Bulletproof.

di _hayato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Like a tidal wave. ***
Capitolo 2: *** At the top of our lungs. ***



Capitolo 1
*** Like a tidal wave. ***


«Cosa leggi?»
Ignorala. Semplicemente, ignorala.
«Guarda che ti ho fatto una domanda.»
Ricorda che è una ragazza, Leo, non puoi massacrarla di botte.
«Ohi, la smetti di ignorarmi?!»
… o forse sì?
«Tsk!»
Elliot Nightray raccolse la borsa traboccante di tomi sulla medicina ed uscì dalla sala come se le avessero fatto il peggior torto della sua vita.
Tornerà domani.
Si disse rassegnato, sollevato, sì, ma non abbastanza da rivolgere nuovamente l'attenzione sul romanzo che stava tentando, invano, di leggere da più di una settimana ormai. Cosa che avrebbe potuto fare senza problemi, se non fosse stato per la pedante ragazzetta bionda che ogni sacrosanto giorno veniva ad invadere la sua solo sua – biblioteca tentando, quasi disperatamente, di intavolare una conversazione con lui. Tentativi del tutto inutili, s'intende, dato che ormai tra Leo Baskerville ed il resto del mondo si era formata una barriera bella spessa fatta di capelli, occhiali, libri e qualche voce messa in giro da qualche simpaticone della facoltà secondo cui il moro era una via di mezzo tra un ventenne sociopatico e Jeff the killer. Non che glie ne importasse, al contrario, provava una sorta di sadico divertimento nel vedere i corridoi aprirsi al suo passaggio - manco fosse un qualche personaggio della Bibbia – e nel sentire l'ennesima matricola sgusciare via di corsa qualora si fosse trovata nella sua stessa stanza.
Peccato che su Elliot Nightray, diciannove anni appena compiuti e un caratterino vivace abbastanza da mettere in fuga qualsivoglia ragazzo venisse tratto in inganno dal suo bel faccino, queste voci non avessero il minimo effetto.
In effetti non aveva ben chiaro il motivo per cui la ragazza, da quelli che a lui sembravano un’eternità ma che attualmente erano appena una decina di giorni, si ostinasse a venire ogni giorno alla stessa ora allo stesso tavolo tentando con una patetica recita di convincerlo che stesse studiando quando non faceva altro che scrutarlo con i limpidi occhi azzurri, quasi a volerlo analizzare, impedendogli di concentrarsi e continuando fino al momento in cui, finalmente, gli avrebbe rivolto la parola e, non ricevendo risposta, sarebbe uscita innervosita dalla biblioteca. A Leo non restava che sopportare quell’oretta estenuante di silenzio per poi tirare un sospiro di sollievo nelle ventitré successive. Peccato che, dopo un paio di giorni, quella che era noncuranza stava diventando intolleranza e l’intolleranza era terribilmente vicina, nel suo caso, alla curiosità. Passava le ore sperando di non incontrarla – o forse cercando di vederla? – e tutto il tempo passato nella stessa aula, nello stesso corridoio o persino nella stessa struttura della bionda diventava una lotta contro sé stesso nel tentativo di non guardarsi attorno per controllare che non ci fosse. Forse, ma forse, era un tantino paranoico. O forse stava cercando, invano, di nascondere al suo cervello l’interesse che provava per una ragazza che passava un’ora libera del suo tempo tentando di entrare in contatto con lui. Ma perché? Era un ragazzo di aspetto ordinario, “inquietante” ed asociale, per niente interessante, “figo” o qualsiasi altro aggettivo positivo. Non faceva altro che porsi la stessa domanda da giorni ormai, si sentiva sul punto di avere uno scatto di rabbia improvvisa ogni volta che la vedeva.
Non riusciva a capirla, e non capire lo mandava in bestia.
Fu quello il motivo per cui, nonostante l’incoerenza del gesto, contando che la ragazza avesse provato ad interagire con lui appena cinque minuti prima e lui si fosse sentito sollevato nel vederla uscire,  Leo scattò in piedi corse fuori quasi dimenticandosi la tracolla sulla sedia.
Fu un’assurda coincidenza, dopo averla cercata praticamente per tutta la facoltà, trovarla seduta ad un tavolino del bar accanto alla biblioteca che beveva il suo caffè con tutta calma, quasi stesse aspettando qualcuno. Nella mente del moro, il primo pensiero che passò fu un L’ha fatto apposta talmente infantile da suonare ridicolo.
Elliot non batté ciglio quando Leo, con la noncuranza che lo aveva sempre caratterizzato, si sedette di fronte a lei e prese a fissarla, aspettando che finisse di bere, cosa che le impiegò una trentina di secondi in cui il moro fece di tutto per non sbattere nemmeno le palpebre. Ignorò qualsivoglia convenzione quale salutare o presentarsi e andò al punto.
«Mi spieghi perché ogni giorno dalle tre alle quattro butti il tuo tempo in biblioteca a fissarmi?»
Lei lo guardò con quella che, nel suo cervello, doveva essere una faccia seria e disinteressata, ma che veniva tradita dalle guance arrossate e dal lieve tremolio nervoso del labbro inferiore.
«Non ho idea di cosa tu stia parlando.»  ribatté, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia «Per non parlare del fatto che è incredibilmente maleducato da parte tua venire qui senza nemmeno presentarti ed iniziare a sparare accuse assurde.»
Trattenne a stento una risata e le porse la mano, che la ragazza non strinse.
«Io sono Leo.»
«Elliot Nigtray.» rispose orgogliosa, quasi il suo cognome fosse la più grande impresa di sempre.
«Avrei giurato che Elliot fosse un nome da maschio.» tentò di scherzare.
«Ed io avrei giurato di aver avuto un cane col tuo stesso nome.» ribatté fredda.
«Direi che siamo arrivati alla parte della conversazione in cui tu mi dici perché mi stavi fissando.»
«Ho già detto che non mi siedo al tavolo accanto al tuo a fissarti.» non riuscì a fare a nascondere un sorrisetto soddisfatto.
«Non ho mai detto che ti siedi al tavolo accanto al mio.»
«Tsk! » la ragazza, ferita nell’orgoglio, scattò in piedi e fece per andarsene, ma Leo la afferrò per il polso.
«Non è un po’ stupido da parte tua andartene così dopo aver tentato di parlarmi per giorni?» la bionda si bloccò alle sue parole, sbuffando. Arrossì ulteriormente.
«Se vuoi possiamo parlarne stasera, da qualche parte..»
Sta volta riuscì ad evitare di scoppiare a ridere.
«Mi stai chiedendo di uscire?» chiese incredulo «Se vuoi un aiuto con gli esami, chiedimelo direttamente ed io sarò onoratissimo di rifiutare, i giochetti con me non funzionano.» continuò seccato. Era sicuro che la ragazza se ne sarebbe andata indignata o, nel caso fosse davvero venuta solo per un aiuto nello studio, avrebbe cercato di giustificarsi.
Ma Elliot era diversa da tutte le persone che aveva conosciuto prima di allora.
Senza nemmeno avere il tempo di girarsi, si ritrovò una zuccheriera – che probabilmente non aveva notato sul tavolino – lanciata con forza dietro la testa.
«Se proprio non ti va di uscire dimmelo in faccia invece di fare il coglione, se permetti, non credo di essere stupida!» gli sbraitò contro, portando su di loro l’attenzione dell’intero bar.
Leo restò immobile per un attimo, totalmente spiazzato.
Poi, facendo appello a tutta la calma di cui era fornito, si alzò e prese la ragazza per un braccio, per poi correre fuori fino ad un punto indeterminato del parcheggio e fermarsi. Elliot si liberò di scatto dalla presa e incrociò le braccia, guardandolo.
«Allora?» chiese seria, lasciando trapelare una punta di nervosismo.
Il moro, in tutta risposta, scoppiò a ridere, piegandosi in avanti per prendere fiato – non era mai stato un tipo atletico, lui. Era assurdo: lui aveva cercato di liberarsi di quella ragazza e lei gli aveva tirato una zuccheriera in testa! Insomma, sapeva fosse un tipetto irascibile, ma quello era davvero il massimo. La sua determinazione nel conoscerlo aveva un che di divertente, nonostante non ne capisse minimamente il motivo. Forse poteva concederle un’occasione.
Alzò la testa per risponderle e, nell’incrociare di nuovo quegli occhi azzurri, gli venne inconsciamente da sorridere.
«Dove andiamo di bello?»


BU.
Sono stranamente soddisfatta - almeno per ora - di questa storia. Tipo è la seconda volta che tento di femminizzare gente e finalmente non mi viene una merda. Bello. Probabilmente mi sono lasciata influenzare troppo da Scrubs e Remember me (non giudicatemi :c) in questo periodo. Male.
Avverto che potrebbero esserci comportamenti OOC ogni tanto, ma mi autodifenderò dicendo "tanto è una AU".
E... non credo di aver molto da dire. A parte che la Elleo mi sta trascinando sempre più giù. E non è una bella cosa. Tipo mentre scrivevo questa ho partorito altre due AU.
Ahahah
ahah
ah
no.
Devo ringraziare la BadApplecomesiscriveiolachiamoAlicchiciao perché ormai è diventata la mia beta reader di fiducia, oltre ad essere il mio Leo in versione grassa. Tivogliotantobenenonpicchiarmi.
Per quel che riguarda i titoli, may or may not aver abusato dei PTV.
A presto(?)
_Doll

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Capitolo 2
*** At the top of our lungs. ***


Era assurdo – assurdo – che, nonostante fosse stata Elliot a chiedergli di uscire, fosse lui quello in piedi, all’incrocio poco distante dalla facoltà che avevano concordato come punto d’incontro, ad aspettare che arrivasse. C’era anche da dire che lui era arrivato con un larghissimo anticipo, certo, ma quel poco di amor proprio che gli restava cercava di fargli dimenticare il fatto che fosse terribilmente in ansia per quell’incontro – che si rifiutava categoricamente di chiamare appuntamento. 
Si costringe a stare calmo e si sedette su una panchina nelle vicinanze, tirò fuori dalla tracolla il fatidico libro che non riusciva ancora a finire e si mise a leggere, ritrovando finalmente la sua solita fredda razionalità.
Alla fine di quella ragazza non poteva importargliene di meno.
O almeno era quello che credeva, prima di vederla uscire dalla macchina accompagnata da quello che poteva essere il suo clone maschio e con i capelli corti.
«Sarebbe questo il ragazzo?» chiese squadrandolo da capo a piedi con gli occhi azzurri identici a quelli di Elliot.
«Sì Victor, ora puoi anche andare.» rispose lei, evidentemente innervosita.
«Neanche per sogno. Questo qua non mi piace, non vi lascio soli.»
Da oggi sono “questo qua”, divertente.
«Tu dovevi solo accompagnarmi, per il resto me la vedo io.» sbuffò.
«Appunto, devo accompagnarti, quindi lo farò per tutta la serata.»
Sospirò rassegnato. Grandioso. Adesso c’era anche il fratellone rompicazzo. Cosa poteva chiedere di meglio?
Elliot arricciò il naso innervosita «Sono abbastanza grande per cavarmela da sola e ti assicuro che Leo è un ragazzo affidabile.» disse con un tono saccente che lo fece quasi scoppiare a ridere. Quasi, ecco, altrimenti miss femminilità e il suo fratellone lo avrebbero volentieri riempito di botte.
Decise di prendere in mano la situazione una volta per tutte, giusto per assicurarsi di non passare la serata a guardarli litigare.
«Ascoltami, ti assicuro di non essere un maniaco o un depravato ma comunque, anche se lo fossi, tua sorella sarebbe perfettamente in grado di difendersi da sola.» disse calmo, cercando di non urtare l’evidente suscettibilità – evidentemente, dote di famiglia – di nessuno dei due «Ma comunque mi sembri un tipo sveglio, quindi credo che la tua sia solo una preoccupazione istintiva. Rilassati, te la riporterò in casa sana e salva.»
Evidentemente le sue parole ebbero l’effetto desiderato sul ragazzo, dato che farfugliò qualcosa rivolto ad Elliot e scattò via visibilmente imbarazzato.
Quando vide la macchina allontanarsi, si lasciò sfuggire una risatina.
«Che ridi, ritardato?» sbuffò una Elliot ancora imbronciata.
«Siete uguali.» sentenziò accennando un sorriso.
La ragazza arrossì e si piazzò accanto a lui, distogliendo lo sguardo.
Leo ridacchiò ancora ed iniziò a camminare senza una meta precisa, seguito a ruota da Elliot
«Allora, dove andiamo?» gli chiese, più che altro per cambiare argomento.
«Cinema?» propose puramente a caso, nonostante detestasse i cinema – insomma, se proprio voleva vedere un film, preferiva affittarlo e vederlo a casa in tutta tranquillità, non subire due ore in mezzo a decine di coppiette che utilizzavano semplicemente la sala buia come pretesto per pomiciare in allegria. La bionda accettò di buon grado ed iniziò uno sproloquio su quanto preferisse questo genere film a quell’altro, su come la grafica digitale avesse peggiorato la qualità dei film in alcuni casi ed altri argomenti sui cui, nonostante il continuo parlare di lei lo irritasse, si trovò stranamente d’accordo. Arrivati al cinema le lasciò scegliere il film e trovarono la sala quasi vuota, cosa che gli permise di accomodarsi tra le ultime file. Si aspettava che avrebbe commentato ogni singola scena o comunque parlato a ripetizione come aveva fatto durante il tragitto, ma Elliot aprì bocca una sola volta, durante l’intervallo, per chiedergli se il film gli stesse piacendo. Rispose vagamente, dato che, sebbene la ragazza non avesse proferito parola durante tutto il primo tempo, non era riuscito a distogliere l’attenzione da lei. Si ripropose quindi di star attento durante il secondo tempo, cosa che fece, ad eccezione di un particolare momento in cui si ritrovò a sfiorare erroneamente la mano della ragazza che, sebbene fingesse di essere troppo assorta dal film per accorgersene, arrossì.
Una volta fuori, Elliot fu capace di riassumere in venti minuti tutte le parole che non aveva detto in più di un’ora e mezza, arrivando quasi al punto di impressionarlo. Provò a portarla nel primo pub che vide per strada, ma fu praticamente impossibile farla entrare dato che la bionda continuava ad insistere dicendo che “non avrebbe cenato in un posto barbaro come quello”, per cui optò per un ristorante poco vicino dall’aria economica ma comunque accogliente. Si sedettero ad un tavolo vicino alla finestra ed aspettarono un cameriere per le ordinazioni, mentre Elliot commentava tutto quello che passava davanti agli occhi azzurri. Continuò a parlare per tutta la serata, interrompendosi solo mentre mangiava, ma la cosa strana fu che – non ricordava in quale momento preciso, forse quando si tirò in ballo uno dei suoi libri preferiti – iniziò a trovare quella parlantina ritmica quasi rilassante, al punto che, quando pagò il conto alla cassa, si rese conto addirittura di star sorridendo.
Leo odiava le persone, con tutto sé stesso. Considerava la razza umana la più stupida e nociva ed avrebbe preferito farsi impalare piuttosto che passare la serata con una qualsiasi persona non si trovasse stampata su carta, specialmente se loquace allo stremo come la ragazza che aveva accanto. Eppure Elliot era diversa, in un modo che lo rendeva felice. Il tragitto verso casa della ragazza fu lento e tranquillo, accompagnato dai suoi sempre presenti discorsi, solo sussurrati a bassa voce, un po’ per l’ora, un po’ per l’atmosfera che andava piano piano facendosi più delicata: la Nightray, che aveva camminato per tutta la serata a distanza da manuale da lui, si era avvicinata a lui quasi senza accorgersene, fino a trovarsi stretta a lui, con la testa appoggiata in parte sulla sua spalla.
Nessuno dei due smise di sorridere per tutto il tragitto, ma continuarono a scambiarsi sguardi indecifrabili ogni tanto, al punto che a Leo sembrò naturale, una volta arrivati sotto il portone, interrompere il flusso continuo di parole che usciva dalla bocca di Elliot con un bacio dolce e lungo.
Tornò a casa con la strana sensazione di avere testa leggera e un sorriso ancora accennato sul volto, infilandosi a letto, forse per la prima volta in vita sua, senza nessun pensiero per la testa.


Vivalafelicità. sono felice. Ci tengo particolarmente tanto a dirlo perché queste ultime sono state settimane un po' molto di merda e quindi la felicità fa bene. Sono al pc da così tanto che mi si è addormentato il culo, ma fa niente. Ho praticamente appena finito di pubblicare e boh, sono felice per loro(?). Sono seria, scrivere la fine del capitolo mi ha messo addosso una felicità ed una serenità assurda. 
Comunque, perdonatemi per la mia lentezza nell'aggiorare, soprattutto per l'altra storia, per chi ne avesse letto l'inizio, ma quando scrivo mi scoraggio facilmente, quindi senza gente che mi spinge a farlo non aggiorno nemmeno il cazzo, finezza luv ya. Il titolo del capitolo è un pezzo di "Kissing in cars" dei Pierce the Veil quindi boh, ascoltatela che è bella ed effettivamente col capitolo ci sta molto bene a livello di atmosfera. Also boh, spero che vi piaccia, a me e la mia beta-Leo piace quindi okay :3
A presto!
_Doll

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