Una fidanzata per finta

di Moon9292
(/viewuser.php?uid=69993)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Arrivano i problemi ***
Capitolo 3: *** Annunci in bacheca e vendette di fango ***
Capitolo 4: *** Accordi ***
Capitolo 5: *** Spie mancate e shopping sfrenato ***
Capitolo 6: *** Quel pazzo venerdì ***
Capitolo 7: *** Cosa fai il sabato? ***
Capitolo 8: *** Confessioni di domenica ***
Capitolo 9: *** "Non può piovere per sempre" ***
Capitolo 10: *** Essere diversi, è cosa buona e giusta ***
Capitolo 11: *** Ciao, noi siamo i Martin ***
Capitolo 12: *** Nuovi sentimenti all'orizzionte ***
Capitolo 13: *** A cuore aperto ***
Capitolo 14: *** Foto del cuore e sfilata a sorpresa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Prologo

 

 

Gabriel Martin aveva tutto.
La vita era stata incredibilmente generosa con lui. Dotato di una bellezza unica, capace di affascinare qualunque donna. Nessuna poteva sfuggire al suo fascino. Quegli occhi azzurri erano in grado di incantare la più dura delle donne. Potevano fare sciogliere l’anima di qualsiasi figura femminile.
Il suo corpo alto e magro diventava per molte un’ossessione. Tutte volevano toccarlo, volevano possederlo. Tutte quante desideravano diventare, anche per una sola notte, l’amante di Gabriel Martin.
Primogenito di una ricca famiglia, possedeva qualsiasi cosa desiderasse. L’ultimo modello splendete di Alpha Romeo, i vestiti più alla moda della città, gli oggetti di lusso che tutto volevano. I locali più inn e alla moda avevano sempre un posto riservato per Gabriel Martin. Dove lui andava, anche il resto del mondo c’era.
Era idolatrato anche più di un divo del cinema. E quel suo perenne cappotto beige, l’ultimissimo modello della nuova collezione dello stilista Valentino, scatenava le fantasie più perverse di ogni donna.
Gabriel Martin era tutto ciò che si poteva desiderare.
Ventidue anni, giovane e con un’intelligenza spiccata. Una furbizia degna di merito, e con una capacità oratoria da fare invidia a qualsiasi insegnante. Erede del patrimonio della famiglia, studiava legge a Stanford. Appena laureato, avrebbe preso posto accanto al padre, nello studio legale di famiglia.
La vita non poteva essere stata più generosa, con lui.
Il suo libretto universitario vantava di voti di tutto rispetto. Tutti lo invidiavano. Tutti lo amavano. Ma lui concedeva l’amicizia solo a chi meritava. A quelli come lui, baciati dalla fortuna sin dall’infanzia. Il resto era solo plebe. Invidiosa, utile per scopi precisi, ma sempre un gradino più in basso. E, nonostante questi venissero trattati come feccia, desideravano ardentemente essere notati e accolti nella cerchia di amici di Gabriel Martin. Ma lui non era per tutti. Lui si concedeva solo a pochi eletti.
E tra questi, la più fortunata e oggetto di invidia sia femminile che maschile, era la bella fidanzata. Amelie Lewis,  la meravigliosa modella dall’aspetto angelico. Bionda, occhi azzurri, magra e perfetta sotto tanti aspetti. Tutti e tutte la volevano, o desideravano essere come lei. Ma la fortunata apparteneva solo a Gabriel. Quella era una coppia destinata dal cielo. E niente e nessuno avrebbe potuto separarli.
Gabriel aveva tutto dalla vita. Una famiglia meravigliosa, la bellezza, l’intelligenza, la fidanzata perfetta che presto avrebbe portato a casa. Tutti lo volevano, tutti lo desideravano. Pochi erano i fortunati.
Gabriel aveva tutto, ma una nota stonata incrinava la sua vita.
Una persona sola odiava Gabriel. E lui, di conseguenza, odiava lei. Una ragazza che non cadeva ai suoi piedi, era la macchia sul suo cammino. La spina nel fianco che andava eliminata.
Ogni giorno, perciò, era mirato alla rimozione di quell’ostacolo sul suo percorso. Ma Gabriel era furbo e subdolo. Non si macchiava di certo le mani per una ragazza qualunque. Lui non agiva se non con la minaccia psicologica, lasciando ai suoi seguaci il compito di disturbare quella ragazza.
Nonostante questo incidente di percorso sulla sua strada, Gabriel Martin procedeva spedito verso la realizzazione di tutti i suoi sogni.
Ma Gabriel non sapeva ancora che quella mattina, una tranquilla mattina di inizio marzo, la sua vita sarebbe cambiata per sempre. E che niente sarebbe più stato come prima.
Gabriel forse, avrebbe imparato che la bellezza non era tutto, e che c’era molto oltre le apparenze e lo stato sociale.
Ma soprattutto avrebbe imparato che le persone non andavano giudicate dalle apparenze, e che dentro ciascuno di noi c’è molto di più.
E questo lo avrebbe appreso nel modo più strano al mondo, e da qualcuno che non avrebbe mai immaginato. L’ultima persona al mondo, alla quale avrebbe chiesto qualcosa. Lei, la sua nemica numero uno.
Kyra Smith.
 




Kyra Smith  era una ragazza qualunque.
Non aveva patrimonio, ne una famiglia solida alle spalle. Lei era considerata una persona semplice, comune a tutte le altre. Alta un metro e settantotto, capelli castani e mossi, occhi dello stesso colore nascosti da lenti troppo spesse e dalla montatura nera.
Ma lei non era miope. No, ci vedeva benissimo. Lei usava quegli occhiali per nascondersi, per evitare che la gente vedesse ciò che la sua anima nascondeva. Per evitare di mostrare le sue ferite più profonde, e che da sempre l’avevano perseguitata. E questo suo modo di essere, si rispecchiava anche nel resto della sua vita.
Vestiva semplice, con abiti comprati al mercato dell’usato, o quando i negozi mettevano i saldi. Non poteva permettersi di più, e per mantenersi all’università, era costretta a dare ripetizioni alle persone che più disprezzava al mondo. I figli di papà.
Il suo lavoro le occupava tutto il pomeriggio, facendo delle lezioni a moltissimi studenti. Poi, la sera, nella sua camera universitaria, stanca e sfinita dalla giornata, studiava come una pazza per mantenere la sua borsa di studio. Il suo sogno era quello di diventare avvocato, ed aveva avuto la fortuna di studiare in una delle migliori università d’America, Stanford.
La sua vita procedeva spedita e tranquilla, senza scossoni di nessun genere. La sua aspirazione massima era quella di non attirare lo sguardo della gente. Più invisibile era, meglio stava.
Kyra Smith, ventiduenne, non conosceva l’amore, ne il calore che un essere umano poteva dare. Non era vergine, ma nelle sue rare e misere esperienze passate, non aveva mai avvertito nulla ne sulla sua pelle, ne nel suo cuore. Era convinta di essere arida di sentimenti.
Ma c’era una figura, capace di suscitare in lei l’emozione più forte della sua vita.
Era il ragazzo più inn e alla moda di Stanford. Tutti lo amavano e lo idolatravano.
Ma non Kyra Smith. Lei conosceva bene che tipo di ragazzo fosse. Sapeva quanto vuoto e subdolo fosse dentro. Sapeva quanto potesse essere malvagio, nonostante il suo aspetto e il suo nome angelico. Lei non ci cascava, e non dava assolutamente alcuna attenzione a quell’essere. Semplicemente, lo disprezzava.
Ma proprio per questo suo modo di fare indifferente, aveva scatenato il suo interesse. Quel viziato figlio di papà non poteva tollerare che qualcuno, specialmente di razza femminile, non cadesse ai suoi piedi. E Kyra aveva percepito subito che quel ragazzo le avrebbe procurato non pochi problemi. E infatti, come il suo intuito le aveva suggerito, doveva subire tutti i giorni le angherie di quella comitiva di idioti, capeggiata dal più cretino di tutti. Ma la cosa più assurda e che le dava più fastidio, era che il capobranco non si sporcasse mai le mani. Lasciava tutto ai suoi scagnozzi, limitandosi a farle della inutile violenza psicologica.
Se Kyra Smith fosse stata un’altra, probabilmente avrebbe ceduto. Sarebbe scappata  lontano da quell’essere che odiava, o sarebbe caduta ai suoi piedi.
Ma lei non era come gli altri. Lei era unica, ed era dotata di una forza d’animo capace di affrontare qualsiasi tempesta. Non piangeva mai, Kyra. Aveva smesso da tempo. E forse proprio perché non piangeva, che il suo cuore era diventato così duro e freddo, come la pietra.
Ma non le mancava provare emozioni. Era meglio vivere senza, guidata solo dalla sua intelligenza e dalla sua determinazione.
Ma Kyra non sapeva ancora che quella mattina, una tranquilla mattina di inizio marzo, la sua vita sarebbe cambiata per sempre. E che niente sarebbe più stato come prima.
Kyra forse avrebbe imparato che vivere come un fantasma, non era vita. E che paralizzare il proprio cuore, non poteva proteggerla dall’imprevedibilità delle cose.
Ma soprattutto avrebbe imparato che l’amore era la cosa più bella che ci fosse al mondo, e che il calore umano fosse una fonte di energia indispensabile per l’esistenza umana.
E questo lo avrebbe appreso nel modo più strano al mondo, e da qualcuno che non avrebbe mai immaginato. L’ultima persona al mondo, al quale avrebbe chiesto qualcosa. Lui, il suo nemico numero uno.
Gabriel Martin.






____________________________________________________________________________________________________________________________

Buonpomeriggio a tutti XDXD eccomi, Moon9292, con una nuvoa creazione da sottoporre al vostro giudizio...
"Una fidanzata per finta" sotto i vostri riflettori, signori e signore...perciò bando alle ciance, e veniamo subito al sodo...
RCENSITE!!! hahaha scerzo...credo...boh, chi lo sa...
si beh, chi mi conosce sa che non sono tanto normale XDXD ma se avrete la pazienza di sopportarmi, potremmo affrontare questo viaggio insieme,e sperare di diventare tutti amici (*immagine di tutti noi che ci teniamo per mano, con l'arcobaleno alle spalle, intorno al mondo che cantiamo felici con gli uccellini cinguettanti*...O.O questa è davvero folle)
allora, come dici il prologo, questa è solo un'introduzione...non sappiamo nulla dei personaggi, se non qualcosina, giusto per stuzzicare la vostra curiosità XDXD dal prossimo capitolo, entreremo già nel vivo della storia, o quasi, insomma XDXD la storia avrà una ventina di capitoli, più o meno, escluso il prologo e l'epilogo...se vi va, ho un account facebook, dove potete vedere le immagini delle mie storie, e ovviamente come immagino i personaggi, spoiler e tanto altro ancora XD...l'indirizzo è questo: 
http://www.facebook.com/pages/Moon9292/575772655781797?ref=hl
che altro dire?? spero che vi piaccia, e che vogliate seguirmi, lasciando qualche vostro commentino...sarei felice di sapere cosa ne pensate...
un bacio
Moon9292

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Arrivano i problemi ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 1 - Arrivano i problemi

 

 

Gabriel si svegliò felice come sempre. Era una tranquilla mattina di lunedi, 4 marzo. Il sole alto splendeva in cielo, e rendeva tutto più magico ai suoi occhi. Era bello sapere che una nuova settimana perfetta stava per cominciare. Una settimana all’insegna del divertimento e della felicità. Gabriel non aveva problemi di nessun genere. Era bello e ricco, ed aveva la fidanzata più bella al mondo. Si voltò nel letto, e la trovò placidamente addormentata, ancora nel mondo dei sogni. Gabriel sperava con tutto il cuore di fare parte di quei sogni. Amelie e lui, potevano essere tranquillamente definiti come coppia perfetta. Belli, ricchi, famosi e dotati anche di una certa intelligenza. Insomma la miglior coppia al mondo. Si alzò dal suo letto, per andare in cucina e preparare un caffè rinforzante. Adorava il sapore di quella bevanda marrone, che preferiva prendere all’italiana. Sì perché il caffè americano non era buono quanto quello della penisola. Sistemò la macchinetta ed aspettò pazientemente, cominciando a preparare una buona colazione. Sapeva che Amelie non mangiava niente la mattina, ma beveva solo un bicchiere di latte scremato. Doveva fare attenzione alla linea e a tutte quelle altre cose che tormentavano la mente femminile, specialmente una mente femminile modella. Ma Gabriel sperava ardentemente di riuscire a coinvolgerla in quel rito che amava tantissimo. Sin da piccolo era stato circondato dalla famiglia, durante quel pasto mattutino. Ci si svegliava presto, un buongiorno, e si cominciava a sorridere già dalla prima mattina addentando un biscotto o bevendo chissà quale bevanda. Era un momento magico, l’unico che trascorreva con la famiglia al completo. Il padre era avvocato, e perciò passava tutta la giornata allo studio legale. La madre era stata una modella, prima di sposarsi, e perciò aveva aperto una linea di moda molto produttiva, ma che la teneva occupata per tutto il giorno. La sorellina più piccola, trascorreva la giornata insieme alle amichette di scuola. Quindi Gabriel, alla fine, pranzava nella scuola privata insieme al suo amico di sempre, Adam Miller. Un ragazzo bello, come lui. Biondo con capelli leggermente lunghi che coprivano la fronte, occhi azzurro cielo. Insieme i due erano i ragazzi più corteggiati della scuola, e da quando erano bambini non si erano mai separati. Insieme facevano strage di cuori, e condividevano le stesse passioni. Tranne il fatto che poi Gabriel aveva deciso di iscriversi all’università per diventare avvocato, mentre Adam aveva scelto di frequentare un corso per diventare fotografo. E così le loro strade si erano separate, ma non passava giorno che non si sentissero. In quel momento squillò il cellulare di Gabriel. Il giovane afferrò l’oggetto trillante, e guardò sorridendo il mittente. Come volevasi dimostrare.
<< Pronto >>, rispose con uno sbadiglio.
<< Ehi, Gabe buongiorno >>, salutò allegramente Adam con la sua voce profonda e simpatica.
<< Buongiorno anche a te. A cosa devo questa tua chiamata mattutina? >>, domandò Gabriel andando a spegnere sotto la caffettiera.
<< Niente. Stavo andando al corso di foto. E poi volevo sapere se la tua presenza per il party dei tuoi genitori è confermata >>, la buttò li con noncuranza.
Gabriel sorrise. Sapeva che Adam, dopo la sua partenza per l’università, era stato molto male. Non aveva molti amici li dove abitavano, sebbene fosse incredibilmente popolare. Nessuno però si era rivelato sincero con lui, ed aveva perciò paura a stare solo. L’unico con cui riuscisse a stare bene era proprio Gabriel. I due si consideravano come fratelli, e mai si sarebbero lasciati.
<< Ovvio che è confermata la mia presenza. Secondo te potrei perdermi la promessa di matrimonio dei miei genitori?! >>, rispose divertito.
<< Giusto, domanda stupida >>, commentò l’amico. << Senti ma la tua ragazza viene? >>
<< Non gliel’ho ancora detto >>, mormorò a disagio Gabriel.
<< Dovresti. E’ tra poche settimane la festa, e i tuoi la vogliono conoscere. In fondo state insieme da tre anni, è anche il caso di portarla a casa >>, aggiunse Adam con serietà.
<< Lo so, ma i miei vogliono fare uno di quei ricevimenti per presentarla alla famiglia, alla società, quasi come se me la dovessi sposare >>, sbuffò infastidito controllando che Amelie non sentisse.
<< Anche questo è vero. Ma tu al matrimonio con lei ci hai mai pensato? >>, chiese Adam curioso.
Gabriel rifletté su quelle parole. Aveva mai pensato al matrimonio con Amelie? No, decisamente no. Per lui era già un record avere una fidanzata per cosi tanto tempo, ma al matrimonio proprio non poteva pensare. Gli veniva l’orticaria al solo pensiero. Lui era un ragazzo libero, indipendente e amante del bello. Non poteva pensare di restare legato ad una singola ragazza per il resto della vita. Aveva anche tradito Amelie qualche volta, giusto per sentirsi ancora libero, ma non aveva mai voluto lasciarla anche se non sapeva bene il perché. Sapeva di volerle bene, e credeva anche di amarla, ma non era abbastanza per sposare qualcuno. Ma poi perché diavolo ci stava pensando quella mattina?
<< Ehi, ma che sono tutte queste domande. Santi numi, sei petulante di prima mattina, Miller >>, scherzò Gabriel ignorando la domanda dell’amico.
<< Hehe, lo so. Però tu svii le risposte, non credere che non ti conosca, Martin >>, rispose divertito Adam.
<< Touché. Senti ma tu ci vai con qualcuno alla festa? >>, chiese il giovane andando a prendere dalla credenza le fette di pancarrè.
<< Ovvio che no. Sai che io sono uno spirito libero. Mi piace cambiare dama ogni sera >>, affermò con presunzione l’altro.
<< Puttaniere che non sei altro. Senti ora ti lascio, che devo fare colazione e poi vado all’università >>, rispose Gabriel sedendosi al tavolo.
<< Va bene. A dopo stronzetto >>, lo salutò Adam.
<< A dopo coglione >>, rispose il ragazzo, attaccando il cellulare.
Quello era il loro modo unico di salutarsi. Sorrise divertito, pensando che non avrebbe mai trovato da nessun’altra parte un amico come Adam. Poi sospirò pensando alla conversazione appena avvenuta. Doveva dire ad Amelie del party dei genitori, e che l’invito era esteso anche a lei, ma non sapeva come. Quella ragazza forse era anche più allergica di lui alle relazioni serie. Eppure stavano insieme da tre anni, diamine! Era giusto fare quel passo. Annuì soddisfatto per quei pensieri, poi un rumore attirò la sua attenzione. Si voltò vero la porta e vide Amelie con una sua maglietta grigia a coprirle il busto, e le gambe lunghe e snelle lasciate libere. Ingoiò un magone, pensando a quanto bella fosse la sua fidanzata. Perfetta, come un angelo. Bionda, occhi azzurri, fisico mozzafiato. L’adorava in ogni sua sfaccettatura.
<< Buongiorno amore >>, lo salutò con la voce impiastricciata di sonno.
<< Buongiorno amore. Colazione? >>, domandò Gabriel sperando in una risposta positiva.
<< Sai che non la faccio >>, rispose Amelie andando a prendere un bicchiere e riempendolo di latte.
Gabriel sospirò affranto, poi cominciò a preparare l'impasto per i pancakes. Posizionò sul tavolo della cucina la nutella e lo sciroppo d'acero, ed infine accese la macchinetta per cuocere i pancakes che Adam gli aveva regalato quando si era trasferito in quell'appartamento. Era una botta calorica impressionante, ma Gabriel non temeva i chili di troppo. Lui era la classica persona che, per quanto mangiasse, non ingrassava mai. Infatti il suo fisico restava sempre asciutto con i muscoli abbastanza marcati. Amelie lo guardò schifata, poi bevve il suo latte in un sorso e guardò l’orologio.
<< Oddio, è tardi! >>, esclamò sorpresa.
Gabriel vide il quadrante al suo polso. Segnava le sette e mezza e i corsi non sarebbero cominciati prima delle otto e mezza. Da casa sua, poi all’università, ci volevano dieci minuti a piedi. Praticamente erano in anticipo.
<< Non riuscirò mai a prepararmi in tempo >>, continuò Amelie, correndo verso la stanza da letto.
Il giovane sospirò, intuendo subito che il bagno sarebbe stato occupato per i successivi tre quarti d’ora. La ragazza, estremamente vanitosa, impiegava una quantità di tempo in quel bagno estrema. Rifarsi i capelli, il trucco, sistemarsi adeguatamente, doccia non troppo calda e non troppo fredda, creme e cremine di vario genere… insomma, un parto ogni volta! Prese il cellulare e mandò un messaggio al suo amico Freddie per fargli occupare i posti in aula. Il professore di diritto era davvero scocciante, specie se si arrivava in ritardo alle sue lezione. Poi gli venne in mente un’altra cosa, e aggiunse all’amico di dare il tormento a chi sapeva lui. Infine sbuffò e ritornò a concentrarsi sulla sua colazione. Magari avrebbe preparato un altro impasto per i pancakes.
 
Kyra Smith era una ragazza dormigliona. Amava restare nel letto e godersi quel piacevole torpore che l’accompagnava ogni mattina, prima del suono della sveglia. Avrebbe voluto restare nel suo letto ad una piazza e mezzo per moltissime ore, ma poi quell’aggeggio malefico prese a trillare, infastidendola come non mai. Sbuffò, scalciando le coperte e spegnendo la sveglia martellante del cellulare. Sul display segnavano le otto meno un quarto. Tre quarti d’ora per fare colazione, prepararsi e andare al corso. In teoria a lei bastava anche solo mezz’ora per prepararsi e lavarsi, ma un quarto d’ora doveva prenderselo obbligatoriamente, concedendosi una colazione abbondante. Amava quel pasto, il più importante della giornata. Sua madre non glielo faceva mai saltare, preparandole sempre qualcosa di buono e gustoso. E da allora, da quando era piccola, aveva mantenuto questa sua abitudine. Perciò andò nel cucinino della camera universitaria, e cominciò a prepararsi un caffè, del latte e le sue fette di pancarrè con la marmellata, la nutella e il burro d’arachidi. La sua compagna, Allyson, restava scioccata ogni volta che vedeva quanto la ragazza mangiasse la mattina. Era magra come un chiodo, eppure ingurgitava una quantità di roba incredibile. Kyra, però, non poteva dirle che saltava abitudinariamente il pranzo, e che aveva un trascorso problematico con il cibo. Scacciò dalla mente quei ricordi fastidiosi e dolorosi, e cominciò ad ingurgitare con foga tutto ciò che aveva davanti. Improvvisamente il cellulare squillò. Quando vide il mittente, sorrise felice.
<< Pronto >>, esclamò sapendo già che una valanga di parole l’avrebbe investita.
<< Dolcezza, abbiamo un’emergenza >>, rispose una voce maschile estremamente effeminata, e in piena crisi esistenziale.
<< Quale emergenza, Sean? >>, chiese Kyra facendo una lista di cosa avrebbe detto l’amico.
<< Mi si sono spezzate due unghie, dolcezza. DUE! >>, affermò disperato.
Kyra trattenne a stento una risata. Il suo amico di sempre era unico. Si conoscevano da quando erano bambini, ed erano sempre stati insieme. Emarginati dal resto dei compagni, avevano trovato rifugio uno nelle braccia dell’altra. Kyra per i suoi problemi, Sean per il suo modo estremamente femminile da bambino, e successivamente per il suo essere gay da adolescente. I due non si erano mai abbandonati, neanche quando le cose erano state orribili. A Kyra tornò in mente quella volta in cui Sean fu ricoverato in ospedale, per essere stato aggredito da un gruppetto di ragazzi omofobi. Gli avevano quasi spaccato la testa, e da allora portava un ciuffo di capelli più lungo per coprire quella cicatrice che gli avevano lasciato. Sean, troppo bello e troppo buono per quel mondo marcio. Biondo con degli occhi azzurro cielo splendente. Dopo quell’esperienza decise di andare in palestra per mettere su massa muscolare, e costrinse la ragazza ad accompagnarlo. Riuscirono a resistere un solo mese, nel quale però il giovane aveva sviluppato un bel corpicino. Scacciò dalla mente quei pensieri, ritornando al presente.
<< Sean, non temere, ricresceranno >>, commentò la ragazza divertita.
<< No, dolcezza, tu non capisci! >>, continuò sempre più affannato. << Quando mi si spezza un’unghia, significa che qualcosa sta per accadermi. Quando se ne spezzano due, qualcosa sta per accadere a te. Ricordi come funzionano le mie preziose mani? >>.
Kyra rise apertamente per quella convinzione dell’amico. Era da quando erano piccoli che affermava una cosa simile. Era anche vero che ogni volta che gli si spezzava una delle sue preziosissime unghie, succedeva davvero qualcosa, però era diventata un’esagerazione. Chiamarla a quell’ora solo per un motivo futile era un po’ troppo anche per Sean, che dormiglione com’era raramente si svegliava prima delle dieci passate.
<< Sean, non temere. Non mi succederà niente >>, affermò con sicurezza la ragazza.
<< Non correremo il rischio, dolcezza. Tu resta nella tua stanza al campus. Io ti passo a prendere e ti rinchiudo in casa mia fino alla fine della giornata >>, esclamò con decisione il ragazzo.
<< Non essere sciocco. Io devo andare a seguire. Ti ricordi che sono all’università, e che voglio diventare avvocato? >>, domandò sarcastica Kyra.
<< Dolcezza, ti prego, ascoltami una buona volta nella tua vita. Le unghie non mentono mai! >>, rispose con enfasi Sean.
<< Correrò il rischio, Sean. Non temere, sono una tipa temeraria io >>, disse la ragazza mangiando un altro pezzo di pancarrè.
<< Stai facendo colazione, dolcezza? >>, domandò improvvisamente il giovane al telefono, con una serietà a lui estranea.
<< Si perché? >>, confermò Kyra.
Sean però non rispose, sospirando rumorosamente. Rimasero per qualche minuto in silenzio, nel quale Kyra continuò a mangiare, e l’altro ascoltava lei masticare.
<< Sean, questo silenzio è inquietante. Mi dici che ti prende? >>, sbottò infine la ragazza.
<< Dolcezza, se vengo a sapere che non hai mangiato a pranzo, sai già cosa ne farò del tuo culetto ossuto, vero? >>, rispose minaccioso il giovane.
<< Sean, non sei mia madre. Non farmi la paternale >>, sbuffò infastidita Kyra.
<< Oh, dolcezza, non hai idea di cosa potrei farti se scopro che non pranzi >>, commentò con un ringhio Sean.
<< Ora devo andare, Sean caro. Stammi bene >>, lo salutò velocemente lei.
<< Aspetta! Fai attenzione, dolcezza! Le unghie… >>, ma non lo lasciò finire di parlare che attaccò il telefono.
Quel ragazzo alle volte poteva essere una vera piaga, ma Kyra non lo avrebbe cambiato per nulla al mondo. Lo amava così com’era, e lo considerava come il fratello che mai aveva avuto. E sapeva che lui la considerava allo stesso modo. Guardò l’ora e vide che erano le otto e qualche minuto. Si alzò dal tavolo, e andò a lavarsi e prepararsi. La sua coinquilina era già uscita per la sua seduta di jogging mattutino. Come sopportava quella fatica davvero non lo sapeva. Si avviò verso la sua camera, e prese i vestiti sobri e semplici che indossava sempre. Poi andò in bagno a lavarsi, e sistemarsi. Nel giro di un quarto d’ora fu pronta. Kyra non si truccava mai, e non indossava mai abiti succinti o firmati. Lei era il tipo da maglietta e jeans comprati al mercato. Scarpe da ginnastica, borsa vecchia e consunta e nessun tipo di addobbo, come li chiamava lei, a ornarle le mani o i polsi. L’unica cosa che si concedeva erano un paio di brillanti piccoli alle orecchie e una collana con un ciondolo a forma di quadrifoglio al collo. Ma quelli erano speciali. Prese la borsa colma di libri e quaderni, ed uscì dalla camera. Ma appena mise il naso fuori dalla sua stanza al campus, si sentì spoglia e nuda. Tutti la guardavano o la fissavano. E quegli sguardi non le piacevano per niente. Quando poi si portò una mano al viso per nascondersi, capì cosa non andava. Rientrò velocemente in casa, e corse alla sua stanza. Li trovò li, sul comodino in bella mostra. I suoi occhiali protettivi. Non poteva stare senza. Non era ne miope ne altro, ma non poteva andare in giro senza quella protezione. Erano il suo scudo contro il mondo, l’unica cosa che la potessero difendere, se si escludeva Sean. Non le era mai capitato di scordarli. O meglio, le era successo, ma solo quando erano capitate cose brutte. In quel momento le tornò alla mente la conversazione con l’amico e cominciò a domandarsi se effettivamente le unghie non fossero un segno. Quando poi si rese conto dei pensieri che stava formulando, si diede della cretina. Farsi influenzare da simili superstizioni era assurdo. Lei era una ragazza realista, con la testa sulle spalle e dotata di ottimo cervello. Non poteva farsi prendere da simili assurdità. Uscì nuovamente dalla camera, e si sentì a proprio agio e sicura. Quegli occhiali erano miracolosi per lei. Senza indugi andò verso la caffetteria del campus, desiderosa di prendere un bel cappuccino. Fece la fila con calma, e quando arrivò il suo turno ordinò la bevanda calda. Quella era la cosa che più amava al mondo. Inspirò a fondo il profumo, sentendolo anche sulla sua pelle. Sean, per il compleanno le aveva regalato una crema per il corpo al cappuccino, e quella era l’unica cosa vanitosa che si concedeva la sera prima di andare a letto. Si incamminò verso la sua aula, attraversando i prati del campus. Quando all’improvviso una mano spuntata dal nulla afferrò il suo cappuccino togliendoglielo di forza. Si voltò verso quella direzione, e vide Freddie Cook ridere divertito e sprezzante. Al suo fianco comparvero Edward Hall e James Sullivan. Il trio delle meraviglie, come li chiamava lei. E come al solito, il capobranco di quel terzetto di cretini mancava all’appello. Certo, Gabriel Martin non poteva sporcarsi le mani. Era molto meglio lasciare il lavoro ai suoi tirapiedi. Un branco di idioti senza cervello, che erano riusciti ad entrare a Stanford solo grazie ai soldi di papà. Li odiava tutti, dal primo all’ultimo. Sospirò frustrata.
<< Mi ridai il mio cappuccino, Freddie? >>, domandò scocciata.
<< Oh, ma che modi sono questi, signorina. Porta un po’ di rispetto, pezzente >>, esclamò malvagiamente questi. Gli altri due risero come due idioti. Erano davvero insopportabili.
<< Coglione, ridammi il mio cappuccino >>, esclamò sprezzante. Poi sorrise malvagiamente. << Così va meglio? >>.
Kyra li vide rabbuiarsi lentamente, e ringhiare quasi come dei cani. Poi fu un attimo. La bevanda bollente le fu rovesciata addosso sporcandole i capelli e i vestiti. La pelle cominciò ad arrossarsi, ustionata per il contatto con il cappuccino. Kyra si portò le mani al viso, cercando di asciugarsi dal liquido, e cercando di trattenersi dal piangere per il dolore. Non poteva dargliela vinta, mai! I tre cominciarono a ridere sguaiatamente, quasi come se avessero visto uno spettacolo del circo. Poi Freddie si avvicinò al viso di Kyra, e la guardò tagliente.
<< Bada a rispettarci, e resta sempre al tuo posto, pezzente >>, gli soffiò in faccia. << Ricorda che sei qui in questa università, solo grazie ai nostri soldi. Porta rispetto >>.
Poi i tre si incamminarono verso l’aula di diritto, dove avrebbe dovuto andare anche lei. Per sfortuna di Kyra, frequentava gli stessi corsi di quei bastardi figli di papà. Ed il suo tormento era cominciato proprio per questo. Si guardò i vestiti, notando che era impresentabile, e corse verso la sua stanza. Doveva cambiarsi, e legarsi i capelli. Avrebbe sicuramente fatto tardi, e il professore di diritto non perdonava i ritardatari.
 
Gabriel arrivò di corsa in aula, constatando con un sospiro di sollievo, che il professore di diritto non fosse ancora arrivato. Per colpa di Amelie, aveva fatto tardi di cinque minuti, e riuscire ad arrivare in tempo gli era costato quasi un polmone, per quanto aveva corso. Gabriel non era tipo da palestra, a differenza di Adam. Lui non aveva bisogno di mantenersi in forma, o altro. Era stato graziato dalla sorte, perché gli aveva concesso quel corpo che mai ingrassava. Spesso veniva preso in giro dall’amico per quella sua sfacciata fortuna, ma erano sempre sfottò fatti solo per gioco. Si volevano bene, e mai si sarebbero potuti dire cattiverie. Si sistemò meglio lo zaino sulla spalla, ed adocchiò il suo gruppetto di compagni seduti al centro della sala, nei loro banchi privati. Non erano davvero privati, ma nessuno osava occuparli, perché sapevano che quelli erano di proprietà dei famosi quattro. Ovvero i ragazzi più ricchi e belli dell’università. Il primo tra tutti era proprio Gabriel, seguito subito dopo da Freddie, poi James ed infine Edward. Erano affiatati tutti e quattro, e si divertivano sempre insieme. Andavano a bere fino a tardi, si ubriacavano spesso, partecipavano a tutte le feste sia del campus che fuori, e andavano in giro a sedurre quante più ragazze potevano. Certo, da quando si era fidanzato con Amelie, quella sua abitudine di flirtare era calata notevolmente, ma ogni tanto gli piaceva ancora mettersi in gioco per vedere se il suo fascino conquistava sempre. Prese un profondo respiro, cercando di controllare il fiato veloce. Non poteva farsi vedere in modo diverso che non fosse perfetto. Lui era l’invidia e il desiderio di tutte e tutti. Sapeva anche di attirare lo sguardo maschile, anche se quella era una cosa che lo schifava completamente. Non riusciva a capire gli omosessuali, e li disgustava. Spesso con Adam si era ritrovato a prenderli in giro, e a punzecchiarli divertito. Una volta aveva anche finto di essere interessato ad uno, e poi lo aveva abbandonato in un bagno con i pantaloni calati e con il riverbero delle sue frasi disgustate. Sapeva di non essere stato molto carino in quell’occasione. Ancora ricordava lo sguardo ferito e sconvolto di quel ragazzo, ma non poteva farci niente. Gabriel era fatto così, e si piaceva. E poi, se non era così, sarebbe stato escluso dal suo giro di amicizie, perché sapeva che l’apparenza era tutto per il loro mondo. Alla fine, ricomposto, attraversò con il suo solito passo sicuro e sensuale, l’aula e raggiunse gli amici, sedendosi tra Freddie ed Edward.
<< Ehi, amico. Ce l’hai fatta >>, lo salutò James.
<< Si, giusto in tempo >>, confermò Gabriel sorridendo soddisfatto.
<< Non sai che ti sei perso. Allyson Carter, ce l’hai presente? >>, domandò Freddie tutto eccitato.
<< Certo. Quella bonazza dal culo fenomenale e con due tette enormi >>, confermò Gabriel ricordando la ragazza. Avevano fatto del sesso bollente, durante una festa, l’anno precedente.
<< Si. Beh, stamattina stava facendo jogging, come al suo solito. Così siamo andati vicino e abbiamo cominciato a parlare. Sapessi come cazzo stava vestita >>, aggiunse Edward, tutto esaltato.
<< Pantaloncini corti e attillati, una top bianco che lasciava vedere tutto. E stava anche senza reggiseno, la troietta >>, continuò Freddie leccandosi le labbra al ricordo.
<< Cazzo, una visione >>, commentò Gabriel, immaginando la scena.
Non si vergognava minimamente di provare interesse per un’altra ragazza, sebbene fosse fidanzato. Solo che ogni tanto una strana vocina nella sua testa, si lamentava. Ma lui non gli dava importanza. Era giovane, bello e ricco. Voleva godersi quella vita, e l’avrebbe fatto nell’unico modo che conosceva.
<< Esatto, comunque le abbiamo dato a parlare. E senza che se ne accorgesse Freddie si è piazzato dietro di lei, e poi con uno scatto fulmineo, le ha tolto il top, lasciandola con le tette da fuori >>, esclamò gasato James.
Gabriel sgranò gli occhi, poi scoppiò a ridere come un deficiente, e diede il cinque al compagno. Nel frattempo gli altri tre ridevano sguaiatamente, soddisfatti del loro lavoro.
<< E la troia che ha fatto? >>, domandò dopo un po’ Gabriel.
<< Ha cercato di coprirsi, ma gliel’ho impedito bloccandole i polsi, e Edward le ha dato una strizzatina >>, rispose Freddie facendo un occhiolino all’amico.
Gabriel diede un altro cinque all’altro compagno, sorridendo soddisfatto. In realtà non gli piaceva molto quel lato malvagio degli amici, specialmente di Freddie. Non era completamente d’accordo nell’approfittarsi di una ragazza in quel modo, ma alla fine si stavano solo divertendo, e non facevano niente di male o di esagerato. E poi quella Carter andava in giro senza reggiseno con un top bianco. Quasi urlava di essere assalita. Stava pensando a questo Gabriel, quando vide il professore Barky entrare in classe. Era stranamente in ritardo, e sembrava fosse più nervoso del solito. Perciò i quattro si sistemarono composti ai loro posti, e l’intera aula sprofondò nel silenzio. L’uomo salutò velocemente tutti quanti, poi ordinò con la sua voce profonda e cattiva di prendere i libri e aprire alla pagina 356. Iniziò così la lezione, commentando il diritto, e facendo degli esempi semplici ma chiari. Gabriel non amava molto quella materia, ma per sua fortuna possedeva un cervello di tutto rispetto. Era o non era stato baciato dalla fortuna? Era passato un quarto d’ora dall’inizio della lezione, quando improvvisamente la porta dell’aula si spalancò, ed entrò una ragazza trafelata ed agitata. Gabriel la riconobbe subito, e ghignò bastardo. Sulla soglia dell’aula Kyra Smith guardava terrorizzata il professore, che nel frattempo le si era avvicinata con passo minaccioso. Non prometteva nulla di buono.
<< Signorina Smith, sa che ore sono? >>, domandò l’uomo con voce tagliente.
<< Si professore. Mi dispiace per il ritardo >>, si scusò prontamente la ragazza, abbassando lo sguardo.
<< Non creda che le scuse bastino, sa?! Ha interrotto la mia lezione, se ne rende conto! >>, esclamò infuriato il professore.
<< Mi dispiace, ma ho avuto un contrattempo >>, rispose la giovane con un filo di voce, e puntando sempre di più lo sguardo sui suoi piedi.
<< Non mi importa un bell’accidente delle sue scuse >>, urlò arrabbiato. Poi sorrise malevole e la guardò trapassandola da parte a parte. << Bene, visto che lei è stata così gentile da interrompere la mia lezione, vorrà tenermi compagni alla cattedra, parlando alla classe degli argomenti precedentemente trattati, e anche di quello che stavo discutendo proprio oggi. In fin dei conti, se è arrivata in ritardo, vuol dire che sa già tutto quello che serve sapere per superare il mio esame >>.
Gabriel vide la ragazza alzare lo sguardo terrorizzata, e sul suo viso un sorriso soddisfatto si distese. Sapeva quanto quella Kyra Smith odiasse parlare in pubblico. Sembrava fosse traumatizzata da qualcosa, ma a lui non importava. Anzi, godeva nel vederla in difficoltà. Ricordava ancora come fosse iniziato quel rapporto di odio con la ragazza.
Era l’inizio del nuovo anno scolastico. Stavano frequentando da una sola settimana, ma lui e i suoi compagni già avevano i posti stabiliti nelle aule, e tutti pendevano ai loro piedi. Se volevano gli appunti di una materia, bastava chiederli a qualcuno e questo era costretto a darglieli. Funzionava così e nessuno poteva fare eccezione. Ma soprattutto nessuno poteva o doveva resistere al fascino dei quattro, specialmente al suo. Così quando si trovò in classe quella ragazza che non aveva mai visto, si sorprese come questa non lo guardasse adorante. Si alzò dal suo posto per andarle vicino e conquistare la sua preda. Non esisteva che qualcuno lo ignorasse.
<< Ciao >>, la salutò con voce sensuale. Nessuno poteva resistere a quel saluto, e a quello sguardo magnetico che sapeva di possedere.
Ma di tutta risposta, quella ragazza alzò annoiata gli occhi dal libro e fissò senza particolare interesse Gabriel.
<< Ciao >>, rispose con uno sbuffo.
Poi tornò a leggere il suo libro come se l’altro non ci fosse. Gabriel era scioccato. Nessuno aveva mai osato distogliere lo sguardo dal suo volto, e nessuna mai gli aveva resistito. Eppure quella ragazza si permetteva di ignorarlo bellamente, davanti a tutta l’aula e soprattutto davanti ai suoi compagni. Come osava? Non si era mai sentito tanto umiliato nella sua vita. Lui, amato e desiderato da tutte e tutti, si era appena sentito rifiutare da una ragazza qualunque, che non era neanche una gran bellezza. Dall’aspetto sicuramente era povera, non si truccava e non era appariscente. Indossava occhiali quasi più grandi del suo viso, e poi aveva tutta l’aria di essere una secchiona sfigata. E nonostante ciò, aveva osato rifiutarlo? Tornò al suo posto, con gli occhi sgranati e il volto sconvolto. Gli amici lo presero in giro, e la sua autorità sembrò vacillare. Non poteva perdonare quella ragazza. Non poteva proprio farlo.
<< Voglio sapere chi è. Quanti anni ha e dove vive >>, sibilò tra i denti agli amici.
Una settimana dopo venne a conoscenza di tutto ciò che la riguardava. Sapeva nome, cognome, la stanza in cui alloggiava al campus, la media scolastica, e che dava ripetizione ai ragazzi più facoltosi. Da quel momento decise che gliel’avrebbe fatta pagare. E fu allora che cominciarono gli scherzi ai suoi danni, le provocazioni, le umiliazioni e molto altro. Una volta l’aveva fatta espellere da una lezione, un’altra l’aveva fatta cadere in mensa, sopra a della roba marrone e schifosa facendola sporcare dalla testa ai piedi, affibbiandole poi il nome di “Merdagirl”. Addirittura le aveva fatto tagliare qualche ciocca di capelli, oppure glieli aveva fatti tingere di colori assurdi, costringendola ad andare in giro con un arcobaleno in testa. i suoi scagnozzi si divertivano a tormentarla, e a lui piaceva vederla arrabbiata e sofferente. Perché in quel momento puntava lo sguardo sul suo volto, e lo fissava intensamente. Non lo ignorava più, e di questo ne era incredibilmente fiero. E anche quella mattina aveva fatto il suo dovere, perché la ragazza dopo essere stata costretta dal professore a posizionarsi davanti alla cattedra, gli aveva lanciato uno sguardo di puro disprezzo. Impareggiabile! Gabriel le aveva sorriso divertito, salutandola con la mano. Come previsto quel suo intermezzo andò un disastro per la sua incapacità di parlare davanti a molte altre persone, e il professore l’aveva mandata a posto umiliandola ancora di più. Quella giornata non faceva che procedere per il meglio, pensò Gabriel.
A fine delle lezioni, si avviò verso il bar universitario, salutando e ammiccando alle varie ragazze. Poi il telefono squillò nuovamente.
<< Pronto? >>, chiese senza guardare il mittente.
<< Allora, gliel’hai chiesto? >>, domandò senza rispondere Adam.
<< Ma sei uno stalker o cosa? Fatti una vita tua, amico >>, rispose Gabriel sbuffando.
<< No, preferisco la tua, che sembra molto più interessante. Dai, hai chiesto alla tua bella fidanzata di venire a conoscere la tua dolce famigliola? >>, continuò Adam.
<< No, non ancora, coglione. Non l’ho vista da stamattina, ma tra poco dovrei incontrarla al bar dell’università >>, disse il giovane, lanciando uno sguardo alla caffetteria.
<< Bene, allora fai presto. I tuoi premono per conoscerla. Mi hanno già chiamato sette volte, da stamattina, per sapere di questa fidanzata bellissima >>, affermò scocciato Adam.
<< Ah, ora capisco. Vuoi sapere solo perché i miei ti infastidiscono. Non perché mi vuoi bene >>, commentò divertito Gabriel.
<< Mi deludi, Martin. Il tuo intuito mi sta crollando. Certo che ti do il tormento solo per un mio tornaconto >>, esclamò Adam.
Gabriel poteva immaginarselo vicino al telefono, sorridente e felice. Perché era la stessa espressione che aveva lui in quel momento. Parlare con l’amico gli faceva sempre bene. Poi intravide ad uno dei tavoli esterni la figura di Amelie che si specchiava e sistemava il rossetto.
<< Ehi, Adam ti devo lasciare. Vado a sfidare la sorte chiedendo alla mia fidanzata di accompagnarmi >>, rispose Gabriel, prendendo un respiro.
<< Amico andrà tutto bene. State insieme da tanto, sicuramente ti dirà di si >>, lo incoraggiò Adam.
<< Speriamo. Ho una strana sensazione >>, commentò non troppo convinto Gabriel.
<< Vai, che andrà alla grande, amico. Ah, un’ultima cosa. Verrete entrambi, perché sicuramente ti dirà di si, il diciotto di questo mese vero? >>, chiese l’altro, prima di attaccare.
<< Si, veniamo il diciotto. Se tutto va bene, verso l’ora di pranzo. Ma perché vuoi saperlo? >>, domandò Gabriel, confuso.
<< No, così. Va bene ti lascio andare. Ciao stronzetto >>, lo salutò velocemente Adam.
<< Ciao coglione >>, rispose Gabriel attaccando.
Qualcosa non lo convinceva. L’amico sembrava strano. Quelle domande sul sapere se veniva la fidanzata, quando sarebbero venuti… qualcosa non quadrava. Alzò le spalle, non pensandoci. Avrebbe chiarito una volta che si fossero rivisti. Prese un profondo respiro, e si incamminò verso Amelie. Quando la ragazza lo vide, si alzò in piedi e gli sorrise ammiccante.
<< Ciao, amore >>
<< Ciao, amore >>, rispose Gabriel avvicinandosi e cercando di darle un bacio sulle labbra, ma questa si discostò.
<< Ho appena messo il rossetto. Non vorrai farmi sbavare? >>, affermò la ragazza con tono di rimprovero.
Gabriel sospirò stanco. Alle volte non sopportava quegli atteggiamenti della ragazza. E poi non era proprio convinto che quel suo essere così ossessionata dal suo aspetto gli piacesse. Cominciava a sentirsi un po’ stufo di tutto quello.
<< Scusa >>, rispose scacciando via quei pensieri.
Non poteva permettersi di lasciarsi andare Amelie. Avrebbe fatto la figura del coglione con i suoi amici, e la sua famiglia ormai sapeva dell’esistenza di questa fantomatica fidanzata. Non avrebbe mai potuto deluderli.
<< Com’è andata la giornata? >>, domandò Gabriel tornando quindi a sorridere.
<< Bene. Ho seguito un corso di economia davvero interessante… >>, e cominciò a ciarlare su quel corso, oppure su quello che indossava il professore, o l’amica.
Gabriel l’ascolto con finto interesse, ma nella sua mente ben altri erano i pensieri. Non sapeva come chiedere alla fidanzata di accompagnarlo, e poi aveva una paura fottuta di essere respinto. Se fosse stato lasciato dalla ragazza, avrebbe perso il suo titolo li all’università e i suoi compagni lo avrebbero di sicuro abbandonato. Nessuno poteva essere respinto. Già aveva minato la sua posizione quella Kyra Smith, se poi Amelie gli avesse detto di no, sarebbe stata la sua fine. Passò un’ora nel quale la ragazza non aveva mai smesso di parlare del più e del meno. In quel momento stava parlando di un servizio di moda al quale avrebbe dovuto partecipare, e non vedeva l’ora. Gabriel osservò l’orologio con la coda dell’occhio, e vide che erano quasi le sette. Aveva perso troppo tempo, ed era arrivato il momento di fare quella fatidica domanda.
<< Amelie! >>, esclamò interrompendola.
<< Si? Dimmi amore >>, lo esortò la ragazza sorridendo.
Gabriel prese un profondo respiro. Poi si fece coraggio e la fissò intensamente negli occhi.
<< Ormai stiamo insieme da tre anni >>, esordì prendendola alla larga.
<< Si, lo so >>, confermò Amelie aggrottando le sopracciglia.
<< E noi ci vogliamo bene, giusto? >>, continuò non riuscendo proprio a dire la parola amore.
<< Certo >>, annuì la ragazza.
Gabriel vide il suo volto irrigidirsi, come se stesse nascondendo qualcosa. La sensazione fastidiosa andò ad aumentare nel suo stomaco.
<< Ecco, allora devo chiederti una cosa >>, esclamò, ignorando tutti quei fattori che non facevano presagire nulla di buono.
<< Cosa? >>, domandò Amelie titubante.
Gabriel inspirò profondamente. Abbassò lo sguardo, preoccupato, poi lo rialzò e lo puntò in quello della ragazza.
<< Il diciotto parto, e vado dai miei. Per due settimane. Sai, faranno nuovamente la promessa di matrimonio >>, spiegò sorridendo timidamente. Il volto della giovane era impassibile. << Mi hanno detto di portare la mia fidanzata, perché vogliono conoscerla. E la mia fidanzata sei tu, perciò… >>, prese nuovamente un respiro, poi parlò velocemente. << Vuoi venire a casa mia a conoscere la mia famiglia? >>.
Amelie lo guardò sempre impassibile, poi sospirò affranta ed abbassò lo sguardo. A Gabriel parve che il mondo gli crollasse addosso, perché non c’era bisogno che la ragazza parlasse. Aveva già capito tutto.
<< Gabriel, mi dispiace. Non posso >>, affermò Amelie, tornando a guardarlo.
 
Kyra entrò nella sua camera sbattendo furiosa la porta. Quella era stata una giornata davvero di merda, e Sean ci aveva preso in pieno con quella storia delle unghie. Si appuntò mentalmente di dare sempre credito alle mani di quel ragazzo. Buttò con forza la borsa a terra, e prese a camminare per tutta la stanza, incurante degli sguardi esterni. Sì, perché la ragazza dormiva al piano terra, e la sua camera dava sul cortile centrale della scuola, dove tutti potevano vederla. Solitamente abbassava le persiane, e le alzava solo quando sapeva che non c’era nessuno. Ma quella sera non badava davvero a niente. Prima la questione del cappuccino quella mattina, poi l’umiliazione bruciante che aveva dovuto subire da quel maledetto professore per aver fatto tardi. E il sorriso divertito di quel bastardo di Gabriel Martin! Come lo odiava. Poi dopo la lezione, aveva dovuto affrontare altri corsi tutti davvero pesanti, e aveva un botto di compiti da fare. A pranzo ovviamente non aveva mangiato, andando in biblioteca e cercando di portarsi avanti con il lavoro. Nel pomeriggio aveva dovuto affrontare due ore di fila nel dare ripetizioni a quegli idioti figli di papà, e aveva dovuto sopportare gli sfottò di questi per la figuraccia fatta durante la lezione di diritto. Addirittura uno di loro aveva anche allungato le mani, troppo stupido per pensare alle conseguenze. Kyra, infatti, gli aveva rifilato un pugno spaccandogli il labbro, e avevano chiuso il rapporto di lavoro. Insomma, si trovava in ristrettezze economiche davvero gravi. Ma la cosa peggiore successe verso le sette, quando il preside l’aveva mandata a chiamare. Era convinta che il tizio a cui aveva dato un pungo si fosse andato a lamentare, ma quando entrò nello studio dell’uomo si rese conto che la situazione doveva essere ben più grave. Si accomodò alla sedia di fronte alla scrivania, e diede una rapida scorsa alla stanza. Era grande, con un’immensa finestra alle spalle dell’uomo. Le pareti erano traboccanti di libri impilati in altee librerie. Vi erano piante rigogliose ad ogni angolo della stanza, e tutto sapeva di maestoso e ricco. Anche il completo del preside era firmato. Kyra si rese conto, con sgomento, di essere circondata da persone appartenenti all’alta società. Persone che odiava con tutta se stessa.
<< E’ successo qualcosa? >>, domandò preoccupata, sistemandosi meglio.
<< Purtroppo si, signorina Smith >>, confermò il preside, incrociando le mani sulla scrivania. << Lei è qui grazie ad una borsa di studio, non è vero? >>
<< Si, signore >>, confermò Kyra cominciando a preoccuparsi.
<< Mi dispiace informarla signorina Smith che la sua borsa di studio è stata dimezzata >>, comunicò l’uomo.
<< Come? >>, esclamò sconvolta la ragazza.
<< Mi dispiace. Ma il consiglio scolastico ha stabilito che dobbiamo dare la possibilità a più studenti di entrare in questa università, e che l’unico modo per avere questi fondi, fosse quello di dimezzare le borse di studio più cospicue >>, spiegò il preside con volto contrito.
Kyra assimilò quelle parole e capì di essere in un mare di guai. La sua borsa di studio pagava quasi tutte le spese scolastiche, e le tasse universitarie. Dava ripetizioni proprio per riuscire a pareggiare i conti, e permettersi da mangiare almeno la sera. Ma se le venivano tolti la metà dei soldi, allora non avrebbe più avuto possibilità di farcela.
<< Ma io come faccio? >>, sussurrò sgomenta.
<< Mi dispiace, ma non so come aiutarla. Grazie alla sua media, e alla sua situazione familiare, terremo conto del suo caso. Ma per la fine di questo mese deve procurarsi  tremila dollari. Per la stanza al campus >>, spiegò il preside vedendo il volto confuso della giovane. << La borsa di studio che adesso ha, le copre le tasse universitarie fino alla fine del semestre, quindi fino a giugno. Ma non la stanza al campus. Perciò, o paga oppure dovrà trovare un’altra sistemazione, signorina Smith. Mi dispiace >>.
Kyra fissò sempre più scioccata l’uomo. Tremila dollari? E dove li avrebbe presi quei soldi. Non arrivava neanche a mille, con i risparmi. E le lezioni di ripetizioni non avrebbero di sicuro aiutato. Poteva chiedere aiuto a Sean, ma non poteva farlo. Anche il ragazzo faticava ad arrivare a fine mese, sebbene potesse concedersi tutti gli sfizi che gli venivano in mente. Era davvero nei casini. Uscì dalla stanza del preside, con un forte mal di testa, e con la sensazione che il mondo le fosse crollato addosso. Come avrebbe potuto farcela? Doveva trovarsi un altro lavoro, ma tra lo studio, i corsi e le ripetizioni, davvero non aveva tempo. Era nella merda fino al collo. E nella sua stanza, non riusciva di sicuro a trovare pace. In quel momento squillò il telefonino. Vide il mittente, e delle lacrime cominciarono a scorrerle sul viso.
<< Sean >>, rispose singhiozzando.
<< Dolcezza, che succede? >>, chiese preoccupato il ragazzo.
<< Avevano ragione le tue unghie >>, disse asciugandosi le lacrime.
<< O santa pupattola. Raccontami tutto, dolcezza >>, esclamò sconvolto Sean.
E Kyra non tralasciò neanche un dettaglio. A partire dal cappuccino, alla lezione, al maniaco figlio di papà, e a quella notizia della borsa di studio.
<< Oh, dolcezza, mi dispiace. È successo un gran casino, oggi. Maledette unghie >>, affermò arrabbiato.
<< Sean, non è colpa tua >>, provò a consolarlo Kyra.
Sapeva che adesso il ragazzo si stesse tormentando per non poter fare nulla per l’amica.
<< Allora, dolcezza, io vado dal mio capo e gli chiedo un aumento. Poi do la metà a te, e tu così puoi pagarti la stanza >>, esordì Sean.
<< No. Non esiste, Sean. Non ti chiederò questo, e tu non puoi farlo. E poi il tuo capo non ti darà mai un aumento. E se lo fa, probabilmente vorrà chiederti qualcosa in cambio. Già ti costringe a farti ballare >>, esclamò Kyra terrorizzata all’idea che potesse succedere qualcosa al suo Sean.
Il ragazzo dall’altro lato del telefono sospirò. Quel silenzio stava a significare che Kyra aveva ragione, ma che comunque lo avrebbe fatto lo stesso, se la giovane non avesse trovato una soluzione.
<< Che cosa farai, allora? >>, domandò tristemente.
<< Non lo so. Mi cercherò un lavoro. Domani metto un annuncio in bacheca, e mi offro per qualsiasi lavoro ben retribuito. Ovviamente che sia una cosa legale >>, spiegò Kyra sospirando.
Già prevedeva guai a non finire. Chissà cosa le avrebbero offerto di fare, in cambio di soldi. Ma non poteva fare la schizzinosa. In quel momento avrebbe anche accettato un lavoro dal suo nemico peggiore. Una figura balenò nei suoi pensieri, e si trovò a sorridere amaramente. Sì, avrebbe accettato un lavoro anche da Gabriel Martin pur di avere un po’ di soldi. 






________________________________________________________________________________________________________________________________________

Buonasera, gente XDXD ecco a voi il primo capitolo di "Una fidanzata per finta"...
beh, che dire...cominciamo ad entrare nella storia e conosciamo nuovi personaggi...devo dire che adoro Sean ^-^ è davvero fantastico, e il modo in cui parla, e chiama Kyra è davvero divertente...poi ci sono i scagnozzi di Gabriel, che odio già U.U e scommetto che odierete anche voi hahaha...
beh, Gabriel in questo capitolo deve affrontare il problema fidanzata, e Kyra invece si ritrova senza soldi...come andranno le cose? che succederà tra i due...bah, per saperlo dovrete aspettare la settimana prossima ^-^
vi comunicò che la storia verrà aggiornata una volta a settimana, o martedi o giovedi...mi alterno con l'altra mia storia "Da adesso in poi...", quindi un giorno è dedicato ad uno, e un altro all'altra storia XDXD a chi va, mi farebbe piacere che seguiste entrambe, perchè ci tengo molto...e mi piacerebbe che lasciaste un vostro parere, per sapere che ne pensate...non mi piace chiedere recensioni, perchè una cosa libera quella di dare un commento, però per me sarebbe importante, proprio perchè tengo molto ad entrambe le storie...sn nate in due momenti differenti della mia vita, e sn legate a un qualcosa (non voglio entrare nel dettaglio, perchè dovrei raccontarvi la mia vita, e credo vi annoiereste XD)...però i personaggi di Kyra e di Erik (il protagonista di "Da adesso in poi...") mi assomigliano molto, quindi sn affezionata a loro...
beh detto questo, vi mando al mio account fb, dove già da stasera potrete trovare le immagini dei vari peronsaggi: 
http://www.facebook.com/pages/Moon9292/575772655781797?ref=hl...
ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito la storia XD e che hanno messo la storia tra le preferite/seugite/ricordate...grazie di cuore *-*
detto ciò, vi saluto augurandovi buona notte XDXD ci vediamo la settimana prossima...
ah sempre su fb lascerò degli spoiler, quindi chi è interessato, ci faccia un giro...
Un bacio
Moon9292

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Annunci in bacheca e vendette di fango ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 2 - Annunci in bacheca e vendette di fango

 

 

Gabriel tornò a casa sbattendo forte la porta. Era arrabbiato! Furioso con il mondo, con l’universo, con Dio stesso. Come era potuta capitargli una cosa simile, proprio non riusciva a capirlo. La sua vita, perfetta oltre l’immaginabile, senza nessun tipo di dolore o qualsiasi delusione, aveva preso una piega davvero inaspettata, ma soprattutto sgradita. Lui, il ragazzo baciato dalla fortuna, era stato toccato miseramente dalla sventura e niente avrebbe potuto sistemare quella situazione. Neanche una chiacchierata rigenerante con Adam, come lui le chiamava, avrebbe potuto risollevargli il morale. Perché per la seconda volta in tutta la sua vita, aveva ricevuto un rifiuto. E non uno qualsiasi, come per esempio quello ricevuto da una ragazza anonima come Kyra Smith, ma un rifiuto avuto dalla sua fidanzata storica. La bellissima Amelie, la ragazza che aveva sempre immaginato al suo fianco. Colei che tutti si aspettavano di vedere al suo fianco. Proprio quel giorno aveva deciso di rifiutare il suo invito ad andare dai suoi genitori, e soprattutto, lo aveva lasciato. Gabriel si buttò malamente sul divano grigio topo di casa sua, e osservò sfinito il televisore spento. Non poteva ancora credere alle parole che aveva sentito, a quello che da li a pochi giorni, anzi poche ore, sarebbe successo. Fece un rapido calcolo mentale di quanto tempo poteva passare, prima che la notizia della settimana si diffondesse veloce nel campus. Erano le undici di sera, perciò se tutto andava male, l’indomani come avrebbe messo piede all’università sarebbe stato sulla bocca di tutti. Già immaginava i commenti di Freddie e degli altri. Avrebbe perso il suo titolo di più bello e ricco, per cederlo contro la sua volontà all’amico. Sospirò per l’ennesima volta, ritornando con la mente a quello che era successo alla caffetteria dell’università solo poche ore prima…
 
<< Gabriel, mi dispiace. Non posso >>, affermò Amelie, tornando a guardarlo.
Gabriel la fissò come se non avesse capito bene le sue parole. Quasi come se stesse parlando un’altra lingua. Aveva appena detto che non poteva? Sul serio? No, sicuramente le sue orecchie dovevano avergli giocato un tiro mancino, perché nessuno, tantomeno Amelie poteva dirgli di no. Un lampo veloce lo attraversò, mostrandogli per un momento fugace il volto di Kyra Smith, ma quella era un’altra faccenda.
<< Come sarebbe che non puoi Amelie? Mi stai prendendo in giro, vero? >>, domandò il ragazzo sbattendo forte gli occhi.
Sembrava quasi che volesse cancellare l’immagine del volto contrito della ragazza, dalla sua mente. Amelie, infatti, lo fissava con il viso fintamente dispiaciuto. Gabriel sapeva bene che quella ragazza non aveva molti sentimenti da dare, ma solo tanta vanità e un fisico mozzafiato.
<< Mi dispiace Gabriel, ma intendevo dire proprio questo >>, confermò la ragazza abbassando lo sguardo, e portandolo sulle sue mani curatissime.
<< Ma che cazzo stai dicendo, Amelie? Spiegami, dannazione! >>, urlò infuriato Gabriel.
<< Abbassa la voce. Ci stanno guardando tutti! Vuoi fare la figura dello stupido? >>, esclamò la ragazza avvicinandosi di più al tavolo, agitandosi nervosa.
<< Non me ne frega un cazzo di quello che dicono gli altri. Adesso tu mi spieghi >>, continuò Gabriel, ignorando il resto del mondo, ma abbassando comunque il tono di voce.
Amelie sospirò stanca, con fare studiato. In quel momento Gabriel si domandò se c’era stata una singola volta in cui la ragazza fosse stata onesta e sincera, e non posata e finta. Forse solo quando facevano sesso.
<< Ascolta, tu sei un ragazzo fantastico. Sei bello, ricco e affascinante. Non c’è niente che ti manchi >>, cominciò la ragazza. Gabriel storse il naso nel sentire quel discorso. Qualcosa, in quelle parole, lo aveva fatto incazzare ancora di più. << Ma il punto è che noi stiamo insieme solo per le apparenze. E lo sai anche tu >>.
Il ragazzo la guardò scioccato. Era davvero solo per quel motivo che stavano insieme? Non c’era neanche un briciolo di affetto a legarli? Un minimo di sentimento che spiegasse la ragione per cui erano stati insieme per tre anni? Improvvisamente capì il motivo per cui le parole di prima lo avevano così infastidito. Perché erano superficiali e vuote, prive di qualsiasi sentimento. Di lui, in quelle parole, c’era poco e niente. Improvvisamente una domanda nacque spontanea nella sua mente: ‘la mia vita è fatta così? Ogni cosa e solo superficiale e priva di sentimento?’. La scacciò via prima che facesse troppi danni.
<< Quindi questo cosa vuol dire, Amelie? Mi stai lasciando? Stai rifiutando di venire dai miei solo per questa ragione? Davvero, non ti capisco >>, sbottò sempre più nervoso.
Alle sue stesse orecchie apparve frivolo e capriccioso. Stava ponendo obiezioni che non stavano ne in cielo ne in terra. Non avrebbe dovuto provare a fare un discorso più serio e profondo? Trovare una ragione più valida per non lasciarsi? Gli stava davvero bene che la sua vita amorosa fosse così? Ancora una volta, scacciò via quelle domande scomode, temendo la risposta che poteva darsi. Appena sistemata la faccenda, avrebbe dovuto fare un bell’esame di coscienza, non c’erano dubbi.
<< Solo per questa ragione? Gabriel, io sono senza parole. Ti aspetti che possa fingere così apertamente davanti a tuoi per due intere settimane? Mi reputi una cosi brava attrice? Ho dei valori anche io, per la miseria >>, esclamò offesa.
Ma Gabriel non si faceva più incantare da quel bel faccino. Sapeva perfettamente che la ragazza non attribuiva importanza al fatto di dover fingere con i suoi genitori, ne che potesse andare contro a dei valori prestabiliti. Sapeva perfettamente che Amelie stava parlando per il proprio tornaconto, e per questo voleva andare fino in fono. Doveva sapere per quale ragione avesse sprecato tre anni della sua vita con quella persona. Ne andava del suo orgoglio.
<< Sputa il rospo, Amelie. Di la verità. Cosa c’è sotto >>, affermò sprezzante, appoggiandosi allo schienale della sedia ed incrociando le braccia al petto. << Sappiamo benissimo entrambi che non ti faresti scrupoli con nessuno. E i miei soldi ti hanno sempre fatto gola >>.
Amelie lo guardò indignata, portandosi una mano al petto, quasi come se quelle parole avessero potuta ferirla fisicamente.
<< Come osi? Io sono una ragazza profonda con principi e valori e tutta quella roba li >>, asserì fissando il ragazzo. Ma questi non distolse lo sguardo, ma anzi lo affilò ancora di più. Infine, Amelie cedette sbuffando. << E va bene, hai vinto. Si, c’è qualcosa sotto. Qualcosa di importante >>
<< Spara! >>
<< Oggi pomeriggio, dopo pranzo, mi ha contattata uno stilista di successo con cui ho lavorato qualche tempo fa. Mi ha proposto di partire con lui e la sua schiera di modelle per un servizio e una sfilata >>, spiegò andandosi ad aggiustare una ciocca di capelli biondissima.
<< E allora? >>, la incalzò Gabriel.
<< Allora devo partire domani alle sei del pomeriggio. E starò fuori per tutto il mese di marzo, e se va bene finalmente potrò abbandonare questo schifo di posto per fare quello che più amo >>, disse sorridendo dolcemente. Ma quel sorriso non raggiunse gli occhi, che rimasero freddi e calcolatori.
Si poteva dire tutto di Amelie, ma non che non fosse una ragazza intelligente. Quando si trattava di se stessa, poteva sfoderare le migliori facoltà intellettive per ottenere ciò che voleva. Desiderava la popolarità, e si era fidanzata con il ragazzo più ricco e famoso dell’università. Voleva un voto alto ad un esame, bastava che facesse due moine al professore così da poter partire avvantaggiata. Ma non c’era niente al mondo in grado di arrestare la sua corsa verso la gloria e la voglia di diventare famosa. E Gabriel capì di essere stato preso in giro in tutti i modi possibili ed immaginabili. Perché anche lui non era stupido, e sapeva perfettamente come le cose fossero andate realmente. Amelie era una bella ragazza, e posava si, per delle riviste e foto varie, ma solo per quotidiani poco seguiti. Quelli di città più che altro. E non era plausibile il fatto che improvvisamente uno stilista di successo la contattasse in quel modo. Qualcosa era successo, e conoscendo la ragazza, solo una cosa poteva far smuovere i monti e i mari.
<< Te lo sei portato a letto? Intendo lo stilista, vero? >>, sputò più velenoso che mai.
Non riusciva a credere con quale ragazza avesse diviso il letto per quei tre anni. Era una sporca, bugiarda, manipolatrice e puttana. E Gabriel, a sua volta, si sentì davvero sporco.
<< Non essere sciocco. Lo stilista e gay fino al midollo osseo >>, rispose disgustata la ragazza. Una cosa che accumunava i due era il loro odio smisurato per gli omosessuali. << Mi sono portata a letto un suo aiutante che recentemente ha avuto una specie di promozione, e ora è diventato suo assistente personale. Il suo braccio destro, se così lo si può chiamare >>.
Un sorriso orribilmente entusiasta della piega che aveva preso la sua vita, apparve sul suo volto. Un sorriso che escludeva senza eccezione Gabriel. Ma, onestamente parlando, il ragazzo era contento. Si, perché finalmente aveva aperto gli occhi ed aveva compreso la realtà delle cose, e di quanto Amelie fosse sbagliata, non solo per lui, ma anche per se stessa. Scosse la testa scioccato. Era stato così stupido, ed ingenuo e cieco. Non aveva compreso in tempo quanto fosse sbagliata quella ragazza, e ora ne avrebbe pagato le conseguenze.
<< Dimmi un’ultima cosa, poi la finiamo qui >>, esclamò atono. << Quanti anni ha questo assistente? >>
<< Perché lo vuoi sapere? >>
<< Semplice curiosità. Devo capire quanto sei stronza >>, rispose sarcastico Gabriel.
<< Quarantasei >>, disse la ragazza senza problemi. Non si vergognava assolutamente di come aveva sfruttato l’uomo per i suoi vantaggi.
Gabriel sorrise sempre più orripilato da ciò che stava apprendendo. Si alzò dalla sedia, prese il portafogli e lasciò una banconota da venti sul tavolo.
<< Questo è per il caffè. Il resto è tuo. Sto pagando il tuo tempo, e non dire che non sono onesto >>, spiegò quando la ragazza lo fissò confusa. << Do sempre il giusto compenso alle puttane >>.
Poi si voltò ed andò per la sua strada, senza più guardarsi indietro. Non voleva più avere niente a che fare con quella ragazza. Per quanto gli riguardava, era morta.
 
E quindi ora era stravaccato sul suo divano triste, con l’umore sotto i piedi, e con una bella gatta da pelare. Presto sarebbe stato lo zimbello di tutto il campus, tra sole due settimane avrebbe dovuto raggiungere la sua famiglia e tutti i suoi parenti senza una ragazza da presentare, come invece aveva promesso. Avrebbe deluso i suoi genitori, e il solo pensiero lo faceva soffrire come nient’altro al mondo. Cosa poteva fare? Come aveva fatto la sua vita ad andare in pezzi? Davvero non lo sapeva.
 
 
 
Kyra si svegliò con un gran cerchio alla testa. Aveva pianto tutta la notte, ripensando a quanto era successo il giorno precedente. Non era una delle giornate più brutte che avesse mai avuto, ma si classificava di sicuro nella sua top ten. Come avrebbe fatto a mantenersi a scuola? Come poteva mangiare, o comprare il necessario per sopravvivere? Ma soprattutto come poteva vivere al campus? Aveva pensato per un momento di andare a convivere con Sean, ma aveva scartato subito l’idea. L’appartamento del ragazzo era situato a mezz’ora di distanza dall’università, e questo se prendeva un mezzo pubblico. Ma non aveva i soldi per pagarsi un abbonamento, quindi avrebbe dovuto fare la strada a piedi sempre, giorno e notte. E il quartiere dell’amico non era tra i più raccomandabili al mondo. In più Sean viveva in un vero e proprio buco. Era un monolocale con una sola stanzetta microscopica dove poter dormire, e un’altra che fungeva da salotto/cucina/ ingresso, e infine un piccolo bagno. La ragazza non necessitava di molto spazio, ma così avrebbe rubato davvero tanto al suo migliore amico. Perciò aveva optato per andare in giro a chiedere l’elemosina, ma neanche quella sembrava una buona opzione. Se la sua vita era stata un inferno fino ad allora, in quel momento era peggiorata oltre ogni dire. L’unica cosa da fare era davvero mettere quell’annuncio e sperare che la dea bendata per una volta si ricordasse di lei. La sera precedente, a Sean aveva detto che avrebbe accettato qualsiasi lavoro, ma che fosse stato legale. Ma da sola nel suo letto, quella mattina, Kyra comprese che in realtà avrebbe anche accettato di andare a letto con altre persone a pagamento. Si sarebbe ridotta a fare la puttana, pur di poter mantenersi all’università. E tutto questo solo per realizzare il suo sogno di diventare avvocato. Avrebbe fatto davvero qualsiasi cosa. Si alzò con molto sforzo dal letto, sentendo lo stomaco chiuso. Era anche mattina presto, ciò significava solo una cosa: Kyra stava davvero male. Le volte in cui non riusciva a dormire e non mangiava, risalivano tutte al suo periodo buio, nel quale era entrata in una spirale di autodistruzione da cui difficilmente era riuscita ad uscire. E tutto solo grazie a Sean e alla sua tenacia. Sbuffò, infastidita dai suoi stessi ricordi e pensieri, e scalciò via le coperte. Andò a sedersi alla scrivania, accendendo il computer e cominciando a scrivere il suo annuncio. Aveva un magone alla gola, ma come al solito non avrebbe pianto. Lei non piangeva più, ormai, e ne andava fiera. Perché ciò significava che era diventata una dura, e che non avrebbe più permesso alla vita di annientarla. Appena stampato il foglio con l’annuncio, lo rilesse sperando di aver scritto tutto correttamente:
 
‘Studentessa del quarto anno di college, offre servizi di qualsiasi genere, e a qualsiasi orario.
Il pagamento di questo servizio si baserà sul genere di richiesta e sulla durata del lavoro.
Qualsiasi tipo di richiesta, inoltre, dovrà essere approvata dalla suddetta.
Per chi fosse interessato contatti il numero 55564264.’
 
Quella storia sarebbe andata a finire male, Kyra lo sapeva. Sospirò sconfitta immaginando già cosa l’avrebbero costretta a fare quei stupidi figli di papà. Se pensava poi che avrebbe potuto avere a che fare con persone come Freddie Cook, le veniva la nausea. Almeno poteva escludere dal lungo elenco di persone che odiava Gabriel Martin. Quel ragazzo super fortunato non aveva bisogno di niente e di nessuno. Perciò di sicuro non avrebbe chiamato al suo numero chiedendo chissà quale diavoleria. Alla fine, dopo aver guardato nuovamente il suo annuncio, si alzò ed andò a prepararsi per cominciare a seguire i corsi. Dopo dieci minuti scarsi passati in bagno, andò nel salottino del suo alloggio dove trovò la sua coinquilina abbattuta e con una tazza fumante di cioccolata calda. Se Allyson, di prima mattina, non era in giro a correre e aveva addirittura del cioccolato tra le mani, allora la faccenda era davvero grave. La conosceva abbastanza bene da sapere che non avrebbe ingerito calorie gratuitamente e che non avrebbe mai e poi mai rinunciato al suo sport preferito. Perciò andò a sedersi con circospezione sul divano accanto a lei, e la osservò preoccupata. Era una ragazza davvero bella con i capelli colore del miele e due occhi verdi splendenti. In più, la sua ossessione per il fisico e per i vari sport, le aveva dato un corpo perfetto. Magro e muscoloso al punto giusto, con il seno sodo e prosperoso e un sedere davvero alto. Kyra, se fosse stata un tantino più superficiale, l’avrebbe invidiata da morire. Ma a lei non interessava niente dell’aspetto. Per lei ciò che contava era l’interno di una persona, ed Allyson nonostante tutte le sue manie, era davvero splendida.
<< Ally, va tutto bene? >>, chiese dopo qualche minuto di silenzio.
Di risposta, la coinquilina tirò su con il naso e scosse velocemente la testa. Il giorno prima, a seguito di tutti i casini, non aveva avuto modo di vederla o parlarle, perciò non sapeva cosa poteva esserle accaduto.
<< Cosa è successo? Problemi con gli esami? >>, provò avvicinandosi di qualche centimetro.
Di nuovo, la ragazza scosse la testa.
<< Qualche ragazzo ti ha dato buca? >>, ritentò, considerando assurda quella opzione. Se Kyra avesse avuto differenti gusti, avrebbe amato con tutta se stessa Allyson. Beh, se avesse avuto gusti diversi e fosse stata interessata all’amore.
Allyson negò nuovamente, e nel frattempo tirò su con il naso.
<< Allyson senti, possiamo stare qui tutto il giorno senza che io riesca ad indovinare il motivo per cui stai male, oppure mi guardi e dici cosa c’è che non va >>, sbottò Kyra, con tono paziente ma deciso.
La ragazza tirò su di nuovo col naso, poi annuì come se avesse appena risposto ad una domanda, e lentamente alzò il suo volto. Kyra non riuscì a credere a quello che vide. La perfetta Allyson dal fisico impeccabile, gioiosa e allegra, aveva il volto pallido, due occhiaie viola che circondavano due occhi rossi e gonfi di pianto. Il viso, ancora bagnato, la faceva sembrare ancora più piccola ed indifesa di ciò che era. A Kyra le sembrò che il suo cuore potesse stringersi in una morsa di ferro. Mai, in quei quattro anni di convivenza, aveva visto la sua amica ridotta in quello stato. Persino quando il suo fidanzato storico l’aveva lasciata due anni prima, non aveva raggiunto quei livelli di tristezza.
<< O mio Dio, Ally, cosa è successo? Perché stai così male? >>, domandò allarmata, andando a stringere un braccio intorno alle spalle della ragazza.
<< …ddie >>, mormorò tra un singhiozzo e l’altro.
<< Cosa? >>
<< …eddie >>, disse nuovamente Allyson.
<< Ally, devi parlare chiaro. Non capisco >>, la spronò con decisione Kyra. La ragazza poteva avere tanti difetti, come un cuore duro come la pietra, ma se c’era una cosa in cui era brava era spronare la gente a dare il meglio di se, e a non farsi mai trovare impreparata davanti alle palle curve della vita. Beh, tranne quando doveva affrontare problemi di natura economica. Li si che restava senza parole, paralizzata.
<< Freddie >>, esclamò infine Allyson con voce più chiara.
A quel nome, il sangue di Kyra si raggelò. Sapeva per esperienza che quando la parola “problemi” veniva accostata al nome “Freddie”, niente ne usciva di buono.
<< Cosa ti ha fatto? >>, domandò subito Kyra guardando dritto negli occhi l’amica.
Allyson tirò nuovamente su col naso, ed andò ad asciugarsi una lacrima sfuggita. Infine bevve una lunga sorsata di cioccolata calda, come per darsi forza.
<< Ieri mattina, mentre facevo jogging, lui e quei suoi stupidi amici mi hanno fermato >>, raccontò con voce tremante. << Mi hanno bloccata e uno di loro mi ha alzato la maglia >>, una nuova ondata di lacrime la investì.
Kyra capì subito che la cosa non era finita. E in più tremava già all’idea di ciò che era accaduto. Sapeva che Allyson aveva la brutta abitudine di vestirsi con abbiti succinti quando andava a correre, e di non portare nessun tipo di reggiseno. Diceva che le davano fastidio.
<< Che ti hanno fatto? >>, mormorò furiosa.
<< Io ho provato a ribellarmi, ma erano in tre e in più erano forti. Non potevo fare nulla. Ero impotente >>, affermò in un sussurro.
Kyra sentì il cuore stretto sempre più forte. Sapeva come ci si sentiva ad essere impotenti. Lo sapeva, eccome.
<< Che ti hanno fatto? >>, domandò nuovamente con più forza.
Allyson la guardò con occhi lucidi, poi abbassò il viso e sospirò sconfitta.
<< Mi hanno bloccato i polsi, e Freddie ha cominciato a toccarmi. Non riuscivo a liberarmi. Era davvero orribile. E i tre ridevano come se fosse la cosa più divertente e normale al mondo. Come se io fossi un semplice pezzo di carne da sfruttare. Era disgustoso. È tutt’ora disgustoso. Mi sento così sporca >>, sputò tutto d’un fiato la ragazza ricominciando, poi, a piangere.
Kyra la strinse prontamente tra le sue braccia, accarezzandole dolcemente i capelli. Sapeva che non poteva dire nulla per aiutarla. Non esistevano parole al mondo in grado di consolarla. Poteva solo stare li, e darle il suo supporto. Poteva provare a proteggerla dal resto del mondo, e farle capire che ci sarebbe sempre stata. Ma non si sarebbe mai più sentita sicura. Lo sapeva per esperienza. Rimasero in quella posizione per un quarto d’ora, quando finalmente Allyson si calmò e decise di ritornare a letto per cercare di riposare. Kyra, appena lasciata l’amica, sentì una rabbia dentro così profonda da distruggere ogni cosa sul suo cammino. Sapeva perfettamente cosa doveva fare. E sapeva che mai nessuna vendetta avrebbe avuto un gusto così dolce. Mentre stava afferrando le sue cose dalla sua stanza, pronta per dare battaglia, suonò il cellulare. Sapeva già chi era, senza neanche guardare il mittente.
<< Scusa Sean, ma ho da fare >>, rispose fredda.
<< Ehi dolcezza, calma i tuoi bollenti spiriti, o finirai per incendiare il campus >>, esclamò divertito il ragazzo.
<< Più che il campus, spero di dare fuoco ad uno stronzo in particolare >>, affermò decisa, infilando nella sua borsa consunta il volantino da appendere.
<< Uhm, interessante. E a quale cazzone darai la caccia, dolcezza? >>, domandò interessato Sean.
<< Freddie >>, rispose senza tanti giri di parole. Sean avrebbe di sicuro capito.
<< Oh, come vorrei poter assistere alla disfatta di quel tipo. Non l’ho mai visto ma sarei davvero contento di dargli un calcio nelle palle >>, commentò l’amico.
Kyra poteva immaginare la sua espressione. Gongolante e al tempo stesso malefica.
<< Non temere. Gliene darò uno pure da parte tua >>, dichiarò fredda la ragazza.
<< Si, così ti voglio dolcezza. Combattiva e pronta a dare guerra >>
<< Stamattina mi sono alzata con la voglia di cominciare una terza guerra mondiale. Chiamami Hitler, Sean, perché ti assicuro che farò una strage >>, rispose Kyra con un sorriso machiavellico sul volto.
<< Si ma con più stile e meno baffi rispetto all’originale >>, commentò con sarcasmo Sean.
<< Assolutamente. I baffi non mi donano >>, confermò Kyra, tornando a toni più normali. Tutta quella cattiveria di prima mattina, le faceva male.
<< No dolcezza, decisamente no. Perciò forse possiamo cambiare personaggio, che dici? >>
<< Chi proponi? >>, domandò Kyra, uscendo dal suo appartamento.
<< Uhm la donna invisibile? >>, rispose Sean.
<< Non credo di avere il fisico di Jessica Alba >>, commentò Kyra divertita.
<< Poison Ivy? >>, continuò Sean.
<< Non sto bene con i capelli rossi. E in più non ho decisamente il pollice verde. Ti ricordi la pianta di rose che ho provato a coltivare? >>
<< Si hai ragione. Tu sei una che stermina le povere piantine, invece che curarle >>, confermò divertito Sean. << Allora Catwoman? >>
<< Odio i vestiti di pelle. Mi fanno prurito dappertutto >>
<< Allora Elena Gilbert? >>
<< Per prima cosa odio i telefilm con i vampiri, e poi quella ragazza non fa altro che piangere e attirare sventure sulla sua testa. Davvero vuoi ritrovarti con tutte le unghie spezzate per colpa mia? >>, domandò sarcastica Kyra.
<< Per carità, dolcezza. Sono ancora in lutto per quelle di ieri >>, esclamò sconvolto Sean.
Kyra rise divertita per quel commento. Poi notò di essere arrivata davanti alla bacheca per gli annunci. Si guardò intorno sperando di non essere vista. Poi, accertatasi di essere sola, prese il foglio dalla sua borsa e lo appese veloce prima di cambiare idea. Lo guardò sconsolata, con un sospiro, e infine si voltò dando le spalle a ciò che il destino le avrebbe riservato. Per distrarsi e non pensare alla cavolata immensa che aveva appena fatto, decise di tornare alla conversazione folle con il suo amico.
<< Che ne dici se cambiamo genere di eroina? Magari ne prendiamo una vera e non tirata fuori dalla fantasia di qualche autore >>, propose Kyra.
<< Hai ragione. Non ti ci vedo nei panni di una eroina con i poteri, dolcezza. Secondo me sei più da personaggio storico >>, commentò Sean.
<< Questo già mi piace di più. Cosa suggerisci? >>
<< Uhm, sai ti vedo nei panni di qualche eroina francese durante la rivoluzione. Ehi, saresti perfetta come nuova Lady Oscar! >>, esclamò convinto Sean.
<< Dovrei capire questo tuo strano commento, ma davvero mi sfugge il nesso. Perché dovrei essere Lady Oscar, che tra parentesi è un cartone? >>, domandò perplessa Kyra.
<< Perché anche tu ti vesti come un maschiaccio, sei fredda come la nostra cara Oscar, ed hai un amico di infanzia che ti è stato accanto per tutta la vita >>
<< Cioè mi stai dicendo che tu sei il mio Andrè? Dubito che il ruolo ti si addica >>
<< Diciamo che sono più Andreina, dolcezza >>, suggerì Sean ridendo.
Kyra si unì alle risate, raggiungendo il parco del campus. Ma appena si guardò intorno il sorriso le morì sulle labbra. A qualche metro di distanza, c’era in tutta la sua spavalderia quello sbruffone di Freddie. Non appena lo vide, sentì la rabbia ribollire nelle vene, e capì che doveva agire subito.
<< Ehi, Sean scusa se ti mollo così, ma devo andare a compiere la mia vendetta >>, esclamò con freddezza.
<< Mi raccomando dolcezza a non rovinare il tuo bel visino. E portami come premio della vittoria una palla di quel futuro scoglionato >>, rispose con dolcezza l’amico.
<< Contaci. Te lo servirò in un barattolo su di un vassoio d’argento. Poi ti racconto >>
<< Ok. Ciao dolcezza, e fa attenzione >>, salutò Sean.
Kyra chiuse la comunicazione. Cominciò a pensare ad un piano d’azione. Si voltò intorno cercando di capire cosa fare, quando poi la sua attenzione fu presa da una pozzanghera di fango li accanto a lei. In quel momento le venne in mente che nella borsa aveva dei palloncini comprati per Sean la settimana precedente in uno dei suoi momenti di follia, e mai usati. Sorrise malefica sapendo già cosa fare. Si avvicinò con circospezione alla pozzanghera e tirò fuori i palloncini. Senza farsi notare, ne riempì tre. Ragionò per un secondo sul discorso fatto in precedenza con l’amico e si trovò a costatare che invece di Lady Oscar, doveva essere paragonata a Robin Hood in gonnella. Perché come l’arciere famoso, anche lei aveva una mira impeccabile. Grazie a questa sua dote e alle follie di Sean, aveva racimolato un bel po’ di soldi nei bar sfidando i mal capitati a freccette. Si avvicinò al trio delle meraviglie con un ghigno malvagio sul viso, immaginando la reazione di quei figli di papà. Per fortuna il cortile era pieno zeppo di gente, così che la sua vendetta sarebbe stata ancora più eclatante. Appena fu sicura di essere alla distanza necessaria per segnare il colpo, si fermò e prese la mira. Dopo qualche minuto, senza esitazioni, lanciò il primo colpo.
 
 
 
Gabriel vagava con testa china per i corridoi dell’università. Erano appena le otto e qualche minuto, ma già immaginava di essere sulla bocca di tutti. Pur di parlare male degli altri, si era disposti a fare qualsiasi cosa. Lo sapeva bene, perché lui stesso era fatto così. In passato non si era mai risparmiato dall’offendere qualche povero mal capitato. E adesso avrebbe dovuto subire lo stesso trattamento. Non poteva ancora credere a come le cose fossero andate il giorno precedente. Quel lunedì sarebbe rimasto nella sua memoria per molto tempo, segnato sul calendario come il giorno della disfatta. Sapeva di stare esagerando, che essere mollati non era poi così grave. Ma per uno abituato ad avere sempre ogni cosa e ad usarla come un giocattolo, potendo decidere cosa fare di chiunque gli capitasse a tiro, essere lasciato in quel modo era davvero umiliante. In più il suo pensiero fisso, il punto crucciale di tutta quella faccenda, era l’incontro con i genitori. Non sapeva proprio come dire loro che la sua fidanzata storica nominata tante volte, non sarebbe venuta, ma che anzi lo aveva mollato per uno più vecchio che faceva da assistente ad uno stilista. Li avrebbe delusi profondamente. Ne era più che certo. E questa prospettiva lo faceva stare davvero male. Nella sua vita aveva sempre fatto in modo che i suoi genitori fossero orgogliosi di lui. Aveva fatto tutte le sue scelte in base a questo. E sapeva quanto essi ci tenessero che avesse una fidanzata per bene, di buona famiglia, che potesse portare onore al suo cognome. Soprattutto la madre ci teneva, e quando aveva saputo che Amelie era una modella, era andata in visibilio. In fin dei conti la signora Martin era stata anch’essa una modella molto famosa. Invece sarebbe tornato a casa da solo, senza uno straccio di fidanzata, con l’orgoglio a pezzi e la popolarità scemata ai minimi storici. Tutti lo avrebbero guardato e giudicato, e sarebbe uscito perdente da tutto ciò. Gli unici che non lo avrebbero ne abbandonato ne biasimato erano Adam e sua sorella, ma non erano sufficienti. In fin dei conti in quei tre anni, neanche a loro aveva mai fatto vedere Amelie. Neanche in foto. Riflettendoci , era certo di non aver neanche mai detto il suo nome ai suoi genitori. La chiamava sempre “la mia fidanzata modella”. Aggrottò le sopracciglia riflettendo nuovamente su quanto vuoto fosse stato il suo rapporto con Amelie. Non dire neanche il suo nome era un chiaro segno di quello che realmente tra i due c’era stato. Ovvero nulla, solo del buon sano e vecchio sesso. Sesso da dieci e lode, certo, ma niente di più. La cosa che più lo colpiva, in effetti, non era il fatto che Amelie lo avesse tradito, ma che lo aveva lasciato in primis e poi che, per colpa della ragazza, avrebbe deluso i suoi genitori. Non c’era della sofferenza per quel rapporto finito, ma solo tanta rabbia e orgoglio ferito. Sospirò affranto, sistemandosi meglio gli occhiali da sole sul suo naso, quando da lontano vide Edward arrivare sorridente. Gabriel si preparò mentalmente alla presa in giro che avrebbe dovuto subire. Sapeva che non gliel’avrebbe risparmiata. Ma non era certo di riuscire a sopportare l’idea di perdere la sua popolarità. Quello si che sarebbe stato uno smacco colossale.
<< Ehi amico, ma dove eri finito? >>, domandò Edward avvicinandosi.
<< Ehm ecco… io… ero… >>, Gabriel non sapeva cosa dire. Per la prima volta dopo tanto tempo, era a corto di parole.
<< Ti senti bene? >>, chiese  Edward.
<< Certo. Assolutamente. Mai stato meglio. Perché? >>, rispose con voce squillante il ragazzo. Una voce troppo squillante.
<< Non lo so. Sembri un tantino strano >>, commentò l’amico.
Edward non era certo uno che brillava per la sua intelligenza, ma alle volte riusciva ad indovinare ciò che passava per la testa delle persone. Gabriel sperò di riuscire a creare un muro, così da nascondere i suoi veri pensieri.
<< Non è successo niente. Credimi >>, poi la curiosità vinse la paura, e si trovò a domandare ciò che più temeva. << Ehm, allora novità? Qualcosa di nuovo di cui sparlare? >>
<< No, proprio niente. Sei sicuro di stare bene? >>, insistette maggiormente Edward.
<< Si, amico. Sto bene >>, affermò con forza Gabriel. Stava cominciando ad odiare quell’interrogatorio.
<< Pensavo che dopo la litigata con Amelie di ieri, stessi di merda >>, commentò l’amico alzando le mani in segno di difesa.
Il mondo sembrò precipitare sopra le spalle di Gabriel. Allora la voce si era già sparsa! Tutti sapevano già che era stato mollato da quella vanitosa, superficiale puttana. Ingoiò a vuoto cercando di reprimere l’agitazione. Non doveva farsi prendere dal panico.
<< Litigio? Quale litigio? Chi ha detto che ieri io e Amelie abbiamo discusso? >>, domandò, sudando freddo.
<< Amico, vi ha visto tutta la caffetteria. Qualcuno dice di avervi anche sentito. Avete litigato per colpa del suo ingaggio di modella, vero? >>, rispose Edward incuriosito.
Troppe informazione. La gente sapeva troppe informazioni. Presto o tardi sarebbe saltato fuori il fatto che la ragazza lo aveva lasciato. Gabriel non sapeva che rispondere, così annuì incapace di aggiungere altro.
<< Dai amico, altre volte Amelie è andata a fare qualche servizio. Non è di certo la prima volta >>, commentò sorridendo Edward. Poi tornò serio e sembrò riflettere su qualcosa. << Forse stai così perché… >>
“Dio fa che non sappia. Dio fa che non sappia. Dio fa che non sappia”, supplicò nella sua mente Gabriel.
<< … perché avete passato l’intera notte insieme a fare pace tra le lenzuola, vero? >>, domandò ammiccando il ragazzo.
A Gabriel sembrò che la mascella dovesse precipitare da un momento all’altro. Cosa aveva appena detto l’amico? Quell’informazione era nuova. Non ricordava di aver passato la notte a rotolare nel letto con Amelie. Anzi, era più che certo di averla passata addormentato sul divano con tre bottiglie di birra vuote sul tavolino. Ma a mali estremi, estremi rimedi. E se ciò significava mentire, tanto meglio per lui.
<< Eh già, mi hai scoperto. Chi… ehm, chi te l’ha detto? >>, indagò senza cercare di far trapelare la sua curiosità.
<< Delle ragazze dicono di aver visto Amelie uscire dal campus ieri sera e dirigersi verso la strada che porta a casa tua >>, rispose con un’alzata di spalle Edward.
“Però”, pensò Gabriel. “abbiamo delle vere e autentiche spie in questo posto. Magari verranno selezionate come Chuck Bartowski per lavorare alla CIA”.
<< Senti amico, ora devo andare. Freddie e James mi stanno aspettando nel cortile. Tu che fai, vieni con me? >>
<< Ehm, no amico. Vado a prendere un caffè prima. Magari ci vediamo dopo >>, rispose distrattamente Gabriel.
<< Come vuoi. A dopo >>, e detto questo Edward si  allontanò senza voltarsi.
Gabriel rimase spiazzato dalle informazioni appena ricevute. Forse non tutto era perduto. Amelie sarebbe partita quel pomeriggio, e di sicuro non avrebbe frequentato i corsi la mattina, troppo impegnata a prepararsi per il viaggio. Di conseguenza non avrebbe potuto informare nessuno della loro rottura. Era anche certo che la ragazza non avesse amiche con cui confidarsi. Quelle da cui era circondata erano oche pronte a farti lo scalpo pur di rovinarsi la reputazione a vicenda. Quindi dalle labbra di Amelie non poteva uscire nessuna storia, e dalle labbra di Gabriel di certo non sarebbe uscita la verità. Tirò un sospiro di sollievo, felice che almeno quella situazione fosse andata a buon fine. Alla fine se avesse studiato un buon piano, avrebbe fatto in modo che la gente sapesse che era stato lui a lasciare Amelie per una ragione qualunque, e che quindi la sua virilità, il suo status di uomo alpha, non veniva messo in discussione. Si avviò verso la caffetteria con un animo più felice, tornando a sorridere. In quel momento squillò il cellulare. Quando vide il mittente, la sua felicità si sgonfio come un palloncino rotto. La cruda e dura verità gli saltò davanti agli occhi. Aveva risolto la faccenda della popolarità a scuola, ma la questione famiglia restava aperta. E vedendo il nome di Adam lampeggiare sul suo cellulare, non lo aiutava molto. Anzi, se possibile, la depressione lo invase con più forza di prima. Cosa poteva inventarsi? Avrebbe semplicemente dovuto fingere di non vedere quella chiamata, e aspettare per trovare una soluzione? Oppure dover dire la verità? Sapeva che la prima opzione era da scartare. Mai avrebbe negato qualcosa ad Adam, neanche una semplice chiamata. Ma neanche la seconda opzione era accettabile. Come poteva dirgli la verità? Il suo orgoglio sarebbe andato a pezzi. Con mani tremanti e voce incerta, premette il tasto verde sul cellulare.
<< Pronto >>, mormorò teso.
<< Martin, sul serio. Fai qualcosa con i tuoi genitori! Mi stanno dando il tormento. Vogliono sapere com’è la tua fidanzata, quanti anni ha, il suo nome. Diamine, io ne so meno di loro >>, sbottò l’amico sbuffando infastidito.
Gabriel sentì il cuore stringersi a quelle parole. Ed ora? Come ne usciva da quella situazione?
<< Mi dispiace. Vedrò di parlarci e dirgli di smetterla di darti il tormento >>, rispose abbattuto.
<< Ehi, Gabe, va tutto bene? Ti sento con una voce strana >>, domandò preoccupato Adam.
Gabriel, nonostante tutto, sorrise dolcemente per quella domanda. Non c’era nessuno al mondo che lo conosceva meglio di Adam. Su di lui avrebbe sempre potuto contare. Era davvero come avere un fratello.
<< Si sto bene. Non preoccuparti >>
Forse all’amico avrebbe potuto dire la verità. In fin dei conti non gli aveva mai mentito, e non avrebbe di certo voluto cominciare in quel momento. Adam avrebbe di sicuro capito, e lo avrebbe sostenuto. Magari poteva anche dargli una mano a trovare una qualsiasi soluzione. Si, era giusto dirgli la verità, anche se era maledettamente difficile ammettere la propria sconfitta. Inspirò profondamente. Poi alzò lo sguardo dal pavimento, senza essersi reso conto di aver fissato i suoi piedi per tutto quel tempo, e si guardò in giro accertandosi di essere solo. Quando così fu, respirò nuovamente.
<< Senti Adam, c’è una cosa che devo dirti >>, cominciò non sapendo bene come proseguire.
<< Ehi Gabe, così mi spaventi. Che ti è successo? >>, domandò agitato Adam.
Gabriel sorrise, riuscendo ad immaginarsi la faccia dell’amico. Nonostante la preoccupazione, il suo volto bellissimo avrebbe assunto sfumature ansiose capaci di renderlo ancora più bello.
<< E’ successa una cosa, e non so come dirtela >>, continuò girando su se stesso.
Non riusciva a stare fermo. Ogni volta che era agitato, si trovava con ogni ossa del proprio corpo preda di spasmi e movimenti incontrollabili. Sembrava tarantolato.
<< Gabriel che diavolo è successo? >>, esclamò con forza Adam.
Gabriel inspirò nuovamente, poi alzò lo sguardo.
<< Ecco, ieri pomeriggio, alla caffetteria… >>, ma si bloccò improvvisamente.
La sua attenzione era stata calamitata da un foglio di stampante attaccato sulla bacheca della scuola. Era recente, perché sovrastava tutte le altre informazioni. Una scritta in grassetto, semplice e conciso, con un numero di cellulare sopra, aprì le porte del paradiso a Gabriel. Perché l’annuncio, quell’annuncio!, era tutto ciò di cui il ragazzo aveva bisogno. Perché, a mali estremi, estremi rimedi come si ripeteva sempre, forse aveva trovato la soluzione al suo enorme problema.
 
‘Studentessa del quarto anno di college, offre servizi di qualsiasi genere, e a qualsiasi orario.
Il pagamento di questo servizio si baserà sul genere di richiesta e sulla durata del lavoro.
Qualsiasi tipo di richiesta, inoltre, dovrà essere approvata dalla suddetta.
Per chi fosse interessato contatti il numero 55564264.’
 
Un sorriso apparve sulle labbra di Gabriel. Non poteva credere di essere stato baciato nuovamente dalla dea bendata. Ma evidentemente qualcuno in paradiso doveva amarlo. Perché si, decisamente aveva trovato la soluzione al suo problema.
 
 
 
Il palloncino colpì in pieno viso Freddie, rompendosi e rovesciando tutto il suo contenuto fangoso sul volto e sui vestiti firmati. Il mondo parve fermarsi in quell’istante. Tutti fissarono attoniti quella scena. Non si sentiva un solo rumore. Senza dare il tempo di reagire, Kyra prese il secondo palloncino e lo scaraventò sul petto di James. E infine lanciò il terzo contro la testa di Edward. Tutti quanti intorno trattennero rumorosamente il respiro nel vedere le condizioni in cui quei tre versavano. Poi , come quando scoppia una bolla di sapone, l’intero cortile esplose in una fragorosa risata. Alcuni scattarono delle foto, altri indicarono i tre ragazzi. Altri ancora facevano dei video che prontamente vennero postati su internet. Kyra si gongolava felice della sua vendetta. Le sue frecce avevano colpito ancora. O meglio, i suoi palloncini. I tre cominciarono a sbraitare contro tutto e tutti.
<< Chi è stato? >>, urlò Freddie con tutta la voce. << Chi cazzo è stato a fare questo? >>
Kyra, se fosse stata meno orgogliosa e più furba, avrebbe battuto in ritirata nascondendosi dalla furia di Freddie. Ma la ragazza era una che prendeva di petto ogni situazione, e che era pronta a sfidare qualsiasi pericolo. Perciò si avvicinò a tre con le braccia incrociate ed un sorriso vittorioso sulle labbra.
<< Sono stata io >>, esclamò sovrastando le risate generali.
In quel momento tutto tornò a tacere. L’intero cortile fissò la ragazza invisibile sfidare i tre ragazzi più popolari del campus. Nessuno aveva mai badato più di tanto a Kyra, ma da quella mattina avrebbero cominciato a parlare di lei senza ombra di dubbio.
<< TU! >>, ringhiò Freddie avvicinandosi minaccioso alla ragazza. << Tu, pezzente! Come hai potuto fare questo >>
<< Primo, stammi lontano torta di fango perché mi sporchi i vestiti >>, una nuova risata esplose per l’intero cortile. << Secondo, la prossima volta che osi toccare la mia amica con una delle tue sudice mani di fango, ti taglierò gli attributi con una sega elettrica >>, un sonoro schiaffo zittì nuovamente l’intero cortile. Kyra aveva schiaffeggiato il ragazzo, con una forza che mai nessuno le avrebbe attribuito, facendogli voltare il viso. << Terzo, questa è anche una piccola rivincita per tutte le angherie che ho dovuto subire a causa vostra. Così la prossima volta imparerete a prendervela con gli altri >>, sibilò rabbiosa.
Freddie aveva ancora il viso girato. Poi, appena Kyra finì di parlare, lentamente si voltò nuovamente puntando i suoi occhi di fuoco in quelli della ragazza. Sembrava essersi tramutato davvero in un mostro di fango pronto ad aggredire. Alla ragazza venne in mente una puntata di scooby-doo. Si immaginò di essere il cane che scappava a gambe levate dal mostro di turno. Ma quello non era un cartone. Era la vita reale, e lei mai sarebbe scappata davanti alle avversità. Freddie si avvicinò minaccioso, fino a trovarsi poi a pochi millimetri di distanza dal suo naso.
<< Ascoltami bene, pezzente. Te la farò pagare cara >>, sibilò minaccioso. Un brivido freddo scese lungo la colonna vertebrale della ragazza. Il suo intuito le diceva che quelle parole erano sincere e altamente pericolose. << Perciò guardati le spalle, perché quando meno te lo aspetti, ti attaccherò. E ti assicuro che rimpiangerai con ogni fibra del tuo essere i stupidi scherzi che ti facevamo >>
Poi si voltò verso gli amici e con un cenno del capo, si allontanarono insieme senza più voltarsi indietro. Il cortile esplose in un fragoroso applauso divertito. Avrebbero sempre portato rispetto ed invidiato quei tre, ma qualche rivincita con il gesto di Kyra, se l’erano presa un po’ tutti. Solo che la ragazza avrebbe dovuto subire le conseguenze delle sue azioni. E non sapeva il perché, ma aveva davvero una brutta sensazione.






___________________________________________________________________________________________________________________________________________

I'M BACK!!!!!

Come si suol dire, chi non muore si rivede XDXD
ebbene, non sono morta (ma che novità -.-)...beh, avevo promesso di aggiornare una olta settimana, ma come avete potuto notare non l'ho fatto...
non ho scuse, e non tenterò di rifilarvi chissà quale patetica spiegazione...la verità è che avevo perso l'ispirazione e non so se è effettivamente tornata. so solo che oggi avevo voglia di scrivere e l'ho fatto...spero di tornare ad aggiornare come una volta, quindi se è rimasto qualcuno, qualche folle che continua a seguirmi, allora resti sintonizzato su questo canale XD riprenderò anche l'altra mia storia, ma per adesso questo è l'aggiornamento della serata XD
beh, che dire, le cose stanno cominciando a prendere piede...gabriel è stato mollato e kyra mette un annuncio dove dice di fare qualsiasi cosa per soldi...bah, chissà che accadrà XD scommetto che tutti avrete capito, però manteniamo il mistero...
cmq a qualcuno potrà sembrare un capitolo semplice, che ancora non dice molto, ma in futuro quando arriveremo a conoscere meglio i personaggi, scopriremo che questo capitolo diceva già molto...e poi tenete presente la reazione di freddie allo scherzo, perchè la sua vendetta sarà fondamentale...e qui mi sa che vi ho colto impreparati XDXD non vi immaginate cosa potrà accadere...
beh, che altro dire...mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto, ma spero con tutto il cuore che vogliate ancora seguirmi...io cercherò di aggiornare una volta a settimana, o anche più spesso se riesco...non voglio fare nessuna promessa...
ora vi lascio, cari miei...
ringrazio chi a recensito i primi due capitoli, e prometto che risponderò a tutti quanti...
ci vediamo alla prossima XD
un bacio
Moon9292

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Accordi ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 3 - Accordi

 

 

Gabriel cominciò a fissare con ostilità il telefonino. Davanti ai suoi occhi, a caratteri cubitali, vi era il numero di quell’annuncio che gli avrebbe potuto salvare la vita, eppure non aveva il coraggio di schiacciare il pulsante verde. Un semplice pulsante, una semplice e minima pressione e avrebbe potuto risolvere quella dannata situazione. Ma non ci riusciva, in nessun modo. Erano ormai ore che era entrato in possesso di quel contatto. Addirittura aveva staccato l’annuncio dalla bacheca, temendo che qualcun altro potesse vederlo. Non poteva permettersi della concorrenza, e neanche degli spettatori. Se doveva farlo, avrebbe fatto in modo di essere certo al cento per cento di non rischiare niente, specialmente la sua posizione al campus. E in più doveva considerare molti fattori, tra cui l’inganno che avrebbe propinato ai propri genitori per ben due settimane, dover istruire la ragazza e fare in modo che si comportasse in maniera impeccabile. E poi avrebbe dovuto pregare qualsiasi Dio o Santo sperando che la ragazza in questione fosse carina, o quanto meno decente, e specialmente magra. Insomma, doveva spacciarsi per una modella! Non poteva prendere una “finta fidanzata” se non aveva le taglie giuste. Si rese conto di quanto superficiale fosse quel pensiero, nell’esatto istante in cui lo formulò. Ma non poteva permettersi critiche morali da parte della sua coscienza. C’erano in ballo troppe cose per lui.
Erano ormai le cinque del pomeriggio, perciò doveva affrettarsi. Di sicuro non poteva aspettare ancora troppo. Ogni minuto era prezioso, perciò non andava sprecato. Dopo aver trovato l’annuncio, aveva chiuso velocemente la conversazione con Adam, perciò si sentì vagamente in colpa con l’amico. Lo avrebbe chiamato, ma solo dopo aver portato a termine quella che per lui ormai era diventata una missione. Inspirò profondamente, un’ulteriore volta. Guardò il display del cellulare, e dopo un’imprecazione contro Amelie per averlo lasciato, schiacciò il tasto verde. Si portò il telefono all’orecchio, massaggiandosi lentamente gli occhi. Per colpa di quella situazione gli sarebbe venuta un’ulcera, come minimo. Ci furono i primi squilli, e lentamente l’ansia in lui crebbe, fino a raggiungere livelli troppo alti da sopportare. Sentiva lo stomaco contorcersi in una morsa ferrea, e probabilmente avrebbe rimesso se non si fosse calmato da li a tre secondi. Intanto il telefono squillava, privandolo definitamente del suo autocontrollo. Si alzò dalla sedia della caffetteria e cominciò a vagare per i prati del campus. Arrivò davanti allo spiazzale più ampio dell’università, e si fermò osservando le persone. Vi erano gruppi che studiavano, altri che leggevano, altri ancora che giocavano con i palloni. Poi voltò lo sguardo alla sua destra. A poca distanza da lui vi era Kyra Smith seduta sul prato da sola, intenta a leggere un libro massiccio con le cuffie nelle orecchie e una bottiglia d’acqua in mano. Sbuffò infastidito. Solo vederla gli provocava un’insana rabbia che sgorgava dal petto e si propagava per tutto il suo corpo. Resistette alla tentazione di importunarla, concentrandosi sul telefono e sugli squilli che continuavano. Imprecò mentalmente, contro quella ragazza. Non l’aveva ancora conosciuta, ma già la detestava. La linea cadde, e lui ricacciò indietro un urlo esasperato. Decisamente la fortuna doveva averlo abbandonato in quel periodo. Ripeté il numero sul suo cellulare, e pregò nuovamente di ricevere risposta.
<< Pronto? >>, domandò una voce femminile e diffidente.
Gabriel rimase paralizzato per i successivi dieci secondi. Lui quella voce la conosceva, ma non riusciva a dare un volto a quella figura misteriosa. Le mani, stranamente, presero a sudare e i battiti del suo cuore aumentarono. Non riusciva a capire quella strana reazione, ma l’ansia lo stava divorando.
<< Pronto? Chi è che parla? >>, continuò leggermente piccata la voce della ragazza.
Quando sentì quel tono infastidito, Gabriel si sentì sbiancare. Finalmente aveva riconosciuto quel tono. Lentamente, terrorizzato, riportò il suo sguardo alla sua destra. Kyra Smith era al telefono, infastidita, mentre con le dita tamburellava sul suo libro ancora aperto. Senza pensarci sopra due volte, chiuse la comunicazione affrettandosi a scappare da quello spiazzale. Doveva mettere quanta più distanza era possibile tra lui e quella persona.
Non poteva essere.
Non poteva davvero credere di essere così sfortunato.
Era impossibile!
Tutta quella dannata situazione era folle.
Nessun essere vivente, sull’intera faccia del pianeta, aveva sperimentato in cosi breve tempo tutta quella sventura. E soprattutto niente del genere era mai capitato a lui. Insomma, era Gabriel Martin! Lui dalla vita prendeva tutto ciò che voleva, senza mai chiedere il permesso a nessuno. La maggior parte delle persone si prostrava ai suoi piedi, per avere un minimo della sua attenzione. E chi doveva diventare la sua personale eroina, l’unica in grado di tirarlo fuori dai guai? La sola ragazza al mondo a non subire il suo fascino, a non poter soffrire la sua presenza neanche in una stanza piena di gente. L’unica a non essere succube della sua persona. Camminò speditamente ritornando alla caffetteria del campus. Si sedette allo stesso tavolo dove Amelie lo aveva lasciato, e imprecò nuovamente. In quei giorni non aveva fatto altro che bestemmiare, rifletté senza motivo. Doveva pensare a qualsiasi altra cosa, e non al fatto che avrebbe dovuto mettere sotto i suoi piedi il suo orgoglio per chiedere aiuto alla Smith.
No! Non poteva davvero pensare di chiamare quella ragazza per chiederle di diventare la sua fidanzata. Non poteva proprio. E poi era certo che lei avrebbe rifiutato. L’odio tra di loro era reciproco. Kyra Smith non avrebbe sprecato neanche uno solo dei suoi minuti preziosi con lui. Non lo avrebbe ascoltato, ma anzi sarebbe corsa al giornale del campus per sputtanarlo. Ed era sicuro che avrebbe goduto come una matta per la sua disfatta. Era fregato. Dove la trovava un’altra disposta ad aiutarlo. Non poteva fidarsi di nessuno. Tutti potevano tradirlo. Si accasciò scompostamente sul tavolo, maledicendosi per qualsiasi cosa e maledicendo Kyra Smith perché non pendeva dalle sue labbra. Improvvisamente il suo cellulare squillò. Cominciò a tremare, pensando che fosse la ragazza intenta a cercare di contattarlo, per sapere il motivo della sua chiamata. No, non avrebbe risposto neanche sotto tortura. Terrorizzato, sbirciò il numero. Tirò un sospiro di sollievo, nel constatate che era soltanto Adam.
<< Pronto >>, disse mestamente.
<< Ehi ma che ti è preso stamattina? Perché mi hai liquidato? E cosa volevi dirmi di cosi urgente? >>, domandò impensierito l’amico.
<< Scusa, Adam, ma ho avuto …da fare >>, improvvisò non sapendo bene quale giustificazione dare.
<< Da fare? Cosa? E si può sapere che è successo? Mi stai preoccupando >>, continuò Adam, come il migliore degli impiccioni.
“Merda, e ora che gli rispondo?”, pensò Gabriel portandosi una mano alla tempia. Stava per scoppiargli un fortissimo mal di testa, ne era certo.
<< Niente, stamattina ho visto un amico a cui dovevo chiedere una cosa …sulla lezione di oggi. Sai com’è, devo restare in regola, specie perché perderò due settimane >>, improvvisò non riuscendo a trovare nessun’altra scusa valida. In fin dei conti lui era un bravo studente, e quello che aveva detto poteva essere credibile.
<< E invece cosa volevi dirmi? Sembravi parecchio allarmato >>, continuò Adam con voce ansiosa.
<< Ma niente, sta tranquillo, va tutto bene. È solo che avevo litigato con una persona e avevo bisogno di sfogarmi tutto qui >>
<< Ah, va bene. Mi hai fatto preoccupare amico >>.
Poi una lampadina si accese nella sua mente. Aveva davanti a se solo due opzioni: chiamare Kyra oppure andare dai suoi senza fidanzata dicendo la verità. Ed Adam poteva aiutarlo ad imboccare la strada giusta.
<< Ehm, senti Adam, dovrei chiederti una cosa >>, cominciò titubante
<< Spara >>, lo incitò l’amico.
<< Ecco, volevo sapere… Da uno a dieci, quanto esattamente i miei sono eccitati all’idea di conoscere la mia fidanzata? >>, domandò incrociando le dita.
<< Perché vuoi saperlo? >>, chiese Adam. Dal suo tono sembrava insospettito.
<< No, così. Giusto per sapere a cosa vado incontro, e per preparare la poverina >>, improvvisò, dicendo la prima cosa che gli venne in mente.
<< Beh allora preparala al peggio. I tuoi hanno già organizzato una serie di cene neanche fosse natale. Poi vi sarà una festa fatta dai Giordan, dove i tuoi hanno intenzione ti presentarvi ufficialmente insieme. Gite a non finire. Shopping tra ragazze, e tra parentesi tua madre e tua sorella sono incredibilmente eccitate. Non puoi capire! La tua famiglia ha superato notevolmente il livello di follia, e la cosa ancora più incredibile è che hanno coinvolto anche me. Ora sembra assurdo, ma non vedo l’ora di conoscerla anche io questa fantomatica ragazza >>, spiegò divertito Adam.
In quel momento il cuore di Gabriel precipitò in fondo alla terra, sbucando dall’altra parte del globo. Era la fine. La strada più bella e luminosa gli era stata preclusa in modo barbaro e secco. Non avrebbe mai potuto deludere la sua famiglia e neanche il suo migliore amico. Perciò non gli restava che ingoiare il suo orgoglio, pregare in tutte le lingue del mondo, e percorrere il sentiero meno battuto.
<< Ok, grazie amico. Mi hai aiutato a capire >>, rispose ingoiando il magone in gola, e fingendo un divertimento che non era suo.
<< Prego. Avvisa la tua fidanzata misteriosa, così magari non corre via a gambe levate >>, scherzò Adam.
<< Ovvio. Non posso di certo farmela scappare >>, affermò Gabriel con la morte nel cuore.
Avrebbe dovuto mentire, fare a pezzi il suo orgoglio e ingannare le persone più importanti della sua vita. Cominciava vagamente a sentirsi un verme. Ma la prospettiva di deludere la sua famiglia era davvero troppo devastante, per poter essere presa in considerazione.
<< Ehm ,senti ora devo andare Adam. Ho un appuntamento con la ragazza del mistero >>
<< Ok. Allora ci sentiamo. Ciao stronzetto >>
<< Ciao coglione >>.
Attaccò il telefono. Non riusciva ancora a credere al casino in cui si era andato a ficcare.
Non poteva decidere di seguire la sua indole e divertirsi con le ragazze senza impegno?
Non poteva semplicemente passare da un letto all’altro senza obblighi o coinvolgimenti emotivi vari?
No! Doveva fidanzarsi con la persona più superficiale e stronza del pianeta. E la cosa peggiore era che aveva coinvolto la sua famiglia, in un certo senso. Doveva essere impazzito quel giorno di due anni fa, quando chiamò sua madre per comunicarle il suo fidanzamento. Almeno aveva avuto la decenza di non specificare assolutamente nulla, facendo tramutare Amelie nella sua ragazza misteriosa. Forse il fato, sapendo come sarebbero finite le cose, era voluto intervenire in anticipo, evitandogli conseguenze peggiori. In fin dei conti, avrebbe dovuto ringraziare non si sa bene chi per quell’inaspettato colpo di fortuna. Inspirò nuovamente, cercando di trovare per l’ennesima volta il coraggio di chiamare quel numero, e chiedere di incontrarsi con la Smith. Il mal di testa in fine era scoppiato. Sospirò, esasperato da quella sua codardia. Perciò, senza rifletterci ulteriormente, scorse la lista dei numeri in rubrica, arrivò a quello cercato e premette il pulsante verde. Non poteva più aspettare. Il tempo scorreva inesorabilmente, e aveva solo due settimane per istruire Kyra. Se doveva fingere di essere la sua fidanzata, allora avrebbe preteso la perfezione. Sempre nell’eventualità in cui avesse accettato di aiutarlo in quella follia. Nel frattempo il cellulare squillava, e l’ansia tornava ad attanagliare lo stomaco di Gabriel. Si, decisamente alla fine di quella giornata gli sarebbe venuta un’ulcera.
<< Pronto? Ma si può sapere chi diamine sei? Perché cazzo mi stai chiamando, eh? >>, sbottò la voce di Kyra Smith. Era furiosa e infastidita.
“Bene! Cominciamo davvero bene questo rapporto lavorativo”, pensò sarcastico Gabriel.
<< Pronto >>, rispose camuffando la voce. Sgranò gli occhi, maledicendosi per la sua stupidità. Non sapeva neppure lui perché l’avesse fatto, ma di sicuro con il tono che era uscito, poteva sembrare un killer di terza categoria.
<< Che c’è? Cosa vuoi? >>, domandò sospettosa la ragazza.
<< Sono uno che ha un lavoro da offrirti >>
 
 
 
Quel giorno fu incredibilmente stressante per Kyra.
La mattinata, soprattutto, era stata davvero logorante.
Preparare l’annuncio per avere soldi extra era stato difficile. Sapeva già che avrebbe ricevuto chiamate folli, e probabilmente non avrebbe cavato un ragno dal buco con quella soluzione. Ma tentar non nuoce! Poi aveva dovuto consolare Allyson per quell’aggressione subita. Successivamente aveva effettuato il suo piano di vendetta nei confronti di Freddie e gli altri idioti, e sapeva che questi non gliel’avrebbero fatta passare liscia. Ne era certa al cento per cento. Solo che non sapeva cosa aspettarsi. Era certa di non aver mai visto Freddie cosi furioso, perciò non conosceva la reale portata della sua vendetta. In più aveva dovuto seguire i corsi con maggiore impegno, per cercare di non perdere la restante parte della sua borsa di studio. Aveva anche passato mezz’ora della sua pausa pranzo nella biblioteca della facoltà, a cercare su internet annunci di appartamenti a basso prezzo vicino all’università ma, come era prevedibile, non c’era nulla di vantaggioso. Doveva trovare una soluzione e velocemente. In più aveva anche avuto una mezza litigata con Sean durante la sua restante pausa.
<< Ciao dolcezza, come te la passi? Trovata una soluzione per il tuo problema? E la vendetta com’è andata? >>, la sommerse di domande, strappandole un sorriso.
<< Ciao Sean. Ti dispiace farmi una domanda alla volta. Sai, temo poi di dimenticare qualche pezzo per la strada >>, rispose ironica.
<< Dolcezza, il tuo sarcasmo è sempre ben accetto per questo mio cuore da checca >>
<< Felice di renderti felice, Sean. Allora, qual è la cosa che ti preme maggiormente sapere? >>, domandò interessata.
<< Beh, se me la poni così direi di dare la precedenza alle cose divertenti. Perciò raccontami della vendetta >>, la incalzò il ragazzo.
Così Kyra si dilungò nel raccontare dei palloncini e del fango. Delle risate e delle umiliazioni inflitte. Il tutto condito con particolari divertenti, tipo il colore dei capelli di Freddie, oppure dei vestiti rovinati e cose così. Non si risparmiò nulla, facendo ridere di cuore l’amico. Decise anche di raccontare della minaccia subita.
<< Dolcezza, devi stare molto attenta. Quel figlio di puttana potrebbe combinarti qualche scherzo di pessimo gusto >>, commentò impensierito Sean.
<< Peggio del fango? Dubito seriamente. Sappiamo già cosa potrebbe farmi: rovesciarmi il caffè addosso, oppure rovinarmi la borsa con qualche defecazione non bene identificata. Oppure ancora dipingermi i capelli di qualche colore improponibile, o addirittura tagliarli >>
<< Giammai! >>, urlò Sean attraverso il telefono. << Non gli permetterò mai di rovinare la tua perfetta acconciatura, dolcezza. Mi ci sono voluti secoli per convincerti a portarli sciolti, e lui non rovinerà la mia opera >>.
Kyra rise divertita. Parlare con il suo migliore amico era sempre un toccasana per la sua anima ferita e oscura. Avrebbe sempre potuto contare sul ragazzo. Ora, però, arrivava la parte difficile, ovvero raccontargli dell’annuncio.
<< Bene, dolcezza, passiamo agli argomenti pesanti. Hai trovato una soluzione al tuo problema? >>, domandò infatti Sean diventando improvvisamente serio.
<< Ehm, ecco… >>, titubò Kyra.
<< Dolcezza che mi nascondi? >>
<< Sean prometti che non ti arrabbi >>, rispose agitata.
<< Dolcezza sputa il rospo. Ora >>, sibilò il giovane.
<< Va bene. Stamattina ho messo un annuncio in bacheca offrendomi per qualsiasi lavoro disponibile. Ho lasciato anche il numero di telefono >>, parlò velocemente Kyra.
Dall’altra parte ci fu un silenzio tombale. La ragazza non sentiva nemmeno il respiro dell’amico. Cominciò a sperare che fosse caduta la linea. Ma quando sentì un sinistro rumore, come di qualcosa spezzato, capì di non essere stata tanto fortunata.
<< Sean, dai, non arrabbiarti >>, lo supplicò timidamente.
<< Non arrabbiarmi? >>, rispose con voce alta. << ARRABBIARMI? >>, urlò furioso. << Ti rendi conto della cazzata che hai fatto? Capisci la gravità della situazione? >>
<< Sean non mi succederà niente. So cavarmela benissimo da sola, non ho bisogno della balia >>, rispose Kyra, piccata e punta sul vivo.
Quell’argomento era ancora una ferita aperta per lei, e gettare sale su quella particolare lesione non era mai un bene.
<< Dolcezza spero che tu stia scherzando. Hai idea del tipo di persone con cui hai a che fare? Ti ricordi tutte le avance moleste che hai dovuto subire da quando vai li? Delle volte in cui hai dovuto alzare le mani per difenderti? Ti ricordi? Beh, perché io si. E so che ogni volta ho dovuto reprimere il mio istinto omicida, cazzo >>, sbottò sempre più furioso.
<< Mi ricordo bene. E ricordo anche che non è successo nulla di grave. Nessuna è andato oltre alla palpata di culo. Tutti loro si sono trovati un occhio nero, lo sai bene >>
<< Già, lo so. E so anche che non sempre è stato così, Kyra >>, rispose troppo seriamente.
Ahi! Quando Sean usava i nomi delle persone, e non affibbiava stupidi nomignoli, allora la situazione era grave. Ma soprattutto era grave perché aveva tirato fuori proprio quell’argomento. Qualcosa che non doveva fare.
<< Vaffanculo Sean >>, sibilò Kyra furiosa.
Dall’altra parte, la ragazza sentì sospirare forte. Lo conosceva bene, e sapeva con assoluta certezza che il ragazzo si stesse sistemando il ciuffo per il nervoso. Era un tic nato da quando finì in ospedale per l’aggressione.
<< Mi dispiace dolcezza. Non volevo tirare fuori quell’argomento >>, disse mestamente.
<< Va bene. Non importa Sean. E poi tu sai bene come sono andati i fatti, perciò non puoi rinfacciarmi nulla >>
<< Si, lo so bene dolcezza >>.
Rimasero per qualche secondo in silenzio, imbarazzati ed incapaci di dire qualcosa. Kyra odiava litigare con il ragazzo. Era come infliggersi una pugnalata in qualche parte del corpo. Sean era molto più di un semplice amico. Era suo fratello, un frammento della sua anima, un pezzo di stessa. Qualcuno senza il quale non sarebbe sopravvissuta. Litigare con Sean era come litigare con il proprio cuore.
<< Sul serio dolcezza, mi dispiace. Ti prego non essere arrabbiata con me >>, la supplicò il ragazzo.
<< No Sean, non ce l’ho con te >>, rispose sorridendo appena. Non avrebbe mai potuto portargli rancore. Poi guardò l’orologio e vide che si erano già fatte le tre. << Senti, ora devo andare Sean. Ci sentiamo stasera, va bene? >>
<< Certo dolcezza. A stasera. E scusami ancora >>, disse con dolcezza, abbandonando il suo lato scanzonato, per assumerne uno più reale.
<< Ciao Sean >>, lo salutò con lo stesso tono.
Quando rimise il cellulare in tasca, sospirò. Kyra era una ragazza forte, aveva affrontato tutte le difficoltà della vita. Ma c’erano ancora troppe cicatrici aperte sul suo cuore, e queste non andavano stuzzicate. Altrimenti avrebbe sanguinato internamente, e la faccenda si sarebbe ulteriormente complicata.
Ed ora si trovava nel piazzale del campus, a leggere e cercare di riposare la mente. Era passata anche davanti alla bacheca, ma con suo sommo stupore e rabbia, il suo annuncio era stato tolto. Perciò sarebbe dovuta tornare nella sua camera per farne un altro. L’unica cosa che poteva alleviare le sue pene, era la musica. Era l’unica vera passione che aveva coltivato da quando era bambina. Nei momenti peggiori, metteva le cuffie del suo mp3 sgangherato, usato da Sean, e si isolava completamente per delle intere ore.
Non sentiva nessuno.
Non pensava a niente.
Nulla aveva senso, peso o consistenza in quel mondo.
Solo lei e la musica.
E in quel pomeriggio, aveva bisogno di precipitarsi in quel mondo fatto di canzoni, e testi e suoni.  Nessun rumore poteva infastidirla, e niente al di fuori di quelle cuffie aveva senso. Ad un certo punto, sentì la sua borsa vibrare. Tirò fuori il cellulare e vide un numero sconosciuto lampeggiare davanti ai suoi occhi.
<< Pronto? >>, domandò diffidente.
Non si fidava di quelle chiamate sconosciute. Sapeva che erano sempre e solo scherzi, e odiava quelle scemenze infantili che ancora le persone facevano. Dall’altra parte non sentì nessun suono, e questo la infastidì ulteriormente.
<< Pronto? Chi è che parla? >>, continuò piccata.
Ancora nessun suono dall’altra parte. Poi improvvisamente sentì un click, che poneva fine a quella telefonata. Un’immensa rabbia si propagò per tutto il corpo. Avrebbe voluto urlare o spaccare qualche cosa, ma non poteva farlo. Era nel bel mezzo dello spiazzale erboso del campus, e una reazione simile l’avrebbe fatta apparire ancora più pazza di quel che era. Già si era esposta troppo quella mattina con quella stupida vendetta, ci mancava solo che potesse essere guardata per altri motivi. Un movimento d’aria, e poi una figura andò a sedersi al suo fianco. Il sorriso timido e più tranquillo di Allyson la colpì in pieno.
<< Ciao >>, disse dolcemente la nuova venuta.
<< Ciao Ally. Come ti senti? >>, domandò Kyra.
<< Meglio, grazie. Ho saputo quello che hai fatto stamattina. Volevo ringraziarti. Mi hai vendicato neanche fossi il mio principe azzurro >>
<< Al massimo principessa >>, scherzò Kyra strappando un altro sorriso alla ragazza. << E poi non ho fatto niente di che. Freddie meritava una punizione, tutto qua >>
<< Oh Kyra, credimi se ti dico che hai fatto molto. Mi hai difeso contro quel bastardo, quando nessun altro lo avrebbe fatto. Sei stata davvero fantastica >>, rispose con veemenza Allyson.
<< Ally, qualsiasi altra persona lo avrebbe fatto >>
<< Ti sbagli, Kyra. Nessuno qui si metterebbe contro il quartetto delle meraviglie, specialmente Freddie. Hanno tutti paura di lui, e a buon vedere >>
<< Perché? >>, domandò curiosa e stranamente inquieta Kyra.
<< Come perché? Tu sei la prima vittima degli scherzi stupidi di quei tipi >>, commentò Allyson.
<< Si ma non mi hanno mai spaventato. E di sicuro Freddie non mi spaventa >>
<< E’ possibile che tu non sappia? >>, esclamò scioccata Allyson.
<< Cosa? >>, chiese Kyra sempre più in ansia.
<< Non lo sai che Freddie quando era al liceo ha rischiato più volte di essere espulso per i suoi comportamenti violenti? Se l’è cavata sempre perché il padre sborsava molti soldi all’istituto privato in cui andava >>.
Kyra ingoiò un magone grande quanto un pugno. Questa davvero non se l’aspettava. Sapeva che il ragazzo fosse strano, e in qualche modo aveva una vena folle che gli scorreva in corpo. Ma chi non era in qualche modo pazzo? Tutti avevano i loro scatti di irascibilità. Ma arrivare essere violenti! Questo era davvero troppo. A quel punto però, la vendetta era stata attuata e non poteva tornare indietro. Avrebbe subito le conseguenze con forza, e si sarebbe difesa in qualsiasi modo. Freddie non l’avrebbe mai sopraffatta. Improvvisamente il cellulare tornò a squillare. Guardò lo schermo e vide lo stesso numero di prima. Sospirò irritata.
<< Pronto? Ma si può sapere chi diamine sei? Perché cazzo mi stai chiamando, eh? >>, affermò furiosa e infastidita.
<< Pronto >>, rispose una voce strana.
Era come forzata, quasi da maniaco. Sbuffò mentalmente.
“Ci mancavano solo i maniaci a rompermi le palle”, pensò alzando gli occhi al cielo, e cercando di calmare l’inquietudine che le stava divorando lo stomaco.
<< Che c’è? Cosa vuoi? >>, domandò Kyra incerta.
<< Sono uno che ha un lavoro da offrirti >>.
 
 
 
Gabriel Martin è stato definito da molte il ragazzo più bello che avessero mai visto.
Gabriel Martin è stato invidiato da molti ragazzi.
Gabriel Martin dalla vita ha sempre avuto tutto, o se l’è presa senza sforzi.
Gabriel Martin conduceva la vita perfetta, che tutti desiderano.
Gabriel Martin era questo e basta.
E allora perché, si domandava, era finito a nascondersi come il peggiore dei maniaci in mezzo a dei cespugli aspettando, in preda al panico, l’arrivo di Kyra Smith? Come diamine era potuto cadere così in basso. Si sarebbe aspettato di tutto nella sua breve vita. In fin dei conti una canna l’aveva fumata anche lui, e aveva preso anche serie sbronze da non ricordare neanche il suo nome. Ma mai era finito nei cespugli per nascondersi alla vista degli altri, e forse nascondersi un po’ anche alla sua stessa vista.
Non voleva vedersi umiliato da quella ragazza.
Non voleva vedere il suo orgoglio fatto a pezzi.
Voleva solo andare a casa e nascondersi sotto le coperto, come quando era bambino e aveva paura del temporale.
Però non poteva farlo. Era diventato adulto, nonostante tutto. Nonostante la sua superficialità, e il suo atteggiamento infantile alle volte, e le sue bravate degne di un adolescente. Era un adulto e come tale avrebbe affrontato la situazione. Qualsiasi cosa fosse successa. Fissò l’orologio sempre più ansioso. Segnava le dieci precise. A momenti Kyra Smith sarebbe sbucata fuori e lui avrebbe dovuto tirare fuori tutto il coraggio che possedeva, per uscire fuori dal suo nascondiglio. Involontariamente strinse più forte il rametto del cespuglio, facendosi male. Imprecò per la milionesima volta in quella giornata, e guardò con odio quel piccolo spiazzo d’erba. Era situato alle spalle dei dormitori. Nessuno andava mai in quel posto, specialmente di sera. Isolato dal resto del campus, con i lampioni alti e luci soffuse, e tutti quei cespugli che costeggiavano il muro, rendeva quel posto spettrale ed inquietante. Quasi da scena di film horror. Lo aveva scelto apposta, perché nessuno li avrebbe visti parlare, e la sua reputazione sarebbe stata salva.
Quello ero il luogo in cui avrebbe  gettato alle ortiche il suo orgoglio. Spettatore della sua completa disfatta nei confronti della persona che più odiava al mondo. Quando quel pomeriggio aveva proposto a Kyra di incontrarsi li, e a quell’ora, aveva sentito la sua incertezza e tutti i suoi dubbi. Se i ruoli fossero stati invertiti avrebbe di sicuro rifiutato. Ma quando aveva nominato l’annuncio messo in bacheca, e che era stato lui a staccarlo, la ragazza a malincuore aveva accettato. Gabriel sospettava di non essere l’unico in difficoltà. Da quello che vi era scritto sul foglio, sembrava che la Smith fosse in ristrettezze economiche o qualcosa di simile. Era a conoscenza delle sue lezioni private, e sapeva esattamente a chi desse ripetizioni. Conosceva la stanza del campus in cui viveva, e anche quale fosse la sua stanza. I suoi orari scolastici e il fatto che avesse una cospicua borsa di studio.
‘Per sconfiggere un nemico, devi prima conoscerlo’, si diceva sempre ogni qual volta andava a cercare informazioni relative alla ragazza. Ma in quel preciso momento, avrebbe dato qualsiasi cosa al mondo per non conoscerla. Per non sapere niente di lei, cosicché la loro faida non fosse mai esistita. Chiederle aiuto sarebbe stato molto più semplice. Sbuffò nuovamente, guardando l’orologio. Tre minuti di ritardo. Decisamente quel rapporto cominciava malissimo. Poi, nel silenzio totale, sentì il rumore di passi sull’erba. Guardò verso quella fonte di rumore, e nel giro di pochi secondi, da dietro l’angolo spuntò Kyra Smith. Come al solito, portava un jeans semplice, maglietta a maniche lunghe bianca e larga, essenziale, con un giubbotto di jeans. La sua solita borsa consunta e gli occhiali neri e grossi, quasi più della sua faccia. Nel complesso era una ragazza totalmente anonima, ma neanche da buttare. Avrebbero dovuto lavorare parecchio sul suo aspetto, se avesse accettato. Ma soprattutto gli occhiali andavano eliminati.
Gabriel vide la ragazza guardarsi intorno. Era agitata, e stringeva convulsamente qualcosa dentro alla tasca del giubbotto. Inspirò ed espirò più volte, convincendosi ad uscire dal suo nascondiglio. Poi, senza ripensamenti o altro, si alzò e andò alle sue spalle. Kyra non si voltò. Evidentemente non doveva averlo sentito. Alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perché quelle cose capitavano solo a lui. Infine, tornò a guardarla.
<< Smith >>, esclamò caustico nel silenzio più totale.
Kyra si voltò di scatto, spaventata come non mai. Poi non vide più nulla, perché qualcosa di irritante lo colpì negli occhi.
 
 
Kyra arrivò all’appuntamento con il tipo dalla voce strana.
Era nel piccolo spiazzale erboso dietro ai dormitori. Un posto dove nessuno andava mai, e per questo pericoloso. Quando il tizio, quel pomeriggio, le aveva proposto quel luogo e quell’orario, aveva deciso di rifiutare senza battere ciglio. Non voleva di certo morire, e quella sembrava una vera e propria richiesta di omicidio. Insomma, solo i maniaci e i killer vogliono incontrarsi ad orari impensabili e in luoghi sperduti!
Ma quando poi aveva nominato l’annuncio messo in bacheca, aveva capito che si trattava di uno studente. Certo, questo non la tranquillizzava visti i soggetti, ma almeno sapeva di avere qualche chance di cavarsela. Si munì di uno spray al peperoncino, oggetto che comprava da quando era adolescente. Sapeva che i suoi effetti non fossero molto forti, ma almeno le dava il tempo di scappare se le fosse successo qualcosa. Istintivamente lo strinse tra le mani, pronta ad usarlo. I suoi occhi scattavano da una parte all’altra, veloci, per captare un qualsiasi movimento sospetto, ma tutto taceva. Forse lo strano tizio le aveva dato buca. Cominciò a sperare che fosse così. Ancora non aveva capito come poteva aver accettato quel folle incontro.
‘Dolcezza, tu hai decisamente qualche rotella fuori posto. E per colpa tua mi si spezzeranno altre unghie’, urlò una voce nella sua testa. Una voce molto simile a quella di Sean.
E quella voce aveva ragione da vendere. Solo qualcuno con le rotelle fuori posto avrebbe accettato.
<< Smith >>, esclamò qualcuno alle sue spalle, nel silenzio totale.
Non rifletté. Semplicemente agì.
Si voltò di scatto, tirando fuori lo spray al peperoncino che aveva nella tasca del giubbotto di jeans, e lo spruzzò negli occhi del suo assalitore. La figura sconosciuta comparsa all’improvviso, cominciò a lamentarsi forte per il dolore. Lo aveva sorpreso.
Bene, quello era il momento per scappare!
Stava per correre più veloce di un corridore, quando si bloccò paralizzata. Davanti ai suoi occhi, in tutto il suo arrogante splendore, e anche in preda al dolore allucinante, vi era Gabriel Martin. Spalancò gli occhi scioccata da tale rivelazione.
E lui che diavolo ci faceva in quel posto sperduto, a quell’ora della sera?
Non poté farsi altre domande, perché doveva agire in fretta. Odiava quel ragazzo, con tutta se stessa, ma lei era diversa. Non faceva del male al prossimo gratuitamente. Aggrediva solo per difesa, e quel Martin in quel momento era davvero l’ultima persona al mondo a poterle fare del male.
<< AHHHHHHH! Male! Male! MALE! >>, urlava il ragazzo.
<< Scusa! Scusami! Aspetta, stai tranquillo! Ora ti aiuto >>, si scusò mortificata, ma anche lievemente divertita.
Se non si fosse trovata in mezzo a quella situazione folle, avrebbe anche riso. Era una circostanza davvero strana e possedeva un qualcosa di comico. Scacciò prepotentemente quei pensieri, e prese velocemente la bottiglietta d’acqua che per fortuna aveva sempre nella sua borsa. Una volta le era capitato di sparare quello spray negli occhi di Sean, quando avevano diciassette anni. Aveva scoperto che lavare il viso, e in particolare gli occhi, aiutava a diminuire l’effetto del peperoncino. Ovviamente, dopo quell’incidente, aveva dovuto fare da schiava all’amico per due settimane intere.
Aprì la bottiglietta, e togliendo con forza le mani di Gabriel dal suo volto, gli versò l’acqua in faccia. Il ragazzo, preso alla sprovvista, rimase paralizzato, dando il tempo a Kyra di agire. Con la mano libera cominciò a strofinare gli occhi del ragazzo. Poi infilò nuovamente la mano nella borsa, e tirò fuori un pacchetto di fazzoletti. Buttò la bottiglietta a terra, e sfilò un fazzoletto. I lamenti del ragazzo, nel frattempo, si erano attutiti un poco, ma si vedeva ancora che soffriva . Portò il fazzoletto sugli occhi del ragazzo, e cominciò a strofinarli forte, cercando di alleviare il bruciore. Sapeva che sulle guance di Gabriel, oltre all’acqua, scorrevano anche lacrime. Avrebbe tanto voluto avere una macchina fotografica per immortalare quel momento. Avrebbe avuto modo per ricattarlo. Passarono altri minuti, nei quali i gemiti di sofferenza del ragazzo scemarono, fino a sparire del tutto. Lentamente, timorosa delle conseguenza, Kyra allontanò il fazzoletto dal suo volto cominciando a pregare di non avergli causato gravi danni. Sarebbe stato davvero un peccato rovinargli gli occhi. Per quanto poteva essere stronzo, Gabriel aveva degli occhi fantastici.
Lo vide sbattere più volte le palpebre, quasi come un bambino. Dovette mordersi il labbro inferiore per cercare di non ridere. Quando poi Gabriel riuscì a mettere a fuoco ciò che aveva di fronte, la guardò con profondo odio.
<< MA SEI IMPAZZITA? CAZZO, POTEVI FOTTERMI GLI OCCHI >>, urlò imbestialito.
Kyra lo guardò alzando un sopracciglio. Era davvero arrogante il ragazzo. Si scostò di qualche passo, mettendo nuovamente distanza tra i due. Poi incrociò le braccia davanti al petto, nella sua migliore posa scettica.
<< E tu la prossima volta evita di comparirmi alle spalle, improvvisamente e nel silenzio più totale >>, rispose maligna.
<< E tu perché diavolo te ne esci con un dannato spray al peperoncino? >>, continuò sempre più nervoso. Con una mano andò a grattarsi l’occhio. Doveva dargli ancora fastidio.
<< Perché vorrei evitare di essere aggredita. Sai di questi tempi, molta gente crede di avere qualsiasi diritto >>
<< Dannazione, hai una risposta per tutto. E che cavolo! >>, sbottò sbuffando.
<< Non so se è un complimento o un’offesa. Ma nel caso fosse la seconda, ti ricordo che nella tasca del mio giubbotto c’è sempre lo spray. Vuoi riprovarlo? >>, domandò sarcastica.
Gabriel la fissò terrorizzato. No, decisamente l’idea di riprovare quell’aggeggio non lo entusiasmava.
<< Senti, saltiamo i convenevoli nei quali tu offendi me, e io offendo te. Ed arriviamo subito alla parte in cui mi dici che cavolo ci fai qui, e io ti mando a quel paese >>.
Il ragazzo rimase improvvisamente bloccato da quelle parole. Sembrava quasi che avesse ingoiato un rospo, o qualcosa di altrettanto viscido. Chissà che gli prendeva! Kyra lo vide inspirare più velocemente, quasi come se fosse preoccupato. Rimase leggermente spiazzata da quella reazione.
<< Allora? >>, tentò di incalzarlo. << Io avrei un appuntamento, sempre se il maniaco si presenta >>
<< Ehi, non sono un maniaco >>, affermò offeso.
Kyra spalancò gli occhi.
Gabriel, resosi conto delle sue parole, si portò velocemente una mano sulla bocca per evitare di dire altre cavolate. Con quella semplice affermazione, si era scoperto.
Kyra non poteva crederci! Era lui il tipo che doveva incontrare. Lui, il maniaco dalla strana voce. Lui, che doveva proporle un lavoro!
<< Aspetta, quindi sei tu mi hai chiamato oggi? >>, domandò accertandosi di aver capito bene.
Gabriel la guardò nervoso, poi annuì con la testa. E quello bastò a distruggere tutte le convinzioni di Kyra. Le prese, e le buttò in un tritarifiuti, riciclandole e facendole diventare magari delle belle bottiglie di plastica. Una risata divertita nacque sul suo viso. Non riusciva davvero a controllarsi. Era una situazione davvero assurda. Ora poteva dire di averle viste tutte nella vita.
<< Smith, finiscila di ridere. Questa è una questione seria >>, sbottò nervoso Gabriel.
<< Scusa, ma è una situazione ai limiti del paradossale >>, rispose Kyra tra una risata e l’altra. << Magari tra i cespugli è nascosta una telecamera. Cos’è, sono su “Candid Camera”? >>
<< No idiota. E finiscila. Questa è una cosa seria. Lo vuoi questo lavoro, si o no? >>
 
 
 
Gabriel vide il sorriso sparire dalle labbra della ragazza.
Vide! Che parolone.
Gli occhi gli bruciavano ancora molto, e alle volte gli si appannava la vista. Dannata ragazza! Spruzzarlo con uno spray al peperoncino! Qualcosa non funzionava in quella sua testolina. Altrimenti non si spiegava una simile azione. Se non avesse dovuto chiedere il suo aiuto, di sicuro gliel’avrebbe fatta pagare cara. Magari poteva vendicarsi dopo che tutta quella situazione si fosse risolta. Si, di solito la miglior vendetta e quella che si gusta fredda. Avrebbe aspettato. Tutto a tempo debito.
Ora doveva solo pensare a come convincerla ad accettare quella follia.
<< Va bene, Martin. Spara! Quale lavoro mi stai offrendo? >>, domandò la ragazza incrociando le braccia al petto.
Era davvero sospettosa. Sembrava non fidarsi di niente e di nessuno. Gabriel si domandò velocemente come potesse essere arrivata fino a quel punto. Diffidare di qualsiasi cosa…
Scacciò velocemente quel pensiero. Non era un suo problema quello. Aveva altro a cui pensare. Inspirò profondamente, trovando in un angolo remoto del suo corpo, un briciolo di coraggio.
<< Primo punto. Qualsiasi cosa io stia per dirti, resta tra noi >>, specificò con durezza.
<< Certo, come se andassi in giro a spettegolare su di te. Martin, io sono diversa >>, sputò con perfidia la ragazza.
E che diamine, doveva sempre rispondere come un serpente velenoso ad ogni cosa che diceva?
<< Secondo punto >>, sospirò ignorandola. << Se accetti questo lavoro, nessuno dovrà mai vederci insieme. Quindi sarà una cosa davvero molto segreta >>
<< Come se io volessi farmi vedere in giro da te >>
<< Ma che palle! E stai un po’ zitta >>, esclamò esasperato.
In quel momento rimase folgorato. Perché sulle labbra di Kyra comparve per un fugace momento un sorriso felice. Un sorriso vero, e non sarcastico o di circostanza, come quelli che solitamente mostrava. Quello era sincero. Scacciò prepotentemente quell’immagine dalla sua mente. Non poteva permettersi distrazioni.
<< Continua. Non ti interrompo, più. Contento? >>, domandò sarcastica.
<< Si! >>, rispose con forza Gabriel.
Poi rimase muto. Non aveva più il coraggio di parlare. Quel briciolo che aveva scovato nell’angolo più remoto, si era consumato lasciandolo solo e in preda alla paura. Non riusciva ad andare avanti. La ragazza di fronte, alzò un sopracciglio confusa.
<< Ebbene? >>, lo incalzò.
Ingoiò a vuoto, incapace di parlare. Poi chiuse gli occhi, ancora un po’ irritati, e pensò alle parole di Adam dette quel pomeriggio. Quelle frasi gli diedero il coraggio necessario, perché quando riaprì le palpebre, guardò con forza la ragazza.
<< Vuoi diventare la mia fidanzata? >>
 
 
 
<< Vuoi diventare la mia fidanzata? >>, domandò in un unico respiro Gabriel.
Le reazioni di Kyra furono svariate.
La prima, fu di spalancare gli occhi scioccata.
La seconda, fu guardare tra i cespugli tornando alla teoria del “Candid Camera”.
La terza, fu ridere forte convinta di essere vittima dell’ennesimo scherzo.
La quarta, invece fu cominciare a temere di stare impazzendo per aver capito quell’assurdità.
La quinta, fu convincersi della veridicità di quelle parole, perché semplicemente il volto di Gabriel era troppo contratto e nervoso per poter mentire.
Stava dicendo la verità. Lui stava davvero chiedendo a lei di diventare la sua fidanzata.
Gabriel Martin.
Il ragazzo più bello del campus.
Il ragazzo che più odiava in quel campus.
Fidanzati.
Loro due.
Insieme.
“Ma stiamo scherzando?”, urlò la vocina nella sua mente, uguale a quella di Sean.
Fece un passo indietro, mettendo ancora più spazio tra i due. Non sapeva che dire, ne che fare. Perciò se ne uscì con una frase tipica del suo repertorio.
<< Ma sei impazzito? >>, esclamò scioccata. << Io e te, fidanzati? Vuoi fare venire l’apocalisse? Neanche se sulla terra restassi in vita solo tu insieme ad una scimmia, un porcellino d’india, ed uno zombie. Anzi, tra di voi sceglierei lo zombie >>.
Gabriel strinse gli occhi confuso. Quello era un commento davvero folle. Se ne rese conto anche lei, ma esprimeva in pieno il concetto.
<< Un porcellino d’india? >>, domandò scettico.
<< E’ la prima cosa che m’è venuta in mente >>, rispose scrollando le spalle, ancora agitata.
<< Senti, hai capito male >>, continuò a spiegare il ragazzo.
<< Cosa c’è di fraintendibile nella frase: “Vuoi diventare la mia fidanzata”? >>
<< Il fatto che non ti sto chiedendo di diventare la mia vera fidanzata >>, spiegò infastidito Gabriel.
A quel punto Kyra non ci capiva davvero nulla. La confusione era padrona della sua mente.
<< Ok. Ti prego illuminami, perché io sto impazzendo. E la prossima volta cambia spacciatore, perché sul serio, ti da roba avariata >>, rispose spostandosi i capelli all’indietro.
<< Senti, la questione è molto semplice. Tra due settimane, precisamente il diciotto, devo tornare a casa per due settimane. I miei rinnovano la promessa di matrimonio, e ho promesso loro che avrei portato la mia fidanzata, e che finalmente si sarebbero conosciuti >>, specificò esasperato.
<< Fantastico. Ricordo perfettamente che tu hai già la tua ragazza da presentare. Amelie! Bella, alta, bionda… ti dice niente? >>, domandò sarcastica.
<< Amelie mi ha lasciato ieri. Non ho più nessuna fidanzata da portare a casa >>.
A quel punto una lampadina si accese nella mente di Kyra, facendole cominciare a capire qual era la reale situazione.
<< Aspetta. Perciò tu mi stai chiedendo di diventare una specie di fidanzata per finta? La tua fidanzata per finta? >>, rispose accertandosi di aver capito bene.
<< Esatto. Voglio che tu diventi la mia fidanzata per finta >>, confermò Gabriel.
A Kyra sembrò che le cadessero le braccia. Non poteva dire sul serio. Non poteva davvero averle chiesto una cosa simile. Doveva per forza aver capito male. Ma quando vide la sua espressione seria, e la convinzione nei suoi occhi, comprese di non aver sbagliato.
<< Tu sei pazzo. Sei completamente fuori di testa. Non puoi credere che io accetti una simile follia >>, affermò furiosa. << Escludendo il fatto che io ti odio con tutta me stessa, e non vedo il motivo per cui dovrei farti un favore. Ma in più bisogna aggiungerci il fatto che mi stai chiedendo di mentire, per giunta ai tuoi genitori. Di ingannarli per ben due settimane, e fingere qualcosa per chissà quale motivo. Magari perché non hai il coraggio di dire che ti hanno scaricato. Non mi importa! Io non mentirò >>.
Detto ciò, si voltò e cominciò ad incamminarsi verso la sua stanza. Non poteva credere a quello che aveva sentito, e a quella proposta assurda. Era tutta una follia, e si maledisse per essere uscita quella sera. Doveva restare nel suo letto a leggere e ad ascoltare la musica, come faceva sempre.
<< Ti pagherò >>, urlò la voce di Gabriel alle sue spalle.
A quell’affermazione, Kyra si bloccò. Avrebbe tanto voluto proseguire la sua camminata, e dimenticarsi dell’esistenza di Gabriel Martin. Ma davanti ai soldi, e al bisogno che ne aveva, non poteva evitare di restare. Si voltò lentamente, guardando di sbieco il ragazzo.
<< Ti pagherò profumatamente. Spara tu la cifra >>, confermò Gabriel guardandola dritta negli occhi.
La ragazza si riavvicinò, guardinga e con l’attenzione al massimo. Doveva sfruttare bene le sue carte. Ma prima doveva togliersi un dubbio.
<< Perché io? >>.
Gabriel rimase spiazzato da quella domanda. Glielo si leggeva negli occhi. Si passò velocemente una mano tra i capelli scompigliandoli un po’. Questi ritornarono perfettamente al loro posto.
“Dannati capelli perfetti”, pensò la vocina di Sean.
<< Perché ho trovato quell’annuncio in bacheca. Perché è una situazione di merda e sia tu che io abbiamo bisogno di aiuto. Perché non posso presentarmi senza fidanzata il diciotto. Perché tu sei l’unica che non mi è mai caduta ai piedi. E sei l’unica con cui posso fare questo accordo, perché so che manterrai il segreto. E perché non ho scelta >>, rispose velocemente, guardando dritto negli occhi la ragazza.
Kyra aveva intuito che quello era il suo personale modo di far capire agli altri che diceva la verità. Se avesse distolto lo sguardo, sicuramente significava che stava mentendo o che stava nascondendo qualcosa.
<< Tremila. Voglio tremila dollari >>, esclamò di getto, senza riflettere alle sue parole.
Non poteva davvero credere di avergli proposto un prezzo assurdo. Insomma, era una cifra pazzesca. Neanche un’Escort super richiesta, avrebbe preso tanto. Ma lei non era un’Escort. Era una semplice ragazza in ristrettezze economiche, che avrebbe fatto qualunque cosa pur di poter continuare a studiare.
<< Va bene. Accetto. Avrai i tuoi tremila dollari >>, confermò Gabriel.
Kyra spalancò gli occhi. Aveva accettato! Non poteva crederci. Ora era fregata, non poteva più tornare indietro. Avrebbe mentito a delle persone. Ingannato, finto e detto bugie una dietro l’altra. Senza contare le implicazioni morali della faccenda. Si stava vendendo. Come una prostituta. D’altro canto, però, avrebbe potuto pagare la sua camera del campus alla fine di quel mese. Poi avrebbe trovato una soluzione. Le avevano dato troppo poco tempo, per racimolare una somma simile. Quella era un’opportunità che non si sarebbe più ripresentata. Perciò…
<< Andata? >>, domandò Gabriel, allungandole la mano.
Kyra la guardò preoccupata. Sembrava che stesse per fare un patto col diavolo. E in fin dei conti, non c’era molta differenza. Sospirò lentamente chiudendo gli occhi. Poi, senza più pensarci, allungò la mano ed afferrò quella del ragazzo stringendola.
<< Andata >>, confermò.
Ora non poteva più tornare indietro.
 







 

Ed eccomi qui, con un nuovo capitolo di "Una fidanzata per finta" XDXD
scusate per il ritardo, dovevo pubblicarlo la settimana scorsa, ma ho avuto problemi col computer quindi non ho potuto scrivere...
va beh, ma voi siete buoni e mi perdonate ^-^
e sopra le note di ligabue (happy hour), che sto ascoltando in questo momento, vi faccio i miei ringraziamenti per le recensioni ricevute (alle quali non ho ancora risposto, ma rimedierò presto XD) e al fatto che seguite questa storia...aumentate sempre di più!!! spero di poter avere ancora nuovi fan, per condividere con loro la storia di questi due folli che sono kyra e gabriel...e spero, ovviamente, si ricevere altre recensioni per sapere se vi piace, o se c'è qualcosa di questa storia che vorreste cambiare...
con questo capitolo, vi comunicò che cominciamo una specie di "apprendistato"...non vi spiegherò cosa significa, dovrette aspettare al prossimo capitolo U.U però da adesso, vedremo kyra e gabriel interagire di più...addirittura potrebbero esserci capitoli in cui i due stanno insieme per tutto il tempo...non vedo l'ora di vedere cosa combineranno questi due folli XDXD
vi rimando anche alla mia pagina su facebook, dove potrete trovare le immagini delle mie storie e i personaggi...e poi qualche mio avviso, oppure qualche messaggio senza senso XD... il link è questo: 
 
http://www.facebook.com/pages/Moon9292/575772655781797?ref=hl
che altro dire??? vi aspetto numerosi...
ci vediamo alla prossima!!!
un bacio
Moon9292
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Spie mancate e shopping sfrenato ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 4 - Spie mancate e shopping sfrenato

 

 

Kyra si svegliò con un gran cerchio alla testa. Le doleva profondamente il cranio, e sentiva i ricordi premere per uscire fuori. Doveva ricordare qualcosa. Qualcosa di importante.
Ma non riusciva bene a focalizzare ciò che spingeva sulla sua fronte. Poi, come un fulmine a ciel sereno, appena intravide con la coda dell’occhio i suoi occhiali neri, ricordò.
Si sedette velocemente sul letto, scioccata e con gli occhi sgranati. I ricordi della sera precedente venuti tutti a galla.
Si portò una mano alla tempia, incapace di credere a ciò che stava vedendo con gli occhi della mente. Eppure sapeva per certo che ciò che era accaduto in quel giorno appena passato, era reale.
Gabriel Martin, il ragazzo più popolare della scuola, la persona che più odiava al mondo, aveva chiesto il suo aiuto. E non solo! Le aveva offerto dei soldi. Soldi che le avrebbero permesso di pagarsi il resto della rata scolastica.
Ancora faticava a credere a ciò che era accaduto. Prese tra le sue mani la montatura degli occhiali, guardandoli con una strana tristezza. Adesso che aveva accettato, non poteva tornare più indietro. Come una tempesta, ritornò al discorso avuto nello spiazzale dietro al campus.
 
<< Andata >>, confermò.
<< Bene, ora che siamo d’accordo abbiamo giusto un paio di regole da stabilire >>, esordì Gabriel con quel suo tono saccente e superiore.
Kyra già si prospettava difficili e lunghe settimane di lavoro. Alzò gli occhi al cielo pronta ad aspettarsi il peggio.
<< Perché alzi gli occhi al cielo? >>, domandò perplesso il ragazzo.
<< Niente. Coraggio spara >>, sbuffò lei già stufa di tutta quella situazione.
<< Allora, prima cosa, come già detto nessuno dovrà sapere di noi e del nostro accordo. Ne va della mia reputazione >>
<< Non ne avevo dubbi >>, commentò sarcastica Kyra.
<< Secondo, dobbiamo studiare un racconto da propinare ai miei genitori. Ci penserò stanotte, e domani ti farò sapere >>, continuò Gabriel, ignorando la risposta della ragazza.
<< Aspetta, ora che mi ci fai pensare, i tuoi genitori sanno chi è la tua ragazza, giusto? Perché sinceramente dover fingere anche di chiamarmi Amelie è un pochino troppo >>
<< Non temere. I miei non sanno niente di Amelie. Ho raccontato loro, solo che la mia fidanzata era una modella >>, specificò lui.
<< Ok, cercherò di non indagare oltre sul fatto che hai tenuto nascosto ogni cosa alla tua famiglia. Già di per se questa storia è inquietante, se poi provo ad entrare nella tua mente rischio di perdermi nel caos >>, dichiarò caustica Kyra.
<< Continuerà ancora per molto questo tuo atteggiamento scostante? >>, domandò scocciato Gabriel.
<< Finché non partiremo per andare dai tuoi. In casa loro saprò fingere, non preoccuparti. Ma fino ad allora non mi risparmierò in niente >>
<< Fantastico, non vedo l’ora di cominciare questo nostro rapporto di lavoro >>, rispose sbuffando il ragazzo.
<< Anche io >>.
Tra i due calò il silenzio. Non sapevano che dire. Erano entrambi imbarazzati.
Kyra si rendeva conto che quella era la prima volta che parlavano da persone quasi civili. In quei anni non avevano fatto altro che punzecchiarsi e farsi scherzi come stupidi bambini.
Ma non era più tempo dei giochi. Avevano un accordo, e per quanto non le piacesse fare quel tipo di affari, Kyra doveva sottostare a tutte le regole impostatele.
<< Va bene, caliamo l’ascia di guerra per stasera e vediamo di concludere questa assurdità >>, esclamò dopo qualche minuto, sbuffando.
<< Va bene. Però tu cerca di trattenere la tua lingua biforcuta >>, rispose con un sorriso beffardo Gabriel.
<< Farò del mio meglio. Allora, prosegui con questa follia delle tue regole >>
<< Come dicevo, penserò ad una storia da raccontare ai miei genitori >>, poi il ragazzo le lanciò una lunga occhiata. La squadrò da capo a piedi. A Kyra parve di essere studiata approfonditamente. <<  Però tu non puoi decisamente presentarti in queste condizioni dai miei. Ecco perché dobbiamo lavorarci sopra. E anche parecchio, direi >>
<< Cosa c’è che non va in me? >>, domandò sbalordita e anche un pochino offesa.
Mai si era sentita inadeguata nei suoi panni. Ma con quella lunga radiografia a cui era stata sottoposta, e quel commento cattivo, cominciò a sentirsi imbarazzata.
<< Cosa c’è che non va? Praticamente tutto, Smith >>, Gabriel cominciò a girarle intorno, come avrebbe fatto un predatore con la sua cena. << La carrozzeria diciamo che può andare. Magari ha bisogno di qualche accorgimento, perciò dieta ferrea in questi giorni, chiaro? >>
<< Stai davvero dicendo che sono troppo grassa per essere la tua fidanzata? >>, ribatté sconvolta Kyra.
Come si permetteva di criticarla in quel modo. Non aveva idea di cosa aveva passato lei con il cibo. Non poteva comprendere quale passato celasse nel suo cuore.
E come avrebbe potuto? Quel ragazzo era sempre stato baciato dalla fortuna. Niente di brutto era mai capitato nella sua vita. Non avrebbe mai potuto comprendere le tragedie a cui aveva dovuto assistere.
<< No, non sei grassa. Ma sei inadeguata come modella. Ti devo ricordare il fisico di Amelie? Non pretendo che tu diventi come lei. Sarebbe impossibile >>, Kyra si morse forte la lingua per cercare di trattenere l’insulto poco elegante che voleva dirgli. Quel ragazzo stava decisamente superando ogni limite. << Però devi cercare di somigliare quanto più è possibile ad una modella. Credi di poterci riuscire? >>
<< Farò del mio meglio >>, sibilò tra i denti, stringendo i pugni e portando il suo sguardo tagliente negli occhi ancora arrossati di Gabriel.
<< Bene, non chiedo di meglio. Comunque non finisce qui. Sei completamente inadeguata. E non solo parlando di fisico, ma anche nell’atteggiamento e nei vestiti. Perciò dovremo andare a fare shopping in qualche boutique di alta modo >>
<< Che pensiero carino rinnovarmi il guardaroba. Sfortunatamente io non ho i soldi di papà. Non posso permettermi di fare shopping in centro. Il massimo a cui posso aspirare è il mercatino dell’usato >>
<< Mamma mia, ci sarà da lavorare molto, temo >>, sbuffò scoraggiato Gabriel, portandosi una mano alla fronte.
Kyra non riuscì a trattenersi più. Perciò gli diede un piccolo pugno sul braccio. Giusto per fargli capire che lei ci sentiva benissimo, e che non apprezzava quei commenti.
Gabriel la guardò sconvolto, andando a massaggiare la parte lesa.
<< Che diavolo ti prende ora? >>, domandò scioccato.
<< Questo perché non stai facendo altro che offendermi. Negli ultimi sette minuti, hai praticamente smontato ogni parte del mio essere. ‘E il fisico così’, ‘E i vestiti non vanno bene’, ‘E l’atteggiamento va corretto’. Ma insomma, che diamine ti fidanzato sei, eh? >>, esclamò cercando di trattenere la furia che aveva in corpo.
Gabriel la fissò perplesso, non riuscendo a capire che diavolo le stesse succedendo. Poi, un sorriso divertito comparì sul suo viso. Kyra non capiva cosa c’era da ridere, ma si rendeva conto che la situazione era abbastanza folle.
<< Che fidanzato sono? Solitamente cerco di trattenere questi commenti con le ragazze con cui sto uscendo. Ma credo che tu debba ricordare che il nostro non è un vero fidanzamento >>
<< E io ti ricordo che sei nella merda totale con la tua famiglia. Perciò mi aspetto un trattamento un filino migliore, se ti è possibile >>
<< Da domani sarò il fidanzato perfetto. Ma stasera devo fare i conti con il lavoro che mi aspetta >>, sbuffò Gabriel.
<< Sei esasperante, te lo hanno mai detto? >>, domandò velenosa la ragazza.
<< Si. E a te hanno mai detto che sembri una vecchia zitella? >>.
I due si fissarono con astio. Non c’era niente da fare.
Kyra sapeva perfettamente che l’ascia di guerra non sarebbe mai calata tra i due. E perciò quelle settimane insieme sarebbero state un continuo provocare e offendere.
<< Va bene, mi arrendo. Voglio andare a letto. Perciò finisci di analizzarmi, Sherlock >>, lo esortò la ragazza.
<< Grazie Watson. Allora come stavo dicendo ti serviranno altri vestiti… >>
<< E come io ti ho già spiegato, non posso permettermi capi d’alta moda >>, ribatté scocciata Kyra.
<< Dannazione, stai un po’ zitta! Te li pago io questi maledetti vestiti, va bene? >>, sbottò nervoso Gabriel.
<< Certo che no! Ho accettato di essere la tua fidanzata per finta, ma santissimi numi, ho ancora una dignità. Non mi farò trattare come una prostituta qualsiasi, chiaro? >>
<< Smith, ti prego, non fare la melodrammatica. È soltanto una parte. Appena finisce tutta questa storia, mi restituirai i vestiti, così io o li andrò a portare indietro facendomi ridare i soldi oppure li regalo. Io non ho problemi di questo genere. La mia coscienza è apposto >>
<< Wow, sei davvero un gentiluomo. Regalare vestiti usati …decisamente appropriato per i tuoi standard >>
<< Non mi serve la tua predica. Allora, accetti oppure la finiamo qui? >>domandò beffardo Gabriel.
Kyra purtroppo dovette mandare giù il rospo che aveva in gola. Avrebbe tanto voluto urlare che non le andava bene, che saltava tutto l’affare. Ma la verità era che aveva bisogno di quei soldi. Non poteva semplicemente girare la faccia dall’altra parte. Perciò per quelle tre settimane e mezzo avrebbe dovuto ignorare il suo orgoglio.
Prese un profondo respiro, e alla fine annuì.
<< Va bene, d’accordo mi comprerai dei nuovi vestiti. Ma li sceglieremo insieme, chiaro? Non mi vestirai come una barbie. E scordati il rosa >>, aggiunse, puntando contro al petto del ragazzo un dito minaccioso.
<< Va bene, niente rosa >>, confermò Gabriel alzando le mani in segno di resa.
<< Fantastico. Che altro, padrone? Cosa c’è che non le garba nel mio aspetto? >>
<< Il fatto che non ti trucchi. Dovrai imparare in fretta perché quando saremo dai miei, dovrai essere impeccabile sotto questo punto di vista >>
<< Che bello. Imbratterò la mia faccia con delle tinture cancerogene, e che mi renderanno ridicola al cento per cento. Evviva! Non vedo l’ora >>, commentò caustica la ragazza.
Gabriel alzò gli occhi al cielo, ma non replicò a quel commento. Kyra sospettava che il ragazzo stesse cominciando a fare l’abitudine alle sue risposte sarcastiche.
<< Altra cosa, e poi concluderemo, procurati delle lenti a contatto, perché i tuoi occhiali stai pur certa che non arriveranno all’aeroporto >>.
Kyra sperò di aver sentito male. Trattenne il fiato, pregando in tutte le lingue del mondo che la figura davanti ai suoi occhi stesse scherzando. Che volesse solo metterla alla prova. Ma quando capì che Gabriel stava dicendo sul serio, trattenne rumorosamente il fiato. Il cuore cominciò a battere forte, ed il panico andava ad aumentare.
<< No, questo no. Mi dispiace, tutto ma non questo >>, esclamò agitata.
<< Niente da fare, Smith. Gli occhiali li voglio fuori gioco >>, rispose con forza il ragazzo.
<< Gabriel, tu non capisci. Io non posso fare a meno di questi occhiali, chiaro? >>
<< Per due settimane invece non li userai. E se fossi in te, comincerei a portare le lenti a contatto già da ora, così ti abituerai alla sensazione >>
<< Non mi interessa cosa dici, o cosa farai per convincermi. Gli occhiali restano >>, rispose con foga.
<< Devo ricordarti che sei in ristrettezze economiche, e che probabilmente i tremila dollari che hai chiesto ti servono per l’università? >>, domandò con profonda cattiveria il ragazzo. Un sorriso bastardo spuntò su quel suo viso troppo perfetto. Kyra si sentì in trappola. << Se non accetti questa condizione, l’accordo salta. Ci siamo spiegati, Smith? A me non interessa il motivo per cui sei profondamente legata a quella specie di impalcatura che ti ritrovi sul naso. A casa mia non entreranno. Fine della questione. Qualcosa da ribattere? >>.
La ragazza capì che Gabriel aveva studiato, nel giro di pochi minuti, quali carte giocare per farla cedere. Perché sapeva che senza quei soldi lei era spacciata. E usare quel ricatto, l’avrebbe messa con le spalle al muro. Perciò, per l’ennesima volta, mandò giù l’orgoglio e si trovò ad annuire. Non poteva permettersi di essere schizzinosa. Ma questa volta la questione era davvero seria. Doveva trovare un modo per sopravvivere senza i suoi occhiali.
Doveva essere preparata ad affrontare due settimane senza il suo scudo protettivo. Perché per lei questo erano i suoi occhiali. Un riparo dal mondo esterno. E senza era incredibilmente vulnerabile.
Gabriel, dal canto suo, rise vittorioso. Kyra decise che per quella sera aveva vinto una battaglia ma non la guerra.
Sarebbe stata la fidanzata per finta più difficile ed ingestibile al mondo. Gli avrebbe reso la vita un vero inferno, in quelle tre settimane e mezzo.
<< Bene, ora che ci siamo messi d’accordo, andiamo a dormire. Domani ti manderò un messaggio per farti sapere a che ora ci vediamo e soprattutto dove >>, esclamò entusiasta il giovane.
<< Va bene. Attenderò con ansia il tuo messaggio della buonanotte >>, rispose sarcastica Kyra.
Gabriel ignorò quel commento. Si girò, e andò verso casa sua lasciando la ragazza nello spiazzale. Sola e con l’orgoglio fatto a pezzi.
 
Kyra sospirò tristemente. I suoi occhiali non le erano mai sembrati così indispensabili come in quel momento. Sapeva che entro pochi giorni avrebbe dovuto guardare il mondo senza schermo, e non sapeva se era pronta.
Si alzò lentamente, sperando di rimandare il momento in cui sarebbe dovuta uscire dalla sua camera. Sapeva che, appena messo un piede fuori dalla porta, avrebbe dovuto fare i conti con il suo accordo.
Perciò si lavò con molta calma, indugiando in pratiche che solitamente non si concedeva. Pettinò più volte i capelli, senza un reale motivo. Scelse con maggiore attenzione i vestiti da indossare. Andò nella cucina per fare la sua abbondante colazione, impiegando più tempo del previsto.
Ma quando guardò l’orologio da polso, si rese conto che i suoi tentativi di rimandare tutta quella situazione, erano stati vani. Le lancette segnavano le otto meno dieci. Un tempo da record per lei, che solitamente usciva sempre all’ultimo minuto.
Sospirò affranta, preparandosi ad affrontare una nuova giornata di lavoro.
 
 
 
Gabriel arrivò più tranquillo quella mattina al campus.
Finalmente, dopo due giorni di agonia, quel mercoledì poteva respirare un po’ più liberamente. Non che i problemi fossero stati risolti, ma era già un passo avanti.
Amelie era partita il pomeriggio precedente, quindi nessuno sapeva della loro rottura.
Avrebbe semplicemente finto che le cose tra di loro andavano bene, e poi alla fine di quel mese avrebbe dichiarato di aver lasciato la ragazza.
Ma aveva altri problemi da affrontare.
Aveva riflettuto tutta la notte per cercare di trovare una storia credibile da raccontare a i suoi genitori. Una storia che avrebbe fatto capire quanto profondo era l’amore tra lui e la sua “fidanzata”. Ma non era riuscito ad escogitare nulla. Semplicemente perché ogni cosa che gli veniva in mente era banale e già sentita. Lui aveva bisogno di inventarsi qualcosa di originale e credibile.
In più doveva lavorare sull’atteggiamento della Smith, e sul suo portamento. Dovevano andare anche a fare shopping, e poi avrebbero dovuto sicuramente parlare per mettersi d’accordo su determinate questioni.
Come per esempio quanto in la fisicamente poteva andare. Non poteva presentarsi a casa dei suoi, e poi non tenere neanche la mano alla sua presunta fidanzata. Perciò c’erano ancora dei punti da chiarire. Ma non quella mattina. Quella mattina di mercoledì, voleva solo rilassarsi e non pensare a niente, come aveva sempre fatto.
Ma appena mise piede nello spiazzale più ampio del campus, vide in lontananza Kyra. Aveva un cappello grigio calato su tutta la fronte. I capelli schiacciati, incorniciavano il viso pallido e magro. Gli occhiali neri risaltavano per via della sua pelle nivea. Un maglione grigio abbinato al cappello, le scendeva lungo i fianchi, abbondante. Sicuramente era di qualche taglia superiore. I jeans chiari, larghi e consunti, strappati in più punti sul ginocchio erano davvero tristi, e le scarpe da ginnastiche rovinate e vecchie ormai, rendevano l’insieme davvero patetico.
Gabriel sospirò affranto. Aveva scelto un soggetto davvero difficile. Ci sarebbe voluto un miracolo per poter rendere quella specie di brutto anatroccolo, quantomeno decente.
La sua vocina interiore gli urlava quanto superficiale ed egoista fosse. Ma non poteva badarci. Aveva da portare a termine una missione: far diventare umana la Smith! Ne andava del suo orgoglio, e poi le avrebbe fatto certamente un favore a renderla più presentabile. Scosse la testa, vergognandosi un po’ per quei pensieri e un po’ perché avrebbe dovuto andare in giro con la ragazza. Prese il cellulare dalla tasca dei suoi jeans perfetti, stretti e all’ultima moda, e le mandò un messaggio:
“Ci vediamo alle 13:00 nella biblioteca del campus. Nel reparto astrologia. Non saremo visti li”.
Infilò nuovamente il telefono nella tasca del suo jeans, e riprese a camminare dirigendosi verso la sua prima lezione. Dopo pochi passi sentì una vibrazione provenire dalla sua gamba. Guardò il display del suo cellulare trovandoci un nuovo messaggio.
“Agli ordini mio padrone. Vuole che le porti qualcosa da mangiare? Magari all’altezza della sua reale persona, oppure preferisce una ballerina del ventre?”
Gabriel sbuffò mentalmente. Si trovò a pensare che quella ragazza avesse una lingua davvero biforcuta. Altro che serpente!
“Non temere per il mio pranzo. Sono abituato ad essere servito dalla servitù. Per la ballerina invece ci farei un pensierino”
Rimise il telefono in tasca, pensando che la conversazione fosse chiusa. Ma neanche due passi, risentì la classica vibrazione.
“Mio padrone, non potrei mai deluderla. Accontenterò ogni suo desiderio, visto che gli accordi prevedono che baci la terra su cui cammina. Per quanto riguarda l’anonimato della biblioteca, potrebbe farle piacere se indossassi un burka? Così nessuno mi riconoscerebbe”
Il ragazzo si trovò a sorridere a quel commento. Ma non appena si rese conto dell’espressione sul suo viso, si congelò sul posto. Da quando lui mandava messaggi alla Smith? Da quando scherzavano e si comportavano come vecchi amici? Che diavolo stava succedendo?
Probabilmente la fine del mondo era davvero giunta, perché mai nella sua vita avrebbe pensato di trovarsi in una situazione simile. Però, a malincuore, doveva ammettere che era stimolante avere a che fare con Kyra. Era una ragazza imprevedibile. Bisognava sempre stare attenti ai suoi atteggiamenti, e alle risposte da darle. Poteva diventare simpatica, o poteva avvelenare chiunque le stesse accanto con una sua risposta sarcastica. Era una continua giostra, e non sapeva se aveva già la nausea o poteva ancora resistere. Ciò di cui era certo, era che alla fine di quelle settimane avrebbe dato di stomaco per mesi interi.
“Si, mi farebbe stare davvero tranquillo vederti con un velo. Mille grazie per la tua premura”
Rispose velocemente, sperando di scacciare via quei sentimenti strani che stava cominciando a provare. Aveva sempre trovato stimolante avere delle nuove sfide, ma la Smith non poteva essere una di queste. Appena scadute le tre settimane e mezzo, i rapporti tra loro sarebbero tornati quelli di sempre. Avrebbero ripreso ad ignorarsi e a punzecchiarsi. Non poteva certo permettersi di affezionarsi o stronzate simili.
Lui era Gabriel Martin! Non si arrendeva a nessuno, tantomeno si sarebbe prostrato ai piedi di quella ragazza sfacciata. Una nuova vibrazione attirò la sua attenzione.
“Sempre a disposizione mio padrone. Ci vediamo alla biblioteca alle 13:00. Io sarò quella coperta da capo a piedi. Nessuno mi noterà”
Nonostante i suoi propositi, il sorriso riapparve sul suo viso.
Appena scoccò l’una precisa, Gabriel si affacciò alla biblioteca. Si guardò intorno con fare furtivo, quasi come fosse un ladro.
Si rendeva conto di essere ridicolo ad occhio esterno. Ci mancava solo che indossasse una tutina nera alla Diabolik, e poi davvero aveva toccato il fondo. Ma non poteva permettersi spettatori indesiderati. Doveva essere certo che la sua reputazione fosse al sicuro.
Lanciò nuovamente un’occhiata sia alla sua destra che alla sua sinistra, ma l’unica figura presente era la bibliotecaria cinquantenne svampita e sorda da un orecchio. Si domandò come fosse possibile che, per quel genere di lavoro, prendessero sempre persone dello stesso genere. Per superare il colloquio, dovevano avere uno standard prefissato, visto che tutte le bibliotecarie con cui aveva avuto a che fare da quando andava a scuola, erano vecchie, brutte, con occhiali a fondo di bottiglia e sorde come campane. Magari facevano parte anche di un club, fondato per darsi sostegno nelle loro sventure.
Sorrise mentalmente. Poi riportò la sua attenzione all’orologio appeso alla parete, e notò che era in ritardo di due minuti. Non poteva perdere altro tempo.
Perciò si accovacciò per bene e cominciò a strisciare verso i primi scaffali ricolmi di libri. La biblioteca era una tra le più grandi del paese. Occupava uno stabilimento intero, ed era strutturata su due piani. Avevano libri di ogni genere, ed erano catalogati per sezione. Ma per tipi come lui, quel posto era diviso in quattro zone.
Zona 1: quella centrale, dove vi erano i banchi e i computer da lavoro. Una zona frequentata dai secchioni.
Zona 2: il reparto scientifico, dove ci si andava per ridere e scherzare con gli amici quando non ti andava di stare sotto gli occhi di tutti.
Zona 3: il reparto gastronomico, dove ci si andava quando si voleva amoreggiare con la propria compagna. Lui ed Amelie avevano battezzato molti scaffali.
Zona 4: il reparto astrologia, dove ci si andava quando si voleva restare soli, senza che il mondo sapesse della tua esistenza.
Era il reparto adatto per pensieri profondi, oppure quando si era tristi e si voleva restare soli. Nessuno ci andava mai perché era la zona più in penombra della biblioteca. Anche se adatta per amoreggiare, quel luogo metteva i brividi. Non vi erano finestre, ne luci particolarmente forti. Se si restava per più di mezz’ora tra quei alti scaffali, al secondo piano, si rischiava di soffocare o di essere presi da un attacco di panico.
Gabriel non ci andava mai. Non ne aveva mai avuto il motivo. La sua vita perfetta non prevedeva momenti di sconforto o profondi pensieri su questioni importanti. La sua superficialità batteva qualsiasi cosa. Ma negli ultimi tre giorni, la sua vita non era stata esattamente ordinaria.
Camminò silenzioso e in punta di piedi tra i vari reparti, evitando accuratamente le zone più frequentate. Aveva evitato di incontrare la bibliotecaria, ma non sapeva se nei paraggi ci fosse qualcun altro, sebbene fosse l’orario di pranzo. Si girò attorno più volte, con le orecchie aperte pronto a captare qualsiasi rumore sospetto.
<< Ehi Diabolik >>, lo chiamò una voce divertita alle sue spalle.
Gabriel si voltò di scatto, spaventato e col cuore in gola. Temeva di incontrare qualche sua conoscenza pronto a fare domande indiscrete. Invece davanti ai suoi occhi vi era Kyra Smith intenta ad attenderlo tra due scaffali vicino alla balconata che affacciava al primo piano. Un sorriso beffardo in volto e lo sguardo a metà tra il divertito e il perplesso. Si diede uno schiaffo mentale. Aveva fatto la figura dell’idiota.
<< Da questa parte >>, lo invitò la ragazza procedendo attraverso quella specie di labirinto.
Proseguirono in silenzio, avviandosi vero la zona 4. Gabriel si stava ancora maledicendo per quella gaffe assurda. Da quando aveva a che fare con quella ragazza, ne aveva combinate una dietro l’altra. Prima nascondersi tra le siepi, poi la questione dello spray. E adesso il suo atteggiamento da ladro di terza categoria! Era diventato un pagliaccio ambulante. Si riscosse dai suoi pensieri quando arrivarono alla fine della biblioteca, nel reparto di astrologia. Era davvero sinistro ed inquietante. Le luci soffuse e le mancate vie d’uscita davano una sensazione di oppressione.
Gabriel si sentiva a disagio tra quei scaffali alti. Invece, lanciando un’occhiata alla ragazza davanti a se, si rese conto che Kyra era tranquilla. Troppo tranquilla! Quasi come se quell’ambiente fosse la sua vera casa.
Poi notò che sul pavimento vi era una coperta, vari libri impilati uno sopra l’altro, un lettore mp3 vecchio di parecchi anni, e quaderni aperti pieni di parole.
<< Accomodati, padrone. Ho preparato la nostra stanza privata >>, affermò sarcastica la ragazza rompendo il silenzio creato.
A Gabriel sembrò di sentire l’eco in quel posto. Vide Kyra sedersi sulla coperta e spostare di lato i vari quaderni, facendo spazio. Prese un profondo respiro, e la imitò accomodandosi di fianco a lei, ma cercando di starle il più lontano possibile. Non sapeva il perché, ma non voleva essere toccato dalla Smith.
<< Scommetto che in passato eri un’agente della CIA. Con tutte quelle mosse che ho visto all’entrata, dovevi essere anche uno piuttosto bravo >>, scherzò Kyra.
<< Non prendermi in giro. Stavo verificando che non ci fosse nessuno nei dintorni >>, rispose stizzito Gabriel.
Odiava l’idea di essersi fatto beccare in quel frangente. Doveva essere sembrato così ridicolo.
<< Qualcuno nei dintorni? Devo ricordarti che è ora di pranzo? >>
<< E allora? >>
<< Allora in questo posto, a quest’ora, non c’è mai nessuno. Solo la bibliotecaria, che come avrai notato non è proprio il miglior segugio al mondo >>, affermò sarcastica la ragazza.
<< Beh, non sono molto pratico. Qui ci vengo solo per pomiciare >>, esclamò Gabriel con un’alzata di spalle.
<< Immaginavo. Beh, per la cronaca qua la gente viene sempre tra le quattro e le sette. La mattina è raro che ci sia qualcuno. E nessuno viene durante l’ora di pranzo. A meno che non si è nel periodo d’esami. Allora qui diventa un po’ come la mensa scolastica. Piena di gente a qualsiasi ora >>
<< Lo terrò a mente. Grazie per la lezioncina >>.
I due poi rimasero in silenzio per qualche minuto. Gabriel aveva sempre odiato il silenzio. Lui era fatto per parlare, per ridere e per dire anche la più stupida delle scemenze. Ma restare muto insieme ad un’altra persona lo rendeva inquieto. Anche quando faceva sesso con le ragazze, in qualche modo doveva evitare vuoti di parole. Era più forte di lui. Si sentiva come una strana patina d’inquietudine addosso, quando non vi era alcun rumore intorno. L’imbarazzo lo faceva quasi stare male. Era come se si sentisse inadeguato, in qualche modo. Quasi come se la gente non lo ritenesse all’altezza, incapace di sostenere una qualsiasi conversazione.
<< Beh, allora… tu vieni spesso qui? >>, domandò agitato sperando di riprendere il dialogo.
<< Stai davvero chiedendomi se passo qui le mie giornate? >>, rispose scettica Kyra.
<< Era per fare conversazione >>, affermò risentito il ragazzo.
Decisamente la Smith non voleva aiutarlo in alcun modo.
<< Senti, non siamo qui per interagire come due veri fidanzatini. Dobbiamo lavorare, se non erro. Dunque …spara, qual è la nostra storia >>, lo esortò Kyra.
Gabriel la fissò per qualche secondo perplesso. Che blaterava, adesso! Poi gli venne in mente la chiacchierata avuta la sera precedente, e la sua intenzione di creare una storia da propinare ai suoi genitori.
<< Ah, già la storia. Mi dispiace ma non mi è venuto in mente nulla >>, rispose con un’alzata di spalle.
Quando era nel torto, o si sentiva imbarazzato, cercava sempre di uscire fuori da quella situazione scomoda con una scrollata di spalle. Quasi come se così facendo, potesse togliersi da dosso la sensazione di disagio.
<< Non ti è venuto nulla in mente? Davvero? Sei sul serio pessimo >>, esclamò con uno sbuffo la ragazza.
<< Senti, cosa vuoi da me. Non sono un campione di queste cose. Non creo storie, io. Sono uno più dai fatti concreti. E poi non riuscivo a trovare nulla di adatto per noi due >>
<< Adesso siamo diventati ‘noi’? >>
<< Ma tu non ti stanchi mai di essere una biscia?! >>, esclamò esasperato Gabriel.
Non ne poteva più di quell’atteggiamento, ed erano stati insieme per neanche ventiquattro ore. Come avrebbe mai potuto resistere per altre tre settimane? Proprio non lo sapeva.
<< D’accordo. Va bene. Ragioniamo! Cerchiamo di essere persone mature ed intelligenti, che stipulano un contratto. In fin dei conti studiamo questo >>, rispose con ritrovata calma Kyra.
<< Va bene. Allora troviamo una soluzione, perché ti posso assicurare che io ci ho pensato sopra per tutta la notte, ma non riuscivo a creare niente di nuovo ed originale. E soprattutto credibile >>
<< La peggiore che ti è venuta in mente? >>, domandò curiosa la ragazza.
<< Io che ti salvo da un cavallo imbizzarrito. Poi ti prendo tra le braccia e ti porto nel mio appartamento per offrirti la cena, e li ti chiedo di restare al mio fianco per sempre >>, raccontò caustico Gabriel.
I due, poi, si fissarono negli occhi ed, incapaci di controllarsi, scoppiarono a ridere. Era una situazione inverosimile. Lui, Gabriel Martin, seduto nel bel mezzo dell’ora di pranzo, in biblioteca a ridere con Kyra Smith, sua acerrima nemica, nonché compagna di sventura in quello strano accordo.
Qualcosa non doveva più funzionare nel mondo. Perché tutta quella storia non aveva senso.
Eppure era davvero li, seduto su di una coperta in biblioteca, a sogghignare con la ragazza. E cosa ancora più strana era che si sentiva davvero bene. In pace con se stesso. Quello era il posto in cui doveva stare in quel momento. Non vi erano altri luoghi dove avrebbe potuto trovare una pace simile. Si riscosse dai suoi pensieri, cercando di tornare serio, e vide Kyra cercare di fare la stessa cosa.
<< Certo che non hai una buona fantasia. A quanto pare hai fatto bene a scegliere di diventare avvocato >>, commentò più allegra la ragazza.
<< Oh, mia cara, ci sono tante cose che non sai di me >>, rispose con fare misterioso.
Il sorriso dal volto dei Kyra sparì lentamente, sostituito da una nuova consapevolezza. Gabriel rimase sbalordito. Sia perché non si aspettava un simile cambio d’umore, sia perché era riuscito a distinguere quei cambiamenti dal viso seminascosto della ragazza.
<< Che c’è? >>, chiese improvvisamente agitato.
<< C’è che credo di aver capito perché non sei in grado di creare una storia che possa andare bene. E anche perché neanche io possa farlo >>, affermò Kyra sospirando stancamente.
<< Ovvero? >>
<< Ovvero …ah, non posso credere di stare per dire una cosa simile >>, sbuffò, grattandosi nervosamente la testa. << Ovvero non possiamo creare nulla, perché non ci conosciamo >>.
Gabriel rimase per qualche momento spiazzato. Non riusciva a collegare tutti i pezzi di quell’intricato puzzle, ma sapeva per certo che la soluzione non gli sarebbe piaciuta. E, per sua immensa sfortuna, era l’unica possibile.
<< Potresti cercare di spiegarti in un linguaggio un po’ più semplice. Sai, il mio cervello da agente della CIA non arriva a certe cose >>
<< Sto dicendo che non puoi creare la storia del nostro amore, perché non mi conosci. Niente ti sembrerà mai adatto. Questo è il problema >>
<< Mi stai dicendo che la mente umana, la nostra per l’esattezza, è talmente incasinata da non riuscire a creare qualcosa di così stupido come una finta storia, solo perché non ti conosco? >>, domandò perplesso e anche scioccato il ragazzo.
<< Proprio così. Non sapendo nulla sul mio conto, niente ti sembra adatto. Tu dici rosso, però per me può essere verde, giallo, blu, nero, viola …e il tuo cervello lo sa che io potrei dire un altro colore, e questo ti manda fuori gioco. Se tu mi conoscessi, almeno un minimo, saresti più sicuro sulle scelte da prendere per entrambi >>, spiegò Kyra con ovvietà.
E Gabriel davvero voleva contestare questa sua supposizione. Desiderava ardentemente poter dire il famoso “ma”, però aveva ragione. Lui non riusciva a creare una storia calzante, perché vi erano troppe variabili. E anche se affermava che a lui, di Kyra Smith, importava meno di una scarpa bucata, la verità era che quella situazione coinvolgeva entrambi. Perciò volente o nolente, avrebbe dovuto conoscerla un minimo.
<< Ok, diciamo che hai ragione. Cosa proponi >>, esclamò Gabriel cercando di essere il più accomodante possibile.
<< Ah, ed io che pensavo di renderti la vita difficile in queste settimane >>, sospirò la ragazza, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Grazie, davvero troppo gentile. Già questa situazione è esasperante, se poi ti ci metti anche tu, diventa impossibile >>
<< Taci, sto riflettendo >>, rispose velocemente Kyra, alzando una mano. Poi, dopo qualche minuto, il suo volto si illuminò. Gabriel poteva giurare di aver visto la classica lampadina accendersi. << Ci sono. Facciamo un gioco >>
<< Cosa? >>, esclamò sconvolto. Evidentemente la lampadina doveva funzionare male.
<< Un gioco. Anzi, il gioco. Io dico una cosa, ed entrambi diamo la prima risposta che ci viene in mente. Tipo colore preferito, ed io urlo rosso e tu blu. Chiaro? >>, spiegò con entusiasmo la ragazza.
Gabriel la guardava come avrebbe guardato un manico scappato da un ospedale. Però, in una certa misura, quel suo entusiasmo era contagioso.
<< Tu davvero mi stai proponendo di fare questo gioco da bambini? E poi cos’è quest’ossessione per i colori? >>
<< Si, ti sto proponendo di fare questo gioco da bambini. Lo facevo sempre con il mio migliore amico, per tenerci aggiornati sui nostri gusti mutevoli. E poi non sono ossessionata dai colori. È l’esempio più facile e calzante che mi viene in mente. Vuoi denunciarmi? >>, rispose stizzita Kyra.
Gabriel alzò le mani in segno di resa. Un nuovo sospiro nacque tra le sue labbra.
<< Va bene. Facciamo questa cazzata. Tanto non ne caveremo un ragno dal buco >>
<< Bene, mi piace questo tuo ottimismo. Fa sperare nel futuro >>, esclamò ironica la ragazza. Poi si sistemò meglio sulla coperta, volgendosi con il busto verso Gabriel. << Allora cominciamo …dunque se dico libro preferito cosa rispondi >>.
Gabriel non poteva credere di stare facendo una stupidaggine simile. Ma ormai aveva dato il suo consenso, tanto valeva approfittarne. Perciò senza rifletterci molto, rispose.
<< “Il giro del mondo in 80 giorni” >>.
Quello che però non si aspettava era la stessa identica risposta data dalla ragazza, in contemporanea.
I due, infatti, si fissarono stralunati, incapaci di credere alle proprie orecchie. Avevano appena affermato di amare lo stesso libro?
<< Davvero ti piace Verne? >>, chiese dubbiosa Kyra.
<< A chi è che non piace. Era un visionario per i suoi tempi, e quella storia ha dell’incredibile >>, rispose con convinzione Gabriel.
<< La cosa mi sta spaventando. La pensiamo allo stesso modo >>.
I due si fissarono per lunghi attimi, incapaci di dire altro. Quello era un aspetto che Gabriel non aveva considerato: avere qualcosa in comune con la ragazza.
Era convinto che i loro gusti fossero completamente agli antipodi. E invece scopriva che avevano la stessa passione per Verne. Scosse la testa cercando di cacciare via quei pensieri. Sicuramente era stato un caso. Una rara eccezione.
<< Colazione, pranzo, cena, spuntino. Quale preferisci >>, domandò Gabriel.
Era convinto di aver fatto la domanda giusta. Nessuno poteva condividere la sua stessa passione per quel momento particolare della giornata. Nessuno sano di mente, almeno.
<< Colazione >>, risposero contemporaneamente.
Ecco, come non detto! Il ragazzo sentiva crescere sempre di più l’ansia in se. Non poteva credere che avessero in comune già due cose. E dall’espressione che aveva sul volto, anche Kyra doveva essere dello stesso avviso. Entrambi erano increduli.
<< Perché la colazione? >>, chiese il ragazzo cercando di capire.
<< Perché fin da piccola era un momento che condividevo con mia madre. Mi preparava sempre qualcosa di buono, ed io ho associato quel pasto alla sua immagine. Tu perché invece? >>
<< Io l’ho sempre visto come un momento in famiglia. In casa mia tutti andavano sempre di corsa. L’unico momento della giornata in cui eravamo tutti presenti era proprio la colazione >>.
I due continuarono a fissarsi, studiandosi a vicenda. Stavano cercando di capire se l’altro mentiva o diceva la verità. Ma l’analisi confermò quanto detto.
<< Che preferisci mangiare la mattina? Io pancake con una cascata di sciroppo d’acero >>, domandò improvvisamente curioso Gabriel.
Non sapeva perché, ma la sua vocina interiore voleva sapere.
<< Io adoro farcire due fette di pancarrè con la marmellata, la nutella e il burro d’arachidi. Il tutto condito con una buona tazza di caffè >>, rispose con calma Kyra.
Una calma che, Gabriel notò, non aveva mai mostrato in sua presenza. Anzi, non aveva mai mostrato prima. Era come se la vera personalità di quella ragazza stesse emergendo fuori. Era qualcosa di strano da vedere, quasi come un evento unico al mondo. Infine, il ragazzo si riscosse. Non era decisamente il luogo adatto per fare certi pensieri. Doveva tenere bene a mente una cosa: lui odiava Kyra Smith.
E nonostante condividessero due cose in comune, non avrebbe mai permesso ad un altro sentimento di prendere il sopravvento.
<< Canzone preferita >>, esclamò la ragazzo, cogliendolo di sorpresa.
<< Non ce l’ho >>, affermò Gabriel.
<< Come non ce l’hai. Tutti hanno una canzone a cui sono particolarmente legati >>
<< Non io. Io non ho mai avuto un momento particolarmente emozionante della mia vita a cui legare una canzone. Certo ci sono stati momenti esaltanti, ma non ‘quei’ momenti. Capisci che intendo? >>
<< Si, però è triste come risposta. Perché questo significa che nella tua vita non c’è stato un singolo momento che ti ha portato a pensare: “è valsa la pena di vivere solo per questo” >>, rispose con sincero interesse Kyra.
<< Non è detto che una canzone ti riporti ad un momento bello. Potrebbe portarti anche alla mente brutti ricordi, non credi? >>, replicò Gabriel.
Era stupito da se stesso. Non aveva mai fatto discorsi simili con nessuno. Forse solo con Adam si era avvicinato ad un qualcosa di analogo. Poi la sua vita era stata sempre costellata da momenti divertenti ed euforici. Ma niente di reale e concreto. Niente di veramente importante.
Improvvisamente cominciò a sentire un vuoto che aveva dentro. Un vuoto che mai prima di allora aveva avvertito. E questo lo spaventò molto. Non era abituato a sentirsi vulnerabile, a mettersi in gioco e a riconsiderare il suo modo di vivere. A lui le cose piacevano esattamente così com’erano. Poi però una domanda prese il sopravvento. Era curioso. Voleva sapere.
<< Tu quindi hai una canzone preferita? >>
<< Certo. “Fuckin’ Perfect” di Pink >>, confermò Kyra con un sorriso.
Gabriel aggrottò le sopracciglia confuso. Non credeva di poter sentire una risposta simile. Era convinto che la ragazza fosse più il tipo da canzoni sentimentali d’altri tempi, oppure che passasse il suo tempo ad ascoltare i CD di Celine Dione. Invece doveva ricredersi su tutto. Kyra Smith non era affatto come la immaginava.
<< Sul serio? >>
<< Si, perché? Cosa c’è di male? >>
<< E che non credevo ascoltassi roba simile. Pensavo avessi un genere preferito di musica, tipo qualcosa molto dark, e deprimente >>
<< Io non ho un genere preferito. Mi piace ascoltare qualsiasi tipo di musica, purché mi inspiri qualcosa. Può essere una canzone rap, come anche una canzone romantica. Spazio molto in questo campo >>, spiegò con semplicità la ragazza.
<< Va bene, e quale parte della canzone la senti più adatta a te? >>, chiese Gabriel sinceramente interessato all’argomento.
<< Non è questo il gioco. Non stiamo cercando di scoprire il nostro passato, ma cerchiamo di vedere quali punti abbiamo in comune. Anche se in realtà, ero convinta che non ne avessimo neanche uno >>
<< Su questo mi trovi d’accordo, Smith. A quanto pare non sei così malaccio. Forse una possibilità posso dartela, ma solo per queste settimane. Dopodiché tu ed io torneremo ad odiarci, sia chiaro. Non voglio che il mondo finisca per colpa nostra >>
<< Assolutamente. Concordo parola per parola, Martin. Tranne la parte in cui dici che non sono malaccio, perché io continuo ad avere una pessima opinione sul tuo conto >>
<< Mi sembrava strano che non tirassi fuori il tuo lato da serpente velenoso. Penso che da oggi ti chiamerò Kaa >>, affermò sarcastico Gabriel.
<< Kaa? Chi diavolo è Kaa? >>, chiese perplessa Kyra.
<< Ma come non hai masi visto “Il libro della giungla”? E’ il serpente che tenta di mangiarsi Mowgli >>.
La ragazza lo guardò negli occhi, quasi come se stesse cercando di capire quanta sanità mentale conservasse. Poi scoppiò a ridere sinceramente divertita. Gabriel, trascinato dagli eventi, si ritrovò a condividere quella strana euforia.
<< Tu sei davvero pazzo >>, esclamò Kyra tra una risata e l’altra.
<< E tu hai seri problemi di acidità nel tuo corpo. Da quello che ricordo delle lezioni di chimica del liceo, il pH dell’uomo è neutro. Invece tu sei decisamente acida >>.
I due, dopo qualche altra risata, tornarono seri. Ripresero quello strano gioco, e scoprirono di avere molte più cose in comune di quello che credevano.
Entrambi amavano lo stesso film, “Il corvo”.
Entrambi preferivano prendere il cappuccino, invece che il semplice caffè.
Non sopportavano la saga di “Twilight” e odiavano con tutto il cuore gli attori.
Ed entrambi volevano diventare avvocati. Ma a quella risposta, Gabriel abbassò lo sguardo. Dentro di se nascondeva qualcos’altro. Qualcosa di molto più complesso e profondo, che mai aveva rivelato ad anima viva. C’era qualcosa che desiderava nel profondo del suo cuore, ma non aveva mai lottato per questo. Non era ciò che ci si aspettava da lui. Perciò tanto valeva nascondere la verità a chiunque. Specialmente con quella ragazza.
Non aveva dimenticato l’astio che entrambi provavano l’uno nei confronti dell’altra. Quello era solo un diversivo. Rimasero seduti sul pavimento della biblioteca per più di un’ora a parlare e a fare quel gioco infantile.
<< Ora devo andare. Il mio stomaco reclama attenzioni >>, esclamò infine Gabriel sentendo la fame incombere.
<< Ok. Allora ci si vede >>, lo salutò freddamente Kyra.
<< Tu non vai a mangiare? >>
<< Sbaglio o sei stato proprio tu a dirmi che avrei dovuto mettermi a dieta, per raggiungere il fisico perfetto e stronzate simili?! >>
<< Brava, vedo che hai preso sul serio questa faccenda. Nel giro di due settimane sarai presentabile >>, rispose soddisfatto.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, e questo riportò alla mente di Gabriel quanto in realtà odiasse quella persona.
<< Allora ci vediamo oggi pomeriggio verso le cinque, davanti al negozio di Prada, quello che sta in centro. Cominciamo a fare un po’ di shopping >>
<< Non esiste. Io non posso oggi >>, obiettò la ragazza.
<< Come scusa? >>
<< Non posso oggi. Sai, non tutti hanno i soldi del caro paparino. Nessuno mi spedisce un assegno mensile con tre zeri. Io qui il pane me lo guadagno. Oggi pomeriggio devo lavorare >>
<< Ma tu hai già un lavoro. Sei diventata la mia fidanzata o sbaglio? >>, esclamò sorpreso Gabriel.
<< Si, lavoro anche per te. Ma i soldi che mi darai tu, serviranno per altro. Quelli che guadagno per le ripetizioni mi danno da mangiare. E poi non sono tenuta a dovermi giustificare con te >>
<< Smith, dobbiamo fare shopping. È questione della massima importanza >>, affermò con forza il ragazzo.
<< Faremo questo benedetto shopping, non ti preoccupare. Ma non oggi. Ho da fare. Rimandiamo a domani, no? Tanto abbiamo ancora una settimana e mezzo prima della partenza >>, rispose con vigore Kyra.
Gabriel fu costretto ad accettare quelle condizioni. Non poteva costringerla a non dare ripetizioni, perciò a malincuore annuì, concordandosi per il giorno dopo. Almeno avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per analizzare cosa diavolo era successo in quell’ora trascorsa assieme a quella ragazza.
 
 
 
Kyra aveva pensato di aver visto tutto nella vita. Ne aveva anche affrontate di cose, fin da quando era piccola. Aveva subito di tutto, e aveva anche perso molto.
Ma mai avrebbe creduto di poter trovarsi in una simile situazione. Come diceva quella canzone nel cartone, “Ne ho vedute tante da raccontar, giammai gli elefanti volar”.
Bene, lei ne aveva visto tutto, tranne Gabriel Martin in azione in una boutique d’alta moda. Sembrava una versione indemoniata di una pazza maniaca dello shopping. Come avevano stabilito il giorno precedente, quel giovedì avevano deciso di incontrarsi alle cinque fuori al negozio Prada, per poter fare acquisti.
Già l’idea non entusiasmava particolarmente Kyra, ma ritrovarsi con quella versione raccapricciante del ragazzo, era decisamente troppo. Non faceva altro che vagare da un negozio all’altro, guardando i manichini e i capi d’abbigliamento esposti. E la cosa ancora più folle era vederlo denigrare una maglietta solo perché non costava più di cinquecento dollari.
Kyra aveva voluto evitare commenti di qualsiasi natura. In fin dei conti non era lei a pagare, ma dentro sentiva il suo passato premere contro le gabbie del suo cuore. Fare shopping con Gabriel si stava rivelando pericoloso.
Troppe cose erano legate ai soldi. Troppe situazioni erano successe a causa di quelle dannate banconote.
E vedere tutto quel denaro sperperato per simili sciocchezze, la faceva sentire molto in colpa.
Infine, dopo lunghissime passeggiate, costellate da esclamazioni di disgusto di Gabriel, e borbottii da parte di Kyra, erano riusciti a trovare il negozio adatto.
Il “Barneys New York” li attendeva a braccia aperte. Kyra non era mai entrata in un simile negozio, e mai avrebbe pensato in vita sua di vedere tanti capi d’abbigliamento in un unico punto. E anche tanto sfarzo. Ai suoi occhi, solo uno spreco di danaro.
Gabriel si era subito attivato, andando da una parte all’altra recuperando vestiti da ogni angolo. Dopo circa dieci minuti dal loro arrivo, cominciarono ad essere tallonati da una commessa. Aveva fiutato l’odore di affare, e perciò cercava di rendersi utile consigliando al ragazzo cosa prendere e cosa non prendere.
A Kyra non era sfuggita l’occhiata maliziosa che aveva rivolto in più occasioni al suo compagno, e lo sguardo freddo e omicida che rivolgeva a lei.
Dentro di se le venne da sorridere. Perché era lei la fidanzata di Gabriel, non quella commessa antipatica.
La sua vocina interiore, troppo simile a quella di Sean le urlò: “Dolcezza, devo ricordarti che sei la sua fidanzata a tempo? Tra tre settimane tornerete punto e d’accapo, e tu avrai tremila dollari in più sul tuo conto in banca”.
Scacciò quella vocina e anche quei fastidiosi pensieri. Quello non era il momento di distrarsi. Doveva concentrarsi se sperava di sopravvivere a quel pomeriggio. Quando poi la commessa si allontanò andando a recuperare altri capi d’abbigliamento, Kyra non poté più trattenersi.
<< Non credevo che tu potessi trasformarti in un maniaco dello shopping. Non starai esagerando un tantino, Becky? >>, domandò prendendolo in giro.
<< Spiritosa. Davvero spiritosa. Smith, il tuo senso dell’umorismo mi lascia sempre perplesso >>, commentò Gabriel guardando con attenzione una maglietta.
Era un pezzo di stoffa troppo corto per poter avere un simile prezzo.
<< Posa quello straccio, Gabriel. Mi pare sufficiente la roba che hai preso. Partiamo per due settimane, non per sette anni >>
<< Si vede che non provieni da una buona famiglia, Smith. Dovrai avere almeno due cambi di giornata, escluse poi le serate, dove indosserai un terzo abito. In più considera le escursioni che faremo, passeggiate, cene …avrai bisogno di molti vestiti >>, affermò con aria saputa il ragazzo.
<< Scusa Gabriel, ma stiamo andando a casa dei tuoi genitori o a Buckingham Palace? Perché a me sfugge la risposta >>, rispose sarcastica.
<< Kyra, forse a te sfugge l’importanza della mia famiglia >>, si bloccò davanti ad un vestito molto scollato, aderente e incredibilmente corto. Qualcosa che Kyra non avrebbe di certo messo. Mai e poi mai. << Renditi conto che siamo una famiglia prestigiosa. Praticamente tutta la buona borghesia ci conosce, e si aspetta un certo tipo di atteggiamento, un modo di vestire particolare, e soprattutto fidanzate all’altezza >>
<< Gabriel, a te sfugge un dettaglio piccolo piccolo >>, lo fermò facendolo voltare nella sua direzione, poggiandogli le mani sulle spalle, in modo da rafforzare il concetto. << Io non sono una borghese. Io sono una ragazza semplice, che proviene da un ceto medio basso. Non ho ricevuto nessuna istruzione particolare, e tutti i vestiti che mi hai preso mi mettono a disagio. Non li ho ancora provati, ma già so che sembrerò una cretina imbalsamata. Ma il dettaglio maggiore che ti sfugge è che io non sono la tua fidanzata. Quindi non puoi addobbarmi come un albero di natale. Tra meno di un mese, tutto questo sarà finito. Perciò non vedo il motivo di esagerare >>.
Gabriel si scrollò le mani dalle spalle. Prese il vestito che aveva visto, e lo sistemò insieme agli altri da provare. Poi si voltò nuovamente verso Kyra, lanciandole uno sguardo che aveva tutta l’aria di significare: “e ora prova a sfidarmi”.
La ragazza sentì una profonda rabbia crepitare sotto la pelle. Perciò, senza pensarci sopra due volte, si voltò incamminandosi verso l’uscita.
<< Ehi! Smith fermati! Dove stai andando? >>, urlò Gabriel alle sue spalle.
Ma Kyra non si fermò, anzi aumentò il passo.
Uscì di corsa da quel negozio, prendendo una forte boccata d’aria. Si sentiva soffocare. Tutta quella situazione era diventata asfissiante. Lei non aveva chiesto niente di tutto quello. Voleva solo poter continuare a studiare e realizzare il suo sogno. Ma, evidentemente, chiedeva troppo.
Passi dietro di lei, le fecero capire che non avrebbe avuto altri minuti supplementari. Doveva ritornare indietro, con sua grande disapprovazione.
<< Che diavolo ti è preso? >>, urlò Gabriel accostandosi.
Kyra si voltò lentamente verso la sua direzione, lanciandogli uno sguardo glaciale. Era soprattutto stufa di dover avere a che fare con quel tipo egocentrico e borioso.
Il ragazzo si paralizzò sul posto, non aspettandosi una simile occhiata. Poi si ricosse, e sul suo viso apparve la solita sfrontataggine.
<< Si può sapere cosa ti è successo? >>, chiese con più calma.
<< Non mi piace >>, esclamò fredda Kyra.
<< Cosa? Il vestito che ti ho preso? Va bene, lo cambiamo. Però non puoi scappare così. Non si fugge mai davanti a ciò che ci spaventa >>
<< Io non stavo affatto scappando >>, affermò stizzita la ragazza. << Volevo solo mettere distanza tra me e la ragazza che stai cercando di creare >>
<< Quale ragazza? Ma che diavolo stai blaterando? >>, chiese confuso Gabriel.
<< La ragazza nella quale stai cercando di plasmarmi. Quella che compra abiti di alta moda, che ha un portamento particolare, che non indossa occhiali. Una modella, versione barbie appartenente ad un mondo che sinceramente io disprezzo >>, rispose con enfasi Kyra.
Aveva il respiro corto, ed il battito cardiaco accelerato. Odiava dover fingere, e soprattutto dover ingannare le persone. E più di tutto, odiava l’idea di doversi trasformare nella classica figlia di papà svampita. Lei non era questo. Lei era diversa. Lo era sempre stata. E Gabriel non avrebbe mai potuto capire.
<< Senti, Kyra. Mi dispiace per questa situazione. Credimi, non mi rende felice tutto ciò. E l’idea di mentire ai miei genitori mi fa venire la nausea >>, esordì il ragazzo, dopo aver preso un lungo respiro. << Ma credimi, quando ti dico che non posso fare altrimenti. Non voglio stare qui a spiegare le mie ragione. Ma ti sto chiedendo una mano. Solo questo. E hai anche ragione quando dico che sto cercando di crearti in una specie di bambola. Ma è quello che la gente si aspetta da me >>
<< Non devi fare sempre ciò che gli altri vogliono che tu faccia. Puoi scegliere. A quanto pare sei dotato di cervello >>
<< Lo so. Ma è difficile, credimi. Ci sono troppe cose che non sai, tante che non hai visto. Tu disprezzi questo mondo, ma è da li che io provengo e so come funzionano le cose. E so che se non facciamo in questo modo, entrambi ne usciremo parecchio feriti. Fidati >>, continuò Gabriel con tono accorato.
Sembrava sul serio dispiaciuto e interessato alla causa. Forse Kyra avrebbe dovuto dargli il beneficio del dubbio. Però dentro di lei c’era qualcosa che ancora lottava. Non poteva cedere così facilmente.
<< Perché dovrei fidarmi di te? >>, domandò guardinga.
<< Perché siamo legati a doppio filo in questa follia. Cadi tu, cado io >>, affermò con serietà Gabriel.
I due si fissarono intensamente negli occhi. Kyra lesse un mondo in quelle iridi così profonde e così belle. E capì all’istante che stava dicendo il vero, perché non distoglieva lo sguardo.
Sentì un lungo brivido lungo la colonna vertebrale. Era strano, ma si sentiva profondamente legata a Gabriel. Non sapeva se doveva avere paura di quella sensazione, oppure conservarla dentro di se.
Era la prima volta che le accadeva una cosa simile.
Infine, incapace di sostenere ulteriormente quella situazione, distolse gli occhi inspirando profondamente. Il cuore batteva forte nel petto, e sentiva ancora il brivido percorrerla da capo a piedi. Doveva darsi una calmata altrimenti non avrebbe retto ulteriormente tutta quella follia.
<< E va bene. Facciamo come dici tu >>, esclamò sconfitta.
Sul volto di Gabriel si aprì un sorriso felice e luminoso. A Kyra parve di essere accecata da tanto splendore. Non sapeva ancora il perché provasse simili emozioni, ma non aveva tempo per pensarci. E non voleva neanche farlo. Certe cose andavano lasciate così com’erano.
<< Però sia chiaro >>, affermò puntando un dito minaccioso contro il petto del ragazzo. << Io quel vestito corto e attillato non lo metto >>.
E detto questo rientrò dentro la boutique, senza aspettare di essere seguita. Tanto sapeva che Gabriel l’avrebbe tampinata fino alla fine di quella seduta estenuante di shopping.
Dopo circa un quarto d’ora, la ragazza fu spinta nei camerini privati per provare tutti i capi d’abbigliamento. A occhio e croce, contò, dovevano essere circa una trentina. Sospirò scoraggiata e mentalmente provata.
Odiava fare shopping.
<< Allora, mentre aspetto che tu ti cambi, cominciamo un nuovo gioco >>, esordì da dietro la porta Gabriel.
I camerini privati avevano la particolarità di essere chiusi. Erano piccole stanzette dove si poteva restare soli senza avere occhi indiscreti addosso.
<< Un nuovo gioco? >>, domandò Kyra sfilandosi la maglietta.
<< Si, un nuovo gioco. Ovvero quello delle venti domande >>, spiegò il ragazzo.
<< Gabriel, non ti sembra un tantino infantile? >>
<< Senti, ieri ho giocato al tuo stupido gioco, ora tu fai il mio >>
<< Va bene, Becky, come vuoi tu >>, lo prese in giro Kyra sospirando, e scegliendo la prima cosa da indossare.
Una maglietta semplice, ma molto aderente, abbinata ad una gonna ampia e nera, con cintura. Se non avesse dovuto mandare a quel paese il suo orgoglio, avrebbe ammesso che quel completo era davvero bello.
<< Allora, Kaa >>, e sottolineò il nome, facendo ridacchiare la ragazza nel camerino. Era strana tutta quella nuova confidenza che i due aveva instaurato. Strano ma anche divertente. << Prima domanda >>
<< Aspetta. Prima stabiliamo le regole del gioco. Tu fai tutte le domande che vuoi, e io faccio altrettanto. Ma ci si può avvalere del diritto di non rispondere, chiaro? >>
<< Va bene, come vuoi tu. Prima domanda: come mai ti servono tremila dollari? >>, chiese curioso Gabriel.
<< L’università ha dimezzato i fondi. Le borse di studio che coprivano quasi tutte le spese sono state ridimensionate. Ora posso permettermi l’iscrizione, ma non l’alloggio >>, spiegò Kyra infilandosi la gonna.
Per sua immensa sfortuna, le erano state prese anche varie scarpe da abbinare. E tutte aveva il tacco alto. Lei odiava i tacchi alti.
<< Caspita, non è bella come situazione >>
<< Già. Ora tocca a me. Come mai Amelie ti ha lasciato? >>
<< La nostra storia non era seria come credevo. Lei non mi amava, e neanche io l’amavo. Non voleva conoscere i miei genitori e in più doveva partire per un servizio fotografico >>
<< Carina e delicata. Un vero bijou di ragazza >>, commentò Kyra dandosi un’ultima occhiata allo specchio. Non stava male, anzi quel completo le donava. Semplice e giovanile. << Ok, sto uscendo. Non osare prendermi in giro. D’accordo? >>
<< Sarò un perfetto gentleman >>, confermò divertito Gabriel.
Prese un ultimo respiro, inforcò gli occhiali ed aprì la porta. Guardò il viso del compagno aspettandosi di vedere qualche espressione divertita, o denigratoria. Invece rimase stupefatta nel vedere gli occhi del ragazzo sgranarsi, e la bocca spalancarsi in una “o” muta. Lo vide squadrarla da capo a piedi, sbattendo più folte le ciglia. Quella radiografia la stava mettendo a disagio.
<< Lo so, non è proprio un abito usuale per me. Però non mi sta tanto male, dai >>, provò a farsi forza, guardandosi allo specchio nel camerino.
Gabriel continuava a non emettere alcun suono, facendo aumentare l’irritazione di Kyra. Odiava quel suo mutismo, la metteva a disagio.
<< Cazzo, Martin! Di qualcosa >>, lo esortò con tono brusco.
<< Kyra… >>, esclamò dopo qualche secondo. Ingoiò un paio di volte, e poi portò i suoi occhi in quelli della ragazza. << Stai …benissimo >>.
Kyra sentì le guance andare in fiamme. Non era abituata ai complimenti, se si escludeva Sean. Ma lui era di parte. Perciò non sapeva bene come comportarsi in quell’occasione. Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sperando di stemprare quell’atmosfera, ma ciò non fece altro che aumentare il disagio. Perché Gabriel non aveva perso neanche un gesto. La stava fissando intensamente, e questo non le piaceva.
<< Beh, ok mi sta bene. Questo lo prendo >>, esclamò velocemente, richiudendosi poi dentro al camerino.
Prese un lungo respiro cercando di frenare i battiti del cuore agitato. Non sapeva cosa era successo in quei pochi minuti, ma la situazione era degenerata in fretta. E non poteva permetterselo. Doveva ricordarsi che quello era solo un rapporto di lavoro, nient’altro. Gabriel Martin era la persona che più odiava al mondo. E su questo punto non si poteva discutere. Poi lanciò un’occhiata veloce agli altri capi d’abbigliamento, e lo sconforto la sopraffece. Avrebbero trascorso parecchio tempo la dentro.
<< Ehm Kyra >>, esclamò improvvisamente Gabriel.
<< Che c’è? >>, rispose la ragazza andando a prendere un pantalone di jeans stretto con una maglietta a bretelle e larga abbinata ad un cardigan nero.
<< Credo che tu non debba metterti a dieta >>
<< Davvero? Non volevi che fossi una fidanzata quantomeno decente, con le taglie giuste? Insomma, una modella? >>, lo stuzzicò lei sorridendo amara.
<< Si, volevo questo. Prima di vederti senza quei maglioni enormi che ti ostini a portare >>, rispose con calma Gabriel. Tuttavia Kyra avvertì una sfumatura più agitata, quasi di panico, nella sua voce. Si domandò il perché di tutto quel timore. << Ma adesso che ti ho visto con abiti normali, della taglia giusta, mi rendo conto che tu non hai bisogno della dieta. Anzi, sei addirittura troppo magra. Ma mangi regolarmente? >>.
Kyra venne presa alla sprovvista. Non si aspettava una domanda simile. E soprattutto non un commento del genere. Sapeva di essere particolarmente magra, e sapeva anche di non avere molte forme. E questo era dovuto al suo passato, e a quello che le era capitato. Ma non poteva permettersi di scoprirsi con Gabriel. Non poteva farlo entrare nel suo mondo. Eppure non riusciva neanche a dire il falso. Avrebbe tanto voluto rispondere che si, mangiava regolarmente. Ma quella era una bugia bella e buona. E la voglia di dire la verità, di raccontarla a qualcuno che non la conoscesse, e che non potesse giudicarla era forte. Se avesse detto a Sean che saltava regolarmente il pranzo e che la sera mangiava poco, avrebbe dovuto sopportare la sua strigliata. Ma Gabriel non era nessuno, e pertanto non poteva neanche accusarla di niente. E poi aveva tanta voglia di confidarsi con qualcuno, che la risposta uscì da sola senza neanche pensarci.
<< No >>
<< Perché? >>, continuò il ragazzo stupito.
<< Perché non ho il tempo di mangiare sempre e soprattutto non ho i soldi. Le ripetizioni mi permettono di mantenermi, ma non coprono tutte le spese. Devo tagliare da qualche parte >>
<< E tagli proprio sul cibo? Kyra io sono a favore del fisico magro, del non esagerare con cibi troppo grassi e queste cazzate. Ma così non è sano. Ti fai solo del male >>, rispose con enfasi Gabriel, sorprendendo la ragazza.
Non si aspettava tutto quell’interessamento, soprattutto da un ragazzo superficiale come lo era lui.
<< Lo so che non è sano. Non credere che io sia stupida. E non è neanche la prima volta che ho problemi di questo genere, e me la sono sempre cavata. Quindi stai tranquillo >>, rispose più agitata di come voleva apparire.
Solo in un secondo momento, mentre tirava su la cerniera dei stivali bordeaux, abbinati alla maglietta, si rese conto di ciò che aveva detto. Le era appena uscito fuori dalla bocca un aneddoto del suo passato. Aveva appena aperto una porta che affacciava al suo cuore. Si era appena svelata. Questo pensiero la raggelò. Sperò tanto che Gabriel non fosse così sveglio da aver compreso, ma sapeva già che tale speranza era vana.
<< Hai sofferto di disturbi alimentari, vero? >>, infatti domandò.
Il suo tono era serio e compassionevole, e questo infastidì molto la ragazza. Chiuse con più foga l’atro stivale, ed uscì dal camerino guardando con astio Gabriel.
Il giovane aveva le braccia incrociate al petto, e fissava tristemente la ragazza. Non si fermò a squadrarla, ma la fissò intensamente negli occhi.
<< Passo! Ti restano sedici domande Martin, sfruttale bene >>, affermò duramente Kyra.
Gabriel non protestò ne cercò di indagare oltre. La ragazza sapeva di avergli fornito la risposta con quel suo atteggiamento più freddo e scostante. Portò le mani ai fianchi sbuffando.
 << Prendo anche questo >>.
Poi tornò velocemente nella stanzetta, chiudendo con più forza la porta.
<< Ok. Hai sorelle o fratelli? >>, domandò dopo qualche minuto di silenzio il giovane.
<< No, sono figlia unica. Tu? >>, rispose, sfilandosi velocemente la canotta e andando a scegliere il prossimo completo.
<< Si, ho una sorella più piccola di sei anni >>, confermò il ragazzo con un tono diverso, più gentile ed affettuoso.
Kyra si domandò perché un cambio d’umore così netto.
<< Quindi una sedicenne in pieno sviluppo ormonale. Come si chiama? >>, e si stupì nel costatare quanto fosse interessata.
Voleva sapere, e questo davvero non se lo spiegava.
<< Si chiamava Eveline, ma noi da sempre la chiamiamo Eve >>
<< E’ un bellissimo nome >>, commentò Kyra, tirando su la cerniera del vestito.
Un abito color crema, con un piccolo scollo a “V” sul davanti, a giro maniche, corto e a sbuffo. Le scarpe abbinate erano forse tra le più alte che avesse mai visto. Delle bellissime decolté con un cinturino alla caviglia, nere e con i bordi in crema. Uscì dal camerino e si preparò allo sguardo indagatore di Gabriel. Questi la fissò intensamente, guardandola da capo a piedi. Poi riportò gli occhi in quelli della ragazza, e annuì sorridendo appena. A Kyra bastò quel gesto, per rintanarsi dietro la porta. Odiava tutta quella situazione, e doveva ancora provare tantissimi altri vestiti.
<< Quindi non hai nessun’amica più stretta? Qualcuno a cui sei particolarmente legata? >>, domandò il ragazzo dopo pochi minuti.
<< C’è qualcuno, ma non è una ragazza >>, spiegò sentendosi improvvisamente imbarazzata.
Non si era mai vergognata di Sean. Anzi, lei amava parlare di lui. Ma molti, al primo sguardo,  fraintendevano il loro rapporto. Poi scoprivano l’omosessualità del ragazzo, e capivano. Ma Gabriel non avrebbe capito. Perché lei sapeva quanto odiasse i gay. Aveva visto come trattava i compagni di scuola, quando avevano atteggiamenti amorosi con i propri partner. E non voleva dover subire gli stessi commenti su Sean, perché semplicemente non voleva rovinare l’atmosfera di pace appena creatasi.
<< Quindi hai un fidanzato reale? >>, chiese sbalordito Gabriel. Sbalordito e sembrava anche offeso.
<< Assolutamente no. Se avessi avuto un vero fidanzato, non avrei mai accettato il tuo accordo. Per chi diavolo mi hai preso >>, sibilò furiosa Kyra.
<< E allora che significa? Chi c’è nella tua vita >>
<< E’ il mio migliore amico. Si chiama Sean. Ci conosciamo da quando andavamo all’asilo, e siamo sempre stati insieme. Ma questo è tutto. Non siamo una coppia >>
<< E non vi è mai capitato di superare il confine tra amicizia e amore? Mi sembra un tantino strano, visto che non sono proprio un convinto sostenitore dell’amicizia tra maschio e femmina >>, commentò caustico il ragazzo.
<< Credimi, tra me e Sean non è mai successo niente, e non c’è nessun confine da superare. Io e lui siamo praticamente fratelli >>, sbuffò infastidita. Odiava dover spiegare il suo rapporto con Sean, senza poter dire la verità.
Ma stava difendendo l’amico ed anche se stessa. Non aveva proprio voglia di litigare in quel momento.
<< E tu? Non hai nessun amico speciale? >>, chiese cercando di sviare il discorso.
<< Si. Il mio amico speciale, come lo chiami tu, si chiama Adam. Siamo amici praticamente da sempre >>
<< Uhm un’altra cosa in comune, Martin. Sto cominciando sul serio a spaventarmi >>, commentò divertita Kyra abbottonando la gonna.
Aveva deciso per una camicetta bianca a giro maniche ed una gonna di pelle marrone. Non aveva idea di quando avrebbe dovuto indossare una cosa simile, però le piaceva l’accostamento. Infilò gli stivaletti marroni, con un tacco vertiginoso, ed uscì.
Gabriel fissava il pavimento pensieroso. Sembrava che qualcosa lo turbasse, ma Kyra non volle indagare. Non erano ancora così in confidenza da confessarsi i propri pensieri più intimi. Così tossicchiò cercando di attirare l’attenzione, e per fortuna ci riuscì. Il ragazzo portò lo sguardo su di lei e la scrutò da capo a piedi.
<< Questa gonna va bene, ma devi indossarla con qualcos’altro. Prova la maglia color panna e il cardigan dello stesso colore >>, suggerì con aria professionale.
<< Agli ordini, Becky >>, annuì divertita la ragazza, per tornare poi nuovamente nel camerino.
<< E la tua famiglia cosa fa? >>, domandò Gabriel.
Kyra si paralizzò sul posto. Non si aspettava una domanda simile. O meglio, sapeva che sarebbe arrivata, ma non era mentalmente pronta. Non poteva rispondere. Non poteva proprio farlo.
<< Passo >>, rispose velocemente infilandosi la maglia suggerita.
<< Ma dai! Non dirai sul serio. È una domanda semplice. Che ci vuole a rispondere >>, si lamentò Gabriel sbuffando.
<< Ho detto che passo >>
<< Va bene. Allora dimmi cosa fa tua madre. Se chiedo al singolare mi rispondi? >>, riprovò il ragazzo.
<< Passo >>, affermò con decisione Kyra mettendo il cardigan.
<< E tuo padre? >>
<< Passo >>.
Poi aprì la porta del camerino e guardò con forza e ostinazione Gabriel. Voleva essere certa che capisse il concetto.
<< Sul serio non vuoi dirmi niente di loro? Insomma, io sto per portarti a conoscere di persona i miei genitori, e tu non vuoi neanche dirmi come si chiamano? >>
<< Esattamente: passo! E se non erro le domande che ti sono rimaste in tutto sono sette, quindi ti conviene non insistere su questo argomento >>
<< Va bene, come vuoi tu >>, sbuffò il ragazzo alzando le mani in aria.
<< Senti ti piace o no questo completo? >>
<< Si, mi piace. Ora prova il vestito da sera che ti ho preso >>
<< Ti riferisci a quello nero che ho detto già di non voler prendere? >>, chiese sarcastica Kyra.
<< No, all’altro. Quello di seta con i due profondi scolli, sia sul davanti che dietro, e che tu non hai visto mettermi nel mucchio. Eri troppo distratta a sbuffare >>, rispose sprezzante Gabriel.
<< Dio, che diavolo hai preso Martin? In quale pagliaccio vuoi trasformarmi ora? >>, sbuffò la ragazza rientrando nel camerino.
<< In nessun pagliaccio. So che durante la nostra permanenza a casa dei miei, ci sarà una specie di ricevimento, quindi devi avere l’abito adatto >>
<< Cosa? E quando pensavi di dirmelo? >>, urlò imbestialita Kyra.
<< Beh, più o meno quando saremo partiti, ma visto che stai per provare il vestito che indosserai quella sera, almeno ti avviso ora >>, commentò con tono piatto Gabriel.
<< Sei un vero figlio di puttana, Martin. Non puoi fregarmi in questo modo >>
<< Ti ricrederai quando conoscerai mia madre. E non ti ho fregato. Neanche io sapevo di questo ricevimento. Mi ha avvisato Adam ieri >>
<< Stupidi ricchi. Voi e le vostre manie di grandezza >>, esclamò esasperata la ragazza. Poi vide il pezzo di stoffa che doveva provare ed inorridì. << Gabriel io non indosserò mai una cosa simile, chiaro? >>
<< Smith, hai già dato abbastanza problemi per oggi. Neanche io sono felice di questa situazione, e credimi quando ti dico di voler essere da tutt’altra parte. Ma siamo incastrati entrambi, e quel dannato vestito è ciò che dovrai indossare quella sera, sono stato chiaro? >>, esclamò con enfasi Gabriel.
Kyra non rispose. Non lo aveva mai sentito così spazientito. Evidentemente anche lui stava pensando a tutto quello che avrebbero dovuto fare in quelle due settimane, e a quanti casini avrebbero dato il via. Effettivamente, indossare un vestito non era il grave problema. Perciò ingoiando l’orgoglio, decise di accontentarlo.
<< Allora, altra domanda. Tu non indossi mai oggetti appariscenti, ne accessori di alcun genere. Eppure vai in giro con la stessa collanina e gli stessi orecchini. Come mai? >>, domandò il ragazzo tornando nuovamente su toni più seri.
Non sapeva che con quella domanda, avrebbe spiazzato nuovamente Kyra. Perché anche quella era una domanda troppo personale. Qualcosa che celava nel cuore.
<< Sono importanti per me >>, rispose con cautela.
<< Si ma come mai? >>
<< Regali >>
<< Da chi? >>, continuò Gabriel cercando di strapparle fuori le risposte.
<< Passo >>, mormorò tristemente la ragazza.
Aveva davvero tante cose da nascondere, se ne rendeva conto. Ma non le avrebbe mai e poi mai condivise con il ragazzo.
<< Smith, mi stai rendendo la vita notevolmente complicata >>, commentò infastidito Gabriel.
<< E’ il mio scopo, padrone >>
<< Bene, mi restano due domande, e queste voglio giocarmele bene. Dunque se non vuoi rispondere alle domande sulla tua famiglia, allora toglimi una curiosità. Ma tu, almeno, ce l’hai una famiglia su cui fare affidamento? >>, chiese perplesso.
Kyra infilò lentamente il vestito, sapendo già cosa avrebbe dovuto rispondere. Passo! Ma quando stava per pronunciare quella parola, si bloccò. Qualcosa in lei premeva per uscire. Voleva dire la verità e non una stupida parola che la celava agli occhi dell’altro. La voglia di tornare a confidarsi si fece nuovamente sentire. E come prima, non sarebbe potuta sfuggire.
<< No >>, sussurrò chiudendo gli occhi.
Dall’altra parte non sentì alcun suono, e quasi sperò che Gabriel non avesse sentito la sua risposta. Ma poi un rumore di passi attirò la sua attenzione.
<< Non ti conosco, abbiamo passato anni ad odiarci, e probabilmente ci odiamo ancora, seppure con minore intensità >>, affermò con voce greve il ragazzo, da dietro la porta. Kyra trattenne rumorosamente il respiro. Il cuore impazzito nel petto, le urlava a gran voce qualcosa, ma davvero non riusciva a capire che stava dicendo. Voleva solo sentire cos’altro avrebbe detto Gabriel. << Nonostante ciò, so per certo una cosa. Sei una persona forte, che non si fa mai mettere i piedi in testa. E so che, qualsiasi cosa ti sia accaduta e ti accadrà in futuro, tu ne uscirai vittoriosa. Cadrai in piedi, Smith. Su questo non avere dubbi >>.
Kyra sentì gli occhi inumidirsi, e un sorriso allargarsi sul suo viso. Era felice per quelle parole. Non erano profonde o di grande conforto. Ma significavano tantissimo per lei. Perché era proprio ciò di cui aveva bisogno. Sentirsi dire che ce l’avrebbe sempre fatta, nonostante fosse sola contro il mondo. Nonostante tutto, lei avrebbe superato qualsiasi tempesta.
<< Grazie >>, mormorò mandando giù un nodo stretto nella gola.
Gabriel non rispose, ma lei sentì nuovamente dei passi. Si stava allontanando, probabilmente per andare a sedersi.
<< Allora, esci e fammi vedere questo vestito >>, la esortò il ragazzo, con voce più allegra e serena.
Kyra si guardò allo specchio, e ghignò divertita. Quel vestito era bellissimo, ma non glielo avrebbe fatto vedere.
<< Padrone, mi duole dirvelo, ma non mi vedrà con questo abito indosso. Lo prendo, ma sarà una sorpresa, anche per lei >>, affermò divertita la ragazza, cominciando a cambiarsi.
<< COSA? Non puoi farmi questo, Smith. Esci fuori e fammi vedere come diavolo ti sta quella roba >>, protestò con forza Gabriel.
<< Mi dispiace, ma la risposta è no. Ma non preoccuparti, mi sta bene. Ad Amelie sarebbe stato sicuramente meglio, ma ci si accontenta di quel che si ha. E non provare ad insistere, perché tanto mi sto già cambiando >>, gongolò tronfia la ragazza.
Dall’altra parte sentì borbottare, ma non insistette molto. Era più tranquilla, specie perché davvero voleva fare una sorpresa al ragazzo nel momento in cui l’avrebbe vista con quell’abito. Non sapeva perché, ma voleva lasciarlo a bocca aperta.
<< Bene, ultima domanda Smith >>, esordì dopo qualche minuto Gabriel.
<< Spara >>
<< Sei vergine? >>.
Kyra non rispose. Sentì la rabbia palpitare sotto la pelle, e risalire lungo il suo corpo per andare dritta al cervello. Contò fino a cinque, nella speranza di calmarsi ma fu tutto inutile.
<< Gabriel! >>, urlò furiosa.
L’altro cominciò a ridere forte, come mai l’aveva sentito. Non c’era niente da fare. Quel ragazzo non sarebbe mai cambiato.
Passarono altre due ore in quella boutique. Quando fu il momento di pagare, Kyra scappò incapace di vedere il prezzo finale. Si sentiva male al solo pensiero di aver speso tutti quei soldi. O meglio, di averli fatti spendere a Gabriel. Alla fine aveva comprato ventisette dei trenta abiti, senza includere le scarpe, le sciarpe, le cinture e le giacche. Non avrebbe mai avuto abbastanza spazio, nell’alloggio al campus, per metterci tutta quella roba, e per fortuna si era accordata con il suo finto fidanzato, che avrebbe tenuto lui tutte quelle buste. Addirittura si era offerto di metterle lui in valigia, quando sarebbero partiti. Kyra aveva accettato senza battere ciglio. Alla fine, dopo aver dato il recapito per far spedire tutta quella roba, i due si trovarono sulla strada che portava verso l’università.
<< Beh, direi che da qui in poi possiamo separarci, Smith >>, esordì Gabriel dopo pochi minuti di silenzio.
<< Va bene. Tanto stasera devo studiare, quindi non avremo potuto fare nulla >>, confermò Kyra.
<< Allora ci sentiamo domani, per metterci d’accordo e vederci. Ti va bene? >>
<< Certo >>, confermò la ragazza. Una strana atmosfera imbarazzata scese tra di loro. Dopo aver passato tanto tempo insieme, ed essersi conosciuti un po’ di più, alla fine la verità di ciò che erano li colpì. I due si odiavano, e pertanto dovevano tornare ad essere distaccati. << Beh, stammi bene Martin >>
<< Anche tu >>,  rispose tranquillamente il ragazzo.
Poi i due si allontanarono, prendendo strade diverse. Mentre camminava, Kyra ripensò a quella giornata.
Era stata strana e folle, e ancora non credeva di esserne stata la protagonista. Un sorriso timido le apparve sul volto, e questo le fece sorgere spontanea una domanda: cosa diavolo le stava accadendo?

 






 
Buonasera gente!!! 
come va?? spero bene...io sn da poco tornata da una lezione di Zumba massacrante XD ma credo che a voi non interessi...
bando alle ciancie, quindi...questo capitolo è stato un parto!!! 20 pagine di word...mamma mia, se da ora i capitoli saranno sempre così lunghi, avrò parecchio da fare XD
beh che dire?
allora diamo piccoli appunti:
- Becky sarebbe Becky Bloomwood, di "I love shopping"...azzeccato per gabriel XD
- Kaa è il serpente del cartone "Il libro della giungla", e suppongo che tutti conoscete
- "Ne ho vedute tante da raccontar, giammai gli elefanti volar" è una canzone presa dal cartone "Dumbo"
si mentre scrivevo questo capitolo ho avuto un piccolo momento di malinconia, e ho ricordato i miei cartoni d'infanzia...volete denunciarmi??? XDXD
se c'è qualcos'altro che non capite, riferimenti fatti e che sfuggono ditemelo che io vi spiego subito...
ringrazio chi segue questa storia e chi ha commentato...grazie mille *-*
spero di riceve anche altri pareri, perchè è sempre bello confrontarsi...
mah, ora posso andare a letto...ho detto tutto...
vi rimando alla pagina facebook creata da me, dove potete trovare le notizie sulle storie, immagini e altro ancora: 
href="http://www.facebook.com/pages/Moon9292/575772655781797?ref=hl ">http://www.facebook.com/pages/Moon9292/575772655781797?ref=hl
ora ho davvero detto tutto...
buonanotte gente
un bacio
Moon9292
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Quel pazzo venerdì ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 5 - Quel pazzo venerdì

 

 

Quel venerdì mattina, Kyra si svegliò stranamente con un sorriso sulle labbra.
Erano anni che non passava una notte tranquilla e serena, senza incubi pronti a disturbare il suo riposo. Da quando aveva nove anni, non aveva passato notte senza pensare a quel che le era accaduto. Ma quella notte no. Quella notte non aveva sognato il suo passato. Quella notte aveva sognato di un pomeriggio qualunque, intenta a passeggiare per le vie della città spensierata. Ad occhio esterno poteva sembrare niente quel sogno, quasi banale. Ma non per lei. Lei aveva sempre invidiato le sue coetanee e la spensieratezza che dimostravano. Aveva sempre desiderato non preoccuparsi del suo passato o del suo presente e soprattutto del suo futuro. Ma la sua vita non le aveva regalato molte occasioni di serenità.
Anzi, le aveva giocato parecchie palle curve. E tutti quei sogni di tranquillità finivano sempre sepolti dalle difficoltà quotidiane.
Ma quel giorno qualcosa in lei era diverso. Non doveva affrontare i ricordi, e non doveva lottare per il suo presente.
L’unica cosa che doveva fare, era alzarsi e fare la colazione con il suo pancarrè e il suo burro d’arachidi. Poi si sarebbe preparata e sarebbe andata a lezione, ed avrebbe appreso sicuramente qualcosa di nuovo. E questo la entusiasmava. Apprendere, conoscere, il sapere erano un qualcosa che da sempre aveva affascinato Kyra.
Era quasi una drogata della conoscenza, e per questo quando andava al liceo, spesso si rinchiudeva in biblioteca e leggeva qualsiasi libro che la incuriosiva.
Aveva letto di tutto. Dal genere romantico, al giallo, oppure fantasy e molto altro ancora. In quei mondi così diversi tra loro, Kyra sognava di perdersi e di vivere una vita diversa dalla sua.
Ma poi il libro finiva, e la realtà tornava a schiacciarla con le sue verità e le sue brutture. La realtà era la peggior nemica dell’immaginazione.
Quella era una di quelle mattine in cui sentì di poter vivere qualsiasi cosa, qualsiasi tipo di avventura. Quasi come se il libro appena finito di leggere, un libro particolarmente bello, avesse preso vita e fosse diventata la protagonista.
Non sapeva perché si sentiva cosi leggera e spensierata, ma sperava ardentemente che quella sensazione durasse ancora a lungo.
Aprì l’anta dell’armadio e cominciò a scegliere qualcosa da indossare. Osservò con cipiglio i suoi indumenti. Per la prima volta, in ventidue anni di vita, guardando il suo vestiario si rese conto di avere capi d’abbigliamento non adatti al suo corpo, dai toni spenti e consumati. Non che non le andassero bene, ma forse solo per una volta avrebbe voluto indossare qualcosa di diverso. Di più allegro e femminile, qualcosa che magari non la facesse sembrare un fungo in pieno inverno, di quelli grigi e dall’aspetto inquietante che non andresti mai a cogliere.
Spostò da una parte all’altra le stampelle, sperando di trovare qualcosa che non fosse beige o nero, ma presto fu costretta a gettare la spugna. Non aveva nulla di colorato.
Perciò fu costretta ad indossare una camicia bianca, un pochino più attillata, e dei jeans consumati.
Indossò le converse grigie, rigorosamente comprate al mercato dell’usato, ed infine il giubbotto di pelle che Sean le aveva regalato tre anni prima per il suo compleanno, e che mai aveva usato.
Si guardò allo specchio, e per la prima volta l’immagine che vedeva riflessa, non sembrava quella di una ragazza sfatta e trasandata, con un disperato bisogno di fare shopping.
Di fronte a se vedeva una giovane donna, con un abbigliamento non proprio all’ultima moda, ma decisamente più consono alla sua persona.
Kyra sapeva di non essere diventata una maniaca dello shopping, e non aveva di sicuro sviluppato dalla notte al giorno l’ossessione per il vestito firmato e all’ultima moda.
Ma in quel momento, si rese conto che essere un tantino più curati non le avrebbe fatto male.
E questo, suo malgrado, lo doveva al suo nemico, nonché socio d’affari.
Gabriel Martin.
Sospirò, sentendo nuovamente sulle spalle il peso delle difficoltà da dover affrontare.
Scosse la testa, scacciando via quelle idee, perché niente e nessuno avrebbe potuto rovinare la sua giornata. Improvvisamente il suo cellulare squillò. Quando vide il nome sul display, un sorriso spontaneo nacque sul suo viso.
<< Ehi, ciao >>, salutò dolcemente.
<< Buongiorno dolcezza. A che devo tutta questa bontà, di prima mattina? >>, domandò allegramente Sean.
<< Non posso essere felice per una volta? >>
<< Beh, se fossi un normale essere umano ti risponderei di si. Ma conoscendoti, so già che tu e la felicità siete due complete estranee, dolcezza >>, rispose canzonatorio il ragazzo. << Anzi, ti dirò di più. Quando tu vedi una strada che porta verso i prati verdi e gli arcobaleni luminosi, decidi di percorrere il viale opposto, quello buio e grigio, con banchi di nebbia fitta e gli ululati dei lupi famelici in sottofondo >>
<< Tu si che sai come piacere alle ragazze, Sean >>, commentò sarcastica Kyra.
<< Tutto per la mia femmina preferita >>
<< Anche tu sei la mia femmina preferita, Sean >>
<< Oh, dolcezza, cosi mi fai commuovere >>, rispose il ragazzo, tirando su con il naso con fare teatrale. << Piuttosto ieri non ci siamo sentiti, e trascorrere la giornata senza sentire neanche una volta la tua voce è stato a dir poco agghiacciante. Non farlo mai più! >>
<< Sean, se ti mancavo, potevi sempre alzare il telefono e chiamarmi >>, lo rimproverò Kyra.
<< Scherzi? Ero furioso con te, dolcezza. Non potevo buttare al cesso il mio orgoglio di femmina offesa >>
<< E perché mi chiami allora? Non mi pare di averti mandato qualche messaggio di scuse >>.
Nel frattempo, la ragazza afferrò la borsa vecchia e consunta, e infilò dentro i vari quaderni per la giornata. Avrebbe dovuto seguire diverse lezioni. Fece un rapido resoconto, organizzando così la giornata.
Non avrebbe avuto tempo per mangiare, come sempre. Poi forse, se tutto fosse andato bene, avrebbe potuto avere la giornata libera dalle cinque in poi. Magari poteva fare una bella passeggiata, e andare a leggere nel parco che tanto le piaceva.
<< Dolcezza, sul serio devo trovare una scusa per chiamarti? Ormai la mia incazzatura da prima donna è passata. Ora la mia anima maschile ha finalmente messo al suo posto quella femminile, riportando la mia mente al suo stato zen. Dunque sono disposto a sentire le ragioni che ti hanno spinto a commettere una tale sciocchezza, e a poter conversare con te in maniera pacifica >>, affermò con voce effemminata Sean.
Kyra allontanò scettica il suo telefono, guardandolo perplesso. Aveva davvero sentito tutte quelle stronzate esposte in meno di venti secondi?
<< Non ho afferrato la metà delle cose che mi hai detto, Sean, ma sono contenta che tu sia disposto ad ascoltarmi >>, disse confusa la ragazza, riportando all’orecchio l’apparecchio elettrico. << Anche perché c’è una cosa che devo raccontarti >>
<< Oh, sono tutto un fremito dolcezza. Spara! >>, esclamò l’altro entusiasta.
I pettegolezzi e Sean stavano bene insieme, quasi quanto il pane con la marmellata. Erano una coppia vincente.
Kyra sospirò, e alla fine raccontò tutto. Dell’incontro con Gabriel, dell’accordo di fingere di essere la sua ragazza, del pranzo in biblioteca e dello shopping sfrenato a cui l’aveva costretta. Quando arrivò alla fine del racconto, si rese conto con suo sommo dispiacere che non avrebbe fatto in tempo a fare la colazione.
<< … E questo è quanto >>, concluse incrociando le dita, sperando che l’altro non esplodesse dalle troppe informazioni ricevute.
Passarono vari minuti, in cui dall’altra parte del telefono non si sentì un rumore.
Kyra cominciò a preoccuparsi. Sean solitamente era molto casinista, e poco incline al silenzio. E quindi quel mutismo non era di certo un buon segno. Non aveva sentito nessun rumore simile ad un tonfo, quindi escluse lo svenimento da parte dell’amico. Forse si era mangiato la lingua. Alle volte quando era troppo agitato, finiva per mordersi la lingua non sapendo da quale fiume di parole cominciare.
Solitamente la investiva e basta, come un tram che passa a tutta velocità.
<< Sean? Ci sei ancora? >>, lo chiamò.
Allontanò il telefono per controllare che la chiamata fosse ancora attiva.
<< Dolcezza fammi ricapitolare. Ora tu staresti fingendo di essere la fidanzata di quel tipo, Gabriel, che odi più o meno da quattro anni, e che il diciotto partirai per andare a conoscere la sua famiglia? E soprattutto, ti ha portata a fare shopping? >>, esclamò con voce monocorde.
<< Ehm, si >>, tentennò la ragazza.
Dall’altra parte, improvvisamente, ci fu un urlo da donnetta isterica, che costrinse Kyra ad allontanare nuovamente il telefono, sperando di non essere diventata sorda. Ecco, quella era la reazione peggiore che potesse immaginare.
Quell’urlo stava a significare che Sean era elettrizzato oltre ogni dire, ma anche estremamente contrariato. Era un mix di emozioni che solitamente prevedevano Kyra come unica vittima.
Era accaduto raramente di dover assistere a quel connubio di emozioni e francamente sperava di non dover più subire le conseguenze di quella reazione, specialmente dopo l’ultima volta.
Era accaduto quando Sean si era lasciato con il suo ultimo fidanzato. Kyra aveva tentato in tutti i modi di tirarlo su di morale, ed infine aveva dovuto fare violenza su se stessa, trascinando l’amico in discoteca a ballare e ad ubriacarsi. Quella era stata l’unica soluzione per riprendere Sean dalla depressione in cui era precipitato. Ma non immaginava che quella sera, tra i due, lei avrebbe finito per scolarsi da sola un’intera bottiglia di vodka alla fragola. Non ricordava molto di quella notte, sapeva solo di essersi ritrovata in bagno con uno sconosciuto intento ad aprire i suoi jeans e pronto a possederla sul lavandino del bagno.
Se Sean non fosse intervenuto, probabilmente si sarebbe trovata o con un figlio illegittimo a cui badare oppure con una bella malattia venerea. Il giorno dopo, l’amico prima aveva dato i numeri per il suo comportamento sconsiderato e poi le aveva fatto i complimenti perché, a detta sua, “non aveva mai visto una suora come lei, agitare i fianchi in quella maniera così provocante da rischiare di farlo drizzare anche ad una checca isterica come lui”.
<< Sean, ti prego, abbassa il volume! Hai svegliato mezzo campus >>, si lamentò Kyra passandosi una mano sugli occhi.
<< Dolcezza, come puoi pretendere che stia calmo quando mi molli una bomba simile? Hai idea di quello che vorrei farti? >>, esclamò scioccato il ragazzo.
<< Lo so che l’urlo sta a significare che sei anche arrabbiato, ma credimi Sean non avevo scelta. Insomma, tremila dollari? Ti rendi conto? Non avrò problemi a pagarmi la rata del campus >>
<< E la questione morale, dove la metti? Non ci pensi a quella povera famiglia che verrà presa in giro da voi due? Dovrai mentire per due settimane! >>
<< Mi sento già in colpa per questo, ma non potevo rifiutare. Io ho bisogno di quei soldi >>
<< Dolcezza, avrei potuto aiutarti io. Una soluzione l’avremmo trovata comunque, come facciamo sempre. Ma mentire cosi, non lo trovo corretto >>, ribatté con più calma Sean.
<< E come? I soldi non piovono dal cielo, e trovare una somma simile in pochi mesi, è impossibile. L’unica era prostituirmi, ma non volevo prenderla in considerazione come ipotesi >>, affermò sarcastica Kyra.
<< Beh, mi sembra ovvio, dolcezza. Ma la prossima volta aspetta prima di prendere una simile iniziativa. Tu lo sai, io mi invento sempre qualcosa >>
<< Sean, ho ventidue anni. Non posso sempre fare affidamento su di te >>
<< Invece puoi. Tu ed io siamo una squadra, te lo ricordi? >>, sussurrò con tenerezza.
A Kyra si strinse il cuore. Era vero. Loro due erano una squadra. Soli contro il mondo. Se lo ripetevano sempre quando erano prima bambini, e poi adolescenti. Specie quando dovevano affrontare delle difficoltà.
<< Si, siamo una squadra >>.
Poi rimasero per qualche minuto in silenzio, e a Kyra venne da ridere. Anche a distanza poteva sentire i neuroni dell’amico lavorare febbrilmente.
<< Sean, avanti spara >>, lo incitò.
<< Devi raccontarmi ogni cosa, dolcezza. Com’è questo Gabriel, come si è comportato, che tipo è, e soprattutto fagli i complimenti da parte mia. Sono anni che tento di portarti a fare shopping, eppure non riesco mai a convincerti. Questo ragazzo deve essere davvero unico, anche se resta comunque un grande stronzo >>, commentò a raffica Sean.
Kyra non riuscì a trattenersi, e rise di gusto. Sean era davvero unico nel suo genere.
 
Gabriel si svegliò con una sensazione strana. Quasi come se i problemi degli ultimi giorni fossero diminuiti di intensità.
Sentiva che le cose si sarebbero sistemate. E che tutto stava procedendo come doveva. Quasi come se la direzione presa fosse quella giusta. Con una freddezza mentale, e più consapevolezza, Gabriel era giunto alla conclusione che Amelie non era la ragazza giusta per lui.
Che era stato un bene lasciarsi, e che cosi avrebbe risparmiato alla famiglia un incontro non molto piacevole. Ma se da un lato le cose erano andate per il meglio, dall’altro la coscienza di Gabriel si era fatta sempre più insistente.
In ventidue anni, non aveva mai dovuto fare i conti con il senso di colpa o cose simile. Ma da quando aveva coinvolto la Smith in quella follia, aveva dovuto fare i conti con i suoi scrupoli d’animo.
Da una parte si sentiva a disagio a presentare una completa estranea alla famiglia, spacciandola per qualcosa che non era. Odiava dover mentire ai suoi genitori, ma la paura di deluderli era davvero troppa.
Ed inoltre si sentiva diverso nei confronti di Kyra. La odiava ancora, e probabilmente alla fine di tutta quella farsa, sarebbe tornato a darle il tormento. Eppure le trasmetteva una sensazione di fragilità, come se la ragazza avesse potuto spezzarsi da un momento all’altro.
Sotto tutta quella scorza dura, fatta di sarcasmo e abbigliamento pessimo, c’era una persona che doveva aver sofferto tantissimo in passato. Una ragazza che, sotto i colpi della vita, era caduta più volte ma che con fatica si era sempre rialzata.
Si alzò dal letto, con quei strani pensieri in mente, ed andò in cucina pronto per fare colazione. Appena cominciò a preparare gli ingredienti per i suoi pancake, le venne in mente il pranzo avvenuto in biblioteca due giorni prima. Entrambi amavano la colazione, e ad entrambi piacevano cose estremamente caloriche.
Guardò stranito i vari ingredienti per i pancake sistemati sul bancone della cucina e, senza sapere il perché, li posò optando per due fette di pancarrè con burro d’arachidi marmellata e nutella.
Non sapeva il motivo di quella sua scelta, ma voleva provare. In fin dei conti, cambiare non faceva mai male. E lui in quell’ultima settimana era cambiato molto, si rese conto.
Spalmò il burro d’arachidi su entrambe le fette, poi ad una aggiunse la nutella e sull’altra mise la marmellata. Poi, sospirando, assaggiò la prima fetta.
Quello che successe alle sue papille gustative, fu indescrivibile. La mattina per lui era sempre stata fatta di pancake e di sciroppo d’acero. Non aveva mai provato qualcosa di diverso.
E solo in quel momento si rese conto di cosa si era perso realmente.
Quella combinazione di sapori e gusti diversi era paradisiaca. Era una versa esplosione di bontà. Sapeva che da quel momento in poi, non avrebbe più potuto fare a meno di quella fetta di pancarrè.
Doveva riconoscere alla Smith di averlo iniziato verso nuovi orizzonti, fatti di marmellata e burro d’arachidi.
Beh, quel giorno sicuramente si sarebbero visti, e l’avrebbe ringraziata.
A quel pensiero, un boccone di pane gli andò di traverso. Aveva davvero pensato di ringraziare Kyra? Ma in che mondo parallelo era finito? Abbandonava la sua colazione preferita per un altro tipo di alimento, cominciava a farsi venire gli scrupoli di coscienza, e andava d’accordo con la Smith. Addirittura aveva pensato di ringraziarla. Di sicuro gli alieni dovevano averlo rapito, oppure era finito in quel telefilm, “Fringe”, fatto da alternative diverse.
Scrollò la testa, cacciando via quei pensieri decisamente scadenti.
“Ecco”, pensò, “mi sono del tutto fritto il cervello”
In quel momento squillò il suo telefono. Quando vide il chiamante, sorrise divertito. Certe cose, per sua fortuna, non cambiavano mai.
<< Amico, non hai idea di quanto sia felice di sentirti >>, affermò appena rispose alla chiamata.
<< Gabe, sono solo le sette e mezza del mattino. Non puoi già essere già fatto di qualche strano acido. E poi non ricordi, avevamo deciso di smettere >>, rispose fintamente affranto Adam.
<< Non sono fatto di niente, coglione. È solo che stavo pensando che in quest’ultimo periodo sono successe delle cose, e che alcune abitudini sono belle >>
<< Cose del tipo? >>, domandò curioso l’amico.
<< Niente, solo una coscienza che torna a galla. Nulla di cui preoccuparsi >>, sminuì Gabriel con semplicità.
<< Tu? Una coscienza? Questa sì che è bella. Cosa hai fatto di grave, da far risvegliare il tuo subconscio? >>
<< Niente, le solite cose. Prendere in giro la ragazza sfigata del mio corso, andare a letto con altre persone mentre sono fidanzato. Offendere, denigrare… cose simili >>
<< Non sei per niente uno stinco di santo, Martin. Alle volte mi preoccupo per la tua anima. Rischi di andare all’inferno >>, affermò con saggezza Adam.
<< Tua madre ha ricominciato a farti i sermoni? >>, chiese Gabriel sospirando per metà divertito e per metà rassegnato.
<< Esatto. È convinta che a ventidue anni io non possa continuare con questa vita sgangherata, che devo trovarmi una fidanzata e sposarmi tra un paio d’anni. Lavorare nell’impresa di papà e stronzate simili. Dio, perché sono figlio unico? >>, esclamò stancamente Adam.
Gabriel annuì anche se l’altro non poteva vederlo.
Erano anni che la madre dell’amico lo tormentava, criticando qualsiasi scelta fatta. Non sopportava che Adam facesse quello che voleva, e che nel frattempo continuasse a divertirsi. Il figlio, pertanto, aveva deciso di disobbedirle come meglio poteva. Se lei decideva quali vestiti Adam dovesse indossare, lui andava subito a comprarsi qualcosa di opposto. Ancora ricordava Gabriel il periodo in cui l’amico aveva indossato solo vestiti di pelle nera con le borchie. La madre ogni giorno lo accoglieva in casa con dell’acqua santa pronta ad esorcizzarlo.
Per non parlare del periodo in cui aveva cominciato a fumare droga, anche abbastanza pesante, solo perché la madre aveva criticato i fumatori in generale e i drogati in particolare. Adam voleva fargliela pagare ogni volta.
Ma così facendo entrambi avevano rischiato di fare una brutta fine.
Avevano sedici anni, quando successe. In quel periodo la madre di Adam aveva davvero raggiunto picchi di follia estremi, tanto che il figlio passava quasi tutte le sere fatto di canne. E Gabriel, ovviamente, lo assecondava. Ma quella sera fu particolare. Non seppe mai il motivo per cui l’amico uscì di casa cosi sconvolto, ma quando arrivarono in discoteca la prima cosa che fece, fu chiedere al barista chi poteva vendergli della roba.
Gabriel provò a fermarlo, ma non ci fu verso. Andò dallo spacciatore di turno e si comprò due pasticche di LSD. Una per se stesso e una per Gabe. Così, come due idioti, la provarono. Scelta pessima.
Dopo i primi dieci minuti passati in un mondo di pace e serenità, arrivò l’inferno. Specialmente per Adam, che insieme alla pasticca aveva mischiato l’alcool e il fumo. Stette male per quasi mezz’ora dopodiché semplicemente svenne. Gabriel era un adolescente, e si trovò preda del panico. Era convinto di aver perso l’amico, perciò fece l’unica cosa che un’adolescente avrebbe potuto fare: chiamò casa sua.
I genitori arrivarono in poco meno di dieci minuti, e trascinarono lui e Adam in ospedale, dove quest’ultimo fu costretto a subire una lavanda gastrica. La famiglia Miller non seppe mai cosa accadde quella sera, ma da allora nessuno dei due si drogò più.
<< Dai amico, prima o poi riuscirai ad abbandonare casa tua. Devi solo fare abbastanza soldi e poi potrai venire a stare qui vicino a me >>, propose Gabriel.
<< Lo sai che prima di poter permettermi casa, dovrò finire il corso di fotografia. E la mia famiglia per certe cose, sai che non sgancia i soldi >>, replicò tristemente Adam.
<< Sei un povero sfigato >>
<< Non me lo ricordare >>
<< Piuttosto, perché hai chiamato? >>, domandò Gabriel.
<< Un amico non può chiamare al suo compagno di avventure, senza secondi fini? >>, esclamò scioccato Adam.
<< Miller, spara >>
<< Va bene, va bene. Martin sei una vera spina nel culo >>, sospirò con fare teatrale. << Volevo solo assicurarmi che non avessi cambiato idea sulla tua venuta qui >>
<< Ancora? Adam sei diventato paranoico. Lo sai che non mi perderei mai la festa dei miei. E poi scusa, ma perché diamine ti interessa sapere se vengo o meno? A te cosa cambia? >>, domandò Gabriel estenuato e confuso.
Una lampadina si accese nella sua testa. Adam lo tormentava cosi, solo quando voleva qualcosa o quando doveva dirgli qualcosa di importante. Era successa la stessa cosa quando doveva raccontargli della sua prima volta, o quando voleva essere accompagnato a fare le analisi perché convinto di aver beccato una qualche malattia venerea.
La sua curiosità aumentò esponenzialmente, ma se c’era una cosa che sapeva di Adam Miller era che non avrebbe mai raccontato cosa le tormentava se non era lui a volerlo. E Gabriel sapeva aspettare. Perché prima o poi si sarebbe aperto da solo, senza forzature. E lui sarebbe stato lì, pronto ad aiutarlo in qualsiasi circostanza.
<< Non fare lo stronzo, Martin. Volevo solo accertarmene. Conoscendoti, le probabilità che ti saresti tirato indietro erano molte >>
<< Non sono così stronzo da non presentarmi neanche durante la promessa di matrimonio di mia madre e mio padre. Sai poi come mi avrebbero ridotto? Peggio di uno scolapasta >>, esclamò scioccato Gabriel, ricordando quanto micidiale potesse essere la furia dei suoi.
In quel momento si domandò cosa sarebbe accaduto se la sua famiglia fosse venuta a conoscenza dell’imbroglio che stava organizzando con Kyra. Di sicuro non ne sarebbe uscito vivo. Sua madre lo avrebbe fatto a fettine con il coltello del pane.
<< Certo, Martin, non sei cosi stronzo. Comunque preparati psicologicamente a dover affrontare un fatto >>, lo avvisò Adam.
<< Oddio, che è successo? >>, chiese preoccupato Gabriel.
<< Tua sorella si è presa una cotta non so per quale tizio >>
Il sangue nelle vene di Gabriel cominciò a ribollire. Sua sorella era soltanto sua, e di nessun altro. Non era autorizzata a fidanzarsi finché non avesse compiuto i trent’anni, e questo lei lo sapeva benissimo.
<< Voglio nome cognome, indirizzo e qualsiasi altra informazione su questo tipo. Urge una castrazione d’emergenza >>, esclamò con furia.
<< Sta calmo, tigre. Non ho capito bene la situazione, ma tua madre non ha voluto dirmi molto. Conoscendo la tua follia, ha pensato bene di non raccontarmi i dettagli. Sa bene che poi te li avrei raccontati >>
<< Quella donna è subdola e perfida >>, commentò affascinato e al tempo stesso preoccupato Gabriel.
Sua madre era l’unica donna ad ispirargli dolcezza e al tempo stesso paura profonda.
<< Beh, Martin, ora devo andare. Il corso di foto inizia tra venti minuti, e devo ancora finire di preparami. A dopo stronzetto >>, lo salutò Adam.
<< A dopo coglione >>, ripose Gabriel.
Poi attaccò riflettendo sulle parole dette dall’amico. La situazione a casa poteva essere più complessa di quello che immaginava. Aveva dimenticato quanto impossibile alle volte fosse sua madre, e quanto ficcanaso fosse sua sorella. Inoltre il padre aveva un occhio scrutatore capace di fare invidia persino a Sherlock Holmes. Urgeva una consulenza con la Smith.
 
Kyra arrivò in classe puntuale come un orologio svizzero. Si guardò intorno cercando un posto libero, e lo trovò accanto alla sua compagna di stanza, Allyson.
<< Ehi, Ally, ciao. Stamattina sei uscita prima del solito o sbaglio? >>, la salutò appena si sedette.
<< Si, sono uscita alle sette. Avevo bisogno di scaricare. Sai dopo quello che è successo con Freddie, mi sento ancora un po’ scombussolata, quindi preferisco fare attività molto presto, in modo da non rischiare di incontrarlo >>, confermò Allyson arrossendo, e abbassando lo sguardo.
A Kyra si strinse il cuore nel vederla in quello stato. Quasi come sconfitta. Conosceva bene come ci si sentiva e cosa si provava in situazioni simili, e non lo augurava neanche al suo peggior nemico.
<< Dai Ally non fare così. Quello stronzo di Freddie non ti toccherà mai più, te lo prometto. E stai pur certa che la colpa non è tua >>, a quelle parole afferrò con forza la mano dell’amica costringendola a guardarla. Gli occhi di Allyson incontrarono quelli di Kyra. I primi erano umidi di lacrime, i secondi sicuri e fermi. << Non è colpa tua, chiaro? Freddie ha sbagliato, è lui che dovrebbe stare male. Lui è uno stronzo pervertito, tu invece sei nel giusto. Una persona ha il diritto di fare ciò che più gli piace senza correre il rischio di essere assalita da maniaci simili. E tu non devi sentirti in nessuna maniera in colpa o sporca o chissà che, perché non lo sei. Anzi, sei una ragazza splendida e luminosa, e non devi permettere a nessuno di toglierti la tua luminosità. Non permetterlo, mai >>.
Si rese conto di aver parlato con molta enfasi, perché le lacrime sgorgarono copiose dagli occhi di Allyson. Quest’ultima si gettò tra le braccia di Kyra e la strinse forte.
Tremava, e singhiozzava, ma Kyra sentiva che ce l’avrebbe fatta. Allyson avrebbe superato quel momento. Sorrise mestamente, ripensando invece a se stessa e al suo passato. La spensieratezza della mattina aveva annebbiato per un attimo i sentimenti che provava per il suo passato, ma in quel momento i ricordi la investirono come una valanga, senza poterle dare un freno.
Improvvisamente sentì forte l’impulso di essere lei quella consolata, quella che veniva abbracciata e rassicurata. Alzò gli occhi di scatto, come se una qualche forza estranea l’avesse spinta a ricercare il suo salvatore. In mezzo a quella folla di studenti ridenti e divertiti, trovò due occhi azzurri intenti a scrutarla silenziosi e a porsi mille domande. Ma soprattutto due occhi azzurri che, con la loro semplice intensità, la rassicurarono come mai era successo.
Gabriel Martin aveva appena salvato Kyra Smith dal baratro dei suoi ricordi.
I due continuarono a scrutarsi silenziosamente. Il cuore di Kyra batteva più forte, come mai le era accaduto. Non sapeva spiegarsi quelle emozioni, ma non voleva che lo sguardo di Gabriel si allontanasse. Aveva bisogno di essere guardata. E non ne sapeva neanche la ragione. Continuarono quel gioco di occhi, finché non arrivò la professoressa ad interromperli.
Fu come se un elastico venisse spezzato, e il resto del mondo riprendesse ad emettere suoni. I due saltarono sulla sedia, e fissarono dritto verso la cattedra spaventati.
Kyra sentiva le gote arrossate, ed uno strano calore pervaderle il corpo. Ancora una volta si chiese che diamine le stesse succedendo.
 
Gabriel uscì dall’aula con ancora la strana sensazione degli occhi di Kyra addosso.
Quando era arrivato quella mattina, non era riuscito a stare fermo un solo secondo, cercando qualcosa nell’aula. Infine, il suo sguardo si era posato sul viso della Smith, e senza volerlo aveva captato qualcosa del loro discorso.
<< … Una persona ha il diritto di fare ciò che più gli piace senza correre il rischio di essere assalita da maniaci simili. E tu non devi sentirti in nessuna maniera in colpa o sporca o chissà che, perché non lo sei. Anzi, sei una ragazza splendida e luminosa, e non devi permettere a nessuno di toglierti la tua luminosità. Non permetterlo, mai >>
Quel discorso aveva attivato qualcosa in lui. Come una specie di intuito, ma che non era riuscito bene ad identificare. Sapeva solo che quelle parole avevano lasciato un segno in lui, e che le avrebbe ricordate sempre. Perché la Smith aveva ragione. Nessuno aveva il diritto di togliere la dignità e la felicità ad un’altra persona.
E lui negli anni passati lo aveva fatto spesso. Aveva umiliato e deriso moltissime persone, e quelle parole fecero riemergere la sua coscienza che urlava per essere ascoltata.
Era stato egoista e meschino, e finalmente se ne rendeva conto.
Ripensare a ciò che aveva fatto, a quante persone aveva maltratto lo fece sentire male. Ma ciò che più lo sconvolgeva, era lo sguardo di Kyra. Appena aveva abbracciato la sua compagna di stanza, aveva cominciato a cercare qualcosa.
E poi i loro occhi si erano incontrati. E il resto del mondo era come scomparso.
Tutto ciò che riusciva a vedere o sentire, erano quegli occhi castani cosi profondi e maledettamente lucidi, quasi come una pozza oscura, piena di misteri e segreti. Segreti che non potevano essere rivelati a nessuno, ma che in quel momento premevano per uscire donando la pace a quello sguardo.
E Gabriel non era riuscito a distogliere la vista perché sentiva di voler essere lui quell’ancora. La salvezza che quelle gemme color cioccolato cercavano.
Poi era arrivata la professoressa, e il momento magico era svanito. Era tornato in se, e la coscienza era tornata ad acquietarsi.
Com’era strana la vita alle volte. Un attimo prima senti di dover mettere in gioco qualsiasi cosa tu sappia e conosca, e l’attimo successivo niente contava più.
Si sentì stordito da questi suoi repentini cambi d’umore, quasi come se qualcosa premesse per uscire, ma che una gabbia glielo impediva.
Avrebbe dovuto riflettere meglio su ciò che gli stava accadendo. Da quando aveva preso a frequentare la Smith, si stava rincitrullendo.
Che poi frequentare era un parolone. Era solo un accordo d’affari il loro, e che allo scadere di quelle tre settimane tutto sarebbe finito. Tra di loro non ci sarebbero più stati incontri o scambi di alcun tipo.
Non avrebbe più dovuto nascondersi, o improvvisarsi una spia. Niente più shopping o qualsiasi cosa contavano di fare da lì per la successiva settimana, allo scopo di conoscersi.
Niente di niente.
Uno strano colpo le prese al petto. Quasi come se quel pensiero lo avesse infastidito. Ma questo non aveva senso. Lui non poteva essere infastidito perché non avrebbe più visto la Smith. Di sicuro qualcosa non andava nel suo cervello, quel giorno
Forse era la colazione. Mangiare qualcosa di diverso doveva aver alterato il suo metabolismo, o roba simile.
Di sicuro doveva esserci una spiegazione plausibile per quei suoi strani pensieri.
Uscì dall’aula ancora confuso, e si diresse verso la caffetteria. Quando una ragazza gli passò accanto con un cappuccino in mano, non riuscì a trattenersi. Prese il telefono e compose un messaggio.
“Hai fatto colazione stamattina?”
Appena inviato, si bloccò in mezzo al vialetto del campus. Ma cosa gli era preso? Mandare messaggi simili alla Smith? Ma era davvero impazzito. Sembrava quasi un messaggio mandato alla propria fidanzata, e quello era decisamente inappropriato. Loro fingevano di stare insieme, ma di base si detestavano.
Poi però gli venne in mente il pomeriggio precedente, e lo shopping fatto. Si ricordò dell’eccessiva magrezza della ragazza e del fatto che non mangiasse regolarmente.
Non andava bene. Si trattava della sua salute, per la miseria. E poi non poteva spacciarsi per modella dal fisico mozzafiato, se le si riuscivano a contare le costole.
Si, aveva mandato quel messaggio per il bene del loro accordo.
Gabriel non era affatto preoccupato per la Smith. Assolutamente.
Una vibrazione lo distrasse dai suoi pensieri. Prese il telefono dalla tasca e vide un messaggio lampeggiare sul display.
“Buongiorno anche a te, Martin. Che c’è, adesso controlli anche se mangio o meno? Non sapevo che nell’accordo fosse previsto che tu mi facessi da padre. Mi dà già il tormento Sean, perciò ti prego non mettertici pure tu”
Gabriel sbuffò infastidito. Quella ragazza non era in grado di rispondere semplicemente ad una domanda. No! Doveva metterci di mezzo anche la sua vena acida e con la risposta sempre pronta. Poteva immaginarsela mentre scriveva tutta accorata, quel messaggio di risposta. Dannata ragazza, l’avrebbe mandato al manicomio.
“Ti costerebbe troppo rispondere ad una domanda, senza dover ribattere neanche fossi un ragno velenoso? Nessuno ti ha mai detto che la tua razza è quella umana, e pertanto non abbiamo veleno in circolo?”
Arrivò alla caffetteria, e si sedette ad un tavolino fuori. Era una bella giornata, e il sole mattutino splendeva alto nel cielo, riscaldando dolcemente i visi dei passanti. Era una bella sensazione avvertire i tiepidi raggi solari sul viso. Gabriel inforcò gli occhiali da sole, e si guardò intorno. La caffetteria non era piena di gente. Molti a quell’ora seguivano, ma lui aveva due ore vuote. La cameriera arrivò per prendere l’ordinazione, e sorrise maliziosamente. Gabriel ricambiò il sorriso, sapendo che una nuova conquista era stata fatta.
Il suo animo vanitoso aveva bisogno ogni tanto di questi colpi. Avere troppo a che fare con la Smith, lo smontava. La sua fiducia in se stesso precipitava miseramente.
Una nuova vibrazione interruppe i suoi pensieri.
“E a te nessuno ti ha detto che sei un semplice ragazzo, e non un pavone in piena fase di accoppiamento? Ritira la coda, che la ragazza l’hai già conquistata”
Gabriel spalancò gli occhi, rileggendo quel messaggio. Due erano i fatti. O la Smith, in quanto strega, possedeva una palla di vetro dove vedeva tutto e tutti. Oppure era lì vicino e lo stava spiando.
Un nuovo messaggio lo distrasse dalle sue elucubrazioni.
“Idiota, so a cosa stai pensando. Non ho nessuna sfera di cristallo. Sono semplicemente seduta sul prato di fronte alla caffetteria, proprio sotto all’albero di ciliegio”
Gabriel alzò di scatto lo sguardo, puntandolo verso l’albero indicato. La sotto vide una figura seduta per terra, appoggiata con la schiena al tronco, e con un libro aperto sulle gambe stese. Aveva un giubbotto di pelle nero, e i famosi occhiali spessi. Kyra lo stava fissando con un sopracciglio alzato, ed un’espressione divertita sul viso.
Il suo cuore perse un battito. Nella sua mente vari pensieri andavano a crearsi. Primo tra tutti era come diavolo la Smith avesse fatto a capire che la stava immaginando con una palla di vetro in mano.
Ma quello che più lo lasciò stranito, fu il pensiero che andò a formularsi spontaneamente nella sua mente.
“E’ bellissima seduta la sotto”.
Scosse la testa più volte, cercando di riprendersi. Non poteva aver davvero pensato quello, riferito a Kyra. Era davvero assurdo. Andava contro ogni logica umana.
La Smith non era bellissima. Era più un tipo normale, abbastanza comune che passava inosservata in mezzo alla gente.
Ma sotto quell’albero particolare, con quell’espressione e l’aria di una che è in pace con se stessa e il mondo, diventava unica. 
Una vibrazione lo distrasse dai suoi pensieri.
“Che c’è, ti sei incantato? La mi estrema bellezza ti ha per caso folgorato?”
Dannata! Lo aveva riletto nel pensiero per l’ennesima volta. Scrisse velocemente un messaggio di risposta, ed attese trionfante di vedere la sua espressione.
“Bellezza folgorante? La tua? Ma stai scherzando? Un pomodoro ha più fascino di te, ed io odio i pomodori. Com’è quell’esempio che facesti? Tra me, una scimmia, un porcellino d’india e uno zombie sceglierei quest’ultimo? Bene, te ne posso fare uno io. Tra te, un blobfish, una salamandra e il mostro di non aprite quella porta, scelgo il blobfish”
Sul volto della Smith, apparve prima un’espressione confusa, poi inaspettatamente scoppiò a ridere. Gabriel rimase perplesso nel vederla piegata dalle risate, ma poi fu contagiato da quell’attacco di ilarità, e cominciò a ridere anche lui.
Ad occhio esterno potevano sembrare due idioti, e forse lo erano davvero. Ma quel momento di totale spensieratezza non l’aveva vissuto con nessuno in tutta la sua vita. Solo con Adam, e tra di loro c’era un’amicizia che durava da anni. Passato l’attimo di risata, riprese il cellulare in mano e mandò un altro messaggio.
“Dai, a parte gli scherzi, hai fatto colazione si o no?”
Fissò Kyra cercando di captare il suo sguardo. Quando la ragazza lesse il messaggio, sul suo volto apparve un’espressione amareggiata e colpevole. Gabriel aveva capito già quale sarebbe stata la risposta.
“No”
Una strana rabbia pervase il corpo di Gabriel. Le aveva detto solo il giorno prima che era troppo magra, e lei che faceva? Si metteva a dieta forzata. Mandò l’ennesimo messaggio senza badare ad analizzare i suoi sentimenti. Prima doveva mettere in testa alla Smith che necessitava di mettere un po’ di grasso su quelle ossa ambulanti, e poi avrebbe cercato di scomporre le sue emozioni.
“E per quale assurdo motivo non hai fatto colazione? Non avevi detto che era il pasto che preferivi? E poi solo ieri ti ho detto che eri troppo magra. Ho capito che non mi sopporti, ma fare il contrario di ciò che ti dico solo per farmi dispetto è assolutamente ridicolo. Anche perché ne va della tua salute”
Gabriel aspettò che la ragazza leggesse il messaggio e che gli desse una valida motivazione.
Quando la Smith lesse il messaggio, alzò entrambe le sopracciglia confusa e sarcastica. Poi spostò lo sguardo su di lui fissandolo intensamente.
Gabriel si sentì attraversare da parte a parte. Quell’occhiata era troppo genuina ed onesta, e lui si sentì andare a fuoco. Quasi come se la sua anima fosse troppo sporca e non sopportasse quel giudizio.
Il telefono vibrò, segno che era arrivato un nuovo messaggio.
“Martin, non ti si addice questo ruolo da padre preoccupato. Ma se proprio ci tieni a saperlo, non ho mangiato non per farti dispetto (non sono né cosi scema né cosi immatura da comportarmi cosi), ma perché non ho avuto tempo. Mi ha chiamato Sean, e ci siamo messi a parlare, e non mi sono resa conto del tempo che passava. Tutto qua. Niente segreti scabrosi, o atteggiamenti da anoressia repressa. Ho solo fatto tardi”
 Gabriel rilesse quel messaggio più volte, provando sensazioni contrastanti.
Da un lato era sollevato che la ragazza non avesse deciso di fargli dispetto, e che avesse solo fatto tardi.
Dall’altro però si sentì invadere da una strana emozione. Il fatto che avesse parlato tutta la mattina con quel Sean non gli piaceva per niente. Ma che diamine di rapporto c’era tra i due?
E soprattutto, perché gli dava cosi fastidio che la Smith avesse un rapporto così intimo con un maschio?
“Siamo sicuri che tra te e questo Sean non ci sia qualcosa di diverso dall’amicizia? Già stiamo facendo qualcosa di non propriamente pulito, mentendo ai miei genitori, ma se tu fossi fidanzata allora la cosa salterebbe. Non mi piace fare da terzo incomodo”
Sapeva di essere ridicolo. Lui era stato a letto con decine di ragazze già fidanzate.
Per colpa sue e delle sue finte promesse, aveva sfasciato un sacco di coppie. Anche quelle che stavano insieme da anni. Ma non riusciva a spiegarsi la sensazione che provava all’idea della Smith fidanzata, e lui con il ruolo di amante. Quel gioco non gli piaceva per niente. Una vibrazione lo distrasse dai suoi pensieri.
“Martin, Sean ed io siamo gli equivalenti di te e quell’Adam. Siamo come fratelli, ci conosciamo da quando andavamo all’asilo. Io so tutto di lui, e lui sa tutto di me. Ma fine della questione. Siamo solo migliori amici”
Gabriel si sentì stranamente più tranquillo a quelle parole. Aveva bisogno di quella rassicurazione.
Se erano vere, allora non avrebbe dovuto temere nulla, perché lui e Adam erano davvero come fratelli.
Improvvisamente un movimento lo distrasse. Accanto a se di sedettero Freddie, Edward e James. Involontariamente nascose il cellulare in tasca, temendo che uno di loro potesse vedere con chi stava parlando. Lanciò uno sguardo veloce verso Kyra. Lo stava fissando come se lo vedesse per la prima volta. Non gli piaceva quello sguardo, perché sembrava che lo stesse giudicando.
Poi raccolse la borsa de terra, e si allontanò senza più degnarlo di uno sguardo.
A Gabriel quel gesto parve quasi come un voler mettere una barriera. Spessa ed indistruttibile. Una barriera capace di far sussultare il suo cuore. Non gli piaceva quella sensazione, specie perché non sapeva trovargli un nome.
<< Allora amico, ci vieni alla festa di domani sera? >>, domandò Freddie.
Gabriel si voltò verso di lui, sorpreso. Era appena stato riportato nel mondo reale di colpo. Un mondo dove lui era popolare, e la Smith no. Un mondo dove tra i due non poteva esserci nulla, neanche un’amicizia.
<< Festa? Quale festa? >>, chiese confuso. Nessuno gli aveva detto niente.
<< Si la festa di primavera, che le ALPHA DELTA PI organizzano ogni anno per festeggiare le vacanze. Ci sarà tutta l’università, anche gli sfigati >>, rispose Edward.
<< Si, così potremmo fare un sacco di scherzi a quei perdenti. Ve lo ricordate l’anno scorso? Abbiamo chiuso gli sfigati del club degli scacchi nelle vetrine all’ingresso, nudi e con un cappellino a punta in testa >>, sghignazzò James.
Come scordarsi quello scherzo, pensò Gabriel. In quel momento, gli era parsa una cosa divertente e simpatica. Ma a distanza di tempo, capì di aver fatto una grossa stronzata. Specie perché uno di loro, abbandonò due giorni dopo l’università. Era il migliore nel corso di fisica, e sarebbe potuto diventare qualcuno, se solo lui e i suoi amici lo avessero lasciato in pace.
La sera in cui scoprì che il tizio se n’era andato da Stanford, Gabriel aveva chiamato Adam sconvolto costringendolo a raggiungerlo. Avevano passato l’intera notte a bere tequila e parlare di cose inutili. Il mattino dopo, con un enorme cerchio alla testa, e lo stomaco completamente distrutto, Gabriel si era sfogato raccontando all’amico come si sentiva da schifo per aver costretto una brava persona a scappare.
<< Già, e quest’anno dobbiamo inventarci lo scherzo del secolo. Perciò cominciamo a pensare a chi dovrà subirlo >>, propose emozionato Edward.
<< Non c’è bisogno di pensare. Io so già chi sarà la vittima >>, sibilò minaccioso Freddie.
Gabriel guardò la sua espressione, e rimase paralizzato. Sembrava fuori di se, aveva l’espressione di un pazzo col sorriso feroce, e lo sguardo di un assassino. Chiunque avesse scatenato l’ira di Freddie, era certamente spacciato.
<< E chi sarebbe, amico? >>, domandò eccitato James.
<< Kyra Smith >>, pronunciò Freddie con tono mortifero.
In quel momento Gabriel non pensò più a nulla, sconvolto per la direzione che avevano preso le cose. L’unico pensiero che riuscì a formulare fu: “MERDA”
 
Kyra si stese nel letto stanca. Erano le nove e mezza di quel lungo venerdì.
Dopo aver seguito le lezioni per tutta la mattina, aver saltato anche il pranzo, aver dato lezioni di recupero a quegli smidollati dei suoi compagni di corso, era stata costretta a dare una mano alla bibliotecaria.
Avevano infatti stipulato un accordo. Complici del fatto che restavano per la maggior parte del tempo solo loro due, avevano stretto una certa confidenza. E Kyra, in una delle loro conversazioni, aveva espresso la possibilità di aiutare la donna nel sistemare i vari libri negli scaffali giusti, sotto piccola ricompensa economica.
E quel pomeriggio aveva dovuto fare doppio lavoro. Erano arrivati dei nuovi volumi da dover catalogare e sistemare nei vari scaffali, ed avevano impiegato quasi tre ore mezza per finire tutto il lavoro.
Era stanca, e con le braccia pesanti. Moriva dalla fame, ma non aveva né la forza né i soldi per comprarsi qualcosa da mangiare. Doveva risparmiare, perché sapeva che il problema presentatosi per l’alloggio e risolto fortuitamente, sarebbe tornato poi successivamente.
Quindi, prima cominciava a mettere da parte i soldi, e prima raggiungeva la somma stabilita dall’università.
Certo che se ogni sei mesi doveva risparmiare tremila dollari, allora sarebbe diventata anoressica nel giro di poco.
Sean probabilmente l’avrebbe rincorsa per tutta Stanford con una mazza chiodata rosa, se avesse solo perso un etto.
Chiuse gli occhi, cercando di ignorare i brontolii allo stomaco. Doveva trovare la forza di alzarsi e lavarsi. E infine rimettersi a letto.
Un lavoro davvero difficile. Probabilmente avrebbe optato per andare a dormire vestita.
Sospirò, felice di quella scelta, e si mise comoda.
Improvvisamente un rumore la distrasse, facendola sedere di scatto sul letto. Si concentrò maggiormente per capire se fosse stato frutto della sua fantasia, o se avesse davvero sentito qualcosa.
Quando il rumore si ripresentò, si girò verso la finestra, rendendosi conto che qualcuno stava bussando sul vetro.
La sua mente corse subito all’immagine di Sean intenta a spiarla da una telecamera nascosta, e furioso con lei per non aver cenato.
‘Dolcezza, preparati perché la mia mazza chiodata ultra fashion sfonderà quel tuo bel cranio che ti ritrovi attaccato sul quel collo ossuto’
Da brividi!
Nuovamente sentì il rumore, così inspirò profondamente facendosi coraggio. Lei era forte e coraggiosa. Avrebbe affrontato Sean e avrebbe cercato di placare la sua ira funesta. O sarebbe espatriata in un altro continente. Magari la Russia! Da piccola la storia di “Anastasia” l’aveva sempre affascinata.
Con coraggio alzò le tapparelle, trovandosi una faccia schiacciata contro il vetro.
<< AHHH >>, urlò spaventata facendo un passo all’indietro.
<< Shhh, che ti urli, idiota >>, sibilò Gabriel mettendosi un dito davanti alla bocca, e guardandosi intorno con circospezione, temendo di essere visto.
La rabbia esplose in Kyra.
<< Che cazzo ci fai qui? Mi hai fatto prendere un colpo >>, esclamò furiosa.
<< Sono qui per mangiare la pizza >>, rispose con ovvietà il ragazzo.
Solo in quel momento Kyra si accorse che Gabriel portava due enormi scatoli di pizza. Il suo stomaco brontolò di riflesso. Ormai erano settimane che non mangiava una pizza degna di questo nome. L’ultima volta lei e Sean l’avevano presa surgelata. Dopo due morsi erano stati costretti a buttarla per quanto faceva schifo.
<< Tu sei fuori di testa >>, affermò sgomenta.
<< Mi fai entrare oppure resto qui fuori sperando di piantare radici? >>, domandò sbuffando Gabriel e picchiettando contro il vetro.
Kyra fu tentata di abbassare la tapparella e stendersi nel letto. Giusto per vendicarsi dello spavento. Ma il suo stomaco brontolò sempre di più.
Perciò sospirando, allungò una mano e aprì la finestra.
<< Prendi queste >>, disse Gabriel porgendole le pizze.
Kyra prese le scatole, constatando quanto fossero pesanti. Ma dovevano mangiare loro due, oppure tutto lo studentato?
Nel frattempo il ragazzo, con un balzo, si arrampicò sul davanzale della finestra, entrando poi nella stanza. Si guardò intorno, osservando l’arredamento, e fischiò.
<< Però, sei davvero povera >>, commentò sarcastico.
Kyra, con la mano libera, gli mollò un pugno sulla spalla.
<< Idiota >>.
Si voltò ed andò a sedersi sul letto. Poggiò i due scatoli, e li aprì. Un profumo meraviglioso si propagò per tutta la stanza, svegliando le papille gustative della giovane.
<< Serviti pure, mi raccomando >>, scherzò Gabriel, sedendosi per terra a gambe incrociate.
Due pizze americane la facevano da padrone. Uno scatolo conteneva metà diavola e metà capricciosa. L’altro metà patatine e wurstel e metà ortolana.
<< Ma queste pizze sono gigantesche >>, esclamò stupefatta.
<< E non solo. Sono anche preparate da un famoso pizzaiolo italiano che va molto di moda in città. Una volta assaggiata la sua pizza, non potrai più provarne altre >>, aggiunse Gabriel con un sorriso soddisfatto.
<< Intendi “L’emporio della pizza”? >>, domandò Kyra.
<< Lo conosci? >>
<< Tutti lo conoscono. Ci passo sempre quando vado a casa di Sean, ed è sempre pieno. Mi sono domandata ogni volta come fosse la roba da mangiare li >>
<< Beh, stai per scoprirlo >>, commentò Gabriel.
Il suo tono di voce era diverso, quasi dolce, e questo sorprese parecchio Kyra. Da quando il ragazzo si comportava in quel modo con lei? Si fissarono per qualche secondo negli occhi, per poi distoglierlo prontamente, entrambi imbarazzati. Un rumore li distrasse. Lo stomaco di Kyra si era fatto sentire a gran voce.
<< Direi che è il caso di cominciare. Buon appetito >>, e detto questo Gabriel si avventò su un pezzo di diavola.
<< Buon appetito >>, rispose commossa Kyra.
Era da tantissimo tempo che non mangiava in compagnia. Solitamente evitava di andare a mangiare da Sean perché sapeva che da lì, sarebbe nata una questione per il cibo infinita.
Con Allyson non aveva mai tempo di pranzare o cenare, a causa dei diversi orari di studio. Ed oltre a loro due non aveva altri amici con cui stare. Alle volte si rendeva conto da sola di essere estremamente patetica.
Assaggiò il primo boccone di pizza capricciosa, e ne rimase folgorata. Quella era davvero la pizza più buona al mondo.
In pochi morsi divorò la prima fetta, avventandosi poi sulla successiva.
<< Piano tigre. Abbiamo tutta la sera per finirci la pizza >>, scherzò Gabriel addentando ancora la sua prima fetta.
<< Scusa, ma questa pizza è buonissima. E poi sto morendo di fame >>
<< Allora non sbagliavo nel pensare che oggi non avessi neanche pranzato. Ma perché ti ostini a questo digiuno forzato? >>
<< Quando non hai soldi, devi pur tagliare su qualcosa >>, spiegò Kyra con un’alzata di spalle.
<< E tagli proprio sul cibo? >>, domandò sbigottito Gabriel.
<< Ora sei uguale a Sean >>
<< Beh, mi stupisce che questo tuo presunto amico non ti abbia ancora fatto ragionare >>
<< Veramente ogni volta che si parla di cibo, mi minaccia di sfondarmi il cranio con una mazza chiodata >>, omise il colore della mazza volontariamente. Non era ancora pronta rivelare l’omosessualità dell’amico. Voleva godersi quegli attimi di tranquillità ancora per poco.
<< Beh, quando lo farà digli di chiamarmi, perché gli darò una mano >>, sentenziò Gabriel addentando la sua seconda fetta di pizza.
<< Veramente vorrebbe prendere a mazzate anche te >>, commentò divertita Kyra.
<< Perché? >>, domandò perplesso il ragazzo.
<< Beh, perché gli ho raccontato tutto quello che mi hai fatto passare in questi lunghi quattro anni.  Non è molto felice del trattamento che ho subito >>.
Gabriel abbassò le mani in grembo, allontanando le sue fauci dalla pizza. Sembrava mortificato. Kyra rimase confusa da quel cambiamento d’umore repentino.
<< Che c’è? >>, chiese con la bocca piena.
<< Ti ho trattato una vera merda. Mi dispiace >>, sussurrò dispiaciuto.
Kyra sgranò gli occhi. Non si aspettava di certo delle scuse. Era ancora scioccata da quella cena improvvisata, se poi si aggiungevano le scuse per le angherie subite, allora davvero il mondo stava per finire.
Sbirciò dalla finestra, convinta di trovare una pioggia di meteoriti pronta a distruggere il pianeta, ma quando si rese conto che il cielo era ancora sopra le loro teste, capì che il mondo non stava per finire. E che Gabriel Martin si stava davvero scusando.
<< Ehm, sei sicuro di stare bene? >>
<< Smith, sto cercando di scusarmi. Non rendermela più difficile di com’è con quella tua lingua biforcuta >>, sbottò infastidito Gabriel.
Kyra alzò le mani in segno di resa. Era pronta a sentire quelle parole.
<< Sto cercando di dire che non ho avuto un bel comportamento nei tuoi riguardi, anzi. Mi rendo conto di aver contribuito a rendere un inferno la tua vita già abbastanza complicata. Insomma… >>, sbuffò portandosi una mano tra i capelli, e tirandoli leggermente. << …quello che sto cercando di dire, in maniera molto confusa e anche atipica, è che sono davvero mortificato >>.
I due si fissarono negli occhi. Quel magnetismo che sempre li univa, si ripresentò puntuale. Kyra era attratta da quello sguardo, come se quegli occhi azzurri mostrassero la vera anima di Gabriel racchiusa sotto quella scorza fatta di snob e vanità.
Si sentiva una privilegiata, perché era certa che solo lei avesse possibilità di scrutare in quelle pozze d’acqua e vederne la loro profondità.
Si riscosse dai suoi pensieri, rendendosi conto di essere entrata in territorio sconosciuto. Quel campo da cui era sempre stata lontana, e che aveva osservato con cinismo e incredulità.
Il campo dell’amore.
Fissò le sue mani, ancora strette alla fetta di pizza, e sospirò.
<< Non fa niente >>, poi rifletté sulle sue parole. << O meglio, si fa qualcosa. Ma è acqua passata. Non ho abbastanza tempo per dedicarmi al risentimento. Devo lavorare >>.
Scherzò, sorridendo maliziosa. Gabriel la fissò intensamente, studiando il volto e cercando di scorgere la verità. Quando capì che la ragazza non stava mentendo, sorrise più rilassato.
<< Questo non vuol dire che da oggi in poi saremo amici, sia chiaro. Non ti sopporto ancora, ma stai certa che da questo momento, da me non subirai più scherzi idioti >>
<< Ne sono felice. Non sopporterei di diventare tua amica, senza offesa. Sarebbe troppo strano >>, commentò Kyra arricciando il naso.
<< Assolutamente. Strano, tanto da essere paragonato al ritorno dei dinosauri in terra >>
<< O strano come vedere Gabriel Martin riprodursi con un blobfish >>, commentò Kyra.
Entrambi si guardarono, poi scoppiarono a ridere. Era strana l’aria che girava per la stanza, ma era piacevole. I due nemici mortali chiacchieravano tranquillamente, scherzando e ridendo come se non esistesse il passato.
E questa era la cosa che Kyra desiderava maggiormente al mondo. Dimenticare il passato e concentrarsi solo sul presente.
Dopo un po’ tornarono tranquilli e ripresero a mangiare la loro pizza.
<< Allora, Smith, continuiamo con la nostra conoscenza. Facciamo un nuovo gioco >>, esordì Gabriel afferrando la terza fetta di pizza. << Raccontiamoci i momenti più folli che abbiamo vissuto, le cose più pazze che abbiamo mai fatto >>
<< Ci sto. Comincia tu >>, annuì Kyra prendendo anche lei la sua terza fetta di pizza.
<< Bene, vediamo… >>, ragionò Gabriel. << Ah sì, ci fu quella volta in prima media dove io ed Adam ci mascherammo da mago Merlino e re Artù perché avevamo perso una scommessa con dei nostri amici. L’intera giornata passata con quei costumi ridicoli. La nostra scuola chiamò subito i nostri genitori per farci venire a prendere >>.
I due scoppiarono nuovamente a ridere per la comicità del racconto. Sembrava surreale, ma Kyra non dubitò neanche di una parola. Conoscendolo un po’ meglio, aveva imparato che Gabriel Martin era imprevedibile.
<< Bene ora tocca a me. Avevamo sedici anni, e Sean aveva appena preso la patente. Decidemmo di fare un giro con la macchina, ma quell’idiota dimenticò di fare benzina, perciò ci ritrovammo a spingere l’auto per tutta la strada, fino ad arrivare al benzinaio più vicino. Beh, ti lascio immaginare la fatica e il sudore >>, Kyra diede un altro morso alla pizza ricordando quel momento divertente. << Comunque sta di fatto che sudai ovunque, anche in mezzo alle gambe >>
<< No! Davvero? >>, esclamò divertito Gabriel.
<< Si, purtroppo si. Tutti quanti si girarono a fissarmi, a quel punto Sean, notando il mio disagio, prese la bottiglia d’acqua dalla borsa della scuola, e se la versò sul cavallo dei pantaloni urlando: “siamo due piscioni! Evviva!”. Scoppiai a ridere adorando il mio amico, poi alzammo il volume dello stereo e cominciammo a ballare per tutto il distributore di benzina. Fu davvero comico >>.
Altre risate proruppero per la stanza. Kyra rifletté che quel ricordo, però, era dolceamaro, perché due giorni dopo Sean finì in ospedale dopo essere stato aggredito.
<< Perché quella faccia? >>, chiese d’improvviso Gabriel.
<< Quale faccia? >>
<< Quella di una che sta pensando a qualcosa di triste. Che è successo? >>.
Kyra rimase scioccata. Si vantava sempre di avere una maschera che la proteggesse dal resto del mondo e che celasse le sue emozioni. Indossava anche gli occhiali per questo!
Ma Gabriel sembrava che avesse imparato a leggerla un po’, e questo la spaventava. Senza rifletterci sopra, presa alla sprovvista, aprì bocca prima di riflettere.
<< Due giorni dopo Sean finì in ospedale >>
<< Come mai? >>, chiese con voce seria Gabriel.
<< Un gruppo di ragazzi lo aggredì >>, spiegò Kyra.
<< Non mi dirai il perché, vero? >>
La ragazza scosse la testa. Non poteva aprirsi troppo. Non ancora. Sean per lei era un argomento troppo delicato e importante, per essere sciorinato in quel momento con la pizza tra i denti.
<< Bene allora è il mio momento >>, esclamò Gabriel, cercando di smorzare l’atmosfera tesa. << Quando ero al liceo, io e Adam decidemmo di fare lo scherzo del secolo. Prendemmo un sacco pieno di rospi, poi petardi vari che disseminammo per tutto l’edificio, e fuochi d’artificio, di quelli pesanti, sul tetto. Con gli estintori in mano, demmo il via allo scherzo. Accendemmo tutti i fuochi, i petardi e liberammo i rospi che correvano spaventati per la scuola. E noi come cretini a cavallo degli estintori urlando come dei cowboy. Fummo sospesi per una settimana >>
Kyra non riuscì a resistere. L’immagine del composto Gabriel Martin seduto sull’estintore che giocava a fare il cowboy era troppo esilarante. Si rotolò sulle lenzuola dalle risate, cercando al tempo stesso di respirare. Non riusciva a crederci. Quel ragazzo era una scoperta continua.
<< Tu invece, che altro hai combinato? >>.
Appena le passò l’attacco di ridarella, cominciò a riflettere su quale aneddoto raccontare.
<< Avevo circa undici anni, quando successe una cosa. Comunque, per farla breve dovevo trasferirmi. Io e Sean però non volevamo essere separati, così decidemmo che l’unico modo di restare uniti era quello di sposarci. Perciò andammo in chiesa e chiedemmo al prete di celebrare il matrimonio. Quello, credendo fosse un gioco, celebrò una finta messa. Dopodiché andammo a casa di Sean e ci chiudemmo in camera sua, dove ci scambiammo un bacino innocente. Ma nella nostra idiozia eravamo convinti di aver fatto sesso, e che io ero rimasta incinta di due gemelli. Perciò andammo a casa mia urlando che io e Sean non potevamo separarci perché eravamo marito e moglie, e che inoltre ero incinta. Immaginati la reazione >>.
Altre risata si diffusero per la stanza. Kyra si rese conto che a pensare ai momenti belli, anche il passato diventava sopportabile.
<< E dopo? Vi siete lo stesso trasferiti? >>, domandò Gabriel interessato.
<< No. Capirono che io e Sean non potevamo lasciarci, perché troppo legati. Così restammo a vivere nella mia casa, che tra parentesi era affianco a quella di Sean >>
<< Insomma un’amicizia prevista dal destino. Uniti anche dalle case, e dalle marachelle combinate insieme >>, commentò divertito il ragazzo.
<< Beh, anche tu e Adam vi siete dati da fare >>
<< Oh sì, Adam è un fratello per me. Quando andremo dai miei lo conoscerai, e sono certa che ti piacerà >>.
Kyra si rabbuiò al pensiero di quello che avrebbe dovuto fare di lì ad una settimana, ma decise di scacciare il pensiero.
Cosi continuarono la serata mangiando pizza e raccontandosi altri aneddoti della loro infanzia e adolescenza.
Si fecero le undici e mezza, quando Gabriel si alzò da terra.
<< Dio ho mangiato come un maiale >>, commentò toccandosi la pancia.
<< Io mi sento simile ad una balena. Da oggi mangerò solo krill >>, affermò Kyra rotolando sulle lenzuola.
<< Bene, ora posso ritenermi soddisfatto. Perché domani, mia cara sociopatica, con manie da folle e dalla lingua biforcuta, ci vedremo al parco della città alle otto del mattino per una bella corsetta >>, esclamò entusiasta Gabriel.
<< Che? Tu sei pazzo. Prima cosa io e l’attività fisica non andiamo d’accordo. Secondo, io alle otto non esisto. Sono ancora profondamente addormentata >>, ribatté con forza Kyra.
<< Dovrai rassegnarti, perché domani mattina facciamo quello che io amo, mentre domani pomeriggio faremo qualcosa che ami tu >>
<< Ti odio Martin >>
<< Anche io Smith >>, sorrise soddisfatto Gabriel, dirigendosi verso la finestra. << Ah un’altra cosa >>
<< Che c’è, vuoi aggiungerci una bella escursione visto che ci siamo? Cosi sono sicura che faccio la fine James Franco in “127 ore” >>, sbuffò Kyra alzandosi dal letto e buttando i cartoni di pizza strappati.
<< No, idiota. Volevo dirti che domani sera c’è una festa universitaria >>
<< Ah sì? Non lo sapevo. Cos’è, hai deciso di abolire la regola “nessuno deve vederci”? >>
<< Ancora no, super idiota. Volevo dirti di non presentarti >>, l’avvisò seriamente Gabriel.
<< Perché? Hai paura che possa rivelare qualche tuo segreto passato? >>, scherzò Kyra.
<< Senti perché non mi lasci finire di parlare? Dicevo di non presentarti, perché Freddie ha intenzione di giocarti un brutto scherzo per vendetta. Non ha digerito quella storia del fango >>
<< Che persona matura >>, commentò sbuffando Kyra. Uno sguardo d’ammonimento da parte di Gabriel la fece zittire. Non era il momento di fare considerazioni. << Va bene, lo prometto. Starò lontana dalla festa. Anche perché io non sono decisamente tipo da feste >>
<< Bene. Allora ci vediamo domani alle otto >>, sorrise compiaciuto il ragazzo.
Aprì poi la finestra e si calò.
<< Buonanotte Romeo >>, scherzò Kyra guardando il ragazzo dalla finestra.
<< Buonanotte, Giulietta. Sappi che per te, però, non farò mai follie >>
<< Ci conto >>.
I due si sorrisero divertiti. Poi senza aggiungere una parola, Gabriel si allontanò lasciando Kyra da sola, a riflettere sulla serata passata.
Il suo cuore batteva stranamente più forte, segno che qualcosa era cambiato.
Ma ancora non sapeva bene cosa. Di certo niente sarebbe stato più come prima. E questo non sapeva se fosse una cosa positiva o negativa.







 
Buonasera, gente...
incredibile ma vero, Moon ha aggiornato la sua storia!!! Il mondo sta per finire O.O
beh, se andate alla mia pagina noterete che anche l'altra storia "Da adesso in poi..." è stata aggiornata recentemente...
che sia un ritorno di questa pazza schizzofrenica?? ancora non si sa...gli impegni universitari sono tanti...
per scrivere questo capitolo, ho rinunciato a studiare anatomia, quindi immaginate che sacrificio U.U
hahaha, però è vero...spero di tornare ad aggiornare presto, ma non vi do false speranze...
di sicuro non sarà come "Eppure mi hai cambiato la vita", con aggiornamento settimanale, ma non voglio far passare neanche mesi...
anche perchè figurarsi, questa storia nella mia testa è completa, ma avevo scordato alcuni aneddoti...e non voglio rischiare di cambiare qualcosa, solo perchè non ricordo cosa deve succedere...
eh, si, stasera mi sono fatta un po' di pubblicità...allora? denunciatemi!!! -.- si lo so, sn squallida...
beh, che dire del capitolo...kyra e gabe cominciano a capire un po' cosa provano, anche se sono ancora molto restii...
ritornano in scena sean e adam, e le loro chiamate folli...
adoro scrivere quei momenti, perchè mi faccio sempre un sacco di risate XDXD
bene, ora vi lascio...
concludo dicendo di visitare la mia pagina di facebook, dove potrete trovare foto, notizie e quant'altro...
ora vi lascio davvero 
buonanotte a tutti ^-^
un bacio
Moon9292

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cosa fai il sabato? ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 6 - Cosa fai il sabato?

 

 

DRIN!!!
Kyra alzò di scatto la testa dal cuscino. Si guardò intorno confusa, non capendo bene da dove provenisse quel rumore assordante. Voltandosi prima a destra e poi a sinistra, si rese conto cos’era quel suono. Sbuffò infastidita, dandosi dell’idiota per aver lasciato la sveglia accesa.
Era sabato mattina, e per sua fortuna non aveva corsi. Allora perché l’aveva attivata?
Qualcosa nella sua testa le diceva che stava dimenticando qualcosa. Qualcosa di importante, ma davvero non ricordava cosa.
Si passò una mano tra i capelli, trovandoli più annodati del solito. Sbuffò sempre più infastidita, pensando che quel sabato mattina fosse cominciato col piede storto.
‘Beh, a dire la verità tutta la settimana è stata uno svegliarsi col piede storto. Prima la borsa di studio, poi il patto con quell’idiota di Gabriel Martin..’, pensò con sarcasmo.
Improvvisamente un’idea la colpì.
Gabriel Martin. Il loro accordo. Conoscersi. Fare cose insieme. Correre nel parco alle otto del mattino di quel sabato.
<< Cazzo! >>, esclamò, guardando nuovamente la sveglia.
Le sette e mezza! In una sola mezz’ora doveva prepararsi, e andare al parco della città che distava venti minuti di camminata dal dormitorio dell’università.
Non ce l’avrebbe mai fatta, e Martin le avrebbe urlato contro.
Buttò all’aria le coperte, e corse verso l’armadio cercando qualcosa di adatto da mettersi.
Non era proprio il tipo da attività fisica, e soprattutto da corsa.
Quell’unica volta che era andata in palestra con Sean, e aveva provato il tapis roulant, l’amico l’aveva paragonata ad un cerbiatto con tre zampe su quattro rotte.
Quindi non si stupì di non trovare un pantalone da ginnastica decente, o una maglietta sportiva.
<< Che palle! >>, urlò, chiudendo con forza l’anta dell’armadio.
Aveva due opzioni davanti.
La prima era andare al parco con i suoi soliti jeans consunti, rischiando di strapparli ad ogni movimento di gamba.
La seconda era chiamare Gabriel e disdire l’appuntamento.
Appena formulò quel pensiero, un colpo al cuore la fece sussultare. Sembrava quasi come se non volesse prendere in considerazione quella possibilità. Qualcosa le diceva che doveva andare al parco. Ma non capiva bene cosa.
Un rumore alla porta la distrasse dai suoi pensieri sempre più intricati. Avevano bussato.
<< E’ permesso? >>, domandò Ally, facendo capolino dalla porta.
<< Entra, Ally >>, la invitò Kyra, portando le mani sui fianchi con fare drammatico.
<< Va tutto bene? >>
<< No. Ho appuntamento con Gabr… >>, appena si rese conto del nome che stava pronunciando, si bloccò mordendosi il labbro inferiore. Decisamente odiava quella situazione. Odiava dover mentire, e odiava dover fingere. Non era per lei tutto quel mistero. E il fatto che nessuno dovesse sapere che lei e Gabriel avevano cominciato a parlare, la mandò in bestia. Decisamente quel giorno non era cominciato bene.
<< Hai appuntamento con…? >>, la esortò Ally confusa da quell’interruzione improvvisa.
<< Ho appuntamento con un amico al parco. Ha deciso che devo mettere su massa muscolare, e quindi vuole andare a correre >>, spiegò dicendo mezza verità.
<< Ok, e dov’è il problema? >>
<< Il problema è che non ho niente da mettermi. Non sono tipo da palestra, e il mio pantalone da ginnastica risale all’epoca in cui le donne indossavano i vestiti con i merletti e gli uomini portavano il cilindro >>
<< Wow, credo che quello possa ritenersi abito d’epoca, allora >>, scherzò divertita Ally. << Aspetta qui >>, disse poi, uscendo dalla stanza.
Kyra guardò l’orologio, e con grande disappunto constatò che la sua crisi di nervi era durata ben dieci minuti. Purtroppo non aveva ancora imparato la tecnica del teletrasporto, quindi sbuffando per la terza volta in quei pochi minuti, prese il cellulare e mandò un messaggio a Gabriel dicendo che avrebbe fatto tardi. In quel momento Ally rientrò in camera con in mano un pantalone da tuta nero ed una maglietta a giro maniche rosa scuro.
<< Tieni, penso che ti vadano >>, le disse porgendole gli abiti.
Kyra la guardò commossa. All’inizio della loro convivenza, non aveva apprezzato molto Ally. La considerava una svampita fissata con lo sport. Ma col tempo, ed imparando a conoscerla, aveva scoperto una persona intelligente e profonda. Una persona su cui poter fare affidamento. Una vera amica.
<< Ally, mi hai salvato la vita >>, affermò con gratitudine.
<< No, sei tu che hai salvato la vita a me. Dopo quello che è successo con Freddie, senza di te non so cosa avrei fatto. Tu hai evitato che sprofondassi nella depressione >>, rispose con dolcezza. Gli occhi le erano diventati lucidi.
Senza pensarci due volte, Kyra l’abbracciò forte, spingendole la fronte contro la spalla. Era leggermente più alta dell’amica, ed Ally trovò conforto tra le sue braccia.
<< Grazie di tutto >>, sussurrò contro il suo collo la bionda.
<< Non ho fatto niente >>, ribatté Kyra con convinzione. Ed era vero, lei non aveva fatto niente.
<< Ora ti lascio. Devi prepararti e scommetto che come al solito sei in ritardo >>, e con un’ultima stretta, Ally si staccò sorridendole dolcemente. << Buona corsa e non sforzarti troppo, mi raccomando >>.
E detto questo, uscì dalla camera, chiudendo la porta.
Kyra restò immobile per qualche altro secondo. Lo sguardo dell’amica era più scuro, meno limpido. Quasi come se qualcosa le avesse ammaccato l’anima. Ed era esattamente quello che era successo. Quello stronzo di Freddie aveva strappato un po’ lo spirito di Ally, facendole perdere la sua spensieratezza che l’aveva sempre contraddistinta.
Allo sguardo dell’amica, Kyra sovrappose il proprio, rendendosi conto che erano simili. Solo che quello di Ally era meno oscuro, più brillante e più fiducioso.
Quello di Kyra, ormai, aveva perso la brillantezza che caratterizzava le persone. La sua anima non solo era stata strappata, la sua era stata fatta a pezzi.
Scrollò violentemente la testa, cercando di cacciare quei pensieri.
Aveva un appuntamento con il suo finto fidanzato, molto perspicace. Se si fosse fatta vedere in quello stato, avrebbe capito subito che qualcosa non andava, e Kyra non aveva voglia di spiegare o di raccontare.
Tutto quello che voleva fare era dimenticare.
Con quei pensieri, la ragazza si cambiò velocemente, constatando che il pantalone di Ally le andava bene, ma la maglia era leggermente larga.
Con sgomento, Kyra la alzò guardandosi l’addome. Spalancò gli occhi notando le costole sporgenti.
Da quando era cosi magra? Come aveva fatto? E soprattutto come poteva non essersi resa conto che perdeva peso?
Riabbassò la maglia, fissando il suo volto allo specchio appeso alla parete accanto alla porta.
I suoi occhi color cioccolata, la fissarono con paura e tristezza. Cosa era diventata? L’ombra di se stessa, quasi un fantasma.
Ventidue anni vissuti senza veramente godersi la vita, ma fronteggiando solo difficoltà su difficoltà. A combattere costantemente contro i suoi demoni passati.
L’unica luce in quella sua oscura esistenza era Sean, che con un semplice sorriso le illuminava la vita.
Improvvisamente le apparve in mente il volto di Gabriel, sorridente e con il solito sguardo sbarazzino. Quello sguardo che stranamente, da quando l’aveva cominciato a frequentare, la faceva fremere come mai le era capitato.
Gabriel, che in quei pochi giorni l’aveva costretta a fare shopping, a mangiare una pizza degna di quel nome, e a fare quei stupidi giochi per conoscersi. 
Gabriel, il ragazzo che odiava da quattro anni, e con cui aveva riso così tanto da doversi piegare a metà per la foga.
Un sorriso spontaneo le apparve sul viso.
La voglia di vederlo e di affrontare quel sabato mattina comparve.
Distolse lo sguardo dal suo riflesso, e corse verso il bagno. Doveva ancora finire di prepararsi.
 
Gabriel sbuffò guardando per l’ennesima volta l’orologio. Le otto e venticinque.
Si sentiva ridicolo a stare fermo in mezzo al parco e fare per l’ennesima volta stretching. Appena la Smith fosse comparsa, le avrebbe fatto una bella lavata di capo.
E pensare che quella mattina si era svegliato con una strana eccitazione in corpo, come non provava da molto tempo.
Quasi come se non vedesse l’ora di cominciare quella giornata, di correre al parco. Di vedere Kyra.
Aveva scrollato scioccato il capo per quell’assurdo pensiero. Non poteva davvero essere emozionato all’idea di vedere quella ragazza.
La sua nemica numero uno.
Che poi non era più tanto nemica, visto che la sera precedente le aveva promesso che non le avrebbe più dato il tormento.
Quindi come poteva essere definita? La sua finta fidanzata indifferente preferita?
No decisamente quella definizione non calzava.
Si schiaffò mentalmente una mano in fronte. Era ridicolo.
Tutta quella storia era ridicola. Mentire, fingere, inventare bugie e scuse…
Stava odiando sempre di più quella situazione, e in più i sensi di colpa cominciavano già ad affiorare.
Quella mattina aveva ricevuto un messaggio dalla sorella, felice ed emozionata all’idea di conoscere finalmente la sua fidanzata. In quel momento si era odiato come mai aveva fatto.
Poteva mentire e fingere con gli amici, con le persone che in realtà non contavano molto.
Ma con la sua famiglia, incluso Adam, proprio non ce la faceva.
Era come se una qualche forza invisibile gli afferrasse il petto, stringendo forte il suo cuore rinsecchito e dall’aspetto malandato.
Sapeva di non essere una brava persona, o comunque di non essere tra i migliori. Ma su di una cosa poteva vantarsi. Era onesto e affettuoso con i suoi genitori, responsabile e gentile con Eve, e un amico sempre presente per Adam.
In quel momento Gabriel si stava odiando profondamente. Quella sua dannata coscienza stava comparendo troppo spesso per i suoi gusti, e non la sopportava più. Alla fine non avrebbe fatto qualcosa di davvero grave, e poi avrebbe potuto inventarsi un’altra bugia per giustificare la fine della sua finta relazione con Kyra. In fin dei conti mica doveva sposarsi.
Con quei nuovi pensieri rassicuranti nella mente, si diede la carica per affrontare la situazione.
Controllò nuovamente l’orologio, per vedere quanto sarebbe dovuta durare la sua sfuriata con la ragazza.
Le otto e trentacinque.
Un sorriso sadico comparve sul volto di Gabriel. Le avrebbe fatto scontare quel ritardo, con una giusta punizione. Aveva in programma di correre per un’oretta circa e poi passeggiare tranquillamente sotto gli alberi del parco, cercando di conoscersi. Inoltre, era sua intenzione offrirle la colazione, certo che la ragazza non aveva mangiato.
Ma grazie alla mancata puntualità, avrebbero corso molto di più. Almeno due ore. E poi l’avrebbe presa in giro per il resto della mattina, convinto che neanche dopo mezz’ora di corsa, la Smith sarebbe stata spompata e col fiatone. Si, avrebbe decisamente punito quella ragazza.
<< GABRIEL! >>, urlò una voce da lontano.
Il ragazzo si voltò, vedendo una figura correre come una furia nella sua direzione.
Scrutò per bene la persona, e constatò con divertimento che fosse Kyra. Sudata e già spompata. E col fiatone.
Dopo pochi minuti, finalmente la Smith lo raggiunse, piegandosi in due e poggiando le mani sulle gambe, cercando di riprendere fiato.
<< Ti senti bene? >>, domandò alzando un sopracciglio divertito.
<< Ti… sembra… che… stia… bene? >>, rispose affannata la ragazza.
Gabriel sospirò. Anche sul letto di morte, Kyra non sarebbe riuscita a non essere sarcastica.
<< Tu e la tua lingua biforcuta siete in ritardo di ben trentacinque minuti. In che modo intendi discolparti? >>, chiese fintamente arrabbiato.
In realtà tutta quella situazione lo stava divertendo e non poco. Ignorò i pensieri di poco prima, perché una sola cosa aveva preso il sopravvento in quel momento: da quando frequentava la Smith si divertiva come un matto.
<< Come intendo discolparmi? Vediamo, forse cercando di non morire? >>, domandò a sua volta la ragazza, respirando meglio, ma comunque ancora affaticata.
Si rimise in posizione retta, con qualche difficoltà. Appena alzò lo sguardo, Gabriel notò qualcosa di diverso nei suoi occhi. Una piccola luce, minuscola e quasi invisibile ad occhio inesperto, era comparsa in quelle pozze di cioccolato. Una piccola luce di speranza.
Il cuore del ragazzo prese a galoppare velocemente. Una microscopica luce, aveva reso l’aspetto della Smith completamente diverso. L’aveva resa più bella, nonostante l’aria scarmigliata e la presenza di quegli occhiali orribili e troppo grandi per il suo viso. Era quasi splendente, ed era bastato davvero poco per renderla cosi.
Gabriel boccheggiò confuso per quei pensieri. Il suo cuore non smetteva di battere velocemente.
<< Ti senti bene? Sembri un pesce >>, disse confusa Kyra, dopo averlo guardato attentamente.
Il ragazzo scrollò leggermente il capo, cercando di riprendersi e soprattutto cercando di allontanare quei pensieri folli dalla sua mente.
<< Si, certo sto bene. Tu però non hai ancora giustificato il tuo ritardo. Cos’è, non è suonata la sveglia? >>, domandò acidamente.
<< No, mister simpatia. La sveglia è suonata, ma come ho tenuto a precisare anche ieri sera, non sono proprio un’amante dello sport. Non avevo niente da indossare >>
<< Non mi pare che tu sia nuda >>, constatò Gabriel guardandola da capo a piedi, e soffermandosi sul suo addome. Aggrottò leggermente le sopracciglia, notando solo in quel momento che la maglietta rosa scuro, attillata per qualsiasi essere umano di genere femminile, era leggermente larga addosso alla Smith. << Di chi è quella maglietta? >>
<< Perché me lo chiedi? >>, domandò perplessa la ragazza.
<< Ti prego, rispondimi per una volta >>, esclamò esasperato Gabriel.
<< Di Ally >>, replicò infastidita la ragazza, incrociando le braccia.
<< Ally? Intendi Allyson Carter? >>, domandò sgomento.
<< Si, quella Allyson. Perché sei cosi scioccato? >>
<< Allyson Carter è forse tra le persone più magre che io abbia mai conosciuto. Persino più magra di Amelie, e lei è una modella. E in quattro anni che conosco la Carter, non l’ho mai vista con una maglietta leggermente larga, o a palloncino, o a sbuffo o con qualsiasi altra maglietta che non le aderiva perfettamente al busto. E questa di sicuro non fa eccezione >>, esclamò infuriato Gabriel. Nel suo tono, però, vi era anche una nota preoccupata. << Perciò Smith spiegami com’è possibile che questa cazzo di maglietta dal colore fottutamente schifoso ti stia larga? >>.
Le sue urla avevano attirato l’attenzione dei vari passanti, che li guardavano silenziosamente domandandosi cosa fosse successo. Ma il ragazzo non si curò degli sguardi altrui. Per una volta, non gli interessava cosa pensava la gente, perché c’era qualcosa di più importante.
E per Gabriel era davvero assurdo ignorare il resto del mondo.
Kyra sembrò ingobbirsi leggermente a quelle parole, come se il loro peso fosse troppo da sopportare per il suo corpo mingherlino. Quella luce apparsa in quegli occhi, sembrò perdere d’intensità.
Gabriel sospirò, cercando di calmare i nervi. Non voleva che la Smith si chiudesse nuovamente in se stessa, escludendolo dal suo mondo. E soprattutto voleva che quella preziosa gemma nei suoi occhi restasse per molto tempo, e che magari diventasse molto più grande.
<< Smith scusami per averti urlato contro >>, decise di adottare una tecnica diversa, per carpire le informazioni che gli interessavano. << Ma davvero, spiegami come può essere che quella maglia ti vada larga. Non vedi che sono preoccupato per te >>.
Quelle parole fecero effetto, perché sembrò che il peso che Kyra portava si alleggerisse.
<< Hai ragione >>, esclamò sorprendendo Gabriel. << Ho perso peso, e non so come. Non chiedermi come ho fatto a non accorgermene, perché non saprei risponderti. So solo che questa mattina, quando ho visto la maglietta andarmi larga, mi sono resa conto che mi si possono contare le costole. Letteralmente >>.
Il ragazzo non faticò a crederle. Con tutta la maglietta, poteva intravedere quelle ossa sporgenti. E credette anche alle parole della ragazza, perché ormai stava imparando a conoscerla, e la Smith non era una che mentiva.
La vita che conduceva la portava a fare sacrifici su sacrifici, rinunciando anche al semplice mangiare.
Una voce lontana, proveniente da qualche parte del suo cervello, o del suo cuore, sussurrò al ragazzo.
D’ora in poi mi prenderò io cura di questa ragazza’.
Gabriel sussultò spaventato per quel pensiero e per l’intensità con cui l’aveva colpito. Non aveva mai avuto un simile atteggiamento di protezione per qualcun altro al di fuori della sua famiglia. Neanche Amelie aveva suscitato un simile sentimento in lui, ed erano rimasti insieme per anni.
Ma Kyra aveva qualcosa, che scatenava delle emozioni in Gabriel mai sperimentate prima. Il suo atteggiamento ostile, la sua lingua biforcuta e il sarcasmo pungente, la sua forza e al tempo stesso la sua grande fragilità, suscitavano in lui dei profondi sentimenti che ancora non capiva.
E che non era ancora pronto ad affrontare. Doveva prima accettare che qualcosa dentro il suo cuore stava cambiando.
Sospirò stancamente, passandosi una mano tra i capelli, e spettinandoli.
<< Va bene, la punizione che avevo in mente per te la rimando quando avrai messo su almeno cinque chili >>, affermò sbuffando.
<< Quale punizione? >>, chiese perplessa la ragazza.
<< Non sono affari tuoi. Ora ti spiego il programma della mattinata, deciso da me >>, affermò portandosi alle spalle della ragazza e spingendola verso la stradina che portava all’interno del fitto parco. << Correremo per una buona oretta, e poi andremo a fare colazione in un posto molto carino che conosco >>
<< Ho appena trovato tre errori in questo tuo programma, ed è un programma di un’ora sola. Figuriamoci quali altre cretinate dirai entro l’ora di pranzo >>
<< Oh mia splendida regina dalla lingua veloce e avvelenata, illuminami. Quali sono i difetti che hai trovato in codesto modesto programma >>, esclamò con finto ardore Gabriel.
<< Ti prego, non parlare mai più così. Davvero, sei inquietante >>, rispose divertita Kyra. << Comunque il primo errore sta nel credere che io possa correre per un’ora intera. Fidati non sono un bello spettacolo da vedere. Sembro un babbuino con una noce di cocco infilata su per il culo rosa >>
<< Sacrilegio, che linguaggio scurrile >>, esclamò Gabriel.
Poi, fermandosi improvvisamente, scoppiò a ridere per quelle parole, imitato poco dopo da Kyra.
<< Ok, regina dei paragoni assurdi, continua. Dimmi gli altri due errori >>, la esortò il ragazzo, dopo essersi ripreso.
<< Bene, il secondo errore sta nel fatto che tu voglia portarmi in un locale che conosci tu. E quindi questo implica che il suddetto locale sia per figli di papà con la puzza sotto il naso e con il portafogli pieno >>
<< Cosi mi ferisci >>, affermò fintamente offeso Gabriel, portandosi teatralmente una mano al petto.
<< E questo errore è direttamente collegato al terzo >>, continuò Kyra ignorandolo volontariamente. << Ovvero che tu presupponi che io abbia i soldi per permettermi la colazione in questo posto >>.
Gabriel sospirò divertito.
La Smith aveva più palle e orgoglio di qualunque ragazzo avesse mai conosciuto. E questa cosa, doveva ammetterlo, lo affascinava tantissimo.
<< Ah Smith, come devo fare con te? >>, chiese sarcastico. Riprese a spingerla verso la stradina, ignorando le sue proteste. << Il posto dove voglio portarti, è un locale molto carino e praticamente sconosciuto a tutta l’élite di Stanford. L’ho scovato due anni fa, quando con Adam volevamo trovare un rifugio sicuro da tutti i compagni di università. E’ frequentato solo da persone normali e tendenzialmente povere. Un po’ come te >>.
A quel commento, Kyra sbuffò contrariata. Ma Gabriel notò l’angolo della sua bocca sollevarsi leggermente, in un sorriso nascosto.
<< Comunque, per passare al presunto secondo errore, non preoccuparti offro io. E non accetto nessuna protesta >>, esclamò stoppando sul nascere la risposta contrariata della ragazza. << Per quanto riguarda la corsa, beh Smith, ti sfido >>.
I due ragazzi si fermarono all’inizio di un viale alberato, e si fronteggiarono.
<< Spara, Martin >>, lo esortò Kyra, con sguardo interessato.
Era davvero una ragazza con le palle, pensò Gabriel.
<< Bene Smith, ecco la mia proposta. Tu corri per un’intera ora, senza fermarti, ed io mi umilierò pubblicamente camminando per buoni due minuti completamente nudo in mezzo ai passanti. Nudo come mamma mi ha fatto >>
<< E se vinci tu? >>, chiese la ragazza interessata.
<< Ti farò una domanda sul tuo passato, e tu dovrai rispondere per forza >>, affermò prontamente Gabriel.
Ormai era diventata un’ossessione conoscere il mistero che aleggiava sulla figura della sua finta fidanzata.
<< Ci sto, Martin. Non vedo l’ora di vederti umiliato >>, accettò eccitata Kyra.
Gabriel allungò una mano, prontamente stretta dalla Smith. I due si lanciarono uno sguardo malizioso, poi si voltarono contemporaneamente verso il viale.
<< VIA >>, esclamarono all’unisono.
La gara cominciò
 
Un’ora dopo.
<< Dio che soddisfazione >>, esclamò entusiasta Kyra.
<< Ma non avevi detto di essere una schiappa nello sport? >>, domandò scioccato Gabriel.
<< Certo che lo sono. Ma sotto stimolo, do il meglio di me >>
<< Attenta, Smith, potrebbe sembrare una proposta piccante >>
<< Oh, sederino di mamma, non hai idea di quanto mi divertirò ora >>, rispose entusiasta la ragazza.
Aveva dato il meglio di se in quell’ora. Certo, aveva temuto di svenire a mezz’ora di corsa, e quando mancava solo un quarto d’ora aveva seriamente pensato di dichiararsi sconfitta. Ma il pensiero di rivelare i suo segreti, la distruggeva mentalmente. Aveva dovuto affrontare il suo passato già quella mattina, e non era pronta a riaprire quella porta. Perciò aveva stretto i denti, e immaginato di essere inseguita da Sean e la sua mazza chiodata rosa. Quello era stato un ottimo incentivo.
Alla fine, col fiato mancante, e la gambe a pezzi, aveva vinto. Erano fermi da dieci minuti, cercando di riprendere entrambi fiato.
Kyra era seduta a terra, appoggiata al tronco di un albero. Gabriel, invece, torreggiava su di lei. Alla loro destra, il laghetto risplendeva delle luci del mattino. Persone intente a fare jogging, sfrecciavano indisturbate intorno a loro.
<< Sei una ragazza maledettamente sadica >>, disse fintamente furioso il ragazzo.
<< L’idea della sfida è stata tua. Quindi accetta le conseguenze, e paga pegno come farebbe un vero uomo >>
<< Va bene, Smith. Ma se ci tenevi così tanto a vedere le mie palle e il mio culo, potevi semplicemente proporti. Sarei stato generoso, e ti avrei finalmente liberato dal fardello della verginità >>
<< Come hai fatto a percepire il mio desiderio di vederti nudo? Sei un veggente >>, commentò sarcastica Kyra. << E poi non sono più vergine ormai da molto tempo >>.
L’amarezza che accompagno quella frase, non sfuggì ad entrambi.
La ragazza si morse quasi a sangue il labbro inferiore. Odiava svelarsi così tanto con Gabriel, ma davvero alle volte sembrava non riuscire a tenere a freno la lingua. Quasi come se volesse realmente raccontare il suo passato. E una cosa simile non era mai accaduta. L’unico con il quale riusciva a condividere il suo passato era Sean. Ma questo succedeva solo perché lui c’era stato sempre, e aveva visto in prima persona le cose che le erano capitate e le conseguenze scaturite. Gabriel, invece, era un estraneo fino a pochi giorni prima, eppure già aveva conquistato molto. Più di chiunque altro, più di qualsiasi suo ex.
<< Ok, è giunta l’ora di pagare. Sta a guardare, Smith. E goditi lo spettacolo delle mie bellissime chiappe sode >>, esclamò divertito il ragazzo, strappando un sorriso a Kyra.
Cominciò a spogliarsi, togliendo prima le scarpe. Poi sfilò velocemente la maglia sudata, mettendo in mostra un fisico mozzafiato. Era muscoloso, ma non eccessivamente, con addominali marcati. Una leggera peluria scura partiva da sotto il suo ombelico. Il resto del corpo, invece, non aveva neanche un pelo, ad esclusione della peluria bionda sulle braccia.
Inconsciamente, Kyra ingoiò a vuoto, trovandosi senza fiato. Doveva ammetterlo, Gabriel Martin era davvero un bel ragazzo.
<< Ti piace ciò che vedi? >>, domandò malizioso il ragazzo.
<< Ti prego, dimmi che non l’hai detto?! >>, rispose ironica la ragazza.
<< Lo so, è un’affermazione banale, trita e ritrita. Ma vista la situazione, e il motivo per cui abbiamo cominciato a frequentarci, mi sembra di trovarmi in un romanzo Harmony. Quindi volevo solo rispecchiare il personaggio che sono chiamato ad interpretare >>, affermò divertito Gabriel.
<< Non so cosa più mi sconvolga, se il fatto che tu abbia appena ammesso che noi due ci stiamo frequentando proprio mentre ti stai spogliando, e che tu legga i romanzi Harmony >>, commentò sarcastica Kyra.
Ignorata completamente, lo spogliarello riprese. Furono eliminati velocemente i calzini, e i pantaloni da ginnastica. Restavano solo i boxer firmati “Calvin Klein” neri e attillati. Ingoiando nuovamente a vuoto, la ragazza cercò di trovare un pensiero coerente che la facesse riprendere da quella visione. Ma non ne trovò nessuno. Infine, fu costretta ad ammetterlo: era attratta fisicamente da Gabriel Martin.
<< Mi domandò perché indossare mutande firmate? Chi diavolo dovrebbe vederle? >>, domandò schiarendosi la gola, e distogliendo lo sguardo dalla zona pubica del ragazzo.
Il suo sguardo, però, cadde nuovamente su quella peluria scura che partiva dall’ombelico. Si trovò a boccheggiare. In ventidue anni di vita, non aveva mai scoperto di provare attrazione per i peli maschili, ma doveva ricredersi. Non si finiva mai di scoprire cose nuove su se stessi.
<< Perché così puoi sfoggiarle in momenti intimi. O quando hai perso una scommessa con una ragazza che ti guarda peggio di un maniaco. La pianti di fissarmi l’ombelico >>, esclamò imbarazzato Gabriel, portando le mani a coprirsi la suddetta zona.
Kyra distolse nuovamente lo sguardo, cercando di concentrarsi sul viso del ragazzo, scoprendolo arrossito. A quella visione, fu il suo cuore e non il suo corpo a reagire, battendo velocemente.
Chiuse più volte gli occhi, cercando di calmare il proprio petto impazzito. Non riusciva a capire cosa le stesse succedendo, non aveva mai provato sensazioni così forti. Nessun ragazzo con cui era stata aveva suscitato in lei sentimenti così potenti. Non aveva più il controllo del suo corpo. Si schiarì la gola, cercando di trovare quel contegno che ormai aveva perduto.
<< Va bene, Martin, fine dei giochi. Via le mutande >>, disse cercando di placare le proprie emozioni.
Gabriel le lanciò uno sguardo storto, sbuffando malamente. Poi, inspirò profondamente, facendosi coraggio e con un gesto fulmineo calò i boxer. La saliva di Kyra si prosciugò completamente. Davanti ai suoi occhi aveva un vero e proprio adone. Era perfetto sotto tutti i punti di vista, proporzionato anche sotto le mutande.
Il corpo di Kyra reagì violentemente a quella visione. Mai avrebbe pensato di poter provare una simile attrazione per un'altra persona, ma evidentemente si sbagliava. Come sbagliava nel giudicare Gabriel Martin. All’esterno poteva sembrare un figlio di papà, sbruffone e arrogante. Ma quelle sue guance arrossite dall’imbarazzo, e quel dolce pudore che stava mostrando in quel momento, lo smascherarono. In realtà, quel ragazzo era l’opposto di come appariva. E questa consapevolezza fece agitare più velocemente il cuore di Kyra, imitando lo sbattere d’ali di un colibrì.
Prontamente, quelle nudità furono coperte da due mani, distogliendo l’attenzione della ragazza.
<< Ti prego Smith, niente occhiate lascive. Sono un figo, e questo lo so. Ma cosi mi metti in imbarazzo >>, esclamò con finta arroganza Gabriel.
Kyra sorrise dolcemente per quell’atteggiamento. Si alzò da terra, e poggiò le sue mani sulle spalle dell’altro.
<< Vai, Gabriel. Mostrati per come mamma ti ha fatto. Io faccio partire il cronometro >>.
Detto ciò, gli diede una leggere spinta, esortandolo a muoversi.
Gabriel sbuffò divertito. Poi, prendendo un respiro profondo e gonfiando il petto, si voltò e cominciò a camminare. Per poco la mascella di Kyra cadde a terra. Davanti ai suoi occhi aveva il sedere più bello che avesse mai visto. I jeans attillati che di solito l’altro indossava, non rendevano giustizia al suo fondoschiena.
Sean avrebbe sicuramente dato un morso su quelle natiche, e stranamente anche lei desiderò poterlo fare.
Una risata soffocata la distrasse dai suoi pensieri perversi, riportandola alla realtà.
Due ragazze intente a fare una passeggiata, avevano appena squadrato da capo a piedi Gabriel che, nel frattempo, passeggiava tranquillamente per il viale.
Kyra, presa dalla voglia di vendicarsi per le angherie subite, attivò la videocamera del suo cellulare e riprese la punizione di Gabriel. Quello spettacolo sarebbe stato ricordato per molto, moltissimo tempo.
 
<< Hahahaha!!! Non ce la faccio. È più forte di me >>, e detto ciò, Kyra scoppiò nuovamente a ridere.
Ormai era da più di venti minuti che la ragazza non riusciva a trattenersi, e se da un lato Gabriel odiava essere preso in giro, dall’altro si sentiva stranamente bene all’idea di farla ridere.
Era una strana sensazione che riscaldava il cuore.
La sua umiliazione era stata profonda, e il suo orgoglio ne aveva risentito pesantemente, ma almeno ne era valsa la pena.
E poi un po’ divertito lo era anche lui. Ripensare a quei due lunghi minuti di punizione, e soprattutto rivedere le facce dei passanti era davvero impagabile.
<< Insomma, quel ragazzo ti ha lanciato uno sguardo cosi lascivo, che sembrava ti volesse scopare seduta stante >>, continuò Kyra, ridendo sempre più forte.
Anche quello era strano. Gabriel aveva sempre provato una fortissima avversione per gli omosessuali. Da adolescente non era stato certamente gentile con un suo compagno di scuola. Anzi, aveva fatto davvero delle cose orribili. Però, in quel momento, si rese conto che non provava avversione per quel ragazzo. Aveva capito di aver attirato la sua attenzione. Lo aveva visto strabuzzare gli occhi da lontano, e seguirlo per tutto il tempo. Non aveva allontanato lo sguardo dal suo sedere esposto. Aveva temuto ad un certo punto che allungasse le mani, ma questo non era accaduto.
<< E invece quella signora che ha urlato? Quello è stato forse il momento più divertente >>, aggiunse Gabriel distogliendosi dai suoi stessi pensieri. Non voleva rendersi conto di quanto, in quei pochissimi giorni, fosse cambiato.
<< Hahaha! Hai ragione. È stato bellissimo: “Tu, sciagurato figlio del diavolo. Finirai all’inferno per queste oscenità. Chiamate un prete, ha bisogno di un esorcismo” >>, imitò Kyra, tornando poi a ridere.
Il ragazzo fu coinvolto in quella risata. Effettivamente, quello era stato davvero un momento folle e divertente. Era scappato, temendo che la signora di mezza età tirasse fuori dalla borsetta l’acqua Santa. Kyra, avendo compassione di lui, aveva fatto finire quella tortura ben venti secondi prima. Ma in quel minuto e 40 secondi era successo di tutto.
<< Ok, cercando di tornare seri, dove mi stai portando, Martin? Ormai sono venti minuti che camminiamo >>
<< Lo vedrai, Smith. Fidati per una buona volta >>
<< Non sono un’amante del dare fiducia. Preferisco sapere in anticipo cosa accadrà >>
<< Ecco perché sei una sociopatica. Ed è per questo che da me non saprai niente >>
<< Sei un dittatore antipatico >>, sbuffò infastidita la ragazza.
<< Si, ma un dittatore molto bello >>, si pavoneggiò Gabriel.
<< Ti ho già detto che questa non è la stagione degli accoppiamenti per i pavoni. Comunque, sul serio Gabriel, stiamo ancora attraversando questo parco, ed ora siamo finiti in un posto senza viale e pieno di alberi. Cos’è, vuoi uccidermi e seppellirmi qui? >>
<< La tentazione è forte. Ma ahimè, temo che l’omicidio sia illegale in tutto il mondo. E in più non posso finire in galera. Hai visto come mi ha guardato il sedere quel ragazzo. Immaginati come verrebbe ridotto in prigione >>, e rabbrividì al solo pensiero.
Poteva essere diventato tollerante nei confronti degli omosessuali, ma di sicuro non avrebbe mai e poi mai provato l’esperienza. Lui era etero al mille per mille.
Svoltarono a destra di un albero, e finalmente Gabriel vide ciò che stava cercando: il locale dove dover fare colazione.
<< Signorina Smith, le comunico che siamo arrivati >>, esclamò entusiasta.
<< Mi stai dicendo che abbiamo camminato per quasi mezz’ora per arrivare in quella baracca? >>, domandò perplessa la ragazza.
La “baracca” in questione, era una specie di cottage un po’ malandato. Era in muratura grigia e con le tegole del tetto rosso scuro.
<< Ora chi è che si comporta come una figlia di papà con la puzza sotto il naso? >>, la prese in giro lui.
<< Credimi, sono stata in posti peggiori >>, rispose prontamente Kyra. << Solo che, da come ne parlavi, mi aspettavo un posto piccolino e poco alla moda, non una specie di casa dell’orrore infilata in mezzo al bosco >>
<< Ripeto, Smith: fidati >>.
Detto ciò, la trascinò verso il cottage. Arrivati alla porta, entrarono facendo suonare un campanellino. Gabriel si sentì come appena tornato a casa, dopo un lungo viaggio. L’interno era semplice, simile ad una qualsiasi tavola calda del paese, ma l’atmosfera era cosi rilassata, da infondergli un senso di pace. In quel posto non doveva fingere di essere Gabriel Martin, il viziato figlio di papà, ricco ed arrogante. Non doveva fingere di essere Gabe, figlio, fratello e amico, aspirante avvocato, sempre perfetto. Li poteva essere semplicemente se stesso.
<< Wow >>, esclamò entusiasta Kyra. << Qui dentro si respira una tale pace e tranquillità >>
<< L’hai notato? >>, domandò perplesso il ragazzo. Neanche Adam aveva percepito quella sensazione, quando vi erano venuti insieme. Gabriel sembrava l’unico ad essersene reso conto. L’unico fino a quel momento.
<< Eccome se l’ho notato. Figurati che non ho neanche voglia di battibeccare con te, talmente che sono in pace >>
<< Questo sì che è strano >>.
Una donna di mezz’età si avvicinò con un sorriso dolce.
<< Volete accomodarvi, ragazzi? >>, chiese col suo vocione. Era una donna in carne.
<< Si grazie >>, confermò Gabriel.
La donna li scortò in uno dei tavolini in fondo, vicino al muro. Quella mattina il locale era pieno, e i posti disponibili erano pochi.
<< Vi lascio i menù? >>, domandò non appena i due ragazzi si furono accomodati.
<< No grazie, sappiamo già cosa prendere. Pancake con abbondante sciroppo d’acero e nutella >>, rispose prontamente Gabe.
<< Ma io… >>, tentò di protestare Kyra.
Gabriel le tirò un calcio da sotto il tavolo, facendola zittire prontamente. Sul viso, il sorriso restava.
Appena la cameriera si allontanò, la ragazza rispose al calcio con un altro, beccando lo stinco.
<< Merda! Mi hai fatto male >>, esclamò dolorante Gabriel.
<< Anche tu >>.
Contemporaneamente si fecero la linguaccia, scoppiando a ridere subito dopo per l’assurdità del momento.
<< Ok, devo ricredermi sul posto. È davvero splendido. Ma spiegami perché hai ordinato i pancake anche per me. Sai benissimo che io amo il pancarrè con il burro d’arachidi, con la marmellata e con la nutella >>
<< Certo che lo so. Ma visto che ieri mattina io ho provato la tua colazione, stamattina tu proverai la mia >>
<< Hai privato la mia colazione? >>, chiese confusa Kyra.
<< Già. E devo confessare, a malincuore, che era eccezionale. Per questo alternerò le due. Ma ora è il tuo turno di provare la mia >>, spiegò con tranquillità il ragazzo.
<< Va bene, essere strano >>, rispose perplessa.
<< Comunque, se siamo qui è perché dobbiamo continuare a conoscerci giusto? >>, domandò poi Gabriel.
<< Giusto. Proponi un altro gioco >>, lo esortò Kyra.
<< No, niente gioco. Uno alla volta svela qualcosa di se stesso. Qualcosa legato al proprio passato, qualcosa legato al proprio presente, e qualcosa legato al proprio futuro >>, propose Gabriel.
<< Va bene, ci sto. Chi comincia? >>
<< Dai comincio io. Bene, qualcosa legato al proprio passato… >>, il ragazzo cominciò a riflettere. << Ci sono! Quando ero alle medie sono stato vittima dei bulli per circa una settimana >>
<< Davvero? Tu, vittima dei bulli? Questa non me la bevo, Martin >>, sbuffò Kyra.
<< E’ vero! Ero in prima media, ed ero amico di tutti ovviamente. Il personaggio più popolare. Poi però un lunedì mattina, arrivato a scuola, questi cinque bulletti mi trascinarono in bagno e oltre a prendersi i soldi del mio pranzo, mi pestarono anche >>, confermò Gabriel, ricordando con una certa amarezza quel momento.
<< E perché cominciarono improvvisamente a tormentarti? Che avevi fatto? >>
<< Assolutamente nulla. Però fu una settimana d’inferno. Da allora decisi che nessuno mi avrebbe più umiliato, e che nessuno avrebbe più potuto mettermi i piedi in testa >>
<< E così da vittima sei diventato carnefice >>, commentò la ragazza. Non era una domanda, ma una semplice constatazione.
<< Già, e solo ora mi rendo conto di essere diventato peggio di quei ragazzini. Passata quella settimana, divenni più forte, e alla fine si può dire che diventai il capo dei bulli >>, confermò il ragazzo, vergognandosi profondamente delle proprie azioni.
Ormai non poteva più contenere la sua coscienza, e questa prendeva il sopravvento sempre più sovente. Gabriel capì che era giunto il momento di fermarsi, e affrontare i propri demoni.
<< Ehi, Martin >>, lo richiamò Kyra.
Il ragazzo alzò lo sguardo, sentendosi improvvisamente inadeguato a stare di fronte all’altra. La Smith era pura e limpida, senza macchie a sporcare la sua anima. Era davvero una brava persona.
Mentre lui aveva fatto troppe cose brutte per poter avere a che fare con persone come Kyra. Non riusciva neanche a guardarla negli occhi.
<< Smettila di commiserarti, e di biasimarti. Si, è vero hai fatto cose non propriamente lecite, e hai maltrattato delle persone. Ma adesso stai cambiando >>, affermò con convinzione la ragazza, guardandolo dritto negli occhi. << Tutti hanno commesso qualcosa di cui vergognarsi. Tutti hanno sbagliato, però poi hanno tentato di rimediare. E tu stai facendo questo. Stai rimediando ai tuoi sbagli >>, poi si indicò con un sorriso divertito in volto. << Guardami! Guardaci! Chi avrebbe mai pensato che saremmo finiti a fare colazione insieme, eppure siamo qui. E tu mi stai aiutando, dandomi quei soldi. Certo, ne stai ricavando un certo guadagno anche tu, ma per merito tuo io potrò diventare un avvocato. Quindi grazie Martin >>.
Gabriel era commosso. Non si aspettava quelle parole, e di certo non aveva mai visto quella situazione sotto quel punto di vista. Aveva sempre e solo pensato al proprio tornaconto, senza però vedere che in realtà stava aiutando anche un’altra persona oltre se stessa.
Lui, Gabriel Martin, aveva dato una mano ad un altro essere umano.
Questo pensiero lo riempì di luce e di calore. Forse non era detta l’ultima parola, e poteva diventare ciò che non era mai stato: un uomo migliore.
<< Ok, è arrivato il mio turno giusto? >>, domandò Kyra cercando di smorzare l’atmosfera. << Bene, ti ricordi, in biblioteca, quando mi hai chiesto perché indosso sempre gli stessi orecchini e la stessa collana? >>, chiese toccandosi il ciondolo che portava al collo.
<< Certo che me lo ricordo. È da allora che mi domando perché indossi sempre quel quadrifoglio e quegli orecchini >>, confermò Gabriel, curioso.
<< E ricordi anche che sono un regalo giusto? >>, un cenno affermativo da parte del ragazzo, convinse Kyra a proseguire. << Beh, li indosso sempre perché sono un regalo… del mio papà >>, confessò dolcemente.
Gabriel vide gli occhi della ragazza tremolare un po’, e capì.
<< E’ morto, vero? >>, domandò titubante.
La vide tirare un profondo respiro, ed annuire.
<< Avevo sei anni, mia madre mi aveva portato a fare i buchi alle orecchie, e in quel negozio vidi questo ciondolo. Non avevamo abbastanza soldi per poterci permettere entrambe le cose, quindi non insistetti più di tanto. Mio padre, appena seppe a cosa avevo dovuto rinunciare, fece straordinari su straordinari. Alla fine riuscì a permettersi questo ciondolo. E il commesso, vedendo l’emozione negli occhi di mio padre per essere riuscito a comprare quell’oggetto, gli diede in omaggio questi orecchini >>, la voce della ragazza tremò.
Gabriel avrebbe voluto fare qualcosa, confortarla in una qualche maniera, ma non sapeva cosa fare.
<< Comunque, tornò a casa con questo pacchetto regalo rendendomi la bambina più felice al mondo. Una settimana dopo morì in un’incidente stradale. Da allora non ho più tolto né gli orecchini né questo ciondolo >>, concluse schiarendosi la gola, e passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
Il ragazzo si trovò a boccheggiare, incapace di dire o fare qualcosa. Si sentiva incredibilmente inutile in quel momento, perché non aveva idea di cosa fare per aiutare quella ragazza dal passato difficile.
Chiuse gli occhi, cercando di inspirare quanta più aria possibile. Poi, senza riflettere un secondo in più, allungò le proprie mani afferrando saldamente quelle di Kyra. Le strinse forte, infondendo in quel gesto tutti i sentimenti confusi che provava. Voleva farle capire che era lì, che l’avrebbe sostenuta come meglio poteva.
I due si fissarono intensamente negli occhi, tenendosi ancora le mani. Poi, la magia fu spezzata dall’arrivo della cameriera con le loro ordinazioni. Si staccarono velocemente, entrambi confusi. Il cuore di Gabriel batteva velocemente, quasi volesse uscirgli dal petto.
<< Beh, ehm, Martin, ehm… buon appetito >>, disse poi Kyra, con lo sguardo ancora basso, intenta guardare il piatto.
<< Buon appetito >>, rispose Gabriel.
Passarono vari minuti in silenzio, concentrati solo a mangiare i loro pancake ricoperti di sciroppo d’acero e nutella. Il ragazzo si sentiva in paradiso ad ogni boccone. Era davvero la colazione più buona al mondo. Dentro, però, continuava a risentire le parole della ragazza. Quel racconto e quei misteri che poco a poco venivano svelati…
Sapeva che il padre era morto quando era piccola.
Che aveva sofferto di disturbi alimentari.
Che non aveva più una famiglia su cui contare.
Quanti orrori ancora doveva tirare fuori? Gabriel sospettava che il peggio non fosse ancora arrivato.
Sentiva nel profondo, che la Smith nascondeva ancora qualcosa. Qualcosa che l’aveva resa ciò che era, una persona restia a fidarsi degli altri e chiusa profondamente in se stessa. Una persona ferita e che aveva faticato a rialzarsi.
<< Ok, devo ammetterlo, questa colazione è fantastica. Se avessi i soldi, verrei a mangiare qui tutte le mattine, e alternerei la mia colazione con la tua >>, commentò la ragazza, con la bocca piena e col sorriso nuovamente sulle labbra.
<< Vedi che io non sbaglio mai? >>, scherzò Gabriel.
<< Ora non esagerare. Deve essere stata pura fortuna per te arrivare qui >>
<< Smith, sei davvero la personificazione di Kaa. Va bene, proseguiamo con questo benedetto gioco. Vediamo, qualcosa del presente >>, rifletté il ragazzo portando una nuova forchettata alla bocca. << Ok, allora la settimana scorsa ho avuto i risultati del test delle malattie veneree >>
<< Mi prendi in giro? >>, domandò a bocca spalancata la ragazza.
<< Purtroppo no >>, sospirò sconfortato Gabriel. << Sai che io e Amelie non eravamo proprio una coppia convenzionale. Insomma, ci siamo cornificati, ma ho fatto una bella cazzata qualche mese fa. Mi sono ubriacato in una discoteca, e ho scopato con una ragazza nel bagno. Solo che poi sono venuto a sapere che questa ragazza aveva contratto una malattia venerea, tipo sifilide o roba simile. Purtroppo per me non avevamo usato il preservativo quindi ero a rischio >>
<< Ti prego, dimmi che sei sano >>, lo supplicò Kyra. Sembrava davvero preoccupata.
<< Sano come un pesce >>, confermò Gabriel.
<< Meno male. Bene, è il mio turno. Allora, quando ho messo quell’annuncio in bacheca ero seriamente tentata di accettare qualsiasi lavoro mi venisse offerto. Anche andare a letto con qualcuno per soldi >>, confessò timidamente, abbassando lo sguardo.
Gabriel spalancò la bocca. Quella davvero non se l’aspettava.
<< Dici sul serio? >>, chiese incredulo.
Kyra annuì, senza guardarlo negli occhi. Il ragazzo si trovò improvvisamente a corto di fiato, e con un’improvvisa voglia di aggredire chiunque del genere maschile. L’idea che qualcuno potesse offrirle quel tipo di lavoro, gli faceva salire la bile. La tentazione di uscire dal posto e correre alla bacheca del campus, per strappare quell’annuncio era fortissima. Non si fermò a chiedersi perché provasse quella vena folle di rabbia. Non era ancora il momento di analizzarsi.
<< Smith, spero per te che tu abbia cambiato idea. Altrimenti mi vedrò costretto a prendere a calci quel tuo sederino ossuto, per farti rinsavire >>, la minacciò cercando di trattenersi dall’esplodere.
<< Certo che ho cambiato idea. Grazie a te, non dovrò accettare lavori illeciti. Quindi, con mio grande disappunto, devo ringraziarti nuovamente Martin. Hai fatto in modo che restassi ancora una persona per bene >>, confermò Kyra sorridendogli divertita, e anche un poco grata.
Gabriel si perse in quel sorriso, e soprattutto in quei occhi. La luce che da quel mattino splendeva in quello sguardo, continuava ad albergare in quelle pozze di cioccolato.
Si schiarì la gola, distogliendo il suo sguardo azzurro, cercando di trovare un certo contegno.
<< Va bene, ultima confessione, poi ce ne andiamo, che il programma prevede altro sport >>, dichiarò dopo qualche minuto il ragazzo.
<< Cosa? Altro sport? Tu vuoi vedermi morta! >>, esclamò a voce alta Kyra.
<< La mattina la decido io, Smith. Questi erano i patti. Dunque qualcosa del futuro… >>, ci pensò su, poi senza che riuscisse a frenarsi, gli uscirono fuori dalla bocca parole che mai aveva pronunciato, neanche con Adam. << Ho sempre desiderato fare un altro tipo di carriera, non legge. Non è stata una mia scelta frequentare questo percorso di studi >>.
Appena pronunciate, Gabriel si tappò la bocca, sgranando gli occhi. Cosa aveva appena fatto? Aveva confessato il suo più grande segreto, qualcosa che nessuno mai avrebbe dovuto scoprire. E lo aveva fatto con la persona meno probabile al mondo. Quella che fino all’inizio di quella settimana considerava la sua nemica.
<< Davvero? E cosa vuoi fare veramente? >>, domandò curiosa e leggermente perplessa la Smith.
Il ragazzo boccheggiò, incapace di formulare un pensiero coerente. Non poteva aggiungere altro. Aveva già detto abbastanza. Perciò, portandosi dietro i capelli, prese un respiro profondo. Indossò la sua maschera maliziosa e arrogante, e sorrise.
<< Ad ognuno i suoi misteri. Ora tocca a te >>, la esortò senza aggiungere altro.
<< Va bene, uomo del mistero. Allora ti svelerò quello che desidero fare io da grande. Vorrei diventare avvocato penalista e lavorare in uno studio che conosci molto bene >>, confessò divertita.
<< Uno studio che conosco molto bene? >>, domandò perplesso Gabriel. Poi una lampadina si accese, e spalancò la bocca. << No! Mi stai dicendo che vuoi lavorare nello studio di mio padre? >>
<< Ebbene sì. Confesso il mio peccato. Lo studio di tuo padre è uno dei migliori che conosca, e dalle statistiche, si evince che hanno una percentuale di successo del 75%. Ma soprattutto i clienti che difendono sono sempre innocenti. È il mio sogno da quando ho deciso di intraprendere questa carriera >>, affermò orgogliosa, e con sguardo sicuro.
Questa era davvero bella! Gabriel di certo non si aspettava un simile desiderio. Fu stranamente felice di sapere che Kyra avrebbe voluto lavorare per il padre. Sarebbe stata un ottimo acquisto. Si segnò mentalmente di parlare in privato col padre per raccomandarla.
Ignorò nuovamente la coscienza che gli urlava a gran voce quanto generoso fosse stato quel suo pensiero.
<< Ok, la colazione è finita, i segreti sono stati confessati. È ora di tornare a morire, ops volevo dire è ora di tornare a fare sport >>, esclamò dopo qualche minuto la ragazza, alzandosi dalla sedia.
Fu prontamente imitata da Gabriel, che andò a pagare la loro colazione.
<< Allora Smith, pronta per un po’ di stretching seguito da un’altra bella corsetta? >>, domandò divertito, appena raggiunsero l’esterno del locale.
<< Sempre pronta, Martin. A proposito, visto che questo pomeriggio decido io cosa fare, dovremmo avviarci verso la mezza, e andare a prendere la metropolitana, per raggiungere il centro di San Francisco >>, annunciò la ragazza.
<< A San Francisco? E cosa dobbiamo andare a farci? >>
<< Vedrai >>, affermò maliziosa.
 
<< Smith, mi spieghi dove diavolo stiamo andando? >>, domandò per l’ennesima volta Gabriel, salendo le scale della metropolitana.
Kyra sbuffò nuovamente, infastidita dal ragazzo. Era da quando avevano preso la metropolitana, che doveva sorbirsi quella domanda. Non ne poteva più. Ci avevano impiegato circa tre quarti d’ora per arrivare al centro di San Francisco, e non ce la faceva davvero più a sopportare il suo compagno di viaggio.
<< Ti prego, cambia domanda. Non ne posso più di sentirti ripetere sempre la stessa frase. E per la milionesima volta, ti ho detto di aspettare. Tra un po’ vedrai dove stiamo andando >>, spiegò cercando di calmarsi.
Gabriel sbuffò infastidito, ma rimase in silenzio. Kyra ringraziò tutte le divinità.
Si incamminarono verso destra all’uscita della metropolitana, passeggiando tranquillamente tra le strade affollate e caotiche della città.
Aveva vissuto a San Francisco per tutta la sua vita, e quattro anni prima si era trasferita insieme a Sean a Palo Alto per frequentare Stanford. Da un lato le mancava tutto quel caos, le strade, i negozi e le persone che vivevano li.
Dall’altro aveva voluto allontanarsi da tutti i ricordi che le venivano alla mente ogni volta che tornava nel suo luogo d’origine. Da lontano poteva vedere le strutture del Golden Gate Bridge. Il ponte dove era morto suo padre. Senza rendersene conto sfiorò il ciondolo che portava al collo, attirando l’attenzione di Gabriel che la osservò per qualche minuto.
<< Tutto bene? >>, chiese poi, evidentemente preoccupato.
<< Certo >>, rispose prontamente, distogliendo lo sguardo.
La morte del padre aveva scatenato tutta una serie di conseguenze che l’avevano portata a vivere i suoi peggiori incubi. Era stato il primo passo verso la via della sofferenza.
<< Va bene, non dirmi dove stiamo andando, ma almeno posso sapere dove mangeremo? >>, domandò poi il ragazzo, toccandosi lo stomaco.
<< Mangeremo appena saremo arrivati >>, annunciò la ragazza, mettendosi le mani nella tasca della tuta.
Continuarono a camminare, in silenzio, per qualche altro minuto. Infine giunsero a destinazione.
<< L’orfanotrofio? Mi prendi in giro? >>, esclamò incredulo Gabriel.
<< No, mio caro Martin. Oggi sperimenterai una cosa chiamata volontariato. Sei pronto per imbarcarti in questa nuova avventura? >>, lo prese in giro Kyra, sorridendo divertita.
Poi, senza aspettare la risposta, si incamminò verso il cancello.
Dal cortile si sentivano voci concitate di molti bambini, insieme ad altre voci più adulte.
La struttura era grande, e in pietra. Era stata ristrutturata da poco, dando al luogo un aspetto più confortevole. Il cortile era grande e circondava tutto il palazzo. Alle spalle dell’ingresso principale, poi, grazie ai fondi di beneficenza, gli insegnanti che si prendevano cura dei bambini avevano fatto istallare dei nuovi giochi. Quando arrivarono in quella parte del cortile, Kyra ritrovò l’ambiente familiare che frequentava ormai da anni.
La prima volta che aveva messo piede in quel posto aveva tredici anni, e alcuni bambini erano anche più grandi di lei.
Un bambino di appena cinque anni si voltò verso le due nuove figure, e urlò di gioia.
<< KYRA! >>, esclamò con la sua vocina delicata.
Trenta teste si voltarono verso la sua parte. Contemporaneamente, i venti bambini di tutte le età, si precipitarono ad accoglierla entusiasti.
La ragazza vide Gabriel scansarsi, confuso e strabiliato da quella reazione. La sua attenzione poi fu nuovamente spostata verso quei piccoli corpi, che si affaticavano per stringerla.
<< Piano bambini. Piano! >>, esclamò divertita.
Una donna di circa sessant’anni, e dai capelli bianchi, si avvicinò col sorriso sulle labbra.
<< Kyra, che piacere rivederti >>, la salutò aprendo le braccia.
<< Signora Barker >>, ricambiò il saluto, abbracciando stretta la donna.
<< E’ una gioia rivederti. Ci sei mancata sabato scorso >>, disse tra i suoi capelli.
<< Anche voi mi siete mancati, ma non sono riuscita a liberarmi dallo studio >>
<< Mia cara, studi troppo >>, poi sciogliendosi dall’abbraccio, la signora Barker si voltò verso Gabriel e lo fissò dolcemente. << E questo bel giovanotto chi è? >>.
Il ragazzo si avvicinò lentamente, fissando un po’ intimorito tutti e venti i bambini, che nel frattempo avevano spostato la loro attenzione sulla sua figura. A Kyra venne da ridere. Grande e grosso com’era, ed aveva paura di un branco di marmocchi. Martin non finiva mai di sorprenderlo.
<< Sono Gabriel Martin, signora. Piacere >>, disse, allungando una mano verso l’anziana figura.
La donna ricambiò il gesto, mantenendo sempre il sorriso.
<< Sei venuto ad aiutarci, signor Martin? >>
<< Mi chiami Gabriel, signora. Ehm, onestamente non lo so. Mi ha trascinato qui Kyra, senza dirmi niente >>, spiegò imbarazzato.
<< Signora Barker, io e Gabriel ci stiamo frequentando da qualche giorno, e vogliamo conoscere il più possibile l’uno dell’altro. Perciò l’ho portato qui, per mostrargli una parte importante della mia vita >>, si intromise Kyra, raccontando una mezza verità.
<< Oh, ma certo cara. Sarà un piacere ospitarlo con noi. Venite con me, stiamo distribuendo il pranzo >>, disse la signora Barker, incamminandosi verso i tavoli dove nove adulti, di circa una quarantina d’anni, li fissavano sorridenti.
<< Che storia è questa, Smith? >>, sussurrò confuso Gabriel.
<< Tu mi hai mostrato cosa fai il sabato mattino. Io ti mostro cosa faccio il sabato pomeriggio >>, spiegò Kyra tenendo per mano il bambino di cinque anni.
<< Vieni qui tutti i sabato pomeriggi? >>, domandò il ragazzo, adocchiando circospetto un altro bambino di circa undici anni, che non smetteva di seguirlo.
<< Già. Sabato scorso ho saltato per via dello studio, e perché non avevo i soldi per la metropolitana. Non sarei dovuta venire neanche oggi, vista la mia situazione economica. Ma a breve partiremo, e non so quando riuscirò a tornare. Volevo venire a salutare tutti quanti >>, spiegò sorridendo ad una bambina.
<< Kyra dopo giochi con me alle bambole? >>, chiese questa, mostrando la finestrella nella sua bocca. Le mancavano entrambi gli incisivi.
<< Certo Carmen. Però ora andiamo a mangiare >>, confermò la ragazza.
<< Mi dai tu da mangiare, Kyra? >>, domandò il bambino aggrappato alla sua mano.
<< Sei un ometto grande e grosso, Tommy. Sai mangiare da solo >>
<< Si, però adesso ci sei tu, e poi l’altra volta non c’eri. E io ora voglio stare con te >>, spiegò in modo confuso con la sua vocetta da bambino.
Kyra sorrise, commossa. Amava Tommy, per lui provava un affetto particolare.
<< Va bene >>, confermò.
Gabriel, nel frattempo, aveva assistito a tutta la scena silenziosamente.
Arrivarono al tavolo dove, ad attenderli, vi erano dei panini farciti con wurstel e patatine. Kyra aiutò a mangiare Tommy, acciambellato sulle sue gambe.
Gabriel, invece, dopo i primi momenti di confusione, aveva fatto amicizia con i bambini più grandi.
Scherzarono e risero insieme agli adulti, raccontandosi un po’ cosa avevano fatto durante la settimana. Per fortuna nessuno chiese che tipo di rapporto ci fosse tra i due giovani, e Kyra tirò un sospiro di sollievo.
Avrebbe mentito a molte persone, ma avrebbe detestato l’idea di raccontare frottole a quelle figure che conosceva da una vita. Alla signora Barker aveva già dovuto raccontare una mezza verità, e questo la infastidiva molto. Appena finito di mangiare, Kyra fu trascinata dalle bambine più piccole verso il loro angoletto, pieno di bambole e giochi prettamente femminili.
Gabriel, invece, si trovò a giocare a basket insieme a bambini più grandi.
Passarono delle ore in quel modo, quando alla fine la ragazza, voltandosi verso il campetto, si rese conto con incredulità, che l’amico/nemico aveva radunato tutti i maschietti dando lezioni di gioco.
Non c’era un bambino che non ridesse, o che non si divertisse. Lo stesso Gabriel sembrava si stesse divertendo molto.
Le ore volarono, finché i bambini più piccoli furono accompagnati verso i bagni per lavarsi, mentre i più grandi rimettevano a posto.
I due ragazzi, seduti ad uno dei tavoli, li fissavano con un sorriso stanco ma rilassato.
<< Questo posto è incredibile >>, commentò Gabriel.
<< Vero. Adoro venire qui >>, aggiunse Kyra.
<< Da quanto fai volontariato? >>
<< Da quando avevo tredici anni. Alcuni bambini erano anche più grandi di me. Era strano stare qui e giocare con loro, sapendo che fondamentalmente eravamo diversi. Io avevo una casa a cui tornare, loro no >>, raccontò amaramente la ragazza.
<< Come mai hai cominciato? >>, chiese curioso l’altro.
Kyra rimase in silenzio. Si aspettava quella domanda, ma davvero non sapeva come rispondere. Avrebbe dovuto raccontare il suo passato, e cosa le era successo per spiegare la ragione per cui conosceva quel posto. Ma, nonostante il loro rapporto si fosse consolidato, comunque non era ancora pronta a confessarsi.  
Fu salvata dall’arrivo di Tommy, che si buttò tra le braccia della ragazza, stringendola forte con le sue piccole braccine.
<< Ciao, Kyra. Ci vediamo la prossima volta? >>, chiese contro il suo petto.
<< Mi dispiace, Tommy, ma la prossima settimana non riuscirò a venire. Forse starò via per un po’ >>, la ragazza sentì il bimbo tremare leggermente e tirare su col naso. A quella vista, le si strinse il cuore. << Ma poi torno, lo prometto >>.
Tommy annuì debolmente, staccandosi dall’abbraccio. Poi corse verso una delle insegnanti, e rientrò nell’edificio.
<< Perché è così legato a te? >>, chiese Gabriel che aveva assistito silenziosamente a tutta la scena.
<< Tommy è un bambino speciale. È arrivato qui l’anno scorso. Sua madre era una tossicodipendente, che si prostituiva. Un giorno, uno dei suoi clienti provò ad afferrare Tommy. Fortunatamente il bambino riuscì a scappare, ma mentre correva finì sotto una bicicletta. La madre e il bastardo furono arrestati, e lui venne portato qui. Aveva paura di tutti, e non si faceva toccare da nessuno. Stringeva sempre forte al petto un piccolo libricino con disegnati sopra gli angeli >>, Kyra afferrò poi il portafogli, estraendo un piccolo disegno. Sorrise al ricordo e lo porse a Gabriel. Quando questi guardò il disegno, aggrottò la fronte.
<< E’ il disegno di un angelo. Un angelo che ti somiglia molto >>, commentò confuso.
<< Già. Quando mi vide, Tommy corse verso di me e mi abbracciò. Mi aveva scambiato per l’angelo disegnato nel suo libro. Da allora non si è più allontanato da me. E piano piano sono riuscita a farlo aprire. Adesso parla e tocca anche le altre insegnanti >>.
Gabriel la fissò, con sguardo indecifrabile. Kyra si sentì a disagio. Quegli occhi le stavano trasmettendo dei sentimenti molto profondi, che la mandavano in confusione. Non riusciva a capire cosa stava accadendo. Il suo cuore, per l’ennesima volta in quella giornata aveva preso a battere più forte.
<< Sarà meglio andare. Hai una festa a cui partecipare >>, cercò di spezzare quella strana situazione, alzandosi di scatto dalla sedia.
Il ragazzo la seguì silenziosamente. Salutarono tutti, infine si incamminarono verso la metropolitana.
La successiva ora la passarono in silenzio, pensando alla giornata e ai sentimenti che entrambi avevano provato. Infine arrivarono al parco dove si erano incontrati la mattina.
<< Bene, Smith. Direi che le nostre strade si separano qui >>, commentò Gabriel fissandola intensamente.
<< Ok >>, annuì la ragazza, evitando di guardarlo negli occhi. << Beh, divertiti alla festa, Gabriel. Ci sentiamo domani, cosi magari ci vediamo >>.
Poi, senza attendere risposta, si incamminò verso il campus. Per tutto il tempo, finché non uscì dal parco, avvertì la pungente sensazione di qualcuno che la fissava. Ma non si voltò.
 
Mancava un quarto d’ora alla mezzanotte, e Kyra non riusciva a prendere sonno. Si girava e rigirava nel letto. I sentimenti che aveva provato per tutta la giornata, la tenevano costantemente sveglia.
In più i ricordi del passato, rivedere il Golden Gate Bridge dove era morto il padre, andare all’orfanotrofio… tutti quei momenti avevano riaperto la porta che la ragazza aveva faticato a tenere chiusa. La porta del dolore.
Sbuffò per l’ennesima volta, alzandosi dal letto. Ad un certo punto il telefono squillò, avvisandola dell’arrivo di un messaggio.
“Kyra, ti prego, vienimi a prendere. Sono alla festa delle ALPHA DELTA PI, e Freddie mi sta dando il tormento. Ho bisogno di te. Sono nel cortile dietro la confraternita. Fa presto.
Ally”
Kyra, senza pensarci neanche due volte, corse alla sedia e rimise i vestiti che aveva indossato durante il giorno, e corse verso l’uscita della stanza. Non si curò del fatto che Freddie avesse deciso di punirla, e neanche che fosse quasi mezzanotte, l’ora in cui i suoi peggiori incubi prendevano vita.
La sua amica aveva bisogno di lei, e lei ci sarebbe stata.
Corse senza curarsi della mancanza di fiato, o della pesantezza nelle gambe per via della giornata appena trascorsa. La confraternita delle ALPHA DELTA PI era dalla parte opposta del campus, isolato da tutti gli altri edifici. Perciò impiego dieci minuti per arrivarci. Non badò neanche alle persone ubriache che vomitavano nel cortile davanti, o che cercavano di afferrarla.
Senza pensarci due volte, si diresse verso la parte posteriore.
La parte più scura, e meno esposta della confraternita.
La parte dove sarebbe stata completamente esposta, e senza possibilità di essere sentita se avesse urlato.
La parte dove tre figure la stavano aspettando, pronte a perpetrare la loro vendetta.





 


Ed eccomi qui, col nuovo capitolo!!!!
Yuppi, sono tornata!!!!!!!!!!
Si non mi sembra vero, e so che neanche a voi sembra vero rivedermi U.U avete ragione, sono imperdonabile...
vorrei anche provare a giustificarmi, ma l'unica cosa che posso dire è che quando avevo l'ispirazione e la voglia di scrivere non avevo tempo, e quando avevo tempo mi mancava l'ispirazione e la voglia...
insomma, uin vero casino!
in più per scrivere questo capitolo cio ho impiegato ben due, ripeto DUE, giorni!!!
perciò, gente, pretendo recensioni U.U 
haha no scherzo, non le pretendo...però vi avviso che ho un bazuca, sotto la mia scrivania caricato e pronto ad essere usato, quindi io un piccolo pensiero lo lascerei...non si sa mia, magari la mia follia supera il normale, e lo uso XDXD
se volete, passate anche nella mia pagina facebook (non chiedetemi il link, perchè dovrei recuperarlo da qualche capitolo precedente e non tengo voglia XDXD)...cmq se passate, potrete vedere magari le news sulle mie storie, le foto e quant'altro...
bene ora vi lascio, che ormai io e il divano siamo diventati un'unica cosa XD
ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto alle preferite/seguite/ricordate la storia, e ringrazio coloro che recensiscono ancora questa povera folle...
siete fantastici XD
un bacio

Moon9292

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Confessioni di domenica ***


Attenzione, capitolo dai contenuti forti...io vi ho avvisato U.U



 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 7 - Confessioni di domenica

 

 

Kyra arrivò di corsa nel cortile di retro della confraternita. Aveva il fiatone, ma non voleva pensarci.
Ally aveva bisogno di lei. Quel bastardo di Freddie l’avrebbe pagata cara, qualunque cosa le avesse fatto. Meritava una punizione esemplare, e Kyra gliel’avrebbe data.
Appena si fermò, notò che il cortile era piuttosto scuro, con poche luci ad illuminare la zona. Sembrava il set di un film dell’orrore. Alle volte odiava la sua mente. La conduceva verso posti ignoti, sempre a fare paragoni. E in quel momento, pensare al film “Non aprite quella volta - il remake”, non era la cosa più brillante da fare.
Di certo se fosse capitato, non sarebbe mai stata fortunata come Jessica Biel. Non sarebbe mai sopravvissuta ad un pazzo omicida che le voleva strappare la pelle dalla faccia.
Basta! Si impose di non pensare a quelle assurdità.
Il momento era già abbastanza catartico di per se. Non c’era alcun bisogno di peggiorare la situazione, facendosi venire un bell’attacco di panico.
Si guardò intorno, notando la totale assenza di oggetti o altro. Era solo uno spiazzale verde, scuro e inaccessibile se non dai lati della casa. Lati costeggiati da alti alberi dalle fronde fitte.
Bene, doveva trovare Ally e scappare immediatamente da quel posto. Le metteva i brividi, specie perché era mezzanotte, l’ora più temuta da Kyra.
L’ora in cui i suoi incubi prendevano forma.
Fece qualche altro passo mettendosi al centro di quello spiazzale verde. Girò su se stessa, confusa. Di Ally non vi era neanche una traccia. Che si fosse spostata da qualche altra parte? Non aveva portato il cellulare con se, quindi era impossibile rintracciarla. Si diede mentalmente della cretina, non avendoci pensato prima.
Certe volte era davvero stupida. Sbuffò sonoramente, decidendo che sarebbe entrata nell’edificio e avrebbe chiesto di lei in giro. Magari trovava anche Gabriel.
Al pensiero di rivedere il ragazzo, il cuore di Kyra prese a battere velocemente. Una strana sensazione si irradiò in tutto il suo corpo, facendola sentire stranamente protetta. Anche se quella era l’ora più oscura, avrebbe potuto affrontarla insieme al lui. Avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa, in effetti.
Non sapeva da dove le uscivano certi pensieri, e perché fosse cosi fiduciosa nei confronti di una persona che aveva considerato come un nemico per ben quattro anni. Ma era così.
Forse perché, da quando stava cominciando a frequentarlo, aveva iniziato a sentirsi meno come un fantasma, e più come una persona normale.
Si, aveva deciso. Avrebbe trovato Gabriel.
Fece un passo, quando un’ombra indistinta si agitò in mezzo agli alberi.
Il cuore le tremò, e non per la felicità. Aguzzò la vista, cercando di mettere a fuoco.
L’ombra si avvicinò sempre di più, finché non riuscì a distinguerla.
Freddie la guardava con freddezza. Un sorriso maligno sul volto. Nelle mani stringeva un cellulare, dall’aria familiare.
E allora Kyra capì. Ally non era in pericolo. Era lei ad esserlo. Forse era giunto il momento di farsi prendere dal panico.
Fece un passo indietro, cercando di allontanarsi, quando un rumore la distrasse. Si voltò, notando la presenza di altre due figure alle sue spalle.
Edward e James.
Era in trappola! Si voltò nuovamente, fronteggiando Freddie.
Cercò di mostrare una spavalderia, che in realtà non provava. Dentro si sentiva come una mucca in viaggio per il mattatoio.
<< Bene bene bene! Sei venuta più in fredda di quanto pensassi >>, commentò divertito Freddie, avvicinandosi sempre di più.
<< Cosa vuoi Freddie? Dov’è Ally? >>, chiese Kyra, mantenendo un tono di voce duro e sicuro.
<< Allyson Carter? Uhm, chi lo sa. Forse a farsi scopare in una delle camere della confraternita. In fondo, una puttana come lei, è brava solo ad aprire le gambe >>.
James ed Edward risero divertiti per quella battuta.
A Kyra, invece, venne da vomitare.
<< Piaciuto lo scherzetto, pezzente? >>, domandò James.
<< Ally non mi ha mandato nessun messaggio, vero? >>, la ragazza non riuscì a trattenersi dal chiedere.
Freddie negò con la testa, allargando sempre di più quel sorriso famelico e perfido.
<< E’ bastato soffiarle la borsetta, prendere il cellulare e mandarti il messaggio. Un piano semplicissimo, ma estremamente efficace >>, confermò Edward.
In quel momento Kyra si sentiva davvero stupida. Le tornarono in mente le parole di Gabriel:
“…Non presentarti, perché Freddie ha intenzione di giocarti un brutto scherzo per vendetta. Non ha digerito quella storia del fango”
Avrebbe dovuto arrivarci da sola. Ally non si sarebbe mai fatta fregare una seconda volta da quel coglione di Freddie. Era troppo intelligente, a differenza di Kyra che era caduta nella sua trappola.
<< Bene, ora sono qui. Quindi cosa volete fare? Tirarmi una palla di fango addosso? Chiudermi nella vetrina della confraternita completamente nuda? Picchiarmi? >>, domandò cercando di sembrare quanto più infastidita e annoiata.
Le gambe cominciarono a tremare, e si maledì per questo. Perché quel bastardo di Freddie l’aveva notato. La soddisfazione che gli si leggeva sul volto era immensa. Kyra avrebbe tanto voluto togliergli quel sorriso dalla faccia. Ma dannazione alla sua misera situazione economica, non aveva mai frequentato un corso di difesa personale come avrebbe sempre voluto.
<< No, mia cara pezzente. Faremo qualcosa di meglio >>, sussurrò malignamente Freddie. << Prendetela! >>, esclamò poi, dando l’ordine agli altri due.
Kyra non ebbe tempo di elaborare quella parola, che quattro forti mani l’afferrarono per le braccia, e la spinsero a terra tendendola ferma. Gli occhiali le volarono dal viso, andando a schiantarsi lontano. Quel simbolo che la proteggeva non c’era più, ormai era scoperta.
Il suo cuore batteva sempre più forte. Il respiro divenne affannoso, quasi non riusciva ad immagazzinare l’aria. Il panico ormai si era impadronito completamente di lei.
Vecchie reminiscenze tornarono a galla, sovrapponendosi a quelle figure e a quel luogo.
Improvvisamente tornò indietro, a quando aveva undici anni, ed era soltanto una bambina. Una voce nella sua testa, le sussurrò malignamente.
“Adesso facciamo un bel gioco. Ti va di giocare con me, piccola Kyra?”
Il viso di Freddie divenne sfocato, i suoi lineamenti non erano ben delineati, e quegli occhi mutarono.
Erano gli stessi occhi che la perseguitavano da sempre.
Gli occhi dei suoi incubi.
Gli occhi che aveva imparato ad associare al male.
<< Adesso ti renderai conto di cosa vuol dire mettersi contro Freddie Cook, pezzente che non sei altro >>, sussurrò il ragazzo sul suo volto.
Quel fiato bollente la fece ritornare per metà nella realtà. Si trovava in un limbo, imprigionata tra il presente e il passato. Il peggiore dei suoi incubi stava prendendo vita. Edward e James risero divertiti. Chissà quanto stavano godendo quei bastardi, pensò in un ultimo momento di lucidità.
Lucidità spazzata via dall’unica frase che Freddie non avrebbe mai dovuto pronunciare. L’unica frase che la perseguitava da sempre.
<< Adesso facciamo un bel gioco. Ti va di giocare con me, piccola Kyra? >>, domandò divertito.
Il suo sguardo malizioso e lascivo la riempirono di disgusto. Avrebbe voluto vomitare, ma come al solito non aveva niente nello stomaco. Avrebbe voluto gridare ma la voce era imprigionata nella sua gola. Avrebbe voluto muoversi, reagire, ma era solo una bambina di undici anni.
No! Un momento, lei non aveva più undici anni. Ne aveva ventidue. Non era più una bambina, ma una giovane donna che aveva affrontato la sua vita a testa alta, sopravvivendo a tutti i suoi demoni. Adesso aveva la forza di reagire. E così fece.
Sputò in faccia a Freddie, prendendolo sulla guancia. Sorrise soddisfatta. Non avrebbe ceduto facilmente. Non più!
<< Sei una figlia di puttana, Smith. E pagherai per questo affronto. Tenetela ferma >>, esclamò inviperito il ragazzo.
Poi con un unico movimento, strappò la maglietta della ragazza lasciandola esposta. Il reggiseno color carne, comprato in un negozietto dell’usato, venne esposto allo sguardo di tre paia d’occhi.
<< Che carino, Smith. Un reggiseno da vera pezzente >>, sussurrò lascivo sul suo petto.
<< Non provare a sfiorarmi con una sola delle tue mani, schifoso lurido verme. Non ti azzardare >>, minacciò Kyra arrabbiata e stufa.
Si, stufa di dover subire sempre. Stufa di quella vita che non faceva altro che regalarle palle curve. Era stanca di arrancare e cadere ogni volta che sembrava riuscire a farcela, che riusciva a vivere finalmente come una qualsiasi altra persona.
<< Altrimenti che mi fai, Smith? Mi tiri un’altra palla di fango? Ora capirai cosa si prova ad essere umiliati >>, e detto questo agì.
Mise una mano sul petto della ragazza, mentre si abbassava a leccarle il collo.
A Kyra venne la nausea. Provò a scalciare e a liberare le braccia, ma semplicemente era troppo debole. Il peso di Freddie la teneva imprigionata a terra. Le braccia e le spalle erano trattenute da Edward e James, impedendole di prendere a pugni quella faccia di cazzo.
Era spacciata!
L’altra mano di Freddie scese in basso, andandole a sfiorare la sua intimità ancora coperta dai pantaloni e dalle mutande. Quel tocco la fece sentire sporca, orribile. Senza riuscire a trattenersi, cominciò a tremare forte.
<< Scommetto che ti piace, piccola Kyra. Ti piace questo gioco, vero? >>, sussurrò il ragazzo, scendendo a baciarle e a succhiarle il petto.
Chiuse forte gli occhi, sperando e pregando chiunque che quell’incubo finisse. Che qualcuno venisse a salvarla. Una lacrima scivolò dai suoi occhi. Era da quando aveva undici anni che non piangeva.
<< Basta >>, sussurrò con un singhiozzo.
Un’altra lacrimo scese a graffiarle la guancia.
<< Basta >>, ripeté un po’ più forte.
Altre due lacrime le solcarono il viso.
Freddie aveva cominciato a scostarle il reggiseno, mentre con l’altra mano stava intrufolandosi all’interno del suo pantalone della tuta. Edward e James risero sempre più divertiti.
<< Non vedo l’ora che arrivi il mio turno >>, esclamò divertito uno dei due.
Kyra non riconobbe quale, ma a quelle parole sgranò forte gli occhi.
<< BASTA! >>, urlò in preda al panico, cercando di ribellarsi e di muoversi. Le lacrime scesero sempre più copiose.
Improvvisamente, il peso che sentiva premerle contro il corpo, scomparve, lasciandola libera. Sentì due versi sorpresi provenire da dietro di lei.
<< Ma che… >>, cominciò Freddie, ma la sua frase fu interrotta a metà.
Il suono di un pugno risuonò nella notte, ma Kyra non badò a nulla.
Non si mosse per vedere cosa stava succedendo. Non si concentrò sulle voci concitate che sentiva, o sui rumori di lotta che provenivano da un punto indefinito del cortile.
Tutto ciò che riusciva a fare era piangere e fissare il cielo stellato. Quei puntini luminosi, a cui aveva rivolto tante volte preghiere silenziose, sembrarono risplendere più forte. Sembrava volessero dirle ‘Siamo qui, non temere. Noi non ti abbandoniamo’.
Improvvisamente anche le sue braccia furono libere, ma lei non le mosse da terra. Non tentò neanche di coprirsi. Era tutto inutile. Nessuno era venuta a salvarla quando aveva undici anni, perché farlo adesso che ne aveva ventidue. Infine il silenzio riempì il cortile. Forse si era estraniata così tanto dal suo corpo, da non aver sentito nulla. Forse avevano già finito di divertirsi con lei. Al solo pensarci, si sentì precipitare negli abissi. Almeno avrebbe avuto la fortuna di svenire. Non sarebbe stata costretta ad assistere a quella tortura.
Inaspettatamente, il cielo stellato che stava fissando intensamente, scomparve. Fu sostituito da un paio d’occhi splendenti, di un azzurro luminoso.
<< Kyra >>, sussurrò spaventata la figura appena arrivata.
L’ultima cosa che la ragazza penso, prima di precipitare nelle tenebre, fu un nome.
Gabriel.
 
 Un quarto d’ora prima.
<< Bella festa, vero Gabriel? >>, domandò una ragazza al suo orecchio.
<< Si una bella festa >>, confermò fintamente entusiasta.
In realtà Gabriel si stava annoiando a morte. La festa era cominciata alle nove e mezza, e neanche dieci minuti dopo, la metà degli invitati era ubriaca.
Alcuni ragazzi stavano pomiciando da mezz’ora sui divani del salotto, costringendo gli altri a stare in piedi. Altri ancora erano andati direttamente nelle camere ai piani superiori.
Se Gabriel fosse stato il solito, probabilmente a quell’ora sarebbe già stato ubriaco.
Se fosse stato il solito, avrebbe trovato una ragazza qualsiasi e l’avrebbe trascinata in una camera qualsiasi, per fare dell’ottimo sesso.
Se solo Gabriel fosse stato quello di prima.
Invece, il nuovo Gabriel Martin aveva una coscienza a cui dover rendere conto. Una nuova visione delle cose, una nuova morale. E soprattutto una vocina nella testa, irritante e molto simile a quella della Smith, che lo rimproverava ogni volta.
‘Stai bevendo troppo’, esclamava appena il ragazzo prendeva il terzo bicchiere di punch corretto.
‘Quella ragazza è fidanzata’, lo rimproverava non appena fissava per un minuto in più una ragazza sulla pista da ballo.
‘Lascia in pace quei poveri ragazzi’, sbuffava appena urtava qualche nerd coraggioso per essersi presentato a quella festa.
Insomma non lo lasciava in pace un solo attimo. Anche in quel momento, gli stava ricordando di non dare corda a quella ragazza. Non era giusto fare sesso occasionale, se stavi inscenando una finta relazione con un’altra. La fedeltà prima di tutto.
Era stanco e stufo. Voleva solo andarsene a casa e dormire, cosi magari smetteva di sentire la vocina nella sua testa. Sbuffò, allontanandosi dalla ragazza con un cenno, cedendo alle sue lamentele interiori. Si promise che il giorno seguente l’avrebbe fatta pagare alla Smith. Non importava che era tutto nella sua testa. Lui era un uomo, per la miseria! Aveva certi impulsi, e se parlava con una ragazza non voleva certo dire che l’avrebbe portata a letto dieci minuti dopo. Certo, il vecchio Gabriel Martin lo avrebbe fatto. Ma ormai era solo un pallido ricordo del suo se passato.
Si avvicinò alla finestra, guardando il cortile, pieno di studenti ubriachi. Si sentì molto lontano da loro. Li guardava e si domandava come aveva potuto trovare divertente vomitare per il bere troppo. Oppure sballarsi a tal punto, da dimenticare anche il proprio nome. Cosa gli era rimasto di quelle serate, in realtà? Poco, molto poco. Probabilmente niente.
Aveva solo sporcato la sua anima già scura di suo, aveva tradito la sua fidanzata che, per quanto fosse stata stronza, meritava lo stesso rispetto. E aveva umiliato tanti di quei nerd, che ormai aveva perso il conto.
Gli venne in mente nuovamente quel ragazzo scappato l’anno precedente, in seguito ad un suo scherzo. Il solo ricordo gli faceva riaffiorare la nausea, e non perché avesse bevuto troppo. Abbassò lo sguardo sul bicchiere di birra che aveva in mano. Si chiese da quanto tempo lo stesse sorseggiando. Si voltò verso la stanza piena di altri studenti, e continuò a fissarli uno per uno.
Si sentiva un estraneo in quel posto. Forse anche Kyra si sentiva nella stessa maniera ogni volta che doveva avere a che fare con gente come quella. A quel pensiero, scrollò il capo quasi come un cane.
Da quando si domandava cosa provasse la Smith in quelle situazioni? Davvero, si stava rammollendo.
Eppure il ricordo della giornata trascorsa insieme, le emozioni, le risate…
Ogni cosa gli era rimasta impressa dentro, in un posto non ben chiaro, e non riusciva a liberarsi del calore che sentiva. Fin dal mattino, aveva avvertito quelle strane emozioni, ma non capiva bene cosa rappresentassero. E poi quella luce che aveva visto in quello sguardo, mascherato da quegli orribili occhiali!
Non riusciva a togliersi dalla testa quanto bella l’avesse resa. E la conosceva appena. Aveva solo scalfito la superficie dell’anima della Smith, eppure già cosi era incredibile.
Si morse forte il labbro inferiore, cercando si scacciare quei pensieri, ma davvero non ci riusciva. Ormai erano tatuati sulla sua anima. Doveva ammetterlo, almeno questo se lo doveva: Kyra Smith era bella.
Ma questo non avrebbe cambiato la situazione! I due continuavano ad essere due persone che necessitavano dell’aiuto dell’altro. Niente di più.
Essere oggettivi non era un crimine, quindi poteva affermare cose come quella.
Ma i sentimenti erano tutt’altro discorso.
Con quella nuova forza nei propri pensieri, tornò a concentrarsi e a fissare la stanza. Era stufo di stare lì, quindi decise che avrebbe visto i ragazzi, scomparsi ormai da non sapeva più quanto tempo, e poi se ne sarebbe andato.
Guardò l’orologio al polso e notò che mancavano cinque minuti alla mezzanotte. Beh, per i suoi standard classici, solitamente le feste cominciavano proprio alla mezzanotte. Ma i suoi standard dovevano adattarsi alla sua nuova coscienza. Cominciò a far vagare lo sguardo in mezzo alla folla, nel tentativo di riconoscere Freddie, ma non lo vide.
In compenso notò una figura preoccupata, intenta a guardarsi in torno quasi alla ricerca di qualcosa.
Non capì il perché, ma avvertì la necessità di avvicinarsi a quella persona. Quasi come se un sesto senso si fosse attivato.
<< Allyson >>, la salutò cercando di attirare la sua attenzione.
<< Oh, Gabriel, ciao >>, ricambiò il saluto la ragazza, un po’ agitata.
<< Tutto bene? >>, domandò cercando di essere educato.
<< Certo, è solo che, ecco… >>, Allyson si portò una mano ai capelli, arrotolando una ciocca.
Solitamente quel gesto poteva essere visto come un modo di flirtare, ma Gabriel capì subito che era solo un modo di scaricare l’ansia e il nervosismo. Proprio come faceva Kyra quando si sentiva nervosa e distoglieva lo sguardo. Dannazione! Aveva pensato nuovamente alla Smith. Doveva smetterla.
<< Forza, Allyson, parla. Che succede? >>, la incitò, eliminando dalla mente il pensiero della sua finta fidanzata.
<< Ok, non offenderti Gabriel, ma tu sei il capo del gruppo “figli di papà/bulli”. Quindi vuol dire che se sei qui, ci sono anche Freddie e gli altri. E se loro sono qui, vuol dire che probabilmente vorranno fare qualche altro scherzo, e io sinceramente non voglio trovarmi in mezzo a loro e alla vittima stabilita. Ne ho già avuto abbastanza di questa cosa, e se non fosse stato per Kyra, avrei fatto i bagagli e me ne sarei andata >>, esclamò tutto in un solo fiato, cogliendo di sorpresa il ragazzo.
<< Wow, prendi fiato >>, tentò di scherzare sentendosi incredibilmente in colpa.
Se non fosse stato per lui e per il gruppo che aveva formato, Allyson non avrebbe dovuto subire niente, e il nerd dell’anno precedente sarebbe ancora iscritto a Stanford. Doveva rispondere di molti peccati.
<< Lo so, lo so. Tu non c’eri e quindi non è colpa tua, ma Gabriel sul serio, cerca di tenere a bada i tuoi scagnozzi. Non hai idea di quello che possono fare. E Freddie non ci sta con la testa. È pazzo! >>, continuò Allyson guardandolo con occhi preoccupati e spaventati.
<< Allyson, ti prometto una cosa >>, affermò il ragazzo dopo pochi secondi di silenzio. Poggiò me la mani sulle sue spalle e la guardò profondamente. << Né a te, né ad altri capiterà mai più niente di brutto. Uno scherzo è bello se non supera il limite, ma quello che ti hanno fatto è andato molto oltre il limite. Hai la mia parola >>.
Allyson lo fissò intensamente, e poi annuì sorridendo timidamente ma più tranquilla. Qualcosa nello sguardo di Gabriel doveva averla convinta. Sapere di essere la ragione del sorriso di una persona, lo rese stranamente felice e orgoglioso di se stesso.
<< Ok, ora vuoi dirmi perché prima eri preoccupata? Sembrava stessi cercando qualcosa >>
<< Si, il mio cellulare. Ho lasciato la borsetta incustodita in questa stanza per forse cinque minuti, ed è sparito >>, spiegò sospirando amaramente.
<< Va bene, ti do una mano a cercarlo >>, si propose Gabriel.
<< Davvero? >>, chiese sorpresa Allyson.
Quella domanda e quel tono usato ebbero lo stesso effetto di un pungo in stomaco. Era stato davvero una persona orribile, se il fatto che desse una mano ad altri risultava qualcosa di strano.
<< Si, certo >>, annuì ingoiando l’amaro.
Poi entrambi si incamminarono verso il centro del salone, guardando ogni superficie, ma non videro nessun telefono incustodito.
<< Mi sa che dovrò comprarmi un nuovo cellulare >>, sospirò tristemente la ragazza.
<< Ehi Gabriel, amico >>, salutò una terza voce.
Il ragazzo si voltò e vide un ragazzo muscoloso dirigersi verso di loro. Non ricordò il nome, anche se sapeva di aver conversato con lui diverse volte. Si, decisamente era stato uno stronzo in passato.
<< Ehi… amico… ciao >>, ricambiò il saluto, in modo imbarazzato.
Allyson al suo fianco, notando la situazione, cominciò a sogghignare. Gabriel pensò che avesse passato troppo tempo con la Smith, visto il sarcasmo che mostrava.
L’altro ragazzo non notò nulla, e continuò a sorridere.
<< Allora come va? >>, domandò lanciando uno sguardo veloce ad Allyson.
<< Bene >>, improvvisamente una strana sensazione lo colpì allo stomaco, come se stesse succedendo qualcosa. Inoltre l’istinto gli gridava di far restare il nuovo arrivato. << Ehi, senti per caso hai visto un cellulare per la stanza? >>
<< Era un Samsung Galaxy S4, con una cover rosa e ricoperta di brillantini >>, aggiunse Allyson descrivendo l’oggetto.
<< Certo, l’ho visto in mano a Freddie >>, confermò questi.
Il cuore di Gabriel prese a battere più velocemente. La brutta sensazione non accennava a diminuire.
<< Ah sì?! E per caso hai visto dove sono andati lui e gli altri? >>
<< Li ho visti andare nel cortile di dietro qualche minuto fa. Sembravano eccitati per qualcosa. Ho pensato che avessero del fumo o roba simile, così mi sono tenuto lontano. Sono qui per una borsa di studio sportiva, e non posso rischiare di perderla >>, spiegò sorridendo timidamente.
Gabriel non perse tempo e si avviò verso l’ingresso, col cuore in tumulto e la sensazione di prima sempre più forte.
<< Grazie mille, amico. Ti prometto che da adesso ricorderò sempre il tuo nome >>, esclamò sovrastando il rumore della folla. L’altro aggrottò le sopracciglia perplesso. << Ally, ti riporto io il cellulare, ma tu non mi seguire. Ok? Ci vediamo domani >>.
Poi senza aggiungere altro, cominciò a correre. Appena spalancò la porta, si precipitò a destra, evitando di scontrarsi con studenti ubriachi. Non si guardò intorno, e non rifletté neanche un secondo sul motivo per cui i suoi compagni di scorribande fossero andati nel cortile posteriore. Sapeva che era un luogo pressoché deserto e non frequentato. Qualsiasi cosa avevano intenzione di fare, non era per niente buona.
Gli ci vollero pochi minuti per arrivare, e quando lo fece rimase paralizzato.
Freddie, Edward e James erano li.
E c’era anche Kyra.
Mai avrebbe voluto vedere una scena simile in vita, e una profonda rabbia nacque nel suo petto rimbombando in ogni parte del suo corpo.
Edward e James tenevano ferma per le spalle e le braccia Kyra, mentre Freddie la sovrastava con tutto il suo peso. Le sue labbra baciavano il suo petto, mentre le mani prendevano due direzioni diverse: una cercava di scostare il reggiseno, mentre l’altra stava intrufolandosi nei pantaloni della ragazza.
<< Non vedo l’ora che arrivi il mio turno >>, sghignazzò James, facendogli salire la bile in gola.
Sentiva le vene pulsare nelle braccia, e la voglia di uccidere sempre più forte. Aveva la necessità impellente di spaccare la faccia a tutti e tre. Niente li avrebbe salvati dalla sua collera. Mosse il primo passo, ma un urlò lo paralizzò sul posto.
<< BASTA! >>, gridò Kyra in preda al panico.
La vide muoversi e ribellarsi. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Nessuno poteva toccare quella ragazza. Nessuno aveva il diritto di ferirla. Non dovevano neanche sfiorarla. Lei era un fragile cristallo che andava protetto. Corse verso il trio, pronto a dare guerra.
James ed Edward, notandolo, lasciarono la presa sulle spalle della ragazza, inspirando sorpresi. Con uno scatto, afferrò le spalle di Freddie, che si trovò sollevato improvvisamente.
<< Ma che… >>, cominciò quello, ma la sua frase fu interrotta a metà.
Gabriel sferrò un pugno fortissimo contro la sua mascella, facendolo ricadere a terra e sputare sangue. Si mise seduto sul suo bacino, e cominciò a riempirlo di pugni ovunque.
In corpo sentiva solo una rabbia fredda, omicida. Desiderava davvero uccidere Freddie.
<< Fermo >>, sussurrò il ragazzo sotto di lui, tremante e in preda al dolore.
Ma Gabriel non lo sentì. Non sentiva più niente. Tutto ciò che le sue orecchie riuscivano a percepire era il respiro lento di Kyra. Il rimbombo delle sue urla ancora nell’aria.
Edward e James si buttarono su di lui, cercando di spostarlo, ma non sapevano che Gabriel aveva preso lezioni di box e karate dall’età di quattordici anni. Pertanto riuscì ad atterrarli in poche mosse, e a riempire di calci entrambi.
Freddie nel frattempo si era rialzato, tenendosi lo stomaco.
<< Che cazzo ti prende? >>, esclamò con la bocca impastata di sangue.
<< Che cazzo mi prende? >>, urlò Gabriel, afferrandolo per la maglietta. << Che cazzo le stavate facendo, figli di puttana? >>.
Un nuovo pugno colpì Freddie, che cadde nuovamente a terra. Gabriel lo vide sospirare di dolore, cercando di mettersi seduto.
<< Non volevamo farle niente. Volevamo solo divertirci >>, rispose quello, sputando ancora.
<< Divertirvi? >>, sussurrò scioccato Gabriel. << Figli di puttana, volevate violentarla! >>, urlò poi, preparandosi a colpire ancora.
<< Volevamo spaventarla. Doveva abbassare la cresta. Nessuno si mette contro Freddie Cook >>, rispose il ragazzo, guardando con occhi folli e pieni di arroganza Gabriel.
Quest’ultimo rimase ghiacciato sul posto. Non lo credeva possibile, ma Allyson aveva ragione. Freddie era fuori di testa, e neanche il pugno più forte avrebbe potuto farlo rinsavire.
<< Ora tu e i tuoi amici ve ne andate >>, esclamò dopo pochi momenti di silenzio. Il suo sguardo era quanto più minaccioso potesse essere. << Andrete al campus, prenderete le vostre cose e andrete alla polizia a confessare tutto ciò che avete combinato. Mi hai sentito, stronzo? >>
<< Tu sei pazzo. Io non farò proprio niente del genere >>, sputò furioso Freddie.
<< Oh sì, tu farai esattamente quello che ho detto >>, sussurrò con malvagità Gabriel avvicinandosi minaccioso. << Perché se non lo farai tu, io prenderò il mio telefono e farò una chiamata a mio padre, e che a sua volta chiamerà un po’ di persone, e farà sbattere te e il tuo caro paparino in prigione. Non credere che non sappia delle azioni illegali che fa ogni mese, o delle prostitute che frequentano spesso casa vostra. Io so tutto >>.
Sul viso di Freddie apparve un’espressione orripilata. Non si aspettava una mossa simile, e neanche tale minacce. Gabriel sapeva di averlo preso in contropiede, e ne era profondamente orgoglioso. Sapeva che Freddie aveva un solo punto debole, e cioè suo padre. Ne era segretamente terrorizzato.
Edward e James, si alzarono dal punto in cui erano stati stesi, e si avvicinarono al loro amico. Lo aiutarono a mettersi in piedi, per poi incamminarsi lontano da loro. Gabriel sperava davvero che sarebbero andati alla polizia, altrimenti non avrebbe più risposto delle proprie azioni. Lentamente la rabbia e l’adrenalina lo abbandonarono, lasciando il posto al terrore e alla preoccupazione. Si mosse, andando verso la figura ancora a terra. Quello che vide, lo bloccò sul posto. Kyra fissava il cielo, senza realmente vederlo, il viso inondato di lacrime. L’espressione di una persona rassegnata, come se non potesse più ribellarsi alla vita. La luce del mattino aveva completamente abbandonato il suo sguardo.
Poi quegli occhi cosi spenti e distrutti, si poggiarono sul viso di Gabriel.
<< Kyra >>, sussurrò spaventato.
Infine si chiusero, facendo precipitare nel baratro della disperazione il ragazzo.
<< Kyra >>, urlò più forte, in preda al panico.
La mani poggiate intorno al viso di Kyra la scossero un po’ più forte, cercando di risvegliarla. Ma non servì a niente. Gabriel si guardò intorno, sperando di ricevere l’aiuto di qualcuno. Non sapeva che fare. Era immobilizzato, preda della disperazione.
Non voleva perdere Kyra.
Non poteva perdere Kyra.
Il solo pensiero lo uccideva, e non si soffermò ad analizzare quei sentimenti. Non era decisamente il momento.
Prese un profondo respiro, cercando di calmarsi. Poi agì. Per sua fortuna aveva indossato una piccola giacchetta a vento, giusto per un fatto di moda. La poggiò intorno al corpo scoperto della ragazza, chiudendola in un bozzolo caldo. Mise un braccio sotto le sue spalle, e uno sotto le sue ginocchia e con poco sforzo la alzò da terra. Si incamminò verso il cortile principale, ignorando gli sguardi altrui o qualsiasi altra persona. Non sentì neanche Allyson e il ragazzo che lo aveva aiutato, chiamarlo dal portico.
Tutto ciò cui riusciva a pensare era la ragazza tra le sue braccia.
La forte, dalla lingua biforcuta, ma con il cuore tenero, ragazza.
Fortunatamente era venuto con la macchina quella sera, preferendo la comodità alla passeggiata notturna. In poche falcate raggiunse la sua Impala, e poggiò Kyra sui sedili posteriori.
Infine salì al posto di guida e partì alla volta di casa sua.
 
Un piccolo raggio di sole colpì il viso di Kyra.
Non aprì gli occhi, troppo comoda e al caldo sotto le coperte. Era la prima volta che si sentiva cosi comoda, e al sicuro. Mai aveva percepito una sensazione simile nel suo letto.
Solitamente un piccolo rivolo di paura l’attraversava la schiena sempre, quando si trovava sveglia. I ricordi erano sempre pronti in agguato ad aggredirla, perciò doveva mantenere il controllo sulle sue emozioni e sulla sua mente.
Non passava giorno in cui non fosse sempre allerta, sempre controllata. Semplicemente non poteva permetterselo, perché la vita non era stata gentile con lei.
Anzi, ad essere onesti, era stata una puttana.
Sospirò profondamente sprofondando un altro po’ il capo nel cuscino morbido, proprio come piacevano a lei.
Questo la colse impreparata, perché lei non aveva un cuscino comodo. Il suo cuscino somigliava più ad una tavoletta, di quelle che si usano per imparare a nuotare.
Aggrottò le sopracciglia, sempre ad occhi chiusi, domandandosi cosa si fosse persa. Lentamente decise di aprire un solo occhio, e quello che vide la colpì.
Era distesa in un letto dalle morbide lenzuola color panna, un piumone ricamato pronto a risaldarle anche le ossa. I cuscini dello stesso colore, sparsi un po’ ovunque. Ma soprattutto si trovava in un letto a due piazze.
Non osò guardare il resto della stanza, perché sapeva che quella non era la sua camera al campus.
Dove diavolo aveva dormito? E soprattutto che diamine aveva combinato la scorsa notte?
Si portò una mano al viso, e si stropicciò un occhio. Quel gesto le fece spalancare le palpebre.
Non indossava gli occhiali! Dove erano finiti?
Non era mai stata in pubblico senza di quelli, almeno non da quando aveva undici anni.
Un piccolo tarlo le stava rosicchiando la testa, spingendola a ricordare.
Ma qualcosa dentro il suo cuore le impediva di farlo, quasi a proteggerla. Ma Kyra era notoriamente un persona curiosa, perciò decise di assecondare la mente.
E quello che uscì, le fece rimpiangere la sua scelta.
Semplicemente, ricordò!
Ricordò di Freddie, di Edward, di James. Di quello che le avevano fatto, di come l’avevano ingannata e poi avevano cercato di stuprarla. Le avevano strappato la maglia.
Incominciò a tremare nel letto, terrorizzata. Gli occhi si riempirono di lacrime, ma si impose di non versarle.
Doveva ricordare, sapere come era andata a finire.
Improvvisamente nella sua mente apparvero le stelle, e al centro di queste due occhi chiari che la guardavano preoccupati.
Saltò sul letto, spaventata e col cuore in subbuglio.
<< Ehi, calma. Sta calma, Kyra >>, sussurrò cauto una voce.
Kyra si voltò lentamente alla sua destra. Seduto su di una poltrona, Gabriel la guardava preoccupato e pronto ad intervenire. Aveva indosso una maglietta a mezze maniche bianca, e un pantalone da pigiama grigio.
In un moto di raziocinio, Kyra pensò che aveva un aspetto orribile, come se non avesse dormito tutta la notte.
Ma quel pensiero fu interrotto da una goccia d’acqua che cominciò a scorrerle sul viso. Si portò una mano sulla guancia, constatando che fosse completamente bagnata. Stava piangendo senza neanche accorgersene.
Con la coda dell’occhio, vide Gabriel alzarsi dalla sua poltrona per sedersi sul letto di fronte a lei. Lo vide allungare le braccia, e infine tirarla contro di se.
Kyra si trovò col viso sprofondato nel petto del ragazzo. Le mani di Gabriel la stringevano e l’accarezzavano tutta la schiena, quasi a sostenerla e a proteggerla nello stesso momento.
Inspirò profondamente, cercando di calmarsi. Alzò le mani per spingere delicatamente il ragazzo, invece si trovò a stringere forte il tessuto della maglietta. Era come aggrappata, le lacrime scorrevano più veloci e più copiose.
<< Ssht! Ci sono io qui con te. Non ti lascio andare, tranquilla >>, sussurrò Gabriel tra i suoi capelli.
E stranamente Kyra gli credette.
Passarono molto tempo in quella posizione, ma non le importava. Aveva bisogno di conforto, e il ragazzo era pronto a darglielo.
Temeva che se l’avesse lasciata, Kyra sarebbe precipitata negli abissi senza vie di fuga.
I ricordi cercavano di sommergerla con la loro merda, soffocandola e uccidendola.
Se Gabriel l’avesse lasciata, Kyra sarebbe morta.
<< Smith, non perché tu sia pesante oppure perché io voglia scappare, ma questa posizione non è più comoda. Che ne dici se ci sistemiamo meglio? >>, domandò con un velo di ironia Gabriel.
Kyra sospirò, sapendo che avrebbe dovuto lasciarlo andare. Doveva farlo. Ma allo stesso tempo non voleva.
Era così bello stare tra quelle braccia.
Si diede della stupida. Sapeva che il ragazzo si comportava cosi solo perché era sconvolta, e non per sentimenti reali. Non doveva illudersi. Non poteva permettersi di illudersi.
Ma illudersi di cosa, si chiese poi. Che diavolo stava pensando il suo cervello. Quella nottata del cavolo, doveva averle fritto tutti i neuroni.
Si scostò lentamente, portando le mani ad asciugarsi il viso. Non alzò lo sguardo, temendo di rivelare molto più di quello che voleva.
<< Ehi >>, la richiamò il ragazzo, portandole una mano sotto al mento, costringendola ad alzare il viso. << Non abbassare lo sguardo, ok? Non devi, non con me >>.
Kyra rimase scioccata da quelle parole. Che diavolo stava succedendo? Perché Gabriel si comportava in quel modo? E soprattutto perché il suo cuore non voleva saperne di stare tranquillo nella sua gabbia toracica?
<< Ora vado a preparare la colazione. Tu resta a letto, ok? Ti porto un vassoio >>.
Detto ciò, il ragazzo si alzò dal letto ed uscì dalla camera.
Kyra si portò una mano nei capelli, ancora confusa e in subbuglio. Le faceva male la schiena, la testa cercava di mandarle immagini che sinceramente voleva dimenticare, e il cuore non smetteva di battere velocemente.
Improvvisamente le saltò alla mente un dettaglio: indossava una maglietta grigia a mezze maniche molto larga. Da dove sbucava?
Le immagini di Freddie che le strappava i suoi indumenti comparve tra i suoi ricordi, portandola a farla contorcere su se stessa, preda di un attacco di nausea.
Se avesse avuto qualcosa nello stomaco probabilmente avrebbe rimesso.
Una leggera sensazione di panico stava per impadronirsi di lei. Sarebbe ricominciato tutto d’accapo. Avrebbe dovuto riaffrontare quella situazione di nuovo, vivendo in continuazione quel momento.
No! Non sarebbe sopravvissuta una seconda volta.
Non ce l’avrebbe fatta, specialmente da sola. Perché sapeva di non poter coinvolgere Sean nuovamente. Il ragazzo aveva già i suoi problemi e il suo bagaglio di brutti ricordi, non poteva aggiungerci anche quello.
Doveva cavarsela da sola. Quel pensiero la terrorizzava.
Un rumore la distrasse dalle sue elucubrazioni. Si girò verso la porta, notando Gabriel rientrare con un vassoio pieno di roba da mangiare.
Le narici di Kyra furono attraversate dal magnifico odore di caffè, insieme al cioccolato e al burro d’arachidi. Si sentì commossa, perché Gabriel le aveva preparato la sua colazione preferita.
Ma l’idea di mettere qualcosa nello stomaco le faceva aumentare di più la nausea.
<< E non dire che non penso a te, Smith >>, si gongolò il ragazzo, mettendosi nuovamente seduto sul letto.
Kyra voleva davvero sorridere, e rispondergli in qualche modo. Fargli sapere che i suoi sforzi erano molto più che apprezzati, ma non ci riusciva. Era come bloccata. Se avesse fatto uscire fuori le sue emozioni, probabilmente tutto quello che racchiudeva nel cuore sarebbe straripato. Avrebbe confessato ogni cosa, e non poteva permetterselo. Ma soprattutto non voleva che Gabriel sapesse ciò che le era accaduto.
<< Beh, buon appetito >>, esclamò il ragazzo, sorridendo dolcemente, ed afferrando una fetta di pancarrè.
Kyra non si mosse, ma si voltò verso il comodino, dove una sveglia segnava le undici e mezza. Aveva dormito parecchio.
Sospirò pesantemente, portando lo sguardo sulle sue mani congiunte.
<< Che fai, non mangi? >>, domandò Gabriel con la bocca piena.
<< Non ho fame >>, rispose senza inflessione lei.
Un rumore attirò l’attenzione della ragazza. Gabriel aveva sbattuto la fetta di pancarrè che stava mangiando nel piatto. I suoi occhi chiari lampeggiavano di furia mal celata. Sembrava che stesse per sputare fuoco.
Istintivamente Kyra si ritrasse. Aveva paura. Mai in presenza di quel ragazzo aveva provato un’emozione simile. Ma quello che le era accaduto la notte precedente, aveva risvegliato tutti i suoi incubi.
Gabriel, vedendo la sua reazione, cercò di calmarsi, o almeno così sembrava alla ragazza.
<< Scusa, non volevo spaventarti. Ma davvero, Kyra, devi mangiare >>, spiegò cercando di essere il più calmo possibile.
<< Non ho fame, Gabriel >>, rispose piccata lei.
<< L’hai detto tu stessa che eri dimagrita senza accorgertene. Quindi adesso mangia >>
<< Non.Ho.Fame. >>, sibilò Kyra guardandolo storto.
<< Non ti lascerò fare di testa tua, Smith. So che quello che è successo ieri sera è stato orribile, ma non porterà a niente di buono il tuo modo di fare. E soprattutto non mangiare non cancellerà quello che è stato >>
<< Tu che diavolo ne vuoi sapere? Che cazzo ne sai di quello che è successo ieri sera, o di come mi sono sentita? O di come questa merda non fa che perseguitarmi? Eh? CHE CAZZO NE SAI TU? >>, urlò in preda ad un attacco di ira mista a dolore.
Si alzò di scatto dal letto, rovesciando il vassoio sulle lenzuola, ma non se ne curò. Non le importava più niente. Sentiva solo il cuore martellare nelle orecchie, il sangue scorrerle in tutto il corpo, e il malessere invaderle l’animo.
La testa la martellava, mandandole brevi flash di quella che era stata la sua vita. Più cercava di reprimerli più quelli sbucavano fuori, incasinandola completamente e risvegliando ogni dolore provato in passato.
Le lacrime presero a sgorgare dai suoi occhi, mentre il suo cuore lacrimava sangue.
Era perduta! Non se la sarebbe cavata stavolta.
Improvvisamente due mani forte, l’afferrarono per le braccia strattonandola dolcemente.
<< Kyra! Kyra! >>, urlava Gabriel cercando di calmarla.
Era in preda ad un attacco di panico, e neanche se ne era resa conto.
<< Gabe >>, sussurrò guardandolo negli occhi.
Si rese conto di sembrare disperata ma non le importava. Aveva bisogno di qualcuno, e l’unico ad aver risposto alla chiamata era proprio la figura di fronte a se.
<< Aiutami >>, sussurrò ancora.
Gabriel non se lo fece ripetere due volte. La tirò tra le sue braccia e la strinse forte, abbracciandola e rassicurandola. Non disse una parola, ma quel gesto e quella stretta parlavano per lui.
Kyra teneva la sua maglia bianca tra le mani. Le lacrime scendevano sempre di più, e i singhiozzi sgorgavano dalla sua gola senza poterli controllare. Seppellì il volto nel suo collo, piangendo sommessamente.
Il cuore le batteva sempre più forte, ma poco alla volta, sentiva come se stesse prendendo sempre di più il controllo sulle sue emozioni e sul suo corpo.
In quell’abbraccio sembrava quasi come se i ricordi non avessero più il potere di ferirla. Come se facessero parte della sua vita, ma che tuttavia non potevano più toccarla. Quasi come se li avesse lasciati andare via.
Dopo minuti interi, le lacrime smisero di scendere, e il cuore si ricucì, o almeno cominciò a farlo.
In quel momento si rese conto della situazione in cui si trovava, e di come doveva sembrare al di fuori. L’imbarazzo le imporporò le guance, facendola scostare un po’. Aveva quasi paura ad alzare il viso, ma le mani non volevano sapere di lasciare andare quel tessuto bianco. Una mano sotto al mento, la costrinse ad alzare il viso.
<< Te l’ho già detto, non devi abbassare lo sguardo con me. Capito? >>, sussurrò sul suo viso Gabriel.
Kyra si trovò investita dal quel fiato caldo e umido, al sapore di cioccolata e burro d’arachidi.
Si fissarono per qualche secondo, incapaci di muoversi o di fare altro.
Ogni cosa brutta era stata eclissata dalla mente della ragazza, perché ogni cosa era pregna di Gabriel.
Poi quel momento finì. Kyra si sentì lasciare andare, pertanto si sforzò di lasciare andare la maglia del ragazzo. Si schiarì la voce, portando lo sguardo sulle lenzuola sporche.
<< Scusa, non volevo combinare disastri. Te le lavo >>, disse mestamente, sentendo le forze cominciare a mancare.
Quelle altalene d’emozioni non le facevano bene. Aveva bisogno di una pausa dalla sua vita.
<< Lascia stare. Ho una lavatrice nello stanzino. Ora però dobbiamo pensare alla colazione, di nuovo >>
<< Gabriel, sul serio, non ho fame. Ti prego >>, lo supplicò guardandolo nuovamente negli occhi.
Qualcosa nel suo sguardo parve convincerlo, perché Kyra lo vide sospirare ed annuire.
<< Beh, allora andiamo di là sul divano, a guardarci un film. E sarò cosi magnanimo da lasciarti scegliere anche il genere >>, scherzò incominciando ad avviarsi verso la porta.
<< Veramente… >>, cominciò Kyra interrompendo la sua avanzata. Ma cosa diavolo voleva dire? Una parte molto grande di lei voleva restare e guardare quello stupido film. Una più piccola ma stranamente molto forte, si sentiva di troppo. Voleva semplicemente scappare. << Ho già disturbato abbastanza >>, disse, sentendosi una grandissima deficiente. Avrebbe voluto ringraziarlo e sorridergli, magari abbracciarlo ancora un po’. Invece stava sparando solo grandissime cazzate. << Forse è il caso che vada al campus >>.
Avrebbe tanto voluto tirarsi un pugno da sola, oppure tirarsi un calcio o qualsiasi altra cosa pur di ferirsi per la sua idiozia. Non voleva andarsene! Se fosse uscita da quella casa, probabilmente sarebbe stata nuovamente colta da un attacco di panico. Non sarebbe riuscita a compiere neanche mezzo metro, che avrebbe dovuto accasciarsi su se stessa.
<< Smith, forse non ci siamo spiegati >>, esordì Gabriel avvicinandosi a lei, con serietà. << Tu non ti muovi da questa casa. Oggi tu ed io saremo rinchiusi qui per tutto il giorno, e molto probabilmente dormirai qui, nel mio letto, mentre io da perfetto gentlemen mi accomoderò sul divano. Ma la sostanza è che tu non vai da nessuna parte >>.
Kyra spalancò gli occhi sorpresa e anche un po’ scioccata. Che diavolo significavano quelle parole?
<< Cioè, praticamente oggi sono un tuo ostaggio? >>, domandò con voce incredula.
<< Precisamente >>, confermò lui.
Kyra non sapeva se ridere o doversi preoccupare. Ma guardandolo negli occhi si rese conto che non avrebbe mai dovuto temere niente da quel ragazzo.
Sorrise dolcemente, ricambiata prontamente dall’altro. Poi in silenzio si avviarono verso la porta.
 
Gabriel si sistemò meglio sul divano. Ormai erano ore che stavano seduti a guardare un film dopo l’altro.
Avevano già fatto fuori tutta la saga de “Pirati dei Caraibi”.
Erano poi passati a guardare i due film della saga “Hunger Games”.
Stavano guardando ora il film “Divergent”.
Non poté non notare quanto a Kyra piacessero questi film d’azione con realtà distopiche, dove la storia d’amore non era la cosa centrale.
Era la prima ragazza che conosceva, che non amava le commedie romantiche. Anzi, Kyra preferiva un bel combattimento ad una stupida scena d’amore.
E non poteva che trovarsi d’accordo. Anche lui amava quel genere di film. In effetti avrebbe dovuto capirlo che avevano gusti molto simili. Entrambi amavano “Il Corvo”.
Stranamente quel pomeriggio passato come un qualsiasi nerd non gli era pesato. Anzi, si era divertito, aveva guardato bei film, ma soprattutto era riuscito a tranquillizzare Kyra.
La notte passata sopra alla poltrona, un po’ a dormire e un po’ a controllare la ragazza si stava facendo sentire, in più non avevano toccato cibo a pranzo.
Aveva provato a convincerla a mangiare qualcosa, ma la Smith aveva rifiutato categoricamente.
La sua mente non aveva smesso di lavorare un solo attimo. Stava cominciando ad immaginare il motivo per cui fosse cosi magra, e sperava con tutto il cuore di aver preso un abbaglio.
Lo stato psicologico in cui si era svegliata, e gli sbalzi d’umore avuti, e specialmente gli attacchi di panico lo avevano messo in allarme.
Aveva sofferto nel vederla in quello stato. Avrebbe voluto prendere Freddie e gli altri e fracassargli la faccia a suon di pugni. Sembrava che qualcosa in Kyra si fosse rotto, in seguito a ciò che era accaduto la notte precedente.
E non che non fosse stato qualcosa di grave, ma Gabriel era arrivato in tempo. Perciò in un certo senso quell’atteggiamento da parte della ragazza non era propriamente giustificato.
Doveva esserle accaduto sicuramente qualcosa nel suo passato, per spingerla a diventare cosi instabile.
Una parte di lui voleva chiedere, ma l’altra rimaneva in silenzio temendo di fare più danni che altro.
Improvvisamente vide la ragazza sobbalzare, e cominciare a tremare. Lo sguardo fisso sul televisore.
Gabriel guardò la scena, notando che fosse quella in cui la protagonista veniva aggredita da un gruppo di ragazzi.
Ok, era ufficiale. Kyra Smith aveva molti più scheletri nell’armadio di quanto in realtà credeva.
E l’unico modo per aiutarla era tirarli fuori uno ad uno ed affrontarli.
Prese il telecomando e spense la tv.
<< Perché hai spento? >>, chiese lei voltandosi.
Gabriel prese un profondo respiro, cercando di calmarsi. Sapeva che quella sarebbe stata una conversazione difficile, ma doveva affrontare la situazione.
Lo doveva a Kyra e al suo cuore. Perché sapeva, senza capire il motivo, che non avrebbe mai più voluto vederla nella stessa condizione in cui versava la mattina.
Il suo muscolo che batteva nel petto, semplicemente, non ce l’avrebbe fatta a sopportare un’altra volta quel dolore.
<< Dobbiamo parlare >>, esclamò guardandola dritta negli occhi.
<< Di cosa? >>
<< Di quello che è successo ieri notte, e di stamattina >>
<< No >>, affermò con forza Kyra.
Distolse lo sguardo, portandolo nuovamente verso lo schermo spento.
<< Smith non fare la bambina. Devi parlarne! Tenere tutto dentro di te non ti farà bene. E sinceramente penso di meritarmi delle risposte >>, rispose con decisione Gabriel.
<< Meriti delle risposte? Ah sì? E perché? >>, domandò sarcastica.
<< Perché ti ho salvato da quei figli di puttana. Perché ti ho fatto restare nel mio letto, sopportando stoicamente quella dannata poltrona scomodissima, e perché ti ho stretto forte tra le braccia quando stavi male >>, al solo ricordo del corpo della ragazza tra le sua braccia, sentì un fremito lungo la spina vertebrale. Era stato fantastico tenerla stretta, ma come al solito scacciò via il pensiero delle sue emozioni. Non era quello il momento di riflettere su ciò che stava cominciando a provare.
Kyra tenne ostentatamente lo sguardo fisso sul televisore. Gabriel sentì il forte impulso di toccarla, e lo fece. Portò una mano contro la guancia di lei, accarezzandola dolcemente.
I loro occhi si incontrarono di scatto. Entrambi erano sorpresi e spaventati da quel contatto improvviso. Ma Gabriel non si tirò indietro. Sapeva che era giusto ciò che stava facendo. E soprattutto lo desiderava con tutto se stesso.
<< E voglio parlare perché, non so come o quando sia accaduto, ma ho cominciato a tenerci a te. Sei o non sei la mia finta fidanzata, dopotutto? >>, scherzò cercando di alleggerire l’atmosfera.
Kyra sorrise debolmente. Negli occhi, oramai fissi in quelli di lui, apparvero le prime lacrime.
Gabriel si sentì male. Vederla piangere era un qualcosa di atroce. Non riusciva a sopportarlo, ma lo stesso sapeva che era necessario resistere. Poi avrebbe potuto bloccare quel flusso salino, magari stringendola nuovamente tra le braccia.
<< Parlami! Ti prego >>, sussurrò, muovendo lentamente il pollice in una lenta e continua carezza.
Kyra sospirò profondamente. Le lacrime fuoriuscirono, rigandole il viso. Quegli occhi cosi pieni e belli, senza la maschera degli occhiali, divennero ancora più lucidi.
<< Sai che mio padre è morto quando ero bambina, vero? >>, cominciò lei.
Sembrava che ogni parola pronunciata, le avesse provocato un’immensa sofferenza.
<< Si, me lo ricordo >>, confermò Gabriel voltandosi completamente verso la ragazza, senza mai staccare la mano dal suo volto.
<< Beh, mia madre sopravvisse a malapena a quel dolore. Entrò in forte depressione, così fui costretta a vedermela da sola. Per fortuna c’era Sean e la sua famiglia, che mi accolsero dandomi da mangiare e aiutandomi in ogni modo possibile. Ogni giorno, appena uscivo da scuola tornavo con loro, mangiavo a casa loro e studiavo insieme al mio migliore amico. Poi la sera, dopo aver cenato, tornavo a casa mia. Ovviamente, essendo vicini di casa non dovevo fare molta strada a piedi. E ogni volta che tornavo, trovavo mia madre intenta a guardare e riguardare il filmino del matrimonio. Era un qualcosa di straziante. Poi arrivò lui >>, Kyra cominciò a tremare ancora più forte, i suoi occhi si fecero ancora più lucidi. Sembrava stesse cercando un appiglio a cui aggrapparsi per non farsi prendere dal panico, e Gabriel glielo fornì. Allungò l’altra mano, afferrando forte quella della ragazza. Il solo contatto, fece sì che i tremiti calassero. La ragazza inspirò forte, come per prendere coraggio. Infine continuò a parlare. << Avevo undici anni, quando mia madre tornò a casa, annunciando che si sarebbe risposata entro un mese. La sua depressione era migliorata negli ultimi tempi, quindi usciva un po’ più spesso, solitamente per andare a fare la spesa. E in una delle sue uscite, aveva incontrato un uomo, Carl. Lo portò subito in casa, e preparò in fretta e furia il loro matrimonio. Carl era un camionista, ma in seguito ad un arresto per guida in stato di ebrezza, lo avevano licenziato. La mamma sembrava così felice, ma a me quell’uomo spaventava tantissimo. Dopo il matrimonio, la mamma tornò a lavorare come cassiera in un supermercato, mentre io passavo le giornate da sola con Carl. Un giorno, mentre facevo i compiti, lo vidi guardarmi in maniera strana. Ora so che mi fissava lascivo, ma ad undici anni cosa vuoi capirne. Mi chiamò, e mi disse: “ehi Kyra, mi vai a prendere una maglietta nella mia camera?”. Carl non alzava mai un dito in casa, quindi non mi stupì per quella richiesta. Quello che più mi sconvolse, fu il fatto che me lo ritrovai in camera, alle spalle. Mi afferrò, buttandomi sul letto. Io ero indifesa e spaventata, e cominciai a piangere e tremare. Si sdraiò su di me e sussurrò: “Adesso facciamo un bel gioco. Ti va di giocare con me, piccola Kyra?”. Dopodiché mi strappò i vestiti e… >>, ma non finì mai la frase, troppo scossa dai singhiozzi e dalle lacrime.
Gabriel rimase scioccato da quel racconto. Qualcosa in lui si spezzò, facendogli provare una gran rabbia e un grandissimo dolore. Senza pensarci due volte, attirò di nuovo Kyra contro il petto, stringendola forte, quasi a non volerla più lasciare andare via.
Avrebbe tanto voluto prendere a pugni quel gran figlio di puttana, ucciderlo magari. Non doveva toccare Kyra. Non avrebbe dovuto osare tanto. Il desiderio di spaccare qualcosa era immenso. Adesso capiva il perché di tante cose.
Nel frattempo, la ragazza piangeva sempre più forte contro il suo petto. Lo stringeva all’altezza dei fianchi, facendo sentire Gabriel importante e inutile al tempo stesso. Lei aveva scelto di confessare il proprio passato a lui, e questo lo faceva sentire orgoglioso.
Ma allo stesso tempo si sentiva inutile, perché sapeva che mai avrebbe potuto scacciare via quel ricordo. Neanche se si fosse impegnato, ci sarebbe riuscito. L’unica cosa che poteva fare era continuare ad esserci ogni qual volta Kyra ne avesse avuto bisogno.
Passarono molti minuti, ma alla fine la ragazza si calmò, si scostò leggermente dal collo di Gabriel, ma non lo lasciò andare.
<< Non può piovere per sempre >>, sussurrò poi.
<< Come? >>, chiese confuso il ragazzo.
<< Non può piovere per sempre. È una frase del film “Il Corvo”. Amo questo film proprio per via di questa frase, perché divenne il mio mantra. Dopo quello che mi fece Carl, mi rinchiusi in camera, aspettando mia madre. Ma quando tornò da lavoro e io le raccontai ogni cosa, lei mi schiaffeggiò dicendo che non era vero. Quella notte, a mezzanotte precisa, Carl tornò in camera mia, e lo fece per le successive cinque notti. E mia madre sapeva tutto, perché l’ultima volta la vidi passare davanti la mia camera, guardarmi e poi andarsene. Il giorno dopo raccontai ogni cosa a Sean e alla sua famiglia. Da lì poi le cose andarono molto velocemente. Carl fu arrestato, e a mia madre fu tolta la patria potestà. I servizi sociali mi portarono in orfanotrofio dove conobbi la Signora Barker >>, una lampadina si accese nel cervello di Gabriel. Un altro tassello era andato al suo posto. << Ci rimasi un mese, il tempo per rintracciare mio nonno paterno. Nonno che mai avevo conosciuto, perché mio padre non frequentava più i propri genitori. Quando mi venne a prendere, ero così spaventata, che non riuscivo neanche a farmi sfiorare da lui. Col tempo le cose migliorarono, e alla fine mio nonno divenne il mio punto di riferimento. L’unica volta in cui lo odiai, fu quando decise che la casa in cui vivevamo non era adatta, per via dei ricordi. Voleva trasferirsi. Io e Sean ideammo quindi… >>
<< Il finto matrimonio. Ora capisco il motivo >>, affermò Gabriel, ricordando quella confessione.
<< Esatto. Rimanemmo lì alla fine. Fui vittima dei bulli per tutta l’adolescenza, e in seguito a quell’episodio ho sofferto di disturbi alimentari, che mi hanno portato a diventare bulimica e in seguito anoressica. Se non fosse stato per Sean a quest’ora sarei già morta >>.
Gabriel tremò al solo pensiero, stringendola un po’ più forte tra le sue braccia.
<< A diciassette anni, il mio mondo precipitò di nuovo. Mio nonno morì. In quell’occasione rischiai seriamente di uscire fuori di testa. Fu Sean a salvarmi nuovamente. Impedì di farmi ripiombare nella depressione e nell’anoressia, convinse i servizi sociali a farmi restare lì con lui, visto che pochi mesi dopo avrei compiuto diciotto anni. E alla fine, pur di non lasciarci, decidemmo di trasferirci tutti e due in questa città, lui con l’intenzione di allontanarsi dalla gente che ci aveva dato il tormento in tutti quegli anni, e io con l’intenzione di scappare dal mio passato. Hai presente gli occhiali? >>, domandò improvvisamente Kyra.
<< Si, e scusami ma non li ho trovati. Aspetta, ora che mi ci fai pensare come riesci a vedere la televisione? >>, esclamò sorpreso Gabriel. Dopotutto quello che avevano affrontato in quel giorno, la questione occhiali era completamente passata in secondo piano.
<< Io ci vedo benissimo. Non sono né miope ne altro >>, rispose sorridendo mestamente la ragazza.
<< Che? >>
<< Quegli occhiali non avevano uno scopo medico. Li indossai la prima volta in orfanotrofio, quando desideravo nascondermi dalla vista di tutti. Ero così spaventata che desideravo soltanto essere un fantasma, e la Signora Barker mi portò questi occhiali finti, dicendomi che se li avessi indossati nessuno mi avrebbe vista. Un po’ alla Clark Kent. Da allora sono stati la mia maschera, non li ho più tolti, fino ad ora >>, spiegò con tristezza.
In quel momento Gabriel capì ogni cosa. Tutti i tasselli avevano preso posizione, collocandosi nell’immenso puzzle di quello che era il passato di Kyra.
E desiderò ardentemente poter distruggere ogni cosa. Era orribile, spaventoso e pieno di dolore.
Gabriel non sapeva quali emozioni provare per primo, se la rabbia o la sofferenza.
Come poteva essere stata cosi ingiusta la vita? Che immensa figlia di puttana era stata nei confronti della Smith?
Lui aveva avuto tutto. Una bella famiglia, soldi, amici, divertimento…
Invece Kyra aveva solo avuto palle curve che l’avevano ridotta ad uno straccio. Anzi no, l’avevano trasformata in un fantasma.
Che cosa ingiusta!
Avrebbe tanto voluto essere presente, così da poter eliminare tutte le cose brutte. Avrebbe voluto riscriverle il passato, ma non poteva. L’unica cosa che poteva fare era una sola.
<< Smith >>, esclamò prendendola di sorpresa.
Si guardarono profondamente negli occhi, poi con gesti rapidi, Gabriel le cancellò ogni traccia di lacrime dal viso. Le poggiò le mani sulle guance costringendola a non distogliere lo sguardo.
<< Non può piovere per sempre. Hai ragione! Domani dopo l’università, ce l’andiamo a fare tatuare questa santissima frase. Ma non è questo il punto >>, esclamò con foga. I pensieri si accavallavano l’uno sull’altro, premendo per uscire tutti insieme. << Il punto è che non posso cancellare il tuo passato, ma so che posso darti una mano a scrivere il presente, e a cambiare il tuo futuro. Guardami! Tu in pochi giorni mi hai cambiato, e lo sappiamo entrambi anche se lo ammettiamo con molta difficoltà. Insomma, alla festa sei stata una scassa palle costante nella mia testa, a rimproverarmi di questo e di quello. Questo vuol dire qualcosa, no? >>, doveva sembrare un pazzo, perché Kyra lo fissava come se gli fossero spuntate le corna e il naso da maiale. << Quindi, in sostanza, ciò che sto cercando di dire in maniera sconclusionata, è che non ti permetterò di essere un fantasma >>
<< Che? >>, esclamò sorpresa la ragazza.
<< Si, non sarai più un fantasma. Tu vivrai da adesso in poi, e lo farai nel modo migliore che tu possa percepire. E non indosserai mai più un paio di occhiali, perché sinceramente rovinano il tuo viso. E poi perché non potrai nasconderti per sempre. Quindi, il “Non può piovere per sempre” entrerà in vigore da adesso. E ciò vuol dire che, anche se dovrò costringerti con la forza, tu stasera mangerai la mega pizza che sto andando a prenotare, dormirai come già detto nel mio letto, e domani dopo l’università andremo a farci questo tatuaggio >>.
Balzò, poi, in piedi andando a prendere la cornetta del telefono, pronto a fare il numero de “L’emporio della pizza”.
<< Ah, e domani sera voglio conoscere Sean. E non accetto un no come risposta, chiaro? >>, e detto ciò compose il numero della pizzeria.
Diede le spalle alla ragazza, troppo euforico per il suo impegno appena preso. Avrebbe risanato il cuore di Kyra, e l’avrebbe fatta brillare come un diamante al sole. Quella luce nei suoi occhi vista il giorno precedente, sarebbe ritornata a splendere ancora di più.
Gli occhi di Kyra sarebbero diventati due soli!
 
E cosi passarono la serata accomodati sul divano, a mangiare una pizza troppo grande per due, e a guardare una commedia! Avevano bisogno di distrarsi entrambi.
Risero, scherzarono e giocarono. Si divertirono come matti.
Poi, fatte le undici, andarono a dormire una sul letto l’altro sul divano, augurandosi buona notte.
Nessuno dei due sapeva che da quel momento in poi le cose sarebbero cambiate per sempre.






 
Ed eccoci ua signori, con il nuovo capitolo...
ecco svelato il passato di kyra, rispondendo alla curiosità di tutti voi...
spero di non avervi deluso, con questo capitolo...so che nessuno si aspettava qualcosa di simile, soprattutto da parte di freddie, ma se andate a leggere i capitoli precedenti, vedrete che ho scritto che freddie è sostanzialmente uno psicopatico che ha già avuto problemi di questo genere, quindi non è poi una vera sorpresa...spero O.O
ok, in questo capitolo c'è un omaggio al mio telefilm prefertio "Supernatural" e alla macchina dei miei sogni *-* ebbene si, il caro gabriel ha la macchina dei winchester, e Dio come lo invidio!!!
cmq, non credo di dover aggiungere altro del capitolo, perchè ho già detto tutto...
sul serio spero che vi piaccia, e se cosi fosse, magari lasciate un commentino...please!!!
chiunque voglia seguirmi anche su fb, sarà ben accetto XD
ora vi lascio, che domani ricominciano i corsi all'università T.T 
non vi farò aspettare milioni di anni con l'aggiornamento...promesso!!!
un bacio
Moon9292

Questa è l'auto dei miei sogni *-*

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** "Non può piovere per sempre" ***





 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 8 - "Non può piovere per sempre"

 

 

Lunedi mattina.
Un rumore di sottofondo costante e fastidioso disturbò il sonno di Kyra. Non sapeva cosa fosse, e soprattutto da dove provenisse.
Sbuffò contrariata, perché non aveva assolutamente voglia di alzarsi, o semplicemente di aprire gli occhi. Aveva imparato da piccola che il mondo era un posto troppo oscuro e disturbato, e che non valeva la pena abbandonare le lenzuola. Poi, improvvisamente, un paio di occhi color del cielo le apparvero in mente, e tutto il resto svanì. Il dolore, la sofferenza, la paura, l’impotenza. Ogni cosa non esisteva più semplicemente perché quegli occhi erano tutto. Erano più di qualsiasi altra cosa. E poi ricordò.
Ricordò cosa le era accaduto sabato notte, del quasi stupro, di Freddie che le baciava il petto mentre gli altri due scagnozzi la tenevano ferma. E di come Gabriel fosse venuto in tempo a salvarla.
E poi ricordò di essersi aperta, di aver confessato il suo più oscuro segreto. Anzi, di aver confessato tutto ciò che le era capitato in 22 anni di vita.
Saltò a sedere sul letto, col batticuore. Ora ogni cosa prendeva posto. Si guardò intorno riconoscendo la camera da letto di Gabriel. Aveva dormito in quella stanza anche quella notte. Non che avesse avuto molta scelta. Quell’idiota di Martin l’aveva praticamente sequestrata il giorno prima, costringendola a passare tutto il tempo insieme. Ma in fondo, quanto era stata infelice di quella costrizione?
Doveva ammetterlo almeno a sé stessa. Era stata bene quella domenica. Molto più che bene. Era stata felice. Nonostante tutto, nonostante i demoni del suo passato fossero tornati e l’avessero aggredita con la forza di una furia, rischiando seriamente di ucciderla, era stata felice. Perché accanto a lei vi era Gabriel.
Quel ragazzo troppo vanitoso, arrogante, figlio di papà con la puzza sotto il naso, era stato capace di arrivare la, dove tutti avevano fallito. Era arrivato dritto al centro della sua anima. E l’aveva aiutata.
Doveva molto a quel ragazzo, e solo in quel momento lo capì. Perché dentro di sé sentiva una strana e nuova forza pronta a travolgere ogni cosa. Una forza nata dal semplice fatto che Gabriel le aveva promesso che non l’avrebbe fatta vivere come un fantasma.
Perché lei era diventata sul serio un fantasma, e nonostante questo, qualcuno era riuscito a scorgerla. Era riuscito a trovarla, facendole capire che esisteva anche lei in quel mondo. E che doveva vivere. Senza sé e senza ma. Doveva farlo. E avrebbe vissuto.
Se lo doveva. Perché, diamine, aveva sofferto come un cane ed era stanca di soffrire.
Perciò avrebbe vissuto, e avrebbe cominciato a farlo da quel momento. Scostò con foga le coperte, facendo cadere a terra un oggetto di metallo. Si affacciò dal letto, notando che sul pavimento giaceva ancora trillante la sveglia.
“Ecco cos’era quel rumore”, pensò fissando con astio l’oggetto.
Aveva un rapporto conflittuale con qualsiasi strumento di tortura progettato per svegliare le persone.
Raccolse dal pavimento la sveglia, e la spense. Poi, prendendo un profondo respiro, si alzò dal letto.
Era partita con dei buoni propositi. Ottimi! Ma, come per qualsiasi cosa, niente era venuto fuori dal nulla. Doveva lavorare su sé stessa per poter arrivare all’obiettivo prefissato. E ciò voleva dire che doveva affrontare Gabriel, e il fatto che gli avesse raccontato quello che le era accaduto ad undici anni.
Il giorno precedente non aveva dato troppo peso alla portata di quella confessione, perché ancora sotto shock. Ma in quel momento non poteva più ignorare ciò che provava.
La voglia di vivere, la libertà di aver finalmente svelato a qualcuno il suo passato, l’essere stata accettata…
Doveva far fronte a troppe emozioni. E doveva capire come le cose nel rapporto con Gabriel sarebbero cambiate. Perché sapeva, ancora prima di rivederlo, che niente sarebbe stato più come prima.
I genitori di Sean, saputo ciò che le era accaduto con il patrigno, cominciarono a trattarla in modo diverso. La guardavano in modo diverso. Come se fosse una bambola di porcellana sporca e rotta. Le volevano bene, ma avevano paura di lei. Perché, e in fondo lo aveva sempre saputo, era una bomba ad orologeria.
Sarebbe esplosa prima o poi, e chissà chi avrebbe trascinato con sé. Ed effettivamente quella bomba era esplosa, sotto forma di disturbi alimentari. E di depressione, e pianti continui, e paura e sensazione di panico costante. Con sé aveva trascinato solo Sean, perché era l’unico che fosse rimasto.
Il nonno l’aveva conosciuta solo dopo che era accaduto il fatto. Quindi non sapeva come era prima. Non aveva mai visto la luce brillante di speranza nei suoi occhi, il sorriso che illuminava il suo volto. La voglia di vivere che solo una bambina può provare, nonostante la vita le avesse già giocato diverse palle curve.
No, il nonno aveva conosciuto la Kyra pallida, triste e terrorizzata. Una Kyra che dalla vita non si aspettava più niente, se non il successivo colpo che l’avrebbe stesa. E quelli non erano mai mancati.
Però le voleva bene. E Kyra voleva bene a lui.
E voleva bene a Sean. Tanto bene a Sean.
E adesso, in un modo strano e contorto, inspiegabile quasi, sentiva di provare del sincero affetto anche per Gabriel.
Quindi lo avrebbe affrontato a testa alta quella mattina, e avrebbe cercato di ricostruire quel rapporto cominciato per puro caso.
Abbassò la maglietta prestatagli dal ragazzo sulle gambe coperte dal pantalone della tuta. Prese un profondo respiro ed uscì dalla camera da letto.
Attraversò il piccolo corridoio che portava dalla stanza al salotto. Gabriel aveva dormito sul divano quella notte, ma quando si affacciò nella stanza, vide le coperte di pile usate dal ragazzo, ripiegate per bene. Di lui nessuna traccia.
Sentì degli strani rumori provenire dalla porta che sapeva portasse alla cucina. Si affacciò, ritrovandosi davanti una scena che mai e poi mai in vita avrebbe pensato di vedere.
Gabriel, il ragazzo sempre perfetto e sicuro di sé, in pigiama con i capelli arruffati e a piedi nudi, intento ad agitare i fianchi al ritmo della musica proveniente dal cellulare. In mano aveva una padella con la quale stava girando i pancake. Sul tavolo erano già state sistemate due tazze da caffè, un piatto con i biscotti al cioccolato, e un altro piatto con diverse fette di pancarrè. La nutella, la marmellata di fragole e il burro d’arachidi sistemati a semi cerchio intorno alla caffettiera fumante.
<< You spin my head right round, right round. When you go down, when you go down... >>, cantava con voce stonata.
La bocca di Kyra, se non fosse stata attaccata alla mascella, sarebbe precipitata sul pavimento. Stile looney tunes.
<< You spin my head right round, right round. When you go down, when you go down… >>, ora la voce era in falsetto, cercando di imitare Kesha.
A quel punto non riuscì più a trattenersi. Scoppiò in una risata fragorosa, come non ne aveva mai fatte in vita sua. Mai nella vita aveva pensato di poter assistere ad una scena simile. Era troppo divertente.
Gabriel saltò sul posto, spaventato dall’improvviso rumore, ma fu capace di non fare cadere il pancake dalla padella. Si girò di scatto, guardando perplesso e ancora un po’ intimorito Kyra.
La ragazza era piegata in due dalle risate. Quasi le stavano uscendo le lacrime dagli occhi.
E tutta la tensione accumulata nello stomaco, semplicemente si sciolse.
<< Grazie per avermi fatto perdere dieci anni di vita, Smith. La prossima volta magari fai un po’ di rumore, invece di compare di soppiatto alle mie spalle >>, sbuffò fintamente contrariato Gabriel. Ma in realtà Kyra vide che stava cercando di trattenere un sorriso.
<< La prossima volta se vuoi mi annuncio, Flo Rida >>, rispose ancora tra le risate la ragazza.
<< Vedo che stamattina ci siamo svegliati con la voglia di fare le spiritose, Smith >>, borbottò fintamente infastidito Gabriel, tornando a girare il pancake. << Non vedo l’ora di appezzare le tue battutine sarcastiche per tutta la giornata >>
<< So che la cosa ti manda in visibilio, Martin. Ora però, sono solo dispiaciuta di non avere con me il cellulare >>
<< Come mai? >>, chiese incuriosito il ragazzo.
<< Perché così avrei potuto farti un video. E poi avrei fatto diventare virale il video di te che agiti i fianchi. Il mondo non avrebbe dovuto perdere una simile visione >>, rispose divertita Kyra.
Nel frattempo prese posto al tavolo, versandosi in una tazza una bella dose di caffè.
<< Il mondo non è ancora pronto ad ammirare cotanta bellezza. Insomma, tutta questa magnificenza racchiusa in un solo corpo… no, rischierei di fare implodere la terra >>, commentò Gabriel con finta aria snob.
Kyra sorrise prendendo in mano la tazza di caffè. Era convinta che quella mattina avrebbe dovuto lottare per riavere indietro quel rapporto fatto di prese in giro e sfottò con il ragazzo.
E invece Gabriel l’aveva sorpresa ulteriormente. Niente era cambiato, e non c’era stato un solo momento in cui lui le avesse rivolto uno sguardo diverso dal divertito, sbarazzino e un po’ arrogante che solitamente le riservava.
Era tutto come sempre.
<< Allora mia cara Smith >>, esordì il ragazzo posandole davanti un piatto con tre pancake sommerse dallo sciroppo d’acero. Poi, con la stessa roba in un piatto gemello, prese posto accanto a lei. << La giornata, come già detto ieri, ha un piano ben preciso. Primo: corsi all’università >>
<< Ovvio. Perché, avevi dubbi?! >>, rispose divertita notando con quanta premura il ragazzo avesse preparato la colazione. C’erano le cose che entrambi preferivano di più ed un’extra. Forse il suo proposito di non farla vivere come un fantasma, cominciava anche col fatto di farle avere un aspetto un po’ più umano e meno scheletrico.
<< Conoscendoti, no. Bene, seconda parte della giornata, andiamo a fare il tatuaggio >>, continuò puntandole contro una forchetta sporca di sciroppo d’acero.
<< Ecco, e su questo avrei qualche dubbio >>
<< E dei tuoi dubbi ce ne sbattiamo le palle >>
<< Che volgarità! >>, esclamò fintamente scioccata la ragazza.
<< Terza parte della giornata, stasera mi porti a conoscere Sean >>, concluse mangiando grossi bocconi dei suoi pancake.
<< E su questo i dubbi diventano certezze. Non è il caso che tu conosca Sean. Anzi, lo escludo categoricamente >>, affermò con decisione Kyra, cominciando a preparare le sue fette di pancarrè.
In pochi secondi aveva già finito i suoi pancake.
Gabriel la guardò trattenendo a stento un sorriso, ma alla ragazza non sfuggì niente.
<< Che c’è? Perché mi fissi come se fossi uscita dal set di un film demenziale? >>, domandò piccata.
<< Niente è che… >>, poi scosse la testa, rivolgendo la sua attenzione al piatto.
<< Sputa il rospo, Martin. Che c’è? >>, Kyra aveva un sentore di cosa potesse balenare in mente al ragazzo. Qualcosa che c’entrava sicuramente con quello che aveva raccontato. Improvvisamente la fame sparì, e tornò l’ansia.
<< Ero convinto che stamattina avresti dato di matto, non mangiando e cercando di scappare dal mio sguardo. Anzi, ero strasicuro che saresti corsa verso la porta senza voltarti più indietro >>, confessò con un sospiro preoccupato Gabriel.
Kyra rifletté su quelle parole. Perché in fondo sapeva che avrebbe agito così. Probabilmente, solo pochi giorni prima avrebbe fatto i bagagli e sarebbe scappata da quella casa e da quella persona. Ma non quel giorno, e probabilmente mai più. Perché Gabriel non era una persona qualsiasi. Era un essere che aveva sempre considerato viscido, ma che in realtà nascondeva forse uno dei cuori più grandi e genuini che avesse mai conosciuto. Solo Sean poteva reggere il confronto. Lei no, perché sapeva che con la sua debolezza aveva sporcato la sua anima. Un’anima già stracciata, e in aggiunta sporca.
Non aveva molto da offrire, si rese conto. Ma questo, decise, che non l’avrebbe scoraggiata.
Perché Gabriel le aveva promesso che non l’avrebbe più fatta vivere come un fantasma. E lui, anche nei suoi momenti più terribili e oscuri, aveva sempre mantenuto le promesse, buone o cattive che fossero.
<< Si hai ragione. La solita me sarebbe scappata. Non avrebbe mangiato per giorni, e ti avrebbe evitato neanche avessi avuto la peste nera >>, confermò, con un profondo respiro, Kyra. Poi, facendosi coraggio, lo guardò dritto negli occhi. << Ma oggi non sono più la stessa persona. Oggi sono una ragazza che ha confessato per la prima volta da anni, ad un estraneo, ciò che ha subito ad undici anni, e ciò che poi ne ha portato. Le conseguenze di quell’azione e delle scelte fatte. Oggi non sono più la stessa persona che ero, perché semplicemente non sono più un fantasma. E perché tu mi hai giurato che non mi avresti fatto vivere come un fantasma, e perché non voglio più nascondermi. Non posso neanche più farlo perché non ho gli occhiali >>, si toccò in automatico il naso, trovandolo scoperto e senza più la solita montatura. << E sinceramente sono spaventata, se non terrorizzata dal futuro. Ma quello che ho già subito è stato il peggio, perciò non può andare che bene. Ho già scavato affondo nel pozzo dell’autocommiserazione, ora basta. Ora voglio risalire e guardare negli occhi questa vita puttana, e dirle che ha finito di farmi del male. Ora decido io >>.
Le mani le tremarono dall’emozione, e il cuore batteva forte nel petto quasi a volerle schizzare fuori. Ma era anche determinata e una nuova forza le scorreva nelle vene. Ce l’avrebbe fatta. Avrebbe ripreso a vivere, e mai più si sarebbe nascosta. E questo solo perché Gabriel le aveva aperto gli occhi.
Kyra ragionò per un secondo sul fatto che un ragazzo che aveva sempre odiato, l’avesse aiutata così tanto in così poco tempo. E che, in fondo, non lo odiava neanche un po’.
Gabriel la fissò profondamente, poi le afferrò una mano stringendola forte.
<< Sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto, Smith. Non dubitarne mai. E te la saprai cavare, perché tu puoi farlo. Non hai bisogno di nessuno, e non avevi sicuro bisogno di me per arrivare a capire che non sei un fantasma. Ci saresti arrivata da sola. Magari arrancando un po’, ma ce l’avresti fatta >>, disse con convinzione il ragazzo. Nella voce, un’emozione nuova tenuta a stento controllata. Negli occhi, una nuova luce che rifletteva quella nello sguardo di Kyra.
<< Non può piovere per sempre >>, sussurrò la ragazza, stringendo a sua volta forte la mano di Gabriel.
<< Non può piovere per sempre >>, confermò lui.
Restarono in quella posizione per qualche altro minuto, continuando a guardarsi negli occhi.
Poi una musica partì, facendo saltare i due sul posto.
Era il cellulare di Gabriel.
 
Gabriel prese un profondo respiro, cercando di portare il suo cuore a dei battiti standard.
Era troppo giovane per morire di crepacuore. Specie perché spaventato da una dannata suoneria.
Si alzò dalla sedia, prendendo quel dannato aggeggio e guardando chi lo stava chiamando.
Ovviamente Adam aveva la capacità di disturbare nei momenti meno opportuni.
Non aveva idea di cosa stava succedendo tra lui e la Smith, ma sapeva che una simile cosa non sarebbe avvenuta di nuovo tanto presto. E lui era dannatamente curioso e spaventato al tempo stesso di scoprire cosa sarebbe accaduto dopo. Quando gli sguardi avrebbero indugiato più a lungo e la mano fosse stata stretta più forte. Quando le emozioni che a stento stava cercando di controllare, non sarebbero più rimaste ingabbiate nel profondo della sua anima.
Prese un altro respiro e accettò la chiamata.
<< Pronto? >>, rispose trattenendo a stento un ringhio.
<< Però, qualcuno si è svegliato dal lato sbagliato del letto >>, commentò Adam divertito.
<< Dici perché mi disturbi alle sette e mezza del mattino, Miller. Cosi io posso mandarti a fanculo e poi tornare alla mia colazione >>
<< Cavoli, sei davvero arrabbiato. Cos’è, ti ho disturbato mentre eri intento a fare cose spinte con la tua ragazza? >>, domandò trattenendo a stento una risata.
E Gabriel davvero voleva rispondergli, mandandolo a quel paese. Davvero, aveva tutta l’intenzione di ribattere a quella cretinata. Ma non riusciva a tirare fuori una singola sillaba.
Guardò Kyra mentre tornava al suo posto, e la ragazza lo fissò di rimando con sguardo interrogativo.
E solo in quel momento si rese conto che avrebbe voluto che le parole di Adam fossero reali.
Che dentro di se, ora che la pulce era stata messa, voleva davvero spingere quella strana relazione da qualche parte. Solo non sapeva quale.
Mai aveva avvertito un simile desiderio, neanche con Amelie.
Il desiderio di provare qualcosa che non fosse collegato al sesso. Voleva delle emozioni, e stranamente le voleva con la Smith.
<< O mio Dio. Stai davvero facendo cose spinte con la tua ragazza, e io ti ho disturbato? >>, urlò Adam, un po’ divertito, un po’ schifato e un po’ preoccupato.
Gabriel scosse la testa, cacciando via quei pensieri. Probabilmente era cosi emotivo solo per via di quello che Kyra gli aveva raccontato il giorno prima. Era ancora emotivamente scosso, niente di più.
Non provava niente per la Smith, se non stima e uno strano affetto dovuto alle circostanze. Le piaceva come persona, ed era abbastanza sicuro che dopo tutto quel casino, probabilmente avrebbe continuato a frequentarla come conoscenti o forse come quasi amici. Oppure ancora come amici che amano farsi i dispetti e prendersi in giro.
Ma sicuramente non come una possibile ragazza, o peggio fidanzata.
No, era da escludersi categoricamente. E poi, per quanto la Smith fosse in gamba, e lo era sul serio, non era il genere di persona che la sua famiglia si aspettava. Certo, poteva fingere per due settimane, ma non poteva essere quella reale. Quella che avrebbe un giorno portato a casa come sua futura moglie.
<< Gabe ci sei? Mi stai spaventando? Per caso la tua misteriosa fidanzata ti sta facendo o ti ha fatto un pompino succhiandoti via tutti i neuroni? >>, domandò Adam dall’altro lato.
<< Dio, ma che cazzate ti inventi a prima mattina? Per l’amor del Cielo. Controllati Adam! >>, sbottò furioso Gabriel.
Il solo pensiero di fare battute a sfondo sessuale su Kyra, anche fatte dal suo migliore amico, gli faceva ribollire il sangue. La voglia di uccidere il responsabile del suo dolore tornava irrefrenabile. E non poteva tollerare che qualcun altro potesse anche solo azzardarsi a fare stupidi affermazioni per ridere. Non poteva proprio accettarlo. Non dopo tutto quello che la ragazza aveva passato.
<< Calma, amico, calma >>, esclamò leggermente spaventato Adam. << Rilassati, stavo solo scherzando. Lo sai vero, Gabe? Non dicevo sul serio >>.
Gabriel prese dei profondi respiri, cercando di controllare il suo umore. Doveva darsi una calmata, altrimenti avrebbe finito per azzannare qualcuno alla giugulare. E a lui il sangue aveva sempre fatto schifo.
Riportò lo sguardo su Kyra, accertandosi che fosse ancora seduta li, e che stesse bene. Non sapeva perché, ma doveva sapere che lei stava bene.
La Smith lo fissò curiosa, ma anche comprensiva, come se sapesse che dentro di lui vi era una tempesta di emozioni. Sorrise, cercando di calmarlo. Poi fece una cosa che mai si sarebbe aspettato di vedere.
Intinse il dito nella nutella, poi con tutta la nonchalance del mondo, glielo spalmò sul naso sporcandolo per tutto il ponte.
Gabriel spalancò gli occhi sorpreso e incredulo. E questa da dove le era uscita?
Un secondo dopo Kyra scoppiò nuovamente a ridere, tenendosi la pancia con tutte e due le mani, e sporcando la sua maglia di nutella.
<< Chi è che sta ridendo? >>, domandò perplesso Adam.
E Gabriel si calmò. Perché vederla ridere faceva passare in secondo piano tutte le incazzature e le brutture. Non ce l’aveva più con Adam per quella stupida battutina. E non voleva più mordere alla giugulare nessuno. Perché Kyra stava ridendo, e questo bastava a placare la sua anima.
<< Quella simpaticona della mia ragazza ride di me, perché mi ha imbrattato il naso di nutella >>, rispose divertito Gabriel, prendendo un tovagliolo e pulendosi il naso.
Fissò la Smith con sfida, cercando di farle capire dal suo sguardo che la guerra era aperta.
Kyra, per tutta risposta, intinse nuovamente il dito nella nutella e se lo portò alle labbra.
E quel gesto fece scoprire a Gabriel una nuova realtà. Una realtà nella quale, non importava come né perché, ma era attratto dalla Smith. Perché quel dito racchiuso tra le sue labbra era forse la cosa più erotica che mai avesse visto. Sperò seriamente che il suo amico alle parti basse non decidesse di dimostrare quanto fosse attratto da Kyra, perché dare spiegazioni sarebbe stato incredibilmente imbarazzante.
E poi non voleva spaventarla. Dopo quello che aveva subito, ancora non sapeva quali erano le idee di Kyra riguardo al sesso.
<< Questa ragazza mi piace. Ora sono davvero curioso di conoscerla >>
<< Adam, senti, scusami per la scenata di prima. Non volevo urlarti contro, ma sul serio non fare più battute a sfondo sessuale sulla Smith >>, esclamò Gabriel ritornando alla realtà, e alla conversazione con l’amico in particolare.
<< Certo, scusa. Non lo faccio più >>, poi dopo un momento, urlò nelle orecchie di Gabriel. << LA SMITH? O MIO DIO, FINALMENTE DOPO TRE ANNI CONOSCO IL SUO COGNOME! NON CI POSSO CREDERE >>.
Gabriel sorrise tristemente a quel commento. Aveva tenuto Amelie nascosta per così tanto tempo, che non aveva mai pensato al fatto che forse le persone che gli volevano bene, ci sarebbero potute rimanere male. E adesso che avrebbe potuto e voluto parlare di questa fantomatica fidanzata, doveva mentire. Si sentiva un vero schifo.
<< Già, ora sai il cognome. Non farla tanto tragica, Miller. Non è niente di che >>, commentò cercando di ingoiare l’amaro che aveva in bocca.
<< Non è niente di che? È tutto invece. È come un’ammissione di esistenza. È come se finalmente una nuvola di vapore prendesse forma. Perché lei esiste >>
<< Certo che esiste, cretino. Non me la sono mica inventata >>, Kyra fece una risata ironica come a voler commentare silenziosamente il fatto che lei in realtà fosse una fidanzata per finta. Gabriel decise di ignorarla volutamente. << E lunedì potrai finalmente conoscerla >>
<< Wow, ora si che sono curioso ed emozionato. Non capita tutti i giorni di conoscere la fidanzata di quello che considero mio fratello >>, commentò dolcemente Adam.
Un sorriso spontaneo nacque sul volto del ragazzo. Anche lui considerava Adam un fratello, e non vedeva l’ora di poterlo riabbracciare.
<< Non diventarmi sentimentale, Miller, o potrebbe cominciare a spuntarti una vagina >>, rispose divertito Gabriel.
<< Lascio quell’onore a te >>
<< Allora, me lo dici perché mi hai chiamato? >>
<< Per dirti che sto indagando sul fantomatico ragazzo che piace a Eve, ma tua madre è più chiusa di una porta di un cavò. E tuo padre è tenuto all’oscuro perché anche lui ha manie folli. L’ho sentito dire, e cito testualmente, “nessuno può toccare la mia bambina, non finché continuo a respirare. Donna, portami l’ascia di guerra, stasera vado a decapitare i bei giovanotti che incontro per strada” >>
<< O mio Dio. Non che non abbia ragione, ma quell’uomo è pazzo >>, commentò Gabriel portandosi una mano alla fronte. << E quella donna conosciuta come satana, ma che io chiamo mamma che ha risposto? >>.
Kyra lo guardò perplessa e anche vagamente intimorita. Forse avrebbe dovuto spiegarle che la sua famiglia era completamente pazza, ma pensò che l’effetto sorpresa fosse una cosa più divertente e saggia da fare. Almeno poteva evitare che fuggisse a gambe all’aria.
<< Secondo te? Ha recuperato la tua vecchia mazza da baseball e lo ha minacciato per tutta casa dicendogli di rinsavire perché altrimenti lo avrebbe fatto rinsavire lei. E che Eve ha ormai sedici anni e che non è più una bambina. Perciò se ha il fidanzato, bisogna solo essere contenti per lei >>
<< Questo lo dice lei. Ma quando torno a casa dovrà vedersela con me. Non permetterò a nessuno di toccare Eve. Di a mio padre che sono completamente dalla sua parte >>, esclamò inferocito.
<< Tuo padre sta aspettando con trepidazione che tu torni, perché già sa che in te ha un alleato. Tua madre spera invece che la tua misteriosa fidanzata stia dalla sua, di parte >>, aggiunse divertito Adam.
<< Neanche la conosce, e già vuole coinvolgerla nelle sue macchinazioni. Quella donna è tremenda >>, sibilò affascinato ed intimorito allo stesso tempo.
<< Già. E ora che ambasciator non porta pena ha fatto il suo lavoro, ti lascio. Vado a prepararmi che tra un po’ cominciano i corsi. Ci sentiamo ok? A dopo stronzetto >>, lo salutò Adam.
<< A dopo coglione >>, rispose Gabriel.
Poi attaccò, e posò il cellulare sul telefono. Kyra continuava a fissarlo perplessa e vagamente spaventata.
<< Ok, può sembrare strano, ma in realtà… beh, si è strano forte quello che hai appena sentito >>, cominciò leggermente imbarazzato. << Ma appena conoscerai la mia famiglia, capirai che è semplicemente la normalità >>
<< Non ci ho capito molto da quello che hai appena detto. Ma credo tu mi stia cercando di far capire che non devo fare domande sui tuoi bizzarri genitori, e che appena li vedrò scommetto che avrò voglia di scappare >>, commentò senza emozioni la ragazza sorseggiando il suo caffè.
<< Precisamente >>, annuì Gabriel.
Poi, come se una lampadina si fosse accesa nel suo cervello, afferrò rapidamente il cellulare e compose un numero.
<< A chi chiami? >>, chiese Kyra mangiando un’altra fetta di pancarrè con nutella e burro d’arachidi.
A Gabriel non sfuggì che quella fosse la terza, senza contare i pancake. Sorrise soddisfatto.
<< Ad un mio amico tatuatore. Devo prenotare i due tatuaggi di oggi, perciò vedi di abituarti all’idea Smith. Entro stasera avrai la pelle marchiata >>
<< Che bello, sarò marchiata come una mucca >>, sbuffò con la bocca ancora piena.
<< Esatto. E farai bene anche a chiamare il tuo amico e a dirgli che stasera lo andiamo a trovare, e non accetto un no come risposta >>, aggiunse subito dopo Gabriel mentre premeva il tasto verde di chiamata.
<< Genio, e come dovrei chiamarlo? >>
<< Ti presto il mio cellulare. Ora silenzio che… ah, pronto, ciao Mike da quanto tempo >>, rispose al telefono, prendendo nel frattempo un boccone di pancake.
Quello che non notò fu lo sguardo preoccupato che Kyra gli lanciò.
 
Kyra arrivò nella sua camera dopo un giorno di assenza. Sapeva che doveva aspettarsi una reazione da parte di Ally, ma quando aprì la porta non credeva che sarebbe stata investita da un uragano.
Allyson era sempre stata una persona molto fisica ed emotiva, ma addirittura travolgerla come fosse una locomotiva non era salutare. Soprattutto per la sua povera schiena.
<< Ally, dai stai calma >>, le mormorò Kyra accarezzandole la schiena, e cercando contemporaneamente di riprendere quel poco di equilibrio che aveva.
<< Stare calma? Come faccio a stare calma! >>, urlò Allyson staccandosi da lei, ma afferrandola saldamente per le spalle. << Sabato notte ti ho visto svenuta tra le braccia di Gabriel! Mi dici come posso stare calma? Che diavolo è successo? >>.
Kyra sapeva che doveva raccontarle ciò che le era accaduto, ma da un lato non voleva. Non aveva ancora provato a ricordare a mente fresca ciò che le era capitato con Freddie, e temeva che potesse avere nuovamente un attacco di panico. E in più non voleva che l’amica si sentisse in colpa. In fondo, si era trovata in quella situazione perché era corsa a salvare Allyson.
Non le dava nessuna colpa. Se fosse potuta tornare indietro, avrebbe fatto la stessa identica scelta.
Ma conoscendo Ally, si sarebbe accusata di ogni cosa. E non era giusto.
<< Allora? >>, la esortò l’amica, scuotendola leggermente per le spalle. << E dove sono finiti gli occhiali? >>.
A quella domanda, capì che non avrebbe potuto più nascondere niente. Perché se il suo cambiamento doveva essere reale, doveva anche fare i conti con il fatto che non poteva più celare la verità.
Perciò prese un profondo respiro, la condusse nel piccolo salotto del loro dormitorio, e dopo averla fatta sedere sul divano scomodo, le raccontò ogni cosa.
Del messaggio, della sua corsa, dell’arrivo di Freddie e del resto della banda, e di come avessero provato a farle del male. Le raccontò dell’arrivo di Gabriel, di come l’aveva salvata, e poi di come l’aveva portata a casa sua, accogliendola per tutto il giorno. Infine le restituì il cellulare che Gabe le aveva dato quella mattina quando l’aveva accompagnata al suo dormitorio.
Allyson, dapprima, rimase in silenzio. La sua faccia aveva assunto una buffa espressione smarrita. Poi cominciarono a scendere le prime lacrime.
<< O mio Dio, Ally ti prego non piangere >>, esclamò spaventata Kyra.
La prese tra le braccia stringendola forte. Odiava vederla stare male, e non poteva fare niente per impedire che sentisse dolore.
<< È orribile quello che ti è accaduto. E la cosa peggiore è che è colpa mia >>, disse tra i vari singhiozzi la ragazza.
<< No, non è vero. Non è colpa tua. Ma solo colpa di Freddie. È lui che mi ha messo le mani addosso >>
<< Si ma se non fosse stato per me, e per quella finta richiesta di aiuto, tu non ti saresti trovata in quella situazione >>, mormorò cercando di soffocare i profondi singhiozzi che le squassavano il corpo.
<< Allyson, ascoltami >>, Kyra la scostò dolcemente dal suo corpo per guardarla negli occhi. << Sei la mia più cara amica. Ti voglio bene, e non c’è niente che non farei per te, anche gettarmi in una fossa con i leoni. E Freddie sapeva che sarei corsa in tuo aiuto, perché semplicemente non avrei potuto fare altrimenti. Sei importante per me, e verrei sempre a salvarti. E questo significa che rifarei tutto, se potessi tornare indietro. Perché sei mia amica, chiaro? Perciò smettila di incolparti, e abbracciami forte >>.
Allyson, scioccata da quelle parole, non se lo fece ripetere due volte. Si gettò nuovamente tra le braccia dell’amica, e la strinse forte.
Kyra sorrise felice. Nel dolore e nella sofferenza, aveva scoperto una cosa. Anche se poche, era circondata da persone davvero fantastiche che le volevano bene profondamente. E questo aveva fatto tutta la differenza sul tipo di persone che era diventata. Non sarebbe mai più tornata indietro. Non avrebbe mai più indossato gli occhiali, e non avrebbe mai più allontanato le persone a lei care solo per difendersi.
E, in un modo contorto e strano, Gabriel faceva parte di questa schiera. Doveva molto al ragazzo. Molto più di quel che credeva. Dentro di lei, una piccola fiammella si accese. Una fiamma che aveva spento quando aveva undici anni ed era stata tradita dalla madre e ferita dal patrigno.
Non conosceva il significato di quella fiamma. Non aveva mai provato il suo calore, perciò non sapeva descriverla. Ma sapeva solo una cosa: non l’avrebbe spenta. Avrebbe cercato di viverla e vedere dove la conduceva. E in quel momento la conduceva verso il desiderio di rivedere Gabe.
Dopo diversi minuti, le due amiche si staccarono. Allyson la salutò andando a lezione. Kyra, invece, cominciava alle nove e mezza quel lunedì mattina, perciò si fece coraggio e prese il telefono per chiamare Sean.
Aveva rifiutato l’offerta di Gabriel, perché sapeva che l’amico andava affrontato in pace e silenzio. E avere Martin tra i piedi di sicuro non avrebbe aiutato a placare la furia che certamente avrebbe trovato all’altro capo del telefono. Fece un profondo respiro, e digitò il tasto verde di chiamata. Due squilli dopo una voce le urlava nelle orecchie.
<< CHE CAZZO DI FINE HAI FATTO? MALEDIZIONE, KYRA, SI PUO’ SAPERE CHE DIAVOLO TI È PASSATO DI MENTE? È DA IERI MATTINA CHE PROVO A CHIAMARTI MA TU NON RISPONDEVI. STAVO PER VENIRE LI E ACCERTARMI CHE FOSSI ANCORA VIVA! >>, Sean aveva un tono stridulo, quasi come se le corde vocali gli stessero per uscire fuori dalla gola.
Kyra sapeva che avrebbe dovuto aspettarsi una reazione simile, ma comunque non era pronta a quella sfuriata. Odiava far preoccupare l’amico. Per colpa sua ne aveva passate troppe, e non era giusto continuare a farlo stare male.
Però era davvero felice di sentirlo. Sean, per lei, era casa.
<< Sean… >>, mormorò con la voce rotta di lacrime.
Non si aspettava di piangere, ma sentirlo l’aveva travolta emotivamente. Troppe emozioni avevano squassato il suo cuore, e quella era stata davvero l’ultima goccia che aveva fatto traboccare il famoso vaso.
<< Kyra, ti prego non piangere. Ora sono sul serio spaventato. Che è successo? >>, domandò seriamente in ansia il ragazzo.
Aveva abbandonato i vezzeggiativi che lo distinguevano. La ragazza, in un momento di follia, pensò che era davvero strano sentire il proprio nome da quella voce. Era così abituata a sentirsi chiamare dolcezza, che ormai non ci faceva più caso. Prese un profondo respiro, cercando di tornare in sé. Aveva una conversazione difficile ad aspettarla, e forse avrebbe perso anche le prime ore di lezione, conoscendo l’amico.
<< Sean, sabato notte è successa una cosa… >>, e cominciò a raccontare.
Non si trattenne. Disse la pura e semplice verità. Dei fatti, e di come si era sentita. E di come si sentiva anche in quel momento.
Persa, ma fiduciosa di trovare la strada.
Spaventata, ma coraggiosa allo stesso tempo nell’affrontare il futuro.
Insicura, ma certa che avrebbe vissuto.
Ancora un po’ spezzata dentro, ma con un bel cartello appeso alla sua anima con su scritto “lavori in corso”.
E soprattutto parlò di quella fiammella riaccesa grazie a Gabriel, e che non sapeva cosa significasse, ma che non si sarebbe privata di provare quella strana e nuova cosa.
E poi disse una frase, una sola frase che fece trattenere il fiato a Sean. Una frase che sapeva il ragazzo avrebbe voluto sentire da anni.
<< Sean, ho bisogno di dimenticare il mio passato. Il mio orribile passato che mi ha perseguitato per tutti questi anni, e che mi ha impedito di vivere appieno la mia vita. Voglio andare avanti, non voglio più nascondermi. E ora sono finalmente pronta >>, concluse tra le lacrime, ma con un sorriso sul volto.
Dall’altra parte del telefono, per qualche minuto, non provenne neanche un rumore. Sembrava come se Kyra avesse parlato da sola. Allontanò il telefono controllando che la chiamata fosse ancora attiva. Ripetere tutte quelle cose le sarebbe costata troppa energia. Non era certa che ce l’avrebbe fatta. Poi sentì un singhiozzo. E un altro ancora. E ancora un altro. Finché dall’altra parte del telefono il suono di un pianto forte, le fece tremare il cuore.
<< Sean… >>, mormorò la ragazza.
<< Scusa. Davvero, scusa Kyra. So che dovrei essere forte per te, e sostenerti e consolarti. Ma davvero, mi è appena sembrato di essere colpito da una palla di cannone. Una palla emotiva. Ed è difficile gestire tutta questa roba. Lo sai, io poi sono un tipo così superficiale >>, mormorò tra le lacrime. Kyra sorrise. Di Sean si potevano dire tante cose, tranne che fosse superficiale. Era la persona dal cuore più puro al mondo. << Sono così felice per te. Davvero felice. È tutta la vita che desideravo sentirti dire che vuoi vivere. Fino ad ora ti sei semplicemente accontentata di sopravvivere. Non sapevo più come convincerti che questa vita, per quanto sia difficile è brutta, è ancora una bella vita e che ne vale la pena viverla >>, un nuovo singhiozzo interruppe il discorso del ragazzo. Tirò su col naso cercando di darsi un contegno, poi riprese con voce più ferma. << E ora finalmente sei qui, a dirmi quello che ho sempre desiderato per te. E la cosa che più mi urta è che non posso stringerti tra le mie braccia, e stritolare quel corpo fatto di ossa e pelle. Vorrei poterti riempire di baci in questo momento >>
<< Davvero? >>, domandò divertita Kyra asciugandosi le lacrime. Basta piangere. Erano anni che non piangeva, e ora sembrava che non riuscisse a fare altro.
<< Certo. E ti dirò di più, se fossi insieme a te, tanto per la felicità, farei l’amore con te. Perché andiamo, tu sei la mia anima gemella, solo nel corpo sbagliato >>, continuò il ragazzo.
A quell’affermazione, Kyra rise apertamente. Da quando Sean si era dichiarato ufficialmente gay, i due avevano sempre detto che erano l’uno l’anima gemella dell’altro. Solo che lei era nel corpo sbagliato, e per tanto dovevano accontentarsi di essere solo fratelli.
<< Anche tu sei la mia anima gemella, Sean. Però non voglio fare sesso con te >>
<< Neanche io, dolcezza. La mia era solo una battuta detta per la troppa emozione. Ma la parte femminile in me ha placato quella maschile, e l’equilibrio è tornato >>, rispose tornando ad usare il solito vezzeggiativo.
Kyra tirò un sospiro di sollievo. Voleva dire che Sean stava tornando a stare bene. E questa era la sua massima priorità: conservare il sorriso dell’amico.
<< Un girono dovrò portarti da uno psicologo, perché sono certa che tu soffra di disturbi della personalità multipla >>
<< Dolcezza, tu adori tutte le mie sfaccettature. Non cercheresti di sopprimerne neanche una. Ti mancherebbero troppo >>, replicò Sean, con arroganza.
<< Ovvio. Ma so anche che è difficile giostrarsi con i tuoi cambi improvvisi, specie per chi non ti conosce >>
<< Secondo te perché non ho ancora condiviso tutta questa magnificenza con qualcuno? Come si può vivere con tutto questo “me” se non si è preparati adeguatamente? Ci vuole la persona giusta >>, confermò Sean con quella sua aria snob da prima donna.
Kyra però sapeva che il ragazzo un po’ ne soffriva di quella situazione. Nessuno dei suoi ragazzi era riuscito a superare il fatto che Sean fosse pieno di cose da dare. Stare con lui richiedeva un certo sforzo emotivo. Solo qualcuno con le “palle” poteva farcela. E per sfortuna del ragazzo, non aveva mai incontrato una persona così.
<< Ma torniamo all’argomento principale, dolcezza. Io ora prendo la mia mazza chiodata, e vengo a dare una bella lezione a quei tre stronzi. Nessuno può toccarti >>, affermò con rabbia il ragazzo.
<< Calma gli spiriti bollenti, Leonida. Ci ha già pensato Gabriel >>, rispose con uno sbuffo divertito Kyra.
<< Bravo ragazzo. Mi piace sempre di più, anche se la voglia di ferirlo giace ancora in me. Non potrò mai dimenticare il giorno che venisti da me con una ciocca di capelli tagliata. Ah, ancora mi vengono i brividi >>
<< Già, e a questo proposito c’è un’altra cosa che devo dirti >>
<< Spara, dolcezza. Ormai sono pronto a tutto >>.
Kyra aveva un po’ paura di dirgli che Gabriel voleva incontrarlo quella sera. Martin poteva essere stato fantastico, e averla aiutata molto. Ma sapeva anche come la pensava sugli omosessuali, e Sean era palesemente gay. Non era certa della reazione che avrebbe avuto nel vederlo, e soprattutto non voleva dover vedere quella reazione. Finalmente stavano costruendo qualcosa e non era pronta a mandare tutto all’aria. Ma non aveva scelta. Sean era la parte più importante della sua vita. E non l’avrebbe mai più tenuta nascosta.
<< Ok, Gabriel ha detto che vuole conoscerti. Stasera >>, buttò fuori in un solo fiato.
Dall’altra parte per qualche secondo non ci fu nessun rumore. Poi Kyra sentì sospirare.
<< Va bene. So che lui ha delle opinioni non perfettamente civili sugli omosessuali. Me lo hai detto. Ma dopo quello che ha fatto per te, soprassederò sulla sua ottusaggine. In fin dei conti, tranne il sottoscritto, nessuno è perfetto >>, commentò Sean con finta rassegnazione. << E poi, da come ne parli, comincio a credere che tu ci tenga a lui. Perciò se è davvero quello che vuoi, dolcezza, lo farò. Farei di tutto per te, anche baciare una donna >>.
Kyra rise divertita per quel commento. Poi fece caso ad una cosa detta dal ragazzo, ed arrossì.
<< Sean, io e Gabriel non siamo niente di più che amici. Credo. Si, posso dire che siamo amici. Non c’è altro, chiaro? E gradirei che stasera tu trattenga per te i tuoi commenti su questa cosa >>, esclamò con fervore.
<< O dolcezza, da come ti scaldi direi che qualcosa c’è di sicuro. Ma va bene, mi tratterrò solo per te. Anche perché dovrai far fronte alla sua reazione quando mi vedrà stasera >>, commentò divertito Sean.
<< Cioè? Che intendi dire? >>
<< Stasera lavoro, dolcezza. E inoltre al locale è una serata particolare. Stasera è una serata a tema, e il tema non ti piacerà >>
<< Dillo veloce, come se volessi strappare un cerotto >>, rispose sconfitta Kyra.
<< Stasera il tema è il BDSM >>.
A quelle parole Kyra sgranò gli occhi. La serata non si prospettava facile. Come ne sarebbe uscita viva? Davvero non lo sapeva.
 
Gabriel ancora ribolliva di rabbia. Era certo che sabato notte fosse stato chiaro. Ma evidentemente non lo era stato abbastanza, perché Edward e James erano spariti dalla circolazione, ma Freddie no. Lui continuava a bazzicare ancora per le strade del campus. E quello davvero non poteva sopportarlo.
Kyra avrebbe dato di matto, e aveva tutte le ragioni di quel mondo. Se chiudeva gli occhi ancora rivedeva la scena della bocca di quel maledetto sul petto della Smith.
Più ci pensava e più voleva ucciderlo, e subito dopo vomitare. Solo per la sua famiglia aveva sentito un senso cosi profondo di protezione. La voglia di tenerli al sicuro rispetto al resto del mondo. E adesso quella voglia di proteggere si era estesa anche verso Kyra.
Prima o poi avrebbe fatto i conti con quelle nuove e strane emozioni, ma non era quello il momento. Ora doveva solo uccidere e mutilare, poi avrebbe pensato al resto.
Andò verso il suo ex amico, pronto a fare battaglia. Dentro di sé godette nel vedere come era conciato il suo viso, pieno di lividi e graffi. Tutto merito suo.
<< Ti avevo avvisato, Freddie. Sparisci da questo posto, oppure farò una chiamata >>, lo minacciò appena gli fu di fronte.
<< Calmati Gabriel. Parliamone >>, esclamò leggermente spaventato il ragazzo.
<< Non mi calmo e non ne voglio parlare. Devi sparire, sacco di merda. Ci siamo spiegati? >>, le mani di Gabriel si chiusero in due pugni forti e serrati. Se non fosse scomparso dalla sua vista, avrebbe continuato la sua opera di Picasso su quel volto.
<< Senti, ti ripeto che non è andata come credevi. Non avrei mai abusato della Smith. Era solo uno scherzo >>, esclamò cercando di scusarsi.
I suoi occhi sembravano indemoniati. A Gabriel non piacque ciò che vide. Perché gli sembrava di avere a che fare con un pazzo.
Lui, inoltre, era agitato perché aveva dato appuntamento alla Smith proprio li, vicino alla caffetteria del campus. E non voleva che i due si trovassero faccia a faccia. Anzi, avrebbe tanto voluto che i due non respirassero neanche la stessa aria.
<< Sei un bugiardo pezzo di merda. E ti assicuro che non la passerai liscia >>
<< Abbassa la cresta, Martin. Ti atteggi tanto a santarellino, ma sappiamo entrambi che non lo sei >>, sputò con veleno Freddie.
Quelle parole freddarono Gabriel. Aveva centrato il segno. Quello era il suo punto debole. Perché lui seriamente si sentiva davvero in colpa per tutte le schifezze che aveva fatto in passato. E Freddie lo sapeva. Non riuscì a ribattere. In mente aveva solo il viso di tutte quelle persone che aveva ferito. Tra questi vi era anche il viso di Kyra. Una nausea improvvisa lo colpì alla bocca dello stomaco.
<< Specialmente nei confronti di quella pezzente della Smith >>, Freddie si avvicinò ad un palmo dal suo naso. Il sorriso sul suo volto malvagio, esprimeva una cattiveria tale da fare appassire qualsiasi cosa intorno. << In fin dei conti eri tu a commissionare tutti gli scherzi ai suoi danni. Tu, anche se non ne hai fatto parte, sei stato l’artefice di ciò che è accaduto sabato. Tu hai fatto si che io arrivassi a toccarla >>.
E quella fu davvero la coltellata peggiore di tutte. Perché una parte di Gabriel, piccola e nascosta, urlava a gran voce che quelle parole erano vere.
Lui, con i suoi atteggiamenti e con i suoi modi di fare, aveva fatto si che l’odio tra Freddie e Kyra crescesse fino al punto di non ritorno.
Freddie aveva impugnato la pistola contro Kyra, ma era stato Gabriel a caricarla.
Era tutta colpa sua. Completamente.
La nausea era tale da farlo tremare da capo a piedi. Avrebbe tanto voluto nascondersi in quel momento. Oppure vedere il volto della Smith. Non sapeva perché, ma era certo che il solo vederla avrebbe messo tutte le cose al suo posto.
<< Che figlio di puttana! >>, esclamò una voce profondamente indignata e schifata alle sue spalle.
Come era possibile? Gabriel non avrebbe mai potuto confondere quella voce, e quel tono disgustato. Kyra era alle sue spalle. Ma la vera domanda che continuava a porsi era: “com’è possibile che, non appena ne ho avuto bisogno, lei sia apparsa?”
Era stupefacente, ma anche molto strano. Anzi, tutta quella storia era strana. Che diavolo gli stava capitando. Ancora non sapeva dare un nome a tutta quella situazione.
Nel frattempo, Kyra gli si mise accanto, incrociando le braccia al petto. Indosso aveva una polo blu, a mezzemaniche sgualcita e consunta. I soliti jeans stinti, i capelli leggermente mossi e sul volto neanche un’ombra di trucco.
Eppure sembrava cosi diversa. Era più luminosa, più limpida. Il suo sguardo era come fatto di fiamme. La sua postura, il suo atteggiamento… ogni cosa era diversa.
E Gabriel, completamente stranito, non riuscì a non pensare che la ragazza fosse bellissima.
<< Ed ecco la pezzente! Dannata, per colpa tua ho la faccia ridotta peggio di un pungiball! >>, ringhiò Freddie.
Il ragazzo, sentendo quelle parole e quel tono, si posizionò in modo tale da poter difendere la Smith. Gabe sapeva, senza ombra di dubbio, che non avrebbe mai permesso più a nessuno di farle del male. La rabbia lo rimontò, sostituendo qualsiasi altro pensiero.
<< Prova anche solo ad avvicinarti a lei, e giuro sui miei genitori, che sarà l’ultima cosa che farai >>, esclamò con foga Gabriel.
<< Ti rendi conto che per colpa di questa pezzente, noi due stiamo litigando? >>, domandò Freddie smarrito. Sembrava sul serio inconsapevole delle sue azioni. Come se non capisse che quello che aveva fatto era sbagliato.
<< Tu sei pazzo. devi farti curare >>, affermò sconvolta Kyra. << Tu mi hai aggredito, e mi hai messo le mani addosso. Stavi per violentarmi >>.
A quelle parole Gabriel tremò di rabbia. Ancora faticava ad accettare quell’evenienza. Solo pochi minuti di ritardo, e la Smith…
No, non poteva pensarci. Nel frattempo intorno a loro si era creata una folla di studenti. Chi più, chi meno, capì cosa era accaduto tra i tre. E rimasero tutti scioccati nel costatare che Freddie era arrivato a tanto.
<< Maledetta bastarda! >>, urlò il ragazzo, facendo un passo verso Kyra.
Gabriel era pronto. Aveva già il pugno preparato, e in quel momento seppe che avrebbe soddisfatto la sua voglia di sangue.
Ma non ce ne fu bisogno. Perché Kyra lo scansò, andò di fronte a Freddie e senza tanti complimenti, caricò un calcio dritto contro le parti basse del ragazzo.
Gli fece male solo a vederlo quel colpo, figurarsi a subirlo. Infatti Freddie si accovacciò a terra senza fiato, un’espressione di terrore mista al dolore puro sul suo volto.
Kyra si accovacciò, lo tirò per i capelli, costringendolo a guardarsi negli occhi, e sorrise malvagia.
<< Non provare mai più a toccarmi. Non provare mai più a minacciarmi. Non provare mai più a camminare sulla mia strada. Perché altrimenti ti strapperò le palle, e ti lascerò agonizzante per terra. E con quelle palle, ci vado a giocare con i cani nel parco. Scommetto che il mio migliore amico potrebbe anche utilizzarle come maracas >>, Gabriel rimase scioccato. Chi era quella ragazza, e che ne era stato del fantasma con cui aveva avuto a che fare fino al giorno prima? Non sapeva cosa era accaduto, ma non era mai stato tanto fiero di lei come in quel momento. << E un’altra cosa. Prova ancora a parlare a Gabriel in quel modo, prova ancora a dirgli quelle cattiverie e ti giuro che prendo in prestito la mazza chiodata di Sean e ti inseguo per tutto il campus. Ora sparisci, vai al tuo dormitorio e fai i bagagli come hanno fatto Edward e James ieri mattina. Non sei più ben accetto qui. E scommetto che tutti questi testimoni potranno confermare al preside, se dovessi sapere che sei ancora qui, di quello che è successo >>.
Detto ciò lo lasciò andare, si alzò e si rimise accanto a Gabriel.
Il ragazzo era scioccato. E anche eccitato.
Quella nuova versione della Smith era davvero sensazionale. E non gli importava che la ragazza avesse detto apertamente a tutti che ci teneva a lui. Non voleva più nascondersi. Anzi, voleva vivere quel nuovo e strano rapporto alla luce del giorno. Niente più spie o nascondersi in biblioteca.
Freddie, nel frattempo, con molta fatica si alzò tenendosi ancora le parti intime. Si guardò intorno spaventato, notando la folla e il disprezzo che aleggiava sui volti di tutti. Si girò di scatto e scappò via.
Gabriel sospettò che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto.
In fin dei conti il terrore di ogni tiranno è solo uno: che una persona qualsiasi del popolo si ribelli.
E Kyra si era ribellata al tiranno per eccellenza.
Nel frattempo, gli studenti si erano allontanati, pronti a spettegolare e a raccontare a chiunque ciò che era successo.
Gabriel si girò vero la Smith, trovandola a fissarlo intensamente, con un cipiglio arrabbiato.
“E adesso che le prende?”, si domandò aggrottando la fronte.
<< Che c’è? >>, chiese sulla difensiva.
<< Sappi che se scopro che hai creduto anche ad una sola parola di quel coglione, mi arrabbierò molto >>, esclamò Kyra incrociando le braccia al petto.
Gabriel sentì il cuore stringersi in una morsa. Il dolore per ciò che aveva causato a tanta gente, e in particolar modo alla ragazza, tornò ad aggredirlo. Come poteva non credere a quelle parole?
<< O Dio mio, non ci credo! Sei davvero cosi stupido? >>, esclamò frustrata la Smith.
Improvvisamente gli diede uno scappellotto dietro alla testa, sorprendendolo. Non fu tanto il dolore, ma la sorpresa di quel gesto a farlo voltare di scatto verso la ragazza.
<< Ma diamine! Sei impazzita? >>, esclamò ancora scioccato.
<< No, tu sei impazzito. E finché non rinsavirai da solo, ti colpirò. Magari cosi i tuoi neuroni ritornano sul giusto asse, o roba simile. Ti rendi conto che le parole di quel coglione erano solo minchiate? Tu non c’entri niente con quello che mi hanno fatto. Anzi, se non era per te, a quest’ora non so dove sarei >>.
Gabriel abbassò la testa, colpevole. Non riusciva a sentirsi diversamente. Perché era lui che aveva fomentato quell’astio.
<< Se non fosse stato per me, quei tre non ti avrebbero mai preso di mira. E tu non saresti finita in quel posto sabato. Se non fosse stato per me, un sacco di persone non avrebbero subito un sacco di cose >>, commentò tristemente Gabriel.
Un altro schiaffo lo colpì alla testa, facendogli alzare lo sguardo scocciato. Era sul serio frustrante avere a che fare con la Smith alle volte.
<< Idiota, finiscila di dire cretinate. Ti darò una notizia shock forse, ma non sei il centro dell’universo. Non è colpa tua se Freddie è cosi. O se quei tre hanno deciso di dare il tormento alle persone. O se la terra è rotonda e che il riscaldamento globale ci ucciderà tutti prima o poi >>, affermò con forza Kyra. Gabriel trattenne a stento un sorriso. Quella ragazza alle volte se ne usciva fuori con certe assurdità. << Quello che voglio dire è che tu non li hai costretti a fare niente. Loro hanno fatto quello che volevano, solo perché sono degli stronzi. E tu di certo non hai fatto in modo che provassero a violentarmi. Probabilmente Freddie avrebbe trovato un modo per darmi il tormento, che tu ci fossi o meno. Quell’essere viscido da il tormento a chiunque. E non posso parlare per gli altri, ma sai, capita di essere vittima di scherzi o altro. E se le persone non sono capaci di affrontare queste cose, allora dovrebbero andare a nascondersi dal resto dell’umanità. E credimi, parlo per esperienza personale. Mi sono nascosta per anni dietro ai miei occhiali, neanche fossi Clark Kent >>, prese un profondo respiro, fissando dritto negli occhi Gabriel. << L’unico che riusciva a farmi uscire dalla mia bolla di sicurezza, eri tu. Grazie ai tuoi stupidi scherzi, io uscivo fuori e ti affrontavo. Ero viva. Quindi non provare a colpevolizzarti, perché seriamente, ti picchio se lo fai >>.
Gabriel rimase scioccato e confuso da quelle parole. Davvero la Smith credeva in quello che aveva detto? Poteva sperare fino a quel punto di redimersi? Voleva tanto poterle credere, perché la sua nuova coscienza voleva che cosi fosse. E per una volta si concesse di sperare. Di credere che, nonostante tutto, in quella vita lui avesse fatto qualcosa di buono.
Perciò le sorrise felice. Un sorriso di quelli che nascono dal cuore e fioriscono sulle labbra. Un sorriso abbagliante.
<< Va bene, Smith, ti credo. Ma non ti azzardare mai più a colpirmi, intesi? >>, affermò divertito.
<< Ti colpirò ogni volta che occorrerà. Sono o non sono la tua fidanzata per finta? >>, domandò con un sorriso smagliante.
<< Taci, lingua biforcuta. Forza, che ci aspettano quattro ore intense di lezione. Poi dobbiamo andare a fare quel benedetto tatuaggio >>, rispose afferrandola per le spalle e spingendola verso l’aula.
Per la prima volta non si curò di niente e di nessuno. Non gli interessavano gli sguardi altrui o quello che potevano pensare. Fu liberatorio badare per una volta sola, a quello che davvero voleva e non quello che gli altri si aspettavano da lui.
 
Kyra prese un profondo respiro.
Non era certa che ce l’avrebbe fatta, ma ormai era li. E tanto valeva che andasse fino in fondo.
Il negozio di tatuaggi si stagliava di fronte a lei. Gabriel sorrideva emozionato al suo fianco.
Durante la pausa pranzo, che avevano trascorso insieme (sospettava che Gabe avesse voluto pranzare insieme solo per accertarsi che mangiasse), il ragazzo le aveva comunicato che avevano appuntamento con l’amico alle sette e mezza, e che dopo sarebbero andati direttamente da Sean.
Aveva passato le restanti ore ad ignorare il fatto che avrebbe dovuto far conoscere Gabriel e Sean, e a cercare di decidere dove farsi tatuare quella frase.
Non riusciva a decidersi. Poi le era venuto in mente una cosa. Un punto che il suo patrigno, durante quei momenti di violenza, insisteva col toccare. Un punto che aveva spesso odiato del suo corpo. Un punto che, sotto la doccia, passava più tempo a strofinarsi quasi come a volerlo cancellare.
E decise che la frase della sua rinascita andava tatuata lì, in quel punto preciso. Quasi come a voler esorcizzarlo dal tocco del patrigno.
<< Allora, sei pronta Smith? >>, domandò eccitato Gabriel.
<< Se rispondo no, cambia qualcosa? >>, ribatté Kyra torcendosi le mani.
<< Assolutamente no. Renderà la cosa solo più dolorosa >>
<< Lo sospettavo >>, commentò la ragazza senza particolare inflessione nella voce. Poi prese un nuovo respiro. << Va bene, entriamo >>.
I due, cosi si incamminarono all’interno del negozio. Vi era una piccola entrata con un bancone al lato sinistro della porta. Sul muro dietro al bancone vi erano le foto dei vari tatuaggi fatti. Una tenda blu separava la stanza. Kyra sospettava che dietro vi fossero le postazioni dove avrebbero presto fatto il loro tatuaggio.
<< Mike ci sei? >>, domandò Gabriel.
<< Sono qui. Accomodati Gabe >>, rispose una voce profonda dietro al tendaggio.
I due si affacciarono nel retro del locale, e videro un ragazzo mingherlino, con gli occhiali e il codino.
Ciò che colpì Kyra fu che era ricoperto interamente di tatuaggi. Un po’ le fece impressione, però doveva ammettere che aveva anche un suo fascino. Vide che stava sistemando su un tavolino degli attrezzi estranei. Probabilmente era il materiale per fare i due tatuaggi.
<< Ehi amico >>, salutò Mike sorridendo. Poi la sua attenzione fu spostata su Kyra. << Tu devi essere la poveretta che questo pazzo ha trascinato con se >>
<< Spiritoso. Avevo dimenticato quanto fossi cazzone >>, commentò sbuffando Gabe.
<< Si sono io la poveretta, piacere Kyra. Vedo che condividiamo le stesse sventure, visto che lo conosci >>, rispose divertita la ragazza.
<< Smith, davvero sei una lingua biforcuta >>
<< Lo conosco dal liceo. Seguivamo lo stesso corso d’arte, insieme ad Adam. Come sta quell’altro cazzone? È da un po’ che non lo sento >>, chiese Mike continuando a sorridere.
<< Al solito. È sempre lo stesso idiota felice, single e sciupafemmine >>, disse Gabe accomodandosi sulla prima poltrona.
<< Single, eh? Come immaginavo >>, commentò il ragazzo abbassando lo sguardo. A Kyra non sfuggì il lampo di tristezza che attraversò il volto di Mike. Si chiese il perché, e cosa nascondesse. Poi, come se non fosse successo niente, tornò a sorridere rivolgendosi ai due. << Allora, mi hai chiamato chiedendo una prenotazione all’ultimo minuto. Dicevi che era una questione di vita o di morte >>
<< Si, dobbiamo farci tatuare una frase. “Non può piovere per sempre” >>, confermò Gabe.
<< Va bene. Non dovrei metterci molto. Più o meno un’ora in due. Vi faccio vedere i vari stili con cui posso fare la scritta, poi dovete dirmi dove lo volete >>.
Detto questo si alzò dal suo sgabello e andò a recuperare un quaderno con i vari caratteri. Entrambi scelsero due stili diversi ma eleganti, e in più Gabriel disse che voleva anche due uccelli.
<< Va bene. Allora, sapete già dove lo volete? >>, chiese Mike andando a preparare il materiale necessario.
<< Io sul polso sinistro >>, rispose Gabriel.
Kyra prese un profondo respiro, sapendo che avrebbe dovuto dire quale era il suo punto. Aveva un po’ paura ed era anche imbarazzata, ma non si sarebbe tirata indietro. Aveva deciso di fare quel cambiamento, e doveva essere radicale.
<< Io lo voglio qui >>, e si indicò un punto a sinistra sotto l’ascella e a lato del seno.
Gabriel spalancò gli occhi e la bocca. Dal suo volto, la ragazza capì che davvero quella non se l’aspettava. Mike invece non si scompose, però aggiunse una cosa.
<< Allora sarà meglio che cominci da te, amico. Così dopo potrai uscire e bazzicare qua intorno, mentre faccio il tatuaggio a Kyra >>.
Dopo di che senza perdere altro tempo, fece accomodare il ragazzo sulla poltrona. Lo preparò seguendo una serie di procedure a cui Kyra non badò. Era ancora immersa nei pensieri della sua scelta.
<< Perché lì? >>, domandò dopo qualche minuto di silenzio Gabriel.
La ragazza si riscosse, tornando a concentrarsi sul suo accompagnatore. Non si era neanche accorta che Mike aveva cominciato a tatuare la sua pelle. Nelle orecchie aveva delle cuffie da cui proveniva della musica ad altissimo volume. Non sapeva se era sua abitudine lavorare cosi, o se avesse deciso di lasciare loro un po’ di privacy, ma gli fu grata.
<< Quando quel bastardo del mio patrigno… beh, faceva quello che faceva >>, spiegò ingoiando un boccone amaro. Nonostante il cambiamento che avvertiva dentro, ancora faticava a parlare di quello che le era successo. << Mi toccava dappertutto, ma c’era un punto che amava particolarmente. Questo qui >>, e tornò ad indicarsi la zona affianco al suo seno sinistro. << Voglio cancellare quello che mi faceva quando mi toccava qua. Voglio che non vi sia più traccia del suo passaggio. Voglio spezzare questo legame che so di avere ancora con lui. Lui deve sparire dalla mia pelle >>.
Gabriel non disse niente. Continuò a fissarla a lungo, mal celando la profonda emozione dentro ai suoi occhi. Kyra non capiva cosa volesse dire quel sentimento, ma ne fu colpita intensamente. Era bello essere guardati cosi.
<< Non può piovere per sempre >>, sussurrò il ragazzo con emozione.
<< Non può piovere per sempre >>, confermò Kyra. Poi sorrise felice. << E, non so come sia possibile, ma grazie a te, Martin, sembra che nel mio cuore abbia finalmente smesso di piovere >>.
Gabriel spalancò gli occhi, sorpreso di quella frase. Non disse niente, ma la ragazza sapeva che dentro stava provando una cascata di emozioni. E lo sapeva semplicemente perché era la stessa cosa che sentiva lei.
Il momento fu interrotto da un verso di dolore emesso da Gabriel.
<< Scusa amico, ma questo è un punto delicato >>, aggiunse Mike, togliendosi le cuffie dalle orecchie.
Qualsiasi cosa avessero voluto dirsi dopo, fu soppressa dalla mancata privacy.
Passò una buona mezz’ora, quando finalmente Gabe si alzò dalla poltrona con il suo nuovo tatuaggio. Era bellissimo. Kyra si avvicinò al ragazzo ed accarezzò il polso marchiato ed arrossato. Era meravigliata. Quella frase era un nuovo inizio per entrambi, ne era certa.
<< Bene, stronzetto, esci fuori che ho del lavoro da fare >>, disse Mike sistemando l’altra poltrona.
Gabriel alzò gli occhi al cielo. Sorrise alla ragazza, e poi uscì. Il rumore di una porta che si apriva e poi si chiudeva riecheggiò per l’intero locale.
Kyra solo in quel momento si rese conto di una cosa: sarebbe stata sola mezza nuda con un estraneo. Che diavolo le era passato per la mente?
Va bene cambiare, ma questo forse era pretendere troppo da se stessa.
<< Non mordo, non ti preoccupare. E poi non sei il mio genere >>, commentò divertito Mike.
<< Oh >>, esclamò sorpresa e leggermente offesa Kyra.
<< Non sei il mio genere perché sei femmina >>, aggiunse il ragazzo.
E a quel punto capì. Mike era gay.
<< Oh >>, commentò ancora più sorpresa. << Gabe non sa niente? >>
<< Se lo conosci un minimo, sai bene quali sono le sue opinioni in materia >>, rispose tristemente il ragazzo.
Si, Kyra sapeva quali erano le sue idee. E questo, più di qualsiasi cosa, la spaventava. Perché il suo migliore amico era gay e non avrebbe sopportato commenti negativi da parte di Gabriel. E non voleva dover essere messa di fronte alla scelta tra il suo migliore amico e quella persona a cui doveva molto.
Certo, avrebbe scelto Sean ma nel frattempo, non sapeva né come né il perché, le si sarebbe spezzato il cuore nel perdere Gabriel.
<< Non dirò niente. Non preoccuparti >>, disse cercando di consolare Mike in qualche modo.
<< Lo immaginavo. Tu hai la faccia di una che non tradirebbe mai nessuno. Neanche uno appena conosciuto >>
<< Lo prendo come un complimento >>, rispose sorridendo la ragazza. Poi prese un profondo respiro e si tolse il giubbotto primaverile e la polo blu, rimanendo in reggiseno.
Poi si accomodò sulla poltrona alzando il braccio. In quel momento le venne in mente una cosa.
<< Sei innamorato di Adam? >>, chiese mentre il ronzio della macchinetta per fare il tatuaggio prendeva vita.
<< Che? >>, esclamò sorpreso il ragazzo.
<< Quando Gabe ha fatto il commento su Adam, dicendo che era single e sciupafemmine, la tua espressione è diventata sofferente. Per questo mi chiedevo se fossi innamorato di lui >>.
Mike rimase per qualche minuto in silenzio, cominciando a tatuare Kyra. Era un po’ fastidioso, ma niente di eccessivo come dolore.
<< Non sono innamorato di Adam. Non più almeno. Lo ero quando andavo al liceo, ma adesso più che amore provo solo una profonda pena per quel ragazzo >>, rispose malinconicamente Mike.
<< Perché pena? >>, domandò curiosa.
<< Perché quando ad una persona togli la libertà, gli hai tolto praticamente tutto. E Adam, in tutta la sua vita, non è mai stato libero >>, commentò con tristezza.
Kyra non aggiunse altro. Era troppo confusa da quelle parole. Sapeva che l’amico di Gabriel aveva una famiglia difficile, ma non pensava che la situazione fosse cosi disastrosa. Però non chiese altro. Non erano affari suoi, dopotutto.
Passò una buona mezz’ora, nel quale i due chiacchierarono amichevolmente delle rispettive vite, e di quelli che erano i loro sogni.
Alla fine, Kyra si alzò da quella sedia, con uno specchio in mano. Il suo sguardo di meraviglia era fisso su quel tatuaggio. Si sentiva stranamente libera, felice. Quelle parole che le marchiavano la pelle le avevano fatto il regalo più bello: dopo anni, finalmente non sentiva più le mani di quel viscido di Carl che le scorrevano addosso.
Quel legame era stato spezzato.
Le salirono le lacrime agli occhi. Lacrime di felicità. In uno slancio emotivo, abbracciò stretto Mike fautore di quella liberazione.
<< Sono contento che ti piaccia >>, commentò divertito ricambiando l’abbraccio.
<< Tu non lo sai, ma oggi hai fatto una cosa davvero importante per me >>, sussurrò sul suo collo Kyra.
Rimasero in quella posizione per qualche secondo. Poi il rumore di una porta aperta li distrasse.
<< Allora avete finito? >>, domandò spazientito Gabriel.
Kyra e Mike risero di cuore. Dopodiché la ragazza si rivestì, ed insieme uscirono.
Ormai erano le otto e mezza, quasi nove meno un quarto.
Salutarono Mike, e si incamminarono verso la macchina di Gabriel. L’Impala aspettava, pronta a portarli ovunque volessero.
Il panico riprese a scorrere nelle vene della ragazza. Era arrivato il momento della verità. Doveva dire di Sean, ma ancora non era pronta.
<< Allora, dove andiamo? >>, domandò Gabriel dopo essere saliti in macchina ed averla accesa.
Kyra prese un profondo respiro e diede l’indirizzo. Rimasero in silenzio per tutto il viaggio.
La ragazza si tormentava le mani, le labbra, e ogni tanto andava a sfiorarsi il tatuaggio come a voler trarre coraggio da quella scritta. Impiegarono venti minuti per arrivare al locale.
Quando finalmente Gabriel parcheggiò, guardò il locale, le persone che stavano entrando e di nuovo il nome del locale.
<< Ma che diavolo… ? >>, esclamò sorpreso sgranando gli occhi.
Kyra sapeva già cosa doversi aspettare, anche se non aveva mai partecipato a serate come quella. Aveva visto l’arsenale che Sean teneva in una scatola nascosta nell’armadio.
Prese un profondo respiro, e poi parlò.
<< Gabriel, ecco, c’è una cosa che devo dirti a proposito di Sean… >>.






 
Signori e signori, sono tornata!!!!!
Lo so che non è la prima volta che mi sentite dire una cosa simile, ma stavolta avevo davvero una buona ragione per stare lontanto da questa storia.
Come già scritto sulla mia pagina fb, pochi giorni dopo aver pubblicato l'ultimo capitolo, la tastiera del mio pc è saltata...
non avevo possibilità di scrivere da nessun'altra parte... e alla fine ho dovuto aspettare di comprare un nuovo computer...
quindi, dite ciao al mio nuovo pc XDXD
e dite ciao anche al nuovo capitolo di "Una fidanzata per finta"...
si commenta da solo, spero...Kyra e Gabriel sono davvero incasinati come potete bene vedere, ma sembra che le cose siano cambiate...
so che tutti voi (sperando che ci sia ancora un tutti voi) state aspettando l'incontro tra Sean  e Gabe, ma dovrete attendere il prossimo capitolo XDXD chissà che cosa accadrà e come reagirà Gabriel...
partono scommesse: accetterà l'amico palesemente gay, oppure lo rifiuterà disgustato?
e secondo voi, Sean come chiamerà Gabriel, se è solito usare vezzeggiativi???
XDXD io non vedo l'ora di vederlo in azione...
bene, ora vi saluto...
vi lascio giusto qualche informazione di servizio...ho aperto un accout su wattpad, dove per ora pubblicherò solo la mia precedente storia "Eppure mi hai cambiato la vita"...spero vogliate segurimi...se andate sul mio canale fb trovate il link che vi porta alla mia pagina di wattpad (confesso il mio peccato, non so come farvici andare da qui XD)...
seconda comunicazione, ho intenzione di fare una sigla di questa storia...non so quando sarà pronta ma mi ci metto subito a lavoro...
spero che vi piacca...
bene, che altro dire...anche se è passato tanto tempo, spero vogliate lasciare un commento per questo capitolo...
un bacio
Moon9292

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Essere diversi, è cosa buona e giusta ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 9 - Essere diversi, è cosa buona e giusta

 

 

Gabriel non riusciva a credere ai suoi occhi.
Dove diamine era finito? In un circo? In un girone dell’inferno? Sul set di un film porno?
Era seriamente sconcertato. E anche un po’ preoccupato.
Davanti ai suoi occhi vi era la sfilata delle stramberie. Persone vestite di pelle, borchie, con collari neri. Guinzagli attaccati alle giacche delle persone, frustini vari, manette, e… O Dio, quel tipo aveva davvero due mollette da bucato attaccate ai capezzoli?
Che diavolo era quella roba?
Si sentiva leggermente intimorito e anche spaventato. Probabilmente una parte di lui sarebbe scappata a gambe levate. Ma era stato portato li dalla Smith, quindi una ragione doveva esserci. Per forza!
<< Gabriel, ecco, c’è una cosa che devo dirti a proposito di Sean… >>, esordì la ragazza, attirando la sua attenzione.
Gabriel si voltò, con gli occhi sgranati. Sapeva di averli cosi, perché li sentiva come se stessero per saltare fuori dalle sue orbite.
<< Smith, c’è qualcosa che dovrei sapere? Dove diamine mi hai portato? Sul set di un porno? Vuoi farmi per caso recitare in un filmino di bassa qualità, scadente, con un uomo che si fa chiamare Dominic, e che vuole che glielo succhi, mentre lui mi appende al soffitto come un salame, pronto a fare di me ciò che vuole? >>, la sua mente ormai vagava verso lidi sperduti. Aveva dimenticato di dire alla sua compagna di menzogne una cosa importante: quando aveva paura, la sua immaginazione partiva per la tangente facendogli vedere scenari assurdi e improbabili. << Poi questo filmino verrà distribuito, e io verrò contattato dalle maggiori case di produzione porno. Mi farò chiamare Brett. Brett il pompinaro, e tutti vorranno assaggiare un pezzo di me >>, concluse prendendo un respiro profondo.
Sembrava indemoniato. Sapeva di essere come indemoniato. Ma non poteva o voleva farci nulla. In quel momento il suo motto era: Viva la follia!
Kyra lo fissò ad occhi aperti e con le sopracciglia aggrottate. Era semplicemente sgomenta la sua espressione, e Gabriel e non poteva darle torto. Forse avrebbe dovuto aggiornarla su quella sua particolare capacità di fare viaggi mentali quando spaventato. Magari era importante ai fini della loro conoscenza e della loro nuova amicizia. Probabilmente.
<< Che diamine di processo mentale hai seguito? Me lo spieghi? >>, sbottò scioccata la ragazza.
Beh, era una domanda piuttosto legittima, doveva dargliene atto. Ma la risposta non era tanto chiara come poteva sembrare. In fin dei conti l’unico processo mentale che seguiva era quello della sua fantasia sfrenata.
E sapeva che quando voleva, questa poteva raggiungere mete sconosciute e infinite. Altro che trip mentale dato da acidi. A lui bastava avere paura, per vedere gli omini di marzapane versione horror pronti ad ucciderlo nella maniera più cruenta.
<< Smith, rispondi! Che diavolo sta succedendo? E cosa devi dirmi di Sean? >>, domandò agitato, vedendo due uomini vestiti solo con una mutanda di pelle nera stretta e gli anfibi.
Era ufficiale: aveva seriamente paura!
<< Ok, ascoltami. Questa cosa che non ti ho mai detto di Sean, beh ecco… >>, la ragazza cominciò a mordersi il labbro inferiore, chiaro segno di agitazione.
Gabriel non riusciva più a contenere la sua ansia sul sedile della macchina. Se la Smith non si fosse mossa con le sue dannate confessioni tardive, avrebbe seriamente sclerato.
<< Smith, parla! >>, ordinò perentorio.
<< Sean è gay >>, esclamò quasi urlando Kyra.
Il ragazzo restò immobile, quasi paralizzato, per qualche secondo. Il suo cervello non produceva un solo pensiero. Niente. Se gli avessero fatto l’elettroencefalogramma in quel momento, sarebbe risultato piatto. Nessuna attività cerebrale.
Poi, quasi come se avessero acceso un interruttore, i pensieri cominciarono ad affollarsi nella sua mente. In una frazione di secondo riuscì a fare tutti i collegamenti necessari per arrivare al punto della questione.
Si sorprese, però, nello scoprire che non era turbato come invece avrebbe dovuto essere.
Il suo odio per i gay era atavico, antico come la terra stessa. Eppure scopriva che non provava affatto odio nei confronti di questa persona ancora sconosciuta. Anzi, voleva conoscerla con la stessa intensità del giorno prima. Altra ragione che non riusciva a comprendere, era il perché la Smith avesse nascosto una cosa simile. E perché dirgliela in quel momento?
Nella sua mente, milioni di domande volevano essere espresse. Alcune anche molto intelligenti, che lo resero fiero delle sue capacità.
<< Eh? >>, alla fine però solo questa stupida esclamazione uscì dalla sua bocca. Che fine avevano fatto tutte quelle domande intelligenti? Dove erano finite le sue capacità cognitive superiori? Certe volte si sentiva davvero stupido.
<< Martin, lo so che hai un rapporto conflittuale con gli omosessuali. Per questo non volevo farti conoscere Sean >>, continuò Kyra, sempre più agitata e triste.
<< Eh? >>, esclamò nuovamente Gabriel. Che fine aveva fatto la sua capacità di parlare? Era forse impazzito? Qualche suo neurone doveva essersi fuso, per forza. Non c’erano altre spiegazioni. Era un peccato, però. A lui piaceva tanto parlare.
<< Però tu hai insistito. E io ti ho portato da lui. Ma non posso farvi incontrare, se tu hai intenzione di guardarlo schifato o con odio. Non potrei tollerarlo. E tu hai fatto molto per me, Gabe. E in fin dei conti, stiamo diventando amici, o qualcosa di simile. Perciò, riaccendi la macchina, e torniamo indietro, ok? >>.
A quelle parole, il ragazzo si svegliò. Ok, era finito il momento di catalessi. Mise da parte il panico per quella situazione ignota, e cercò di afferrare il succo della questione.
Era vero. Lui non aveva mai avuto rapporti felici con gli omosessuali. Ne aveva feriti parecchi nella sua carriera di bullo, e la cosa lo ricopriva di vergogna. Profonda vergogna. E in quel momento capì le ragioni della Smith a non volergli dire niente.
Ma, nonostante capisse, non riuscì ad evitare di sentirsi ferito. Che persona orribile era diventata? Dannazione, avrebbe dovuto faticare parecchio per redimersi.
<< Frena, frena >>, riuscì finalmente a dire. Guardò dritto negli occhi Kyra, prese un profondo respiro, e cercò di organizzare i pensieri. << Senti, lo so che non ho una bella reputazione per quanto riguarda questo particolare argomento >>, la Smith alzò un sopracciglio sarcastico. << Va bene, ho una pessima reputazione. Però avrai anche notato che in questi giorni sono cambiato. Non sono più la stessa persona di prima. Anzi, mi domando se finalmente io stia diventando la persona che avrei dovuto sempre essere. Però non è questo il punto >>.
Prese un altro respiro. Poi, con timore quasi come se fosse spaventato, afferrò la mano sinistra di Kyra. La strinse forte, quasi a cercare di trasmetterle le sue emozioni. Voleva che la ragazza capisse quanto reali fossero le sue parole, e le sue intenzioni.
<< Il punto, Smith, è che io non odio queste persone. Forse non le ho mai odiate. E lo so che la mia frase è altamente fraintendibile, ma è solo un modo per farti capire che non odio chi è diverso da me. È vero, non capisco come si possa preferire il pene alla vagina, ma solo perché a letto si portano un altro maschio, non vuol dire che siano da condannare. Io non so perché mi sono comportato in modo orribile nei loro confronti, ma ti posso garantire che non guarderò con disprezzo Sean. Mai lo farò >>, poi parve rifletterci sopra, ed un piccolo sorriso gli scappò. << A meno che non provi a costringermi a vestirmi da femmina, o a mettere uno di quei completini che vedo indossare a queste persone. A quel punto potrei sul serio dare i numeri. Perché so che i tacchi non mi donano, e le catene non sono proprio i miei strumenti erotici preferiti >>, sul volto di Kyra apparve un sorriso divertito. Gabriel si sentì molto più tranquillo nel vederla felice. Come se un peso gli si fosse tolto dal cuore. << Allora, ora che l’elefante è uscito dall’armadio, mi spieghi che ci facciamo qui? >>.
<< Sean lavora in questo bar >>, spiegò la ragazza, guardando fuori dal finestrino.
<< Ah >>, esclamò pensoso.
Va bene che aveva deciso di essere di larghe vedute, e che avrebbe rispettato l’amico della Smith. Però si sentiva ancora agitato all’idea di dover entrare in un posto simile.
<< Smith forse è il caso che ti dica che questo posto mi spaventa un po’ >>, comunicò guardandosi intorno con fare sospetto.
<< A chi lo dici. Sean mi ha detto che stasera è serata a tema >>, disse sospirando Kyra.
<< E il tema quale sarebbe? Uccidiamo con strumenti di tortura alquanto bizzarri? >>
<< No, BDSM >>
<< Di bene in meglio >>, commentò Gabriel.
Poi, facendosi forza, lasciò la mano della ragazza, prese le chiavi della macchina, e aprì la portiera. Kyra lo imitò silenziosamente. Entrambi non sapevano cosa aspettarsi dalla serata, ma Gabriel sperava che tutto andasse bene. Voleva che tutto andasse bene. Perché non avrebbe tollerato l’idea di ferire la Smith.
Ormai gli era diventato chiaro questo concetto: niente più dolore per Kyra. Mai più!
Che poi non sapesse il perché, o cosa sentisse nel profondo era un mistero. Quello pero non era certo il momento più adatto per rifletterci. Doveva evitare di combinare casini. Quella era la sua massima priorità.
<< Allora Martin, te la senti di entrare? >>, domandò Kyra davanti all’entrata.
<< Certo, ho sempre voluto vedere uomini mezzi nudi mentre si picchiano e scopano contemporaneamente >>, commentò sarcastico il ragazzo.
<< A chi lo dici. Non vedevo l’ora di assistere ad uno spettacolo simile >>.
Poi, scambiandosi un ultimo sguardo d’intesa, i due entrarono.
Quello che Gabriel vide era al di là di ogni sua immaginazione.
Varcata una porta e scesi tre gradini, si trovarono in uno spazio grandissimo, scuro con luci stroboscopiche ad illuminare vari anfratti della stanza. Una palla psichedelica di luce bianca era al centro della pista da ballo. Nell’angolo opposto all’entrata vi era un grande bancone dove servivano le bevande, mentre tutto intorno alla pista da ballo, vi erano divanetti color porpora e tavolini dello stesso colore.
Al centro della pista da ballo, vi era un piccolo palco dove alcuni ballerini mezzi nudi si esibivano in mosse oscene, quasi come se stessero avendo un amplesso con la pista da ballo.
La sala era gremita di gente vestita nella maniera più bizzarra possibile. Ballavano uno addosso all’altro. Coppie, tre, quattro persone che si strusciavano e si toccavano in punti non propriamente casti. Baci appassionati coprivano i vari scenari. Sui divanetti le persone, con poco riserbo, si toccavano palesemente.
A Gabriel parve di intravedere su un divanetto nell’angolo più oscuro, due uomini intenti a masturbarsi. Distolse immediatamente lo sguardo. Non era ancora pronto a vedere una cosa simile. Forse non lo sarebbe mai stato.
Notò in quel momento dei camerieri girare per tutta la sala. Erano vestiti tutti nello stesso modo. Pantaloni di pelle nera, attillatissimi, petto scoperto, un collare con le borchie al collo, e due enormi catene che partivano da questo collare fino ad arrivare ai polsi circondati da bracciali sempre in pelle.
Gabriel fu costretto ad ammettere una cosa: il personale era davvero bello.
Uomini di bell’aspetto, con fisico invidiabile, che giravano per la sala servendo ed intrattenendo gli ospiti.
<< Caspita >>, commentò ad alta voce per cerca di sovrastare il rumore della musica.
<< Già. E questa non è neanche la serata più stramba che vedo. Dovevi esserci quando il tema era il rinascimento >>, rispose Kyra guardandosi intorno.
<< Non voglio sapere altro >>.
Poi la ragazza lo prese per un polso e lo trascinò verso il bancone delle bibite. Anche li vi erano molte persone, ma Gabriel notò che i posti a sedere non mancavano.
A preparare le bevande, vi erano quattro camerieri, tre mori e uno biondino, ed ognuno serviva un diverso settore.
La Smith lo portò verso il lato di sinistra, dove il cameriere era il biondo.
Quando furono abbastanza vicini da farsi notare, questi alzò lo sguardo dal bicchiere che stava pulendo, e li vide. Il sorriso sul suo volto sembrò abbagliare Gabriel.
<< DOLCEZZA! >>, urlò il cameriere, lasciando il bicchiere e sbracciandosi.
<< Ciao Sean >>, rispose Kyra.
I due, appena furono vicini, si abbracciarono forte. il bancone che li divideva sembrava non esistere.
Gabriel si sentì quasi come il terzo incomodo. Era strano vedere la Smith in atteggiamenti simili. In effetti, ora che ci pensava, non l’aveva mai vista in compagnia di nessuno.
<< Sean, ti presento Gabriel. Gabriel lui è Sean >>, disse Kyra, dopo essersi staccata dall’amico.
<< Piacere >>, salutò Gabriel sorridendo. Voleva assolutamente fare una bella impressione.
<< O mio Dio, dolcezza, non mi avevi detto che era un tale bocconcino >>, esclamò Sean.
Solo in quel momento Gabriel notò che il suo modo di parlare era un tantino effeminato ed eccentrico. Pensava che gli avrebbe dato fastidio, invece si trovò a sorridere ancora di più per il complimento.
<< Grazie. La Smith non mi rende mai giustizia. È una tale cattivona alle volte >>, rispose divertito.
<< Ehi, non è vero >>, si lagnò Kyra.
<< Oh, biscottino, credo proprio che noi due andremo d’accordo >>.
<< Biscottino? >>, chiese Gabriel perplesso.
<< Non farci caso. Sean ha questo brutto vizio di dare nomignoli strani e zuccherosi alle persone. Io ad esempio sono dolcezza >>, spiegò Kyra sorridendo divertita.
<< Non è un brutto vizio, dolcezza. È una caratteristica che mi rende unico al mondo >>, sbuffò con fare offeso Sean. Sembrava davvero una diva.
<< E non chiami mai nessuno per nome? >>, domandò curioso Gabriel.
Non sapeva il perché, ma aveva davvero voglia di conoscere quel ragazzo. Forse perché faceva parte della vita della Smith da tanti anni? Bah, davvero non sapeva.
<< No, solo quando sono davvero incazzato nero. A quel punto il mio animo maschile esce fuori e predomina su quello femminile >>
<< In altre parole, soffre di disturbi bipolari con personalità multipla. E quando è euforico o felicissimo o nevrotico, fuoriesce il suo lato femminile. Quando è incazzato o nervoso o serio fuoriesce il suo lato maschile. Quando invece è normale, queste due forme coesistono tra loro >>, spiegò Kyra dando un pizzicotto sul braccio dell’amico.
Gabriel batté più volte gli occhi, perplesso e sempre più confuso. Forse quel ragazzo davvero soffriva di qualche disturbo mentale, perché era l’unica spiegazione plausibile ad un simile carattere. Che diavolo significavano quelle cose? Un lato di lui, però, era affascinato. Non si incontravano tutti i gironi personaggi di tale spessore.
<< E i tuoi amanti come li chiami? >>, domandò senza riflettere.
Kyra lo guardò dapprima sbigottita, poi felice. Che diavolo le passava per la mente?
Poi si rese conto della domanda posta, e della facilità con cui aveva chiesto come chiamasse gli amanti “uomini”. Come se non gli desse alcun fastidio l’idea di Sean insieme ad un altro uomo. Ed era la verità. Dentro non provava alcun fastidio. Anzi, era felice di conoscere tutti gli aspetti di quel ragazzo.
<< Biscottino, se avessi avuto un’amante stabile, lo avrei chiamato per nome >>, commentò agitando una mano nell’aria, con fare estremamente effeminato.
<< Traduzione >>, Gabriel si voltò verso la Smith per avere delucidazione. Ancora non aveva scaricato nel suo cervello il dizionario “Sean – inglese/ inglese – Sean”.
<< Significa che nella sua mentalità bacata e contorta, è convinto che chiamare per nome qualcuno sia come toccare l’anima di una persona. Una questione profonda ed altamente sentimentale. E per tanto chiamerà per nome solo l’uomo con cui intende passare il resto della sua vita >>.
A Gabriel sembrò un ragionamento un po’ folle. Ma chi era lui per giudicare? Aveva ingaggiato Kyra per fingere di essere la sua fidanzata per finta. Non era poi tanto più normale di lui.
<< Si si, ne parleremo quando incontrerò finalmente il mio principe azzurro. Poi vedremo chi è strambo tra i due, dolcezza >>, poi prese tre birre Heineken, le stappò velocemente e le diede ai due ragazzi. << Bene, ora che le presentazioni sono state fatte, e che il biscottino qua presente ha passato il test, possiamo fare un piccolo brindisi a questa nuova e strana amicizia. Salute! >>.
<< Salute >>, risposero in coro gli altri due.
Dopodiché cominciarono a sorseggiare le loro bevande. Gabriel si guardò intorno, mentre prendeva un altro sorso, e notò come due ragazzi, in mezzo alla pista da ballo, avessero circondato un terzo, più piccolo. Si strusciavano tutti e tre, toccandosi e baciandosi chi sul collo e chi sulla bocca. Poi li vide scambiarsi uno sguardo complice, e dirigersi verso un corridoio buio posto al fianco del bancone.
<< Dove vanno? >>, chiese ingenuamente.
<< Oh biscottino, non credo tu voglia saperlo >>, rispose ridacchiando Sean.
<< Perché non voglio saperlo? >>
<< Perché Sean conosce i tuoi precedenti con gli omossessuali. E, anche se sei entrato qui dentro e non hai fatto commenti sul mio amico palesemente gay, non significa che tu sia pronto a sapere cosa fanno tre uomini in quel corridoio >>, spiegò Kyra.
E in quel momento Gabriel capì. Non era stupido, nonostante quello che pensassero molte persone.
Anzi, aveva un bel cervello, altrimenti non sarebbe sopravvissuto cosi tanto alla facoltà di legge. Specie perché… si impedì di finire quel pensiero. Non era il momento e il luogo adatto per analizzare i suoi sentimenti più profondi.
Comunque guardò nuovamente il corridoio incriminato, spalancando tanto d’occhi. Li dentro le persone andavano a farsi delle seghe, o altro. Forse addirittura arrivavano ad avere rapporti completi. Non lo sapeva, e non lo voleva sapere in effetti. Però era strano che ci fosse un corridoio adibito proprio per quello scopo.
<< Ma è legale? Cioè, è vero che nelle discoteche se si vuole fare qualcosa di spinto ci si apparta nell’angolo più oscuro e remoto. E questo vale per le discoteche etero e gay. Ma in nessuna in cui sono stato vi era proprio una stanza con quello scopo >>, domandò continuando a sorseggiare la sua birra.
<< Sai dolcezza, lo abbiamo sottovalutato questo bel maschione. Non solo ha un visino bellissimo ed un corpo da urlo. Ma ha anche un bel cervellino. E stranamente la sua apertura mentale mi sciocca profondamente. Sei sicura di avermi portato la persona giusta? >>, commentò Sean con sarcasmo.
E quell’ultima frase, confuse incredibilmente Gabriel. Da quando in qua lui era di cosi aperte vedute? Non lo era mai stato. O meglio, lo era stato ma tanto tempo fa. Tante cose erano cambiate da allora. Aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai più rischiato per qualcuno di diverso. Mai più.
Eppure era li, in quella discoteca, a parlare con un omosessuale di rapporti gay, come se non ci fosse niente di strano. Ed effettivamente dentro sentiva che non c’era niente che non andasse.
Anni e anni di intolleranza, ed era bastata una persona a fargli cambiare idea. O forse, a farlo tornare finalmente se stesso. A chi doveva quel cambiamento? A Sean? O alla Smith?
Sospettava che dovesse molto alla seconda, ma che in qualche modo anche il ragazzo avesse contribuito a quella sua riscoperta. Lo conosceva da pochi minuti, ma aveva visto dentro ai suoi occhi una profonda luce, ed un animo buono.
E poi il ciuffo. Come lo aveva incontrato, lo aveva notato. E gli erano tornate alla mente le parole di Kyra. il racconto di come Sean fosse finito in ospedale a causa di un’aggressione, e di come avesse portato sempre i capelli più lunghi sul davanti a causa di una cicatrice.
Poteva essere un’aggressione per discriminazione? Sean non nascondeva la sua omosessualità. E a qualcuno poteva aver dato fastidio.
Gli venne la nausea. Quanti ne aveva discriminati, quanti aveva punito, quanti aveva umiliato solo per la sua stupidità?
Dio, era davvero un mostro.
<< Oh no! >>, esclamò Kyra.
<< Che hai dolcezza? >>, chiese Sean.
<< Quella faccia >>, rispose lei.
<< Quale faccia? >>, domandò Gabriel perplesso.
<< Quella faccia. La faccia che hai appena fatto. La stessa faccia che fai ogni volta che ti vengono in mente tutte le tue malefatte. Il senso di colpa per aver ferito gli altri, e il rammarico per non poter tornare indietro e cambiare le cose. Quella faccia >>.
Ora era davvero scioccato. Possibile mai che la Smith lo conoscesse cosi bene? Che dalle sue espressioni riuscisse a leggere cosa provava davvero? Era stato un bravissimo attore. Per anni aveva mascherato le sue emozioni reali, camuffandole con un atteggiamento arrogante e borioso.
Ed ora arrivava lei, una ragazza semplice a cui aveva dato il tormento per anni, che in pochi giorni lo privava dell’unica cosa che lo facesse sentire forte: la sua maschera.
Una maschera fatta di menzogne e di omissioni. Di atteggiamenti finti e di pensieri che in realtà non erano suoi.
L’unica cosa che lo potesse proteggere dal resto del mondo. La Smith aveva i suoi occhiali, lui aveva il carattere.
E adesso si erano privati entrambi di quelle protezioni. come potevano farcela ad affrontare quel mondo tanto crudele? Come ne sarebbero usciti vivi? Davvero non lo sapeva. Ma aveva voglia di scoprirlo. E aveva voglia di farlo con Kyra.
Appena tutta quella faccenda della finta fidanzata fosse finita, avrebbe seriamente pensato a cosa tutti quei nuovi sentimenti avevano portato. E avrebbe trovato una risposta per ogni quesito che gli era venuto in mente, da quando la conosceva. Doveva farlo, o sarebbe diventato matto.
<< Non ho quella faccia >>, rispose punto sul vivo Gabriel, scacciando via quei pensieri ingombranti. Guardò poi il volto della Smith, e il suo sopracciglio alzato. Dannazione, lo aveva beccato. << Va bene, cavolo. Ho quella faccia. Ma non posso farci niente. Sono in una discoteca per gay, e vedo uomini che ballano e si strusciano e si baciano tra di loro, e non provo niente. Nessun odio. E penso a tutte quelle persone che, invece, in passato hanno dovuto subire le mie discriminazioni, e mi sento in colpa. Ho ferito troppe persone, per poterci passare sopra, Smith. E lo sai bene. E non importa quello che dici, che sono cambiato e che adesso sono una persona migliore. Perché questo non cambia il fatto che ho ferito tante gente. E ciò fa di me un mostro, o un qualcosa che ci assomiglia molto. Devo solo imparare a convivere con i miei errori. E credimi, non è facile >>.
<< Biscottino >>, disse dolcemente Sean attirando la sua attenzione. Una lunga mano affusolata e ben curata si posò su quella più maschile e con qualche callo di Gabriel. << La nostra amica in comune, mi ha raccontato ciò che le hai combinato in questi anni. Credimi, avrei voluto tagliarti le palle o inseguirti con la mia mazza chiodata rosa fluo per tutto il campus. Mi sarei vendicato >>, Gabe ignorò il commento sulla mazza rosa. Non era quello il punto centrale della conversazione. << Ma adesso che ti ho qui davanti a me, e che sto cominciando a conoscerti, posso dirti una cosa: non sei un mostro, o un qualcosa che ci assomiglia molto. Sei solo un ragazzo di ventidue anni, che sta crescendo e che ha commesso degli sbagli in passato. Tutti commettiamo qualche cazzata, e dobbiamo poi farci i conti. La nostra bella dolcezza si è quasi ammazzata, e io ho sfidato le persone sbagliate solo perché volevo dimostrare qualcosa. E sapevo di stare facendo una cretinata, ma l’ho fatto >>, un’altra mano si posò su quella di Sean, più piccola e femminile. Kyra gli stava sorridendo dolcemente. << E tu hai fatto quello che hai fatto, perché volevi dimostrare di essere forte. Ma adesso hai capito i tuoi errori, e puoi rimediare. Non con quelli che hai ferito, perché temo sia troppo tardi, ma con quelli che verranno dopo. Puoi difenderli, puoi difendere la loro diversità. Puoi fare la differenza in questo mondo. E questo ti è possibile solo perché hai avuto la fortuna di toccare il fondo. E oltre il fondo non si può andare. Puoi solo risalire, e tu hai già cominciato a farlo >>.
Gabriel si sentì profondamente toccato e commosso da quelle parole. Avevano fatto centro. Erano le parole giuste che aveva bisogno di sentire. Quelle che danno forza e speranza. Erano le parole della sua rinascita. Sorrise dolcemente ai due, consapevole che avrebbe impiegato ancora del tempo per guarire, e che non poteva dal giorno alla notte, cambiare opinione di se stesso. Ma adesso sapeva che c’era speranza.
Che anche una persona come lui, nonostante tutto, meritava una seconda occasione. E che non è mai finita, perché c’è sempre il secondo tempo da giocare. Il primo lo aveva sprecato, ma non avrebbe sbagliato con il secondo.
<< E ora, dopo questa parentesi altamente emotiva da farmi venire il diabete, ho voglia di ballare. Sono cominciati i miei dieci minuti di pausa. Quindi biscottino, preparati a muovere quei bellissimi fianchi. Io e te ci scateniamo in pista >>, esclamò Sean, cominciando a fare il giro per uscire dal bancone.
<< Che? >>, domandò confuso Gabriel.
<< O per l’amor del cielo >>, sbuffò Kyra.
Il ragazzo arrivò accanto a Gabriel, e lo prese per mano. Non era tanto più basso, aveva un fisico asciutto e solido, quindi non ci mise molto a farlo alzare dallo sgabello, cominciando a trascinarlo verso la pista da ballo.
<< Smith >>, cercò aiuto nella ragazza, ma non trovò la sua complicità.
<< Divertitevi >>, disse lei, con un sorriso divertito, mentre continuava a sorseggiare la sua birra.
Arrivarono subito al centro della pista da ballo. A Gabriel sfuggì come riuscirono a superare tutta quella massa di corpi mezzi nudi e sudati. Era completamente stralunato.
Sean gli appoggiò le mani sui fianchi, tirandolo verso il suo corpo. Sembrava quasi come fosse una marionetta, tanto era scioccato. Non riusciva a reagire.
<< Biscottino, se non ti muovi un po’, sembrerà che io stia ballando con un bellissimo manichino >>, commentò sarcastico Sean.
<< Io… davvero… non credo che… >>, balbettò non riuscendo a trovare un filo logico nei suoi pensieri.
<< Ti ho portato qui, perché volevo parlarti di Kyra >>, rispose il ragazzo.
A quel punto Gabriel si svegliò. Non solo aveva nominato la Smith, ma l’aveva chiamata anche per nome. La questione era seria. Perciò portò le sue mani intorno al collo dell’altro, avvicinandosi un po’ di più, e cominciarono a ballare a ritmo della musica sfrenata.
<< Non voglio sembrare il classico amico geloso e possessivo, o fare la classica battuta del “feriscila e io ti ferisco”. Odio essere banale. Ma davvero ho bisogno di sapere quali sono le tue intenzioni >>
<< Non capisco. Pensavo che Kyra ti avesse raccontato ogni cosa >>
<< L’ha fatto. Ma conosco solo la sua versione dei fatti. Ora voglio sapere la tua >>, rispose Sean con una serietà tale, che confuse Gabriel.
<< Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse. Ho trovato l’annuncio di Kyra in bacheca, ci siamo incontrati e ci siamo messi d’accordo. Penso che sia la stessa versione dei fatti che ti ha raccontato lei >>
<< Quindi non hai intenzione di ingannarla, o di fale del male? >>, continuò il ragazzo guardandolo dritto negli occhi.
<< Certo che no! Non lo farei mai >>, esclamò sconvolto Gabriel. Beh, in passato le avrebbe fatto del male. Probabilmente l’avrebbe usata per i suoi scopi, e poi buttata via. Ma non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ora. Mai!
<< Avevo bisogno di sentirtelo dire, biscottino. Quella ragazza è troppo importante per me, e ha subito troppo nella vita. Ha visto il peggio, e al peggio è sopravvissuta. Alcuni nascono con la tragedia trascritta nel DNA. Ma non voglio che soffra ancora. E tu sei stato per tanto tempo una potenziale minaccia >>, spiegò Sean tornando a toni più dolci. << Non fraintendermi, penso davvero le cose che ti ho detto prima. Che sei diverso eccetera. Ma quando si tratta di lei, la persona che ho sempre considerato la mia metà, non posso rischiare. Lo capisci, vero? >>.
E Gabriel capiva. Perché era quello che provava quando pensava alla sua famiglia, alla sua sorellina, Adam… e si, anche quando pensava a Kyra. anche lui avrebbe fatto di tutto per proteggerli. Erano parte del suo cuore, e non poteva rischiare. Altrimenti ci avrebbe rimesso anche lui.
Non era divertente andare in giro con un cuore spezzato.
<< Credimi quando ti dico che non le farò del male. Mai più. Te lo prometto >>, rispose con fermezza.
E a Sean quelle parole bastarono. Perché sorrise felice, strinse un po’ di più la presa sui suoi fianchi, e lo abbracciò forte.
Gabriel in un piccolo lampo di lucidità, pensò che in passato lo avrebbe scacciato via disgustato. In quel momento, invece, ricambiò l’abbraccio stringendolo a sua volta.
Fare quei paragoni tra passato e presente, per la sua mente, erano fondamentali. Gli facevano capire quanto era cambiato. E quanto ancora doveva lavorare per continuare a migliorare se stesso.
<< Beh, biscottino, ora che la questione è chiarita, diamoci da fare. Agita quei fianchi come se non ci fosse un domani >>, esclamò divertito Sean.
Si staccarono un po’, cominciando a muoversi come pazzi. E Gabriel si divertì un mondo. Si strusciarono l’uno contro l’altro, toccandosi e muovendosi al ritmo della musica.
Non c’era niente di sessuale tra loro. Sembravano solo due amici di vecchia data, che se la spassavano. Era bello. Si sentiva libero.
Se le cose fossero state diverse, se fossero andate in modo diverso, pensò Gabe, probabilmente avrebbe sempre vissuto sentendosi in quel modo.
<< Biscottino, perché non sei una checca come me? >>, domandò Sean fintamente crucciato.
Gabriel rise forte di quella domanda. Maschio o femmina, era sempre bello ricevere complimenti.
<< Mi dispiace Sean, ma non sono minimamente interessato all’accoppiamento “pene A in culo B” >>, rispose divertito.
<< Lo noto. Nessuno è mai riuscito a resistermi quando agito i miei fianchi stretti in questo modo. Ho portato sulla via del peccato tanti uomini etero, ma con te non c’è nessuna risposta fisica. Ah, che mondo crudele >>
<< Se ti può consolare, se fossi stato gay, credimi ti avrei ribaltato peggio di un calzino. E non ti avrei mai allontanato da me, Sean. Sarei stato il tuo principe azzurro >>.
Gabriel pensava davvero quelle cose. Perché aveva capito che Sean era una persona bellissima. Avrebbe voluto frequentarlo anche dopo che le cose con la Smith fossero terminate. Avrebbe fatto di tutto per continuare a frequentare entrambi. Era una promessa.
Poi, il momento magico finì. Perché un coglione si avvicinò dietro Sean, cominciando a toccarlo e a strusciarglisi contro. E Gabriel vide che quel gesto non era gradito. Anzi, sembrava volersi staccare il più presto possibile.
Una rabbia rosso fuoco salì nel petto del ragazzo. Nessuno avrebbe fatto del male a quello che era diventato il suo nuovo amico.
<< Togligli le mani di dosso, stronzo >>, esclamò inferocito.
Tirò Sean per una mano, facendo si che andasse dietro le sue spalle.
<< Dai, possiamo condividerlo. Non essere egoista >>, rispose con voce viscida il tipo.
Era alto quanto Gabriel, muscoloso e molto peloso. Portava solo dei mutandoni di pelle nera, da cui si scorgeva un rigonfiamento sospetto. La rabbia nel suo petto crebbe a dismisura.
<< Non costringermi a prenderti a pugni, stronzo. Stagli alla larga >>, sibilò tra i denti.
<< Ehi sta calmo. Non agitarti in questo modo. In fin dei conti, quello è solo una puttana >>, disse alzando le mani, in segno di resa.
Ma quel commento fu abbastanza. Gabriel tirò un pugno violentissimo contro la mascella del tipo, tanto forte da farlo finire a terra.
Sean tirò un sospiro sorpreso. Il verme a terra si toccò il labbro ferito, da cui scesero due gocce di sangue. Gabriel si portò alla sua altezza, lo afferrò per il mento, e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
<< Senti bene quello che ho da dirti. Non mettere mai più piede qua dentro, e non provare mai più a parlare o anche solo a respirare la stessa aria del mio amico. Se scopro che ti sei avvicinato a lui, o che hai provato solo a sfiorarlo, io ti troverò e ti farò talmente male, che mi supplicherai di smettere. Sono stato abbastanza chiaro? >>, sussurrò con voce letale.
Il verme annuì spaventato. Gabriel sapeva che quando voleva, poteva essere davvero pericoloso. Sapeva che qualcosa nel suo sguardo mutava. Adam una volta gli aveva detto che i suoi occhi sembravano quelli di un assassino. E lui aveva saputo sfruttare al meglio questa sua capacità.
Si alzò, si voltò e prese Sean per le spalle, guardandolo dritto negli occhi azzurri. Era spaventato, ma anche meravigliato. Quasi come se nessuno lo avesse mai difeso in vita sua. Lui e la Smith avevano davvero tante cose in comune. Ecco perché erano l’uno la metà dell’altra.
<< Stai bene? >>, domandò preoccupato.
Sean deglutì visibilmente. Lo fissò per qualche secondo, e poi sorrise.
<< Biscottino, penso di essere appena venuto nelle mutande >>, commentò felice. << Sei stato davvero sexy >>.
E Gabriel rise. Si, stava decisamente bene.
 
Kyra, si alzò dal letto, guardando la valigia accanto a se.
Un piccolo attacco d’ansia le risalì nel petto. Il giorno era arrivato. L’indomani sarebbe partita e avrebbe conosciuto la famiglia di Gabriel.
Ancora non sapeva come quella settimana fosse trascorsa. Era passata troppo velocemente.
Dopo la discoteca, lei e Gabriel avevano preso a vedersi praticamente sempre.
Durante le lezioni si sedevano vicini, commentando le lezioni o ridendo per qualcosa di stupido detto dai professori.
Avevano continuato a punzecchiarsi, come loro solito.
Erano usciti per dei caffè, avevano mangiato altra pizza in compagnia di Sean.
Gabriel era rimasto scioccato nel sapere che il ragazzo non mangiava una pizza da tempo immemore. Aveva subito dovuto rimediare. Va da se, che Sean aveva dichiarato eterno amore nei confronti di Martin, promettendo fedeltà.
Era circondata da un branco di idioti. Era ufficiale.
Comunque, i due avevano continuato a conoscersi, scoprendo tanti lati del loro carattere.
Ma a Kyra sembrava che qualcosa ancora mancasse. Alle volte Gabe si lasciava sfuggire certi commenti, che la lasciavano perplessa e confusa. Non riusciva ancora a capire cosa, però.
Le venne in mente quando giovedi, mentre erano in giro la sera a fare una piccola passeggiata mangiando un gelato, Gabriel si lasciò scappare un commento.
<< È bello vedere la gente che passeggia, vero Smith? >>, domandò guardando una coppia amoreggiare camminando mano nella mano.
<< E questa da dove salta fuori >>
<< Dai, non fare la solita acida. A te non capita mai di osservarti intorno e notare quante cose belle accadono? >>, chiese curioso.
Kyra rifletté a quelle parole. Cominciò a guardarsi in giro, notando le tante meraviglie che li circondavano. E pensò che non si era mai resa conto di come era bello vedere una famiglia andare in giro con i bambini felici.
O di vedere le coppie baciarsi e tenersi per la mano.
O di vedere la natura seguire il suo corso, gli alberi e i fiori. Gli animali felici di stare con i propri padroni.
Non aveva mai notato niente del genere.
<< No, non mi era mai capitato >>, rispose tristemente.
<< Come mai? >>
<< Forse perché ero troppo occupata a gestire il mio dolore. Vedere quanto bello può essere questo mondo, non rientrava nei miei piani di fantasma. “Sopravvivere” era l’unico pensiero che occupava la mia mente >>, spiegò continuando a guardarsi in giro.
<< È un peccato >>, commentò tristemente Gabe.
Si fermò improvvisamente, guardando verso un punto preciso. Kyra seguì il suo sguardo, e vide ciò che aveva catturato la sua attenzione.
Tre amici adolescenti, ridere e scherzare felici. Sembravano cosi spensierati, quasi come se la vita non li avesse mai intrappolati nelle sue grinfie. Dovevano ancora conoscere il dolore. Kyra augurò loro di restare ignoranti di tale sentimento per sempre.
<< Ci sono momenti che cambiano la vita, vero Smith? Qualcosa di improvviso che ti travolge con troppa forza, ferendoti profondamente. Col passare dei giorni, queste ferite guariscono, ovviamente, ma non scompaiono mai. purtroppo per noi, restano le cicatrici. E tanto più profonda è la ferita, tanto più grande è il segno che resta >>
Kyra si domandava ancora a cosa si riferisse.
Era strano sentirlo parlare in quel modo. In fin dei conti, Gabriel era stato una roccia per lei, quando ne aveva avuto bisogno. Le aveva fatto capire che doveva affrontare la vita e morderla, se necessario.
Ma sembrava quasi come se quelle parole, per lui, non fossero reali. Diceva quelle cose, ma nella realtà non le metteva in pratica.
E Kyra voleva disperatamente che Martin affrontasse i suoi demoni.
Lei aveva aperto il suo cuore, e un po’ si era offesa nel vedere che il gesto non era ricambiato. O meglio, Gabriel sembrava quasi come se si censurasse. Confessava solo quello che voleva che gli altri sapessero.
Per il resto nascondeva tutto nel suo cuore, e non lasciava spazio a nessuno.
Kyra sperava che, andando a casa sua, si aprisse. O che perlomeno venisse a capo del grande mistero che era Gabriel Martin.
Si alzò dal letto, e si guardò allo specchio. Era più luminosa, la pelle non era scavata e di un colore grigiastro.
Sembrava in salute. In una sola settimana, aveva messo su due chili. Era felice.
Ogni volta che si guardava allo specchio, non sembrava più uno scheletro. Forse, se avesse continuato di questo passo, si sarebbe riuscita a vedere bella.
Non che si considerasse miss America, ma non era da buttare. Aveva i suoi punti di forza.
Non voleva diventare vanitosa come alcune ragazze che giravano per l’università. Ma voleva sapersi apprezzare fino in fondo. E quel processo sentiva che era cominciato. Non si disprezzava più come prima. Non tentava più di nascondersi. Essere guardata dagli altri non la spaventava più.
Era felice di questo. Molto felice. Perché sapeva che non era più un fantasma.
Il telefono cominciò a squillare, disturbandola dai suoi pensieri. Guardò lo schermo, e sorrise.
<< Si può sapere che vuoi a quest’ora della mattina? >>, domandò divertita.
<< Sempre la solita lingua biforcuta, eh? Smith dobbiamo parlare di questo tuo atteggiamento nei miei confronti. Come pensi che a casa ci crederanno felici ed innamorati? >>, rispose Gabriel.
<< Sai come si dice, chi disprezza vuol comprare >>, commentò la ragazza, andando a sedersi sul letto. Senza volerlo si sfiorò il tatuaggio al lato sinistro del seno. Ormai era diventata una sua abitudine, come se cosi potesse darsi forza. << Allora, mi dici perché hai chiamato? >>
<< Ho trovato la nostra storia >>
<< Che? >>
<< La nostra storia. Quella che racconteremo a casa, se qualcuno ci chiede come ci siamo conosciuti >>, spiegò Gabriel.
A Kyra era passata di mente quella faccenda. La ragione per cui avevano cominciato a frequentarsi e a conoscersi.
Il vero motivo per cui aveva deciso che Gabriel Martin era una persona eccezionale.
<< Cavolo, mi era passato di mente >>, confessò mordendosi un labbro.
<< Senza speranza Smith, come sempre >>
<< Fai meno il sarcastico. Sputa fuori, Martin >>, ribatté sarcastica.
<< Ok. C’era una volta… >>, cominciò lui.
<< Ma che diavolo stai blaterando? Ti sei bevuto il cervello? Vorresti cominciare cosi a raccontare la nostra finta storia? >>
<< Smith, la storia è mia. E decido io come farla cominciare o come raccontarla, chiaro? >>, rispose fintamente arrabbiato.
<< Va bene, Martin. Cominciamo questa storia come l’introduzione di una fiaba Disney. Sicuramente sarà più credibile >>, commentò alzando gli occhi al cielo.
<< Bene. Allora, c’era una volta un bellissimo ragazzo, le cui fattezze sembravano quelle di un principe. Viveva in un regno chiamato “Stanford”. In questo regno studiava per apprendere come mandare in galera i cattivi >>, a Kyra scappò una risata. Era davvero matto. << In questo regno, conosceva tante persone. Ma vi era una in particolare, che suscitava in lui sentimenti di profondo… odio >>
<< Uhm, scommetto che ora entro in scena io >>, disse divertita la ragazza.
<< Esattamente. Questa persona era una giovane donzella, dall’aspetto meraviglioso >>
<< Davvero? >>, chiese confusa.
<< Beh, si. Ricordiamoci che per la mia famiglia tu sei una modella >>, spiegò velocemente il ragazzo. << Comunque, questa ragazza era bellissima, ma aveva un difetto: la sua lingua biforcuta! Era sarcastica, pungente e dotata di un’intelligenza fuori dal comune, e per tanto aveva sempre una risposta pronta >>
<< Si, sono decisamente io >>
<< I due si conobbero durante una delle prime lezioni. Il principe, visto il suo animo nobile e gentile… >>
<< Diciamo piuttosto, il suo animo da fantasmino dispettoso >>, commentò la ragazza.
<< Smith, ne abbiamo già parlato. Storia mia, ok? Dunque, visto il suo animo nobile e gentile, chiunque intorno a lui lo amava e apprezzava. Ma non la giovane donzella. Anzi, lo disprezzava. E tra i due nacque un astio profondo. Col passare dei giorni, però, si videro costretti a collaborare per un progetto umanitario. E cosi passarono tanto tempo assieme. Il principe scoprì che la donzella aveva tante meraviglie nascoste dentro di se, ma che da piccola aveva assistito a troppe cose brutte. E cosi era dovuta crescere troppo in fretta. E la donzella, invece, scoprì che il principe era davvero una persona gentile. Forse un tantino presuntuosa, ma aveva un cuore buono >>, Kyra dentro di se annuì. Era vero, quel principe aveva un cuore grande e buono. << Col passare dei giorni, e vista la convivenza forzata, i due scoprirono di avere tante cose in comune. Ed una frase che li accumunava: “non può piovere per sempre”. E cosi, col passare dei giorni, i due scoprirono che dentro di se era nato un nuovo sentimento: l’amore. Avevano scoperto di amarsi >>, il cuore della ragazza cominciò a galoppare veloce. Perché quella frase la sconvolgeva cosi tanto? Perché l’idea del principe e la donzella innamorati, la rendeva davvero felice ed emozionata?. << Il loro amore era tale da sconfiggere il passato angusto della donzella. E il principe capì che al mondo, esistevano tante meraviglie quante ne erano nascoste dentro al cuore della ragazza. E che, nonostante gli sfuggisse, esisteva una ragione per continuare a vivere. Si dichiararono il loro amore, cosi cominciò la loro storia fatta di alti e di bassi, di punzecchiamenti e di prese in giro. Ma una storia d’amore vero e sincero che supera ogni ostacolo. Fine! Che te ne pare? >>.
La ragazza era commossa. Non riusciva ad esprimere ciò che provava dentro.
Perché, in realtà, non sapeva cosa provava davvero. Era confusa e piena di domande.
Perché quella storia l’aveva cosi sconvolta? Perché desiderava essere nei panni della donzella, anche se quella donzella era effettivamente lei? Cosa avevano di diverso? E perché, l’idea che i due protagonisti della fiaba fossero innamorato, le faceva battere forte il cuore? Davvero non riusciva a spiegarselo.
Cosa ancora doveva capire di se stessa, per poter rispondere a quei quesiti? O meglio, quanto coraggio doveva trovare in se, per dare finalmente voce al suo cuore?
Non lo sapeva. E non era ancora il momento per saperlo. Aveva cose ben più importanti da affrontare. Come il viaggio imminente.
<< Ehm, si una storia interessante. Escluso qualche punto un po’ traballante, mi sembra molto credibile >>, rispose leggermente agitata.
<< Si, devo ammettere di essermi fatto un trasportare. Però alla fine, non è tanto una finzione. Perché le cose tra noi, tranne che per il finale, sono andate cosi. Meglio una storia vera, piuttosto che una completamente falsa, non trovi? >>, domandò Gabriel.
<< Si concordo >>
<< Allora, Smith, pronta per il grande giorno? Domani finalmente conoscerai i finti suoceri >>.
Kyra rifletté un po’ su quelle parole. Avrebbe conosciuto i genitori di Gabriel, e avrebbero mentito per diversi giorni.
Avrebbero dovuto fingere di stare insieme, e di comportarsi come due innamorati. Sperava davvero che nessuno chiedesse loro di scambiarsi dei baci, perché non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
E poi sorgeva un piccolissimo dettaglio, ovvero fare i conti con la sua coscienza.
Come avrebbe potuto guardarsi allo specchio, se nel frattempo avrebbe dovuto mentire a delle persone che non le avevano fatto niente di male?
Poi però pensò che le cose erano ben diverse da quando aveva accettato quell’accordo.
Non odiava più Gabriel. Non doveva più fingere di sopportare il ragazzo, anzi. Adesso lo considerava un amico, ed una persona fantastica, tutta da conoscere.
Poteva farcela. Poteva affrontare quella situazione. E lo avrebbe fatto insieme a Gabe.
Erano sulla stessa barca. Tanto valeva continuare insieme quel viaggio, reggendosi l’uno all’altra.
Prese un profondo respiro, si toccò un’altra volta il tatuaggio, e poi parlò.
<< Si, sono pronta >>.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ciao, noi siamo i Martin ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 10 - Ciao, noi siamo i Martin

 

 

Il viaggio in macchina durò circa due ore.
Arrivare dalla parte opposta di San Francisco, in uno dei quartieri più ricchi, richiese molte energie e parecchio tempo a disposizione. Kyra non credeva ci volesse cosi tanto, ma quando lo fece presente a Gabriel questi gli rispose che per questa ragione raramente tornava a casa a trovare la sua famiglia.
Kyra non aggiunse altro, tornando a tormentarsi e a farsi prendere da un leggero stato di panico.
Non le era mai capitato di dover conoscere la famiglia del proprio fidanzato.
In tutta la sua vita, aveva avuto un solo ragazzo durante il terzo anno di liceo. Ma la storia era finita dopo che lui aveva preteso di fare sesso con lei.
Ovviamente il tizio in questione aveva pagato caro per il suo atteggiamento: la sua bellissima macchina nera nuova era stata per bene rigata da entrambi i lati.
Sean aveva, poi, voluto aggiungere un suo tocco artistico.
Aveva disegnato con la sua chiave di casa un pene sul cofano anteriore e la scritta “ciao, sono un cazzone. Ti va di farmi un pompino?”
Avevano riso per giorni. Inoltre la macchina nel giro di un giorno sparì dalla circolazione, e questo fece aumentare ancora di più il divertimento dei due giovani.
Per questo la sua esperienza in materia era abbastanza fiacca.
Inoltre doveva considerare che la situazione era oltremodo particolare. Avrebbe dovuto conoscere una famiglia, presentarsi come la fidanzata di un membro di tale famiglia, quando in realtà non era vero.
Era davvero complicato.
Durante il viaggio aveva dovuto applicare alcuni esercizi di respirazione che le avevano insegnato in orfanotrofio per gestire i suoi attacchi di panico.
E solo questo le fece capire quanto il suo stato emotivo era altamente compromesso.
Quel viaggio l’aveva snervata. Sembrava essere durato un’eternità, e allo stesso tempo troppo poco.
Ma si disse che non doveva preoccuparsi, o almeno non tanto.
Era con Gabriel. Insieme avrebbero potuto affrontare qualsiasi cosa.
Non sapeva da dove nasceva questa sua convinzione, non riusciva a capire come poteva fidarsi in quel modo cosi profondo e autentico di quel ragazzo. Ragazzo che per anni aveva considerato come un nemico. Ma che in sole due settimane era riuscita a travolgerla e stravolgerla.
Aveva anche un tatuaggio per dimostrare questo suo cambiamento. Oltre che l’abbandono dei suoi fedeli occhiali. Forse anche per questa ragione aveva avuto piccole crisi respiratorie.
Perché gli occhiali avevano la funzione di proteggerla dal resto del mondo. Di difenderla dalle tempeste emotive che le si scagliavano contro.
Ora non aveva più barriere. Nessuno scudo alla Clark Kent. Era lei contro il mondo. E questo era davvero spaventoso.
Poi, mano a mano, che si avvicinavano alla residenza Martin, Kyra cominciò a domandarsi come sarebbe stata la famiglia del ragazzo, che tipo di rapporto aveva con i genitori, che persone erano. Se si comportavano come quelle famiglie delle pubblicità, sempre sorridenti e felici.
Le venne in mente che in quelle due settimane di conoscenza, non avevano mai affrontato l’argomento. Cosa molto stupida, col senno di poi.
Perciò, quando Gabriel le comunicò che mancavano dieci minuti all’arrivo, decise che doveva colmare quei vuoti.
<< Ehi, Martin, dimmi un po’. Che persone sono i tuoi genitori? Tuo padre lo conosco solo dal punto di vista professionale, e di tua madre non so assolutamente nulla, tranne che la chiami satana >>
Gabriel a quell’affermazione rise divertito.
<< Beh, mio padre all’apparenza può sembrare un burbero, ma in realtà e una pasta di pane. Diventa una iena solo quando è in una aula di tribunale oppure quando siamo coinvolti io e mia sorella Eve >>
<< Devo dirtelo, ho visto qualche video di tuo padre durante un interrogatorio. Oltre a provare piacere e stima nei suoi confronti, confesso di essermi un po’ fatta sotto dalla paura. Non vorrei mai un nemico di quella portata >>
<< Mio padre è molta apparenza. A casa non ha mai alzato la voce, se non quando realmente lo meritavamo. Ha un cuore grande quanto l’intera città di San Francisco >>, spiegò con un leggero sorriso dolce. Kyra capì che il ragazzo provasse una profonda ammirazione e un grande amore nei confronti del genitore.
Un po’ lo invidiava. Anzi, tanto. Il suo vero padre era morto quando ancora era troppo piccola, e il sostituto beh… l’appellativo “padre” non era il più indicato per descriverlo. Forse “maledetto stronzo” rendeva l’idea.
<< E tua madre invece? >>
<< Mia madre è quella che porta realmente i pantaloni in casa. Quella donna è il diavolo in persona, mascherata nel corpo di una cinquantenne ancora sexy e dal sorriso bianco >>, rispose fingendo di rabbrividire al solo pensiero.
<< Dai non può essere cosi cattiva >>, rispose divertita Kyra.
<< Fidati, lo è. Pensa che una volta, quando ero in terza media, mi umiliò pubblicamente davanti a tutta la scuola >>, confessò sgranando gli occhi al solo ricordo.
<< Ok, questa voglio proprio sentirla >>
<< Beh, stavo attraversando quella fase in cui rispondevo sempre ai miei genitori. Loro mi dicevano fai questo e io rispondevo no ecc… comunque un giorno mia madre mi chiese di mettere in ordine la mia camera, ma ovviamente non lo feci. E sai lei come mi punì? Prese tutti i miei vestiti, li colorò tutti di rosa e li mise in una busta di plastica per la spazzatura >>
<< Scommetto che ora arriva la parte divertente >>, commentò Kyra.
<< Divertente un corno! Venne a scuola durante la pausa pranzo. Sapeva che a quell’ora la mensa sarebbe stata piena di testimoni. Ed è per questo che dico che quella donna è satana, perché pensa proprio come il diavolo! Comunque venne a scuola e, con tutta la calma di questo mondo, si presentò davanti al mio tavolo dove mangiavo con i miei amici, e rovesciò il contenuto di tutte e cinque le buste di plastica. I miei vestiti erano rosa ed erano sparpagliati dappertutto. E infine disse la frase che decretò la mia morte sociale: “Piccolo bimbo di mamma. Guarda cosa ho fatto? Ho colorato tutti i tuoi vestiti di rosa come mi avevi chiesto. Anche le tue mutandine con gli orsacchiotti, quelle che preferisci. Sei contento? So che volevi condividere con tutti i tuoi amici la tua nuova passione per il rosa”. Dopodiché mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò >>.
Passarono circa tre secondi, poi Kyra cominciò a sbellicarsi dalle risate. Le faceva male la pancia tanto era il divertimento.
Gabriel la guardò inizialmente storto, poi un sorriso divertito spuntò sul suo viso.
Un viso che, illuminato dal sole, sembrava più luminoso. Kyra lo aveva osservato per bene durante il viaggio.
Ogni minuto che passava, ogni metro percorso per tornare a casa, faceva sì che il suo viso brillasse sempre di più. Come se la maschera che si ostinava a tenere a Stanford, cedesse poco a poco.
Quello che aveva davanti somigliava sempre di più al Gabriel che aveva imparato a conoscere in quelle due settimane. Lo stesso ragazzo che l’aveva portata a fare un tatuaggio e che l’aveva difesa da Freddie.
Si chiese perché con il resto del mondo voleva dare l’immagine di una persona dura, fredda, cinica e superficiale.
Il Gabriel con cui aveva avuto a che fare in passato non le piaceva neanche un po’. Lo odiava!
Invece quello che aveva davanti agli occhi, in quel momento, era la persona che aveva imparato ad apprezzare giorno dopo giorno. Che aveva riacceso il suo cuore, dandole speranza. Che le aveva fatto provare sentimenti sopiti, ancora non ben delineati, ma presenti. Era quella la persona con cui avrebbe sempre voluto avere a che fare. Sperava che in quelle due settimane le cose rimanessero sempre cosi.
<< Smith piantala di ridere! Dovrai avere a che fare anche tu con satana, e ti assicuro che non sarà facile. Sono convinto che abbia organizzato qualcosa, e noi non potremmo tirarci indietro. Conoscendola, potrebbe anche farci il voodoo >>, esclamò per metà divertito e per metà spaventato il ragazzo.
<< Va bene. La smetto. Invece parlami di tua sorella. Eve, giusto? >>, domandò curiosa.
Il sorriso sul volto di Gabe divenne più largo. Evidentemente adorava sua sorella.
<< Eve è la piccola di casa. Ha sedici anni, ed è bellissima ed intelligente. Ma anche molto sensibile. E in più ha una voce pazzesca. Dovresti sentirla cantare! >>, rispose con emozione. Ad ogni sua parola traspariva un forte sentimento. Le voleva davvero bene.
<< Sembra straordinaria >>, commentò Kyra con dolcezza.
<< Lo è. Fidati, lo è. Lo capirai appena la vedrai >>.
Poi rimasero in silenzio per qualche minuto. La sensazione di panico non accennava a diminuire, ma ormai era fatta. Sarebbero presto arrivati a casa del ragazzo, e da lì la recita sarebbe cominciata.
Un piccolo fastidio solleticava la mente della ragazza. C’era qualcosa che le sfuggiva, come se avesse tralasciato un dettaglio importante. Ma non le veniva in mente. Provava a grattare quel prurito, ma non c’era verso di farlo smettere. Beh, si disse che dopo una dormita, avrebbe svelato l’arcano mister.
A quel pensiero, la famosa lampadina si illuminò. Ecco qual era il dettaglio!
<< Martin! >>, esclamò con forza.
Il ragazzo saltò sul suo sedile, spaventato e preso alla sprovvista.
<< Che c’è? Ho investito un piccione? Dannazione mi capita sempre quando torno a casa >>, rispose girandosi continuamente per guardare la strada dietro di se, alla ricerca di un cadavere.
<< Che? >>, domandò perplessa Kyra. Poi scrollò la testa, neanche fosse un cane. << Non importa. Martin noi adesso ci presentiamo come coppia. Ma come dormiamo? >>
<< Smith, maledizione a te. Non puoi urlare nel bel mezzo del silenzio, neanche avessi ammazzato qualcuno. Ci potevamo restare secchi >>
<< Rispondi, idiota! Come dormiamo in queste due settimane? Te lo sei chiesto? Ci metteranno in stanze separate, vero? >>, una piccola vocina nella sua testa le sussurrò che quel pensiero non la spaventava più di tanto. Anzi!
<< Sta tranquilla. Mia madre è satana, ma ci tiene alla purezza delle sue vittime sacrificali >>, rispose tranquillo il ragazzo.
<< Purezza delle sue vittime sacrificali? Che diamine significa? >>, domandò scioccata Kyra.
<< Significa che mia madre non ti metterà mai in una situazione sconveniente, come quella di farci dormire insieme. Perché, anche se è di larghe vedute, ad alcune cose ci tiene sempre e comunque. E non fare dormire suo figlio e la propria fidanzata insieme, rientra tra queste >>.
Kyra sospirò contenta. Poi ritornò la vocina fastidiosa, quella che assomigliava tanto alla voce di Sean, che le urlava nelle orecchie.
“Oh dolcezza, davvero una fortuna questa mamma puritana? Avresti potuto godere di quella meraviglia di corpo, toccarlo e osservalo come una maniaca sessuale, ma la mammina che si diverte ad intrepretare il diavolo ha deciso di no. Ecco perché non diventerò mai una mamma. O al massimo sarò una di quelle mamme molto cool, che si fumerà gli spinelli con i figli”.
Kyra zittì quella voce. Poi l’immagine di Sean incinto le balenò nella mente, e se da un lato quell’immagine la scioccò, dall’altro la fece sorridere divertita.
<< Siamo quasi arrivati >>, annunciò dopo un po’ Gabriel.
Kyra si sistemò meglio sul sedile, più agitata che mai.
Pregò mentalmente che le cose andassero bene, e che quelle due settimane passassero in fretta. Ma, con la fortuna che aveva, sapeva già che le cose non sarebbero andate come sperate.
Anzi, aveva la sensazione che in quei giorni sarebbero successe tantissime cose. E, basandosi sulla sua esperienza, sapeva che vi era un 50 e 50 di possibilità che fossero negative e positive.
Incrociò le dita, pregando che fossero solo cose belle.
Gabriel voltò in una strada, e in quel momento davanti alla ragazza apparve una casa meravigliosa. Era delimitata da alte mura di pietra bianca, con un cancello in ottone che permetteva l’entrata con la macchina, un lungo viale di pietra, degli scalini lunghi usati più per bellezza che per altro. E poi si apriva un mondo lussuoso, che raccontava meraviglie, e serate a guardare le stelle. Il genere di luogo dove una persona sarebbe sempre voluta tornare. Un posto che Kyra aveva sempre desiderato e mai avuto.
Gabriel aveva una casa stupenda, un giardino stupendo pieno di alberi e fiori mai visti prima. Era colorata, luminosa, bellissima, sensazionale. Kyra desiderò possedere un luogo simile. Magari dove poter ricostruire una famiglia, quella che non aveva mai avuto. Escluso Sean, naturalmente.
Il cancello si aprì automaticamente, segno che li stavano aspettando.
<< Gabriel è bellissima! >>, esclamò la ragazza.
<< Ti piace? Qua è dove vivrai per le prossime due settimane >>, rispose divertito.
<< Scherzi? Io qua potrei viverci tutta la vita >>
<< Già, anche io >>.
Poi arrivarono alla fine del viale, e parcheggiarono dietro un’alfa romeo bianca, sportiva e che gridava a gran voce “ultimo modello. Sono nuova”. Accanto a questa vi era una Porsche grigio metallizzata.
E lì Kyra capì quanto realmente Gabriel era ricco. E ne rimase sopraffatta. Nemmeno se avesse svenduto se stessa, avrebbe potuto permettersi una sola di quelle macchine. Gabriel aveva una impala del 67 bellissima, e insieme alle altre due macchine, componevano un trio perfetto.
E poi vide una cosa che stonava davvero tanto. Una gip azzurra, vecchietta e un po’ malandata, parcheggiata davanti a tutte le altre macchine. Mentre scendeva dall’auto la fissò per qualche attimo, domandandosi a chi potesse appartenere.
<< E’ di mia sorella >>, disse improvvisamente Gabriel.
<< Cosa? >>, domandò confusa la ragazza.
<< Quel catorcio azzurro è di mia sorella. Appena compiuti sedici anni, i miei genitori le hanno proposto di regalarle una macchina, ma lei rifiutò. Disse che voleva guadagnarsela. Così mise insieme tutti i suoi risparmi, e andò ad un rivenditore di auto usate. Ogni volta dice che è stato amore a prima vista >>.
Kyra sorrise. Con tutti i soldi di cui disponeva la famiglia Martin, la piccola di casa aveva scelto di comprare una macchina usata con i propri risparmi. Era una cosa davvero nobile, e anche un po’ stupida a dirla tutta. Chi non ne avrebbe approfittato?
<< Tua sorella mi piace sempre di più >>.
Presero le valigie dal cofano della macchina e si incamminarono verso la porta di casa. Il momento dei giochi era finito. Ora cominciava la recita.
Entrambi si lanciarono uno sguardo, e Kyra lesse in quegli occhi le stesse emozioni che provava lei: paura!
Anche Gabriel era spaventato, e questo la rincuorò un pochino. Entrambi stavano ballando sulla stessa barca, quindi tanto valeva godersela insieme quella navigata.
Sorrise leggermente, sperando di infondere un briciolo di coraggio. Quel sorriso le sembrava più una smorfia, neanche le stesse venendo una paralisi della bocca.
Il ragazzo ricambiò anche lui quella smorfia.
Poi la porta di casa si aprì ed entrambi furono investiti da tre valanghe.
<< Tesoro! >>, urlò una donna bionda, alta e bellissima.
Si lanciò contro Gabriel, stringendolo in un abbraccio che sembrava più una morsa di un cobra.
<< Mamma! È bello vederti, ma cosi mi soffochi >>, esclamò senza fiato ma divertito.
Dopodiché anche Gabriel ricambiò l’abbraccio, manifestando in quel gesto tutto l’affetto che provava per la madre.
<< Figliolo, sei finalmente a casa >>, disse una voce maschile e profonda.
Davanti agli occhi di Kyra si manifestò il suo mito. Il signor Martin bello, con i capelli brizzolati e gli occhi chiari, affascinante e dannatamente seducente. L’uomo che aveva ispirato tutto il futuro della ragazza. Colui che le aveva aperto gli occhi verso le possibilità dell’avvocatura.
<< Ciao papà >>, salutò il ragazzo sciogliendosi dalla presa della madre e andando ad abbracciare il padre.
In quel momento, l’attenzione della donna si concentrò tutta su Kyra.
Un brivido di paura le scese giù per la schiena. E ora? Che avrebbe dovuto fare? Abbracciarla? Darle la mano? Cominciarla a chiamare mamma?
Nessuno aveva mai scritto un manuale per il primo incontro tra fidanzati e suoceri. Specie per i finti fidanzati. Kyra era completamente in preda al panico.
<< Ciao. È un piacere conoscerti. Tu devi essere la fidanzata misteriosa di quello scapestrato di mio figlio >>, esclamò dolcemente la donna.
Una donna bellissima, tra parentesi. Alta, bionda, sguardo da cerbiatto, sorriso immenso e bianco neanche fosse la testimonial di un dentifricio. La madre di Gabriel era assolutamente perfetta.
Rimase per qualche attimo in silenzio ed immobile, indecisa su cosa fare. Poi si ridestò, rendendosi conto di stare facendo la figura dell’idiota.
<< Esatto, signora Martin. Sono Kyra Smith. È un piacere conoscerla >>, allungò la mano sorridendole e pregando mentalmente di avere le dita asciutte, e non bagnate di sudore.
Ma la signora scansò la mano, e allungò le braccia stringendola in un delicato abbraccio.
Kyra rimase senza fiato. Era da tanto che non veniva stretta tra le braccia di una madre.
Quegli abbracci erano diversi da quelli che ci si poteva scambiare con gli amici o con il proprio partner.
Si ritrovò a pensare che le braccia di una madre sono grandi e allo stesso tempo sottili, capaci di dare amore e di saper difendere.
Lunghe e avvolgenti, per farti sentire sempre come a casa.
E soprattutto erano calde, pregne d’amore.
Erano le braccia più belle di tutto il mondo.
Ricambiò goffamente il gesto, scacciando i pensieri cupi che avevano preso ad affollare la sua mente.
<< Sono molto felice di conoscerti >>, disse dopo qualche attimo di silenzio la signora, staccandosi da Kyra.
<< Anche io sono molto felice di conoscerla, signora Martin >>
<< Oh, non chiamarmi cosi. Mi fai sentire vecchia >>, sbuffò la donna.
<< Questo perché sei vecchia cara >>, aggiunse ironico il padre di Gabriel.
Senza che se ne accorgesse, Kyra era circondata dai genitori del ragazzo, quasi come se le stessero tendendo un agguato. O volevano davvero conoscerla, o stava per morire. Sperava tanto che fosse la prima opzione.
<< Ignora questo idiota di marito che mi trovo. Non sa cosa sia il tatto ne l’intelligenza. Chiamami Anne >>, disse divertita.
<< Ed io sono Samuel Martin. Ma puoi chiamarmi solo Samuel >>, aggiunse l’uomo porgendole la mano.
Kyra rimase inebetita. Davanti ai suoi occhi vi era il suo mito vivente, e lei se ne stava impalata neanche fosse una statua, guardandolo con sguardo languido. Le mancava solo la bava alla bocca, poi la sua figuraccia poteva considerarsi completa.
<< Non farci caso, papà. Kyra ha una mezza cotta per te >>, esclamò divertito Gabriel avvicinandosi e poggiando un braccio sulle spalle della ragazza.
Kyra arrossì come un pomodoro, e senza neanche pensarci diede una gomitata nelle sue costole. Una gomitata forte.
Gabriel si chinò in avanti per il colpo, sbuffando dal dolore.
<< Mi piace questa ragazza. Gli uomini vanno tenuti per le palle. E poi ha buon gusto: le piace mio marito. Si, figliolo, approvo la scelta >>, commentò divertita Anne.
A quel punto Kyra si risvegliò dal suo letargo, rendendosi conto che non solo aveva fatto la figura dell’imbecille con i genitori di Gabriel, ma che lo aveva anche picchiato sotto i loro occhi.
Peggio di così non poteva andare. Le cose erano cominciate davvero male.
<< Mi scusi per il mio gesto, ma certe volte Gabe mi ispira violenza >>, ecco dalla padella alla brace. Aveva appena confessato che alle volte picchiava il suo finto fidanzato. Pregò che un fulmine le cadesse in testa in quel preciso momento. Cosi avrebbe smesso di soffrire. << Cioè, quello che voglio dire è che… >>
<< Non ti preoccupare cara. Sappiamo quanto nostro figlio tenda ad essere insopportabile alle volte >>, la interruppe Samuel. << E poi sono molto onorato di attirare ancora lo sguardo delle giovani signorine. Donna, dovresti cominciare a temere la concorrenza. Gli anni stanno passando anche per te >>
<< Caro, dovresti fare attenzione a ciò che dici. Quelli che vengono a dormire con me sono i tuoi genitale, e potrei fargli fare una brutta fine. E poi nonostante la mia età, sono ancora la donna più bella di tutta l’America. Ricordalo, quando ti starò guardando con il mio nuovo toy-boy >>, rispose divertita.
Kyra rimase affascinata e piacevolmente sconvolta. Quello scambio di battute non riusciva a nascondere il profondo amore che i due signori provavano l’uno per l’altra. Era palese a tutto il mondo quanto ancora si amassero. Era davvero bello poter assistere a quella prova d’amore. Le dava speranza.
<< O mio Dio. Che schifo mamma! >>, esclamò disgustato Gabriel.
<< Come pensi di essere nato, tesoro? Dalla cicogna? >>, commentò ironica Anne.
<< Si, nella mia mente voglio credere di essere stato portato dalla cicogna. Non voglio pensare che i miei genitori abbiano fatto… hanno fatto… bleah! Non riesco neanche a dirlo >>.
Kyra rimase affascinata nel guardare quello scambio di battute. Nella sua mente la voce di Sean parlò ancora.
“Ecco a voi signori telespettatori, un raro esemplare di Gabriel Martin nel suo habitat naturale. Osserviamo come il suo atteggiamento sia cosi diverso rispetto i predatori che si aggirano per le strade di Stanford”.
Cercò di sopprimere quella voce fastidiosa, ritornando alla realtà.
<< Comunque ritornando a noi, chiamami Samuel >>, disse l’uomo.
<< Piacere, sono Kyra Smith. E a dispetto di quello che dice suo figlio, io non ho una cotta per lei, ma ammiro davvero tanto il suo lavoro. È fonte di ispirazione per me >>, rispose con foga.
Samuel sorrise dolcemente, guardandola attentamente. Sapeva cosa significasse quello sguardo. Lo aveva visto più volte mentre guardava i suoi video durante una seduta in tribunale. La stava studiando, per capire che tipo di persona fosse, cosa nascondesse dietro ai suoi occhi. Per un attimo ebbe paura che l’uomo avrebbe scoperto subito il loro inganno. In fin dei conti era il suo lavoro scoprire la verità.
Poi, però, sorrise dolcemente. Aveva passato il test.
Kyra tirò un sospiro di sollievo. E questa era fatta.
Poi si sentì un boato per le scale, quasi come se un tornado stesse venendo ad accoglierli.
<< FRATELLONE! >>, urlò una voce femminile.
Poi una figura veloce, scattò buttandosi addosso a Gabriel, stringendolo con le braccia e con le gambe. Kyra non era riuscita a mettere a fuoco per bene cosa fosse accaduto. Era stato tutto troppo veloce.
<< Eve, cosi mi uccidi >>, esclamò divertito Gabriel stringendo la ragazza appena al suo collo.
Una ragazza dai lunghi capelli scuri era abbarbicata al suo finto fidanzato. Poi questa figura scese e si voltò verso Kyra, lasciandola a bocca aperta. Eve era alta, magra, un viso dolce e dai lineamenti gentili. Due occhi grandi e scuri, ed un sorrise bellissimo.
Ma che diavolo aveva questa famiglia? Come poteva essere possibile che tanta bellezza fosse concentrata in tutti loro. Erano perfetti. Non vi erano difetti.
Pensò che la vita era molto ingiusta. Loro erano un concentrato di perfezione, e lei era solo… beh, lei era solo Kyra. Niente di che, banale e assolutamente fuori posto. E poi arrivò il commento che le fece spalancare gli occhi, scioccata.
<< O mio Dio, tu devi essere la fidanzata di mio fratello. Sapevo che eri una modella, ma non credevo fossi cosi bella >>, esclamò meravigliata Eve.
Poi l’abbracciò stretta, stringendola tra le sue lunghe braccia. Kyra però era ancora ferma a quel “cosi bella”. Ma l’aveva vista bene? E si era guardata allo specchio.
<< Io sono Evelyn, ma tutti mi chiamano Eve. Sono davvero felice di conoscerti >>
<< Piacere, io sono Kyra Smith >>, rispose imbarazzata la ragazza, staccandosi da quelle lunghe braccia.
Poi Anne fece un passo avanti e strinse un braccio intorno alla vita della figlia.
<< Forza ragazzi, entrante dentro. Cosi potete sistemarvi e possiamo mangiare. Ormai si è fatta ora di pranzo >>, affermò attirando l’attenzione di tutti.
Si staccò dalla figlia, e prese la mano del marito entrando in casa insieme. A Kyra sembrò che quel gesto fosse una cosa abituale, come se i due camminassero sempre mano nella mano. Anche quando non erano l’uno accanto all’altra.
Eve sorrise ancora di più, poi si girò ed entrò in casa. Fu in quel momento che Kyra notò una cosa: zoppicava pesantemente, quasi come se ad ogni passo fosse sbilanciata.
<< E’ una lunga storia >>, disse Gabriel. La sua espressione era serissima. Aveva intuito quali fossero i suoi pensieri.
Kyra annuì. Poi entrambi presero le valigie e si incamminarono dentro casa.
E se il fuori era spettacolare, dentro lo era ancora di più. I pavimenti erano in parchè, i muri erano di un beige caldo e accogliente. Un piccolo disimpegno, dove appendere gli abiti, e poi vi era un unico immenso ambiente illuminato dal sole proveniente dalle porta-finestre che davano verso il cortile interno. Kyra intravide una piscina dall’altra parte.
I mobili del salone erano moderni ed eleganti. Ogni cosa in quella casa emanava ricchezza, ma non in senso volgare. Anzi, era tutto abbinato con cura, quasi come se volesse dire siamo ricchi, ma vogliamo che tu ti senta a tuo agio.
Sulla parete di destra vi era un grande camino in pietra, circondato da divani dall’aspetto comodo. Librerie alte ricoprivano la maggior parte delle pareti. A invece vi era una cucina ultra moderna, affiancata subito da una sala da pranzo. Il compito di dividere in qualche modo i due ambienti, ovvero salone e cucina, era affidato alle scale di legno, dai gradini lunghi che portavano si piani superiori.
Fu lì che la madre di Gabriel li stava aspettando.
<< Venite, vi accompagno di sopra, cosi potete sistemarvi >>, detto ciò si incamminò al piano superiore.
Kyra, ancora inebetita, seguì la donna trascinandosi la valigia. Al piano superiore vi era un largo corridoio, con almeno sette porte.
Gabriel si avviò spedito verso la prima porta a sinistra, e Kyra lo seguì.
Si trovò in una grande camera da letto. Tre pareti erano bianche, la quarta, quella dove appoggiava il letto matrimoniale, era di un azzurro chiaro. Inoltre questa era ricoperta interamente di foto. Alcune ritraevano Gabriel e la famiglia, in gruppo o a coppie di due. Altre vi era Gabriel con un ragazzo biondino e gli occhi chiari. Altre ancora erano foto di Gabriel intento in varie attività.
Poi vi erano foto in bianco e nero, e quelle ritraevano paesaggi, persone, animali. Erano bellissime. Sembrava fossero fatte dalla mano di un professionista. Kyra si chiese chi fosse l’artista.
Di fronte al letto vi era una porta che, probabilmente, conduceva alla cabina armadio. Accanto alla porta era sistemata una scrivania ed un cassettone.
Sulla parete di fronte all’entrata vi era una porta-finestra che conduceva su uno dei balconi che circondavano la casa. Accanto, invece, vi era una libreria piena di libri, film e di macchine fotografiche.
<< Questa è la mia tana. Ma c’è qualcosa di diverso >>, commentò Gabriel posando la borsa a terra. << Mamma perché c’è un letto matrimoniale invece che il mio letto ad una piazza e mezzo? >>.
Kyra si risvegliò dalla sua trance, voltandosi a guardare Anne.
<< Tesoro, ovviamente era troppo piccolo, per dormirci in due. Cosi l’ho fatto cambiare con uno più grande. Non sei contento? >>, rispose la donna sorridendo felice.
<< Dormire in due…? >>, chiede confuso il ragazzo.
<< Si, tu e Kyra. Con chi altro vorresti dormire, scusa? >>.
E in quel momento la consapevolezza di ciò che stava accadendo piombò su entrambi. Il panico prese a diffondersi. Cosi sia Kyra che Gabriel scattarono verso la madre, parlando l’uno sull’altra.
<< Mamma non è necessario farci dormire insieme >>
<< Anne, non vorremmo mancare di rispetto a lei e suo marito dormendo insieme >>
<< Stop a tutti e due. Credete che non sappia che a Stanford non dormite insieme? Adam ci ha raccontato che spesso quando chiamava di prima mattina, vi trovava insieme. Quindi mi sono detta che, se mi vanto di essere una mamma dalle larghe vedute, allora devo comportarmi come tale. Quindi voglio darvi il vostro spazio. Cosi in queste due settimane potrete comportarvi come fate solitamente. Siete contenti? >>, domandò felice.
I due ragazzi, ancora in trance, annuirono senza proferire parole. Erano troppo scioccati.
<< Bene, ora vi lascio, cosi sistemate le vostre cose. Il pranzo sarà pronto tra un quarto d’ora. A dopo >>.
Detto ciò, uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
I due rimasero ancora per qualche minuto in silenzio. Poi Kyra si voltò e diede uno schiaffo sul braccio del ragazzo.
<< Ahia! Si può sapere che ti prende? >>, esclamò Gabriel strofinandosi la parte lesa.
<< Non avevi detto, e cito testualmente, “ci tiene alla purezza delle sue vittime sacrificali”? non mi sembra che la mia purezza sia stata preservata >>
<< Che cosa vuoi da me? Mia madre ha deciso di atteggiarsi a mamma moderna. Io non ne ho colpe >>
<< Potevi evitare di farti sgamare con la tua ex di prima mattina. Cosi ora io sarei stata sistemata in un’altra stanza >>, ringhiò Kyra afferrando la sua valigia.
<< Mi stai davvero rimproverando di aver dormito con la mia ex, con la quale ho speso tre anni della mia vita? Sul serio? >>, domandò scioccato Gabriel prendendo il suo borsone. Poi spalancò la porta che, come previsto, conduceva ad una grandissima cabina armadio, e cominciò a sistemare le sue cose.
<< Non lo so che diavolo sto dicendo. Ma gli accordi non prevedevano un letto e due cuscini! >>
<< Gli accordi cambiano. Come anche le situazioni. Ti vorrei ricordare che abbiamo già dormito nella stessa stanza >>, commentò sarcastico Gabriel, ricordando i due giorni seguenti l’aggressione di Kyra da parte di Freddie. << E prima ancora che tu possa pensarci, non andrò a dormire nella vasca da bagno, o sul pavimento della mia cabina armadio o addirittura sul balcone. Scordatelo! Io dormirò nel mio letto. Tu fa quello che vuoi >>.
Detto ciò, riprese a sistemare le sue cose.
Kyra sospirò sconfitta. Sapeva già che sarebbero state due settimane difficili.
 
 
Gabriel credeva di trovarsi in una realtà parallela.
Mai nella vita avrebbe pensato di poter vedere la sua famiglia riunita intorno al tavolo da pranzo, con quella che ai loro occhi risultava essere la sua fidanzata.
Lui, che di legami stabili non ne aveva mai voluti, aveva fatto questo passo. Senza considerare il fatto che alla sua famiglia aveva presentato una ragazza assunta per interpretare il ruolo della sua ragazza.
Che dannato casino!
Si sentiva un verme, perché più li guardava interagire, più era dispiaciuto.
Sua sorella aveva manifestato fin da subito la sua approvazione nei confronti della Smith. Le parlava, sorrideva e scherzava come se si conoscessero da una vita. La sua sorellina più piccola, diffidente di chiunque, si era completamente aperta alla Smith.
E sua madre! Poteva leggerle negli occhi la felicità nel vedere il suo figlio maggiore sistemato con quella che considerava una brava ragazza. Lo poteva leggere nel suo sguardo che approvava la sua scelta. Altrimenti non avrebbe mai permesso che i due dormissero nella stessa camera.
E, cosa ancora più sorprendente, Kyra aveva passato lo scrutinio del padre. Aveva notato come lui la stesse scrutando, cercando di leggerle l’anima. La madre era conosciuta come satana, ma il padre sapeva leggere le persone. Capiva se qualcuno mentiva o meno solo guardandola negli occhi. E questa era la cosa che più lo spaventava all’inizio. E invece alla fine tutto era andato bene.
E lui si sentiva un verme. Aveva reso felice la sua famiglia, e da lì a tre settimane li avrebbe delusi. Di nuovo!
La madre stava raccontando di come le giornate erano state programmate.
<< Sabato ci sarà la festa dai Giordan, e li vi presenterete a tutti quanti come coppia >>, affermò emozionata.
<< Sarete esposti come carne al macello, ragazzi. Preparatevi >>, aggiunse Samuel ironico.
<< Zitto tu, che non sai di cosa parli. Mio figlio ha portato con se la sua fidanzata, e io voglio mostrare al mondo quanto sia bella! Non provare a commentare, che altrimenti stanotte dormi sul divano >>, affermò spazientita. Poi si voltò verso i ragazzi e continuò sorridendo. << Dopodomani invece, noi tre donne andremo a fare shopping >>
<< Shopping? >>, domandò sgranando gli occhi Kyra.
Gabriel trattenne a stento il sorriso, ricordando che l’ultima volta avevano fatto spese insieme, e la Smith era rimasta scioccata.
<< Si, andremo insieme. La mamma giovedì ha organizzato una sfilata di beneficenza, e noi ovviamente dobbiamo presenziare. Siccome sarà un evento importante, c’è bisogno anche di un abbigliamento consono >>, spiegò Eve, sorridendo dolcemente.
Gabriel, a quelle parole, spalancò sconvolto gli occhi e la bocca. Non ne sapeva niente. Perché sua madre doveva sempre tirargli simili tiri mancini? Lui odiava le sfilate.
<< Mamma, dannazione, siamo in vacanza. Perché ci hai riempito questi giorni? Io avevo in mente di passare la maggior parte del tempo sdraiato in piscina e la sera uscire insieme ad Adam >>, esclamò sbuffando.
Un calcio da sotto il tavolo, lo fece sussultare dal dolore. Kyra lo aveva colpito per l’ennesima volta. Ma che diavolo le prendeva? Poi, quasi come se si fosse accesa una lampadina nel suo cervello, capì.
Sfilata di moda. Kyra. Fidanzata. Modella.
O porca miseria!
<< Mamma, non dirmi che hai intenzione di fare sfilare la Smith? >>, domandò sospettoso.
<< No tesoro. Lo so che siete in vacanza, e che per sfilare bisogna prima fare la conoscenza degli abiti, e per ultimo andare in passerella. Ma voglio che Kyra assista per darmi un suo parere su alcuni nuovi modelli che ho assunto >>
<< Certamente >>, annuì forzatamente la ragazza.
Gabriel provò compassione per lei. L’aveva ficcata in una situazione più grande di lei. Troppo più grande, ed ora dovevano affrontare le conseguenze. Cosa non si fa per non deludere le aspettative della propria famiglia?! Si domandò sospirando.
<< Comunque, la settimana prossima abbiamo organizzato un’uscita di famiglia, per andare a vedere il locale come è stato sistemato e per provare il menù per la festa. Mercoledì prossimo andremo a provare gli abiti, e venerdì ci sarà la cerimonia. Voi partite domenica, giusto? >>
<< Signorsì, signor capitano >>, confermò Gabriel facendo il saluto militare.
Kyra sbuffò divertita, e quel gesto riempì di calore il cuore del ragazzo. Perché sentiva quelle strane emozioni? Ancora doveva dare un nome a quei sentimenti. Non sapeva però se ne aveva il coraggio.
Per farlo avrebbe dovuto mettere in gioco molte cose, affrontare demoni del passato, e ancora non era pronto.
<< Voi invece avevate qualche programma in particolare? >>, domandò pacatamente Samuel.
Gabriel ancora rimaneva stupito del fatto che suo padre dentro un’aula di tribunale diventava una belva feroce, mentre nella vita quotidiana era pacato e gentile. Forse era cosi perché, dopo tutti quegli anni passati a sopportare sua madre, per istinto di sopravvivenza, si era trasformato. Tipo dottor Jekyll e Mister Hyde. 
<< Uscire con Adam, prendere il sole, riposare… cose cosi >>, commentò Gabriel sorridendo.
<< A me piacerebbe uscire con voi qualche volta >>, chiese timidamente Eve.
<< Lo sai che sei sempre la benvenuta mostriciattolo. Basta che indossi il burka che ti ho regalato >>, rispose divertito.
Kyra gli tirò l’ennesimo schiaffo sul braccio. Quell’abitudine doveva assolutamente cambiare.
Alle volte, quei gesti, gli ricordavano i suoi genitori. Anche sua madre schiaffeggiava spesso suo padre, quando diceva delle scemenze.
Quel pensiero lo fece riflettere. Poi lo scacciò subito dopo.
Non era ancora il momento. Doveva aspettare il momento giusto, e poi avrebbe fatto chiarezza in se. In quelle due settimane cera già troppa roba in ballo. Metterne altra era solo un suicidio, e lui ci teneva alla sua vita.
<< Eve, farò affidamento solo ed esclusivamente su di te. Di tuo fratello non ci si può fidare >>, commentò la Smith guardandolo sarcastica.
<< Come come come? Senti un po’, tu. Di chi non ci si può fidare? Io sono l’efficienza fatta persona, la persona più puntuale di questo mondo. Io sono la persona più responsabile e matura di tutto l’universo >>, rispose Gabriel pavoneggiandosi e gonfiando il petto.
<< Si e anche il più grande spara palle che tutta San Francisco >>, commentò divertito una voce maschile.
Gabriel e il resto delle persone, si voltarono verso la nuova persona.
Un sorriso felice e divertito comparve immediatamente sul viso del ragazzo. Davanti ai suoi occhi, in splendida forma e col solito viso da bravo ragazzo, vi era Adam.
Gabe fece uno scatto dalla sedia e corse dall’amico.
Appena furono uno di fronte all’altro, entrambi si fecero un ghigno sarcastico, poi contemporaneamente si mossero abbracciandosi forte.
Ringraziò, mentalmente, il giorno in cui decise a sedici anni di fare una copia delle chiavi di casa anche all’amico. Grazie a quelle chiavi avevano avuto la possibilità di condividere i momenti più belli e i più brutti della loro adolescenza. Di poter unirsi cosi tanto da considerarsi ormai l’uno la famiglia dell’altro.
Adam c’era sempre stato per Gabriel, era un punto fermo in un mare sempre in tempesta.
Anzi, era come l’arcobaleno dopo la pioggia: sempre presente.
Senza lui, l’anima di Gabe era spezzata, incompleta. Sapeva che tutto passava, che ogni cosa finiva prima o poi, ma era altrettanto certo che Adam non sarebbe mai andato via.
E questa certezza era forse la cosa più stabile e straordinariamente meravigliosa che possedeva.
Esclusa la sua famiglia, ovviamente.
<< Ciao stronzetto >>, lo salutò Adam, soffiando quelle parole sul suo collo.
<< Ciao coglione >>, rispose Gabriel sorridendo dolcemente.
Poi si staccarono guardandosi dritto negli occhi.
Non lo vedeva dalle vacanze invernali, e subito notò che i capelli castano chiari erano leggermente più lunghi, qualche ciocca infatti si incastrava tra le ciglia lunghe e bionde. Gli occhi, però, erano sempre gli stessi. Azzurro ghiaccio, profondi e dolcissimi. Attraverso quegli occhi si aveva accesso diretto all’anima di Adam. E quella era un’anima che valeva la pena di conoscere.
<< Sei tornato finalmente. Ero convinto che avresti dato buca a tutti, per non farci conoscere la sfortunata che ti sei portato dietro >>, commentò divertito.
<< Per chi mi hai preso? Per una persona senza cuore? Io sono nobile d’animo >>, si indispettì Gabriel.
Forse quella rimpatriata di famiglia, con l’aggiunta della Smith, non era stata una buona idea.
Era in minoranza contro tutte quelle perone sarcastiche e dalla lingua biforcuta.
Forse solo sua sorella era esclusa, ma se ci si metteva anche lei sapeva diventare una vera iena.
<< Tesoro, temo che tu abbia poca conoscenza di te stesso. Nobiltà d’animo? Sul serio? >>, commentò divertita la madre.
<< Beh, c’è da dire che se continui su questa strada, potresti diventare un ottimo avvocato. Insomma, riesci ad ingannare anche te stesso >>, aggiunse pacatamente il padre.
<< Senza considerare la questione morale. Perché dicendo tutte queste fesserie, la tua coscienza ne risente davvero tanto >>, rispose Eve guardandolo accigliata.
Gabriel fissò una ad una le facce dei suoi cari.
Era una coalizione. Non c’erano altre spiegazioni. Tutti ce l’avevano con lui.
Poi una piccola speranza si accese nel suo cuore.
Una voce ancora non si era espressa.
Una voce era rimasta silenziosa, ascoltando le parole degli altri.
Una voce che gli era diventata familiare e cara.
Una sua parole poteva risollevarlo. Una sua parola poteva distruggerlo.
E neanche sapeva com’era possibile, ma la Smith aveva molto potere su di lui e questo lo spaventava davvero tanto.
Perché, anche se sapeva che la sua famiglia lo stava prendendo per i fondelli, una parte di lui desiderava essere difeso. Il cuore prese a battergli forte nel petto per quella nuova consapevolezza.
“Cazzo! Sono fregato!”, pensò spontaneamente.
Spostò lo sguardo negli occhi di Kyra, temendo cosa avrebbe potuto leggervi.
Da quando aveva cominciato a frequentarla, si rese conto di essere diventato bravo nel leggerle dentro.
Non sapeva quando né come, ma adesso davanti ai suoi occhi riusciva a vedere la vera essenza della ragazza. E, caspita, era davvero grandiosa.
Kyra sorrideva divertita, il suo sguardo esprimeva dolcezza. Era rilassata e felice di essere li.
<< Smith difendimi! Prendi le mie parti! >>, esclamò all’improvviso, tornando nel mondo reale e richiudendo quei pensieri in un angolo della sua mente.
<< E sentiamo, perché dovrei farlo? >>, domandò divertita la ragazza.
<< Perché sei la mia fidanzata, ed è scritto a chiare lettere sul manuale dei bravi fidanzati che bisogna difendere il proprio partner >>
<< Strano, nella versione che ho io non c’è nessuna frase a riguardo >>, commentò sarcastica.
<< Si vede che non hai la versione aggiornata >>, rispose per le rime Gabriel.
<< Tu devi essere la misteriosa ragazza di cui ho sentito tanto parlare, anche se in realtà non so praticamente nulla >>, disse felice Adam avvicinandosi alla Smith.
Kyra si alzò, leggermente imbarazzata, porgendogli la mano. Ma la mano fu scostata, e sostituita dalle braccia forti e muscolose di Adam.
Gabriel si trovò ad assistere l’abbraccio più strano della sua vita. Un ragazzo alto un metro e ottantatré forte e muscoloso, stringere con gioia una ragazza di un metro e sessantotto, imbarazzata e rigida, manco avesse un palo infilato su per il sedere.
Da un lato la trovò una scena buffa e divertente, dall’altro Gabe provò una strana gelosia.
Quasi come se volesse staccarli con furia e marcare il territorio.
Ma lui non era un cane, e soprattutto non aveva nessun territorio da marcare.
Doveva ricordare a se stesso che quella era tutta una messinscena, e che allo scadere delle due settimane, sarebbe finita ogni cosa.
<< Ehi Miller, vuoi restarle avvinghiato ancora per molto? >>, domandò sbuffando e tenendo sotto controllo le strane emozioni che avvertiva.
<< Taci tu. Mi sto godendo il momento. Finalmente avrò un’alleata sincera nel prenderti in giro >>, rispose prontamente il ragazzo stringendo di più la presa.
Poi, nonostante le parole, si staccò da Kyra allargando sempre di più il sorriso.
<< Ciao, io sono Adam, il migliore amico dello stronzetto alle mie spalle >>
<< Piacere, io sono Kyra Smith >>, disse divertita la ragazza.
<< Scommetto che andremo d’accordo. Leggo nel tuo sguardo la stessa mia voglia di dare il tormento all’idiota >>
<< Mi sa che sono un libro aperto, allora >>, confermò sempre più allegra lei.
Adam si voltò di scatto verso Gabe, facendo alzando il pollice in su.
<< Mi piace. È approvata >>, decretò seriamente.
<< Sono contento di avere avuto il vostro permesso, vostro onore >>, sbuffò Gabriel andandosi a sedere nuovamente al suo posto.
Adam si accomodò anche lui. Quella era diventata anche casa sua. Lo era da moltissimo tempo.
<< Ciao Adam. Come stai? >>, domandò Anne dolcemente.
<< Bene, grazie. Sono un po’ stanco. Stamattina ho consegnato un progetto, e mi sono distrutto per realizzarlo >>.
Una fitta partì nello stomaco di Gabriel. Una fitta di gelosia che provava ogni volta quando sentiva parlare del corso di fotografia. Involontariamente, cominciò a stringere forte il pugno della mano, e serrò i denti.
Non voleva comportarsi così. Non doveva comportarsi in quel modo.
Doveva essere felice per il suo amico, ma davvero non riusciva a controllarsi in quei momenti.
Si ripeté mentalmente la stessa frase che si diceva ogni volta: tutto pur di non deludere le persone a lui care.
Improvvisamente una mano si poggiò dolcemente sul suo pugno. Voltò di scatto il viso, incontrando lo sguardo curioso di Kyra.
Curioso ma anche rispettoso. In quegli occhi riusciva a leggere esattamente ciò che pensava: “si ho capito che sei nervoso per qualcosa, si muoio dalla curiosità, ma no non ti chiederò nulla finché non vorrai parlarmene tu”.
Un piccolo sorriso fece capolino sul suo viso. Involontariamente rilassò la mano, lasciando le dita di entrambi si intrecciassero da sole.
Un calore profondo si dipanò da quel contatto, espandendosi in tutto il corpo del ragazzo. E dalle guance arrossate, sospettò anche nel corpo di Kyra.
Il cuore di Gabriel prese a battere furiosamente. Le emozioni che difficilmente teneva a bada in quell’ultimo periodo, presero ad agitarsi violentemente, facendogli provare dolorose fitte alla bocca dello stomaco.
Era tutto nuovo, straordinario e spaventoso. Non sapeva come doveva reagire, come dover comportarsi.
Non sapeva assolutamente nulla, tranne una cosa.
Per come si erano messe le cose, e per tutto quello che stava succedendo tra lui e la Smith, sapeva che quelle sarebbero state due settimane difficili.
<< Oh come sono carini >>, esclamò estasiata la madre del ragazzo.
I due furono presi alla sprovvista. Si staccarono immediatamente, guardando ovunque pur di attenuare l’imbarazzo.
<< Oh andiamo. Non vi metterete vergogna di mostrarvi affettuosi tra di voi? >>, domandò nuovamente Anne.
<< Tua madre ha ragione, Gabe. Insomma, prima ci fai penare tre anni per farci conoscere la tua fidanzata, e poi davanti a noi fingi che non state insieme? >>, confermò Adam.
In quel momento Gabriel pensò che non gli importava se erano amici da tutta la vita o se per lui quel ragazzo rappresentasse il sole. Lo avrebbe ucciso volentieri con le sue mani.
<< Figliolo non sei mai stato pudico in tutta la tua vita. Ricordo ancora quella volta in cui trovai il preservativo usato nella… >>, aggiunse Samuel, ma fu bloccato tempestivamente dal ragazzo.
<< Basta cosi, papà. Grazie, hai reso l’idea >>.
Kyra trattenne a stento una risata.
Poi arrivò l’affermazione che sconvolse i loro mondi.
<< Però io non ti ho mai visto baciare una ragazza fratellone >>, commentò Eve. << Neanche quando eri al liceo e ne cambiavi una ogni mese. Raramente le baciavi >>
<< Ne io ne Gabe siamo persone molto espansive. Non amiamo molto dimostrare i nostri sentimenti >>, disse titubante Kyra.
<< Su ragazzi, non fate i timidi >>, li sollecitò Anne.
<< Che vuoi dire mamma? >>, domandò spaventato Gabriel. Aveva una brutta sensazione.
<< Andiamo. Baciatevi >>, esclamò entusiasta.
Ci furono lunghi istanti di silenzio da parte di tutti.
Gabriel e Kyra rimasero a fissare intensamente la donna, quasi come se le fosse spuntata una seconda testa.
Poi, come se fosse esplosa una bolla nelle menti di entrambi, si risvegliarono da quello stato di torpore.
<< CHE COSA? >>, domandarono con forza contemporaneamente.




 
Buonasera a tutti signori.
SI! non mi sembra vero...finalmente ho aggiornato la storia
ciò vuol dire che ho del tempo libero, e questo significa che l'università non sta più risucchiando la mia anima, la mia forza e la mia linfa vitale!!!
questa si che è una grande cosa U.U
ma significa anche che, avendo molto più tempo a disposizione, potrò aggiornare con costanza la storia...
perciò vi dico già da adesso che la settimana prossima troverete online il nuovo capitolo...
io spero che vorrete darmi un'ultima possibilità, commentando e facendomi sapere cosa ne pensate
so di non meritarlo, ma davvero la mia vita è un casino e trovare del tempo per scrivere in certi periodi è impossibile...sulla mia pagina fb ho lasciato un commento qualche giorno fa dicendo che non volevo giustificarmi...ma in realtà non è giusto nei vostri confronti non darvi almeno una spiegazione...
ed è questa che vi ho appena scritto...
spero vogliate perdonarmi...
ultima cosa, questo è il link della mia pagina facebook http://www.facebook.com/pages/Moon9292/575772655781797?ref=hl...se ancora siete sintonizzati su questo canale e vorrete condividere le vostre idee, vedere le immagini dei prestavolto dei miei personaggi o i video che pubblico, potete passare per di la...
ora vi lascio...
un bacio
Moon9292
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Nuovi sentimenti all'orizzionte ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 11 - Nuovi sentimenti all'orizzionte

 

 

<< CHE COSA? >>, domandarono con forza contemporaneamente.
Gabriel non riusciva a credere alle sue orecchie. Davvero la madre aveva chiesto loro di baciarsi?
Ma come diamine le veniva in mente. Non aveva senso!
Forse da quando era partito le scorse vacanze di natale, la sua famiglia aveva cominciato di farsi metanfetamine. Già li immaginava, la sera ad organizzare festini pieni di alcool e droga.
E magari i suoi genitori avevano preso anche a fumare il bong.
E forse sua sorella aveva preso l’abitudine di bucarsi, e scambiarsi le siringhe piene di qualche schifezza insieme a un tizio di nome Ramon, pieno di tatuaggi e senza qualche dente.
E Adam sicuramente aveva intrapreso una relazione sadomaso con una ricca signora, che lo chiamava Bobby come un cane, con tanto di frusta e di ululati alla luna piena.
Ecco, il panico era esploso nel suo cervello distorto.
Ci sarebbe voluta solo una seduta dallo psicoterapista per eliminare dalla sua mente le immagini della sua famiglia in attività illegali.
E tutto il caos creatosi nella sua mente era stato provocato da una semplice richiesta.
Un piccolo e minuscolo bacio.
Per la miseria, aveva davvero seri problemi con tutto quello che rientrava nella sfera emotiva.
Se un solo bacio lo mandava in crisi, figurarsi il giorno in cui avrebbe detto per la prima volta le parole “ti amo”. Li si che sarebbe svenuto.
Si voltò lentamente cercando lo sguardo di Kyra. Voleva leggerle negli occhi quali fossero i suoi sentimenti.
Quasi come se si fossero letti nel pensiero, si voltarono contemporaneamente l’uno verso l’altra.
La Smith emanava la stessa aura di panico, mista anche a qualcos’altro che non riusciva bene ad identificare.
<< Allora? Dobbiamo aspettare ancora per molto, ragazzi? >>, li incalzò la madre.
<< Cara, forse sono timidi. Lasciali perdere >>, provò ad intercedere il padre.
<< Timido? Tuo figlio? Ti ricordi com’è realmente nostro figlio? Lui e la parola timidezza non dovrebbero neanche essere accostate, tanto sono diverse >>
<< Ha ragione, amico mio. Ti ho visto fare ben di peggio davanti ad estranei. Andiamo, ho voglia di vedere il tuo lato romantico >>, lo prese in giro Adam.
<< Ma che diavolo vi prende, pervertiti guardoni? >>, sbottò con enfasi Gabriel, girandosi verso la sua famiglia. Doveva trovare una soluzione al problema, e in fretta. << Da quando in qua avete bisogno di assistere a simili spettacoli? Cos’è, siete tutti in crisi d’astinenza? Andate a vedervi un film porno, piuttosto >>.
Bella arringa! Si complimentò con se stesso.
Sicuramente un giorno sarebbe diventato un grande avvocato. Questo lo rendeva fiero, ed anche nostalgico. Maledetti sentimenti.
Poi però guardò la madre, e capì che quella era una battaglia persa. Quella donna era micidiale. Non perdeva mai, neanche se di fronte avesse avuto un Santo.
Se lei decideva qualcosa, non c’era niente da fare. Il mondo sarebbe capitolato al suo cospetto.
<< Gabriel, io sono davvero sicura che le mie orecchie abbiano avuto un momentaneo scollegamento col cervello, e che abbiano captato affermazioni fasulle. Perché non posso credere che, dopo tutto il tempo speso ad educarti come una persona e non come una piccola scimmia dal sedere rosso, tu abbia potuto dire una cosa simile >>, eccola lì la prima stoccata al cuore di Gabe. Sua madre aveva il potere di farlo sentire un immenso coglione insensibile. << E voglio anche credere che tu non voglia baciare questa bellissima ragazza davanti a noi, solo perché temi di offenderci o offendere lei in qualche modo. Perché altrimenti non si spiegherebbe la tua negazione. State insieme da tre anni, e non ti è mai capitato di baciarla in pubblico? Questo mi da modo di pensare, e che forse c’è qualcosa che ci stai nascondendo >>.
Ed ecco l’ultima scoccata. Si, decisamente quella donna aveva un contatto diretto con satana.
Il suo intuito era troppo forte per poter essere normale. Doveva aver venduto l’anima al diavolo e fatto un patto di eterna giovinezza.
Si, questa era la spiegazione più logica.
Kyra, improvvisamente, gli mollò un calcio sotto al tavolo, facendolo trasalire.
Si voltò nella sua direzione, cercando di capire cosa volesse.
Mosse le labbra in modo impercettibile, ma Gabriel capì perfettamente cosa stesse dicendo.
“Baciami”!
Il suo cuore prese a battere furiosamente. Sentimenti forti gli esplosero in petto, danzandogli poi in tutto il corpo. Era emozionato, spaventato, euforico, confuso e molto altro ancora.
Era una bomba fatta di sensazioni troppo decise e marcata da poter essere capite e contenute.
Le mani gli presero a sudare, manco fosse un’adolescente. Si leccò più volte le labbra, cercando di renderle meno secche. Ma anche la salivazione era a zero.
Decisamente sembrava un adolescente alle prime armi.
Cavolo, aveva fatto sesso con un mucchio di ragazze, e un piccolo bacetto lo spaventava in quel modo?
Il suo cervello gli rispose subito che si, aveva paura di un singolo bacio.
Prese un respiro profondo, neanche stesse per fare un’immersione, e si avvicinò al volto di Kyra.
Da vicino riuscì a notare tanti piccoli dettagli che non aveva mai colto.
Come per esempio che le sue ciglia erano davvero lunghe e chiare.
Che sulla sua guancia destra vi era un piccolo neo sbiadito.
Che le sue labbra sembravano morbide e piene.
E che i suoi occhi erano davvero un pozzo senza fondo di meraviglia.
Notò per la prima volta quanto in realtà quella ragazza fosse bella. E perfetta.
Poi Kyra chiuse gli occhi, avvicinandosi ancora un po’.
A Gabriel venne da sorridere. Quel gesto era dolcissimo. Perché significava che lei si fidava ciecamente.
Poi chiuse gli occhi, e senza pensarci un secondo di più, la baciò.
 
Boom! Il mondo esplose. I pezzi si mescolarono, e tornarono poi insieme in una nuova forma.
Nuova e giusta. Una forma più bella di quanto lo sia mai stata. Capace di rendere quel posto freddo e vuoto chiamato terra, un luogo pieno di calore e luce. Dove l’amore regna sovrano, e il dolore non tocca i cuori di nessuno.
Un luogo al quale una bambina spaventata e ferita nel modo più profondo e disumano, trova finalmente la pace.
Un luogo al quale un bambino piccolo e insicuro, riesce finalmente a trovare la forza di credere in se stesso.
Un luogo dove due anime, dopo tanto patire, finalmente si toccarono.
 
Dapprima il bacio fu lento e superficiale.
Solo un sfregarsi di labbra. Poi divenne più profondo. Kyra avvertì la lingua di Gabriel leccarle timidamente il labbro superiore, quasi a chiederle il permesso di entrare.
Permesso che le fu accordato. Dischiuse la bocca, facendosi che il contatto divenne più intenso.
Il suo cuore non smetteva di martellarle nel petto. Sentiva che finalmente la sua anima si rinsaldava.
Dopo tanto patire, era riuscita finalmente a trovare la serenità che le era sempre mancata.
E la trovò in due labbra gentili, dal sapore dolce e stuzzicante.
Sentì dentro di la nebbia diradarsi.
Quei sentimenti che non riusciva a comprendere, presero sempre di più forma.
Era più facile distinguere quelle forme nella sua mente.
Riusciva a cogliere la gioia.
Riusciva a cogliere la bellezza.
Speranza. Dolcezza. Vita. Felicità.
Tanti sentimenti che in 22 anni di vita non aveva mai provato.
E poi c’era un’ultima forma. La più difficile da capire. Dalla forma sconosciuta e bislacca.
Una forma che non aveva mai visto in vita sua.
Ancora non riusciva a darle un nome, ma sentiva che se si fosse impegnata presto avrebbe capito tutto.
Ed era bastato un semplice bacio per aprirle gli occhi.
Chissà cos’altro la attendeva in quelle due settimane.
Passarono vari secondi, o forse minuti o forse anni. Poi si staccarono con un schicco.
Lentamente aprirono gli occhi, guardandosi forse per la prima volta.
Kyra lesse confusione e tempesta in quei occhi azzurri e profondi.
Come se in realtà non sapesse che stava realmente accadendo. E probabilmente era la sua stessa espressione. Anche lei non capiva perfettamente cosa stava succedendo, ma sicuramente doveva essere qualcosa di bello. Perché niente di brutto poteva farla sentire cosi viva. E lei sapeva cosa si provasse quando si aveva a che fare con l’orrore del mondo.
Poi, improvvisamente, un coro di applausi e fischi partì, distraendoli.
Si voltarono contemporaneamente nella direzione di quel caos. 
Adam fischiava in segno di approvazione, mentre i genitori e la sorella di Gabriel applaudivano felici ed emozionati.
Il rossore si diffuse sulle sue gote, rendendola meno pallida del solito.
<< Oh che carini che siete >>, esclamò dolcemente Eve.
<< Si vede che siete una coppia innamorata >>, commentò Samuel.
<< Amico, cosi però mi fai venire voglia di accasarmi. E sarebbe un vero peccato deludere tutte le donne del mondo >>, scherzò Adam.
E in quel momento la bolla che si era creata intorno a loro, esplose riportandoli alla realtà.
Perché quelle parole erano belle, sicuramente. Ma anche finte.
Perché loro non erano ne carini, né una coppia innamorata.
Erano due persone che il caso, o il destino aveva unito per un tempo relativamente breve. E che sempre per caso si erano trovate a darsi a vicenda una mano.
Erano solo due semplici ragazzi che fingevano di essere fidanzati per motivi personali.
E che tutti quei sentimenti che aveva improvvisamente provato, in realtà non esistevano.
O almeno, erano finti per uno dei due. Come aveva fatto ad essere così stupida e dimenticarsi la realtà dei fatti?
Se Sean fosse stato lì le avrebbe sicuramente tirato un grandissimo schiaffo dietro la nuca, sperando cosi di farla rinsavire.
Almeno quel momento imbarazzante le era servito a qualcosa. Anche se erano passate poche ore dal suo arrivo, aveva già cominciato a sentirsi a casa, quasi come se facesse davvero parte di quel luogo.
Ma in realtà non era niente di simile. Lei era un’estranea, venuta a mentire a delle persone meravigliose, solo per soldi.
Si sentiva quasi come una prostituta. Almeno le prostitute non ferivano i sentimenti di nessuno. Invece lei stava facendo molto peggio. Com’era caduta in basso.
<< Grazie, davvero. Siete un pubblico meraviglioso >>, scherzò Gabriel.
Poi si voltò sorridendole con gratitudine. Non sapeva se per avergli parato il culo, o per qualcos’altro.
Ma quel gesto bastò a scacciare tutti i suoi dubbi e le sue auto recriminazioni.
Anche se fosse stata costretta a ferire un’intera nazione, lo avrebbe fatto pur di vedere ancora una volta quel sorriso luminoso su quel volto.
Questo era poco ma sicuro.
 
Gabriel si stiracchiò lentamente sul letto, grattandosi una guancia con fare pigro.
Il pomeriggio era passato velocemente.
Adam era dovuto scappare poco dopo quel bacio, perché costretto dalla perfida madre a non sapeva quale servizio.
I genitori invece erano rimasti con entrambi a discutere e raccontarsi aneddoti passati.
O per meglio dire, la madre aveva preso a raccontare tutti i momenti più imbarazzanti che gli erano mai capitati.
Non sia mai che quella donna si smentisse dall’essere satana.
Il padre invece aveva affascinato la Smith con i suoi racconti su alcuni casi passati.
Ad un certo punto l’aveva anche presa in giro dicendole di pulirsi la bava dalla bocca.
Da li erano degenerati in una delle loro solite discussioni in cui si prendevano in giro a suo di sarcasmo e ironia.
La sorella li aveva guardati affascinata e anche dolcemente invidiosa.
Invidiosa di cosa, poi, non l’aveva capito.
E cosi le ore erano passate, ed era giunto il momento di andare a letto. E li la situazione si era complicata ulteriormente. La Smith lo aveva spedito a lavarsi e vestirsi per primo, dicendo che poi avrebbe dovuto aspettarla al buio nella loro stanza.
Come se non l’avesse mai vista dormire prima. Certo, se considerava la situazione in cui erano stati costretti a dormire sotto lo stesso tetto, le cose cambiavano.
Ma non era quello il momento di pensare a Freddie o gli altri idioti che le avevano fatto del male.
Guardò l’orologio che aveva al polso domandandosi la Smith che fine avesse fatto.
Era andata in bagno più di mezz’ora fa! Diamine, se non l’avesse conosciuta, avrebbe potuto dire che stava perdendo tempo in vari trattamenti di bellezza. Come quelli che faceva Amelie prima di andare a letto.
Strano. Era da un po’ che non pensava all’ex.
Chissà come se la stava cavando a fare la modella a tempo pieno.
Pensarla non lo rendeva più nervoso e irritato da tutto. Ormai la ragazza aveva smesso si suscitare in lui qualche tipo di sentimento. E ci era voluto sorprendentemente poco per dimenticarla.
Si chiese perché erano rimasti insieme per tutto quel tempo. Non avevano molto in comune, tranne la bellezza.
E il fatto che la ragazza corrispondesse perfettamente al modello di donna che aveva sempre immaginato di dover avere accanto. Perché l’apparenza era tutto. E perché non avrebbe mai voluto deludere la sua famiglia.
E probabilmente avrebbe sempre agito cosi. Perché la sua famiglia e la loro felicità veniva prima di tutto. Lo aveva capito sin da quando era bambino, quando andava ai party insieme ai suoi genitori e loro si mostravano tanto fieri di lui.
Spostò lo sguardo lentamente verso la libreria della sua stanza.
Fissò intensamente gli oggetti la sopra posti, e una piccola fitta al cuore partì.
La sopra, sull’ultima mensola, erano stati riposti i suoi sogni e i suoi desideri. Perché certe cose erano destinate a rimanere tali: solo sogni che ogni mattina si scontravano con la realtà della vita.
Sospirò lentamente, pensando che nonostante tutto, era fortunato.
Kyra, Adam… loro potevano fare ciò che più amavano, inseguivano con forza e costanza il loro destino.
Ma non avevano nessuna famiglia su cui fare affidamento. Nessuna persona che li amava più di ogni altra cosa. Non avevano una casa a cui tornare, quando le notti e i giorni diventavano troppo difficili e pesanti.
Lui invece aveva tutto quello. Sapeva che, in ogni caso, avrebbe sempre avuto una famiglia alle spalle.
E proprio per questo, sacrificava il suo cuore. Per ripagare i suoi genitori di tutto.
Doveva andare fiero di se stesso.
Fu riportato alla realtà improvvisamente, quando sentì la porta aprirsi.
Si voltò e nella penombra vide una figura. Una figura che ormai aveva imparato a conoscere.
Le sorrise, nonostante sapesse che forse poteva non vederla. Era troppo buffa. Si muoveva a scatti, nervosa come non mai. Le mani non stavano ferme un minuto.
Un momento prima andavano a toccare le braccia scoperte, un attimo dopo toccavano l’orlo della maglietta del pigiama.
Sembrava essere indecisa sul da farsi, visto che non accennava a muoversi e mettersi sotto le coperte.
<< Vuoi restare li tutta la notte, stile Edward Cullen, e guardarmi dormire? Fai pure, lo so che sono un gran bello spettacolo >>, la prese in giro non riuscendo a trattenersi.
<< Punto primo, non so se essere stupita o altro dal fatto che tu conosca il famoso vampiro. Punto secondo, credo tu ti stia dando troppe arie. Un gran bello spettacolo? Ma fai sul serio? >>, rispose piccata.
<< Il famoso vampiro lo conoscono tutti. Sfido io a non sapere chi sia quando sei letteralmente circondato da poster della sua faccia e ragazzine urlanti che decantano amore verso una cosa morta >>, affermò portando le mani dietro la testa e guardandola più attentamente. << E si, sono serio. Ormai dovresti averlo capito che la mia bellezza non ha confini >>
<< Attento alla tua coda, pavone idiota. Potresti cavare un occhio con le te penne >>
<< Sul serio Smith. Che diavolo ci fai ancora in piedi. Vieni a letto >>, con un gesto scostò le lenzuola invitando la ragazza ad entrare.
<< Va bene. Altra piccola confessione dell’ultimo momento, Martin. E questa non deve essere né discussa ne ridicolizzata, perché altrimenti stanotte mentre dormi, prendo il rasoio dalla mia borsa e ti depilo la testa e le sopracciglia >>, dichiarò bruscamente Kyra.
<< Parola di scout. Ci tengo alla mia chioma fluente e al mio sguardo seducente >>.
Gabriel la sentì prendere un profondo sospiro. Vide le sue mani torcersi e lasciarsi andare senza sosta. Camminò avanti e indietro per qualche minuto, poi si fermò voltandosi nella sua direzione. Gabriel non sapeva perché, ma era certo che quella sarebbe stata una confessione importante.
<< Non ho mai dormito con un uomo >>, confessò in un solo respiro.
Gabe la fissò, incerto. Non era sicuro di aver capito bene il significato di quelle parole.
<< Cioè…? >>, domandò con fare idiota.
<< Cioè che, oltre a quello stronzo del mio patrigno, non ho mai avuto nel letto un altro uomo. Escluso Sean. Ma lui non vale. Non è uomo. Certo non è neanche donna, ma sospetto che sia un mix delle due cose. Però io lo considero asessuato, cioè so che fa sesso e anche tanto ma… >>, continuò a sparlare come se non ci fosse un domani.
Gabriel pensò che fosse giusto fermarla prima che il suo cervello evaporasse.
<< Aspetta che? Davvero? >>, domandò incredulo.
<< Si, davvero >>, confermò la ragazza.
<< Wow. Cioè è una confessione davvero… wow >>, commentò sbigottito. << Perché? >>
<< Beh, sai non è che ho avuto un primo approccio con il sesso molto positivo. Insomma, sono abbastanza certa di essere rimasta traumatizzata da questa cosa. E poi perché non ho mai avuto l’occasione, e quell’unica volta in cui c’è stato qualcuno interessato, non mi sono fidata abbastanza >>.
Gabriel pesò con calma quelle parole, considerandole una alla volta. Erano parole importanti, che lasciavano intravedere un passato pieno di sofferenza e di solitudine.
Sapeva che Kyra non era stata la persona più felice della terra, ma solo in quel momento si rese conto quanto profonda era la spaccatura nel suo cuore. Non sapeva che dire. Era troppo sconcertato. Poi gli venne in mente una di quelle frasi. Forse la più importante tra tutte.
<< Di me puoi fidarti >>, disse dolcemente. << Anche se sei stata ferita, e il tuo cuore è pieno di cicatrici, io non ti farei mai del male >>.
Kyra rimase in silenzio. Non si avvicinò.
Gabriel avrebbe dato qualunque cosa per poterle vedere il volto. Per poterle leggere in viso, e carpire i suoi sentimenti. Ma l’oscurità della camera non glielo permetteva.
<< Lo so >>, sussurrò improvvisamente la ragazza.
E quell’affermazione riempì di un profondo calore il cuore di Gabe. Si sentì pervadere da una gioia immensa.
Sapere di avere la fiducia di una ragazza simile, fece sì che il suo animo si riempì di orgoglio e di forza. Quelle parole lo spinsero ad affermare con certezza una cosa nella sua mente: l’avrebbe protetta con tutte le sue energie da ogni male del mondo. Sempre! Indipendentemente da come sarebbero andate le cose, lui non l’avrebbe abbandonata. Era una promessa!
Poi la ragazza, lentamente, si mosse andando verso le coperte. Le scoprì e in pochi attimi si mise a letto.
Gabriel si voltò, mettendosi su di un fianco e guardandola dolcemente.
Kyra si portò le lenzuola fin sotto il mento, lasciando scoperto solo il volto. Poi lentamente girò il capo guardandolo.
L’oscurità non permetteva di capire tutte le emozioni che la ragazza stava provando, ma era abbastanza sicuro che ci fosse un miscuglio di sentimenti: imbarazzo, timore, dolcezza e anche un sentimento che ancora non riusciva ad identificare. Sembrava qualcosa di profondo, di forte e di spaventoso.
Ma non riusciva a comprendere appieno che significasse.
<< Ciao >>, sussurrò nel buio.
<< Ciao >>, rispose Kyra.
<< Ce l’hai fatta finalmente >>
<< Sai com’è, ognuno ha bisogno dei propri tempi per andare a letto con un altro. Tu, per esempio, scommetto che ti basta il tempo di una grattata ai genitali >>
<< Oh tesoro. Anche molto meno. Mi basta ammiccare che le ragazze mi cascano ai piedi >>, rispose Gabriel con spavalderia.
<< Hai mai pensato che quelle povere ragazze che ti cadono davanti soffrono di qualche malattia neurologica, che le porta ad avere episodi multipli di sincope? >>, domandò sarcastica lei.
<< HA Ha molto spiritosa! Fidati Smith, le ragazze mi adorano >>
<< Se lo dici tu. Parlando di cose serie, ho bisogno di mettere in chiaro alcune regole per questi strani pigiama party >>
<< Spara. Sono tutto orecchi >>, rispose divertito Gabriel.
Chissà cosa si stava per inventare. Da quella mente poteva uscire fuori di tutto.
<< Regola numero uno: non si scorreggia sotto le lenzuola >>, dichiarò con fermezza.
<< Approvato! >>
<< Regola numero due: se uno russa l’altro è autorizzato a prenderlo a calci >>
<< Puoi andare tranquilla con me, baby. Io non russo. Dobbiamo vedere se la cosa vale anche per te >>
<< Finiscila con questi nomignoli. Mi basta Sean. Regola numero tre: non si invadono gli spazi altrui, a meno che non si debba intervenire come citato nella regola due >>, continuò la Smith.
<< Decisamente tu da grande diventerai un grande avvocato. Altre regole? >>, domandò divertito Gabriel.
<< No credo di no >>, rispose Kyra.
<< Quindi che facciamo? Dormiamo? >>
<< Beh, di solito questo si fa in un letto, soprattutto alle undici di sera dopo una giornata lunga come questa >>
<< Uhm io conosco altri utilizzi per un letto >>, ironizzò divertito Gabriel.
<< Martin tu hai seri problemi. Davvero, dovresti farti curare. Ora dormi >>, esclamò la ragazza.
Detto questo, si voltò dando le spalle al ragazzo.
Gabe sorrise divertito.
Non sapeva perché, ma era certo che dormire con la Smith sarebbe stata l’esperienza più strana ed elettrizzante della sua vita.
 
Kyra girò un po’ per la casa vuota.
Si era svegliata alle dieci e un quarto dopo che quel deficiente di Gabriel aveva un casino immenso per prepararsi.
Doveva andare a correre con Adam, e per prepararsi aveva messo sottosopra l’intera stanza.
Ovviamente la ragazza si era svegliata, cominciando a sbraitargli contro da subito.
E, ovviamente, l’idiota l’aveva ignorata, tolto le coperte e buttata di forza giù dal letto.
<< Smith, pretendo che tu alzi quel culo rinsecchito che ti ritrovi, e ti dia da fare per rendere produttiva questa tua mattinata. Mia madre e mia sorella sono uscite entrambe. E se il fatto che satana sia andata a lavoro, e stia lontano da te fino all’ora di pranzo mi rende felice, questo non può dirsi lo stesso per Eve. Sto seriamente distruggendomi per scoprire con chi diamine è uscita, ma qui nessuno sa niente, esclusa satana ovviamente. Per questo voglio che tu soffra con me. Alzati e sorgi. ORA >>, esclamò con foga, avviandosi verso la porta. << Torno verso mezzogiorno con Adam. Ha detto che mangia qua, e che poi vuole stare un po’ con te per conoscerti, quindi fatti trovare presentabile >>.
Detto ciò uscì dalla camera, non dandole neanche il tempo di lanciargli contro un cuscino.
O un corpo contundente.
Ma quelli erano dettagli.
Così, costretta da forse altrui, si era alzata e preparata. Aveva indossato una delle mille magliette che Gabriel l’aveva costretta a comprare.
Certo, le stava bene e le piaceva, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farglielo sapere.
Vagava da un po’ in quella casa silenziosa.
La sua missione, se all’inizio era stata incerto, poi le divenne chiara.
Nel salotto aveva notato una cornice con una delle foto più belle che avesse mai visto.
Era una foto in bianco e nero del ponte di Brooklyn scattata durante una tempesta in piena regola.
Dal cielo cadeva un fulmine, immortalato per sempre sulla carta.
Ero uno spettacolo imponente.
Il ponte, fonte dei suoi peggiori ricordi, sembrava cosi vulnerabile in confronto a quello spettacolo della natura. Le dava una certa sicurezza.
Sapere che quell’ammasso di ferraglia, che le aveva portato via suo padre, non era indistruttibile.
Notò, poi, un’altra foto ritraente due amiche al parco ridere felici. Dai loro occhi poteva vedere tutta la gioia che provavano. Erano bellissime.
Si spostò in cucina dove trovò altre tre foto fatte in sequenza di un bambino sull’altalena insieme al fratello maggiore.
Nella prima il bambino saliva felice, mentre il fratello dietro lo incitava.
Nella seconda il bambino scendeva, un po’ spaventato, ma consapevole che il fratello maggiore lo avrebbe salvato.
Nella terza il bambino risaliva felice, ma a differenza della prima il suo volto era girato a guardare con amore il fratello maggiore.
Erano spettacolari.
Si domandò come le erano potute sfuggire tutte quelle foto il giorno prima.
Come aveva potuto ignorare simili opere d’arte.
Forse perché erra troppo concentrata nel piacere alla famiglia di Gabriel, o presa dal nervosismo. O qualsiasi delle mille emozioni che aveva provato il giorno precedente.
Ma sola, in quella casa grandissima, poteva rilassarsi ed indagare.
Anche senza avere una vera conoscenza in materia, si disse che tutte le foto erano state fatte dalla stessa mano. Quindi doveva esserci un nome, ma in nessuna di quelle già viste riportava anche un singolo riferimento. Ne un nome né dove erano esposte.
Così decise che la sua missione era trovare altre foto, e scoprire che fosse il fotografo.
Per tutta casa trovò foto disseminate. Ritraevano qualunque cosa.
Dai paesaggi, alle persone, o anche animali.
Ed ognuna di quelle foto trasmetteva emozioni forti e profonde. Erano incantevoli.
Kyra trovava difficile staccare lo sguardo.
Al piano superiore, decise di entrare solo nello studio. Non voleva invadere la privacy altrui, neanche nelle camere da letto per gli ospiti.
Quando spalancò la porta, di fronte a se trovò la foto più bella che avesse mai visto.
Era una gigantografia in bianco e nero di una coppia. Si guardavano intensamente negli occhi, abbracciandosi dolcemente. Sullo sfondo si vedeva solo quello che sembrava cielo, quasi come se fosse stata scattata dal basso verso l’alto.
Una parola per descrivere quell’immagine: amore.
Non solo la coppia trasmetteva tale sentimento, ma anche il fotografo. Come se fosse stato davvero emozionato nel scattare un simile momento.
<< Ti piace? >>, domandò una voce maschile alle sue spalle.
<< AHHHHHH! >>, urlò la ragazza voltandosi di scatto.
Il momento di contemplazione era finito, quasi come se fosse esplosa una bolla portandola alla realtà.
Alle sue spalle trovò Samuel seduto su una poltrona dall’aspetto comodo. Sulle gambe un fascicolo spesso.
<< O cazzo >>, sussurrò portandosi una mano sul cuore. Poi portò di scatto la mano sulla bocca coprendola ed arrossendo per la parolaccia appena pronunciata. << Oh cazzo. Ho detto una parolaccia. Cazzo ne ho detta un’altra. Merda! Devo restare zitta >>.
Ormai era fuori controllo. Ogni volta che provava a censurarsi, le usciva fuori un altro brutto termine.
Era senza speranza.
Samuel la guardò dapprima confuso, poi sorrise lentamente. Sembrava molto divertito.
<< Non ti preoccupare. Conosco anche io le parolacce. E ogni tanto capita pure a me di dirle >>.
Chiuse il fascicolo poggiandolo sulla poltrona, poi si alzò avvicinandosi alla ragazza.
Kyra si voltò nuovamente verso la foto, troppo ammirata dallo scatto.
Non badò a nulla della stanza. Non vide la grandissima quantità di libri stipati nei vari scaffali delle librerie, né la scrivania posta proprio davanti alla foto.
Non era capace di notare nulla se non quella meraviglia.
<< Allora ti piace? >>, domandò nuovamente Samuel.
<< Si. È stupenda >>, confermò dolcemente la ragazza. << Ho visto anche le altre foto, giù in salone e in cucina, ma non ho trovato da nessuna parte il nome del fotografo >>
<< Certo, perché non sono state scattate da un fotografo professionista >>, rispose divertito il padre di Gabe.
<< Davvero? Ma allora chi le ha fatte? >>, chiese incredula Kyra.
<< Queste, mia cara, le ha fatte Gabriel >>.
Kyra rimase scioccata. Spalancò bocca e occhi, tanto lo stupore.
Non poteva crederci. Quelle meraviglie, tutte quelle emozioni racchiuse su una pellicola e immortalate per sempre, erano state fatte da Gabriel Martin?
Lo stesso Gabriel Martin che aveva odiato in passato, e che col passare del tempo le aveva risvegliato sentimenti sopiti?
Era incredibile. Quelle foto erano state scattate da una persona sensibile, vulnerabile, che prova sentimenti e non si vergogna nel dimostrarli.
E non era esattamente la descrizione che avrebbe dato al ragazzo.
<< Mi sta prendendo in giro? >>
<< No, assolutamente. Vedi, quei due siamo io e Anne >>, e indicò la foto appesa. Solo in quel momento Kyra si rese conto di conoscere quei volti. E capì realmente la portata dell’amore che univa quelle due persone. << Gabe l’ha scattata cinque anni fa, in vacanza. Avevamo appena superato un periodo difficile. Non era stato semplice, e quella vacanza ha permesso a tutti noi di ricaricarci. Io e mia moglie ci siamo riscoperti più innamorati di prima. E Gabriel ha voluto immortalare un momento di intimità tra noi. Diceva che il vero amore va tramandato di generazione in generazione, e in quale modo migliore piò essere fatto se non attraverso una foto? >>.
Kyra si scoprì ancora più emozionata di prima. Era senza parole. Ed inoltre i sentimenti nati il giorno precedente erano nuovamente esplosi nel suo cuore.
Quella forma indistinta che ancora non riusciva a comprendere, risultò più chiara e dai contorni leggermente definiti. Forse stava cominciando a capire. Ma quello che stava comprendendo non la rendeva felice.
Anzi. Solo molto più nervosa!
<< Sai, posso confessarti un piccolo segreto? >>, domandò Samuel, riportandola alla realtà.
<< Certo. Può fidarsi di me >>, confermò Kyra.
<< Quando Gabriel era molto piccolo, forse aveva cominciato da poco a camminare e parlare, volle per il suo compleanno una macchina fotografica giocattolo. Poi a sei anni, si fece comprare la sua prima polaroid. Non la smetteva un secondo di fare foto. Anche mentre eravamo in bagno. Fu lui a scattare la prima foto a sua sorella. So che la conserva ancora in un suo album di foto personale, a cui nessuno ha accesso. Ed è andato avanti a fare foto nei successivi anni. Ero convinto che volesse intraprendere questa professione. Avevo già raccolto diverse notizie sulle migliori scuole di fotografia. Anne sperava che, un giorno, potesse assumerlo come fotografo per le sue sfilate >>, Samuel sorrise al ricordo. Kyra, invece, si trovò completamente spiazzata. Era piuttosto certa di non aver visto né una foto né una macchina fotografica nella casa del ragazzo, a Palo Alto. << Poi un giorno, l’ultimo anno di liceo, ci comunicò che aveva fatto richiesta per entrare a Stanford, e che da grande sarebbe diventato avvocato come me. Quella notizia ci spiazzò completamente. Eravamo convinti che avrebbe scelto di diventare fotografo, insieme ad Adam. Eravamo disposti anche a comprare uno studio per loro. Volevamo dargli tutto l’appoggio necessario, e sostenerlo come abbiamo sempre fatto. Ma lui aveva già deciso. Quando partì, non portò neanche una delle sue macchine fotografiche, dalle quali non si era mai separato. Da allora non ha fatto più foto. Non so perché, ma ho come l’impressione di avere un ruolo in questa sua decisione. Come sono abbastanza convinto che io ed Anne abbiamo un ruolo in qualsiasi altra decisione Gabriel abbia mai preso. Tu per caso sai qualcosa? >>.
Kyra lo guardò confusa. Poi gli venne in mente il motivo per cui era li, in quella casa a parlare con quell’uomo.
Gabriel l’aveva ingaggiata come finta fidanzata, perché Amelie l’aveva lasciato e lui non poteva presentarsi a casa senza una donna.
Aveva detto che non aveva scelta.
Ma, dopo aver conosciuto i genitori del ragazzo, si domandò perché non poteva dire di essere stato lasciato.
Come non si spiegava la ragione per cui avesse intrapreso una carriera diversa da quella che, palesemente, amava.
Come non si spiegava il reale motivo del suo atteggiamento da stronzo durante tutti quegli anni, e l’improvviso cambiamento avuto nei suoi confronti.
Le domande non facevano che vorticarle nella testa.
Solo una, però, riecheggiò più forte delle altre: chi era realmente Gabriel Martin? E quali segreti nascondeva nel suo cuore?





 
buonasera, gente...
innanzitutto volevo ringraziare tutte le persone che hanno recensito il capitolo precedente, e tutte le persone che, anche se silenziose, hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate...grazie di cuore...
ora passiamo al capitolo U.U
come promesso, eccolo qui!!!!

Evviva, non vi ho fatto aspettare mesi...

allora piccole info, giusto per spiegarvi un po' di cose.
è vero, il capitolo è il più corto tra tutti, ma ha in se moltissime domande. non so se ci avete fatto caso, ma nella prima parte, ovvero le prime due settimane in cui gabriel e kyra si conoscono, noi veniamo a conoscenza di tutto il passato della ragazza.
ma di gabriel no, tranne per qualche piccola confessione fatta un po' li e un po' qui...
questa seconda parte, invece, svelerà tutti i segreti di questo personaggio ambiguo...
a cominciare dal suo volere diventare avvocato quando palesemente desidera fare altro...perchè? come mai secondo voi?
beh, sicuramente lo scoprirete in futuro, ma non un futuro prossimo...
nel prossimo capitolo avremo un momento intimo tra adam e kyra...finalmente i due si conosceranno un po'...
che altro dire? spero che la scena del bacio vi sia piaciuta...
ho cercato di trasmettere tutte le emozioni che due personaggi come loro potevano provare in quel momento...
ora vi lascio, promettendovi un aggiornamento entro la settimana prossima (probabilmente sempre tra mercoledi e giovedi)
un bacio 
Moon9292

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** A cuore aperto ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 12 - A cuore aperto

 

 

Kyra sorseggiava un bicchiere di cocktail analcolico sulla sdraio fuori in veranda.
Con gli occhiali da sole, e la vista puntata verso il cielo sconfinato, le sembrava di stare in paradiso. Quasi come se tutti i suoi desideri di pace e felicità si fossero realizzati.
E tutto grazie ad una stupida bugia.
Non faceva che pensare alla conversazione avuta con Samuel quella mattina. Come avesse descritto Gabriel, e raccontato del suo amore per la fotografia.
Era una descrizione che non corrispondeva per niente al ragazzo che lei aveva conosciuto.
Anche se, ad essere onesti, in quei giorni aveva completamente cambiato opinione su di lui.
Era come se nella sua mente ci fosse una distinzione ben netta del Gabriel di tre settimane prima, e del Gabriel con cui aveva a che fare adesso.
Gabriel stronzo. Gabriel gentile.
Gabriel vanitoso. Gabriel imbarazzato.
Gabriel egoista. Gabriel supereroe.
Non sapeva più a cosa pensare. A quale sfumatura di quel ragazzo credere.
Ma sentiva nel profondo, che aveva ancora tanto da scoprire. Era certa che, come lei, Gabriel avesse i suoi segreti oscuri e profondi.
Prese un altro sorso del suo cocktail, continuando a fissare il cielo, azzurro come gli occhi di Gabe.
Occhi bellissimi, doveva ammetterlo. Capaci di farti perdere in luoghi mai esplorati.
Ancora sentiva sulla bocca, la morbida consistenza delle labbra del ragazzo, il sapore dei suoi baci, il cuore galoppare al vento libero finalmente di seguire un sentimento mai provato e ancora incompreso.
Istintivamente portò una mano alla bocca, toccando i contorni, per cercare di percepire ancora la bellezza di quel bacio. Ma non era la stessa cosa.
E quello che più la sconvolgeva era che, nel profondo, desiderava ardentemente riavere su di se le labbra di Gabriel.
Sospirò affranta. Non sapeva cosa le stava accadendo e perché. Era tutto troppo nuovo per lei, e inoltre la sua infanzia rubata non le permetteva di vivere in maniera serena cose come i sentimenti o emozioni.
Aveva bisogno di sentirsi dire che tutto sarebbe andato bene.
Aveva bisogno di sentire una voce amica darle tutto il suo conforto e dirle che era amata, nonostante tutto. Ma Gabriel era uscito con la sorella, i genitori Martin per quanto simpatici fossero, erano estranei. Inoltre entrambi erano impegnati con faccende di lavoro.
In quell’istante, sentì il telefono squillare. Lo prese dalla tasca dei pantaloni, guardò il nome sullo schermo, e sorrise commossa. Come aveva potuto dimenticarsi dell’unica persona con cui condivideva la sua anima, l’unico di cui non avrebbe mai potuto fare a meno. L’unica persona capace di percepire, anche a chilometri di distanza, il suo cuore incrinarsi.
<< Pronto >>, rispose con voce incrinata.
<< Dolcezza, sappi che questa è solo una chiamata per avvisarti che sto per richiamarti, e dovrai avere a che fare con la brutta versione di me, chiaro? >>, esclamò Sean con tono mellifluo.
Poi attaccò. Kyra rimase perplessa. Non aveva capito assolutamente cosa fosse appena successo. Chiamata per avvisarti? Da quando Sean la chiamava per lasciarle dei messaggi manco fosse una segreteria telefonica? Poi il telefono squillò nuovamente. Sul display lo stesso nome.
<< Sean ma che accidenti stai combinando? >>, domandò confusa appena risposto.
<< Io? IO? Starai scherzando, Kyra. Sono due dannatissimi giorni che non ti fai sentire. Aspettavo una tua chiamata per avere notizie dalla famiglia Sawyer, ma niente. Ho seriamente temuto che, appena arrivata, ti avessero portato nel loro seminterrato per staccarti la faccia e farne una maschera da usare durante i party di halloween. Mi hai fatto prendere un colpo! >>, sbottò tutto d’un fiato, infuriato come non mai.
<< Sul serio, Sean? “Non aprite quella porta”? Ne abbiamo già parlato, non puoi guardare film dell’orrore. Sei altamente impressionabile >>, commentò divertita Kyra.
<< Non cambiare argomento! Ero sul serio preoccupato, Kyra. Ho avuto paura che qualcosa fosse andato storto >>
<< Hai ragione, mi dispiace. Avrei dovuto chiamarti ieri pomeriggio. Ti giuro che avevo programmato di chiamarti. E che poi sono accadute delle cose, avvenimenti incontrollabili, situazioni, discorsi e tante altre cose che mi hanno fatto dimenticare tutto il resto. Devi credermi >>
<< E sentiamo quali sarebbero queste cose cosi importanti da farti dimenticare la mia magnifica persona? >>, domandò Sean sarcastico.
<< Ehm, la famiglia di Gabriel che è come un tornado. Sul serio, ti prendono nel loro vortice e non ti fanno più uscire. Poi c’è stata la questione stanza da letto e il fatto che la mamma satana è di larghe vedute e decide di farci dormire insieme. Poi è venuto Adam che, caspita, è davvero bello e fa strage di cuori ed è simpatico e vuole che siamo alleati contro Gabe e la cosa mi fa divertire. Poi i programmi, shopping, sfilate, ricevimenti con noi come attrazione della serata, e poi c’è stato il bacio e poi la confessione del padre e di… >>, cominciò a sproloquiare come se dovesse vomitare ogni cosa. Non aveva un freno.
Ma dall’altra parte ci fu, inizialmente, un silenzio sospetto. Troppo sospetto. Seguito dal rumore di uno che trattiene forte il fiato, e poi esplose la bomba.
<< COSA? >>, urlò Sean nell’orecchio di Kyra.
La ragazza allontanò l’apparecchio dal suo sistema uditivo, sperando di non aver compromesso il suo timpano a vita.
<< Sean è ufficiale. Sono appena diventata sorda >>
<< Hai baciato Gabriel Martin? >>, esclamò scioccato il ragazzo.
E Kyra si rese conto di quello che aveva appena confessato nel suo mare di parole. E si morse forte il labbro. Non solo per le emozioni che la investirono nuovamente, ma anche perché quella era una notizia che andava detta con un minimo di precauzione, o comunque con una spiegazione prima.
Non gettata li nel vortice delle notizie. Sean non avrebbe mai potuto farsi scappare una cosa simile. Non era nella sua natura. Specie dopo tutto quello che la ragazza aveva passato, dopo il suo passato, non poteva ignorarlo.
<< Sean stai calmo. Adesso ti spiego >>.
E passò i successivi dieci minuti a raccontare le circostanze che l’avevano portata a limonare con il suo finto fidanzato davanti alla sua famiglia. Stranamente Sean rimase in silenzio per tutto il tempo.
<< … E quindi ci siamo baciati davanti a tutti >>, concluse, cercando di scacciare le immagini del bacio dalla sua mente.
Dall’altra parte del telefono vi era ancora il silenzio più profondo. Kyra guardò lo schermo del display, credendo che fosse caduta la linea, ma non era cosi. Poi sentì un sospiro forte.
<< Kyra, tu stai bene? Sei sicura di quello che hai fatto? >>, domandò Sean preoccupato e serio.
Troppo serio. La ragazza non riusciva a capire quel suo atteggiamento. Era certa che avrebbe dato di matto, che l’avrebbe investita di parole, e che avrebbe voluto sapere ogni dettaglio. Non si aspettava di trovare la versione in preda all’ansia di Sean.
E poi capì.
Quel bacio, il bacio dato a Gabriel, dato dopo tutti gli anni passati in solitudine, con la paura della sua stessa ombra. Con la paura che in realtà quell’ombra fosse il suo patrigno pronta ad aggredirla di nuovo.
Terrore di dover ricadere nel baratro della disperazione, dell’anoressia e della depressione.
Sean aveva paura. Paura per lei, e di come quel bacio, date in circostanze straordinario e non consone, potesse agire sulla sua psiche.
Ma lei stava bene. Molto bene. Era felice di quel bacio, anche se non riusciva ancora ad identificare quei sentimenti. Non si sentiva violata, ne sporca, ne altro.
Era certamente stato dato contro la sua volontà, ma non in maniera negativa. Era lei ad aver voluto farlo. E non si pentiva di niente.
<< Si Sean, sto bene. Va tutto bene. Stai tranquillo >>, rispose con calma e convinzione.
Voleva che l’amico capisse che non doveva temere niente. Che lei non sarebbe più tornata l’ombra di se stessa. Voleva che capisse che lei finalmente, dopo tanti anni, stava vivendo davvero.
<< Ne sono contento >>, affermò Sean commosso.
Sentiva tirare su col naso, segno che il ragazzo stesse trattenendo le lacrime. Kyra cominciò a sentire un magone in gola. Doveva tanto a Sean. Gli doveva la sua vita.
Senza di lui, probabilmente a quell’ora non sarebbe stata sdraiata al sole a sorseggiare un cocktail, ma sepolta sotto dieci metri di terra.
<< Grazie Sean >>, disse dolcemente
<< Di niente, dolcezza >>, rispose con lo stesso tono.
Entrambi rimasero in silenzio per qualche minuto, cercando di calmare i sentimenti tormentati. Dovevano darsi un contegno, altrimenti quella conversazione sarebbe finito in un bagno di lacrime.
<< Bene, appurato che non sei morta e che non sei stata costretta a fare nulla contro la tua volontà, voglio i dettagli! E quelli piccanti, ovviamente. Non di serie B, a cui possono accedere anche i minorenni. Voglio quelli importanti >>, esclamò rinvigorito Sean.
<< Sul serio Sean? Pensi che mi sia data al sesso perverso in casa altrui, con Gabriel Martin? >>, rispose sbuffando Kyra.
Guardò l’orologio che aveva al polso notando che era quasi mezzogiorno e mezza, e che preso sarebbero tornati i due fratelli insieme ad Adam. Sospirò pensando alla conversazione che avrebbe avuto col ragazzo. Voleva parlargli, ma non immaginava di cosa. Forse voleva fare il tipico discorso da ‘feriscilo, e ti spezzo le gambe’, ma era poco probabile.
<< No dolcezza, voglio i dettagli sulla meravigliosa bocca che si ritrova quel bellissimo biscottino. È davvero morbida come sembra? >>
<< Sei malato Sean. Penso sul serio che tu debba farti curare. Ti accompagno. Giuro che sarò vicino a te in ogni passo di questo lungo percorso che ti porterà verso la guarigione dalla tua perversione >>
<< Sei davvero spiritosa, dolcezza. Noto che la famiglia Martin ti ha contagiata con il loro macabro senso dell’humor >>, sbuffò sarcastico il ragazzo.
<< Sicuramente tra te e loro, ho avuto degli ottimi insegnanti >>, affermò divertita la ragazza.
Quelle discussioni la facevano sempre sorridere. Inoltre avrebbe evitato di dover raccontare all’amico i dettagli del bacio, salvandola. Non era ancora pronta a rivivere con la memoria la sensazione di avere le labbra di Gabriel sulle proprie, la loro morbidezza e la consistenza. Era davvero troppo presto.
<< Disturbo? >>, domandò una voce alle sue spalle, facendola voltare di scatto.
Adam le sorrise divertito e anche un pochino dispiaciuto per lo spavento.
<< Non figurati >>, rispose velocemente, sentendo i battiti accelerare.
Era giunto il momento della conversazione più imbarazzante di tutta la sua vita.
<< Con chi stai parlando dolcezza? >>, chiese Sean dall’altra parte del telefono.
<< Con Adam. Ora devo andare, Sean. Ci sentiamo >>, cosi dicendo chiuse la conversazione, ignorando le proteste dell’amico.
Adam prese posto nella sedia a sdraio accanto alla sua e osservò silenzioso il panorama.
La piscina, gli alberi, il cielo splendente, il suono della primavera di sottofondo.
Sembrava di essere in Paradiso, senza la parte brutta dell’essere morti.
<< Sai, sei diversa da come ti immaginavo >>, esordì dopo qualche minuto di silenzio Adam.
A Kyra venne un colpo al cuore. Ecco, decisamente non partivano nel migliore dei modi.
<< Ah si? E come mi immaginavi esattamente? >>, chiese agitando nervosamente le mani sul pantalone.
Presto avrebbe dovuto asciugarle dal sudore. La tensione non le faceva bene.
Avrebbe dovuto chiedere consiglio a Samuel su come affrontare i problemi.
Infondo, il suo sogno era quello di diventare avvocato, e sudare davanti al giudice e dimostrarsi nel panico non erano doti propriamente favorevoli in un tribunale.
<< Innanzitutto ero convinto fossi bionda >>, esordì sorridendo continuando a fissare il cielo.
Primo punto a suo favore. Amelie era davvero bionda.
<< Non credo mi doni il biondo >>, commentò non sapendo cos’altro dire.
<< Ti facevo molto più snob e come dire, antipatica. Senza offesa >>.
Secondo punto per il ragazzo belloccio. Oltre ad un bel viso, aveva anche un bel cervello. Amelie era la più grande stronza sulla faccia del pianeta.
<< Perché mi hai visto con la luna buona. Ma quando scendo dal lato sbagliato del letto, mi trasformo in un piccolo lupo mannaro pronto a sbranare chiunque odori in modo strano >>.
Adam rise divertito per quel commento. Ottimo, forse faceva ancora in tempo a conquistarlo.
<< Già, immagino. Ed ultimo punto, ti facevo meno intelligente. Invece i tuoi occhi sprizzano fame di sapere, furbizia, ingegno e anche sarcasmo. Doti davvero rare per una ragazza come te >>
<< Come me? >>, domandò confusa e anche stupita di quanto ci avesse preso in pieno. Senza occhiali, forse, i suoi occhi trasmettevano tutto quello ed altro.
<< Già, una modella di successo come te. Inoltre Gabe non ha mai avuto buon gusto con le ragazze. Snob, viziate e superficiali. Volevano tutte apparire e basta. Nessuna che andava più nel profondo, nessuna che cercava di scoprire chi era veramente Gabriel Martin. Tu invece non sei come loro >>, sospirò malinconico Adam. Kyra si chiese perché avesse quell’aria non esattamente triste, ma neanche felice. << Tu lo hai conosciuto per quello che è, lo prendi per la testa e non per le palle. Lo stuzzichi e ci litighi costantemente, tenendolo sempre attivo. Non lo fai perdere dentro il mondo che si è costruito >>
<< E questo lo hai capito ieri pomeriggio in quelle poche ore che siamo stati insieme? >>, chiese divertita.
<< Oh, l’ho capito da quelle poche ore passate insieme, e dai racconti di Gabe di stamattina >>
<< Che ti ha detto? >>, sbiancò la ragazza, immaginandosi già quali potevano essere stati ricordi tirati fuori.
<< Beh, mi ha raccontato del vostro appuntamento con la pizza in camera tua. Delle uscite dove anche un semplice caffè diventava una sfida. Mi ha raccontato del tuo odio per l’attività fisica, e della scommessa persa. A proposito, spero che tu abbia fatto un video della scena, perché devo ricattarlo a vita >>, rise divertito Adam.
Kyra ingoiò un magone gigantesco. Gabe aveva raccontato all’amico non delle favole inventate per rendere la loro relazione più interessante e romantica.
Aveva parlato dei singoli momenti che i due avevano vissuto insieme nelle due settimane precedenti, durante la loro conoscenza. Era stato sincero.
Non aveva creato una Kyra finta, montata e creata appositamente per quella situazione.
Aveva descritto la reale Kyra, con pregi e difetti.
Si sentì commossa e felice. Improvvisamente desiderò avere accanto Gabriel. Non sapeva per fare cosa, ma un flash del loro bacio apparve immediatamente nella sua mente.
Cavolo! E quello cosa significava? Che diamine voleva dire quel ricordo sbucato improvvisamente?
Che volesse ripetere nuovamente… No! Si impose mentalmente di dimenticare quel pensiero e quel bacio dato sotto ricatto.
Non voleva ribaciare Martin! Per nessuna ragione al mondo voleva riassaporare quelle meravigliose labbra morbide, leggermente screpolate, e sentire il sapore spettacolare del ragazzo, e provare le emozioni travolgenti che…
<< Ti senti bene? >>, domandò Adam, improvvisamente, riportandola alla realtà.
Kyra sentì il cuore battere furioso. Che diavolo le prendeva? Stava decisamente perdendo colpi.
<< Niente, scusa >>, rispose schiarendosi la gola.
Adam la guardò per un altro istante, poi scosse le spalle e tornò a guardare il panorama.
<< Senti >>, esordì Kyra ritornando sul discorso precedente. << Visto che sono cosi diversa da quello che ti aspettavi, significa che non sei deluso giusto? >>
<< No, assolutamente >>, confermò il ragazzo.
<<< E allora perché volevi parlarmi? >>
<< Perché volevo scoprire quanto Gabriel fosse cambiato >>.
Kyra lo fissò per qualche instante confusa da quelle parole.
<< Non capisco >>
<< Vedi, Gabe quando è partito per Stanford, era diverso. Sono il suo migliore amico, ma a volte c’erano dei suoi atteggiamenti che proprio non riuscivo a capire o addirittura a tollerare. Pensavo, però, che non sarebbe mai cambiato. E infondo gli voglio bene cosi com’è, pregi e difetti >>
<< E adesso non è più quello di un tempo? >>, domandò confusa la ragazza.
Molto confusa, visto che tre settimane prima lei e Martin si odiavano reciprocamente.
<< No, non lo è. È cambiato. In meglio! Voglio dire, siete andati in un locale gay, e lui non ha dato di matto. Anzi, si è divertito ed ha ballato con un tuo amico. Lo ha difeso! Hai idea di cosa voglia dire tutto questo? >>, rispose velocemente Adam.
Nei suoi occhi una luce di speranza brillava. Quasi come se non credesse neanche lui a quello che stava dicendo. Sembrava tutto troppo bello. Le domande su Gabriel aumentarono, e Kyra aveva bisogno di risposte.
<< Adam, sinceramente non so che Gabe tu conosca, ma so quello che conosco io. Ed è una persona davvero gentile, e altruista. Ha un cuore davvero grande >>
<< Lo so. Ma è la prima volta che lo dimostra. Vuole bene alla sua famiglia e vuole bene a me. Ma davanti ad altri, agli estranei, lui diventa un’altra persona >>.
Kyra doveva ammettere che quelle parole erano vere. Prima di conoscerlo, era certa che Gabriel fosse senza cuore. Un grandissimo figlio di puttana. Ma, conoscendolo meglio, aveva dovuto ricredersi. Tutto quello che aveva visto, era solo apparenza. Il ragazzo che le aveva chiesto di accompagnarla in quella follia, era un ragazzo speciale.
<< Senti, mi togli una curiosità? >>, chiese dopo qualche momento.
<< Dimmi >>, rispose Adam.
<< Mi sai dire perché Gabriel odiava i gay? Ora non li odia più e ha fatto amicizia con il mio migliore amico, che è appunto gay. Ma non ho mai capito il perché di questo suo astio >>.
Il ragazzo inspirò forte, tormentandosi una mano dalle dita affusolate. Sembrava essere diventato triste.
<< Vedi >>, esordì dopo qualche momento di silenzio. << Alle medie, io e Gabe non eravamo un duo meraviglioso. Eravamo un trio. Con noi c’era sempre un altro ragazzo >>
<< Non ne sapevo niente >>
<< Lo avevo immaginato. Gabe non ama parlare di quello che successe tra lui e Paul. Comunque, tutti e tre eravamo migliori amici. Eravamo sempre insieme, uscivamo insieme, dormivamo tutti i weekend insieme. Poi un giorno successe una cosa >>, a quel punto il tono di Adam divenne ancora più malinconico e triste. A Kyra quasi si spezzò il cuore. << Vedi, non eravamo ancora popolari o chissà che a quei tempi. Eravamo dei ragazzini normali che volevano solo giocare ai videogiochi. Però nella nostra scuola vi era un gruppetto di bulli, che si divertivano a prendere in giro e a tormentare chi gli dava fastidio. Ed un giorno capitò che Paul urtò il capo di questo gruppetto, facendogli cadere addosso una bottiglina d’acqua che stava bevendo. E questo segnò la fine per lui >>.
Kyra sospirò tristemente, sentendo una valanga di ricordi piombargli addosso. Anche lei era stava vittima, per tutto il tempo a scuola, dei bulli di turno.
<< Gli hanno dato il tormento, immagino >>, affermò guardando di sottecchi Adam.
<< Già. Lo hanno preso in giro per moltissimo tempo. Inizialmente erano stupidi scherzi, tant’è che noi tre scherzavamo su quello che gli capitava. Poi un giorno lo scherzo divenne pesante. Lo portarono negli spogliatoi e lo costrinsero a vestirsi da donna. Non puoi immaginare l’umiliazione che provò Paul, anche perché da poco aveva rivelato di essere bisessuale, e quei ragazzi lo sapevano. Gabe quando vide quella scena, si ribellò. Non poteva più sopportare di vedere il suo amico soffrire. Ma non immaginò quali sarebbero state le conseguenze per lui. Il capetto, sentendosi per la prima volta sfidato, decise che doveva impartire la più grande delle lezioni >>.
Kyra si sentì raggelare. Sapeva quali erano le conseguenze per chi sfidava apertamente il capo di un gruppo di bulli. Lo aveva visto succedere ad un suo compagno di scuola, e non era stato bello. Diamine, era successo anche a Sean di subire la vendetta di uno di loro.
<< Che successe? >>, domandò temendo il peggio.
Adam sospirò tristemente, come se quel ricordo gli facesse ancora male. Era strano, come se in qualche modo quello che era capitato a Gabriel avesse toccato anche lui.
<< Un pomeriggio lo portarono in uno dei bagni della scuola. C’erano poche persone a quell’ora, cosi nessuno si accorse che era scomparso. Non so di preciso cosa gli fecero, so solo che quando lo trovai quattro ore dopo, era bagnato e dall’odore penso che fosse pipì, sporco di sangue e con i vestiti strappati. Volevo portarlo in ospedale, ma lui si rifiutò. Volle farsi accompagnare a casa, e per una settimana non lo vidi. Quando poi tornò a scuola, era diverso. Il suo sguardo era diverso >>, Adam si voltò verso Kyra e la guardò quasi con disperazione. << Devi capire che Gabe prima di quell’incidente, era buono con tutti. Non aveva mai preso in giro con cattiveria nessuno. Tra di noi ci facevamo degli scherzi, ma erano cose divertenti. Aiutava chiunque fosse in difficoltà, a discapito anche di se stesso. Ma dopo quell’incidente, per un mese, non parlò né con me né con Paul. Quando andai a casa sua, i genitori mi dissero che dovevo avere pazienza, perché Gabriel stava metabolizzando ciò che gli era capitato. E nel frattempo, a mia insaputa, prendeva lezione tutti i giorni di arti marziali o roba simile. Dopo un mese, venne vicino a me, col solito sorriso sulle labbra, ma con lo sguardo spezzato. Non vedevo più la solita luce che lo contraddistingueva. Mi disse che era tornato e che avevamo un compito da svolgere. Quel pomeriggio fece a botte col capo dei bulli, battendolo e diventando il nuovo capo >>.
Kyra annuì tristemente, conoscendo bene le dinamiche di quei gruppi. Poi rifletté un momento, trovando un pezzo mancante in quella storia.
<< Scusa, ma questo cosa c’entra col suo disprezzo verso gli omosessuali? >>
<< C’entra, perché qualsiasi cosa gli hanno fatto in quel bagno, hanno fatto sorgere in lui sentimenti di rabbia e di disprezzo per chiunque fosse diverso, specialmente i gay. E infatti, dopo essere diventato il nuovo capo dei bulli, la prima cosa che fece fu picchiare violentemente Paul accusandolo di essere solo un frocio di merda. La parola merda veniva ripetuta continuamente. Lo fermai con qualche difficoltà, cercando di farlo ragionare, ma mi disse che non voleva più essere amico di Paul. Voleva solo me al suo fianco >>, spiegò abbassando lo sguardo vergognandosi di quei momenti.
Kyra rimase scioccata. Cosa gli avevano fatto per portarlo ad odiare in quel modo il suo stesso amico?
Gabriel era davvero un mistero costante. Non avrebbe mai immaginato di poter scoprire cosi tanti segreti oscuri di quel ragazzo.
Più entrava nel mondo di Gabe, più veniva sopraffatta.
<< Paul cambiò città una settimana dopo, senza farsi più vedere ne sentire. Mi sono sentito cosi male per lui, oltre che cosi in colpa per quello che gli avevamo fatto. Lo avevamo abbandonato su due piedi. Siamo stati delle persone orribili >>, commentò Adam, disgustato anche da se stesso.
<< Perché tu sei rimasto accanto a Gabriel? >>, chiese confusa Kyra.
<< Gabe è sempre stato come mio fratello. Ci conosciamo da bambini, ed io lo seguivo ovunque. Non riuscivo e tutt’ora non riesco ad immaginare una vita senza di lui. È una parte troppo importante di me stesso. Separami da lui, sarebbe come separarmi da un rene. Posso sopravvivere, certo, ma avrei sempre un pezzo in meno insostituibile >>.
E Kyra capì che Adam aveva ragione.
Se Sean fosse impazzito improvvisamente, lei non lo avrebbe abbandonato. Sarebbe rimasta al suo fianco, come avevano sempre fatto. Perché lei non esisteva senza il suo migliore amico.
Poi le venne in mente un altro pensiero.
<< Ma scusa, da come parli sembra che solo Gabriel detesti ciò che ritiene diverso, in particolar modo i gay. Ma lui mi ha raccontato che tu sei, praticamente uguale a lui. Qualcosa non torna >>, affermò Kyra guardando confusa il ragazzo.
E in quel momento, quando Adam abbassò lo sguardo, colpevole di aver commesso il più efferato dei crimini, capì.
Quasi come se una luce fosse stata accesa nel momento più buio della notte.
I commenti fatti da Mike.
L’insistenza di Adam nel sapere se Gabriel sarebbe venuto dai suoi.
Il suo voler parlare con lei.
Lo sguardo che le rivolgeva in quel momento.
Tutto tornò.
La risposta era tanto semplice quanto folle. Non avrebbe mai potuto immaginarla, neanche solo pensarla.
Eppure, dopo aver avuto a che fare per tutta la vita con Sean, doveva aver sviluppato anche lei un radar. Ma, come tante cose che le erano successe, anche quello doveva essere difettoso.
Dopo qualche altro momento di silenzio, non riuscì più a tenere per se la scoperta appena fatta.
<< Tu sei gay >>, sussurrò ancora scombussolata.
Adam sembrò diventare piccolo, quasi minuscolo.
Incurvò la schiena, portando la testa ancora più nascosta dalle spalle.
Non osava alzare lo sguardo, vergognandosi immensamente. Era folle e sbagliato quel momento.
Kyra non riusciva ad immaginare cosa volesse dire nascondere per tutto quel tempo un peso cosi grande col proprio migliore amico. Anzi, con tutto il mondo.
Lei aveva avuto delle persone a cui appoggiarsi, dopo quello che era accaduto col patrigno.
Adam invece no.
Era rimasto completamente solo.
Kyra provò una grande pensa per quel ragazzo, cosi allungò una mano e la posandola sulla sua, stringendola e cercando di dargli un po’ di conforto.
<< Ehi, va tutto bene >>, provò a consolarlo.
<< No che non va bene. Ho mentito al mio migliore amico per tutto questo tempo. Come posso anche solo guardarlo negli occhi, specialmente ora che sembra essere tornato nuovamente quello di un tempo >>, si lamentò il ragazzo. La sua voce era incrinata, quasi come se stesse trattenendo le lacrime.
<< Puoi guardarlo negli occhi, perché hai fatto una scelta, esattamente come l’ha fatta lui >>, rispose con forza Kyra, attirando lo sguardo di Adam. << Gabriel ha scelto di voler odiare chiunque ritenesse diverso, perché ha subito delle violenze psicologiche. E tu hai scelto di rimanergli accanto, nascondendo ciò chi sei, per il bene di entrambi. Anche lui ha le sue colpe, cosi come le hai tu. Ma adesso avete l’occasione di chiarirvi, di poter essere finalmente onesti l’uno con l’altro. Non è una cosa meravigliosa l’occasione che vi è stata data? >>.
Kyra rimase sorpresa di se stessa e delle parole pronunciate. Non era mai stata una grande ottimista, ma da quando conosceva Gabriel Martin, aveva scoperto che in realtà il famoso bicchiere poteva essere visto mezzo pieno e non mezzo vuoto.
Era semplicemente una questione di punti di vista.
E il suo, era cambiato irrimediabilmente.
Adam la guardò di sfuggita, ricambiando la stretta della sua mano.
<< Tu lo credi? >>, chiese timidamente.
<< Ne sono convinta. E scommetto che lo sei anche tu, vista l’insistenza con cui lo volevi qui. Forse in cuor tuo avevi deciso di essere onesto? >>, domandò divertita la ragazza.
Adam non rispose, ma dal piccolo sorriso che apparve sul suo volto, capì di aver indovinato.
<< Devo preoccuparmi? >>, esordì una terza voce, cogliendoli di sorpresa.
Entrambi si voltarono, trovando Gabriel appoggiato allo stipite della porta con un sopracciglio elevato.
Kyra non riuscì a trattenere un sorriso. Qualcosa, nel vederlo, la riempiva di gioia.
Improvvisamente il flash del loro bacio riapparve nella sua mente, portandola a desiderare di avere il bis.
Che fosse…?




Gabriel sorrise divertito alla scena a cui stava assistendo.
Kyra, Eve e Adam ridevano e giovano come scemi nel cortile di casa.
Si rincorrevano neanche avessero cinque anni a testa. Ovviamente tutto era partito da quella mente bacata del suo amico che, con aria spavalda, aveva sfidato la sua finta fidanzata ad una gara di corsa.
Va da se che la Smith non si tirava mai indietro ad una sfida, quindi aveva accettato di corsa, ed Eve si era aggiunta perché era una ragazzina di sedici anni che adorava la sua presunta cognata, anche se la conosceva solo da qualche giorno. Glielo aveva svelato quella mattina mentre passeggiavano per le strade del quartiere e si raccontavano un po’ le loro vite.
 
<< Sai, fratellone, sono davvero contenta che tu abbia trovato una ragazza simile >>, esordì Eve mentre raccoglieva un fiore per strada.
Gabriel sentì il cuore fermarsi in petto.
<< In che senso? >>, chiese cominciando a sudare.
<< Nel senso che mi piace. È intelligente, spiritosa, ti tiene testa e non ti lascia vincere facilmente. Avevi bisogno di una ragazza da considerare tua pari, e l’hai trovata >>, spiegò sorridendogli.
A quel commento, il cuore del ragazzo cessò definitivamente di battere.
Si sentì una vera merda, per quello che stava facendo.
Aveva mentito a tutti, ma di sicuro non si sarebbe aspettato che Kyra colpisse cosi positivamente la sua famiglia.
Erano tutti felici per lui, non facevano che fargli i complimenti, e ad ogni loro parola lui si sentiva morire un po’ di più. Era terribile quello che stava facendo, ma non aveva altre vie d’uscita.
Lo aveva capito quando aveva diciassette anni, sapendo che il suo destino era segnato.
Si era messo l’anima in pace, dopo quello che era successo. Ma quella situazione stava diventando insopportabile. Soprattutto perché lui aveva cominciato a sentire delle strane emozioni per Kyra.
Non solo quel bacio, ma anche da prima, si sentiva diverso nei suoi confronti. Voleva di più. Voleva sempre di più. E non sapeva da dove nascessero quei sentimenti, né il perché.
Sentiva solo che le sue emozioni erano fuori controllo, e che la Smith era la causa scatenante di tutto quello che provava.
Si schiarì la voce, tornando al presente e cercando di accantonare per quanto potesse quello che provava.
<< Sono felice che la pensi in questo modo >>, rispose giusto per non fare la figura dello scemo.
<< Stamattina Adam ti ha detto qualcosa? >>, domandò Eve continuando a guardarlo curiosa.
<< No, perché doveva dirmi qualcosa? >>
<< Non lo so. Ultimamente è un po’ strano. Sta sulle sue, è pensieroso, e mi ha dato un po’ il tormento a chiedermi se venivi o meno per la festa di mamma e papà >>, spiegò la ragazzina.
<< Ha dato il tormento anche a te? >>.
Eve annuì confusa.
<< Quello stronzetto non ha fatto che chiamarmi in queste settimane per sapere se, quando e come arrivavo. Dovrò farci una chiacchierata >>, meditò Gabriel. Poi cominciò a riflettere, e gli venne in mente una cosa. << E penso di dover fare una chiacchierata anche con te, sorellina cara >>.
Eve si gelò all’istante, senza voltarsi verso il fratello.
<< Ah si? >>, chiese preoccupata.
<< Si. Sappi che mi è stato detto quello che ti sta succedendo. Ora voglio sapere tutto. Nome. Cognome. Indirizzo. Che fa nella vita. Chi è la sua famiglia. Ogni cosa! >>, esclamò perentorio il ragazzo.
Eve dapprima ci pensò su, poi scappò di corsa.
<< Non esiste che io parli. Prima dovrai prendermi! >>, urlò divertita la ragazza.
A Gabriel scappò un sorriso felice. La sua sorellina non sarebbe mai cambiata ed era felice di questo.
<< Scappa, che tanto ti acchiappo >>, urlò di rimando.
Poi cominciò a correre anche lui, inseguendo una delle persone più importanti della sua vita.

Una risata forte, lo distrasse dai suoi pensieri.
Vide Kyra a terra con Eve addosso, mentre le faceva il solletico.
Successivamente, Adam si buttò di peso sulle due ragazze, facendole ridere ancora più forte.
Quel quadretto era davvero bello. Un po’ si sentiva geloso nel vedere la Smith ed il suo migliore amico interagire cosi bene.
Non aveva dimenticato di averli trovati mano nella mano in veranda.
Non sapeva bene da dove venisse quel sentimento di profonda gelosia e angoscia che lo aveva pervaso.
Sapeva solo di doverli separare, ed anche in fretta.
Cosi si era seduto sulla sdraio di Kyra e aveva fatto in modo che i due dovessero lasciarsi andare. Da quel momento non li aveva più lasciati da soli.
Si rendeva perfettamente conto di essere ridicolo, ma non riusciva a frenarsi.
Inoltre voleva sapere di cosa avessero parlato per tutto il tempo, visto che Kyra lo aveva guardato diversamente. Quasi con una nuova e strana consapevolezza.
Doveva assolutamente indagare.
Una mano andò a posarsi sulla sua schiena, riportandolo al presente.
<< Ehi figliolo >>, lo salutò il padre.
<< Ciao papà. Già a casa? >>, domandò Gabriel sorridendo al genitore.
<< Si. Ho deciso di uscire prima. Dopotutto, il mio primogenito preferito non viene spesso a casa, e devo approfittarne in quelle rare occasioni >>.
Gabriel si sentì in colpa. Il padre aveva ragione.
In quegli anni non era tornato spesso a casa, ecco perché aveva sentito tanto la loro mancanza. Ma non riusciva a farci niente. Una piccola parte di lui, seppur minuscola e sepolta dentro il suo animo, accusava i suoi genitori delle scelte prese. Del suo destino segnato.
Sapeva che era ridicolo quel suo pensiero, ma non riusciva a sopprimere completamente quella vocina che nella sua testa gli ricordava il passato.
Avrebbe tanto voluto sfogarsi con qualcuno, ma non poteva farlo. Avrebbe dovuto soffrire in silenzio, come sempre, e lasciare che le cose procedessero nella direzione che aveva imboccato.
<< A cosa pensi, figliolo? >>, chiese il padre riportandolo alla realtà.
<< A niente >>
<< Sai stamattina, prima di andare in ufficio ho visto Kyra guardare le tue foto >>
<< Cosa? >>, esclamò sorpreso e spaventato.
Non aveva mai raccontato a nessuno del suo più grande amore. Solo la sua famiglia e Adam conoscevano la sua reale passione.
Probabilmente Kyra aveva passato la mattinata a chiedersi cosa significassero quelle foto, a farsi domande e congetture, e sicuramente appena fossero stati soli gliele avrebbe esposte.
Era davvero nei guai, oltre che leggermente nel panico.
Già sentiva il suo cervello pronto a sparare follie su follie per riuscire a sistemare la situazione. Quello di cui però era certo, era che non avrebbe dovuto dire la verità alla Smith. Doveva mentire, anche se sicuramente sarebbe stato scoperto.
Quella ragazza aveva un fiuto infallibile per le menzogne. Ma non doveva parlare. Se lo era promesso tanto tempo fa, e aveva sempre rispettato la parole. Non era possibile che una ragazza che in passato odiava, potesse sconvolgergli cosi tanto l’esistenza. Era una cosa che non tollerava.
<< Gabe, ragazzo, cosi mi spaventi. Sembra che tu a momenti alterni scompaia nella tua mente >>, affermò perplesso il padre.
<< Scusa papà. Non so che cosa mi prende >>, si giustificò prontamente il ragazzo, tornando alla realtà.
<< Non c’è bisogno che tu ti scusi. Non hai fatto nulla di male. Vorrei solo che tu fossi un po’ più sincero con i tuoi vecchi e pazzi genitori >>
<< Che intenti dire >>, chiese Gabriel, sentendo montare il panico. Possibile che lo avessero già scoperto? Non era possibile!
<< Voglio dire che è da quando sei tornato a casa da scuola, conciato davvero male, che non ci dici più cosa ti succede. Sai di quale incidente sto parlando, vero? >>.
Si, Gabriel sapeva molto bene di che cosa stesse parlando il padre.
Il giorno in cui tutto cambiò. Il giorno in cui perse un amico per non vivere più nella vergogna.
Ogni azione ha una sua conseguenza.
E lui le conseguenze delle sue azioni le aveva scontate per bene, su questo non c’erano dubbi. Ci aveva rimesso la sua anima, la sua integrità, ogni cosa per quella scelta presa in quel maledetto bagno.
Non aveva più pensato all’incidente successo quel giorno, ma da quando Kyra era entrata nella sua vita, alcuni flash di quel momento tornavano prepotenti, specie la notte quando sognava.
<< So a cosa ti riferisci. Ma papà, non succede niente per questo non vi parlo. Non ho nulla da dire >>, esclamò sperando di convincere il genitore. Sapeva di aver già perso in partenza, ma meglio tentare che abbandonare subito la partita.
<< Questa cosa che tu continui a mentire pensando di potermi prendere in giro, mi da di un fastidio immenso. Sono tuo padre, non un vecchio rincoglionito. Ti ho cresciuto, ti ho fatto il bagnetto, ti ho cambiato il pannolino quando facevi pipi o pupù. Ti ho parlato di sesso e di preservativi, nonostante il forte imbarazzo. Quindi gradirei non essere preso in giro, se proprio non vuoi dirmi la verità >>.
Quelle parole, dette con quel tono così duro, gelarono il sangue nelle vene a Gabriel.
Si sentì incredibilmente in colpa. Non voleva prendere in giro i suoi genitori ne ferirli in qualche modo.
Solo che non poteva dire loro la verità, non poteva raccontargli cosa gli passava nella mente, perché altrimenti avrebbe dovuto recriminare loro quello che lo avevano costretto a fare. E non era pensabile una cosa simile. Da allora, sapeva che avrebbe dovuto solo soffrire in silenzio.
L’unica cosa che chiedeva era quella di non costringerlo a rivivere in eterno quel momento.
<< Papà mi dispiace. Ti prego non parlarmi cosi. Lo sai che voglio bene a te e alla mamma. E sapete entrambi che verrei da voi se avessi qualche problema. Ma non è ho. Sto bene. Va tutto bene. È tutto perfetto >>
<< Davvero? E allora perché non prendi più una macchina fotografica? Perché non ha raccontato a Kyra della tua passione per la fotografia? >>, domandò caustico il padre.
Quelle parole ebbero la capacità di ferire profondamente Gabriel. Era come se gli fosse stato piantato un coltello nel fianco destro.
Non al cuore perché sapeva di poter sopravvivere senza la fotografia, solo che faceva male. Che se avesse potuto scegliere non si sarebbe privato di una cosa cosi importante per lui.
Prese un profondo respiro, cercando di trovare le parole, ma il padre lo bloccò.
<< Non provare a cercare delle scuse, figliolo. So che lo stai facendo. Ti conosco, e so come ragioni, perciò risparmiamelo. Voglio solo dirti una cosa. Un tempo, avresti passato il tempo a guardare scene come quella… >>, indicò con lo sguardo i tre ragazzo intenti a rotolarsi sull’erba. << …dietro ad un obiettivo, scattando foto su foto. Le avresti stampate nello studio che ti sei fatto costruire, e avresti appeso la più bella sulla parete della tua stanza. Un tempo avresti guardato una scena come quella, col sorriso sulle labbra e la voglia di immortalare i momenti migliori. Li chiamavi ‘scene di vita quotidiana che restano impresse nella mente e nel cuore’. Ora invece sei qui, triste e malinconico, ed osservi la vita che passa come uno spettatore. Non so cosa ti è successo, ma rivoglio mio figlio. E so che quella ragazza me lo può riportare >>.
Detto questo posò una mano sulla spalla tremante di Gabriel. Si sentiva male per tutte quelle parole, non voleva sentirle. Ma il suo cervello le aveva apprese, mandandole in continuazione nella sua mente come un loop. Era sconvolto e profondamente ferito.
<< Pensaci >>, aggiunse il padre, lasciandolo da solo sul balcone di casa.
E così fece. Ci pensò per tutta la giornata, anche quando fu coinvolto dai tre pazzi.
Ci pensò ad ora di cena, quando tutti passarono il tempo a raccontare cosa avevano fatto durante la giornata, e a programmare la giornata di shopping del giorno successivo.
Ci pensò quando si misero a guardare un film sul divano, col Kyra attaccata al suo fianco.
Ci pensò anche quando andò a prepararsi per la notte.
Non smise di pensarci un solo attimo. Ma lo stesso non trovò una soluzione per quelle parole.
Era convinto di aver vissuto la sua vita al massimo, mettendo sempre la quinta in ogni cosa che faceva.
Aveva dato tutto in ogni occasione. Ma evidentemente non era bastato, o non era vero.
In quel momento si rese conto che aveva solo fatto finta di vivere. Ma dentro era rimasto diviso dal resto del mondo dietro ad uno strato enorme di plexiglass.
Si rese conto che l’ultima volta in cui si era sentito felice, se stesso e pieno di energia era stato quando aveva scattato la sua ultima foto.
Forse, dopotutto, non era vero che poteva vivere senza macchina fotografica.
<< Sei silenzioso stasera >>, disse improvvisamente Kyra nel buio della loro stanza.
Erano stesi a letto da qualche minuto, con le luci spente, ma nessuno dei due dormiva.
Gabriel sospirò, sentendo già il peso di quello che sarebbe successo nei prossimi minuti. La Smith avrebbe voluto parlare, raccontarsi e in qualche modo svelarsi, e lui era troppo stanco. Non aveva le forze per affrontare niente di simile.
<< Non provare ad ignorarmi, Martin. So che mi hai sentito, che vorresti mandarmi a fanculo e tutto il resto. Ma io sono stata onesta con te, e farlo mi ha fatto sentire bene. Quindi ti chiedo di essere altrettanto onesto con me, cosi magari ti sentirai meglio >>
<< Pensi che facendo una chiacchierata a cuore aperto, raccontando i nostri sentimenti e tutte quelle cagate li da libro Harmony possa servire a qualcosa? Io sto bene, non ho bisogno di parlare, ne tanto meno riflettere sui fottutti segreti del cosmo. Grazie tante >>, rispose duramente, voltandosi e dando le spalle alla ragazza.
Si sentiva un pezzo di merda, ma era stata una giornata dura e difficile.
E guardare la libreria dove erano conservate tutte le sue macchine fotografiche, non faceva che aumentare la sua angoscia. Desiderava cosi tanto poterne prendere una in mano e scattare anche solo una foto. Ma aveva promesso di non farlo mai più, e lui era un uomo di parola.
<< So già che mi pentirò >>, sbuffò stanca Kyra dietro di lui.
Poi improvvisamente due braccia lo avvolsero da dietro, posandosi una sul suo addome, un’altra sotto al suo collo posandosi sul suo petto. Dietro alla schiena avvertì un calore diverso, un calore umano. Un calore cosi forte, da farlo tremare. Sentì quello che era chiaramente un seno premere sulla sua schiena, e delle gambe lunghe incastrarsi con le sue.
Kyra lo aveva abbracciato a cucchiaio.
<< Che diavolo stai facendo? >>, domandò sconvolto.
Non riusciva quasi a respirare, figurarsi a muoversi.
<< Sta zitto. Non fare nessun commento, Gabe. Non hai idea di quello che mi sta costando fare una cosa simile >>, sibilò tra i denti, poggiando poi la fronte sul retro del collo del ragazzo.
Solo in quel momento Gabriel si rese conto che Kyra tremava, e anche tanto.
Una nuova consapevolezza entrò in lui.
La Smith non aveva più dormito con un uomo dall’epoca del patrigno, e i suoi contatti col sesso maschile erano pochi e limitati. Quindi per lei era tutto nuovo e sconcertante. Inoltre i dubbi, le paure e le incertezze dovevano starla assalendo.
Era stato un perfetto coglione per come l’aveva trattata. Inoltre il suo cuore, pur non volendo, prese a battere furiosamente.
Si sentì commosso e grato per la fiducia che la ragazza gli dimostrava costantemente. Voleva assolutamente esserne degno.
Posò il suo braccio su quello avvolto intorno al suo addome, andando cosi ad incastrare le dita delle mani tra di loro. Fortuna voleva che non potevano guardarsi negli occhi, o sarebbero morti dall’imbarazzo.
<< Non so cosa ti sia successo oggi, ma sappi che io ci sono. Sono qui per te, e non me ne vado >>, sussurrò con dolcezza Kyra, lasciando che il suo fiato andasse a riscaldare il collo del ragazzo.
Gabriel sentì il cuore battere ancora più furiosamente. Quelle emozioni provate durante il giorno, e lasciate nel dimenticatoio, tornarono con prepotenza.
Come tornò con prepotenza il flash del loro bacio.
Gli venne improvvisamente voglia di voltarsi, e riprovare a sentire quelle labbra sulle sue, per vedere se ricordava la reale consistenza.
Morbide e gustose. Come piacevano a lui.
<< Adama mi ha raccontato di Paul >>, sussurrò nuovamente la ragazza riportandolo al presente.
Quel commento lo fece raggelare.
Non era certo di poter affrontare quel ricordo, perché la ferita non si era mai del tutto sanata.
Spesso, quando meno se lo aspettava, tornava a sanguinare copiosamente.
<< Non devi parlare, se non te la senti. Sappi solo che eri un ragazzino, e che probabilmente quello che quei ragazzi ti hanno fatto, ti ha sconvolto a tal punto da non riuscire più a distinguere il bene dal male. Non è colpa tua, è solo la vita che ti prende e ti trascina negli abissi. Devi perdonarti >>
<< Come posso perdonarmi, dopo aver trattato in quel modo uno dei miei migliori amici? Che razza di persona sono? >>, esplose non riuscendo a trattenersi.
Una lacrima scivolò lungo la sua guancia. Per fortuna che non poteva essere vista, altrimenti si sarebbe chiuso a riccio, ancora prima di potersi confidare.
<< Puoi, perché tutti commettiamo degli sbagli. E tu sei stato portato a farlo. So che eri buono e altruista prima dell’incidente >>
<< Non ne voglio parlare >>
<< Gabe, farlo ti farà soltanto che bene. Per me così è stato >>.
Gabriel avrebbe voluto mandarla a fanculo, e tornare nel suo mondo fatto di pensieri e rimugini vari, ma non poteva. Semplicemente, quando Kyra gli parlava cosi, quando provava ad aiutarlo, quando gli offriva la mano per farlo alzare, doveva assecondarla. Era più forte di lui.
<< Mi piaceva dare ai miei amici tutto l’aiuto che necessitavano. Mi faceva sentire bene. Soprattutto quando potevo difendere Paul e Adam. E quando Paul fece coming-out, ero convinto che gli sarei rimasto accanto sempre. Anzi, lo avrei spronato a provarci con un maschio solo per fargli capire che andava bene qualsiasi scelta avesse compiuto >>, sputò fuori in un sussurro strozzato, sentendo sul volto altre lacrime. Era difficile parlare di quei momenti, di Paul e di tutto ciò che avevo portato le sue scelte. << Quando poi Paul finì addosso a quei ragazzi, lì per lì non mi preoccupai più di tanto. Che poteva succedere >>
<< Le ultime parole famose >>
<< Già. Più lo tormentavano, e più mi si spezzava il cuore. Quando poi lo umiliarono completamente per quello che era, non ci vidi più. E finì col subire la loro vendetta. Furono le quattro ore più brutte della mia vita, dove ero convinto che mi avrebbero sfigurato a vita, o addirittura ucciso. Sai, morire nell’acqua del cesso è davvero umiliante. E in tutto quel tempo, non facevano che ripetere che il diverso è male. Che essere diverso, risaltare sul resto della gente è sbagliato. Inoltre inveivano contro gli omossessuali, dicendo che loro erano i più diversi tra tutti. E che era colpa loro, e soprattutto del mio amico Paul, se io stavo subendo una simile punizione. Gli è bastato quattro ore per piegarmi. Una vita intera passata a proteggere e difendere il prossimo, spazzata via in quattro ore >>, sussurrò buttando fuori ogni cosa.
Kyra strinse forte la sua mano, come a volergli dire che era presente.
Che soffriva con lui. La sentiva tremare ancora, ma erano diversi quei tremori. Erano dovuti alle emozioni troppo forte, e Gabriel lo sapeva.
Perché aveva imparato a conoscerla, e sapeva quanto grande fosse il suo cuore.
Quindi, strinse anche lui la sua mano.
<< Mi dispiace immensamente, Gabe. Non hai idea di quanto mi si spezzi il cuore. Ma tu devi perdonarti, e andare avanti. Hai subito delle violenze, hai visto anche tu il peggio del mondo, e sei sopravvissuto. Lo vedo quanto tu stia cambiando. Mi hai difeso da Freddie, mi hai aiutato quando credevo che per me era finita. Sei stato un perfetto angelo custode. Ma finché non ci crederai anche tu, finché non ti perdoni, non potrai mai superare questo blocco nel cuore. E lasciatelo dire da una che si è costruita una muraglia altissima intorno al cuore >>.
Un sorriso amaro stese il cipiglio addolorato di Gabriel. Quanto avrebbe voluto poter credere a quelle parole, ma come poteva farlo se dalle sue scelte erano dipese le vite altrui?
<< Vorrei andare avanti, ma con quale diritto poi? Sai, due anni fa vidi Paul per strada. Aveva una cicatrice sul sopracciglio destro. Gliel’ho fatta io quella cicatrice. Ed evitava il contatto fisico con gli altri. Camminava a testa bassa e sembrava cosi miserabile. Ora tu dimmi con quale coraggio io posso permettermi di andare avanti, mentre lui deve convivere con i demoni delle mie azioni >>, rispose amareggiato.
<< Devi farlo perché tu puoi essere responsabile di un momento, non di una vita intera di una persona. Certo, quel momento può cambiarci profondamente, ma sta a noi riuscire ad affrontare la vita. Non saremo più gli stessi, ma essere deboli è una scelta nostra, non del carnefice che ci ha ferito >>, Kyra si strinse maggiormente alla corpo di Gabriel, trasmettendogli ancora più calore. << Tu sei stato debole quando ti hanno ferito. Paul è stato debole quando lo hai ferito tu. Io sono stata debole dopo essere stata ferita dal mio patrigno. Ma noi due stiamo cercando di migliorare, di imparare dal passato e guardare in avanti. E se Paul non l’ha fatto, è una sua responsabilità non tua. Il peso del mondo non grava sulle tue spalle >>
<< Si ma… >>, provò ad obiettare Gabe, ma fu bloccato all’istante dalle parole successive della ragazza.
<< Nessun ma. Devi imparare a rispettare la debolezza degli altri, Gabe, senza che ti senta responsabile per loro. Lo hai fatto anche con me, e ti sono grata per questo. Ma devo imparare a cavarmela da sola, ad affrontare i miei demoni senza l’aiuto di altri. È cosi che sono riuscita ad affrontare Freddie, ma ho ancora tanta strada da fare. Puoi darmi una mano, come puoi aiutare tutto il resto dell’umanità, o ferire chiunque ti capiti a tiro. Ma noi non siamo una tua responsabilità. Tieni a mente questo, e perdonati, perché sei una brava persona e te lo meriti. Hai fatto ammenda a sufficienza. Ora può bastare >>.
Quelle parole non lo convinsero del tutto, ma aprirono uno spiraglio nel suo vetro in plexiglass. Forse Kyra aveva ragione, e poteva finalmente perdonarsi, ma era un cammino lungo.
Doveva seguire il percorso senza scorciatoie, con la strada dissestata e tutto il resto. Ma alla fine sarebbe arrivato al traguardo col sorriso sulle labbra e il cuore più leggero.
<< Grazie Kyra >>, sussurrò sorridendo nel buio della notte.
<< Non c’è di che >>, rispose la ragazza.
Rimasero in silenzio ancora per qualche attimo, ognuno perso nei suoi pensieri.
I ricordi, affrontati ad una certa ora della notte, diventavano più profondi e oscuri.
Quasi come se un mostro si materializzasse sotto al letto, pronto a colpire quando meno uno se lo aspetta.
<< Posso azzardarmi a farti un’altra domanda? >>, esordì improvvisamente la Smith.
<< Posso impedirtelo? >>, rispose prontamente Gabriel.
Ancora non era riuscito a superare il peso che quella conversazione aveva portato con se, ma poteva provare almeno ad essere un po’ più spensierato.
<< Ovvio che no. Comunque la domanda è questa: come mai non mi hai detto della tua passione per la fotografia? >>.
Ecco un’altra domanda carica di sentimenti e ricordi.
Ma a quella non poteva rispondere.
Chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro. Quando lo rilasciò era pronto a bloccare subito il discorso, quando Kyra lo sorprese di nuovo.
<< Va bene cosi, Gabriel. Sento che non vuoi parlarne. Il tuo cuore ha preso a battere furiosamente, e questo è un chiaro segnale di ritirarsi. Ma ho perso una battaglia non la guerra. Perciò quando te la sentirai, quando vorrai aprirti io sono qui. Magari forse insieme, aiutandoci e supportandoci a vicenda, possiamo costruirci un presente degno di nota, capace di battere il nostro passato. Non possiamo cancellarlo o cambiarlo, ma possiamo fare in modo che non ci rovini la vita per sempre. Non può piovere per sempre, giusto? >>, domandò sfiorando con le dita il tatuaggio sul polso del ragazzo.
Gabriel sorrise, le guance nuovamente sporche di lacrime.
Quella ragazza era incredibile. Sapeva dire la cosa giusta al momento giusto.
E gli donava quello che non credeva fosse più possibile provare: la speranza.
<< Grazie. Di nuovo >>, aggiunse divertito, sentendo il nodo stretto intorno al cuore sciogliersi un po’.
<< Ma ti pare. Ah un’ultima cosa, poi dormiamo. Le tue foto sono stupende. Ma dove diavolo lo tenevi nascosto questo tuo lato artistico e romantico, eh Martin? >>, esclamò con impeto.
Una risata sgorgò dal petto del ragazzo.
Era bello parlare con la Smith.
Davvero bello.





 
signori non ci posso credere!!!!! 
ecco a voi un nuovo capitolo di "Una fidanzata per finta"!!!!! YEAHHHHHHHHH, e che capitolo.
ben 14 pagine di word, quindi mi aspetto qualche commentino giusto di apprezzamento ed incoraggiamente. solitamente i miei capitoli sono tra le otto e dieci pagine, quindi qui mi sono davvero superata...
tornando a noi, penso abbiate notato che sia un capitolo un po' più pesante, tipo come quello inerente alla confessione di kyra riguardo le sue violenze passate...
beh anche qui si svelano degli altarini, perciò ho voluto farlo un po' più serio, e meno folle come gli altri...non proeccupatevi, nel prossimo torna la follia più pura...vedrete XDXD
detto questo, scopriamo non solo che adam è gay (magari qualcuno lo aveva già immaginato, o magari no), ma che inoltre gabriel ha subito davvero una brutta esperienza che lo ha portato a diventare lo stronzo che è, specie con i gay...ragion per cui adam non ha fatto coming-out...
inoltre non so se qualcuno lo noterà, ma il pov di kyra finisce con una domanda...chi vuole provare a rispondere?? dai sbizzarritevi, magari indovinate anche...
vi anticipo però che non scoprirete la risposta di questa domanda nel prossimo capitolo, e neanche nei successivi, ma più in la..
volevo anche confermarvi che la storia varà un massimo di venti capitoli, escluso l'epilogo, quindi direi che ne mancano altri sei...
cominciate a prepararvi mentalmente, non solo alle follie miei e di questi personaggi ingestibili, ma anche al finale XD
detto ciò, chiedo ancora scusa per la mia assenza...chi conosce la mia pagina su fb, sa quali sono le mie ragioni...chi non la conosce, beh coglie l'occasione e ci passa XDXD
aggiungo anche che ho cominciato una nuova storia, a tematica omosessuale intitolata "Story of my life", che trovate nella mia pagiana...per ora c'è solo il prologo ma credo che domani dovrei riuscire a pubblicare il primo capitolo...quindi magari se vi va, passate anche da quelle parti (e lasciate un commentino U.U)
ora basta...
vi ho annoiato a sufficienza
ora vi lascio...
ci vediamo prossimamente su questi schermi XD
un bacio
Moon9292

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Foto del cuore e sfilata a sorpresa ***


 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Capitolo 13 - Foto del cuore e sfilata a sorpresa

 

 

Gabriel guardò l’orologio per l’ennesima volta, domandandosi che fine avessero fatto la Smith, sua madre e sua sorella.
Erano uscite alle nove del mattino, per fare quello che sapeva sarebbe stata una giornata di intenso shopping.
Shopping estremo. A livelli che neanche lui raggiungeva.
E, conoscendo Kyra, avrà odiato sicuramente ogni secondo di quella mattinata.
Ma in quel momento, guardando l’orologio e notando che ormai era la mezza passata, più che giornata di spese si trattava di un sequestro di persona. E visti tutti i loro segreti, era decisamente angosciante tutta quella situazione.
Inoltre Adam, da quando era arrivato, non aveva fatto altro che lavorare ad alcune foto da lui fatte.
Erano davvero bellissime. Ritratti di vita quotidiana, rubati ed immortalati nel tempo.
Ogni volta che guardava quelle foto passate al computer, dentro sentiva nascere una profonda tristezza, oltre ad un grande rimpianto per le scelte passate.
Era vero che il passato non poteva essere cambiato, e che lui non poteva farci nulla per quello che era accaduto, ma era altrettanto difficile lasciarselo alle spalle. Specie se la colpa era sua.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per riprendere una macchina fotografica in mano, ma ogni volta che ci provava percepiva un senso di nausea terribile.
E poi subentravano i ricordi sensoriali. L’odore di pneumatici bruciati, lo stridore di una frenata brusca.
No, non poteva prendere di nuovo una macchina fotografica in mano. Non ce la faceva.
Anche se avrebbe dato via la gamba sinistra per poterlo rifare.
Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì una voce richiamarlo.
<< Gabe, ci sei? >>, domandò Adam schioccando le dita davanti al suo volto.
<< Si scusa. Ero solo perso nei miei pensieri >>
<< Come sempre del resto >>, sbuffò tristemente il ragazzo.
Gabriel si trovò a concordare con lui.
Da quando aveva subito quell’aggressione alle medie, accadeva spesso che si rinchiudesse nel suo mondo fatto di pensieri ed oscurità.
Non era un bel posto dove stare, ma non riusciva a fare entrare il sole dentro di se.
Le mura erano davvero alte e spesse.
Si chiese per l’ennesima volta come fosse riuscito ad abbattere le mura della Smith, e se lo stesso sistema potesse funzionare per se stesso. Evidentemente la risposta doveva essere negativa, se ancora non ci era riuscito.
<< Ed ecco che se ne ritorna nel suo personale paese dei balocchi. Se vuoi restare da solo a trastullarti, me ne vado >>, lo prese in giro Adam.
<< Hai appena usato la parola ‘trastullare’? Hai letto un vocabolario ieri sera? >>, sorrise divertito.
<< Quanto sei divertente. Quasi come un pugno piazzato dritto nei coglioni. Piuttosto, ti va di uscire domani sera insieme a Kyra? Potremmo andare ad una nuova discoteca. Sarebbe divertente >>
<< Certo. Appena torna, lo diciamo anche alla Smith >>
<< Sai che la tua dolce sorellina vorrà venire? >>, domandò Adam con un sorriso storto sul volto.
<< Lo sa già che è autorizzata ad entrare in discoteca al compimento dei sui trentacinque anni. Io e papà siamo stati molto chiari >>, rispose risoluto Gabe.
Adam scoppiò a ridere forte, seguito quasi subito dal compagno.
Quei siparietti in casa Martin non mancavano mai.
<< Siete una famiglia di matti >>
<< Tu ne fai parte da quando andavamo all’asilo, caro. Quindi, tecnicamente, sei pazzo anche tu >>, concluse Gabriel risoluto.
<< La pazzia mi si sarà attaccata addosso, per osmosi >>, confermò l’amico. Poi dopo qualche attimo, tornò improvvisamente serio. << Forse dovrei dirti qualcosa su questa discoteca >>
<< Spara >>.
Adam cominciò a muoversi agitatamente sulla sedia. Quell’atteggiamento mise sulle spine Gabe. Che diavolo gli stava per dire?
<< Vedi, il posto si chiama “Black or Pink” >>
<< Direi un nome piuttosto originale >>
<< Il significato è che questa è una discoteca tollerante. È stata creata apposta per dare un posto di ritrovo sia per gli etero che per i … gay >>, confessò alla fine, senza alzare lo sguardo.
Per l’ennesima volta, Gabriel si trovò di fronte le conseguenze del suo passato, il modo spregevole con cui aveva trattato la maggior parte delle persone, in particolar modo gli omosessuali.
Non si può sfuggire dalle proprie colpe. E di certo lui non poteva farlo.
Ovunque si guardasse, vedeva i suoi passi falsi.
E anche Adam aveva subito le conseguenze delle sue azioni.
Inspirò piano, sentendo un piccolo dolore sordo al petto.
<< Va tutto bene. Te l’ho detto, sono cambiato ora. Non sono più quel coglione totale che ero prima. Forse sto cominciando davvero a maturare e a superare la pubertà >>, provò a scherzare, ma si rese conto di non esserci riuscito un granché.
Nella sua mente, come in loop, si presentarono tutti i suoi ricordi. Paul, il bagno con quei bulli, le risse, le prese in giro, le umiliazioni che aveva inflitto. E come ultimo, il volto di Kyra, e i suoi meravigliosi occhi castani che lo fissavano giudicandolo dopo tutti gli scherzi che le aveva inflitto.
Poi, però, quelle immagini cambiarono. Al loro posto comparvero tutti i momenti vissuti con la Smith in quelle ultime settimane.
Momenti di gioia e di felicità, caratterizzati solo dalla voglia di aiutarla a stare bene.
Forse poteva riscattarsi dopotutto.
Con lei ci era riuscito. Poteva farcela anche con il suo migliore amico.
<< Adam >>, lo chiamò cercando di farsi guardare in volto. Quando gli occhi del ragazzo finalmente si alzarono per posarsi sulla sua figura, Gabe sorrise dolcemente. << Mi dispiace per quello che ti ho costretto a fare. So che se le cose fossero state diverse, tu non saresti mai diventato il bullo della scuola. Ti conosco bene. Tu, a differenza mia, sei davvero buono >>
<< No Gabe, ti sbagli. Non sono quello che tu credi >>, la voce del ragazzo si spezzò. I suoi occhi erano pieni di angoscia repressa. Erano terribili da guardare.
<< Fidati invece. So come sei, e tu sai come sono io. Facciamo che la colpa sta settanta a me e trenta a te, ok? >>
<< Diciamo più sessanta/quaranta >>, scherzò tristemente Adam.
Gabriel sorrise divertito.
Poi il sorriso scomparve, quando gli venne in mente un volto antico, al quale cercava di non pensare mai. E la domanda gli uscì fuori, prima che potesse fermarsi.
<< Pensi mai a Paul? >>
<< Continuamente >>, confermò mestamente Adam. << Penso alla nostra amicizia, a come è andata a finire e quello che sarebbe potuto essere se… >>
<< Già. Il più grande ‘se’ della mia esistenza. A causa mia, hai rotto un’amicizia bellissima. E sempre per colpa mia, un’anima buona come quella di Paul è stata spezzata >>
<< Gabe, non è solo colpa tua. È vero, tu sei cambiato e hai cominciato ad odiare quello che rappresentava, ma io ho scelto di voltargli le spalle e seguire te. Non potevo fare altrimenti. Tu sei mio fratello, e per quanto volessi bene a Paul non c’era paragone. E per questo, anche io l’ho spezzato >>.
Adam allungò una mano, posandola dolcemente su quella di Gabriel.
Si specchiarono l’uno negli occhi dell’altro, trovando quella stessa complicità, che li aveva sempre caratterizzati, unirli ancora una volta.
Era vero, avevano commesso entrambi degli enormi sbagli, e per questo altri ne avevano pagato lo scotto.
Ma loro sarebbero sempre rimasti uniti, nel bene e nel male.
Gabe sorrise dolcemente. Quel pensiero lo confortava come nient’altro nella vita. Finché aveva Adam con se, tutto sarebbe andato sempre per il meglio.
<< Stiamo diventando davvero sdolcinati >>, commentò cercando di smorzare un po’ l’atmosfera.
<< Nah, ci stanno solo crescendo le ovaie, la vagina e tutto il resto >>
<< Anche da femmina, sono sicuro di essere sempre più bello di te >>
<< Non sperarci. Sono certo che la gonnella e il rossetto rosso fuoco mi donino come poche cose nella vita >>, ribatté spavaldo e anche molto divertito Adam.
<< Ho il terrore ad interrompere qualsiasi cosa stia succedendo qui, ma devo davvero chiederlo ragazzi: che diavolo state dicendo? >>, domandò una voce femminile.
I due saltarono sulla sedia, spaventati per l’improvvisa interruzione.
Si voltarono verso la voce, trovando la madre di Gabriel sulla porta intenta a fissarli leggermente perplessa.
Alle spalle, Eve e Kyra cercavano di trattenere le risate.
<< Posso spiegare >>, disse improvvisamente Gabe, alzandosi dalla sedia, imitato subito da Adam.
Pessima reazione. Sembrava davvero che avesse combinato qualcosa di sbagliato.
<< Non ne dubito, tesoro. Però se dentro di te senti di essere donna e non uomo, potevi dircelo prima. Avremmo cercato dei gruppi di sostegno, e i migliori chirurghi plastici per l’intervento. Sai, quello per cambiare sesso >>, commentò dolcemente la madre.
Gabriel sbuffò irritato. Quella donna era davvero satana.
E come se non bastasse, la Smith e sua sorella scoppiarono in una risata fragorosa, seguite poi da quello che una volta era il suo migliore amico.
<< Traditori. Tutti dei traditori pagliacci. Siete una famiglia da denuncia. Mi domando come, da piccolo, non abbia chiamato il telefono azzurro >>, esclamò esasperato.
Ormai anche la madre sghignazzava senza tregua.
Gabe decise che ne aveva avuto abbastanza.
Senza aggiungere un’altra parola, si avviò verso le scale per andare in camera. Nel tragitto, afferrò il polso di Kyra, trascinandola con se.
La ragazza, nonostante tutto, non smise di ridere neanche per un secondo.
Quando arrivarono nella sua camera da letto, la lasciò andare, buttandosi di peso sul letto. A quel punto, si concesse un sospiro divertito. Era davvero felice di essere cresciuto in quella famiglia di pazzi.
<< Adoro tua madre. È una pazza, con manie del controllo e con un lato perfido che stenta a nascondere, ma è davvero unica >>, commentò Kyra.
Lasciò cadere le buste per terra, andandosi a stendere accanto al ragazzo.
<< Scommetto che ti ha trascinato praticamente ovunque, e ti ha fatto provare qualsiasi capo di abbigliamento che le veniva in mente >>
<< E anche le scarpe, e le cinture, e le borse e qualche altro accessorio di dubbia identità. Non credevo che sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrei indossato una tiara, ma mi sono ricreduta. C’è sempre una prima volta per tutto >>
<< Non voglio neanche sapere perché ti ha costretto ad indossare una coroncina >>, rispose divertito Gabe. << Almeno hai trovato qualche vestito adatto? >>
<< Si. Io non volevo comprare nulla, sostenendo che avessi già troppi vestiti, ma lei è stata irremovibile. Ha deciso di prendermi un vestito per domani sera e uno per il matrimonio. Voleva comprarmi anche qualcosa per la serata organizzata da quella famiglia di sabato, ma le ho detto che tu avevi già provveduto >>.
Il ragazzo annuì silenziosamente, guardando il soffitto con intensità. Nelle orecchie ancora il discorso avuto poco prima con Adam.
<< A cosa pensi? >>, domandò dolcemente Kyra.
<< A niente e a tutto. Prima con Adam parlavamo di Paul >>, spiegò Gabriel.
<< E… ? >>
<< Ed entrambi ci sentiamo in colpa per quello che è accaduto, e che nonostante tutto noi restiamo fratelli >>
<< Sono contenta di sentirtelo dire >>.
Poi rimasero per qualche altro minuto in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Gabe doveva ammettere con se stesso che, da quando nella sua vita c’era la Smith, aveva dovuto affrontare un sacco di cose. Ma che grazie a queste lotte, aveva finalmente tolto tanti pesi dalle spalle.
Vi erano ancora lati oscuri nei quali non aveva ancora il coraggio di avventurarsi, ma molte altre barriere erano stato abbattute.
Forse, quel sole a cui pensava prima e che credeva non lo avrebbe mai illuminato, non era poi così distante.
Doveva solo continuare per quella strada, e forse prima o poi ci sarebbe riuscito a farlo entrare.
Ma da solo sapeva che non ce l’avrebbe fatta.
E in quel momento realizzò che non voleva lasciare andare Kyra.
Neanche dopo che quella storia fosse finita.
La voleva nella sua vita con un’intensità tale da stordirlo.
Non aveva mai desiderato avere qualcuno con se, oltre alla sua famiglia. Ma la Smith, a furia di affrontarlo e metterlo davanti a tutti i suoi errori, era entrata di diritto nel suo cuore e non se ne sarebbe andata via presto.
Ancora non riusciva a capire in che modo la volesse con se, ma sapeva con una certezza sconvolgente che lo avrebbe capito.
Ormai la diga nel suo cuore era stata crepata, e presto sarebbe caduta. Era solo questione di tempo. Presto avrebbe compreso quali erano i suoi reali sentimenti.
Per allora avrebbe dovuto cercare di fortificarsi ancora di più, perché debole com’era, sicuramente sarebbe stato sommerso dall’acqua.
Si voltò, in modo da guardare il profilo dolce di Kyra.
Era bella. Non di quelle bellezze sconvolgenti.
No, lei era quel tipo di persona che risplendeva dentro, rendendo più luminoso l’esterno, e che una volta entrata dentro, ti restava sottopelle per sempre.
Potevi non notarla al primo sguardo, ma di sicuro non si poteva evitare di trovarla stupenda ad un’occhiata più approfondita.
In quel momento decise di voler condividere con lei un po’ della bellezza che aveva colto durante gli anni dell’adolescenza, solo per vedere lo stupore in quei meravigliosi occhi marroni.
<< Ti posso far vedere una cosa? >>, domandò quindi all’improvviso.
Kyra si voltò, fissandolo intensamente. Poi annuì, sorridendo.
Il cuore di Gabriel saltò diversi battiti a quel sorriso. Era magico e magnetico, poteva catturare qualsiasi cosa con quel movimento di labbra.
Labbra che aveva assaggiato e trovato irresistibili solo qualche giorno prima.
Cosa avrebbe dato per poterle gustare nuovamente.
Si riscosse velocemente da quei pensieri, temendo di fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.
Cosi si alzò e andò nella cabina armadio, dove ritrovò quello scatolone che aveva conservato diversi anni prima.
Era da così tanto che non lo apriva, che improvvisamente si sentì agitato. Li dentro erano racchiusi tutti i suoi desideri e sogni. Vi aveva rinunciato tanto tempo fa, e la ferita non si era mai rimarginata.
E da quando era tornato a contatto con le sue cose, questa si era riaperta lasciando colare diverso sangue.
Ma ormai aveva deciso e, nonostante potesse sbagliarsi, come aveva già dimostrato in passato, non tornava mai indietro.
Sospirò e portò la scatola sul letto, dove Kyra lo aspettava seduta sul materasso.
<< Cos’è? >>, domandò curiosa, guardando la semplice scatola bianca.
<< Qui dentro c’è qualcosa che non ho mai mostrato a nessuno >>, spiegò con voce tremula.
La ragazza lo scrutò, cogliendo quell’accenno di esitazione, ma non disse nulla. Gli lasciò i suoi tempi, cosa di cui Gabriel fu davvero grato.
Prese un respiro più profondo, ed alzò il coperchio. All’interno diversi album di fotografie lo aspettavano con trepidazione.
Alcune persone scrivevano diari per conservare i propri ricordi e i propri sentimenti.
Lui scattava foto. Foto di qualsiasi cosa, e quelle che catturavano un pezzo della sua anima, venivano racchiusi in quei album lontano dagli occhi di chiunque.
All’interno di quella scatola vi erano esattamente sei album pieni zeppi di foto.
Prese il primo sulla cima, sapendo cosa racchiudeva. Era l’ultimo che aveva fatto.
Sapeva che le foto che racchiudeva, trasmettevano una profonda tristezza e malinconia. All’epoca in cui lo aveva riempito, aveva già deciso che quello non sarebbe potuto essere il suo futuro e che, se voleva farcela, doveva chiudere definitivamente con la fotografia.
Passò l’album con mano tremante e Kyra lo afferrò saldamente. Era come se sapesse di dover essere forte abbastanza per tutti e due in quel momento.
Era lei la roccia e lui quello spaventato.
Si fissarono intensamente per qualche altro secondo, poi la ragazza aprì il faldone e cominciò a sfogliarlo.
In quel momento, tutti i ricordi del passato investirono Gabriel con la forza di un tir.
Quel passato fatto di sogni e speranze, spazzato via dalla realtà e da un’incidente.
Foto in bianco e nero lo riportarono indietro di anni, e il suo cuore si crepò ancora di più. Senza volerlo, una lacrima solcò il suo viso, ma l’asciugò con la stessa rapidità con la quale era caduta.
Ad ogni pagina che sfogliava, Kyra emanava sempre più stupore. Gabe avrebbe tanto voluto avere una macchina fotografica per immortalarla in quel preciso momento.
Era stupenda. Stupore e gioia e bellezza venivano emanate da quel corpo così sottile.
In un’unica parola: magnifica.
<< Mio Dio, Gabe! Sono meravigliose >>, esclamò con voce emozionata.
Gabriel sorrise dolcemente.
Valeva la pena soffrire, pur di poterla ammirare.
<< Wow, tua sorella è stupenda qui >>, continuò indicando una foto.
La osservò velocemente, riconoscendola subito.
L’aveva scatta di nascosto pochi mesi prima di partire per il college, mentre la sorella guardava il tramonto. Era appena uscita dalla piscina, i capelli bagnati erano tirati indietro, e le gocce d’acqua scendevano lungo il suo corpo alto e snello. Guardava l’orizzonte, ma con la mente era altrove, e inconsciamente si accarezzava la gamba ferita e deturpata da quell’incidente di tanti anni prima. Il suo sguardo era velato da una tristezza inconsolabile, sapendo che per quel dolore che portava dentro non vi era cura.
Lui stesso era afflitto dallo stesso male. Non sarebbe mai guarito da quello scrupolo che portava con se.
<< Deduco che tu abbia visto la ferita di Eve >>, affermò notando la mancanza di reazione della ragazza nel guardare quella gamba.
<< L’ho vista oggi. Cercava a tutti i costi di nasconderla, e ha comprato solo vestiti lunghi e pantaloni. Le ho chiesto perché non comprasse una gonna, visto che è giovane e bella, e mi ha mostrato cosa nascondeva >>, spiegò sfiorando ancora con la punta delle dita quella foto.
<< E… ? >>
<< E le ho detto che le cicatrici vanno mostrate con orgoglio, perché sono il simbolo della nostra forza. Siamo caduti, ci siamo feriti, ma siamo andati avanti. E le ho detto che è troppo bella per potersi nascondere dietro ad abiti lunghi per tutta la vita. E io ne so qualcosa del nascondersi dietro. Fino a qualche settimana fa non mi separavo mai dai miei occhiali. Ora non potrei più portarli >>.
Gabriel sentì un calore dentro che lo soprese, il cuore batteva forte.
Era stupefatto da come quelle semplici parole lo avessero colpito cosi nel profondo.
Lo avevano riempito di felicità pura.
Molti si fermavano alla cicatrice di Eve, non vedendo quello che era realmente. Ma Kyra lo aveva fatto, nonostante la conoscesse da pochi giorni. Aveva visto per davvero il tesoro più grande di Gabe, e lo aveva trovato stupendo.
Senza pensarci un secondo in più, spostò lo scatolo, tolse l’album dalle mani della ragazza, e l’abbracciò forte.
Kyra dapprima confusa, ricambiò timidamente l’abbraccio.
<< Grazie >>, sussurrò il ragazzo.
<< Di nulla >>, rispose dolcemente lei.
Poi, troppo spaventato dal mondo e dai suoi sentimenti, Gabriel nascose il volto nel suo collo.
 


Kyra si osservò per l’ultima volta allo specchio, cercando di tirare un altro po’ il vestito.
Le sue gambe erano troppo scoperte, per quanto la riguardava. Ma la madre di Gabriel sosteneva che l’abito fosse delle dimensioni adatte.
Inoltre era decisamente troppo attillato. In quei giorni, grazie anche ad una sana alimentazione, era riuscita a mettere qualche grammo, visto che la pelle non era più attaccata alle costole. Ma restava lo stesso troppo magra.
Doveva ammettere, però, che quel colore le donava, stranamente. Chiara com’era, era convinta che quel rosa cipria le sarebbe morto addosso, invece la rendeva molto delicata. I capelli lisci e sciolti sulle spalle con la riga al centro, e il trucco leggero le davano quell’aria sofisticata, senza renderla una bambolina.
Doveva ammettere di stare bene. Anche se qualche centimetro in più non avrebbe guastato.
<< Sei stupenda >>, affermò dolcemente la madre di Gabriel guardandola attraverso lo specchio.
<< Grazie >>, rispose timidamente.
<< Tesoro, non essere timida. Quando le cose sono vere, vanno dette. E vanno accettate con orgoglio >>.
Kyra sorrise. Quella donna era una forza della natura.
Niente poteva arrestarla nel suo cammino.
<< Sa, la invidio. Lei è forte, come una roccia. Niente può abbatterla >>, disse guardandola con ammirazione.
Anne sorrise mesta. Si voltò a guardare il suo riflesso, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
<< Oh bambina mia, anche la roccia più forte, col tempo e a seguito delle intemperie, comincia a sgretolarsi. Perde qualche pezzo, e si formano delle crepe. Cosi è l’animo umano. E anche io ho perso dei pezzi lungo la strada. Vorrei essere quella che credi, ma non è cosi >>, rispose malinconicamente.
Kyra la guardò confusa. Era davvero convinta delle parole appena pronunciate.
Anne notò lo sguardo perplesso della ragazza, cosi voltandosi a guardarla le spiegò.
<< Penso che tu sappia che Gabriel, quando era alle medie, ha subito qualche tipo di violenza. Non è mai entrato nel dettaglio, ma sono stata io a curargli le ferite, e so che è stato picchiato, minacciato e chissà cos’altro. Il giorno in cui tornò a casa ferito, il mio matrimonio con Samuel cominciò a traballare. Entrambi ci sentivamo colpevoli e ci accusavamo a vicenda di non esserci accorti di quello che stava accadendo a nostro figlio. In quell’occasione, persi qualche pezzo di me stessa. Ovviamente Gabe non ha mai sospettato che tra sua madre e suo padre ci fossero degli attriti. E conoscendolo, è stato meglio così. Cosi piccolo, e già portava il peso del mondo sulle spalle >>, sorrise dolcemente al ricordo del figlio. Kyra non faticava ad immaginarselo a quell’età, ma aveva delle difficoltà a credere a quelle parole. Anne e Samuel in crisi? Sembrava l’inizio di una brutta barzelletta. << Dopo quell’episodio, senza volerlo ci buttammo entrambi sul lavoro, e questo ci portò ad allontanarci ancora di più. Certo, ci amavamo ancora tanto, ma sembrava non bastare. Le cose andarono avanti per diversi anni, non eravamo la coppia più felice del mondo, ma i nostri figli sembravano stare bene, e pensavamo che finché ci fosse stato l’amore, le cose si sarebbero aggiustate. Ma poi Eve ebbe quell’incidente che la tenne in ospedale per più di un mese. Rimase in coma farmacologico per una settimana e mezzo >>.
Kyra trattenne il fiato rumorosamente. Non ne aveva alcuna idea.
Aveva capito che la sorellina di Gabriel aveva subito qualcosa di grave, ma non credeva fino a che punto.
<< Quando finalmente la svegliarono, i medici ci dissero che vi erano delle complicazioni con la gamba sinistra. Ci prospettarono la peggiore delle ipotesi, ovvero un’amputazione dal ginocchio in giù. Il mondo ci crollò addosso. E Samuel, pover’uomo, non poteva allontanarsi troppo dallo studio, quindi doveva dividersi tra il lavoro, l’ospedale, e suo figlio. Io, invece mi concentrai su Eve. Era la mia priorità. E quando eravamo soli, eravamo in grado di darci la colpa in modo così violento, da sconvolgerci. Ero devastata, e non sapevo come rimediare. Non potevo aiutare mia figlia, non potevo aiutare mio figlio, non riuscivo a salvare il mio matrimonio. Così mi appoggiai alla prima persona che mi mostrò un po’ di compassione. Ad un estraneo, senza importanza, e che non aveva niente a che fare con i miei problemi >>.
Kyra capì all’istante che cosa le stesse dicendo Anne.
Le stava raccontando di un passato nel quale era stata così debole, da cercare il conforto nelle braccia di uno sconosciuto. Qualcuno che potesse prendere il peso dalle sue spalle senza dargliene un po’ a sua volta.
Capì e comprese il perché delle azioni di quella donna così forte.
Non la giudicò, ma anzi le sorrise comprensiva.
Anne non stava cercando la sua approvazione, ma quel mancato giudizio la fece rilassare impercettibilmente.
Nella vita tutti hanno il diritto di concedersi un momento di debolezza, e Kyra se n’era concessi anche troppi.
<< Che successe? >>, domandò curiosa di sapere come ne era uscita fuori.
<< Beh, successe che cominciai a sentirmi sempre più spesso con quest’uomo. Sai era il fisioterapista di Eve, cosi lo vedevo tutti i giorni in ospedale, e quando non c’era, ci sentivamo per telefono. Credimi, amavo cosi tanto Samuel, ma non riuscivo a non provare risentimento sia nei suoi confronti che nei miei. Quindi, quei piccoli attimi di dolcezza avuti da un altro lenivano la mia anima ferita. Soprattutto quando Eve subì i primi interventi per cercare di salvarle la gamba. E quando poi i medici ci dissero che la gamba poteva restare lì dov’era, ma che era irrimediabilmente danneggiata e che nostra figlia avrebbe per sempre zoppicato, mi sentì così male. Talmente male, che cercai il conforto nelle braccia dell’uomo sbagliato. Io e Samuel avevamo litigato la sera prima dell’ultimo intervento di Eve. Lui non poteva restare con me in ospedale per via del lavoro, e io lo odiai così tanto in quel momento. Cosi, durante quelle ore interminabili, mi lasciai andare e baciai il fisioterapista di mia figlia. Ovviamente, quando pensi che non può andare peggio di cosi, succede qualcosa che rende le cose ancora più difficili. Mentre baciavo con disperazione quell’uomo, in camera entrò Samuel e ci vide. Non potrai mai capire come mi sentì miserabile. E in quel momento capì quanto avevo perso di me stessa in quegli anni e in quell’ultimo periodo. E lo stesso era accaduto a mio marito >>, Anne prese un respiro profondo, poi portò lo sguardo alla fede e sorrise dolcemente. Kyra si sentì travolgere da quell’amore che traspariva ad ogni respiro. << Cacciò il fisioterapista, e pensai che mi avrebbe fatto una scenata epica o chissà che. Invece mi prese per mano, mi fece sedere sul letto e si accomodò accanto a me. Continuò a stringermi la mano e mi chiese solamente se ancora lo amavo. Scoppiai a piangere e gli dissi di si. Annuì e mi rispose che anche lui mi amava, ma che solo quel sentimento non poteva più bastare e che dovevamo ritrovarci, perché da qualche parte durante il nostro cammino ci eravamo persi. Mi chiese se ero disposta a provarci e quando gli risposi di si, mi guardò negli occhi e mi diede un leggero bacio. Quando Eve uscì dall’ospedale, io a Samuel cominciammo il nostro percorso. Non fu facile, e ovviamente ci furono alcune litigate nel quale lui mi rinfacciava il tradimento e io desideravo sparire. Ma poi, dopo aver preso un profondo respiro, sapevamo che non potevamo lasciarci. Perché, semplicemente, eravamo noi due, lui ed io, contro il mondo. E posso dire con certezza che ce l’abbiamo fatta, che siamo tornati più uniti di prima, e c’è una foto di noi nello studio di Samuel come dimostrazione che il mondo ha provato a distruggerci, ma che ha fallito. Ma la mia anima aveva perso diversi pezzi lungo questo cammino, pezzi che non avrò mai più indietro, e quando mi guardo allo specchio non riesco a non vedere quei buchi >>, si voltò guardandosi allo specchio, poi con fierezza alzò il mento e si fissò dritto negli occhi. << Ma li porto con orgoglio, perché sono il segno della mia vittoria >>, poi tornò a fissare Kyra e sorridendole, le accarezzò una guancia. << Nei tuoi occhi vedi gli stessi buchi che porto io. E vedo che alle volte questi prendono il sopravvento. Invece devi portarli con fierezza, tesoro. Saresti ancora più bella >>.
Detto questo, uscì dal bagno lasciando Kyra in un mare di perplessità e di emozioni.
Si voltò guardandosi allo specchio, riuscendo a vedere lei stessa quei pezzi mancanti.
Ma molti non le facevano più male. Alcuni erano ancora gonfi e rossi, altri stillavano qualche goccia di sangue, ma nel complesso era certa di non aver mai avuto un aspetto cosi splendente come in quel momento. Si guardò un’ultima volta, poi scese al piano di sotto.
Anne e Samuel si abbracciavano sorridenti, e ogni tanto si scambiavano qualche tenero bacio.
Eve seduta sulla poltrona, li osservava felice.
Gabriel invece osservava lei con occhi spalancati e la bocca aperta.
Si alzò dalla poltrona e lentamente la raggiunse. Ingoiò un paio di volte la saliva, poi con voce tremante, parlò.
<< Sei bellissima >>
<< Grazie >>, sorrise dolcemente Kyra. << Anche tu >>.
Ed era vero. Il ragazzo era stupendo con quella camicia grigia aperta per i primi due bottoni, e il pantalone nero attillato.
Le portò una mano ai capelli, sistemandole una ciocca. I loro occhi erano incollati.
<< Forza gente, sono già in ritardo. Dobbiamo andare >>, disse Anne rompendo la magia del momento.
Gabe si schiarì la voce, poi con nonchalance, le prese la mano, stringendola.
Kyra sentì il cuore batterle più forte. Quell’emozione che ormai provava da troppo tempo, la riempì facendola tremare internamente.
Sapeva che stava per comprendere cosa quei sentimenti esprimessero, ma allo stesso tempo ne era spaventata.
Decise di non pensarci quella serata. Non era il momento.
Quando arrivò al luogo dove si teneva la sfilata, spalancò gli occhi meravigliata.
Vi era un sacco di gente, diverse persone famose, e moltissimi fotografi, tra cui anche Adam che, non appena li vide, li salutò da lontano poi tornò a fotografare.
<< Adam fa le foto? >>, chiese a Gabriel mentre continuavano a girare tra le diverse persone.
<< Si. Mia madre, ogni volta che organizza una sfilata nei dintorni gli chiede di fare delle foto solo per lei. Le tiene sia come ricordo, sia come strumento per migliorarsi. Per capire cosa può fare ancora di più >>, spiegò prendendo un bicchiere di spumante da un cameriere mentre passava lì accanto.
Solo in quel momento Kyra li notò, e decise di prendere anche per se un bicchiere.
Vide la passerella al centro tra le due navate di sedie, proprio come si vedeva in televisione, e non riuscì al fermarsi dal chiedersi cosa si provasse a sfilare la sopra.
<< Che guardi? >>, chiese Gabe.
<< La passerella. Mi chiedo come ci sente nel sfilare la sopra >>, spiegò Kyra.
<< Beh, all’inizio te la fai sotto dalla paura e speri di non inciampare o altro. Ma quando poi ti rendi conto che andrà tutto bene, ti senti pieno di energie, quasi come se potessi distruggere il mondo. E tutti quegli occhi addosso ti danno una scarica di adrenalina pazzesca. Alcuni modelli sono dipendenti da quella sensazione >>, spiegò il ragazzo sorseggiando il suo bicchiere.
Kyra si voltò a guardarlo con gli occhi spalancati, capendo cosa significasse quel discorso.
<< Tu hai sfilato! >>, esclamò sbalordita.
<< Si qualche volta, quando ero al liceo. Mamma alle volte doveva sostituire i suoi modelli per un motivo e per un altro, e chiedeva a me di prendere il loro posto. Ho vissuto per tutta la vita in questo mondo, quindi sapevo cosa fare da subito. E poi ce l’ho nelle vene >>.
La ragazza rimase scioccata. E subito le venne la curiosità di andare a scovare qualche foto di quei momenti. Di sicuro Anne doveva averle conservate da qualche parte.
<< Gabriel Martin, sei sempre una sorpresa >>, affermò dolcemente stupita.
<< Sempre pronto per riempire le tue giornate, baby >>, rispose facendole l’occhiolino.
<< Ora non ti allargare >>
<< Simpatica come sempre. Comunque, ieri mi sono scordato di dirti una cosa. Adam mi ha chiesto se vogliamo andare in discoteca con lui domani sera. Gli ho risposto che andava bene >>
<< Certo. Magari la prossima volta, però, chiedi prima anche a me e poi dai la conferma >>, disse leggermente piccata.
<< Dai, non fare la fidanzata rompicoglioni. Sapevo già che ti andava di uscire. Sotto quello strato di pelle e ossa si nasconde un animo pronto a fare baldoria >>, esclamò divertito Gabriel.
<< Non sono più così pelle e ossa >>, sbuffò la ragazza tastandosi lo stomaco piatto.
<< No, e per fortuna. Altrimenti ti legavo ad una sedia e ti costringevo a mangiare, riempendoti come un tacchino nel giorno del Ringraziamento >>
<< Che scena macabra >>.
Poi entrambi sbuffarono divertiti da quello scambio di battute strano.
Ma ormai li rispecchiava.
Quelli erano loro, e non due che cercavano di fingere di stare insieme. Erano davvero loro con pregi e difetti annessi.
Kyra continuò a scrutare le persone che man mano riempivano la stanza.
Poi notò Adam voltato verso di loro e con un sorriso sulle labbra. La macchina fotografica era puntata nella loro direzione, e probabilmente aveva già immortalato i due mentre discutevano.
Improvvisamente, arrivò di corsa una donna sui quarant’anni circa nella loro direzione. Quando li raggiunse, apparve agitata e col respiro corto.
<< Sei tu Kyra Smith, giusto? Sei la fidanzata di Gabriel? >>, chiese quasi nel panico.
<< Che succede Mary? >>, domandò Gabriel preoccupato e anche un po’ curioso.
<< Venite con me >>.
E senza aggiungere altro, si voltò facendo loro segno di seguirla.
I due giovani si guardarono un’istante, poi corsero dietro la donna.
Li condusse dietro le quinte, dove regnava il caos. Modelle e modelli urlanti, chi andava da una parte, chi dall’altra. Truccatori con in mano palette di colori, parrucchieri impazziti che chiedevano a gran voce dove fosse quell’attrezzo o quell’altro.
Sembrava di essere entrati in un universo parallelo.
Kyra ringraziò il cielo di non essere parte di quel mondo. Sarebbe impazzita e diventata sorda nel giro di sei mesi.
Improvvisamente, si sentì afferrare per una spalla. Quando si voltò, davanti ai suoi occhi vide una Anne sconvolta, e quasi in preda al panico.
<< Kyra, meno male che sei qui. Oddio, è il disastro più totale, una vera catastrofe >>, esclamò stringendo di più la mano sulla spalla della giovane.
<< Mamma che succede? >>, domandò Gabriel intromettendosi.
<< Oh tesoro, sono nella merda più totale. La modella protagonista, quella maledetta bastarda, ha deciso che bere fino a svenire prima dell’inizio della sfilata fosse una decisione buona e giusta. È nello stanzino, addormentata o forse in coma etilico, non lo so. E ora io mi ritrovo senza la mia modella principale >>.
Kyra cominciò a tremare, le mani presero a sudare copiosamente, e un senso di nausea la travolse.
Quel discorso, sapeva, non sarebbe andato a finire bene.
<< Che sta cercando di dirmi, Anne? >>, chiese con voce tremula, temendo già la risposta.
<< Tesoro, so che sei in vacanza e che non hai fatto prove e che non conosci i vestiti, ma ti prego puoi prendere il posto di quella sciagurata ed essere la mia modella principale? Ti pago >>, rispose con enfasi, prendendola per una mano e guardandola con occhi supplicanti.
E Kyra voleva tanto dirle di no. Era a un passo cosi, dal mandarla a quel paese e scappare a gambe levate.
Lei non era una modella. Non aveva la minima idea di come si sfilasse.
Alle volte inciampava nei suoi piedi anche mentre camminava in pantofole.
Come poteva quindi camminare su tacchi vertiginosi, davanti a tutti quanti?
Quindi, la risposta più sensata era dire ‘grazie, ma no grazie’. E stava per farlo.
Nella sua mente aveva già quelle parole pronte per uscire fuori. Ma invece, chissà per quale ragione, forse spinta da un maleficio che voleva rovinarle la vita o chissà che altro, non riuscì a pronunciare quelle parole.
<< Ok >>, disse con voce stridula e spaventata.
Gabriel si voltò a guardarla, con occhi sgranati e la bocca aperta. Anche lui era scioccato da quella risposta.
La stessa Kyra non sapeva la ragione per cui aveva detto di si. Doveva essere per forza di cose impazzita, non c’erano altre spiegazioni.
<< Ah, tesoro mi hai salvato la vita. Non ti preoccupare sei l’ultima che deve sfilare, quindi hai tutto il tempo per prepararti e vedere come ti calza l’abito. Mary, corri a chiamare Michel >>, cominciò a urlare Anne.
Continuò a impartire ordini anche mentre si allontanava, dopo averle ordinato un ‘resta qui!’.
Ma a quel punto Kyra non la stava già più ascoltando, troppo presa ad affrontare il panico dentro di lei.
<< Che cazzo ho fatto >>, sussurrò al nulla con voce spaventata.
<< Ah non lo so Smith. Dimmelo tu che processo mentale hai seguito prima di arrivare a dire si >>, commentò sarcastico Gabriel passandosi una mano nei capelli.
<< Non lo so. Tua madre era li, e mi guardava implorante, ed io non sono riuscita dirle di no >>, spiegò asciugandosi le mani sul vestito nuovo di zecca, e cercando di regolarizzare il respiro.
<< Deve averti fatto qualche maleficio con gli occhi, non ci sono altre spiegazioni. Io l’ho sempre detto che quella donna è satana >>
<< Gabe non è il momento! >>, esclamò furiosa voltandosi e guardando il ragazzo.
<< Oh, Smith. Io invece dico che è il momento. Beh forza e coraggio, fatti manipolare da quelle furie che mamma si trova come assistenti, e poi cammina sulla passerella. Se cadi fingi di svenire, così non sarà una completa figura di merda >>
<< Martin! Io non so sfilare, te lo sei scordato? È matematico che finirò col culo all’aria, e a quel punto con la fortuna che mi ritrovo sicuro mi rompo qualche osso del collo >>, sibilò furiosa tra i denti, guardando con odio il ragazzo.
<< Non dare la colpa a me per la situazione in cui ti sei andata a cacciare. Dovevi resistere al maleficio di satana. Eppure ero convinto di averti preparato >>
<< Gabe >>, urlò furiosa Kyra cercando un modo alternativo per uccidere l’idiota che aveva di fronte.
Forse uno di quei tacchi che vedeva ai piedi delle modelle poteva fare al caso suo. Lo infilava dritto nell’occhio stupendo di Gabriel, uccidendolo all’istante.
‘Peccato che poi finiresti in carcere, dolcezza. E l’arancione, abbiamo già appurato, non ti sta bene. E finiresti per essere la puttana di qualche boss che ti costringerad urlare e a chiamarla mia signora. Uno spettacolo orribile’, esclamò la voce di Sean nella sua mente.
Già, peccato che il suo migliore amico non fosse li. Si sarebbe fatto delle grosse e grasse risate per quella situazione. Kyra Smith, la ragazza per niente alla moda, pronta per sfilare sulla passerella di una stilista famosa. Decisamente qualcosa in quel mondo non doveva funzionare bene.
<< Ok, cerchiamo di trovare una soluzione. Ehm, corso intensivo di passerelle? >>, improvvisò Gabe.
<< Non è abbastanza >>
<< Espressione sul viso mentre sfili? >>
<< Sarò un pezzo di ghiaccio, con l’espressione di un uccello pronto ad essere messo sotto dal camion più grosso che si sia mai visto >>
<< Pensi almeno di riuscire a camminare dritta? >>.
A quel punto Kyra non riuscì a trattenersi, e gli mollò un scappellotto sulla nuca, per testimoniare quanto fosse contrariata da tutto quello che stava accadendo.
<< Ok, mi sa che me lo sono meritato >>, commentò Gabriel annuendo divertito.
Poi sospirò, e senza aggiungere una parola, si voltò andando nella direzione dove era sparita la madre.
<< Dove diavolo stai andando? >>, urlò Kyra confusa e anche spaventata dall’essere rimasta sola.
Poi, senza che avesse possibilità di ribellarsi, fu trascinata di peso da una serie di persone che la portarono nell’antro dell’inferno, ovvero in una stanzetta dove subì le peggiori torture al mondo: essere truccata e pettinata.
Quel poco di trucco che aveva era stato spazzato via da uno più marcato, con le labbra rosso sangue e gli occhi contornati dalle ciglia finte più lunghe mai esistite.
I capelli furono tirati indietro e raccolti in uno chignon severo, con qualche ciocca davanti al volto che le ricadeva in morbidi boccoli.
Aveva un’espressione sia dura che dolce. Seducente e timida.
Era un mix interessante e, sebbene non si fosse mai vista in quel modo, si trovò stranamente a suo agio.
Poi le venne in mente che cosa stava per succedere, e quella calma l’abbandonò, per lasciare il posto ad un ben più forte agitazione.
Di Gabriel nemmeno l’ombra.
Nel frattempo la sfilata era cominciata. Mentre veniva torturata, aveva sentito in lontananza la voce di Anne parlare al microfono, anche se non aveva colto le parole.
Poi della musica era risuonata tra le pareti, e il rumore di tacchi e di abiti scandivano il ritmo del suo cuore.
Presto sarebbe toccato a lei, e non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Avrebbe di sicuro rovinato la sfilata della mamma di Gabe, e per colpa sua sarebbe finita in disgrazia. Avrebbe perso il lavoro, e anche Samuel avrebbe perso il lavoro perché si sa, la fortuna e cieca ma la sfiga ci vede benissimo, e quindi doveva andare tutto male. Alla fine, l’intera famiglia Martin sarebbe finita sotto ad un ponte, solo perché lei non era stata capace di camminare dritta su una dannata passerella.
Decisamente si stava facendo prendere dal panico.
Inspirò ed espirò lentamente, cercando di calmarsi.
Passò un’eternità, quando arrivò un’altra donna dall’aria austera ed arruffata, che la fece alzare. Senza preamboli le sbottonò il vestito cominciando a sfilarglielo.
Kyra rimase troppo scioccata per pensare a quello che stava succedendo, così si lasciò manipolare.
Senza sapere come, si trovò addosso un nuovo vestito.
Era giallo ocra, lungo, con il busto estremamente aderente, e la gonna larga a principessa. sulla schiena il tessuto era velato, mentre sul davanti la scollatura profonda era incorniciata da ricami stupendi che ricordavano dei fiori mossi dal vento. Le scarpe dello stesso colore erano altissime, cosi alte che se fosse inciampata, sicuramente l’osso della caviglia avrebbe perforato la carne.
Ma non badò a quello. Invece si concentrò su una cosa che non credeva possibile: sembrava una principessa.
E non di quelle sceme col vestito strano, ma di quelle belle e affascinanti. Quasi sexy.
L’immagine che aveva di fronte era quella di una donna bellissima.
Poi una voce la riportò alla realtà.
<< Credo di essere ripetitivo, ma davvero… Wow! >>, esclamò sconvolto una voce che conosceva benissimo.
Si voltò e davanti ai suoi occhi apparve Gabriel vestito come un principe.
Indossava dei pantaloni neri attillati, simili a quelli che aveva indosso prima, una camicia azzurra per metà infilata nel pantalone dandogli un’area trasandata, ai piedi stivali neri e alti. I capelli tirati indietro dal gel e gli occhi contornati da un velo di matita nero, lo rendevano misterioso.
Era bellissimo.
Il cuore di Kyra prese a battere furiosamente, incantata da quella visione.
Non riusciva a distogliere lo sguardo.
Ingoiò più volte la saliva, cercando qualsiasi cosa da dire, pur di non sembrare una scema totale.
Ma non trovò nulla. Gabe aveva avuto la capacità di renderla un vegetale solo mostrandosi per quello che era: un principe azzurro.
Gabriel lentamente si avvicinò. Quando si trovarono l’uno di fronte all’altra, ripeté quel gesto fatto a casa sua, sistemandole la ciocca che le ricadeva sul volto dietro l’orecchio.
Nel farlo, però, in maniera delicata le accarezzò anche il volto, lasciando poi la mano sulla guancia.
I loro occhi incatenati, continuavano a scrutarsi, cercando di cogliere l’animo dell’altro.
Senza volerlo, i loro corpi si avvicinarono.
Sembrava il preludio di un qualcosa di magico e puro e profondo.
Kyra si leccò le labbra, e quel gesto fu seguito per intero da Gabe.
infine i loro occhi si incollarono sulle labbra dell’altro.
<< Due minuti e andate in passerella ragazzi >>, esclamò improvvisamente una voce femminile, rompendo la magia del momento.
I due ragazzi si staccarono di colpo, spaventati da quell’interruzione.
Kyra si sentì andare a fuoco per l’imbarazzo. Per fortuna che il trucco copriva bene tutte le sue imperfezioni.
Gabriel si schiarì la voce, si portò la mano dietro al collo e, poi, lentamente tornò a guardarla.
<< Ehm tocca a noi >>
<< Già >>, confermò la ragazza. Infine, tornata nel pieno possesso delle sue capacità mentali, si rese conto di una cosa. << Aspetta, che significa tocca a noi? E perché ti sei cambiato? >>
<< Prima sono andato da mia madre e le ho chiesto di sfilare al tuo fianco. Non so se lo sai ma la sfilata si concludeva con l’uscita in coppia di due modelli vestiti da principe e principessa delle fiabe, in onore al nuovo film della Disney. Le ho detto che desideravi tanto sfilare con me indossando questi abiti e lei, visto che ti adora e che le hai salvato la sfilata, ha acconsentito. Sfilo al posto del modello principale che, a questo giro, resta in panchina >>.
Kyra sentì un’emozione nuova nel petto. Aveva assolutamente bisogno di domandargli una cosa.
<< Perché lo hai fatto? Perché mi stai aiutando nuovamente? >>.
Gabriel la guardò intensamente, poi lentamente si avvicinò di nuovo alla ragazza, sorridendole dolcemente.
Prese una mano tra le sue e, continuando a guardarla, le baciò il dorso, da vero principe.
<< Perché così, se cadi, posso tenerti su, al sicuro >>, sussurrò sulla sua mano.
Kyra si sentì invadere da un calore, che andava a diffondersi per tutto il corpo.
Il cuore le batté forte, e non smise di farlo neanche per un secondo.
Le stava urlando qualcosa, e finalmente capì cosa le stava dicendo.
Se ne rese conto in quel momento, mentre lui le sorrideva sulla mano.
E ne ebbe conferma anche mentre sfilavano.
Il mondo non esisteva più, Kyra non sentì neanche un solo sguardo posarsi sul suo corpo.
Perché in quel momento c’era spazio solo per una persona.
E quando alla fine finirono di sfilare, e tutti cominciarono ad applaudire, lui si voltò verso di lei.
Le prese nuovamente la mano e, davanti a tutti, ribaciò di nuovo il suo dorso.
E il cuore dentro Kyra esplose alla consapevolezza di essersi innamorata perdutamente e completamente di Gabriel Martin.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1837613