Dovrai scegliere

di wdolcemurty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era quasi mezzanotte e una calda brezza estiva mi colpì in pieno viso, nascondendo con i miei capelli rossicci i miei occhi verdeggianti. Stavo andando ad un appuntamento con il commerciante più ricco e avido della città di Furnost, a sud della capitale Uru'Baen. Dopo cinque minuti arrivai in vista della sua casa, dove il vecchio mi stava aspettando impaziente; il suo sguardo si illuminò e sorrise, mostrandomi la sua dentatura orrenda e gialla. Ricambiai il sorriso. Era l'uomo più brutto che avessi mai visto, ma dovevo stare al gioco o non avrei concluso niente quella notte, e gli sforzi di un intero mese sarebbero stati vani. -Bellezza, sei arrivata finalmente- disse lui abbracciandomi forte, facendomi entrare a contatto con la sua poderosa corporatura. Per tutta risposta lo bacia sulla guancia lentamente, facendo in modo che il mio profumo lo inebriasse. E così fu, perchè mi trascinò velocemente in casa e iniziò a baciarmi passionalmente il collo. Se non fosse stato per il mio lavoro, mi sarei gia staccata con disgusto dal suo caldo contatto. Ma stetti al gioco, ormai ero abituata. -Stasera mia moglie è uscita, saremo soltanto io e te- disse staccandosi per un attimo. Io gli sorrisi falsamente- Che bello, allora sarai soltanto mio- mi alzò per i fianchi e mi portò nella stanza da letto, dove mi buttò sulle morbide coperte. Allungai le braccia come per volerlo, cosa che non era affatto vera, e lui mi venì addosso, baciandomi furiosamente il petto. A quel punto decisi di intervenire. Avvicinai le mie labbra al suo orecchio e con una dolce voce dissi, come mi aveva insegnato mio padre -Slytha- e il vecchio cadde in un sonno profondo, lasciando la mente aperta agli estranei. "E' anche più facile di quanto pensassi" pensai sogghignando fra me e me, iniziando la perquisizione della sua mente in cerca dell'informazione sulla cassaforte. Una decina di minuti e la trovai. La chiave si trovava dietro al diciassettesimo libro del secondo scaffale della terza libreria. Mi avviai verso il suo studio e trovai la chiave d'argento, poi mi diressi alla cassaforte dove, dopo aver aperto la porta di metallo, presi tutti gli oggetti più preziosi che trovai. Collane di perle e d'oro, diamanti e altre gemme preziose si ritrovarono nella mia sacca, che nascosi accuratamente nella tasca interna della tunica che indossavo. Per ultima cosa entrai nella stanza da letto, dove il vecchio russava rumorosamente. Disfai il letto e dissi -Manin, stenr-dandogli dei falsi ricordi di quella serata, dopodichè lasciai un biglietto con su scritto che partivo. "E anche questa volta è andata" iniziai a pensare con disgusto, ricordando quello che avevo sacrificato per ottenere quel ricco bottino "Speriamo che questa sia una delle ultime volte" sapevo benissimo che non era vero, perchè io vivevo per quei furti. Mia madre era morta da circa cinque anni, e mio padre mi aveva abbandonato. Una smorfia mi si dipinse sul volto al ricordo. La mia nascita lo mise solo in pericolo, non lo rese per niente felice, ma mi addestrò lo stesso fin da quando avevo sei anni. Mia madre aveva continuato a vedersi segretamente con lui, ma un giorno decise di fuggire e io andai con lei. La notte della fuga lui ci anticipò e con un colpo terribile la uccise, proprio davanti ai miei occhi. Piansi per giorni, e così decise di abbandonarmi al mio destino. Mio padre è un uomo molto famoso e intelligente. Mi istruì per tutta la mia giovane vita, sia della lingua degli umani, sia di quella elfica. Era proprio con questa che riuscivo a compiere i miei furti, passando di città in città. Uscii dalla ricca casa e andai a sellare il mio cavallo, fiammanera, e abbandonai dopo circa un mese la città di Furnost. Viaggiai per circa quattro giorni verso Uru'Baen, dove avrei comprato una piccola casa dove stabilirmi dopo i furti. L'ultimo che avevo fatto mi procurò molti soldi, che sarebbero bastati per un paio di anni. Ritornare nella capitale dopo tutti quegli anni sarebbe stato doloroso, ma cercavo di non pensarci. In tutta Alagaesia sono conosciuta con diversi nomi, Lare, Marun, e così via. Il mio vero nome è in realtà Adelaid, nome che deriva dall’elfico Aiedail, stella del mattino, che in effetti mi calza a pennello. Questo nome non l'ho mai rivelato a nessuno, e l'unico ad esserne a conoscienza era mio padre. L'unica cosa buona che aveva fatto nella mia vita, scegliermi un bel nome. Peccato che non potevo rivelarlo a nessuno. Da quando ero andata via dalla mia città natale, avevo vagato per mesi in tutto il paese. Poi, dopo aver patito la fame e il freddo, decisi di sfruttare le mie qualità. Potevo contare sul fatto che il mio viso attirava molti uomini, aveva un non so che di esotico, e gli occhi verdi come i miei erano rarissimi nella gente di Alagaesia. Il mio fisico era perfetto e agile, in più sapevo usare la magia. E così è iniziata la mia carriera di ladra professionista.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Entrai senza problema nella città, con una piccola somma di denaro, e cercai una locanda, il più possibile lontano dal castello reale, che mi portava in mente vecchi ricordi, che però non potei che ascoltare. Decisi di andare a visitare il campo dove mi allenavo, e intanto rincominciare ad usare la spada. Quella notte non dormii per niente, forse per il cibo scadente che avevo mandato giù a forza per lamia bocca, o forse per il freddo che avvertivo intorno a me. Quando finalmente riuscii a prendere sonno, sognai di trovarmi in un ambiente diviso in due parti differenti. A destra c'era la parte più luminosa, con gli uccellini che cinguettavano felici e gli alberi crescevano rigogliosi e il cielo era limpido; in mezzo ad un albero gigantesco, il più grande di tutti, c'era una figura indistinta, che capii essere un ragazzo. Non distinguevo bene il suo aspetto, neanche il colore dei suoi capelli e della sua pelle. Mi chiamava, anzi mi supplicava di tornare da lui e di sceglierlo. Mi sentivo confusa. Perchè stavo sognando questo? A che scopo? A Sinistra, invece, prevaleva l'oscurità. Gli alberi erano secchi, nel cielo scuro pieno di nubi volteggiavano dei rapaci, scuri anch'essi. Come nell'altra parte, nel mezzo dell'albero più grande, si trovava un ragazzo e anche di lui non riuscivo a capirne le caratteristiche. Mi chiamava, mi diceva di tornare da lui, che ero la sua unica felicità in un mondo ricco di odio. I due giovani si avvicinarono sempre di più verso di me, pregandomi di sceglierli. Ma io non riuscivo a decidere. Iniziarono a combattere con le spade, ma nessuno dei due riusciva a prevalere sull'altro. Sembrava la lotta tra il bene e il male. Una voce proruppe nella mia mente… "-Prima o poi dovrai scegliere -" Dopodiché mi svegliai madida di sudore. Quella mattina decisi di allenarmi con la spada. Presi le mie armi e mi avviai verso il palazzo. Mentre camminavo per la strada, un gruppo di ragazzi, più o meno della mia stessa età si girò verso di me ed iniziò a seguirmi. Io sorrisi e feci finta di niente, come era mio solito. Dopo un quarto d’ora iniziavo a perdere la pazienza, così mi volai di scatto e dissi irritata. -Avete finito di seguirmi?- Loro si guardarono circospetti e poi mi squadrarono. Uno di loro, il più sfacciato, che aveva i capelli biondi e un espressione divertita, mi rispose prendendomi il viso con le mani. -Perchè urli tanto, dolcezza? Non stiamo facendo niente di male- la sua stretta era piuttosto ferma e difficile da togliere dal mento, cosa che dimostrava la sua forza oltre ai muscoli. Gli altri risero e mi trascinarono in un vicolo buio, dove uno steccato mi nascondeva dallo sguardo dei passanti. La paura mi invase completamente, non ero abituata a combattere contro tanti uomini in una volta e opporre resistenza sarebbe stato vano. In più avevo lasciato le armi nella locanda. Imprecai a bassa voce. Sempre il ragazzo che aveva parlato prima mi prese il braccio e tirandomi verso di sé cercò un bacio. -Dai, perchè non mi dai un bacino?- Io per tutta risposta gli sputai in faccia. Lui si ritrasse e disse. -Come hai osato, brutta sgualdrina. Ora la paghi- così mi tirò un ceffone che mi fece scendere il sangue dal naso. Lo asciugai con la manica del mantello e mi alzai tremante. Gli altri si erano messi ai lati di noi due e assistevano ridendo pienamente. Mi tirò un altro schiaffo e fece per tirarmene un altro, quando un ragazzo dai capelli neri gli prese il braccio e con l'elsa della spada glielo ruppe. Gli altri ragazzi videro il loro amico cadere a terra e gemere per il dolore. Si buttarono contro il mio salvatore, che però con una mossa fulminea li atterrò in un solo colpo. Il gruppetto scappò via a gambe levate, lasciandomi per terra con il naso sanguinante e la faccia che pulsava per il dolore. Il giovane li guardò fuggire, poi si voltò verso di me. Rimasi impietrita da tale bellezza. Sul suo bel volto ricadevano morbidi i capelli neri e gli occhi erano di ghiaccio. Una bellezza che mi fece venire i brividi. Mi sorrise e io feci altrettanto, cercando di alzarmi. Non riuscendoci ricaddi a terra; mi girava la testa per i colpi ricevuti dal biondo di prima, e il naso pulsava. Imprecai sotto voce. Il ragazzo si chinò su di me aiutandomi ad alzarmi, cosa che mi fu nuovamente impossibile e quindi dovetti appoggiarmi a lui per restare in piedi. Nessuno di noi due aveva proferito parola, così ruppi io il ghiaccio. -Non so che dire…- dissi piano guardandolo negli occhi. Lui ricambiò il mio sguardo e mi porse un fazzoletto per pulirmi il naso sanguinante. Sorrise. Non potei non notare che aveva un sorriso e uno sguardo magnetico. –Un semplice grazie andrebbe più che bene- -Allora grazie- conclusi io prendendo il fazzoletto fra le mani e pulendomi il viso, sempre fissandolo intensamente negli occhi, poi però abbassai lo sguardo arrossendo lievemente. Non so perché ma mi stavo comportando come una ragazzina. -Visto che ti ho salvata- disse aiutandomi a camminare –Posso sapere come ti chiami?- Lì per lì gli avrei detto il mio vero nome, incantata com’ero, ma poi ritornai in me e dissi- Sono Hanuin. Tu invece?- -Murtagh- quel nome…lo avevo già sentito da qualche parte, molti anni fa, da mio padre. Il suo ricordo mi fece fare una smorfia di disgusto. -Allora dove ti porto? Spero non sia troppo lontano perché sarà un po’ difficile portarti in braccio- lo guardai. In braccio? Ma io avevo i piedi incollati perfettamente a terra! Proprio in quell’istante mi venne una nuova fitta alla testa e se non fosse stato per Murtagh sarei caduta sul terreno. –No, tu non ti reggi in piedi. Dimmi dove ti devo portare- -Ma no, davvero, posso farcela- il giovane alzò un sopracciglio. Quanto gli stava bene quell’espressione! Poi mi afferrò entrambe le gambe e mi prese in braccio. -Mettimi giù! Posso fare da sola!- gridai facendo girare qualche persona verso di noi. Murtagh mi zittì con lo sguardo di ghiaccio che si ritrovava, così accettai di farmi portare in quel modo verso la mia taverna. Viaggiammo per circa venti minuti prima di arrivare davanti alla locanda dove alloggiavo. –Adesso puoi farmi scendere, sono arrivata- mi mise giù con calma, ma quando fui in piedi mi girò nuovamente la testa. Senza dire niente mi riprese immediatamente in braccio, ignorando le mie lamentele, ed entrò. Io ero diventata completamente rossa in viso, soprattutto perché si erano girati tutti verso di noi, ma sembrò che questo non gli importasse, perché mi chiese salendo le scale. -Qual è la tua stanza?- -La quinta porta a sinistra- dissi d’un fiato. Aprì la porta con un calcio e mi posò sul letto. Mi sentivo meglio, soprattutto dopo quel giretto in braccio a Murtagh. Ma il mio orgoglio mi impediva di ammetterlo, così, dopo essermi seduta sul bordo del letto, assumendo un espressione seccata dissi. -Adesso puoi andare. Grazie per il passaggio, ma potevo anche farcela da sola- Il ragazzo scoppiò in una sonora risata e si sedette sulla sedia davanti a me. -Ma se non ti reggevi neanche in piedi! Adesso però mi devi raccontare come ti sei cacciata in quella rissa dove ti ho salvata- Lo guardai per un po’, poi risposi con calma. -Stavo andando ad allenarmi quando quel gruppetto di ragazzi mi è saltato addosso- mi morsi un labbro –Se non fossi arrivato tu sarebbe finita male- Non volevo pensare a quello che sarebbe potuto succedere se Murtagh non fosse intervenuto, ma un brivido mi percorse ugualmente la schiena. -Ad allenarti?- chiese lui capendo il mio disagio e cambiando subito argomento. Sorrisi maliziosamente, come solo io sapevo fare, e risposi –Certo, cosa credi che le donne non sanno combattere?- -Nel tuo caso mi sembra che servirà un duro e lungo allenamento per poter riuscire a farti usare la spada- mi stava provocando ed io odio quando mi provocano. Mi avvicinai a lui. –E con questo cosa vorresti insinuare?- Lui sorrise, sapendo di aver colpito il mio tasto dolente. –Oh niente, solo che non sei riuscita neanche ad opporti a me quando ti ho presa in braccio. Una prode guerriera ci sarebbe riuscita senz’altro- mi avvicinai ancora di più, così vicina che il nostri occhi erano a pochi centimetri di distanza. Verde e azzurro, un mix perfetto di tonalità. Sentivo il suo caldo respiro entrarmi nel naso, così come il mio profumo inebriava le mie vittime. Lui sorrise, avvicinandosi, ma io capii subito le sue intenzioni. Gli tirai un pugno nello stomaco, facendolo cadere sopra di me, e gli sussurrai nell’orecchio –Questo però lo so fare solo io- così lo sbattei fuori della mia stanza. Da lì lui gridò –Ci vediamo domani mattina ai campi di allenamento al castello, o prode guerriera- poi scoppiò a ridere e se ne andò. Risposta a Dubhe4e: si sono io!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


dv

Capitolo 3

Il mattino dopo mi alzai presto. Ripensai a quello che era successo il giorno prima, soprattutto a Murtagh. Mi ricordai solo in quel momento che lui mi stava aspettando al campo di addestramento del castello; l’idea di tornare lì non mi piaceva per niente, significava tornare alla mia vecchia vita, e questa era l’ultima cosa che volevo.Mi tolsi di dosso i vestiti e feci un bagno veloce e mi misi la cotta di maglia, che non usavo da quando mi allenavo con mio padre. Era stato il mio caro paparino ad uccidere mia madre, proprio sotto i miei occhi. E cosa aveva fatto dopo lui, vedendomi piangere? Era scoppiato in un’agghiacciante risata, che sentivo ancora riecheggiare nella mia testa. Tirai un pugno contro il muro per l’improvvisa rabbia, sbucciandomi le nocche. Imprecai ad alta voce e mi curai con la magia.Poco dopo uscii dalla sudicia locanda e mi diressi verso il castello. Appena arrivai, chiesi informazioni sulla mia meta, per non destare sospetti. Infatti mi ricordavo perfettamente dove andare, le porte da aprire e i corridoi giusti.Arrivai sulla soglia del campo, che era un ampio spiazzo circondato da tetre mura ammuffite; era proprio come me lo ricordavo. Si sentivano i clangori delle armi che si scontravano e si sentiva un terribile odore di sudore. Nel campo erano presenti un sacco di soldati o semplici mercenari, che combattevano a torso nudo. Cercai Murtagh preoccupata. Magari avevo inteso male o lui stava scherzando.Ma che cosa mi succedeva? Non mi riconoscevo più. Di solito ero io quella che alludeva i miei spasimanti, e di certo non mi preoccupavo di chi mi dava buca. Ma quegli occhi di ghiaccio mi avevano colpito pesantemente.

Per fortuna lo trovai immerso in un combattimento, contro un uomo che era circa tre volte lui. Sembrava una lotta impari, ma Murtagh era in netto vantaggio sull’avversario. Combatteva con un’arma dal metallo rosso come il sangue, che mi ricordava qualcosa.

Mi feci coraggio e andai verso di loro, facendo voltare incuriositi parecchi dei presenti, che molto probabilmente non si aspettavano di vedere lì in mezzo a loro una donna. Appena fui vicina ai due Murtagh disarmò il suo avversario, facendolo cadere in ginocchio con la spada a tre metri di distanza.

–Puoi andare Salvin, abbiamo finito per oggi- disse lui aiutandolo ad alzarsi, dopo aver rifoderato la sua spada. L’uomo si inchinò e sparì in mezzo alla folla.

A quel punto Murtagh mi vide. –Hanuin, ma che bella sorpresa! Alla fine sei venuta- disse sorridendomi, facendo segno al piccolo drappello di uomini che ci circondavano di tornare ad allenarsi. Non se lo fecero ripetere due volte, anche se ogni tanto mi lanciavano occhiatacce. Ricambiai il sorriso.

-Certo, accetto sempre le sfide io- disse con aria di finta seccatura, estraendo la mia sottile ma potente spada. Li per lì Murtagh mi guardò stupito, forse perché non aveva mai combattuto contro una donna, ma infine estrasse la sua spada cremisi e si mise in posizione. -Non ti arrendi mai eh?- mi disse poco prima che io iniziassi l’attacco.

-No- ribattei.

Iniziammo ad affrontarci, i nostri corpi si attaccavano e staccavano continuamente, come immersi in una furiosa danza. Per quanto mi sforzassi non riuscii mai a colpirlo. In ogni affondo che facevo la sua spada era li che parava e riattaccava.

Dopo un’ora decisi di usare la mia carta vincente, così feci finta di inciampare. Lui mi corse subito in aiuto, ma con uno scatto felino portai la punta della mia lama alla sua gola.

–Mai abbassare la guardia- avevo il fiato corto per la stanchezza. Murtagh sorrise e con un rapidissimo giramento del braccio mi fece volare via di mano l’arma.

-Ma…come…io…-balbettai sottoshock. Caddi a terra sfinita, non combattevo così da moltissimo tempo. Il ragazzo si appoggiò a terra davanti a me. –Ho vinto io- disse continuando a sorridermi. Mamma mia quanto era bello, con i capelli neri che gli ricadevano sul viso madido di sudore per l’enorme sforzo fisico. Io digrignai i denti, con la sconfitta che mi bruciava amara nel petto. -Vedremo la prossima volta-

La voce di Murtagh si addolcì. –Oh, prode guerriera, allora la prossima volta dovrò stare più attento- odiavo le persone che mi provocavano, non le sopportavo. Infatti tutte quelle che avevano assunto quel tono con me erano finite con un sacco di lividi e qualche ossa rotte. –Mettimi alla prova!- gridai, dopodiché gli saltai addosso cercando di prenderlo a pugni, ma ovviamente non ci riuscii. Non ero riuscita a superarlo con la spada, figuriamoci con le mani!

Lo avevo buttato a spalle per terra e rotolavamo sul terreno polveroso. Cercavo con tutte le mie forza di contrastarlo, ma mi era impossibile.

Durante questa piccola rissa, Murtagh non smise mai di ridere, soprattutto quando, dopo avermi bloccata per i polsi, invertì la nostra posizione mettendosi a cavalcioni su di me. –Wow, sei proprio molto garbata lo sai? Non mi stupisco per la situazione in cui ti sei ritrovata ieri- mi divincolai dalla sua presa forte e decisa, calciando e divincolandomi per alzarmi, invano. Mi aveva del tutto bloccata. –Lasciami andare!- gridai, ma sembrava che nessuno mi sentisse.

-Come? Ma se sei stata tu ad iniziare, io mi sto soltanto difendendo- rispose facendo la vittima.

-Ho detto lasciami andare!- ripetei con più ferocia. –Agli ordini prode guerriera- disse ridendo e alzandosi da sopra di me. Rimasi sdraiata lo stesso, stanca com’ero. Nel campo regnava l’assoluto silenzio, perché da circa venti minuti tutti i soldati erano tornati ai loro posti di lavoro. Rimanevamo soltanto io e lui, sdraiati nella polvere.

-Per farmi perdonare ti invito ad una festa- disse dopo un po’. –Cosa?- chiesi stordita, non avendo capito bene quello che mi aveva chiesto. –Ho detto- disse sillabando una ad una ogni singola lettera –che domani per farmi perdonare vieni ad una festa con me-

Lo guardai sorridendo, esitante nella risposta. Se accettavo avrei senz’altro rivisto mio padre, e questo non mi piaceva, ma se non accettavo non lo avrei più rivisto. Rimasi silenziosa, ancora immersa nei suoi profondi occhi di ghiaccio, che non si staccarono da me neanche un secondo. –Ci sei? Hai sentito quello che ti ho detto?- mi chiese passandomi una mano davanti al viso. –Oh si si, ci sono. Mi dispiace, ma non posso accettare- la delusione dipinse il suo bellissimo volto. -Ah, va bene. Però se cambi ideai ricordati che io sono sempre qui- detto questo mi diede un bacio sulla guancia, in un punto vicinissimo alla bocca, facendomi arrossire, e se ne andò, lasciandomi sola sotto il sole cocente di mezzogiorno.

Ancora triste di aver rifiutato la proposta di Murtagh, passai tutta la giornata a spendere il mio ricco tesoro. Cercai una casa ricca dove stabilirmi, possibilmente lontana dal castello, ma era solo in quella zona che le case erano eleganti. Decisi di pensare più tardi alla mia nuova dimora, così feci compere per circa quattro ore.

Verso sera tornai alla locanda, con diversi pacchetti che indicavano le mie numerose spese. Gettai il tutto vicino alla porta e mi gettai sul letto sfinita, addormentandomi immediatamente, con il viso di Murtagh che mi sorrideva continuamente.

-Bambina mia- mi disse una voce nel cuore della notte. –Chi…chi sei?- domandai, anche se sapevo benissimo chi era.

-Come ti sei già dimenticata di tuo padre?- farfugliali qualche parola incomprensibile, che sarebbe dovuta significare “Mi sarebbe piaciuto”. Lui utilizzò la voce che odiavo di più, quella che non ti lasciava via di scampo per quanto ti incantava. –Domani sera vieni al castello, verrai presentata ad una persona importante, quindi giungi in anticipo rispetto all’orario di cena. E vestiti decentemente- non ebbi neanche il tempo di replicare che il contatto si sciolse.

Sbuffai. Sempre così faceva, non ti dava mai il tempo di ribattere. Mi sembrò di essere tornata indietro nel tempo.

Avrei tanto voluto evitare un incontro con lui, ma sapevo che l’avrei pagata cara se non mi fossi presentata.

Cercai di rientrare nel sonno da cui ero stata svegliata, ma non ci riuscii se non diverse ore dopo, terrorizzata dall’idea di risentire la voce di mio padre. Con mia grande sorpresa l’unica che senti e che mi fece addormentare era proprio quella calda di Murtagh.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Il giorno successivo trovai finalmente un’abitazione. Era piuttosto vicina al castello, si affacciava sulla sua entrata principale, ma era l’unico adatto alla mia situazione, arredato come piaceva a me e disponibile subito. Non che fossi priva di soldi, perché ne avevo a palate, solo che se mio padre dopo quella serata avesse voluto la mia presenza continua sarei stata più vicina.

Spesi soltanto uno splendido smeraldo, uno dei quindici che avevo rubato nella casa a Furnost. Sistemai i miei effetti personali nell’armadio e nei cassetti. Poi scesi giù nel caos della capitale per cercare un vestito da indossare quella sera.

Ne trovai uno molto grazioso, aveva un bellissimo colore rosa perla, l’unico problema era che mi lasciava il girocollo e le spalle completamente esposte al freddo notturno. Un’idea mi balenò in mente.

Avrei potuto indossare sì quell’abito meraviglioso, facendo contento il mio caro papà, e per ricoprirmi dal freddo avrei indossato un misero mantello di pelle, facendogli fare inizialmente una figuraccia. Sogghignai divertita all’idea.

Alle sette di sera scesi da casa ed entrai nel palazzo. Le pareti erano come sempre nere e lugubri, illuminate da torce accese con la magia. Procedetti con il cuore in gola, finché non arrivai all’ingresso della sala dei banchetti. La porta era chiusa davanti a me, così rimasi per un po’ a riflettere. Ero in netto anticipo, come mi aveva detto di fare mio, così non diedi per niente nell’occhio.

Sapevo benissimo che dopo aver varcato quella soglia il mio destino sarebbe cambiato.

“Sono ancora in tempo per andarmene, sono ancora in tempo per andarmene, sono…”iniziai a pensare con il cuore che batteva a mille. In quel momento una voce familiare mi raggiunse.

-Hanuin? Hai cambiato idea alla fine!- Murtagh veniva verso di me con un bellissimo sorriso stampato in faccia. Aveva in dosso un abito che gli stava da dio, rendendolo ancora più affascinante di com’era già. La mia reazione fu diversa rispetto alle emozioni che provavo realmente, perché rimasi impassibile e seria.

-Non è come credi!- cercai di dire io, ma inutilmente, perché dopo avermi sorriso maliziosamente aprì il portone davanti a noi, lo stesso che temevo fino a poco prima.

Avanzai dietro di lui con passo deciso, entrando in una sala elegante e raffinata, al cui centro era situato un lungo tavolo apparecchiato per una ventina di persone. A capotavola era seduto il re di Alagaesia, Galbatorix.

Murtagh si chinò al suo cospetto. -Mio re-

Galbatorix lo guardò e rispose. -Alzati Murtagh- la sua voce non era per niente cambiata, come anche il suo aspetto. Fui invasa da una voglia di prenderlo a pugni. Ma non lo feci. Mi chinai anch’io. –Salve padre- dissi guardandolo negli occhi.

Il re, nonché mio padre, mi guardava con un lieve sorriso crudele sulle labbra. Al suo fianco, Murtagh aveva la bocca spalancata per lo stupore.

-Bene, sei venuta come promesso, Adelaid- iniziò lui –Questo è Murtagh, mio fedele cavaliere e figlio di uno dei miei migliori amici- Mi inchinai verso il ragazzo.

-E’ un piacere fare la vostra conoscenza- lui fece il medesimo movimento. -Lo stesso vale per me-

Galbatorix riprese il discorso iniziale. -Figlia, mi dispiace molto per questi ultimi anni, so che sono stati pesanti e faticosi per te. Ma saresti stata in pericolo qui accanto a me. Ma adesso non ci sono più problemi, i miei nemici sono ormai lontani, e potrai diventare la guerriera degna del suo sangue che in parte già sei- io non smisi mai di guardarlo.

-Capisco- Murtagh non disse neanche una parola durante il discorso, e per me fu molto difficile scoprire cosa provava, perché aveva mascherato le sue emozioni con un’espressione impassibile. Era molto probabile che fosse rimasto colpito nell’aver scoperto che gli avevo mentito riguardo alla mia identità.

-Inoltre- continuò il re –Non potrò essere ancora io il tuo maestro. Sarà Murtagh. Sempre per non far nascere indiscrezioni, questa sera, verrai annunciata come sua moglie- Mi venne una voglia matta di scoppiare a ridere, ma arrossii soltanto.

Era probabile che anche il mio finto marito non era a conoscenza di questa parte del piano di Galbatorix, ma non lo diede per niente a vedere.

-Ora sedetevi, fra poco avremo degli ospiti a cena- Feci per togliermi il mantello quando fui preceduta da Murtagh, che non mi toglieva mai lo sguardo di dosso, soprattutto quando rimasi solo con il mio bel vestito. Galbatorix mi guardò pensando sicuramente che ero cresciuta molto durante quegli anni di assenza.

Un rumore sordo entrò nella sala e parecchi nobili si affrettarono ad entrare. Per tutta la cena io e Murtagh ci alternavamo profondi sguardi.

Dopo due lunghissime ore, finalmente il ricevimento finì, e dopo essermi congedata a mio padre mi avviai verso casa. Sentii dei passi dietro di me, ma non mi voltai subito.

-Adelaid!Adelaid!- gridava Murtagh con il fiato corto per la lunga corsa. –Che cosa c’è?- chiesi girandomi verso di lui.

-E’ così che ti chiami realmente, vero?- Annuii, senza riuscire a dire una parola, imbarazzata e allo stesso tempo ferita dal tono di accusa che aveva assunto.

-Perché non me lo hai detto?- io lo guardai sempre rimanendo impassibile, consapevole che quella maschera stava per cedere.

-E’ così importante?- Lui inarcò un sopracciglio. -Direi di si. Tu sei la figlia del mio signore, e tuo padre mi avrebbe gia torturato per come mi sono comportato con te.-

Ormai non ce la facevo più, la rabbia che avevo represso per tutti quegli anni mi stava per invadere completamente.

-Non conta niente! Io lo odio, capisci? Lo odio! Non mi interessa essere riconosciuta come sua erede!- stavo iniziando ad alzare il tono della voce. Il mio viso era contratto in una smorfia di dolore.

-E’ un mostro! Se non fosse stato per lui mia madre sarebbe ancora viva! L’ha uccisa davanti a me! E rideva mentre lo faceva!- incominciai  a piangere, mi dovevo sfogare.

Ma perché proprio lì, davanti al ragazzo più bello che conoscevo?

–Mi dispiace, non volevo. Scusami Adelaid- disse abbracciandomi teneramente, facendosi comprensivo. In effetti eravamo più o meno nella stessa situazione. Lui era figli di Morzan, il peggiore dei rinnegati.

Mi strinsi forte a lui, continuando a piangere interrottamente, mentre mi accarezzava i capelli.

Dopo un po’ che eravamo così, alzò il mio volto verso il suo. Dovevo avere la faccia e gli occhi rossi per il pianto, ma lui non ci badò, perché mi avvicinò piano alle sue labbra. Ci scambiammo un veloce bacio, avrei voluto durasse un eternità, ma io mi staccai violentemente, ancora sotto-shock e presi a correre verso casa, lasciandolo lì da solo, in mezzo all’oscurità della notte.

 

Passai la notte cercando un motivo al mio rifiuto per il bacio di Murtagh.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Il mattino seguente mi alzai molto tardi, essendo rimasta a lungo sveglia a piangere come una bambina. Non sapevo perché mi comportavo così, non mi riconoscevo più. Di solito non mi aprivo alle persone che conoscevo da poco, ma con lui era stato diverso. Che cosa mi aveva spinto a farlo?

Verso mezzogiorno, quando ero ancora immersa nel sonno, sentii un rumore secco provenire dalla porta di ingresso. Imprecai animamente. Mi alzai di scatto, irritata da quel suono che mi aveva svegliata, e presi la spada dirigendomi verso l’entrata. Non mi ero accorta di avere soltanto una stretta fascia che mi ricopriva il seno e un paio di corti calzoncini.

Esitante e con la spada stretta in pugno, spalancai la porta della casa, ma mi bloccai alla vista di Murtagh con il braccio alzato, pronto per bussare. I nostri occhi si incrociarono per un breve istante, poi io li abbassai e feci per chiudere la porta quando la sua mano la fermò bruscamente.

-Cosa vuoi?- dissi con aria impassibile, anche se il mio viso stanco e gonfio per la nottata passata a piangere dimostrava quello che avevo passato. Il ragazzo mi guardò preoccupato, forse sentendosi un po’ in colpa per la sera precedente.

-Per ieri sera…mi dispiace, non dovevo- capii che era sincero, ma la colpa non era solo sua. Se io non fossi scoppiata a piangere forse lui non si sarebbe sentito obbligato a darmi quel bacio di consolazione. Mi convinsi che quel bacio non era niente di importante. O almeno in parte.

-Non devi scusarti- iniziai esitante, siccome dentro di me infervorava una battaglia contro il mio orgoglio. -E’ in parte colpa mia. Non dovevo avere quella reazione. E poi chi non vorrebbe baciare una ragazza bella come me?- dissi infine sorridendo maliziosamente. Murtagh rise divertito. –Modesta, eh cara mogliettina? Comunque vestiti che dobbiamo iniziare l’allenamento- disse squadrandomi e soffermandosi sul basso ventre e il petto. Notai quello a cui si riferiva e con un visibile rossore di imbarazzo sulle guance gli sbattei la porta in faccia dicendo –Arrivo subito-

Mi vestii in meno di cinque minuti. Dopo essermi infilata l’armatura leggera per l’allenamento uscii di casa.

Murtagh era appoggiato su un muretto, lo sguardo perso nel vuoto del cielo blu. Senza farmi sentire ne vedere, gli andai dietro e dissi –Adesso puoi guardarmi senza fare strani pensieri-

Lui si girò sorridente, anche se un po’ deluso di vedermi vestita. –Andiamo, da oggi in poi ci alleneremo fuori città-

Alzai un sopracciglio. Chissà perché non potevamo andare nel campo di allenamento. Nonostante la mia curiosità dissi soltanto, cercando di trattenere le risate –Allora andiamo, maritino mio-

Dopo essere usciti da Uru’Baen andammo verso una piccola radura. Con mio intenso stupore sentii ancora quello strano suono che mi aveva svegliata. Stavo per chiedere a Murtagh delle spiegazioni quando le parole mi morirono in bocca.

Davanti a me c’era un bellissimo drago rosso.                              

Non avevo paura di lui, siccome ero abituata al drago di mio padre, Shruikan, ma più che altro non capivo che cosa ci facesse li in quel momento. Il ragazzo si avvicinò alla creatura e gli diede un affettuosa pacca sul fianco.

Anche se la matematica non era mai stata il mio forte, feci due più due e capii la situazione, soprattutto ricordando le parole di mio padre :”…il mio fedele cavaliere…”

Ma certo! Che stupida che ero! Murtagh era un cavaliere dei draghi.

Il giovane mi disse, facendomi segno di avvicinarmi. –Adelaid, ti presento Castigo-

Io mi avvicinai per niente intimorita, anzi piuttosto felice di vedere un drago dopo tanti anni. Il muso di Castigo si avvicinò curioso a me, scrutandomi da capo a piedi. Io gli accarezzai il muso più volte, facendogli emettere dei sibili di compiacimento.

Senza un minimo avviso, senza che me lo aspettassi, Murtagh mi prese per la vita e mi mise sul dorso del drago, nello spazio fra due artigli aguzzi. –Hei che cosa fai?!- gli urlai senza avere l’effetto desiderato, perché lui mi raggiunse e si sedette dietro di me, allacciandomi a lui.

-Andremo in un posto piuttosto lontano, ogni giorno, per i nostri allenamenti. Abituati a volare su Castigo-

Avrei voluto ridere, perché lui non era a conoscenza della mia bravura nel cavalcare i draghi. Infatti da quando ero piccola andavo nel parco dove stava Shruikan e mi facevo qualche oretta di volo. Infatti io e il drago nero eravamo molto amici.

Castigo spiccò il volo lentamente, forse per ordine del suo cavaliere, così il viaggio durò circa il doppio del tempo necessario. La posizione in cui mi trovavo era molto scomoda, perché il corpo di Murtagh mi schiacciava contro gli artigli spinosi. Mi lamentai più volte, senza successo, poi riuscii a farmi sentire e il ragazzo mi prese in braccio.

Sorrisi tra me e me. Non potevo chiedere di meglio. Il suo contatto caldo mi riscaldava dall’aria fredda che mi colpiva durante il volo. Aveva un buon odore, il migliore che avevo mai sentito.

Atterrammo sopra un’altura del deserto di Hadarac, dove era stato costruito una specie dei rifugio, con delle coperte, una capanna e dei libri.

Mi chiesi a cosa sarebbero serviti, visto che io sapevo gia leggere. Forse mi avrebbe insegnato meglio l’antica lingua, con qualche nuova parola.

La mia curiosità stava ormai per esplodere così chiesi gentilmente –Che cosa mi insegnerai?-

Il cavaliere all’inizio non mi rispose, intento a togliere la sella da Castigo, poi mi guardò serio per un po’.

-La tua conoscenza dell’antica lingua è piuttosto grande, ma mancano gli aspetti principali e le formule più potenti. Sai schermare la mente dagli intrusi e te la cavi piuttosto bene con la spada. Il mio obbiettivo sarà renderti più forte-

Poi aggiunse –Il mattino ci alleneremo con la magia, poi il pomeriggio con la spada- il suo tono non era più quello scherzoso di prima, si era fatto più freddo e serio.

-Ma che cosa vuole Galbatorix da me?- chiesi io aspettando una risposta valida alla mia domanda. Murtagh si sedette su uno sperone di roccia e rimase per un po’ zitto, pensante. Poi disse –Credo ti voglia utilizzare come spia, cosa che gli darebbe un grande vantaggio essendo tu sua figlia, quindi non potresti mai tradirlo. Oppure vorrà fati diventare cavaliere con l’ultimo uovo rimasto. Le mie sono solo supposizioni- era triste, ma io non me ne ero accorta, perché sempre con una grande curiosità osai chiedere –Perché ti sei unito a lui? Sembra che tu lo disprezzi- il ragazzo si alzò di scatto, senza rispondere alla mia domanda inopportuna e andò a prendere nella capanna un libro molto antico.

-Vediamo cosa sai fare- la sua voce era fredda. Mi diede una serie di comandi che io eseguii alla perfezione, anche se dopo due ore di magia mi sentii stanca.

-Basta così per oggi. Tuo padre ti ha istruito bene. Adesso mangia qualcosa e riposati. Ti sveglierò io-

Senza dire niente presi una coperta e mi gettai a terra esausta. Ma il sonno non voleva arrivare, anche se avevo gli occhi socchiusi.

Di sicuro Murtagh non se n’era accorto, perché stava parlando a bassa voce con Castigo. Dissi l’incantesimo che mi permetteva di ascoltarli, senza farmi scoprire.

-Che devo fare Castigo?Gli devo dire che suo padre mi ha costretto a giurargli fedeltà e a tradire mio fratello?

-Almeno potevi dirle che non erano affari suoi. Hai solo peggiorato le cose deviando l’argomento

-Lo so! Ma dopo ieri sera…

Ecco, erano ritornati su quel famoso bacio.

-Dopo ieri sera cosa? La stavi consolando o no?

Questa cosa mi fece male davvero. Murtagh allora mi stava prendendo in giro. Non capivo perché ma mi sentii ferita e mi salirono le lacrime agli occhi.

-Non so che cosa mi è preso, forse è come dici tu, oppure…

Non finì la frase perché notò che mi stavo alzando.

-Si sta svegliando-

Io mi alzai di scatto con le lacrime che scendevano trasparenti sulle mie guance. Il cavaliere le noto e mi chiese preoccupato –Cos’hai? Fatto un brutto sogno?- sorrise, ma io no.

-Dov’è la mia spada? Sbaglio o non dovevamo combattere?-replicai fredda, senza guardarlo negli occhi. Forse era per quello che aveva detto a Castigo. Non sapevo neanche io perché avevo cambiato il mio modo di fare con lui.

-Hei cosa c’è?- mi disse avvicinandosi. Io mi scosati.-Niente!- questa parola gliela dissi quasi urlando, facendolo indietreggiare.

Dopo un po’ trovai finalmente la mia spada., era appoggiata vicino alla sua. Andai a recuperarla e la sfoderai, mettendomi in mezzo all’altura. Murtagh mi guardò un po’ sorpreso, poi prese la sua lama color sangue e si mise in posizione.

Iniziai io l’attacco, con più ferocia rispetto alla volta precedente. Lui sembrò ancora sorpreso dal mio comportamento, ma soprattutto dalla mia forza, così iniziò ad attaccare veramente. In meno di un minuto la mia spada era lontana sette metri, conficcata per metà nel terreno, ed io ero accasciata a terra con la punta della sua spada sul lato sinistro del collo.

-Dai alzati, devi mantenere la posizione più salda e non lasciare le gambe molli- annuii girando gli occhi e andai a recuperare l’arma.

Procedemmo con questo ritmo per tutto il pomeriggio, finché per l’ennesima volta la spada mi cadde di mano e Murtagh disse –Per oggi basta, torniamo in città- mi diede una mano per alzarmi, ma io non ci feci caso e mi tirai su da sola.

Fece per aiutarmi a salire su Castigo, che nel frattempo era andato a caccia, quando mi tolsi dalla sua presa e salii da sola, con leggiadra maestria. Facendo spallucce, leggermente colpito, si posizionò dietro di me, questa volta però lasciandomi più spazio. Castigo prese immediatamente il volo.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

Atterrammo nella solita radura e senza aspettare che scendesse e salutasse il suo drago mi avviai verso la città. Murtagh mi raggiunse correndo e iniziò a parlare di quello che avevamo fatto nella giornata, dei miei errori eccetera.

Io non lo stavo ad ascoltare e si vedeva perfettamente. Avevo ancora le sue parole che mi vorticavano in testa.

-Mi vuoi ascoltare?-mi disse lui piazzandosi davanti a me, quando fummo sulla soglia di casa mia.

Sbuffai irritata e cercai di entrare in casa, ma lui mi blocco stringendomi il braccio. –Adelaid cos’hai oggi? Ho fatto qualcosa che non va? Qualsiasi cosa sia ti chiedo scusa, anche se mi piacerebbe sapere per cosa- ancora quella parola.

Odiavo quando mi chiedevano scusa senza sapere il vero motivo, anzi soprattutto quando lo sapevano e facevano finta di niente.

-Oh niente di importante, almeno non per te. Meglio non dirti nulla se non sarai costretto a consolarmi di nuovo- detto questo, in tono molto gelido, gli sbattei la porta in faccia e mi chiusi dentro.

-Apri la porta! Ho detto apri!- urlava lui da dietro, io avevo delle leggere lacrime che scendevano dai miei occhi verdi.

-Adelaid, dobbiamo parlare!! Apri questa maledetta porta!-continuava lui, senza stancarsi. Io avevo iniziato a singhiozzare interrottamente per le lacrime, era da tutto il giorno che esitavo nel piangere.

Dopo un po’ non sentii più nulla e trai un sospiro di sollievo. Murtagh se n’era andato. Mi alzai da terra e mi svestii per farmi un bagno caldo e riflettere.

Ancora non capivo perché mi ero messa a piangere. Lo conoscevo da solo quattro giorni, eppure sapere che mi aveva presa in giro mi faceva stare male.

Mentre stavo andando in bagno, completamente nuda, un colpo di tosse riecheggiò nella casa. Mi voltai di scatto, come una molla, e presi la spada. Mi misi qualcosa intono al corpo e cercai la provenienza di quel suono.

Murtagh era seduto sul mio letto, lo sguardo fisso su di me in cerca di risposte.

-Co…come hai fatto ad entrare?- chiesi balbettando per lo stupore.

-Bhe non che ci voglia molto a passare per una finestra aperta- disse facendomi segno alla finestra spalancata della mia stanza. Che stupida! L’avevo lasciata aperta. Sorrise. Non capivo perché ma si ostinava a prendermi in giro, ormai sapevo benissimo che era falso. Tutto quello che aveva detto e fatto era falso.

-E adesso dimmi perché hai ascoltato la mia conversazione con Castigo- era arrabbiato, forse perché avevo violato la sua privacy. Io non risposi ma uscii dalla stanza, diretta nel bagno. Chiusi a chiave la porta e mi immersi nella vasca.

Murtagh era rimasto di la, e la porta era chiusa, quindi non ero preoccupata.

Tuffai la testa sott’acqua, ma vidi chiaramente che la porta si era aperta e il ragazzo era entrato. Mi alzai di scatto, per fortuna ero coperta da mille bollicine di schiuma.

-Esci!- gli urlai. Lui mi guardò divertito.

-E se non lo faccio? Per scacciarmi dovresti uscire dalla vasca, ma non puoi- disse ridendo.

Stavo per ribattere quando mi fermai. Mi aveva incastrata. Sospirai e iniziai a lavarmi le gambe con la spugna, fregandomene altamente della presenza del cavaliere. Lui mi guardava, ammaliato dai miei movimenti.

-Adesso vuoi dirmi perché e cosa hai sentito da farti arrabbiare?- continuava a ripetermi ma io non cedevo, perché non lo guardavo e non lo sentivo grazie ad una magia.

Murtagh se ne accorse, così disse –Ci vediamo domani- rassegnato, uscì dalla porta.

Lanciai un verso di sollievo e mi alzai, cercando un asciugamano con cui asciugarmi. L’unica presente era davvero minuscola, mi arrivava giusto all’ombellico. Imprecai e dopo aver tolto l’acqua da ogni singolo punto del mio corpo me l’avvolsi intorno alla vita.

Uscii dal bagno rilassata, anche se avevo ancora tra i miei pensieri il giovane cavaliere.

-Ce ne hai messo di tempo per uscire eh?- lanciai un gridolino, non solo per lo spavento ma anche perché avevo il seno scoperto. Pensai subito che fosse Murtagh, ma mi sbagliavo.

Era quel biondino che mi aveva picchiata nel centro della città. Quell’idiota di Murtagh doveva aver lasciato la porta aperta.

-Ancora tu, ma cosa vuoi?- dissi coprendomi il petto con le braccia. Lui si avvicinò sorridendo –ti voglio- disse prendendomi per le braccia e buttandomi sul letto.

-Sei davvero bella, ma questo lo sai già, vero?- disse mettendosi sopra di me ed iniziando a baciarmi dappertutto.

-No! La…scia…mi sta.. r…e!- cercavo di dire fra un bacio e l’altro. Più mi divincolavo, più lui mi stringeva le braccia.

Mi tolse l’asciugamano di dosso e mi osservò compiaciuto. –Sei mia- disse facendo scivolare le mani dal seno ai fianchi.

Poi fece per slacciarsi i pantaloni quando un pugno lo prese in pieno sulla faccia. Io avevo un’espressione contorta dalla paura e dallo stupore.

-Mu…Mur…tagh…- cercai di dire, ma non ci riuscii. Il cavaliere andò sul biondino e lo tempestò di pugni, finche la sua faccia non divenne tutta rossa per il sangue. Anche l’altro lo colpiva, e gli fece pure uscire un po’ di sangue dal labbro.

-E ora vattene! Non provare più a tornare qui, capito!?-gli gridò mentre il biondo scappava da casa mia.

Avevo assistito a quella scena con il cuore in gola e le lacrime che scendevano copiose dagli occhi.

-Adelaid stai bene? Cosa ti ha fatto quel bastardo?- disse andando verso di me preoccupato come non lo avevo mai visto. All’inizio rimasi ferma, cercando di non piangere più.

Però alla fine non ce la feci più e mi strinsi ancora a lui piangendo, senza preoccuparmi di non avere vestiti addosso.

-Murtagh…avevo tanta paura…io non…- dissi senza finire, perché lui mi interruppe mettendomi due dita sulle labbra.

-Shhh- mi sussurrò cullandomi.

Mi sembrava di ripetere quello che era successo la sera prima. Infatti lui stava avvicinando il suo volto al mio quando, ancora fra le lacrime dissi:

-Dimmi che questa volta non è per consolazione, ti prego- lui mi guardò sorridendo, e stava per rispondermi quando una goccia di sangue gli cadde dall’angolo della bocca e finì sulla mia.

-Ma tu sei ferito!- dissi debolmente cercando di alzarmi.- Non è niente, è solo un taglietto- disse facendo finta di niente.

Allora mi feci coraggio e mi sedetti, consapevole di essere spoglia, sulla sue gambe dandogli un leggero bacio sulle labbra, per far smettere di sanguinare il labbro.

-No- disse lui –Questa volta non è per consolazione-

E sorridendo mi baciò con più trasporto, appoggiandomi delicatamente sul letto.

Felice, gli tolsi gli indumenti sporchi di sangue e gli baciai il petto muscoloso. Lui ricambio pienamente con me.

Il suo contatto era caldo ed accogliente, diversamente da quello che prima aveva cercato di violentarmi.

Facemmo l’amore per tutta la notte, senza mai essere stanchi l’uno dell’altro.

Si, adesso ero sicura, non mi stava prendendo in giro. E sapevo perfettamente quello che provavo.

 

Grazie mille per i commenti!!!Scusate se ho tardato a postare, ma mi si era rotto il pc...

 

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


 

Capitolo 7

La dura e insensibile Adelaid si era innamorata.

 

Il mattino seguente mi svegliai, sopra il suo petto, felice, come non succedeva da moltissimo tempo, forse non mi era mai successo.

Murtagh era già sveglio e mi guardava con un largo sorriso.

-Buongiorno- disse accarezzandomi i capelli. –Buongiorno- risposi io dandogli un dolce bacio sulle labbra.

Mi alzai e andai a vestirmi. Il pavimento era piuttosto sporco di sangue secco per la rissa di Murtagh con il biondo. Presi uno straccio e lo pulii. Murtagh mi guardava curioso, sempre sorridente.

Quando ebbi finito, il ragazzo si alzò e indossò gli abiti della sera precedente. Mentre si metteva la camicia notai una lunga cicatrice sulla schiena. Andai verso di lui e la accarezzai, facendogli venire un brivido.

-Come te la sei fatta questa?- chiesi inorridita da quel solco profondo. Doveva avergli procurato un gran dolore.

Il suo sguardo si oscurò, poi mi fece segno di sedersi accanto a lui.

-E’ una storia piuttosto lunga, ma non te la nasconderò- lo abbracciai per confortarlo, per fargli capire che gli volevo bene.

-Mi è stata inflitta da mio padre, Morzan, quando avevo tre anni, con la stessa spada che io uso, Zar’roc-

Un enorme disgusto mi invase l’animo. Come poteva un uomo colpire con tanta crudeltà il suo bambino di appena tre anni?

-Mi dispiace- dissi soltanto, poi gli diedi un bacio sulle labbra. Lui mi ricambiò per un attimo, poi si staccò.

-Andiamo, Castigo ci aspetta- mi disse, così uscì di casa.

 

Passò un mese, nel quale gli allenamenti con Murtagh e la nostra relazione mi rendevano davvero felici.

Una mattina, dopo essermi svegliata fra le sue braccia, mi sciacquai il viso e feci colazione. Il cavaliere scese giù dalla casa.

Finii di mettere a posto le stanze e lo raggiunsi. Murtagh stava parlando con un soldato reale.

-Re Galbatorix vuole vedere sua moglie, argetlam- io scesi piano le scale, senza farmi vedere.

-Per quale motivo?- chiese lui, preoccupato da questo improvviso interesse del re nei miei confronti. Il soldato sembrava non sapere nulla. –Non lo so, ma ha detto di scortarla subito verso il palazzo-

Che cosa voleva mio padre da me? Forse punirmi per la relazione con Murtagh?

Entrai in scena. –Che cosa succede qui?- chiesi solare, facendo finta di non aver sentito. Il cavaliere mi rispose prima della guardia. –Il re vuole vederti, cara-

-Quando, adesso?- il soldato annuì, cosi guardai Murtagh come per dire “Devo, ci vediamo dopo”

Così andai con il soldato verso il palazzo reale.

Galbatorix mi aspettava nella sala del trono. Era immerso in una fitta conversazione con una giovane donna.

-Bene Tiranna, puoi andare. Scopri qualcos’altro sui piani dei Varden.- le disse lui.

La ragazza doveva essere una spia infiltrata. –Va bene sire- si congedò con un breve inchino e si avviò verso la porta, venendomi incontro. I nostri occhi si incrociarono per un istante. La porta si chiuse subito dietro di me.

Adesso c’eravamo soltanto io e mio padre.

-Padre, mi avete fatto chiamare- dissi io avvicinandomi verso il trono.

-Si. Volevo sapere come procede il tuo allenamento con Murtagh- disse lui. Per fortuna non aveva scoperto nulla di quello che succedeva da più di un mese.

-Va tutto bene, non c’è nulla di cui dobbiate preoccuparvi- dissi io senza distogliere lo sguardo.

-Come tua madre, non sai per niente mentire- disse lui con un ghigno sul volto.

Strinsi i pugni per la rabbia, senza però farmi notare. –Che cosa intendete?-

-Piccola mia, io ti controllo da quando hai visto per la prima volta la luce del sole. Mi hai molto stupito. Sei la prima che riesce ad ammorbidire Murtagh-

Non capii quello che cosa intendeva. Lui rise crudele. –Cosa credi che ti ama? E’ stato un mio ordine a far agire Murtagh così-

-Stai mentendo!- dissi io ferita dalle sue affermazioni. Non poteva essere vero.

-Vel einaradhin iet ai Shur’tugal- il mio cuore stava cadendo in frantumi, ma io non volevo, e non dovevo, piangere. Non davanti a lui. Non dovevo mostrarmi debole. Andava contro i miei principi.

-E inoltre- aggiunse mio padre –Domani partirai per il Surda. Sarai la mia spia più efficiente all’interno dei Varden. La maga Tiranna ti accompagnerà-

-E se io non volessi accettare?- dissi in tono di sfida. Lui sorrise.

-Morirai- Non avevo scelta, dovevo partire. Almeno non avrei dovuto vedere Murtagh per un po’.

-Andrò- detto questo mi congedai e uscii.

Ancora non credevo a quello che mi aveva detto. Allora quello che c’era tra me e Murtagh era tutta una messa in scena? Non volevo crederci.

In effetti non avevo alcuna prova che dimostrasse il suo amore nei miei confronti. Avevo soltanto il ricordo di quelle ore passate insieme.

Mi avviai verso una taverna. Quando mi sentivo giù era mio solito bere un boccale di birra. Sapevo che non era per niente femminile, ma mi tirava su. Seduta vicino al bancone c’era la giovane donna di prima, intenta ad ordinare qualcosa. Mi sedetti accanto a lei, ignorandola e ordinando la birra. Lei mi guardò per un po’, poi mi chiese.

-Sei tu Adelaid?- io girai lo sguardo verso di lei. Mio padre doveva averla informata del mio vero nome.

-Si. Tu devi essere Tiranna- allungai la mano verso di lei, che me la strinse con la sua.

In quel momento arrivò il mio tanto desiderato boccale di birra. Lo tirai giù in tre lunghi sorsi.

-Ha fatto la stessa cosa con me- mi disse dopo un po’ che avevamo conversato. La birra aveva iniziato ad avere effetto.

-Chi?-

-Murtagh. Ci incontrammo un po’ di tempo fa nel Farthen Dur, dai Varden. Quello stesso giorno finimmo per diventare amanti. Questa cosa è durata fino a un mese fa. Io venivo qui per circa una settimana dall’accampamento dei ribelli a portare notizie al re, poi sparivo per qualche mese. Deve aver trovato un altro dei suoi divertimenti in te-

Stavo davvero male, dopo quelle affermazioni.

-E’ solo un lurido bastardo. Bello, tenebroso, affascinante e bastardo. Però se la cava fra le lenzuola- dissi io ridacchiando, leggermente ubriaca.

Tiranna rise con me, anch’essa nel mio stesso stato. –Eccome!-

-Pensa che mi ha salvata due volte da un tizio che mi voleva violentare! All’inizio mi sembrava tanto un gentiluomo…-

Le lacrime iniziavano a scendere calde. La maga cercò di tirarmi su di morale.

-Ma su, dai, che come lui nel mondo ce ne sono di migliori! Vedi il cavaliere Eragon ammazzaspettri. Lui si che è un vero uomo. Gentile e cauto con le donne. Anche se un po’ infantile.-

Non piangevo più ormai, le lacrime erano state sostituite dalle risate.

-Uh, non mi dire che sei stata anche con lui! Dai, me lo devi presentare quando andremo dai Varden-

-Certo amica mia! Sai il re mi aveva detto che eri molto solitaria e non ti aprivi con nessuno, invece sei tutto l’opposto! Adesso però andiamo a dormire, domani dobbiamo partire, anche se nel tardo pomeriggio-

Che strano, le ore come tutta la giornata erano passate in un batter d’occhio.

Ci salutammo all’entrata del castello e traballante andai verso casa mia. Entrai stanchissima e mi buttai sul divano del soggiorno.

-Ma che fine hai fatto? E’ tutto il giorno che ti cerco- Murtagh era uscito dall’oscurità della stanza e mi si sedette accanto, cercando di darmi un bacio. Ripensai a quello che avevo scoperto.

-Non ne ho voglia stasera. Vai da Tiranna se hai voglia di divertirti, almeno non te lo avrà ordinato mio padre- si sentiva perfettamente che ero brilla.

-Ma cosa stai dicendo? Sei ubriaca!- dissi prendendomi in braccio e portandomi in camera da letto.

-Lasciami stare, so camminare da sola io! Lasciami…- ma non finii di parlare perché mi addormentai fra le sue braccia.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

Quella notte sognai di nuovo la scena divisa in due parti differenti. Ma c’era qualcosa di diverso.

Oltre ai due ragazzi che mi chiamavano c’erano anche due piccole figure che urlavano. Urlavano come dei piccoli neonati. Si trovavano ognuno accanto ai due giovani, e ancora una volta non sapevo da che parte andare.

La stessa voce della volta precedente irruppe nella mia mente –Dovrai scegliere-

Le voci e le grida supplicanti iniziarono a rimbombare nella mia testa, con tono più alto e forte.

-Basta…-cercai di dire io, portandomi le mani alla testa. L’ultima cosa che sentii furono due parole, che però mi sfuggirono subito di mente: Moi Manin (pensiero, cambia)

 

Quando mi svegliai era già tarda mattinata. La testa mi scoppiava e avevo un terribile sapore di alcool in bocca. Murtagh non era in casa, doveva essere già uscito.

Della sera precedente non ricordavo proprio nulla, solo di aver incontrato il re ed una maga di nome Tiranna. Per il resto buio totale.

Avevo ancora addosso i vestiti di ieri, ma non ci feci molto caso e andai in bagno per rinfrescarmi. Vi trovai il cavaliere, intento a radersi il viso; appena mi vide si tolse la schiuma da barba con un getto d’acqua e corse a baciarmi.

Qualcosa mi diceva di staccarmi da lui, prenderlo a pugni, ma io non ne capivo il motivo.

-Ben svegliata ubriacona- mi disse lui accarezzandomi dolcemente una guancia. Mi faceva sentire in paradiso.

-Sai che cosa è successo ieri sera? Non mi ricordo niente…- il suo viso si oscurò con un velo di tristezza.

-Galbatorix ti ha convocata per informarti del tuo viaggio come spia insieme alla maga Tiranna verso i Varden-

Adesso mi ricordavo bene. –Ah già…Ma io non voglio lasciarti! Mi mancheresti troppo-

Murtagh mi si avvicinò e mi baciò con più trasporto. –Sarò sempre qui ad aspettarti- gli sorrisi ed iniziai a spogliarmi per fare un bagno freddo.

Non ci misi più di venti secondi, grazie al cavaliere che mi aiutava a fur di morsi. Ci tuffammo insieme nella vasca con l’acqua gelida e io rabbrividii per il freddo, anche se in un certo senso il mal di testa stava pian piano dileguandosi.

Murtagh mi abbracciò, infondendomi nuovo calore, così feci lo stesso con lui.

Mi sentivo davvero bene con lui, avevo questo bellissimo senso di protezione che mi avvolgeva.

Ma qualcosa ancora mi diceva di andarmene, lasciarlo e non rivederlo mai più. Io però davo ascolto soltanto alle mie emozioni e ai miei sentimenti profondi.

Il giovane iniziò a baciarmi il collo con ardore, e per facilitarlo mi sedetti su di lui a cavalcioni. L’acqua si stavo ormai riscaldando per il calore dei nostri corpi che si muovevano fluidamente nella danza dell’amore. Rimanemmo così per un paio d’ore, finché non ricordammo i nostri impegni.

Uscii dalla vasca ed andai a vestirmi. Quella sarebbe stata la nostra ultima volta insieme prima di molto tempo. Indossai velocemente i vestiti, poi accumulai i miei pochi effetti personali. Mentre mi apprestavo a uscire la voce di mio padre irruppe nella mente –Vieni da me- alzai le spalle e feci come mi aveva ordinato.

Entrai nella sala del trono e mi inchinai al suo cospetto.

-Adelaid, non sei tanto furba come credevo. Stai ancora con Murtagh dopo quello che ti ha fatto- lo guardai interrogativa. Che cosa mi aveva fatto il mio Murtagh? –Non capisco cosa intendete, padre-

Lui rise, facendomi trasalire. -Me lo immaginavo. Non è poi così tanto stolto il ragazzo. Ti invito a chiederglielo di persona- mi fece segno di congedo.

Mentre uscivo da palazzo mi domandai a cosa alludeva. Murtagh non mi aveva mai fatto o detto niente di male.

Lo cercai per tutto il pomeriggio, invano, finché mezz’ora prima di partire lo trovai, seduto su un muretto nel centro della città.

-Finalmente! Dove ti eri cacciato? E’ da un sacco che ti cerco- si alzò in piedi, così io gli corsi incontro abbracciandolo.

-Mi devi dire qualcosa che non so?- gli domandai dopo un lungo bacio. Distolse il suo sguardo dal mio. –No, perché me lo domandi?-

-E invece è così. Quando menti non mi guardi mai negli occhi- sorrisi –Su, cosa vuoi che sia. Qualsiasi cosa io l’accetto- dissi cercando di sorridere ancora, ma non ci riuscii per la tensione che si era creata.

Il ragazzo si sedette sul muretto e si mise la testa fra le mani. Aspettai, finché lui non mormorò:

-Adelaid…Io non volevo, ti giuro, non volevo arrivare fino a quel punto. Ma se ti fossi ricordata quello che avevi scoperto la sera della tua sbornia, avremmo rovinato il nostro rapporto…-iniziai a preoccuparmi. Non lo avevo mai visto così teso.

-Che…che cosa mi hai fatto?- chiesi con voce tremante, quasi incredula e timorosa di sentire la sua risposta.

Alzò lo sguardo su di me. I nostri occhi si incontrarono per un brevissimo istante, poi lui mormorò un paio di parole dell’antica lingua e io fui invasa da una grande serie di ricordi.

Ricordai tutto quello che mi era accaduto la notte precedente, soprattutto le mie scoperte.

Lo guardai con le lacrime agli occhi, ma le tirai su di forza e mi feci gelida. –Tu mi hai presa in giro- cercò di venirmi vicino, ma io mi scansai. –Non avvicinarti-

Il suo volto era davvero triste, sembrava addirittura pentito. –Adelaid, ti prego, ascoltami. Tuo padre me lo aveva ordinato, è vero…-io non lo feci finire –Non dovevi nascondermi la verità. Così mi hai delusa ancora di più- cercai di andarmene via, ma lui mi prese per un braccio.

-Sono stato con te non solo perché me lo aveva ordinato- stava ancora mentendo oppure era sincero? Non mi importava più di tanto, così risposi fredda.

-Ah si, allora perché? Ti volevi divertire ancora con me? Mi dispiace, hai sbagliato persona caro- mi tolsi dalla sua presa e mi allontanai da lui a passo veloce.

-Sei tu quella che ti sbagli- mi gridò raggiungendomi. –Io non mi sbaglio mai- dissi voltandomi verso il cavaliere.

-Adelaid, io…- la sua voce si ridusse ad un sussurro e notai che sudava freddo –io ti amo, me ne sono accorto solo ora-

Mi bloccai a quelle parole, che il mio orecchio non aveva mai udito. Fece per andarsene, vedendo che non dicevo e non facevo niente.

-Aspetta- non sapevo perché ma lo stavo facendo riavvicinare a me –hai detto che mi ami?- era una domanda retorica, ma volevo sapere cosa mi avrebbe risposto.

Sorrise, esitante. –Si, e potrei ripeterlo all’infinito-

Dovevo essere la prima a cui lo diceva sinceramente. Gli saltai addosso, abbracciandolo. –Anche io ti amo- gli sussurrai all’orecchio, prima di baciarlo –Non farmi pentire di averlo detto-

Il sole stava ormai tramontando, in quel momento dovevo già trovarmi alle porte della città con Tiranna.

Mi staccai velocemente da lui, dicendo –Sono in ritardo!- mi affrettai a prendere il mio zaino, ma lui mi bloccò.

-Sono o non sono un cavaliere?- ridendo chiamò Castigo e in meno di un minuto mi portò dalla maga, che si guardava intorno sbuffando impaziente.

-Finalmente, credevo che non saresti più venuta- spronò il suo stallone, accanto al quale si trovava il mio, fiammanera.

Mi rivolsi a Murtagh –Mi mancherai-  mi accarezzò una guancia affettuosamente. -Anche tu piccola- mi baciò teneramente e mi fece segno di seguire Tiranna.

Mentre mi allontanavo al galoppo dalla capitale di Alagaesia, guardavo in lontananza Castigo e il suo bel cavaliere, consapevole del mio amore per lui. Ormai niente e nessuno avrebbe potuto impedirci di stare insieme, neanche mio padre.

-Siete fatti per stare insieme voi due- mi disse la mia compagna di viaggio dopo un po’ che viaggiavamo –questa separazione vi renderà ancora più uniti, credimi- le sorrisi e dissi.

-Grazie, sei proprio una vera amica. Ora vediamo chi arriva prima dai Varden!-

 

 

grazie mille a tt per i commenti!!!

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