Amnesia: The light ascend

di ElisaJ7B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Novità ***
Capitolo 3: *** Spiegazioni ***
Capitolo 4: *** Fiducia ***
Capitolo 5: *** Preparativi ***
Capitolo 6: *** Gran finale ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


La giovane ragazza correva ansimando per i corridoi, inseguita da mostri terrificanti e privi di pietà.

Le ferite sanguinavano e la lanterna aveva emesso i suoi ultimi bagliori, lasciandola nell’oscurità più totale.

 

Devo trovare un nascondiglio!

Devo trovare un rifugio al più presto!

 

Migliaia di frasi rimbombavano nella sua testa nel tentativo di non essere presa dai suoi inseguitori.

Quando la speranza cominciava a svanire, vide una lucina lontana brillare a seguito di una porta.

Senza pensarci troppo si è subito fiondata all’interno dello sgabuzzino e chiuso la porta meglio che poteva.

Facendo lentamente qualche passo indietro per allontanarsi dalla porta, lei andò a sbattere contro qualcosa che emise un lieve sospiro.

 

Dopo settimane di solitudine, Elisa abbracciò l’unica cosa vivente in quel castello che le avesse infuso un po’ di sicurezza,

non sapendo però chi stesse stringendo a sé.

 

Era il barone Alexander di Brennerburg,

padrone della fortezza e di tutti i mostri che le stavano dando la caccia.

Il noto studioso e legilimante era piuttosto sorpreso della reazione della ragazza, che era completamente  apparsa dal nulla.

Lui stava cercando di catturare un ragazzo di nome Daniel, perciò la presenza di Elisa lo incuriosiva tanto da dare una sbirciatina nei suoi pensieri.

 

Per fortuna ho trovato qualcuno!

Non ce la facevo più a stare da sola in questo orribile castello popolato da mostri.

Mi dispiace recare fastidio a costui che era già nello sgabuzzino,

ma fuori c’è un mostro terrificante senza mandibola che mi sta cercando.

 

“C’è Grunt là fuori?” Pensò Alexander.

“Perché non divertirsi un po’ alle spalle di questa ragazzina?”

Con un messaggio telepatico il barone ordinò al mostro di cominciare ad abbattere la porta della stanza in cui si trovavano,

ma senza riuscire ad entrare, ovviamente. Solo per vedere come avrebbe reagito lei.

 

Pochi attimi dopo Grunt cominciò a tirare pugni alla porta e urlare con la sua voce spaventosa.

 

Elisa, che credeva di trovarsi al sicuro, da essere abbracciata al torso di Alexander si accasciò sul pavimento.

Rimanendo pur sempre avvinghiata alla gamba destra del barone, cominciò a singhiozzare silenziosamente.

 

Come avrà fatto a trovarmi?

Pensavo che non sarebbe riuscito a vedermi qui dentro!

Aspetterò che sfondi la porta per poi ricominciare a correre… Non importa.

Troverò dell’olio per la lanterna e cercherò una via di fuga.

Sempre che ne esista una…

 

“Ammirevole” Rifletté Alexander.

“Daniel non avrebbe esitato a nascondersi in qualche buco qui dentro aspettando di essere preso,

davvero un pessimo aiutante, senza coraggio né sicurezza.

Invece lei si è lasciata prendere dallo sconforto, però allo stesso tempo ha elaborato una strategia per la propria sopravvivenza.

Potrei prendere lei come nuovo aiutante.

 

Grunt, il gioco è finito, torna a cercare quell’idiota di Daniel.”

Come dal niente era arrivato il mostro, allo stesso modo le urla e i graffi smisero lasciando un placido silenzio inaspettato.

 

Ma cosa…?

 

“Avanti, alzati.”

Disse Alexander prendendola per mano.

A quel punto lei riconobbe la voce e si rese conto di chi avesse avuto accanto tutto il tempo.

 

Alexander?! Che cosa ci fa qui?

 

“Seguimi.”

Cominciò a camminare spedito e sicuro nelle tenebre tenendola delicatamente per mano.

Elisa come infatuata lo seguiva senza capire perché volesse portarla con sé.

 

“Dove stiamo andando?”

Chiese Elisa con un po’ di titubanza.

“La nostra destinazione è la stanza degli ospiti, mia cara.”

 

La stanza degli ospiti. Forse con questa espressione intende la prigione del castello. Avrà intenzione di torturarmi?

 

Alexander sembrava piuttosto confuso nel leggere i suoi pensieri e nel doverla trascinare a forza dietro a sé.

Con un velo di impazienza rettificò: “Ovvero la stanza in cui Daniel era solito dormire prima della sua scomparsa.”

 

Allora non ha intenzione di farmi del male.

Cosa vorrà da me?

 

“Sinceramente non sono sicuro di aver preso la decisione giusta.” pensò il barone.

 

Era ormai sera e Alexander aveva condotto Elisa alla sua nuova stanza.

“Tu dormirai qui, stanotte. Ci rincontreremo domani mattina, non appena ti sveglierai.”

“Ma io cosa…”

Neppure il tempo di lasciarle finire la frase che lui aveva già chiuso la porta.

 

…dovrei fare?

Dato che è quasi notte, mi coricherò sotto le coperte.

Sono tre settimane che non riposo, non avrò problemi ad addormentarmi.

 

Infatti pochi istanti dopo Elisa già dormiva.

 

Devo trovare un nascondiglio!

Devo trovare un rifugio al più presto!

 

Con le ultime energie Elisa si chiuse dentro un piccolo sgabuzzino e indietreggiando lentamente andò a sbattere contro delle scope.

Cadendo produssero un forte rumore che la fecero rilevare dal mostro.

Lui cominciò ad abbattere la porta e la ragazza si accasciò a terra terrorizzata

Dopo tre pugni la porta cedette e il mostro la vide lì, a terra, con gli occhi pieni di lacrime, in un angolino della stanza.

Con un unico colpo la uccise,

per poi lasciare il suo corpo senza vita sul pavimento.

 

“AGH!”

 

La mattina seguente Elisa si svegliò di soprassalto nel letto della stanza degli ospiti.

 

Era solo un incubo di ciò che sarebbe potuto succedere,

se il barone non fosse stato in quella stanza la sera precedente.

 

Alexander, allarmato dall’urlo soffocato, entrò velocemente nella stanza.

 

“Hai avuto un incubo, Elisa?”

“Si… riguardo a ieri… lei… e il mostro…”

“Non ti preoccupare. Vi metteremo fine una volta per tutte, vedrai. Adesso vieni, la colazione è in giardino.”

 

Elisa si vestì con i panni che Daniel aveva lasciato nella stanza, compresa una giacca verde che le stava un po’ larga.

Seguendo la scia di petali di rosa che Alexander lasciava dietro di sé, lei riuscì ad arrivare al prato del castello.

 

Seduto su una graziosa sedia bianca c’era il barone, che fece una smorfia di disapprovazione non appena la vide.

“I miei servitori ti inseguivano scambiandoti per Daniel, cosa credi che penseranno ora, vedendoti vestita così?”

 

Ha ragione. Lui ha sempre ragione.

 

“Mi dispiace…” riuscì a balbettare Elisa togliendosi la giacca verde.

Veloce come un gatto Alexander si trovò vicino a lei, aiutandola ad indossare la sua giacca rossa corallo con raffinate cuciture color oro.

Le maniche erano troppo lunghe per lei e ciò fece ridere il barone, replicando semplicemente con “Ne farò preparare una della tua misura.”

 

Perché si prende cura di me? Qual è il suo scopo?

 

Dopo aver fatto colazione, lei e Alexander cominciarono a camminare lentamente,

quando videro Grunt che correva nella loro direzione.

Elisa per istinto si nascose dietro il barone e lui divertito chiese: “Perché ti nascondi? Quando sei con me non devi preoccuparti.

Tu, brutto idiota, perché hai spaventato la mia ospite? Hai qualcosa di importante da riferire?”

 

Prende le mie difese.

 

Il mostro emise qualche verso strano e poi corse via.

“Cosa ha detto?”

“Grunt è sempre in vena di dire cose stupide… non ti angustiare e andiamo al mio studio.”

 

Arrivati nel luogo designato, Alexander aprì un armadio da cui prese un’altra giacca rossa e oro.

Poi si sedette sulla propria poltrona e cominciò ad esporre il suo progetto.

“Come tu ben sai, tutti i miei servi sono alla costante ricerca di Daniel, il mio ex-aiutante, perciò io mi ritrovo da solo a fare molte cose.

Non è una richiesta, ma un ordine, se tu potessi lavorare con me in cambio di vitto e alloggio.

Ogni cosa ha il suo prezzo e vedremo cosa hai da offrire, non come quello scansafatiche di Daniel…”

 

Cosa avrà mai combinato questo “Daniel”?

Ha fallito e Alexander lo sta cercando. Se dovessi fallire anch’io?

Mi rinchiuderebbe in prigione come sta cercando di fare con lui.

 

“Quell’idiota non era in grado di sopportare il peso del mio lavoro, così si è dato alla fuga all’interno del  castello.

Quando lo troverò gli farò passare la voglia di disertare di nuovo.

 

Confido in te. Mi sembri sveglia, attenta, perspicace, la persona adatta al ruolo che sto cercando.

Vedo ambizione nei tuoi occhi, perciò bada di non deludermi o per te sarà la fine.”

 

Perciò è questo che vuole

Un’aiutante.

Non credo che possa essere un lavoro così impossibile,

non ho scelta, mi conviene tentare.

 

“Quando comincio?”

“Molto bene, sempre molto decisa.

Però dovrai tenerti a freno almeno fino a domani.

Vai da Grunt a farti fare una divisa identica alla mia.

Dì che ti mando io e non ci saranno problemi.”

 

Elisa uscì chiudendo dolcemente la porta e si mise a cercare Grunt.

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Capitolo 2
*** Novità ***


Elisa non vedeva l’ora di esplorare questo grande castello, dato che ormai tutti i mostri erano diventati suoi servitori.

Ma non appena fece tre passi oltre la porta da cui era uscita, successe qualcosa di imprevedibile.

 

Qualcuno la prese da dietro, bloccandola con un braccio, mentre con l’altro le puntava un coltello alla gola.

 

Chi è quest’uomo? Cosa ci fa nel castello del barone?

Che cosa devo fare?? Sta succedendo tutto così in fretta…

 

“Pensavi che tingendo i tuoi capelli di biondo non ti avrei riconosciuto, eh, Alexander?

Ad essere sincero mi sembri anche molto più basso, ma forse è solo una mia impressione.

Sei così morbido…

Sembra quasi che tu sia…”

 

Detto ciò affondò il pugnale nel fianco di Elisa, che emise un urlo lungo e acuto.

 

“…una ragazza?”

 

Alexander udì lo strillo della nuova ospite.

Prendendo un’ascia bipenne attaccata alla parete, si diresse alla porta.

Una volta fuori, la prima cosa che vide fu Daniel a terra, con un’espressione confusa, accanto al corpo di Elisa che si contorceva per il dolore.

I suoi occhi erano pieni di rabbia, così il colpevole pensò bene di darsi alla fuga.

 

“DANIEL!! Dove stai scappando?!”

Mentre gli gridava dietro, gli lanciò l’ascia contro, senza riuscire a prenderlo.

Il ragazzo girò l’angolo e l’arma rimase conficcata nel muro.

 

Subito il barone si accasciò accanto a lei, prendendola per mano.

“Non ti preoccupare, mia cara, è tutto finito…”

 

Che dolore! Che dolore!

 

Elisa non riusciva a pensare ad altro e i suoi pensieri erano tutti ingarbugliati.

Alexander non riusciva a capire come una semplice coltellata potesse farla piangere così tanto.

 

La cosa che lasciò più sorpreso il barone fu la quantità di Vitae che sprigionava. Riusciva a percepirla perfettamente.

Senza pensarci due volte prese l’estrattore di Vitae e glielo mise in mano.

“Tieni questo, mentre ti porto in un luogo per medicarti.”

 

La prese delicatamente in braccio e la condusse all’obitorio, dove teneva tutti gli attrezzi che potevano essere usati sia per torturare che per curare.

 

“Continua a stringere quello che ti ho dato.”

 

Ripeté quando la sdraiò su un tavolo, lasciandole pensare che fosse una specie di contenitore che gli sarebbe sicuramente servito,

perciò non le sarebbe dovuto scivolare e rompersi.

L’estrattore era una grande sfera, lentamente trasformava la paura e il dolore in un liquido azzurro che si trasferiva all’interno di essa.

 

Nel breve tragitto il globo non si era riempito che di poche gocce, mentre nel momento in cui Alexander estrasse il coltello dal fianco,

il fluido azzurro cominciò ad entrare alla stessa velocità con cui il sangue usciva dalla ferita.

 

Il barone era piuttosto preoccupato.

Anche se il taglio non era molto profondo, il fluido cremisi non accennava a smettere, neppure quando ne aveva già cucita metà.

Elisa tremava e pregava che tutto questo finisse presto, sebbene non fosse totalmente sicura di salvarsi.

 

Quando l’operazione fu finita e la linea richiusa, il sangue smise di fuoriuscire, ma la ragazza non smetteva di piangere.

Alexander non sapeva esattamente cosa fare, ma dato che  non era più in pericolo di vita,

la lasciò lì e si mise a cercare Daniel, che doveva essere ancora nei paraggi.

 

Dopo circa mezzora di inutili ricerche, il barone tornò da lei, trovandola a fissare nel vuoto con gli occhi lucidi per le lacrime versate.

Era seduta in silenzio sopra il tavolo, abbracciata alla sfera che l’uomo più anziano le aveva consegnato.

Abbassando lo sguardo al globo, quest’ultimo rimase a bocca aperta per lo stupore.

Esso era quasi totalmente pieno del liquido azzurro tanto agognato.

 

Come era possibile che una piccola ragazzina come lei potesse produrre così tanta Vitae in così poco tempo?

Sembrava che lei stesse per cedere, così gliela sfilò di mano e svuotò la sfera in un contenitore lì vicino.

Prese una piccola fiala riposta in un cassetto.

 

“Bevi questo.”

“Cos’è…?”

“È laudano. Ti farà passare il dolore.”

 

Senza chiedere altre spiegazioni, lei bevve la pozione con totale fiducia.

Avrebbe potuto buttarsi da una finestra se lui glielo avesse chiesto.

 

“Allora?”

“Sto molto meglio. Grazie, barone.”

“Quando siamo soli, puoi chiamarmi Alexander.” Disse l’uomo aggiungendo un piccolo sorriso.

Elisa non lo aveva mai visto sorridere da quando era arrivata e ciò fece sorridere anche lei.

“Sei ancora debole. Vieni, ti condurrò alla tua stanza”

 

La prese delicatamente per mano e camminarono insieme fino al letto di lei, dove la aiutò a stendersi per riposare.

Lui prese una sedia e si mise a sedere accanto alla ragazza che, arrossendo, chiese:

“Non aveva alcune cose da rivedere, barone?”

“Alexander.” Disse di nuovo, un po’ scocciato.

“Ah, giusto.”

“Penso che la tua salute sia più importante delle mie scartoffie in questo momento.”

 

Com’è gentile. Ma…

 

“…quando Daniel stava poco bene, anche allora stava in sua compagnia?”

Sul volto dell’uomo più anziano si formò un sorriso amaro indecifrabile, per poi cominciare a dire:

“Certo. Ogni notte veniva nella mia stanza a lamentarsi di aver fatto un incubo, per stare in compagnia, bere del tè, per poi addormentarsi nel mio letto.

Nel caso gli incubi fossero più atroci del solito, era mia abitudine leggergli qualche storia o poesia prima di riaddormentarlo.

Esattamente come un bambino. Ingenuo. Astuto. Avventato.

Dolce.”

 

Sospirò e si soffermarono entrambi a pensare all’ultima parola.

 

“era così importante per lei questo... “Daniel”?”

“Era come un figlio per me.

O forse qualcosa di più, non so dire con certezza.

Ma come puoi ben vedere, è impazzito.

Corre per i corridoi del mio castello, accende a caso le candele che trova lungo il suo passaggio

e apre i cassetti delle mie stanze. Non so cosa fare…”

 

Elisa mise una mano su quella di Alexander e sussurrò:

“Faremo qualcosa riguardo a questa situazione, ma non oggi…”

 

Finito di parlare, lei chiuse gli occhi e si addormentò per la stanchezza e le emozioni subite, sospirando leggermente.

Il barone si ritirò nel suo studio con due cose importanti su cui rimuginare.

 

Per prima cosa: la Vitae.

Non ne aveva mai estratta una tale quantità da un essere che era rimasto in vita dopo le torture.

In genere una persona che alla fine del trattamento era morta emetteva al massimo un quarto della sfera di Vitae,

invece lei con un piccolo taglio al fianco ne aveva sprigionato quattro volte tanto.

Forse non era abituata al dolore. I contadini si fanno male più spesso perciò ci erano abituati.

 

No, non era quello… era qualcos’altro.

 

Per seconda cosa: Daniel.

Dopo mesi dalla sua scomparsa, finalmente era riuscito a vederlo.

Magari potrebbe usare la ragazza come esca per riaccendere un contatto con l’altro aiutante.

 

Mentre Alexander era nel suo studio a pensare a come trarre dalla situazione un vantaggio,

nel suo letto Elisa riposava in un sonno senza sogni.

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Capitolo 3
*** Spiegazioni ***


“Madre! Padre!”

 

Elisa correva lungo un corridoio stretto e buio, inseguendo le ombre dei propri genitori.

Più correva e più sembrava che si allontanassero.

Per la stanchezza la ragazza cadde in ginocchio e si fermò a riprendere fiato.

 

Sentì una mano che le si appoggiava sulla spalla.

“Non hai niente da temere, quando sono con te.”

Era la voce di Alexander.

 

Con gioia Elisa si voltò, ma non c’era la figura paterna che si aspettava di trovare.

In piedi dietro di lei apparì Daniel, con il viso sporco di sangue.

Dalla spalla la mano si spostò al collo, mentre con l’altra cominciò ad occludere le vie respiratorie.

 

La ragazza si svegliò nel suo letto, portandosi le mani alla gola e respirando affannosamente.

Era un incubo…

 

Devo andare dal barone.

 

Fu la prima cosa che pensò.

Con ancora indosso i vestiti del giorno precedente, Elisa cominciò a vagare per il castello alla ricerca della stanza di Alexander.

Dopo molti tentativi, lei individuò l’unica stanza da cui filtrava un po’ di luce e bussò.

 

“Avanti”

Con un po’ di timore Elisa fece capolino dalla porta e bisbigliò, in modo quasi impercettibile:

“Ho fatto un brutto sogno…”

“Vieni, accomodati.”

 

La ragazza entrò a piccoli passi nella camera.

Il barone era sdraiato di fianco sul letto, con un libro in mano, probabilmente stava leggendo qualcosa prima di dormire.

 

Ecco. L’ho interrotto. Forse stava per addormentarsi.

 

“Non essere timida, vieni qui.”

Ripeté con un tono più imperativo, scoprendo le coperte accanto a sé.

Con un po’ di titubanza, Elisa si accoccolò sotto le lenzuola e si appoggiò con la schiena contro quella di Alexander,

come era abituata a dormire da piccola con sua madre.

 

“Cosa hai sognato?”

“I miei genitori… di nuovo.

Sono scomparsi qualche tempo fa, delle voci mi hanno detto che dei mostri li avevano rapiti e portati in questo castello, così sono venuta a cercarli…”

“Non abbiamo prigionieri vivi da almeno due settimane, temo che ormai siano andati perduti…”

Pensò Alexander mordendosi il labbro. “Devo cambiare argomento.”

 

“Hai sognato qualcos’altro?”

“L’uomo di ieri, Daniel, che mi uccideva.”

“Dev’essere stato terribile… adesso, dormi.”

Ubbidiente, Elisa chiuse gli occhi e cominciò a rilassarsi, fino a dormire.

 

La mattina successiva, La ragazza si svegliò nel letto di Alexander, ma lui non c’era più.

Lei rimase sotto le coperte ancora un po’, godendosi il caldo del sole mattutino e il profumo di rose che era ovunque.

Proprio quando stava per riaddormentarsi, sentì una voce.

 

“Finalmente ti sei svegliata, eh?”

 

Quelle parole, quella voce, le fecero spalancare gli occhi e lentamente alzò la testa da sotto le lenzuola.

Nascosto in un armadio si intravedeva appena un uomo, che uscendo rivelò la sua identità.

Era di nuovo lui, Daniel, colui che l’aveva aggredita il giorno precedente.

Elisa aprì la bocca come per gridare aiuto, sperando nell’intervento del barone, ma il ragazzo fu più veloce e con una mano gliela sigillò, sussurrando:

 

“Non gridare, ti prego. C’è stato un equivoco.”

Quando fu sicuro che non avrebbe cominciato a strillare, le allontanò la mano dal viso, proseguendo con le spiegazioni.

 

“Il mio nome è Daniel, Daniel da Mayfair. Come te sono entrato in questo castello e non ne sono più uscito.

Tu hai la possibilità di scappare. Cosa stai aspettando? Perché rimani sotto gli artigli del barone?”

“Alexander non ha intenzione di farmi del male! Lui…”

“Ti ha dato il permesso di chiamarlo per nome? Soltanto io potevo…”

 

Lo sguardo del ragazzo era tra il sorpreso e arrabbiato, per il fatto di essere stato facilmente sostituito.

“Tu lo sai in cosa consisteva il mio lavoro?”

“No…”

“Lo sospettavo. Ancora non te l’ha detto.

Il mio compito era torturare gli uomini, le donne e i bambini che entravano in questo maniero.

Da loro si estraeva la Vitae, elemento prezioso che avrebbe contribuito ad aprire il portale.

Attraverso di esso Alexander potrà tornare nel suo mondo, perché lui non è umano.

Ha più di tre secoli, non dorme mai e la sua voce…”

Fissava il vuoto con un sorriso da stupido

“…è così bella, manipolatrice.”

“Questo cosa c’entra con me?” Chiese la ragazza, confusa.

 

“Ma come, non capisci??”

Sbottò Daniel.

“Lui ha intenzione di farti diventare la sua marionetta, proprio come ha fatto con me!

Chi pensi abbia rapito i tuoi genitori? Chi pensi li abbia uccisi?

Lui!

Il leggendario barone di Brennenburg!”

 

“Non è possibile… Stai mentendo! Come osi parlare così di Alexander?”

Elisa aveva cominciato ad urlare.

 

“Tu non capisci… Non importa. Parleremo di nuovo in un secondo momento.

Riflettici su.”

 

Daniel accese la lanterna e scappò, uscendo di nascosto dalla porta.

Rimasta sola, Elisa aveva molte cose a cui pensare.

 

Si stese sul letto e appoggiò la testa sopra il cuscino.

Ecco spiegato perché non trovava i genitori. Le celle erano tutte vuote.

 

Davvero Alexander è così cattivo? Era stato così gentile con me…

 

Non riusciva a crederci. Sembrava una così buona persona…

Un po’ eccentrico, ma con un fascino tutto suo.

 

Devo parlarne con lui.

 

Elisa prese il coraggio a due mani e si diresse allo studio del barone.

Ovviamente era lì, circondato da molte carte, lettere e documenti importanti che aspettavano soltanto di essere letti e firmati.

 

“Cosa hai da dirmi… Sono molto occupato.”

“Ho parlato con Daniel.”

 

La penna d’oca con cui scriveva si spezzò, sporcando tutto il foglio di inchiostro.

La ragazza aveva ottenuto l’attenzione di Alexander.

 

“…Cosa ti ha detto?”

“Mi ha spiegato la situazione… il portale… le vittime… la Vitae… e tutto il resto.”

“Ah.”

“Quanta Vitae le serve ancora?”

“Ormai manca poco, una ventina di litri, più o meno.”

“Posso aiutarla a raccoglierla.”

 

Queste ultime parole fecero sussultare il barone.

A conoscenza del suo passato, era ancora disposta a sostenerlo?

“Ci dev’essere qualcosa sotto.” Pensò.

 

“Per quale motivo?”

“Io sono la sua assistente, perciò il mio unico obiettivo è aiutarla.

Lei vuole tornare a casa?

Lei ci tornerà, le do la mia parola.”

 

“Con qualunque mezzo?”

“Con qualunque mezzo.” Ripeté lei con convinzione.

 

“Anche a costo di farti torturare tu stessa?”

Chiese con un sorriso beffardo il barone.

 

“Certamente.”

Tutta questa sicurezza lo spiazzò, ma subito Alexander si ricompose.

 

“Benissimo.

Ti aspetto nel primo pomeriggio all’obitorio,

per fare dei test per accertare che il tuo corpo sia adatto all’estrazione della Vitae.”

Il barone si alzò di scatto dalla sedia, dirigendosi verso la porta.

 

Elisa era come imbambolata, non consapevole di cosa avesse appena accettato di farsi fare.

La porta sbatté con violenza e ciò la riportò bruscamente alla realtà.

 

Che cosa ho fatto?

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Capitolo 4
*** Fiducia ***


Le mani di Elisa tremavano solo al pensiero…

 

Come ho potuto essere così superficiale?

Lasciarmi torturare!

E con il mio consenso!

 

Ormai la parola era data, perciò si incamminò lentamente verso l’obitorio.

Lungo il tragitto non faceva altro che pensare a dei limiti che poteva mettere.

 

Magari per il fatto che fosse una ragazza Alexander sarebbe stato un po’ più gentile con lei.

 

Non appena entrò nella stanza tutte le sue speranze svanirono.

Il barone aveva già cominciato a preparare seghe, seghetti, pugnali e martelli.

D’istinto Elisa fece un paio di passi indietro, ma l’orgoglio ebbe la meglio e la spinse a raggiungerlo.

 

“Finalmente sei arrivata. Perché sei così silenziosa?”

Lei gli lanciò uno sguardo perplesso e arrabbiato, che gli fece scappare una fragorosa risata.

“Stavo solo scherzando. Avanti, togliti i vestiti.”

“Cosa? E perché mai?”

“Per effettuare la scansione devi indossare il minimo di copertura. Altrimenti come faccio a vedere quanta Vitae possiedi?”

 

Un po’ insicura Elisa si tolse tutto il resto, fino a rimanere in camicia e mutande.

Alexander prese una piccola candela blu e la accese, successivamente spense le luci.

 

La stanza buia si riempì di una luce blu, in costante movimento, quasi abbagliante.

Ma il cero che il barone aveva in mano non emetteva luce.

Infatti essa era emanata da Elisa, che in quel momento sembrava un alieno tutta blu com’era. Anche Alexander scaturiva un lieve bagliore, ma molto debole.

“Perfetto…” sussurrò il barone.

Con velocità sorprendente Alexander spense la strana candela  e riaccese le lampade ad olio, accecando Elisa per il veloce cambiamento di luce.

Per poi spaventarla trovandosi a meno di un metro davanti a lei.

 

“Quando cominciamo l’estrazione? Non dovrebbero esserci problemi, sei l’essere più sano e ricco di Vitae che abbia mai visto.”

I suoi occhi brillavano solo all’idea di poter mettere le mani su una fonte infinita del suo liquido preziosissimo.

 

“Se vuole possiamo cominciare anche subito, ma con alcune condizioni!”

“Giusto, giusto… ogni cosa ha un suo prezzo.” Alexander si sedette un attimo sul tavolo, valutando la situazione.

“Per prima cosa… Non voglio perdere nulla.

I tagli vanno bene perché poi guariranno. Dita, capelli, ossa, cose del genere non devono mancare o rompersi nel mio corpo.

Lo stesso vale per i miei sensi: tatto, vista, udito… devono rimanere tali. Infine devi stare lontano dal mio viso. Non voglio che tu mi sfiguri.”

Le regole erano poche e ben progettate, perciò Alexander le accettò.

 

Con noncuranza disse: “Sdraiati sul tavolo.”

Elisa eseguì.

Poi il barone cominciò a chiudere i cinturini intorno ai polsi e le caviglie, alla ragazza si dipinse la paura sul volto.

“Non preoccuparti, è solo la procedura. Anche nel caso in cui tu cambi idea sul più bello…”

Un ghigno si formò sulle labbra dell’anziano.

“Antipatico. Non sarei comunque scappata.” Borbottò a bassa voce lei.

 

“Allora, da dove preferisci iniziare?”

Alexander chiese con voce impassibile e un piccolo bisturi nella mano destra.

“…Se fosse possibile, dalle gambe. Senza toccare i muscoli però.”

“Certo. So fare il mio lavoro.”

Non appena affondò l’arma dell’arto, Elisa sentì un dolore lancinante nella zona colpita.

Contemporaneamente iniziò anche a piangere.

 

Alexander le posò una mano fredda sulla fronte e bisbigliò:

“Calmati. Il dolore è tuo amico.”

 

Dopo aver detto ciò il barone estrasse il bisturi e il sangue iniziò a fuoriuscire, insieme a una quantità spropositata di Vitae.

Elisa cominciò a tranquillizzarsi. Era come se un peso dal cuore stesse diventando sempre più leggero.

Stettero entrambi a guardare il flusso cremisi che scendeva dal tavolo per molti minuti.

“Manca ancora molto?” bisbigliò la ragazza.

“Direi che per oggi può bastare.”

Alexander prese un filo bianco (per non farlo notare troppo sulla carnagione chiara) e ricucì abilmente la ferita.

 

“Vado a prendere altre garze, tu non ti muovere.” disse, ridacchiando.

“Spiritoso.” Elisa si lasciò scappare uno sbuffo.

 

La posizione era molto scomoda e i polsi cominciavano a prudere, per il desiderio di essere liberati.

Un po’ di sonnolenza cominciò a farla addormentare, ma una voce la risvegliò bruscamente.

 

“Allora è vero…?”

La ragazza si voltò di scatto e alla porta vide Daniel, con un’espressione attonita.

“Ti sei lasciata torturare da quel mostro?”

“Non sono cose che ti riguardano.” Rispose lei freddamente.

“Invece sì! Non voglio che lui ti faccia del male!”

“Allora liberami da queste cinghie!” urlò Elisa.

 

Con calma l’uomo si avvicinò al tavolo e la liberò, una cintura alla volta, aiutandola poi a sedersi.

Essendo più vicino a lei notò il sangue che scendeva ancora dalla gamba e si girò velocemente in un angolo per vomitare.

“Daniel, sei davvero delicato. È solo un po’ di sangue.” Dopo qualche conato, si è alzato in piedi, un po’ barcollante e attento a distogliere lo sguardo dalla ferita.

Fece qualche passo verso di lei quando sentì un rumore alle sue spalle.

 

Alexander era tornato con delle fasce in mano, l’espressione sempre indifferente.

La vista del barone causò il panico totale in Daniel che cominciò a balbettare e dire frasi sconnesse.

 

“E così sei tornato a finire l’opera? Vuoi uccidere la mia ospite?” Chiese Alexander con voce tagliente.

“M-ma… i-io… tu! Tu, piuttosto! Cosa…!” e Daniel cominciò a farfugliare cose senza senso man mano che il barone si avvicinava a lui,

i passi che risuonavano sul pavimento bagnato.

 

Alexander stava pensando a come punirlo, probabilmente lo avrebbe afferrato per le spalle e scagliato contro il muro, picchiandolo fino ad ucciderlo.

Invece improvvisamente Daniel cadde a terra, colpito in testa con una bottiglia, i resti di vetri rotti ancora nelle mani di Elisa.

“Non volevo che ti ferisse.” Ha detto semplicemente.

Poi è svenuta.

 

Al risveglio ha trovato Alexander accanto a sé, su una sedia vicino al letto.

“Cosa è successo?”

“Dopo che lo hai colpito siete svenuti entrambi, ho finito le medicazioni su di te e ti ho portato qui. Poi ho buttato il nostro clandestino nelle prigioni del castello.”

“Non potrà più nuocerci?”

“No.” Fu la risposta secca dell’uomo.

“Perché ho così tanta Vitae nel mio corpo?”

“Sinceramente non so spiegarmelo neanch’io. Avrà a che fare con il tuo passato?”

“Sin da piccola ho sempre serbato rancore e tristezza dentro di me, mentre fuori non lo lasciavo a vedere, per non far preoccupare i miei genitori.

Forse tutto il dolore si è accumulato negli anni formando un masso di Vitae nel mio cuore.” Cercò di spiegare Elisa mettendosi una mano sul petto.

 

“Questa ragazza ha un bisogno incredibile di dolcezza.” Pensò il barone. “Per fortuna ha trovato me.”

“Tieni.” Alexander le mise in mano una piccola chiave.

“Cos’è?”

“La chiave delle prigioni. È un simbolo della mia fiducia nei tuoi confronti. Non perderla.”

“Non lo farò.” Gli occhi di lei erano decisi, ma ancora pieni di sonno.

“Riposati. Ti aspetta una settimana pesante, mia cara.”

“Lo so…” sospirò.

“Buonanotte” Il barone chiuse delicatamente la porta.

 

Rimasta sola, Elisa si scoprì leggermente per osservare il taglio inflitto.

Non sembrava per niente grave, il sangue non si vedeva e il laudano aveva eliminato anche i più piccoli dolori.

Le sembrava di indossare uno stivale a ginocchio, perché alla fine della cucitura in alto c’era un piccolo fiocco, molto grazioso.

La ragazza rimase lì ad accarezzare il filo morbido per un po’, poi si stese e cominciò a dormire.

 

Mi aspettavo di peggio.

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Capitolo 5
*** Preparativi ***


Erano passati ormai cinque giorni dalla prima tortura, Elisa era deperita, coperta di tagli e fili.

Stava cominciando ad assomigliare alla servitù, degli abomini cuciti insieme.

 

Ma a lei non importava.

 

Non vedo l’ora che il barone torni a casa. Che sia felice.

 

Pensava mentre era sdraiata sul solito tavolino.

Un filo di sangue scendeva lentamente dal braccio destro e una sfera di Vitae si stava riempendo.

 

Ad un tratto Alexander si alzò in piedi e afferrò il contenitore sferico con entrambe le mani.

I suoi occhi erano spalancati e la bocca leggermente aperta.

 

“È fatta…!”

 

Liberò velocemente la ragazza dalle cinghie e la abbracciò, sporcandosi di sangue.

“È finita, Elisa! Ce l’abbiamo fatta! Abbiamo raccolto tutta la Vitae necessaria.

Sono così orgoglioso di te.”

 

Dopo essersi ricomposto un po’, le ricucì l’ultimo taglio e la prese delicatamente per mano.

“Vai a prepararti per la cena. Ti aspetto nella sala da pranzo.”

 

Un piccolo sorriso fiorì sulle labbra della ragazza.

In questi ultimi giorni aveva avuto l’obbligo di mangiare molto poco e stare sempre da sola.

Se fosse stata meglio di stato d’animo le torture non avrebbero avuto effetto.

 

Finalmente dopo molto tempo, aveva la possibilità di consumare un pasto completo e godere della compagnia del barone.

Con gioia tornò nella sua stanza, scelse il vestito che le sembrava più bello e si incamminò nel corridoio.

 

Sono così contenta! Alexander tornerà presto dalla sua amata.

 

Sentì delle urla provenire dalle scale che portavano al piano inferiore.

Incuriosita, Elisa scese piano la scalinata fino ad arrivare in una stanza, piena di celle.

 

Dovrebbero essere tutte vuote

 

Poi si ricordò che Daniel, il pazzo ex aiutante del barone, era stato rinchiuso qui per motivi di sicurezza.

Aveva già provato una volta ad uccidere la ragazza.

 

Eppure Elisa si mise a cercarlo, per chiedergli il motivo delle grida.

Lui giaceva nell’ultima cella, raggomitolato in un angolo a fissare il vuoto, con uno stupido sorrisetto sulle labbra.

“Allora i miei schiamazzi sono stati ascoltati.

Hai avuto pietà di me? Mi hai portato un po’ da mangiare?” Chiese indicando la ciotola vuota.

 

“Non hai avuto la tua razione? Mi sembra che il piatto sia vuoto.” Disse lei freddamente.

“La scodella è vuota da giorni! Non mi è stato portato cibo dal momento in cui lui mi ha rinchiuso qui!”

“Stavi per fare del male ad Alexander. Non te lo avrei mai permesso.

Anche se forse lui ti avrebbe ucciso se non fossi intervenuta.” Aggiunse con un ghigno.

“Questo è vero. Perché lui è un mostro.

Cosa pensi che farà quando il portale sarà aperto?

Probabilmente ti chiuderà in una cella come me e moriremo insieme di fame.

Proprio non capisco come tu possa dargli così tanta fiducia…”

 

Daniel la guardava come se fosse geloso, ma allo stesso tempo triste, per essere stato dimenticato.

Elisa aveva colto la gelosia nei suoi occhi così estrasse la chiave dalla tasca. La portava sempre con sé.

“Visto? Il barone ripone la sua fiducia in me.

E non credo sia così facile da ottenere.

Perciò mettiti l’anima in pace e torna a dormire.” Finito di parlare, rimise la chiave al suo posto, girò i tacchi e si diresse verso la porta.

 

“No, ti prego non te ne andare! Ho fame! Ho bisogno di te!”

La ragazza finse di non averlo sentito, chiuse rumorosamente il portone e andò nella sala da pranzo.

 

Alexander la aspettava con ansia.

Appena lei si sedette fece cenno ai servi di cominciare a portare la cena.

 

“Cara, ci hai messo molto tempo. Ti sei persa?”

La ragazza aspettò un po’ prima di rispondere. Nel frattempo lui ascoltò i suoi pensieri.

“No. Ho sentito delle grida e sono andata a vedere. Era Daniel. Spero possiate perdonarmi.”

 

Non voglio mentire. Sarebbe ingiusto nei suoi confronti.

 

“Molto bene. Mi aspettavo una scusa come un’altra, ma lei non è Daniel.

Elisa è sempre sincera con me”. Pensò deliziato il barone.

 

“Non preoccuparti. Non sono arrabbiato con te.

Però dovresti fare attenzione. Daniel è un tipo infido, abile nelle parole. Non dargli troppo peso.“

 

La servitù appoggiò le portate sul tavolo, ricche di pietanze buonissime.

Mantenendo un certo contegno, Elisa mise molto cibo nel proprio piatto, sicuramente a causa della fame.

Mentre mangiava le tornarono alla mente le urla di Daniel.

Doveva essere proprio affamato.

Ad un tratto si ricordò quello che le aveva detto.

 

Mi chiuderà in una cella.

 

Non aveva mai pensato a cosa succederà dopo la partenza di Alexander.

Essendo più coraggiosa di Daniel, Elisa si schiarì la voce e espresse la domanda.

 

“Quando il varco tra i nostri mondi sarà aperto, che cosa ne sarà di me? E Daniel?”

 

Il barone, che stava origliando le riflessioni della ragazza, aveva già la risposta pronta.

Con un sorriso dolce spiegò: “Quando giungerà il momento di partire, tu rimarrai qui.”

 

Silenzio.

Si sentiva solo la forchetta di Alexander battere nel piatto, mentre mangiava.

 

Tutto qui?

 

Il barone si compiaceva della sorpresa e l’emozioni che aveva causato in lei, ma dopo un po’ ricominciò a parlare.

“Abbandonerai il castello.

I miei servi lo terranno in funzione nel caso dovessi tornare.

Ti retribuirò con molto denaro e ti rifarai una vita. Dopotutto non è stato poi così male lavorare per me.”

 

Elisa emise un sospiro di sollievo.

Alexander aveva ragione. Daniel era perfido, capace di tutto pur di salvarsi.

Ha accondisceso a torturare persone innocenti anziché sé stesso. Almeno la ragazza non aveva anime sulla coscienza.

 

Più tardi il barone si alzò da tavola, ma lei non aveva ancora finito di mangiare.

 

“Rimani, resta pure. Vado a finire i preparativi per il rituale finale.

Avrò bisogno di te un’ultima volta domani, poi sarai libera.”

Dettò ciò si allontanò e prestò usci dal suo campo visivo.

 

Dopo un po’ Elisa si alzò dal tavolo, completamente sazia

Il pensiero volò a Daniel, immaginandolo ancora in quell’angolo a mordersi le mani per la fame.

 

Guardò i piatti ancora pieni di cibo.

 

Se ne porto un po’ anche a lui non credo che ci saranno problemi.

 

La ragazza prese un fazzoletto e ci mise dentro un po’ di pane e qualche dolcetto.

Raggiunse la cella e vide Daniel nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato con la testa a ciondoloni.

 

“Ti ho portato un po’ di cibo…” Disse piano, quasi con la paura di svegliarlo.

Daniel si alzò pigramente e si avvicinò alle sbarre per prendere il fagotto che lei gli stava porgendo.

Prese il fazzoletto in mano e lo lasciò cadere per terra.

 

Si aggrappò ai fianchi di Elisa e la fece sbattere contrò le aste di ferro.

La ragazza si liberò dalla morsa e scappò, con gli occhi pieni di terrore.

 

Chiuse la porta della prigione e si diresse a letto per dormire.

 

Daniel era ancora abbracciato alle fredde sbarre, dopo lo scontro con Elisa, le mani chiuse a pugni.

Le avvicinò a sé e le aprì, vittorioso.

 

Nella mano destra c’era la chiave,

doveva avergliela sfilata all’impatto e lei non se n’era accorta.

 

Ignorando il cibo sul pavimento, uscì dalla cella e si diresse all’Inner Sanctum, la sala dove il giorno seguente Alexander avrebbe aperto il portale.

Entrando nel salone, un bagliore blu lo accolse, sprigionato dalla Vitae nei contenitori di vetro.

 

Daniel si nascose dietro due grandi rocce, aspettando l’arrivo del barone per poi ucciderlo.

La grande vendetta stava arrivando.

 

Ignari del prigioniero fuggito, Elisa e Alexander erano nelle loro stanze.

La ragazza dormiva in un sonno tranquillo, mentre il barone era ancora sveglio.

Ma non per lavoro. Ormai la sala era pronta, mancava solo il rituale.

 

Alexander era seduto sul letto a rimirare una foto, raffigurante una bella donna.

 

“Aspettami, mia dolce metà. Sto tornando.”

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Capitolo 6
*** Gran finale ***


Alexander si diresse con calma nella camera di Elisa.

Come previsto, la ragazza stava ancora dormendo.

 

Il barone si sedette accanto a lei e le diede un bacio sulla fronte.

“Svegliati, Elisa. C’è del lavoro da fare” bisbigliò dolcemente.

 

Lentamente aprì gli occhi.

“Buongiorno” disse, sorridendo.

“Ti aspetto nell’Inner Sanctum, vestiti e raggiungimi.”

Detto ciò, abbandonò la stanza.

 

Elisa si alzò dal letto e prese i vestiti di Daniel dall’armadio.

Si infilò la camicia e poi il gilet verde.

 

Le stavano un po’ larghi, ma era una sensazione piacevole.

Dopo aver finito di prepararsi, uscì dalla camera e andò nel luogo prestabilito.

All’interno della sala c’era Alexander, pronto a dare istruzioni:

 

“Questi piloni che vedi, hanno un ruolo fondamentale. Servono a tenere aperto il portale.

Se dovessero rompersi tutti e tre non potrò mai più tornare nel mio mondo, sono stato abbastanza chiaro?”

“Certo, barone.”

“Devi solo controllare che nessuno ceda.”

 

Alexander salì su una specie di balcone e si spogliò, rimanendo completamente nudo.

La ragazza rimase inorridita, pensando che fosse un rituale davvero strano.

 

Il barone la ignorò, cominciando a parlare in una lingua sconosciuta e fluttuare in aria.

 

Nessun pilone dovrà cadere

 

Gli occhi di Elisa erano fissi su questi tre esili pilastri,

che davano l’impressione di rompersi anche solo a guardarli.

 

Ad un certo punto, lei sentì uno scricchiolio alla sua sinistra e subito si voltò.

Aggrappato a un pilone c’era Daniel, che tentava in ogni modo di buttarlo giù.

 

“FERMO! Sciocco! Che cosa fai?”

La voce di Alexander tuonò, interrompendo il rituale.

“Daniel! Allontanati dal pilastro!” Elisa corse verso di lui.

 

Con un ultimo strattone, il primo pilone cadde, frantumandosi sul pavimento.

La Vitae contenuta in esso si disperse e il bagliore del portale si affievolì molto.

 

Il barone era sconcertato.

Dal balcone non poteva fare niente, altrimenti il rituale sarebbe andato perduto. Tutto era nelle mani di Elisa.

 

Devo fermarlo!

Rovinerà tutto il nostro lavoro!

 

Daniel aveva già cominciato a tirare calci al secondo pilastro,

ma la ragazza lo spinse a terra e lì iniziarono a picchiarsi.

Elisa provò a trattenerlo, ma il ragazzo era più vecchio e forte di lei.

Facilmente la stese a terra con un pugno nello stomaco, lasciandola sul pavimento a gemere di dolore.

 

Con un altro paio di colpi anche il secondo pilone crollò.

Il portale brillava appena.

 

Alexander da arrabbiato diventò triste.

Tutto ciò per cui aveva lottato, sofferto, sopportato, stava svanendo davanti ai suoi occhi.

 

Davanti a sé vide una scena orribile, l’ultimo pilastro ancora in piedi che tremava pericolosamente,

un pazzo che gli aveva reso la vita impossibile

e la giovane aiutante distesa per terra.

 

“Daniel, è così che mi ripaghi?

Per la mia ospitalità e le attenzioni che ti ho dato?”

 

Il barone cercava di guadagnare tempo.

Forse con un po’ di fortuna il portale si sarebbe aperto.

Daniel cadde nella trappola.

 

“Tu mi hai mentito! Dicevi che con i rituali e le vittime sarei stato libero dall’Ombra!

Invece tutta la Vitae serviva soltanto a tornartene a casa! Sei l’essere più egoista che abbia mai visto!”

 

“Tu, che osi parlare di egoismo.

Chi è che ha accondisceso a torturare persone innocenti? Mh?”

 

“Nella mia situazione lo avrebbe fatto chiunque”

“Elisa no. Ha trovato un’altra soluzione, molto più efficiente”

“Mi stai solo facendo perdere tempo! Voglio mettere fine a tutto questo, adesso!”

 

“DANIEL! No! Ti prego!”

 

Alexander lo stava supplicando di non abbattere anche l’ultimo pilastro, ma Daniel non lo ascoltava più.

Con forza chiuse entrambe le mani sul tubo metallico, cominciando a ridere come un ossesso.

 

All’improvviso, le risa di Daniel si fermarono, con una specie di urlo soffocato.

 

Cadde a terra, morto, con un pugnale nel bel mezzo della schiena.

Elisa, dietro di lui, con ancora il pugno chiuso nel manico.

Mentre parlavano, aveva ripreso le forze necessarie per sferrare l’attacco.

 

Alexander era allibito.

“Elisa…”

 

Aveva appena cominciato a dire qualcosa, quando le porte dell’Inner Sanctum si spalancarono,

lasciando all’Ombra il permesso di entrare.

Ad entrambi il terrore si dipinse sui volti e la ragazza si voltò di scatto:

 

“Alexander! Presto! Il portale!”

In quel momento, l’ovale azzurro al centro della stanza cominciò a brillare tantissimo.

Il rituale era completato.

 

Il barone cominciò a fluttuare verso di esso, guardando ciò che stava succedendo.

 

L’Ombra aveva già cominciato a decomporre il corpo di Daniel.

Dopo poco non rimaneva altro che uno scheletro sul pavimento, per poi diventare cenere.

Elisa cominciò ad urlare.

 

Per la sfortuna di aver incontrato Daniel, faceva anche di lei una sua vittima,

perciò l’Ombra aveva cominciato ad uccidere la ragazza.

 

Non mi aspettavo che sarebbe finita così…!

 

Poco alla volta l’Ombra ricoprì le sue gambe, immobilizzandola.

Non poteva più scappare.

Al contatto con la pelle, quella roba rossa bruciava come il fuoco,

strappando lacrime dai suoi occhi.

 

Almeno, Alexander tornerà dalla sua amata.

Il mio compito è finito e lo scopo raggiunto.

 

Con un sorriso amaro, la ragazza si lasciò andare,

aspettando che l’Ombra la uccidesse.

 

Senza alcun preavviso, Elisa sentì che qualcuno la tirò per il colletto.

 

Alexander non era ancora entrato nel portale,

afferrandola, la strattonò all’interno dell’ovale azzurro insieme a sé stesso.

 

Quello che successe dopo fu qualcosa di inspiegabile.

 

Le sembrava di cadere nel vuoto all’infinito,

circondata da geometrie impossibili.

 

Elisa provò un dolore fortissimo, di calore, ma allo stesso tempo freddo.

I suoi vestiti bruciarono, insieme all’Ombra che le era rimasta addosso.

Poco alla volta, lei si abituò a questa sensazione, aggrappandosi al braccio del barone,

che stava cadendo con lei.

 

Poi un lampo, una luce.

 

Elisa e Alexander si ritrovarono stesi sul pavimento di una stanza.

Un camino, con il fuoco acceso al suo interno, una libreria e due poltrone vuote.

Sembrava un normale salotto.

 

La ragazza era ancora stordita dal viaggio, rimanendo pur sempre avvinghiata al braccio destro del barone.

In quel momento entrò una bella donna da una porta.

 

Oh cielo! Sono nuda! Cosa penserà di me…

 

Pensò Elisa portandosi una mano sulle parti intime e arrossendo come un peperone.

 

Poi notò che anche la donna era nuda.

La signora era molto alta e magra, dall’aspetto un po’ vecchio.

I capelli erano molto lunghi e argentati, gli occhi dorati e impassibili.

 

Alexander si alzò di scatto e l’abbracciò.

Sembrava che si dicessero tante paroline dolci, ma la lingua era incomprensibile.

Ad un certo punto lei puntò un indice verso Elisa, dicendo:

 

“Lei chi è?”

“Elisa. La mia servitrice. Mi ha aiutato a tornare da te, mio amore.”

Rispose Alexander baciandola sulla guancia.

 

“Grazie per aver salvato mio marito, cara.

Ti piacerebbe restare? Sono sicura che il nostro mondo ti piacerà, vedrai.”

 

L’anziana signora cercò di fare un sorriso, per sembrare meno severa.

Elisa si alzò in piedi e fece un inchino.

 

“Grazie, accetto volentieri.

Non ho niente che mi aspetta nel mio mondo.”

 

Alexander si staccò un momento dalla propria amata e prese per mano Elisa.

Tutti e tre insieme uscirono dalla stanza. Davano davvero l’idea di essere una famiglia felice.

 

Le cose andranno di bene in meglio d’ora in poi.

Ho una nuova famiglia, adesso.

 

 

                                                                                                                                                                                                                                           Fine.

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