Io e te insieme ce la facciamo

di intelligentola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Zona 3 ***
Capitolo 2: *** La Ragazza Ottimismo ***
Capitolo 3: *** L'idea del delfino ***
Capitolo 4: *** Porta Chiusa e Roccia Intatta ***
Capitolo 5: *** Solo per Proteggerti ***
Capitolo 6: *** Il Buio ***
Capitolo 7: *** Grazie scricciolo ***
Capitolo 8: *** Di secondo mestiere faccio il verme ***
Capitolo 9: *** Lasciarsi amare ***
Capitolo 10: *** Il più finto dei sorrisi ***
Capitolo 11: *** Non posso essere il tuo Inferno ***
Capitolo 12: *** Ti lascerò ***
Capitolo 13: *** Angelo Custode ***
Capitolo 14: *** La Gelosia ***
Capitolo 15: *** Io e te insieme ce la facciamo ***
Capitolo 16: *** Ogni volta che lei sorride io mi innamoro ***
Capitolo 17: *** Colorami di vita ***
Capitolo 18: *** Muro contro Muro ***
Capitolo 19: *** La mia forza ***



Capitolo 1
*** Zona 3 ***


Io e te insieme ce la facciamo Oggi davvero la giornata sembra non finire più. Per 5 tatuaggi fatti ne ho altrettanti da finire, ma se non mi prendo una pausa mi gioco il cervello. E quello mi serve. Mi serve per andare avanti e non farsi trasportare dal cuore. Cervello batte cuore 1 a 0.

“Micaela” dico alla mia assistente, che definirla tale è un’esagerazione “ esco a fumarmi una sigaretta e poi vado a casa. Chiudi tu”. Ed esco ancora prima di sentire la sua risposta trascinata. Che poi non capisco perché si vesta in quel modo. Sempre in bikini, manco ci fossero 40 gradi. Ecco perché poi il mio lavoro viene visto male. La prima cosa che uno vede entrando nel mio negozio è lei.
Una mezza  nuda con i capelli rosa che mastica una gomma. Il top. Proprio il top.

Ma è stata una mia scelta andare via di casa a 18 e aprire un negozio di tatuaggi. Dovevo allontanarmi da tutto e da tutti, per trovare la mia strada. Non volevo più essere il cattivo ragazzo di Gualdo Teverino. Non volevo più quella nomea, ma si sa il passato, per quanto ti allontani, ti segue sempre e sempre lo farà.
Sono finito in un quartieraccio dove impari a nuotare per non affogare. Tiri fuori gli artigli con tutti, per difenderti. Sei guardingo. Non ti fidi. Pensi sempre che qualcuno ti voglia fregare. Ma forse è meglio così. Non mi va di fidarmi.
Senza rendermene conto ho imboccato la strada sterrata che porta a Roma. Lo sapevo che il cervello mi avrebbe abbandonato prima o poi; ed eccomi qui a vagare per le strade deserte di Roma.
Non proprio deserte. Una macchina rossa inchioda e scendono tre ragazzi. Puntano una ragazzina in scooter. Che ragazzina stupida. Fermarsi qui, da sola, e con uno scooter nuovissimo. Proprio stupida.
Ha i capelli biondi che le ricadono sulla maglietta rossa. E poi sento qualcosa che mi smuove lo stomaco.
La sento chiedere in lacrime di essere lasciata in pace.
Non posso sentire oltre. Quel qualcosa nello stomaco mi spinge a comportarmi da pazzo. Ora mi prendo una bella coltellata eh. Bravo Emiliano, dai della stupida alla ragazzina, ma forse sei più stupido tu. Ma chi te le fa fare??
“Oh! Lasciala!” dico mentre mi accorro per raggiungerli. “Lasciala!!” ridico dal momento che la mia frase non ha sortito nessun effetto.
“Da quando vi mettete a fregare gli scooter alle ragazzine?”
“Ma te che vvvoi?” mi dice una mettendomi la sua testa davanti alla mia fronte.
“Metti giù le mani. Non mi toccare” lo spingo via mentre con la coda dell’occhio vedo la ragazzina che si porta le mani alla bocca. Deve essere terrorizzata. Poverina…
“Stamo a scherzar..sta bono” mi placa uno dei compari del tipo che avrebbe meritato una testata. Gli spaccherei a tutti la faccia. “Fa il bravo va…”
“ Vai vai…” dico mentre si allontanano. Questa volta mi è andata bene. Tre contro uno. Non quello che amo definire scontro alla pari. Ma lei era così spaventata. No. Io nemmeno la conosco. No. Riprendiamo il controllo. Al diavolo lo stomaco, io devo ascoltare solo il cervello.
Pensiamo al motorino che è meglio. Riesco a malapena a guardarla. Provo ad accendere il motorino, ma la spia arancione del serbatoio non lascia dubbi. La ragazzina è a secco.
Stiamo in silenzio finchè lei con la voce tremante mi ringrazia.
“Non devi girare qui da sola” dico guardando davanti con la voce monotematica nella speranza che la conversazioni termini li. Non voglio sorbirmi chiacchiere intuili. Ma lei non si arrende e decide di farmi sapere come mai è li, come se a me importasse. Non rispondo, ma lei non molla.
“Dove andiamo?” la voce è decisamente più calma e fa sentire più calmo anche me.
“A fare benzina. Giusto?” accenno un sorriso.
Emiliano. Piantala. Di. Fare. Lo. Stupido mi dico.
Durante il tragitto verso il benzinaio non parlo e lei sembra aver finalmente capito che preferisco il silenzio a chiacchiere inutili su trucchi, peluche o robe di cui possono parlare le ragazzine.
Lei mi guarda, mi fissa e non mi toglie mai gli occhi di dosso. No basta questa situazione non la reggo e mi sfogo sul distributore che mi ha fregato i soldi,prendendolo a pugni. Sempre tutto rotto qui. Non siamo mica la Roma per bene.
Dannazione.
“Dai magari ne troviamo un altro” mi dice lei sorridendo. Ma chi è? La venditrice di ottimismo porta a porta?!?!
“Anna” mi allunga la mano. Già, non avevo ancora saputo il suo nome. La ragazza ottimismo si chiama Anna.
Anna è li, di fronte a me, con la mano tesa che mi sorride.
“Anna, io sono Emiliano” e vedendola sorridere mi viene da sorridere anche a me. I suoi datori di lavoro dovrebbero darle l’aumento. È proprio la ragazza ottimismo. Ha la mano piccola. Io con la mia la posso nascondere.
“Il prossimo distributore è avanti…non so vuoi chiamare casa?”
“No no, io posso fare quello che voglio”
Che carina quando cerca di fare la grande. No ci risiamo. Il cervello, Emiliano, il cervello.
“Allora si va!”
“Si va”
Ritorno a spingere il motorino, in silenzio, mentre su Roma scende la notte.
Ce l’ho quasi fatta. Lei ha rispettato la mia scelta di stare in silenzio, fino a quasi il distributore, ma si sa le ragazze sono fatte così. Per loro bisogna sempre parlare.
“Tu non sei uno che parla molto eh?” mi chiede.
“Solo quando serve” dico sperando di aver saziato la curiosità.
“Posso farti una domanda?” fa finta di non ascoltare quello che ho detto. “Il tatuaggio sul collo cosa significa?”
Di tutte le domande queste. E ora mi tocca pure risponderle.
“il nome di mia mamma in arabo….non sono pazzo è che è morta quando ero molto piccolo” non ci credo di averlo appena detto.
“Mi dispiace” dice lei, e sembra davvero dispiaciuta. Ma questo è quello che dicono tutti, e ne sono talmente convinto che lo dico a voce alta.
Adesso capirà che non voglio più parlare. Ma sorprendentemente dice qualcosa che la rende più simile a me. Lei sa quello che si prova a perdere la propria madre. Lei davvero mi capisce e la cosa mi spaventa. Lei si sta incuriosendo e devo smettere di fare lo stesso. Fine della storia.
Le faccio benzina, le spiego la strada per tornare a casa, nella speranza che Anna, la ragazza ottimista, sparisca dalla mia vita, così diversa dalla sua.
Ma ecco di nuovo il mio stomaco che spinge e al cervello non arriva più ossigeno. Le do la mia felpa perché non prenda freddo. Un vero gesto romantico, che però io non posso permettermi.
Ciao Anna, buona vita.


Hope you like it!
Bacioni, a presto!!!
I.

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Capitolo 2
*** La Ragazza Ottimismo ***


La ragazza ottimismo Ecco il secondo capitolo, nella speranza che vi piaccia e che non vi annoi.
Buona lettura ladies.
I.





Finalmente questa giornata è finita.
La giornata in studio e la ragazza ottimismo mi hanno veramente distrutto.
Già, la ragazza ottimismo sarà riuscita a tornare a casa?
E ancora una volta i miei pensieri virano verso una direzione opposta a dove li vorrei far andare.
Ritrovarsi a pensare alla ragazza ottimismo non mi porterà da nessuna parte.
Non la vedrò mai più e quindi basta pensarci.
Lei vivrà la sua vita e io farò lo stesso con la mia.
Ci siamo incontrati per caso, non sarebbe successo se io non avessi vagato senza meta.
Già, ma se non avessi vagato senza meta, chi l'avrebbe aiutata?
Avrebbe dovuto dare il motorino ai tre deficienti, nella speranza che quelli si accontentassero solo di quello.
E al solo pensiero che avrebbero anche solo potuta sfiorarla mi viene da stringere i pugni.
Cosa diavolo mi prende?
Perchè mi devo precoccupare per la ragazza ottimismo?
Perchè mi dovrebbe dar fastidio che quei tre avrebbero potuto provarci?
No Emiliano, ripigliati subito.
Non iniziare a costruire castelli in aria sul nulla. Perchè è di nulla che si tratta.
Solo per mezza giornata hai avuto a che fare con la ragazza ottimismo e ti ritrovi di già a pensare a lei.
No.
Mi rifiuto e mi sforzo di non pensarci più.
Ma quegli occhi verdi, quella voce tremante, poi calma e calda, quella mano piccola sono fissi nel mio cervello e più mi sforzo di non pensarci, più li rivedo, più nitidi di quando avevo la ragazza ottimismo di fronte.
Che diavolo mi succede?
Forse sono solo stanco.
Si, è sicuramente così. Altrimenti non si spiega questo aggrovigliarsi dello stomaco.
Cervello. Agisci con il cervello, mi ripeto.
Non posso permettermi di pensare a qualcun altro al di fuori di me.
Non è egoismo, è solo incapicità di gestire i sentimenti di un essere così fragile, come può essere la ragazza ottimismo.
Lei sicuramente ha degli ideali su come vorrebbe una relazione e io non sono mai stato capace di gestire le relazioni.
La cosa più romantica che facevo era uscire dalla finestra della ragazza in questione e, mentre lei mi chiedeva di chiamarla, già capivo che le sue aspettattive erano più grandi e più forti delle mie.
Sono uno stronzo è vero; ma quante volte la gente preferisce scegliere la strada più comoda anzichè quella più difficile?
Non sono bravo a regalare aspettative agli altri.
Sono capace di pensare a me.
So proteggermi, ma non so proteggere gli altri.


Già me la vedo che racconta alle sue amiche dell'eroe che le ha salvato la vita. E non posso fare a meno di sorridere.
In fondo è bello pensare che per qualcuno tu possa essere un eroe.
Ma voglio essere un eroe di passaggio. Di quelli che aiutano, ma poi spariscono per sempre lasciando solo un ricordo.
E anche la ragazza ottimismo mi ha lasciato un suo ricordo.
E, anche solo per un attimo, sono contento di aver fatto parte della sua vita, così simile a me e allo stesso tempo così diversa.
Così sbagliata.
Sorrido.
Oggi non ho mai sorriso tanto.
Tutta colpa della ragazza ottimismo.
Tutta colpa di Anna.
Mi butto sul divano cercando di dormire e soprattutto cercando di far sparire dalla mia mente gli sguardi della ragazza ottimismo.
Buona notte Ragazza Ottimismo.
Buona vita.






Hope you like it!
A presto
I.

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Capitolo 3
*** L'idea del delfino ***


L'idea del delfino E' passata più di una settimana dal mio incontro con la ragazza ottimismo e dopo alti e bassi, sono riuscito ad indirizzare le mie attenzioni verso qualcosa di diverso da i suoi occhi verdi.
Mi sono sforzato con ogni fibra del mio corpo a scacciare dalla mia mente i ricordi di quella giornata.
Fortunatamente la settimana è stata piena di appuntamenti e mi sono buttato anima e corpo nel lavoro.
Il cervello è tornato a regnare incontrastato sulle miei sensazioni.
Niente più aggrovigliarsi dello stomaco, niente più pensieri prima di addormentarsi.
Niente.
Niente di niente.
Sono tornato in me.
Sono tornato l'Emiliano che si chiude a riccio e che non si fida di nessuno.
Sono di nuovo io.
Finalmente, penso sospirando, mentre pulisco la poltroncina dello studio.
La ragazza ottimista non mi fa più paura.
E' sparita e io posso tornare a fare ciò che mi riesce meglio: pensare a me e ai miei problemi.
Egoista si, ma facendo così riesco a vivere, o meglio a sopravvivere.
Non devo esaudire i desideri di nessuno, se non i miei.
E ne ho di desideri da far avverare; quindi rimbocchiamoci le maniche e lasciamo perdere la ragazza ottimista.

Salgo velocemente le scale dello studio per prendere una boccata d'aria in questa giornata di sole.
Adoro quando il sole risplende. Ti fa sentire sereno anche quando la serenità l'hai persa ormai da troppo tempo.
Al piano superiore c'è Micaela con un possibile cliente e poi sbianco.
Il pensiero fisso della settimana si è materializzato davanti ai miei occhi e addio belle promesse di non pensare più alla ragazza ottimista.
Vorrei ignorarla, ma la calamita dei suoi occhi mi spinge a guardarla.
"Che ci fai qui?" dico sorpreso di ritrovarmela di nuovo tra i piedi.
E' sempre più bella; non me la ricordavo così bella e così dannatamente magnetica.
"Ciao! Io sono qui, perchè ti ho riportato la felpa!" mi risponde mentre mi pietrifica con il suo sorriso che le scoppia all'improvviso in volto.
Sono in imbarazzo.
Micaela e il cliente mi guardano come se fossi un pazzo.
Della serie "Emiliano frequenta le ragazzine".
Ma cosa ne sanno loro poi?
Cosa ne sanno delle sensazioni che la ragazza ottimista può darmi.
Lei può sconvolgermi e la cosa mi spaventa.
Lei, che con un mezzo incontro, è riuscita a farsi strada tra i miei pensieri come nessun altro era riuscito a fare, nonostante anni di conoscenza.
Ma io ho una reputazione da difendere e non posso farmela rovinare da una ragazzina qualunque.
Questo è quello che vorrei il mio cervello dicesse, ma invece lo stomaco spinge.
Maledizione.
"Ti avevo detto che era un regalo..." dico mentre mi porge la mia felpa che ha stranamente cambiato colore.
Era un regalo per fare in modo che lei se la tenesse e continuasse con la sua vita.
Era un regalo di addio, grazie, mai più, arrivederci.
E, non si sa come, eccola li in piedi davanti a me, con di fianco la sua amica che, mentre parliamo, mi fa la radiografia.
Avranno di che spettegolare dopo.
Le ragazze spettegolano sempre; è più forte di loro e l'argomento hot dei pettegolezzi sarò io.
Gran bella soddisfazione.
"Infatti ti volevo ringraziare" dice leggermente in imbarazzo.
"Ok..." dico quasi fregandomene di lei e voltandomi verso il cliente.
Mi spiace, a volte, essere così stronzo; ma non posso permettere che lei si affezioni a me o peggio che io mi affezioni a lei.
Deve finire qui. C'è già stato un incontro in più del previsto.
"Emiliano...." non molla "io ti volevo dire un'altra cosa".
Mi giro a guardarla.
Cosa tirerà fuori dal cilindro adesso?
"Io vorrei farmi un tatuaggio!" esclama, facendo rimanere di sasso me e, dall'espressione dell'amica, anche lei.
"Un tatuaggio?"
Oh no. Come minimo per fare un tatuaggio ci vogliono due incontri.
E saliremo così a 4.
No no.
Poi grazie a Dio, ho la soluzione a tutti i miei problemi.
Io non tatuo i minorenni, salvo il permesso dei genitori e dubito fortemente che i suoi glielo diano.
E' fatta sono salvo.
"Hai già in mente il disegno?" per un pò voglio stare al suo gioco.
Vediamo fino a che punto si spinge.
"Un...un delfino; magari sul polso" sorride.
E' così ingenua. Un delfino.
Io che sono abituato a disegnare tribali, teschi  dovrei tatuare un delfino.
"ok, basta che torni con il permesso dei tuoi genitori"
La vedo sbiancare.
L'ho colta in contropiede.
"Perchè scusa? Non ho bisogno della balia!"
Adoro quando cerca di fare la grande, ben sapendo che è ancora un'adolescente.
Ancora Emiliano?? Ma ti vuoi dare uan svegliata!?!
"E' la legge" le dico prima di tornare nuovamente al cliente.
Stavolta non la sento ribattere e sento il rumore dei passi verso l'uscita.
Finalmente si è arresa.
Mi dispiace, ma proprio non posso giocare a questo gioco.
Ce l'ho fatta, ma nonostante questo, non riesco a non voltarmi verso l'uscita mentre accompagno il cliente nello studio.
Giusto il tempo di vedere la sua chioma bionda, mossa dal vento, sparire sotto il casco.
L'idea del delfino mi accompagna lungo le scale.
E sono di nuovo in balia di Anna.
Non voglio vederla tornare.



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Siete meravigliose!
A presto
I.

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Capitolo 4
*** Porta Chiusa e Roccia Intatta ***


Porta Chiusa e Roccia Intatta Ho seriamente "googlato" tatuaggi di delfino su Internet?
Seriamente l'ho fatto??
Impossibile.
E invece eccomi qui a scorrere sullo schermo del pc immagini di tatuaggi di delfini, pensando alla ragazza ottimismo.
Maledizione.
Così non va, decisamente non va.
Ce l' avevo quasi fatta, a liberarmi di lei; ed eccola che prepotentemente si ripresenta senza invito nella mia vita.
Mi verrebbe da dirle che non è in lista.
Non trovo il suo nome nell'elenco degli invitati, ma sono sicuro che lei troverebbe il modo di eleudere la sorveglianza.
Stupido cervello.
Tu dovresti fare la guardia e invece crolli non appena vedi quei due grandi occhi verdi.
Bell'amico.
In vent'anni non mi hai mai deluso, ma adesso, adesso è tutta un'altra faccenda.
Io devo essere una roccia.
Così mi ha insegnato mio padre; uno dei pochi insegnamenti che mi ha dato.
Devo essere duro come una roccia così nessuno sarà in grado di sgretolarmi; ma ecco la frana Anna che mi colpisce e mi sgretola, pezzo dopo pezzo.
E non era nemmeno previsto.
La ragazza ottimismo è solo un imprevisto.
Un bellissimo imprevisto.

Soffoco un urlo nel cuscino.
Vorrei gridare, gridarle di sparire, di smettere di tormentarmi.
Lei.
Il mio tormento.
Non ero mai stato attratto in modo così magnetico da nessuna e poi spunta lei e bam non riesco più a levarmela dalla testa.
Ma dov'è finita tutta la mia forza?
Il mio scudo?
La mia protezione?
L'ho indossata la prima volta al funerale di mia mamma.
Tutte quelle facce che mi guardavano tristi e piangevano.
Si preoccupavano per me.
Quando io volevo solo prendere a calci tutti.
Non ho versato nemmeno una lacrima.
Ero furibondo con il mondo e con mia mamma.
Se n'era andata, lasciandomi da solo.
Le sue  ultime parole erano state "Piccolo mio, qualsiasi cosa accada, tieni aperta la porta del cuore".
Odiavo tutto e tutti e quella porta l'avevo chiusa con la doppia mandata.
Nessuno sarebbe più entrato e di conseguenza nessuno mi avrebbe più ferito.
Volevo essere un mostro.
E io nel mondo solitario stavo bene.
Quella porta restava chiusa.
Doppia mandata.
Ed ecco che Anna, a calci, piano piano la stava buttando giù.
Sarebbe entrata prima o poi, ne ero consapevole.
Stava a me decidere se farla entrare o meno.
Forse ero stanco di combattere.
Forse ero stanco di sconfiggere mostri immaginari.
Forse dovevo solo arrendermi.
Ma non sono uno che si arrende facilmente e avrei usato tutti i mezzi a mia disposizione per evitare di arrendermi.
Era una guerra in cui non volevo uscire da sconfitto; nemmeno da vincitore, ma semplicemente illeso.

Stacco il pc.
Ho la testa che mi scoppia.
Afferro bruscamente il giubbotto di pelle nero ed esco.
La frizzante aria serale di Roma mi pizzica la faccia.
Sto già meglio.
Sta già tornando tutto sotto controllo.
Tutto sarebbe rimasto uguale.
La porta sarebbe rimasta chiusa.
La roccia sarebbe rimasta intatta.




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I.

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Capitolo 5
*** Solo per Proteggerti ***


Solo per Proteggerti Il Lunedì è sempre uno schifo andare a lavorare, specialmente se hai passato il weekend in bianco.
Le occhiaie mostrano senza pietà le mie tribolazioni.
Molti sorridono, pensando che abbia passato il fine settimana a fare festini o a correre fuori dalle finestre di ragazze speranzose.
Magari.
Ho passato le notti in bianco a causa dei mostri che mi perseguitano.
Sono persino in ritardo.
Non sono mai stato in ritardo al lavoro.
L'unica cosa che mi possa salvare, come mi ha salvato in passato.
L'apertura l'ha fatta Micaela e io ho potuto passare più tempo a letto.
Rotolandomi da una parte all'altra nella speranza di poter riposare anche solo 5 minuti.
Niente da fare.
Sono al quinto caffè e mi sembra di non averne preso nemmeno uno.
Lo schifo.
Proprio lo schifo stamattina.
Entro assonnato nello studio e vedo una ragazza bionda al bancone.
Mi si ferma il cuore.
Che sia di nuovo lei?
E ho una piccola speranza che sia proprio lei, che si giri e che mi sorrida.
Al diavolo le piccole speranze.
Voglio che sia lei, ma allo stesso tempo voglio che non sia lei.
Sono una contraddizione vivente, me ne rendo conto da solo.
E' come quando vuoi la cioccolata, sa che ti fa ingrassare, ma la mangi lo stesso.
Ho rinunciato a fare pace con il cervello; perchè quello che voglio non lo fa.
Fortunatamente non è Anna.
Non ha il suo profumo.
Non ha lasciato la scia di profumo come quando me la sono ritrovato tra capo e collo qualche giorno fa.
Già ti ricordi il suo profumo, Emiliano?
Ormai il mio incubo perenne mi tormenta ovunque.
Vedo Anna ovunque, al bar, per strada.
E ogni volta mi si ferma il cuore.
Ma forse ha finalmente capito che nonc'è storia.
Per quanto si possa sforzare lei quella porta non la butterà giù.
Giusto?
Non voglio nemmeno sentire la risposta.
Saluto Micaela e scendo nel mio studio.
Lancio il giubbotto sul tavolo e mi sdraio sulla poltroncina bianca.
Solo per poco voglio sentirmi tranquillo e non tremare ogni volta che sento la porta la piano superiore aprirsi.
Questa non è vita.
Questa è agonia pura.
E con l'ansia addosso inizio la mia giornata lavorativa.
Speriamo di uscirne vivo.


"Emiliano! Ti cerca Cappuccetto Rosso".
La voce di Micaela al piano di sopra mi riporta alla realtà.
Cappuccetto Rosso?
Che sia lei?
E infatti ecco la ragazza ottimismo che mi guarda con un sorrisetto di sfida.
Ci risiamo.
Anna vs Emiliano parte seconda.
"Hei...ma non dovresti essere a scuola a quest'ora?" le chiedo.
Non voglio che salti i giorni di scuola per farsi trattare male da me.
Perchè dovrò trattarla male anche questa volta.
Non ho scelta.
Ma con lei sembra non funzionare.
Più la tratto male, più ritorna prepotentemente a farsi strada nella mia vita.
Così non vale.
Di solito si cerca di stare lontani dalle persone che ci trattano male, preferendo di gran lunga le persone che ci osannano.
Ma si sa che di psicologia femminile non ne so niente.
Se esistesse un corso "capire le donne" sarei sicuramente bocciato.
"Sono passata per farti vedere questo" dice con il tono aggressivo, scoprendsoi il polso tutto arrossato e facendomi vedere una specie di tatuaggio.
Chi é il macellaio che l'ha ridotta così??
"Non tutti i tatuatori sono presuntuosi come te" mi dice mentre le accarezzo delicatamente il polso.
E' decisamente infettato.
Che ragazzina stupida.
"Ma chi te lo ha fatto questo schifo?"
Un polso rovinato.
E per cosa poi?
Dare a me una dimostrazione?
Si di quanto può essere stupida la ragazza ottimismo.
"Uno che non mi ha chiesto quanti anni ho!" afferma con il tono di chi sa che cosa sta facendo.
"Uno di nome Sasha?"
Quel maledetto me l'ha toccata.
Quel maledetto me l'ha tatuata.
Quel maledetto me l'ha rovinata.
Dal suo sguardo capisco di aver fatto centro.
"Che stronzo! Ma questa non gliela faccio pacciare liscia!"
Che stupida!!
Stupida, stupida, stupida.
"Ma la smetti di trattarmi come se fossi una bambina?!?" ritrae la mano arrabbiata.
Sei una bambina!
Se ti comporti così sei proprio una bambina.
Fa per andarsene, ma non resisto dall'impulso di bloccarla.
Non voglio lasciarla con quello sgorbio sul polso.
"Aspetta! Proviamo ad aggiustare questo delfino e poi ti disinfetto come si deve!" dico senza lasciarle la mano e portandola nel mio studio.
Le lascio la mano solo quando la vedo seduta ferma e zitta, sulla mia poltroncina.


"Fa male'?" chiedo mentre cerco di curarle la ferita che quel maledetto le ha inferto.
"No no" mente spudoratamente e lo capisco dalla smorfia che ha di arricciare il naso.
Devo prendermi cura di lei, per quel che posso.
Le fascio il tatuaggio corretto come meglio potevo.
Adesso avrà la mia firma sulla pelle.
Per sempre.
Sorrido.
"Ma ai tuoi cosa racconti?"
"Non lo so...mi inveterò  qualcosa!"
Beh di certo l'ingegno non le manca.
Voglio ancora, se possibile, prendermi cura di lei.
Mi stacco uno dei miei bracciali e glielo lego al polso medicato.
"Così faranno meno domande"
La vedo sorridere.
E subito aggiungo "é un regalo, non me lo devi riportare" come sospetto avrebbe fatto.
Devo liberarmi di lei.
"Qui non ci devi più tornare..hai capito?" dico senza darle spiagazioni.
Ma lei non si accontenta.
Quando mai.
"Perchè?"
"Perchè lo dico io."
La voglio il più lontano possibile da questo postaccio e dal casino che è la mia vita.
Spero che capisca che anche questo è un modo di prendermi cura di lei, così piccola, così fragile e così cocciuta.
So di averle fatto male, più di quanto possa fare un ago nella pelle.
"Ok, facciamo coem vuoi tu, facciamo che non ci siamo mai mi visti" mi dice mentre afferra con violenza la sua roba e scappa dallo studio.
Stava piangendo.
Ma è solo un modo per proteggerla.
Spero che un giorno, quando sarà felice con qualcuno, possa capirlo.
E' solo per proteggerla, mi ridico in testa, cercando di farlo sembrare ogni volta più vero.
Forse prima o poi ci crederò anche io.
Prima o poi questa balla diventerà realtà.
E' solo per proteggerla.
Per non farle male.
So cosa devo fare.

Ho ancora le lacrime di Anna stampate nella mente, mentre compilo un modolo di denuncia dai carabinieri.
Sasha me la pagherà.
Per aver infranto la legge e per aver osato toccare Anna.
E' solo per proteggerti, ragazza ottimista.
Firmo le pratiche.
Nero su bianco vedo il nome.
Anna, avrà la protezione che si merita.



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I.

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Capitolo 6
*** Il Buio ***


capitolo 6 Da un paio di giorni passo di proposito davanti al negozio di Sasha e mi compiaccio nel vedere la saracinesca abbassata, sopra il cartello che recita a caratteri cubitali "CHIUSO".
La denuncia ha sortito il suo effetto.
Non potevo fare diversamente.
Ha sempre infranto la legge e io sono sempre stato in disparte.
Non volevo grane inutili.
Ma dopo quello che ha fatto ad Anna mi sono sentito ribolliere il sangue nelle vene.
Quel maledetto ha toccato un fiore che avrebbe fatto meglio a non toccare.
Nessuno la deve toccare.
Lei, così delicata.
Nessuno la deve toccare, nemmeno io.
Lei deve restare lontano da questo mondo, dal casino della mia vita.
Non sopporterei l'idea di trascinarla a fondo con me.
Lei deve volare in alto e non rasentare il suolo come faccio io.
Lei ha la possibilità di crearsi una vita fantastica e non sarò certo io ad impedirglielo.
Spiccherà il volo e io sarò solo che fortunato se potrò guardarla volare da lontano.
Da molto lontano.
Le nostre vite si sono intrecciate abbastanza.
Se fossi stato un altro Emiliano, in un'altra vita, in un altro mondo l'avrei tenuta con me.
Ma sono questo Emiliano e non posso farlo.

Dalla nostra ultima litigata la ragazza ottimismo è sparita.
Forse, finalmente, mi sono liberato di lei.
E mentre ci penso, vorrei che mi spuntasse il sorriso, ma non sento altro che le fitte allo stomaco.
Dovrei pensare a non pensarci.
Grazie, fosse facile.
Riuscissi a non pensare, avrei risolto il problema.
Cervello, ho bisogno di te,
Ho bisogno del tuo aiuto.
La ragazza ottimismo è andata via, fammi sorridere.
Niente.
Le fitte allo stomaco continuano più di prima.
Mi giro a guardare ogni ragazza bionda, come se potesse essere lei, che non si arresa.
Ma la verità è che l'ho mandata via.
Per sempre.
Terrà la mia felpa, il mio bracciale, la mia firma sulla sua pelle e nient'altro.
Io terrò con me la sua forza e i suoi occhioni verdi e nient'altro.
Mi può bastare.
Non mi è permesso essere felice; non in questa vita dannata.
Non sono e non sarò mai l'eore romantico che studia a scuola.
Io sono il cattivo.
E lei è troppo giovane per odiare il mondo a causa mia.

Anche l'ultimo cliente di oggi è rimasto soddisfatto del disegno che ho creato.
Gli fisso un altro appuntamento per iniziare il tatuaggio vero e proprio.
L'agenda è piena.
Micaela, che oggi ha il giorno libero, ha seguito alla lettera i miei ordini.
Prendere più appuntamenti possibili per non pensare più.
Lavorare come un matto per arrivare a fine serata con il mal di testa e troppo stanco per rimuginare.
Lo accompagno fuori e mi accendo una sigaretta.
Mentre lui si allontana li vedo.
I leccapiedi di Sasha.
Sapevo che prima o poi si sarebbe sparsa la voce che fossi stato io adenunicare quel macellaio pseudo tatuatore di Sasha.
Sapevo che firmando quel foglio avrei rischiato, ma il mio istinto protettivo verso Anna ha avuto la meglio sul mio cervello.
Anna è lontana.
E' al sicuro e questo è quello che conta.
Non ho paura.
Meglio che se la rifacciano con me e non con la ragazza che ha fatto la spia.
E tremo al solo pensiero che possano andare a cercarla.
Un cazzotto mi arriva dritto in faccia.
Sputo il sangue che mi cola dal mento.
Vorrei ribellarmi, rispondere ai cazzotti, ma mente uno mi picchia, l'altro mi tiene bloccato.
Se questa deve essere la fine, almeno so che è stato per un valido motivo.
"Chi ha fatto la spia?!" ringhia uno dei due.
"Di che spia stai parlando?!" ringhio anche io, pietricato dalla pauara che Anna possa essere in pericolo.
Ridotto così e bloccato qui, non posso salvarla.
Ma lei adesso è a scuola, il più lontano possibile da me.
"Vediamo se così capisci!" risponde uno dei due leccapiedi, mentre tira fuori un coltello.
Il nome di Anna non uscirà mai dalla mia bocca, fosse l'ultima cosa che faccio in questa inutile vita.
La ragazza ottimismo al sicuro per sempre.
E forse, se esiste qualcosa dopo, da lassù potrei proteggerla meglio, penso mentre la lama affilita del coltello si pianta nella mia carne provocandomi un dolore lancinante.
Cado a terra sbattendo la testa e l'ultima cosa che vedo sono gli occhi verdi di Anna.
Ciao ragazza ottimismo.
E poi solo il buio.




Hope you like it!
A prestissimo!
I.




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Capitolo 7
*** Grazie scricciolo ***


Grazie scricciolo Oggi non riesco a smettere di scrivere! :D
Buona lettura!
I.




"Emiliano!"sento ancora la voce di Anna.
Me la porto dentro dal nostro primo incontro e me la sogno ancora.
"Emiliano!!" sento ancora più forte di prima.
Sono vivo.
Anna è davanti a me, agitata e spaventata da tutto il sangue sul pavimento e sulla mia felpa.
No.
Deve andare via.
Questo non è il suo posto.
Questo posto non è sicuro per lei.
Non lo è più.
Non voglio che i leccapiedi di Sasha la trovino li.
Le farebbero del male e io ridotto come sono non potrei alzare un dito per fermarli.
Non posso correre questo rischio.
Non posso permettermi di perderla.
Lei deve continuare a vivere.
Vivere la sua vita, ma in tranquillità.
In serenità e pace.
E io sono tutto l'opposto.
Corri via, Anna.
Corri lontano da me.
"Come stai?" mi chiede agitata.
Sto da cani, ma non voglio risponderle.
Non andrebbe più via.
Il braccio mi pulsa e me lo staccherei a morsi pur di non sentire il dolore.
Ma risponderle significherebbe tenermela vicina.
"Tu? Che ci fai qui?"
"Ma chi erano quelli? Perchè ti hanno picchiato!?" continua lei a raffica.
Mi travolge con le sue domande.
Vuole sapere sempre qualcosa in più.
Non si fa bastare le mie rispostacce.
Lei è un uragano di curiosità e non si accontenta mai.
Dio se è testarda.
Ma qui non può più stare.
Mai più.
"Vai a casa Anna!" le dico cercando di rialzarmi per farle vedere che me la posso cavare benissimo da solo.
Sono un bugiardo patentato, ma se conosco un minimo Sasha non si stancherà di cercare.
Potrebbero tornare anche adesso.
"Ma tu stai male, io ti aiuto" mi dice cercando di farmi rialzare.
"No!!! Devi andare via di qua...perchè non mi ascolti mai quando parlo?!?!"
Possibile che non capisca?
Possibile che non si renda conto della pericolosità di questo posto?
Di questa situazione?
Il braccio continua a sanguniarmi.
"Senti, tu sei ferito e adesso ti porto al Pronto Soccorso!"
Non se ne parla.
Tu non vai da nessuna parte, se non a casa.
Io non vado da nessuna parte, specialmente con te.
Non ci devono vedere insieme.
Nessuno deve vedere quello che è successo.
Ho già abbastanza casini così.
Non ho ne il tempo ne la voglia di crearne altri.
"Non ho bisogno del tuo aiuto!"
Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno io.
Io sono una roccia.
Me la sono sempre cavata da solo.
E' sempre stato così e sempre sarà.
Soprattutto adesso.
Non posso dipendere da te, Anna.
Non posso.
"Sto bene" mento spudoratamente.
La vedo scuotere la testa in segno di no.
Lei non crede alle mie balle.
"Vattene via!!" le urlo nella speranza che quella sia davvero l'ultima volta che la vedo in vita mia.
Sarai più al sicuro senza di me, nella tua vita.
Io complico sempre le cose.
Non voglio complicare anche te, Anna.
Lei non si muove di un millimetro.
"VATTENE" urlo più forte alzando il braccio che ormai ho smesso di sentire.
La mia cattiveria l'ha colpita in pieno.
E lenta come una goccia che corrode la roccia si insinua in lei.
Le ho fatto davvero male, ma non è il male che potrebbe provare restando qui.
Un giorno questo dolore passerà.
Non le resterà nemmeno la cicatrice.
Guarirà.
Correndo afferra la sua borsa ed esce dal mio negozio.
Corri più veloce della luce scricciolo.
Corri e non tornare indietro.
Io starò bene.


Questa notte basta il tuo nome a farmi male.
Non il braccio.
Non lo zigomo.
Ma il tuo nome; il tuo viso in lacrime.
Starò bene, dico mentre con un asciugamano mi tampono il braccio che continua a sanguinare.
Ma quando dico "sto bene" vorrei solo qualcuno che mi guardasse negli occhi, mi abbracciasse e mi dicesse "so che non stai bene".
E quel qualcuno prende le sembianze di Anna.
Ma non voglio che si faccia film in testa.
Devo smetterle di darle i copioni del film della mia vita.
Maledetto il giorno in cui ti ho incontrato.
Il telefono del negozio squilla a vuote ormai da ore.
Non voglio rispondere.
Mi sdraio sulla poltroncina del mio studio.
Il braccio smetterà di pulsare.
Smetterà di sanguinare prima o poi.
Ho solo bisogno di un pò di tempo e tutto tornerà alla normalità.
Il negozio è un disastro.
Io sono un disastro.


Ho perso il senso tempo.
Non so da quanto sono sdraito qui.
Il braccio mi fa ancora, se possibil, più male di prima.
Non posso andare al pronto soccorso.
Farebbero troppe domande a cui non voglio dare risposta.
Appena smetterà di sanguinare, mi disinfetterò e mi metterò un cerotto.
Così mi curavo le ginocchia sbucciate.
E così curerò il mio braccio.
Ma come curerò il mio cuore sbucciato?
Come curerò la mia malattia da Anna-dipendenza?
Lo so che se ne andrà, come hanno fatto tutti.
Lo so che mi lascerà solo, come hanno fatto tutti.
Ecco perchè non voglio legami, come invece fanno tutti.
Passerà.
Passa sempre.

Sento bussare alla verina del negozio.
A fatica mi alzo, mentre mi tengo stretto l'asciugamano attorno al mio braccio.
Chi diavolo è adesso??
Salgo a fatica le scale.
Sembrano più ripide del solito.
Ormai non mi stupisco più di trovarmela davanti.
Ma stavolta ha portato qualcuno con se.
Stavolta non è sola.
"Anna! Che ti avevo detto?" dico.
"Mio padre è un medico".
E' il padre.
E' un medico.
Lei è il mio angelo.
Il padre di Anna mi guarda il braccio ed consapevole che non basterà il cerotto che avevo preventivato.
"Ti devo medicare" afferma.
Mi arrendo, li faccio entrare e per una volta permetto a qualcun altro di prendersi cura di me.
Anna mi sta accanto.
Non fiata mentre suo padre mi mette i punti e mi disinfetta.
Mi ha fatto scampare l'infezione.
"Ti fa molto male?" mi chiede preoccupata.
Sorrido.
"Prendi questi antiobiotici, uno ogni otto ore; e domani chiedi di me. Voglio controllarti i punti". Mi dice suo padre porgendomi gli antibiotici e il suo biglietto da visita.
"Dott. Lele Martini
Villa Aurora"
No.
Non se ne parla.
"Tranquillo. E' una clinica privata, non farnno domande" mi dice, leggendo il mio pensiero.
"Grazie" rispondo sinceramente.
Poi mi volto e la guardo.
Immobile.
"Grazie scricciolo" dico dal profondo del cuore.
Grazie davvero, scricciolo.





Hope you like it!
A presto
I.

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Capitolo 8
*** Di secondo mestiere faccio il verme ***


capitolo 8 Per la prima volta in vita mia sono contento che qualcuno si sia preso cura di me.
Almeno una volta mi sono sentito cercato, protetto.
Lei mi ha salvato.
Lei mi ha protetto.
Lei ha curato le mie ferite.
Non importa quanto io sia stato cattivo con lei.
Lei mi ha perdonato senza bisogno che chiedessi scusa.
Quello di saper perdonare senza bisogno di sentire quella magica parolina, è l'arte degli angeli.
Lei, il mio angelo.
Lei, il mio diavolo.

La notte è volata e per la prima volta non me ne sono reso conto.
Il braccio, se possibile, mi fa ancora più male di ieri.
L'effetto dell'anestetico deve essere passato del tutto.
Ieri era ieri.
Oggi è oggi.
Devo ritornare ad essere me stesso.
Con tutti i miei difetti.
E per quanto possa essere felice che Anna mi abbia salvato, devo nuovamente scacciarla.
Mi racconto la stessa balla da due settimane.
E' per proteggerla.
Ma lei si comporta come se non volesse essere protetta.
Specialmente da me.
Da me vuole altro.
Che io, purtroppo, non posso darle.
Non in questa vita.
Oggi è oggi.
E oggi  mi trovo ad affrontare lucidamente quello che è successo ieri sera.
Il negozio è praticamente sventrato, come il mio braccio.
Vetri ovunque.
Fogli di disegni sparsi sul pavimento.
Il sangue che ho perso ha colorato di un rosso accesso il pavimento del negozio.
Ma si sa, dopo la tempesta torna sempre il sole.
Afferro a fatica la scopa ed incomincio a ripulire il negozio.
A ripulire la mia vita.
Il sole torna sempre.
Ed ecco il mio sole che arriva.
Anna.
Non sono affatto sorpreso di vederla li, dove non dovrebbe essere.
"Ma tu a quest'ora non dovresti essere a scuola?" dico in tono perentorio.
Verrà bocciata di questo passo.
E oltre al suo cuore, avrei anche la sua bocciatura tra i miei sensi di colpa.
"E tu non dovresti essere in clinica da mio padre?" ribatte sicura di se.
La ragazza ottimismo è anche la ragazza dalla risposta pronta.
Che cocciuta.
"Mai vista una ragazzina più cocciuta di te!" dico.
Lei non sembra offendersi della "ragazzina".
Sa di essere piccola, anche se vuole fare la grande.
"Senti, ti prego ci ha già pensato mio padre a farmi la paternale!" mi dice guardandomi negli occhi.
"Tuo padre ha ragione!" affermo convinto.
Ha ragione.
Tu da me devi stare lontana.

Mi sorride e abbandona sul pavimento il suo zaino.
Io allibito la guardo.
Si sta mettendo a pulire il mio casino.
Vuole sistemare il casino del negozio.
Vuole sistemare il casino della mia vita.
Ma non basta uno sgrassatore per pulire a fondo i demoni che mi porto dentro da troppo tempo.
"Che stai facendo?" chiedo.
"Ti aiuto. Così ci sbrighiamo e andiamo in clinica!" risponde come se le avessi fatto la più stupida delle domande.
"Cocciuta è dire poco!" sorrido io stavolta, mentre mi chino per raccogliere i disegni.
Lei in piedi mi fissa.
"Mi vuoi dire perchè quei tipi ti hanno picchiato?"
Il mucchietto di vetri scricchiola sotto i colpi della scopa.
Vorrei che fosse un rumore assordante.
Per fare finta di non aver sentito.
Non voglio dirle la verità.
"Dai, lo sai che tanto te lo chiedo finchè non mi rispondi!"
Vero.
Lei non molla.
"Differenza di vedute!"
Ti basta?
"Su cosa?".
No. Decisamente non le basta.
"Sul tatuare i minorenni!" dico tutto d'un fiato, senza pensarci.
Pessima, pessima mossa.
"Quindi è per colpa mia?"
Dal binario tre, parte il treno per il film di Anna.
Inevitabilmente sorride.
Si, l'ho fatto perchè Sasha si è permesso di toccare qualcosa che nemmeno avrebbe potuto pensare di toccare.
"Frena..tu ci sei capita in mezzo." mento spudoratamente.
Lei però non sembra delusa dalla mia risposta.
Lei ha capito.
Ha capito qual è la verità.
"Io ce l'ho con gente come Sasha...è per questo che il mio lavoro viene ancora visto male" continuo.
Ma lei sembra già non ascoltarmi più.
"E io che pensavo che di me non te ne importasse niente" sospira.
Come diavolo puoi pensare una cosa del genere?
Se ho il braccio aperto a metà, è proprio perchè a me di te importa.
Importa eccome.
Ma questo non te lo posso dire.
Il silenzio che cala tra noi è imbarazzante.
E' diverso dagli altri silenzi che ci sono stati tra noi.
E' silenzio di imbarazzo.
E' silenzio di consapevolezza.
Le tolgo di mano la scopa.
"Andiamo da tuo padre...questo braccio mi sta facendo vedere le stelle"dico.
"Va bene" mi sorride,
E Dio solo sa quanto è bella quando sorride.
La bellezza, non fa parte del tuo mondo Emiliano.
Lasciala andare.
Deve esserci un addio tra di noi.
Ma quello che mi preoccupa non è l'addio, ma i flashback che resteranno con me.
Quelli non se ne andranno mai.
La seguo mentre usciamo dal negozio.
Che casino che ho combinato.
Che casino che sto combinando adesso.


Mentre siamo sull'autobus che ci porta alla clinica di suo padre, lei continua a fissarmi.
E il suo sguardo fisso su di me, proprio non lo reggo.
Come se volesse leggere qualcosa di imperscrutabile.
Poi all'improvviso strappa una pagina dal suo diario.
Ci scarabocchia qualcosa sopra e me lo porge.
"E' il mio numero. Nel caso avessi bisogno di una ditta di pulizie" sorride.
"Non ne avrò bisogno"dico.
Ma lei continua a porgermi il biglietto.
E va bene.
Accartoccio il foglietto e me lo infilo nella tasca dei jeans.
Lei sembra contenta.

Finalmente arriviamo alla clinica.
Il viaggio più lungo della mia vita.
Io e lei.
Sullo stesso autobus.
Stretti come sardine.
Avevo il suo profumo così vicino.
L'inferno.
E' stato il viaggio dell'inferno per me.
Mi fa strada tra le porte della clinica.
Deve essere di casa.
Medici ed infermieri la salutano calorosamente.
E lei risponde ad ognuno con grandi sorrisi.
E' prorprio la ragazza ottimismo.
Smette di sorridere quando vede suo padre venirci incontro.
Ahia!
"Dovresti essere a scuola!" suo padre deve essere furioso.
Ma più del fatto che non sia a scuola, deve essere furioso del fatto che è di nuovo con me.
Come dargli torto.
"Con te facciamo i conti dopo. A casa" e quel tono non promette nulla di buono.
L'ha pietrificata con la sua sola voce.
Mi giro a guardarla prima di sparire in uno stanzino insieme a suo padre.
Diamo inizio al processo.
Dopo avermi medicato, sfodera l'attacco.
"Non so cosa ci sia tra me e tua figlia..."
Niente, non c'è niente.
"...ma Anna è una ragazzina, e non deve essere coinvolta in queste storie" conclude.
Ha perfettamente ragione.
Non verrà mai più coinvolta in queste storie.
Io sparirò.
Lo giuro.
"Io sua figlia la conosco appena" provo a giustificarmi.
"E allora perchè era al tuo negozio?"
Ecco da chi ha preso Anna nel fare mille domande.
"Non ne ho idea".
E' la pura verità.
"Le avevo detto di non farsi più vedere"
"Si, dopo che le hai fatto un tatuaggio che per legge non avresti potuto farle".
No.
Posso essere colpevole di mille reati, ma non di questo.
Io ad Anna non potrei mai fare del male.
"Non sono stato io".
"Capirai che è difficile crederti" mi dice guardandomi negli occhi.
Voglio essere sincero.
Voglio che capisca che non farei mai del male ad Anna, non di proposito almeno.
Non sono un verme, come Sasha.
"Proprio perchè in passato ho fatto molti casini, adesso rigo dritto. Io certi principi li rispetto" rispondo sicuro.
"Questo" dico indicando con lo sguardo il braccio "me lo ha fatto chi ha tatuato sua figlia, dopo che l'ho denunciato".
Mi guarda.
Forse ha capito.
Ma devo essere più convincente.
"E nel caso se lo fosse chiesto, io non metto le mani addosso alle ragazzine di sedici anni".
Lo guardo.
"So cosa vuol dire prendere strade sbagliate e voglio che Anna resti lontano da tutto questo".
Mi guarda.
Forse ha capito che farò di tutto per tenere Anna lontano.
Non dice più nulla riguardo a sua figlia.
Torna a parlare della mia ferita e del fatto che mi farà fare delle analisi.
Non sono un verme.
Cerco nei jeans il cellulare e scorro la rubrica fino al nome di Valentina.
"Puoi venire a prendermi in un posto?" dico non appena mi risponde.
Le do l'indirizzo.
"Ah..un ultima cosa Vale...appena mi vedi,baciami. Poi ti spiego" dicc prima di concludere la telefonata.
Non mi resta che giocare l'ultima carta.
Voglio dimostrare al padre di Anna che non sono un verme.

Esco a passi rapidi dalla clinica, nella speranza che Anna non mi veda.
Ma lei è già sulla porta che mi insegue.
"Emiliano...aspetta...quando ci rivediamo?"
Mai più Anna, mai più.
Non le rispondo.
Mi volto e vado verso Valentina.
Le sfioro appena le labbra e salgo in macchina.
Dal vetro sporco dell'auto vedo lo sguardo di Anna.
Le avrei fatto meno male se l'avessi pugnalata cento volte.
Volevo dimostrare di non essere un verme.
Ma la verità è che di secondo mesterie faccio il verme.




Hope you like it!
A presto!!!
Bacioni
Sempre vostra I.


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Capitolo 9
*** Lasciarsi amare ***


capitolo 9 "Credo di meritarmi una spiegazione" sussurra Valentina, mentre sfreccia tra le strade di Roma.
"E' una storia lunga" taglio corto; non mi va di darle spiegazioni, anche se gliele ho promesse.
"Ho abbastanza tempo da sentire tutto".
Valentina non molla.
Mi sembra di parlare con Anna.
Le donne sono tutte irrimediabilemente cocciute.
"Dovevo liberarmi di una persona" mugugno fissandomi il braccio nuovamente medicato.
"Dalla ragazza bionda?" mi chiede.
Colpito ed affondato.
"Si...le ho provate tutte per liberarmi di lei, ma non è servito ad un gran che, lei è sempre tornata".
"Cavoli.." sospira " allora è seria la cosa" afferma.
No.
Cosa vuol dire?
Ma mi è stata a sentire?
Ha sentito quello che ho detto?
"Prego?" le chiedo, cercando di capire dove vuole andare a parare.
"Emiliano, su, stai parlando con me...sai da quanto ci conosciamo?"
"Si certo, ormai sono dieci anni"
"Ecco...e in questi dieci anni ti ho visto scappare da non so quante ragazze, ma per allontanarle non ti sei mai dannato come stai facendo adesso!" afferma sicura.
"Cosa vorresti dire?" le chiedo, sperando che la risposta sia quello che mi aspetto.
"Voglio dire.." continua " che devi tenerci parecchio a questa ragazza se cerchi di allontanarla così tanto e in così tanti modi".
"No. Ti sbagli Vale, lei non significa niente per me" dico.
E non appena pronuncio quelle parole ecco nuovamente le fitte allo stomaco.
Sto mentendo, ma non lo ammetterò mai.
Nemmeno sotto tortura.
Sono e devo restare una roccia.
"No, fidati mi sbaglio poche volte. Le altre ragazze semplicemente non le chiamavi e quelle prima o poi se ne facevano una ragione, ma con lei, con lei sembra diverso...è diverso".
"Ripeto che ti sbagli..." dico nuovamente, sottolineando la parola "sbagli".
"Perchè ti costa tanto ammettere che anche tu sei umano? Che anche tu sei fatto di sentimenti?".
"Non posso permetterlo, Vale. Non mi posso permettere di avere dei sentimenti, specialmente per Anna"
"Io non ti capisco. Perchè non ti lasci amare?" mi chiede.
Eccola.
La domanda da un milione di dollari.
A cui non voglio rispondere.
Non sono mai stato un tipo loquace.
Non sono mai stato bravo a rispondere alle domande di qualcun altro.
E mai, nella mia vita, mi sono trovato a dover rispondere a così tante domande come adesso; da quando ho incontrato Anna.
"Lei non è innamorata...vuole solamente qualcosa che non può avere. Voi donne fate così. Volete sempre qualcosa che non potete avere."
Valentina mi fulmina con lo sguardo.
Forse si è sentita offesa dalla mia generalizzazione sul sesso femminile.
"Sei un'idiota. Te ne pentirai" dice inchiodando davanti al mio negozio.
Sarò un'idiota allora.
Ma non mi farò incartapecorire il cervello.
La saluto con un bacio sulla guancia e scendo dalla macchina.
Il negozio è ancora chiuso.
E per la prima volta nella mia vita non ho nemmeno voglia di anadare al lavoro.
Troppe prime volte, da quando conosco Anna.
Così non va, decisamente non va.
Il negozio lo lascio chiuso e a passi veloci mi avvio versa casa.
Sono esausto.
Questa giornata è stata fin troppo piena per i miei gusti.
Ho ancora fisso nella mente lo sguardo di Anna, mentre mi vede baciare Valentina.
Sento anche il rumore del suo cuore che si spezza.
Piccoli pezzi di cristallo che cadono a terra.
Sento le fredde lacrime sul suo viso.
Mi scoppia la testa.
Accendo la radio a massimo volume, così che la musica possa sovrastare le mie sensazioni.
Non voglio sentire più niente.
Non voglio pensare più a niente.
Ma lei, Anna, insistente come ma,i non ha la minima intenzione di uscire dalla mia testa.
Di uscire dal mio cuore.
Quando potrò essere nuovamente "sereno"? Mi dico guardandomi allo specchio.
Ho bisogno di una risposta.
E ne ho bisogno subito.


Sono passati due giorni.
E la ragazza ottimismo è sparita.
Niente telefonate.
Niente apparizioni in negozio.
Niente di niente.
Dovrei esserne felice, ma la morsa allo stomaco non la pensa come me.
Ho ricominciato a lavorare.
Prendendo più appuntamenti del dovuto.
Ma più mi concentro sul lavoro meno penso ad Anna, meno sto male.
Sono un verme.
Sono un mostro.
Sono una persona orribile.
Sono semplicemente Emiliano.
Sono una bestia.
E le bestie devono stare da sole.
Ancora mi risuonano in testa le parole di Valentina.
"Perchè non ti lasci amare?"
Quella porta doveva restare chiusa, ed eccomi qui a sforzarmi di chiuderla mentre il vento tira forte e cerca di spalancarla.
"Tieni aperta la  porta del cuore" le parole di mia madre, come un sussuro mi sofndano la testa.
"Non posso Mamma....se ne andrà anche lei, come hai fatto tu" mi ritrovo a bisbigliare mentre sistemo gli attrezzi del lavoro.

Sento dei passi che scendono le scale.
Mi si ferma il cuore.
La sento.
So che è Anna.
Sento il suo profumo, prima ancora di vederla riflessa nello specchio dello studio.
Ci fissiamo per un paio di secondi che a me sembrano secoli.
Adotto la tecnica del silenzio.
In passato ha sempre funzionato.
Ma si tratta di Anna, e con lei non funziona niente.
Tutti i miei circuiti sballano.
Vaccillo.
Lei mi manda in tilt.
Si avvicina a me.
E' decisamente arrabbiata.
E, se è umanamente possibile, quando si arrabbia è ancora più bella di quando sorride.
"Ho visto Valentina..." mi gela.
Non rispondo.
"...Perchè mi hai fatto credere che fosse la tua ragazza?"
Continuo a non rispondere.
"Senti...se ti faccio così schifo, potevi dirmelo."
E quelle parole mi mozzano il fiato.
"Non  mi fai schifo Anna!" affermo ancora prima di rendermene conto.
Anzi, nessuno mi è mai piaciuto come mi piaci tu.
Il suo viso si rilassa.
La rabbia sembra scomparire dal suo volto per lasciare spazio all'incredulità.
"E allora perchè?" mi chiede.
Anche questa è una domanda a cui non posso, non devo rispondere.

Sono sul ciglio di un burrone e mi sforzo di non caderci dentro.
Quel burrone è Anna.
Lei vuole risposte.
Risposte sincere.
Vuole che io sia sincero.
Ma soprattutto devo essere sincero con me stesso, per esserlo con lei.
Valentina aveva ragione.
Chi voglio prendere in giro, comportandomi così?
Non è lei ad essere spaventata.
Sono io lo spaventato.
Spaventato da questi nuovi sentimenti.
Spaventato dal fatto che una persona mi possa rapire a tal punto.
Sono Emiliano.
E sono spaventato.
"Tu devi andare per la tua strada e io per la mia"affermo.
Siamo strade parallele, Anna, vicine ma mai unite.
Siamo destinati a viverci accanto, senza mai poterci incontrare.
Imbocca la tua strada che ti porta verso il tuo meraviglioso futuro, mentre io resto qui.
Legato ad una vita che non mi sono scelto, che ho dovuto intraprendere forzatamente.
Tu una scelta ce l'hai.
E sarei egoista a volerti tenere in basso, con me, mentre tu puoi volare in alto.
"Non ti capisco".
Ecco di nuovo la sua espressione delusa.
Non lo reggo quello sguardo.
Lei mi sa leggere dentro.
"Questo posto, non c'entra niente con te. Io non c'entro niente con te" dico marcando l'ultima frase, nella speranza di darle il colpo definitivo.
"Ma io ti amo" sussurra.
Ecco.
Quelle tre parole che nessuno aveva mai pronunciato nei miei confronti, lei me le sbatte in faccia.
Si apre a me.
Ho passato un'intera vita a vaccinarmi e poi arriva lei e con quelle tre parole mi fa tremare le ginocchia.
Lei mi ama.
Mi giro a guardarla, incapace di realizzare che lei mi ha detto quelle parole che mai avrei pensato di sentirmi dire.
E con un tonfo cado a terra.
"Sono la persona sbagliata" affermo.
Vorrei essere la persona giusta.
Lo vorrei con tutto il cuore.
Ma non posso esserla.
Non posso farti male.
Non posso farmi male.
"Non è vero...dimmi che non ti piaccio, che sono brutta, stupida...troppo ingenua..." mi implora di dirle così.
Di urlarle in faccia quelle cattiverie.
Mi implora di mentire.
Hai mentito tante volte, Emiliano, perchè non mentire anche adesso?
Dille che è brutta.
Diglielo.
Supplico il mio cervello di farmi parlare, ma lo stomaco e il cuore mi bloccano le parole in gola.
"Per me tu sei perfetto..." continua quasi in lacrime, consapevole che non riceverà mai la risposta che vuole.
La risposta che si merita.
"Nessuno ti amerà mai come ti amo io" mi sussurra prima di scomparire sulle scale.
Nuovamente in lacrime.
E in quell'istante, per la prima volta, il mio cervello e il mio cuore agiscono simultaneamente.
Le gambe si muovono.
Salgo i gradini a due a due.
Devo raggiungerla.
Stringerla tra le mie braccia.
In testa ancora le parole di mia madre.
"Tieni aperta la porta del cuore".
Eccola mamma.
Ecco l'unica persona che è in grado di sfondare quella porta.

La vedo che piano piano si allontana dal mio negozio.
La inseguo e la prendo per un braccio.
"No..." mi dice mentre il suo viso è rigato da lacrime irrefrenabili.
Non è più tempo di parlare.
Lascio parlare il mio cuore per una volta.
La stringo e metto fine alla nostra distanza.
Il bacio che aspettavo.
Un sapore nuovo mi invade.
Un sapore di felicità.
Di agognata felicità.
Lei risponde al mio bacio.
La guardo negli occhi.
E' arrivato il momento di arrendersi, di abbandonare la rocca forte.
E' arrivato il momento di lasciarsi andare.
"Tu sei bellissima" dico con un filo di voce.
Il sorriso le esplode in volto.
E' meravigliosa.
"Solo che sei così piccola"
Sei così piccola e fragile che ho paura a sfiorarti; ho paura di romperti.
Lei mi guarda sicura.
Ha finalmente ottenuto quello che voleva.
Sorridendo mi dice che ha quasi 17 anni.
Non è la differenza di età che mi spaventa.
Ma è la possibilità di perderla un giorno.
Paura di non meritarmi i suoi 17 anni, il suo mondo, i suoi baci.
"Io non voglio che ti succeda niente di male. Mai" le dico accarezzandole la guancia.
Lei, il mio scricciolo.
Lei, tutto quello che ho.
La bacio di nuovo.
Sento le farfalle nello stomaco.
A fatica mi stacco dalle sue labbra che sono diventate il mio tempio di adorazione.
"Ora devo tornare...ci vediamo domani?" le chiedo.
Mi fa segno di si con la testa.
"Ti vengo a prendere a scuola".
Domani la stringerò tra le mie braccia e mi godrò il momento.
Lei ha scelto me.
Io ho scelto lei.
Quelle due strade parallele si sono finalmente incontrate.
La stringo nuovamente a me.
La sento aggrapparsi alle mie spalle.
Una delle sensazioni più belle che abbia mai provato.
Le rubo un altro bacio.
Starei a baciarla per ore, senza stancarmi e senza staccarmi.
Ma purtroppo devo tornare al lavoro.
Lei, come sempre, mi legge il pensiero.
Questa volta si stacca lei dalle mie labbra.
Già mi mancano.
E pensare che mi stavo perdendo tutto questo.
Mi saluta, mandadomi un bacio.
E io resto li, immobile, a guardarla.
E' tutto ciò che ho di più bello in questa vita.
Mia madre aveva ragione.
La porta del cuore va tenuta aperta.
E' sempre bello lasciarsi amare.






Hope you like it!!!
A presto
Baci
I.





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Capitolo 10
*** Il più finto dei sorrisi ***


Capitolo 10 Mi saluta, mandadomi un bacio.
E io resto li, immobile, a guardarla.
E' tutto ciò che ho di più bello in questa vita.
Ho ancora il sapore delle sue labbra.
Sapore di speranza, di desideri raggiunti, di voglia di vivere.
Voglia di me.
Finalmente ho aperto quella porta.
Mi sento rinascere.
Lei mi ha fatto rinascere.
Adesso anche io posso preoccuparmi di qualcuno.
Il cellulare che squilla nella mia tasca mi riporta alla realtà.
E quasi a volermi punire di quella immeritata felicità, sento la voce del passato.
Sonia.
Fantasma del mio passato che viene a riprendermi.
Ha la voce rotta dal pianto.
E' agitata.
Lei mi è stata accanto in diverse occasioni e non posso lasciarla sola.
Non riesco a credere a quello che mi dice.
E mi ritrovo di nuovo gettato nel baratro del buio della mia vita.
"Sei sicura?" le chiedo.
Lo sapevo che qualcosa sarebbe andato storto.
Non potevo meritarmi tutto questo.
Non potevo meritarmi la felicità.
Non potevo meritarmi i baci di Anna.
Non potevo meritarmi Anna.
"Andrà tutto bene! Arrivo subito!" dico a Sonia, cercando di convincere lei, ma soprattutto di convincere me stesso.
Andrà tutto bene, Emiliano.
Deve andare tutto bene.
Ho agito da stupido?
Dovevo pensarci meglio?
Dovevo nuovamente mandare via Anna?
Mi chiedo mentre afferro le chiavi del motorino.
Non posso infliggerle una nuova ferita.
A lei, a cui piacciano gli amori rischiosi.
Lei che rischia tutto per me.
Lei che rischia i suoi giovani anni.
Lei che rischia amori rotti, amori pieni di cicatrici.
Posso infliggerle un'altra cicatrice?
Mi maledico da solo.
Non sono mai stato un tipo dalle decisioni affrettate.
Prima di fare una cosa devo pensarci mille volte, e poi ancora altre mille.
Ma con Anna, ho agito d'impulso.
Lei mi fa agire di impulso.
Lei è l'impulso.

Sfreccio per le strade di Roma alla velocità della luce, rischiando di cadere diverse volte, nel tentativo di evitare autobus, macchine e biciclette.
Arrivo sotto casa di Sonia e la vedo seduta sullo stesso muretto di tanti anni fa.
Il solito muretto di due amici, cresciuti insieme che si sono fatti coraggio a vicenda.
Due amici sfortunati nella vita, che sono cresciuti insieme; consapevoli di poter contare l'uno sull'altra.
Qualcosa però in lei è cambiato.
E quel qualcosa è ben visibile.
Sonia aspetta un bambino.
Adesso capisco la sua telefonata.
Il padre l'ha cacciata via di casa.
Io non ne sapevo nulla.
Erano mesi che non la vedevo.
E l'ultima volta...
Già, l'ultima volta avevamo bevuto troppe birre.
Decisamente troppe.
So che il bambino è mio.
So il perchè della sua chiamata.
Ed ecco che io, incapace di gestire la vita di altre persone, mi trovo a dover gestire altre tre vite oltre la mia.
La vita di Sonia.
La vita del bambino.
La vita di Anna.
Anna.
Abbraccio Sonia, quando in realtà vorrei abbracciare Anna.
Lei mi terrebbe al sicuro.
Lei mi impedirebbe di sprofondare.
Lei mi darebbe la forze necessaria per affrontare tutto questo.


Aiuto  Sonia a sistemare le sue cose nel mio piccolo appartamento.
Troppo piccolo per accogliere una nuova vita.
Troppo piccolo per i miei pensieri.
Mi sento soffocare.
Non so dove sbattere la testa.
Avevo finalmente trovato la felicità e adesso me la vedo scomparire velocemente tra le mani.
Non posso costringere Anna a vivere tutto questo.
Non alla sua età.
Già alla mia età è difficile gestire questa situazione, figuriamoci alla sua.
Non posso fare altro se non quello di sparire nuovamente dalla sua vita.
E stavolta per sempre.
A malincuore prendo la decisione più difficile della mia vita.
Lasciare andare Anna.
Devo pensare al bambino.
Solo questo.
Non avrà un padre menefreghista.
Non avrà un padre che perderà le sue recite a scuola.
Non avrà un padre che dimentica il suo compleanno.
Non avrà un padre come lo ho avuto io.
Forse un giorno Anna capirà tutto questo.
Lei ha un padre magnifico, che si preoccupa per lei.
Devo essere come suo padre per mio figlio.
"Perdonami scricciolo, se puoi" bisbiglio, mentre mi accendo una sigaretta, appocciato al lampione acceso sotto casa mia.
Soffoco un dolore lancinate al petto.
Fa male.
Fa dannatamente male.
Non avevo mai provato un dolore simile.

La vibrazione del cellulare, per la seconda volta in questa giornata, mi riporta alla realtà.
E' un messaggio di Anna.
"Non vedo l'ora che sia domani....".
Le avevo promesso sarei andato a prenderla a scuola.
Che non sarei andato via.
Promessa infranta.
E' come se le avessi urlato in faccia "vado via, ma tu fai finta di non vedere".
Non le rispondo.
Stacco il cellulare.
Devo sparire nuovamente.
E stavolta per sempre.
Chiuderò il negozio.
E lei si stancherà di cercarmi, prima o poi.
Si rassegnerà, come fanno tutti.
Sarà doloroso, lo so.
Ma si sopravvive.
E lei, più forte di prima, rinascerà.
Pronta ad accogliere un nuovo amore.
Pronta ad accogliere una persona che la meriti.
Avrei voluto davvero meritarmi io tutto questo.
Ma la realtà è un'altra.
Io non merito niente.
Prima mi convico di questa cosa, prima il dolore al petto sparirà.

Getto il mozzicone della sigaretta a terra e lo guardo spegnersi lentamente.
Di sopra c'è qualcuno che ha davvero bisogno di me.
Ho commesso molti errori.
Ma questo "errore" non dovrà mai sentirsi tale.
Sfodero il più finto dei sorrisi e salgo di nuovo in casa.
Il male al petto passerà.
Tutto passa.




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A presto...
I.

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Capitolo 11
*** Non posso essere il tuo Inferno ***


hflwe Non accendo il cellulare da 4 giorni ormai.
E non appena lo faccio, vengo travolto da una miriade di messaggi.
Tutti di Anna.
Alcuni lasciati in segreteria.
Altri inviati come sms veri e propri.
Cancello i 15 messaggi del "Ti ho chiamato alle" e conservo tutti gli altri.
"Dove sei? Ti aspetto"
"Non mi fare preoccupare...ti so aspettando da due ore"
"Emiliano, dove sei finito???"
"E' tutto il giorno che ti cerco....ti hanno rapito gli alieni?"
"Io torno a casa, lascio il cellulare acceso. Chiamami"
Q
uesti sono solo alcuni dei messaggi che mi sono arrivati.
Non ho risposto a nessuno.
Ma li ho tenuti tutti.
Tutti con la stessa intestaria.
Anna.
L'ultimo che arriva è datato un giorno fa.
" Non so dove tu sia, ma volevo solo darti la buonanotte. Mi manchi".
Anche tu mi manchi, scricciolo.
Mi mancherai sempre.
Più del dicibile.
Più dell'immaginabile.
Mi mancherai davvero.
Mi mancherai sempre, anche se non ci fossimo conosciuti.
Spingo i giorni come se fossero dei colossi impossibili da spostare, per fare fronta alla tua assenza.
A volte la vita non continua, a volte passano solo i giorni.
Ma soprattutto mi manca come stavo quando c'era lei a girarmi attorno.
Mi manca vedermela spuntare in negozio, quando meno me lo aspetto.
Mi manca vederla imbronciata dopo una mia frase.
Mi manca come mai nessuno mi è mancato.

Sonia mi vede girare per casa,come se fossi un leone in gabbia.
A mala pena le parlo.
Non ho nulla contro di lei,ma ho bisogno del mio spazio.
Del mio tempo.
"Nervoso?"mi chiede, mentre mi siedo sul divano.
"No...solo stanco" dico, quando in realtà vorrei gridare altro.
Vorrei dirle che vorrei qualcun'altra qui con me.
Mi manca.
Mi manca come l'aria.
Mi manca davvero.
"Non ho ancora avuto modo di ringraziarti Emi" mi dice sedendosi accanto a me.
"Non dirlo nemmeno per scherzo! Insieme ce la faremo" le dico poggiando la mia mano sulla sua.
"Dovresti tornare al lavoro...se non come facciamo a mantenere nostro figlio?" scherza.
Già.
Nostro figlio.
L'unica ragione che mi tiene lontano da Anna.
Ma questa ragione è giustificabile.
Questa ragione vale al di sopra di ogni cosa.
Vale a tal punto, che richiudo nuovamente il mio cuore dietro quella porta che Anna aveva buttato giù.
Non posso essere felice.
Non in questa vita almeno.
"Domani torno..tranquilla" abbozzo un sorriso.
Il solito finto sorriso.
Nessun sorriso spontaneo è più nato sul mio viso, da quando ho allontanato di nuovo Anna.
Sorridere, quando non hai niente per cui farlo, è la cosa più difficile del mondo.
E io, adesso, non ho nulla per sorridere.
Tutto quello che mi faceva sorridere l'ho lasciato davanti ad una scuola ad aspettarmi invano.
Verrò ricordato come il più verme dei vermi.
Sonia si è addormentata sul divano, accanto a me.
Sono di nuovo solo in quella stanza troppo piccola.

Ritornare al lavoro è la mia unica via di fuga.
La mia ancora di salvezza.
Ho già un cliente prenotato per la mattina e non vedo l'ora di iniziare.
Non vedo l'ora di inziare a smettere di pensare.
Questo è il mio lavoro.
Smettere di pensare.
Dimenticare il sapore delle labbra di Anna.
Tornare l'orso che sono sempre stato.
Avrei dovuto saperlo che tutto quello non avrebbe portato mai a niente di buono.
Ti dicono di non fasciarti la testa prima di essertela rotta; hanno ragione, ma non sanno niente delle ferite che ne conseguono.
E la prima volta che non mi sono fasciato la testa, prima di essermela rotta, ho rotto il cuore di qualcuno.
Il gioco non vale la candela.
Farò finta che tutto questo non sia mai accaduto.
Non ho mai ceduto ad Anna.
Non ho mai ascoltato il mio cuore.
E' stato tutto un sogno.
E dai sogni prima o poi ci si deve svegliare.
Ma come ci si comporta quando ti rendi conto che non è stato un sogno?
Quando ti ritrovi di nuovo davanti il tuo sogno?
Il tuo incubo?
Anna è tornata.
Piena di domande.
In cerca di risposte che non avrà mai.
Non posso darle questa delusione.
Non posso dirle, che mentre la baciavo, aspettavo un figlio da un'altra.
Non posso dirle che, adesso, non ho davvero più tempo per dedicarmi a lei.
"Emiliano...." la sua voce è allarmata.
"Sto lavorando" la gelo, senza nemmeno guardarla.
"Prima te ne vai e non mi dici niente, ora ritorni e non mi dici niente?" mi rimprovera.
Ma più che un rimprovero, mi arriva la sua preoccupazione.
Preoccupata di questo silenzio.
Preoccupata che io possa aver cambiato idea.
Non ho cambiato idea, ma ho cambiato il modo di vivere questa idea.
"Da quando ti devo rendere conto dei miei spostamenti?" le chiedo.
"Beh io pensavo che stess..." non finisce la frase.
Che stessimo insieme?
Per un attimo ho pensato che fosse così, ma ho dovuto scontrarmi con la realtà dei fatti.
Io non posso stare con nessuno.
E tu, Anna, devi stare con qualcuno che non faccia avanti ed indietro nella tua vita a suo piacimento.
Qualcuno che non ti consideri part-time.
Qualcuno che ti meriti.
E io decisamente non ti merito.
Torno a rivolgermi al cliente, ignorando Anna e la sua frase, che le è morta in gola.
Uccisa dalla mia freddezza.
Ma lei, agonizzante, continua a fissarmi.
A parlarmi.
"Perchè mi tratti così?" mi chiede.
Perchè è l'unico modo che ho per tenerti lontana.
E' l'unico modo che ho per salvarti.
"Perchè sto lavorando".
Va via Anna.
Lasciami solo.
"Ti aspetto..o torno dopo" mi dice con la voce di chi a fatica trattiene le lacrime.
Mi osserva con lo sgurado di chi, dopo essere stato in paradiso, viene catapultato all'inferno senza spiegazioni.
Tu saresti il mio paradiso.
Ma io non posso essere il tuo inferno.
"Starò sempre lavorando."
"Tu....sei uno stronzo".
Per la prima volta mi sbatte in faccia tutta la sua rabbia.
Stavolta non si mette a piangere davanti a me.
Stavolta se ne va.
Stavolta la rabbia è più forte del dolore.
Stavolta è l'ultima nostra volta.
"Oh ti si attaccano come piattole" ridacchia il cliente.
Vorrei spaccargli la faccia.
Cosa ne sa di chi è Anna?
Di cosa significa per me.
Lui non sa niente di quanto dolore faccia cacciare l'unica persona che in te ha visto la luce e non il buio.
Allontanare l'unica persona che continua ad amarti, nonostante tutte le sfilettate che le infliggi ogni volta nel cuore; sempre più in profondità.
Lo gelo, dicendogli di farsi gli affari suoi.
Il mio paradiso se n'è anadato e io sono rimasto solo.
All'inferno.








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A presto,
bacioni
I.

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Capitolo 12
*** Ti lascerò ***


ti lascerò Sapevo che non sarebbe stato facile dimenticare tutto.
Sapevo che qualcosa sarebbe nuovamente riemerso dal magma incandescente dei sentimenti.
Sapevo che saresti ritornata.
Con il cuore a pezzi, a chiedere il colpo di grazia.
Colpirti nuovamente sarebbe stato facile.
In altre circostanze avrei colpito senza pensare.
Ma adesso, adesso fa più male colpire che essere colpiti.

Anna è davanti a me.
Lo sguardo deluso.
Lo sguardo spento.
Come se qualcuno le avesse succhiato via tutto il suo ottimismo.
Io le ho portato via il suo ottimismo.
Sono io il colpevole del suo dolore.
"Anna...che vuoi ancora? Non ho tempo" dico sperando di bloccare subito la sua voglia di spiegazioni.
Non ti è bastata la pugnalata di ieri?
Perchè continui a tornare?
Perchè non mi permetti di sentirmi un verme?
Da solo.
Più ti allontanto, più tu ,effetto boomerang, torni indietro.
E ogni volta cacciarti fa sempre più male.
Non farti più male, Anna.
Non farmi più male.
Dimentichiamoci quello che è stato.
Lasciamo che sia un bellissimo ricordo.
Tu sarai il ricordo più bello che ho.
Non voglio dover essere il tuo sbaglio più grande.
"Quando mi hai detto quelle cose ieri, non le pensavi veramente?" mi chiede speranzosa.
Non le pensavo, ma ho dovuto dirle lo stesso.
Come posso fare a proteggerti se non ti allontani da me?
Non ho mai pensato quelle cattiverie.
Se penso a te, non posso pensare a cose cattive.
Ma purtroppo, in questa vita, mi è stato assegnato il ruolo del cattivo.
"Io lo so che non sei così e so anche che tra noi c'è qualcosa." continua.
Lei vede la luce in me, nonostante tutta la cenere che io le getto intorno.
Nonostante tutto il marcio che c'è intorno, lei vede la speranza.
Lei crede in me.
Nessuno aveva creduto in me, così come lei.
O perlomeno nessuno me lo ha mai dimostrato con tanta forza come me lo sta dimostrando lei.
Ma più una persona crede in te, più è facile deluderla.
Deludere le sue aspettative.
E io so che ti sto deludendo Anna.
"Voglio sapere perchè! Ti giuro che poi sparisco...ma c'è una ragione per cui non mi vuoi vedere più? Una ragione valida ce l'hai?"
Quando la sento dire che sarebbe sparita, mi si ferma il cuore.
Il petto mi fa male, ma in fondo è la cosa più giusta che abbia detto.
Sparirà.
E io piano piano riuscirò a dimenticarla.

Vuole una ragione valida.
Niente più bugie.
Lei merita, più di chiunque altro, la verità.
Faccio per parlare e l'incubo prende vita.
Sonia esce dal negozio.
Lo sguardo di Anna non lascia dubbi.
Ha capito tutto.
La delusione che i suoi occhi emanano è peggio di un colpo di pistola in pieno petto.
Sento il rumore degli ultimi pezzi del suo cuore rompersi.
Stringo il pugno, per impedirmi di abbracciarla.
"Lei è Sonia e aspetta un bambino...ti sembra una ragione valida?" le chiedo, sapendo che questa frase potevo risparmiarmela.
Perchè sparare sulla croce rossa?
Perchè affondare la lama in un cuore agonizzante?
Perchè farle più male, di quanto si merita?
Non mi dice niente e si allontana.
Il suo silenzio lo sento gridare nella mia testa.
Forte.
Potente.
Un silenzio che spacca i timpani.
Un silenzio che fa più male dello "stronzo" dettomi ieri.
Se mi odiasse farebbe meno male.
Almeno saprei che un sentimento per me lo prova.
Ma il silenzio, il silenzio fa capire la delusione che le ho provocato.
Mi faccio schifo da solo.
E ti guardo allontanarti a passi veloci.
"Chi era quella, Emi?" mi chiede Sonia.
Quella?
Vorrei gridare che quella è Anna.
La mia luce.
La mia forza.
La persona più forte che abbia mai conosciuto.
La ragazza che mi fa girare la testa.
La ragazza che mi fa battere il cuore.
La ragazza ottimismo.
La mia ragazza ottimismo.
Ma mi limito semplicemente a rispondere: "é solo una ragazzina".
Ormai non lo penso più.
Non sei una ragazzina.
Sono io il ragazzino.
Sono io lo stupido che si pentirà per il resto dei suoi giorni per averti allontanata.
Per averti lasciato andare.
 

Ti lascerò andare.
Indifesa come sei, ma farei di tutto per poterti trattenere.
Ti lascerò perchè dovrai scontrarti con i sogni che si fanno, quando si vive intensamente la tua età.
Ti lascerò provare a dipingere i tuoi giorni con i colori accesi dei tuoi anni.
Lascerò ai tuoi occhi tutta una vita da guardare, ma è la tua vita non trattarla male
Ti lascerò crescere.
Ti lascerò scegliere.
Ti lascerò anche sbagliare.

Ti lascerò, senza di me.


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I.

Ps: l'ultima parte è la trascrizione della canzone "Ti lascerò".



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Capitolo 13
*** Angelo Custode ***


capitolo 13 Sono sdraiato sul letto da ore ormai.
Non ho la forza di alzarmi.
Fuori è notte fonda e io non riesco a prendere sonno.
Sono le due del mattino.
Dovrei dormire.
Ma tutto quello che riesco a fare è pensare ad Anna.
Al modo in cui l'ho trattata.
Dovrei sentirmi bene.
Finalmente l'ho allontanata per sempre.
Sto bene, mi dico.
A parte il non dormire, il non mangiare, il non lavorare.
A parte il nervosismo.
A parte la schiacciante consapevolezza che ti ho persa per sempre.
Ormai sono fuori dai giochi.
Tutti dicono che l'amore fa male.
Ti distrugge.
Ma la verità è un'altra.
La verità è che è la solitudine a far paura e a far male.
Perdere qualcuno fa male.
L'unico modo per non farsi male è amare.
L'amore è la cura.
E io non posso curarmi.
Resto solo, tra queste lenzuola fredde, senza la possibilità di curarmi.
Potessi tornare indietro cambierei tutto.
Riavvolgerei il nastro della mia vita e gestirei tutto diversamente.
Ma il tasto rewind si è rotto.
Posso solo andare avanti.
Mi posso solo abituare.
E mentre penso che mi abituerò a non vederla mai più, so che morirò dentro.
Quando nasci nessuno ti da le istruzioni per gestire l'amore.
Devi farti le ossa, dicono.
Bella stronzata.
Io le ossa me le sono rotte tutte e non sto affatto meglio.
Mi sento rotto.
La roccia è franata e io sono perso.
Guardo Sonia dormire dall'altro lato del letto.
Se solo sapesse quanto mi costa tutto questo.
Io mi gioco tutto.
Come se, nella roulette della vita, avessi puntato tutto ciò che avevo su un numero che non è mai uscito.
Il banco vince sempre.
E io perdo sempre.
Ma finora tutto ciò che avevo perso non aveva grande importanza.
Adesso, invece, quello che ho perso è diventata tutta la mia vita.
Anna.
Me la vedo ancora davanti.
Che rumore fa un cuore rotto?
Come si aggiusta un cuore rotto?
Che punizione c'è per chi lo ha rotto quel cuore?
Che punizione mi merito?



Sono riuscito a dormire solo mezz'ora.
Sono rimasto sveglio tutta notte a pensare.
Questa situazione mi sta uccidendo dentro.
E come se non bastasse, Sonia mi trascina a fare la spesa.
Mentre mi portava il caffè, mi ha detto che proverà a tornare a casa sua.
"Non posso invadere casa tua" mi ha detto sedendosi sul letto.
Effettivamente con lei intorno riesco a concludere ben poco.
Lavoro sempre meno.
E meno lavoro peggio sto.
Se solo potessi staccare il cervello per un giorno.
Non chiedo nient'altro.


Trascino in negozio l'ultima busta della spesa.
Un tonfo al cuore.
Si ferma tutto e l'unica cosa che riesco a mettere a fuoco sei tu.
Ti ho riconosciuta.
Il tuo passo.
Il tuo profumo.
I tuoi capelli biondi al vento.
La tua cartella.
Anna.
Eri li, davanti al mio negozio.
A farti del male.
A guardare la mia vita da lontano, come se avessi bisogno di protezione.
Lei, il mio angelo custode, che nonostante tutto il male, tutta la rabbia e tutto l'odio, continua a vegliare su di me.
Se ti dicessi che ti ho veramente dimenticato.
Che sono andato oltre.
Il mio cuore direbbe amen.
E invece sono qui e ti guardo mentre ti allontani.
Non l'ho superata.
Non la supererò mai.
Tutta la mia forza di volontà sparisce.
Mi basta un tuo sguardo e tutto attorno non hai più senso.
Una strada senza via d'uscita.
Nessuna scappatoia che io possa prendere per dimenticarti.
Anna.

Mi sento uno psicopatico.
Ma dopo averla vista andare via dal mio negozio, devo ripagarla con la stessa moneta.
Lei vuole essere il mio angelo custode.
Io posso e voglio essere il suo.
Sono nascosto dietro un albero e aspetto che suoni la campanella di fine lezione.
Non so nemmeno se è andata a scuola.
Conoscendola, potrebbe aver marinato la scuola anche oggi.
Distrutta dal dolore, potrebbe essere rimasta nascosta sotto le lenzuola.
Invece, sorprendentemente, la ragazza ottimismo esce da scuola, accompagnata dalle amiche.
E' una roccia.
Chi è la roccia tra noi due?
Io o lei?
Io che mi vanto tanto di essere una roccia, ho solo da imparare da lei.
Anna, con il cuore a pezzi, reagisce al mondo.
Si ferma a parlare con alcune ragazze e io non riesco a smettere di vegliare su di lei.
La vedo ridere e scherzare.
Come può farcela?
La invidio.
Mi supererà prima o poi.
E io resterò per sempre nell'ombra di questo albero.
Solo vederla sorridere mi da un tale piacere che è difficile descrivere.
Un piacere che termina non appena vedo un ragazzo farsi strada tra gli studenti, dirigendosi verso di lei.
Quel bell'imbusto si ferma a parlare con lei.
Ma da qui non riesco a sentire cosa si dicono.
Cosa vuoi da Anna?
Cosa vuoi dalla mia Anna?
Qualcosa mi fa male dentro.
Lo stomaco mi si chiude e stringo i pugni.
Sento crescere una nuova e sconosciuta forza dentro di me.
Non riesco a sopportare il modo in cui la guarda.
Il modo in cui le parla.
Il modo in cui la tocca.
Quel deficiente si è permesso di toccarla.
Troppe persone si permettono di toccarla senza il mio permesso.
Sono divorato dalla gelosia.
Ma cosa pretendi, Emiliano?
Bella com'è avrà la fila di spasimanti, e tu, oggetto dei suoi desideri, l'hai cacciata via.
Non si può avere tutto.
Non si può avere la moglie ubriaca e la botte piena.
O l'una o l'altra.
E la tua scelta l'hai fatta.
Rimpiango a malincuore la mia scelta.
Ma è stata la cosa più giusta da fare.
Getto a terra il mozzicone della sigaretta.
Mi infilo il cappuccio, per paura di essere visto.
Mi allontano per evitare di prendere a pugni quel bamboccio ben vestito.
Lui non ha idea della perla che si trova per le mani.
Io, tornerò a proteggerti, all'ombra di quest'albero.
Questo è il compito degli angeli custodi.






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A presto,
I.









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Capitolo 14
*** La Gelosia ***


capitolo 14 E come la corrente del mare riporta a riva le onde, il mio cuore mi riporta a te, Anna.
Sono tornato a spiarti all'ombra di questo albero.
Passare qui le giornate è come se le passassi stretto accanto a te.
Sono io il tuo angelo custode.
Io posso e devo proteggerti.
Parcheggio il motorino dietro agli altri, cercando di non farmi vedere e vedo arrivare quel deficiente che ha osato toccarti.
E' con i suoi amici e ridono di qualcosa.
Di una scommessa che il "tuo" lui riuscirà a vincere.
"50 euro, che domani a quest'ora le ho messo le mani dappertutto" dice ai suoi amici, vantandosi di essere un playboy.
Spero solo che la persona a cui si riferisca non sia Anna.
"Ma chi Anna Martini? Ma lo sanno tutti che quella è una suora!".
Le mie orecchie vorrebbero sanguinare.
Il nome di Anna sulle loro bocche è come un insulto.
Lei non si merita di essere la preda di uno stupido gioco di uno stupido ragazzino.
Lui ha il privilegio di avere tra le mani una perla di rara bellezza e si vuole giocare tutto così?
Gli vorrei spaccare la faccia.
Metterlo in ginocchio e ordinargli di chiedere scusa ad Anna per essere un tale verme schifoso.
Lui non ha la minima idea di chi sia in realtà Anna.
Non è una di quelle stupide ragazzine che è abituato a frequentare.
Lei è di più.
Più di quello che lui si può meritare.
Questa volta, non posso restare nell'ombra.
Se lui tocca Anna io lo ammazzo.
Fine della storia.
E quando mi arresteranno invocherò la legittima difesa.
Stava per sporcare il mio cuore.
Anna.
Il mio cuore grande.
Ti proteggerò anche senza il tuo permesso.
Non mi serve nient'altro.
Apetterò queste sei ore e avrò cura di te.
Ti proteggerò, perchè sei un essere speciale.


Ho aspettato che le lezioni terminassero, per affrontare quell'inetto.
Lo vedo che giochicchia con il cellulare.
Accellero il mio passo e volontariamente gli tiro una spallata.
Gli ho fatto cadere il cellulare.
Poco male.
Non mi interessa delle conseguenze.
Non mi interessa niente.
Sono una macchina da guerra.
Distruggerò tutto ciò che potrà metterein pericolo ciò che amo.
Proteggerò il mio scricciolo.
La mia ragazza ottimismo.
La mia Anna,
"oh...bravo eh?" mi dice restando immobile.
Gli raccolgo il cellulare.
"Scusa" gli dico falsamente.
In realtà se gli ho rotto il cellulare è tutto di guadagnato.
Non mi servirebbe nemmeno un pretesto per fargli capire che lui non deve nemmeno pensare di toccare Anna.
Ma inaspettatamente è lui a servirmi su un piatto d'argento la mia piccola vendetta.
Mi afferra il braccio, attirato dai miei tatuaggi.
"Che significa?" mi chiede tendomi sempre il braccio.
Devo richiamare al mio cervello tutta la pazienza di cui dispongo, per non tirargli subito un cazzotto.
Qui davanti a tutti.
"Che ci devi pensare bene..."
Pensa bene a come comportarti con la più stupenda delle creature.
Mi rendo finalmente conto che è impossibile fare finta di niente.
Non serve a nulla cercare di dimenticarla.
Di allontanarla dalla mia vita.
Più ci provo più mi trovo inspiegabilmente vicino a lei.
Come se fosse la mia calamita.
"Fico..."
"Questa è una bomba, invece.." dico mostrandogli il tatuaggio che ho sul braccio "Sai che significa?"
Mi fa segno di no con la testa.
Significa che è ora di girare al largo da Anna.
"Significa che se fai lo stronzo con Anna Martini, io il tatuaggio te lo faccio qua" continuo puntandogli il dito in fronte.
Non servirà nessun tipo di inchiostro per il tuo tatuaggio in fronte.
Il mio pugno sul tuo bel faccino sarà più che sufficiente.
Mi guarda terrorizzato.
"Vuoi che ti faccio vedere anche quello sul polpaccio o hai capito?" gli chiedo con la faccia strafottente.
Lui mi guarda perplesso.
Tu Anna non la devi toccare.
Il caso è chiuso.
"No, chiaro" balbetta impaurito.
Ottimo.
Continua la tua bella vita con i tuoi amici.
Prenditi gioco di altre ragazze.
Stai lontano da Anna.
Non posso fare a meno di sorridere.
E' bello proteggere qualcuno.
E' bello proteggere Anna.
Come se volessi scusarmi di tutte quelle cattiverie che ti ho inflitto.
Di tutto il dolore che ti ho procurato.
Di tutto il male che ti ho fatto.
Non ero mai stato geloso di qualcuno.
Anche perchè non ho mai avuto qualcuno di cui essere geloso.
Invece adesso sono geloso di Anna.
La sento ancora mia.
Sono geloso di Anna.
Imparo a gestire questo nuovo sentimento, mentre imparo a gestire me.
Sono pronto ad allontanare chiunque proverà a farle del male.
Sono un controsenso vivente.
Non voglio che stia con me.
Ma allo stesso tempo non voglio che stia con nessun altro.
Sono egoista?
Molto egoista.
Dovrei permetterle di rifarsi una vita.
E invece, eccomi qui.
A scacciare chiunque si presenti all'orizzonte.
Ma si sa, la gelosia più la scacci, più l'avrai indietro.
Mi piace essere geloso.
Mi piace essere geloso di Anna.
Mi piace Anna.
La mia ragazza ottimismo.





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A presto,
I.





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Capitolo 15
*** Io e te insieme ce la facciamo ***


capitolo 15 PICCOLA PREMESSA.
RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE LEGGONO.
MA IN PARTICOLARE, QUESTO CAPITOLO LO VOGLIO DEDICARE ALLE RAGAZZE CHE MI LEGGONO E COMMENTANO SEMPRE.
VI RINGRAZIO SOLO NELLE RECENSIONI E MAI NEI CAPITOLI.
BEH RAGAZZE, QUESTO CAPITOLO E' PER VOI, CHE SIETE LA VERA ED UNICA RAGIONE PER CUI ADORO SCRIVERE.
QUINDI, RIPETO, QUESTO CAPITOLO E' TUTTO PER VOI.
GRAZIE elev
GRAZIE Ally Salvatore
GRAZIE _Giulia_
GRAZIE Encha25
GRAZIE Paolettajs
GRAZIE stella_81
GRAZIE elyana 87
GRAZIE bry897
GRAZIE Marygi
Grazie di cuore


Vi ho annoiato abbastanza,
Buona lettura!
I.





Mi sento sereno.
Finalmente mi sento sollevato.
Ho allontanato per sempre quel pivello da Anna.
E sono pronto ad allontare chiunque altro si faccia avanti.
Sto agendo da completo egoista, ma la morsa allo stomaco che mi ha attanagliato mentre lui la sfiorava, continua ad attanagliarmi al pensiero che un'altra persona possa anche solo sfiorare la mia Anna.
Non ho mai gestito sentimenti complicati come questo.
La gelosia.
E' tutto nuovo per me.
Ma non dovrei sorprendermi più di tanto.
Da quando Anna fa parte della mia vita, fa parte di me, è tutto nuovo.
E imparerò a gestirla prima o poi anche questa gelosia.
Prima, se vedevo un altro provarci con la ragazza che puntavo, facevo spallucce e andavo oltre.
Ma stavolta non riesco a cercare altrove.
Sono incatenato ad Anna, da una catena sottile, invisibile ma impossibile da tranciare.
Lei mi lega senza nemmeno rendersene conto.
Lei non sa il tormento che mi accompagna da quando la conosco.
Lei invece, me lo ha sempre sbattuto in faccia il suo tormento, il suo dolore.
E solo perchè io non lo dimostro, non vuol dire che non soffra come lei, se non di più.
Comportarmi così fa più male a me che a lei.
Lei non sa quello che sto passando.
Non voglio rinfacciarle niente.
Lei avrebbe voluto sapere questo dolore.
Sono io che le ho tolto questa possibilità, non presentandomi quel giorno a scuola.
La barriera che c'è l'ho innalzata io.
Per proteggermi.
Ma soprattutto per proteggere lei, da questo schifo che mi circonda.
Se nasci tondo non puoi morire quadrato, dicono.
Se nasci nello schifo, nello schifo resterai.
E sarebbe una cattiveria inutile constringere una persona a vivere con te nello schifo.
Specialmente una persona solare e con tanta voglia di vivere come Anna.
Per quel poco che conosco di lei, la sua vita splende.
L'unica macchia nera della sua vita sono io.
Io, che con il mio comportamento, la spingo in basso.
Talmente in basso che chiunque altro farebbe fatica a risalire.
Ma lei, sono sicuro, riuscirà a risalire.
E nel caso non ci riuscisse, le getterò una corda per tirarla fuori.
Per questo ho allontanto quel cretino.
Quel cretino, avrebbe solo creato ancora più buio attorno a lei.
In cuor mio, speravo che quel gesto l'avrebbe spinta a chiedere spiegazioni.
Invece sono due giorni di silenzio assoluto.
Ma forse è meglio così.
Non posso essere talmente egoista da pensare che bastasse quella "cavalleria" per farla correre da me.
Il colpo che le ho inferto l'ultima volta, deve averla fatta ricredere su di me.
Su di noi.
Un noi, che fino a quel momento, non avevo sentito mai così mio.
Non posso pensare di tornare nella sua vita e di pretenderla come se non fosse mai successo niente.
Il suo sguardo, l'ultima volta, non lasciava spazio a dubbi.
L'avevo delusa.
E questo bastava a farla scappare.
Quando una persona tradisce la tua fiducia, la abbandoni.
Si chiama istinto di sopravvivenza, e io dovrei saperlo bene.
Non l'avrei più rivista.
L'avrei protetta da lontano.
Come fanno gli angeli custodi.


Le certezze del giorno prima crollano non appena la vedo arrivare come una furia davanti al mio negozio.
Ecco Anna.
Ecco la sua reazione.
Questa volta, però, ha qualcosa di diverso negli occhi.
Una nuova luce.
Questa volta non si sarebbe fatta bastare una mia mezza frase.
"Mi spieghi perchè vai in giro a minacciare i miei compagni di scuola?" mi chiede furiosa.
"Sto lavorando, ne possiamo riparlare dopo?"
Mi gioco sempre la carta del lavoro.
Sperando che anche questa volta lei si rassegni.
"No col cavolo che ne parliamo dopo. Me lo spieghi adesso!!" mi sgrida.
La speranza che lei si accartocciasse anche questa volta, sotto il peso della mia freddezza, se ne va.
Come un pacco che viene rispedito al mittente.
Liquido il cliente che stavo per tatuare, chiedendogli di passare più tardi.
Mi devo concentrare su Anna.
Niente giri di parole, niente bugie.
La semplice e pura verità.
"Quel deficiente avevo scommesso con i suoi amici che saresti caduta ai suoi piedi" dico, mentre stringo ancora i pugni.
Ripensare a quella stupida scommessa mi fa ancora ribollire il sangue nelle vene.
Tu vali più di una scommessa.
Tu vali molto di più.
E' un insulto sapere che c'è gente disposta a prenderti in giro.
Forse pensi che anche io ti ho preso in giro.
Ma la verità è che piuttosto che prenderti in giro, preferisco essere freddo.
Duro come una roccia.
Trattarti male.
"E tu come fai a sapere della scommessa? Cosa fai mi spii?" mi chiede.
Il suo volto adesso si è rilassato.
I suoi capelli biondi luccicano sotto il riflesso del sole.
I suo occhi brillano.
"Volevo solo vedere se stavi bene" sussurro, incatenato da quegli occhi.
La verità.
Volevo solo vedere se stava bene.
Volevo solo vederla ancora.
"Cioè..fammi capire...io sparisco,perchè tu aspetti un figlio da un'altra e tu cosa vuoi fare il mio angelo custode?" mi chiede.
Angelo custode.
Si.
Voglio fare il tuo angelo custode.
"Io sto provando a dimenticarti, e ci sto provando con tutte le mie forze...ma se tu non mi lasci in pace, io come faccio?"
Quella frase mi fa tremare le gambe.
Lei sta provando a dimenticarmi.
Lei vorrebbe dimenticarmi.
Finchè non ho sentito quelle parole, credevo che non mi avrebbe potuto dimenticare.
Ero sordo, e adesso mi sono svegliato.
In fondo era quello che volevo.
Ma il dolore nel petto che avverto, nel sentire quelle parole, mi fa ricredere.
Non voglio essere dimenticato.
Già troppe persone mi hanno dimenticato.
Non voglio che Anna si dimentichi di me.
Non voglio restare nell'oscurità del suo mondo.
Uno che non conta più niente ormai.
Voglio essere ricordato.
Voglio essere ricordato per la felpa che le ho regalato.
Voglio essere ricordato per il bracciale che le ho donato.
Voglio essere ricordato per il tatuaggio che le ho curato.
Non voglio essere ricordato per le lacrime, la rabbia, il dolore.
"Entra " le dico "dobbiamo parlare".
Lei mi fissa, poi finalmente decide di entrare nel mio negozio.
Si appoggia al bancone e mi guarda, in attesa.
"Di cosa dobbiamo parlare ancora?" mi chiede.
Io mi tolgo il giubbotto e mi metto davanti a lei.
"Credevo che mi avessi già detto tutto quello che dovevi dirmi" dice, mentre le si incrina la voce.
Ha ancora impresso nella mente il nostro ultimo dialogo.
La mia freddezza.
"Sonia la conosco da quando eravamo piccoli, non è mai stata la mia ragazza" le dico guardandola negli occhi.
Occhi negli occhi.
Credimi, Anna.
Sonia non è mai stata la mia ragazza.
Non lo è  nemmeno adesso.
"E allora com'è rimasta incinta? Con il pensiero?" mi chiede.
Di nuovo la rabbia che ha covato in quest'ultimo periodo si impossessa della sua voce.
"Ci vogliamo bene, di tanto in tanto siamo stati insieme" le rispondo diretto.
Sono sincero.
Sono umano e sono un uomo.
E' normale che abbia avuto delle esperienze prima di lei.
Ed è altrettanto normale che lei ne abbia avute prima di scontrarsi con me.
E quel pensiero mi infastidisce.
Pensare che ci sia stato qualcun altro al mio posto, prima, mi fa andare in corto circuito.
L'oggetto dei suoi desideri, potrei non essere sempre stato io.
Lei mi guarda.
Sorpresa dalla mia inaspettata sincerità.
Siamo ragazzi.
Siamo giovani.
Questa è la vita.
Il suo volto si rilassa, la voce torna regolare.
"Ma tu la ami?" mi chiede in tono supplichevole.
La domanda da un milione di dollari.
Io non ho mai saputo cosa significa amare un'altra persona.
Alzarsi al mattino con come unico pensiero la persona amata.
Non so come si faccia ad amare.
Se nessuno te lo insegna, come fai a capire quando si  è innamorati?
"Aspetta mio figlio, Anna".
E' tutto ciò che riesco a dire, schivando la sua domanda.
Ma lei non rinuncia e continua a battere su quel tasto.
"Si, ma la ami oppure no?" mi richiede, speranzosa.
"E' tutto così complicato...io..." dico prima di essere interrotto dal telefono che squilla nella mia tasca.
E' Sonia.
Con la sua immancabile puntualità nei momenti meno opportuni.
"Ohi.." dico mentre vedo lo sguardo deluso di Anna.
La sua domanda non ha ancora ricevuto la risposta che lei attende.
"Che succede? Dimmi dove sei?" chiedo preoccupato.
Vedo che anche Anna si sta iniziando a preoccupare.
"Non ti muovere di li! Arrivo"
Sono costretto ad interrompere nuovamente il mio discorso con Anna.
"Era Sonia. Ha bisogno di me, devo andare" dico ad Anna, cercando di scusarmi.
Ma lei, che ha imparato a conoscermi, sa che è la cosa più giusta che io possa fare.
"Io vengo con te" mi dice.
Speravo che dicesse così.
Mi da una tale forza che le nemmeno immagina.
Ho bisogno di lei, accanto a me.
L'unione fa la forza, e con Anna al mio fianco posso farcela.
Indossa nuovamente i panni della ragazza ottimista per infodermi tutta la sua forza.
"Ok.." le dico afferrando le chiavi del motorino.
Saliamo in motorino e la sento aggrapparsi alla mia schiena.
Mi sento protetto.
Mi sento al sicuro.
Le sue mani si stringono attorno alla mia vita e le posso sentire nella mia pelle.
Ha delle mani così piccole, ma in grado di donarmi una grande forza.
Arriviamo alla stazione Laurentina ed iniziamo a cercare Sonia.
Con tutta questa confusione non riesco a capire niente.
Non vedo Sonia e perdo di vista Anna.
Finchè la sua voce mi trova.
"Eccola" dice indicandomi Sonia, appoggiata ad una colonna.
"Sonia.." dico correndole incontro, scavalcando tutti.
Lei mi getta le braccia al collo.
So che Anna, sta assistendo a tutta la scena.
Ma, sorretta dalla sua forza, non cede.
Osserva, ma non giudica.
"Che è successo?" chiedo a Sonia, staccandomi da quell'abbraccio per paura di ferire Anna.
Lei resta qualche passo indietro.
Rispetta il mio passato e lo apprezzo.
"Ho litigato di nuovo con papà...mi ha cacciata di casa, e non gli importa niente se tra un pò nasce il bambino" mi dice Sonia, con le lacrime agli occhi.
Le guardo la pancia.
Mio figlio.
Non è ancora nato è già la sua vita è più incasinata che mai.
"Stai tranquiila..una sistemazione la troviamo" le dico, per provare a calmarla.
Già, ma quale sistemazione?
Il mio appartamento è troppo piccolo.
Non mi viene in mente nessun'altra soluzione.
Ma per mio figlio, a costo di doverla costruire io, troverò una casa.
"Possiamo arrangiarci nello studio" le dico.
"Come fai a lavorare se ti sto tra i piedi?" mi chiede.
Non so che fare.
Non so cosa dire.
Ho bisogno che qualcuno mi aiuti.
Le mie preghiere vengono esaudite.
Anna.
Che fino a quel momento era rimasta in disparte, si fa avanti.
Gettandomi un'ancora di salvezza.
"Puoi stare da me" dice, rivolgendosi a Sonia.
"No, lascia stare Anna, non ti preoccupare..." le dico.
Non posso obbligarla a vedere ogni giorno il frutto del mio passato.
Ma lei, più forte di me, non si arrende.
"Sentiamo, dove hai intenzione di farla stare? Emiliano è incinta...Ha bisogno di un posto comodo, tranquillo, dove qualcuno si possa realmente prendere cura di lei".
Il mio scricciolo è una vera forza della natura.
Mi getta addosso una secchiata di maturità, che faccio fatica a credere.
Tra noi la roccia è lei.
Non è una ragazzina.
E' una donna saggia, matura.
Bellissima.
"Ai tuoi cosa racconti?" le chiedo.
Quante volte le ho già fatto questa domanda?
E quante altre volte mi ha risposto sempre allo stesso modo?
"Qualche cosa mi inventerò" mi dice, abbozzando un sorriso.
"Grazie" le dico di cuore.
Grazie di tutto.
Grazie di essere entrata nella mia vita.
Grazie per farmi ripartire.
"Andiamo?" dico guardando le donne che ho davanti a me.
Entrambe, per motivi diversi, sono le donne della mia vita.
Non voglio rinunciare a nessuna delle due.
E mentre Sonia, si attacca al mio braccio, io cerco qualcos'altro.
Cerco la mano di Anna.
Lei allunga la sua piccola mano e io la avvolgo con la mia mano grande.
Insieme ci prenderemo cura l'uno dell'altra.
Tu, la mia forza.
Io, la tua forza.


E' la prima volta che vedo casa di Anna.
Lei invece, il mio quartiere, lo conosce a memoria.
Soffoco un sorriso.
Entriamo dal giardino e Anna ci fa strada verso il salotto di casa sua.
Si ferma a parlare con una bella donna.
Bionda come lei.
Solo allora scopro essere la sorella di Anna.
Mi rendo conto che, io della sua vita, della sua famiglia non so nulla.
Non ho mai voluto sapere nulla della vita degli altri.
Ma adesso voglio sapere ogni singola cosa di Anna.
La sorella ha organizzato un barbeque.
"Perfetto, perchè io ho invitato due amici" le dice Anna, indicando me e Sonia alle sue spalle.
Voglio fare una bella impressione.
"Io sono Emiliano" dico, porgendo la mano alla sorella di Anna.
Mi stringe la mano e mi osserva intensamente.
"Emiliano...sei ricomparso! Ti aveva dato per disperso" dice, facendo sorridere me e arrossire Anna.
Lei ha parlato di me.
E mi sento onorato.
Onorato di essere sulla bocca della ragazza ottimista.
"Beh si, a volte ritornano" dico sorridendo.
Stavolta torno, per restare.
Questa volta ce la posso fare.
"Lei invece è Sonia, la sorella di Emiliano" dice Anna a sua sorella.
Sua sorella è affascinata dalla pancia di Sonia.
E' così gentile, sembra Anna in versione grande.
E mi vergogno come un ladro quando Sonia, con fare strafottente chiede del bagno.
Mi vorrei sotterrare.
Mi sento sotto pressione.
Sto "conoscendo" la famiglia di Anna e mi tocca fare queste figure.
"Accomodati" mi dice Anna.
Mi siedo sul divano e vedo sul tavolino del salotto, parecchie cornici.
Foto della famiglia di Anna ovunque.
Questo significa famiglia.
E famiglia significa non essere mai soli.
Mi sento fortunato, perchè una persona meravigliosa come Anna, si è fermata su di me.
Non ho idea di cosa ho fatto per meritarmi una simile benedizione.
Ma una cosa è sicura.
Questa volta non scappo.
"Vado a prendere dei vestiti per Sonia...Maria ne ha ancora qualcuno di quando aspettava mia nipote" mi dice, appoggiando la cartella sul divano,
Sua sorella si chiama Maria.
Ha una nipote.
Cerco di assimilare ogni singola informazione.
Sono affamato della vita di Anna.
Sono ingordo.
Vorrei sapere tutto.
A che età ha incominciato a parlare.
Quante volte è caduta dalla bicicletta.
Quante volte ha giocato in cortile.
Quante volte ha abbracciato sua sorella.
A che età ha perso il primo dentino.
A che età ha dato il primo bacio.

Io e Sonia siamo seduti in cucina ad aspettare Anna.
"Ciao..." dico vedendo entrare due bambini dalla porta, dove prima siamo passati noi.
"E voi chi siete?" ci chiedono.
"Io sono Emiliano e lei è Sonia" dico.
"Quell'Emiliano?" mi chiede la bambina.
"Perchè ce ne sono altri?" chiedo curioso.
Io sono l'unico e il solo Emiliano presente nella vita di Anna.
Fine della storia.
Sonia è sempre più simpatica.
Non è per niente grata ad Anna, come dovrebbe essere.
Ha accolto una sconosciuta in casa sua, incinta del ragazzo che ama e si comporta così?
Mi vergogno sempre di più.
"Vedo che avete conosciuto i miei fratelli" dice Anna venedoci incontro.
"Sono tutti o..." le chiedo.
Sono una squadra di calcio.
"No manca ancora Ciccio, poi in arrivo c'è l'ultimo figlio di mio padre, e poi c'è Inge che è la figlia dell'ultima moglie di mio padre...Siamo una bella truppa" sorride.
E io mi sciolgo, sorridendole in risposta.
Anna porge i vestiti a Sonia e io ne approffito per alzarmi.
"Io devo andare.." dico infilandomi il giubbotto di pelle nera.
Anna mi accompagna fuori.
Siamo di nuovo soli.
Io e lei.
"Devi proprio andare?" mi chiede, stringendomi il braccio.
"Si...il cliente di oggi mi aspetta allo studio" le dico.
Non vorrei dover andare via, ma purtroppo non ho scelta.
"Ok..e non ti preoccupare per Sonia! Starà benissimo qui da noi" dice sorridendomi.
Lei non hai idea della forza che mi infonde ogni secondo.
Ogni volta che mi parla, mi dona una forza assoluta.
Non importa cosa dice, lei mi parla.
Ed è fantastico.
"Mi è mancata la tua forza scricciolo" le dico.
Lo penso davvero.
Mi è mancato tutto di lei.
Il suo profumo.
Il suo sorriso.
La sua voglia di vivere.
La sua determinazione.
La sua forza.
"E' vero che ce la facciamo a stare insieme? Dico nonostante tutto" mi chiede.
Faccio segno di si con la testa.
Lo faccio più volte.
Si.
Si.
Si.
E ancora altre mille volte si.
Mi avvicino e la bacio.
Avevo dimenticato che buon sapore avessero le labbra di Anna.
E mentre la bacio, aumenta in me la consapevolezza che io e lei insieme ce la facciamo.





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A presto,
I.


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Capitolo 16
*** Ogni volta che lei sorride io mi innamoro ***


Ogni volta che lei sorride io mi innamoro Osservo Anna scomparire dietro la fila degli alberi.
Sorrido.
A vent'anni ho la prima mia certezza: io e lei insieme ce la facciamo.
Finalmente sono sceso dalla giostra dell paura e ho affrontato la realtà.
La realtà è che mi sto innamorando di Anna.
L'unica persona che mi conosce davvero e che ha voluto imparare a conoscermi, con tutti i miei difetti, con tutte le mie paure.
Per lei sono solo Emiliano.
Non sono uno scarto della società.
Non sono un ragazzo cresciuto senza famiglia.
Non sono un cattivo ragazzo.
Per lei sono Emiliano, semplicemente Emiliano.
Mi sto innamorando della ragazza ottimismo.
Lei che ride di cuore.
Lei che ride di gusto, perchè è così bello poter ridere.
E quando ride, io sono felice.
Ho rischiato di non vederla più sorridere, a causa mia, delle mie paure, delle mie insicurezze.
Lei si è buttata a capofitto in quella luce che aveva visto in me, ed io ho sempre pensato di non poterla meritare.
Ho negato il negabile, prima di arrendermi a quel sorriso, che è diventato il mio tormento.
Adesso so che tutto è possibile.
Adesso so che non esiste una scienza logica per gestire i sentimenti.
I sentimenti corrono veloci, non puoi restare al loro passo.
L'unica cosa che puoi fare è seguirli piano, mentre loro corrono.
Non è un errore voler bene a qualcuno.
Non è un errore innamorarsi.
Di errori ne ho commessi tanti nella mia vita.
Non esiste una gomma per cancellarli.
Basta solo cercare di non farne più.
E io non voglio fare l'errore di perderla.
Il mio scricciolo non mi vuole cambiare.
A lei vado bene così.
Mi ama così come sono e io sto iniziando ad amarla così com'è.
Bella.
Saggia.
Intelligente.
Piccola.
Ostinata.
Coraggiosa.
Cocciuta.
Semplicemente la ragazza ottimismo.
Semplicemente Anna.
Inspiro a pieni polmoni l'aria fresca di Roma.
Ha un sapore nuovo.
Di agognata e meritata felicità.
Ha il sapore di Anna.

Arrivo in negozio.
Il cliente che stamattina ho liquidato è già li davati!
"Scusa ancora per stamattina, ma era un'emergenza! gli dico alzando la saracinesca del negozio.
"Nessun problema, amico" mi dice, mentre entra.
"Mando un messaggio e sono subito da te" gli dico facendolo accomodare sulla poltroncina.
Afferro il cellulare e compio un percorso che ormai conosco bene.
Messaggi.
Scrivi messaggio.
"Il mio cuore è nelle tue mani, amalo se vuoi, distruggilo se vuoi....E."
Inserisco l'intestatario: Anna.
Invio.
Vorrei essere la con lei.
Vederla.
Abbracciarla.
Baciarla.
Adesso che è di nuovo mia, non riesco a fare a meno dei suoi baci.
Di quelle labbra morbide che sanno di vita.
Di vita vera.
E io adesso faccio parte della sua vita.
Infilo il cellulare nella tasca dei jeans e mi dedico al lavoro.
Con tutta la felicità che ho nel cuore posso solo che disegnare bene.
Il cliente mi mostra un foglio dove ha scarabocchiato il tatuaggio che vuole.
Una frase da tatuatare sull'avambraccio.
"Fight for Love".
Combatti per l'amore.
Sorrido, pensando che se io ho adesso, ho l'amore è perchè qualcun altro non ha mai smesso di combattere.
Anna ha combattutto per entrambi, anche quando incassava sconfitte su sconfitte.
Non si è arresa.
Non ha smesso di combattere.
E per questo gliene sarò sempre grato.
Se lei si fosse fermata, io non avrei incominciato a vivere.
Meriterebbe un premio per essere stata così maledettamente onesta con me.
Meriterebbe un premio per essere stata così maledettamente coraggiosa con me.
Lei non voleva trofei o medaglie.
Lei voleva solo il mio amore.
Ed io avevo resisto abbastanza.
Io volevo essere amato.
Io volevo amare.
L'amore arriva quando meno te lo aspetti.
Quando ormai credi di non essere più capace di aprire il tuo cuore.
Quando arriva, non bussa alla tua porta, entra di prepotenza.
Ed Anna, non aveva bussato.
Era entrata di prepotenza.
Un bip, mi riporta alla realtà.
Deve essere la risposta di Anna al mio messaggio.
Vorrei leggerela subito.
Ma devo rimanere concentrato.
Lei capirà.
Lei mi capisce sempre.



"Adesso che è mio, non posso fare altro che amarlo...Mi manchi!"
Tutto quello che volevo sentirmi dire.
Certe parole ti restano dentro.
Incise a fuoco nel tuo cuore.
Certe persone ti restano dentro.
I loro volti scolpiti nel tuo cuore.
Vorrei raggiungerla.
Ma so che è con la sua famiglia.
So che sta gestendo Sonia al posto mio.
Spero solo che Sonia, si sia comportata adeguatamente.
Spero solo che non abbia creato problemi ad Anna e alla sua famiglia.
La sorella di Anna, mi è sembrata fin da subito una persona in gamba.
E so che di lei, Anna si fida.
E' bello avere qualcuno su cui potersi appoggiare quando la vita è troppo dura.
E' bello avevere qualcuno con cui potersi confidare quando il buio ti inghiotte.
E io, ho finalmente trovato quel qualcuno per me.
Io ho trovato Anna.
O è lei che ha trovato me?
E so già la risposta.
Lei ha trovato me.
Lei ha salvato me.


Sono appena le 7 del mattino, ma sto già volando con il mio motorino a casa di Anna.
Sono impaziente di vederla.
Busso piano alla porta del garage.
La vedo venirmi incontro.
Mi sorride e mi fa entrare.
Stava finendo di vestirsi.
E grazie al cielo, Sonia è li con lei.
"Non ti preoccupare..Sonia può restare qui finchè vuole" mi dice sorridendo.
E ogni volta che lei sorride io mi innamoro.
"Grazie...." dico voltandomi con uno sguardo furtivo verso Sonia "...mi stai dando una grossa mano" concludo prima di sfiorarle le labbra.
Un gesto naturale.
Un gesto voluto.
Un gesto che viene interrotto troppo presto.
"Emi, ce l'hai una sigaretta?" mi chiede Sonia.
"No! E anche se ce l'avessi non te la darei" dico scocciato per essere stato interrotto.
"Non è per me, è il bambino che vuole fare un tiro" mi dice alzando il sopracciglio.
Io credo di non aver mai visto una madre così poco responsabile.
Aspetta un bambino.
Aspetta il mio bambino e le sue uniche preoccupazioni sono le sigarette.
Le voglio bene, gliene vorrò per sempre; ma ringrazio il cielo che Anna sia diversa.
E forse è proprio per quella  sua diversità che io non riesco più  a fare a meno di lei.
"Beh tu digli che è vietato fumare ai minori!" le rispondo.
E sento Anna ridere dietro di me.
L'altra invece sbuffa, batte i piedi.
Chi è l'adolescente tra le due.
Sonia sbuffa, le sembra di stare al gabbio, quando in realtà la sua gabbia dorata se la sta costruendo da sola, trattando male chiunque provi ad essere gentile con lei.
Anna compresa.
"Sonia, stasera mia sorella non c'è...io dormo nel suo letto e così avrai tutta la stanza per te". le dice Anna, cercando di essere ancora una volta gentile, quando so che in realtà vorrebbe prenderla a schiaffi.
Anna è incredibile.
Per quanto uno la tratti male, lei non si fa abbattere.
Non cambia idea.
Non si fa scoraggiare.
Viene ferita, ma continua a camminare.
Ed io ne sono la prova vivente.
La prova vivente della sua tenacia.
Sonia avrà bisogno di prendere delle cose da casa sua.
Anna, si offre gentilmente di accompagnarla.
Io le sorrido, cercando di mostrarle tutta la mia gratitudine.
Lei, in risposta, mi sorride a sua volta.
E ogni volta che sorride, io mi innamoro.





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A presto,
I.

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Capitolo 17
*** Colorami di vita ***


Colorami di vita Appoggiato al mio motorino guardo le ragazze scendere dall'autobus.
Fisso Anna.
Osservo il modo in cui il vento le scompiglia i capelli, come se volesse accarezzare quella perla di rara bellezza.
Rimango incantato da quella visione.
Come se Anna fosse una creatura mitologica, troppo bella per essere vera.
Troppo mia per essere vero.
Ed invece è tutto vero.
Quell'uragano di vita è tutto mio.
I suoi occhi mi sorridono e io in quegli occhi color fondale del mare, mi ci perdo.
Affogo dentro i suoi occhi e lei non lo sa.
Vorrei essere capace di dirle quello che sento,ogni volta che il mio sguardo si perde nel suo.
Vorrei essere capace di realizzare i suoi sogni.
Vorrei essere capace di farla felice.
Vorrei essere capace di farla ridere.
Vorrei essere capace di meritarmi la ragazza ottimismo.
Mi sento come un diario bianco che deve essere ancora scritto.
Vorrei che Anna prendesse la sua matita e scrivesse su di me i suoi sogni.
Vorrei che colorasse su di me le sue aspettative.
Io tela bianca e tu pittrice.
Colorami di vita.
Lei, che ha a disposizione un'intera gamma di colori e io che fino a quel momento conoscevo solo il nero.
Adesso che ho lei vedo il colore azzurro del cielo.
Il verde dei prati.
Il bianco delle nuvole.
Il rosso del fuoco.
Il giallo del sole.
Tutto prima era nero, nero come la pece.
Nel nero mi potevo nascondere senza essere visto.
Ma lei mi ha stanato dal mio nascondiglio per mostrarmi di quanti colori è fatta la vita.
Ed Anna è vita.
Anna è colore.
La guardo avvicinarsi a me.
Sonia dietro di lei si siede sul muretto, dove qualche tempo fa mi aveva rivelato di essere incinta.
Anna si siede accanto a lei, mentre mi segue con lo sguardo.
A passi veloci salgo le scale del palazzo di Sonia.
Giro le chiavi, che Sonia mi ha dato, nella toppa ed entro nell'incubo da cui Sonia sta disperatamente cercando di scappare.
Il padre è seduto in poltrona.
Guarda la tv e non mi degna nemmeno di una parola.
"Salve.." dico da dietro quella poltrona sformata dal peso di anni di tristezze.
"Prendo alcune cose di Sonia e me ne vado" mi guarda con aria da giustiziere.
Sono io il colpevole.
Ai suoi occhi sono sempre il disgraziato che ha messo incinta sua figlia.
Ha uno sguardo severo, pieno di odio, di rancore, ma allo stesso tempo vuoto.
Come di uno che ha perso tutto ciò che aveva sempre avuto.
Per lui, io gliel'ho portato via.
Afferro le cose che Sonia ha messo sulla lista ed esco veloce dalla stanza.
Quello sguardo mi ha gelato.
Sento freddo e l'unica cosa che può riscaldarmi è di sotto che mi aspetta.
"Eccomi.." bisbiglio alle due ragazze, che vengono distolte dal loro parlare.
"Mio padre ti ha visto?" mi chiede Sonia, mentre vedo Anna rabbuiarsi.
Non so se si sia resa conto che questo mondo non centra nulla con lei.
"Si...non mi ha detto una parola" dico, tralasciando di descrivere lo sguardo con cui mi ha gelato.
"Tipico..."
Anna guarda Sonia, come se potesse abbracciarla con il pensiero.
Sembra dirle che non è sola.
Sembra essere disposta ad arginare anche il dolore di Sonia, dopo aver arginato il mio.
Non deve essere facile per lei, vedermi qui, con Sonia, nel nostro mondo.
Le sorrido.
Adesso è lei il mio mondo.
Questo è solo il passato e non mi giro nemmeno a guardarlo.
Punto dritto al futuro.
Punto dritto ad Anna.
Anna è il futuro.
Anna è il mio futuro.
"Scusate, ma purtroppo io devo tornare allo studio" dico, maledicendo il fatto di dovermi separarre nuovamente dagli occhi di Anna.
Da quando siamo tornati ad essere "noi" non abbiamo ancora avuto un attimo tutto nostro.
Non c'è mai stato un primo appuntamento.
Io non ho mai avuto un primo appuntamento.
Ma per Anna avrei fatto anche questo.
L'avrei portata a cena fuori.
Le avrei tenuto la mano durante le passeggiate.
Avrei fatto le prove davanti allo specchio, per trovare le parole giuste per aprirle una volta per tutte il mio cuore.
Prima di Anna, quando vedevo le coppiette felici, ridevo di loro.
Li consideravo ridicoli.
In realtà ero solo invidioso.
Invidioso del fatto che loro avessero qualcuno su cui appoggiarsi.
Qualcuno a cui aggrapparsi quando non si riesce più a sostenere il peso del mondo solo sulle proprie spalle.
Ma adesso, avrei voluto io fare invidia a qualcuno.
Adesso ho anche io quel qualcuno di speciale a cui aggrapparmi.
E mai come in questo momento sono contento di potermi aggrappare ad Anna.
Sapere che lei è al mio fianco è una fonte di inesauribile forza.
Non mi spaventava niente.
Non mi spaventava nemmeno il fatto di dover diventare padre.
Con Anna al mio fianco, sarei potuto diventare il migliore dei padri per mio figlio.
Ma soprattutto ci sarei stato per mio figlio.
Avrei asciugato le sue lacrime.
Gli avrei insegnato a guidare.
Gli avrei medicato le ginocchia sbucciate.
Mi sarei preso cura di lui, perchè grazie ad Anna, ero in grado di poterlo fare.
Avrei riversato su mio figlio il riflesso dell'amore di Anna per me.
Lo avrei inondato di amore.


Le ragazze riprenderanno l'autobus insieme.
"Io e Sonia ce la caveremo benissimo" mi dice Anna guardando me e poi guardando Sonia.
"Grazie...." sorrido "...scricciolo".
Mi avvicino e la bacio.
Un terremoto di emozioni nel mio cuore.
Dal punto più a nord al punto più a sud del mio corpo, vengo invaso dalla gioia di sentire quelle labbra calde posarsi sulle mie.
Di nuovo.
Voglio vivere solo di questo.
Voglio vivere dell'amore di Anna.
Degli occhi di Anna.
Dei colori di Anna.
Voglio vivere di Anna.
Mi basta questo.
"Andiamo Anna!!! Sono stanca" le ordina Sonia.
Ed Anna, troppo buona per prendersela, abbandona le mie labbra, che già sentono la sua mancanza come l'acqua santa per un pellegrino e segue Sonia lungo la discesa.
Dirette alla fermata dell'autobus.


Mi sembra di non potercela fare.
Ma mi basta guardare Anna per trovare ancora una volta la forza di andare avanti.
Sonia ha solo bisogno di tempo e accetterà Anna, mi dico mentro mi infilo il casco.
E se non vorrà farlo, lo dovrà fare per forza.
Anna è la mia vita.
Se vuole la mia presenza, subirà anche la presenza di Anna.


Torno veloce allo studio e mando un messaggio ad Anna.
"Grazie per colorarmi di vita"
Nemmeno il tempo di vedere il simbolo della busta scomparire dal mio schermo che già mi arriva la risposta di Anna.
"Grazie di colorarmi la vita".
Io e lei insieme ci coloriamo il mondo.








Hope you like it!
A presto,
I.

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Capitolo 18
*** Muro contro Muro ***


capitolo 16 Piccola premessa: mi scuso per il ritardo con cui aggiorno la storia, ma ero in vacanza e mi sono goduta un pò di relax!
Ma bando alle ciance e buona lettura!
Grazie,
I.








Non ho mai creduto nei miracoli.
Ho sempre pensato che fosse una completa ed inutile perdita di tempo.
Uno spreco di energie per far avverare un miracolo che non si avvererà mai.
Le disgrazie esistono.
I miracoli no.
Ed invece, adesso, credo più che mai nell'esistenza dei miracoli.
E il mio miracolo si chiama Anna Martini.
Ho ricevuto un dono splendido, senza nemmeno chiederlo.
Nessuna preghiera.
Nessun pianto.
Eppure eccolo li, in tutto il suo splendore il mio miracolo.
Pronto ad accogliere tutto il mio mondo.
Una carezza amorevole sul mio viso.
Questo è Anna per me.
Una carezza leggera, dolce, gentile.
La stessa carezza che non sentivo più da tempo.
Da quando gli occhi di mia madre avevano smesso di cercare i miei.
Anna è il mio miracolo.
L'unica che ha teso l'orecchio verso il mio silenzioso grido disperato.
L'unica che mi sente davvero.
Lei mi sente.
Sente i miei respiri.
Sente i miei battiti.
Sente i miei pensieri.
Lei, semplicemente, mi sente.
Anche quando non parlo.
Tutto ha preso una nuova luce, da quando sto con Anna.
Vedo con i suoi occhi.
Vedo il mondo come lo vede lei.
Vedo persino l'invisibile.
Prima avevo gli occhi chiusi e non vedevo quanto amore potesse esistere.
Adesso, ritorno a vedere.
Vedo l'amore.
Vedo Anna.
Anna è amore.
E con questa consapevolezza nel cuore, torno veloce allo studio.
Ogni giornata mi sembra ancora più bella di quella precedente, adesso che Anna mi tiene per mano.
Adesso non è un semplice e monotono susseguirsi dei giorni; adesso è una colorata avventura che voglio vivere giorno per giorno.
Mentre prima mi trascinavo al lavoro, consapevole che quella fosse la mia unica ancora di salvezza, adesso trovo faticoso separarmi da Anna per tornare allo studio.
Mi concentro sul lavoro, cercando di non pensare che sono lontano da Anna.
Lontano fisicamente.
Vicino sentimentalmente.
Le mie mani disegnano tatuaggi, ma il mio cuore corre fino alla mia ragazza ottimismo.
Ho appena finito di colorare l'ultimo disegno, quando ricevo la telefonata di Anna.
Inaspettata ma gradita.
"Scricciolo..." dico rispondendo al telefono.
Dall'altra parte una voce sconvolta che mi dice che Sonia è sparita.
Ne io ne lei abbiamo la minima idea del perchè Sonia sia sparita nel nulla.
"Ci vediamo al solito posto, arrivo" le dico prima di concludere la telefonata.
Non era il genere di telefonata che speravo.
Avrei preferito che l'argomento fosse un altro.
E invece eccomi di nuovo a dovere soccorrere Sonia, lasciando un'altra volta Anna in sospeso.
Ma lei, forte come una roccia, resta al mio fianco, preoccupandosi per me e per la sconosciuta che le è piombata in casa, nella vita senza invito.
Sfreccio con il motorino, finchè non vedo Anna, appoggiata al muretto vicino alla strada che mi aspetta.
Mi da un bacio leggero sulla guancia e sale alle mie spalle, reggendosi forte alla mia schiena.
E anche questa volta un brivido mi percorre nella spina dorsale, che sento arricciarsi al suo tocco leggero.
Vorrei godermi questo momento a pieni polmoni, ma il mio passato non me lo permette.
Torna, prepotentemente, ad insinuarsi nel mio nuovo rapporto, iniettandolo di veleno.
Non voglio far nascere un rapporto malato tra me ed Anna.
Questa storia deve finire.
Giriamo  tutto il pomeriggio con scarsi risultati.
Sonia non si trova.
Rimane un unico posto dove posso trovarla, e se non fosse nemmeno li, mi arrenderei.
Parcheggio lo scooter di fianco agli altri moltorini in un quartiere che ho smesso di frequentare almeno cinque anni fa.
"Prova a chiamarla, intanto" dico ad Anna, mentre lei si sfila il casco.
"Si...mamma mia, ma se non è neanche qui?" mi chiede agitata.
Sono agitato anche io, ma devo cercare di rimanere calmo ed impassibile, per darle sicurezza.
Lei si fida di me.
Lei crede in me e io devo essere la sua roccia così come lei lo è stata per me.
"Non lo so...c'è un baretto la dietro, ma se non è neanche li io non so più dove cercarla" dico, mentre lei mi passa d'istinto il telefono.
Ma ecco nuovamente quella voce metalllica che mi informa che "il cliente chiamato, non è raggiungibile".
Prendo Anna per mano.
"Stammi vicino.." le bisbiglio all'orecchio, mentre aumento la presa attorno alla sua piccola mano.
Questo posto è l'ultimo dei posti dove avrei voluto portarla.
Invece eccoci qui, in uno dei quartieri più brutti di tutta Roma, a cercare il mio passato.
Il mio marchio di vita imperfetta prima di Anna.
Per la sesta volta, provo a richiamare Sonia, quando finalmente la vedo.
Seduta al bar, a bere birra e fumare sigarette, incosapevole dello spavento che mi ha procurato.
Che ci ha procurato.
"Eccola..." dico mollando la mano di mano, che mi accorgo essere bianca, da quanto gliel'ho stretta.
Sono infuriato.
Tutto questo tempo passato a proteggere Sonia letteralmente andato sprecato.
Tutto questo tempo a cercare di fare il meglio per lei e il bambino andato al vento.
Tutto questo tempo sprecato a correrle dietro, anizchè stare con Anna.
"Sonia" le urlo, richiamando la sua attenzione.
"Cosa ti è preso?!?!? Sono ore che ti cerchiamo" sento la rabbia montare dentro di me.
Sto per esplodere, ma la mano di Anna mi blocca il braccio.
Di nuovo, ecco, che mi salva.
"Ci siamo preoccupati tantissimo" dice a Sonia e dalla sua voce riesco a percepire chiaramente che si è preoccupata davvero.
Si è preoccupata per una persona a cui non deve nulla, anzi.
Ad una persona che potrebbe vedere come una minaccia.
Invece, eccola li, in tutta la sua bontà e amore verso il prossimo.
E' per questo che l'adoro.
Ma la sua bontà si scontra nuovamente contro quel muro di ingratitudine e indifferenza che è Sonia.
"E io che pensavo di fare un favore, scomparendo" sogghigna Sonia, continuando a bere la sua birra.
Non posso sopportare oltre.
"Vieni un attimo" le dico.
Vorrei prenderla a schiaffi, farla ragionare.
Spiegarle che comportandosi così non ferisce me.
Ma ferisce se stessa ed il bambino.
"Perchè dici così? Non è vero" le dice Anna.
"Sono una palla al piede, credi che non me ne sia accorta?" le ringhia Sonia.
"Piantala di fare la vittima, stiamo solo cercando di aiutarti" le dico, mettendomi tra lei ed Anna.
Pronto a difendere ciò di più caro ho al mondo.
"Dai Sonia, adesso basta, andiamo a casa" le dice Anna, prendendola per mano.
"Lasciami" urla Sonia, diviconlandosi dalla dolce presa di Anna.
Violenza versus Amore.
Mi rimetto nuovamente in mezzo.
Sono pronto a difendere Anna in ogni momento, l'ho già fatto prima e continuerò a farlo.
"Oh...vuoi restare qui a ridurti uno schifo? Fai pure, ma non te la prendere con Anna!" dico, zittendola.
"Ora la difendi pure?" mi chiede.
Vorrei urlarle in faccia di si.
Ma non ho il tempo di risponderle quando Sonia continua con il suo vomito di parole cattive.
"Il tuo scricciolo c'è rimasto male?"
Quel nome nella sua bocca suona malissimo.
Vuole canzonare me, ma in relatà sta ferendo Anna e io questo non posso permetterglielo.
Faccio per parlare, ma è Anna, stavolta a precedermi.
"Guarda che mi so dofendere benissimo da sola! E solo che mi dispiace vederti così".
Muro contro muro.
Le vedo scontrarsi.
Infliggersi sfilettate e io in mezzo alla contesa.
Sono io il responsabile di tutto questo?
"Sai che c'è? Torna ne l tuo bel quartierino e portati pure Emiliano...tanto fate coppia fissa ormai" dice Sonia, prima di tornare a sedersi al tavolino del bar.
Adesso basta.
La trascino lontanto, finchè non mi tira un pugno sulla spalla.
Non era mai arrivata a tanto.
"Lasciami" mi urla, prima di accarsciarsi a terra, stringendosi la pancia.




Hope you like it!
A presto,
I.

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Capitolo 19
*** La mia forza ***


Capitolo 19 Premessa: Salve a tutte/i. E' passato un secolo da quando ho smesso di scrivere.
Mi scuso con chiunque ci sia rimasto male.
Ma ho lasciato che i doveri della mia vita, prendessero il sopravvento sui piaceri.
E uno di questi piaceri è la scrittura.
E mi è mancato tantissimo scrivere!
Per cui eccomi qui! Sono tornata!
Ho già scritto diverse cose nuove, ma prima di tutto volevo concludere che questa ff che in primis mi ha regalto tante gioie e soddisfazioni ed in secundis che mi ha dato la possibilità di conoscere voi.

Hope you like it.
I.




Sono fermo.
Sono e fermo e sono al  buio.
Ero sicuro di vedere fino a qualche attimo fa e invece adesso è tutto un black out.
Nero su nero.
Vedo nero fuori e lo vedo dentro.
Soprattutto lo sento dentro.
Non riesco a capacitarmi di ciò che mi sta accadendo intorno.
Sento le urla delle gente e io che non riesco a muovere un muscolo.
Sono diventato un blocco di cemento armato sia dentro che fuori.
Solo la presa di Anna sul mio braccio mi riporta all'amara realtà.
"Emiliano! Presto che fai li imbambolato? Chiama la clinica di mio padre e fatti mandare un'ambulanza! Subito!!" mi dice spingendomi via dal gruppo di gente che si è avvicinato a Sonia, ancora sdraiata a terra.
Mi allontana più che può, prima di ritornare al fianco di Sonia, accarezzandole la fronte e sussurrandole di restare calma, che andrà tutto bene.
Già, ma andrà veramente tutto bene?
Mentre compongo rapido il numero della clinica sulla tastiera del telefono, vedo Anna fare la parte di entrambi.
Io sono andato in black out, in panico completo; invece lei si aggrappa a quella sua forza innata che la contraddistingue e gestisce la situazione molto meglio di quanto avrei potuto fare io.
Ecco la forza di Anna che si sprigiona attorno alle persone.
Non importa quanto la situazione sia delicata, sia grave e allo stesso tempo paurosa, lei riesce ad essere forte.
Non le costa fatica, le viene naturale.
E' la sua forza.
E' la mia forza.
Senza rendersene conto mi regala quanto più ci si possa aspettare.
Non mi regala cose materiali.
Mi regala emozioni.
Mi regala sentimenti.
Mi regala la sua forza, senza che io gliel'abbia chiesta.
"Te ne prendo un pezzetto in prestito" penso, mentre aspetto che arrivino i soccorsi.
Carico di quella forza non mia, raggiungo Anna al fianco di Sonia.
Stringo la mano ad Anna e cerco anche io, a mia volta, di tranquillizzare Sonia.
Sembra passata una vita, da quando ho chiamato i soccorsi, ma ecco finalmente che vedo una luce blu lampeggiante venire verso di noi.
Anna allontana le persone attorno a noi, per facilitare l'intervento dei paramedici.
Poi alle mie spalle, mi incita ad alzarmi.
A fatica abbondono quella posizione a guscio, ma sorretto da Anna, arretro di qualche passo.
"Andrà tutto bene..." mi sussurra all'orecchio, stringendomi il polso.
E così, in modo quasi spontaneo, le mie dita si intrecciano alle sue.
La mano di Anna è la mi ancora per non affondare.
Affondo le dita tra le sue nocche, fino a fargliele diventare bianche.
Cerco la sua stretta, come se fosse l'unica cosa che mi impedisce di scappare, nascondermi e non guardare la scena che mi si presenta davanti.
Ho paura di farle male, ma lei come al solito mi capisce meglio di quanto io faccia con me stesso.
"Sono qui.." mi dice appoggiando il suo mento sulla mia spalla.
E io penso "grazie al cielo che sei qui, angelo mio."

I paramedici hanno caricato Sonia su una barella.
Anna è salita con lei, mentre io le seguo a distanza sul mio scooter.
Non ci è stato nemmeno bisogno che glielo chiedessi.
Appena i medici erano pronti a trasportare Sonia in clinica, ha lasciato lentamente la mia mano, dicendomi che avrebbe fatto il viaggio con Sonia e che ci saremmo visti in clinica.
E adesso io sono qui a mangiare chilometri sull'asfalto, mentre Anna si prende cura di Sonia e di mio figlio.
Parcheggio lo scooter malamente e getto il casco a terra violentemente, mentre mi faccio largo tra le porte automatiche della clinica.
Anna mi si presenta davanti.
"Le faranno qualche esame, per vedere come stanno sia lei e il bambino, ma dovrebbe sistemarsi tutto..."dice abbracciadomi.
E io non posso che essere grato al cielo di avermi concesso questo secondo miracolo.
Ricambio l'abbraccio, cercando di esprimere a gesti quello che non riesco ad esprime a parole.
Che poi certe parole non sono mai stato abituato a dirle.
Tipo "Grazie?"
"Mi hai salvato la vita?"
"Sei il mio miracolo?"
"Ti amo?"
Ci stacchiamo solo quando ci chiedono se possiamo chiamare i genitori di Sonia, in quanto minorenne.
"Ci penso io" dico, allontandomi mall volentieri da Anna.
"Io vado a vedere come sta" mi risponde Anna, posandomi un tenero bacio sulla guancia.
La vedo girare l'angolo e mi convico che, non importa quanto mi costi chiamare i genitori di Sonia, lo devo fare.
So che nemmeno a Sonia verrebbe voglia di chiamare i genitori.
Ma è una cosa che entrambi dobbiamo fare.
Che entrambi dobbiamo superare.
Ma prima che componga il numero di casa di Sonia, c'è un'altra persona che devo chiamare.
Devo fornire a Sonia, un'eventuale paracadute, nel caso in cui i suoi genitori non ne vogliano sapere niente di avere a che fare con lei.


Al prossimo capitolo! ;)

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