Via di fuga di ilcoraggiodisognare (/viewuser.php?uid=204255)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 1 *** Capitolo Uno ***
Via di fuga - parte 2
La sera si avvicinava pian piano
facendo trasparire piccole luci colorate azzurre che si infragengevano
sulla vetrata della finestra di Elisabeth. Lei aveva sempre odiato quei
piccoli aggeggi che le regalava la madre, erano solo un ostacolo al
meraviglioso panorama che le si rifletteva nella stanza. Avrebbe
voluto prendere quei scacciasogni, così li
chiamava la madre, e li avrebbe voluti gettare dalla finestra e farli
infrangere nell'acqua fredda e calma. Avrebbe anche voluto dare un
calcio alla scrivania, gettare i libri sul pavimento e magari
rispondere male a qualcuno. Elisabeth, avrebbe voluto sfogarsi e dare
la colpa, non più a se stessa, ma a chiunque le avrebbe
girato attorno e le avrebbe dato fastidio facendola deconcentrare dal
suo imperterrito pensare.
Il pensiero che le ronzava da tempo nella mente si faceva sempre
più sentito, sempre più insistente nella sua
testa che a fatica respingeva quel sentimento tanto represso da anni.
Il volere di scoprire davvero cosa significasse essere libero ed avere
una vita fatta anche di soddisfazioni e da tante piccole cose che ti
facevano sorridere, le si materializzò davanti ai suoi occhi
ricordando di quando, nella villa di Montjiuc, spiava i vicini. Per
quindici anni era stata in cerca del significato della parola
'felicità' scoprendola negli occhi dei passanti, nei sorrisi
che si scambiavano gli innamorati dopo un dolce e flebile
bacio.
Nella piccola casa di Montjiuc, intravedeva, nascosta dal velo della
tenda, una luminosità mai vista negli occhi della giovane
Kate che, accolta tra le braccia del marito, mimava parole
incomprensibili per Elisabeth ma che comunque le avevano toccato il
cuore facendole sperare che il futuro preservasse anche per lei una
gioia simile. Da quella sera trascorsa avvinghiata alla tenda della sua
camera avrebbe giurato che non le si sarebbe presentanto un futuro
tanto frustante come quello dei suoi genitori, Elisabeth non avrebbe
permesso a nessun uomo di farla sentire triste e inutile sotto
l'effetto delle sue mani pesanti sul suo volto. Lei non avrebbe
commesso lo stesso errore della madre. Nella sua camera, le ore passavano
a fatica. I libri aperti per studiare erano ancora lì da
quando il sole li rischiarava a quando, per la poca luce, Elisabeth
emise lo sforzo di alzarsi dalla poltroncina e ad accendere la luce che
avrebbe rischiarato non solo i suoi quaderni ma anche la sua mente
permettendogli di immaginare il suo futuro. Irrequieta sulla
poltroncina ascoltava i vari rumori che provenivano dalla stanza
adiacente.
Urla strozzate e lamenti sommessi. Nella normalità di
Elisabeth rientrava tutto ciò. Ma quella sera, tra le grida
di esasperazione della madre ne riconobbe un singhiozzo continuo che,
chiunque l'avrebbe ascoltato, avrebbe intuito che stesse succedendo
qualcosa di brutto, molto brutto.
Le immagini giornaliere di lividi e ferite si presentarono nella sua
mente spingendola sempre di più a non trattenere quella
rabbia che soffocava scrivendo quel che pensava su un pezzo di carta
che poi avrebbe bruciato con il suo accendino. Vedeva
l'immagine della fiamma ardente che bruciava su quel che rimaneva di un
"un giorno tutto questo finirà" scritto su un foglietto
giallo, uno di quelli che aveva rubato alla sua compagna di
banco.
Le lacrime si davano spazio tra quei sfondi dolorosi che facevano parte
della sua vita. Quella vita che, prima di aver conosciuto altri
bambini, le sembrava così normale, così serena.
Gli anni della scuola elementare passarono lenti e sfiancanti per
Elisabeth che si sentiva dire, giorno per giorno, i vari motivi per cui
la reputavano "strana". Quelle parole pronunciate dalle bambine
più vanitose della classe le si ripetevano, ancora ora, tra
i banchi del liceo.
Un grosso baccano si faceva sempre più insistente tra quelle
mura che avevano sopportato il peggio.
La mano della ragazza si agitava lentamente per scrivere su uno dei
soliti foglietti colorati. Scriveva d'impulso, nessuno l'avrebbe letto.
L'avrebbe bruciato come tutti gli altri facendone un piccolo cumulo di
cenere che avrebbe gettato dalla finestra, come faceva da
anni.
Ma con quale scopo?
Per la prima nella sua vita, Elisabeth, massaggiandosi le tempie, si
chiese il perchè delle sue azioni.
Perchè scrivere su un
foglietto per poi bruciarlo e non far avverare ciò che
voglio?
In preda all'emozione di
lasciar perdere la ragione e fiondarsi sull'istinto,
agguantò più cose possibili e le mise in uno
zainetto che posizionò sulle spalle.
Sapeva di non essere una ragazza gentile o generosa. Dai professori non
era mai stata valutata come un' alunna modello per il suo comportamento
quantomeno per lo studio. Dentro lei sapeva di correre un grande
rischio, ma i suoi sogni non potevano non avverarsi. Lei aveva bisogno
di sognare, di tornare a dimenticare le disavventure e sostituirle con
storie d'amicizia o addirittura d'amore.
Prese l'orlo del piumone e lo strinse forte per poi scoprire il resto
del letto. Lo piegò in modo che le fosse utile.
La felpa più pesante ed il suo portafogli. Le sarebbero
bastate poche cose per sopravvivere lì fuori.
Aprì la finestra. Una folata di vento le
scompigliò i capelli lunghi e lisci, chissà
quando li avrebbe avuti, di nuovo, così morbidi quando lo
smog e i fetori della città saranno le uniche cose che li
toccheranno. Calò giù il
pesante piumone ed aggrappandosi a esso, si appoggiò al
muro. Un ultimo sguardo al suo passato e alla sua camera. Subito
toccò la lieve sabbia che copriva quello strato di
sofferenze. Tra i granelli riusciva ad intravedere pezzi colorati dei
suoi foglietti.
Le urla dei suoi genitori
furono solo un rumore lontano al suono dei suoi passi sulla sabbia
umida. Fu una soddisfazione quando, a vari metri di distanza, la sua
mente si era sgombrata di ogni singolo pullulare di quella
casa.
Non sapeva dove dirigensi precisamente. In quel momento un gruppo di
amici le sarebbe stato d'aiuto. Il vento si faceva sempre
più deciso, la sabbia pizzicava sulle caviglie da far male,
ma nessun male era paragonabile a quel che di sconfortante aveva nel
suo cuore. Nel buoio che si ergeva su quel paesaggio, Elisabeth non si
era mai sentita meglio. Elisabeth si sentiva libera. Era
pronta per spiccare il volo alla scoperta di tutto ciò che
la vita non le aveva fatto ancora scoprire. Era pronta a ricominciare a
vivere, a camminare tra le strade della città con dei
pensieri felici. Era pronta a scappare da quel che il destino voleva
affligerle per poterlo riscrivere dettato da lei stessa.
Questa
volta andrà bene, non permetterò a nessuno di
fermarmi. Questo sarà l'ultimo foglietto che
toccherà la mia mano tremante. Ciao mamma, ciao
papà. Vi voglio comunque bene.
Elisabeth
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Capitolo 2 *** Capitolo Due ***
Via di fuga - parte 2
Già da quando i suoi piedi toccarono la sabbia, Elisabeth
intuì che qualcosa sarebbe cambiato per sempre. E stavolta
non parlava di foglietti bruciati o di genitori da cui scappare. La
ragazza ha sempre avuto un certo sesto senso, aveva un certo intuito
per le cose. Accompagnata dallo stretto indispensabile, si stava
incamminando verso lo sconosciuto. Spesso lo sconosciuto è
sinonimo di pauroso. I passi di Elisabeth si facevano sempre
più incerti mentre nella sua mente si manifestavano le sue
paure più grandi. Scalciando la sabbia, si diede forza e si
disse, tra sé e sé, che è soltanto fin
troppo sensibile e troppo disabituata ai cambiamenti. Fissò
in testa l'affermazione per cui tutti i cambiamenti sono positivi ed
andò avanti, avanti ancora per molto. Non si
fermò fin quando non ebbe davanti un tetto sotto cui avrebbe
potuto riposare. Simile ad una casa, si ergeva sulla spiaggia un
piccolissimo cumulo di legno e ferro. Elisabeth si accasciò
e respirò profondamente. Si lasciò andare a tutti
quei pensieri negativi che aveva messo da parte. Il vento della sera
accompagnava i suoi capelli in una danza così ambigua che, a
poco a poco, fece intimorire la ragazza. Le poche luci della spiaggia
incorniciavano un'atmosfera magica quanto terrificante.
Riflettè a lungo sui passi seguenti, sulla prossima
meta. Si disse che per trovare una soluzione al suo dilemma, doveva
considerare le ragioni della sua fuga. Nella sua mente
echeggiò il suo pensiero costante. Si alzò in
piedi, si mise lo zaino sulle spalle, ricominciò a camminare
e si guardò indietro, stavolta, per un'ultima volta. Un
foglietto di colore rosa era posto proprio nel luogo in cui si era
fermata a riposarsi. La speranza di Elisabeth non tardò a
manifestarsi. Da lontano, poteva vedere delle luci colorate che
illuminavano la fine della spiaggia. Luci rosse, blu, verdi, gialle si
riflettevano nel mare calmo. Per Elisabeth, quello spettacolo la
riempì di gioia. La ragazza iniziò a correre, non
importandosene di tutto il resto, di tutte le sue preoccupazioni e di
tutto ciò che aveva lasciato. Come se i chilometri di
sabbia, dietro di lei, la inseguissero, corse così veloce da
farle mancare il fiato. Quando giunse alla destinazione,
scoprì quanto potesse essere affascinante tutto
ciò che aveva desiderato. Un groviglio di pensieri le
inondò la mente, il mare già divenne un lontano
ricordo. Si toccò le tasche per agguantare uno dei suoi
foglietti per scriverci e lasciare traccia dell'avverarsi del suo
desiderio. Quando scoprì che le tasche erano vuote,
Elisabeth si lasciò andare ad una fragorosa risata. Si
voltò per vedere una distesa di foglietti colorati che
tracciavano la sua corsa sulla spiaggia. Si disse che quello sarebbe
stato un segno. Tutte quelle parole scritte, quei pensieri mai
realizzati li avrebbe lasciati alle spalle. Tutte le abitudini e la sua
quotidianità l'avrebbe abbandonata per lasciare spazio ad
una nuova e concreta vita. Elisabeth si guardò intorno
estasiata dai clacson delle auto e dalle luci delle insegne. Lei non
avrebbe mai immaginato che, non molto lontano dalla sua abitazione,
c'era così tanta vivacità. Chiuse e
riaprì gli occhi più volte perché
sperava di non svegliarsi da un sogno. Non si svegliò, il
suo sogno era proprio davanti a lei. Elisabeth iniziò ad
incamminarsi con passo deciso e determinato. Ormai non lasciava tregua
a nessuna incertezza. Le sue paure si sciolsero in un'unica grande
certezza. Lei sarebbe stata bene, meglio. Era convinta che, in
città, nessuno le avrebbe permesso di non sentirsi bene.
Non si fermò fin quando non vide l'insegna di un
bar. Vi entrò e, fingendo di non essere entusiasmata da
tutto ciò che vedeva, si sedette con cautela su una sedia
accanto al bancone. Il barista non poté non notare il suo
sguardo spaesato. Elisabeth, attratta dalle peculiarità del
ragazzo, cominciò a guardarlo insistentemente. Occhi scuri,
capelli scuri, odore deciso.
E' da tanto che non
vedevo un ragazzo che non odorasse di mare.
Il ragazzo rimase sbigottito dall'affermazione della ragazza. Non
sapeva se considerarlo un insulto. Elisabeth non si curò
della reazione del barista e continuò a guardarlo, notando
qualsiasi cosa del suo aspetto e tutto ciò che facesse
trapelare la sua interiorità.
E' da tanto che non
vedevo un ragazzo che non avesse nemmeno un granello di sabbia vicino
ai polpacci.
Il ragazzo era visibilmente infastidito. Provava un
profondo fastidio per i giudizi affrettati di Elisabeth. Per dare fine
alla situazione, lui decise di non darle corda, di non risponderle.
Elisabeth non notò ciò, lei era troppo esaltata
per non dar conto soltanto alle proprie emozioni. La ragazza gli
sorrise e, di punto in bianco, si alzò e si dirisse verso
l'uscita. Non solo il barista era infastidito, anche il suo capo aveva
notato la strana situazione. Immediatamente ordinò al
ragazzo di raggiungere Elisabeth per chiederle spiegazioni. Il barista
sbuffò ma non poteva disobbedire, non poteva rischiare di
essere licenziato per una situazione così frivola. Il
ragazzo uscì di corsa dal locale. Non impiegò
nemmeno qualche secondo per trovarla. Lo stava aspettando? Il viso
disteso di Elisabeth fece in modo che il ragazzo non si mostrasse
ostile nei suoi confronti.
Come mai mi hai detto
quelle cose?
Elisabeth notò l'incertezza nella voce. Non
riusciva a non sentirsi attratta da quell'imperfezione che regnava sul
viso e sul fisico del ragazzo. Lei era abituata ad osservare i suoi
compagni di classe, così perfettamente in ordine. L'odore di
caffè la inebetì. Non aspettò nemmeno
un attimo per presentarsi, per fargli capire chi era.
Sono Elisabeth.
Lo sconcerto sul viso del ragazzo era sempre
più chiaro. Sbuffò e le rispose gentilmente. Non
sapeva se dovesse trattarla normalmente o ammettere che fosse
impazzita.
Io sono Andrew, piacere.
Le allungò la mano e subito se la sentì
stringere.
Vieni con me, vuoi
qualcosa da bere?
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