Fondente - il retrogusto amaro di LaMusaIspiratrice162 (/viewuser.php?uid=161887)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Un robot, una marionetta : non sono altro. Loro ordinano ed io abbasso il capo ed eseguo. Uno stupido strumento nelle loro mani. Ma la storia deve cambiare. Io non sono il loro docile cagnolino,sono il principe degli Orchi.
-Togliti dalla testa quella ragazza, punta alla principessa Vanilla.- mi avevano ordinato- E’ più facile che cada nella trappola-
No,non ci pensavo nemmeno! Io volevo solo una ragazza al mio fianco e quella era Chocola. Mi affascinava osservare quanto potere avevo su di lei se solo la guardavo o la sorridevo. Riuscivo a trasformare quello che per gli altri era un leone in un dolce agnellino. Sentivo che dietro a quella personalità molto forte c’era una ragazza sensibile, che io volevo scoprire. Era per me una barretta di cioccolato fondante : dolce e allo stesso tempo amaro. Sì sarebbe stata lei la mia regina!
Entrai nella piccola casa, accogliente seppur arredata in modo troppo semplice e “rustico”. Fin troppo, per essere la residenza di una rockstar e due pretendenti al Trono. Vi erano buio e silenzio: due elementi che giocavano palesemente a mio favore. Allungai il braccio e attesi che la polvere soporifera cadesse sui corpi degli ospiti di quella abitazione. Tutti dovevano dormire, tranne lei.
Trovata la sua camera vi entrai silenziosamente. Mi sedetti sul morbido materasso e cominciai ad accarezzarle i capelli. Osservavo divertito il modo goffo in cui dormiva e fu davvero difficile riuscire a ricordarmi che dovevo svegliarla. Le sussurrai all’orecchio: - Svegliati, mia principessa-
Queste semplici, ma dolci parole riuscirono a farla rinvenire. Sollevò il busto e cominciò a sbadigliare. Appena si accorse di me, però, si ritrasse spaventata e mi chiese che cosa ci facessi lì.
-Voglio concederti un vero appuntamento, non come quello che abbiamo avuto l’altro giorno in cui Yurika ci ha disturbati-le dissi con voce suadente, avvicinando il mio viso al suo.
-Vuoi dire quello in cui hai cercato di uccidermi? No, grazie!-rispose con voce rabbiosa
-E’ dunque questo temi? Ebbene, ascoltami bene: ti prometto sul mio onore che non accadrà-
-Non mi fido del tuo onore…- disse lanciandomi un occhiataccia.
Tentai di convincerla con parole dolci, ma vi riuscii soltanto assicurandole che quello era solo un sogno.
-Un sogno?-
-Certo, altrimenti non credi che qualcuno, svegliato dalla mia voce, sarebbe venuto in “tuo aiuto”.-
Lei, dopo aver guardato il suo famiglio dormire profondamente davanti a lei, annuì e si posizionò al mio fianco.
-Allora dove andiamo?-
Le spiegai che, dato che sulla Terra i locali erano chiusi intendevo accompagnarla su Extramondo nel mio posto preferito. Nonostante la sua crescente curiosità, preferii non rivelarle il luogo del nostro appuntamento. Usciti sulla sua terrazza, attendemmo sotto il cielo stellato che arrivasse il velivolo che ci avrebbe condotto a destinazione. Mi divertì molto la sua espressione del suo viso quando vide l’enorme carrozza nera, trainata da un enorme corvo, ferma a pochi metri da lei.
Aprii lo sportello e dopo essere salito, le afferrai la mano e la aiutai a fare lo stesso. Bastò un mio cenno affinché l’animale dispiegassi le sue ali in volo.
Io, steso sul sedile con disinvoltura, fissavo la mai ospite che, rivolto lo sguardo verso il finestrino, cercava di evitare che i nostri occhi si incrociassero. Non sapeva che anche se i suoi occhi non mi guardavano, il suo pensiero era rivolto a me e il suo cuore batteva solo per me?
Quella ragazza riusciva ad unire dentro di se imbarazzo, adulazione e timore in modo tale da riuscire ad affascinarmi. Così piuttosto che guardare il paesaggio rivolsi la mia attenzione alle sue guance vermiglie, alle sue belle labbra rosse e ai magnetici occhi smeraldo. Grazie a questa piacevole occupazione, il tempo trascorse velocemente e presto la carrozza atterrò sul suolo ghiacciato della Foresta Zenzero. Stesi e , quando dovetti aiutare Chocola, la presi in braccio. Seppur scombussolata e sorpresa, riuscì a nascondere i suoi sentimenti dietro ad una maschera di indifferenza.
-Fai la difficile,eh?-pensai- vedremo se alla fine dell’appuntamento continuerai a fare quella faccia.-
Quando la lasciai andare, si guardò intorno stupita.
- Ma è la Foresta Zenzero?- chiese esterrefatta.- Da piccola ci venivo sempre a giocare…ma adesso è così diversa!-
Non aveva affatto torto: quello che prima era un paradiso verde, adesso era diventato uno scenario triste e desolato.
-E’ accaduto quando sono salito al trono: ogni cosa è stata ricoperta dal ghiaccio e dalla neve. E’ come se la natura desiderasse proteggersi dal potere oscuro. Peccato che non possiamo farlo tutti…-
Il mio sguardo, mentre dicevo queste cose non doveva essere allegro, perché lei mi guardò con uno sguardo che esprimeva pietà.
-Spero che ti piaccia anche adesso dato che il nostro appuntamento si svolgerà qui- quando lei annuì, continuai a parlare – Perfetto. Allora ora non resta che questo-
Schioccai le dita e il suo vestito mutò: al posto del pigiama comparve un vestito beige, coperto da un cardigan rosa coordinato con le calze di lana.
-Ora siamo pronti ad andare, vieni con me-
Strinsi la sua mano e camminammo insieme nei sentieri solitari, chiacchierando del più e del meno. Quella che parlava di più, in realtà, era lei. Io mi limitavo ad annuire, mentre ascoltavo con piacere il suono della sua voce e soprattutto quello delle sue risate. Più tempo trascorrevo con lei, più mi convincevo che la volevo al mio fianco. Essendo stanchi di camminare, feci apparire un tavolino con delle sedie e la accompagnai al suo posto.
- Caffè o Cioccolata, mia principessa?-chiesi inginocchiato davanti a lei, mentre le baciavo la mano.
-Cioccolata- sussurrò con voce flebile.
Feci comparire due tazze e le servii la sua. Mi sedetti di fronte a lei e dopo averla guardata teneramente, misi la mia mano sul braccio che lei aveva appoggiato sul tavolo.
Intorno a noi c’era il silenzio più assoluto, interrotto ogni tanto solo da qualche colpo di vento freddo. La osservavo bere lentamente il contenuto della sua tazza e arrossire, ogni volta che incontrava il mio sguardo. Improvvisamente sparì tutta la tenerezza dal suo viso e seria chiese:
-Perché fai tutto questo?-
Quella domanda, forse anche a causa del tono accusatorio, mi sorprese.
-Sto cercando di catturare la tua amicizia, così che quando sarai Regina e dovrai colpirmi, ricordando di questo giorno, mi risparmierai-
Lei mi guardò, cercando di capire se fossi serio e quale significato dovesse attribuire alle mie parole.
-Solo per questo?-
-In effetti c’è un’ altra ragione- la informai- voglio farti un’offerta, che spero non rifiuterai-
La raggiunsi e mi inginocchiai davanti a lei. Le strinsi le mani e le chiesi di diventare la Regina degli Orchi. Il suo viso divenne subito pallido e spaventato : la mia proposta era così terrificante?
Inizialmente doveva essere una one-shoot,ma dato che è così lunga ho pensato di dividerla in due parti. |
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
-In effetti c’è un’ altra ragione- la informai- voglio farti un’offerta, che spero non rifiuterai-
La raggiunsi e mi inginocchiai davanti a lei. Le strinsi le mani e le chiesi di diventare la Regina degli Orchi. Il suo viso divenne subito pallido e spaventato : la mia proposta era così terrificante?
Quando udii un terrificante ringhio, capii che quella reazione non era dovuta a me,ma ad una creatura selvaggia alle mie spalle. Evitai di voltarmi e presa Chocola per mano, cominciai a correre sulla neve. Procedemmo velocemente senza avere nemmeno una meta, fino a giungere ad un dirupo. Ero agitato: la belva si stava avvicinando ed io non sapevo dove andare. Ebbi allora la grande idea di guardare cosa vi era infondo al burrone e con un sorriso soddisfatto esclamai:- Acqua!-
Era un laghetto,una semplice distesa di acqua ghiacciata! Certo avremmo sentito un po' freddo,ma era sempre meglio di essere sbranati ad una belva,no? Senza pensarci ulteriormente lanciai Chocola ed io mi tuffai con lei. Cademmo nell'acqua rompendo lo strato di ghiaccio superficiale. Nonostante il freddo dovemmo restare in apnea per almeno un minuto. La belva non avendoci visto, si allontanò alla ricerca di un'altra preda. Raggiungemmo la superficie e ci rallegrammo di aver scampato una morte sicura.
-Ma non avresti potuto ucciderlo tu con i tuoi poteri, Principe degli Orchi?-mi chiese Chocola beffeggiandosi di me.
-Era una creatura magica...sarebbe stato un suicido! Piuttosto perché non lo hai fatto tu, la coraggiosa figlia di Cinnamon?-
-Non mi hai dato il tempo di agire-
Cominciammo a ridere e a schizzarci e continuammo, fino a quando lei non fece uno starnuto. Dovevamo uscire o avremmo preso un malanno. Presi la mia compagna in braccio e la trascinai fuori dall'acqua. --Conosci mica un luogo dove potremmo asciugarci?-le chiesi.
-Sì. Mio nonno aveva una casa qui, se non mi sbaglio dovrebbe essere poco distante da qui.-
Camminai nel percorso che lei mi indicava e in poco tempo raggiungemmo la piccola casetta di legno. Entrati all' interno di questa ci separammo i compiti : io avrei acceso un fuoco nel caminetto che si trovava nel salone e lei avrebbe cercato dei vestiti asciutti. Con un semplice e veloce incantesimo riuscii a svolgere subito il mio incarico. Mentre il fuoco scoppiettava nel camino, mi tolsi la giacca e la camicia. In quel momento Chocola entrò e si sedette accanto al fuoco con me.
- A quanto vedi non ho trovato nulla.- disse imbarazzata, alludendo al fatto che indossava solo un'asciugamano. Come se la cosa potesse dispiacermi....
La circondai con il mio braccio e la attirai a me.
-Prima se non mi sbaglio stavamo parlando di un offerta: vuoi diventare la mia Regina?-
-Dovrei sposarti?-mi chiese.
-No. Ma sì, ci comporteremmo come se fossimo marito e moglie: saresti la mia consigliera, la mia migliore amica, la donna con cui trascorrere meravigliose notti, il primo viso amichevole della mattina, la destinazione di tutto il mio amore, la mia amante...-
Un bacio appassionante era d'obbligo e Chocola non si rifiutò, per fortuna, di concedermelo. Probabilmente però, avrei dovuto fermarmi a quello e non andare oltre.
-E' impossibile che tuo nonno venga qui ora, vero?-
-Sì. Dubito che usi ancora questa abitazione ora che il territorio è pieno di Orchi.-
-Perfetto-
Avvicinai di nuovo la mia bocca a lei, ma questa volta le baciai il collo. Il suo corpo aveva compreso quello che la sua mente da ingenua sedicenne non aveva e rispondeva bene ai miei inviti. Sorrisi soddisfatto: se la avessi resa mia, non avrebbe più avuto la forza di resistermi e conseguentemente di rifiutare la mia proposta.
La mia bocca risalì lungo il collo e il mento fino a raggiungere le dolci labbra. Il mio cuore si riempiva di stupido orgoglio : non solo ero stato il primo a far innamorare quella ragazza così cauta nei confronti dell'amore, ma ero stato anche l'unico a possederla. Sì, ero un amante geloso e possessivo - lo ero sempre stato - e la sensazione che Chocola, la ragazza più bella che avessi visto, potesse essere solo mia mi mandava in estasi. Intanto le sue braccia avevano circondato il mio petto ed i nostri corpi erano più vicini che mai. L'avevo delicatamente fatta stendere sul parquet e stavo per toglierle l'asciugamano di dosso, quando sentii il suo cuore battere. Ad un ragazzo normale quella pulsazione così veloce avrebbe procurato piacere, ma io non ero un ragazzo normale. Accanto alla voglia di baciare il mio angelo, apparve un altro desiderio: quello di sottrarle il suo cuore.
- E' solo l'abitudine...-mi dissi e continuai a baciarla. Tuttavia sentivo dentro di me quella stupida voglia scalciare e combattere per prevalere sull' altra. E nonostante cercassi di farla sparire stringendo più forte Chocola a me, nulla cambiava. Mi rimisi a sedere e presi il volto tra le mani : Possibile che non potessi ribellarmi al mio noir? Non potevo prendere una decisione con la mia testa? Dovevo essere per sempre un Orco?
Solo in quel momento mi ricordai della mia ragazza : l'avevo spaventata?Avevo rovinato tutto?
Mi voltai verso di lei e vidi il suo sguardo torvo posarsi su di me. Si alzò e mi disse che sarebbe tornata a casa.
-Aspetta ti accompagno io!E' troppo pericoloso...potresti essere attaccata da qualche altra creatura.-
Probabilmente se ne sarebbe andata senza di me, se il ricordo della belva non fosse stato ancor così vivido.
Presi la mia camicia, che -per fortuna- si era asciugata e gliela porsi. Dopo averla guardata per qualche secondo con sguardo diffidente e alla fine la mise. Intanto avevo spento il fuoco ed ero pronto a riportarla sulla Terra. Uscimmo dalla casa e feci apparire la mia auto.
- Che cosa c'è?Niente carrozza?-chiese
-Prima dovevo sedurti e poi con questa faremo molto prima- risposi mentre accendevo il motore.
In pochi secondi l'automobile decollò e cominciò a volare nel cielo di Extramondo.
-Sai che potrei denunciarti?-mi rimproverò lei.
-Strano! Non mi sembrava che ti dispiacesse prima... Perché non ammetti a te stessa di amarmi? Perché continui a nasconderti dietro questa indifferenza-
-Sì, è vero! Ti amo! E se prima tu non ti fossi interrotto, forse mi sarebbe piaciuto- gridò lei in lacrime- E tu? Tu mi ami? Un giorno cerchi di uccidermi e l'altro provi a fare l'amore con me! Perché non mi dici in faccia quello che provi?-
Rivolse i suoi occhi umidi al mio viso serio, ma io non la degnai nemmeno di uno sguardo. Continuai a guidare, ignorando le sue lacrime e il suo dolore.
-Vedi? Sei odioso!-
Attraversammo il passaggio lunare e in pochi minuti ci ritrovammo sull'attico del grattacielo, su cui era situata la sua casa.
-Pierre devi dirmi qualcosa?-mi chiese, guardandomi disperata. Mi ostinai a tenere basso il mio sguardo, se l'avessi vista non avrei potuto controllare la mia reazione.
-Perfetto-concluse. Aprì la portiera dell' auto ed uscì.
-Aspetta!-gridai.
Lei si voltò: sul suo viso c'era speranza. Scesi dalla vettura e la raggiunsi. La strinsi a me e la baciai.
-Lo so, Chocola , sono un pazzo! Ma se credi che non ti ami, ti sbagli. Sei l' unica persona per cui abbia mai provato qualcosa e sei davvero preziosa per me! Per questo ho deciso di costringerti a rifiutare la mia proposta di diventare la Regina degli Orchi.-
-Cosa? Ma io stavo per accettare...-
-Non mi interessa! La vita degli Orchi è terribile : si finisce per diventare succubi del potere oscuro. Il mio noir prima mi ha quasi costretto a rubarti il cuore! Non voglio che tu ti rovini...quindi questo è un addio. Uscirò dalla tua vita, prometto!-
-Ma ti amerò per sempre!-dissi baciandole la mano.
Risalii in auto, ma prima di accendere il motore le rivolsi poche ultime parole : -Quando tu sarai diventata Regina* e saremo l'uno contro l'altro, io non ti colpirò. Mi lascerò uccidere da te-
-Nemmeno io ti colpirò.-sussurrò asciugandosi le lacrime.
-Vuol dire che ci guarderemo negli occhi e , ignorando tutto l'odio e la rabbia che sta esplodendo intorno a noi, ci baceremo.- dissi con un sorriso.
L'auto partì ed io andai lontano, ma la mia mente pensava ancora a lei.
-Avrò fatto bene a lasciarla?-mi chiesi.
Sì,assolutamente sì. La sua vita accanto a me sarebbe stata insopportabile : avrebbe dovuto tollerare i miei continui sbalzi di umore, i miei capricci e nessuno dei miei baci o delle mie parole dolci, sarebbe stato capace di cancellare i lividi sul suo corpo, quelle cicatrici che le avrei fatto durante i miei scatti d'ira.
L'occhio traditore lasciò cadere una lacrima, che attraversò il viso. La mano la spazzò subito via, cancellando quell'unica traccia del mio dolore.
Sospirai e schiacciai l'acceleratore : dovevo tornare a casa.
And if you run away, run away, run away, now we won't ever look back And if we run away, run away, now we won't ever look back
Allora eccomi qui! Il titolo che tra l'altro ho cambiato, indica questa voglia di Pierre di ribellarsi alle regole e al suo noir. Il carattere pazzo,lunatico e imprevedibile di Pierre mi piace tanto e credo che vi scriverò qualche long sopra in futuro! L'asterisco si riferisce al fatto che Pierre è certo che diventerà Regina in quanto sa che ora prenderà l'altra pretendente!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Avevo parcheggiato l’ auto fuori la mia villa. Osservai la grande casa scura, che spiccava fra gli alti grattacieli e le umili abitazioni. Mi chiedevo come fosse possibile che nessuno la notasse, che alcuno si fosse mai chiesto cosa ci facesse quella specie di castello gotico nel bel mezzo di una città giapponese. Scesi dall’auto e chiusi la portiera. Mentre attraversavo il marciapiedi che mi avrebbe condotto al cancello, mi ritrovai a sorridere. Misi le mani sul viso e mi fermai a riflettere.
Avevo creduto di sentirmi triste e invece il mio cuore era pieno di sollievo. Avevo liberato le parole che da sempre avrei voluto dire. Mi ero sbarazzato di un peso che trasportavo inconsciamente.
Avevo detto a Chocola che l’amavo, che ero pazzo, pazzo di lei. Sentivo una strana sensazione di benessere, che mai nella mia vita avevo provato. Osservai nuovamente la villa. Come potevo tornare nel mio letto gelido quando il mio corpo desiderava tanto un po’ di calore.
Decisi all’istante che quella notte avrei dormito all’aperto e dopo qualche secondo avevo anche stabilito quale sarebbe stata la mia sistemazione. Volai in cielo e attraversai il passaggio lunare. Ben presto mi trovai ai confini di Extramondo, dove vi erano distese di campi coltivati interrotti da alcune fattorie. Già da lì potevo vedere i margini della Foresta Zenzero in cui ero stato qualche ora prima. Davanti ai miei occhi apparvero gli istanti che avevo vissuto con Chocola : il suo sorriso,i suoi occhi, il nostro bacio.
Un improvvisa fitta al petto mi fece gridare dal dolore. Misi la mano sulla parte sinistra del mio torace e cercai di calmare il mio respiro. Il cuore mi faceva dannatamente male e le mie forze mi stavano abbandonando. Sentivo che ogni secondo cadevo sempre più in basso, finché non mi ritrovai steso sulla terra bagnata. Le mie palpebre stanche si chiudevano ogni due secondi e si riaprivano simultaneamente. Le mie braccia cominciarono a tremare, mentre il dolore non cessava.
Infilai una mano in tasca e ne tirai fuori una piccola boccettina scura. Aprii il tappo e ingerii velocemente il liquido che conteneva. Per fortuna non dovetti attendere a lungo che il mio salvavita facesse effetto: il mio corpo si rilassò e sprofondai in un sonno pesante.
Riaprii gli occhi solo tre ore dopo. Il sole era spuntato ed illuminava tutto ciò che mi circondava.
Scoprii quindi di essermi addormentato in un capo di zucche. Le enormi foglie verdi dalla punta arancione erano ovunque, così come la terra. Mi alzai e mi rammaricai del fatto che il mio smoking era tutto sporco e bagnato.
Guardai l’orologio e mi accorsi che non avrei avuto il tempo di tornare a casa per cambiarmi. Fu in quel momento che ringraziai il cielo per avermi donato la magia. Schioccai le dita e mi ritrovai a scuola nel mio salotto privato. Aprii l’armadio di legno, che avevo fatto mettere apposta per le emergenze e ne tirai fuori la divisa scolastica. In cinque minuti ero pronto ad uscire.
Aprii la porta e attraversai il corridoio.
-Oh Principe non credevo che lei fosse già qui!-disse sorpresa Yurika.
Mi sorrise e si mise al mio fianco, come ogni giorno. Mentre scendevamo le scale mi chiesi cosa sarebbe accaduto. Chocola mi avrebbe ignorato? Mi avrebbe cercato? E soprattutto che effetto mi avrebbe fatto rivederla? Avrei saputo come controllarmi?
Timoroso e allo stesso tempo curioso di conoscere la risposta a quegli interrogativi, giunsi nel corridoio più frequentato dai ragazzi.
Ed ecco che riparte, su vostra richiesta, questa fic. Spero che vi piaccia questo capitolo.
J <3
Ciao! |
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Camminavo nel corridoio, osservando attentamente tutti i volti che intravedevo nella folla. Improvvisamente sentii delle risate e delle grida. Chocola attraversò il corridoio con Vanilla al suo fianco e seguita dai due cavalieri. Appena mi accorsi della sua presenza, ebbi l’immediato impulso di distogliere lo sguardo, ma essendomi ricomposto la guardai con la solita aria di sfida. Il suo viso confuso sparì presto dalla mia vista e mi ritrovai nuovamente da solo. Sì perché il fatto che avevo più di venti ragazzi accanto a me, di cui avevo conquistato la stima non leniva il mio senso di solitudine. Accellerai il passo e raggiunsi la mia aula in poco tempo. Mi sedetti al banco annoiato e attesi che quella stanza vuota si riempisse. Improvvisamente le tapparelle si abbassarono portando l’oscurità in quella camera prima illuminata dal sole . Un colpo di vento chiuse la porta facendola sbattere. Dietro di me comparse un’ombra che afferrò una sedia e si sedette davanti a me.
L’ uomo che aveva cercato di richiamare la mia attenzione con quel giochetto da quattro soldi, cominciò a parlare.
-Pierre, non immaginerà mai cosa ho scoperto!-
Lo guardai e restai impressionato: doveva essere qualcosa di davvero fantastico, se era riuscito ad esaltarlo così.
-Ricordi la nostra conversazione di ieri sera?-
Mi concentrai e cercai di rammentare ciò che era accaduto la sera precedente, purtroppo oltre ai momenti trascorsi con Chocola non riuscivo a pensare ad altro. Annuii comunque.
-Ho fatto delle ricerche e ho scoperto che mi sbagliavo : Vanilla non è quello che credevo. Avevo dato retta a degli stupidi pettegolezzi ignorando la verità! Mi avevano raccontato che la ragazza era figlia di un Orco. I suoi genitori erano morti attaccati dall’esercito della Regina e quest’ultima, sentendosi in colpa, la aveva adottata. Per questo ti avevo spronato a farle la corte…così che passasse dalla nostra parte…invece mi sono completamente sbagliato.-
Si alzò e appoggiate le mani sul banco e diede la grande notizia : - Chocola è il vero Orco!-
Probabilmente credeva che la mia reazione sarebbe stata entusiasta o perlomeno gioiosa, invece lo fissai sorpreso e gli chiesi spiegazioni.
-Ho fatto delle ricerche e ho scoperto che Glace ha avuto una figlia illegittima da una relazione con la strega Cinnamon. La storia era stata nascosta per non macchiare la reputazione della donna che scomparse poco dopo la nascita della figlia.-
-E questa bambina sarebbe Chocola-ragionai a voce alta- ma ne sei sicuro?-
-Sì. Non ti avrei detto una cosa del genere se non ne fossi stato certo. Quindi la situazione è diventata molto più semplice : lei la informerà di questa cosa e la convincerà a diventare la Regina degli Orchi!-
-No…-gridai- Sylvett,no!-
Quando mi chiese la ragione di quel netto rifiuto, per qualche secondo non seppi cosa rispondere.
-Non è facile come sembra…-gli dissi.
-Scommetto che quando scoprirà la sua vera identità, non se la sentirà di lasciarsi scappare questa grande occasione.-
Annuii senza convinzione. Dentro di me speravo che riuscisse a restare lucida e a non farsi influenzare.
So che è corto e anche insignificante, ma perdonatemi. Non ho molto tempo adesso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
-Sta lontano da Chocola!- mi gridarono contro Houx e Saule. Il loro sguardo minaccioso era davvero pietoso e a stento riuscivo a restare serio. I due eroi, i cavalieri della Corona avevano pensato bene di affrontarmi dopo la scuola per chiudere la questione una volta per tutte. Peccato che la situazione non andava proprio a loro favore!
-E chi me lo impedirebbe? Voi?-
-No, io!-
Dato che la voce non apparteneva a nessuno dei due ragazzi, alzai lo sguardo interessato a capire da dove proveniva la voce. Vidi l’imponente figura di Robin, vestito in modo bizzarro (come sempre) a pochi metri da noi. Si avvicinò a grandi passi verso di me e mi guardò.
-Sono serio. Lei vuole essere un abitante di Extramondo e tu non riuscirai a farle cambiare idea.-
-E’ questo il punto : lei vorrebbe esserlo, ma non lo sarà mai e tu lo sai bene. Non è così?-
I due gemelli mi guardarono confusi e poi spostarono il loro sguardo sul loro tutore. Il suo volto era diventato pallido e sembrava aver perso l’uso della parola.
-Che intendi?-mi chiesero.
-Perché non lo chiedete a lui. Sempre che sia disposto a dirvelo… Non capisco perché ci sia questa stupida divisione : io sono il male e voi siete il bene. Vi siete mai chiesti se questa cosa sia davvero veritiera?No. Beh dovreste farlo! Scoprireste delle cose davvero sorprendenti. Ad esempio che voi cercate di allontanare Chocola da me non sapendo che siete voi a farle del male, nascondendole la verità.-
Robin mi guardava con circospezione, ma allo stesso tempo con aria di sfida.
-La verità? Pierre ma vuoi parlare chiaro, dannazione!-gridò Houx spazientito.
-Avete mai sentito parlare delle voci che girano su Vanilla? Molti sostengono che questa sia stata adottata dalla Regina e che sia figlia invece di un Orco. Per questo gli Orchi mi avevano consigliato di sedurre Vanilla. Tuttavia fin dal momento in cui ho visto Chocola, ho colto nel suo spirito un qualcosa di autenticamente grande che mi ha conquistato. Lei era sprecata nell’anonimato di un piccolo villaggio, era destinata a regnare…sì a regnare al mio fianco.-
-Ma cosa centra? Lei diventerà la Regina di Extramondo…-
-Ne dubito… Non eleggereste mai un Orco!-
Spalancarono gli occhi e cominciarono a boccheggiare. Guardarono prima me e poi Robin frastornati. Annuii soddisfatto: mi piaceva molto sapere qualcosa in più di loro, mi dava un grande senso di potere! Attesi che Robin passasse alle spiegazione, ma dato che egli non lo fece raccontai io ciò che andava detto.
Il loro stupore fu enorme: mi guardarono increduli e il loro sguardo non esprimeva per niente fiducia. Sapevo bene che non volevano, né intendevano credermi. Era normale: io ero il loro nemico!
Li avrei con piacere lasciati da soli a crogiolarsi tra le loro illusioni e i dubbi, se non avessi sentito una voce. La sua voce, il suo profumo, le sue lacrime… Non potevo credere che mi aveva udito!
-Maledizione!-gridai a dentri stretti a me stesso.
Per nutrire il mio stupido ed inutile orgoglio avevo finito per ferirla. Adesso cosa sarebbe accaduto? La soluzione che mi aveva suggerito Sylvett mi disgustò : no, non avrei mai accettato che lei diventasse la Regina degli Orchi! Anche se il mio cuore non desiderava altro che quello, il cervello mi suggeriva ancora le conseguenze che quello avrebbe portato. Terribili conseguenze.
E invece di affrontarla e prendere le mie responsabilità, scappai.
Mi voltai e lentamente mi allontanai con fare menefreghista.
Scusate del ritardo…sto lavorando a questo capitolo da giorni…comunque i’m back!! |
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Sospirai e piegai la nuca all’indietro. Ero seduto da solo su una panchina di ferro arrugginito in un parco deserto. Alcuni alberi, che abbandonati a loro stessi erano cresciuti a dismisura, mi nascondevano e avvolgevano in una malinconica atmosfera autunnale. Osservai le erbacce che ricoprivano tutto il terreno che mi circondava: quell’ambiente così selvaggio mi affascinava parecchio. Una volta era stato popolato da decine di famiglie in cerca di un luogo dove poter ammirare i loro figli giocare. Quella panchina su cui ero seduto era stato sicuramente il ristoro di una coppia di amiche, sfinite dal loro jogging mattutino. Qualche tempo fa era stato un posto allegro e pieno di confusione, finché l’uomo non lo aveva dimenticato. Ora non era diverso da una discarica abbandonata. Frequentato solo da teppisti e ragazzacci, che desideravano restare nascosti.
Io facevo parte di quelli. Yurika mi aveva organizzato un pomeriggio pieno di impegni, da svolgere naturalmente in sua compagnia. Avrei dovuto incontrare le ragazze del fanclub per discutere di qualche futile argomento e accompagnarle in centro, dove avrebbero potuto vantarsi di essere insieme al Principe. Tutto ciò mi annoiava: non volevo ascoltare le loro chiacchiere, respirare i loro forti profumi e sopportare le loro inutili attenzioni. Come avevo risolto la questione? Semplice, non ci ero andato! Quella occupazione che prima tolleravo, mi sembrava adesso così fastidiosa…
La ragione la conoscevo bene. Fin da quando ero stato introdotto nel lugubre Palazzo, ero stato solo e quando, dopo aver trascorso l’infanzia a leggere tutti i libri della mia enorme biblioteca, ero stato iscritto a scuola non ero riuscito a farmi amico nessuno a parte quelle cinque oche. Tutti quelli che incontravo mi stimavano e mi rispettavano, ma nessuno provava per me affetto e se anche lo sentivano questo sentimento veniva annullato dal timore che incutevo in loro. Ma adesso che sapevo che c’era qualcuno in quello stupido mondo che mi amava, avere un fan club aveva perso ogni attrattiva. Da quel momento, lo sapevo, non mi sarei più sentito desolato e solitario. Nei momenti di solitudine avrei potuto ripensare alle emozioni provate mentre la baciavo. Avrei trascorso le notti a ricordare i suoi occhi verdi e profondi e le sue labbra che sapevano di cioccolato.
Non mi importavano le fitte che mi coglievano alla sprovvista facendomi soffrire ogniqualvolta la immaginavo davanti a me. Il calore che ricevevo da quelle visioni era maggiore al dolore dovuto al mio stupido noir. Quel barlume di felicità, che era appena comparso nel mio animo, si allontanò appena ricordai ciò che le avevo fatto.
La vedevo di nuovo piangere davanti a me: ammiravo le piccole lacrime scorrerle lungo il viso e sciogliersi sulle labbra, che si erano contratte in un’espressione triste. Osservai il cielo azzurro in cui erano già comparse le prime nuvole rossastre, segnale che la notte si stava avvicinando.
Sbuffai di nuovo: perché avevo rovinato tutto? Sylvette sarebbe stato felice di sentire che avevo seguito alla perfezioni gli ordini che qualche giorno prima avevo contestato. L’ironia della sorte!
Improvvisamente mi si gelò il sangue nelle vene e scattai in piedi, preso da una rabbia improvvisa.
E se Sylvette sapesse già tutto? Se lui avesse già fatto l’irrimediabile?
Senza pensarci due volte, corsi verso casa mia. Speravo solo che non fosse troppo tardi. |
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Ero
sulla soglia di casa mia. Il mio petto si allargava e restringeva,
mentre riprendevo fiato. Girai la maniglia e spalancai la porta. Il
salone d’ingresso era vuoto! Bestemmiai e mi guardai intorno
in cerca di qualcuno. Quello era un pessimo presagio: voleva dire che
gli Orchi erano occupati. Strinsi i denti e gridai il nome del mio
servitore. In pochi minuti si presentò al mio cospetto
Sylvett con un viso più pallido del solito e uno sguardo tra
il sorpreso e il turbato. Ovviamente questo suo atteggiamento
confermò i miei sospetti e passai subito
all’attacco. Lo afferrai per il colletto della camicia e lo
guardai minaccioso. –Dimmi dove è?- Sapeva bene
che doveva temermi, che se non mi avesse detto ciò che
volevo avrebbe subito gravi conseguenze. -Perché me lo
chiedi, quando sai così bene la risposta?- Lo fulminai con
lo sguardo e ,dopo aver stretto la presa più forte per non
più di un secondo, lo lasciai cadere sul duro pavimento. Mi
voltai e cominciai a correre in un lungo corridoio. Non mi accorsi
nemmeno dell’assordante rumore che era stato provocato dal
contatto delle suole di gomma dei miei mocassini con il marmo delle
mattonelle, diffusosi nella sala dopo la mia corsa. L’unico
mio obiettivo era quello di giungere al più presto nella
sala in cui il potere oscuro era più forte, quella in cui
venivano raccolti tutti i noir catturati. Odiavo quel luogo e
solitamente me ne tenevo alla larga: entrarci mi riportava, infatti,
alla mente terribili ricordi. Era l’unica parte della casa
non arredata in quello stile barocco così pomposo.
L’arredo era composto solo da un gruppo di piccoli rettangoli
di marmo, che circondavano l’intero perimetro della stanza.
Su questi c’erano i noir, posti in esposizione. Lì
la semplicità e l’orrido combaciavano. Quando
aprii la porta tutto era così scuro che non riuscivo a
vedere nemmeno dove stavo camminando. Il mio cuore cominciò
a battere più forte e il mio respiro diventò
affannoso, mentre cercavo di combattere contro le mie emozioni. Decisi
di lasciare che per una volta i miei ricordi riaffiorassero,
riportandomi a momenti della mia vita che avevo cercato di dimenticare
e che avevano cambiato definitivamente la mia vita. Avvertii nuovamente
una sensazione di smarrimento e paura,le emozioni che avevano
caratterizzato gli istanti in cui tanti anni fa mi era stato installato
un noir. Il mio corpo cominciò a tremare e temendo che
l’oscurità potesse inghiottirmi, senza pensarci
due volte tirai una corda, comparsa dal nulla. La tenda che ricopriva
la grande finestra sparì e cadde sul pavimento. La luce
tornò ad illuminare ogni elemento di quella stanza,
mostrando una spaventosa realtà. Sapevo che cosa i miei
occhi avrebbero visto, eppure quando ammirai tutto ciò, non
potei non inorridire. Nonostante fossero le sette del pomeriggio, il
cielo era ancora chiaro e il sole seppur non presente illuminava il
paesaggio. Per questo riuscii a vedere più che chiaramente i
rovi, incatenati tra di loro, che avevano occupato l’intera
sala. Così legati quei rami avevano formato
un’enorme ragnatela in cui la preda era Chocola. La povera
ragazza aveva i polsi e le caviglie legate e dormiva in un sonno
profondo sospesa nell’aria. Vederla in quello stato mi fece
infuriare. Volai fino a lei e con grande delicatezza la sottrassi a
quella tortura. Pensai con tenerezza alla paura che avrebbe provato una
volta sveglia. Mentre la conducevo nella mia camera, mi chiedevo come
avesse fatto Sylvette a portarla lì e ad ogni pensiero che
la mente mi suggeriva, rabbrividivo. La appoggiai sul mio letto e la
feci rinvenire. Quando la vidi riaprire gli occhi e guardarmi
sorridente, mi rilassai anche se non riuscivo a capire come mai non
fosse spaventata o perlomeno sorpresa. In quel momento nella mia stanza
entrò Sylvette. Appena lo vidi mi avventai su di lui con
rabbia gridandogli: -Che cosa lei hai fatto, bastardo?- Lui
cercò di farneticare qualche scusa, ma io lo colpii con un
pugno in pieno viso. -Calmati Pierre! Lui non
c’entra…sono stata io a venire!- Mi voltai di
scatto verso Chocola. Adesso ad essere sorpreso ero io!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Si alzò e mi venne vicino.
-Sì, sono venuta io, non
mi ha costretta Sylvette.-
Mi voltai sorpreso e la fissai.
-E perché lo avresti
fatto?-le chiesi, cercando di mantenere
la calma.
La mia domanda la
sbigottì, come se la risposta fosse ovvia
e fossi io l’unico idiota a non esserci ancora arrivato. Il
lampo di
smarrimento nei suoi occhi però sparì subito,
lasciando il posto
all’entusiasmo.
-Per stare con te! Credevo che lo
immaginassi, dato che mi
hai comunicato la mia natura di Orco.-
Non so cosa mi abbia dato
più fastidio se la sua euforia o
il fatto che stesse cercando di far ricadere le sue colpe su di me.
Qualunque
cosa sia stata, mi fece andare in bestia. Sylvette, che conosceva bene
il mio
comportamento, tentò di fermarmi ma non vi riuscì.
Prima che potesse rendersene conto
mollai un ceffone a
Chocola che cadde sul pavimento. Mi fissò spaventata,
massaggiandosi la
guancia. Le diedi le spalle e mi voltai in direzione della finestra.
Cominciai
ad osservare il paesaggio che si presentava davanti ai miei occhi : il
cielo
era diventato più cupo, ma non si era ancora colorato di
nero. Una stella non
particolarmente brillante, la prima della sera era già
visibile. Brillava lì da
sola. Solo,
io fino a quel momento ero sempre stato solo
e nonostante mi lamentassi della mia situazione, non avevo mai
provato il desiderio di cambiarla. E adesso era arrivata lei a
stravolgermi la
vita, giustificandosi con quelle due stupide parole “Ti
amo”. Strinsi pugni e
cercai di trattenere la rabbia, che ancora invadeva il mio corpo.
Infilai una mano nella tasca e ne
tirai fuori una piccola
scatola rettangolare. La aprii e presi una sigaretta, che accesi con la
magia.
Aspirai e feci uscire il fumo dalla mia bocca.
-Tu fumi?-mi chiese Chocola attonita.
-Sì, quando sono
agitato…problemi?-risposi sulla difensiva.
-No,credo di no!-tagliò
corto lei.
Sylvette si avvicinò a lei
e le bisbigliò qualcosa
all’orecchio. Da quanto lasciarono capire i suoi movimenti,
le aveva chiesto di
lasciarci soli.
-Pierre…mi spieghi cosa
c’è che non va? Volevi che lei fosse
al tuo fianco e le circostanze ti stanno favorendo…quale
è il problema?-
-Ho cambiato
idea…semplice!-risposi, senza degnarlo nemmeno
di uno sguardo.
-Ma non possiamo seguire i tuoi
capricci e adesso è tardi
per tornare indietro. Lei è un orco e ha tutto il diritto di
restare.-
Sbuffai: aveva ragione! Con quale
ragione avrei potuto
escluderla?
-Io…io non voglio che
diventi come me e farò di tutto per
impedirglielo. -confessai.
-Ma perché ci tieni tanto?
In fin dei conti se tu stai male
è a causa sua.-
Era vero: da quando l’avevo
conosciuta, ero cambiato. Da
quando mi ero specchiato nei suoi fantastici occhi verdi, erano
cominciate le
sofferenze che mi avevano torturato giorno e notte. Ma come facevo a
spiegare a
Sylvette la sensazione di benessere che provavo quando la pensavo?
Averla
accanto era uno strano miscuglio di dolore e gioia. Non mi avrebbe mai
capito!
-Ora sono stanco, vado a letto.
Comunque non le verrà
installato mai un noir, hai capito?-gli ordinai con tono impetuoso e
minaccioso.
Quando lo vidi annuire spaventato,
piegai le labbra in un sorriso
tirato e aprii la porta. Quello che vidi non mi sorprese : Chocola,
colta ad
origliare, era scattata in piedi e si guardava intorno cercando di
confondermi.
La ignorai e continuai a camminare in
direzione della mia camera
da letto.
-Non resti a cena?-mi chiese
l’ingenua ragazza con una voce
delusa.
-No. Mi è passata la
fame…-
Mi cambiai e mi stesi sul mio enorme
letto, tenendo le
braccia dietro alla testa pensieroso… eh sì
quell’evento aveva proprio sconvolto
il mio equilibrio! Dopo aver trascorso una decina di minuti a leggere
le ultime
pagine di un romanzo che avevo letto almeno dieci volte, udii dei passi.
Mi voltai da un lato,fingendomi
addormentato. Sentii Chocola
entrare e sospirare triste. Sbirciai e la vidi cambiarsi e stendersi
accanto a
me, seppur ad una certa distanza. Appoggiò la testa sul
cuscino e lasciò cadere
le lacrime.
Sì, avevo capito come
potevo allontanarla da me: se non mi
era dovuto obbligarla ad andarsene, avrei fatto in modo che desiderasse
fuggire
da me. E forse prima o poi sarei riuscito ad ignorare le sue
lacrime…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Aprii gli occhi e mi guardai intorno.
La camera era scura e non
avvertivo il torpore dolce,tipico della mattina. Tutto appariva
tremendamente
strano. Mi alzai e scostai la pesante tenda da davanti al vetro della
finestra
e guardai fuori : era buio pesto! Possibile che fosse ancora notte?E
allora
perché Chocola non era al mio fianco? Troppe domande mi
affollavano la testa e
pensai che se non avessi trovato una risposta sarei impazzito. La porta
si aprì
ed entrò una ragazza che portò con sé
un dolce profumo. Aveva i capelli
piastrati che le cadevano sulle spalle ed era truccata in modo molto
semplice
ed elegante. Indossava un corpetto nero paiettato ed una larga gonna di
tulle
grigio. Le lanciai uno sguardo confuso e la supplicai con gli occhi di
raccontarmi cos’era tutta quella storia.
-Io…io credevo che lo
sapessi…Sylvette…-farneticò.
-Chocola, dimmi cosa è
successo-esclamai con maggiore enfasi
e rabbia.
-Io volevo svegliarti, ma lui mi ha
detto che non dovevo
perché soffrivi di insonnia.-
Tutto divenne più chiaro:
il mio servitore mi aveva drogato
per nascondermi qualcosa. Ora bisognava capire cosa. Dopo un rapido
ragionamento,decisi che piuttosto che rincorrere Sylvette e cercare di
estorcere informazioni, le avrei ottenute da Chocola.
La circondai con le braccia e le
sfiorai delicatamente la
pelle delle braccia. Feci camminare le dita sul braccio fino ad
arrivare al suo
viso e la guardai intensamente.
-Allora mi spieghi cosa sta
accadendo?-le chiesi dolcemente.
Mi scrutò con uno sguardo
ipnotizzato e rispose senza
nemmeno pensarci: - Il nostro matrimonio.-
La mia reazione fu proporzionale
all’assurdità della sua
affermazione. Le mani che prima l’avevano fatta sentire bene,
la strinsero e
scuoterono con forza. Le mie grida le rimbombavano nel cervello, mentre
il suo
viso prima sereno era diventato una misto di angoscia e paura.
Un paio di servitori, richiamati
dalla confusione, accorsero
e riuscirono a sottrarla dalla mia presa prima che potesse accadere
qualcosa di
terribile. Chocola venne guidata fuori da una donna che con fare
materno l’avrebbe
coccolata e consolata. Io crollai e rimasi inginocchiato a fissare il
pavimento. Nella mente un solo pensiero : devo imparare a tenere sotto
controllo la rabbia!
Sylvette spalancò la porta
e mi venne incontro con sguardo
minaccioso.
-Che cavolo hai combinato?Avresti
potuto…-
-Ucciderla!- lo interruppi -Giusto.
Per questo mi rifiuto di
sposarla, anche per la sua incolumità! Sono pericoloso!!-
Dopo aver discusso a lungo e non
essere riuscito a
spuntarla, fui costretto ad indossare uno smoking lucido e ad
oltrepassare il
passaggio che mi condusse nella Grande Reggia degli Orchi. Mi ritrovai
in un
salone in cui Chocola con uno sguardo triste, mi stava aspettando.
Temevo di
guardarla negli occhi, di capire che aveva paura di me.
Quando la vidi illuminarsi al mio
arrivo, mi tranquillizzai
e rallegrai. Certo, questo accadde solo dentro di me…il mio
viso invece restò impassibile
come sempre. Era stato allestito un piccolo rinfresco per
l’occasione ed erano
stati invitati i più rispettabili membri degli Orchi. La
sala era piena di
persone agghindate che chiacchieravano tra di loro. Forse il termine
chiacchierare non era proprio adatto, gli Orchi non chiacchieravano
mai…loro
giudicavano e spettegolavano. Muovevano i loro occhi da una persona
all’altra e
parlottavano tra di loro, coprendo le loro bocche truccate con grandi
ventagli
di piume. La povera Chocola, trovandosi per la prima volta in un
ambiente così
ostile, si guardava intorno smarrita e si tranquillizzò solo
quando fui al suo
fianco.
Sylvette sbatté le mani e
riportò l’ordine. La cerimonia stava
per cominciare: io e la mia futura sposa ci tenevamo per mano e ci
guardavamo,
mentre un uomo con voce autorevole pronunciava le solite parole.
Chocola con
gli occhi lucidi e il viso triste, cercava di sorridere e sembrare
felice.
Leggevo nei suoi occhi verdi i suoi
pensieri, i suoi sogni
infranti, le sue illusioni riguardo ad un matrimonio felice. Stavamo
facendo un
errore : ci stavamo legando l’uno all’altro senza
sapere nemmeno se lo volevamo
davvero, ci stavamo giurando amore eterno senza aver prima scoperto che
cosa
significasse amare! E allora perché nessuno dei due rispose
“no”, perché entrambi
recitammo il giuramento alla perfezione? Perché alla fine
eravamo dei masochisti,
desideravamo farci del male ed eravamo pronti a qualsiasi sofferenza
pur di
stare insieme. Questo era amore o egoismo?
-Lo sposo può baciare la
sposa-
Chocola mi guardò piena di
gioia e speranza,increspando le
labbra. Dopo averla fissata a lungo, le presi la mano e gliela sfiorai
con le
labbra.
Quando la guardai di nuovo in volto,
la sua espressione era
indescrivibile : la delusione e la tristezza avevano rovinato quel
meraviglioso
viso. Si inchinò e farfugliò delle scuse con voce
impacciata e scappò via.
Si era concluso il giorno
più felice della sua vita.
Heyy sono
tornata!!
Scusate del ritardo…sapete la scuola mi uccide! :) Comunque
mi impegnerò ad essere
più presente ed ad aggiornare con più frequenza!
See you later
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Ero in un angolo con un bicchiere di
champagne da solo, come
sempre. Osservavo gli Orchi parlottare tra di loro sapendo che il
centro delle
loro critiche ero io.
-Ma come mai la sposa è
scappata via, senza nemmeno
presentarsi?-
-Avrà avuto paura di
Pierre… mi fa davvero pena, povera
ragazza, non immagina nemmeno il guaio in cui si è cacciata!-
-Ma è vero che lei
è la figlia di Glace?-
-Sì. Per questo Pierre
l’ha sposata, altrimenti lui sarebbe
stato automaticamente spodestato in quanto non è nemmeno un
Orco.-
Bevvi quello che restava dello
champagne tutto d’un sorso e
sospirai. Per quanto lo desiderassi non potevo dire che le parole
pronunciate
da quella pettegola dama fossero false. Nonostante odiassi gli Orchi
più di me
stesso, avevo bisogno di loro più di ogni altra cosa al
mondo. Se non fossi
stato il Re degli Orchi sarei stato costretto a scappare da un paese
all’altro
senza meta. Seppur nato su Extramondo ero odiato da alcuni e temuto da
altri,
nessuno mi avrebbe mai perdonato né accolto nella sua casa.
-Senza questo Trono non sei nulla!-
mi aveva detto prima Sylvette,
nel tentativo di convincermi a sposare Chocola- E ora che è
stata trovata la
figlia naturale di Glace nonché erede legittima, tu potresti
essere cacciato da
un momento all’altro! L’unica cosa che ti salva
è che quella cretina è
perdutamente innamorata di te e tu invece di alimentare questo amore,
non fai
che allontanarla!-
Alla fine lo spirito di sopravvivenza
aveva vinto e mi aveva
spinto a compiere un gesto, che mai avrei fatto e che aveva finito per
ferire
me e la mia dolce consorte. La rividi correre via disperata e per la
prima
volta provai rimpianto. Mentre prima avevo interpretato la cosa come
una
punizione per il fatto di essersi innamorata di me, ora capivo tutta la
sua
disperazione. E quando pensai che lei avesse potuto sentire prima
quello che
avevo appena udito io, mi sentii un vero mostro. Guardai la mia
immagine
riflessa nel bicchiere di cristallo : seria e
le labbra era piegate in un ghigno diabolico, come se una
parte di me si
eccitasse quando sapeva di aver fatto del male a qualcuno.
Preso dal disgusto che provavo nei
confronti di me stesso,
scaraventai il bicchiere contro la parete richiamando
l’attenzione di tutti.
Gli Orchi si voltarono verso di me sorpresi e curiosi, mentre io con il
mio
solito atteggiamento altezzoso uscivo dalla sala. Quando mi ritrovai
nel buio
della notte, l’ansia cominciò ad assalirmi: per
quel che ne sapevo Chocola
poteva essere andata ovunque e avrei anche potuto non trovarla
più. Cominciai a
correre più veloce che potevo nel grande giardino della
Villa e solo quando
arrivai alla parte posteriore la vidi. Era seduta sul bordo di una
fontana con
i capelli in disordine e il trucco colato. La mano destra faceva in
modo che la
larga gonna non si bagnasse e la sinistra asciugava le lacrime che
uscivano
ancora dagli occhi tristi.
Mi avvicinai a lei con cautela,
temendo uno scatto d’ira.
Attraversai lo spazio che ci divideva e mi sedetti anche io sul bordo
della
piscina. Restai per qualche minuto così: le spalle alla
grande statua barocca,
che era stata costruita in quella enorme vasca e lo sguardo rivolto
alla Villa.
Stanco di essere ignorato, la circondai con le braccia e le baciai la
fronte
chiamandola tesoro. La sua reazione
mi risultò davvero inaspettata : si avvicinò a me
e appoggiò le mani sul mio
petto, a quel punto mi spinse. Mi ritrovai, bagnato e confuso, seduto
sul fondo
della piscina.
-Tu sei pazza!- le gridai contro,
mentre uscivo dall’acqua
fredda e ritornavo davanti a lei.
-Sarò anche pazza, ma tu
sei un bastardo! Lo sai che cosa
sognano le bambine da piccole? Lo immagini? Non fanno che immaginare il
giorno
del loro matrimonio… e anche se non ero una bimba
così femminile, anche io
fantasticavo su questa cosa! E tu cosa hai fatto? Prima mi hai sedotto
e mi hai
fatto innamorare di te, e poi da quando sono venuta a vivere con
te…non fai che
allontanarmi!-
-Non ti ho mai voluta qui…-
-Ma mi hai detto che mi amavi e che
l’unico ostacolo che ci
divideva era la guerra tra Regni… qual è
l’ostacolo adesso?-
Dato che non le risposi,
continuò a gridarmi contro:- Io non
voglio essere la tua amante,intesi? Una con cui ti piace trascorrere il
tempo,
quando sei in vena! Io volevo essere tua moglie!!-
-Lo sei!!-
-No, non lo sono. Credi che non
conosca la vera ragione per
cui mi hai sposato.-
Abbassai lo sguardo colpevole e non
risposi. Quel mio gesto
le apparve per quello era, una conferma bella e buona.
-Dato che non hai più
nulla da dire, possiamo anche andare a
casa,no?-
E volammo lentamente nel cielo scuro,
silenziosi e
pensierosi. Entrambi con il cuore squartato dal dolore.
I’m a lightweight better be careful
what you say
With every word
I’m blown away
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Ero seduto sul letto con la boccetta
tra le mani. Solitamente
quando la utilizzavo era a causa di una rabbia irrefrenabile che mi
faceva
tremare da capo a piedi. In quel momento, invece, mi sentivo angosciato
e cupo.
Il risentimento mi legava il cuore e lo lacerava come se fosse
provvisto di
spine.
Bevvi tutto d’un sorso la
bevanda contenuta nell’ ampolla,
sperando di riuscire ad addormentarmi il prima possibile. In quel
momento
Chocola uscì dal bagno, battendo con rabbia la porta. Si
avvicinò a me e solo
allora notai il suo “abbigliamento”. Indossava una
camicia da notte di seta
nera molto corta e scollata. Si inginocchiò davanti a me e
mi guardò fisso per
alcuni minuti. Dopo averle esaminato il viso mi vennero i brividi: gli
occhi
verdi, circondati dal trucco sbavato, lasciavano trasparire una
scintilla che
non vi avevo mai visto. Un lampo di follia che non mi piaceva per
niente.
-Mi hai rovinato il matrimonio, ma
non ti lascerò fare lo
stesso con la mia prima notte di nozze!- mi gridò.
Continuai a fissarla senza capire
realmente il senso delle
parole che aveva pronunciato. Probabilmente se fossi stato lucido e non
in
preda a quello stato di torpore in cui mi gettavo volontariamente ogni
qual
volta avevo un problema per mezzo di quella stupida ampolla, avrei
reagito. O
forse no.
La stanza era buia poiché
la luna non riusciva ad illuminare
nulla, coperta da enormi nuvole scure.
Chocola si avvicinò a me
con movimenti seducenti e un’ aria
ammiccante. Più il suo corpo si accostava al mio,
più il mio si allontanava.
Sembrava che lui avesse capito che era una cosa insana.
Solo quando le mie spalle si
trovarono spinte contro il
muro, fermai la mia fuga. Lei appoggiò le sue labbra sulle
mie e cominciò a
baciarmi, mentre le sue mani veloci mi sbottonavano i bottoni della
camicia.
Tolto questo indumento, i baci divennero più profondi e
lunghi. Ormai non
subivo più gli avvenimenti in maniera passiva, ma vi
partecipavo piuttosto
attivamente. Le tolsi la camicia da notte e la strinsi a me. Ci
fermammo un
secondo : eravamo arrivati in un punto in cui o dovevamo fermarci o
andare fino
in fondo. Un lampo squarciò il cielo e ci
illuminò. Chocola osservando i miei
occhi in cui si specchiavano i suoi dovette leggervi ciò che
vi avevo visto io
prima, perché sobbalzò e corse in bagno piangendo.
Rimasi per qualche istante da solo
seduto sul letto ad
ascoltare il suono della pioggia che aveva seguito il lampo, poi mi
alzai e
cercai di raggiungere mia moglie. La sentii singhiozzare, gridare e
percepii un
gran rumore di vetro che cadeva sul pavimento.
-Mostro! Guarda cosa sono diventata a
causa tua! Non riesco
nemmeno a riconoscermi!-
Tirai un pugno contro la porta di
legno, che si ostinava a
tenere chiusa, e le urlai: - Ascoltami! Non avrei voluto dirtelo,ma
tanto vale
essere sincero! Hai ragione io ti ho sposata solo per poter continuare
ad
essere il re degli Orchi! Ed è anche vero che io desidero
che tu te ne vada via
da qui il prima possibile!-
I suoi singhiozzi diventarono
più forti, mentre ascoltava
queste parole.
-E vuoi sapere perché?
Proprio perché avevo paura, timore
che tu diventassi come me…un mostro! Che non fossi
più allegra, dolce,
sfacciata, vivace…insomma che tu non avessi tutte le
qualità che mi hanno
portato ad innamorarmi di te! Tuttavia ho più paura di
perderti e ho deciso di
rischiare!-
La serratura scattò e
finalmente potei entrare e vederla
inginocchiata tra i pezzi di vetro che prima componevano lo specchio.
Mi saltò tra le braccia e
mi abbracciò.
-Chocola devo darti un avvertimento: se mi lascio andare
adesso, non riuscirò più
a separarmi da te. Non potrai più lasciarmi, non lo
sopporterei…-
-Non mi verrebbe mai in mente di
lasciarti…-
Annuii poco convinto.
-Ma mi spieghi perché odi
tanto questo mondo?-
-Qui
nulla è quello che sembra!-
-Ma
il mio amore per te, quello non cambierà mai-
-In realtà
questa sarà la prima cosa a mutare.- pensai
angosciato.
Che
capitolo strano… inizia in modo violento
e finisce in modo dolce. Beh così riesco ad accontentare
tutti,no? ;) Comunque
sto scrivendo una nuova fanfiction nel settore drammatico, questo
rallenterà un
po’ i miei aggiornamenti, ma state tranquilli! Non mi
dimentico mica di voi!
<3
Comunque
nel caso in cui voi voleste leggere
l’altra storia ecco il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1379468&i=1
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Camminavo nel cortile della scuola,
cercando con lo sguardo
Chocola. Avevo , infatti, tralasciato di dirle una cosa di grande
importanza.
Temendo la sua reazione, non le avevo rivelato che la nostra relazione
non
doveva essere resa pubblica sulla Terra. Così per evitare
che venisse a saperlo
da sola, la cercavo intenzionato ad avvisarla e ad evitarle una grande
umiliazione. Purtroppo quel giorno il destino non era dalla mia parte o
dalla
sua. Dunque invece di incontrare lei mi imbattei nel mio fan club, che
come
ogni mattina mi attendeva per potermi accompagnare
all’interno della scuola.
Mentre camminavano al mio fianco, si pavoneggiavano e accrescevano la
loro
superbia. Mentre pregavo che Chocola fosse già in classe, la
ritrovai davanti a
me. Mi sorrise allegra e mi salutò.
-Ciao Pierre…-
Furono quelle due semplicissime
parole a scatenare la
tempesta che seguì. Yurika si interpose tra me e Chocola e
la guardò
minacciosamente. Mise le mani sui fianchi e dopo aver agitato la testa
(gesto
fin troppo teatrale), le chiese da quando aveva il diritto di
rivolgersi a me
in modo così familiare.
-A quanto pare ho persino
più diritto di te, dato che sono
la sua ragazza!-affermò la streghetta, sicura di
sé.
Yurika, senza scomporsi, si
voltò verso di me in cerca di
una smentita. La stessa cosa fece mia moglie, ma naturalmente con un
obiettivo
differente. L’aria era diventata elettrica e si poteva ben
avvertire la lite
che stava per scoppiare tra le due ragazze. Gli altri alunni, prima
diretti
verso le loro classi, si erano invece fermati a guardare la scena. Per
loro non
era altro che una distrazione,qualcosa di interessante da raccontare ai
loro
compagni. Per me, invece, era una scelta: preservare la mia reputazione
o il
mio rapporto con Chocola.
Cosa era più importante?
Entrambe le cose lo erano! Cosa
sarebbe stato più facile recuperare? La
fiducia della ragazza, che in
fin dei conti pendeva dalle mie labbra.
-Allora Pierre, sei davvero fidanzato
con questa bamboccia?-
-In realtà siamo solo
usciti insieme, sabato sera. A quanto
pare ha frainteso…-risposi.
Yurika scoppiò in una
fragorosa risata: -Lo sapevo che non
era vero!-
Anche le altre ragazze cominciarono a
ridere, mentre Chocola
teneva lo sguardo basso.
-Basta!-le zittì la loro
presidentessa. – In fin dei conti è
naturale! La povera ragazzina non sa ancora come funzionano queste
cose, crede
che se qualcuno la invita ad uscire la ama. Che gli serva da lezione!
Amore,
Pierre esce con così tante ragazze e le tratta tutte in modo
speciale…-
Osservai la povera vittima, temendo
il peggio. Era sempre
stato un tipo fin troppo impulsivo e , per quel che ne sapevo, avrebbe
anche
potuto colpirla con un incantesimo.
-Hai ragione! Mi sono lasciata
abbindolare da questo
bastardo e ho sbagliato, sta tranquilla d’ora in poi gli
starò alla larga.
Voglio solo ricordarti che tu sei caduta nella mia stessa trappola! Tu
sei la
sua fidanzata? Non mi sembra! Eppure gli stai sempre appiccicata e ti
lasci
accarezzare e baciare da lui, quando ne ha voglia! Continua a
sognare…finché
qualcuno non ti sveglierà nello stesso modo che tu hai usato
per me!-
I suoi occhi verdi lucidi e
spalancati dalla rabbia, si
posarono sul mio viso e mi lanciarono uno sguardo disgustato. Si
voltò e con un
passo lento e rilassato si allontanò.
-Pierre stai bene?-mi chiese Yurika.
In effetti mi sentivo
agitato, pallido e mi mancava il respiro. Non facevo che voltarmi
intorno
cercando qualcosa, cosa non lo sapevo nemmeno io. Intravidi nella massa
di
studenti il viso di Houx e mi sembrò che guardasse me con
disprezzo e
rimprovero. Infilai una mano nella tasca e con naturalezza mi avviai in
classe,
lasciando che la folla di ragazzi si disperdesse. Credevo che
allontanatomi dal
cortile, i miei sensi di colpa sarebbero spariti. Mentre la lezione
procedeva
lentamente, io pensavo a ciò che era accaduto. Rivedere
l’espressione di
disdegno che mi aveva rivolto poc’anzi, mi faceva stare
male,molto male! Sapere
che l’avevo provocata proprio io peggiorava la situazione! La
paura che questa
volta non mi avrebbe perdonato mi faceva stringere lo stomaco. Chiesi
di poter
tornare a casa prima e nessuno fece obiezioni, uno dei benefici della
mia
popolarità a cui non avevo voluto rinunciare!
Perché? La ragione era che temevo
di incontrare Houx. Avevo paura di un ragazzo, che fino a quel momento
non
avrei mai nemmeno considerato. Non volevo sentirgli dire che non
meritavo
Chocola…soprattutto perché sapevo che aveva
ragione! Il marito perfetto per lei
era sempre stato lui, fin dal principio.
Erano cresciuti insieme ed erano felici, finché
io non ero entrato nelle
loro vite stravolgendo il loro destino. Mentre camminavo erano questi i
pensieri che mi attanagliavano il cuore. Aprii la porta di casa mia,
sperando
che lei fosse lì. Sylvette mi corse incontro e mi chiese che
cosa avessi
combinato.
-Che intendi?-gli risposi confuso.
Delle grida provenienti dal piano
superiore mi fece capire
tutto, senza bisogno di altre inutili domande. Salimmo le scale in
fretta e
raggiungemmo la mia stanza. Apparire davanti agli occhi di Chocola fu
un’operazione
più pericolosa di quanto pensassi. Mia moglie presa dalla
rabbia, che l’aveva
già spinta a rompere tutto ciò che era a sua
disposizione, mi scaraventò contro
un’ enorme lampada. Riuscii a schivarla solo con un pizzico
di fortuna.
-Non ti toglierai mai il vizio di
rompere tutto, quando sei
nervosa?-la beffeggiai.
-La smetterò quando tu la
pianterai di essere così bastardo!-
-Ok mi dispiace…avrei
dovuto dirti che la nostra relazione deve
restare segreta!-
-Mi sa proprio di
sì… così avrei evitato di umiliarmi
davanti all’intera scuola!-
-Su dai, non mi terrai il muso per
sempre!-
Lei, dopo aver scavalcato i cocci
sparsi sul pavimento, si
avvicinò a me e mi minacciò.
-Questa non te la
perdono…te lo giuro!-
Da che parte
siete?
La risposta è scontata! ;) Comunque vi piace? Spero di
sì, anche se è un po’
più insignificante rispetto agli altri!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Allora ho
pensato a
varie soluzioni per farla pagare a Pierre! La prima idea che mi
è venuta è
stata quella di far civettare Chocola con tutti i ragazzi della scuola,
ma era
troppo scontata.
Ho poi
pensato al
fatto che lei potesse cacciarlo dal palazzo,ma sappiamo che Chocola non
lo
avrebbe mai fatto! Ho quindi pensato a questa idea, che mi pare
perfetta! Spero
che anche voi la pensiate così!
Ero seduto sul divano del mio grande
salotto in compagnia di
Megan, la mia “nuova fiamma”. Il mio litigio con
Chocola non poteva
interrompere il mio compito principale,
raccogliere noir e accrescere l’energia nera che
ancora ci proteggeva
dalle guardie di Extramondo. Le accarezzavo i capelli e le guance, la
corteggiavo con dolcissime parole. Più il suo viso diventava
color porpora più
desideravo continuare. Mentre avvicinavo le mie labbra alle sue,
ricordai che
mia moglie era al piano di sopra. Beh, nulla era più
stimolante della visione di
Chocola che rodeva di gelosia a qualche camera di distanza da me.
Sorrisi e la
baciai con trasporto. Lei si staccò, però, da me
improvvisamente. Fissò
qualcosa dietro di me e poi mi rivolse uno sguardo carico di disappunto.
Mi voltai incuriosito e vidi
l’oggetto dell’attenzione di
Megan. Chocola si muoveva nel salotto comportandosi con naturalezza e
mostrando
,quindi, di essere di casa. Feci appena in tempo a mimarle
l’insulto più duro
che mi venisse in mente, prima che la mia spasimante afferrasse il
cappotto e
si avviasse verso l’uscita. Fui costretto, dunque, a seguirla
e a scongiurarla
di restare.
Le rivolsi parole fin troppo mielate
e soavi, che
solitamente mi sarei ben guardato dal pronunciare.
Tuttavia queste non ebbero
l’effetto desiderato e la ragazza
uscì, battendo la porta.
-Ah se ne è
andata…peccato! Le avevo preparato una tazza di
the!-esclamò Chocola, guardandomi con un ghigno soddisfatto.
Strinsi i pugni, mentre sentivo la
rabbia e la sconfitta
invadere il mio corpo e il mio cuore.
-Tu non capisci…Credi che
io mi diverta!-sussurrai in preda
alla collera.
Lei mi osservò per qualche
istante seria e poi scoppiò in
una fragorosa risata. –Oh sì, già
è proprio
una sofferenza!-
La vista mi si annebbiò e
il cervello smise di funzionare.
Da quel momento in poi non avrei saputo più trattenermi. Le
afferrai le spalle
e la spinsi contro il muro. La guardai negli occhi con
un’espressione
indicibilmente intensa e con un tono sicuro le dissi:
-Catturare un noir non è
come appropriarsi di un qualsiasi
cristallo…no, è completamente diverso!
E’ una sensazione
tremendamente appagante ed eccitante.
Riesco finalmente a dare pace alla mia anima, ad ammettere con
sicurezza a me
stesso quale è la mia natura. I dubbi, le incertezze, le
debolezze spariscono e
mi sento forte come non mai. Mi sento il Re degli Orchi! Spietato,
freddo e
calcolatore, temuto da tutti e amato da nessuno! Questo voglio essere! Questo devo
essere! Capisci perché devo provare odio? Ho la grande
necessità di avvertirlo
intorno a me, nelle viscere della Terra e nel mio cuore!Corteggiare le
ragazze,
tradirle, farle sentire delle nullità, sorriderle,
deluderle, illuderle…è il
mio compito, ciò che mi tiene in vita! -
Lei tremava e mi guardava fisso,
senza capire il significato
profondo delle mie parole. Allora decisi di mostrarglielo. Le afferrai
il
braccio e trascinai dietro di me fino a raggiungere una sala a lei
molto nota.
Si guardò intorno e rabbrividendo ricordò gli
istanti trascorsi, legata da
forti catene. Si massaggiò i polsi, mentre osservava i vari
noir ,disposti in
modo ordinato per tutto il perimetro della sala. Tutto era avvolto
dall’oscurità, illuminato soltanto da un leggero
bagliore emanato da tutti quei
noir. La scena era piuttosto spettrale.
-Catturalo!-le ordinai e la mia voce
rimbombò in tutta la
sala. Lei mi guardò spaventata e mi implorò con
gli occhi di lasciarla in pace.
Se fossi stato sano di mente, avrei ricordato che ero stato proprio io
ad
ordinare a Sylvette di non impiantarle un noir nel petto. In quel
momento ,invece,
guidato dalla rabbia o dalla pazzia, le ripetei con voce più
forte il mio
comando.
-Solo così potrai capirmi!
E dopo averne catturato uno, non
potrai più farne a meno…-
Lei mi osservò un secondo
e ancora tremante annuì. Allungò
la mano sopra il cuore nero e chiuse gli occhi. Sospirò e
sussurrò una strana
formula a denti stretti. Il cristallo restò sospeso qualche
secondo prima di
entrarle nel petto. Immediatamente si sentì male e
crollò in ginocchio sul
freddo pavimento. Tossiva forte e tremava così tanto, che mi
spaventai sul
serio.
-Che ti succede?Eh Amore, cosa
hai?-le chiedevo, in
ginocchio accanto a lei.
Tra un colpo di tosse ed un altro,
sussurrò: -Non riesco a
respirare…aiutami!-
La abbracciai e cominciai a gridare
il nome del mio servitore.
Ero davvero atterrito, come se mi fossi appena ripreso da uno strano
stato di
torpore ed avessi appena iniziato a comprendere le mie azioni e
responsabilità.
Sylvette entrò e soccorse
subito Chocola. La prese in braccio
e si allontanò, lasciandomi solo al buio.
Solo con i miei pensieri e
sensi di colpa. La peggior punizione
del mondo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Ero steso sul pavimento e mi illudevo
che il freddo del
marmo potesse alleviare i dolori del mio cuore. Questo povero ed
innocuo organo
tremava e batteva, come il corpo che lo possedeva. Infatti mentre
digrignavo i
denti e le mani tremavano, il mio cervello cercava di trovare una
spiegazione a
ciò che era accaduto. Troppe emozioni mi avevano travolto,
la paura, la rabbia,
i risentimenti e anche un ombra di passione. Era tutto così
inconsueto per un
cuore abituato solo alla tristezza.
Cercavo di classificare i sentimenti
che mi avevano
sfiorato, come un neonato che guarda con interesse gli oggetti che lo
circondano. Il mio petto era a tratti scosso da forti singhiozzi, ma i
miei
occhi erano asciutti. Tutto era terribilmente buio e tetro, cosa che
aumentava
ancor di più il mio stato di depressione. Improvvisamente mi
alzai da terra e
guidato da chissà quale impulso, entrai nella biblioteca. Mi
fermai in mezzo
alla sala e osservai tutti gli scaffali, contenenti migliaia di libri
diversi.
Presi un libro e lo sfogliai : tra le varie frasi scritte in
un’ elegante
calligrafia, lessi la parola “love”. Pieno di
collera e rabbia, strappai la
pagina e la gettai a terra. Perché tutti parlavano di quel
sentimento così
“Bello e magico” ed io ero l’unico a
ritenerlo insopportabile ed odioso?
Forse perché solo a me
complicava la vita e la rendeva un
vero inferno. Vedere quel foglio di carta a terra mi riempì
di adrenalina e
così continuai a farlo anche con gli altri libri. Accesi il
fuoco nel camino,
così che potessi bruciare tutte quelle inutili parole. Ma in
realtà cosa volevo
distruggere davvero? Forse ciò che era accaduto qualche ora
prima? O i
sentimenti che provavo e che mi sforzavo di negare?
Quando la vista delle fiamme mi
stancò, uscii dalla porta.
Attraversai il corridoio frastornato, chiedendomi che ora fosse. Quando
passai
davanti alla porta della stanza di Sylvette, l’ansia mi
assalì. Per quel che ne
sapevo Chocola sarebbe potuta essere morta e sepolta!
Era stato quel timore a tenermi
lontano dalla realtà così a
lungo. Sospirai e continuai a camminare : avrei scoperto la
verità domani .
Aprii l’uscio ed esausto entrai nella mia camera buia. Mi
sedetti sul letto e
mi slacciai i lacci dei mocassini. Improvvisamente la luce si accese ed
illuminò la persona che era appoggiata al muro davanti a me
e che mi aveva
aspettato per parlarmi.
-Sei tornato, finalmente!-disse
incrociando le braccia.
-Già!-tagliai corto,
continuando a spogliarmi.
-Non credi che dovremmo parlare?
Cioè hai cercato di
uccidermi, poi sei sparito…credo di meritarmi una
spiegazione,no?-
-Mi dispiace…-
-Non mi interessano le tue false
scuse…io voglio sapere da
te da cosa è stato provocato il tuo scatto d’ira!
Perché non è normale!!-
-Ero soltanto nervoso...-
Lei si inginocchiò davanti
a me e mi guardò con sguardo
preoccupato.
-Io…io…devo
parlarti. Gli Orchi mi hanno parlato di te. Mi
hanno detto delle cose molto gravi. Il giorno del nostro matrimonio mi
hanno
biasimato perché stavo per sposare un pazzo. Inizialmente
avevo pensato ad una
malignità, ma adesso comincio a crederci davvero. -
Mi fu necessario un minuto per
realizzare : il mio peggior
incubo si stava realizzando e non sapevo come svegliarmi. Gettai sul
letto la
camicia, che mi ero appena tolto e mi avvicinai a lei. Quindi le
chiesi,
guardandola intensamente, se credeva davvero che io fossi pazzo.
-Aiutami a non crederci! Dammi una
spiegazione plausibile!-
-Va bene,lo ammetto! Io…io
avevo bevuto e quando ho visto i
danni che ho provocato, ho preferito appartarmi e aspettare che mi
passasse la
sbornia.-
Lei mi guardò con sguardo
diffidente, ma poi le rughe sul
suo viso scomparvero.
-Devo chiederti un’altra
cosa.- mi disse con sguardo
imbarazzato. -Hai detto di aver bisogno di ferire e illudere le
ragazze. Questo
vale anche per me, vero?-
-No…certo che no! Tu sei
diversa!-
-Eppure è quello che stai
facendo!-mi accusò.
-Vuoi smetterla di accusarmi sempre?
Hai ragione…ultimamente
mi sono comportato molto male con te, ma ti prometto che non
accadrà più!-
-Sarà meglio! O per te
saranno guai!- mi rispose, puntandomi
il dito sul viso.
Gli infilai al dito uno dei miei
vistosi anelli. Lei mi
fissò con sguardo interrogatorio.
-E’ il simbolo della mia
promessa.-
Se fosse stata una delle mie prede,
l’avrei riempita di
complimenti e parole dolci, ma con lei non potevo farlo. Quelle dolci
frasi
erano state già sprecate e avevano perso il loro
significato. E poi non erano
necessarie, bastava stare abbracciati l’uno
all’altra a guardare l’alba.
Avvertimento:
potrebbe essere OCC.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Questa volta riuscii a mantenere la
promessa.Ogni volta che
dedicavo troppe attenzioni ad una ragazza e trascuravo Chocola,
riuscivo a
ricompensarla. I miei colpi di testa non sparirono e continuarono a
turbare la
nostra tranquillità. Tuttavia qualche carezza e un paio di
parole dolci riuscivano
sempre a calmare mia moglie e a togliere dalla sua testa qualsiasi
dubbio.
Infatti non mosse più alcuna accusa di pazzia contro di me,
né ci pensò più.
Continuammo a vederci di nascosto
finché io non decisi di
cambiare questa situazione. Durante un ballo scolastico preso dalla
voglia di
ballare con lei e di dimostrare che lei era solo mia, la attirai a me e
la
baciai con trasporto. Da quel giorno, in maniera sorprendente, i noir
che
catturai aumentarono anziché diminuire. Ma la
serenità non era una
caratteristica del mio animo o forse non la meritavo.
L’annuncio della tempesta
fu un sogno di Chocola.
Stesa accanto a me, si era ritrovata
in sogno in un mondo
parallelo. Lì camminava per le strade del palazzo,
disorientata. Improvvisamente
udiva dei passi che si avvicinavano a lei e cominciava a tremare.
Compariva un
ragazzo che le correva incontro e la stringeva a lui per
tranquillizzarla.
Lei , pur non conoscendolo, lo
trattava con familiarità e si
lasciava abbracciare. Quando lui se ne era andato lei lo aveva chiamato
Pierre.
-Eppure non aveva affatto il tuo
aspetto, era
diverso…completamente. Aveva i capelli scuri e gli occhi
neri…Cosa vuol dire
secondo te?- mi aveva chiesto, turbata.
-Non lo so. Non tutti i sogni devono
avere un particolare
significato!-
In realtà io avevo capito
bene quale era il suo significato.
Lei nel sogno aveva scoperto un altro me. Aveva capito che la persona
che amava
non era in realtà mai esistita. Quel Pierre era soltanto un
immagine nella sua
testa.
Per il momento, fortunatamente, lei
non aveva dato alcun
peso a quel sogno. Diversa era stata però la mia reazione e
il sospetto si era
insinuato nel mio cuore. Temevo, infatti, che il sogno fosse
premonitore. Quando
lo avrebbe scoperto nella vita reale sarebbe stato terribile!
Ero quasi certo che lei mi avesse
idealizzato e me lo
confermò quando la sentii parlare con Vanilla.
Un giorno la sua migliore amica,
superata la paura che
ancora la tratteneva, le si era avvicinata e le aveva offerto il suo
aiuto.
-Chocola, posso aiutarti a scappare e
a tornare ad
Extramondo. –
-Ma sono io che non voglio tornare!
Io…sto bene con Pierre!-
-Ne sei sicura? Non sembrate
così felici insieme!-
-Ti sbagli : lui
è
molto dolce,romantico e mi ama molto. Non è affatto come
pensate voi!-
Peccato che lei si sbagliasse e
presto se ne sarebbe
accorta!
Una mattina Chocola mi
guardò sorridendo e mi chiese : - Che
cosa vuoi che organizzi per il tuo compleanno?-
Quella domanda mi colpì
con la stessa forza di un fulmine,
che squarta il ciel sereno. Per me l’ anniversario della mia
nascita non era
mai stato un evento positivo.
-Niente!-
-Dai non fare l’apatico!-si
lagnò.
-Ti ho detto di non organizzare nulla
e non voglio più
sentirtene parlare.- le ordinai con voce severa.
-Ok…ok non c’era
bisogno di scaldarsi!-si lamentò e mi
invitò a sbrigarmi.
-Non credo che verrò oggi
a scuola. Non mi sento molto
bene!-
Lei si disse disposta a rinunciare ad
andarsene, per
prendersi cura di me. Io però la spronai ad andarsene e a
non preoccuparsi per
me. Mi fissò per qualche istante e poi si dileguò.
Rimasto solo appoggiai la testa sul
cuscino e mi lasciai trascinare
dai ricordi. Chiusi gli occhi in balia di emozioni diverse e forti. E
tornai
nel passato. Al mio settimo compleanno. Nella data che aveva segnato la
mia
vita per sempre.
Lo so che
non è molto
bello, ma è solo un capitolo di passaggio. Nel prossimo
comincerò a raccontare
del passato di Pierre. Ciao! Grazie per le vostre gentili recensioni!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Rimasto solo appoggiai la testa sul
cuscino e mi lasciai
trascinare dai ricordi. Chiusi gli occhi in balia di emozioni diverse e
forti.
E tornai nel passato. Al mio settimo compleanno. Nella data che aveva
segnato
la mia vita per sempre. Non ricordavo molte cose della mia infanzia, ma
quella
reminescenza della mia vita passata era molto vivida nella memoria.
Mia madre mi aveva svegliato anche
quel giorno mettendo in
mostra il sorriso che era sempre sul suo viso. Fisicamente ci
somigliavamo
molto : anche lei aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, ma
caratterialmente eravamo così diversi! Lei era solare e
allegra, mentre io ero
sempre stato un bambino piuttosto serio, che preferiva rintanarsi nella
Foresta
a leggere, piuttosto che giocare con gli altri bambini. Tuttavia queste
nostre
differenze non intaccavano di certo il nostro rapporto.
-Che ne dici se organizzassimo una
festa per il tuo
compleanno? In fin dei conti, avere 7 anni è un evento
importante… oggi potrai
fare il tuo primo incantesimo!-disse con il suo solito entusiasmo.
(Solo in quel momento mi accorsi di
quanto Chocola
assomigliasse a mia madre e questo mi spiegò cosa mi aveva
portato ad
interessarmi a lei).
-Mamma chi vuoi che venga se non ho
amici?-le risposi
cinico.
- Vorrà dire che
festeggeremo io e te.-
-Papà non
tornerà a casa per il mio compleanno?-pensai
deluso, ma non avevo il coraggio di chiederlo. Il rapporto che
c’era tra me e
mio padre era,infatti, molto particolare. Ci volevamo bene ma eravamo
troppo
permalosi per ammetterlo. Litigavamo in continuazione perché
lui voleva che io mi
preparassi ad intraprendere la sua stessa professione.
-Deluso, eh?-mi chiese mia madre,
leggendomi nel pensiero.
-Un po’- sospirai.
-Purtroppo gli Orchi stanno
diventando una vera minaccia e
per evitare che scoppi una guerra, tuo padre in qualità di
soldato deve
sorvegliare il regno.-
Annuii e consumai la mia colazione in
silenzio. Mentre mia
madre stava lavando le stoviglie le chiesi se potevo andare a giocare
nel
bosco. Lei mi diede il permesso a patto che tornassi entro le cinque
del
pomeriggio, ora in cui si sarebbe svolta la nostra festa molto intima.
Afferrato un libro, mi incamminai
nella selva incontaminata.
Mentre pestavo l’ erba, ripetevo a voce bassa le formule
magiche. Nonostante
avessi studiato a lungo, avevo paura di sbagliare qualcosa in quel
giorno così
importante. Mi sedetti sotto la mia quercia preferita e cominciai a
leggere. Il
tempo trascorse velocemente e il tramonto mi annunciò che
era l’ora di tornare
da mia madre. Tuttavia la vista di un evento molto particolare
catturò la mia
attenzione e mi costrinse a disubbidire. Improvvisamente una zona della
foresta,
poco lontana da me, si era ghiacciata e l’aria stava
diventando sempre più
fredda. Mi avvicinai lentamente a quella che sembrava la fonte di quel
cambiamento climatico, cioè una piccola pozzanghera
ghiacciata. Mi inginocchiai
e guardai attraverso la lastra di ghiaccio. Quello che vidi mi
sorprese: era un
cristallo del cuore, ma era diverso da quelli che avevo visto sui
libri. Il suo
colore era nero e la potenza che emanava era maggiore di ogni altro
cristallo.
Piuttosto che spaventarmi quel noir mi
affascinava. Trovato qualcosa di aguzzo, ruppi il ghiaccio ed afferrai
il
cuore. Mi fermai ad osservarlo rapito, ma qualcosa dentro di me mi
suggeriva
che tutto ciò che stavo facendo era sbagliato.
Quando i miei sensi di colpa presero
il sopravvento, mi
decisi ad abbandonare il noir sull’ erba e a fuggire via.
Quando mi ritrovai
fuori l’uscio della mia casa, regolarizzai il mio respiro ed
entrai.
Mia madre non si sorprese per il mio
ritardo, in quanto ero
solito tornare tardi.
-Eccoti!- mi disse e mi
mostrò la bellissima torta che aveva
preparato per me. Sorrisi, pregustando già il momento in cui
l’avrei mangiata.
-Sembra molto buona!-esclamai.
-Sì, ma potrai averla solo
se supererai l’esame
brillantemente!-
Annuii e mi preparai a catturare il
primo cuore della mia
vita. Tuttavia il ricordo di quello che era accaduto poco prima, mi
turbava un
po’. Quando io e mia mamma giungemmo sulla Terra, di certo,
non sapevamo cosa
stava per accadere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Correvamo nella foresta. Il vento
soffiava forte contro di
noi e cercava di spingerci dietro. Mentre i nostri capelli si muovevano
da soli
ed i vestiti aderivano ai nostri corpi, noi continuavamo ad andare
controcorrente. Dal cielo scuro cadevano grandi gocce di pioggia. Ne
sentivo il
suono, che provocavano cadendo sulle foglie degli alberi, ma non
avvertivo
l’acqua fredda sul mio viso. Era come se non facessi
più parte di quel mondo e
forse era proprio così. Mentre le mie gambe si muovevano, i
pensieri erano
fissi su una sola scena.
Mia madre mi teneva la mano tremante
e mi spingeva a
continuare. Quando giungemmo nella radura ci frenammo di colpo.
-Aspettami qui!-mi
raccomandò.
Restai nascosto dietro un albero ad
osservare ciò che avevo
davanti. Un gruppo di soldati, nelle loro uniformi luccicanti, si stava
esercitando. Tra di loro riconobbi un uomo alto dai capelli castani e
gli occhi
grigi, mio padre. Vidi mia madre avvicinarsi a lui e parlargli
sottovoce. Il
suo viso, prima freddo ed indifferente, mutò in
un’espressione sorpresa e
preoccupata. Chiese al generale di poter lasciare
l’addestramento per un giorno
e si avvicinò al luogo in cui ero nascosto.
Mia madre mi riprese per mano e
camminammo fino a casa,
silenziosi.
Entrammo nella cucina, dove
c’era la torta con cui avremmo
dovuto festeggiare il mio compleanno.
Ci sedemmo vicino alla tavola con
un’espressione certamente
diversa da quella che avevo immaginato poche ore prima.
-Mi dite cosa diavolo è
successo?-esordì mio padre, battendo
i pugni sul legno del tavolo.
-Il mio esame non è andato
molto bene!-sussurrai.
-Non è una catastrofe,
potrai rifarlo qualsiasi volta
vorrai! Devi soltanto studiare di più.-
-Non credo che il problema sia dello
studio…-
-E quale è allora?-chiese
spazientito.
-Pierre ha catturato un
noir!-gridò mia madre, prima di
scoppiare in un pianto liberatorio.
Il volto di mio padre si
spostò rapidamente da mia madre a
me. Mi osservò a lungo balbettando, ma non
riuscì a dire nulla.
Superata la sorpresa iniziale, mi
elencò una serie di ordini
da eseguire:
-Non andrai a scuola per il momento,
almeno fin quando non
capiremo come risolvere la situazione. Non dovrete farne parola con
nessuno…potrebbe essere pericoloso!-
-Ai suoi ordini, generale. E adesso
che ha impartito i
comandi, come ha intenzione di continuare?-lo beffeggiai.
-Come potrebbe essere
successo?-chiese mia madre, mentre le
lacrime le scorrevano ancora lungo le guance.
-E’ successa una cosa prima
nella Foresta, che potrebbe
essere stata la
causa di ciò!-spiegai.
-Su sbrigati…diccelo!- mi
spronò mio padre.
Gli raccontai in breve dove ero
andato e il noir che avevo
visto.
Papà mi osservò
ed annuì fin quando non ebbi terminato, poi
spiegò la situazione:
-Il noir che hai visto ti
è entrato nel petto, sostituendosi
al tuo cuore originale. Così sei diventato un Orco!-
-C’è una via
d’uscita?-chiese mia madre disperata.
-Sì, dobbiamo trovare una
purificatrice capace di eliminare
il suo noir. Tutto si sistemerà,
credetemi!-assicurò.
Mi appoggiò le mani sulle
spalle e guardandomi fisso negli
occhi mi confortò e spedì a letto.
Dopo aver salutato mia madre, uscii
dalla cucina e , ben
nascosto dietro la porta, mi misi ad ascoltare i loro discorsi.
-Perché potrebbe essere
pericoloso?-chiese mia madre.
-Gli Orchi stanno cercando un nuovo
Principe e Pierre ha
tutte le caratteriste per esserlo! Dobbiamo proteggerlo!Non possono
portarmelo
via!-sussurrò a denti stretti.
Strinsi i pugni e respirai piano. Ero
terrorizzato, ma le
parole di mio padre mi avevano davvero rassicurato. Sentivo di essere
un
abitante di Extramondo, come poteva qualcuno metterlo in dubbio?
Come potevo io avere le
caratteristiche adatte per essere il
principe degli Orchi?
Allora non sapevo chi fossero davvero
quegli esseri, né immaginavo
quanto gli somigliassi…
Ero così ingenuo!
Mi ero fatto trascinare
così tanto dai ricordi che non
sentii nemmeno che Chocola era ormai tornata a casa. Si era tolta
rapidamente
le scarpe e stesa accanto a me. Credendo che io mi fossi addormentato,
mi aveva
poggiato la mano sulla fronte per verificare che non avessi la febbre e
mi
aveva abbracciato. Il suono del battito del suo cuore
funzionò come una
ninnananna, che mi fece assopire.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Mi alzai lentamente senza far rumore.
Mi vestii il più
velocemente possibile e uscii dalla stanza. Percorsi il grande salone e
poi
l’ingresso, gli unici ostacoli che mi separavano dalla
libertà. Quando aprii il
portone e fui finalmente fuori, ripresi a respirare con
regolarità.
Mi ero, infatti, svegliato
all’improvviso con l’impressione
di stare per morire annegato, dopo aver sognato di nuotare in un mare
tempestoso e scuro le cui onde cercavano di spingermi in
profondità.
Adesso che avevo lasciato libero
sfogo ai ricordi, dovevo
essere pronto a farmi condurre da loro dovunque volessero e a
sopportare la
sofferenza che ne sarebbe derivata.
Tutto era ancora buio: le strade
oscure mi avrebbero
protetto e fatto compagnia in questo viaggio nel passato, mentre la
luna con la
sua pallida luce mi avrebbe illuminato il cammino.
Udii il miagolio stridulo di un gatto
vagabondo, quel suono
mi ricordò l’urlo che uscì dalle labbra
di mio padre nel momento in cui il suo
piano fallì e con lui si annullarono anche le nostre
speranze!
Il giorno successivo alla grande
rivelazione, mio padre
aveva pensato che avrei fatto bene a seguirlo al suo addestramento,
così che,
terminati i suoi doveri, potessimo recarci il più presto
possibile dall’ unica
donna che avrebbe potuto aiutarci. Quello che ci serviva era una
purificatrice
che facesse tornare puro il mio cuore e risolvesse il problema senza
rendere
troppo nota la cosa. E per fortuna mio padre aveva già
trovato la persona che
faceva per noi! Mi parlò di lei, mentre ci recavamo nella
grande radura dove
l’esercito si addestrava:
-E’ da poco tornata su
Extramondo, in quanto per un periodo
di due anni è stata sulla Terra per partecipare alla gara
per le pretendenti al
Trono. Questa è stata però interrotta
improvvisamente prima del termine fissato
per ragioni misteriose… riguardanti gli Orchi suppongo!
Adesso vive con suo
nonno poco lontano da qui. Ho sentito parlare molto di lei dai soldati
dell’esercito: tutti lodano le sue grandi capacità
e dicono che se la gara non
fosse stata interrotta lei sarebbe stata la vincitrice.
E’ una garanzia, no?-
Il piano era perfetto: avevamo
trovato la donna giusta e
questa abitava vicino a noi. Eravamo pieni di speranza e ottimismo, ma
non
sapevamo cosa stava per accadere. Quel giorno, infatti,
l’esercitazione non si
sarebbe svolta regolarmente.
Ero nascosto dietro una grande
quercia ad osservare mio
padre ed i suoi compagni addestrarsi. Mi affascinava molto osservarli
mentre si
muovevano insieme e sembravano un’ unica macchina. Pensai per
un attimo che
forse arruolarsi e combattere per il proprio mondo non sarebbe stato
proprio
male. Velocemente, però,
quest’ idea
sparì dalla mia mente: ero troppo pacifista per uccidere
qualcuno. O almeno
allora ero così.
Mentre osservavo annoiato il cielo
notai qualcosa di strano
: in un punto lontano, in cui le nuvole erano molto più
scure e spesse,
qualcosa si muoveva. Mi soffermai con lo sguardo per capire se fosse un
corvo
quella cosa scura che si avvicinava sempre di più. Solo
quando fu troppo tardi,
capii che cosa erano. Solo quando furono proprio su di me li riconobbi
: una
ventina di Orchi armati scesero in picchiata e piombarono nella radura.
L’esercito
reale, colto alla sprovvista, avendo superato la sorpresa iniziale si
difendeva
bene. L’anello più debole di quella catena
d’acciaio era mio padre che oltre
alla sua vita doveva difendere anche la mia. Sicuramente era la
preoccupazione
di avermi esposto ad un pericolo di quella portata a fargli tremare la
mano
così tanto! Osservavo il suo duello con quell’Orco
dagli occhi iniettati di
sangue e ad ogni loro movimento venivo scosso da terribili tremori.
Quando vidi
che mio padre era stato disarmato non potei non intervenire. Scesi
dall’albero
su cui ero rifugiato e feci un’ incantesimo. Non mi importava
quale, l’unica
cosa importante era attirare l’attenzione su di me!
Il mio piano andò a buon
fine : l’Orco dai capelli anonimi
valorizzati da un eccentrico ciuffo rosso si voltò verso di
me e mi guardò con
interesse.
-E chi abbiamo qui?-si chiese
lasciando stare mio padre e
avvicinandosi a me.
Io ero immobilizzato dalla paura che
lui scoprisse il mio
segreto e lo guardavo procedere verso di me.
-Pierre che hai fatto?-
sussurrò il mio affezionato papà.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
-E chi abbiamo qui?-si chiese
lasciando stare mio padre e
avvicinandosi a me.
Io ero immobilizzato dalla paura che
lui scoprisse il mio
segreto e lo guardavo procedere verso di me. Mentre l’uomo
proseguiva si fermò
di botto e mi fissò stupito. Dopo avermi rivolto uno sguardo
indagatore, mi
pose la domanda che risuonava nella sua mente da tempo :
-Ma tu sei un Orco?-
Mio padre accorse accanto a me e
circondatomi con le sue
forti braccia, rispose al mio posto: -No…assolutamente no!-
-Certo e allora perché ha
un noir?-lo beffeggiò.
Al sentir pronunciare quella parola, noir, le conflittualità si
calmarono e tutti (Orchi e non) mi
fissarono sconvolti.
-Sa che stiamo cercando un principe
degli Orchi? Potremmo
fare un accordo : lei ci da il bambino e noi le daremo una piccola
ricompensa.-
-Non ho intenzione di vendere mio
figlio!- gridò mio padre
furioso.
L’Orco con passo lento si
avvicinò e giustificò la sua
offerta:-Non è una vendita… è un
patto!-
Le braccia che mi circondavano
strinsero ancora più forte il
mio corpo tremante:
-Non lo farò e basta!-
-Come vuole lei Monsieur!-
sussurrò quel bizzarro Orco facendo un inchino.
–Tuttavia vorrei ricordarle che
il bambino non ha alcuna speranza di vivere una vita normale ora che
tutti
conoscono il suo segreto! Crede che lo accetteranno a scuola?
Avrà più un
amico? Ed una ragazza? Lei lo sta condannando ad un’esistenza
vuota ed
infelice...-
Mio padre strinse i denti e rispose:
- Questi sono problemi
miei!-
-Ora sono anche miei
perché vede, Monsieur,
non posso mica tornare da Glace e raccontargli che non ho
preso un ragazzo,adatto al ruolo di principe, perché il
padre non vuole! Sono
un Orco mica un santo?-
Fissai l’uomo con aria
interrogativa, senza capire cosa
volesse davvero dire. Per fortuna mio padre ebbe i riflessi
più pronti dei
miei. Mi spostò e spinse verso l’interno della
foresta, accompagnando questo
gesto con un grido “Corri Pierre!”. Nonostante mi
sentissi stralunato e
confuso, seguii il consiglio e cominciai a muovere i miei piedi
più veloce
possibile con gli occhi chiusi.
Dopo aver corso per un bel tratto una
donna frenò la mia
marcia.
-Signora mi aiuti… gli
Orchi mi stanno inseguendo!- la
supplicai. Lei mi fissò per qualche istante titubante. Nei
suoi occhi leggevo
il suo dissidio interiore : aiutarmi e rischiare la vita o scappare e
affidarmi
ad una fine certa. Mosse un passo in avanti, ma poi sbuffando mi prese
per mano
e cominciò a camminare. Mi sarei tranquillizzato se non mi
fossi accorto che la
donna dall’aria misteriosa mi stava conducendo proprio dagli
Orchi. Cercai di
fuggire, ma non me lo permise: che fosse un Orco anche lei.
-Sta calmo! Ok?-mi disse con tono
risentito e continuò a
trascinarmi.
Confermai la mia ipotesi quando,
arrivati davanti all’Orco
che mi dava la caccia, lui la riconobbe e la chiamò per
nome:
-Cinnamon, che sorpresa! Anche tu
qui?E’ da tempo che non ci
vediamo!-
-Taci Sylvette! Dimmi cosa vuoi farne
di lui!-rispose
indicando me.
-Diventerà il nuovo
principe degli Orchi. Dì : non è il suo ritratto?-
Lei mi scrutò preoccupata
per alcuni secondi e poi rispose:-
Lascialo andare ti prego! E’ soltanto un bambino!-
Sylvette storse il naso poco convinto
e lei si avvicinò a
lui.
-Fallo per me…ti prego!-
gli sussurrò all’orecchio con voce
suadente.
-Ad una condizione, che al suo posto
al Palazzo ci venga
tu!-affermò e le diede un rapido bacio sulle labbra.
Balbettò qualche cosa e
poi si rassegnò: -Va bene!-
Fu un attimo: i due volarono nel
cielo e sparirono.
Solo allora realizzai dove avevo
già sentito il nome di
quella donna.
Cinnamon. Cinnamon Meilleure. La
purificatrice. L’unica donna capace di aiutarmi,mi
aveva salvato
la vita. Ma solo a metà!
Le tenebre si erano dissolse e
avevano lasciato il posto
alla luce. La notte aveva, infatti, già portato a termine il
suo compito:
cullare un ragazzo ed i suoi pensieri. Mi avvicinai all’uscio
della mia casa ed
aprii la porta, pronto a tornare alla realtà. Tuttavia
all’improvviso Chocola
mi corse incontro e mi strinse forte a sé. Per un secondo mi
sentii confuso e
disorientato.
Le braccia esili e sottili, che mi
circondavano divennero
possenti e forti. La voce calda di mia moglie si tramutò in
quella roca di mio
padre. Le parole, come il passato e il presente si sovrapposero:
-Stai bene…ero
così in pensiero!-
-Ma…ma… abbiamo
perso l’unica opportunità di salvezza.-
sussurrai con gli occhi umidi.
Gli stessi occhi che avevano ,in
quella circostanza, versato
tante lacrime, adesso che stavo rivivendo tutto non potevano infatti
non
inumidirsi. Nonostante fossi cambiato ed il mio cuore fosse divenuto di
pietra,
vi era ancora un po’ di quel bambino in me.
-La cosa importante è che
tu stia bene, per le altre cose
una soluzione la troveremo.-
Quelle furono le ultime parole che
udii prima di tornare
alla realtà, stavolta davvero!
Battei le palpebre e mi ritrovai
nella mia villa a pochi
centimetri dal viso stupito di Chocola. La congelai con lo sguardo e
lei mi
lasciò facendosi da parte. Sofferente salii le scale che mi
avrebbero condotto
nella mia stanza: avevo bisogno di un altro po’ di solitudine.
La “storia” tra Sylvette e
Cinnamon la chiarirò nel prossimo capitolo. Tuttavia
vi anticipo che è lui ad essere innamorato di lei e che lei,
a conoscenza di
questa cosa, ha pensato di sfruttarla a suo favore o meglio a quello di
Pierre.
XD
Spero vi
piaccia
questa variante!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Tastavo ogni centimetro del muro
della mia camera alla
ricerca di qualcosa che non sapevo nemmeno io. Dopo aver ripensato per
un ora a
quello che avevo ricordato, mi era sorta una domanda a cui avevo voluto
subito
trovare una risposta:
Se Cinnamon era stata portata al
Palazzo degli Orchi perché
non l’avevo mai vista? Doveva
essere
stata imprigionata da qualche parte, in un luogo che si poteva
raggiungere solo
attraverso un passaggio segreto. Era una teoria assurda, ma in quel
momento non
la pensai così. E dopo aver picchiettato a lungo il muro e
cominciato a
sentirmi un vero idiota, mi arresi e mi sdraiai sul letto senza
speranze. Preso
da una terribile frustrazione lanciai una scarpa contro la libreria ed
un libro
cadde a terra. Improvvisamente, come in un film fantascientifico, la
libreria
si spostò lasciando intravedere un lugubre corridoio.
Scattai in piedi e lo
attraversai : dovetti scendere molte rampe di scale prima di trovarmi
in un
luogo che non avevo mai visto. Era un lurido agglomerato di celle per
lo più
vuote, che erano state occupate negli anni passati dai rivoluzionari
più
agguerriti e valorosi.
L’ultima
cella, tra
l’altro l’unica ad essere chiusa da una pesante
porta blindata, attirò la mia
attenzione. Allora presi le chiavi appese accanto e le usai per
aprirla. Al suo
interno vidi una donna che nonostante fosse segnata dalla vecchiaia e
dalla
lunga prigionia, aveva mantenuto una certa dignità ed
eleganza. Era passato
tanto tempo, ma riuscii a riconoscerla: era Cinnamon!
Quando mi ritrovai davanti a lei, mi
resi conto di quanto
fosse stata stupida la mia ricerca dato che non avevo nulla da
chiederle né da
dirle.
-Chi sei tu?-mi chiese lei.
-Sono il principe degli Orchi.-
-Non ti aspetterai che mi
inchini,vero?-
-Certo che no, Signora.-dissi
trattenendo una risata.
-E cosa vuoi?-
-Non lo so-risposi.
Lei si voltò e mi
guardò meglio incuriosita. Dopo avermi
osservato per qualche secondo si coprì le labbra con le mani
e sussurrò: -Oh
no…sei tu!-
Annuii tristemente.
-E come mai sei diventato ugualmente
il Principe? Sylvette
ha violato il patto?-
-No le cose sono andate in modo
diverso…è una lunga
storia.-commentai.
-Raccontamela- mi disse con uno
sguardo pieno di
comprensione e compassione, invitandomi a sedermi accanto a lei sul suo
lurido
letto.
-Allora…-iniziai- dopo
quel giorno la mia vita divenne
impossibile, proprio come aveva predetto Sylvette. Non potei
più uscire di casa
e trascorsi tutte le mie giornate a guardare il mondo fuori dalla
finestra
rimpiangendo il passato. La cosa peggiore fu che le cose si
complicarono anche
per i miei genitori! Mio padre, che era un soldato della Corona, non
potè più
andare a lavorare senza che tutti lo guardassero e lo allontanassero.
Poi un
giorno accadde qualcosa di davvero terribile. Mio padre fu convocato
dal capo
delle Guardie che desiderava fargli un importante proposta.
Giunto lì,
l’uomo gli intimò che se non si fosse sbarazzato
di me non avrebbe più continuato a lavorare per lui.
“Come può
chiedermelo? E’ mio figlio!” rispose.
Tuttavia il senso del dovere e la
paura di perdere il suo
caro lavoro riuscirono ad avere la meglio sull’affetto
paterno. E con tono
arrendevole chiese disposizioni. Con me e mia madre si
giustificò così: “Non
abbiamo altra scelta. Tenendolo qui rischiamo la nostra e la sua
vita!”. Mia
madre si disperò e lo supplicò : niente
riuscì a dissuaderlo dal suo diabolico
intento.
Quando venne a prendermi per portarmi
via da lui, aveva
piovuto. Mentre stavo osservando le gocce di pioggia appoggiate al
vetro, lui
mi ordinò di preparare la valigia. Inizialmente pensai che
volesse portarmi al
sicuro,ma il pianto di mia madre mi fece capire che mi sbagliavo.
Mentre la salutavo per
l’ultima volta mi disse: “Non
odiarlo…infondo ti vuole bene!”
Ma io non le credetti!-
-Mi
dispiace…-commentò triste.
-Storia vecchia. E quale legame la
congiunge a Sylvette?-
-Lunga storia-disse.
-Me la racconti allora.-
E ridemmo insieme, prima di
immergerci nei ricordi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
-Quando mi trasferii nel Palazzo
degli Orchi, ipnotizzata
dall’amore per Glace cominciarono le mie disgrazie. Mi ero
illusa che sarei
diventata la sua compagna, la sua amante e invece non ero altro che una
schiava. Sfogava le sue frustrazioni su di me… eravamo
entrati in una terribile
spirale in cui la mia vita era tale solo di notte quando ci
incontravamo nella
sua camera. Accanto a quell’uomo rivoltante, che
però amavo più di me stessa, c’era
Sylvette che mi osservava nell’ombra e non osava esporsi. I
suoi occhi erano
pieni di compassione e amore sincero, ma a me non interessavano. Non
erano
quelle le iridi in cui desideravo specchiarmi!
Quando la vita mi giocò un
brutto tiro e scoprii di
aspettare un bambino caddi in un baratro di disperazione. Temevo di
subire la
sua punizione ed un terribile castigo e così mi sono servita
dell’influenza che
avevo su Sylvette. Gli parlai del mio problema e lui mi
consigliò di scappare,
si adoperò per trovare un nascondiglio perfetto per me e per
mia figlia.
Tuttavia Glace scoprì il segreto prima che potessimo mettere
in pratica il
nostro piano. Come avevo immaginato la sua rabbia fu enorme e inveendo
contro di
me cercò di costringermi ad abortire. Mi opposi e chiusi gli
occhi in attesa di
ricevere il mio castigo. Quando Sylvette si schierò dalla
mia parte e mi
difese, il re degli Orchi mise in mostra tutta la sua rabbia. Lui
fraintese la
nostra complicità e
cominciò a
sospettare di noi: ci insultò, maledisse…
Scappai più veloce che
potei, cercando di evitare i colpi che
lui mi lanciava contro. Ruppi una finestra e riuscii ad atterrare nella
Foresta
incolume. Lui, bloccato da Sylvette, non potè inseguirmi e
mi perse di vista.
Da quel giorno non vidi
più Sylvette e continuai a vagabondare
nella Foresta Zenzero. Quando nacque mia figlia la lasciai sulla soglia
della
casa di mio padre. Non entrai più in contatto con gli Orchi
fino a quando non
ti incontrai e decisi di aiutarti. Allora ritornai nel luogo in cui
avevano
avuto luogo i miei incubi. Qui però trovai una sorpresa:
Glace non c’era più.
Una rivolta degli Orchi lo aveva sconfitto e trasformato in una sagoma
fluttuante, priva di forze e autonomia.
Sylvette allora mi propose una
soluzione a tutti i miei
problemi: se avessi accettato di stare con lui, avrebbe accolto mia
figlia
presso di lui e l’avrebbe amata come se fosse stata sua.
Rimasi impressionata
dal suo gentile gesto e accettai l’offerta,
nonostante non ricambiassi appieno i suoi sentimenti. Ma i miei sogni
riguardo all’avere
una famiglia furono nuovamente interrotti : gli Orchi si opposero alla
decisione di Sylvette e lo costrinsero a rinchiudermi nelle segrete. Mi
sentii
come una prigioniera…beh in effetti lo ero !
E sono stata chiusa qui per tutti
questi anni! Ogni giorno Sylvette
mi porta del cibo e si prende cura di me… e ripensandoci mi
sarebbe potuta
andare peggio!-concluse il suo racconto.
- Tuttavia per essere davvero serena
mi servirebbe sapere
una cosa e tu puoi aiutarmi. Allora Pierre, mi assisterai?- mi chiese,
prendendomi
le mani e guardandomi con occhi pieni di tristezza.
Solitamente non aiutavo le persone,
ma in fin dei conti
quella donna aveva fatto molto per me e così accettai di
aiutarla.
-Vorrei sapere se mia figlia
è ancora viva e se è al sicuro…
sapere che sta bene mi aiuterebbe a sopportare il pensiero di dover
trascorrere
tutta la mia vita qui.-
-Sì posso
farlo…come si chiama? Per un sovrano è facile
trovare
informazioni sui suoi sudditi.-
-Chocola Meilleure-
Sconvolto mi alzai e camminai
indispettito per la cella.
-La conosci? Dimmi se sta
bene…-
Il mio sguardo era abbastanza
eloquente, così che non
potessi più rifiutarmi di possedere delle informazioni su di
lei!
-Sì…purtroppo
lei è…sì lei è morta!-
Mentre la vidi accasciarsi a terra a
causa del forte dolore
che l’aveva invasa, ripassai mentalmente le ragione per cui
avevo mentito. Se
le avessi rivelato che Chocola abitava al
piano di sopra ed era la nuova Principessa degli Orchi, avrebbe tentato
di
portarla via da me ed io non potevo permetterlo!
Qualcuno, attirato dalle grida di
Cinnamon, corse all’interno
della cella. Sylvette mi guardò attonito e mi chiese che
cosa stesse accadendo
e come fossi arrivato lì.
Adesso ero veramente nei guai!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Io
e Sylvette eravamo spalla a
spalla in uno stretto corridoio lurido che conduceva alla
libertà. Le due
lanterne che avevamo in mano ci illuminavano con un’incerta
fiamma il percorso.
Improvvisamente ci ritrovammo a calpestare l’erba bagnata,
segno che la nostra
marcia era terminata. Uscimmo dallo stretto cunicolo e respirammo a
pieni
polmoni l’aria fresca. Una terza persona uscì e si
fermò davanti a noi. Rivolse i suoi occhi tristi prima sul
mio compagno e poi
su di me. Abbracciò Sylvette e gli sussurrò dolci
parole di addio all’orecchio,
mentre lui cercava di nascondere i suoi sentimenti che però
apparivano fin
troppo chiari nei tratti del viso.
Quando si lasciarono, si
avvicinò a me e mi strinse
la mano come segno di grande amicizia.
-La ringrazio!-
Quel contatto mi
infastidì e mi mise a disagio. Non
potevo sopportare che quella donna a cui, a sua insaputa, avevo fatto
tanto del
male mi ringraziasse così calorosamente. I suoi occhi lucidi
mi riempivano di
sensi di colpa e così la liquidai con un sorriso falso.
Cinnamon, avvolta in un
pesante cappotto, cominciò a correre il più
velocemente possibile mentre la
luce della luna le illuminava il cammino. Io e Sylvette la guardammo
andare
via, entrambi prigionieri dei nostri pensieri e riflessioni. Quando la
sua
sagoma sparì dalla nostra vista, potemmo lasciarci dominare
dai nostri
sentimenti e cancellare l’ipocrisia da noi. Fu per questo che
il mio compagno
mi afferrò per la giacca e mi gettò a terra. Mi
ritrovai steso sull’erba
bagnata di rugiada ed essendomi alzato, persi molti minuti prima di
riuscire a
sbarazzarmi del tutto del fango che copriva i miei vestiti.
Nonostante conoscessi la
causa della rabbia di
Solvette, decisi di fare il finto tonto o meglio di attaccarlo, ferirlo.
-Perché ce
l’hai con me? Perché ho salvato la tua
ragazza? Ho fatto quello avresti dovuto fare tu tanti anni fa?-
-Sai
bene che la ragione non è
questa.-
-E
quale allora?-chiesi
incrociando le braccia, con aria di sfida.
-La
smetti di fare il buffone?
Hai detto ad una donna che sua figlia è morta, anche se sai
bene che questo è
totalmente falso! Non hai alcuno scrupolo di coscienza?-
Lo
colpii a mia volta,
spingendolo a terra. Era l’unico modo per potermi difendere:
usare la forza!
Lui
si alzò e mi guardò con un
sorriso beffardo.
-Oh
Pierre, Pierre… sei proprio
un bambino!-
Invece
di attaccare si avvicinò
a me e mi pose una mano sulla spalla in segno di comprensione.
-Io
ti capisco… anche io sono
stato egoista: anche io ho preferito vedere la mia amata Cinnamon
chiusa in
gabbia piuttosto che lontana da me. Io so cosa provi! Ma questa sera ho
capito
di aver sbagliato. Il miglior regalo che potessi farle non era il mio
amore…era
la libertà!-
-Ma
Cinnamon non ti amava…tu eri
costretto a trattenerla! Io non ne ho alcun bisogno: lei mi ama, vuole
restare
qui…il suo posto è al mio fianco!- gridai irato.
-Ma
non sarà sempre così! Lei
scoprirà i problemi che comporta l’essere Regina
degli Orchi, i problemi che
comporta l’essere tua moglie!-
Afferrai
un sasso da terra e lo
scagliai con quanta forza avevo contro il paesaggio di fronte a me.
-Non
accadrà!-
-Me
lo auguro, ma promettimi che
se mai vorrà andarsene glielo lascerai fare…-
-Non
ce ne sarà bisogno…-
-Promettilo!-mi
ordinò.
Annuii
poco convinto. Lui
sorrise soddisfatto e mi lasciò da solo a riflettere nella
notte buia.
-Sylvette…-
-Si?-chiese
voltandosi verso di
me.
-Pulisciti
il labbro: è pieno di
sangue-
-Lo
farò-
“Io
ho bisogno di lei”. Queste
erano le parole che avrei dovuto pronunciare. Era un’
insignificante frase
pronunciata mille volte da stupide ragazzine cotte, ma mi
rappresentavano alla
perfezione.
Da
quando Chocola era entrata di
forza nella mia quotidianità, rallegrandomi e incasinandomi
la vita, potevo
quasi definirmi felice. I miei occhi avevano ripreso a brillare ed il
mio cuore
a battere.
Se
lei se ne fosse andata, sarei
morto di nuovo e nessuno avrebbe più potuto riportarmi in
vita.
Dicendo
questo avrei consegnato
a Sylvette la chiave per aprire il mio cuore ed io non volevo farlo.
Ero sempre,
in fondo, il gelido e malvagio Principe degli Orchi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
In questo capitolo si ritorna al passato con la
descrizione dell’arrivo
del piccolo Pierre al Palazzo degli Orchi! La narrazione è
affidata ad un
personaggio secondario che però in quell’occasione
ha avuto una grande
importanza, Sylvette! Vi lascio al capitolo adesso!
Entrai
nella cucina buia appena
illuminata da qualche raggio di luna che filtrava attraverso la
finestra, che
era stata sbarrata solo a metà. Presi dalla credenza un
bicchiere da cocktail e
dopo averlo riempito di ghiaccio vi versai il contenuto di
un’antica bottiglia
di liquore.
Mi
portai alla bocca il
bicchiere di cristallo e bevvi con gusto il liquido scuro, lasciandolo
qualche
istante in bocca per assaporarlo meglio! Solo allora notai la macchia
rossa sul
vetro del bicchiere e mi ricordai del mio labbro sanguinante! Infilai
la mano
nel taschino e con molta eleganza tirai fuori un candido fazzoletto che
ebbe l’oneroso
compito di eliminare il sangue dal mio viso. Bevvi ancora: non
c’è nulla che
accompagni i pensieri come un bel sorso di cognac! Ero amareggiato. La
causa
non era la partenza di Cinnamon né il pugno ricevuto da
Pierre, la vera ragione
era la consapevolezza. Sì la consapevolezza che quel ragazzo
stesse ormai
diventando come me!
La
cosa mi addolorava e
disgustava allo stesso tempo, nonostante la mia mente continuasse a
ripetermi
che avrei dovuto aspettarmelo. Improvvisamente mi ricordai del primo
giorno in
cui Pierre aveva messo piede nel maestoso Palazzo degli Orchi. Mi
sembrò di
rivedere la scena nel liquido scuro che stavo ingerendo. Come era
cambiato da
allora: i suoi occhi azzurri molto espressivi non erano altro che due
lastre di
spesso ghiaccio, che probabilmente gli circondavano anche il cuore.
Bevvi un altro
sorso mentre ogni tassello si posizionava al proprio posto e le
immagini
divenivano sempre più nitide.
Camminavo
a passo svelto nel lungo
corridoio sorpreso di quella visita inaspettata. Aprii la porta ed
entrai nella
grande sala dove i miei due ospiti mi stavano aspettando. Appena
entrato la mia
attenzione fu catturata dal ragazzino dai capelli biondi la cui
espressione mi
impressionò.
Mi
aspettavo da un moccioso
nella sua situazione capricci, stupide lacrime e singhiozzi e invece
non vi fu
nulla di tutto ciò. Aveva lo sguardo basso e i suoi occhi
non esprimevano
tristezza, ma rancore.
Superata la sorpresa iniziale mi rivolsi all’uomo
dall’espressione nervosa e devastata:
-Ha
cambiato idea vedo, monsieur!
Vedrà Pierre si troverà bene
con noi.-
Il
ragazzino mi congelò con lo
sguardo facendomi avvertire l’assurdità delle mie
parole…
Era
strano ma quel bamboccio
riusciva a mettermi a disagio. Quegli occhi capaci di ammaliare e
manipolare
qualsiasi malcapitato mi stregarono. Fu allora che mi promisi che avrei
fatto
di Pierre il più grande sovrano degli Orchi dopo Glace e che
lo avrei aiutato a
realizzare la sua vera essenza. Ero infatti convinto che lui fosse nato
per
occupare quel ruolo. Lo si percepiva dalla sua freddezza, dalla sua
eleganza…tutte doti innate che dovevano solo essere portate
alla luce!
L’uomo
era in piedi ed esitava.
Mi guardava furioso come se fossi stato io a rapire il suo
“adorato” bambino.
Stavo per ricordare a quello screanzato che era stato lui a
consegnarmelo,
quando lui si voltò verso Pierre. Cercava sul suo volto,
sicuramente, qualche
lacrima o una qualsiasi altra espressione di affetto nei suoi
confronti. Su
quel viso di marmo invece non vi trovò altro che
indifferenza. Egli avrebbe
certamente preferito dover subire uno sguardo carico di odio piuttosto
che
quella fredda indifferenza. Il suo dolore si manifestò
apertamente in tutto il
corpo: si irrigidì, strinse i pugni e impallidì
di colpo. Dopo aver fatto un
rapido inchino, lasciò il salone e si fermò fuori
la soglia. Al riparo dai
nostri sguardi, si lasciò cadere sul freddo pavimento e si
abbandonò al suo
dolore. Si coprì il volto con le mani e cominciò
a gemere mentre le convulsioni
gli agitavano tutto il corpo. L’ultima cosa che fece prima di
perdere i sensi
fu quella di emanare un acutissimo grido di dolore. Quando un domestico
venne a
chiedermi disposizioni riguardo al comportamento da tenere con
quell’uomo,
invitai Pierre a rispondere al mio posto.
-Portatelo
via- disse, sempre
facendo attenzione a non tradire la minima emozione.
-E
dove lo lasciamo?-
-Abbandonatelo
pure nel
bosco.-concluse.
Da
allora passo per passo lo
nutrii di oscurità e odio fino a trasformarlo in un vero e
proprio Orco. Il
risultato superò le mie aspettative… Nelle sue
vene non scorreva il sangue
della nostra sporca razza eppure lui divenne il peggior Orco di cui si
ebbe mai
notizia! La cosa più devastante della sua natura era che lui
si rendeva conto degli
errori che commetteva e il rimorso lo uccideva lentamente.
Quando
dunque commise l’azione
peggiore che ogni uomo possa fare, il tormento lo fece diventare pazzo.
Il
bicchiere mi sfuggì dalle
mani e cadde a terra rompendosi in mille pezzi. Mi chinai a raccogliere
i cocci
quando comparve una figura che si inginocchiò accanto a me e
mi aiutò. La luna
illuminava i suoi capelli rossi e l’espressione preoccupata
che aveva in volto.
-Sylvette,
ma è stato colpito?-esclamò
notando il mio labbro sanguinante e mi aiutò a rialzarmi.
-Chi
è stato?-
-Non
è importante, in verità…-
-E’
stato Pierre?-
Non
potendo negare l’evidenza
sorrisi e affermai: -Io e Pierre spesso ci comportiamo come dei
bambini…ma ci
lega un legame molto forte poiché condividiamo lo stesso
destino.-
Lei
mi guardò con uno sguardo
interrogativo e mi accompagnò in camera.
Scusate il mio ritardo…ormai la scuola
è finita e adesso sono tutta per
voi!! Spero che il capitolo vi piaccia e che l’attesa non sia
stata vana!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1222138
|