Il mal di testa non si alleviava e
sinceramente di sapere
chi era il mittente di quel messaggio mi interessava ben poco.
Il triste edificio che mi si
presentava davanti non era
altro che la mia scuola, ormai da quattro anni, non ho molti amici e i
miei
voti sono spaventosamente bassi, non ho mai avuto un ragazzo vero e
proprio, se
non quel tizio misterioso di ieri sera, inquietante.
Il cortile si divide in: cheerleader,
club sportivi,
secchioni, i drammatici e i cosiddetti “ragazzi da
parete” me compresa.
Ragazzi da parete perché
non ci conosce quasi nessuno e non
facciamo nulla per farci riconoscere e, di solito i ragazzi popolari ci
stanno
alla larga. Mi siedo su un muretto pieno di graffiti vicino al cancello
con il
cappello di lana e la sciarpa quasi fino al naso, quando
un’ombra mi distoglie
dai pensieri.
Alzo la testa e lo vedo, il ragazzo
che aveva preso il mio
cuore e calpestato talmente tante volte da far schifo, ma cristo, ogni
volta
che lo vedevo sentivo come un peso allo stomaco.
Non trovo nemmeno il coraggio di
alzare la testa, prendo la
borsa e corro verso l’entrata e mi rifugio dentro ad un
bagno, e mi lascio
scivolare fino al pavimento prendendomi la testa tra le mani, quel
ragazzo mi
stava rovinando l’esistenza.
‘Amalia ragiona, ritorna in
te’ continuo a ripetermi questa
frase per cinque minuti buoni ma vengo interrotta dal suono metallico
della
campanella, mi costringo ad alzarmi e sulla porta vedo scritto
“Styles e
Ellen”, cerco di ignorare tutto il casino che c’era
in me in quel momento e mi
trascino verso la classe.
“Signorina Parker alla
lavagna” non faccio nemmeno a tempo
di posare lo zaino a terra che la megera della professoressa Ross mi
chiama
interrogata, in storia dell’arte, inutile dire che avevo
ancora il libro
avvolto nel cellophan, la mia incredibile scenata muta viene
accompagnato da un
sonoro 2 sul registro, cominciamo bene. Ritorno al mio posto e mi
accascio sul
banco e fisso lo sguardo fuori dalla finestra cercando di costruire
pezzi di
ieri sera. I miei
unici ricordi sono una
canzone dei 5sos e dei bicchieri di plastica rossa e, orrore, una
stellina
tatuata.
oltre a quelle tre cose ricordavo il
nulla, avevo bisogno di spiegazioni, avevo bisogno di parlare con
qualcuno e chiarire.
"Sandy, pss Sandy,. porca puttana
SANDY" forse ho esagerato con il livello della voce ma almeno si gira e
mi degna della sua attenzione
-che c'è?
-che c’è?
-cos’è successo
ieri sera?-
-lo vuoi proprio sapere?-
-si, mi sembra sia mio diritto-
-andiamo in bagno-
Sgattaioliamo fuori
dall’aula e raggiungiamo il bagno
deserto, per fortuna,
-sputa il rospo-
Sandy prende un respiro e comincia.
-eri completamente ubriaca, quasi non
ti reggevi in piedi
così il biondino, Niall mi pare, mosso dalla
pietà ti ha accompagnata in camera
da letto, dove ti sei distesa e hai cominciato a vaneggiare, facendo il
nome di
Styles-
-COSA?-
-hai capito bene, amy-
-ma non è possibile,
cioè lui non esiste più per me- mentii
spudoratamente
-lassciami almeno finire-
-scusa- mormorai
-Horan completamente confuso, e pure
ubriaco, va a chiamare Styles, che corre di sopra e lo caccia dalla
camera, questo è tutto quello che so-
-grazie Sandy, me ne occupo io-
dovevo trovare la forza di parlare con lui o almeno di cercare di dire
parole comprensibili, le chiedo di dire alla Ross che non mi sento
molto bene e con passo sorprendetemente sicuro mi avvio verso la 5^C,
prendo un sospiro e spalanco la porta.
-Harry Styles è desiderato
in presidenza- datemi l'Oscar, me lo merito
Perplesso si alza, scuotendo quei
suoi dannati capelli, e ci troviamo soli in corridoio.
"Maybe I'll be drunk again to feel a
little love"
salve dolcezze, non ho ricevuto
recensioni nel primo capitolo e ammetto che non era un
granchè, spero che questo vi convinca di più
anche perchè ho tantissime idee per questa ff e spero di
continuarla, quindi che dire lasciatemi una recensione con il vostro
parere
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