L'Arte della Ribellione

di SliteMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensieri ***
Capitolo 2: *** Che fratello! ***
Capitolo 3: *** Cosa ci fa in casa nostra? ***
Capitolo 4: *** Il Diario ***
Capitolo 5: *** Recupero ciò che mi appartiene ***
Capitolo 6: *** Dolorose verità ***
Capitolo 7: *** Com'era mia madre? ***
Capitolo 8: *** Traditori ***
Capitolo 9: *** Imboscata ***
Capitolo 10: *** Lame ***
Capitolo 11: *** Un aiuto prezioso ***
Capitolo 12: *** I Fantechi ***
Capitolo 13: *** Chi fugge e chi rimane ***
Capitolo 14: *** Incubo ***
Capitolo 15: *** Una convivenza difficile ***
Capitolo 16: *** Dove osano le aquile ***
Capitolo 17: *** Sotto una buona stella ***
Capitolo 18: *** Gatto Randagio ***
Capitolo 19: *** Piano di rientro ***
Capitolo 20: *** Amicizia e odio ***
Capitolo 21: *** La Volpe ***



Capitolo 1
*** Pensieri ***


L’Arte della Ribellione

Cap. 1
Pensieri

 

Firenze, anno 1476 
 

È già l’alba e non riesco a riaddormentarmi.
È da quando mia madre mi ha dato la notizia che ci penso.
Sono promessa sposa, e non a un nobile rampollo qualunque, ma a quel viscido schifoso di Vieri de' Pazzi.
Preferisco morire al confronto di ritrovarmi alla sua mercè per il resto della vita.
Mia madre, ovviamente, è contentissima.
Vuole farmi sposare solo per denaro. Per lei valgo pochissimo. Dopotutto è sempre stata egoista. Vuole il meglio per se stessa e per il suo figlio prediletto, Leonardo.
Invece io sono sempre stata quella sacrificabile, la pecora nera della famiglia.
Ho sempre dovuto rinunciare a tutto ciò che mi sia mai piaciuto veramente.
Ho dovuto smettere di dipingere, di scorrazzare libera per i tetti, smettere di vestirmi a modo mio, solo per ritrovarmi prigioniera in casa mia.
A Leonardo non è mai stato proibito nulla.
Ha sempre potuto creare macchine strampalate ed affascinanti, ha sempre potuto dipingere e persino analizzare cadaveri!!!
Interrompo i miei pensieri per evitare di sentirmi come un oggetto di baratto.
Mi alzo dal mio letto turchese, sotto la luce dell’aurora che illumina la stanza.
Mi vesto ed esco dalla camera.
Scendo silenziosamente le scale e mi dirigo verso l’uscita della mia prigione casalinga, quando vedo una luce provenire dallo studio, che un tempo apparteneva a mio padre.
Entro nella stanza e trovo mio fratello a lavorare ad uno dei suoi progetti.
- Emma, sei già sveglia?
Che osservazione arguta.
- Si , non riuscivo a dormire. Stavo per andare a farmi una passeggiata al mercato in piazza San Lorenzo. Tu piuttosto, cosa stai facendo e soprattutto, da quanto è che sei qui?- gli domando.
- Beh, verso le tre del mattino mi è venuta una brillante idea e non potevo farmela sfuggire!
-Di cosa si tratta? Posso vedere?
- Curiosa come sempre?
- Certo, dopo tutto sono la sorella di Leonardo da Vinci, l’uomo più curioso sulla Terra, giusto?
- Esatto.
I marchingegni di mio fratello mi hanno sempre affascinato e incuriosito.
Molte volte ho contribuito anche io in alcuni suoi progetti.
- Sembra un enorme pipistrello!
- È una macchina portentosa che, secondo i miei calcoli, permetterà all’essere umano di volare.
- Volare!? Davvero? Molto interessante!!!- esclamo mentre esamino i meravigliosi disegni.
- Sono felice che ti piaccia.
- Non farlo vedere a nostra madre. Sai che lei crede solo a ciò che vede. Non ha un briciolo di creatività.
- Ahahah è vero. Mentre noi due ne abbiamo fin troppa.
- La creatività e l’immaginazione non sono mai abbastanza.
- Sei molto saggia, Emma.
- Grazie. Vado al mercato. Hai bisogno di qualcosa?
- No, grazie. Buona passeggiata!
- Grazie, Leonardo.


Apro la porta ed esco.




L'Angolino dell'autrice

Allora... questa è la prima storia che scrivo su Assassin's Creed, ma è anche la prima a farmi cervellare molto.
Emma, giovane diciassettenne, come avrete capito tutti, è la sorella di Leonardo.
Ha un bel caratterino, anche se in questo primo capitolo non è emerso molto.
Imparerete a conoscerla nei prossimi capitoli, se non sarete già scappati a gambe levate dal disgusto.
Ringrazio chiunque abbia letto questa ff e spero vi sia piaciuta.
Se vi va, lasciate una brevissimissima recensione, tanto per farmi sapere se è decente o fa schifo, a voi la scelta.
Grazie a tutti per il vostro tempo!

SliteMoon

P.S. Mi dispiace se il disegno non si vede benissimo, ma non ho potuto scannerizzarlo. 

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Capitolo 2
*** Che fratello! ***


Cap. 2
Che fratello!


Passeggio per le strade della mia amata Firenze, che sotto la luce del sole appena sorto, sembra quasi magica.
Arrivo al mercato in piazza San Lorenzo dopo circa trenta minuti.
La piazza è già gremita di gente, si sentono voci ovunque.
Profumi deliziosi e suoni melodiosi mi fanno dimenticare il mio tumulto interiore.
Mi aggiro tra le varie bancarelle, che sembrano piccole isole variopinte.
Mi dirigo verso quella più colorata.
Pennelli, pigmenti, tele, tavolozze e quadri ricoprono la superficie del banco.
Rimango incantata da tali bellezze.
Mi sembra di essere nel paese delle meraviglie.
Non resisto…
- Mi perdoni messere, quanto costano questi pigmenti?
- Cinquanta fiorini.
- Tenga.
- Grazie madonna e buona giornata!
Sto facendo ritorno verso casa, quando sento delle voci provenire dai tetti.
Improvvisamente vedo un ragazzo saltare da un edificio all’altro inseguito da una guardia.
Rimango stupita.
Allora non sono l’unica a correre su i tetti.
Mi risveglio dai miei pensieri e torno spedita a casa.
- Sono tornata!- avverto.
Mi chiudo la porta alle spalle e salgo le scale il più velocemente possibile.
Entro in camera mia.
Nascondo i pigmenti in uno scomparto segreto nella scrivania in legno massello.
Se mia madre scoprisse che dipingo a sua insaputa, la mia vita si trasformerebbe in un incubo molto peggiore di quello attuale.
Mi affaccio alla finestra e mentre osservo le bellezze di Firenze penso che la mia vita sia solo uno scherzo.
Non è possibile! Vivo nella culla dell’arte e mi è vietato crearla.

Mi è vietato essere me stessa.
Un’artista, ecco cosa vorrei essere.
Colei che materializza i suoi pensieri, colei che trova la libertà nella tela e nei colori.
Un suono fortissimo mi scuote dai miei sogni rivoluzionari.
Guardo verso il basso e vedo del fumo provenire dalla bottega di mio fratello.
Corro fuori dalla casa e la gente è in subbuglio.
Cerco fra di esse mio fratello, ma non lo trovo. D’istinto entro nel laboratorio.
È impossibile vedere qualcosa.
Il fumo nero quasi mi impedisce di respirare.
- Leonardo! Leonardo!
Nessuna risposta.
Guardo ovunque disperata, e intravedo una luce provenire da una finestra. Tento di aprirla ma la maniglia è arrugginita. Ma da quanto non apre queste finestre?
Dopo vari tentativi riesco a spalancarla.
Il fumo esce, l’aria è più respirabile e si vede più chiaramente.
Non ci sono fiamme, meno male.
Il fumo proviene da un’ampolla sul bancone degli esperimenti.
- Leonardo!- quel bischero è sdraiato a terra con un sorriso stampato sul viso.
- Ma sei scemo!? Cos’hai da sorridere come un ebete? Hai rischiato di morire, di distruggere tutta la bottega e i tuoi progetti!- gli urlo mentre lo aiuto ad alzarsi.
- Emma! Da quanto sei qui?
- Stai scherzando? Hai sentito ciò che ho detto?
- Cosa hai detto?
- Che sei un imbecille e che, come tale, hai rischiato di distruggere tutta la bottega e i tuoi progetti. Mi dici cosa volevi fare?
- Il mio obiettivo era quello di creare, attraverso una reazione chimica, un esplosivo che crea solo fumo. Quindi i tutti miei disegni ed il mio laboratorio erano e saranno al sicuro.
- Tutto tranne te! Tu sei l’unico essere vivente qui dentro! Quindi sei l’unico che può morire soffocato… aspetta un attimo… lo vuoi rifare vero?
- Ah Emma, come mi conosci bene!
- ...ma te sei tutto grullo!!!
- Non è vero. Guarda, la bottega è tornata come prima. Come è andata la passeggiata?
- Bene, ho comprato nuovi pigmenti e ho visto un ragazzo saltare da un tetto all’altro.
- Perché sembri così scandalizzata? Vorrei ricordarti che anche te salti come una scimmia da un edificio all’altro.
- Lo so, ma credevo di essere l’unica pazza che cammina sui tetti.
- Invece a quanto pare non lo sei.
- Torniamo in casa.
- Ma io devo...
- Te non devi fare proprio nulla. Ora vieni in casa e ti rilassi. Non ammetto repliche!
- Qualche volta mi sembri tu la primogenita.- A questa affermazione mi scappa un sorriso.
Rientriamo in casa e sentiamo della musica provenire dal salone.
Quando entriamo mi crolla il mondo addosso.




L'Angolino dell'autrice

Ciao a tutti! :D
Mi dispiace per il ritardo :(
Il capitolo era già pronto da venerdì scorso, però mi sono prefissata di mettere in ogni capitolo un disegno che, in questo caso, o per la mia lentezza, o per la scuola, non sono ancora riuscita a finire X(
Comunque torniamo al capitolo.
Spero vi sia piaciuto e che vi abbia divertito questo inconveniente in bottega che, almeno per me, è un classico per gli aspiranti scienziati :D
Nel prossimo capitolo ci sarà un bel battibecco tra Emma, sua madre e...non ve lo dico! :P
Ringrazio chiunque legga e/o segua questa storia.
Le recensioni sono sempre gradite e, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate! ;)
A presto! 

SliteMoon

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Capitolo 3
*** Cosa ci fa in casa nostra? ***


Cap. 3
Cosa ci fa in casa nostra?
 

Trovo mia madre sul divano che ammira Vieri de' Pazzi suonare il pianoforte.
- Emma! Leonardo! Finalmente siete tornati! Tesoro, lui è Vieri de Pazzi, il tuo promesso sposo.
- Perché questo bastardo sta suonando il pianoforte di mio padre e soprattutto, cosa ci fa in casa nostra?
- Emma, dove sono finite le buone maniere?! Abbi un po’ di rispetto per il tuo futuro marito.- esclama mia madre con voce stridula.
Si sta alterando.
- Non ho rispetto per qualcuno che non lo porta per nessun altro a parte se stesso, e che non lo porterà neanche a me.
- Perché ti comporti così?! Non lo conosci nemmeno!
- Sicuramente lo conosco più di te! È pazzo! Di nome e di fatto! Tutti sanno che è crudele, violento, donnaiolo. Ha persino picchiato molte ragazze. Vorresti mettermi nelle grinfie di un grullo del genere per il resto della vita, per un po’ di denaro in cambio? E se mi mettesse le mani addosso?! Eh? Ci avevi pensato?!
- Non lo sapevo, però la nostra vita sarebbe migliore con quei soldi. Per favore Emma, non essere egoista.
- Egoista! Io?! Ma ti sei sentita? TU sei l’Egoista! TU negli ultimi cinque anni mi hai reso la vita un inferno! TU mi hai impedito di essere me stessa! TU mi vuoi usare come un oggetto da baratto! Ascolti solo la tua voce e le tue idee, fregandotene altamente di quello che pensano o che desiderano le altre persone! Io non mi sposerò MAI con quel maledetto con la mente deviata! Ed ora me ne vado!- le urlo tutto d’un fiato. Guardo con odio Vieri, con disgusto mia madre, sangue del mio sangue.
Esco dalla stanza e sento parlare mio fratello.
- Madre, Emma ha ragione. Non è giusto. Si vede proprio che voi la disprezzate. Invece è degna di grande ammirazione. Se mi trovassi al suo posto, sono sicuro che non avrei il coraggio di dirvi tutto quello che penso e di lottare con così grande ardore in ciò che credo. Inoltre Vieri è pericoloso! Non voglio che mia sorella venga usata come roba di poco valore da questo ipocrita!
Mio fratello mi ha difeso. Mi ha sempre sostenuto, ma mai avrei pensato che mi avrebbe appoggiato davanti a nostra madre. Da quando è morto mio padre, lei mi ha sempre trattato con sufficienza.
Finalmente qualcuno mi accetta per quello che sono.
Aspetto che mio fratello mi raggiunga, seguito dalla voce stridula e affannosa di mia madre.
Ormai non l’ascolto più.
Mentre apro la porta sento gli occhi di Vieri su di me. Mi fissa con uno sguardo pericoloso, con un misto di desiderio perverso e crudeltà. Non so come, ma riesco a capire che genere di persona ho davanti tramite i loro occhi. Gli occhi sono lo specchio dell’anima. E quelli di Vieri sono occhi di chi adora veder soffrire le persone, di chi trova piacere a infliggere dolore nel prossimo, di chi si eccita davanti alla morte.
Il suo sguardo mi studia da cima a fondo. Brividi di disgusto mi scuotono.
Esco di casa con Leonardo al seguito.
- Vieri non sapete quanto mi dispiace!- che leccapiedi è mia madre!
- State tranquilla madonna Caterina, Emma mi… attrae molto. Non me la farò sfuggire tanto facilmente. Spero che non diate retta a vostra figlia riguardo la mia presunta fama.
- Per l’amor di Dio, certo che no! Era solo un po’ scossa. Grazie ancora per la possibilità che le date. Comunque state tranquillo, voi sarete l’unico che potrà averla.
- Ottimo madonna. Ora torno alla mia dimora. Buona giornata.
Mi ribolle il sangue per ciò che ho appena udito. Mia madre complotta contro di me!
Leonardo è rimasto basito, io delusa e amareggiata.
Voglio allontanarmi il più possibile da quella casa dell’orrore.
Ci incamminiamo in totale silenzio verso la bottega.




L'Angolino dell'autrice

Eccomi! :D
Questa volta in tempo e con i disegni del secondo e di questo capitolo.
Spero vi piacciano! ;)
Allora, Emma è molto incavolata, sia con sua madre che con Vieri, giustamente.
Leonardo difende sua sorella. Non sono carini? *_*
Spero di aver reso bene la lite e il dialogo in generale.
Grazie a chi legge, recensisce e segue la storia. <3
Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate e ditemi come posso migliorare :3
A presto!

SliteMoon

 

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Capitolo 4
*** Il Diario ***


Cap. 4
Il Diario

- Non ci posso credere!- esplodo appena entro nella bottega - mia madre che mi pugnala alle spalle! Giuro, solo per irritarla farò esattamente l'opposto di ciò che mi dirà.
- E se ti chiedesse di non sposarti con Vieri? Ti sposerai con lui?
- ...era un domanda seria?
- Certo che si.
- Ma secondo te sono cosi stolta? Preferisco farmi scuoiare dal boia piuttosto che unirmi a lui in matrimonio!
- Si, hai ragione. Scusami, sono un po' turbato. Non mi fido di quello. È un mostro! Non voglio che ti faccia del male.
- Grazie fratellino!- detto ciò lo attanaglio in un abbraccio.
- Di niente, però stringi un po' meno se non vuoi rimanere figlia unica.
- Ahah, va bene. Posso usare una tela? Mi sono venute molte idee!
- Wow, che entusiasmo! Usa quella.
- Perfetta! Grazie.- detto ciò prendo pennelli, colori, tavolozza e stracci dal quel caos di laboratorio così simile alla mia camera.
Mi posiziono davanti a quel tessuto bianco dalle infinite possibilità.
Pennellata dopo pennellata, i colori si sovrappongono e la mia mente parte verso la libertà.
Bussano alla porta. Il fiume di idee nella mia mente si interrompe di colpo.
- Salute Leonardo.
- Madonna Maria!
- Questo è mio figlio, Ezio.
- Molto onorato.
- L'onore è mio.
- Vado a prendere i dipinti. Torno subito.
Vedo mio fratello rientrare e dirigersi nel retro della bottega.
Torno a concentrarmi sulla tela, quando i due ospiti iniziano a parlare ed io, impicciona quale sono, non posso non ascoltare.
- Ha un grande talento.- dice la donna.
- Immagino- questa volta è il figlio a parlare.
- Esprimere se stessi è essenziale per godersi la vita.- quanto ha ragione!- Dovresti trovarti qualche sfogo.
- Ah, sono pieno di sfoghi.
- Oltre alla topa, intendo.
- Madre!- questa conversazione mi ha decisamente risollevato il morale.
- Emma! Potresti andare a prendere quelli rimanenti per gli Auditore?
- Certo!- vado nel retro del laboratorio, dove sono accatastati tutti i quadri.
Cerco la pila restante per i nostri ospiti, quando scostando qualche tela da uno scaffale, mi cade in testa qualcosa.
Identifico all'istante l'oggetto misterioso. È il diario di mio padre! Credevo fosse andato perduto dopo l'incursione di qualche ladro, tre anni fa. Perchè lo possiede mio fratello e come ha fatto a ritrovarlo? Forse non è mai uscito da casa nostra.
- Li hai trovati?- dannazione! Afferro i quadri e, mentre attraverso il cuore della bottega, nascondo il piccolo oggetto nella mia borsa.
- Eccoli! Li avevi nascosti molto bene Leonardo.
- Oh, che dolce ragazza! Qual'è il vostro nome?
- Emma Da Vinci, madonna.
- Hai una sorella molto graziosa Leonardo. Una vera dama.
- Mia madre non è dello stesso parere.
- Come è possibile? Siete una dama molto rispettabile.
- Purtroppo non mi considera tale solo perchè mi dedico alla pittura o ad attività non adatte ad una fanciulla.-
 meglio omettere che adoro arrampicarmi sui tetti o che mi vesto in maniera non consona ad una fanciulla borghese.

- Non è affatto vero cara mia. Come dicevo prima a mio figlio, esprimere se stessi è essenziale per godersi la vita.
- La pensasse anche lei così!
- Cambierà idea, vedrai.
- Grazie per le sue rassicuranti parole, madonna Auditore.
- È un piacere. Ezio, ti spiace aiutare Emma con i dipinti? Chissà quanto peseranno!
- Dia a me, madonna.
- Emma. Preferisco essere chiamata con il mio nome.
- Va bene, Emma.
Sto per dargli le tele, quando un odore strano, ma familiare, mi arriva alle narici.
- Oh no! Leonardo! Cosa hai lasciato sul fuoco?!
- Ehm... ti ricordi la sostanza di stamani mattina? Ho ritentato con l'esperimento.
Ma il fratello più cocciuto del mondo doveva capitare proprio a me?
Lascio i dipinti tra le braccia di Ezio, entro in bottega e, il più velocemente possibile, afferro acqua, stracci e apro la finestra.
Fortunatamente “la cortina di fumo”, come l'ha chiamata mio fratello, non è esplosa.
- Ma quanto sei caparbio! È pericoloso! Ti avevo detto di abbozzalla!
- Ma che cos'era?- chiede Maria, curiosa e terrorizzata all'unisono.
- È l'ennesimo esperimento di mio fratello.- dico con voce rassegnata.
- Comunque pericolo scampato. Madonna Maria, torniamo a casa vostra?- mio fratello è molto furbo! Quando sa di essere nei guai, trova sempre una scusa per divagare.
- Si si. Arrivederci Emma.
- Arrivederci e buona giornata!
- Grazie cara!- Mi risponde Maria.
- È stato un piacere conoscerti, Emma.
- Anche per me è lo stesso, Ezio.
Detto ciò si allontanano e scompaiono dietro l'angolo.
Finalmente posso esaminare con calma il diario di mio padre.
Ma... dov'è la borsa?
Che stupida! Come ho potuto commettere una simile disattenzione?!
Per la fretta, l'ho messo dentro la borsa di Leonardo e non dentro la mia!
E ora cosa faccio?
Prima che arrivassero i due Auditore, mio fratello mi ha mostrato un libro da restituirli.
Sicuramente, al posto del tomo, darà loro il diario.
Non spero nemmeno che si accorga dello scambio. Sono due libri molto simili, quasi identici. Entrambi in cuoio,sulle tonalità della terra bruciata di Siena, piccoli, ma con molte pagine. L'unica differenza è il decoro sulla copertina. È praticamente impossibile che si accorga della differenza mentre è distratto dalla conversazione.
Più cerco di pensare ad una soluzione e più la testa mi duole.
Dannazione!
Cosa posso fare?




L'Angolino dell'autrice

Eccomi qua!
Finalmente entra in scena il mio adorato Ezio! <3
Ho riportato la situazione che c'è all'inizio di AC2, spero di essere rimasta fedele al gioco.
Ringrazio chi legge, segue e recensisce questa storia. ;)
Un grazie speciale a Kate_fu_panda e Natalie95, per i loro consigli e il loro incoraggiamento. ^_^
Alla prossima!

SliteMoon

P.S. Per quanto riguarda il disegno, non avevo idee, quindi ho tentato, e ripeto TENTATO, di disegnare Ezio. Spero vi piaccia :D

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Capitolo 5
*** Recupero ciò che mi appartiene ***


Cap. 5
Recupero ciò che mi appartiene

 
Manca solo un'ora a mezzanotte. Il cielo blu oltremare fa da sfondo a numerosi punti brillanti e una luna sorridente, che illuminano la mia figura sui tetti.
È da oggi pomeriggio che cerco il modo di riprendermi il diario di mio padre e questo è il risultato di tanti sforzi. Mi ritrovo a correre sulle case della mia bella Firenze, per raggiungere Palazzo Auditore.
Salto da un tetto all'altro, correndo al massimo delle mie possibilità.
Voglio finire in fretta questa cosa. Non voglio farmi notare da nessuna guardia, altrimenti finisco nei casini.
Vedo la cupola del Duomo avvicinarsi sempre più.
Sono vicina al mio obiettivo, quando...
- Ehi, tu! Cosa ci fai quassù!? Scendi immediatamente!
- Porco demonio!- quella sudicia di una guardia mi ha vista.
- Hai sentito? Scendi!- mi urla sempre più alterata.
Rimango immobile. Lo ammetto...sono terrorizzata. Mi è capitato altre volte di imbattermi in qualche guardia, ma mai di notte. Penso in fretta a qualcosa. Mi guardo intorno. Buttarsi in strada...impossibile, è troppo alto.
Dannazione. L'uomo si fa sempre più vicino, ed io sono immobile come se il mio corpo fosse fatto di marmo.
L'istinto prende il sopravvento. Scatto ed inizio a correre verso il ciglio dell'edificio, salto e riesco ad aggrapparmi al tetto del palazzo di fronte. Mi isso e riprendo la mia fuga.
- Fermati bastarda!- Lo ignoro. La guardia è molto veloce e io sono più lenta del solito, perchè fuori allenamento. L'unico modo per sfuggirgli è nascondermi.
Individuo un carro pieno di soffice fieno accanto all'edificio su cui mi trovo, perfetto per il mio scopo. Per fortuna, la notte mette in difficoltà anche il mio inseguitore, allontanandolo da me.
Mi butto e atterro in quel carro colmo di morbidezza.
- Dove sei finita!? Esci fuori!
Continua ad urlare ed a intimarmi di uscire allo scoperto per più di dieci minuti. Finalmente si arrende e se ne va.
Esco silenziosa dal barroccio. Dopo essermi scrollata di dosso le pagliuzze di fieno, mi guardo attorno. Davanti a me si estende un enorme edificio e capisco di essere arrivata. Palazzo Auditore è una costruzione a dir poco stupefacente.
È suddivisa in tre piani. Le pareti esterne del pianterreno sono completamente ricoperte da pietre color beige. Un grande arco al centro della facciata conduce al meraviglioso cortile, ombreggiato da due loggiati disposti sulle entrate all'abitazione. Fra di essi, c'è un'enorme porta, sovrastata da una targa con su inciso “AUDITORE”.
Il secondo e il terzo piano sono color avorio, con molte finestre, tutte rifinite dalle stesse pietre utilizzate per il pianterreno. Una vera meraviglia.
Mi arrampico sulla facciata dell'edificio, mi fermo davanti al vetro di una delle tante finestre e osservo l'interno. Vuoto. Entro da essa e mi ritrovo in uno studio sontuoso, in ordine maniacale. Sotto la finestra c'è una possente scrivania in quercia, circondata da scaffalature contenenti libri su quasi tutte le pareti. L'unico muro non occupato fa da contrasto con il resto della stanza, perchè adornato da quadri magnifici. Però uno in particolare attira la mia attenzione.
Raffigura un'aquila maestosa stagliarsi in cielo, mentre sorvola Firenze.
Noto una strana croce rosso scarlatto tra gli artigli dell'animale. Che strano.
Però è un vero capolavoro, chissà chi l'ha fatto. Mi avvicino ad esso per vedere il nome dell'abile pittore e... Leonardo?!
L'autore di questo quadro è mio fratello?!
Ma, come è possibile? Ho visto ogni suo dipinto prendere vita tra le sue mani, ma questo non l'ho mai visto. Perchè creare un quadro così particolare?
Un rumore mi mette in allerta. Per fortuna è solo un tuono.
È meglio cercare l'oggetto per cui sono venuta.
Controllo tutte le librerie, ma niente. Dove diavolo l'hanno messo?
Mi affaccio nel corridoio.
Non c'è nessuno.
Cammino lungo di esso ed apro la prima porta che trovo.
Dannazione! Con la mia solita fortuna, ho aperto una stanza dove dorme un ragazzo.
Richiudo la porta senza far rumore.
Mentre continuo a percorrere il lungo corridoio, passo davanti ad altre camere.
Entro nell'ultima stanza. Ecco l'enorme e magnifica biblioteca.
È illuminata solo dal chiarore della luna, che filtra attraverso le enormi finestre. Scaffalature colme di libri variopinti avvolgono la stanza, pesanti tavoli in legno d'acero regnano al centro della sala, cosparsi di fogli e oggetti vari.
Cerco tra essi il diario e proprio quando sto per arrendermi, lo intravedo sotto una catasta di carta. Lo prendo, ma non mi accorgo che ci sono degli oggetti circostanti.
Questa mossa azzardata fa cadere a terra un vaso, rompendolo in mille pezzi.
Esco in fretta dalla biblioteca e ripercorro il corridoio a retroso, sempre più tesa.
Sto per entrare nello studio, quando sento aprirsi una porta alle mie spalle.
Una figura maschile si affaccia oltre la soglia della camera. È vestito in modo un po' bizzarro: un'armatura lo protegge, composta da schinieri, corazza, spallacci e antibracci finemente decorati. 
Mi ha vista, ne sono certa. Resto immobile, non penso a niente.
Un lampo squarcia il cielo oltre il vetro, seguito da un altro boato. Con uno scatto felino, entro nello studio. Sto per uscire dalla finestra, ma l'uomo mi afferra per il braccio e mi blocca al muro con il peso del suo corpo.
- Chi siete?
Nessuna risposta.
- Ripeto la domanda. Chi siete e cosa ci fate in casa mia?- mi ringhia minaccioso.
- Dovevo riprendermi una cosa che mi appartiene.
- Ma davvero?! Che risposta originale per una ladra.
- Non sono una ladra.
- No, certo. Chi si introduce di soppiatto in case altrui, per prendere oggetti non propri non è un ladro.
- Ma quanto siamo spiritosi!
- Lo stesso vale per voi.
Un altro lampo mi permette di scorgere il suo volto. Lo riconosco all'istante. È Ezio.
Il suo sguardo color nocciola si fissa nel mio.
Gli stessi occhi che stamani mattina mi avevano trasmesso allegria, furbizia e sarcasmo, così simili a quelli di un piccolo monello, ora erano disperati, insicuri, tristi e persi.
- Vi ho già vista.
- Ma davvero? Cosa ve lo fa pensare?- dico sarcastica.
- Due occhi così sono difficili da dimenticare.- mi dice con un sorriso stampato sulle labbra, sfregiate sul lato destro. Il suo sguardo ha recuperato un po' di sfacciataggine.
Rimango allibita. Anche in una situazione del genere questo ci prova? Maschi, tutti uguali.
- Quanto siete scontato! È la frase più vecchia del mondo! Vorreste fare colpo su di me per potervi riprendere ciò che ho preso? Mi duole, ma con me questi giochini non attaccano.
- Così mi offendete! I vostri occhi sono davvero meravigliosi. Sembra che l'oceano sia al loro interno.
Nessuno mi ha mai fatto un simile apprezzamento.
- Grazie per il complimento, ma adesso devo andare.- tento di liberarmi, ma la sua stretta è troppo forte.
- Voi non andate da nessuna parte. Ora rendete ciò che avete preso.
- Non posso. È una cosa troppo importante.
- Sto perdendo la pazienza.- detto ciò mi strappa il diario dalle mani.
- Ridatemelo!
- Un libro?
- Deluso? È un diario e ora restituitemelo.
- Datemi una ragione per farlo.
- Perchè appartiene alla mia famiglia.
- Se è vero che appartiene alla vostra famiglia, allora cosa ci fa qui?
- Perchè per errore l'ho messo dentro la borsa di mio fratello e lui ve l'ha dato credendo che fosse un libro da restituirvi.
- Sentiamo, chi è vostro fratello?
Silenzio.
- Allora?- dice avvicinandosi.
Il respiro mi si fa affannoso, mi manca l'aria. Il cuore batte al ritmo dell'implacabile temporale.
Mi sento in trappola. Il ragazzo si sta facendo un po' troppo vicino per i miei gusti.
L'ennesimo lampo illumina la stanza, seguito come suo solito da un possente tuono. Ne approfitto e gli pesto un piede, distraendolo.
Riesco a staccarmi dalla sua presa e a riprendermi il diario.
Esco dalla finestra e mi allontano sotto il suo sguardo, correndo sotto la pioggia.
Ritorno il più rapidamente possibile a casa.
Una volta in camera, nascondo il diario nella scrivania.
Sono completamente bagnata, ma non mi importa.
Mi sdraio ugualmente sul letto e ripenso a ciò che è appena successo.
Ripenso a quel quadro, a quelle magnifiche stanze, ma il mio ultimo pensiero è rivolto a Ezio. Poco dopo cado in un sonno profondo.




L'Angolino dell'autrice

Ciaoooo!!!
Per questo capitolo ho sudato sette camice, soprattutto per le descrizioni.
Spero vi piaccia ;)
Chissà cosa c'è scritto nel diario...lo scoprirete molto presto!
Grazie a tutti voi che leggete questa storia. :-*
Buonanotte e alla prossima!

SliteMoon

P.S. Ce l'ho messa tutta per disegnare correttamente gli abiti da assassino di Ezio.
Spero di esserci riuscita. 

 

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Capitolo 6
*** Dolorose verità ***


Cap. 6
Dolorose verità

 

Mi giro e rigiro nel letto, con la speranza di ricadere nel sonno dal quale mi sono appena destata.
La curiosità non vuole farmi dormire.
Non resisto più. La voglia di sapere cosa c'è scritto in quel piccolo tesoro di pelle e carta è irrefrenabile.
Mi alzo dal letto, ormai fradicio.
Accendo una candela, che illumina con il suo caldo tepore la stanza, e mi siedo alla scrivania.
Prendo il diario del mio defunto padre e ne contemplo la copertina in cuoio.
Raffigura una quercia finemente decorata con oro e argento. Una vera meraviglia.
Sciolgo il fiocco rosso e lo apro.
Ogni pagina custodisce schizzi, annotazioni o lettere. Più leggo e più mi innamoro di ciò che vedo.
Un brano attira la mia attenzione, in particolare, una lettera. Per me.

10 Gennaio 1471, Firenze
 

Mia amata figlia,
se stai leggendo questa lettera, significa che io non ci sono più.
Tu e tuo fratello siete la cosa più importante che ho al mondo.
Un grande segreto mi attanaglia il cuore. Questo segreto è legato a te da quando sei venuta al mondo.
Tutto inizia il 7 Agosto del 1459, il giorno della tua nascita.
È stato uno dei giorni più belli della mia vita...ma...anche uno dei più dolorosi.
Le tue prime urla hanno squarciato il silenzio di quella mattinata.
Tua madre era felicissima, eri la sua prima figlia.
I suoi occhi verdi brillavano per la felicità, mentre ti cullava e ti contemplava
come una reliquia, tra le sue braccia.
Però dopo pochi minuti le sue lenzuola si macchiarono di rosso.
Le levatrici ti depositarono fra le braccia di Leonardo, che implorava di tenerti in braccio.
Vi feci uscire entrambi fuori dalla stanza, non dovevate vedere.
Tua madre perdeva molto sangue, troppo.
Dopo nemmeno un'ora, una maledetta emorragia se la portò via.
Albiera di Giovanni Amadori 1, mia moglie, morì il giorno più bello della sua vita.
Lasciai te e tuo fratello sotto le cure della balia, per far visita ad una donna che ho
amato in passato: Caterina del Fiore2, la madre di Leonardo.
Le raccontai tutto.
Le chiesi se volesse sposarmi una volta per tutte, se volesse crescere anche te.
Lei accettò.
Da quel giorno tu diventasti sua figlia.
Purtroppo, il suo comportamento nei tuoi riguardi è sempre stato differente da quello che teneva con Leonardo.
Lui era il suo figlio legittimo, e tu eri la sua figliastra.
Ho discusso molte volte con lei per questo.
Non era giusto.
Avevi già perso tua madre nemmeno un'ora dopo essere venuta al mondo.
Non è giusto.
 
Ebbene Emma, questo è tutto.
Questo è il mio grande segreto.
Lo so, ho sbagliato.
So già che sei arrabbiata con me, con Caterina, con Leonardo e con il mondo intero, ma sappi che l'abbiamo fatto per darti una vita serena, piccola mia.
Sii sempre te stessa e ricorda: meglio la piccola certezza che la grande bugia3.
Non ripetere il mio errore.
Un forte abbraccio

Tuo padre

 

Ho appena finito di leggere la lettera e non so più chi sono.
Qualcosa dentro di me si è rotto per sempre.
Lacrime amare, di dolore, di rabbia mi solcano il viso.
L'ho sempre detto.
La mia vita è solo uno scherzo.




1: Albiera di Giovanni Amadori è la prima moglie di ser Piero da Vinci, la quale non avrà figli con quest'ultimo. Si sposarono nel 1452, quando Leonardo, figlio di Piero e di un'altra donna, era già nato. Lei lo accolse ugualmente, anche se era un figlio illegittimo. Morì nel 1464. Ho modificato leggermente le cose facendole avere come unica figlia Emma e anticipando la sua morte.

2: Caterina e Piero ebbero una relazione, dalla quale nacque un figlio illegittimo: Leonardo. Non conoscendo il cognome di Caterina, me lo sono inventato.

3: Questa è una bellissima citazione di Leonardo, che però ho voluto far usare a suo padre.





L'Angolino dell'autrice

Ciaooo!!!
Lo so, questo capitolo è più corto degli altri. Chiedo venia.
Comunque spero vi sia piaciuto e che vi abbia sorpreso questa shockante scoperta. ;)
Non sono molto sicura della lettera, quindi spero in vostri consigli e/o critiche.
Grazie a tutti!!! <3
A presto!

SliteMoon

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Capitolo 7
*** Com'era mia madre? ***


Cap. 7
Com'era mia madre?

 

Ora capisco.
Ecco perché io e mia madre, cioè, Caterina, siamo così diverse.
Ecco perché discutiamo sempre.
Ecco perché mi ha sempre trattato diversamente.
Ecco perché Leonardo possedeva questo diario.
Ci scommetto tutto il denaro che possiedo, che mio fratello ha inscenato l'incursione in casa solo per non farmelo avere.
Mi sdraio nuovamente sul letto, nuovamente tra quelle morbide lenzuola color del mare, ancora bagnate. Questa volta però, non sono i miei vestiti a inumidirle, ma le mie lacrime. Violenti singhiozzi rompono il mio respiro. Ho una profonda ferita, molto più dolorosa di qualsiasi altro male. Uno squarcio troppo grande da ricucire. 
Sembra che un buco nero voglia risucchiare la mia anima e il mio cuore.
Perché l'ho letta? Maledetta curiosità!
Bussano alla porta e prima che io possa dire qualcosa, vedo Leonardo fare capolino dalla porta.
- Emma, che hai?- è visibilmente preoccupato.
- Niente, sta' tranquillo. Torna a dormire e perdonami se ti ho svegliato.
- Non ci penso nemmeno.- dice deciso, sedendosi sul bordo del mio letto. - Perchè piangi?
- Ho trovato una cosa...- dico fra i singhiozzi, lasciando in sospeso la frase. Non riesco a dirlo.
- Cosa hai trovato?- i suoi occhi si fissano nei miei.
Distolgo lo sguardo. Leonardo si guarda intorno e individua la causa del mio comportamento.
- Dove l'hai preso?- dice prendendo il diario tra le mani.
- L'ho trovato in bottega, mentre cercavo i quadri per gli Auditore.
- ...hai letto la lettera.- non è una domanda, è un'affermazione.
- Si.
- Mi dispiace, per tutto. Non sai quante volte ho detto a nostra madre...
- Tua madre.
- ...giusto, a mia madre che non doveva trattarti a quel modo. Non era, non è, e non sarà mai giusto. Non ti ho mai detto la verità perché l'ho promesso a nostro padre. Volevamo darti una vita spensierata, peccato che mia madre non sia stata di alcun aiuto.
- Non importa, ma apprezzo lo sforzo. Grazie. Ti voglio bene Leonardo.- detto ciò, gli do un abbraccio, che viene subito ricambiato. Restiamo così per non so quanto. Mi sento sicura fra le sue braccia, quella sicurezza che non provavo più da tanto tempo ormai. Mi sembra di essere tornata bambina, quando per un qualsiasi dispiacere, trovavo conforto fra le braccia di mio fratello.
- Anch'io ti voglio bene Emma. Ora che lo osservo meglio, sembra proprio il libro che ho reso agli Auditore.- a questa affermazione mi scappa un sorriso divertito.
- Sono contento che ti sia tornato il sorriso, anche se non capisco per quale motivo.- mi dice anche lui sorridente.
- Sorrido perchè questo è il libro che hai reso agli Auditore.
- Credo di non capire. Ho reso loro il loro libro.
- No, quello dentro la tua borsa era il diario di nostro padre.
- E come c'era finito dentro?
- Ce l'ho messo io dopo che l'ho trovato, credendo che fosse la mia borsa. Mi sono accorta dello sbaglio solo quando te n'eri già andato.
- Spiegami una cosa, anche se temo di conoscere già la risposta: come hai fatto a recuperarlo?- mi chiede timoroso.
- Ehm... sono entrata di soppiatto in Palazzo Auditore, mi sono ripresa il diario e sono venuta via.
- Lo immaginavo. Non ti ha visto nessuno, vero?
- ...
- Vero?
- Mi... ha vista Ezio...però non mi ha riconosciuta.- dico per rassicurarlo.
- Ah, Emma...
- Posso chiederti una cosa?
- Cambi discorso per salvarti?
- L'ho imparato da te questo trucchetto.- gli sorrido.
- Mmm... è vero. Comunque, cosa volevi chiedermi?
- Perché e quando hai dipinto il quadro con l'aquila? Non ha molto senso e non te l'ho mai visto fare.
- Me l'ha richiesto Giovanni Auditore. L'ho fatto qualche mese fa, quando te uscivi.
- Perché?
- Perché Giovanni mi ha chiesto di non farlo vedere a nessuno.
- Capisco. Ma per...
- Ora dormi.
- Ma...
- Emma...- mi dice rassegnato.
- Va bene. Posso chiederti un'ultima cosa?
- Certo- dice tornando serio.
- Com'era mia madre?
Mentre pronuncio queste parole, la mia voce esce tremante e i miei occhi si velano di lacrime. Mio fratello è sorpreso per la domanda, ma poi un dolce sorriso gli anima il volto.
- Era una bella donna. Forte, allegra, gentile, nulla la scalfiva. Ti assomigliava molto, sia caratterialmente che fisicamente. I capelli erano focosi, come il suo carattere. Sembrava che dei magnifici smeraldi fossero incastonati nei suoi occhi.
Era una donna magnifica. Sinceramente, ogni volta che rifletto sulla parola “madre”, penso e l'associo a lei. Dopotutto è lei che mi ha cresciuto per i miei primi sette anni, che mi ha fatto nascere la voglia di scoprire, di creare. Mi ha insegnato a vedere tutto in modo positivo. È lei che mi ha fatto diventare ciò che sono ora. Le devo molto.

Mentre me la descrive, la mia immaginazione si mette subito a lavoro, facendomi venire l'idea per un prossimo quadro.
- Grazie Leonardo, grazie davvero.
- Tutto per la mia adorata sorellina. Ora dormi.
- Va bene. Buonanotte Leonardo.
- Buonanotte Emma.-detto ciò, mi da un bacio in fronte e se ne va.
Mi rilasso sul letto, più tranquilla e serena di qualche minuto fa.
Tutto grazie a Leonardo.
Osservo le stelle immerse nel cielo e vengo travolta da dolci ricordi.
Ripenso a quando osservavo quei piccoli punti luminosi con mio padre e mio fratello.
Ci inventavamo storie fantastiche, che solo dalla fantasia di un bambino possono nascere.
Penso a mia madre. Quanto mi sarebbe piaciuto crescere con lei.
La mia vita sarebbe completamente diversa.
Finalmente, dopo tutte quelle emozioni, mi addormento sognando lei.




L'Angolino dell'autrice

Eccomi qua!
Questo è un capitolo di transito, però, secondo me, molto tenero *_*
Viene minimamente descritta la madre di Emma, per cui Leonardo nutre molta ammirazione e riconoscenza.
Come al solito, spero vi sia piaciuto! ;)
È da un mese che ho iniziato a scrivere questa storia e ringrazio chiunque l'abbia letta fino a qui.
Ringrazio chi l'ha messa tra le seguite e con tutto il mio cuore chi recensisce, dandomi il loro parere, i loro suggerimenti e il loro incoraggiamento. <3
Detto ciò, spero in vostre recensioni per consigliarmi e dirmi che ne pensate! (ma come sono monotona!XD)
Al prossimo capitolo!!!

SliteMoon

 

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Capitolo 8
*** Traditori ***


Cap. 8
Traditori

 

Un fastidioso raggio di sole mi illumina il viso, svegliandomi.
Mi alzo, ormai incapace di riprendere sonno e mi affaccio alla finestra.
Le nuvole grige sono state spazzate lontano e il temporale della notte scorsa è solo un ricordo. 
Il sole è alto in cielo, illumina i palazzi e accarezza la cupola del Duomo con la sua flebile luce.
Mentre contemplo la vista oltre il vetro, mi ricordo che sono completamente fradicia.
Decido di farmi un bel bagno rilassante. Entro in bagno, mi disfò degli abiti ed entro dentro la vasca colma d'acqua calda.
Cosa devo fare? Con quale coraggio parlo a Caterina, sapendo la verità? La soluzione migliore è far finta di nulla. Dopo non so quanto, esco dalla vasca rilassata e con le idee più chiare.
Mi vesto rapidamente e scendo al piano inferiore, dirigendomi nella sala da pranzo per fare colazione.
- Buongiorno!- esordio appena entrata in sala.
- Buongiorno Emma!- mi risponde mio fratello.
- Emma! Sei di buon umore stamani mattina.
- Si madre- pronunciare l'ultima parola mi costa tantissimo.
Mi siedo accanto a Leonardo ed inizio a mangiare in fretta, voglio uscire il più velocemente possibile da questa stanza.
- Emma, hai già finito?- chiede sorpresa Caterina, quando vede che ho già finito di mangiare.
- Si, voglio andare a fare una passeggiata.
- Va bene. Divertiti- è strana, molto strana.
- Grazie- dico con una nota di incertezza nella voce. Cosa sta tramando?
Saluto con un cenno della mano Leonardo ed esco.
Appena chiudo la porta dietro le mie spalle, noto che la maggior parte della gente si sta dirigendo frettolosamente verso Palazzo della Signoria.
Seguo la folla e capisco il perchè di tanta agitazione: si sta per svolgere un'esecuzione. La piazza è gremita di gente, tutte a circondare la forca, sulla quale un uomo, un ragazzo ed un bambino attendono il loro destino.
Mi avvicino per vedere meglio i tre condannati. Hanno qualcosa di familiare...
Mentre tento di capire quel qualcosa, qualcuno mi scosta bruscamente.
- Ehy! Sta' attento!- lo sconosciuto fa finta di nulla. Si blocca poco distante da me ed inizio ad osservarlo. Indossa un abito bizzarro, bianco con rifiniture rosse. Un cappuccio gli copre la testa, è ricoperto da un'armatura ed è armato di spada. Il ricordo di stanotte mi torna in mente. È Ezio!
Ecco perchè i condannati hanno qualcosa di familiare, sono i suoi parenti!
Il brusio che c'è nella piazza cessa quando il Gonfaloniere inizia a parlare.
- Giovanni Auditore! Voi e i vostri complici, siete accusati di tradimento. Avete delle prove da presentare a vostra discolpa?
- Si! I documenti che vi sono stati consegnati la notte scorsa!
- Ah...temo di non sapere nulla di tali documenti.
- Sta mentendo!- urla Ezio senza essere considerato da nessuno- Devo avvicinarmi- sussurra.
- In assenza di qualunque prova contraria alle accuse, mi vedo costretto a dichiararvi colpevole! Voi e i vostri collaboratori, verrete pertanto condannati a morte!
- Sei tu il traditore Uberto! Sei uno di loro! Oggi potrai anche toglierci la vita, ma avremo la tua in cambio! Lo giuro, noi ti...- l'uomo non finirà mai la frase, perchè all'ordine del Gonfaloniere, il pavimento sotto i piedi dei condannati si apre, impiccandoli.
Sono a dir poco shockata da ciò che ho appena visto.
- Padre!- l'urlo disperato di Ezio squarcia l'aria.
Hanno commesso uno sbaglio, un tremendo sbaglio! Gli Auditore non avrebbero mai tradito Firenze. C'è sotto qualcosa, ne sono certa.
- Laggiù! Prendete il ragazzo! È uno di loro!- ordina il Gonfaloniere.
Un paio di guardie afferra Ezio, tentando di immobilizzarlo.
- Ti ucciderò per ciò che hai fatto!- urla, riuscendo a liberarsi dalla presa dei due uomini.
- Guardie! Arrestatelo!- ordina il Gonfaloniere a quest'ultime.
Ezio sguaina immediatamente la spada, ma un energumeno ricoperto da una pesante corazza gli si para davanti disarmandolo.
- Uccidetelo.
Al solo pensiero di vedere la guardia che lo squarta mi vengono i brividi.
Ma perchè se ne sta li immobile come uno spaventa passeri? Vuole fare la stessa fine dei suoi familiari? La guardia prepara il colpo.
- Ezio! Scappa!- gli urlo disperata.
Lui sembra tornare in se e con la sua solita agilità inizia a correre, seguito da un gruppo di guardie.
Purtroppo altre due non lo inseguono e mi si avvicinano pericolosamente.
- Bene rossa, ora tocca a te.- il tono con cui l'ha detto non mi piace per niente. Indietreggio, fino a trovarmi con le spalle al muro. Sono in trappola!
- Ci divertiremo un po' prima di ucciderti- dice maliziosa l'altra guardia, iniziando a sghignazzare. Mi blocca violentemente al muro con il suo orrendo corpo da cavernicolo e tenta di infilarmi una mano nella scollatura.
- Brutto maiale schifoso!- gli urlo, tentando di levarmi la sua mano di dosso, mentre questo ride, provocandomi.
- Sta' calma puttanella!- mi dice la prima guardia. Puttanella?! Io? Sta scherzando vero? Se volevano farmi incazzare, ci sono riusciti benissimo!
- Mi dispiace per voi, sudici bastardi, ma IO-NON-SONO-UNA-PUTTANA!- detto ciò gli tiro una ginocchiata fra le gambe, facendolo piegare per il dolore. Mi libero dalla sua presa e tento di scappare, ma quell'altra guardia mi afferra, bloccandomi. Cerco di ribellarmi a quella presa colpendolo con un pugno in pieno viso, stordendolo. Riesco a scappare. Seminati quei luridi porci, mi incammino verso casa, quando qualcuno mi afferra per il polso, trascinandomi in un vicolo.
Alzo lo sguardo disorientata e già stanca di essere afferrata in così malo modo, ed incontro dei meravigliosi occhi castani.
- Ezio!- esclamo sorpresa.
- Grazie mille madonna per avermi aiutato.
- Ve l'ho già detto, chiamatemi Emma. Comunque è stato un piacere.- gli dico sorridendo.
- Giusto. Voi siete la sorella di Leonardo da Vinci, nonché la ladra di stanotte.
- Ma come...?
- Ho capito chi eravate dopo che ve ne siete andata, ripensando al vostro caratterino.
- Capisco. Come state?- chiedo preoccupata.
- Per favore, diamoci del tu.
- Va bene Ezio. Come stai? Non hai un bell'aspetto.
- Sono distrutto. Mio padre ed i miei fratelli non erano dei traditori, al contrario di quel figlio di puttana del Gonfaloniere Alberti e di quei bastardi dei Pazzi.- dice come se volesse convincere me e se stesso con quelle parole, ma so già che è la verità. Me lo sento.
- L'ho sempre detto che quel viscido nascondeva qualcosa.- sussurro dando involontariamente voce ai miei pensieri.
- Di chi stai parlando?
- Oh, niente, stavo solo pensando. Mi dispiace per ciò che è accaduto alla tua famiglia.
- Grazie Emma.- perchè mi vengono i brividi quando pronuncia il mio nome?
- Prego. Scusami, ma devo tornare a casa.
- Posso accompagnarti?- ma quanto è dolce! Ma cosa diavolo sto pensando?! Il mio cervello se né andato in vacanza? Lui è un seduttore, sarà andato a letto con mezza Firenze!
- Ehy Emma!- dice per risvegliarmi dai miei pensieri contraddittori.
- Oh, scusa. Ehm...va bene.
Ci incamminiamo verso casa mia in un silenzio imbarazzante.
- Di chi è il diario che hai rubato la notte scorsa?- mi chiede improvvisamente.
- Primo: non l'ho rubato, l'ho recuperato. Secondo: apparteneva a mio padre.
- Deve essere molto importante per te se sei persino arrivata a introdurti di nascosto in casa mia.
- Si. È l'ultima cosa che mi lega a lui, oltre ai miei ricordi e ai suoi insegnamenti.- ma perchè glielo sto dicendo ? Dopotutto per me è uno sconosciuto!
- Siamo arrivati.- lo avverto trovandomi davanti alla porta di casa.
- Ti ringrazio per avermi accompagnata.
- Non c'è di che. È stato un piacere.- dice fissandomi negli occhi. Il suo sguardo si incatena al mio. Si avvicina lentamente al mio viso, come se avesse paura di spaventarmi.
Ho capito perfettamente cosa ha intenzione di fare. Il terrore cresce man mano che lui si fa più vicino.
- Arrivederci Ezio.- distolgo lo sguardo. Una nota di tristezza compare nei suoi occhi già sconvolti. Anche il mio cuore sembra non essere d'accordo con la mia scelta.
- Arrivederci Emma.
- A-aspetta! Cosa farai? Le guardie ti stanno dando la caccia.- dico preoccupata per la sua sorte. Poi mi viene in mente un'altra cosa.
- E tua madre? Come sta?
- È spaventata, disorientata. Per fortuna con lei c'è mia sorella. Però non so come dire loro che mio padre ed i miei fratelli sono morti.- dice triste- Per quanto riguarda me, le proteggerò e mi vendicherò di quei bastardi.- che determinazione ammirevole!
- Spero ci riuscirai- dico sincera. Quello che gli è successo non è giusto. I veri traditori devono pagare.- e se avrai bisogno di qualcosa, non esitare a chiedere.
- Te ne sono grato Emma. Significa molto per me.
Mi saluta e, con un sorriso un po' inusuale per qualcuno che ha appena perso mezza famiglia, se ne va.
Entro in casa.
- Sono tornata!
Non c'è nessuno. Strano.
Chiudo la porta alla mie spalle e vado in camera. Voglio dipingere. Voglio mettere su tela l'idea che mi sono fatta di mia madre.
Entro nella mia stanza, stranamente immersa nell'oscurità e illuminata solo dalla luce che filtra attraverso le pesanti tende. Mi avvicino per scostarle, ma la persona che più odio al mondo, mi coglie alla sprovvista.
 



L'Angolino dell'autrice

Perdonatemi!!!
Chiedo venia per il ritardo, ma purtroppo il computer mi si era fritto DX
Spero di farmi perdonare con questo capitolo :3
Emma è molto confusa riguardo ai suoi sentimenti verso Ezio: seguirà l'istinto o la ragione?
Cosa starà tramando Caterina? E chi è il tizio misterioso?
Spero di avervi incuriosito! ^_^
Un grande grazie a chi recensisce questa storia e a chi l'ha messa tra le seguite. <3
Mi dispiace di non aver potuto mettere il disegno ma, non trovando un'idea abbastanza convincente, o non essendo per niente soddisfatta di quello che ho fatto, ho preferito non mettere niente :(
Mi perdonate? Vi preeego!
A presto! (sperando che non mi si frigga qualcos'altro)

SliteMoon

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Capitolo 9
*** Imboscata ***


Cap. 9
Imboscata

 

- Vieri! Come sei entrato!?
- Grazie alla tua deliziosa madre.- che maledetta bastarda! Ecco cosa tramava! Farebbe qualsiasi cosa per soldi.
- Finalmente siamo un po' da soli, mia cara.- dice accarezzandomi il viso.
- Lasciami subito maiale malato di mente!- dico levandogli la mano e spingendolo via.
Ride. Glielo levo io quel sorrisino ebete che si ritrova.
- Emma, Emma, Emma... è da troppo tempo che aspetto questo momento. Non ti lascerò scappare.
- Ma se siamo- purtroppo- promessi sposi solo da due giorni!
- Ti sbagli. Tua madre ti ha promesso a me oramai da oltre un anno.
- COSA!?- non ci posso credere! Appena mi ritrovo Caterina davanti giuro la sbudello.
- Si e ora che ti ho qui, non ti farò andar via.
- La fai sembrare una cosa romantica.
- Perchè lo è!
- NO! È l'opposto! È una cosa disgustosa! Come te!
- Come ti permetti!? Fa come vuoi. L'unica cosa certa è che tu sarai mia.- dice mentre mi annusa il collo.
- Stammi lontano!- tento di allontanarlo, ma non ci riesco.
Sussulto quando sento la sua mano palparmi il sedere.
- Schifoso! Lasciami!
- Sta' un po' zitta!- mi urla puntandomi un pugnale alla gola, stanco della mia resistenza.
- O stai calma e ti doni a me, o ti dimeni e muori sgozzata. A te la scelta.
Sono terrorizzata. Non ci penso nemmeno a donarmi a lui, il solo pensiero mi provoca un conato di vomito.
Mi affido al mio istinto: gli tiro una ginocchiata fra le gambe, che lui para senza alcuno sforzo.
- Come sei prevedibile.- finita la frase, mi bacia, ficcandomi mezzo metro di lingua in bocca. Che schifo! Appena si stacca, gli sputo in viso. Ben gli sta! Purtroppo questa mia reazione l'ha fatto alterare ancora di più.
Mi butta a terra e mi sovrasta con quell'orrendo corpo che si ritrova.
Mi infila le sue sudice mani nella scollatura, strizzandomi i seni, provocandomi dolore.
Tento per l'ennesima volta di liberarmi tirandogli ceffoni, pugni e urlando come una pazza, ma sono costretta a smettere per evitare di ritrovarmi senza testa.
Improvvisamente mi sento leggera, senza alcun peso addosso.
Un uomo incappucciato ha afferrato Vieri per il bavero, anzi, Ezio ha rizzato di peso quel viscido essere e gli sta dando anche una bella lezione.
- Ora, cane schifoso, vattene e lasciala in pace.- gli dice duro.
- Mmm, sarà un po' difficile, considerando che fra qualche mese sarà mia moglie.- dice calcando l'ultima parola. Perchè l'ha detto? Perchè l'ha detto a Ezio?
- COSA!?- esclama il belloccio incappucciato, schockato... belloccio? Ma cosa diamine penso?! E in una situazione del genere, per giunta!
- Oh Auditore, non lo sapevi? Se vuoi puoi anche assistere al matrimonio... se sarai ancora vivo.
- Fottiti brutto bastardo! Quello che creperà qui sei tu, e questa è una promessa. -dice ringhiando- Ed ora vattene.
Detto ciò, lascia andare Vieri, che inizia a scappare mezzo sanguinante urlando:
- Te la farò pagare, Auditore! Te la farò pagare e tu, cara Emma, sarai mia! Puoi starne certa!
Ignorando le sue urla, Ezio si volta verso di me e mi aiuta ad alzarmi.
- Stai bene? Ti ha fatto del male?- mi chiede preoccupato.
Non riesco a parlare, l'unica cosa che riesco a fare è piangere.
Mi sento sporca. Sento ancora le tracce delle mani di Vieri su di me.
Se non fosse stato per Ezio, avrei fatto la stessa fine di Elisa, la mia migliore amica, che venne uccisa due anni fa durante una violenza.
Da quando è morta, cerco di stare il più attenta possibile con gli uomini.
Meglio sola che male accompagnata.
Mentre sto ripensando a ciò che è appena accaduto, Ezio mi stringe in un abbraccio.
Appena mi accorgo di essere fra le sue braccia sussulto e tento di allontanarmi, ma il ragazzo si rifiuta di sciogliere l'abbraccio, per grande felicità del mio cuore.
Perchè la mia ragione è così in conflitto con i miei sentimenti?
- Emma, stai bene?- mi sussurra con tono dolce.
- S-si, grazie a te.- dico stringendomi al suo petto, ritrovando un po' di calma.
Mi stacco da lui qualche minuto dopo.
- Prima mi stavi spiando?
- No, cosa ti viene in mente...- dice con voce colpevole sorridendo.
- Si si, come no. Comunque grazie ancora. Te ne sono grata.
- Non c'è di che.- i nostri sguardi si incontrano per l'ennesima volta.
La paura e la disperazione di poco fa si sono perse nei suoi meravigliosi occhi color cioccolato.
- Ora devo andare, però promettimi che parlerai dell'accaduto con tua madre e Leonardo.
- Con mio fratello sicuramente, mentre con Cater... ehm, volevo dire con mia madre non ci penso nemmeno. C'è il rischio che quando me la ritrovo davanti la strozzo.- dico con voce gutturale e sguardo assassino.
- Perchè ce l'hai con tua madre?- mi fa sempre un orrendo effetto sentire quella parola associata a quella vipera.
- Perchè è grazie a lei che per poco Vieri non mi sgozzava! È grazie a lei se sono promessa a lui! È grazie a lei se la mia vita è uno schifo!- la rabbia riaffiora ripensando a come quella donna mi ha rovinato la vita. Finalmente mi sto completamente sfogando e il macigno che avevo sul petto si è sgretolato.
- Scusami, mi sono fatta trasportare dal rancore.
- Sta tranquilla, è naturale pensare certe cose se si è comportata così. Perdonami, ma ora devo andare da mia madre e mia sorella.
- Porta loro i miei saluti e le mie più sincere condoglianze.
- Lo farò. Mi raccomando, parla con tuo fratello.
- Certo. Ti do la mia parola.
- Arrivederci Emma.- detto ciò mi coglie alla sprovvista dandomi un bacio sulla guancia. Rimango paralizzata. Ragione e sentimenti sono in guerra. Una parte di me è al settimo cielo, l'altra è terrorizzata. Torno alla realtà quando lo vedo scendere in strada dalla finestra.
Mi affaccio al davanzale.
- A presto Ezio... e non provarci mai più!- gli vocio facendo la finta arrabbiata, perchè, devo ammetterlo, mi ha fatto piacere.- Mi hai sentito?! Non t'azzardare mai più e non far finta di nulla tanto lo vedo che stai ridendo!
- Ahah Emma... sei unica!- dice sorridendomi per poi salutarmi con la mano mentre se ne va.
Quel ragazzo! Lo conosco da nemmeno due giorni e già mi fa impazzire!




L'Angolino dell'autrice

Rieccomi qua dopo quindici giorni!
Mi dispiace per questo ritardo, ma le mie ideine se ne sono andate al mare in anticipo, lasciandomi qui con un gigantesco blocco X/
Non sono molto convinta di come è venuto questo capitolo.
Sono quasi impazzita per finirlo e purtroppo il blocco non se ne vuole andare -.-'
Comunque, tornando alla storia, quella schifosa di Caterina ha giocato un brutto scherzo a Emma.
Spero vi sia piaciuto :D
Ditemi cosa ne pensate e come posso migliorare ;)
Vi ringrazio per i vostri consigli e per i vostri apprezzamenti! <3
Purtroppo non posso assicurarvi che aggiornerò presto, perchè dipende tutto da questo maledetto blocco :(
Alla prossima!

SliteMoon

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Capitolo 10
*** Lame ***


Cap. 10
Lame

 

Ezio se n'è appena andato e con lui, anche la mia calma, lasciando il posto alla paura.
Paura che quel mostro torni.
Mi sento vuota, debole. Mi lascio cadere sul letto, stanca di pensare.


Vengo svegliata da dei rumori provenienti dal pianterreno.
Guardo oltre la finestra e il sole è fermo in cielo, luminoso. Ho dormito per quasi un giorno?
- Emma? Sei sveglia?- è Leonardo.
Non rispondo. Non che non voglia, ma non riesco a dire nulla.
Mio fratello entra in camera mia.
- Emma!- dice allarmato, vedendomi sdraiata sul letto, con occhi arrossati, spalancati ed il viso rigato da lacrime. Non devo essere un bello spettacolo.
- Che diavolo ti è successo?- mi accarezza i capelli, o almeno tenta, perchè appena mi sfiora scendo repentinamente dal letto e mi raggomitolo in un angolo della stanza.
- Ehi, calma.- mi sussurra- Che è accaduto? Credevamo stessi dormendo tranquillamente.
Quando finalmente mi riprendo e trovo il coraggio di parlare, entra il diavolo in persona nella stanza.
- O santo cielo misericordioso!- esclama, falsa, quella vipera- Che diamine è successo?- non riesco a non risponderle a tono.
- Tsk, tu dovresti saperlo.
- Cosa stai dicendo?- si si, come no. Lei sa benissimo di cosa sto parlando. La sua indifferenza mi altera ancora di più.
- Sto dicendo che sei stata tu ad organizzare lo scherzetto, se cosi possiamo definirlo, di ieri mattina. Me lo sentivo che avevi qualcosa in mente, eri troppo gentile.
- Io non ho fatto proprio nulla! Ma cosa ti inventi!
- Si certo! Allora come ha fatto Vieri a entrare in casa? Quando gliel'ho chiesto mi ha risposto “grazie alla tua deliziosa madre”. Se l'è inventato?
L'ho zittita. Il suo sguardo si spegne e si abbassa, colpevole.
- Volete dirmi di cosa state parlando?- chiede palesemente confuso Leonardo, che fino a ora ha fatto da spettatore.
- Di niente.- si affretta a dire Caterina.
- Che vigliacca! Non hai nemmeno il coraggio di ammettere che sei stata tu a far entrare Vieri in casa. Ah! Non mi avevi detto che mi hai promessa a lui più di un anno fa.- gli dico, con il tono più aggressivo e velenoso che ho.
- Cosa? È vero madre?
- …

- Sei solo una strega. Ti rendi conto che per poco non mi violava? Se non fosse stato per Ezio sarei stesa sul pavimento morta stecchita, cerulea in volto e in un lago di sangue.
- Chi è Ezio?
- Ehm...- accidenti alla mia boccaccia! Non sono ancora del tutto lucida.
- È un mio amico che ha conosciuto qualche giorno fa.- mi salva Leonardo.
Lo guardo con uno sguardo colmo di riconoscenza.
- Comunque ciò che hai fatto è orribile! Non ci sono scusanti. E io che pensavo che eri una donna buona e giusta!- dice mio fratello sconcertato e deluso.
- Ma lo sono!- che faccia tosta!
- Si si, come no. Me ne vado.
Gli occhi mi bruciano. Non voglio piangere di fronte a lei. Non voglio dargliela vinta.
Esco di casa e mi rifugio in bottega. Non so cosa fare.
Devo sfogarmi, questo è sicuro, ma non so come. Mi guardo intorno in cerca di qualcosa che possa liberarmi dalla rabbia e vedo uno stiletto sul banco da lavoro.
Appena lo impugno provo una strana sensazione che, ne sono certa, proverò ancora in futuro. Stranamente con questo piccolo oggetto tra le mani, così bello quanto letale, mi sento completa. Non ne capisco il motivo.
Guardo il cortile oltre la finestra e vedo uno dei manichini che mio fratello utilizza per studiare l'anatomia. Esco e mi ci posiziono davanti, fronteggiandolo.
Osservo il pugnale nelle mie mani e capisco.
Capisco che, anche se adoro dipingere, viaggiare per quei mondi così lontani creati dalla mia immaginazione, l'ira e le mie paure non si cancellano completamente. Un loro piccolo frammento resta e man mano che passa il tempo, diventano sempre più pesanti e impossibili da gestire, scoppiando in lacrime amare.
Senza che me ne accorga, perchè assorta in questi pensieri, pianto lo stiletto nella testa del fantoccio.
Sentendomi più leggera, lo estraggo per poi riconficcarlo ripetutamente nel ventre del manichino dal cuore di paglia, sempre più veloce, sfogando la mia rabbia, fino a che due braccia afferrano dolcemente le mie.
- Calma. Ora è tutto a posto.
- Quanto vorrei che fosse vero Leonardo, quanto lo vorrei.- una lacrima solitaria scende. Mio fratello mi toglie il coltello dalla mano destra e mi gira verso di lui.
- Rientriamo e spiegami cos'è successo con Vieri e Ezio.- dice mentre mi asciuga la lacrima.
Gli spiego tutto. A ogni mia frase una smorfia, o di rabbia, o di sorpresa, gli attraversa il viso.
- Non posso crederci. Non pensavo che mia madre potesse arrivare così in basso.
- Sinceramente nemmeno io credevo fosse così calcolatrice...
- …
- Devo chiederti una cosa: cosa fo con Caterina? Continuo come sempre, pur sapendo che non è mia madre, o le dico la verità?

- … Analizziamo le due ipotesi. Se tu le dicessi la verità, si potrebbe comportare ancora peggio nei tuoi confronti, perchè non deve più fingersi quello che non è.
Mentre, se fai finta di nulla, la situazione rimane la stessa o, miracolosamente, può migliorare.- constata Leonardo.
- Però se le dico la verità, non avrà più alcun potere su di me.
- No, perchè è la tua matrigna, quindi ha lo stesso potere che avrebbe tua madre, con l'unica differenza che si comporterebbe ancora più malignamente di come non abbia già fatto.
- Giusto. Allora sto zitta, contorcendomi dal ribrezzo ogni volta che la chiamo madre.
- Come sei positiva Emma!
- Visto?- scoppiamo entrambi a ridere, non per il sarcasmo della conversazione, ma per allontanare la tensione.


Passano le ore.
È quasi il tramonto, quando qualcuno bussa alla porta.
- Vado io!- mi avverte mio fratello, dirigendosi all'entrata.
- Ah, Ezio Auditore.- appena Leonardo pronuncia quel nome, faccio più attenzione alla conversazione che al progetto che sto studiando.
- No-non mi aspettavo di certo di rivederti dopo tutto quello che è successo.- continua sorpreso.- Ah, perdona i miei modi. Bentornato.- detto ciò lo abbraccia, facendomi sorridere.
Mio fratello è una persona molto particolare ed espansiva, che però non cambierei mai e poi mai con nessun altra al mondo.
Lasciato libero Ezio, riprende a parlare.
- Bene, cosa posso fare per te?
- Speravo potessi ripararmi una cosa.
- Ma certo! Vieni, di qua. Ah, che confusione. Qui non si trova mai nulla. Lasciami fare un po' di spazio.
Mi avvicino al banco, che sembra essere stato un campo di battaglia da come è disordinato.
- Leonardo, hai bisogno d'aiuto?
- Oh, si. Grazie.
- Di nulla. Ciao Ezio.
- Emma. Come stai?
- Molto meglio, grazie.
- Va bene, vediamo.
Ezio ci mostra uno strano oggetto.
- Strabiliante! È magnifico!- esclamo stupefatta ed entusiasta.
- Affascinante! Non saprei Ezio. Nonostante gli anni, la meccanica è piuttosto avanzata. Non ho mai visto una cosa simile. Temo di non poter far molto senza i progetti originali. Mi dispiace.
Leonardo che si arrende? Soprattutto con un così magnifico oggetto tra le mani? Non ci posso credere! Non lo permetterò.
- Aspetta un istante! Sposta l'antibraccio.
- Emma! Sei un genio!- esclama euforico analizzando la pergamena, ed io, ovviamente, mi unisco a lui. Dopotutto, due teste sono meglio di una.
- Che state facendo?
- Il contenuto di questa pagina è cifrato.- spiego a Ezio, sempre più confuso.
- Ma se la mia teoria è corretta, in base a questi schizzi, potrebbe benissimo...- borbotta mio fratello, più a se stesso che a noi due.
- Potrebbe benissimo cosa?
- Siediti.
- Leonardo...- dice il moro sull'orlo di una crisi di nervi.
- Shh.- lo zittisce mio fratello.
Rassegnatosi, Ezio si siede su una sedia vicina.
- Hai bisogno di qualcosa?- gli chiedo.
- No grazie. Gliel'hai detto di Vieri?
- Si, purtroppo ne ho parlato anche con mia madre e, come si consueto, abbiamo discusso.
- L'importante è che tu abbia avvertito Leonardo.
- Notevole! Se trasponiamo le lettere e ne scegliamo una ogni tre...- ragiona mio fratello.
- Vado ad aiutarlo.
Dopo qualche ora passata a decodificare la pagina, riusciamo finalmente a riparare quella che viene chiamata lama celata.
È magnifica.
- Fatto! L'abbiamo finita.- esclamiamo in coro io e Leonardo.
- Mmm? Finita cosa?- chiede il bell'addormentato... non è possibile.
Ogni volta che gli sto vicina penso cose strane. Va bene che è bello, molto bello, ma un po' di contegno lo devo pur mantenere.
- La lama. Siamo riusciti a decifrare la tua pergamena. Ci ha indicato esattamente cosa fare.- gli spiega mio fratello porgendogli la lama.
- Ora non rimane altro che tagliarti l'anulare.- dico mentre tiro fuori un coltello da macellaio da un cassetto.
- Veramente?
- Mi duole, ma è così che va fatto. La lama è pensata per garantire la dedizione di chiunque se ne serva.- lo informa Leonardo.
- Bene... fa' alla svelta.
Porgo il coltello a mio fratello, che prende la mira e con un colpo secco, colpisce il tavolo.
- Ah, stavo solo scherzando Ezio. Anche se un tempo la lama richiedeva un sacrificio, è stata modificata. Puoi tenerti il dito.
- Ahah! Dovresti vedere la tua faccia! Sei bianco come un cencio ed hai un'espressione unica!- esclamo fra una risata e l'altra.
Ezio si riprede e mi guarda fingendosi offeso.
- Ah ah ah, com'è divertente.- dice per poi tornare serio.
Indossa l'antibraccio ricco di particolari. L'elemento principale della decorazione è un simbolo simile ad una A, lo stesso che orna quasi tutto il suo abbigliamento.
Dopo averlo osservato, con uno scatto fulmineo, la splendida e lucente lama si mostra a noi.
- Incredibile!- esclama Ezio con occhi sognanti.
- Per davvero! Dimmi, hai altre pagine come questa?
- Mi spiace, è l'unica.
- Senti, se dovessi trovarne un'altra del genere, ti prego, portala qui.- lo supplica mio fratello. Effettivamente anche a me piacerebbe molto studiarne altre.
- Hai la mia parola e grazie a entrambi per avermela aggiustata.
Stiamo per rispondergli, quando qualcuno bussa violentemente.
- Per ordine della guardia fiorentina, aprite la porta!- urla burbero un uomo.
- Ehm solo un momento!
Mi sto avviando all'entrata della bottega, ma Leonardo mi ferma.
- Aspettate qui.- detto ciò da' la pergamena a Ezio e va ad aprire.
- Sei tu Leonardo da Vinci?- chiede la guardia.
- Si, come posso servirvi?- risponde cordiale mio fratello.
- Voglio che tu risponda a qualche domanda.
- Certamente.
Si dirigono verso il cortile.
- Io li seguo. Non mi fido.
- Vengo con te.- dice seguendomi Ezio.
Ci avviciniamo ai due e ascoltiamo quello che sembra un interrogatorio.
- Qual'è il problema?
- Un testimone afferma di averti visto frequentare un nemico della città.
- Cosa? I-io frequentare? È assurdo.
- Quando è l'ultima volta che hai visto o parlato con Ezio Auditore?
Vero, lo stanno cercando. Sicuramente mio fratello dirà il falso per proteggerlo. È fatto così.
- Chi?- appunto. Ne ero certa.
- Non fare il finto tonto! Sappiamo che eri amico della famiglia.
- …
- Forse questo aiuterà a schiarirti le idee.- dice la guardia per poi spingere e far cadere a terra Leonardo, per poi prenderlo a calci.
Come si permette quell'energumeno? La rabbia mi fa muovere verso quell'ipocrita, ma Ezio mi blocca.
- È pericoloso. Potrebbe farti la stessa cosa, se non peggio.
- Se non te ne sei accorto, quello sta prendendo a calci mio fratello. Cosa dovrei fare, restare qui a guardare?
Quando Ezio sta per rispondermi, la guardia parla.
- Sei pronto a parlare?- continua a picchiarlo.- Allora, ti decidi?- un altro calcio.
Ora basta.
- Bene, se non posso aiutarlo io, salvalo tu.- dico a Ezio, che però è già dietro alla guardia. Senza che quest'ultima se ne accorga, viene trafitto dalla lama celata del moro. Non sono sconvolta, anzi, tutto il contrario. Se lo meritava.

- Grazie Ezio.- parliamo in coro io e Leonardo.
- Mi dispiace molto.
- Ah, ormai ho fatto il callo ai loro abusi.
- Dimmi, quando ti hanno pestato e soprattutto, perchè non mi hai mai detto nulla?!
- Non volevo farti preoccupare inutilmente.- non ho parole. Si fa prendere a botte e non mi dice niente per non farmi stare in ansia. Comportamento dolce e premuroso, ma anche molto stupido.
- Leonardo, sei il re dei bischeri.
- Grazie.
- Di nulla.
- E il cadavere?- ci interrompe Ezio.
- Mettilo dentro assieme agli altri.
- Gli altri?
- Me li procura la città, per i miei studi.
Gli occhi nocciola del moro sgranano dallo stupore. Passato il momento di meraviglia, Ezio solleva il corpo della guardia che, vedendo la sua espressione di fatica, sembra molto pesante.
Lo porta in bottega e lo deposita nell'angolo dove mio fratello esegue quelle che lui chiama autopsie.
- Visto? Come non fosse mai accaduto.
- Grazie ragazzi. Per tutto.
- Di nulla e ricorda, se trovi altre di quelle strane pagine, portamele. Se dovessero contenere dei nuovi progetti adatterò anche la tua lama.
Si è dimenticato che l'ho aiutato. Tossisco per ricordarglielo.
- Ops, scusa. Adatteremo.
- Certamente. Ora dovrei davvero tornare da Paola.-E chi è questa Paola!?
- Porgile i miei omaggi.- anche mio fratello la conosce. Perfetto, chiederò a lui.
- Ehm, Leonardo?
- Si Emma?
- Chi è questa Paola di cui stavate parlando?- dico fingendomi solo interessata, e non incavolata. A dire la verità non so nemmeno io perchè.
- È il capo delle cortigiane fiorentine e proprietaria del bordello “La Rosa Colta”. Sta ospitando la famiglia di Ezio. Perchè me lo chiedi?
 

- Curiosità.- è una cortigiana? Solo in questo momento capisco che non è rabbia, è gelosia. Ma perchè? Non ha senso! Che diavolo mi sta succedendo?
Forse, mi sono... innamorata di lui?




L'Angolino dell'autrice

Ehilà! :D
Ci sono! ^_^
Mi dispiace per il ritardo, ma non ho avuto un bel periodo :(
Finalmente Emma inizia a capire cosa prova e nel prossimo capitolo... eh eh ci sarà una bella sorpresina! ;)
Non sapete quanto mi dispiace, ma non so se continuerò a mettere i disegni nei capitoli, perchè mi rubano troppo tempo, però vi assicuro che il prossimo lo metto :)
Comunque, l'importante è la storia, giusto?
Grazie a tutti voi che leggete o che siete di passaggio, ma soprattutto a chi ha messo questa storia tra le seguite e le preferite e a chi mi fa sempre sapere cosa ne pensa <3
Quindi, con un grosso bacio, vi saluto e fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto.
A presto!!!

SliteMoon

 

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Capitolo 11
*** Un aiuto prezioso ***


Cap. 11
Un aiuto prezioso

 

Com'è possibile che mi stia innamorando di lui? Va bene che è bello, simpatico, scherzoso, affascinante e... va bene, ha molti pregi, peccato che è un seduttore.
Mi accorgo solo ora che nemmeno io so cosa provo, o forse lo so, ma non lo voglio ammettere.
Mentre sono assorta in questi pensieri contrastanti, uno sguardo insistente e perplesso si blocca su di me.
- Perchè mi fissi così?
- Avevi un'espressione piuttosto concentrata. Cosa stavi architettando?- mi chiede mio fratello.
- Niente. Perchè devo sempre macchinare qualcosa? Non posso immergermi nei miei pensieri come chiunque altro?- chiedo, un po' indispettita.
- Certo, dopotutto anche tu sei umana.
- Ah grazie!- mi fingo adirata.
- E dai, scherzo!- dice mentre sorride come un bambino. I suoi occhi ridono con lui, splendendo come due zaffiri. Adoro quando è così di buon umore.
- Tornando seri: a cosa stavi pensando?
- O Santa Maria Vergine! Che impiccione che sei! Comunque, se proprio non puoi vivere senza saperlo, stavo pensando alle sorti di Ezio.
Deve stare in allerta perchè, se non fa attenzione, rischia di essere catturato e giustiziato in qualunque momento.
- Hai ragione. Non sta attraversando un periodo roseo, però con Paola, sia lui che la sua famiglia, sono al sicuro.
- Già. Vado a fare una passeggiata. A dopo.
- Va bene e buona passeggiata. Ah, torna prima di cena, mi raccomando!
- Si si!

Appena uscita vengo investita da una ventata fresca. Faccio un bel respiro, inalando l'aria che sa di primavera.
Mi dirigo verso piazza del Duomo. Mentre la percorro, senza avere una meta precisa, un menestrello mi si avvicina, intonando una melodia orecchiabile e festosa, inno alla stagione fiorita. Gli do qualche fiorino come ringraziamento per la musica.
Continuo a camminare sotto al cielo che imbrunisce, trasportata da un gruppo di persone come un pesce dalla corrente del fiume.
Passo per le vie cosparse da fiori di ogni tipo e colore. Sto camminando ormai non so da quanto e decido di fermarmi per capire dove mi trovo.
Sono davanti ad un bellissimo edificio a tre piani, con una torretta sul tetto. La porta d'entrata e la terrazza sono decorate da bellissime tende e da stendardi scarlatti. Ogni finestra è adornata da un vaso di fiori variopinti.
Uomini di ogni età e ceto sociale entrano ed escono dalla porta in continuazione, quando riconosco tra loro la figura slanciata di Ezio, incappucciato e avvolto, come di consueto, in quel bianco così puro.
È entrato nel bordello. Anch'io mi avvicino, ma a una delle tante finestre per poter vedere cosa accade nella casa del piacere.
Ci sono cortigiane che amoreggiano con uomini ovunque: chi su meravigliosi divanetti dall'imbottitura rosso vermiglio, chi appoggiato ai muri e chi sta per approfondire quei semplici baci in una camera da letto.
Mentre osservo stupefatta questa scena, la mia attenzione si posa su una bellissima donna, diversa da tutte le altre presenti nella stanza. I lunghi capelli castani sono raccolti in una treccia che le accarezza la schiena, coperta da un drappo color granata.
È avvolta in un lungo abito dello stesso colore, con piccoli dettagli in oro e con una profonda scollatura squadrata che le mette in risalto il seno.
È terribilmente attraente.
Si avvicina a Ezio con fare sensuale, ancheggiando vistosamente, come solo una cortigiana sa fare.
Capisco immediatamente chi è: è Paola, la proprietaria della Rosa Colta.
Da dove mi trovo sento perfettamente cosa dicono, anche se c'è molta confusione sia all'esterno che all'interno del bordello.
- Sei stato via per un bel po'.
- Leonardo è un chiacchierone.- e io? Sono un fantasma?
- Ah, lo so, ma confido che non abbiate solo parlato.- dice indicando con lo sguardo l'avambraccio sinistro di Ezio che, repentinamente, fa scattare la lama.
- Notevole.
- Non sai quanto garba a me.- vorrei avere anche io un'arma del genere, starei sempre a studiare e a macchinare nuove possibili modifiche.- Io ti ho donato l'abilità, Leonardo ti ha dato la lama. Ora non ti resta che agire.
- Dove posso trovare Uberto?- dice con tono glaciale, estremamente serio.
- Secondo le mie ragazze, stasera assisterà alla presentazione dell'ultima opera del Verrocchio, presso il chiostro di Santa Croce.-interessante, ora so cosa fare per passare la serata.
- Veglia su mia madre e mia sorella mentre sono via.
- Sicuro Ezio, come se fossero le mie.
Ezio si volta e sta per uscire quando si accorge di me. Maledizione! Nello spionaggio faccio schifo.
Mi guarda con sguardo assente, duro.
Esce e mi viene incontro a passo di marcia.
- Che ci fai qui?
- Ehm, stavo facendo una passeggiata quando ti ho visto entrare e... senti, sono molto curiosa.
- L'ho visto. Torna a casa.- dice risoluto.
- No.
- No?
- Mi dispiace per te, ma sono piuttosto testarda. Non torno a casa.
- E cosa vorresti fare, seguirmi?
- Esatto, erano questi i miei piani.
- Assolutamente no. Saresti solo una zavorra.
- A chi hai dato della zavorra?!
- A te ed ora vattene.
- Ma voglio solo aiutarti.
- Smettila di fare la mocciosa. Lo vuoi capire che mi aiuti restandotene a casa? È pericoloso e non voglio che ti accada qualcosa, altrimenti non potrei mai perdonarmelo.
- Ti stai preoccupando... per me?
- S-si, certo- mi dice, diventando completamente rosso. Non posso crederci, Ezio Auditore, uno degli uomini più affascinanti di Firenze, che arrossisce? Non ci avrei mai creduto se non l'avessi visto con i miei occhi.- Comunque, ora torna a casa, tuo fratello sarà in pensiero.- questa volta è più una supplica che un ordine.
Non replico. Lo vedo allontanarsi in fretta, arrampicandosi agilmente sui palazzi e correndo velocemente sulle tegole.
Mentre fisso la sua figura scomparire oltre i tetti, mi avvio automaticamente verso casa per poi bloccarmi poco dopo.
Cosa sto facendo? Mi sto arrendendo? Io che faccio a gara con i muli in testardaggine?
Non ci penso nemmeno! Io non mollo.
Guardo con tristezza i tetti. Purtroppo non posso seguirlo da lassù per via della mia ingombrante gonna. Spero proprio che in futuro le donne le brucino tutte.
Decido di andare direttamente a Santa Croce, una volta arrivata vedrò cosa fare.
Percorro velocemente le vie di Firenze, utilizzando qualche scorciatoia per arrivare più in fretta possibile a destinazione.
Arrivata davanti alla meravigliosa chiesa cerco la figura bianca di Ezio sui tetti.
Lo vedo che fissa due uomini passeggiare: Lorenzo de' Medici e Uberto Alberti.
Mi siedo su una panchina vicina ai due e ascolto la conversazione.
- Ancora questa storia!
- Hai oltrepassato ogni misura Uberto.- sembra stiano parlando dell'impiccagione degli Auditore.
- Senti chi parla di misure. Tu, che ti sei incoronato Lorenzo de' Medici, principe di Firenze.
- Questo non è vero.
- Certo che no. Sempre innocente. Comodo è? Almeno adesso sappiamo fin dove puoi arrivare, cioè a dire, da nessuna parte. È stata una preziosa lezione per me e i miei alleati.
- Si, i tuoi alleati, i Pazzi. È di quei cani che si tratta vero?
- Bada alle tue parole Lorenzo, potresti attirarti attenzioni indesiderate.- lo sapevo!
Quel bastardo di Vieri è un nemico della città, come la sua famiglia, Uberto e... Caterina.
Dopotutto lei vuole unire le nostre due famiglie, quindi è praticamente impossibile che non sia al corrente delle porcate dei Pazzi ma, se non fosse così, allora è davvero più stolta e ingenua di quel che pensavo.
Aspetto che si allontanino e li seguo fino all'entrata del chiostro, per poi fermarmi perchè è sorvegliata da guardie.
Mi siedo su una panchina per riflettere, ma vedo Ezio avvicinarsi lentamente e guardarsi intorno.
Anche se ho tentato di mimetizzarmi, mi nota lo stesso fra le due donne ai miei lati.
Mi viene incontro con passo svelto e mi afferra per la mano, trascinandomi in un vicolo poco distante.
- Sbaglio, o ti avevo espressamente ordinato di tornare a casa?!- mi sbraita a dosso.
- Mmm... sbagli.- gli dico, provocandolo.
- Smettila di prendermi in giro. Torna immediatamente da tuo fratello.
- Senti, ora inizio ad alterarmi quindi, sta zitto e stammi a sentire. Voglio aiutarti ad ottenere la tua vendetta perchè so cosa significa perdere un familiare, perchè voglio capire cosa hanno in mente i Pazzi e soprattutto se e che tipo di patto hanno con mia madre. Non voglio sgozzare nessuno, ancor meno Uberto.
- Mmm... se ipoteticamente ti chiedessi di aiutarmi, come faresti?
- Semplice. Come avrai sicuramente notato, l'ingresso del chiostro è sorvegliato da una coppia di guardie e li, davanti a quell'edificio, ce ne sono altre due. Purtroppo per te, non ci sono le cortigiane che, un po' per soldi e un po' con la speranza di venire a letto con te, ti avrebbero sicuramente aiutato a distrarre le guardie. Quindi, per tua fortuna, il diversivo posso essere io.
- ... potrebbe essere un'idea. Come vorresti distrarle?- mi chiede dubbioso.
- O rubandoli i fiorini, o pestandoli per “errore” un piede o, come farebbero le tue amichette, metto in mostra la mia mercanzia.- ovviamente la terza opzione è fuori discussione, ma gliela propongo lo stesso per vedere la sua reazione a queste frecciatine.
- Allora, primo, le cortigiane non sono delle mie amichette...
- Si si, come no.
- E fammi finire! Secondo, non t'azzardare nemmeno a comportarti come loro e terzo, se le guardie cascassero nel tranello, saresti in grado di sfuggirgli?
- Sicuramente. Le batto in velocità e agilità.- gli rispondo fiera.
- Anche con quella gonna?- mi chiede dubbioso.
Ci rifletto un attimo.
- Dammi il pugnale.- gli ordino.
- Cosa?- mi chiede poco convinto.
- Dammelo e basta.
Sbuffa e mi da il coltello. È preoccupato, lo vedo. Appena lo impugno quella sensazione di completezza torna, confermando la mia ipotesi.
Sono destinata a impugnare le lame.
Guardo Ezio che ha sempre quell'espressione allarmata in volto.
- Rilassati! Non voglio spargere interiora per mezza Firenze. Mi serve a strappare la gonna per correre meglio e, in caso di necessità, a difendermi.- gli spiego mentre nascondo il pugnale nella manica.
- Devo ammetterlo, sei furba.
- Modestamente...- lo fisso con sguardo quasi, e ripeto quasi, supplichevole.
- Va bene. Distrai le guardie.- ha ceduto.
- Grazie.- dentro di me gioisco per la mia piccola vittoria.- Ora vado.
- Aspetta. Dopo ritroviamoci alla Rosa Colta. In bocca al lupo.
- Crepi.
Detto ciò, ci dividiamo. Lui si apposta vicino all'entrata del chiostro e io mi dirigo verso le guardie vicine all'edificio di fronte a Santa Croce. Fingo di inciampare e casco sul piede di una di loro.
- Ehi! Fa attenzione!- mi ammonisce rabbiosa.
- Ops, mi scusi tanto messere! Non era mia intenzione.- gli dico con tono civettuolo, mentre gli rubo la scarsella col denaro.
- Sii più prudente mentre cammini.
- Certamente e mi scusi ancora per il disagio.- dico mentre mi allontano lentamente, non nascondendo bene la refurtiva.
- Cosa hai in mano?- mi chiede l'altra guardia sospettosa. Tutto sta andando come speravo.
- Ehm, niente.- rispondo per poi iniziare a correre.
- Ehi ferma!- mi urla la vittima del furto.- Rendimi il mio denaro!
Vedendo che non mi fermo, i due bischeri mi seguono, attirando l'attenzione degli altri due all'entrata. Anche questi partono al mio inseguimento, lasciando il via libera a Ezio.
Sperando che ottenga la sua vendetta, continuo a correre, ma la gonna è un vero e proprio ostacolo alla mia fuga. Tiro fuori il pugnale e la squarcio sul lato destro, rendendomi la corsa molto più facile. Finalmente sono libera di arrampicarmi sui tetti e così faccio: inizio a scalare un'abitazione a due piani e, arrivata in cima, scappo da quelle guardie decisamente svampite. Dopo aver saltato e essermi issata su cornicioni per più di cinque minuti, riesco a seminarle.
Mi guardo attorno per capire dove mi trovo e vedo il tetto del bordello poco distante da me.
Lo raggiungo in breve tempo e aspetto che arrivi Ezio. L'attesa dura poco, perchè me lo vedo arrivare dalla direzione opposta alla mia.
- L'hai ucciso?- gli chiedo, anche se non ho bisogno che mi risponda, perchè ne ho la conferma vedendo la sua veste macchiata dal sangue e il suo viso leggermente più rilassato.
- Si. Ora devo parlare con Paola. Te resta qui.
- Va bene.- sospiro, mentre lui entra nel bordello. Ovviamente ascolterò la conversazione.
Paola abbraccia Ezio, con fare rassicurante.
- Sarà meglio che io lasci Firenze.- vuole andarsene? Effettivamente è l'unica soluzione che gli resta per sopravvivere.
- E dove andresti?
- Mio zio Mario ha una villa vicino a Monteriggioni.
- Sei ancora ricercato Ezio.- gli ricorda Paola.
- Che vuoi che faccia allora?- le chiede esasperato.
- Ho visto dei manifesti appesi nel distretto. Strappali e la gente si scorderà la tua faccia. Anche i banditori istigano la popolazione. Potresti corromperli, così che parlino d'altro. O potresti cercare i falsi testimoni a tuo carico. Hanno venduto la propria dignità. Nessuno ne piangerà la scomparsa. Fa una qualunque di queste cose, e sarai libero di partire.- il suo ragionamento non fa una piega.
Appena torna da me, gli espongo l'idea che ho elaborato.
- Ezio, che ne dici se te ti occupi dei banditori e dei falsi testimoni, mentre io penso ai manifesti?
- Hai origliato un'altra volta? Sei un ficca naso.- è una presa di giro.
- Non è colpa mia se ho un buon udito.- gli dico tranquilla, non dandogli soddisfazione.
- Comunque, hai avuto una buona idea. Ci ritroviamo qui quando siamo sicuri che non ci sia più nessuno che mi cerchi.
- Va bene.
Mi incammino per le strade ormai oscurate dalla sera, illuminate solo dalle lanterne, in cerca di manifesti.
Setaccio tutto il distretto e ne trovo una decina. Continuo a girovagare nella zona per assicurarmi che nessuno parli più dell'assassino.
Certa che nessuno lo cerchi, torno al bordello e trovo Ezio ad aspettarmi.
- Già fatto?
- Si. Vieni, Paola ci sta aspettando.
- Ti sta aspettando, volevi dire.
- So quello che ho detto. Vieni dentro, si o no?
- Si, va bene.- certo che vengo! Voglio capire che tipo è questa donna.
Dopo avermi fissata in modo molto strano, finalmente Ezio si decide a bussare e aprire subito dopo la porta.
Appena varcata la soglia del bordello molti sguardi curiosi, soprattutto di uomini, si posano su di me, mettendomi a disagio.
Odio stare al centro dell'attenzione. Fortunatamente ogni cortigiana riconquista l'interesse del proprio cliente.
Mentre mi guardo intorno, completamente disorientata da tutti quei sussurri e sospiri, arriva la proprietaria della Rosa Colta.
- Bentornato Ezio. Ci sei riuscito?
Io me ne resto in disparte, non voglio interferire con la conversazione.
- Si, anche grazie al suo aiuto.- dice guardandomi.
- Madonna da Vinci. È un piacere conoscervi. Io sono Paola, la proprietaria di questo edificio.
- Chiamatemi pure Emma... aspettate, come fate conoscermi?- chiedo confusa.
- Per favore Emma, diamoci del tu. Tuo fratello adora parlare, soprattutto dei suoi progetti, delle sue scoperte e della sua adorabile, nonché intelligente sorella.
- Leonardo dice tutto ciò su di me?
- Ho sintetizzato le sue lodi nei tuoi confronti.- mio fratello è orgoglioso di me?
Come a leggermi nel pensiero, Paola mi risponde con un cenno affermativo della testa.
Passano svariati secondi di silenzio, poi la cortigiana batte improvvisamente le mani, come a chiamare qualcuno.
Poco dopo, in risposta a quel richiamo, vedo scendere dalle scale Maria ancora sotto shock con una ragazza.
- Madre.
- Ezio! Ma dove sei stato?- chiede la ragazza. Deve essere la sua sorella minore, lo intuisco da come si abbracciano.- E nostra madre non ha detto una sola parola da quando abbiamo lasciato casa.- guardo Maria mentre fissa il figlio con sguardo assente.
Quella che ho davanti è solo l'ombra della donna che ho conosciuto qualche giorno fa.- Nostro padre dovrà sistemare tutto. Ma lui dov'è? E Federico? E Petruccio?- nei suoi occhi percepisco solo confusione.
- È successa una... disgrazia.- dice Ezio. Nel suo sguardo c'è dispiacere, per non essere riuscito a salvare i fratelli e il padre.
C'è compassione, nei riguardi della sorella.
- Che cosa vuoi dire?- quella nebbia di confusione sembra diradarsi sempre più dai suoi occhi, trasformandosi in dolore e consapevolezza.
- No, è impossibile...
- Claudia...
- No no no no no.
- … ho fatto il possibile piccina.
Mi si strugge il cuore davanti a questa scena a me troppo familiare. Anche se sono passati anni e la situazione è completamente diversa, nei due fratelli Auditore rivedo me e Leonardo quando è morto nostro padre. Sono certa che stanno provando le stesse emozioni che abbiamo provato allora.
La ragazza piange disperata, stretta a Ezio, che tenta di consolarla.
- Ascolta, ciò che più conta adesso è andare tutti in un posto sicuro, ma per fare questo ho bisogno che tu resti lucida. Ci siamo capiti?- con queste poche parole, Ezio la tranquillizza.
Porto lo sguardo su Maria che sembra accorgersi di me solo adesso.
Spalanca gli occhi e mi viene incontro, abbracciandomi stretta.
- Mi dispiace Maria, non sai quanto.
Sciolto l'abbraccio, vedo Claudia che mi guarda.
- Voi chi siete madonna?- mi chiede gentilmente la ragazza.
- Sono Emma da Vinci e, se vi va, diamoci del tu.
- Da Vinci? Sei una parente di Leonardo?
- Si, sono sua sorella.
- Che ci fai qui?
- Ho aiutato tuo fratello per permettervi la fuga.
- Grazie mille... ma perchè ci stai aiutando?
- Perchè so cosa vuol dire perdere il padre.
- Oh, scusa la mia curiosità.
- Sta tranquilla, so cosa comporta essere curiosi.- con questa frase le strappo un sorriso, uno splendido sorriso.
- Bene. Claudia, ti spiace badare a nostra madre?
La ragazza va subito da Maria, per poi scortandola fuori con la dolcezza che si riserva solo ai bambini.
- Allora siamo pronti. Grazie di nuovo, di tutto.- ringrazia Ezio.
Paola gli si avvicina, baciandogli la guancia, sfiorando la cicatrice sul labbro.
Lo ammetto, questa scena mi da fastidio.
- Stai in guardia Ezio. Sii cauto. La strada davanti a voi è molto lunga.- una piccola pausa- Arrivederci anche a te Emma, spero di rivederti e porta i miei saluti a tuo fratello.
- Certamente.
Salutata la donna e lasciata la Rosa Colta, ci avviamo verso le mura della città, cercando di evitare scontri con le guardie.
Dopo averne sviate minimo una dozzina e cambiato strada per ben sette volte, arriviamo alla biforcazione per Monteriggioni nella più completa oscurità.
La luna è alta nel cielo, piccole lucciole illuminano i cespugli fioriti e una fresca brezza soffia fra gli alberi.
È sera inoltrata. Mio fratello sarà in pensiero per me e quando tornerò a casa, ci metto la mano sul fuoco, mi ammazza.
- Eccoci qua. Maria, mi ha fatto piacere rivederti e Claudia, è stato un onore conoscerti. Spero che d'ora in avanti la fortuna sia dalla vostra parte.- detto ciò, le abbraccio entrambe.
Liberata dall'abbraccio, mi giro verso Ezio.
- Grazie Emma.
- Ti ringrazio anch'io. Finalmente, dopo anni, mi sono sentita viva, una ragazza e non un arnese da usare a proprio piacimento.- i nostri sguardi si incatenano, studiandone le profondità. Solo ora mi ricordo di avere ancora il pugnale di Ezio nascosto nella manica.- Ah, tieni. È tuo.
- No, tienilo pure. Te lo regalo. Potrebbe esserti utile.
- Grazie.
Mi avvicino in punta di piedi per dargli un bacio di riconoscenza sulla guancia, ma quando sono quasi a sfiorarlo, lui ruota la testa di scatto, baciandomi sulle labbra, dolcemente, stringendomi a sé.
Sono sconvolta, rigida come un ghiacciolo e rossa come una fragola.
Passano pochi secondi e mi inizio a sciogliere come ghiaccio in estate. Istintivamente chiudo gli occhi, rispondo al bacio e lentamente porto le braccia a circondargli il collo. Quel semplice sfiorarsi diventa ben presto una danza passionale. Il mio cuore batte all'impazzata, vibrandomi nel petto.
Ci stacchiamo e torniamo a guardarci intensamente negli occhi. In quegli occhi color cioccolata non vedo più la tristezza che c'era fino a poco fa, ora c'è qualcosa che non so decifrare, una luce che non gli avevo mai visto e sono io la causa.
Purtroppo, questo magnifico incantesimo finisce quando percepiamo lo sguardo di Maria e di Claudia su di noi. Ci allontaniamo immediatamente l'uno dall'altra.
- Ehm, buon viaggio e abbiate cura di voi.- dico completamente rossa in viso.
- Anche te Emma e saluta Leonardo.
- Lo farò, stanne certo.
Dopo esserci fissati un'ultima volta negli occhi, Ezio si volta e si avvia con la madre e la sorella verso Monteriggioni.
Finalmente so rispondere alla domanda che mi ha assillato in questi ultimi giorni.
Si, Ezio Auditore è entrato nel mio cuore.

Mentre li guardo allontanarsi, tra gli alberi della selva vedo degli scintillii che possono appartenere solo a delle lame.
Un orrendo presentimento si insinua nei miei pensieri.
Un terribile tranello si cela dietro l'apparente quiete del bosco.




L'Angolino dell'autrice

Hola! :D
Quanto mi è piaciuto scrivere questo capitolo.
Finalmente quei due si sono baciati! ^_^
Spero vi sia piaciuto! ;)
Come al solito vi ringrazio tutti! *_*
Vi avverto che non aggiornerò fino ai primi di Settembre, perchè sarò al mare e non avrò un computer con me.
Detto ciò, vi saluto e ditemi cosa ne pensate con qualche recensione! :D
Alla prossima!

SliteMoon

 

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Capitolo 12
*** I Fantechi ***


Cap. 12
I Fantechi


La luna piena viene oscurata da nuvole cariche di tempesta che si addensano sulla selva.
Le prime gocce di pioggia mi bagnano il viso e decido di entrare nel bosco.
Cammino silenziosa, cercando di far meno rumore possibile.
Mentre seguo lo scintillio sento delle voci maschili e burbere farsi più vicine.
Mi avvicino ancora di più e intravedo degli uomini armati confabulare. Mi nascondo dietro a un albero e mi metto in ascolto.
- Vieri, gli Auditore stanno arrivando... e sono soli.
- Eccellente. È il momento ideale per attaccare- dice Vieri ghignando sadicamente- finalmente mi sbarazzerò di loro.
Ad un suo gesto i suoi scagnozzi si incamminano furtivamente verso il sentiero percorso da Ezio e da quel che rimane della sua famiglia.
Li seguo, usando gli alberi come nascondiglio. Quando stanno per attaccarli, un rumore distrae Vieri, che blocca l'imminente assalto. Insospettito, si dirige insieme a due uomini nella mia direzione. Mi accorgo solo ora che il rumore l'ho provocato io, calpestando un ramoscello secco. Indietreggio per non farmi trovare, ma due mani estremamente forti mi afferrano per le braccia, sollevandomi come una piuma dal suolo.
- Capo, guarda un po' chi ho trovato!- esclama il burbero che mi ha scovata.
Perchè devo sempre mettermi nei guai? Perchè?
- Emma, mia amata! Che cosa ci fai sola soletta nel bosco, a quest'ora?
- Sono venuta a fare una passeggiata per trovare un po' di tranquillità, ma a quanto pare ho trovato tutt'altro- gli dico aspramente- cosa stai architettando?
- Io? Niente. Anzi stavo per fare una bella sorpresa, insieme agli uomini qui presenti, a Ezio e alla sua famiglia. Vuoi partecipare?
- No grazie.
- Allora assisterai. Fernando, non farla scappare.- si rivolge al bestione che mi sta bloccando. Quest'ultimo annuisce, rafforzando la presa sulle mie braccia.
Li raggiungiamo. Vieri sguaina la sua spada che, scintillando sotto la luce della luna, da il segnale ai suoi leccapiedi di attaccare. Prima ancora che questi partano, tento di urlare per avvertire Ezio del pericolo, ma l'energumeno che ho scoperto chiamarsi Fernando mi tira un potente pugno nello stomaco, facendomi gemere e scivolare a terra dolorante. Purtroppo per Vieri il mio lamento mette in allerta Ezio, facendo saltare l'attentato.
Una battaglia furiosa ha inizio.
Io rimango sola, accasciata a terra. A quanto pare quel Fernando non mi considera una minaccia. Quanto si sbaglia.
Alzo lo sguardo e vedo Maria e Claudia che tentano di scappare da quel putiferio, ma vengono bloccate da un paio di uomini.
Ezio non può difenderle come vorrebbe perchè deve prima salvare se stesso da affondi sempre più precisi e letali.
Devo fare qualcosa. Anche se sono ancora dolorante e disorientata a causa del pugno, istintivamente estraggo il pugnale dalla manica e inizio a correre verso i due bastardi che tentano di uccidere le due donne. Una forza mai provata cresce dentro di me, dandomi sicurezza. Tutte le incertezze e le paure che fino a qualche secondo fa occupavano la mia mente si dissolvono in un attimo, lasciando il posto al coraggio e anche a un briciolo di follia. Il dolore e la confusione scemano ad ogni mio passo, portandomi ad aumentare sempre più la velocità. La presa sul manico del pugnale da tremante e blanda, diventa decisa e robusta.
Quando uno degli uomini sta per colpire Maria, gli conficco repentinamente la lama lucente nel collo, per poi estrarla altrettanto velocemente. Schizzi di sangue mi macchiano il viso e l'abito. Dopo aver barcollato, il corpo senza vita cade a terra con un tonfo, creando una pozza scarlatta che si allarga pian piano.
L'altro uomo è sconvolto. Tenta di attaccarmi, ma lo anticipo colpendolo al petto.
I suoi occhi mi riportano alla realtà, facendo scomparire la forza di poco fa.
Il suo sguardo velato da lacrime implora pietà. Appena mi rendo conto di quello che sto facendo, estraggo immediatamente la lama dalla sua carne per poi farla cadere a terra. Mi guardo le mani e vedo solo una cosa: sangue.
Le mie mani saranno per sempre macchiate di un crimine orribile di cui non potrò mai liberarmi.
Sono nel bel mezzo di una battaglia e l'unica cosa che riesco a fare è restarmene qui, immobile, a piangere per ciò che ho fatto, per ciò che sono diventata.
I minuti passano, lenti, inesorabili, e io continuo a tremare come un cerbiatto impaurito.
Un'ombra mascolina si avvicina sul terreno. Alzo il viso rigato da lacrime mescolate a sangue e vedo Ezio inginocchiarsi davanti a me.
- Emma...- non finisce la frase perchè lo abbraccio disperatamente.
Vengo subito accolta tra le sue braccia.
- Vieni, ti riporto a casa.


Dopo svariati minuti passati a evitare le guardie e gli scagnozzi di Vieri, arriviamo finalmente alla bottega.
Claudia bussa alla porta. Non passano cinque secondi che spunta mio fratello con espressione preoccupata in volto.
Osserva prima Claudia, poi Maria, Ezio e infine posa il suo sguardo su di me.
- Emma! Che diamine è accaduto?- esclama Leonardo sconvolto nel vedermi.- Venite, parliamone dentro.
Una volta entrati, mi dirigo traballando su divano, scaraventandomici sopra a peso morto. Maria e Claudia si siedono sulle poltrone difronte a me, mentre mio fratello e Ezio si siedono uno davanti all'altro al bancone, parlando dell'accaduto. Non faccio attenzione a ciò che dicono perchè cado in un sonno profondo dovuto alla stanchezza.


-Emma, l'hai vista quella farfalla?
- Si, è bellissima! Leonardo, di che tipo è?
- Mmm... non lo so. Padre, voi lo sapete?
- Ne ho viste di farfalle, di ogni colore e specie, ma non mi è mai capitato di vederne una così bella.
- Wow! Nemmeno nostro padre conosce questa specie.
- Allora è unica!
- Eh si figli miei, proprio come voi.

Mi sveglio di soprassalto, con una stretta al cuore.
L'ho sognato un'altra volta...
Guardo oltre la finestra e vedo le vie piene di persone.
- Emma, finalmente ti sei svegliata! Come stai?- arriva mio fratello con in mano una pagnotta di pane e con un bicchiere di latte.
- Meglio, grazie. Ho rifatto quel sogno...
- Quello della farfalla?
- Si. Ormai lo faccio sempre più spesso.
- Guarda il lato positivo, c'è gente che non si ricorda dei propri genitori, almeno noi ci ricordiamo com'era nostro padre. Comunque non ci pensare. Tieni, devi rimetterti in forze.- dice porgendomi il tozzo di pane e il latte.
- Grazie.
Mentre mangio tranquilla, mi accorgo che manca qualcosa.
- Ma Ezio, Maria e Claudia?
- Sono nel retro bottega. È arrivato qualche cliente, quindi li ho dovuti nascondere.
- Qui non sono al sicuro. Devono andarsene il prima possibile.
- Purtroppo non possono farlo. Vieri li sta dando la caccia. I suoi uomini sono ovunque in città. Per le vie, sui tetti, alle porte delle mura. Sono bloccati qui a Firenze.
- Dannazione, quel figlio di un cane... non possono restare qui. Verranno subito a cercarli da noi.
- Ricordati del nascondiglio della botola...
- Si, una botola nascosta sotto il tappeto. Dai Leonardo, li troverebbero subito e giustizierebbero sia loro che noi per tradimento.
- Allora cosa vorresti fare?
- … potremmo portarli da Renzo e Marsisa.
- Ma sei impazzita?!
- Fammi finire prima di dare in escandescenze. Pensaci, sono perfetti. Sono anziani e non conoscono gli Auditore, sono insospettabili. Poi ricordati che hanno un nascondiglio molto più sicuro del nostro.
- Mmm... l'idea è buona, ma dobbiamo prima chiederli se se la sentono di caricarsi di un simile rischio.
- Certo.- dico addentando la pagnotta.- Appena finisco di mangiare vado subito da loro.
Finita la colazione, mi alzo e vado nel retrobottega a mettermi degli abiti più puliti.
- Aspetta!- esclama Leonardo, come se si fosse ricordato di qualcosa.- Vieri starà dando la caccia anche a te, dopotutto gli hai rovinato i piani e gli hai ucciso due uomini.
- L'ultima parte potevi anche ometterla, comunque hai ragione.
- Io non ci giurerei.- si intromette Ezio, appoggiato allo stipite della porta con braccia conserte.
- Che vuoi dire?- chiedo confusa.
- Tu sei la sua promessa sposa, giusto?
- Non me lo ricordare!
- Appunto, proprio per questo non credo voglia farti del male.
- Giusto- conferma mio fratello.
- Certo, tanto lo farà quando saremo sposati.- dico scoraggiata- Comunque Ezio ha ragione. Quindi, se volete scusarmi, io vado. Leonardo, intanto spiega a Ezio il piano e miglioralo.
- Va bene. A più tardi.


Sto passeggiando per le vie affollate della città, dirigendomi verso Ponte Vecchio.
Intravedo lo specchio d'acqua dell'Arno tra le varie abitazioni e capisco di essere quasi arrivata.
Salgo sul ponte e mi dirigo verso una panetteria-salumeria col bancone colmo di delizie: pagnotte, schiacciate, prosciutto e molte altre leccornie.
Osservando tutto quel cibo mi viene l'acquolina in bocca.
Arrivata davanti al negozio, trovo il panettiere voltato verso gli scaffali a sistemare i vari prodotti.
- Ehm, Messer Renzo?- chiedo cortese.
- Si? Emma! Quanto tempo! È un piacere rivederti!- esclama l'uomo uscendo dal negozio e abbracciandomi affettuosamente.
È sempre stato così esuberante.
Renzo Fantechi è un uomo sulla quaranta-cinquina, rotondo e bassino, dai capelli brizzolati e gli occhi grigi. Sono anni che lo conosco e l'ho sempre visto con gli stessi abiti addosso: grembiule bianco e cappello da cuoco, con i suoi inseparabili occhiali rotondi, dalle lenti spesse come fondi di bottiglia.
- Il piacere è mio Messer Renzo.
- Messere? Emma cara, ti conosco da quando eri in fasce, sai benissimo che devi chiamarmi Renzo.
- Ahah, non sei cambiato di una virgola.
- Sono solo più vecchio.- dice iniziando a ridere.
- Vieni, entra in casa.
- Ma stai lavorando e poi non vorrei recare disturbo...
- Macché, tanto stavo chiudendo. Vieni, vieni, Marsisa sarà contenta di vederti!


Entriamo in soggiorno di casa Fantechi e mi accorgo che neanche l'abitazione è cambiata.
- Vado a chiamare Marsisa, intanto accomodati. Inutile dirti di fare come a casa tua.- dice Renzo prima di scomparire oltre l'arco.
Tutto è come l'ultima volta che sono stata qui, più di cinque anni fa.
Le tende verdi con fantasia a fiori adornano la grande finestra, lo stesso tessuto è anche sul divano e sulla poltrona.
Sulla mensola che sovrasta il camino c'è il servizio da tè a fiori preferito di Marsisa, che viene utilizzato solo per le occasioni speciali; vasi in terracotta colorati a mano, piccole sculture in argilla e piante verdi e rigogliose, frutto dell'impegno della padrona di casa.
I quadri alle pareti sono sempre gli stessi: paesaggi, figure religiose e ritratti di famiglia. Poso lo sguardo su un dipinto in particolare, quello raffigurante tutta la famiglia Fantechi al completo.
Renzo, come al solito con il suo grembiule bianco, sorride, mentre abbraccia affettuoso la moglie Marsisa e la figlia Elisa, quella che un tempo era la mia migliore amica.
- Emma! Tesoro, come stai?- esclama felice ed entusiasta la padrona di casa, varcando l'entrata del salotto.
I suoi lunghi capelli color carbone sono raccolti, come di consueto, in una crocchia e i suoi occhi nocciola sono arzilli come sempre.
- Marsisa! Diciamo che sto bene. Te?
- Sto magnificamente! Aspetta un secondo, come sarebbe a dire “diciamo bene”?
- Lo sai, sempre i soliti problemi con Caterina.
- Allora sai che...
- … non è mia madre, si lo so grazie al diario di mio padre, ma lei non sa che l'ho letto.
- Mi dispiace tanto.
- Non fa' niente, sta' tranquilla.
- Bene. Quella canaglia di tuo fratello come sta?
- Sta benissimo. È sempre occupato.
- Ho sentito dire che i suoi quadri sono richiestissimi in città.
- Si, è vero.
- Emma, ci fa piacere la tua visita, ma perchè sei qui?- mi chiede Renzo, interrompendo i convenevoli.
- Ho un problema. Avrete sentito parlare degli Auditore, giusto?
- Certo, tutta Firenze parla della disgrazia capitata alla loro famiglia.- dice Marsisa, con tono triste.
- Ecco, Vieri de'Pazzi gli sta dando la caccia. Hanno già tentato di scappare, ma lui e i suoi scagnozzi gli hanno impedito la fuga.
Ora sono nascosti nella bottega di mio fratello, ma sarà il primo posto in cui verranno a cercarli. Non sono al sicuro né loro, né io e Leonardo.

- Emma, arriva al punto.- mi dice Renzo, anche se, sicuramente, ha intuito quello che gli sto per chiedere.
- Potreste nasconderli per qualche giorno?
Silenzio.
I minuti scorrono lenti e io spero in una risposta positiva.
- Cara mia, così saremo noi nei guai.- mi dice preoccupata Marsisa.
- No invece. Voi non avete legami con gli Auditore, siete insospettabili e poi avete un nascondiglio degno di questo nome.
Ancora silenzio. Entrambi i coniugi Fantechi sono assorti nei propri pensieri.
- Va bene. Ti aiuteremo.- afferma deciso Renzo.
- Renzo! Ci hai riflettuto bene?- gli chiede la moglie.
- Certo e non possiamo non aiutarli, soprattutto Emma. Era la migliore amica di nostra figlia, l'ha sempre aiutata nei momenti più duri e ora è arrivato il momento di sdebitarci.
- Hai ragione.- posa lo sguardo su di me.- Emma, conta pure su di noi.
- Grazie infinite.- dico riconoscente.
- Ora va. Devi fare in fretta.
- A più tardi.
Sto per andarmene, ma Marsisa mi sfiora il braccio.
- Emma... per quanto riguarda Elisa?- mi chiede con le lacrime agli occhi.
- Ancora non l'ho trovato, ma stanne certa, lo scoverò. Lo sai, mantengo sempre le promesse, soprattutto quella che vi ho fatto cinque anni fa.- dico decisa, per poi abbracciarla.
Sciolto l'abbraccio, mi dirigo verso la bottega.


Arrivo davanti al portone del laboratorio, busso ed entro.
- Leonardo?
Non c'è nessuno. Sul pavimento vedo aprirsi la botola e sbucare mio fratello.
- Siamo qui sotto.
- Che ci fate la dentro?
- Stavamo rifinendo gli ultimi dettagli del piano. Allora? I Fantechi hanno accettato?
- Si. Ezio, Maria, Claudia. Venite con me.
- Arriviamo.
- Mi raccomando: copritevi con dei mantelli.
- Certamente.


Usciti dall'edificio andiamo spediti verso casa Fantechi, evitando di imbatterci negli uomini di Vieri.
Arrivati davanti alla casa c'è Renzo ad aspettarci.
- Entrate, veloci.
- La ringrazio Messere per l'aiuto che state dando alla mia famiglia.- dice Claudia.
- È un piacere Madonna. Venite, vi mostro il nascondiglio.
Detto ciò, ci guida nello studio. Di fronte a noi c'è una grande libreria e una grande e massiccia scrivania. Poso lo sguardo sulla parete dove ci sono dei ritratti, fra cui uno che raffigura Elisa ai piedi di un grande cipresso. È raggiante.
Gli occhi grigi le illuminano il viso, incorniciato dai suoi meravigliosi capelli corvini e da un sorriso splendido.
- Che quadro stupendo!- esclama Claudia.- Ve l'ha fatto Leonardo?
- No, l'ha fatto Emma.
- Mio Dio! Non sapevo che sapessi dipingere così magnificamente!
- Non esagerare.- dico arrossendo leggermente per l'imbarazzo.
- Chi è?- chiede Ezio continuando a osservare il ritratto.
- Era Elisa, mia figlia, nonché la migliore amica di Emma.- dice Renzo incupendosi.
- Era?
- Si. Ormai è da cinque anni che non c'è più.
- Vuoi dire che è...
- Si.- rispondo più duramente di quanto avrei voluto, facendo cadere la conversazione.
Nel frattempo il padrone di casa fruga in un cassetto della scrivania, per poi tirar fuori una chiave dalla forma strana, molto antica.
Mi avvicino alla libreria e, scansando dei libri, rivelo una piccola serratura incastonata tra gli scaffali. Renzo vi inserisce la chiave. La serratura scatta e un pannello si muove, lasciando spazio a una stretta scalinata immersa nel buio.
Presa una torcia, l'uomo guida gli altri nell'oscurità.
Alla fine della scalinata, giungiamo in una stanza semi oscurata, occupata da quattro brandine. Su un piccolo tavolo, sistemato vicino alla brandina più a destra, c'è un cesto colmo di pane e salumi.
Mentre ci guardiamo attorno, ci raggiunge anche Marsisa.
- Salve Madonna.- saluta cordialmente Ezio.- La ringrazio per la vostra ospitalità.
- Figurati ragazzo, è un piacere aiutare te e la tua famiglia. Mio Dio, sembra abbiate dormito nel porcile! Tenete, questi sono abiti puliti. Più tardi datemi i vostri così li posso lavare.
- Grazie infinite.- risponde Claudia.
Maria osserva silenziosa la scena, con sguardo malinconico scruta la stanza.
La forza e la vitalità della donna si stanno lentamente spegnendo. Mi fa una tale pena.
- Se avete fame, sul tavolo c'è del cibo.
Detto ciò, sia Marsisa che Renzo, dopo un cenno di saluto, si congedano.
- Resterete qui per poco. Nel frattempo io e mio fratello studieremo i movimenti di Vieri e dei suoi uomini per permettervi la fuga. Mi raccomando, non uscite per nessuna ragione, altrimenti, oltre a mettere in pericolo voi stessi, metterete nei guai anche i Fantechi.
- Sta tranquilla, non arrecheremo disturbo a nessuno.
- Bene. Ora devo tornare da Leonardo. Verrò tra qualche giorno.
Detto questo, prendo le scale, esco dallo studio, saluto Marsisa e Renzo e me ne torno da mio fratello.


Entro in bottega e sento mio fratello parlare animatamente con qualcuno.Vado nel retro, da dove provengono le voci, e mi ritrovo davanti l'ultima persona che avrei voluto vedere.
- Emma! Finalmente! Ma dove sei stata? È da svariati minuti che ti aspetto!- esclama Caterina.
- Madre, sono andata a prendere un po' d'aria fresca. Perchè?
- Devi venire immediatamente a casa. C'è la sarta che deve prenderti le misure per l'abito matrimoniale.
- Mi rincresce, ma sono piuttosto impegnata al momento.
- Allora rimanderai i tuoi impegni a più tardi.
- Non posso proprio.
- Madre, la sarta è disponibile solo oggi?- si informa Leonardo, tentando di aiutarmi.
- Si. Quindi Emma, se non ti vuoi sposare con uno dei tuoi soliti vestiti, vieni e in fretta.- dice afferrandomi per il polso e iniziandomi a trascinare verso l'uscita.
- Veramente non vorrei proprio sposarmi.- le rispondo sarcastica.
- Ricominci?
- Si. Non voglio sposarmi, ben che meno con quel pazzo.
- Bada a come parli ed ora muoviti se non vuoi rimanere confinata in casa fino al matrimonio.- dice con tono severo. Non mi resta che darle ascolto.
- Va bene.
- Brava ragazza. Vedrai che abito sublime che avrai e...
Non l'ascolto nemmeno e guardo mio fratello con uno sguardo da cane bastonato.


- Emma, sei stupenda!- mi dice Caterina, con occhi velati da lacrime, mentre mi guarda
incantata.
- Tu che ne pensi?- mi chiede, aspirando a una risposta estasiata.
Allora... la gonna rosa è gigantesca e gonfia, grazie all'ausilio di una pesante intelaiatura in ferro; il corpetto bianco con rifiniture oro è striminzito e stretto attorno al mio busto, permettendomi a malapena la respirazione, schiacciando il mio povero seno e facendolo quasi schizzare fuori dall'abito; le maniche sono completamente ricoperte da ricami e per finire, scarpe rosa cipria abbellite, per modo di dire, con pietre grandi quanto il mio occhio.
Quindi, riassumendo, dovrei sposarmi indossando questo coso, perchè chiamarlo abito sarebbe un insulto a tutti i vestiti, sembrando un fenomeno da baraccone.
- Allora?- chiede insistente Caterina.
- Mi dispiace per la sarta qui presente, ma se fossi in lei smetterei di praticare questa professione e scapperei con il primo gruppo di artisti da strada che trovo. È orrendo. Scordatevi di vedermi indossare quest'abito. Penso che persino le cortigiane, anche se mezze svestite, abbiano più gusto di voi due messe insieme nel vestirsi.
La sarta, che fino ad ora è rimasta ad ascoltarmi, mi guarda con astio.
Volta di scatto il viso, offesa dalle mie parole, si posiziona meglio gli occhiali, rimette in ordine la sua borse e se ne va dicendo:
- Che irrispettosa! Ho una grande esperienza! Ho vestito molti nobili, qui a Firenze, a Milano, a Venezia e in molte altre città e nessuno si è mai lamentato dei miei capolavori!
- Forse perchè anche loro sono mezzi cechi come voi.
- Mio Dio! Me ne vado! L'abito può anche tenerselo!
- Bene, così potrò darlo a dei poveri contadini, almeno potranno rivenderlo, guadagnandoci qualcosa.
Finita la frase sento sbattere la porta d'entrata.
- Emma! Ma come ti sei permessa!?
- È terribilmente orripilante!
- Basta! Cosa devo fare con te?!
- Lasciarmi libera di sposarmi quando, con chi e come voglio?
- No, te ti sposerai con Vieri de'Pazzi! Non ammetto più repliche!
Volendo evitare che la discussione degeneri, mi dirigo verso camera mia.
- Dove stai andando?!- dice seguendomi sempre più arrabbiata Caterina.
- In camera mia a cambiarmi.- dico per poi sbatterle la porta in faccia.
La sento parlare con qualcuno fuori da camera mia.
- Prova te a convincerla. Io non so più cosa fare.- le sento dire.
Bussano alla porta.
- Chi è?
- Sono tuo fratello. Posso entrare?
- Vieni. Ma non metterti a ridere.- gli dico minacciosa.
Appena entrato mio fratello mi guarda sconvolto, per poi scoppiare a ridere.
- Ti avevo espressamente chiesto, anzi, ordinato, di non ridere!
- Ma io non ti ho risposto. Ma chi è che l'ha cucito? Un cane ubriaco?- esclama fra una risata e l'altra.
- Molto probabilmente si.- dico ridendo anche io.
- Comunque, mia madre è disperata. Dice che hai fatto una scenata alla sarta dandogli dell'incapace.
- Si, purtroppo.
- Perchè? Te ne sei pentita?- mi guarda sorpreso.
- Mi sono pentita di non averle dato del cane ubriaco.
- Ora ti riconosco.
- Potresti uscire, così mi tolgo questa massa di tulle? Non ce la faccio più!- dico iniziando ad irritarmi.
- Ti aiuto a sciogliere il corpetto?
-Va bene, però appena hai slegato i nastri subito fuori. Chiaro?
- Chiaro.



L'Angolino dell'autrice

Ciao a tutti!
Spero abbiate passato delle buone vacanze! :)
Tornando alla storia, mi dispiace per il gigantesco ritardo di un mese, ma o per il mare, o per i compiti, o perchè non avevo nessuna voglia di scrivere, non sono andata avanti :(
Comunque ecco qui il dodicesimo capitolo!
Spero proprio che vi piaccia! :D
Vi ringrazio tutti per aver letto questa storia e per avermi dato tanta soddisfazione.
Ed ora, sperando di non scomparire di nuovo, vi saluto e in bocca al lupo a chi in questi giorni, come me, è tornato a scuola!
A presto!

SliteMoon

P.S. Se vi interessa, ho creato una pagina Facebook su questa storiella, tanto per comunicare più facilmente: https://www.facebook.com/pages/LArte-della-Ribellione/216739555155058?ref=profile
Passate a guardarla se vi va! :D

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Capitolo 13
*** Chi fugge e chi rimane ***


È notte fonda.
Sono sdraiata sul mio letto e osservo pensierosa la luna oltre la finestra.
Penso a Ezio e alla sua famiglia, prigionieri nella loro stessa città.
Penso ai Fantechi, che cercano ancora giustizia per la loro figlia.
Mi alzo, ormai incapace di restarmene sdraiata, e cerco nella scrivania il diario di mio padre.
Una volta trovato, inizio a sfogliarlo, trovando molte pagine interessanti.
In alcune ci sono simboli e disegni, due in particolare catturano la mia attenzione.
Entrambi li ho già visti. Uno sulle vesti di Ezio, l’altro, una croce rossa, nel quadro di mio fratello e al collo di Vieri.
Altre pagine contengono annotazioni di mio padre, quasi tutte riguardanti dei certi Templari e Assassini.
Ogni frase mi incuriosisce, mi intriga, ma mi sconvolge al tempo stesso.
Scopro cose impensabili sul suo conto e su le persone che lo circondavano.
Si era costruito una solida e inattaccabile copertura da classico uomo intellettuale, dietro alla quale si celava qualcosa di completamente diverso, che non mi sarei mai aspettata da lui, ma che era anche la causa delle sue misteriose uscite notturne.
Piero da Vinci, mio padre, di giorno era un notaio, di notte un Assassino.
Devo far leggere queste scoperte a Leonardo.
Esco da camera mia con il diario e mi avvicino silenziosa a quella di mio fratello.
Apro lentamente la porta e me la richiudo subito alle spalle.
Le coperte si alzano e si abbassano ritmicamente a tempo con il respiro di Leonardo, che dorme tranquillo sotto di esse.
Mi avvicino al suo capezzale e lo scuoto dolcemente, svegliandolo.
- Mmm... Emma? Che ci fai qui? Che ore sono?
- Leggi questo.- dico semplicemente porgendogli il diario.
- Ma cosa...?
- Leggi e sta' zitto.- gli dico tentando di mantenere la calma.
- Perché sei così agitata?- mi chiede Leonardo, facendomi innervosire ancora di più.
- Se non ti muovi a leggere tu vedi cosa ti fo!
- Va bene, va bene, leggo.
Passano i minuti e la sua espressione assonnata e confusa diventa sempre più sconvolta e shockata.
- O mio Dio. Nostro padre era un Assassino, come Giovanni Auditore.
- Hai letto il resto?
- Si.- dice con lo sguardo perso nel vuoto.
- Ti rendi conto? Lui un Assassino, i Pazzi Templari e tua madre una put...
- Non azzardarti, dopotutto è sempre mia madre.
- Certo, sarà pure tua madre, però è pur sempre una puttana. È stata infedele a nostro padre e se hanno scoperto la sua vera identità è solo a causa sua. Oltretutto aveva, o forse ha ancora, una relazione con Francesco de' Pazzi.
- In effetti non hai tutti i torti, però non è bello chiamarla a quel modo.
- Ah, lasciamo stare.
- Bene. Buonanotte.
- Ehm...senti...- dico con voce infantile e tremante, dondolandomi sui piedi- potrei...
- ...rimanere qui? Vieni.- dice spostandosi su un lato del letto.
- Grazie, non riuscivo a dormire.- dico stendendomi sul letto e coprendomi con le calde coperte.
- A me fa sempre piacere. Mi sembra di tornare bambino, a quando avevi cinque anni e venivi da me durante i temporali, perché avevi paura.
- Eh si, bei tempi quelli.- dico nostalgica, ricordando la mia infanzia.
- Vai, ora dormi, che domani devi tornare dai Fantechi, giusto?
- Si, ormai è da due giorni che non li vedo.- dico pensierosa.
- Ehm, posso chiederti una cosa?
- Certo.- rispondo sicura, mettendomi a sedere sul letto.
- Anche se è una domanda invadente?- mi chiede imitandomi.
- Tu sei sempre invadente.- affermo rassegnata.
Accenna a una risata e poi mi pone una domanda che non mi sarei mai aspettata.
Quella domanda a cui persino io ho faticato a trovare una risposta.
- Emma, sii sincera, ti sei innamorata di Ezio vero?- mi guarda fisso negli occhi, mettendomi in soggezione.
Sento le guance scaldarsi. Sicuramente sono arrossita. Fortuna che siamo immersi nella penombra.
- Ehm...
- Sei diventata rossa.
Ma come diavolo ha fatto?! Siamo al buio!L'unica fonte di luce proviene dalla finestra sul lato opposto della stanza.
- Ho una buona vista. Vedo bene anche al buio.- legge anche nel pensiero?
- Ma cosa sei, un pipistrello?- gli chiedo indispettita.
- No, comunque ti sei innamorata di lui, non c'è dubbio.
Non controbatto. Mi contorgo le mani, nervosa.
- Va bene, hai ragione te. Ora possiamo dormire?
- Certo. Buonanotte Emma.- mi da un bacio sulla guancia e poi si stende sotto le coperte.
Lo osservo per qualche altro secondo, per poi sdraiarmi e augurargli sogni tranquilli.



 

È mattina e sono sul Ponte Vecchio, per far visita ai Fantechi.
La panetteria è chiusa, quindi busso alla porta.
- Emma, buongiorno.- mi accoglie Marsisa abbracciandomi.
- Buongiorno anche a te Marsisa.
- Vieni.- dice facendomi entrare in casa.
- Ci sono stati problemi?
- No, tutto tranquillo.
- Bene, vado a vedere come stanno.
- Va bene.
Scendo le scale e arrivo nella stanza.
Maria dorme su una brandina, Claudia legge dei libri e Ezio è seduto su una sedia davanti alla stufa mentre osserva un quadro.
Sentendomi arrivare, Claudia mi viene in contro, abbracciandomi forte.
- Ciao Claudia, stai bene?
- Si, anche se è una tortura restarsene rinchiusi.
- Lo so, ma tra poco sarete liberi, puoi stanne certa.
- Ne sono entusiasta. Scusami, ma raggiungo mia madre nell'altra stanza.
Finita la conversazione, vado verso Ezio e mi siedo di fianco a lui.
- Buongiorno Emma. Dormito bene?
- Si grazie, tu?
- Decentemente.
- Bene. Ho un piano per la vostra fuga.
Il ragazzo si interessa subito all'argomento.
- Quale sarebbe?
- Ho studiato i movimenti sia delle guardie, che dei tirapiedi di Vieri. Entrambi si danno il cambio all'alba e al tramonto, sorvegliano tutta la città e le mura, tranne le sponde dell'Arno. Basta non farsi vedere mentre le raggiungiamo, poi prenderete una barca e percorrerete il fiume fino a quando non attraversa più la città.- spiego, notando che sta seguendo ogni mia parola come se fosse ciò che è scritto nella Bibbia.
- Va bene, è fattibile. Agiremo oggi al tramonto, dobbiamo andarcene il più velocemente possibile.- dice ragionando più per conto suo che con me.
- Spiega il piano anche a tua madre e tua sorella. Ora devo andare.
Mi avvio verso le scale, ma Ezio mi blocca richiamandomi.
Mi volto verso di lui e lo guardo confusa.
- Perdona la domanda indiscreta, ma cosa è successo alla tua amica?
- Elisa?
- Si. Ovviamente se non vuoi...
- … no, te lo dirò... Elisa era la mia migliore amica. Eravamo molto unite. Ci conoscevamo ormai da quasi tutta la vita, ma tutto cambiò quando lei si invaghì di un ragazzo che conosceva. Un giorno di due anni fa, lo incontrò e lui le chiese un appuntamento davanti Santa Maria Novella. Lei accettò entusiasta e il giorno prestabilito uscì con lui ma... non fece ritorno. I genitori preoccupati, mi chiesero di andare a cercarla e così feci. La cercai per tutta Firenze, poi fuori città. Cercai ovunque. Finalmente la trovai sotto a un albero. Morta.- i miei occhi diventano lucidi e la voce tremante. Non ho mai raccontato a nessuno, tranne a mio fratello ovviamente, ciò che vidi quel giorno e che, mio malgrado, mi cambiò.
- Emma...- tenta di fermarmi Ezio, comprendendo il dolore che sto provando nel ripercorre i miei ricordi, che però mi stanno investendo come una valanga. Ora ricordo ogni particolare, sensazione, con estrema precisione. Non c'è più quella nebbia di rifiuto che offusca tutto. Sono nitidi, perfetti, senza alcuna lacuna e proprio per questo non posso interrompere il mio racconto.
- Era li, stesa a terra, ricoperta di sangue e tagli, sotto lo stesso albero dove fino a qualche giorno prima avevamo scherzato e parlato. Chiamai subito Renzo e Marsisa. Ne rimasero devastati. Il tribunale della città cercò il colpevole, ma poco tempo dopo misero da parte la questione, non trovando il fetido bastardo che la uccise. Promisi ai suoi genitori che avrei trovato quel cane schifoso, che avrei trovato giustizia, e promisi a me stessa che sarei stata sempre sospettosa della gente, in particolare degli uomini, che non avrei dato la mia fiducia molto facilmente. Dopotutto, meglio sola che male accompagnata.
- Perchè generalizzi? Non ti fidi neanche di me?- alza la voce.
- Certo che mi fido di te! Mi hai dimostrato più volte che sei degno di fiducia!
- E allora smetti di pensarla a quel modo. Non tutti sono meschini.
- Lo so...- sussurro.
Ezio mi tira a se, stringendomi forte tra le sue braccia.
- Emma, molte persone sono false, lo so per esperienza, ma tu non devi smettere di credere nelle persone solo per quello che è accaduto alla tua amica.
Sospiro pesantemente.
- Hai ragione. Sai, fino a qualche giorno fa non riuscivo più a credere in nessuno, soprattutto nell'amore, ma tu mi hai aperto gli occhi...- faccio una pausa per poter guardare Ezio in volto. Avvicina il suo viso e tenta di baciarmi, ma io mi sottraggo alla dolce attenzione. Il ragazzo mi guarda confuso.
- ...però...- abbasso il viso. Devo riuscire a dirglielo, anche se farlo mi distrugge.
- Però cosa?
- La tua fama ti precede, ecco cosa.- alzo di scatto il viso, fissandolo negli occhi, per fargli comprendere l'importanza di ciò che sto per dire.- Tutti in città sanno che ti piace passare molto tempo con le donne, in particolare che stai corteggiando Cristina Vespucci. Non voglio essere la causa del dolore di altre persone, specialmente di una ragazza che ti ama. Perdonami, ma possiamo essere solo amici. - Io stessa sono ferita per le parole che ho appena pronunciato. Non aspetto una sua risposta. Mi volto ed esco velocemente dalla stanza. Saluto distrattamente tutti, per poi allontanarmi il più velocemente possibile da Ezio.

 


Passeggio per le vie, quando dei borbottii strozzati e dei dolori allo mio stomaco mi fanno intuire che è ora di pranzo.
Decido di tornare da Leonardo.

 

 

Entro in bottega, ma non c'è nessuno.
Guardo ovunque: nel retro bottega, nella stanza dove fa le autopsie, nella zona dove dipinge e dove fa i suoi strani esperimenti.
Non è da nessuna parte.
- Leonardo? Ci sei?- chiedo titubante.
Silenzio.
Sto per andarmene, quando uno scoppio mi fa trasalire dalla paura.
Mi volto e vedo una nube di fumo e mio fratello uscire dalla botola che si è appena aperta.
Ovviamente l'artefice dell'esplosione è Leonardo, lo si può intuire dal viso ricoperto di fuliggine e dal cappello che ha preso fuoco. Sembra un pollo bruciacchiato.
- Non ho parole.- dico rassegnata.
- Emma! Già tornata?- mi chiede sorpreso.
- Se mi vedi significa che sono rincasata.
- Giusto.
- Ti sta andando a fuoco il cappello.- tento ti mantenermi seria, ma vederlo ridotto così mi fa scappare una risatina.
- Cosa?- chiede non capendo Leonardo.
- Ho detto che il cappello ti sta andando a fuoco.
- O mio Dio! Dov'è l'acqua? Dov'è l'acqua? Dov'è l'acquaaa?!- inizia ad urlare e a correre come una gallina impazzita. Mi guardo frettolosamente attorno e trovo un secchio colmo d'acqua. Lo prendo e butto tutto il contenuto addosso a mio fratello.
- Ecco, ora sei spento.- dico ridendo.
- Non potevi semplicemente dirmi dov'era il secchio evitando di infradiciarmi?!
- No. Eri impazzito, dovevo fare qualcosa. Non guardarmi con quello sguardo. L'ho fatto per aiutarti e sarà meglio che ti calmi, la vena sulla tempia ti pulsa un po' troppo.
Mi lancia una stilettata con gli occhi, per poi avviarsi verso il retro bottega per cambiarsi.
- Mannaggia! Si è bruciato mezzo cappello!- sbraita raggiungendomi.
- Che esagerato! Fammi vedere. Ma cosa dici? Basta lavarlo e tornerà come nuovo. Comunque non è certo colpa mia se sei andato a fuoco, anzi, quante volte t'ho detto di non fare esperimenti e pergiunta nella botola?
- Hai ragione, scusa, ma ero così vicino...
- Vicino a cosa?- chiedo curiosa.
- Vicino a creare un dardo esplosivo!- esclama entusiasta.
- Perchè ti piacciono così tanto le esplosioni?
- … non lo so. So solo che mi affascinano.
- Capisco, ma non puoi rischiare di lasciarci la pelle solo per qualcosa che ti affascina.
- Sbaglio, o a te piace arrampicarti come uno scimpanzé per tutta la città? Voglio farti notare che così rischi di cascare da un tetto e rimanerci secca.
- Oh, hai ragione, va bene?- gli rispondo esasperata.
- Si, va benissimo.
- Senti, c'è qualcosa da mangiare?
- Certo, vieni.- dice Leonardo, facendo felice il mio povero stomaco.


 


È il tramonto.
Stiamo camminando lungo l'argine dell'Arno, avvolti da mantelli che ci mantengono in anonimato, in cerca di una barca.
L'Arno sembra fatto di lava fusa.
Il sole, che ormai sembra uno spicchio d'arancia, si riflette nel fiume, colorando le increspature dell'acqua dei toni caldi del fuoco.
Intravediamo una piccola imbarcazione poco distante, sotto gli spalti per la costruzione di Ponte Nuovo.
- Siamo arrivati.
- Emma, Leonardo, non so cosa dire. Un grazie è troppo poco a confronto di ciò avete fatto per noi.
- Invece è più che abbastanza.- dice mio fratello.
- Davvero Claudia, non preoccuparti.- la rassicuro io.
- Allora grazie di tutto.- si slancia verso me e Leonardo per abbracciarci.
Sciolto l'abbraccio, poso lo sguardo su Maria.
- Maria, spero proprio che vada tutto bene per voi, d'ora in avanti.
- E lo sai, se ti serve un quadro, facci venire a chiamare.- dice sorridendo mio fratello.
- Grazie.- sussurra Maria, con le lacrime agli occhi.
- Madre!- dicono in coro Ezio e Claudia sorpresi per l'improvviso e inaspettato parlare della madre.
L'abbraccio. Ha detto solo una parola, ma sono certa che con il passare del tempo riprenderà a parlare e a comportarsi come prima.
- Ragazzi... grazie. Vi sarò eternamente grato.
- Ah Ezio, mi mancherai amico mio!- mio fratello gli si lancia letteralmente a dosso, abbracciandolo amichevolmente.
- Anche tu Leonardo, anche tu.- dice Ezio con voce strozzata per la mancanza di aria causata dalla forte stretta di mio fratello.
- Leonardo, ho capito che gli vuoi bene, ma così lo ammazzi.
- Oh, chiedo venia.- ah, dice Leonardo, grattandosi la testa. Ah, è sempre il solito.
Sposto lo sguardo su Ezio e lo abbraccio. Mi tiene stretta a sé.
- In bocca al lupo.- dico fissandolo insistentemente negli occhi nocciola.
- Crepi. Lo sai, mi mancheranno le tue iridi cerulee.
Il mio cuore perde un colpo. Quanto è dolce!
- Ehm, anche le tue, cioè i tuoi occhi del color del cacao.- dico staccandomi da lui, imbarazzata. Sono rossa come un peperone.
- Vuoi venire con me?- mi chiede improvvisamente.
- Che cosa?
- Vieni con me, a Monteriggioni.
- Ezio... qui ho mio fratello, la mia vita. Lo sai, vorrei tanto venire, ma non posso.
- Emma, non preoccuparti per me. Vai se vuoi.
- Si certo, almeno dai fuoco alla bottega con la tua ossessione per gli esplosivi.
Ammutolito.
- Va bene, allora a presto.- dice Ezio mentre aiuta la madre e la sorella a salire sulla barca.
- A presto.
Una volta salito anche lui comincia a remare, come farebbe un gondoliere di Venezia, allontanandosi pian piano, andando verso il confine della città, accompagnati dal sole calante.
Quando non li vediamo più ci incamminiamo verso casa.



 

Appena varcata la soglia di casa notiamo subito un certo fermento nell'aria.
Camerieri e domestici che corrono da una stanza all'altra con vassoi e ceste colmi di addobbi, voci che echeggiano ovunque.
Leonardo ed io andiamo in cucina e troviamo una dozzina di cuochi armeggiare ai fornelli.
Usciamo sconvolti dalla stanza, in cerca della probabile artefice di tutto questo trambusto. La troviamo in soggiorno a comandare tutti i domestici, come un generale che dirige il proprio esercito.
- Ma allora!- urla stridula- Cosa avete al posto del cervello, sassi? Vi ho ripetuto cinque, non una, ma cinque volte che le rose non vanno messe assieme alle margherite, ma con i gigli! Persino le capre comprendono meglio di voi!La solita altezzosa.
Si volta in segno di rassegnazione e ci vede.
- Emma! Leonardo! Siete rincasati finalmente!
- Cosa sta accadendo?- chiede confuso mio fratello.
- Stiamo preparando la casa per i festeggiamenti!- ho un brutto, anzi, un orrendo presentimento.
- Di quali festeggiamenti stai parlando?- chiedo dubbiosa.
- Ma è ovvio tesoro mio, sto parlando del tuo matrimonio! Sai, ho deciso di anticiparlo a domani mattina.- dice con naturalezza, come se fosse la cosa più normale del mondo.
- Che cosa?! Stai scherzando vero?!- chiedo sconvolta.
- No cara. Domani sarai Emma de' Pazzi!- esclama emozionata.
- Mai e poi mai!- le sbraito prendendo posizione.
- Eccome se ti sposerai con lui!
- Io lo odio, lo vuoi capire?!
- Cambierai idea, vedrai.
- Ehm, io mi ritiro della mia stanza.- farfuglia mio fratello, lasciandoci sole, però non venendo considerato.
- No, non la cambierò.- mi rivolgo a Caterina, che sta buttando fuori dalla sala tutti i domestici.
- Ora basta! Devi smetterla con questo atteggiamento! Te l'ho ripetuto troppe volte! Ti sposerai con Vieri de' Pazzi! Sono stata chiara? E sappi che sono irremovibile.
- E anche io te l'ho ripetuto fino allo sfinimento che preferisco avere l'orticaria, piuttosto che sposarmi con lui!
- Perché ti ribelli sempre? È davvero così importante per te?
- Certo. Ribellarsi è l'arte istintiva che nasce dal bisogno di libertà di una persona.
- Ma davvero? Che cosa stupida. Poetica, ma stupida. Non ti servirà a niente perchè ti sposerai lo stesso.
- Mai.
- Perchè sei così testarda?
- Perchè sei così odiosa?
- Perchè sono tua madre!
- Tu non sei mia madre!- le urlo con tutto il fiato che ho in gola.
- C-come?- è sconvolta. Non se l'aspettava.
- Ormai è inutile nascondere la verità. So che tu non sei mia madre, l'ho letto sul diario di mio padre. Ho sempre saputo che preferivi Leonardo e ora ne conosco la causa. Non ce l'ho con te per questo, anzi, ti sono grata per esserti presa cura di me pur non essendo mia madre. Devo ammetterlo, quando ero piccola ti volevo davvero bene.
La guardo per vedere che effetto hanno fatto le mie parole su di lei. Per la prima volta in vita mia vedo la donna fragile che è in lei, quella donna che ha dovuto cambiare la sua vita per crescere una bimba senza madre.
Mi guarda con tenerezza e la cosa mi sconvolge, ricordandomi che anche lei è umana, che anche lei, almeno un tempo, ha provato amore.
- Sei uguale a lei.
- Uguale a chi?- chiedo sorpresa.
- A tua madre, ad Albiera.
- Tu la conoscevi?
- Certo. Quando avevo all'incirca la tua età era la mia amica più fidata e poi, dopotutto, si è presa cura di mio figlio per sette anni.
- Davvero?
- Si.-sussurra.
Finalmente capisco! Ecco perchè ce l'ha tanto con me. Sono la figlia dell'amica che gli ha rubato l'uomo che amava.
In un istante il suo sguardo si indurisce. Nei suoi occhi una scintilla di crudeltà si accende e le sue labbra si curvano in un sorriso sadico. Non mi ispira niente di buono.
- Basta rivangare il passato. Tu ti unirai a Vieri in matrimonio, che tu lo voglia o no.- finita la frase, sento un forte dolore alla testa e la vista mi si appanna.
Il suo sguardo trionfante è l'ultima cosa che vedo prima di cadere nell'oblio più profondo.



 

L'Angolino dell'autrice

Ciao a tutti!!!
Eccomi qui dopo quasi un mese di assenza.
A causa della scuola non posso aggiornare molto spesso, quindi cercherò di aggiornare ogni metà mese.
Finalmente, dopo essersi nascosti come topi, gli Auditore sono scappati.
Caterina è una vera strega, ha giocato proprio un brutto scherzo a Emma, che ha preferito rimanere con Leonardo.
Che accadrà a Emma? E gli Auditore torneranno?
Questo e molto altro nella prossima puntata! :D
Grazie a tutti voi che leggete e/o commentate la mia storia! (che monotona che sono!!!)
Mi raccomando, ditemi che ne pensate del capitolo! ;D
A presto!

SliteMoon

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Capitolo 14
*** Incubo ***


Le campane suonano a festa.
Percorro lentamente il sentiero in ghiaia a braccetto con Caterina, che mi guarda con le lacrime agli occhi, entusiasta.
- Vieni, entriamo.

Oltrepassato il portone, rimango sbalordita dalla bellezza della chiesa.
I soffitti a volta affrescati mi mozzano il fiato. Dipinti, statue e candele impreziosiscono l'ambiente, conferendo un aspetto maestoso all'enorme stanza, inebriata dal profumo dei fiori e vivacizzata dai loro colori.
Le persone , a me sconosciute, sulle navate si alzano nello stesso istante, con tempismo perfetto.
Chi mi guarda con aria sognante, chi solennemente, chi commuovendosi.
Sto percorrendo la navata verso l'altare. Mi manca l'aria, mi sento soffocare.
Noto Vieri di fianco al prete, sorridere felice. Non voglio avvicinarmi, assolutamente non voglio, ma non riesco a bloccarmi.

È come se una forza a me sconosciuta mi trascinasse verso quei due.
Sono arrivata. Eccomi qui, di fronte al bastardo.
Il prete recita la funzione, arrivando alla fatidica domanda.
Prima la rivolge a Vieri che risponde positivamente, poi a me.
Vorrei tanto urlare, gridare “no, non lo voglio!”, però non ci riesco, non riesco ad aprire la bocca e a far uscire nemmeno un mugolio.
Il prete lo considera come un si.
Consente a Vieri di baciarmi.
Lui si fa sempre più vicino. Non mi muovo, sono paralizzata e Vieri né approfitta per baciarmi...



- No!- mi sveglio terrorizzata, con gli abiti madidi di sudore. Per fortuna era solo un incubo. Mi stropiccio gli occhi per vedere più chiaramente lo spazio circostante.
Riconosco le pesanti tende, che bloccano il passaggio alla luce solare, rendendo la stanza scura, l'armadio in ciliegio posto accanto alla porta e la scrivania di fianco alla finestra. Solo ora noto in un angolo della camera l'orrendo abito nuziale scelto da Caterina per il matrimonio.
Giusto, il matrimonio.
Ora mi ricordo tutto quello che è accaduto prima che svenissi.
Chi diavolo sarà stato a colpirmi? Sicuramente qualche complice di Caterina.
Vado alla porta, tentando di aprirla, non riuscendoci.
Quella vipera l'ha chiusa a chiave. Sono bloccata, maledizione!
Ora cosa fo?
Sento delle voci provenire dal corridoio.
- Madre, Emma dov'è? Non la vedo da ieri sera, da quando vi ho lasciate discutere.
- Ieri sera se né andata troncando la discussione. Forse sarà uscita presto.- che bugiarda!
- È plausibile.- le risponde mio fratello.
Dei passi pesanti si avvicinano frettolosamente.
- Vieri, mio caro! Come state stamani mattina?
- Madonna Caterina! Io divinamente. Voi?
- Discretamente.
- Ehm, se volete scusarmi, ho qualche dipinto da portare a termine.
- Certo Leonardo, fai pure, tanto finchè non torna Emma il matrimonio non si può fare.
-Ma siete sicura di voler dare Emma in sposa a costui?- bisbiglia incerto mio fratello a sua madre.
- Certo che lo sono figlio mio.
- Come volete. Ora devo andare e se vedete mia sorella ditele che la stavo cercando.
- Ovvio. Ah! Un'ultima cosa. Non definire Emma tua sorella, non c'è né più motivo perchè sa tutto di Albiera.
- Madre, anche se abbiamo genitrice diversa, lei è e sarà sempre mia sorella, qualunque cosa accada.- dice risoluto Leonardo, con una sicurezza che non credevo potesse esprimere, per poi andarsene svelto.
- Allora, Emma è chiusa in camera?- chiede Vieri.
- Si, e non potrà scappare. Ah, ora che mi torna in mente, siete riuscito a scoprire cosa stesse facendo lei insieme a mio figlio ieri sera?
- Hanno aiutato gli Auditore a fuggire, però non temete, abbiamo capito dove si sono diretti.
- E dove?
- A Monteriggioni, dove si dice il padrone del borgo sia un loro parente. Ho già in mente di farli una piccola visita. Parto immediatamente.- ride sadicamente, facendomi accapponare la pelle.
- Nel frattempo, confido nella vostra discrezione. La morte di Uberto ha agitato le acque non a nostro favore, portando la gente a sparlare e a farsi domande.
- Non temete, non ho alcuna intenzione di esporre altri Templari inutilmente.
- Perfetto. Se avete bisogno di aiuto, mio padre è a vostra disposizione.
- Magnifico.
- Arrivederci Madonna Caterina e faccia i miei omaggi alla mia bellissima sposa.
- Statene certo Vieri. Buona giornata.
- Anche a voi.
Entrambi si allontanano.
Devo andarmene assolutamente.
Vado alla finestra e tento di aprirla, ma i miei sforzi sono vani perchè è chiusa.
Non so cosa fare.
La stanchezza mi opprime, il mal di testa è martellante. Mi sento in trappola, impotente. Mi sdraio sul letto e, pian piano, le palpebre si abbassano, facendomi calare in leggero sonno.

 


Sono passati due giorni ormai e il maledetto matrimonio è alle porte.
Vieri è tornato ieri sera, sconfitto dagli Auditore che, a detta sua, erano affiancati da un esercito, cosa alquanto improbabile, ma sentendolo poi parlare con un suo tirapiedi, conferma i miei dubbi. Tutti gli uomini di Vieri sono stati uccisi da Ezio e da un altro uomo, che poi l'hanno fatto scappare con la coda fra le gambe.
Che schifo di uomo devo sposarmi.
- Emma! Cosa fai li sdraiata? Su, su, alzati. Devi prepararti per il matrimonio.- strilla entusiasta Caterina, irrompendo nella stanza sbattendo la porta.
- Mmm... Caterina, per favore, non voglio sposarmi.- la esorto a rimandare il matrimonio, con voce stanca e senza il solito vigore che la contraddistingue.
- Invece lo farai eccome.
- Allora dimmi che non devo sposarmi con il vestito della sarta cieca.
- Volevi dire con quel meraviglioso abito? Si, con quello.- dice in tono solenne.
Mi afferra bruscamente e, comportandosi come una dama di compagnia, mi aiuta a vestirmi.
Quando ha finito di imbalsamarmi in quel vestito, mi guarda allo specchio fiera di ciò che ha creato. Io non sono dello stesso parere.
- Guardati! Sei stupenda!
Sto zitta, voglio evitare discussioni.
Ci avviamo verso l'esterno della casa, per poi salire sulla carrozza che ci porterà alla chiesa.


- Eccoci arrivate.- dice esaltata Caterina, appena scesa dalla carrozza.- Su, cosa aspetti a scendere?
La raggiungo un po' frastornata dal viaggio che, anche se breve, era tutto poggi e buche.
Osservo l'antica chiesa in pietra, scalata su un muro da una pianta rampicante con piccoli fiori bianchi.
- Vieni Emma. Entriamo.
Mi prende a braccetto e mi trascina nella chiesa.
Tutto è come nel sogno, con la piccola differenza che questa è realtà .
Arrivata all'altare, Vieri mi guarda con sguardo alquanto disgustoso, facendo intuire perfettamente che sta pensando a qualcosa di poco casto.
La funzione si svolge, lenta, noiosa, ogni tanto mi volto verso Leonardo, che mi guarda con occhi tristi, che chiedono scusa. Lui, però, non ha nulla di cui scusarsi.
Sposto lo sguardo accanto a lui, su sua madre, che piange e si asciuga le lacrime con un fazzoletto ricamato.
uanto vorrei ammazzarla in questo momento.
Ritorno a guardare il prete e mi accorgo che siamo alla fine.
Vieri accetta trionfante di sposarmi, ma quando la domanda viene posta a me, rispondo con un secco “no”.
Il prete, a dir poco interdetto, guarda Caterina e un uomo, che con un gesto della mano di lei e con un assenso di lui, continua la funzione, ignorando di gran lunga la mia risposta.
Concede a Vieri di baciarmi. Io mi rifiuto, tento in tutti i modi di evitarlo, ma lui mi bacia con forza, ricordandomi quella volta che ha tentato di violarmi.
Purtroppo questa volta non c'è Ezio a salvarmi. Questa volta sono sola.


Siamo tornati a casa per il rinfresco. La giornata trascorre piacevolmente, miracolosamente non penso al fatto che mi sono appena sposata con quell'obbrobrio.
Purtroppo verso una certa ora Leonardo se ne va, perchè ha del lavoro arretrato in bottega.
Una volta andati via tutti gli invitati, ci spostiamo in salotto per parlare.
- Ebbene, mia cara Emma, vi presento mio padre, Francesco de' Pazzi.
- È un onore fare la vostra conoscenza Messere.- dico rispettosa. Non mi piace quest'uomo. È meglio evitare discussioni.
- L'onore è mio, cara. Sono entusiasta che mio figlio abbia sposato una così bella fanciulla.
La chiacchierata continua allegra per un altro po' fra Caterina e Francesco.
- Bene. Emma, mia cara, vai a preparare le tue cose.- dice accarezzandomi il viso Vieri.
Un brivido di ribrezzo mi scorre per la schiena.
- Perchè?- chiedo confusa.
- Non abiterai più qui. Vivrai insieme a me in un palazzo datomi in dono da mio padre.
- Vieni Emma, ti aiuto.- dice Caterina felice. Lei non vede l'ora che me ne vada.
Salite le scale, entriamo in camera mia.
- Emma, dov'è la tua borsa? Emma?- mi chiede la donna, per poi vedermi a sedere sul bordo del letto.
- Cos'hai? Dobbiamo preparare le tue cose.
- Non voglio andarmene.
- Ma ora sei sposata e devi andare a vivere con Vieri. Quindi sbrigati e dimmi dov'è la tua borsa.
- … sotto al letto.
- Ovvia! Allora... il vestito azzurro, quello rosa, quello verde...
- … quello giallo.
- Oh, assolutamente no. Non l'ho mai sopportato quel vestito. O mio Dio, questi sono le brache che ti avevo espressamente ordinato di buttare?- mi chiede indignata alla vista dei miei adorati pantaloni.
- Ehm... si.
- Bene, allora ci penso io. Dov'ero rimasta? Giusto, ai vestiti. Quello rosso...
Mentre Caterina continua a blaterare, cerco nella scrivania il pugnale regalatomi da Ezio, il diario di mio padre e li nascondo tra i vestiti nella borsa.


Fatti i bagagli, raggiungo Vieri e suo padre e ci avviamo verso la carrozza che ci porterà all'abitazione.
Mi si strugge il cuore al pensiero di non poter salutare Leonardo.


Per fortuna il viaggio è veloce.
Scesa dalla carrozza, mi trovo davanti a un palazzo sontuoso, a due piani.
Vieri apre la porta d'ingresso e mi invita ad entrare.
- Benvenuta a casa.- dice con un sorriso strano.
- Bene, vi lascio soli. Buona prima notte di nozze.
A quelle parole, mi scatta subito in mente un pensiero, un orrendo pensiero.
Ecco perchè sogghignava. Mi si avvicina lentamente, con sguardo che lascia poco alla fantasia. Indietreggio, fino a trovarmi contro un vaso.
Continua ad avvicinarsi, puntandomi come un animale feroce fissa la sua preda.
Io non voglio essere la sua preda, mai e poi mai.
Lascio cadere a terra la borsa e scatto, corro e, evitando di inciampare nell'ingombrante vestito, salgo le scale.
Vieri mi è alle costole, tenta più volte di afferrarmi il vestito, non riuscendoci.
Entro nella prima stanza che trovo e mi affretto a chiuderla a chiave.
- Bene! Se vuoi resta pure qui dentro, ma sappi che se esci, non ti darò scampo.- detto ciò, se ne va.
Rimango attaccata alla porta, per poi lasciarmi scivolare giù.
Mi raggomitolo, per evitare che il terrore prenda il sopravvento.
Resto così per non so quanto, so solo che trovo la forza di rialzarmi al tramonto.
Osservo la stanza in cui sono rinchiusa e noto che sono in uno studio, in un magnifico studio.
Scaffali pieni di libri rivestono una parete, quadri monotoni e per niente interessanti affollano i muri. L'antico camino riscalda la stanza, le grandi finestre illuminano la scrivania in perfetto ordine.
Rovisto nei vari cassetti dello scrittoio e trovo lettere riguardanti complotti, tradimenti, imboscate, assassinii.
In fondo al cassetto scovo una lettera di Caterina indirizzata a Francesco de'Pazzi.
La curiosità è troppa.
La leggo e me ne pento subito.
Mi siedo su una poltrona davanti al camino, per evitare di cadere.
Quella vipera è una templare, ha compiuto azioni orribili, ma ha fatto una cosa così orrenda che mai avrei pensato potesse fare.
Mio padre morì per una malattia insignificante, comune.
Purtroppo ero troppo piccola per poter capire, ma ora tutto si ricollega, tutto finalmente ha un filo logico.
Lei si occupò di lui negli ultimi giorni di vita, lei gli diede le medicine, che a quanto pare erano tutt'altro.
Lei ha calcolato tutto fin dall'inizio, ha manovrato i fili come solo un abile burattinaio sa fare.
Lei ha ucciso mio padre.


L'Angolino dell'autrice

Ciao gente!
Quanto mi è mancato pubblicare.
Non potete immaginarvi che agonia è stato questo mese! XS
A scuola mi massacrano di compiti e progetti vari, non permettendomi di scrivere quanto vorrei.
Mi scuso sia per il ritardo, sia per il capitolo molto più breve dei precedenti.
Ho voluto azzardare con il matrimonio. Lo so, è un'idea malsana e contorta, però non ho resistito.
Spero come al solito che vi sia piaciuto :)
Grazie a tutti, in particolare a chi segue, preferisce e recensisce la storia ;D

A presto!
Baci baci!

SliteMoon

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Capitolo 15
*** Una convivenza difficile ***




I giorni passano e il matrimonio con Vieri è sempre più difficile da sopportare.
Siamo sposati a malapena da due settimane e già non ce la faccio più.
Quella sera, quando scoprii che Caterina ha ucciso mio padre, mi addormentai raggomitolata sulla poltrona, con le lacrime agli occhi e con una grande ira nei confronti di quella maledetta donna.
Il giorno dopo quello del matrimonio, sono uscita dallo studio nel tentativo di scappare, ma è stato tutto inutile, perché Vieri mi ha beccata mentre stavo scendendo di soppiatto le scale. Per fortuna sono riuscita a rinchiudermi nuovamente nello studio, evitando così che quel maiale mi prendesse.
Sono rimasta piuttosto sorpresa quando quella sera ha bussato alla porta, dicendomi che mi aveva lasciato da mangiare. Inizialmente non mi fidavo, ma, alla fine ho ceduto alla fame, accettando il cibo.
I giorni seguenti sono stati noiosi e monotoni, uno uguale all'altro, arrivando persino a confondersi tra loro.
Non sono più uscita, rimanendo chiusa in questa stanza, dove mi trovo tutt'ora.

 

Sto girovagando per lo studio, non sapendo cosa fare.
Mi affaccio alla finestra, attratta dal via vai che anima le strade, appoggiandomici insistentemente, come se al contatto con la mia mano il vetro ghiaccio dovesse sciogliersi e come per magia mi ritrovassi libera di fare ciò che voglio, di riprendermi la mia vita, senza dover chiedere il permesso a nessuno. Guardo oltre i confini della mia prigionia, oltre le mura di Firenze, oltre la campagna toscana. Guardo quel cielo nuvoloso oltre le colline e immagino la piccola Monteriggioni. Là, dove Ezio e la sua famiglia si sono rifugiati. Là, dove, se avessi accettato la sua proposta, anch'io in questo momento potevo essere, libera da ogni vincolo, da ogni restrizione.
Solo ora che gli sono lontana comprendo quanto sono legata a lui, a quel belloccio un po' troppo libertino per i miei gusti. Un legame molto forte anche se nato di recente, però ora basta pensare a lui. Ho deciso! Scapperò una volta per tutte, devo solo trovare il modo.

Altri due giorni sono trascorsi e, dopo aver pensato a qualsiasi cosa, ho scelto di andarmene dall'entrata principale.
Mi avvicino alla porta dello studio e appoggio l'orecchio sulla sua superficie in legno e tento di carpire qualche suono. Silenzio.
Poso entrambe le mani sulla maniglia e l'abbasso lentamente, per non far rumore. Mi sporgo oltre la soglia, per accertarmi che non ci sia nessuno.
Esco e, mentre mi dirigo verso l'entrata della casa, mi guardo attentamente attorno, per evitare di essere scoperta.
La villa è immersa nella calma più assoluta, da sembrare quasi soffocante.
Finalmente sono arrivata alla porta d'ingresso e non mi sono mai sentita così vicina alla tanto agognata libertà.
Apro la porta per poi richiuderla subito dopo, perchè mi ritrovo davanti Vieri con il suo classico sorrisetto ebete sul viso. Inizio a correre verso lo studio, ovviamente seguita da lui. A sbarrarmi la strada però c'è un suo scagnozzo. Sono in trappola.
- Guarda, guarda chi è uscita dal suo nascondiglio.- dice sarcastico- ti sei finalmente decisa?
- Ah, solo nei tuoi sogni contorti!- gli rispondo acida.
- Emma, cara, dolce Emma, tu ora sei fuori dal tuo rifugio, bloccata dal un mio sottoposto. Non puoi fuggire. Ormai sei nelle mie mani.- mi dice con sguardo folle- Portala in camera.- ordina al suo tirapiedi.
Questo mi solleva, per portarmi al piano superiore. Per sua sfortuna inizio a dimenarmi, colpendolo nei testicoli con un calcio.
Questo si accascia a terra, emettendo mugolii di dolore, dandomi la possibilità e il tempo di andarmi a rifugiare nello studio.
Mi chiudo velocemente a chiave nella stanza, sentendo Vieri inveire contro l'uomo.
Faccio un sospiro di sollievo, sapendo di essere al sicuro, per ora.

È passata un'altra settimana e sento che impazzirò se resto chiusa in questa stanza ancora per molto.
Ora sono alla scrivania, illuminata dalla luce scarlatta del tramonto, a disegnare, per distrarmi.
Mi accorgo solo dopo un po' che il soggetto di tutti i miei scarabocchi è Ezio.
Ah, ogni volta che mi sento depressa nella mia mente riaffiora sempre il suo viso, il suo sguardo, il suo sorriso... basta divagare!
Prima trovo un modo decente per scappare e meglio è.
Mi lascio andare, sconfortata, sullo schienale della morbida sedia, guardandomi distrattamente attorno. La mia attenzione viene catturata da una rondine, simbolo della primavera, appollaiata sul cornicione della finestra. Mi fissa con quegli occhietti scuri, sembra quasi mi compatisca. L'ispirazione torna, voglio disegnarla ma, appena prendo in mano il carboncino, quella spicca il volo, libera come il vento di andare dove vuole.
Io non posso. Sono come un uccellino in gabbia, rinchiuso contro la sua volontà, o, come nel mio caso, senza nessun'altra scelta..
Ah, che schifo di vita!
Vorrei tanto essere come quella rondine, o come l'acqua, fluida e sinuosa, che non si fa bloccare da niente, ma che supera e prosegue per la sua strada.
Il mio stomaco brontola, è da stamani mattina che non mangio. Mi alzo svogliatamente, avviandomi verso la porta per andare a prendere il vassoio lasciatomi da Vieri.

Un rumore mi sveglia.
È quasi l'alba e qualcosa si è mosso nella stanza.
Mi guardo attorno tentando di vedere qualcosa, ma niente. Ah, la mente mi gioca brutti scherzi. Mi riaccomodo sulla poltrona, pronta per tornare nel mondo dei sogni, non riuscendoci, perchè quel suono si ripete, più vicino di prima.
Questa volta mi alzo e mi avvicino, traballante, alla scrivania per prendere il pugnale, per sicurezza.
Torno al mio giaciglio per tentare di riaddormentarmi, nascondendo il pugnale sotto al cuscino.
Come previsto il suono si ripresenta, sempre più vicino alla poltrona su cui mi trovo. Sono passi. Di scatto mi alzo e punto il pugnale verso l'intruso.
- Oh, sta' bona.
- Chi sei?- gli chiedo minacciosa.
- Da quando tu' sei diventata così aggressiva? Pochi anni e guarda come t'ha ridotto quella strega!
- Mi rispondi? Voglio ricordarti che hai un pugnale puntato sul viso.
- Maremma, che scontrosità! Come ha fatto i tu' fratello a sopportarti fin'ora?!
- Te lo ripeto, chi sei?- gli dico, ormai spazientita.
- Oh come, un tu' mi riconosci?
- Voglio farti notare che è buio, vedo poco e nulla, quindi smettiamola con questo stupido indovinello e una volta per tutte RISPONDIMI!
- Sta' un po' calma! Son' i tu' zio bischera!
- Zio Francesco? Non ci posso credere!
Il pugnale mi cade di mano e gli salto addosso, abbracciandolo stretto. Le lacrime iniziano a sgorgare.
- Che ci fai qui?- balbetto tentando di asciugarmi il viso.
- Te che dici? Son qui per portarti via.
Sono anni che non lo vedo ed ora eccolo qua, a salvarmi da questo inferno.
- Vieni, dobbiamo andare.
- Va bene, però prima devo prendere un paio di cose.
Detto ciò raccolgo il pugnale di Ezio, prendo il diario di mio padre e la lettera di Caterina.
- Fatto, possiamo andare.
- Magnifico. Gnamo, entra nella botola.
- Dov'è? Non la vedo.
- Ci penso io- dice iniziando ad armeggiare con qualcosa- E luce fù!
La stanza si schiarisce, grazie al piccolo bagliore della fiaccola improvvisata.
- Dove l'hai trovato quel bastone?
- L'è i' manico della scopa. Ora moviti.- dice porgendomi la torcia.
Mi calo nell'apertura e, una volta scesa, l'unica cosa che vedo è un lungo corridoio immerso nel buio, apparentemente senza fine, infestato da ragni e topi.
Sceso anche mio zio, lo seguo verso l'uscita, sussultando di tanto in tanto per gli squittii.
Dopo quella che sembrava un'eternità, intravedo una porticina mezza rotta.
Mio zio la apre e la luce di una bellissima aurora mi ferisce gli occhi; una sferzata di vento primaverile mi inonda il viso, riportandomi alla realtà. Che sensazione stupenda! Finalmente sono tornata a vivere, mi sento come rinata.
Usciamo dalla galleria e ci ritroviamo in un meraviglioso prato al di fuori delle mura di Firenze. Quanto vorrei iniziare a correre su questa immensa coperta verde, rotolarmi sull'erba fresca, inalando l'inebriante profumo dei fiori, come quando ero bambina, curiosa di scoprire le meraviglie nascoste in questo stupendo prato.
I ricordi riaffiorano e mi sembra di rivedere mio fratello mentre mi rincorre, io che vocio -Tanto non mi acchiappi!- e vedere lui correre piano, solo per farmi vincere.
Ripenso a tutte quelle volte che nostro padre, quando aveva un momento libero, ci portava qui, solo per estinguere la nostra voglia di sapere. Ricordo molte altre cose, che però non sono altro che spettri del passato.
- Emma, che tu sta' bene?- mi chiede preoccupato mio zio, riportandomi al presente.
- Si, mi sono solo immersa nei miei ricordi.- dico voltandomi e notando lo stupore sul suo viso.
- Come sei cresciuta! Sei diventata bellissima. Assomigli molto a tua madre.- dice calandosi il cappuccio, rivelando la chioma leonina che l'ha sempre contraddistinto.
Mi sorprendo nel vedere che non è cambiato quasi per nulla, come se non fossero trascorsi cinque anni.
- Ehm... grazie. Tu piuttosto, sei identico all'ultima volta che ti ho visto.
- Modestamente, li porto bene gli anni. Forza, dobbiamo andare da Leonardo, prima che quel rintronato di tu' marito s'accorga della tua assenza.
- Va bene.- dico decisa, impaziente di rivedere mio fratello.

Dopo aver attraversato mezza Firenze, passando per le scorciatoie, raggiungiamo la bottega ed entriamo.
- Oh nipote, in dò tu sei'
- Sono qui zio.
Lo raggiungiamo nel retro e lo troviamo sdraiato a terra, a cercare qualcosa sotto un mobile, evidentemente.
- Icchè tu fai a buco ritto sotto ai mobile?- chiede stranito mio zio.
- Sto cercando il progetto della macchina volante.
- Leonardo, è sul tavolo.
Non fo a tempo a finire la frase che lui scatta, battendo una testata al mobile, per poi alzarsi barcollante e fissarmi come se fossi la Madonna.
- Emma!- esclama per poi stringermi forte tra le sue braccia. Quanto mi è mancato!
- 'un tu trovi nemmeno l'acqua 'n Arno!- esclama mio zio, mentre ride rumorosamente. Scoppio a ridere. Lo adoro. Mi ha sempre divertito con le sue battute e il suo modo di parlare in fiorentino stretto.
- Come stai sorellina? Vieri ti ha fatto qualcosa? Ti ha toccata? Ti ha...
- E fammi parlare! Se mi chiedi venti cose tutte insieme non capisco nulla.
- Scusami, sono solo contento rivederti.
- Anch'io sono felice di stare di nuovo con te.
- Allora, cos'è successo mentre eri in quella casa?

Ho appena finito di rispondere alle insistenti domande di Leonardo e non ne posso più. Fino a poche ore fa ero sola, nel silenzio più assoluto. Ora, invece, sono nella situazione opposta: mio fratello che non la smette di tempestarmi con le sue infinite chiacchiere.
- Leonardo, mi stai facendo venire un gran mal di testa a forza di parlare.
- Ops, perdonami.
- Ah, finalmente s'è chetato! 'un né potevo più!
- Grazie zio, simpatico come sempre.- dice fingendosi offeso mio fratello.
- Di nulla.
- Zio, come facevi a sapere che ero in quella casa?- chiedo all'improvviso.
- Gliel'ho detto io.- s'intromette Leonardo- Ti spiego. Una settimana fa sentii mia madre parlare con tuo suocero...
- Non chiamarlo così! Lui non è mio suocero!
- Legalmente lo è, e comunque, parlavano di te. Dicevano che te ne stavi rinchiusa in una stanza, senza mai uscire se non per scappare. Non potevo starmene fermo, così ho mandato una lettera a nostro zio e a Ezio, spiegando la situazione in cui eri.
Ora che sei salva raggiungerai Ezio e, assieme a lui e allo zio, andrete a Monteriggioni, dove sarai al sicuro.
- … e te? Cosa farai? Non posso lasciarti qui!
- Emma, ho ventiquattro anni, so cavarmela e poi, è stato a causa mia se sei rimasta e ora sei sposata con quel verme, quindi puoi dirmi tutto ciò che vuoi, ma te andrai a Monteriggioni. Non voglio sentire repliche.- mi dice insolitamente serio.
- Mi fai paura... sembri tua madre.
- Non è vero.
- Si invece.
- Oh, basta! Qui non sei al sicuro, ti mando là per il tuo bene.
- … va bene, ci andrò.
- Perfetto! Ah, tieni questo.- dice porgendomi un pacchetto.
Guardo mio fratello.
- Forza, aprilo.- mi incita.
Apro il pacco con gesti decisi, un grande sorriso si dipinge sul mio viso.
- Leonardo, sei il migliore!- esclamo entusiasta, osservando il regalo: i miei pantaloni e la mia giacca preferiti, quelli che Caterina aveva buttato.
- Non mi sembrava giusto che mia madre te l'avesse gettati via, e poi non puoi mica scappare con un vestito ingombrante come quello che indossi.
Mi sorride.
- Grazie fratellone!- lo abbraccio- vado a cambiarmi. Torno subito.

- Zio, mi raccomando, prenditi cura di mia sorella.
- L'è la quarta vorta che tu me lo ripeti.
- Scusa... Emma, in bocca al lupo e saluta Ezio da parte mia.
- Lo farò, tranquillo e crepi il lupo.- lo abbraccio stretto, perché so che non lo rivedrò molto presto.
- Ah, prendi questa. Leggila con calma e possibilmente con una sedia nei paraggi.- gli dico dandogli la lettera di Caterina.
- Perchè?
- Fidati, ti servirà.
Gli schiocco un bacio sulla guancia, per poi calarmi il cappuccio sulla testa e seguire mio zio oltre la porta.
Mi piange il cuore. Non avrei mai pensato di dovermi separare da mio fratello in questo modo. Tutto a causa di quella megera!
- Ehi, stai bene?- mi chiede mio zio preoccupato.
- Si... dove ci troveremo con Ezio?
- Nei pressi del Duomo.
Cala il silenzio, interrotto solo dai rumori provenienti dalle case, segno che la città si sta risvegliando.
Le bancarelle e i negozi stanno aprendo, le strade stanno iniziando ad animarsi, i banditori stanno già cominciando a sbraitare, i menestrelli a intrattenere le persone.
Pian piano Firenze sta prendendo vita, come se fosse uno spettacolo teatrale, dove ognuno ha la sua parte, dove anche senza uno di questi elementi l'effetto totale non sarebbe lo stesso. L'immensa cupola di Santa Maria del Fiore svetta oltre i tetti, indicando la sua vicinanza alle persone come il faro alle navi.
Finalmente siamo arrivati davanti alla cattedrale, ma dov'è Ezio?
- Come facciamo a trovarlo?
- E gliè lì- mi dice indicando un ragazzo voltato di spalle, vestito di bianco, nascosto dietro a un gruppo di persone. È lui, non c'è dubbio. La tensione che avevo fino a un attimo fa si dissolve, la tristezza è come se fosse più leggera e sopportabile. Tutto questo solo per averlo visto da lontano. Certe volte sono proprio strana.
Ci avviciniamo come se nulla fosse nella sua direzione, siamo a pochi metri di distanza, ma quello che vedo mi gela il sangue nelle vene.
Se ne sta li, tra le braccia di Cristina Vespucci, a scambiarsi teneri baci, che però per me hanno il peso di un macigno, invece che essere teneri sono duri, difficili da
sopportare, riportandomi nel turbine di tristezza e sconforto. Avrei tanto preferito rimanere in casa con Vieri piuttosto che vedere questa scena... Ma cosa dico! Non esiste niente di peggio che stare con quel tizio, e poi sono stata io ad allontanare Ezio da me, dicendogli che non mi sembrava giusto che volesse stare con me mentre corteggiava lei. Gli dissi di fare una scelta e lui l'ha fatta. Ma se ne sono consapevole, perché fa così male?




L'Angolino dell'autrice

Finalmente!!!
Lo giuro, non sopporto più questo capitolo!
Mi dispiace immensamente per questo colossale ritardo di quasi tre mesi, però fra la scuola (professori perfidi in particolare), il blocco dello scrittore e piccoli problemi di salute, di cui avrei fatto a meno, non ho potuto scrivere molto.
L'importante è che sono riuscita ad aggiornare. ^_^
Allora,che ne dite dello zio Francesco? A me piace tantissimo, soprattutto per come parla, molto simile a come parlo io XD.
Vi ringrazio per la pazienza e ditemi cosa ne pensate di questo quindicesimo capitolo :D
A presto!

SliteMoon


 

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Capitolo 16
*** Dove osano le aquile ***


Perché fa così male?
La risposta è semplice, fin troppo ovvia, comunque ciò che provo non ha più importanza.
- Emma? Perché tu sta' ferma? Che tu ti movi o no?
- Eh..? Si si, perdonami. Mi sono distratta.
- L'ho visto.- dice dandomi una piccola spinta, per farmi avanzare.
Siamo a un passo dai due e questi non si scollano.
- Ehm ehm...- tossicchia mio zio per attirare la loro l'attenzione- Oh piccioncini! Che v'avete finito di tubare?- continua in tono alquanto divertito.
I due si staccano immediatamente: Ezio sorpreso, Cristina spaventata.
- Mio Dio, Messere! Che modi sono questi!?
- Perdonatemi Madonna, ma Ezio deve venire con noi.
- Francesco, alla buon ora! Che fine avevate fatto?- esclama il moro avvicinandosi a mio zio. Ancora non mi ha vista.
- Ma dovevi venire qui con Emma o sbaglio?
- Oh figliolo, i baci t'hanno dato alla testa. L'è qui.- dice indicandomi. Ezio mi fissa con una strana espressione, non so definirla. Anche Cristina mi guarda, però il suo sguardo è diverso, è freddo, arrabbiato, geloso, lo stesso che ho visto negli occhi di Caterina quando mi ha paragonato a mia madre. Lei crede che le voglia rubare l'uomo, ma non è così.
Mi sento osservata. In questo momento vorrei tanto diventare una formica, per sfuggire agli sguardi insistenti.
- Gnamo, saluta questa donzella e andiamocene il più 'n fretta possibile - dice mio zio scrollando Ezio.
Lui e Cristina si scambiano un ultimo bacio e qualche parola, prima che lui si allontani con noi. Andiamo verso la porta della città per poi dirigerci verso Monteriggioni.

 

 

 

Il sole splende alto in mezzo al cielo sereno, limpido, sgombro da qualsiasi imperfezione, attraversato di tanto in tanto da stormi di uccelli.
Siamo in cammino ormai da quasi mezza giornata e l'affaticamento e la fame iniziano a farsi sentire.
- Che ne dite se ci fermiamo un attimo?- chiedo titubante.
- Mmh... va bene. Siamo in viaggio da più di cinque ore e una piccola sosta non ci farà che bene.- mi risponde Ezio, smontando da cavallo e andando a legarlo a una staccionata.
- T'ha fame eh?
- Eccome!- dico, per poi fare come Ezio.
- Pe' fortuna i tu' fratello m'ha dato qurcosa da mangiare.
- Dove siamo?- chiedo curiosa, vedendo un paese vicino.
- Dovremmo essere ne' pressi di Tavarnelle Val di Pesa. Ci s'ha ancora molta strada da fa', quindi mangiate in fretta.- dice mio zio, per poi lasciare spazio al silenzio.
Pesante e fastidioso silenzio.
Mentre addento un pezzo di schiacciata, rivedo all'infinito quel bacio, così doloroso, nella mia mente, come se li stessi rivedendo in questo momento.
- Emma, lo so che ti garba Ezio, ma moviti a mangiare quella schiacciata, un c'abbiamo tutt'i'giorno.- mi riporta alla realtà mio zio. A quanto pare, mentre pensavo, lo stavo fissando.
- C-certo.- farfuglio avvampando. Perché l'ha detto, soprattutto davanti a lui!
Finisco di mangiare il più velocemente possibile, per poi riprendere il cavallo e rimettermi in viaggio assieme a questi due.

 

 

 

Sono passate altre tre ore e siamo arrivati.
Abbiamo appena lasciato i cavalli alla stalla davanti alle mura ed entriamo dentro Monteriggioni. Il viale principale, quello che conduce a quella che deve essere Villa Auditore, è pieno di gente: chi contratta con un negoziante, chi discute, chi lavora, insomma, un gran baccano.
-Eccovi finalmente!- esclama un uomo dall'aria burbera.
La mia attenzione cade subito sul suo occhio sinistro, vitreo, attraversato da una cicatrice.- Il viaggio è stato tranquillo?
- Si zio, è filato tutto liscio.
- Ne sono contento. Francesco, quanto è che non ci vediamo?
- Un bel po' amico mio.- dice mio zio abbracciandolo. - A proposito, lei l'è la mi' nipote Emma. Emma, lui gl'è un mio carissimo amico, Mario Auditore, nonché padrone di Monteriggioni.
- Piacere di conoscervi.
- Il piacere è tutto mio.
- Vi ringrazio per l'ospitalità.
- Ci mancherebbe. Dopo quello che avete fatto per i miei nipoti e per mia nuora questo è solo il minimo.- esclama sorridente Mario.- Ezio, mostra la villa alla nostra ospite, sempre che voglia.
- A me va benissimo.
- Bene, allora seguimi.
Entriamo dentro la villa e ci ritroviamo in un meraviglioso ingresso, con qualche arco ai lati ed una suggestiva scala al centro, che porta al primo piano.
Varcato il primo arco a destra mi ritrovo in un bellissimo studio. Al centro della stanza c'è una meravigliosa miniatura del borgo e sotto a una luminosa finestra c'è la scrivania, a cui è seduta Claudia.
- Sorellina, non si saluta più?- le chiede Ezio.
Lei alza la testa, alquanto infastidita dal fratello, ma la sua espressione muta appena mi vede.
- Mio Dio, Emma! Come stai? Mio fratello mi ha detto cosa ti è accaduto. Ero così in pensiero.
- Claudia, sta' tranquilla. Sto bene, soprattutto ora che sono lontana da quel viscido.
Piuttosto, te e tua madre come state?
- Io bene, mia madre un po' meno. Da quando siamo tornati sta quasi sempre in camera sua a pregare, mangia e parla poco. Non fa altro che pensare a mio padre e ai miei fratelli. Spesso scambia Ezio per Federico. Non sappiamo cosa fare.
- Mi dispiace moltissimo. Lei dov'è?
- È in camera sua a riposare.
- Allora andrò da lei più tardi.
- Che ne dici se continuiamo il giro?- mi chiede Ezio.
- Va bene. A più tardi Claudia.
- Mi ha fatto piacere rivederti Emma.
- Anche a me.
Detto ciò, Ezio mi mostra la superba armeria, ma ciò che mi mozza letteralmente il fiato è l'enorme e magnifica galleria, costellata da stupendi quadri.
Rimango incantata dalla loro bellezza. I muri bianchi li mettono in risalto, creando un favoloso contrasto di colori. Sono tutte opere di noti pittori.
Mi muovo in continuazione per la sala, schizzando da una tela all'altra come un cane impazzito, attratta da questi meravigliosi capolavori come un'ape dal miele.
- Allora Emma, che ne pensi?- mi chiede Ezio, divertito dalla mia esaltazione.
- Adoro questa sala! Ogni particolare è splendido, ogni quadro è stupendo. Non potevi farmi vedere niente di più bello!
- Sono contento che ti piaccia. Ti mostro la tua camera?
- Si, grazie. Ho bisogno di rilassarmi un po'.
- Vieni- dice Ezio, accompagnandomi fino alla porta.- Più tardi verrò a chiamarti per la cena.
- Va bene, grazie per il giro, la villa è stupenda, ma soprattutto, grazie per avermi portata qui, lontano da Vieri.
- È stato un piacere. Ora riposati.
Entro nella stanza e la prima cosa che vedo è un letto, che sembra molto comodo.
Mi ci butto sopra a peso morto, rimbalzando leggermente su di esso.
Finalmente dormirò decentemente stanotte!

 

 

Mi sveglio e il sole ha già lasciato il posto alla luna.
Mi metto a sedere, posando lo sguardo sul comodino, notando un vassoio con sopra un piatto di pasta. Il profumo risveglia il mio stomaco. Mangio come una bestia che si accanisce sulla sua preda.
Finita la cena, mi avvicino alla finestra osservando Monteriggioni illuminata da qualche luce in qua e la.
E se mi facessi un giro per il borgo? Non sarebbe male.
Apro la finestra e l'aria fresca della notte mi investe. Che bella sensazione. Mi aggrappo al cornicione, per poi arrampicarmi sulla facciata della villa, sino a raggiungerne il tetto.
Da qui godo di una vista a dir poco stupenda se punto lo sguardo verso l'alto.
Il nero più immenso e sconfinato è interrotto da tantissimi puntini bianchi sfumati di giallo che formano strane figure, tutte attorno alla regina della notte, la luna, pallina e sorridente come non mai.
Questa notte è uguale a quella di quando scoprii la verità su mia madre.
Da quanto non pensavo a lei. Istantaneamente mi torna in mente l'idea che mi ero fatta ascoltando la descrizione di Leonardo. Pelle candida, occhi verde smeraldo, incorniciati da capelli focosi, come il suo carattere. Sono invidiosa di mio fratello che l'ha conosciuta, che ci ha vissuto insieme, che è stato oggetto delle sue carezze, dei suoi baci, dei suoi teneri canti e delle sue dolci attenzioni.
Voglio dipingerla e ora, che sono lontana da quella vipera di Caterina, posso farlo con tutta calma.

 

 

Sono nello studio assieme a Claudia.
Sono seduta davanti alla tela, a tentare di dipingere mia madre.
Sono a buon punto, non c'è che dire. Sto per finire i capelli, devo solo aggiungere qualche tonalità più chiara e...
- Buongiorno donzelle!
- Porco demonio! Zio, ma cosa urli? Mi hai spaventato.- urlo a quel disgraziato.- Per poco non rovinavo il dipinto.
- Maremma come tu sei migliorata a dipingere! Chi l'è questa meraviglia di donna?
- Dovrebbe essere mi...
- Mi sembra d'avella già vista... una bellezza di' genere un si scorda facilmente... però un me lo ricordo. Maremma zozzona, che rabbia. Odio non ricordammi le cose!- esclama mio zio grattandosi il fondo schiena.
- Se forse mi fai parlare te lo...
- Ah, me la ricordo! L'è una cortigiana che ho incontrato una decina d'anni fa!
- Ma che diamine dici! Non è una cortigiana!
- Mmm, vero, quella l'era mora... ah, l'è quella dama con cui ho avuto una relazione vent'anni fa!
- Ma no! Questa dovrebbe essere mia madre, credo.
- È vero! L'è Albiera! L'assomiglia dimorto! Ma come t'ha fatto a dipingerla se un tu l'hai mai vista?
- Leonardo me l'ha descritta un po' di tempo fa. Davvero le assomiglia?- chiedo speranzosa.
- Avoglia! Brava la mi nipote!- esclama per poi abbracciarmi e schioccarmi un bacio sulla guancia.- Ora l'è meglio se vo, mi sa che Mario mi cerca. A dopo fanciulle!
Mentre si allontana urta la tavolozza appoggiata sul tavolo, facendomela cadere addosso.
- Zio, guarda che troiaio t'ha combinato!
- Che casino!- Ti muovi come un pachiderma!
- Ora l'è colpa mia? T'ha lasciato la tavolozza in bilico su i' bordo di' tavolo!
- Ah, lasciamo stare. Vado a ripulirmi.

 

 

Vado nella mia stanza e mi preparo un bagno. Mi spoglio e mi immergo nell'acqua profumata, tentando di lavare via le macchie di vernice. Sto per rivestirmi, ma la porta si apre all'improvviso per poi richiudersi subito dopo dietro a Ezio che, solo ora che è nella stanza, si accorge che sono nuda.
- Ahhh, porco! Esci subito!- urlo tentando di coprirmi, in malo modo, con la camicia.
- Perdonami! Non pensavo di trovarti così.
- Ma bussare!? Dannazione, le mani a cosa ti servono, solo per grattarti!?
- Ma che diavolo dici? Comunque ho bussato. Se sei sorda non posso farci nulla.
- Come ti permetti? Ah, basta. Potresti girarti così mi rivesto? Sai, sono senza vestiti e mi fa anche un po' freddo.
- Me ne sono accorto. Vuoi che ti aiuti a riscaldarti?- mi dice con quel sorrisino di chi la sa lunga.
- Farò finta di non aver sentito nulla.- dico tentando di mantenere la calma in questa situazione a dir poco imbarazzante.- Ti giri o no?- ci scommetto, sono rossa come un peperone.
- E se non mi volessi girare? Sai, questa scena è a dir poco eccitante ed esilarante.- lo guardo male, molto male- Va bene, mi giro.- dice voltandosi verso la porta.
Mi inizio a vestire, notando però che Ezio mi guarda di sottecchi.
- Allora!? Cosa ti ho detto!? Girati depravato!- gli urlo, facendolo girare di scatto, perché colto in flagrante.

 

 

- Puoi voltarti, ho finito.
- Hai un bel sedere.- sorride, facendomi diventare ancora più rossa.
- Come sei sfacciato! Dunque, cosa vuoi?
- Voglio parlarti di ieri. Di me e Cristina. Io...
- Perchè vuoi parlarne?
- Voglio spiegarti.
- Spiegarmi cosa? Tu e Cristina vi amate. Non c'è alcuna spiegazione per questo... Ricordi cosa ti dissi quando eravamo dai Fantechi? Ti dissi che non voglio essere la causa del dolore di una ragazza che ti ama, che possiamo essere solo amici.
- Lo so, ma sei davvero sicura di ciò che hai detto?
- Perchè me lo chiedi?
- Perchè ieri, quando ci siamo rivisti, la tua espressione diceva tutt'altro.
Come diavolo fa? Ha capito cosa provavo con un solo sguardo?
- Ero scombussolata. In poche ore la mia vita è cambiata completamente. Sono stata investita da un susseguirsi di emozioni diverse l'una dall'altra. Come dovevo essere, tranquilla come se stessi andando a fare una scampagnata?
- Un susseguirsi di emozioni...quindi anche nei miei confronti.
- Ero felice di rivederti, tutto qui.
- Solo questo?
- Ezio, finiamola con questo interrogatorio.
- Rispondimi.
- Come sei assillante! Peggio di mio fratello!
- Allora?
- Allora cosa? Non ci sto capendo più nulla! Smettila con queste domande una dietro l'altra!
- Voglio solo capire!
- Capire cosa?! Cosa provo per te? Cosa te ne importa! Tu stai frequentando Cristina! Tu per me sei un amico, un amico su cui fare affidamento, di cui posso fidarmi, niente di più e niente di meno!
- Se è davvero così, allora perché stai piangendo?
Avvicino la mano al viso, asciugando una lacrima sfuggita al mio controllo. Non mi sono accorta di nulla.
- Non ti capisco! Ti contraddici da sola!
- Per favore, smettiamola con questa discussione. Non ne posso più.
- Va bene. Me ne vado.- dice acido, uscendo frettoloso dalla stanza.
Chiudo la porta e qualcosa in me si incrina. L'ho perso e la colpa non è altro che mia e delle bugie raccontate sia a lui che a me stessa. Perché antepongo sempre il bene degli altri al mio? Perché sono così egoista con me stessa? Dopotutto io non so nulla di questa Cristina, l'ho vista solo una volta, mentre si sbaciucchiava con Ezio e subito dopo mi ha guardata con astio. Non mi capisco proprio.

 

 

Bussano alla porta. Silenzio.
Ribussano. È così difficile capire che voglio restare sola?
La porta si spalanca e mio zio entra veloce nella stanza.
- Emma, che t'ha fatto?
- Nulla.
- Non fare la musona come quando t'eri piccola. Su, di tutto ai tu'zietto.
Si siede accanto a me.
- Di una cosa son certo, Ezio l'è la causa.
- Abbiamo discusso un po', nient'altro.
- Si, certo, e io mi chiamo Giocondo. Che tu m'ha preso pe' grullo? Gnamo, l'ho capito che centrano i tuoi sentimenti pe' quel farfallone.
- Come diavolo fai a saperlo?
- Cosa? Che ti garba Ezio o di cosa avete discusso?
- Entrambi.
- Primo: anche se c'avessi delle fette di prosciutto davanti agl'occhi mi sarei accorto che tu provi qualcosa pe' qui figliolo. La cosa è lampante. Secondo: so di cosa avete discusso perché stavo origliando e da quello che ho sentito lui ci tiene molto a te se chiede il tuo parere.
- Te e il tuo vizio di origliare le conversazioni altrui.
- Se non mi sbaglio anche qualcun altro di mia conoscenza ha questo vizio.
- Forse anche io qualche volta origlio. Comunque hai ragione.
- E allora perché l'allontani?
- Sai, la gelosia può giocare brutti scherzi.
- Icchè centra? Bah, un ti capisco. Ci rinuncio.
- Meglio così.
- Vai, vieni giù che io e Mario ti si vole dire una cosa...
Si alza e si avvia in corridoio, esortandomi a venire.

 

 

Scendiamo e andiamo nello studio, dove troviamo Mario.
- Buongiorno Emma!- esclama entusiasta come sempre il padrone di casa.
- Di cosa dovete parlarmi?
- Volevamo farti una proposta importante, che riguarda i' tu' futuro.
- Di che si tratta?
- Resta qui ed allenati assieme a mio nipote.
- Allenarmi? Per cosa?
- Per diventare un'assassina.
- Cosa?! Vi ha dato di barta il cervello?
- Emma, tu sai benissimo che i' tu' babbo l'era un assassino. Lui lottava pe' la libertà e la giustizia, come noi altri. Teneva molto alla nostra causa. Son sicuro che vorrebbe che tu portassi avanti i' su' lavoro.
- Vorresti dirmi che è un'eredità.
- Esatto.
- E perché non l'ha lasciata a Leonardo?
- Ma l'hai visto i' tu' fratello? Non ammazzerebbe nemmeno una mosca.
- È vero, ma non per questo quella che deve uccidere devo essere io.
- Perché no?
- Perchè so già cosa si prova. Quando impugnai un'arma per la prima volta l'adrenalina mi scorreva nelle vene. Mi sembrava di poter fare qualsiasi cosa. Mi sentivo più forte, più sicura di me. Mi sembrava di essere qualcun altro. Solo dopo, quando salvai Maria e Claudia dagli sgherri di Vieri, compresi cosa realmente significasse e comportasse impugnare un'arma e la cosa mi fece paura. Uccidere una persona, avere il potere di troncare una vita mi inquieta. Non voglio risentire il calore e la viscosità del sangue delle mie vittime sulle mani, il pesante macigno della loro morte sulla mia coscienza. Mi sentirei la persona più ignobile di questo mondo, proverei solo vergogna e risentimento verso me stessa. Non posso farlo. Mi dispiace zio, anche se è la causa che mio padre ha difeso a costo della sua stessa vita, non significa che dev'essere anche la mia.
- All'inizio è difficile per tutti. Quando uccisi la prima volta i sensi di colpa sembravano divorarmi l'anima, però col passare del tempo mi sono abituato a quella sensazione. Ce la farai anche te Emma.- mi dice Mario tentando di convincermi.
- Maledizione, è così difficile da capire? Ho detto no, punto e basta. Per una volta vorrei decidere io della mia vita, essere libera di scegliere. Se non fosse stato per allontanarmi da Vieri sarei rimasta a Firenze assieme a mio fratello. Ora, che momentaneamente sono lontana da quel malato di mente, farò ciò che desidero e voi non potrete costringermi a fare qualcosa che non voglio, soprattutto uccidere.
- Certo, non possiamo decidere per te.
- Bene.- mi giro ed esco dalla stanza con passo sicuro, dirigendomi verso l'uscita della villa.

 

 

Non so quante ore sono passate e non mi interessa.
Sono sulle mura del borgo, a osservare il paesaggio circostante, ammirandone i colori e le forme.
Cosa devo fare? Non stare a sentire le sciocchezze e le assurdità che Mario e mio zio mi hanno detto sulla faccenda dell'eredità lasciatami da mio padre o dare ascolto a quei discorsi e seguire le sue orme?
Un suono improvviso mi fa sobbalzare, facendomi notare un punto nero nel cielo. Facendosi più vicino capisco che è un'aquila. Vola leggiadra, regina incontrastata dei cieli, mentre sorvola Monteriggioni, per poi appollaiarsi su una delle torri di vedetta.
Mio padre l'adorava. Pensava che fosse il re dei cieli, uno degli animali più regali al mondo. Per lui era simbolo di sapienza, scaltrezza, tutte caratteristiche che anche lui possedeva. La cosa bizzarra e più inverosimile che pensava era che, secondo lui, se segui le aquile non sbaglierai mai strada, perché loro ti indicano il sentiero,il destino.
Una volta mi fece un discorso che non aveva assolutamente senso, del tipo: “Emma, di poche cose puoi fidarti: di tuo fratello, delle stelle e delle aquile. Loro non ti tradiranno mai.”
Eh si, mio padre quando voleva poteva sembrare svitato, ma se avesse ragione? Se quest'aquila mi stesse dicendo di restare qui, a Monteriggioni? Qui, per continuare l'operato di mio padre?
Beh, resta solo un modo per scoprirlo, osare dove osano le aquile1.







1
 Visto che nel videogioco le aquile sono un simbolo importante, perchè indicano i punti di osservazione, ho voluto metterle in questo capitolo per aiutare Emma nella sua decisione.




 

L'Angolino dell'autrice

Ciao a tutti!!! :D
Alla fine sono riuscita ad aggiornare, anche se dopo quasi quattro mesi... che vergogna -.-'...
Ci ho messo tre mesi e mezzo per scrivere questo capitolo e dovrebbe essere decente, però non mi piace molto, non ne sono soddisfatta.
Come avrete capito siamo vicini all'inizio dei due anni d'addestramento di Ezio, a cui parteciperà anche Emma ovviamente. Chissà cosa accadrà tra questi due *_*
Comunque, sono felicissima di aver aggiornato oggi, perché un anno fa ho pubblicato il primo capitolo di questa storia ^_^, ed è per questo che vi ringrazio tutti, chiunque legge, mette tra i ricordati/seguiti/preferiti e recensisce questa storia.
Grazie a tutti, mi avete dato tanta soddisfazione.
Vi adoro! <3 <3 <3
Spero che mi facciate sapere cosa ne pensate di questo capitolo ;D
Grazie ancora!
Al diciassettesimo capitolo! (speriamo il più presto possibile XD)
Bye ;)

SliteMoon

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Capitolo 17
*** Sotto una buona stella ***







PREMESSA: questo capitolo è un po' diverso dai precedenti, perché qualche parte è vissuta, sempre in prima persona, ma da altri personaggi della storia.
Spero che questa novità vi piaccia ;)

 






 

Ormai è passata quasi una settimana da quando sono arrivata qui a Monteriggioni e ho accettato di addestrarmi per diventare un'assassina.
Purtroppo la situazione non è delle migliori. Da quando abbiamo discusso Ezio mi ignora, e la cosa è difficile da sopportare.
Inoltre, per torturarmi meglio, non posso fare a meno di pensare a mio fratello, solo soletto a Firenze, con quell'arpia di sua madre.


 


- Emma, se un tu voi ritrovarti affettata, tu devi essere più reattiva. Quindi, riporta i' capo a terra e concentrati!
- Ma io sono concentrata!- gli dico irritata. Ormai sono ore che io e Ezio ci stiamo allenando a combattere nella piccola area di fronte a Villa Auditore e la stanchezza inizia a farsi sentire. Ezio però non accenna a rallentare, anzi, i suoi colpi e i suoi attacchi sembrano essere sempre più forti e difficili da parare. Sembra quasi voglia colpirmi.
- Ma ven via costì! Oh che ti sembra d'impugnalla bene quella spada? Nemmeno un maiale l'userebbe in qui'modo!
- Zio, chetati! Sei tu che mi distrai!- gli urlo, riuscendo a parare per pura fortuna un potente fendente.
- Quando fai così mi verrebbe da pigliatti a padellate in quella chiorba che tu ti ritrovi! Mi sembra di discutere con i tu'babbo. Un scaricare la colpa dei tuoi sbagli su di me, che t'ha capito?
- Hai finito di vociarmi dietro?
- Basta! Fermi tutt'e due!- sbraita deciso mio zio, raggiungendomi in tre falcate. - Mi spieghi che t'hai oggi?- mi chiede arrabbiato. Da che io ricordi non l'ho mai visto così.
Le sopracciglia aggrottate, gli occhi due piccole fessure, l'iridi sembrano essere affogate nell'azzurro delle pupille. La barba incolta rende il viso molto più rude del solito, accentuando la sua espressione infuriata.
- Nulla, sono solo stanca.
Non sembra per niente convinto, però non infierisce.- Per oggi basta, andatevi a riposare.


Ezio posa la spada e si avvia verso la villa senza dire una parola.
Lo seguo.
- Ezio, aspetta!
- Cosa vuoi?- dice freddo, fermandosi nell'ingresso.
- Ti senti bene?- gli chiedo raggiungendolo.
- Sto benissimo, mai stato meglio.- mi risponde acido.
- Sicuro?
- Si, perché?
- Prima, durante l'addestramento, eri più irruento del solito.
- Mi stavo impegnando di più. C'è altro?
- È da una settimana che sei strano. Cos'è stato a farti diventare così?- credo di sapere già la risposta.
- Non lo intuisci? Eppure, quando vuoi, sei molto intelligente.- dice sarcastico.
- Io?
- Esatto, tu.- si gira come per andarsene, ma con uno scatto felino mi immobilizza al muro.
- Ezio, lasciami!
- Sono stanco delle tue contraddizioni.
- Cosa? Ah, certo, lo sapevo. Sei arrabbiato per la discussione della settimana scorsa. Non so più come dirti che tu non dovresti pensare a me.
- Ma se io volessi? Come puoi credere di saper per certo i sentimenti degli altri se non conosci nemmeno i tuoi?- mi sibila velenoso.- Non sai cosa vuoi!
Non so come rispondergli, perché non ce né bisogno. Ha ragione. Mi illudo di sapere tutto, quando, invece, non so niente, però su una cosa ha torto: io so cosa voglio.
Dopo qualche istante mi lascia andare, avviandosi verso le scale.
Non posso lasciare la questione in sospeso, non lo sopporterei.
- Tutto quello che hai detto è vero.- Ezio si blocca al centro dell'ingresso voltandosi verso di me- Tutto, tranne una cosa: io so cosa voglio.
Lo raggiungo a passo spedito, lo afferro per il colletto della camicia e lo tiro a me con forza, baciandolo con trasporto. Risponde subito al bacio con ardore, insinuando a scatti la lingua tra le mie labbra. Le nostre lingue si intrecciano, si sfiorano, sfuggono una all'altra come in una danza infinita. Le sue dita scorrono tra i miei capelli, spettinandomi più del solito, afferrandomi la nuca in una stretta decisa. Gli cingo il collo con le mani, intrecciando le dita alla matassa castana dei suoi capelli, facendo aderire i nostri corpi. Ezio porta le labbra sulla mia gola, baciandola avidamente, mordendo qua e là. Un brivido di piacere mi attraversa la schiena.
-Ezio...-un gemito sfugge al mio controllo.
Sorride. Sento il suo ghigno soddisfatto sul collo, tra un bacio e l'altro.
Fissa il suo sguardo nel mio per pochi istanti prima di rimpossessarsi della mia bocca, anche se per poco, perché interrompo bruscamente il contatto.
Mi guarda interdetto, non riuscendo a capire il mio gesto.
- Perchè mi guardi in quel modo?- dico ansimando, tentando di recuperare un po' d'aria.- Ti ho dimostrato che non avevi completamente ragione, che io so cosa voglio. Ora, se vuoi scusarmi, vado a riposarmi in camera mia. Oggi l'addestramento è stato piuttosto faticoso.- sogghigno.
Non aspetto una sua risposta. Mi volto e vado nella mia stanza, lasciandolo li come uno stoccafisso, ottenendo così una piccola vittoria. Che soddisfazione!

 


 

Una settimana dopo a Firenze...
 

Sono già passate due settimane e ancora non ho ricevuto notizie da mia sorella.
E se le fosse accaduto qualcosa? Ma cosa vado a pensare, è insieme a nostro zio e a Ezio, non le può essere accaduto alcunché. E poi, se Vieri fosse riuscito a riprenderla, mia madre non darebbe in escandescenze così frequentemente, come ora.
- Ma cos'hai nella testa, il cervello di una lucertola? Ti ho detto che il tè lo voglio tiepido, tiepido! E questo che mi hai portato invece com'è?! Caldo! Vuoi che mi ustioni la lingua!? Ora me ne fai uno nuovo e pretendo che sia tiepido!- inveisce mia madre contro il povero domestico, lanciandogli addosso la tazzina piena di tè bollente.- Guarda! Hai pure rotto la tazzina! Quella apparteneva al servizio regalatomi da mia madre per le mie nozze! Muoviti scansafatiche, ripulisci tutto e portami il mio tè!- finisce battendo le mani sul tavolo, facendo tremare l'argenteria e scappare il domestico.
- Madre, volete calmarvi? Quel pover'uomo non ha fatto nulla di male.- dico tra un boccone e l'altro.
- Leonardo, te vedi del buono in tutti, persino in quella svergognata di Emma.- si tranquillizza mentre si liscia il vestito.
- Mia sorella non è una svergognata.
- Allora come la definisci una donna che scappa da suo marito?- mi fissa con sguardo senziente.
- Una ragazza che è stata costretta a legarsi ad un uomo per ragioni sconosciute. Un uomo che, per giunta, odia con tutta se stessa.
- Come per ragioni sconosciute? Per ridare prestigio e un modo per andare avanti alla nostra famiglia.
- Non vi bastano i soldi che guadagno?
- Leonardo caro, con i tuoi soldi non arriveremmo nemmeno a fine mese.
- Certo, perchè li sperperate tutti in cose superflue.- dico colpito nell'orgoglio. Dopotutto la maggior parte dei miei guadagni li do a lei.
- Non sono cose superflue.
- E poi prestigio? Cosa diamine centra?
- Dobbiamo recuperare il prestigio perso dopo la morte di tuo padre.
- Ma cosa ve ne fate del prestigio e poi vorreste recuperarlo con la famiglia de' Pazzi? Madre, avete perso il senno?
- La famiglia de' Pazzi è rispettabilissima e anche benestante. Grazie a loro non ci mancherà più nulla.- è impossibile ragionare con lei.
- Ma se sono i traditori della città!
- Ma cosa dici? I traditori sono gli Auditore e ne sono sicura, Emma è scappata con uno di loro.
- Madonna, ecco il vostro tè.
- Finalmente e spero per te che sia tiepido.
- Pensatela come volete. Ora devo congedarmi, ho delle cose importanti da fare in bottega.- dico alzandomi da tavola, per poi uscire dalla sala da pranzo.

 

 

 

Nel frattempo a Monteriggioni...


- Non puoi battermi, sono il migliore.
- Ma ti senti? Da quando sei così presuntuoso?
- Non sono presuntuoso, sono competitivo.
- Anch'io lo sono, ma non sono così vanitosa.
- Va bene saputella, mentre te continui a ragionare, io corro al traguardo.- scatta, saltando da un tetto all'altro, passando in vantaggio.
- Saputella a chi?!- corro più veloce, salto e gli sono alle calcagna.
- Ti consiglio di sbrigarti se vuoi vincere!- mi dice sarcastico, ormai sicuro della vittoria. Quando fa così non lo sopporto!
- Grazie per il suggerimento, ma non ne ho bisogno.
Villa Auditore è sempre più vicina e forse ho trovato un modo per fare più in fretta.Mentre Ezio continua a correre per i tetti, io percorro i balconi. In questo modo guadagno terreno. Salto da un ultimo terrazzo, rotolo a terra e corro verso la meta.
Sono vicina, ma anche Ezio lo è che, con un balzo felino, arriva anche lui a destinazione.
- Ho vinto!- esclamiamo all'unisono.
- Cosa? Sono arrivata prima io.
- Te lo sei immaginato mia cara. Io sono più veloce.
- Mio caro, smettila di fare il gradasso.
- Basta! Siete arrivati nello stesso istante! È un addestramento, non una gara! Ora rientrate e andate a sistemare l'armeria!- urla infuriato Mario.


Ci dirigiamo verso l'armeria in silenzio. Stiamo per varcare la porta quando sentiamo qualcuno che canta nella stanza. Ci affacciamo e troviamo mio zio che canticchia allegramente mentre pulisce una scimitarra.
Ezio mi guarda allibito, io invece mi sono ormai rassegnata a scene di questo tipo.
- Vedo che non hai perso il vizio di cantare.
- E come potrei? L'è troppo divertente.
- Però un tempo eri più intonato.
- Grazie al cavolo, c'avevo diec'anni di meno. Ma te un tu m'hai sentito ne' miei tempi d'oro. Eh eh, quando c'avevo la vostra età facevo cascare tutte le fanciulle ai mi' piedi.- dice fiero, gonfiando il petto d'orgoglio.
- Anche suonando se ne attirano parecchie.- interviene Ezio.
- O bravo ragazzo! Degno figlio di Giovanni!- esclama bonario mio zio, dandogli una pacca sulla spalla. Ah, uomini!
- Oh Francesco! Ti ho mandato questi due per farli lavorare, non per farli chiacchierare!- irrompe Mario.
- Icchè hanno combinato?
- Becchettavano come due bambini su chi ha vinto una gara inesistente.
- Tanto l'ho vinta io...- bisbiglia Ezio.
- Si, nei tuoi sogni...- gli rispondo.
- Che l'abbozzate!? Tranquillo Mario, c'ho già in mente qualche lavoretto da farli fare.
- Perfetto. Torno più tardi.- dice Mario andandosene.
- Forza! Pulite tutte le lame di questa stanza.
- Cosa?!- sbottiamo nello stesso momento Ezio ed io.
- Su su, prima vu cominciate, prima vu finite.
- Va bene.- dico sbuffando, già sicura di passare delle ore nell'armeria.

 

- Che t'ha bell'e finito?- mi chiede mio zio sorpreso- non ci hai messo nemmeno tre ore.
- Quando voglio posso essere veloce.
- Bene, allora tu puoi andare.
- Buona pulita Ezio.- gli dico sbeffeggiandolo, mentre esco dalla stanza, per poi andare verso le scale, dove trovo Claudia.
- Buongiorno Claudia.
- Buongiorno anche a te Emma.
- Dove stai andando?
- Stavo andando a trovare mia madre. Vuoi venire?
- Certo.
Salite le scale, entriamo in una stanza. Maria è li, in ginocchio, con le mani congiunte sul materasso, con lo sguardo basso, concentrato in una muta preghiera.
- Madre, come vi sentite oggi?- chiede Claudia con voce triste.
La donna se ne resta li, immobile, come se nessuno avesse parlato.
- Avete visto chi c'è? Emma è venuta a farvi visita.- continua la ragazza.
Questa volta sembra aver sentito, perché alza lo sguardo su di noi.
I suoi occhi sono cupi, colmi di dolore, ci scrutano in modo strano, come se guardasse oltre me e la figlia per vedere qualcos'altro.
- … Giovanni...- dice in un sussurro appena percettibile, per poi riportare lo sguardo sulla coperta damascata.
- È in questo stato dalla morte di mio padre e dei miei fratelli. In ogni angolo li vede, ogni volta che Ezio viene a farle visita lo scambia per Federico. Ormai vive in un mondo di fantasmi. Molto spesso la sento parlare da sola in piena notte, mentre si rivolge a mio padre, oppure mentre fa una ramanzina ai miei fratelli. Io ed Ezio non sappiamo più cosa fare. È devastante vederla ogni giorno in questo stato.
- Mi dispiace molto. Avete mai provato a portarla fuori, all'aria aperta?
- Innumerevoli volte, ma lei si attacca al letto dicendo di voler restare con mio padre.
Abbiamo tentato di farla uscire da questa stanza dicendole persino che lui la stava aspettando in giardino.
- Capisco. Ora è meglio se vi lascio sole. A più tardi.
- Grazie. A dopo.

 

Esco dalla camera, chiudo la porta alle mie spalle e vado nello studio.
Mi posiziono difronte al cavalletto. Osservo il ritratto di mia madre per quella che sembra un'eternità.
Mi sento frastornata, strana. Mi sembra quasi di essere in una vita parallela a quella a cui ero abituata, una vita molto più libera.
Prima mi sentivo in gabbia, sempre a rendere conto di ciò che facevo a Caterina, che sembrava divertirsi a impedirmi di fare qualsiasi cosa. Prima vivevo in una nebbia di menzogne, di complotti.
Ora, invece, posso fare qualsiasi cosa io voglia, o come direbbe quell'arpia, scorrazzare come una pantegana.
Ma la cosa più importante è che, finalmente, posso creare, posso manifestare, su una tela, su un foglio o con un pezzo di legno, la mia arte. Solo così posso definirmi veramente libera.
Anche se ora sono felice, soprattutto grazie a Ezio, sento sempre un vuoto, che si sveglia insieme a me la mattina e che si placa quando cado nel sonno, però lasciando spazio a sogni nostalgici, manifestazioni di questo mio vuoto.
Certe volte vorrei tanto tornare alla mia vecchia vita, con tutte le bugie e le negazioni che ero costretta a sopportare. Vorrei tornare a quella vita solo per avere la compagnia di un pazzoide e l'affetto di un fratello. Tornerei indietro solo per stare un altro po' con Leonardo.

 

 


Intanto...


Nemmeno il tempo di entrare in bottega che il mio nuovo aiutante Agnolo1 mi corre in contro.
- Maestro, sono arrivate molte altre commissioni. Voglio anche ricordarvi che avete molto lavoro arretrato.
- Grazie Agnolo.
Lo supero, avviandomi al bancone che, come sempre, è coperto dal caos più totale.
Pergamene, appunti, libri e attrezzi vari lo abitano, lasciando ben poco spazio per qualsiasi lavoro. Perché sono sempre così disordinato?
Sto tentando di riordinare, il silenzio è il padrone incontrastato della bottega.
Pesante, soffocante, mi trascina nello sconforto più totale.
Sento la mancanza della sua voce, delle sue parole pungenti, delle sue frasi sarcastiche. Mi mancano i suoi rimproveri, le sue imprecazioni quando faceva un errore, il suo aiuto e le sue idee sempre preziose, i suoi incoraggiamenti, il suo entusiasmo e la sua passione per questo piccolo mondo racchiuso in un laboratorio.
Mi manca mia sorella.
Mentre penso a tutto questo, trovo una lettera abbandonata sul pavimento.
È quella che mi ha dato Emma prima di partire. Ancora non l'ho letta. Sono il solito rintronato.
È indirizzata a Francesco de' Pazzi.
Sfilo il foglio piegato su se stesso dalla busta sgualcita.
Ormai la carta è ingiallita e l'inchiostro delle parole è leggermente sbiadito.
Leggo la data nell'intestazione. Risale a subito dopo la morte di mio padre.
Sto per iniziare a leggerla, quando mi tornano in mente le parole che mi ha detto mia sorella prima di partire.
-Ah, prendi questa. Leggila con calma e possibilmente con una sedia nei paraggi.
- Perchè?
- Fidati, ti servirà.”

Strano avvertimento... però facciamo come ha detto lei.
Mi guardo attorno, afferro la prima sedia che vedo e mi ci siedo sopra.
Finalmente posso iniziare a leggere questa maledetta lettera.

 

Emma aveva ragione, la sedia è servita eccome.
Mio Dio santissimo. Non posso crederci.
Mia madre è una Templare, ha una tresca amorosa con de' Pazzi da anni ormai, ma la cosa peggiore, più ignobile, spregevole, atroce e dolorosa è che è stata lei ad uccidere mio padre. Se solo ripenso a tutti questi anni, a quando non usciva dalla sua camera perché distrutta dal dolore per la perdita del marito, a quando piangeva disperata senza mai fermarsi, quando durante la notte urlava nel sonno. Tutte le volte, sia io che mia sorella, c'eravamo per lei. Quanto siamo stati ingenui e stupidi, anzi, sono io lo stupido. Ho sempre pensato che ci fosse del buono in lei, anche quando sbagliava clamorosamente, ho sempre creduto in lei, ma a quanto pare ho sbagliato tutto. Sono stato cieco. Ormai è chiaro, ha sempre mentito su tutto.
Devo parlarne con Emma, e non mandandole una lettera.

 

 

 

Qualche giorno dopo a Monteriggioni...

 

- Finalmente liberi!- esulto.
Gli addestramenti sono molto faticosi ed estenuanti e questo è uno dei pochi momenti liberi che abbiamo oggi.
- È una bella giornata. Perché sprecarla qui. E se andassimo a cavallo?- mi chiede Ezio.
- Va bene.
Oltrepassiamo le mura e prendiamo di nascosto due cavalli dalla stalla, per poi allontanarci dal borgo al galoppo.
Mi sento bene, libera di andare ovunque io desideri, accompagnata dal vento, che mi scompiglia i capelli. Ezio galoppa accanto a me. Quanto è bello. A cavallo del suo nero destriero, in contrasto con la sua veste bianca, sembra un guerriero di epoche lontane, appartenente a leggende secolari, in cerca di una nuova battaglia.

 

Il tempo sembra essersi fermato.
Intravediamo, non troppo distante da noi, una grossa quercia, dalla chioma rigogliosa e in fiore.
Uno spettacolo stupendo nella sua semplicità.
- Ci fermiamo laggiù?- chiedo a Ezio.
- Stavo per proportelo io- dice ridendo.
Scendiamo dai cavalli e li leghiamo al tronco dell'albero, mentre noi stiamo al suo cospetto ad ammirarlo.
- È magnifico. Peccato che non ho carta e carboncino. Sarebbe stato un ottimo soggetto per un disegno.- dico sospirando.
- Ci torneremo, così potrai ritrarlo.
- Speravo me lo dicessi.- lo guardo, sorridendo.

 

All'improvviso i cavalli si imbizzarriscono spaventati da non si sa cosa.
- Perchè fanno così?
- Non lo so. Non me ne intendo di cavalli.- dice Ezio, stringendosi nelle spalle.
L'erba si muove, sento un fruscio, ma non c'è vento.
- Cos'era?- chiedo timorosa, alzandomi in piedi.
- Ma che hai?- mi chiede Ezio stranito, alzandosi anche lui.
- Niente.
- Hai paura?
- Paura? Di cosa?- ridacchio nervosamente, per niente convinta di ciò che ho appena detto.
- Sei strana. Perché stai ridendo? E smettila di guardarti intorno! Mi dici cos'hai?
- Stai tranquillo. Non ho nient...
Un rumore strano, come se qualcosa stesse strisciando tra i miei piedi.
Sgrano gli occhi, abbasso lo sguardo lentamente, sperando che non sia quello che penso, ma purtroppo lo è.
Deglutisco.
Lo stomaco sembra in una morsa, la gola si prosciuga, respiro a fatica, il cuore ha aumentato il suo ritmo, sto sudando freddo.
Non ci riesco, non riesco più a trattenermi.
- UN SERPENTE!!!- urlo a squarciagola.
Serro gli occhi e salto addosso a un Ezio molto perplesso e sorpreso dalla mia reazione improvvisa.
Barcolla e cade a terra.
Apro gli occhi e mi accorgo di essere a poco più di un centimetro dal suo viso.
Avvampo e inizio a balbettare qualcosa di incomprensibile persino per me stessa.
Non riesco a smettere di spostare lo sguardo dai suoi occhi nocciola alle sue labbra carnose.
- Menomale che non avevi paura.- mi dice ridendo.
Tento di rialzarmi, ma lui non ha intenzione di lasciarmelo fare.
- Ezio, per favore...
- Non stai bene così? Eppure sei stata tu a saltarmi addosso.
- Lo sai benissimo perché...
- Perchè sono irresistibile? Lo so.
- Aspetta e spera- lo schernisco, cercando nuovamente di alzarmi. Inutile. Anzi, mi stringe a sé e mi fissa con sguardo tenero.
- Povera la mia fifona.
- Come mi hai chiamato?
- Fifona.- dice ridendo.
Non replico, o almeno non ci riesco, perché Ezio mi bacia prima che io possa dire qualsiasi cosa.
La mia mente si pietrifica, i miei pensieri evaporano come acqua al sole.
Non penso più né al serpente, né ai cavalli o a qualsiasi altra cosa. Ci siamo solo io e lui.
- Allora? Cosa volevi dirmi?
- … nulla.- gli dico spaesata.
- Brava- ghigna- che ne dici se ce torniamo al borgo?
- Va bene, ormai s'è fatto tardi.- dico prima di dargli un ultimo bacio a fior di labbra.

 




Ormai il cielo è scuro, puntellato da stelle.
Sono seduta sul tetto di villa Auditore, a godermi la lieve brezza notturna.
- Che fai?- una voce spezza improvvisamente il silenzio.
- Mi rilasso. Tu invece cosa ci fai qui?
- Non riuscivo a dormire. Pensavo troppo, quindi sono venuto quassù per tentare di prendere sonno, ma credo proprio che non ci riuscirò.- dice Ezio, per poi sedersi di fianco a me. Mi guarda negli occhi, sorridente. Sento le guance farsi calde.
- A cosa pensavi?- riporto lo sguardo sulla luna.
- A una fanciulla.
- Dev'essere importante per te se arrivi persino a perdere il sonno per lei.
- Si, lo è - abbassa lo sguardo, spostandolo sulle mani. Accenna un sorriso.- Eccome se lo è.
- È una fanciulla fortunata.
Lo guardo, gli sorrido, per poi appoggiare la testa sulla sua spalla sinistra.
- Se lo dice lei...- dice sorridendo a sua volta.
Sono felice. Persino le stelle sembrano più luminose.
- Guarda! Una stella cadente!- esclama Ezio entusiasta.
Alzo lo sguardo di scatto e la vedo. Una scia luminosa che trasmette speranza.
- Esprimiamo un desiderio.
- Cosa?- mi guarda con espressione interrogativa.
- Quando ero piccola, mio padre mi diceva che ogni volta che vedevo una stella cadente, se esprimevo un desiderio, questo si sarebbe avverato.
- Va bene, proviamo.- dice per poi portare l'attenzione sulla scia scintillante.
Io fo lo stesso, desiderando ardentemente di rivedere mio fratello. Mi manca troppo.
- Cos'hai desiderato?- mi chiede curioso Ezio.
- Non te lo posso dire, altrimenti non si avvera.
- Come vuoi tu.
- Tornando alla fanciulla di prima... secondo me ora vorrebbe un po' di coccole.
- Tuo padre era un genio! La prossima volta desidererò qualcosa di leggermente diverso.- mi dice sogghignando.
- Cioè?- chiedo incerta.
- Come cioè. Non ti facevo così innocente.
- Lo so, lo so. Astieniti dai commenti e rispondi, grazie.- gli dico, facendo finta di essere leggermente irritata.
- Sai, qualcosa che si possa fare in una camera da letto.- arrossisco imbarazzata.
- Ezio, abbozzala.- gli dico fingendomi seria e arrabbiata, causando una sua sonora risata.






1- Sicuramente chi ha letto il libro di Assassin's Creed 2 saprà che Agnolo è uno degli assistenti di Leonardo.



 

L'Angolino dell'autrice


Ehilà!
Ciao a tutti!
Lo so, lo so, sono una disgraziata... -.-'
C'ho messo cinque mesi per scrivere questo capitolo.
Purtroppo ho passato un brutto periodo di blocco, in cui non riuscivo a scrivere niente.
Sono arrivata persino a pensare di mollare tutto, di lasciare in sospeso la storia, troncarla a metà.
Mi sono riletta tutte le recensioni, è grazie a voi e alle vostre splendide parole se sono riuscita a scrivere ancora. Mi hanno dato tanta carica. :D
Quindi, eccomi qua, ancora a rompervi le scatole con questo nuovo capitolo, che spero vi sia piaciuto quanto a me :)
Mi fareste molto contenta se lasciaste una recensione, per farmi sapere che ne pensate, e, soprattutto, se avete consigli o suggerimenti per aiutarmi a migliorare sia il mio stile che la storia.
A presto!

SliteMoon

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Capitolo 18
*** Gatto Randagio ***




È domenica, e come in ogni altro giorno del Signore, le bancarelle occupano completamente le vie.
Menestrelli e ballerini intrattengono la folla con giochi e danze, i commercianti e i bottegai urlano a squarciagola per attirare al proprio banco più clienti possibili.
Tutti sono allegri. Ovunque ci sono colori sgargianti, rendendo l'atmosfera piacevole ed euforica.
Le uniche persone che sembrano non essere contagiate da quest'aria di festa sono Maria e sua figlia.
Stamattina eravamo tutti entusiasti, soprattutto Claudia. Ci ha praticamente trascinato fuori dalla villa, come se fossimo delle bambole di pezza.
Com'è andata a finire?
Ezio è scomparso e sua sorella si deprime sempre più a causa di Maria.
- Madre, guardate che belle rose ha oggi il fioraio.
Uno sguardo vacuo, perso, è la risposta.
Claudia si abbuia per l'ennesima volta.
- Madre mi avete sentita?
Le sue parole cadono nelle risate e nell'atmosfera di festa del borgo.

 

Cerco pian piano di allontanarmi, mescolandomi alla folla.
È meglio se le lascio da sole, sarei solo d'impiccio.

 

Mi guardo attorno, sperando di scorgere il viso di Ezio, non accorgendomi che sto per andare addosso a una bancarella.
Praticamente mi sdraio su di essa, facendo cascare qualche soprammobile.
Per fortuna nulla si è rotto.
- Mi perdoni messere, non era mia intenzione.- dico rialzandomi dalla tovaglia scarlatta che ricopre il banco.
- Stia tranquilla madonna, non c'è problema.- dice l'anziano proprietario, con un sorriso che si estende da un orecchio all'altro.
Mentre lo aiuto a raccogliere ciò che è caduto, noto meglio la merce...
Quest'uomo è un mercante d'arte!
Quadri, statue, bassorilievi in legno, manoscritti e pergamene sono esposti su maggior parte della superficie del tavolo.
Nello spazio restante sono esposti in ordine inchiostri, pigmenti, pennelli, carboncini, scalpelli e molti altri oggetti artistici.
Se avessi abbastanza denaro svaligerei la bancarella.
Improvvisamente i colori del mercato vengono sostituiti dal buio.
- Ma che...
- Chi sono?
- Uno stupido.- dico sorridendo.
- Sbagliato. Ritenta.
- Ho degli appellativi non molto carini, t'avverto.- dico scherzando.
- Ma come siamo loquaci stamattina.
Finalmente toglie le mani dai miei occhi, per farle scendere fino ai miei fianchi, stringendomi a sé.
- Molto.
- Posso addolcirti la mattinata?- dice, facendomi dondolare un cartoccio davanti al viso.
Afferro la busta e l'apro.
Al suo interno ci sono due bignole e molte briciole.
Mi volto verso di lui per ringraziarlo e noto una macchia di cioccolato sull'angolo sinistro della sua bocca.
- Grazie golosone- gli sorrido, pulendogli la macchia con il pollice.
- Mi hai beccato- ride, levandosi gli ultimi residui di cioccolata, per poi sporgersi verso il mio viso.
Entrando nel panico più totale lo blocco, poggiandogli una mano sul petto.
- Non davanti a tutti...- sussurro.
- Perchè?
- Perchè non voglio far sapere a tutti i fatti miei.
- Tutto di nascosto. Molto interessante. Mi piace il tuo ragionamento.- mi guarda malizioso.
- Ma cosa vai a pensare! Non voglio che la gente sparli su di me, semplice.- gli dico puntandogli l'indice sul petto.
- Solo per questo?
- E va bene, anche perché mi vergogno un po'...- sussurro guardandomi le punte degli stivali.
- Ah, ora capisco. Come desideri, mia cara. Il nostro amor rimarrà celato.
- Come sei poetico, però il tuo punto di vista non mi dispiace per nulla.- gli dico civettuola, superandolo.
- E menomale che ti vergognavi.- dice seguendomi- Mi dai una bignola?
- No, ne hai già mangiata qualcuna.
- Ma ho fame.
- Attaccati alla coda del cane.- rispondo addentando una bignola alla crema.
- Non puoi mangiarle davanti a me. Sei crudele!
- Per curiosità quante ne hai mangiate?
- Forse due o tre...- E te ne vorresti un'altra? Ma nemmeno se mi supplichi.
- Non arriverò mai a questi livelli per una bign.. ehi! La mia scarsella! Fermo!- esclama Ezio un attimo prima di inseguire il borseggiatore.
Finisco in un boccone l'ultima bignola, per poi rincorrere entrambi.
Li sto dietro a fatica, sono troppo più veloci e agili di me ed io sono fuori allenamento. A quanto pare, oltre a Ezio, anche il nostro ladro ha avuto un ottimo
addestramento.
Evito come posso di scontrarmi contro la gente e, per pura fortuna, riseco a saltare all'ultimo secondo una cesta di mele lanciata a terra dal tagliaborse per rallentarci.
Gli inseguimenti per strada non fanno per me. Noto delle casse accatastate al fianco di un edificio.
Ne approfitto. Velocemente, mi ci arrampico sopra, riuscendo in questo modo a salire sul tetto.
Guardo sotto di me e noto il ladro infilarsi in un vicolo, seguito a ruota da Ezio.
Riprendo a rincorrerli, saltando da un tetto all'altro con una facilità pazzesca, mai provata prima.
Il borseggiatore tenta di issarsi su per una scala a pioli, ma Ezio gli salta addosso, bloccandolo a terra, mentre io scendo in strada.
- Maledetto bastardo, sei veloce. Guardiamo un po' chi sei.- dice Ezio ansimando, riuscendo a recuperare il denaro e strappando il cappello dalla testa del ragazzo...
anzi, ragazza, che si rialza in tutta fretta.
Sia io che lui rimaniamo sbigottiti per il suo particolare aspetto.
I capelli biondi sono raccolti in una coda spettinata.
Il suo occhio destro è vitreo, perché attraversato da una brutta cicatrice, mentre il sinistro è rosso fuoco. Sembra impossibile che con un solo sguardo possa trasmettere, nello stesso istante, freddezza e calore, calma e rabbia, tristezza e passione.
Ci guarda con ira, per poi riprendersi il cappello e scappare sui tetti.
Quella ragazzina l'ho già vista, ne sono sicura. Il suo sguardo non si dimentica.
- L'occhio era rosso, vero?- mi chiede Ezio, sconvolto quanto me.


 

Dopo aver ritrovato Claudia e Maria, che sembra stare un po' meglio ed essere un po' più loquace, ce ne torniamo alla villa.
Ezio accompagna sua madre e sua sorella al piano superiore, mentre io mi dirigo verso lo studio. Ho proprio bisogno di dipingere un po' per rilassarmi.
Entro nella stanza e i miei propositi vanno in fumo.
- Emma finalmente! Guarda un po' chi c'ha raggiunto!- esclama mio zio appena varco la porta.
Oltre a me e a lui, c'è una donna e una giovane fanciulla.
Riconosco quasi subito mia zia Alessandra, con i capelli castani raccolti in una morbida crocchia bassa decorata da un bellissimo fermaglio, e avvolta in uno dei suoi indimenticabili vestiti viola scuro, adornato con ricami e pietre. Da quel che ricordo è sempre stata una donna molto elegante, che adora agghindarsi per qualsiasi occasione, ma anche altrettanto simpatica e affabile.
Appena mi vede sgrana gli occhi castani, mi sorride e apre le braccia.
- Emma! Mia amata nipote! Quanto tempo!- esclama con la sua immutata voce cristallina e squillante, stritolandomi, per fortuna, in un breve abbraccio.
- Zia, è così bello rivederti. Non sei cambiata di una virgola in cinque anni.
- Invece tu sei cambiata fin troppo.- conclude scoppiando in una risata.
- Oh disgraziata di una figlia costì, saluta la tu' cugina! 'ndo so' finite le bone maniere?- si infuria mio zio con la ragazzina, che fin'ora è rimasta in disparte ad osservare le scartoffie sulla scrivania.
- Perdonami babbo, ero sovrappensiero.- risponde quella che sembra essere mia cugina Miranda, per poi voltarsi.
Lo sapevo! Ecco perché quello sguardo, quel viso così particolare non mi era nuovo!
La ladra di prima è nientemeno che mia cugina!
Entrambe abbiamo spalancato gli occhi per lo stupore, anche se lei è subito dopo sbiancata in volto.
- Non ti avevo nemmeno riconosciuta Miranda. L'ultima volta che ti ho vista avevi solo otto anni. È un piacere rivederti.
- Anche per me.- si zittisce immediatamente, evidentemente a disagio.
- Icche t'hai oggi? Sei dimorto strana.
- Sono un po' stanca. Forse è stato il viaggio a spossarmi.
- Vieni, ti mostro la villa.- l'afferro per il braccio e la trascino fuori dalla stanza, non lasciandole il tempo di protestare.

 

La porto in camera mia, lasciandola una volta chiusa la porta dietro di noi.
- Che sorpresa, mia cugina una ladra.
- Da che pulpito! Tu sei un'assassina. Hai poco da rimproverarmi.- mi dice tagliente.
- Che parlantina. Tua madre sa cosa fai nel tempo libero?
- Certo che no e non deve saperlo. Lo sapete solo mio padre e te. Maledizione! Fra tutte le persone che potevo derubare, ho scelto proprio il tuo amante!
- Il mio cosa?!- esclamo allibita.
- Credi davvero che io sia così ingenua? Avrò solo tredici anni, ma so guardarmi bene attorno, e fra voi due sicuramente non c'è solo semplice amicizia.
Inoltre, considerando il fatto che sei teoricamente “sposata”, posso tranquillamente arrivare alla conclusione che quel bell'imbusto è il tuo amante. La cosa più sconcertante è il fatto che solo mio padre, che diciamocelo non è un genio, se ne sia accorto.
Sono sconvolta dall'intelligenza e dalla furbizia di questa ragazzina.
- Come fai a sapere che sono sposata?
- Sai, mia madre è una gran chiacchierona, e poi è rimasta così infastidita da quello che ti è accaduto che ha doluto parlarne con qualcuno. È per questo che non ti biasimo se “passi del tempo” con quel ragazzo.- mi dice sorridente, mettendo da parte quell'aria da furfante. Non so perché, ma mi ricorda un gatto randagio, reduce di tante azzuffate, che devono averle provocato quella cicatrice e quell'occhio che pare cristallo da quanto è chiaro, in netto contrasto con l'iride rossa, vero simbolo della sua indole accesa e ardente. Anche se vestita elegantemente in confronto a quando l'ho vista al mercato, conserva sempre quell'aria un po' scapestrata, tenace.
Le sorrido a mia volta. Già mi sta simpatica.
- Grazie.
Più la guardo e più capisco che, molto probabilmente, diventeremo complici.


Dopo l'ennesimo allenamento con la spada, qualche ora passata a dipingere e la cena, vado in camera, anche se so già che non dormirò.
Ho il presentimento che questa notte sarà una di quelle in cui i fantasmi del passato tornano a infestare i miei sogni.

Come volevasi dimostrare, mi sto rivoltando nel letto come una forsennata alla ricerca del sonno. Per brevi istanti riesco a ritrovarlo, anche se disturbato da sogni sulla mia infanzia, per poi risvegliarmi affannata.
Abbandono ogni speranza e mi metto a sedere sul letto.
La stanza è immersa nella penombra. Una flebile luce filtra dalle tende in cotone giallo, mostrandomi, approssimativamente, la camera al chiaro di luna.

Mi tocco il collo, scostandomi i capelli, madidi di sudore.
Tento per l'ennesima volta di addormentarmi, senza successo.
Non voglio pensare al mio passato, almeno non ora.
Non voglio tormentarmi, voglio solo dormire dannazione!
Sento le campane della chiesa suonare la seconda ora della notte.
Non voglio restare un secondo di più in questo letto!
Scalcio la coperta irritata e scendo dal materasso.
Provo una sensazione di sollievo quando i miei piedi toccano la pietra fredda del pavimento.
Vado al tavolo da toeletta e mi guardo allo specchio.
Ho le guance arrossate, la chioma aggrovigliata, le occhiaie e la pelle imperlata dal sudore.
Dal cassetto prendo un nastro, con cui mi lego i capelli in una coda, per soffrire meno il caldo.
Mi sciacquo il viso, finendo per bagnare lo scollo della camicia da notte. Non mi importa, anzi, così sto meglio.
Mi avvicino al letto, per poi fermarmi. Cosa mi sdraio a fare se tanto non riesco a dormire?
Torno sui miei passi, andando alla porta, ed esco in corridoio, iniziando a camminare.
Dove andare a quest'ora della notte?
Elenco mentalmente tutte le varie possibilità, scartandone una dietro l'altra.
E se andassi da Ezio? Il solo pensiero mi fa avvampare... ma cosa dico, ho perso la testa. Che faccio, entro in camera sua e gli dico “Ezio non riesco a dormire. Posso restare con te?”. Facendo così non solo lo sveglio, ma mi prende anche per una demente. Una ragazza di diciassette anni che si comporta come una bambina di cinque, non male. Emma, complimenti per la tua maturità.
Comunque, assolutamente no.
Interrompo il mio conflitto interiore per prestare attenzione alla realtà e capire dove mi hanno portato i miei pensieri.
Ovviamente dove mi ritrovo? Davanti alla camera di Ezio.
Fisso la maniglia in ferro battuto, esitante, per poi abbassarla.
Per fortuna la stanza è lievemente illuminata.
Mi avvicino al letto, muovendomi il più lentamente possibile per non far rumore.
È raggomitolato nelle coperte, il viso sereno e i capelli sciolti dal solito codino.
Vorrei accarezzarglieli... Ma cosa dico. L'insonnia mi fa brutti scherzi.
Un rumore improvviso, proveniente dall'esterno, mi fa sussultare.
Un mugolio, i fruscii delle coperte e poi il silenzio.
Guardo oltre il vetro della finestra e non vedo niente di insolito.
Mi volto e mi ritrovo un pugnale puntato alla gola.
- Ma sei impazzito?!- gli dico trattenendo un urlo.
- Io? Casomai tu! Cosa diamine ci fai qui?- mi squadra- in camicia da notte per giunta... sto sognando vero?
- No, è tutto vero, come lo stiletto che ho puntato al collo.- gli faccio notare, spostando la punta della lama con l'indice.
- Giusto. Ora rispondi: perché sei in camera mia?- dice sorridendomi.
- Non riuscivo a dormire, così ho deciso di fare una passeggiata per la villa. Non mi sono nemmeno resa conto di dove sono finita. Perdonami se ti ho svegliato.
Buonanotte.- dico avviandomi alla porta.
Mi afferra per i polsi e poi, con una malizia nella voce che lascia ben poco alla fantasia, mi sussurra:- Dove credi di andare?



- Ti vedo stanca. Ma che t'hai dormito?- chiede mio zio mentre faccio colazione.
Avvampo- Ehm, non molto. Stanotte faceva molto caldo...- finisco la frase addentando una mela. Mia cugina mi guarda con sguardo furbo, di chi sospetta qualcosa.
- Bene, allora per svegliarti non c'è niente di meglio di un bel combattimento.
- Zio, ma sei impazzito!? Mi affetti con il primo colpo.
- Oh, un fare tante storie e moviti! Tra cinque minuti ti voglio bell'e pronta! Che hai inteso?
- Va bene...-dico per poi andare a passo di marcia verso la piccola arena dell'addestramento, seguita da mia cugina, che mi fissa insistentemente.
- Icche c'è?-chiedo esasperata.
- Stanotte faceva davvero molto caldo, vero?
- Si, davvero.- le rispondo secca.
- Sei sicura? Secondo me non hai dormito anche per qualcos'altro, o dovrei dire qualcun altro...
- Sicurissima. Ora mi dispiace interrompere la nostra chiacchierata, ma devo farmi sminuzzare da tuo padre.
- Tranquilla, abbiamo tutto il tempo di riprendere il discorso.- sogghigna.
Devo dirlo, mi fa quasi paura.

 

- Eccomi zio- dico posizionandomi davanti a lui.
- Prendi- dice lanciandomi un falcone fiorentino.
Sbuffo.
- E ora che t'hai? Stamattina tu sei insostenibile eh.
- Perchè dobbiamo combattere sempre e solo con le spade? Voglio provare delle armi diverse, come la lama celata, o un pugnale.- mio zio scoppia in una fragorosa
risata.
- Non sei ancora pronta per quelle.
- Perchè no? Spiegamelo.- dico incrociando le braccia infastidita.
- Perchè no.
- Non è una risposta!
- Ora basta, ho detto no.
- Ezio ha usato la lama celata, ricostruita da me e Leonardo, pochi giorni dopo la morte dei suoi famigliari e io, in più occasioni, ho usato uno stiletto.- dico estraendo dalla cintura quello che mi regalò Ezio tempo fa.- Ebbene, la mia domanda è: perché lui può usare tutte le armi che gli pare e piace e io invece no? Dopotutto quando lui le ha utilizzate per la prima volta non aveva ancora cominciato l'addestramento.- gli dico beffarda giocherellando con la lama.
- E va bene! Usa pure quel maledetto pugnale, ma se tu ti fai di' male, un venire a piangere da me!- vocia, mettendosi in posizione d'attacco.
- Tranquillo, non accadrà.- dico sicura di me, sfidandolo apertamente, mentre mi metto anch'io in posizione d'attacco, stringendo la presa attorno alla mia lama.
- Guarda li, un tu lo sai nemmeno impugnare! Vien via Emma, finiamola qui prima che qualcuno si faccia male.
- Paura? Non me lo sarei mai aspettato da te un comportamento del genere zio.- lo provoco.
- Sta bene, se vuoi farti male non sarò io ad impedirtelo.- conclude per poi attaccare con un fendente dall'alto, che paro con una facilità assurda. Continua ininterrotto, inchiodandomi in difesa. Ora basta, tocca a me. Ecco l'ennesimo colpo, che questa volta schivo agilmente, per poi contrattaccare. Stranamente, riesco a metterlo in difficoltà, invertendo i ruoli: ora è lui che para e schiva i miei attacchi. Questa situazione non dura a lungo, perché torna lui a colpire. Questo alternarsi di posizioni continua per molto. Se devo essere sincera non so da quanto stiamo combattendo.
All'improvviso mi fa uno sgambetto, buttandomi a terra, nella polvere, puntandomi la sua scimitarra al volto.
Restiamo così, in stallo, solo i nostri respiri affannati nel silenzio più assoluto.
Ripone la spada al suo fianco sinistro, per poi porgermi la mano per aiutarmi ad alzarmi. È completamente sudato. La sua criniera bionda è appiccicata al collo e alla fronte, le pupille leggermente dilatate e immerse nell'azzurro dell'iridi, i vestiti fradici di sudore. Anch'io devo essere nello stesso stato.
- Devo ammetterlo, non te la sei cavata male. C'hai da migliorare, e anche tanto direi, ma le basi ci sono, anche se vanno perfezionate.- mi dice con sguardo orgoglioso.
- Questo vuol dire che userò anche altre armi?- domando speranzosa.
- Si, ma continuerai anche con la spada. Ora corri a ripulirti, che sembri un maiale che s'è appena rotolato n'i letame.

 


Dopo un bel bagno ristoratore, con cui mi sono levata tutto il sudiciume che avevo incrostato addosso assieme al sudore, indosso un paio di pantaloni puliti, una camicia immacolata, con sopra una delle mie solite giacche, e gli stivali.

Non essendo ancora l'ora di pranzo, scendo al piano terra, andando dritta nello studio.
Non c'è nessuno per fortuna. Guardo il dipinto: prevalentemente è ancora disegnato a sanguigna, ma i capelli e la pelle sono già colorati. Oggi voglio dedicarmi agli  occhi.
Apro la scatola piena di pigmenti e scelgo quante più sfumature possibili di verde, per poi scartare quelle che non mi convincono.
Da un barattolo di vetro raccolgo i pennelli che più si adattano a questo lavoro minuzioso. Prendo la tavolozza su cui metto i vari colori, per poi iniziare a pasticciarci, per creare ulteriori tonalità.
Una volta seduta su uno sgabello, inizio a dipingere.
Dopo poco la mente si svuota, la mano si rilassa, il movimento diventa più fluido e preciso. Il tempo e lo spazio attorno a me sembrano essersi annullati.
Ovviamente questa sensazione di pace non dura a lungo...

- Ebbene, a quanto pare hai scoperto la verità.- irrompe mia zia, sedendosi con eleganza sullo sgabello accanto alla tela.
Trattengo a fatica un'espressione alquanto infastidita per l'interruzione.
- Si... e pensare che tutta questa situazione è nata da qualche dipinto.
- Non dirmi che tuo fratello ha nascosto il diario in mezzo a delle tele?
Sorrido- Si, molto furbo da parte sua.
- Non ho parole. È un genio in tutto e non è in grado di nascondere un semplicissimo libro.
- È stato meglio così. Se Leonardo non avesse fatto questa sbadataggine, io ora non sarei qui a parlare con te. Avrei continuato a vivere nell'illusione di avere una madre che non mi ama, forse non sarei riuscita a scappare da Vieri e molto probabilmente non avrei conosciuto Ezio. Insomma, non avrei potuto vivere un momento come questo: dipingere liberamente senza avere il timore che Caterina mi scopra. Questa per me è libertà...- guardo convinta mia zia, per poi distogliere sconsolata lo sguardo sulle chiazze di colore del ritratto- anche se ho dovuto pagare un prezzo alto...
- Hai dovuto lasciare Leonardo a Firenze.
- Nelle grinfie di quell'arpia!
- Emma, dopotutto Caterina è sua madre.
- Lo so, ma non mi fido di lei, soprattutto da quando ho scoperto che è stata lei ad uccidere nostro padre.
- Cosa?!
- Si. Se solo ripenso a quanto si disperò per la sua morte...è una bastarda pronta a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Ha ucciso suo marito, potrebbe uccidere anche Leonardo. Dopotutto è una templare, cosa dovevo aspettarmi...
- Secondo me ti preoccupi troppo. Come potrebbe uccidere suo figlio?! In fondo anche lei è una madre.
- Ma tanto in fondo, visto che ha anteposto i Templari, i suoi scopi e il suo amante alla sua famiglia. Una donna che ama veramente suo figlio non ucciderebbe mai suo padre.
- Questo è vero. Concordo con te.
Cala il silenzio e riprendo a dipingere. Torno a dedicarmi agli occhi, arricchendoli, pennellata dopo pennellata, di sfumature e realismo.
- Sta venendo davvero bene.
- Veramente?- mi volto di scatto verso di lei, con un'espressione entusiasta ai limiti del ridicolo.
- Si. Le somiglia molto. Non so come tu abbia fatto, considerato che non...
- Considerato che non l'ho mai vista. Puoi dirlo tranquillamente zia, non me ne prendo a male. Comunque, mi sono basata su ciò che m'ha raccontato mio fratello, non solo sul suo aspetto, ma anche sul suo carattere, sui suoi modi di fare... Doveva volerle tanto bene.
- E lei ne gliene voleva altrettanto, se non di più. Lo ha amato come se fosse stato realmente suo figlio. Era una donna pazzesca: dolce, premurosa, altruista, anche permalosa e attaccabrighe alle volte, ma è sempre stata una persona ammirevole. Sotto molti aspetti le assomigli.
- Grazie zia, apprezzo le tue parole.
Sta per rispondermi quando sentiamo delle voci provenire dall'armeria, seguite subito dopo da un forte rumore metallico.
Dopo esserci scambiate una rapida occhiata allarmata, ci dirigiamo in fretta all'origine del fracasso.
Entrata nella stanza rimango prima pietrificata, poi incredula, euforica e divertita per la scena che mi ritrovo davanti.
- Leonardo!




 

L'Angolino dell'autrice

Ciao a tutti! *fa capolino da dietro un muro, salutando con la manina*
*creee creee creee*...
Per prima cosa... PERDONATE QUESTA RINTRONATA PER NON AVER PIU' AGGIORNATO!!!
Spero con tutto il cuore che ci sia ancora qualcuno che legga questa storia.
Purtroppo tra la scuola (prof maledetti!), tra crisi e/o blocchi, e la semplice voglia di scrivere che andava a farsi benedire, ci ho messo quasi OTTO mesi per scrivere questo capitolo... sono una delusione, lo so -.-'
Il brutto presentimento che ho è che non so se riuscirò a scrivere quest'estate, causa troppi, ma davvero troppi compiti T_T
Comunque, sappiate che che la metterò tutta per poter aggiornare il prima possibile, perché ci tengo molto, forse anche troppo, a questa ff, e voglio portarla ASSOLUTAMENTE a termine ;D
Questo capitolo è un po' di transito (originariamente doveva essere mooolto più lungo, però avrei rischiato di finirlo nel 2017 XD).
Che ne pensate di zia Alessandra e di quella peste di Miranda?
Cosa sarà accaduto tra Ezio e Emma? (si capisce subito ahahah)
Cosa avrà combinato Leonardo?
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, che non ci siano errori e che non faccia troppo schifo.
Se avete consigli, se volete dirmi il vostro parere, non esitate a lasciare una recensione, un commento, una parola, sia positiva che negativa, tanto fa sempre piacere ^u^
Ora vi saluto e auguro a tutti una buona estate!
A presto!

Ale

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Capitolo 19
*** Piano di rientro ***



- Leonardo!- esclamo entusiasta, trovando mio fratello a terra, ricoperto da pezzi di armatura che sposto con noncuranza, per poi saltargli addosso per la felicità.- Che bella sorpresa!
- Emma, così mi strangoli...-rantola lui rosso in viso per la mancanza di ossigeno.
- Ehm, scusa- lo libero dal mio abbraccio, sorridendogli sorniona, troppo contenta per trattenermi.
- Nipote adorato, a quanto pare sei sempre il solito casinista.- dice mia zia, aiutando me e Leonardo a rialzarci, abbracciandolo affettuosamente.
- E tu la solita espansiva. Che hai fatto in tutto questo tempo?
- Niente di eclatante. Ho aiutato tuo zio in varie situazioni, mi sono occupata della casa e di quella peste di mia figlia.
- La piccola Miranda è ancora cosi vivace?
- Vivace è un diminutivo, te lo assicuro.
- È qui anche lei?
- Si, anche se non ho idea di dove sia in questo momento.- dice mia zia con una nota di preoccupazione.- sarà meglio che vada a cercarla. A presto nipotini miei.- conclude, uscendo a passo spedito fuori dalla stanza.
- Non ci credo. Ma che l'è possibile?! Ti lascio un attimo, non mezz'ora, un attimo solo e tu mi distruggi mezza armeria! Sei un caso disperato...- esordisce mio zio fermo sulla porta, rassegnato a questo genere di incidenti causati fin troppo spesso da mio fratello. - Di grazia, potresti spiegarmi come diamine hai fatto?
- Ho visto l'armatura e volevo vederla meglio, quindi ho tolto uno spallaccio per comprendere meglio in che materiale è stato realizzato, ma mi è scivolato dalle mani cascando sul resto della corazza, provocando una reazione a catena che ho tentato di bloccare, che però si è riversata su di me.- risponde tutto d'un fiato Leonardo.
- Bene. Visto che ti piace tanto, perché non la rimonti? Almeno te la studi.- replica risoluto mio zio, con il sorriso sotto i baffi, uscendo nuovamente dall'armeria.
- Grazie zio.- esclama mio fratello entusiasta.
Ah Leonardo, che tu possa non cambiare mai.
- Ti aiuto?
- Certo sorellina.
Detto ciò cala il silenzio e ci mettiamo a lavoro.


- Questo dovrebbe essere l'ultimo.- dico posizionando l'ultimo pezzo.
- Guarda chi si vede! Leonardo!
- Ezio, amico mio! Come stai?
Mi volto e me li ritrovo abbracciati, come i migliori degli amici. Sembra quasi un abbraccio fraterno.
- Benissimo, tu? Firenze ti sta stretta?- scherza Ezio, ma ne io ne lui potevamo immaginarci la reazione di mio fratello. Ha cambiato completamente umore, rabbuiandosi.
- Leonardo, perché sei venuto?- gli chiedo inquieta.
- Per rivedere te e...
- E...? Parla maledizione.- sbotta Ezio infastidito dal suo comportamento.- Che è successo?
- Già da un po' di tempo volevo venire qui per vedere come stavi, e per parlare di quella lettera.- sussulto, capendo immediatamente che sta parlando di quella che scrisse Caterina.- È stata Paola a convincermi, così avrei potuto portare a voi e allo zio un suo messaggio piuttosto urgente.
- Capisco. Andiamo subito a cercarlo- decido.
- Forse sarà meglio avvertire anche zio Mario.
- Si, tanto saranno insieme a ragionare nello studio, come al solito.


Ci precipitiamo da loro, che come avevo predetto, sono a confabulare qualcosa.
- Zio Mario, Francesco, Leonardo ha un messaggio importante da parte di Paola, della Rosa Colta.
- Ora ce lo vieni a dire? Se l'era urgente potevi dirmelo dianzi, invece di divertirti a distruggere le armature.
- Zio, prima non ho potuto, visto e considerato che non hai smesso nemmeno un attimo di parlare.- si giustifica mio fratello infastidito.
- Buoni voi due. Leonardo, vuoi spiegare?- si intromette Mario.
- Ebbene, Firenze è nel caos. I fiorentini sono agitati, molti si rivoltano, compiono razzie, distruggono e derubano botteghe. Paola ha mandato alcune sue ragazze in giro per la città, per riuscire a capire come è nato questo disordine. Praticamente sono alcuni alleati dei Pazzi, da quel che ho capito Templari, che hanno diffuso brutte voci, ovviamente false, sul conto di Lorenzo il Magnifico; hanno ucciso parecchie persone, addebitando questi omicidi a dei presunti sicari mandati in giro dai Medici per spaventare la popolazione. Il numero delle guardie fiorentine è ovviamente triplicato per tentare di fermare questa dilagante follia, ma così la situazione è decisamente peggiorata, perché la gente è sempre più terrorizzata e arrabbiata per questa sorveglianza ossessiva. In questo modo è facilissimo far ricadere la colpa su chi è al potere di Firenze. Insomma, stanno impazzendo tutti.

 

Il silenzio più glaciale ci circonda. Siamo tutti gelati dalla notizia.
Non posso fare a meno di pensare che anche quella maledetta strega di Caterina sia coinvolta. Un piano ben architettato, non c'è altro da dire.
La domanda più spontanea da porsi è: perché? Per portarci allo scoperto? Forse. Per indebolire il potere dei Medici? Sicuramente. Per far prendere ai Templari il comando su Firenze? Ovviamente. Aspetta però. Se riescono a cacciare, o peggio a uccidere il Magnifico, non sarà solo un problema di Firenze, ma anche di tutta Italia. È grazie a lui se c'è la pace. Se lui venisse tolto di mezzo, cosa accadrebbe?
Pazzi di nome e di fatto. Come si può uccidere decine di persone, distruggere una città intera solo per il proprio egoismo? Non riuscirò mai a capirli. So solo che dobbiamo fermarli.
- Maledetti ratti di fogna! Provocare tutto 'sto macello per lasciar campo libero a quei bastardi! Non lascerò che la mia città vada a rotoli per un paio di pazzoidi guidati dall'egocentrismo! Mario, non so icchè tu vuoi fare te, ma io parto il prima possibile. Non possiamo lasciare Firenze in quelle mani sudice!- dice mio zio sbattendo i pugni sulla scrivania in legno, facendola tremare.
- Francesco, ti capisco, anch'io la penso come te, ma dobbiamo prima organizzarci, preparare un piano, non possiamo andare così, affidandoci al caso, soprattutto perché non riguarda solo Firenze, ma anche tutta Italia, ricordatelo. Il loro obiettivo è distruggere il fragile equilibrio creato da Lorenzo. Il loro unico ostacolo per poi avere campo libero in tutta la penisola è quell'uomo.- ragiona Mario- Innanzi tutto, chi sono questi Templari alleati dei Pazzi?- riprende lui, rivolgendosi a Leonardo.
- Per la maggior parte sono solo scagnozzi, gente di poco conto, che fanno però riferimento a una sola persona...
- E chi è chi è questa persona? Nipote, sputa i'rospo!- dice mio zio sull'orlo di una crisi isterica.
Vedo mio fratello respirare a fondo prima di parlare, come se gli costasse tantissimo.
- Questa persona è Caterina del Fiore.
Impallidisco.
Guardo gli altri presenti e noto che non sono l'unica, perché anche mio zio è bianco in volto come un cencio. Un macigno di tensione ci cade addosso. Quanto gli sarà costato dire l'ultima frase?
-Ehm, che vi prende?- chiede Ezio confuso, sentendo il nervosismo aleggiare nella stanza.
- Chi è questa Caterina del Fiore? Questo nome non m'è nuovo.- dice Mario, anche lui non comprendendo la situazione.
Mio zio sta per rispondergli, ma Leonardo lo anticipa.
- È mia madre.
Ed ecco comparire l'imbarazzo misto a dispiacere e sorpresa nei loro sguardi.
- E non guardatemi così. Purtroppo è una Templare, alleata dei Pazzi, ed è appena tornata all'opera dopo cinque anni. L'ultima volta ha compiuto un gesto orribile,- mentre lo dice mi guarda, alludendo alla morte di nostro padre- ma ora potrebbe fare qualcosa di ancora più terribile se non la fermate. Non dovete permetterle di distruggere il delicato equilibrio creato dal Magnifico in Italia, consegnando la penisola nelle sporche mani dei Pazzi.- mentre parla con così tanta veemenza vedo solo una cosa nel suo sguardo: determinazione.
- Tranquillo nipote, faremo l'impossibile.- gli dice mio zio dandogli una pacca sulla spalla- Non l'avranno vinta.
- Questo sicuramente... Quindi c'è solo lei a Firenze?- dice il proprietario di casa, leggermente in imbarazzo per la situazione di disagio che si è creata.
- Esatto. Dei Pazzi nemmeno l'ombra.- continua mio fratello come se nulla fosse.
- Maledetti bastardi, si nascondono come parassiti.- sussurra tra i denti Ezio.
- Bene, grazie mille per queste informazioni Leonardo.- lo ringrazia Mario- Ora è meglio che andiate. Francesco ed io dobbiamo escogitare un piano.
- Va bene zio. Quando avrete deciso cosa fare, chiamateci.
- Certo Ezio.

 

Usciti dallo studio di Mario ci spostiamo verso il cortile sul retro.
- Maledizione, come diavolo possiamo bloccare questa follia?- ragiona esasperato Ezio.
- Non ne ho idea. So solo che quella donna non fa altro che combinare disastri. Non ci darà mai pace.
- Ricominci con la solita storia? Come sei ripetitiva.- dice divertita una vocina proveniente dalla villa.
- E voi chi... Miranda?! Sei tu?- mio fratello è palesemente confuso nel vedere nostra cugina- Come sei cresciuta! Quanti anni hai?
- Tredici. Tu sei Leonardo vero? Mi ricordo quando catturavi le lucertole con mio padre per vedere com'erano fatte.-lo guarda incuriosita- Ora mi sembri abbastanza normale.- continua sarcastica Miranda, facendo scoppiare Leonardo in una sonora risata.
- Come avrai notato è molto schietta. Ci farai l'abitudine.- gli dico divertita.
- Tanto dopo aver vissuto con te non mi sorprendo più di nulla- mi prende in giro, facendo ridere Ezio e Miranda, che interrompe la conversazione.
- Bene, è stato bello rivederti, ma credo che tu debba parlare con Emma. Quindi levo il disturbo. Ah, prendo in prestito il fustacchione, non ti dispiace vero?- ghigna mia cugina, sembrando quasi innocente. Afferra Ezio per un braccio, per poi trascinarselo via, lasciando entrambi sbigottiti.
Mi volto verso Leonardo, che mi guarda in modo ambiguo.
- Che c'è?
- Cos'è successo fra te ed Ezio?- mi chiede complice. Per un attimo mi è sembrato di vedere una nota di tristezza nei suoi occhi. Me lo sarò immaginato?
- Ehm, niente. Perché questa domanda? No, aspetta, non cambiamo argomento...- mi affretto a dire.
- Veramente quella che sta cambiando discorso qui sei tu.
- Sicuro? Non volevi parlarmi della lettera di Caterina?
- Giusto. È una delle ragioni per cui sono venuto fin qui.
- Ma che scusa le hai inventato?
- Che una nobildonna senese desiderava essere immortalata insieme ai suoi figli in un ritratto. Ovviamente per convincerla le ho detto che mi offriva una buona ricompensa per il lavoro. Lo sai quanto è attaccata al denaro.
- Lo so fin troppo bene.- respiro profondamente incrociando le braccia al petto.- Dimmi, ora che sai la verità, cosa farai?
- Niente, cosa dovrei fare? Per te è più facile, dopotutto non sei realmente sua figlia, quindi sei più libera di fare ciò che vuoi, io invece no. Naturalmente non mi fido più di lei, però non posso venir via o comportarmi diversamente, altrimenti si insospettirebbe; e poi, anche se sono consapevole che è stata lei ad uccidere nostro padre, le voglio ancora bene.- ragiona Leonardo mentre si siede su una panchina- I sentimenti non si possono controllare.
- È logico, tranquillo. È pur sempre tua madre. Per me non è la stessa cosa, lo sai. Non riesco a provare dell'affetto nei suoi confronti, tranne se ripenso alla mia infanzia. Voglio continuare a credere che almeno quando ero una bambina mi volesse realmente bene.- sospiro sedendomi accanto a lui, che mi abbraccia dolcemente.
- Emma, ti assicuro che ti amava veramente, ti considerava davvero sua figlia. La prima volta che ti ha vista le luccicarono gli occhi per la gioia. Purtroppo è cambiata quando ha visto che crescendo assomigliavi sempre di più ad Albiera, all'incirca verso i sette anni. Così l'odio che provava per lei si è poi riversato su di te, ma solo perché le ricordavi l'amica che le rubò l'uomo che amava.
Solo lui riesce sempre a tranquillizzarmi con così poche parole.
- Leonardo, ma tu sai perché Caterina odiava così tanto mia madre, oltre per il fatto che le portò via nostro padre e te? Secondo me c'è qualcos'altro sotto. Capisco che la gelosia porti alla distruzione se non a peggio, ma è troppo debole come ragione.
Perché uccidere l'uomo per cui è nata questa rivalità? Solo perché intralciava i piani di conquista dei Templari? Non ha senso. Deve essere accaduto qualcosa. Ah, più tento di capirci qualcosa e più sono confusa.
- Non lo so, ma il tuo ragionamento non fa una piega. Comunque non scervelliamoci per il passato. Piuttosto pensiamo al presente.- mi dice in modo rassicurante e convincente.
- Ecco, perché tornare in azione ora? Non riesco a capire.
- Emma, calmati un po'. Le risposte arriveranno. Ogni mistero, prima o poi, si risolve. Si deve solo aver pazienza e fare attenzione agli indizi giusti. Va bene?
- Va bene... Dimmi un po', come hanno reagito Vieri e Caterina alla mia fuga?- le mie labbra si piegano in un ghigno- gli è piaciuta la sorpresa?
- Non so che reazione ha avuto Vieri, ma mia madre era parecchio alterata. Nervosa, tesa direi. Dopo qualche settimana che te n'eri andata, durante una conversazione apparentemente insignificante, ha iniziato a dire che sei una svergognata perché sei scappata da tuo marito. Io chiaramente ti ho difesa, tentando di giustificarti, ma lei non ha sentito ragioni. Ripensandoci ora che so che è una Templare, sembra quasi che tu le abbia rovinato i piani.
- Può darsi... forse è per questo che sta tentando di far crollare il potere dei Medici. È per farsi perdonare dai Pazzi.
- Può darsi.- dice fissando una cavalletta che saltella fra l'erba.- Bene, ora dimmi: cos'è accaduto fra Ezio e te?- riporta lo sguardo su di me, sorridendo sornione.
- Ma cosa c'entra con tua madre?
- Niente. Ora rispondi. E dai, non c'è bisogno di arrossire, sono tuo fratello.
- Cosa ti fa pensare che è successo qualcosa fra noi due?
- La vostra reazione al comportamento di Miranda è fin troppo chiara. Quella ragazzina è un perfido genietto.
- Non dirlo a me, in questi giorni non ha fatto altro che fare congetture su me e Ezio.
- E queste supposizioni sono fondate?
- ...si- rispondo in preda alla vergogna.
- Oh, e ci voleva tanto?- mi dice felice, anche se il suo sguardo sembra nascondere un briciolo di sconforto.
- Leonardo, che ti succede?
- Cosa vuoi dire?
Sto per rispondergli quando arriva Miranda, seguita da Ezio, ad informarci.
- Ragazzi, mio padre e Mario vogliono parlarci.
- Arriviamo.

 

- Ecco il piano. Fra due giorni andrete a Firenze insieme a Francesco e vi incontrerete con dei nostri alleati per sistemare questa situazione. Io resterò qui a proteggere il borgo nel caso venga attaccato.
- Posso venire anch'io?- chiede speranzosa Miranda.
- Dove vorresti andare signorina?!- sbraita mia zia Alessandra intromettendosi nella conversazione con prepotenza, rivolgendosi a sua figlia.
- Ehm...- Miranda senza parole? Domani gli asini voleranno.- voglio andare anch'io a Firenze.- dice la ragazzina con il suo solito sorrisetto da canaglia.
- Che razza di faccia tosta! Uguale a tuo padre! Ma nemmeno per sogno! Guardiamo se impari qualcosa aiutando Claudia. Voi continuate pure a pianificare.- dice risoluta mia zia, trascinandosi dietro Miranda.
- Ehm, cosa stavamo dicendo?- chiedo tentando di riprendere il filo del discorso.
- Che fra qualche giorno andrete a Firenze.
- Zio, ma il nostro addestramento non è completo, l'abbiamo iniziato solo da qualche settimana.- si intromette Ezio.
- Ha ragione. Non so lui, ma io non mi sento per niente pronta.- aggiungo.
- Sarà un ottimo modo per mettervi alla prova. Leonardo, che tu potresti decodificare le pagine del Codice che abbiamo trovato? Potrebbero contenere nuove armi o delle migliorie per quelle già in nostro possesso.
- Ma certo zio. Lo sai che mi entusiasmano queste cose.- dice mio fratello euforico, prendendo le pergamene che Mario gli porge, per poi scomparire a passo di marcia nello studiolo qui accanto.
- Nel frattempo voi due continuerete ad allenarvi. Ah Emma, vieni un attimo con me.
- Va bene zio.

 

Saliamo le scale in completo silenzio, entrando poi in camera mia.
Guardo confusa mio zio, che mi risponde con un cenno della testa, indicandomi il letto, anzi l'abito che vi è sopra. Avvicinandomi capisco cos'è. Una divisa da Assassina.
La prendo in mano con cautela, per paura di sciuparla.
- Che significa?- chiedo voltandomi, trovando entrambi gli zii a guardarmi seri- Di chi è questa divisa?
- Apparteneva a tua madre.
Cosa?! Mia madre? Un'assassina?!
Mi siedo sul letto, fissando i decori in rosso sul cappuccio immacolato.
- Era un'assassina?
Mia zia sospira, sedendosi accanto a me.
- È arrivato il momento che tu conosca tutta la verità riguardo ai tuoi genitori. Devi sapere con chiarezza chi era Albiera...




 

L'Angolino dell'autrice

Salve a tutti gente! :D
Perdonate il gigantesco ritardo di più di un anno ma dovete sapere che scrivere questo capitolo è stata un parto laborioso -.-'
Inizialmente doveva essere decisamente più lungo (circa quindici pagine), che, fra alti e bassi, ero riuscita apparentemente a finire dopo nemmeno due mesi. Poi l'ho rivoluzionato completamente un'infinità di volte, arrivando a ventidue pagine.
Così ho deciso di dividerlo in due parti ^^'
Ed ecco qui una parte del risultato.

Ebbene, Leonardo non ha portato buone notizie, quindi i nostri “eroi” dovranno andare a Firenze per sistemare il disordine causato da Caterina.
Come potete ben intuire nel prossimo capitolo gli zii Alessandra e Francesco racconteranno il passato dei genitori di Emma e Leonardo.

Spero come al solito che vi sia piaciuto e vi ringrazio per aver letto e/o per aver messo la storia fra preferite/seguite/ricordate, non avete idea di quanto valga per me ^u^
Se avete un briciolo di tempo lasciate un commento, anche minuscolo, che sia per dare consigli, apprezzamenti o insulti, insomma, per dirmi che ne pensate. Fa sempre piacere riceverne ed è anche un ottimo modo per migliorarsi :D
Grazie per essere passati e scusate ancora per il ritardo.
A presto! (questa volta per davvero XD)

Ale

 

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Capitolo 20
*** Amicizia e odio ***


 


Firenze, anno 1448


Era una mattinata piovosa di Febbraio quella in cui suo padre le diede l'ennesimo incarico.
- Quest'oggi tornerà a Firenze la famiglia del Fiore dopo un anno passato a Roma. Sono affiliati dei Templari, quindi nostri nemici e un pericolo per la nostra città.

Albiera era in piedi, di fronte alla massiccia scrivania dell'uomo, senza nessuna espressione in volto. L'unica manifestazione del suo nervosismo era il continuo picchiettare del suo indice sulla superficie di legno.
- Padre, arrivate al punto.- disse infine seria.
- Ebbene, i coniugi del Fiore hanno una figlia della tua età che stanno avvicinando al loro ordine. Il suo nome è Caterina. Il tuo compito è quello di entrare in contatto con lei, diventando sua amica, per ottenere informazioni sui piani templari. Devi scoprire il più possibile, capito?
La ragazza rimase in silenzio, pensierosa sul da farsi.
- Praticamente devo infiltrarmi nella sua famiglia e conquistarmi la loro fiducia.
- Esatto.
Albiera sospirò pesantemente, per poi incrociare il suo sguardo smeraldo con quello del padre.
- Capito. Troverò il modo di imbattermi casualmente sul suo cammino.

 

 


Stava passeggiando tranquilla per le vie della sua amata città.
Finalmente era tornata. Quell'anno passato a Roma era stato a dir poco caotico.
Prima il trasferimento improvviso, poi le strane riunioni a cui partecipavano i suoi genitori, di cui le veniva detto ben poco. L'unica cosa positiva era stata visitare quell'immensa e stupenda città, colma di antichità e bellezza... però Firenze era sempre nei suoi pensieri.
I piccoli vicoli quasi claustrofobici ricchi di fascino e mistero, il verde lussureggiante delle colline attorno alla città, i palazzi magnifici, l'acqua dorata dell'Arno al tramonto. È vero, in confronto all'infinita Roma, Firenze sembra nient'altro che un misero borghetto periferico, ma è proprio per questo che le piaceva così tanto.
Interruppe il fiume di pensieri portando l'attenzione attorno a sé.
Era in Piazza Santa Maria Novella, al cospetto della bella chiesa. Si mise a sedere su una delle tante panche presenti, mettendosi a contemplare l'edificio, mentre stringeva forte la piccola croce che aveva al collo.
È sempre stata molto religiosa, forse perché la sua famiglia l'ha indirizzata sin da piccola a credere fermamente e ciecamente nella chiesa e in Dio. Per questo ha sempre affidato la sua vita nelle Sue mani, con la convinzione che Lui l'avrebbe sempre guidata nella giusta via.
Purtroppo la verità era un'altra. Era un burattino sotto il controllo di suo padre, che era in diretto contatto con la massima autorità, sia ecclesiastica che templare.
Inconsapevolmente il futuro di Caterina era già segnato, o almeno era così fino a quel momento, quando una ragazza dagli occhi verdi e i capelli di fuoco non le rivolse la parola.
- Scusatemi, posso sedermi di fianco a voi?
- Certo, fate pure.- disse la prima, facendo spazio alla nuova arrivata, che quasi si lasciò cadere sulla panchina in pietra.
- Grazie mille, non ce la facevo proprio più. Quella maledetta cassa mi stava spezzando la schiena. Ah, che maleducata, ne volete una?
Caterina rimase disorientata dal comportamento di quella curiosa ragazza, accettando però volentieri la mela che quest'ultima le stava porgendo.
- Ditemi, vi siete appena trasferita? Aspettate, forse no. Il vostro viso non mi è nuovo. Forse abitavate qui e ora siete in visita?
- Ehm, no. Io ho sempre vissuto qui, però sono stata in viaggio per un lunghissimo anno a Roma.- le rispose la ragazza dai capelli biondi, continuando a rigirarsi fra le dita il ciondolo.
- E voi perché vi portate appresso tutta questa frutta?
- Mio padre mi ha semplicemente mandata a comprarla. Però si è dimenticato del piccolissimo fatto che essendo una donna non riesco a portarmi dietro questo carico molto pesante.- si lamentò la misteriosa ragazza.- A proposito di mio padre: se non rientro fra poco saranno guai. Grazie mille per la piacevole conversazione e scusatemi se vi ho arrecato disturbo.
- Quale disturbo, anzi, mi avete alleggerito la giornata. Volete una mano? Vi vedo piuttosto instabile.- si offrì Caterina avvicinandosi alla fanciulla.
- Grazie infinite, mi farebbe davvero comodo un po' d'aiuto.

Dieci minuti dopo si erano fermate davanti a una bella abitazione. Anche lei doveva essere di buona famiglia.
- Che dire, grazie per avermi aiutata ehm... qual'è il vostro nome?
- Giusto, non ci siamo presentate. Io sono Caterina del Fiore. Voi?
- Albiera di Giovanni Amadori, piacere di conoscervi.- disse la ragazza dagli occhi smeraldo mimando un mesto inchino, scoppiando poi a ridere.
- Il piacere è mio Albiera. Bene, vi lascio alla vostra frutta e me ne vado a casa. Prevedo che mia madre sarà un po' in pensiero. Arrivederci e buona giornata.- disse incamminandosi verso la via del ritorno, salutando la nuova amica.

 

 

 

Passò il tempo e le giovani erano sempre più inseparabili.
Albiera riuscì ad ottenere la fiducia di Caterina, però non tentò mai di carpirle delle informazioni, sarebbe stato estremamente imprudente. Per sua fortuna Caterina la ospitò svariate volte a casa sua, ed era proprio in quelle occasioni che si adoperava a cercare qualcosa. Non appena la giovane padrona di casa si distraeva, Albiera ne approfittava per frugare fra i cassetti e gli armadi, sbirciare nelle stanze, origliare conversazioni, e fu proprio per una di queste che iniziò a dubitare di tutto.

 

Prima di allora credeva che Caterina fosse un'apprendista templare, o che comunque sapesse molte cose sull'ordine a cui apparteneva la sua famiglia. Invece scoprì che era ignara di tutto ciò e dei piani che suo padre, e altre persone, avevano per lei. A breve l'avrebbero letteralmente venduta a un uomo dell'alta società romana, nipote di un influente vescovo: Rodrigo Borgia. In questo modo la famiglia del Fiore sarebbe diventata una delle più influenti in Italia. Albiera rimase sconvolta da quella scoperta. Caterina era considerata poco più di una bambola, una merce di scambio, l'agnello sacrificale. Era solo lo strumento per arrivare al potere.
Si allontanò dalla stanza e si avviò rapida alla porta d'ingresso.
- Albiera, dove stai andando? I tuoi dolcetti preferiti sono pronti.- disse sorridente la ragazza.
- Caterina, perdonami, ma mi ero completamente scordata di avere un impegno piuttosto urgente. Se ti va questo pomeriggio possiamo andare a fare una passeggiata.
- Ma...
- Vedrai, mi farò perdonare. A più tardi!- esclamò la ragazza uscendo velocemente dall'abitazione, lasciando il silenzio assoluto come unica compagnia a Caterina, che rimase a dir poco scossa dal atteggiamento bizzarro dell'amica.

 

Stava tornando in tutta fretta verso casa, mentre ripercorreva mentalmente tutto ciò che riguardava la sua missione.
Carpirle delle informazioni? Sin da subito le era sembrata una cosa sbagliata, avendone poi la conferma quando ormai si era fin troppo affezionata a quella fanciulla così ingenua. Stava male per ciò che faceva. Spiava, rovistava fra le cose altrui, ma la cosa peggiore di tutte è che stava tradendo la fiducia di Caterina.
Lei, che considerava come la sorella mai avuta. Ingannarla in quel modo la faceva sentire miserabile, peggio di qualsiasi malfattore, soprattutto ora che sapeva la verità sulla sua famiglia. Tutte le persone che le stavano accanto le mentivano, la sfruttavano per secondi fini. Albiera era rimasta disgustata dal piano del padre dell'amica, ma al contempo anche da sé stessa. Lei non era assolutamente meglio di lui. Si smarrì, non sapeva più cosa fare. Doveva riferire tutto quello che aveva scoperto, o restare in silenzio? Se lo avesse comunicato cosa sarebbe potuto accadere?
Suo padre sicuramente ne avrebbe approfittato per fermare i Templari, ma Caterina? Che fine avrebbe fatto?
Fu così che prese la sua decisione. Abbandonò la missione, ovviamente non facendosi scoprire dal padre.

 

 

 

- È lui?
- Si! Non è bellissimo?- disse Caterina adorante.
- Si, devo ammetterlo, è davvero un bel ragazzo.- Caterina si voltò di scatto verso l'amica, guardandola di sbieco- Tranquilla! Non te lo rubo!- si affrettò ad aggiungere Albiera.
- Mmm, bene...- le rispose Caterina, ricominciando a guardare estasiata il ragazzo.
- Almeno sai il suo nome?
- Ehm, no.
- Sei un caso disperato.
- Non è vero!... Ho un piano al riguardo.- esclamò Caterina tirando il braccio di Albiera.
- Sentiamo.
- Allora, ora tu vai da lui e gli chiedi il nome.
- Sei seria?
- Ma certamente! Ho la faccia di una che scherza?
- No, piuttosto sembri disperata. Comunque assolutamente no.- rispose risoluta la ragazza dai capelli rossi.
- Ma perché?
- Perchè se vado io crederà che sia io quella invaghita di lui. Quindi, fatti vedere...sei perfetta. Prendi un bel respiro e vai a parlare con lui.- e fu così che spinse la ionda fanciulla verso il ragazzo, per poi dirle- Buona fortuna e fatti valere!

Con questo incoraggiamento Caterina si avvicinò, forse a passo un po' troppo lento, al giovane. “Com'è bello...” pensò per l'ennesima volta mentre lo guardava.
E in effetti ne aveva tutte le ragioni. Era alto, con un fisico prestante e snello. Gli occhi azzurri risaltavano immediatamente con il castano scuro dei suoi capelli, leggermente arruffati. La ragazza continuava a guardarlo mentre avanzava, stringendo fra le dita la croce che aveva al collo, pregando e confidando che Lui avrebbe fatto andare tutto nel migliore dei modi. Presa com'era dai suoi pensieri non si accorse di alcune casse poggiate a terra poco lontane da lei. Il risultato? Ovviamente inciampò su di esse, cadendo rovinosamente addosso al bel ragazzo da cui era così tanto affascinata.
Per fortuna lui riusci a restare in piedi, reggendo con le braccia possenti la giovane.
- Vi siete fatta male madonna?- chiese gentile.
Caterina alzò lo sguardo, incontrando quello da cucciolo di lui che la fissava con preoccupazione. Rimase momentaneamente senza parole.
ualche instante dopo si ricordò della situazione bizzarra in cui era finita.
- O mio Dio! Cosa ho combinato!? Perdonatemi messere, purtroppo tendo a immergermi un po' troppo nei miei pensieri. Ah, sono un disastro.
- Ma cosa dite. Calmatevi. Piuttosto, state bene?- continuò lui, aiutando la fanciulla a ritrovare l'equilibrio.
- Si si, state tranquillo, sana come un pesce.
- Ne sono lieto. Se non sono indiscreto, qual'è il vostro nome madonna?
- Caterina del Fiore. Il vostro?- chiese timidamente.
- Piero da Vinci. Madonna, posso essere così sfrontato da chiedervi a cosa stavate pensando prima di piombarmi addosso?- disse lui sorridente.
Il primo impulso fu quello di dirgli “stavo pensando a voi”, per fortuna riuscì prima a ragionare, evitandosi una figuraccia. - A una cosa di cui mi hanno parlato poco fa.
- Salve messere, scusate l'interruzione. Caterina, dobbiamo andare, altrimenti tuo padre si infurierà per il ritardo.- le disse Albiera arrivando in suo soccorso, prendendola a braccetto.
- Oh, si, hai ragione. Perdonatemi messere, ma devo andare.- Caterina si rivolse sconsolata a Piero.
- Non voglio far aspettare oltre vostro padre, ma voglio essere sicuro di potervi rivedere.- disse tutto d'un fiato il giovane, rosso in viso per l'imbarazzo.
Passarono vari secondi prima che la ragazza dai capelli biondi si riprendesse dallo stato di confusione, aiutata da una gomitata dell'amica.
- Ehm, certamente. Ca-capiterà senz'altro l'occasione. Ora perdonatemi, ma devo congedarmi. A presto messer da Vinci.- gli rispose Caterina impacciata ed emozionata come non mai, mentre veniva trascinata via da Albiera, ormai spazientita.

 

Ovviamente quello non fu il loro ultimo incontro, anzi, fu il primo di tanti altri, portando inevitabilmente i due ad innamorarsi. Fu così che iniziò la loro relazione, ovviamente tenuta nascosta ad entrambe le famiglie. L'unica ad esserne a conoscenza era Albiera, che veniva costantemente informata da Caterina.




- Che cosa hai detto?!- esclamò sconvolta, lasciandosi crollare sulla sedia più vicina.
- Forse aspetto un bambino da Piero.
- Ne sei sicura?
- Credo di si...
- Cosa vuol dire “credo di sì”?! Lo sei o no?
- Allora, negli ultimi mesi sono un po' ingrassata, spesso ho fame ma anche mal di stomaco, e poi non mi è più venuto...insomma...hai capito...- disse Caterina titubante, aspettando la reazione dell'amica.
- “Negli ultimi mesi” quanti mesi sono esattamente?
- Ehm... forse quattro...
- Quattro?! Caterina, ma cosa diavolo ti è saltato in mente?! Eppure di solito sei così pudica e, soprattutto, responsabile.
- Ma io lo amo. E poi se Dio ha voluto che accadesse...
- Ora non iniziare con la storia “l'ha voluto Dio”. Non l'ha voluto Lui, l'hai voluto tu.
- Ma perché sei così arrabbiata? Non capisco...
- Non sono arrabbiata, sono solo preoccupata. Lo sai che sono entusiasta se voi due state insieme, dopotutto sono un'inguaribile romantica, ma hai pensato alle conseguenze? Cosa diranno i tuoi genitori quando lo scopriranno?
- Molto probabilmente si adireranno con me...- le rispose la bionda, mentre si torturava le mani.
- Ma non è solo questo il problema! Ti sei dimenticata che sei promessa a un altro uomo?!
Non appena realizzò cosa disse Albiera, Caterina sbiancò in volto, come se si fosse ricordata qualcosa di vitale importanza.
- O mio Dio! Come ho potuto scordarmi una cosa del genere? Se lo scoprisse non solo non mi sposerebbe, ma tutta la città verrebbe a saperlo e io sarei letteralmente rovinata!- esclamò vicina alle lacrime, sedendosi sul letto dell'amica, tremante come una foglia. La ragazza dai capelli rossi si mise al suo fianco, abbracciandola, tentando di consolarla.

 

Purtroppo la previsione di Albiera divenne realtà qualche mese più tardi, quando i genitori di Caterina scoprirono la sua gravidanza. Ne rimasero sconvolti e adirati all'inverosimile. Il matrimonio e tutti i benefici che ne sarebbero conseguiti erano a rischio. Per questo tennero nascosta la questione, per evitare scandali e l'annullamento delle nozze.
 

Il 15 Aprile del 1452 Caterina diede alla luce un bellissimo bambino, che venne chiamato Leonardo. Naturalmente Rodrigo Borgia, il promesso sposo di Caterina, scoprì tutto e si rifiutò di prenderla in moglie, indignato e offeso dall'accaduto.
 

La situazione per i due innamorati peggiorò di giorno in giorno.
In città si sparlava, varie voci si diffusero, portando le due famiglie a provvedere.
Venne così deciso che Caterina si sarebbe sposata con un ricco nobile, ovviamente templare, molto più vecchio di lei; inoltre avrebbe dovuto rinunciare a Leonardo, essendo il frutto della relazione illegittima fra lei e Piero.
Anche per lui erano state decise le nozze con una ragazza di buona famiglia.

 


 

- State scherzando, vero padre?
- Certo che no. Ho la faccia di uno che scherza?- le chiese l'uomo con sguardo di pietra, fronteggiato da quello della figlia.
- No, ma potete star certo che nemmeno io sto scherzando. Non mi sposerò con quel ragazzo.
- Non fare la bambina! Non è una domanda, è un ordine!
- Ho sempre fatto tutto quello che mi avete chiesto! Ho eseguito ogni ordine che mi avete impartito! Sono sempre stata fedele sia a voi, padre, che alla Confraternita! Mi sembra di essermi comportata correttamente sia come figlia che come Assassina! Potete chiedermi di tutto, ma questo no. Non posso farlo.
- I da Vinci sono una famiglia di notai molto rispettabile, inoltre sono anche loro Assassini. Non potrei trovarti un ragazzo migliore. Dammi un buon motivo per cui non dovresti sposarlo.
- Ne ho più di uno. Primo: non provo nulla per lui; secondo: lui ama Caterina del Fiore e lei contraccambia; terzo: Caterina è mia amica e non posso sposarmi col suo uomo.
- A quanto pare ti sei fatta coinvolgere troppo. Mi deludi Albiera, non è da te.- disse suo padre mentre si alzava dalla sedia, guardando la figlia con sufficienza per poi osservare pigramente le persone oltre la vetrata dello studio.- La vicinanza di quella ragazza ti ha rammollito. Non hai trovato niente stando con lei. Non sei nemmeno riuscita a scoprire che era promessa in sposa al nipote di un potente vescovo. Sei sembrata un'incapace sia ai miei occhi che a quelli dei superiori. Mi hai fatto passare per un povero idiota. Dovresti vergognarti. Mi hai disonorato.
Albiera rimase di sasso. Suo padre sapeva tutto e aveva intenzione di fargliela pagare così.
- Padre, ve ne prego, qualsiasi altra cosa, ma non questa.
- Ora basta! Tu sposerai Piero da Vinci, che lo tu lo voglia o no! Ora vattene!- esclamò perentorio l'uomo, battendo un pugno sulla scrivania sottolineando la serietà e l'inflessibilità di quelle parole.

 

 

 

- Caterina, bimba mia, non piangere così.
- Perchè mi state facendo questo?! Mi avete tolto mio figlio, mi avete separato da Piero e mi impedite di parlare con Albiera!- disse Caterina fra i singhiozzi rivolgendosi alla madre.
- Tesoro, è per il tuo bene. È per salvarti dalle voci che girano in città.
- Ma cosa vuoi che me ne importi delle pettegole che sparlano?!
- Caterina! Datti un contegno!- esclamò suo padre, apparendo come un gigante oscuro sulla soglia della stanza.- Non capisci che ti hanno preso in giro per tutto il tempo? In particolare quell'Albiera.
- Padre, ma cosa dite?
- Ho fatto delle ricerche. Albiera di Giovanni Amadori è un'Assassina. La sua missione era quella di ottenere informazioni sul nostro Ordine. Ecco perché si è avvicinata a te. Sei stata solo un mezzo per il suo scopo, nient'altro. Ha sempre finto. A proposito, sai chi è la futura moglie di Piero? La tua cara amica Albiera. Saranno sicuramente una bellissima coppia di Assassini.- disse suo padre, non tentando nemmeno di nascondere un ghigno sadico.
Caterina non rispose. Era sconvolta. Rimase immobile, inerme. Solo il suo respiro e le lacrime che le scendevano sulle guance dimostravano che fosse viva, che non fosse una statua di marmo, perché è del marmo che la sua pelle aveva il colore.
- … non può essere... A-Albiera non avrebbe mai potuto farmi una cosa del genere...
- Ti sei sbagliata molto sul suo conto. Pensaci, ti ha più cercata? Ovviamente no. Ha ottenuto quello che voleva: ha rovinato la tua vita portandoti via il ragazzo che ami e tuo figlio.
Come scossa da un fulmine si alzò in piedi, si asciugò rabbiosa le lacrime e con un secco “vado a farmi una passeggiata” uscì di casa a passo di marcia.

 


 

Non riusciva a darsi pace.
Erano passate due settimane da quando c'era stato lo scandalo e ancora non era riuscita a incontrarla. Ogni volta che si presentava a casa sua per parlarle, ovvero quasi ogni giorno, o non le apriva nessuno o i genitori di Caterina le davano sempre la stessa risposta: “Caterina non si sente bene e non vuole vedere nessuno. Soffre troppo poverina”. Non sapeva più cosa fare. Lei voleva solo vederla, consolarla e dirle, prima che lo facesse qualcun altro, che a breve avrebbe dovuto sposare il suo Piero e che avrebbe cresciuto Leonardo al posto suo.
Era da questi pensieri che tentava di scappare con la lettura, fino a quando non sentì bussare alla porta di camera sua. Non appena alzò lo sguardo dalle pagine si ritrovò davanti Caterina.
- Caterina! Ero così in pensiero. Come stai? Vieni, mettiti a sedere.
- Non ce n'è alcun bisogno, sarò breve. So tutto, quindi non devi più fingere.
- Di cosa stai parlando? Non capisco.
- Invece lo sai benissimo, Assassina.
Appena la chiamò a quel modo Albiera sbiancò in volto e temette il peggio.
“Chissà quante bischerate le avranno detto...” pensò.
- Caterina, posso spiegare.
- Sentiamo, son tutta orecchi.- disse fredda la bionda, incrociando le braccia al petto. Albiera non l'aveva mai vista così.
La ragazza dai capelli rossi prese un profondo respiro e iniziò a parlare.
- Inizialmente la mia missione era quella di carpirti più informazioni possibili sui Templari, ma capii quasi subito che tu non sapevi nulla. Un giorno sentii una strana conversazione tra tuo padre e un uomo incappucciato, nella quale dicevano che ti avrebbero fatta sposare con il Borgia solo per soldi e potere. A mio padre non dissi nulla e mai l'ho fatto. Ormai mi ero affezionata troppo a te. Fu in quel momento che decisi di abbandonare la mia missione. Quindi è stato solo nel primo mese da quando ci siamo conosciute che ho fatto il doppio gioco.- disse tutto d'un fiato Albiera, lasciando il posto al silenzio carico di tensione.
- Non posso credere che tu mi stia mentendo così spudoratamente.
- Non è vero! Tutto quello che ho detto è la pura verità!
- E allora, se tu fossi davvero affezionata a me come dici, perché non sei mai venuta a trovarmi?! Mai, nemmeno una volta! Avevo bisogno del tuo aiuto e del tuo sostegno più che mai e tu non ti sei fatta viva!
- Ma cosa stai dicendo!? Sono venuta quasi ogni giorno a casa tua per tentare di parlarti, ma ogni volta i tuoi genitori si inventavano una scusa per non farmi entrare, o addirittura facevano finta di non esserci!
- Loro mi hanno detto il contrario e sinceramente credo a loro piuttosto che a una doppiogiochista come te.
- Ti ripeto che ho mentito solo all'inizio di tutto e basta!
- Certo, ora ovviamente non mi stai mentendo, non mi stai nemmeno tenendo nascosto che a breve ti sposerai con Piero e che farai tu da madre al mio piccolo Leonardo!
- Te lo stavo per dire, ma a quanto pare i tuoi genitori ti hanno già informato. Comunque io non voglio sposarmi con lui, perché è il tuo ragazzo e perché non lo amo. Me l'ha imposto mio padre.
- Ovvio, non è mai colpa tua. Sei solo riuscita nell'intento di rovinarmi la vita!
- Se ora siamo in questa situazione di sicuro la responsabilità non è mia. Chi è che ha intrapreso una relazione segreta con Piero quando era già fidanzata? Chi è che ci ha fatto un figlio? Di sicuro non io. Sbaglio o te l'ho detto sin dall'inizio che era una cosa rischiosa, che dovevi stare attenta? Ognuno raccoglie ciò che semina. Hai fatto le tue scelte, e ora, purtroppo, è questo il prezzo da pagare. Senza volere ci sono finita di mezzo anche io, e purtroppo non posso farci nulla.
Caterina non rispose a quella sfuriata perché in cuor suo sapeva che Albiera aveva ragione.
- Ovviamente potrai venire quando vuoi a farci visita, che sia per vedere Piero o, soprattutto, per vedere tuo figlio. Non voglio che si scordi di sua madre. Voglio che tu ci sia nella sua vita, contrariamente a cosa pensano i nostri genitori.
Uno sguardo sorpreso e grato spuntò sul volto di Caterina, che però venne repentinamente sostituito da un sorriso sprezzante.
- Hai ragione, ho fatto svariati errori, ma non mi fido più di te ormai. Non voglio la tua elemosina. Riuscirò a riavere mio figlio, stanne certa.- ringhiò rabbiosa Caterina con le lacrime agli occhi. Avrebbe con tutto il cuore accettato la proposta di Albiera, ma le parole dei suoi genitori le tornarono alla mente, facendole così rifiutare controvoglia l'offerta. - Bene, ora posso anche andarmene, non voglio più sentire una tua sola parola.- disse avviandosi alla porta, per poi fermarsi sulla soglia e voltarsi verso Albiera con sguardo deciso.- A proposito, stavo per scordarmi una cosa. Sappi che ora anch'io sono a tutti gli effetti una Templare. Io e i miei compagni faremo di tutto per rovinare te e tutti i tuoi alleati. Mi raccomando, riferiscilo a tuo padre.
E fu così che se ne andò, lasciando Albiera nel silenzio assoluto. Quel silenzio era la fine della loro amicizia.

 

 

 

Passò un anno da quel giorno, un anno in cui ci furono altre discussioni e i matrimoni che legarono Albiera con Piero e Caterina con un vecchio Templare.
Poco dopo le nozze il marito di Caterina venne ucciso da qualche Assassino, lasciando la povera ragazza vedova.
Nel frattempo Albiera e Piero finirono per innamorarsi, vivendo un bellissimo periodo con il piccolo Leonardo.
Si scontrarono più volte con Caterina, sia discutendo che combattendo.
Era arrabbiata, gelosa. Si sentiva ferita e tradita da entrambi.

 

Anche se era diventata una dei migliori Templari dell'epoca, era sempre soggiogata e manovrata da altri, andando spesso contro i suoi stessi ideali. Interiormente era estremamente fragile, facilmente influenzabile a causa della sua continua fede in un “volere superiore” e per la situazione con Piero e Albiera.
 

Col passare del tempo però divenne sempre più ossessionata da Piero e Leonardo, rendendo spesso nervosa Albiera, che di conseguenza aveva reazioni impulsive e irruente, qualche volta anche violente. Purtroppo stava diventando facilmente alterabile.
 

Per fortuna Caterina si rassegnò e visse in tranquillità, come i due Assassini con il piccolo Leonardo, che anno dopo anno cresceva sempre più intelligente e curioso, preannunciando un futuro assai radioso.
 

Qualche anno dopo Albiera si scoprì in dolce attesa.
Era euforica, e come lei lo erano anche Piero e, soprattutto, Leonardo.

 

 


6 Agosto 1459


- Zio Francesco! Zia Alessandra! Finalmente sie-siete arrivati! Lo sapete che ave-avete ritardato di dieci minuti?- disse il bambino di ormai sette anni andando in contro ai suoi zii preferiti.
- Non ti sfugge proprio niente ometto.- disse Alessandra chinandosi ad abbracciare, anzi, stritolare il suo amato nipote. Adorava i bambini e ne avrebbe tanto voluto uno, purtroppo non era mai riuscita a portare a termine nessuna delle tre gravidanze, arrivando ad arrendersi all'idea che non avrebbe mai stretto tra le braccia un figlio tutto suo. La sua consolazione erano i suoi numerosi nipoti, anche se doveva ammettere che il piccolo Leonardo era il suo preferito. Forse erano i suoi occhietti azzurri colmi di arguzia, o il suo sorriso smagliante, spesso con qualche dente mancante, o la sua intelligenza e curiosità, doti alquanto incredibili e fuori posto per un bambino della sua età.
- Oh Alessandra! Lascialo respirare! Se lo stritoli dell'altro scoppia.- disse a sua moglie un giovane e fin troppo becero Francesco, tentando di riportare la sua amata alla realtà. Sapeva benissimo perché si comportava così e ogni volta gli si struggeva il cuore al pensiero del dolore e del desiderio quasi utopico della sua Alessandra.
- Oh scusami tesoro. Ti ho stritolato troppo?
- No zia, tra-tranquilla. Mi piacciono tanti i tuoi abbra-abbracci.
- Oh tesorino!- disse Alessandra ricominciando a stringere Leonardo.
- E basta! Così lo ammazzi sui serio. Sfogherai tutto quest'affetto più tardi.
- Francesco! Non davanti al bambino!- esclamò la moglie alzandosi e piazzandosi davanti al marito con sguardo sconvolto.
- Icche ho detto? Non ho mica detto che dopo tromber-
- Oh Francesco! Per favore! Vorrei evitare che mio figlio iniziasse a parlare come uno scaricatore di porto.
- Così tu m'offendi fratellino.- disse Francesco scoppiando in una fragorosa risata.
- Zi-zio, non mi hai ancora salutato.- si lamentò il piccolo, tirando la manica dell'uomo.
- Oddio, l'è vero! Vieni qui nanetto!- esclamò Francesco prima di chinarsi per abbracciare bonariamente il nipotino. Visti così, uno fra le braccia protettive dell'altro, sembravano quasi padre e figlio da quanto si somigliavano.
Stessi occhi azzurri, stessi capelli biondi.
Appunto però, sembravano.
Avranno anche avuto lo stesso colore degli occhi, ma lo sguardo di Leonardo era di una dolcezza infinita, da cerbiatto come quello del padre, in netto contrasto con quello da furbastro di Francesco.
- Ora andiamo di là dalla ma-mamma!- disse il bambino iniziando a saltellare come un grillo in soggiorno, seguito dal padre e dagli zii.
- Mamma! Vi-visto chi è arrivato?
- Albiera cara! Ti vedo raggiante!- esclamò Alessandra entrando nella stanza.
- In effetti lo sono.- disse sorridente Albiera. La maternità le aveva addolcito ulteriormente i tratti, rendendola la personificazione della felicità.
- Quando dovrebbe nascere?- chiese Francesco, mentre si sedeva accanto alla moglie.
- Il medico dice a breve, ma non sappiamo esattamente quando.- gli rispose suo fratello.
- Non vedo l'ora! Chissà se il nostro Leonardo avrà un fratellino o una sorellina.- disse elettrizzata Alessandra.
- Una so-sorellina!- esclamò deciso il piccolo.
- Come siamo sicuri tesoro mio. Ricordati però che non sei tu a decidere. Potrebbe essere anche un fratellino.
- Ma mamma! Io un fra-fratellino non lo voglio! Voglio una sorellina e vo-voglio deciderlo io il nome.
- Va bene Leonardo, l'importante è che sia un bel nome.- gli disse suo padre sorridendogli.
- Bene nipotino mio, ti va di andare un po' a giocare in camera tua mentre loro parlano?
- Siii!
Detto ciò Alessandra prese in braccio Leonardo e uscì dal soggiorno.

 

Passarono gran parte del pomeriggio e della serata a parlare di affari riguardanti la Confraternita, quando Albiera iniziò a sentire dei dolori atroci al ventre.
Era entrata in travaglio.
Piero corse subito a chiamare Marsisa Fantechi, cara amica di famiglia e vicina di casa, che in passato aveva già lavorato svariate volte come levatrice.
Affiancata da Alessandra, Marsisa aiutò Albiera a dare alla luce, poco dopo l'alba del 7 Agosto, una bambina.
Furono immediatamente chiamati Piero e Leonardo, entrambi nervosi e contenti come non mai. Quando entrarono videro Albiera con in braccio un piccolo fagotto urlante.
La neo mamma era felice e radiosa. Coccolava la neonata e le parlava con dolcezza.
Leonardo e Piero si avvicinarono al letto e appena guardarono la bambina la tenerezza li contagiò.
La piccola aveva delle grandi guanciotte morbide, pochi capelli in testa ma rossi come quelli della madre e dei grandi occhi azzurri.
- Urla ta-tantissimo!- esclamò Leonardo saltando sul posto dall'emozione- Che cos'è?
- È una femminuccia tesoro.- disse serena Albiera.
- Lo sapevooo! Posso prenderla in bra-braccio? Cosa le darete da mangiare? Fra quanto sme-smetterà di urlare e inizierà a parlare?
- Calmati Leonardo.- disse pacato Piero, tentando di tranquillizzare il figlio.
- Va bene... però il no-nome lo scelgo io, quindi si chiamerà E-emma!
- Emma?- chiese Albiera più alla bambina che a sé stessa.- Mi piace.
- Perchè Emma?- chiese Piero al figlio.
- Perchè mi piace! Ora po-posso prenderla in braccio?
- Prima la prende tuo padre.
- Va bene mamma...- disse il bimbo abbassando lo sguardo imbronciato.
Mentre Piero si avvicinava per prendere la piccola Emma, Leonardo iniziò ad urlare impaurito.
Una macchia di sangue stava imbrattando le lenzuola, ingrandendosi sempre di più. Marsisa strappò Emma dalle braccia di sua madre, che ovviamente si oppose disperata, lasciandola a Leonardo. Piero fece uscire entrambi, affidandoli a Francesco.

 

L'atmosfera cambiò improvvisamente.
Urla e lamenti riempirono la stanza per due orribili ore, per poi placarsi in un funebre silenzio interrotto solo da lievi singhiozzi disperati.

 

Il 7 Agosto 1459 Albiera di Giovanni Amadori mise al mondo Emma Da Vinci, morendo poche ore dopo a soli ventisett'anni, lasciando la piccola senza sua madre.
 

Piero uscì dalla stanza. Doveva prendere aria. In corridoio trovò suo fratello e da come lo guardò non doveva essere ridotto molto bene.
Aveva il viso completamente pallido, bagnato dal sudore e dalle lacrime, gli abiti e le mani tinte di rosso. Francesco lo osservò sbigottito. Lo sguardo di Piero sembrava appartenere a un cerbiatto spaventato. Non lo aveva mai visto in quello stato.

 

Francesco si affacciò, guardando all'interno della camera, e quel che vide lo gelò. Il pavimento, che normalmente era grigio, era imbrattato di sangue, come il letto e le vesti di Marsisa e di Albiera.
Quest'ultima era inerme sotto le coperte. La pelle bianca era in netto contrasto con i suoi capelli ed il resto della stanza.
Francesco rimase sconcertato da quella scena.
Aveva ucciso tante persone e ne aveva viste altrettante uccidere, ma mai aveva provato quello che sentì in quel momento. Si rese conto di cosa era capace il fato. Dell'impotenza a cui tutti in quella casa furono soggetti in quel momento. Davanti a una carneficina, durante una guerra è l'uomo a deciderne l'esito, a poterne, in un modo o nell'altro, cambiare il corso. Lì fu la natura a decidere, loro e i loro desideri non ebbero la possibilità di modificare l'accaduto, di scegliere il finale. Né Francesco né Piero vi erano abituati.
Il solo pensiero che Albiera fosse morta in uno dei giorni più belli della sua vita sconvolse tutti.
Per fortuna, prima di tutto ciò, Francesco portò Leonardo e Emma in camera loro lasciandoli alla balia, non facendoli così vedere o sentire niente.

 

 

 

- Babbo, la ma-mamma dov'è?- domandò Leonardo mentre guardava la sua sorellina nella culla.- O-ormai è passata una settimana da quando si è sentita ma-male. Deve vedere come sono bravo con E-emma. Sono bravo come fratellone v-vero?
- Si Leonardo, sei bravissimo...
- Ba-babbo, perché non mi dici qua-quando torna la mamma?
Non sapeva cosa dirgli. Pensò a mille bugie, ma non ce la fece.
Disse semplicemente:-Purtroppo la mamma non tornerà.
- C-come sa-sarebbe a dire che n-non tornerà?- chiese il bimbo preoccupato. - Dov'è andata? No-non può scomparire così. E-emma ha bisogno di lei! N-noi abbiamo bisogno di lei! Non se n'è andata per colpa mia o di Emma ve-vero? Babbo parla per fa-favore!- esclamò tutto d'un fiato sempre più agitato.
- Leonardo...- a Piero si struggeva il cuore a vederlo in quello stato, però suo figlio aveva ragione. Doveva dirgli la verità. Sarebbe stato doloroso, ma non poteva illuderlo a quel modo. - Figlio mio... la mamma non c'è più.- lo disse con voce flebile, come se non volesse far sentire ai muri cosa avesse appena detto. Finalmente le lacrime scesero lungo il viso stanco dell'uomo. Anche gli occhi del piccolo Leonardo si velarono. Occhi disperati, addolorati, ma anche consapevoli che il brutto presentimento che il bambino aveva si era confermato. Bastò un attimo, poi entrambi scoppiarono in un pianto liberatorio, tentando di soffocare i singhiozzi in un abbraccio disperato.

 


 

Dopo qualche giorno di riflessione Piero prese una decisione.
Andò da Caterina.
Sapeva che da quando era morto suo marito era rimasta sola, allontanandosi dall'influenza templare.
Aveva intenzione di chiederle di aiutarlo a crescere sia Leonardo che Emma. Sicuramente per quanto riguardava Leonardo non ci sarebbero stati problemi, dopotutto aveva battagliato per anni per crescerlo. Sperava solo che avrebbe accettato anche Emma, mettendo da parte i vecchi rancori nei confronti di Albiera. In quel momento di smarrimento gli sembrava la soluzione migliore.
Quindi, con la speranza di non essere cacciato via, bussò alla sua porta.

 

Caterina ascoltò tutto quello che Piero le raccontò.
Anche se negli ultimi anni si erano odiate, Caterina rimase ugualmente sconvolta.
Dopotutto Albiera era stata per anni la sua migliore amica, e molto probabilmente, mettendo da parte la rabbia e le confraternite, lo era ancora. Forse fu proprio per questo che rimase così tanto addolorata per la sua morte e per la piccola rimasta senza madre. Pensò alla possibilità di poter stare finalmente con suo figlio. Ripensò ad Albiera, a quando le disse che avrebbe fatto di tutto per evitare che Leonardo si dimenticasse di lei, a come lo aveva cresciuto con tanto amore e affetto. In quel momento realizzò che la piccola Emma poteva essere la sua occasione per riscattarsi, la sua seconda possibilità, sia come madre che come amica, per rendere il favore ad Albiera e per avere, in qualche modo, il suo perdono.

 


 

 

 

- Insomma, è così che l'è andata.
Per tutto il tempo del racconto ho ascoltato in silenzio, osservando attentamente la divisa da Assassina di mia madre, tentando di assimilarne i particolari. Alzo lo sguardo verso di loro, gli occhi velati dalla commozione.
- Allora è vero ciò che dice Leonardo. Anche se per poco, mi ha voluto bene...
- Certo che ti ha voluto bene! Ti ha amata come se fossi sua figlia.- si affretta a dire mia zia.
- Ma perché è cambiata? Mio fratello pensa che sia dipeso dal fatto che le ricordavo mia madre.
- L'è vero in parte. In effetti crescendo tu le somigliavi sempre di più, ma non per questo t'odiava. Quando c'avevi sette anni però si riavvicinò ai Templari, che ricominciarono a metterle in testa strane idee, ovviamente sfruttando la su' grande fede, facendo così rinascere man mano i' su' risentimento per Albiera. Di conseguenza riversava i' su' rancore su di te. Da qui in poi tu sai meglio di chiunque altro come l'è andata.
- Capisco... grazie zii, finalmente ora tutto ha un senso,tutto è più chiaro.- mi alzo e li abbraccio, riconoscente per tutto ciò che hanno fatto e che stanno facendo per me. - - Potrei rimanere sola un momento?
Si scambiano un'occhiata di assenso, per poi dire all'unisono – Certamente.
Chiusa la porta l'aria all'interno della stanza si fa più pesante, e come un macigno grava sulla mia schiena e sui miei pensieri.

 

Non deve essere stato facile per nessuno dei tre vivere in quella situazione per anni.
Caterina si è vista crollare tutto addosso. Ha perso l'uomo che amava, le hanno strappato via il figlio. Sinceramente non la biasimo. Però c'è anche da dire che non è stata colpa di mia madre se è stata promessa in sposa a mio padre o se le hanno affidato Leonardo. Il suo unico errore è stato non essere stata completamente sincera con Caterina si dall'inizio di tutta la faccenda. Pur avendo i sensi di colpa non disse niente, provocando così l'incomprensione che portò alla rabbia e alle discussioni. Devo dire però che anche l'estrema fede e ingenuità di Caterina hanno contribuito non poco a rendere complicata la situazione.
Per non parlare di mio padre e mio fratello, che sono stati una delle principali cause della rabbia fra mia madre e Caterina. Anche loro devono aver sofferto tanto per tutto ciò.
È stato solo un groviglio di sentimenti dettato unicamente dal destino, che si è beffato di tutti e tre in un modo o nell'altro.

 

Ora che so come è andata realizzo che Caterina non è quel mostro che pensavo fosse.
È una vittima, una misera parte di un piano molto più grande di lei. Si è fatta fare il lavaggio del cervello. Ma perché? Perché farsi manovrare così?
Ovvio, perché non aveva più nessuno a cui aggrapparsi per salvarsi.
Finché era amica di mia madre, o quando ero piccola, non è mai stata soggiogata, o almeno non eccessivamente. Solo nei momenti di solitudine o depressione è stata una facile preda per i Templari.
Non ho mai provato a capirla, a comprendere le motivazioni del suo comportamento. Per me è sempre stata la cattiva, la strega che si divertiva a rovinarmi la vita, la causa di tutti i miei problemi. Come sono stata stupida e superficiale. Le ho addossato la colpa di tutto, quando in realtà quella che più soffriva era lei e io devo aver contribuito in buona parte.
Una strana sensazione mi attanaglia lo stomaco.
È rimorso. Ciò significa che fin'ora ho mentito a me stessa, che infondo le ho sempre voluto bene. Ovviamente se ripenso al matrimonio combinato con Vieri la rabbia prende il sopravvento, però ora capisco che lo ha fatto perché influenzata da Francesco de' Pazzi.
Devo aiutarla. Dopotutto è lei che mi ha cresciuto, anche lei è mia madre.
Per lei c'è ancora speranza.
Voglio che abbia la possibilità di vivere felice, di fare le scelte che lei ritiene più giuste. Sarà il mio modo per farmi perdonare per tutti questi anni in cui l'ho trattata come il mostro che non è.

 

Mi alzo decisa e frettolosamente mi metto la divisa di Albiera.
Mi guardo allo specchio e sembra di vedere la donna del mio dipinto.
Sono sicura che anche lei vorrebbe che aiutassi Caterina.
Mi calo il cappuccio sul viso e, con la grinta negli occhi e la determinazione nel cuore, esco dalla camera, decisa ad andare a Firenze per salvare Caterina e la mia città.


 




 

L'Angolino dell'autrice

Buonsalve!
Questo aggiornamento è arrivato un po' più tardi del previsto, però eccolo qua! ^^
Finalmente abbiamo scoperto com'è andata fra Albiera, Caterina e Piero (tre poveri disgraziati secondo me), che fanno a gara a chi è più sfortunato.
Spero che ora possiate capire un po' meglio Caterina, personaggio che, con il passare del tempo, ho scoperto apprezzare molto (anche se quando rileggo i primi capitoli mi verrebbe da disintegrarla... era veramente una strega! >.<).
Emma, sentendo tutto ciò, decide di voler dare a Caterina una seconda possibilità, vuole aiutarla.
Quindi nel prossimo capitolo la vedremo tornare a Firenze insieme allo zio Francesco e a Ezio. Chissà cosa accadrà :P...
Come sempre spero che il capitolo e il disegno vi siano piaciuti.
Vi ringrazio per essere passati anche solo a leggere :D
Spero mi farete sapere come vi è sembrato, se avete consigli/critiche, insomma, qualsiasi cosa. Fa sempre piacere! ^^
Che altro dire, buon Natale e felice anno nuovo!
A presto!

Ale

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Capitolo 21
*** La Volpe ***


Cap. 21
La Volpe

 

- Ecco l'ennesimo cadavere...- dico mestamente, osservando il corpo riverso nell'Arno che mio zio sta tentando di afferrare.
- Siamo qui da nemmeno due giorni e questo è già il settimo morto che troviamo... come si può essere arrivati a un tale delirio?- chiede Ezio indignato, fissando zio Francesco trascinare il povero malcapitato sulla sponda del fiume.
L'uomo sembrava essere una guardia della città. È ridotto malissimo. Ha lividi e tagli ovunque, il viso è completamente tumefatto, irriconoscibile a causa delle botte ricevute. Gli abiti sono zuppi di acqua e sangue. Chissà come si saranno divertiti i suoi aguzzini a ridurlo in questo modo. Che fine orribile.
- Requiescat in pace.- sussurra mio zio, chiudendogli gli occhi ormai cerulei.- Figli di un cane, i responsabili di 'sto macello devono pagare. Hanno trasformato la mia bella Firenze in un luogo violento e sanguinario.- dice rabbioso, fissando l'acqua rossa dell'Arno infuocata dal sole che si appresta a tramontare, per poi riportare lo sguardo su me ed Ezio.
- Voi andate da Paola, a questo poerino ci penso io.

Nemmeno il tempo di varcare l'ingresso della Rosa Colta che un gruppo di ragazze urlanti accerchia Ezio quasi placcandolo, allontanandomi da lui a suon di sculettate. Non ce n'è una che non gli faccia le moine e la cosa mi infastidisce non poco. Non fraintendiamo, i gridolini di queste smorfiose mi innervosiscono all'inverosimile, non il fatto che si stiano strusciando come gatte in calore addosso ad Ezio.
- Ragazze, fatelo respirare.- esordisce Paola facendo il suo ingresso in sala, facendosi spazio fra le sue cortigiane ancheggiando vistosamente come suo solito. - Tornate a lavoro: ricordatevi che a momenti inizieranno ad arrivare i primi clienti. Voi due, invece, seguitemi.- dice con il suo classico tono mellifluo che non ammette obbiezioni, conducendoci verso il cortile posteriore dell'edificio.
- Ebbene come state miei cari?- si volta abbozzando un sorriso mesto e povero.
- Ce la caviamo. Tu piuttosto, non sembri in forma.- le risponde Ezio.
- Infatti è così. Questa situazione mi sta sfinendo.- dice Paola con un sospiro colmo di stanchezza, sedendosi con impeccabile eleganza sulla panca in pietra dietro di lei.
- Immagino che Leonardo vi abbia informato, altrimenti non sareste qui.
- Esatto, ma non immaginavamo che le cose potessero andare peggio di come ha detto lui.
- La realtà è sempre più brutta di come possiamo immaginarla e purtroppo, da quando tuo fratello è partito per raggiungervi, la situazione è degenerata ancora di più. Gli omicidi sono aumentati, ritrovandoci gente e guardie uccise ad ogni angolo. I fiorentini hanno paura e se non fermate chi sta compiendo questo scempio non so cosa potrebbe accadere.
- Sicuramente niente di buono.- rispondo tesa, immaginandomi la famiglia de' Pazzi al potere. Rabbrividisco al solo pensiero.
- Siamo qui proprio per questo. Leonardo c'ha detto che è sua madre a manovrare le fila di quest'operazione, ma non sappiamo come avvicinarla discretamente... sai per caso come potremmo...
- La Volpe...
- La Volpe?
- Shh, abbassa la voce.- mi ammonisce alzandosi di scatto.
- Capisco... ma hai idea di dove possiamo trovare questa Volpe?- le domanda Ezio avvicinandosi.
- Magari vicino al mercato vecchio... mi raccomando, state attenti.- dice preoccupata, fissandoci negli occhi per qualche istante, per poi scomparire all'interno del bordello.

- Come facciamo a trovare la Volpe se non conosciamo nemmeno il suo aspetto?
- Potevi chiederlo a Paola. E poi saresti la sorella di un genio...
- E tu potevi chiederlo alle tue amichette. Mi sembra che avessi la loro completa attenzione. Però non lo hai fatto. Perchè?
- Ancora con questo discorso? Sei un po' dura di comprendonio eh?
- Beh, sai, non è che mi dai tante occasioni per farmi cambiare idea. Ti sono saltate addosso come gatte affamate e tu te ne stavi lì in mezzo beato.
- ... sei gelosa?
- Di quelle? Assolutamente no!
- Sei gelosa!
- Ho detto di no!
- Sì si, come no. Gelosa e pure bugiarda.
- Oh senti, dovrei essere contenta di vedere delle tizie arrapate palpeggiarti e strusciarsi su di te?- distolgo lo sguardo e incrocio le braccia al petto. Odio sentirmi punta sul vivo, così, soprattutto davanti a lui.
- Hai ragione. Penso che anche io non avrei reagito molto bene in effetti. Scusa... però sai, è divertente punzecchiarti.- mi dice con un ghigno stampato sulle labbra.
- Bischero.- gli rispondo ridendo per poi tornare a osservare le vie in cerca di qualche indizio.
- Sei tesa vero?
Mi volto verso di lui. -Si capisce così tanto?
- È per la missione?
- In parte... diciamo che è un insieme di cose. Sono di nuovo nella mia città, rischio di trovarmi davanti quello schifoso di Vieri, e soprattutto devo trovare Caterina. Non la vedo da quando mi sono sposata. Ora dovrò confrontarmi con lei, tentare di capirla, persuaderla dal compiere questa follia, evitare di strangolarla e sinceramente, non ho la più pallida idea di come fare.- ragiono quasi più con me stessa che con Ezio.
- Ti capisco. Anch'io mi sono sentito così quando sono morti i miei cari e spesso mi capita ancora, anzi forse sono più disorientato ora che in passato. Ero smarrito, non sapevo assolutamente che pesci pigliare. Mi sono ritrovato con tantissime responsabilità sulle spalle: verso mia madre e mia sorella, verso mio zio e la Confraternita, ma soprattutto verso mio padre e i miei fratelli, morti ingiustamente per un maledettissimo complotto. Devo assolutamente renderli giustizia.
Percepisco chiaramente la rabbia nella sua voce. Mi rivedo la folla chiassosa ammassata tutt'intorno al patibolo. Federico, Petruccio e Giovanni Auditore sopra di esso, quest'ultimo a lottare come un leone per difendere i propri figli e sé stesso da una fine ingiusta e ignobile. Una figura incappucciata che avanza disperata a forza di spintonate verso la forca. Dopo solo il caos, il sapore amaro dell'impotenza in bocca per essere rimasta solamente a guardare quell'atroce spettacolo. Mi ricordo il suo sguardo perso, sconvolto. Guardandolo ora, anche se ha appena ammesso di avere dei momenti di debolezza, mi rendo conto che è cambiato. È più forte e determinato, con uno scopo ben preciso. Non è più quel ragazzo viziato interessato solo a correre dietro alle gonne delle ragazze... o almeno lo spero.
- Sai Ezio, invidio la tua sicurezza.- gli dico con un sorriso amaro impresso in viso.
- Basta sapere cosa si vuole e credere in sé stessi.
- Tu forse ci credi un po' troppo.- ridacchio prendendolo in giro.
- Ahah simpatica.- mi spintona, per poi fissarmi negli occhi, distogliendo purtroppo lo sguardo subito dopo. - Comunque, non credere che io sia così tanto sicuro, o meglio, mi forzo per esserlo, per Claudia e mia madre.
Solo ora ci accorgiamo che siamo finalmente arrivati nei pressi del mercato vecchio.
- Eccoci qua... Ora come facciamo?
Si guarda attorno pensieroso, in cerca di qualche idea. - Ehm, proviamo a dividerci per vedere se lo troviam- non fa a tempo a finire la frase che viene urtato da un uomo.
-Scusatemi messere.- gli dice allontanandosi rapidamente.
D'istinto Ezio porta la mano alla cintura, trovandola stranamente vuota.
- Cosa? La mia borsa! I miei soldi!- esclama innervosito, fissando l'uomo che inizia a scappare. A quanto pare non fa colpo solo sulle donne, ma anche sui ladri.
- Non è possibile! È una fissazione!
- Fai meno il polemico e corri!

L’allenamento intensivo con lo zio e Mario ha dato i suoi frutti.
Siamo decisamente più agili e veloci di prima, miglioramenti che ci hanno permesso di acciuffare il ladro in poco tempo, sul tetto di una casa in riva all'Arno, poco distante dal mercato.
- Non mi interessa farti del male, perciò ridammi i miei soldi e la chiudiamo qui.
- Con calma…
È una voce estremamente sicura e matura quella che si intromette.
Entrambi ci voltiamo, trovandoci davanti un uomo alto e magro avvolto da vesti marroni. Riusciamo a malapena a intravedere completamente il suo volto da sotto il cappuccio. I suoi occhi, che sembrano quasi luccicare, mi sorprendono: sono viola. Ci guarda con attenzione, con sguardo furbo e penetrante. Sembra che ci scruti l’anima.
- Che cosa vuoi? Chi sei?- è Ezio a farsi avanti, anche se con un po’ di mal celato timore nella voce.
- Mi chiamano in molti modi. “Omicida”, “taglia gole”, “ladro”, ma voi potete chiamarmi “La Volpe”. Al vostro servizio messer Auditore e madonna Da Vinci.
- Come conosci i nostri nomi?- chiedo diffidente, provocandogli un sorriso.
- Sapere tutto di questa città è il mio lavoro. Non è per questo che siete qui?- ci chiede, avvicinandosi e intensificando il suo sguardo. Sono quasi certa che nessuno era mai riuscito a mettermi così tanto in soggezione come quest’uomo.
- Esatto, dobbiamo trovare una donna, sapere dove sarà prima ancora che lo sappia lei.- gli risponde Ezio.
- Chi?
- Caterina del Fiore.- dico lapidaria.
- Oh oh, la creatrice di questo caos. Le cose si fanno interessanti.- dice ghignando, più a sé stesso che a noi.- In strada girano voci di una riunione segreta stasera al tramonto. La potrete trovare lì con gli scagnozzi dei Pazzi a pianificare altri scempi.
- Sai forse dove si terrà?
- Ma certo, anzi sbrighiamoci, il sole sta già calando.
- Non dimentichi qualcosa?- chiede Ezio un po’ spazientito.
- Ah si, ecco il tuo denaro. Ora andiamo.
Si volta e scala la parete così rapidamente che in un primo momento sembra scomparire.
Ha un'agilità incredibile. Corre sui tetti con una facilità invidiabile, come se potesse farlo anche dormendo. Inevitabilmente io e Ezio facciamo fatica a stargli dietro.
Saltiamo di tetto in tetto il più velocemente possibile, in totale e incredibile silenzio.
Sgusciamo come ombre dietro a qualche guardia che veglia sulla città, raggiungendo finalmente il luogo dell'incontro: Santa Maria Novella.
- Siamo arrivati. State bene?- chiede divertito nel vederci.
Ezio e io siamo entrambi piegati in due senza fiato, ansimando alla disperata ricerca di ossigeno.
- Mi sono persa un polmone per strada. A parte questo sto benissimo.- ironizzo ritirandomi su. La soddisfazione per i miglioramenti fatti che ho provato fino a qualche minuto fa è completamente scomparsa.
- Bene. Caterina del Fiore sta tenendo la riunione nella chiesa di Santa Maria Novella.
- Come ci arriviamo?
- Ci sono delle catacombe nel sottosuolo della città, vi porteranno in un punto in cui potrete udire tutto ciò che viene detto. Per entrare vi basta usare la maniglia di pietra laggiù.
- Grazie di tutto l’aiuto Volpe.
- Buona fortuna.- ci saluta con un cenno della testa prima di scomparire fra i tetti rossi.



L'Angolino dell'autrice


Ciao a tutti!
Finalmente, dopo molto tempo (non voglio pensare per quanto sono stata inattiva >.<), sono tornata!
Eheh, ha fatto il suo ingresso La Volpe. Era da tantissimo che volevo inserire questo personaggio così intrigante e alla fine eccolo qua ad aiutare Ezio ed Emma. Non che gli abbia dato tutto questo spazio, però in futuro chissà ;)
È un capitolo abbastanza corto, però è servito principalmente come collante per i prossimi (anzi, inizialmente doveva essere un capitolo gigantesco, ma poi ho deciso di dividerlo in due/tre più piccoli).

Ed ora le dovute spiegazioni.
In questo arco di tempo (due anni -.-') sono successe molte cose. Mi sono diplomata, ho iniziato il tirocinio e ho avuto tantissimi impegni che mi hanno totalmente assorbito. Ora potreste dire "Hai pure finito la scuola! Sei una scansafatiche!" e per certi versi non avreste tutti i torti, ma purtroppo l'estate scorsa ho avuto un brutto problema familiare per il quale ho rischiato seriamente di perdere una delle persone a me più care.
In quel periodo ho accantonato tutto, non solo questa storia.
Per fortuna tutto si è risolto, e sono tornata su questa storia più carica che mai! :D
Però tutto il tempo che mi sono presa non è solo per le ragioni sopra elencate, ma anche per le seguenti:
1) Volevo sistemare meglio certi aspetti generali e futuri della trama (ancora in corso);
2) Volevo scrivere più di un capitolo, così da poter aggiornare più spesso ed avere più materiale a disposizione;
3) Grazie ai preziosi consigli e all'occhio di lince di BibyD95 (andate a dare un'occhiata alla sua storia, merita davvero) mi sono accorta di vari piccoli errori/anacronismi nei capitoli precedenti (specialmente nei primi... dopotutto risalgono a più di 5 anni fa ^^'), così ho deciso di ricontrollarli tutti, uno per uno, e correggerli. Questo lavoro di revisione è ancora in atto.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e come sempre ringrazio tutti voi che avete letto fino a qui (se c'è ancora qualcuno), chi continua a seguire e supportare questa storia, chi si ferma a lasciarmi i suoi pareri/critiche/consigli e chi legge in silenzio.
Grazie di cuore!
Spero di aggiornare il prima possibile.
A presto!

Ale

P.s. Un grazie speciale a BibyD95. Non hai idea di quanto mi hai aiutato. Un bacione <3
P.s.s. Quando l'avrò finito aggiungerò anche il disegno di questo capitolo (sono un caso così disperato che dopo quasi due anni ancora non l'ho finito -.-'...)

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