Funny Girl.

di thatsmylastsong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** On my own. ***
Capitolo 2: *** The mirror has two faces. ***
Capitolo 3: *** Wanted. ***
Capitolo 4: *** Heartbeats. ***
Capitolo 5: *** Silent night. ***
Capitolo 6: *** Illuminated. ***



Capitolo 1
*** On my own. ***


A story about Evan Peters and Taissa Farmiga.
Enjoy!



Una temperaura così elevata non si registrava da tempo nella Citta degli Angeli.
Chiunque, per le strade, si faceva vento con le mani e si lamentava di qualsivoglia questione, perché tutti sono più irascibili, quando c'è caldo.
Persino le star Hollywoodiane.
Una giovane promessa dello show-biz, anch'essa accaldata, si trovava in un locale alle cinque del pomeriggio, in attesa di qualcosa.
"Ciao, splendore! No. Oggi offro io la canzone al Jukebox" esordì la barista.
La ragazza dall'altro lato del locale sorrise, prese lo sgabello più vicino, e si sedetta davanti a lei.
"Scusalo, sai che è un po' lento" riprese la barista, offrendo alla ragazza davanti a sè, un analcolico.
"Non ti preoccupare, Betty. Amo stare in questo locale ad aspettare la mia canzone, specialmente in momenti come questi" rispose la ragazza, sospirando alla fine della frase.
"Tai, che succede? Ora che ti guardo bene... hai una faccia che mi detesta non pochi sospetti. Raccontami".
"Mi ha chiamato Ryan, oggi".
D'improvviso, Betty emise un urletto stridulo.
"Muprhy? DIO, quanto amo il tuo lavoro. Coraggio, prosegui".
Taissa fece un lungo e profondo respiro, poi proseguì.
"Mi ha detto che le riprese inizieranno tra un paio di settimane e che non vede l'ora di vedermi" rispose la ragazza, con la stessa aria affranta.
"Scusami, non capisco quale sia il punto, tesoro. Non sei felice di tornare sul set?".
A quella domanda, Taissa non seppe che rispondere.
Era felice di tornare? Forse.
Una parte di lei lo era sicuramente.
L'attrice che è in lei scalpitava all'idea di tornare ad interpretare un nuovo personaggio.
Era estasiata.
Ma la giovane donna che era in lei, era ferita.
Ferita perché non avrebbe mai più voluto avere lui come partner lavorativo.
Non era giusto e stava male.
Male perché quando ami qualcuno che non puoi avere, tutto il mondo ti sembra una prigione dalla quale non uscirai più, perché ti senti troppo fragile e instabile.
Taissa stava per darle una risposta, ma la giovane barista si allontanò, come se stesse diventando di troppo.
La giovane attrice si guardò intornto, cercando di capire che diavolo fosse preso a Betty e... capì.
Non ci volle molto perché Taissa prese a guardarsi i lacci delle scarpe.
Un'altra ragazza si stava sedendo... proprio accanto a lei.
"Tu... sì, io ti ho già vista".
Taissa era così a disagio, che togliersi la vita a 18 anni non le parve una idea così malsana.
Prese coraggio, e guardò la ragazza accanto a lei.
"Sì, beh...".
Ma la ragazza la interruppe.
"Tu mi segui su Twitter! Mi parevi un viso conosciuto. Il tuo nome è... oddio, ora mi sfugge...".
"... Taissa".
Una voce profonda attirò l'attenzione delle due ragazze.
"Amore!" squittì Emma.
Sì, quella Emma.
Emma Roberts.
La Emma che Taissa non era.
La Emma che avrebbe voluto essere, così avrebbe anche lei potuto chiamarlo in quel modo.
Amore.
Infondo, lui era il suo amore.
Solo che... lei era non il suo.
Li aveva visti spesso sui giornali, mentre si abbracciavano e si baciavano, ma assistere di persona la faceva sentire così... debole ed indifesa.
"Evan, ciao" rispose.
Ci fu un momento di silenzio, che Emma spezzò.
"Bene, è stato bello conoscerti ma ora io e il mio amore dobbiamo andare".
La ragazza mosse freneticamente la mano per salutare Taissa.
I due uscirono dal locale, e la giovane 18enne rimase ancora lì, in attesa della canzone.



Erano le sette passate e la ragazza era ancora lì.
La canzone l'aveva ascoltata, ma non riusciva a muovere un muscolo.
Se avesse 21 anni, probabilmente, si starebbe già ubriacando, così da dimenticare che Evan, non solo non la considerava un surrogato di amica... ma non la considerava proprio.
'Taissa', aveva detto.
Pronunciò il suo nome con una tale... no, lo pronunciò benissimo, ma lo odiava, perché lo amava.
"Vigliacca" disse seccamente la 18enne.
"Oh, scusami, Tai! Non sapevo che fare, insomma, avevo visto che la Roberts stava entrando mi è preso il panico".
"A TE?" Taissa alzò la voce e tutti nel locale la fissarono.
"Ehm, sì, concordo in pieno" iniziò a dire Betty, senza nessun nesso logico.
La ragazza la guardò confusa. 
Magari il caldo le aveva fuso i neuroni.
"Sei d'accordo... con cosa?".
Betty non rispose, perché era troppo intenta a sorriderle.
"Taissa".
Oh.
Santo.
Cielo.
La stessa voce profonda e penetrante fu udita dalle orecchie della 18enne, che sobbalzò, senza più, inspiegabilmente, aria nei polmoni.
Ella si girò.
"Ciao, Taissa" sorrise Evan.
Questa volta era da solo.
"Ciao. Come... come mai sei qui?".
"Per te. Sono qui per te".
Alla ragazza salì l'adrenalina alle stelle.
"Per... me?" si sforzò di mostrare indifferenza ma il suo cuore stava per esplodere.
"Sì, certo. Mi dispiace se prima me ne sono andato senza quasi salutarti, solo che Emma diventa gelosa quando mi vede parlare, anche se noi due...".
"Non siamo niente" concluse lei.
"Anche se noi siamo solo colleghi, in realtà".
Il ragazzo continuò a guardarla, come se volesse stregarla.
Accennò un sorriso che fece intravedere una delle sue fossette.
"Tranquillo, capisco. Comunque, ora vado" disse lei, che non vedeva l'ora di andare a casa a piangere.
"Aspetta... non siamo estranei e credimi, ti abbraccerei se non ci fosse così tanto caldo" disse, sorridendo davvero, mostrando entrambe le fossette.
A Taissa non importava.
Le condizioni meteorologiche non le avrebbero mai impedito di stringerlo forte tra le proprie braccia. Di essere stretta tra le sue di braccia.
Ma per Evan non era così e si chiedeva quanto ancora, avrebbe aspettato.
In eterno, forse.
Ella sorrise.
"Secondo te" riprese lui "cosa si inventerà Ryan per i  nostri personaggi?".
"Non lo so... magari potrei interpretare una delle tue mogli. Sì insomma, può farti interpretare un mormone".
Egli rise di gusto.
"Sei divertente, Taissa. Non conoscevo questo lato di te".
Sì, perché lei era solo questo per i ragazzi.
Una ragazza divertente.
"Ora devo andare, Evan. Ci vediamo sul set".
"Certo".
Misteriosamente, uscì prima lui dal locale, anche se fu lei a dire che doveva andare.
Eppure, lei doveva veramente andare.
Andare a casa a darsi della stupida, per essersi innamorata dell'unico ragazzo, che ha la certezza di non poter avere.

 


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Capitolo 2
*** The mirror has two faces. ***


Il giorno tanto temuto dalla giovane Taissa, era ormai arrivato.
Alle otto precise di un lunedì mattina già afoso, l'attrice si trovava sul set, prima che arrivassero i suoi colleghi.
Le era mancato tutto questo, le era mancato fare parte del suo show preferito.
Mentre rimaneva lì a contemplare ciò che la circondava, due mani, da dietro di lei, le si piazzarono davanti agli occhi.
"Chi sono?" chiese la voce misteriosa.
Taissa finse di pensarci su.
"Uhm, il mio capo?".
Detto questo, le mani che la rendevano cieca si levarono dai suoi occhi, permettendole di girarsi.
"Mi eri mancato, Ryan, lo sai?".
"Mai quanto tu sei mancata a me" rispose l'uomo, abbracciandola "lui non è ancora arrivato" aggiunse, con tono fintamente indifferente.
La ragazza fece roteare gli occhi dall'esasperazione.
"Ryan, ti prego...".
"Parliamo un po', ti va? Tanto gli altri arriveranno tra un po', così avrete tutto il tempo per salutarvi e dirvi quanto vi siete mancati" disse lui, allegro.
L'attrice accennò un sorriso e scosse la testa, in segno di assenso.
Si sedettero sulle sedie di cui disponeva quella specie di castello in cui dovevano iniziare a girare.
"C'è qualcuno che ancora non se ne è accorto?" chiese ella, temendo la risposta.
"Sì... Evan. Ma sai come sono fatti maschi etero... non capiscono un accidente" disse Ryan, facendole l'occhiolino.
Taissa scosse la testa.
"Lascia perdere. Sai, l'ho incontrato in un bar qualche settimana fa ed..." ma l'uomo la interruppe.
"Lo so già. Su Tumblr hanno postato un sacco di foto e i fan sono ancora in delirio. Non hai idea di quante persone vi voglio insieme, non solo sul set".
"Sì, ne ero al corrente. La verità è che dovrei farmene una ragione. Ha scelto lei... che è tutto quello che io non sono, insomma, è bellissima, famosissima e quando ride lo fa con grazia. Perché io non sono così?".
Ryan, che fino ad allora aveva mantenuto un'aria di beatitudine, ora si fece improvvisamente serio.
"Tai, ti rendi conto delle idiozie che stai farfugliando? Mettiamo le cose in chiaro: tu non sei bellissima... sei magnifica, meravigliosa. Sei famosa anche tu, non so se te lo ricordi e sorridi nella maniera più fantastica che ci sia. Sei speciale e lo sai. Se Evan è davvero così cieco da non accorgersi di quanto tu sia splendida, allora è un idiota".
L'attrice si sentì subito meglio, le ci voleva questo discorso.
"E poi... ho una sorpresa per te, mia cara" concluse lui.
Ella lo guardò disorientata.
"Che cos'è?".








"Amore, aspettami! Perché hai tutta questa fretta?" chiese Emma, ansimante.
"Sai quanto Ryan sia pignolo sulla puntualità, e poi non sei costretta ad accompagnarmi".
La ragazza si piazzò davanti a lui, fermandolo, facendo riprendere fiato ad entrambi.
Lo baciò delicatamente sulle labbra e lui ricambiò immediatamente, estasiato.
"Dio, quanto ti amo" disse lui.
"Ti amo anch'io. Ma... ti posso fare una domanda?".
"Sì, a patto che ci rimettiamo in cammino".
Ella annuì e fece la domanda.
"Vai di fretta per quella ragazza?".
Evan sospirò, amareggiato.
"Dimmi che stai scherzando".
"Sono seria, invece".
"Emma, sono settimane che mi dai il tormento. Taissa ed io siamo colleghi e basta. Quella volta mi ha fatto tenerezza, tutta sola... insomma, sono andata a salutarla come si deve per pura gentilezza, tutto qui. Io amo te e tu questo lo sai" disse il ragazzo, prendole la mano, baciandogliela.




Emma ed Evan arrivarono sul set con più di 20 minuti di ritardo.
Ryan andò incontro a salutarli, abbracciandoli entrambi.
"Allora amore, buon lavoro" disse Emma.
"Anche a te, ti amo" concluse egli, baciandola.
Quando la Roberts si allontanò, Evan iniziò a guardarsi intorno.
"Dove sono gli altri?".
"Sparsi per il set" rispose Ryan.
Ma, qualche istante dopo, lo sguardo del ragazzo cadde su una persona.
Taissa.
E non era sola.
Stava ridendo e scherzando con un ragazzo mai visto prima d'allora.
"Ryan chi... chi è quello?".
"E' uno dei nuovi acquisti del cast e... oh, sembra che la nostra Taissa abbia fatto colpo, eh? Vieni, te lo presento".
Evan lo seguì, irrigidendo la mascella e stringendo i pugni.
Quella reazione era assurda.
Taissa fece cadere l'occhio su Evan e il suo cuore si mise ad impazzire.
Fortunatamente il ragazzo non è dotato di vista a raggi X.
"Ciao Taissa" esordì Evan, una volta arrivato da lei.
"Ciao" esclamò, sorridendo.
"Evan... questo è Gregory, il nuovo co-protagonista. Gregory, questo è Evan".
I due si strinsero la mano.
"E' un vero piacere conoscerti, Evan. Sono un tuo grande ammiratore!".
Evan si limitò a sorridere.
Che diavolo gli stava prendendo? E' entrato sul set di buon umore, mano nella mano con la ragazza che ama e ora si sente desitabilizzato.
Assurdo.
"Mi, ehm... mi dispiace di avervi interrotti. Di cosa stavate parlando?".
"Non ci hai interrotti" rispose Gregory, sereno "Io stavo... stavo chiedendo a Taissa di uscire con me e...".
Ma Gregory venne interrotto.
"Ci uscirai?" chiese, rivolto completamente a Taissa.
La ragazza si sentiva a disagio.
L'amore che nutre per Evan le impediva di concentrarsi sulla proposta di Greogory, ma era anche vero che era stanca di aspettare che lui possa provare qualcosa per lei.
"Io... sì" disse ora, rivolgendosi a Gregory "uscirò con te, volentieri".
Il nuovo co-protagonista sorrise, al settimo cielo.
Era più che evidente che era già pazzo di lei, la guardava, pieno di emozione.
"Taissa, posso parlarti?" chiese Evan, con tono irritato.
"Certo" rispose la giovane attrice.
Si prospettava un primo giorno di lavoro molto interessante.

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Capitolo 3
*** Wanted. ***


Taissa lo guardò perplessa, poi però annuì ed Evan la portò fuori dal set, dopo che Ryan aveva concesso loro 5 minuti.
"Non puoi uscire con lui" esordì il ragazzo, in maniera categorica.
Taissa lo guardò, imperscrutabile.
Notando che ella non stava avendo alcuna reazione, il ragazzo proseguì.
"Voglio dire, non lo conosci nemmeno... potrebbe essere un pazzo e tu potresti essere in pericolo con lui. Non voglio che ti faccia del male".
D'improvviso, lo sguardo della ragazza mutò.
Ora era pieno di collera.
"Tu conoscevi bene Emma, quando usciste insieme la prima volta?" chiese lei, sforzandosi di non esplodere.
"Beh, no, ma è diverso. Io ero già pazzo di lei quando ci siamo conosciuti ed è evidente che con lei non sarei mai stato in pericolo. Insomma, lei è meravigliosa e...".
"Vai all'inferno".
Taissa, nell'arco di mezzo secondo... esplose.
Evan sgranò gli occhi, sconvolto.
"Taissa, ma che diavolo...".
"Chiudi la bocca, lurido narcisista. Chi diavolo sei tu, per potermi dire con chi posso e non posso uscire, eh? Vai all'inferno e portaci anche la tua ragazza!".
"D'accordo, adesso calmati!" rispose Evan, inziando ad innervosirsi.
"NO! NON MI CALMO. IO TI ODIO!".
Tutto.
Tutto quello che la feriva, tutto ciò che la spaventava, tutto l'amore che provava, lo stava rigettando su di lui.
Nella maniera più dolorosa che esista.
"Sei così fortunato... insomma, tu ami una persona che è consapevole dei tuoi sentimenti e a sua volta li ricambia. Tu sei amato e io non sono niente. Niente. Pensi che ora, dal momento che siamo sul set insieme, io e te potremmo essere amici? Sbagliato. Gli amici ci sono sempre, non solo quando DEVONO DARTI ORDINI. Tu non sai... non sai quanto vorrei ciò che avete tu ed Emma e non sai nemmeno se io sia innamorata oppure no. Tu non sai. Non sai niente della mia vita, perché tu non tieni a me".
Senza nemmeno rendersene conto, Taissa stava piangendo.
Si asciugò le lacrime in fretta e furia, come se potesse cambiare ciò che era appena successo.
Evan era devastato.
Tutto il dolore di Taissa, lo stava provando lui, come se glielo avesse trasmesso.
Come se ora, le loro anime, parlassero la stessa lingua.
Evan stava per dire qualcosa, ma Ryan li richiamò entrambi.
Era ora di tornare a lavoro.





"Tai, ti senti bene?" chiese Gregory.
La ragazza trasalì.
Non si sa come, ma le 7 ore di lavoro passarono in un istante e Taissa, si stava godendo una romantica cena con Gregory.
O meglio, dovrebbe godersela.
"Scusami... è solo che... Greg, devo dirti una cosa".
Lui la guardò intensamente.
"Dimmi".
"Provo qualcosa per un'altro ragazzo e... tu sei magnifico ma...".
Gregory avvolse le mani di Taissa tra le proprie e sorrise.
"E' Evan, vero?".
Anch'essa sorrise, rassegnata all'evidenza.
"Ma come lo sapevi?".
"Si nota immediatamente. Lo guardi come se volessi passarci l'eternità, assieme a quel ragazzo".
Taissa arrossì.
"E' così. Ma oggi gli ho urlato contro cose che pensavo, ma non avrei dovuto dirgli. Non in quel modo".
"Capisco cosa vuoi dire. Senti, ci conosciamo ma meno di 24 ore, ma basta guardarti per capire che sei speciale. Quindi, avrei qualcosa da proporti" disse Gregory, con sguardo allusivo.
"Dimmi".
"Tu lo ami, non è così?".
La ragazza annuì.
"Io lo so che lui è fidanzato, ma ha un modo tutto suo di guardarti e una cosa è certa: non gli sei indifferente. Perciò, se a te sta bene... ti vorrei aiutare a farlo ingelosire".
La ragazza sfoderò un sorriso raggiante, che si spense quasi subito.
"No, non posso. Dopo quello che ho fatto oggi, non ne vorrà più sapere di me. Lui ama lei e lei ama lui e io rimango con il culo a terra. Fine della favola".
"Proviamoci, almeno. Tai, avanti, non sei curiosa di essere smentita?".
Dopo un iniziale rifiuto, Taissa non seppe resistere.
"E va bene" rispose, roteando gli occhi "ma non funzionerà mai".
"Vedremo" disse Gregory, facendole l'occhiolino.
Quando si rimisero a guastare la cena, il telefonino di Taissa vibrò.

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Messaggio: Evan.
Non so che cosa dire.
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Capitolo 4
*** Heartbeats. ***


Da quando Taissa incontrò Evan in quel bar di Los Angeles, cambiarono alcune cose.
La prima di tutte, fu' che lei, si trasferì a New Orleans, per girare la terza stagione di American Horror Story e naturalmente, non vive da sola, anzi.
La giovane attrice convive con Vera, sua sorella maggiore e con sua nonna, Izzie.
In casa Farmiga, quella sera, non stava accadando nulla si straordinario.
Vera doveva andare ad un party, che però è stato annullato all'ultimo momento e così, si ritrovava, di lunedì sera, a riguardarsi l'ennesima replica di "Notting Hill".
Sì, perché Hugh Grant ha sempre avuto fascino.
Mentre sgranocchiava patatine e si annoiava a morte, sentì il campanello suonare e tre volte, così parecchio irritata da quel suono, andò immediatamente ad aprire.
Per essere estate, la notte era piuttosto fredda e così, si ritrovò davanti uno dei ragazzi più fascinosi che avesse mai visto, tutto tremolante.
"S-Salve. Taissa è in casa?".
La donna lo guardò sospettosa.
"Perché lo vuoi sapere?".
"Le vorrei parlare, è una questione urgente" rispose deciso.
"Sei un suo amico?".
"Non proprio".
"Sei il suo ragazzo?".
"Ehm, no".
"E io dovrei lasciare entrare in casa mia un ragazzo che non conosco e che non rappresente nulla per mia sorella?".
Vera, in realtà, sapeva molto bene chi fosse Evan.
Taissa gliene parlava in continuazione, dal giorno alla notte; si stava solo divertendo un po' a tenerlo sulle spine.
"Oh, quindi tu sei Vera".
"Indovinato. Allora? Mi rispondi o no?".
"Io... siamo colleghi".
La donna gli sorrise affabile.
Quel ragazzo, con gli occhioni che si ritrovava, avrebbe potuto far fare a chiunque, qualsiasi cosa.
"Coraggio, entra, starai congelando".
Evan non esitò e si precipitò in casa con molta fretta.
"Però mia sorella non è in casa. Penso sia a cena con un amico".
"Oh...".
Evan sembrò molto deluso da quella risposta.
No, basta, doveva smetterla.
Non erano nemmeno amici, che diavolo ci faceva in casa sua?
"Se vuoi posso chiamarla per sapere quando torna".
"La ringrazio".
Ma Evan non seppe resistere, doveva vederla.







"E' evidente che quel ragazzo ha un impatto potentissimo su di te" disse Greg, vedendo che Taissa non aveva toccato cibo.
La ragazza sorrise, avvertendo la malinconia di eventi mai accaduti.
"Non ci posso fare niente, Gregory. Sono una sciocca".
"No, non lo sei".
Il ragazzo la guardava incantato.
E' vero che si erano messi d'accordo per tentare il tutto per tutto con Evan, ma una cosa era sicura: Gregory guardava Taissa, e vedeva la perfezione.
Ad un tratto, il telefono dell'attrice iniziò a squillare molto fastidiosamente, così, rispondè all'istante.
"Pronto?".
"Taissa?".
"Vera? Sei tu?".
"Ti ricordi di me? Sono commossa. Ascolta, devi tornare a casa".
"Ma che stai dicendo?".
"E' appena arrivato Evan".
Taissa si paralizzò.
In una frazione di secondo, dimenticò persino il proprio nome.
"Sorellina? Ci sei?".
"Sì, arrivo".
E' proprio vero.
Il cuore ha ragioni, che nemmeno la ragione conosce.
Non importava cosa fosse accaduto la mattina, cosa si fossero detti.
Lei doveva andare da lui.








"Qualcosa mi dice che ti servirò per farlo ingelosire" esordì Gregory, facendole l'occhiolino, mentre erano in macchina, diretti a casa Farmiga.
"E' lì solo per scusarsi".
"Poteva anche scusarsi per telefono".
Sì, il ragazzo aveva ragione, ma Taissa lo sapeva.
Sapeva che alle ragazze come lei, non capitano cose del genere.
Evan non gli avrebbe mai detto nulla di emozionante, perché lei era un disastro, o meglio, era quello che credeva lei.
Però, all'improvviso, un altro pensiero occupò la mente della giovane attrice.
"Oh, cazzo!" esclamò lei, senza pudore.
"Che... che succede?".
"Mia nonna! Oh, cazzo, cazzo, cazzo".
"Ehm... l'ho investita senza accorgermene?" chiese lui, facendo del sarcasmo.
"No! Io... devo andare a prenderla al circolo del tennis!".
Il ragazzo la guardò, confuso.
"Adesso? Ma non è un po' tardi?".
"Beh, non è davvero un circolo. In realtà, lei va tutti i giorni a trovare le sue amiche in una casa di riposo, solo che lo chiama 'circolo', perché 'casa di rioposo' la fa sentire vecchia. Ti spiacerebbe tornare indietro? Se non torno con mia nonna, Vera mi uccide!".
"Non c'è problema".








Dopo essersi persi due volte, finalmente, arrivarrono alla 'Ghost Flower', ovvero, la casa di riposo nella quale si trovava nonna Farmiga.
Il nome non prometteva bene.
I due si guardarono attorno, e, dopo qualche minuto, Taissa la individuò.
"Nonna!".
La donna si girò di scatto, sorridendole.
"Scricciolo! Come mai così presto?" chiese ella, dispiaciuta.
"Presto? Ma sono quasi le otto e mezza di sera. Dobbiamo tornare a casa". 
"E... verrà anche il tuo fidanzato?".
Taissa arrossì e Gregory sorrise amabilmente, rivolto verso la ragazza.
"Non stiamo insieme e poi... non dirmi che stavi ancora con quella signora. So' che le vuoi bene, ma...".
"Scricciolo, lo so'. Ma a volte riesce a riprendere conoscenza anche per diverse ore. Oggi le ho detto 'Orgoglio e Pregiudizio' di Jane Austen".
A Taissa scese una lacrima di tenerezza.
Sua nonna si ostina a tenere compagnia ad una signora molto anziana e gravemente malata, che riprende conoscenza due o tre volte alla settimana, per troppo poco tempo.
"Ora dobbiamo andare. La rivedrai domani" le disse la nipote.
Izzie Farmiga annuì, voltandosi un ultima volta verso quella signora, mandandole un bacio con la mano.







Mentre si trovavano di nuovo in macchina, questa volta in tre, Gregory azzardò una domanda.
"Taissa, che... che ne dici di darmi il tuo numero? Siamo colleghi, sono sicuro che anche Ryan sarebbe d'accordo".
"555-01-24-10. Chimami, mi trovi anche su Facebook... e su Twitter" rispose nonna Izzie, sorridendo al giovane.
I due ragazzi si guardarono, paonazzi in volto.
La nonna di Taissa era sempre stata così esuberante.
Arrivati a destinazione, Taissa e Greg si diedero la buonanotte, per poi lasciarsi, per poter andare ognuno nelle rispettive abitazioni.
Arrivate davanti alla porta, la ragazza si bloccò.
"Nonna".
"Sì, scricciolo?".
"Quando entreremo, oltre a Vera, ci sarà un ragazzo. E ora, vorrei porti una domanda.
"Dimmi, piccola" chiese la nonna, curiosa.
"Come fai a capire se sei veramente innamorata di qualcuno?".
La nonna ci riflettè su' per alcuni istanti.
"E' semplice. Sai di amare veramente qualcuno, quando passi una interna notte, a guardarlo mentre dorme. Quello è amore".
Taissa era spiazziata.
E lo sarebbe stata ancora di più.
Infatti, ad aprire la porta, senza che le due suonassero, non furono nè Evan nè Vera.
"Oh, finalmente".
La ragazza spalancò gli occhi, messa k.o. da quella visione.
"... Emma?".

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Capitolo 5
*** Silent night. ***


"Che... che ci fai qui?" chiese Taissa, in preda al panico.
La Roberts la fissò qualche istante con astio e alterigia, prima di darle una effettiva risposta.
"La domanda giusta sarebbe, che ci fa il mio fidanzato, qui in casa tua".
La giovane Farmiga si guardò per un momento le scarpe, riflettendo.
La verità, era che nemmeno lei sapeva il motivo della visita di Evan e di certo non era intenzionata a scoprirlo, visto che le cose si stavano mettendo piuttosto male e lei lo ha sempre saputo.
Alle ragazze come lei, certe cose, certi ragazzi, certi momenti, non posso capitare.
Nonna Izzie fissava la nipote con intensità, come se avesse indirettamente capito cosa stesse capitando.
Prima che Taissa potesse dare una risposta sclonclusionata, spuntarono Vera e Evan da dietro la figura della Roberts.
Appena la giovane biondina lo vide, capì quello che doveva fare.
"Era venuto qui per ripassare le battute del primo episodio. I nostri personaggi interagiranno molto ed è difficile ricordarsi tutto sul set".
Le stavano capitando troppe cose e tutte in un giorno.
La Roberts si voltò verso Evan.
"Amore, sta dicendo la verità?".
Il ragazzo guardò Taissa per qualche istante, per poi posare lo sguardo nuovamente sulla sua ragazza.
"Sì, è così. E' la verità".
Ci fu un silenzio improvviso che nonna Izzie spezzò senza tanti giri di parole.
"Ma tu, piuttosto, che cosa ci fai qui?".
Glielo chiese con una spruzzata di veleno, perché raramente aveva visto la nipote così a pezzi.
"Beh, nonnina, stavo andando ad un party organizzato da mia zia, quando vidi la targa della macchina del mio ragazzo parcheggiata qui".
"Stupendo. Chiamami nonnina un'altra volta e giuro che ti spezzo tutte e due le braccia".
Tutti rimasero senza parole e Taissa si sentì protetta.
"Bene, direi che per questa sera è tutto" esordì Vera, perché non ce la faceva più a vedere la sorellina in quello stato.
Appena la Roberts si tolse dalla porta d'ingresso, la giovane attrice si precipitò in casa senza salutare nessuno.
Lo sguardo di Evan l'accompagnò fino a quando non scomparve al piano di sopra.
Stava accadendo di nuovo.
Il ragazzo stava sentendo tutto ciò che sentiva Taissa.
E gli faceva male.
Anch'essa senza salutare, la Roberts prese il suo ragazzo per il braccio destro, trascinandolo via.
Nonna Izzie fece cenno a Vera di correre dalla sorella per vedere come stava, anche se era chiaro.
Vera si precipitò in camera di Taissa, ma ancor prima di entrare, sentiva i singhiozzi rimbobare dentro la stanza.
"Tai..." si limitò a sussurrare la sorella maggiore, appena vide gli occhi della piccola gonfi e traboccanti di lacrime.
La giovane era sdraiata sul suo letto, a pezzi.
Vera si sdraiò dietro di lei, avvolgendola in un abbraccio pieno di tenerezza.
Taissa strinse le mani della sorella che si erano posate sul proprio stomaco.
Tra le lacrime e i singhiozzi insistenti, riuscì a pronunciare qualcosa, di sbieco.
"Non ce la faccio più. Non lo voglio più amare. Basta. Non voglio più sentirmi così. Mi sta facendo troppo male".
Udendo quelle parole dette con una tale innocenza, gli occhi di Vera si inumidrono e la strinse ancora più forte.
Voleva tanto consolarla, dirle qualcosa che l'avrebbe fatta sentire meglio, ma non c'erano parole per guarire una tale ferita.
Solo quella sera, Vera capì che la sua piccola sorellina, stava amando il pugnale che la triggeva.
Taissa amava il proprio carnefice.


Mentre la Roberts ed Evan stavano tornando a casa con la macchina di lei, non si erano rivolti ancora la parola.
Emma era furibonda per il trattamento che aveva ricevuto in casa Farmiga e lui si odiava.
Sì, odiava sé stesso per come aveva lasciato Taissa.
Avvertiva il dolore della ragazza come se fosse il suo di dolore.
E forse, lo era.
"Quelle sono tutte matte. Hai sentito come mi ha parlato la vecchia? Davvero scortese".
Evan strinse i pugni, tanto da far diventare le nocche bianche come la neve di Dicembre.
"Tesoro?" lo richiamò alla realtà la sua ragazza.
Emma posò la propria mano su quella del ragazzo, ma non ebbe alcun effetto.
Il suo pugno era sempre più stretto.


Le due settimane che seguirono furono un calvario per il giovane attore.
Taissa non lo degnava di uno sguardo, tranne quando dovevano girare delle scene assieme.
Tutte le volte che lui le rivolgeva la parola, lei lo ignorava completamente, intenta a leggere un buon libro.
Giorno dopo giorno, durante le pause sul set, Evan non mangiava nemmeno, tanto era preso dalla giovane collega.
Aveva scoperto che era una grandissima lettrice e variava ogni giorno: amava autori come Sylvia Plath, James Joyce, Fitzgerald, Dumas.
Un giorno, però, Ryan sbucò alle spalle di Evan, facendolo sobbalzare, dal momento che stava, come da quotidiano, osservando Taissa.
"Allora, giovane Romeo, sarai felice, spero".
"Di che cosa?".
"Come di cosa? Ah, capisco, sei così preso da lei che ormai ignori noi poveri mortali".
"Ma di che parli?".
"Del ritiro in montagna, mio caro. Ve ne ho parlato ieri. Tra due giorni, tutti voi vi prenderete una piccola vacanza. State lavorando sodo, ve lo meritate".
"No, io... non verrò".
"Perché mai?" chiese Ryan, deluso.
"Non voglio rovinare il soggiorno in montagna a Taissa".
Murphy sfoggiò un sorriso, che somigliava più a un ghigno.
"Dalle tempo. Io non so' cosa sia successo tra voi due, ma mi sorprende che dopo 2 anni, tu ancora non abbia capito".
"Dio, sei così enigmatico oggi che faresti concorrenza alle parole crociate del New York Times. Cosa c'è da capire?".
Ryan lo guardò con tenerezza.
Naturalmente, non avrebbe mai rivelato il "segreto" che celava nel cuore di Taissa, perché era una cosa che lui doveva comprendere da solo.
"Apri gli occhi, Evan".
Dette quelle parole, l'uomo si allontanò piuttosto lentamente.



Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sè, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, nè quando nè da dove,
t'amo direttamente senza problemi nè orgoglio:
così ti amo perchè non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Era questo che Taissa stava leggendo in quel momento, dopo che Ryan ed Evan avevano avuto quella criptica conversazione.
"Neruda. Hai degli ottimi gusti, piccola" esordì una voce di donna alle proprie spalle.
La ragazza si voltò e vide la figura slanciata di Jessica Lange, sorridente.
"Ti ringrazio".
"Allora, almeno con me, te la senti di rompere il sigillo? Mi vuoi dire cos'è successo tra te e il ragazzo che non fa altro che fissarti ossessivamente da due settimane?".
Taissa rimise gli occhi sulla pagina di quella poesia, ignorando la domanda posta da Jessica.
La donna si mise davanti alla giovane, che ignorava la sua presenza come nulla fosse.
"So' che sei spaventata, Taissa. Ma ricorda che amare significa vivere".
"Io non sono spaventata" intervenne la giovane, togliendo lo sguardo dalla pagina, posandolo su Jessica.
"Sì invece, lo sei. Lo ami così tanto che ti fa' paura, perché lui ha un potere su di te. Tu puoi continuare ad ignorarlo come nulla fosse, ma sappi che prima o poi dovrai affrontarlo".
Taissa scoppiò in una rista senza gioia, scuotendo la testa, mostrando la proria disapprovazione.


Quella mattina, il sole splendeva, spandendo i raggi caldi contro i vetri appannati di quella casa di città.
"Quand'è che tornerai?" chiese Emma.
"Tra soli tre giorni. Saremo io, Ryan e il resto del cast".
"Questo lo so'... solo che non mi piace l'idea che tu passi del tempo con quella".
"Già, nemmeno a me".
Negli ultimi giorni, le cose tra lui e la Roberts si erano fatte piuttosto tese e la ragazza non riusciva a capirne il motivo, ma una cosa la sapeva: non voleva lasciarlo.
"Mi mancherai" disse lei, posando le proprie piccole mani sulla gote colorite di lui.
"Mi mancherai anche tu. Ti amo, Emma" concluse, baciandola con dolcezza.
Quelle parole la rassicurarono.
Non lo avrebbe mai perso.
Mai.
Sarebbero stati insieme per sempre, perché si amavano, si sono sempre amati.


"Sei sicura di voler andare?" chiese nonna Izzie.
"Certo che lo sono. Sto molto meglio e poi qui a New Orleans fa caldo. Non vedo l'ora di godermi la brezza di montagna.
"E, dimmi, verrà anche quel gran bel pezzo di manzo che ti ha accompagnata a casa due settimane fa?".
"No, Gregory ha avuto un imprevisto e non può venire, ma sta' tranquilla nonna. Passerò il tempo...".
"... a leggere, lo so" continuò la nonna.
"Hai solo 19 anni, amore. Sei troppo giovane per soffrire così".
Taissa le sorrise con tenerezza.
"Ma io non sto soffrendo, dico davvero. Sto bene e stanca che tu e Vera mi trattiate come se fossi appena evasa da una clinica per tossico dipendenti".
La nonna scoppiò a ridere.
"Allora, meraviglia, cerca di divertirti".
Le due si abbracciarono, e appena Taissa, avvertì un bisogno ben preciso.


Il viaggio in aereo fu' tranquillo e privo di strane sorprese.
Il cast atterrò a Sidka, in Alaska.
Quando scesero dall'aereo, tutti iniziarono a contemplare lo splendido paesaggio; ne rimasero letteralmente incantati.
Il pullman li condusse tutti ad una meravigliosa baita, come quelle che si vedono nei film.
Taissa, durante il viaggio, passò tutto il tempo a parlare Lily, ascoltando musica e scambiandosi un sacco di immagini sul telefonino.


Arrivati alla baita, tutti si sistemarono nelle loro rispettive stanze singole, tutte magnificamente arredate.
Quel posto era il paradiso in Terra.


Stranamente, Taissa si sentiva stanca e volle rimanere in camera propria, nonostante gli altri se ne andarono tutti fuori a fare un giro per esplorare il luogo.
Dopo un po', uscì dalla camera, senza però volersi allontanare dalla baita.
Fu' un grosso errore.
Quando mise piede nella sala principale, vide un mucchio di bottiglie di birra ancora sigillate e la ragazza avvertì nuovamente quel bisgono.
Doveva bere.
Così, aprì una bottiglia e la bevve per metà.
Era completamente sbronza ed era solo mezzogiorno.
Fu così che passò la giornata, fino al tardo pomeriggio.
L'essere sbronza, tirò fuori tutto quello che aveva represso nelle ultime settimane.
Il cast non era ancora rientrato e lei si sentiva così libera.
Avrebbe potuto bere tutte quelle birre, andare in coma etilico e...
No, non sarebbe arrivata a tanto, anche se lo avrebbe tanto voluto.
Così, mentre iniziò a parlare da sola, qualcuno rientrò dal giro di perlustrazione.
"Taissa? Ti senti bene?".
La giovane si girò di scatto e appena vide chi la stava interpellando, sorrise felicemente.
"Evan! Io? Beeeeenissimo! Mi sento davvero... volteggiante. Ma esiste questa parola? Ah, ma chi cazzo se ne frega, giusto?".
Il giovane si precipitò da lei, stringendola verso di sé.
"Ma sei ubriaca! Che diavolo ti è saltato in mente?".
Taissa scoppiò a ridere.
"La bottiglia era lì, che mi chiamava, capisci? Sarebbe stato scortese non berla, ti pare? E poi... a te non frega un cazzo! Ti senti solo in colpa perché sei una persona di merda e sai una cosa? Fai bene".
"Basta, ti porto in camera tua".
"NO! Lasciami stare, brutto stronzo! Sparisci e fammi restare qui. Da sola".
"Non ci penso nemmeno".
Ma più lui cercava di prenderla in braccio, più lei si ribellava.
"Oh, come sei dolce. Sei dolce come... la torta al Rabarbaro che prepara mia mamma! Sì, tu sei così. Ecco perché.... noooo, ssshhhh".
Ella scoppiò nuovamente a ridere e vedendola così felice, anche se era una forma illusoria di felicità, anche lui rise.
Rivedere quel sorriso... era meraviglioso.
Le era mancato.
Le era mancata.
"Tai, coraggio, non sei in te...".
"Ti sbagli, ciccio, io sono così in me che potrei dirti tutto, lo sai? Tuuutto! Ma se lo facessi, tu rideresti di me".
"Non lo farei mai" rispose Evan, continuando a stringerla verso di sé, per non farla cadere.
Improvvisamente, gli occhi di lei si riempirono di lacrime.
Senza nemmeno pensarci, ella poggiò la propria fronte sul petto di Evan, piangendo ancora più forte.
Il ragazzo sentì ancora tutto il dolore, ma ora ne era sicuro.
Era il proprio, di dolore.
Evan la strinse, posando le proprie labbra sulla fronte della ragazza, che non riusciva a smettere di piangere.
Ad un certo punto, il ragazzo staccò di pochi millimetri le labbra dalla fronte di Taissa.
"Mi manchi" le sussurrò.
La giovane attrice, però, era in preda ad una crisi di pianto e tutto quello che voleva era stare ancora tra le braccia del giovane.
Evan, così, inizò ad accarezzarle i capelli molto delicatamente.
I singhiozzi della ragazza si controllarono e riprese a respirare con regolarità.
Vedendo che si era calmata, egli la prese in braccio, come fanno i principi quando vogliono mettere in salvo le principesse.
La portò in camera e la sdraiò sul letto.
Era ormai sera e gli altri erano rientrati, senza accorgersi di nulla.
Taissa si addormentò e Evan si rese conto di non aver mai visto qualcosa di più perfetto.
Così, prese una sedia, si sedette accanto al letto e la guardò dormire per tutta la notte, con il viso di lei illuminato dalla luce del caminetto scoppiettante.






 

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Capitolo 6
*** Illuminated. ***


Quella mattina, il sole splendeva ancor di più, illuminando la fredda Alaska.
La giovane Taissa fu svegliata dai raggi penetranti del sole, che le avvolgevano gli occhi.

Se li strofinò e con riluttanza, si decise di alzarsi, sistemare le tende, così da non far penetrare nessun altro raggio.
Dopo essersi nuovamente stesa sul letto, iniziò ad avvertire un acuto mal di testa.
La tormentava.
Che diavolo le era capitato? E soprattutto, come aveva fatto a finire in camera propria? E perché il letto non era disfatto? Tutte domande che si poneva, alle quali non riusciva a rispondere.
L'ultima cosa della quale aveva memoria, erano tutte quelle bottiglie di birra e niente più.
Il vuoto.
Dei decisi colpi indirizzati verso la porta della propria camera, la fecero tornare alla realtà.
"Taissa, sei sveglia?" era la voce di Ryan.
Ella andò ad aprire la porta, trascinandosi.
"Che c'è?".
"Stiamo per fare colazione. Ti unisci a noi".
"Ecco, veramente...".
"Taissa, non era una domanda. Tu ti unirai a noi, fine della questione. Non ti abbiamo vista quasi per niente ieri, quindi, oggi starai con noi. Quando torneremo a New Orleans non ci saranno più pause come questa, perciò, approfittane".
La ragazza era chiaramente con le spalle al muro.
Appena scese al piano di sotto, la prima cosa che le saltò all'occhio fu la tavola, piena d'ogni ben di Dio.
Il resto del cast le diede il buongiorno e prima che potesse rispondere, Ryan la fece accomodare.
Quando si sedette, il mal di testa aumentò notevolmente.
Le veniva da vomitare e si sentiva come se una neofocena le si fosse addormentata sopra, durante la notte.
"Cara, ti senti bene?" chiese una voce di donna, appoggiandole una mano sulla spalla destra.
La giovane attrice scossa la testa.
La donna fece cenno a Ryan che si stavano allontanando ed egli si mostrò d'accordo.
Taissa non aveva riconosciuto l'identità di chi la stava accompagnando appena fuori dalla baita.
Quando ella rivolse lo sguardo verso la donna, ebbe un attimo di sollievo.
"Sarah...".
"Tesoro, sediamoci".
Si sedettero su una panchina, pochi centimentri distante dalla baita.
"Che hai combinato, ieri sera?".
Ecco, che bella domanda.
Che diavolo aveva combinato ieri sera?
"Io... non ricordo, davvero".
La donna la guardò storto.
"Lo credo bene. Ti sei scolata un bel po' di birra. La mia, oltretutto".
"M-mi dispiace".
"Piccola, non dispiacerti per me. Ascolta... hai quasi 19 anni, ma bere, in questo paese per i minori di 21 anni è ancora illegale".
"Sarah, non vorrei mancarti di rispetto, ma potresti non parlare, per circa... 12 ore? Ho la testa in procinto di esplodere e non mi dispiacerebbe strapparmi il fegato con le pinze".
Sarah la guardo, benevola.
"Cerca di riprenderti entro le sette di questa sera".
"Perché?".
"Perché ci sarà una festa organizzata per noi del cast. Evan e Brad stanno aiutando ad organizzarla".
Evan.
Evan?
Evan!

I ricordi stavano riaffiorando.



A New Orleans, pioveva a dirotto.
Il cielo era quasi nero e il vento batteva contro ogni finestra, sempre più persistente.
In casa Farmiga, era tutto piuttosto tranquillo.
Vera si era messa le auricolari per non sentire il rumore del temporale.
Era così rilassata, così fuori dal mondo.
D'improvviso, qualcuno le tolse le cuffie, senza un motivo apparente.
Nonna Izzie si sedette accanto alla nipote.
"Perché cavolo l'hai fatto?".
"Perché ti devo parlare, sciocchina".
"Abbiamo parlato abbastanza".
"Ma scherzi? Ieri ci ho provato ma tu ti sei sempre tirata indietro" esclamò la nonna, risentita.
"Senti, non c'è molto di cui parlare. Taissa è innamorata di un ragazzo che la fa stare solo male e io lo odio. Fine".
"Piccola mia... anche io sono preoccupata per lei, ma ha 19 anni ed è normale che soffra per amore".
"No, non lo è! L'amore dovrebbe renderti forte, allegra, entusiasta! Tu non l'hai sentita piangere in quel modo, non hai visto quanto soffriva".
"Vera, ascoltami. L'amore, spesso, ci fa sentire vulnerabili e deboli, ma soprattutto, ci fa sentire vivi. La nostra bambina sta crescendo e si è innamorata. Sta soffrendo? Beh, l'amore è anche questo. Non ci possiamo fare nulla, io e te. E nemmeno lei può. Questo ragazzo deve essere davvero speciale se ha attirato così tanto l'attenzione della nostra piccolina. Come hai detto che si chiama?".
"Evan Peters e non è speciale, se non si rende conto di quanto Taissa sia magnifica".
Nonna Izzie cambiò totalmente espressione facciale.
Era come se avesse visto un fantasma.
"Nonna? Che ti succede?".
"Hai detto... Peters?".
"Sì... è questo il suo cognome".
"Oh mio Dio" disse Izzie, sussrandolo a se stessa, con voce tremolante.



Erano le sette di sera spaccate e il locale nel quale stava avendo luogo la festa, stava iniziando a riempirsi.
Tutto il cast rimase colpito dallo splendido lavoro di Evan, Brad e gli addetti all'organizzazione.
La musica partì e tutti iniziarono a danzare e a scatenarsi.
Tutti... tranne Taissa, che ancora non era arrivata.
Evan, che indossava un meraviglioso smoking, si guardava intorno, alla ricerca della ragazza.
Dopo dieci minuti, iniziò a preoccuparsi ed iniziò a chiedere dove fosse.
"Brad, hai visto Taissa?".
L'uomo stava per rispondere, ma fu incantato da una visione celestiale.
"Brad? Ma che hai?".
Non capendo, Evan si voltò e a qualche metro da lui, vi si trovava un angelo.
La signorina Taissa Farmiga, in tutta la sua perfezione.
Ella indossava un meraviglioso abito bianco di seta che le arrivava alle ginocchia.
Era assolutamente perfetta.
Lei ed Evan non si parlavano da settimane, ma lui sembrò dimenticarsene.
Le si avvicinò, totalmente incantato.
"Mi concedi questi ballo?" chiese lui, porgendole la mano.
La ragazza sorrise timidamente e appoggiò la propria mano su quella di lui.
Si misero al centro della pista da ballo, stringendosi l'uno all'altra.
"Ciao" disse lui, dolcemente.
"Mi dispiace" rispose lei, bruscamente.
"Per che cosa?".
"Per ieri sera. Dopo aver preso cinque aspirine e aver vomitato l'anima... tutto mi è tornato in mente e mi dispiace tanto. Non volevo dirti quelle cose, Evan, ti prego di credermi!".
"Ti credo e non devi scusarti".
Taissa sorrise.
"Posso farti una domanda?".
"Certo".
"Perché non mi hai rivolto la parola per quasi tre settimane? Voglio dire, so che voi ragazze avete strani sbalzi d'umore ma... non capisco cosa ho fatto per ferirti".
Taissa si irrigidì.
Lei se ne era dimenticata.
Per quasi tre settimane si era dimenticata che Evan non sapeva dei sentimenti di lei nei suoi confronti.
Sono proprio una cogliona, disse tra sé e sé.
"Vuoi la verità?".
"Certo" rispose lui, deciso.
"Tu... ehm, non centri".

Bugiarda.
"Non ti parlavo perché... stavo male a causa di un ragazzo e non volevo avere più a che fare con il genere maschile".
Lo sguardo di Evan si fece improvvisamente spento.
Triste.
"Chi è questo idiota? Taissa, dimmelo! Dimmelo che lo prendo a calci in culo. Nessuno deve permettersi di farti soffrire. Nessuno".
Ecco perché lo amava, si disse.
"Lascia stare".
"No, per niente! Tempo fa, mi dissi che io e te non ci conosciamo bene e hai ragione. Parlami di lui. Fammi conoscere la situazione, poi però dimmi chi è".

Oh, porca puttana.
"D'accordo, ehm... mi sono innamorata di lui, nell'esatto istante in cui lo vidi. Io avevo sedici anni e mezzo quando lo conobbi. Lui è il classico ragazzo che farebbe innamorare chiunque, capisci? Ma non sarà mai mio".
"Perché no?".
"Beh, lui ha una fidanzata con la quale io non reggerò mai il confronto".
"Cazzate".
Taissa lo guardò, stupita.
"Che cosa?".
"Ho detto che sono cazzate. Tu non reggeresti il confronto con un'altra ragazza? Ti prego. Non dirmi che non ti sei mai resa conto di quanto tu sia..."
Si guardarono per qualche minuto, prima che lui concluse la frase.
"... straordinaria".
"Sei... gentile".
Evan le sorrise.
"E... se questo ragazzo fosse qui, ora, che cosa gli diresti?".
Ella ci pensò su per qualche istante.
Si avvicinò con le labbra all'orecchio destro di Evan.
"Ti amo".
Si staccò immediatamente, per poi guardarlo negli occhi.
"Ti amo".

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