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di zavarix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.



“Uscito per buona condotta, bravo”, disse il secondino mentre gli restituiva i suoi oggetti personali. Non rispose, prese le sue cose e se ne andò. Di fuori non c'era nessuno ad aspettarlo, cosa che lui si aspettava, ma strinse comunque le mani per la rabbia.
“È colpa loro! È tutta colpa loro!”, mormorò tra i denti. Andò alla fermata più vicina e prese il primo autobus diretto verso la città. Non che avesse qualcosa da fare, o qualche posto in cui andare, qualcuno da incontrare. Quella città non aveva niente a che fare con lui. In effetti, niente sembrava avere più qualcosa a che fare con lui. Si fermò ad una fermata a caso e si incamminò per la strada. Alzò lo sguardo accorgendosi di essere arrivato davanti al tribunale. Sputò per terra ricominciando a muoversi, quando un uomo, visibilmente di fretta, gli finì contro perdendo a terra tutte le sue carte. Le raccolse di fretta senza togliere il cellulare dall'orecchio.
“Perché non guardi dove vai?”, lo aggredì prima di riprendere la conversazione al telefono. Non con cattiveria, ma solo perché era troppo di corsa per pensare alle buone maniere. Lui guardò uno dei fogli che gli erano rimasti in mano, su cui campeggiava il nome e il titolo del suo possessore: avvocato Dyne.
“Non è colpa mia!”, disse ancora tra i denti incominciando a seguire l'avvocato dentro ad un vicolo, dove probabilmente aveva lasciato la macchina.
“Sì! Lo so che sono in ritardo! Sì, no. Non- no! Sì, lo so! No, ok , aspettami lì che arrivo. Che ti devo dire? Mi hanno trattenuto in tribunale! Dai, tranquillo che adesso arrivo”. L'uomo chiuse la chiamata e mise la mano sulla maniglia della porta, ma non fece tempo ad aprirla che lui lo raggiunse alle spalle e lo tramortì. Poi lo mise in auto e partì.
“Non è colpa mia”, continuava a mormorare guardandosi intorno. “Non è colpa mia!”, gridò poi pestando con forza i pugni sul volante.

 

 

 

 

Il professore finì di parlare proprio quando suonò la campanella che segnava la fine della lezione. Tutti gli studenti, solitamente non troppo attivi, erano già pronti per uscire e, appena il professore si era alzato per andarsene, incominciarono ad accalcarsi alla porta. Tutti gli studenti a parte due, anzi uno, che, apparentemente con calma, stava finendo di mettere le sue cose nella borsa.
“Dai Jack! Aspetto questo momento da anni! Non puoi muoverti più in fretta?”, chiese Elder agitato.
“Tranquillo Mike, i fogli non scappano”, rispose tranquillo Jack, anche se in verità era ansioso pure lui. Finalmente avevano raggiunto l'ultimo anno dell'accademia e per i prossimi due mesi, in gruppi da tre, avrebbero affiancato una squadra della BAU
“Secondo te saremo nello stesso gruppo?”, chiese Elder mentre arrivavano finalmente alla massa di studenti che si affollava davanti alla bacheca nel corridoio.
“Spero di sì”, disse Jack alzandosi in punta di piedi, forse avrebbero fatto meglio ad aspettare che il gruppo si sfoltisse, tanto non sarebbero riusciti a passare.
“Sì, siete finiti nella stessa squadra”, disse un loro compagno uscendo dal gruppo. “E siete stati i soliti fortunati... Siete finiti nella squadra migliore della BAU, quella di Aaron Hotchner”, continuò guardandoli con invidia e aspettandosi un'esclamazione di felicità. Ma dovette accontentarsi di due sorrisi tirati.
“E dai, avrete da faticare ma ho sentito dire che sono simpatici”, scherzò dando poi un colpo sulla spalla ad Elder e andandosene.
“Come facciamo? Se fossimo solo noi due non ci sarebbero problemi ma...”, disse Jack allontanandosi.
“Non credi che sia ora di rivelare chi sei? Infondo siamo all'ultimo anno!”, provò a convincerlo Mike.
“Ti ho già detto con non-”
“-voglio uscire a pieni voti solo perché ho un padre famoso”, lo scimmiottò Elder. “E provare a dirlo al terzo compagno facendoli promettere di non dire niente a nessuno?”, suggerì.
“Ehi! Compagni di avventure!”, li salutò una ragazza bruna allegramente. “Sarò con voi allo stage! Sono così eccitata! Incredibile essere finiti nella migliore squadra della BAU, vero?”
I due ragazzi si guardarono e Jack scosse la testa leggermente.
“Che succede ragazzi? Non siete contenti?”
“Siamo solo stanchi, Margaret, abbiamo giocato a basket fino a tardi ieri sera”, disse Elder stiracchiandosi e mimando uno sbadiglio. La ragazza li guardò poco convinta ma poi alzò le spalle.
“Vedete di non far tardi stasera, domani si incomincia!”. Detto questo li salutò.
“Tra tutti lei! Se gli rivelo tutto dopo due minuti lo saprà tutta l'accademia!”, disse Jack appena lei se ne fu andata.
“Non è che hai paura di rivelarti? Forse temi di non reggere il confronto con tuo padre...”, lo stuzzicò Elder guadagnandosi un'occhiataccia. “Stavo scherzando!”

 

 

 

 

“Avanti”. JJ, che aveva appena bussato alla porta, entrò nello studio di Hotch. Ormai tutti se ne erano andati e rimanevano solo loro due in ufficio. “Ancora qui? Credevo fossi già andata”, commentò Hotch.
“Aveva del lavoro da sbrigare e poi mi dovevano ancora arrivare i nomi degli studenti che ci affiancheranno da domani per le prossime settimane...”, spiegò lei.
“Giusto. Jack era ansioso di scoprire dove sarebbe finito”, si ricordò l'agente sorridendo pensando al figlio.
“Ecco... A proposito di questo. Mi hanno finalmente inviato i nomi di chi ci è toccato”. JJ posò la cartelletta che aveva in mano sul tavolo.
“C'è qualcosa che non va? Ci hanno affidato studenti dai pessimi voti?”
“No, direi di no”, disse lei aspettando che il capo si accorgesse di qual'era il problema, cosa che avvenne qualche decimo di secondo dopo.
“Jack. Ecco il problema”, commentò Aaron.
“Se vuoi posso chiamare all'accademia e inventarmi una qualche scusa...”, propose la bionda mettendosi i capelli dietro le orecchie.
“No, Jack continua a dire che non vuole favoritismi e questo gli sembrerà un mio modo di non metterlo in difficoltà...”, l'interruppe Hotch. “Sarà difficile, ma credo che voglia che noi facciamo finta di non conoscerlo”
“Allora avverto la squadra, domani mattina inizieranno il loro stage. Buona notte Hotch”, lo salutò lei.
“Buona notte”

 

 

 

 

“Buongiorno!”, disse Hotch facendo entrare la luce del sole aprendo le imposte della stanza del figlio. Il quale, disturbato dal sole, si girò nel letto grugnendo.
“Non è divertente papà”, si lamentò cercando di aprire gli occhi ma non riuscendoci a causa della luce.
“Non sei contento? È il tuo primo giorno di lavoro”. Jack si tirò su come se l'ultima frase detta dal padre fosse stata una specie di campanello d'allarme.
“Ehm... Hai saputo..?”
“Si”, sospirò Hotch. “Come pensi di fare? Rivelerai al mondo che sei mio figlio o ti vergogni ancora così tanto di me che non vuoi farlo?”, chiese Hotch facendo una faccia seria. Jack lo guardò male.
“Lo sai che non lo faccio per questo”, ribatté, ancora troppo addormentato per accorgersi che lo stava prendendo in giro. “Dovremo fare finta di non conoscerci”. Jack si stiracchiò mentre Hotch annuiva.
“L'avevo immaginato. Ho già avvertito tutta la squadra”. Detto questo uscì dalla stanza. “Io vado di già! La colazione è pronta in tavola”, urlò dal corridoio mentre Jack si sollevava pian piano dal letto.

 

 

 

 

 

“Jack verrà a lavorare con noi e dovremo far finta di non conoscerlo?!”, chiese scandalizzata Garcia. Stranamente JJ non era riuscita a rintracciarla la sera prima e così era venuta a sapere tutto la mattina.
“Esatto. Nessuno all'accademia sa che è figlio di Hotch e Jack non vuole che si sappia”, spiegò JJ.
“Un giorno o l'altro dovrò fargli un bel discorsetto a quel giovanotto!”, disse Garcia decisa.
“State parlando di Jack?”, chiese Morgan entrando in quel momento. JJ e Garcia annuirono. “Riesco a capire la sua decisione solo pensando al fatto che è figlio di Hotch... E dovremo far finta che non lo sia!”, commentò incrociando le braccia.
“Ora è meglio andare, Jack e i suoi due compagni arriveranno tra poco e dovremo presentarci a loro”, disse JJ avvicinandosi alla porta.

 

 

 

“Benvenuti nella nostra squadra”, disse Hotch ai due giovani che aveva di fronte a sé. Uno era l'alto ragazzo di colore che già conosceva, il grande amico di Jack, Michael Elder, che però, come anche con suo figlio, doveva far finta di non conoscere. L'altra era una ragazza dai capelli molto corti e marroni, con degli occhi praticamente neri e un enorme sorriso.
“Io sono l'agente supervisore Aaron Hotchner, loro sono gli ag-”
“Scusate il ritardo”, disse Jack entrando in quel momento con il fiatone.
“Stavamo iniziando adesso”, disse l'agente sforzandosi di non dare a vedere di conoscerlo. “Come stavo dicendo... Io sono l'agente speciale supervisore Aaron Hotchner, il capo dell'unità. Se ci sono problemi di qualunque genere dovete rivolgervi a me”, disse presentandosi. “Loro invece sono l'agente speciale supervisore David Rossi, che, come saprete sicuramente, è uno dei creatori di questa unità; il dottor Spencer Reid, il nostro esperto di qualunque cosa; l'agente speciale Dereck Morgan, specializzato in crimini ossessivi; l'agente speciale Jennifer Jerau, si occupa della parte burocratica del lavoro, come decidere quale casi accettare tra tutti quelli che arrivano; e infine Penelope Garcia, il nostro tecnico informatico, qualunque informazione chiedetela a lei”, concluse Hotch.
“Benvenuti nella nostra squadra”, intervenne Rossi facendosi avanti e stringendo la mano a tutti e tre, subito imitato dal resto della squadra.
“Per ora non abbiamo niente da fare quindi vi consiglio di sistemarvi in tre scrivanie nell'openspace e fare un giro nell'edificio, per ambientarvi”, disse Hotch come congedo, e così tutti uscirono dalla sala riunioni.

 

 

Finito il giro di ambientamento i tre stagisti poterono sistemarsi nell'openspace: Jack prese posto nella scrivania davanti a Reid, Elder in quella vicina alla sua e Margaret quella di fronte a lui.
“Visitato tutto l'edificio?”, chiese Morgan ai tre, che erano stati accompagnati da Garcia, ansiosa di conoscere meglio i nuovi venuti.
“Sì, signore”, disse esitante Jack, più perché, come con Garcia, non sapeva come comportarsi con loro, piuttosto che per la normale agitazione di un cadetto rispetto ad un agente più anziano.
“Non siamo così formali, chiamatemi pure Morgan”, disse l'uomo sedendosi sulla scrivania di Reid. “Avete visto anche l'area relax?”, chiese ancora.
“Esiste un'area relax?”, chiese Elder stupito. Morgan rise.
“Con il lavoro che facciamo è il minimo. Venite, ve la mostro”. Detto questo si alzò dirigendosi verso una porta lì vicino.

 

 

“Lo sai che prima o poi dovrai dire a tutti di chi sei figlio?”, disse Morgan quando Margaret ed Elder se ne furono andati, 'sequestrati' di nuovo da Garcia, che si era messa d'accordo con l'uomo di colore per fare in modo che lui rimanesse da solo con Jack. Il quale, dopo che Morgan li aveva invitati a lasciare perdere le formalità, si era quasi affrettato a dire a Morgan di chiamarlo pure per nome.
“Ma contavo di farlo dopo il diploma, in modo che nessuno possa dire che sono passato solo perché sono figlio di mio padre”
“Non lo direbbe nessuno conoscendo Hotch”, contestò Morgan.
“Ne sei sicuro? E poi direbbero che bastava la fama di mio padre, che potrebbero aver fatto tutto i professori senza neanche coinvolgere per forza papà”. Diede un sorso al caffè mentre Morgan scrollava la testa.
“Sei impossibile ragazzino... Volevo solo dirti una cosa. Per noi sarà difficile, per Garcia praticamente impossibile e per tuo padre ancor di più...”
“Quindi dovrei prepararmi al fatto che Margaret potrebbe scoprirlo?”, chiese Jack.
“Esatto... Aspetta. Perché hai parlato solo di Margaret?”, chiese curioso Morgan inclinando la testa.
“Perché Elder lo sa già”, gli comunicò Jack sorridendo.
“Allora l'hai detto a qualcuno! È già un passo avanti”. Gli batté la mano sulla spalla mentre si dirigevano di nuovo verso l'openspace.






 

Ed eccomi qui con un'altra storia! :) Come vedete è in un certo senso il seguito dell'altra, ritroviamo Jack all'accademia e con l'amico Elder a fianco!
Lo so, vi ho anticipato l'SI eppure la squadra non sa ancora di nessun caso... Ma non preoccupatevi, lo saprà presto :)
RECENSITE PLEASEEE!! :)
Zava

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 




 

“Tutti in sala riunioni, abbiamo un caso”, li avvertì Hotch passando per l'open space.

 

“Edward Dyne è stato ritrovato nel parco di una piccola cittadina in Ohio, Poland, l'altro ieri.Gli mancava la lingua”, iniziò JJ. “E il giorno dopo è stato trovato un altro cadavere,non ancora identificato, sempre nel parco, senza gli occhi. Ah! E della prima vittima non si trova la macchina, sospettano che l'abbia presa l'SI”
“Come mai non ancora identificato?”, chiese Reid.
"Per questo”, rispose JJ mostrando delle foto dei corpi ritrovati. Dei quali difficilmente si poteva riconoscere qualcosa.

“Mai visto un eccesso di rabbia così grande”, commentò Morgan mentre i tre stagisti distoglievano lo sguardo.
“Per questo ci vogliono il prima possibile, è una città piccola e non vogliono che il prossimo sia trovato da un bambino”
“Partiamo subito, finiremo di aggiornarci in volo. Garcia, mandaci il fascicolo sulla vittima identificata”, disse Hotch alzandosi.

 

 

Sul Jet

“Cosa sappiamo della prima vittima?”, chiese Morgan.
“Edward Dyne, 44 anni, avvocato, lavorava e viveva a Cleveland, che è a 70 miglia da Poland. Era sposato con Meredith Brown e aveva due figli di tredici e diciassette anni”, elencò Garcia dallo schermo del computer.
“Magari è una vendetta, con quel lavoro ti fai un sacco di nemici”, ipotizzò Reid.
“Nein, caro il mio dottorino. Tutti casi tranquilli: una contesa tra due pizzaioli in grande competitività, una causa di divorzio mai conclusa perché i due si sono rimessi insieme... Il caso più grande che ha avuto è la rapina di un negozio ad opera di due ragazzi di vent'anni. In più non ha cercato di fare carriera, nel senso che non ha pestato i piedi a nessuno”, disse Garcia.
“Vita privata?”, chiese Hotch.
“Dal suo account su Facebook ho scoperto che la domenica andava a pesca con un amico, Anselm Davis. Ci sono molte foto di loro due in tenuta da pesca. Doveva essere proprio un appassionato perché ogni mese spendeva un bel po' per attrezzatura”
“Collegamenti con Poland? Andava a pescare lì?”, chiese Morgan.
“Niente di niente, non sembra esserci mai stato”
“Perché fare tanta strada allora? Da Cleveland a Poland ci vogliono minimo un'ora e ventun minuti”, commentò Reid.
“Il posto deve avere un significato particolare per il nostro SI. E il fatto che non ci sono collegamenti tra la nostra vittima e Poland esclude il fatto che lo conosca, è il sostituto di qualcuno”, commentò Hotch.
“Ragazzi! Mi è arrivato un messaggio dalla polizia di Poland... Hanno identificato anche il secondo cadavere”, disse Garcia incominciando a battere sui tasti. “La seconda vittima è George Edwards, 47 anni. Non è sposato. Fa il muratore e viveva anche lui a Cleveland. Nessun collegamento con Dyne se non che è stato ritrovato anche lui in quel parco”
“Due vittime di diverso status sociale, ma che ha massacrato con la stessa rabbia... E ha preso un trofeo diverso”, disse Reid pensieroso. Ci fu un attimo di silenzio mentre tutti fissavano i fascicoli che avevano in mano, come a cercare delle risposte a quei misteri.
“Atterreremo tra poco. Morgan, tu vai sulla scena, portati Margaret.”, disse Hotch rompendo il silenzio per distribuire i compiti. “Rossi, vai dal medico legale a Cleveland, Elder con te. Brooks verrà con me, Reid e JJ in centrale”
Margaret passò un attimo lo sguardo tra Jack e Hotch. Aveva notato un'altra volta una certa incertezza da parte di Hotch nel chiamare il ragazzo seduto vicino a lei. Il quale si alzò in quel momento andando verso la macchinetta del caffè in cima all'aereo. Arrivato all'altezza di suo padre si fermò quasi come se fosse stato lui a stopparlo.
“Ti devo parlare”, sussurrò indicando il caffè. Hotch annuì e poi seguì Jack.
“Che succede?”, chiese preoccupato Hotch al figlio.
“Io... Lo so che è difficile e che ti stai impegnando molto per fare come ti ho chiesto ma...”
“Ma mi lascio sempre sfuggire indizi, lo so. Ho visto anch'io l'occhiata di Margaret”, completò Hotch e Jack annuì. “Cercherò di stare più attento”, disse Hotch incominciando a farsi un caffè.
“Grazie... Papà”, disse Jack sussurrando l'ultima parola. Hotch lo guardò con gli occhi che sorridevano mentre la bocca rimaneva seria, la ragazza sospettosa li stava osservando.
“Di niente figlio mio”, sussurrò tra le labbra guardando il figlio tornare a posto.
“Che voleva il capo da te?”, chiese Margaret quando Jack arrivò al suo posto.
“Niente, mi ha detto che non accetterà più ritardi. Ho provato a spiegargli che era colpa dei trasporti ma credo sia meglio che d'ora in avanti vengo in bici, dovrò partire prima ma almeno non arriverò in ritardo”, disse sorridendo e sperando che lei se la bevesse. Lei annuì e poi si sistemò meglio sulla poltrona cercando di imitare Elder, che in un attimo si era profondamente addormentato.

 

 

 

 

"Ti starai chiedendo perché ricontrolliamo la scena anche se c'è già stata la scientifica", disse Morgan quando arrivarono al parco. Margaret scosse la testa.
"Nelle ultime lezioni ci hanno spiegato un po' cosa si fa sul campo", spiegò lei in risposta allo sguardo stupito dell'agente. "Ed è anche chiaro. A noi la scena può dire molto di più che alla scientifica"
"Brava. Allora, tu che vedi?", chiese Morgan sinceramente sorpreso. Margaret si guardò intorno.
"Da qui si possono vedere tutte le entrate del parco senza essere visti. Un ottimo posto per scaricare un cadavere, ma difficile da individuare se non sei del luogo. In più non è grande come giardino, eppure è riuscito a scaricare qui anche il secondo cadavere nonostante il posto fosse sorvegliato", disse sicura Margaret. "L'SI dev'essere cresciuto da queste parti, solo un bambino conosce così bene il parco-giochi del suo paese"
"Sicura di non essere una profiler infiltrata tra gli studenti?", le chiese Morgan scherzando. "Neanche il piccolo Ho-". Morgan si bloccò a metà della frase accorgendosi dell'errore che stava per fare.
"Piccolo Hotchner? Hotch ha un figlio?", chiese Margaret guardandolo sorpresa. Morgan annuì.
"Ehm sì", cercando una via di fuga si guardò intorno. E fu così che la vide. "Guarda lì", disse alla ragazza andando nella direzione indicata dal suo braccio.
Sotto un cespuglio c'era un pacchetto. Morgan lo prese con molta cura e lo aprì, trovandosi in mano una lingua e in un sacchetto di plastica trasparente due occhi.
"Come può essere sfuggito alla scientifica?", chiese Margaret sorpresa.
"Non può. Ha messo tutto qui dopo, nonostante il posto sia controllato. Ci sta prendendo in giro"


 


 


 

"Ora vedremo i cadaveri, sicuro di farcela?", chiese Rossi subito prima di entrare. Elder annuì convinto.
"Guardo Supernatural da anni", disse sorridendo come se quello sistemasse tutto.
"Non ho idea di cosa sia, comunque spero per te che sia veramente forte", rispose l'agente prima di raggiungere il medico legale. "Agente Rossi", si presentò.
"Ah! Allora siete voi quelli dell'FBI, dottor Niathan", disse il medico stringendogli a sua volta la mano. "Venite, vi faccio vedere i corpi". Detto questo si avvicinò ai tavoli per autopsie e sollevò il telo bianco che fino a quel momento aveva nascosto uno dei due cadaveri. A quella vista Elder si girò di spalle assumendo un colore verdognolo.
"Prima volta?", chiese il medico e Rossi annuì.
"Non che questo possa essere normale per chiunque", commentò l'agente.
"Ne ho visto tanti con un lavoro come il mio, ma ha ragione. E questo poveretto, come quell'altro, è conciato peggio di chiunque io abbia visto", disse il medico. "E pensare che sono tutte ferite post-mortem"
"Tutte?", chiese sorpreso Rossi mentre Elder si avvicinava di nuovo. Il medico annuì.
"Più o meno. Il primo colpo è stato diretto alla testa con una forza impressionante. Poi gli ha cavato la lingua e infine lo ha ridotto in questo stato”. Elder, che si era ripreso, dovette rigirarsi a riprendere fiato.
“E la seconda vittima?”, chiese Rossi disgustato anche lui, sebbene ne avesse viste di tutti i colori.
“Stesso modus superandi... è così che dite, vero?”, rispose il medico indicando l'altro tavolo coperto da un telo bianco.
“Possibile che abbia fatto tutto questo per impedirne la identificazione?”, chiese Rossi. Il medico scosse la testa.
“No. Avrebbe colpito ancor di più la faccia per rompere anche i denti costringendoci ad aspettare l'arrivo delle analisi del sangue... E poi non serve fare questo macello per impedire che un corpo venga identificato”

 

 

 

“Commissario Dalton?”, chiese JJ avvicinandosi ad un corpulento signore con dei folti baffi bianchi.
“Sono io. Voi siete quelli dell'FBI, giusto?”
“Agente Jennifer Jerau. Abbiamo parlato al telefono. Loro sono l'agente Hotchner, il dottor Reid e lo stagista Brooks”, rispose JJ presentando i suoi compagni.
“Vi stavamo aspettando, ho sistemato tutto quello che vi serve di là e i familiari della prima vittima sono arrivati”, disse lui mentre stringeva le mani a tutti tranne che a Reid che si limitò ad agitarla.
“La ringrazio. E i familiari della seconda vittima?”, chiese Hotch.
“Non ne ha a quanto so... Veniva spesso qui in zona, ha passato qui la sua infanzia e sua madre è sepolta nel nostro cimitero”, rispose Dalton.
“Lo conosceva bene?”, chiese Hotch mentre Reid Jack e JJ andavano a sistemarsi nella stanza loro assegnata. Dalton annuì.
“Non è un paese grande, è facile conoscersi. Non dico di conoscere tutti, ma molti sì”
“Ed Edwars? Era conosciuto in zona?”, chiese Hotch ricevendo come risposta un cenno affermativo.
“Era uno che si faceva notare"
"In che senso?", chiese Hotch curioso.
"Era conosciuto per sapere sempre tutto di tutti quando era qui, ancora oggi credo ci sia gente che aspettava che ritornasse in zona per chiedergli qualche informazione..."
"Sa se era in zona questi giorni?", chiese Hotch.
"Sì, è l'annversario della morte della sua povera madre. Credo... Credo di essere l'ultimo a vederlo vivo. L'ho incrociato mentre usciva dal cimitero il giorno prima che è stato trovato morto nel parco", rivelò il commissario. "Che altro posso fare per aiutarvi? La gente è preoccupata, vuole risposte”, chiese Dalton mostrando tutta la sua preoccupazione.

“Vada con l'agente Jerau a fare un'intervista alla stampa, cerchi di tranquillizzare i suoi concittadini. L'agente le spiegherà tutto”, disse Hotch andando, seguito dal commissario, a raggiungere JJ, Reid e Jack.

 

 

 

 

Ecco il secondo capitolo dopo secoli! Scusate se sono così lenta -.-" E visto che ci siete scusatemi anche per le prossime volte ;) Io prometto che cercherò di sbrigarmi, ma non vi assicuro niente.
Ringrazio Unsub, Cheyenne Sykes, jjk e quiddich per aver recensito il primo capitolo! Inoltre ringrazio chi ha inserito la storia nelle preferite e seguite e anche chi legge silenziosamente ;)
Zava

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




“Sa, credo che si pentirà di aver detto alla gente di chiamare per qualunque cosa strana che vedessero”, commentò JJ mentre lei e il commissario tornavano in centrale.
“E perché?”, chiese sorpreso lui.
“Perché il centralino sarà intasato di chiamate”, spiegò lei aprendo la porta. Entrati, infatti, notarono i due centralinisti già indaffaratissimi. Non riuscivano a mettere giù la cornetta che una nuova chiamata arrivava.
“Ma forse tra tutte quelle inutili troveremo una segnalazione utile”, commentò il commissario.

 

 

Avevano raggiunto la squadra anche Rossi ed Elder ormai da un paio d'ore, eppure sembrava che non riuscissero a fare progressi.
“Cosa sappiamo?”, chiese Hotch ritenendo sensato fare, per l'ennesima volta, il sunto delle loro informazioni.
“L'SI deve essere molto forte, ha sopraffatto due uomini in grado di difendersi e li ha uccisi con un solo colpo molto violento alla testa”, disse Morgan alzando la penna dal tavolo.
“Ha passato almeno la sua infanzia qui a Portland, probabilmente abitando vicino al parco”, disse JJ.
“Ma in un villaggio come il nostro abitare nelle vicinanze del parco corrisponde più o meno a tutto il paese. Tutti, o quasi, i ragazzi avevano e hanno una bicicletta e il parco è sempre stato un punto di ritrovo”, commentò il commissario ravvivandosi i capelli radi.
“Quindi sappiamo semplicemente che abitava qui, che molto probabilmente conosceva la seconda vittima, e altrettanto probabilmente non conosceva la prima”, aggiunse Rossi guardando poi Hotch in cerca di conferme.
“La moglie non ha saputo dirci niente che non sapessimo già, e neanche il migliore amico sapeva qualcosa”, disse Hotch.
“Mi dispiace aggiungere brutte notizie a brutte notizie”, intervenne Garcia dal cellulare di Morgan, che l'aveva chiamata per farla partecipare a quel momento condiviso. “Ma neanche il vostro genio della lampada può dirvi molto. Ci sono troppe persone che corrispondono al profilo parziale che avete dato adesso”. Ci furono degli attimi di silenzio in cui tutti guardavano il proprio fascicolo.
“Che dite voi?”, chiese Morgan rivolgendosi agli stagisti. Non avevano detto niente e lui sospettava che se non fossero stati invitati non avrebbero aperto bocca. “Il profiling è un lavoro di gruppo”. I stagisti si guardarono un attimo, poi Mike si fece coraggio.
“N-non abbiamo parlato del perché ha tolto quelle parti del corpo alle vittime...”, incominciò prendendo sempre più sicurezza. “Ma credo che sia collegato al lavoro che facevano...”. Tutti lo guardavano con interesse ed Elder sentì la voglia di sprofondare. Gli piaceva il profiling, e sapeva di avere le intuizioni giuste, ma non era mai stato come Jack e Margaret. Loro intervenivano spesso durante le lezioni per dire la loro, lui invece preferiva ascoltare e ragionare per conto suo. Ma aveva ragione Morgan, il profiling è un lavoro di gruppo, e così si fece forza e andò avanti. “A Dyne, che era avvocato, gli ha tagliato la lingua, che in fondo è lo strumento del suo lavoro. Edwards era muratore, e questo sembra non centrare più di tanto, ma sappiamo che era anche una specie di spia, uno che sa sempre tutto. Nei paesi quelli così più che altro ascoltano molte storie. È per questo che sembrano sapere ogni cosa. Quindi anche ad Edwards in verità ha tagliato i suoi attrezzi del mestiere”, concluse Mike.
“Il ragazzo ha ragione”, disse Morgan. “Ma c'è ancora un problema... Perché? La prossima vittima sarà un corridore senza piedi, o uno scultore senza mani?”. Non ci fu risposta, e non ne serviva una. Con le informazioni che avevano non sarebbero andati avanti.
“In estrema sintesi sappiamo che è un uomo molto forte, che abitava o abita a Portland e che taglia quelle parti del corpo a quelle vittime per qualcosa che centra con il loro lavoro o specialità”, disse Hotch. “Per oggi non riusciremo a fare nient'altro. È tardi e siamo tutti stanchi. Da riposati saremo più utili”, disse alzandosi, imitato dagli altri.
“Ehi! Mike”, chiamò Margaret stoppandolo prima che uscisse. Si trovarono così da soli nella stanza.
“Che succede?”, chiese il ragazzo.
“Non trovi che il comportamento di Jack sia strano?”, chiese la ragazza.
“No, non mi sembra”, rispose lui incominciando a preoccuparsi che avesse scoperto qualcosa sul suo amico.
“In effetti non proprio lui... Ma il suo comportamento con gli altri, e come lo trattano loro...”, rivelò lei.
“Sicura? Io non ho notato niente”, provò a minimizzare lui.
“Hotch esita sempre nel chiamarlo, e se può non lo fa”, continuò lei.
“Ah, è questo dunque?”, chiese Mike pensando di aver trovato una soluzione. “Forse so io perché”, disse infatti.
“Sentiamo, perché?”, chiese lei.
“Ti ricordi quando Reid è venuto a sostituire il prof e ci ha fatto quella lezione sul Mietitore?”
“Certo, è stato molto laconico, non ha detto praticamente niente. E lo capisco, averci lavorato deve essere stato traumatizzante”, assentì la ragazza.
“Esatto, io però volevo sentire tutta la vicenda, e ho scoperto che è molto peggio di come ce l'ha raccontata”
“Davvero?”, chiese lei stupita.
“Sì. Ho fatto ricerche e ho scoperto che il Mietitore ce l'aveva con Hotch. Tanto che gli ha ucciso la moglie”, le rivelò.
“Me è terribile! Però non capisco che centra...”, disse Margaret addolorata ma anche confusa.
“La moglie di Hotch... Si chiamava Brooks di cognome. Probabilmente il cognome di Jack gli ricorda la moglie, ci credo che non gli piaccia chiamarlo”, disse spiegando il suo pensiero. “Ora è meglio andare, si chiederanno dove siamo finiti”. Detto questo uscì dalla stanza mentre Margaret lo seguiva pensierosa.

 

 

 

Le stanze erano divise come al solito: in una le ragazze, Morgan con Reid, Rossi e Hotch e poi i due stagisti. Tutti erano saliti in camera tranne Morgan, Reid e Margaret. Per dei disguidi dell'hotel la stanza di Dereck e Spencer era ancora da sistemare e così stavano lì ad aspettare che le cameriere finissero. La stagista invece stava sorseggiando un tè, come faceva sempre prima di andare a dormire. Morgan la guardò un attimo dal divano che divideva con Reid, poi gli venne un'idea.
“Ehi, ragazzino”, chiamò battendogli una mano sulla coscia.
“Che c'è Morgan?”, chiese senza alzare gli occhi dal libro enorme che stava leggendo.
“Hai preso il regalo che avevamo deciso per il figlio di Hotch?”, chiese strizzandogli la gamba, sperando che non facesse commenti che svelassero la sua finta.
“Che- No, n-non ancora”, disse senza capire perché il collega voleva che mentisse.
“Devi sbrigarti, la prossima settimana quel ragazzo compie dieci anni”, disse facendogli l'occhiolino, e parlando a voce abbastanza alta in modo che sentisse anche Margaret, che sedeva nella poltrona davanti a loro.
“Fate regali hai figli dei colleghi?”, chiese stupita lei.
“Siamo come una grande famiglia. J-joshua, il figlio di Hotch, ci chiama zii, proprio come fa il figlio di JJ”, disse Morgan sorridendo.
“Signor Morgan, signor Reid?”, chiese una cameriera vestita in rosso arrivando nella sala.
“Siamo noi”, disse Morgan alzandosi.
“La stanza è pronta”, li avvertì lei.
“Grazie, buona notte Margaret”, salutò Morgan.
“Buona notte”, disse anche Reid chiudendo il libro e appoggiandolo sul tavolino.
“Lo lasci qui?”, chiese sorpresa Margaret.
“Sì, è dell'albergo. E tanto l'ho finito”, disse tranquillo proseguendo verso le scale. Morgan, che lo aspettava sui primi gradini, scoppiò a ridere vedendo la faccia strabiliata della ragazza.

 

 

“Avanti”, disse Hotch, quando sentì bussare alla porta della stanza che divideva con Rossi, il quale era chiuso in bagno da un'eternità e non dava segni di voler uscire.
“Ciao Hotch”, disse Morgan entrando solo per metà.
“Altri problemi con la vostra camera?”, chiese.
“Ehm, no. Ti volevo solo avvisare che tuo figlio si chiama Joshua e che la prossima settimana compirà 10 anni”. A queste parole Hotch gli fece segno di entrare e chiudere la porta.
“Cosa?”, gli chiese.
“Mi sono lasciato scappare il fatto che tu hai un figlio e ho voluto confondere le idee a Margaret dicendole che hai un figlio di nome Joshua che compirà la prossima settimana dieci anni”, spiegò l'uomo di colore. “Buona notte”, aggiunse uscendo.
Proprio in quel momento Rossi uscì dal bagno con addosso un asciugamano dell'hotel.
“Che succede?”, chiese vedendo Hotch un po' scioccato.
“Ho appena scoperto di aver un figlio di dieci anni che si chiama Joshua”, rispose l'agente entrando in bagno, mentre Rossi lo guardava sorpreso.

 

 

 

 

“Cosa hai detto a Margaret???”, chiese Jack saltando su dal letto. Elder glielo aveva appena raccontato, orgoglioso per quella che per lui sembrava una bella soluzione. Per questo stette in silenzio a guardare sbalordito l'amico. “Adesso sa anche che il mio cognome è lo stesso della moglie di mio padre, cioè di mia madre!”, sussurrò Jack furioso. Non era veramente arrabbiato con Elder, ma quella situazione lo stava stressando parecchio, ancor di più di quanto aveva pensato all'inizio.
“Non avrei mai pensato che qualcuno potesse trovarsi nella situazione di dire una cosa del genere”, disse Elder non riuscendo a trattenersi e cercando di non ridere. Jack lo guardò male, o almeno ci provò, perché anche lui non poté resistere e scoppiò a ridere, dando come il permesso all'amico, che si liberò ridendo fragorosamente.
Jack guardò l'amico che ormai quasi si rotolava per terra dal ridere. Mike era fatto così, poteva ridere su quasi qualunque cosa. Lui invece era più come suo padre, abbastanza serio. Forse per questo erano tanto amici, si completavano a vicenda.
Dopo un attimo si calmarono, la situazione era seria e il caso tutt'altro che allegro.
“Certo che anche tu... Non potevi aspettare a parlare a tuo papà? Dovevi farlo per forza in aereo?”
“Hai ragione”, convenne Jack. “Non so che mi sia preso, avevo un urgente bisogno di parlargli”
“A chi?”, chiese gioviale Margaret entrando in camera e spaventando i due ragazzi.
“Marga!”, urlò Mike.
“Oh! Strano diminutivo! Mi piace”, commentò lei sorridendo a Mike.
“Non hai pensato che potevamo essere nudi per cambiarci?”, chiese invece Jack. Margaret fece spallucce.
“È passata un'ora da quando siamo arrivati, ti conosco abbastanza da sapere che non aspetti mai così tanto per fare una cosa, qualunque essa sia, quindi anche cambiarti per andare a letto. Ed Elder ti avrà imitato”, spiegò lei sedendosi sul letto vicino a lui, che arrossì. Lo conosceva così bene? “Non stupitevi così tanto! Ormai sono una brava profiler, lo ha detto anche Morgan”, disse lei osservandoli e facendogli l'occhiolino.
“Ma che ci fai qui?”, chiese allora Elder.
“Quello che mi hai detto mi ha fatto pensare”, disse Margaret facendo trasalire i due ragazzi.
“Ah si?”, chiese Mike e Margaret annuì.
“Tutta la squadra ha storie così? Di serial killer che li hanno colpiti così da vicino?”, chiese Margaret. Jack, senza pensarci troppo, annuì subito.
“Si, più o meno”, disse accorgendosi poi che poteva essere strano che lui sapesse così tanto della squadra da rispondere in modo così sicuro. “O almeno credo”, aggiunse subito dopo. “Con questo lavoro può sembrare quasi logico”, continuò. Ok, scampata anche questa, pensò. Margaret non diceva niente. “Ehi, Marga”, la chiamò il ragazzo adottando il soprannome che aveva coniato qualche minuto prima il suo compagno di stanza. “Ci sei?”, chiese vedendola ancora persa nel vuoto.
Elder le passò una mano davanti agli occhi svegliandola definitivamente.
“Ehm... sì, sì, ci sono”, rispose Margaret. “Ora è meglio se vado, buona notte. A domani”. Detto questo si alzò e lasciò soli i due ragazzi, i quali si guardarono stupiti, ma decidendo di lasciare perdere.

 





Lo so, sono terribile! Per questo capitolo vi ho fatto aspettare anni! D: E non posso assicurarvi niente per i prossimi. Quindi non vi resta che armarvi di pazienza... Spero comunque che vi sia piaciuto e che vogliate lasciarmi un commentino ;) 
Ciaoo
Zava

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

Allora, che succede?”, chiese JJ sedendosi sul letto accanto a Margaret, incredibilmente silenziosa. La ragazza scosse la testa, come per dire che non era niente, ma l'avrebbe visto anche un non-profiler che stava mentendo. Per un po' la stagista non disse niente e JJ stava quasi per lasciare perdere quando Margaret si decise.

Ho saputo della moglie di Hotch...”, confessò Margaret.

..e non immaginavi che questo lavoro ti toccasse da così vicino”, completò l'agente.

Io... So che è duro, che si vedono cose orribili... Però hai ragione, non immaginavo che ti colpissero così da vicino”, ammise la ragazza alzando finalmente gli occhi.

JJ non disse niente, neanche lei lo aveva pensato prima di iniziare a lavorare con la squadra. “Perché voi continuate a fare il vostro lavoro? Perché Hotch non s è ritirato?”, chiese Margaret ancora con lo sguardo pensieroso.

Non so se posso parlare per Hotch, quello che è successo a lui è... beh non posso immaginare come sia stato per lui... E poi a volte non sembra neanche molto umano...”, disse JJ cercando tirarle su il morale scherzando sulla serietà quasi ultraterrena del suo superiore. Margaret sorrise, capendo cosa aveva cercato di fare, in fondo anche lei era un'aspirante profiler. “...Da parte mia posso dire che ne vale la pena”, disse infine JJ. A queste parole Margaret sembrò risvegliarsi.

Ne vale la pena?”, chiese girandosi a guardarla.

Sì! Ci sono volte che finisce male, come nel caso di Hotch... Ma molte volte finisce bene, riusciamo a salvare delle vittime. Riusciamo a portare mariti, mogli, figli o nipoti tra le braccia dei familiari. Credo che se riuscissi a salvare anche solo una vita ne varrebbe la pena di fare questo lavoro”, rispose l'agente.

Grazie”, disse Margaret. “Ci dovrò pensare su, ma grazie”. Detto questo finirono entrambe di prepararsi ed andarono a letto. Le giornate erano dure e dovevano essere riposate se volevano pensare lucidamente.

 

 

 

Buongiorno”, salutò Morgan. I due stagisti insonnoliti gli lanciarono un'occhiataccia dirigendosi verso uno dei tavoli della saletta che l'albergo aveva messo a loro disposizione per fare colazione, c'era un buffet con cereali e qualche torta e le macchinette automatiche con caffè e altre bevande. Tutti gli altri erano già seduti al tavolo e si stavano godendo la loro colazione, tranne Hotch che arrivò in quel momento da una porta in fondo la sala, dove era andato per ricevere una telefonata.

Basta colazione, ci vuole velocemente il commissario”, disse il supervisore una volta ritornato al tavolo. I due stagisti, che si erano appena seduti con le loro tazze piene di caffè fecero una smorfia.

Che succede?”, chiese invece Rossi.

L'SI ha spedito una lettera al commissariato”, disse Hotch e a quelle parole tutti si alzarono dal tavolo per prepararsi senza più fare un cenno di protesta.

 

Ecco... Mi è arrivata questa. Ho subito fermato il ragazzo che me l'ha portata”, disse il commissario dando la lettera che aveva in mano a Hotch che dopo un'occhiata la passò agli altri.

Non è stata colpa mia”, lesse Reid pensieroso. Quella era l'unica frase scritta su quel foglio, ripetuta almeno un centinaio di volte.

Che pensate che voglia dire? Insomma... Che senso ha? Ovvio che è stato lui a commettere gli omicidi”

È questa la cosa particolare della lettera...”, intervenne Morgan. “solitamente gli SI scrivono alla polizia per rivendicare un delitto che viene attribuito ad un altro, oppure per sfidarli a prenderlo... Il fatto che voglia invece scansare tutte le colpe non ha senso”

E quindi perché l'ha mandata?”, chiese Dalton riprendendola in mano.

Quello che gli interessa è lei, oppure quello che lei rappresenta”, rispose Hotch. “Reid, lavora sulla lettera, vedi cosa riesci a scoprire. Gli altri pensino a quello che abbiamo... Lo so che è poco ma dobbiamo farcelo bastare. Margaret, tu vai con Rossi a interrogare il ragazzo che ha consegnato la busta”, disse infine distribuendo i compiti.

 

 

Come ti chiami?”, chiese Rossi ad un ragazzino che doveva avere massimo diciassette anni.

Joshua Smith”, rispose il ragazzo un po' spaventato.

Joshua... Chi ti ha dato la busta?”, chiese ancora l'agente.

Io... Non lo so... aveva il viso coperto”, rispose Joshua. “Però era alto e grosso, e mi ha dato venti dollari per la consegna”, disse come per giustificarsi.

Non hai niente da temere Joshua, non ti vogliamo accusare di niente”, lo tranquillizzò David. Margaret, da un angolo della stanza osservava tutto.

Ti sembrava di conoscerlo?”, chiese inaspettatamente la ragazza.

Co-cosa?”, chiese Joshua guardando prima lei, poi l'agente FBI, e poi di nuovo lei.

In un paese si conosce più o meno tutti almeno di vista... Ti ricordava qualcuno quell'uomo?”, chiese Margaret. Rossi allora capì il perché della strana domanda e spostò di nuovo lo sguardo sul ragazzo che sedeva di fronte a lui.

Io... No, non l'avevo mai visto prima”, rispose sicuro il ragazzo.

 

 

Hotch, abbiamo un nuovo indizio”, disse Rossi trovando il suo superiore nel corridoio.

Il ragazzo lo ha saputo descrivere?”, chiese Hotch speranzoso, in un paesino come quello qualcuno doveva conoscerlo il loro SI.

No, ma ci ha dato inconsciamente un'informazione preziosa”, disse Rossi per poi fare cenno a Margaret di farsi avanti per spiegare cosa avevano scoperto.

Abitavo anch'io in un piccolo paesino come questo e so che, almeno di vista, ci si conosce tutti, più o meno... Ma di sicuro uno grande e grosso come il nostro SI non si può non notare... E il ragazzo ha sottolineato il fatto che era grande... Eppure dice di non averlo mai visto”, concluse in maniera un po' confusa, come le succedeva quando era agitata.

Quindi non può essere vissuto qui almeno negli ultimi dieci, dodici anni”, completò Hotch stimano più o meno l'età del ragazzo e considerando il fatto che fino a quando si ha quattro-cinque anni non si ricordano molto le persone che si vedono girare intorno a se. “Andiamo dagli altri, Garcia può accorciare la sua lista”, continuò tornando indietro e prendendo il telefono per comporre il numero della loro esperta informatica.

 

Ma perché ritornare qui dopo dieci-dodici anni da quando se ne è andato?”, chiese Morgan. Erano tutti seduti intorno al tavolo, tranne Reid che stava ancora lavorando sul biglietto. Dove sarà stato?”, continuò l'agente di colore.

Magari se ne è andato per lavoro...”, suggerì Mike, che da quando era intervenuto il giorno prima non si faceva troppi scrupoli a parlare.

Rossi scosse la testa.

Per uno della sua taglia non è difficile trovare lavoro in posti come questo... Qui il problema lavoro sorge di più per una persona più intellettuale”, spiegò Rossi. In effetti nel paesino un uomo robusto poteva contare di essere subito accettato come falegname, muratore, etc etc.

Credo sia stato in prigione”, disse Reid sopraggiungendo in quel momento.

Perché?”, chiese Hotch.

La lettera... Lui è sicuramente convinto di quello che scrive, e questo non ha senso. Ma se si stesse riferendo ad una fatto successo prima?”, chiese Reid.

Quindi non sta uccidendo quelle persone a caso togliendoli i loro attrezzi di lavoro”, ragionò Jack. “Sta punendo quelli che l'hanno fatto condannare ingiustamente: l'avvocato che non ha saputo di fenderlo e il testimone che ha dichiarato il falso...”

Forse ho una persona!”, disse Garcia. “Paul Carted, muratore, è stato accusato di aver ucciso la moglie mentre i suoi figli erano ad un campeggio. Lui aveva accusato un certo George Gordon, un ricco impresario che abitava nel paese. È stato condannato a dodici anni, ma qualche giorno fa è stato rilasciato per buona condotta”

È il nostro uomo”, confermò Hotch.

Perché l'impresario avrebbe dovuto uccidere la moglie di Carted?”, chiese Morgan.

L'attività di Gordon era vendere armi. Ne vendeva in tutto lo stato...”. Per un po' si sentirono solo dei ticchettii di tastiera. “La signora Carted, Josefina Martinez, era a capo di una associazione contro la violenza. Avevano manifestato più volte anche sotto la casa di Gordon. La signora era molto ben voluta in paese, e per questo Gordon era invece molto odiato. La associazione della moglie si chiama... Le tre scimie”, concluse Garcia.

Le tre scimmie sagge!”, esclamò Reid. Sorprendendo tutti. Il piccolo genio si avvicinò alla lavagna in cui avevano riassunto tutto il caso.

Le tre scimmie incorporano il proverbiale principio: non vedere il diavolo, non sentire il diavolo, non parlare al diavolo”, disse incominciando a scrivere sulla lavagna.Sono chiamate: Mizaru, che copre i suoi occhi così non vedono il diavolo; Kikazaru, che copre le sue orecchie così non lo sentono; e Iwazaru, che copre la sua bocca così non gli parla. Il diavolo rappresenta ovviamente il male”, detto questo fece vedere cosa aveva scritto sulla lavagnetta.

Sotto Mizaru aveva messo la foto di Edwards, la seconda vittima, alla quale aveva cavato gli occhi. Sotto Kikazaru non aveva messo niente e poi aveva messo la foto della prima vittima sotto il nome Iwazaru. “Gli occidentali hanno un diverso modo di intendere le tre scimmie sagge”, riprese Reid. “Per la nostra cultura esse sono simbolo di omertà”

Carted ha ancora una casa in città?”, chiese Hotch a Garcia.

Sì, vi ho già mandato l'indirizzo sui vostri cellulari”, rispose l'esperta informatica.

Grazie Garcia”, ringraziò Hotch facendo segno a tutti di muoversi. “Voi no”, disse però ai tre stagisti che si erano alzati insieme con gli altri, che intanto proseguivano verso le macchine.

Perché no?”, chiese Jack istintivamente.

Perché potrebbe essere pericoloso”, rispose Hotch guardandolo negli occhi.

Sappiamo difenderci”, ribatté ancora suo figlio.

No, e il mio è un ordine, non provate a seguirci a casa di Carted”, lo ammonì Hotch prima di raggiungere Rossi che lo aspettava all'ascensore.

Jack sbuffò infuriato.

Ehi! Jack, calmati!”, cercò di dire Margaret, che era rimasta sorpresa di come il suo amico aveva risposto al loro superiore.

Esatto, amico. Marga ha ragione. Non ti sarai mica aspettato che t-Hotch ci avrebbe portato a catturare i cattivi”, la appoggiò Elder.

Non siamo bambini. Il prossimo anno, una volta laureati, diventeremo molto probabilmente agenti FBI! Forse proprio profiler, come desideriamo tutti! Che cambia un anno?”,disse invece Jack.

E un'altra cosa...”, incominciò Margaret. “Probabilmente non ci porta anche perché è il primo caso cui prendiamo parte, e per di più non è un caso tra i più semplici... Ma sei sicuro che, rispondendo così al nostro capo, tu non ci abbia precluso la possibilità di essere portati in futuro?”. Jack voltava la schiena a lei ed a Elder ma a quelle parole si voltò.

No”, disse semplicemente stando serissimo.

No? E come fai a saperlo?”, chiese Margaret. Jack alzò le spalle. “Cos'è che mi nascondi?” chiese ancora la ragazza. Jack la guardò negli occhi.

Mi prometti di non dirlo a nessuno?”, le chiese e Margaret annuì. “Hotch è...”. Jack si bloccò su quella parola e il suo sguardo si perse nel vuoto mentre i suoi due amici lo guardavano in attesa che finisse la frase. “Non ci sarà a casa!”, esclamò invece il ragazzo.

Cosa?”, chiese Elder confuso.

Carted! Perché ritornare a casa? Per lui è solo il posto dove hanno ucciso sua moglie e dove lui è stato accusato... Non ci tornerebbe mai”, spiegò Jack.

Cosa ci è sfuggito?”, chiese Margaret confusa quanto Mike.

I figli... I figli sono la cosa che importa a Carted in questo momento”, continuò Jack strabiliato per il pensiero che gli era venuto. “Quando è stata uccisa la moglie i suoi figli sono stati portati qui, ne sono certo. Per questo ha mandato qui la sua lettera. Non vuole dire a noi che è innocente, ma a loro!”. I suoi due amici ormai si erano dimenticati della rivelazione che aveva incominciato prima e stavano a sentirlo a bocca aperta. “Probabilmente voleva prima mandare un messaggio alla popolazione che l'ha condannato, ma poi, sapendo di avere poco tempo ha deciso di mollare tutto per cercare i figli”. Fece velocemente il numero di Garcia.

Chi cerca il genio della lampada?”, rispose lei.

Zia! Dove vivono ora i figli di Carted?”, chiese Jack dimenticandosi di chiamarla Garcia invece che zia. Si sentì qualche click click.

Vivono a casa dei nonni, tesoro”, rispose lei contentissima di poter chiamare almeno lui 'tesoro', visto che suo padre glielo aveva negato1.

Grazie!”, rispose il ragazzo mettendo giù. “Dobbiamo andare”, disse invece agli altri due che ancora lo fissavano.

Ma.. Hotch ha...”, provò a dire Margaret.

Ha detto che non possiamo seguirli... E noi non li seguiamo. Giusto?”, rispose Jack con un sorriso furbo. “E poi non c'è tempo. Una volta presi i bambini chissà dove fuggirà”. A quelle parole nessuno ebbe più niente da ribattere e andarono nel garage dove sapevano essere rimasto uno dei loro Suv neri. 




E dopo anni e secoli eccomi di nuovo! Che ne dite di questo capitolo??? Lasciatemi un commentino pleaseee (il prossimo sarà moolto interessante ;) )

1Una volta Garcia ha chiamato Hotch 'tesoro' (<3) e lui le ha detto di non chiamarlo così 

Zava

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


 

“Sembra che non ci sia nessuno”, commentò Morgan studiando la casa buia davanti a loro.
“Stiamo comunque attenti. Voi andate sul retro, JJ e Rossi con me”, disse Hotch.
Con al seguito i poliziotti gli agenti si avvicinarono, chi da dietro e chi dalla porta principale
Poi man mano che entravano nelle varie stanze gridarono tutti “Libero!”
“Qui nessuno ci entra da secoli”, commentò JJ quando tutti si furono riuniti, passando un dito su un comò pieno di polvere. “Non credo che Carted sia venuto qui da quando è tornato”
“Sì invece”, intervenne Morgan che si trovava vicino ad una libreria con pochi libri impolverati e tante foto. “Qui probabilmente c'era una foto, deve essere venuto qui per prendere questa”, spiegò l'agente indicando un rettangolo senza polvere.
“Chi tornerebbe nella propria casa per prendere una foto e poi andarsene?”, chiese JJ.
“In verità non è così strano. Le statistiche dicono che difficilmente un uomo resta nella casa dove è stata assassinata la moglie”, intervenne Reid.
“Ha ragione Reid”, disse Hotch sentendosi chiamato in causa. “E credo di sapere cosa ha preso. L'unica cosa, secondo lui, che non ha perso”
“I figli”, completò Rossi mentre Morgan stava già chiamando Garcia.
“Che vuole da me il mio tenero gattone di cioccolato?”, disse la maga dei computer.
“Dove sono i figli di Carted, Bambolina?”, chiese Morgan.
“Non ve l'hanno detto i ragazzi?”, chiese Garcia un po' sorpresa.
“Perché dovevano dircelo i ragazzi?”, chiese Morgan.
“Perché poco fa ha chiamato Jack facendomi la stessa domanda... Gli ho risposto e lui ha messo giù quasi prima che io potessi dirgli prego...”, rispose l'informatica.
“Merda”, esclamò l'agente di colore mentre Hotch usciva già dalla stanza con Rossi che lo rincorreva non volendolo lasciare solo.
“L'indirizzo è già sui vostri cellulari”, disse Garcia anticipando la richiesta degli agenti rimasti. “Portateli a casa sani e salvi!”
“Certo Bambolina”, disse Morgan chiudendo la chiamata e cominciando a correre ai SUV.

 

 

Jack sentì il suo cellulare vibrare e tirandolo fuori dalla tasca vide che era suo padre. Probabilmente aveva scoperto tutto, lo faceva sempre. Sospirando mise giù, suo padre gli avrebbe ordinato di tornare subito in centrale, oppure di fermarsi lì e non fare assolutamente niente, e questo non era nelle sue intenzioni.
“Chi era?”, chiese Elder.
“Nessuno”, rispose e i due, insieme a Margaret superarono finalmente il cancelletto di ferro entrando in giardino della casa dei genitori Carted.
“Siamo arrivati tardi!”, esclamò sottovoce Elder indicando la finestra che dava alla cucina della casa. Dentro si vedevano due ragazzi, sicuramente Jeremy e Joshua, e loro padre: Paul Carted.
Si nascosero tutti e tre in un cespuglio lì vicino, da dove riuscivano a sentire tutto, grazie alla finestra aperta.
... e i nonni dove sono?”, stava chiedendo in quel momento Carted.
S-sono al circolo anziani. Ogni settimana mangiano una pizza insieme ai loro amici”, rispose balbettando Joshua, il più piccolo. Doveva avere all'incirca 15 anni.
E voi? Voi niente pizza?”, chiese allora Paul.
Che vuoi da noi?”, chiese il più grande sfidandolo.
Che voglio? Che voglio!? Sono vostro padre, mi prendo cura di voi!”, si imbestialì l'uomo. Joshua indietreggiò spaventato mentre Jeremy rimaneva fermo non volendo far vedere che aveva paura.
No, no, non ti preoccupare Joshua. Vieni qui, non ti voglio fare del male”, disse Paul vedendo il figlio più piccolo spaventato.
Come non volevi farlo alla mamma?”, chiese il più grande affrontandolo di nuovo.
Paul guardò il figlio come se gli avesse dato una sberla.
È questo che credete?”, chiese senza voce Carted. “Come potete pensare che io abbia ucciso vostra madre!?”, urlò.
Ci hanno detto che eri ubriaco, e sinceramente non fatico a crederlo”, disse ancora il figlio.
Carted fece un urlo disumano e questa volta anche Jeremy indietreggiò spaventato scomparendo alla vista dei tre stagisti. I quali erano diventati due dietro il cespuglio visto che Jack si era alzato improvvisamente ed era corso fino alla porta. Troppo presi da quello che vedevano dalla finestra Mike e Margaret si accorsero di quel che stava facendo Jack nello stesso momento in cui si accorsero di lui i tre all'interno della casa, e cioè quando suonò il campanello.
“Jack!”, sussurrò Mike terrorizzato. Ma ormai era fatta e Carted aveva aperto la porta.

 

“Chi diavolo sei?!”, urlò Paul ancora molto infuriato.
“Si calmi signor Carted, mi hanno mandato i miei superiori”, rispose Jack riuscendo ad entrare e mettendosi tra l'uomo e i ragazzi.
“Non mi hai detto chi sei!”, urlò ancora Paul senza calmarsi.
“Sono dell'FBI”, rispose Jack cercando di prendere tempo. Il fatto che suo padre l'avesse chiamato significava che stavano arrivando, quello che voleva era impedirgli di fare del male ai due ragazzi prima che arrivassero. Solo che quelle parole non sortirono l'effetto sperato.
“Maledetto!”, urlò infatti Paul tirando fuori una pistola e puntandola su Jack, che subito tirò su le mani. “Quel tizio la fatta franca! Io ho pagato per lui!”, urlò ancora. Almeno ho distolto la sua attenzione dai ragazzi. Si disse Jack come magra consolazione.
“Carted.... Dovresti ricordarlo... Non centrava l'FBI all'epoca...”, disse Jack sforzandosi di stare calmo per calmare Paul, se si fosse agitato non avrebbe certo aiutato l'uomo a ritrovare la calma, rendendolo pericoloso.
“E chi me lo dice?!”, disse puntandogli ancora contro la pistola. In quel momento sentirono da fuori delle sirene e il rumore di macchine a tutto gas che si avvicinavano.

 

“Sono arrivati gli altri!”, disse Margaret dando un colpo a Elder che non riusciva a staccare gli occhi dalla scena che si svolgeva in casa. “Dai alzati, andiamo da loro”, lo convinse la ragazza.
Avevano appena varcato di nuovo il cancelletto di ferro quando Hotch stava scendendo dall'auto.
“Dov'è Jack?”, disse ansiosamente Hotch vedendo che c'erano solo i due ragazzi.
“È dentro, non siamo riusciti a fermarlo”, rispose Margaret sorpresa dalla prima emozione che fosse mai riuscita a vedere sul volto del suo superiore.
Hotch scattò in avanti, ma Morgan, che era dietro di lui e sapeva come avrebbe reagito Hotch, gli prese un braccio.
“Fermo Hotch, non sai com'è la situazione lì dentro. L'SI è armato?”, disse Morgan rivolgendo l'ultima domanda ai due ragazzi. Elder annuì.
“E ci sono dentro i due figli di Carted”, riferì Mike. Ci fu un momento di silenzio, Hotch si era calmato e non faceva più trasparire nessuna emozione, o almeno ci provava, ma continuava a fissare la casa. Ad avere un udito meglio di quello dei cani però si sarebbe potuto sentire il suono dei mille pensieri e idee che passavano nella mente di tutti.
“E se chiamassimo Jack?”, disse Margaret interrompendo il silenzio.
“Buona idea”, disse Rossi ammiccando a Margaret, gli piaceva quella ragazza.
“Da qui si vede dentro alla finestra”, li avvertì intanto Morgan che si era spostato seguendo la siepe e aveva trovato un punto stranamente basso, probabilmente un punto che i ragazzi utilizzavano per giocare e scavalcare la siepe e che era diventato un buco abbastanza largo. “Si vede l'SI e anche Jack e i due figli di Carted”
“Rossi, telefona tu. Morgan, voglio un cecchino in quel buco della siepe, che non perda d'occhio Carted”, ordinò Hotch continuando a lanciare occhiate alla casa.

 

 

“Li hai chiamati tu!”,urlò Carted sentendo le sirene e prendendo Jack per il colletto.
“Come ho fatto se ero qui davanti a te? Te l'ho detto, mi hanno mandato loro, magari hanno pensato che non sono all'altezza del compito”, disse Jack e così Paul lo lasciò andare. “E poi così non hai un ostaggio in più?”, continuò il ragazzo comportandosi come se volesse aiutare l'uomo. “Vedrai che tra poco chiameranno”, neanche finito di dirlo che il suo cellulare squillò. Jack lo tiro fuori guardando l'uomo di fronte a sé.
“Rispondi”, disse Paul. “E metti il viva-voce!”, aggiunse puntandogli contro la pistola, Jack annuì e rispose.
“Pronto?”, disse il ragazzo guardando negli occhi Paul, che ancora gli teneva la pistola puntata contro. Voleva mostrargli di non aver paura sebbene ne avesse molta, ma se c'era una cosa che aveva preso da suo padre era quella di riuscire a tenere sotto controllo le sue emozioni, o quasi.
“Jack? Puoi passarmi Carted?”. La voce di Rossi si sentì forte e chiaro dentro la stanza.
“Sei in viva-voce zRossi”, rispose Jack che per l'agitazione e la paura stava per tradirsi, e non solo con Margaret, ma chissà come avrebbe reagito Carted se avesse supposto che l'uomo al di là della cornetta era lo zio del suo ostaggio.
“Signor Carted, sono l'agente FBI David Rossi. Sappiamo che non vuole fare niente di male ai suoi figli e al nostro agente”, disse Rossi decidendo di sorvolare sul fatto che Jack non era, almeno non ancora, un agente federale.
“Voi non sapete niente di me!”, inveì Paul. “Così come non lo sanno questi due ingrati!”, continuò infuriato facendo un passo verso i figli mentre Jack si metteva di nuovo in mezzo. “Mi credono un assassino!”
“Sappiamo anche questo”, rispose Rossi calmo. “Ma erano piccoli all'epoca, non riuscivano a comprendere quello che stava succedendo. Hanno dovuto credere alle bugie che dicevano loro”, continuò l'agente. “Venga fuori e noi ci assicureremo che sappiano la verità”. Paul non rispose e continuò a guardare intensamente i ragazzi.
“Voglio che venga lei dentro a dirglielo. Vieni dentro disarmato e guardali negli occhi mentre lo dici. E sbrigati, tra due minuti uccido tutti. E incomincio da quello alto e biondo”. Detto questo strappò il telefono a Jack e lo distrusse interrompendo, ovviamente, la linea.

 

 

“Non finirà bene, in qualunque caso”, commentò Reid. Tutti assentirono, ma nessuno accennò a proporre qualche cosa da fare per impedirgli di ammazzare i tre ragazzi. Se anche Rossi o uno di loro fosse entrato l'S.I. Avrebbe potuto semplicemente ammazzare anche lui. Senza ancora rompere il silenzio Hotch tirò fuori la sua pistola appoggiandola sul cofano di un auto lì vicino e si avviò a grandi passi verso la casa, prima che qualcuno potesse fermarlo.
“Hotch!”, provò a chiamarlo JJ, ma Dereck la fermò prima che lei gli corresse dietro a stopparlo. Con Jack in pericolo nessuno sarebbe riuscito a fermare il loro supervisore. Lui invece corse dal cecchino appostato alla siepe.
“Hai sotto tiro l'S.I?”, gli chiese. L'uomo, continuando a guardare dal mirino, scosse la testa.
“I tre ragazzi mi coprono la visuale, sono proprio davanti alla finestra”. E così Dereck e il resto della squadra non poterono fare altro che guardare Hotch che entrava in casa.

 

 

Tutti dentro la casa si voltarono a guardare la porta che si apriva piano piano. Jack non si stupì di vedere suo padre avanzare con le mani alzate invece di Rossi, anzi, si sarebbe stupito del contrario.
“Controlla che non abbia armi”, gli ordinò Paul, e il ragazzo obbedì lo strano compito di perquisire suo padre. Dopo aver fatto fece un cenno di assenso a Carted e si allontanò per sistemarsi di nuovo davanti ai due figli dell'uomo.
“Sono disarmato, come hai chiesto”, disse Hotch abbassando le mani.
“Ma non sei tu quello con cui ho parlato”, lo accusò l'S.I. Puntandogli contro la pistola.
“Sono l'agente supervisore Hotchner”, rispose Hotch. “Sono il capo della squadra. Ho pensato che avrebbero creduto più a me”. Rimise giù le mani che aveva alzato quando Carted gli aveva puntato contro la pistola.
“Va bene”, disse sbrigativo. “Ora dillo”. Hotch si girò verso i tre ragazzi.
“Vostro padre non è colpevole della morte di vostra madre”, lo disse seriamente, come suo solito, ma, come per sbaglio, incrociò gli occhi di suo figlio e il significato della frase sembrò come stravolgersi. Forse non si era mai veramente reso conto di quanto, ancora, si dava la colpa per la morte della sua amata Haley. Però era così, in fondo al cuore si sentiva colpevole di aver causato la morte della madre di suo figlio. Ma lì dentro capì veramente quanto si sbagliava. Di certo non era colpa dei due figli di Carted, che non erano andati a trovarlo in prigione perché lo credevano colpevole, se quei due uomini erano stati uccisi. Si ricordò che Dave lo aveva avvertito sul Mietitore, proprio subito dopo che aveva rifiutato l'accordo e Fojet aveva trucidato tutti quelle persone sull'autobus. L'aveva invitato a suicidarsi visto che era palese che era colpa sua... Certo, una maniera un po' melodrammatica per dirgli che era l'assassino ad essere colpevole e non lui, ma allora aveva funzionato.
Mentre Hotch era catturato da questi pensieri Carted sembrava quasi soddisfatto.
“Allora?? Ora ci credete?? Non sono stato io!”, esclamò trionfante inconsapevole di quel che aveva scatenato nell'animo dell'agente.
I due fratelli si strinsero spaventati, quello grande davanti a quello piccolo.
“Si-si, t-ti crediamo”, balbettò Jeremy mentre Joshua annuiva con la testa.
“Non ci credo!”, urlò Paul. Probabilmente, qualunque cosa avessero detto i due ragazzi, l'uomo non sarebbe riuscito a staccarsi dal pensiero che non gli credevano.
Subito dopo aver urlato, infatti, alzò la pistola puntandola contro i suoi figli e sparò.
“No!”, gridò Jack vedendolo alzare la pistola e si mise sulla traiettoria della pistola.
Hotch, ancora girato verso i tre ragazzi, lo vide gettarsi.
“Jack!”, urlò anche lui, si girò verso l'S.I. e lo vide puntarsi la pistola alla testa. Prima che potesse muoversi lui si era già sparato davanti ai suoi due figli.

 




Lo so lo so lo so! vi ho fatto aspettare tantissimo e per di più non è molto lungo... Mi dispiace, cercherò di fare meglio la prossima volta ;) Intanto la sciatemi un commentino pleaseeee!! :)
Zava

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Quando Jack aprì gli occhi dopo l'operazione si ritrovò in una stanza tutta bianca. Davanti al suo letto c'era una finestra e, intento a guardare fuori, suo padre che gli girava le spalle. Non lo chiamò, anzi sperò che non si accrogesse che si era svegliato. Subito dopo che il proiettile aveva colpito la sua spalla destra suo padre si era comportato come al solito, cioè in modo molto premuroso nei suoi confronti e soprattutto spaventato che potesse essergli successo qualcosa. Però Jack sapeva che, ora che la paura era passata, lui si sarebbe ricordato del fatto che gli aveva disobbedito e che proprio in questo modo si era messo nei guai.
"Ehi, Campione! Ti sei svegliato", lo salutò Morgan entrando nella stanza e mandando all'aria il piano di Jack di non chiamare suo padre. L'agente portava due caffè e ne passò uno al caposquadra. Poi però vide la faccia di Hotch, che non aveva ancora detto niente, e salutando con la mano Jack uscì.


"Non si è svegliato?", chiese Dave che, avendo sentito il saluto di Morgan dalla sua posizione nel corridoio, si stava dirigendo anche lui a salutare il giovane.
"Certo che si è svegliato, però non credo che lo volesse veramente", commentò Dereck. "Hotch non ha detto niente ma mi ha fatto intendere di voler rimanere solo con lui. E mettersi tra quei due non è una delle cose che consiglio di fare". Detto questo vide che Rossi non stava guardando lui, quanto piuttosto qualcuno o qualcosa dietro la sua spalla. Si girò e si trovò davanti Margaret.
"Trovato un caffè più decente che questo qui dell'ospedale?", chiese Rossi con fare tranquillo mentre Morgan cercava di fare la sua più impenetrabile faccia da poker.
"Quello no, però credo di aver trovato li migliore attore in questa squadra", rispose la ragazza.
"Che intendi dire?", chiese Morgan facendo spazio a Rossi che si trovava ancora dietro le sue spalle.
"Credo che voglia dire che sa tutto", rispose per lei Rossi. "E devo dire che non siamo stati molto bravi". Margaret rise e annuì.
"Però tu sei stato il più bravo, se ti può consolare. almeno non hai cercato di confondermi le idee con storie assurde!", disse Margaret guardando significativamente Dereck.
"Ok, lo ammetto, forse non è stata una delle idee più intelligenti quella di Joshua", ammise Morgan sorridendo.
"Che succede?", chiese Reid arrivando in quel momento. Aveva anche lui sentito la voce del suo collega salutare Jack e si aspettava che tutti fossero già dentro.
"Margaret ci, anzi vi, ha scoperti", lo informò JJ anche lei unendosi al gruppo. L'unico che mancava, senza contare i due Hotchner, era Mike che aveva deciso di allontanarsi ancora un po' dall'ospedale per cercare un caffè decente da portare all'amico una volta che si fosse svegliato.
"Perché vi ha scoperti?", chiese Morgan passando lo sguardo da JJ a Margaret e viceversa. "Gli hai detto tu che Jack è figlio di Hotch?", continuò quasi accusandola.
"No, non è stata lei",intervenne Margaret. "E devo dire che quando mi hai raccontato quella divertente storia di Joshua sapevo già tutto"
"E quando l'hai scoperto quindi?", chiese Rossi interessato. 
"Quando siamo scesi dall'aereo ne ho avuto la conferma". Tutti, tranne JJ che lo sapeva già, la guardarono sbigottiti, facendola arrossire. 
"Ok, ora sono proprio curioso. Come hai fatto?", chiese Morgan veramente interessato.
"Quello cha ha incominciato a insospettirmi era il fatto che Hotch non chiamasse Jack per cognome, poi loro due si sono appartati un momento e quando ho chiesto a Jack il perché mi ha risposto che l'aveva rimproverato di non fare più ritardo", cominciò Margaret. "Allora li ho osservati un po' senza farmi scoprire e lì ho capito che cosa li univa... Preparandoci ad uscire ho visto Hotch, con un gesto automatico probabilmente, che indicava a Jack le sue cose perché non le dimenticasse, anche se non c'era bisogno che lo facesse... ", spiegò Margaret.
"Semplicemente questo?", chiese Morgan. La ragazza annuì un po' stupita.
"A me sembra già tanto, se osservi qualcuno vedi alcune cose che se no non noti". Lei non riusciva a capire cosa c'era di così complicato.
"Margaret intende dire che osservando Jack e Hotch si nota che sono padre e figlio", cercò di spiegare JJ a Morgan, ma l'agente sembrò continuare a non capire, come anche Reid. Dave intanto aveva visto in fondo al corridoio Elder con in mano, in equilibrio precario, tazze di caffè per tutta la squadra e così era andato ad aiutarlo.
"Quello che vi ho già detto prima di scendere... Hotch continuava a volere lo sguardo a Jack e lui faceva lo stesso... E quando gli sguardi si incrociavano ammiccavano poco poco. Come ho detto riesci a vederlo solo se osservi bene", spiegò la ragazza che aveva un bellissimo rapporto con il padre.
"Si sa che in media i figli con un buon rapporto con il padre passano-"
"Va bene ragazzo, ho capito, ho capito", lo fermò Morgan alzando le mani come in segno di resa, mentre gli altri ridevano.


Nella stanza di Jack intanto reganava il silenzio. Hotch guardava fisso il figlio mentre lui si guardava le mani.
"Tecnicamente io non ti ho-", incominciò Jack, ma suo padre lo stoppò subito.
"Disobbedito? A me invece pare proprio di sì", disse Hotch e il silenzio calò di nuovo nella stanza.
"Io non-", riprovò Jack ma fu di nuovo bloccato prima che potesse finire.
"Ti ho detto che hai disobbedito, Jack. Non mi interessa che non ti abbia vietato esplicitamente di andare in quella casa". Jack alzò i suoi occhi azzurri incrociandoli con quelli neri di suo padre, come in segno di sfida.
"-non ho fatto niente che non avresti fatto tu", completò e questa volta fu il turno di Hotch restare in silenzio.
"Però io sono un agente", rispose dopo qualche attimo avvicinandosi al letto.
"E io spero di diventarlo tra non molto", rispose di getto Jack. Lo sguardo di Hotch, se possibile,  si incupì ancor di più. Sebbene fosse orgoglioso di suo figlio non aveva preso bene la sua volontà di seguire i suoi passi anche sul lavoro.
"A volte mi chiedo perché non hai fatto medicina, come Henry, o altro", commentò scuro in volto.
"Strano che me lo dica uno che da avvocato ha deciso di diventare agente...  e poi profiler". Jack provò a tirarsi su e suo padre lo aiutò.
"Avevo le mie buone ragioni", rispose Hotch.
"Anche io le ho! Io... Voglio impedire che succeda ad altri quello che è successo a noi...", disse Jack guardandolo di nuovo negli occhi ma senza sfida questa volta. Il volto di Hotch si raddolcì e accucciandosi gli spettinò i capelli, che Jack con una mano cercava di rimettere a posto. "E poi sei sempre stato il mio eroe! Ho sempre voluto essere come te", gli confidò Jack.
"Strano per uno che decide di cambiare cognome e rifila a tutti una balla per spiegare il fatto", commentò senza pensare Hotch.
"Coosa?", si stupì Jack. "Lo-lo pensi davvero? Cioè, non lo dici per scherzare??". Suo padre ci aveva già scherzato sopra questo fatto e Jack non aveva mai pensato che soffrisse davvero per quel che aveva deciso di fare. 
"No-non l'hai fatto perché ti vergogni di me? di essere mio figlio?", chiese Hotch sentendosi un po' stupido mentre lo chiedeva.
"Io vergognarmi di te?", chiese Jack stupitissimo, non riusciva a credere che suo padre potesse pensare una cosa del genere. Lui! Il famosissimo capo della squadra con più successo sul campo di tutte!
"Ho sempre pensato di non essere abbastanza per te dopo che Haley se ne è andata", ammise Hotch. Con sua sorpresa Jack prima abbozzò un sorriso e poi scoppiò a ridere con quella risata argentina che gli ricordava così tanto la sua ex moglie.  Per riflesso sorrise anche lui. Era l'unico che sapesse farlo sorridere così facilmente, e avolte proprio l'unico che potesse farlo sorridere. 
"Scusa ma non ho saputo trattenermi...", si scusò Jack dopo un attimo. "Solo che tu pensi di non essere abbastanza per me e io ho sempre pensato di non essere alla tua altezza... Ed è per questo che ho voleto cambiare cognome per il periodo in cui sarei stato in accademia!", confidò Jack. Detta così non faceva molto ridere ma in fondo aveva qualcosa di divertente. Tutti avevano almeno una volta fatto notare quanto si somigliassero, anche se Hotch continuava a ripetere che Jack era tutto sua madre, ma in quel frangente si erano resi conto che pure la loro paura più grande in fondo coincideva. Dopo un attimo in cui si guardarono negli occhi divertiti scoppiarono entrambi a ridere. 
Nel corridoio gli agenti si voltarono a guardare verso la porta della stanza, tutti con il loro caffè in mano appena portato da Mike.
"Sono... risate?", chiese retoricamente JJ stupita.
"Qualcuno ha mai sentito Hotch ridere?", chiese invece Morgan con un sorriso. Gli altri scossero la testa. Dave allora si avvicinò alla porta e la aprì.
"Tutto bene qui dentro?", chiese entrando seguito dagli altri.
"Certo, perché?", chiese Hotch restando accucciato vicino a Jack.
"Forse perché è la prima volta che ti sentiamo ridere", lo scherzò Rossi avvicinandosi al letto .
"Domani nevicherà!", aggiunse Morgan. Reid lo guardò stupito.
"Siamo pratiamente in estate e fa caldo! è impossibile che nevichi!", protestò. Morgan gli arruffò i capelli.
"è un modo di dire Spence", gli spiegò JJ e tutti si avvicinarono al letto mentre Hotch si rialzava in piedi.
"E ne conosco anche un altro di modo di dire... Ragazzo sei nelle peste", disse Morgan facendo l'occhiolino a Jack e facendo spazio a Margaret.
"Sono d'accordo con Morgan", convenne lei facendo la finta arrabbiata.
"Ehm... Sì, Marga.. Forse c'è una cosa che ti dovrei dire, che ti avrei dovuto dire tempo fa probabilmente", disse impacciato Jack.
"Non credo che ti serva ammettere niente, Jack", commentò suo padre guardando Margaret. "Quanto a me piuttosto meglio se mi ripresento". Detto questo allungò la mano verso la ragazza. "Aaron Hotchner, padre di questo ragazzo dalle idee strane", si presentò.
"Piacere, Margaret Wilson. Sono all'accademia con suo figlio senza sapere chi fosse suo padre", disse lei stando a gioco. 
Gli agenti e Mike, che non avevano mai visto Hotch così scherzoso li guardavano strabiliati mentre Jack roteava gli occhi. A casa Aaron aveva mantenuto la promessa fatta ad Haley di mostrare al figlio come la faceva ridere, come l'aveva fatta innamorare, mentre al lavoro era al solito serio e concentrato.
"Bene", disse Hotch riprendendo il suo solito 'serismo'. "Ora è meglio se lasciamo questi giovani a spegarsi". Così dicendo invitò tutta la squadra a uscire dalla stanza e lasciare soli i tre stagisti.


Quando la porta si fu chiusa Margaret si girò verso i due che la guardavano tra il terrorizzato e il serio. Lei incrociò le braccia. 
"Così non eravate entusiasti perché avevate giocato a basket tutta la sera prima?", incominciò Margaret. "Potevo aspettarmelo da Mike, non sicuramente dal-primo-della-classe Jack Brooks", disse mettendo in rilievo l'ultima parola. Mike e Jack non dissero niente. "Come al fatto che sei arrivato in ritardo, caro il mio Jack Brooks. A meno che non conoscessi già tutti e non sapessi che te lo avrebbero perdonato subito", continuò la ragazza. "E che dire di quando mi hai assicurato che quella sfuriata con il nostro capo non avrebbe compromesso il nostro stage? Mi sembra una cosa strana Jack Brooks"
"Lì ti stavo quasi per dire chi ero!", protestò il ragazzo sul letto mentre Elder non diceva niente ma continuava a guardare la loro compagna. Quella tipa aveva un'energia che lo conquistava ogni volta!
"Vero... Peccato che fosse ormai troppo tardi", commentò Marga sorridendo.
"Troppo tardi?", chiese stupito il ragazzo.
"Ti aveva sgamato già sull'aereo vecchio mio", rispose per lei Mike. 
"Ho fatto bene quindi a non voler diventare un attore", scherzò Jack. Marga allora non riuscì ancora a far l'arrabbiata e tutti e tre scoppiarono a ridere.
"Ok, te lo già fatta pagare abbastanza direi", sorrise la ragazza e i due ragazzi annuirono.
"Caspita alla fine non ne potevo più", convenne Jack facendo finta di togliersi il sudore dalla fronte. "E allora mi sa che dovrò imitare mio papà. Salve, mi chiamo Jack Hotchner", disse allungando la mano sinistra, visto che la destra non poteva muoverla. 
"Piacere mio. Margaret Wilson", disse lei stringendola. "Certo che tu e tuo padre avete un umorismo tutto vostro", commentò lei facendo ridere Jack.
"Dovresti sentire come si divertono Mike e suo padre", rispose lui indicando con la testa Mike.
"Ehi! Non è vero! E poi..."


"Sei sicuro di voler lasciare quei tre da soli?", chiese Rossi a Hotch mentre quest'ultimo chiudeva la porta alle sue spalle. "Margaret aveva un'espressione che sembrava voler dire: ora li mangio", commentò fintamente preoccupato.
"Secondo me è una brava attrice, se è riuscita a nasconderci il fatto che sapeva per tutto questo tempo...", commentò Hotch. "No, io spero che si chiariscano e questa faccenda finisca qui". Detto questo girò lo sguardo in avanti e vide che tutta la squadra lo stava fissando. "Che succede?", chiese guardandoli a sua volta.
"Beh, Hotch... Mi sa che avrò gli incubi questa notte dopo averti sentito ridere e scherzare", scherzò Morgan e tutti scoppiarono a ridere.

Sul Jet

"Avevi ragione", disse Hotch raggiungendo JJ che si stava facendo un caffè.
"Su cosa?", chiese lei stupita.
"Mi avevi detto che sarei stato felice", rispose l'agente guardando Jack addormentato sulla sua poltroncina. "Avevi ragione"
"I figli rendono tutto più bello", convenne JJ pensando ad Henry ormai avviato verso la carriera medica. "A proposito, devo telefonare a Henry che ieri ha avuto un esame e voglio sapere com'è andata". Così dicendo salutò Hotch, prese in mano il telefono e si mise dall'altra parte dell'aereo, l'unica zona libera in cui non sarebbe stata disturbata ne avrebbe disturbato gli altri. Hotch, con un sorriso sulle labbra si versò il caffè.
"Dovresti piantarla con tutti questi sorrisi e queste risate, finisci per spaventarci", scherzò Rossi quando lui tornò al suo posto. 
"Ho come l'impressione che da domani tutto tornarà come prima", rispose Hotch.
"Oh sì... E per fortuna, non ne potevo più neanche io di ignorare Jack", rispose Rossi indicando il giovane biondo addormentato. 
"E con Carted come è finita?",  chiese poi Hotch non sapendo niente essendosene andato per seguire Jack.
"I figli sono un bel po' scossi, i nonni li hanno presi in custodia", rispose Rossi. "Se prima per loro era come morto, ora lo è per davvero. Ma credo che quella serata non la dimenticheranno mai", concluse l'agente sistemandosi meglio sul sedile. Era uno di quei casi che ti lasciano l'amaro in bocca, ma non potevano farci niente. Ero ora di tornare a casa.



FINE?
La storia finisce qui! Però ho come l'impressione che sentiremo ancora parlare di questi tre simpatici piccoli agenti :) Che ne dite? (Lo so il finale è pessimo ma se non aggiornavo adesso rischiavo di non farlo più ;) Spero vi sia piaciuto comunque...)
Recensiteee Pleaseee!! :)
PS scusate se ci sono errori ma la versione che ho adesso di Word non ha il controllo ortografico -.-" Scusate ancora ciaoo

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