguaribile debole che costruiva castelli di carta su un futuro che di certezze non ne aveva nemmeno una; che stupida pensare di poter fermare Kabuto; che cretina a volersi prefiggere un obiettivo grande come diventare Hokage, al fine di realizzare il grande desiderio del suo amato. Il mondo dei ninja non faceva per lei: per niente.
Le scese una lacrima sul viso. Sarebbe morta in quel luogo angusto, senza poter dire un addio al cugino Neji, a sua sorella, a suo padre e a tutti i suoi cari compagni. Il suo sangue continuava a versarsi per tutto il suolo assieme alle proprie lacrime.
«Naruto…» sospirò triste.
Un ultimo pensiero a lui. Ora e per sempre. Il suo più grande rammarico. La sua più grande consolazione era che avrebbe avuto ben presto la possibilità di rivederlo, sperando che non fosse troppo arrabbiato con lei per aver essersi arresa, ma proprio non ce la faceva più.
«Che stanchezza…» 
Si sentì all'improvviso leggera, priva di tutte le fatiche che la vita terrena le aveva arrecato fino a quel momento. Si lasciò andare docilmente a quello strano torpore, incurante di che cosa comportasse in verità una tale azione.
«Hinata…»
Una voce le attraversò il cranio. 
Non erano i suoi amici a chiamarla, nemmeno suo padre o sua sorella; non era nemmeno Naruto. 
«Hinata…» insistette la voce.
Hinata fece una smorfia; stava dormendo così bene e non le andava di essere svegliata. Perché quella voce non andava via?
«Tesoro mio… Svegliati, ti prego.» continuò la voce.
Hinata non ebbe più alcun dubbio; quella voce lei la conosceva molto bene ed era da tanto tempo che non la udiva, tantissimo. Di conseguenza, fu il suo desiderio di voler rivedere la figura associata a tale voce, cosicché potesse abbracciarla da così tanto tempo.
«Mamma!» tuonò la ragazza.
Hinata aprì gli occhi. Si trovava in una zona completamente bianca, senza limiti di spazio, in cui riusciva a percepire un torpore benigno estremamente taumaturgico. Di fronte alla ragazza c’era una donna esile dai lunghi capelli corvini e la pelle candida come la neve; ella era inoltre in possesso del byakūgan, proprio come lei e le assomigliava in maniera sconvolgente; o meglio, era corretto specificare che in realtà fosse Hinata ad assomigliarle molto.
Di solito una figlia ereditava dalla madre tutte le sue qualità migliori. Nel caso di Hinata e di sua madre, questo rientrava nella norma. Dalla madre, Hinata aveva ereditato sia la bellezza genuina che l’animo gentile.
Hisui Hyūga sorrise con dolcezza alla figlia.
«Sei cresciuta molto, bambina mia. Ormai sei una donna.» sentenziò la dolce mamma.
Lacrime colarono dal viso della giovane Hyūga, la quale si apprestò ad abbracciare la madre il prima possibile, così da assaporare quel profumo di cui tanto era dipendente fin da piccola.
«Mamma… Mi sei mancata tanto!» mugugnò Hinata fra un singhiozzo o l’altro.
La madre fece un piccolo sorriso e si godette allo stesso tempo l’abbraccio con l’amata figliola. Le mancava molto la sua famiglia, da molto tempo. Lei era morta qualche mese dopo aver dato alla luce la sua secondogenita, Hanabi. A causa della sua salute cagionevole, Hisui Hyūga si era ammalata gravemente, fino al punto che il suo fisico non ce l’aveva fatta più e aveva ceduto. 
«Mi dispiace, tesoro. –disse poi la donna. Non avrei mai voluto abbandonare te, tua sorella e tuo padre.»
Hinata allora smise di singhiozzare e decise di darsi un contegno, in modo da dimostrare a sua madre che era effettivamente maturata.
«Non-Non preoccuparti, mamma. -rispose lei. Siamo noi che siamo stati smarriti quando te ne sei andata. Papà si è rinchiuso in se stesso e io ho fatto lo stesso. Però…!»
C’era lui che aveva cambiato tutto. Nonostante lei soffrisse per la perdita della madre, c’era sempre lui che in qualche modo le porgeva aliti di luce per uscire dalla recondita oscurità in cui si andava a rifugiare; il suo Naruto era fatto così.
«Grazie a Naruto, a Neji, al maestro Kurenai, ai miei compagni di squadra e soprattutto a Sakura, sono riuscita ad andare avanti. Sono andata avanti di fronte tutte queste avversità.» spiegò infine la ragazza.
Hisui sorrise di nuovo, dopo aver udito quanto detto dalla figlia, dopodiché le accarezzò il viso con affetto.
«Forte come suo padre… Gentile come sua madre… -disse la donna. Non era così che volevi diventare, tesoro? Credo proprio che tu ci stia riuscendo.»
Di questo Hinata non poté fare a meno di essere felice, tuttavia dovette allo stesso tempo rammaricarsi, poiché le sembrava giusto dare alla madre anche la parte turbolenta della sua vita, soprattutto la grande tragedia che l’aveva colpita di recente. Così, raccontò di Naruto, della sua morte e di come si era sentita per tutto il tempo; dopodiché proseguì con l’atteggiamento che aveva mostrato con suo padre, con Neji e Sakura e con la vita in generale.
Infine del suo ritrovato amore per la vita, dovuto al grande sogno che intendeva realizzare in memoria del suo amato.
«Diventerò Hokage per onorare Naruto. –dichiarò la ragazza. Penso che questo sia il minimo che io possa fare per ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per me.»
«Però… ora… -ribatté all’improvviso la madre. Stai morendo.»
Quella obiezione fece tornare Hinata con i piedi per terra, facendola rendere conto dei limiti onnipresenti ai suoi utopici sogni.
«Già… È vero…» disse afflitta la ragazza.
Ancora una volta, il dolce affetto materno le risollevò il morale, mostrandole uno spiraglio di luce, una possibile scappatoia dal nulla assoluto.
«Se ci credi, puoi fare l’impossibile, amore mio. Devi solo avere più fiducia in te stessa e nelle tue capacità. Tu sei forte.» disse la dolce mamma.
«Sì, ma come faccio…?» domandò la figlia.
Ella non ebbe nemmeno il tempo di completare la sua domanda che la madre stava già esponendo la sua soluzione il più rapidamente possibile; a quanto sembrava, aveva a disposizione solo un tempo ridotto per poter parlare con la figlia.
«Sono stata mandata qui da un’entità superiore, perché è successa una cosa gravissima nel mondo dei vivi. Uno scellerato ha liberato il demone Yashūra dalla sua prigionia e bisogna fermarlo. LEI ha deciso che non è ancora giunta la tua ora. LEI ti userà come ospite per fermare il demone.» spiegò la donna.
Hinata fissò stravolta la madre; non l’aveva mai vista così seria.
«Ma che cosa stai dicendo, mamma? Io? Fermare il demone?» 
Hinata non ci stava capendo più nulla.
«Puoi farlo, tesoro. –rispose la madre. LEI ti presterà il suo potere. Per questo io sono qui. Per fare da tramite.»
«Lei chi?» domandò perplessa la figliola.
«L’antenata del nostro clan. La Dea Coniglio. Noi donne del clan Hyūga siamo nate per poter diventare potenziali ospiti del suo potere, quando la situazione lo richiede. –narrò Hisui Hyūga. Mia madre venne posseduta dal suo potere per sconfiggere il demone Yashūra diversi anni fa, assieme al Secondo Hokage, ma ora ci sei solo tu che può fermarlo.»
«Ma io…» sibilò Hinata.
Era tutto così confuso. Hinata stava apprendendo una lunga serie di informazioni che le impediva di trovare un nesso logico su quello che le veniva chiesto di fare e sul perché le veniva chiesto. 
«Non c’è più tempo, bambina mia. Afferra la mia mano e salva il mondo!» la esortò la madre.
Allora Hinata, la quale aveva capito che non poteva perdere quei minuti preziosi per i suoi soliti complessi di insicurezza, decise di afferrare la mano della madre per la semplice logica che si fidava di lei; se non ci si poteva fidare della propria madre, allora non ci si poteva fidare di nessuno.
Hinata cinse la mano alla madre, sfiorando quella sua. D’un tratto Hinata venne sopraffatta da una improvvisa ondata di energia impareggiabile. 
«Che… Che mi sta succedendo?» domandò la ragazza sbalordita.
Tutto il corpo della ragazza era completamente avvolto da un’aura bianca tanto densa da creare una lunga veste bianca addosso a sé. Successivamente l’attenzione della ragazza si focalizzò sui suoi capelli imbianchiti e da uno strano prurito sulla fronte che la ragazza non riuscì a comprenderne l’origine. Ella si toccò la fronte, accorgendosi della presenza di due lunghe corna sulla sua fronte. 
Hinata alzò lo sguardo verso la madre e notò che ella era diventata puro spirito.
«Il mio tempo a disposizione è terminato. La grande signora mi ha dato veramente una grande occasione. Ho incontrato di nuovo la mia splendida bambina. –disse Hisui Hyūga in lacrime. Sono così fiera di te.»
Hinata tentò di avvicinarsi alla madre, tuttavia non riuscì più a starle dietro, nonostante quel potentissimo chakra a darle manforte. La ragazza allora comprese che era giunto il momento di separarsi dall'amata madre e pianse a sua volta.
«Ti prometto che non ti deluderò, mamma cara.» dichiarò la ragazza.
«Prenditi cura di tua sorella Hanabi, di Neji e soprattutto di tuo padre. Hanno ancora molto bisogno del tuo affetto per andare avanti. Fallo al posto mio, te ne prego.» disse Hisui Hyūga.
Il corpo della donna scomparve, lasciando Hinata da sola in quella zona completamente bianca. Della dolce mamma Hisui era rimasto solamente l’eco della sua voce, con le ultime parole dedicate all'amata figliola.
«Addio…»
Hinata versò un’ultima lacrima, cibandosi degli ultimi attimi passati assieme alla cara madre. Subito dopo, ella si ricordò che aveva da fare qualcosa di importante, veramente vitale per il mondo degli shinobi: fermare Yashūra.

*

 Lo scontro proseguiva. Gli zombie erano sempre più massacrati dai tremendi colpi che subivano dal possente demone, però, considerata la loro natura, tale fattore non li rendeva certo meno combattivi, solo che il tempo che si rigenerassero stava diventando sempre più lungo.
Questo Kabuto lo aveva notato.
«Proprio quello che temevo. A parte Deidara, il resto non è all'altezza di tenere a bada Yashūra. –constatò lo scienziato. Se solo potessi disporre di più forza, potrei anche evocare i restanti membri di Akatsuki che sono sotto il mio controllo.»
Allo scienziato non restava che attendere che una delle sue pedine catturasse il chakra che tanto bramava; bisognava fare affidamento agli zombie di Deidara e del demone volpe, i quali erano ritenuti gli unici in grado di potare a termine una tale impresa.
In particolare, una menzione particolare andava doverosamente fatta al demone volpe, il quale stava combattendo con le unghie e con i denti contro il gigante, che resisteva a ognuno dei devastanti colpi dell’avversario come se non fosse nulla. Era veramente stupefacente che la forza più distruttiva esistente al mondo non era in grado di sconfiggere Yashūra.
Kabuto tentò per l’ennesima volta di manovrare i movimenti del demone, ma fu tutto inutile. Non era ancora abbastanza forte per dominare quella forza della natura.
«Di questo passo verrà sconfitto… -dichiarò il quattrocchi. E dire che non ha ancora rilasciato il suo intero potenziale.»
Il sibilo di un serpente destò Kabuto dal suo tentativo, per farlo concentrare su un altro problema inaspettato: aveva appena captato la presenza dei ninja del villaggio della Foglia. Con rabbia, Kabuto si rammaricò che non fossero morti, durante l’esplosione della mattina.
«Maledetti, ficcanaso! Questo non è proprio il momento.» sbottò lo scienziato.
Il loro arrivo era imminente e Kabuto era molto preoccupato per come avrebbe dovuto gestire due scontri su fronti diversi. Come avrebbe potuto risolvere quella complicata situazione? Gli zombie dovevano occuparsi di Yashūra, quindi non poteva permettersi di dimezzare il suo esercito per tenere a bada quelli della Foglia.
D’un tratto la soluzione apparve dinnanzi a Kabuto nella sua chiara e subdola interezza. Lo sguardo dell’uomo serpente era caduto sul corpo disteso al suolo della povera Hinata, la quale, a parere di Kabuto, doveva essere già morta, dopo tutto il sangue che aveva perso. 
Kabuto approfittò del trambusto generale per avvicinarsi alla Hyūga. Il suo piano consisteva nel prelevare parte del suo sangue per poterlo usare per il rituale della Edo Tensei, così da tenere a bada i ninja della Foglia per il tempo necessario per rifornirsi del chakra di cui aveva bisogno; inoltre, avrebbe approfittato della situazione per impadronirsi del byakūgan.
Piano perfetto! Semplice ed efficace. Era quello che interessava Kabuto.
I ninja della Foglia erano ormai vicini, doveva agire. Prese un kunai e si accinse a prelevare parte del tessuto corporeo della ragazza, in modo da iniziare il rituale; avrebbe preso gli occhi successivamente.
Il piano fallì.
D’un tratto il corpo di Hinata venne avvolto dell’aura spirituale che aveva posseduto la ragazza nella dimensione, in cui aveva conferito con la madre. Hinata era di nuovo in piedi, stavolta nella vita reale, di fronte allo sguardo sbalordito di Kabuto.
«Che… Succede? pensò lo scienziato. Che cos’è questo chakra che sento?»
Hinata non perse tempo con le spiegazioni, o meglio, fu il chakra che la stava possedendo a ordinarle in maniera categorica quello che doveva fare. Ogni azione era stata catalogata secondo uno specifico ordine, a cui nemmeno la stessa Hinata non poteva opporsi.
La prima mansione della lista era liberarsi di Kabuto.
La divina combattente si rivolse dunque allo spietato serpente.
«Hai finito di fare quello che ti pare. Ti fermerò qui e adesso, prima che tu possa nuocere ad altra gente, Kabuto!»
Dapprima sorpreso, lo scienziato avrebbe venduta cara la pelle e avrebbe combattuto con tutte le sue forze, affinché potesse realizzare il suo grande sogno. Così, armato della sua tecnica che rendeva le mani affilate come lame di rasoio, Kabuto si fiondò contro la Hyūga con il preciso scopo di ucciderla.
Hinata reagì di conseguenza. Un rapido movimento, forse nemmeno lei stessa si era resa conto della velocità dei suoi movimenti; un colpo dritto al petto, il Juken, seguì una poderosa onda d’urto, talmente potente da generare un bagliore e attirare l’attenzione dei partecipati alla battaglia principale. 
Kabuto sputò rivoli di sangue, mentre veniva spedito a diversi metri dal luogo dello scontro dal colpo appena subito. Una volta essersi accasciato al suolo, dopo un colpo di schiena contro ripetuti alberi, lo scienziato perse conoscenza fra un rivolo di sangue e l’altro.
Colui che usava la Edo Tensei era finito, tuttavia ciò non significava che la tecnica adesso sarebbe stata interrotta. Tutto il contrario. La Edo Tensei non si neutralizzava nemmeno se l’utilizzatore moriva, l’unico modo per annullarla era eseguire dei sigilli che solo l’utilizzatore della tecnica conosceva.
A Hinata non interessò tanto; doveva sigillare Yashūra il prima possibile, non c’era altro di più importante.
L’angelica Hyūga si sollevò in cielo come se nulla fosse, lievitò con grazia al cospetto dell’enorme demone, attirandone l’attenzione, assieme agli stessi zombie e persino al demone volpe. Ciò che seguì venne in automatico per Hinata; in realtà era il chakra che l’avvolgeva a determinarne i movimenti, il più delle volte, lei si lasciava andare a quel potente chakra, proprio perché non ne conosceva le proprietà.
Gli zombie dell’Edo Tensei la attaccarono.
Il chakra che avvolgeva Hinata reagì di conseguenza. I capelli di Hinata si allungarono in maniera spropositata, andando ad avvolgere gli zombie, Deidara incluso, in una poderosa stretta che li rese totalmente inoffensivi; in pratica erano stati appena sigillati. 
Diverso fu l’atteggiamento del demone volpe, il quale, invece che attaccare la Hyūga, vi si accucciò al fianco, mostrandole così il profondo rispetto provato per quel grande potere.
«Naruto…» mormorò Hinata, osservando la volpe.
La ragazza fu contenta di sapere che il suo amato l’avrebbe accompagnata in quel grande combattimento; la rendeva molto più determinata a voler finire al più presto Yashūra, così da donare la meritata pace all'anima di Naruto.
A quel punto giunsero i ninja della Foglia, assieme al signor Umikiri.
«Hinata!» urlò Sakura.
I ragazzi rimasero totalmente attoniti del nuovo aspetto mostrato dalla loro amica, tanto che ci fu qualcuno, come Kiba, che non voleva credere che fosse realmente lei; purtroppo si dovette ricredere, non appena la ragazza rivolse al gruppo alcune parole.
«Grazie a Dio state bene, ragazzi. Ero molto in pensiero.» 
I ragazzi si accorsero solo dopo dell’enorme faccione di Yashūra che sorvolava le loro teste e ne furono estremamente spaventati.
«Che essere enorme. Ha un chakra spaventoso!» sbottò Shikamaru.
«Già… -concordò il signor Umikiri. Non avvertivo questa sensazione da tanto tempo e devo dire che sono terrorizzato.»
«Più che altro… -aggiunse Sakura, rivolgendosi a Hinata. Che cosa ti è successo?»
Hinata allora sorrise.
«È troppo lungo da spiegare, ne parleremo dopo che avrò sigillato Yashūra.» 
«Non parlerai sul serio, vero, ragazzina?!» irruppe il signor Umikiri allibito.
L’anziano shinobi si era pentito subito dopo di quella domanda, poiché la sua paura per Yashūra lo aveva completamente distratto dalla presenza di un chakra potente quasi quanto il nemico, proveniente dal corpo della ragazza dal byakūgan.
«Capisco… -concluse l’anziano. Il tuo chakra è identico a quello di Lady Hibena quando ci affiancò il nobile Secondo Hokage nella lotta.»
Stop alle chiacchiere. Yashūra sferrò il suo attacco, sollevando il suo enorme braccio, per schiacciare quei fastidiosi moscerini che osavano opporsi alla sua rinascita.
«Merda! Non riusciremo a fermarlo!» sbottò Ino.
«Io ci provo!» tuonò Rock Lee, che aveva aperto la quinta delle otto porte.
«Io pure!» si aggiunse Chouji, pronto a usare la Tecnica dell’Espansione.
Nessuna delle loro tattiche fu abbastanza veloce come la poderosa onda d’aria lanciata dall’incrocio del palmi di Hinata. Il colpo fu capace di fermare l’attacco del possente demone.
«Fa-Fantastico!» mormorò allibita Ten Ten.
Yashūra tuttavia non prese bene l’affronto che gli era stato arrecato. D’un tratto i suoi capelli presero fuoco e la sua pelle si tramutò in pericolosa lava che colava da tutto il suo corpo. L’urlo che seguì sforò i timpani di tutti i presenti, facendo loro raggelare il sangue nelle vene.
«KAGUYA!!!» 
Un nuovo attacco, nuovamente il braccio del gigante grondante di lava, la quale cadeva a pioggia sugli eroi. 
«E siamo di nuovo nella merda…» commentò ironico Kiba.
Intervenne il signor Umikiri per fermare il pericolo di venire bruciati vivi, prima di venire schiacciati.
«Senpō: Umeboshi!»
La tecnica lanciata dall'anziano shinobi creò sotto i suoi piedi un vortice di acqua, il quale poi venne diretto verso il braccio del nemico con tutta la sua potenza. L’impatto generò l’espansione di una grande quantità di vapore che impedì ai presenti di vedere che cosa fosse successo al braccio nemico; fatta eccezione per Hinata.
La ragazza aveva infatti individuato che, sebbene il braccio lavico si fosse solidificato, esso stava ancora per precipitare in picchiata e avrebbe provocato sicuramente danni ben peggiori che in precedenza. Allora Hinata si ritrovò a pensare a che cosa avrebbe potuto fare per fermarlo, dato che era l’unica che poteva fare qualcosa.
La soluzione venne dal demone volpe, il quale aveva scagliato una serie di piccole Teriosfere contro l’attacco nemico, provocando la distruzione del braccio del grande demone.
«Grazie!» disse lei al demone.
Hinata non si sorprese che il demone non aveva risposto, ma non le importava. Il suo cuore era già in sintonia con l’anima del suo amato; non servivano a nulla le parole.
«Ce l’abbiamo fatta!!» 
I ragazzi esultarono, ma solo allora si accorsero della presenza del demone volpe.
«Adesso quello zombie ci aiuta?!» domandò Ino.
«Tranquilli. –replicò Hinata. Naruto non vi farà del male. Me lo ha promesso.»
«Perfetto. –aggiunse Makuzu Umikiri. Avremo bisogno di tutto l’aiuto che ci serve per sigillare Yashūra. Non crediate che basti questo per fermarlo.»
Il signor Umikiri aveva ragione.
Yashūra aveva già rigenerato il suo braccio e stava cercando di uscire dalla sua prigione, mordendo le catene di chakra che lo tenevano imprigionato con insuccesso. 
«Cosa suggerisce di agire?» domandò Shikamaru all'anziano shinobi.
«Conosco la tecnica di sigillo del clan Uzumaki, quella che sigillò un tempo Yashūra. –spiegò l’uomo. Ho solo bisogno che vegano chiusi i portoni con Yashūra dentro e posso applicare il sigillo. Il problema è che devo essere in modalità eremita per potere usare questa tecnica e posso mantenere questa forma solo per dieci minuti.»
«Cosa?! Solo dieci minuti?! Ma è impossibile!» tuonò spaventata Ten Ten.
«No se ci crediamo veramente e non ci arrendiamo!» replicò Hinata. 
La ragazza era fieramente determinata a voler concludere quella questione a ogni costo. Per sua madre. Per Naruto. Per se stessa. Per il suo obiettivo di diventare Hokage.
«Mai arrendersi!»
«Questo è lo spirito giusto, Hinata! –disse Sakura. Non avrebbero scommesso nemmeno una moneta di rame sulla nostra vittoria contro Sasori, eppure eccoci qui!»
Tutti sembrarono decidersi nel voler provare a fermare quel mostro. Erano determinati a dare il massimo per bloccare il nemico.
«Ottimo! ANDIAMO!» disse Hinata.
«Un attimo!» intervenne all'improvviso Shikamaru.
Il genio della Foglia era nella sua famosa posa di riflessione, quella che precedeva uno dei suoi grandiosi piani che riuscivano al 100%, senza margine d'errore.
«Hinata. Qual è il limite di quel potere?» domandò il Nara.
«Non ne ho idea. –replicò la ragazza. Io sono solo un vessillo. È il chakra che muove il mio corpo, perché è sempre il chakra che usa tecniche che non avevo mai sentito nominare.»
Lo stesso fatto che lo potessero discutere sulla strategia da utilizzare era dovuto al chakra di Hinata, che aveva creato una barriera glaciale che difendeva temporaneamente il gruppo dagli attacchi del nemico.
«Ho capito. –concluse il Nara. Tuttavia, se te la senti di provare a rischiare, vorrei applicare una mia strategia. Che ne pensi?»
«Va bene.» rispose la Hyūga.
«Non vuoi nemmeno sentirla?» domandò il Nara sorpreso.
«Non c’è nessuno migliore di te in queste cose, Shikamaru. –replicò la Hyūga. Io devo andare. Il chakra mi sta obbligando a dirigermi verso il demone.»
«Aspetta, Hinata! Non esagerare solo perché hai questo potere!» la rimproverò Shino.
«Devo andare.» replicò la ragazza, volandosene via, verso la barriera, accompagnata dal demone volpe.
«Hinata!» urlarono tutti con lo scopo di farla fermare.
Il signor Umikiri fu l’unico che mantenne un comportamento normale, forse perché aveva già visto qualcuno combattere con lo stesso chakra in possesso di Hinata, o forse perché, da quando aveva incontrato quei ragazzi, stava iniziando lui stesso a credere di poter sconfiggere Yashūra.
«La vostra amica non ha nulla di che temere, tranquilli.» dichiarò infine.
«Ne è sicuro? A me sembra che quel chakra sia malvagio e la sta portando alla morte!» ribatté Kiba.
«Fidatevi.» disse l’anziano con tono rassicurante.
Sul viso del signor Umikiri erano apparsi dei segni rossi che partivano dalle sue labbra e si andavano a fermare attorno a delle chiazze sopra i suoi occhi. Era appena entrato in modalità eremita.
A quel punto, a Ino venne un’idea.
«Che stupida che non c’ho pensato! –irruppe. Posso usare la mia tecnica per mantenermi in contatto telepatico con Hinata e comunicarle i dettagli del piano!»
«Vero! Ce ne siamo completamente dimenticato!» aggiunse Ten Ten.
«Allora possiamo procedere, giusto?» domandò Sai.
«Esatto!» rispose Shikamaru.
Il genio della Foglia aveva già in mente che cosa serviva fare per poter realizzare il progetto tanto richiesto dal signor Makuzu.
La Tecnica Jamming di Shino, con la quale ridurre la visibilità del nemico.
Kiba, Akamaru nella loro versione cane a due teste. Rock Lee al massimo della sua velocità. Il demone volpe e Hinata all’attacco diretto: causare il massimo dei danni a Yashūra era di vitale importanza per il loro piano.
Data la potenza del chakra, Hinata avrebbe creato una copia che si sarebbe anche occupata della protezione della squadra di supporto che sarebbe stata dietro sue dirette direttivi.
Chouji avrebbe usato la tecnica della Bruciatura delle Calorie per preparare un possente pugno gigante con il quale avrebbe spedito Yashūra dentro la sua prigione.
Il signor Umikiri avrebbe sorvolato il cielo assieme a Sai, dopodiché avrebbe agito una volta che il demone fosse stato rinchiuso.
Il piano molto complicato da applicare, poiché Shikamaru era completamente allo scuro delle abilità di Yashūra, poiché, stando ai pronostici del signor Umikiri, non si limitavano alla capacità di rendere lava il proprio corpo, quella anzi era forse solo la sua abilità di base, ma ve ne erano altre più temibili.
Shikamaru non poteva permettersi di tergiversare, non era proprio il momento. 
«Devo mantenere la calma. –si ripeté mentalmente il ragazzo con il codino. Se in questo momento mi vedesse il mio vecchio, scommetto che mi sfotterebbe fino alla fine dei tempi!»
Scattò il piano.
Ora tutto era in mano alla dea del fato.



Note

Senpo: Umeboshi = Tecnica di modalità eremitica che prende il nome dall'epica figura mitologica di Umeboshi, ovvero un gigante marino


Note dell'Autore

Eccoci qui, ragazzi, finalmente il capitolo si è concluso. Spero che vi sia piaciuto e che riesca a produrre la seconda parte il prima possibile. Non ho altro da dichiarare, ciao!


Nel Prossimo Capitolo

-Colpiscilo ADESSO, Chouji!-

Insieme Ci Riusciremo

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Capitolo 10
*** UNA BATTAGLIA TUTTI ASSIEME ***


Eccoci nuovamente con il nuovo capitolo della storia, cari piccioti e carissime picciotte (apro questa parentesi per sottolineare il fatto che, con questo modo di appellarmi a voi, non si è capito che sono siciliano XD). Da questo momento in poi, torneremo a improvvisi e frenetici colpi di scena, del tutto tipici di uno scontro da urlo, come spero che risulti questo di cui mi accingo a descrivere. Questa volta sarà il capitolo finale di questa saga e, come sempre, alla fine di quest’ultimo vi sarà una piccola parte che introdurrà la prossima, la quale, come sappiamo tutti, è quella del Summit dei Cinque Kage, detto anche Gokage.
In conclusione, giunti a questo punto, mi sembra di aver parlato anche troppo, per tanto dichiaro fine a questa lunga anticipazione dell’autore e vi auguro una buona lettura.






http://th09.deviantart.net/fs70/PRE/i/2014/221/0/9/hinata_hime_by_iiyametaii-d7udpaq.jpg




Insieme ce la faremo! Sempre!


Hinata e il demone volpe volteggiavano in aria come due farfalle, liberi di esprimere la loro forza, la voglia di vivere e la determinazione di portare a termine il loro gravoso compito. La menzione più meritata andava fatta nei confronti di Hinata, ma soprattutto sui suoi sentimenti contrastanti durante l’arduo combattimento con Yashūra.
Se da una parte ella desiderava sconfiggere Yashūra nel più breve tempo possibile, dall’altra non poteva, o meglio, non voleva staccarsi dal suo indemoniato amato; tale era la dimostrazione di quanto il suo amore fosse forte, che nemmeno le importava che Naruto fosse uno zombie o un mostro privo di intelletto: per lei era sempre il suo lui.
Hinata era combattuta su quei due fronti, eppure sapeva quale fosse la risposta giusta al dissidio che stava vivendo: eliminare Yashūra.
Naruto avrebbe voluto così. Lui sperava che lei potesse andare avanti per diventare la ragazza forte che la reputava essere.
Hinata lanciò un’occhiata alla rabbiosa bestia codata e fece un pensiero tutto per lui.
«Non ti deluderò, Naruto. Manterrò fede alla promessa data!» 
La Hyūga tornò alla lotta. Non poteva permettersi il lusso di distrarsi, benché la maggior parte delle sue azioni fossero compiute dal chakra estraneo che la proteggeva; anche lei doveva fare la sua parte, altrimenti avrebbe considerato la sua come una vittoria mutilata.
In quel momento, affianco ai due innamorati, si aggiunsero a supporto Rock Lee assieme a un grosso cane a due teste, nato da una tecnica a combinazione fra Kiba e Akamaru.
«Scusate il ritardo, ragazzi!» si scusò lo specialista di arti marziali.
Adesso il loro potere di attacco era diventato ancora più grande. Lo stesso Yashūra se n’era reso conto, difatti aveva nuovamente perso la testa, facendo grondare ancora più magma dal suo corpo, il quale si induriva di continuo, a causa delle potenti tecniche acquatiche dell’eremita del signor Umikiri. 
Yashūra era diventato un gigante nero con striature di magma che colavano dal suo corpo.
«Cavolo, è diventato ancora più inquietante di prima» commentò Sai dall’alto del suo uccello d’inchiostro.
«Questo non è ancora nulla.  – spiegò il signor Umikiri, al suo fianco. Deve ancora usare i suoi veri poteri.»
«Di che sta parlando?» domandò Sai perplesso.
Il signor Umikiri spiegò, pallido come un lenzuolo.
«Onmyōton. L’arte suprema che annulla qualunque tecnica ninja. Una delle tecniche che Yashūra acquisì dopo essersi cibato della carne dell’Eremita dei Sei Sentieri.» 
«Ne sa parecchie di cose, signor Umikiri.» commentò Sai.
In un certo senso, a Sai quell’uomo ricordava molto lord Danzo, criptico e onnisciente quanto lo shinobi del paese del Vortice.
L’uomo emise un leggero ghigno.
«Il clan Uzumaki era in possesso di un antichissimo archivio che conteneva alcuni documenti, riguardanti la vita dell’Eremita dei Sei Sentieri e le creature demoniache con cui ha combattuto. Essendo stato parte delle alte sfere del villaggio, avevo accesso a tutto questo materiale, prima che il villaggio andasse distrutto.»
«Capisco –sospirò Sai. Quindi ha qualche idea per poter contrastare questa tecnica?»
L’uomo dovette scuotere il capo.
«Purtroppo no. Non ne sono lontanamente in grado.  – spiegò triste. L’unico modo per fermare Yashūra è quello di sigillarlo con una tecnica ancora più efficace di lady Hibena e lord Tobirama.»
Sai tacque per un istante, al fine di cogliere l’inquietudine del signor Umikiri. Dal suo sguardo, Sai poteva determinare che usare quello speciale sigillo costituiva un grande rischio per l’utilizzatore. 
Di cose sulle tecniche da sigillo, lui ne sapeva tante, essendo stato allenato da Danzo, il quale eccelleva prima di tutto in tali tecniche, per tanto Sai era a conoscenza che era più facile perdere la vita con le tecniche da sigillo che con le tecniche proibite, il che era incredibilmente ironico.
Una volta aver sorvolato la testa dell’enorme demone, il quale era impegnato nel frattempo con l’avanguardia degli alleati, il signor Umikiri fece cenno a Sai di fermarsi.
«Questo è il punto perfetto da dove attaccare.» commentò il signor Umikiri.
A quel punto Sai non riuscì a resistere più.
«Quindi è questo che ha deciso? Morire in un posto sperduto per sigillare questo demone?»
L’uomo entrò in modalità eremitica. Il viso dell’uomo venne adornato da due chiazze nere sopra le sopracciglia, i suoi occhi si tinsero di rosso e la sua muscolatura si ingrossò all’improvviso, come assopita dal tempo delle gloriose battaglie.
«Significa proprio questo essere shinobi, soprattutto quando c’è tanta gente che vive sotto la tua responsabilità. Proprio come il vostro Hokage.» spiegò il vecchio shinobi.
L’obiettivo dello shinobi era quello di lanciarsi in picchiata per assestare il colpo decisivo al nemico, ma prima colse l’occasione per dire qualcosa al ninja della Radice che quest’ultimo non si sarebbe mai aspettato.
«So che probabilmente non sono affari miei, ma vorrei darti un consiglio, giovane.  – cominciò l’uomo. Da quel che ho capito, tu lavori con Danzo.»
Sai sgranò gli occhi dalla sorpresa.
«Conoscete lord Danzo?»
Il signor Umikiri annuì.
«Non so quante volte mi ha preso a calci quando eravamo giovani. Sebbene rispetti la sua forza e le sue buone intenzioni, Danzo agisce in una maniera troppo arretrata. Segue troppo lo stile di lord Tobirama, uno stile che funzionava a quei tempi, ma adesso non si può.  – l’uomo fece una pausa. Lo vedo nei tuoi occhi che sei combattuto fra lo stare con i tuoi amici e seguire gli ordini di Danzo, quindi lascia che ti dica una cosa che mi ha insegnato il miglior amico di Danzo, il Terzo Hokage: uno shinobi che non rispetta le regole è feccia, ma quello che abbandona i propri compagni è feccia della peggior specie.»
Sai ebbe un sussulto. Quelle parole non erano nuove per le sue orecchie. Ma dove le aveva sentite pronunciare?
«La Radice non funziona così, signor Umikiri. Non c’è scelta.  – replicò placido. Apprezzo comunque il suo interesse e se c’è qualcosa che posso fare per affiancarla nel combattimento, non esiti a dirmelo.»
L’anziano shinobi sospirò.
«Mi immaginavo una risposta del genere.  – replicò l’uomo. Sei tale e quale Danzo. Ma questo significa solo che evidentemente che le parole dette da uno sconosciuto non hanno effetto, anche se una parte di te sa che sto dicendo il vero.»
Sai non rispose. Della discussione con il vecchio avrebbe sempre ricordato quelle criptiche parole che aveva pronunciato, prima di paracadutarsi verso il titanico avversario. Probabilmente, pensò Sai, il signor Umikiri aveva fatto tale ragionamento in quella precaria situazione, poiché sapeva che stava andando incontro a morte certa; dal momento del suo balzo, fino alla fine dello scontro, era partita la clessidra che vedeva la sua lenta fine avvicinarsi.
Sai non affiancò l’uomo. Aveva ricevuto una richiesta di andare a prendere Shikamaru dalle ricetrasmittenti che si erano scambiati, prima di separarsi; il genio della Foglia voleva studiare il combattimento da una prospettiva ben più ampia.

*

Il signor Umikiri era passato all’attacco. Sigillare Yashūra non sarebbe stato facile, nonostante l’enorme supporto del chakra speciale che avvolgeva la giovane appartenente al clan Hyūga.
A Makuzu Umikiri serviva tanta determinazione e rapidità per stordire il demone per il tempo necessario da permettergli di usare la sua tecnica; dunque l’anziano shinobi confidava molto nella strategia ordita dal giovane Nara.
Per prima cosa si doveva appunto stordire il nemico con attacchi molto potenti, proprio come stavano facendo i ninja della Foglia in quel momento.
Il signor Umikiri allora decise di dare anche il suo contributo, usando la tecnica più potente a sua disposizione; avrebbe recuperato le energie necessarie per la tecnica sigillante nel marasma del combattimento.
Le mani congiunte, l’attacco; proprio sul testone del nemico.
«Senpō: Wadasumi no Yari
Dalla sua bocca, l’anziano lanciò un lungo flusso denso d’acqua che formò una lancia d’acqua che si conficcò nella carne del demone, provocandogli una dolora serie di penetranti dolori che fecero latrare il mostro. L’attacco comunque non si fermò; il signor Umikiri congiunse le mani per manovrare i corsi d’acqua della lancia in altre più piccole che perforarono la carne di Yashūra in diverse parti del suo corpo.
L’attacco dell’anziano shinobi aveva fornito ai ragazzi della Foglia una valida occasione per agire e mettere alle corde il nemico, oltre a mostrare uno straordinario spettacolo naturale a cui raramente dei ninja erano abituati. 
Il signor Umikiri atterrò sul braccio del demone e lo scrutò per bene; l’attacco aveva sortito l’effetto sperato.
Si voltò verso i giovani alleati stranieri.
«All’attacco!» tuonò.
I ragazzi della Foglia non se lo fecero ripetere, tuttavia questi ebbero sentore che partire all’attacco proprio in quel momento sarebbe stato imprudente, anche perché il demone stava letteralmente impazzendo, sebbene avesse arrestato la secrezione di magma incandescente.
Shikamaru allora si rivolse a Ten Ten.
«Lanciagli contro tutto l’arsenale che hai. Dobbiamo capire quale sarà la sua prossima mossa!»
Se Yashūra non si comportava più come al solito, le incognite prese in considerazione da Shikamaru andavano sempre di più a oscurarsi, facendo spazio a nuove.
La specialista d’armi della squadra Gai non se lo fece ripetere una seconda volta e utilizzò tutto l’arsenale racchiuso nei suoi rotoli per sommergere Yashūra di una pioggia di ferro esplosivo.
«Basterà?» domandò Sakura.
«Non penso proprio.  – replicò Shino. Sarà meglio continuare ad attendere la mossa successiva del nemico.»
Yashūra continuava a urlare come un ossesso. Il dolore per le ferite era straziante sia per il suo fisico, ma soprattutto per il suo orgoglio da essere imbattibile.
Un ulteriore smacco alla sua poderosa presunzione venne da parte della Hyūga in possesso del chakra speciale.
«Che mi succede?» pensò perplessa Hinata.
Il chakra aveva inaspettatamente focalizzato una densa quantità di chakra nei fori della fuoriuscita del chakra presenti sugli occhi. Hinata sentiva dei fastidi molto anomali a causa dell’uso eccessivo del byakūgan, sebbene sorretta da quel chakra e a un certo punto era anche in procinto di cedere, ma resistette con tutte le sue energie.
Un attimo dopo il demone Yashūra si ritrovò imprigionato in una gabbia di ghiaccio e ferro, fatta dall’acqua eremitica del signor Umikiri e dalle armi di Ten Ten.
«Che figata pazzesca…!!» fu il commento di Ino.
«È stata Hinata a farlo?» domandò Shino sbalordito.
«A quanto sembra…- rispose perplesso Shikamaru. Sembra proprio che quel chakra possa anche ricorrere a delle abilità innate.»
Sorse allora un dubbio nella mente del Nara.
«Mi chiedo solo se questo non avrà ripercussioni su Hinata…»
Silenzio. Non si poteva dare una risposta di alcun tipo a una tale affermazione. Specie quando si aveva a che fare con qualcosa proveniente dall’ignoto, l’unica tattica possibile per uscire dai guai era quella di sperare che andasse tutto bene.
Hinata si toccò gli occhi. Tasto un liquido scuro denso fuoriuscire dalla sua cornea sinistra; era sangue. Subito la ragazza si apprestò a pulirsi il viso, senza che nessuno dei propri compagni si accorgesse del suo malore: doveva continuare la lotta a ogni costo.
In quel momento Rock Lee e il cane gigante del clan Inuzuka la raggiunsero.
«Va tutto bene, Hinata?» domandò Rock Lee.
«Sì!» replicò questa, sebbene lasciasse intendere che non fosse vero; non era una buona attrice.
Il signor Makuzu Umikiri li raggiunse in fretta e furia.
«Approfittiamo della sua immobilità mentre ne abbiamo l’occasione ragazzi.  – consigliò l’anziano. Dobbiamo fare in modo che Yashūra perda la presa dal suolo per sigillarlo.»
Le enormi mani del demone erano saldate al suolo e non avevano intenzione di staccarsi da esso, soprattutto in quello stato a temperatura sotto lo zero.
Prima che i ninja potessero compiere qualunque mossa, il demone volpe apparve di fronte a loro, rabbioso come sempre.
«Merda! –sbottò Rock Lee. Non vorrà attaccarci di nuovo?»
Rock Lee si sbagliò; le intenzioni del demone erano tutt’altro che malvagio.
Hinata infatti lo comprese e impedì ai suoi alleati di attaccare il tanto amato demone; infatti fece notare loro che il tetracoda si stava concentrando per effettuare un attacco contro Yashūra.
Bolle di chakra rosso e azzurrine fuoriuscirono dal corpo dello zombie come una pioggia di rugiada. Lentamente esse si sparsero nell’aria, affiancandosi alle compagne per acquistare una colorazione più scura, man mano che le piccole bolle entravano in contatto l’una con l’altra. Il risultato fu una grossa sfera scura di chakra concentrato: la Teriosfera.
Il signor Umikiri aveva già assistito alle prodezze di una forza portante, in special modo di quel letale attacco, dalla capacità distruttiva impareggiabile.
L’anziano si rivolse ai suoi giovani alleati.
«Dobbiamo allontanarci per non farci coinvolgere dal contraccolpo dell’esplosione.» dichiarò.
«Quale esplosione?» domandò Rock Lee.
«Quella che si genererà dopo che Naruto avrà lanciato quel colpo.» spiegò Hinata.
Per la Hyūga non era affatto difficile comprendere le azioni di quel demone con cui era entrata sospettosamente in sintonia, per tanto, anche se il signor Umikiri insistette sull’allontanarsi dal demone zombie, ella decise di non muoversi e di stare dietro al demonio dalle quattro code. 
«Il chakra non mi permette di muovermi.  – aveva risposto lei alle esortazioni degli alleati. Non preoccupatevi, credo che non debba temere nulla con questo chakra.»
Aveva mentito. In realtà voleva restare accanto a lui, perché una strana sensazione albergava nel suo cuore, sebbene non sapesse spiegare quale fosse il motivo di tale disagio.
Yashūra si mosse. L’effetto congelante della tecnica di Hinata stava svanendo; era oramai solo una questione di tempo, prima che il titanico demone tornasse in azione.
Fu allora che il demone volpe lanciò la sua Teriosfera contro Yashūra. Si generò una violentissima esplosione su viso del demone, la quale avvolse tutta la parte superiore del corpo del mostro da del denso fumo, che impedì ai guerrieri umani di comprendere quanti danni avesse provocato l’attacco.
«Lo ha colpito?» domandò Ino.
La successiva reazione di Yashūra fu una chiara dimostrazione che l’attacco non aveva sortito alcun effetto. All’improvviso il demone aveva afferrato lo zombie demoniaco con le sue possenti dita e aveva iniziato ad assorbirne il chakra.
«Naruto!» tuonò apprensiva Hinata.
La Hyūga provò a muoversi, però questa volta fu il chakra estraneo a tenerla immobilizzata; poi tutto avvenne in maniera così rapida, che Hinata stessa non avrebbe ricordato molto di quello che sarebbe successo da quel momento in poi.
Yashūra assorbì tutto il chakra dello zombie, lasciando quest’ultimo nella sua forma umana, completamente prosciugato di tutta la sua energia demoniaca.
Lo zombie di Naruto lanciò una rapida occhiata a Hinata e le sorrise, prima di svanire come polvere al vento, lasciando al suolo il cadavere di uno sconosciuto, usato in precedenza da Kabuto per il rituale dell’Edo Tensei.
Hinata ebbe solo il tempo di versare una lacrima. Ancora una volta era stata privata di dire addio al suo amato, per colpa della sua debolezza e di avversari rasenti la massima crudeltà possibile. Perché non poteva stare con lui? Perché doveva sempre finire con un addio del genere? Perché?!
La ragazza non era in grado di fornire una soluzione a tale dissidio; l’unica cosa che fu in grado di fare, fu quella di reagire in maniera brusca, lasciandosi completamente soggiogare dalla furia delle sue emozioni e dall’immane potenza del chakra che aveva possesso di lei.
Un bagliore improvviso catturò l’attenzione dei presenti; persino Yashūra parve molto interessato a che cosa stava avvenendo.
«Che sta succedendo?» domandò Shikamaru.
Sai, tramite la ricetrasmittente, rispose alla sua domanda.
«Si tratta della tettona. Ha perso il controllo.»
«SAI! Come diavolo ti permetti?!» sbottò Sakura all’appellativo dato all’amica.
Shikamaru però la rimproverò senza pensarci una volta.
«Sakura abbiamo cose più importanti a cui pensare. Metti da parte il tuo temperamento per una volta!»
Il chakra dell’antenata si estese nel cielo, lasciando di stucco tutti i presenti per l’intensità e la potenza emanata, la quale era in grado di oscurare persino quella di Yashūra.
Hinata era al centro del ciclone e continuava a urlare dalla rabbia per tutte le cose tristi che le erano capitate; a quanto pare aveva deciso di sfogare tutto il suo risentimento contro il demone imprigionato.
Il chakra prese forma di una grande testa di un coniglio che possedeva sulla fronte un gigantesco sharingan. L’essere di chakra si fiondò contro il demonico avversario, assieme alla protetta, il cui aspetto era stato modificato ancora una volta dall’azione del chakra.
Sulla testa di Hinata erano sbucate delle vere e proprie corna, mentre sui suoi occhi sanguinanti si erano andate a sviluppare delle tomoe rosso sangue, perfettamente identiche a quelle un Mangekyo Sharingan. Anche la muscolatura della giovane ebbe dei miglioramenti, tanto che parte dei vestiti di quest’ultima andò in malora, poiché vittime della foga della battaglia e dal chakra estremamente distruttivo, infuso probabilmente dalla natura del fulmine della giovane.
Hinata era letteralmente irriconoscibile; faceva addirittura più paura dello zombie di Naruto o dello stesso Yashūra. 
I ragazzi della Foglia rimasero imbambolati a osservare una tale figura graziosa sfoggiare una furia omicida, capace di annichilire qualunque animo combattivo. I ragazzi potevano palpare l’istinto omicida della loro dolce amica; una sete di sangue capace di tramortire tutte le bestie della foresta, proprio come aveva fatto Yashūra poco tempo prima.
Un getto di sangue. Forte e denso. Il fluido vitale si spalmò sul suolo terrestre e sui ragazzi della Foglia.
Il signor Umikiri era incredulo: Hinata aveva appena tagliato il braccio destro di Yashūra.
«I-incredibile… – commentò l’anziano shinobi.»
Nemmeno il Secondo Hokage e la nobile Hibena Hyūga sarebbero riusciti in un’impresa tanto pretenziosa.
I ninja della Foglia, dal canto loro, non riuscivano a capacitarsi che quella furia assassina fosse la loro gentile compagna di squadra che aveva sempre una parola dolce per tutti e mai una cattiva, nemmeno per un nemico. Stava osservando una Hinata che si comportava esattamente come il demonio che tanto aveva amato e questo terrorizzò tutti loro, proprio perché non potevano sopportare di vederla ridotta in quel modo.
«Quella è veramente Hinata? Ditemi che non è vero, vi prego…» piagnucolò Kiba.
Nessuno rispose.
Dopo qualche ripensamento, Sakura aveva fatto un passo avanti, verso il luogo dello scontro, armata della sua decisione.
«La dobbiamo fermare! – dichiarò la ragazza. Non permetterò che si riduca in quel modo!»
Sakura ottenne un certo consenso da parte della maggior parte del gruppo, ma quando questi si mossero per compiere la loro volontà, essi scoprirono di essere sotto il controllo dell’ombra di Shikamaru.
«Che cazzo stai combinando, Shikamaru?!» sbottò Sakura furiosa.
Piovve altro sangue dei due contendenti su di loro.
«Non mettetevi in mezzo, non ora. – replicò il genio. Questa è una battaglia che non possiamo sostenere con le semplici parole di incoraggiamento. Solo Hinata può farcela. Ne conviene con me, signor Umikiri?»
L’anziano shinobi, tirato in causa, annuì.
«Sono certo che la vostra amica sa che rischi corre a lasciarsi andare a quel chakra abominevole. Noi non dobbiamo rendere vano il suo sforzo e ci dobbiamo preparare a sigillare Yashūra al momento opportuno.»
Il signor Umikiri aveva la sensazione che quel momento era in procinto di giungere; allora avrebbe usato il sigillo e avrebbe dato la vita, affinché il sigillo divenisse più forte, in modo da evitare il ripetersi di una situazione del genere.
A un certo punto, una mossa di Yashūra attirò l’attenzione generale degli esseri umani.
Il demone aveva appena represso un violento attacco a opera dell’avversaria e aveva rapidamente reagito con tutta la sua rabbia, scagliando quella che assomigliava alla Teriosfera del demone tetracoda.  L’esplosione che si generò da quel colpo andò a dimezzare il patrimonio forestale della nazione del Vortice, tuttavia donò la possibilità a Hinata di interagire con il possente chakra che controllava il suo corpo e di manovrare la creatura bianca per bloccare un furioso Yashūra.
«Che succede?» domandò Kiba, in merito a quella mossa.
Il signor Umikiri aveva afferrato al volo ed era scattato verso il portone che teneva sigillato il demone, affinché potesse compiere il rituale.
Shikamaru aveva a sua volta rilasciato il suo controllo sui compagni e aveva ordinato a tutti quanti di prepararsi a spingere Yashūra nella sua prigione.
Chouji era la chiave per la buona riuscita del piano, per tanto si era nascosto nella fitta vegetazione della foresta per prepararsi a effettuare l’attacco richiesto dai compagni. Ino, in quanto ninja medico, lo accompagnò, in caso avesse qualche malore improvviso, dovuto all’uso della tecnica che doveva utilizzare.
Rock Lee, Kiba e Akamaru si fiondarono contro il demonio, seguiti dall’alto da due uccelli d’inchiostro di Sai, su cui stavano Sakura, Shikamaru, Ten Ten e Shino.
«Forza, ragazzi! – urlò Shikamaru. Questa è un’occasione che non possiamo lasciarci perdere!»
Era il momento decisivo.
Per primi attaccarono Kiba e Akamaru, nella loro forma di cane a due teste.
«Chō Garōga
Il gigantesco turbine che si generò colpì in pieno Yashūra, facendo emettere lancinanti urla al mostro, il quale stava iniziando a venire spinto nella direzione opposta. 
All’attacco di Kiba si aggiunse quello del grande coniglio di chakra di Hinata. 
I due attacchi insieme misero in difficoltà l’enorme demone, che infatti aveva compreso quale fosse l’obiettivo dei suoi avversari e stava facendo di tutto per impedirne la realizzazione. 
Il demone levò il braccio che ancora gli restava per attaccarli.
«Merda! Se vengono beccati da quel coso è la fine!» sbottò Ten Ten.
Fu il turno di Rock Lee.
«Asa Kujaku
Lo specialista di arti marziali aveva sommerso di pugni infuocati il braccio del nemico, facendo così arrestare la sua avanzata. 
A dare il colpo di grazia, però, servì la super forza di Sakura, la quale approfittò della schiena di Sai come trampolino, in modo da raggiungere il braccio del colpevole e colpirlo con tutte le sue forze.
«PRENDI QUESTO!» urlò la ragazza.
Il colpo fu dirompente e fece pure perdere la concentrazione a Yashūra per colpa del dolore. Il risultato fu che il mostro veniva sempre di più soggiogato dalla pressione esercitata da Kiba, Akamaru e Hinata.
Yashūra non riusciva a credere che esistessero esseri umani in grado di contrastarlo e di metterlo in seria difficoltà; era la prima volta che si trovava così in svantaggio. Il demone si rese conto dell’enorme rischio che stava correndo, quando la sua schiena avvertì la fastidiosa sensazione di vuoto che proveniva dalla prigione in cui era rinchiuso: doveva liberarsi a qualunque costo!
«MALEDETTI UMANI! NON MI AVRETE! NON MI SIGILLERETE DI NUOVO! MAI! MAI! MAI!!!!!»
Agli esseri umani non importò della sua rabbia. Tutt’altro, questi urlarono a loro volta il nome di colui che avrebbe posto fine ai loro eroici sforzi.
«Colpiscilo ADESSO, Chouji!»
Il buon Akimichi agì non appena venne invocato all’unisono dai suoi compagni. Egli apparve in corsa nella sua forma da gigante, magro come non lo era da tanto tempo e armato di un formidabile pugno denso di chakra, il quale si appresta a colpire in tutta la sua potenza il nemico.
«PRENDI QUESTO!» urlò Chouji.
Il pugno colpì dritto in faccia Yashūra, fracassandogli la mascella e tutti i connotati, inoltre il colpo fu in grado di spingere interamente il mostro dentro la sua prigionia, lasciando così intendere che il combattimento fosse finito: non restava che chiudere i portoni e applicare la tecnica sigillante.
Al primo compito pensò il demone coniglio, il quale allungò le proprie braccia per chiudere rapidamente le pesanti porte di ferro spesso; il resto era compito del signor Umikiri.
L’anziano utilizzatore dell’arte eremitica agì di conseguenza. L’uomo era davvero fiero di aver incontrato quei validi shinobi del villaggio della Foglia, di fatti senza di loro, probabilmente Yashūra non sarebbe mai stato più sigillato. 
Si poteva ben dire che Makuzu Umikiri avesse trovato il modo migliore per morire, ovvero quello di proteggere tutto quello che aveva avuto valore nella sua vita: famiglia, villaggio, compagni, mondo dei ninja, etica e nindo. Non poteva essere più soddisfatto di così. Pazienza per gli addii. Alle persone che ha amato non servono addii dopotutto, sanno già tutto.
Makuzu era proprio di fronte all’entrata del portone; il suo destino stava per compiersi.
Nei suoi ultimi istanti di vita, Makuzu Umikiri ebbe abbastanza tempo per riflettere attentamente.
«Chiedo perdono agli antenati del clan Uzumaki per quello che sto facendo. So che un estraneo come me non dovrebbe usare questa tecnica, ma spero che possiate capire… È per una buona causa.»
L’uomo congiunse le mani ed evocò una maschera da Oni dall’apparenza molto antica, ne osservò per qualche istante l’interno, dopodiché tirò un respiro e la indossò. D’un tratto il corpo dell’uomo si infiammò di chakra, a causa della maledizione richiusa nella maschera; era pronto il rituale.
La sua fine. L’atto finale della sua vita in poche parole, dedicate a urlare al mondo la sua tecnica, poi avrebbe chiuso gli occhi per sempre.
«Gisei Fujin no Jutsu
Il corpo dell’uomo sbatté contro il grande portone, proprio come da copione. Il corpo venne inondato da una densa serie di segni neri che ricoprirono interamente il corpo, espandendosi a loro volta per tutta la costruzione in maniera uniforme; lo scopo dei segni era quello di formare dei simboli giganteschi estremamente complessi, i quali avrebbero impedito in tempi futuri, persino agli eredi dell’Eremita delle Sei Vie di aprire nuovamente la gabbia dove stava Yashūra.
La battaglia si era conclusa.


*

«Così… - mugugnò Shino. È finita…»
La sua costatazione serviva a somatizzare per sommi capi tutte le emozioni vissute dai ragazzi della Foglia in quella furiosa battaglia, contro un avversario dalle origine divine; erano riusciti nell’impossibile e avevano vinto contro ogni pronostico!
Kiba e Akamaru caddero al suolo, stremati. Chouji e Rock Lee fecero loro compagni, mentre Ino prestava loro soccorso.
«Certo che è stata dura!» sbottò Kiba soddisfatto.
«Ho una fame da lupi, ragazzi. Quando torniamo a casa?» blaterò affaticato Chouji.
«Il maestro Gai sarà fiero di noi!» concluse Lee orgoglioso.
C’era però ancora qualche questione da risolvere: Hinata era in cima alla lista.
Sakura era andata dritta da lei. Aveva sorretto l’amica dai capelli corvini, proprio nell’esatto momento in cui il chakra dell’antenata l’aveva abbandonata per sempre, lasciandola inoltre priva di forze.
«Hinata…» sussurrò Sakura, preoccupata.
La rosa strinse l’amica con tutte le sue forze, pregando qualunque divinità esistente che si salvasse, dopo aver compiuto quell’immane sforzo.
«Sa… - disse debolmente Hinata. Saku… Ra… Sono... Siamo riusciti a... Batterlo?»
Sakura capì al volo che cosa intendesse l’amica e le sorrise, felice che fosse ancora cosciente. 
«Sì… Ci sei riuscita, Hinata. Lo hai battuto. – rispose in lacrime. Ora pensa solo a guarire.»
Hinata sfoggiò un debole sorriso, carico di soddisfazione, dopodiché chiuse gli occhi per godersi il meritato riposo che le spettava.
Intanto Shikamaru si era allontanato verso la porta che teneva rinchiuso Yashūra, per osservare il profilo del signor Umikiri che teneva rinchiuso il portone con il suo sacrificio.
Sai lo raggiunse.
«È morto da vero shinobi…»
Shikamaru lo fissò con la coda dell’occhio.
«Non pensavo che interessassero cose del genere a quelli della Radice.» commentò sarcastico il Nara.
Sai scosse il capo.
«Quest’uomo mi ha fatto capire delle cose e non so se quello che ho scelto sia il giusto cammino.» 
Un sospetto.
«Hai ancora intenzione di uccidermi?» domandò Shikamaru.
«Non ne ho mai avuto l’intenzione. – ribatté Sai. Mi è stato ordinato di ucciderti, solo in caso avessi delle prove che stessi confabulando qualcosa contro il Reggente Sesto Hokage e da quel che ho visto, non mi risulta.»
Shikamaru non credeva alle sue orecchie. Davvero stava avendo una conversazione con la stessa persona con cui si era scontrato verbalmente il giorno prima? Stentava a crederci, così volle verificare se quella strana buona fede fosse sincera.
«Che mi dici di Hinata? – domandò il genio. Farai rapporto sulle sue violazioni?»
Sai lo fissò confuso.
«Quali violazioni?» disse sarcastico.
Una volta detto questo, Sai si allontanò lentamente da lui come se niente fosse. Allora Shikamaru comprese che Sai aveva avuto una discussione con il signor Umikiri e che quella discussione gli aveva fatto aprire gli occhi sulla politica del terrore di Danzo.
Ovviamente, il Nara avrebbe dovuto evitare diverse parti da citare nel rapporto che avrebbe stilato con il maestro Gai. 
Yashūra non venne citato, nemmeno tutti gli avvenimenti che si erano sviluppati attorno alla sua figura e alla lotta. 
La morte del signor Umikiri venne affibbiata a Kabuto, come in realtà era veramente così e i ninja della Foglia poterono far ritorno a casa una settimana dopo lo scontro, usando come giustificazione le ferite dei membri della squadra, attaccata dagli zombie dello scienziato pazzo.


*


Il Reggente Sesto Hokage lesse attentamente il rapporto consegnatoli da Sai, in merito alla missione svolta presso i territori del paese dei Vortici. Il rapporto riassumeva in filo e per segno gli elementi elencati nel rapporto consegnato in precedenza dal maestro Gai e ciò per Danzo risultò sospetto, tanto che decise di informarsi, chiedendo direttamente all’autore del rapporto.
«Quindi… - sibilò con voce cupa. Kabuto ha usato la Edo Tensei per riportare in vita diversi shinobi del passato. Adesso dove si trova Kabuto?» 
«Non ne ho la più pallida idea, signore. – replicò Sai. Nel marasma della confusione, l’ho perso di vista.»
Danzo storse il naso; non riusciva a credere a ciò che udiva.
«Perché ti sei concentrato sugli zombie, anziché sul tuo vero obiettivo? Pretendo una risposta sincera, altrimenti verrai sottoposto a una punizione esemplare, ragazzo.» 
Sai non perse mai la sua calma e si limitò a sorridere com’era solito fare.
«In realtà, lord Danzo, ho pensato fosse più importante tenere d’occhio i ninja della Foglia. Se fosse successo loro qualcosa, dubito che i vostri avversari politici sarebbero stati zitti.» spiegò il ragazzo.
«Anche questo è vero. – ribatté Danzo. Eppure non mi sembra di averti ordinato di proteggere quei ragazzi. Quali erano i tuoi ordini?»
Sai deglutì; non era affatto facile sviare le domande di Danzo, proprio perché queste andavano sempre a parare dove desiderava lui; non c’era che dire, Danzo Shimura era proprio un esperto interrogatore.
«RISPONDI!» tuonò il vecchio.
«Tenerli d’occhio e riportare informazioni su dei loro possibili contatti con Kakashi Hatake!» dichiarò apertamente il ragazzo tutto ad un fiato.
«E lo hai fatto?» domandò arcigno l’uomo.
«Sissignore!» rispose rapido Sai.
«E Kabuto? Perché non me lo hai portato qui? Parla!» insistette Danzo.
«Mi dispiace, mio signore. – rispose addolorato Sai. Purtroppo Kabuto era al di fuori delle mie possibilità!»
A quella dichiarazione, Danzo si incupì a tal punto che, con un cenno della mano, convocò uno dei suoi uomini, appostati nell’oscurità a proteggerlo. 
«Avverti Ideo di queste nuove abilità di Kabuto. Rafforza i plotoni e forniscimi di qualche Hyūga. – ordinò l’anziano leader. Non m’importa se sarete costretti a strappare gli occhi a mezzo clan, voglio che Kabuto venga catturato!»
Lo shinobi incappucciato annuì e scomparve nell’oscurità, lasciando posto a un altro che era appena apparso affianco a Sai.
Il Reggente Sesto Hokage fissò seccato il nuovo arrivato.
«Che succede adesso? Perché ti presenti al mio cospetto senza autorizzazione?» chiese.
«Sono appena giunti tre shinobi del villaggio della Nuvola e dichiarano di portare una richiesta firmata dal Raikage in persona, diretta proprio all’Hokage.» spiegò il ninja.
Danzo si sedette nuovamente sulla sua poltrona e si mise a riflettere, dopo qualche secondo emise la sua decisione al sottoposto.
«Falli accomodare. Sono proprio curioso di sapere che cosa vuole il Raikage da me.»
Sai venne congedato, seppur ebbe occasione di imbattersi nei componenti della squadra di Samui, quando questi erano in procinto di entrare nella tenda del Reggente Hokage.
I componenti della squadra Samui si inchinarono al cospetto del capo villaggio e porsero degli omaggi da parte del loro superiore.
«Che cosa vi porta al villaggio della Foglia?» domandò Danzo, senza perder tempo in convenevoli.
«Il sommo Raikage ci ha mandato qui, in seguito della cattura di lord Killer B da parte di Akatsuki. – spiegò il capitano Samui. A quanto sembra dalle nostre fonti, l’autore della cattura è un giovane membro del clan Uchiha, Sasuke Uchiha.»
Non appena Danzo udì quella notizia, la sua attenzione fu tutta per le parole emesse dalla provocante kunoichi del villaggio della Nuvola. Così, il Reggente Hokage apprese dell’attacco di Sasuke Uchiha ai danni del fratello del Raikage, di conseguenza apprese anche della notizia che l’Uchiha aveva rimpiazzato il posto vacante lasciato dal fratello nell’organizzazione criminale.
Danzo non poté fare a meno di maledire Tsunade per la mano troppo morbida che aveva applicato nella questione dell’ultimo erede del clan Uchiha. Se fosse stato lui l’Hokage a quei tempi, certamente Sasuke non si sarebbe mai unito a Orochimaru; probabilmente sarebbe stato ucciso durante il tragitto e privato degli occhi.
Il passato era passato. Ora bisognava prendere dei provvedimenti seri contro Sasuke Uchiha e Akatsuki.
«Il sommo Raikage chiede di farci visionare tutti i dati relativi a Sasuke Uchiha, in modo da potergli dare la caccia nel migliore dei modi.» continuò Samui.
Danzo dette il consenso.
«Va bene. Appena conclusa questa riunione, vi farò scortare negli archivi del villaggio a consultare tutto il materiale che vi serve.»
«La ringrazio, nobile Hokage.» rispose educata il capitano.
A quel punto la kunoichi della Nuvola porse al capo di stato una lettera scritta di pugno dal Raikage. La stessa lettera era stata diretta agli altri Kage delle cinque grandi terre ninja da altri messaggeri del capo del villaggio della Nuvola.
Uno dei subordinati di Danzo prese la lettera di Samui, la aprì e la porse al suo superiore.
Danzo lesse attentamente la lettera del Raikage; così come stava facendo lui, anche lo Tsuchikage, il Mizukage e il Kazekage stavano apprendendo le intenzioni del collega, in merito alla questione di Akatsuki.
Nella lettera, il Raikage annunciava che giorno 18 Marzo dell’anno corrente, presso la nazione neutrale del Ferro, i cinque Kage erano invitati a partecipare a un summit speciale fra i cinque capi di stato dell’esercito ninja; la partecipazione era obbligatoria.
Danzo ripose la lettera sulle sue gambe e chiuse l’occhio ancora scoperto. Presenziare a un summit dei Kage in quel momento delicato della Foglia non era l’ideale, lo sapeva benissimo, eppure l’anziano shinobi era anche cosciente che non poteva permettersi di non andare.
Il summit dei Kage sarebbe iniziato fra cinque giorni e la strada era lunga. I cinque Kage dunque iniziarono a organizzare i preparativi per la partenza, verso la dura e fredda terra dei samurai.




L'angolo dell'autore

Eccoci qui, care lettrici e cari lettori. Spero che lo scontro fra i nostri eroi e Yashūra sia stato di vostro gradimento. Vi è piaciuta l'Hinata incazzata? A me tantissimo, anche se sappiamo bene che non la rivedremo mai più in questo stato: promesso! Dal prossimo capitolo in poi, si riprende con la storia originale e non avete idea di quanto sia felice che abbia finito, anche se non so se mi piaccia come ho concluso la saga e la vita del signor Umikiri. Voi che ne pensate? In attesa della vostra risposta, vi saluto e vi ringrazio come sempre per accompagnarmi in questo lungo viaggio. CIAO!
Yameta




NOTE


1. Onmyōton = Arte dell'oscurità. Per chi non segue il manga, questo è spoiler, ma in pratica si tratta della tecnica speciale dell'Eremita delle Sei Vie.
2. Senpo: Wadasumi no Yari = Arte Eremitica: Lancia del Dio Wadasumi. Il Dio Wadasumi è una divinità che controlla i mari nella mitologia giapponese; molto simile a Poseidone.
3. Cho Garoga = Grande Zanna Suprema
4. Gisei Fujin no Jutsu = Tecnica del Sigillo del Sacrificio. Ho immaginato questa tecnica come una variante della Shiki Fujin no Jutsu. Anche qui si tratta di un contenuto spoiler sulle maschere del clan Uzumaki.



ANTICIPAZIONI


«Dove stai andando, Sasuke?»
«Non sono affari che ti riguardano, Madara. Da oggi il Falco e Akatsuki non lavoreranno più insieme.»
«Che cosa ti ho detto una volta, ragazzino? Prova a lasciare l'organizzazione e verrai ucciso.»
«Vediamo se ne sei in grado!»


Partenza per il Paese del Ferro

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Capitolo 11
*** LA NAZIONE DEI SAMURAI ***


Bene bene bene, care lettrici e cari lettori. Siamo arrivati a questo capitolo. Adesso direi che la narrazione sarà molto più spinta, anche perché conosciamo tutti come si svolgeranno gli avvenimenti grosso modo. Il mio obiettivo in questo capitolo è giungere almeno nel paese del Ferro, di fatti dico così, perché l’introduzione la scrivo sempre, prima di iniziare a scrivere il capitolo, poiché considero questo passaggio come la mia discussione privata con voi utenti, elencandovi le mie impressioni e come intendo impostare il capitolo.
Non ho nient’altro da dire, quindi direi di passare direttamente al capitolo e cominciare a pensare a come impostare gli avvenimenti. Ci sono ancora delle cose lasciate da parte ed è ora di recuperarle.






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Sasuke Uchiha: il criminale più ricercato del mondo.


Quel mattino Sakura si alzò alla buon ora. La ragazza ebbe il tempo di godersi casa propria alle prime luci del mattino, facendo colazione assieme ai suoi genitori in un clima così pacifico che non assaporava da diverso tempo; era davvero bello e rilassante, sebbene Sakura avvertisse che mancasse qualcosa alla sua consueta quiete.
Hinata si era riappacificata con suo padre, quindi era tornata a vivere a casa sua. A Sakura mancava molto la compagnia dell’amica, il periodo che questa aveva trascorso a casa Haruno era stato il periodo in cui le due amiche si erano sentite più in sintonia.
Proprio pensando a ciò, Sakura tirò un sospiro affranto.
Suo padre notò subito la sua espressione.
«Dai, Dai, tesoro! Hai ancora sonno?» sbottò l’uomo.
«Non è per questo, papà. – replicò repentina la figlia. Il fatto è che sento un poco la nostalgia di Hinata. Dava una certa atmosfera alla casa, quando c’era lei.»
«Beh, hai ragione. Quando c’era Hinata, tu e tua madre non avete litigato come delle pazze nemmeno una volta. I vicini mi hanno pure chiesto se fosse successo qualcosa di serio.»
L’uomo scattò a ridere; un buon modo per far buon viso a cattivo gioco.
Sakura fissò il genitore seccata, gustando il momento in cui sua madre freddò il marito con uno sguardo truce.
«Chi è che sarebbe pazza, Kizashi?» domandò la padrona di casa, alle spalle del consorte.
All’uomo drizzarono i capelli dalla paura, di conseguenza si alzò rapidamente per dirigersi verso l’uscio, tossendo con forza, in modo da farfugliare qualche parola incomprensibile, poi uscì.
Mekubi Haruno scosse il capo rassegnata.
«Non cambierà mai. Ha quasi cinquant’anni e si comporta peggio di un bambino.»
Sakura sghignazzò. Adorava suo padre proprio per questo suo modo così gioviale e non lo avrebbe scambiato per nulla al mondo, anche se qualche volta si arrabbiava.
Mamma Haruno richiamò la figlia.
«Sto andando a fare la spesa. Hai qualche preferenza oppure pensi di non arrivare per pranzo?» domandò la madre.
«Non penso di avere da fare. Devo vedermi con Ino e Hinata fra un poco.» rispose la ragazza, la quale stava sciacquando una tazza che aveva usato.
«Va bene. – replicò la madre. Cerca di non ritardare. Sai bene che c’è un orario per il pranzo. Ciao!»
La donna uscì di casa. 
Sakura rimase da sola. Mise a posto tutti i libri di medicina su cui aveva studiato nella mattinata, poi andò in bagno per darsi una sciacquata e vestirsi. Svolse tutti quei procedimenti in maniera molto tranquilla, dopotutto alla sua squadra era stata data una settimana di riposo, dopo la missione svolta nella nazione del Vortice.
Il luogo d’incontro con le amiche era vicino alla vasta area dove si trovava il materiale usato dagli operai per la ricostruzione del villaggio. Quando Sakura arrivò al luogo dell’incontro, trovò Hinata che stava confabulando qualcosa con Ten Ten e Ino che stava pericolosamente avvinghiata a Sai.
«Ma che diavolo sta facendo quell’oca?» domandò Sakura alle due amiche appena arrivò.
«Oh, ciao, Sakura. – la salutò Ten Ten. Niente stavo spiegando a Hinata come abbordare i ragazzi e Ino ha voluto dare una dimostrazione.»
Sakura sospirò. La sua amica Ino era veramente incorreggibile, specie con dei bei ragazzi. 
Dal canto suo, Sai non prendeva troppo seriamente le moine della Yamanaka e sembrava starci al gioco, sebbene fosse giunto lì solo per parlare con Sakura e Hinata di alcune cose.
Sakura tentò di ignorarli e di parlare con due persone sane di mente.
«Come mai ti interessa come abbordare i ragazzi, Hinata?» domandò la rosa.
La Hyūga arrossì copiosamente, iniziando a giocherellare come a suo solito con le dita.
«Cos… Cosa?! I… Io non ho de… detto nulla!» replicò imbarazzata la corvina.
Ten Ten scoppiò a ridere, seguita a sua volta da Sakura, la quale dette di conseguenza una pacca sulla schiena all’amica.
«Non… non è divertente…» sbottò triste Hinata.
«Dai, Hinata. – replicò Ten Ten. Si scherza su. Se volessi veramente fare la cattiva, dovrei parlare di Sasuke con Sakura e Ino.»
Non appena si sfiorò quell’argomento, entrambe le innamorate del tenebroso Uchiha si fiondarono sulla specialista di armi della squadra Gai. 
Ino aveva lasciato addirittura perdere Sai, con somma felicità di quest’ultimo, il quale poté aggregarsi al gruppo, senza il rischio che la Yamanaka si avvinghiasse nuovamente su di lui.
«Che vorresti dire, eh, Ten Ten?» sbottò Ino.
«Già. – aggiunse Sakura. Perché tutto questo interesse su Sasuke?»
Fu il turno di Hinata di ridersela su e ciò non infastidì per nulla Sakura, dato che ridere era una buona medicina per l’amica al fine di riprendersi dalle ferite del fisico e del cuore; Hinata era ancora in convalescenza.
«C’è da dire che quando si parla di Sasuke, voi due la finite di fare le dure e vi ammorbidite come teneri agnellini, o sbaglio?» sbottò derisoria Ten Ten.
Le due rivali in amore arrossirono vistosamente, in una maniera così anomala per loro che lo stesso Sai fu sorpreso di notare un comportamento del genere i due persone dal carattere perennemente irascibile e scontroso. 
In effetti Sai ricordava di averne parlato una volta con Shikamaru, il quale aveva definito Sakura e Ino come due “isteriche nevrotiche”. Sebbene Sai non avesse compreso il motivo per cui Shikamaru aveva definito le amiche come tale, se ne guardò bene dall’usare quell’appellativo in loro presenza, proprio perché capiva che sia lui che il Nara avrebbero rischiato la morte; in quel caso, morire sotto il fronte d’esecuzione della Radice era una sorte ben più sopportabile.
Sai continuò a sorprendersi del tono di voce così carino di Sakura.
«Non… Non è vero, Ten Ten! Chi se lo fila quello lì?» sbottò.
Nessuno avrebbe mai creduto a quelle parole; infatti Sakura aveva proseguito languida sui peccati di cui l’amato Uchiha si era macchiato nei confronti del villaggio, della loro comitiva e nei suoi confronti.
«Quel dannato insensibile!» sbottò a un certo punto la rosa.
All’improvviso Sai si aggiunse alla discussione.
«Che tipo è questo Sasuke? Da quel che avete detto, sembra che sia un vero mostro eppure quando abbiamo combattuto contro di lui, mi è sembrato solamente molto in gamba, ma niente di eccezionale.»
Alla Radice c’erano molti shinobi di alto livello, alcuni persino dello stesso calibro di Orochimaru, per tanto, il fatto che Sasuke avesse ucciso il ninja leggendario non era particolarmente rilevante per i ninja della Radice, soprattutto perché tutti erano a conoscenza delle condizioni in cui versava l’eremita.
Il fatto che Sasuke fosse invece riuscito a uccidere suo fratello Itachi, lasciava perplesse le alte sfere della Radice, le quali erano pressoché certe che il massacratore del clan Uchiha fosse debilitato, quando aveva affrontato il fratello minore.
Gli occhi di Ino e Sakura iniziarono a brillare solo a ripensare al periodo trascorso in Accademia assieme al tenebroso principe azzurro Uchiha.
«Sasuke è fantastico. Era il migliore della nostra classe e il più promettente.» iniziò Ino.
Sakura continuò con una punta d’orgoglio, poiché protagonista delle parti più importanti della vita di Sasuke al villaggio.
«Sasuke era il pupillo del maestro Kakashi ed è sempre stato una spanna avanti a tutti. Quanto era figo!» 
«Capisco…» assentì Sai meccanicamente.
«In effetti tu gli somigli molto, Sai.» s’intromise Ten Ten.
«Io?» domandò perplesso l’artista.
«Uhm… - borbottò Sakura. Non eccessivamente, ma diciamo che si somigliate un pochetto. Tu sei più pallido di Sasuke.»
«Ma altrettanto figo!» commentò con una linguaccia Ino.
«Ino…» sospirò rassegnata Sakura.
Sai non seppe se doveva sentirsi lusingato dal commento di Ino o doveva sentirsi a disagio. Ancora non era pratico a capire i comportamenti amorosi delle persone normali, specie come in quel periodo, che aveva la testa sulle missioni della Radice e poco tempo da dedicare alla lettura di testi sull’argomento.
Poi all’artista incompreso venne un flash. Il ragazzo si era ricordato che nella squadra Kakashi originale non vi erano solo Sasuke e Sakura, ma vi era anche Naruto e che quest’ultimo fosse un fiero rivale dell’Uchiha.
Animato dalla curiosità, il pittore volle chiedere ulteriori dettagli a Sakura.
«E com’era il rapporto fra Naruto e Sasuke?»
Dapprima vi fu un lapidario silenzio. Sakura, Ino e Ten Ten lanciarono una rapida occhiata a Hinata, sperando che l’udire quel nome non la facesse cadere nuovamente in depressione, ma non accadde.
Anzi, la Hyūga si apprestò a rincuorarle subito.
«Dai, ragazze non preoccupatevi. Mica il nome di Naruto è diventato tabù. Anzi, mi fa piacere che ne parliamo.»
Un modo come tanti per ricordare costantemente la sua memoria.
Allora le altre si sciolsero e poterono rispondere alla domanda di Sai nei dettagli.
«Praticamente Naruto e Sasuke erano gli opposti. Uno era geniale, l’altro era sotto la media. Uno ne diceva una, l’altro diceva il contrario.» fu la risposta di Ino.
«Erano come l’acqua e l’olio. – riferì inoltre Ten Ten. Ricordo che non facevano altro che litigare dalla mattina alla sera per la qualunque. Una volta hanno litigato come dei pazzi, solo perché a Sasuke non piaceva il soprannome che Naruto aveva dato a Rock Lee.»
«Però… - concluse Sakura con espressione nostalgica. In realtà si consideravano molto amici e questo perché entrambi hanno sofferto molto la solitudine e l’emarginazione. Si sono sempre impegnati per diventare forti e hanno usato loro stessi come modelli da superare. Ancora oggi avrei difficoltà ad andare loro appresso.»
Forse il risentimento più grande di Sakura che provava nei propri confronti: non essere riuscita ad aiutare le persone per cui teneva maggiormente e averli lasciati sprofondare nell’oblio; in parte era anche colpa sua se Naruto fosse morto e Sasuke fosse diventato un fuggitivo.
«Dev’essere stato divertente stare con loro nella stessa squadra, vero?» domandò Sai.
«Già…» replicò Sakura triste.
In realtà, Sakura ignorava ancora molte cose sulle ultime azioni svolte dall’Uchiha, ma ci avrebbero pensato i ninja della Nuvola a informare lei e il resto del gruppo, proprio perché Sasuke Uchiha era il loro obiettivo. 
Il destino volle che Omoi e Karui stavano passando proprio da quella zona e, non appena udirono quei ragazzi della Foglia pronunciare il nome di Sasuke Uchiha, intervenirono per interrogarli alla loro maniera. Considerando che il capitano Samui era nell’archivio del villaggio per recuperare tutte le informazioni sul loro obiettivo, loro due avrebbero agito senza alcuna limitazione.
All’improvviso, Karui aveva estratto la sua lunga katana dal fodero e aveva indirizzato la punta estremamente vicino al viso di Sakura.
«Voi sembrate essere degli amici di Sasuke. Ditemi tutto quello che sapete su di lui.» sentenziò la kunoichi della Nuvola.
La reazione fu istantanea. Sai si mosse a molla verso la sua katana per dirigerla di scatto contro la katana della kunoichi nemica. L’impattò provocò un fragore e aveva colto alla sprovvista la ragazza, ciò lasciò un punto cieco da dove Sai l’avrebbe colpita con una rapida gomitata.
Omoi si era mosso rapido quanto il ninja della Radice, riuscendo a bloccare il gomito con l’elsa della sua katana appena in tempo. Karui dunque ne approfitto per roteare la sua arma e usare la schiena del compagno di squadra come muro dove roteare e colpire l’attaccante.
«Non farli a fette!» le rammentò il compagno di squadra. 
«Lo so!» rispose seccata la ragazza, la quale era in procinto di attaccare Sai.
Hinata bloccò la lama dell’avversario con il suo Palmo dei leoni gemelli. La Hyūga era intervenuta appena in tempo per salvare la pelle del compagno di squadra.
«Niente male, bambinetta.» fu il commento a caldo di Karui.
Fu il turno di Sakura e Ino di dare la loro mano. Le due ninja medico si premurarono di attaccare i due nemici su due fronti; Ino si sarebbe occupata di Karui, mentre Sakura di Omoi.
Quest’ultimo di certo non sarebbe stato fermo a far nulla, invece aveva sferrato un calcio allo stomaco di Sakura, facendo inoltre allontanare Sai, il quale l’aveva raggiunta per aiutarla. 
Karui, dall’altro lato, aveva svolto la medesima azione con una gomitata alla nuca della Yamanaka e si stava apprestando a tagliare Hinata, se Omoi non l’avesse tirata a se per distanziarsi dai ninja della Foglia: non erano certo venuti alla Foglia per combattere.
«State bene, ragazze?» domandò Hinata alle due che erano state percosse.
«Dannazione. Quella tipa picchia forte!» fu il commento di Ino, mentre si massaggiava la nuca e sperava che non si fosse rotto nulla.
«Io sto bene.» riferì Sakura.
Ten Ten li raggiunse appena in tempo, armata fino a i denti.
«Che diavolo volete da noi, Ninja della Nuvola?!» tuonò contro i due assalitori.
«Vi abbiamo sentito parlare di Sasuke. – spiegò Omoi. Dovete dirci tutto quello che sapete sul suo conto!»
I ragazzi della Foglia si scambiarono uno sguardo perplesso: perché mai il villaggio della Nuvola era interessato a Sasuke? Che cosa stava succedendo?
Sakura tremava; stava iniziando pure a temere per la vita dell’Uchiha.
«Che volete da Sasuke?» domandò.
«Quel figlio di puttana ha attaccato il nostro villaggio! Non lo perdoneremo mai!» urlò Omoi come risposta.
Sorpresa generale da parte dei ragazzi; perché mai Sasuke avrebbe fatto una cosa del genere contro la Nuvola? Che motivo aveva?
Purtroppo però i ragazzi della Foglia non sapevano che le notizie non erano abbastanza; c’era dell’altro.
«Perché mai dovremmo credervi? – domandò Ino. Dove sono le prove?»
«Il vostro “caro” amico ha rapito il nostro maestro e voi volete proteggerlo, non è così, bastardi?!» inveì contro di loro Karui.
«Non ha senso! – sbottò allibita Sakura. Perché mai Sasuke avrebbe…»
«E noi che cazzo ne sappiamo che combinano quelli di Akatsuki!» la interruppe Omoi con furore.
«Akatsuki? E che c’entra l’Akatsuki con Sasuke?» chiese sorpresa Ten Ten.
La domanda fece ulteriormente innervosire Karui, la quale aumentò ancora il tono della sua voce nel rispondere a quel branco di ignoranti.
«Ci prendete per il culo o cosa?! Sasuke Uchiha è un membro di Akatsuki!»
«No… È impossibile!» borbottò Sakura.
La notizia appena ricevuta era così grave che la ragazza non ce la faceva nemmeno a stare in piedi. Sakura voleva allontanare quei due shinobi e quelle notizie così false. Non poteva veramente capacitarsi che Sasuke avesse fatto una cosa del genere. E per quale ragione poi? 
Sakura si convinse che quella fosse una bugia. Doveva essere tale.
«Non è vero… non è vero…!!» ripeteva ostinata in silenzio.
A Hinata si strinse il cuore vedere la cara amica in quelle condizioni, sentiva che doveva starle accanto al massimo che poteva, così le afferrò la mano per darle manforte.
«Il Raikage ci ha dato il permesso di trovare Sasuke e ucciderlo. – continuò a riferire Omoi. Se l’Hokage ci darà il permesso, sappiate che faremo a pezzi il vostro amico e ci prenderemo la nostra vendetta!»
Di quella parola ne stavano avendo tutti abbastanza; era una vera tortura. Possibile che tutto il mondo dei ninja fosse dominato da una tale sete di sangue, appunto provocata dalla vendetta? Da un momento all’altro si poteva scatenare una guerra fra la Foglia e la Nuvola per Sasuke e tutto a causa delle cazzate combinate da quest’ultimo e dalla sete di sangue, seppur giustificata, della Nuvola.
«Avanti! – li esortò Karui. Diteci tutto su Sasuke, incluse le sue tecniche e il suo stile di combattimento. Se sapete anche dove si trova è anche meglio.»
No, Sakura non poteva credere per davvero che la Nuvola voleva uccidere Sasuke. No!
«Vi state sbagliando sicuramente. Sasuke non fa parte di Akatsuki… lui…» disse titubante.
Karui non ne poté più.
«Maledizione come sei noiosa! Che diavolo rappresenta Sasuke per te, eh?!»
Sakura non ce la fece più; scoppiò in lacrime per il forte dolore. Si era resa conto che quei due non stavano mentendo. I loro occhi erano puri come le dure parole pronunciate: Sasuke aveva veramente fatto quelle cose.
«Come fate a dire che fosse Sasuke ad avervi attaccato?» domandò Hinata all’improvviso.
«Abbiamo visto il simbolo del clan Uchiha sulla sua maglia. – riferì Omoi. Non può essere altri che lui, dato che è l’unico sopravvissuto del clan Uchiha.»
Sakura continuava a singhiozzare tanto, così tanto che anche Ino versò qualche lacrima per quanto udito; ciò dette molto fastidio a Karui.
«Cazzo piangi, imbecille?! Siamo noi quelli che dovremmo piangere per la povera Yugito e il maestro Killer B! Siamo noi quelli che abbiamo perso delle persone a noi molto care per colpa dei bastardi come Sasuke! Se avete tempo per piangere, allora ditemi tutto su Sasuke!»
«Un attimo. – proruppe Sai. Se avete fatto richiesta all’Hokage, sono certo che vi verranno forniti tutti i dati su Sasuke, senza torturare queste povere ragazze.»
«Beh, questo è vero! – ribatté Karui. Però non ce la facevamo a stare senza far nulla e abbiamo deciso di cercare qualche notizia in giro! Voi non potete capire come ci si sente!»
Fu allora che a Sai venne una pericolosa idea in mente; il pittore infatti pensò che quella fosse l’unica chance per potersi redimere dal lungo periodo di astio vissuto con il gruppo: non l’avrebbe fatto per Sasuke, ma per Sakura.
«Toglietemi una curiosità. – cominciò il ragazzo. Il vostro maestro era una forza portante?»
«Come fai a saperlo?» domandò sorpreso Omoi.
«Le uniche persone che Akatsuki cattura sono appunto le forze portanti. Un nostro caro amico era una forza portante e ha fatto la stessa fine del vostro maestro. Qui ci sono alcune persone che gli volevano molto bene, per tanto possiamo capire ciò che provate.»
D’un tratto tutto l’istinto bellico dei due ninja della Nuvola svanì.
«Oh… Questo non lo sapevo… - borbottò dispiaciuta Karui. Mi dispiace molto.»
Omoi si mise pure a piangere.
«Dev’essere stata dura accettarlo. Noi vi possiamo capire perfettamente. Per noi il maestro Killer B è come un padre!»
«Che strani questi due. Hanno cambiato completamente il loro carattere.» borbottò Ten Ten.
Fu allora che Sai agì con il suo piano per sedare completamente le acque.
«Se proprio volete delle informazioni su Sasuke, ve le darò io.» dichiarò.
Le quattro kunoichi al suo fianco lo fissarono sbalordite, poiché Sai non sapeva assolutamente nulla su Sasuke!
I visi dei due shinobi della Nuvola si illuminarono dalla gioia.
«Grazie mille, amico! Non puoi capire quanto sia importante per noi!» sbottò entusiasta Omoi.
«Sai…» sussurrò Sakura preoccupata; aveva capito che aveva qualcosa in mente.
Allora Sai le sorrise.
«Lascia che ci pensi io a loro, Sakura. Voglio dimostrarvi che di me vi potete ancora fidare.»
Nessuno ebbe il tempo di controbattere. Sai era già andato in direzione dei due ninja della Nuvola e li stava allontanando, addentrandosi verso un boschetto lì vicino, con la scusa che le informazioni su Sasuke erano state classificate a livello Top Secret: da lì in poi, la parte più difficoltosa del suo piano era appena iniziata.

*

Il Falco si stava muovendo. Le ferite riportate dal combattimento con la forza portante dell’Ottacoda si erano rimarginate e Sasuke aveva approfittato del periodo di convalescenza per aumentare il proprio potere, ottenendo addirittura la certezza di essere in grado di radere al suolo il villaggio della Foglia con facilità.
Sasuke aveva ignorato gli ordini di Madara di restare al quartier generale per attendere ulteriori disposizioni. Il ragazzo aveva deciso che non avrebbe dato retta alle parole dell’uomo mascherato e avrebbe fatto di testa sua. Aveva diversi obiettivi: i tre consiglieri del villaggio, Homura Mitokado, Koharu Utatane e Danzo Shimura per aver ordito il massacro del clan Uchiha e l’Hokage, la principessa Tsunade, per non aver impedito l’avverarsi del massacro. Li avrebbe uccisi tutti.
Non mancava molto al villaggio, era solo una questione di minuti e finalmente il Falco sarebbe giunto a destinazione, ponendo i punti d’avvio al disastroso piano di vendetta di Sasuke Uchiha.
Tuttavia la squadra del Falco dovette arrestarsi, a causa dell’improvviso arrivo di Madara dal nulla.
«Merda! – sbottò Suigetsu. Come diavolo ha fatto a trovarci?»
Successivamente lo spadaccino si rivolse alla ragazza dai capelli rossi.
«Perché diavolo non l’hai avvertito prima, Karin?»
La ragazza era allibita; non si aspettava proprio che Madara apparisse in quel modo.
«Il suo chakra è apparso dal nulla. Come ha fatto?» borbottò lei.
Madara ridacchiò.
«Credevate veramente di poter sfuggire al mio controllo?»
I quattro ragazzi tentarono di mantenere la calma. Di certo che non potevano attaccare direttamente Madara; sarebbe stato da folli. Per il momento dovevano procedere con attenzione.
«Che cosa vuoi, Madara?» domandò languido Sasuke.
«Dove stai andando, Sasuke?» ribatté l’anziano Uchiha infastidito.
«Non sono affari che ti riguardano, Madara. Da oggi il Falco e Akatsuki non lavoreranno più insieme.» dichiarò Sasuke.
I tre compagni dell’Uchiha trattennero il fiato. Da quel momento in poi sarebbe potuto succedere qualunque avvenimento. Madara avrebbe potuto persino attaccarli con qualsiasi tecnica spaventosa.
Invece il vecchio Uchiha non fece nulla, tranne mettersi a ridere, divertito dall’impudenza dimostrata dal giovane discendente.
«Che cosa ti ho detto una volta, ragazzino? Prova a lasciare l'organizzazione e verrai ucciso.» dichiarò Madara.
Il suo sharingan era fisso su tutti i membri del Falco. L’istinto omicida del fondatore del clan Uchiha si sparse per tutta la foresta, facendo tremare addirittura il possente Jugo e lo spavaldo Suigetsu, i quali si erano appena resi conto che nemmeno l’istinto omicida dell’Ottacoda fosse paragonabile a quello di Madara.
Sasuke invece non si perse d’animo e reagì. Effettuò dei rapidi segni e la sua mano venne avvolta dalle scariche elettriche. 
«Vediamo se ne sei in grado!» tuonò il ragazzo.
Un balzo e il Chidori si Sasuke era stato rivolto contro Madara, il quale però non ebbe alcuna paura dell’attacco, poiché Sasuke gli era appena passato attraverso, procurandogli un ammontare di danno pari a zero.
«Cos…?!» sbottò Sasuke.
«Gli è passato attraverso…» commentò impaurita Karin.
Madara sospirò amareggiato, dopodiché si rivolse verso il giovane discendente.
«Se credi che al tuo livello tu possa battere chiunque, allora sei nel torto. È proprio per questa ragione che l’Ottacoda vi ha giocato.»
Sorpresa nei quattro della squadra Falco; che cosa c’entrava la forza portante dell’Ottacoda?
«Che cosa vuoi dire?» domandò incuriosito Sasuke.
«Cosa voglio dire? – ripeté annoiato Madara. Quello che mi avete portato era solo una banale copia. Vi siete fatti prendere in giro!»
L’uomo fissò i quattro ragazzi dal buco presente sulla sua maschera, dopodiché esclamò.
«Sono molto deluso da voi. Pensavo foste più in gamba.»
«Ma è impossibile! L’Ottacoda non ha avuto nemmeno l’occasione per creare una copia!» sbottò il piccolo Jugo.
Fu allora che Sasuke ricordò di aver tagliato una delle code della bestia codata per salvare Karin. Sicuramente era stato allora che il nemico era scampato ad Amaterasu e alla conseguente cattura.
«Merda…» esclamò il giovane Uchiha.
Madara si voltò verso di lui e rise da sotto la maschera.
«Questa è la prima volta che qualcuno delude le mie aspettative ed è ancora vivo. Sai perché?» domandò teatrale il vecchio Uchiha.
Il silenzio della squadra del Falco in attesa di una risposta.
«Ho un’altra missione per voi e questa volta non vi è permesso fallire.» dichiarò Madara.
«Allora sei sordo. – proruppe Suigetsu. Non hai capito che con te non vogliamo avere più a che fare?!»
«Non siete nella posizione di scegliere.» ribatté il leader di Akatsuki.
«Bastardo!» sbottò lo spadaccino.
«Smettila, Suigetsu!» dichiarò Sasuke.
Il vendicatore fissò l’uomo mascherato con astio, stava tentando di carpire quali fossero le sue reali intenzioni, ma non ci riuscì. Quell’uomo era straordinariamente criptico, forse solo Kakashi poteva essere considerato illeggibile quanto lui.
Sasuke doveva analizzare la situazione al meglio, al fine di assicurare la salvezza della sua squadra, prima del suo arrivo al villaggio della Foglia. Tuttavia, prima che potesse prendere una decisione, Madara comunicò delle ulteriori notizie che avrebbero cambiato del tutto le intenzioni del giovane Uchiha.
«È inutile che vi recate a Konoha. Pain, un mio sottoposto, ha raso al suolo il villaggio. Konoha non esiste più.» comunicò Madara.
«COSA?» sbottò Karin allibita.
Nemmeno Sasuke riusciva a credere ciò che aveva udito. Non riusciva a credere che fosse stato preceduto e che la Foglia fosse stata veramente cancellata dalle mappe.
«Quindi questo Pain è forte, no?» domandò Jugo di conseguenza.
«Indipendentemente da questo… - continuò Madara nel suo racconto. Il tuo caro amico Naruto è riuscito a sconfiggere Pain, durante uno scontro al villaggio della Pioggia. Non solo, Pain e Konan mi hanno tradito e hanno aiutato Naruto a insegnare la sua morte per raggirarmi.»
La rabbia del vecchio Uchiha era palpabile, tanto da far tremare di paura persino l’imperturbabile Sasuke.
Proprio Sasuke dovette ammettere di essere contento che il rivale era ancora vivo. Sarebbe stato molto divertente ucciderlo con le sue mani per toglierselo dai piedi.
«Vuoi che uccida Naruto questa volta?» domandò ansioso il tenebroso.
«Non ne sei in grado. – ribatté Madara. Ora come ora, Naruto è molto più forte di te.»
Quella dichiarazione dette molto fastidio a Sasuke, tanto che aveva addirittura attivato il suo Mangekyo Sharingan e aver minacciato Madara.
«Ripetilo se ne hai il coraggio!» lo sfidò.
Prima che potesse accadere qualunque cosa, sia bella, sia brutta, al fianco di Madara apparve all’improvviso Zetsu con nuove notizie per gli alleati.
«Che schifo!» brontolò Karin orripilata dall’aspetto del nuovo arrivato.
«Rilassati. – la tranquillizzò Madara. Lui è un prezioso alleato.»
«Vedo che mi stavo perdendo qualcosa di divertente! – sbottò Zetsu. Stavate per combattere? Vero?»
Madara decise di ignorare quella domanda.
«Che novità ci sono?»
Zetsu allora comprese che non era caso di mettersi a scherzare e riferì quanto appreso dalla sua rete di spionaggio.
«Avevi proprio ragione. Adesso l’Hokage è Danzo.» disse l’essere bipolare.
«Danzo?» ripeté Sasuke sorpreso.
Aveva già udito quel nome durante la storia raccontatagli da Madara.
«È uno degli anziani del villaggio più in alto nella scala gerarchica del villaggio. – spiegò l’uomo mascherato. Inoltre è anche l’uomo che ha plagiato tuo fratello sulla missione che doveva compiere.»
Ora Sasuke ricordava perfettamente. Quel vecchio bastardo poteva essere considerato il deux ex machina dello sterminio degli Uchiha.
«E adesso questo Danzo è diventato Hokage?» domandò.
«Come ho già detto… - continuò Madara. Il villaggio è molto debilitato e a quanto sembra, la principessa Tsunade è in coma irreversibile. Era normale che divenisse lui Hokage.»
«Bene. – dichiarò allora Sasuke. Allora vado alla Foglia a ucciderlo.»
«Danzo non è un avversario come tutti gli altri che hai affrontato. Se andassi alla Foglia, verresti ucciso dai membri della Radice, prima di raggiungerlo.» dichiarò Madara autoritario.
«Il vecchio è protetto da tanti uomini quindi?» domandò Suigetsu.
«Da fanatici più che altro. – chiarì l’anziano Uchiha. Inoltre, essendo tu il membro di Akatsuki più attivo al momento, i cinque Kage stanno prendendo provvedimenti.»
«EH?!!» tuonarono spaventati Karin e Suigetsu.
Quella notizia era la più preoccupante di tutte. Come avrebbero fatto a scappare dalle ire dei cinque ninja più forti del mondo?
«Addirittura i cinque Kage?» mormorò intimorito Sasuke.
Fu allora che Zetsu s’intromise nel discorso, riportano a tutti i presenti le ulteriori novità che aveva appreso.
«I cinque Kage si riuniranno in un summit nel paese del Ferro per decidere le sorti di Akatsuki. Tutti i Kage sono obbligati a presenziare personalmente alla riunione.»
Ecco che arrivò il momento adatto per Madara per insinuare dentro la mente del giovane Uchiha un subdolo piano contorto per seminare ulteriormente caos.
«Potresti assassinare Danzo durante quella riunione.» propose l’uomo.
L’idea allettò moltissimo Sasuke, il quale aveva già deciso il suo agire, senza curarsi delle lamentele dei membri della sua squadra, in particolare di Karin e Suigetsu che non erano per nulla intenzionati di andare a rischiare le loro vite, inimicandosi i cinque Kage.
C’era un problema però: Sasuke non conosceva l’ubicazione del luogo in cui si sarebbe svolto il summit.
«Dove si trova il paese del Ferro?» domandò il ragazzo.
Madara non diede direttamente una risposta, bensì si rivolse a Zetsu.
«Pensaci tu.» ordinò.
L’uomo pianta obbedì. D’un tratto le foglie che circondavano l’umanoide che appiattirono al suolo e, come d’incanto, il macabro spettacolo della separazione delle due parti di Zetsu raggelò le vene dei membri della squadra del Falco.
«Ma è disgustoso! Non potevi sdoppiarti da un’altra parte?!» sbottò Karin a quella vista.
«Karin, Karin, Karin… - proruppe Suigetsu. Vorrei ricordarti che tu eri quella che vivisezionava la gente con Orochimaru. Come può farti raccapricciare una scena del genere?»
«Non c’entra nulla! Erano delle cose totalmente differenti!» sbottò rabbiosa la quattrocchi.
«Piantatela!» ordinò loro Sasuke, il quale non era per nulla in vena di perdere tempo.
Danzo stava aspettando di venire trapassato dalla sua katana.
La parte bianca di Zetsu si avvicinò ai ninja del Falco, mentre la parte bianca dell’umanoide rimase accanto a Madara.
«White Zetsu vi accompagnerà fino alla sede del summit. Non preoccupatevi di lui, non è un guerriero troppo debole e ha molta più esperienza di voi, anche se sembra un idiota.» comunicò il vecchio Uchiha.
«Quello che dici su di me è un poco offensivo, Madara, però va bene.» ribatté White Zetsu.
Dopodiché il bianco umanoide si rivolse ai quattro ragazzi.
«Coraggio! Andiamo, miei prodi! Il paese del Ferro è lontano da qui e dobbiamo essere lì prima che inizi il summit! GO!» tuonò l’umanoide.
White Zetsu scattò all’improvviso verso la direzione opposta precedentemente percorsa dai membri del Falco, questi ultimi furono costretti a partire, senza ulteriori commenti e dare un’accelerata per stare appresso alla velocità di White Zetsu.
Durante il tragitto, Jugo non poté fare a meno di chiarire un suo dubbio con Sasuke.
«Ne sei sicuro, Sasuke?» chiese il bambino.
«Sì. – rispose placido l’Uchiha. C’è una tecnica che voglio provare e che mi aiuterà molto contro Danzo.»
Con Amaterasu e quella tecnica, Sasuke era certo che niente e nessuno sarebbe stato in grado di fermarlo. La sua vendetta si sarebbe compiuta, proprio grazie a quelle nuove tecniche che aveva appreso e Danzo sarebbe morto; era solo una questione di giorni. Doveva pazientare. Piano. Piano. Piano.
Madara e Black Zetsu, invece, rimasero da soli.
«Sei sicuro sia saggio mandare quei ragazzi laggiù?» domandò Black Zetsu al superiore.
«Voglio testare la forza di Sasuke. Durante gli allenamenti che ho presidiato, ho notato che ha sviluppato le stesse abilità di suo fratello e voglio vedere come se la cavi contro i cinque Kage. Sono molto curioso.» rispose il vecchio Uchiha.
Black Zetsu era poco convinto della decisione dell’uomo mascherato, ma non si permise di farlo presente e passò ad altro.
«Che intenzioni hai con i Kage? E con Konan e Naruto?» 
«Naruto e Konan lasciamoli perdere per il momento. – tagliò corto Madara. Per il momento mi interessa molto quello che decideranno i cinque Kage in merito Akatsuki. Ho intenzione di giocare con loro e non posso più permettermi di aspettare.»
«Ne sei certo?» chiese nuovamente il sottoposto.
«SI!» tuonò Madara.
Non ne poteva più della prudenza. Cent’anni di attesa erano per lui fin troppi per attendere l’avviarsi del suo ambizioso piano: il progetto Occhio di Luna.
«Userò tutto il potere delle bestie codate che abbiamo catturato e farò in modo che Konan paghi per il suo tradimento e quello di Nagato. Quel maledetto ha usato il Rinne Tensei per riportare in vita gli abitanti di Konoha, quando invece era destinato a me!» 
Tempo a tempo e Madara avrebbe dato pan per focaccia a tutti coloro che avevano osato sfidarlo. La sua rabbia si sarebbe abbattuta sulle terre ninja come un ciclone e nessuno l’avrebbe scampata.

*

Omoi e Karui seguirono in silenzio il ninja della Foglia lungo il sentiero della foresta del villaggio. Il ninja che seguivano aveva loro promesso informazioni su Sasuke Uchiha.
Man mano che i due ninja della Nuvola si addentravano nella foresta, l’irrequietezza di Karui si faceva sentire, grazie ai grugniti emanati da quest’ultimi e che non erano sfuggiti a Sai e a Omoi.
«Non ho ancora capito perché diavolo ci dobbiamo allontanare ancora?» domandò insistente la spadaccina.
«Ciò che sto per dirvi è TOP Secret, per questo voglio evitare che ci seguono.» spiegò Sai.
Stava mentendo. In realtà la sua tattica era prendere tempo e tenere alla larga quei due dalle sue compagne di squadra, anche se questo significava doversi sacrificare per loro. 
A un certo punto, Sai intravide una piccola casupola erta in mezzo alla foresta; era il luogo in cui si trovava il quadro elettrico del villaggio. Decise che quello fosse il posto più adatto dove parlare.
Karui tirò finalmente un sospiro di sollievo, dopodiché si parò di fronte al ninja della Radice.
«Bene. Adesso dicci tutto quello che sai su Sasuke Uchiha.» domandò esausta.
Sai si arrestò, stava pensando alla risposta migliore da dare.
«Non posso…» sibilò qualche secondo dopo.
Una risposta che fece infuriare Karui, la quale aveva rapidamente spinto il ragazzo contro la parete della casupola, premendo il suo gomito sul collo di Sai.
«Cosa cazzo vuoi dire?! Mi prendi per il culo?»
Sai non rispose. Il ragazzo non poteva dimenticare le lacrime versate da Sakura non appena ella udito ciò che aveva fatto Sasuke al villaggio della Nuvola, ella non riusciva davvero a crederci; nessuno di quei ragazzi sarebbe mai riuscito a capire e questo perché questi erano sempre vissuti dalla parte luminosa della vita dei ninja.
Per Sai era diverso. Lui aveva vissuto da sempre dalla parte oscura del mondo degli shinobi, perciò sapeva di tutte le macchinazioni esistenti per preservare il dominio dei potenti e mantenere una finta pace fra le genti di diverse lingue e culture. Danzo gli aveva insegnato che i ninja erano il cuore pulsante di ogni nazione, poiché essi si occupavano dei compiti più riprovevoli per il bene della collettività. 
Sasuke aveva commesso un crimine contro una nazione straniera. Non solo si era unito a un’organizzazione criminale come Akatsuki, ma aveva messo in ridicolo il villaggio della Foglia. Chiunque con un poco di cervello avrebbe capito che non ci sarebbe stata nessuna alcuna possibilità di redimerlo: a Sasuke poteva essere donata solo una morte onorevole, nient’altro.
Nonostante ciò, Sai sentiva che c’era qualcosa si sbagliato nel considerare in quel modo oppure era stato così plagiato da quei ragazzi, al punto che veramente le sue emozioni stavano diventando uno strumento fuorviante del logico raziocinio. 
Sakura o Ino o chicchessia potevano amare Sasuke, ma ciò non cambiava il fatto che l’Uchiha non avesse commesso dei crimini molto gravi e che niente poteva cambiare ciò. 
Eppure.
Che cosa lasciava titubante Sai?
«Muoviti! PARLA!» lo esortò Karui.
Sai aveva già la sua risposta e probabilmente quelle non erano parole veramente sue, ma prese in prestito da Sakura. Nonostante ciò, sentiva che era quello che voleva dire.
«Non posso dirvi nulla, perché dirvi qualcosa equivale a tradire Sasuke. – dichiarò placido Sai. Non lo faccio per Sasuke, di lui non m’importa nulla, però, se vi dico delle cose su di lui, sarebbe come tradire i miei compagni e non posso farlo.»
Karui non ci vide più dalla rabbia e rifilò un cazzotto a Sai, facendolo crollare al suolo con la bocca tutta grondante di sangue.
«BASTARDO!» tuonò.
La ragazza si fiondò contro il ninja della Foglia e iniziò a tempestarlo di potenti cazzotti come unica maniera per sfogare la tanta rabbia che ella provava per la perdita del suo maestro. 
Tradire un criminale? Che razza di gente viveva al villaggio della Foglia? Dei pazzi! Semplicemente dei pazzi!
«È stato il vostro stramaledetto Sasuke a iniziare tutto questo! BASTARDI! BASTARDI!» tuonò Karui.
La sfilza di pugni aumentò nuovamente e Sai stava inerme a subire il suo pestaggio, intanto che il suo sangue macchiava l’erba sulla quale era disteso. 
Omoi stava a guardare in silenzio. In realtà stava cercando di capire dove volesse andare a parare quel curioso personaggio in cui si erano imbattuti. Perché si stava facendo pestare a sangue da Karui? Perché non reagiva? Eppure non sembrava uno sbinobi debole, lo dimostrava il fatto che non battesse ciglio ai ripetuti colpi assestati da Karui. 
Perché? Perché?
Ci fu addirittura un tempo in cui Sai ebbe pure occasione di parlare con Omoi, mentre Karui riprendeva fiato.
«Tu non vuoi aggregarti?» domandò il pittore.
«Non avrebbe senso. Sembri già un morto che cammina e io voglio solo compiere il mio dovere.» replicò Omoi di tutto punto.
«Tu sei troppo buono, Omoi! – lo rimproverò Karui. Questo pezzo di merda non ci sta dicendo nulla su Sasuke e tu gli mostri anche pietà! Dove diavolo ce l’hai il tuo orgoglio?»
Un altro pugno.
L’occhio di Sai si stava lentamente arrossendo, ormai stava acquisendo una colorazione violacea man mano che venivano assestati sempre più colpi.
Karui ansimava, affaticata dallo sforzo impiegato per quella sfuriata. Si era alzata da terra per permettere a quel disgraziato di riprendere fiato. In realtà la ragazza si era fermata, prima di uccidere il ninja della Foglia e causare altri inghippi alla sua patria.
«Ora dimmi che cos’hai concluso?! Dimmi tutto su Sasuke!» sbottò la ragazza.
Sai si alzò lentamente, visibilmente debilitato dai colpi subiti, tanto che percepiva distintamente i connotati doloranti, lo sterno compresso dal peso della ragazza che si era sfogata sul suo corpo e il sangue grondante dai profondi ematomi subiti.
«Non posso… Non posso proprio.» rispose Sai.
D’un tratto tutta la stanchezza percepita da Karui svanì; voleva riprendere ad attaccare.
«Lascia che ti chiarisca una cosa. – dichiarò la ragazza. Nessuno dei pugni che ho sferrato mi darà la soddisfazione che cerco! Voglio Sasuke su un piatto d’argento!»
Un nuovo colpo, dritto al viso del ninja della Foglia.
Un apparizione improvvisa, inaspettata. 
Il pugno di Karui bloccato da una persona che Sai non si aspettava di trovare lì, proprio ora, non in quel modo.
«E tu chi diavolo sei?» domandò Karui.
Shikamaru stava bloccando il pugno della kunoichi della Nuvola. Era molto nervoso e determinato del tutto a impedire che il concittadino venisse percosso nuovamente.
«Non idea di che cosa ti frulli in testa, Sai. Ma che diavolo stai combinando?!» sbottò furente il Nara.
Ciò che Sai si stava facendo fare per il bene del gruppo era inaudito; una totale follia. 
«Stanne fuori, Shikamaru…» replicò Sai dolorante.
«Non c’è bisogno che fai tutto questo. – replicò Shikamaru. So che ti senti in colpa nei nostri confronti per averci spiato per conto della Radice, ma tutto questo è folle! Non conosci nemmeno Sasuke, perché diavolo lo hai fatto?!»
«Cazzo! – sbottò furiosa Karui. Ci hai preso proprio per il culo allora!»
«Io…» balbettò Sai.
Non sapeva che cosa dire. Aveva agito d’impulso e non era da lui.
«Voi della Foglia mi avete proprio rotto le palle! GIURO!» tuonò Karui.
Un altro pugno stava scattando verso i due, ma Omoi afferrò rapidamente il polso della compagna di squadra.
«Basta, Karui. – dichiarò il ragazzo. Non ha senso prendersela con questi due. Sono certo che hanno le loro ragioni, tanto il capitano Samui avrà già recuperato tutte le informazioni su Sasuke dall’archivio del villaggio.»
Karui sapeva molto bene che il compagno di squadra aveva ragione, eppure si trovò molto infastidita dall’essere stata fermata. Spinse via Omoi e si allontanò per sbollire un poco.
Shikamaru approfittò del momento per prestare soccorso a Sai; era veramente ridotto male.
Sai esclamò un rantolo di dolore quando si sedette, così si evinse che aveva anche qualche osso rotto e che doveva essere portato immediatamente all’ospedale.
Allora Shikamaru tentò di aiutarlo.
«Dai. Ora ti porto in ospedale.» disse.
Aiutò il pittore ad alzarsi, tenendolo sorretto per una spalla, dopodiché il Nara osservò i due ninja della Nuvola, sperando che non obiettassero la sua decisione di andare via.
«Tranquillo. – lo tranquillizzò Omoi. Non appena la mia amica si calma, vi accompagneremo in ospedale.»
Sai aveva giudicato male quei due. Non erano cattive persone, erano solamente due vittime della tragedia del mondo dei ninja. Erano vittime rabbiose dei crimini di Sasuke.
«Mi dispiace…» sibilò Sai.
Omoi ammiccò un sorriso.
«Mi stai simpatico, amico. Sono certo che i tuoi amici apprezzeranno molto il gesto che hai fatto. Non so che cos’hai fatto di male, ma qui non hai mai tradito i tuoi compagni.»
«Vaffanculo, Omoi!» aveva urlato Karui da lontano.
All’improvviso giunse il capitano Samui.
«Che sta succedendo qui? Avete combinato altri guai?» domandò autoritaria la donna.
D’un tratto Karui perse tutta la sua sete combattiva e iniziò a tremare.
«Ehm… Ecco…» balbettò la ragazza.
«C’è stato qualche inghippo, ma non abbiamo ottenuto alcuna notizia di Sasuke.» replicò prontamente Omoi.
«E questi ragazzi?» domandò il capitano Samui.
La donna si avvicinò lentamente a Shikamaru e Sai e rimase completamente allibita dal vedere le condizioni di quest’ultimo.
«Perché diavolo c’è tutto questo sangue?» domandò nuovamente.
Karui non ebbe nemmeno il coraggio di rispondere, anzi tentò di sgattaiolare in silenzio.
«Non ti muovere!» ordinò il capitano alla sottoposta.
«Ehm, Capitano… Vede…» mugugnò Karui spaventata.
In un modo o nell’altro si convinse il capitano Samui a non prendere provvedimenti, in merito al guaio combinato da Karui, ciò nonostante ella fece una ramanzina alla sottoposta, in merito ai problemi che potevano scaturire.
Karui era veramente afflitta, talmente tanto che Omoi tentò di darle manforte.
«Ha scoperto delle cose su Sasuke Uchiha, capitano?» domandò il ragazzo.
Si sviò l’argomento.
«Sì. – rispose la donna. Abbiamo recuperato tutte le informazioni su Sasuke. Ora non ci resta altro che fare rapporto al Raikage.»
«E si torna al villaggio!» gioì Karui.
La ragazza provò una punta di soddisfazione nei confronti dei ninja di Konoha, poiché aveva ottenuto tutto quello che voleva e che loro avevano difeso con tutte le loro forze.
«No. – ribadì il capitano. Il Raikage sarà già in viaggio verso il summit dei Kage. Ci incontreremo strada facendo.»
«Che cosa? – sbottò Shikamaru. Ci sarà un summit dei cinque Kage? E per quale ragione?»
«Per decidere le sorti di Sasuke e dei restanti membri di Akatsuki.» replicò il capitano Samui.
Un attimo dopo la donna ignorò i due ninja della Foglia e si rivolse ai due sottoposti.
«Sarà meglio avviarci. Non facciamo aspettare il Raikage.»
I due spadaccini obbedirono prontamente, poi lanciarono uno sguardo ai ninja della Foglia e se ne andarono via, verso l’uscita del villaggio.
Shikamaru allora aiutò Sai a rialzarsi e lo condusse in ospedale.
«Come hai fatto a trovarmi?» domandò Sai durante il tragitto.
«Sakura... – rispose il Nara. Mi ha chiesto lei di raggiungerti e impedire che commettessi sciocchezze.»
«Come sta lei e Ino?» chiese ancora il pittore.
«Sono ancora scosse, ma ci sono Hinata e Ten Ten a darle man forte. Ora dobbiamo pensare a portarti in ospedale.» rispose Shikamaru.
«E per la questione di Sasuke?» domandò ancora insistente il ferito.
Shikamaru allora non rispose. Il motivo era dato dal fatto che nemmeno lui, che era un genio indiscusso, sapeva ancora che cosa fare per quella questione.
«Lascia stare. Vediamo che cosa succederà dopo il summit dei Kage. Credo che sia l’unica cosa da fare.» 
Esatto. Non restava loro che aspettare ciò che avrebbero deciso i leader dell’esercito ninja; e poi? Che cosa avrebbero fatto?

*

«Ebbene? I ninja della Nuvola hanno lasciato il villaggio?» domandò autoritario il Reggente Sesto Hokage.
Il capo di stato era nelle sue stanze private in compagnia di tre suoi sottoposti, inginocchiati al cospetto del superiore, mentre questi stava ultimando tutta l’attrezzatura necessaria da portare con sé per il lungo viaggio.
«Sissignore.» riferì uno dei tre.
Danzo sistemò il congegno metallico collegato al suo braccio destro, poi osservò i suoi uomini.
«Probabilmente anche Kakashi Hatake si farà trovare in quel summit. Voglio che lo cerchiate e che lo catturiate. Prendi tutti gli uomini che ti servono, Terai?» 
«Assolutamente no, Lord Danzo!» replicò il sottoposto.
«Ah, dimenticavo… - aggiunse l’anziano. Uccidi Anko Mitarashi. Non voglio che arrivi a Kabuto prima di noi. Potremmo rischiare dei guai seri.»
«Sarà fatto, mio signore. Ora vado.» disse Terai.
Il ninja svanì nel nulla per compiere il suo compito, lasciando i due colleghi al fianco del capo villaggio.
Danzo legò il cappello da Hokage alla sua cintura, poi si rivolse ai due sottoposti.
«Fū… Torune… Voi due mi accompagnerete al summit dei Kage. – dichiarò l’anziano ninja. Tuttavia le maschere non sono ammesse a questo incontro, per tanto rimuovetele.»
I due obbedirono e rimossero sia la loro maschera che i tipici mantelli beige che erano soliti indossare.
Fū Yamanaka era un uomo robusto, dallo sguardo deciso e l’aspetto da shinobi vissuto e temprato da mille battaglie. Aveva dei capelli rossicci legati a una coda e occhi gialli che trasmettevano una fiera decisione a servire fino alla morte il suo superiore.
Torune Aburame era invece un uomo più misterioso del collega. Come tutto il resto dei membri del suo clan, Torune portava sul viso una maschera che copriva gli occhi, lasciando libera solo la bocca. Capelli neri e fisico statuario, anch’esso temprato dall’oscurità del mondo dei ninja.
«Come dobbiamo preparare l’equipaggiamento? Ci sono restrizioni?» domandò professionale Fū.
«Fate come meglio ritenete. – replicò il superiore. L’importante è che siate pronti a tutto.»
Detto fatto. Due ore dopo il Reggente Sesto Hokage e le sue due guardie del corpo si stavano addentrando nel territorio del paese del fuoco, lasciandosi alle spalle il villaggio della Foglia. Non passò nemmeno qualche minuto dalla partenza, che i tre shinobi aveva percepito una strana sensazione: erano osservati.
«Lord Danzo…» sibilò Torune.
Non potevano ancora identificare quanti fossero i nemici che li stavano tenendo d’occhio. L’unica strategia da adottare era passare direttamente a una modalità offensiva.
Fū e Torune erano pronti ad attaccare, ma Danzo li arrestò.
«Non fate nulla. – ordinò l’anziano ninja. Penserò io a loro. È un modo per sgranchirmi un poco le ossa.»
I ninja balzarono fuori dai loro nascondigli, pronti a sferrare il loro attacco verso un’alta carica del villaggio della Foglia.
Danzo era pronto a reagire prontamente. L’uomo portò rapidamente la mano sulla benda che nascondeva il suo shāringan e illuminò tutta la zona circostante dalla tenebrosa presenza di quel tremendo potere oculare.
Ciò che ne conseguì, fu un terribile massacro degli assassini del paese del legno per mano di un unico uomo, un vecchietto che combatteva come un demonio e con un solo braccio.
Quel vecchio si chiamava Danzo Shimura, conosciuto a tutti come l’ombra del mondo dei ninja, lo shinobi che smuove le fila da dietro le quinte e che ha compiuto le cose più indicibili per il mantenimento della sua pace.
Una volta aver massacrato tutti gli shinobi che avevano osato attaccarlo, il Reggente Sesto Hokage si fece avanti fra le pozzanghere di sangue e le armi disseminate per il suolo.
«Da sempre ho gestito gli affari del villaggio dalle ombre, ma adesso che sono Hokage potrò farlo anche alla luce del giorno e cambieranno molte cose. Cancellerò tutti gli anni di storia creati da Hiruzen e dai suoi allievi e farò in modo di riprendere la linea del Secondo Hokage.» dichiarò il Reggente Sesto Hokage.
«Questo summit arriva proprio in un momento molto indelicato per voi. – riferì Torune. Con le elezioni in corso…»
«Appunto perché ci sono le elezioni è importante che questo summit vada bene e che affermi la mia autorità da Hokage.» replicò Danzo.
Aveva un piano, un grande piano.
Si riprese la marcia.
Il rappresentante della nazione del fuoco non era l’unico a partire verso la meta in cui si sarebbe svolto il summit dei capi di stato. Anche gli altri Kage si stavano preparando alla partenza assieme ai ninja scelti come guardie del corpo.
Il Raikage fissava il suo villaggio dalla balconata del suo ufficio, quando la sua segretaria lo raggiunse con le ultime notizie riportate dalla squadra Samui.
«Che cosa devo dire alla squadra Samui?» domandò Mabui, dopo aver notificato la notizia al superiore.
Il gigante la superò rapidamente e imbracciò un piccolo zaino, pronto a partire.
«Dille che la incontreremo strada facendo. – dichiarò il Raikage. Non possiamo più aspettare!»
Accanto al gigantesco Kage vi erano due uomini più piccoli che avrebbero svolto il servizio come guardie del corpo del leader dell’esercito della nazione del fulmine.
«C! DARUI! ANDIAMO!» tuonò il Raikage ai due.
Il Raikage scattò all’improvviso verso la vetrata del suo ufficio e la distrusse al suo passaggio, diretto verso l’uscita del villaggio.
Le due guardie del corpo fissarono perplesse la distruzione seminata dal superiore.
«Ancora non riesco a capacitarmi del motivo per cui il boss non debba usare le porte!» si lamentò Darui.
«Chiamerò la solita ditta per le riparazioni, ma ora raggiungete il Raikage, prima che perda la pazienza.» intervenne la segretaria Mabui.
C allora scavalcò la staccionata per raggiungere il superiore, ma poi si accorse che il collega non lo stava seguendo.
«Che stai combinando, Darui? Muoviti.» lo esortò il biondo.
«Credo che uscirò dalla porta…» replicò l’altro imbarazzato.
In un modo o nell’altro, la squadra del Raikage era in partenza verso l’agognata meta. La squadra Samui avrebbe fatto altrettanto per raggiungere il leader del villaggio nel paese del Ferro.




L'angolo dell'autore
Bene, ragazzi. Devo dire che questa volta sono stato abbastanza veloce e credo che il motivo sia dato dal fatto che si tratta di un capitolo di transizione. Dal prossimo capitolo mi metterò sotto e arriveremo veramente a un bel punto della storia. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e vi saluto. Alla prossima


Nel Prossimo Capitolo

«Siete pronti, ragazzi? Vestitevi pesanti che nel paese del ferro fa molto freddo.»
«Non vedo l'ora di combattere contro i samurai!»
«Rina, per favore...»
«Ah è qui, maestro? Non l'avevo nemmeno notata.»
«Ma se sono sempre stato qui!»



Maestro Naruto

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Capitolo 12
*** IRRUZIONE NEL PAESE DEL FERRO ***


Siamo tornati alla storia, care lettrici e cari lettori.
I primi due dei cinque Kage si sono messi in viaggio, ne mancano altri tre e li vedremo in questo capitolo. Ho deciso di accelerare molto gli avvenimenti per rendere più scorrevole la lettura, per tanto ci saranno diversi salti di scena e spero che ciò non vi infastidisca.
Non c’è altro da dire, per tanto saluto tutti coloro che sono sotto esami universitari e coloro che riprenderanno gli studi la prossima settimana.
Si inizia!







Dure Sofferenze. Crescere e Andare Avanti è Necessario.

 
Entroterra della nazione della terra. Villaggio della Roccia. Presso le porte del villaggio vi era radunata una folla di shinobi. Il motivo della loro massiccia presenza era dovuto per l’imminente partenza del capo villaggio all’estero, i merito alla sua convocazione a partecipare al summit dei Kage delle cinque grandi nazioni ninja.
«Si riguardi durante il viaggio, nobile Tsuchikage.» urlò gioioso uno degli shinobi della Roccia.
Un’altra aggiunse.
«Faccia vedere a tutti quanto vale la Roccia!»
E ancora.
«Kurotsuchi! Akatsuchi! Prendetevi cura dello Tsuchikage.»
Da tali affermazioni, un estraneo poteva rapidamente captare l’abnorme amore che i ninja del villaggio della Roccia provavano nei confronti del loro capo. Evidentemente ciò era dovuto alla fiorente politica dell’ormai anziano Tsuchikage, la quale aveva portato il villaggio della Roccia a godere di tanta ricchezza e prestigio in tutto il mondo.
L’anziano Tsuchikage sbuffò, sembrava molto infastidito nell’udire tutte quelle raccomandazioni che a suo dire giudicava persino offensive per la sua persona.
«Razza di mocciosi. Mi trattano come un vecchio rudere indifeso!»
Il Terzo Tsuchikage, Onoki il Doppiogiochista, era un uomo dall’altezza nanica sulla settantina. Indossava un mantello che lo contraddistingueva dai comuni shinobi della Roccia, sebbene non fosse necessario un segno particolare che lo distinguesse dagli altri; il suo enorme naso a patata era più che sufficiente per marcare la sua singolarità persino fra un gruppo di persone della sua medesima statura.
Lo Tsuchikage non era certamente quello che si poteva considerare come un uomo dal bell’aspetto, nemmeno in gioventù, tuttavia non si era mai curato molto di quei dettagli, impegnato com’era a darsi battaglia con i Kage avversari del suo tempo, durante le lunghe grandi guerre. Fra tutta la terza generazione di Kage, Onoki era quello con l’abilità più rara e distruttiva, il che lo aveva sempre posto a un gradino superiore rispetto la media di coloro divenuti Kage, sebbene non era mai stato in grado di sconfiggere pienamente il Terzo Hokage, del quale nutriva immensa ammirazione e rispetto.
La ragazza al fianco dello Tsuchikage scoppiò a ridere all’espressione fatta dall’anziano nell’udire tutto quel vociare, poi parlò con tono derisorio.
«Dai, non te la prendere, nonno. Dopotutto si preoccupano per te.»
«E chi glielo ha chiesto?! – sbottò il vecchio ninja. Non dimenticarti con chi stai parlando, Kurotsuchi! Io sono il temutissimo Tsuchikage! Niente e nessuno può mettermi paura!»
«Un tempo forse. – ribatté la ragazza. Non sarebbe il caso che adesso ti ritirassi e nominassi un nuovo Tsuchikage? Io sono disponibile.»
A seguito di quanto detto, Onoki fece una smorfia.
«Ti piacerebbe, vero mocciosa? Governo questo villaggio, prima che ancora tu nascessi! Non pensare che ceda il posto così facilmente!»
«E quindi? Le cose cambiano, vecchio!» ribatté Kurotsuchi.
A quel punto, fra i due litiganti si frappose un giovane omone grasso, il quale tentò di sedare gli animi.
«Su, Su. Non dovete litigare. Dobbiamo partire per la nazione del Ferro, l’avete forse dimenticato?» disse l’omone.
«Smettila di fare il lacchè, Akatsuki!» inveì Kurotsuchi contro il fratello minore.
Il giovane omone iniziò a sudare freddo e si allontanò dalla sorella intimorito per andare a prendere due casse lì accanto, le quali sarebbero state utilizzate come contenitori per gli oggetti da portare per il lungo viaggio.
Intanto lo Tsuchikage stava continuando a litigare con la nipote, con ancora le orecchie colme delle urla incitanti dei ninja del villaggio. Per fare in modo di isolare un poco i suoi a cui era sottoposto, l’anziano shinobi si mise in testa il cappello marrone tipico di un Kage e fece in modo di usare il tessuto attaccato sopra per tapparsi le orecchie.
«Maledizione quanto parli!» sbottò Onoki.
Dopodiché lo Tsuchikage si isolò completamente dalla marmaglia che gli parlava contro e tese un braccio all’indietro per afferrare la spallina della cassa con i bagagli che doveva portare con sé; stranito, l’anziano si accorse che la cassa era sparita nel nulla, così si guardò intorno per trovarla sopra la cassa sulle spalle di Akatsuchi.
«Che diavolo stai facendo, Akatsuki?! Come ti sei permesso di prendere quello?!» tuonò il Terzo Tsuchikage.
Il ragazzo gli sorrise, poi rispose con nonchalance.
«È per non farla affaticare. Il viaggio è molto lungo e lei ormai ha una certa età.»
A tale affermazione, lo Tsuchikage non ci vide più dalla rabbia; era stufo che tutti lo trattassero come un povero vecchietto indifeso: lui era il grande Terzo Tsuchikage, non un novellino della prima ora!
L’anziano shinobi si rivolse ad Akatsuchi.
«Hai tre secondi per posare il mio bagaglio per terra, poi ti polverizzerò, senza che nemmeno te ne accorga!»
L’esplicita minaccia del capo villaggio impensierì moltissimo la guardia del corpo, la quale obbedì senza fiatare, chiedendo in continuazione scusa al nonno per averlo trattato con così poco rispetto.
Dal canto suo, Onoki tagliò corto le scuse del nipote e si apprestò a issare sulle sua schiena il fardello in suo possesso.
«Figurarsi se mi faccio comandare da un branco di marmocchi. Io sono lo Tsuchikage…» borbottò fra sé.
Un colpo secco per issar su il bagaglio e il Kage si bloccò di colpo, mostrando ai suoi nipoti la smorfia di un dolore pressappoco indescrivibile. Con lo sforzo appena effettuato, il povero Onoki aveva provato una fitta talmente dolorosa alla schiena che non era nemmeno più in grado di muovere un passo, fino a quando Kurotsuchi non gli tolse di dosso il pesante fardello.
«Hai visto che succede, vecchio testardo che non sei altro!» sbottò la ragazza accigliata.
«La… La… Mia… Schiena…» si lamentò sofferente lo Tsuchikage.
Il vecchio ninja si muoveva lentamente verso la nipote in preda al peggiore dei dolore per afferrare nuovamente una delle spalliere del suo bagaglio, il che non lasciava presagire nulla di buono da quello che sarebbe avvenuto da quel momento in poi.
«Ci vuole ben altro per fermare il temibile Tsuchikage!» tuonò l’anziano ninja, sotto lo sguardo esasperato dei nipoti.
Questa volta le due guardie del corpo non osarono proferire alcuna parola e lasciarono che il loro nonno si fratturasse nuovamente la schiena per colpa della sua testardaggine a non voler accettare di essere vittima del corso del tempo.
Onoki ci provò di nuovo e il risultato non cambiò.
«Hai visto? – disse Kurotsuchi seccata. Rassegnati, vecchio e fa trasportare il tuo bagaglio ad Akatsuki.»
«No! Ce la faccio!» ribatté lo Tsuchikage.
L’anziano compiva lentissimi passi, accompagnati da continui spasmi, dovuti al dolore provato dal peso che doveva sorreggere la schiena. Lo Tsuchikage era pronto a rompersi la schiena, piuttosto da darla vinta a quel branco di mocciosi.
«Avanti! Andiamo verso il paese del Ferro!» disse l’anziano con continue pause, dovute alla stanchezza.
Kurotsuchi si passò una mano sulla fronte, disperata.
«Se andiamo avanti con quest’andatura, arriveremo quando il summit si sarà terminato.»
A quel punto ad Akatsuki venne un’idea che avrebbe risolto la situazione, contribuendo a far rimanere intatto l’orgoglio dello Tsuchikage e a non distruggergli la schiena. Il giovane omone afferrò con forza il vecchio shinobi e, mentre questi si lamentava per il modo in cui veniva trattato, venne poggiato sopra la cassa portata sulle spalle di Akatsuchi.
«Ecco qui. – dichiarò il ragazzo. Da questo punto porterà il suo bagaglio, ma non affaticherà la sua schiena. Non è perfetto?»
Il vecchio Onoki si mise a borbottare a bassa voce, quando venne richiamato nuovamente dalla saccente nipote.
«E smettila di lamentarti, vecchio! Accontentati!»
Onoki non ebbe altra scelta, anche perché il tempo della partenza non poteva più essere prolungato, per tanto erano costretti a partire per arrivare in tempo al summit, così si avviarono verso la loro meta.
 
Come nel villaggio della Roccia, anche nel villaggio della Sabbia l’élite ninja era tutta riunita all’ingresso del villaggio per salutare il beneamato Quinto Kazekage e le sue guardie del corpo in partenza per l’importante summit fra i capi delle cinque grandi potente militari ninja.
Questo importante avvenimento aveva molto impensierito le alte sfere della Sabbia, in particolare per la giovane età del loro Kazekage e per la paura che covassero che non venga rispettata la sua autorità di leader della Sabbia. Baki era stato molto chiaro con i suoi discepoli; bisognava dimostrare agli altri Kage che del Kazekage ci si poteva fidare e che si doveva eventualmente temere.
Temari e Kankuro avrebbero svolto l’attività di guardie del corpo del nobile Kazekage. La scelta non poteva che non ricadere su di loro, essendo i ninja più forti del villaggio dopo il capo villaggio.
«Temari e Kankuro. Vegliate sempre sul Kazekage. La sua incolumità è la vostra assoluta priorità.» si raccomandò per l’ennesima volta il maestro Baki.
«Ricevuto.» tagliò corto la sorella maggiore.
«Gaara non ha certo bisogno di essere protetto, quindi smettetela di essere così ossessionati dalla sua incolumità. State parlando del Kazekage!» ribatté seccato Kankuro.
«Basta, Kankuro.» dichiarò placido il Kazekage.
Gaara indossava una sciarpa sulla sua solita tenuta da combattimento; si trattava di un regalo ricevuto la sera prima dalla sua allieva Matsuri in vista del clima freddo che la squadra della Sabbia avrebbe trovato, una volta giunti nel paese del Ferro.
«Non abbiamo molto tempo, per tanto partiamo il prima possibile.» dichiarò il leader della Sabbia.
La squadra si stava avviando verso l’immensa distesa di sabbia che li separava dai confini con la nazione del fuoco, il viaggio sarebbe stato molto lungo, poiché avrebbero dovuto oltrepassare sia parte della nazione del fuoco, che quella della terra, al fine di giungere nel paese del Ferro.
La folla salutò i loro beniamini con grande entusiasmo.
«Buon viaggio, lord Gaara!»
«Buon viaggio, madamigella Temari!»
«Buon viaggio, nobile Kankuro!»
I tre figli del Quarto Kazekage partirono rapidamente, sparendo in pochi attimi dalla visuale della gente del villaggio della Sabbia, lasciando tuttavia qualche preoccupazione in alcuni dei presenti, in merito gli esiti che sarebbero scaturiti dalla riunione fra i capi di stato.
 
L’ultimo Kage che doveva ancora partire per la meta d’incontro fra i cinque Kage, era il leader del villaggio della Nebbia. Da diversi anni, il posto da Mizukage era rimasto vacante e il villaggio era stato gestito dal consiglio degli anziani. Solo un anno prima, però, era stato individuato qualcuno che potesse adempiere a tale ruolo: la kunoichi Mei Terumi.
Mei Terumi era una giovane kunoichi sulla trentina, era una donna dalla bellezza accattivante e un carattere gioviale, il quale però tendeva a nascondere gli anni dell’infanzia passati nei ghetti del suo villaggio, poiché tarchiata come essere immondo per colpa della sua discendenza demoniaca.
Nel villaggio della Nebbia, i possessori di abilità innata non erano mai ben visti ed erano considerati appunto frutto del demonio. Ne sapeva qualcosa Zabuza Momochi, quando doveva proteggere dalla gente del villaggio, il suo giovane allievo Haku, proprietario dell’abilità innata del ghiaccio; per colpa di quell’abilità, lo stesso Haku aveva ucciso i genitori e vissuto una dura e triste vita.
L’infanzia di Mei Terumi non era poi così lontana da quella di Haku.
Quando si sparse la voce per il villaggio che Mei Terumi sarebbe stata nominata Quinto Mizukage, la gente si era divisa su due fronti: quelli che erano a favore della nomina e quelli contro, poiché ancora affetti da quella vecchia mentalità contro la gente con le abilità innate; questa gente veniva definita dall’opinione pubblica come i “nostalgici del periodo di sangue”.
Il periodo sanguinario del villaggio della Nebbia era un periodo di profondo dolore e imbarazzo per la gente del villaggio. Quelli che adesso erano adulti, come la nuova Mizukage, ricordavano quei tempi con apprensione e tristezza e guardavano le nuove generazioni con speranza; per questa ragione la Mizukage aveva una certa simpatia per l’unico membro dei sette spadaccini della Nebbia in vita, il giovane Chojūro Hozuki; proprio quel giovane occhialuto ninja avrebbe fatto da guardia del corpo dalla Mizukage per il summit.
Quel giorno le alte sfere erano riunite all’uscita del villaggio per le ultime raccomandazioni alla Mizukage e alle sue guardie del corpo.
Un vecchio membro del consiglio degli anziani aveva appena consegnato fra continui tremori il cappello del capo villaggio al nuovo leader del villaggio.
«La ringrazio, nobile anziano. – dichiarò la donna. Giuro su questo capo che assolverò ai miei doveri come Mizukage al meglio.»
Il vecchio rise apertamente a quanto dichiarato; era segno che approvava il nuovo capo villaggio e che si fidava di lei. Essendo tuttavia molto anziano, questi aveva ormai perso la capacità di parlare, per tanto fu un altro shinobi al suo fianco a parlare al suo posto.
«Bene. – aveva dichiarato questi. Questo summit è fondamentale per affermare la nuova faccia del villaggio della Nebbia. Abbiamo tante onte da lavare e dobbiamo fare in modo che le altre nazioni ci siano amiche. Sta tutto nelle sue mani, nobile Mizukage.»
«Farò del mio meglio.» replicò decisa Mei Terumi.
L’uomo poi si rivolse a un uomo al fianco del capo villaggio. Quest’uomo era molto più grande del capo villaggio; era un membro delle forze speciali del villaggio ed era soprattutto un veterano, uno che era ben conscio di che cosa significasse essere uno shinobi.
«In qualità di veterano, sarà compito tuo accertarti che nessuno dei Kage provi a soggiogare la Mizukage, intesi, Ao?»
Mentre l’uomo annuiva, la benda che portava sull’occhio destro era ben sfoggiata di fronte ai ninja del villaggio.
«Non preoccupatevi. Non permetterò che la madamigella Mizukage faccia la fine del Quarto.» affermò il veterano.
Ciò rassicurava molto i ninja del villaggio della Nebbia, per tanto l’ultimo a cui fare le raccomandazioni era il ninja inesperto e insicuro: lo spadaccino Chojūro.
«Chojūro. Tu sei uno dei sette spadaccini della Nebbia, la nostra squadra d’élite più importante. In qualità del ruolo che occupi, è tuo compito proteggere a ogni costo la Mizukage da ogni pericolo.»
Chojūro era diverso dagli altri spadaccini della Nebbia. Non era un sanguinario, né uno sbruffone e nemmeno uno dei ninja più subdoli. Lui era un insicuro, ma nonostante ciò era sempre uno spadaccino della Nebbia, era l’unico spadaccino che viveva ancora all’interno del villaggio, l’unico in grado di maneggiare Hikamekarei, la grande katana a sogliola posseduta un tempo da Mangetsu Hozuki, il genio del gruppo.
«Io… ci proverò… Ma non ne sono molto sicuro… Potrei anche fallire… probabilmente…» borbottò il quattrocchi.
Ci pensò la Mizukage in persona a rincuorarlo.
«Devi avere più fiducia in te stesso, Chojūro. Tu sei forte. Ti ho scelto per accompagnarmi al summit proprio per questo motivo, perciò fatti coraggio.»
Il cuore del giovane spadaccino iniziò a battere forte, il motivo era perché ammirava moltissimo la Mizukage, talmente tanto che credeva che non esistessero al mondo donne belle e premurose come lei.
«La signorina Mizukage è così gentile… Spero di riuscire a proteggerla!» pensò determinato il giovane spadaccino.
«Posso contare su di te, Chojūro?» domandò la Mizukage contenta.
«Sì!» rispose scattante il quattrocchi.
«Sissignora, semmai, ragazzino!» sbottò Ao.
Essendo un veterano, Ao non riusciva a comprendere che cosa stesse succedendo alle nuove leve del villaggio. A suo giudizio, sembrava proprio che questi stessero lentamente perdendo i valori fondamentali dell’essere uno shinobi. Così iniziò una delle sue solite ramanzine.
«Questi giovani d’oggi. Mi sembrate tutti privi di uno scopo nella vita. Senza essere consci del patrimonio storico della nostra terra!» sbottò l’uomo.
Dopo quelle parole, Chojūro si fece piccolo piccolo e si mise a tremare dalla paura per aver fatto nuovamente arrabbiare il veterano della Nebbia.
La Mizukage aveva ascoltato attentamente quanto detto da Ao per rimproverare il quattrocchi e nell’udire la parola “patrimonio”, la mente della donna aveva iniziato a viaggiare per i fatti suoi, facendole invece comprendere “matrimonio”. Proprio così, alla Mizukage non interessava altro che trovare l’uomo della sua vita, sposarsi e avere una famiglia.
«Basta, Ao. – intervenne uno dei saggi. Avviatevi verso il summit, altrimenti arriverete in ritardo.»
In ritardo. La mente della Mizukage continuò a lavorare incessantemente su quelle parole. “Matrimonio” e “in ritardo”. La sua logica suggeriva quelle parole distorte: “in ritardo per il matrimonio”. No. No. No. Il suo futuro marito non doveva assolutamente permettersi di arrivare tardi nel giorno più importante della SUA vita. Imperdonabile.
«Stavo solamente dicendo che i ragazzi di oggi sono senza spina dorsale.» aveva replicato Ao, rivolto al saggio.
Guardò sospirante il giovane spadaccino.
«Ai miei tempi…» iniziò a dichiarare.
La Mizukage gli si avvicinò all’improvviso e sorrise minacciosa all’uomo.
«Serrati le fauci o ti ammazzo!» sibilò a bassa voce la pericolosa donna.
La dichiarazione del capo villaggio lasciarono spiazzato il veterano, tanto che questi rimase immobile incredulo, senza accorgersi che la Mizukage e Chojūro si allontanavano dal villaggio, senza nemmeno calcolarlo.
Solo il successivo richiamo da parte di un membro del consiglio destò Ao dalla sua incredulità e lo obbligò a correre per raggiungere il superiore.
«Mi aspetti, Mizukage!» urlò Ao in corsa.
 
 
*

Kakashi si era appena fatto una doccia, si era messo addosso un paio di pantaloni pesanti, poi delle calze e i soliti sandali tipici degli shinobi; attorno alle calze poi aveva fatto passare delle bende per fissare l’orlo dei pantaloni alle gambe. Una volta eseguita tale operazione, l’uomo indosso la cotta di maglia, su cui sopra andò a indossare una pesante felpa blu; perfetto. Mancava solamente la benda che gli copriva l’occhio sinistro e un mantello da viaggio, con il quale nascondere al meglio la sua identità; essendo molto famoso, c’era il rischio che qualcuno lo riconoscesse e comunicasse a Danzo la sua ubicazione.
Bussarono alla porta.
«Avanti.» disse placido Kakashi.
Dalla porta vi entrò Naruto che era giunto fin lì per comunicare al suo insegnante l’imminente partenza per il paese del Ferro.
«I ragazzi sono pronti. Stiamo solo aspettando lei.» disse Naruto con tono seccato.
«Di già?» commentò sorpreso Kakashi.
«Guardi che la stiamo aspettando da più di mezz’ora!» replicò infastidito l’allievo.
«Davvero?» dichiarò sorpreso l’uomo.
Doveva trovare una scusa più che efficace per nascondere il fatto che si era assopito nella lettura dei suoi testi preferiti.
«Mi spiace. È che ho perso la cognizione del tempo per organizzare l’armamento.»
L’allievo lo fissò con la tipica espressione di chi lo conosceva bene da dire che in realtà sapeva che cosa aveva veramente fatto.
«Non è cambiato di una virgola.» disse placido il ragazzo.
Kakashi rise nervosamente, dopodiché si fermò a fissare con attenzione dell’abbigliamento dell’allievo, poiché a suo giudizio quest’ultimo non aveva preso sul serio il freddo che avrebbero trovato nella terra dei samurai.
«Ehm… Naruto… - proruppe l’uomo. Non credi che faccia un po’ troppo freddo per metterti una maglietta a maniche corte?»
L’Uzumaki aveva appena ripreso la sua consueta abitudine di indossare capi dalla colorazione arancio e ne era molto contento, dato che per molto tempo era stato costretto a vestire l’uniforme di Akatsuki. Per tutto quel tempo egli aveva ritenuto che gli fosse mancata qualcosa fondamentale che non lo rendeva veramente se stesso, dapprima aveva pensato al ramen di Teuchi, per quale avrebbe addirittura mandato al diavolo qualcosa al minimo sentore dell’odore di quel delizioso pasto, poi si era ravveduto che doveva trattarsi dell’immancabile colore arancio che non gli apparteneva da molto tempo.
Naruto fissò per qualche istante la sua amata colorazione sui suoi pantaloni, cercando di ignorare le righe nere presenti ai lati; per lui andavano più che bene per il viaggio. Lo stesso ragionamento aveva applicato nei confronti della maglia a maniche corte di colore arancio e nero, anzi addirittura sentiva così tanto caldo che aveva aperto un poco la cerniera della maglia, lasciando intravedere la cotta di maglia addosso.
«Non ci vedo nulla di strano, maestro. Nel paese del Ferro non fa mica tutto quel freddo da vestirsi come avete fatto lei e Koichi. Io dico che il mantello sarà più che a sufficienza!» ribatté il ragazzo con confidenza.
Naruto si aggiustò i polsini neri che indossava e fece finalmente cenno al suo insegnante di muoversi e di raggiungerlo nel luogo pattuito.
Quando Kakashi giunse alla balconata della torre più alta del villaggio della Pioggia vi trovò i tre allievi di Naruto che discutevano animatamente con il loro maestro, mentre Konan li osservava in silenzio in un angolo.
«Siete pronti, ragazzi? Vestitevi pesanti che nel paese del Ferro fa molto freddo.» aveva detto premuroso Naruto.
Che ipocrita, pensò Kakashi. Alla sua salute non pensava e affermava che non ci fosse tutto quel decantato freddo, però esortava i suoi allievi a indossare abbigliamento pesante in vista del lungo viaggio. Nonostante tale pensiero, a Kakashi sfuggì un sorrisetto da sotto la maschera, perché guardare Naruto con quei ragazzi innestava nella sua mente dei ricordi di quando era nella squadra con Obito e Rin, sotto la guida del maestro Minato oppure quando era a capo della squadra 7.
Naruto era veramente maturato e di questo ne era molto fiero, tuttavia aveva ancora molte lacune da colmare, specialmente quella di relazionarsi decentemente con le persone e farsi rispettare, soprattutto da un gruppetto di ragazzini.
Di fatti una ragazza dai lunghi capelli biondi non aveva minimamente udito le raccomandazioni del suo mentore e aveva iniziato a navigare con l’immaginazione, urlando ai quattro vedi quali fossero le sue aspettative da quel viaggio.
«Non vedo l'ora di combattere contro i samurai!»
Naruto tirò un sospiro di sollievo affranto; non riusciva proprio a gestire quella peste.
«Rina, per favore...» piagnucolò il biondo.
La ragazza lo fissò per qualche attimo, certe volte credeva che il suo maestro possedesse una doppia personalità e purtroppo si stava rendendo conto che la parte più patetica stava lentamente prendendo il sopravvento su quella inquietante.
«Ah è qui, maestro? Non l'avevo nemmeno notata.» disse malignamente Rina.
«Ma se sono sempre stato qui!» sbottò disperato il maestro Naruto.
L’occhialuto allievo dai capelli bianchi fissò il suo maestro con apprensione e poi provò a convincere l’amica a trattare il superiore con rispetto.
«Non dovresti parlare in questo modo al maestro, Rina.» disse titubante il ragazzo.
Una volta udito ciò, la ragazza dal carattere peperino si rivolse al quattrocchi per canzonarlo per bene.
«Senti un po’, Koichi! La devi smettere di leccare il culo in continuazione, chiaro?»
Il ragazzo abbassò rapidamente il capo; non ci riusciva proprio a guardare Rina in faccia. Koichi era così infatuato di Rina che non riusciva mai a fissarla dritta in faccia, perché altrimenti avrebbe iniziato a balbettare e a confabulare frasi sconnesse; infatti non aveva nemmeno la più pallida idea di che colore fossero i suoi occhi.
«Io non lecco il culo a nessuno! Al maestro si deve portare rispetto che merita!» ribatté a tessa china il ragazzo.
Rina fece una smorfia.
«Che mucchio di stronzate!» sbottò questa annoiata.
Subito dopo Rina si voltò verso Masato per notare che stava fissando nel vuoto, immerso nei propri pensieri.
Rina sospirò affranta.
«Ma perché sono circondata da tutta questa gente strana?!» si lamentò.
Gli unici che si salvavano a suo parere erano la signorina Konan e il maestro Kakashi. Rina adorava il maestro Kakashi; quando c’era lui, lei diventava un tenero agnellino, capace di suicidarsi, se solo l’argenteo glielo avesse ordinato; per lei non c’era nessuno migliore di lui.
Proprio in quel momento arrivò il maestro Kakashi.
«Buongiorno, maestro Kakashi!» esordì sospirante Rina.
La ragazza aveva gli occhi a forma di cuoricino a forza di fissare ammirata il veterano del villaggio della Foglia.
«Buongiorno a te, Rina.» rispose gentile il maestro Kakashi.
Rina si sciolse. La scena smielata sarebbe potuta andare avanti ancora così, ma fortunatamente Konan si intromise nella discussione, portando all’attenzione di tutti la vera ragione per cui erano veramente riuniti.
«Allora siete pronti per partire?» domandò l’enigmatica donna.
I presenti indirizzarono la loro attenzione verso l’ex membro di Akatsuki, pensando per bene a ciò in cui si sarebbero imbattuti non appena giunti nel paese del Ferro.
«Quanto dista il paese del Ferro da qui?» chiese Koichi.
«Normalmente ci vorrebbero un paio di giorni per arrivare. –spiegò Naruto. Però il summit dei cinque Kage avverrà domani mattina, quindi dobbiamo arrivare entro questa sera e tenere d’occhio la situazione.»
«E chi resta al villaggio?» domandò Rina.
«Io basto e avanzo.» dichiarò Konan.
«Inoltre… -aggiunse Naruto. Abbiamo posto diverse barriere protettive attorno al villaggio, quindi Akatsuki non dovrebbe entrare dentro liberamente.»
«Non preoccuparti di questo. Nel caso Madara dovesse farsi vedere, so bene come tenerlo a bada. Tu va avanti per la tua strada.» dichiarò Konan.
Naruto le sorrise con gratitudine, dopodiché si mise addosso un mantello nero e fece segno agli allievi di prepararsi a partire.
Prima di andare, l’Uzumaki dette le ultime istruzioni a Konan.
«Da oggi in poi sarai tu l’Amekage, per tanto Koichi, Masato e Rina ti appartengono, in quanto ninja della Pioggia.»
Gli allievi di Naruto non fiatarono a tal proposito. L’argomento era stato già affrontato fra di loro e con tristezza, i tre ragazzi avevano accettato la prospettiva che quella sarebbe potuta essere l’ultima missione svolta con il loro mentore.
«Per quel che riguarda la mia sorte… -continuò triste il biondo. Penso che deciderò dopo il summit.»
Fu allora che Konan ricambiò al sorriso dell’Uzumaki, con un altro ancora più radioso.
«Diventa Hokage, Naruto. Nessuno oltre te può essere degno di assumere quel ruolo. –disse contenta la donna. In caso non ci vedessimo più, ti auguro di trovare ciò che cerchi.»
Naruto non rispose, era molto imbarazzato da quella dichiarazione e non sapeva che cosa dire; per tanto si limitò a voltarsi e a raggiungere il resto del gruppo. Prima di balzare, però, Naruto diede un ultimo messaggio a Konan, prima di dirle addio.
«Prenditi cura di questo villaggio e del suo grande tesoro.» disse il ragazzo.
«Lo farò. Anche a costo della mia vita.» replicò determinata la donna.
Il gruppo partì con Kakashi e Naruto in testa. I ninja si fecero largo fra i grandi palazzi del villaggio della Pioggia, osservati in lontananza da Konan, comodamente appoggiata alla balconata di ferro su cui era solito sedersi Nagato, quando manovrava il corpo del regno divino.
«Buona fortuna…» sibilò Konan, poi rientrò in casa.
 
 
*

Al villaggio della Foglia intanto il gruppo dei ragazzi si era riunito in una zona nascosta del villaggio, al fine di evitare le guardie del Reggente Sesto Hokage. Sai, il quale aveva parte del viso bendato, aveva condotto tutto il gruppo in un posto sicuro, così da parlare della situazione creata da Sasuke.
Ino si era lasciata andare alle lacrime. I suoi singhiozzi facevano spesso temere a tutti di venire scoperti dai ninja della Radice, ma fortunatamente non venne mai nessuno a disturbarli.
Chouji si premurò di consolare al meglio che poteva l’amica, ma purtroppo non sapeva che cosa fare per farla stare meglio; c’era solo da darle manforte psicologica e attendere che il dolore svanisse lentamente.
«Ancora non mi capacito di quello che ha fatto Sasuke. Ma che gli sarà preso?» aveva detto Neji.
«Sicuramente è cambiato qualcosa in lui, dopo il suo scontro con il fratello.» aveva risposto Shino.
«In che senso?» domandò Rock Lee.
«Insomma ha pur sempre ucciso suo fratello. Nonostante i crimini di cui si è macchiato, Itachi Uchiha era pur sempre suo fratello maggiore. L’unico membro della sua famiglia che gli era rimasto.» spiegò Shino.
«Non penso… -ribatté Shikamaru. Non conosco Sasuke, anzi, se devo dirla tutta non mi è mai piaciuto, però penso che non si facesse questi scrupoli, proprio come non se li è fatti suo fratello, quando ha sterminato l’interno clan.»
Sakura stava a udire la discussione in silenzio. In altre situazioni si sarebbe battuta con forza, affermando che nessuno di loro aveva il diritto di giudicare Sasuke, proprio perché non potevano capire che cosa avesse vissuto nella sua infanzia, nemmeno lei in realtà ne aveva alcun diritto, ma parte di lei si era sempre fregiata di quella facoltà, in qualità di compagna di squadra.
La mente di Sakura era affollata dallo smarrimento più totale. Naruto, morto. Il maestro Kakashi, andato. Sasuke, un punto interrogativo. Per molto tempo Sakura si era chiesta che cosa avrebbe fatto Sasuke una volta portata a termine la sua vendetta. In cuor suo ella sperava che tornasse al villaggio per riprendere la vita di sempre, assieme a lei e a tutti gli altri. Evidentemente per Sasuke non doveva andare così e Sakura non riusciva a farsene una ragione.
Sakura era stanca di andare appresso a Sasuke. Per tutto quel tempo era andata avanti e indietro convinta di riuscire ancora a capirlo e quei baci che si erano scambiati per lei significava qualcosa, ma a quanto sembrava la sua sola esistenza non era sufficiente da far desistere Sasuke da comportamenti distruttivi; era inutile.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Sasuke era la dimostrazione più alta di questa teoria, per tanto Sakura aveva smesso di chiedersi perché lui avesse attaccato il villaggio della Nuvola e si fosse unito ad Akatsuki. Nella sua mente era appena balzata un’idea malsana, tremenda, spaventosa che piano piano iniziava a prendere forma, aiutata anche da una crescente determinazione di Sakura.
Sakura lanciò un’occhiata a Ino, la quale ancora continuava a piangere a dirotto per le sorti di Sasuke. Lei aveva finito di piangere, basta.
«Insomma, Ino! La vuoi piantare di piangere?!» sbottò infastidito Kiba.
Come risultato la ragazza in questione riprese a piangere ancora di più, mentre il gruppo lanciò un’occhiataccia verso Kiba che aveva osato dire una cosa così crudele.
«Sei veramente senza tatto, Kiba.» lo rimproverò Ten Ten.
«Ha ragione. –intervenne Rock Lee. Dovresti cercare di immedesimarti in Ino e Sakura per capire quello che stavano trovando.»
Tuttavia Kiba non aveva solamente oppositori in quel gruppo, ma anche qualcuno che la pensava nella sua identica maniera. Per una delle poche volte registrate negli annali, Shino Aburame, ad esempio, era totalmente dalla parte dell’amico.
«Non ha senso piangere per un traditore. Perché? Perché alla fine da Sasuke non ci si poteva aspettare altro. Ha sempre fatto di testa sua e continuerà a farlo.» disse Shino.
«E allora che cosa dovremmo fare?» domandò Shikamaru.
L’improvvisa domanda posta dal genio della Foglia aveva addirittura zittito il pianto di Ino. Ognuno dei presenti era rimasto a riflettere attentamente su che cosa avrebbero fatto una volta trovatosi Sasuke di fronte.
All’improvviso Sakura proruppe con la sua risposta e, nel silenzio generale, un profondo dubbio si espanse fra i ragazzi della Foglia.
«Vado a incontrare Sasuke.» aveva dichiarato la rosa.
Incredulità fra tutti.
«Che vuol dire “incontrare Sasuke”?» domandò Kiba suscettibile.
«Voglio incontrarlo, tutto qui. – rispose Sakura. Voglio capire che cos’ha in mente e regolarmi di conseguenza.»
«E che cosa farai se quello che dirà Sasuke non ti piacerà?» chiese Neji.
«Lo fermerò! Anche se mi costasse la vita…» fu la secca risposta della rosa.
I ragazzi si fissarono perplessi fra di loro, preoccupati degli ipotetici risvolti di un possibile assalto ai danni di Sasuke; chiunque poteva comprendere che Sakura non aveva alcuna speranza di fermare Sasuke con la forza, la stessa Sakura ne era conscia.
«È una follia!» tuonò Kiba.
Una follia totale e autodistruttiva. A Sakura sembrava non importare e questo preoccupava molto i suoi amici.
Shikamaru fissò intensamente Sakura, nel tentativo di comprendere se nelle sue parole giacesse effettivamente la verità.
«Mettiamo caso che tu metta in pratica quello che hai detto, come pensi di rintracciare Sasuke?» domandò.
Sakura era ben preparata alla risposta.
«C’è un summit fra i cinque Kage, no? Secondo me Sasuke è andato lì.» dichiarò decisa.
«Tu hai qualche problema, seriamente…»
Il commento poco delicato di Kiba venne messo in secondo piano dal vociare degli altri presenti, i quali poi si zittirono alla risposta data da Sakura, quando le venne chiesto come facesse a sapere una cosa del genere.
«Sento che è lì… - sibilò la ragazza. Non chiedetemi perché, ma io ho la certezza che Sasuke è andato lì e io ci andrò, anzi vado a casa a prepararmi.»
Sakura stava per avviarsi verso casa, quando Shikamaru la afferrò per un braccio, arrestando la sua rapida avanzata verso un pericoloso ignoto.
«Lasciami, Shikamaru!» sbottò seccata Sakura.
Shikamaru non le dette conto, continuando deciso nella sua decisione di fermarla.
«Devi cercare di calmarti, Sakura. In questo momento stai delirando!» disse il ninja dal codino.
«Ti sbagli! Io so benissimo quello che sto facendo, siete voi che non capite un cazzo!» tuonò in risposta la rosa.
Sakura strattonò con forza Shikamaru per allontanarsi, ma il Nara aveva avuto il tempo necessario per utilizzare la tecnica del controllo dell’ombra su di lei, bloccandola.
«Pezzo di merda!» sbottò Sakura furiosa.
La ragazza provò a muoversi verso il suo assalitore con l’obiettivo di rifilargli uno dei suoi famosi cazzotti; non ci riuscì. La tecnica del controllo dell’ombra era inviolabile.
«Cerca di calmarti, Sakura.» s’intromise Kiba nella discussione.
«Non mi calmo affatto! Non sono mai stata così decisa come adesso!» replicò diretta la rosa.
Quelle parole. Una decisione rara. Un sospetto balenato all’improvviso. Paura nel solo immaginare una cosa del genere. Brividi. Venne dunque vitale verificare le reali intenzioni di Sakura. Che cosa voleva fare?
«E vuoi parlare con Sasuke?! – domandò Shikamaru. A me sembra che tu voglia fare di più, tipo qualche follia che possa portarti alla morte!»
Sakura risultò essere sconvolta da quella dichiarazione. Totalmente allibita dall’affermazione appena udita dal lavativo amico.
«Sei totalmente fuori strada!» sbottò Sakura.
Ad un tratto Sakura si fermò a fissare lo sguardo criptico di Shikamaru. Uno sguardo che emanava un so che di enigmatico e al quale non si poteva mentire. Sakura dunque iniziò a balbettare nelle seguenti frasi dichiarate e ciò manifestò a tutti i presenti la poco veridicità di quanto precedentemente esposto: Sakura aveva qualcos’altro in mente.
«Io…» balbettò la ragazza.
«Tu cosa?» domandò ansioso Shikamaru.
Sakura allora confessò, seppur controvoglia.
«Io voglio fermare Sasuke, ok?!» disse lei tutto ad un fiato.
Sotto gli sguardi di tutti i presenti, Sakura continuò a riferite a tutti quello che aveva effettivamente in mente, intanto la tecnica di Shikamaru stava lentamente abbandonando l’ombra di Sakura.
«Lo troverò. Gli parlerò e lo riporterò indietro e gli farò scontare una grossa pena per quello che ha fatto!» dichiarò decisa.
Una lacrima provò a uscire dalla sventurata ragazza innamorata, ma quest’ultima riuscì a trattenerla e a continuare con decisione a sostenere la sua decisione con o senza il supporto dei suoi compagni.
«E tutto questo vuoi farlo da sola?» domandò perplesso Kiba.
«Impossibile. – intervenne Neji. Se quello che si dice è vero, nessuno di noi può battere Sasuke singolarmente.»
«E se invece unissimo le forze?» propose Hinata.
Tutti quanti si fissarono fra loro, pensando per bene a quanto appena proposto dalla corvina. C’era chi pensava fosse una buona idea, ma anche chi era poco propenso a prendere parte a una nuova pericolosa missione, proprio dopo qualche tempo essere usciti per miracolo da quella vissuta nella nazione dei Vortici.
Neji, ad esempio, era molto preoccupato per le condizioni di salute della cugina, la quale era sicuramente stata la più provata al ritorno dalla dura terra dei Vortici e ancora non si era rimessa del tutto.
«Non preoccuparti, Neji. Ora sto molto meglio e poi non posso lasciare Sakura da sola.» aveva risposto Hinata al cugino.
Neji era apparso alquanto perplesso dalla risposta ricevuta e per tanto aveva deciso di seguire la cugina e Sakura verso quella nuova meta. Il suo compito di proteggere la casata principale del clan Hyūga purtroppo lo portava a fare delle cose controvoglia alle volte, ma per madamigella Hinata, ne valeva la pena.
«Grazie, Neji.» disse Hinata, dopo aver appreso la decisione del cugino.
Anche Sakura fu grata ad entrambi, sebbene la sua idea iniziale fosse quella di raggiungere Sasuke da sola, tuttavia aveva compreso che non poteva escludere gli altri, nemmeno volendo.
«Verrò anch’io!» dichiarò all’improvviso Ino.
La bionda aveva appena concluso di piangere, mostrando una decisione quasi equiparabile a Sakura. Sebbene lei avesse messo una pietra sopra su Sasuke, in passato era stata molto innamorata dell’Uchiha, per questo era rimasta molto colpita dalle azioni compiute da quest’ultimo e non aveva per nulla accettato una cosa del genere.
Piano piano anche Rock Lee, Shino, Ten Ten e Chouji si aggregarono alla squadra per fermare Sasuke. I rimanenti iniziarono a essere fissati in malo modo dal resto del gruppo.
«Che volete?» domandò seccato Shikamaru.
«Andiamo, Shikamaru. Non puoi abbandonarci.» lo rimproverò Chouji.
Per tutta risposta il Nara si accese una sigaretta e fece un tiro, poi fissò Kiba, Akamaru e Sai e porse loro il suo pacchetto, per offrir loro una delle sue sigarette.
«No, grazie.» replicò rapidamente Sai.
«Guarda io mi metterei pure a farlo. – sbottò Kiba. Ma poi non ci parlerebbero per molto tempo e avranno bisogno del mio naso per trovare quel pazzo.»
«Si, certo. Noi viviamo della luce che emani…» commentò sarcastico Shino.
Kiba allora si voltò verso colui che l’aveva offeso.
«Vaffanculo, Shino! Per una volta che sono d’accordo, non c’è bisogno di commentare così!» tuonò il ragazzo.
Sai si mise di fronte al ninja del clan Inuzuka.
«Sei veramente un cagnaccio mestruato.» disse placido come al suo solito.
Quello era l’appellativo scelto dal pittore per Kiba; oramai era riuscito a trovare un nomignolo per tutti quelli del gruppo, ma aveva evitato accuratamente di pronunciarsi con le ragazze, per paura di venire pestate nuovamente da Sakura per aver detto qualcosa di indelicato.
Kiba ovviamente non faceva eccezione alla categoria di persone che se la prendeva molto per quegli sgraditi soprannomi e aveva iniziato una lunghissima serie di parolacce dirette al pittore così acuta e ricca di fantasia che Neji fu costretto a tappare le orecchie a Hinata e a qualunque altro essere puro nelle vicinanze.
Quando Kiba si fermò per riprendere fiato, tutti si allontanarono verso casa propria per prepararsi per la partenza. In quel posto erano rimasti solamente Sai, Shikamaru, Akamaru e Shino.
«Hai finito?» chiese sarcastico Shikamaru.
«Sì…» rispose afflitto il ragazzo.
«Bene. Allora porta il culo a casa e vai a preparati, prima che Sakura ti pesti a sangue!» replicò Shikamaru.
Kiba se ne andò via balbettando qualcosa di sconveniente nei confronti dei suoi compagni. Akamaru era il solo essere vivente, capace di dargli manforte nella vita e nel seguire le follie di tutto il gruppo. In realtà però queste avventure elettrizzavano molto Kiba, il problema era che non gradiva molto farsi coinvolgere in avvenimenti in cui si rischiava la vita: lui doveva diventare Hokage, mica poteva rischiare la sua vita.
Una volta che Kiba se n’era andato via, Shikamaru decise di scambiare qualche parola con Sai.
«Dì la verità, Sai. I ninja della Radice ci tengono d’occhio, non è così?» domandò il genio dal codino.
Sai non rispose subito, bensì lanciò uno sguardo a Shikamaru e agli altri presenti, facendo loro segno con il movimento degli occhi dove fossero nascosti i ninja che li stavano spiando.
«La Radice ha cose più importanti da fare che stare appresso a dei semplici ninja.» disse Sai.
Bugia bella e buona. Danzo aveva predisposto una squadra di cinque shinobi a spiare in continuazione i ragazzi sostenitori del Quinto Hokage e di Kakashi Hatake. Sai ovviamente non poteva esporsi in qualunque modo, pena la morte.
«Ho capito…» aveva detto Shikamaru.
Il Nara pensò rapidamente a una scusa qualunque per abilitare Neji all’utilizzo del byakugan, senza destare sospetti nei ninja della Radice che li spiavano.
IDEA.
«Oi. Avete visto il culo da favola di Ino?» domandò all’improvviso il Nara.
D’un tratto il viso di Sai divenne paonazzo. Neji si mise a tossire nervosamente. Shino fece altrettanto, ma non lo dette a vedere, grazie al vestiario che gli copriva interamente il viso.
«Che c’entra adesso questa cosa?» domandò sgomento lo Hyūga.
Era la prima volta nella loro vita che sentissero delle parole del genere uscire dalla bocca di Shikamaru; era praticamente inconcepibile una tale attitudine da parte di uno stoico come lui, specie nei confronti di Ino.
«Perché non usi il byakugan per dare un’occhiata migliore, Neji? Cavolo quanto invidio la tua abilità innata. Chissà quante ne hai viste te.» disse il Nara.
Lo sguardo di Shikamaru mostrava chiaramente le sue intenzioni ai presenti, i quali finalmente decisero di atteggiarsi come tale, lasciarono così capire alle spie di stare udendo una conversazione inutile.
Neji attivò la sua abilità oculare per scrutare la presenza del nemico: erano in cinque e tutti ben armati.
«Allora che ne pensi?» chiese ansioso Shikamaru.
«Beh, in effetti è messa bene… - replicò imbarazzato Neji. Fra tutte e cinque le ragazze è la più sexy.»
Il messaggio era appena giunto a destinazione. Chiaro e preciso.
Cinque nemici posizionati su punti d’osservazione differenti e ben coperti. Bloccare uno di loro avrebbe allertato gli altri, provocando una reazione immediata dall’intera Radice e questo era da evitare a qualunque costo.
Shikamaru lavorò per molto tempo sulla miglior strategia da adottare, al fine di bloccare i nemici contemporaneamente. Guardò i suoi alleati e si ricordò per filo e per segno di ognuna delle loro abilità; all’improvviso l’idea migliore prese forma nella sua mente ed era un piano così efficace che vi era solo un’esigua probabilità di errore.
Restava solo un problema: come comunicarlo agli altri?
Shikamaru ci pensò attentamente, dopodiché gli tornò un lampo di genio e utilizzò la medesima tattica usata in precedenza per comunicare con gli altri.
«Beh, resta il fatto che secondo me ne abusi veramente di quegli occhi. Ma lo facevi anche quando stavi con Ten Ten?» domandò il Nara.
Odiava farsi gli affari degli altri e i suoi compagni lo sapevano bene, per tanto avevano subito compreso che non ci fosse nulla di sbagliato nelle domande fatte e stettero al gioco, così da seguire ciecamente gli ordini dettati da Shikamaru.
«Sono faccende private! –ribatté Neji. Io non faccio queste cose da plebeo. Sono uno Hyūga e ho un decoro da mantenere.»
Shikamaru odiò se stesso per quello che stava dicendo, ma ciò gli serviva per confondere il nemico al punto che i messaggi inviati ai compagni risultassero indecifrabili.
«Si certo, come se ci stessimo credendo. Sono sicuro che tu non sia l’unico a farlo.» continuò il Nara.
In seguito Shikamaru additò Shino come lampante esempio dello strano discorso che stava portando avanti.
«Prendi Shino, per esempio. Sono certo che qualche volta avrà usato i suoi insetti per spiare Hinata durante le missioni.»
D’un tratto il pacato Neji si trasformò in una furia, tanto che Shikamaru credette che mandasse all’aria tutta la sua strategia di confondere il nemico; aveva fatto male i calcoli e doveva trovare subito un rapido rimedio.
Neji si era pericolosamente avvicinato a Shino e lo stava scrutando minacciosamente, armato dei suoi potenti occhi bianchi.
«Osi spiare madamigella Hinata, lurido maniaco? Osi disturbare i suoi ristori, durante le missioni?!» tuonò furibondo il cugino della vittima.
Ovviamente Shino si trovò molto a disagio in quella nuova situazione, ma nonostante ciò, non perse la sua compostezza e disse quello che doveva dire.
«Spiare Hinata? No, non rientra nel mio stile. Perché? Perché io sono un gentiluomo. Tuttavia siamo nella fase dello sviluppo, quindi il desiderio sessuale si è già risvegliato, come quando il ragno vuole legare la sua compagna per soddisfarsi. Ergo, sì. Ho guardato qualche volta la scollatura di Hinata. Perché? Perché sono un essere umano, vittima dei propri impulsi.»
La spiegazione data da Shino non fece altro che far imbestialire maggiormente Neji, il quale aveva afferrato per il colletto Shino e gli aveva puntato contro la lama affilata del suo kunai, facendo toccare questa con una delle sue guance.
La voce di Neji tremava dallo sbigottimento per quello udito dall’Aburame; era totalmente schifato dall’argomento.
«Come osi solo pensare madamigella Hinata in una maniera così… volgare…» proruppe schifato.
Non riusciva nemmeno a immaginarsi una fanciulla dalla purezza di sua cugina come se fosse una normale ragazza da abbordare. Per lui, Hinata rappresentava un modello di perfezione unico nel suo genere che gli era impensabile immaginarsela a fare sesso con qualcuno.
Neji scosse il capo; pensare a quelle cose lo faceva sentire colpevole del crimine più orrendo di tutti.
La situazione stava degenerando e nel contesto in cui si trovavano, non era certamente il momento per mettersi a vaneggiare stupidaggini del genere, solo che stranamente il gelido Neji sembrava averlo dimenticato e non aveva intenzione di mollare Shino per lasciargli compiere quanto richiesto dal messaggio cifrato di Shikamaru.
«Andiamo, Neji. Non mi sembra che si nulla di grave.» disse il Nara.
Il genio della Foglia fece qualcosa di poco geniale e altresì pericolosa: afferrò il polso di Neji per tirarlo a sé, in maniera tale che Shino potesse agire con la sua tecnica.
Neji non dava alcun segnale positivo; era stato toccato un argomento a cui teneva molto e per cui avrebbe dato anche la vita, al fine di proteggere l’integrità morale e fisica del suo oggetto deificato.
«Nulla di grave un cazzo! Non permetto che si scherzi su queste cose, chiaro?!» tuonò Neji.
Per fortuna dell’intero gruppo, il focoso Hyūga si era concentrato su Shikamaru, individuato come principale istigatore dell’argomento principale e aveva iniziato una lunga discussione sul profondo sentimento di disgusto che quei tre pazzi avevano generato nel placido Neji.
Nel mentre, Shino aveva avuto tutto il tempo necessario per comandare l’ordine di attacco immediato ai suoi insetti divoratori di chakra, i temutissimi kikaichu, i quali si erano subito ammassati in copiosi gruppi e avevano attaccato le loro prede, senza che quest’ultime avessero il tempo di rendersene conto.
Le urla dei ninja della Radice ruppero la discussione iniziata da Neji. I quattro giovani shinobi si videro piombare di fronte a loro cinque sagome nere, ancora sofferenti dell’azione distruttiva degli insetti del ninja del clan Aburame. Neji ne approfittò per dar loro il colpo di grazia con il suo Juken, otturando così le principali vie del sistema circolatorio del nemico, impedendogli così di passare al contrattacco, o peggio ancora, chiamare i rinforzi.
«Bene! E questa è fatta!» sbottò soddisfatto Shikamaru.
«Per fortuna che li abbiamo presi tutti.» commentò Shino.
Una volta che i ninja della Radice furono messi a nanna, i quattro si occuparono di nasconderli in modo tale che nessuno li trovasse, prima della loro partenza verso il paese del Ferro. Non appena conclusero anche quella mansione, i ragazzi si avviarono verso la zona abitata del villaggio con naturalezza, senza dare nell’occhio.
Solo Sai sembrava avesse qualcosa che non andava e non era nemmeno difficile risalire alla causa. Sai si era appena ribellato agli ordini di Danzo e di conseguenza aveva appena tradito ufficialmente la Radice e a tutto in quello collegato a essa. Non appena sarebbe venuta fuori questa voce, sarebbe stato punito con la morte; eppure a Sai sembrava non importare affatto: per la prima volta in vita sua si era sentito finalmente padrone del suo destino.
Shikamaru notò che ci fosse qualcosa che non andava nel pittore e lo richiamò a sé.
«Ehi. È tutto ok?» domandò.
Sai gli sorrise e proseguì assieme al resto del gruppo.
«Sì. Credo che sia ora di voltare pagina e credere nei vostri ideali.» rispose contento il pittore.
Shikamaru fu contento di sentire quelle parole, poi però si ricordò della follia in cui stavano per buttarsi a capofitto e divenne serio.
«Comunque stavo pensando a una cosa, Sai.» proruppe il genio.
L’attenzione generale era tutta rivolta verso quello che aveva da dire.
«Vorrei che tenessi d’occhio Sakura. In questo momento è la persona meno credibile che conosca e non vorrei che faccia pazzie.» disse il Nara.
Gli altri non potevano che non essere d’accordo.
«In pratica stai dicendo che dovremmo uccidere Sasuke ancor prima che si avvicini a noi.» rivelò Sai.
Era proprio così. L’unico modo per evitare che Sasuke non causasse altri problemi e che non portasse la Foglia a una guerra inutile con la Nuvola era quello di fermarlo, tramite la morte. Nessuna parola poteva sortire l’effetto sperato con l’inarrestabile Uchiha, potesse questa provenire dalla persona più importante della sua vita.
«Agli altri questa cosa non piacerà.» commentò serioso Neji.
«Se la dovranno far piacere. – ribatté Shikamaru. Soprattutto Sakura e Ino dovranno comprendere che arrivati a questo punto, non vi è altra scelta.»
Con tutta probabilità, molti di loro non si sarebbero parlati più, qualora lo scopo ordito da Shikamaru si fosse compiuto, facendo così realizzare l’omicidio di Sasuke; un piccolo sacrificio per un benefico futuro.
«E comunque!» disse Neji nel bel mezzo della discussione.
L’attenzione dei restanti tre presenti si era tutta veicolata sullo Hyūga.
«Non appena Lee, Chouji e Kiba ci raggiungeranno, ho da farvi un discorsetto su una persona che deve essere considerata off-limits per voi!»
Neji non si era affatto dimenticato della discussione precedente che aveva per oggetto la cugina e ci teneva molto a mettere in chiaro alcuni punti importanti. Da lì in poco i suoi amici avrebbero compreso che mai e poi mai si doveva coinvolgere Hinata in argomenti piccanti, sia se Neji fosse stato presente, sia in caso contrario.
 
 
*

 
Più la meta sembrava vicina, più Naruto si rendeva conto del madornale errore che aveva fatto a partire con un abbigliamento così povero, verso il paese dal clima più duro che avesse mai visitato. Essendosene reso conto troppo tardi, però, non voleva comunicarlo alla sua squadra per non fare brutta figura con i suoi allievi, dunque aveva adottato una vecchia tecnica di riscaldamento che operava durante le missioni con Itachi e Kisame. Considerando la presenza del chakra della volpe dentro il suo corpo e del controllo di cui poteva assumere, Naruto sapeva con certezza che il chakra della volpe era affine all’elemento fuoco, per tanto era solito farsi prestare una piccola parte di chakra dal demone per riscaldarsi in pochi istanti.
«Tutto bene, Naruto?» domandò all’improvviso il maestro Kakashi.
«Mai stato meglio.» rispose lui con indifferenza.
«Ma quando arriviamo, maestro? Sto iniziando a stancarmi di tutto questo correre e saltare!» sbottò improvvisamente la squillante Rina.
«Manca davvero poco.» rispose Naruto placido.
«Guardi che lo avevo chiesto al maestro Kakashi, non a lei.» aveva replicato Rina.
Un commento che fece deprimere moltissimo l’Uzumaki, il quale venne sostenuto da commenti di conforto da parte dei restanti allievi e da una risata in sottofondo prodotta dalla stessa Rina.
«Parlando seriamente, maestro. – disse Naruto. Lei lo sa dove si trova il posto in cui si incontreranno i Kage, oppure dobbiamo provare a percepirli?»
Kakashi fece segnale alla squadra di osservare verso l’orizzonte. In lontananza si intravedeva una grossa montagna dalla forma alquanto singolare. Tre incavature profonde dall’aria sinistra sotto le quali erano situate delle enormi abitazioni interrate che, secondo il giudizio dei viaggiatori, dava l’aria di una zona militare ad alta sicurezza, addirittura più protetta dei villaggi ninja. Quella era la patria dei duri samurai.
«È laggiù?» domandò Naruto.
«La chiamano la valle dei tre lupi. È laggiù che vivono i samurai ed è sempre lì che si sono sempre svolti i summit fra i cinque Kage, proprio perché è reputata come una zona al difuori della giurisdizione ninja. Infatti in questo paese non ci sono shinobi; solo samurai.»
La spiegazione del maestro Kakashi fu abbastanza esaustiva per il momento e anche sintetica, poiché erano state omesse moltissime vicende che erano avvenute, durante gli anni passati e che avevano visto samurai e ninja come nemici su due fronti opposti. Se quelle terre potessero parlare, racconterebbero storie infinite di massacri e che un tempo la neve di quelle terre era più rossa che bianca.
«Certo che ne sa di cose, maestro.» commentò Rina.
La ragazzina fissava l’argenteo shinobi con ammirazione assoluta e ciò dette molto fastidio a Naruto, poiché si sentiva come in competizione con il suo maestro, per mostrare ai suoi tre allievi chi fosse il più fico.
Lo sviluppo degli eventi fu questa volta di sostegno all’Uzumaki, il quale aveva appunto approfittato del momento per emettere un rapido segnale al gruppo e scendere nella foresta a loro sottostante per nascondersi.
«Che succede, maestro?» domandò Masato, mentre si nascondeva dentro un cespuglio bianco.
«Di fronte a noi ci sono diverse pattuglie di guardia.» rispose rapido Naruto.
L’Uzumaki stava utilizzando la sua dote naturale che lo rendeva in grado di percepire il chakra degli altri entro un certo raggio d’azione. Un’abilità che aveva potenziato in tempi recenti, ma che rendeva di più quando entrava in modalità eremitica, poiché lo rendeva in grado di estendere quell’abilità su un’intera nazione.
«In quanti sono, maestro?» chiese Koichi in quel momento.
«Uhm, non saprei dire. Parecchi sicuramente. Ci sono molti chakra in giro e tutti di natura e potenza molto differenti.» spiegò l’Uzumaki.
Subito il maestro Kakashi intervenne prontamente per assistere l’allievo alla confusione regnante nella sua mente.
«Sai usare la percezione terrestre? Il maestro Jiraiya dovrebbe avertela insegnata.»
L’allievo annuì.
«Sì. Ho visto che anche lei l’ha usata in qualche nostra missione. Ma comunque penso che dovremmo pensare a rintracciare l’ubicazione dei cinque Kage.»
Kakashi si lasciò sfuggire un piccolo ghigno, il quale ovviamente non poteva essere visto dagli altri e che quindi nessuno poteva captare il suo orgoglio covato nei confronti dello studente.
«Allora facciamo così. – propose l’uomo. Usiamo la moltiplicazione del corpo e lasciamo che i nostri cloni distolgano l’attenzione delle pattuglie, così ci possiamo infiltrare nella magione dei samurai.»
«Sono d’accordo.» replicò Naruto.
Successivamente a Naruto venne in mente un ottimo modo per mettersi in luce con i suoi allievi. Lui aveva già trovato i cinque Kage, però voleva che quella missione fosse anche abbastanza educativa per i suoi tre discenti, per tanto chiamò Rina e le chiese di aiutarlo a trovare i Kage; difatti anche Rina era un ninja sensoriale.
«Ci provo.» disse placida la ragazza.
Stava per mettere in pratica l’abilità per cui il maestro Naruto l’aveva sempre allenata e lo stava facendo proprio di fronte al grandioso maestro Kakashi; non poteva assolutamente fallire e fare una brutta figura. Dunque Rina si mise subito a lavoro per rintracciare il loro obiettivo, ma lì per lì si rese conto di quanto fosse difficile rintracciare e suddividere ogni chakra l’uno dall’altro. Quando però Rina giunse a percepire il chakra dei cinque Kage che erano appena arrivati, tutto cambiò istantaneamente; quei cinque chakra erano perfettamente distinguibili dagli altri.
«Li hai trovati?» domandò Masato ansioso.
Naruto fissava con attenzione la ragazzina. Aveva notato dalla sua espressione che era riuscita nello scopo ed era rimasta totalmente allibita da tutto quello che aveva rintracciato.
Rina afferrò istintivamente il braccio del maestro Naruto per avere un sostegno in grado da reggere la pressione di quei chakra. Naruto apprezzò molto questo gesto.
«Che chakra mastodontici… - proruppe Rina titubante. Sono questi i cinque Kage?»
«Sono tutti e cinque?» chiese Naruto.
Rina annuì. Era ancora incredula per quello che stava percependo, poiché quei chakra, se comparati con quelli del maestro Naruto e del maestro Kakashi erano addirittura più intensi e potenti.
«Sì. C’è n’è uno che è molto simile a quello del maestro Naruto, un altro invece che ha qualche similarità con il maestro Kakashi… Che significa?»
Naruto e Kakashi si scambiarono uno sguardo. Entrambi compresero di chi poteva trattarsi: uno era sicuramente Gaara, poiché era stato una forza portante con Naruto; l’altro doveva trattarsi di Danzo, poiché in possesso di uno sharingan come Kakashi.
«E poi…» proruppe Rina preoccupata.
«Poi cosa? Che c’è ancora?» domandò ansioso Masato.
«C’è un tizio che ha un chakra mastodontico e intenso. Ma davvero esistono persone del genere?» commentò preoccupata la ragazzina.
Anche Naruto era rimasto molto colpito da quell’enorme fonte di chakra, la quale era perfettamente comparabile a quella di una bestia codata ed era molto curioso di sapere di chi si trattasse. Che razza di abominio era quel Kage in possesso di un chakra del genere.
«Deve trattarsi del Raikage.» avvisò il maestro Kakashi.
A Naruto venne l’istinto di sogghignare; quella missione si stava rivelando essere estremamente interessante, poiché lo stava mettendo in contatto con i grandi del mondo ninja e contro i quali vi era possibile mettersi contro.
Al contrario, i tre ragazzini invece sembravano molto preoccupati del fatto di mettersi contro dei ninja tanto potenti e per tanto non erano molto contenti di avventurarsi in quel grande edificio, tuttavia la loro fiducia nei confronti del maestro Naruto li convinceva del fatto che quest’ultimo non li avrebbe mai portati in un posto che reputava al di sopra delle loro capacità.
«Quando ci muoviamo, maestro?» chiese ansioso Koichi.
«Non avere fretta, Koichi. Prima dobbiamo infiltrarci in quel posto e dobbiamo essere efficienti al massimo per non farci scoprire. – spiegò Naruto. Ricordate le missioni fatte in precedenza? Qui dovrete dare il massimo.»
«Ricevuto!» dissero i tre ragazzi all’unisono.
Naruto fu molto soddisfatto dalla reazione avuta dagli allievi. In quel momento però si accorse di un particolare che fino a quel momento gli era sfuggito e non riusciva a capire come fosse stato possibile. La sua espressione cambiò all’improvviso e ciò non sfuggì a nessuno dei presenti.
«Maestro?» chiamò Masato.
Naruto non dette alcuna risposta. Il ragazzo si era limitato esclusivamente ad avanzare verso le pendici di un albero, in modo tale da avere una visibilità superiore del luogo, sempre comunque prestando attenzione a non farsi individuare; ciò che aveva percepito non arrancava alcun margine di errore.
Quando Naruto scese dalla sua postazione, si avvicinò al maestro Kakashi con espressione cupa e gli rilevò quanto appena scoperto.
«C’è anche Sasuke.» notificò Naruto.
In seguito a quella rivelazione, Kakashi non riuscì a nascondere il suo stupore.
«Che cosa? Perché è qui?»
«Non è ho idea. Ma c’è anche Zetsu con lui, quindi penso sia qui per conto di Madara.» replicò Naruto.
«Questo non l’avevo previsto. Chissà che cosa sarà venuto a fare qui. Magari vuole colpire uno dei Kage.» ipotizzò il maestro Kakashi.
«Lei crede?» domandò perplesso Naruto.
Ma chi? E perché? Sasuke non aveva alcun motivo per prendersela con uno dei cinque Kage, ma probabilmente Madara sì e forse Sasuke stava agendo proprio per conto suo.
«Che facciamo, maestro?» domandò Naruto.
«Andiamo avanti e cerchiamo di non ingaggiare alcuna lotta con loro. Tuttavia tieni Sasuke sempre d’occhio.» disse Kakashi.
Maestro e allievo decisero dunque di seguire quella linea e di avventurarsi verso la reggia dei samurai. Prima di tutto usarono i cloni d’ombra per raggirare i samurai, in modo tale da intrufolarsi dentro l’edificio. I tre ragazzini li seguirono a ruota.
«Chi è Sasuke?» domandò incuriosita Rina, mentre che la squadra correva verso la meta.
Dapprima i due membri della squadra 7 non dettero una risposta e questo Rina non lo accettò, poiché troppo incuriosita da quell’individuo che aveva dato così tanto pensare ai due maestri. Così Rina ripeté nuovamente la domanda.
«Lascia perdere, Rina.» disse Koichi al suo fianco.
«Cazzo quanto sei perbenista, Koichi! E smettila per una buona volta!» ribatté infastidita la ragazza.
«Sta’ zitta, Rina!» la richiamò il maestro Naruto.
Il tono utilizzato dal mentore non voleva ammettere alcuna risposta e Rina lo aveva capito al volo e per questa ragione si era rapidamente zittita, sebbene con qualche reticenza per essere stata ripresa in quel modo tanto severo che l’aveva fatta vergognare di se stessa e della sua boccaccia che alle volte non riusciva a tenere a freno.
Naruto lanciò un’occhiata languida all’allieva e un poco gli dispiacque essersi comportato in quel modo, ma allo stesso tempo comprendeva di doversi obbligatoriamente comportare così per marcare la sua autorità; proprio come faceva il maestro Kakashi ai tempi di quando era un genin con Sasuke e Sakura.
Il maestro Kakashi aveva notato la perplessità dell’allievo e si era intromesso per risolvere il pericoloso silenzio che si era andato a creare. Per tanto decise di raccontare ai tre qualcosa in più di Sasuke; dovette comunque ammettere che con il tempo si stava un poco ammorbidendo.
«Sasuke faceva parte della mia squadra. Era anche compagno con Naruto e con una ragazza e fa parte del clan Uchiha, per tanto possiede lo sharingan, come me.» spiegò Kakashi ai tre ragazzini.
«Questo tizio è forte quanto il maestro?» domandò Masato a freddo.
Naruto emise un rantolo. La sola prospettiva di sentirsi inferiore a Sasuke creava una sorta di fastidio allo stomaco che egli stesso non riusciva a sopportare.
«Gli piacerebbe a quell’emo di merda.» ribatté l’Uzumaki.
Tale commento lasciò l’ilarità di Rina e di Masato, tanto che si lasciarono andare a una piccola risata, la quale venne subito annegata, non appena il gruppo si infiltrò nell’edificio, entrando da una vetrata presente nel tetto.
Prima di passare alla seconda fase dell’operazione, il maestro Kakashi richiamò a se il gruppo, al fine di dare le ultime e dovute raccomandazioni sul comportamento da seguire da quel momento in poi.
«Bene, ragazzi. Vediamo di mettere da parte gli scherzi e di iniziare a lavorare. – proruppe l’argenteo. Da questo momento in poi dovrete stare attaccati a me e a Naruto per tutto il tempo. Seguite i nostri ordini e non fissate mai negli occhi né Danzo, tantomeno Sasuke. È tutto chiaro?»
I tre ragazzini annuirono, seri più che mai e attenti a ogni parola che usciva dalla bocca dei due ninja più esperti.
Anche Naruto volle aggiungere qualcos’altro che i tre allievi avrebbero dovuto scriversi sulla fronte e non rimuovere mai dalla mente.
«So che siete preoccupati per la presenza dei cinque Kage. Loro sono forti, anche più di me e del maestro Kakashi, ma è proprio per questo motivo che ho voluto che veniste anche voi. Ho bisogno di qualcuno che ci spalleggi, qualora dovessimo ingaggiare battaglia con uno o più dei Kage e io mi fido solo di voi. So che anche voi siete forti.»
Per Koichi, Rina e Masato fu molto gratificante sentirsi dire quelle cose dal loro insegnante, poiché significava che il loro mentore li aveva finalmente riconosciuti come veri ninja. In quel momento i tre ragazzini giurarono che avrebbero fatto di tutto per non deludere le aspettative del maestro Naruto Uzumaki.



L'angolo dell'autore
Ci siamo ragazze e ragazzi. Ho impiegato molto tempo per aggiornare, ma alla fine ci sono riuscito e direi che possiamo affermare che dal prossimo capitolo le acque cominceranno a scaldarsi e spero che non vogliate perdervelo. Detto questo vi ringrazio per aver letto e vi prego di lasciare un commento sulle vostre impressioni. Alla prossima!


Anticipazioni

«Nobile Hokage, potrebbe gentilmente mostrare il suo occhio destro ai presenti?»
«Che cosa sta succedendo, Ao?»
«L'occhio dell'Hokage presenta una colorazione differente del suo chakra. Con il mio byakugan sono in grado di vederlo e posso anche affermare che quello è l'occhio di Shisui Uchiha!»


Il Summit Dei Cinque Kage

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Capitolo 13
*** IL SUMMIT DEI CINQUE KAGE ***


Il manga è finito, miei cari! Impressioni personali? Un finale che mi ha lasciato l’amaro in bocca e un peso allo stomaco per essermi reso conto che Naruto è finalmente finito. Un bene? Un Male? Diavolo, no! È un cavolo di male, perché non avrò più quel brivido alla settimana per l’attesa del capitolo e non solo, piano piano anche le ff su Naruto andranno ad affievolirsi e ciò mi rattrista molto, non perché Naruto non abbia avuto il successo che meriti, ma perché, sebbene uno riconosce che sono passati 15 anni dal primo capitolo, ci si rende conto che un amico se n’è andato via e che forse non era ancora giunto il momento di lasciarlo. Che cosa fare adesso? Personalmente continuerò a sognare e seguirò altri manga, anche se Naruto rimarrà insostituibile, poi attenderò la Primavera per questa mini serie e seguirò l’anime. E voi? Che impressioni avete? Che cosa farete adesso? Fatemelo sapere.
Intanto continuiamo con questo capitolo. Il summit dei Cinque Kage comincia!
Questo capitolo sarà molto influenzato dai miei studi geopolitici, per tanto in qualche punto sarà un poco tecnico, ma questo solo perché vorrei mostrarvi quale sia la mia idea della mansione di Kage e dei dissidi politici che si annidano fra le terre ninja e che, in un modo o nell'altro, sono altrettanto simili ai nostri.
E poi? L’inferno! Si combatte di nuovo!
Ora iniziamo. Buona Lettura!





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Tensioni Crescenti Fra i Cinque Kage. La Goccia Che Fa Traboccare Il Vaso.


Il samurai. Il militare di alto rango che serviva fedelmente il suo signore, fino alla morte e che preservava l’onore della propria virtù e dell’appartenenza sociale, anche a costo di auto annientarsi fra fendenti e punizioni corporali. Il samurai seguiva il Bushido, ovvero la sua via del guerriero, per egli non esisteva niente più importante di tale codice e una singola violazione comportava un’onta indelebile nell’onore del samurai e della sua famiglia per generazioni. Da sempre, il samurai si era sempre scontrato con la figura del ninja e sempre contro tale categoria, si era opposto, fino alla distruzione totale.
Anticamente i samurai costituivano il corpo militare d’élite delle nazioni e ne regolavano il precario equilibrio, soprattutto durante le prime guerre fra gli shinobi. Con l’avanzare degli anni, questo corpo militare, troppo ancorato alle tradizioni e alla purezza della propria tecnica di lotta, venne lentamente oscurato dall’innovativo impiego militare del chakra dei ninja, giudicato e riconosciuto superiore, rispetto al semplice fendente di spada caricato dal chakra. Lentamente i samurai vennero accantonati, i loro eserciti dimezzati per la moltitudine di soldati morti sotto i colpi dei ninja o di Seppuku, e i ninja li sostituirono anche nella protezione delle nazioni, tramite la fondazione dei villaggi.
Il samurai non attaccava mai alle spalle, non si nascondeva, né utilizzava armi nascoste o sotterfugi per confondere l’avversario; il samurai si affidava alla propria bravura nell’uso della spada e alla propria velocità. Ninja e Samurai erano due fronti diametralmente opposti, eppure sebbene i ninja possedessero una maggiore potenza militare, ai samurai rimaneva qualcosa che li rendeva speciali e di cui mai le nazioni emergenti dopo la Prima Guerra Mondiale Ninja, avrebbero potuto fare a meno: l’onore.  Nonostante fossero stati dimezzati e accantonati, ai samurai restava quel senso dell’onore che non accennava a vacillare, anzi li aveva accorpati in un’unica società di guerrieri in una terra dura come il loro carattere, ovvero il paese del Ferro; il ferro della loro spada e il gelido della rapidità dell’affilata lama che scorreva fra le carni e le ossa del nemico.
Fermare la lunga faida fra ninja e samurai non fu un compito facile. Il Primo Hokage, assieme al suo consigliere, aveva iniziato una campagna a favore di una pace duratura fra ninja e samurai e dopo molto impegno, questi era riuscito a convincere gli altri Kage e il leader dei samurai ad incontrarsi, al fine di raggiungere un accordo pacifico. Da quell’incontro si era pattuito che ai samurai veniva data la giurisdizione di muoversi in tutte le terre, inoltre ai ninja era vietato introdursi nel paese del Ferro, previa autorizzazione da parte dei samurai. Infine, il paese dei samurai venne dichiarato un paese neutrale, al quale veniva dato il diritto di fare leva su questioni inerenti il mondo dei ninja, per tanto, fin dal primo summit fra i Kage, il capo dei samurai aveva il potere di rendere legittime le decisioni prese dai Kage stessi.
Il summit dei Kage che avrebbe preso luogo fra qualche ora, sarebbe stato lo specchio degli equilibri odierni del mondo ninja e delle future decisioni che i Kage e il leader del samurai avrebbero concordato.
Mifune era l’attuale capo del samurai. Un uomo duro, veterano di tante dure battaglie, temuto e rispettato dai suoi uomini, ma soprattutto dai suoi nemici. Nonostante l’età, Mifune continuava a impersonare l’esempio massimo del samurai fiero e orgoglioso, dalla potenza impressionante e dal terrore che la sua spada poteva suscitare nel nemico. Ogni Kage riconosceva il suo valore e per questo si fidavano del suo saggio giudizio, poiché rappresentante della parte neutrale della politica mondiale e fautore delle decisioni più importanti prese durante i summit.
I Kage erano appena giunti a destinazione dai rispettivi villaggi e avrebbero preso parte al summit nel pomeriggio, in modo così che si riposassero dopo il lungo viaggio e si riparassero dal freddo. La procedura prevedeva che i leader ninja pranzassero assieme al capo dei samurai, mentre le guardie del corpo avrebbero fatto cameratismo con i gli altri samurai; durante il pranzo era assolutamente vietato di questioni di stato.
Durante il pasto, Gaara non faceva altro che lanciare rapide occhiate ai suoi fratelli, seduti in mezzo a un gruppo di pacati samurai che continuavano a fissarli torbidi, in quanto appartenenti a un ordine che odiavano ancora molto, nonostante la pace duratura fra i due ordini militari.
«Allora, nobile Kazekage. Mi permette di chiederle quanti anni ha?» domandò la Mizukage all’improvviso.
«Diciotto.» rispose languido Gaara.
«Devi essere fiero di te stesso, Kazekage. – si era intromesso il Raikage. Sono pochi gli shinobi che possono vantarsi di raggiungere questo rango alla tua giovane età.»
«Mi ricordo ancora quando sono diventato Tsuchikage. Avevo solo vent’anni e mi sentivo in grado di spaccare il mondo.» proruppe lo Tsuchikage sogghignante.
Un commento che lasciò spaccare al Raikage un’immediata cinica risposta.
«Allora erano ere fa, vecchia ciabatta.»
Onoki non era certo uno che lasciava correre agli insulti, specie se questi provenivano da uno suo pari, ma quella volta decise di tenere a freno la lingua.
«Sarà anche vero, ma ai tempi ho fatto sempre più cose di quante ne abbia fatte tu fino ad ora come Raikage.»
A differenza dello Tsuchikage, il Raikage non era certo una persona che si tirava indietro alle provocazioni.
«Che cos’hai detto, vecchio?!»
Nemmeno il tempo per iniziare una conversazione civile, che già gli animi gli erano scaldati e quindi era necessario l’intervento di un mediatore, al fine di rendere, almeno il pranzo, più che sopportabile; questo era il compito del leader dei samurai.
«Onorevole Raikage, la prego per cortesia di calmarsi e di lasciare queste questioni al difuori di questa conversazione.» intervenne Mifune.
Il Raikage grugnì sotto i baffi e si sedette placido al suo posto, senza più dare uno sguardo allo Tsuchikage.  Il tempo delle discussioni sarebbe avvenuto molto presto e questo di certo era un ulteriore incentivo per tutti i Kage di starsene tranquilli fino a quel momento.
Il pranzo terminò dopo una mezz’ora, i ninja vennero fatti accomodare in una sala conferenze enorme, nel quale erano disposte delle tribune, coperte da lunghi arazzi recanti il simbolo di ciascuna delle grandi potenze ninja; in quegli spalti andarono a sedersi le guardie del corpo dei capi di stato. Sotto vi erano cinque sedie attorno a un tavolo a mezzaluna, sul quale ogni Kage andò a sedersi; di fronte ai Kage vi era una postazione più piccola, sulla quale andò a sedervi Mifune, accompagnato dai suoi due uomini più fidati.
Tutto era pronto affinché il summit dei cinque Kage avesse inizio. Mifune aprì le danze.
«Molto bene. Da questo momento in poi, il tredicesimo summit dei cinque Kage può dare inizio. Io sono Mifune e sarò il mediatore di questo incontro. –introdusse il samurai. Prego, potete iniziare a discutere.»
Le luci della stanza vennero fatte spegnere, dando spazio a dei fari dalla luce soffusa che illuminava con una luce conica ognuno dei Kage.
«Parlo io, se nessuno ha nulla da obiettare.» proruppe Gaara, infrangendo il silenzio.
Una presa di posizione che dette molto fastidio allo Tsuchikage, il quale non aveva esitato nemmeno un attimo a interrompere il giovane collega.
«Certamente i tempi sono molto cambiati se un novellino decidere di assumere un tono tanto autoritario al suo primo incontro diplomatico. Tuo padre, Razai, non ti ha educato alla diplomazia, giovane Kazekage?» sbottò Onoki.
Gaara rifletté a lungo su come rispondere a tono, senza risultare offensivo al pari livello del vecchio Kage. Aveva sentito degli schiamazzi provenienti dalle sue spalle, probabilmente doveva trattarsi di suo fratello Kankuro che si stava scaldando dalle parole enunciate dallo Tsuchikage.
«Mio padre aveva l’unico progetto di uccidermi, quando ne aveva l’occasione, ma questo penso che non interessi a nessuno. La mia è solo una richiesta di parlare in quanto Kazekage, dato che tutte le missive che vi ho inviato le avete buttate, senza nemmeno leggerle. Solo il precedente Hokage ha prestato attenzione alle mie richieste, ma non è stato sufficiente per instaurare un dialogo con tutti voi.»
A seguito di quella risposta, lo Tsuchikage ghignò divertito.
«Beh, di sicuro sai come rispondere a tono, Kazekage.» ribatté il vecchio.
Il battibecco fra il giovane e il vecchio Kage poteva andare avanti a lungo, se solo non fosse intervenuta la Mizukage, al fine di dirigere la discussione verso il fulcro della loro presenza in quel luogo.
«Per cortesia, lord Tsuchikage. Lasci che il nobile Kazekage si esprima, senza interromperlo.» esortò lei.
Onoki non proferì più, dando così a Gaara la possibilità di dire ciò che voleva esprimere a tutti i suoi colleghi.
«Io ero una forza portante, per tanto so benissimo quanto sia pericolosa l’Akatsuki, ovvero il motivo per cui siamo stati convocati tutti qui. Molte volte avevo fatto leva a tutti voi per poterci incontrare ed eliminare questa minaccia, prima che il fenomeno si espandesse a livello mondiale, ma voi mi avete ignorato e avete lasciato che le vostre forze portanti venissero catturate.»
La risposta della Mizukage fu la prima a dare un punto di vista alla lamentela appena esplicata dal capo del villaggio della Sabbia.
«Lo devo ammettere. In qualità di Mizukage non ho agito in tempo e non abbiamo preso seriamente la perdita delle nostre forze portanti. Diciamo che abbiamo avuto molti problemi interni che ci hanno tenuto lontano dalla politica esterna.»
A quella risposta, si aggiunse il commento del vecchio Tsuchikage.
«Le cinque grandi terre che perdono le loro forze portanti. Che vergogna! – sbottò l’anziano. Hai idea di quanto sia disonorevole ammettere di questa perdita? È ovvio che ogni villaggio vuole risolvere questo problema per conto suo, senza far sapere agli altri che il proprio potere militare vacilli!»
«Onore e salvare le apparenze. Questi sono concetti fin troppo obsoleti a cui pensare.» ribatté secco il Kazekage.
Un commento che dette molto fastidio allo Tsuchikage, tanto che aveva deciso di legarsela al dito e di farla pagare al Kazekage per tanta impudenza.
Intanto la Mizukage continuava ad argomentare, ascoltata dal resto dei presenti.
«Resta il fatto che preparare una forza portante al combattimento non è una cosa facile e ciò richiede molto tempo.»
«La forza portante e la bestia codata devono crescere in simbiosi e ci vuole tempo. – aggiunse Onoki. Questi due elementi costituiscono l’ago della bilancia fra gli stati. Lei lo sa fin troppo bene, non è vero, Kazekage?»
Gaara non si espresse, ma dal canto suo poteva affermare che lo Tsuchikage, in un modo o nell’altro, sembrava manifestare uno strano rapporto fra interesse e antipatia nei suoi confronti e non ne riusciva a capirne il motivo.
Nel frattempo il Reggente Sesto Hokage prese parola.
«Anche se non ci fosse una forza portante, poche sono le persone che sono in grado di controllare le bestie codate. – dichiarò Danzo con la sua solita calma. Il Primo Hokage, Madara Uchiha, il Quarto Mizukage, Yagura e il fratello del Raikage, Killer B. Loro sono gli unici in grado di domare le bestie codate.»
Non appena il Raikage sentì pronunciare il nome del fratello, fu come se si innestò una bomba a orologeria che scattò imperversa nella stanza. Le guardie del corpo captarono all’istante dell’imminente disastro e balzarono fuori dalle loro postazioni, proprio nello stesso istante in cui il Raikage non dette un poderoso pugno sul possente tavolo in cui era seduto.
«Diamoci un taglio con tutte queste stronzate!»
Le guardie del corpo di ogni Kage stavano proteggendo i loro superiori e puntavano le loro armi gli uni contro gli altri, attendendo il minimo movimento nemico per attaccar e far finire tutto l’incontro a una carneficina.
Fu necessario l’intervento di Mifune, al fine di sedare gli animi degli irrequieti shinobi.
«Vi prego di darvi una calmata, tutti quanti. Questo è un luogo di discussione. Lasciamo che rimanga tale.» dichiarò il pacato samurai.
I Kage seguirono il consiglio del loro mediatore e ordinarono di conseguenza ai loro sottoposti di ritirarsi, al fine di poter riprendere a parlare in maniera pacifica fra di loro; o almeno a provarci.
Il Raikage si lasciò cadere sulla sua poltrona e dette il via alla sua serie di accuse; in fondo era stato lui ad aprire un summit fra i Kage e quindi era finalmente giunto il momento di svelare le sue carte.
«Foglia, Sabbia, Roccia e Nuvola. Da ognuno di questi villaggi sono giunti dei pericolosi criminali che si sono uniti ad Akatsuki e che voi non avete ucciso per impedirlo. Questo è un dato di fatto!» iniziò il Raikage, autoritario.
Il silenzio dilagava nella stanza. Tutti pendevano dalle labbra del rude Raikage, il quale continuò con il suo discorso.
«È anche inutile che proviate a negarlo! – continuò l’omone. Abbiamo indagato e scoperto che alcuni di voi e dei vostri predecessori avete usato parecchie volte Akatsuki nelle vostre guerre, persino durante l’ultima Grande Guerra.»
Danzo e Onoki ebbero un fremito lungo la schiena; era chiarissimo che il Raikage stava parlando soprattutto di loro, anche perché la Mizukage sembrava assente, mentre il Kazekage, a seguito di quanto udivo, parve mostrarsi come un pesce fuor d’acqua.
«Che cosa intende per “usare Akatsuki”?» domandò Gaara.
Il Kazekage non poteva credere veramente che i colleghi lì presenti si fossero avvalsi dell’ausilio di quei criminali, al fine di esaudire i loro scopi.
«Mettiamo le cose in chiaro. – aveva continuato il Raikage. Io non mi fido di nessuno di voi, ho organizzato questo incontro, solo per capire che cosa stavate macchinando.»
«Un attimo! Io non ne so nulla.» proruppe Gaara.
Voleva veramente sapere della questione di Akatsuki.
«Sei il Kazekage e non ne sei stato informato?! –tuonò il Raikage. Perché non vai a chiedere agli anziani del tuo villaggio, quando farai ritorno? Voi della Sabbia avete usato Akatsuki fin troppe volte!»
Gaara era sconvolto. Ciò che aveva scoperto andava oltre i limiti dell’impossibile e sgomento pensava agli anziani del suo villaggio e a ciò che avevano fatto sotto il suo naso.
Toccò quindi allo Tsuchikage informare il suo giovane collega sull’andamento dei tempi.
«Le Cinque Grandi Terre si stanno lentamente avviando verso un lungo periodo di pace e stabilità. Il disarmo sta per avere luogo e le nazioni non vogliono più spendere ingenti somme di denaro in un esercito che non serve. Ma non lo fanno e c’è un motivo. – spiegò lo Tsuchikage. Che cosa accadesse se scoppiasse una guerra all’improvviso? Se si mandassero dei ninja impreparati e senza esperienza in battaglia, allora la sconfitta è assicurata.»
«Quindi… -completò Gaara. Una delle soluzioni per sanare questa perdita di denaro è quella di usare mercenari altamente specializzati, come Akatsuki.»
Lo Tsuchikage annuì, poi riprese a spiegare.
«Proprio come con il discorso con le forze portanti, serve molto tempo e denaro per formare shinobi preparati. Akatsuki si presentava come un’organizzazione di professionisti della guerra che si facevano pagare a prezzi stracciati e portavano a compimento i loro compiti in maniera sbalorditiva.»
«Stai parlando seriamente, Tsuchikage?!» tuonò il Raikage, schifato.
Lo Tsuchikage emise un grugnito infastidito, mentre veniva sostituito nel discorso dall’irruente Raikage.
«Sappiamo che la Sabbia, ad esempio, ha ricorso all’Akatsuki per distruggere Konoha. Tuttavia non è ancora certo se Orochimaru fosse ancora membro dell’organizzazione, ma in quello scontro abbiamo perso il Terzo Hokage e il Quarto Kazekage. Ciò nonostante, è da stolti non credere che ci fosse qualcuno dall’interno che fosse dietro a questo attacco.»
Lo sguardo del Raikage si spostò su Danzo. Il capo della Nuvola era convito al cento per cento che dietro alla morte dei due precedenti Kage ci fosse proprio quel vecchio oscuro shinobi dall’aria pacata.
«E non solo! Anche la Roccia ha usufruito di Akatsuki in tempi recenti. – aveva continuato l’omone nero. Mi avete fregato da sotto il naso l’altopiano Kumozan, utilizzando proprio Akatsuki per distruggere il villaggio del Sole.»
«E allora? Ti rode che hai perso quell’importante zona? Col cavolo che l’avrei lasciata a voi della Nuvola!» ribatté secco il vecchio Tsuchikage.
Il Raikage aveva la risposta bella che pronta.
«Ti avrei già dichiarato guerra, vecchio, se solo non ci fosse la Nebbia che si presenta come la nazione più sospetta fra tutti voi! Non avete avuto alcuna relazione diplomatica con gli altri stati e si vocifera persino che Akatsuki sia nata nel vostro paese!»
La Mizukage dunque comprese che era giunto il momento di rilevare ai presenti ciò che il villaggio della Nebbia aveva tentato di nasconder per molto tempo, poiché collegato con il periodo più oscuro della sua storia e che costituiva l’onta più grande alla reputazione di quella nazione.
«Lo sto dicendo per la prima volta. – cominciò la Mizukage. Ma il motivo per cui il nostro paese è stato instabile è dovuto allo strano comportamento del mio predecessore. Reputiamo che il Quarto Mizukage fosse sotto il controllo di qualcuno, prima di venire assassinato da Zabuza Momochi.»
«Siete degli incompetenti!» tuonò ruggente il Raikage.
«Ora tieni a freno la lingua, Raikage!» intervenne furioso lo Tsuchikage.
«Se noi siamo stati costretti a usare Akatsuki è soprattutto perché la Nuvola ha ignorato il disarmo e si è mossa verso l’acquisizione di nuove tecniche! Devo forse ricordarti i vostri rapimenti della forza portante dell’Ennacoda o della principessina degli Hyūga?»
«Che cosa?!» sbottò furibondo l’omone muscoloso, altamente offeso da quelle parole.
Prima che il Raikage e lo Tsuchikage venissero alle mani, Danzo si intromise nel discorso, parlando solo di quello di cui gli interessava parlare.
«Prima che la nostra discussione vada avanti, devo svelarvi una cosa su Akatsuki…» annunciò l’anziano ninja bendato.
«Ovvero?!» domandò il Raikage.
«È molto probabile che dietro questa organizzazione ci sia Madara Uchiha.» dichiarò Danzo.
D’un tratto il tempo sembrò bloccarsi all’improvviso, come se l’uomo, il cui nome era stato pronunciato in maniera tanto vana, fosse addirittura in grado di agire sul corso spazio-tempo, solo per terrorizzare la gente che odiava così tanto. Madara Uchiha, un nome che significava potere e che incuteva timore solo al pronunciarsi di quel nome stesso, il quale metteva in ombra quelli di Shisui, di Itachi e di Sasuke, considerati sicuramente come briciole, se confrontati con il loro grande antenato.
Ogni shinobi conosceva la leggenda del tremendo capostipite degli Uchiha e ne riconosceva l’onnipotenza, proprio perché egli era l’unico essere umano riconosciuto in grado di combattere alla pari con colui che veniva chiamato “Dio degli shinobi”, il Primo Hokage, Hashirama Senju.
«Non dovrebbe essere morto?» domandò Gaara.
Al solo sentire quel nome, persino lo Tsuchikage era impallidito, poiché quando era ancora un genin si era battuto con il tremendo Uchiha ed era sopravvissuto solo per miracolo.
«Se ciò che dici è vero, Danzo, sai benissimo che siamo nei guai. Quell’uomo era un vero mostro e lo sai bene. Anzi, secondo me non era nemmeno umano.» sbottò preoccupato Onoki.
«Purtroppo non conosco ancora i dettagli, ma tutto ciò che so, è vero.» replicò Danzo.
Mifune stesso si era molto impressionato di udire un nome tanto inquietante per qualunque essere vivente. Se le Cinque Grandi terre avrebbero dovuto vedersela con un dio della guerra, allora era necessario prendere misure drastiche, al fine di contrastare tale minaccia.
Mifune si schiarì la voce, dopodiché cercò l’attenzione dei cinque Kage e una volta ricevuta, si volse a esprimere il suo punto di vista.
«Vorrei esprimere l’opinione della nazione neutrale. È chiaro che chiunque sia il leader di Akatsuki, questi abbia capito anche meglio di tutti voi i precari equilibri del mondo ninja, di fatti ne ha approfittato per accrescere il proprio potere. – narrò il capo dei samurai. A questo punto, nemmeno la Nazione del Ferro sarà al sicuro. Ma potrebbe esserci un raggio di speranza, dopotutto è molto raro che i cinque Kage siano riuniti tutti assieme, per tanto vorrei esporvi una mia proposta.»
Tutti i cinque Kage rimasero ad ascoltare con attenzione il saggio mediatore dell’incontro.
«Che ne dice di formare un’alleanza al fine di eliminare l’Akatsuki?» propose Mifune.
Il Raikage fece una smorfia di disgusto.
«Un’alleanza?» ripeté poco convinto.
«Mi sembra un’ottima idea. In questo momento di crisi, la cooperazione internazionale è più che necessaria.» rispose invece Danzo.
Il subdolo Reggente Hokage stava sorridendo sotto i baffi. I suoi piani stavano andando proprio come aveva predetto; se tutto sarebbe filato liscio come l’olio, l’era di Tsunade sarebbe finita in pochi secondi e la sua era avrebbe dato inizio alla supremazia della Foglia su tutte le altre nazioni. Il suo era un progetto molto ambizioso, ma Danzo era pronto a tutto pur di riuscirci.
«Dopo quello che ho visto, lasciare a tutti voi il comando sarebbe deleterio. – continuò Mifune. Per tanto serve definire una catena di comando.»
Certamente ogni Kage voleva assumere il comando e di certo non si sarebbe sottomesso a nessun’altro.
«E chi dovrebbe comandare?» domandò Onoki.
Mifune aveva le sue idee e quando voleva che queste idee divenissero realtà, sapeva benissimo dove fare leva e come esercitare i suoi diritti, sanciti dal trattato di pace fra shinobi e samurai.
«Lasciar decidere a voi, può solo portarci a ulteriori discussioni, per tanto vorrei chiedervi di rispettare l’opinione della nazione neutrale e di seguirne i dettami. A mio parere, l’unica nazione che può ancora dettare legge sulle altre, è la nazione del Fuoco, per tanto propongo l’Hokage come generale supremo dell’esercito alleato.»
Una proposta che lasciò allibiti i restanti Kage, poiché conoscevano bene quanto fosse famigerato il nome di Danzo nel mondo dei ninja, di certo quel vecchio ninja non conservava una buona reputazione e di questo ogni Kage era certo che le dicerie sul suo conto fossero più che vere.
Danzo invece si sentiva al settimo cielo; aveva la vittoria in pugno.
«Se mi verrà concesso questo onore. Accetto questo incarico con piacere.» disse Danzo con calma.
«Ma non esiste assolutamente!» ribatté arcigno lo Tsuchikage.
«Perché proprio lui? – proruppe rabbioso il Raikage. È l’incarnazione dell’oscurità del mondo dei ninja! Non possiamo fidarci di lui!»
«E allora chi?» domandò sospettoso Mifune.
«Il mio villaggio è l’unico a non aver sfornato ninja appartenenti ad Akatsuki! Io sono l’unico che può ricoprire quella carica!» ribatté con forza il Raikage, alzatosi in piedi.
«Mi permetto di dissentire.» ribatté Mifune con calma.
Mifune allora indicò al Raikage il danno che aveva provocato al tavolo qualche istante prima.
«Non è innegabile che potere ed emozioni siano requisiti fondamentali per definire un leader, ma qualcuno come te che si fa prendere dalle emozioni, distruggerà l’esercito alleato, proprio come quel tavolo.» rispose il capo dei samurai.
Mifune non si fermò ancora a quel concetto e si apprestò a esprimere il suo pensiero, dando le dovute motivazioni per la decisione presa.
«Io sto dando solamente un parere da parte della nazione neutrale. – continuò il samurai. Il Kazekage è ancora troppo giovane e molti ancora non lo riconoscono nemmeno come capo villaggio. D’altra parte, lo Tsuchikage è troppo vecchio e ha problemi di mobilità, inoltre ha ricorso Akatsuki fin troppe volte e penso che sia quello di cui fidarsi di meno. C’è anche la Mizukage, le cui azioni sospette potrebbero minare l’unione dell’alleanza, e potrebbero anche balenare delle spie di Akatsuki che agiscano come shinobi della Nebbia.»
Tutto quello che aveva detto Mifune corrispondeva al vero e per tanto, a rigor di logica, l’Hokage era l’unico in grado di poter prendere il comando.
«Io non ho alcuna idea di quello che ha in mente l’Akatsuki. – proseguì Mifune. Ma sicuramente l’uso delle bestie codate sarà rilevante in questa guerra e il fatto che non sia successo ancora nulla, significa che il nemico sta solo attendendo che i tempi siano maturi per agire. La Foglia è l’unico villaggio che ha già eliminato molti dei membri più importanti dell’organizzazione, per questo sono dell’opinione che debba essere l’Hokage a guidare l’alleanza.»
«Io mi rifiuto di far collaborare il mio villaggio in questa alleanza!» tuonò focoso il Raikage.
Di questa opinione erano anche la Mizukage e lo Tsuchikage, i quali stavano addirittura pensando di andarsene via e mandare a quel paese gli altri colleghi.
«Se c’è una cosa di cui mio padre mi ha sempre avvisato è quella di non fidarmi mai dello shinobi chiamato Danzo Shimura e io di certo gli darò retta!» continuò il Raikage. «E inoltre voglio dire le cose che penso! Io sono convito che sia stato Danzo a permettere a Orochimaru di uccidere il Terzo Hokage!»
Danzo non sbatté ciglio su quanto appena rivelato. Le accuse del Raikage, veritiere o meno, non lo toccavano minimamente.
«Non sai di quello di cui stai parlando, Raikage.» ribatté l’oscuro shinobi della Foglia.
«Non prenderci in giro! Sai benissimo di cosa sto parlando!» tuonò di rimando il Raikage.
Mentre i Kage stavano animatamente discutendo fra di loro, dietro le quinte c’era qualcuno che stava osservando dall’oscurità la discussione dei capi di stato e aveva captato che qualcosa non stava andando nella maniera giusta.
Ao stava osservando da qualche tempo il comportamento dell’Hokage e aveva notato dei dettagli che poco lo convincevano. Di conseguenza Ao aveva riscontrato la necessità di controllare meglio, tramite la sua abilità.
«Chojūro. Stai pronto per la battaglia.» sibilò il veterano della Nebbia.
«Eh?» sbottò il ragazzino.
Il giovane spadaccino non ne aveva ancora compreso il motivo, che Ao aveva già attivato il byakugan che teneva coperto dalla benda nell’occhio destro. Aveva ottenuto quell’utilissimo occhio a seguito di un duro scontro con uno Hyūga, nel quale aveva perso l’occhio destro e aveva sottratto l’occhio all’avversario, così da accrescere il suo prestigio personale e del suo villaggio; aveva copiato Kakashi Hatake, che si era trapiantato uno sharingan nell’occhio sinistro e tutto funzionava perfettamente.
Ciò che Ao aveva trovato, in seguito alla sua scansione con il byakugan, lo aveva lasciato allibito sulle condizioni fisiche dell’Hokage, poiché aveva percepito uno strano miscuglio di chakra che lo rendeva quasi un abominio. Di conseguenza Ao non esitò a uscire allo scoperto per fermare il summit.
«Che succede, Ao?» domandò la Mizukage, non appena lo vide sbucare dal nulla.
«Nobile Hokage, potrebbe gentilmente mostrare il suo occhio destro ai presenti?» domandò a bruciapelo l’uomo della Nebbia
«Che cosa sta succedendo?» domandò insistente il Raikage.
«L'occhio dell'Hokage presenta una colorazione differente del suo chakra. Con il mio byakugan sono in grado di vederlo e posso anche affermare che quello è l'occhio di Shisui Uchiha!» spiegò Ao.
«Ti sei trapiantato uno sharingan, Danzo?! E proprio quello di Shisui il Fulmineo addirittura!» tuonò schifato Onoki.
Danzo non proferì alcuna parola. Nonostante fosse stato colto sul fatto, doveva cercare di mantenere la calma e di uscire con la diplomazia da quella scomoda situazione.
«In passato ho combattuto contro Shisui Uchiha e non posso dimenticare il colore emanato dal suo chakra. Egli era l’unico Uchiha a possedere un’arte oculare addirittura superiore a quella di Itachi Uchiha ed era in grado di scagliare una tecnica illusoria contro l’avversario, senza che questi se ne renda conto. – spiegò il veterano della Nebbia. Io sono stato colui che ha scoperto che il Quarto Mizukage era controllato da qualcuno, per tanto vorrei indagare se lei, Hokage, ha qualcosa a che fare anche con questo.»
A seguito di quella spiegazione, un dubbio balenò nella mente dei Kage.
«Dimmi la verità, Hokage. Stai manovrando Mifune con il tuo occhio?» domandò sospettoso il Raikage.
Danzo non rispose. Oramai non poteva più tenerlo nascosto e quindi significava che doveva cambiare i suoi piani, liberandosi degli altri Kage e ottenendo il comando con la forza.
«Bastardo!!» tuonò il Raikage.
Un’azione tanto subdola sarebbe stata considerata come una dichiarazione di guerra e probabilmente l’Hokage non sarebbe uscito vivo da quel posto, a meno che non avesse sconfitto tutti i Kage e i samurai. Lo scontro sembrava imminente, se solo una complicazione non fosse appena giunta, provocando una successione di eventi che nessuno dei presenti avrebbe potuto prevedere.
White Zetsu era appena apparso al centro della stanza, urlando ai quattro venti il suo messaggio.
«Hello!!!»
Subito le guardie del corpo dei rispettivi Kage balzarono sul tavolo, proprio di fronte al loro superiore, in modo da difenderlo propriamente dall’arrivo del misterioso strano nemico.
«Sasuke Uchiha è qui! È venuto per le vostre teste! Chissà dove si trova? Andiamo tutti a cercarlo!!» tuonò White Zetsu.
Tutti i presenti rimasero molto colpiti da quella dichiarazione. Molti avevano già sentito parlare di quel giovane Uchiha che si stava facendo una certa reputazione nei bassifondi. Di certo sapevano che aveva già ucciso Orochimaru e il suo stesso fratello, ma poi che cosa voleva da loro?
«Sasuke?» sbottò Gaara sorpreso.
«Che diavolo ci fa qui quel pazzo?» domandò retorica Temari.
«Un altro Uchiha…» commentò perplessa la Mizukage.
 «Se non sbaglio, è il giovane che ha partecipato alla squadra che ha ucciso Zabuza e Haku.» commentò Ao.
Danzo era quello più preoccupato di tutti da quella dichiarazione. Purtroppo lui poteva bene immaginare del motivo della sua presenza, ma stentava a credere che Itachi avesse rivelato la verità sul massacro del clan Uchiha.
Le sorprese non finirono lì.
All’improvviso Naruto Uzumaki, Kakashi Hatake e tre giovani ninja erano balzati dal tetto e si erano fiondati contro White Zetsu, tagliandogli la testa, ancor prima che potesse dire qualunque cosa al resto dei presenti.
«Naruto?!» tuonò Gaara allibito.
Questa sì che fu un’autentica sorpresa per tutti, soprattutto per Gaara e i suoi fratelli, poiché convinti che Naruto fosse morto e trovarselo di fronte fu un’autentica sorpresa, non solo una gioia. Gaara addirittura si alzò e si era quasi dimenticato del posto in cui si trovava, voleva solo abbracciare il caro amico che pensava di aver perduto.
Kankuro lo bloccò e allora Gaara si ricordò della sua posizione e della situazione corrente.
«Altra gente che compare all’improvviso?! Chi cazzo siete voi?!» tuonò arcigno il Raikage.
Naruto fissava i capi di stato e le loro guardie del corpo, pronte in qualunque momento ad attaccarli al minimo movimento.
«Salve a tutti voi!» esordì Naruto sprezzante.
«Uzumaki Naruto sei ancora vivo dunque!» proruppe Danzo sorpreso.
«Chi è questo ragazzo? – domandò insistente lo Tsuchikage. E perché Kakashi dello Sharingan è qui?»
Proprio in merito a Kakashi, l’uomo non aveva perso tempo ed era sgattaiolato alle spalle di Danzo, puntandogli al collo l’affilata lama di un kunai.
«Un passo falso e per te è finita, Danzo.» sbottò Kakashi.
Le guardie del corpo del Reggente Hokage erano state colte di sorpresa e si erano voltate di scatto verso il superiore che era stato appena preso in ostaggio.
«Lord Danzo!» tuonarono entrambi all’unisono.
«State calmi! Kakashi non farà nulla finché non ci muoveremo.» ordinò l’Hokage con calma.
Tutto questa successione di eventi era avvenuta in maniera così veloce e confusionaria che la maggior parte dei presenti non aveva ancora compreso che cosa stesse succedendo.
«Insomma! Mi volete spiegare che diavolo state combinando?! – tuonò seccato lo Tsuchikage. Perché diavolo stai minacciando il tuo Hokage, ninja copia?»
«Perché questo individuo non è l’Hokage. È solo un uomo che si è fregiato di questo titolo, manipolando il signore feudale, proprio come ha fatto con lord Mifune.» rispose secco il ninja copia.
«Che figlio di puttana!» ringhiò il Raikage
Fu allora che Danzo non riuscì più a trattenersi e a sbroccare in tutta la sua rabbia per quel grave contrattempo.
«Kakashi. Non riesci a comprendere della grave situazione in cui stai mettendo il villaggio. Lascia che risolviamo questa questione fuori da qui.» disse Danzo.
«Così gli puoi fregare il suo sharingan? Non credo proprio, uomo mummia!» intervenne Naruto.
Il volto di Danzo si incupì molto nel fissare la forza portante dell’Ennacoda che si ergeva fiera e sprezzante di fronte a lui.
«Come hai fatto a sopravvivere a Pain, Naruto Uzumaki? Pensavamo tutti che fossi morto, il vederti vivo è una sorpresa. Ma per quale motivo hai insegnato la tua morte?» domandò l’oscuro Danzo.
«Molto semplice, vecchio. – rispose l’Uzumaki. Per tenere a bada te e Madara per qualche tempo.»
«Quindi è vero? – domandò la Mizukage. Madara Uchiha è il leader di Akatsuki?»
Naruto annuì. Dalla espressione della Mizukage poteva capire quanto sia preoccupante sapere che dietro al nemico si celava proprio il temibile Madara Uchiha.
«E tu chi saresti per poterlo dire? Hai appena fatto fuori uno dei membri di Akatsuki!» fece sospettoso il Raikage.
«Ero un membro di Akatsuki e di certo non avreste ottenuto nulla di interessante da Zetsu, che è uno dei più vicini a Madara.» rispose prontamente Naruto.
«Che cosa?! Fai parte di Akatsuki?!» tuonò il Raikage.
«Facevo. Ora agisco per l’interesse delle cinque grandi terre.» obiettò Naruto.
«E chi ci dice che sia vero? Chi ci dice che possiamo fidarci di te?» domandò sospettoso lo Tsuchikage.
«Lui è la forza portante dell’Ennacoda.» riferì il Kazekage.
Stupore da parte dei presenti per aver appreso una notizia del genere, poiché nessuno fra di loro si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte al contenitore della volpe a nove code, la quale era supposto fosse stata catturata da Akatsuki; ciò indirettamente dava anche speranza ai Kage di una più certa vittoria contro Madara Uchiha e la sua organizzazione.
Per Danzo, invece, quell’impertinente giovane shinobi costituiva un pericolo per i suoi piani. Lui e Kakashi rappresentavano il futuro della filosofia del Terzo Hokage ed erano gli unici a poter minare la sua carica di Hokage; erano da eliminare.
«Ed è anche un traditore! Questo ragazzo ha preso parte a moltissime guerre per conto di Akatsuki e ha partecipato alla cattura delle forze portanti delle cinque grandi terre!» tuonò il Reggente Sesto Hokage.
Naruto fissò il vecchio shinobi con rancore e si apprestò a difendersi dalle accuse appena lanciate.
«Ha ragione. Ho appena detto che sono stato un membro di Akatsuki, ma non ho mai tradito il mio villaggio. Io sono sempre rimasto Naruto Uzumaki, un ninja del villaggio della Foglia e ho protetto la mia terra dall’esterno, proprio come quel grande uomo che è morto per proteggere suo fratello.» ribatté l’Uzumaki.
Era chiaro che Naruto si stava riferendo a Itachi e ciò fece molto innervosire Danzo, poiché temeva inoltre che i segreti del massacro degli Uchiha venissero fuori; di conseguenza gli altri Kage avrebbero scoperto che lui aveva collaborato con Madara in passato.
Parlando appunto degli Uchiha, nessuno dei presenti aveva rimosso il messaggio lasciato in precedenza dall’oramai deceduto White Zetsu e il Raikage aveva un grosso conto da saldare con Sasuke Uchiha.
«Non mi frega un cazzo di quello che sta succedendo! Io voglio Sasuke Uchiha e lo voglio adesso!» sbottò rabbioso il Raikage.
Catturare Sasuke stava diventando la massima priorità e nessuno dei Kage stava considerando gli intrusi di fronte a loro come dei nemici; per il momento.
Per prima cosa, Mifune diede l’ordine ai suoi collaboratori di movimentare le truppe ai piani inferiori del palazzo, impartendo la missione di cercare Sasuke Uchiha e di fermarlo a vista. Tuttavia, anche il Raikage aveva deciso di muoversi di persona.
«C! Trovami subito Sasuke!» ordinò l’irruento omone alla sua guardia del corpo.
C era il miglior ninja sensoriale del villaggio della Nuvola ed era un giovane uomo, il cui senso di fedeltà era secondo solo alla sua volontà di uccidere i nemici della sua nazione e del suo Raikage.
«Sissignore!» squittì C.
Il Raikage di conseguenza si mosse verso la zona inferiore del palazzo, la quale presumibilmente era l’ubicazione in cui si trovava il nemico. Con un pugno poderoso, il Raikage abbatté il muro alle sue spalle e richiamò le sue guardie, ordinando loro di seguirlo in battaglia.
Prima di andare via, però, il capo della Nuvola mostrò ai presenti la sua acuta attenzione ai dettagli e mostrando che non era un uomo che si faceva sopraffare dai sentimenti in questioni preoccupanti; questo fattore colpì moltissimo Mifune.
«Tu con il byakugan! Tieni d’occhio Danzo! – ordinò l’omone. E adesso andiamo! C! DARUI!»
Mentre il Raikage e il suo corpo di guardia si allontanavano, Onoki si lasciò andare a qualche battutina, inerente al classico comportamento del Raikage.
«Che tipo rude. È sempre stato un ragazzino senza regole. Non è cambiato di una virgola da quando è diventato Kage.» sbottò divertito lo Tsuchikage.
«Non credo che sia questa la sede per parlarne, nobile Tsuchikage.» interruppe la Mizukage.
Successivamente la donna si rivolse alla propria guardia del corpo provvista di arte oculare.
«Non perdere d’occhio l’Hokage. Anzi, sta ancora usando il suo potere?» 
«No. – rispose lapidario Ao. In questo momento il flusso del suo chakra è molto tranquillo. Deve aver rilasciato la tecnica.»
«Non agitatevi, signori. – replicò Danzo. Non è una tecnica che posso utilizzare a mio piacimento. I non Uchiha hanno difficoltà a usare le tecniche di alto livello del Mangekyō Sharingan, vero, Kakashi?»
Kakashi non dette risposta, più che altro era molto interessato ad Ao, poiché aveva sempre sentito parlare di lui, ma non lo aveva mai incontrato.
Danzo allora si lasciò andare alle parole, tanto era stato oramai scoperto, per tanto non aveva più senso tenere allo scuro i suoi piani futuri; anzi, probabilmente quella sarebbe stata una strategia efficace per stravolgere una situazione sfavorevole in una favorevole.
«È inaudito che sia stato sottratto un byakugan alla Foglia. – incominciò Danzo. Non ho idea di come tu abbia ottenuto quell’occhio, ma se fossimo in un’altra situazione, saresti già morto e noi ci saremmo ripresi il nostro prezioso tesoro nazionale.»
«Dal momento in cui ho usato quest’occhio, in questa sede, sapevo che mi avreste detto una cosa del genere. – replicò Ao. Ma sappiate che non vi lascerò agire come vi pare e piace.»
A quel punto, anche la Mizukage si ritrovò obbligata a dover intervenire per proteggere il suo valido shinobi.
«Allora combatterò anche io. Non so che connessioni ci siano, ma la tecnica che ha usato prima è identica a quella utilizzata per controllare il Quarto Mizukage e voglio indagarci sopra.» continuò severa la donna.
Danzo non rispose. L’uomo si era appena reso conto di aver giocato male le sue carte e che avrebbe potuto creare un conflitto con la Nebbia per una parola di troppo.
Fu allora che Naruto si intromise nella discussione e fra lo stupore generale fece un annuncio che avrebbe salvato il villaggio della Foglia da guerre inutili, vittime della vecchia concezione della politica internazionale fra i ninja.
«Un attimo! Prima che vi mettiate a combattere fra di voi, sappiate che il qui presente Danzo non ha l’autorità per decidere per il villaggio! – proruppe Naruto. Stando a quello che ho capito, questo bastardo ha usato una tecnica dello sharingan per manipolare il tizio inquietante con la testa bendata, qui davanti e quel babbeo del signore feudale, quindi ha anche manipolato la nomina dell’Hokage.»
Kakashi sospirò preoccupato per quanto detto dall’allievo; non era per nulla rispettoso rivolgersi al capo di stato con quell’appellativo e nemmeno chiamare Mifune, il signore dei samurai, “tizio inquietante”. Kakashi sperò con tutto il suo cuore che Mifune non se la fosse presa, poi si riconcentrò su Danzo, controllando che non facesse nulla di avventato contro di loro pur di fuggire.
«Quello che stai dicendo ha senso, Ennacoda.» ribadì lo Tsuchikage.
«Mi chiamo Naruto, vecchio nanerottolo!» sbottò offeso l’Uzumaki; gli dava ancora molto fastidio essere accostato a quel maledetto demone.
Gli allievi di Naruto abbassarono il capo dalla vergogna; perché il loro maestro era così impulsivo? Eppure quando lo avevano conosciuto non sembrava proprio un tipo da fare queste scenate in pubblico.
Koichi provò addirittura a strattonare l’orlo della maglia del maestro, in modo da fargli notare che aveva combinato un bel guaio.
«Maestro… insomma…» piagnucolò Koichi.
Naruto non afferrò proprio; era troppo imbevuto di gloria nell’aver finalmente smascherato Danzo che non gli importava nulla del resto.
«Cosa?» domandò come se nulla fosse.
Per tutta risposta, nemmeno lo Tsuchikage rimase in silenzio, dopo essere stato insultato così da quel perfetto sconosciuto che si atteggiava a grand’uomo.
«Devi ringraziare che sei l’unica forza portante rimasta, ragazzino, altrimenti ti avrei fatto vedere come ti riduce in polvere quel vecchio nanerottolo di cui parli!» urlò Onoki furioso.
Lo Tsuchikage fece per alzarsi, ma si bloccò all’istante, poiché il dolore alla schiena era tornato a farsi sentire e per tanto si era lasciato cadere sulla sua poltrona, soffrendo il peso della vecchiaia che oramai lo rendeva un’ombra del suo glorioso passato.
«La prego, nobile Tsuchikage, non si sforzi. – s’intromise il Kazekage. Conosco Naruto e le posso assicurare che non potrebbe mai fare nulla di male, è solo che alle volte non sa tenere a freno la lingua.»
Naruto sbuffò seccato.
«Non c’è bisogno di puntualizzare queste cose, Gaara.» disse seccato l’Uzumaki.
«Lasciamo perdere queste futili discussioni. – proruppe Mifune. Stavi asserendo delle accuse molto gravi ai danni di lord Danzo e vorrei che chiarissi quello di cui sei a conoscenza, giovane.»
Naruto allora scambiò un rapido sguardo con il maestro Kakashi, poi si spostò rapidamente al silenzioso Danzo, il quale sembrava covare qualcosa e per tanto ci si aspettava la qualunque da parte sua e delle sue guardie del corpo.
Bisognava dunque concludere in fretta le discussioni e cercare di fare allontanare Danzo dagli altri Kage, in caso questi avesse deciso di mirare alla vita di quest’ultimi, causando un gravissimo disastro internazionale e permettendo ad Akatsuki di realizzare il proprio obiettivo, senza oppositori.
Naruto indicò il maestro Kakashi.
«Il Signore Feudale aveva deciso di nominare Hokage il mio maestro, Kakashi Hatake, per tanto è lui a cui dovete rivolgervi per quanto riguarda la situazione della Foglia. È lui il Sesto Hokage!» dichiarò autoritario Naruto.
La dichiarazione fatta dalla forza portante fu molto forte e destabilizzò molto le coscienze dei presenti, poiché non facevano altro che fissare i due uomini che erano sfregiati del titolo di Sesto Hokage, cercando di capire chi fosse quello più degno di fiducia. Danzo ovviamente aveva perso ogni chance per guadagnarsi di nuovo la fiducia degli altri capi villaggio, ma rimanevano comunque oscure le sue ragioni. D’altro canto, anche Kakashi Hatake era una figura emblematica e andava valutata bene.
«Tutto questo è sconvolgente. – proruppe Mifune. Per quale ragione la Foglia si trova in un questa faida per il potere? In un momento come questo, è necessario un leader che possa collaborare con gli altri capi villaggio.»
«Hai qualcosa da dire a riguardo, Kakashi dello Sharingan?» domandò lo Tsuchikage.
Kakashi non aveva mai ambito a occupare alte cariche nel villaggio, anzi, diventare Hokage era forse la cosa che voleva meno, proprio perché non si sentiva all’altezza di proteggere un intero villaggio, quando nella realtà non era stato in grado di proteggere nemmeno i suoi compagni. Tuttavia, considerando quanto fosse precaria la situazione, Kakashi comprendeva che non poteva tirarsi indietro; ne valeva del bene del villaggio della Foglia.
«Tutto ciò che ha detto il mio allievo, corrisponde al vero. – dichiarò l’Hatake. Danzo ha manovrato per decenni la politica del villaggio da dietro le quinte e ha fatto tutto ciò che era in suo potere per manovrare gli eventi.»
Una volta udita quella dichiarazione, il Terzo Tsuchikage non poté fare a meno di rivolgersi a Danzo per chiedergli quali fossero le sue vere intenzioni, in memoria dei vecchi tempi in cui avevano collaborato e si erano combattuti.
«Tutto ciò è veramente imbarazzante, Danzo. Non ti sei mai rassegnato di essere sempre secondo a Sarutobi, non è così?» domandò lo Tsuchikage.
Finalmente Danzo decise di prendere la parola.
«Non parlare di cose di cui non sai nulla, Onoki. Hai idealizzato Hiruzen fin troppo in tutti questi anni e non hai mai capito quale fosse la sua reale debolezza.» ribatté l’oscuro shinobi bendato.
No. Danzo non odiava Hiruzen Sarutobi e chiunque poteva pensare in tale maniera, ma solo lui sapeva la verità. Danzo lo invidiava perché era tutto ciò che lui non era. Hiruzen aveva ottenuto tutto: forza, fama, rispetto, l’amore di una donna, una famiglia e una grande memoria, lasciata ai posteri. Danzo non aveva nulla di tutto quello e con il tempo si era reso conto che la sua vita era stata votata al bene della Foglia, del suo villaggio ideale.
«Le questioni personali non interessano a questa assemblea.  – proruppe Mifune. Ma è vitale ricordare all’Hokage che le tecniche ninja sono vietate in questo luogo. Sono molto deluso, perché pensavo veramente che fosse lei, l’unico in grado di guidare l’esercito alleato.»
«Forse, ma non potevo correre rischi. – replicò Danzo. Farò qualunque cosa, pur di mantenere l’ordine nel mondo dei ninja.»
«E come? Con l’inganno?» proruppe Gaara.
«No. – rispose secco Danzo. Questo mondo deve diventare un tutt’uno, proprio come in passato fece il Primo Hokage, unificando i clan ninja in un villaggio ninja. Tutti i villaggi devono diventare un’unica istituzione e nessuna discussione può condurre a questo risultato. La morale e la giustizia porteranno questo mondo all’instabilità e Akatsuki ne approfitterà per distruggere tutto.»
Lo Tsuchikage scoppiò a ridere.
«Ci vuole tempo per fare in modo che l’idealismo di una persona diventi realtà, ma tu non hai saputo analizzare bene i tempi, Danzo. Hai solo perso la fiducia di tutti e sei rimasto con un pugno di mosche.» replicò Onoki.
Danzo aveva la risposta pronta e non si trattenne a dire ciò che pensava.
«Non serve assolutamente una cosa del genere! La ragion di stato è l’unica cosa che conta e sono i risultati ad avere un peso per il futuro del mondo.»
La ragion di stato aveva creato sofferenza e odio in tutte le terre dominate da un forte stato e molte persone avevano dedicato la propria vita, al fine di mantenere l’equilibrio dello stato e il benessere della maggioranza. Le forze portanti erano un chiaro esempio di coloro che erano stati usati per il bene dello stato: Naruto e Gaara lo sapevano molto bene.
Gaara non poteva fare a meno di pensare a suo padre e a tutti quegli anni da lui dedicati a sopprimerlo, poiché ritenuto pericoloso per la gente della Sabbia. Un padre non attentava alla vita di suo figlio, né lo condannava a una vita carica di odio, ma per la ragion di stato un padre, un Kazekage, doveva anteporre se stesso al bene del villaggio. Solo ora che Gaara era Kazekage, poteva capire le ragioni che avevano smosso suo padre.
«Se il mondo è veramente così… - disse Gaara placido. Se gli esseri umani sono così, allora non c’è futuro. Se si perde la fiducia nelle persone e la speranza, allora ciò che rimane è la paura.»
Gaara lanciò uno sguardo al suo caro vecchio amico Naruto; era convinto che entrambi stessero pensando alla stessa cosa, ovvero al loro oscuro passato come forza portante e ai raggi di speranza che li avevano condotti fuori dal buio della solitudine.
«Non posso accettare la vostra mentalità arcaica, né come vi arrendete alle difficoltà.» continuò Gaara.
«È facile per te dirlo! – ribatté lo Tsuchikage. Cerca di abbassare i toni, ragazzo. Non sai nulla su come si amministra un villaggio. Anzi, ti consiglio di chiedere qualche dritta a me o a Danzo. Avanti! Chiedi tutto quello che vuoi!»
Lo Tsuchikage scoppiò a ridere, tremendamente divertito dalla situazione.
Invece per qualcun altro, le parole dello Tsuchikage risultavano estremamente offensive e proprio quel qualcuno non esitò a scaldarsi, al fine di difendere la fama del caro fratello.
«Ma come osi rivolgerti così al Kazekage, vecchio?!» tuonò incavolato Kankuro.
Alche Temari si apprestò a sferrare un calcio negli stinchi del fratello minore, evitando così che la già grave situazione peggiorasse ulteriormente.
«Ricorda che quel vecchio è pur sempre il leader del suo villaggio, per tanto cuciti la bocca.» sibilò Temari.
Kankuro dovette quindi zittirsi e ingoiare l’amarezza covata nei confronti di quella gente che si permetteva ancora di snobbare il fratello, nonostante questo ricoprisse una posizione sociale molto elevata. Anche Temari provava la stessa cosa, ma non lo lasciava a vedere, anche perché Gaara aveva bisogno in quel momento di persone che possono dargli aiuto.
Dal canto suo, Gaara non prestò molta attenzione al velato sarcasmo in quanto detto dallo Tsuchikage, ma sfruttò l’occasione per dire qualcosa che gli stava balenando in mente, fin da quando era iniziato il summit, nel quale si era reso effettivamente conto di quanto fosse oscuro e corrotto il mondo degli shinobi.
«Avrei una domanda per l’appunto…» disse il ragazzo.
«Dimmi pure, ragazzo. – ribatté divertito Onoki. Vedrò di delucidare ognuno dei tuoi dubbi.»
Il mondo ninja era in rovina, con una mentalità arcaica e poco propensa ad adattarsi ai tempi moderni, ma soprattutto era pieno di gente determinata a ottenere ciò che vogliono a ogni costo, anche con mezzi subdoli e tremendi.
Gaara era figlio di quella vecchia mentalità e portava ancora le ferite su corpo e anima; in quel momento aveva preso la decisione di voler approfittare della sua posizione di capo villaggio per cambiare quella mentalità, ma non avrebbe mai compiuto quel suo desiderio con una collaborazione con gente come lo Tsuchikage o Danzo.
«Quando avete deciso di gettarvi via come spazzatura?»
Onoki rimase talmente spiazzato dalla domanda che non seppe nemmeno dare una risposta, né aveva il coraggio di replicare in maniera sfottente, poiché quel giovane Kage aveva risvegliato dentro di lui una strana sensazione da cui non si sarebbe riuscito a separare.
L’espressione degli anziani presenti aveva lasciato il segno e la domanda del Kazekage aveva dato a che riflettere ai presenti, però si dovette subito pensare ad altro, quando si sentì un’esplosione provenire dai piani inferiori del palazzo; il Raikage doveva aver intercettato Sasuke e la sua squadra.
«Che facciamo riguardo Sasuke Uchiha? Lo uccidiamo, Gaara?» domandò all’improvviso Temari al fratello.
Gaara sospirò. Stava riflettendo sul da farsi; Sasuke rappresentava un’incognita.
«Sasuke Uchiha, eh? Veramente preferirei lasciarlo in vita.»
Successivamente Gaara indirizzò il proprio sguardo verso l’amico Uzumaki, in modo tale da capire quali fossero le sue intenzioni a tal proposito.
«Naruto. – proruppe il Kazekage. Vuoi pensare tu a Sasuke?»
L’Uzumaki non rispose subito. In realtà gli sarebbe piaciuto molto battersi con Sasuke, in modo tale da vedere quanto fosse diventato forte, ma il suo piano prevedeva di allontanare Danzo dall’assemblea e lasciare il maestro Kakashi le redini della discussione.
«Se quell’idiota ha deciso di farsi ammazzare dal Raikage, sono cazzi suoi.» replicò Naruto.
Un messaggio che Gaara recepì come un permesso di poter fare di Sasuke quello che riteneva necessario, di conseguenza Gaara decise di dirigersi sul campo di battaglia, al fine di vedere con i propri occhi il folle comportamento di Sasuke.
Il Kazekage non era l’unico che voleva andare sul campo di battaglia, anche la nipote della Tsuchikage, Kurotsuchi, voleva andare e infatti cercava di fare pressioni su suo nonno per poterci andare.
«Dai, nonno, andiamo! Non sei curioso di vedere che tipo è il tizio che ha ucciso Deidara?» domandò ansiosa la ragazza.
«Come se la mia schiena lo permettesse! Lascialo perdere.» replicò annoiato Onoki.
Kurotsuchi cominciò a lamentarsi apertamente per avere il permesso di andare e alla fine suo nonno dovette farla contenta, pur di non sentirla più sbraitare.
«E vacci! – tuonò esasperato Onoki. Ma stai lontano dal Raikage o rischi di venire uccisa nella foga della lotta.»
La nipote dello Tsuchikage esultò dalla gioia, dopodiché si avviò rapidamente verso il piano inferiore della stanza, ove si stava svolgendo la tremenda lotta fra la squadra della Nuvola e il Falco.
«Bene. – esordì a tal punto Gaara. Andremo anche noi.»
«E noi che facciamo? – domandò seccato Onoki. Ci guardiamo in faccia per tutto il tempo?»
«Suvvia, lord Tsuchikage. Qui siamo al sicuro dal nemico e possiamo continuare a parlare in tranquillità degli eventi che si stanno svolgendo. Ho ancora molte domande da fare a lord Danzo sulle abilità del suo sharingan.» disse la Mizukage.
Tutti gli sguardi si diressero nuovamente verso lo shinobi bendato dalla veneranda età, il quale continuava a mantenere un’anonima calma, nonostante fosse stato appena spodestato dalla sua carica di Kage e fosse minacciato dalla lama del kunai di Kakashi.
Per tanto, considerando quello strano atteggiamento, ad Ao venne il sospetto che qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Il capo della Radice e i suoi sottoposti avevano un comportamento troppo anomalo. Dunque Ao decise di controllare i tre con il suo byakugan e ciò che scoprì fu sconvolgente.
«Che figlio di puttana…!» proruppe lo shinobi della Nebbia.
Il commento di Ao fece scattare la molla che aveva fatto degenerare i già nascenti sospetti nella mente degli altri presenti.
Kakashi fu il primo a effettuare un rapido ragionamento sullo strano comportamento di Danzo, perciò controllò con accuratezza il flusso di chakra di Danzo con il suo sharingan e subito dopo, aveva affondato la lama del suo kunai sul petto del vecchio shinobi, lasciando di stucco i presenti.
«Che hai fatto, ninja copia?!» tuonò sconvolto la Mizukage.
Prima che la situazione degenerasse ulteriormente per quel gesto improvviso di Kakashi, il corpo di Danzo si era lentamente dissolto, lasciando il posto al cadavere di un uomo sconosciuto ai presenti; lo stesso era avvenuto con le sue guardie del corpo, nel momento in cui Ao aveva pugnalato loro alle spalle. Erano stati giocati da Danzo e non se n’erano nemmeno accorti.
«Non capisco. Come ha fatto a scappare?!» sbottò sorpreso il Kazekage.
Kakashi conosceva già la risposta e maledisse se stesso per essere incappato in un trucco del genere come un penoso dilettante.
«Ha usato una tecnica di sostituzione proibita per scappare. – spiegò il ninja copia. Per usare questa tecnica, Danzo doveva essere proprio disperato.»
«Di che tecnica parli, ninja copia?» domandò la Mizukage.
«La tecnica si chiama Sostituzione Impura ed è una variante molto complessa della Resurrezione Impura del Secondo Hokage.» riferì Kakashi.
Alche lo Tsuchikage impallidì di botto, come se fosse apparso di fronte a lui il fantasma del Secondo leader del villaggio della Foglia e delle sue pedine di potenti redditivi, nati dalla sua folle tecnica.
«Quella tecnica è stata per molto tempo il flagello dei villaggi ninja. Il Secondo Hokage teneva in pugno l’equilibrio del mondo ninja, tramite l’uso di questa tecnica. – disse amareggiato Onoki. Volete quindi dirmi che esiste qualcuno in grado di usare questa tecnica?! In tal caso, deve morire subito!»
«Da quel che so. – rispose Kakashi. Solo Orochimaru era in grado di usarla, ma adesso è morto. Però ciò conferma che, se Danzo ha usato questa tecnica, significa che deve aver collaborato con Orochimaru per svilupparla, quindi quei due erano in combutta già da molto tempo.»
Lo Tsuchikage ne ebbe abbastanza e fece per alzarsi. Non era sufficiente manipolare Mifune, al fine di ottenere il controllo dell’esercito alleato, ma adesso Danzo stava minacciando la sicurezza del mondo ninja, facendo spargere nuovamente il terrore della Resurrezione Impura.
«Maledetto Danzo! Giuro sul mio onore di shinobi che non uscirai vivo da questo paese!» dichiarò furioso il vecchio ninja.
Lo Tsuchikage stava per mettersi a setacciare il palazzo dei samurai alla ricerca di Danzo, tutti sapevano che non sarebbero stati al sicuro dalla sua temibile abilità, per questo erano molto preoccupati di questo fatto, perché non c’era un posto in quel palazzo che fosse al sicuro dalla sua tecnica speciale.
Per tanto, Akatsuchi, alle spalle del suo capo villaggio, stava tentando di calmare le acque, proprio perché cosciente dei danni che sarebbero potuti nascere da un eventuale scontro fra Danzo e Onoki.
«Togliti dai piedi, Akatsuchi!» tuonò lo Tsuchikage infastidito.
Ma Akatsuchi non desistette nemmeno dopo aver ricevuto quell’ordine, era addirittura giunto a trattenere fisicamente il suo superiore, incurante delle ripercussioni a cui sarebbe venuto incontro, una volta che sarebbero tornati al villaggio della Roccia.
«Ehi, byakugaman! Dimmi dove si trova quel rudere di Danzo, che ho già percepito il suo chakra. È ancora qui e sarò io a prenderlo a calci in culo!» tuonò Naruto.
L’improvviso intervento di Naruto fece trattenere l’animo irrequieto dello Tsuchikage e lasciò sconvolti il resto dei presenti, i quali assistettero inermi alle prese di posizioni della forza portante dell’Ennacoda.
Ao ci mise pochi istanti a rintracciare Danzo e le sue guardie del corpo e comunicò subito le esatte coordinate al suo richiedente, il quale aveva immediatamente movimentato i suoi allievi, in modo tale da raggiungere in maniera repentina il nemico.
«Sei sicuro di quello che fai?» domandò inquieto Gaara, rivolgendosi a Naruto.
L’Uzumaki ghignò.
«Non preoccuparti per me, Gaara. – rispose il ragazzo. Tu pensa piuttosto a dare un cazzotto da parte mia a quell’imbecille di Sasuke!»
Gaara lo avrebbe accontentato e per tanto aveva deciso di avviarsi subito verso il campo di battaglia sotto di loro, dando manforte al Raikage.
Anche Naruto si stava avviando verso il suo obiettivo, accompagnato dai suoi fedeli allievi. Kakashi invece sarebbe rimasto con gli altri Kage e Mifune, a discutere delle questioni politiche che mettevano in bilico il villaggio della Foglia; prima, l’uomo volle dare alcune raccomandazioni al suo allievo.
«Non prendere Danzo alla leggera, intesi Naruto? Nonostante la sua età, è stato rivale del Terzo Hokage ed è un ninja dalla grande esperienza, in più è in possesso dello sharingan di Shisui Uchiha, che era molto più forte di Itachi. Stai molto attento.» disse Kakashi.
Prudenza. Doveva essere la parola d’ordine e doveva essere rispettata.
Naruto sfoggiò un ghigno di strafottenza, dirigendosi verso il buco sul muro fatto prima dal Raikage. I suoi allievi erano al suo seguito, pronti anche loro a ingaggiare battaglia, sotto la guida del loro maestro.
«ANDIAMO, RAGAZZI!» tuonò Naruto.






L'Angolo Dell'Autore

Ci siamo, ragazzi. Tante cose sono avvenute nel corso di queste settimane e Naruto inizia già a mancarmi, per fortuna che ci saranno ancora molte novità su questa splendida saga, partendo dall'ultimo film che sarà proiettato questo dicembre e in primavera. Intanto le ff mi aiutano a distaccarmi lentamente da questa saga, anche se una parte del mio cuore resterà sempre con questi personaggi che hanno da sempre accompagnato la mia infanzia. E voi? Come ve la state passando senza il consueto aggiornamento settimanale del manga?
Passando al capitolo, credo che non vi aspettavate una conclusione, prima degli scontri, ma diciamo che è stata una scelta logistica per non frammentare troppo il filo della storia. Nel prossimo capitolo si combatte e seriamente per giunta, perciò vi chiedo soltanto di avere pazienza, il tempo richiesto dalla scrittura, e potrete leggere degli scontri imminenti.
Come sempre vi ringrazio per la lettura e vi saluto!
Yameta



NOTE
i: Raza: è stato confermato dall'ultimo databook, che il nome del Quarto Kazekage, padre di Temari, Kankuro e Gaara, è Raza.


ANTICIPAZIONI

«Il chakra di Sasuke... È così freddo! Mi fa paura!»
«Perché diavolo li sta uccidendo tutti?! Quel maledetto, prima non fa altro che ripetermi di risparmiare i miei nemici e ora sta facendo una strage!»
«C'è qualcosa di strano in Sasuke.»



Le Tre Tecniche del Mangekyō Sharingan

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Capitolo 14
*** SASUKE CONTRO I KAGE ***


Carissimi seguaci, rieccomi nuovamente qui per voi. Non potete capire il trauma che mi ha colpito recentemente. In pratica, stavo terminando il capitolo, quando mi si fotte la testina dell’hardisk del pc e io, essendo una grandissima testa di ravanello, non avevo salvato i dati su alcuna piattaforma al di fuori del pc e quindi persi tutto. Quindi sono stato costretto a riscrivere tutto quanto da capo, per tanto quello che leggerete è il frutto del mio animo turbato per aver perso gran parte del mio lavoro (tralasciamo che ho perso anche tutti i lavori in photoshop e i documenti importanti dell’università. Lasciamo perdere, che solo a pensarci mi viene voglia di sterminare il mio clan.)E dopo questo breve sfogo personale, vi lascio alla lettura: Sasuke contro il Raikage. Ma solo loro?

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Scontri Mortali. Due Sentieri Diversi Ma Un Unico Destino: LOTTA

 

Il Falco si annidava nell’oscurità, osservava prudente i movimenti dei samurai che ispezionavano il piano del palazzo, dove i membri del Falco si stavano nascondendo, al fine di poter rintracciare la posizione dell’obiettivo principale del gruppo: il Reggente Sesto Hokage, Danzo Shimura, uno degli anziani che avevano manipolato Itachi Uchiha, per compiere il massacro del clan Uchiha.

La mente di Sasuke era ottenebrata dal suo obiettivo, non gli importava nulla di Madara, degli altri Kage o delle conseguenze che sarebbero potute scaturire dal suo attacco al cuore pulsante della politica ninja: la sua vendetta aveva la massima priorità. Di conseguenza, l’attesa di quel momento era la più snervante di tutta la vita di Sasuke, poiché non riusciva a togliersi dalla mente Danzo e il racconto su Itachi, fatto da Madara; doveva sapere la verità e voleva sentire le medesime parole di Madara dallo stesso Danzo: solo allora avrebbe finalmente capito che sentiero dovesse percorrere per tutta la sua vita. Doveva continuare a diventare l’eroe che Itachi aveva sempre sognato? O doveva continuare a seguire la via del vendicatore?

L’ansia lo stava uccidendo. Doveva sbrigarsi assolutamente per incontrare Danzo e sapere la verità; poi lo avrebbe ucciso.

«Allora, Karin. Hai trovato Danzo?» sibilò Sasuke.

La ragazza dai capelli rossi aveva scosso il capo, molto intimidita dal fatto di aver dato una risposta negativa a Sasuke; di fatti questo si era immediatamente voltato dall’altra parte, ignorandola finché non avrebbe ottenuto quel risultato. Per Karin fu molto deprimente il venire ignorata dal suo amato Uchiha, ma per un attimo la sua attenzione si focalizzò su un dettagli che le era sfuggito fin da quel momento.

«Dov’è finito quella specie di simbionte? Come si chiama, Zetsu, giusto?» domandò la ragazza.

«E chi lo sa. È scomparso nel nulla all’improvviso.» rispose il piccolo Jūgo.

«Il bastardo avrà avuto paura e se la sarà svignata. - aveva aggiunto Suigetsu. E posso anche capirlo, siamo praticamente circondati da tutti questi samurai.»

Quel commento scatenò l’ilarità di Karin.

«Che c’è, pesce lesso? Hai paura?»

Suigetsu si aspettava un commento del genere e aveva la risposta pronta.

«La avrai anche tu quando i cinque Kage verranno allo scoperto. Tanto mica devi combatterci tu!»

«La verità è che sei un senza palle!» sbottò subdola Karin.

«Vuoi vedere come finisci a pecorina in un istante e ti rendi conto della cazzata che hai sparato!» ribatté maligno Suigetsu.

A quella proposta indecente, Karin arrossì vistosamente, ma solo perché immaginava se stessa e Sasuke in quelle posizioni molto spinte. Poi si era resa conto che quella proposta indecente, che più di una proposta era una minaccia, era venuta da Suigetsu e subito si era tirata indietro.

«No//n ne avresti il coraggio!» sbottò la ragazza.

Suigetsu la fissò divertito.

«Ah sì?»

Jūgo si mise finalmente in mezzo ai due, ricordando loro del luogo in cui si trovavano.

«Dateci un taglio, ragazzi. Non è il momento.» disse lui.

Ad un tratto, l’attenzione dei membri del Falco si era concentrata sul cambiamento dei movimenti delle pattuglie dei samurai sotto di loro. I samurai sembravano in fremito, comportandosi come se fossero alla ricerca di qualcuno o di qualcosa.

Karin si sporse dal loro nascondiglio per guardare meglio quello che stava succedendo.

«Che stanno facendo?»

Nessun’altro dei membri del Falco era in grado di dare una risposta, per tanto l’incognita rappresentava dai samurai costituiva una preoccupazione rilevante sull’andamento della loro missione. Per tanto, usare la prudenza era tassativo, ma solo nella mente di una persona razionale, la cui mente non era assalita dall’oscurità dei fantasmi del suo passato; a Sasuke non interessava aspettare, nemmeno se c’era del pericolo all’angolo.

«Quanto ci vuole ancora, Karin?» domandò insistente l’Uchiha.

Karin era scattata nuovamente sull’attenti, tremolante nel dovere dare un responso nuovamente negativo alla richiesta del suo Sasuke; era stata troppo presa a litigare con Suigetsu per mettersi a cercare Danzo.

Dunque Karin provò ad arrampicasi sugli specchi, parlando di problemi inerenti a degli ambigui isolamenti di chakra che le impedivano di rintracciare il chakra di Danzo e aveva ribadito il fatto che lei non conoscesse il chakra del loro obiettivo.

Sasuke roteò gli occhi, stanco di quella sconcertante inettitudine.

«Incapace. - sbottò Sasuke nauseato. Basati sulla potenza dei chakra dei Kage e cerca quello tipico della gente della nazione del Fuoco.»

Karin arrossì per non essere giunta alla medesima conclusione, suggeritale dall’Uchiha; quel maledetto di Suigetsu l’aveva fatta deconcentrare troppo e questo non era proprio da lei, che era sempre stata attenta alle minuzie.

Nel mentre il gruppo stava discutendo, due samurai si erano fermati a discutere proprio sotto di loro; da quella posizione il Falco poté udire quanto si dicevano i due guerrieri.

«Trovato nulla?» domandò uno dei due all’altro.

«Niente di niente. Quei maledetti ninja sono i migliori per nascondersi nelle ombre. Che codardi!» ribatté l’altro collega.

«Come si chiama il nostro obiettivo?» domandò in seguito il primo samurai.

«Uchiha Sasuke. - rispose prontamente l’altro. Stando a quanto detto dal capitano Okisuke, pare che sia un ragazzino che ha causato il trambusto più totale fra gli shinobi. Ha addirittura ucciso quel tizio serpente, non mi ricordo come si chiama, ma era uno famoso.»

«Allora non sarà affatto facile bloccare questo individuo.» commentò l’altro samurai.

Il samurai allora tirò fuori la sua splendente katana e vi si specchiò sulla lama.

«Lo prenderemo e lo faremo pentire di essere venuto fin qui a minacciare la nostra sicurezza. Porteremo la sua testa al generale Mifune.»

Il Falco aveva ascoltato tutto quanto. Sembrava proprio che il nemico fosse venuto a conoscenza della loro presenza, ma in che modo? Erano stati fin troppo prudenti a non farsi individuare dai samurai, quindi per quale ragione i samurai cercavano Sasuke?

«Dev’essere stato quel bastardo di Zetsu» aveva rapidamente commentato Suigetsu.

Nessuno osò obiettare quella deduzione, poiché era pensiero comune che fossero stati traditi da Zetsu, sotto ordine di Madara, probabilmente per punirli del loro tentativo di ribellione o per il fallimento nella cattura dell’Ottacoda.

«E ora che facciamo? I cinque Kage ci daranno la caccia!» sbottò spaventata Karin.

I membri del Falco volevano delle risposte dal loro capo, ma questi non si era espresso e aveva preferito agire, senza nemmeno dare un preavviso.

Sasuke si era gettato a capofitto contro i due ignari samurai sotto di lui. A uno dei due aveva lanciato addosso il suo mantello, in maniera tale da oscurare la sua visibilità; all’altro samurai, Sasuke aveva spezzato l’osso del collo con un calcio. Per concludere, l’Uchiha aveva trapassato l’altro samurai con la lama della sua katana.

I membri del Falco erano rimasti a bocca aperta. Era la prima volta che Sasuke agisse in quella maniera tanto incauta, specie quando erano circondati da moltissimi nemici, i quali accorsero subito sul luogo del misfatto, poiché i samurai uccisi, prima di cadere, avevano urlato aiuto ai colleghi.

Sasuke era circondato da un intero plotone di samurai, guidato da un caporale che aveva estratto le sue due spade, rivestendole di chakra per aumentarne la potenza di taglio; la sua azione venne emulata da tutti i suoi uomini.

Sasuke non venne impensierito dala posizione di attacco del nemico, ne della sua quantità.

«Se mi intralcerete, vi ucciderò tutti senza alcuna pietà.» dichiarò lapidario il vendicatore con lo sharingan.

Per i samurai fu un’onta insopportabile. Per i membri del Falco, l’azione del loro capo venne considerata un’autentica mossa suicida. A Sasuke, come al solito non importava.

«Questo dovremmo dirlo noi a te!» tuonò il caporale di conseguenza.

Il caporale dei samurai guidò l’attacco, seguito dai propri uomini. L’attacco congiunto del battaglione piovve all’improvviso sul silenzioso Uchiha. Migliaia di lame affilate stavano per sminuzzare l’obiettivo in men che non si dica.

Lo sharingan reagì non appena l’utilizzatore era in pericolo. Sasuke vide tutti gli attacchi, senza alcuna difficoltà e spezzò la catena di attacco con un taglio netto, provocato dalla lama fulminea della sua katana.

I samurai erano allibiti. Era la prima volta che un ninja utilizzava una tecnica da scherma superiore alla loro, ponendo un divario di potenza così marcato.

«Ha usato la nostra medesima tecnica!» aveva commentato il caporale.

Il capo del battaglione non si tirò indietro, rivestì nuovamente le sue lame di chakra e ordinò al gruppo di seguirlo per un attacco diretto contro il nemico. Il caporale fu il primo a cadere sotto il rapido colpo della katana di Sasuke, seguirono coloro che tentavano di opporsi all’Uchiha, i quali venivano uccisi senza alcuna pietà.

I membri del Falco si resero finalmente conto che il loro capo aveva cambiato totalmente atteggiamento. Di solito, Sasuke seguiva la tipica mentalità della gente che abitava al villaggio della Foglia: uccidere solo se necessario. Adesso Sasuke stava completamente andando contro i suoi soliti modi e stava uccidendo tutti, proprio come facevano i ninja della Nebbia Insaguinata.

«Perché si sta comportando così?» si domandò Karin.

«Non dartene pena per il momento, Karin. - sbottò Jūgo. Pensa a cercare Danzo.»

Karin sbuffò e, sebbene fosse molto dubbiosa sul comportamento di Sasuke, si apprestò a cercare il chakra di Danzo, evitando così di venire rimproverata nuovamente da Sasuke per negligenza.

Nel momento in cui Karin si apprestò a utilizzare la sua tecnica, i suoi sensi captarono delle anomalie strabilianti provenire dal chakra di Sasuke. Quel chakra era addirittura più inquietante di quando Sasuke utilizzava il secondo stadio del segno maledetto; era un chakra persino più oscuro di quello di Orochimaru, quando era alla sua piena potenza.

Mentre Karin percepiva quel chakra così oscuro, Sasuke continuava a uccidere tanta gente e più Sasuke uccideva, più la rossa era terrorizzata da quel chakra.

«Il chakra di Sasuke…. Perché è così freddo! Mi fa paura!»

Persino Suigetsu, che non aveva dosi sensoriali, aveva compreso che Sasuke era totalmente fuori controllo, sebbene non ne comprendesse le effettive ragioni.

«Perché diavolo li sta uccidendo tutti?! - aveva tuonato l’albino. Quel maledetto! Prima non fa altro che ripetermi di non uccidere la gente e ora sta facendo una strage! Che ipocrita!»

Anche il piccolo Jūgo si era accorto di questa particolarità, poiché era anche egli un ninja sensoriale, sebbene non fosse ai livelli delle doti di Karin.

«Sasuke si sta comportando in maniera molto strana.» aveva semplicemente commentato il bambino.

«Che facciamo? Lo fermiamo? - domandò perplessa Karin. Se Sasuke continua così, i cinque Kage non tarderanno ad arrivare.»

Jūgo aveva una soluzione e la propose al gruppo. Non c’era molto tempo per tergiversare, bisognava agire in fretta. All’improvviso, il segno maledetto di Jūgo si attivò, ricoprendone parte del viso e modificando la carne del suo braccio, generando una pericolosa ascia.

«Pensate a trovare Danzo. Io penserò ai samurai.» dichiarò.

Jūgo aveva deciso di entrare in campo proprio nel momento giusto, perché i samurai avevano appena lanciato un altro attacco congiunto contro il nemico. Jūgo aveva protetto Sasuke, azzeccando le tempistiche.

Non appena videro il nuovo nemico, i samurai notificarono ai colleghi le ultime novità via radio.

«Attenzione! Non è da solo!» tuonò uno.

«Ormai non ha più senso mantenere la prudenza. Uccidiamoli tutti, Sasuke!» sbottò Jūgo.

Sasuke gli lanciò un’occhiata languida. Non che gli importasse molto, ma sentiva che era molto probabile che Jūgo avrebbe perso la sanità mentale; sarebbe stato utile, semmai i cinque Kage si fossero messi in mezzo al suo obiettivo.

Il campo di battaglia stava iniziando a scaldarsi e presto sarebbe diventato incandescente, specie nel momento in cui Karin non ebbe tempo per avvertire i suoi compagni dell’arrivo del chakra possente del Quarto Raikage, il quale aveva completamente demolito il tetto sopra le loro teste ed era sbucato dai detriti, seguito dalle sue due guardie del corpo.

«E adesso che succede?!» sbottò Jūgo.

Il polverone che si era sollevato dalla caduta dei massi aveva occultato la visuale dei membri del Falco, ma quando per l’immensa stanza si espanse il fragore di una tempesta di fulmini, l’attenzione dei presenti si era focalizzata su una brillante aura che emetteva continue scariche elettriche.

L’urlo di rabbia del Raikage dette la totale conferma che Sasuke e i suoi compagni erano finiti nei guai.

Il Raikage si era tolto il suo lungo mantello, rimanendo a petto nudo per avere la sua massima mobilità.

«Moccioso! Oggi ti insegnerò cos’è il vero terrore!» tuonò il capo villaggio della Nuvola.

I membri del Falco erano estremamente intimoriti dalla presenza di quell’energumeno dall’aria minacciosa e mai lo avrebbero attaccato prima di avere un buon piano da rispettare; era la prassi, ma non per Sasuke.

L’Uchiha si fiondò improvvisamente verso i tre ninja della Nuvola, armato dalla sua lama elettrica da dirigere contro il Raikage; attaccare frontalmente un nemico di cui non si conosceva nulla, equivaleva a un autentico suicidio.

Jūgo provò a far desistere il suo capo da compiere azioni folli.

«Fermati, Sasuke!»

Sasuke non lo ascoltò e si fiondò contro il nemico. Il suo attacco si scontrò con un potente getto acquatico, lanciato da Darui, il quale si apprestò subito a completare l’attacco, aggiungendo una potente scarica elettrica che fece allontanare il nemico di parecchio dalla loro postazione.

Darui si fermò a osservare l’Uchiha che era uscito indenne dall’attacco.

«Non c’è che dire. Il ragazzo sa manipolare perfettamente l’arte del fulmine. Ha praticamente annullato l’attacco.» commentò il muscoloso shinobi.

«Secondo il rapporto della squadra Samui. - riferì C. Pare che sia stato allenato dal ninja copia, inoltre non dimenticare che è un Uchiha, quindi, Darui, tieni sempre pronta l’arte dell’acqua contro il suo fuoco.»

«Ricevuto, fratello.» rispose prontamente Darui.

«C! Usa quella tua tecnica. - ordinò all’improvviso il Raikage. Eliminiamoli in un lampo!»

Lo shinobi della Nuvola eseguì rapido dei segni con le mani e si apprestò a scagliare la sua tecnica su Sasuke e Jūgo.

«Arte del Fulmine: Tecnica dei Pilastri di Luce

Il corpo dello shinobi si illuminò all’improvviso come una lampadina e la luce che emanò si espanse per tutta la stanza, a tal punto da divenire accecante e impedire al nemico di vedere quello che stava succedendo.

Jūgo era stato così concentrato a cercare di vedere qualcosa da un palmo dal naso, che aveva perso di vista il suo protetto, lasciando che questi venisse colpito in pieno da un poderoso cazzotto del Raikage sullo stomaco.

Jūgo era talmente allibito da quell’attacco che per lo stupore non era riuscito a muoversi.

«Sasuke!» urlò disperato il bambino demoniaco.

«Jūgo. - sibilò laconico l’Uchiha. Smettila di urlare e apri gli occhi. Questa è un’illusione.»

Il bagliore svanì all’improvviso e i due shinobi vennero riportati alla realtà, dopo che Sasuke era riuscito a spezzare l’illusione del nemico con i suoi potentissimi occhi.

Nonostante la prodezza appena compiuta dall’Uchiha, il duo venne immediatamente colto di sorpresa da un attacco reale adoperato dai ninja della Nuvola. Il Raikage e Darui erano apparsi da pochi centimetri dalla loro posizione ed erano in procinto di distruggerli.

«Vediamo come te la cavi ora, moccioso!» ruggì il Raikage.

Prima che l’omone potesse raggiungere il suo obiettivo, il suo possente avambraccio si scontrò con la lama della Kubikiri Hocho di Suigetsu, il quale era intervenuto prontamente a proteggere Sasuke, poiché Jūgo aveva invece bloccato la lama della mannaia di Darui.

Nonostante l’ottima mossa salvavita, Suigetsu si rese subito conto del livello di forza fisica che lo separava dal Raikage. La sua potenza era tale che, se Suigetsu fosse stato un comune essere umano, probabilmente ne sarebbe uscito senza più le braccia, poiché spezzate dal colpo del Raikage; tuttavia, la lama della Kubikiri Hocho non era stata così fortunata e si era spezzata inesorabilmente.

Sasuke, Suigetsu e Jūgo avevano approfittato del trambusto generato dal violente cazzotto del Raikage al suolo per distanziarsi dal nemico e decidere insieme un rapido piano di attacco.

Le braccia di Suigetsu erano un colabrodo liquido che reggevano ancor al’elsa di una spada ormai ridotta a meno della metà della sua lunghezza originaria.

«Porca puttana! La mia Kubiriki è andata distrutta!» tuonò disperato l’Hozuki.

«Probabilmente era già incrinata dalla battaglia contro l’Ottacoda e alla fine ha ceduto.» ipotizzò Jūgo di conseguenza.

Sebbene Suigetsu sembrava molto inquieto dal fatto che la sua preziosa spada fosse andata distrutta, egli aveva deciso di prenderla con filosofia.

«Beh, stiamo combattendo contro il Raikage. Siamo già fortunati a essere ancora vivi.» commentò infine l’albino.

Dopodiché lo spadaccino lanciò una frecciata al silenzioso Uchiha, il quale dava l’aria di non esserci proprio in quel momento, come se la sua mente fosse altrove.

«Forse è arrivato il momento che tu la smetta di fare di testa tua, che ne pensi, “capo”?» fu il commento sarcastico di Suigetsu.

«Nessuno vi ha chiesto di mettervi in mezzo.» replicò lapidario Sasuke.

Suigetsu sputò per terra e si mise a sghignazzare.

«Che razza di ingrato pezzo di merda! Ma diciamo che è una cosa tipicamente tua, quindi ormai c’ho fatto il callo.» sbottò di conseguenza Suigetsu.

Non era certo il momento di mettersi a litigare per queste minuzie. Il loro scopo era quello di sopravvivere alla furia del Raikage e non sarebbe stato facile; soprattutto perché di fronte a loro non avevano solo il capo del villaggio della Nuvola, un ninja potentissimo e con un bagaglio di esperienza superiore a tutti loro messi insieme, ma anche le sue due guardie del corpo non erano di certo lì per caso; anche loro erano molto forti, in particolare Darui.

Lo shinobi in questione non aveva visto di buon occhio l’improvvisa apparizione di Suigetsu sul campo di battaglia e voleva fare qualcosa per impedire che un imprevisto del genere potesse ripetersi.

«Se continuano a sbucare come funghi dal nulla è un problema. - commentò il giovane uomo. Pensi di poter trovare tutta la gente che si nasconde? E in quanti sono, C?»

«Sono certo che dovrebbe essercene un altro. - riferì prontamente il collega. Ma combattere, mentre rintraccio questo individuo, potrebbe risultare un compito difficile.»

«Ah, tranquillo. - replicò Darui. Per questi tre, io e il boss siamo più che a sufficienza. Tu pensa all’altro.»

Karin allora dovette mettersi sulla difensiva e azzerare il suo flusso di chakra per non essere individuata da C; lei non era una combattente come lo erano i suoi compagni e di certo non poteva tenere testa a dei jonin esperti come erano gli avversari. Ciò comportava inesorabilmente che non avrebbe potuto rintracciare il chakra di Danzo.

Gli altri membri del Falco erano coscienti del pericolo rappresentato da C e convennero tutti assieme che dovevano eliminarlo il prima possibile.

«Karin starà sopprimendo il suo chakra per non farsi rintracciare da quel tizio. So che ha questa abilità, ma così non potremmo scovare Danzo.» commentò Suigetsu.

Eliminare C aveva la massima priorità, ma non sarebbe stato un compito facile, poiché il Raikage e Darui avrebbero fatto di tutto pur di impedirlo, non solo, ne avrebbero addirittura approfittato per aumentare la loro pressa su di loro.

Era dunque necessario che il Falco aumentasse la propria potenza di attacco, in modo da tenere occupato almeno il potentissimo Raikage in un combattimento, mentre gli altri potevano neutralizzare i due jonin della Nuvola.

Jūgo aveva deciso di proporsi per quell’importante e gravoso compito. Lentamente il segno maledetto che circondava il suo corpo, andò a condensarsi al punto da annerire completamente la pelle del bambino.

Jūgo sapeva che cosa comportava per lui il passare al secondo stadio del segno maledetto; si sarebbe fatto deliberatamente divorare dalla sua follia omicida. Di solito, Jūgo non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma quella volta avrebbe fatto qualunque cosa, pur di portare a termine il piano; in onore di Sasuke e di Kimimaro.

«Ci penserò io!» dichiarò Jūgo ai suoi compagni.

Il corpo di Jūgo mutò sotto gli sguardi dei presenti. Il suo fisico divenne sorprendentemente muscoloso, sulla sua schiena si formarono delle turbine, dalle quali uscivano continue gittate di potentissimo chakra: quello era il secondo stadio del segno maledetto di Jūgo.

«ALLORA?! CHI AMMAZZO PER PRIMO?!! FATEVI SOTTO, BASTARDI!» urlò folle il demonio.

I ninja della Nuvola erano visibilmente sorpresi dall’improvvisa mutazione di quel bambino, ma il loro stupore durò solo pochissimo tempo, poiché erano degli individui che si intimorivano molto difficilmente, anche perché abituate alle mostruose mutazioni dell’Ottacoda, quando ancora Killer B non ne aveva il controllo.

«Il cambiamento di personalità è addirittura più sconvolgente dell’aspetto fisico.» commentò calmo Darui.

Invece C aveva compreso che il demonio che avevano di fronte non aveva nulla a che invidiare a una bestia codata; era pericoloso.

«Fate attenzione! - avvertì lo shinobi. Questo tizio ha un chakra assurdo!»

Anche i membri del Falco erano rimasti molto sorpresi dalla mutazione di Jūgo e infatti Suigetsu e Karin erano molto preoccupati che Jūgo non sarebbe stato nemmeno in grado di riconoscere loro.

Suigetsu allora chiese a Sasuke di esprimere una sua opinione in merito.

«Non pensi che Jūgo abbia esagerato? Sarà un problema fermarlo.» commentò l’Hozuki.

«Finché mi sarà utile, non m’importa.» aveva replicato l’Uchiha.

Sasuke non era per nulla impensierito dalla pericolosità di Jūgo, era invece concentrato sui movimenti degli avversari, in particolare del Raikage, il quale era a sua volta annoiato dalla presenza di quel pericoloso avversario. Sasuke puntò i suoi occhi unicamente sul Raikage; aveva bisogno di studiarne lo stile di combattimento o non sarebbe mai riuscito a sconfiggerlo.

Il capo del villaggio della Nuvola aveva preso la decisione di eliminare personalmente quell’evidente pericolo e senza preavviso, l’omone spiccò un balzo verso il demone per sferrare il suo attacco.

«Togliti di mezzo!» urlò il Raikage.

Il pugno del Raikage si abbatté sul corpo di Jūgo, il quale finì rapidamente con le spalle al muro, mentre modellava uno scudo di carne, nel tentativo di arrestare l’avanzata del pugno assassino del gigante. Nulla valsero i tentativi di Jūgo dal bloccare l’attacco del nemico; il Raikage gli piantò il suo pugno sul petto e lo neutralizzò.

C tirò un sospiro di sollievo; quel pericoloso demonio era stato soppresso ancor prima di causare seri danni.

«Sei dannatamente forte, Raikage.» aveva riflettuto il ragazzo.

Nell’osservare il suo superiore, C si era deconcentrato per qualche istante e questo aveva permesso a Suigetsu di trovare un’apertura, per apparire alle spalle del ninja sensoriale.

«Sei mio!» dichiarò l’albino.

Suigetsu era in procinto di sferrare un potente fendente con la sua spada incapacitata, ma Darui aveva intercettato il fendente, deviandolo con la sua possente mannaia.

C si era spostato appena in tempo e aveva ripreso la sua mansione.

«Grazie mille, Darui!» disse al compagno.

Darui si confrontò con Suigetsu. Erano entrambi degli abili spadaccini e ne sarebbero uscite delle belle dal loro scontro. Inoltre Suigetsu sembrava molto affascinato dallo spadone dell’avversario.

«Bella spada, amico.» esclamò Suigetsu.

«Scordati di averla solo perché la tua è rotta!» replicò prontamente Darui.

I due iniziarono a darsi lotta fra di loro. Fin dai primi colpi, Suigetsu aveva compreso che doveva giocare il tutto per tutto per battere il suo preparatissimo avversario. A un tratto, le braccia dell’albino di ingrossarono visivamente, il che gli donava una maggiore potenza fisica per poter sconfiggere l’avversario.

Darui non si fece certamente mettere le mani in faccia, senza reagire e aumentò anche lui la forza che stava impiegando nell’attacco.

«Però. Siete davvero dei tipi pieni di sorprese!» sbottò il jonin della Nuvola.

Suigetsu ghignò; era certo che Jūgo fosse ancora vivo e che non aveva ancora scatenato tutta la sua potenza contro il Raikage.

«E non avete visto ancora nulla!» ribatté l’albino.

Nel mentre i due continuavano la loro lotta serrata, Sasuke era sulla parete sopra la testa del Raikage e stava tentando di farlo cadere in una potente illusione del suo sharingan, ma il tentativo andò a vuoto.

Il Raikage fissò annoiato il giovane avversario. Lui era l’unico essere umano, a parte le forze portanti, che non poteva cadere sotto l’influsso delle arti illusorie, per quanto queste potessero essere potenti. Quando poi il Raikage utilizzava la tecnica dell’armatura del fulmine per ricoprire interamente il proprio corpo, i suoi riflessi e la sua velocità erano talmente amplificati che un tempo rivaleggiavano con l’uomo più veloce del mondo, il Quarto Hokage, chiamato da tutti, Lampo Giallo.

«Sei veramente patetico, ragazzino. - sbottò il capo della Nuvola. Mi chiedo che trucco abbia usato per sconfiggere mio fratello.»

Il Raikage era perfettamente coscio del fatto che suo fratello era uno shinobi molto forte e una forza portante estremamente distruttiva, ma sempre provvista di raziocinio. Anzi, il Raikage sapeva che, quando il fratello utilizzava la modalità bestia, era addirittura più prudente che fosse l’Ottacoda a prendere il controllo del suo corpo che al contrario.

Per battere uno come Killer B, Sasuke doveva disporre sicuramente di qualche potentissimo asso nella manica e certamente questi doveva coincidere con le abilità, donategli dal suo sharingan.

L’attenzione del Raikage si spostò rapidamente sull’avversario che aveva appena sconfitto. All’improvviso la carne di quest’ultimo si era espansa per una certa quantità di spazio, generando delle turbine che accumulavano una densa quantità di chakra, sotto forma di sfere di energia.

La potenza del chakra emanato da Jūgo era al suo climax e il Raikage l’avrebbe affrontata di pieno petto a una distanza ravvicinata. Il pericolo era imminente.

Jūgo era all’estasi del piacere.

«MUORI!!!» urlò il demonio.

Anche i jonin della Nuvola captarono l’imminente pericolo, ma dalla loro posizione non poterono fare in tempo per proteggere il loro superiore.

«Sommo Raikage!!» urlò C.

Un bagliore ricoprì interamente il corpo del Raikage, dopodiché una potentissima esplosione si abbatté per tutta la stanza, scatenando una potenza mai vista dai presenti.

In mezzo a quel marasma di distruzione, C si era nascosto per bene per non farsi individuare dal nemico e continuare la ricerca di Karin. Era stato vittima di troppe distrazioni e ancora non era riuscito a individuare il suo obiettivo. Anche l’ultimo colpo scatenato da Jūgo contro il Raikage, lo aveva fatto vacillare e quella volta, fu Sasuke in persona a occuparsi di lui.

C si trovò a diretto contatto con lo sharingan dell’Uchiha e le tristi conseguenze per la sua sorte furono inevitabili. Il jonin era stato appena catturato dallo Tsukuyomi dello sharingan e si trovava bloccato da un’enorme creatura in una dimensione estranea, quella creatura emanava un chakra sinistro e che non aveva mai visto in vita sua; sembrava l’incarnazione dell’oscurità.

«Qu//uesti ragazzi sono davvero in gamba. Usano gli attacchi dei loro compagni per confondere l’avversario e attaccarlo a loro volta. - pensò il jonin mentre veniva sopraffatto dalla potente illusione. Non pensavo che sarei finito proprio io in un’illusione.»

C era immobile, la tecnica dello sharingan lo aveva completamente immobilizzato e, una volta che cadde al suolo, scatenò la preoccupazione di Darui, il quale però non poteva andare ad aiutarlo, poiché impegnato nella lotta con Suigetsu.

«Hey, C! Che diavolo stai combinando?! Non è questo il momento di dormire!» tuonò il jonin della Nuvola.

Suigetsu spiccò un balzo per effettuare un potente attacco, proprio mentre l’avversario si era distratto.

«Sei mio!» tuonò l’albino.

Darui fu molto rapido a bloccare il fendente dell’avversario e riprese la lotta, mentre osservava i suoi avversari. Era praticamente rimasto solo contro quei tre, tuttavia, il demonio non sembrava essere in un ottimo stato fisico, aveva praticamente un buco sul petto e camminava a fatica. Sasuke era in ginocchio soffrente e si toccava l’occhio destro come se gli facesse male, mentre sconfiggere Suigetsu era una pura questione di tempo.  

Intanto Karin poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo e riprendere la ricerca di Danzo, dato che il ninja sensoriale della Nuvola era stato abbattuto.

«Una volta ogni tanto, la follia di Jūgo è stata utile. Ora pensiamo a cercare questo Danzo.» commentò la ragazza.

Ma non appena questa riprese a utilizzare la propria tecnica, il suo sesto senso captò un’enorme massa di chakra abbattersi a una grande velocità contro Jūgo. Mentre il demonio si pavoneggiava per l’avere ucciso il Raikage, quest’ultimo era apparso dal nulla e aveva colpito l’avversario con una poderosa gomitata che aveva scagliato Jūgo sulla parete opposta dalla stanza, neutralizzandolo definitivamente.

Karin sbatté un pugno sul muro dal quale si sporgeva per guardare lo scontro.

«Merda! Quel tizio è sopravvissuto all’attacco di Jūgo da una distanza del genere! Non ha nemmeno un graffio!» sbottò la ragazza.

Non per nulla, A non era stato sfregiato del titolo di Raikage, se non fosse stato un potentissimo shinobi. La sua particolare tecnica di combattimento mescolava arti ninja con arti marziali, la sua prestanza fisica gli garantiva una stamina agli stessi livelli di Kisame Hoshigaki e il suo corpo resistente come l’acciaio, lo rendeva praticamente immune alle lame e ad altri attacchi. Tempo fa, A aveva addirittura combattuto contro l’Ottacoda e ne era uscito vincitore, riuscendo addirittura a tagliare di netto una delle corna del demone. La sua abilità nell’arte del fulmine, inoltre, era praticamente la più perfetta del villaggio e quindi poteva essere considerato il miglior manipolatore del fulmine esistente al mondo; solo Kakashi poteva essere equiparato a lui, in tale classe di capacità.

Sasuke ovviamente non si era fatto intimorire dalle prodezze compiute dal Raikage e non aveva esitato ad attaccarlo con la sua lama di fulmini, ottenendo tuttavia l’unico risultato di essere respinto dalla potente aura del capo della Nuvola.

«Hai deciso di suicidarti, ragazzino?! Ti accontento subito!» tuonò A.

Allora Sasuke fece dei segni con le mani ed evocò un fascio di fulmini sulla mano sinistra; il vendicatore era certo che la tecnica di Kakashi avrebbe avuto l’effetto desiderato sull’avversario: nessuno poteva bloccare il Chidori!

Sasuke si avventò contro il suo avversario. Il Raikage fece altrettanto. Pochi secondi e i loro colpi sarebbero entranti in collisione. Prima che ciò accadesse, lo sharingan di Sasuke fece una previsione dei movimenti dell’avversario, in questo modo l’Uchiha fu in grado di schivare la gomitata del nemico, abbassandosi. Sasuke attaccò di conseguenza con il suo Chidori, indirizzando il colpo proprio al cuore del Raikage.

Il boato che si generò dall’impatto fra il Chidori e l’armatura del Raikage si espanse per tutta la stanza, facendo sgorgare miriadi di fulmini da tutte le parti, tuttavia, sebbene fosse stato generato un tale impatto, entrambi gli avversari erano ancora in piedi.

Sasuke non riusciva a muovere il suo braccio con il quale aveva attaccato. Nemmeno il Chidori era riuscito a uccidere il Raikage, poiché era stato semplicemente in grado di penetrare di pochi centimetri il petto del gigantesco shinobi.

Di conseguenza, il Raikage aveva rapidamente afferrato il ragazzo per tenerlo fermo, dopodiché aumentò la sua muscolatura per impedire a Sasuke di tirar fuori le sue dita dal suo corpo.

«Una tecnica che sfrutta l’arte del fulmine per aumentarne la capacità penetrante e la potenza. - commentò il Raikage. Una tecnica capace di ferirmi, può essere solo opera di Kakashi dello Sharingan!»

Non era la prima volta che il Raikage si confrontava con questa tecnica. Durante le sue lotte con il Lampo Giallo, nell’ultima guerra ninja, capitava spesso che il suo avversario combattesse al fianco di un ragazzino estremamente capace che sfruttava il medesimo attacco.

«Ma la tua tecnica... - continuò A. Non è paragonabile a quella di Kakashi Hatake, ma ormai per te è finita.»

Il chakra del Raikage ebbe un aumento vertiginoso, le scariche elettriche si fecero sempre più intense; il Raikage era pronto a scagliare uno dei suoi colpi micidiali, ai quali nessuno dei suoi avversari era mai sopravvissuto. Il Raikage sollevò di peso l’Uchiha e lo scaraventò al suolo con una potenza inaudita.

Il rimbombo di tale colpo venne udito persino dagli altri Kage, al piano superiore, e il pavimento era stato completamente devastato dal colpo; probabilmente anche Sasuke era stato ridotto in poltiglia da un colpo del genere.

«Merda! Sasuke è nei guai!» tuonò Suigetsu.

L’albino era sgomento. Non aveva mai visto il suo capo in una situazione critica come quella e dubitava molto che fosse sopravvissuto a un attacco potente come quello.

Mentre Suigetsu copriva il viso per ripararsi dai detriti scagliati dal colpo, Darui ne aveva approfittato per sferrare l’attacco decisivo contro l’avversario. Il jonin aveva rivestito la propria lama con l’arte del fulmine e aveva impalato l’avversario al muro, lasciando la lama elettrica che bloccava il corpo acquoso del nemico.

«Merda! Non riesco a muovermi!» sbottò sofferente l’Hozuki.

«Il vostro amico è spacciato. Nessuno è mai sopravvissuto alla bomba fulminea del Boss.» comunicò Darui.

L’uomo lanciò una rapida occhiata al suo capo, dopodiché si avviò a prestare soccorso al compagno, per sciogliere l’illusione in cui era bloccato.

«Tutto bene, amico?» domandò Darui.

Una volta ripresosi, C osservò con cura il campo di battaglia e vide il Raikage che teneva al suolo qualcuno; doveva trattarsi di Sasuke. Anche gli altri due nemici erano stati annientati.

«Sono stato poco attento. Scusami tanto, Darui.» rispose C.

«Ah, figurati. - replicò l’altro. Tanto ormai la lotta si è conclusa.»

Darui si sbagliava, perché non aveva idea delle immense risorse di cui gli Uchiha disponevano.

Sasuke infatti si era salvato, utilizzando la tecnica suprema del suo Mangekyō Sharingan, la quale si stava appena manifestando agli occhi meravigliati dei presenti.

Il Raikage sentì un scricchiolio di ossa che si spezzavano e si auto riparavano allo stesso tempo. All’inizio pensò che fossero le ossa del ragazzo che erano andate in frantumi, ma poi notò che il ragazzo non aveva subito l’impatto con il suolo, poiché alle sue spalle erano apparse delle ossa spirituali che avevano attutito il colpo.

«Che succede?» domandò l’uomo sospettoso.

Anche Karin aveva avvertito l’anormalità della tecnica che stava utilizzando Sasuke, ma stava percependo la sua potenza su un piano differente dagli altri.

«Il chakra di Sasuke sta diventando ancora più freddo!» sbottò lei.

Le ossa appena evocate da Sasuke iniziarono a crescere sempre di più. Sasuke era protetto da un’oscura gabbia toracica che si stava espandendo maggiormente, sotto gli occhi del Raikage. Il capo della Nuvola non stesse a guardare e attaccò con un poderoso montante, il quale venne attutito dalle ossa spirituali, dopodiché Sasuke spiccò un balzo per allontanarsi dal Raikage, sempre protetto da quelle ossa spirituali.

Sasuke allora aprì i suoi potenti nuovi occhi per sfidare apertamente il Raikage con il suo nuovo potere.

«Quindi questo è il Mangekyō Sharingan?» commentò l’uomo.

A non era uno stupido e sapeva che il chakra angusto, emanato da quella tecnica, doveva essere preso sul serio, per tanto aveva preso la decisione di combattere al massimo della sua potenza.

L’intensità e la potenza del chakra di A aumentarono vertiginosamente, persino i capelli del Raikage si drizzarono per via della potenza delle scariche elettriche che emanava l’armatura di fulmini.

Una volta percepito il chakra del Raikage, Karin tremava dalla paura. Oramai non sapeva dire che cosa fosse più terrificante fra il chakra di Sasuke e quello del suo avversario.

«Il Raikage ha un chakra ancora più assurdo di quello dell’Ottacoda!»

La ragazza si chiese addirittura se il Raikage fosse realmente un essere umano, considerando quanto fosse possente. Sasuke poteva veramente tenergli testa?

Anche i jonin della Nuvola erano rimasti alquanto perplessi dall’abilità mostrata dall’Uchiha, durante lo scontro. Adesso potevano finalmente comprendere come Sasuke avesse sconfitto Killer B.

«Che strano potere. - commentò Darui. Sembra persino che i suoi occhi siano mutati.»

«Il Mangekyō Sharingan? - sbottò sorpreso C. Questo ragazzo è diverso da tutti gli altri, è uno di quei geni che nascono ogni centennio ed è persino più pericoloso di suo fratello Itachi.»

Mentre Sasuke e il Raikage continuavano a lanciarsi sguardi truci, erano giunti i rinforzi che erano stati convocati in precedenza dai samurai, i quali avevano circondato Sasuke ed erano pronti ad attaccarlo alla prima occasione.

Sasuke non si impensierì, poiché quegli avversari non erano alla sua altezza, l’unico che poteva dargli problemi era il Raikage e lo doveva uccidere il prima possibile, evitando di consumare energie preziose, in vista dello scontro con Danzo.

Sasuke concentrò una discreta quantità di chakra sul suo occhio sinistro, il quale iniziò a sanguinare vistosamente, segno che l’attacco del Mangekyō Sharingan era pronto a scagliarsi sull’ignaro Raikage.

Sasuke attaccò!

«Amaterasu!»

Apparvero dal nulla le fiamme nere dello sharingan, le fiamme che non potevano essere estinte, le fiamme divine, però si trattava di fiamme letali, ma troppo lente. Infatti, il Raikage aveva schivato l’attacco prontamente. Sasuke allora lo seguì con lo sguardo, manipolando le fiamme nere con l’occhio destro, poiché aveva scoperto di esserne in grado durante i suoi allenamenti con Madara.

«Sei troppo lento, moccioso!» tuonò il Raikage.

L’omone era veramente troppo veloce, persino per uno sharingan. Il Raikage aveva assestato un violento colpo all’Uchiha, ancor prima che Amaterasu potesse giungere al suo obiettivo. Sasuke era pieno di ematomi, ma si era rialzato, perché protetto in parte dalle ossa spirituali.

Il Raikage allora proseguì l’attacco, evitando con cura di venire intercettato da Amateraru. Quando però l’uomo si apprestò ad attaccare nuovamente il suo avversario, questi aveva manipolato le fiamme in maniera tale da creare uno scudo fiammeggiante sulle ossa.

In questo modo, Sasuke voleva annullare gli attacchi fisici del Raikage, dato che toccare Amaterasu significava venire bruciato vivo, senza avere alcuna speranza di sopravvivenza.

Purtroppo Sasuke non aveva idea che A, il Quarto Raikage, era un uomo che non si fermava davanti a niente, nemmeno se c’era di mezzo il pericolo di perdere un arto o addirittura la vita; la prudenza non era mai stata il suo forte. Il Raikage riteneva che per risolvere un problema, bastava usare un pugno e fece così anche in quella situazione.

«NON SOTTOVALUTARMI!!! IO SONO IL QUARTO RAIKAGE!» tuonò l’omone.

Il possente colpo a spacco del Raikage si abbatté su Sasuke con una potenza tale da sbattere al suolo il ragazzo, provocandogli addirittura qualche costola rotta e diverse perdite di sangue.

I due jonin della Nuvola osservarono la scena. A Darui venne da ridere; il boss non cambiava mai ed era per questo che lo aveva sempre ammirato.

«Fare questo al proprio braccio… - commentò l’uomo. Sei davvero un pazzo, boss.»

Prima ancora che Sasuke potesse comprendere che cosa stesse accadendo, il Raikage era piombato in aria con il braccio sinistro in fiamme e stava per assestargli il colpo finale. Sasuke allora sforzò il suo occhio destro, in maniera tale da manipolare le restanti fiamme a forma di scudo che lo proteggesse dal colpo nemico.

«Arte Infernale: Kagutsuchi!» tuonò l’Uchiha.

La gamba del Raikage e le fiamme di Sasuke stavano per entrare in conclusione nel climax della battaglia. Da quel momento in poi sarebbe potuto accadere qualunque risvolto positivo o negativo per entrambe le parti. Lo scontro rappresentava un’incognita incostante che avrebbe solamente seguito l’andamento degli eventi.


*

 

La squadra di Naruto stava correndo. Naruto e Rina stavano tentando di rintracciare il chakra di Danzo, ma stavano avendo comunque dei problemi nel rintracciarlo, come se qualcuno avesse oscurato la rete di chakra in una determinata area.

«Ci sono novità, maestro?» domandò Koichi.

«Ancora nulla, ma non penso che siano andati troppo lontano. Solo che c’è qualcosa di strano.» rispose Naruto.

«In che senso?» chiese dubbioso Masato.

«Sembra che ci sia qualcuno che stia mascherando il chakra di quel vecchio con il proprio. - spiegò Rina. Ma davvero si può fare una cosa del genere?»

«Rimanete concentrati, ragazzi. Non affronteremo dei ninja qualunque.» rammentò il maestro Naruto.

Rintracciare Danzo stava diventando un problema e di certo, andando avanti in quel modo, il vecchio ninja sarebbe riuscito a scappare dal palazzo; ciò era chiaramente da evitare assolutamente, perché se Danzo fosse riuscito a tornare alla Foglia, avrebbe certamente rafforzato il suo potere e sarebbe scoppiata la guerra civile.

Naruto non poteva assolutamente fallire. Non voleva che il villaggio fosse ancora instabile e che la gente soffrisse per colpa di Danzo o di Akatsuki. Il ragazzo entrò in modalità eremitica in pochi istanti e concentrò tutte le sue energie per rintracciare il nemico: ci riuscì.

A un tratto, Naruto creò una copia di se stesso e rapidamente creò uno dei suoi potentissimi Rasengan che scagliò contro la parente, in cui aveva percepito il nemico. Una volta abbattuta la prima parete, toccò alla successiva e a un’altra ancora, finché il gruppo non apparve proprio di fronte a Danzo e alle sue guardie del corpo.

«Maledetto! Ci ha trovato!» sbottò Danzo.

«Grande, maestro! Li abbiamo scovati!» sbottò Masato.

Naruto e la sua squadra sbarrarono la squadra al Reggente Sesto Hokage.

Le due guardie del corpo dell’anziano ninja si misero di fronte a lui per proteggerlo, armati con il tipico spadino dei ninja della Radice.

Gli allievi di Naruto fecero altrettanto, in maniera tale da proteggere il loro maestro da quei pesci piccoli.

A un certo punto, Torune si rivolse al collega, desideroso di ricevere delle informazioni.

«Che cos’è successo, Fo? Pensavo che avessi completamente schermato il chakra di lord Danzo dai ninja sensoriali.»

L’altro shinobi ammise che non sapeva darsi una spiegazione. Invece Danzo aveva capito perfettamente come Naruto fosse riuscito a individuarli, anche perché vedeva chiaramente tutto il mistero dietro quella prodezza, tramite l’occhio di Shisui.

«Non sapevo che sapessi usare l’arte eremitica, forza portante. È stato Jiraiya a insegnartela?» chiese l’anziano ninja.

Naruto non rispose, interruppe il flusso di energia naturale per conservarla per la lotta e iniziò a studiare perplesso il suo avversario. Per certi versi, Danzo era molto simile a Madara. Entrambi erano molto criptici nei comportamenti e davano segno di essere capaci di compiere qualunque nefandezza, pur di raggiungere i propri scopi.

«Che strano. - sbottò l’anziano. Quando eri un bambino, parlavi in continuazione. E ora, che cosa ti è successo? La volpe ti ha mangiato la lingua?»

«Non ho nulla da dirle.» replicò l’Uzumaki.

I due continuarono a fissarsi l’un l’altro per un altro po’, dopodiché Danzo prese nuovamente la parola.

«Tu e il tuo maestro avete messo in ridicolo il villaggio della Foglia di fronte agli altri capi di stato. Hai idea che cosa comporti per il villaggio?» domandò laconico l’anziano ninja.

A Naruto venne da ridere. Quello che aveva appena detto Danzo non aveva alcun senso.

«E lei che ha fatto?! Ha messo in pericolo il villaggio, anche prima che intervenissimo io e il maestro Kakashi. Lei non vuole la pace per il villaggio. Tu vuoi fare solo come ti pare e piace, vecchio bastardo!» tuonò furioso la forza portante.

«Non mi faccio giudicare da un bambino che ha preferito scappare di fronte ai suoi problemi. - ribatté Danzo. Magari ti sei veramente unito ad Akatsuki per proteggere il villaggio dall'esterno, ma sei pur sempre scappato dalla Foglia, perché odiavi gli abitanti.»

«E quindi?! Qual’è il problema?!» sbottò il ragazzo.

Danzo aveva lasciato cadere per terra il suo bastone, significava forse che aveva intenzione di combattere?

«Non riesci a comprendere la tua posizione di forza portante. Il tuo ruolo è quello di bilanciare il potere del villaggio, in rapporto agli altri villaggi. - continuò l’anziano. Hiruzen e Tsunade sono stati fin troppo indulgenti con te, per questo hai agito di testa propria e non solo, Jiraiya, quel maledetto, ti ha totalmente corrotto con il suo senso di libertà. E adesso Jiraiya è morto come un verme, come meritava per aver seguito gli insegnamenti di Hiruzen!»

«NON TI PERMETTERE DI INSULTARE IL MIO MAESTRO!! TU NON HAI IDEA DI CHE GRAND’UOMO FOSSE!!»

La rabbia di Naruto era tale che il chakra della volpe aveva fatto il suo ingresso, modificando visibilmente l’aspetto della forza portante con i tratti selvaggi e gli occhi rossicci.

Fu e Torune si misero in posizione di difesa, preoccupati che la forza portante iniziasse a darci dentro in tutta la sua potenza.

«Che chakra impressionante!» commentò Fu.

Di conseguenza, Danzo aveva preso la decisione di volersi occupare di Naruto in loco. L’uomo tirò fuori il suo braccio destro dal suo mantello. Il braccio era fasciato con delle bendature ed era tenuto stretto da delle guarnizioni resistenti, che servivano a contenere l’enorme potere che emanava.

«Speravo di potermi servire di te per uccidere Madara, ma ti stai dimostrando incontrollabile. Quindi adesso mi darai l’Ennacoda e morirai. Per il bene del villaggio!» dichiarò Danzo.

Successivamente, Danzo spostò la mano sinistra verso la benda che aveva sul viso e ne scostò una parte, in modo da mostrare ai presenti il suo occhio destro, recante lo sharingan di Shisui Uchiha.

«Ha lo stesso occhio del maestro Kakashi!» sbottò Rina.

«Ricorda di non fissarlo negli occhi, Rina. - comunicò Koichi al suo fianco. Hai dimenticato quello che ha detto il maestro sullo sharingan?»

A proposito del maestro, Naruto aveva rapidamente accumulato il chakra eremitico che aveva conservato in precedenze ed era pronto in qualsiasi momento allo scontro.

Anche Danzo era pronto e non aveva perso tempo ad assegnare degli ordini ai suoi seguaci.

«La cattura dell’Ennacoda è della massima priorità. Una volta che l’avremmo ottenuta, non sarà difficile piegare gli altri Kage al mio volere. Tutto chiaro, Fu, Torune?»

Le due guardie del corpo annuirono prontamente e si prepararono a loro volta allo scontro.

La prima mossa fu effettuata da Masato, il quale attaccò, senza dare preavviso ai suoi compagni e per questo, una volta che scagliò una palla di fuoco suprema sul nemico, venne rimproverato dal suo maestro, il quale gli rifilò un pugno sulla nuca per punirlo.

«Che diavolo ti salta in mente, idiota?!» tuonò Naruto.

«Maestro non dice sempre che non bisogna perdere tempo in un combattimento? E quindi ho fatto così!» ribatté prontamente Masato.

Naruto si trovò spiazzato da quel commento e, dato che era stato preso in fallo dall’allievo, non aveva detto più nulla e aveva spostato nuovamente il suo sguardo verso il campo di battaglia. Il fuoco, emanato dal ragazzino era stato completamente diradato da una tecnica di Danzo.

Per Naruto c’era solo una spiegazione.

«Usa l’arte del vento, eh?»

Una volta eliminata la tecnica di fuoco, Danzo aveva dato ordine alle sue guardie del corpo di passare immediatamente al contrattacco, così, Fu e Torune lasciarono indietro il superiore e si avventarono sui loro nemici.

Le prime lame che si intrecciarono nello scontro furono quelle di Rina e di Fu. La ragazzina era molto brava nel maneggiare la katana e aveva appunto seguito alcune lezioni del maestro Kakashi, in modo da migliorare molto il suo stile, battezzato da lei con il nome singolare di “Passo della Pioggia”, con esso, Rina era riuscita una volta a tagliare delle gocce d’acqua, prima che queste cadessero a terra.

Un ninja esperto come Fu, poteva solo sorprendesi che una ragazzina riuscisse a tenergli testa in maniera così magistrale, tuttavia, lui era in possesso di una forza fisica a lei superiore e non ci mise molto a distanziarla, in modo da eseguire un secondo letale attacco.

Fu lanciò degli shuriken contro la ragazza, dopodiché eseguì dei rapidi gesti con le mani per potenziare l’attacco appena effettuato.

«Tecnica Della Moltiplicazione Degli Shuriken!» tuonò all’improvviso l’uomo della Radice.

Rina era pronta a contrattaccare.

«Non mi sottovalutare!» tuonò la ragazzina.

Rina si apprestò rapidamente a neutralizzare l’attacco, flettendosi su se stessa in una danza di lame che neutralizzò la rotazione della moltitudine degli shuriken.

Tuttavia, quell’azione era servita a Fu per distrarre l’avversario dalla vera tecnica che aveva intenzione di utilizzare contro di loro. Nel momento in cui l’uomo della Radice mosse le mani per il conseguimento della tecnica, Naruto riconobbe la tecnica del controllo spirituale del clan Yamanaka e reagì di conseguenza.

Naruto aveva creato una copia di se stesso, la quale si premurò di afferrare la sua allieva di peso per lanciarla verso il tetto, in modo da non essere colpita dalla tecnica del nemico; una volta fatto ciò, Naruto sciolse la tecnica, prima che fosse il suo stesso clone a subire il controllo nemico.

«Merda!» sbottò Fu, al fallimento della sua tecnica.

Torune si avvicinò al compagno per dargli manforte.

«Come faceva a conoscere la tua tecnica?» domandò Torune.

«Probabilmente avrà visto questa tecnica dalla figlia del capo del clan Yamanaka. Se non sbaglio erano compagni.» spiegò Fu.

«Se le cose stanno così, allora non usare più nessuna delle tue tecniche. Limitiamoci a ucciderli con lo stile di assassinio della Radice.» disse Torune.

Il compagno di squadra concordò con l’altro e si armò nuovamente della sua lama, per correre all'attacco della forza portante dell’Ennacoda.

Koichi e Masato si erano messi in mezzo, per sbarrare la strada ai due uomini. Il primo riuscì a bloccare Fu, mentre l’altro venne rapidamente sconfitto da un calcio di Torune, il quale aveva finalmente spazio libero per attaccare Naruto.

«Sei mio, Nove Code!» tuonò lo shinobi della Radice.

Naruto era pronto allo scontro con l’avversario. L’eremita si accinse a sferrate un pugno sull’avversario, il quale, però lo schivò a tempo debito, ma non riuscì ugualmente a sferrare a sua volta l’attacco sull’avversario.

Lo scontro fra i due sembrava essere andato a vuoto, ma non era affatto così. All'improvviso, Torune si sentì tirato via da una forza invisibile, come se in realtà il pugno dell’avversario fosse riuscito a colpire la sua guancia. La forza divenne opprimente e Torune venne sbalzato via con forza.

La Radice poteva anche utilizzare la sua speciale tecnica di assassinio, ma nessuno di loro si era mai confrontato con lo stile dei rospi eremita, il quale sfruttava l’energia naturale, per aumentare l’ampiezza degli attacchi sferrati dall'utilizzatore di energia naturale.

Solo Danzo, mediante il suo sharingan, era riuscito a vedere il chakra di Naruto che si abbatteva inesorabilmente su Torune, sconfiggendolo. Di conseguenza, Danzo aveva compreso che avrebbe dovuto sconfiggere la forza portante di persona.

Intanto Naruto si era rivolto all’allievo che era stato sconfitto.

«Tutto bene, Masato?» domandò il biondo.

Il ragazzino si era messo subito in piedi, pronto a rientrare nei giochi con tutta la rabbia in corpo per essere stato sconfitto così facilmente. Per questa ragione, il ragazzino aveva deciso finalmente di utilizzare la sua tecnica segreta: aveva attivato il byakugan sul suo occhio sinistro!

Danzo fu molto sorpreso da quella meravigliosa trasformazione, poiché gli occhi di Masato non erano della tipica colorazione lilla degli Hyuga, ma nonostante ciò, era in possesso di un byakugan.

Danzo allora comprese che quell’occhio era stato trapiantato su quel ragazzino, proprio come Ao del villaggio della Nebbia.

«Interessante. Hai fatto trapiantare un byakugan nell'occhio del tuo allievo, Nove Code?» domandò Danzo.

Naruto non rispose; c’era una lunga storia dietro a byakugan sull’occhio sinistro di Masato, anche perché quel ragazzino non era in possesso della sola arte oculare del clan Hyuga; infatti sul suo occhio destro vi era uno sharingan ancora acerbo, questo perché Masato aveva sangue Uchiha nelle vene.

Danzo era fuori di sé.

«Sei tale e quale il tuo dannatissimo maestro! Jiraiya ha allenato quei tre orfani del villaggio della Pioggia, condividendo con loro i segreti della Foglia e tu adesso hai dato agli stranieri due dei nostri più preziosi tesori!» sbottò furente l’uomo.

«Non ho alcun motivo per spiegartelo, vecchio! - ribatté il maestro Naruto. Ma sappi che non ti permetterò di avere gli occhi di questi ragazzi. Li proteggerò a ogni costo!»

Quei tre avevano già passato delle tristi vicende nella loro infanzia e quegli occhi erano stati ottenuti, dopo tanto dolore ed erano visti, come la speranza per un futuro migliore. Naruto aveva insegnato loro il lavoro di squadra, la loro unica e vera forza, con la quale un giorno avrebbero cambiato il mondo.

Lo Sharingan di Danzo mutò, passando alla forma del Mangekyō, un tempo appartenuto a Shisui, il Fulmineo, il più grande illusionista del clan Uchiha, ergo mai esistito al mondo.

«Mi prenderò tutto, ragazzo. L’Ennacoda, quegli occhi e le vostre vite. Non permetterò che il potere del villaggio vacilli per colpa della vostra ideologia di familiarizzare con gli stranieri!» dichiarò l’anziano ninja.

Naruto allora comprese che il campo di battaglia sarebbe diventato incandescente e aveva deciso di essere prudente. Per prima cosa, richiamò l’attenzione dei suoi allievi.

«Ragazzi. Tutti dietro di me.» ordinò Naruto.

Una volta che gli allievi ebbero eseguito l’ordine impartito dal loro maestro, nel mentre anche Fu e Torune si erano ritirati alle spalle di Danzo, Naruto si premurò di dettare alcuni comportamenti importanti da seguire da quel momento in poi.

«Vi ricordate quello che vi dissi, prima di partire per il paese del Ferro? Ora più che mai, questa regola ha la massima priorità, qualora la situazione si faccia troppo pericolosa.» comunicò il biondo.

«Non può dire sul serio, maestro! Non potremmo mai lasciarla da solo!» sbottò Masato.

«Masato ha ragione, maestro. - aggiunse Rina. Noi possiamo farcela. Se agiamo come una squadra, non c’è nulla che possiamo fare!»

Naruto sorrise; a quanto sembrava, quei tre scapestrati avevano imparato bene la lezione.

«Un giorno, forse. - ribatté il biondo. Ma non siete ancora pronti per combattere contro avversari del genere, per questo, scusatemi se vi ho portato nella bocca del lupo.»

Gli altri due ragazzini avrebbero voluto ribattere a quanto detto dall’Uzumaki, ma il terzo ragazzo, Koichi, era stato più veloce a parlare ed era stato anche il più risoluto.

«Qualunque cosa accada, noi saremo sempre al suo fianco e le saremmo sempre grati per quello che ha fatto per noi. Seguiremo sempre i suoi ordini, perché siamo sempre stati bene, fin da quando l’abbiamo incontrata, maestro Naruto.»

«Grazie infinite, ragazzi.» rispose grato Naruto.

Era stato un bel momento, ma adesso la loro mente doveva tornare al combattimento, senza perdere altro prezioso tempo. Danzo aveva appena effettuato dei segni che Naruto aveva riconosciuto e aveva deciso di imitarlo a sua volta.

Insieme, i due avversari recitarono la formula magica del colpo, prima che questo si abbattesse l’uno sull’altro.

«Arte del Vento: Tecnica della Bomba di Vento!»

Il fragore generato dall'impatto con le due tecniche si espanse per tutta la stanza, poiché l’impatto aveva provocato degli aliti di vento, talmente taglienti che avevano segnato pesantemente il campo di battaglia.

Il colpo si concluse in parità, ma ciò non servì a far desistere i due contendenti dal continuare lo scontro.

«Torune. Dammi la tua arma.» ordinò Danzo.

Naruto notò la mossa dell’avversario e si comportò di conseguenza.

«Attenti, ragazzi! Non muovetevi dalla vostra posizione!» tuonò l’Uzumaki.

Una volta che Danzo ottenne l’arma dal sottoposto, vi immise una forma particolare di chakra dalla natura del vento, in seguito era corso verso il nemico, armato dalla suddetta arma.

Naruto era scattato a sua volta, armato dalla tecnica del Kazekiri, con il quale amplificava il potere del suo chakra di tipo vento.

L’impatto fra le due tecniche fu addirittura più intenso di quello che era avvenuto qualche secondo prima, ma in realtà, nessuna delle due tecniche aveva centrato il bersaglio, poiché sia Naruto che Danzo avevano bloccato la mano armata dell’altro con la propria. I due avversari erano dunque bloccati in una morsa d’acciaio e non avevano intenzione di mollare l’altro.

Naruto era molto sorpreso che un uomo dall’età di Danzo potesse essere così fisicamente forte, aveva addirittura una potenza muscolare maggiore, rispetto alla sua e Naruto faticava a tenerlo stretto a sè.

A un certo punto, l’attenzione di Naruto si era spostata, come una calamita, verso il Mangekyō Sharingan di Danzo. La magia emanata dall’orbita oculare stava lentamente possedendo la mente della forza portante, la quale si sentiva sempre più soggiogata dalla conformità particolare dell’occhio demoniaco. Naruto non si era nemmeno reso conto di essere stato catturato dall’illusione dello sharingan di Shisui; nessuno poteva spezzare un’illusione del genere, nemmeno la forza portante dell’Ennacoda.

Danzo emise un sorriso, carico di soddisfazione; la forza portante era praticamente nelle sue mani.

Anche gli allievi di Naruto notarono che ci fosse qualcosa che non andava. Masato vedeva il flusso del chakra del maestro era disturbato da quello dell’avversario e aveva tentato di avvicinarsi, al fine di supportare il maestro in pericolo.

Koichi lo bloccò.

«Ma Koichi! Il maestro è in pericolo!» sbottò ansioso Masato.

«Usa meglio i tuoi occhi, Masato. Cerca di vedere aldilà delle apparenze.» rispose Koichi.

La pragmatica giustificazione del compagno di squadra non venne afferrata in tempo da parte del ragazzino, poiché il maestro Naruto era apparso all’improvviso dal nulla e aveva colpito Danzo con un potentissimo Rasengan; quella che Danzo aveva manipolato era una copia dell’Uzumaki.

«Rasengan!» urlò Naruto.

Danzo non aveva predetto una mossa del genere ed era stato colpito in pieno il colpo, finendo sbattuto al muro, con il ventre completamente squarciato dalla potenza rotatoria della tecnica di Naruto.

Fu il turno dell’Uzumaki di sorridere trionfante.

«Non mi fotti con il tuo sharingan, vecchia mummia!» tuonò Naruto.

Di conseguenza le due guardie del corpo della Radice iniziarono a scaldarsi per le sorti del loro capo.

«Lord Danzo! Lord DANZO!» urlarono quest’ultimi.

Naruto si voltò verso di loro, armato di un nuovo Rasengan.

«Dato che avete eseguito gli ordini, non vi attaccherò, se dichiarate la resa. Siete dei ninja della Foglia e, se non volete perire come il vostro capo, dichiarate fedeltà al maestro Kakashi e servite il villaggio.» dichiarò deciso Naruto.

Ma Fu e Torune non erano certo disposti ad accettare la sconfitta di Danzo, non erano nemmeno tanto propensi ad abbandonare il piano originario di Danzo, al quale tutta la Radice si era sempre concentrata per tutti quegli anni; tutto per il villaggio della Foglia.

I due shinobi tirarono fuori altre armi e si prepararono a combattere con le unghie e con i denti per recuperare il corpo del loro leader e sconfiggere il nemico.

Naruto tirò un sospiro rassegnato.

«Bene. Avete fatto la vostra scelta.» disse minaccioso.

Ancor prima che Naruto potesse sferrare il suo attacco, egli venne colpito in pieno da un’onda d’urto che sbatté l’Uzumaki sul muro più vicino; era stata opera di Danzo, il quale si trovava in un punto completamente opposto a quello in cui era stato sconfitto.

«Maestro!» lo chiamò Rina.

«Sto bene!» comunicò prontamente Naruto.

Quando Naruto si rialzò, fissò astioso il suo avversario e notò dei particolari che catturarono la sua attenzione. Sembrava proprio che Danzo non fosse stato colpito dal suo Rasengan e che non avesse nemmeno avvertito nessun’altro danno. Si trattava di una copia, dunque? Naruto ne aveva dei seri dubbi, poiché quando era in modalità eremitica, era in grado di distinguere se stava combattendo con una copia o con l’originale; lui aveva combattuto con l’originale!

«Che razza di tecnica ha usato?» si domandò sottovoce il ragazzo.

Danzo avanzò di qualche passo, mentre eseguiva alcuni segni con le mani; prima di attaccare, però, l’anziano shinobi si era rivolto ai suoi sottoposti.

«Fu, Torune. Mentre mi occupo dell’Ennacoda, uccidete i ragazzini e portatemi gli occhi del più basso.» ordinò l’uomo.

«Signorsi!» risposero prontamente i due.

Allora gli allievi di Naruto si misero sulla difensiva e lo stesso Naruto comprese che doveva fare qualcosa per proteggerli dai ninja della Radice, purtroppo però doveva conservare le sue attenzioni soprattutto su Danzo, quindi aiutò gli allievi con un supporto di quantità, piuttosto che di qualità.

«Tecnica Superiore della Moltiplicazione del Corpo!» tuonò l’Uzumaki.

All’improvviso, decine di Naruto si misero di fronte ai suoi allievi, in modo da porre manforte nella difesa dall’assalto di Fu e Torune.

Naruto allora si concentrò nuovamente sul criptico avversario. Non aveva ancora idea di quali fossero le sue effettive abilità, né di quanto tempo avrebbe impiegato per sconfiggere Danzo e, se fosse riuscito a batterlo.
Tutti i dubbi di Naruto non avrebbero mai avuto una risposta, poiché, prima che potesse effettuare una qualunque mossa, le sue doti sensoriali percepirono l’arrivo di un imminente pericolo dal piano inferiore, nel quale si trovavano.

Un enorme spadone spirituale oscuro aveva tranciato di netto il corridoio, separando la squadra di Naruto da quella di Danzo e sollevando un gigantesco polverone.

Naruto aveva perso completamente di vista il nemico.

«Merda!» sbottò il ragazzo.

Naruto provò ad avanzare, al fine di individuare il nemico, ma purtroppo quella spada gigantesca ostruiva il passaggio e nulla valsero i suoi sforzi per abbatterla, fino a quando non vi scagliò contro un Rasengan, spezzando finalmente la lama. Quando Naruto riuscì a oltrepassare il passaggio, Danzo era scomparso nel nulla; era scappato, approfittando del trambusto generato da quel misterioso attacco.

«Porca troia!» inveì rabbioso l’Uzumaki.

Mentre Naruto dava pugni al suolo per la rabbia, venne richiamato dai suoi allievi, i quali avevano notato di un imminente pericolo nel quale imcombevano.

«Maestro!»

Naruto si voltò verso di loro. Non aveva nemmeno il tempo per lamentarsi per aver fallito il compito, assegnatoli da Kakashi, perché il tetto sopra le loro teste stava per cedere e i detriti li avrebbero sommersi mortalmente, se non avessero fatto qualcosa in merito.

 


L'angolo dell'autore

E mentre attendiamo i primi streaming sul nuovo film di Naruto, spero che il capitolo sia stato abbastanza da distrazione. Mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento e vi saluto alla prossima, in cui avremmo la conclusione dello scontro fra Sasuke e i cinque Kage.


Nel prossimo capitolo


«Che peccato. I membri del clan Uchiha sono davvero degli uomini affascinanti, mi strugge dover rovinare cotanta bellezza.»
«Non metterti in mezzo!»
«Nobile Tsuchikage, se non intende partecipare alla lotta, la prego di allontanarsi dal campo di battaglia.»
«Non rovinarlo completamente, Mizukage. Dovremmo interrogarlo.»


Dichiarazione di Guerra

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Capitolo 15
*** LA DICHIARAZIONE DI GUERRA ***


Salve a tutti, carissime lettrici e carissimi lettori. Anzitutto, volevo augurarvi un buon anno. Questo 2015 lo iniziamo alla grande!
Avete già visto il film di The Last? Che impressione avete avuto del film e dei nuovi annunci sulle produzioni del manga in futuro? A quanto pare, dalla primavera 2015, il maestro Kishimoto racconterà le storie segrete di Kakashi, Gaara, Shikamaru, Sakura, dell’Akatsuki e quella del Villaggio della Foglia, mentre nell’agosto dello stesso anno, ci sarà un film con protagonista Boruto Uzumaki.

Sembra che il maestro Kishimoto abbia deciso di fare questo film, per creare una happy ending anche per Sakura, quindi ci saranno molte scene SasuSaku e, molto probabilmente, anche una piccola love story fra Boruto e Sarada; in pratica, Naruto e Sasuke diventeranno con-suoceri, con loro grande gioia. Io più che altro, vorrei che ci fosse un nuovo combattimento fra loro due, voi che ne pensate?

Lasciando perdere queste interessanti notizie, passiamo adesso al capitolo. Abbiamo lasciato Naruto che ha fallito la missione di fermare Danzo, dato che una “misteriosa” spada spirituale aveva sbarrato la strada e Danzo ne aveva approfittato per scappare. Ma perché Danzo scappa? Non so, se vi siete posti questa domanda, tuttavia ne risponderò nel prossimo capitolo, quando avremo lo scontro fra Danzo e Sasuke. A proposito di Sasuke, lo abbiamo lasciato a vedersela con il Raikage, in questo capitolo vedremo la conclusione dello scontro e il proseguire il continuo del sentiero dell’odio di Sasuke.

Ho parlato un po’ troppo, più del solito. Mi scuso molto e vi auguro una buona lettura.

 
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La Difesa Assoluta Del Potere Dell’Oscurità

 

Lo scontro fra Sasuke Uchiha e il Quarto Raikage era all’apice; una questione di secondi, giusto il tempo per determinare chi, dall’imminente impatto, ne sarebbe uscito vincitore.

Il Raikage aveva puntato tutto sul colpo che stava per assestare, poiché, se non avesse neutralizzato l’avversario il prima possibile, avrebbe perso per sempre l’uso del braccio sinistro e della gamba che stava per sacrificare per colpire, dato che sarebbero stati arsi dalle fiamme infernali dell’Amaterasu.

Gli spettatori attendevano l’esito dello scontro con il fiato sospeso, incapaci di puntare sulla vittoria di uno o dell’altro, poiché la situazione incombente era in perfetto stallo. L’opzione della produzione di congetture era l’unica possibile; solo la fiducia che lo spettatore poneva sul suo eroe, l’unico deterrente che lo faceva dubitare in una sconfitta, ognuno dei spettatori tifava per la vittoria del corrispettivo compagno.

L’impatto stava per avvenire, inesorabile; la gente aveva interrotto il proprio respiro, in attesa del risultato finale. Ciò che accadde, andò a finire nella schiera dell’imprevedibile; persino i due contendenti erano rimasti di stucco.

Un denso ammasso di sabbia si era messo in mezzo alla gamba del Raikage, proteggendola dalle fiamme infernali del nemico e arrestando contemporaneamente l’attacco.

«Sabbia?!» esclamò sbalordito il Raikage.

Se il capo della Nuvola ignorava l’identità di chi si era messo in mezzo, Sasuke sapeva perfettamente chi fosse. Non appena il Raikage si distanziò, Sasuke si alzò lentamente verso la direzione a lui opposta, scorgendo la sagoma inconfondibile di Gaara del Deserto.

Il Kazekage si era fatto largo fra le macerie, accompagnato dai suoi fratelli, e attirando su di sé l’attenzione generale, in particolare, la rabbia del Raikage.

«Come osi metterti in mezzo, Kazekage?! - ruggì l’omone. Questa è la mia battaglia!»

Gaara non si fece intimorire dal feroce tono del suo collega e rispose all’omone con la sua tipica quiete.

«Che senso ha, sacrificare i propri arti in questo modo? Questa tecnica non si sarebbe estinta, nemmeno se avesse ucciso Sasuke.» replicò il Kazekage.

Il Raikage grugnì una seconda volta, dopodiché, lanciò un’occhiata disinvolta al suo braccio in fiamme e come se nulla fosse, concentrò del chakra sulla mano ancora intatta, con la quale rimosse l’arto, tramite un taglio netto. L’ennesima dimostrazione della possanza fisica del Quarto Raikage, il quale non batté ciglio per avere perso il suo arto prediletto, né sembrava sortire qualche fastidio dalla copiosa quantità di sangue che stava perdendo dalla ferita.

«C! Vieni subito qui e cauterizza la ferita!» ordinò il Raikage.

Il Raikage annullò la tecnica dell’armatura dei fulmini che ricopriva il suo corpo, in modo che il ninja medico non venisse ferito dalla sua possente aura.

C arrivò in men che non si dica al capezzale del superiore e attivò la sua tecnica medica, in modo da cauterizzare la ferita. C ebbe qualche problema a disinfettare la ferita, poiché il Raikage continuava ad agitarsi per il nervosismo, mentre osservava la sua mano venire incenerita dalle fiamme dell’Amaterasu.

«Sbrigati, C! Devo usare la mia morsa di ferro contro quel moccioso!» tuonò il Raikage.

Di certo, Sasuke aveva dato prova di essere uno shinobi estremamente potente, nonostante la sua giovane età. Lui, come mai nessuno prima d’ora, era riuscito a mettere alle strette il potentissimo Raikage; lo aveva addirittura privato di uno dei suoi arti. A questo punto, i ninja della Nuvola non avevano motivo di dubitare sulla vittoria di Sasuke su Killer B.

«La prego, nobile Raikage. Stia fermo o non potrò curarla al meglio.» disse il jonin biondo.

Il Raikage emise un grugnito infastidito, ma non rispose, poiché la sua attenzione venne catturata dalla conversazione che stava avvenendo fra il Kazekage e Sasuke.

«Guarda come ti sei ridotto.» commentò a bruciapelo Temari.

Sasuke non era certo nelle migliori condizioni fisiche. L’uso prolungato delle tre tecniche del  Mangekyō Sharingan non era di certo salutare, anzi, di solito era consigliato usare una tecnica a scontro, altrimenti la luce avrebbe rapidamente abbandonato gli occhi dell’utilizzatore.

Il membro del clan Uchiha ricorreva all Mangekyō Sharingan, solo quando era messo alle strette e sempre in maniera parsimoniosa; Sasuke invece no e lo dimostravano le condizioni in cui versava il suo corpo, ma soprattutto i suoi occhi.

«Perché non la finiamo qui, Sasuke Uchiha?» domandò all’improvviso il Kazekage.

A Sasuke venne da ridere. Si sollevò lentamente e osservò Gaara con l’unico occhio che teneva ancora aperto.

«Che c’è, “Kazekage”? Hai paura di me?» domandò l’Uchiha.

Gaara non si lasciò catturare dalla sfida lanciata da Sasuke e rapido cambiò argomento, come se nulla fosse.

«I tuoi occhi. In questo momento emettono molta più oscurità di quando c’è n’era nei miei, molto tempo fa.» commentò Gaara.

Sasuke allora ricordò l’incontro che era avvenuto fra lui e Gaara, quando era allenato da Kakashi per apprendere la tecnica del Chidori. I due erano andati ad allenarsi nelle zone rocciose ai confini del villaggio e Gaara li aveva seguiti. Sasuke non poteva dimenticare quell’incontro, perché il Gaara di quel tempo rappresentava il suo attuale destino e la sua unica ragione di vita: la vendetta.

Le parole di Gaara risuonarono nella sua mente, proprio mentre ci stava pensando.

«I nostri occhi sono molto simili. Entrambi coviamo odio verso coloro che ci hanno ferito e bramiamo vendetta. Nei nostri occhi cerchiamo il potere, lo bramiamo e più vediamo il mondo con questi occhi, più l’oscurità diventa l’unico posto che possiamo chiamare “casa”.»

Anche Gaara ricordò quell’episodio, però lui non la pensava più in quel modo. Lui era cambiato molto in quegli anni, proprio grazie alla lezione che gli aveva impartito Naruto e al suo impegno di raggiungere la tanto agognata carica di Kazekage, tramite anche il supporto dei suoi fratelli e del crescente numero di persone che gli volevano bene.

Gaara aveva trovato il suo posto nella luce e, avendo vissuto per molto tempo nell’oscurità, sapeva che cosa comportava viverne all’interno e non voleva affatto che Sasuke finisse in quella maniera.

«Rinuncia alla vendetta, Sasuke. I vendicatori non hanno mai avuto felicità nella propria vita, a loro resta solo oscurità e solitudine. Nessuno vuole vivere in questo modo. Te lo dice uno che c’è passato.» dichiarò aperto il Kazekage.

«Stai cercando di analizzarmi, Gaara? - replicò Sasuke. Allora risparmia il tuo fiato, niente di quello che dirai avrà effetto su di me, proprio perché tu non sei più quello di un tempo. Non potrai mai capire il mio odio.»

Gaara tirò un lungo sospiro; era amareggiato dal fatto che non fosse in grado di persuadere quel cocciuto di Sasuke Uchiha. Gli venne automatico rilasciare un calcolato commento.

«Naruto pensava che dovremmo lasciarti vivere le conseguenze delle tue azioni, ma io penso che un’amico si deve sempre aiutare, soprattuto quando questi non vuole essere salvato.»

«Naruto è morto. - sbottò Sasuke. E comunque, anche se fosse vivo, nemmeno lui sarebbe in grado di convincermi del contrario.»

Gaara e i suoi fratelli si guardarono per qualche istante, dubbiosi sul fatto se comunicare o meno all’Uchiha che il vecchio compagno di squadra aveva solo inscenato la propria morte e che era nello stesso luogo. Per le sue ragioni, Gaara optò di non dire nulla.

«Vorrei che ragionassi con la testa. - disse Gaara. Puoi ancora redimerti, non è troppo tardi!»

«Io non mi devo redimere da nulla! Questa è la strada che ho scelto, dentro l’oscurità!» dichiarò secco Sasuke.

Gaara si trovò spiazzato, non sapeva più che cosa dire per convincere Sasuke a desistere dalla sua lotta suicida; era la prima volta che stava soffrendo per uno che un tempo reputava amico.

In quel momento, l’intervento di Temari e Kankuro fu provvidenziale per salvare la mente turbata del loro fratellino.

«Anche se Sasuke si pentisse dei suoi crimini, dubito che il Raikage sia disposto ad accettare le sue scuse. Inoltre, attaccando questo luogo, mentre si svolgeva il summit, Sasuke ha in pratica attaccato tutto il mondo ninja. Lui non ha più un futuro.» comunicò Temari.

Gaara stava tremando, era molto turbato dal fatto che Sasuke avesse deciso di recidere tutti i legami e avrebbe desiderato che Naruto fosse lì con lui, per aiutarlo nella sua scelta.

Poi Kankuro disse qualcosa che non gli lasciò alcun dubbio su come agire.

«Non farti sopraffare dai sentimenti. Ricordati che sei il Kazekage.» sbottò il marionettista.

Eccolo. Il suo dovere come Quinto Kazekage imponeva l’eliminazione istantanea della minaccia che incombeva sulla sicurezza del mondo ninja e, di conseguenza, del suo stesso villaggio. Gaara decise che avrebbe combattuto, perché ormai Sasuke aveva fatto la sua scelta ed era irrecuperabile. Nessun villaggio valeva la vita di una singola persona, per quanto importante fosse. Gaara lo aveva compreso e ne soffriva, tuttavia si fece coraggio e si preparò alla lotta.  

Della sabbia uscì lentamente dalla giara portata alle spalle del Kazekage, era il segnale che questi fosse pronto all’imminente lotta e che aveva annegato il proprio coinvolgimento personale nella vicenda.

«Lo so!» rispose infine Gaara.

Una lacrima colò dal viso del Kazekage, dopodiché sparì nel nulla, non appena la quantità di sabbia aumentò a dismisura alle sue spalle.

Anche Temari e Kankuro si prepararono alla lotta, sfoderando la prima il suo enorme ventaglio, l’altro una marionetta, coperta da un lungo mantello nero.

Sasuke era pronto. Aveva avuto il tempo per riprendersi, in modo da riattivare le ossa spirituali che proteggevano il suo corpo, successivamente aprì di nuovo il suo occhio sinistro, pronto a sferrare un nuovo attacco.

«Che strana tecnica.» commentò meravigliato Kankuro.

«Non perderlo mai di vista, Kankuro! Ricordati che è molto bravo nel fuoco e con le armi da lancio. Potrebbe attaccare Gaara da ovunque!» tuonò Temari.

«Lo so! - replicò Kankuro. Ho già pronta l’arte dell’acqua contro il suo fuoco!»

Tuttavia, tale prevenzione non sarebbe stata sufficiente, poiché il fuoco che Sasuke stava per aizzare contro di loro, era qualcosa che non apparteneva a quel mondo e il Raikage aveva già avuto un assaggio di quelle fiamme eterne che solo la volontà dell’Uchiha poteva spegnere.

«Amaterasu!» tuonò all’improvviso Sasuke.

Le fiamme infernali si abbatterono pericolosamente sui tre ninja del villaggio della Sabbia. Loro però non erano veloci come il Raikage, quindi non potevano aggirare le fiamme con i loro movimenti, ma questo fattore non li impensierì nemmeno per un istante.

Infatti, fermare l’attacco del nemico non fu un grosso problema, perché il Kazekage era in possesso della cosiddetta “difesa assoluta”, operata tramite la sua singolare abilità nel manipolare la sabbia.

Gaara manipolò la sabbia, affinché si scontrasse con le pericolose fiamme nere e impedisse di colpire lui o i suoi fratelli. La sabbia era estremamente veloce e reagiva istantaneamente agli spostamenti di Amaterasu, anche quando Sasuke la manipolava con l’occhio destro per sondare il livello della difesa del nemico.

A conseguenza di ciò, l’Uchiha scoppiò a ridere, poi fece qualche passo indietro. I suoi occhi facevano un male assoluto, addirittura vedeva sfocate le immagini delle cose e persone che lo circondavano; la maledizione del Mangekyō Sharingan aveva iniziato a consumare il suo possessore.

«La tua difesa di sabbia è in ottimo stato. Nemmeno il mio Amaterasu riesce a colpirti.» commentò divertito il vendicatore.

«Ti fermerò con le mie mani, Sasuke. - dichiarò Gaara. Non permetterò che tu metta in pericolo il mondo dei ninja!»

«Allora dovrai uccidermi! - sbottò Sasuke. E se ricordi bene, l’ultima volta che c’hai provato, sei quasi morto!»

Sasuke stava chiaramente alludendo allo scontro avvenuto fra di loro durante gli esami di selezione dei chunin, quando Sasuke era riuscito a ferire seriamente Gaara con il suo Chidori, nonostante quest’ultimo fosse protetto dal suo globo di sabbia.

Gaara non fu intimorito dalla dichiarazione minacciosa del suo avversario, nonostante ciò, i suoi fratelli erano passati immediatamente sulla difensiva, con lo scopo di difendere il loro fratello minore, il loro Kazekage.

Gaara però ordinò ai fratelli di scansarsi, raccogliendo quindi la provocazione dell’avversario.

«Questa volta non accadrà. La posta in gioco è troppo importante!» dichiarò aperto il Kazekage.

Nel frattempo, il Raikage aveva ascoltato con attenzione la discussione fra i due avversari e continuava a far fretta al suo sottoposto di concludere l’operazione di cicatrizzazione della ferita.

«Quanto ci vuole ancora, C?» domandò insistente l’uomo.

«Sto per terminare, nobile Raikage. Cerchi di pazientare ancora per un po’.» rispose prontamente l’altro.

Il Raikage dovette pazientare, fino a quando le cure non si sarebbero terminate, ma il suo braccio destro, Darui, non era limitato da alcunché e si era gettato a capofitto contro il nemico, siglando dei segni con le mani; una volta aver fatto questo, il jonin richiamò l’attenzione al trio della Sabbia.

«Ninja della Sabbia! Attacchiamolo tutti insieme! Seguite il mio attacco!» tuonò Darui.

I tre fratelli si scambiarono una rapida occhiata, al fine di decidere rapidamente come reagire alla richiesta del jonin della Nuvola. Questi concordarono subito sull’agire necessario per chiudere una volta per tutte la lotta: uccidere Sasuke Uchiha aveva la massima priorità.

Armati da una risolutezza assoluta per compiere l’obiettivo prefissato, i quattro ninja impastarono il loro chakra, in modo da scagliare i loro attacchi più letali contro l’ostinato avversario.

Ad attaccare per primo, fu Darui. L’uomo era in possesso di un’abilità innata elementare, proprio come quella del capitano Yamato; la sua, però, mescolava l’arte del fulmine con l’arte dell’acqua, dando vita alla devastante arte della tempesta.

«Arte della Tempesta: Laser Circolari!» tuonò Darui.

Un numeroso fascio di luce si generò dalle mani dello shinobi della Nuvola, il quale li comandò nella direzione del pericoloso Uchiha.

All’attacco di Darui seguirono gli attacchi dei tre fratelli della Sabbia.

Temari.

«Arte del Vento: Grande Tubine di Lame

Kankuro.

«Tecnica Segreta Nera: Triangolo Distruttivo

Infine il Quinto Kazekage.

«Raffica Possente della Sabbia

L’attacco congiunto degli shinobi si scagliò inesorabile contro Sasuke, scatenando una violenta esplosione all’interno dell’enorme stanza. Chiunque fosse stato presente sul campo di battaglia, avrebbe affermato, senza alcun dubbio, che nessun essere umano sarebbe mai riuscito a sopravvivere a un attacco del genere, qualora fosse stato colpito in pieno dal colpo.

Tuttavia, ci si stava dimenticando un importante fattore che non doveva essere sottovalutato affatto; Sasuke Uchiha non era un semplice essere umano: lui era un Uchiha.

Karin poteva percepire chiaramente il nuovo mutamento del chakra del vendicatore; era diventato addirittura potente, quanto quello del Raikage alla sua massima potenza. Tuttavia, non fu solamente lei, che possedeva delle abilità sensoriali sopraffini, ad assistere alla manifestazione del potere degli Uchiha in diretta. Questo potere era diventato oramai così tangibile, da sormontare persino l’enorme polverone che si era alzato a causa dell’esplosione. Un’aura oscura si spargeva nell’aria e lasciava intravedere uno strano essere gigantesco: il potere del clan Uchiha divenne corporeo e immenso.

«E quello che diavolo è?» domandò sbalordito Kankuro.

Nessuno era in grado di rispondere, poiché erano rimasti completamente sbalorditi dalla presenza di quello straordinario essere dal potentissimo chakra.

L’essere si ergeva all’interno della coltre di fumo. La sua testa sfiorava il tetto, le sue corna avevano scheggiato la roccia del piano superiore. Si trattava appunto di uno scheletro gigante che proteggeva il suo evocatore dagli attacchi nemici. Tuttavia, la tecnica non era ancora sviluppata al massimo, poiché non aveva ancora raggiunto l’evoluzione di quella che un tempo Itachi aveva utilizzato contro Sasuke.

«Quindi, è questa tecnica che voleva provare.» aveva commentato Jūgo.

«Quell’essere! -sbottò C. Lo stesso che ho visto, quando sono stato catturato dall’illusione di Sasuke!»

L’essere enorme emanava un’aura oscura, fredda con il gelido inverno; tale aurea non permetteva la filtrazione della luce, anzi questa inglobava qualunque cosa entrasse a contatto con essa. Quel mostro doveva essere solo un’unica cosa.

«Il Potere dell’Oscurità!» sbottò Gaara.  

Sasuke scoppiò a ridere. Non si era mai sentito così potente come in quel momento, anzi, aveva oramai la certezza di essere in grado di compiere qualunque impresa, tramite l’impiego dei suoi potentissimi occhi; il potere che gli aveva donato suo fratello era estremamente utile.

«Gaara… - sbottò Sasuke. Questa è la mia difesa assoluta ed è migliore della tua!»

Il Kazekage aveva immediatamente acutizzato i suoi sensi, in vista dell’imminente scontro con il potentissimo scheletro spirituale; la sua sabbia doveva raggiungere una densità tale, da dovere impedire persino l’intromissione della potente spada spirituale del nemico.

Sasuke non aveva di certo voglia di stare a perdere tempo prezioso a giocare con i Kage, poiché il suo obiettivo principale rimaneva sempre Danzo e non se n’era certo dimenticato. Per tanto, l’uso che stava facendo di questa nuova tecnica, serviva prettamente a porre degli ostacoli di fronte agli altri Kage.

Sasuke lanciò un ulteriore sguardo a Gaara, poi si spostò sul Raikage.

«Per questa volta non vi ucciderò. Ho altro a cui pensare. - commentò l’Uchiha. Ma sappiate che non potrete fare mai nulla contro questi occhi. Mai!»

A seguito di tale dichiarazione, l’enorme scheletro spirituale si mosse, seguendo gli ordini del suo evocatore. In un battibaleno, il mostro usò la sua spada oscura per abbattere i muri portanti della stanza, facendo così cadere il tetto sopra la testa del nemico.

«Attenzione!» tuonò Kankuro.

I due Kage allora si progredirono per fermare la caduta dei detriti che avrebbero potuto ferire i loro sottoposti. Gaara eresse un possente muro di sabbia sopra la sua testa e quella dei suoi fratelli. Il Raikage invece si era erto in tutta la sua potenza, e aveva protetto C e Darui con il suo possente fisico.

Mentre i detriti sommergevano il campo di battaglia, il Kazekage aveva scorso la figura di Sasuke che veniva privata della protezione del mostro gigantesco e si allontanava dal campo di battaglia.

I rimanenti membri del Falco erano stati dimenticati dal loro capitano ed erano caduti vittime della caduta degli enormi massi, solo Karin venne presa in considerazione da Sasuke, poiché le sue abilità servivano per captare il chakra di Danzo; solo per quella ragione, Sasuke la salvò da una pericolosa caduta.

La mano spirituale del mostro afferrò la ragazza e la depositò accanto all’Uchiha. Erano in un punto sicuro, dal quale si potevano osservare Suigetsu e Jūgo che venivano ricoperti dai detriti.

«Aspetta, Sasuke! Che ne sarà di loro?!» sbottò Karin.

«Non m’importa. - replicò secco l’Uchiha. Pensa a cercare Danzo, non c’è altro che ti deve interessare.»

Karin fu estremamente intimorita dall’espressione truce di Sasuke. Per la prima volta, Karin stava temendo per la sua vita; aveva paura di Sasuke. Avendo paura, la ragazza divenne docile come un agnellino, eseguendo qualsiasi richiesta di Sasuke, senza nemmeno fiatare.

Sasuke aveva perso molte energie, durante lo scontro con i due Kage, per tanto afferrò rude il braccio della ragazza e lo morse, recuperando così gran parte delle sue forze.

Ogni volta che Karin veniva morsa, per lei era un autentico piacere libidinoso che veniva portato al culmine del piacere, anche a seconda di chi morsicava la sua pelle; se poi era Sasuke, allora il piacere era triplicato.

«Oh, Sa-Sasuke!!» esclamò soddisfatta la ragazza.

Sasuke non prestò attenzione ai desideri di Karin, niente era più importante della sua vendetta, nemmeno il sesso.

«Hai tre secondi, Karin. Se non troverai Danzo entro questo lasso di tempo, ti ucciderò.» minacciò Sasuke.

Di conseguenza, Karin dimenticò in un attimo i suoi bassi istinti e reagì alla minaccia dell’Uchiha come un cagnolino ubbidiente. L’ansia la colse impreparata, intanto che la sua mente iniziava a infittirsi del dubbio struggente sul fatto che Sasuke l’avrebbe uccisa veramente, qualora non avesse portato a termine il suo compito. Karin non ebbe alcun dubbio su ciò, dato che Sasuke non aveva esitato ad abbandonare i loro compagni, probabilmente si sarebbe liberato anche di lei, qualora l’avesse ritenuta inutile: lei non voleva separarsi da lui.

Dunque, Karin concentrò tutte le sue forze per rintracciare Danzo e ci riuscì; era riuscita a percepire un chakra abbastanza similare alla descrizione fatta da Sasuke e Madara. Non vi era alcun dubbio, quello era il chakra di Danzo Shimura.

«Ebbene?» domandò impaziente Sasuke.

«Da quella parte!» comunicò Karin.

Sasuke scattò qualche istante dopo, verso la direzione segnalata da Karin, senza nemmeno dare preavviso alla ragazza, la quale però lo seguì ciecamente, rischiando tuttavia di perderlo di vista, poiché troppo veloce per lei.

«Sasuke… Che cosa ti è successo?» commentò Karin, mentre correva verso l’oggetto del suo desiderio.


*

 

Il Terzo Tsuchikage continuava a battere le dita sul tavolo con una crescente ansia. Odiava rimanere in un posto, senza fare nulla di redditizio, specie quando c’era una situazione di disagio come quella.

«Ebbene? Il Raikage ha ucciso quel moccioso? E la forza portante? E Danzo? Che fine hanno fatto?» domandò ansioso Onoki.

La sua domanda venne colta prontamente da Ao, il quale aveva costantemente usato il suo byakugan per tenere d’occhio gli spostamenti di Danzo. Quando vide la fine dello scontro fra il vecchio shinobi e la forza portante, l’uomo scattò verso la parete che era stata sfondata dal Raikage.

«Che cosa succede, Ao?» domandò la Mizukage.

«Non so come sia stato possibile. - riferì l’uomo. Ma Danzo ha approfittato di una distrazione della forza portante e si è dato alla fuga!»

Non c’era tempo da perdere, poiché non potevano permettere che Danzo fuggisse impunito dei suoi crimini.

«Che ne è di Naruto?!» domandò preoccupato Kakashi.

«Loro stanno bene. - rispose Ao. Ma qualcosa ostruisce il passaggio e non possono partire all’inseguimento di Danzo.»

Considerata la situazione, la Mizukage dovette prendere una decisione sull’agire necessario.

«Allora va, Ao! Trova il signor Danzo e uccidilo.» ordinò la donna.

L’uomo obbedì all’istante e scomparve nel nulla, al fine di dirigersi verso il suo obiettivo principale e porre a compimento la volontà della Mizukage.

Nella stanza rimasero quindi lo Tsuchikage con Akatsuki, la Mizukage con Chojūro, Kakashi e Mifune con le sue guardie del corpo; ognuno di loro attendeva l’esito dello scontro fra Sasuke Uchiha e il Raikage.

Durante l’attesa, per ingannare il tempo, lo Tsuchikage ritenne importante parlare con colui che si era presentato come “vero” Hokage del villaggio della Foglia, chiedendo a lui di colmare alcune lacune che impedivano di comprendere agli stranieri, quale fosse la situazione politica del villaggio della Foglia.

«A quanto pare, il tuo allievo non è così in gamba come lasciava credere.» commentò divertito Onoki.

Kakashi si voltò verso lo Tsuchikage, pronto a rispondere a tono al vecchio shinobi.

«Forse non ha dato una buona impressione delle sue capacità, ma Naruto ha sconfitto Pain di Akatsuki. - replicò l’Hatake. Inoltre, stiamo pur sempre parlando di uno shinobi con un bagaglio di grandi esperienze, com’è difatti Danzo. Lei sa molto bene, quanto possa essere pericoloso quell’uomo, non ho ragione?»

Il viso dello Tsuchikage si deformò in una smorfia. L’uomo stava probabilmente ricordando le sue battaglie passate contro il villaggio della Foglia, ai tempi in cui Danzo e il Terzo Hokage erano all’apice della loro forza ed erano avversari tremendi, persino per lui che era in possesso di un’abilità più unica che rara.

Nel mentre, il generale Mifune si intromise nel discorso, cambiando tuttavia argomento, poiché gli premeva di conoscere moltissime informazioni sulle intenzioni politiche di quell’uomo che si era presentato come vero Hokage. Da quel che Mifune sapeva, Kakashi Hatake era considerato un ninja traditore dal villaggio, magari era dovuto al suo scontro politico con Danzo, che lo aveva obbligato alla fuga, tuttavia Mifune non poteva essere sicuro che di Kakashi Hatake ci si poteva fidare; doveva sapere tutto sul suo pensiero.

«Onorevole Kakashi. - cominciò il generale. Da quel che ho capito, il villaggio della Foglia è in una situazione di grave squilibrio politico e l’onorevole Danzo ne ha approfittato per ascendere al potere, ma lei si è opposto al suo volere, dico bene? Mi risponda però, che cosa la differisce da Danzo?»

Kakashi fissò per breve tempo lo sguardo del generale dei samurai; doveva ponderare per bene ognuna delle parole che avrebbe pronunciato da quel momento in poi, in maniera tale da non far più sfigurare il villaggio, se stesso e Tsunade, della quale era il portatore della sua volontà politica.

«Sarò franco, generale Mifune. - cominciò Kakashi. E voglio esserlo anche di fronte allo Tsuchikage e alla Mizukage. Io non sono che un semplice jonin che si è ritrovato in mezzo alla lotta politica del villaggio. L’unica ragione per cui mi sto interessando, è che la sicurezza del villaggio viene prima di tutti. Almeno è questo che il mio maestro mi ha sempre insegnato.»

«E chi sarebbe questo tuo maestro? Si tratta di un uomo virtuoso e degno di fiducia?» domandò sospettoso il generale samurai.

«Purtroppo il mio maestro non potrà dare alcuna testimonianza di ciò. Il Quarto Hokage è morto molti anni fa.» replicò Kakashi.

A quel punto, lo Tsuchikage scoppiò a ridere.

«Ora mi ricordo. Una volta, durante una riunione con il Quarto Hokage, lui ti aveva portato con sé, ninja-copia. Dovevi essere molto legato a lui.»

«La penso come lui. - ribatté Kakashi. Il mio maestro non ha potuto apportare alcun intervento considerevole alla politica mondiale, perché è morto nell’incidente dell’Ennacoda. Il Quinto, invece, ha iniziato un percorso che non ha potuto portare a termine, poiché adesso è in coma e Danzo le da la caccia, per impedire che salga di nuovo al potere.»

«Sembra proprio che Danzo abbia scombussolato parecchio l’equilibrio del villaggio della Foglia. - commentò la Mizukage. Resta comunque il fatto che lui abbia tradito la nostra fiducia e che quindi, la Foglia abbia bisogno di un leader più degno. Da quel che ho capito, il Quinto Hokage è in coma, giusto?»

«Esatto. Purtroppo, non sappiamo quando l’Hokage riprenderà conoscenza e i tempi attuali richiedono azioni rapide.» rispose Kakashi.

«Quindi ti vuoi auto-incoronare Hokage, sperando in un nostro supporto, quando la gente del tuo villaggio chiederà spiegazioni? - domandò sospettoso Onoki. Sembri addirittura più subdolo di Danzo, ragazzo.»

«Assolutamente no. - replicò prontamente Kakashi. Non spetta a me, decidere sul mio ruolo nel villaggio. Vi saranno delle elezioni e io mi candiderò. Se la gente del mio villaggio reputerà che io sono degno, allora mi presenterò a tutti come Hokage. Il villaggio è la chiave di tutto e non infangherò mai la volontà dei suoi abitanti.»

L’affermazione di Kakashi fu talmente importante, che i due Kage presenti rimasero colpiti dalle sue parole, lo furono così tanto che ogni sospetto sull’Hatake era totalmente svanito, poiché questi ragionava proprio come un vero Kage; perfino Mifune ne fu colpito.

«Mi piace come ragioni, Kakashi Hatake. - disse Mifune. Avrai l’appoggio della nazione del Ferro e del mio esercito. L’esercito alleato ha bisogno di una persona come te, fra i suoi leader.»

Kakashi vide necessario fare un lungo e rispettoso inchino, al fine di ringraziare il generale dei samurai per così tanta fiducia.

«La ringrazio, generale Mifune.» rispose l’argenteo.

Non ci fu più tempo per discutere di questioni politiche, perché c’era ancora un pericolo incombente sulle loro teste e proprio questo si stava rapidamente avvicinando.

Kakashi percepì l’odore familiare che stava giungendo in quella stanza: Sasuke era qui.

«Temo che dovremmo proseguire in un’altra occasione.» esordì Kakashi.

All’improvviso, i grandi drappi appesi sul tetto, sui quali erano dipinti i simboli delle cinque grandi terre ninja, vennero rimossi dalla loro posizione con un netto taglio di spada; uno sfregio imperdonabile che andava oltre la normale constatazione, bensì sembrava che Sasuke Uchiha avesse dichiarato guerra al mondo intero.

I leader alzarono lo sguardo verso il tetto e videro l’autore di tutto quel trambusto, appeso alla parete, che li scrutava minaccioso con i suoi potentissimi occhi.

Kakashi era preoccupato; era da molto tempo che non incontrava il vecchio allievo e gli si struggeva il cuore, riguardo la fine che aveva fatto. Sasuke era oramai irrecuperabile.

«Sasuke...» sibilò Kakashi.

«Così, questo è il famoso Sasuke Uchiha?» commentò divertito lo Tsuchikage.

Non vi era tempo per le discussioni, anche perché Sasuke non era assolutamente in vena di discutere con loro, nonostante ci fosse anche il suo vecchio maestro; per lui esisteva esclusivamente la sua vendetta contro Danzo; gli altri erano solo degli ostacoli da rimuovere con la forza.

Mifune fu il primo che si frappose contro di lui. Il generale dei samurai aveva afferrato la sua spada, spiccato un balzo e rivestendo la sua lama con il chakra. Sasuke parò rapidamente il colpo, con la medesima velocità dell’uomo. Fu allora che Mifune divenne molto interessato all’Uchiha.

«Niente male.» commentò l’uomo.

L’attacco successivo del samurai, obbligò Sasuke a bloccare il flusso di chakra sui suoi piedi, facendolo atterrare sul suolo, venendo esposto pienamente all’attacco delle lame di Mifune e dei suoi tirapiedi più forti. Sasuke si trovò in difficoltà a parare tutti i colpi dei samurai, persino se sfruttava il suo sharingan.

Karin osservava il combattimento da una zona sicura e pregava che Sasuke non cadesse sotto i colpi dei potenti nemici.

«Merda! Quanto è veloce quel tizio!» aveva commentato Karin a sottovoce.

Sasuke era stato messo in difficoltà dai tre samurai, venendo addirittura ferito a una spalla da un rapidissimo colpo di Mifune e si era distanziato da loro, sparando una palla di fuoco. Tale mossa, però, lo espose a un colpo, assestato da un golem di pietra, creato da Akatsuchi.

Sasuke venne sbattuto al suolo, finendo proprio ai piedi del suo vecchio maestro.

«Basta così, Sasuke. Il tuo viaggio finisce qui!» dichiarò laconico Kakashi.

Sasuke si stava risollevando, sbattendo i gomiti al suolo e successivamente le ginocchia.

«Vaffanculo!» tuonò furente all’allievo.

Sasuke non si sarebbe di certo arreso, dopo tutto quello che aveva affrontato e superato; doveva andare avanti a qualunque costo, pur di raggiungere il suo scopo ultimo.

Il ragazzo si era accorto che Danzo non era più lì, quindi aveva dedotto che fosse scappato sotto il naso dei Kage; doveva trovarlo a ogni costo!

Sasuke lanciò uno sguardo carico di sfida verso il suo ex mentore. Tutto l’astio che covava era stato diretto contro di lui, il quale era rimasto impensierito sulla maniera con il quale veniva osservato dall’allievo.

«Il tuo sguardo non è cambiato. Ma adesso non c’è più nessuno che ti può proteggere, Sasuke. - commentò Kakashi. Eppure ti avevo avvertito. Metti da parte la vendetta e vivi sereno, ma non mi hai voluto ascoltare.»

«Non provare a farmi la predica! - tuonò rabbioso l’Uchiha. Tu non sai nulla di me!»

Un colpo al cuore.

Kakashi aveva sempre nutrito molte speranze sul fatto che un giorno, loro quattro sarebbero tornati a essere di nuovo una squadra, evidentemente, questo non era possibile; loro erano vittime della crudeltà del mondo ninja.

Kakashi si domandava, se fosse giusto o meno, anteporre il suo ruolo di difensore della Foglia, pur di proteggere il vecchio allievo, però era ben conscio delle tragiche conseguenze che avrebbe potuto comportare tale scelta.

Dopo aver preso la sua decisione, Kakashi aveva effettuato alcuni segni con le mani, evocando la sua temutissima tecnica: il Raikiri.

Sasuke fissò il suo maestro con il suo solito sguardo di sfida, il quale replicò con la sua tipica maniera di fissare la gente dall’alto in basso.

Kakashi alzò il braccio verso l’alto, pronto a sferrare l’inesorabile attacco mortale; il tutto, di fronte lo sguardo degli altri capi di stato.

«Addio, Sasuke.» disse l’uomo.

Sasuke doveva agire in fretta, altrimenti tutto sarebbe finito lì, senza avere ottenuto alcun risultato nella sua vita. Lui aveva bisogno di risposte ai suoi interrogativi, ma soprattutto doveva dare un senso alla sua vita e alla morte di suo fratello: non poteva permettersi di morire, non ora!

Il Mangekyō Sharingan di Sasuke tornò in azione e Kakashi fu molto fortunato a percepire l’imminente pericolo, ancor prima che le fiamme dell’Amaterasu sgorgassero fuori dall’occhio sinistro del ragazzo.

Kakashi spiccò un balzo all’indietro, in maniera tale da aggirare le fiamme mortali, senza venire colpito da esse.

«Deve trattarsi di Amaterasu...» commentò l’uomo fra sé.

Nonostante la velocità di Kakashi, le fiamme nere erano di gran lunga più veloci e quindi l’uomo rischiava seriamente di venire colpito, anche adottando dei sotterfugi per schivarle, considerando inoltre che Sasuke stava manipolando le fiamme, in modo da focalizzarne una copiosa quantità, proprio addosso al suo vecchio maestro.

Kakashi era stato messo alle strette, non poteva scampare a quelle fiamme, né sperare di proteggersi da esse, utilizzando una tecnica acquatica. Se quello che sapeva su Amaterasu era vero, non aveva alcuna altra opzione, se non utilizzare il suo Mangekyō Sharingan per debellare l’attacco.

Il piano di Kakashi non andò a compimento, poiché qualcuno lo aveva preceduto, sferrando un rapido attacco contro le fiamme nere, e salvando automaticamente la pelle dell’argenteo.

Un muro di lava cocente si era erto contro le fiamme nere, fornendo così a Kakashi l’opportunità per raggiungere un punto sicuro, dal quale sarebbe stato possibile analizzare nuovamente la corrente situazione.

«La ringrazio, signorina Mizukage.» riferì l’Hatake.

La donna aveva emesso un ghigno divertito, dopodiché si era concentrata sul ragazzino prodigioso che aveva messo alle strette i ninja più forti del mondo.

La Mizukage si alzò in piedi e si rivolse a Sasuke.

«Che peccato. I membri del clan Uchiha sono davvero degli uomini affascinanti. Mi strugge dover rovinare cotanta bellezza.»

Sasuke si alzò lentamente. Il suo occhio sinistro gli dava problemi, non riusciva più a vedere un palmo dal naso, inoltre del sangue continuava a colare dai suoi occhi, senza fermarsi per un momento. Tuttavia, non erano solo gli occhi a risentire degli effetti negativi, dovuti all’uso del Mangekyō Sharingan, bensì tutto il suo corpo era totalmente bloccato dalla fatica, nonostante avesse curato se stesso, mordendo Karin in precedenza.

Nonostante ciò, l’Uchiha comprendeva che arrendersi era un’opzione da non prendere per nulla in considerazione, così si rimise in piedi, con il massimo dello sforzo.

«Non metterti in mezzo!» tuonò l’Uchiha.

La donna allora scoppiò in una fragorosa risata, dopodiché eseguì dei rapidi segni, con i quali avrebbe sbloccato la tecnica che stava per scagliare contro l’avversario.

«Nobile Tsuchikage, se non intende partecipare alla lotta, la prego di allontanarsi dal campo di battaglia.» disse la Mizukage.

Lo Tsuchikage la prese in parola. Era raro che partecipasse a un combattimento in prima persona, poiché con gli acciacchi di cui soffriva, voleva evitare ulteriori complicazioni alla sua salute, soprattutto alla schiena.

Il leader della Roccia spiccò un balzo, accompagnato dalla sua guardia del corpo, e si posizionò sul tetto, in maniera tale da osservare con tranquillità il combattimento.

«Non rovinarlo completamente, Mizukage. Dovremmo interrogarlo, una volta che sarà messo fuori combattimento.» sbottò lo Tsuchikage.

Prima che la Mizukage iniziasse l’attacco, Kakashi provò a intromettersi, sentiva che il compito di fermare Sasuke spettasse unicamente a lui, in quanto suo mentore.

«Un attimo! - sbottò Kakashi. Lasciate che mi occupi io di lui. Questo ragazzo è stato mio allievo, in passato. E’ mia responsabilità risolvere il trambusto che ha combinato.»

«Voi della Foglia avete sempre questa fissazione di volervi caricare di tutti i problemi del mondo. - sbottò la Mizukage. Per me è solo uno sfoggio di eccessiva presunzione, come se gli altri capi villaggio fossero da meno! Le consiglio di moderare questo atteggiamento, signor Hatake, altrimenti non avrà mai l’appoggio della Nebbia.»

In pratica, Kakashi era stato obbligato dalla Mizukage a non prendere parte alla lotta, poiché egli stesso era sospettato di aiutare nell’ombra il suo vecchio allievo. Per tanto, Kakashi doveva dare prova di essere una persona degna di fiducia e che non si lasciava coinvolgere nelle questioni personali.

L’uomo si sedette e fece cenno alla donna di procedere nella realizzazione del suo intento.

«Le chiedo venia. Proceda pure.» disse l’uomo.

Prima che la Mizukage cominciasse la lotta, ella chiamò la sua guardia del corpo, invitandola a prestarle aiuto nella lotta.

«Sei pronto, Chojūro?» domandò la donna.

Chojūro osservò Sasuke. Quel ragazzo gli incuteva un timore assurdo e Chojūro era afflitto da sentimenti contrastanti; da una parte, era terrorizzato di quel ragazzo che era stato membro della squadra in grado di uccidere Zabuza e Haku; dall’altra, lo spadaccino sentiva di non dover assolutamente deludere le aspettative della Mizukage, farlo equivaleva a un’onta peggiore persino della morte.

La Mizukage si era resa subito conto del disagio del sottoposto e si premurò di confortarlo, prima di procedere con l’attacco.

«Ce la puoi fare, Chojūro. Io ho fiducia in te.» disse la Mizukage.

Il ragazzo allora si convinse che era in grado di farcela, ma solo perché ci sarebbe stata la Mizukage a dargli sicurezza durante tutto lo scontro.

«Sìssignora!» tuonò il giovane spadaccino.

Di conseguenza, la Mizukage si prodigò ad attaccare Sasuke con la sua tecnica, sputando una copiosa quantità di magma incandescente su di lui e Karin.

Sasuke spinse via la sua partner, poiché poteva ancora servirle per ripristinare le sue energie, dopodiché evocò nuovamente le costole spirituali del suo Susanō, con le quali si protesse dalla lava del nemico.

Kakashi fu molto sorpreso di vedere l’ex allievo usare quella tecnica.

«Quello è ciò che penso?» si domandò l’uomo.

Invece, la Mizukage non ci fece particolarmente caso e procedette con un secondo attacco, appoggiandosi all’abilità distruttiva che era in grado di generare Chojūro, sfruttando la peculiarità della sua spada, Hikamekarei.

Proprio come Samehada e la Kubikiri Hocho, Hikamekarei era una delle spade in possesso del corpo d’élite del villaggio della Nebbia: i sette spadaccini della Nebbia. Ognuna delle armi di questo corpo militare speciale, possedeva delle peculiarità uniche al mondo, la cui potenza poteva svilupparsi o meno, a seconda delle abilità di chi le brandiva. Hikamekarei era appunto la spada più complessa da maneggiare, dato che richiedeva un perfetto controllo del chakra, affinché essa potesse manipolare la fonte energetica del suo utilizzatore, al fine da permettergli di mutare il proprio chakra in qualsiasi cosa egli desiderasse. In poche parole, Hikamekarei donava la facoltà di rendere reale la propria immaginazione, anche se in un campo abbastanza circoscritto.

Nonostante la sua natura così insicura, Chojūro aveva speso molto tempo per apprendere i meccanismi di quella spada così speciale.

Fin dalla sua nascita, egli era predestinato a entrare nel corpo speciale dei sette spadaccini, come fecero suo padre e suo nonno, prima di lui. L’allenamento che aveva seguito andava oltre il disumano e Chojūro aveva molte volte rischiato di venire ucciso dal suo maestro o dal suo tutor, Suigetsu Hozuki, il quale incarnava tutto l’inferno e la sofferenza che aveva patito, durante il suo allenamento.

Chojūro era stato comunque in grado di superare l’addestramento, dimostrando ai suoi superiori che dietro la sua natura mite e gentile, si celava un vero spadaccino della Nebbia. Nonostante ciò, Chojūro poteva essere considerato lo spadaccino della Nebbia con il numero inferiore di omicidi commessi; un’onta imperdonabile fra i membri del corpo d’élite della Nebbia, sebbene di quel corpo non restasse solo lui e Kisame Hoshigaki, il quale però era un ninja ricercato. Per tanto, a Chojūro spettava il compito di rifondare il famoso corpo militare, una volta divenuto abbastanza forte e rispettato nel mondo ninja e dimostrarsi in grado di combattere al pari di un Kage, era solo il primo passo da compiere.

Le bendature di Hikamekarei si sciolsero automaticamente, non appena Chojūro fece scorrere il suo chakra sulla pesante katana dalla doppia elsa.

«Adesso, Chojūro!» tuonò la Mizukage.

Sasuke non poteva vedere nulla di quello che gli stava succedendo, poiché la lava pietrificata gli ostruiva la visuale, per tanto Chojūro ebbe giusto il tempo per plasmare la lama in un martello di chakra e colpire il nemico con tutta la sua forza.

Sasuke venne sbattuto contro la parete alle sue spalle. Il colpo che aveva ricevuto aveva spezzato a metà le costole del Susanō e non solo, la forza del nemico lo aveva fatto finire dall’altra parte della parete, per terra e ancora più esausto di prima.

Sasuke provò a rialzarsi, ma non ci riuscì. Il suo corpo aveva avuto una nuova ricaduta, persino peggiore di quella che aveva dovuto patire, dopo l’ultimo utilizzo del potere del Mangekyō Sharingan contro Kakashi. Sasuke percepiva un dolore così immenso, che pensava che tutte le cellule del suo corpo stessero andando a fuoco contemporaneamente.

«Che agonia. - pensò Sasuke. Il Susanō non è nemmeno completo, e già fa così male. Come avrà fatto Itachi a sopportare tutto questo sforzo?»

Purtroppo, Sasuke aveva ben poco tempo per pensare alle fatiche patite dal fratello maggiore, se non si dava una mossa, la Mizukage lo avrebbe fatto fuori, prima ancora che se ne accorgesse.

Sasuke alzò lo sguardo, trovandosi di fronte proprio la bella donna. Alle sue spalle, la Mizukage aveva eretto un muro di lava solidificata.

«Mi rincresce davvero tanto liquefare un ragazzo così bello, ma purtroppo hai firmato la tua condanna, nel momento in cui ti sei infiltrato in questo luogo.» esordì la Mizukage.

Sasuke si guardò intorno. Era stato intrappolato. La stanza era stata chiusa eremeticamente dalla lava della Mizukage; non aveva possibilità di scappare da nessuna parte.

«Merda!» tuonò Sasuke.

La Mizukage sorrise.

«Te ne sei accorto finalmente. - commentò la donna. Adesso, questa stanza è totalmente priva di uno spiraglio, per questo posso usare la mia tecnica, senza danneggiare gli altri. Vedi, io sono in possesso di tre nature del chakra: fuoco, acqua e terra; in pratica posseggo due abilità innate!»

Se Mei Terumi mescolava la natura del fuoco e della terra del suo chakra, poteva utilizzare la medesima abilità della Tetracoda, ovvero l’arte della lava. Se invece utilizzava la natura dell’acqua e del fuoco contemporaneamente, ma usando dei simboli tipici dell’arte della terra, poteva ricorrere all’arte acida, con la quale ella era in grado di replicare l’abilità in possesso dell’Esacoda.

Non c’era che dire, l’esistenza stessa di Mei Terumi era un’eccezionalità e l’aver vissuto nella nazione dell’acqua, in particolare nel villaggio della Nebbia, dove, un tempo, le persone con le abilità innate venivano perseguitate a morte, doveva essere stata una prova di gran coraggio. Ora, le cose erano cambiate al villaggio e il fatto che Mei fosse divenuta Mizukage, ne era un chiaro esempio.

La donna osservava il giovane Uchiha di fronte a sé, le dispiaceva veramente tanto uccidere un giovane con un lungo futuro davanti, ma non poteva fare più nulla per salvarlo, nemmeno se lo avesse voluto. La bellezza alle volte era distruttiva e lei ne sapeva qualcosa.

«Arte Acida: Nebbia Corrosiva!» recitò la donna.

Dalla bocca della Mizukage fuoriuscì una densa nebbiolina che si sparse rapidamente in tutta la stanza, mostrando subito gli effetti distruttivi sulle ossa spirituali del Susanō, le quali si sciolsero come neve al sole.

Sasuke avvertì prontamente il pericolo e, nonostante il dolore che stava patendo, l’istinto di sopravvivenza prevalse su di lui, per tanto si sforzò ancora di più, rafforzando la sua difesa assoluta, tramite l’evocazione di tutto il petto del Susanō; questa mossa aveva fatto crollare vertiginosamente il suo livello di chakra.

Karin lo aveva percepito dall’altro lato della stanza, mentre rimaneva nascosta dagli sguardi dei capi di stato, tutt’altro che interessati a lei.

«Di questo passo, Sasuke morirà!» commentò fra sé la ragazza.

Karin doveva riuscire a raggiungere Sasuke e farsi mordere nuovamente; forse, così l’amato avrebbe riacquistato abbastanza forze per sopraffare la Mizukage e scappare da quella trappola mortale.

In conclusione, Karin provò a sgattaiolare fra gli spalti, all’improvviso si ritrovò di fronte il cadavere di Zetsu bianco. Non appena lo vide, la ragazza trasalì.

«Dunque è morto. Ecco perché non riuscivo più a percepire il suo chakra.» disse Karin.

Intanto, Sasuke tentava con tutte le sue forze di resistere all’attacco corrosivo della Mizukage, ma senza alcun successo. La nebbia del nemico aveva totalmente neutralizzato il Susanō, al punto tale che anche la pelle dell’Uchiha era stata esposta all’azione acida della tecnica nemica, provocando evidenti escoriazioni soprattutto sul viso e sulle braccia.

La Mizukage osservava immobile la sofferta dipartita del giovane attentatore; lei era l’unico essere umano a essere immune alla nebbia corrosiva.

«Non serve a niente agitarsi, ragazzo. Non puoi fare più niente.» disse Mei.

Sasuke si accasciò al suolo, afflitto ancora più di prima, poiché conscio che in quelle condizioni, era solo questione di tempo, prima che morisse.

«Non posso morire in questo posto! Io devo vendicarmi! Io devo trovare la verità!»

Sasuke continuava a ripetersi queste parole per darsi forza e non cedere ancora. Non poteva smettere di perseguire il suo obiettivo, non finché il suo cuore non avesse trovato tutte le risposte alle domande che lo affliggevano.

Poi accade il miracolo. Nonostante Sasuke si stesse avvicinando al limbo del non ritorno, sentì la Mizukage lamentarsi di qualcosa, allora sfruttò tutte le sue forze per guardare il nemico, trovandolo avvolto da corposa sostanza biancastra.

«Che diavolo sta succedendo?!» tuonò la Mizukage.

Tutto era accaduto all’improvviso. La melma bianca aveva avvolto il corpo della Mizukage, bloccandone i movimenti; tale massa si nutriva del chakra della donna per crescere e la vittima non poteva fare nulla per bloccarlo. Solo quando la testa di Zetsu Bianco fuoriuscì da quella massa, la Mizukage comprese che era stata gabbata dal nemico.

«Il tizio di Akatsuki di prima! Maledetto!» tuonò la donna.

La Mizukage lanciò un soffio di acido corrosivo sulla faccia del nemico, disintegrandola, ma non ebbe alcun effetto sulla tecnica. La kunoichi non sapeva inoltre che non era l’unica in balia della tecnica di Zetsu; anche gli altri capi di stato, inclusi Kakashi, Naruto e i suoi allievi, erano stati intrappolati dalla tecnica nemica: lo scopo di Zetsu, era quello di rubare una quantità sufficiente di chakra da salvare Sasuke.

In un punto molto lontano dal palazzo dei samurai, Zetsu Nero stava seduto, in attesa della prossima mossa di Madara e commentava l’azione subdola della sua tecnica.

«Non posso credere che la mia tecnica delle spore abbia funzionato. I Kage sono davvero degli stupidi!»

Proprio così. Questa volta, i ninja più esperti e forti del mondo erano stati gabbati da una pianta; una notizia da scrivere negli annali e da ricordare fino ai posteri; Davide che sconfiggeva Golia.

Una volta ottenuto il risultato prefissato, la massa corporea di Zetsu si staccò dalla Mizukage e si avvicinò rapidamente a Sasuke, avvolgendolo.

«Il mio chakra... Sta tornando!» tuonò sorpreso il ragazzo.

Sasuke poteva ancora combattere e vivere. Sebbene fosse ancora vittima degli effetti distruttivi del Mangekyō Sharingan, trovò la forza necessaria per evocare nuovamente Susanō, ordinandogli di sfondare con un pugno la parete a lui adiacente.

Quando Sasuke irruppe nella stanza, fra un fiatone e l’altro, vide che anche gli altri potenti avversari erano in balia della tecnica di Zetsu, ma lo sarebbero stati ancora per poco.

Kakashi aveva usato l’arte del fulmine, per emettere una scarica elettrica per tutto il suo corpo. Mifune tagliò la massa abominevole con dei rapidi colpi, così fecero anche le sue guardie del corpo. Chojūro stava avendo delle difficoltà a liberarsi, poiché sembrava che Zetsu fosse molto restio a privarsi da individui che possedessero grandi riserve di chakra. Lo Tsuchikage, invece, aveva pietrificato il mostro che lo aveva gabbato; la sua guardia del corpo aveva fatto divorare Zetsu da un golem di pietra che aveva evocato dalla bocca.

Anche la Mizukage si era finalmente liberata dalla morsa del nemico, dopodiché si premurò immediatamente a risolvere un problema che si era appena palesato, nel momento in cui la stanza in cui si trovava non era più chiusa ermeticamente.

«La nube corrosiva sta per filtrare nella stanza dove ci sono gli altri! Devo abbassare il pH dell’aria o verranno feriti dalla nube.» commentò fra sé la bella kunoichi.

Mentre la Mizukage si adoperava per sopprimere la pericolosità della sua tecnica, lo Tsuchikage decise di affrontare Sasuke di persona.

L’anziano shinobi era in grado di lievitare ed era l’unico shinobi in grado di fare una cosa del genere; di certo, però, quella non era l’unica abilità che contraddistingueva Onoki, da altri potenti ninja del passato e del presente.

«Devo ammettere che sei veramente in gamba, ragazzino. Adesso, capisco come ha fatto Deidara a perdere contro di te. - disse Onoki. Non prenderla sul personale, ma ci sono molte persone che vogliono la tua testa.»

Lo Tsuchikage congiunse le mani una contro l’altra, dopodiché le scansò lentamente, producendo un piccolo cubo trasparente che emanava una flebile luce e un fastidioso fragore.

Karin tremò non appena percepì il chakra emanato da quella tecnica.

«Sasuke! - urlò la ragazza. Non devi farti colpire per nessuna ragione al mondo!»

Era troppo tardi. Lo Tsuchikage scagliò la sua tecnica, ancor prima che Sasuke potesse avvalersi dell’ausilio di Susanō; per tanto, Sasuke venne avvolto dal cubo trasparente che si era ingrandito esponenzialmente e subito dopo venne assalito da un bagliore.

«Arte della Polvere: Tecnica del Distaccamento Terrestre!» tuonò Onoki.

Una volta che la tecnica venne attivata, Sasuke scomparve nel nulla, assieme a una piccola parte del pavimento e delle macerie attorno.

Karin aveva assistito inerme all’evento e non riusciva più a percepire il chakra del suo amato Uchiha.

Una lacrima colò sul suo viso.

«Sasuke è… Sasuke...» mormorò afflitta la ragazza.

«L’ho polverizzato. - spiegò lo Tsuchikage. Di lui non è rimasta nemmeno una briciola. Fra poco toccherà la medesima sorte anche a te.»

Kakashi aveva osservato la scena dalla sua postazione. Niente lasciava presagire che la sorte toccata a Sasuke fosse frutto di un’illusione; era successo veramente. In quel momento, si chiese se avesse fatto bene a mettersi da parte, lasciando così l’ex allievo in balia della Mizukage e dello Tsuchikage, dato che Sasuke era effettivamente stato ucciso. Naruto e Sakura lo avrebbero accettato? E lui? Avrebbe mai perdonato sé stesso per non essere riuscito a cambiare Sasuke?

In quel momento, giunsero anche il Raikage e il Kazekage, assieme al loro seguito. Anche la Mizukage fece ritorno nella stanza; tutti loro erano alla ricerca del loro obiettivo.

«Dov’è Sasuke?! Portatemelo!» urlò furente il Raikage.

A quel punto, Onoki si mise a ridere.

«Sei arrivato troppo tardi, Raikage. Sasuke è già polvere.» rispose l’anziano shinobi.

Una risposta che non piacque per nulla al Raikage, il quale infatti andò su tutte le furie.

«Che cosa?! Dovevo essere io a ucciderlo, vecchio bastardo!» ruggì l’omone.

Prima ancora che il Raikage iniziasse a litigare con lo Tsuchikage, una voce profonda si sparse nell’aria, attirando l’attenzione di tutti i presenti.

«Rilassati, Raikage. - proruppe la voce. Avrai la tua occasione per uccidere questo ragazzo, anche se, temo che dovrai attendere per tempi migliori.»

«Chi è che parla?!» tuonò il capo del villaggio della Nuvola.

Nessuno sapeva di chi fosse quella voce cupa e profonda, solo Karin in realtà l’aveva riconosciuta, ma al momento, non sapeva se sentirsi sollevata nel sentirla, o se dovesse temere ancora di più per la sua vita.

Madara Uchiha fece la sua apparizione in grande stile. L’uomo si presentò ai ninja più forti del mondo, con in braccio un inerme Sasuke che aveva salvato un istante prima che Onoki attivasse la sua tecnica.

«Vi chiedo scusa per questa intromissione, ma di solito uomini e donne così importanti non si fanno aspettare con convenevoli. Voi non credete?» sbottò sarcastico Madara.

«E tu chi sei?» domandò la Mizukage.

Ancor prima che Madara rispondesse alla domanda che gli era stata posta, il Raikage si era gettato a capofitto contro di lui, nel tentativo di colpire allo stesso tempo anche Sasuke, ma il suo attacco non era andato in porto. Madara aveva fatto ricorso alla sua tecnica speciale che lo rendeva intangibile, così il Raikage gli era semplicemente passato attraverso, distruggendo il muro di fronte a sé.

«Ma quanta fretta che hai, Raikage.» commentò laconico l’anziano Uchiha.

Al fine di impedire altre interruzioni, Madara usò la sua tecnica per teletrasportare Sasuke in una dimensione, alla quale solo lui aveva accesso.

Tutti assistettero impassibili alla tecnica del nemico, senza riuscire a fare nulla, nemmeno volendolo.

Il Raikage era ancora più infuriato.

«Riporta indietro il ragazzo!» ruggì A.

«Forse, se ti dai una calmata, Raikage, potrei anche acconsentire alla tua richiesta. Fino ad allora, ti chiedo di starmi a sentire.» rispose Madara.

Successivamente, l’uomo mascherato balzò verso Karin e la sottopose al medesimo destino di Sasuke, trasportandola nella sua dimensione personale; in questo modo, Madara aveva salvato le loro vite da una situazione totalmente disperata.

«Pensa a guarire Sasuke.» ordinò l’uomo.

Ora che Madara aveva finito di occuparsi dei suoi preziosi giocattoli, la sua attenzione poteva essere dedicata interamente ai capi di stato e alla manifestazione delle sue reali intenzioni.

L’uomo fissò ognuno dei capi di stato, il suo sharingan brillava di una luce malvagia, la quale non sfuggì a nessuno con il quale incrociava lo sguardo.

«Adesso avete capito chi sono?» domandò l’uomo mascherato.

Sì. Chiunque, sebbene non lo avesse visto mai in vita propria, poteva chiaramente affermare chi fosse quell’uomo che incarnava la malvagità più pura.

«Uchiha… Madara...» rispose Onoki per tutti.

In passato, Onoki aveva imparato a temere quell’uomo, infatti, fin da subito aveva avuto il sospetto che dietro quella maschera si celasse il volto invecchiato di quel mostro dagli occhi spaventosi.

«Sono passati parecchi anni dal nostro ultimo incontro.» aggiunse lo Tsuchikage.

«E ti ricordi ancora che cos’è successo l’ultima volta che mi hai affrontato, Tsuchikage?» rispose minaccioso il vecchio Uchiha.

Lo Tsuchikage non rispose. Onoki era diventato pallido in viso e non si comportava più in maniera arrogante, come aveva fatto prima. Le ferite, riportate nel corso di quei combattimenti, si stavano facendo sentire, dopo tanto tempo.

«Quindi Danzo aveva ragione, quando affermava che eri ancora vivo.» commentò la Mizukage.

Madara si voltò verso il capo villaggio della Nebbia, il villaggio che aveva dominato per tanto tempo dalle ombre.

«Così sei tu adesso il Mizukage? E pensare che volevo ucciderti quel giorno, ma a quei tempi ignoravo che possedessi il potenziale per diventare un Kage.» disse l’Uchiha.

La Mizukage fissò interrogativa l’uomo; non aveva idea di che cosa stesse parlando, poiché per lei era la prima volta che lo vedeva in vita sua.

«Che cosa vuoi dire? Io non...» disse la Mizukage.

Madara la interruppe subito. Saltò su uno degli spalti e vi si sedette sopra.

«Che sciocco, dimenticavo che tu non mi avevi visto. Eppure stavi sempre vicino al Quarto Mizukage, ma non ti sei mai accorta di me.»

Ora fu il turno della Mizukage divenire furente.

«Eri tu, dunque? Controllavi Yagura dalle ombre e hai distrutto il nostro villaggio! Perché?!» tuonò la donna.

L’uomo ridacchiò fra sé.

«Mi chiedi il motivo? - domandò sarcastico Madara. La Nebbia mi ha privato di qualcosa che era molto importante per me, e io mi sono vendicato con tutti voi. Dopotutto, io sono un vendicatore, non dimenticatelo mai.»

Ne erano morte di persone nel periodo in cui Madara controllava la mente del Quarto Mizukage. La maggior parte della classe dirigente di quell’epoca era stata fatta fuori in gran segreto; molte generazioni di bambini erano state decimate, creando dei mostri assetati di sangue come Zabuza Momochi; le famiglie che vantavano delle abilità innate erano state perseguitate come la peste e il villaggio della Nebbia era divenuto il luogo più tetro del mondo.

«Maledetto!!» urlò carica di rabbia la Mizukage.

La donna era talmente fuori di sé, che aveva effettuato dei simboli con le mani; aveva troppo voglia di voler uccidere l’autore di tutta la sofferenza del suo villaggio.

Kakashi la bloccò per una spalla, tentando di farla ragionare.

«So che è difficile accettarlo, Mizukage, ma non ha senso lasciarsi prendere dalle emozioni. Dimostri di essere migliore di questo assassino.»

In un modo o nell’altro, le parole di Kakashi ebbero effetto sulla donna, la quale si calmò, rovinando così la festa al subdolo Uchiha.

Madara allora si rivolse a Kakashi.

«Presumo che, dato che Danzo è stato spodestato dal suo titolo, ci sia tu a fare le veci del villaggio della Foglia, giusto, Hatake Kakashi?»

«E se anche fosse?» domandò con sfida l’altro.

«Nulla. - replicò placido Madara. Anche Naruto è qui?»

Kakashi non rispose, non sapeva se fosse un bene dire o meno la verità, poiché Madara era perfettamente capace di andare alla caccia di Naruto in qualunque momento desiderasse.

«Rilassati, Kakashi. Non ho alcuna intenzione di andare a catturare Naruto. Non ora, almeno.» sbottò il vecchio Uchiha.

«E allora perché sei qui, Madara?!» tuonò il Raikage.

«Speravo che qualcuno me lo chiedesse. - commentò Madara. Sono qui perché voglio offrirvi l’occasione di salvare le vostre vite, accettando di collaborare la mio piano.»

L’attenzione generale si concentrò totalmente su Madara.

«Di che cosa parli?» domandò Gaara.

«L’ultima volta, hai provato a distruggere l’intero mondo ninja e ci sei quasi riuscito, se solo lord Hashirama non ti avesse fermato. Vuoi portare a termine il tuo obiettivo?» disse Onoki.

Madara si voltò verso lo Tsuchikage e lo fulminò con lo sguardo.

«Sbaglio o ti ho sempre detto di non pronunciare il nome di quello shinobi di fronte a me! Mai e poi mani, ragazzino!» tuonò Madara.

L’evidente reazione del vecchio Uchiha impensierì molto tutti i presenti, poiché era evidente che la cocente sconfitta, inferta dal Primo Hokage, non era ancora accettata da Madara.

Madara si era reso conto di avere esagerato e si era subito prodigato a calmarsi.

«Comunque… - incominciò l’Uchiha. La risposta alla tua domanda è un sì, ma questa volta non commetterò gli errori del passato e mi servirò del potere delle bestie codate, per raggiungere il mio obiettivo.»

«Per questo hai creato Akatsuki? - domandò Onoki. Hai catturato le bestie codate per il tuo scopo, ma perché non lo hai fatto da solo? Con il potere di cui disponi, ci saresti riuscito senza problemi.»

«Dopo lo scontro con Hashirama, ho riportato delle ferite molto profonde, per questo non sono al massimo della mia potenza. Ciò che avete di fronte, è solo un granello del mio effettivo potere.»

Dopo tale dichiarazione, ai presenti venne da riflettere a che cosa effettivamente sapevano su Madara Uchiha e sul potere per il quale era così tanto temuto. Madara possedeva le stesse abilità di Itachi Uchiha e di Sasuke Uchiha, però, quando si parlava di lui, c’era quel senso di piccolezza, che invece non si percepiva con gli altri Uchiha.

Infatti, immaginare un Madara Uchiha che affermava di non essere forte come un tempo, quando riusciva ancora a tenere a bada gente del calibro di Akatsuki, incluso Pain, che possedeva il rinnegan, lasciava l’amaro in bocca, poiché veniva automatico domandarsi quanto fosse stato effettivamente potente nei suoi anni d’oro.

«Per questo ti stai servendo di Sasuke? - domandò Kakashi. Gli fai fare le cose che non riesci a fare di persona?»

«Uno sharingan in grado di evocare Susanō è piuttosto raro. Sasuke mi ricorda molto me stesso, quando ero giovane. Chissà, forse un giorno riuscirà pure a superarmi.» replicò Madara.

«E allora perché stai andando avanti con la raccolta delle bestie codate? - domandò Onoki. Vuoi forse usare il loro potere, per ottenere la tua antica forza?»

«Sì e no. - rispose Madara. Il mio scopo principale non è solo quello, ma di divenire finalmente un tutt’uno con il mondo e divenire completo.»

Una dichiarazione che lasciò di stucco i presenti. Nessuno era riuscito a capire quello che intendesse realmente il vecchio Uchiha, ma poteva solo immaginare che la realizzazione del suo piano, non portasse a nullo di buono per l’intera umanità.

«Diventare completo? Un tutt’uno? Che vuoi dire, Uchiha Madara?» chiese Gaara.

«Beh, sembra proprio che dovrò raccontarvi tutto dall’inizio, altrimenti potreste fraintendere le mie intenzioni. - cominciò Madara. Immagino che sappiate tutti chi fosse l’Eremita delle Sei Vie, giusto? Dovete sapere che il clan Uchiha custodiva una lapide memoriale, lasciata proprio dall’Eremita. Su questa lapide vi è un messaggio dell’Eremita che solo i possessori di abilità oculari possono decriptare. Con il Byakugan se ne legge una parte, con lo Sharingan, un’altra ancora, con il Mangekyō Sharingan si comprende meglio il messaggio, ma con il Rinnegan si ha una chiara visione del messaggio.»

«Madara Uchiha. Tu possiedi uno Sharingan e un Mangekyō Sharingan e fra i tuoi sottoposti, vi era un uomo con il Rinnegan. Saprai tutto quello che c’è scritto su quella lapide, presumo.» commentò la Mizukage.

«Esatto! Io ho trovato finalmente la via per la vera felicità!» dichiarò il vecchio Uchiha.

Tale dichiarazione sembrò sortire l’effetto contrario alla meraviglia fra i presenti. Molti di questi, infatti, avevano deciso di pesare con cura le parole di quell’uomo mascherato, soprattutto se questo si metteva a parlare delle favole.

Il Raikage non credeva affatto nelle dichiarazioni fatte da Madara.

«Tutte fandonie. L’Eremita dei Sei Sentieri non è mai esistito.» dichiarò l’uomo.

«Invece è esistito e io ne ho le prove.» ribatté Madara.

Per tutti quegli anni, Madara aveva cercato con costanza tutte le informazioni che testimoniassero l’esistenza di quella figura leggendaria, la quale veniva considerata da tutti quanti come una divinità.

«Ditemi. Sapete il motivo per cui l’Eremita dei Sei Sentieri fosse considerato un dio?» domandò a quel punto Madara.

«Perché non ce lo dici tu?» lo sfidò il Raikage.

«E sia! - replicò Madara. Si narra che molto tempo fa, l’Eremita salvò il mondo da un mostro e per questo, venne considerato un dio da tutti gli esseri umani.»

«Un mostro?» ripeté perplesso Gaara.

Fu allora che Madara si rivolse direttamente a lui, perché era direttamente coinvolto nel suo racconto, in quanto ex forza portante.

«Kazekage, sai che una parte di quel mostro era dentro di te?»

L’attenzione di Gaara si accentuò. Sebbene dovessero prendere con le pinze le dichiarazioni del nemico, i capi di stato volevano andare fino in fondo alla storia, in maniera tale da decidere se Madara fosse solo un pazzo sognatore, o se stava tentando di mordere la coda del cane.

«In che senso?» domandò la sorella del Kazekage.

Madara iniziò la sua spiegazione.

«Il mostro contro cui combatté l’Eremita, non era altro che l’unione di tutte e nove le bestie codate. Sto parlando della Decacoda!»

Panico generale. Era la prima volta che si udiva di questa nuova bestia dalle dieci code e, già molti di loro temevano l’Ennacoda, poiché reputata la creatura più potente dell’universo, solo immaginare a qualcosa di più potente, faceva rabbrividire.

«Questo è impossibile! Le bestie sono solo nove!» sbottò Mifune.

«Come ho già detto… - intervenne Madara. La Decacoda non è altri che l’unione di tutti le bestie codate in un unico essere. Fu l’Eremita dei Sei Sentieri a compiere una tale impresa, non appena si accorse di essere divenuto troppo vecchio per dominare il potere della Decacoda.»

A seguito di quella spiegazione, un dubbio si insinuò nella mente dei presenti.

«Non vorrai forse dire che l’Eremita dei Sei Sentieri era la forza portante della Decacoda?» ipotizzò Kakashi.

«Esatto! - rispose Madara. Una volta essere divenuto la forza portante della Decacoda, l’Eremita ebbe accesso a una potenza inaudita, il quale lo elevò al rango di divinità, permettendogli di eliminare la parola impossibile dal suo vocabolario. Tuttavia, quando l’Eremita divenne vecchio, comprese che alla sua morte, la Decacoda sarebbe resuscitata e nessuno sarebbe stata in grado di fermarla, allora decise di dividere il suo chakra in nove parti, creando così le bestie codate. Poi scisse il chakra dal corpo della Decacoda, e spedì quest’ultimo fuori dal nostro pianeta, in un astro a noi vicino: nacque così la luna.»

Quella di Madara non era il resoconto storico delle gesta di un grande uomo, per i presenti era invece una favola che si raccontava ai bambini, prima di farli addormentare.

«Ora stiamo veramente esagerando. Non si può credere veramente a una storia del genere.» commentò Darui.

«Sono d’accordo. - aggiunse lo Tsuchikage. Nessun essere umano sarebbe in grado di fare una cosa del genere.»

«Una volta divenuto la forza portante della Decacoda, l’Eremita non poteva più essere considerato un essere umano. Egli si era elevato a uno stadio maggiore.» spiegò Madara.

Una volta aver appreso quel racconto, veniva automatico dedurre quale fosse il reale obiettivo di Madara Uchiha.

«Quindi, il tuo obiettivo è quello di diventare la forza portante della Decacoda?» chiese Gaara.

«Proprio così. - rispose Madara. Una volta che sarò divenuto un tutt’uno con la Decacoda, potrò finalmente utilizzare una certa tecnica e portare a compimento il mio piano Occhio di Luna.»

«Di che tecnica parli? E che cos’è questo tuo famoso piano?» domandò sospettoso Onoki.

Era finalmente giunto il momento della verità. Da quel momento in poi, Madara non sarebbe stato più prudente nel tenere nascosti i suoi segreti. Voleva che i capi di stato sapessero con l’esattezza di che cosa si trattasse il suo ambizioso piano. La sua intenzione era quella di offrire loro un’ancora di salvezza, evitando una strage inutile; se avessero accettato, avrebbe ricompensato tutti loro, altrimenti avrebbe dichiarato loro guerra.

«Userò il potere della Decacoda per aumentare il potere della mia arte oculare, dopodiché mi servirò della luna per scagliare una potentissima illusione su tutto il mondo. Sto parlando dello Tsukuyomi Infinito. - spiegò l’uomo. Con questa tecnica, controllerò le menti di tutti gli esservi viventi e vi proietterò in un mondo perfetto, nel quale non vi sono conflitti, né vincitori, né vinti, dove esiste unicamente la pace.»

Ecco di che cosa si trattava il famoso piano Occhio di Luna. Madara voleva elevarsi a divinità e creare un mondo perfetto, con il quale poteva controllare le vite di ogni essere vivente, cancellandone la volontà e assogettandole in una vita, frutto di un sogno marcio. Madara voleva così eliminare tutta la sofferenza del mondo, tutto ciò che vi era di sbagliato e lasciarvi solo una pace duratura per secoli.

Nessuno dei presenti era d’accordo con il suo progetto. Non ci fu nemmeno la necessità di pensare a una remota possibilità di assecondare il piano di Madara, poiché significava annullare direttamente il libero arbitrio degli esservi viventi.

Le immediate risposte dei capi di stato, riassumevano quale fosse il pensiero unitario dell’umanità.

«Ciò di cui parli non ha senso. Il mondo è bello perché è vario, annullarlo, serve esclusivamente a rendere vani i sacrifici fatti in passato dai nostri predecessori.» commentò il Kazekage.

«Non ti permetterò di realizzare il tuo piano, lurido bastardo!» ruggì il Raikage.

«Questa non è una liberazione, significa solo assogettare il mondo alla schiavitù, senza dar più posto alla speranza per un futuro migliore. Non lo accetterò mai!» intervenne la Mizukage.

Lo Tsuchikage invece si lasciò andare a un commento molto più profondo, forse perché, alla sua veneranda età, era divenuto molto più saggio del resto dei presenti.

«Anche Danzo aveva detto una cosa simile a unificare tutti, ma a me sembra che entrambi vogliate il mondo tutto per voi e questo non posso assolutamente permetterlo! Magari abbiamo commesso molti errori in passato e ancora portiamo le ferite di questi sbagli, ma non saremmo ninja, se non continuassimo a perseverare, fino a raggiungere la vera pace, anche se ciò comportasse immani sacrifici.»

Kakashi fece le veci per il villaggio della Foglia.

«Il mondo sarà un posto orribile, infernale. Ho pensato la stessa cosa per molto tempo, ma se non esistessero i conflitti, non potremmo mai metterci alla prova e migliorare. Il mondo non ha bisogno di un dio folle che decida per noi, il mondo ha bisogno di una guida e non sei di certo tu.» dichiarò Kakashi.

Madara era furente, ma non lo lasciò a vedere; in realtà, si aspettava di ricevere questo tipo di risposte dai Kage, ma allo stesso tempo, aveva voluto provare a usare la diplomazia per convincerli ad assecondare il suo piano.

«Se è questa la vostra risposta, allora mi prenderò l’Ottacoda e l’Ennacoda con la forza e scatenerò le bestie che ho in precedenza catturato contro di voi.» dichiarò il vecchio Uchiha.

Una minaccia bella e buona. Anche se i Kage erano shinobi in grado di stendere una bestia codata, ciò non significava che avrebbero potuto resistere all’attacco congiunto di sette bestie codate; si sarebbe scatenato il caos. L’umanità sarebbe sopravvissuta a una nuova guerra?

Proprio in quel momento, c’era qualcosa che stonava nelle parole pronunciate da Madara e il Raikage voleva indagare.

«L’Ottacoda? Ma non lo avevate già catturato?» domandò perplesso l’omone.

«Purtroppo no. Tuo fratello è riuscito a gabbarci. - rispose Madara. Devo però ammettere che è stato in gamba. Ormai ha raggiunto la perfezione sia come shinobi, che come forza portante.»

Fu una dichiarazione alquanto sconvolgente, poiché significava che Killer B era ancora vivo e che era in qualche luogo sconosciuto, mentre tutto il resto del mondo era convinto che fosse stato ucciso da Akatsuki. Qualcuno avrebbe pensato che, forse, si era nascosto per scampare alla persecuzione dell’organizzazione criminale, ma chi lo conosceva bene, come il Raikage e i suoi uomini più fidati, sapeva benissimo che, in realtà, Killer B aveva approfittato del trambusto creato da Sasuke, per sgattaiolare fuori dal villaggio e fare i suoi porci comodi.

Darui stesso aveva sospirato rassegnato ai modi infantili del fratello minore del Raikage; dovette ammettere che un po’ se lo aspettava che sarebbe andata a finire in quel modo; era tipico di B.

Il Raikage non era per nulla contento, invece. Nonostante avesse scoperto che suo fratello era ancora vivo, non riusciva a provare sollievo per tale notizia, poiché aveva organizzato tutto questo trambusto, solo per salvarlo.

Le urla del Raikage giunsero persino alle orecchie dei samurai che si trovavano nelle segrete del palazzo.

«Quel maledetto insolente! Ha approfittato della situazione per fare quello che gli pare! Giuro che non appena lo trovo, gli rompo il culo!»

Madara apparve molto divertito dal siparietto e decise di aggiungere pepe all’argomento.

«Allora dovrai fare in fretta a trovarlo, Raikage. - lo avvertì Madara. Ho mandato Kisame a dare la caccia a tuo fratello e lui non fallirà.»

Il Raikage ebbe la risposta pronta.

«Come se vi permettessi di catturarlo!»

«La stessa cosa vale per Naruto Uzumaki. - intervenne Gaara. Non avrai mai l’Ottacoda e l’Ennacoda, anzi, faremo di tutto per riprenderci le bestie che ci hai sottratto!»

Madara allora osservò i suoi nuovi nemici uno ad uno. La sua era una promessa di una morte lenta e dolorosa. Li avrebbe uccisi con le sue mani, sfruttando il potere che un tempo era in loro possesso e che era servito per bilanciare il precario equilibrio delle nazioni ninja. Loro non potevano fare nulla per fermarlo, lui era troppo forte e il suo piano Occhio di Luna si sarebbe realizzato.

Madara stava per fare una dichiarazione che sarebbe stata scritta nei libri di storia, qualora avesse deciso di rendere il mondo a conoscenza di questa sua vittoria, narrandone tutti gli eventi più salienti.

«Molto bene, signore e signori. Dichiaro che la Quarta Guerra Mondiale Ninja abbia inizio!»


L’Angolo dell’Autore

Direi che in questo capitolo di inizio 2015 ne sono successe di cose, non credete anche voi? Spero che la lettura sia stata abbastanza piacevole, ovviamente, però, vi chiedo che, se notate qualche errore, di notificarmelo subito; grazie mille.

Parlando del capitolo, presumo che siate contenti che questa saga stia oramai volgendo alla sua fine; in pratica mancano gli scontri fra Kisame e Killer B e quello fra Sasuke Danzo e poi si passa alla guerra! Mi sa che sto dimenticando qualcosa, ma che cosa? XD

A parte questi commenti da idiota che faccio, spero veramente che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio come sempre per perdere tempo a leggere i miei lunghissimi poemi.

Volevo comunque avvertirmi che mi è venuta voglia di scrivere una one-shot su Naruto e Hinata, quindi penso che passerà qualche settimana, prima che mi metta a scrivere qualcosa sul prossimo capitolo, spero che l’attesa verrà quanto meno recepita in maniera positiva.

Con il presente messaggio, vi saluto, vi ringrazio come sempre per la lettura e i commenti e ciao!

Alla prossima!

 

Yameta


Anticipazioni

«Molto bene, Ottacoda. Dimostrami quanto vali. Tira fuori tutto il chakra che possiedi, così la mia Samehada potrà divorarlo tutto in un colpo.»

«Amico, non so chi tu sia. Però so che fra poco ti pesto e così si sia. L’Ottacoda al tappeto ti manderà e l’enka il sommo B canterà!»

 

Kisame contro Killer B: Due Bestie a Confronto

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Capitolo 16
*** ALLA RICERCA DELL'OTTACODA ***


Eccoci nuovamente al nuovo capitolo della nostra storia, carissime lettrici e carissimi lettori.

Spero che ve la siate passata bene in questo periodo e che non vi sia mancata così tanto questa storia. So bene che ho impiegato molto più del solito ad aggiornare, ma con l’altra storia in corso, ho dovuto rallentare la presa su questa storia e spero proprio che non sia stato tutto tempo perso.

Bene. La Quarta Guerra Mondiale Ninja è stata annunciata e a breve gli schieramenti verrano formati in entrambe le fazioni. Da una parte, avremmo Akatsuki con l’intento di realizzare il piano Occhio di Luna; dall’altro ci sarà l’esercito alleato, il quale tenterà di fermare i propositi del nemico. Stiamo parlando di un esercito molto eterogeneo, prettamente composto da gente che un tempo aveva giurato odio eterno l’uno all’altro; riusciranno a lavorare assieme?

Lo vedremo nel corso dei successivi capitoli.

In questo capitolo, invece, avremmo ulteriori risvolti della storia, infine vi sarà una piccola prefazione all’imminente scontro fra Sasuke e Danzo, nel quale ne vedremo di tutti colori, ve lo assicuro. Come la solito, sono dell’opinione che mi sia dilungato fin troppo nell'introduzione. Buona lettura!

 
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Nasce l’Esercito Alleato

 

La dichiarazione di Madara Uchiha riecheggiò per tutto il palazzo dei samurai, con tutta l’importanza che poteva avere nei tempi presenti e futuri. Dopotutto, si trattava di un evento storico, che avrebbe marcato luoghi e personaggi per sempre, in qualunque caso la guerra si sarebbe conclusa.

I capi di stato e il loro seguito si fissavano fra di loro, increduli sul fatto che un evento del genere fosse realmente accaduto e che loro erano i veri protagonisti; addirittura, molti di loro stentavano a credere all’eventualità di un vero conflitto mondiale..

«Hai detto “Quarta Guerra Mondiale Ninja”? Sei serio?» domandò Onoki al nemico.

La risata di Madara si espanse da dietro la sua maschera; l’uomo comunque conservava tutta la sua tipica impassibile calma ed era evidente che si stesse prendendo gioco di loro.

«Non c’è altra scelta. Voi avete deciso di non consegnarmi le bestie codate che mi servono per resuscitare la Decacoda, per tanto, vi ucciderò e mi prenderò tutto quello che avete e porterò a termine il mio piano ugualmente.» dichiarò il vecchio Uchiha.

«Non ci riuscirai mai, Madara Uchiha! Noi ti fermeremo!» tuonò la Mizukage.

L’uomo scoppiò a ridere ancora più di prima, dato che reputava irrisoria la minaccia delle cinque grandi terre ninja; un nome pomposo che oramai aveva perso tutta l’autorità di un tempo e non intimoriva più nessuno.

«Voglio proprio vedere come farete. I vostri eserciti sono corrotti dall’odio verso il prossimo e voi proponete addirittura di unirvi in un’alleanza, quanto voi stessi non riuscite ad andare d’accordo sulle sorti di un singolo ninja traditore. Perderete la guerra, ancor prima di iniziarla.» rispose il capo di Akatsuki.

Tutti i capi di stato sapevano che aveva pienamente ragione e gli avvenimenti che avevano segnato la loro conversazione, non erano altro che prove certe ad avvalorare tale tesi.

Tuttavia, niente era ancora perduto. Il cambiamento era necessario, questo era evidente. Servivano uomini e donne che fossero disposti a dimenticare gli sfregi del passato e la mentalità di un tempo, al fine di cambiare e trasformarsi assieme alle organizzazioni che rappresentavano: in un certo senso, Madara stava fornendo loro tale occasione.

«Forse il nostro passato è pieno di odio e sangue, ma il nostro futuro può essere diverso. - intervenne Kakashi. In effetti, ci stai dando l’occasione di poter scrivere un nuovo capitolo della storia del mondo ninja e vedrai che te ne saremo debitori, anche dopo la tua morte.»

Kakashi aveva ragione e tutti i capi di stato erano d’accordo con quanto aveva affermato; ormai tutti vedevano di buon occhio il candidato al ruolo di Hokage, non riuscivano a immaginare nessun’altro degno di quel ruolo; lo stesso Madara aveva avvertito che Kakashi Hatake era un uomo da tenere d’occhio, altrimenti avrebbe potuto seriamente compromettere il suo piano.

«Staremo a vedere.» lo sfidò Madara.

L’aria attorno al vecchio Uchiha iniziò a farsi sempre più visibile ad occhio nudo, al punto tale da creare un piccolo vortice nella stanza, la cui origine sembrava risalire al buco sulla sua maschera; segno che Madara li stava per lasciare.

«A presto, signore e signori. La prossima volta ci incontreremo sul campo di battaglia.» salutò Madara.

Una volta esposta la sua promessa, Madara svanì nel nulla, senza lasciare nessuna traccia; egli aveva ricorso a una tecnica spazio-temporale che lo aveva portato in un luogo distante migliaia di chilometri dal palazzo dei samurai.

Rimasti da soli, i leader delle cinque grandi terre e quello delle nazioni neutrali si resero conto che avevano proprio una bella gatta da pelare.

«Stento ancora a crederci. Siamo in guerra.» commentò Kankuro.

«Proprio così! - intervenne il Raikage. E non dobbiamo farci trovare impreparati a nessun costo. Non ora che sappiamo che l’Ottacoda è ancora vivo e vegeto dentro B.»

«Hai proprio ragione, Raikage. Abbiamo ancora qualche speranza di vincere.» aggiunse lo Tsuchikage.

Da quel momento in poi, le loro organizzazioni militari dovevano diventare un tutt’uno, per tanto, la collaborazione fra stati ed eserciti delle cinque grandi terre doveva essere la massima priorità nelle tematiche da affrontare.

«Contro sette bestie codate non c’è storia. Serve un’alleanza più forte che mai, nessuno può tirarsi indietro.» fu il commento del Kazekage.

«Sono d’accordo. - aggiunse la Mizukage. Un’alleanza era quello che stavamo per formare contro Akatsuki fin dall’inizio, ma adesso è una questione ancora più seria. C’è in ballo il destino del mondo intero.»

L’attenzione dei capi villaggio allora si spostò sul più reticente fra tutti, ovvero il capo del villaggio della Nuvola.

«Ebbene, qual’è la sua opinione, Raikage?» domandò la Mizukage.

L’omone non ebbe nemmeno bisogno di pensarci su, sapeva già che cosa dire.

«La mia risposta è scontata! Formiamo quest’alleanza il più rapidamente possibile, così da fermare Akatsuki. Mi rifiuto di veder realizzare il piano di quel folle, senza far nulla.» annunciò il Raikage.

La risposta del Raikage sollevò tutti quanti, poiché, fin dall’inizio, era apparso il più riluttante all’idea di voler collaborare con le altre nazioni, dato che ognuna di essa aveva avuto a che fare in qualche maniera con Akatsuki. Inoltre, dal momento in cui il Raikage aveva scoperto che suo fratello era ancora vivo, i suoi modi si erano notevolmente acquietati; ciò permetteva a chiunque di poter parlare con lui con la massima serietà e con tutta la diplomazia possibile.

Restava solo un ultimo cavillo da risolvere; il più incombente.

«Adesso rimane solamente il villaggio della Foglia. - commentò il Raikage. Danzo non è un degno rappresentante, con le sue azioni, ha perso la nostra fiducia, per tanto è necessario che la Foglia proponga un nuovo Hokage.»

Con tale affermazione, Kakashi fu tirato in ballo nella discussione.

Gaara fu il primo a supportare l’idea che quell’uomo tanto onorevole, quanto astuto e rispettato, dovesse divenire il nuovo faro per gli shinobi del villaggio della Foglia.

«In qualità di Kazekage, io sostengo la candidatura del qui presente, Kakashi Hatake, alla carica di nuovo Hokage dell’esercito alleato.»

Tutti gli occhi erano puntati su Kakashi, il quale aveva sempre detestato essere al centro dell’attenzione generale, poiché avrebbe fatto volentieri a meno di essere coinvolto in questioni che reputava più grandi di lui.

«Anche io sono a favore della candidatura di Kakashi Hatake, come Hokage.» aggiunse prontamente la Mizukage.

Nel mente Onoki fissava incuriosito le poche espressioni evidenti nel soggetto della loro discussione.

«Stai conquistando tutti, figlio di Zanna Bianca. Tuo padre e il tuo maestro sarebbero fieri di aver formato uno shinobi, capace di colpirci tutti con la sua dialettica. Anche io appoggio la tua candidatura.»

«La ringrazio, sommo Tsuchikage.» rispose Kakashi con gentilezza.

Anche Mifune aveva dato il suo consenso alla nomina di Kakashi come nuovo Hokage; rimaneva esclusivamente l’opinione del Raikage; conquistarlo non sarebbe stato un compito facile.

Al Raikage, infatti, servì qualche minuto, prima di prendere una decisione.

«Non ho ancora capito come tu abbia fatto a convincere gli altri Kage, per questo, voglio vedere con i miei occhi come agirai, in qualità di Hokage. - iniziò A. Tuttavia, ammetto che sei sicuramente più affidabile di Danzo, quindi anche io appoggio la tua candidatura.»

Perfetto. Ottenuto il favore dei Kage, la rispettabilità del villaggio della Foglia non sarebbe stata compromessa con i guai causati da Danzo. Tuttavia, Kakashi era ben conscio che non era sufficiente ottenere l’appoggio dei leader di nazioni straniere, serviva anche l’appoggio del capo feudale della nazione del fuoco, dei suoi nobili, ma soprattutto quello dei cittadini del villaggio: il compito finale spettava proprio a loro.

Kakashi non sapeva se sarebbe divenuto veramente Hokage, magari la signorina Tsunade si sarebbe risvegliata dal coma, oppure la gente del villaggio avrebbe scelto un altro candidato che reputava migliore di lui, tuttavia, in quel momento Kakashi sentiva che doveva arrogarsi temporaneamente il titolo di Hokage, pur di proteggere gli interessi del suo villaggio.

«In questo momento, io non ho alcuna carica ufficiale, ma sono solo un candidato alla carica di Hokage. - precisò Kakashi. Tuttavia, vi sono grato per aver riposto tanta fiducia nei miei confronti e vi assicuro che, chiunque sarà il prossimo Hokage, le promesse che suggelleremo adesso verranno rispettate nella loro pienezza.»

«Molto bene. - disse lo Tsuchikage. Dunque attenderemo un paio di settimane, dopodiché proporrei un nuovo summit, nel quale discutere tutti i preparativi della guerra.»

«Sono d’accordo. C’è molto da fare e non sappiamo quando il nemico colpirà. Serve una fitta rete di spionaggio.» aggiunse il Raikage.

La maniera magistrale con cui il Raikage stava amministrando l’incombente minaccia, colpì moltissimo Mifune, il quale si trovò obbligato a chiarire un punto fortemente importante per la loro causa.

«Oggi sta nascendo una nuova alleanza. Non sappiamo ancora quanto sia effettivamente potente, ma c’è molto potenziale su cui lavorare e la sua organizzazione dipenderà tutto dai generali. Tuttavia, fissare una linea di comando è un compito doveroso, per evitare dei conflitti interni fra i Kage.»

Erano praticamente tornati alla questione precedente, ovvero a quando i Kage litigavano fra di loro su chi dovesse occupare la carica di leader dell’esercito alleato; tuttavia, adesso nessuno aveva più dubbi su chi dovesse essere, ma bisognava comunque avere il consenso di tutti.

«Penso che siate tutti d’accordo nel voler assegnare questa nomina al sommo Raikage.»

Mifune era certamente l’unico che poteva dare un parere obiettivo e molto lucido sull’intera questione, questa volta, però, nessuno controllava la sua mente, quindi stava affermando ciò che pensava realmente.

Il Raikage parve abbastanza sorpreso, dato che in precedenza era stata accantonata la sua candidatura.

«Perché ha cambiato idea, generale?» domandò sospettoso il Raikage.

«Adesso che sappiamo che tuo fratello è ancora vivo, agisci con molta più calma e risolutezza. Sei il generale di cui l’esercito alleato ha bisogno. - spiegò Mifune. Sempre che anche gli altri Kage siano d’accordo con il mio pensiero.»

«Nulla da obiettare.» dichiarò Onoki a nome degli altri capi di stato.

«E così sia. - dichiarò il Raikage. Sarò il generale dell’esercito alleato.»

Il Quarto Raikage apparve molto più risoluto di quanto non fosse stato mai visto dai suoi colleghi e questo suo comportamento aveva colpito molti dei presenti, dato che, dietro a quella personalità burbera, si celava un leader estremamente capace sia nell’amministrazione del suo villaggio, che nella politica estera.

Il Quarto Raikage era la persona più indicata a ricoprire la carica di generale supremo dell’esercito alleato.

Ci fu una sorpresa ulteriore da parte del generale dei samurai, il quale, dopo aver udito in che cosa consisteva il progetto Occhio di Luna, aveva preso una decisione che poteva considerarsi unica nella storia.

«Considerata la gravità della situazione, il piano del nemico è un pericolo per il mondo intero, per tanto, anche l’esercito dei samurai gradirebbe entrare a far parte di questa alleanza.»

Una dichiarazione da registrare negli annali di ogni dove: per la prima volta, ninja e samurai avrebbero combattuto dalla stessa parte. Inaudito. Unico. Incredibile. Segno che le cose stavano realmente iniziando a muoversi verso la giusta direzione.

«Sarà un onore avervi come alleato, generale.» replicò il Raikage.

Adesso, la discussione era giunta sui punti più pungenti che ovviamente non potevano essere risolti in sede, poiché necessitavano molto ragionamento e tempo per lavorarci su; la questione più delicata della guerra.

«Adesso soffermiamoci sulle forze portanti. - iniziò lo Tsuchikage. Dovremmo sfruttare il loro potenziale in battaglia? In questo caso, le nostre probabilità di vincere saranno molte di più.»

Lo Tsuchikage era la solita vecchia volpe, tuttavia questa volta non aveva intenzione di seguire la sua vecchia mentalità di sfruttare le forze portanti, fino alla loro morte, pur di ottenere la vittoria, egli infatti spiegò che si poteva ricorrere al loro potere nelle battaglie più ardue per l’esercito.

«Questa è una guerra nata per proteggere l’Ottacoda e l’Ennacoda da Madara. Non penso che dovremmo esporli a un rischio del genere, anche se il nemico farà di tutto per stanarli.» commentò la Mizukage.

«Io posso parlare per mio fratello. - s’intromise il Raikage. Conoscendolo, se dovessimo farlo combattere, porterebbe solamente il caos più totale nel campo di battaglia. Lo avete visto anche voi quanto sia difficile tenerlo sott’occhio.»

Killer B era uno shinobi molto potente ed esperto, ma era anche una forza portante con un potenziale distruttivo unico che poteva venire sorpassato unicamente dalla volpe a nove code. In battaglia, Killer B si faceva carico delle vite di tutti i suoi compagni, per tanto iniziava ad agire nella maniera sconsiderata e più distruttiva possibile, al fine di concludere rapidamente un conflitto. La Quarta Guerra Ninja non era certamente il suo campo di battaglia ideale e questo il Raikage lo sapeva bene.

Anche Kakashi aveva qualcosa da ridire sulla proposta dello Tsuchikage, poiché il caso di Naruto non era poi così lontano da quello di Killer B.

«Se posso dire la mia. - esordì Kakashi. Lo stesso ragionamento può essere applicato a Naruto Uzumaki, la forza portante dell’Ennacoda. Una migliore soluzione sarebbe quella di condurre entrambi in un luogo remoto che non sfugga al nostro controllo, ma che sia ugualmente inaccessibile al nemico.»

Tutti i capi di stati concordarono con questa ottica e già si iniziava a pensare a una possibile ubicazione nella quale nascondere le due forze portanti.

Proprio in quel momento, Naruto e la sua squadra fecero ritorno, cogliendo l’attenzione generale.

«Mi sono perso qualcosa?» domandò il ragazzo.

«Direi che ti sei perso molto. - disse Gaara. Il leader di Akatsuki, Madara Uchiha, se n’è appena andato via, dopo averci dichiarato guerra.»

Naruto non nascose il suo stupore, nemmeno di fronte agli altri capi di stato e ai suoi allievi, per tanto chiese che gli venissero raccontati i dettagli dell’incontro avuto con Madara, in maniera tale che ci potesse capire qualcosa sul vero scopo del nemico.

«Ti racconterò tutto, non appena saremo in viaggio verso il villaggio della Foglia.» tagliò corto Kakashi.

Naruto non sembrò affatto contento e se ne lamentò.

«Non le pare di stare rallentando i tempi? Che cosa cambia se ne parliamo adesso?» domandò l’Uzumaki.

Naruto aveva dimostrato ai presenti la sua impazienza, per tanto, tutti i leader dell’esercito avevano convenuto nella loro mente di non rivelare a nessuna delle due forze portanti le loro intenzioni di tenerli segregati; semplicemente non avrebbero accettato.

«Sei troppo impaziente, ragazzo. Abbiamo questioni più urgenti da trattare.» commentò burbero il Raikage, rivolgendosi a Naruto.

Tuttavia, Naruto sembrava intenzionato a volere andare fino in fondo alle informazioni che i presenti non volevano rivelare, tanto che gli sembrò che ci fosse sotto qualcosa, ma data l’espressione fatta da Gaara, convenne che poteva anche attendere un secondo momento.

Gaara si voltò un attimo dopo verso Naruto, proprio mentre si discuteva su importanti questione logistiche.

«Abbiamo scoperto che l’Ottacoda non è stato catturato dal nemico, quindi ci stiamo sforzando per rintracciarlo.»

Naruto parve molto contento di quella notizia e notò che i leader dell’esercito si stavano arrovellando parecchio sullo scoprire l’ubicazione della forza portante smarrita, così decise di dar loro una mano, usando l’energia naturale per rintracciare l’Ottacoda.

Quando Naruto entrava in modalità eremita, le sue doti sensoriali riuscivano ad acutizzarsi al punto tale da percepire il chakra di chiunque volesse per un raggio di chilometri al dir poco grande quanto due nazioni; date tali premesse, non fu affatto difficile rintracciare un chakra abnorme come quello dell’Ottacoda.

«Trovato. Si trova verso i confini a sud-ovest della nazione del Ferro.» dichiarò all’improvviso l’Uzumaki.

I presenti erano rimasti di stucco; che celerità, che doti sensoriali impressionanti, uniche nel loro genere.

«Wow. Lei è veramente una forza, maestro!» commentò Rina di fronte a tale dimostrazione.

«Stai dicendo sul serio, ragazzo?!» proruppe sbalordito il Raikage.

Naruto annuì.

«L’ho percepito chiaramente, dato che c’è solo lui ad avere un chakra molto simile al mio. - spiegò. Tuttavia, c’è un problema, non è da solo. Ho percepito chiaramente un’altra persona vicino a lui e una bestia.»

«Chissà che cosa starà combinando il sommo B.» commentò C.

«Qualcosa sicuramente pericolosa o invischiata con la musica.» fu la risposta di Darui.

Naruto aveva svolto un ottimo lavoro e aveva finalmente dato quella buona impressione che serviva per renderlo degno di entrare nei discorsi dei capi del summit.

«Però… - sbottò lo Tsuchikage. Non vedevo un ninja con abilità sensoriali così spiccate dai tempi del mio maestro, il Secondo Tsuchikage. Ti ho giudicato male prima, forza portante.»

«Ho un nome. Naruto. Veda di non dimenticarlo.» replicò secco l’Uzumaki.

Lo Tsuchikage scoppiò in una fragorosa risata.

«Hai fegato, Naruto, questo te lo concedo. Sei veramente una persona interessante.»

«Tsuchikage, forse sarebbe meglio se tornassimo al discorso sugli assemblamenti.» lo richiamò la Mizukage.

«In questo momento, non penso che sia la nostra priorità, Mizukage. - replicò Onoki. Il nemico si è appena mostrato a noi e siamo stati coinvolti anche in uno scontro. Per come la vedo io, sarà meglio organizzare un nuovo summit e portare i nostri progetti lì, per organizzare l’esercito. Che cosa ne pensate?»

«Sono d’accordo. - s’intromise il Kazekage. Per prima cosa, dobbiamo assicurare l’incolumità del signor Killer B e dell’Ottacoda, dopodiché organizzare il proprio esercito è la massima priorità.»

«Credo che un paio di mesi siano più che sufficienti, siete d’accordo?» propose Mifune.

Tutti lo furono, quindi non rimaneva altro da aggiungere, se non quello di decidere una nuova data per l’incontro successivo e portare a termini i compiti più incombenti.

Solo in quel momento, fra il vociare dei capi di stato e quello di Naruto che voleva sempre intromettersi nelle discussioni, la timida mano di Chojūro si levò verso l’alto e venne immediatamente notata dalla Mizukage, la quale si premurò di sedare gli animi per permettergli di parlare.

«Beh, che vuoi dirci, ragazzo?» domandò indispettito lo Tsuchikage.

Chojūro allora raccolse tutta la sua forza di volontà e parlò con il tono più serio di cui disponesse.

«Ecco, c’è una questione che mi preoccupa molto. - iniziò lo spadaccino. Il nemico ha dichiarato di avere ordinato a un suo sottoposto di andare a catturare l’Ottacoda. Stava parlando di Kisame Hoshigaki.»

L’attenzione generale era tutta sul giovane spadaccino della Nebbia, poiché vi era un crescente interesse sulle informazioni in possesso della Nebbia su uno dei più temibili agenti dell’Akatsuki.

«Kisame Hoshigaki è in possesso della spada Samehada, che è una spada unica anche fra le lame dei sette spadaccini della Nebbia. Quella spada è ghiotta del chakra delle bestie codate e ha inoltre il potere di fondersi con il suo utilizzatore, donandogli la stessa potenza di una bestia. Inoltre, Kisame Hoshigaki è in possesso di una potenza fisica impareggiabile, una sete di sangue infinita, un chakra ai medesimi livelli di una bestia ed è anche astuto come una volpe. Per tutte queste ragioni, la gente lo considera come una bestia senza la coda. È un avversario da eliminare a vista.»

Kisame era una forza della natura, incontrollabile e devastante, ma con il raziocinio che evidentemente mancava alle bestie codate, quando manifestavano il loro potere, tramite un essere umano: Samehada e Kisame formavano una coppia micidiale; un altro segno di quanto Itachi Uchiha fosse potente, essendo in grado di tenere a bada un demonio come Kisame.

Nonostante quell’avvertimento, però, chiunque contasse qualcosa nel mondo ninja, sapeva molto sul Mostro della Nebbia, sulla sua forza, ma soprattutto sulle cose indicibili che aveva commesso.

«Sappiamo già con chi abbiamo a che fare, non ti preoccupare, ragazzino. Mi occuperò di persona questo individuo, non appena troverò mio fratello.» dichiarò il Raikage.

Chissà, forse Killer B avrebbe avuto la meglio contro Kisame, qualora le loro strade si incrociassero, ma non vi era la certezza assoluta e non ci si poteva permettere di perdere un individuo prezioso come Killer B; lui era l’unico in grado di donare le bestie codate.

Animato da questo pensiero, il Raikage convenne sulla necessità di accelerare i tempi di partenza, verso il punto indicato da Naruto; non c’era tempo da perdere, aveva molte cose da fare e doveva anche tenere sott’occhio suo fratello.

Il Raikage indossò nuovamente il suo mantello, recuperato in precedenza dal campo di battaglia e si preparò alla partenza.

«Direi che non vi è altro da aggiungere. Tornate ai vostri villaggi, parlate con il signore feudale e comunicategli tutto e organizzatevi al meglio. Organizzeremo una video conferenza per questa domenica, verso le 12:00.» dichiarò il grande generale dell’esercito alleato.

Nessun dissenso. Immediata partenza verso la propria patria. Da lì a poco, ci sarebbe stato molto da organizzare e non si sapeva ancora nulla del momento in cui il nemico avrebbe sferrato la sua mossa; ansia e allerta erano alle stelle, ancor prima di iniziare.

Il Raikage e il suo entourage tolsero il disturbo dopo qualche istante. Lo stesso fece la Mizukage, qualche istante dopo, partendo alla ricerca del suo seguace, Ao, il quale era partito all’inseguimento di Danzo.

«Mi auguro che saranno presi dei seri provvedimenti, per quanto riguarda Danzo.» commentò la Mizukage, rivolta a Kakashi.

«Le assicuro che sarà la prima questione che il villaggio della Foglia affronterà, non appena vi sarà un leader.» rispose prontamente l’Hatake.

La Mizukage fece una smorfia, dopodiché si avviò verso l’uscita della stanza, seguita dal suo spadaccino.

«Me lo auguro. - la Mizukage fece una pausa, poi proseguì. Sappiate però che, se Ao lo avrà rintracciato, mi occuperò personalmente della sua eliminazione in loco. Vi restituirò gentilmente il cadavere, qualora non lo faccia sciogliere tutto.»

Kakashi non rispose. Non poteva certo opporsi a una tale decisione, anche perché chiunque avrebbe voluto la testa di Danzo. Invece, lui era dell’opinione che godere della consulenza di un veterano di guerra come Danzo, in vista di un conflitto molto impegnativo e con delle forze in campo sconosciute, sarebbe stata decisiva per la vittoria; tuttavia, Kakashi nutriva seri dubbi che Danzo sarebbe stato disposto a prenderne parte.

«Noi che facciamo, maestro? - domandò Naruto. Partiamo per il villaggio?»

«Sì. Non c’è tempo da perdere. - dichiarò Kakashi. Forse ci attenderanno le forze di Danzo a impedirci di giungere al villaggio, in tal caso, entreremo con la forza. Giungere al villaggio è la prima cosa da fare.»

Gaara s’intromise nel discorso.

«Se per voi non è un problema, vorrei fare una parte del tragitto insieme a voi. C’è qualcosa di cui vorrei discutere con te, Naruto.»

Naruto fissò l’enigmatico sguardo di Gaara, senza però riuscire a carpirne le intenzioni.

«Con me? Di che si tratta?» domandò Naruto.

«Dopo. - tagliò corto il Kazekage. È una faccenda delicata.»

 

*

 

Danzo era fuori di sé, la sua rabbia andava ogni limite conosciuto, tanto che era la prima volta che riusciva a tenere a freno le sue emozioni, ostentandole in pubblico; l’ultima volta era successo quando Hiruzen era morto, ma quello era un altro tipo di rabbia.

Fu e Torune si guardavano bene dal rilasciare dichiarazioni impopolari per paura che il loro superiore se la prendesse con loro, in tal caso, sarebbero morti ancora prima di accorgersene.

Il piano per prendere il controllo dell’esercito alleato era fallito. Nessuno degli altri Kage si sarebbe più fidato di lui e, allo stato attuale, Danzo non disponeva nemmeno i mezzi per dichiarare guerra alle altre nazioni e conquistarle con la forza; tutto era perduto. Danzo ne era ben conscio, ma non si lasciò perdere d’animo, c’era ancora una cosa che poteva fare, per impedire che l’autorità che aveva per lungo tempo mantenuto, rimanesse intatta: uccidere Tsunade e impedire a Kakashi di giungere al villaggio per prendere il potere.

Proprio così. La partita non era ancora finita. Se Danzo avesse giocato bene le sue carte, avrebbe eliminato in un sol colpo tutti i suoi oppositori e trasformato il governo del villaggio a suo piacimento. Avrebbe nominato uno dei suoi uomini più fidati, proponendolo come Hokage, in modo da coprire la vera facciata del potere della Foglia, di fronte alle nazioni straniere, ma in realtà, sarebbe stato lui a comandare dietro le quinte.

«Fu e Torune. Non appena arriveremo al villaggio, voglio che vengano rafforzate le ricerche di Tsunade e che la sua eliminazione avvenga in seduta stante. Dopodiché, un battaglione dei nostri migliori uomini fermerà Kakashi e la forza portante, all’entrata della foresta di Hokasuki. Penserò a loro personalmente.» dichiarò Danzo, durante la marcia verso il villaggio.

Le due guardie del corpo si scambiarono uno sguardo reciproco. Ecco perché avrebbero seguito Danzo, lui era un vero leader che non si perdeva mai d’animo e che proseguiva per la sua strada, nonostante tutto quello che avesse lasciato marcire al suo passaggio. Per la Radice, questo era un vero leader, l’Hokage di cui tutti avevano bisogno.

A un certo punto, le abilità di Fu Yamanaka captarono il chakra di qualcuno che sembrava li stesse seguendo; lo shinobi riconobbe subito che si trattava della guardia del corpo della Mizukage.

«Ci stanno seguendo, eminenza.» comunicò Fu.

Danzo non si scompose affatto, in realtà si aspettava che i Kage non avrebbero sorvolato sul suo tradimento.

«Occupatene, Fu. Non voglio errori.» ordinò l’anziano ninja.

L’uomo ubbidì, elaborando in fretta un piano che comunicò rapidamente agli altri due ninja, ottenendone rapidamente l’approvazione.

«L’unico inconveniente è che dovrai portarmi sulle spalle. Pensi di farcela, Torune?» disse Fo.

«Non preoccuparti. Ne sono in grado. - dichiarò l’altro. La nostra unica priorità è quella di giungere al villaggio, prima di Kakashi Hatake.»

In conclusione, Danzo dette il suo benestare.

«Molto bene. Procedi.»

 

*

 

Era trascorsa all’incirca un’ora da quando il gruppo del candidato Hokage e l’entourage del Kazekage erano in marcia verso la rispettiva meta. Data la vicinanza dei rispettivi paesi, fu molto piacevole per Naruto trascorrere del tempo con Gaara, così avevano l’opportunità di discutere di vari argomenti, tenendosi a distanza dal resto della compagnia che li stava precedendo nella marcia.

«Allora. Hai finalmente intenzione di dirmi che ti è saltato in mente con questa storia di fingerti morto? Lo sai che hai provocato tanto dolore nei tuoi amici.» disse Gaara.

Naruto si rabbuiò, perché sapeva che l’amico aveva tutte le ragioni del mondo per avercela con lui, così come sarebbe stato con i suoi amici della Foglia.

«Mi odi, vero?» domandò Naruto all’amico.

«No. - replicò Gaara. Ma non posso fare a meno di sentirmi ferito per quello che hai fatto. Hai giocato con i sentimenti dei tuoi amici. Sempre che per te, io e gli altri rimaniamo ancora tale.»

«Lo siete sempre stati! - sbottò Naruto. Pensavo che almeno tu avresti capito...»

Gaara osservò con attenzione l’amico; vide chiaramente sul suo volto i segni del pentimento e di un evidente disagio, per un attimo si sentì in colpa per aver parlato in quel modo, però sentiva che era necessario discuterne.

«Infatti le capisco, ma non riesco a farmene una ragione. Tuttavia, io sono un tuo amico e la mia felicità nel sapere che tu sia ancora vivo è maggiore della mia delusione, quindi dimenticherò presto questo torto, ammesso che tu non lo faccia di nuovo.»

Il volto di Naruto si illuminò di gioia e così rivolse un sorriso all’amico.

«Grazie, Gaara. Sei un vero amico.» rispose Naruto con gratitudine.

«Tu sei stato il mio primo vero amico e non dimenticherò mai quello che hai fatto per me.» rispose Gaara.

Anzi, certe volte, Gaara pensava che non sarebbe mai stato in grado di sdebitarsi con Naruto; qualunque cosa lui facesse, non sarebbe stato abbastanza per ripagare il grande dono che aveva ricevuto: un amico sincero e una nuova vita.

«Tuttavia, non penso che i ragazzi e le ragazze della Foglia saranno così propensi a perdonarti così facilmente. Nemmeno i miei fratelli ti vedono di buon occhio in questo momento.» commentò successivamente il Kazekage.

Naruto si rabbuiò una seconda volta. Per molto tempo aveva pensato a che cosa avrebbero detto i suoi amici, non appena si fosse mostrato a loro. Lo avrebbero accolto a braccia aperte oppure lo avrebbero disprezzato per quello che aveva fatto?

Sakura avrebbe tenuto il broncio per un po’, ma se Naruto la conosceva bene, lo avrebbe perdonato, dopo qualche cazzotto ben assestato.

Shikamaru lo avrebbe guardato torvo per un poco di tempo, poi avrebbe asserito che quell’azione gli costava troppa fatica e sarebbe tornato l’amico di sempre.

Chouji probabilmente lo avrebbe perdonato in seduta stante; era troppo buono per portar rancore. Lo stesso lo si poteva dire per Rock Lee.

Kiba era un’incognita, anche perché, nell’ultimo scontro, aveva quasi rischiato la vita per colpa sua. Anche Shino lo era.

Quelli che invece lo preoccupavano erano Ino, Ten Ten e soprattutto il glaciale Neji. Quest’ultimo lo avrebbe sempre freddato con il suo sguardo per tutto quello che aveva fatto passare loro e soprattutto a Hinata.

Hinata. Proprio così, Hinata.

Naruto non osava nemmeno pensare a come Hinata avrebbe reagito, non appena lo avrebbe incontrato, sapeva solo che avrebbe voluto ritardare quel momento il più possibile, dato che non avrebbe saputo come comportarsi e come lei si sarebbe comportata.

Naruto ostentò tutti quei dubbi all’amico Gaara, il quale lo ascoltò con attenzione per tutto il tempo, tanto vi era ancora molta strada, prima del crocevia che avrebbe segnato la loro separazione.

«Sono dei tipi in gamba e il fatto che continuavano a cercarti quando militavi in Akatsuki, significa che ti vogliono veramente bene. Non dubitare di loro, Naruto.» disse Gaara, dopo aver udito tutto il racconto.

«Lo spero veramente. - sospirò Naruto. Adesso io e il maestro Kakashi stiamo tornando al villaggio. Non ho idea di come la gente prenderà il mio ritorno, né a cosa mi sottoporranno. In questo momento, non ho proprio alcuna certezza.»

«Non è da te. - commentò Gaara. Che ne è di quel Naruto che non si perdeva mai d’animo?»

Naruto sapeva dove Gaara volesse andare a parare; in realtà, la cosa che gli faceva più male era quella di avere usato un sotterfugio tanto subdolo, come quello di insegnare la propria morte e di far soffrire le persone a cui teneva. Il fatto che non sapesse come questi avrebbero reagito, lo inquietava a tal punto che non riusciva a darsi d’animo come al suo solito.

Gaara comprese tutti i timori dell’amico, però riconosceva che non poteva fare molto per risollevare il morale, così decise di cambiare argomento.

«Ho combattuto contro Sasuke. L’odio lo ha consumato completamente.» dichiarò a bruciapelo.

Naruto lo fissò con aria attenta, comprendo subito che era di Sasuke, quello di cui Gaara voleva effettivamente discutere; tuttavia, Naruto si dissociò dal dare una qualunque risposta.

Gaara non riuscì a comprendere il motivo di tanto mutismo.

«Non dici nulla?» domandò insistente.

«Cosa vuoi che dica? - replicò Naruto. Quello lì è semplicemente un idiota che non capisce nulla. Tutto qui.»

Gaara sospirò amareggiato; era evidente che l’argomento Sasuke fosse il meno prediletto dal suo interlocutore, tuttavia non si poteva evitare più la questione: Sasuke era diventato troppo pericoloso.

«Sii serio, Naruto. Sasuke è molto determinato a compiere la sua vendetta e non si farà ostacolare da nessuno, nemmeno da te. Che cosa farai?» gettò di rimando Gaara.

Per un attimo, Naruto ebbe un déjà vu. Era come se avesse di fronte a sé Itachi che gli domandava che cosa avrebbe fatto, qualora Sasuke, in un modo o nell’altro, avrebbe minacciato la sicurezza del villaggio della Foglia. A quel tempo, Naruto avrebbe risposto che lo avrebbe fermato e tutt’ora non aveva ancora cambiato idea, solo che Madara e Akatsuki sembravano un pericolo ancora più concreto.

Per la prima volta, Naruto rivelò le sue intenzioni a uno dei suoi amici più cari.

«Non ho ancora capito che cosa Sasuke ha in mente, ma attaccando i Kage, ha segnato la sua condanna. Mi chiedo perché deve fare di testa propria, non pensa alle conseguenze?» disse Naruto.

«Credo che invece non gli interessi proprio delle conseguenze. - precisò Gaara. Sta’ di fatto che non ragiona come dovrebbe, è consumato dal seme dell’odio, anche dopo che è riuscito a uccidere suo fratello. Che cosa gli sarà successo per motivarlo in questa maniera?»

«Non ne ho idea, ma Itachi ha sempre avuto timore che Sasuke venisse corrotto da gente come Orochimaru e Madara e queste sono le conseguenze.» rispose Naruto.

In quel momento, Gaara ricordò che l’amico aveva trascorso molto tempo con Itachi Uchiha, quando militava in Akatsuki e questi era ancora vivo.

«Da come ne parli, sembra che tu nutra molto rispetto per Itachi Uchiha, non ho forse ragione?» dedusse il Kazekage.

«Ed è così. - rispose secco Naruto. Non so perché Itachi abbia commesso quei crimini indicibili contro la sua stessa famiglia, ma da come l’ho conosciuto io, era un grande shinobi, credimi. Forse, se le cose sarebbero andate diversamente, adesso sarebbe lui l’Hokage e non saremmo invischiati in questo macello.»

«Sta’ di fatto, però, che per quanto fosse stato un grande shinobi, come lo definisci tu, Itachi rimanga un assassino e un traditore. Avresti preferito che fosse lui a uccidere Sasuke e non il contrario?» domandò sospettoso Gaara.

Naruto non sapeva proprio come rispondere a una domanda del genere, ma forse era contento di sapere che Itachi aveva avuto la morte che tanto cercava e che lo aveva fatto per rendere Sasuke un eroe, peccato che adesso fosse invece considerato un nemico del mondo.

«Itachi avrà avuto le sue ragioni. - spiegò l’Uzumaki. Mi ricordo che prendeva spesso delle medicine e che c’erano periodi in cui stava molto male. Probabilmente era malato o qualcosa del genere e sapeva di non avere più molto tempo.»

Gaara fu evidentemente sorpreso da questa rivelazione.

«Non ne avevo idea.»

Seguì un ulteriore dubbio da parte del capo del villaggio della Sabbia.

«Credi che Sasuke ne sapesse qualcosa?»

«Non lo so. - replicò Naruto. Le uniche cose di cui sono certo sono che Itachi è morto, c’è una guerra alle porte e che Sasuke sta’ dando di matto. Spero solo che i miei compagni non facciano pazzie e gli corrano appresso, soprattutto Sakura.»

«Sono sempre andati appresso a te e a Sasuke, se non hanno cambiato idea, continueranno a cercarlo.» rispose il Kazekage.

Adesso fu Naruto ad avere un dubbio. A lui era successo di perdere il controllo, durante lo scontro con il maestro Kakashi, nella missione della cattura della Tricoda. Durante quella lotta, aveva rischiato più volte di ferire mortalmente i suoi amici e questo non se lo sarebbe mai perdonato.

«Dato che tu c’hai combattuto, pensi che Sasuke sarebbe capace di uccidere anche i suoi amici?»

Gaara non ebbe nemmeno bisogno di pensarci, poiché nella sua mente rimaneva impressa l’immagine dello sguardo carico di oscurità dell’Uchiha.

«Se lo ostacoleranno, penso proprio che Sasuke non si farà scrupoli a eliminarli.» dichiarò il Kazekage.

Naruto si rabbuiò, temeva per una risposta del genere e si sarebbe mosso di conseguenza per impedire una tale catastrofica possibilità. Naruto non ebbe alcun problema a ostentare le sue preoccupazioni all’amico.

«Ho paura che possa realmente succedere. Da ora in poi, dovrò tenerli d’occhio, soprattutto Sakura. Non voglio perderli, nessuno di loro.»

Gaara era tutto orecchi. Era in grado di percepire tutto il disagio dell’amico nelle poche parole da lui pronunciate e non riusciva a fare a meno di ascoltarlo.

«Quando Akatsuki ha estratto Shukaku da te, mi sono sentito così impotente ed è stato un orrore non poterti salvare. - raccontò Naruto. Anche quando Pain ha quasi ucciso Hinata, ho temuto per un attimo di restare nuovamente da solo, senza i miei amici. Non voglio che accada di nuovo e non voglio nemmeno che Sasuke muoia. Lui è il mio migliore amico.»

Era da tanto che non ne parlava e forse gli faceva proprio bene avere qualcuno con cui sfogarsi. Certo, c’era il maestro Kakashi, ma alle volte Naruto sentiva il bisogno di stare a contatto con gente del suo medesimo livello e Gaara gli aveva fornito l’occasione perfetta.

Tuttavia, Gaara sentiva la necessità di ricordare all’amico un fattore molto importante da non trascurare; il suo desiderio del voler proteggere i suoi amici era molto nobile, ma impossibile se esteso a Sasuke.

Gaara volle precisare per l’appunto che su Sasuke aveva le mani legate, per tanto non avrebbe potuto appoggiare l’amico nelle sue scelte; il suo ruolo di Kazekage aveva la priorità sui legami personali.

«Lo sai che Sasuke non verrà mai perdonato per ciò che ha commesso nel palazzo dei samurai. Attaccare i capi di stato è un oltraggio, come lo è militare in Akatsuki. - spiegò Gaara. Se difendi Sasuke, andrai contro le cinque grandi terre e metterai in pericolo il tuo stesso villaggio. Sei sicuro che sia questo ciò che desideri?»

Naruto non fu in grado di rispondere: il senso del dovere avrebbe prevalso l’amicizia?

Lo stesso Gaara notò il disagio dell’amico e volle appunto verificare la natura della sua opinione, tramite un’altra importante domanda.

«Vorrei sapere una cosa da te, amico mio. - cominciò il Kazekage. Tu ci tieni ancora a diventare Hokage?»

Era la seconda persona che gli poneva quella domanda e ancora una volta, Naruto non poteva fare a meno di non essere sorpreso di sentirsi dire una cosa del genere. Dopo tutto quello che aveva commesso, sebbene in nome del villaggio della Foglia, dubitava seriamente che sarebbe riuscito a diventare Hokage; era così che aveva risposto quella volta al maestro Kakashi. Nonostante ciò, quello era un modo per sviare la domanda vera a propria, perché non ci si stava riferendo a una possibilità, ma a un suo desiderio; solo allora, Naruto era stato in grado di rispondere.

«Sì. - rispose secco Naruto. Nonostante tutto, è questo che voglio. So che ci sarebbero molti problemi per realizzare questo sogno, ma le mie ragioni non sono mai cambiate, tanto meno il mio sogno.»

«Mi fa piacere sentirtelo dire.» commentò Gaara con un sorriso.

Il punto preciso in cui Gaara voleva andare a parare, sia sulla questione della guerra, che su quella di Sasuke.

«Io sono riuscito a diventare Kazekage. Sono riuscito a fare, quello a cui tu ambisci così tanto. - dichiarò Gaara. In qualità di Kazekage, quindi, non posso permettere che i miei legami interferiscano con il bene del villaggio. Solo ora comprendo le ragioni per cui mio padre ha tentato di uccidermi.»

Naruto finalmente comprese dove l’amico voleva andare a parare con il suo discorso e gli vennero automaticamente dei dubbi.

«Quindi, se un giorno Temari o Kankuro minacciassero la sicurezza della Sabbia, tu che cosa faresti?»

I due fratelli del Kazekage stavano udendo quella parte del discorso e sapevano perfettamente quale sarebbe stata la risposta del loro fratellino.

«Li ucciderei con le mie stesse mani, se necessario. - dichiarò Gaara lapidario. Un Kazekage o un Hokage o chiunque vuoi, ha dei precisi doveri sulla sua gente e soprattutto sulle persone a cui vicine. Questo significa essere un Kage e tu, più di tutti, dovresti capire che la vita di Sasuke non potrà mai valere quella di un popolo.»

Naruto ne era ben conscio. Dopo tutte le guerre a cui aveva partecipato per conto di Akatsuki, egli si era reso conto di quanto una guerra potesse essere orrenda per la gente che la stava vivendo in prima pelle. La perdita della propria casa, dei propri affetti, dei propri cari e della propria vita; non aveva mai percepito tale orrore sulla propria pelle e francamente non ci teneva affatto.

«Troverò un modo. Non smetterò mai di cercarlo, fino a quando la gente non riuscirà a capirsi a vicenda. Sono ancora troppo debole e poco importante per fare sentire la mia voce, per questo non riesco a proteggere le persone a me care. Per questo, Sasuke non sente la mia voce.»

«Quindi che cosa farai? - domandò sospettoso Gaara. Otterrai il potere di cui hai bisogno e poi porrai fine al conflitto?»

Naruto annuì; quella, era l’unica decisione di cui sarebbe rimasto sempre certo.

«Mi devo allenare per controllare totalmente il chakra della volpe. Solo così avrò fatto un passo in più verso i miei sogni.»

Il viso di Naruto era illuminato da una rinnovata determinazione; non si sarebbe arreso e avrebbe risolto ognuno dei problemi che affrancavano la sua mente e la gente che lo circondava.

In un certo senso, dopo aver udito quel discorso, Gaara ebbe la sensazione di sentirsi molto più tranquillo. La guerra alle porte, le tensioni interne fra i villaggi e i loro eserciti: tutto poteva essere risolto, bastava non arrendersi e cercare una risposta.

«Spero che tu ci riesca. Non sarà semplice vincere questa guerra, ma dobbiamo riuscirci a ogni costo. - dichiarò Gaara. Io, in quanto Kazekage, sto mettendo in rischio la mia vita, pur di proteggere te e l’Ottacoda e voglio che tu sappia che non lo sto facendo solo perché è una questione di stato, ma anche perché sei mio amico.»

Una volta udito tale affermazione, Naruto sorrise con gratitudine all’amico.

«Ti ringrazio, Gaara, ma non sarai da solo in questa guerra. Anche io farò la mia parte e sono certo che anche la forza portante dell’Ottacoda non sarà di meno. Insieme vinceremo.»

Gaara sorrise a sua volta.

«Ne sono certo.»

Un’evidente bugia. Naruto e Killer B non dovevano venire a conoscenza del piano segreto di volerli allontanare dal campo di battaglia, in modo che non cadessero erroneamente nelle mani del nemico; nessuno dei due non avrebbe mai accettato una cosa del genere, per questo il tutto doveva avvenire nella massima segretezza.

All’improvviso, la voce di Kakashi si intromise nel discorso fra i due amici.

«Siamo quasi arrivati al bivio. Preparati, Naruto.» avvisò l’argenteo.

Anche Kankuro si fece sentire.

«Basta con i convenevoli, Gaara. Dobbiamo andare. Il signore feudale ci attende.»

I due amici si scambiarono uno sguardo reciproco, avrebbero voluto dirsi tante altre cose, ma il tempo purtroppo era scaduto, lasciando esclusivamente lo spazio alle azioni che entrambi avrebbero svolto per conto proprio.

Gaara non era sicuro che avrebbe rivisto l’amico da quel momento in poi, forse si sarebbero rivisti a seguito del conflitto mondiale, se sarebbero sopravvissuti alla potenza delle bestie codate e di Madara.

«Beh, Gaara. So che sarai molto impegnato, ma se per caso dovessi venire nei pressi del villaggio, fatti sentire, intesi?»  disse Naruto a bruciapelo.

«Stai dando per scontato che rimarrai al villaggio della Foglia, se ho capito bene.» replicò il Kazekage.

«In realtà, è quello che spero di ottenere.» rispose l’amico.

«Spero che tu ci riesca, amico mio. Io sarò dalla tua parte.» dichiarò contento il Kazekage.

«Ti ringrazio, Gaara. Significa molto per me.» rispose con gratitudine l’Uzumaki.

I due amici si strinsero la mano in senso di affetto reciproco, dopodiché si allontanarono ognuno dalla direzione opposta, seguiti dai rispettivi accompagnatori; il resto del viaggio sarebbe stato condotto fino alla rispettiva meta dei viaggiatori.

Una volta rimasti privi della compagnia dei ninja della Sabbia, Kakashi ebbe occasione per scambiare qualche parola con l’allievo.

«Immagino che Gaara ti ha comunicato qualcosa su Sasuke, non è così?» domandò retorico.

«Sasuke va’ fermato. - dichiarò apertamente Naruto. Forse non è la nostra priorità, ma se continua così, finirà per farsi ammazzare seriamente da qualcuno e noi non lo vogliamo, non è così, maestro?»

Kakashi sospirò amareggiato, ricordando lo sguardo di Sasuke, durante il breve scontro avuto nel palazzo dei samurai.

«Spero solo che non giungeremo a misure drastiche.» commentò amareggiato l’Hatake.

Naruto fissò per un attimo il suo maestro, dopodiché spostò lo sguardo sui suoi allievi e pensò di aver commesso un errore a trascinarli in quell’assurda missione, dato che avevano dovuto confrontarsi con opponenti più forti di loro. Naruto non aveva compiuto una scelta saggia; ora Danzo sapeva degli occhi di Masato, rendendolo un bersaglio facile per chiunque fosse assetato di potere; un errore imperdonabile. Forse era giunta l’ora di dire loro addio, rispedendoli al villaggio della Pioggia.

Ancora una volta, Kakashi dette prova al suo allievo di essere in grado di carpire i suoi pensieri.

«La scelta migliore. Non esporli al pericolo più di quanto non lo siano già stati.»

Naruto era pienamente d’accordo, anche se avrebbe preferito che fosse Kakashi a congedare quei tre, lui odiava troppo gli addii, soprattutto di quei tre ragazzini a cui era stato legato per molto tempo; nonostante ciò, Naruto sapeva che era compito suo e non si sarebbe tirato indietro.

Tuttavia, ancor prima che la discussione fosse ormeggiata in porto, l’attenzione generale si era focalizzata su una figura nascosta fra le fronde innevate degli alberi, la quale sembrava proprio attendere il loro arrivo.

«Chi è? Un nemico?» domandò Koichi.

«Non ne ho idea. - spiegò Naruto. Voi per l’evenienza tenetevi pronti alla lotta.»

I tre ragazzini obbedirono, tirando fuori dalle loro mantelle delle armi con cui sarebbero stati pronti a ingaggiar battaglia. All’improvviso, Kakashi urlò di arretrare l’avanzata dei tre shinobi, dato che,nel momento in cui si avvicinarono al misterioso individuo, aveva riconosciuto un volto a lui familiare.

Anche Naruto si era ricordato di quell’individuo così strano che una volta aveva quasi ucciso.

«Ma tu sei...» sbottò sorpreso l’Uzumaki.

Il gruppo era atterrato sul ramo vicino a quello su cui era poggiato quell’individuo e lo scrutarono per bene, in attesa che rispondesse alle domande che gli avrebbero fatto da un momento all’altro.

Fu Kakashi a prendere parola per primo.

«Che cosa ci fai qui, Sai?» domandò sospettoso.

Sai aveva mosso qualche passo in direzione dei suoi interlocutori e non perse nemmeno un istante nei convenevoli.

«Sono un clone. Ho approfittato della distrazione di tutti per cercarla, maestro Kakashi. La situazione è molto critica e ho proprio bisogno di un suo intervento.» comunicò il pallido ninja.

«Che sta succedendo?» domandò Naruto.

Sai allora si rivolse proprio a lui.

«Quindi sei vivo. Agli altri verrà un colpo non appena ti vedranno, ma non è il momento di parlare di questo. - riferì Sai. Sakura e gli altri vanno fermati o rischiano seriamente di venire uccisi da quelli di Akatsuki.»

«A cosa ti riferisci, Sai?» domandò ansioso il maestro Kakashi.

«Tutti loro sono qui, in questi boschi. Stanno cercando Sasuke. Lo vogliono fermare a tutti i costi.» dichiarò Sai.

Naruto sospirò amareggiato da quella dichiarazione, dopodiché si passò le mani fra i capelli e si sgranchì un poco.

«Merda. Eppure me lo sentivo che avrebbero fatto una cazzata del genere.» commentò Naruto.

«Io e Shikamaru abbiamo provato a fermarli, ma tutti sono determinati a incontrare Sasuke e fermarlo. La vedono come una loro responsabilità, senza pensare che confrontarsi con Sasuke potrebbe essere pericoloso. Insomma, ha ucciso Orochimaru e suo fratello Itachi.» riferì Sai.

Evidentemente, Sai non era ancora a conoscenza di quanto fosse avvenuto nel palazzo dei samurai.

«Magari fosse solo per questo.» commentò Kakashi.     

«In che senso?» domandò il pittore.

Kakashi raccontò tutto quello che era successo al summit dei Kage. Il tradimento di Danzo, l’attacco di Sasuke e della sua squadra, l’intervento di Madara e le decisioni dei Kage.

Una volta finito il racconto, Sai era totalmente allibito.

«Non posso credere che il nobile Danzo abbia fatto una cosa del genere.»

«Tu sei un ninja della Radice e comprendo che hai idealizzato quell’uomo, ma Danzo sta solo portando il villaggio alla rovina ed è assolutamente da evitare. - commentò Kakashi. Proverai a fermarmi o mi lascerai proseguire?»

Sai aveva già tradito la Radice da molto tempo, sebbene si sentisse ancora parte dell’organizzazione che lo aveva cresciuto, con il tempo aveva iniziato a mettere in dubbio i loro dettami e, senza nemmeno accorgersene, se ne era lentamente distaccato.

Sai si era messo in ginocchio di fronte a Kakashi.

«Al momento la questione dei miei amici è quella che mi interessa, nobile Sesto Hokage. - dichiarò il ragazzo. Per tanto, la prego di fermarli, prima che compiano una pazzia. Da solo non posso fare nulla.»

Kakashi sospirò; questo inconveniente non ci voleva affatto, li avrebbe rallentati un casino.

«Immagino di non avere scelta. Dopotutto, Sasuke è anche una mia responsabilità.» dichiarò l’uomo.

Naruto si intromise inaspettatamente.

«Lei ha altro a cui pensare. Lasci che ci pensi io e i ragazzi. Li fermeremo prima di quel lungo ponte che c’è nei confini.»

Kakashi osservò attentamente l’allievo; ciò significava lasciare che Naruto si confrontasse con i suoi più cari amici che lo credevano ancora morto. Kakashi sapeva che per Naruto non sarebbe stato facile spiegare le sue motivazioni.

«Ne sei sicuro? Ti mangeranno vivo, non appena ti vedranno.» sbottò l’Hatake.

«Prima o poi sarebbe dovuto succedere. - sbuffò Naruto. Tanto vale che sia adesso. Lei deve raggiungere immediatamente il villaggio.»

Sai non poté fare a meno di dimostrare la sua gratitudine.

«Vi ringrazio moltissimo.»

La squadra stava già per separarsi, quando Kakashi ne approfittò per le ultime raccomandazioni.

«Mi raccomando, non mettetevi nei guai. E tu vedi di non esagerare, Naruto.»

«Non le prometto nulla. - rispose l’allievo. Dipende tutto da quanto saranno testardi quelli lì.»

Sai apparve molto rincuorato nel sapere che la sua richiesta era stata accolta, prima dell’irreparabile e solo allora si rese conto di aver dimenticato dei dettagli che sicuramente Kakashi voleva sapere.

«Durante il tragitto, mi sono imbattuto in alcune sentinelle della Radice. Da quel che so, stanno raggiungendo il nobile Danzo. Fossi in lei, mi muoverei con cautela, dato che hanno l’ordine di ucciderla a vista.» comunicò Sai.

«Non preoccuparti per me. Sto badare a me stesso.» replicò Kakashi con calma.

La squadra si divise. Kakashi proseguì la sua marcia per il villaggio da solo, mentre il clone di Sai, Naruto e la sua squadra si sarebbero diretti verso l’ubicazione in cui si trovavano i ragazzi della Foglia. Da quel momento in poi, era difficile tirare a ipotizzare che cosa sarebbe successo, stava tutto sulle spalle dei protagonisti degli eventi che si sarebbero succeduti.

 

*

Aveva viaggiato moltissimo pur di raggiungere la sua meta, spesso si era anche perso, poiché era passato molto tempo, dall’ultima volta che aveva messo un piede fuori dal villaggio, ma ogni volta non riusciva a togliersi di dosso quel senso di meraviglia, quando confrontava la sua piccolezza con il grande mondo. Adorava immergersi nei vari scenari offerti da madre natura, poiché solo lì, sentiva che poteva esprimere tutto se stesso. Nonostante ciò, non avrebbe potuto fare a meno del suo villaggio; lì aveva coltivato moltissime amicizie e tutti gli volevano bene, dopo che lui aveva lottato così tanto per riabilitare il nome della bestia che celava dentro di sé.

«Continuo a ripetere che hai fatto una cazzata, B. Quando il Raikage lo scoprirà, non la prenderà affatto bene.» aveva commentato una voce, dentro la testa di Killer B.

La forza portante avanzava per le foreste innevate della nazione del Ferro. Egli era alla ricerca di una persona che non incontrava da tanto tempo e che lo avrebbe aiutato a migliorare il suo stile canoro, ovvero un qualcosa che reputava persino più importante da affinare dell’arte ninja.

«Rilassati, Otto. Vedrai che il Big Brother si farà solo una bella risata.» replicò con calma l’essere umano.

Killer B e l’Ottacoda erano soliti conversare quotidianamente. Considerando che condividevano il medesimo corpo, entrambi avevano accettato la convivenza dell’altro, dopo aver superato un burrascoso rapporto ai primi tempi. Il loro, era un rapporto di assoluto scambio reciproco; una simbiosi perfetta, agli occhi di uno studioso; un’amicizia salda e duratura, sia per la forza portante, che per la bestia codata.

«Sarà… - sbuffò rassegnato il demone. Ma non prendertela con me, quando tuo fratello scaglierà tutta la sua ira contro di te.»

«Stai tra, amico. - rispose B. Il Big Brother capirà che è per una buona causa. Il grande maestro Sabo mi insegnerà tutta la potenza del suo canto e ti assicuro che sarà uno schianto!»

L’Ottacoda sospirò amareggiato. Le rime di B erano la cosa che gli pesava di più di quella prigionia e, nonostante tutto il tempo trascorso insieme, non era ancora riuscito a elaborare come potesse esistere un umano tanto sbandato come Killer B. Ovviamente, l’Ottacoda sapeva che l’amico possedeva anche molti pregi, cosa di cui, però, si ravvedeva bene dal ricordarglielo, dato che B era un tipo molto spavaldo.

Erano giunti a destinazione. B si era fermato proprio di fronte alla persona che tanto stava cercando e la stava salutando nella giusta maniera fra cantanti esuberanti. L’Ottacoda si limitò a udire la conversazione, sperando che potessero concludere il più velocemente possibile.

«Venerabile maestro Sabu, si ricorda di me?» domandò B.

L’Ottacoda parve alquanto sorpreso. B non aveva mai chiamato nessuno con tanti suffissi onorifici quanto quel piccolo uomo che si ritrovavano davanti; doveva trattarsi veramente di qualcuno così importante, con cui persino B non poteva permettersi di scherzare con appellativi improponibili.

Sabu era un uomo dalla bassa statura che si aggirava sulla sessantina. Era solito indossare un completo tradizionale giapponese ed era sempre accompagnato da un gigantesco orso lavatore, che aveva il compito di difenderlo da chiunque infastidisse il suo amico.

L’uomo aveva conosciuto Killer B diverso tempo fa, quando quest’ultimo era ancora un ragazzino e militava fra le file del villaggio della Nuvola. Sabu era stato amico del Terzo Raikage, per questo si aggirava spesso nei dintorni del villaggio e lì aveva incontrato B, una temuta forza portante dalla grande passione per la musica.

Il maestro Sabu sapeva perfettamente come accogliere l’allievo che non vedeva più da tanto tempo: una bella canzone.

«Shinobi!! Shinobi che resisti! Shinobi che persisti! Il tuo cuore arde di un’ardente passione. Della tua mente e del tuo corpo, tu hai bisogno di un’unione!»

Per le orecchie dell’Ottacoda fu troppo; non bastava unicamente B, ma adesso ci si metteva anche quel tipo strampalato con le sue rime. L’unica consolazione era che le rime di Sabu erano più orecchiabili di quelle di B.

«Fantastico!!» tuonò B tutto elettrizzato.

«Avanti, giovane! Mostrami quanto vali!» inveì il maestro Sabu.

A questo punto, B non poteva tirarsi indietro e, non potendo permettersi di fare una brutta impressione, era ben risoluto a dare il massimo nella sua interpretazione.

«SHINOBI! YEAH! CHE SCAPPATE DALLA MORTE, OH YEAHHHH!!!» tuonò B.

Gelido silenzio. L’interpretazione non era affatto piaciuta al maestro Sabu, tutt’altro ne parve veramente sconvolto che aveva indirizzato su B tutta la sua furia omicida.

«Che cos’era? Non vedi che cosa ti manca?! Non lo percepisci?» domandò retorico.

B non aveva proprio idea di che cosa stesse parlando, sapeva solo di aver fatto una figuraccia e stava morendo dall’imbarazzo; qualcosa a cui nemmeno l’Ottacoda aveva assistito, dato che B era sempre stata una cosiddetta “faccia da bronzo”.

«Dov’è la passione?! La PASSIONE!» tuonò il maestro Sabu adirato.

«La…. Passione?» domandò retorico B.

«Esatto! Il nome stesso lo suggerisce! Esprimere i propri sentimenti con le parole! Questo è il cuore del nostro stile!» spiegò Sabu.

Il maestro stava dando una delle sue lezioni sul canto. B segnava tutto quello che apprendeva in un suo blocchetto per gli appunti, la sua matita ricopriva pagine su pagine sui sacri insegnamenti di quel grande uomo, la sua attenzione era tutta diretta su di lui.

All’improvviso, il gigantesco orso lavatore iniziò a ringhiare; aveva percepito un pericolo abbastanza vicino alla loro posizione.

«Che cosa succede, Ponta?» domandò il maestro Sabu.

Il pericolo era di fronte a loro. Un uomo. Alto quanto un piano. Possente in tutta la sua minacciosità. Il suo sguardo incuteva timore, come se fosse pronto a cibarsi del suo avversario, non appena ne avrebbe avuto l’occasione. Una spada enorme, coperta da bende che a stento racchiudevano il suo tremendo potere. Quel mantello poi: nero e marchiato da alcune nuvole rosse.

B riconobbe subito quell’uniforme, era la stessa che indossavano quei ragazzini che aveva combattuto qualche giorno prima. Ancora non poteva fare a meno di ricordare quel giovane dallo sharingan, probabilmente il più potente Uchiha contro cui avesse mai combattuto.

«Chi sei e che cosa vuoi da noi, straniero?» domandò il maestro Sabu, rivolgendosi al nuovo arrivato.

«È uno di quei coglioni di Akatsuki, maestro.» riferì B.

L’uomo si voltò verso il suo avversario. Sapeva che era lì per lui e non ne aveva affatto paura; lo avrebbe sconfitto come aveva fatto in precedenza.

«Abbi un poco di pazienza, maestro. Tornerò da te, non appena farò il culo a questo, dopodiché riprenderemo con il nostro allenamento in modo onesto!»

Kisame Hoshigaki si mise a sghignazzare; non vedeva l’ora di combattere contro la forza portante dell’Ottacoda.

«Sai, Ottacoda, non è stato per nulla facile trovarti. - disse l’uomo-pesce. Ma vedi, la mia Samehada adora i chakra mastodontici come il tuo e non riesce a contenere la sua fame. Vuole divorarti, ma non temere, non ti uccideremo!»

Questa volta fu B a ridere.

«Quello che finirà a pezzi sei tu, fratello! Farò così tanto macello, che ti mostrerò quanto bordello uno speciale come me può fare! Preparati, grande cazzone. Con le mie rime io...»

Il tempo di fare rime era terminato, largo alla lotta.

Il maestro Sabu aveva dato ordine al suo grande amico di attaccare Kisame con tutta la forza che aveva; era meglio sondare la forza del nemico, prima di passare a un attacco più serio. Sabu aveva capito che quell’individuo sapeva il fatto suo, ma per quanto fosse bravo, aveva sicuramente un punto debole; restava solo di cercarlo e metterlo al tappeto.

«Che forza portante insulsa. Mandi avanti i pesci piccoli?» sbottò Kisame.

L’enorme bestia si agguantò sull’uomo-pesce con tutta la sua forza, mentre Kisame estrasse rapidamente la sua Samehada e si scagliò contro l’avversario: Ponta fu steso in un battibaleno.

«Che perdita di tempo. Quest’orso non vale nulla. Quando iniziamo a fare sul serio?» sbottò Kisame.

Il maestro Sabu aveva visto giusto, il nemico era di gran lunga più forte delle aspettative, ma per fortuna era così preso da sé che non aveva eliminato il suo amico Ponta, considerandolo troppo debole per lui. Di conseguenza, Sabu evocò un’enorme ascia e scese sul campo di battaglia.

«Ponta è un orso lavatore e non permetto a nessuno di trattarlo male! Ti mostrerò tutta la potenza della mia passione!»

Kisame ghignò, dopodiché effettuò un balzo felino verso il suo avversario con l’intento di farlo fuori il più rapidamente possibile, così da potersi finalmente occupare della sua preda.

«Devi solo toglierti di mezzo!» tuonò lo spadaccino.

La collisione fra i due era una pura questione di secondi, ma l’improvviso attacco di Killer B alterò l’esito della lotta e Kisame dovette reagire di conseguenza. Killer B aveva lanciato la matita con cui prendeva gli appunti contro Kisame, imbevendo l’utensile del suo chakra.

Kisame avvertì immediatamente la pericolosità dell’oggetto e lo schivò appena in tempo per vedere la matita trapassare diversi tronchi e spezzare a metà una roccia; Kisame l’aveva scampata per un soffio.

«Una capacità di modellare il fulmine a una frequenza tale da renderlo con un potere penetrante quanto l’arte del vento. Davvero prodigioso.» pensò analitico.

Kisame comandò a Samehada di allungare la propria elsa e di attaccare Killer B, però quest’ultimo si era scansato al momento giusto e aveva lanciato una delle sue spade contro Kisame, replicando il medesimo attacco.

«Di nuovo?» commentò divertito Kisame.

Sì, la tattica era la stessa, ma quella volta, il maestro Sabu passò all’attacco e Kisame fu costretto a convocare Samehada, usando la sua elsa per bloccare l’ascia nemica; questo lo avrebbe esposto allo spadino imbevuto di chakra. Non solo, Kisame notò con la coda dell’occhio che Killer B era alle sue spalle e stava correndo verso di lui, con l’intento di volerlo pugnalare con il medesimo artiglio fulmineo.

«E con questo, it’s over!!» tuonò Killer B.

Kisame era in un limbo. Era stato chiuso in una morsa veramente astuta, un piano architettato in pochissimi secondi, studiando le presunte abilità di un nemico di cui non si sapeva nulla; questo significava combattere ai più alti livelli e la cosa elettrizzava parecchio il Mostro della Nebbia: era estremamente raro trovarsi in scontri così impegnativi, soprattutto se c’era una forza portante in mezzo.

Nonostante la critica situazione, Kisame non ebbe nulla da temere. Non era solo il suo avversario a disporre di assi nella manica, anche lui poteva ricorrere a risorse illimitate per sbaragliare i nemici. Con una dose in più di forza, Kisame respinse Sabu, dopodiché agitò la sua spada verso lo spadino volante, che si conficcò sulla sua spalla, provocando una ferita di poco conto, poi ne usò l’elsa per fermare lo spadino retto da B. Una manciata di attimi, un paio di secondi che dimostravano che Kisame Hoshigaki era degno della fiducia di Madara.

Il maestro Sabu si era rialzato appena in tempo per vedere che cosa fosse successo.

«La spada non lo ha trapassato!» comunicò.

«Sei tosto, amico.» commentò B, rivolgendosi a Kisame.

Per B era divenuto evidente che Akatsuki aveva imparato dai suoi errori e non aveva mandato più dei ragazzini a fare un lavoro importante come la sua cattura, questa volta B avrebbe dovuto affrontare un avversario molto più temibile e avrebbe dovuto dare il massimo.

Il corpo di B fu pervaso dalla manifestazione fisica del potere dell’Ottacoda. Il chakra rosso del demone aveva creato un manto bestiale di bolle di chakra che rivestiva completamente Killer B.

Lo scontro si stava facendo serio.

B usò tutta la sua forza per abbattere il suo avversario, sferrando una poderosa testata contro di questi. Kisame replicò l’attacco, bloccandolo con la sua forza sovrumana, mentre il chakra di B era svanito nel nulla un attimo dopo.

«Che cosa mi hai fatto?» domandò B con sospetto.

«Guarda che cos’hai fatto. Con tutto il chakra che hai tirato fuori, Samehada sta perdendo il controllo. Mi dispiace che debba andare a finire così, ma verrai condotto da Madara in uno stato pietoso.» commentò con divertimento Kisame.

Fu il maestro Sabu a spiegare a B che cosa fosse accaduto.

«Quella spada! Ruba il chakra del nemico!» comunicò l’uomo.

Adesso era tutto chiaro. B si distanziò dall’avversario, quando le bendature della sua lunga spada non riuscivano più a contenere ciò che avvolgevano. Le bende vennero ridotte a brandelli dalle squame acuminate della demoniaca spada chiamata Samehada, lasciando largo a un mostro di scaglie con una vorace bocca da cui grondava un’ammasso stomachevole di saliva.

Kisame osservò con ammirazione la sua possente spada.

«È la prima volta che vedo Samehada in questo stato. - commentò l’uomo-pesce. Si vede che sei speciale anche fra le forze portanti.»

Anche l’Ottacoda aveva captato il pericolo che rappresentava la coppia Kisame e Samehada ed era dell’opinione che si dovevano prendere misure drastiche contro di loro.

Intanto, Killer B continuava a scrutare il suo avversario, tentando di capire qualcosa su suo modo di combattere.

«Chi diavolo sei?» domandò B a un certo punto.

«Kisame Hoshigaki. Non dimenticare questo nome.» rispose malefico il demone di Akatsuki.

B allora non si fece intimidire dalla trasformazione di quella spada abominevole, ma sfruttò l’occasione per usare la sua solita spavalderia contro i nemici. L’uomo della Nuvola si mise un dito in bocca, non appena lo tirò fuori, questo era coperto da inchiostro, con il quale l’uomo scrisse il nome del suo temibile avversario sulla sua agenda.

Kisame ammirò il gesto dell’avversario con uno strano vivo interesse.

«Vero. L’Ottacoda è una sorta di piovra, quindi sai usare alcune delle sue abilità. Molto interessante.»

B rise, dopodiché il suo corpo venne circondato nuovamente dal manto di chakra rosso, questa volta usando una qualità di chakra nettamente superiore, dato che erano state tirate fuori ben sette delle otto code in possesso della sua bestia codata.

«Lo sai, amico? Le piovre mangiano gli squali!» dichiarò B, prima di agguantarsi contro il nemico.

Kisame non si fece intimidire dall’avversario e rispose a tono.

«Non questa volta!»

Kisame alzò la sua possente spada e la diresse contro B, il quale schivò rapidamente l’enorme massa di scaglie che gli stava per piombare addosso, dopodiché questi effettuò un altro balzo, puntando direttamente al petto di Kisame, dato che voleva colpirlo immediamente con uno dei suoi colpi più letali, prima che l’enorme spada divorasse ancora altro del suo chakra.

Nel frattempo, il maestro Sabu stava assistendo allo scontro fra i due demoni e stava tirando le dovute considerazioni in merito.

«Perché B non sta facendo sul serio? Quel tizio sembra molto più forte di quanto non sembri.»

Kisame aveva nuovamente dato prova della sua enorme potenza fisica proprio in quello stesso momento, quando B aveva provato a ferirlo mortalmente. Il mostro della Nebbia aveva sferrato un poderoso montante contro il suo avversario, in maniera tale da distanziarlo, così da difendersi con Samehada al tempestivo contrattacco della forza portante, la quale stavolta fu costretta a schivare la vorace Samehada per piombare dalla parte opposta del campo di battaglia. Samehada aveva nuovamente tastato il maestoso chakra dell’Ottacoda e si stava ingrandendo ancora di più.

Kisame era meravigliato dalle dimensioni raggiunte dalla sua spada. Adesso era addirittura costretto a tenere l’elsa con entrambe le mani per avere una maggior competenza nello scontro.

«Che splendore! - commentò Kisame. Così tanto chakra che Samehada ha totalmente perso il senno. Dopotutto la differenza con l’Ennacoda è di una sola coda. Sono certo che ha ancora molti assi nella manica, ancora tanto chakra da divorare.»

B doveva rivedere il suo piano di attacco, aveva tralasciato troppi dettagli e troppo chakra gli era stato rubato dall’avversario; non doveva più permettere una coda del genere.

«La spada è veloce e ha una fame incredibile, però sembra che abbia un limite di chakra che può divorare in un colpo: sei code. Non mi resta che provare con la seconda versione.» pensò analitico.

L’Ottacoda si intromise nel marasma di pensieri all’interno del subconscio del suo amico.

«Fammi uscire fuori, B!» disse il demone-toro.

«Pessima idea, fratello. - rispose B. Con un singolo colpo, è molto probabile che spazzeresti via l’intera foresta e ci sono il maestro Sabu e Ponta che non si salverebbero. Inoltre, così facendo, segnaleremo la nostra posizione a tutti quanti.»

I rari momenti in cui l’esperto shinobi che c’era dentro B usciva fuori con tutta la sua saggezza.

«Non è da te adottare queste mezze misure. - commentò l’Ottacoda. Vuoi usare la seconda versione del manto?»

«Esatto, amico! Ma che ne dici se mi presti un po’ del tuo chakra? Quel coglione me ne ha rubato già tanto e fra poco sarò out.»

L’Ottacoda sbuffò.

«Sei sempre il solito imprudente. Se non ci fossi io a tirarti fuori dai guai, chissà quante volte saresti già morto.»

«Non fare così, Otto! Lo so benissimo che senza di me, saresti molto triste! Ma non è questo il momento di pensarci. Facciamo a pezzi questo coglione e la sua spada!» tuonò di rimando B.

Così fu. L’Ottacoda dette a B tutto il chakra che gli serviva per passare allo stadio evoluto del manto di chakra, con il quale B avrebbe sferrato il suo attacco finale.

Kisame sentiva l’aria divenire sempre più pensate e la cosa lo eccitava tremendamente, dato che le battaglie con le forze portanti le aveva sempre adorate per quella sensazione di onnipotenza che le bestie codate erano sempre riuscite a emanare.

«Molto bene, Ottacoda! Dimostrami quanto vali. Tira fuori tutto il chakra che possiedi, così la mia Samehada potrà divorarlo tutto in un colpo!» lo incitò Kisame.

B era pronto. Aveva raccolto tutto il chakra che gli serviva e lentamente si stava lasciando abbandonare al potere della sua bestia codata. La sua umanità veniva messa di lato, accettando il suo lato di bestia. Il suo raziocinio rimase, era l’unica cosa che serviva per addomesticare il potere della bestia.

«Amico, non so chi tu sia, però so che fra poco ti pesto e così si sia. L’Ottacoda al tappeto ti manderà e l’enka il sommo B canterà!»

Il corpo di B subì una mutazione di fronte agli occhi stupefatti dei presenti. Samehada era in fibrillazione per tutto il chakra che emanava quella bestia.

«B lo ha fatto! Ha racchiuso il potere dell’Ottacoda in una forma umana!» commentò nei suoi pensieri il maestro Sabu.

Il demone dalle otto code, un ammasso di chakra rosso, così denso da creare una peluria protettiva che emanava fumo al solo agitare le code rossastre. Due fanali luminosi come occhi e una bocca vorace, pronta a cibarsi del suo avversario. Infine due corna, quelle che differenziavano quella forma, dalla medesima modalità a cui potevano arrivare le altre forze portanti.

«Preparati a essere incornato!!» tuonò la voce metallica di B.

 

L’angolo dell’autore

Lo scontro fra Killer B e Kisame ha raggiunto la sua massima espressione. So che fino a questo momento, lo scontro non si è spostato molto da quello rappresentato nel manga, ma vi assicuro che nel prossimo capitolo non sarà così. Per il resto del capitolo, spero che gli argomenti affrontati siano stati di vostro gradimento.

Vi ringrazio come sempre per la lettura e vi saluto. Al prossimo capitolo.

Yameta

 

Anticipazioni

 

«Sei troppo lento, Ottacoda!!»

«Fallo, B! Non preoccuparti per me e Ponta, sappiamo badare a noi stessi!»

«Non trattenerti, B! Usa la Teriosfera! Usala o quel mostro ci ucciderà!»

«Forza, B! Fagli vedere che sei un vero K-I-L-L-E-R!!»

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Capitolo 17
*** DUE BESTIE A CONFRONTO ***


Salve a tutti! Ammetto che è passato parecchio tempo dall’ultimo aggiornamento e per questo vi chiedo di perdonarmi. Università, impegni di vario tipo e altra storia mi hanno preso molto, per tanto cerco di elaborare per bene le vicende narrate in questa storia, dato che la reputo la storia principale. Torniamo al capitolo. Siamo giunti allo scontro fra Kisame e Killer B, un combattimento feroce e su cui ho riflettuto parecchio per renderlo ancora più epico di com'è stato nella versione originale; posso solo preannunciare che in questo capitolo avremo la conclusione del combattimento.

Non voglio spoilerare altro materiale del capitolo, altrimenti non ha senso leggere il capitolo. Vorrei comunque avvisare che da questo capitolo in poi, adotterò una presentazione leggermente più seria, spero che questo non sia un problema. Buona lettura a tutti quanti!


Ao tirò un sospiro affannoso. Non era certo la prima volta che si cimentava in una missione di inseguimento, data la sua enorme esperienza in merito, tuttavia, mai si era sentito così preoccupato dalla preda che stava inseguendo. Non solo, Ao non era più in grado di tenere d’occhio l’entourage del Reggente Sesto Hokage, dato che non era in grado di mantenere attivato il suo byakugan per un lungo periodo di tempo; per fortuna, lui era anche un ninja sensoriale e, per questa ragione, non aveva nulla da temere nel caso perdesse di vista la sua preda.

Mentre Ao viaggiava verso la sua meta, si chiese se le cose si fossero raddrizzate per il meglio al palazzo dei samurai. L’uomo non nascondeva l’evidente preoccupazione per l’incolumità della Mizukage, sebbene sapesse che fosse in grado di cavarsela da sola, dato che si trattava di un personaggio con responsabilità enormi per rimettere in sesto il villaggio della Nebbia in tutto e per tutto.

«Spero che la Mizukage faccia attenzione. Non è nella posizione di correre rischi inutili.» aveva commentato a bruciapelo l’uomo.

Ao scosse la testa; la Mizukage era perfettamente in grado di sopravvivere a qualunque cosa, persino lui lo aveva riconosciuto, per tanto non aveva nulla da temere. Ao scosse nuovamente la testa, in modo da non pensare a quel breve dubbio e sforzò sull’inseguimento di Danzo.

Ao si era accorto che la traccia che stava seguendo si stava lentamente indebolendo, questo perché probabilmente il ninja sensoriale al seguito della preda, era in grado di schermare il proprio chakra e quello dei suoi compagni.

«Merda!» sbottò il veterano della Nebbia.

L’uomo fermò la sua corsa e si arrestò per impastare del chakra, in maniera da raccogliere le forze necessarie per sforzare il corpo all’uso del byakugan; la situazione purtroppo non ammetteva alcuna riserva.

All’improvviso, l’attenzione dello shinobi venne catturata da un sibilo crescente verso la sua direzione. Ao alzò lo sguardo e vide un’oggetto volteggiare in aria; si trattava di una falce che roteava pericolosamente verso di lui. La priorità era bloccare la lama. Ao balzò verso l’oggetto; per lui fu un gioco da ragazzi afferrare l’asta della falce.

«Che sia un’imboscata?» si era interrogato l’uomo.

Un fruscio. Qualcuno era uscito dalle fronde degli alberi che si ergevano in quella zona. Ao individuò la figura che lo stava per attaccare e utilizzò l’arma che aveva in mano per sferrare un contrattacco. Tuttavia, non appena Ao entrò in contatto con il suo assalitore, qualcosa accadde nella sua mente, un bruciore lancinante, oscurità ottenebrante; attimi di disagio che potevano costargli la vita, durante una battaglia. Ao si ridestò quasi subito dopo aver percepito questo disagio, ma avvertì chiaramente che ci fosse qualcosa che non filasse per il verso giusto.

«Il mio corpo… Perché non riesco a muovermi?»

Che si trattasse di una tecnica paralizzante? Forse, ma di sicuro Ao si sarebbe liberato in un batter d’occhio, dato che aveva ricevuto un severo e duro addestramento dalle alte sfere del villaggio.

Dopo un poco, Ao si guardò intorno. Del nemico non vi era alcuna traccia e questo era un altro motivo per cui doversi preoccupare. A un certo punto, l’uomo udì dei passi che si infrangevano con la neve al suolo, doveva trattarsi del nemico.

«Fatti vedere, codardo!» tuonò Ao.

Ciò che accadde dopo, lasciò lo shinobi della Nebbia di stucco, dato che si trovò di fronte se stesso che lo fissava con aria spavalda.

«Ma che diavolo…?!» domandò l’uomo frastornato.

Solo in quel momento, Ao si era reso conto che quello che aveva di fronte era proprio il suo corpo, mentre egli vedeva tutto dalla prospettiva di una marionetta, creata con un sacco di iuta e con delle armi legate ai capi; una pozzanghera di fango, nevischio e acqua sporca rifletteva la sua nuova immagine.

«Che cosa mi hai fatto?» chiese Ao.

L’autore del misfatto allora parlò dal corpo appena rubato.

«La tecnica del capovolgimento maledetto del pupazzo. Una tecnica segreta del clan Yamanaka.» spiegò il ladro.

Per Ao allora fu tutto molto chiaro.

«Ora ho capito chi sei. - disse l’uomo. Sei uno degli scagnozzi di Danzo, il tizio del clan Yamanaka.»

«E tu sei un ladro. - replicò Fu Yamanaka. Il tuo occhio è uno dei tesori più preziosi del villaggio della Foglia e sono qui per riprenderlo. Questa è la volontà dell’onorevole Danzo.»

A quelle parole, Ao scoppiò a ridere; questa azione non era evidente dall’esterno, ma i due potevano comunicare reciprocamente, grazie ai poteri percettivi dello shinobi della Foglia.

«È veramente divertente sentirmi dare del ladro da uno che ha tentato di manipolare il consiglio dei Kage. Ciò che appare è invece che Danzo ha perso e che non aveva previsto che io lo smascherassi.» replicò prontamente Ao.

«Il fine giustifica i mezzi. - fu la secca risposta di Fu. Questo è sicuramente una cosa che sappiamo tutti quanti come regola che esiste nel mondo ninja.»

«Non se tutto è a discapito degli altri. - ribatté Ao. Voi della Foglia avete sempre avuto questa concezione di supremazia, rispetto agli altri villaggi. È per questa ragione che siete stati distrutti da Akatsuki!»

Lo shinobi della Radice non lo stette a sentire. Gli era stato insegnato, fin dall’infanzia, che la Foglia avesse una missione messianica di unificare tutte le terre, sotto la saggia guida di un leader carismatico e potente, proprio com’era Danzo.

Fu raccolse un kunai che giaceva al suolo e lo puntò sulla benda posta sull’occhio di Ao, il posto in cui si celava l’importante tesoro che era stato rubato dallo straniero.

«Adesso mi riprenderò il byakugan in quest’occhio. Esso appartiene alla Foglia.» dichiarò l’uomo.

Ao non disse nulla per fermarlo, anche perché non era nelle condizioni di potere agire.

La punta del kunai si avvicinò rapidamente alla benda nera, ma a quel punto, accadde qualcosa che Fu non si aspettava; le due pergamene che Ao era solito legare ai suoi orecchini si erano mosse come per magia, coprendo il prezioso occhio. Si trattava di una tecnica da sigillo molto complessa, la quale reagiva meccanicamente, qualora il prezioso byakugan fosse messo in pericolo, quando Ao non fosse in grado di rispondere delle azioni del suo corpo.

«Sei un tipo molto previdente.» commentò Fu.

Lo shinobi della Radice continuò a insistere, nel tentativo di rompere l’ingegnoso sigillo creato dal ninja della Nebbia; non servì a niente, il sigillo non poteva venire rotto, senza danneggiare allo stesso tempo il prezioso byakugan.

«È tutto inutile. Questa tecnica è stata studiata per resistere anche alle carte bomba. Il mio occhio destro è troppo prezioso, ma questo penso che tu lo sappia già, dato che ti stai impegnando così tanto per recuperarlo.» commentò Ao.

Fu non si perse d’animo. Dato che non era possibile strappare l’occhio nella maniera più semplice, aveva deciso di ricorrere alle maniere forti; un procedimento più rischioso, ma sicuramente molto più efficace.

Ao osservò dalla sua postazione le azioni compiute dal nemico che controllava il suo corpo. I gesti che si svolgevano lo insospettirono parecchio, riuscendo persino a farlo preoccupare.

«Che cosa intendi fare?» chiese Ao.

«Lo vedrai a breve. Fra non molto, perderai tutto e morirai.» dichiarò apertamente Fu.

Ao allora si limitò a osservare in silenzio le azioni svolte dal nemico. Per prima cosa, Fu raccolse la falce, con cui aveva iniziato l’attacco e l’aveva legata a una biforcazione creata da due rami di un albero, tramite delle corde presenti nell’attrezzatura di Ao. Successivamente, l’uomo tagliò parte di quella corda e la usò per legarsi i polsi, usando la bocca.

Ad Ao non servì altro per capire quale fosse il piano che aveva in mente il suo avversario.

«Vuoi decapitarmi...» sibilò l’uomo.

Fu non fece nulla per smentire la conclusione a cui era giunto la sua vittima e si era rapidamente posizionato in una posizione favorevole per eseguire l’operazione, mettendosi su un albero proprio sopra a dove era stata collocata la lama mortale.

«Propri così e non c’è nulla che tu possa fare. - spiegò Fu. Recupererò in seguito la tua testa e la porterò al villaggio della Foglia. Lì, avremo tutto il tempo per sciogliere la tecnica.»

Chiunque avrebbe perso la calma in un momento del genere, poiché se Fu fosse riuscito a portare a termine il suo piano, era finita. Ao invece stava conservando la calma, questo perché era sempre stato uno shinobi dai nervi d’acciaio e stava elaborando un ultimo disperato piano per salvarsi; lasciarsi prendere dalla paura non lo avrebbe di certo salvato, il suo raziocinio sì.

«Sei veramente sicuro di riuscirci?» domandò improvvisamente.

L’attenzione del nemico fu tutta per lui, dopo che si era posizionato in un punto alto da cui gettarsi.

«Che cosa vuoi dire?» chiese Fu.

La preda aveva abboccato all’amo e Ao aveva iniziato l’applicazione del suo subdolo piano; innescare il seme del dubbio nella mente del nemico per confonderlo.

«Sarai abbastanza veloce a rilasciare la tua tecnica? Metti caso che tu lo faccia con troppo ritardo, allora morirai. Invece se lo fai ancora prima, allora io riprenderei il controllo del mio corpo e bloccherei in tempo la lama. Sei pronto a rischiare?»

Fu non rispose; non aveva considerato affatto questo rischio, anche perché si era sempre ritenuto in grado di svolgere tutti i compiti. Inoltre, Fu aveva capito che in realtà quello era un piano del nemico per confonderlo e insinuare il dubbio di non riuscirci. Sicuramente era una tattica rischiosa per un principiante, ma lui non era sicuramente un novizio e poteva riuscirci senza alcun dubbio.

Fu si lanciò verso il vuoto, stentendo il collo verso la direzione in cui era stata posizionata la lama. Adesso tutto si sarebbe svolto in pochissimi istanti e ogni attimo sarebbe stato determinante per convalidare la sicurezza del ninja della Foglia e alimentare allo stesso tempo le speranza del ninja della Nebbia.

I secondi trascorsero e l’impensabile era alle porte, anche quando la Mizukage aveva fatto il suo ingresso improvviso, salvando così il sottoposto da morte certa.

Lo spadaccino Chojūro era accanto alla Mizukage e si rivolse immediatamente ad Ao.

«Capitano Ao, va tutto bene?» domandò il ragazzo.

L’uomo identificato come Ao non rispose, ma si premurò dal distanziarsi dalla Mizukage appena in tempo che la donna potesse agire in maniera propria contro di lui; un chiaro segno che ci fosse qualcosa che non filava per il verso giusto.

«Deve trattarsi di una tecnica che controlla il corpo.» ne dedusse la Mizukage.

Quest’ultima poi si rivolse al presunto alleato.

«Che cosa hai fatto ad Ao? Parla!»

Fu aveva fallito. Non poteva sconfiggere un avversario del calibro della Mizukage, ma non poteva nemmeno perdere l’occasione di acquisire il prezioso byakugan del ninja della Nebbia. Con molta rapidità, allora, Fu afferrò un kunai dalla sacca di Ao e se lo puntò alla gola.

«Non fate mosse azzardate, o il vostro amico morirà!» dichiarò Fu.

La minaccia era ben chiara e non vi era alcun motivo per cui si dovesse sottovalutare l’entità del pericolo, ma la Mizukage non si fece nessuno scrupolo da questo fattore, agendo come avrebbe fatto in qualunque altra situazione.

«Non hai alcuna speranza di prendere l’occhio di Ao. Non lo permetterei in nessun caso, anche a costo della vita. Perciò arrenditi ora che puoi, perché altrimenti sarà troppo tardi.» annunciò la donna.

Fu era stato preso sottogamba. Con la Mizukage presente, le speranze di recuperare il byakugan erano esigue e sarebbe servito l’aiuto dei suoi compagni per tirarsi fuori da quella situazione con il suo bottino ancora intatto; purtroppo, Fu non poteva contare su nessuno, dato che Danzo e Torune erano a chilometri da quella posizione e stavano avanzando rapidamente verso la nazione del fuoco.

«Maledetta vecchia puttana! Hai intralciato i miei piani.» sbraitò furente lo shinobi.

Quella frase fece scattare un nervo scoperto della Mizukage. Se c’era una cosa di cui non si doveva parlare a una donna, l’età era al primo posto, dopodiché seguiva il proprio peso e la situazione sentimentale. Siccome Mei Terumi era sempre stata una donna affetta da complessi di questi fattori, anche perché non riusciva a trovare il suo tanto agognato marito, non reagì affatto bene, quando si sentì dare della vecchia puttana; vecchia soprattutto.

La Mizukage sembrò acquisire una potenza e una velocità repentina con la quale atterrò con violenza il corpo del povero Ao, mettendolo fuori combattimento. Questo gesto aveva forzato lo scioglimento della tecnica di controllo a opera di Fu, il quale tornò immediatamente nel proprio corpo, di conseguenza, anche Ao riacquisì il suo corpo.

Il bentornato nel suo corpo non fu affatto piacevole, dato che la Mizukage aveva ulteriolmente provveduto a graffiare con le proprie unghie tutta la faccia del povero Ao.

«Mia signora, perché mi avete fatto questo?! Non sono stato io a dire queste cose su di lei.» piagnucolò sofferente l’uomo.

«Non osare lamentarti! - tuonò la donna con piglio deciso. Almeno sei tornato alla normalità.»

A rincarare la dose fu l’ulteriore commento di Chojūro.

«Per fortuna la signora Mizukage non ha usato la mia Hikamekarei per colpirla.»

Ao poteva tirare un sospiro di sollievo a tal proposito. Era stato veramente fortunato che la Mizukage non si fosse lasciata prendere la mano, altrimenti adesso sarebbe ridotto peggio che in un colabrodo.

Una considerazione però doveva essere fatta, prima di tornare al villaggio della Nebbia e comunicare quanto appreso al summit dei cinque Kage. L’inseguimento di Danzo era fallito, questo era certo, ma il nemico non era riuscito comunque a mettere le mani sul byakugan di Ao; quest’ultimo era certamente un risultato da tenere conto sia per quanto riguardava la Mizukage, sia Danzo, il quale, non appena prese la notizia, non la prese affatto bene.


*

 

La potenza del chakra emanato dalla forza portante dell’Ottacoda stava facendo sciogliere lentamente tutta la neve circostante, poiché sembrava persino che la forma assunta da Killer B

nella sua seconda versione riuscisse a impaurire la stessa Madre Natura.

Sabo osservava da lontano la mutazione assunta dal suo allievo e ne stava saggiando la potenza anche da quella posizione.

«Così questa sarebbe l’aspetto di una forza portante che compatta il potere di una bestia codata in forma umana. Quel chakra è così intenso che mi chiedo come faccia B a muoversi.» pensò analitico il cantante.

Il suo sguardo si spostò dalle sette code rossastra alla vorace bestia blu, brandita da Kisame. Sembrava proprio che Samehada fosse così affamata da non volere più nemmeno seguire gli ordini impartiti da Kisame, il quale infatti si trovava costretto a trattenere le azioni della sua arma, usando la sua indiscutibile superiorità fisica.

Alla vista della nuova trasformazione della forza portante, Kisame sfoggiò un sorriso a trenta due denti.

«Che potenza. Si vede che sei totalmente diverso con le altre forze portanti. Non ti sei ancora mosso, eppure emani una potenza immane.» commentò estasiato Kisame.

Un altro strattone di Samehada; ormai la mostruosa spada non era più in grado di trattenersi: voleva cibarsi di tutto quel chakra e del suo proprietario.

«Guarda che cos’hai fatto. - ridacchiò Kisame. La mia Samehada vuole divorarti fino all’ultimo osso. Hai idea di come sarà difficile impedirglielo?»

«Sai che me ne importi!» ruggì Killer B.

La forza portante era giunta a uno stadio che non ammetteva alcuno spazio per il rap o per le perdite di tempo. Quello era uno stadio assunto di rado da Killer B, poiché si lasciava andare ciecamente alla sete di sangue dell’Ottacoda; elemento tipico della sua natura bestiale che doveva essere sempre tenuto sotto controllo.

Nonostante i rischi che corresse a mantenere quella forma, B aveva bisogno di togliersi un dubbio e sperava che Kisame potesse adempiere alle sue richieste.

«Dimmi una cosa, piccolo pesce. Sei stato tu a uccidere Yugito?» domandò Killer B.

Kisame aggrottò la fronte; non aveva proprio idea di chi stesse parlando.

«Mai sentito questo nome. Era una forza portante, per caso?»

A B sembrò solo una provocazione alla quale doveva evitare di cadere; l’Ottacoda non si arrestava nemmeno per un istante di smetterla di parlare di Yugito, affrettandosi così a concludere la lotta.

«Non mi prendere per il culo, coglione! Yugito era la forza portante della Bicoda. Sia lei che il gatto erano mie amiche!» ribadì B furente.

Kisame si mise a sghignazzare, il nervosismo del suo avversario lo divertiva molto, anche perché strideva notevolmente con i suoi modi sconsiderati di prima, quelli caratterizzati dal rap e da azioni estremamente rischiose che comunque lo potevano portare alla vittoria.

All’improvviso, a Kisame venne in mente un subdolo piano da applicare per assistere all’esplosione del potere della bestia dalle otto code.

«Ora mi ricordo. Era quella donna che aveva la Bicoda. L’aveva catturata Hidan e già questo significa che non se l’è passata bene. - disse Kisame. Comunque no, non sono stato io a ucciderla, ma se vuoi, sarò io a spedirti da lei.»

Alle spalle della forza portante si materializzò l’esoscheletro di un bue, il cui teschio si posizionò sulla spalla del suo evocatore. L’aria minacciosa di Killer B si era rafforzata ancora di più.

Kisame si sentiva gasato, tanto che si mise molto a ridere.

«Lei era mia amica e voi l’avete uccisa senza alcuna pietà, così come le altre forze portanti! Vi ucciderò tutti!» tuonò Killer B.

B ricordò il giorno in cui aveva conosciuto Yugito, lei stava piangendo in un angolo remoto di un complesso residenziale nel villaggio della Nuvola. La gente l’aveva presa a sassate, un tipico comportamento riservato alle forze portanti, tranne per B, che invece si beccava molto spesso delle uova in faccia e la diffidenza della gente; quella differenza era data dalla sua parentela con il Raikage del tempo. Lui era riuscito a consolarla e a darle forza per proseguire il suo sogno di diventare una grande kunoichi e ottenere il rispetto della gente, proprio come stava facendo lui per affermarsi con tanta sofferenza. Entrambi erano riusciti a realizzare il proprio obiettivo, dopo tanta fatica. B ricordò che avevano festeggiato fino a notte fonda in una delle locande del villaggio e proprio nella medesima maniera B aveva commemorato la morte di Yugito, non appena aveva saputo che era stata catturata da un’organizzazione misteriosa.

«Li avete uccisi tutti. Tutti!» ruggì la forza portante.

Le forze portanti erano morte e per il solo crimine di essere proprio dei contenitori di una grande fonte di potere. La loro vita era sempre stata segnata da angherie e ingiustizie, ma erano andati avanti tutti loro, in un modo o nell’altro e ognuno alla propria maniera. B era veramente contento di quello che aveva ottenuto e di sicuro non si sarebbe fatto catturare, dopo tutta la fatica che aveva fatto.

B scattò verso Kisame. Egli era l’incarnazione della rabbia delle forze portanti decedute e delle bestie catturate da Akatsuki.

«Distruggilo, B!» aveva urlato l’Ottacoda.

Killer B eseguì e scagliò il suo temibile colpo contro Kisame, utilizzando tutta la forza di cui aveva a disposizione. Kisame era pronto per ricevere l’attacco, ma non si sarebbe mai aspettato di ricevere un danno così immenso dal colpo assestato dalla forza portante dell’Ottacoda. Per i due avversari il tempo si era bloccato proprio in quell’istante, fra i due era scoppiata un’ardua sfida su chi avrebbe vinto lo scontro di forza. Entrambi erano fortemente determinati a sopraffare sull’altro a tutti i costi, tanto che si erano messi a urlare con tutta la loro forza, in maniera tale da rendere lo scontro ancora più violento.

Alla fine, la potenza della forza portante prevalse su quella del Mostro della Nebbia, il quale venne investito in pieno dall’esoscheletro del toro, provocando dei danni estremamente ingenti sul corpo di Kisame.

«LARIAT

Kisame venne scaraventato diversi metri oltre la posizione precedente, sbattendo con forza contro il tronco di un albero. L’uomo non si mosse, la ferita che aveva ricevuto era così ingente che nemmeno lui, grande e possente guerriero, era in grado di muoversi correttamente; la neve sotto di lui si tinse di rosso.

Kisame si guardò lo sterno scoperto dalla cappa dell’organizzazione a cui apparteneva; era addittura in grado di vedere le ossa della sua gabbia toracica e ne osservò gli effetti che il colpo del nemico stavano provocando nel suo corpo.

«Che dolore pazzesco!» tossì Kisame.

L’unico aspetto positivo della situazione, fu che Samehada era riuscita a cibarsi del chakra dell’Ottacoda, tanto che Killer B era tornato nella versione con il manto di chakra. Kisame decise di approfittare della situazione, anche perché era stato messo alle strette e non aveva altra scelta che utilizzare il suo jolly per sconfiggere definitivamente l’avversario.

«Quella maledetta spada mi ha veramente stancato! Ha addirittura assorbito il chakra della seconda versione!» tuonò B.

Alche, il maestro Sabo urlò contro l’alleato nell’occasione di sfruttare la condizione dell’avversario.

«Finiscilo adesso!»

Tuttavia, Kisame non diede il tempo a B di assestare il colpo finale. L’uomo era entrato in contatto con Samehada, la quale aveva iniziato a fornire al padrone il chakra che aveva rubato; ciò permise a Kisame di recuperare rapidamente le sue condizioni fisiche, tanto che l’enorme buco lasciatogli da B venne risanato in pochissimi istanti.

«Quel bastardo sta usando il mio chakra per curarsi!» sbottò l’Ottacoda nella mente di B.

Kisame si era issato nuovamente in piedi. L’uomo sentiva di avere la vittoria in pugno, per questa ragione di era messo a ridere, mentre si privava dalla cappa di Akatsuki e si faceva abbracciare dalla massa di scaglie di Samehada.

«Più ti stanchi, più io divento più forte. Questo è il mio segreto per prevalere sull’avversario ed è sempre per questa ragione che la gente mi considera come un cercoterio senza coda!» disse Kisame.

E adesso? Quale sarebbe stata la mossa successiva dell’avversario. Killer B non ne aveva la più pallida idea, ma era giunto alla convinzione che poteva aspettarsi di tutto a quel punto, per questa ragione si stava tenendo sulla difensiva, anche perché l’avversario aveva appena effettuato un segno.

Kisame stava per usare una delle sue tecniche acquatiche per aumentare le sue possibilità di una vittoria assoluta.

«Arte dell’Acqua: Tecnica della Grande Esplosione Acquatica!» tuonò il Mostro della Nebbia.

Kisame gettò dalla bocca una copiosa quantità di acqua, la quale investì di botto i suoi tre avversari, i quali erano impotenti di fronte alla possente tecnica e vennero inglobati in una gigantesca cupola di acqua che si estendeva per una grande lunghezza di chilometri.

«Merda! - sbottò B. Non mi aspettavo una mossa del genere!»

Tutti i partecipanti della lotta si erano elevati nell’immensa massa d’acqua, attendendo le corrispettive mosse per agire in maniera congrua al cambiamento così improvviso del campo di battaglia.

Killer B sapeva che doveva prestare ancora più attenzione alle mosse del suo avversario, proprio perché quest’ultimo stava agendo in una maniera imprevista; doveva assolutamente batterlo, prima di venire soffocati dalla mancanza di ossigeno.

Il maestro Sabo, intanto, aveva usato una tecnica telepatica per comunicare con l’alleato, dato che doveva tenere la bocca chiusa per respirare sott’acqua.

«Devi privarlo di quella spada, B! È quella spada la fonte del suo potere!»

Ma Kisame era un tipo previdente e mentre Samehada veniva inglobata dentro il suo corpo, portando a dovute modificazioni fisiche al corpo del Mostro della Nebbia, l’uomo si era messo a ridere, lanciando un’ulteriore sfida al suo avversario.

«Vediamo adesso come farai a privarmi di Samehada! Dovrai tirarla fuori dal mio corpo!» tuonò l’uomo.

Kisame aveva assunto una mutazione incredibile. Tutta la parte superiore del suo corpo era stata soggetta a mutazioni ben più evidenti che del resto del corpo. Sulla schiena dell’uomo era apparsa una lunga pinna, tipica della razza dello squalo bianco, così come sui suoi gomiti si erano estese altre ripiegature che venivano usate come pinne di supporto. Inoltre, sulle spalle erano spuntate delle branchie, le quali permettevano a Kisame di respirare sott’acqua e persino il suo viso si era incavato a tal punto da sembrare il muso di uno squalo. Per concludere, sia le mani che i piedi di Kisame avevano ottenuto una conformazione palmata ed era addirittura spuntata una coda: era questo che colui che brandiva Samehada aveva accesso, ovvero la possibilità di fondersi con essa, qualora la situazione lo richiedesse e Samehada si fosse nutrita di un determinato quantitativo di chakra.

«Cazzo! È diventato ancora più brutto di prima! Sono così sconcertato, che non riesco nemmeno a fare una rima!» sbottò Killer B.

L’Ottacoda, che stava sentendo quelle rime così desincronizzante nella corrente situazione, si impegnò a esortare il suo carceriere a darsi un contegno e a focalizzarsi sulla lotta.

«Non è il momento di cazzeggiare! Non vedi quanto è potente il suo chakra?!»

«Non ti devi preoccupare, Otto! Anche se me la faccio sotto, ora lo finisco con un botto!» replicò Killer B.

Lui era fatto così; a ogni avversità, egli reagiva di tutta risposta con le sue rime, dandosi così l’input necessario a superare i propri limiti e vincere. Era anche per questa ragione che l’Ottacoda ammirava molto Killer B.

«Ti darò ancora parte del mio chakra, ma questa volta fa attenzione a non fartelo rubare. Sicuramente questo tizio potrà rubare chakra, anche in quello stato.» disse il demone.

«Prima devo preoccuparmi di portare al sicuro il maestro Kin e Ponta. Non potranno resistere a lungo!»

Per un attimo, l’Ottacoda si era dimenticato di loro; non potevano certamente permettere che venissero coinvolti ulteriolmente nello scontro.

Lui era diverso dagli altri cercoteri; per prima cosa, egli non era mai stato una bestia che si caricava l’odio del mondo, proprio com’era suo fratello, l’Ennacoda, anche perché lui era stato fortunato a non possedere alcun briciolo della sua malvagità; inoltre, l’Ottacoda aveva sempre condiviso la sua vita con forze portanti che lo avevano sempre onorato con la loro amicizia, per questa ragione, l’Ottacoda era certamente il cercoterio più pacifico fra tutti e addirittura il più filantropo.

«Allora muoviti, B! Non c’è tempo da perdere!» lo esortò il cercoterio.

B eseguì. La forza portante afferrò Ponta per la coda e il maestro Sabo per la vita, dopodiché iniziò a nuotare verso una probabile uscita, aumentando la sua velocità, attraverso la rinnovata trasformazione della seconda versione del manto del cercoterio.

B nuotò con tutte le sue forze verso la presunta uscita, ma più avanzava, più gli sembrava che la distanza che lo separasse dalla via di salvezza fosse rimasta sempre la stessa; questo proprio non riusciva a spiegarselo.

«Non ci sto capendo un cazzo! Dove diavolo è questa dannata uscita?!» sbottò Killer B.

Un lungo sibilo che si espandeva per tutta la bolla di acqua non sfuggì alle orecchie della forza portante e del suo cercoterio. Killer B si voltò per scovare Kisame che lo stava seguendo a una velocità superiore alla sua.

«Non vuole renderci le cose facili quel bastardo!» sbottò B.

«È chiaramente in netta superiorità in questo ambiente. - commentò l’Ottacoda. Per questa ragione, dobbiamo finirlo il prima possibile.»

«Questo lo so, Otto! - si lamentò B. Ma l’uscita non arriva mai e questi due non resisteranno a lungo!»

B aveva sicuramente una resistenza superiore a qualunque essere umano, data la sua possente stazza e alla sua natura completamente fusa con quella demoniaca della bestia dalle otto code che era sigillata nel suo corpo. Tuttavia, B non si poteva certo paragonare alla resistenza di Kisame, quando si trattava di allungare il periodo di permanenza sott’acqua; ciò significava che anche loro dovevano sbrigarsi a uscire da quella trappola o sarebbero morti.

La tecnica del nemico, comunque, si stava rilevando molto più pericolosa del previsto, proprio perché non si riusciva a capirne il funzionamento, anche perché l’ansia e la mancanza di tempo stavano giocando un brutto tiro ai combattenti; chiunque sarebbe riuscito a governare queste due costanti, avrebbe avuto la possibilità di sferrare il colpo decisivo all’avversario e concludere lo scontro.

A un certo punto, mentre si avanzava verso l’inarrivabile uscita, l’Ottacoda ebbe un lampo di genio e vedendo il comportamento di Kisame, il quale continuava a star dietro di loro, senza compiere una mossa decisiva, giunse all’illuminazione.

«Credo di avere capito, B. - dichiarò il demone. Questa bolla di acqua ha come centro quel tizio squalo e dato che ci sta sempre appresso, significa che anche la bolla si muove assieme a lui.»

«Che tipo bastardo! Oltre a essere un codardo è anche un brutto bardo!» commentò Killer B a tal proposito.

L’Ottacoda sospirò; certe volte il suo carceriere era veramente insostenibile.

«Comunque, se riusciamo a fermarlo, possiamo lasciare questi due qui e in automatico usciranno dalla bolla.» disse il cercoterio.

«E come pensi di fare?» domandò l’essere umano.

L’Ottacoda aveva la risposta pronta.

«Sei tu il suo obiettivo, per questa ragione non ha alcun interesse sull’animale e Sabo. Lasciali qui e nuota verso la direzione opposta. Sono sicuro che quel tizio ti seguirà e i nostri amici usciranno dalla sfera d’acqua.»

B si fidava ciecamente del giudizio del suo titanico amico, per tanto eseguì il consiglio appena udito. Il demone codato lasciò Ponta e Sabo in mezzo al nulla, dopodiché si fiondò verso Kisame, preparandosi a combatterlo con tutte le sue forze.

Lo scontro che stava per avvenire fra i due non era stato previsto dall’Ottacoda.

«Che diavolo stai facendo, B?!» sbottò il demone.

«Lo devo fermare! Non posso permettere che questo coglione sfrutti Ponta e il maestro Kin per colpire me!» spiegò Killer B.

Nessuno poteva loro assicurare che Kisame non avrebbe giocato quella subdola carta per confondere loro le idee e metterli alle strette, anche a costo di arrivare persino a uccidere i due amici.

Killer B aveva deciso di eliminare quel dubbio dalla radice e si avviò a colpire Kisame con tutta la sua forza.

L’attacco a viso aperto della forza portante non era stato previsto da Kisame, il quale però non si scompose nemmeno per un secondo, ritenendosi perfettamente in grado di gestire la situazione, fin tanto che lo scontro avveniva nel suo habitat naturale.

«Hai voglia di combattere, vedo!» tuonò il demone squalo.

Kisame aumentò la velocità e si scagliò contro l’avversario, dopodiché strinse il pugno e colpì l’avversario, il quale aveva agito in maniera sincronica alla sua. Il colpo aveva provocato una forte onda d’urto che smosse tutta l’acqua della sfera, tanto che B venne sbattuto a diversi metri da Kisame, a causa dei forti movimenti del flusso acquatico.

Nel frattempo, il demone senza coda aveva appena congiunto le mani, preparandosi a usare una delle sue devastanti tecniche basate sull’arte dell’acqua.

«Arte dell’acqua: Tecnica dei Cinque Squali Famelici

Cinque grossi squali fatti d’acqua apparvero alle spalle del suo evocatore, il quale li manovrò verso il suo obiettivo, con il fine ultimo di provocargli ingenti danni; inoltre, quei squali erano molto speciali, perché erano in grado di assorbire il chakra dell’avversario.

Killer B non si era lasciato intimorire dalla tecnica utilizzata dal nemico e replicò all’attacco appena ne ebbe l’occasione. Il demonio aveva ingigantito le sue braccia, le quali avevano subito un’ulteriore mutazione, così da raggiungere l’aspetto di quelle del demone dalle otto code. Usando quei particolari arti, B aveva completamente schiacciato gli squali creati da Kisame e si era concentrato sull’avversario vero e proprio.

Kisame sghignazzò; la forza portante dell’Ottacoda lo incuriosiva ancora di più.

«Sei veramente unico. - iniziò l’uomo di Akatsuki. Il fatto che tu sappia mutarti a piacimento nel tuo cercoterio, ti rende veramente degno del titolo di “forza portante perfetta”! Non ho mai visto nessuna forza portante con un controllo del proprio cercoterio come il tuo.»

La forza portante dell’Ottacoda non si lasciò influenzare dalle chiacchiere dell’avversario e diresse le sue braccia gigantesche contro il suo avversario.

«Prendi questo, bastardo! Coglione!» tuonò Killer B.

Kisame schivò il colpo senza nessun problema. Quando era fuso con Samehada e combatteva in acqua, egli poteva muoversi alla stessa velocità di Madara. Per questa ragione, l’Akatsuki aveva rapidamente ingaggiato uno scontro fisico ravvicinato con la forza portante.

«Sei troppo lento, Ottacoda!!» tuonò Kisame.

B cercò di bloccare il suo avversario con tutte le sue forze, tramutando persino le sue code nei tentacoli del cercoterio, con i quali avvolse tutto il corpo del nemico, dopodiché lo tirò a sé, in maniera tale da allontanare il globo acquatico dal maestro Sabo e da Ponta.

A un certo punto, Killer B sentì che le forze lo stavano lentamente abbandonando, tanto che non riusciva più a sostenere il secondo stadio del manto demoniaco, così tornò al primo stadio, mentre la sua mente stava iniziando ad annebbiarsi.

«Merda...» sbuffò il ninja della Nuvola.

Kisame stava di nuovo rubando il suo chakra.

«Quando sono fuso con Samehada, sono in grado di rubare il chakra del mio avversario, anche solamente toccandolo. Non lo senti? Sono ancora più veloce di prima!» commentò Kisame ridendo.

La situazione era addirittura peggiorata e non si riusciva a vedere una via d’uscita dal problema, sennonché l’uso della potenza bestiale dei cercoteri; ci si stava riferendo alla portentosa Teriosfera. Malgrado ciò, Killer B non voleva ricorrere a quel potere, poiché il colpo avrebbe coinvolto anche i poveri malcapitati, oltre Kisame.

La decisione di Killer B significava di perdere su tutti i fronti e non si poteva proprio sottostare a questo infausto destino: Akatsuki non poteva vincere.

Il maestro Sabo sapeva che cosa c’era da fare ed era ben cosciente dei rischi che stava correndo, ma non aveva importanza. Armato di tutto il suo coraggio, il cantante usò la sua tecnica telepatica per comunicare con l’amico.

«Fallo, B! Non preoccuparti per me e Ponta, sappiamo badare a noi stessi!»

Anche l’Ottacoda stava perdendo il fiato a esortare il proprio carceriere all’uso del colpo più letale di un cercoterio.

«Non trattenerti, B! Usa la Teriosfera! Usala o quel mostro ci ucciderà!»

Invece Killer B non dava segno di volere dare ascolto a entrambi; non avrebbe messo a rischio nessuno delle persone a lui care. Tuttavia, egli non voleva proprio morire, anche perché era una persona molto legata alla vita e ben conscia che le persone che aveva perso, si erano sacrificate per salvargli la vita, quindi morendo avrebbe vanificato la loro morte; era giunto in un limbo.

L’Ottacoda pensò a lungo su che cosa dire per convincere il suo amico ad agire per il bene di tutti, nonostante gli ingenti rischi che stavano correndo. Giunto a quel punto, il demone dalle otto code si trovò costretto a ricorrere agli estremi rimedi, benché ciò che stava per fare qualcosa che riteneva estremamente imbarazzante.

L’Ottacoda iniziò a muoversi proprio come faceva il suo amico cantante, attirando appunto la sua attenzione stupefatta.

«Forza, B! Fagli vedere che sei un vero K-I-L-L-E-R!!» sbottò il cercoterio.

Killer B era rimasto veramente senza parole; mai avrebbe immaginato di sentire il rap del suo amico demone, dato che quest’ultimo lo aveva sempre odiato.

«Fratello...» commentò l’uomo allibito.

Lo shinobi della Nuvola era talmente felice di avere sentito quella frase dall’amico che non riusciva nemmeno a contenere tutta la sua gioia, per questa ragione si mise a urlare come un forsennato.

«Maledizione, B! Il mio orecchio!» si lamentò il demone.

Nonostante la grave situazione, Killer B non riuscì a trattenersi nel formulare una delle sue rime per far festa al suo caro amico.

«Evvai, fratello! Finalmente ti sei tolto questo fardello e adesso tocca a me creare un bel po’ di macello! Io sono Killer B e tu sei l’Ottacoda, per quel coglione dello squalo è giunta la sua ora!»

Killer B si era finalmente deciso a fare sul serio, nonostante le infinite problematiche che avrebbe comportato l’uso della Teriosfera; la sua filosofia era sempre stata quella di proteggere i suoi amici a ogni costo, usando con tutti i suoi poteri per farlo.

La forza portante mutò istantaneamente nella sua forma nella versione numero due del manto demoniaco, cogliendo di sorpresa il suo avversario, il quale non si aspettò proprio di subire un colpo di Teriosfera in maniera diretta.

«Come diavolo fai ad avere ancora tutta questa energia?!» sbottò Kisame.

B aveva la risposta pronta.

«Finché si tratta di romperti il culo, non mi arrenderò mai!»

Il colpo della Teriosfera partì, causando un rimbombo potentissimo che si espanse per tutta la sfera acquatica, tanto da destabilizzarne la struttura e permettere finalmente alle tre vittime di uscire da essa e tirare le tanto amate boccate di ossigeno. La sfera acquatica invece si spostò verso la parte opposta alla forza portante, insieme alla sagoma del suo evocatore, il quale era stato colpito in pieno dal colpo.

Killer B era tornato nella sua forma umana; aveva consumato molto chakra, dato che Kisame si era dimostrato un avversario molto temibile. B tirò un sospiro di sollievo, perché nonostante l’avversario fosse così pericoloso, egli era riuscito a sconfiggere con la sua portentosa Teriosfera e non aveva alcun dubbio sulla sua sconfitta.

La forza portante si voltò verso di due amici che stavano tossendo con forza, a causa dell’overdose di acqua che aveva riempito tutti i loro polmoni.

«Ora puoi riprenderti, Kin. È finita.» dichiarò Killer B tutto contento.

Il maestro Sabo osservò per un attimo il suo allievo. Non c’era motivo per dubitare della sua dichiarazione, anche perché era risaputo che nessuno era in grado di sopravvivere a un colpo diretto con una Teriosfera.

All’improvviso, il fragore provocato dal movimento di una copiosa massa d’acqua aveva attirato l’attenzione dei presenti, i quali avevano alzato lo sguardo verso il centro dell’enorme massa acquatica, scorgendo la figura di Kisame Hoshigaki.

L’Akatsuki presentava diverse ferite in tutto il corpo, alcune anche molto gravi, ma se non fosse stato fuso a Samehada, probabilmente non sarebbe riuscito a divorare gran parte del chakra della Teriosfera e sarebbe morto.

«Oh, merda...» sibilò Killer B sbalordito.

Persino l’Ottacoda era rimasto senza parole a tal proposito.

«Questo tizio è veramente cocciuto! È sopravvissuto persino a una Teriosfera!»

Lo scontro non si era concluso, anzi, esso stava per essere portato su una scala di livello maggiore rispetto prima; la prima mossa sarebbe stata di chiunque avrebbe saputo calcolare egregiamente le tempistiche per potere scagliare il suo attacco più potente.

«Devo ammetterlo, Ottacoda. - disse Kisame ansimando. Sei il primo che sia riuscito a ridurmi in questo stato, ma ammetto che è una sensazione che non provavo da tanto tempo! Il mio sangue sta ribollendo!»

Era giunto il momento di Kisame per effettuare un contrattacco, degno della tecnica precedentemente utilizzata dall’avversario.

«Arte dell’Acqua: Tecnica del Dio Squalo!» urlò Kisame.

L’enorme massa acquatica mutò nelle fattezze di un squalo così grande che aveva addirittura sovrastato la montagna che si trovava alle sue spalle, persino tutta la foresta della zona e il suo verso aveva addirittura creato alcune valanghe nelle montagne adiacenti per quanto fosse intenso.

«È veramente arte ninja questa?!» domandò il maestro Sabo terrorizzato.

Al Dio Squalo era stato impartito l’ordine di attaccare il nemico con tutta la sua potenza e l’enorme mostro non aveva tardato a eseguire il comando.

Per questa ragione, Killer B e l’Ottacoda erano partiti di corsa verso la titanica tecnica per fermarlo.

Prima di allontanarsi dalla zona, Killer B si voltò verso il suo amico cantante.

«Allontanatevi!» ordinò l’uomo.

Un attimo dopo, il guerriero correva con tutte le sue forze verso la minaccia incombente, pronto a usare tutte le forze rimanenti pur di contrastarla.

«Al diavolo la prudenza! Fammi uscire fuori!» urlò l’Ottacoda.

Killer B si trovò d’accordo con il suo amico, anche perché, per annientare quell’enorme tecnica, era necessario usare una forza molto superiore a quella a cui aveva ricorso in precedenza; era necessaria la forza dirompente di una vera belva.

La forza portante passò immediatamente al primo stadio del manto demoniaco, dopodiché spiccò un balzo verso l’alto, proprio a qualche chilometro di distanza dalla posizione del Dio squalo.

«È tutto tuo, amico!» comunicò lo shinobi della Nuvola.

L’immenso demone dalle Ottocode prese forma in tutto il suo dirompente aspetto, emettendo un potente ruggito per segnalare il suo ingresso sul campo di battaglia, dopodiché si fiondò rapidamente verso l’enorme massa di acqua, colpendola con un potente pugno, il quale generò un immenso fragore.

Lo scontro fra i due titani proseguì.

Kisame comandò il suo squalo di divorare il cercoterio, così questi sarebbe stato vittima di un contro-effetto della sua tecnica, ovvero la capacità di prelevare chakra dall’ignara vittima. Tuttavia, il compito non si dimostrò per nulla semplice, dato che l’Ottacoda era estremamente rapido, nonostante la stazza.

«Molto interessante! Tu sì che sei un degno avversario per la mia piena potenza!» sbottò Kisame.

L’Ottacoda agì in fretta, sfruttando la natura del chakra del fulmine, attraverso cui il demone lanciò una sbalorditiva bomba elettrica contro l’ammasso acquatico; con quel colpo, l’Ottacoda mirava a stordire Kisame, sfruttando la particolare relazione che esisteva fra elettricità e acqua.

«Vai a cagare!» tuonò il demonio.

Il colpo partì, sortendo l’effetto sperato dai combattenti della Nuvola, che si apprestarono ad assestare un nuovo colpo, intanto che il mostro di Akatsuki era ancora vittima dell’effetto elettrico del campo acquatico.

«Bastardo!» inveì Kisame.

Il momento di assestare il colpo finale era giunto. L’Ottacoda raccolse tutte le sue energie, dopodiché ammassò il suo chakra in un unico punto, creando così una poderosa Teriosfera, con la quale la certezza di concludere lo scontro era assoluta.

«Vai, amicone! Spacca il culo a quel grandissimo coglione!» tuonò Killer B.

Il colpo scattò con tutta la sua potenza, investendo interamente il Dio squalo in un lampo di luce dal quale si attese una successiva tremenda esplosione, la quale però non si palesò mai, perché lo squalo era riuscito ad assorbire tutto il chakra della Teriosfera.

«Porca puttana!» tuonò il demone dalle otto code.

«Povero idiota!!» urlò Kisame.

Il viso di Kisame brillava per la vittoria appena conseguita, ma non perse la concentrazione nemmeno per un attimo e comandò il suo squalo di inghiottire l’Ottacoda, ancor prima che quest’ultimo potesse reagire e scampare alla morsa. Il piano di Kisame andò a buon fine, quindi l’Ottacoda si trovò sommerso da quell’ingente massa d’acqua.

«Maledizione! Sta succhiando tutto il mio chakra! - sbottò l’Ottacoda. Di questo passo non resisterò a lungo in questa forma!»

Le previsioni dell’Ottacoda si realizzarono anche prima del previsto e il titanico demone si era ridotto inesorabilmente nelle sue fattezze umane, benché la coscienza dell’Ottacoda fosse ancora predominante in quel corpo.

Kisame si approfittò della situazione per colpire il suo avversario, assestando una potente spallata contro di lui, dopodiché lo squalo tenne ben stretta la sua preda e iniziò a succhiarli via tutte le energie rimaste.

«Preso!!» esultò Kisame trionfante.

Nonostante la gravosa situazione, Killer B non si perse d’animo e ricorse alle sue ultime energie nel tentativo di sopraffare il suo avversario. L’uomo manipolò il proprio chakra per fare fuoriuscire una coda del suo cercoterio, con la quale avvolse interamente il corpo del nemico.

«Sono io che ti ho preso! Idiota! Coglione!» sbottò Killer B.

La forza portante estrasse una delle sue spade e si apprestò a colpire l’avversario, mentre che era bloccato dalla sua morsa, ma a un certo punto, le forze gli mancarono e B si ritrovò in balia della propria stanchezza.

Kisame sogghignò con malvagia esultanza.

«A quanto pare, stiamo iniziando ad avere problemi di respirazione. - commentò il Mostro della Nebbia. Sarai anche riuscito a salvare i tuoi amici, ma in questa maniera, toccandomi, non hai fatto altro che perdere chakra in continuazione.»

Killer B si sentiva debolissimo, senza più una briciola di energia, con la quale fronteggiare l’avversario; era stato incauto e adesso era anche in serio pericolo.

«Porca troia...»

La presa su Kisame si annullò e questi si distanziò dal suo inerme avversario, limitandosi a osservare il suo premio.

«La forza portante dell’Ottacoda è davvero potente. Se non mi fossi unito a Samehada, probabilmente adesso sarei morto. - fece Kisame. Comunque, riesco finalmente a capire il motivo per cui Samehada vada così matta di questo chakra, anche dopo averne assorbito così tanto. Però, adesso i giochi sono finiti.»

Proprio così, lo scontro poteva dirsi concluso e tutto lasciava presagire che la vittoria sarebbe spettata a Kisame, qualora Killer B non avesse fatto nulla pur di impedirlo.

Era necessario l’intervento dell’Ottacoda per aiutare la sua forza portante a salvare se stesso e il compagno.

«Mi è rimasta una piccola quantità di chakra. Usala e uccidilo!» comunicò il cercoterio.

Killer B espresse un flebile sorriso.

«Perfetto! - esultò l’uomo. Lo farò fuori con un Lariat!»

«No! - tuonò il demone. Non puoi batterlo mentre siamo nel suo habitat naturale. Devi obbligarlo a uscire dalla bolla, così lo potrai colpire.»

Killer B sbuffò amareggiato. Si guardò intorno, ma non vide alcun escamotage da usare per costringere Kisame a uscire dalla bolla acquatica.

«Non sarà facile...» commentò lo shinobi della Nuvola.

«Ragiona con la testa. - insistette il demone. Dobbiamo riuscire a uscire da questo posto per prima cosa. Puoi usare la tecnica dell’inchiostro per annebbiare la sua visuale.»

«Ottima idea, Otto! Farò così!» tuonò il carceriere.

Killer B non perse ulteriore tempo, così effettuò un segno con le mani, cogliendo di sorpresa il suo avversario, il quale però non ebbe il tempo per reagire e venne completamente ricoperto dall’inchiostro sputato in maniera copiosa dalla bocca della forza portante.

B approfittò della situazione per nuotare verso la direzione a lui opposta con tutte le sue forze; doveva raggiungere la via d’uscita più vicina.

«Forza!» ripeté Killer B a se stesso.

Nel frattempo, Kisame era rimasto immobile nella sua posizione e si guardava intorno alla ricerca del suo avversario.

«È chiaramente in difficoltà, per questo ha usato l’inchiostro delle piovre. Purtroppo per lui, non è abbastanza per scampare dalle mie grinfie.»

Le branchie che Kisame aveva sulle spalle si mossero in maniera automatica, di conseguenza, il demone squalo poté avvalersi di un’altra delle peculiarità che aveva a disposizione quando era fuso con la famelica Samehada, ovvero percepire il chakra del suo avversario.

Kisame non ebbe particolari difficoltà a rintracciare la sua preda e, una volta rintracciata, si precipitò verso di lui e iniziò a colpirlo con tutte le sue forze, sfruttando l’immane velocità di cui disponeva mentre era in acqua; lo shinobi di Akatsuki non si arrestò finché non ebbe la certezza che la sua preda era stava finalmente messa fuori combattimento.

«Time out, Ottacoda!» sentenziò Kisame.

L’Ottacoda era stato finalmente battuto dopo quel feroce scontro. Finalmente Kisame poteva tirare un sospiro di sollievo.

La tecnica che manteneva la bolla d’acqua venne sciolta e l’acqua si espanse per tutta la foresta circostante, allagandola e sporcandola dell’inchiostro al suo interno.

Killer B cadde al suolo, inerme. Kisame era proprio di fronte a lui, mentre riassumeva le sue fattezze originali al suo distacco con la sua spada, tenuta ancora per l’elsa dal suo proprietario.

«Non è stato facile, lo ammetto, ma è stato tremendamente divertente combattere contro di te.» commentò Kisame.

L’uomo si avvicinò alla sua preda e la osservò per bene, per accertarsi che fosse stato messo realmente fuori combattimento e che non corresse ulteriori rischi. Inoltre, Kisame aveva deciso di essere prudente, proprio perché la forza portante si era dimostrata una minaccia da attenzionare con cura, senza commettere errori.

Kisame diresse la sua pericolosa spada contro gli arti del suo avversario.

«Sei pericoloso, per questo sarà meglio tagliarti le gambe, prima di portarti da Madara. Vorrei evitare che causassi altri problemi all’organizzazione.»

La situazione era estremamente grave e Killer B stava rischiando veramente grosso.

«Alzati, B! Alzati che siamo nella merda!» urlò l’Ottacoda.

Purtroppo Killer B non riusciva ad alzarsi. Gli mancavano le forze necessarie per scampare all’incombente pericolo. A questo punto, sembrava proprio che non vi fosse uno spiraglio da cui uscire da quel tunnel così pericoloso per la sua vita.

Kisame si apprestò a colpire, ma prima ci tenne a dire una delle sue solite subdole cattiverie.

«Scusami. - disse l’uomo con un ghigno. Purtroppo Samehada non è adatta per i tagli netti, quindi ti farò molto male.»

L’attacco fu sferrato, ma proprio allora, accadde qualcosa di inatteso, che lasciò Kisame senza parole, proprio perché era qualcosa di inconcepibile per lui: Samehada aveva deciso di ergersi a difesa della forza portante dell’Ottacoda.

«Ma cosa…?» squittì Kisame.

Kisame osservò allibito la sua spada. Sembrava proprio che la katana preferisse avere come padrone Killer B, anziché lui. La spada aveva addirittura usato le sue squame per ferire la mano con cui Kisame reggeva l’elsa e ciò aveva ferito molto il Mostro della Nebbia.

«Maledetta, Samehada! - sbottò Kisame. Ami così tanto il suo chakra che lo difendi?!»

Samehada era una katana demoniaca che seguiva il proprio istinto. Essa sceglieva il suo possessore, quando il chakra in suo possesso era di suo gusto, per questa ragione, il suo istinto aveva lavorato automaticamente alla scelta di colui che possedeva il chakra migliore: Killer B era colui che era degno della sua forza.

La spada attorcigliò la sua elsa attorno al braccio di Killer B, in questa maniera gli passò parte del chakra che aveva in precedenza rubato.

Killer B iniziò a sentirsi meglio; man mano che il contatto con Samehada durava, il suo corpo sembrava tornare alla sua antica potenza.

«Le mie forze...»

Per Kisame, quello era un bel guaio. Se Killer B sarebbe tornato al pieno delle forze, per lui sarebbe stato impossibile batterlo, senza l’ausilio di Samehada.

«Maledetta spada!» urlò Kisame.

L’uomo si era fiondato sulla spada che lo aveva tradito e l’aveva calciata lontano dalla forza portante, ancor prima che la trasfusione di chakra fosse portata a termine. In quel colpo, Kisame aveva diretto tutto il suo risentimento verso l’oggetto che aveva sempre trattato con cura, fin da quando lo aveva strappato dalle braccia prive di vita del suo maestro.

Kisame si guardò intorno, fino a quando non fermò il suo sguardo su una delle spade del suo avversario che giaceva vicino a un cespuglio. L’uomo agguantò l’arma, dopodiché si avvicinò alla forza portante con evidenti cattive intenzioni.

«Bene! Facciamo scambio di armi, se proprio ci tieni!» sbottò l’Hoshigaki.

La lama venne sollevata in alto, pronta a effettuare un taglio ben netto sui malcapitati arti dell’inerme forza portante. La lama scattò rapida verso l’obiettivo, ma prima che questa giungesse alla sua meta, un fattore esterno era intervenuto, così da recidere la lama in mano a Kisame, usando uno shuriken infuso di chakra.

Kisame fissò la sua arma, allibito.

«Che diavolo succede?!»

L’uomo si voltò alla ricerca dell’autore di quel misfatto. La sua pelle si accapponò all’istante, non appena si trovò di fronte il Quarto Raikage e le sue due guardie del corpo, C e Darui.

«Appena in tempo!» esultò Darui.

Kisame fece qualche passo indietro; questa proprio non ci voleva. Non solo era in inferiorità numerica, ma adesso avrebbe dovuto vedersela contro il Raikage; non sarebbe stato facile batterlo, anche perché adesso non disponeva più della potenza di Samehada.

«Maledizione! - tuonò Kisame. Come diavolo avete fatto a trovarci?!»

«Con tutto il chakra che avete manifestato, era impossibile non rintracciare la vostra posizione. Sei stato incauto, Kisame Hoshigaki.» dichiarò  C.

Nel frattempo, Samehada aveva potuto fare ritorno al capezzale del suo nuovo padrone e aveva ripreso la trasfusione di chakra, fino a quando Killer B non fu nuovamente in grado di rialzarsi.

Era giunto il momento di porre fine allo scontro.

Killer B si rivolse a suo fratello maggiore; avrebbero usato il loro colpo vincente per finire Kisame.

«Big Brother, facciamola finita!» tuonò la forza portante.

Il Raikage non rispose, tuttavia compì qualche passo in avanti, dando così segnale al fratello minore di essere d’accordo con la modalità adatta per finire il combattimento.

Kisame comprese di essere in trappola, quindi si prodigò a reagire prima che il nemico potesse assestare il colpo decisivo.

«Arte dell’acqua: Grande….» tuonò Kisame.

Il Mostro della Nebbia fu troppo lento e di questa pecca ne approfittarono i due letali fratelli, i quali erano stati enormemente più veloci di lui, poiché armati delle loro speciali armature che aumentavano esponenzialmente le corrispettive abilità fisiche.

I due fratelli avevano bloccato la testa dell’avversario all’interno di una possente morsa, creata dalle loro braccia; questo era il loro colpo migliore, quello per cui tutti i nemici scappavano, non appena li avvistavano, poiché si trattava di una tecnica istantanea ed estremamente brutale.

«DOULBE LARIAT!!»   

Kisame non aveva avuto nemmeno il tempo per completare la sua tecnica, che si era ritrovato con un improvviso mal di testa, provocato dalla rotazione della sua prospettiva visiva. L’uomo non sentiva più il resto del corpo e qualche istante dopo, non avvertì più nulla: la morte era sopraggiunta.

Il nemico era stato finalmente sconfitto e Killer B poteva finalmente tirare il tanto agognato sospiro di sollievo, mentre veniva circondato dai suoi compagni, ai quale si aggiunsero presto anche il maestro Sabo e Ponta, che si erano ripresi dai colpi subiti in precedenza.

«Questa volta l’avete scampata per un pello, sommo B.» commentò sarcastico Darui.

Killer B sorrise; ancora una volta la sua sfacciata fortuna e la sua immensa energia vitale gli avevano salvato la vita e non solo: questa volta aveva anche ottenuto un premio molto interessante, ovvero Samehada.

Il rapper guerriero non poteva non esultare per la vittoria conseguita alla sua tipica maniera.

«Ammetto che non sono stato molto fortunato, perché questo idiota si era anche potenziato, ma alla fine è a terra morto e stremato e l’unico vivo è il sommo B che da tutti è amato!»

I presenti ascoltarono in silenzio le rime della forza portante a loro alleata; ormai erano fin troppo abituati a udire quelle assurde rime che erano tipicamente sue maniere di commentare le cose.

Solo dopo, il Raikage si fece avanti.

«B!» chiamò l’uomo con un ruggito.

Killer B si voltò verso il suo interlocutore.

«Dimmi, Big Brother!» replicò il fratello.

All’improvviso, il Raikage aveva afferrato il viso del fratello e lo stava stringendo con forza, così da fare rendere conto il fratello che ciò che aveva fatto, lo aveva fatto realmente arrabbiare quella volta e che la punizione che stava per infliggergli sarebbe stata esemplare.

«Ora ti insegno io a fermarti dal fare quello che cazzo ti pare!!» urlò il Raikage.

B era tramortito, non riusciva a scampare da quella morsa e suo fratello sembrava proprio non volerlo lasciarlo andare. L’irriverente cantante tremò al solo pensiero della punizione che gli aspettava; per questa ragione, il povero malcapitato si mise a piangere.

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Capitolo 18
*** LE POLVERI ROVENTI ***


Salve a tutti! Ne è passato di tempo, non è così. Da non credere che non scriva qualcosa da Marzo. Il mio è stato proprio un bel blocco dello scrittore, non c’è che dire e non so nemmeno se ritroverò qualcuno di voi che continuerà a leggere le mie storie. A parte studio e lavoro, che altre scuse posso inventarmi? Sì, il blocco dell’autore, il fatto che sono stato preso con la piccola storia incentrata sulla figlia di Sasuke, sul film che parla dell’amore sbocciato fra Naruto e Hinata e la mia insana ricerca di action figure di Naruto e One Piece. Ho proprio avuto un gran bel da fare, ma sicuramente la colpa maggiore va data alla Sony per avere inventato la ps4.
Comunque, bando alle ciance, vi lascio alla lettura del capitolo e buon divertimento.



 

La corsa verso il villaggio della Foglia era svolta da un numero considerevole di contendenti che non si sarebbero lasciati ostacolare da nessuno, pur di raggiungere la propria meta indisturbati.

Kakashi viaggiava alla massima velocità, perché raggiungere il villaggio della Foglia prima di Danzo, in questo modo sarebbe riuscito ad avvertire gli oppositori al regime del Reggente Sesto Hokage delle sue intenzioni e ne avrebbero sventato i piani, prima ancora che questi li potesse applicare.

Kakashi aveva già superato il confine con il paese del Ferro e stava per entrare nel territorio della nazione dell’Erba, la quale precedeva l’ingresso alla nazione del fuoco; il viaggio sapere durato ancora qualche ora.

Nonostante ciò, Kakashi riusciva a conservare una certa dose di sicurezza e per questa ragione non si preoccupava; dopotutto Danzo era anziano, per tanto la sua resistenza non poteva certamente reggere il confronto con un avversario molto più giovane.

All’improvviso, il ninja copia percepì che qualcosa non stava filando per il verso giusto; questo accadde non appena si addentrò in una boschetta ben oscurata. La sua lunga esperienza nelle forze speciali gli aveva insegnato che determinati suoni e posizioni di oggetti potevano risultare fatali per un ninja che non li notasse.

«C’è qualcosa che non quadra.» pensò Kakashi fra sé.

Era da qualche minuto che lungo il tragitto non si imbatteva in altro che fogliame della stessa tipologia e non ne capiva il motivo, considerato che la nazione dell’erba era conosciuta per le sue enormi praterie e per avere dei piccoli boschetti a tappezzare il paese. Ciò che Kakashi stava vivendo era parte di una delle tattiche della squadra d’assalto nelle forze speciali.

«Arte illusoria...» ne dedusse l’argenteo.

Kakashi non faticò molto a comprendere l’identità dei suoi assalitori e non ebbe alcun problema ad aggirare la tecnica, nella quale il nemico aveva tentato di farlo cadere per ucciderlo alla sua prima distrazione.

Kakashi congiunse le mani nel segno della capra e impastò il chakra; non si sarebbe di certo fatto abbindolare da una tecnica illusoria del genere: dopotutto, lui era Kakashi dello Sharingan.

«Dispersione!» recitò Kakashi con voce acuta.

Una volta pronunciata quella formula, tutta la zona circostante si distorse all’istante, per poi scomparire nel nulla e lasciare spazio a un’ampia distesa verde tempestata di enormi rocce, dietro le quali si celavano i ninja della Radice che avevano tentato di assaltare il ninja copia.

Kakashi sollevò la benda che copriva il suo occhio sinistro, poiché intenzionato a usare il suo sharingan per mettere a tappeto gli avversari, senza sprecare tempo prezioso.

«Sarò franco con voi. - esordì. Questo non è un ottimo momento per mettermi a giocare con dei principianti, perciò venite fuori senza ulteriori indugi e attaccatemi. Vado di fretta!»

I ninja della Radice raccolsero la sfida lanciata dall’avversario e sbucarono fuori dai loro nascondigli, accerchiandolo. Erano circa una dozzina di shinobi agguerriti e ben equipaggiati che erano stati formati da numerose missioni, in cui spesso si rischiava la vita per perseguire la sicurezza del villaggio della Foglia.

Kakashi conosceva molto bene il loro background, poiché anche lui aveva vissuto le medesime esperienze, quando militava nelle forze speciali come capitano. Per questa ragione, l’uomo non si era fatto intimorire dalle minacciose maschere indossate dai suoi innumerevoli avversari, per il semplice motivo che conservava la sicurezza di potersi sbarazzare di loro, senza ricevere aiuto alcuno.

Kakashi assunse la sua tipica posizione da combattimento e fece segno ai suoi nemici di iniziare lo scontro.

«Fatevi sotto!» li invitò lui.

I ninja della Radice non se lo fecero ripetere una seconda volta. Tutti insieme si fiondarono contro il loro obiettivo e lo scontro ebbe inizio.

Nonostante la superiorità numerica, i ninja della Radice si resero subito conto che Kakashi Hatake era un avversario fuori dalla loro portata. Egli possedeva abbastanza potenza per sbaragliare un elevato numero di nemici, inoltre il suo sharingan costituiva una minaccia da cui tenersi il più lontano possibile, affinché non si venisse ipnotizzati dal suo misterioso potere. A nulla servirono le prudenze adottate dai seguaci di Danzo, vennero sbaragliati in pochi secondi dall’avversario.

Kakashi fu anche costretto a ricorrere al suo Raikiri per porre fine alla vita dei suoi avversari, questo per la semplice ragione che nessuno degli shinobi della Radice avrebbe sopportato l’onta della sconfitta alla quale avrebbero sempre preferito una onorevole morte in battaglia; questo era ciò che era stato insegnato loro da Danzo.

Una volta concluso lo scontro, Kakashi si guardò intorno, osservando con grande rammarico le vite spezzate di quelle persone che avevano tentato di ostacolarlo, solo per eseguire gli ordini dell’uomo di cui si fidavano.

«Quanto spreco.»

L’uomo era rimasto molto afflitto dalla scena che gli si parava di fronte. Molte delle sue vittime avevano perso addirittura la maschera che portavano per celare le loro identità. Questo aveva permesso a Kakashi di accertarsi dell’identità di ciascuno di loro, facendo la terribile scoperta che molti di loro erano poco più che adolescenti della medesima età dei suoi allievi.

Tale scoperta aveva lasciato un senso di ingrata corruzione nell’animo di Kakashi, nonostante egli non fosse nuovo a questa sensazione, avendo mietuto un considerevole numero di vittime in tutto l’arco della sua vita.

Nello stato emotivo in cui si era improvvisamente ritrovato, Kakashi non poté fare a meno di interrogare se stesso sul suo stato d’animo corrotto. Nella sua mente, provò a interrogare l’immagine dei suoi ricordi del maestro Minato; ogni volta che lo faceva, riusciva sempre a trovare la soluzione giusta.

«È veramente questo il destino del villaggio della Foglia? Quanti giovani sono morti, solo perché gli adulti affermino il loro potere? Le cose devono cambiare, altrimenti non vi sarà nessun futuro per il villaggio per cui hai sacrificato la tua vita, maestro.»

A quel punto, gli venne automatico chiedersi che cosa significasse realmente il ruolo dell’Hokage e se lui sarebbe stato in grado di soddisfare i requisiti richiesti per svolgere tale compito. Un assassino che uccideva i giovani della Foglia, solo per una stupida competizione di potere; poteva mai un individuo del genere essere l’Hokage di cui il villaggio avesse bisogno?

Kakashi non ne aveva la minima idea, ma quando notò qualcosa brillare accanto a uno dei cadaveri, la sua attenzione slittò agli eventi attuali, ovvero fermare Danzo. L’uomo si avvicinò all’oggetto che aveva attirato la sua attenzione, dopodiché lo raccolse, in modo da capire di che cosa si trattasse.

«Ma questa è...» sbottò Kakashi meravigliato.

L’uomo osservò con interesse l’oggetto nella sua mano. Si trattava di una piccola sfera di cristallo, una di quelle che un tempo aveva visto nell’ufficio dell’Hokage, quando ai tempi il Terzo Hokage usava tale mezzo per tenere d’occhio gli avvenimenti che si sviluppavano all’interno del villaggio.

Kakashi si chiese se si trattasse di un oggetto dalle medesime proprietà di quello posseduto dal Terzo Hokage.

«C’è solo un modo per scoprirlo.» ripeté fra sé l’uomo.

Kakashi infuse il suo chakra all’interno dell’oggetto e questo magicamente si illuminò, fino a mostrare l’immagine di tre uomini che Kakashi conosceva molto bene: Danzo e le sue due guardie del corpo.

I tre uomini stavano oltrepassando il ponte che separava il paese dell’erba dalla nazione del ferro, quindi erano praticamente a tre ore di distanza dall’attuale posizione di Kakashi.

Doveva trattarsi del suo giorno fortunato. Kakashi non poteva desiderare oggetto migliore per tenere sott’occhio il suo avversario, senza che questi non ne fosse a conoscenza; era stato proprio un bel colpo.

Kakashi si mosse in direzione del villaggio e ogni tanto dava un’occhiata alla sfera di cristallo che reggeva continuamente in mano, nella sua mente non poteva evitare di pensare che era fatta e che Danzo a quel punto non lo avrebbe mai superato.

A un certo punto, però, accadde qualcosa che Kakashi non aveva proprio calcolato: Danzo e i suoi uomini avevano arrestato la loro avanzata al centro del grande ponte; qualcuno aveva bloccato loro il passaggio: si trattava di Madara Uchiha.

«Merda! Questo non lo avevo previsto!» commentò Kakashi sconvolto.

Perché Madara era lì? Che cosa voleva esattamente da Danzo?

Kakashi viveva nell’ottenebrante paura che Danzo fosse addirittura in combutta con Akatsuki pur di ottenere il potere al villaggio della Foglia. Qualora un’organizzazione del calibro di Akatsuki si fosse alleata con Danzo e avesse attaccato la Foglia, non ci sarebbe stata alcuna speranza.

«Che faccio?»

Kakashi era giunto a un bivio. Doveva tornare indietro e affrontare Danzo, prima che si accordasse con Madara per un eventuale piano di attacco? Oppure avrebbe dovuto proseguire? Forse, la soluzione sarebbe giunta, osservando lo svolgersi degli eventi tramite la magica sfera di cristallo.


*

 

Il kunai aveva mancato di poco il piede di Danzo. Il rischio di un attentato era ben evidente e Fu e Torune si erano messi in difesa del loro superiore, in maniera tale da garantirne l’incolumità anche a costo della loro vita.

«Tutto bene, signore?» domandò Torune.

Danzo annuì, ma senza dare una chiara risposta, poiché aveva sollevato lo sguardo verso uno dei grandi pilastri che reggevano il grande ponte: Madara Uchiha era proprio lì a osservarli dall’alto verso il basso come sempre.

«Quanto tempo, Danzo. - salutò Madara. Non ci vediamo dai tempi del massacro del clan Uchiha. Come te la passi?»

«Madara Uchiha. Sapevo che ti saresti fatto vivo, prima o poi.» disse Danzo.

Il pericolo era di considerevole entità. Danzo sapeva che Madara era giunto lì con l’intenzione di ucciderlo, su questo non vi erano dubbi. Per tale ragione, l’anziano era giunto alla conclusione di non avere altra scelta che usare la sua arma segreta per uccidere il potente Uchiha.

Danzo estrasse il braccio destro dal suo involucro e iniziò a rimuovere le pesanti restrizioni che ne racchiudevano l’arcano potere che stava per essere liberato.

«Fu, Torune. Copritemi, mentre rimuovo i sigilli.» ordinò il vecchio shinobi.

Madara parve molto interessato da quanto stava facendo Danzo e tentò di guardare con il suo sharingan il braccio del nemico, in modo da capirne di più sulle sue intenzioni.

«Che chakra anormale. - commentò Madara. A quanto pare, tu e Orochimaru vi siete divertiti molto a sperimentare con un potere più grande di voi stessi.»

Danzo non dette alcuna risposta al commento inviato dall’uomo mascherato, era troppo concentrato a lasciar progredire la rimozione della sua tecnica da sigillo.

Nel frattempo, Fu e Torune si gettarono contro il nemico, in modo da tenerlo occupato per il tempo necessario a Danzo di potere fare sul serio.

Per prima cosa, Torune lanciò dei kunai contro il nemico, il quale balzò all’indietro per schivare le pericolose armi. Nel frattempo, Fu era balzato alle spalle dell’avversario con l’intenzione di accoltellarlo senza alcuna pietà, ma quando tentò di assestare il colpo, lo shinobi attraversò letteralmente il corpo intangibile dell’Uchiha.

I due shinobi non ebbero nemmeno il tempo necessario per sorprendersi della tecnica del nemico, poiché quest’ultimo aveva afferrato il braccio di Fu, non appena questi lo attraversò, così da accoltellarlo con un kunai che aveva tirato fuori dalla manica. A quel punto, l’intervento provvidenziale di Torune salvò la vita al collega, tramite il lancio di un kunai contro la testa di Madara; ovviamente il kunai gli passò attraverso.

«Vi muovete bene. Complimenti.» commentò Madara.

Fu stava per assestare un nuovo colpo contro l’avversario, il quale però stavolta aveva bloccato il braccio omicida e aveva calciato via Fu, facendolo finire addosso a Torune.

Tempo di brain-storming per entrambi i guerrieri della Radice.

«Questo tizio è molto abile. Nemmeno le nostre combo hanno potuto metterlo in difficoltà.» commentò Fu.

«Inoltre usa una tecnica spazio-tempo molto problematica. - aggiunse Torune. Tuttavia, sembra che l’ultimo colpo lo abbia bloccato con la mano, quindi ha un limite di utilizzo della tecnica. Quasi cinque secondi.»

Madara apparve estremamente meravigliato da quanto aveva udito.

«Non siete niente male. Avete persino scoperto i limiti della mia tecnica.»

Dopodiché l’uomo mascherato si era rivolto all’indaffarato Danzo.

«Hai degli ottimi sottoposti, Danzo. Sei sicuro di volerli mettere contro di me? Sarebbe un vero spreco perderli.»

Nessuna risposta.

Nel frattempo, Fu e Torune stavano decidendo una nuova strategia da applicare contro il loro potente avversario.

«Fu, te la senti di fare da diversivo?» domandò all’improvviso Torune.

L’uomo guardò con sospetto il collega, poiché aveva compreso dove questi volesse andare a parare, dopodiché disse.

«Va bene. Quando ti metti a usare quella tecnica?»

«La sto attivando!» replicò il collega.

Il giovane uomo aveva avvicinato a sé le proprie mani, coperte da dei guanti che rimosse con i denti. Sorprendentemente, le sue mani erano di una colorazione insolita; erano tutte nere.

A quel punto, anche Madara parve molto interessato a quel gesto.

«Che cos’è?» domandò Madara.

Persino Danzo fu sorpreso dal gesto del sottoposto che si era distolto dalla sua mansione per osservare le prodezze che Torune avrebbe compiuto, servendosi della sua misteriosa tecnica che giaceva nelle sue mani.

«Sono pronto.» dichiarò lo shinobi.

Il collega si era gettato in picchiata contro Madara, il quale stava per prepararsi a reagire all’attacco frontale di Fu, quando questi aveva utilizzato una bomba fumogena, così da confondere la visuale dello sharingan e potere colpire l’avversario di sorpresa. Purtroppo, nemmeno la natura voleva essere a favore dei ninja della Radice e una forte raffica di vento aveva allontanato la coltre fumogena dal suo punto di origine, così Madara disponeva nuovamente della visuale.

Nonostante quell’inghippo, Fu aveva approfittato bene della situazione per aggirare l’avversario e preparare la sua tecnica, in maniera tale da fermarlo.

Madara riconobbe subito la posa assunta da Fo.

«Tecnica del Capovolgimento Spirituale!»

Madara fu abbastanza provveduto contro la tecnica segreta del clan Yamanaka e approfittò del suo potere sullo spazio e sul tempo per scappare dal raggio d’azione del nemico, sparendo nel nulla.

Fu si guardò attentamente intorno, al fine di rintracciare il pericoloso avversario.

«Pazzesco. Quando si smaterializza, persino il suo chakra scompare nel nulla. Le mie doti sensoriali sono inutili.» commentò l’uomo.

Pochi secondi dopo, Madara era apparso alle spalle del suo assalitore, il quale venne avvertito dell’imminente pericolo dal proprio collega.

«Alle tue spalle, Fu!» tuonò Torune.

L’uomo fu abbastanza scaltro da assestare un fendente del suo pugnale contro la nuca di Madara, il quale si era difeso con la sua solita tattica, dopodiché aveva bloccato il braccio di Fu, così da potersene sbarazzare a modo suo.

I due ninja della Radice non aspettavano altro che Madara restasse fermo. Con uno scatto, Torune piombò alle spalle dell’anziano Uchiha, pronto a colpirlo con la sua particolare tecnica all’interno delle sue mani.

Per sua fortuna, Madara era in possesso dello sharingan, di conseguenza aveva potuto prevedere in tempo la mossa, lasciare la presa su Fu e smaterializzarsi nel medesimo istante in cui Torune stava per toccarlo. Essendo Madara divenuto intangibile nuovamente, Torune andò a finire addosso al collega, il quale ebbe la triste sorte di venire toccato dall’alleato.

«Merda!» sbottò Torune preoccupato.

Fu si stava agitando per il dolore, toccando l’avambraccio dalla quale era partita la tecnica del suo collega. Quella tecnica stava corrompendo i tessuti cutanei del suo braccio, che se Torune non si fosse prodigato immediatamente a curarlo, probabilmente Fu avrebbe perso un braccio o addirittura la vita.

«Ti chiedo scusa, Fu. Mi ha fregato all’ultimo momento. - disse Torune. Aspetta che li rimuovo immediatamente dal tuo corpo.»

Mentre l’uomo dalle mani pericolose si adoperava per salvare la vita al collega, Madara ne approfittò per capire meglio di che tecnica si stesse avvalendo il suo avversario; era veramente interessato a una tecnica del genere.

«Che cos’è? Veleno?» ipotizzò l’Uchiha.

Lo sharingan dissolse ogni dubbio. Ciò che stava distruggendo il corpo di Fu non era né veleno ne acido, si trattava di insetti dalla grandezza di un nano centimetro, impercettibili all’occhio nudo, ma letali quando attaccavano in branco.

«Ora è tutto chiaro. - sbottò Madara. Nano-insetti, eh? Quindi sei del clan Aburame, non mi stavo sbagliando. La tua, è una tecnica molto rara, persino fra i membri del tuo clan. Che io ricordi, c’era solo un uomo in possesso di un potere così unico, mi riferisco a Shikuro Aburame. Che tu sia suo figlio, per caso? Si spiegherebbe tutto.»

Madara aveva proprio fatto centro; Torune era un membro del clan Aburame ed era proprio il figlio dell’uomo che il vecchio Uchiha aveva appena citato, questo significava che, pensò Torune, non sarebbe stato per nulla facile assestare un colpo decisivo contro Madara, ora che sapeva come funzionava la sua tecnica.

La procedura per curare Fu era stata appena terminata e l’uomo si era rimesso di nuovo in piedi, pronto per il secondo round.

«Questo tizio è molto scaltro. Dobbiamo agire ancora con più sincronia e rapidità!» disse il membro del clan Yamanaka.

Torune era perfettamente d’accordo con il collega, di conseguenza aveva deciso di fare sul serio, così, mentre tutto il suo corpo veniva rivestito dei suoi insetti speciali, facendogli assumere una colorazione violacea alla sua pelle, Torune rimase a petto nudo, in modo da infettare Madara, non appena questi si fosse confrontato con lui.

«La prossima volta non mi scappa!» dichiarò l’Aburame convinto.

Anche Madara era pronto per dare il colpo di grazia ai due avversari. Ora che aveva compreso perfettamente la natura dei poteri di Torune, non avrebbe lasciato alcuna apertura ai due per attaccarlo; bisognava finire subito lo scontro, altrimenti Danzo si sarebbe intromesso prima del previsto e non sarebbe stato facile per Madara badare a tre avversari.

Madara usò la sua tecnica spazio-temporale per rendersi intangibile e scomparire sotto terra, dopodiché la usò di nuovo per sbucare alle spalle di Torune, prima ancora che questi se ne rendesse conto.

«Sei mio!» tuonò Madara.

L’Uchiha aveva toccato la spalla dell’avversario, un requisito essenziale per usare un’altra delle sue particolari proprietà della sua tecnica spazio tempo; Torune venne risucchiato in un buco nero, la cui origine risaliva all’occhio destro dell’Akatsuki: per Torune il combattimento finiva lì.

«Lo ha preso!» sbottò Fu, il quale non si era accorto assolutamente di nulla.

Tuttavia, quell’azione non andò del tutto a buon fine e la tecnica di Torune aveva lasciato delle tracce nel corpo di Madara, avendolo toccato pur di risucchiarlo nella sua dimensione personale.

«A quanto pare sono stato infettato. Pazienza.» commentò Madara.

L’uomo non esitò un istante, si fratturò il braccio destro e se lo stacco, così da permettere agli insetti di corrodere solo quella parte amputata. Madara comunque decise di sfruttare quell’arto per confondere le idee al rimanente avversario, così lo calciò in direzione di quest’ultimo, il quale si era distratto proprio nell’istante in cui Madara si era teletrasportato di fronte a sé per destinarlo alla medesima sorte del collega: per Fu e Torune la battaglia si era conclusa, e anche la loro vita.

Una volta concluso quel breve combattimento, Madara si sporse verso Danzo. L’uomo aveva rimosso completamente le catene d’acciaio che tenevano fermo il suo braccio e stava lentamente rimuovendo le bende che coprivano l’arto misterioso, segno che Danzo fosse quasi pronto dell’imminente scontro.

«Bene bene. Si prospetta un confronto interessante. Sono certo che qualcuno sarà felice di questa cosa.» disse l’Uchiha.

Un attimo dopo, Madara era scomparso nel nulla, era andato nella sua dimensione personale per intrappolare in una illusione le sue prede e per chiamare Sasuke e Karin, i quali erano ancora all’interno del magico mondo per riprendersi dallo scontro con i cinque Kage.

Sasuke si era ormai ripreso dalle sue fatiche, grazie alle amorevoli cure di Karin e dei suoi poteri curativi; in quel momento, Sasuke non poteva di certo immaginare che Madara gli avrebbe servito Danzo su un piatto d’argento.


*

 

Naruto era silenzioso. Mano a mano che percorrevano il percorso indicato dal clone d’inchiostro di Sai, sentiva uno strano peso al petto dall’origine misteriosa. Naruto si era interrogato sulla natura di quel male e, nonostante non fosse riuscito a dare una spiegazione plausibile a quel male, aveva fatto alcune ipotesi fondate; con molta probabilità, egli si sentiva in colpa nei confronti dei suoi amici, per avere mentito loro, inscenando la sua morte.

Che cosa avrebbe detto a tutti loro? Come avrebbe dovuto iniziare il discorso? Doveva cercare di sdrammatizzare o avrebbe dovuto dare delle spiegazioni? Naruto non lo sapeva proprio.

L’ansia di giungere a destinazione contrastava inesorabilmente con la paura del confronto. Naruto stava cercando di mitigare il marasma delle sue emozioni con tutta la calma possibile di cui disponeva.

A un certo punto, Naruto reputò importante conferire con Sai.

«Hey, tu! Come hai detto di chiamarti?»

Il clone d’inchiostro si voltò verso di lui, aveva la sua tipica espressione finta.

«Mi chiamo Sai e faccio parte della squadra Kakashi.» rispose l’altro.

«So che lavoravi per Danzo, non è così?» domandò Naruto.

«Sì. - rispose Sai. Ma non ti devi preoccupare, non sono una minaccia né per te, né per gli altri.»

Naruto storse il naso; con il tempo aveva appreso che fidarsi degli sconosciuti era un lusso che non poteva permettersi, anche se a garante ci fosse una persona di cui nutriva la massima fiducia.

«E come faccio a fidarmi di te? Che ne so se hai preso in giro pure il maestro Kakashi?»

Proprio così, nessuno poteva assicurare la veridicità delle parole dette da Sai, in merito al problema corrente, tuttavia quest’ultimo non si era preoccupato di questa problematica, anche perché la priorità che lo aveva smosso era più importante di qualunque altra cosa.

«Capisco che tu non ti fidi di me, ma se ti fidi del maestro Kakashi che non ha detto nulla a proposito, ti prego credi nelle mie parole. Per il bene dei miei amici.»

Naruto non si espresse più in merito a tale argomentazione, bensì si era focalizzato su qualcos’altro.

«Se non ricordo male, io ti ho quasi ucciso l’ultima volta, non è così?» domandò l’Uzumaki.

Sai ricordava perfettamente quanto era accaduto nell’episodio appena rievocato dal suo interlocutore. La sua prima missione con la squadra Kakashi, il momento in cui aveva iniziato a cambiare, a divenire più umano e ad accettare i sentimenti che erano stati sommersi dall’allenamento condotto presso la Radice.

Quella volta, Sai aveva provato a combattere contro Naruto, il membro di Akatsuki che Sakura, Hinata e tutti gli altri cercavano di salvare disperatamente; Sai era stato sconfitto in meno di un batter d’occhio, ricevendo pure una ferita molto seria al petto che spesso gli provocava dolori, anche solo quando ripensava all’accaduto.

Anche in quel momento, dato che Naruto aveva tirato fuori l’argomento, la ferita doleva sul petto di Sai.

«Sì...» rispose il ninja pittore.

Si percepì uno strano senso di disagio fra i due ragazzi, tanto che a un certo punto, persino Koichi, Rina e Masato si sentirono esclusi dalla conversazione.

«Beh, ecco. Scusami, amico. Quella volta mi sono lasciato prendere fin troppo la mano.» disse infine Naruto.

Sai osservò in viso il biondo; era sincero. Inoltre, Sai dovette ammettere di non serbare rancore nei suoi confronti per quanto era successo, era fatto così.

«Non devi preoccuparti. Non ho nulla contro di te per quell’episodio.» rispose Sai.

Nonostante ciò, Sai non poteva comunque affermare di non provare rancore nei confronti di Naruto per altri motivi; a questi non sarebbe mai riuscito a soprassedere.

«C’è una cosa però che mi fa arrabbiare di te. - iniziò Sai. Ed è come hai trattato gli altri, i tuoi amici e che sono anche i miei. Hai messo in giro questa assurda notizia che fossi morto, facendoli soffrire in maniera incommensurabile. Quello che hai fatto è imperdonabile.»

I timori di Naruto erano ben fondati; rabbia, senso di abbandono, vergogna e rimpianto sarebbero stati all’apice, non appena si sarebbe imbattuto nei suoi vecchi compagni. Naruto era molto incerto sul fatto che sarebbe riuscito a gestire la situazione, ma sicuramente il tempo avrebbe aiutato tutti quanti a capire e a capirlo; almeno così lui sperava.

«Lo so. - rispose Naruto. Sono qui proprio per assumermi tutta la responsabilità di quanto è successo, ma è questo il momento. Ora dobbiamo fermarli dal raggiungere Sasuke.»

«Su questo sono d’accordo con te. Affrettiamoci, non manca molto.» commentò Sai.

Mancava veramente poco, eppure la situazione risultava essere ancora calma e perfettamente gestibile.

A un certo punto, tuttavia, l’attenzione generale si spostò su qualcosa appena captato da Rina, la quale si apprestò subito a dichiarare quanto aveva scoperto.

«Qualcuno ci segue, maestro!»

Tutti quanti si guardarono attorno alla ricerca del misterioso inseguitore che stava minacciando la tranquillità del viaggio; di chi poteva trattarsi?

«Impossibile! Eppure sono stato molto attento!» fu il rapido commento di un sorpreso Sai.

«Eppure è così, tizio pallido! Io non mi sbaglio mai!» urlò Rina accigliata.

«Calmati, Rina. Non è questo il momento di fare al tuo solito.» la rimproverò il suo maestro.
Naruto era entrato immediatamente in modalità eremita, al fine di percepire l’entità segnalata dall’allieva; doveva liberarsene ancora prima che raggiungessero gli altri amici.

Pochi istanti e Naruto fu capace di rintracciare il bersaglio; era un chakra che conosceva perfettamente, quindi sapeva che il pericolo che stavano correndo era ben definito nella loro mente.

Era  necessario prendere delle misure necessarie a fermare la minaccia sul nascere, prima che la situazione si complicasse ulteriolmente. Naruto avrebbe usato tutta la sua forza per far fuori il nemico.

«Koichi, Rina, Masato. Voi andate avanti assieme a Sai. Trovate il gruppo dei miei amici e fermateli per tutto il tempo che potete.» fu l’ordine perentorio di Naruto.

«Come? E perché? Che vuole fare lei?» domandò incuriosita Rina.

«Io mi occuperò del nostro inseguitore. Non permetterò a nessuno di voi di ingaggiare lotta contro uno come lui.» dichiarò Naruto.

«Ne è sicuro, maestro?» insistette Koichi.

«Sì! - rispose Naruto. Si tratta di uno di Akatsuki, non è un avversario alla vostra altezza. Io invece lo conosco bene e sono molto più forte di lui. Lasciate che ci pensi io a fermarlo.»

Una volta impartito l’ordine, Naruto arrestò la sua marcia, facendo di un grosso ramo di un albero la sua postazione, nella quale avrebbe atteso l’arrivo del nemico. Gli altri, invece, continuarono la loro marcia, aumentando la velocità, in vista di sfuggire allo scontro imminente.

Qualche secondo dopo, dal tronco dell’albero di fronte a Naruto, uscì una figura contorta che il giovane riconobbe immediatamente: si trattava dello Zetsu nero.

«Yo, come te la passi, Zetsu?» lo salutò Naruto.

La figura nera fissò il suo interlocutore con il suo unico occhio, dopodiché scatto a ridere.

«Questa tua spavalderia mi fa quasi tenerezza, caro Naruto. Eppure l’ultima volta tremavi come una foglia, quando tentavi di nascondere la tua identità a Madara. Ora che lui non è nei dintorni, fai tanto il gradasso, ma vedrai che fra poco ti mostrerò che anche io so incutere timore.»

A seguito di quanto udito, Naruto fu colto da alcuni dubbi che subito decise di togliersi, parlandone con colui che li aveva seminati nella sua mente.

«Quindi tu lo sapevi e non lo hai detto a Madara. Perché?»

«E chi lo sa. - rispose Zetsu vago. Sicuramente non lo verrò a dire a te, ma per quella volta, dovresti essermi grato per non avere parlato. Perché non mi dai l’Ennacoda come segno di gratitudine?»

Naruto si innervosì; odiava essere preso in giro in quel modo da un tipo del genere. L’unica cosa che desiderava era spazzarlo via e tornare ai suoi affari.

«Perché invece non te ne vai a fare in culo, stronzo?»

Lo Zetsu nero scoppiò a ridere, mentre scompariva all’interno dell’albero a lui vicino.

«Come siamo nervosi. - disse l’essere. Ma anche se sei più forte di me, questo non ti garantisce la vittoria. Tu non hai la minima idea di quello che so fare.»

Naruto entrò immediatamente in modalità eremita e raccolse la sfida appena lanciata dall’essere nero.

«Poche chiacchiere! Fatti sotto!» tuonò Naruto.

Senza esitazione, Zetsu nero si era fuso con il tronco dell’albero da cui era emerso, innescando così il processo necessario per attivare la sua tecnica, la quale si rivelò essere la temuta arte del legno.

Dei rami presero inaspettatamente vita e attaccarono l’ormai incredulo Naruto, il quale non ebbe tempo per realizzare quanto stesse accadendo, che si era subito premurato a scansare l’attacco e a rispondere di conseguenza, tagliando i rami, ricorrendo all’arte del vento.

«Che cosa diavolo sei tu?!» domandò Naruto, rivolgendosi all’avversario.

Zetsu nero si mise a sghignazzare, divertito dalla trasformazione del suo spavaldo interlocutore che adesso lo prendeva finalmente sul serio. L’essere si fuse completamente con il tronco che stava toccando e passò alla fase di attacco più intensa.

«Questo non ti è lecito saperlo, mio caro Naruto. - rispose Zetsu. E ora muori.»

Naruto raccolse il chakra per la creazione delle sue tecniche più devastanti e partì alla carica verso il pericoloso avversario. I boati dello scontro si espansero per l’intera foresta, persino i ragazzi della Foglia li udirono.


*

 

I ragazzi della Foglia avanzavano con cautela nella foresta che dovevano oltrepassare per raggiungere il ponte di confine con il paese del Ferro. L’ansia di giungere immediatamente a destinazione aumentava con il passare del tempo, così come aumentava anche il desiderio di imbattersi in Sasuke e dirgliene di tutti i colori per tutte le malefatte commesse.

«Manca ancora molto per superare questa foresta?» domandò Chouji esausto.

«C’è ancora un’ora di cammino, poi avremmo raggiunto il confine.» riferì Neji.

Lo Hyuga stava scrutando la zona alla ricerca di eventuali indizi che li potessero guidare alla ricerca di Sasuke; fino a quel momento, non era ancora riuscito a trovare nulla di anormale.

«Che noia però… - si lamentò Rock Lee. Perché non acceleriamo? Tutta questa calma sta prosciugando la mia gioventù.»

Rifiutatosi di camminare come un normale essere umano, infatti, Rock Lee aveva optato di percorrere il sentiero camminando con le mani e portando alle caviglie gli zaini di Neji e Ten Ten per fare contrappeso.

«Te l’ho già spiegato dieci volte con questa, maledizione! - si lamentò Neji. Dobbiamo preservare le nostre energie per un eventuale scontro, perciò stiamo procedendo a questa normale andatura.»

Lee stava per controbattere che quella non fosse una giustificazione pertinente, di conseguenza sarebbe stato preso per squilibrato da tutti e Ten Ten gli avrebbe urlato contro di essere il solito ossessionato, ordinandogli di procedere a quell’andatura, senza obiettare. Tutta questa conversazione non avvenne, poiché un forte boato prese il posto di attore principale nell’interesse dei ragazzi della Foglia: che cosa poteva essere stato?

«Dovrà esserci uno scontro nei paraggi. - disse Shikamaru a tal proposito. Forse sarebbe il caso di indagare.»

Tutti si trovarono d’accordo con la proposta fatta dal Nara, ma ancor prima che potessero agire, un altro avvenimento scosse la loro tranquilla passeggiata, riportando tutti loro al reale motivo per cui erano partiti.

Kiba infatti aveva percepito l’odore di Sasuke proprio nella zona in cui si era espansa l’esplosione.

«L’ho trovato ragazzi! Ho trovato Sasuke!» comunicò il ragazzo.

Neji e Hinata usarono i loro occhi speciali per partire alla ricerca di quanto trovato da Kiba, così da accertarsi che quanto affermato da quest’ultimo corrispondesse al vero. Il loro sguardo infine si posò sul ponte che segnava il confine tra gli stati; sopra di esso, Sasuke, una ragazza e uno di Akatsuki stavano di fronte al Reggente Sesto Hokage.

«Oh, no! Che ha intenzione di fare?» domandò Hinata preoccupata.

«Che sta succedendo ragazzi? Allora, lo avete visto? Rispondetemi!» insistette Sakura, strattonando i due.

Dunque, Neji si premurò di spiegare ai presenti quanto aveva visto; il suo viso era carico di preoccupazione per quello che sarebbe avvenuto.

«Non so che cosa sia preso a Sasuke, ma non penso che si possa più recuperare, se osa assalire anche l’Hokage. Ormai è fuori controllo.»

Che cosa fare dunque?

Da un lato c’era il crescente boato di uno scontro misterioso, fumi che si estendevano in cielo e attiravano l’attenzione di tutti.

Dall’altro lato, Sasuke e la sua squadra si apprestava ad assalire Danzo e provocare così un enorme disastro per la politica del villaggio.

Dove andare?

«Io vado da Sasuke!» dichiarò Sakura decisa.

Prima però che questa partisse alla carica, Hinata le bloccò la strada, tenendola per un braccio.

«Aspetta, Sakura, non essere precipitosa! Non puoi andare da sola, è troppo pericoloso!»

Sakura allora tirò un profondo respiro per fare mente locale. Fin dalla partenza, aveva deciso che sarebbe stata lei e soltanto lei a occuparsi della questione di Sasuke; di conseguenza, nessun’altro avrebbe dovuto immischiarsi nella faccenda. Sakura avrebbe fatto di tutto pur di rispettare questo sacrosanto principio, anche a costo di narcotizzare i suoi amici con un potente gas soporifero che aveva prodotto prima della partenza.

«Mi dispiace. - esordì malinconica Sakura. Ma questa è una questione fra me e Sasuke.»

Sakura era realmente intenzionata a usare il suo potente narcotico per liberarsi di tutti quanti, prima che questi si accorgessero del suo piano e la fermassero, tuttavia la sua boccetta venne immediatamente prelevata da una mano più rapida che si era parata di fronte a tutti.

Sakura si voltò verso il suo assalitore, gettandogli contro tutta la sua ira.

«Sei un bastardo, Sai!» urlò la ragazza.

Sakura aveva spinto Hinata e si era gettata su Sai, nel tentativo di recuperare la fiala, prima ancora che il suo contenuto venisse rivelato. La ragazza era una vera belva e non si risparmiò nemmeno dall’usare la sua super forza per ottenere quanto le apparteneva.

Sai comunque riusciva a tenerle testa, essendo più veloce.

A un certo punto, la misteriosa aggressione di Sakura ai danni di Sai venne posta a termine, quando Shikamaru usò la tecnica del controllo dell’ombra sulla ragazza, immobilizzandola.

«Lasciami! Lasciami subito!» urlò Sakura.

La ragazza provò a divincolarsi con tutte le sue forze, ma senza successo. La presa di Shikamaru era riuscita a tenere inchiodato al suolo persino quelle due forze della natura di Hidan e Kakuzu.

«Prima devi calmarti, Sakura, dopodiché prenderò in considerazione di sciogliere la tecnica.» dichiarò autoritario il genio della Foglia.

Era giunto il momento di conoscere la verità sul piano di Sakura: tutti volevano sapere che cosa fosse improvvisamente accaduto all’amica.

«Che cosa significa tutto questo? Sai darci una spiegazione, Sai?» chiese Neji.

Sai fu ben lieto di farlo, mostrando al gruppo la boccettina contenente il potente narcotico.

«Che cosa c’è lì dentro?» domandò Hinata.

«Non ne sono sicuro, però credo che si tratti di una potente sostanza soporifera che avrebbe dovuto metterci tutti fuori combattimento per un bel po’.» spiegò Sai.

I presenti rimasero a bocca aperta, non potevano credere che Sakura avesse realmente intenzione di drogarli; davvero era disperata al punto dal fare del male ai suoi amici?

«Sakura… Come hai potuto...» piagnucolò Hinata; era a pezzi.

Ino invece era furiosa.

«Sei disposta pure ad andare all’inferno per quel criminale?! Non ti riconosco più!»

Così come lo erano tutti gli altri, sebbene fra questi ci fosse qualcuno che si sforzasse di capire le ragioni che avevano spinto Sakura a premeditare tale gesto.

La stessa Sakura parlò in sua difesa con le parole più sincere, quelle che provenivano dal profondo del suo cuore ferito.

«I-io lo amo. - pianse la ragazza. Non posso farci nulla, ma lo amo troppo, per questo non posso permettere che continui a fare del male alle persone che amo. Io lo salverò a tutti i costi, anche se questo significa morire entrambi.»

Tali parole lasciarono un grande vuoto nella mente dei presenti, nessuno si sentiva più sul piano di volere criticare Sakura per l’ignobile gesto che voleva compiere ai loro danni.

«Sakura...» singhiozzò Ino.

Qualcun’altro invece volle essere più vicino alla ragazza, usando un ragionamento serio e perfettamente logico; era il caso di Shikamaru.

«Sakura, capisco le tue ragioni, davvero. Ma noi qui siamo una squadra, siamo amici e a questo serviamo. Come dissi una volta, Sasuke mi è sempre stato sul cazzo, ma per il bene di chi lo ama, sono pronto a rischiare la vita per salvarlo. Per favore, Sakura, permettici di aiutare.»

Tutti erano d’accordo su quanto detto da Shikamaru e con un sorriso volevano dimostrare a Sakura che le avrebbero impedito a tutti i costi di ricorrere alla soluzione finale; avrebbero trovato un modo per salvare Sasuke, insieme.

Tuttavia, ci fu qualcuno che si trovava in netto disaccordo con tutti quanti e non tardò a rivelare quanto ancora vi era celato.

«No! - dichiarò secco Sai. Non permetterò a nessuno di voi di andare da Sasuke!»

Il gelo si era esteso per tutta l’area occupata dai viaggiatori della Foglia. Una semplice domanda a tutto questo: perché?

«Che cosa cazzo stai dicendo, eh Sai?! Noi siamo venuti proprio per fare questo e non ce ne andremo a mani vuote!» sbottò Kiba.

Sai era più serio che mai ed era disposto anche a ricorrere alla forza, pur di fermarli dal perseguire il loro obiettivo.

«Ancora bugie, Sai? Perché?» domandò affranta Ino.

Gli sguardi di tutti erano ben focalizzati verso colui che impediva il realizzarsi dei loro sogni; anche loro avrebbero fatto ricorso alla forza, per liberarsi del patetico bugiardo che li aveva gabbati ancora una volta.

«E pensare che mi stavo per fidare nuovamente di te. Sei una persona orrenda, Sai!» sbottò Rock Lee.

Sai aveva le sue ragioni e non aveva motivo per nasconderle a tutti loro.

«Vi state sbagliando. Questa volta sto agendo per conto mio, giusto il tempo che il maestro Kakashi mi raggiunga e mi aiuti a fermarvi. Andare da Sasuke, ora come ora, significa morte certa.»

«Il maestro Kakashi? Veramente?»

«E quando lo avresti incontrato, sentiamo.» indagò Shino sospettoso.

«Ho usato un clone d’inchiostro per infiltrarmi nel paese del Ferro, seguendo quei ninja della Nuvola. - spiegò Sai. Dopodiché ho atteso di incrociare uno dei Kage per chiedere aiuto con Sasuke, ma alla fine mi sono imbattuto nel maestro Kakashi e in...»

Sai si bloccò; davvero era quello il modo per dire a tutti loro chi accompagnasse il maestro Kakashi?

«Ebbene?» insistette Kiba.

Sai allora decise di riprendere il racconto, evitando con cura i chiari riferimenti a Naruto, così da non causare troppo danno nella mente dei presenti.

«Ho raccontato del vostro piano al maestro Kakashi e lui mi ha ordinato di tenervi occupati, per il tempo che gli serviva per raggiungerci.»

«Secondo me è un’altra delle tue bugie! Avrai sicuramente fatto rapporto al tuo capo e stai tenendo un’imboscata al maestro Kakashi! Ormai ti credo capace di tutto!» sbraitò Kiba.

Shikamaru invece non credeva affatto che Sai stesse mentendo, poiché non poteva dimenticare ciò che egli aveva fatto per proteggere Sasuke da Omoi e Karui; non poteva essere una recita.

«Io ti credo, Sai.» dichiarò Shikamaru.

Una dichiarazione che lasciò gli altri senza parole.

«Ma che diavolo dici, Shikamaru?! Come puoi fidarti di questo bastardo?! E’ ovvio che mente!» tuonò Ten Ten.

Shikamaru aveva come al solito la risposta pronta, ma prima una sigaretta per aiutarlo a calmarsi.

«Se fosse come dite, a quest’ora gli uomini di Danzo ci sarebbero saltati addosso e invece non è così. Io voglio credere in Sai, lui è un nostro compagno. Se non vi fidate di lui, almeno fidatevi di me.»

Le carte in tavola erano completamente cambiate ora che Shikamaru aveva detto la sua; dopotutto, tutti si fidavano del suo giudizio.

«Ti ringrazio, Shikamaru. - rispose Sai. Quindi non andrete da Sasuke?»

«Non ho mai detto questo.» obiettò Shikamaru.

Lo sguardo smarrito di Sai obbligò Shikamaru a spiegare le sue motivazioni.

«Odio ripetermi, ma siamo qui per dare una mano a una nostra amica per salvare Sasuke. Non possiamo lasciare sempre che se ne occupino gli adulti. Dobbiamo essere noi a occuparcene.»

«Ben detto, Shikamaru!» esultò Kiba.

Sai non ebbe scelta, doveva combattere pur di fermarli; sperava solo che Naruto si sbrigasse a sconfiggere il tizio di Akatsuki il prima possibile per aiutarlo, dato che non era convinto che l’aiuto dei suoi allievi sarebbe stato a sufficienza.

Sai estrasse il suo pennello e dipinse sul suo rotolo dei serpenti che presero vita, tramite la tecnica dell’ultra illustrazione animale; questa mossa era il segnale per i tre ninja della Pioggia di uscire dallo scoperto.

L’arrivo dei tre ragazzini lasciò sbalorditi i presenti.

«Chi diavolo sono questi mocciosi?» domandò Ino.

«Mi aiuteranno a fermarvi!» annunciò Sai.

Koichi, Masato e Rina erano silenziosi come non lo erano mai stati, erano molto incuriositi dagli amici del loro maestro e avevano ascoltato tutto quello che era stato detto, dal momento in cui erano giunti e si erano nascosti, attendendo il segnale.

«Koichi, Masato, facciamo vedere a questi sbruffoni cosa sanno fare i mocciosi!» tuonò Rina.

I due compagni si scambiarono uno sguardo, preoccupati per quello che la dichiarazione della compagna poteva significare: Rina avrebbe combattuto per uccidere, era troppo competitiva.

Koichi e Masato le corsero contro con lo scopo di farla desistere.

«Ferma, Rina! Non erano questi i patti!» sbottò Koichi.

«Al maestro non piacerà nemmeno un po’ questa cosa.» aggiunse Masato.

Rina non aveva alcun problema a discutere con il suo maestro, dato che nelle discussioni riusciva sempre a spuntarla lei contro quel “demonio senza spina dorsale”, come lo chiamava. Rina aveva visto in passato quanto il maestro Naruto potesse essere forte e pericoloso quando si arrabbiava, ma sapeva anche che con il tempo si era stranamente addolcito.

La spada di Rina vibrò in direzione del primo avversario possibile: Neji.

Rina attaccò.

«Preparati, bello! Fendente Fulmineo!» tuonò la ragazza.

Neji fu in grado di schivare il fendente senza alcun problema. Sebbene la ragazzina fosse in gamba, non era ancora veloce abbastanza da poterlo ferire in nessun modo.

«Hai bisogno di allenamento, ragazzina.» commentò Neji.

Quel commento non fece altro che fare infuriare ulteriolmente Rina, la quale non si dette per vinta e iniziò a scagliare fendenti contro un tranquillo Neji che schivava ogni colpo senza alcuna fatica.

Masato e Koichi la raggiunsero proprio in quell’istante per darle manforte, usando la tecnica superiore della moltiplicazione del corpo per tenere impegnati tutti quanti.

«Sei sempre la solita, Rina!» sbottò Masato.

«Questi qui sono dannatamente forti, dovremmo impegnarci sul serio se vogliamo fermarli.» fu l’intervento di Koichi.

Neji si mise in mezzo alla discussione dei tre ragazzini.

«Non so chi voi siate, ma state commettendo un grosso errore a mettervi contro di noi. Abbiamo un’importante missione da portare a termine. Toglietevi dai piedi!»

Fu Koichi a questo punto a bloccare i movimenti di Neji, conficcando dei kunai alle spalle dello Hyuga. Quest’ultimo fu addirittura obbligato ad attivare il suo byakugan; si era reso conto che quei ragazzini non erano dei principianti.

Koichi aveva rivestito la sua mano con il Kazekiri che aveva appreso da Naruto, con il quale aveva tentato di colpire l’avversario, il quale però usò il suo Juken per bloccarne gli effetti.

«Mi dispiace, ma abbiamo ricevuto un ordine dal nostro maestro. Vi dobbiamo fermare per tutto il tempo che serve!» dichiarò Koichi.

Neji allora mise più forza nel suo colpo per mettere alle strette Koichi.

«Allora dovrete provare a ucciderci!» dichiarò lo Hyuga.

Nonostante l’impegno dei ragazzi della Pioggia, i ninja della Foglia stavano ottenendo la meglio su tutti loro. Solo Sai sembrava avere ottenuto dei risultati considerevoli, poiché era già riuscito a bloccare i movimenti di Kiba e Akamaru e stava dando filo da torcere a Shino.

Prima che lo scontro portasse a conseguenze irriparabili, un enorme boato interruppe tutte le lotte e attirò l’attenzione dei presenti su un cumulo di detriti che si dirigeva rapidamente verso di loro. All’interno di quel cumulo vi era annidata una figura misteriosa che andò a schiantarsi contro il tronco di un albero: l’attenzione era tutta su quell’individuo.

«E adesso che succede?» si domandò Ino.

La polvere attorno al misterioso individuo andò a diradarsi, mostrando a tutti colui che giaceva al suolo per avere subito pesanti conti dal suo avversario.

Zetsu nero tentò di alzarsi, ma non ci riuscì. I danni che aveva subito lo rendevano tremante.

«Maledizione. E’ diventato ancora più forte, rispetto ai dati che avevo raccolto dalla lotta con Pain.»

Nessuno dei presenti aveva mai visto quella strana creatura dal corpo tutto nero e ricoperto di rami che ne perforavano la pelle.

«E quella cosa che diavolo è?!» sbottò Sakura.

«Un mostro!!» scattò impaurito Chouji.

«Avanti, Chouji! Smettila di fare il fifone e comportati da vero uomo. E che cavolo!» lo rimproverò Ino.

Peccato che, sebbene Ino parlasse in maniera così decisa, si fosse nascosta proprio dietro Chouji, perché anch’ella impaurita dal misterioso mostro.

«Deve trattarsi di uno di Akatsuki. In quell’organizzazione non c’è nessun essere umano.» commentò a tal proposito Shikamaru.

«Mi sa che hai proprio ragione.» aggiunse Shino.

Zetsu nero era messo alle strette. Percepiva che Naruto stava per arrivare a dagli il colpo di grazia; non poteva accadere! Assolutamente!

L’essere misterioso si fuse al tronco su cui era poggiato e fece emergere le lunghe radici dagli alberi, con esse attaccò i presenti, intento a farne degli ostaggi per ottenere un vantaggio nei confronti dell’avversario.

Tutti quanti si misero in posizione di difesa, pronti a fermare questa minaccia.

«Merda! Ora anche questo dannato di Akatsuki si mette in mezzo!» sbottò Sakura.

«State attenti, ragazzi!» avvertì Neji, che distruggeva tutto con il suo palmi distruttori.

Zetsu nero doveva sbrigarsi, ancora una manciata di secondi e Naruto sarebbe stato lì e avrebbe distrutto tutto. Era necessario prendere delle contromisure e conservare un jolly che gli permettesse la sopravvivenza, anche nel caso di una eventuale sconfitta.
Per prima cosa, Zetsu usò le spore che aveva disseminato sui tre genin della Pioggia, dato che erano stati presenti al summit dei Kage e ne erano stati esposti. Facendo leva su quella tecnica, diversi Zetsu bianchi sbucarono dal corpo dei tre ragazzini, rubando loro tutto il chakra possibile; lo stesso furto avveniva contemporaneamente ai danni di coloro che venivano catturati dalle sue radici: Hinata, Rock Lee, Chouji e Ino vennero derubati dal loro chakra.

«Ragazzi!!»

Sai fu in grado di liberare Ino dalle grinfie di Zetsu. Ten Ten aiutò Rock Lee ad allentare la presa. Tuttavia, il tempo che i ragazzi usarono per soccorrere i compagni catturati, Zetsu aveva catturato anche i tre genin e aveva usato tutto il chakra raccolto per fondersi con la carne dei nove Zetsu che aveva prelevato: il risultato fu un gigantesco e muscoloso mostro bicolore che emetteva terrore da tutti i pori.

«Ora sei mio, Ennacoda!» dichiarò deciso Zetsu.

L’enorme aspetto del mostro di Akatsuki aveva segnato pesantemente i ragazzi della Foglia che ancora potevano combattere. Nonostante fossero dei coraggiosi guerrieri, però, affrontare quella creatura abominevole avrebbe comportato ingenti danni, forse anche la morte, se fossero stati sfortunati.

Senza perdersi in ulteriori convenevoli, Rock Lee si era messo di fronte a tutti, determinato ad aprire le porte del chakra pur di difendere i suoi amici con tutte le sue forze.

«Ci penso io, ragazzi! Voi proseguite!» li avvertì Rock Lee.

Nessuno voleva che Rock Lee si sacrificasse per loro e non vi era la minima intenzione di volere obbedire alla sua richiesta, anche perché c’erano ancora Chouji, Hinata e i tre genin che erano in balia del mostruoso energumeno.

«Non fare il melodrammatico, Lee. Dobbiamo ancora salvare gli altri!» sbottò Ten Ten, dando un pugno in testa all’amico.

Ten Ten era esasperata; perché doveva sempre riempire di pugni Rock Lee per la sua non curanza della propria vita? Nonostante non sapesse rispondere, sapeva di godere di un’unica certezza, ovvero l’appoggio del freddo Neji.

Ten Ten si voltò verso il fidato amico per attingere dalle sue grandi doti analitiche.

«Grandissimo figlio di puttana! Lascia andare subito madamigella Hinata! Lasciala immediatamente, lurido pezzo di merda o ti frantumo il culo!!!» urlò furioso lo Hyuga.

Un linguaggio colorito che ci si poteva aspettare da un tipo come Kiba, ma non da una persona elegante e pacata come Neji Hyuga; evidentemente, quando la sua amata cugina era in pericolo, Neji non riusciva a conservare affatto la propria freddezza.

«Cielo quanti modi di usare la parola culo...» commentò Ino sbalordita.

«Dovresti tapparti le orecchie, mia cara.» le suggerì Sai con uno dei suoi sorrisi.

Ciò nonostante, preoccuparsi dei propri compagni era una problematica secondaria a quella di riuscire a sconfiggere l’essere di Akatsuki che era in grado di cibarsi di tutto il chakra racchiuso nelle tecniche che Neji gli lanciava addosso.

Tale fattore non faceva altro che fare innervosire Neji.

«Resista, madamigella Hinata!» urlò Neji.

Il ragazzo aveva strappato dalle mani delle armi che Ten Ten che aveva appena evocato e aveva iniziato a mirare con precisione al ramo che teneva legata la cugina.

«Chouji! Maledizione comportati da uomo e aiutami a salvare madamigella Hinata!» continuò Neji urlando.

«Hey, non riesco a muovermi nemmeno io, come diavolo faccio ad aiutare Hinata?!» sbottò Chouji sofferente.

Zetsu stava usando anche il chakra delle sue vittime per potenziarsi e questo lo stava iniziando a rendere veramente pericoloso per l’intero gruppo e ne stava venendo cosciente, tanto da iniziare a mettersi a deridere le sue prede.

«Sarete tutti il mio pasto! - dichiarò il mostro. Con il chakra che ho preso da voi, potrò finalmente catturare l’Ennacoda! Il suo chakra sarà finalmente di lord Madara.»

Solo allora ai membri del gruppo della Foglia venne un colpo. Come poteva Zetsu volere catturare la volpe a nove code, quando tutti sapevano che Akatsuki si era già impossessata di quella preda alla sconfitta di Naruto da parte di Pain.

«Che diavolo vuole dire quel tipo?» domandò Sakura esterrefatta.

Un sospetto, piccolo quanto la punta di un ago che si accostava alla punta di un dito, dando un leggero fastidio alla vittima. Non potevano avere capito male? Oppure si stavano solo sforzando di capire ciò che poteva risultare impossibile.

«Non vorrà mica dire che lui è...» ripeté Sakura.

«Non può essere!» aggiunse Shikamaru.

Le loro domande si tramutarono in ansia nel volere capire ciò che stava succedendo e con chi ce l’avesse realmente Zetsu; in realtà, tutti loro speravano con tutto il cuore di stare male interpretando tutto.

A quel punto, Sai non ce la fece più a restare in silenzio; la situazione non permetteva a nessuno di potere stare fermi a pensare alla gravità della scoperta fatta.

«Sì, lui è proprio qui ed è vivo. Questa volta non è uno zombie, è quello vero.» dichiarò il pittore.

«Non può essere! Impossibile!» tuonò Sakura

La ragazza era talmente sconvolta che agguantò Sai per il bavero della sua maglia e iniziò a scuoterlo con afflizione.

Naruto non poteva essere vivo. Konan lo aveva dichiarato apertamente, quando era apparsa ai ninja della Foglia, durante l’assalto al villaggio della Pioggia. Kabuto aveva inoltre riportato in vita proprio lo zombie di Naruto, ciò significava che l’amico fosse veramente morto: le dichiarazioni di Sai e Zetsu non avevano senso.

«Perché devi continuare a insistere?! Naruto non c’è più! Perché devi continuare a farci del male?!» disse Sakura urlando.

«Non è così! - replicò Sai. Io l’ho incontrato assieme al maestro Kakashi! E’ proprio Naruto che sta arrivando ad aiutarmi a fermarvi!»

Era assurdo, troppo assurdo da credere a quanto appena udito. Fu ancora più assurdo per tutti loro credere alla veridicità di quanto affermato dal pittore, anche quando Naruto apparve alle spalle dell’imponente Zetsu e tagliasse di netto i rami che tenevano imprigionate le sue prede, le quali vennero afferrate dai suoi cloni e portate in salvo.

«Maestro!» sbottò Rina.

Naruto guardò con esasperazione i suoi tre allievi; il fatto che fossero in difficoltà contro Zetsu, lo aveva fatto rendere conto che aveva commesso un errore a portare quei tre con sé: non erano ancora pronti.

«Come diavolo è possibile che vi trovo sempre in mezzo ai guai?!» si lamentò Naruto.

In realtà, Naruto cercava di sforzarsi a conversare con i suoi allievi per non concentrarsi sulla presenza di tutti i suoi amici; il momento di conferire con loro era appena arrivato e molte delle sue paure lo stavano assalendo in maniera insormontabile, al punto da rendere le altre copie incerte nei movimenti.

La presa di Naruto sulla gamba di Chouji si stava allentando e il biondo non osava minimamente voltarsi verso l’Akimichi, poiché non sapeva come avrebbe reagito.

«Naruto? Sei proprio tu?» domandò Chouji sbalordito.

Naruto non rispose, il suo sguardo, per quanto immerso nella vergogna, era più interessato all’originale che teneva in braccio Hinata; ogni copia lì presente era ansiosa di scomparire, al fine di acquisire le informazioni dell’originale, in merito a quanto successo con Hinata.


 

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Capitolo 19
*** UNA RIUNIONE FRA VECCHI COMPAGNI ***


Salve, carissima gente. Nuovo capitolo ricco di sorprese. Ho pensato e ripensato a come far svolgere il tanto atteso momento dell’incontro fra Naruto e i suoi cari amici che lo credevano morto. Se volete scoprirlo, non vi resta che leggere. Buona lettura.


Assurdo. Semplicemente assurdo. La situazione che i protagonisti di questo evento stavano vivendo era essenzialmente definibile con la terminologia dell’assurdo.

L’amico che tanto a lungo avevano cercato e che per tanto tempo avevano creduto perso per sempre, era proprio lì, davanti ai loro occhi, come il più falso dei miraggi, più che altro un pugno allo stomaco da parte della cruda verità, la quale, da un lato poteva apparire gioiosa per la gaia scoperta, dall’altro appariva nella sua più totale e intera interpretazione: ancora bugie, ancora inganni.

«Non c’è dubbio. - sentenziò Shino. Quello è proprio Naruto.»

L’evidenza più chiara possibile, nemmeno una parola era forse necessaria da esprimere al riguardo; il marasma nell’animo.

Ormai ognuno di loro aveva accettato quello che la realtà obbligava loro di guardare, quando in realtà il loro cuore tentava di allontanare loro stessi dall’associazione razionale alla mente, con cui si potevano dare risposte ben plausibili alle ragioni per cui Naruto aveva inscenato la propria dipartita, diffondendone notizia in lungo e in largo.

La commozione nel vedere il caro amico sano e salvo spingeva a lacrime vere e sincere, rendendo lecita la voglia di sfogare un primo spasmo di gioia, dopo un lungo periodo di struggente lutto e drammi di famiglia e fra amici. Un raggio di sole era finalmente giunto a loro, dopo tanti momenti di tenebra.

Sakura non riusciva ad arrestare le sue lacrime, tanto che dovette addirittura soffiarsi il naso ripetute volte, le era venuto persino il singhiozzo.

«Dannata testa quadra. Mi hai fatto stare in pena.»

Nemmeno il comportamento degli altri compagni fu lontano dall’interpretazione data da Sakura a quel miracolo, ovviamente ognuno la prese a modo proprio, ma tutti esprimevano la loro gioia nel ritrovare un vecchio caro amico dapprima perduto.

Nonostante ciò, ben presto quei sentimenti sarebbero stati brutalmente assopiti da una furia per quello che era successo, la quale ancora tardava la sua manifestazione a causa della presenza del pericoloso mostro di Akatsuki.

«Questa volta non hai scampo, Uzumaki Naruto! - dichiarò Zetsu. Questa volta mi prenderò l’Ennacoda con la forza e tu non potrai farci nulla!»

Naruto lo ignorò, aveva la mente altrove, forse era meglio specificare che voleva portare la mente altrove, pur non pensare a quello che stava vivendo, ovvero la manifestazione reale di tutte le sue paure: presentarsi ai suoi amici, dopo tutto quello che era successo, chiedendo loro di perdonarlo per quello che aveva fatto loro passare.

Naruto provò con titubanza a calare il suo sguardo su Hinata, sorretta ancora fra le sue braccia per l’immediato salvataggio dalle grinfie di Zetsu.

Si trattava della prova del nove, il non plus ultra che avrebbe radicato le sue convinzioni o le avrebbe scardinate del tutto; la reazione di Hinata, la più pacata e amorevoli fra le creature, sarebbe stato l’esempio massimale di come gli altri avrebbero reagito nei suoi confronti.

Naruto sentì che qualcosa tirava i suoi vestiti verso il petto; si trattava di Hinata che aveva afferrato la sua maglia e vi aveva immerso il viso, iniziando a tremare e a stringergli il petto con l’altra mano che le restava scoperta.

Naruto la udì perfettamente: Hinata stava piangendo a dirotto.

Il ragazzo ignorava i retroscena di quella reazione, poiché essi potevano sono essere sentiti per bene dalla ragazza che, convinta ormai di avere perso l’amore della sua vita, era stata catapultata nella realtà, ovvero che quella persona così importante era ancora viva; quella volta non si trattava di uno zombie che ne incarnava le fattezze: era quello vero, il suo vero grande, coraggioso e forte Naruto.

Hinata non riusciva a parlare, nemmeno una parola per Naruto che era tornato da loro, vivo e vegeto. Il suo corpo non riusciva a seguire alcun ordine dettato dal buon senso, poiché tutti e cinque i suoi sensi avevano il morboso desiderio di percepire ogni aspetto di qualcosa che era stata così tanto a lungo decantata dalla tristezza della perdita.

Il suo inconfondibile odore; la sua forte presa dalla quale lei non riusciva a staccarsi, tanto che lo aveva stretto a sé; la sua visione, così turbata nel vederla in uno stato del genere; il gusto delle sue lacrime amare a un misto di terra e polvere prelevato dalla sua maglia arancione; la sua voce, quello che le era mancato di più, soprattutto se recitava il suo nome.

Mentre il corpo di Hinata andava in tilt a causa delle sensazioni da lei vissute, la sua mente non se la passava certo meglio. Hinata provava una gioia tale che avrebbe voluto urlarlo in capo al mondo, prendere il suo Naruto e baciarlo, lì in seduta stante, eppure non lo fece, perché parte di sé era furiosa con lui, per avere fatto passare quella grossa bugia per vere e avere fatto soffrire tutti: per averla fatta soffrire così. La rabbia si accavallò al rancore per quello che aveva passato in tutto quel periodo, Hinata provò addirittura il desiderio di colpire Naruto in qualche modo, ma non lo fece: la sua anima glielo aveva impedito.

Qualcosa che andava al di là della semplice deduzione, ovvero che non si poteva spiegare razionalmente. Il suo spirito era ciò che aveva la precedenza su tutto e lei non ne sapeva dare motivo, ma era anche colui che guidava il suo intero essere.

Il suo sguardo si posò su Naruto: c’era afflizione sul suo volto. Rimorso. Vergogna. Tanto risentimento nei suoi stessi confronti. Era chiaro che stesse invocando il suo perdono. Era evidente il suo pentimento. Ancora più chiaro il fatto che lui, invece, sebbene cercasse perdono, non era ancora in grado di perdonare se stesso.

Hinata a quel punto rallentò il suo pianto, sollevò la sua mano e la posò sul viso del suo caro amato Naruto: nulla era cambiato, lei lo amava con tutta se stessa, lei lo perdonava.

Uno sguardo ed entrambi si capirono.

Naruto rimase indetto. Non si aspettava una scelta del genere così repentina, non da Hinata, che riteneva aver fatto soffrire più di tutti; eppure lei lo stava perdonando: perché?

Naruto non seppe dare una spiegazione a tale quesito, ma non gli importò più di tanto, non era il momento più che altro. Aveva bisogno del suo perdono, ne aveva fin troppo necessità per riuscire ad affrontare gli altri.

«Hinata… - bonfocchiò Naruto. Io...»

Che cosa avrebbe dovuto dirle? Mentre atterravano al suolo e venivano raggiunti dagli altri cloni d’ombra che portavano in salvo i tre genin della Pioggia e Chouji, Naruto cercava con la sua tipica ostinazione le parole per contraccambiare così tanta fiducia, sebbene avesse paura di rovinare tutto quanto. E alla fine fu solamente capace di dire qualcosa che con il senno di poi ritenne che non fosse abbastanza.

«Grazie....»

Naruto ammiccò un sorriso, sincero e talmente pregno di tutti i suoi sentimenti che Hinata non poté fare a meno di contraccambiare.

Il ritorno alla realtà fu drammatico. Naruto venne circondato da tutti i suoi amici, o presunti tale, che lo osservavano con stupore e un misto di altre emozioni che il biondo non riuscì a captare nella sua interezza. Non aveva più importanza, adesso Naruto poteva affrontarli.

«Lurido Bastardo!!» fu l’entrata furibonda di Neji.

Lo Hyuga non esitò ad afferrare per la vita la cugina e ad allontanarla da Naruto per farla rifugiare dietro di lui. Neji non avrebbe più permesso che la facesse soffrire, mai più.

Hinata provò a sfuggire alla presa del cugino con tutte le sue forze; ne voleva ancora un po’, ancora un altro poco di tempo accanto a Naruto. Soprattutto, voleva impedire che gli altri, in particolar modo suo cugino, aggredissero il suo amato, senza sapere nulla di quello che lui stesso stava provando in quel momento.

«Aspetta, Neji!» tuonò Hinata.

Tale reazione non fu per nulla apprezzata da Neji, il quale non esitò a sfogare la sua rabbia anche con la sua amata cugina, utilizzando un tono al dir poco che furioso.

«Non si azzardi, madamigella! Non questa volta! Lei non si avvicinerà mai più a un pezzo di merda come questo qui! Non permetterò mai più che le possa arrecare danno! SE LO SCORDI! MAI! MAI!»

Hinata fece qualche passo indietro; aveva scordato quanto profondamente glaciali potessero essere gli occhi di suo cugino.

A quel punto, inaspettatamente, Naruto prese le sue difese.

«Hey, Neji. - tuonò Naruto. Come ti permetti di parlare a Hinata in questo modo, bastardo?! Chiedile immediatamente scusa o ti prendo a calci nel culo!»

Neji stava per dare in escandescenza.

«Hai anche il coraggio di rivolgermi la parola, tu brutto...»

Neji si stava voltando verso Naruto con l’intenzione di colpirlo con un Juken, ma quando lo fece, esso si trovò di fronte il biondo che gli puntava il suo palmo, facendo segno di discuterne dopo.

Zetsu era ancora lì a incombere sulle loro vite, pur di ottenere il suo ambito trofeo.

«Una bella riunione fra amici, caro Naruto? - sghignazzò il mostro. Scommetto che sono tutti arrabbiati con te per avere fatto credere loro di essere morto. Sei proprio un cattivo ragazzo, proprio così. Sono curioso di sentire ancora un altro poco delle vostre liti, prima di uccidervi tutti.»

Naruto avanzò verso Zetsu con aria minacciosa; lo avrebbe fermato, lì, ora!

«Quello che accade fra me e i miei amici non è affar tuo! - iniziò Naruto. Ora togliti dai piedi, Zetsu, altrimenti giuro che questi saranno i tuoi ultimi attimi di vita!»

La modalità eremita era tornata in azione. Naruto era pronto a combattere e questa volta lo avrebbe fatto per loro, per i suoi amici.

«Veniamo ad aiutarla, maestro!» intervennero a quel punto i tre ragazzini della Pioggia.

Il loro maestro stava fronteggiando un mostro alto tre piani e con poteri inimagginabili, era loro dovere fare da supporto.

«Statene fuori! Lui è mio!» ordinò secco l’Uzumaki.

I ragazzi della Foglia decisero allora di rimanere dietro a guardare; avevano fin troppi cuori spezzati che i dubbi che i stavano ponendo non riuscivano ad avere una degna e chiara spiegazione.

«Pensi che dovremmo lasciarlo fare, Shikamaru? Non dovremmo aiutarlo?» domandò Chouji al suo migliore amico.

L’analitico Shikamaru era nelle medesime condizioni del resto della ciurma, ma nonostante questo, aveva compreso che una mente lucida era quello che serviva loro per restare ancorati a qualche cosa; in un modo o nell’altro, Shikamaru si sentiva addosso tanta responsabilità.

«Lascialo fare. - replicò laconico. Dopotutto è stato lui a sconfiggere Pain, sempre che anche questa non sia una bugia.»

La domanda del Nara sarebbe anche potuta cadere nel dimenticatoio, restando come una pura e semplice frecciata nei confronti di Naruto e delle sue bugie, ma Zetsu volle comunque mettersi in mezzo e parlare.

«Oh, sì che ha sconfitto Pain, ve lo posso assicurare. Il vostro amico è forte ed è riuscito addirittura a convincere Pain a schierarsi contro di noi.»

Era andata proprio così. Naruto, con le sue parole, era riuscito là dove tanti altri avevano fallito, e aveva curato il cuore ferito di Nagato, riportandolo sul sentiero giusto, indirizzandolo nuovamente sui passi del maestro Jiraiya. Un’impresa degna di nota. Un compito necessario, al fine da permettere a Nagato di prendere la sua ultima decisione da persona libera e non come burattino di Madara: dare la propria vita in cambio delle vite che aveva spezzato al villaggio della Foglia.

Naruto non voleva encomi per ciò che aveva svolto. Quel giorno era in lutto per la morte di Nagato e lo era allo stesso tempo per la morte del vecchio sé, quello che militava in Akatsuki. Un giorno di morte e rinascita, non per encomi.

«A proposito, Naruto. - sbottò Zetsu. Perché non mi dici dove hai nascosto il corpo di Pain? Dai, dimmelo!»

Di tutta risposta, Naruto porse un dito medio verso il suo nemico; un gesto che aveva indirizzato antecedentemente anche su Madara.

«Scordatelo, Zetsu! Quel corpo è il tesoro del villaggio della Pioggia. Non permetterò che voi farabutti ci mettiate mano!»

Zetsu scoppiò a ridere.

«Che spavalderia! Mi sembra ieri di vedere la tua espressione di terrore quando vedevi Pain passare al tuo fianco, e ora sei completamente diverso. Attento, però, caro Naruto. Non hai idea di chi ti stai inimicando. Non ne hai la minima idea.»

Naruto fece ancora qualche ulteriore passo, facendo qualche piccolo esercizio di stretching, prima di assestare il suo colpo sull’avversario.

«Basta. Mi hai stufato. Prima parlavi troppo poco, ora non ti si riesce a farti stare zitto!» grugnì l’Uzumaki.

Il gigantesco Zetsu fece di conseguenza un passo verso la sua preda; basta parlare e rivelare segreti, tanto tutto si stava per finire.

«Dammi l’Ennacoda, allora! Dammela!» urlò minaccioso il mostro.

Zetsu si agguantò su Naruto con una delle sue enormi braccia. Naruto spiccò un balzo per evitare il colpo, dopodiché percorse tutto l’arto del suo avversario, per arrivare al suo viso, colpendolo con un forte calcio che fece destabilizzare il mostro. Tale azione durò per il tempo necessario che servì al giovane eremita per creare un clone che piombasse alle spalle del nemico e lo aiutasse a perdere l’equilibrio ormai precario, così il Naruto originale poté senza difficoltà afferrare il polso del mostro e scaraventarlo a terra con una grande potenza.

Tutti rimasero allibiti. Non immaginavano che Naruto potesse disporre di una forza erculea tanto sviluppata; era come osservare il Quinto Hokage in azione.

«Wow! E’ veramente forte. Allora ha veramente sconfitto Pain.» fu il secco commento di Ino.

Nonostante Naruto avesse inferto quel colpo al nemico, quest’ultimo si rimise in piedi dopo qualche istante, dopodiché usò la sua immensa furia bestiale per scagliarsi addosso all’Uzumaki, provocando una grossa nube di polvere e grandi fragori generati dall’impatto fra i suoi pugni e il sottosuolo.

«Non è possibile! - tuonò Zetsu. Ho assorbito così tanto chakra che dovrei essere al tuo stesso livello! Come fai?! DIMMELO!»

Zetsu tentò di colpire l’avversario con un pugno e questa volta sembro riuscirci, dato che quest’altri non si era mosso dalla sua posizione originaria: quella volta aveva fatto proprio centro.

«Naruto!» urlò Hinata preoccupata.

La ragazza provò a soccorrere il suo amato, ma il cugino la bloccò.

«Non si deve avvicinare, capito?!» ordinò Neji.

«Naruto è in pericolo! Lasciami andare, Neji! Devo aiutarlo!» lo implorò la cugina.

Neji non obbedì. Tutt’altro, tentò a modo suo di calmare se stesso e sua cugina; non era ancora giunto il momento di prendere a calci Naruto.

«Guardi meglio, madamigella. Se usasse il suo byakugan, noterebbe che quel bastardo ha la pellaccia dura.»

Allora Hinata seguì il consiglio del cugino e vide che effettivamente Naruto era riuscito a bloccare il colpo del nemico addirittura con una mano sola, senza mostrare la minima fatica. Per la prima volta in vita sua, Hinata non apprezzò solo la grande determinazione del suo amato a fronteggiare le avversità, senza mai arrendersi; quella volta Hinata si rese conto che Naruto era cambiato dai tempi in cui era in Akatsuki e sì, si era accorta che era veramente figo.

Deglutì tutta ad un fiato e inaspettatamente si sentì tutta accaldata e iniziò ad arruffarsi una ciocca di capelli con le dita.

«Wow...» sibilò con ammirazione; era l’unica cosa che fu in grado di dire.

Naruto intanto continuò la sua lotta impari contro Zetsu. Ormai l’Uzumaki aveva la vittoria in pugno.

«Che ti succede, Zetsu? Non dirmi che il chakra che hai fregato non è abbastanza. Ne vuoi ancora un altro po’?» disse Naruto con tono di sfida.

Zetsu era alle strette, aveva capito di non avere alcuna chance contro Naruto.

«Ma-maledetto! Che cosa ti ha spinto a tradirci?!»

All’improvviso il volto di Naruto divenne serio, segno che la conclusione allo scontro era ormai prossima.

«Io… - iniziò il ragazzo. Non voglio più vivere quella sensazione di perdere una persona cara sotto i miei occhi per colpa di un farabutto come te, per questo riuscirò a diventare ancora più forte e supererò tutti quanti, persino Madara. Vi prenderò tutti a calci per il culo!»

Naruto spinse il braccio di Zetsu lontano da sé, dopodiché si mosse a grande velocità verso l’addome del suo avversario; quello sarebbe stato il punto in cui avrebbe assestato il colpo di grazia, utilizzando una delle tecniche di combattimento ad arte marziale dei rospi di Myoboku.

Naruto strinse entrambi i suoi pugni, li tirò indietro per caricare tutta l’energia naturale che aveva nel suo corpo e la concentrò sul punto in cui voleva colpire. Non fu abbastanza preciso e ciò causò la grossa fuoriuscita di chakra, ma l’effetto sperato ebbe successo contro Zetsu.

Un colpo poderoso, assolutamente degno per un individuo che aveva finalmente appreso alla perfezione l’uso dell’energia naturale, tramutando quest’ultima al fine di creare potenti tecniche di arte marziale, ninja e illusoria.

Zetsu perse conoscenza, se la parte nera non si fosse distaccata, prima di ricevere quel poderoso attacco, a quest’ora Madara avrebbe perso uno dei suoi più fidati collaboratori. L’immenso corpo del mostro vegetale, invece, si frantumò in mille pezzi che, nel depositarsi al suolo, alzarono un grande polverone.

Il combattimento era finito.

Naruto aveva sconfitto il nemico; la vittoria era sua.

Zetsu nero a questo punto era costretto a darsi alla fuga, prima che il nemico captasse la sua presenza.

«E’ troppo forte per me. Sarà meglio avvertire Madara.» disse il mostro.

Dopodiché, Zetsu scomparve nel terreno per andare ad avvertire il proprio padrone del serio pericolo che Naruto avrebbe potuto rappresentare, se non fosse stato fermato subito.

Dal canto suo, Naruto, avendo sconfitto l’incombente minaccia, poteva finalmente affrontare le spinose questioni che lo legavano indissolubilmente ai suoi amici e soprattutto a Sasuke. Il ragazzo aveva dato prova ai compagni di essere mostruosamente potente e che era effettivamente stato in grado di battere un individuo potente come Pain; ciò, solo per ribadire il netto divario di potenza che c’era con ognuno di loro, ma anche per fare capire che con quella forza, lui avrebbe protetto tutti quanti.

«S-sei veramente forte...» disse Rock Lee, rivolgendosi a Naruto.

Non vi fu tempo per tenere tale considerazione sul piedistallo, che subito venne messa di lato, poiché soppiantata dal vero argomento di cui si doveva parlare.

Kiba si avvicinò verso Naruto e lo afferrò per il bavero della giacca, lo guardò dritto negli occhi, in modo da fargli capire tutto il suo disprezzo per avere inscenato la sua morte e averli fatti soffrire in quell’assurda maniera.

Naruto non riuscì a sostenere lo sguardo accusatorio dell’amico per molto tempo e subito si sforzò a guardare altrove. Tale azione non fece altri che scatenare una diretta conseguenza da parte di Kiba, il quale non esitò a colpire al viso il biondo, scagliandolo al suolo.

Quel pugno se lo meritava proprio.

«Sei veramente patetico, Naruto! - sbottò rabbioso Kiba. Prima fai una cazzata e adesso non hai nemmeno il coraggio di guardare in faccia i tuoi amici! Avanti! Tira fuori e palle e dicci perché!!!»

Naruto guardò nuovamente l’amico d’infanzia, senza dare ancora alcuna risposta, poi si voltò verso i suoi allievi, facendo loro cenno di non intervenire e infine si asciugò il sangue che gli colava dal labbro che Kiba gli aveva spaccato con quel colpo.

«Io... » esordì Naruto.

«Tu lo hai fatto perché sei un’idiota bastardo. Non è così, Naruto?»

Shikamaru era intervenuto e con il solito spiccato acume aveva lanciato l’esca giusta per arrivare alla piena conclusione della questione; oramai gli era tutto chiaro come la luce del sole.

A seguito di quanto udito, Naruto non riuscì a evitare di ammiccare.

«Diciamo che mi merito molto peggio di “idiota”, ma se vuoi metterla così, diciamo che stavolta ho fatto proprio una gran bella cazzata da idiota qual sono.»

«Fai ancora lo sbruffone, eh?! - ruggì Kiba. Non lo capisci che non c’è niente che tu possa dire in tua difesa, grandissimo figlio di puttana?!»

«Non lo sto facendo infatti.» replicò secco Naruto.

Un nuovo pugno da parte di Kiba. Ancora nessuna reazione da parte di Naruto.

«Razza di bastardo! Quando ci hanno detto che eri morto, ho pianto per te, noi tutti lo abbiamo fatto! Adesso torni qui, come niente e ci dici che tutto quello che abbiamo saputo era una bugia?! Ci prendi per il culo?! Che siamo pupazzi?!»

Kiba stava per assestare un altro pugno su Naruto. Dietro di loro, Hinata urlava al vecchio amico di smetterla e cercava in tutti i modi di raggiungere l’amato, senza alcun risultato, perché Neji la tratteneva alla sua posizione, senza farle compiere passo alcuno.

Fu Rock Lee quella volta a bloccare la mano di Kiba.

«Basta, Kiba! Non servirà a nulla picchiarlo.» disse Lee.

«Questo fallo dire a me! Picchiarlo mi servirà a scaricare tutto quello che sto provando per lui in questo momento!» replicò furioso Kiba.

«Mi va più che bene. - s’intromise Naruto. Fin tanto che non vi muovete da qui. Dopotutto mi merito questo trattamento.»

Grazie a quelle parole, tutti si ricordarono improvvisamente del motivo per cui erano lì. Il fatto di avere rivisto il vecchio amico vivo e vegeto, aveva fatto loro dimenticare che Sasuke era nei paraggi e che andava fermato a ogni costo.

«Così era questo il tuo piano, eh?! - sbottò Kiba. Voi della squadra 7 siete tutti degli egocentrici bastardi, lo siete stati fin dai tempi dell’accademia. Persino Sakura è come te e Sasuke!»

Naruto si sorprese, non si aspettava proprio di sentire una cosa del genere in merito a Sakura, lei, che di quella squadra, era l’unica salvabile.

«Che cos’è successo?» domandò curioso il biondo.

Mentre Kiba raccontava del tentativo di Sakura di drogarli pur di andare da Sasuke tutta da sola, Naruto ebbe il privilegio di essere allontanato da Kiba e di potersi rialzare da terra. Una volta concluso il racconto, Naruto guardò Sakura con espressione allibita.

«Sei veramente pronta a tutto per lui? Sakura non pensi di essere andata oltre?»

A quel punto Sakura Haruno alzò lo sguardo verso il vecchio amico e proferì parola; era giunto il suo turno di dirgliene quattro sull’accaduto.

«E tu che cos’hai fatto fino a tutto questo tempo?! Tu hai fatto addirittura peggio e ora stai qui a giudicarmi?! Fai schifo, Naruto!»

La rabbia di Sakura non costituiva nulla di fisico, perché ella stessa sapeva che i pugni o i calci avrebbero avuto qualche effetto su di loro per fare sbollentare gli spiriti. Lei se n’era fatta una ragione, proprio come Kiba, come Neji e come tutto il resto della combriccola.

Lacrime. Tante lacrime. Lei come tanti altri.

Quello sì che feriva Naruto più di un pugno o di una lama affilata dentro la propria carne. Quelle lacrime arrivavano a scottare il suo cuore, urtandone sensibilmente il suo equilibro.

Naruto non sapeva che cosa rispondere a quanto detto dalla vecchia compagna di squadra. Lui sapeva benissimo che quest’ultima aveva pienamente ragione, per tanto, starsene in silenzio gli sembrò la scelta giusta. Doveva subire e castigare sé stesso per essere stato così insensibile con tutti.

Alche, il turno di parlare di Shikamaru era giunto a compimento.

Per prima cosa, il genio dal codino si rivolse ai suoi compagni.

«Ascoltatemi tutti quanti. Voglio dire anche io delle cose e ci tengo che tutti voi stiate ad ascoltare.»

Nessuno disubbidì alla richiesta dell’amico e subito fu silenzio.

Subito dopo, Shikamaru si rivolse all’Uzumaki.

«Abbiamo saputo tutto dalle ultime volontà del sommo Jiraiya. Abbiamo saputo che in realtà hai protetto il villaggio della Foglia dall’esterno sia dalla stessa Akatsuki che da te stesso. Ora, non ho dubbi sulla veridicità di quanto abbiamo udito quella volta, però adesso, dato quello che è successo, voglio che sia tu a raccontarci tutto, Naruto. Questa volta, però, senza nessuna bugia, senza niente lasciato da parte. Dimostra che sei veramente il nostro amico di un tempo. Questo, almeno ce lo devi.»

Naruto tirò un profondo respiro, dopodiché si sedette al suolo, in direzione di tutti i suoi amici e si preparò a raccontare tutto. Dopotutto Shikamaru aveva ragione: doveva loro la verità; era il minimo che potesse fare.

«Penso che ormai lo sappiate tutti. - cominciò Naruto. Dentro di me è sigillata la volpe a nove code che attaccò il villaggio diciotto anni fa. E’ stato il Quarto Hokage a sigillare questo mostro dentro di me, quando ero ancora un neonato, da allora in poi, sono cresciuto da solo, senza un padre e una madre. La mia, è stata un’infanzia priva di ogni calore umano, dove andavo non c’era altro che rifiuto. Nessuno mi amava, nessuno voleva giocare con me, nessuno mi aspettava a casa al mio ritorno. Io ero odiato da tutti.»

Questo lo sapevano già tutti loro, ma sentirlo dire dallo stesso Naruto, provocò in loro un grande senso di amarezza. Naruto non stava dicendo loro che la sua vita, la sua orrenda infanzia, lo poneva a un gradino superiore a loro, stava invece ribadendo un’altra cosa, qualcosa di completamente diverso.

Molti fra di loro avevano avuto una mamma e un papà che c’erano sempre per loro oppure, bene o male, come nel caso di Sai o di Neji, avevano sempre avuto un posto dove c’erano persone che li amavano. Naruto no.

Shikamaru volle vederci ancora più chiaramente.

«Temari una volta mi raccontò che anche suo fratello Gaara ha vissuto un’esperienza simile alla tua. E’ questo il trattamento riservato alle forze portanti anche negli altri villaggi?»

«Penso di sì. - rispose Naruto. Sia io che Gaara ci siamo passati.»

Naruto non poteva dimenticare a tutte le angherie che aveva subito da grandi e piccini. Quante volte aveva desiderato un pasto caldo e tante coccole nelle giornate d’inverno rigido; quante volte aveva desiderato che un genitore lo venisse a prendere al parco giochi, dove giocava con i suoi amici; quante volte non avrebbe voluto essere buttato fuori da un locale, solo perché stava guardando dalla vetrina esterna un giocattolo che avrebbe tanto voluto avere, ma che il negoziante non gli avrebbe mai venduto.

«Con una vita del genere, chiunque sarebbe potuto farsi sopraffare dall’odio, proprio come Gaara. - continuò Naruto. A me è andata bene, perché c’erano delle persone che da lontano vegliavano su di me: il vecchio Terzo Hokage, la nonna Tsunade, l’Eremita porcello e il maestro Iruka. Loro sono state le prime persone che non mi hanno mai abbandonato. Poi ci siete stati voi.

Devo tutto a queste persone, se sono riuscito a trovare la forza di non arrendermi e ad andare avanti.»

«Oh, Naruto.» sibilò Hinata.

Anche lei ricordava molto bene come se la passava Naruto in quel periodo. Seviziato da tutti, evitato come la peste, privo di amore; proprio come lei. Tuttavia, Naruto aveva dentro di sé una forza capace di non farlo desistere dalle avversità ed era una forza così travolgente che anche lei ne era rimasta investita, facendole condividere tutta la grinta che serviva per affrontare le avversità; persino adesso.

Anche gli allievi di Naruto ascoltavano per la prima volta quella storia e ne erano veramente affascinati. Volevano sapere di più sul loro maestro.

«E poi che cos’è successo, maestro?» domandò ansiosa Rina.

Naruto allora continuò con una storia già sentita, ma poco conosciuta.

«Poi sono entrato nella squadra 7 con il maestro Kakashi, Sasuke e Sakura. E’ stato il periodo più bello della mia vita. Era come se per me, quella squadra fosse la famiglia che non ho mai avuto. Non è vero, Sakura?»

La diretta interessata non rispose. Non vi era alcuna necessità per farlo, dato che si conosceva già la risposta. Quelli erano tempi d’oro per tutti loro.

I guai vennero dopo.

«Più passava il tempo, più mi rendevo conto che non volevo perdere nessuno dei miei legami con voi, ma mi rendevo conto che la mia forza non era a sufficienza, così mi sono approfittato del chakra della volpe per ottenere molta più potenza, ma non ero in grado di controllare quel potere e alla fine mi sono lasciato sopraffare. - sospirò amareggiato Naruto. Se solo non ci fosse stato l’Eremita porcello, non so che cosa sarebbe potuto accadere...»

«E’ in quel momento che entra in gioco Akatsuki. Non è così?» s’intromise Shikamaru.

«Già. - asserì Naruto. Itachi e Kisame vennero da me e mi offrirono di seguirli per imparare a controllare la volpe, in cambio avrei dovuto lavorare per l’organizzazione. Quella volta rifiutai e l’Eremita porcello mi ha protetto da loro. Però… quando io e Sasuke iniziammo a litigare, ho capito che era solo questione di tempo, prima di perdere il controllo della volpe e di ferire qualcuno. Fu allora che decisi...»

Quelle furono le ore più travagliate della sua vita. Naruto dovette prendere quella decisione tutto da solo e solo quando ne fu chiaramente convito, si era recato alla magione dell’Hokage per darne la notizia ai suoi tutori. Naruto ricordava ancora molto bene quello che si dissero lui, Jiraiya e Tsunade.

 

«Naruto? Che ci fai qui a quest’ora?» domandò Tsunade.

Erano le dieci di sera. Orario insolito per una visita, anche da un tipo come lui e ciò incuriosiva molto Tsunade che di lavorare, a suo solito, non ne aveva affatto voglia.

Jiraiya la prese sullo scherzo e iniziò a stuzzicare l’allievo con il suo solito giocondo modo di fare.

«Ho capito! Vuoi venire a ubriacarti con noi non è vero ragazzo? Mi ricordi me, quando avevo la tua età! Che età dell’innocenza!»

«Tu innocente, Jiraiya? Ma quando mai!» sbottò Tsunade ad alta voce.

Jiraiya scoppiò a ridere, tutto energico. Era evidente che si era già scolato qualche cicchetto di alcool, facendo uso della scorta segreta di Tsunade, nascosta in un comparto segreto sotto una piastrella dell’ufficio.

Naruto si allontanò dal suo maestro, tappandosi il naso.

«Puzzi di alcool, vecchio maniaco!» si lamentò il ragazzino.

Jiraiya replicò all’allievo con una delle sue smorfie.

«E io che speravo che fossi diventato più maturo. Si vede che sei ancora un moccioso che non capisce niente.»

«Ho altre cose a cui pensare! Non ho tempo per queste idiozie!» ribatté Naruto.

Jiraiya allora scoppiò a ridere come un bambino, dopodiché poggiò la mano sulla testa del ragazzino e ne scompigliò i capelli.

«E sentiamo. Di quali cose importanti devi pensare, grand’uomo?»

«Già. Sono curiosa anche io.» si aggiunse Tsunade.

Solo allora i due ninja leggendari si accorsero dell’espressione tremendamente seria del giovane ninja e di conseguenza, si preoccuparono a loro volta. Doveva trattarsi di qualcosa di veramente importante.

D’un tratto Jiraiya perse tutta la sua giocosità e divenne serio, pronto a udire e a cercare di risolvere i problemi del suo protetto.

«Che succede, Naruto?»

Naruto impiegò qualche secondo per rispondere, perché aveva bisogno di organizzare le idee e spiegare il suo piano, senza lasciare spazio ai fraintendimenti; per lui era molto difficile.

«Io… - sibilò con titubanza. Mi unirò ad Akatsuki!» dichiarò infine.

Silenzio gelido nella stanza. Per un attimo, Naruto ipotizzò che Tsunade lo avrebbe colpito per la folle idea che aveva avuto, ma invece non successe. Jiraiya lo superò, afferrando una delle sedie presenti nel corridoio dell’ufficio, mettendo poi questa di fronte alla scrivania dell’Hokage.

«Siediti.» ordinò l’uomo al ragazzino.

Naruto ubbidì senza fiatare e solo quando si sedette poté vedere i volti dei due adulti, truci e duri come una pietra levigata che in realtà nascondeva fin troppe crepe che con qualche scossone bello forte, come quello da lui dato, sarebbero uscite allo scoperto.

«Perché vuoi unirti ad Akatsuki? Hai la minima idea di che razza di persone sono?»

Il secco intervento dell’Hokage che voleva una chiara risposta a quell’incalzante dubbio.

Naruto tirò un profondo respiro. Tutta la sua paura era ben visibile agli occhi dei due adulti dal modo in cui stringeva i pantaloni a livello delle ginocchia.

«La volpe. - spiegò il ragazzino. Più il tempo passa, più mi rendo conto che non posso fare a meno del suo potere e lei se ne approfitta. Prima o poi perderò il controllo come al tempio di Zengestu. Persino quando il fratello di Sasuke e il suo amico sono venuti a cercarmi, mi sono lasciato sopraffare dal suo potere e ho distrutto tutto.»

«Va bene così, Naruto. - rispose secca Tsunade. Sei ancora giovane e inesperto, è normale che tu non ci riesca. Quello di cui hai bisogno è di crescere e di allenarti molto per riuscire a fare a meno di quel potere.»

«No che va bene! -  tuonò Naruto. Che cosa accadrebbe se una di queste volte in cui perdo il controllo ferissi uno dei miei compagni? Crede che riuscirei a perdonarmi?!»

Un punto ben fermo a cui rispondere serviva una gran cura delle parole.

«Di questo non devi preoccuparti. Ci siamo sempre noi o Kakashi a tenerti sott’occhio e a impedirtelo.» disse Jiraiya.

Naruto non era assolutamente d’accordo.

«Può darsi, ma voi non ci sarete sempre e potrebbe succedere in qualunque momento! Tipo, ora Sasuke si comporta in modo strano, ha addirittura cercato di uccidermi, però il maestro Kakashi ci ha fermato prima che potessimo ferire noi stessi e Sakura. Quella volta ho sentito chiaramente che la volpe era intervenuta nello scontro. Mi sussurrava di uccidere Sasuke!»

Jiraiya e Tsunade si lanciarono uno sguardo reciproco. Di certo, non avrebbero mai immaginato che la volpe a nove code riuscisse a far breccia nella mente della sua forza portante in quella maniera tanto subdola. Non era mai successo con le precedenti forze portanti del demone; era come se, in qualche modo, la volpe fosse molto interessata ad appropriarsi del corpo di Naruto, notando di quante debolezze quest’ultimo fosse provvisto.

L’espressione di Naruto cambiò nuovamente, dilatando al massimo le crepe nel cuore dei due adulti. La sua era un’espressione di denso terrore.

«Non posso perdere nessuno di loro! Tutti i miei amici sono così importanti e non voglio restare più da solo! Non voglio!»

Jiraiya e Tsunade si chiesero che cosa potessero fare per il quel povero ragazzo e scoprirono che non sarebbero riusciti a fare nulla, se non rinchiuderlo in qualche gattabuia per impedire che desse di matto; tuttavia non potevano farlo, questo glielo dovevano assolutamente a Minato, che aveva sacrificato se stesso e suo figlio per il bene del villaggio.

D’un tratto, Naruto smise di tremare come una foglia e riacquistò tutta la sua determinazione. L’avere messo a nudo tutte le sue emozioni, gli era servito appunto per raggiungere quella risolutezza necessaria per andare fino in fondo con il suo piano.

«Quei tizi vogliono la volpe che c’è dentro di me e sono certo che arriverebbero pure ad assaltare il villaggio pur di avermi. Non lo permetterò! Andrò con loro e sfrutterò questi momenti per lasciare che la volpe li uccida tutti! Proteggerò il villaggio e tutte le persone a cui tengo da lontano.»

Jiraiya e Tsunade erano allibiti. Davvero Naruto aveva escogitato tutto da solo un piano del genere? Era un’autentica follia.

«Frena un momento, ragazzo!» lo bloccò Jiraiya.

«Quello che stai proponendo di fare è troppo pericoloso! - si aggiunse Tsunade. Non abbiamo la più pallida idea della forza dei membri di questa organizzazione, ma solo per il fatto che Itachi Uchiha è fra questi individui, dovrebbe essere un ottimo deterrente per farti desistere! Non permetterò che tu ci vada! Assolutamente no!»

«Sono d’accordo con Tsunade. - disse Jiraiya. E’ troppo pericoloso.»

Naruto si alzò di scatto, sbattendo le mani sulla scrivania del capo villaggio; quei due proprio non capivano, perché gli era venuto in mente di andarglielo a dire? Avrebbe fatto meglio ad agire e basta a quel punto.

«Sono l’unico che può farlo, senza destare sospetti! - replicò Naruto. Avete tutti e due una testaccia così dura che non lo volete proprio capire!»

Nonostante tale determinazione, anche Jiraiya non fu da meno nell’esternare con forza i suoi punti.

«E io ti ripeto che la tua è un’idea folle! Ho promesso a tuo padre che ti avrei protetto e non permetterò che tu ti vada a gettare nella tana del lupo! Questa discussione finisce qui!»

«Tu non sei mio padre, non puoi dirmi che cosa devo fare! Io ho deciso che andrò via dal villaggio e lo proteggerò dall’esterno da dentro Akatsuki. Devi rispettare questa mia decisione!» fu la secca risposta di Naruto.

Per un attimo le parole che aveva ricevuto avevano fatto sbilanciare la confidenza di Jiraiya, tanto che anche Tsunade ebbe l’istinto di lanciargli uno sguardo per vedere se stesse bene.

No, Jiraiya non stava bene. Non poteva permettere che Naruto realizzasse il suo scopo o non sarebbe mai stato più in grado di presentarsi alle lapidi dei suoi genitori. Per lui, Minato era stato come il figlio che non aveva mai avuto, quindi Naruto non era solo un figlioccio o un allievo, era come se fosse suo nipote: era la sua famiglia.

«So benissimo che non sono tuo padre, ma io sono il tuo maestro e se questo vecchio sciocco conterà ancora qualcosa per te, ti chiedo di ascoltarlo.» disse laconico Jiraiya.

L’uomo poi si voltò verso Tsunade, facendole cenno che aveva bisogno del suo aiuto nella questione.

«Naruto. - intervenne per l’appunto Tsunade. Non andare oltre o ti faccio rinchiudere nelle segrete, finché non ti sarai calmato. Modera i toni o sarai in guai seri.»

Naruto non si arrese, non lo faceva mai.

«Picchiami, se lo ritieni opportuno, nonna, ma sai benissimo che ho ragione. Perché non riuscite ad avere fiducia in me?! Posso farcela!»

«Non è una questione di fiducia, dannata testa quadra. - replicò Tsunade. Qui stiamo parlando di un pericolo sconosciuto. Che razza di persone saremmo, se ti mandassimo da solo ad affrontare quei mostri?! Non potrei mai perdonarmi, se ti succedesse qualcosa.»

«Credete in me, vi prego! Posso farcela! Posso farcela!» insistette Naruto aumentando il timbro della voce.

Fu per la prima volta che Jiraiya notò il particolare fuoco negli occhi del giovane ninja, era la medesima espressione che un tempo aveva lui, quando ancora credeva nell’impossibile; magari con il tempo, anche il grande Jiraiya stava iniziando a prendere qualche sbandata. Davvero voleva permettere che i suoi sentimenti intralciassero un giudizio? Magari Minato aveva ragione a credere in suo figlio, per questo gli aveva affidato la volpe a nove code e il futuro del villaggio. Probabilmente, era quella la cosa giusta da fare; che idiota era stato a non averlo capito prima.

«Va bene! Potrai agire come vorrai, ma a una condizione: fra un mese ti voglio rivedere!» dichiarò l’uomo a bruciapelo.

Era chiaro che l’espressione stravolta di Tsunade era del tutto pertinente a quello che stava succedendo. La donna era così sconvolta che lasciò perdere la sua compostezza e afferrò Jiraiya per il colletto del suo abito.

«Che diavolo ti dice il cervello, Jiraiya?! A furia di bere come un pazzo ti si è fritto tutto!» sbottò la donna furibonda.

«Quello che hai detto prima non vuol dire niente allora? Perché diavolo lo hai detto? Per farmi sentire in colpa per essere la cattiva di turno?!» continuò ancora la donna.

«Non è per questo! - disse Jiraiya a sua discolpa. Ma penso che dovremmo dargli ascolto. Dovremmo dargli fiducia.»

Tsunade non riusciva proprio a capire. Come poteva Jiraiya cambiare così rapidamente idea? Che cosa aveva visto in Naruto da fargli muovere così tanto le idee? Lo doveva assolutamente scoprire.

La donna mollò l’uomo e si diresse verso il ragazzino per fissarlo per bene.

«Sei sicuro di quello che fai? Non potrai tornare indietro, prima della distruzione totale dell’organizzazione. Sarai marchiato come traditore e non sarai più un ninja della Foglia.»

Tsunade era in pena per lui. Sebbene sapesse che Naruto fosse un ragazzo molto determinato, ma era così pieno di debolezze che aveva paura che le sue intenzioni venissero scoperte fin da subito dai membri dell’Akatsuki.

«Lo devo fare! - dichiarò Naruto. Devo imparare a controllare il potere della volpe e solo loro potranno aiutarmi a farlo a loro rischio e pericolo. Se mi vogliono, non mi uccideranno.»

Tsunade sospirò. La sua espressione era così simile a quella del suo fratellino Nawaki, la stessa ambizione nel diventare il protettore dei più deboli, lo stesso sguardo pregno di sicurezza del suo amato Dan che si era sacrificato per il bene di tutti. Tsunade non voleva perdere anche Naruto, eppure sentiva che era giusto lasciarlo andare, perché era ciò che aveva fatto con le due persone che più amava nella sua vita; nonostante queste ultime fossero morte, non erano mai state private della cosa più importante: la propria libertà.

L’istinto materno di Tsunade si risvegliò, muovendo la donna ad abbracciare con calore Naruto, lasciando nello stupore entrambi gli altri due presenti nella stanza.

«Ti prego. Stai attento.» piagnucolò la donna, tremando come una foglia.

Naruto era rimasto senza parole.  Era la prima volta che qualcuno lo abbracciava in questo modo, con così tanto affetto. Che fosse quello il tanto famoso amore materno che aveva sempre desiderato? Una sensazione magnifica.

Naruto allora decise di rispondere all’abbraccio nella medesima maniera e scoprì che le poche incertezze che erano rimaste nel suo animo erano scomparse; in fin dei conti, aveva fatto bene ad andare a parlare con quei due.

«Non vi deluderò, ve lo prometto. Farò questa missione e quando tornerò lavorerò sodo per farmi accettare da tutti. Riuscirò a diventare Hokage!»

Tsunade lo strinse ancora di più. Naruto aveva un sogno bellissimo, proprio come quello del suo amato fratellino e dell’uomo della sua vita; era giunto il momento di credere anche in lui.

«Nonna Tsunade, non riesco più a respirare. Sei troppo forte!» sbottò a un certo punto il ragazzino.

La donna doveva avere esagerato con il suo affetto, per fortuna che Jiraiya e aveva messo una mano sulla spalla per farle segno di smetterla, altrimenti l’unica richiesta di salvezza del giovane Uzumaki sarebbe andata in fumo con tutto il resto.

«Ops, scusami!» sbottò la donna, arrossendo vistosamente.

Una volta dopo avere ripreso il suo solito tono composto, il Quinto Hokage si rivolse nuovamente al giovane shinobi di fronte a lei.

«Hai un mese di tempo. Se per quel lasso di tempo non riuscirai a infiltrarti per bene nel nemico, allora tornerai al villaggio assieme a Jiraiya, intesi?»

Naruto scattò sull’attenti, con la sua tipica grinta e un coraggio da vendere che riuscivano a nascondere per bene tutte le paure che il giovane ninja stava provando.

 

«Beh, tutto questo è interessante, ma poi che cosa è successo?» domandò insistente Rina.

La storia di Naruto aveva tenuto sul fiato sospeso tutti i presenti, i quali non volevano assolutamente il racconto, perché significava raggiungere finalmente la consapevolezza che tutto quello che avevano fatto in quegli anni era servito a qualcosa.

«Mi unii ad Akatsuki. - continuò Naruto. Non fu facile però diventare un membro effettivo dell’organizzazione, così Pain mi affidò una missione, ovvero di recuperare l’anello che un tempo era in possesso Orochimaru. Per quella missione non partì da solo, Pain mi mise sotto lo sguardo vigile di Itachi e insieme riuscimmo a portare a termine il lavoro, anche se la parte più dura, devo ammetterlo toccò tutta al caro vecchio Itachi.»

Al solo pensare a quegli avvenimenti passati, Naruto non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso amaro; in fin dei conti, era rimasto molto triste, quando aveva appreso della notizia della morte di Itachi.

Proprio in merito su questo rapporto con Itachi, gli venne fatta una domanda mirata da parte dell’inaspettato Sai.

«Tu e Itachi Uchiha eravate amici?»

Una gran bella domanda. Naruto impiegò qualche secondo, prima di dare la risposta.

«Forse. Non ho mai capito del tutto Itachi, era la persona più criptica del mondo. Però, io l’ho rispettavo molto. Era un grande shinobi.»

«Un grande shinobi?! - sbottò Kiba. Ma se ha ucciso il suo intero clan, inclusi i suoi genitori!! Ma fammi il piacere!»

«Io non l’ho mai giudicato per quello che ha fatto! - fu la secca risposta di Naruto. Itachi è sempre stato molto riservato su questo e io gliel’ho chiesto solo una volta. Lui mi disse che nonostante tutto quello che aveva fatto, si sentiva ancora uno shinobi del villaggio della Foglia e questo, secondo me, gli fa onore.»

«Dici così anche sapendo che è lui la causa per cui Sasuke sta combinando tutti questi casini?» sbottò Ino.

«Sì. Non mi rimangio mai quello che dico.» ribatté Naruto con pugno fermo.

I ragazzi della Foglia furono molto perplessi, perché era veramente strano parlare di Itachi Uchiha con quei termini, dopotutto quest’ultimo non era altri che un pluri-omicida della sua stessa famiglia, militante nell’organizzazione più pericolosa del mondo e pericoloso avversario che si era frapposto fra loro e il loro obiettivo una svariata serie di volte.

Shikamaru stava pensando molto su questa cosa, ma convenne che il tempo per parlare di Itachi ci sarebbe stato successivamente; c’era altro a cui pensare.

«E’ vero che Akatsuki ti ricattava usando noi come espediente?»

Anche quella volta, Naruto venne colto di sorpresa dalla spiccata arguzia di Shikamaru; a quanto sembrava, loro sapevano veramente tutto quello che era successo e forse era anche per quella ragione che era così arrabbiati con lui.

Naruto convenne allora che, considerando come stavano le cose, essere assolutamente sincero era la massima priorità per far sì che almeno i suoi amici potessero capire le sue ragioni.

«Sì.» rispose Naruto.

Una risposta secca che si abbatté su tutti i presenti, i quali non avevano mai dubitato di quanto Kakashi aveva raccontato loro su Naruto, ma sentire tali parole da parte del diretto interessato aveva sicuramente un effetto maggiore.

«Quindi… - esordì Sakura, tremando. Le volte in cui hai provato a ucciderci era solo una messa in scena per quelli di Akatsuki, non è così? E che cosa ti hanno obbligato a fare, minacciandoti in questo modo?»

Naruto strinse i pugni con tutta la forza che possedeva, si sentiva ancora male al solo pensare a tutte le orrende cose che aveva fatto per l’organizzazione, lasciandosi andare alla cieca furia omicida della volpe a nove code.

«A combattere usando il potere della volpe. - spiegò Naruto. Durante tutti questi anni che non ci siamo incontrati, ho partecipato a molte campagne militari per conto di Akatsuki. Quando combattevo, non ero padrone di me, perché non ero capace di controllare il potere della volpe.»

Non cambiava nulla. Quello che stava dicendo non era un modo per discolparsi delle orribili nefandezze che aveva compito; quel senso di sporcizia non lo avrebbe mai abbandonato, mai.

«So bene che questa è solo una scusa per giustificare le innumerevoli vite che ho spezzato, ma non riuscivo a sconfiggere la volpe, era troppo forte per me.»

«Ed eri posseduto anche quando abbiamo combattuto la prima volte contro di te?» domandò Sai.

Naruto impiegò qualche istante per rispondere. Quella volta era stata molto importante per lui, perché grazie ai suoi amici, e in special modo a Hinata, era riuscito a riprendere per intero il controllo della sua mente e del suo corpo.

«In parte, direi. - rispose Naruto. In qualche modo, grazie alle vostre parole sono riuscito a riprendere il controllo di me stesso, evitando il disastro.»

In quel momento, Hinata comprese che quelle parole si riferivano nello specifico proprio a lei e non poté fare a meno di arrossire, sentendosi orgogliosa di quello che era riuscita a fare; allora tutte quelle volte in cui pensavano di avere fallito, in realtà erano riusciti tutti loro a salvare Naruto.

«Questa cosa della possessione è una tale rottura.» intervenne Shikamaru.

«E adesso? Sei ancora vittima della volpe?» chiese Shino.

Naruto sorrise. Era da un bel po’ che la volpe era tranquilla per via del patto che avevano fatto e lui poteva usare parte del suo chakra a suo piacimento; di quel patto, però, doveva assolutamente evitare di parlarne.

«No. - dichiarò Naruto con soddisfazione. Quando combattei contro Pain, rischiai quasi di rompere il sigillo, ma per mia fortuna, intervenne nuovamente mio padre, rafforzandolo nuovamente. Da allora la volpe è rimasta tranquilla.»

I ragazzi lì presenti rimasero perplessi su quanto appena udito. Tutti loro erano presenti all’assalto al villaggio della Pioggia e ricordavano benissimo il cataclisma che Naruto aveva generato, nel momento in cui Pain aveva quasi ucciso Hinata davanti ai suoi occhi. Durante quello scontro, era stata addirittura liberata l’ottava coda, tanta era la furia provata da Naruto per essere stato privato dell’affetto della sua cara amica.

«Quindi quella volta è stato tuo padre a salvare la situazione.» commentò Shikamaru.

Chi era questo famoso individuo che era riuscito a fermare la volpe. Il genio della Foglia ritenne che anche quello fosse il caso di investigare.

«Com’è che questa è la prima volta che sento di parlare di tuo padre? Come mai non ne sappiamo nulla?»

«Il papà di Naruto… - sibilò Hinata. Chissà che tipo è.»

Naruto sorrise ancora una volta; non avrebbe mai dimenticato le parole che quella volta gli disse suo padre. Che grand’uomo che aveva come padre.

«Mio padre ha sigillato parte della sua anima dentro quel sigillo, in caso succedesse una cosa del genere. Era veramente un tipo tosto, non c’è che dire, altrimenti non sarebbe diventato Hokage.» disse a bruciapelo il ragazzo biondo.

Qualcuno finalmente comprese quello che Naruto voleva dire. Non c’erano altri dubbi di chi fosse il padre di Naruto.

«Aspetta un momento, Naruto. - disse Neji. Non vorrai dire che tuo padre è il Quarto Hokage, non è così?»

Una notizia strabiliante, assolutamente incredibile.

«Ehh?! Ma dici davvero?!» sbottò Ino.

Quella volta fu il turno di Naruto di guardare sorpreso tutti i suoi amici, non immaginava di certo che una notizia del genere potesse sconvolgerli fino a tal punto.

«Credevo che lo sapevate, insomma, non è che mio padre fosse così sconosciuto al villaggio.»

«Non è questo! - precisò Ten Ten. Ti rendi conto che sei il figlio di un uomo semplicemente straordinario? Tuo padre è un grande eroe!»

Certo che Naruto lo sapeva, ma il solo fatto di sentirselo dire, non faceva altro che aumentare il suo orgoglio di essere figlio di un grande eroe che aveva dato la vita per salvare il villaggio.

In tutta quella meraviglia, tuttavia, ci fu spazio anche per le frecciatine malvagie di Neji, il quale non si era per nulla ammorbidito dal racconto dell’Uzumaki e gli portava ancora rancore vivo.

«Chissà come la prenderebbe tuo padre, se sapesse ciò che hai combinato per tutto questo tempo. Secondo me non sarebbe così contento di avere una disgrazia di figlio come te.»

Un commento cattivo che attirò su di sé gli sguardi di tutti.

Persino Hinata cedette con un grosso rimprovero nei confronti del cugino.

«Come puoi dire queste cose, Neji? Tu non sai quello che Naruto ha passato.»

Neji ormai era a briglie sciolte.

«Oh, ma certo, pensiamo tutti a quello che è successo al povero Naruto.» sbottò il cugino arcigno.

Dopodiché Neji si rivolse a Naruto.

«Naruto. Sarà anche vero che ti sei sacrificato per il bene del villaggio e ti ammiro per questo, ma non posso assolutamente perdonarti per tutto quello che hai fatto passare ai tuoi compagni. La verità è che tu sei stato del tutto insensibile nei nostri confronti. Te ne sei fregato e non penso che riuscirai mai a guadagnarti la nostra fiducia.»

Naruto abbassò il capo. Le parole di Neji pesavano come enormi macigni che lentamente lo ricoprivano, fino a privarlo dell’ultimo alito di ossigeno disponibile. Nonostante tutto, Naruto si era stupidamente illuso che bastasse aprire il suo cuore agli altri per sperare in una comprensione per tutto quello che aveva fatto, ma evidentemente non era stato a sufficienza.

«Hai assolutamente ragione, Neji. - rispose Naruto. Anche adesso, penso che sperare in un vostro perdono sia stato egoista da parte mia. Vi chiedo scusa a tutti voi.»

Neji iniziò a ritenersi soddisfatto, soprattutto perché nessuno, a parte la cugina, lo stava interrompendo da quello che stava dicendo, segno evidente che il suo era un pensiero condiviso dal gruppo. In questo modo, Neji decise di continuare a dire tutto ciò che pensava.

«Sia tu che Sasuke vi siete buttati tutto alle spalle e avete deciso di abbandonare tutti per seguire il vostro tornaconto. Non approvo assolutamente quello che avete fatto, facendo soffrire tutte le persone che vi volevano bene. In realtà, voi avete semplicemente scelto la strada più facile.»

«Aspetta un attimo, Neji! - si intromise Chouji. Non hai sentito la storia di prima? Naruto sicuramente non ha fatto le scelte giuste, ma non ha fatto la strada più facile. Io lo conosco bene e ti posso assicurare che lui ha sempre scelto la strada più difficile, come quella volta che rubammo un pezzo di torta che aveva fatto la mamma di Shikamaru.»

L’esempio fatto da Chouji riportò un aura di allegria fra il gruppo, ma ciò non impedì allo stoico Neji di restare fermo sui suoi passi.

«Che branco di baggianate...»

A quel punto, fu nuovamente il turno di Shikamaru, il quale aveva dapprima dato una pacca amichevole Neji con lo scopo di farlo calmare, poi prese la parola.

«Sicuramente è chiaro che perdonarti, caro Naruto, non sarà facile, ma c’è da dire che come shinobi mi hai sorpreso. Ai tempi dell’accademia non avrei scommesso un solo ryo su di te e ora non solo ti sei dimostrato un degno ninja della Foglia, ma sei anche riuscito a battere Pain. Di certo questo varrà qualcosa, non credi anche tu?»

Naruto sorrise con gratitudine a Shikamaru, fra quei due c’era sempre stata un’ottima comprensione reciproca, forse perché Shikamaru era così geniale da capire come ragionava un sempliciotto come lui che risolveva tutti i problemi con i pugni.

«Sarà come dici tu, ma finora non sono riuscito a cavare un ragno dal buco e ho Madara che mi da la caccia dalla mattina alla sera. Menomale che ci sono questi tre ragazzi, Konan e il maestro Kakashi che hanno saputo tenermi a bada.» disse Naruto.

«Vedrai, con il tempo ci riuscirai. - continuò Shikamaru. Dopotutto alcuni di noi ti hanno già perdonato, agli altri ci vorrà del tempo.»

Già, tempo che fino ad ora tutti si erano ricordati che stesse scorrendo rapidamente, mentre facevano quella lunga chiacchierata. Per tutto quel tempo, Sasuke avrebbe potuto combinarne di cotte e di crude e loro erano ancora lì a giocherellare; solo allora tutti capirono che le intenzioni di Naruto erano anche quelle di tenerli bloccati lì e di non interagire con Sasuke.

Di fatti, quando Naruto aveva usato la modalità eremita, era riuscito a percepire il chakra del suo migliore amico a poche miglia dalla loro posizione e non era da solo; assieme a lui c’erano anche Madara, Danzo e un chakra che non aveva mai percepito prima: probabilmente Sasuke e Madara avrebbero tentato di assassinare Danzo, ma per il momento, Naruto non sapeva dire che cosa stesse esattamente succedendo laggiù.

All’improvviso, Sakura fece un passo avanti, determinata ad andare fino in fondo con la sua decisione.

«Che succede, Sakura? Per tutto questo tempo sei rimasta in silenzio.» disse Hinata, preoccupata per l’amica.

«Non lo avete capito?! - tuonò la ragazza. Naruto sta cercando di guadagnare tempo per non farci andare da Sasuke!»

Era proprio così. D’un tratto, tutti quanti si fecero dannatamente seri a fissare l’amico che da tanto non vedevano, provando tanto disagio per come si erano fatti usare.

«Sakura ha ragione! Dobbiamo pensare a Sasuke!» sbottò Ino.

Sai andò rapidamente accanto all’Uzumaki. L’assetto da combattimento stava per tornare nella sua posizione originaria con Sai che si sarebbe avvalso dell’aiuto di Naruto e dei suoi allievi per fermare i suoi amici; i ragazzi della Foglia che volevano continuare nella loro impresa, ben sapendo dell’enorme rischio che correvano; Sakura che aveva provato ad avvelenare tutti quanti per sbrigarsela da sola; Naruto che in tutto questo si dispiaceva nel fare nuovamente la parte del cattivo, benché sapesse che fosse necessario per il bene dei suoi amici.

Naruto provò per l’ultima volta a persuadere i suoi amici dal proseguire quella folle idea.

«Sentite, ragazzi. - incominciò. Lasciate che sia io a occuparmi di Sasuke, fidatevi di me. E’ troppo rischioso avvicinarlo.»

Le parole di Naruto pesarono moltissimo sugli animi dei presenti. Macigni pesantissimi che ribadivano quanto inutili fossero i loro propositi, senza la forza necessaria per riuscire a portarli a termine.

Nessuno aveva intenzione di rimanere in panchina, mentre i più forti si davano battaglia. Nessuno si sarebbe più limitato a guardare, lasciando le responsabilità più importanti a poche persone.

Sakura fece un passo in avanti.

«Togliti dai piedi, Naruto!» ordinò la ragazza.

Naruto sospirò, amareggiato. A quanto sembrava, le parole non sarebbero state sufficienti per fermare i suoi amici, di conseguenza, il ragazzo si alzò dal suo giaciglio e tornò in modalità eremita: avrebbe fatto di tutto, pur di fermarli dal compiere sciocchezze.

«Non vi fermerete, non è così? Avete capito o no che Sasuke è molto forte e pericoloso? Al summit dei Kage, ha ucciso molta gente e ha provato anche a uccidere i capi di stato.»

«Che cos’ha fatto Sasuke?!» sbottò Kiba.

«Quello che vi avevo già detto. - ribadì Sai. Non so che cosa lo motivi, ma sembra che abbia dichiarato guerra all’intero mondo ninja.»

Shikamaru allora si rivolse nuovamente a Naruto.

«E perché tu non hai provato a fermarlo?»

«Ero impegnato a combattere contro Danzo. Era più importante fermare quel vecchio, prima che prendesse il controllo del villaggio.» rispose Naruto.

«Porre delle priorità? Non è da te!» sbottò Neji.

Una frecciatina importante per innescare un’altra notizia che Naruto ritenne necessaria per tutti.

«Scherza pure quanto vuoi, simpaticone, ma ora come ora, serve che il maestro Kakashi diventi Hokage per ripristinare l’ordine nel villaggio. Il maestro ha già ottenuto il pieno appoggio dagli altri Kage.»

Ancora altro stupore. Le notizie stavano arrivando a una velocità tale, che da quel momento in poi, nessuno dei presenti sarebbe mai stato più spaesato, quando delle novità si sarebbero accavallate in quella malsana maniera.

«Quindi il maestro Kakashi diventerà Hokage? - commentò Shikamaru. Forse è la migliore scelta che si potesse fare. So che mio padre aveva proposto proprio il maestro come successore della signorina Tsunade. Se solo il signore feudale non si fosse fatto influenzare da Danzo, a quest’ora non ci ritroveremmo in questa situazione.»

«Sarà anche vero, ma non dimentichiamoci che dobbiamo andare a fermare Sasuke. Questo perché non può continuare ad agire indisturbato, causando tutti questi problemi.» intervenne Shino.

«Proprio così. Dobbiamo essere noi a fermare Sasuke, dato che il maestro Kakashi ha altri impegni.» continuò Ino con decisione.

Naruto fece un altro passo avanti, fermo nella sua decisione.

«Non ve lo permetterò!» ribadì Naruto.

Nonostante la velata minaccia esposta da Naruto, i ragazzi della Foglia rimanevano risoluti nella loro decisione, anche se questo avrebbe comportato il loro impegno a combattere con l’amico, pur di raggiungere il loro risultato.

«Allora abbiamo proprio un bel problema.» commentò Shikamaru con cinismo.

La coscienza che un combattimento inevitabile contro Naruto sarebbe nettamente slittato a favore di quest’ultimo, aveva condotto i presenti a reputare necessaria la collaborazione di tutti loro per riuscire quanto meno a immobilizzare il potente avversario e i suoi alleati. Sarebbe stato necessario molto impegno per giungere a tale risultato, pertanto tutti si affidavano alla geniale mente di Shikamaru per un piano che sarebbe riuscito con certezza.

Naruto era forte, era innegabile, per questo motivo necessitavano misure efficienti per sfruttare le sue debolezze a loro favore. Tuttavia, Shikamaru non era sicuro che le debolezze dell’amico di cui era a conoscenza, fossero ancora reputate tali, dopotutto era passato molto tempo, dall’ultima volta in cui aveva lavorato con lui.

Shikamaru aveva già progettato il suo piano. La sua tecnica del controllo dell’ombra era l’unico modo per tenere bloccato l’avversario, per il tempo necessario da permettere a tutti di raggiungere Sasuke. Non sarebbe stato facile bloccarlo, quindi si sarebbe servito dell’ausilio dei suoi amici.

«Neji, Rock Lee, Chouji e Ino. Voi mi aiuterete per bloccare Naruto. - comunicò il Nara. Userò la mia tecnica del controllo dell’ombra per fermarlo.»

Poi c’era Sai. Sebbene non fosse allo stesso livello di Naruto e non fosse imbattibile, il ragazzo aveva una mente tattico militare che nessuno di loro poteva immaginare; non era assolutamente da sottovalutare sia per gli scontri da lunga distanza che da distanza ravvicinata.

«Kiba, Akamaru, Hinata, Shino e Ten Ten. Voi pensate agli altri.» ordinò il Nara.

Nessuno replicò. I piani di Shikamaru non erano mai falliti.

Qualcuno però si sentì tirato fuori dal piano e non sprecò la sua occasione per farlo notare al macchinista. Sakura non perse tempo.

«E io?» domandò Sakura.

Shikamaru non aveva dimenticato il tentativo di Sakura di drogare tutti quanti per raggiungere Sasuke. Il piano attuale di Shikamaru consisteva appunto di controllare Sakura dal commettere follie insensate.

«Tu non dovrai staccarti da qui. Con Sasuke di mezzo, non riesci a ragionare.» replicò il Nara.

Sakura sbuffò. Ancora una volta le veniva impedito di vedere Sasuke e porre fine alle sue decisioni finali. Lei aveva preso la sua decisione, era risoluta nel portarla a termine e quelle interferenze riuscivano solo a destabilizzarla; non lo avrebbe permesso a nessun costo.

«Vaffanculo! Non mi fermerete!» sbottò Sakura.

La ragazza spinse via Kiba e Chouji che aveva davanti, usando la sua poderosa forza fisica. Non si sarebbe lasciata mettere da parte da tutti loro, non lo avrebbe permesso assolutamente.

«Calmati, Sakura!» la supplicò Hinata, correndole contro.

«Non obbligarci a usare la forza per fermarti, Sakura!» minacciò Shikamaru.

Sakura non prestò loro attenzione e quando Hinata le apparse di fronte, nel tentativo di fermarla, ella la guardò con aria supplicante, facendo leva sulla complicità che fra di loro c’era sempre stata dai tempi quando si promisero di aiutarsi a vicenda per riportare i loro amati sulla retta via.

«Aiutami, Hinata.» la implorò Sakura.

Davanti allo sguardo supplicante della sua amica più cara, Hinata non riuscì a tirarsi indietro, anche se sapeva benissimo che quello che stavano giocando era molto pericoloso e significava mettersi contro tutti quanti, incluso Naruto.

«V-va bene!» assentì la corvina.

Quindi Sakura non ebbe più freni. Aveva a disposizione l’aiuto della sua amica più fidata, il casino che il resto del gruppo avrebbe generato nel combattere Naruto e un grosso ammasso di determinazione che non l’avrebbe fermata mai nessuno.

Sakura ci sarebbe riuscita, avrebbe oltrepassato tutti gli ostacoli che le impedivano di porre a termine il suo piano e avrebbe affrontato Sasuke, lei solamente. La ragazza strinse i pugni con tutte le sue forze, dopodiché, fra lo stupore generale, colpì il suolo, generando l’autentica distruzione di tutto il campo di battaglia.

«Ma che diavolo..:!!» sbraitò Shikamaru.

Il genio della Foglia si era lasciato scappare anche un’imprecazione per essere stato colto così alla sprovvista. Non erano già troppi i problemi da affrontare? Adesso c’era pure Sakura in mezzo.

Il suolo si sgretolò a pezzi, molti pilastri rocciosi sbucarono dal suolo per effetto dei movimenti tettonici provocati da quel pugno, simile a un violento terremoto.

Tutti erano stati colti alla sprovvista e per qualche secondo non poterono far nulla per impedire a Sakura di continuare nei suoi propositi, a causa dei movimenti improvvisi del terreno sopra cui poggiavano i piedi, facendo loro perdere l’equilibrio.

Sakura compì un rapido balzo verso la direzione indicatale da Hinata, nella quale avrebbe trovato Sasuke; era fatta.

Purtroppo per lei, Naruto fu abbastanza abile a usare il suo Rasengan per eliminare gli ostacoli di fronte a sé, per tale ragione, egli ebbe l’opportunità di apparire di fronte a Sakura, sbarrandole la strada con tutta la sua determinazione.

«Ho detto che non passerà nessuno!» dichiarò laconico l’Uzumaki.

A quel punto, Sakura dovette prendere una decisione che avrebbe decretato l’apertura del conflitto fra di sé e il vecchio amico, ma lei voleva incontrare Sasuke, doveva incontrarlo ed era disposta a tutto pur di raggiungere il suo scopo. Sakura caricò nuovamente il suo pugno di chakra e si gettò a capofitto contro Naruto.

«Togliti dai piedi!» minacciò lei.

Un pugno del genere, capace di radere al suolo un interno campo, un colpo del tutto simile a quello del Quinto Hokage, avrebbe potuto uccidere una persona comune o, quanto meno, provocare ferite così gravi che il soggetto non si sarebbe mai potuto riprendere. Pur di rivedere Sasuke, a Sakura non importò nulla che Naruto potesse ridursi a tale maniera, ma per qualche attimo la ragazza esitò, timorosa di fare qualcosa di cui si sarebbe potuta pentire.

Naruto precedette la sua titubanza e bloccò i movimenti di Sakura, assorbendo l’intero colpo con le mani infuse di chakra da eremita.

«Stupida cretina! Non ti permetterò di andare!» dichiarò Naruto minaccioso.

Naruto non riusciva a credere che potesse risentire del pugno di Sakura. Il ragazzo dovette ammettere che parte del radio doveva essersi incrinato, durante l’impatto; questo significava che Naruto avrebbe dovuto prendere Sakura sul serio o si sarebbe fatto veramente male.

Sakura la considerò una sfida. Avrebbe combattuto per raggiungere il suo obiettivo e, nel mentre, avrebbe pestato per bene Naruto per tutto quello che aveva fatto loro passare.

«Lo hai voluto tu!» tuonò la ragazza.

Da quel momento in poi, Sakura non avrebbe avuto più alcune riserve con Naruto.

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Capitolo 20
*** LA TECNICA PROIBITA DEGLI UCHIHA ***


Devo proprio ammettere che il precedente capitolo è piaciuto a molti e di questo sono veramente contento, ciò mi stimola a continuare nel mio lavoro, nonostante la serie originale sia finita già da un anno e scriva tutto a rilento. In un modo o nell’altro, mi piace immergermi in questo mondo, forse perché Naruto mi manca veramente molto come manga. Aspettare l’uscita settimanale era brutto, ma piacevole e indispensabile; ora, con One Piece che esce una settimana sì e una no e Bleach, la cui trama risulta essere la più noiosa, ho bisogno di ritagliare uno spazio per la mia mente contorta. Oh, un consiglio per quei “pochi” che ancora non lo seguono, ma leggete One Punch Man. Detto questo breve interloquio, vi auguro una buona lettura.


Sakura era spossata a causa dell’eccessivo spreco di chakra, tutto per colpa della sua folle decisione di ingaggiare un combattimento contro Naruto. Non avrebbe mai immaginato che quest’ultimo fosse così forte, dopotutto era riuscito a bloccare due dei suoi pugni distruttori; non ci si poteva aspettare altro da colui che aveva battuto il temibile Pain. Nonostante questo, Sakura era confidente nelle sue capacità e sulla effettiva validità delle sue ragioni.

Sakura poteva ancora continuare a combattere, era solo necessario dosare le sue forze, così da sfruttarlo al meglio. Lei era sempre stata brava nel controllo del chakra, fin dai tempi dell’accademia e l’essere diventata un ninja medico, addirittura sotto la tutela del Quinto Hokage, non aveva fatto altro che avvalorare la tesi dei suoi insegnanti: se avesse continuato per quella strada, un giorno sarebbe diventata una persona molto importante all’interno del villaggio della Foglia; avrebbe persino superato il Quinto Hokage.

Sakura non dimenticava mai i tempi quando era una timorosa bambina timida dal pianto facile, ricordava quando la figura della sua determinata amica Ino fosse importante per la sua autostima; poi era giunto Sasuke. I suoi ricordi erano limpidi come l’acqua, quando si soffermava a pensare alla prima volta che lo aveva visto:  bello, misterioso, con uno sguardo penetrante e bravissimo in ogni cosa che facesse; a quei tempi era una moda, ma Sakura se ne innamorò all’istante, proprio come tutte le sue compagne di classe, Ino inclusa. Questo aveva provocato l’allontanamento delle due amiche, ora in competizione per il cuore del tenebroso amato.

Quando Sakura entrò nella squadra 7, assieme a Sasuke e Naruto, si riteneva la persona più fortunata del mondo, perché era riuscita dove altre avevano fallito, ovvero passare del tempo con Sasuke. Da lì a breve, Sakura aveva compreso che la sua non era una spicciola cotta, ma era qualcosa di serio e più il tempo passava, più si rendeva conto che lei voleva stare con Sasuke e con nessun altro.

Poi c’era Naruto, il compagno fidato, uno che all’inizio odiava pure la sola presenza, perché dalla brutta fama e scontroso con tutti. Con il tempo, Sakura si era resa conto che Naruto in realtà era una persona molto affidabile, un vero amico, un fratello.

Sakura non poteva chiedere di meglio.

Sasuke e Naruto erano sempre lì per lei, la aiutavano e la sostenevano nelle avversità e poi, c’era il maestro Kakashi che li guidava nel difficile cammino della crescita e li consigliava al meglio che poteva.
Tutto era perfetto fino a quel giorno maledetto, quando entrambe le sue colonne se ne andarono via dal villaggio, lasciandola sola, assieme a tutte le sue debolezze che prima d’ora non aveva mai affrontato. La notte in cui Sasuke le dette quell’addio l’aveva tormentata per molto tempo, non poteva negare, infatti, che tutt’ora tali avvenimenti la lasciavano sveglia la notte per il dolore da lei provato a quel tempo. Sakura era stata solo capace di frignare al capezzale dei suoi amici, nient’altro, affidandosi a Naruto per riportare indietro il suo amato, ignorando allo stesso tempo che anche lui aveva intenzione di lasciarla da sola.

Accadde proprio quanto da lei temuto: era rimasta da sola.

Adesso comprendeva perfettamente quello che Naruto e Sasuke avevano passato, nonostante lei avesse ancora un papà e una mamma accanto e tanti amici attorno; sebbene tali compagnie, Sakura non riusciva a essere felice, non poteva riuscirci, perché loro le mancavano troppo: erano troppo importanti. Armata dal desiderio di volere riportare indietro i suoi amici, Sakura si era decisa che affrontare le sue debolezze era il primo passo da fare per diventare forte come loro due, così divenne allieva del Quinto Hokage e si impegnò a fondo per amplificare al massimo le sue capacità sotto la guida della sua paziente insegnante.

L’attentato ai danni del Kazekage, lo scontro con Sasori, la battaglia per il possesso della Tricoda, il confronto con Sasuke, quello con Naruto, la distruzione della Foglia e infine questo ultimo dolore: Sasuke che diveniva nemico pubblico del mondo ninja.

Era troppo per Sakura.

Dopo avere affrontato tutte quelle avversità, Sakura si era convinta che la sua determinazione non era abbastanza per riuscire a riportare Sasuke sulla retta via, quindi era giunta alla conclusione che avrebbe dovuto fare di più, qualcosa che avrebbe anche messo a rischio la sua vita, ma che avrebbe mantenuto integro il suo animo e l’amore che provava nei confronti di Sasuke Uchiha.

Sakura avrebbe fatto proprio come loro, lasciando dietro tutti coloro che avevano sempre circondato la sua vita fino a quel momento e avrebbe compiuto l’impossibile: la più alta forma di amore.

Sasuke doveva morire, così non avrebbe mai fatto più del male a nessun altro, arrestando per sempre la sua insaziabile sete di vendetta. Sarebbe stata lei a ucciderlo, sarebbero morti assieme e sarebbero rimasti insieme per sempre. Questo era il più grande desiderio di Sakura e non c’era nessun’altra soluzione possibile.

La morte, l’unica possibilità per vivere veramente il loro amore.

Sakura tentò di colpire Naruto con uno dei suoi micidiali pugni non riuscendovi. Naruto schivò il colpo senza nessuna difficoltà, passando poi al contrattacco con uno sgambetto ai danni di Sakura, la quale però riuscì ad evitare la caduta, poggiando le mani al suolo per lanciarsi verso l’avversario, pronta a sferrare un calcio carico di chakra.

Naruto si fece scudo con le braccia, riuscendo nuovamente ad assorbire il poderoso colpo ricevuto, sebbene risentisse in una minima parte dei suoi effetti devastanti.

Sakura non si perse d’animo, ricorrendo a tutte le energie e conoscenze nel tentativo di soggiogare un avversario molto più potente di lei. In quella occasione, Sakura utilizzò la tecnica della sostituzione per cogliere di sorpresa l’avversario, piombando dall’alto con una raffica di colpi concatenati impregnati dalla sua forza distruttiva.

I restanti presenti erano rimasti senza parole di fronte alla determinazione di Sakura nel soggiogare il suo avversario, al fine di proseguire verso la posizione in cui si trovava Sasuke.

«Non dovremmo fare qualcosa?» chiese Chouji incerto.

Gli uomini del gruppo erano addirittura intimoriti dalla foga della ragazza.

«Accomodati, amico. - sbottò Kiba. Io non mi ci avvicino.»

Shikamaru si fece largo fra il gruppo, guardando oltre uno dei grossi massi che erano atterrati in precedenza vicino alla loro posizione. Era certo che i colpi di Sakura erano andati completamente a vuoto da un bel poco.

«Dateci un taglio. In questo momento Sakura non ragiona e questo potrebbe compromettere tutta l’operazione. Dobbiamo fermare anche lei, per il suo bene.» dichiarò Shikamaru.

Il genio della Foglia spostò il proprio sguardo verso Hinata, la quale osservava il combattimento con evidente apprensione per entrambi i contendenti.

«Ascolta, Hinata. Non c’è proprio nulla che tu possa fare per fermare Sakura? Vorrei evitare il ricorrere alla forza contro un compagno.» domandò Shikamaru.

Hinata scosse il capo. Lei conosceva molto bene Sakura e sapeva benissimo che quella volta non avrebbe voluto sentire ragioni e sarebbe andata fino in fondo. Sakura stava lottando per il suo amore e, benché Hinata ignorasse le sue reali intenzioni, sapeva che era suo dovere aiutarla a raggiungere il suo scopo.

Anche Ino si era resa conto di tale ragionamento e di fatti fu lei a rispondere alla domanda del compagno di squadra al posto di Hinata.

«Non lo farà, Shikamaru. Io la conosco bene.»

Shikamaru allora tirò un lungo sospiro, dopodiché lanciò uno sguardo ai tre ninja della Pioggia che stavano affrontando Shino e Ten Ten; ne avrebbero avuto per un po’, quindi erano inutilizzabili. Dopodiché, guardò Sai che era addirittura riuscito a bloccare Kiba e Akamaru con dei serpenti d’inchiostro; anche loro non sarebbero serviti a nulla per il suo piano.

Di una sola cosa era giunto a triste conclusione: la superiorità numerica non voleva dire nulla contro l’avversario.

Shikamaru si destò dal flusso dei suoi pensieri. La voce squillante di Ino aveva chiamato la furiosa combattente, avvertendola che alcuni cloni d’ombra di Naruto l’avevano lentamente accerchiata, approfittando del trambusto che lei stessa aveva creato.

«Basta, Sakura. Sai bene che non mi puoi battere.» dichiarò Naruto.

«Va’ al diavolo, Naruto! Queste sono cose che non ti riguardano, togliti di mezzo!» replicò Sakura furente.

A quel punto Naruto si infuriò, perché non riusciva proprio a capire il motivo di tutta quella agitazione.

«Col cazzo che non mi riguarda! Stai andando verso una morte certa e pensi che io ti permetta di andare?! Sei pazza!»

Naruto strinse i propri pugni con tutte le sue forze. Sakura stava per replicare, ma lui non glielo permise.

«Dimmi perché dovresti andare da lui?! Perché non lasci che ci pensi io?!»

«Perché io non mi fido più di te!» ribatté Sakura.

Una dichiarazione spiazzante.

Naruto non aveva per nulla dimenticato quello che aveva fatto loro ai suoi amici, ma sperava almeno che questi potessero vedere oltre a queste questioni da ragionare in privato, quando si dovevano risolvere problemi ben più gravi.

Naruto sapeva benissimo quali fossero i sentimenti di Sakura nei confronti di Sasuke, ma allo stesso tempo non riusciva a capire il motivo di tanta furia nel volere affermare la propria decisione a volerlo incontrare.

Sakura si lasciò andare a tutta la sua rabbia, urlando contro Naruto tutto quello che si annidava nel suo cuore.

«Quando Sasuke se n’era andato da Orochimaru, io ho confidato in te, sapevo che lo avresti portato indietro...»

La voce di Sakura tremava, era sull’orlo delle lacrime. Il suo dolore era quasi alla medesima intensità di quello provato da Hinata.

«Tu dicevi sempre che la via più facile non era mai la via giusta per ottenere le cose, però te ne sei andato e poi hai inscenato la tua morte! Che cosa significa questo, Naruto?! Che hai fallito e nemmeno te ne accorgi! Quello che appari oggi non sei tu, quindi smettila di prendere in giro tutti noi, perché non siamo degli stupidi!»

Naruto non comprese il significato di quelle parole: che cosa significava che non era se stesso?

«Io non capisco...» commentò Naruto confuso.

Sakura ingoiò un sussulto, dopodiché si asciugò le lacrime che ormai colavano sul suo viso come un fiume in piena.

«Io non voglio più stare dietro di voi, non voglio stare in disparte a guardare come quella volta! Non vi voglio più vedere combattere l’un l’altro in quel modo, come dei nemici!»

La battaglia in ospedale di tanto tempo fa. Vani erano stati i tentativi di Sakura di sedare la sete di sangue di quei due; niente, non la calcolarono per nulla. Sakura non avrebbe mai dimenticato la disperazione di allora e mai avrebbe più rivivere quella situazione.

«Io… - continuò Sakura. Rivoglio la squadra 7 indietro con tu che non fingi di sentirti in colpa e Sasuke che ha finalmente smesso di cercare vendetta! Perché non capisci?!»

Naruto era rimasto allibito; quindi era così evidente che si sentiva in colpa per tutto quello che era successo che anche senza volerlo, riusciva a provocare sofferenza nelle persone da lui amate.

«Sakura...»

Lo sguardo di Naruto si spostò automaticamente verso il resto della combriccola, quelli che più lo inquietavano erano quelli di Hinata e di Shikamaru: assoluzione e accusa. All’improvviso, i sensi di colpa assalirono con prepotenza Naruto, riuscendo addirittura a distrarlo.

Shikamaru si rese conto che quello era il momento esatto per agire, prima che la situazione volgesse a conseguenze con problematiche future irriparabili.

«Tecnica della Ramificazione dell’Ombra!» recitò Shikamaru.

L’ombra del genio della Foglia si separò in diversi artigli, il cui scopo era di bloccare i movimenti di Sakura, così da potere eliminare uno dei problemi imprevisti che si erano palesati in tutto quel marasma.

Sakura però non si sarebbe lasciava fermare da nessuno. Ancora una volta, ella ribadì a sé stessa che non si sarebbe fermata in nessun caso, senza guardare in faccia a nessuno.

Inoltre, Sakura godeva del supporto di Hinata, la quale non esitò un solo istante a fare da scudo all’amica, facendosi immobilizzare al posto suo dalla tecnica di Shikamaru.

«Ma che diavolo fa?! E’ impazzita?!!» sbottò Shikamaru spazientito; ci mancava anche questa.

«Hinata!» tuonò Sakura preoccupata.

Anche Naruto si allarmò e non riuscì a fare a meno di soccorrere la sua amica in pericolo.

«Hinata!»

Prima che Naruto giungesse al suo capezzale, Hinata ebbe giusto il tempo per urlare a Sakura di proseguire, prima che Shikamaru modellasse la sua ombra una seconda volta, con l’obiettivo di catturare sia Sakura che Naruto, i quali erano molto vicini a Hinata.

«Vai, Sakura!» tuonò Hinata.

Sakura non se lo fece ripete una seconda volta e corse con tutte le sue forze in direzione del luogo in cui si trovava Sasuke; sarebbe stata grata per sempre all’amica per quell’aiuto così provvidenziale.

Hinata infatti l’aveva aiutata veramente molto, perché non solo l’aveva avvertita delle intenzioni di Shikamaru, ma nel farsi catturare dall’ombra di quest’ultimo, era divenuta anche un’ottima esca per Naruto che, per l’appunto, era stato facilmente immobilizzato dalla tecnica del controllo dell’ombra.

«Dannazione!» sbraitò Naruto.

«Mi dispiace, Naruto. Ma dovevo aiutare Sakura.» si scusò Hinata.

«Non così, Hinata! E’ troppo pericoloso!» ribatté Naruto.

Naruto doveva fare qualcosa per impedire a tutti i costi che Sakura proseguisse. Non ebbe nemmeno il tempo per riflettere, che un boato attirò la sua attenzione in direzione dei suoi cloni che stavano piombando addosso a Sakura. I cloni d’ombra erano stati sbalzati via da una potentissima onda d’urto generata da Neji, il quale aveva così aiutato Sakura a evitare l’assalto dei cloni d’ombra.

«Merda!» sbottò Naruto.

Era un problema. Non si poteva affidare a nessuna delle sue copie e non poteva nemmeno ricorrere all’aiuto dei suoi allievi o di Sai, poiché impegnati a tenere a bada il resto della compagnia. Naruto non ebbe altra scelta se non utilizzare il chakra della volpe a nove code per eliminare il controllo dell’ombra di Shikamaru e recuperare istantaneamente Sakura.

Hinata captò il chakra sinistro del demone che fluiva nel corpo dell’amato e se ne preoccupò.

«Naruto...» gemette lei.

Naruto le sorrise.

«Non temere, non le farò molto male.» sussurrò Naruto.

Naruto ebbe diverse difficoltà a mitigare l’energia naturale con quella della volpe a nove code, la sua fatica parve ben visibile e fu proprio per una manciata di secondi che Naruto fu capace di mescolare quei due chakra, prima che la volpe rigettasse il chakra della natura.

Il momento che riuscì a mitigare l’incontro fra quei due immensi poteri bastò a Naruto per spezzare il controllo dell’ombra di Shikamaru e precipitarsi su Sakura, afferrando la ragazza per il collo e gettandola per terra con tutta la forza a sua disposizione; in seguito, Naruto bloccò le braccia di Sakura al suolo con i piedi: la cosa della ragazza era stata bloccata bruscamente.

«Scusami, ma mi ci hai costretto.» comunicò l’Uzumaki.

Sakura si riprese dal violento colpo subito, era certa che si fosse incrinata qualcuna delle sue costole. Naruto non si era certo risparmiato quella volta.

«Merda...» tossì Sakura.

Sakura riprese a piangere, non poteva lasciare che le cose finissero in questa maniera, non adesso che Sasuke era così vicino. Sakura odiava sé stessa per non essere forte abbastanza da riuscire a sbarazzarsi degli ostacoli di fronte, in più il suo disprezzo per il suo stesso corpo era divenuto tale che il desiderio di essere nata maschio la prevalse, perché in questo modo era certa che sarebbe riuscita a equiparare la forza di un uomo.

A Naruto si strinse il cuore a vedere l’amica in quello stato così pietoso, ma non si lasciò sopraffare dalle emozioni come avrebbe voluto e non mollò la presa. Egli era certo che Sakura avrebbe approfittato di un momento di debolezza per colpirlo e sgattaiolare verso il nascondiglio più vicino, così da continuare il viaggio indisturbata.

«Basta, Sakura. Ti prego...» la supplicò Naruto.

«NO! - ribatté la ragazza. E’ una faccenda fra me e Sasuke, tu ne devi stare fuori!»

«Ti sbagli, questa è una faccenda che riguarda tutti noi. Non puoi portare tutto il peso sulle tue spalle.» replicò Naruto con insistenza.

I toni della discussioni sembrarono placarsi e ciò permise ai due compagni di squadra di potersi aprire in maniera consona dopo tutti quegli anni di lontananza.

«Tu non capisci. - continuò Sakura. Io lo amo e non posso perdonarmi quando non lo fermai prima che affrontasse suo fratello. E’ tutta colpa mia.»

I singhiozzi di Sakura erano riusciti ad arrivare persino alle orecchie di tutto il resto dei presenti, i quali interruppero le loro mansioni per focalizzare la propria attenzione sui due al centro del campo di battaglia.

Naruto era veramente tentato di mollare la presa su Sakura, ma ancora non si sentiva sicuro di potersi fidare di Sakura, così decise di sedersi sullo stomaco della ragazza, così da bloccarne i movimenti ancora di più.

«Non è colpa tua, Sakura. E’ colpa mia, tutta colpa mia. Però, non saresti mai riuscita a fermare Sasuke dalle sue intenzioni di combattere Itachi.» dichiarò Naruto.

Quelle parole non fecero altro che fomentare la tristezza di Sakura, poiché lei stessa era ben cosciente che non sarebbe mai riuscita a fermare Sasuke dalla sua vendetta più che legittima nei confronti di un fratello che lo aveva privato della sua famiglia e del suo clan.

«Sia io che Sasuke ti abbiamo fatta soffrire molto e non ci sono scuse per questo. Però, io sento che non devo lasciarti andare da Sasuke, perché tu non vuoi solo parlare con lui, tu hai in mente qualcos’altro e questo mi preoccupa. Sasuke non è quello di una volta e nemmeno tu.»

Sakura si morse il labbro, quanto odiava sentirsi dire quelle parole proprio da Naruto, proprio perché era quest’ultimo ad avere subito i più grandi cambiamenti negli ultimi tempi, quindi questo portò Sakura a ribellarsi alle decisioni prese da Naruto, continuando interperrita nei suoi propositi.

Quella volta però, Sakura non covava rabbia, ma la più chiara comprensione nei confronti dell’amico.

«Tu non sai che cosa significa amare una persona. Non puoi capire, Naruto, quindi non mi puoi dare lezioni!» sbottò la ragazza.

Sakura tentò nuovamente di liberarsi dalla morsa nella quale era stata bloccata, era talmente ansiosa che stava lentamente perdendo il fiato, dato che Naruto si era seduto sul suo stomaco.

Naruto non si mosse dalla sua posizione; anche lui era rimasto fermo dalle sue convinzioni.

«Hai ragione, Sakura. Ma non ci andrai, anche a costo di romperti le gambe.»

La minaccia ricevuta non ebbe alcun effetto su Sakura, la quale continuò ostinata nei suoi propositi, lasciando così a Naruto nessun’altra scelta, se non quella di agire sulla ragazza in maniera decisa.

La forza portante dell’Ennacoda ricorse a tutta la sua capacità di controllo del chakra della volpe per raccoglierne una piccola quantità nel suo indice e concentrarne una parte proprio sull’apice, dopodiché Naruto poggiò il suo dito sopra la fronte della povera Sakura. Le sue intenzioni coincidevano con quelle che un tempo Nagato diresse contro di lui per sconvolgere il flusso del suo chakra. La medesima sorte toccò a Sakura, quando entrò in contatto con il tremendo chakra della volpe a nove code, la quale oscurità la lasciò totalmente spiazzata, privandola di ogni indole combattiva.

Sakura era rimasta totalmente sbigottita dalla potenza del chakra della volpe, tanto che aveva iniziato freddo e si era messa a fissare impaurita il suo assalitore, prendendo in considerazione quanto fosse dura avere a che fare con un potere insormontabile.

«Che potere mostruoso...» commentò Sakura a bassa voce.

A Naruto non bastò, poiché era certo che quando Sakura si sarebbe ripresa, avrebbe sicuramente tentato di nuovo un assalto verso Sasuke; era arrivato il momento di mettere una parola fine a quei propositi folli.

«Ora ti metterò a nanna, Sakura. Così sono certo che non farai più nessuna pazzia.» dichiarò minaccioso Naruto.

La forza portante avrebbe ricorso a una dose più massiccia del chakra della volpe per fare perdere i sensi a Sakura, così da potere eliminare dalla sua lista uno dei problemi da affrontare. Tuttavia, Naruto non riuscì mai a colpire Sakura con quel colpo stordente, poiché era stato raggiunto contemporaneamente da Hinata, la quale aveva fatto in modo di bloccarlo: non con la forza, ma con le parole.

«Basta, Naruto! Ti prego!» tuonò la ragazza preoccupata.

Hinata si era avvicinata ai due compagni della squadra 7 e teneva il braccio di Naruto con il proprio, usando una docilità assurda che era riuscita a fare più della più grande forza del mondo; un potere che annichiliva persino il chakra della volpe a nove code.

«Non ne posso più di vedere degli scontri fra dei compagni. Basta. - singhiozzò Hinata. Fra compagni bisognerebbe parlare, non combattere, perciò basta, basta. Per favore...»

Le parole di Hinata raggiunsero l’effetto sperato, coinvolgendo persino i tre allievi del villaggio della Pioggia e Sai, i quali aveva riposto le armi, vedendo che Naruto stava facendo lo stesso, alzandosi dalla sua posizione che teneva immobilizzata Sakura.

Naruto si era reso conto che in realtà non era cambiato nulla da allora, dato che stava nuovamente assaltando i suoi amici, come che questi fossero dei volgari nemici da ostacolare pur di raggiungere il suo obiettivo: aveva sbagliato anche questa volta.

«Hai ragione, Hinata. - proruppe Naruto. Questa è già la terza volta che combattiamo e non voglio più che accada una cosa del genere.»

In seguito, Naruto si rivolse al resto dei presenti.

«Vi chiedo scusa, non era necessario arrivare a questo punto.»

A quel punto, Shikamaru si fece largo fra le macerie generate dai colpi assestati da Sakura e si rivolse al vecchio amico. La sua voce era il pensiero all’unisono di tutti i presenti, fatta eccezione di Sakura, la quale, evidentemente, doveva essere tenuta sotto controllo.

«Capisco bene le tue ragioni. Sai qualcosa su Sasuke che noi ignoriamo, e se tu, che hai sconfitto Pain, dici che Sasuke è pericoloso, allora dovremmo prendere le tue parole sul serio. Questo però non significa che lasceremo a perdere.»

«E’ per questa ragione che vi ho detto di lasciare a Sasuke a me. - ribatté Naruto. So che non vi fidate di me...»

«O, ma io mi fido di te.» lo interruppe Shikamaru.

Naruto rimase felicemente sorpreso di quella dichiarazione e decise di non interrompere l’amico.

«E’ solo che non mi va affatto di stare in disparte, mentre gli altri risolvono dei problemi che potrebbero avere conseguenze che nemmeno capiscono. Tu sei forte, questo lo sappiamo, ma ciò non significa che anche noi non siamo da meno. Siamo una squadra e da squadra affronteremo Sasuke, anche se ci sarà da perire. E’ una nostra responsabilità.»

Naruto inspirò, poiché si era reso conto ancora una volta che nessuno di loro aveva cambiato in merito all’idea di affrontare Sasuke.

«Si ma...» sbottò Naruto.

Ancora una volta, Shikamaru lo interruppe. Il resto della combriccola si era raccolta attorno a tutti loro per partecipare alla discussione.

«Naruto! Lo vuoi capire che non sei l’unico a essere cresciuto?! - ruggì Shikamaru. Anche noi abbiamo affrontato molte avversità, che credi. Ormai siamo cresciuti e un giorno saremo noi a diventare gli adulti e a pensare alle future generazioni. Il maestro Asuma e il sommo Jiraiya erano veramente dei grandi uomini e io non voglio essere da meno. Voglio diventare un ottimo adulto in grado di risolvere i problemi, senza affidarmi sempre a te, quindi renditene conto o non potrei mai riuscire a perdonarti!»

Naruto ebbe un’illuminazione; era proprio come aveva detto Shikamaru. Lui era sempre stato preoccupato di proteggerli, che si era dimenticato che in realtà i suoi amici erano persone molto forti, ne era una dimostrazione il fatto che avevano affrontato molte peripezie e i potenti membri di Akatsuki. Solo lui era il babbeo.

«Ascolta, Naruto. - intervenne Hinata. So che ti sembrerà strano, ma Sakura ne ha passate veramente tante per Sasuke, cerca di capirla per quello che ha fatto.»

Sakura era rimasta a terra, poiché ancora ammattita dalla potenza del chakra della volpe a nove code a cui era stata in precedenza esposta, nonostante ciò, ella era in ascolto, commossa da quanto i suoi amici la supportassero.

Hinata continuò a rivolgersi a Naruto con tono supplichevole.

«Perché non vieni anche tu con noi da Sasuke? Non dovrebbero certo esserci problemi, no?»

Naruto si ritrovò spiazzato, per un motivo a lui sconosciuto, era tentato in maniera meccanica a dare una risposta affermativa a Hinata, infatti era sua opinione che per colpa di quello sguardo, se lei gli avesse chiesto di buttarsi da un dirupo, lui si sarebbe già buttato, senza battere ciglio.

L’idea di Hinata era ottima, ma poteva essere considerata allo stesso tempo giusta?

Naruto non ebbe alcun dubbio su che cosa rispondere, sebbene evitò con cura di non guardare negli occhi di Hinata, perché altrimenti sarebbe inciampato nel banale errore di rispondere quello che la sua idiozia gli suggeriva di fare.

«No. Sasuke è una mia responsabilità. Penserò io a lui, ma non adesso. Il villaggio ha la priorità.» dichiarò Naruto con tono deciso.

A seguito di quelle parole, persino i più pazienti erano costretti a tirare un profondo respiro, comprendendo quanto fosse ostinato Naruto, dato che, evidentemente, egli era più determinato di loro.

«Diavolo! Non ho mai conosciuto una persona dalla testaccia così dura!» sbottò Kiba infastidito.

Con quel commento, l’attenzione dei presenti si spostò su Kiba, poiché quello che aveva detto strideva pericolosamente con il suo stesso essere, dato che lui era altrettanto testardo e incurante delle cose, proprio come Naruto.

Una considerazione che lasciò scappare un sorrisetto a Shino, il quale non sfuggì a Kiba, che lo riprese subito.

«Che cazzo hai da ridere, Shino?!» sbraitò Kiba.

Shino non ebbe alcun ritegno a rispondere a tono all’amico.

«C’è che quello che hai detto non ha alcun senso. E’ come dire che a Rock Lee non piaccia allenarsi.»

«Ma vaffanculo!» urlò Kiba indispettito.

Una sonora risata collettiva, un sentimento di cameratismo e compagnia, alla quale partecipò persino Naruto, il quale era così commosso e allo stesso tempo felice per quel mix di emozioni che stava covando all’interno del suo corpo. Era veramente bello essere tornato con i suoi amici, senza alcuna preoccupazione a incombere nella sua anima.

A un certo punto, qualcosa di imprevisto accadde al gruppo di amici. Tutto era iniziato mentre la loro guardia si era abbassata, uno strano odore si era sparso per tutta la zona; all’inizio nessuno aveva prestato attenzione a tale fattore, poiché considerato poco significante, però, quando l’odore divenne più intenso e tutti si erano resi conto dell’anomalia evidente.

«Ma che diavolo è questo odore?» chiese Ten Ten.

Lo strano odore si stava facendo sempre più intenso, tanto che Kiba e Akamaru, che erano gli unici ad avere un olfatto altamente sviluppato, iniziarono a sentirsi male, tanto da non essere nemmeno in grado di stare in piedi.

«Dannazione, che diavolo è?! Che puzza!!» sbottò Kiba sofferente.

«Stai bene, Kiba?» gli chiese Hinata preoccupata.

Kiba non stava affatto bene, quell’odore lo stava rapidamente intontendo, così tanto che la vista stava iniziando ad annebbiarsi, mentre egli stesso era alla ricerca della fonte di quell’odore così snervante.

Tutti si voltarono istintivamente verso la presunta fonte dello strano odore e si resero conto che erano stati colti alla sprovvista in una trappola così bene strutturata; tutti quanti, inclusi gli attenti allievi di Naruto, erano stati colpiti.

Solo quando era troppo tardi, Ino era riuscita a capire che cosa fosse quell’odore; si trattava di un potente composto creato dalla base di un sofisticato elemento soporifero, usato dai ninja medici come anestesia per le operazioni più complesse.

C’era solo una persona che era in grado di creare un composto così complesso, facendolo poi evaporare in una maniera così corposa.

Ino si rivolse verso l’autrice di quella mossa così subdola.

«Maledizione, Sakura!» tuonò la bionda.
Sakura era riuscita a curare le costole incrinate nello scontro precedente e aveva approfittato della situazione di calma attuale per colpire alle spalle i suoi amici; una mossa subdola, ma questo era sicuramente un punto fermo per tutti, ovvero che Sakura Haruno era così determinata ad affrontare Sasuke da sola, che non avrebbe guardato in faccia a nessuno, nemmeno i suoi amici più cari.

Sakura si voltò verso la direzione in cui si trovava Sasuke e si avviò verso di lui.

«Mi dispiace, ragazzi. Addio.» li salutò lei con tanto affetto.

Se il suo piano sarebbe andato a buon fine, non li avrebbe mai più rivisti. In tutto questo, Sakura sperava proprio che l’avrebbero perdonata, lei stava solo seguendo il suo cuore.

Sakura spiccò un rapido balzo verso l’alto, così non sarebbe stata esposta al gas soporifero che aveva sparso in tutta la zona. Nessuno fu in grado di fermarla, nemmeno il potente Naruto con il chakra eremitico; tutti caddero come pere al suolo e non si mossero per un bel poco, era giunto per loro il momento di andare a nanna.

«Arrivo, Sasuke!» dichiarò Sakura.

La sua determinazione era alle stelle.


*

 

Gli occhi continuarono a bruciare con insistenza, questo fenomeno era probabilmente a causa dell’uso eccessivo che aveva esposto i suoi occhi, dopo lo scontro con i capi di stato.

Sasuke si sforzò di ricordare che cosa gli fosse successo in quegli ultimi tempi: prima la lotta con quella bestia del Raikage, seguiva lo scontro con Gaara, poi con Kakashi e la Mizukage, infine il vecchio volante, un bagliore e poi quello strano freddo.

Che fosse morto era fuori questione, sia perché rifiutava di morire, prima di avere compiuto la sua vendetta contro il villaggio della Foglia e avere dato pace alla memoria del caro amato Itachi, sia perché sapeva anche di essere ancora vivo, poiché sentiva del freddo pungente alle punta dei piedi e il respiro di un essere vivente addosso.

Quando Sasuke riprese conoscenza, la prima cosa che vide, fu il viso di Karin che vegliava preoccupata per le sue sorti al suo capezzale.

Al primo gemito emesso dal dolorante Sasuke, Karin gli prestò tutte le cure necessarie e lo coccolò come sempre aveva sognato, nonostante il ragazzo mal sopportasse tutte quelle moine fastidiose.

«Come sono felice, Sasuke! Stai bene!» esultò la ragazza dai capelli rossi.

Per Karin era stato molto difficile risollevare le condizioni di Sasuke, questo perché quest’ultimo aveva consumato tutte le sue energie combattendo con i cinque Kage. Quando Sasuke era stato investito dalla tecnica dello Tsuchikage, la ragazza aveva temuto che Sasuke fosse stato ucciso, ma comunque il pronto intervento di Madara era stato fondamentale per salvare la vita del giovane Uchiha. Dopo ciò, Karin aveva trascorso il tempo restante in un luogo a lei sconosciuta in cui la vita non esisteva anima viva; in quel luogo sinistro e oscuro, Karin si era focalizzata alle condizioni di Sasuke, usando le arti mediche per farlo riprendere.

Una volta in grado di potersi muovere, Sasuke scansò Karin e cercò di riprendersi a modo suo.

«Togliti dai piedi, mi fai mancare l’aria.» disse Sasuke.

Karin ci rimase male per quel trattamento così ingrato, però non se la sentì di lasciare solo Sasuke, perché lei ne era sinceramente innamorata e, allo stesso tempo, ne era enormemente attratta, persino in quella occasione così anormale.

Armata da tale convinzione, Karin sapeva benissimo che se Sasuke avesse voluto riprendersi completamente, sarebbe stato costretto ad assestare un bel morso nella sua carne e Karin non vedeva proprio l’ora, perché per lei era un così grande piacere che non riusciva nemmeno aspettare.

Karin era così ansiosa che si era già sfilata il mantello e aveva aperto la cerniera della maglia, rimanendo a petto nudo di fronte allo sguardo perplesso e poco curante di Sasuke Uchiha.

Karin bramava quelle labbra così gelide sul suo corpo.

«Hey, Sasuke. Che ne dici di un bel morso? Scegli pure dove mordere, mio caro.» miagolò la ragazza.

Sasuke la osservò perplesso e non disse nessuna parola in merito al fatto di avere una ragazza nuda di fronte a sé, questo perché essenzialmente non gli importava affatto di Karin o del suo corpo voglioso, il suo unico interesse nei suoi confronti era che possedeva un chakra così peculiare che chiunque entrasse in contatto con esso guariva dalle malattie e dalle ferite più gravi.

Sasuke si mosse verso Karin, la afferrò per le spalle e la lasciò coricare al suolo; per lui era tutto gelido e meccanico; per lei era un’autentica emozione, calda e intensa.

«Sasuke...» sospirò amorevole la ragazza.

Sasuke non rispose, ma si limitò a calarsi lentamente su di lei, soppiantando la sua figura più enorme su quella più esile della ragazza; il loro era come un rapporto sessuale fra due giovani che si avviavano verso la più sottile arte del fare l’amore, tuttavia quel rapporto non aveva assolutamente nulla di spontaneo e passionale: tutto era meccanico. Sasuke portò la bocca al collo di Karin, proprio nella parte vicino alla guancia sinistra, un morso secco e il ragazzo iniziò ad assorbire il chakra speciale della ragazza.

«Oh, Sasuke! Sì!» esultò la ragazza.

Il tempo passava, più Sasuke si cibava del chakra di Karin, più quest’ultima gemeva di piacere, arrivando al punto di afferrare con tutte le sue forze le spalle di Sasuke per portarlo sempre più vicino a sé.

«Sasuke!» continuò Karin con goduria.

Più il tempo passava, più la ragazza continuava a ripetere con gaudio il nome del suo amato, mentre questi ultimava il suo pasto e recuperava del tutto le sue forze. Quando ebbe finito di riprendersi, Sasuke si staccò da Karin con la sua solita prepotenza, mentre quest’ultima giaceva al suolo, soddisfatta appieno di quel momento così idilliaco.

Sasuke si asciugò il viso bagnato dalla saliva, dopodiché si aggiustò il vestiario e lanciò uno sguardo di indifferenza verso la ragazza. Una volta fatto ciò, Sasuke si voltò nella direzione opposta e osservò il luogo in cui si trovavano: una distesa oscura ricoperta da enormi piattaforme gelide come il ghiaccio, la cui estensione sembrava essere addirittura equiparabile a quella dell’intero pianeta.

«Che posto è questo?» si chiese l’Uchiha.

A quel punto, Madara si manifestò a loro, apparendo dal nulla.

«Bene, bene. A quanto pare ti sei ripreso.» commentò il vecchio Uchiha.

L’uomo mascherato si mise a osservare i due ragazzi con fare curioso, notando che Karin era ancora mezza nuda e Sasuke aveva tutti i capelli scomposti. Ciò lasciò sfuggire un lieto sorriso maligno all’uomo, poiché non immaginava di certo che Sasuke fosse il tipo da certe cose in luoghi così anomali.

«Vi ho per caso interrotto sul più bello?» disse l’uomo.

Il viso di Sasuke si distorse in una espressione infastidita, mentre Karin trasalì non appena udì la voce di Madara e si rivestì in tutta fretta.

«Tu! Che diavolo! Come ti permetti di spiare?!» tuonò Karin minacciosa.

Madara scoppiò a ridere, era veramente divertito da quella ragazza così impacciata; i suoi modi di fare gli ricordavano in maniera speculiare con una persona che aveva conosciuto in passato.

«Dacci un taglio, Madara. Dove diavolo siamo?» tagliò corto Sasuke.               

«Siamo in una dimensione a cui solo io ho accesso. - spiegò Madara. Ti piace come posto?»  

«Per nulla.» replicò Sasuke.

Un’altra risata da parte del vecchio Uchiha.

A ogni rimbombo delle risa di Madara, Sasuke perdeva sempre di più la pazienza; era stufo di essere trattato come un bambino.

«Ora dimmi che cazzo è successo! Che fine hanno fatto i Kage?!» tuonò Sasuke seccato.

Le risate di Madara si arrestarono e il tono dell’uomo mascherato riprese a essere cupo e oscuro com’era suo solito. Madara iniziò a raccontare a Sasuke della sua dichiarazione di guerra ai capi delle cinque grandi terre ninja, del piano Occhio di Luna e dell’imminente inizio della Quarta Guerra Mondiale Ninja.

«Mi servirà anche il tuo aiuto, mio caro Sasuke. Posso contarci?» dichiarò infine Madara.

Sasuke dette una risposta secca e senza perdere nemmeno il tempo per pensarci sopra.

«Io voglio la distruzione della Foglia, del resto non mi importa nulla.» replicò il ragazzo.

Non era una risposta negativa, ma nemmeno una positiva; si trattava di una dichiarazione piuttosto vaga.

Nonostante ciò, a Madara non importò di quello che avrebbe fatto Sasuke in futuro, poiché era sua opinione che il ragazzo poteva ancora essere malleato per bene a suo piacimento. Il suo piano per gettare Sasuke nella più completa oscurità stava per iniziare.

«Beh, questo a me basta per il momento. - disse il vecchio Uchiha. Ora però ho altro da comunicarti.»

L’attenzione di Sasuke era tutta per lui.

«Sarebbe a dire?»

Lo sharingan di Madara brillò di luce propria, perfettamente visibile dalla sua maschera.

«Lo vuoi veramente sapere? - domandò Madara retorico. E allora vieni con me.»

Sasuke non se lo fece ripetere nemmeno una volta, tirò con forza Karin a sé e afferrò la manica della tunica di Madara. La tecnica del potente ninja si attivò e una strana sensazione si impadronì dei due giovani, una sensazione simile al risucchio, poi un senso di distacco e la riapparizione in un luogo che possedeva di più le caratteristiche di una dimensione abitata da esseri viventi: la loro dimensione.

I tre erano arrivati sopra un grande ponte che segnava il distacco fra la terra dei samurai e quella dei ninja, sotto di loro un fiume in piena, attorno una grande foresta e immense montagne. Nonostante questo, l’unica cosa che restava all’attenzione di tutti e tre, era la figura che si trovarono di fronte, non appena apparirono dal nulla.

L’identità di quell’uomo di fronte a loro era indistinguibile.

«Ma quello è….» proruppe Karin con stupore.       

Lo sharingan di Sasuke bruciò dalla rabbia; l’obiettivo originario del suo viaggio nella terra dei samurai era proprio di fronte a lui, servito su un piatto di argento da Madara.

«DANZO!!!»

Danzo Shimura, reggente Sesto Hokage, ninja veterano del villaggio della Foglia e acceso rivale del Terzo Hokage, considerato essere l’Hokage più forte di tutti. L’anziano shinobi aveva già perso due dei suoi sottoposti più forti per colpa di Madara, perciò era stato costretto a operare una controffensiva determinante: tutto risiedeva all’interno del suo braccio destro.

«Madara e Sasuke. Avete fatto molto bene a evitare di farmi perdere tempo per cercarvi e prendermi i vostri occhi. Adesso perirete qui e adesso.» dichiarò il vecchio ninja.

La bendatura posta sul braccio destro dell’anziano era stata completamente privata dai sigilli al quale era solitamente posto. Le bende vennero rimosse dal loro posto, lasciando spazio alla pelle nuda e cruda del braccio destro di Danzo; fu una scena molto raccapricciante.

Entrambi i due Uchiha rimasero senza parole di fronte allo scempio fatto sul corpo umano, una pura dimostrazione che quando un essere umano era scellerato, era capace di compiere l’impossibile.

«O mio dio. E’ rivoltante!» fu il commento di Karin.

Sasuke era furente, adesso si era rivolto il mistero di che fine avessero fatto tutti gli occhi degli Uchiha morti durante la morte del massacro dell’omonimo clan. Dal braccio di Danzo, era evidente che ci fosse lo zampino di Orochimaru nello sviluppo di tale scelleratezza, perché solo una mente malata, priva di qualunque inibizione, sarebbe stata capace di trapiantare un numero copioso di sharingan sul braccio destro di Danzo.   

«Interessante...» commentò Madara con sorpresa.

«Quante persone hai ammazzato per poterti trapiantare quegli occhi, grandissimo figlio di puttana?!» urlò Sasuke dalla rabbia.  

«Ho ottenuto questo potere in molti modi, ma sono storie molto lunghe da raccontare.» fu la gelida risposta di Danzo.

Sasuke digrignò i denti. Il suo odio nei confronti del villaggio della Foglia non faceva altro che crescere, poiché il braccio destro di Danzo non era altro che la dimostrazione plateale che la gente del suo clan era stata trattata come carne da macello dal potere autocratico del villaggio.

Lo scontro era imminente.

Karin si fece da parte, nascondendosi in una posizione in cui poteva osservare lo scontro. Madara fece lo stesso, teletrasportandosi sopra un’arcata all’ingresso del ponte; il posto migliore in cui bearsi dei progressi di Sasuke.

«Non importa, tanto avevo deciso di ucciderti a prescindere. Ma prima vorrei che rispondessi a una domanda.» disse Sasuke.

Quello che gli era stato raccontato da Madara non era sufficiente, Sasuke aveva bisogno di sapere se la verità su Itachi corrispondeva alla realtà delle cose, proprio come quanto scoperto.

«E’ vero che la Foglia ha ordinato a Itachi Uchiha di massacrare tutto il clan Uchiha?» domandò Sasuke con rabbia.

Danzo non fiatò, non aveva la minima intenzione di fiatare. L’anziano shinobi raccolse tutte le sue energie sul suo braccio destro e scattò all’improvviso verso Sasuke con l’intenzione di colpirlo con tutta la potenza a sua disposizione, ma le intenzioni di Danzo non andarono in porto, poiché il suo pugno era stato separato dal corpo di Sasuke grazie alla costola dello scheletro del cavaliere spirituale di Sasuke.

Danzo venne colto di sorpresa; non si immaginava di certo che un ragazzino potesse usare quella tecnica.

«Ma questo è...» sussurrò l’anziano ninja.

Anche Madara apparve molto sorpreso dalla tecnica usata da Sasuke per evocare un enorme braccio che aveva afferrato Danzo. Non vi era alcun dubbio di che tecnica si trattasse: la tecnica suprema di colui che risveglia il Mangekyō sharingan.

«Quindi quello è il Susano di Sasuke.» commentò Madara esaltato.

Danzo era stato imprigionato da una stretta così potente che emetteva di continuo rantoli di sangue dalla bocca, a causa dell’immenso dolore che gli provocava l’impatto delle sue ossa con i suoi organi.

«Chi lo avrebbe mai immaginato. Proprio come Shisui e Itachi, anche tu sai evocare il Susano. Un evento più unico che raro.» disse Danzo, continuando a gemere.

Sasuke osservò con odio la sua vittima e ordinò al suo cavaliere di aumentare la pressione della sua presa.

«Rispondi alla mia domanda! - ordinò Sasuke. E’ vero che la Foglia ha ordinato a mio fratello di massacrare l’intero clan Uchiha?! RISPONDIMI!»

Danzo continuò a non rispondere. Il suo silenzio aveva un prezzo così esorbitante che nemmeno una vita umana era sufficiente a ripagarne lo sforzo per smorzarlo. Di conseguenza, questo comportamento non faceva altro che montare ulteriolmente l’ira di Sasuke, il quale, arrabbiandosi, era riuscito a evocare la forma dello scheletro del Susano, proprio allo stesso modo di quando aveva affrontato Gaara e gli altri.

«DIMMELO!» minacciò Sasuke per l’ennesima volta.

A quel punto Danzo si decise a parlare, perché evidentemente era sua opinione che qualcosa era stato violato con i patti che tempo addietro aveva stabilito Itachi.

«Che tu sia dannato, Itachi. Alla fine, hai rivelato la verità a quello stupido del tuo adorato fratellino. Questo non era nei patti.»

Sasuke ebbe uno spasmo. Quindi era tutto vero? Madara non aveva mentito. Itachi aveva veramente ucciso i loro genitori e l’intero clan solo per obbedire a un ordine emesso dalle alte sfere del villaggio della Foglia.

«Voi… Lo avete usato...»

«Itachi ha fatto quello che era necessario! - ribatté Danzo. Al fine di preservare la pace e la stabilità del villaggio, si è sacrificato e ha accettato di vivere nell’oscurità, proprio come un vero shinobi dovrebbe fare. Lui non è stato né il primo, né l’unico ad avere affrontato una sorte del genere. Sicuramente, però, non mi aspettavo che fosse il tipo da rivelare questo segreto. Mi ha deluso, quel maledetto tradito…!!»

Danzo non ebbe il tempo di finire di parlare che Sasuke aveva dato ordine al suo cavaliere di stritolare il tenero corpo del vecchio ninja, facendo schizzare una fontana di sangue dal corpo di Danzo che inondò tutta la zona.

Che soddisfazione, che splendida soddisfazione nell’avere ucciso quel fetente che aveva condannato a morte il suo adorato fratello; un passo in avanti per la sua vendetta.

«Non nominare mai più il nome di Itachi!» disse infine Sasuke.

Una sorpresa, una delusione enorme. La gioia nell’avere ucciso Danzo era stata effimera, proprio come l’ultima goccia che aveva fatto traboccare la furia di Sasuke.

«Molto bene, ragazzino. Lasciamo da parte tuo fratello e pensiamo al nostro scontro.» dichiarò Danzo.

L’anziano shinobi era alle spalle dell’Uchiha, armato di un kunai che non perse tempo nel tentativo di pugnalare il malcapitato. Il suo proposito di colpire Sasuke con l’arma non andò a buon fine, poiché la lama del kunai si spaccò a metà come un ramoscello, quando entrò in contatto con le spesse ossa del Susano.

«Non c’è che dire. Questo Susano ha un alto potere difensivo.» fu il commento di Danzo.

L’anziano shinobi non ebbe il tempo nemmeno per un’ulteriore mossa, che era stato stritolato da un diretto del cavaliere spirituale che aveva reso il suo corpo un poltiglia; quella volta era veramente finita.

No.

Ancora una volta, non era andata così.

Danzo era ancora vivo, senza il minimo graffio.

«Che movimenti veloci, dovrò stare attento. E’ da un pezzo che non combatto seriamente e non mi muovo più come una volta.»

Sasuke non capiva che cosa stesse accadendo, ma era evidente che qualcosa non andava, affatto. Come lui, anche Karin aveva capito l’anomalia e stava cercando di riflettere con cura, al fine di trovare una spiegazione a tale fenomeno.

«Che razza di tecnica usa? - si chiese la ragazza. Quelle di prima non erano delle copie, assolutamente, eppure com’è possibile? Che si tratti di un’illusione?»

Per accertarsi di tale teoria, Karin usò il suo potere sensoriale su Sasuke, ma ciò che scoprì era che il flusso di chakra di Sasuke non era alterato e tanto meno il suo. Quindi che cosa stava succedendo?

Sasuke non perse tempo nelle valutazioni. Un altro pugno del Susano sul punto in cui si trovava il suo obiettivo, tuttavia questa volta quest’ultimo fu in grado di evitare il colpo, spiccando un rapido balzo verso l’alto.

«Un potere di attacco stupefacente. Impressionante.» commentò Danzo.

Sasuke non si perse d’animo; era pronto a tutto pur di uccidere Danzo, anche se questo significava perdere la vita. Il giovane Uchiha spiccò un balzo in direzione di Danzo, usando le ossa del suo cavaliere come punti di appoggio. Non appena Sasuke arrivò in un punto in cui la sua tecnica sarebbe stata a portata per centrare il bersaglio, concentrò il chakra sull’occhio sinistro e sparò.

«Amaterasu!!» urlò Sasuke.

Le fiamme nere avvolsero per intero il malcapitato Danzo, il quale emise un forte urlo di dolore, prima di accasciarsi al suolo e venire divorato dalle fiamme inestinguibili. Morto. Di nuovo.

Anche Sasuke si accasciò al suolo; l’uso combinato di Amaterasu e di Susano non era di certo un toccasana per la salute dei suoi occhi.

«Che ragazzo imprudente. Usare in maniera combinata quei due poteri! Se va avanti così, perderà la luce molto presto.» fu il commento di Madara.

Ben presto, Sasuke avrebbe scoperto che pur di annientare Danzo, sarebbe stato ben lieto di perdere la vista e ricorrere persino all’ultima fibra del suo essere per alimentare la potenza del suo Susano.

Nel frattempo, Karin continuava imperterrita ad analizzare la misteriosa tecnica che stava utilizzando Danzo; a ogni tentativo di Sasuke, l’anziano ninja moriva sempre, ma poi tornava in vita, fresco come una rosa: era forse immortale?

Karin si soffermò a osservare il cadavere di Danzo consumato da Amaterasu, ma poi, all’improvviso, per colpa di un battito di ciglia, il corpo era svanito e Danzo era apparso proprio alle spalle di Sasuke.

Karin ebbe solo il tempo di avvertire il suo amato.

«Attento, Sasuke!»

Sasuke fece appena in tempo a voltarsi per accertarsi che Danzo era ancora vivo e che era pronto a sferrare un attacco, tramite a una tecnica della quale aveva appena finito di effettuare i segni necessari per la sua attivazione.

«Arte del vento: Raffica di Lame del Vuoto

Danzo aveva ispirato una considerevole quantità di aria nei suoi polmoni, dopodiché aveva iniziato a emettere parte di questa aria fuori a intermittenza, sparando una serie di letali proiettili di aria che perforavano qualunque cosa con cui entravano in contatto.

Sasuke era perfettamente al corrente che non poteva permettersi di subire un colpo del genere da quella tecnica, un singolo proiettile avrebbe potuto forargli il cranio come se fosse burro. L’unica soluzione per salvarsi fu quella di gettarsi dal ponte, ma anche così, uno dei proiettili colpi di striscio Sasuke al braccio. Sasuke comunque non si fece perdere d’animo e usò il sangue che colava dall’arto ferito per effettuare una tecnica del richiamo.

Una volta usata tale tecnica, apparve una coltre di fumo dal nulla e da essa ne uscì Sasuke in groppa a un grosso e maestoso falco.

«Questa poi. E io che ero convinto che avesse stretto un patto unicamente con le serpi di Orochimaru. - sbottò Madara. Quel moccioso deve avere rubato uno dei miei rotoli dal rifugio e stretto un patto con i falchi. Che malandrino.»

In realtà a Madara non importava molto che Sasuke avesse prelevato dei suoi documenti di nascosto; più lo guardava combattere, più Sasuke gli sembrava una perfetta copia di sé stesso. Medesima tecnica, medesimo stile, medesimo odio negli occhi: il suo degno erede.

Nel frattempo, Danzo osservava con attenzione il suo giovane avversario e ne studiava i comportamenti.

«Beh, non c’è che dire. Sei veramente un avversario caparbio, ma sicuramente non sei a livello di Itachi.»

«Ti ho già detto di non pronunciare il suo nome!» tuonò Sasuke furente.

Nel frattempo, mentre i due contendenti allo scontro discutevano fra di loro, Karin continuava a osservare con curiosità l’anziano shinobi, al fine di carpire il segreto dell’immortalità di Danzo. L’attenzione della ragazza si focalizzò sul mostruoso arto colmo di sharingan e in un attimo, un solo breve attimo, Karin notò che uno degli occhi sul braccio di Danzo si era chiuso. Karin ne ignorò le ragioni, ma era certa che quel piccolo dettaglio era la chiave di volta per capire il segreto della tecnica di Danzo.

«Non capisci proprio nulla, ragazzino. - continuò Danzo. La tua sete di vendetta ti sta portando lentamente verso un punto di non ritorno e stai rendendo il sacrificio del clan Uchiha inutile.»

Sasuke non aveva nessuna voglia di continuare a sentire le parole di quel vecchio mostro e si gettò a capofitto su di lui, usando il suo rapidissimo falco nel tentativo di sopraffare il nemico.

Danzo fece ricorso all’arte del vento per alzare un denso e fitto polverone per tutta la zona, con l’obiettivo di annientare la visibilità dello sharingan. L’obiettivo proposto andò a segno perfettamente, ma ciò non durò a lungo, poiché Sasuke non era certo un tipo che cadeva nel banale caso di affidarsi completamente sul suo potere oculare, per lui, la sua abilità innata, era un’arma come tante altre. Questo permise a Sasuke di schivare l’attacco a sorpresa lanciato da Danzo, il quale consisteva in uno shuriken impregnato da una potentissima forza tagliente, un colpo con quella lama stridente era la fine assicurata.

Sasuke utilizzò la punta della sua spada per prendere il centro dell’arma e la usò a suo vantaggio per rispedirla al mittente, il quale non ebbe alcun problema a deviare il colpo con un altro shuriken tagliente che aveva appena creato, dopodiché Danzo ne preparò un paio da lanciare contro Sasuke, il quale ne schivò uno dei due, mentre contrastò l’altro con la sua spada impregnata di chakra, così il ragazzo ebbe l’occasione di spingersi di più verso il vecchio ninja, il quale continuava interperrito il suo attacco.   

Sasuke spiccò un balzo verso Danzo.

Danzo raccolse tutta la sua forza per afferrare Sasuke per il collo; lo avrebbe strozzato come una gallina.

I due contendenti erano così vicini da potersi guardare negli occhi, era tutta questione di secondi e di chi sarebbe stato più veloce nel colpire; la spada di Sasuke oppure il braccio di Danzo.

La lama di Sasuke sferzò in direzione dell’anziano shinobi, ma non fece in tempo, perché Danzo era riuscito ad agguantare il ragazzo per il collo, in una presa così forte da far mancare l’aria del malcapitato Uchiha. Era solo una questione di qualche secondo e Sasuke sarebbe stato strangolato come un fuscello, ma per sua fortuna, il grande falco da lui evocato era intervenuto in sua difesa, lanciando contro Danzo uno degli shuriken taglienti, il quale tranciò di netto il braccio destro dell’uomo, permettendo così a Sasuke di assestare un colpo decisivo con la sua spada.

Danzo era morto di nuovo in un fiume di sangue; quella volta non vi era alcun dubbio sulle sue sorti.

«Ce l’ha fatta!» esultò Karin.

No. Nemmeno quella volta la vittoria era per Sasuke.

Karin osservò con attenzione il braccio destro amputato e vide che, com’era accaduto in precedenza, uno degli sharingan impiantati su di esso si era chiuso: la chiave di tutto risiedeva in quegli occhi.

Nel frattempo, Danzo era apparso sopra una delle colonne del grande ponte.

«E’ tutto inutile!» dichiarò l’uomo sicuro di sé.

Uno sforzo perfettamente inutile per Sasuke, il quale cominciava a sentire qualche affaticamento a causa dei suoi continui sforzi nel tentare di uccidere seriamente il vecchio shinobi. Sasuke non aveva mai affrontato un avversario così ostinato alla vita, inoltre egli si era reso conto che, sebbene fosse abbastanza anziano, il suo avversario non aveva nulla a che invidiare a un guerriero più giovane: Danzo era veloce, esperto, capace di dosare al massimo i consumi di chakra e con una forza fisica imprevista.

Anche Madara era rimasto molto perplesso dalle abilità di Danzo.

«Potrebbe anche essere, eppure...» mormorò Madara fra sé.

Aveva un sospetto, ma Madara non era ancora sicuro che si trattasse effettivamente di quella tecnica ben precisa, perché reputava impossibile che Danzo ne fosse in grado.

Come contrastare un avversario che non moriva mai?

Sasuke era pronto a ricorrere a tutte le sue abilità al fine di polverizzare il suo potentissimo nemico, qualunque cosa. Susanoo e Amaterasu non erano sufficienti per battere Danzo, non restava altro che usare l’ultima tecnica dello sharingan: Tsukuyomi.

Nel preciso istante in cui gli sguardi dei due contendenti si incrociarono, Sasuke scagliò la sua tecnica illusoria sull’ignaro Danzo.

All’improvviso, Danzo notò che qualcosa non andava. Sasuke era appena stato sostituito da uno stormo di corvi rumorosi che si precipitarono attorno a lui, oscurandogli completamente la visuale. Danzo si fece largo con le mani, non appena lo fece, si accorse che qualcuno era alle sue spalle e incuriosito, l’uomo si voltò verso questa persona, sgranando gli occhi dallo stupore.

«Itachi...» mormorò Danzo.

Proprio così. Alle spalle di Danzo si ergeva minaccioso Itachi Uchiha ritto in tutta la sua forza, incutendo un timore grandioso tramite i suoi potentissimi occhi nella forma del Mangekyō sharingan.

In quel momento, Danzo venne assaltato da tutti i ricordi legati a Itachi e a quello che entrambi avevano stabilito nella difesa del villaggio della Foglia, ma Danzo, allo stesso tempo, non era certo il tipo che si lasciava cogliere dalle emozioni, proprio perché indurito da moltissimi anni di sopravvivenza.

Itachi compì qualche passo verso di lui, era così vicino che era giunto a fissare nell’unico occhio buono il vecchio ninja e a quel punto Itachi scattò con la sua tecnica, senza alcun preavviso e privo di alcuna pietà per quel vecchio doppiogiochista.

«Amaterasu!!»

Le fiamme nere avvolsero ancora una volta l’anziano shinobi, ma quella volta, Danzo non ebbe nessuna parola, nemmeno un gemito, ma invece era rimasto composto come se non stesse accadendo nulla. La certezza che quello che stesse vivendo fosse un’illusione era palpabile, non era necessario nemmeno servirsi dello sharingan di Shisui trapiantato sul suo occhio destro.

Danzo era sotto il potere di un’illusione dello sharingan, quindi poteva risultare una facile vittima per il suo avversario, mentre era immobilizzato dalla potentissima illusione.

«Che delusione...» fu il commento disinteressato di Danzo.

L’illusione si spezzò in mille parti e lasciò spazio ai reali combattenti per lo scontro mortale, dove Danzo rimaneva ritto, calmo come sempre e minaccioso più che mai. Lo stesso non si poteva dire lo stesso per Sasuke, il quale era rimasto immobile alle spalle di Danzo, armato della sua katana che avrebbe potuto trafiggere Danzo alle spalle.

«Itachi era veramente un fenomeno nelle arti illusorie. Egli era in grado di alterare lo spazio e il tempo in maniera unica, mentre tu, che possiedi le medesime abilità, sei solo un suo pallido esempio. Tuo fratello sarebbe deluso da te.»

Sasuke stava provando un’immensa rabbia per quello che gli veniva detto, eppure non riusciva a muoversi di nemmeno un millimetro e ben presto il ragazzo comprese il motivo per cui non ci riusciva: in qualche modo, Danzo era riuscito ad applicare una tecnica immobilizzante su di lui.

«Quel Danzo, che vecchia volpe!» commentò Madara divertito.

Danzo aveva applicato una tecnica immobilizzante su Sasuke quando lo aveva afferrato per la gola pochi minuti prima, ma questo Karin non lo sapeva, perché non riusciva a capire per quale ragione Sasuke non assestava il colpo finale a Danzo.

«Che diavolo stai aspettando, Sasuke?! Uccidilo!» urlò Karin.

Sasuke non si mosse, non ci riusciva a causa della tecnica di Danzo.

«Merda!» si lamentò Sasuke.

Danzo aveva la vittoria in pugno, non poteva perdere, per nessuna ragione al mondo. L’uomo si avvicinò al ragazzo e ne rubò la katana, con la quale era sua intenzione decapitare l’avversario, per poi prelevarne gli occhi che si sarebbe trapiantato addosso: un Mangekyō sharingan era roba molto rara, da custodire gelosamente.

«Fine della corsa.» dichiarò Danzo con soddisfazione.

Notando il pericolo incombente ai danni di Sasuke, Karin non ebbe altra scelta se non intervenire personalmente per salvare il suo amato, ma quando ella giunse ad affrontare Danzo, questi la rispedì da dov’era venuta con un calcio dritto allo stomaco.

«Le arti marziali, eh? - commentò Madara. Vuole preservare il chakra.»

Era proprio così. Danzo aveva a disposizione una quantità di chakra considerevolmente ridotta a causa della sua età avanzata e questo lo obbligava a dosare il consumo delle energie al punto giusto durante l’intera lotta.

«Vediamo di finirla.» dichiarò Danzo.

L’uomo si prese un momento per compiere un sigillo con il quale disattivare la tecnica che in quel momento gli permetteva di avere un enorme vantaggio sul proprio avversario.

Tale azione provocò un cambiamento nel flusso del suo chakra che non sfuggì alle doti sensoriali di Karin.

«Che diavolo è successo? - sbottò la rossa. Il livello del chakra di Danzo è precipitato vertiginosamente. Non capisco.»

Non c’era tempo per riflettere su tale dettaglio, perché Danzo non aveva perso l’occasione per concludere lo scontro, assestando un colpo mortale al suo inerme avversario. Non c’era tempo da perdere, bisognava intervenire immediatamente per fermarlo, prima che l’irriparabile si verificasse.

«Sasuke!» urlò Karin con apprensione.

La ragazza provò a rialzarsi, ma non ne fu in grado; il colpo subito da Danzo era stato così forte che non riusciva ad alzarsi.

Karin allora non ebbe altra scelta se non urlare a Madara di aiutare il suo amato.

«Ehi, uomo mascherato! Salva Sasuke!»

Madara aveva in realtà già preso la decisione di intervenire, perché vedeva che la situazione si era veramente messa male per Sasuke.

Danzo stava per assestare il colpo finale e Sasuke non poteva fare nulla per fermarlo.

«Guarda bene, Itachi. Sto per porre fine alla stirpe del male del clan Uchiha, eliminando il piccolo intoppo che non sei riuscito a uccidere!»

La lama scattò. Pochi secondi e sarebbe stata la fine per Sasuke.

Sasuke non voleva morire, non adesso, perché aveva bisogno di ulteriore tempo per potere potare a termine la sua vendetta. Morire sarebbe significato una mancanza di rispetto per l’enorme sacrificio fatto da Itachi per lasciarlo vivere. Sasuke in quel momento ricordò le parole di Madara, quando gli aveva raccontato tutto sulla missione segreta di Itachi, ovvero che suo fratello maggiore, nonostante la sua difficile missione gli avesse imposto di uccidere madre, padre, parenti e la fidanzata, non era riuscito a uccidere la persona a cui teneva di più, ovvero il suo amato fratellino.

Sasuke non poteva gettare al vento la sua vita, dopo tutto quello sforzo da parte del fratello. No, era proprio inaccettabile. Lui doveva porre rimedio alle ingiustizie subite dalla sua gente; doveva vendicarsi.

Vendetta. Vendetta nei confronti del villaggio della Foglia. Vendetta nei confronti delle alte sfere del villaggio. Vendetta nei confronti di quella finta pace di quel mondo corrotto.

VENDETTA.

Il tempo passava e l’odio nel cuore di Sasuke si stava addensando sempre di più, era così tanto che alla fine era esploso in tutta la sua potenza e la sua manifestazione fisica non tardò a palesarsi nei precisi istanti in cui la lama usata da Danzo si abbatteva su di lui.

Danzo avvertì immediatamente il pericolo e non perse tempo ad allontanarsi dalla sua posizione, mentre Sasuke veniva inondato dall’aura spirituale oscura del Susanoo, il quale si manifesto in tutta la sua potenza, la quale fu in grado persino di rimuovere la tecnica sigillante posta sul suo possessore.

«Che chakra peculiare. E’ completamente diverso di prima.» commentò Danzo analitico.

Il risultato era stato raggiunto: l’odio di Sasuke era cresciuto in maniera incommensurabile.

Madara non poteva chiedere di meglio.

Le meraviglie non erano rimaste nel crogiolo ed erano scoppiate in tutta la loro sorpresa. Il cavaliere spirituale era in origine unicamente la manifestazione di un immenso scheletro dall’energia oscura, ma questa volta, grazie alla maturazione dell’odio che si annidava nel cuore di Sasuke, il cavaliere aveva subito una notevole mutazione, acquisendo un grande mantello che lo avvolse nella sua interezza.

«Perfetto! Volevo proprio questo!» gioì Madara.

Karin tremava dalla paura, poiché la tecnica di Sasuke era la degna rappresentazione dell’intero chakra del ragazzo: la piena e totale oscurità.

Danzo intanto osservò con cura il pericoloso nemico armato da quella tecnica così spaventosa che era addirittura fornita di una spaventosa balestra, con la quale avrebbe sparato una delle micidiali frecce che era in grado di generare: era pericoloso.

Non appena Danzo atterrò al suolo, Sasuke direzionò il Susano sul suo obiettivo e ordinò che una delle frecce spirituali venisse sganciata contro Danzo.

«Che velocità! Non farò in tempo ad effettuare i sigilli!» pensò Danzo fra sé.

Le frecce erano veramente veloci, nessun essere umano sarebbe mai riuscito a schivare per pericoloso colpo e Danzo era stato costretto a ricorrere al suo asso nella manica o sarebbe stato ucciso.

All’improvviso, dalla spalla destra di Danzo si estese un immenso albero che crebbe al punto di riuscire a bloccare la freccia lanciata da Sasuke, deviandone la traiettoria; la tattica era andata in pieno segno.

«Merda!» sbottò Sasuke esausto.

Karin era riuscita a farsi largo fra le macerie per osservare per bene il susseguirsi negli eventi dello scontro. Quando Danzo si era avvalso dell’ausilio di quel grande albero, Karin aveva captato un aumento vertiginoso del livello di chakra di Danzo, come se avesse ricevuto una spinta in più da una forza misteriosa.

Solo Madara aveva la piena comprensione di quello che stava succedendo; adesso era tutto finalmente chiaro.

«Quella è l’arte del legno. Molto interessante. - commentò Madara. Finalmente mi è tutto chiaro.»

L’anziano Uchiha acutizzò al massimo la sua abilità oculare per osservare con interesse l’intero corpo di Danzo. Tutto il suo corpo era un flusso di un chakra poderoso e immenso in grado di soppiantare totalmente persino il chakra di tutti quegli sharingan; un chakra del genere poteva essere solo quello del Primo Hokage, Hashirama Senju. Parlando proprio di quest’ultimo, Madara si accorse che sulla spalla nuda di Danzo vi era il volto del fondatore del villaggio della Foglia e questo dettaglio lo aiutò a comprendere tutto.

«Ecco perché è in grado di controllare tutti quegli sharingan. Si è lasciato trapiantare le cellule di Hashirama per aumentare la forza del suo chakra. Che mossa folle, solo Orochimaru poteva fare una cosa del genere e Danzo si è lasciato deliberatamente sottoporre agli esperimenti di quel pazzo.»

Madara era furente. Stava maledicendo Orochimaru dalla tomba per tutto quello che era riuscito a scoprire quando il potere del clan Uchiha entrava in contatto con quello di Hashirama Senju e questo lo lasciava livido dalla rabbia, perché non se lo aspettava affatto.

«Quindi... - ne dedusse il vecchio Uchiha. Il suo obiettivo è quello di controllare la volpe a nove code, eh? Darà sicuramente la caccia a Naruto.»

Sarebbe stato un problema, perché significava partecipare a una corsa contro il tempo al fine di impossessarsi del potere della volpe a nove code. Danzo deve essere annientato il prima possibile, altrimenti sarebbe stato veramente una palla al piede.

Una successiva considerazione venne fatta da Karin, la quale si era resa conto di diversi aspetti delle mosse usate da Danzo nell’ultima fase dello scontro. Fino a quel momento, Danzo non aveva avuto alcuna riserva nel farsi assestare colpi mortali dall’avversario, tanto era che non si limitava nemmeno a schivare i colpi, eppure quella volta aveva fatto di tutto per non farsi colpire, di conseguenza quell’azione significava unicamente una cosa.

«Colpiscilo adesso, Sasuke! Ora può morire!» tuonò Karin.

Danzo emise un’impercettibile nota di fastidio per essere stato scoperto, di conseguenza si comportò in maniera appropriata, riattivando la sua tecnica segreta, prima che Sasuke intervenisse con un’altra delle sue rapidissime frecce.

«Troppo tardi, ragazzina!» tuonò Danzo.

L’anziano shinobi si gettò a capofitto verso l’enorme cavaliere spirituale, iniziando a comporre dei segni per una delle sue tecniche micidiali, tuttavia non fece in tempo, poiché la freccia scoccata da Sasuke fu più veloce e perforò senza alcun ritegno la povera vittima.

«Ce l’hai fatta!» esultò Karin.

No, affatto.

Danzo era riuscito a riattivare la sua tecnica, prima di venire ucciso per l’ennesima volta e quindi era ancora vivo e vegeto, mentre riappariva dal nulla per scagliare la sua potentissima tecnica contro Sasuke.

«Arte del Vento: Grande Bomba del Vuoto!!»

Una potentissima onda d’aria di abbatté in tutta la sua potenza contro il cavaliere spirituale, il quale si difese con uno scudo appena generato dal nulla, garantendo così a Sasuke il mantenimento del titolo della sua tecnica, denominata “difesa assoluta”.

Madara osservava il combattimento e mentre Danzo continuava ad essere ucciso da Sasuke, egli era ormai certo che la tecnica usata da Danzo era una delle tecniche più potenti esistenti nel mondo degli shinobi.

«Che meraviglia. Non avrei mai immaginato di vedere un uso così massiccio di questa tecnica: Izanagi, la tecnica proibita del clan Uchiha.»

Danzo continuava a morire e muoveva un passo sempre più vicino a Sasuke, il che significava essere un pericolo considerevole per il giovane shinobi.

«Che tecnica. - continuò Madara. E pensare che a usare questa tecnica è una persona comune. Danzo e Orochimaru hanno appreso per bene i segreti del clan Uchiha, non c’è che dire. Una tecnica che è in grado di cambiare la realtà per fantasia. Superlativo.»

Proprio così. La tecnica proibita denominata Izanagi era il cavallo di battaglia del clan Uchiha, una tecnica che consisteva come l’asso di battaglia per un Uchiha professionista, il quale, pur di salvarsi la vita, era disposto all’uso sconsiderato di tale tecnica, sebbene avesse perso la luce del proprio occhio. In poche parole, colui che usava Izanagi poteva alterare la realtà a proprio piacimento ed era proprio come Danzo stava operando.

«A occhio e croce, Danzo avrà una decina di occhi su quel braccio e userà il potere rigenerativo di Hashirama per ripristinare gli occhi nell’arco di poco tempo. Davvero una mossa astuta, non c’è che dire.»

Questo significava che Danzo non poteva essere preso sottogamba, nemmeno dal potentissimo e leggendario Madara Uchiha.

Lo scontro fra i due grandi poteri proseguiva. Un’altra freccia si scagliò contro Danzo, colpendolo in pieno, proprio nell’esatto momento in cui l’anziano shinobi lanciò la sua bomba d’aria contro Sasuke e il suo Susano; un’ultima fase che aveva dimostrato che al momento la situazione era allo stallo.

Lo scontro era quindi giunto ad un punto in cui era necessario un jolly capace di cambiarne completamente l’andamento. Danzo era pronto a effettuare un’altra mossa imprevista al fine di cambiare tutto in un solo colpo.

Per prima cosa, Danzo reputò necessario fare le dovute considerazioni, prima di impegnarsi nelle prossime mosse con le quali la situazione non sarebbe stata più reversibile.

«Lo scontro è molto duro, quel dannato Susano è difficile da tenere a bada. - pensò Danzo fra sé. Però, non posso permettermi di sprecare tutta l’immensa energia di Hashirama, c’è ancora Madara da sconfiggere.»

Era giunto il momento di dare un taglio a quella situazione, prima che Danzo cominciasse a esaurire i suoi occhi per la tecnica di Izanagi. Danzo si passò il dito su una ferita precedentemente inferta, con tale sangue gli fu possibile effettuare la tecnica del richiamo.

Un enorme ammasso fumo si espanse per tutta la zona e da esso fuoriuscì un gigantesco facocero dalle zampe di gallo e una lunga proboscide; questa creatura era il frutto della mitologia più lontana ed arcana, ovvero il demone che divora i sogni della gente, il Baku.

«Un Baku! Una creatura molto esotica, non ne avevo mai visto uno!» tuonò Madara sorpreso.

Danzo ordinò alla sua fidata creatura di usare il suo enorme e possente potere risucchiante per creare una forza di attrito risucchiante ai danni del nemico, riuscendo così a impedire al Susano di muoversi. Il Baku possedeva davvero una potenza enorme e Danzo ne avrebbe sfruttato ogni peculiarità a suo vantaggio.

Sasuke era stato messo alle strette e non riusciva nemmeno a seguire i movimenti di Danzo con lo sguardo, poiché la sua visuale era deviata dalla violenta tromba d’aria che lo spingeva sempre più rapidamente verso le fauci del Baku.

«Pensa, Sasuke! Pensa!» ripeté Sasuke fra sé.

Era solo una questione di pochi secondi, prima di venire divorato dall’enorme bestia.

Nel frattempo, Danzo aveva approfittato di tutto quel marasma per oltrepassare il punto in cui si ergeva il cavaliere spirituale, portandosi alle sue spalle. Danzo aveva fatto i compiti a casa ed era pronto ad applicare la sua strategia in maniera istantanea.

Danzo compose rapidamente i segni necessari per la sua tecnica e spiccò un balzo sulla postazione in cui si trovava Sasuke, la prima cosa necessaria per colpire quest’ultimo era privarlo della protezione del Susano e per fare ciò, serviva una potentissima tecnica perforante che avrebbe devastato le difese del Susano e aperto un varco per assestare un colpo decisivo a Sasuke.

Danzo aveva proprio composto i segni per fare scattare tale tecnica, inoltre avrebbe approfittato della forza risucchiante del Baku per aumentare la potenza del suo colpo, quindi si sarebbe catapultato verso Sasuke e lo avrebbe colpito dritto al cuore: la vittoria era assicurata.

«Arte del vento: Lame del Vuoto

Danzo emise dalla bocca una potentissima lama d’aria, alla quale aumentò la velocità con una seconda lama, le quali si scagliarono in tutta la loro potenza sulla schiena del Susano, privandolo di tutto il suo strato protettivo: il varco c’era.

«Proprio lì!» tuonò Danzo con decisione.

L’anziano shinobi si fiondò verso il suo avversario; pochi secondi e Sasuke era spacciato.

Sasuke non poteva farsi sopraffare in quella maniera, doveva immediatamente liberarsi del fastidioso mostro dal devastante potere devastante, altrimenti Danzo lo avrebbe ucciso. In un lampo, ecco la possibile soluzione al problema.

Sasuke effettuò dei rapidi segni con le mani e lanciò la sua tecnica; non c’era un secondo da perdere.

«Arte del Fuoco: Tecnica della Palla di Fuoco Suprema!!»

L’enorme ammasso di fiamme venne inglobato dalla potentissima onda risucchiante con il risultato evidente che le fiamme finissero dentro le fauci del Baku, assestando un profondo dolore alla bestia mitologica, la quale fu persino costretta a interrompere il suo pasto e a scomparire del nulla: la tattica di Danzo era andata in fumo.

Sasuke non perse tempo e si voltò verso l’avversario che stava per attaccarlo, era ancora in tempo ad assestare un colpo mortale, tuttavia, prima che Sasuke potesse agire per il bene della propria difesa personale, Danzo optò per una scelta strategica improvvisa. L’anziano shinobi si era portato appresso la katana del suo avversario e l’aveva rivestita di chakra del vento, dopodiché lanciò la lama come se fosse un giavellotto, prima che la difesa del Susano venisse ripristinata: il colpo andò a segno.

Danzo aveva applicato all’arma una forza perforante capace di trapassare qualunque cosa e fu proprio quello che accadde alle ossa del Susano e alla spalla destra del sorpreso Sasuke, il quale emise un urlo spaventoso per colpa dell’immane dolore provato a causa del colpo.

«Le cose si scaldano, eh?» commentò Madara con molta attenzione allo scontro.

Sasuke cadde in ginocchio e strinse con forza la spalla perforata con la mano sinistra, ma nonostante l’immane dolore percepito, non perse nemmeno per un istante il suo malefico avversario, il quale non aveva ancora smesso di avanzare verso di lui con una nuova tecnica da usare.

«Sei mio!» tuonò Danzo.

Non andò secondo i piani di Danzo, perché il pugno del Susano era stato più veloce, arrestando con violenza la corsa dell’anziano ninja per sbatterlo con potenza al suolo; con molta probabilità, anche questa volta Danzo era morto.

Il pericolo era stato scampato, ma ciò nonostante, Sasuke era veramente afflitto dagli ultimi risvolti del combattimento, tanto che persino il Susano scomparve nel nulla per colpa della stanchezza provata dal suo evocatore.

«Merda! Merda!» sbottò Sasuke.

Doveva fare qualcosa per risanare la sua ferita, ma sapeva benissimo che non aveva tempo per dare un morso a Karin, inoltre non poteva svelare un dettaglio così importante al suo nemico, perché lo avrebbe potuto sfruttare al meglio. Per questo motivo, Sasuke optò per la scelta più dura e dolorosa per arrestare la perdita di sangue, ovvero cauterizzare la ferita con il Chidori; l’operazione fu tremendamente dolorosa e Sasuke aveva quasi perso i sensi, ma era riuscito nel suo intendo.

«Non c’è che dire, questo ragazzo ha le palle. Complimenti.» commentò Madara soddisfatto.

Karin invece non riusciva a capire affatto per quale ragione Sasuke non si fosse avvicinato a lei per curarsi, questo perché lei non riusciva ad alzarsi a causa delle ferite inferte da Danzo.

«V-vieni qui, Sasuke! Mordimi!» lo invitò la ragazza.

Anche in un momento del genere, Karin non avrebbe fatto a meno di quella sensazione da orgasmo.

Sasuke si voltò verso di lei, furioso per avere parlato troppo.

«Stai zitta, rompicoglioni che non sei altro!» tuonò il ragazzo furioso.

Danzo aveva sentito tutto ed era ancora vivo e vegeto, ergendosi in tutta la sua potenza nella sua attenta osservazione della situazione. Di una cosa Danzo si era accertato, ovvero che Sasuke Uchiha era pronto a tutto pur di perseguire il suo scopo e non si sarebbe fermato per nessun motivo.

Sasuke Uchiha, il giovane guerriero del clan Uchiha, non era un tipo da tenere sottogamba, nemmeno per uno shinobi esperto come era Danzo Shimura.

Danzo era più che determinato a dare una svolta al combattimento e per questo avrebbe giocato tutte le sue carte per sopraffare il suo avversario. Danzo si portò la mano sulla bendatura sul viso e la sciolse per mostrare a tutti il prezioso occhio di Shisui Uchiha. Una volta fatto ciò, Danzo diede uno sguardo agli occhi del suo braccio, ne erano rimasti solo cinque attivi, perciò doveva dosare bene le sue energie per conseguire la vittoria.

«Molto bene, l’occhio destro si è ripreso del tutto. Ora i giochi cambiano.» disse l’anziano shinobi.

Sasuke si rimise in piedi e si diresse verso lo stesso piano in cui si trovava Danzo, durante il passaggio egli raccolse la sua katana conficcata a qualche metro più in là e si gettò a capofitto su Danzo.

«Fatti sotto, vecchio!» ruggì il giovane.

Danzo fece altrettanto, armato di un paio di kunai.

«Vieni, Sasuke Uchiha!» urlò il vecchio.

Lo scontro fra due generazioni completamente differenti. Entrambi i contendenti erano dei rivoluzionari a loro modo ed erano inoltre decisi e fermi nelle loro convinzioni che nessuno sarebbe riusciti a smuoverli da tali. Il loro combattimento era basato sulla resistenza e sull’uso sapiente della propria arte oculare, il quale utilizzo era influito da numerose variabili, ovvero la stanchezza, la quantità di chakra e le ferite inferte.

I movimenti si velocizzavano, con mosse rapide e che si alternavano fra di loro come una danza frenetica, composta dalle scintille generate dall’impatto delle lame dei due contendenti. Gli occhi dei due combattenti si muovevano come impazziti, al fine di carpire il minimo movimento dell’avversario, per tanto le rispettive abilità oculari erano state tirate così la massimo, che chiunque dei due avesse ceduto per primo, sarebbe stato spacciato.

Un attimo di cedimento di Danzo era l’occasione ideale per Sasuke di trapassarlo allo stomaco e aumentare il taglio della parte inferiore del corpo, lasciando uscire tutte le budella dell’anziano shinobi; questa mossa non risparmiò comunque a Danzo di assestare un poderoso montante alla spalla danneggiata del ragazzo, prima che tirasse le cuoia.

Sasuke vacillò per qualche metro, mentre Danzo si accasciava al suolo e utilizzava nuovamente la sua tecnica proibita per resuscitare dalle sue ceneri, apparendo proprio alle spalle di Sasuke per colpirlo con un altro dei suoi poderosi montanti sempre sulla parte della spalla ferita.

«Stai diventando più lento, ragazzino!» sbottò Danzo.

L’anziano shinobi si apprestò a raccogliere uno dei kunai che Sasuke gli aveva fatto cadere per terra in precedenza, dopodiché questi si precipitò su Sasuke per colpirlo a morte, ma non ebbe l’occasione per farlo, poiché il giovane Uchiha aveva evocato finalmente la mano del Susano per colpire in pieno l’avversario e spedirlo sulle sponde del fiume che scorreva sotto il ponte.

Susano scomparve per l’ennesima volta, perché Sasuke era veramente stremato e non riusciva più a muovere la spalla, aveva il braccio completamente infermo e quindi non riusciva proprio a muoversi; aveva bisogno di mordere Karin, subito.

Sasuke si mosse barcollando verso la ragazza, chiamandola con tutte le sue forze. Sasuke doveva sbrigarsi, prima che Danzo tornasse in pista più pericoloso che mai.

«Karin! - urlò Sasuke. Muoviti! Vieni qui.»

Sasuke cadde nuovamente in ginocchio, era troppo stanco per muoversi a causa degli immani sforzi a cui aveva sottoposto il suo fisico, ma soprattutto i suoi occhi che stavano pulsando in una maniera per nulla paragonabile ai dolori provati in precedenza.

Karin allora si fece forza e ignorò il dolore allo stomaco per sollevarsi e dirigersi verso Sasuke, al fine di aiutarlo a recuperare le forze; il suo intervento sarebbe stato la carta vincente per Sasuke.

«S-sì, arrivo!» rispose Karin.

La ragazza era quasi giunta al capezzale dell’amato, sfoggiando il braccio nudo verso la bocca del suo bisognoso amato. Sasuke non aveva tempo da perdere e con le ultime forze tirò a sé la ragazza con una brutalità a Karin molto sgradita, ma ella comunque non si ribellò a quel trattamento.

Sasuke assestò un morso deciso alla carne della ragazza e subito iniziò a sentirsi meglio, ma non fu lo stesso per Karin, la quale, invece di provare il solito piacere immane, ella stava provando un dolore indicibile, quasi come se Sasuke volesse strapparle via la carne.

«Sasuke, mi fai male...» si lamentò Karin.

Sasuke non si fermò, non gli importava affatto di lei, esisteva solo l’obiettivo principale: la morte di Danzo.

Era passato qualche secondo da quando Sasuke aveva addentato la carne di Karin per ripristinare le proprie energie e sarebbe servito ancora qualche attimo, prima di recuperare completamente le forze.
L’intervento di Danzo calzò alla perfezione per impedire che Sasuke riuscisse a riprendersi. L’anziano shinobi non esitò un istante a colpire Sasuke e scagliarlo lontano da Karin, la quale venne afferrata con forza dal nemico.

«Lasciami!» urlò Karin divincolandosi.

«Così, questa signorina possiede un chakra particolare. Se ti avessi lasciato fare, ti saresti ripreso. Adesso ne approfitto anche io.»

Nonostante i rifiuti di Karin, Danzo non ebbe problemi a tranquillizzarla con una illusione scagliata dal suo occhio destro, in seguito l’uomo addentò la carne della ragazza e iniziò a ripristinare tutte le sue forze.

A questo punto, anche Sasuke reputò fondamentale fermare la ripresa di Danzo e usò una delle sue tecniche di fuoco contro l’anziano ninja.

«Arte del Fuoco: Tecnica della bomba di fuoco

L’immane nube infuocata si espanse dalla bocca di Sasuke e si diresse precipitosa in direzione di Danzo, il quale, senza il benché minimo rispetto per la vita della ragazza, che venne usata come uno scudo da Danzo per proteggersi dalle pericolose fiamme.

Una volta che le fiamme vennero estinte, la schiena di Karin era stata completamente danneggiato e bruciato con ustioni di secondo grado. La ragazza aveva perso i sensi, ma fortunatamente, grazie al fatto che fosse stata inglobata in un’illusione di Danzo, non percepì molto il dolore; le sue condizioni erano comunque molto gravi e poteva anche considerata a un passo fra la vita e la morte.

Né Danzo o Sasuke batterono un ciglio nei confronti della sorte della ragazza, per loro era solo un mezzo efficace per ripristinare le proprie energie e rendere eterna quella battaglia. a cui stavano prendendo parte.

Danzo corse verso il suo avversario, usando un’altra delle sue tecniche per portare l’ago della bilancia del combattimento a suo favore.

«Arte del Vento: Grande bomba del vuoto

La tecnica ebbe lo stesso effetto della tecnica lanciata in precedenza da Sasuke, ma questa volta fu il Susano a proteggere il combattente dalla tecnica.

«Muori!» urlò Sasuke rabbioso.

Il cavaliere spirituale contrasse la sua freccia contro il bersaglio e quando essa scoccò, Danzo evitò con rapidità il colpo, servendosi dell’occhio di Shisui, dopodiché lanciò un’ulteriore fiato distruttore contro uno dei pilastri del ponte, facendolo precipitare contro il Susano che era tornato nuovamente nella sua forma scheletrica.

Entrambi i contendenti avevano certamente recuperato le forze, ma non di molto, quindi erano ancora afflitti dalla fatica e desiderosi di assestare il colpo decisivo il prima possibile.

Sasuke emerse dalle macerie ed era rimasto indenne, grazie alla protezione del Susano, il quale scomparve nel nulla subito dopo, poiché Sasuke era arrivato nuovamente a limite.

La lotta continuava. Sasuke si rese subito conto che lo stile di Danzo si era nettamente velocizzato forse grazie alle sue energie ripristinate, ma anche grazie all’ausilio dell’occhio speciale, di conseguenza, Sasuke avrebbe fatto meglio a compiere delle mosse più accurate al solo e unico scopo di sopraffare un avversario che sembrava rinato.

Danzo corse contro a Sasuke, armato di un kunai, ma venne bloccato e ucciso per l’ennesima volta dal ragazzo, il quale aveva fatto ricorso a degli shuriken che aveva evocato da dei sigilli che teneva nascosti sotto i suoi polsini.

Di conseguenza, Sasuke si alzò di scatto, mentre Danzo resuscitava e si gettava in picchiata contro di lui, ancora armato da un kunai, che però non raggiunse ad affondarsi sulla carne di Sasuke, poiché quest’ultimo aveva colpito l’anziano shinobi al mento con un potente calcio, ma questo non risultò un colpo molto potente, perché Danzo aveva afferrato la gamba dell’avversario e lo aveva lanciato nella direzione opposta.

Il climax della battaglia era arrivato.

Danzo tese il kunai e soffiò sopra di esso con un chakra molto particolare della natura del vento, esso infatti faceva ricorso all’energia del vento più potente esistente, il maestrale.

«Dammi quegli occhi e sparisci dalla circolazione assieme al tuo dannato clan!» dichiarò Danzo.

Sasuke si risollevò immediatamente e si gettò verso il suo avversario, creando una lama di chakra dell’elemento fulmine, con il quale aveva intenzione di uccidere l’avversario.

«Mi riprenderò quegli occhi! Tutti quanti!» urlò Sasuke determinato.

Troppo vicini. Era impossibile per entrambi schivare l’attacco dell’avversario, quindi pur di compiere tale mossa determinante, tutti e due sarebbero riusciti a ottenere la vittoria, solo se avessero avuto la determinazione necessaria per sopraffare l’altro, sacrificando sé stessi: entrambi erano pronti pure a quell’ennesimo sacrificio finale.

Sasuke e Danzo si erano colpiti a vicenda, lasciandosi trapassare in un punto vitale del loro corpo, pur di infierire mortalmente sul corrispettivo avversario; il pieno esempio della massima determinazione di entrambi i contendenti.

Lo sharingan di Madara brillò di una luce sinistra, la sua soddisfazione aveva raggiunto un nuovo livello, poiché fiero della grande maturazione effettuata da Sasuke.

«Oh, sì!»

Madara aveva visto tutto quanto, persino quelle sfaccettature che al resto era sfuggito ed era veramente contento del risultato finale di quello scontro così difficile.

Sasuke e Danzo respiravano a fatica all’unisono, stanchi e afflitti da un dolore così immenso che lentamente entrambi si lanciarono uno sguardo reciproco, i loro sharingan puntati uno sull’altro in un muto silenzio fatto di spasmi e dolori mai detti.

Fra i due, era Danzo quello a sfoggiare un ghigno di vittoria, perché era certo che avesse ancora uno degli sharingan sul suo braccio a disposizione ed era così convinto di avere ottenuto la vittoria, così non poté fare a meno di osservare l’occhio ancora attivo, ma all’improvviso accadde qualcosa che Danzo non riuscì a capire.

Perché Izanagi non si attivava?

«Che cosa significa?» commentò Danzo in confusione.

Entrambi i contendenti si allontanarono dal nemico. Danzo restava in piedi a cercare di capire che cosa gli stesse accadendo, mentre Sasuke crollò al suolo, afflitto da una fatica enorme e un piccolo buco sul petto che andava subito curato.

Danzo iniziò a barcollare e iniziò a vomitare sangue per colpa della grave ferita che gli aveva perforato i polmoni.

«Perché? Perché Izanagi non si attiva?!» si lamentò Danzo.

Proprio non capiva. Che cosa stava accadendo, eppure c’era ancora quell’occhio aperto.

Il dolore per la ferita ricevuta lo aveva fatto deconcentrare e per questo non si era accorto del tranello in cui era incappato, fu dunque necessario usare l’occhio destro per capire quello che combaciava con la realtà e quando Danzo se ne accorse era già troppo tardi.

«Non è possibile…!!» sibilò Danzo esterrefatto.

L’occhio era sempre stato chiuso, tutti gli occhi erano chiusi, per tanto era impossibile attivare Izanagi, ma lui lo aveva creduto possibile, perché Sasuke aveva applicato una tecnica illusoria su di lui, lasciandogli credere di avere ancora una freccia alla propria faretra.

«No! No! Non è possibile!» urlò Danzo dalla rabbia.

In quel combattimento, Sasuke era riuscito a evolvere a ogni livello. Il suo odio era maturato; il suo Susano si era evoluto a un nuovo livello di potenza; il suo chakra era divenuto sempre più forte, alimentato dal potere dell’odio; persino la sua arte oculare si era evoluta, avvicinandosi sempre di più alla capacità posseduta da Itachi.

Danzo era caduto in quella trappola ed era spacciato, perché la ferita infertagli da Sasuke era così profonda da rendergli impossibile persino controllare il suo chakra e per questa ragione, il braccio mostruoso mutò ulteriolmente in un grosso albero che voleva divorare l’anziano shinobi, il quale fu costretto a strapparsi il braccio per salvarsi.

Madara comprese subito per quale ragione si era manifestato quel fenomeno.

«La ferita deve essere veramente profonda, perché adesso non sa più tenere a bada il potere di Hashirama.»

Dal canto di Sasuke, invece, la situazione era in netto miglioramento, perché Karin era corsa in aiuto del suo amato, dopo avere curato se stessa, non appena si era ripresa dall’illusione di cui era succube.

«Prendi, Sasuke. Mordi.» lo invitò Karin.

Sasuke non se lo fece ripetere una seconda volta, senza perdere di vista il sofferente vecchio, che invece rimaneva in ginocchio, sofferente per la ferita sul petto; era fatta.

«Non può essere! - si lamentò Danzo. Non posso morire qui, non adesso! Devo diventare Hokage!»

Sasuke si era risollevato, era tornato in forze e pronto ad assestare il colpo finale a vecchio shinobi che aveva già un piede nella fossa.

«Tu adesso morirai, Danzo.» dichiarò Sasuke.

Il viso di Sasuke scintillava di soddisfazione e un ghigno malefico si estendeva su tutta la superficie. A ogni passo, Sasuke sentiva di volere strappare il cuore dal petto del suo nemico e gettarlo nel lago.

Danzo osservò il suo avversario e comprese di essere spacciato, a meno che un miracolo si fosse palesato all’improvviso.

Sasuke scattò in avanti con il Chidori attivato, con esso avrebbe inferto il colpo finale.

Danzo doveva agire adesso, senza pensare nemmeno a un’altra opzione disponibile. L’uomo fece ricorso a le sue rimanenti energie per superare Sasuke e teletrasportarsi alle spalle di Karin per afferrarla e usarla come scudo umano una seconda volta.

«Lasciami!» urlò la ragazza.

Danzo non aveva alcuna intenzione di morire e avrebbe usato persino una mossa subdola come il ricatto pur di salvare la vita.

Danzo lanciò uno sguardo a Sasuke e lo minacciò.

«Non un altro, o la signoria morirà. Ora io andrò e tu starai fermo qui.»

Karin intanto continuava a osservare il suo Sasuke e lo implorava di liberarla da quella agonia.

«Sasuke. Aiutami!» implorò Karin.

Sasuke era deciso ad aiutarla e non si sarebbe tirato indietro, nemmeno se questo avrebbe comportato un totale troncamento con tutto ciò che faceva parte del suo passato.

«Non muoverti, Karin.» ordinò Sasuke.

Karin sorrise, allora a Sasuke importava veramente di lei, questo la rendeva veramente felice e la lasciava confidente che il suo amato l’avrebbe salvata da quell’orrenda situazione. Guardò un attimo il suo amato e tremò: l’espressione di Sasuke era terrificante, un demone assetato di sangue.

Un bagliore. L’ultima cosa che Karin vide, prima che il terrore si dipinse in tutto il suo volto.

Sasuke aveva fatto l’impensabile, un gesto che segnava per sempre la sua trasformazione radicale in uno shinobi, senza il minimo rispetto della vita umana e manipolatore dei più deboli. Per questa considerazione, Sasuke aveva preso l’amore di Karin e lo aveva sfruttato al massimo, gettando la sua vita come una lurida pezza, trapassando il cuore di Karin pur di raggiungere quello di Danzo.

Una mossa crudele. Assurda.

Karin era senza parole; ormai la sua vita era al termine.

«Sa-su-ke...»

Danzo era finito, il colpo finale per tutte le sue speranze.

«No...»

Madara, invece, era al settimo cielo e rideva come un folle per quello che stava vedendo.

«Lo ha fatto! PERFETTO!»

Karin cadde al suolo, immersa in un lago di sangue.

Anche Danzo era in pessime condizioni, coperto da tutto il suo sangue, ma ancora in piedi e ostinato a rimanere in vita a tutti i costi, sebbene la situazione non fornisse alcun spiraglio per lui.

Danzo cercò di allontanarsi dal campo di battaglia il prima possibile, doveva riuscirci a qualunque costo, ma il suo sforzo era il solo risultato della disperazione totale del suo animo.

Sasuke gli andò appresso, passeggiando tranquillamente verso di lui, poiché stava pregustando con tanta impazienza il compimento della sua vendetta, dopotutto la vendetta andava gustata su un piatto freddo.

Ad un tratto, la folle corsa per la salvezza di Danzo si arrestò, poiché Madara gli era appena apparso di fronte.

«Fine dei giochi, Danzo.» esordì il vecchio Uchiha.

Danzo arrestò il suo passo e maledì la situazione per essere stato battuto in quella maniera.

Sasuke intervenne, parlando con il suo antenato.

«Stanne fuori, Madara. Lui è mio!»

Madara però non voleva stare appresso ai capricci del ragazzino e proseguì con i suoi propositi.

«Stattene calmo, ragazzino. Prima devo prendere l’occhio di Shisui.» ribatté Madara.

Danzo era arrivato alla frutta. Da un lato aveva Sasuke pronto a ucciderlo lentamente. Dall’altro Madara avrebbe lentamente prelevato il suo occhio destro e poi lo avrebbe gettato fra le fauci del malefico Sasuke.

Danzo Shimura era spacciato. Lui, lo shinobi del mondo oscuro dei ninja, la mente subdola che si focalizzava sul mantenimento di una vera pace. Lui, Danzo, era uno shinobi millenario che si era distinto in tutto ed aveva rivaleggiato con il Terzo Hokage per il potere. La sua vita era stata costellata da continui fallimenti e dal folle desiderio di essere riconosciuto dal suo grande rivale e diventare Hokage a tutti i costi. Questa era la vita di Danzo Shimura, la vita di un perdente.

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Capitolo 21
*** L'ETERNO PERDENTE ***


Salve a tutti.

Direi che nello scorso capitolo ne sono successe di cotte e di crude, ma finalmente il tanto odiato Danzo è arrivato alla fine della corsa, quindi sapete benissimo che cosa accade, quando nella mia storia un personaggio sta per tirare le cuoia: flashback!!

Vi chiedo scusa per la pessima qualità di scrittura nello scorso capitolo, fra la mia poca attenzione e il tempo in scadenza, direi che ho combinato proprio un pasticcio che tenterò di correggere il prima possibile. Detto questo, vi lascio alla lettura.



 

«Non mi prendi!»

La voce di un bambino che correva con tutte le sue forze verso la cima di un’irta collina.

Qualcuno lo seguiva a pari passo.

«Questo lo dici tu, Hiruzen! Ora ti supero!»

La voce di un altro bambino che lo seguiva nel tentativo di superarlo nella corsa.

Era veramente bello passare le giornate fra le immense foreste che circondavano il villaggio della Foglia, godere dell’aria fresca e dell’acqua che sgorgava dai molti ruscelli che entrambi superavano nella corsa, una splendida sensazione che rendeva molto piacevole quel pomeriggio.

Hiruzen continuava a tenere il passo, scattando come un grillo da un punto all’altro verso la montagna più alta della zona, quella da cui era possibile osservare il piccolo insediamento dei ninja.

Danzo tentava in tutti i modi di non fermarsi, sebbene stesse per esaurire il fiato; ogni fibra del suo corpo si rifiutava di perdere contro il suo rivale.

«Fermati!» urlò Danzo.

Hiruzen non lo stette a sentire e continuò a correre.

Entrambi i bambini continuarono a correre incessantemente, fino ad arrivare alla cima della collina nella quale si poteva vedere in lontananza la grande montagna in cui venivano svolti i lavori per la costruzione del viso del capo villaggio. Arrivati in cima, Hiruzen cadde al suolo, stanco per l’immane corsa e bagnato da tanto sudore.

Danzo lo raggiunse qualche attimo dopo.

Hiruzen si voltò verso di lui con un sorriso sornione.

«Ho vinto io!» dichiarò vittorioso.

Danzo digrignò i denti; anche quella volta era stato battuto da quell’enigmatico bambino, ma non avrebbe mai ammesso la sconfitta, per nessuna ragione al mondo.

«Hai solo avuto fortuna! Io avevo un sassolino nei sandali, per questo andavo lento!»

Era una bugia, ma per Danzo era più importante il suo orgoglio che la sua onestà; tutto per contrastare la bravura di Hiruzen; dopotutto, non ci voleva una mente geniale per gabbare l’ingenuo amico.

«Dici davvero? - domandò il ragazzino sorpreso. Allora questo non vale! Ti devo battere onestamente! Facciamo un’altra corsa per tornare al villaggio!»

Danzo deglutì, non sarebbe stato capace di contrastare Hiruzen per quell’ennesima volta, perché era troppo stanco, così ne escogitò un’altra delle sue per salvare la faccia.

«Ora non mi va! Mi mangio gli onigiri al tonno che ha fatto la mia mamma!» dichiarò Danzo.

Il bambino estrasse dalla giacca un involucro di foglie, nel quale erano contenute due deliziose e semplici palle di riso ripiene di tonno secco e uvetta, il suo snack preferito.

Danzo agguantò  una delle polpette e ne assestò un poderoso morso.

Hiruzen lo osservò, mostrando i segni di essere tremendamente affamato.

Danzo se ne accorse e arrestò subito la sua merenda.

«Che hai da guardare? Mangia i tuoi!»

«Ecco, io non ho portato nulla...» replicò Hiruzen con imbarazzo.

«Non è un mio problema! Questi sono miei!» sbottò Danzo.

Il bambino si spostò di scatto nella direzione opposta, dando le spalle all’amico, così da potere mangiare senza venire disturbato dai continui rumori prodotti da Hiruzen con la bocca. Dopo avere dato l’ennessimo morso all’onigiri, però, a Danzo venne automatico porgere la sua porzione extra all’altro bambino, il quale esultò dalla gioia; tutto pur di non starlo più a sentire.

«Tieni qua! Ora smettila di assillarmi!»

Hiruzen si illuminò dalla gioia, afferrò la polpetta di riso e si sedette accanto a Danzo, così da potere consumare il pasto in compagnia dell’amico.

«Sei veramente una brava persona, Danzo. Ti ringrazio!» disse Hiruzen.

A Danzo venne da ridere, perché gli era stato sempre insegnato dal padre a non fidarsi degli sconosciuti, specie se fossero gentili nei propri confronti; era certamente una trappola.

«Tu pensi che io sia una brava persona? E se per caso avessi messo del veleno in quella polpetta per poi dartela?» disse Danzo.

Hiruzen aveva già divorato parte della polpetta di riso, per tanto la considerazione appena fatta da Danzo era pressoché irrilevante.

«Che vuoi dire? Perché dovresti fare una cosa del genere a un tuo amico?» domandò Hiruzen con innocenza.

Danzo sospirò, amareggiato per quel bambino così esuberante che molto spesso non riusciva ad afferrare.

«Lascia perdere. - sbottò Danzo. E’ chiaro che pensare queste cose non è da te..»

«Sciocchezze! - sbottò Hiruzen. Una buona persona resta sempre una buona persona e tu per me lo sei.»

Danzo rimase abbastanza sorpreso da quella dichiarazione, ma non avrebbe mai ammesso che quello fosse il riconoscimento più importante che si avrebbe mai ricevuto dal suo più grande rivale. Ben presto, però, mano a mano che entrambi i bambini entravano in contatto con il mondo degli shinobi, la profonda amicizia di Danzo e Hiruzen avrebbe cominciato a incrinarsi, lasciandosi soppiantare dalla rivalità fra i due e nel disprezzo covato da Danzo per essere sempre l’eterno perdente.

Un episodio molto significante avvenne qualche anno dopo, quando Danzo e Hiruzen frequentavano l’accademia ninja assieme ad altri giovani promesse.

Quel giorno tutti gli studenti erano stati raccolti nel cortile dell’accademia, per accogliere la visita di un membro di alto grado del governo del villaggio, il temibile capo degli Uchiha, Madara.

Danzo rimase molto colpito dalla figura di quell’uomo così autoritario ed enigmatico. Danzo sognava di diventare un giorno proprio come lui, ovvero un uomo con una forza tale da garantirgli il rispetto degli amici e il timore dei nemici.

Essendo animato da quella determinazione, Danzo si era convinto che doveva fare del suo meglio nella prova del lancio degli shuriken di quel giorno, perché Madara era lì per esaminare le doti dei futuri ninja che avrebbero fatto parte delle schiere dell’esercito dei ninja del fuoco.

«Shimura Danzo.» lo chiamò l’istruttore.

Danzo si fece avanti, tentando di mascherare la grande emozione nel vedere un uomo così potente vicino a lui, per questo si concentrò sul bersaglio da colpire, raccolse gli shuriken nella sacca per terra e si mise in posizione.

Qualche istante per prendere la concentrazione e poi il lancio di cinque shuriken di fila in direzione del bersaglio. Tuttavia, quando Danzo dovette lanciare l’ultimo shuriken, la sua attenzione vacillò al solo pensiero di sfidare Hiruzen in tale pratica e ciò lo portò a mancare il bersaglio, operando un lavoro per i tre quarti completo.

Un fallimento.

Che enorme vergogna.

Danzo era furente, era stata tutta colpa di Hiruzen se aveva fallito.

«Maledizione!»

Mentre Danzo tornava al suo posto, non poté fare a meno di udire Madara che discuteva assieme al capo dell’accademia.

«Non male il figlioletto di Ranzo.»

«Lo può proprio dire, mio signore. - replicò l’altro. Danzo è veramente un ottimo elemento e ha molti voti alti, sono certo che sarà un ottimo shinobi.»

«Sarà… - replicò Madara vago. Però pecca ancora di determinazione.»

Dopodiché, Madara si guardò attorno, scrutando con attenzione il bambino del clan Shimura e la sua relazione distaccata con i suoi compagni di squadra.

«Comunque, a chi tocca adesso?» domandò Madara.

Danzo era veramente a terra. L’uomo che ammirava lo giudicava privo di determinazione, per tanto quel fallimento era ancora più pesante da sopportare che Danzo era certo che non sarebbe potuta andare peggio; aveva un enorme torto.

Dopo il turno di Danzo, venne il momento per Hiruzen di mostrare le sue abilità al grande Madara Uchiha.

Danzo aveva fatto di tutto per avvicinarsi al grande uomo per udire quello che diceva degli studenti, così ebbe l’occasione di cogliere quanto detto sul suo grande rivale.

«Lui sarebbe?» domandò Madara al direttore.

«Sarutobi Hiruzen, il figlio del nobile Sasuke Sarutobi.» aveva risposto l’interlocutore.

Al solo sentire quel nome, il volto di Madara si era illuminato di un fascinoso interesse nei confronti di quel bambino.

«Molto interessante. Vediamo se è più bravo del figlio di Ranzo.»

Hiruzen dimostrò proprio quello che Madara aveva appena ipotizzato, ovvero di riuscire ad assestare una lunga serie di lancio dello shuriken, senza commettere il benché minimo errore.

Applausi da parte di tutti i compagni di scuola e degli istruttori per quella bellissima figura. Hiruzen era al massimo della gioia per essere riuscito in quella impresa, invece Danzo era totalmente spiazzato per essere stato battuto ancora una volta del suo rivale.

Hiruzen era stato elogiato persino dal grande Madara Uchiha.

«Affascinante! Il ragazzino è veramente bravo. Se continua così, sarei molto felice di renderlo un mio discepolo.»

Danzo era furente. Hiruzen lo aveva battuto e lo aveva anche messo in ridocolo, conquistando il rispetto e l’ammirazione di tutti. Da quel momento in poi, per Hiruzen sarebbe stato un crescendo di persone e di amici che si fidavano al primo impatto di lui; se c’era un problema, tutti chiedevano aiuto a Hiruzen.

Danzo era la seconda scelta oppure non lo era affatto, perché la gente voleva solo l’aiuto di una persona affidabile come Hiruzen Sarutobi.

Avendo raggiunto quella consapevolezza, Danzo si mise a lavoro, si allenò allo sfinimento, arrivando persino a prendersi una polmonite, pur di diventare più bravo e raggiungere il livello di Hiruzen. Niente poté fermare Danzo dal raggiungere il suo obiettivo, ovvero battere Hiruzen una volta per tutte, marcando la sua immensa superiorità; questa determinazione aveva portato Danzo a raggiungere il rango di chunin molto prima di Hiruzen: una grande fonte di orgoglio.

Nella fase dell’adolescenza, Danzo scoprì che Hiruzen non lo avrebbe battuto solamente in campo ninja, ma anche in questioni di cuore.

Lui era cresciuto assieme a molti amici e, sebbene il suo carattere molto freddo, era riuscito a conservare delle amicizie con pochi amici su cui poteva contare. Fra questi, c’era una sua amica d’infanzia che aveva un posto speciale nel suo cuore, perché ne era innamorato; il nome di quella bambina era Biwako.

Ormai Danzo era un quindicenne e uno shinobi affermato, in perenne lotta con Hiruzen per conquistare il primato del ninja più forte, sebbene si trattasse di una lotta eterna, poiché entrambi erano essenzialmente al medesimo livello di forza. Anche Biwako era cresciuta e si era trasformata in una splendida ragazza dai lunghi capelli color pece e gli occhi color castagna; ogni volta che Danzo la vedeva, provava un sussulto al cuore che mai nessun’altra donna avrebbe provocato in vita sua.

Quel giorno, Danzo si era deciso a dichiarare i suoi sentimenti a Biwako, le avrebbe offerto un mazzo di fiori che aveva preso con cura per l’occasione, dopodiché l’avrebbe portata a mangiare qualcosa; sarebbe stato bello iniziare un rapporto del genere con una persona che aveva amato fin da piccoli e Danzo non sarebbe potuto essere più felice.

Mentre Danzo aspettava Biwako al punto d’incontro, batteva nervosamente la punta dei suoi sandali al suolo e si preparava mentalmente per il discorso che avrebbe fatto. Il ragazzo sperava solo che sarebbe stato capace di manifestare i suoi sentimenti, senza lasciarsi sopraffare dall’imbarazzo; per Biwako ci sarebbe riuscito, perché la posta in gioco era veramente alta.

«Ciao, Danzo!» disse Biwako con la sua voce squillante.

La ragazza corse verso l’amico, implorando il suo perdono per essere arrivata in ritardo.

Danzo le sorrise; si stava sciogliendo come neve al sole.

«Non preoccuparti, ero qui da poco.»

Era lì che l’aspettava da più di un’ora, ma questo non aveva la minima importanza.

La ragazza gli sorrise, era chiaro che fosse al settimo cielo per qualcosa che le era capitato e non riusciva più a trattenere la gioia.

«Beh, ma che cosa ti è successo?» le chiese Danzo.

Il viso della ragazza si illuminò; era veramente felice.

«Ti devo dare una bellissima notizia!» annunciò Biwako.

«Davvero? Sono tutto orecchi!» disse Danzo.

Che stesse per dichiarare il suo amore nei suoi confronti?

«Io e Hiruzen ci siamo messi insieme! - dichiarò Biwako. Non è fantastico?!»

Non lo era affatto.

In quel momento, Biwako aveva strappato il cuore di Danzo dal suo petto, lo avrebbe calpestato con la malvagità più pura i suoi sentimenti, dopodiché si era buttata fra le braccia di Hiruzen e lo avrebbero deriso.

Danzo non sapeva proprio che cosa dire, era rimasto troppo devastato.

Biwako si accorse dello strano silenzio dell’amico e se ne preoccupò.

«Stai bene, Danzo?» chiese lei.

Danzo si riprese immediatamente dal suo dolore; era stato battuto anche quella volta da quel maledetto di Hiruzen, ma come sempre, Danzo non avrebbe mai accennato ad ammettere la sconfitta: il suo orgoglio era a pezzi, ma era ancora lì.

«Oh, ehm… - mugugnò Danzo. Con-Congratulazioni...»

Biwako lo conosceva bene, per tanto si era resa subito conto che Danzo non fosse per nulla contento.

«Perché fai così, Danzo? E’ per via di Hiruzen? - domandò la ragazza. So’ bene che lui non ti piace, ma ti assicuro che Hiruzen è una persona molto gentile e premurosa, è forte e valoroso. E’ veramente straordinario.»

Danzo avrebbe voluto tapparle la bocca, perché non voleva più sentire parlare di Hiruzen. La gente parlava solo di lui e di quanto fosse bravo, invece di lui non parlava mai nessuno, proprio perché Hiruzen rubava continuamente la scena; adesso, quest’ultimo era persino a occupare un posto speciale nel cuore della ragazza che lui amava.

«Non c’è bisogno che tu me lo dica, so benissimo chi sia Hiruzen. - replicò Danzo. Solo fammi sapere se ti tratta male, così lo prendo a calci in culo.»

Danzo si sforzò di sorridere, lo stava facendo per Biwako, ma soprattutto per sé stesso, perché non voleva mostrarsi debole e non riusciva a vedere alcuna speranza futura senza Biwako, specie in quei tempi di guerra.

Biwako non era per nulla convinta delle dichiarazioni dell’amico e stava per investigare ulteriolmente sul suo stato d’animo così freddo, quando Hiruzen era appena sbucato dal nulla per abbracciare la ragazza.

«Ciao, tesoruccio!»

La ragazza si lasciò avvolgere dalle forti braccia del suo amato.

«Dai, Hiruzen! Così mi fai arrossire!»

In tutto questo, Danzo si era appena reso conto che il suo cuore devastato dal rifiuto lo avrebbe portato a breve a volere uccidere seriamente Hiruzen e mandare tutto al diavolo.

A quel punto, Danzo si voltò nella direzione opposta e si apprestò a buttare il mazzo di fiori che aveva comprato.

Biwako notò immediatamente quel dettaglio e qualcosa iniziò a frullarle per la mente.

«E quei fiori?» domandò la ragazza.

Danzo allora si bloccò, non poteva buttarli via, altrimenti Biwako avrebbe compreso quali fossero le sue vere intenzioni.

«Dovevo andare a trovare la lapide dei miei genitori, niente di che. - spiegò Danzo. Ora ho altro da fare, ci vediamo.»

Biwako conosceva Danzo come le sue tasche, sapeva che stava mentendo e in quel momento si era anche resa conto che Danzo fosse innamorato di lei.

«Aspetta, Danzo! Non avevano un appuntamento?» lo richiamò la ragazza.

«Infatti, Danzo. Unisciti a noi!» lo invitò Hiruzen sorridente.

Meglio la morte. Ormai non gli importava più nulla di loro.

«Ho altre faccende importanti da fare. Sono cose di cui mi sono appena ricordato di fare.» rispose Danzo secco.

Un tono che non ammise repliche e se ne andò via, lasciando i due fidanzati nella loro felicità e nella vita che avrebbero costruito assieme; a lui era rimasta solo la delusione più assoluta e l’oscurità più totale.

Animato da quel grande dolore, Danzo si era focalizzato ancora di più nell’ampliamento delle sue doti ninja nella recente guerra mondiale, partecipando a numerose missioni molto pericolose, sia con la sua squadra che da solo, rischiando la vita innumerevoli volte.

Una volta era riuscito persino a sopravvivere a una pericolosa missione, in cui la Foglia era stata decimata dagli spadaccini della Nebbia. Nonostante ciò, Danzo era riuscito a scampare dalla morte, trasportando alle sue spalle l’amico Torifu Akimichi e l’amico Kagami Uchiha, superando una lunga pila di cadaveri dei propri compagni. Danzo era poi giunto alle porte del villaggio con gli amici e aveva perso i sensi all’entrata.

Quando Danzo riprese coscienza, si era ritrovato in ospedale con un dolore lancinante in tutto il corpo. Al suo capezzale vi erano gli amici che aveva tirato con la forza via dalla morte, la squadra di Hiruzen e quella di Biwako.

Quando Danzo aprì gli occhi, trovò alquanto fastidioso che la prima persona a identificare fosse proprio Hiruzen.

«Guardate! Si è svegliato!» comunicò Kagami.

«Danzo! Come stai, amico mio?!!» tuonò Hiruzen, correndo al suo capezzale.

Biwako tirò indietro l’amato, in modo da lasciare a Danzo lo spazio per respirare in tranquillità.

«Scusalo, Danzo. Come ti senti?» domandò la ragazza in seguito.

La ragazza era veramente preoccupata per le sue condizioni, ma sembrò proprio che a Danzo non importasse del suo stato d’animo, nonostante la amasse ancora.

«Sto bene. Kagami e Torifu come stanno?» disse Danzo.

I due compagni di squadra si manifestarono all’amico, ammaccati, ma ancora vivi ed eternamente grati verso colui che aveva salvato loro la pelle da quell’inferno.

«Siamo qui, amico.» risposero di due.

Quella era stata l’unica volta in cui Danzo si era reso conto che i suoi amici lo amavano molto e si era sentito accettato e riconosciuto da tutti, persino da Hiruzen.

«Sei stato veramente un grande Danzo, non avrei mai immaginato che tu potessi fare una cosa del genere, Ti ammiro molto.» si complimentò Homura con lui.

Hiruzen si mise a sghignazzare.

«Io ve lo avevo detto che Danzo era una brava persona e finalmente anche voi lo avete capito.»

Biwako si asciugò delle lacrime e passò una carezza sulla fronte del ferito.

«E’ vero che sei stato grande, ma non dovresti correre tutti questi rischi. La tua vita non è qualcosa da prendere alla leggera, quindi fa più attenzione.»

Danzo ebbe un sussulto, gli fece molto piacere che Biwako si preoccupasse per lui, ma nonostante ciò, egli sapeva bene che non avrebbe mai potuto avere il suo amore; lei era felice con Hiruzen.

Per questa ragione, Danzo doveva rinforzare il suo cuore per evitare di soffrire, anche a costo di farsi odiare da Biwako.

«E’ la vita degli shinobi, non posso cambiare il mio destino.» replicò Danzo stoico.

Prima che Biwako potesse obiettare per quella risposta veramente piatta, Hiruzen si frappose con lei e con la sua esuberanza si rivolse all’amico.

«Lasciamo perdere tutto questo! Riprenditi subito, perché ti voglio sfidare il prima possibile! Io non voglio perdere contro di te!»

Quelle parole valevano più di tutto l’oro del mondo per Danzo, perché significava che finalmente Hiruzen lo avesse finalmente riconosciuto come un degno rivale dalla considerevole forza, ovvero uno shinobi che poteva batterlo seriamente.

Danzo non poteva essere più felice.

Dopo quell’avvenimento, Danzo era stato notato dalle alte sfere del villaggio e un giorno era stato convocato dal Secondo Hokage, il quale lo aveva convocato nel suo ufficio in un tenebroso pomeriggio di novembre.

«Oh, Danzo. Accomodati.» lo accolse l’Hokage.

Danzo entrò nell’ufficio e si mise sull’attenti in direzione dell’Hokage.

«Ho saputo che tu e Saru avete combinato un bel poco di trambusto la scorsa settimana. Immagino però che tu sia capace di tenere un comportamento molto più contenuto, invece di divincolarti come una scimmia pazza come il tuo amico Saru.»

Danzo impallidì, desiderando con ardore di sprofondare nelle viscere della terra per aveva fatt ua così magra figura con il rispettabilissimo Hokage.

«Sì, certo signore.» rispose Danzo titubante.

L’enigmatico Hokage sorrise al ragazzo, dopodiché si era alzato e si era messo a osservare il villaggio dalle vetrate del suo studio.

«Sai perché ti ho convocato?» chiese l’uomo.

«Lei vuole me per agire nelle questioni più oscure e me lo chiede, perché Sarutobi invece fa tutto alla luce del sole.» rispose Danzo.

L’Hokage sorrise per quell’affermazione, dopodiché si voltò verso il giovane shinobi e proseguì nella sua indagine.

«Mi hanno raccontato della tua prodezza nella battaglia contro il villaggio della Nebbia, hai salvato i tuoi compagni da morte certa e sei tornato al villaggio con un gran numero di ferite. Davvero una prodezza ammirevole, degna di un grande ninja del clan Shimura.»

Danzo era colmo di orgoglio, finalmente tutti quanti riconoscevano le sue doti di grande shinobi.

«La ringrazio, mio signore.» disse Danzo.

«Voglio farti una domanda adesso...» dichiarò l’Hokage tutto a un fiato.

Danzo annuì, era veramente curioso di sapere che cosa volesse da lui l’Hokage.

«Perché hai salvato i tuoi compagni? Pretendo una risposta sincera e completa.» domandò l’Hokage.

Danzo rimase sorpreso da quella domanda e, senza dare molto peso al ragionamento, decise di rispondere al suo interlocutore in tutta rapidità, così da dare una risposta di getto, una motivazione che incarnava realmente il suo pensiero.

«Perché Torifu e Kagami sono dei validi elementi e perderli avrebbe drasticamente sfoltito le nostre truppe. Il villaggio ha bisogno di individui del genere per vincere la guerra.»

L’Hokage emise una strana smorfia, dopo avere udito tale risposta, poi proseguì nel suo ragionamento.

«Quindi non lo hai fatto per i tuoi compagni, ma per il bene del villaggio. - ne dedusse l’Hokage. E’ questa la tua sincera risposta?»

Danzo annuì. Torifu e Kagami erano dei buoni amici, ma essendo shinobi, il loro compito era quello di proteggersi a vicenda nelle missioni, senza compromettere la sicurezza del villaggio.

«Quindi che cos’è più importante per te? La vita umana o il villaggio?» domandò l’Hokage.

«Io penso che la chiave di tutto sia il villaggio della Foglia. Bisogna proteggerlo con tutti i mezzi possibili e i suoi shinobi si devono sacrificare per esso. Fa parte dei loro doveri.»

L’Hokage tornò a sedersi nella sua poltrona, dando segno al ragazzo di essere soddisfatto da quello che aveva udito.

«Sei proprio l’opposto di Saru, ma sei ugualmente determinato quanto lui? - domandò Tobirama retorico. Dimmi, quale sarebbe il tuo obiettivo attuale? Vorresti diventare il Terzo Hokage?»

Danzo rimase spiazzato ancora una volta da quelle dichiarazioni. Quella era stata la prima volta che aveva iniziato a considerare quanto forte potesse essere la sua sete di potere, diventando il nuovo Hokage. Qualora Danzo ci fosse riuscito, era certo che tutti avrebbero riconosciuto il suo valore e che lo avrebbero considerato per sempre migliore del suo rivale, Hiruzen.

«Sarebbe un onore.» dichiarò Danzo.

Tobirama Senju studiò per bene l’apparenza del giovane shinobi, dopodiché portò lo sguardo su una risma di fogli che contenevano alcuni dati sul trattato di pace che aveva intenzione di stipulare con il villaggio della Nuvola.

«Tu e Saru fate parte della nuova generazione. - proruppe l’Hokage. Ho dato un’occhiata ai vostri fascicoli e ne sono rimasto molto colpito. Danzo Shimura, Torifu Akichimi, Kagami Uchiha, Hiruzen Sarutobi, Homura Mitokado e Koharu Utatane. Ho preso la decisione che studierò te e i tuoi compagni molto a fondo e sceglierò il mio successore fra di voi.»

Danzo rizzò i capelli, ansioso. Fra quei sei nomi ci sarebbe stato il nuovo leader del villaggio della Foglia, la figura più importante che avrebbe deciso la politica futura di tutta la loro gente. In quel momento, Danzo si convinse che avrebbe fatto qualunque cosa per riuscire a surclassare i suoi avversari, soprattutto, non avrebbe permesso in nessun modo a Hiruzen di diventare Hokage; non lo avrebbe mai accettato.

Mentre Danzo rifletteva con accuratezza su quello da fare per raggiungere i suoi scopi, l’Hokage aveva completato la stesura di sei piccoli rotoli che poggiò di fronte al giovane shinobi.

«Gradirei che consegnassi questi messaggi a coloro che ho nominato in precedenza. Voi sei farete parte della mia scorta in occasione del mio viaggio nel paese del fulmine. La prossima settimana ci sarà un importante incontro diplomatico fra me e il Secondo Raikage per parlare di una possibile pace.»

Danzo raccolse con cura le sei pergamene e le conservò, dopodiché rimase ritto e in silenzio ad attendere gli ordini successivi del suo superiore.

«Puoi andare.» lo congedò l’Hokage.

Danzo si preparò al massimo per quell’importante missione e avrebbe fatto qualunque cosa pur di soggiogare i suoi avversari per la carica di Hokage, continuando a seguire con attenzione i movimenti dell’Hokage, durante il viaggio verso il villaggio della Nuvola.

Tuttavia, durante l’incontro fra i due capi di stato, qualcosa andò storto per colpa di due pericolosi shinobi che avevano tradito il villaggio della Nuvola e si erano ribellati a quella pace stipulata con un’odiatissimo nemico.

I ninja della Foglia erano usciti dalla sala delle conferenze in tutta fretta, cercando di proteggere l’Hokage con tutte le loro forze dai ninja rivoltosi.

«Come state, maestro?» aveva chiesto Hiruzen all’Hokage.

L’Hokage emise una smorfia, perché non era rimasto affatto soddisfatto, a causa di quello che era successo ed era convinto che il Raikage non fosse stato capace di mantenere l’ordine fra i suoi ranghi, per questo era stato ucciso dai ribelli, i quali avevano anche tentato di uccidere anche lui, ma invano.

«Per chi mi hai preso, Saru? - sbottò Tobirama. Muoviamoci adesso, prima che l’intero villaggio si ribalti contro di noi!»

Mentre i ninja della Foglia correvano verso l’uscita del villaggio, i ninja che avevano partecipato alla congiura li stavano inseguendo. A capo di tutti loro vi erano due pericolosi fratelli che avevano combattuto contro la volpe a nove code, ottenendo un potere devastante che li rendeva avversari molto pericolosi.

I due fratelli, Kinkaku e Ginkaku, erano due creature che avevano rinunciato alla propria umanità per divenire dei pericolosi demoni senza pietà. Essi non avrebbero avuto nessuna pietà, nemmeno per gli innocenti del loro stesso villaggio, i quali, a quell’ora, inondavano le strade del villaggio.

Era necessario evitare a tutti i costi un massacro o la colpa di tutto sarebbe caduta interamente alla Foglia.

«Ci sono i fratelli Kinkaku e Ginkaku! Scappate!» tuonò Torifu.

«Correte, ragazzi! Siamo quasi arrivati all’uscita.» dichiarò Koharu.

I ninja della Foglia riuscirono a scappare dal villaggio della Foglia e si erano nascosti con cura nella foresta adiacente ai confini fra la nazione del fuoco e del fulmine.

Arrivati a quel punto, tutti quanti si chiesero se fossero riusciti a scappare dal pericoloso nemico, dopo una folle corsa composta da tanta fatica e continue misure di depistaggio per allontanarsi del pericolo imminente.

«Li abbiamo seminati?» domandò Torifu.

«Continuate a correre, ragazzi! Non siamo ancora fuori pericolo!» suggerì Danzo con autorità.

Tutti lo ascoltarono e mano a mano che proseguivano verso il villaggio della Foglia, il silenzio si impossessò della zona circostante, lasciando capire che il pericolo era stato scampato.

A quel punto, l’Hokage ordinò alla sua scorta di fare una pausa e di raccogliersi in un unico punto per fare le dovute considerazioni in merito all’intera faccenda.

«Quello che è successo è stato veramente un casino. Che facciamo adesso, maestro?» domandò Hiruzen con ansia.

«Non farti prendere dalla fretta, Saru. - lo rimproverò l’Hokage. Non ti ho forse insegnato ad analizzare la situazione con calma?»

Hiruzen si acquietò, dopodiché l’Hokage poggiò un dito sul terreno e rimase in silenzio per qualche istante, era chiaro che stesse usando le sue abilità sensoriali, al fine di captare la posizione del nemico.

Tutti rimasero in silenzio, in attesa di un responso positivo, ovvero che erano riusciti a scappare dal nemico.

Invece non andò così.

«Siamo circondati.» disse placidamente l’Hokage.

Nessuno rispose. L’incubo non era ancora terminato.

«Saranno in circa una ventina, fra cui anche Kinkaku e Ginkaku. - continuò l’Hokage. Anche loro possiedono dei ninja sensoriali. Penso che si tratti dell’unità speciale di Kinkaku.»

La situazione era molto pericolosa, non solo perché avevano a che fare con due mostri, ma anche per l’evidente inferiorità numerica nei confronti di un nemico dalla presenza più massiccia. Era necessario ragionarci sopra.

«Considerando che siamo in 7, incluso il nobile Hokage, siamo completamente spacciati.» fu la considerazione dell’analitico Homura.

Una dichiarazione che non piacque a molti.

«Non fare il codardo, Homura!» lo rimproverò Koharu.

Mai perdere la speranza.

«Lasciate che ci pensi io! - si propose Hiruzen. Li polverizzerò tutti con i miei cloni d’ombra!»

Un intero disaccordo, ancora una volta.

«Non andremo da nessuna parte con le tue inutili conclusioni!» ribatté Danzo.

«Beh, allora proponi tu una soluzione, bell’imbusto!» controbatté Hiruzen.

Una nuova lite fra i due rivali nel momento meno appropriato.

«Basta voi due! - li rimproverò Homura. Non vi vergognate di una simile condotta di fronte al nobile Hokage?»

I due rivali si acquietarono, così ci fu la possibilità di lasciare largo spazio a strategie ben più possibili e applicabili.

«Il nemico non è ancora riuscito a captare la nostra esatta posizione. Dovremmo approfittare di questa situazione per un attacco a sorpresa.» propose Koharu.

«Mi pare una strategia molto difficile da realizzarsi. - commentò Kagami. Qualcuno di noi dovrebbe fare da esca.»

«Un’esca dici? Ma questo significa morte certa!» sbottò Torifu allarmato.

«Beh, forse, ma non abbiamo altra scelta.» replicò Kagami rassegnato.

Chi si sarebbe proposto come esca e avrebbe sacrificato la propria vita per il bene comune? I sei ragazzi erano rimasti in silenzio a discutere con la propria coscienza. Nessuno di loro voleva concludere i suoi giorni in quel momento, erano ancora così giovani e una lunga vita da affrontare; nessuno di loro voleva concludere la propria storia in un posto del genere.

Nonostante quelle paure, quei ninja sapevano che era loro dovere sacrificare la propria vita per il bene dei propri compagni e del villaggio.

Danzo viveva un grande dissidio interiore. Egli continuava a ripetere a sé stesso di muoversi a dichiarare a tutti quanti che sarebbe stato lui a fungere da esca, eppure il suo corpo non riusciva a obbedire alla propria volontà, facendolo tremare come una foglia, nonostante la sua accesa determinazione nel volere dimostrare il suo grande valore. Lui non era un codardo, era un fiero shinobi della Foglia che si sarebbe sacrificato per il bene del villaggio, proprio come fecero a loro tempo suo padre e suo nonno prima di lui: doveva farlo!

«Dai! Alza quella maledetta mano! Alzala e dillo! DILLO!»

Danzo ce l’aveva con sé steso per essere così poco determinato a sacrificare la sua vita. Dopodiché, il suo pensiero si spostò su Hiruzen. Danzo si chiese se il rivale stesse provando le medesime sensazioni e questo lo fece innervosire ancora di più, perché significava che non fosse migliore di lui.

Poi accadde l’impensabile.

«Lo farò io.»

A parlare era stato proprio Hiruzen.

«Proprio tu, Sarutobi? Ne sei certo?» gli chiese Torifu.

Hiruzen sorrise a tutti loro; era quello il suo modo per nascondere la paura.

«Che vi prende, ragazzi? Avete smesso di credere in me? - sbottò il ragazzo. Figuriamoci se mi lascio uccidere da quei tizi. Io sono il più forte fra tutti noi!»

Danzo era rimasto in silenzio, perché stava continuando a odiare se stesso per essere un così grande codardo. Nel momento in cui Hiruzen si era proposto come esca, Danzo si era reso conto che l’ansia nel suo corpo era svanita, sostituendosi con un grande senso di sollievo: questo Danzo non poteva proprio sopportarlo.

Subito dopo, Hiruzen mise una masso sulla spalla di Danzo.

«Mi raccomando, Danzo. Prenditi cura di tutti loro.» dichiarò Hiruzen.

No.

Danzo non avrebbe mai potuto accettare di essere in debito con Hiruzen, non in quel modo. In quel momento la sua determinazione riuscì finalmente a sopraffare il suo corpo.

Danzo scansò con irruenza il braccio del rivale e parlò a tutti con la sua furia.

«Va’ al diavolo! - sbottò Danzo. Mi hai solo preceduto! Stavo per propormi io come esca e sarò io a farlo!»

Tutti i presenti erano rimasti di stucco da quelle dichiarazioni, incluso lo stesso Hiruzen.

«Ma Danzo...»

A quel punto, fu l’Hokage a intervenire nella discussione; nessuno poteva immaginare che in quel momento, Tobirama avesse preso una decisione sconvolgente per tutti loro.

«Danzo, la tua rivalità con Saru è molto accesa, ma questo non cambia molto quello che è successo. Saru si è proposto per primo e questo è innegabile. Entrambi siete ancora molto giovani, ma dimostrate un grande potenziale e un giorno farete la storia.»

L’espressione dell’Hokage era molto truce, nessuno lo aveva visto così tetro come in quell’occasione, tanto che persino i suoi allievi iniziarono a preoccuparsi per lui.

Intanto l’Hokage continuava a parlare, rivolgendosi a Danzo e indirettamente anche a Hiruzen.

«Una volta mi dicesti che il villaggio è la cosa più importante per te, ma se ti lasci prendere dalla tua sventatezza, finirai per mettere in pericolo sia il villaggio che i tuoi compagni. Hai bisogno di rendere più forte la tua determinazione e di aiutare Saru a diventare un ottimo shinobi.»

Danzo strinse i denti. Quelle parole pesavano come macigni sulla sua schiena. Era proprio come quando Madara aveva preferito Hiruzen a lui, oppure quando Biwako lo aveva escluso dal suo cuore e aveva amato il suo grande rivale; ancora una volta, Hiruzen era ritenuto essere migliore di lui.

«Detto questo… -  continuò l’Hokage. Adesso voi tornerete al villaggio, mentre io fungerò da esca.»

Una dichiarazione che lasciò di stucco tutti i presenti.

«No...» sospirò Hiruzen affranto.

«Questa è pura follia! - tuonò Danzo. La vostra vita è troppo preziosa per sprecarla in questo modo! Voi siete l’Hokage, non c’è nessun shinobi più forte di voi per guidare il villaggio della Foglia!»

«E’ proprio per questa ragione che sono l’unico a potere fermare l’avanzata del nemico.» ribatté l’Hokage.

La sua decisione era indiscutibile e a nessuno di loro venne dato il permesso di controbattere.

L’Hokage si alzò e spostò lo sguardo in lontananza, verso il nemico che lo attendeva.

«Il mio compito è quello di proteggere le future generazioni della Foglia ed è la stessa cosa che chiedo di fare a voi, quando nasceranno le nuove foglie da nutrire all’interno del nostro villaggio.»

Tobirama tornò a rivolgersi in maniera speciale a Danzo e a Hiruzen.

«Danzo non lasciare che il tuo coinvolgimento personale comprometta la tua relazione di lavoro con Hiruzen. Voi due dovete collaborare per proteggere il villaggio. Voi tutti dovete farlo.»

Dopodiché, l’Hokage porse le sue ultime volontà all’allievo al quale era stato sempre più legato fra i molti che aveva addestrato.

«Saru… - lo chiamò Tobirama. Proteggi gli abitanti del villaggio con la tua forza e tratta ognuno di loro come parte della tua famiglia, proprio come ti abbiamo insegnato io e mio fratello. Porta avanti la volontà del fuoco, perché da ora in poi, tu sarai il Terzo Hokage!»

Senza parole.

Nessuno avrebbe mai immaginato che l’Hokage potesse sganciare una bomba del genere in quella situazione così drastica. I presenti erano completamente allibiti da quanto udito, perché da quel momento in poi, il loro caro amico sarebbe divenuto l’uomo più potente del villaggio del Fuoco.

Danzo era furioso. La sua gelosia era tale che solo l’odio che covava nei confronti di Hiruzen era più forte. Era stato sconfitto per l’ennesima volta. Hiruzen si era preso il prestigio, l’amore della sua vita, il rispetto e il potere che aveva sempre sognato e lui era rimasto con un pugno di sabbia. Danzo Shimura era quindi da considerare come l’eterno sconfitto e mai avrebbe potuto ribaltare una situazione del genere.

L’Hokage si apprestò a dirigersi verso la morte certa, ma prima dette un ultimo pensiero al suo degno successore.

«Rendimi fiero di te, Hiruzen Sarutobi.»

Hiruzen si inchinò al suo maestro e lo ringraziò per tutto quello che aveva fatto per lui. Danzo notò qualche lacrima che colava dal volto dell’amico e non disse nulla in merito.

«Lo farò!»

Una volta che il Secondo Hokage si era precipitato ad affrontare il nemico della Nuvola, i sei giovani ninja rimasero in quella posizione in silenzio. Per molto tempo si udirono grandi esplosioni e immensi rimbombi per tutta la zona circostante; il secondo Hokage stava vendendo cara la propria pelle.

Quando gli enormi boati si estinsero, i ragazzi si affidarono alle doti sensoriali di Koharu per capire se lo scontro si fosse concluso.

«Quindi?» domandò Hiruzen con apprensione.

Koharu tirò un lungo sospiro e rimase in silenzio per qualche istante.

«E’ finita.» dichiarò la donna.

Questo significava che la squadra sovversiva della Nuvola era stata annientata dal Secondo Hokage, il quale però aveva perso la vita durante lo scontro. Quel giorno i sei ninja sarebbero tornati al villaggio con una triste notizia per la loro gente e un lungo lutto da sopportare per tutta la gente del villaggio.

«Coraggio, gente. Torniamo a casa.» ordinò Hiruzen.

Adesso il ragazzo era l’Hokage, quindi significava che tutti loro avrebbero dovuto obbedirgli, senza alcuna opposizione.

Danzo non si mosse. Ormai egli era persuaso che le parole del Secondo Hokage erano più che vere ed egli aveva deciso che avrebbe continuato la sua filosofia ninja, immergendosi completamente nelle ombre, pur di proteggere il villaggio della Foglia. Quando il Secondo Hokage aveva nominato Hiruzen come Terzo Hokage, in quello stesso momento lui era stato nominato come un anti-Hokage, ovvero un uomo che interveniva nelle questioni del villaggio dalle ombre.

«Quindi per te va bene così, Hiruzen?» domandò Danzo furente.

Hiruzen allora si bloccò e fissò l’amico.

«Che cosa vuoi dire?» domandò quest’ultimo.

La Nuvola aveva ucciso il grande leader del villaggio della Foglia. Un affronto terribile che era nato da una subdola trappola che era nata da una prospettiva di pace fra i due villaggi ninja. Quindi, se la Foglia non avesse subito ribadito con forza la sua posizione, la Nuvola si sarebbe potuta permettere persino di infangare l’onore del Secondo Hokage.

«Devono pagare! Quelli della Nuvola non la devono passare liscia per quello che è successo!» dichiarò Danzo furente.

Hiruzen non fu d’accordo con lui e non perse occasione per ribadire la sua posizione proprio lì, davanti a coloro che avrebbero formato la classe dirigente del villaggio sotto il suo lungo governo.

«Non riprenderò il conflitto con la Nuvola! Non spargerò altro sangue!» dichiarò Hiruzen.

Danzo si voltò verso Hiruzen e lo afferrò per il bavero della maglia.

«Che razza di Hokage sei?! Dannato bastardo, così getterai nel fango il rispetto del villaggio della Foglia!»

Hiruzen non si lasciò intimidire dal furente amico e ricambiò il modo con cui era stato afferrato, iniziando a urlare contro a Danzo.

«Il villaggio è stremato! Basta con la guerra! Questa situazione verrà portata a termine con le parole! Anche la Nuvola ha perso il suo leader, non dimenticarlo, per tanto non possiamo dare la colpa a loro.»

«Sei solo un debole, ecco che cosa sei! Non sai fare quello che è necessario, vigliacco!» ribatté Danzo.

Volarono i primi pugni fra i due rivali e nessuno degli altri presenti li interruppe, perché si erano resi conto che farlo non avrebbe portato a nulla di concludente.

«Non mi faccio giudicare da te! Non mi faccio dare ordini da un debole!» continuò Danzo con una furia bestiale.

«Invece lo farai! - tuonò Hiruzen. Io sono l’Hokage adesso!»

«Non mi importa! Io non ti riconoscerò mai come tale!» ribatté Danzo.

Altri colpi.

I due rivali erano giunti persino a rendere i propri pugni impregnati dal sangue del corrispettivo avversario; se le stavano dando proprio di santa ragione e solo perché le loro idee non trovavano alcun punto d’incontro.

In realtà, le ragioni per tutte quelle botte erano molto più profonde.

Hiruzen si sentiva in colpa con sé stesso per non essere stato forte abbastanza da riuscire a proteggere il proprio maestro, inoltre non era certo che sarebbe riuscito a essere un grande Hokage come i suoi predecessori.

«Che sei ostinato.» sbottò Hiruzen.

Danzo era totalmente prevaricato dall’odio che provava nei confronti di Hiruzen. Perché era così bravo? Perché era sempre migliore di lui? Non lo avrebbe mai accettato come Hokage, mai e poi mai, perché le sue decisioni avrebbero portato avanti una politica che non condivideva per il villaggio.

«Sei troppo debole. Tu non saprai prendere le decisioni che servono per la sopravvivenza del villaggio!» continuò Danzo.

«Per questo ho bisogno di te, razza di idiota! - tuonò Hiruzen. Anche se sarò Hokage, ho molte cose da imparare! Voglio che tu sia il mio braccio destro e che mi aiuti con le questioni più spinose! Non c’è nessun’altro di cui mi fido più di te!»

Danzo non avrebbe mai accettato Hiruzen come il suo Hokage, questo era vero, eppure la realtà dei fatti era chiara: lui non era Hokage, mentre Hiruzen sì.

Proprio come aveva detto il Secondo Hokage, Danzo avrebbe anteposto le proprie motivazioni personali per collaborare con Hiruzen e governare il villaggio, ma lo avrebbe fatto a modo suo.

«Bene! Lo farò!» affermò Danzo.

Hiruzen allora gli sorrise, in quel momento era veramente grato all’amico per la comprensione.

«Forse dirò una cosa che hai già sentito, ma certe volte non te ne rendi conto, amico mio. - concluse Hiruzen. Tu sei veramente una gran brava persona.»

Una volta conclusa quella discussione, la squadra era tornata al luogo dello scontro sotto insistenza di Danzo, poiché era necessario recuperare il cadavere del Secondo Hokage per rendergli il giusto tributo nella propria terra natale, ma soprattutto per evitare che il nemico lo deturpasse, captando tutti i segreti del suo corpo.

In quella occasione, Danzo iniziò a ponderare l’idea di potenziare l’esercito della Foglia con potenziamenti extra, rubando le cellule di nemici molto pericolosi, senza considerare gli aspetti etici; com’era solito dirsi, il fine giustifica i mezzi.

Trascorse il tempo. Hiruzen affermò la propria autorità come Terzo Hokage sia con una stabile politica interna che con una politica estera aperta al dialogo, quando ritenuto necessario. In quegli anni, Danzo fondò la Radice e ne assunse il comando, agendo per il bene del villaggio nelle ombre.

«Beh, perché quell’espressione così truce?» domandò Hiruzen.

L’Hokage si era incontrato con il suo braccio destro all’uscita dell’accademia ninja, dove il primo aveva incontrato i futuri shinobi, fra i quali c’erano anche i futuri ninja leggendari.

Danzo porse al suo superiore una pergamena, la quale recitava un rapporto completo da parte delle forze speciali del villaggio, dove si evinceva di un attacco premeditato ad opera di un clan di mercenari ai danni della gente del villaggio.

Hiruzen lesse tutto il rapporto con cura, dopodiché si voltò verso il suo caro amico.

«Tu… - sibilò l’uomo. Li hai già fatti uccidere tutti, non è così?»

Danzo non rispose, si limitò esclusivamente a prendere la direzione opposta all’amico, salutandolo con un rapido cenno con la mano.

«Buona giornata, Terzo Hokage.»

Le cose andavano proprio in quella maniera così desiderata dalle ultime volontà del Secondo Hokage; Danzo agiva nell’ombra e proteggeva il villaggio da esse, mentre Hiruzen operava alla luce del sole come Hokage: uno si sporcava le mani, l’altro le teneva sempre pulite.

Luce e oscurità. Tonalità così diverse, ma sempre unite e in contrapposizione, proprio come due veri rivali e amici.


*

 

Danzo non si reggeva più in piedi, l’unica ragione per cui riusciva ancora a respirare, era la sua accanita determinazione a tenere salda la propria vita, perché le sue aspirazioni non potevano troncarsi in quella maniera così poco calcolata, dato che aveva quei sogni così grandi che lo obbligavano ad attaccarsi in maniera morbosa alla vita.

Madara era di fronte a lui e si stava avvicinando lentamente verso di lui, con la mano diretta verso il suo occhio destro.

Sasuke era alle sue spalle, incapace di attendere le mosse del suo alleato, poiché determinato a privare della vita il suo così tanto detestato avversario.

Danzo era giunto a un bilico. Come ogni fase della sua vita, doveva accettare di avere fallito nei suoi propositi, proprio come quando Hiruzen lo batteva in continuazione in ognuno dei campi in cui entrambi si cimentavano. L’anziano shinobi era quindi combattuto sul fatto che accettare la morte non era poi una cosa pessima, ma almeno in essa voleva provare a essere migliore di Hiruzen, perché quest’ultimo era riuscito a dimostrare la sua grandezza persino nei suoi ultimi respiri, sacrificandosi per il bene del villaggio.

A quel punto, Danzo voleva solamente dare un suo contributo finale, prima di spirare.

«Hiruzen...» sospirò Danzo a bassa voce.

Madara e Sasuke, due folli shinobi carichi di potere che desideravano la distruzione del villaggio della Foglia, mandando all’aria tutti i sacrifici condotti dai grandi uomini del passato e da Danzo stesso. La loro, era una minaccia seria e da non prendere alla leggera, come invece aveva fatto lui e adesso ne stava pagando le conseguenze.

Nella vita era sempre stato un fallimento, era sempre stato annidato nelle ombre a complottare pur di sopraffare il nemico per un bene superiore. Danzo amava moltissimo il villaggio della Foglia, di un amore così folle che aveva dedicato in maniera accesa tutta la sua vita a esso, senza pretendere nulla in cambio. Danzo aveva rinunciato a tutto pur di ottenere il bene del villaggio e adesso la sua patria non solo si era presa la sua vita, ma reclamava allo stesso modo la sua morte.

Danzo non si sarebbe tirato indietro nemmeno quella volta. Per lui era fondamentale porre in priorità il bene della sua patria alla singola vita umana; il fine giustifica i mezzi.

Danzo allora si fece forza, si erse in tutta la sua determinazione di fronte ai due Uchiha, strappandosi il suo intero vestiario superiore, così da attivare la sua tecnica finale, che consisteva nel rilascio di una tecnica da sigillo che avrebbe stritolato qualunque cosa che fosse accanto a sé; una tecnica che si pagava con la vita.

«Ma cosa??» sbottò Madara.

«Per il bene della Foglia, vi porterò con me!» urlò Danzo con determinazione.

L’intero torace di Danzo venne riempito da una moltitudine di segni neri che avevano iniziato a rilasciare all’esterno una grossa massa d’inchiostro e sangue.

Sasuke non sapeva che cosa stesse facendo Danzo, per tanto aveva alzato la sua katana verso il suo nemico.

Madara lo interruppe, perché aveva riconosciuto la tecnica che Danzo aveva intenzione di usare.

«Sasuke! Allontanati immediatamente da Danzo!» tuonò Madara.

Era troppo pericoloso avvicinarsi a Danzo, perché un passo falso avrebbe significato la morte certa, quindi era fondamentale per entrambi allontanarsi il prima possibile da Danzo.

Sasuke spiccò un balzo nella direzione a lui opposta, la stessa cosa fece Madara dalla sua parte.

Danzo non arrestò la tecnica, anche perché era ormai troppo tardi per farlo. Quelli erano i suoi ultimi istanti di vita e non li avrebbe sprecati pur di eliminare quelle minacce.

«Per il bene della Foglia, io vi annienterò! Sasuke! Madara!» tuonò Danzo.

Un’esplosione di inchiostro, gigantesca che disintegrava qualunque cosa attorno a Danzo, maciullando persino gran parte del ponte e del monte lì vicino. L’uomo era al centro della distruttiva tecnica e stava tirando gli ultimi sospiri di vita, mentre i suoi interi organi venivano annientati dalla sua stessa tattica suicida.

Danzo sperava con tutto il cuore di essere riuscito a colpire entrambi gli Uchiha con il suo sacrificio finalmente, almeno avrebbe dato un contributo essenziale al suo villaggio, anche con la sua morte.

In quel momento, Danzo non riuscì a fare a meno di pensare al suo amico più caro, soffermandosi a riflettere alle sue emozioni il giorno in cui aveva appreso della sua morte. Danzo ricordava benissimo quanto Hiruzen fosse amato al villaggio e, sebbene le sue azioni passate non ne dessero alcuna speranza, sperava che il suo ricordo sarebbe rimasto nei suoi uomini, i quali avrebbero continuato a portare avanti alla sua filosofia di concezione del villaggio.

In tutto questo frangente, Danzo aveva sorriso al solo considerare che tutto sommato, la sua era stata una vita degna di essere vissuta, ma in essenziale, egli aveva sempre perso tutto ciò che aveva desiderato: ammirazione, amicizia, amore, rispetto, potere, ricordo.

Tutto questo era toccato a Hiruzen, a lui non era rimasto nulla; eppure non si sentiva triste.

Danzo stava iniziando a perdere i sensi e la sua mente iniziava a vagare verso l’empirico; a seguito di tale situazione psico-mentale, a Danzo venne automatico rivolgersi in astratto a una delle persone più importanti della sua vita.

«Alla fine non sono riuscito a diventare Hokage come te, Hiruzen. Credo proprio di non essere tagliato per questo ruolo. Ai nostri tempi, le cose funzionavano benissimo. Tu stavi alla luce e io agivo nell’oscurità. - pensò Danzo. Adesso tocca a me passare dall’altra parte, chissà se avrò occasione di rivederti, amico mio.»

Danzo non aveva dimenticato tutte quelle volte che si era sentito dare della “brava persona” da Hiruzen nelle svariate situazioni che avevano intrecciato le loro vite, fino all’ultimo periodo in cui entrambi erano anziani e ombre del passato che continuavano a scontrarsi come luce e oscurità.

«Io sono una brava persona, eh...» sospirò Danzo.

Dopotutto quello che aveva fatto nella sua vita, l’uomo poteva assicurare che sebbene si fosse macchiato dei più atroci tradimenti, non aveva mai tradito il suo amato villaggio e non aveva mai evitato di camminare a testa alta, fiero della propria filosofia ninja.

La tecnica si stava esaurendo e di conseguenza anche la sua vita.

Danzo sorrise; era giunta ora di passare dall’altra parte. Chiuse gli occhi e si lasciò andare al dolce torpore che lo stava avvolgendo.

«Grazie… - sospirò Danzo. ...Hiruzen, amico mio.»

La tecnica da sigillo si esaurì, lasciando una spaventosa distruzione al suo seguito, la quale aveva reso persino instabile una parte del grande ponte. Macerie di rocce cadevano come pioggia sullo specchio d’acqua a molti metri più sotto con tonfi assordanti alle orecchie dei due Uchiha che erano scampati da morte certa, nel mentre che entrambi osservarono il cadavere di Danzo precipitare sul ponte e accasciarsi al suolo, immobile.

Danzo era morto.

«Niente più chakra. - commentò Madara. Questa volta è veramente finita.»

L’uomo si era addirittura servito del suo sharingan nel tentativo di scrutare se all’interno del corpo di Danzo fluisse ancora chakra; la sua ricerca aveva riscontrato un esito negativo.

«Bene!» sbottò Sasuke.

Il ragazzo non fece a meno di mostrare un sorriso maligno degno di tutta la sua soddisfazione per essere finalmente riuscito a uccidere il tanto odiato Danzo che aveva così tanto fatto soffrire suo fratello. La sua vendetta stava lentamente arrivando a una nuova fase, sempre più oscura e tetra, fatta di ossessioni e follia dentro Sasuke Uchiha.

«Siamo stati fortunati, mio caro Sasuke. - disse Madara. Questa era la tecnica inversa dei quattro segni, se non ci fossimo allontanati in tempo, saremmo finiti compressi assieme al suo corpo.»

Danzo era ormai un ricordo per Sasuke, poiché la sua mente si era già trasportata al suo obiettivo successivo.

«E adesso, tocca alla Foglia!» dichiarò Sasuke.

Madara lo scrutò con attenzione, notando che il giovane shinobi era molto provato dallo scontro e che quindi sarebbe stato costretto ad attendere un breve periodo di convalescenza, prima di potere passare all’attacco finale contro il villaggio della Foglia.

«Non devi esagerare. Hai già abusato fin troppo del tuo potere oculare e prima o poi diventerai cieco, senza che nemmeno te ne accorgi.»

«Non sono affari tuoi.» replicò Sasuke secco.

A quel punto, Madara perse la pazienza e canzonò per bene il discendente.

«Ehi, ragazzino! Vedi di moderare i toni quando parli con me e smettila di bluffare. So benissimo che sei esausto, per tanto vedi di raggiungere immediatamente la base, mentre io intanto mi porto Danzo con me. Devo prendermi l’occhio di Shisui.»

L’uomo mascherato spiccò un balzo verso il cadavere di Danzo e vi poggiò sopra una mano, dopodiché attivò la sua tecnica spazio-temporale per lasciare il campo di battaglia, tuttavia, prima di farlo, egli si rivolse un’ultima volta a Sasuke.

«Manda Zetsu appena ti senti pronto per l’operazione. Non riuscirai a distruggere la Foglia con quel misero potere oculare. Ti serve il potere dello sharingan eterno.»

Una volta detto ciò, Madara si voltò verso la povera Karin, la quale giaceva in uno stato morente a qualche metro di distanza.

«Occupati della ragazza. Sa troppo cose su di noi.» ordinò l’uomo in seguito.

«Noi? - lo canzonò Sasuke. Quando siamo diventati alleati?»

Madara sorrise. Nonostante Sasuke avesse tutta quell’impudenza da spruzzare in ogni luogo, era certo che avrebbe seguito il suo consiglio e avrebbe ucciso la ragazza. Madara poteva dirlo perché era la stessa cosa che avrebbe fatto lui.

«Ci vediamo presto.» salutò Madara.

L’anziano Uchiha scomparve subito dopo nel nulla assieme al cadavere di Danzo, lasciando così Sasuke da solo con i suoi pensieri e con le ultime scartoffie da togliere dai piedi.

In un certo senso, Sasuke si sentiva molto eccitato per essere riuscito finalmente a soddisfare parte della sete di sangue provata dal suo animo tormentato. In qualche maniera possibile, egli era certo che Itachi avrebbe apprezzato moltissimo la morte di Danzo e il sacrificio avrebbe ricevuto il giusto onore. Tuttavia, Sasuke sentiva che c’erano ancora delle piccole onte da rimuovere dal suo animo, prima di percepire una totale soddisfazione e l’appagamento del suo senso di giustizia.

Sasuke sobbalzò all’improvviso, i suoi occhi avevano iniziato a bruciare senza arrestarsi, provocando nel ragazzo un dolore lancinante che lo fece cadere per terra e sputare persino qualche rivolo di sangue.

Sasuke respirava affannosamente, il sudore gli colava dalla nuca, bagnando anche i capelli, riempendo di punti oscuri il suolo su cui poggiava le mani. Il sudore e il sangue si mescolavano, quando entravano in contatto sulle mani di Sasuke e il silenzio era l’unico spettatore alla sua immensa sofferenza.

Sasuke non mollava, perché sapeva benissimo che quel dolore era il prezzo da pagare per avere usato il potere del mangekyo sharingan fino ai suoi limiti. Adesso, sia il suo corpo che la sua mente si stavano deteriorando moltissimo, divorati dall’immensa voracità del potentissimo potere oculare, proprio come era accaduto a Madara e a Itachi a loro tempo.

Il ragazzo alzò lo sguardo al cielo e fece come se si stesse rivolgendo al proprio fratello, pensando che lo stava osservando dall’aldilà.

«Fratello mio… questo è il prezzo che devo pagare per vendicarti.» mormorò Sasuke.

Era una giustificazione e nient’altro.

All’improvviso, l’attenzione di Sasuke venne attirato dai colpi di tosse prodotti dalla flebile voce della ragazza che giaceva a qualche metro dalla sua posizione. Solo allora, Sasuke si ricordò di quanto gli era stato detto da Madara qualche istante prima e decise che era il momento di liberarsi di Karin.

Quando Sasuke fu capace di muoversi normalmente come suo solito, si alzò e si diresse verso la povera ragazza che poco tempo prima era una sua alleata.

Karin era in condizioni molto gravi, aveva un polmone perforato e il morale a terra per essere stata usata come un semplice specchio per le allodole, pur di uccidere Danzo. Dopo quello che era successo, Karin aveva continuato a ripetere nella sua mente quanto fosse importante per Sasuke e purtroppo alla fine, quando il suo amato era giunto di fronte a lei, senza dare l’intenzione di volerla aiutare, aveva capito: lei non valeva nulla per lui.

«Sa… su… ke..» mormorò Karin.

La sua voce era troppo debole per parlare ed esprimere tutta la sua tristezza per avere appreso quanta fosse l’oscurità che si annidasse nel cuore di Sasuke. Le sue condizioni erano gravi, ma si sarebbe potuta salvare con l’ausilio di un ninja medico molto bravo, però era molto difficile reperire qualcuno in quella zona desolata e Sasuke non aveva alcuna intenzione di volerla salvare.

Karin aveva capito che Sasuke era lì perché la stava per uccidere.

I fulmini del Chidori emisero il loro tipico e consueto stridore, generando un bagliore tale da impedire a Karin la corretta visione dell’Uchiha. Questa cosa non piacque per nulla alla ragazza, la quale, ormai rassegnata a morte certa, aveva come unico desiderio che l’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stato il volto di Sasuke.

Durante la colluttazione con Danzo, a Karin erano caduti gli occhiali a terra, per questa ragione l’immagine di Sasuke le appariva sfocata. Lei non voleva vederlo così, per tanto raccolse tutte le sue energie per muovere la mano in direzione dei suoi occhiali e portarli al loro posto: lo voleva vedere per bene.

Che felicità nel vederlo ancora una volta, pensò Karin non appena riuscì a focalizzare per bene l’immagine del suo amato Sasuke.

Karin ricordava molto bene la prima volta che lo aveva incontrato, durante gli esami di selezione dei chunin al villaggio della Foglia. Prima di prendere servizio sotto la guida di Orochimaru, Karin era una kunoichi del villaggio dell’Erba, e veniva trattata dal suo intero villaggio come un inestimabile fonte energetica, capace di curare qualunque ferita solo mordendo la sua pelle; una pratica oscura e dolorosa per lei, sebbene la portasse in continuazione all’orgasmo: sua madre era morta in quella stessa orrenda maniera, venendo consumata dalla vorace crudeltà degli abitanti dell’Erba. Quella volta, Karin era entrata per sbaglio nella tana di un gigantesco orso, venendo di conseguenza inseguita dalla bestia furiosa; se non fosse stato per Sasuke, lei sarebbe stata sicuramente divorata.

Quello era stata la prima volta che in vita sua aveva sentito un bellissimo candore all’interno del suo corpo. Era la prima volta che si era innamorata di una persona, una non comune, solare e che emetteva dentro di lei un calore confortante.

Ora, come quella volta, Karin lo stava guardando sognante. Anche se per lui non era importante, non poteva fare a meno di amarlo e di preoccuparsi di quello che gli sarebbe successo, ora che era rimasto solo a complottare i suoi sinistri piani di vendetta.

Sasuke fu capace solamente di un’unica cortesia nei confronti della vecchia alleata.

«Addio.» la salutò Sasuke.

Per Karin fu abbastanza. Per lei era importante vedere quel viso un’ultima volta prima di morire.

La mano di Sasuke si sollevò verso l’alto, dopodiché iniziò a scendere rapidamente in picchiata verso la ragazza, ancora qualche secondo e tutto sarebbe finito.

Qualcosa però non andò per il verso giusto e la voce di una persona aveva arrestato la mano assassina dell’Uchiha.

Sakura aveva appena raggiunto il campo di battaglia.

«Fermati, Sasuke!» urlò la ragazza.

Sasuke e Karin avevano lo sguardo puntato sulla ragazza che era appena arrivata dal nulla, entrambi erano molto sorpresi di vederla lì, proprio in quel momento.

Sasuke strinse la mano investita dal Chidori e ne arrestò il flusso; il ragazzo non aveva affatto pianificato quell’incombenza e per tanto era molto infastidito da quella nuova situazione imprevista.

Sasuke sospirò con un boccone amaro, dopodiché si voltò verso la ragazza.

«Sakura...»

Sakura si fece avanti per tutta la strada, cercando di avvicinarsi a Sasuke il prima possibile, così da capire che cosa stesse succedendo e chi fosse quella figura che giaceva ai piedi del suo amato.

«Che cosa sta accadendo qui?» domandò Sakura.

«Non sono affari tuoi. - replicò Sasuke. Che cosa vuoi?»

Sakura si bloccò. Le era bastato un attimo per capire che lo sguardo di Sasuke era nettamente cambiato rispetto all’ultima volta che si erano incontrati, prima dello scontro con Itachi. A Sakura si strizzò il cuore nel constatare che l’animo di Sasuke emanava un’oscurità tale da lasciare impallidire chiunque.

Per un attimo, Sakura ebbe il dubbio che la persona che aveva davanti fosse effettivamente Sasuke.

«Non stare lì impalata. Non ho tempo da perdere con te.» continuò Sasuke infastidito.

Sakura allora proferì parola; a quanto sembrava, avrebbe dovuto effettivamente realizzare il suo piano.

«Ti stavo cercando, Sasuke.» rispose lei.

Il viso di Sasuke si distorse in un’espressione carica di fastidio.

«Va’ a rompere le palle a qualcun' altro. Non ho tempo per le tue stronzate sull’amore.»

Per Sakura fu un’autentica pugnalata al cuore. Che ne era stato del Sasuke che le aveva assicurato che si sarebbe salvato dalla sua vendetta? Che ne era di quei momenti passati assieme e di quel “quasi” bacio che si stavano per dare nel paese del Cielo? Che cambiamento pauroso.

Sakura doveva assolutamente nascondere il suo dolore e ricambiare alle parole di Sasuke con tutta la sua determinazione.

«Te lo avevo detto, no? - disse lei. A me non importa nulla del villaggio. Per me conta solamente stare con te, per questo sono scappata.»

Una dichiarazione che lasciò abbastanza sorpreso il suo interlocutore.

«Voglio unirmi a te, Sasuke! Voglio diventare un tuo sottoposto!»

Sasuke rimase in silenzio per un poco, aveva bisogno di scrutare con attenzione la situazione e di studiare il comportamento di Sakura; voleva metterla alla prova.

«Vuoi unirti a me, eh? - ripeté Sasuke. E perché mai dovrei crederti?»

Sakura allora si sfilò il suo copri fronte e lo frantumò in mille pezzi con la sola forza delle mani, lei sapeva benissimo che la minima esitazione avrebbe fatto dubitare il suo interlocutore.

«Te l’ho detto prima, no? A me interessa stare solo con te. Sono disposta a fare qualunque cosa pur che tu mi permetta di seguirti. Non chiedo altro.» dichiarò Sakura con decisione.

A seguito di quanto appena udito dalla ragazza, Sasuke prese l’improvvisa decisione di avanzare verso Sakura, la quale rimase immobile ad attenderlo, fino a quando lo sguardo di entrambi era così vicino da potere osservarsi a vicenda nei dettagli più minuziosi.

In quella occasione, Sakura ebbe conferma che gli occhi di Sasuke erano la perfetta dimostrazione di quanto fosse oscura la sua anima; il suo amato era completamente differente dalle altre volte che si erano incontrati e per la prima volta, Sakura aveva paura di lui.

«Che cosa ti è successo, Sasuke? Perché… - sussurrò Sakura. Perché sei diventato così?»

Sasuke ghignò, era veramente soddisfatto dal fatto che Sakura si fosse immediatamente resa conto che lui non era più quello di una volta, non era più il bambino innocente che viveva nella menzogna creata da Itachi.

«Perché adesso io conosco la reale verità delle cose.» rispose Sasuke.

Sakura non comprese il significato di quelle parole, non ebbe nemmeno il tempo necessario per chiedere chiarimenti, perché Sasuke le aveva afferrato il viso con una mano ed era stato alquanto brusco in quell’azione.

«Vuoi seguirmi, Sakura? Lo vuoi veramente?» ripeté Sasuke.

Sakura tentò di vincolarsi, ma non ci riuscì. Sebbene lei fosse molto più forte di Sasuke in termini di forza fisica, quando era con lui diventava docile come un agnellino, succube del suo sguardo enigmatico.

«Mi fai male...» si lamentò la ragazza.

A Sasuke non importò se le stava facendo male, anzi fu in uguale maniera maliziosamente tentato di avvicinare i loro visi ancora di più, fino ad arrivare persino a sfiorare le proprie labbra.

Sakura pensò che Sasuke stava per baciarla, ma non lo fece; la stava solo stuzzicando.

«Il mio obiettivo è distruggere la Foglia. Hai capito?» annunciò poi Sasuke.

Sakura raggelò all’improvviso, perché non si aspettava di udire una cosa del genere, dato che non immaginava che l’oscurità nel cuore di Sasuke fosse così fitta da essere irrecuperabile.

Perché Sasuke voleva distruggere il villaggio? Perché voleva rinnegare tutto quanto per ottenere qualcosa di astratto che esisteva solo nella sua mente?

«Perché Sasuke? Perché?!» domandò Sakura.

Sasuke scoppiò a ridere nella identica malefica maniera di Orochimaru. La sua stretta aveva aumentato la propria forza, facendo realmente del male alla ragazza.

«Giustizia, mia cara. Giustizia! - replicò Sasuke. Il mio clan ha dato tutto a quel dannato villaggio e guarda che cos’ha ottenuto. Niente! Adesso è arrivato il momento di restituire il favore. Inonderò il villaggio nelle fiamme e ucciderò tutti quanti! Cancellerò la Foglia dalle carte geografiche e dalla storia!»

Sasuke non esitò a continuare la sua tortura psicologica ai danni dell’ex compagna di squadra. Il ragazzo la spinse verso il bordo del ponte, con le spalle al muro, dopodiché egli le afferrò i polsi e li serrò sul pilastro del ponte.

«Ora dimmelo, Sakura! Dimmi che vuoi seguirmi, anche dopo che ti ho detto le mie intenzioni! Scegli me o la Foglia!»

Sakura non ebbe dubbi sulla sua scelta. Dichiarare la sua avversione per la Foglia era irrelativo per il suo reale piano e voleva che Sasuke avesse almeno qualcuno al suo fianco, nel momento in cui lo avrebbe ucciso; ora come ora, Sakura non vedeva altra soluzione che uccidere il suo amato e morire assieme a lui.

Animata da quella determinazione, Sakura spinse il viso verso quello del suo amato e lo baciò. In quel modo sperava che Sasuke potesse comprendere che sarebbe stata sempre dalla sua parte.

In realtà, Sasuke non fece nulla per contraccambiare quel bacio, era freddo come il ghiaccio e del tutto disinteressato a quel gesto; nonostante ciò, dopo quel bacio, Sasuke rilasciò la presa della ragazza e si allontanò di qualche passo da lei.

«Molto bene. -disse Sasuke. Allora dammi una dimostrazione che sei disposta a tutto per soddisfare il mio volere.»

Sakura non comprese quello che Sasuke volesse dirle, fino a quando quest’ultimo non indicò con la mano la ragazza dai capelli rossi che giaceva al suolo, in uno stato fra la vita e la morte.

«Uccidila e io ti permetterò di seguirmi.» ordinò Sasuke.

Sakura rimase spiazzata da quella richiesta. Non avrebbe mai immaginato che Sasuke sarebbe stato disposto a tutto pur di auto compiacersi, era diventato veramente sadico quanto quei mostri di Akatsuki che aveva precedentemente affrontato.

A confronto con Sasori, Deidara e Itachi, la sete di sangue di Sasuke era insormontabile; era come paragonare dei ruscelli con la vastità dell’oceano.

Sakura si avvicinò a Karin e iniziò a pensare a un modo efficace per potere colpire rapidamente Sasuke in un momento quando la sua guardia era abbassata.

Quando Sakura si avvicinò a Karin, si rese conto che l’aveva già incontrata in precedenza; quella ragazza faceva parte della squadra di Sasuke e adesso era in quello stato pietoso con Sasuke che voleva ucciderla.

Sakura si voltò immediatamente verso Sasuke per chiedere spiegazioni.

«Ma lei...»

«Era un membro della mia organizzazione, il Falco. - spiegò Sasuke. Ma adesso non mi serve più, per tanto è veramente una fortuna che tu sia un ninja medico. Potrai prendere il suo posto.»

Sasuke stava dimostrando di essere senza cuore, privo di compassione persino per un compagno di squadra che lo aveva aiutato così tanto fino a qualche minuto prima, durante lo scontro con Danzo.

«Allora?» ripeté Sasuke nervoso.

Sakura estrasse un kunai dalla sua sacca e si calò verso la ragazza con l’intento di ucciderla. Mano a mano che si avvicinava al suo obiettivo, il kunai di Sakura continuava a vibrare per colpa di tutta l’ansia patita dal suo animo e questo aspetto non sfuggì allo sguardo di Sasuke.

Quando Sakura fu vicina a Karin, si bloccò un attimo a riflettere sul modo migliore per agire per potere attaccare Sasuke nel momento più opportuno; doveva riuscirci a tutti i costi, anche se avrebbe significato farsi uccidere da Sasuke nel tentativo di riuscirci.

All’improvviso, Sakura sentì la flebile voce della ragazza che si stava rivolgendo a Sasuke.

«Non… Farlo… Sasuke!!»

Sakura comprese allora che Sasuke stava per fare qualcosa alle sue spalle. La ragazza si voltò immediatamente verso il suo amato e si rese immediatamente conto che era stata una sciocca e aveva calcolato male i suoi piani: Sasuke aveva intenzione di trapassarla con il Chidori, la voleva veramente uccidere.

Sakura era giunta all’ampasse, non poteva più fare nulla per impedire i movimenti di Sasuke. Sakura chiuse gli occhi e attese in silenzio la rapida fine che si stava per abbattere su di lei.

 

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Capitolo 22
*** LA DISTRUZIONE DEI LEGAMI ***


Salve a tutti, ragazzi. Nuovo capitolo che ricalca la parte più criptica del manga, ovvero il momento di netto distacco fra Sasuke, il suo passato e il suo presente.

Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, perché dai prossimi in poi si passa a un’altra fase della storia e cercherò di chiarire moltissimi punti.
Approfitto di questa occasione per comunicare a tutti voi che sto riscrivendo i precedenti capitoli delle storie precedenti di questa serie, per tanto alcune cose cambieranno in questa storia, vi invito per tanto a leggerli. Grazie per l’attenzione.



 

Hinata ebbe qualche difficoltà a riprendere i sensi, dopo tutto quello che era successo. Nel tentativo di rinsavire, ella tentò di focalizzarsi sui suoi ultimi ricordi, fermi sull’immagine di Sakura che scappava verso la direzione in cui si trovava Sasuke, mentre lei e il resto del gruppo veniva intontito da un odore talmente nauseabondo e pesante, il quale, quando entrò all’interno del suo flusso respiratorio, la rese così debole da obbligarla a sedersi un attimo al suolo e chiudere gli occhi, quasi colta da un fastidioso prurito, dopodiché Hinata, come tutti gli altri, aveva perso i sensi.

Quando Hinata iniziò a riprendere padronanza di sé stessa, ebbe maggiore contatto con il corpo intorpidito dagli effetti della nube soporifera; come sempre, Sakura aveva dimostrato di essere la solita mente geniale nella produzione di anestetici di qualunque tipo e potenza.

Hinata provò ad aprire gli occhi, ma ebbe difficoltà a focalizzare ciò che aveva di fronte, era solo in grado di sentire la dura terra sulla quale era sdraiata, parte della polvere mossa dal vento le era entrata pure in gola, lasciando le sue labbra coperte da piccole briciole di terriccio. La ragazza riuscì a usare la lingua per pulirsi le labbra, dopodiché comprese di avere la possibilità di potere riacquisire la mobilità totale nell’arco di qualche minuto.

Hinata tentò di udire la voce di qualcun altro dei suoi compagni, magari erano già alzati e stavano tentando di capire come agire; in tutto questo, era stata solamente in grado di udire Kiba e Shikamaru russare e Ino che si lamentava con una voce molto flebile.

A quel punto, il pensiero di Hinata si spostò rapidamente a Naruto, di conseguenza, lei si chiese  se fosse riuscito a scampare alla nube soporifera; ella ipotizzò che l’amato si fosse già destato e fosse corso da Sakura a salvarla, prima che compiesse qualche pazzia: Hinata lo sperava veramente con tutto il suo cuore.

A un certo punto, fu in grado di mettere a fuoco le immagini a lei più vicine e con sorpresa notò che la prima cosa che vide furono i capelli biondi e l’inconfondibile viso del suo adorato Naruto che dormiva proprio di fronte a lei.

«Oh, mamma!»

La ragazza era stata colta alla sprovvista. Non si sarebbe mai immaginato di essere svenuta proprio accanto a Naruto, rimanendo priva di sensi accanto a lui, quando i loro visi erano separati solamente da qualche filo di erba.

Il cuore di Hinata cominciò a battere all’impazzata, tanto che lei aveva completamente ignorato che il suo corpo fosse ancora intontito dal gas soporifero; non esisteva nient’altro.

Hinata deglutì con tanta preoccupazione e timore di stare sognando, poiché ancora adesso si domandava se quello che avesse di fronte fosse il vero Naruto, il suo amatissimo tesoro che pensava di avere perso.

Lei aveva pianto tante volte per lui,  ma alla fine lui era tornato da lei; quello sì che era un vero miracolo.

Il respiro di Naruto si fece più rumoroso, così da fare attenzionare lo sguardo della ragazza sulle sue labbra, tanto che quest’ultima era rimasta a fissarle per decine di secondi, impalata anche a livello mentale.

Per un attimo, uno solo e unico, nella mente di Hinata balenò la sottile e maliziosa brama di volersi muovere di qualche centimetro per baciarle; sarebbe stata veramente una cosa meravigliosa. Purtroppo però, quando quell’istante di pensiero svanì, Hinata venne assaltata dall’imbarazzo causato dalla sua fervida immaginazione, nella quale Naruto si destava all’improvviso, si metteva sopra di lei per iniziare poi a baciarsi in maniera così tanto passionale e dolce allo stesso tempo. La sola immaginazione fu abbastanza per fare collassare la mente di Hinata, proprio qualche secondo prima che Naruto si ridestasse dal suo sonno.

La prima cosa che Naruto percepì al suo risveglio fu un violento mal di testa.

«Accidenti a te, Sakura!» sbottò poi.

Quando Naruto riacquistò la vista, rimase impalato nel constatare che il suo viso era a qualche centimetro da quello di Hinata, però non ebbe il tempo di potersi solo soffermare a qualunque pensiero, poiché venne scosso da Koichi, il suo allievo quattrocchi che lo strattonava gentilmente.

«E’ sveglio, maestro? Maestro!» domandò il ragazzo.

Naruto sospirò, amareggiato per essere stato interrotto in quel momento.

«Sì… Ci sono...»

Gli effetti del gas soporifero avevano avuto un periodo molto limitato di effetto sul corpo di Koichi, questo perché era sempre stato sottoposto a resistere a una vastità di veleni e pozioni, la ragione era che lui possedeva un’abilità innata molto particolare, unica nel suo genere.

Koichi aiutò il suo maestro a stendersi sul tronco di un albero lì vicino.

In questa occasione, Naruto ebbe opportunità di notare che tutti quanti erano rimasti a terra, ancora vittima del gas soporifero.

«Perché ci hai messo così tanto?» domandò Naruto all’allievo.

A causa di quella domanda, il ragazzino arrossì vistosamente, poiché enormemente imbarazzato per essere incappato in una trappola del genere.

«Il gas ha preso anche me. Non era qualcosa a cui ero stato precedentemente esposto.» rispose Koichi.

Quella dichiarazione lasciò una punta di ilarità sulla bocca di Naruto.

«E brava Sakura.»

Koichi possedeva l’abilità innata che gli permetteva di maneggiare il veleno e qualunque elemento che poteva corrompere gli esseri viventi. Per tanto, riuscire ad avvelenare uno come Koichi, era sicuramente qualcosa da tenere in considerazione.

Non c’era dubbio quindi che Sakura fosse un ninja medico di prim’ordine.

Koichi poggiò le mani sul petto di Naruto e iniziò a risucchiare gli ultimi frammenti di gas soporifero dal suo corpo.

«Non riesce ancora a usare l’energia naturale?» chiese il ragazzino.

Le tipiche chiazze rosse attorno agli occhi di Naruto stavano lentamente apparendo sul suo volto.

«La sto raccogliendo proprio ora. - replicò Naruto. Quanto tempo sarà passato?»

Koichi provò a rispondere alla sua domanda.

«Non so dirlo con l’esattezza, però da quando ho ripreso conoscenza è passato un quarto d’ora.»

Naruto si incupì. Quello era proprio un lasso di tempo in cui sarebbe potuta accadere la qualunque cosa, magari Sasuke avrebbe potuto già lasciare la zona e per Sakura era già troppo tardi.

Naruto sperò infinitivamente che i suoi timori non fossero infondati.

«Maestro, che facciamo adesso?» domandò all’improvviso Koichi.

«Io andrò avanti. - comunicò Naruto. Tu intanto aiuta tutti quanti a recuperare le forze, poi raggiungetemi. Chiedi aiuto a Neji e Hinata per rintracciarmi.»

Il prelievo del materiale nocivo era stato ultimato e Naruto si sentì subito meglio, anche grazie all’ausilio dell’energia naturale che stava iniziando a filtrare nel suo corpo. A quel punto, fu in grado di usare le sue doti sensoriali per captare la presenza di Sakura e Sasuke nel punto dapprima percepito; era ancora in tempo.

«Bene! Sono ancora in tempo!» tuonò Naruto.

«Forza, maestro! Vada tranquillo, ci penso io qui!» lo rassicurò Koichi.

Naruto non se lo fece ripetere una seconda volta, spiccò un rapido balzo verso la direzione in cui percepiva il chakra dei suoi compagni di squadra. Mentre egli percorreva a tutta velocità il sentiero scelto, non poteva fare a meno di notare che il chakra di Danzo era scomparso nel nulla, per questo motivo, gli venne il dubbio se non fosse stato ucciso da Sasuke.

Qual’era l’attuale stato d’animo dell’amico?

Naruto sperava con tutto il suo cuore che Sasuke non sorpassasse quella linea invisibile che lo separava dalla luce all’oscurità, facendo l’impensabile.

«Devo fare in tempo!» ripeté Naruto determinato.

Da quel momento in poi, tutti i suoi sforzi furono focalizzati al raggiungimento del campo di battaglia nei tempi più brevi possibili.


*

 

Un lampo accecante abbagliò lo sguardo di Sakura. Per una manciata di secondi, era stata privata dalla visione di Sasuke ed era certa che qualche attimo dopo, sarebbe stata uccisa dalla tecnica del suo amato. La sua unica, magra consolazione sarebbe stata che avrebbe avuto accanto a sé il suo amato Sasuke, anche in quell’ultimo momento della sua vita; il suo unico rimpianto, era invece che il suo piano non era stato portato a termine e Sasuke avrebbe continuato a fare soffrire il mondo intero.

Anche in quei pochi attimi, Sakura non riusciva a odiare il suo assassino e disse qualche ultima cosa, prima che la morta sarebbe giunta.

Sakura in cuor suo sperava che quelle parole avrebbero giunto il cuore di Sasuke.

«Ti amo, Sasuke.» sibilò la ragazza.

Il lampo fulmineo non si arrestò, l’armatura di tremenda oscurità non venne nemmeno scalfita dal peso di quelle parole.

Sakura chiuse gli occhi, trattenendo il respiro; la morte era giunta.

Poi accadde l’impensabile.

Sakura venne spinta con forza il più lontano possibile dal fascio di fulmini che venne arrestato da l’improvviso intervento di un alleato che si era frapposto fra i due ragazzi.

Sakura aveva le lacrime agli occhi, perché aveva riconosciuto quella persona che le aveva salvato la vita.

«Maestro Kakashi…!!» piagnucolò la ragazza.

Anche Sasuke era rimasto molto sorpreso dall’improvviso intervento del ninja-copia e si ritrovò immediatamente costretto ad allontanarsi da quest’ultimo, poiché lo stava per colpire con un calcio.

Kakashi si rivolse all’allievo con evidente delusione nelle sue parole.

«Sei caduto veramente in basso, Sasuke.»

Kakashi non avrebbe mai immaginato che i suoi allievi si fossero persi in quel modo e probabilmente, a suo giudizio, la colpa era solamente la sua, perché non si era dimostrato all’altezza del suo ruolo.

Pensare comunque a Sasuke che stava per uccidere Sakura, stava facendo montare nell’animo di Kakashi una tale rabbia che avrebbe voluto picchiare quel ragazzo senza mai fermarsi. Allo stesso tempo, però, un senso di rimorso e di dejavu lo aveva trattenuto dal farlo.

Di una sola cosa Kakashi era certo; aveva fatto bene a tornare indietro, allarmato dagli sviluppi tremendi dello scontro fra Sasuke e Danzo.

Kakashi si rivolse all’allievo.

«Ti rendi conto di quello che avevi intenzione di fare? - domandò l’uomo laconico. Stavi tentando di uccidere Sakura! Pretendo delle spiegazioni, Sasuke!»

Sasuke non fu affatto intimorito dal tono ostile del suo ex istruttore; lui era invincibile.

«C’è ne anche per te, Kakashi, non temere. - replicò Sasuke. Questa è un ottima occasione per farti fuori.»

Kakashi sospirò amareggiato, perché fra qualche istante avrebbe dovuto affrontare qualcuno sul quale aveva riposto tante speranze e ambizioni, il suo pupillo che era completamente annegato nella più totale oscurità. Tuttavia, Kakashi era ben conscio che non era solo Sasuke a rischiare di perdersi, anche Sakura aveva bisogno del suo aiuto.

Kakashi valutò le sue priorità e comprese che per prima cosa doveva occuparsi di Sakura.

L’uomo si voltò verso la ragazza e si avvicinò a lei, dopodiché le diede uno schiaffo senza preavviso, il quale però non provocò alcun male fisico alla ragazza, che invece si era messa a fissare in lacrime lo sguardo serio del suo maestro che non vedeva da molto tempo.

«Mi dispiace, Sakura. Penso proprio che questa storia è tutta colpa mia. - si scusò l’uomo. Non avrei dovuto illuderti tutte quelle volte che volevamo riunire la nostra squadra, perché altrimenti non avresti buttato così la tua vita pur di seguire un amore così folle. In realtà, penso proprio che quando ti dicevo quelle cose, cercavo di convincere me stesso.»

Sakura tentò di asciugare le lacrime che colavano copiosamente dal suo viso e tenne costantemente il viso abbassato.

«Tu volevi uccidere Sasuke, non è così? E’ perché lo ami così tanto, vero?» domandò Kakashi.

Sakura non rispose, non serviva farlo perché era quella la verità.

Kakashi emise una piccola risata, dopodiché arruffò i capelli della ragazza con affetto.

«Sei veramente una ragazza dolce.»

Sakura continuò a piangere, perché quelle parole le pesavano veramente tanto, soprattutto quando si soffermava a considerare quanto forte fosse stata la sua determinazione.

Un attimo dopo, Sakura si ricordò che Kakashi aveva un compito importante da portare a termine, ovvero recarsi al villaggio per affermare la sua autorità come Hokage, eppure l’uomo era ancora lì.

«Naruto ci ha detto tutto. - raccontò Sakura. Perché lei è qui? Dovrebbe essere al villaggio, non qui! Lei deve diventare Hokage!»

Sakura aveva ragione, lui non poteva anteporre il bene del suo villaggio a favore di quello di una folle e stupida ragazzina innamorata, un debosciato privo di scrupoli e senza meta e un cretino dall’egocentrismo maniacale.

«Hai ragione, mia cara. - replicò Kakashi. Sarei spazzatura se non pensassi al villaggio in una situazione come questa, ma non appena vi ho visti in questa situazione, non ho potuto fare a meno di intervenire. Sarei ancora più spazzatura se lasciassi i miei amati allievi in balia di loro stessi.»

Le medesime parole di Obito. Gli amici avevano la priorità su tutto e lui non poteva abbandonarli, perché li voleva troppo bene e non poteva lasciarli in quello stato disperato.

Adesso però era necessario tornare seri e pensare a Sasuke.

Lo sguardo di Kakashi si fece truce e Sakura comprese che da quel momento in poi che cose sarebbero solo peggiorate, perché Sasuke non si sarebbe mai arreso e avrebbe provato a uccidere tutti loro; ormai l’Uchiha era incontrollabile.

Kakashi poi si rivolse all’allieva.

«Fermare Sasuke è un mio compito, in quanto vostro maestro. - annunciò Kakashi. Tu allontanati da qui e porta con te la ragazza. Puoi ancora salvarla, così possiamo sapere qualche informazione sul nostro… nemico.»

Sasuke era un nemico, era dura da digerire, ma era proprio così; da quel momento in poi, non si sarebbero dovuti guardare le spalle unicamente da Akatsuki, ma anche da un vecchio amico.

A quel punto, Kakashi si tolse il pesante mantello che portava addosso e si rivolse all’Uchiha.

«Sasuke, sai bene che odio ripetermi, ma dato che sei tu, lo dirò di nuovo. - disse l’uomo. Abbandona questa ossessione della vendetta o finirai male!»

A seguito di quanto appena affermato, Sasuke scoppiò improvvisamente in una fragorosa risata che permeò all’interno delle ossa dei suoi ex compagni di squadra, poiché non lo avevano mai visto in uno stato del genere.

«Ridatemi indietro Itachi, mio padre, mia madre, la mia famiglia e il mio clan e forse la smetterò con questa vendetta! -  sbottò Sasuke. Per anni la Foglia non ha fatto altro che prendersi le vite dei miei familiari, adesso tocca a me ricambiare il favore! Giustizia sarà fatta!»

L’oscurità di Sasuke era ormai filtrata all’interno di tutto il suo essere, il suo odio aveva raggiunto un nuovo livello di intensità, dopo il combattimento contro Danzo; Sasuke non poteva essere più risoluto nei suoi propositi, non dopo quell’avvenimento.

Per Kakashi, la colpa di tutto quel gigantesco odio era di Madara che era riuscito a corrompere totalmente il cuore di Sasuke.

«Parli di giustizia? Che giustizia esiste in quello che stai facendo? Hai già ucciso Danzo e adesso vuoi uccidere tutti questi innocenti. Quello che dici non ha senso!» replicò Kakashi.

«Sta’ zitto! - sbottò Sasuke. Smettila di atteggiarti a mio maestro, quei tempi sono finiti! Nessuno potrà mai comprendere il mio dolore, se prima non assaggia la stessa medicina!»

Kakashi sospirò, lo scontro era inevitabile.

«Non voglio ucciderti...»

Sasuke ghignò malefico.

«Credi di esserne in grado?! Non farmi ridere!»

Il ninja-copia comprese che non vi era più alcun motivo per desistere. Era necessario uccidere Sasuke il prima possibile, anche se questo avrebbe comportato l’odio eterno di Naruto e Sakura; Kakashi sapeva che era una reazione inevitabile, qualora fosse riuscito a realizzare il suo seguente obiettivo..

L’uomo rimosse la fascia che copriva il suo occhio sinistro e si voltò verso Sakura.

«Allontanati da qui. Non voglio che tu venga coinvolta dallo scontro, ti chiedo solo di distruggere il mio sharingan, qualora non riuscissi a battere Sasuke.»

Sakura impallidì, non si aspettava affatto una risposta del genere da parte del suo fiero maestro.

«Maestro...» sussurrò la ragazza.

Non era necessario aggiungere altro. Ormai Sasuke era diventato abbastanza temibile da rendere incerto qualunque calcolo possibile sullo scontro.

«Vai.» ordinò Kakashi.

Sakura obbedì, raccolse Karin da terra e si allontanò il più velocemente possibile dal campo di battaglia, rifugiandosi verso l’uscita del grande ponte. Il suo pensiero era costantemente rivolto a entrambi i contendenti; in cuor suo sperava che entrambi fossero sopravvissuti.

Quando Kakashi e Sasuke rimasero da soli, ebbero occasione di potere parlare con grande libertà.
Kakashi aveva necessità di parlare con Sasuke, senza arrecare ulteriore dolore alla povera Sakura.

«Sei veramente arrivato lontano, Sasuke. Non avrei mai immaginato che saresti persino arrivato a uccidere Danzo.»

Sasuke continuava a mostrare un tono di sfida sempre più acceso nei confronti del suo vecchio mentore.

«Hai capito adesso che faccio sul serio, vero Kakashi? Hai paura di me, non è vero?» sbottò il ragazzo.

«No. - rispose Kakashi. Sono furioso! Non posso credere che avresti ucciso Sakura pur di seguire il tuo folle ideale!»

Sasuke era rimasto in silenzio per qualche secondo, dopodiché riprese a parlare, dopo avere sputato per terra.

«Non m’importa di nessuno. - replicò Sasuke. Voi siete il legame che ho reciso in passato, per tanto non mi interessa quello che provate nei miei confronti. Io desidero solo uccidervi!»

«Non te lo permetterò!» annunciò Kakashi.

Sasuke scoppiò a ridere; la sua era una sicurezza abbastanza evidente di potere battere l’ex maestro senza nessun dubbio.

«Provaci! - lo invitò Sasuke. Ho così tanta voglia di ucciderti!»

Era ora di dare un taglio con le parole, non aveva più alcun senso parlare, perché si sarebbe solamente arrivati a un punto morto.

Era ora di combattere.

Kakashi non poteva comunque fare a meno di ricordare i tempi in cui allenava Sasuke a diventare un grande shinobi, un senso di nostalgia e rimpianto lo colse con forza, facendolo tremare dall’incertezza. L’uomo si era reso purtroppo conto che nella sua vita sarebbe stato sempre costretto a fare del male alle persone che amava; a suo malgrado, però, Kakashi era conscio dell’importanza di fermare quella persona per il bene del villaggio.

«Adesso capisco veramente quello che ha provato il Terzo Hokage, quando ha dovuto affrontare Orochimaru. Nonostante lo abbia combattuto fino alla morte, lo ha sempre voluto bene.» dichiarò malinconico Kakashi.

Anche Sasuke era pronto a combattere.

«Non temere allora. Fra non molto avrai occasione per raggiungere quel vecchio decrepito!»

Lo scontro era imminente. I due avversari si scrutarono attenzione per qualche istante, analizzando con cura le condizioni fisiche dell’altro, nell’attesa della mossa dell’altro e alla dovuta contromossa per mettersi in vantaggio fin da subito.

Gli occhi del maestro e dell’allievo si incrociarono dopo qualche momento di esitazione e in quella occasione Kakashi notò un cambiamento nello sguardo dell’allievo.

«Come osi fissarmi con quell’occhio?! Come osa un verme portare il potere del mio clan! Ridammelo!» tuonò Sasuke.

Nessun’altra parola.

Il giovane Uchiha si scaraventò verso il suo maestro con la pura e semplice intenzione di ucciderlo e di riprendersi l’occhio che, secondo a suo giudizio, era suo di diritto, essendo uno dei pochi membri del clan Uchiha ancora in vita.

I due contendenti iniziarono a combattere furiosamente con le arti marziali. Entrambi si muovevano rapidamente, deviando il colpo dell’avversario e contrattaccando alla mossa precedente con una nuova, la quale era stava rapidamente bloccata dall’altro.

In quella occasione, Kakashi non poteva fare a meno che lo stile di combattimento di Sasuke era identico al suo, in qualunque sfaccettatura possibile. Questo poteva significare solo una cosa, ovvero che nonostante tutto quello che era successo, Sasuke non aveva dimenticato i suoi insegnamenti, nemmeno quando era addestrato da Orochimaru e da Madara.

Kakashi tornò a focalizzarsi allo scontro, nell’esatto momento in cui Sasuke tirò fuori un paio di kunai che stava tentando di pugnalarlo. L’uomo allora bloccò l’avambraccio del ragazzo e lo mosse nella direzione opposta per allontanarlo da sé.

Sasuke barcollò per qualche istante, ma si riprese subito così da lanciare i due kunai contro il suo avversario, dopodiché spiccò un balzo verso l’alto, preparandosi a condire la sua mossa con una tecnica di fuoco.

Kakashi però non glielo permise. L’uomo si era infatti accorto che ai kunai erano legate delle targhette esplosive che erano pronte a detonare in una manciata di secondi, così egli fu in grado di calciare uno dei due kunai, così da deviarne la traiettoria e poterlo afferrare e lanciarlo contro Sasuke.

Entrambi gli avversari si protessero con le braccia dall’esplosione ravvicinata, dopodiché i due approfittarono dell’enorme polverone, prodotto dalla polvere da sparo appena detonata.

Sasuke aveva approfittato della situazione per rifugiarsi sopra l’albero che aveva evocato Danzo a tempo addietro. Il ragazzo era esausto, perché nonostante avesse recuperato le energie con l’aiuto di Karin, l’uso dello sharingan stava deteriorando rapidamente le sue condizioni fisiche.

Sasuke si asciugò la bocca con la mano e notò sorpreso del sangue; le sue condizioni erano abbastanza gravi.

«Maledizione!» sbottò Sasuke.

Il ragazzo ebbe poco tempo a disposizione per riprendersi dalle sue fatiche, poiché l’improvviso stridore prodotto da una tecnica a tipologia fulmine aveva attirato la sua attenzione.

Sasuke strizzò gli occhi, non appena vide una bestia fatta da corrente elettrica sbucare dal nulla e provare ad assalirlo con un rapido balzo. Sasuke fu abbastanza rapido nello scansare l’attacco, gettandosi dall’albero in tutta picchiata, venendo seguito a sua volta dalla bestia che veniva manovrata con maestria dal suo utilizzatore. Quando Sasuke atterrò al suolo, evocò il Chidori e colpì con furia la bestia, riuscendo ad annientarla in un batter d’occhio.

Dopo essere riuscito nella difficoltosa impresa, Sasuke si accorse che Kakashi era apparso alle sue spalle; l’uomo aveva la mano avvolta dai fulmini della sua famosissima tecnica omicida, proprio come lui. Il loro, sarebbe stato uno scontro che avrebbe dimostrato, se l’allievo avrebbe finalmente superato il maestro nell’uso della tecnica inventata appositamente da quest’ultimo.

Sasuke avrebbe dato il tutto per tutto per soggiogare il suo avversario, così modificò la forma del chakra della sua tecnica in una spada luminosa, la medesima tecnica che aveva usato per assestare il colpo finale a Danzo.

A quella mossa, Kakashi sembrò alquanto sorpreso.

«Niente male.» commentò l’uomo.

Di conseguenza, Kakashi aveva imitato la medesima prodezza adoperata dall’allievo, generando anch’egli una spada di fulmini che partiva dal suo Raikiri.

Alche, Sasuke sfoggiò un sorriso colmo di tutta la sua malizia.

«Non deludermi proprio ora.»

Un attimo dopo, i due contendenti iniziarono a sferzare i primi colpi di spada, luminosi fasci di luce si espandevano in tutta la zona con un alternanza di luce e oscurità a ogni minimo tocco delle sue tecniche.

A un certo punto, Kakashi e Sasuke si bloccarono in un punto di stallo con la loro spada di luce bloccata l’una sull’altra a creare un bagliore luminoso, da potere essere notato persino da Sakura che si trovava a diversi metri dal campo di battaglia.

«Che ne pensi, Kakashi?! Ti stai rendendo conto che non hai alcuna speranza di battermi?!» tuonò Sasuke con spavalderia.

Il ragazzo aveva aumentato la sua forza nella situazione di stallo in cui erano e, per un attimo, era quasi riuscito a soggiogare il suo avversario, finché però questi non affermò la propria forza nello scontro della spada.

«Tu parli troppo e agisci poco! - sbottò Kakashi. Ma non te la darò vinta così facilmente come pensi. Fatti sotto.»

L’ennesimo sguardo di sfida da parte dell’impudente allievo, dopodiché ancora blocco nella situazione di blocco.

I due avversari ebbero giusto il tempo per fissarsi il tempo necessario negli occhi, per poi flettersi ognuno nella direzione opposta all’altro e assestare l’ennesimo colpo di spada, con il quale prese avvio l’ennesima sequenza di colpi di spada che assomigliavano tanto a una danza, considerando la bravura di entrambi i contendenti nell’arte della spada.

In una delle fasi dello scontro, Sasuke provò un affondo con la spada, che venne magistralmente schivato da Kakashi, il quale ne approfittò della situazione per fare uno sgambetto all’altro, così poi da prepararsi a colpirlo sulla schiena.

Sasuke non era per nulla rassegnato a darsi sconfitto e usò un’altra delle sue tecniche dell’arte del fulmine per salvarsi in calcio d’angolo.

«Flusso Fulmineo!» tuonò il ragazzo.

Con quella tecnica, Sasuke fu capace di evocare una potentissima scarica elettrica che era stata potenziata dalle recenti scariche elettriche che si erano disperse per tutto il campo di battaglia. Considerando appunto di queste cariche elettriche, la tecnica aveva acquisito una potenza tale da riuscire a destabilizzare l’equilibrio dell’avversario.

Kakashi fu obbligato a ritirare la sua potentissima spada di fulmini per mettersi in posizione difensiva e fare scorrere in tutto il suo corpo un flusso di piccoli fulmini per attutire il colpo della tecnica nemica.

«Che tecnica potente! E’ riuscito a potenziare il Chidori a limiti estremi!» fu il pensiero di Kakashi.

Nonostante fosse un pericolo per la propria incolumità, Kakashi non poteva evitare di essere fiero del suo allievo per il modo in cui era riuscito ad ampliare le modalità d’uso della sua tecnica; non c’era che dire, Sasuke era un vero e proprio genio.

«Che spreco...» commentò Kakashi affranto.

L’uomo non ebbe tempo per pensare ad altro, poiché si ritrovò a usare la tecnica della sostituzione per scansare un lunghissimo fendente elettrico dell’avversario, il quale continuò a indirizzare l’enorme potenziale elettrico verso il suo bersaglio, lasciando al suo passaggio una scia di mattoni carbonizzati.

Kakashi dovette agire in maniera tempestiva, al fine di contrastare la tecnica in maniera degna del ninja copia.

All’uomo bastò una manciata di secondi per comporre i quindici segni necessari all’attivazione della tecnica che aveva intenzione di usare.

«Arte dell’acqua: Tecnica del Vortice

Kakashi rimase ritto nella sua posizione, mentre evocava da sotto il ponte un grandissimo fascio di acqua che andò a creare un vortice al cui centro erano situati entrambi i contendenti. Kakashi aveva sfruttato la chimica dell’acqua per disperdere le cariche elettriche in tutto il turbine acquatico, dopodiché si apprestò allo steso tempo a comporre un’altra tecnica, prima che Sasuke piombasse su di lui, armato della tecnica dell’omicidio.

«Arte dell’acqua: Tecnica dell’esplosione acquatica!» urlò Kakashi.

A un tratto, il turbine acquatico generò una violentissima esplosione di vapore ed elettricità che inondò entrambi gli avversari, i quali adoperarono delle procedure appropriati al fine di evitare o quanto meno ridurre i danni provocati della tecnica.

Kakashi usò l’arte della terra per rifugiarsi nel sottosuolo, per questa ragione non fu in grado di vedere la gabbia toracica del Susano evocata da Sasuke per difendere se stesso. Quando Sasuke disattivò la sua tecnica, a causa del rapido deterioramento dei suoi occhi, Kakashi sbucò dal suo nascondiglio, armato dalla sua potentissima tecnica taglia fulmini e si gettò a capofitto verso l’avversario con l’intento di ucciderlo.

A quel punto, Sasuke evocò alla medesima maniera la tecnica che gli aveva insegnato il suo maestro di un tempo e affrontò quest’ultimo con tutta la sua determinazione.

Infine avvenne l’impatto delle due medesime tecniche.

«Raikiri

«Chidori

L’impatto fu violentissimo, ma allo stesso tempo non si raggiunse nessun risultato evidente, tranne da fatto che i due avversari vennero sbalzati con forza nella direzione opposta reciproca.

Kakashi sbatté le spalle contro la colonna dell’ingresso del ponte, proprio vicino al luogo in cui Sakura stava prestando soccorso a Karin.

Non appena Sakura si accorse della presenza del suo maestro, interruppe le cure e si rivolse a quest’ultimo.

«Sta bene, maestro?» chiese la ragazza.

Kakashi impiegò qualche minuto prima di rispondere alla richiesta dell’allieva, dato che stava raccogliendo le forze per risollevarsi e prendere parte alla successiva fase del combattimento.

«Lasci che la aiuti!» si propose Sakura, insistente.

Kakashi sentì benissimo quella proposta e non esitò un attimo a rispondere.

«No, Sakura. Stanne fuori. - ordinò Kakashi. Questa è una mia responsabilità!»

La visione dello sharingan si acutizzò al suo massimo con il solo scopo di individuare le mosse di Sasuke. Quando Kakashi intravide la figura del suo avversario muoversi verso di lui, egli spiccò un rapido balzo in sua direzione, iniziando a comporre dei segni per l’ennesima delle mille tecniche apprese dal grande ninja copia.

Lo scontro sarebbe durato per molto tempo e per tanto, Kakashi doveva riuscire a risparmiare tutto il chakra possibile a sua disposizione, così da poterne ricorrere al suo potere, quando ritenuto necessario.

A un certo punto, Kakashi interruppe la sua marcia, perché aveva notato qualcosa di molto strano, rispetto alle sue prime impressioni provocate all’inizio di questa nuova fase di combattimento. In quella porzione di spazio si era espansa una grande quantità di nebbia.

Kakashi non aveva alcun dubbio di che tecnica si trattasse.

«Sta usando il velo di nebbia per emulare la tattica di Zabuza?» ne dedusse Kakashi.

Era da un po’ di tempo che non si confrontava con una delle poche tecniche capaci di oscurare la visibilità dello sharingan, ciò lo riportava indietro nel tempo, durante la prima vera missione della squadra numero sette nel paese delle onde. Kakashi ebbe il flebile dubbio che Sasuke avesse usato di proposito quella tecnica, perché voleva colpire il suo animo, altrimenti non ci sarebbe stata nessuna ragione per usare una tecnica che poneva in netto svantaggio anche lui.

«Dimmi una cosa, Sasuke...» sbottò Kakashi ad alta voce.

Nessuna risposta. Eppure Kakashi continuò a parlare, convinto che Sasuke lo stesse ascoltando.

«Vuoi veramente rinnegare il legame che unisce noi quattro? So che è passato molto tempo, da quando la nostra squadra è stata disassemblata, eppure ci siamo sempre inseguiti e abbiamo sempre perseguito la stessa via, volenti o nolenti.»

Silenzio totale.

Kakashi considerò subito l’opzione che il silenzio di Sasuke avesse il significato di asserire in maniera positiva alle sue considerazioni.

«Oppure stai cercando in realtà di ucciderci tutti, proprio perché non riesci a dimenticarci?»

Un fascio di fulmini e un kunai che sfiorò la spalla del ninja copia. Un punto a favore di quest’ultimo, dato che aveva centrato il punto.

Kakashi cercò di applicare la medesima tattica che a suo tempo usò per sopraffare Zabuza, quindi si affidò al senso dell’udito e dell’olfatto per riuscire a captare le mosse di Sasuke, questo gli permise di riuscire a deviare una decina di shuriken e kunai e di conseguenza capire che il suo avversario stava cercando di perdere tempo, perché aveva necessità di recuperare le forze. All’improvviso, Kakashi sentì l’impercettibile rumore di un passo, dopodiché l’uomo scattò per istinto e bloccò le braccia del suo avversario, prima che la sua katana si abbattesse su di lui.

«Non puoi affidarti alla nebbia per battermi, mio caro Sasuke. I miei sensi sono molto più sviluppato dei tuoi!» tuonò Kakashi.

Sasuke sfoggiò un grande ghigno sul suo viso.

«Sei uno stupido, Kakashi. Ti sei concentrato troppo su di me, senza pensare a quello che hai detto prima.»

In un primo momento, Kakashi non comprese il significato di quelle parole, ma poi rifletté sul fatto che quello che stesse affrontando potesse essere uno specchio per le allodole per permettere a un clone di Sasuke di superare la sua supervisione e dirigersi verso Sakura e Karin per ucciderle.

Quando Kakashi si rese conto, l’uomo sferrò un potente calcio al suo avversario, facendolo svanire in una nuvola di fumo; Sasuke lo aveva gabbato in maniera magistrale, facendo ricorso a due copie.

«Bastardo!» urlò l’uomo dalla rabbia.

Kakashi si mise a correre all’impazzata verso la direzione in cui si trovavano le due kunoichi, impiegando tutte le sue forze pur di raggiungerle, prima che potesse essere troppo tardi.

Non appena Kakashi sbucò fuori dalla folta coltre di nebbia, l’uomo venne investito da una potentissima ondata di calore proveniente dalle sue spalle, quella fonte di calore proveniva dalla tecnica di fuoco che Sasuke stava lanciando contro di lui.

Il ragazzo si trovava sopra la cima del grande albero evocato in precedenza da Danzo, approfittando molto della sua posizione strategica per tirare in trappola il suo maestro, troppo preoccupato dalla prospettiva che lui potesse tentare di ammazzare Sakura.

«Arte del fuoco: Tecnica del ruggito del drago!» urlò Sasuke.

Dalla bocca di Sasuke fuoriuscì una vampata luminosa di fiamme molto intense che si avventarono verso il malcapitato Kakashi, il quale ebbe solamente l’unica possibilità di difendere i propri punti vitali con le braccia, dato che non aveva alcuna occasione di adottare una qualunque altra tattica per scampare a quella tecnica.

L’impatto della tecnica con il suolo generò una violenta esplosione che fece volare una moltitudine di pietruzze e polvere che si espandevano da tutte le direzioni per colpa di una piccola brezza che gettava benzina sul fuoco.

Sasuke atterrò sul campo di battaglia a osservare il risultato del suo operato, era molto soddisfatto della sua mossa, però sapeva con l’esattezza che Kakashi non era ancora morto, eppure sarebbe stato sicuramente ferito dalla tecnica; i suoi occhi non tradivano, Kakashi era stato colpito in pieno.

Sasuke concentrò il chakra nei suoi occhi, in modo da acutizzare la sua vista, con l’obiettivo di captare il colore del chakra del suo nemico.

«Andiamo, Kakashi. Non mi deludere così.» sbottò Sasuke sarcastico.

Una manciata di secondi e il ragazzo fu in grado di scorgere la figura del suo avversario al centro dell’immensa coltre di fumo generata dalle fiamme. Allora, Sasuke iniziò a muoversi verso di lui, con l’intendo ti eliminarlo.

Kakashi tossiva con difficoltà per colpa del fumo che gli era filtrato nei polmoni, il che gli provocava tanta difficoltà nella respirazione. Un malessere che affiancato alle numerose ustioni di primo e secondo grado in tutto il corpo, rendeva le condizioni di Kakashi veramente pessime. Il fuoco aveva bruciato tutta la sua divisa, lasciandolo a petto nudo tutto bruciacchiato e insanguinato.

«Sono stato incauto...» commentò Kakashi fra sé.

Un colpo improvviso al suo corpo; l’uso eccessivo dello sharingan si stava iniziando a fare sentire e per questa ragione, Kakashi cadde in ginocchio, immerso nella propria fatica; un solo piccolo brandello della sua maschera era rimasto fisso a coprire il suo viso, impedendo così di notare l’immensa sofferenza che l’uomo stava patendo in quel momento.

A un certo punto, anche grazie alle doti divinatorie dello sharingan, Kakashi percepì un imminente pericolo provenire dalla coltre di fumo di fronte a lui. Il suo corpo agì in maniera automatica e riuscì a schivare la lunghissima lama di fulmini emessa da Sasuke, proprio all’ultimo istante, procurandosi esclusivamente una piccola ferita da taglio sul petto.

Kakashi barcollò, stava sentendo il peso della fatica persino sul suo stesso animo e per questa ragione, il suo corpo non si muoveva come lui avrebbe voluto. Questo aspetto fu la premessa della mossa successiva che Sasuke riuscì a seguire al suo bersaglio, in modo da annientarlo permanentemente.

Kakashi udì i passi affannati di Sasuke provenire dalla direzione a cui stava dando le spalle, a giudicare dalla rapidità con cui si spostava, sarebbe giunto da lui in una manciata di secondi e andò proprio così.

Un attimo dopo, Kakashi vide uno schizzo di copioso sangue fuoriuscire dal suo petto, la gelida presenza di un corpo estraneo gli aveva attraversato il petto e le scariche elettriche erano in un certo senso di aiuto per tramortire persino i suoi recettori del dolore.

Kakashi si bloccò, ritto nella sua difficoltosa situazione con dietro Sasuke che gli aveva affondato il braccio sul petto, tramite l’ausilio del Chidori.

«Questa non me l’aspettavo proprio...» fu il commento affannato di Kakashi.

Sasuke scoppiò a ridere.

«Non è divertente, mio caro maestro? Ucciso dalla tecnica che tu stesso mi hai insegnato. - commentò il ragazzo. Devo ammettere che questa tecnica è veramente utile per fare fuori i miei avversari. Ti faccio i complimenti per averla inventata.»

Kakashi sganciò un ennesimo colpo di tosse, però decise di non proferire alcuna parola per replicare a quanto detto dal suo vecchio allievo. L’uomo spostò lentamente la sua mano sopra quella con cui Sasuke gli aveva perforato il petto e la strinse con tutte le sue forze rimanenti.

Una mossa che rese Sasuke molto perplesso.

«Che vuoi fare? Ormai è finita per te.»

Kakashi non prese parola fino al momento in cui non ebbe abbastanza forza per stringere la mano di Sasuke, così da impedirgli di tirare fuori il proprio arto da quella posizione; quella per la perfetta occasione per assestare un colpo decisivo nei suoi confronti, anche a costo della sua vita.

Kakashi respirava a fatica, ma era ancora determinato a mostrare la sua volontà nel continuare il combattimento, anche in quelle situazioni così critiche.

«Tu mi sottovaluti, Sasuke.» disse l’uomo ansimante.

Pochi istanti e Sasuke comprese la ragione di quelle parole, dato che il suo avversario si era improvvisamente illuminato dal nulla, per poi scomparire nel nulla per lasciare una fortissima carica elettrica alla quale Sasuke non riuscì a scampare.

In quel breve momento, Sasuke aveva capito che aveva ucciso una banalissima copia, però non sapeva che quella clonazione era abbastanza particolare e molto complessa da realizzare. La tecnica della moltiplicazione del fulmine garantiva alla copia di produrre una fortissima scarica elettrica che sarebbe stata capace di tramortire un energumeno dalla stessa stazza del Quarto Raikage; Sasuke Uchiha non faceva eccezione.

Il giovane Uchiha scacciò un urlo profondo per colpa delle violente scariche elettriche, il colpo era stato talmente devastante che lo aveva messo in ginocchio a sganciare copiose quantità di saliva per colpa dell’enorme stress subito.

«Merda!» tuonò Sasuke furente.

Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo per lasciarsi prendere dalla furia, poiché proprio sotto i suoi piedi, Kakashi era emerso dalla terra e aveva assestato un potente montante al mento del suo avversario, così questi venne sbalzato in aria per colpa della potenza del colpo inferto. Dopodiché, Kakashi spiccò un rapido balzo in direzione di Sasuke, con lo scopo di colpirlo in maniera ancora più forte, però l’uomo arrestò la sua folle corsa, perché il suo sharingan aveva predetto la rapida contromossa di Sasuke.

Sasuke aveva concluso la formulazione della sua tecnica e fissava minaccioso il suo avversario, preparandosi ad assestare la sua tecnica.

«Arte del Fuoco: Tecnica della Palla di Fuoco Suprema

La gigantesca sfera di fuoco si abbatté contro il ninja copia, rappresentando una evidente minaccia per l’incolumità di quest’ultimo, con la prospettiva di rendere reale la situazione che Kakashi era riuscito a scampare dapprima.

Purtroppo per Sasuke, l’uomo si era preparato a dovere per contrastare la tecnica.

«Arte dell’Acqua: Tecnica del Dragone Acquatico!» recitò Kakashi.

L’enorme dragone evocato non tardò a divorare senza difficoltà la tecnica lanciata dall’Uchiha, il quale venne successivamente investito da quella tecnica, con il risultato di farlo sbalzare per tutti i lati del ponte, sino a farlo sbattere contro la montagna più accanto.

Kakashi si premurò a raggiungere Sasuke con l’intento di approfittare di quella situazione, evocando il Raikiri per l’apposita situazione.

Dal canto suo, Sasuke non era certo rassegnato a farsi sconfiggere in quella maniera, non dopo avere battuto il folle potere di cui si era servito Danzo per il combattimento precedente. Sasuke aveva promesso a sé stesso che non avrebbe mai perso, per tanto non riusciva ad accettare che il suo vecchio maestro gli stesse dando così tanti grattacapi.

Sasuke inoltre sentiva che il peso della sconfitta era qualcosa che mai sarebbe riuscito ad accettare, per questa ragione, alla sola vista del sangue che gli colava dal viso, il ragazzo perse le staffe.

«Merda! Merda! Merda!»

La rabbia di Sasuke non tardò a tramutarsi nell’immenso cavaliere spirituale, evocato tramite l’attivazione del mangekyo sharingan in entrambi i suoi occhi; la tecnica era ancora nella sua fase scheletrica, ma rappresentava sicuramente un pericolo più che evidente.

Kakashi arrestò il suo passo, non appena vide la figura dell’enorme mostro che proteggeva il corpo del suo evocatore. In quel momento, l’uomo comprese che la battaglia stava prendendo una brutta piega.

«Ma quello è...» commentò l’uomo.

Nessun altro momento per riflettere, poiché Kakashi fu costretto a un rapido balzo felino verso la direzione opposta nella quale si stava trovando, dato che il Susano aveva tentato di colpirlo con un suo poderoso pugno. Di conseguenza, il mostro spirituale si agguantò pericolosamente sul suo avversario, tentando di schiacciarlo con tutta la sua violenza, rendendo così l’intero ponte come un groviera.

«Qui le cose si complicano!» sbottò Kakashi ad alta voce.

Il pericoloso cavaliere spirituale obbediva a ognuno degli ordini che gli impartiva il suo evocatore, al fine di annientare l’ostico avversario, il qualche si muoveva rapidamente come un’anguilla da un punto all’altro per schivare il colpo mortale del cavaliere scheletrico.

A un certo punto, Kakashi spiccò un rapido balzo verso il basso, gettandosi dal ponte senza il benché minimo pensiero che quella sua mossa avrebbe spostato il combattimento in un nuovo campo di battaglia, con condizioni differenti e con incognite ben più difficili da affrontare.

Kakashi si voltò verso il suo avversario, notando che lo stava seguendo.

L’evocatore del Susano stava manovrando il suo mostro per dirigere i suoi attacchi sempre contro il suo avversario; la sua furia era ben percepibile dall’intensità della sua voce.

«Muori!» tuonò Sasuke.

Kakashi cominciò a roteare fra sé, al fine di sfruttare la forza centripeta generata dal suo movimento per rapidi spostamenti in aria, in modo da evitare i colpi del pericoloso nemico mostruoso. Kakashi fu immensamente grato al suo sharingan che gli permetteva di prevedere le mosse nemiche, benché fosse certo che non sarebbe riuscito a durare molto nelle schivate con una forza così prorompente da contrastare.

Quando Kakashi fu vicino alla superficie del fiume sotto il ponte, egli usò le mura della parte in basso del ponte come trampolino per un rapido balzo, in questo modo fu in grado di distanziarsi temporaneamente dal cavaliere spirituale.

Entrambi gli avversari atterrarono sulla superficie liquida, uno con una calma placida da disturbare il flusso dell’acqua, l’altro con un enorme boato, mentre il suo proprietario concentrava le proprie energie per fare assumere alla sua evocazione il livello successivo di trasformazione; arco e frecce erano pronte a scattare.

Kakashi si accorse immediatamente del cambiamento dell’enorme cavaliere spirituale e capì, dal chakra che stava emanando, di essere in serio pericolo e che avrebbe dovuto ricorrere a tutte le sue risorse per riuscire a sopravvivere.

Sasuke ordinò al Susano di lanciare una rapidissima freccia contro il suo bersaglio, generando così un grande fragore acquatico nel punto in cui era situato Kakashi. In quel momento, Sasuke era certo che il suo nemico era stato annientato.
Invece non era proprio così.

Kakashi era ancora lì, ritto e con uno sguardo minaccioso diretto al suo ex allievo.

Il Mangekyo Sharingan sull’occhio sinistro del ninja copia brillava della propria luce, evocante del potere mistico di cui solo quell’occhio era l’unico proprietario.

La luce di quello sguardo raggiunse persino l’attenta osservazione di Sasuke.

«Ma guarda un po’ - commentò Sasuke. Anche questa volta sei stato salvato dal tuo sharingan. Sei davvero fortunato, Kakashi.»

Kakashi rimase in silenzio a studiare con attenzione il cavaliere spirituale, con la speranza di riuscire a trovare un qualsiasi punto debole per riuscire a scampare dalla drastica situazione in cui si era cacciato.

Sasuke sfoggiò un ghigno malefico nell’osservare lo sguardo truce del suo maestro.

«E’ veramente incredibile che uno che non appartiene al clan Uchiha sia riuscito a risvegliare il potere del Mangekyo. Sei veramente qualcosa di speciale, te lo concedo questo, ma per quanto pensi di resistere?»

Sasuke aveva dannatamente ragione, eppure Kakashi doveva in un qualche modo riuscire a bluffare e perdere tempo per recuperare così le forze necessarie per l’ultima fase dello scontro.

«Preoccupati per le tue condizioni.» replicò l’uomo.

Kakashi poi continuò a osservare il potere del gigantesco cavaliere e alle sue minacciose frecce. Quelle armi erano così veloci, che molto probabilmente solo il Quarto Raikage avrebbe potuto schivare quella tecnica; per fortuna, Kakashi poteva ancora disporre del potere del Kamui per riuscire ad annientare quel colpo mortale.

«Così questo è il Susano. Non lo avevo mai visto in vita mia. - commentò Kakashi. Questa volta ti sei spinto veramente oltre al prevedibile. Chi lo avrebbe mai immaginato.»

«Ho ucciso Danzo con questa tecnica, non hai nessuna possibilità di battermi!» sbottò Sasuke malefico.

«Sasuke!» tuonò Kakashi.

L’uomo voleva attirare l’attenzione dell’allievo per qualcosa di importante che aveva da comunicargli; il suo ultimo tentativo per tendere la mano a quel rinnegato.

«Posso credere che nel tuo cuore c’è spazio solo per il tuo clan e il tuo odio? Cerca di riflettere bene su te stesso. Sai benissimo che non è così.»

Sasuke scoppiò a ridere.

«Sempre con lo stesso discorso, eh?»

«Tu sai benissimo ciò che voglio dire!» replicò Kakashi con forza.

Sasuke strinse i denti dalla rabbia, perché si era reso conto che anche in quel momento, i residui del suo legame con i suoi vecchi compagni di squadra continuavano a bruciare nel suo animo e questo gli stava dando troppo fastidio. Al fine di conseguire il suo obiettivo, proprio come gli aveva insegnato Orochimaru, doveva essere in grado non solo di recidere i suoi legami, ma anche di annientarli completamente sia a livello fisico che metafisico.

Sasuke non poteva fare a meno di questo aspetto, dato che da quel momento, il suo odio per la Foglia si era solamente rafforzato e quindi aveva deciso che non si sarebbe tirato indietro e avrebbe percorso il suo sentiero.

Itachi non aveva avuto tentennamenti nella sua grande dedizione a proteggere la Foglia e il suo amato fratellino, anche a costo della sua stessa vita. Lui, il suo fratellino minore che aveva tanto amato, non poteva tirarsi indietro ed essere da meno.

Itachi rappresentava quella barriera che avrebbe dovuto superare, proprio quando erano dei bambini.

Itachi non c’era più, mentre la Foglia era ancora lì, con i suoi abitanti che vivevano le loro indegne vite, pagate con il sangue della persona che Sasuke Uchiha aveva amato più al mondo.

«Loro stanno ridendo! Tutti quei dannati bastardi stanno ridendo del sacrificio fatto da Itachi!»

Il solo pensare a quelle considerazioni e al desiderio di rimuovere ogni suo frammento di legame, Sasuke era riuscito a fare evolvere il suo odio a un livello così profondo da essere percepito persino da Karin e da Naruto a diversi metri dal campo di battaglia.

Il suo odio si manifestò in maniera evidente, sotto lo sguardo smarrito del ninja copia, quando un gigantesco mantello spirituale avvolse rapidamente il corpo del cavaliere spirituale, facendolo giungere allo stesso livello del Susano di Itachi; potenza distruttiva allo stato puro.

«Li ucciderò tutti! Tutti quanti! Così finalmente la Foglia la pagherà per tutto quello patito dal mio clan!!! MALEDETTA FOGLIA!!»

Kakashi si asciugò le palpebre per una piccola lacrima che gli era uscita fuori a seguito dell’epifania a cui era giunto: Sasuke non si poteva salvare.

«Sasuke...»

Sasuke avrebbe diretto tutto il suo odio contro il suo vecchio maestro, proprio come un tempo fece con Orochimaru.

«Questa volta non ti salverai, Kakashi! Stavolta ammazzo te e i tuoi dannatissimi valori!»

Kakashi sospirò, non c’era più tempo per tentare di convincere Sasuke a ravvedersi e lui, al contrario del suo solito, aveva chinato fin troppe volte la testa, sperando che quest’ultimo lo ascoltasse, ma nulla. Il ragazzino su cui tanto aveva riposto ogni sua speranza era svanito.

«Molto bene. - dichiarò Kakashi. Se è questa la tua decisione, non proverò più a parlare con te. La tua follia è troppo pericolosa per l’intero mondo ninja e io, in qualità di tuo maestro, posso solo fare una cosa per te. Ucciderti.»

Kakashi avrebbe dato il tutto e per tutto per uccidere Sasuke, avrebbe dato anche la vita, pur di riuscire nel suo obiettivo.

«Naruto… Sakura… Perdonatemi.»  pensò l’uomo molto affranto.

Lo scontro riprese.

 

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Capitolo 23
*** LA SQUADRA 7 DI NUOVO INSIEME ***


Salve a tutti, figliuole e figlioli.
Spero che abbiate passato un ottimo periodo, io finalmente sto ultimando la mia tesi di specialistica e nei momenti di pausa, mi decido alla scrittura di queste piccole storielle che mi allietano l’animo.

Per passare all’argomento del capitolo, diciamo che il momento clou di questa saga sta per giungere, dopodiché seguiranno quattro saghe inedite, prima dell’inizio della Quarta Guerra Mondiale Ninja; non vi anticipo nulla, così faccio crescere in voi la curiosità.

Buona lettura a tutti voi.



 

Il silenzio di una angusta caverna, un luogo dimenticato dall’azione umana da tantissimi anni, sebbene riuscisse a mantenere quell’aura di profondo mistero riguardo a una fonte di potere che avrebbe permesso il funzionamento di una tecnologia ben più superiore a quella a disposizione ai migliori centri di ricerca del mondo intero.

Intorno a tutta la gigantesca struttura naturale, erano stati ben disposti con cura e competenza enormi cavi che servivano all’alimentazione di numerose e capienti vasche di contenimento disposte in un angolo della grande caverna, nel quale era stata creata una piccola stanza, tramite l’ausilio dell’arte ninja.

All’interno di quel luogo, si celava una delle piante che accompagnavano la figura di Zetsu, da essa fuoriusciva una melma color perla, dalla quale uscivano delle protuberanze che erano composte da diverse parti del corpo dell’androide, prodotte dall’ampio abuso delle sue spore e dai tentativi falliti in precedenza per realizzare una tecnica di moltiplicazione.

Di fronte all’abominevole ammasso di carne bionica vivente, Madara aveva rimosso i suoi indumenti a brandelli e si era privato della sua preziosa maschera che ne celava l’aspetto a occhi esterni. L’uomo approfittò della situazione per sgranchirsi un poco le ossa, dopodiché prelevò un pezzo della melma vivente, nello specifico un pezzo di braccio destro che l’uomo impiantò senza la benché minima fatica sul proprio corpo, perché esisteva una profonda simbiosi fra il corpo di Madara e il corpo bionico di Zetsu.

Per sopravvivere alle ferite riportate un tempo dal suo scontro mortale con Hashirama, Madaa era stato costretto a impiantarsi le potenti cellule di Zetsu per potenziare la propria resistenza fisica e la sua capacità rigenerativa.

«Adesso va molto meglio.»

Madara mosse il braccio per diversi secondi, giusto per dare il tempo necessario all’arto di interagire con ogni nervo del corpo. Una volta che Madara ottenne il pieno controllo dell’arto rimosso, si mise addosso una nuova calzamaglia e un paio di guanti.

In quel momento, Zetsu bianco emerse dal terreno con un annuncio dell’ultima ora.

«Abbiamo un problema!»

Madara non ebbe alcun dubbio che quel problema riguardasse Sasuke.

«Che ha combinato questa volta?» chiese.

Aveva posto su Sasuke diverse spore del suo fidato servitore, per tanto era sempre a conoscenza di ognuno dei suoi movimenti, essendo continuamente aggiornato.

Zetsu, infatti, stava seguendo con molta attenzione lo scontro che Sasuke aveva ingaggiato con il suo vecchio maestro. Il suo resoconto era una diretta.

«Ha ingaggiato un combattimento con il ninja copia e ha nuovamente evocato il Susano. Non penso che reggerà a lungo.»

Madara non riuscì a evitare di sorridere divertito.

«E’ veramente imprudente. Per questo mi ricorda molto me stesso, quando avevo la sua età.»

L’uomo si voltò verso il tavolo anatomico che si trovava alle sue spalle, sopra di esso era stato depositato in precedenza il cadavere di Danzo che sarebbe stato ben presto sottoposto a un’accurata autopsia dal subdolo Madara.

Madara stava già analizzando con il suo occhio il corpo del nemico, bramando con tanta foga l’occhio destro che un tempo era appartenuto al leggendario Shisui Uchiha. Madara aveva intenzione di trapiantarsi quel potentissimo occhio nella sua orbita sinistra, erano solo necessarie un paio di modifiche e sarebbe filato tutto senza nessuna complicazione.

Notando la grande attenzione di Madara sul cadavere, Zetsu si permise di porgli in merito una questione che riguardava il combattimento dell’impudente giovane Uchiha.

«Che vuoi fare con Sasuke?»

«Ora ho da fare. - replicò l’altro. Ormai non è più un bambino, se la può cavare da solo.»

Zetsu non osò replicare.

Una volta chiarito quel punto, Madara raccolse il bisturi e si avviò al taglio del torace del cadavere e iniziò a studiare con cura i misteri del corpo di Danzo. Per lui non era per nulla compromettente investigare fra le viscere di un cadavere, dato che non era la prima volta che aveva svolto una mansione del genere, soprattutto quando operava su pazienti che possedevano così tanti segreti che potevano essergli ancora più utili al fine di conseguire il suo piano.

La prima cosa che attirò l’attenzione di Madara, fu il viso secco di Hashirama impiantato sul braccio destro del cadavere. L’uomo arrestò per un attimo la sua mansione, fissando per un attimo il volto dello shinobi più potente del mondo, ridotto in una maniera tanto patetica.

«Le cellule di Hashirama mi saranno molto utili per controllare il Gedo Mazo.» commentò Madara a tal proposito.

L’uomo poi si rivolse con fare scherzoso al cadavere.

«Grazie per questo regalo.»

Lo studio proseguì, fino a quando Madara non giunse finalmente alla ciliegina sulla torta di tutta quell’analisi, ovvero l’occhio di Shisui. Madara estrasse con celerità il bulbo oculare dall’orbita del cadavere, dopodiché si fermò a osservare per bene l’oggetto, così da accertarsi che non fosse rimasto danneggiato dall’ultima tecnica usata da Danzo.

«Te lo vuoi trapiantare?» chiese Obito.

«Ne ho bisogno, se voglio riuscire a riprendere il rinnegan dal villaggio della Pioggia. - si giustificò Madara. Devo essere pronto per la guerra.»

L’uomo continuò a studiare con attenzione l’occhio, ma a un certo punto, egli grugnì dalla rabbia.

La furia di quel potentissimo uomo venne percepita da Zetsu, il quale si era persino protetto dalle foglie che adornavano il suo sterno pur di proteggersi dalla sua rabbia.

«Bastardo!» sbottò Madara.

L’occhio di Shisui venne depositato sul tavolo anatomico, privo dell’enorme potere di cui era stato detentore, rendendolo un occhio perfettamente comune e privo di qualunque significato.

Madara stava rivolgendo tutto il suo odio verso il cadavere di Danzo, parlandogli come se questi fosse ancora vivo.

«Hai distrutto l’occhio di Shisui, proprio per impedirmi di prenderlo. Non è così, Danzo?»

«Che cosa ne farai?» domandò Zetsu a tal proposito.

Madara lanciò con non curanza l’occhio su Zetsu, come se gli stesse gettando un pezzo di osso di cui cibarsene; Zetsu divorò l’occhio in un solo boccone.

Il volto di Zetsu brillò di una luce famelica; aveva ancora tanta voglia di mangiare della carne umana, sebbene quella era molto vecchia e rugosa.

«Ormai il corpo non ti serve più, giusto?»

Il suo superiore gli dette il permesso che tanto bramava.

«Fa’ come ti pare. Ho già preso tutto quello che mi serviva.»

Zetsu emerse completamente dal terreno e si avviò rapidamente verso il cadavere dell’anziano shinobi, nel frattempo Madara aveva prelevato un campione di tessuto da esso e lo stava riponendo con cura in una piccola camera frigorifera al cui interno erano già custodite diversi tessuti cellulari molto importanti.

In quel momento, Madara udì i versi del simbionte bianco che iniziava a divorare parte degli organi che erano stati precedentemente prelevati dal corpo di Danzo.

«Va’ da qualche parte, Zetsu. Sei rivoltante.» ordinò Madara.

«Ai tuoi ordini.»

Zetsu raccolse il corpo di Danzo, lo mise in spalla e si avventurò in una parte dell’enorme caverna, dove potere divorare in santa pace il suo lauto pasto.

Nel frattempo, Madara si era messo a fissare una grande parete che si trovava alle spalle del tavolo anatomico. Su quella parete erano state impiantati differenti scomparti di liquido azotato; all’interno di ognuno di questi era situato un paio di occhi che deteneva lo sharingan: quelli erano gli occhi che Madara aveva prelevato dai membri del clan Uchiha, la notte del fantomatico massacro.

«Presto il vostro sacrificio avrà i giusti onori, fratelli e sorelle miei.» commentò Madara a bassa voce.


*

 

Kakashi stava concentrando ogni granello di chakra che conservava sul suo corpo, dato che aveva intenzione di uccidere Sasuke, anche a costo di morire per mancanza di chakra, proprio come gli era successo durante lo scontro con Pain.

Una volta presa questa drastica misura, scattò verso il suo avversario e il suo potente mostro spirituale, con il suo occhio sinistro rimaneva chiuso per conservare la minima goccia di energia, lasciandogli il gravoso compito di controllare i propri sforzi, così da fare combaciare ognuna delle tecniche a cui avrebbe fatto ricorso; un calcolo errato e per lui sarebbe stata la fine.

Quella era la fase finale dello scontro ed entrambi i contendenti erano coscienti che avrebbero dovuto dare fondo a tutte le loro risorse, pur di soggiogare il proprio avversario e conseguire i propri obiettivi.

Kakashi riattivò il suo Mangekyo Sharingan; l’uso del Kamui era l’unica opzione possibile per contrastare le rapidissime frecce che lanciava il Susano.

Sasuke cercava invece di mantenere il controllo, poiché mantenere quella forma del Susano era davvero un compito gravoso sia per il suo fisico che per il potere oculare.

Durante l’osservazione dei movimenti del nemico, la figura di quest’ultimo iniziò ad annebbiarsi e Sasuke fu obbligato a sfregarsi gli occhi, pur di riuscire a focalizzare al massimo quello che stava succedendo. A causa della fatica e dell’enorme stress a cui il suo corpo veniva sottoposto, l’animo del vendicatore venne travolto dalla sua immensa furia, esplodendo in una potentissima ondata di fiamme prodotte dalle mani del gigantesco cavaliere spirituale.

Le urla di Sasuke si espansero per l’intero campo di combattimento.

«MUORI!!»

Le fiamme spirituali si erano diffuse ai piedi del Susano, facendo addirittura portare allo stato di ebollizione l’acqua che scorreva sotto i suoi piedi, creando così una densa quantità di vapore che riusciva anche a celare la figura dell’enorme mostro, causando quindi delle problematiche nella sua visione.

Nonostante l’evidente minaccia, l’eroe con lo sharingan non si tirò indietro e approfittò di quei pochi istanti di smarrimento del suo avversario per potere adottare le proprie contromisure, al fine da non essere colto troppo alla sprovvista dai furiosi attacchi del nemico. A tal proposito, egli decise di fare ricorso persino a delle tecniche di potenziamento che usava solitamente per le missioni di inseguimento; non avrebbe lasciato nulla a caso.

La prima freccia del Susano apparve dal nulla e Kakashi fu in grado di captarne la presenza, proprio grazie alla sua tecnica oculare.

Il momento di preparare tattiche era finito, adesso si deve passare immediatamente all’azione. Le sue gambe vennero irradiate dal chakra di tipo fulmine, una tecnica in grado di aumentare la velocità del proprio utilizzatore, tuttavia, anche con quella tecnica sarebbe stato impossibile schivare quelle rapidissime frecce, questo lo sapeva benissimo, ma avrebbe comunque aumentato la sua capacità reattiva e lasciato l’intero gravoso fardello alla tecnica oculare.

La freccia stava per colpire il bersaglio, per tanto bisognava agire in maniera repentina, prima di venire colpito a morte.

Kakashi aprì l’occhio sinistro e concentrò la maggior parte del suo chakra su di esso.

«Kamui!»

La freccia svanì nel nulla, risucchiata in un’altra dimensione alternativa, lasciando comunque nell’aria un piccolo vortice che continuava a esistere anche dopo avere eseguito il suo scopo; un fenomeno a cui nemmeno lui aveva saputo dare una risposta, essendosi manifestato durante il combattimento contro Naruto e Itachi tempo addietro. Per questo motivo, durante i mesi di vagabondaggio, aveva molto studiato i poteri del suo occhio allo stato del Mangekyo, rischiando più volte di perdere i sensi in procinto di dirupi o con il viso in una densa quantità di acqua.

Quegli allenamenti avevano dato i loro frutti ed era proprio il momento adatto di mettere in pratica i risultati raggiunti.

Una volta che Kakashi neutralizzò la freccia, concentrò il suo potere oculare direttamente sul cavaliere spirituale, generando di conseguenza alcuni vortici spazio-temporali che prosciugavano rapidamente parte dell’energia del Susano.

Il risultato ottenuto dalla tattica di Kakashi era ben evidente e Sasuke non poteva fare nulla a proposito, poiché troppo concentrato sui suoi problemi di vista.

A un certo punto, la vista di Sasuke si annebbiò completamente, lasciandolo totalmente spiazzato dalle conseguenze, non appena se n’era reso conto.

«Non ci vedo...»

I problemi alla vista rappresentavano un chiaro simbolo delle conseguenze prodotte dall’uso eccessivo del potere del Mangekyo Sharingan, soprattutto per la presa in prestito di un potere al quale il corpo di Sasuke non era affatto pronto. Sembrava impossibile, ma nell’arco di pochi mesi, i suoi occhi avevano raggiunto lo stesso stadio di deterioramento raggiunto in tanti anni di sofferenza di Itachi.

La luce lo avrebbe abbandonato inesorabilmente, questa era l’unica certezza a cui affidarsi e la dimostrazione per questa considerazione era data non solo dalla rapida decrescita della propria capacità visiva, ma anche dall’involuzione del Susano, ridotto ormai alla sua forma scheletrica.

Una volta osservato il fenomeno, Kakashi si mise a valutare la situazione per qualche attimo, ipotizzando se quella fosse una tattica di Sasuke per tirarlo in inganno, ma quando si avvicinò ulteriolmente, senza venire attaccato, si rese conto che l’avversario aveva veramente seri problemi alla vista. Tuttavia, questo aspetto non lo fermò dal suo proposito, poiché era ormai convinto del tutto a finire quella storia lì, in quel momento in cui Sasuke era così debole.

Il fulmine della tecnica dell’omicidio per eccellenza si attivò nella mano del suo creatore e mano a mano che questi si avvicinava al suo inerme avversario, il pensiero di stare per uccidere il suo amato allievo lo stava logorando dentro, eppure sapeva che quella era la cosa giusta da fare e che a farlo doveva essere proprio lui che si era macchiato del sangue delle persone da lui amate in passato; era una cosa più che lecita.

Kakashi era arrivato di fronte a Sasuke e alzò la mano con il suo fascio di fulmini, il suo obiettivo è il cuore.

La sua anima piangeva a dirotto per quello che stava per fare; questa, sarebbe stata aggiunta a tutta la serie di rimorsi che avevano condito la sua vita.

«Addio, Sasuke...»

Il Raikiri attraversò il corpo di Sasuke come un panetto di burro, lasciando il ragazzo totalmente spiazzato per il colpo appena ricevuto. Era inoltre chiaro che questi stava patendo tanta rabbia per non essere in grado di vedere.

Sasuke tremava come una foglia per colpa della drastica ferita che aveva ricevuto, sentiva inoltre che il suo sangue colava copiosamente dal suo petto e tutto il potere che aveva faticosamente guadagnato con tanta fatica; il Susano scomparve nel nulla.

«Kakashi...»

Sasuke afferrò il bavero della maglia del suo maestro e cercò di fissare quella sagoma che non riusciva a vedere. Egli si era reso conto che quella era la tragicità della vita, ovvero che prima era stato lui a uccidere Kakashi con la stessa tecnica e adesso era toccato a lui; che contraddizione.

«Ti sei spinto fino a questo punto e non mi hai lasciato altra scelta. - disse Kakashi. Non doveva finire così, non sempre, non con le persone che amo.»

La voce di Kakashi tremava, proprio come il resto del suo corpo e aveva persino raggiunto l’animo del suo allievo. Ciò nonostante, non si fermò a parlare.

«Potevi avere tutto! Tutto quello che io ho perso e lo hai gettato via come polvere!»

Era proprio così.

Sasuke aveva perso molto per colpa dell’odio millenario fra Uchiha e Senju; la sua famiglia era stata annientata dai doveri rispetto a un ideale più grande, i suoi genitori per il clan, mentre Itachi per il villaggio.

La sua era una situazione di incertezze e aveva preferito rinnegare tutto e adempiere alla sua unica natura più pura, quella del vendicatore. Sasuke sapeva benissimo che avrebbe potuto rispettare la volontà di Itachi e tornare alla Foglia per proteggerlo, venendo celebrato come grande eroe per avere annientato un terribile assassino; inoltre, lui aveva Sakura, avrebbe potuto sposare e rifondare il suo clan con il numero più grande di piccoli Uchiha; poi c’era Naruto, con lui avrebbe potuto conservare quella solida amicizia che c’era sempre stato fra di loro, un individuo che poteva essere considerato tanto importante quanto Itachi; infine c’era Kakashi, l’unico fra i suoi maestri che aveva sempre ammirato e rispettato e con il quale si era sempre identificato.

Sasuke aveva deciso di gettare via tutto quanto perché non la considerava una soluzione equa all’immenso sacrificio sofferto dalla sua gente e da suo fratello, tutto per colpa degli errori commessi da Madara in passato. Legami recisi, persone dimenticate, vendetta suprema e autentico odio che non sarebbe stato mai rimosso dal suo cuore.

Sasuke comprendeva benissimo le ragioni del suo vecchio maestro, per questo si sentiva in grado di non poterle mai condividere.

«Questa è il sentiero che ho scelto e niente o nessuno potrà mai giudicarlo. - mugugnò sofferente. Tu hai il tuo sentiero e io il mio, in mezzo c’è solo odio. Io porterò a termine la mia vendetta.»

Kakashi non gli rispose, ogni volta rimaneva spiazzato da quanto fosse forte la sua forza di volontà, anche in una situazione senza uscita.

«Ormai è finita. Questa non è un’illusione, è la realtà.» sentenziò Kakashi placidamente.

Quella dichiarazione lasciò un leggero amaro in bocca di Sasuke, perché gli ricordavano proprio le parole simbolo di suo fratello.

«La realtà è sempre un inganno. Bisogna sempre guardare oltre. - dichiarò Sasuke. Me lo avete insegnato tu e Itachi.»

Non era possibile che Sasuke si salvasse da quella ferita mortale. Egli era vivo unicamente perché Kakashi non aveva ancora estratto il braccio dal suo corpo, lasciandolo morire per dissanguamento; solitamente, quella tecnica uccideva sul colpo, ma a causa di un’esitazione involontaria di Kakashi, tale conseguenza non era avvenuta.

Kakashi provò a tirare fuori il proprio braccio dal corpo della sua vittima, quanto a un certo punto iniziò a notare che parte del suo chakra veniva risucchiata dal corpo dell’avversario, dopodiché egli notò delle liane biancastre che fuoriuscirono da quest’ultimo e lo avevano afferrato in maniera tale da staccarlo lentamente dal corpo di Sasuke, così da curare la ferita mortale da lui ricevuta per mezzo delle proprie cellule e con il chakra rubato.

Sasuke era ancora in bilico fra pazzia e morte, a causa del potere strabiliante del Mangekyo Sharingan, ma almeno era ancora vivo, curato dal tempestivo intervento della tecnica di Zetsu posta in precedenza sul suo corpo.

Una volta avere ripristinato il corpo del ferito in condizioni accettabili, le liane si erano concentrate interamente sulla propria vittima, avvolgendola completamente mentre questa cercava di contrastarne l’attacco a furia di calci e pugni.

Durante quell’attacco, la testa di Zetsu bianco emerse dal groviglio di melma e si rivolse al proprio protetto.

«Stai bene?»

Sasuke non riusciva ancora a vedere, ma non ebbe alcuna difficoltà a riconoscere Zetsu dalla voce petulante e dalla qualità del chakra.

«Come facevi a stare dentro il mio corpo?» domandò Sasuke perplesso.

«Il grande Madara mi ha ordinato di tenerti d’occhio in caso ti cacciassi nei guai. - spiegò Zetsu. Cerca di resistere ancora un po’. Sta’ arrivando.»

Zetsu ebbe proprio il tempo di dichiarare quelle informazioni, prima di venire trapassato all’istante dal Raikiri di Kakashi, il quale aveva ricorso alla tecnica per replicare il fascio di fulmini generato dapprima dall’allievo, rendendo a brandelli tutto l’ammasso biancastro delle liane.

Ciò non significò che Zetsu era stato battuto, non ancora. Egli infatti aveva avuto giusto il tempo di riprodurre una tecnica di moltiplicazione per generare alcune sue copie che emersero dallo specchio acquatico, circondando il ninja copia.

«Che avversario ostico che sei. - commentò Zetsu. Non sarò al tuo livello, ma ti terrò occupato fin tanto che il grande Madara non arrivi qui.»

Kakashi non si lasciò intimidire e prima di dare avvio a quell’ennesimo scontro, lanciò uno sguardo al suo ex allievo, totalmente devastato dal potere del Mangekyo, tanto da non essere in grado di stare nemmeno in piedi.

«Il Mangekyo lo sta divorando...» pensò l’uomo fra sé.

Seguì l’attacco degli Zetsu, così da fornire copertura all’Uchiha fuori combattimento. Durante quello scontro, Kakashi aveva fatto uso della tecnica della palla di fuoco suprema per colpire una discreta quantità di cloni del nemico per diminuirne drasticamente la potenza di attacco.

L’esplosione generata da quella tecnica aveva attirato l’attenzione di Sakura, che si trovava ancora sopra il ponte a prestare le cure necessarie per salvare la vita di Karin, con la mente afflitta da tutto quello che aveva avuto intenzione di fare e che non era riuscita a portare a termine; ogni secondo che ci pensava, le lacrime colavano copiose sul suo viso in una tale quantità da fare cadere alcune gocce sopra l’inerme ragazza.

Karin lo vedeva benissimo che la sua salvatrice stava davvero soffrendo per colpa di Sasuke e che l’amore che provava nei suoi confronti era a un livello superiore al suo, anche perché lei non sarebbe mai stata capace di uccidere la persona che amava.

Più le lacrime di Sakura entravano a contatto con lei, più si rendeva conto del suo immenso dolore in merito alla faccenda e si era trovata a condividerne ogni attimo struggente.

Karin non faceva altro che fissare il viso sofferente di Sakura, attraverso la flebile luce emanate dalle mani di quest’ultima che era ancora intenta a prestare delle cure immediate.

Il pronto soccorso immediato stava già iniziando a dare dei risultati e Karin iniziò a sentirsi meglio, persino a divenire in grado di potere comporre qualche flebile frase da indirizzare alla persona che aveva di fronte.

«Tu… - commentò Karin. Sei una nemica, ma smettila di piangere, ti prego.»

Delle parole sofferenti e che impiegarono troppo tempo per essere associate l’una all’altra da un normale interlocutore, però Sakura fu in grado di comprendere perfettamente il suo significato e si era resa conto che come Karin, a lei non interessava conoscere l’altra, eppure entrambe sapevano di condividere la medesima qualità di sentimenti.

«Non fare sforzi, ho quasi finito.» commentò Sakura a tal proposito.

Le cure erano terminate, adesso Karin non era più in pericolo di vita, ma era ancora debole per potersi muovere liberamente come faceva Sakura. Adesso, Karin era riuscita ad appoggiarsi alla parete del ponte, mentre Sakura si stava sporgendo da esso nel tentativo di osservare il combattimento fra Kakashi e Sasuke.

Karin aveva percepito tutte le mutazioni subite dal chakra di Sasuke ed era perfettamente a conoscenza che adesso il suo livello di energia era troppo flebile, anche peggiore di quando aveva  combattuto contro i cinque Kage e contro Danzo.

Sakura spiccò un balzo verso l’orlo del ponte, calò lo sguardo verso il basso, dove alcuni piccoli puntini si stavano scontrando l’uno con l’altro; lo scontro era ancora in fase di svolgimento. A quel punto, avendo intuito le sue intenzioni, venne richiamata dall’altra ragazza.

«Che cosa vuoi fare?»

Sakura non rispose; le sue intenzioni erano abbastanza comprensibili e il fatto che aveva estratto un kunai e una boccettina dalla sua sacca, era un’ulteriore dimostrazione che le sue intenzioni non erano affatto mutate: ora più che mai, era necessario che Sasuke morisse e lei lo avrebbe seguito, non lo avrebbe mai lasciato solo.

Sakura aveva aperto la boccetta, al cui interno vi era un liquido che consisteva in un veleno a presa rapida, sviluppato dalla base prodotta un tempo da Sasori e quindi più letale. Il liquido venne versato interamente sulla lama del kunai, venendo quindi designato come il protagonista dell’azione futura che avrebbe portato a compimento.

Una volta fatto ciò, Sakura usò del chakra sui piedi per passare sotto il ponte in tutta sicurezza e si diresse rapidamente verso lo specchio acquatico sul quale Kakashi e Sasuke stavano combattendo. Non appena si avvicinò, notò che il suo maestro era impegnato a combattere contro uno di quei mostri bianchi che facevano parte di Akatsuki, mentre Sasuke era immobile a fregarsi con insistenza gli occhi per qualche problema.

Quello era proprio il momento perfetto per agire.

Sakura si portò proprio alle spalle del suo amato Sasuke, armandosi del kunai che aveva avvelenato in precedenza. Ormai era solo una questione di pochi metri e tutto sarebbe finito, doveva solo resistere un altro poco, giusto il tempo per fare ciò che era necessario.

Nel frattempo, Kakashi aveva oramai sconfitto tutti i cloni di Zetsu e aveva concentrato la sua attenzione su Sasuke, notando in quel momento anche Sakura che stava per compiere l’atto estremo del suo amore.

«Perché sei venuta?!» pensò Kakashi fra sé.

La sua reazione fu automatica e immediatamente corse verso quei due il più velocemente possibile, perché voleva evitare a tutti i costi che fosse Sakura a svolgere una mansione così dolorosa per lei. La sua anima poteva ancora essere salvata, le sue mani non dovevano per forza tingersi di sangue.

Sakura amava moltissimo Sasuke e per questo motivo era persino disposta a ucciderlo, perché non sarebbe stata in grado di sostenere la pressione dell’odio di tutto il mondo nei confronti della persona che lei amava più della sua stessa vita. Negli ultimi tempi, aveva avuto molto su cui riflettere, per questo si era resa conto della qualità del suo amore, osservando l’esempio portato da Hinata, che era stata ferita a morte da Pain pur di salvare Naruto; per questo, si era resa conto che testare il suo amore per Sasuke era necessario per capire se lei fosse veramente così attaccata a Sasuke: ed era proprio così.

Molte volte Sasuke aveva dimostrato interesse per lei, persino quando si erano quasi baciati molto tempo prima, ma adesso quella persona non esisteva più, al suo posto vi era un Sasuke diverso, malvagio e privo di ogni tatto verso l’umanità; un essere ossessionato dalla vendetta e consumato dall’immenso odio patito da tutti i membri del suo clan.

Con quel gesto, Sakura voleva dimostrare a Sasuke quanto lei lo amasse e che non aveva intenzione di lasciarlo da solo, mai e poi mai, proprio come gli aveva urlato la notte della partenza dell’amato verso il covo di Orochimaru, tanto tempo fa.

Nella mente di Sakura non faceva altro che riecheggiare l’ultima parola più importante che Sasuke le avesse mai rivolto; quel “grazie” lo aveva sempre conservato nel suo cuore, le aveva fatto capire che nonostante tutto, lei aveva un posto nel cuore di Sasuke.

Proprio per questo, quando Sakura giunse alle spalle di Sasuke per pugnalarlo a morte, ella non riuscì ad andare oltre a una particolare estensione del suo braccio, con la punta del kunai vicina alla schiena dell’altro, bloccata.

Sakura tremava; purtroppo, la sua determinazione non era per nulla equiparabile all’amore che provava.

«Non… Non ci riesco…!»

Quando pronunciò quelle flebili parole, la ragazza attirò l’attenzione di Sasuke, il quale si era accorto della sua presenza e si era voltato rapidamente verso di lei per afferrarla per il collo e puntarle il kunai che lei aveva in mano.

«Sasuke...» mugugnò Sakura sofferente.

Sasuke non le disse nulla, limitandosi a osservare la flebile immagine della ragazza, dato che la sua vita era stata recuperata in buona parte, grazie all’intervento di Zetsu.

Le intenzioni di Sasuke erano ben chiare.

Kakashi aumentò la sua velocità, doveva arrivare assolutamente in tempo, prima che accadesse l’irreparabile.

«Fermati!» tuonò l’uomo.

Per sua sfortuna, gli effetti del massiccio uso del Mangekyo Sharingan iniziarono a farsi sentire con il tempismo più pessimo possibile, quindi Kakashi riusciva a stento a muoversi verso i suoi allievi.

Sasuke strinse il kunai e osservò Sakura per l’ultima volta. Il tentennamento di prima era ormai svanito e la sua determinazione a recidere ogni legame era diventata troppo forte per essere fermata. Sakura era una persona molto importante del suo passato, la quale però non doveva avere alcun ruolo nel suo futuro di vendetta; doveva sparire.

La lama del kunai scattò verso la giugulare della ragazza.

Kakashi era disperato; non poteva permettersi di perdere un’altra delle persone a cui voleva molto bene.

«Non farlo, Sasuke!» urlò l’uomo disperato.

La lama del kunai passò sotto uno strato di pelle, provocando un profondo taglio e un conseguente flusso di sangue che scattò a schizzi in aria, diluendosi con l’acqua sotto i loro piedi. Quel sangue però non era di Sakura, bensì di Naruto Uzumaki, l’eroe che era riuscito a strappare la compagna di squadra dalle braccia del suo ipotetico assassino, prima che quest’ultimo potesse ucciderla definitivamente.

«Naruto?!» sbottò Sakura sorpresa.

Nessuno di loro si aspettava che Naruto sarebbe arrivato con un tempismo del genere e avrebbe salvato la vita di Sakura.

Kakashi tirò un sospiro di sollievo a tal proposito, continuando a tenere lo sguardo su entrambi i suoi allievi che non facevano altro che fissarsi in maniera astiosa.

Intanto, Naruto aveva per un attimo discostato lo sguardo da Sasuke e si era rivolto a Sakura che teneva ancora in braccio.

«Stai bene?» chiese lui.

Sakura annuì, mentre Naruto la depositava sopra lo specchio acquatico. A quel punto, la ragazza notò che del sangue stava fuoriuscendo copiosamente dalla sua guancia e subito tremò dalla paura al solo pensiero che quella lama avrebbe persino perforato la sua gola, uccidendola.

«G-grazie, Naruto...» sibilò Sakura un attimo dopo.

I due ragazzi vennero raggiunti dal loro insegnante che li fissò sollevato dal fatto che non fosse accaduto l’inevitabile dramma.

«Per fortuna che sei arrivato in tempo.»

Naruto si rivolse al suo maestro.

«Lei ha la testa dura come la pietra, maestro. Non sarebbe dovuto essere al villaggio a quest’ora?»

Kakashi sospirò amaramente a tal proposito e pensò che fosse alquanto strano venire rimproverato anche da uno sconsiderato come Naruto che ancora, dopo tanto tempo, era capace di fare i capricci perché non voleva mangiare verdure.

«Diciamo che per testardia siamo tutti e quattro messi molto bene. - ribatté Kakashi. Ritengo che sia un mio compito pensare a Sasuke, per tanto adesso prendi Sakura e raggiungi gli altri.»

Naruto rimase per qualche istante a osservare il suo maestro, poi spostò lo sguardo su Sasuke e su Sakura; lui non era un abile analizzatore dell’animo umano come gli altri, ma non ci voleva un genio per capire che i suoi compagni ne avevano passate delle belle in quel grande campo di battaglia; ognuno di loro aveva profonde ferite che ne segnavano il viso.

Infine arrivò il momento in cui i due grandi amici, tanto segnati dalla rivalità e dall’antipatia reciproca, si rivolsero la parola dopo tanto tempo.

«Hey, Sasuke. - cominciò Naruto. Che diavolo ti è saltato in mente? Ti rendi conto che stavi per uccidere Sakura?»

Sasuke rispose con una sonora risata.

«E’ strano sentirselo dire da te, dopo tutto quello che hai combinato con Akatsuki. Perché non continui a fingerti morto, e ti togli dalle palle?»

Naruto ebbe la risposta pronta.

L’atmosfera iniziava a riscaldarsi.

«Quello che ho fatto, è servito per proteggere tutte le persone che amavo, mentre tu stai solamente distruggendo tutto, senza guardare chi hai davanti. Non ti fai problemi, persino con un tuo compagno di squadra.»

«Ex compagno. - precisò Sasuke. Non ho più nulla a che spartire con la squadra 7.»

«Smettila di dire cazzate! Persino io non credevo a queste cose, quando le affermavo!» sbottò Naruto.

In realtà, lui non faceva altro che ripetere questa cosa, per auto-convincersene; quello che aveva fatto a tutti i suoi compagni era per lui una profonda onta, una macchia indelebile che rappresentava il suo più grande peccato.

Una constatazione a cui Sasuke non era ancora giunto, perché altrimenti non si sarebbe comportato così male nei riguardi di Sakura.

«Non vorrai dirmi che il Naruto che mi ha lasciato quasi morire a Kumozan è sparito? Quindi tu saresti un nuovo Naruto?»

«Adesso sono solo me stesso!» dichiarò il ragazzo.

La mano sul cuore, la determinazione nello spiegare tutte le grandi lezioni apprese dalla comprensione e dalla fiducia che aveva ricevuto da tutte le persone che gli volevano bene; erano quelle le ragioni che lo avevano spinto ad allontanarsi dall’oscurità e a ragionare nella stessa ottica di quando era un bambino e andava avanti con i suoi sogni. Più Naruto trascorreva tempo con quelle persone, più sentiva che il loro prezioso aiuto contribuiva ad alimentarne la forza e la felicità.

«Ho commesso l’errore di non dare fiducia alle persone a me attorno e ho preferito affrontare tutto da solo. Non potevo essere più in errore e me ne sono reso conto solo da poco tempo. E’ per questo motivo che andrò avanti per questa via, senza mai riuscire a perdonarmi per quello che ho fatto a tutti i miei amici!»

Finalmente, Sakura aveva compreso quello che Hinata aveva compreso con un solo sguardo. Naruto era tornato quello di un tempo, privo di tutta l’oscurità che si annidava nel suo cuore e per questo motivo, dato che ne aveva fatte passare di cotte e di crude a tutti loro, non era in grado di perdonare se stesso.

Sasuke tornò all’attacco con le sue convinzioni.

«Eri molto meglio prima, mi dava più soddisfazione parlare con te. Adesso non stai facendo altro che blaterare le cazzate che ci raccontavano in Accademia e la cosa mi provoca molto disgusto.»

«Tu invece sei peggiorato. - sbottò Naruto. Hai persino tentato di uccidere Sakura e il maestro Kakashi e lo volevi fare per davvero, non come me. Non penso che riuscirò a perdonarti.»

Sasuke era ridotto veramente male, ma era almeno riuscito a recuperare la vista, mentre il suo orgoglio non era mai vacillato in merito.

«Fatti sotto. Sono in grado di uccidere sia te che Kakashi. Non mi fate paura!»

Un bluff più che evidente, ma piuttosto che chiedere aiuto a Madara, Sasuke avrebbe preferito farsi uccidere in combattimento.

A quel punto, la discussione fra i due amici venne interrotta dal loro insegnante.

«No! Sarò io a pensare a Sasuke!»

Naruto si voltò verso il suo maestro.

«Vuoi ucciderlo, vero?»

Kakashi non diede una risposta in merito, le sue intenzioni parlavano da sole.

«Andate via.»

Come conseguenza, Naruto creò senza motivo apparente una sua copia. Allo stesso tempo, Sasuke aveva composto i segni per il Chidori e ne stava lentamente aumentando la potenza, così da avere più possibilità nel riuscire a uccidere il suo nemico in un unico colpo.

A un certo punto, la copia di Naruto bloccò Kakashi, afferrandolo per le spalle.

L’uomo tentò di divincolarsi e nel mentre osservò l’allievo con espressione confusa.

«Che diavolo…?!»

Naruto aveva appena riprodotto un Rasengan nella sua mano contro cui aveva intenzione di scagliare la tecnica del suo acerrimo rivale.

«Sarò io a combattere Sasuke!» dichiarò poi questi.

Il resto avvenne così rapidamente, che nessuno degli altri partecipanti al combattimento poté reagire in maniera consona per fermare lo scontro fra i due rivali.

Sasuke aveva spiccato un rapido balzo verso il suo nemico; il suo obiettivo attuale era colpire Kakashi, mentre era immobilizzato.

«Bravo! Tienilo fermo, così lo ammazzo!» urlò Sasuke.

Naruto non glielo avrebbe mai permesso, per questo motivo scattò verso di lui, armato dalla sua tecnica.

Nessun richiamo disperato da parte di agenti esterni poté tangere l’animo dei due ragazzi, nemmeno negli ultimi istanti in cui i loro sguardi si toccarono l’un l’altro e, di conseguenza, avvenne il devastante impatto fra Rasengan e Chidori; un impatto che, come tanto tempo prima, aveva generato un momento idilliaco fra i due rivali, provocando un enorme bagliore per tutta la zona che li investì entrambi.

In quegli istanti, gli spiriti dei due amici entrarono in contatto l’uno con l’altro e lì ebbero occasione di scambiarsi qualche idea e di comprendersi meglio.

Naruto iniziò la conversazione con una breve risata.

«E’ proprio come mi dicesti quella volta, nella valle dell’Epilogo. Quando due ninja di alto livello si scontrano, basta solo uno scambio di pugni per comprendersi a vicenda. - disse Naruto. Ho combattuto contro tanti nemici, ma solo con te riesco a sentire queste sensazioni.»  

Sasuke non diede alcuna impressione di non volerlo a stare a sentire, anzi, era molto curioso di sapere che cosa avrebbe detto il vecchio amico.

«Questa sarà l’ultima volta che ti concederò il mio tempo, dopodiché, non ti concederò alcuna apertura, mai più.»

Naruto riprese a ridere, quel comportamento lo divertiva troppo per potersi trattenere e infatti, era quel suo sorriso che dava fastidio al suo interlocutore.

«Dimmi. - riprese Sasuke. Che cosa ti ha fatto tornare indietro sui tuoi passi?»

Naruto riprese la sua serietà e si impegnò al massimo a essere il più chiaro possibile con la sua risposta.

«Te l’ho detto prima. Sono stati gli amici a tirarmi fuori con forza da quel circolo infinito di odio. Senza di loro, dubito che avrei capito di stare sbagliando tutto. - spiegò Naruto. Un tempo odiavo con tutto il mio cuore la gente del villaggio, per questo ho indurito il mio cuore, anche se, nonostante lo facessi, c’erano sempre delle persone che mi volevano bene, come il maestro Iruka. Poi siete arrivati tu, Sakura e il maestro e ho capito che eravate voi la famiglia che tanto avevo desiderato. Mi ricordo ancora quella volta che ti sedesti sull’albero accanto a me, durante l’intervallo all’accademia. All’ora stavi evitando in tutti i modi Sakura, penso che sia stata quella la prima volta che ci scambiammo qualche chiacchiera.»

Naruto continuò a ridere con una punta di amarezza che quei tempi fossero finiti, dopodiché riprese nel suo discorso.

«Avevo paura di perdere il controllo della volpe e di perdere tutti i legami che avevo così faticosamente costruito. Per questo motivo, ho deciso di caricare tutto quel peso sulle mie spalle e procedere da solo. - continuò. Non era quello il modo giusto per superare le avversità, per fortuna gli amici mi hanno aiutato a capirlo, anche se c’ho messo troppo tempo per arrivarci e non ho fatto altro che ferirli ancora di più.»

«Tu dipendi troppo dalle persone, è questa la verità.» replicò Sasuke acido.

«Hai ragione. Ma finora non ho mai dimostrato di essere abbastanza grato a tutti loro. -ribatté l’altro. Perché è molto probabile che mi manca ancora l’approvazione del mio migliore amico.»

Entrambi sapevano con l’esattezza di essere il migliore amico dell’altro; una sensazione che li avvicinava moltissimo, tanto da porli in lontananza di un continuo contrasto eterno delle loro esistenze.

«E quindi?» commentò Sasuke.

La risposta che Naruto diede fu molto sorprendente e totalmente distante dal Naruto Uzumaki che militava in Akatsuki; quelle erano le parole del vero Naruto, un giovane shinobi che aveva attraversato lo stesso sentiero di Sasuke Uchiha e lo aveva attraversato, così da giungere nel corretto sentiero della propria vita.

«Quindi ti sto dicendo che tutto sommato sono davvero felice di averti conosciuto, perché ti considero il mio più grande amico!»        

Un bel sorriso come non faceva da molto tempo, forse fin da quando era un bambino innocente che credeva ancora nel potere dei sogni; adesso, per Naruto un sogno poteva essere realizzato solo con la propria determinazione a seguire la propria via.

Fu il turno di Sasuke di prendere la parola.

«Sei cambiato veramente. Quindi chi è Naruto Uzumaki? Quello di prima o quello di adesso?»

Naruto lo fissò con molta sicurezza; per lui quella domanda era ritenuta più che superflua.

«Sai già la risposta.»

Era proprio così, il nuovo Naruto non era mai esistito, quello di fronte ai loro occhi era il vero e il più autentico Naruto, quello capace di perdonare i suoi aguzzini e di oltrepassare la sfera dell’odio; un risultato che Sasuke avrebbe potuto ottenere, qualora avesse seguito l’esempio dell’amico.

«Niente di quello che stai dicendo riuscirà a farmi cambiare idea! Io distruggerò la Foglia e ucciderò tutte le persone che ami, così capirai che cosa significhi perdere tutto e ti ricrederai su tutto quello che stai dicendo!»

Il viso di Naruto si fece molto truce e preoccupato.

Sasuke continuava a parlare.

«Dovrai fare una scelta. Uccidermi e diventare un eroe per il villaggio oppure diventare un martire e morire per mano mia. Non ci sono altre strade da imboccare.»   

In quel momento, Naruto ricordò le parole che un tempo gli aveva rivolto Itachi, mentre parlava di Sasuke e della possibilità che attaccasse il villaggio. A quel tempo, quella prospettiva era pressoché remota, mentre adesso, proprio a causa di una questione quasi di ilarità, stava andando proprio così. Proprio come quella volta, egli era certo della sua risposta e della terza scelta che avrebbe fatto.

«Io non ti ucciderò, né sarò una delle tue vittime. Io ti fermerò a ogni costo!» dichiarò Naruto.

«E’ questa la tua risposta?» gli chiese Sasuke.

Naruto annuì con convinzione.

Il tempo era scaduto. Entrambi vennero sbalzati nella direzione opposta alla propria per colpa del potentissimo impatto delle loro due tecniche. L’impatto delle due tecniche avevano generato un potentissimo flusso acquatico attorno a loro che aveva sommerso la visibilità degli spettatori del combattimento.

Kakashi era comunque riuscito a vedere attraverso quel trambusto e a mettere fuori combattimento i cloni di Naruto, così da poterlo afferrare per evitare che si facesse male.

Dall’altra parte, Sasuke era stato afferrato e protetto da Madara, il quale era apparso all’improvviso proprio alle sue spalle, con il suo unico occhio puntato su Kakashi.
Un breve istante fra i loro sguardi produsse una piccola scintilla di contrasto fra i due.

Kakashi apparve alquanto sorpreso da quella sensazione, ma non ne seppe dare alcuna spiegazione.

«Madara...»

L’uomo mascherato si era immediatamente concentrato sulle condizioni del suo protetto.

«Guarda un po’ come ti sei ridotto. Sei stato troppo imprudente, Sasuke.»

Sasuke lo scansò subito da sé e riprese a strofinarsi gli occhi con insistenza.

«Non ho bisogno delle tue ramanzine. Fatti gli affari tuoi.»

La sua mente era ancora finalizzata alla discussione con Naruto, il tempo a loro disposizione era stato poco e lui aveva ancora bisogno di sapere delle cose.

In quel momento, Naruto, che era stato raggiunto da Sakura e Kakashi, lo aveva richiamato ad alta voce.

«Hai capito, Sasuke?»

Sasuke non rispose, ma aveva perfettamente capito ciò che voleva dire il suo migliore amico.

Al posto suo, fu Madara a prendere parole.

«Devo essermi perso tante cose interessanti mentre ero via, non è così?»

«Sono cose fra me e Naruto. Tu non ti devi immischiare.» ribatté Sasuke.   

Madara non si fece intimorire nemmeno per un attimo e non perse tempo per farlo notare al proprio protetto.

«E’ inutile che fai la voce grossa con me. So benissimo che il Mangekyo ha quasi divorato la luce dei tuoi occhi. Ora come ora, sei un falco senza artigli e ti puoi affidare solo a me.»

Sasuke si ammutolì, amareggiato per la dura e cruda verità a cui aveva sempre tentato di sviare, fino dai primi sintomi di decadenza sui suoi occhi.

Mentre i due Uchiha discutevano fra di loro, i membri della squadra 7 ebbero occasione di potersi aggiornare sul da farsi.

Kakashi non perse occasione per assestare uno scappellotto a Naruto per punirlo del gesto impulsivo di prima.

«La solita testa quadra. Perché non mi hai dato retta?» commentò subito dopo.

«So che è incazzato nero. - si giustificò Naruto. Ma avevo bisogno di capire una cosa e questo era il momento migliore.»

A seguito di tale dichiarazione, Kakashi si insospettì e reputò necessaria la prospettiva di indagare con cura al fine di carpire le reali intenzioni di Naruto.

«E che cos’hai capito?» domandò in seguito.

«Che sarò solo io a combattere contro Sasuke!» rispose prontamente il ragazzo.

La dichiarazione appena fatta venne udita persino dai due Uchiha, i quali avevano temporaneamente messo da parte le loro divergenze per rivolgersi al loro nemico.

Sasuke era ancora troppo provato da tutto quel marasma di avvenimenti, per tanto si era richiuso in uno strano silenzio, che trovava necessario per potere riflettere attentamente su che cosa fare da quel momento in poi.

Madara si lasciò invece andare alla chiacchiera e non si trattenne a limitare alcuna dichiarazione importante.

«Molto bene, se è questa la tua decisione, lascerò a Sasuke il compito di portarmi l’Ennacoda, mentre io mi godrò la scena da dietro le quinte.»

«Evita di parlare in questa maniera. Sasuke non è come i membri di Akatsuki che controllavi dalle ombre, lui non è una tua marionetta.» sbottò Naruto.

«Ti sbagli. - ribatté Madara. Se proprio vuoi saperlo, è Sasuke che sta sfruttando me e le mie conoscenze e la cosa mi fa sorridere, dato che anche Itachi fece la stessa cosa, tanto tempo fa.»

Naruto storse il naso, completamente spaesato per quanto dichiarato dall’uomo mascherato, dato che aveva motivo di credere che ogni parola che uscisse da quell’uomo fosse una menzogna. Per questa ragione, egli ritenne importante parlare con il suo amico, con la speranza di fargli aprire gli occhi.

«Hey, Sasuke! Non puoi veramente credere a quello che dice questo pazzo, lui è la personificazione del male!»

Il suo interlocutore non era del suo stesso avviso, dato che aveva già avuto tutto le conferme di cui necessitava proprio da Danzo.

«Ti sbagli. Lui dice il vero e ho avuto le conferme che mi servivano.»

Nessuno dei presenti, fatta a eccezione dei due Uchiha, sapeva di che cosa si stesse parlando e nemmeno aveva il minimo indizio su tale argomentazione, rimaneva solo la certezza che per Sasuke, l’uomo mascherato gli aveva rivelato delle informazioni veritiere.

Il bisogno di superare tutta quella coltre nube di mistero spinse Kakashi a porre la domanda che avrebbe dato il via alla lunga serie di rivelazioni che avrebbero udito.

«Di che cosa state parlando? C’entra forse qualcosa con il desiderio di distruggere la Foglia?»

«Eccome.» confermò Madara.

A quel punto, l’uomo mascherato decise di informare i suoi tre interlocutori su tutti i misteri che si annidavano dietro il massacro del clan Uchiha. Egli partì dal conflitto millenario fra Uchiha e Senju, alla sua furiosa battaglia contro Hashirama, passando poi alla fondazione del villaggio della Foglia e ai dissidi nati dai tempi del Secondo Hokage. Infine, si discusse del colpo di stato ordito dal clan Uchiha e della missione segreta che Itachi, avvalendosi dell’aiuto di Madara, aveva portato a termine per conto della Foglia: lo sterminio del clan Uchiha.

«Come potete bene immaginare - concluse Madara. Il fatto che Itachi sia riuscito a uccidere tutte le persone che tanto amava, tranne suo fratello minore, fa capire che per lui, la vita di Sasuke era più importante del villaggio.»

Le rivelazioni appena fatte dall’uomo mascherato avevano lasciato un profondo segno negli animi dei tre interlocutori, il che era evidente anche dalla loro espressione smarrita. Ognuno di loro ebbe una reazione successiva ben diversa dalle altre.

Sakura era scoppiata in lacrime, senza riuscire ad arrestarsi.

«Oh, Sasuke. Mi dispiace tanto...»

Naruto si era soffermato al pensiero del suo vecchio compagno d’armi e adesso era finalmente stato capace di fare combaciare ognuna delle dichiarazioni fatte da quest’ultimo, prima che morisse; con quelle nuove informazioni, gli erano chiare molte altre cose attorno alla figura di Itachi Uchiha.

Nonostante questo aspetto appena analizzato, Naruto sentiva che ci fosse ancora qualcosa che Madara teneva nascosto sulla storia del massacro del clan Uchiha.

L’uomo mascherato era una persona subdola e doppiogiochista che sfruttava la forza e i desideri degli altri per plasmarle a suo piacimento e fargli fare ciò che voleva.

Nagato aveva fatto una brutta fine proprio per questa ragione e Naruto non poteva permettere che il suo migliore amico facesse la medesima fine; la loro accesa rivalità non aveva nulla a che vedere con tutta quella faccenda del clan Uchiha.

«Sei un dannato bugiardo! Come se potessi credere che nonna Tsunade avrebbe permessso una cosa del genere!» tuonò Naruto in seguito.

Alla discussione partecipò anche Kakashi.

«Sono d’accordo! Anche se gli anziani del villaggio sono molto rigidi, non avrebbero mai ordinato a Itachi una cosa del genere.»

«E’ la verità.» ribadì Madara.

Uno sguardo sul placido volto di Sasuke, truce come la dura roccia al cui interno giaceva un succoso ripieno di odio puro che aumentava lentamente, quando ci si tornava a parlare del massacro della sua famiglia.

«Non pretendo che mi crediate, ma dato che siete stati compagni, ho ritenuto che fosse giusto sapere tutte le ragioni che hanno spinto Sasuke su questa strada. Se lo conoscete come affermate, sapete benissimo che non è il tipo da fidarsi facilmente.»

«Sei stato tu a plagiarlo, maledetto!» urlò Sakura con tutta la sua rabbia.

Madara non si scompose nemmeno per un istante.

«E’ stato lui a scegliere, io gli ho solo mostrato le sue opzioni.»

Sakura si era inaspettatamente ripresa dalla sua tristezza e aveva tirato fuori le unghie, così da dirigere tutta la sua rabbia su quell’uomo perfido che era la causa di tutti i mali possibili e immaginabili che avevano coinvolto tutte le loro quattro vite.

«Bugiardo!»

La ragazza tentò di gettarsi a capofitto sull’uomo mascherato, ma per sua fortuna, Naruto la teneva per un braccio, impedendole di compiere una qualunque pazzia.

«Calmati, Sakura, per favore.» la esortò il biondo.

Lei non aveva alcuna intenzione di dargli ascolto e per un poco rimase ferma nel suo proposito di prendersela con Madara per tutti i suoi guai, ma quando vide che i suoi sforzi sarebbero stati vanificati, si gettò fra le braccia di Naruto e riprese a piangere e a colpire lui.

«Naruto. Salvalo, ti prego!» implorò Sakura.

Naruto la lasciò sfogare per un poco, dopodiché la rassicurò della sua intenzione di volere salvare il suo migliore amico e si staccò da lei, così da riprendere la discussione con il nemico. In quel frangente, egli aveva notato una strana espressione in Sasuke, come se risultasse tremendamente infastidito dal fatto che avesse abbracciato Sakura.

Madara riprese a parlare.

«Mi dispiace, ragazzina, ma è inutile che tu te la prenda con me. Non sono in grado di fare desistere Sasuke dai suoi propositi, perché è questa la sua natura di vendicatore.»

Fu il turno di Kakashi.

«Se le cose stanno così, perché Sasuke? Perché non torni al villaggio e porti avanti lo scopo di tuo fratello?!»

A quel punto, Sasuke prese finalmente parola, con un tono di voce molto basso e gli occhi ormai vitrei e provvisti di un’esigua traccia di luce.

«Lo ha detto Madara prima. - spiegò. Per Itachi, la mia vita è più importante del villaggio stesso. Per me è la stessa cosa, la Foglia si è presa la vita di Itachi e questo non lo potrò mai perdonare. Lo raderò al suolo, così il clan Uchiha sarà finalmente purificato!»

«Così non farai altro che disonorare la memoria di tuo fratello!» constatò Kakashi gelido.

Un commento che fece infuriare moltissimo Sasuke.

«Sta’ zitto! Tu non hai il diritto di criticarmi! Tu non sei mai stato in grado di proteggere nulla!»

Kakashi si rabbuiò. Sasuke aveva ragione, il suo esempio non era certo paragonabile a quello di Itachi, se veramente aveva fatto un’azione tanto folle come quella che Madara aveva raccontato loro.

«Ognuno di noi ha le sue colpe e viviamo ogni giorno con il rimorso! Tu non fai eccezione, ma sei quello più in errore di tutti!» intervenne Naruto.

Sasuke apparve più agguerrito che mai.

«La Foglia mi ha tolto tutto quello che tu non hai mai avuto, quindi non sai che cosa significa perdere i propri genitori e un fratello. Tu sei sempre stato solo!»

«Già, è proprio come dici tu. Io sono sempre stato da solo, ma con il tempo ho costruito dei forti legami con i miei insegnanti e gli amici e loro rappresentano per me la mia famiglia. Io sono tutt’ora convinto che l’amore reciproco è l’unico modo per raggiungere la felicità!»

«Smettila di blaterare queste cazzate. Nemmeno tu ci credi, dato che hai lasciato il villaggio proprio come me.» replicò Sasuke.

«Te l’ho già detto prima. Non mi fare essere ripetitivo.» ribatté Naruto.

Sasuke non rispose in merito, perché sapeva benissimo che l’altro aveva le sue ragioni, le quali, dal suo punto di vista risultavano incontestabili.

«Penso proprio che tu oramai lo hai capito, non è così Sasuke?» continuò Naruto.

Profondo silenzio e largo spazio alle dichiarazioni del ninja biondo.

«Rilascia il tuo odio tutto su di me. Io sono perfettamente in grado di reggerne il peso. Ma sappi che prima o poi, entrambi finiremo con ucciderci a vicenda.»

A quelle parole, Sakura si lasciò andare a nuovi singhiozzi, mentre Kakashi e Madara erano rimasti in silenzio, duri come la pietra ad assaporare la nuova determinazione dei loro protetti.

«Ti sbagli. Sarai tu quello a morire!» ribatté Sasuke dal canto suo.

Naruto sfoggiò un largo ghigno.

«Lo vedremo. Questa sarà la nostra ultima sfida. Non ti permetterò di fare come ti pare e non mi farò superare da te.»

Sasuke replicò con un corrispettivo ghigno.

«Nemmeno io. Per me la tua filosofia non ha alcun significato. Il potere è l’unico mezzo per raggiungere la vera felicità.»

Due pensieri differenti, due sentieri da imboccare con vantaggi e svantaggi multipli; un giorno quei contrasti si sarebbero accentuati in maniera tale da diventare insostenibili e lo scontro sarebbe stato inevitabile.

Una considerazione che venne fatta dalla totalità dei membri della discussione lì presenti, i quali stavano pensando attivamente a quale sarebbe stato il loro ruolo, quando i due credi si sarebbero scontrati.

Kakashi aveva ormai deciso di credere nei suoi studenti e lasciare che siano loro a sistemare quella drastica faccenda; lui non poteva fare altro che mettersi da parte e lasciare a Naruto quel gravoso fardello.

«Molto bene, Naruto. Lascerò che sia tu a occuparti di Sasuke. Io penserò a Madara!»

Kakashi riattivò il Mangekyo Sharingan per concentrarlo su Madara, un pericoloso avversario che andava ucciso proprio adesso, prima che la situazione si aggravasse ulteriolmente.

L’uomo mascherato bloccò immediatamente le intenzioni del ninja copia.

«Lascia perdere, Kakashi. Quella tecnica non ha alcun effetto su di me e tu non sei al mio livello.»

Il Kamui allora si arrestò e il ninja copia si rassegnò al fatto che aveva ancora bisogno di tempo, prima di imparare a controllare quella sottile arte spazio-temporale, così da soggiogare un avversario in possesso di una tecnica similare.

«Staremo a vedere.» replicò lui con tono di sfida.

Madara scoppiò a ridere.

«Mi piace molto la situazione che si sta creando. Magari è proprio il destino ad averci fatto incontrare, tutti noi. Che ilarità la vita!»

Ancora una volta, le parole di Madara avevano sortito un effetto confusionario nei suoi ascoltatori; era il caso di indagare, proprio ora che il nemico era così tanto propenso alla discussione.

«A che cosa ti riferisci?» chiese Kakashi.

Per prima cosa, l’uomo mascherato lanciò un rapido sguardo a Naruto e Sasuke, dopodiché si premurò di raccontare tutto quello che sapeva.

«Naruto e Sasuke. Voi mi ricordate molto me e Hashirama, i vostri modi di fare e le vostre idee sono così simili alle nostre. Le vostre accese rivalità riassumono l’odio millenario che è esistito dai tempi dei fondatori del clan Uchiha e del clan Senju, gli eredi dell’Eremita dei Sei Sentieri.»

Altri racconti che assomigliavano moltissimo a delle leggende, proprio come la storia della Decacoda e della teoria secondo la quale l’Eremita del Sei Sentieri fosse la sua forza portante. Quindi, secondo le parole di Madara, anche la vicenda dell’odio millenario su quei clan risaliva alla figura del grandissimo Eremita dei Sei Sentieri.

Sasuke lo invitò a dare più chiarezza alle sue dichiarazioni.

«Ancora con le tue leggende. Spiegati meglio allora, sembra che per te sia importante.»

Madara decise di esaudire le loro richieste.

«Bene. Vi dirò tutto. - dichiarò lui. Dovete sapere che in un certo periodo storico, l’Eremita dei Sei Sentieri ebbe due figli maschi da una principessa di un grandissimo regno feudale. I due bambini erano molto diversi da loro, ma entrambi avevano ereditato parte dell’enorme potere del padre.»

Il racconto, per quanto da prendere con le pinze per la sua veriditicità, era molto interessante e tutti volevano saperne di più, incluso i due interessati.

«Sarebbe a dire?» chiese Naruto.

«Il primogenito ereditò dal padre un chakra molto potente e il suo potere oculare; egli fu il capostipite del clan Uchiha. Invece, il secondogenito ereditò l’enorme prestanza fisica e un chakra capace di entrare in sintonia con le forze della natura; lui diede inizio alla dannata stirpe dei Senju.»

Silenzio assoluto, mentre l’uomo mascherato proseguiva imperterrito nel suo racconto.

«L’Eremita dei Sei Sentieri era ossessionato dal raggiungimento della pace, e i suoi figli fecero altrettanto. Ognuno di loro possedeva una filosofia in merito al raggiungimento della vera pace. Il fratello maggiore credeva che la pace si potesse ottenere con la forza, mentre il minore pensava che l’amore fosse l’unica maniera per ottenerlo; questo causava molti contrasti fra di loro. Poi, quando l’Eremita divenne vecchio, decise di scegliere come suo successore il suo secondogenito e questo causò una frattura fra la sua famiglia e il suo primogenito che non avrebbe mai accettato di venire comandato da suo fratello minore.»

«E quindi? Che cosa successe dopo?» chiese Sasuke.

«I due fratelli iniziarono a combattersi a vicenda.  - proseguì Madara. E così fecero i loro figli e i figli dei loro figli, fino a giungere all’autentica instaurazione del clan Uchiha e del clan Senju. E adesso ci siete voi due che continuerete questa lunga catena di odio.»

Tutta quella storia era molto strana da sentire, perché nessuno dei due rivali si sentiva vicino a quella vicenda e la considerava come una questione avulsa dalla loro situazione, solo Madara volesse attribuirne un significato più grande di come appariva.

«Te lo puoi scordare! Che diavolo c’entriamo noi con la tua faida con i Senju?!» sbottò Naruto.

Madara scoppiò a ridere.

«Che cosa c’entrate mi chiedi? Forse non lo sai, ma il nonno di tuo padre era il Secondo Hokage, che era a sua volta il fratello minore di Hashirama. Capisci quello che voglio dire? Voi siete legati indissolubilmente a questa storia, e anche se non volete chiederci, questo è il vostro destino!»

Naruto sgranò gli occhi, sbalordito da quella rivelazione. Egli era così dubbioso su quella rivelazione che fu costretto a voltarsi verso il maestro Kakashi, come se volesse chiedergli se quanto appena saputo corrispondesse al vero.
Dal canto suo, Kakashi aveva dato la sua risposta in merito a quella domanda, dirigendo tutta la sua rabbia contro Madara.

«E tu come fai a saperlo? Solo io e lord Jiraiya sapevano questa cosa.»

«So molte più cose di quello che tu possa immaginare. Ricorda che controllo le vicende di questo mondo, fin dai tempi della fondazione dell’attuale sistema politico ninja.» replicò Madara.

Naruto chiese nuovamente conferma.

«Quindi è vero?»

«Sì, Naruto. E’ vero che sei il pronipote del Secondo Hokage. - chiarì Kakashi. Ma questo non ha nulla a che vedere con quello che vaneggia questo pazzo che parla solo di leggende! Sei troppo ossessionato da una persona che non è mai esistita!»

«Ti sbagli. L’Eremita è esistito davvero, te lo posso assicurare.» replicò Madara.

Non si provò a ragionare con quella convinzione, anche perché nessuno dei presenti aveva le prove necessarie per smentire l’esistenza del leggendario eremita, ma non si poteva dimostrare che fosse esistito, ma certo molti si domandavano che da qualche parte, le bestie codate dovevano essere arrivate e lo stesso ragionamento andava applicato per lo sharingan, il byakugan e il rinnegan.

Per Madara esistevano moltissime prove per avvalorare la sua tesi, ma non era nel suo interesse dimostrare che aveva ragione, perché aveva già  la certezza che gli serviva per portare a compimento il suo piano “Occhio di Luna”.

Il momento delle chiacchiere era terminato, dato che Madara aveva percepito numerosi fonti di chakra che si stavano avvicinando rapidamente verso di loro, per tanto poggiò una mano sulla spalla su Sasuke, facendogli così capire che era arrivato il momento di levare le tende.

Una volta fatto ciò, l’uomo diresse al nemico un messaggio generale sui prossimi propositi di Akatsuki.

«Perciò, miei cari ragazzi. Sono molto curioso di vedere quello che succederà, quando i vostri credi si scontreranno. Voglio vedere se il risultato sarà diverso da quello che ottennimo io e Hashirama.»

Naruto continuò a scuotere il capo, in pieno disaccordo.

«Noi non siamo i tuoi giocattoli e la questione fra te e Hashirama non ci interessa. Noi combatteremo per noi stessi!»

Anche Sasuke era d’accordo con quel punto di vista.

«Beh, è la stessa cosa alla fine. - sbottò Madara. L’importante è che io poterò a compimento i miei progetti.»

Una rivalità fra due amici che nonostante tutto, coinvolgeva interessi e una storia millenaria che nessuno dei due poteva comprendere appieno, non al loro stato attuale al momento. Purtroppo per loro, infatti, la loro vita era stata costruita in una dimensione molto più grande della loro comprensione, i quali però, avrebbero avuto un grandissimo ruolo negli eventi futuri.

Da una parte ci sarebbe stato Sasuke Uchiha, il vendicatore che si era fatto carico dell’odio del suo clan e che lo usava come fonte del suo tremendo potere. Egli era l’ultimo erede di un casato caduto e rinnegato, l’impronta del grande guerriero chiamato Madara e l’ultimo dono fatto al mondo da parte di Itachi.

Dall’altra parte invece c’era Naruto Uzumaki, la forza portante della volpe a nove code, il figlio di un grande eroe e il discendente di un uomo dal cuore puro e desideroso di una pace che non era mai riuscito a conquistare. Lui aveva commesso molti errori, ma grazie all’aiuto e al sostegno degli altri, era riuscito a superare la fase più buia della sua vita e a risorgere.

In un modo o nell’altro, la loro filosofia si sarebbe confrontata l’una con l’altra e nel momento in cui ciò sarebbe avvenuto, sarebbe nata una violenta tempesta come rappresentazione di tutto ciò che i loro credi incarnavano.


 

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Capitolo 24
*** UNA PROMESSA DA MANTENERE ***


Salve a tutti, cari lettori.

Siamo giunti al capitolo conclusivo di questa parte così criptica e confusionaria della mia storia. Come avete notato, ho cambiato il titolo della storia e fra non molto capirete perché, non voglio anticipare nulla.

Adesso, con questo capitolo metterò in luce la fine di questa parte e l’inizio di alcune parti inedite che ho da tempo elaborato. Spero che esse saranno di vostro gradimento. Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro una buona lettura del capitolo.



 

Il gruppo dei ninja della Foglia avanzava a tutta velocità, con il solo obiettivo di arrivare il prima possibile sul campo di battaglia, prima che accadesse l’irriparabile fra i combattenti al suo interno.

Nel cuore di ognuno dei presenti, rimaneva attiva la preoccupazione che Naruto non fosse giunto in tempo e che Sakura avesse commesso qualche pazzia dalle conseguenze disastrose.

Shikamaru era in testa al gruppo. Neji era al suo fianco e continuava a tenere d’occhio il campo di battaglia servendosi della sua arte oculare.

«Novità?» chiese.

Era la terza volta che Shikamaru faceva questa domanda.

Neji non si lamentò per il continuo stress, dato che anche lui preoccupato per l’incontro fra Naruto e Sasuke e, dato che le conseguenze non sarebbero potute essere prevedibili, aveva proibito a sua cugina di usare il suo byakugan per inquadrare la situazione; si doveva  assolutamente evitare che vedesse ipotetiche scene che comprendevano una brutta fine per il suo amato.

«Ancora stabile. Si è aggiunto l’uomo mascherato di Akatsuki, ma per il momento stanno solo parlando.»

Un sospiro di sollievo generale che però non garantiva nulla sui possibili sviluppi, per tanto era importante che tutti loro si recassero sul campo di battaglia per dare man forte ai membri della squadra 7. Proseguirono ancora per un breve tratto di foresta, quando vennero assaltati da una luce accecante che dava il segnale che la foresta stava per concludersi.

Il gruppo rallentò il passo e così fu capace di accogliere la nuova visuale del grande ponte al confine della terra dei samurai, una costruzione ridotta a brandelli per colpa degli ultimi scontri avvenuti su di esso.

«Sono laggiù!» annunciò Ten Ten.

L’attenzione generale si spostò sulle piccole figure che si trovavano sopra lo specchio acquatico che scorreva sotto il ponte; due di loro erano il nemico, mentre gli altri erano i loro alleati, ovvero Naruto, Sakura e il maestro Kakashi.

«Avviciniamoci.» ordinò Shikamaru.

I ragazzi eseguirono dei rapidi balzi fra le montagne, così da avvicinarsi il più possibile ai loro compagni, in maniera tale da rendere loro nota la presenza di alleati e di mantenere un discreto livello di sicurezza.

Una volta giunti abbastanza vicini, Kiba decise di chiamare a sé l’attenzione dei propri compagni, alzando di molto la sua voce.

«Hey, ragazzi! Siamo qui!»

Il richiamo fatto venne udito chiaramente dai membri principali di quel conflitto, facendo attirare la loro attenzione verso quel manipolo di ninja che raggiungeva il lato nel quale si trovavano i loro amici.

«Rinforzi?» commentò Madara a tal proposito.

Kakashi si voltò verso il vasto gruppo e li maledisse per essere arrivati in un momento così delicato per tutti.

«Perché siete qui?!!»

Fu Shikamaru a fungere da portavoce per l’intero gruppo.

«Posso parlare per me, ma sono certo che più o meno anche gli altri siano d’accordo. Noi non siamo certamente a livello di gente che ha sconfitto Pain, ma non per questo saremo da meno e vogliamo vedere con i nostri occhi il mostro che Sasuke è diventato.»

Madara sghignazzò da sotto la maschera, dopodiché si voltò verso il suo discendente.

«Altri tuoi amichetti? Ti fai proprio volere bene.»

«Loro non hanno alcun significato per me. - replicò Sasuke. Ma li ucciderò ugualmente, dato che anche loro vivono della finta pace creata dalla Foglia.»

«Tu non ucciderai proprio nessuno!» ribatté Naruto con forza.

«Loro sono quanto c’è di più prezioso al mondo per me! Non ti permetterò di fare loro del male. Ti ho già detto prima che sarò solo io il tuo avversario!»

In quel momento, i ragazzi si erano resi conto che erano appena entrati in una discussione molto più complessa di quello che immaginavano e non ne comprendevano i nessi che spingevano a Sasuke verso una rabbia così focosa diretta nei loro confronti, in quanto abitanti del villaggio della Foglia..

Shikamaru si rivolse direttamente a Naruto.

«Che cosa sta succedendo qui?»

Naruto si voltò verso i suoi amici e lentamente estese un sorriso nella loro direzione, dopodiché si voltò rapidamente verso Sasuke.

«Scusatemi. Anche questa volta sarò certo che potreste dire che sono il solito egoista, ma ormai ho deciso che mi occuperò personalmente di Sasuke, da solo.»

Nessuno rispose all’istante, proprio perché ognuno voleva studiare la situazione con i propri occhi, constatando il fatto che Sasuke fosse in condizioni molto drastiche e, sebbene fosse affiancato dall’uomo mascherato, se Naruto avesse voluto, avrebbe potuto batterlo senza la benché minima fatica, avvalendosi del loro aiuto; per qualche strana ragione, Naruto invece non aveva fatto ancora nulla.

«Non dirmi che stai pensando di lasciarlo andare?! Saresti un folle a non approfittare di questa occasione d’oro! Non con Sasuke in queste condizioni!» tuonò Neji.

«Non sarebbe giusto. Io voglio sconfiggere Sasuke solo quando saremo ad armi pari e, ora come ora, non posso nemmeno sperare di battere Madara.» si giustificò Naruto.

Kiba si fece largo fra la folla a inveire contro l’amico.

«Che cazzo di spiegazione è questa?! Sei impazzito?!»

«Kiba ha ragione! Questa è una faccenda dell’intero villaggio! Non potete giocare con le vite di così tante persone!» aggiunse Ten Ten.

«Io non sto giocando!» ribatté Naruto.

Fu il turno di tutta la risolutezza di Shikamaru.

«Allora dovrai darci una giustificazione veramente valida per quello che stai facendo, perché non esiste assolutamente che io permetta che il nemico si ritiri, quando abbiamo un’occasione del genere per concludere questo problema.»

Naruto sospirò; era certo che sarebbe stato difficile per lui cercare di convincere tutti a lasciare Sasuke a lui, questo perché lui era sicuro che se il suo migliore amico ne avesse avuto la possibilità, avrebbe ucciso ognuno di loro, senza battere il minimo ciglio.

«Non posso. Dovete fidarvi di me.»

La sua ultima frase, quella che ritenne la più efficace per avvalorare il suo pensiero, nella vana speranza che i suoi amici gli dessero retta, anche per una questione assai delicata come la sicurezza del villaggio della Foglia. Naruto sperava in cuor suo che i suoi amici fossero a conoscenza del suo profondo amore per la loro casa e che non avrebbe mai giocato su di esso, solo per difendere Sasuke e impedire che venisse ucciso per via della sua follia.

Purtroppo però, nonostante avesse già chiarito con Kakashi e Sakura e godesse della piena comprensione di Hinata, Naruto non era riuscito a essere abbastanza convincente per il resto dei suoi amici, i quali si erano per l’appunto armati di utensili ninja e delle loro tecniche migliori e si stavano lentamente avvicinando a Sasuke.

Shikamaru era in testa al gruppo, seguito da Rock Lee, Neji, Ten Ten, Kiba, Akamaru e Shino.

Quest’ultimo fu il primo a esternare il suo pensiero, come se fosse un rimprovero diretto all’Uzumaki, ma indirettamente anche a Kakashi che non stava facendo nulla per fermare quella follia.

«Ti stai lasciando prendere dai sentimentalismi e questo non può permetterselo nemmeno uno come te, non con la forza di cui disponi. Perché se è vero che hai sempre tenuto al villaggio, è tua responsabilità fermare Sasuke adesso.»

Dopo Shino, fu il turno di Neji.

«Sasuke va fermato adesso! Non possiamo permettere che riprenda le forze e attacchi direttamente la Foglia!»

«E se tu, che sei così forte non vuoi farlo. - continuò Shikamaru. Allora ci penseremo noi a finire questa storia, adesso!»

Naruto non voleva proprio che i suoi amici si gettassero a capofitto su Sasuke, anche perché aveva intravisto con la coda dell’occhio, che Madara si era fatto avanti in difesa del suo protetto; significava morte certa per tutti loro.

«Vi ho detto di no! Lasciate fare a me!» insistette poi.

Nessuna risposta da parte dei suoi amici, determinati ormai a volere attaccare Sasuke, anche a costo di rischiare la loro vita durante l’impatto contro i due Uchiha.

Anche Kakashi provò a instillare una pillola di ragione nei ragazzi.

«Fate come dice Naruto, ragazzi. Anche io ho deciso di lasciare Sasuke a lui.»

Ancora esito negativo.

«Mi sorprende che proprio lei si è lasciato trasportare da questa storia, maestro. - ribatté Neji. In fondo, lei sta per diventare il nuovo Hokage e dovrebbe pensare a che cosa sia meglio per il villaggio.»

«Infatti! - controbatté Kakashi. Per questo ero d’accordo nel dare a Sasuke la morte che gli spettava proprio adesso, ma ora sono convinto che Naruto sia l’unica persona che possa farcela e voglio rispettare la sua scelta. Inoltre, con Sasuke c’è niente poco di meno che Madara Uchiha e nessuno di noi lo può battere.»

L’uso eccessivo del Mangekyo sharingan aveva enormemente afflitto le sue condizioni fisiche, per questa ragione non era certo che sarebbe stato in grado di fermare quei ragazzi dal compiere qualche pazzia nell’ingaggiare uno scontro con un avversario pericoloso come Madara; anche in quel momento, Kakashi non poté fare a meno di affidarsi a Naruto per potere garantire il mantenimento della sua volontà.

Non appena venne udito il nome del leggendario capostipite del clan Uchiha, persino quei giovani shinobi si erano bloccati per qualche attimo a osservare quell’uomo mascherato che avevano in precedenza affrontato e che non erano riusciti a soggiogare.

«Quindi lui sarebbe proprio quel Madara?» domandò Shikamaru impensierito.

«Oh sì, sono proprio io.»

L’uomo mascherato aveva appena confermato la sua identità e si era mosso di fronte a Sasuke, pronto a difenderlo da quel nuovo assalto.

«Se proprio ci tenete a combattere, sarò io il vostro avversario. Come potete vedere, Sasuke non è nelle condizioni di combattere, perciò fatevi sotto.»

Accadde che con molta sorpresa, nonostante l’enorme potere emanato dal vecchio Uchiha, i ragazzi che erano partiti alla carica contro Sasuke non si fermarono, ma anzi mostrarono una determinazione degna di nota per essere ancora lì con l’intenzione di volere combattere, anche a costo di rimettere la vita.

Shikamaru si voltò verso i membri della squadra che non avevano ancora preso una posizione per esortarli a prendere parte allo scontro, allo stesso tempo si era rivolto anche ai membri della squadra 7, fatta eccezione per Naruto che era ancora davanti a loro.

«Forza! Questo non è il momento per lasciarsi prendere dalla paura! Che senso ha avuto tutta la strada che abbiamo fatto, se adesso ci manteniamo sempre dietro e non affrontiamo il nemico! Avanziamo tutti assieme!»

Con quelle parole, il risoluto Shikamaru voleva smuovere la volontà dei suoi compagni al fine di potere condurre un attacco tutti assieme. Egli era convinto che il divario di forza con il nemico poteva essere colmato dall’apporto di tutti quanti al combattimento. In quella occasione, aveva appunto dato prova di essere un ottimo leader e l’uomo che Asuma avrebbe tanto voluto che diventasse, qualora avesse smesso di essere un tale lazzarone.

Purtroppo però, per quanto fossero determinati, i ragazzi della Foglia non poterono fare nulla nel momento in cui si confrontarono con un potere incomparabile che venne scatenato in maniera indiretta sugli elementi naturali più vicini alla figura di Naruto Uzumaki.

«HO DETTO BASTA!»

In un istante, la potenza del suo chakra da eremita si espanse in tutta la zona circostante, partendo dalle acque in cui tutti poggiavano i piedi per sfiorare le rocce circostanti con potentissime folate di vento, generante dalla sua profonda affinità con quell’elemento naturale; una esplosione di chakra violentissima che si abbatté sugli animi dei presenti, provocando un enorme senso di impotenza, di fronte a un potere così inatteso ed esplosivo come poteva essere quello appena sfoderato dall’eremita.

A quel punto, tutti coloro che erano determinati alla lotta, rimasero immobili e terrorizzati dal fatto che il loro amico potesse risultare così potente da metterli a cuccia, senza nemmeno muoversi. Egli infatti aveva sfoderato quella immensa quantità di chakra, limitandosi a fissarli con una espressione che non ammetteva replica alcuna ed era finalmente riuscito a imporre la sua volontà che si fermassero.

Lentamente, i ragazzi iniziarono a indietreggiare mentre l’enorme potere emanato da Naruto iniziava a scemare e quest’ultimo riacquistava un’aria più pacifica nei loro confronti.

Molti di loro continuavano a tremare per quella bruttissima esperienza e ringraziarono il cielo che ormai Naruto fosse dalla loro parte.

Persino Kakashi e Madara, che erano forse quelli più forti in quel momento oltre ai due rivali, erano rimasti molto impressionati dall’enorme potenza emanata dalla forza portante della volpe a nove code.

«Non avevo idea che fosse così potente e non ha nemmeno usato il chakra della volpe questa volta.»

Questo fu il pensiero di Kakashi, il quale giudicò che però quell’azione era stata commessa da Naruto in maniera inconscia, lo dimostrava il fatto che egli fosse completamente ignaro di quello che fosse successo, tanto che un certo punto egli era scoppiato in una grassa risata verso i suoi amici.

«Scusatemi! Penso proprio che di avere esagerato!»

Quella risata fu proprio un toccasana per i ragazzi della Foglia, perché per un attimo avevano pensato di considerare nuovamente Naruto un loro nemico; invece, con quel gesto egli era riuscito a rassicurare tutti loro delle sue effettive intenzioni.

«Porca misera, per un attimo ho avuto paura di morire!» sbottò Rock Lee.

«Maledizione! Sei proprio un mostro!» aggiunse Ten Ten.

Il momento per sciogliere la tensione non era ancora raggiunto, perché nessuno si era ancora reso conto che con l’azione precedente, Naruto non aveva fatto altro che aumentare il profondo desiderio di confronto covato nell’animo di Sasuke, il quale, incurante del fatto che il suo potere oculare sarebbe scemato con quell’ultima mossa, aveva all’improvviso evocato l’enorme Susano, proprio nella forma che prima avrebbe dovuto scagliarsi contro Kakashi.

L’attenzione si focalizzò immediatamente su quell’enorme mostro spirituale dall’aura oscura e sul suo utilizzatore dagli occhi vitrei e da un sorriso raccapricciante che esprimeva tutta quella follia presente nel suo cuore, un sentimento ereditato da lungo tempo dal suo antenato Madara.

«E’ proprio questo quello che cercavo! Combattiamo adesso, Naruto!» urlò Sasuke.

Il terrore si era impossessato dell’interno campo di battaglia.

«Che diavolo è quella cosa?!» sbottò Chouji.

Un mostruoso potere che poteva essere paragonato perfettamente a quello in precedenza emanato dal loro amico Naruto, tuttavia, quella volta ognuno di loro poteva conservare la certezza che sarebbero morti contro una cosa del genere.

I continui guaiti di terrore emessi da Akamaru erano il perfetto sentore che l’intero gruppo era spacciato e che il proposito di uccidere Sasuke era completamente annullato, ora che tutti si erano resi conto che non avrebbero potuto batterlo in nessun caso, non al loro livello attuale.

Il Susano tirò fuori la sua spada di fiamme nere e la alzò in cielo mentre tutti attendevano l’occasione giusta per scappare ed evitare una morte certa per colpa di quel poderoso colpo.

A un certo punto, tutti udirono chiaramente Madara urlare qualcosa a Sasuke.

«Basta! Sei già cieco, non annientarti ulteriolmente, altrimenti non ci sarà nessun modo per ripristinare il tuo potere, sciocco ragazzino!»

La vista di Sasuke era in condizioni molto drastiche e ormai era capace di captare le esclusive sagome delle persone accanto a lui e stava rapidamente raggiungendo la totale oscurità; tale prospettiva non aveva alcun effetto sul suo animo, perché l’oscurità era la cosa più allettante che gli fosse mai stata offerta.

«Non m’importa! E’ questo quello che voglio e lo voglio fare adesso!»

Sasuke era ormai giunto alla considerazione finale di giocarsi ognuna delle sue carte per annientare tutto ciò che disprezzava e che, secondo lui, Naruto incarnava perfettamente; il suo desiderio di volere distruggere lui e i suoi valori superava persino la sua stessa considerazione della vita.

La spada nera del Susano vibrò intensamente verso il basso, proprio in direzione del suo obiettivo principale, ma non raggiunse mai la meta prefissata, poiché a essa si erano contrapposte le nove code della forza portante che aveva evocato il manto di bolle di chakra rosso; l’impatto fra i due poteri aveva generato una violentissima onda d’urto che aveva destabilizzato persino l’equilibrio di coloro che non erano ancora degni di prendere parte a uno scontro del genere.

Naruto, avvolto dal manto della volpe, sapeva che ricorrere a quel potere era ancora rischioso per lui, dato che il chakra a sua disposizione era limitato e poteva perdere il controllo, nonostante gli accordi con la volpe. Tuttavia, sapeva benissimo che se non avesse fatto affidamento a quel potere, non sarebbe mai riuscito a bloccare la spada del suo avversario.

«Non è ancora il momento, Sasuke.» disse lui in seguito.

Le code di chakra erano ancora bloccate nella morsa creata con la spada del cavaliere spirituale e nonostante le fiamme di Amaterasu impregnassero quell’arma, non costituivano un pericolo rilevante per un chakra così affine all’elemento naturale del fuoco.

Naruto alzò lo sguardo verso il cavaliere spirituale e per un attimo ebbe qualche un piccolo sentore di nostalgia, perché quando era in Akatsuki e aveva partecipato ad alcune battaglie per conto di questa, il suo compagno d’armi,  Itachi, aveva usato quel medesimo potere.

«Sembra proprio che hai preso da Itachi in tutto e per tutto.» aggiunse poi.

La forza del Susano aumentò considerevolmente, tanto che Naruto fu costretto a modificare la forma delle code di chakra in artigli per agguantare meglio la spada.

«Non nominare il suo nome! - ruggì Sasuke. Non sai nulla di Itachi!»

Naruto era in procinto di controbattere, ma l’improvvisa sparizione del cavaliere spirituale lo invitò a desistere, poiché la sua attenzione fu catturata dalla penosa visione del suo migliore amico che ci contorceva dal dolore e ti sfregava in maniera compulsiva gli occhi.

«I miei occhi!» urlava nervosamente Sasuke.

«Sasuke...» sospirò Naruto affranto.

L’attenzione di quest’ultimo era spostata rapidamente verso Sakura, che era stata appena fermata dal maestro Kakashi per le sue intenzioni di volersi avvicinare a Sasuke nonostante tutto quello che fosse accaduto. In quel frangente, egli incrociò lo sguardo del suo maestro.

«Non esagerare nemmeno tu, Naruto. Sai bene quale sia il tuo limite con quel chakra.» si raccomandò successivamente Kakashi.

Naruto lo sapeva benissimo, per questo ritirò tutto quel chakra dentro di sé, mentre lo sguardo si spostava lentamente verso Madara che aveva ormai preso per le spalle Sasuke e si preparava ad andarsene via.

«Sasuke! Sei ancora cosciente?!» urlò.

Lo era.

«Quando sarai pronto, io ti aspetterò al solito posto e lì concluderemo tutto una volta per tutte. Non farmi aspettare troppo!»

Non ci fu risposta, ma Naruto sapeva benissimo che l’amico aveva capito perfettamente, per questo era così tranquillo.

«Bene, dato che sembra che abbiate finito, direi che è finalmente giunto il momento di levare le tende.» sbottò Madara a quel punto.

Non fu necessario nessun altro commento, così Madara attivò la sua tecnica spazio-temporale per venire risucchiato in un punto sconosciuto ai suoi nemici, così fu finalmente possibile concludere che per quel giorno le battaglie erano concluse.

Danzo era morto.

C’era una guerra alle porte e la Foglia aveva bisogno del suo leader per prepararsi a dovere.

Quella giornata non era altro che la prefazione alla furiosa tempesta che si sarebbe abbattuta in futuro nel mondo dei ninja e solo i più determinati avrebbero visto che cosa sarebbe fuoriuscito dopo quel furioso evento naturale.

«E adesso che cosa facciamo?» fu la domanda di Chouji.

Persino Shikamaru non era in grado di dare una risposta, ma di una cosa era certo, ovvero che da quel momento in poi era necessario restare uniti e appoggiarsi alle poche certezze di cui potevano disporre.

«Per il momento torneremo al villaggio. Ci sono molte cose di cui occuparsi e da discutere, per tanto avremmo un gran bel da fare nei prossimi mesi.» disse il seguito il genio della Foglia.

Dopodiché, questi si rivolse verso Kakashi.

«Non ho forse ragione, Hokage?»

Kakashi dovette ammettere che gli dava ancora una strana sensazione farsi chiamare in questa maniera, ma ormai era entrato nell’ottica che, se Tsunade non avesse ripreso conoscenza, sarebbe stato suo il compito di guidare il villaggio verso la dura guerra che era alle porte e doveva fare il modo che Naruto rimanesse il più lontano possibile da quel conflitto.

«Esattamente. - confermò lui. Per prima cosa c’è da risolvere la questione della re-integrazione di Naruto come ninja della Foglia. Sarà una questione spinosa, ma è da risolvere il prima possibile.»

I presenti volsero i loro sguardi verso il loro compagno che continuava a dare le spalle e con il viso rivolto verso il cielo; tutti si chiesero a che cosa l’amico stesse pensando in quel momento, subito dopo, videro che questi era crollato come un sacco di patate senza nessuna spiegazione comprensibile; i presenti si prodigarono a soccorrerlo.

La prima persona che giunse al capezzale di Naruto fu Hinata.

«Naruto!»

La ragazza lo sorreggeva con tutte le sue forze, impedendo che venisse avvolto dalle acque sotto i loro piedi.

A quel punto molti rallentarono la loro corsa per fare largo a Sakure e Ino, in quanto ninja medici che avevano più competenze di tutti loro per quanto concerne tali questioni di pronto soccorso.

«Beh, non c’è che dire. Quando si tratta di Naruto, la nostra amica diventa la più pericolosa fra tutti.» commentò a freddo Shino.

Ed era proprio così, ma anche se questo commento corrispondeva al vero, non era stato possibile non prendere tale considerazione in maniera da smorzare la tensione e lasciare che gli animi di tutti i presenti potessero sciogliersi.

Nel frattempo, Sakura si avvicinò al compagno per capire per quale motivo il colorito della sua pelle fosse così pallido e che continuasse a emettere della bava dalla bocca.

«Che cos’ha, Sakura? Ti prego, dimmi che non tratta di qualcosa di serio!» domandò Hinata affranta.

All’inizio Sakura non afferrò immediatamente le cause che potevano portare l’amico a soffrire di quei sintomi, ma grazie a una considerazione di Kakashi le fu tutto chiaro.

«Magari si tratta di quella ferita che Naruto si è fatto sulla guancia, quando ha cercato di salvare Sakura da Sasuke. Se non sbaglio, avevi avvelenato il kunai che ti aveva sottratto nello scontro, vero Sakura?»

Grazie a quella puntualizzazione, Sakura si rese conto che era andata proprio così e non poté fare a meno di sentirsi in colpa se l’amico si trovava in quella sofferente situazione per colpa sua.

«Oh, cavolo!» sbottò lei.

Istintivamente, Sakura spostò la sua attenzione sugli utensili medici all’interno della sua sacca, alla ricerca dell’antidoto del potentissimo veleno con il quale aveva imbevuto quel kunai, ma per colpa della fretta, perché sapeva che quel veleno andava trattato rapidamente, si era dimenticata di non avere portato alcun antidoto.

Solo quando Sakura realizzò di tale prospetto, ella si pose le mani in testa per la disperazioni; bella cazzata che aveva fatto.

«Che succede?» domandò Hinata al suo fianco.

Sakura ebbe timore a dire ad alta voce che aveva dimenticato l’antidoto, dato che era sua intenzione usare quel veleno per uccidere Sasuke e se stessa, per tanto non serviva una misura di sicurezza come quella; che cosa fare adesso?

Per sua fortuna, esisteva sempre una soluzione a portata di mano.

Uno degli allievi di Naruto si era fatto avanti e si era proposto con animo come volontario per potere risolvere la situazione; in questo caso di trattava del silenzioso Koichi.

«Se si tratta di veleno, lasciate che ci pensi io. Sono molto più rapido di qualunque antidoto.»

«E come faresti?» domandò Ino dubbiosa.

Non era tempo per interrogarsi su tali minuziosità e questo lo sapevano benissimo tutti, dato che la situazione poteva essere più seria di quella che non poteva risultare essere.

«Forza, diamoci una mossa. Portiamo Naruto sopra quel ponte e lasciamo che ci pensi Koichi.» intervenne il maestro Kakashi.

L’ordine dato dall’uomo venne eseguito senza alcuna replica, così Neji e Shikamaru aveva preso in braccio il loro compagno avvelenato e avevano seguito il resto del gruppo sul ponte, proprio nel punto vicino a dove Karin stava riposando; una volta giunti in quel punto, fu il turno di Koichi di intervenire, così aprì la maglia del suo maestro e vi poggiò sopra la mano imbevuta di chakra; le cure iniziarono.

«Sta funzionando?» domandò Shikamaru preoccupato.

Hinata aveva poggiato il capo del suo amato sulle sue gambe e osservava la procedura medica con il suo byakugan; in un altro frangente, avrebbe certamente perso i sensi alla sola vista del petto nudo e allenato del suo amato, ma questa non era certo la situazione adatta per lasciarsi prendere da tali minuzie.

Grazie alla visione a raggi x della sua arte oculare, Hinata fu in grado di vedere i grossi ammassi scusi sparsi per tutti gli organi del suo amato attirati dal chakra del ragazzino, il quale era in grado di assorbire dentro di sé quelle macchie oscure e dannose.

Hinata sorrise, contenta che la gravissima situazione si stava risolvendo.

«Sì, il veleno sta’ sparendo via!»

La rinnovata tensione nel gruppo scemò all’instante, tutti erano immensamente grati al quel ragazzino del villaggio della Pioggia che stava salvando la vita del loro amico.

«In gamba il quattrocchi!» sbottò Kiba.

«Già, verissimo! Mi chiedo come faccia a fare una cosa del genere!» aggiunse Chouji allegro.

Era proprio una domanda spinosa quella appena fatta così a freddo, dopotutto Koichi non faceva altro che rimuovere a mano nuda quel letale veleno con il rischio di venire infettato.

Sakura volle investigare, rivolgendosi direttamente al ragazzino.

«Come fai a toccare quel veleno e non sentirti male?»

Koichi non risposte, era troppo concentrato sul suo compito per potere rispondere.

Fu Kakashi a dare una spiegazione in merito.

«Koichi possiede un’abilità maggiore, chiamata arte del veleno. Può assorbire qualunque sostanza velenosa sul suo corpo.»

«Fico!» si complimentò Ino.

Un attimo di silenzio totale, la maggior parte di loro non sapeva proprio che cosa fosse un’abilità maggiore, ma non voleva ammetterlo per non farsi prendere in giro dai ragazzini del villaggio della Pioggia.

Kakashi lo aveva intuito e con molta non curanza, tirò un profondo respiro e lo disse ugualmente.

«Per chi non lo sapesse, un’abilità maggiore è una particolare mutazione delle abilità innate, quando si è in grado di usare ben tre elementi base per creare un nuovo elemento. Nel caso di Koichi, lui fonde il chakra della terra, dell’acqua e del fuoco per creare l’elemento del veleno. Al mondo esiste solo un’altra persona in possesso di un’abilità maggiore.»

«Quindi è roba molto rara, giusto?» domandò Ten Ten.

«Esattamente.» confermò Kakashi.

Se non fosse stato per lui, Koichi stesso non avrebbe mai capito quale immenso potere possedesse, dato che lo stesso Naruto ignorava la questione dell’abilità maggiore e non era stato in grado di indirizzarlo al migliore utilizzo di quella complessa abilità.

«Il nostro Koichi è il migliore!» squittì Rina a quel punto.

La ragazza scoppiò in una fragorosa risata, ma subito si interruppe quando notò Karin a qualche metro di distanza da dove si trovava l’intero gruppo.

«E quella ragazza laggiù chi è? Una vostra amica?» domandò Rina.

A quel punto, l’attenzione del gruppo si spostò immediatamente sulla povera Karin, la quale era ancora rimasta appoggiata al muro del grande ponte, dolorante e indifesa per le profonde ferite nel suo corpo che non si erano ancora risanate. Purtroppo, quando si trattava di se stessa, Karin dimostrava una certa riluttanza a mordere il suo stesso corpo per guarire; era una cosa che aveva sempre odiato.

«Lei faceva parte della squadra di Sasuke. - spiegò Kakashi tempestivamente. A quanto pare, anche lei è stata tradita dal suo capo e adesso è sotto la nostra custodia. La porteremo con noi al villaggio e cercheremo di scoprire qualcosa in più sulle intenzione di Akatsuki.»

«Poverina, sembra proprio afflitta.» commentò Ten Ten.

«E’ normale. Ha scoperto che il suo capo l’ha appena tradita e lasciata qui. Sfido chiunque a non sentirsi male dopo questo.» precisò Neji.

Il punto in questione era stato per l’appunto azzeccato. Karin era rimasta infatti stravolta per il modo in cui Sasuke l’aveva trattata per tutto il corso della missione nella nazione del ferro, ma nonostante tutto, non avrebbe mai immaginato che il suo amato sarebbe stato persino spinto a ucciderla, pur di portare a termine i propri obiettivi. Era stata usata, nient’altro. Sasuke era uno dei tanti che nel corso della sua vita l’avevano illusa e usata per le sue doti taumaturgiche; non era altri che un oggetto per tutti loro. Per tanto, da quel momento in poi, Karin aveva promesso a sé stessa di chiudere con Sasuke e di non averci più nulla a che fare; era finita.

Karin alzò il viso verso il cielo e si soffermò a pensare per l’ultima volta a tutti gli eventi e alle persone incontrate nel corso di quei mesi, maledicendo il momento in cui Sasuke le aveva chiesto di seguirla.

«Vaffanculo, Sasuke.»

Quella parte della sua vita si era appena conclusa nel peggiore dei modi, adesso non le rimaneva altro che sperare che i ninja del villaggio della Foglia non le avrebbero fatto fare una brutta fine, ma anche in tale caso, la cosa non le importava più di tanto; per lei, la vita non aveva alcun senso oramai.

In quel momento, Koichi aveva terminato le procedure di rimozione del veleno dal corpo del suo maestro. Una volta conclusa la procedura, il ragazzo appariva estremamente provato e per tale ragione, si era alzato di scatto e si era precipitato dietro un albero a fare qualcosa di assolutamente strano.

«Ma che sta facendo?» domandò Shikamaru incuriosito.

Qualcuno del gruppo provò ad avvicinarsi, preoccupato che il ragazzino potesse sentirsi male, ma Kakashi bloccò ogni futile tentativo di soccorso che, evidentemente, era natura di tremendo imbarazzo per Koichi.

«Sono le conseguenze di chi possiede l’arte del veleno. Nonostante abbia così tanto potere, Koichi ha sempre avuto una salute cagionevole e sforzi del genere lo portano spesso a scene di vomito e di espulsione improvvisa.»

«In poche parole, fa la cacca liquida!» precisò Rina senza il minimo tatto.

Kakashi sospirò amareggiato.

«Per favore, Rina. Ormai sei una signorina, cerca di non essere scurrile come uno scaricatore di porto!»

La ragazza ci rise su, dopodiché il resto del gruppo aveva deciso di lasciare Koichi alla sua stramba sofferenza e di riproporre la propria attenzione al malato e alle persone che gli stavano prestando soccorso.

L’espressione di Hinata dava per l’appunto sentore a tutti quanti che il pericolo non era cessato.

«Che problema c’è adesso?» chiese Kiba esasperato.

Sakura aveva appena iniziato le cure di ripristino degli organi del malato, ma stava riscontrando numerose difficoltà per una limpida procedura di cura.

«Anche se nel corpo non c’è più la minima traccia di veleno, gli organi sono rimasti danneggiati e quindi bisogna procedere con cura alla loro ricostruzione, solo che credo di non avere sufficientemente tempo per riuscire a farlo.» spiegò Sakura.

«E quindi che cosa possiamo fare?» chiese Kakashi.

«Non lo so proprio. - replicò Sakura. In realtà, sarebbe da operare immediatamente, ma in assenza di un ambiente sterile, non me la sento proprio di rischiare qui e il villaggio è troppo lontano, non arriveremo in tempo.»

Hinata era in lacrime; non poteva credere che il suo Naruto rischiasse di morire, non dopo averlo ritrovato, ritenendolo morto per così tanto tempo: non poteva perderlo di nuovo, ma che cosa poteva fare?

La ragazza accarezzò con dolcezza il viso pallido del suo amato e tenne il volto basso verso di lui.

«No, Naruto. Non mi lasciare adesso, ti prego.»

A Sakura le si stringeva il cuore vedere l’amica in quello stato e sapeva benissimo che la colpa di tutto questo era solamente sua. Naruto si era beccato quel colpo al posto suo che invece, se fosse andata diversamente, sarebbe morta; in quel momento, maledisse con forza la sua bravura con le sostanze tossiche.

«Mi dispiace. - mugugnò subito dopo. E’ tutta colpa mia.»

Nessuno era in grado di proporre una soluzione adeguata per risolvere quella gravissima situazione. Ognuno di loro percepiva che l’amico stava svanendo del nulla fra le loro braccia, senza che loro fossero in grado di afferrarlo, poiché intangibile.

Ino si aggregò a Sakura e si prodigò ad aiutarla, determinata più che mai.

«Forza! Non possiamo arrenderci così! Ce la possiamo fare, se collaboriamo tutti assieme.» proruppe la bionda.

Non potevano arrendersi proprio ora; se la problematica era solo la questione di un tempo che non avevano, allora avrebbero fatto di tutto per distanziare quel divario con tutte le loro energie e così avrebbero dato il tutto e per tutto per salvare la vita del loro caro amico.

Entrambe le kunoichi erano fermamente concentrate nelle cure e sapevano benissimo che non potevano commettere il minimo errore.

A un certo punto, Ino si rivolse alla collega con una considerazione.

«Mi sa che serve un po’ di sangue extra, la milza stava collassando.»

Sakura annuì, tirando fuori una strana sacca trasparente e un kunai, dopodiché lanciò quegli utensili al maestro Kakashi.

«Naruto è di tipo B, qualcuno che sia della stessa tipologia, o AB o del gruppo 0, metta un poco del suo sangue qui, per favore.»

Non fu necessario ripetersi. Immediatamente i polsi di Shikamaru, Ten Ten, Chouji, Kiba e Kakashi si erano fatti avanti ed erano stati incisi dalla lama del kunai, lasciando scorrere il loro sangue all’interno della sacca. Normalmente, una procedura del genere era folle per la normale medicina, ma per i ninja era perfettamente normale mescolare il sangue di differenti individui per creare composti anticoagulanti e di ripristino dei vasi sanguini, perciò non c’era alcun pericolo.

Una volta che Sakura ottenne la sacca di sangue piena all’orlo, riprese a lavorare con passione e tenacia per ripristinare gli organi del malato.

«Il fegato è apposto!» annunciò con gioia la ragazza.

«Bene! Allora prima di quello aiutami con il cuore. Da sola non ce la faccio!» sbottò Ino.

Entrambe le ragazze erano in lago di sudore, ma nonostante questo non demordevano nei loro propositi e continuavano nel loro lavoro, aiutate da Hinata che continuava a osservare le condizioni del corpo di Naruto con i suoi occhi; anche quest’ultima era fermamente mossa a salvare la vita del suo amato.

Agli altri non restava che guardare.

«Mi sento così inutile.» commentò Chouji affranto.

«A chi lo dici! Quanto vorrei fare qualcosa per dare una mano.» sbottò Kiba.

Come sempre, Shikamaru fu l’unico ad apparire il più risoluto.

«Per il momento staremo qui a guardare e avere fiducia nelle ragazze, è questo il nostro compito.»

Il genio della Foglia aveva espresso un pensiero molto bello e a cui tutti si sentirono vicini, così decisero di rimanere in silenzio a guardare le loro amiche dare tutte loro stesse in quelle complesse procedure mediche.

Nel frattempo, Kakashi aveva raggiunto Karin per constatarne le condizioni fisiche.

«Puoi camminare?»

La ragazza spostò lo sguardo verso quell’uomo mascherato e scosse lentamente il capo.

«Va bene, non è un problema. - rispose l’uomo sorridendo. L’importante è che stai bene, ma volevo solo rassicurarti che al villaggio della Foglia non ti verrà fatto alcun male, hai la mia parola.»

A Karin venne da sorridere; ormai non aveva alcun dubbio che sarebbe stata sfruttata anche da loro.

«Come vi pare. - rispose con voce flebile. Ormai non mi importa più di niente.»

«Oh, non dire così. Nella vita non si sa mai quello che capita. Abbi fede.» replicò Kakashi ottimista.

Che strano tipo, pensò Karin a tal proposito. Lei non lo aveva mai visto, ma sapeva benissimo che quell’uomo fosse un ninja molto famoso e che era stato l’insegnante di Sasuke. Karin immaginò che per lui sia stato molto difficile affrontare il suo allievo, ma nonostante ciò sembrava proprio non darlo a vedere; si chiese il motivo, ma per il momento non volle investigare.

Successivamente, lo sguardo della ragazza si spostò verso il gruppetto della Foglia, tutto circondato su quel ragazzo dal chakra così differente a quello di Sasuke. Lei aveva percepito benissimo che la sua aura stava lentamente svanendo, ma non riusciva a capire perché quei due medici non stavano ottenendo alcun risultato; la situazione doveva essere più grave del previsto. All’improvviso, a Karin venne un’idea per riuscire a conservare qualche garanzia che sarebbe stata trattata bene dalla Foglia; magari quello strambo uomo mascherato aveva ragione che nella vita si poteva sempre cambiare e trovare un poco di felicità.

«Il tuo amico sta morendo...» disse lei.

Il viso di Kakashi tornò a farsi serio.

«Lo so, ma faremo di tutto per impedirlo. Lui non può morire, deve ancora realizzare il suo sogno.»

Era il momento perfetto per proporre la sua idea al suo carceriere.

«Allora ti propongo un patto.»

«E quale sarebbe?» chiese l’uomo.

«Voi mi trattate bene e in cambio salverò la vita di quel ragazzo.» concluse Karin.

Non appena sentita quella proposta, Kakashi apparve alquanto interessato e non diede nemmeno segno di volerlo nascondere. Per questa ragione, egli iniziò a strattonare la ragazza con insistenza, desideroso di conoscere i dettagli di quella proposta.

«Lo puoi fare veramente?»

Karin annuì; non c’era malattia che riusciva a battere la sua abilità innata.

«Portami da quel tizio. Dovete solo fargli mordere il mio corpo e lui si riprenderà.»

Purtroppo, Karin era ancora troppo debole per reggersi in piedi e inoltre sapeva benissimo che qualora avesse salvato la vita a Naruto, avrebbe perso nuovamente i sensi, per questo aveva voluto prima fare quel patto con il nemico; voleva un’assicurazione per se stessa.

Kakashi non ebbe alcun tentennamento e credette immediatamente alla ragazza, dato che la situazione era disperata, bisognava tentare di tutto per salvare Naruto. Così, l’uomo prese la ragazza fra le sue braccia e corse verso Naruto per proporre quella assoluta novità per potere salvare l’allievo.

Una volta ascoltata la proposta, Sakura non poté fare a meno di esternare le sue perplessità.

«E crede che una cosa del genere funzionerà?»

«Non vedo il motivo per cui non dovremmo provare. - suggerì Kakashi. Questa ragazza mi è apparsa sincera.»

Non avevano altra scelta se non fidarsi, poiché le cure non stavano andando bene e il cuore era sul punto di collassare.

«Va bene!» sentenziò alla fine Sakura.

Non c’era altra scelta.

Allora Kakashi depositò Karin al fianco di Hinata e la affidò alle consulenze delle tre ragazze li presenti.

Arrivò il momento dei quesiti da porgere alla ragazza dai capelli rossi.

«Allora, come lo guarirai?» domandò Ino.

«Dovete riuscire a svegliarlo per prima cosa. Non può mordermi, se è privo di sensi.» spiegò Karin.

«Morderti?» sbottò Hinata sospettosa.

Non sapeva per quale motivo, ma la prospettiva di vedere Naruto in un così stretto contatto con una sconosciuta non la rendeva per nulla felice, sebbene sapesse che in quella situazione non era per nulla il momento di lasciarsi trasportare da futili gelosie.

Inoltre, ad aumentare le preoccupazioni di Hinata, fu il fatto che Karin aveva abbassato la cerniera della propria maglia proprio allo stesso livello del suo seno e si stava lentamente abbassando verso Naruto in una maniera così sospettosa che ella trovò molto difficile rimanere a guardare senza dare di matto.

L’unica magra consolazione consisteva sul fatto che le numerose ferite presenti sul fisico di Karin, davano la prova evidente che ciò che quest’ultima affermava era vero.

A quel punto, Karin si rivolse alle due kunoichi.

«Svegliatelo adesso, prima che sia troppo tardi.»

Un colpo netto di una tecnica elettrica per dare uno scossone al fisico e il malato era tornato attivo e con un respiro affannoso che continuava ad aumentare gli sforzi al suo cuore che i medici temevano che questo sarebbe collassato in decine di secondi.

Karin scostò i capelli da un lato e porse il suo collo verso la bocca di Naruto.

«Mordimi.» ordinò lei al malato.

Naruto non lo fece.

Karin si avvicinò ancora di più, ormai sentiva il respiro affannoso di quel povero ragazzo; allora ripeté la sua esortazione.

«Mordimi adesso!»

Questa volta Naruto ascoltò e lentamente affondò i propri denti sulla carne di Karin, fino al punto che i due sembravano impegnati in un lungo rapporto amoroso di fronte allo sguardo affranto di Hinata, la quale continuava a tenere gli occhi chiusi per non soffrire ulteriolmente per quella scena così toccante, continuando tuttavia ad accarezzare con cura la nuca del suo amato.

Gli effetti di quel morso non tardarono a manifestarsi nei due.

Per quanto riguardava Karin, ella stava subendo lo stesso effetto provato ogni volta che qualcuno si serviva del suo corpo per ripristinare le sue condizioni fisiche, ovvero una piccola estasi sessuale. Invece, su Naruto l’effetto taumaturgico fu abbastanza evidente e sorprendente allo stesso tempo per i due medici che stentavano a credere a come tutti gli organi del malato si fossero ripristinati in pochi istanti.

Quando Karin si scostò da Naruto, si accasciò al suolo per l’enorme sforzo subito ed era immediatamente caduta in un sonno profondo; un riposo più che meritato e che poteva permettersi, grazie alla promessa fatta da Kakashi.

Naruto invece si riprese immediatamente e non impiegò molto a sollevare il capo dal suolo per osservare meravigliato tutti i presenti che esultavano per la sua miracolosa guarigione.

Sakura e Hinata gli balzarono al collo per abbracciarlo per la gioia, mentre gli altri lo accerchiarono rapidamente per accertarsi se il problema fosse stato finalmente aggirato.

Naruto rimase molto sorpreso da quel gesto e per qualche secondo assaporò quel dolce abbraccio, poi però iniziò a sentirsi a disagio per via degli sguardi di tutti gli altri posati su di lui, quindi scostò le due ragazze con tatto e le sorrise.

«Ma che diavolo mi è successo?» domandò subito dopo.

Ino gli spiegò tutto quanto gli era successo nel momento in cui aveva perso conoscenza e che se non fosse stato per l’aiuto di Koichi e di Karin, lui a quest’ora sarebbe morto.

Una volta appreso quello a cui era appena scampato, Naruto scoppiò in una sonora risata colma di allegria per non avere lasciato le penne per colpa di quel letale veleno.

«Cavoli, me la sono proprio vista brutta! Devo ricordarmi di non fare arrabbiare più Sakura o la prossima volta me la vedrò molto brutta.»

A tutti venne da ridere da quella considerazione, ma Sakura non lo fece; lei era veramente dispiaciuta per quello che fosse capitato all’amico, perché se aveva corso il rischio di morire, era stato solo per colpa sua che non era riuscita a portare avanti le sue risoluzioni con Sasuke.

Era stata inutile anche quella volta.

Per una ragione a lei poco plausibile, Naruto aveva in qualche modo intuito il suo disagio e si era immediatamente premurato a darle le dovute rassicurazioni, poggiando una mano sulla sua testa, così da attirare la sua attenzione e sorriderle.

«Te l’ho promesso, ricordi? Riporterò Sasuke quello di un tempo.»

Sakura si lasciò andare alle lacrime per l’enorme commozione che la rendeva incapace di rimanere composta in una situazione del genere, dopo il suo animo era stato così pregno di desideri oscuri e di un’enorme tristezza che la stava portando alla completa autodistruzione.

«Grazie...»

A quel punto, a Ino sembrò essenziale battere il pugno su una questione molto importante che riguardava la sua amica d’infanzia.

«La prossima volta, cerca di parlarne con i tuoi amici, anziché tenerti tutto dentro, dannata stupida.»

«Noi ci saremo sempre per te.» aggiunse Hinata.

Sakura ne fu molto più commossa e si lasciò andare a una copiosa quantità di lacrime, poiché sentire tutte quelle parole di affetto e sapere che i suoi amici erano ancora lì con lei, le aveva fatto svanire quel profondo senso di solitudine che l’aveva accompagnata nei mesi precedenti.

Una volta che la situazione divenne molto più tranquilla, il gruppo pensò di prendere in considerazione l’idea di avviarsi verso il villaggio della Foglia, dato che c’erano molte cose di cui discutere con le alte sfere.

Kakashi aveva deciso di mettersi in testa al gruppo. Aveva preso Karin sulle spalle e aveva fatto cenno agli allievi che era il momento di andare.

«Forza, ragazzi. Non possiamo più tardare.»

Shikamaru gli dette man forte.

«Ha proprio ragione. Mio padre sarà ansioso di sapere le ultime novità.»

Prima di avviarsi verso casa, Kakashi si voltò però verso Naruto con un preciso messaggio.

«Naruto, non dimenticarti dei ragazzi.»

Il riferimento era diretto completamente a Rina, Masato e Koichi che erano ancora lì con loro, in attesa degli ordini successivi che il loro insegnante avrebbe impartito.

Naruto allora si avvicinò ai tre ragazzini e li osservò con cura; sapeva benissimo che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, ma aveva ancora difficoltà a trovare le parole esatte per dare un doloroso addio a quei tre.

Fu Koichi a precederlo.

«E’ arrivato il momento, non è così, maestro?» chiese lui.

Naruto non rispose, non riusciva ancora a esprimere le parole che voleva trasmettere. Poi però guardò negli occhi tutti e tre e finalmente si accorse della straordinaria determinazione di ognuno di loro.

«Sì, ragazzi. E’ giunto il momento di dirci addio.» disse infine.

Il resto del gruppo era rimasto in silenzio ad ascoltare quel momento toccante fra Naruto e i suoi allievi.

Tutti loro erano profondamente tristi in quei ultimi attimi in cui sarebbero stati assieme, poi ognuno di loro sarebbe andato per la propria strada e avrebbe realizzato i sogni che si prefiggevano.

«Se ne deve andare per forza?» domandò Rina con la voce tremolante.

Naruto sospirò; in principio era sua intenzione portare quei tre al villaggio della Foglia, ma dato che si era fermato per un certo periodo al villaggio della Pioggia, aveva notato che i tre si erano ambientati molto a quel luogo e avevano instaurato solide amicizie con i ninja della loro stessa età.

«Sì, ragazzi. - precisò Naruto. Purtroppo adesso devo tornare al mio villaggio, mentre a voi spetta il compito di proteggere il villaggio che in poco tempo avete imparato ad amare.»

Nessuno di loro aveva dimenticato il giorno in cui si erano incontrati con il ninja di Akatsuki chiamato Naruto Uzumaki. Era successo quattro anni fa, a seguito della distruzione del villaggio dell’Erba a opera di Akatsuki, la quale aveva annientato tutta l’élite ninja di quel villaggio, uccidendo di conseguenza i genitori di Koichi, Masato e Rina, i quali si erano ritrovati all’improvviso orfani e avevano iniziato a rubare per sopravvivere. Un giorno, i tre erano riusciti a gabbare un mercenario ed erano riusciti a rubare tutto il suo armamento con l’intenzione di barattarlo con del cibo, ma il mercenario li aveva raggiunti e, se Naruto non fosse intervenuto quel giorno, loro sarebbero stati uccisi da quel mercenario. Quel giorno, Naruto dette loro la possibilità di scegliere fra una vita di stenti oppure seguirlo, loro scelsero quest’ultima opzione.

Koichi, Masato e Rina non si pentivano assolutamente di quella scelta e per questo, decisero di comportarsi in maniera degna e di rivolgere al loro benefattore un ultimo rispettoso saluto. Nonostante le lacrime, i tre si abbassarono in un profondo inchino per ringraziarlo.

«Grazie di tutto.»

Naruto allora decise di lasciare delle ultime raccomandazioni a tutti loro. Non sapeva se li avrebbe mai più incontrati, perciò voleva che si ricordassero di lui come una brava persona che li aveva salvati dalla miseria non per pietà, ma perché aveva deciso di credere in loro, come nuovi recipienti che portavano avanti la filosofia del maestro Jiraiya.

«Mi raccomando, Masato. Prenditi cura di te stesso e dei tuoi compagni. Sono sicuro che un giorno riuscirai a diventare un grande shinobi.»

Poi toccò alla ragazza.

«Non cambiare mai, Rina. Sei una ragazza energica e gentile, solo cerca di essere meno ansiosa.»

Infine al ragazzino dagli occhiali.

«Koichi. Sai già che cosa voglio dirti, perciò non aggiungerò altro. Riferisci a Konan della mia decisione e aiutatela nella protezione del tesoro della Pioggia.»

Koichi alzò il capo verso il suo maestro e gli annuì.

«Lo farò!»

Era giunto il momento di andarsene via.
Naruto raggiunse i suoi compagni e iniziò ad avviarsi verso il villaggio della Foglia.

I tre ragazzini erano rimasti immobili a osservare il loro benefattore andarsene via. Tutti e tre sapevano che era quello il suo posto, con i ninja della Foglia e loro dovevano rispettare la sua scelta, ringraziarlo e proseguire nella loro vita, con le basi che erano state loro impartite.

«Grazie di tutto, maestro Naruto!!» urlarono Masato e Rina.

Naruto non si voltò verso di loro, ma si limitò ad alzare il braccio per fare cenno di salutarli. In realtà, egli stava piangendo in maniera copiosa e singhiozzante che la sua immagine strideva completamente con quel giovane shinobi dalla potenza sovrumana che aveva combattuto prima contro Sasuke; il pianto infantile di Naruto durò fino a quando il gruppo non si addentrò nella foresta, quando dei tre ragazzini non vi era più la minima traccia.

«E dacci un taglio! Sei imbarazzante!» lo rimproverò Sakura.

«Ma mi mancano!!» si giustificò Naruto sofferente.

Una scena buffa, molto rara e non vissuta da molto tempo dai membri di quella generazione del villaggio della Foglia.

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Capitolo 25
*** L'UOMO CHE VIVEVA NELLA LUCE E QUELLO CHE VIVEVA NELL'OSCURITA' ***


Il gruppo della Foglia proseguiva a passo molto lento lungo l’immensa foresta della nazione del Fuoco. Il motivo per cui il gruppo proseguisse a quell’andatura era dovuto soprattutto al fatto che Naruto non si era ancora ripreso del tutto dall’imminente operazione per estrarre il veleno dal suo corpo, ma anche per stare al passo di Kakashi, che portava sulle spalle l’ex membro della squadra speciale di Sasuke, ovvero Karin.

In un qualsiasi altro frangente, il gruppo si sarebbe fatto prendere dalla fretta pur di raggiungere il villaggio, ma considerata la dipartita di Danzo, ritenevano che non ci fosse alcun pericolo e che il vero leader di quest’ultimo fosse lì in mezzo a loro.

Di conseguenza, i membri del gruppo ne approfittarono per lasciare sciogliere la tensione e discutere con leggerezza fra di loro e con l’amico che non vedevano da così tanto tempo.

«Certo che quando ti sei imposto per non farci combattere con Sasuke, mi ha fatto venire i brividi.» aveva commentato con sprezzo Chouji.

«Ma come diavolo hai fatto? Spiegacelo!» insistette Ten Ten.

Naruto grattò il capo con evidente imbarazzo. Gli era ancora difficile muoversi come avrebbe voluto, per questo si aiutava nella camminata con un lungo ramo che aveva raccolto per la strada.

Solitamente, il potere taumaturgico di Karin aveva un effetto taumaturgico totale, ma solamente quando esso veniva spinto all’azione completa da una forte dose di adrenalina, proprio come poteva accadere durante un combattimento. Il caso di Naruto era completamente diverso e serviva un poco di tempo, prima che gli effetti del veleno svanissero dal sistema sanguinino per dare la possibilità alla volpe di fornire energia al proprio carceriere.

Naruto poi si voltò verso i suoi amici per chiedere spiegazioni; in realtà, non aveva la più pallida idea di che cosa stessero parlando, così chiese loro di spiegarsi meglio sulla faccenda, senza risparmiarsi dai dettagli.

«Io avrei fatto una cosa del genere?» domandò lui sorpreso.

«Mi prendi in giro?! Non posso credere che nemmeno te lo ricordi!» sbottò Ino con sguardo arcigno.

I compagni non ottennero nessun’altra spiegazione in merito a questa faccenda e Naruto non riusciva proprio a spiegare come aveva fatto a manifestare una così potente ambizione per potere sedare i loro animi; era chiaro che lo avesse fatto in maniera inconscia.

Qualcuno tentò di insistere sul punto, ma dopo i continui commenti negativi da parte del confuso Naruto, venne invitato da Shikamaru a dare un taglio con quell’argomento, poiché a senso unico.

Era proprio il caso di parlare di altro.

«Allora, Naruto. Hai pensato a che cosa dire ai consiglieri per poterti re-integrare come ninja della Foglia?»

Silenzio totale da parte del gruppo; erano proprio curiosi di sapere come avrebbe fatto.

L’amico però gli stupì, come sempre.

«La verità, è ovvio.» rispose Naruto ridacchiando.

I suoi amici erano rimasti senza parole, mentre lui continuava ad arricchire le sue motivazioni.

«Non penso che faranno troppo chiasso, non appena sapranno quello che è veramente successo. Vedrete che riavrò il mio copri-fronte in men che non si dica!»

Preoccupazione al mille per mille.

Tutti loro erano coscienti che non era per nulla semplice riuscire a ottenere a un responso positivo dal consiglio e il fatto che Naruto prendesse alla leggera quell’aspetto era certamente un ulteriore motivo di preoccupazione per tutti loro.

«Guarda che i consiglieri non sono degli allocchi. Dovrai inventarti una scusa migliore. Ti consiglio di ingaggiare un difensore, altrimenti penso che ti rinchiuderanno in una cella per sempre.» precisò Shikamaru.

A quel commento, il viso di Naruto si deformò in una strana espressione..

«Un che?» ripeté lui, facendo una smorfia amorfa.

Poi Naruto scoppiò a ridere e a mostrare la sua incredibile leggerezza.

«Che me ne devo fare? Io mi so difendere da solo!»

Shikamaru si mise una mano in viso, esasperato al solo pensiero che avrebbe apprezzato la versione precedente di Naruto, più malvagia, questo era certo, ma almeno meno stupida.

«Stai scherzando, vero? Con il carattere che ti ritrovi, potresti mandare al diavolo il consiglio non appena la situazione inizierebbe a scaldarsi.»

«Shikamaru ha ragione! Non dovresti prendere la situazione così alla leggera!» si aggregò Chouji.

Naruto si mise a ridere. Gli sguardi preoccupati degli amici avrebbero dovuto renderlo quanto meno inquieto, ma non voleva essere più l’origine della preoccupazione dei suoi amici. Non poteva farli preoccupare ulteriolmente, dopo tutto quello che era successo; lui stesso non riusciva ancora a strapparsi di dosso quel profondo senso di rimorso.

«Non pensiamoci per il momento! Qualcosa mi inventerò, tranquilli!»

Naruto era più che determinato a non fare preoccupare mai più i suoi amici e per questo aveva deciso di mettersi a parlare di altro, così da evitare ulteriori risposte a domande scomode su quell’argomento.

«Sono già iniziati i lavori per la ricostruzione?»

La maggior parte dei presenti fissò perplessa l’amico e per qualche istante non fu in grado di rispondergli, causa il repentino cambio di argomento. Qualcuno fra i più ostinati tentò di controbattere su quella decisione, ma si era beccato un’occhiataccia da parte di Kakashi, come forma deterrente per arretrare tali questioni, dato che quello non era né il luogo, né il momento per discutere.

«Quindi hai saputo della distruzione del villaggio.» constatò Shino.

«Sì, me lo ha raccontato Nagato, quando combattemmo al villaggio della Pioggia.» spiegò Naruto.

Un attimo di smarrimento per l’intero gruppo; di chi stava parlando.

Kakashi intuì quel disagio e si apprestò a risolvere quei dubbi in maniera tempestiva.

«E’ il vero nome di Pain.»  

«Proprio così. - aggiunse Naruto. Ma è andato tutto distrutto? Non si è salvato nulla?»

«Solo la montagna degli Hokage.» comunicò Shikamaru.

Era proprio strano che si parlasse di Pain di una così tale leggerezza. Nessuno poteva dimenticare l’immane odio covato nei confronti di quell’uomo che aveva raso al suolo la loro terra, per questo motivo non si riusciva ad accettare che colui che aveva battuto Pain, ne parlasse con una strana tendenza al rispetto. Per questo motivo, i membri del gruppo chiesero spiegazioni a Naruto e quest’ultimo raccontò loro della redenzione di Nagato e del suo sacrificio per rimediare al male fatto, riportando in vita i ninja della Foglia che aveva in precedenza ucciso.

«Madara lo aveva manipolato per i proprio scopi. E’ tutta colpa sua.» lo difese alla fine Naruto.

Shikamaru invece si era soffermato su un punto molto importante in tutto quel racconto.

«Sarà come dici, ma ciò non toglie che parte della responsabilità è da attribuire alle cinque grandi super potenze ninja e alle loro continue guerre. Pain non è altro che il frutto di moltissimi conflitti con lunghissimi spargimenti di sangue.»

«E’ innegabile che la colpa sia anche della Foglia. Per questo, una volta sconfitta Akatsuki, dovremmo iniziare a pensare a come evitare la nascita di un altro Pain.» aggiunse Neji.

Naruto sorrise. I suoi amici erano davvero cambiati da come se li ricordava. Era evidente che anche loro erano maturati a seguito dei numerosi eventi che erano capitati.

«Sono d’accordo. Insieme ci riusciremo.» esclamò infine.

Altro momento di alta comprensione fra i membri della squadra della Foglia, dopodiché Naruto ebbe spazio per togliersi un dubbio che attanagliava il suo cuore fin dal primo momento in cui aveva saputo della distruzione del villaggio.

«Ma Ichiraku ha riaperto, non è vero?»

Una domanda che scatenò l’ilarità generale, perché nessuno si aspettava di una mossa del genere da parte di Naruto. Ognuno dei presenti si era reso conto che l’amico era cambiato sia dai tempi in cui militava in Akatsuki, sia dai tempi di quando erano dei semplici genin. Era come se Naruto fosse tornato l’allegro ragazzino dei tempi dell’accademia, quando ancora era un moccioso spensierato e desideroso di attenzioni e non aveva ancora avuto la sua prima dose di medicina di odio da parte degli abitanti del villaggio. Quello era proprio un Naruto veramente simpatico, una persona rinata che si faceva bene molto facilmente.

Mentre parte dei ragazzi e delle ragazze discutevano fra di loro, a qualche passo indietro vi erano Sakura e Hinata che si mantenevano in disparte e facevano compagnia al maestro Kakashi che era il più lento del gruppo, avendo Karin sulle spalle.

Le due amiche fissavano silenziose il clima allegro che si era andato a generare e con al centro quella persona a cui erano andate appresso per tutto quel tempo. Dopo tanta fatica, finalmente erano riuscite a portare indietro il caro amico dai capelli biondi; quella era la dimostrazione che grazie al coraggio e alla perseveranza, qualunque cosa fosse possibile.

La soddisfazione delle due ragazze era ai massimi estremi, così come lo era come quella del resto del gruppo; quello era proprio un bel risultato.

«Quanto sono rumorosi.» si lamentò Kakashi.

«Ha ragione. - commentò Sakura. Però era davvero da tanto tempo che non sentivo tanta allegria nell’aria, non è d’accordo anche lei?»

Kakashi si voltò verso l’allieva ed espresse con lo sguardo una sua corrispettiva contentezza per quel risultato raggiunto.

«Hai proprio ragione. E’ che mi ci devo solo riabituare!»

Maestro e allieva si scambiarono una risata complice nell’osservare un Naruto così allegro come non lo avevano mai visto e questo aspetto riusciva a fare dimenticare Sasuke a entrambi per qualche minuto e a godersi di quel momento così raro.

Subito dopo, Sakura si voltò verso Hinata e notò che quest’ultima era molto silenziosa e non ostentava un’evidente allegria per quella situazione. Sakura ipotizzò che il motivo fosse che l’amica non aveva ancora perdonato Naruto per essersi fatto credere morto, come larga parte di tutti, ma nonostante questo, non riusciva a inquadrare il motivo per cui l’amica rimanesse in disparte.

Dunque, Sakura si decise a investigare.

«C’è qualcosa che non va?»

La sua interlocutrice sobbalzò all’improvviso, come se fosse stata appena distolta in maniera brusca dai propri pensieri per rispondere all’amica in maniera vaga sul proprio stato d’animo.

«No, va tutto benissimo!» rispose Hinata con la voce tremante..

«Perché non vai da lui? So che sei ancora arrabbiata per quello che ha fatto, ma per il momento lascia correre e goditi il momento. Sono certa che ti vorrebbe lì accanto a sé.» suggerì l’amica.

Al solo sentire quella proposta, Hinata sobbalzò all’improvviso, calando il capo il più possibile per nascondere il volto paonazzo per l’imbarazzo, dopodiché si mise a giocare con le dita, suo segno distintivo di quando era nervosa, e a pronunciare frasi sconnesse fra di loro.

Non appena Sakura notò quell’atteggiamento, decise di prendere l’amica da parte per poterle parlare chiaro e tondo.

«Senti, Hinata. - iniziò bisbigliando. Ormai lo avrai capito anche tu che quell’idiota non farà mai il primo passo. Ormai è palese anche ai sassi che ne sei innamorata, ma se non fai tu la prima mossa, ho paura che rimarrete in un perenne stato di imbarazzo reciproco e finirete per non concludere nulla.»

Hinata ne era ben cosciente a sua volta, ma purtroppo, così come lo era Naruto, non aveva abbastanza preparazione mentale per potersi dedicare esclusivamente ad avvicinare il suo amato, senza che ci fosse una situazione di emergenza in mezzo. In fondo, i momenti che avevano trascorso assieme si erano manifestati sempre quando erano in mezzo a una situazione più grande di loro due messi assieme, ma ora che si prospettava della sana normalità per gestire i rapporti interpersonali, il dubbio restava se sarebbero stati capaci di avvicinarsi l’uno all’altro.

A causa di cotale afflizione, Hinata chiese aiuto all’amica.

«Che faccio, Sakura? Io ci voglio riuscire a tutti i costi!» bonfocchiò lei.

Sakura aveva la soluzione al suo problema a portata di mano.

«Buttati! Tanto lui ti adora, non ti rifiuterà nulla. Invitalo a mangiare ramen da Ichiraku. Potrebbe essere il miglior punto di partenza.»

Quando si trattava delle questioni di cuore dei suoi amici, Sakura Haruno era la miglior consigliera esistente, con la risposta sempre a portata di mano per qualunque situazione immaginabile nel rapporto di coppia. I guai avvenivano quando si trattava della sua situazione sentimentale: in quel caso era un vero e autentico disastro.

Hinata sembrò apprezzare il consiglio ricevuto dall’amica e si convinse che sarebbe stato molto utile proporre una serata a mangiare ramen con Naruto, al fine di migliorare il loro rapporto. Al solo pensiero di tale opportunità, la mente della ragazza iniziò a viaggiare verso quell’idilliaca serata in cui entrambi mangiavano ramen dopo una lunga passeggiata, poi facevano un giro al centro e concludevano la serata con un gelato, infine Naruto l’avrebbe accompagnata a casa e durante il tragitto, l’avrebbe tirata in un vincolo per baciarla con passione.

Al solo pensare a una scena del genere, Hinata avvampò così tanto che le fuoriuscì del fumo dalle orecchie; adesso era ancora più determinata a farsi avanti.

«Sì, glielo chiedo!» sbottò lei infine.

Sakura rimase molto sorpresa di vedere l’amica in un continuo mutamento di emozioni, ma si rallegrò non appena udì la sua decisione.

«Brava, Hinata! Mi piace la tua determinazione!»

Dopodiché Sakura avvolse con un braccio l’amica e ne indirizzò lo sguardo verso il gruppetto dei ninja, dove c’era Naruto che stava discutendo animatamente con Rock Lee che aveva iniziato ad assillarlo sul volerlo affrontare il prima possibile.

«Forza, fatti valere!»

Sakura provò a spingere l’amica verso il gruppo, così da darle l’ennesima dose di coraggio per potere dare il via alla conversazione, ma quando si accorse che l’amica non si era mossa di un millimetro, capì che ci fosse ancora qualcosa che non andava proprio. Non appena si voltò verso l’amica per chiederle spiegazioni, si accorse che questa si era completamente ritirata nel suo pullover.

«Forza, vai!» ripeté.

Un nuovo tentativo di spinta, ma Hinata fu irremovibile.

«Insomma, Hinata! Che ti prende? Non avevi detto che glielo volevi chiedere?»

Sakura stava iniziando a perdere la pazienza.

Hinata non le prestò ascolto e ben presto si prodigò a dare una spiegazione del suo comportamento.

«Ora?»

Sakura la fissò con sguardo interrogativo; non riusciva proprio a capire come potesse esistere una persona così ricca di controsensi e imbarazzo come la sua amica.

«Perché quando volevi dirglielo?»

Il viso di Hinata era ormai tutto rosso. L’imbarazzo aveva superato il limite supremo della tolleranza della povera ragazza.

«Non sono pronta ora! Non è il momento giusto!» obiettò lei.

Sakura si mise una mano in testa; l’esasperazione stava per divorarla dall’interno.

«Non puoi dire sul serio! Se non glielo dici adesso, perderai l’occasione, perché poi succederà il casino appena arriveremo al villaggio. Diglielo adesso, forza!»

Hinata ne era ben cosciente sul punto appena illustrato dall’amica, eppure non riusciva proprio a manifestare la sua volontà con delle parole, perché l’imbarazzo era tale da essere ritenuto il suo avversario più grande. Questo aspetto la faceva soffrire molto.

«Lo so. Ma non posso adesso. Q-qui, davanti a tutti. E’ troppo imbarazzante per me.» piagnucolò Hinata.

Sakura era rimasta spiazzata, ma non poteva certo biasimare l’amica sul fatto che chiedere un appuntamento al ragazzo di cui si era innamorata fosse un momento così intimo che non andava condiviso con nessuno.

A un certo punto, però, il cielo volle che il destino lavorasse al posto di Sakura e che il gruppo si fosse accorto che Sakura e Hinata erano rimaste indietro, così Naruto aveva deciso di richiamarle.

«Hey, ragazze. C’è qualcosa che non va?»

Un’occasione ghiotta per tirare in ballo la questione e dare quell’input in più all’amica per riuscire a realizzare il suo obiettivo di invitare l’amato a mangiare ramen.

«In effetti c’è Hinata che vorrebbe parlarti, quindi da bravo vieni qui e ascoltala con attenzione.» dichiarò Sakura, rivolgendosi a Naruto.

Era stata una mossa subdola, dannatamente subdola. Sakura però sperava che il fine giustificasse i mezzi e anche se Hinata la fissava sofferente e triste per quel colpo basso, era convinta che avesse fatto la mossa giusta.

«Sa-sakura!» si lamentò Hinata a bassa voce.

L’imbarazzo era addirittura più ampio di prima, tanto che se Naruto si fosse azzardato ad avvicinarsi a loro, Hinata sarebbe potuta persino svenire di fronte a tutti, facendo la figura dell’allocca; lei non voleva affatto che Naruto la considerasse una stupida.

In quel momento il suo amato prese parola, rivolgendosi proprio a lei.

«Che cosa mi devi dire?»

Hinata indugiò per qualche istante. Fare l’invito era fuori questione, perché non voleva proprio che l’emozione prendesse il sopravvento, così da fare una pessima figura di fronte a tutti. Per tanto, decise di optare per un commento del tutto disinteressato e che forse, poteva veramente esprimere il suo vero senso di sollievo, mano a  mano che si avvicinavano la Foglia assieme a Naruto.

Lo sguardo dei presenti era tutto diretto su di lei, perciò doveva riuscire a concentrare tutte le sue forze su quello che aveva da dire, sperando che non risultasse strana agli occhi di tutti, dato che teneva la testa abbassata; se avesse incrociato lo sguardo di Naruto, sarebbe probabilmente scappata via.

Sakura poggiò una mano sulla spalla di Hinata per darle coraggio, così quest’ultima si decise finalmente a prendere la parola.

«Ecco… - cominciò Hinata. Volevo dire qualcosa che penso sia il pensiero di tutti. Sono veramente felice che tu stai tornando al villaggio dopo così tanto tempo.»

Non era proprio quello che il resto del gruppo si aspettava di sentire da parte di Hinata, ma quelle parole avevano certamente fatto centro. Naruto infatti aveva reagito con evidente imbarazzo a quello che gli era stato appena detto e non aveva dato alcun motivo per nasconderlo, iniziando a grattarsi nervosamente la nuca e ridacchiando fra sé.

Sakura tirò un profondo respiro di rassegnazione. Ormai le era chiaro che le decisioni all’improvviso non erano proprio fatte per Hinata, ma almeno quest’ultima si era fatta valere in un altro senso; era dunque giunto il momento di darle una mano.

«Hinata ha proprio ragione. Se penso che è passato quasi un anno da quando abbiamo iniziato a darti la caccia, è veramente sorprendente vedere come sei cambiato. A quei tempi eri proprio un’altra persona, un vero demonio.»

Per Naruto era una fitta immensa di dolore ricordare quello che aveva fatto ai suoi amici a quei tempi. Lui sapeva benissimo che non aveva altra scelta, se non comportarsi in quel modo, ma gli faceva male lo stesso pensare che aveva trattato i suoi amici come degli oggetti, sperando sempre egoisticamente nella loro comprensione e perdono.

«Ecco. A proposito di quello e della storia della mia morte. Vorrei dirvi una cosa, mentre siamo tutti assieme.»

Attenzione totale da parte di ogni membro del gruppo.

«Ancora con questa storia? Mi pare che ne abbiamo parlato più che a sufficienza!» si lamentò Neji.

Lo Hyuga continuava ancora a nutrire rancore nei suoi confronti, a causa dell’immane dolore provato dalla cugina per colpa sua; non sarebbe stato facile per lui riuscire a soprassedere a quello che era successo e ad accettare che la cugina si avvicinasse troppo a quell’amore così tanto doloroso per se stessa.

Tutti sapevano quello che si annidava nel cuore di Neji, per questa ragione si ponevano come mediatori fra lui e Naruto, dato che il risentimento covato dal primo era così forte che sarebbe dovuto passare molto tempo, prima che se ne facesse una ragione.

«Andiamo, Neji. Non pensi di avere tenuto il broncio per fin troppo tempo?» sbottò Rock Lee in merito alla questione.

Il viso di Neji si deformò in un’espressione contorta di disgusto e stupore per il modo in cui Naruto veniva difeso dalla maggior parte dei membri del gruppo e lui non riusciva a capire come quelle persone riuscissero a ignorare tutto quello che avevano passato, solo perché il reale sentimento di gioia ottenebrava la loro ragione. Anche Neji era felice che Naruto fosse ancora vivo, ma purtroppo la sua devozione alla protezione della cugina lo obbligava a prendere la parte del cattivo, sebbene realista shinobi.

Naruto lanciò uno sguardo a Neji, il quale si era messo in disparte dal resto del gruppo, e decise che avrebbe dovuto scambiare qualche chiacchiera con lui in privato, altrimenti gli animi bollenti non si sarebbero mai sedati.

In quel momento, però, Naruto decise di concentrarsi sul resto dei suoi amici.

«Abbiamo già parlato della mia missione segreta per spiare Akatsuki, ma nonostante il fatto che ci siano delle giustificazioni, non riesco a togliere dalla mente i ricordi dei nostri combattimenti. - iniziò Naruto. Assalire un compagno è qualcosa di imperdonabile, soprattutto nel modo in cui l’ho fatto, anche se mi ricattavano. Questo non me lo potrò mai perdonare.»

Era abbastanza evidente a tutti quanti che il dolore provato dall’amico per quella questione era sincero e per questa ragione i membri del gruppo provarono a sollevare il morale dell’amico, dato che nessuno di loro, dopo avere saputo ciò che c’era stato dietro a quei comportanti, covava più risentimento nei suoi confronti.

«Non è da te affliggersi in questo modo, Naruto.» commentò Ino.

«Già infatti. Non saresti il Naruto che tutti conosciamo, se continuassi con questo atteggiamento così negativo. Anzi, sei finalmente tornato quell’amico di un tempo con cui combinavo marachelle, quando eravamo bambini.» aggiunse Shikamaru.

«Già, infatti! Ti ricordi tutti gli scherzi che facevano e le nostre fughe dal maestro Iruka? Che bei tempi.» sbottò Kiba.

Naruto sorrise; era bello sapere che i suoi amici non gli portavano rancore per gli avvenimenti del passato. Nonostante questo, lo stesso atteggiamento non si poteva confermare per la questione della morte inscenata e di questo Naruto ne aveva la certezza, per questo motivo egli reputava che era necessario prendere le dovute misure di sicurezza per proteggere i suoi compagni ancora una volta.

«Ascoltatemi tutti.» incominciò lui.

Una volta ottenuta l’attenzione generale ancora una volta, egli assunse un’espressione molto truce e che però nascondeva una grande sofferenza per quello che stava per dire. La sua, era una decisione sofferta, ma che era reputata giusta, in quanto modo migliore da lui ritenuto per espiare la sua grande colpa nell’avere preso in giro i suoi amici e di averli fatti soffrire così tanto, fin dai tempi che erano alla sua ricerca.

«Da ora in poi, non dovete più avvicinarvi a me per nessun motivo. Madara farà di tutto pur di prendere l’Ennacoda che c’è dentro di me e io questo lo devo assolutamente impedire. Non posso più permettere che si ricapiti la stessa situazione con Pain.»

Ovviamente tutti loro erano rimasti sorpresi da quella richiesta e chiesero di conseguenza le dovute spiegazioni.

Come al solito, fu Shikamaru a mettere fuori un punto ben concreto e che strideva per l’appunto con quanto chiesto da Naruto.

«E quindi? Pretendi che facciamo finta di non conoscerti, dopo tutto il casino che abbiamo combinato? Ormai Akatsuki sa benissimo che ti siamo vicini.»

«E’ proprio per questo motivo che dovete starmi lontano! Non voglio che nessuno di voi venga più coinvolto in questa storia. Questo è un mio problema.» sbottò Naruto.

«Un tuo problema un corno!» sbraitò Sakura.

La ragazza si avvicinò a Naruto con un’aria molto feroce e lo agguantò per il bavero della maglia per avvicinarne il viso a sé, così che la sua voce squillante potesse raggiungere la sua testa dura come l’acciaio.

«Questo non è mai stato solo un tuo problema! Il nostro villaggio è andato distrutto e Akatsuki ha anche manipolato Sasuke per attaccare i cinque Kage. Questo è un problema di tutti e tu non puoi escluderci!»

«Non è questo il punto! Non posso proprio permettere che nessuno di voi venga coinvolto, per questo inizierò ad allenarmi il prima possibile per controllare al massimo il chakra della volpe.»

Sakura mollò l’amico con una forte spinta, così da farlo cadere al suolo, dopodiché si allontanò nervosa, continuando a fissarlo con aria torva per quello che stava sentendo.

«La verità è che tu ci sottovaluti ancora, nonostante tutto.» riprese poi la ragazza.

Nessuno degli altri presenti interagì nella conversazione in quel momento, il clima era fin troppo teso e le parole espresse da Sakura erano ben proporzionate all’animo generale che era stata eletta come portavoce del gruppo all’unanimità.

Sakura riprese il discorso; era sua intenzione mettere immediatamente le cose in chiaro, ora e per sempre.

«Io so benissimo che ho fatto una vera e propria cazzata, cercando di fare tutto da sola per risolvere la situazione con Sasuke. Non voglio che anche tu commetta i miei stessi errori, con le medesime conseguenze. Voglio che parli con noi, che ti confidi e che ci lasci combattere per la nostra terra e la nostra libertà!»

Non c’era alcun dubbio che l’esperienza pregressa vissuta con Sasuke, aveva permesso a Sakura di maturare quel poco che bastava per capire che il suo fosse stato un colpo di testa dovuto dal carico di stress dell’ultimo periodo e del suo grande amore nei confronti di quel pazzo omicida.

Per fortuna, l’essere umano era in grado di progredire nel pensiero, dopo avere vissuto un’esperienza tragica, migliorando sé stesso, qualora una situazione simile si palesasse in futuro; questo era proprio il caso di Sakura.

Naruto era rimasto molto sorpreso da quanto era stato detto dall’amica, per questo motivo aveva completamente dimenticato i suoi propositi e le sue paure per quello che sarebbe successo, qualora Akatsuki approfittasse delle vite delle persone a lui care, pur di giungere a lui. La determinazione che aveva visto negli occhi di Sakura, gli dette allora quella spinta a volersi per l’appunto aprire con i suoi compagni.

«Hai ragione. Ancora una volta stavo per tornare ai vecchi ragionamenti, ma il fatto che io vi voglia proteggere, non è dovuto che io vi ritengo deboli. Al contrario, il mio desiderio di proteggere quei legami che ho creato, è stato il carburante che mi ha permesso di diventare più forte.»

Era giunto per lui il momento di spogliarsi completamente di fronte ai suoi amici, altrimenti non avrebbe mai guadagnato la loro comprensione. Ormai si era reso conto che i suoi amici gli volevano troppo bene per mollarlo in un momento del genere e non ne poteva essere più felice; questo gli dava ancora più forza nel suo proposito di proteggerli a tutti i costi: per riuscirci, doveva diventare ancora più forte del suo livello attuale.

«Allora, hai finito di fare l’idiota? Perché adesso sono stufa di parlare delle stesse cose. Fidati di noi una buona volta.» sbottò Sakura successivamente.

Naruto scoppiò a ridere in una fragorosa risata, degli squilli così forti che riecheggiarono per tutta la zona, fino al punto da lasciare pensare a tutti quanti che fosse impazzito all’improvviso.

«Ma che diavolo gli prende adesso?» domandò Ino accigliata.

Naruto non la smetteva di ridere, tanto che qualcuno arrivò a tenere Sakura lontano da lui, perché continuava a esprimere la sua volontà nel volerlo colpire con tutte le sue forze, perché risultava esasperante.

Invece Hinata si avvicinò al suo amato per poterlo aiutare e capire allo stesso tempo quello che gli stava succedendo.

«Che hai, Naruto? Tutto bene?»

Allora Naruto finalmente rallentò la sua risata e, mentre si asciugava le lacrime provocate dalle forti risa, giustificava il motivo del suo comportamento.

«Scusate! Scusate!» sbottò lui ancora divertito.

Hinata lo aiutò a rialzarsi, mentre lui tentava ancora di soffocare le sue risate fra le esplosioni nevrotiche di Sakura e Ino che continuavano a venire tenute lontano da lui dagli altri, prima che potessero colpirlo, essendo lui ancora convalescente dalla precedente rimozione del veleno.

«Smettila di fare lo scemo, o non riusciremo a tenere queste due iene per molto.» si lamentò Shikamaru con l’amico.

Purtroppo però, il sentirsi dare della iena non venne molto apprezzato dalle due ragazze, le quali decisero di focalizzare la loro furia nei confronti del povero Shikamaru.

«Iena a chi?! Ma come ti permetti?!» tuonò Sakura.

Shikamaru ricevette lo schiaffo più potente della sua vita; non avrebbe mai dimenticato quel trauma. Poi ne ricevette un altro da Ino; non avrebbe rimosso dalla sua mente nemmeno quello.

«Povero Shikamaru...» fu il commento magnanimo di Chouji.

Mentre il bonario ninja si prendeva cura del suo povero migliore amico, le due kunoichi si voltarono verso Naruto e iniziano a minacciarlo di arrestare il suo comportamento nevrotico, altrimenti avrebbe fatto una fine ben peggiore di quella di Shikamaru.

«Ti conviene fare il serio, stupida testa quadra!» urlò Sakura.

«Altrimenti te lo facciamo venire noi un vero trauma!» aggiunse minacciosa Ino.

Le due ragazze incutevano così tanto timore, che Naruto fu colto dal panico e abbracciò impaurito la povera Hinata che gli stava accanto, supplicandola di proteggerla dall’ira di quei due demoni.

«Aiuto, Hinata!» piagnucolò lui.

Naruto non poteva fare una mossa peggiore.

Hinata infatti era rimasta senza parole per quel gesto e le stava venendo molto difficile credere di essere così stretta a Naruto, da sentirne persino il respiro e il profumo dei suoi capelli. L’emozione di sentirsi stretta in quella presa così calorosa per lei, fu talmente tanta che la povera ragazza perse i sensi all’improvviso, grata a qualunque divinità esistente per averle permesso di vivere un’emozione del genere.

Naruto si accorse subito che la ragazza era svenuta e stupidamente si mise a urlare ai quattro venti quello che stava succedendo.

«Hey, Hinata! Hinata! Che ti succede? Perché non rispondi?!» la richiamò il ragazzo.

A quel punto, ad assalire Naruto non furono unicamente Sakura e Ino, ma anche l’iper-protettivo Neji che si era agguantato su di lui come una tigre, iniziando a minacciarlo di morte immediata con i suoi occhi bianchi che gli perforavano l’anima.

«Lurido maiale! Che cosa volevi fare a madamigella Hinata?!» urlò Neji furioso.

Sakura e Ino si preoccuparono al punto di rincarare la dose.

«Te ne volevi approfittare, non è così?! Porco!»

Naruto provò in tutti i modi a dare una spiegazione innocente per quello che era accaduto, ma nessuno dei tre volle sentire le sue motivazioni. La sua unica via di salvezza era la fuga.

«Meglio scappare o questi mi fanno la pelle!»

Visto l’imminente pericolo, Naruto raccolse Hinata fra le sue braccia e iniziò a correre il più lontano possibile dalle indemoniate fiere che gli erano partite appresso.

Il tutto avveniva sotto lo sguardo stupefatto dei rimanenti presenti. Nessuno però si sentì obbligato a prendere le difese di Naruto o di fermare la furia dei suoi tre inseguitori, questo perché ognuno di loro stava ridendo a crepapelle; quello era proprio un bellissimo momento che ognuno di loro voleva assaporare in ogni sua sfaccettatura.

Gli unici che mantennero un poco di contegno furono Sai e Kakashi.

Il primo non riusciva ovviamente a sciogliersi per i suoi motivi personali, ovvero la sua ancora poca spontaneità a manifestare le proprie emozioni. Nonostante però si rendeva conto che quella situazione non doveva essere presa seriamente, non riusciva comunque a capire per quanto ancora dovessero tergiversare.

Sai allora si voltò verso il silenzioso Kakashi per chiedergli consiglio.

«Li vado a fermare? Non penso che possiamo prendercela così comoda, non crede?»

Kakashi scosse il capo, anche lui era molto divertito da quella situazione e gli faceva molto piacere che Naruto si stesse rapidamente abituando a un clima festoso come quello con i suoi amici.

«Lasciali divertire. Dopo tutto quello che è successo, si meritano un poco di relax.» ordinò Kakashi, rivolgendosi a Sai.

Tutto quel trambusto però, iniziò a durare per un bel poco di tempo, tanto che il gruppo si era ormai messo a ridere, che senza volerlo si era creato un piccolo accampamento e tutti, prima o dopo, si erano accampati attorno a un bel fuoco, prodotto proprio perché ormai le tenebre stavano calando. Il trambusto ormai durava per molto, causando un brusio che destò dal suo sonno persino Karin, la quale era stata poggiata su un giaciglio di fortuna con delle coperte e sempre tenuta sotto lo sguardo vigile di Kakashi.

«Dove sono?» domandò la ragazza, non appena riprese conoscenza.

La ragazza provò a mettersi seduta, ma non ci riuscì facilmente e venne aiutata da Kakashi a raggiungere il suo scopo. Una volta avere assunto la posizione desiderata, la ragazza si strofinò gli occhi, a causa del suo continuo stato di dormiveglia, poi iniziò a guardarsi in giro e a tastare il terreno vicino a sé, alla ricerca di qualcosa a lei indispensabile.

«I miei occhiali...» mugugnò lei.

La ricerca della ragazza non durò a lungo, dato che i suoi occhiali erano custoditi da Kakashi che prontamente glieli porse, dopo averne pulito le lenti con il bavero del suo mantello.

«Ecco a te.» disse l’uomo.

Una volta che Karin si mise addosso i suoi occhiali, le fu facile vedere quello che stava succedendo. Un gruppo di giovani ninja era riunito attorno a un fuoco a discutere animatamente e con gioia, mentre consumava qualche cibo in scatola che, sebbene fosse in certi versi maleodorante, non era fonte di interesse per i ragazzi, troppo presi dall’allegria generale.

Karin era rimasta ammutolita da quel clima così gioioso e per un certo tempo ammise a se stessa che le sarebbe piaciuto anche a lei essere parte di quella combriccola a festeggiare, dato che lei non aveva mai avuto dei veri amici. Ovviamente, anche se glielo avessero chiesto, avrebbe preferito farsi uccidere, piuttosto che ammettere i suoi veri sentimenti.

A un certo punto, i suoi pensieri furono discostati da un gesto fatto da Kakashi, ovvero che le aveva avvicinato una scodella di fagioli bella calda e fumante con un cucchiaio di legno a lato.

«In caso avessi fame.» spiegò l’uomo.

Solo allora Karin si soffermò a guardare quell’uomo che le stava accanto e subito lo riconobbe, dato che ricordava benissimo i volti delle persone più vicine a Sasuke, dal database di ricerca di Orochimaru.

«Tu sei il ninja copia, non è così?» domandò lei per conferma.

«Sono proprio io. Ti ha parlato Sasuke di me?»

Al solo sentire quel nome, Karin si rabbuiò all’istante e si raggomitolò fra sé, ancora dolorante per l’enorme ferita al petto che le era stata infetta da chi credeva di amare che invece l’aveva tradita.

«Non voglio sentire nemmeno nominare quello stronzo.» dichiarò lei un attimo dopo.

Kakashi si zittì. Un cuore innamorato era spesso fuorviante per il ragionamento, ma quando un cuore innamorato veniva ferito, il risentimento verso quello stesso amore era così tale che non si sarebbe mai più avuta una lettura seria e concreta di quella persona. Per questa ragione, Kakashi era certo che estorcere informazioni a Karin non era un compito che sarebbe riuscito a ottenere con l’arte della retorica; le uniche due soluzioni erano quelle di usare lo sharingan, oppure di affidarla a Ibiki, non appena giunti al villaggio: Kakashi optò per la seconda scelta.

«Ti chiedo scusa.»

Karin sembrò non udire le sue parole, poiché tornata a fissare il gruppo di fronte a sé con un’insana curiosità volta in primo luogo su quel ragazzo dai capelli biondi, il quale sulla maglia portava uno stemma che lei conosceva bene.

A un certo punto, Karin ebbe un sussulto.

«Ma quello…!»

«Cosa?»

Karin indicò per l’appunto Naruto.

«Quel biondo laggiù, lo riconosco dai database di Orochimaru. E’ uno di Akatsuki!»

Karin iniziò a tremare dalla paura. Non voleva tornare al cospetto dei suoi vecchi compagni, non voleva vederli proprio, soprattutto quel mostro senza cuore che l’aveva tradita.

Kakashi comprese il suo timore e per tranquillizzarla, le poggiò una mano sulla spalla, in modo tale di trasmetterle quella fiducia necessaria per farla calmare.

«Lo era. In realtà lavorava per la Foglia sotto copertura. Lui è un nostro alleato.»

La ragazza sobbalzò per la sorpresa di quella rivelazione, dopodiché fissò quello strano uomo mascherato per incrociarne lo sguardo, in maniera tale da capire se le stesse mentendo o meno. Una volta che ella comprese di potersi fidare, tornò a fissare quel ragazzo che tanto la incuriosiva.

«Chi è quel ragazzo?»

«Si chiama Naruto Uzumaki.» spiegò Kakashi.

L’uomo si bloccò all’ultimo momento per avere nominato nuovamente il suo vecchio allievo, ma Karin non lo degnò di uno sguardo, troppo assorta dai suoi pensieri.

In realtà, la ragazza aveva notato di essere fortemente incuriosita da quel ragazzo, dato che dal modo di atteggiarsi e dal tipo di chakra in suo possesso, poteva considerarlo come l’esatto opposto di Sasuke, poiché mentre quest’ultimo presentava un chakra freddo e oscuro, quello di Naruto era luminoso, di una luce carezzevole ed era anche caldo. Più Karin continuava a scrutare nell’animo del ragazzo, più questo suo auto convincimento si affermava, ma poi, quando giunse fino a un certo punto di analisi, percepì un profondo e denso chakra, addirittura più freddo e oscuro di quello di Sasuke; lei ebbe molta difficoltà a definire la sensazione che quell’immenso chakra provocava nel suo animo, ma essenzialmente l’unico termine che poteva attribuire a quel chakra era: una profonda massa d’odio.

Karin tremò dal terrore che potesse esistere un chakra del genere; quello non era il chakra di un essere umano, ma non poteva essere definito nemmeno allo stesso livello dell’Ottacoda: quello era un chakra a un livello sovrumano che niente o nessuno avrebbe mai equiparato.

«C’è qualcosa che non va?» chiese Kakashi, notando l’espressione preoccupata della ragazza.

«No. Assolutamente nulla.» dichiarò Karin.

Lei aveva deciso che non ne voleva sapere proprio niente su quel chakra; più stava lontano da quel chakra, più era certa che sarebbe stata lontana dai guai.
Subito dopo, Karin afferrò la ciotola con i fagioli e iniziò a mangiare sotto lo sguardo di Kakashi, il qualche continuava a slittare lo sguardo da un punto all’altro, contento che i suoi ragazzi stessero riacquistando un poco di sintonia reciproca e pensava che quella notte se la meritavano per riallacciare completamente i rapporti.

A un certo punto, Kakashi percepì una strana sensazione, come se un copioso numero di individui si stava rapidamente avvicinando verso la loro posizione. Incuriosito da chi si potesse trattare, decise di servirsi della tecnica di percezione che gli aveva insegnato tempo addietro il suo maestro, così poggiò per terra un suo dito per potere applicare la sua tecnica.

I sospetti vennero confermati appieno, anche quando Sai apparve dalle ombre al lato di Kakashi per sussurrargli quello che aveva scoperto.

«E’ la Radice.» annunciò lui a bassa voce.

Kakashi sospirò. Era certo che quel momento sarebbe giunto, dato che Danzo non c’era più e che i suoi uomini lo attendevano in trepidante attesa al villaggio per acquisire il potere.

«Lo immaginavo.» commentò Kakashi.

Sai aveva un piano per aggirare il problema e non perse tempo a fare una proposta al suo superiore.

«Posso provare a prendere tempo, ma dovete muovervi il prima possibile.»

«Non è necessario. Prima o poi doveva succedere, perciò li affronterò direttamente e parlerò con loro.» tagliò corto Kakashi.

Sai non fiatò; era molto preoccupato per questa cosa.

«Ne è sicuro?» domandò lui.

Kakashi annuì, dopodiché si alzò dalla sua postazione e si diresse verso il gruppo dei ragazzi per interrompere le festività e renderli coscienti del problema imminente.

«Hey, maestro Kakashi, Sai. Ma dov’eravate finiti?» chiese Sakura non appena li vide.

Il volti dei due ninja erano molto seri e non ammettevano alcun segno di divertimento, dato che erano coscienti di quello che sarebbe successo da quel momento in poi, sebbene fossero incerti se sarebbe scoppiato uno scontro con i ninja della Radice.

In ogni caso, era ritenuto quanto meno prudente farsi provare preparati per qualche evenienza; Kakashi lo sapeva molto bene.

«Abbiamo un problema.» annunciò subito dopo ai ragazzi.

D’un tratto, tutta l’allegria che si era espansa attorno a quel fuoco scemò e gli sguardi allegri dei commensali si erano improvvisamente incupiti e diretti verso la persona che aveva smorzato i loro animi.

«Che succede?» chiese Shikamaru.

Kakashi iniziò a spiegare a tutti dell’imminente pericolo con la sua tipica calma carezzevole.

«Succede che fra non molto verremo circondati dai ninja della Radice. Ho chiesto a Sai di cospargere la zona di alcuni suoi animali d’inchiostro nell’evenienza che qualcuno ci cogliesse di sorpresa.»

Ad un tratto, venuti a conoscenza dell’imminente pericolo, coloro che possedevano doti sensoriali di ogni tipo si prodigarono a verificare la veridicità delle parole del loro superiore, più che altro perché infastiditi che la loro piccola festicciola si fosse già conclusa, a causa di quelli che potevano essere definiti come dei grandi scocciatori.

«Stando a quello che vedo, sono tutti bene armati e pronti a combattere.» fu il commento di Neji.

«E sono tutti delle forze speciali! Oh, mamma!» aggiunse Hinata preoccupata.

A tal proposito, Naruto si intromise nella discussione con un ghigno malefico sul viso.

«Che vengano! Sono pronti a fargli il culo!»

«Ben detto, compare! Non ci sono problemi!» si aggiunse Kiba, pronto a dare battaglia.

Molti invece credevano che partire subito con l’attacco non era una mossa molto saggia e per tanto si premurarono a suggerire ai due che volevano menare le mani un’altra opzione.

«Forse sarebbe meglio lasciare fare al maestro Kakashi, non credete, ragazzi?» propose Hinata.

«Ti fai troppi problemi, Hinata! Che saranno mai quattro ninja! Anche se sono delle forze speciali, non ci possono battere.» ribatté Kiba.

«Infatti! Come se mi spaventassero questi bambocci!» aggiunse Naruto.

Ai due ragazzi si aggregò anche Rock Lee, ansioso di potere mettere in pratica le sue abilità, per non lasciarsi mettere da parte dagli altri due amici.

Prima però che i guerrieri ingaggiassero battaglia, Sakura li colpì alla testa provocando loro un grande bernoccolo, in maniera tale da impartire la lezione di riflettere, prima di partire in quinta in ogni situazione.

«Vedete di crescere, brutti idioti.» li rimproverò Sakura.

«Mi hai fatto male, Sakura.» piagnucolò Naruto, toccandosi dolorante la testa.

Il ragazzo soffriva per il bernoccolo accanto a Kiba e Rock Lee che avevano subito la medesima sorte.

«Zitto! - alzò la voce Sakura. Non capisci che sei già in una situazione drastica per il villaggio? Ci manca solo che ti metti a combattere contro alcuni di loro.»

Non passò molto tempo, prima che la discussione del gruppo si arrestasse completamente, nel momento in cui tutti quanti si erano resi conto di essere stati rapidamente circondati da una decina di shinobi della Radice nascosti fra le fronde degli alberi, abbracciati dall’oscurità che ne celava in maniera malevola la loro posizione.

«Ci hanno circondato così rapidamente.» commentò Shino impressionato.

«E quanti sono! Accidenti!» aggiunse Chouji.

Lo scoppiettare del fuoco illuminava per qualche istante le figure nascoste nell’oscurità, le quali rimanevano immobili e in silenzio, senza muoversi di un minimo centimetro, come se scrutassero dalla loro posizione i loro obiettivi, al fine da carpirne le loro intenzioni; una tattica che veniva adottata in maniera complementare anche dal gruppo che era circondato e che si era rapidamente raccolto in un unico punto, pronto a reagire in qualunque momento, nell’eventualità che venissero attaccati. Quella situazione di stallo durò per qualche abbondante quarto d’ora.

A un certo punto, Ino si era stretta dietro Sai e ne richiamava l’attenzione, poiché aveva notato il suo sguardo perso su un punto indefinito della foresta.

«Hey, stai bene?» gli chiese lei.

Sai si destò un attimo dopo per rispondere a quella domanda.

«Stavo guardando i miei compagni d’armi. Tutto qui.»

Ino non capì benissimo dove volesse andare a parare quel ragazzo, ma dal suo sguardo proveniva una strana luce che non aveva mai visto in lui. In quel momento, se in Ino fosse mai venuto un dubbio che Sai potesse fare il doppio gioco, dopo quello sguardo avrebbe cancellato quell’ipotesi e confermato la sua fiducia nei suoi confronti.

«Senti, Sai. Non è che potresti parlare tu con questi tizi? Dopotutto sono tuoi amici.» suggerì Kiba a bruciapelo.

«Potrei. - commentò Sai. Ma non penso proprio che vogliano sentire una mia spiegazione, dato che non sono miei amici e che mi considerano un traditore.»

«Beh, posso di certo biasimarli, dato che ne hai combinate di cotte e di crude negli ultimi tempi.» commentò Kiba ridacchiando.

«Dacci un taglio, Kiba! Non puoi dare delle colpe a Sai per quello che è successo. Non sarà stato facile per lui voltare le spalle alla Radice. Cerca di avere un po’ di tatto!» lo sgridò Ino.

Non lo era stato affatto, pensò Sai. Quando aveva deciso di disubbidire agli ordini di Danzo, sapeva che in un modo o nell’altro, sarebbe giunto un giorno il momento di subire le conseguenze delle sue azioni, ma non gli importava molto venire ucciso da una squadra dei suoi ex compagni, perché avrebbe tenuto fede ai sentimenti che provava nei confronti dei suoi amici; sarebbe morto con il sorriso sulle labbra, pur sapendo che era riuscito ad aiutare i suoi amici e che questi ultimi lo continuassero a ritenerlo tale: loro erano il legame più prezioso che possedeva. Sai comunque non sarebbe mai stato in grado di dire tutto quello che pensava ai suoi amici, perché i vecchi residui dell’addestramento della Radice non sarebbero mai svaniti nel nulla e lui non voleva proprio sputare sulla mano che lo aveva sempre nutrito.

Lui era comunque grato a Ino per averlo difeso davanti a tutti in quel momento. Non sapeva proprio perché lo avesse fatto, ma lo aveva apprezzato molto: Ino era veramente una ragazza dal cuore gentile, fu il suo pensiero.

A un certo punto, dall’oscurità emerse la figura di uno shinobi della Radice che Sai conosceva molto bene. Sarebbe stato quell’uomo a prendere le veci dei suoi compagni.

«Buonasera, capo-istruttore Hyo.» lo chiamò Sai, non appena ne riconobbe la maschera che indossava.

L’uomo mascherato alzò lo sguardo verso il vecchio allievo e nel silenzio tombale di tutti quanti, prese finalmente parola.

«Sai, dimmi dove si trova sua eccellenza, Danzo.»

Sai attese qualche momento per comunicare la risposta a quella domanda; anche per lui era difficile comunicare la triste notizia ai suoi vecchi compagni, ma era necessario farlo e parlare in maniera decisa, prendendo l’iniziativa.

«Lord Danzo ha perso la vita in battaglia. E’ stata Akatsuki a ucciderlo i battaglia.» annunciò infine.

La notizia della dipartita del loro capo lasciò i ninja della Radice in un profondo stato di sorpresa, tanto che i bisbigli di coloro che si celavano nelle ombre potevano essere sentiti molto facilmente da tutti gli altri presenti.

«State zitti!» tuonò a un certo punto lo shinobi chiamato Hyo.

Anche lui era rimasto scombussolato per avere appreso in maniera così truce della morte del suo superiore, tuttavia riuscì a mantenere la sua compostezza e a chiedere a Sai maggiori dettagli su quanto era accaduto.

«Hai detto che è stata Akatsuki a ucciderlo, non è così? Che fine hanno fatto Fu e Torune? Voglio maggiori dettagli su quello che è successo a sua eccellenza.»  

Sai non ebbe problemi a riferire tutto quello da lui appreso da Kakashi, riguardo alla sorte di Danzo. Egli raccontò dello scontro con Sasuke Uchiha e della dichiarazione di quest’ultimo di essere riuscito a uccidere l’anziano ninja.

I ninja presenti ascoltarono in silenzio il suo resoconto, restando continuamente sbalorditi da come un semplice ragazzino fosse riuscito a sconfiggere un ninja così esperto come Danzo, il quale, nonostante la veneranda età, non era certo un avversario da sottovalutare.

«Assurdo. Quindi Sasuke ha davvero ucciso Danzo.»  commentò Neji.

«C’era davvero bisogno di arrivare a tanto?» aveva commentato Ten Ten.

Nessun rispose. Di certo, per quanto Danzo fosse stato un capo crudele e privo di ogni pietà, era innegabile quanto ci tenesse alla sicurezza del villaggio della Foglia. Magari i suoi metodi erano poco ortodossi, ma le sue intenzioni erano delle più nobili.

Di questo, Kakashi ne era più che certo, sebbene ne avesse passate di cotte e di crude per colpa di quel vecchio ninja. Lui comprendeva benissimo le sue ragioni e per questo motivo, sentiva che portargli il dovuto rispetto era un obbligo.

«Danzo è stato un prode ninja della Foglia e farò di tutto, purché venga ricordato ai posteri.» dichiarò lui infine.

Nessuno rispose, poiché rimasto sorpreso da quella dichiarazione da parte dell’avversario politico di maggiore rilievo del deceduto.

Persino i ninja della Radice, tramite il loro portavoce, avevano apprezzato le loro parole.

«E il corpo?» domandò Hyo.

Era molto importante recuperare il cadavere di un grande ninja, era la prassi di ogni shinobi che voleva proteggerne i segreti, soprattutto se il corpo in questione era uno che aveva trasceso i limiti dell’umanità come quello di Danzo.

Sai scosse il capo.

«Nessuna traccia. E’ molto probabile che il nemico lo abbia fatto sparire, prima del nostro arrivo.»

Ancora una volta, l’uomo mascherato non si scompose, proprio come il tipico comportamento di un ninja della Radice.

Prima però che il ninja potesse proferire parola, Sai aveva preso l’iniziativa per potere esternare tutto ciò che pensava fosse lecito fare da ora in poi per la Radice.

«Mi ascolti, capo istruttore e anche tutti gli altri compagni della Radice.» incominciò il ragazzo.

Una volta ottenuta l’attenzione generale, Sai fu finalmente in grado di raccogliere la determinazione che gli serviva e parlare chiaramente a tutti loro, proprio come avrebbero fatto i suoi determinati amici in una questione importante per loro; stava prendendo esempio da loro per potere crescere.

«Ritengo che la Radice debba aprirsi al dialogo per sopravvivere, proprio per mantenere fede alla volontà di sua eccellenza Danzo. Per poterlo fare, è necessario che la Radice si apra con il nostro nuovo Hokage.»

A quel punto, Sai alzò il braccio in direzione del maestro Kakashi e continuò a parlare.

«Kakashi Hatake è stato scelto dal consiglio dei cinque Kage come nuovo Hokage. E’ lui che adesso dobbiamo servire per il bene del villaggio e adempiere al nostro compito.»

Il discorso di Sai si era concluso.

I suoi amici erano rimasti molto ammaliati da quanta determinazione aveva messo nelle sue parole e non potevano evitare di sentirsi fieri di Sai e felici che finalmente avesse messo da parte la sua stoicità per abbracciare la sua vera essenza, ovvero quella di un essere umano con le sue emozioni.

Fu il turno del ninja della Radice di parlare, mantenendo la sua perenne secchezza di emozione.

«Quindi è così che stanno le cose? Hanno scelto te come il nuovo capo del villaggio?»

Questa volta Hyo si era rivolto direttamente a Kakashi.

Dal canto suo, Kakashi era alquanto nervoso per essere stato coinvolto in una discussione così importante e stava maledicendo mentalmente il povero Sai per averlo tirato in ballo, senza averlo nemmeno consultato a priori. Lui non era mai stato il tipo abituato all’attenzione di così tanta gente in un unico colpo, per questa ragione all’inizio arrancò nel promulgare le sue intenzioni in merito alla questione della Radice.

Il silenzio iniziale da parte del futuro Hokage preoccupava moltissimo tutti i presenti, tanto che a un certo punto, Sakura dette un leggero colpo di gomito al braccio del suo maestro, così da farlo destare dal flusso dei suoi pensieri ed evitare una pessima figura.

«Dica qualcosa o non usciremo più da questa situazione.» gli sussurrò Sakura.

Kakashi sapeva benissimo che l’allieva avesse ragione, così decise di proferire finalmente parola, in modo da risultare il più sintetico possibile ed essere allo stesso tempo esaustivo per quegli ospiti così inattesi.

L’uomo schiarì la voce e finalmente iniziò a parlare a tutti i ninja della Radice.

«Ascoltatemi. - iniziò lui. Non so quello che succederà alla politica del villaggio da ora in poi, indipendentemente se l’Hokage sia io o chiunque altro. Ma adesso abbiamo un nemico comune da sconfiggere e tutte e cinque le grandi terre dei ninja si sono riunite per combattere assieme.»

Kakashi iniziò a muoversi attorno al fuoco per scrutare ogni ninja lì presente, indipendentemente dalla fazione da lui occupata. Il suo discorso doveva coinvolgere ognuno di loro, così da far capire le sue intenzioni e che nei risvolti futuri si sarebbe generata una profonda serie di gravissimi eventi: dovevano essere tutti pronti.

«Quello che serve a tutti noi è restare uniti e lavorare in sinergia per proteggere il mondo dove viviamo, anche se questo mondo non ci piace. I nostri predecessori hanno dato la vita per il nostro mondo e noi dobbiamo proteggerlo.»

Poi Kakashi si rivolse direttamente al portavoce della Radice.

«La Radice è un organo importante del nostro villaggio e lo ha protetto per tantissimo tempo. Non è mia intenzione debellarla, qualora divenissi il nuovo Hokage e mi batterò al massimo per impedire che accada.»

Dato che Kakashi aveva interrotto le sue parole, fu il turno del portavoce della Radice prendere le parole.

«Molto bene. Siamo lieti di potere sapere che non c’è l’intenzione di abolire la Radice. Ci sono segreti che non vanno mai svelati e noi abbiamo molti fascicoli anche su di te, ninja copia. Non sarebbe saggio farli uscire fuori, non credi?»

Una volta sentite quelle parole, Kakashi impallidì in un colpo, come se quell’uomo di fronte a sé avesse aperto la porta in un mondo passato pieno di errori e peccati che chiunque non vorrebbe ricordare.

«Che cos’è questo un ricatto?! Luridi bastardi!» sbottò Naruto all’improvviso.

Hinata provò a tenerlo per un braccio per non farlo andare avanti, ma non riuscì a tenerlo con sufficiente forza e lui si fece avanti per sfidare tutto quel manipolo di ninja.

«Calmati, Naruto! Non ha senso attaccare verbalmente questi tizi!» sbraitò Shikamaru, preoccupato.

Naruto non lo ascoltò e continuò a parlare, dato che Kakashi non lo aveva ancora fatto.

Nel mentre, Hyo osservò con fare curioso il giovane ninja dai capelli biondi.

«Così sei vivo, Naruto Uzumaki. Se sei riuscito a sopravvivere a Pain e a sua eccellenza Danzo, non c’è speranza per noi di sopraffarti, per cui non hai motivo di preoccuparti della Radice.»

Naruto sbuffò, scettico al massimo sulle rassicurazioni di quell’individuo.

«Cazzate! Di quelli come voi non c’è mai da fidarsi!»

A quel punto, Sakura intervenne tempestivamente, colpendo Naruto alla nuca e tirandolo via con la sua forza erculea nel manipolo dei ragazzi.

«Ma lasciami, Sakura!» sbottò Naruto.

«Sta’ zitto, coglione! Lascia che se parli il maestro Kakashi. Tu fai solo guai!»

La ragazza lo fulminò con lo sguardo, incutendogli un timore tale da fare ammutolire anche uno forte come la forza portante dell’Ennacoda.

Una volta riottenuta la calma, l’attenzione generale si focalizzò sul Kakashi, il quale era rimasto ancora in silenzio, come se la visione di un fantasma del suo passato lo avesse privato di ogni voglia di vivere.

«Tutto bene, maestro?» lo richiamò Shikamaru.

Kakashi non rispose, si sentivano i suoi respiri profondi e il livello di nervosismo che andava alle stelle. Era molto raro che egli si innervosisse, perché quel sentimento lo lasciava al se stesso di quando era giovane e testardo, proprio com’erano i suoi allievi.

La rabbia dell’uomo avrebbe superato i suoi limiti inibitori, se non fosse intervenuto l’intermediario della Radice a riprendere il discorso.

«Se tu divenissi Hokage, quei fascicoli potrebbero sparire nel nulla. Nessuno saprebbe quello che è successo, non credi?»

«Ma di che diavolo sta parlando questo tizio?» domandò Ino con voce squillante.

Da quello che si era compreso, i ragazzi avevano compreso che la discussione in merito era incentrata al passato del maestro Kakashi, di qualcosa in particolare che quest’ultimo non voleva affatto ricordare o rendere noto. L’uomo era nervoso, molto nervoso e nessuno di loro lo aveva mai visto così.

«Hey, maestro. Sai di che stanno parlando?» domandò Naruto.

«Non sono fatti che vi riguardano! Statene fuori!» tuonò Kakashi con voce squillante.

Il modo così irruente dell’uomo aveva intimidito molto i ragazzi della Foglia, troppo abituati a vederlo come una persona pacata e risoluta, mai vittima dei sentimentalismi e sopratutto della rabbia.

In quel momento, i ragazzi avrebbero tanto voluto investigare, ma avevano ritenuto che era molto importante badare ai fatti propri e magari investigare sulla questione in un momento successivo.

Kakashi tornò a rivolgersi al ninja della Radice, una volta avere riacquistato la sua classica compostezza che però celava in malo modo la sua evidente rabbia per essere stato scoperto emotivamente in quel momento.

«Bene. Ora che abbiamo fatto quattro chiacchiere, perché non ci diamo un taglio e torniamo al presente.»

L’uomo mascherato annuì, dopodiché si prodigò in un lentissimo inchino verso il suo interlocutore.

«Come desidera sua eccellenza. Sono certo che diventerà un ottimo capo villaggio e la Radice è al suo servizio, signore.»

Non c’era tempo per lasciarsi prendere dall’imbarazzo di venire chiamato con tanti suffissi onorifici, Kakashi era troppo incazzato per dare peso a quelle ciance; era meglio darci un taglio e muoversi verso il villaggio.

«Bene! - tuonò Kakashi. Allora voglio chiedervi la cortesia di avvisare il signor Shikaku Nara di quello che è successo e di abolire ogni persecuzione nei confronti suoi e della sua famiglia, intesi?»

«Cristallino.» sibilò lo shinobi della Radice.

Una volta fatto ciò, Kakashi raccolse il suo mantello dal suolo e se lo mise sulle spalle, così da voltarsi verso la direzione opposta e fare un cenno con la mano al ninja della Radice.

«Ora levatevi dai piedi.» ordinò l’uomo.

Nessun commento da parte del ninja della Radice, il quale si era semplicemente limitato ad alzare la mano per fare cenno ai propri compagni di ritirarsi e così avvenne qualche istante dopo, lasciando tutto il resto del gruppo nella boscaglia fitta e in profondo silenzio.

«Beh, ecco è stato una bella conclusione della serata.» fu il commento di Chouji.

«Puoi dirlo forte! Per un attimo ho temuto che sarebbe scoppiato il caos!» aggiunse Kiba.

«Tutto perché un idiota non sa tenere il becco chiuso!» sbottò Ten Ten.

Chiaro riferimento a Naruto, il quale invece continuava a mantenere il silenzio stampa, dopo essere stato rimproverato per l’ennesima volta da Sakura. Il suo sguardo era diretto verso il maestro Kakashi e dalla sua profonda aura di nervosismo che lo circondava.

A un certo punto, Kakashi iniziò a incamminarsi verso l’oscurità.

«Dove sta andando?» gli domandò Naruto.

Kakashi non arrestò la sua marcia, si limitò a parlare in maniera sinistra mentre veniva inghiottito dall’oscurità e rimanere da solo con i suoi pensieri.

«Andate immediatamente a dormire, domani partiremo all’alba. Io vado a fare due passi.» ordinò lui.

Mentre Kakashi si allontanava dal resto del gruppo, i ragazzi decisero di ubbidire all’ordine appena impartito e senza esternare il minimo fiato, si erano raccolti attorno al fuoco con i sacchi a pelo e a discutere con attenzione dei turni di guardia per tenere d’occhio Karin e permettere agli altri di riposare.

La notte era ancora lunga e la luna piena splendeva in tutta la sua pienezza con un cielo senza nuvole, adornato dalla brezza di giada della notte estiva che si preparava a manifestarsi nei tempi più recenti.

Anche Sasuke aveva deciso di godersi la brezza notturna in quelle ore. Si era sdraiato sulla balconata della sua stanza a mangiare in silenzio un’insalata di pomodori che aveva insistito di potere mangiare a tutti i costi, tartassando Madara di procurargliene una, durante la sua fase di recupero.

Era appena iniziato il cantico delle cicale con una melodia così coinvolgente che Sasuke sembrò apprezzare quel gesto caritatevole delle forze della natura. Non si era ancora reso conto che il silenzio fosse così importante nella sua vita, quella pace gli trasmetteva una strana sensazione addosso, come se le urla all’interno del suo cuore non avessero più la forza di continuare la loro litania per quel giorno e di lasciare una sospettosa tranquillità nel suo corpo e nella sua mente che in un certo senso, lasciava Sasuke in un sospettoso stato di disagio. Scosse il capo, voleva assolutamente evitare di sentirsi disarmato in qualunque situazione, anche la più sconveniente; la sua forma mentis lo impediva.

Sasuke sbuffò con amarezza, quanti fastidi che provava nel suo cuore. I ricordi delle battaglie di quel giorno riaffioravano la sua mente, ma soprattutto il ricordo di quello che gli era stato detto da Danzo, soprattutto dalla conferma di una seconda persona che aveva dato ulteriori sviluppi sulla vita di suo fratello.

Poi c’era Sakura, che stupida che era stata a mettergli di fronte la scelta fra lei e la vera giustizia; le sue farneticazioni sull’amore non avevano alcun senso, se paragonate alla gravità di quello che era accaduto al suo clan.

Kakashi poi. Con la sua saccenza aveva osato fargli la paternale, quando lui non ne aveva mai subita una. I suo diritto di giudicarlo gli aveva fatto guadagnare l’odio più estremo nei suoi confronti, solo perché Sasuke sapeva che ogni cosa che gli aveva detto corrispondeva al vero.

Infine Naruto. La sua nemesi, quella persona da cui si sentiva più compresa, ma da cui voleva più scappare, perché ottenebrato da un forte senso di odio e comparazione.

Lui era migliore: era il più prestante, forte e con le abilità e chakra più considerevoli; Naruto non era nulla a confronto. Al diavolo la sua positività, al diavolo la sua voglia di comprenderlo, al diavolo la sua amicizia.

Sasuke sbatté il pugno al suolo con forza; il suo desiderio di volerlo annientare diveniva sempre più forte.

«Ti ammazzerò, pezzo di merda!» sbottò Sasuke nel suo dormiveglia.

La rabbia del ragazzo era talmente forte che le sue maledizioni contro Naruto erano stati uditi anche da Madara che si era prodigato a raggiungerlo per accertarsi del suo stato d’animo.

«I dolori agli occhi stanno iniziando a farti delirare, non è così?»

Sasuke si sollevò rapidamente dalla sua posizione, fulminando con lo sguardo il suo interlocutore, il quale aveva effettivamente ragione che il deterioramento negli occhi del ragazzo era ormai giunto a uno stadio irreversibile e per questa ragione, lui li teneva chiusi.

«Fammi un favore, cerca di evitare di apparire dal nulla come fai di solito. Sei inquietante.» lo rimproverò il ragazzo.

L’uomo si mise a ridere.

«Lo terrò a mente la prossima volta.»

Cambio di argomento.

«Hai fatto quello che ti ho chiesto?» chiese Sasuke a un certo punto.

«Certo.» confermò Madara.

Nonostante la conferma di quel desiderio, l’uomo mascherato nascondeva una certa sorta di timore per quello che avrebbe dovuto fare fra qualche ora.

«Ma sei sicuro di volerlo fare ora? Dovresti riposare per stanotte.»

Il ragazzo si rimise in piedi e con un balzo felino afferrò l’uomo mascherato per il bavero del mantello, iniziando a urlargli contro.

«Riposerò solamente quando avremo finito! Ora alza quel vecchio culo e iniziamo questa cazzo di operazione!»

«Va bene, va bene.» lo tranquillizzò l’uomo.

Qualche minuto dopo, Madara e Sasuke percorrevano un lungo corridoio, in silenzio. A un certo punto, l’uomo mascherato interruppe la sua marcia in prossimità di una porta di freddo acciaio, la aprì e fece cenno a Sasuke di entrarvi dentro.

«Ma che diavolo?» sbottò Sasuke.

La sua prima reazione a quello che c’era dentro quella stanza. Una miriade di domande lo travolgeva, ma lui non sapeva sinceramente se fosse lecito o meno chiedere a Madara il motivo per cui custodisse tutti quegli sharingan in teche di liquido azotato; in verità, Sasuke si era reso conto che non gli importava granché.

Madara intanto si era tolto la sua mantella di Akatsuki e si stava infilando un paio di guanti di gomma, così da potere iniziare a prepararsi per l’imminente operazione.

«Togliti la maglietta e stenditi.» disse l’uomo.

Sasuke si tolse la maglietta e si prodigò a eseguire l’ordine di Madara, adagiando la nuda schiena sul freddo metallo del tavolo da lavoro, mentre la poca flebile luce nei suoi occhi svaniva del tutto nel corso di quei pochi momenti che separavano l’inizio dell’operazione.

A un certo punto, Sasuke sentì Madara che gli porgeva fra le mani un bicchierino con all’interno un liquido che al primo odore sembrava alcol.

«E’ burbon. - spiegò Madara. Non ho alcun medicinale per l’anestesia e non puoi addormentarti durante tutta l’operazione. Con questo ti intontirai a sufficienza per non morire durante il processo.»

Il volto di Sasuke era una maschera di freddezza. Una persona comune avrebbe sudato freddo, al solo pensiero che sarebbe stato operato senza anestesia di un’operazione tanto dolorosa come l’asportazione degli occhi. Non Sasuke Uchiha.

«Ah, dimenticavo. - aggiunse infine Madara. Non sono molto pratico a operare persone vive, di solito tratto cadaveri, quindi non avrò la mano leggera come quella di un ninja medico Ti conviene berne due bicchieri di quello.»

Sasuke eseguì in silenzio e tutto ad un fiato. L’alcool aveva iniziato a fare effetto sul suo organismo e si sentiva molto intontito, tanto che sollevare di poco la testa gli provocava nausea.

«Ora sta’ zitto e inizia!» tuonò il ragazzo, rivolto al suo interlocutore.

Madara iniziò a prendere gli strumenti per l’operazione e si calò lentamente sulle cavità oculari del ragazzo. Al lato del tavolo anatomico giaceva un’ampolla che custodiva gli occhi un tempo appartenuti da Itachi; presto quegli occhi così malati avrebbero avuto un nuovo proprietario e di conseguenza una nuova luce.

L’operazione ebbe inizio.

Sasuke gettò un fortissimo urlo di dolore, se ne espansero molti altri mentre l’operazione continuava e i bulbi oculari venivano asportati dalle cavità oculari.

Madara aveva ritenuto importante di mettere in bocca al ragazzo una pezza per farlo calmare e ridurre il frastuono delle urla, così che potesse lavorare in santa pace.

«Resisti, Sasuke. Quello che provi è un dolore indicibile, ma quello che otterrai è un potere che va al di là della tua più fervida immaginazione. Ti evolverai e otterrai il potere supremo degli Uchiha, proprio qui, di fronte agli occhi dei membri del nostro clan.»

Madara afferrò la boccetta che conteneva gli occhi di Itachi, la aprì e iniziò a immettere i bulbi oculari vitrei all’interno della cavità oculare del ragazzino.

«Presto. Molto preso.» sibilò Madara.

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Capitolo 26
*** IL PIU' GRANDE RISULTATO DELL'AMICIZIA ***


L’alba si era appena affacciata sull’accampamento improvvisato dai ragazzi quella stessa notte. La luce solare iniziò a destare alcuni degli abitanti dal loro quieto riposo e a riattivare l’operosa attività di ognuno di questi, sebbene rispettando gli orari di risveglio da parte di ogni singolo accampato.

Dopotutto, i ragazzi avevano avuto poche ore per riposare, a causa degli ultimi sviluppi della notte appena passata e per questa ragione, in misure differenti, tutti bramavano moltissimo il tanto atteso ritorno al villaggio, per potersi un poco godere gli agi della vita civilizzata che avevano abbandonato.

Quando Hinata si svegliò, notò di essere la prima nella sua tenda ad averlo fatto, poiché Ten Ten era ancora in un sonno profondo con lievi accenni a imbarazzati ruggiti di cui mai nessuno doveva scoprire. Così, Hinata aveva deciso di alzarsi di soppiatto, senza destare l’attenzione di nessuno, al fine di accertarsi di persona se quello che aveva vissuto la giornata precedente non fosse il frutto di un bellissimo sogno che aveva rovinato svegliandosi.

La ragazza uscì dalla tenda in punta di piedi, muovendosi in direzione della tenda dove dormiva l’oggetto delle sue attenzioni. Una volta giunta lì, scostò parte della tenda con delicatezza per sbirciare dentro, così rendersi felicemente conto che assieme ai suoi amici di sempre, Kiba e Shino, dormiva beato il suo adoratissimo Naruto che fino a un giorno prima credeva di avere perso per sempre; doveva trattarsi di uno splendido miracolo, della dimostrazione placita che le sue preghiere erano state ascoltate.

Hinata si asciugò un piccolo accenno di lacrime che le stava per uscire fuori; non voleva farsi beccare in flagrante, ma solo godersi qualche secondo per guardarlo dormire, senza avere la paura che scappasse da un momento all’altro.

In quel momento, si rese conto che ce l’aveva fatta: Naruto aveva messo da parte tutto l’odio che aveva covato per così tanto tempo nei confronti della gente che lo aveva sempre trattato come un reietto, ma soprattutto era riuscito ad accettare se stesso come forza portante e a godersi il dono più grande che gli era stati mai fatto: la sua vita.

Adesso Naruto poteva ricostruire una vita che aveva interrotto quando era ancora un innocente bambino che ignorava quanto fosse tragica la vita. Lui aveva avuto la possibilità di avere degli amici che gli avrebbero permesso di essere felice.

Hinata la pensava così. Non sapeva se Naruto covasse realmente quel desiderio, ma era certa dal suo sguardo spensierato, che l’odio nel suo cuore era ormai scomparso.

Erano successe tante cose brutte in quel periodo e per quanto portasse ancora i segni del dolore vissuto per avere creduto alle voci che spacciavano la morte di Naruto, Hinata non riusciva proprio a portargli rancore, come se lei stessa avesse carpito da uno sguardo scambiato con l’interessato, quali fossero state le ragioni che lo avevano spinto a quella scelta e quanto avesse sofferto nel prendere quella drastica decisione.
In realtà, per Hinata quella brutta faccenda meritava di essere solamente buttata alle spalle e fermarsi a pensare a ciò che offriva di buono e genuino il presente: Naruto era vivo e come se non fosse abbastanza, sarebbe tornato con loro al villaggio della Foglia: si trattava di un’autentica vittoria.

L’attenzione di Hinata si soffermò sul viso della persona da lei così tanto amata.

Naruto russava con forza, grattandosi il sedere nella maniera più grezza esistente, con una colata di bava che gli usciva dalla bocca che nemmeno il suo subconscio ebbe il contegno di pulire, diventando così vittima della repressione del sonnambulo Kiba che gli aveva piantato una mano sulla bocca, così che lui aveva replicato con un calcio sulla sua nuca per continuare il suo sonno senza fastidio da parte di nessuno.

Hinata provò a trattenersi dal non ridere per quella scena, continuando a osservare beata il suo amore per un momento che lei non avrebbe mai voluto che finisse.

All’improvviso, la voce di un’amica emerse dalla sua beata e silenziosa osservanza, cogliendola sorpresa.

«Chissà perchè, ma immaginavo che saresti sgattaiolata qui per guardare Naruto. Sei come un libro aperto, mia cara Hinatuccia.»

Hinata si voltò di scatto verso la direzione opposta per prendere Ino per un braccio e allontanarsi dalla tenda, sperando che Naruto non avesse sentito nemmeno la metà di quel discorsetto.

«Per favore, Ino! Non urlare!» la rimproverò Hinata; il suo viso era rosso paonazzo.

Ino non si stancava mai di vedere quell’espressione imbarazzata sul volto dell’amica, dato che era sempre stata amante di battute ammiccanti sui rapporti dei suoi amici, in special modo a quanto concerne la sfera sentimentale di Hinata.

Il gossip era vita e pane per i suoi denti.

Per rispondere all’amica, Ino sfoggiò uno dei suoi sorrisi più maliziosi e poi disse.

«Che sei dolce. Ti prendi proprio cura di lui come se fosse un bambino. In certi casi però sembri più sua madre che la sua ragazza.»

A Hinata mancò il respiro, non appena aveva compreso di essersi presa quell’appellativo da lei così tanto desiderato, una prospettiva che non immaginava lontanamente in qualunque dimensione possibile.

Lei? La ragazza di Naruto? Sarebbe stato troppo bello.

Prima però che la sua mente potesse mettersi a viaggiare troppo, Hinata tornò alla realtà non appena sentì Naruto che urlava il nome della sua tecnica, perché stava sicuramente sognando di combattere contro qualcuno.

A osservare le sue reazioni impacciate, accanto al fuocherello che veniva alimentato con cura per scaldare la colazione, c’era Sai che analizzava con attenzione gli effetti dell’innamoramento nelle persone; trovava quello studio alquanto interessante per comprendere meglio l’animo umano.

«Dunque comportarsi come degli inseguitori con la loro preda è un comportamento comune tra innamorati. Questa faccenda dell’amore è molto simile a una missione delle forze speciali.» dedusse lui.

Sai continuava a ragionare da shinobi delle forze speciali, anche per atteggiamenti comuni che con le pratiche segrete della ninjutsu non aveva nulla a che vedere; era molto difficile togliergli dalla mente il malsano addestramento della Radice, ma lui non si arrendeva ed era convinto che prima o poi sarebbe riuscito a definirsi un buon cultore dell’animo umano.

«Certo che no! Hinata è un caso a parte ed è complicato capire la sua situazione anche per gli esperti!» gli spiegò Ino, che si era seduta accanto a lui.

La ragazza era rimasta a fargli compagnia tutta la notte e ne aveva approfittato per scambiare qualche chiacchiera.

Ino era molto interessata a Sai, e questo fatto era abbastanza palese anche per il diretto interessato, anche se non riusciva a capirne il motivo per cui quella ragazza fosse così affascinata da uno come lui.

Nonostante ciò, Sai ammise di non disdegnare affatto la sua compagnia, considerando che lo stava aiutando a comprendere meglio i comportamenti umani; in effetti, si era reso conto che parlare con una persona era un metodo molto più rapido e diretto, rispetto che apprendere informazioni dai libri.

Lo studente riprese a fare domande all’insegnante.

«Quindi mi stai dicendo che non si fa così a capire che si è innamorati? E come funziona?» chiese lui.

In realtà, oltre che a godere della compagnia di un ragazzo che trovava interessante, Ino si considerava perfetto nel ruolo di sapiente conoscitrice dell’animo umano e soprattutto adorava quando un ragazzo stava a sentire tutto quello che aveva da dire; di solito, Shikamaru e Chouji non la ascoltavano mai.

«Non proprio. Una persona innamorata vuole tenere d’occhio la persona che le piace, ma di solito poi prova ad avvicinarla per capire se è interessata o no. Hinata è troppo timida per fare la prima mossa, mentre Naruto è troppo scemo per chiederle un appuntamento.»

«Ma da quello che ho capito, Naruto tiene molto a lei, o sbaglio?» ipotizzò Sai.

Ino tirò un profondo sospiro amareggiato; quella, era una questione fin troppo spinosa, persino per lei.

«Dici bene, ma come ti ho detto prima, quello è troppo scemo per capire la sensibilità di una ragazza. Non capisco proprio che cosa ci trovi Hinata in uno come lui.»

«Magari lei vede qualcosa in lui che gli altri non riescono a vedere.» abbozzò Sai.

A Ino scappò una risata; sembrava proprio che quelle discussioni stessero avendo gli effetti sperati su Sai.

«Esatto! Stai facendo dei grandi progressi!» esultò lei.

Sai ricambiò il suo sorriso con una delle sue rare sincere espressioni, poi disse qualcosa che avrebbe in qualche modo aumentato l’interesse di Ino nei suoi confronti in futuro.

«Ho avuto un’ottima insegnante.»

Nello stesso tempo, mentre Ino cercava di nascondere il suo imbarazzo dallo sguardo di Sai e Hinata continuava a guardare a intermittenza il suo amato addormentato, il resto del gruppo iniziava a svegliarsi e a riempire l’esterno dell’accampamento per commentare l’inizio della giornata e di quello che era successo la sera precedente.

«Gradirei che la piantaste di parlare della vita sentimentale di madamigella Hinata, soprattutto se lo accostate a quel bastardo buzzurro che sento russare fin da qui.» sbraitò a un certo punto Neji, non appena uscì dalla sua tenda.

Il ragazzo aveva avuto il dispiacere di ascoltare tutta la conversazione avuta tra Sai e Ino in merito a quella faccenda da lui tanto odiata e, allo stesso tempo, di vedere coi propri occhi l’atteggiamento della cugina nei confronti del ragazzo che non meritava affatto il suo perdono.

A suo malgrado, Neji non riusciva ancora a perdonare Naruto per quello che aveva fatto.

Per colpa sua, Hinata aveva sofferto molto in quel mese e sia il gruppo familiare che quello amicale era stato gravemente intaccato da questo al punto da sfaldarsi se le cose non fossero cambiate grazie all’allontanamento temporaneo di Hinata dal clan.

Per Neji, era inconcepibile che sua cugina avesse voltato così rapidamente pagina e perdonato Naruto; lui non poteva proprio, perché la doveva proteggere ed evitare che una situazione del genere si ripetesse. Che Hinata potesse ancora versare delle lacrime era un’idea che detestava addirittura concepire.

«Non credi di essere un tantino logorroico? In fondo non stanno facendo nulla di male.» intervenne Ino in difesa di Hinata.

Neji lanciò uno sguardo verso la cugina. Si era reso conto che aveva uno sguardo che non le vedeva da molto tempo, così si era reso conto che non era in diritto di smorzare la sua felicità per aver ritrovato il suo amato. Neji decise allora che per quel momento avrebbe soprasseduto a quel comportamento, ma una volta arrivato al villaggio avrebbe discusso a quattrocchi con la cugina.

«Preferisco non parlarne adesso.» tagliò corto Neji, rivolgendosi a Ino.

Il ragazzo si sedette vicino al fuoco e tirò fuori dal suo zaino alcune palline di riso ripieno di tonno che iniziò a consumare in silenzio la sua colazione.

Il resto del gruppo continuava a destarsi lentamente dal proprio riposo per emulare la funzione che stava compiendo lui, tanto che alla fine erano rimasti a dormire solamente Naruto e Shikamaru.

«Non dovremmo svegliare quei due pelandroni?» domandò Ten Ten a un certo punto.

Tutti continuavano a fissare da lontano Hinata che continuava a guardare il suo amato con il byakugan, mentre preparava la colazione per sé e per Naruto, dopo che Sakura l'aveva esortata per ripetute volte di provvedere a quella piccola attenzione per fare colpo.

«Beh, lasciali dormire ancora. Tanto il maestro Kakashi non si è fatto vedere in giro, quindi abbiamo ancora del tempo prima di partire per il villaggio.» fu il commento di Chouji in merito a questa questione.

«A proposito del maestro Kakashi. Qualcuno lo ha visto?» sbottò Ino.

«In effetti è da ieri sera che non lo vedo.» aggiunse Sakura guardandosi attorno.

«Magari si sarà addormentato da qualche parte. Almeno così non viene disturbato dagli altri.» commentò Kiba, che con quel commento aveva voluto colpire i compagni che urlavano troppo e avevano disturbato il suo sonno.

A Kiba bastò scambiare uno sguardo con Shino per cambiare subito discorso, dato che aveva notato lo sguardo molto truce dell’amico diretto a sé.

«Non sai fare altro che lamentarti per la qualunque minima cosa. - proruppe Shino. Ma in tutto questo, te ne sei fregato della proprietà privata di un’altra persona e ti sei mangiato le mie merendine al lampone per la mattina!»

Kiba lo guardò per un attimo con dello smarrimento, dopodiché replicò all’attacco dell’amico con una delle sue solite risposte.

«Ma di che diavolo stai parlando, uomo insetto?!»

«Non fare il finto tonto! Puoi essere stato solo tu! Akamaru non ha i pollici opponibili per aprire uno zaino, mentre Naruto sta ancora dormendo! Ammettilo e forse ti perdonerò.» lo attaccò Shino.

«Ti ripeto che non ne so proprio nulla delle tue merendine! Io ho la mia colazione e mi basta e avanza!» replicò Kiba.

Credendo che la conversazione fosse terminata, Kiba si concentrò sul contenuto del suo zaino per tirar fuori le sue merende preferite alla zucca e gustarle per avere le forze necessarie per riattivarsi dopo una notte impetuosa come quella appena trascorsa.

Shino però non volle concludere la conversazione in quella maniera, così si affrettò a strappare dalle mani di Kiba la sua merenda e se la mangiò tutta in un fiato, cosicché anche l’amico capisse la gravità del gesto compiuto in suo danno.

Kiba ovviamente non rimase lì a guardare e subito inveì contro il compagno di squadra.

«Ma ti ha dato di volta il cervello?! Perché cazzo lo hai fatto?!»

«Così ti rendi conto di che significa violare la proprietà privata degli altri!» si difese Shino.

I due amici iniziarono a litigare con le mani sotto lo sguardo del resto del gruppo che, a loro volta li ignoravano perché sapevano che quegli episodi erano tipici quando Kiba e Shino erano seduti accanto. Comunque, in qualunque caso avessero dovuto prendere le parti di uno dei due, sarebbero certamente stati dalla parte di Shino, dato che Kiba era solito agire di impulso e poi dimenticarsi di quello che stava facendo.

Peccato che quella volta Kiba non aveva realmente nulla a che fare con quell’episodio, perché in realtà era stato Akamaru che aveva trafugato il prezioso contenuto dello zaino di Shino, poiché quest’ultimo aveva dimenticato di chiudere lo zaino. Il grande cagnone aveva infatti sentito l’odore delle gustose merende che il suo padrone gli aveva sempre proibito di mangiare, così di soppiatto aveva preso la preziosa refurtiva e si era appartato lontano dall’accampamento per non venire scoperto.

Questo nessuno continuava a sospettarlo.

Nel frattempo che Kiba e Shino continuavano a litigare, Sakura, che solitamente sarebbe intervenuta con la sua tipica irruenza per farli calmare, si era diretta verso Karin per portarle qualcosa da mangiare.

«Fa ancora freddo, bevi un po’ di questo the. Ti riscalderà un po’.» disse Sakura alla ragazza dai capelli rossi.

Dal canto suo Karin si limitò a fissarla con uno sguardo spento e a rimanere avvolta nelle sue coperte, stringendosi le ginocchia con le braccia il più forte che potesse. Era stata tradita da una persona che amava con tutto il suo cuore, adesso le era difficile fidarsi di qualcuno, soprattutto se chi aveva di fronte era qualcuno che poco tempo fa considerava un nemico.

Nonostante fosse così fragile in quel momento, Karin non poteva fare a meno di conservare la sua dura scorza d’acciaio.

«Non c’è bisogno che tu sia gentile con me. Non so più nulla riguardo alle mosse di quel bastardo di Sasuke e fra l’altro, non mi interessa nemmeno.»

Sakura scosse il capo.
Non ci voleva certo un genio per capire quale fosse lo stato emotivo di Karin, era come se l’istinto femminile avesse preso il sopravvento su tutte le divergenze del passato e l’avesse fatta avvicinare a quella sconosciuta dai capelli rossi.

«Ti sbagli. Volevo solo farti capire che con noi non avrai nulla da temere. Non siamo come quei mostri di Akatsuki che ti avevano abbandonata.» spiegò Sakura.

A Karin dava molto fastidio in minimo accenno a quella storia. Per lei, Sasuke, Suigetsu e Jugo erano morti e sepolti e non ne voleva sapere più nulla di loro e del periodo che aveva trascorso con loro; maledì in momento in cui incontrò Sasuke Uchiha.

Quindi, con evidente rabbia nella voce, Karin strappò dalle mani di Sakura la bevanda calda e le sbottò contro.

«Non ho bisogno della tua pietà! Voglio solo che il tuo maestro rispetti la promessa che mi ha fatto!»

Sakura si ammutolì. Non volle insistere con la discussione, perché capiva che non era per nulla facile per Karin superare quel momento e lei non era di certo la persona che poteva aiutarla. Di conseguenza, Sakura optò per la decisione per allontanarsi il prima possibile e lasciare quella ragazza da sola con i suoi demoni.

In quello stesso momento, il maestro Kakashi fece ritorno all’accampamento, avvolto nella sua pesante mantella nera.

«Oh, maestro! Bentornato!» lo salutò Sakura non appena lo vide.

L’uomo la salutò con un cenno del capo, dopodiché si avvicinò al focolare dove si trovava seduta la maggior parte dei membri del gruppo. Tutti poterono notare il suo sguardo torvo e l’andatura rapida e nervosa, come se la rabbia della notte precedente non fosse scemata nemmeno di un poco.

Kakashi dette rapidamente una rapida occhiata ai presenti, fulminando con lo sguardo persino Kiba e Shino che avevano rapidamente smesso di litigare fra di loro.

Dopo che l’uomo concluse la rapida occhiata alla zona, parlò con i membri del gruppo.

«Non vedo Naruto e Shikamaru. Stanno ancora poltrendo?»

«Eh sì. - confermò Ino. Vuole che andiamo a svegliarli?»

All’improvviso, Kakashi parve rilassarsi. Si lasciò cadere su un tronco lì vicino e portò le mani vicino al fuoco per lenire il freddo celato nel suo corpo.

«Avete caffé, ragazzi?» domandò l’uomo.

Il clima si rilassò fin da subito per tutti, dato che persino il tono della voce del maestro era cambiato, diventando più calmo e meno minaccioso.

«Ah certo! Ecco a lei!» sbottò Ten Ten, porgendo con titubanza la bevanda all’uomo.

«Ti ringrazio.» rispose lui non appena ricevette la domanda.

Un momento di relax anche per lui dopo una lunga notte passata a riflettere sugli errori del passato, le decisioni prese nel presente e i dubbi sul futuro.

Ad un tratto, tutte le sue inquietudini scomparvero nell’esatto momento in cui l’odore del caffè caldo entrò nelle sue narici. Kakashi decise che era arrivato il momento di dare un taglio a quelle preoccupazioni, anche perché il suo atteggiamento riservato si stava dimostrando inquietante per il resto della squadra.

«Oh, che caldo.» ci scherzò su Kakashi, quando strinse fra le mani la tazza di ferro con dentro il caffè.

Il tempo per le preoccupazioni sarebbe giunto dopo, pensò Kakashi, prima però aveva bisogno di organizzare le idee una volta tornato al villaggio e discutere con gli anziani della sua candidatura come Hokage. Aveva anche tanta voglia di rivedere Koshiro; gli era mancato tanto.

L’uomo allora scostò parte del mantello che gli copriva la testa e si lasciò andare; ancora un po’ di tempo per riposare. Gli avrebbe fatto proprio bene.

In quel frangente, i ragazzi notarono che l’atteggiamento del maestro Kakashi era tornato quello di sempre e si erano tranquillizzati, inoltre avevano notato che si era cambiato la fascia che copriva il suo occhio sinistro e al suo posto aveva messo la sua classica fascia con il coprifronte del villaggio della Foglia; ciò stava a significare che i suoi giorni da fuggitivo erano terminati.

«Maestro, non crede che dovremmo partire?» gli domandò Neji, che si trovava al suo fianco.

L’uomo sorseggiò un po’ di quel delizioso caffè caldo che gli stava penetrando anche nelle ossa, dopodichè si premurò a rispondere alla domanda postagli dallo Hyuga.

«Beh, non possiamo stare qui per sempre. Sicuramente al villaggio si stanno chiedendo che fine abbiamo fatto.»

«Quindi andiamo a svegliare Naruto e Shikamaru?» propose Sakura.

«Direi proprio di sì. - assentì lui. Anche perché Naruto sapete bene che non è tipo da svegliarsi facilmente, quindi scuotetelo per un po’.»

Sakura stava per eseguire l’ordine del maestro, ma non appena dette accenno di volersi dirigere verso la tenda in cui dormiva Naruto, fu bloccata da Neji.

«Vado io da Naruto. Tu pensa a Shikamaru.» si offrì lui.

Sakura rimase alquanto sorpresa che un tipo gelido come Neji si offrisse di svolgere una mansione del genere, per tanto non osò contraddirlo e lasciò che fosse lui a provvedere al risveglio di Naruto.

Il risultato di questa decisione fu che sia Naruto che Shikamaru uscirono dalle loro tende in tutta fretta, nel tentativo di scansare l’agente del male che aveva interrotto la loro beatitudine.

«Femmine siete il male assoluto!» inveì Shikamaru rivolgendosi a Sakura.

Naruto non se la passò assolutamente meglio, perché Neji gli aveva bloccato parte del viso con la sua tecnica di pressione dei punti del chakra e adesso il ragazzo sfoggiava una grottesca espressione che lo rendeva talmente buffo al cospetto dei presenti, che all’inizio persino Hinata attese qualche istante prima di correre in suo soccorso.

«Tu sei pazzo! Completamente pazzo!» sbottò Naruto.

Una volta che Hinata era intervenuta nei punti di chakra che erano stati bloccati, Naruto era tornato a parlare come una persona normale, prima non riusciva a spiccicare altro che grugniti e sputare in ogni direzione per la troppa agitazione, causata da una misura così rozza e crudele di svegliarlo.

Neji uscì minaccioso dalla tenda, con il suo byakugan attivato che scrutava con disprezzo e nausea quell’individuo che aveva osato dargli un calcio agli stinchi mentre lui provava a svegliarlo con innocui schiaffoni che lo aiutavano a farlo stare meglio.

«Grandissimo bastardo. Così impari a comportarti da buzzurro anche quando dormi.» sbottò Neji.

«Ma io stavo dormendo! Che diavolo ci facevi lì?! Mi spiavi?!» ribatté a sua volta Naruto.

In effetti, qualcuno lo aveva spiato durante il suo sonno, ma non si trattava proprio di Neji, il quale poteva essere considerato proprio come l’ultima persona che voleva venerarlo al suo capezzale.

Al fianco del povero Naruto, Hinata si sentiva un pochino tirata in ballo, come se fosse stata scoperta nella sua mansione di osservazione, ma continuando comunque a recitare la sua parte per evitare di svenire all'improvviso.

L’ideale per lei era proprio non pensare a quella prospettiva.

«Perché ti sei comportato così Neji? Non dici sempre ad Hanabi che non si deve usare il Juken per questi scherzi?» disse lei, rimproverando così il cugino per quell’atteggiamento.

Neji non volle starla a sentire e con fare minaccioso si avvicinò a Naruto, così tanto che i due poterono scrutarsi a quattrocchi e lanciarsi frecciatine incandescenti per un evidente problema che Neji nutriva nei suoi confronti.

Hinata provò ad afferrare il cugino e tirarlo lontano da Naruto, ma questi fece resistenza e non le rese quel compito facile.

«Neji...» lo supplicò lei.

Vedere Naruto e Neji che litigavano era l’ultimo dei suoi desideri, questo perché ripudiava l’idea di vedere degli amici combattere fra di loro.

Quindi Neji si decise a mollare la presa per quel momento e assecondare il desiderio della cugina, ma prima di farlo, rivolse un’ultima frase al suo opponente.

«Ne riparleremo un’altra volta.» concluse infine, dopodiché si allontanò e si diresse verso la sua tenda per disfarla.

Hinata guardò da lontano il cugino con evidente preoccupazione. Sapeva benissimo il motivo per il quale Neji si comportasse in quel modo ed era sua intenzione scambiarci qualche chiacchiera non appena avrebbe avuto il tempo.

«Neji...» sussurrò lei afflitta.

All’improvviso, Hinata si sentì la mano di qualcuno sulla sua spalla. Si voltò e vide il sorriso sornione di Naruto che le dava quel coraggio di cui aveva sempre bisogno. In quei tempi, in effetti, lo aveva visto sorridere più di tutto il tempo in cui erano dei genin oppure quando lui militava in Akatsuki.

«Non preoccuparti, Hinata. Io e Neji siamo amici e non è nulla di grave.» dichiarò convinto il ragazzo.

Con quelle parole, Hinata si convinse realmente che fra Naruto e Neji non sarebbe mai uscito nulla di irreparabile, proprio perché Naruto non lo avrebbe permesso e avrebbe risolto il problema una volta per tutte. Hinata non poteva fare a meno di ringraziarlo ancora una volta: era il suo salvatore.

«Grazie, Naruto.» disse lei.

Troppi istante a guardarsi. Troppo tempo per Hinata. La poverina infatti fu a un certo punto obbligata a scostare lo sguardo per la troppa emozione, evitando così di svenire senza motivo alcuno; si era decisa di smetterla con questi atteggiamenti, perché voleva che Naruto la vedesse come una persona forte, su cui poteva sempre contare.

A risolvere quella situazione con tempestività pensò il maestro Kakashi che aveva immediatamente tagliato corto con i convenevoli per discutere di un argomento molto più serio.

«Coraggio, ragazzi. Finite di fare colazione e prepariamoci alla partenza. - iniziò lui. Il villaggio non è molto lontano e questa mattina ho ricevuto una lettera del signor Shikaku che mi comunicava che all’ingresso della foresta del fuoco, verremo scortati da una squadra delle forze speciali fino al nostro ingresso al villaggio.»

«Di nuovo le forze speciali? Ma che diavolo sta succedendo?» sbottò Ten Ten.

«Non si tratta della Radice questa volta. - spiegò Kakashi. Queste sono le forze sotto il diretto comando dell’Hokage, quindi sono dalla nostra parte. Anche il capitano Yamato sarà con loro.»

Molte informazioni in così poco tempo.

Pochi avevano capito che cosa stava succedendo e che cosa avrebbero trovato una volta giunti al villaggio; Shikamaru era certamente quello che aveva centrato in pieno tutte le questioni messe in gioco.

«Devo dedurre che la notizia della sua candidatura è già giunta al villaggio, non è così?» ipotizzò Shikamaru.

Kakashi annuì.

«Proprio così. In realtà, per i jonin sono già eletto come Hokage questa notte, quindi ho già qualche potere.»

«E quindi le forze speciali servono per scortarla al villaggio? Figo! Ho sempre desiderato un enorme corteo che mi attendesse alle porte del villaggio.» commentò Ino tutta agitata.

Kakashi sospirò con amarezza; era certo che dire quello che stava per comunicare non sarebbe stato facile, ma solo adesso si rendeva conto di quanto effettivamente lo era.

L’uomo tirò un profondo respiro e poi dichiarò le vere intenzioni delle alte sfere.

«Beh, ecco non è proprio così. In realtà le forze speciali sono qui per scortare il ninja traditore Naruto Uzumaki nelle nostre prigioni.»

La reazione del gruppo fu ovviamente quella di totale rigetto di un’idea del genere, ovvero che il loro amico tornasse al villaggio proprio per il motivo per cui se n’era andato: in gabbia.

«E’ uno scherzo vero? Lei è un vero mattacchione, maestro!» tuonò Kiba che non riusciva a crederci.

«Non è uno scherzo.» replicò Kakashi.

«E allora come diavolo può dire con così tanta leggerezza che Naruto deve essere imprigionato come un criminale?!» lo attaccò Sakura.

«Lo ha detto anche lei, no? Lui era in missione segreta per spiare Akatsuki!» aggiunse Rock Lee.

Kakashi si trovò assalito dal furore di quei ragazzi che erano così attacchi all’amico che avevano perso e ritrovato, che all’inizio fu solamente costretto a sorbirsi i loro attacchi senza avere la possibilità di controbattere.

Quel tempo, servì a Kakashi per valutare che cosa fosse più lecito dire in difesa della sua decisione e perché si dovesse andare avanti con la suddetta.

«Capisco bene tutte le vostre motivazioni, ragazzi. Ma in questo momento la cosa che preme di più è quello di rendere Naruto affidabile agli occhi della gente del villaggio. Se vogliamo reintegrarlo come ninja della Foglia, non possiamo semplicemente rientrare al villaggio e fare finta che non sia accaduto nulla. La gente deve sapere.»

«Ma che importanza ha? Non possiamo fare in modo che venga imprigionato!» controbattè Sakura.

«Invece lo è. - replicò  Kakashi. La gente deve essere informata di tutto in un processo pubblico. La nostra è una monarchia popolare e dobbiamo fare in modo che le regole dei nostri antenati vengano rispettate.»

Il ragionamento del futuro Hokage non faceva una grinza e anzi era tutto votato alla massima tutela del suo allievo, in modo che nessuno abbia da ridire sul suo ritorno come ninja della Foglia, permettendo così che Naruto venga nuovamente isolato dagli abitanti del villaggio.

Nonostante la logicità di questo ragionamento, il pensiero che il loro amico potesse essere imprigionato come un animale, dopo tanti anni di fuga da quella prigionia, non era molto allettante per nessuno di loro.

Hinata inoltre era preoccupata per il suo amato, poiché temeva che durante la prigionia, qualcuno avrebbe tentato di fargli del male, mentre il suo chakra veniva inibito; non voleva proprio che Naruto rinnovasse un odio che aveva cancellato dopo così tanto tempo e fatica.

A un certo punto, fu Shikamaru a dare il via al punto di vista più atteso da tutti, ovvero quello del diretto interessato.

«Tu che cosa dici al riguardo, Naruto? Sembra strano che stai in silenzio, senza dire nulla.»

Naruto fece una rapida smorfia, dopodichè si sedette di fronte al fuoco per mangiare un po’ della colazione che Hinata gli aveva preparato con tanto amore e fissò i suoi amici.

«Credetemi, ragazzi. Questa idea non piace nemmeno a me, ma è da quando ho iniziato a considerare l’idea di tornare al villaggio, che il maestro Kakashi mi aveva parlato di questa cosa.»

Il resto della ciurma era sgomento; in realtà, si aspettavano che Naruto si sarebbe battuto con i denti stretti per impedire che venisse trattato come un volgare prigioniero.

«Questa tua decisione è così matura, non sembra nemmeno farina del tuo sacco.» commentò Shikamaru sospettoso.

«Beh, è chiaro che lo è.» precisò Kakashi.

Avvenne subito una spiegazione chiara e cristallina che spiegasse quell’insana calma.

«Ho promesso a Naruto di offrirgli per un anno una scodella di ramen di Ichiraku, se avesse fatto come gli dicevo, senza dare di matto.»

La spiegazione era tra le più semplici e folli che per un attimo tutto il gruppo rimase in silenzio a digerire il fatto che l’idiozia di una persona potesse giungere fino a quegli estremi; persino Hinata era rimasta di stucco.

«Fatemi capire...» incominciò Sakura.

La ragazza si stava pericolosamente avvicinando all’ignaro Naruto che continuava a mangiare la sua colazione e a fare i complimenti a un’imbambolata Hinata.

«… Tu sei disposto a farti imprigionare e processare dalla gente che tanto odiavi, solo perché quel pazzo del maestro Kakashi ti ha promesso un anno di ramen gratis?!»

Naruto ebbe un valido argomento per dare una motivazione più logica a quella sua decisione, anche se quello che disse risultò essere ancora più stupido del patto stesso che aveva fatto con Kakashi.

«Hey! Sono quasi quattro anni che non mangio ramen dal signor Ichiraku! Perché secondo te sono stato sempre nervoso quando militavo in Akatsuki?»

Una motivazione che persino Hinata non riuscì a tollerare.

«Ma Naruto non puoi dire sul serio! E’ troppo pericoloso!»

«E’ un cretino, non c’è altra spiegazione.» fu il commento a bruciapelo di Kiba.

«E’ un super cretino.» lo corresse Ino esasperata.

Naruto allora si rese conto che non se la sarebbe cavata con una spiegazione così stupida per motivare le motivazioni che lo avevano spinto ad accettare di farsi arrestare. Ovviamente era vero che con Kakashi aveva pattuito che quest’ultimo gli offrisse il ramen per un anno, ma solo dopo tante settimane, gli era stato fatto comprendere che quella era la migliore soluzione per proporsi al villaggio come una persona di cui fidarsi; per tanto, fu questo che Naruto raccontò ai suoi amici per farlo comprendere.

«Ascoltate. - iniziò. Il ramen ha sicuramente una gran parte nella faccenda, ma non è solo per questo. Il maestro me lo ha detto che la gente avrebbe dato di matto, se fossi tornato come ninja della Foglia come se niente fosse. Voglio che capiscano che di me si possono fidare e che non sono di alcun pericolo.»

Quella spiegazione aveva certamente più senso del ramen e aveva rapidamente rivalutato la considerazione generale di un cretino su un punto che poteva essere ritenuto quantomeno tollerabile da digerire.

Nonostante questo punto, Sakura volle tentare nuovamente di convincere l’amico a cambiare idea, facendo finta che la questione del ramen fosse andata al dimenticatoio.

«Ma sei sicuro di volerlo fare? Ci sarà un processo e potrebbe accadere la qualunque.»

A quella domanda, Naruto sfornò un caloroso sorriso.

«Sono contento che ti preoccupi per me, ma non penso che sarà così grave. Ci sarà un processo, dirò qualcosina e mi perdoneranno.»

«Tu la fai troppo facile!» sbottò Sakura che non era per nulla convinta.

Di fatti, nessuno degli altri riusciva a condividere la positività dell’amico; ci sarebbero stati guai, tanti guai.

Shikamaru era comunque il primo fra tutti che poteva immaginare tutte le ipotetiche situazioni che andavano dal quasi impossibile perdono del villaggio a Naruto che insultava le alte sfere del villaggio o che veniva condannato a morte per insubordinazione.

«Per questo prima ti dicevo che avrai bisogno di un difensore al processo. Non è una situazione dal quale si può uscire usando la forza. Qua servono le parole.»

«A questo penseremo dopo, Shikamaru.» intervenne il maestro Kakashi.

Poi l’uomo si rivolse all’intero gruppo.

«Per il momento, sbrigatevi a rimettere tutto apposto che dobbiamo partire. Non possiamo più tardare.»

Sakura tentò di obiettare, ma venne subito fermata dallo stesso Naruto che riuscì nello scopo con un’ultima considerazione.

«Va bene così, Sakura. Se il maestro dice che questo è il modo migliore, allora sarà così. Mi fido ciecamente di lui.»

Sakura allora decise di metterci una pietra sopra, lei come tutti gli altri. Sapeva benissimo che quando Naruto prendeva una decisione, era irremovibile e non tornava mai sui suoi passi. A quel punto, lanciò uno sguardo alla preoccupata Hinata che continuava a restare in silenzio nel tentativo di nascondere tutti i timori del suo cuore che avrebbe voluto tanto urlare contro a Naruto.

Sakura le si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla, così da trasmetterle tutta la sua comprensione per una situazione drammatica come quella; purtroppo, dovevano constatare a loro spese che i problemi non erano ancora finiti.

Il gruppo si era messo in movimento per rassettare le tende e preparare i bagagli. Anche Naruto si era messo a lavoro, ma prima non si era dimenticato di proporre a Hinata di rimetterle a posto la tenda, come modo per sdebitarsi per la colazione che gli aveva preparato.

«Oh non serve, Naruto. Ti ringrazio.» sorrise Hinata imbarazzata.

«Non posso lasciarti fare tutto dopo quello che mi hai preparato!» insistette lui.

Hinata provò più volte a ripetere a Naruto che non serviva affatto che lui le sistemasse la tenda, anche perché aveva una tremenda paura che lei vedesse il suo sacco a pelo arancione con dei baffetti che aveva disegnato sopra; sarebbe stato tremendamente imbarazzante e in quel momento, lei voleva evitare a tutti i costi di causare trambusto per una cosa così stupida.

Naruto comunque non demordeva nei suoi propositi, mettendo in seria difficoltà Hinata che si ritenne davvero grata a Ino, quando quest’ultima intervenne in suo aiuto.

«Sei veramente rozzo, Naruto. Anche se le tue intenzioni sono buone, così invadi la privacy di Hinata. Se c’è una cosa che non si deve fare, è proprio questa, quindi smettila o Hinata si arrabbierà.»

A quel punto, Naruto parve convincersi del suo errore e tornò ai suoi passi, sebbene fosse rimasto fermo nel suo proposito che doveva pur qualcosa a Hinata per ringraziarla per tutto quello che aveva fatto per lui. Nonostante si sforzasse, non riuscì comunque a pensare a qualcosa che potesse andare bene, tanto che si lamentò su questo argomento a voce alta.

«Allora come faccio a sdebitarmi?»

Hinata stava per confermare che non vi era alcuna necessità che lui si sdebitasse, poiché in realtà era già felice che avesse apprezzato il suo cibo e le dedicasse tutte quelle attenzione.

Tuttavia, quando Hinata provò a parlare, fu interrotta da Ino che aveva proposto la più terrificante quanto desiderata prospettiva per la kunoichi del clan Hyuga.

«Perché non la inviti per una cena? Mi sembra il minimo per poterti sdebitare.»

Il ghigno malefico della ragazza era impercettibile allo sguardo di Naruto, ma tutto lo staff femminile del gruppo che aveva tenuto le orecchie tese su quella discussione, si stava scambiando un sorriso complice, come se il piano per permettere a Hinata di avvicinarsi al suo amato fosse andato a buon fine.

Hinata sbiancò; avrebbe pagato oro a prezzo pieno pur di passare una serata con Naruto, ma un appuntamento? Era troppo per lei persino immaginarlo e soli per giunta; non si sarebbe mai riuscita a preparare psicologicamente a questo solo pensiero.

Naruto ci pensò su per qualche istante.

«Una cena, eh?»

Il ragazzo spostò lo sguardo verso Hinata e dopo un attimo le rivolse una domanda.

«Che ne dici, Hinata? Potrebbe andare per te?»

Hinata non dette alcun segno di vita. Lei era rimasta imbambolata nel momento in cui aveva udito la proposta fatta da Ino e il fatto che Naruto ci avesse pensato su, l'aveva lasciata senza parole, estasiandola e terrorizzandola allo stesso tempo al solo pensiero di come sarebbe stata una serata con Naruto, da soli, come se fossero due fidanzati che volevano trascorrere una serata insieme e godere della compagnia dell’altro.

Magari si sarebbero divertiti.

Magari avrebbero passeggiato.

Magari ci sarebbe stato un momento magico.

Magari sarebbe successo un bacio.

Un altro ancora.

Un lungo bacio.

Il cervello di Hinata andò in tilt. Troppa fantasia le stava facendo molto male e per questo motivo, la sua pressione sanguigna si abbassò all’improvviso, facendola così svenire come un fuscello tra le braccia di Naruto, il quale si era rapidamente accorto del malore della ragazza e l’aveva presa al volo.

«Ma che ti prende, Hinata?!» tuonò Naruto preoccupato.

Il ragazzo provò a chiamare la ragazza con insistenza, ma lei non rispose, essendo ancora priva di sensi.

Per fortuna, Ino tranquillizzò Naruto in maniera repentina, dopo un rapido check-up effettuato sulle condizioni di Hinata, essendo a conoscenza del suo carattere e delle sue reazioni quando Naruto era messo in ballo.

«Lasciala riposare dai. E’ solo un calo di pressione mattutino.» commentò Ino.

Naruto fissò l’amica con evidente preoccupazione e temeva che Hinata stava realmente male.

«Ma sei sicura?»

Ino lo fissò quasi offesa da quella domanda, come se Naruto stesse mettendo in dubbio la sua abilità di medico; avrebbe soprasseduto quella volta, per il bene di Hinata.

«So quello che faccio. Ora va’ a badare con le altre cose e lasciala riposare!»

Ma Naruto non si mosse; c’era ancora qualcosa che lo turbava.

«E allora?! Che diavolo ti prende? Muoviti!» lo esortò Ino, infastidendosi.

«Ma io volevo sapere la risposta di Hinata! Che cambia se aspetto che si sveglia?!» sbottò Naruto in sua difesa.

Ino rimase molto colpita da questo atteggiamento e ammise che, in quel caso era molto gelosa che Hinata avesse un attaccamento nei confronti di un ragazzo che le dava attenzioni a modo suo; certo, questo non toglieva il fatto che continuava a non capire come all’amica piacesse un idiota del genere.

A quel punto, fu Sakura a intervenire nel discorso fra i due, essendo giunta in quel posto perché il maestro Kakashi aveva chiesto di parlare in privato con Naruto e Shikamaru.

«Allora, Naruto! E’ da mezz’ora che ti chiamo?! Vuoi venire con me?» lo spronò Sakura.

Dopo le prime resistenze, Sakura fu costretta a fare valere la sua autorità e afferrò Naruto per la maglia, portandoselo via da Hinata, la quale aveva ripreso conoscenza nello stesso momento in cui Sakura aveva fatto volar via Naruto verso la zona buia in cui si trovavano il maestro Kakashi e Shikamaru.

«Maledizione! In certi momenti preferivo quando si comportava quando era in Akatsuki. Adesso Naruto è peggio di un bambino!» sbuffò Sakura.

I preparativi per la partenza erano appena ultimati e i ninja erano pronti per lasciare l’accampamento e tornare al villaggio della Foglia. Tutti erano già con lo zaino sulla spalla; persino Karin era pronta a partire, venendo sempre tenuta d’occhio da Shino e Ten Ten, al fine di evitarne un’eventuale fuga.

«Quanto ci mettono?!» sbottò Rock Lee stufo di aspettare.

Il ninja si riferiva al fatto che tutto il gruppo era rimasto ad aspettare che Kakashi, Shikamaru e Naruto facessero ritorno dalla radura in cui si erano appartati per discutere su misure di contenimento di quest’ultimo, una volta giunti al villaggio. I tre si stavano trattenendo da quasi mezz’ora e nessuno del gruppo aveva la minima idea di quello di cui i tre stavano parlando in quel lasso di tempo.

«Secondo voi di che stanno parlando?» chiese Kiba annoiato.

«Non ne ho la più pallida idea, ma il maestro Kakashi ci ha vietato di intrometterci.» fu la risposta seccata di Ino.

La risposta a questa scelta del futuro Hokage venne data dall’arguto Neji.

«Evidentemente cerca di ridurre le persone presenti alla discussione, per prendere decisioni rapide.»

«Dici che è per questo motivo?» domandò Lee come per conferma.

«Ne sono certo.  - assentì Neji. Inoltre con loro c’è Shikamaru, che per piani non è secondo a nessuno. Staranno cercando di stabilire la migliore strategia.»

«Quindi a noi non resta che stare a guardare?» fu il commento sottotono di Ino.

«Dobbiamo avere fiducia in Shikamaru e nel maestro Kakashi.» fu la risposta di Chouji.

«E sperare che Naruto non dia di matto!» aggiunse Sakura amareggiata al solo pensare a una possibile prospettiva.

Il tempo trascorse e dei tre non vi era ancora nessuna traccia. Nel frattempo, Hinata aveva ripreso conoscenza ed era stata messa a corrente dell’ubicazione di Naruto e dei prossimi piani che aveva il gruppo, ovvero quello di attendere il ritorno dei tre che si erano appartati.

Durante quell’attesa, Hinata ne approfittò per ultimare i preparativi per la partenza, sistemando le ultime cose mancanti dentro al suo zaino.

In contemporanea, Sakura la raggiunse per scambiare qualche chiacchiera con l’amica.

«Beh, congratulazioni! Non so come sia potuto succedere, ma hai un appuntamento con Naruto.»

Hinata non reagì come si poté aspettare l’amica, ma in realtà rimase silenziosa a sistemare le sue cose, immersa nelle sue preoccupazioni e nei dubbi che strizzavano il suo cuore.

Dopo qualche istante, la ragazza prese parola con la sua amica.

«Sakura… Non so che cosa fare...»

Sakura interpretò quello stato d’animo come se Hinata fosse impaurita di non essere all’altezza delle aspettative di Naruto, per questo tentò di tranquillizzarla con le parole più incoraggianti che riusciva a trovare.

«Suvvia, non c’è bisogno di stare così in tensione. L’appuntamento andrà bene. Sono certa che sarà un successone e io mi assicurerò che Naruto si comporti come un vero signore.»

Gli avrebbe inculcato la buona educazione nel migliore dei modi, a suon di pugni se necessario.

«No. Non c’entra questo.» ribatté Hinata.

A quel punto, Sakura fissò con perplessità la sua amica; che dopo tutto questo tempo, non volesse più avere a che fare con Naruto?

«Beh allora cosa?» domandò Sakura, sempre più confusa.

«Insomma, Hinata. Se non parli, come posso darti una mano?» insistette la ragazza, dopo che l’amica continuava a rimanere in silenzio.

Solo dopo questa sollecitazione, Hinata si decise a parlare e a vuotare il sacco.

«Che cosa gli faranno? Ho paura che succeda qualcosa di grave e che lui non possa più amare il villaggio come un tempo. Ho paura che gli facciano del male.»

Essenzialmente quindi la paura maggiore di Hinata era che non poteva proprio fare nulla per il suo amato, proprio nulla tranne che aspettare che gli eventi si svolgessero a tempo debito, pregando che nulla andasse verso una catastrofe.

«Sono così inutile che non posso fare nulla per lui.» piagnucolò Hinata.

In quel modo, allo stato attuale delle cose, sarebbe stata solo d’intralcio a Naruto. In quel modo, lei non sarebbe mai riuscita a raggiungerlo, a stargli accanto come un pari; a meritare la sua compagnia e il suo affetto.

Sakura non disse nulla a quel punto; le parole non avrebbero avuto alcun effetto con un cuore così inquieto come era quello della sua amica. Lei poteva esclusivamente farle da supporto al massimo delle sue possibilità.

«Andrà tutto bene, ne sono sicura.» disse infine Sakura per incitarla.

Hinata apprezzò moltissimo la vicinanza dell’amica in quel momento; non poteva che esserle grata per tutto quello che faceva per lei e che avrebbe sempre fatto.

«Lo spero davvero.»

Pochi minuti dopo, Naruto, Kakashi e Shikamaru tornarono dalla loro seduta, subito tutti notarono il gravoso particolare che il loro amico era stato ammanettato e legato, come si usava solitamente fare per le forze speciali, quando catturavano dei traditori.

Quella visione fu dolorosa per tutti e soprattutto per Hinata che riuscì a resistere all’impulso di piangere, solo perché Sakura le dava forza, stringendole la mano il più forte che poteva per aiutarla a dissimulare la sua enorme preoccupazione.

Anche Naruto provò a tranquillizzare i suoi amici con una delle sue classiche battutine e un sorriso che voleva aiutarli a superare quel brutto momento; anche quel gesto fu molto di aiuto.

«Va tutto bene, raga.»

Una volta superata l’impressione iniziale, si cominciò a discutere sulle modalità di partenza e sulle tappe che avrebbero dovuto fare per permettere alle forze speciali di tenere sott’occhio i due prigionieri.

«Bene. Direi che non mi sembra di avere dimenticato nulla. Possiamo partire.» sentenziò Kakashi.

«Facciamo anche in fretta, maestro. Queste corde prudono e sto iniziando già ad avere fame.» si lamentò Naruto.

L’uomo a lui accanto sospirò, non sarebbe stato per nulla facile tenere a bada una persona così testarda.

«Non sono passati nemmeno dieci minuti, cerca di resistere dai!» insistette Kakashi.

Naruto stava per controbattere con la sua tipica nonchalance, ma venne preceduto da Shikamaru che intervenne subito per farlo calmare.

«Non fare il bambino, Naruto. E ricorda di quello che abbiamo discusso prima.»

Il ragazzo allora roteò gli occhi per l’enorme fastidio che stava provando, pentendosi fin da quel momento di avere accettato quel piano, nonostante fosse ben conscio per il bene proprio e quello dei suoi amici che si preoccupavano per lui.

«Ricevuto!»

Dopo tante discussioni, finalmente il gruppo si mise in marcia verso il villaggio della Foglia, tenendo sempre sotto il loro attento sguardo i due prigionieri e cercando di essere i più professionali possibile, al fine da evitare complicazioni non necessarie con i membri delle forze speciali oppure con i cittadini.

Da ora in poi, la soluzione delle problematiche sarebbe giunta, una volta che avrebbero varcato tutti assieme le porte del villaggio, ma di una cosa i ragazzi della Foglia avevano certezza: Naruto Uzumaki era tornato finalmente a casa.

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Capitolo 27
*** MOVIMENTI FRA LA SABBIA GUARDANDO LE NUVOLE ***


Gaara e i suoi fratelli avevano appena solcato l’apice di un’altissima duna. Da quella posizione era possibile avere la perfetta visuale delle spesse mura del villaggio della Sabbia che proteggevano da secoli la gente e che contribuiva alla rinomata ricchezza di una zona così arida e dura dove sopravvivere.

Il vento aveva aumentato la sua potenza e numerosi colpi d’aria si infrangevano sui visi dei tre fratelli, che rimanevano fermi a osservare da quel luogo il complesso urbano.

Dopo dieci minuti, Temari e Kankuro iniziarono a stancarsi dell’attesa e a premere sul viso parte del turbante che proteggeva la loro nuca dalle insidie naturali tipiche del deserto a cui nemmeno loro, fieri shinobi della Sabbia, erano immuni.

Lo stesso ragionamento non poteva applicarsi per la situazione di Gaara, che invece sembrava immune al vento e al caldo, come se fosse stato da sempre immerso nella calura di quel luogo.

Quel momento di osservazione aveva un significato nascosto per l’animo del giovane, dato che l’avvento di una guerra non era certo l’ideale da affrontare per un capo che stava ancora imparando tutte le sfaccettature inerenti al comando di un villaggio ninja.

I pensieri di Gaara lo rendevano imperturbabile dagli stravolgimenti del deserto. La duna di sabbia iniziò ad abbassarsi rapidamente a causa della potenza crescente del vento e più tempo trascorrevano lì, più correvano dei rischi seri di venire sommersi dalla sabbia; non che per Gaara fosse un pericolo.

Temari e Kankuro invece erano stati costretti a scansarsi da quella posizione, così da evitare di farsi sommergere dalla sabbia e creare una situazione spiacevole per il proprio orgoglio da shinobi.

A un certo punto, una luce abbagliò lo sguardo di Kankuro, che capì subito che si trattava di un messaggio delle sentinelle addette alla protezione delle mura del villaggio e che li avevano individuati.

Il ninja allora si premurò di avvertire la sorella.

«Guarda, Tem.»

«Ho visto. Pare che sia in arrivo una tempesta di livello tre.» lo anticipò lei.

La gente del villaggio della Sabbia era abituata agli sbalzi d’umore del deserto. Per loro era la prassi organizzare la propria routine a seconda dei capricci del deserto. Per questa ragione, fino dagli albori del villaggio, era nata una squadra di studiosi del meteo che tenevano costantemente sott’occhio i movimenti del deserto; le loro conoscenze erano poi state condivise fra tutti i ninja della sabbia, che in quel luogo ci lavoravano per i grandi magnati che avevano interessi cospicui nella nazione del vento.

Una sequenza luminosa si alternò, accecando i due ninja, comunicando così le coordinate e la velocità della potentissima tempesta di sabbia che si sarebbe abbattuta sul villaggio fra qualche ora.

«Sarà meglio muoverci.» fu il commento da bruciapelo di Kankuro.

Gli sguardi dei fratelli si incrociarono per un momento, così da ricordarsi che il loro fratellino non si muoveva ancora della sua posizione; era ancora estraniato dalla realtà, vittima della sua mente.

Temari provò a chiamarlo.

«Hey, Gaara. Al villaggio ci aspettano tutti. Stanno per alzare il velo di protezione.»

Nessuna risposta.

Temari ci provò di nuovo, ma ancora nessuna risposta.

La tempesta stava arrivando. Kankuro aveva avvistato il potentissimo fenomeno naturale con un binocolo e aveva inoltre calcolato che in venti minuti sarebbe giunta alla loro posizione.

«Andiamo, Gaara! Ti dai una mossa? Noi non siamo invulnerabili al deserto come te.»

Solo allora il Kazekage sembrò destarsi dai suoi pensieri e voltarsi verso i propri fratelli.

«Scusatemi.»

I tre fratelli iniziarono a scendere l’alta duna, scivolando fra le onde di sabbia generate dagli sbalzi d’aria della tempesta che si stava avvicinando alla loro posizione, rendendo così i loro movimenti simile a una bella sciata in neve dorata.

Durante quella discesa, Gaara non riuscì a trattenere che il flusso dei propri pensieri restasse costante dentro la sua testa, così esternò la sua preoccupazione ai suoi fratelli, con la speranza di chiedere loro consiglio.

«Credete che sarò in grado di affrontare una guerra?»

Entrambi i suoi fratelli erano rimasti alquanto sorpresi da quella domanda: non era proprio da lui.

«Certo che lo sarai! Non è questo il momento di dubitare di te stesso.» lo incoraggiò Kankuro.

«La gente del villaggio si fida di te e non c’è nessun altro che possa guidare il villaggio in questa guerra.» aggiunse Temari.   

A Gaara fecero piacere quelle risposte, sebbene non fossero riuscite completamente a rimuovere il suo senso di inquietudine per quello che era successo nel corso del summit dei Kage.

«Non lo so. Sento che se non sto attento al minimo particolare, rischio di farmi sfuggire le cose di mano e di compromettere tutto.» sospirò Gaara.

Temari e Kankuro non capivano affatto che cosa volesse dire il loro fratellino, perciò lo lasciarono parlare in attesa che tutti i suoi dubbi venissero fuori, così magari sarebbero riusciti a capirlo e ad aiutarlo.

«Lo Tsuchikage aveva ragione. Sono troppo inesperto per fare il Kazekage.» continuò perplesso.

Mai Temari e Kankuro avrebbero immaginato che il loro fratellino, così sicuro e prudente nell’esternare le proprie emozioni, covasse nel suo cuore un così profondo senso di inadeguatezza per il ruolo che ricopriva e a cui aveva così tanto ambito.

«Non dovresti dare retta a quello che dice quella vecchia ciabatta. E’ solo un vecchio rudere che ora ha troppo paura di restare solo contro Akatsuki.» sbottò Kankuro schifato.

Gaara non la pensava affatto allo stesso modo. Era vero che i precedenti leader dei villaggi ninja, incluso suo padre, avessero commesso la qualunque nefandezza per garantire la supremazia del proprio villaggio a svantaggio dei concorrenti, eppure loro erano stati in realtà vittime del loro tempo, costretti a seguire le necessità dello svolgersi degli eventi e badare al bene della propria gente.

Lui invece la pensava diversamente, fin da quando aveva deciso di diventare Kazekage, sapeva che la sua politica non avrebbe avuto nulla a che vedere con quella di suo padre; basta chiusura da tutti, era ora di aprirsi agli altri villaggi e di collaborare con questi.

«Voglio essere un leader diverso dallo Tsuchikage, ma non posso farlo senza avere coscienza di tutto quello che serve per diventare un ottimo capo villaggio. »

I tempi erano cambiati e anche i Kage dovevano farlo a loro volta; sarebbe stato difficile, ma era un cambiamento che bisognava affrontare da soli, persino per un giovane ninja come il Quinto Kazekage.

I suoi fratelli sapevano benissimo che non potevano fare molto per lui e che potevano solo condividere con lui le sue preoccupazioni e incertezze, ma di una sola cosa entrambi tenevano a precisare e con la voce di Temari fu esternato tutto al fratello minore.

«Qualunque tuo dubbio o incertezza, ci saranno sempre i tuoi fratelli a darti aiuto. Basta solo chiedere, siamo qui apposta.»

Gaara esitò qualche istante prima di proferire parola, poi girò lo sguardo verso i sorrisi convincenti dei suoi fratelli e sorrise.

«Vi ringrazio.»

Il percorso a discesa si concluse e i tre fratelli spiccarono un balzo enorme verso l’entrata del villaggio, dove i ninja della Sabbia attendevano il rientro dei loro beniamini, prima di innalzare le difese esterne del villaggio contro la tempesta di sabbia.

«Bentornato, eccellenza!»

Fra gli entusiasmi di tutta la gente, i tre fratelli si sentirono subito molto sollevati nel sapere che erano effettivamente mancati a tantissime persone, durante la loro assenza; tuttavia, essi erano anche molto preoccupati, perché solo in quel momento si resero conto di quanto sarebbe stato difficile dire a tutta quella gente dell’inizio di una nuova guerra.

A un certo punto, l’attenzione dei tre fratelli venne catturata dal loro vecchio maestro e fidato consigliere del villaggio, Baki.

«Immagino che ci siano molte notizie che intende riportarci dal summit con gli altri Kage, non è così?»

«Molte. Ho intenzione di convocare un consiglio del villaggio straordinario questo pomeriggio. Che non manchi nessuno.» riferì il Kazekage.

Per Baki sembrò molto strana quella richiesta e subito comprese che l’incontro con i leader mondiali non era andato bene e che le conseguenze di quell’incontro sarebbero state molto gravi per tutti loro. Ciò nonostante, l’uomo mascherò la sua evidente preoccupazione al pubblico, proprio come stavano facendo i suoi allievi. Baki e Gaara si scambiarono un’occhiata complice, dopodiché il primo fece un cenno e scomparve in mezzo alla folla per applicare la richiesta del suo superiore.

Gaara ne approfittò così per rientrare nel suo palazzo per darsi una rapida rinfrescata al corpo e alla mente, così da pensare per bene a ciò che voleva dire durante la riunione con i suoi consiglieri. Temari e Kankuro lo seguirono.

«Dovreste iniziare a rientrare nelle vostre case, cittadini. Fra non molto la tempesta di sabbia si abbatterà sulle mura del villaggio.» si raccomandò Kankuro, nella speranza di scremare la densità della folla.

La gente cominciò effettivamente ad andarsene e a posticipare i festeggiamenti per il ritorno del Kazekage, ma ancora qualche persona continuava con determinazione a seguire il capezzale del capo villaggio; fra questi vi erano anche Matsuri e la sua amica Yukata.

«Salve, maestro Gaara. Com’è andato il viaggio?» domandò Matsuri con la sua tipica contentezza nel vederlo.

Gaara le lanciò un rapido sorriso, dopodiché continuò la sua marcia verso la magione del Kazekage, con ancora in mente quello che doveva fare di molto importante.

Le due ragazze rimasero alquanto sorprese dal comportamento del Kazekage; per quanto fosse taciturno, era sempre stato generoso di poche ma cortesi parole per tutte loro, però quella volta non lo aveva fatto: doveva esserci qualcosa che lo turbasse.

Temari prese da parte le due ragazze, dopo avere detto a Kankuro che li avrebbe raggiunti subito dopo alla magione.

«Non è un buon momento per assillare Gaara, intesi?» dichiarò lei alle due ragazze.

«Ma che cos’è successo, madamigella Temari?» chiese Yukata.

Temari abbassò lo sguardo. Giurò che in quel momento avrebbe tanto voluto che Shikamaru le desse qualche consiglio su come aiutare Gaara al meglio.

«Gaara lo dichiarerà domani mattina. Ora deve parlare con i consiglieri. Voi tornate a casa.»

Il tono di Temari non voleva ammettere nessuna altra replica. La ragazza stava per ritirarsi nella magione, quando venne raggiunta da Matsuri che continuava a richiamarla sempre più forte, poiché la sua voce continuava a venire smorzata dalla potenza del vento della tempesta.

«Aspetti, madamigella Temari.» la richiamò Matsuri.

Temari si voltò nuovamente, scocciata.

«Che cosa c’è ancora?»

«State veramente bene?» domandò Matsuri con insistenza.

Temari sospirò; quella ragazza si preoccupava anche fin troppo, era peggio di loro.

«Va’ a casa, Matsuri.» ordinò poi la ragazza, prima di sparire dentro la magione del capo villaggio.

L’incontro straordinario fra i membri più influenti del villaggio della Sabbia si tenne verso le 6 di quel pomeriggio. Fuori dagli edifici, la tempesta continuava a percuotere tutte le infrastrutture del villaggio, abbattendosi furiosamente sulle insegne degli edifici e obbligando la gente a rimanere in casa per dedicarsi magari a quel tempo libero che la tempesta gli forniva.

Al contrario, all’interno della stanza delle conferenze della magione si lavorava e finché non si sarebbe conclusa la tempesta, i membri del consiglio del villaggio sarebbero rimasti in camera di consiglio, fino a quando il Kazekage non lo avrebbe ritenuto opportuno, così come anche la natura.

I membri del consiglio erano in 12 ed erano composti dai capi dei clan più prestigiosi del villaggio; il capo dello staff dei jonin, ovvero Baki; i capi delle forze speciali; l’anziano Ebizou, che era tornato a lavoro per colmare l’enorme vuoto provato dalla morte della sorella Chiyo; infine i tre figli del Kazekage, in quanto ninja più forti e rispettabili di tutto il villaggio.

In quel momento, tutti i membri del consiglio erano radunati attorno all’enorme tavolo nella camera di lucente oricalco e marmo con l’ingresso in fondo alla stanza, che si superava oltrepassando le statue a grandezza naturale dei cinque Kazekage che si sono succeduti.

«La tempesta si sta rafforzando.» constatò uno dei consiglieri che aveva guardato fuori dalla finestra.

«Così come le aspettative di mia moglie che io manchi questa sera per cena.» fu il commento bonaro di un altro anziano consigliere.

Un altro collega si aggregò alla prima risata di chi aveva fatto la battuta e quasi l’atmosfera sembrò calmarsi nell’attesa che il Kazekage si palesasse.

Baki li riprese immediatamente per quello che stavano facendo.

«Vi pare questo l’atteggiamento da mostrare in questa stanza? Mi meraviglio di voi.»

L’anziano consigliere che prima aveva fatto la battuta non la prese male per quel rimprovero, ma non perse occasione di elargire le proprie motivazioni per adagiare le acque della discussione ancor prima che la riunione iniziasse.

«Suvvia, Baki. Un po’ di leggerezza nell’attesa del sommo Kazekage non mi sembra proibitivo.»

«Sarà, ma io ancora mi chiedo che fine abbia fatto il Quinto.» aggiunse un altro consigliere annoiato.

Era quasi passata un’ora dal loro arrivo nella stanza delle conferenze, ma del Kazekage non c’era effettivamente la minima traccia.

«Kankuro, Temari. Voi ne sapete qualcosa?» domandò infine un altro dei consiglieri lì presente.

I due fratelli si scambiarono uno sguardo reciproco e nessuno dei due sapeva dare una risposta a tale quesito. Loro avevano solo avuto il tempo di una rapida doccia e di mettersi delle vesti più comode e adatte per interminabili ore di discussioni.

«Chissà dove sarà finito.» fu il commento dubbioso di Baki.

«Magari sarà stanco dal lungo viaggio e avrà preso sonno.» ipotizzò qualcuno.

«Come no! I giovani di oggi sono così infaticabili. Io credo che il Quinto sia più che altro da qualche parte a riordinare le idee.» obiettò ridacchiando il vecchio Ebizo.

Il vecchio ninja aveva visto bene, infatti il capo villaggio si fece vivo dopo qualche minuto, vestito della sua classica vesta ufficiale e seguito da due shinobi che portavano una risma di documenti che appoggiarono accanto alla poltrona del loro superiore, per poi lasciare la stanza subito dopo.

Gaara sorpassò le statue dei suoi predecessori, si fermò un momento a fissare il viso di suo padre e immaginò a come questi avrebbe reagito nell'immediatezza di una guerra..

«Oh, Kazekage. Cosa sta succedendo? Perché questa convocazione?» chiese uno dei consiglieri.

Gaara tornò sui suoi passi e andò ad accomodarsi sulla sua poltrona accanto a tutte le risme di documenti che aveva con cura accatastato e che avrebbe ispezionato assieme ai suoi collaboratori e consiglieri.

«Vi chiedo scusa per l’attesa. Sono stato molto impegnato a controllare tutti questi documenti.»

«E che cosa c’è in questi documenti da non potere aspettare un altro momento?» chiese Baki incuriosito.

«Le ultime missioni condotte dal villaggio della Sabbia negli scorsi 10 anni. Ho letto una marea di questi casi e ho portato qui da voi quelli che vorrei discutere assieme, perché ci sono molte cose poco chiare.» spiegò il Kazekage.

Temari e Kankuro capirono immediatamente a che cosa Gaara si riferisse, perciò si limitarono a stare in silenzio e a vedere come gli altri consiglieri avrebbero reagito.

I consiglieri si scambiarono uno sguardo di incredulità e di conseguenza, chiesero a turno al Kazekage le dovute spiegazioni.

«Che significa tutto ciò?» chiese uno dei consiglieri.

«Perché non me lo spiegate voi?» ribatté di rigetto il Kazekage.

Sul viso dei consiglieri fu evidente l’enorme incredulità per il tono che il Kazekage stava utilizzando per quella riunione, era proprio differente dal solito individuo con cui si parlava.

«Mi perdoni, eccellenza, ma non riesco a capire quale sia il problema. Sono missioni già archiviate, no?» disse uno dei consiglieri.

Era il momento di gettare via tutti i tentennamenti e di parlare chiaro, senza alcuna limitazione.

«E se vi dicessi che in questi documenti ci sono tutti i casi in cui sospetto che la Sabbia abbia pagato i servigi di Akatsuki per portarle al termine, fareste ancora finta di non sapere nulla?»

Ad un tratto, quasi la totalità dei membri del consiglio impallidì, come se fosse stato appena tirato fuori uno scheletro nell’armadio di ognuno dei presenti e che il Kazekage avrebbe passato in rassegna ogni errore commesso in passato, pronto a punire la qualunque nefandezza fosse passata sottobanco.

«Yaka, tu sai dirmi qualcosa?» chiese Gaara a bruciapelo.

L’uomo a cui si era rivolto era il capo delle forze speciali del villaggio della Sabbia, era stato a suo tempo uno dei consiglieri fidati del Quarto Kazekage ed era sicuramente uno che si era sempre opposto alla sua nomina a capo villaggio.

L’uomo appariva con evidenza molto turbato per essere stato interpellato e cercò subito di trovare le dovute giustificazioni per nascondere i propri errori.

«Mio signore...» cominciò l’uomo.

«Voglio solo la verità, Yaka. Non ho intenzione di punire nessuno per quello che è successo, non ora che c’è una guerra alle porte e mi serve l’aiuto di ognuno di voi.»

In quel momento, sembrò come se Gaara avesse pronunciato la maledizione più orribile che i consiglieri avessero mai udito, tanto da lasciarli sbigottiti ancora più di quando sarebbero stati obbligati a tirare fuori i loro scheletri nell'armadio.

«Una guerra?» ripeté turbato uno dei consiglieri.

Gaara allora decise di raccontare tutto quanto. Partì con le rivelazioni dello Tsuchikage sull’abuso dei villaggi ninja dei servigi dell’organizzazione che ora stavano combattendo, poi parlò del tentativo di Danzo di soggiogare la mente del generale Mifune per il proprio tornaconto, infine dell'attacco di Sasuke Uchiha e del suo antenato, il temutissimo Madara Uchiha che aveva dichiarato guerra a tutte le nazioni ninja per attuare il proprio piano.

Udire tutta quella storia aveva generato nei consiglieri dei sentimenti che si alternavano dalla preoccupazione all’ansia per un nuovo conflitto.

Solo Ebizou, ovvero il più anziano consigliere, aveva fin da subito esternato la sua paura quando aveva compreso chi fosse il nemico da combattere. La preoccupazione dell’anziano fu carpita immediatamente dagli osservatori più attenti, incluso lo stesso Kazekage.

«Qualcosa la turba, saggio?»

L’anziano consigliere aveva appoggiato i gomiti sul tavolo e lasciato che la fronte si appoggiasse ai palmi delle mani che aveva diretto verso il viso. Il colorito della sua pelle era ancora più biancastro del solito e i respiri che alternava erano un chiaro sentore di una preoccupazione al di fuori del normale. L’anziano Ebizou impiegò qualche minuto per ordinare le idee, sollecitato diverse volte dai presenti a dare loro un segno di vita, poi parlò con una tonalità di voce molto cupa.

«Non avrei mai immaginato che fosse ancora in vita. Lui è proprio la prima persona che dovrebbe giacere dentro una lapide.»

«Si riferisce a Madara Uchiha?» domandò Kankuro.

L’uomo sospirò con ansia una nuova volta, poi annuì.

«E a chi sennò. Quel mostro...»

Madara Uchiha era conosciuto da qualunque individuo che volesse diventare uno shinobi, indipendentemente dal suo villaggio di appartenenza, dal tempo e dallo spazio in cui risiedeva. Egli era la personificazione del potere supremo, una leggenda che aveva oltrepassato la realtà e ottenuto una forza inimmaginabile, capace di compiere qualunque impresa fantastica, domare qualunque male e contrastare persino l’ignoto. Era una figura la cui fama era sopravvissuta al di là del tempo e della sua presunta morte, avvenuta per mano del Primo Hokage, durante la battaglia nella Valle Dell’Epilogo. Quando il mondo era venuto a conoscenza della sua morte, la gioia era al massimo degli estremi e numerosi tributi vennero dati al leggendario Hokage per avere abbattuto colui che veniva definito come il male caotico supremo.

Adesso tutto il mondo era venuto a conoscenza che le cose non erano andate così; in realtà, Madara aveva gabbato la morte, il Primo Hokage e il mondo intero, macchinando un nuovo piano per impadronirsi del mondo.

In virtù di quanto si sapesse sul conto del leggendario Uchiha, Gaara cercò di associare le caratteristiche descritte nelle fiabe con l’uomo mascherato che aveva incontrato nel paese del ferro; un uomo che aveva dichiarato apertamente di non essere forte come un tempo, privo dell’occhio sinistro e che si serviva di Sasuke per compiere i suoi propositi.

«La forza di quell’uomo è leggendaria, ma per servirsi di Akatsuki, significa che il suo potere non è quello di un tempo. Per questo ci ha minacciato di attaccarci con le bestie codate in suo possesso.»

Un dettaglio fin troppo evidente; forse l’unico punto a favore di tutta quella situazione così tanto assurda e rischiosa.

«Questo è certamente un aspetto a nostro vantaggio, lord Gaara. Tuttavia prendere alla leggera quell’uomo è un lusso che non possiamo permetterci.» precisò il vecchio Ebizo.

«Non è mia intenzione farlo. E’ per questo motivo che al summit si è deciso di formare un’alleanza con gli altri villaggi. Da soli siamo deboli, ma insieme possiamo contrastare qualunque minaccia.» rilevò Gaara.

Una volta appresa quella notizia, i consiglieri vollero ovviamente sapere ulteriori dettagli riguardo all’alleanza di cui il villaggio della Sabbia avrebbe fatto parte.

«Spero che sia tutto chiaro, signori. - concluse il Kazekage. Per il momento, tutte le missioni in collaborazione con Akatsuki saranno archiviate sotto mio ordine, ne riparleremo a guerra conclusa. Adesso mi aspetto da tutti voi la massima collaborazione e nessuna divisione.»

Temari e Kankuro non poterono che scambiarsi un’occhiata di soddisfazione nell’ascoltare con quanta risoluta pacatezza il loro fratellino faceva leva sulla sua autorità di capo villaggio; erano davvero fieri di lui.

Persino i consiglieri erano rimasti molto sorpresi da quanto il pacato Gaara fosse cambiato a seguito di quel summit, era come se il contatto con gli altri Kage avesse risvegliato in lui l’istinto da condottiero che aveva contraddistinto i tutti i Kazekage del passato; il Quinto Kazekage stava diventando davvero degno dei suoi predecessori.

A questo punto, i consiglieri, avendo compreso la situazione, volevano ribadire qualche punto importante da chiarire riguardo le decisioni prese sulla catena di comando dell’alleanza ninja.

«Resto comunque contrario che sia il Raikage il generale supremo dell’Alleanza. Non è possibile lasciare che un altro Kage prenda delle decisioni per la Sabbia.»

«Questo è quello che è stato proposto dal generale Mifune, dopo aver analizzato la situazione. Penso che la sua opinione debba essere rispettata. Non solo noi, ma tutti gli altri Kage hanno accettato la sua candidatura.» ribatté Kankuro.

Ma non tutti la pensavano così.

«Certo, lasciamo che a decidere sulle questioni dei ninja sia un samurai. Quelli si farebbero ammazzare, piuttosto che collaborare con gli shinobi, solo perché disprezzano l’arte ninja. Che senso ha affidarsi alla loro opinione in affari che non li riguardano.»  

A quel punto, intervenne Temari.

«Che non li riguardano? Akatsuki minaccia l’intero mondo!»  

I ninja erano organizzati in eserciti per i capi della nazione. L’assemblamento delle nazioni che si servivano di questo sistema era immenso, ma non era l’unico esistente. Oltre alla nazione samurai, esistevano altre grandi vaste terre che gli shinobi esploravano poco e i cui eserciti erano composti da altre tipologie di guerrieri. Tuttavia, certe volte i ninja tendevano a ignorare questo aspetto, anche perché da quei luoghi non giungevano mai notizie clamorose come nelle loro terre.

«Perché non coinvolgere anche queste terre allora?» propose un consigliere chiamato Takagi.

«A che scopo? - sbottò il vecchio Ebizo. La nazione del buio e quella del silenzio non hanno alcuna politica estera e con una guerra alle porte, non possiamo perdere tempo a tessere legami politici. Ninja e samurai sono già disomogenei di loro, se aggiungessimo ulteriori tipologie di guerrieri, sarebbe il caos.»

«Sono d’accordo con lei, anziano. Sarà comunque importante indire un incontro con il signore feudale. Vorrà essere informato della situazione.» aggiunse Baki con un suo intervento.

«Ma come la mettiamo con il fatto che collaboreremo con la Roccia?! Solo a me questa prospettiva da’ il voltastomaco!»

Il commento del consigliere Arkay aveva certamente fatto luce su un grave problema per il comando della Sabbia, quando avrebbe dovuto spiegare ai propri soldati che avrebbero dovuto combattere e morire per gli odiatissimi ninja del villaggio della Roccia. Per anni i due villaggi erano stati in guerra, infliggendo numerose ferite reciproche e conservano un odio reciproco.
Adesso, con un’alleanza alle porte, non sarebbe stato facile per il Kazekage e lo Tsuchikage convincere i propri soldati a collaborare con il tanto odiato nemico, entrambi sapevano che dovevano mostrarsi abbastanza convincenti per far sì che la magia della collaborazione si avverasse.

Gaara vide la sua occasione di prova in quel momento, tentando di convincere i suoi consiglieri a mettere da parte il loro passato, ma soprattutto il loro odio.

«Questo è lo scopo dell’Alleanza ninja. Cambiare. - proruppe il giovane capo. Non voglio dire che sarà facile, ma se non ci proviamo, non sapremo mai che cosa ne potrà venire fuori. Se un giorno questo si dimostrerà un errore, sono pronto a dare la mia testa come espiazione per le mie decisioni.»

L’attenzione generale dei membri del consiglio era focalizzata interamente sul discorso del Kazekage e il silenzio era massimo. Solo quando Gaara si rese conto che ognuno dei suoi consiglieri gli prestava la giusta attenzione si mosse a dichiarare.

«Adesso vi pongo questa semplice domanda, signori. Siete con me?»

Si persero solamente pochi secondi, dopodiché tutti i consiglieri espressero il loro assenso alla richiesta fatta dal loro capo villaggio. Tale decisione non fu presa unicamente per una condivisione morale che fosse necessario cambiare la propria politica estera nei confronti delle nazioni alleate, ma soprattutto con l’evidente bisogno di non restare da soli nella guerra, avendo a che fare con un nemico tanto potente come Madara Uchiha; questo lo sapevano i consiglieri, lo sapeva il Kazekage e lo sapevano tutti gli altri Kage: era un punto d’inizio.

*

 

Nel frattempo, anche gli abitanti del villaggio della Nuvola erano impegnati ad allietare il ritorno del capo villaggio e del suo seguito, avendo anche tanta felicità nel vedere assieme a quel piccolo gruppo il tanto amato Killer B, ritenuto in passato catturato e ucciso dall’Akatsuki; per fortuna lui era sano salvo.

La gioia di quella gente era molto gradita da parte del rapper che, megalomane ed egocentrico com’era, non perse occasione per pavoneggiarsi e stare al centro dell’attenzione.

«Yo! Come state, miei cari? Amici come voi sono piuttosto rari!»

Nonostante Killer B fosse una forza portante, la gente aveva imparato ad amare quell’uomo eccentrico ed imprevedibile, per cui nessuno degli abitanti del villaggio si sarebbe mai sognato di pensare male di lui o di quel demone che tanto male aveva fatto loro in passato e che adesso risultava domato. La gente amava Killer B, anche più del Quarto Raikage.

Al fianco dell’eccentrica forza portante, il capo villaggio della Nuvola e il suo entourage venivano coinvolti dalla gioia della popolazione per il loro ritorno e per la prodezza compiuta nell’avere riportato a casa il loro beniamino.

«Beh, non c’è che dire, il signor B ha una marea di ammiratori.» ridacchiò Darui.

«Si vede che è mancato a tutti quanti.» aggiunse C contento.

«Sarà meglio tenerlo d’occhio. - ruggì invece il Raikage. Non voglio che si metta a giocherellare per tutto il villaggio. Dobbiamo focalizzarci sulla guerra.»

La piccola squadra si addentrò nel villaggio, circondata dagli abitanti del villaggio e dai membri delle forze speciali che stavano letteralmente attaccati al Raikage per evitare che i suoi passi venissero ostacolati dall’eccessivo gaudio.

In quel frangente, tutti quanti rimasero incredibilmente sorpresi che il potentissimo capo villaggio fosse tornato privo del suo braccio sinistro e molti iniziarono a chiedersi quale fosse il temibile nemico, a cui avesse dovuto sacrificare quell’arto così prezioso.

Altro fattore che balzava subito agli occhi della folla fu lo strano oggetto coperto di squame che Killer B portava legato alle spalle e che lo rendeva incredibilmente irresistibile nel chiedere di che cosa si trattasse.

A un certo punto, fra la folla si fecero largo due figure che si catapultarono verso Killer B; si trattava dei suoi allievi, Karui e Omoi.

«Maestro siete voi! Allora state bene!» lo salutò la prima con tanta gioia in viso.

«Credevamo che non l’avremmo mai più rivista!» aggiunse Omoi in lacrime.

Il loro maestro ovviamente apprezzava che quei due fossero così preoccupati per la sua scomparsa, ma non era certo il tipo che esternava direttamente i propri pensieri, preferendo senza una rima azzeccata per replicare a così tanto affetto.

«Yo! Karui! Omoi! Come state? Perché quelle facce così traviate?»

«Eravamo preoccupati per lei, ovvio!» sbottò Karui accigliata; la ragazza si aspettava quantomeno un qualche segno distensivo per farli calmare.

B cercò di soddisfare le aspettative di Karui tipicamente a modo suo.

«Ma io sto bene! Non datevi tante pene, poi per festeggiare vi offrirò da bere!»

Karui e Omoi erano abituati ai modi del loro maestro, fin da quando lo avevano conosciuto ai tempi dell’accademia; quell’uomo così eccentrico era capace di mettere in imbarazzo quei ragazzi in ogni occasione, ma era anche capace di farsi volere bene da tutti quanti. Omoi e Karui erano veramente felici che il loro maestro fosse ancora vivo e vegeto.

Mentre il piccolo gruppo si avvicinava verso la magione del Raikage, Omoi e Karui seguivano con attenzione i movimenti del loro maestro, il quale continuava a salutare la gente con gioia e con il suo tipico rap.

«A proposito, maestro. Che cos’è questa cosa che si porta appresso?» domandò improvvisamente Omoi.

L’uomo si voltò di scatto verso il suo giovane allievo e gli rispose sorridendo.

«Oh questa? E’ un regalino di uno dei sette spadaccini della Nebbia, non si stacca da me nemmeno per un secondo, perciò adesso è la mia nuova arma.»

Era proprio così. Dopo lo scontro con Kisame Hoshigaki, la leggendaria spada Samehada si era cibata così tanto del chakra dell’Ottacoda, da rinnegare la sua fedeltà al Mostro della Nebbia per sposare quella alla forza portante dell’Ottacoda, essendo follemente innamorata del chakra del potente demone.

«E’ veramente una figata! Ho sentito parlare solo nei libri di queste spade leggendarie!» fu il commento di Omoi che la osservava meravigliato.

B sorrise; con tutta quella folla a circondarlo era pronto a fare scattare tutte le sue doti di cantante per ammaliare il suo pubblico, ormai infatti poteva solo pensare come il grande rapper che credeva di essere.

«Lo so, ragazzino. Questa spada usa il mio chakra per uno spuntino, ma ti assicuro che è una forza anche se mi sta attaccata come una morsa.»

Omoi continuava a fissarlo con uno sguardo carico di ammirazione.

«Mi racconta come la presa?» continuò il ragazzo.

«Certo che lo faccio, ragazzino! Prima però fammi mangiare almeno un panino!» proruppe il suo maestro.

Ben presto il gruppo raggiunse la magione e il Raikage ordinò di indire subito una riunione con le alte sfere del villaggio, trascinando con sé il suo fratellino irrequieto nel suo ufficio, per tenerlo d’occhio e mettere le cose in chiaro su quello che ci si aspettava da parte sua, in quanto forza portante da proteggere a qualunque costo.

«Ti è chiaro quindi quello che ti sto chiedendo? Non ti azzardare a fare cazzate che possano compromettere la guerra.» ruggì A.

«Certo, fratellone! Ti assicuro che non farò il coglione.» lo tranquillizzò B.

A continuò a scrutare torvo il suo fratellino, non ancora convinto di potersi fidare delle sue parole, dato che aveva sempre sfruttato ogni occasione per sgattaiolare via dal villaggio; dopotutto la libertà era il desiderio più ambito da una forza portante, ma era allo stesso tempo il più inaccessibile.

«La tua gita finisce qui. Voglio che prendi il primo traghetto per l’isola Genbu il prima possibile e voglio che resti lì fino a nuovo ordine.»

B annuì lentamente. In realtà non gli dispiaceva affatto tornare in quel luogo così remoto, essendo una terra molto antica e in cui poteva scorrazzare libero e privo di inibizioni, persino l’Ottacoda adorava quel luogo, essendo l’unico luogo in cui poteva rilasciare il suo potere senza nuocere a nessuno.

«Sarà fatto! Anche se lì sarò solo peggio di un ratto!» sbottò il rapper sorridendo.

Nonostante il suo carattere così allegro e la sua noncuranza delle regole, B sapeva benissimo che gli ordini di suo fratello non ammettevano repliche, inoltre non poteva dubitare di lui, perché qualunque decisione prendesse, era sempre perché si preoccupava per lui.

«Ti dovrai accontentare. Il nemico farà di tutto pur di catturarti, per questo sta scoppiando questa guerra. Se starai lì, nessuno di Akatsuki ti troverà mai.»

B gli sorrise; sembrava avere compreso il reale significato per quella decisione e non si oppose.

«Oh yeah, bro. Mangerò. Dormirò. Poltrirò. Canterò! Farò tutto quello che vorrò!»

In quell’esatto momento, bussarono alla porta dell’ufficio del Raikage e subito dopo Mabui fece il suo ingresso nella stanza.

«Eccellenza, i consiglieri sono già nella sala delle conferenze. Attendono solamente voi.»

«Bene allora. Muoviamoci.» sbottò il Raikage.

Poi l’uomo si voltò di scatto verso il fratello minore che stava tentando in quel momento di sgattaiolare dalla finestra per evitare una noiosa riunione.

«Dove cazzo credi di andare, B?! Vuoi un altro calcio in culo?» ruggì il gigante nero.

B iniziò a sudare freddo al solo pensiero della morsa di ferro che aveva ricevuto il giorno prima da suo fratello per punirlo della sua fuga dal villaggio; un altro danno del genere era proprio da evitare per la sua povera testa. Era il caso di ubbidire.

«Sorry, bro.» squittì l’uomo con la testa bassa.

L’ordine era stato ripristinato, così i tre si incamminarono rapidamente verso la sede delle riunioni della magione, all’interno della quale avrebbero annunciato ai loro compagni quello che sarebbe successo da quel momento in poi, ovvero il coinvolgimento della Nuvola nel conflitto mondiale più disastroso che il mondo ninja avesse mai assistito.

Un’alleanza ninja. Le cinque grandi terre unite in un solo esercito e con un unico obiettivo: annientare Akatsuki e ristabilire l’equilibrio mondiale, impedendo così al nemico di realizzare i suoi folli piani di assogettare il mondo intero ai suoi voleri.

Il Raikage sarebbe stato a comando di quell’esercito così eterogeneo e sul suo capo pendeva una grossa responsabilità, ovvero la vittoria del conflitto; la sua condotta doveva essere esemplare, avrebbe dovuto scegliere le persone giuste come suoi intercessori e gestire le due forze portanti al meglio che potesse.

Il primo punto di quell’incontro fu la pianificazione di un piano di protezione per le forze portanti dell’Ottacoda e dell’Ennacoda; il Raikage aveva già in mente come agire, ma non poteva più prendere decisioni arbitrarie, quindi doveva esporre le sue idee agli altri Kage, sperando che tutti si trovassero d’accordo con la sua idea.

Una volta conclusa la riunione, il Raikage fu obbligato dalla sua segretaria di farsi visitare in ospedale con il pretesto che il generale supremo dell’alleanza doveva assolutamente godere di un’ottima salute.

«Non c’è granché da fare. C ha già cauterizzato la ferita e io sto bene! Devo solo abituarmi a non avere più il mio braccio dominante.» ruggì il Raikage.

«Sono certa che ha agito nuovamente con noncuranza.» si lamentò per contro Mabui.

Il Raikage sbuffò; detestava essere trattato come quel bambinone di suo fratello minore.

«Ho fatto quello che ritenevo necessario. Quel moccioso Uchiha mi ha fatto veramente incazzare.»

Mabui stava per replicare a quel commento, quando il Raikage la bloccò appena in tempo, cambiando rapidamente argomento.

«Piuttosto, Mabui. Vedi di indire un incontro con il signore feudale. Sicuramente vorrà essere informato di questa situazione e ne vorrà discutere con gli altri signori delle altre terre. Quei vecchi si cagano addosso appena sentono la puzza di guerra all’orizzonte.»

Mabui comprese immediatamente che era meglio evitare per il momento le discussioni inerenti al braccio sinistro che il Raikage aveva perso; evidentemente anche per lui non era stato molto facile privarsene, ma non lo avrebbe mai ammesso.

«Lo farò non appena verrà dimesso dall’ospedale, nel frattempo chiederò al maestro Dodai di fare un bel discorsetto a tutti i jonin. Non sarà facile per nessuno di loro combattere al fianco di chi abbiamo sempre considerato un nemico.»

Il Raikage non poteva essere più d’accordo con la sua assistente, ma sapeva benissimo che lo spirito di adattamento era fondamentale, se la Nuvola voleva uscire con l’apporto minimo di danni da quel nuovo conflitto mondiale.

«E voglio anche che le forze speciali tengano B costantemente sott’occhio. Intesi, B?» continuò l’uomo.

Un attimo dopo, questi si era voltato verso una parte della stanza in cui credeva di trovare suo fratello che avrebbe dovuto stargli sempre accanto; invece non c’era.

La rabbia del Raikage esplose; era stato nuovamente gabbato da quello scellerato di suo fratello.

«Dove diavolo è andato?!»

L’uomo iniziò ad agitarsi furiosamente, stava per avventarsi verso l’uscita della stanza per andare alla caccia di suo fratello e punirlo per i suoi comportamenti infantili.

I medici provarono quindi a tenerlo fermo per evitare tale prospettiva.

«La prego, sua eccellenza! Non abbiamo ancora finito con le cure! Ancora dieci minuti!»

«Sono certa che lord B stia bene. L’ho visto allontanarsi con Omoi e Karui, quindi sarà ancora nei pressi della magione.» aggiunse Mabui per tranquillizzarlo.

«Lo hai visto e non mi hai detto nulla? Sei impazzita?!» ruggì il Raikage.

Mabui era una donna dal sangue freddo, era capace di rimanere calma in qualunque occasione del genere ed era l’unica in grado di gestire il comportamento burbero del Raikage, tanto che molti credevano che in realtà, alcune decisioni prese da quest’ultimo erano fortemente influenzate dalla presenza di Mabui.

«Lord B sa benissimo che cosa gli aspetta se trasgredisse ai vostri ordini, per tanto ritengo che non si debba preoccupare. Pensi un po’ alla sua salute, dopo che i medici avranno terminato con le cure, sarà liberissimo di andarlo a cercare.» rispose la donna con calma.

A quel punto, il burbero gigante sembrò calmarsi, si sedette nuovamente sulla sua poltrona e lasciò che i medici continuassero a svolgere il loro lavoro, nel mentre continuò ad ascoltare gli aggiornamenti di Mabui in merito alle decisioni da dovere prendere su determinate faccende accadute durante la sua assenza e su quelle da prendere in vista della guerra. Il compito di pestare B era stato solo rimandato.

Nel frattempo, dato che non c’era il Raikage a tenerlo a freno, Killer B stava macchinando una delle sue solite trovate, servendosi anche dell’aiuto dei suoi allievi che non avevano alcuna voce in capitolo, se non quella di aiutarlo senza fiatare.

«Li avete presi?» chiese l’uomo con impazienza.

Omoi e Karui annuirono macchinalmente e privi di anima; opporsi alla volontà del loro maestro era inutile, ascoltarlo era l’unico modo per non venire legati a una poltrona e sorbirsi innumerevoli ore dei suoi concerti.

I due ragazzi consegnarono al loro maestro due mazzi di carta che avevano appena ritirato dalla copisteria in cui solitamente si servivano gli uffici della magione. Killer B sfogliò con attenzione i due mazzi per accertarsi che tutto fosse perfetto, soffermandosi sempre con orgoglio sulla sua immagine stampata che annunciava un suo concerto per quella sera.

«Fantastico! Con questa si spacca!» canticchiava B allegro.

«Ma è sicuro che vada bene, maestro? E se lo viene a scoprire il sommo Raikage?» domandò Omoi impaurito.

A quella domanda, B fece una smorfia di disappunto.

«Che ti succede, fratello? Pensavo che non ti importasse di questo fardello. Non ti curare di mio fratello. Stupido, idiota.»

Omoi provò a insistere nella sua tesi, ma venne fermato prontamente da Karui, la quale riteneva che l’amico si fosse dimenticato di che cosa lo avrebbe atteso, se si azzardava a criticare le folle idee canore del maestro B.

«Lascia perdere, Omoi. Sai bene che è come parlare a un muro.» sussurrò la ragazza.

«Sì, ma il sommo Raikage...» obiettò Omoi.

«Il maestro sa benissimo che cosa succederà, ma non gli interessa. - precisò Karui. Guarda, non ci ascolta più.»

B si era già immerso nei suoi canti per il concerto e non avrebbe smesso fino a quando non sarebbe giunta l’ora di mettere in pratica le sue doti canore con il suo amato pubblico. Il suo più grande desiderio, fin da quando era diventato una forza portante, era quello di essere acclamato come un grande cantante dalla gente di tutto il villaggio; era infatti convinto che così, tutti lo avrebbero accettato come loro pari e non lo avrebbero visto più come una semplice arma di distruzione di massa. Quel concerto doveva essere fatto; ben presto sarebbe andato via dal villaggio, quindi non poteva perdere tempo.

«Omoi! Karui!» tuonò B all’improvviso, spostandosi rapidamente verso i due.

«Forza pelandroni, non fate i fifoni e consegnate questi biglietti a tutti quei coglioni!»

Omoi e Karui ubbidirono. Sapevano benissimo che molte persone non sarebbero venute ai concerti del maestro B, sia per problemi di impegni, sia perché solitamente i suoi concerti finivano nella distruzione più totale, poiché i concerti venivano sempre interrotti dall’irruenza del Raikage che non voleva che suo fratello si esibisse come un fenomeno da baraccone. Malgrado tali prospettive, i due ragazzi non poterono opporsi, quindi uscirono dalla stanza del loro maestro e si prodigarono a eseguire il compito tanto ingrato.

Nel frattempo, Killer B continuava ad allenarsi nella sua recitazione vocale e non vedeva l’ora di esibirsi di fronte a tutti per dare il meglio. L’uomo si era inoltre convinto che un abbigliamento appropriato sarebbe stato l’ideale per ammaliare il suo pubblico, per tanto scelse il suo completo più scenico e iniziò a cambiarsi.

Nel momento in cui Killer B staccò Samehada da sé, quest’ultima iniziò ad emettere flebili grugniti che attirarono immediatamente l’uomo verso il capezzale di quello strano essere per accarezzarla.

«Non ti vuoi separare proprio da me, vero piccolina? Sei proprio carina.»

Samehada era una spada anormale e per certe persone non poteva nemmeno essere definita come tale. Un demone ghiotto di chakra, capace di assogettare la sua volontà a quella di un padrone che in cambio la nutriva costantemente del mastodontico chakra di cui era a disposizione. Samehada non poteva trovare un padrone migliore che una forza portante; lei inoltre si era innamorata moltissimo del chakra dell’Ottacoda, per tanto non riusciva a separarsene nemmeno per qualche istante. Si trattava di un’arma veramente curiosa; lo stesso Killer B ne era rimasto affascinato.

«Solo un po’ mia cara, il tempo di cantare per la gente a me tanto cara.» canticchiò l’uomo con affetto.

Per tenere tranquilla Samehada, Killer B decise di lasciarle mangiare un po’ del suo chakra, dopodiché si cambiò rapidamente e uscì di corsa dalla sua stanza, dato che il tramonto era ormai prossimo a comparire; il concerto sarebbe iniziato fra non molto.

Quella calma al villaggio della Nebbia sarebbe stata molto rara nei mesi che sarebbero seguiti. Dopo che il concerto di B venne nuovamente interrotto dall’intervento del Raikage, la gente del villaggio non ebbe tempo di rilassarsi, impegnata com’era nei preparativi per la guerra.

Il Raikage aveva ordinato a suo fratello di ritardare la partenza per l’isola di Genbu per rifornire le unità di spionaggio del suo inchiostro e nel frattempo lo teneva costantemente d’occhio per evitare che ne combinasse un’altra delle sue.

B stava sempre al fianco del Raikage e portava sempre addosso Samehada, in ogni momento; ormai quella spada poteva essere considerata come un’estensione del suo corpo, una fidata compagna da sfruttare in combattimento e che avrebbe fatto di tutto per proteggere il suo padrone. Quella era una spada strana, emanava sempre un chakra sinistro come un essere vivente e molti ninja sensoriali si trovavano sempre perplessi quando cercavano di captarne il chakra che diventava sempre più simile a quello della forza portante dell’Ottacoda.

Nessuno avrebbe potuto sospettare che quella spada potesse portare guai per il neonato esercito, era impossibile immaginare che il nemico si potesse servire di un oggetto simile per potere spiare i suoi piani, era inimmaginabile.

Invece le cose stavano andando così.

Samehada era una spada peculiare, la cui volontà era dipendente dal tipo di chakra di cui si innamorava. Ormai questa potente spada era fedele unicamente allo shinobi della Nuvola, Killer B. Tuttavia, quest’ultimo non conosceva tutti i segreti di questa arma peculiare, solo un vero spadaccino della Nebbia poteva. Per questa ragione, nessuno degli shinobi della Nuvola, nemmeno i ninja sensoriali, poteva sospettare che all’interno della spada il nemico origliava con attenzione a tutti i piani dell’esercito alleato: Kisame Hoshigaki era l’unico a potersi mimetizzare così bene per spiare il nemico dall’interno.

Il ninja di Akatsuki si era fuso completamente con la spada e aveva così confuso il suo chakra con quello di Samehada, in modo da non venire captato dai ninja sensoriali e tenere sotto controllo il nemico che lo riteneva sconfitto.

In realtà, durante lo scontro con l’Ottacoda, Kisame aveva elaborato un piano con Zetsu per ingannare il nemico, sfruttando le abilità segrete dell’uomo pianta per ingannare tutti quanti. Infatti, Zetsu aveva l’abilità di replicare il chakra di qualunque individuo con cui entrava in contatto, assumendo persino fattezze e tecniche della suddetta persona; quindi, a morire per mano dei due fratelli della Nuvola era stata una sua copia che aveva sfruttato tale potere per emulare Kisame e lasciar credere al nemico di averlo ucciso.

La verità era che il Mostro della Nebbia era ancora vivo, mimetizzato per bene dentro la sua fidata Samehada per svolgere il ruolo per cui era stato selezionato con così tanta attenzione da Madara Uchiha in persona: la spia.

«Il piano sta andando liscio come l’olio. Nessuno mi ha scoperto con questo travestimento.» gioì Kisame.

Gli ordini di Madara erano stati molto chiari: doveva infiltrarsi nell’esercito alleato per scoprirne i piani, assassinare le alte sfere e recuperare l’Ottacoda a qualunque costo. Kisame sapeva benissimo che non sarebbe stato un compito facile, ma lui sapeva aspettare il momento adatto, ovvero quell’esatto momento in cui la forza portante sarebbe stata vulnerabile.

«Vediamo di darci da fare. La parte più difficile inizia proprio adesso.»

Kisame aveva proprio ragione. La parte più difficile sarebbe iniziata proprio adesso, per chiunque.

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Capitolo 28
*** NEBBIA DI CALDO SAKE' SEDUTI SU UNA DURA ROCCIA ***


Giunse la sera quando le vecchie e stanche membra dello Tsuchikage poterono riposare sulla sua poltrona preferita, all’interno della sua residenza privata nella zona più altolocata del villaggio della Roccia.

L’anziano shinobi si era versato un bicchiere di saké e aveva acceso la sua pipa, così da potere distendere i nervi, dopo quella lunga giornata passata nella capitale della nazione della Roccia, solo per rassicurare il signore feudale che gli sarebbe stata fornita la più completa protezione, durante il duro periodo di guerra che sarebbe giunto a breve.

Onoki sospirò pensieroso, mentre i fumi della sua pipa andavano ad infrangersi tra di loro e a sbiadire mano a mano che lievitavano verso il cielo notturno di quella pacifica notte primaverile. La sua mente era ancora ferma a quanto fosse successo durante il summit nella nazione del Ferro, soffermandosi soprattutto a quello che gli aveva detto il giovane Kazekage; parole così dure che avevano scosso persino un vecchio testardo come lui, fermo nei suoi propositi come la roccia più dura che esistesse.

Davvero aveva gettato via se stesso? Era cambiato così tanto dai suoi tempi d’oro? Eppure non aveva fatto altro che seguire gli insegnamenti del suo maestro e agire come leader, proprio a tutela e beneficio del villaggio. Era forse vero che la sua politica doppiogiochista fosse la prefazione per gettare via tutta la sua etica e i suoi sogni?

Onoki chiuse gli occhi. Non poteva essere realmente così. I sacrifici che aveva fatto erano reali ed erano stati molto sofferti; non poteva semplicemente accettare quelle parole e considerare le sue decisioni come spazzatura. Eppure perché si sentiva così scosso da quelle tanto brevi e quanto semplici parole?

L’anziano shinobi tirò giù il bicchiere di saké in un solo sorso; pensare a quella situazione lo aveva innervosito molto. Forse era vero che aveva perso lo smalto dei tempi giovanili, ma la politica era quella, c’era poco da fare e lui lo sapeva benissimo. Un’alleanza ha lo scopo di raggiungere un obiettivo, ma alla fine di tutto, solo al più furbo spettava la fetta più grossa; lui si era sempre stato così. Quel ragazzino non capiva, troppo giovane per carpire l’oscurità della politica e la necessità di allontanare etica da essa.

Eppure perché sentiva che dentro quelle parole c’era del vero.

Bussarono alla porta della sua stanza.

«Avanti.» sussurrò Onoki.

Un uomo fece il suo ingresso. Era alto e corpulento, un fisico possente e muscoli ben definiti, segnati dall’esperienza e da un duro allenamento. L’uomo indossava la divisa dei jonin del villaggio della Roccia, portava un pizzetto e un buffo naso a patata, identico a quello di Onoki.

«Volevo parlarti.» disse l’uomo, addentrandosi nella camera.

Onoki si voltò verso suo figlio per dargli l’attenzione che richiedeva, gli avvicinò un bicchiere con dentro del saké e lo invitò a sedersi di fronte a lui.

«Ti ha detto tua madre di venirmi a parlare?» gli chiese Onoki.

L’omone scosse il capo prontamente mentre si accomodava.

«Lei sa meglio di chiunque altro quello che succede in questa casa, non ha certo bisogno del mio aiuto.» replicò l’uomo, che subito si affrettò ad aggiungere.

«In realtà, volevo parlarti in privato e questa è la prima occasione che ho trovato per farlo.»

Onoki sghignazzò; non poteva nascondere proprio nulla a quella donna testarda tanto quanto lui. Forse era per questo che entrambi non facevano altro che litigare da quando erano entrati nella fase della vecchiaia; per loro il conflitto non era altri che un modo per continuare a rendere interessante il loro rapporto.

«Ti ascolto.» proruppe l’altro.

Il viso di Kitsuchi si fece ancora più truce del suo solito e lo sguardo fra i due si fece così intenso che persino l’atmosfera della stanza si era rabbuiata, fino al punto che persino a una persona di fuori veniva semplice carpire la drammaticità della situazione.

«Ci sono delle voci...»

«Che voci?» chiese Onoki.

«Voci che vogliono rimuoverti dalla carica di Tsuchikage.» rivelò il figlio.

Onoki sghignazzò; non era nuovo a quelle voci.

«Sono dieci anni che sento di queste voci, ma ancora non c’è stato nessuno che ha avuto il fegato di esporlo pubblicamente.»

Lo sapevano tutti che lo Tsuchikage non aveva alcuna intenzione di appendere il kunai al chiodo, come recitava un famoso detto fra i ninja, nonostante la sua veneranda età; la tesi che l’anziano continuava a esporre era che nessuno era in grado di diventare il Quarto Tsuchikage, poiché non c’era ancora nessun ninja che era in grado di ereditare la sua arte della polvere, il che aveva un senso, eppure, per intraprendere tale conversazione, Kitsuchi doveva avere le sue buone ragioni; qualcosa doveva essere evidentemente cambiata.

«Presto lo faranno sicuramente. - asserì il figlio. Con una nuova guerra alle porte e questa alleanza con le cinque grandi terre, molti inizieranno a insinuare che tu sia troppo vecchio per guidare la Roccia.»

Onoki continuava a mantenere la calma; aveva udito tali argomentazioni più volte negli ultimi tempi che ormai non ci faceva più tanto caso. Nonostante ciò, egli non si tirò indietro quando c’era da perdere le staffe e dare in escandescenza per alcune insinuazioni sulle sue capacità di comando.

«Che razza di insolenti! - tuonò. Come diavolo credono di affrontare Akatsuki, quando non hanno idea di chi hanno di fronte e mi vogliono rimuovere?! Dovranno strapparmi il mio cappello da Tsuchikage dalle mie gelide mani!»

Kitsuchi era fin troppo abituato a quelle scene di incandescenza di suo padre, quindi non ci fece particolarmente caso.

«So’ quello che provi e la penso come te. Ora come ora, sostituirti sarebbe solo un problema, perché la tua esperienza ci serve.»

Tuttavia, c’era qualcosa che l’uomo riteneva necessario mettere in chiaro una volta per tutte. Sebbene ritenesse le ragioni di suo padre valide tanto quanto le paure dei consiglieri del villaggio, c’era qualcosa che era necessario mettere in chiaro.

«Prima o poi sai benissimo che dovrai ritirarti e dovrai accettare il fatto che hai fallito con Deidara. Ci sarà sicuramente un altro successore valido per il titolo.»

«E vorresti essere tu quell’altro successore?! Lo sai benissimo che non sei compatibile con l’arte della polvere! Tu devi stare sul campo di battaglia, per guidare i nostri ninja, come mio generale.» lo attaccò il padre barbaramente.

Kitsuchi scattò in piedi per la rabbia e replicò a tono a quell’accusa.

«Se credi veramente che sia io a insidiare il tuo ruolo, allora è meglio dare un taglio a questa conversazione! Sai benissimo che non mi è importato un fico secco di essere il figlio dello Tsuchikage! Ho interesse solamente che la Roccia esca al meglio da questo conflitto!»

Onoki si sollevò in aria per raggiungere l’altezza del figlio e fissarlo minaccioso faccia a faccia per contrastarlo al meglio.

«Come osi rivolgerti a tuo padre in questo modo?!» urlò minaccioso.

Kitsuchi non fu da meno; non era più un bambino, poteva tenergli testa senza alcun problema.

«Dico solo le cose come stanno! Smettila di pensare a quel folle di Deidara! Te lo dissi già qualche tempo fa! Hai sbagliato quella volta! Guarda avanti e cerca qualcun’altro compatibile con la tua dannata abilità!»

Per anni, Onoki era stato ossessionato che la sua progenie non avesse ereditato la predisposizione a ereditare la tecnica più potente del villaggio della Roccia: la sola e unica abilità totale, la rarissima arte della polvere.

Per questo motivo, aveva cercato fra i membri dei numerosi clan del villaggio della Roccia qualcuno che fosse degno di ereditarla, ma per anni la sua ricerca non aveva dato i frutti sperati. Il motivo risiedeva che l’arte della polvere era un’abilità che poteva essere passata oltre la linea di sangue, poiché oltre ad avere una predisposizione necessaria per cui venisse naturale manipolare più nature del chakra, era necessario che il precedente utilizzatore di tale abilità avesse la volontà di trasferire tale potere nel nuovo ospite.

A Onoki era successa proprio la stessa cosa quando era bambino, ricevendo questo dono come una pesante e onerosa responsabilità per proteggere il villaggio. Lui però non aveva ancora trovato un degno successore e sentiva che il tempo a sua disposizione fosse sempre di meno. Poi era nato Deidara all’interno del suo nucleo familiare e già dalla nascita prometteva grandi cose per il vecchio Tsuchikage che aveva del tutto ignorato la sua nipotina per contrarsi interamente sul giovane. Con il passare del tempo, però, Onoki non si era reso conto che nella follia di Deidara non ci fosse spazio per il ruolo di Tsuchikage e che la sua predisposizione vertisse maggiormente nel distruggere le cose, anziché proteggerle. Per questo motivo era stato colto alla sprovvista, quando Deidara aveva cercato di far saltare in aria il villaggio della Roccia in uno dei suoi deliri autocelebrativi della sua arte; non ci riuscì unicamente perché Kurotsuchi lo aveva scoperto e comunicato immediatamente a suo nonno.

Come conseguenza, Deidara divenne un ricercato di rango S in tutta la nazione, dilettandosi come dinamitardo al soldo dei movimenti terroristi contro il governo dei signori feudali e perenne nemico della Roccia.

Dopo quella esperienza, Onoki si era così rassegnato che l’arte della polvere sarebbe morta con lui e che non si sarebbe mai ritirato dalla carica di Tsuchikage fino a quando fosse rimasto in vita. La sua non era solo una decisione per il bene del villaggio, ma anche una dimostrazione di assoluta determinazione a far valere la sua mentalità, senza adattarsi ai tempi di disarmo che erano iniziati dopo la conclusione dell’ultima guerra.

I tempi cambiavano e per un vecchio uomo d’azione come lui era difficile da accettare.

«Buttare via la mia abilità, sarebbe come buttare via gli insegnamenti del mio maestro, non sono così senza cuore come tu possa pensare, Kitsuchi.» sentenziò infine.

Il figlio tirò un sospiro; purtroppo suo padre aveva una testa così dura da non generare invidia nelle roccie più dure presenti nel loro villaggio. Non poteva certo pretendere che cambiasse le idee che aveva sempre avuto nel corso di pochi giorni.

A quel punto, Kitsuchi decise di cambiare argomento.

«Non penso che avrai comunque gravi problemi nel gestire quelle voci durante la guerra, ma non appena questa guerra sarà conclusa, dovrai nominare il Quarto Tsuchikage, lo sai benissimo.»

«Beh, quando sarà il momento staremo a vedere quello che accadrà.» replicò Onoki, che si trovò immediatamente a puntualizzare.

«Credi che non sappia quello che il clan Kamizuru si aspetta da me? Sono vecchio, ma sono pur sempre Onoki il Doppiogiochista. Non dimenticarlo.»

«Ne sono ben cosciente. - asserì il figlio. E’ solo che agli altri è sembrato strano che tu ti portassi a collaborare con tutti e quattro gli altri Kage, in special modo con la Sabbia. Questo Madara Uchiha deve farti veramente paura per comportarti in questo modo.»

Al solo sentire quel nome, la mano di Onoki che reggeva un bicchiere iniziò a tremare nervosamente, come se le ferite del passato si fossero magicamente riaperte dopo tanto tempo.

Onoki ci rise su; era ancora sorpreso dal fatto che dopo tutto quel tempo, fosse ancora capace di percepire sentimenti così forti nei confronti di un nemico.

«Tu non conosci Madara. A quei tempi ero solo un ragazzino e non so tutt’oggi come ho fatto a sopravvivere al suo attacco. Lui si era solo limitato a giocare con me, come se fossi un insetto da schiacciare. Persino il mio maestro, il Secondo Tsuchikage, è stato battuto come se niente fosse.»

«Per questo hai accettato di collaborare in questa alleanza?» chiese Kitsuchi.

«Esatto. Ma questa volta voglio agire diversamente dal passato.»

Suo figlio sembrò intuire immediatamente a quello a cui si riferiva e che era maggiore preoccupazione fra le alte sfere del villaggio della Roccia. Ogni volta che c’era una guerra, si era soliti spartire il bottino di guerra fra i vincitori e Onoki era conosciuto per essere il più avaro e scorretto nell’appropriarsi della parte più cospicua del bottino. Ma in quella guerra, quale bottino più succulento poteva esserci se non che le forze portanti dell’Ottacoda e dell’Enneacoda.

«Sai che questo non piacerà ai consiglieri.» commentò Kitsuchi di rigetto.

A Onoki sfuggì un ghigno.

«Che me ne frega. Se ne faranno anche loro una ragione.»

Erano state le parole del giovane Kazekage a dargli una nuova ottica di agire. Dopotutto, si era sempre lamentato che i conflitti gli avevano portato via così tante cose durante il tempo, riconoscendo che la maggior parte dei conflitti internazionali erano nati per colpa del suo egoismo e a quanto gli era stato insegnato dai suoi predecessori, ovvero che alla ragion di stato non doveva essere anteposto a nulla. Quel ragazzino poteva avere ragione, l’onore poteva avere un valore, così come il rispetto dell’autorità e della ragion di stato, eppure perché doveva spingersi ad applicare una politica del genere e fare la fine di Danzo. Non era questo che voleva lasciare ai posteri, non voleva essere ricordato come un folle guerrafondaio.

«Lo hai detto anche tu, figliolo. Le cose devono cambiare, ma non come pensate voi.»

Kitsuchi sbuffò; era proprio curioso di sapere chi o che cosa avesse condizionato suo padre nel cambiare totalmente la sua attitudine e di farlo restare fermo come una Roccia allo stesso tempo; suo padre era proprio un mistero.

«Ma perché hai deciso di agire così?»

Onoki bevve l'ultimo sorso di saké e ingoiò una pillola della pressione che era obbligato a prendere per colpa della sua veneranda età, dopodiché diede la sua risposta al figlio.

«Perché mi sono ricordato come ero da giovane, grazie alle parole di un moccioso di un altro paese.»

«Spero che tu sappia quello che fai.»

«Oh certo. - confermò il padre. Questo vecchio bacucco è ancora capace di sorprendere.»

E lo avrebbe fatto di sicuro, in un modo o nell’altro Onoki, il terzo Tsuchikage, non sarebbe passato come il guerrafondaio che lui stesso riteneva di essere stato.


*


La Mizukage aveva appena concluso di riportare quanto avvenuto durante l’assemblea dei cinque Kage di fronte al signore feudale del paese e ai suoi consiglieri. Le notizie apprese avevano giustificatamente scatenato molta inquietudine in tutti i burocrati lì presenti, fossero questi ninja o persone comuni, fra le quali spiccava chiaramente la faccia estremamente preoccupata e insicura del signore feudale del paese dell’acqua.

«Dunque è a questo che siamo giunti. Una guerra in questo periodo è la cosa peggiore che poteva capitare.» commentò il leader affranto.

La nazione dell’acqua aveva attraversato un lungo periodo di ricostruzione e massicci investimenti in tutte le sue aree infrastrutturali più importanti, soffermandosi soprattutto nell’aiutare la neo eletta Mizukage nella ricostruzione dell’esercito della Nebbia, che era stato precedentemente sguarnito di moltissimi shinobi, morti per colpa delle guerre civili che avevano massacrato quell’agglomerato di ricche isole per più di un decennio.

I lunghi tempi della Nebbia Insanguinata erano finiti, ma la politica del signore feudale e delle alte sfere della Nebbia non era cambiata e rimaneva fedele al prode isolazionismo e alla totale chiusura alle relazioni con gli altri paesi; la guerra era l’unica forma di relazione possibile per la Nebbia. A tal proposito, la nuova Mizukage aveva approfittato di quanto accaduto al summit dei Kage, per fare valere la sua sua tesi politica che la Nebbia dovesse aprirsi alla comunicazione e che altrimenti sarebbe stata sempre vittima di sospetto da parte degli altri villaggi, proprio com’era successo durante quell’ultima riunione.

«Posso capire la sua inquietudine, mio signore. - proruppe la Mizukage. Ritengo essenziale comunque che la Nebbia prenda parte in questa alleanza, sfruttando questo conflitto per porre definitivamente la parola fine alla storia della Nebbia Insaguinata.»

Per quanto il signore feudale si sforzasse di comprendere quelle ragioni, c’erano molti fattori che lo preoccupavano enormemente, partendo dal fattore economico per giungere a quello politico e a quello della propria incolumità.

«Lo posso capire, Mizukage. Però non credo che voi Kage abbiate la facoltà di prendere una decisione così arbitraria, senza prima consultare noi signori feudali.»

Il signore feudale dell’acqua era sempre stato conosciuto per la sua ostinazione a mantenere la sua posizione un gradino superiore a quella del suo corrispettivo capo militare, ovvero il Mizukage della Nebbia, per questo motivo non era molto felice, quando aveva appreso della nascita di questa alleanza ninja tra tutte e cinque le grandi terre; quella, secondo la sua opinione, era una possibile occasione per i Kage di oscurare la loro figura di capi di stato.

Quando Mei Terumi aveva dato il suo assenso a prendere parte all’esercito alleato, conosceva benissimo quale sarebbe stata la reazione del signore feudale della sua terra, per questo si era preparata a dovere nell’esporre le sue ragioni e usare le giuste motivazioni per convincere quell’uomo così vittima del controsenso; voleva cambiare la situazione buia del paese, ma allo stesso tempo aveva paura di farlo, perché temeva che la sua autorità venisse a meno. Era soprattutto per questo motivo che lei non lo rispettava come capo di stato.

«Con tutto il dovuto rispetto, mio signore. Noi Kage abbiamo preso questa decisione in quanto abbiamo riconosciuto la minaccia di Akatsuki come la più grave crisi che il mondo dei ninja abbia mai affrontato, pertanto ho ritenuto più che vitale che il villaggio della Nebbia prenda parte all’alleanza. Con Uchiha Madara a capo di questa organizzazione, nessuno è al sicuro, anche se si dichiarasse neutrale.»

«Questo però non la autorizza a prendere decisioni arbitrarie e venire qui a chiedere fondi per questa nuova guerra con cui non vogliamo avere a che fare!» intervenne tuoneggiante uno dei consiglieri del signore feudale.

Le carte erano ben svelate da entrambe le parti. La Mizukage voleva cambiare l’attuale situazione del paese e partecipare a un conflitto che minacciava la povera gente. Lo Stato dell’Acqua non voleva sprecare risorse e si preoccupava degli equilibri politici che sarebbero mutati in seguito di quella guerra.

La Mizukage doveva vincere assolutamente quel braccio di ferro, ne andava del suo prestigio internazionale e della sua autorità come capo militare della nazione. Non doveva farsi mettere i piedi in testa da nessuno.

«Invece sono autorizzata eccome a prendere queste decisioni! Sono il capo militare di questo paese e come sua eccellenza, nutro grandi preoccupazioni per questa terra. Per questo motivo dobbiamo fermare i piani di Akatsuki, altrimenti la situazione che è accaduta durante la Nebbia Insanguinata, si estenderà in maniera globale.»

«Che impudenza!» bonfocchiò uno dei consiglieri.

Le lamentele dei politici si fecero sempre più assordanti nella stanza, circondando di malumore la Mizukage e il suo entourage, il quale si premurava di tenere alla larga la folla dei burocrati dal loro capo villaggio.

Mei non si curò affatto delle voci di quegli uomini senza spina dorsale, com’era solito definire Ao, poiché la sua attenzione era tutta rivolta al signore feudale; dopotutto, spettava solamente a lui l’ultima parola.

Il signore feudale non tardò molto a dare ordine alla folla di zittirsi, poi prese parola, stupendo tutti.

«Che cosa c’entra il periodo della Nebbia Insanguinata in questa guerra?»

Mei tirò un profondo respiro. Sapeva benissimo che parlare di quel periodo era la cosa più spiacevole per tutti i presenti, eppure quello sarebbe stato il suo lasciapassare per convincere i politici ad appoggiare la sua politica, ma soprattutto l’Esercito Alleato.

«Proprio quello che ho detto, mio signore. - proruppe la donna. Durante il summit, abbiamo avuto un contatto diretto con lo stesso Madara Uchiha che mi ha rivelato che era lui a controllare il Quarto Mizukage, Yagura, durante tutto il periodo della Nebbia Insanguinata.»

Era stata colpa di Madara Uchiha se il villaggio della Nebbia aveva mietuto vittime tra i suoi ranghi, esposto i bambini a pratiche crudeli per sopraffare i più deboli, sparso così tanto sangue per tutto quel tempo. Era colpa di Madara se nella Nebbia era nata la macabra filosofia del massacro e dello smembramento dei corpi, contribuendo alla nascita ed educazione di mostri come Zabuza Momochi e Kisame Hoshigaki.

Quando la Mizukage concluse il suo racconto, tutti gli spettatori erano rimasti privi di alcuna facoltà di commentare o criticare quella storia, come se si fossero resi conto all’improvviso che il male si era sempre celato in mezzo a loro e che se quella guerra sarebbe stata persa, il mondo sarebbe tornato a quei tempi bui, privi della minima speranza.

«Quindi è vero...» fu il commento a bruciapelo del consigliere che un attimo prima aveva urlato contro la Mizukage.

«Sissignore.» replicò quest’ultima, che poi si prodigò a insistere sui suoi punti.

«Per tanto, mio signore, ritengo fondamentale il contributo della nazione dell’acqua in questa grande alleanza. Io stessa, in qualità di Mizukage, sono pronta a mettere in gioco la mia stessa vita.»

Il signore feudale era con le spalle al muro, ormai doveva dare una risposta chiara e concisa a quanto era stato richiesto in quell’assemblea straordinaria.

«Molto bene, Mizukage. Ritengo che la minaccia di cui parla sia inevitabile anche per il nostro paese, per tanto le do pieni poteri per agire al meglio. - dichiarò l’uomo. Tuttavia, preferirei prima consultarmi con gli altri signori feudali, così da comprendere quale sia il loro punto di vista. Subito dopo, mi farò da parte.»

Ce l’aveva fatta, era riuscita a convincere uno sciocco impaurito a prendere una decisione ben precisa e che fosse la più sensata di tutti. Mei si sentiva fiera di se stessa nell’essere riuscita in tale impresa. Adesso poteva muoversi liberamente e prendere decisioni, senza consultare ogni volta il suo corrispettivo politico, pertanto ritenne che non ci fosse nulla di male che i signori feudali si consultassero fra di loro; l’importante era che nessuno intaccasse la loro autorità, in quanto carica numero uno del paese.

Mei fece un profondo inchino verso il signore feudale per ringraziarlo.

«Vi prometto che non vi pentirete di questa decisione, mio signore. Il villaggio della Nebbia non sfigurerà di fronte alle altre forze armate.»

Il signore feudale diede chiaro apprezzamento per quel gesto, a prova di quanto sospettato anzitempo dalla Mizukage.

«Ne sono certo. Spero solo che questa guerra si concluda il prima possibile, così che possiamo tornare a dormire sonni tranquilli.»

Lo speravano tutti.

Dopo qualche ora dalla conclusione della riunione, la Mizukage lasciò Sosu, la capitale della nazione dell’acqua, diretta rapidamente verso il villaggio della Nebbia per dare comunicazione a tutti i suoi ninja di iniziare i preparativi per la guerra.

«La vedo stanca, madamigella. Le porgo un goccio d’acqua» fu la proposta di Chojuro, durante il viaggio di ritorno.

Il ragazzino che impugnava l’Hikamekarei era stato nominato guardia del corpo personale della Mizukage, per tanto la seguiva in qualunque posto ella andasse.

«Discutere con i politici è la cosa che detesto più al mondo. Per fortuna sono così facili da manipolare, ma tra di loro non c’è nemmeno un uomo decente che potrei pensare di sposare. Sono così pappamolle.» commentò la donna con evidente esasperazione.

Chojuro si limitò a sorridere per quel commento; conosceva abbastanza bene la Mizukage, per sapere di non dovere mai rispondere a un suo commento sugli uomini per nessuna ragione al mondo. Anche perché, con quella guerra alle porte, la Mizukage avrebbe avuto poco spazio per pensare al matrimonio; prima dovevano sopravvivere a quel conflitto.

«Almeno adesso posso guardare in faccia gli altri Kage, senza sentirmi in colpa per non sapere tenere sotto controllo i politici.» commentò sollevata la donna a un certo punto.

Chojuro si limitò a sorriderle, incerto su quale fosse il miglior comportamento da assumere per compiacere al meglio la sua signora, mentre il secondo membro dell’entourage, un uomo mascherato con addosso una lunga spada a forma di ago, si avvicinava all’orecchio della donna per porle una domanda.

«Mia signora, non ritiene opportuno approfittare della situazione per scegliere il nuovo corpo degli spadaccini della Nebbia? Non credo che io e Chojuro potremmo rappresentare degnamente il nostro gruppo nella guerra, da soli.»

«Prenderò in considerazione questo aspetto con l’anziano Genji, una volta giunti al villaggio. - replicò la donna. Tuttavia, non credo che possiate applicare al massimo la vostra forza come gruppo, dato che mancano all’appello fra le spade la Kubikiri e Samehada, o sbaglio.»

L’uomo sembrò non apprezzare molto quel commento, essendo uno dei più profondi nostalgici del periodo d’oro degli spadaccini della Nebbia e che sperava in una loro imminente resurrezione.

«Comprendo bene la situazione, mia signora. Per questo suggerisco di partire alla ricerca dei traditori che hanno sottratto al villaggio i nostri tesori nazionali.»

Mei scosse il capo.

«Non è questo il momento per pensare a queste cose, Junashi. So bene quanto siano importanti gli spadaccini della Nebbia, per questo riconosco il valore di voi due, che siete insieme qui con me. Il corpo d’armata rinascerà, prima o poi, ma adesso dobbiamo pensare alla guerra.»

Certo, pensò Mei, se la squadra dei sette spadaccini della Nebbia fosse stato lì presente al completo, sarebbe stata sicuramente più tranquilla, purtroppo però solo due ninja si erano dimostrati degni di impugnare due di quelle spade leggendarie.

Junashi Kirimu, che impugnava la spada chiamata Nuibari, una spada abile negli affondi.

Chojuro Hozuki, che impugnava la spada chiamata Hikamekarei.

Nessun altro ninja si era dimostrato degno di entrare a far parte di quel corpo, o meglio, nessun altro ninja era in grado di eguagliare i precedenti spadaccini della Nebbia, specializzati nell’uso di ogni suddetta spada.

«Chojuro, Junashi. Comprendete bene quale sia il vostro ruolo, non è così?» domandò in seguito la Mizukage.

I due spadaccini annuirono simultaneamente a quella domanda, dando così segno che comprendevano più che bene che sulle loro spalle pendeva una grande responsabilità. Junashi era ben più che pronto a reggere il peso, ma non si poteva dire lo stesso per Chojuro; purtroppo per quest’ultimo, doveva abituarsi il prima possibile ad assumere quel ruolo, per il suo bene, ma soprattutto per il bene di quelle persone che credevano in lui, in primis la gentile Mizukage.

«La guerra che ci attende sarà molto cruenta e difficile da affrontare. Spero che tu ti sia deciso a crescere, Chojuro, perché non ci sarà il momento dei tentennamenti.» commentò Junashi a tal proposito.

«Sì, lo so, signore.» replicò il ragazzino a bassa voce.

Aveva così tanti dubbi nel suo cuore, ma sapeva benissimo che non poteva coinvolgere gli altri nei suoi problemi così piccoli. Doveva essere forte e degno della fiducia che gli era stata data.

Mei osservò compiaciuta il giovane spadaccino che stava riuscendo ad affrontare le proprie paure con le sue sole forze. Credeva molto in lui ed era certa che quella guerra gli avrebbe fatto bene per farlo crescere.

«Spero solo che questa guerra non duri molto.» fu il commento finale della donna.

Le porte del villaggio della Nebbia furono finalmente visibile dai tre viaggiatori, quindi era giunto il momento di mettere di lato le proprie inquietudini personali e di mettersi a lavoro; c’era molto da fare e così poco tempo per realizzarlo.

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Capitolo 29
*** L'EROE TORNA A CASA ***


Il gruppo della Foglia era in cammino da diverse ore in direzione del villaggio della Foglia. Durante il tragitto, era fatto il tentativo da parte di tutti di evidenziare l’aspetto che l’amico Naruto fosse ammanettato, sebbene tutti quanti che delle semplici manette fossero una misura ridicola per tenere a bada uno come lui, ma purtroppo era stato chiesto di agire in questa maniera per tenere tranquilli i cittadini e quindi bisognava sottostare.

L’inquietudine generale era ben evidente, persino per Naruto, che provò a rompere il ghiaccio con un tono abbastanza allegro, ponendo l’attenzione ai soli aspetti positivi di che cosa comportasse il suo ritorno alla Foglia.

«Non so voi, ragazzi. Dopo tutto questo tempo, sono davvero felice di tornare al villaggio. Ho avuto veramente tanta nostalgia di casa!»

Era molto piacevole sentire quelle parole, poiché in qualche modo simboleggiava un riconoscimento ufficiale che i loro sforzi in tutto l’anno precedente avevano portato a un risultato. Ognuno di loro aveva partecipato alle operazioni di recupero di Naruto, supportando di continuo Sakura e Hinata in quella lunga e irta impresa, soprattutto grazie al profondo legame che li univa.

Ovviamente, le più soddisfatte di tutti erano Sakura e Hinata, le quali chi per un motivo o per l’altro, sentiva di essere riuscita ad avanzare di qualche passo in più alla tranquillità d’animo.

«Aspettati delle sorprese allora, perché il villaggio è cambiato molto da quando sei via.» fu il commento a bruciapelo di Ten Ten.

«Allora mi aspetto solo cambiamenti positivi!»  replicò il ragazzo tutto allegro.

Erano quasi quattro anni che mancava dalla Foglia. Naruto ricordava ancora ogni minimo dettaglio di quel luogo, partendo dalle rigogliose foreste, al monte con i volti scolpiti dei suoi eroi, gli Hokage. Avrebbe tanto voluto visitare l’accademia ninja, posto in cui tutto era incominciato, mangiare qualche scodella di ramen con il maestro Iruka e sdraiarsi nella sua camera a pensare alla missione del giorno dopo; che vita che aveva abbandonato tempo addietro, solo adesso sentiva di rivalutarne alcuni aspetti che all’epoca giudicava infernali.

«Chissà quanta polvere troverò a casa mia.» ridacchiò Naruto, dopo qualche pensiero alla sua piccola abitazione.

I presenti si scambiarono uno sguardo perplesso, trovandosi incerti se rivelare o meno all’amico che la sua abitazione non c’era più, a causa dell’attacco di Pain qualche mese prima.

Fu Kakashi a dare quella triste notizia.

«Te lo avevo già detto tempo fa, non ricordi? Le abitazioni sono andate distrutte durante l’attacco di Pain, compresa anche la tua.»

Naruto ci mise poco tempo per ricordarlo, si depresse e poi passò immediatamente a una fase di risata, come metodo per obbligare positivamente se stesso per far fronte a quella brutta notizia; un luogo della sua infanzia era sparito così dal nulla e solo adesso si rendeva conto quanto gli fosse mancato in quegli anni.

«L’hai presa abbastanza bene.» constatò Kiba.

Ovviamente Naruto aveva le sue buone ragioni per continuare a condurre tale atteggiamento.

«Beh, l’importante è che il chiosco Ichiraku sia sano e salvo. E’ questo ciò che conta!»

Nessuno si sorprese molto per quel commento; era risaputa la grande affezione di Naruto per quel piccolo chioschetto di ghiottonerie a base di ramen che aveva sempre frequentato fin da piccolo.

«Non avevo dubbi che avresti risposto così!» sbuffò esasperata Sakura.

«Naruto preferirebbe dormire sotto i ponti, l’importante è che abbia il suo ramen!» ci scherzò su Ino.

A quel punto, Naruto lanciò a quest’ultima uno sguardo accigliato.

«Inutile che mi prendete in giro, voi avete avuto la possibilità di andarci sempre! Io invece ne ho sentito la mancanza! In questi anni ho girato tanti posti, ma nessun ramen è buono come quello di Ichiraku!»

Ino replicò immediatamente con le sue giuste motivazioni.

«Esagerato! Come se fosse possibile che tu e gli altri di Akatsuki andaste a cenare ogni sera nei ristoranti!»

Il buon senso ovviamente sarebbe andato a braccetto con l’affermazione appena fatta, ma nei ricordi di Naruto non era andata affatto così. Durante i suoi viaggi con Itachi e Kisame, egli raccontò che era accaduto spesso di fermarsi in qualche locanda per consumare un pasto caldo oppure per comprare delle scorte. In quelle occasioni, era per volere di Itachi che sostavano in qualche locanda in periferia dei villaggi che visitavano; il motivo era che Itachi era un ottimo estimatore dei prodotti dolciari, ne andava letteralmente matto, soprattutto per i dango, e non perdeva l’occasione di visitare tutte le locande in cui si imbatteva nel suo cammino.

«Saremmo anche stati ricercati, ma ci piaceva mangiare bene.» precisò infine.

In effetti, per tutti risultò molto difficile immaginare il temuto Itachi Uchiha che seguiva le mode culinarie e si gettava in pasto ai lupi, pur di assaggiare qualche dolce; era un concetto inimmaginabile e che stonava moltissimo con le voci che circolavano sul suo conto.

«Sto iniziando ad avere dei dubbi sull’intelligenza di alcuni membri di Akatsuki.» fu l’affermazione a freddo fatta da Ten Ten.

Naruto gli rispose con una linguaccia e così tutti quanti scoppiarono a ridere per la reazione sbigottita della ragazza.

Il clima del gruppo era ancora leggero e festoso, ma per quanto si sorridesse, tutti sapevano benissimo che a ogni passo che compivano in direzione del villaggio, la loro allegria andava lentamente a scemare, trasmettendo così una piccola dose di tristezza per quello che sarebbe accaduto una volta giunti a destinazione.

Proprio per questo motivo, nessuno si aspettava che quel momento tanto temuto giungesse così rapidamente, di fatti  uno squadrone delle forze speciali della Foglia apparve all’improvviso di fronte a loro, arrestando così la loro marcia.

Un duro colpo da mandare giù. L’allegria di tutti si arrestò come i loro passi e la speranza dei loro animi si era tramutata in ansia per quello che sarebbe successo al loro amico, non appena i ninja delle forze speciali avessero messo le mani su di lui.

«Non hanno perso tempo.» constatò Shino lapidario.

La constatazione appena fatta corrispondeva esattamente al vero.

I due consiglieri del villaggio, Homura e Koharu, avevano dato ordine alle forze speciali di raggiungere il gruppo per scortare la forza portante dell’Ennacoda in tutta sicurezza al villaggio; nessuno poteva più permettere che una figura così importante sfuggisse nuovamente al loro controllo. Pertanto, nel gruppo erano presenti unicamente i migliori ninja che le forze speciali potevano offrire: tutti ninja che erano stati addestrati da Kakashi Hatake.

Infatti, Kakashi non esitò un solo istante a discutere con quei ninja con tono che ammetteva di conoscere bene tutte le identità di quei ninja che mascheravano il proprio viso in quelle maschere bianche.

«Avrei dovuto immaginare che avrebbero mandato voi.»

Fra i ninja delle forze speciali, ci fu unicamente una donna dai lunghi capelli violacei a degnare l’uomo di una risposta.

«Abbiamo appreso dai consiglieri della morte di sua eccellenza Danzo e della vostra candidatura alla carica di Hokage, eminenza. Siamo arrivati il prima possibile con l’ordine di scortare sia voi che la forza portante.»

Al solo sentirsi chiamare con il titolo altisonante di “eminenza”, Kakashi fece una smorfia contratta che persino con la maschera in viso era possibile distinguere. Lui, un tipo riservato e vissuto sempre nelle ombre, stava per diventare l’uomo più importante della nazione del fuoco, il faro di speranza verso tempi bui e non poteva sottrarsi da questa responsabilità.

Dunque Kakashi decise di essere all’altezza delle aspettative di tutti e continuò a ostentare il suo immancabile sangue freddo. Conosceva molto bene quella donna e sentiva di potersi fidare completamente di lei; dopotutto, l’aveva addestrata personalmente e infine, quando aveva mollato le forze speciali, gli aveva succeduto nella carica di capitano generale.

«Procedete pure..» assentì lui.

I ninja delle forze speciali non persero un solo istante, circondarono Naruto e lo legarono con pesanti catene in tutta la parte superiore del corpo, in seguito applicarono su di esse alcuni talismani che servivano a sigillare il flusso di chakra del prigioniero, così da evitarne una possibile fuga. Quei ninja sapevano molto bene come svolgere il loro lavoro, ma riconoscevano anche che Naruto Uzumaki era un individuo da prendere seriamente, essendo stato in grado di sconfiggere Pain da solo.

«Piano! Se mi stringete così forte, mi cadranno le mani per terra!» sbraitò Naruto.

Kakashi lo riprese immediatamente al fine di evitare ulteriori discussioni con le forze speciali.

A quel rimprovero, il viso del ragazzo si aggrottò in una strana espressione amareggiata, dopodiché sospirò e smise di fare resistenza, così finalmente i ninja mascherati poterono svolgere il loro lavoro, senza avere il timore di venire attaccati.

«Diamoci una mossa e finiamo subito questa storia!» sentenziò infine.

La marcia riprese.

In testa al gruppo si muovevano Kakashi e il capitano Yugao Uruzuki, subito dopo di loro, c’erano sette shinobi che tenevano sott’occhio Naruto Uzumaki, trascinandolo con delle corde che avevano fissato alle catene; infine, i ragazzi della Foglia chiudevano il gruppo, accompagnati da altri tre membri delle forze speciali.

Tutti i ragazzi rimasero in silenzio durante la lunga marcia, poiché con lo sguardo assorto sul vistoso gruppo di shinobi che continuavano a circondare un’unica persona, trattandola come se si trattasse di una bestia indomabile che era pronta ad attaccare improvvisamente.

Considerando come erano messe le cose, ai ragazzi venne automatico porsi delle domande; il primo che parlò fu Chouji.

«Era proprio necessario un tale spiegamento di forze solo per una persona?»

«Dopotutto ha un senso. Stiamo parlando di colui che ha sconfitto Pain, oltre che a essere una forza portante.» constatò Neji.

Era anche un modo diverso per interpretare l’atteggiamento delle forze speciali, proprio come fece notare Shino.

«In un certo senso, è come se riconoscessero la sua forza.»

Shino aveva proprio azzeccato un punto molto importante.

Ai tempi di quando erano dei genin, nessuno si sarebbe mai sognato di prendere sul serio Naruto Uzumaki, mentre adesso le cose erano cambiate drasticamente: il loro amico era una forza portante, un ninja le cui abilità non avevano nulla a che invidiare a quelle di un Kage e soprattutto uno con una certa nomea nell’ambiente.

Nonostante tutto questo, tutti loro non riuscivano a non pensare a lui come un comune ragazzo, del tutto identico a loro.

«Sarà come dite voi, ma io non riesco proprio a stare tranquilla.» aveva sussurrato Sakura.

Infatti, tra la scorta, Kakashi e Shikamaru che avanzavano in testa e loro, c’era poco da investigare sull’origine di quella situazione, essendo tutti loro molto nervosi per quello che stava succedendo e facilmente propensi a scattare in azione al minimo segno di anomalia.

A un certo punto, uno dei ninja della squadra speciale si avvicinò a loro con fare sospetto. I ragazzi temettero che quest’ultimo avesse compreso qualcuno dei loro discorsi, interpretando quest’ultimo come un tentativo di volere fare evadere Naruto, invece non furono quelle le sue intenzioni.

«Fareste meglio a evitare atteggiamenti del genere appena entriamo al villaggio. Le forze speciali vi vorranno sicuramente sottoporre a un interrogatorio, non dategli ulteriori motivi per sospettare di voi.» sussurrò il ninja mascherato.

I ragazzi riconobbero immediatamente quella voce; si trattava della kunoichi che per breve tempo aveva fatto squadra con Kiba e Shino nella squadra Kurenai: Kira Nezokuka.

«Sei tu, Kira?» chiese sospettoso Kiba.

La kunoichi fece un cenno di assenso con la nuca, dopodiché prosegui.

«Sei il solito impiastro, Inuzuka. Non ti hanno mai detto che non devi assolutamente compromettere l’identità di un agente delle forze speciali?»

Kiba avvampò; non era certo dell’umore da farsi dare delle lezioni sul regolamento da una persona che a stento sopportava.

Kira però lo interruppe; le chiacchiere un altro giorno, adesso dovevano discutere di cose più importanti e c’era poco tempo a loro disposizione.

«Ad ogni modo, fate come vi dico, perché sicuramente le forze speciali vorranno ricostruire tutti i movimenti e i personaggi che stanno attorno a Naruto. Non dategli modo di sospettare di voi, perché non ci metterebbero un solo istante a esporre qualche accusa.»

Tutti loro erano ben coscienti che avevano violato il regolamento del villaggio di uscire fuori dal villaggio senza dare alcuna comunicazione a un superiore. Erano chunin ben affermati, alcuni persino jonin, quindi oltre a godere dei vantaggi di rango, avevano anche delle responsabilità nei confronti del villaggio. La loro partenza verso il paese del Ferro, con il solo scopo di inseguire Sasuke, poteva essere vista tranquillamente come una diserzione dal servizio; dopotutto non era come prima, quando Tsunade tendeva a soprassedere a quei colpi di testa, perché ne comprendeva le ragioni.

«Cercheremo di fare del nostro meglio.» fu l’aspro commento di Sakura.

In tutta sincerità, a nessuno di loro importava molto di avere commesso quel reato ed erano ben coscienti che avrebbero pagato le conseguenze delle loro azioni, chiunque fosse l’Hokage a cui avrebbero dato conto per quanto commesso. Tuttavia, sapevano benissimo che con il loro atteggiamento non potevano permettersi di esagerare, considerando la precaria condizione giudiziaria di Naruto.

Kira comprendeva perfettamente quelle ragioni. Sebbene fosse stata assieme a loro per poco tempo, si era resa conto che per loro l’amicizia era veramente un collante importante per il loro gruppo e che sarebbero sempre stati uniti e coesi, soprattutto nelle avversità; per questo, ammetteva di essere molto gelosa del rapporto che avevano costruito fra tutti loro.

«Dovrete fare molto di più che cercare di impegnarvi. L’autorità di Kakashi Hatake potrebbe essere compromessa, se i membri della sua squadra iniziano a dare di matto e a disertare. Nessuno si affiderebbe alla sua leadership.»

Altra gatta da pelare, pensarono i ragazzi.

«Il maestro Kakashi è già molto stimato dai jonin della Foglia, non si corre alcun rischio.» obiettò Sakura con una dose di acidità ancora maggiore.

Kira si chiuse in un sospettoso silenzio, dopo avere udito quella affermazione; per tale atteggiamento, apparve dunque chiaro a tutti loro che non era vero che Kakashi era degno della stima totale da parte dei ninja della Foglia.

Un ninja schivo, di poche parole e con quella maschera in viso che recitava la parte di uno spaventapasseri che lavorava nell’oscurità e che agiva a seconda del bene comune. Tutti loro, in special modo Sakura, lo avevano sempre conosciuto come un ottimo ninja, abile e competente nel suo lavoro, dedito sia al bene comune e ai propri compagni; dopotutto, era stato Kakashi a insegnare a Naruto, Sasuke e Sakura che i compagni non si dovevano mai abbandonare e chi si macchiava di tale nefandezza era solo spazzatura.

A tal punto, Sakura si chiese se c’era veramente qualcosa che le sfuggiva riguardo alla figura del suo maestro; di che cosa la gente aveva paura?

«C’è qualcosa che non ci vuoi dire?» domandò Hinata preoccupata.

«Oppure che non ci puoi dire, perché qualcuno ti ha ordinato di non farlo?» precisò Neji, dando prova del suo acume.

Kira non rispose nemmeno a quella domanda, nemmeno quando venne sollecitata dal resto del gruppo a dire qualcosa a proposito, anche dando il minimo indizio per risalire a una possibile deduzione; alla fine, esasperata dai continui tentativi insistenti, la kunoichi li assecondò, sebbene parzialmente, nel loro desiderio.   

«Sapete che il vostro maestro è stato nelle forze speciali?»

Questo era sicuramente un dettaglio di dominio pubblico per tutti loro, sebbene Kakashi non parlasse molto di quell’aspetto della sua vita, perché è nel suo carattere essere così eccessivamente riservato, infatti tutti loro ne erano a conoscenza grazie al maestro Gai, il quale non accennava ad altro, quando erano tutti assieme, dato che per lui era sempre un grande vanto l’essere in grado di competere con uno shinobi come Kakashi.

«Quindi ha a che fare con le forze speciali? Come sempre direi in questo periodo. Fra voi e la Radice non è che ci siano tante differenze.» commentò seccata Ten Ten.

«Hai proprio ragione, non siamo assolutamente differenti. - confermò Kira. Infatti una persona come te non potrà mai capire la nostra ottica.»

«Sarà anche vero, ma quello che non piace affatto sono i vostri metodi.» sbottò Sakura.

Ancora una volta, Kira diede una risposta degna di un ninja delle forze speciali di tutto rispetto.

«Noi eseguiamo semplicemente gli ordini. Se ci viene chiesto di sedare una minaccia per il villaggio, lo facciamo. Tutto qui.»

«Anche se si tratta di uccidere innocenti? Inaudito.» si aggiunse Ino.

A quel punto, fu Kira a perdere la pazienza, perché quegli attacchi non le andavano giù: aveva rischiato di morire fin troppe volte per proteggere il villaggio e gente come quella, che non faceva altro che attaccare il suo operato.

«Non sta a voi giudicare il nostro operato.» tagliò corto lei.

Era meglio per tutti cambiare argomento.

«Non era di questo di cui stavamo parlando. Ci stiamo addentrando in un argomento troppo lungo e questo non è né il tempo, né il luogo per discuterne.»

Kira aveva centrato un punto fondamentale; non era proprio il caso di mettersi a parlare male delle forze speciali o della Radice in quella sede. Qualcuno poteva fraintendere o peggio.

Questo velato avvertimento venne compreso anche da Sakura e Ino, che erano state quelle che avevano fomentato tanto quella discussione.

Entrambe si calmarono, dopodiché Sakura tornò a porre qualche domanda.

«Perciò, quale sarebbe il problema con il maestro Kakashi? Ha fatto qualcosa di così grave?»

Kira mosse lentamente la nuca per esprimere un cenno di assenso, tuttavia ella stessa si rese conto che era molto difficile spiegare tutta quella storia, senza risultare troppo prolissa nel racconto, senza specificare che dal punto di vista di uno come lei, la posizione di Kakashi poteva essere fraintesa.

«Esatto. Tutto risale al periodo di quando Kakashi Hatake militava nelle forze speciali, era capitano delle ANBU.» narrò Kira.

Le forze speciali ninja erano organizzate in diversi comparti di specializzazione che riunivano i ninja più capaci, basandosi sulla propria spiccata attitudine. l

Il primo corpo era quello che era il più vicino alla vita pubblica e che esercitava il potere giuridico, ovvero la squadra interrogatori, caratterizzata dalla propria autonomia e rispondeva esclusivamente all’Hokage, per tanto era libera di indagare su irregolarità di qualunque ninja del villaggio, senza venire intralciati da legami politici: a questa squadra appartenevano ad esempio Ibiki Morino e Inoichi Yamanaka.

Poi seguiva la squadra di ricerca, specializzata nella cattura e ricerca dei prigionieri o di chiunque fosse macchiato di una qualunque colpa e fosse in stato di fuga: i ninja lì presenti, assieme a Kira, ne erano membri.

Infine c’era la squadra più temuta, quella in cui entravano solo i migliori e solo chi eccelleva in tutte le arti della ninjutsu poteva aspirare a divenire capitano, la squadra assassina, sintetizzata con ANBU: a quella squadra, oltre Kakashi e Yamato, vi aveva militato anche il famigerato Itachi Uchiha.

Queste informazioni sui corpi speciali si studiavano sui banchi dell’accademia ed erano di dominio pubblico. Le missioni delle ANBU erano segrete, lunghe, importanti e si concludevano sempre con uno stravolgimento politico, tanto che spesso i villaggi combattevano vere e proprie guerre nell’oscurità, senza che la gente comune ne fosse a conoscenza.

Kakashi si era guadagnato una pessima fama per l’appunto a causa di diverse missioni che aveva svolto quando militava nelle ANBU, ma questa in realtà è una lunga storia, degna di essere raccontata in un’altra sede.

«La stampa lo professa come il grande eroe dell’ultima guerra e magari non sarà più quello di un tempo, però in quel periodo, fra le ANBU, la gente lo chiamava Sangue Freddo, oppure l’Ammazza Compagni e certe cose non si dimenticano, soprattutto fra di noi.»

Tutti i ragazzi rimasero alquanto allibiti da quella notizia, tanto che sembrava quasi inverosimile che un uomo pacato del genere potesse scuotere così tanto le fondamenta di un’organizzazione così oscura, al punto di venire considerato uno in grado di uccidere i suoi stessi compagni.

Sakura allora tornò ad agitarsi e a chiedere e pretendere le dovute spiegazioni.

«Ma di che stai parlando? Ammazza Compagni?! Il maestro Kakashi?»

«Secondo me sono tutte fandonie. Il maestro Kakashi non è come dici tu!» insistette Ino.

«E’ come vi ho detto invece. - replicò placida Kira. Fra noi delle forze speciali, esiste un detto: “Non diventare come Sangue Freddo e lascia il malcapitato parlare”.»

Neji provò a fare tranquillizzare Sakura, facendo nuovamente riferimento a quanto discusso prima sul non fare indispettire troppo gli altri membri delle forze speciali che li scortavano. Dopo che Sakura venne calmata con l’aiuto di Hinata, Neji ebbe la possibilità di porre le dovute domande.

«Quindi è per questo che non lo vedono di buon occhio? Potresti darci qualche altro dettaglio?»

Kira sospirò, si maledisse mentalmente per avere avuto una lingua così lunga; adesso era costretta a rispondere o l'avrebbero perseguitava per sempre.

«Non è una questione che non si fidano di lui, è solo che la gente comune non capirebbe la nostra ottica e avrà sicuramente una reazione simile a quella vostra.» precisò Kira.

La ragazza mascherata stava per continuare il suo discorso, quando la sua attenzione venne attirata da un fischio proveniente dal gruppo che scortava Kakashi e la forza portante dell’Enneacoda; si trattava del segnale che ben presto sarebbero giunti al villaggio, quindi il tempo a disposizione per discutere era giunto al termine. Tuttavia, Kira decise che era fondamentale per la sua coscienza concludere il discorso che aveva iniziato; non poteva lasciarli così carichi di inquietudini.

«Lasciate che vi precisi una cosa. Tutti coloro che entrano nelle forze speciali seguono uno specifico allenamento, che è quello che tempo addietro elaborò il vostro maestro in persona. Noi tutti consideriamo Kakashi Hatake come l’ANBU definitivo, per questo fra di noi è considerato una vera e propria leggenda.»

Ciò che Kira stava dicendo aveva certamente un senso, oltre che a destare sempre più meraviglia sui presenti che non erano a conoscenza di quanto importante e famoso fosse in realtà Kakashi. Tuttavia, c’era ancora qualcosa di poco chiaro e che strideva con quanto detto fino adesso.

«Quindi perché dici che è in una posizione così precaria per diventare Hokage? Il maestro dovrebbe avere l’appoggio totale delle forze speciali durante elezioni.» asserì Shino.

«E’ una questione molto più complessa di quella che immaginate. - controbattè Kira. Il problema è che durante la sua militanza nelle ANBU, il vostro maestro ha ucciso anche parecchi suoi subalterni e ha anche avuto diversi screzi con Danzo e il Terzo Hokage. Molti inoltre gli attribuiscono la colpa di non avere saputo tenere a bada la forza portante dell’Enneacoda. Sono troppi fardelli per le spalle di un uomo solo.»

Kira non aveva più tempo. Il fischio del capitano Uruzuki era appena stato emesso e quindi il plotone si stava preparando all’assetto di copertura del prigioniero, al fine di garantire che non scappasse, tenendolo contemporaneamente lontano da occhi indiscreti.

I ragazzi della Foglia notarono subito il brusio che si era generato attorno a loro.

«Che sta succedendo?» chiese Hinata preoccupata.

I ninja delle forze speciali che erano attorno a loro si erano allontanati e avevano circondato Naruto al punto da rendere difficile per il ragazzo dei movimenti ampi, fattore di cui lui non perse tempo di lamentarsi, prima di venire ripreso da Kakashi per l’ennesima volta.

Kira doveva andare immediatamente nella sua posizione, tentò di muoversi, ma ebbe qualche difficoltà a farlo perché Sakura l'aveva afferrata per il cappuccio e non aveva intenzione di lasciarla andare; c’erano ancora troppe domande a cui rispondere su Kakashi.

«Non puoi piantarci in asso proprio adesso! Non hai finito di raccontare!» ringhiò la ragazza.

Kira non esitò a dare una spinta a Sakura per liberarsi da quella presa, dopodiché si premurò a scusarsi, prima di dileguarsi tra la folla dei ninja mascherati attorno al prigioniero.

«Un’altra volta, ora devo unirmi all’assetto, prima che varchiamo le porte del villaggio.»

Il tempo era scaduto per parlare, ma Kira ebbe l’opportunità per dare al gruppo un ultimo avvertimento.

«Parlate con colui che chiamate Yamato. Lui vi dirà tutto quello che volete sapere.»

Subito dopo, la kunoichi scomparve dalla vista dei ragazzi, lasciandoli con quell’enorme buco di inquietudine e incertezze. Che cosa ne sarebbe stato di Naruto? Questo nessuno di loro poteva saperlo. E per quanto riguardava di quello di cui avevano appena discusso?

«Andiamo, ragazzi. Stiamo parlando del maestro Kakashi! Non c’è alcun motivo per dubitare di lui.» commentò Kiba che proprio non riusciva a credere del contrario.

«Sono d’accordo! Il maestro Gai dice sempre che affiderebbe la sua vita al maestro Kakashi e io non ho motivo per dubitare del suo onore.» aggiunse con determinazione Rock Lee.

Nessuno di loro poteva negare di avere piena fiducia in Kakashi. Troppi erano gli episodi in cui quell’uomo si era prodigato al bene dei propri compagni e del villaggio, sacrificando persino se stesso purché i propri compagni fossero al sicuro dall’attacco nemico. Lo scontro con Hidan e Kakuzu era la prova più lampante e lo era ancora di più la missione per il recupero della Tricoda.

No. Kakashi Hatake era un ottimo ninja, senza ombra di dubbio il jonin più forte del villaggio e forse era l’Hokage che serviva in questo momento di grave crisi.

Nonostante questo, però, il seme del dubbio era stato già seminato.

«Sarà anche vero, però dopo quello che ho sentito, penso che chiedere al capitano Yamato non sia una pessima idea. Voglio capire bene tutta questa storia.» dichiarò Neji con decisione.

Molti concordarono con il suo pensiero e reputarono fondamentale informare Shikamaru della situazione, non appena ne avrebbero avuto l’occasione.

«Adesso concentriamoci sul presente. Siamo arrivati al villaggio.» commentò successivamente il placido Hyuga.

Era proprio così. A causa del ragionamento intrapreso con Kira, il gruppo non si era accorto che il viaggio si era concluso e che erano letteralmente di fronte alle porte del villaggio, ormai pochi metri e avrebbero varcato quella soglia assieme a Naruto; il coronamento di tanti anni di fatiche e peripezie, però ce l’avevano fatta.

«Finalmente!» esordì Kiba con profondo sollievo nella sua voce.

«Ancora non riesco a crederci che stiamo tornando con Naruto. Mi sembrano secoli da quando lo abbiamo incontrato con la divisa di Akatsuki.» commentò Ten Ten tutta sorridente.

«Già, sembra un’altra vita.» aggiunse Chouji.

«Anche se devo ammettere che stava proprio bene con quella divisa. Meglio di tutto quell’arancione che indossa adesso.» scherzò Ino con un ghigno divertito.

I ragazzi si fissarono per qualche istante, divisi dall’idea se dovere mettersi a ridere o peccare di tatto a una reazione positiva a quel commento; dopotutto avevano capito che per Ino era solo un tentativo per sdrammatizzare la potenza di quel momento, così da impedire a Sakura e Hinata di scoppiare in lacrime.

Per tanto, Ino provò a stimolare Hinata con qualche commento piccante, sperando di poterla fare reagire come al suo solito.

«Tu che ne pensi, Hinata? Lo preferivi anche come prima o adesso?»

Stranamente, Ino non ebbe l’effetto sperato alla sua domanda, poiché la persona in questione non aveva nemmeno risposto a quella domanda, ma non perché aveva ignorato del tutto l’amica, ma per il semplice motivo che la sua preoccupazione cresceva passo dopo passo riguardo alle sorti del suo amato.

«Mi senti, Hinata? Sei diventata sorda?» la richiamò Ino accigliata.

La ragazza si avvicinò persino a lei per scuoterla dalla sua ipnotica preoccupazione e solo allora ne ebbe l'attenzione.

«Cosa?» sbottò Hinata di soprassalto.

Ino comprese subito che la sua battuta sdrammatizzante non era stata udita dalla sua amica, così decise di lasciare perdere quell’atteggiamento, cercando di mostrare più tatto possibile per quella situazione così delicata.

«Scusami, Ino. Stavi dicendo qualcosa?» chiese di conseguenza Hinata.

«No, nulla. - tagliò corto Ino. Ti ho vista molto turbata e volevo tirarti su di morale. Va tutto bene?»

Hinata annuì placidamente con un lieve sorriso che accennava che la sua preoccupazione non nascondeva il fatto che fosse felice che Naruto fosse finalmente tornato al villaggio, tuttavia non si sentiva affatto di festeggiare, fino a quando non lo avessero liberato da un trattamento che non meritava affatto.

Ino comprendeva benissimo il suo timore e provò nuovamente a darle manforte con qualche parola di incoraggiamento, tentando allo stesso tempo di coinvolgere Sakura nel suo tentativo.

«Non ti fa bene avere sempre quel muso lungo. Vedrai che le cose si sistemeranno.»

«Già, per quanto la gente possa dubitare di lui, appena saprà quello che ha fatto per il villaggio, sono certa che lo lasceranno in pace.» aggiunse Sakura incoraggiante.

«Spero che sia proprio come dite voi.» asserì Hinata.

In realtà, Hinata era molto incerta sul fatto che sarebbe stato così facile, sebbene lo sperasse con tutto il suo cuore; avrebbe tanto voluto a quel punto fare qualcosa per Naruto e mettere una buona parola per lui, ma non sapeva ancora quale fosse il modo migliore per farlo. Non voleva fare passi falsi, compromettendo tutto.

«Eddai, cerca di essere ottimista!» sbottò Ino con una sonora risata.

Sakura le diede manforte.

«Infatti. Pensiamo già a quello che verrà dopo, ovvero una bella festa di bentornato tutti assieme. Sarebbe una bella cosa, non credi?»

Hinata era perfettamente d’accordo con loro; una festa sarebbe stata la cosa più adatta per fare sentire Naruto a proprio agio, essendo lui ancora molto titubante sul modo per approcciarsi seriamente ai suoi amici, poiché si sentiva ancora in colpa nei confronti di tutti loro.

Hinata alzò lo sguardo verso il cielo e provò a immaginare le emozioni che avrebbe provato durante quella festa: il tanto desiderato senso di sollievo che raggiungere Naruto e stargli accanto era una realtà concreta e non più un’utopia; perché era sempre stato questo il suo più grande sogno.

«Una festa, eh...» sospirò lei tutta contenta per quella prospettiva.

Nel frattempo, nel gruppo delle forze speciali si stava diffondendo un sempre più insistente miscuglio di voci e urla che era giunto alle orecchie dei ragazzi, i quali accorsero immediatamente per capire che cosa stesse accadendo. A un certo punto, i ragazzi videro che Naruto aveva improvvisamente spiccato un balzo verso l’alto per andare a posizionarsi sopra un palo della luce.

I membri delle forze speciali erano quasi pronti a scattare all’attacco e nessuno poteva credere che proprio in quel momento doveva scoppiare il caos, solo per un movimento improvviso e inaspettato di Naruto.

La tragedia venne evitata dal pronto intervento di Kakashi.

«Lasciatelo fare. - ordinò l’uomo. Dopotutto anche una bestia ha diritto a qualche secondo di contemplazione della propria casa.»

«Non erano questi i patti, sua eccellenza!» scattò Yugao furente.

«Lo so. - replicò Kakashi. Sono pronto ad assumermi la responsabilità di questa azione.»

Questo almeno Kakashi reputava di doverlo al suo allievo; quattro anni erano molti, troppi per chiunque fosse rimasto lontano da casa per concludere un duro compito.

Dopo così tanto tempo via di casa, braccato per un potere che non aveva mai chiesto di avere, come la bestia dentro di lui, Naruto aveva dimenticato la leggera brezza che si percepiva dai boschi circostanti, quel sole accogliente che faceva brillare le sottili pelli delle foglie degli alberi che danzavano in maniera spasmodica, accompagnate da quella leggera brezza che stava per chiudere il periodo primaverile.

Naruto osservò il panorama con attenzione, notando come fosse radicale il cambiamento della sua patria e si sentì male al solo pensare come fosse stato ridotto quel luogo, dopo che Nagato lo aveva raso al suolo. Magari se fosse stato più veloce, sarebbe riuscito a tornare in tempo e impedire questa tragedia, ma purtroppo non aveva più senso pensare al passato; il villaggio e i suoi abitanti avevano superato un periodo così duro e stavano lentamente tornando alla vita di tutti i giorni in attesa di un capo che li potesse guidare durante queste dure fasi di recupero della normalità.

La brezza si rafforzò improvvisamente, scompigliandogli i capelli e tutte le vesti ancora strappate che indossava dai suoi ultimi combattimenti. Naruto provò a immaginare come sarebbe stato bello svegliarsi la mattina con quella brezza che ne accoglieva il risveglio e quasi provò i brividi per l’eccitazione che provava nel pregustare un evento così pacifico e leggero che nella sua vita mancava da molto tempo.

Dopodiché, la sua attenzione si spostò verso la grande montagna su cui erano raffigurati i grandi volti di pietra degli Hokage. Naruto fissò con attenzione i volti dei suoi eroi, era veramente felice che quelle antiche sculture fossero rimaste intatte anche dopo l’attacco di Akatsuki, per lui rappresentavano il punto dove intendeva arrivare per sentirsi soddisfatto della propria vita. La sua attenzione si focalizzò poi sul viso del Quarto Hokage, ovvero suo padre, che in un certo senso sentiva che gli stava sorridendo per la gioia di rivederlo in quel posto.

Ad un certo punto, Naruto si ritrovò a sorridere; non immaginava assolutamente che ritornare al villaggio gli avrebbe provocato una tale mistura di emozioni così inattese. Senza nemmeno accorgersene, si era messo a urlare ai quattro venti la sua felicità.

«Naruto Uzumaki è tornato a casa, gente!»

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