Breaking the rules

di VooJDee
(/viewuser.php?uid=80935)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Tony entrò in ufficio trafelato, con un ciuffo di barba sulla guancia e la camicia sgualcita. Corse fino alla sua scrivania, ci si infilò e poi si guardò intorno. Ziva e McGee sorridevano, divertiti.
“Che diavolo avete da ridere?!” sbottò, lasciandosi cadere sulla sedia.
“Hai l’aspetto di un barbone..” replicò l’israeliana, beffeggiandolo.
“Innanzitutto non è vero, e comunque stamattina la mia sveglia ha deciso di non suonare!” aggiunse, offeso.
I due colleghi continuarono a sghignazzare, finché un uomo, sulla cinquantina, si piazzò davanti alla scrivania dell’agente David. Aveva uno sguardo confuso, un po’ disperato, stringeva tra le mani un cappello. Portava la divisa da marine. Lei si alzò, guardandolo negli occhi: “Posso aiutare?”
Quello annuì: “Sono un ufficiale della Marina. Sono qui a denunciare la scomparsa di mia figlia.”
Lo disse con tono solenne, ma alla donna non sfuggì quella nota di terrore nella sua voce. Si accostò a lui, e lo scortò fino alla sala riunioni, mentre McGee componeva il numero di Gibbs.
 
Quando l’agente speciale arrivò ai pressi della sala riunioni, vi trovò Ziva davanti: “Aggiornami.”
Lei fece un respiro: “Ci ho parlato solo nell’open office, poi l’ho accompagnato qui. Comunque è un marine e vuole denunciare la scomparsa di sua figlia. E’ scomparsa da Quantico tre sere fa.”
“E ce lo dice solo adesso?!” sbottò lui, aprendo la porta.
Entrò nella stanza e si avvicinò all’uomo, porgendogli la mano: “Agente speciale Leeroy Jethro Gibbs.”
“Ufficiale Michael Callegan. Mi deve aiutare, agente Gibbs. Hanno rapito la mia bambina.”
“Chi?” apostrofò lui.
“I-io non lo so. So solo che l’hanno rapita. Lei non se ne sarebbe mai andata.”
Gibbs sospirò: “Nome?”
“Jamie Callegan. La prego, la prego la trovi. Mia moglie è morta sei mesi fa, ho solo lei.”
Lui si avvicinò: “Farò il possibile, ma ho bisogno di sapere tutto. Età?”
“Sedici anni, il prossimo mese diciassette. Guardi: ho una sua foto.”
Gibbs afferrò la foto che gli porgeva quell’uomo, scrutandola attentamente. Aveva capelli neri, occhi azzurri, un bel sorriso.
“Quando è scomparsa?”
“Venerdì notte.”
“Oggi è lunedì mattina, maledizione. Perché ha aspettato tanto?! Così facendo ha dato un grande vantaggio a chi l’ha rapita.”
Lui abbassò lo sguardo: “P-pensavo che.. beh, che sarebbe tornata.”
Gibbs aggrottò le sopracciglia: “Come pensava che sarebbe tornata? Non è la prima volta?”
“Beh..” l’uomo abbassò lo sguardo ancora: “La mia Jamie ha avuto qualche problema da quando sua madre è morta a Kabul sei mesi fa.”
“Problemi di che tipo? Droga?”
Quello si limitò ad annuire, imbarazzato. Lui si sedette accanto al marine: “Non ha pensato che potrebbe.. essere morta per un’overdose?”
“No.” Lo disse con fare sicuro: “Me lo sentirei se fosse morta. La mia bambina è viva, nelle mani di qualche spacciatore, magari aveva dei debiti con qualcuno.. però è viva, io lo so. Insomma.. è una cosa che i padri sanno. Lei ha figli, agente?”
“Sì.”
“E allora capirà che intendo. La prego, trovi la mia  Jamie e me la riporti a casa.”
Gibbs annuì, poi decise di continuare: “Ok, mi dica tutto della sera in cui è scomparsa.”
Il marine iniziò a giocherellare con il cappello che ancora teneva tra le mani, quindi prese un respiro profondo: “Erano circa le diciotto quando mi ha detto che usciva a fare shopping con delle amiche. Verso le diciannove mi ha mandato un sms dicendomi che si sarebbe fermata a mangiare un hot dog con la sua migliore amica, si chiama Jessika Bird. Vive anche lei a Quantico, pochi metri dopo casa mia. Quando alle ventuno ancora non si era fatta sentire le ho telefonato, ma non ha risposto. Sono andato a parlare con Jessika ma dice che non sono nemmeno uscite insieme quella sera. Questo è tutto quello che so, agente.”
 
Tony camminava veloce per il corridoio, stringendo il caffè di Gibbs. Magari quella mattina avrebbe evitato scappellotti troppo forti facendogli trovare un caffè caldo sulla scrivania. Mentre rifletteva beato, non fece caso a Ziva che, ferma, chiacchierava al cellulare. Si accorse di lei quando, andando a sbatterle sopra, rovesciò il caffè di Gibbs sulla camicia su misura che si era fatto fare la settimana scorsa, e sopra la t-shirt che aveva addosso lei. La sentì fare qualche imprecazione in ebraico, o almeno così suppose, finché lei si girò di colpo: “Anthony DiNozzo Junior, ma che diavolo hai combinato?”
Lui raccolse in fretta il bicchiere: “Mi dispiace, non ti avevo vista.”
Lei sbuffò: “Questo l’avevo capito. A meno che tu non volessi rovesciarmi addosso il caffè intenzionalmente.”
Tony sorrise beffardo, girando su se stesso per tornare alle scrivanie: “No, occhioni belli. Piuttosto ti ripago il danno offrendoti da bere, ti va?”
 
Quando Gibbs tornò all’open office si avvicinò alla sua scrivania, scrutò il suo taccuino e si guardò intorno: “DiNozzo, McGee, indagate su Jamie Callegan, voglio tutto: andamento scolastico, profili sui social network, tabulati telefonici in particolare dell’ultima settimana. Ziva, tu con me.”
Lei si alzò in un secondo: “Dove andiamo?”
“A casa Bird, a Quantico.”
Pur non avendo esattamente capito dove stavano andando Ziva decise di non fare troppe domande a Jethro, fu lui a spiegarle tutto quando parcheggiò la macchina davanti ad una villetta.
“Il padre di Jamie insiste che venerdì sera lei ed una sua amica,Jessika Bird, sono uscite insieme. Jessika è tornata a casa, Jamie no. Jessika però ha detto al padre di Jamie di non essere uscita con l’amica quella notte.. voglio verificarlo di persona e parlarle.”
Camminarono fino alla porta laccata di bianco della villetta, Gibbs bussò e rimasero in attesa qualche secondo. Quando si aprì sull’uscio si era materializzata una bambina biondina, con dei grossi lacrimoni sugli occhi. L’agente si chinò fino a raggiungere la sua altezza e le fece vedere il distintivo: “Ciao, piccola. Io sono l’agente speciale Gibbs. Ci sono la tua mamma e il tuo papà?”
Lei scosse il capo con vigore.
Anche Ziva si chinò: “E tua sorella Jessika? Lei c’è?”
A quel punto la bimba annuì, ma sul viso permaneva quell’espressione un po’ angosciata: “Ce la vai a chiamare?”
I lacrimoni che stavano ai bordi degli occhi da quando aveva aperto finalmente uscirono e percorsero le sue guance: “Sta dormendo. I-io ho provato a svegliarla.. ma non ci sono riuscita e non si è svegliata.”
Gibbs e Ziva si guardarono ed entrarono di corsa nella casa.
 
 
 
 
Spazio autrice:
Hellooooo :D ok, questa è la mia nuova long. Ormai sono passati secoli da quando ho scritto Sometimes you’re wrong, ma niente sembrava ispirarmi. Ora invece eccomi qui! Premetto che, essendo io innamorata della coppia Tiva, in questa fic ce ne sarà tanto, proprio tanto. Detto ciò, a giorni pubblico il capitolo numero due. Come sempre all’inizio non ci capirete una cippa magari, ma poi inizierà a chiarirsi tutto.. spero seguirete, besos, VooJDee

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


L’odore degli ospedali non era mai piaciuto ne a Gibbs ne a Ziva, che stavano da un ora fermi in corridoio. Finalmente un medico si avvicinò a loro, con una cartellina in mano.
“L’abbiamo ripulita, sembra aver reagito abbastanza bene. Aveva preso una quantità di pasticche troppo elevata, l’avete trovata giusto in tempo, se non avessimo agito subito il suo cuore avrebbe ceduto senza alcun dubbio.”
I due agenti ascoltarono attentamente le parole del dottore prima di raggiungere Helen Bird, la giovane madre di Jessika. Gibbs allungò la mano: “Sono l’agente speciale Gibbs, e lei è l’agente David.”
La donna rimase qualche secondo in silenzio, scrutando sua figlia dalla finestrella che dava sulla stanza: “Suo padre è in Iraq, tornerà fra tre mesi e partirò io. Le nostre due figlie non ci vedono praticamente mai insieme nello stesso momento, ne soffrono molto, ma.. non avrei mai immaginato che Jessika prendesse droga.”
Ziva le sfiorò un braccio con la mano: “Non si giustifichi con noi, non siamo qui per giudicare. Vogliamo solamente trovare Jamie e riportarla a casa da suo padre.”
“Credete che abbia a che fare con la droga?”
Gibbs scrollò le spalle: “E’ possibile. Parleremo con Jessika e vedremo cosa sa.”
Spinse la porta fino ad aprirla e s’addentrò nella camera. La ragazza, dal letto, rivolse loro uno sguardo preoccupato: “Siete qui per arrestarmi?”
I due agenti si rivolsero uno sguardo complice: “No, non vogliamo arrestarti. Vogliamo trovare la tua amica Jamie.”
Lei annuì appena, e spostò lo sguardo verso le sue mani, iniziando a giocarci: “Va bene.”
“Voi due siete uscite insieme quella sera. Perché hai mentito a suo padre?” chiese Ziva, cauta.
Gibbs intervenne: “Magari hai qualcosa da nascondere.”
Quella si girò di scatto e li guardò storto: “Io non ne so niente, ok? Non le avrei mai fatto niente, è la mia migliore amica.”
“Beh..” provò Ziva, avvicinandosi cautamente al letto: “magari avevate preso qualcosa, eri confusa, lei ha fatto qualcosa che ti ha fatta arrabbiare.”
“Assolutamente no!” sbottò Jessika.
Gibbs annuì: “Jessika, noi lo scopriremo con o senza di te. Solo che se ce lo dici tu possiamo mettere una buona parola con il giudice.”
Il suo sguardo si fece sempre più atterrito: “Giudice?! Io non ho fatto nulla!”
“E allora perché hai mentito a suo padre?” ribatté l’agente anziano.
Lei si bloccò e sembrò rifletterci: “Io.. ho avuto paura.”
“Avanti, Jessika. Raccontaci tutto di venerdì notte.”
La ragazzina si sistemò i capelli biondi, e iniziò a giocherellarci, poi inspirò a fondo prima di iniziare a parlare.
 
McGee batteva veloce sui tasti, analizzava attentamente i tabulati telefonici della giovane scomparsa. Improvvisamente arrestò il suo lavoro, e rimase in attesa. Qualcosa non andava, c’era troppo silenzio. Si voltò si scatto verso la scrivania di Tony, sicuro che stesse architettando qualche scherzo o che fosse andato a prendere del caffè ma, stranamente, lo trovò proprio alla sua scrivania, fermo immobile a fissare il vuoto davanti a lui. O forse non era il vuoto che fissava.
Guardando meglio, in effetti, colse che non fissava affatto il vuoto ma la bandierina israeliana che colorava il portamatite di Ziva.
“Tony, che diavolo stai facendo? Provi una tecnica di telecinesi?”
Quello sembrò risvegliarsi dallo stato di profonda meditazione in cui era caduto. Si voltò verso il collega e scattò in piedi: “No, pivello. Pensavo.”
“Tu sai pensare?”
“Molto divertente, McSimpaticone. Pensavo a cosa potrei indossare stasera.”
Quello scrollò le spalle: “Stasera?”
Tony rise: “Esco a bere qualcosa con una donna, stasera. Una bella, bellissima donna.”
“Buona fortuna..” sussurrò quello, tornando al suo monitor.
“Oh, beh..” Tony sembrò emozionarsi: “Grazie pivello.”
“Non a te, Tony. A lei.”
 
“Siamo uscite a fare shopping, quando improvvisamente ha ricevuto una chiamata. Era il suo ragazzo, che la cercava. Voleva vederla, passare del tempo con lei. Mi chiese di andar con lei, disse che era l’occasione giusta per presentarci, ma io ho rifiutato. Non mi piace il suo ragazzo.”
Ziva annuì: “Lo conosci?”
“No..” sospirò: “Ma lei una volta è andata a scuola con un occhio nero. Ha detto di aver sbattuto alla porta ma non mi fidai. Sapevo che era stato lui.”
“Sai per caso come si sono conosciuti?”
Lei sospirò: “Sì.. tre mesi fa Jamie ha proposto di prendere delle pasticche per dimenticare i nostri problemi. Lui divenne il nostro spacciatore. E’ sempre stata lei ad andare a comprare la droga, ce la dividevamo e mettevamo insieme i nostri soldi per comprarla. Poco dopo loro si misero insieme..”
Gibbs annuì, segnando tutto sul taccuino. La ragazza si asciugò qualche lacrima: “Si erano visti centinaia di volte da soli, non pensavo sarebbe successo così. Quando suo padre è venuto a casa mia quella sera ho avuto paura, non volevo mi facesse domande sul suo ragazzo.. quindi ho mentito. Ho provato a chiamarla tantissime volte ma il telefono era sempre spento. Forse se fossi andata con lei ora non sarebbe scomparsa..”
L’angente le posò una mano sulla spalla, stringendola appena: “Oppure staremmo cercando due ragazze anziché una sola. Non incolparti di questo, Jessika. E’ per questo che hai cercato di ucciderti, oggi?”
Lei scosse il capo: “Non ho cercato di uccidermi. Avevo delle pasticche di scorta per quei giorni in cui non potevamo comprarle e.. sapevo che a breve le polizia sarebbe venuta a casa.. e ho provato a far sparire tutta la droga. Non avevo pensato che sarei potuta finire in overdose.. mi dispiace.”
 
Ziva salì in macchina e chiuse con vigore lo sportello, poi si concesse un sospiro. Erano passati quasi quattro giorni da quando Jamie era sparita e, se i suoi calcoli erano giusti, o era morta e il suo corpo era in qualche cassonetto oppure il suo ragazzo la teneva in ostaggio per qualche ragione.
Anche Gibbs salì in macchina qualche minuto dopo: “Ho detto a sua madre di starle vicina.”
“Bene..” annuì la donna: “Comunque il numero di cellulare di quel bastardo dovrebbe apparire nei tabulati telefonici di Jamie, no?”
“Sì.. torniamo in ufficio, magari intanto DiNozzo e McGee hanno trovato qualcosa.”
Gibbs girò la chiave nel quadro, ma prima che potesse partire il suo telefono squillò: “Agente Gibbs.”
Agente sono Michael Callegan. E’ successa una cosa, devo parlarle, subito!
 
   
 
 
Spazio autrice:
Okay, eccoci col secondo capitolo :) Sarà Ziva la bella, bellissima donna di cui parla Tony? Chissà chissà u.u Ok, oltre questo, chi sta seguendo la Season 10 capirà in quale stato di ansia starò fino al 14 Maggio, aiuto mi faranno venire qualche infarto, credo. Nel frattempo vi annuncio che nel prossimo capitolo scoprirete qualcosa che forse non vi aspettate. Un bacio, VooJDee. ♥ 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


Gibbs si fiondò fuori dall’ascensore e andò a passi rapidi verso l’open office. Michael se ne stava lì, con lo sguardo confuso dell’ultima volta e il cellulare in mano. Gibbs gli cinse una spalla con il braccio: “Michael, riguarda Jamie?”
“Sì.. è da Venerdì sera che la chiamo continuamente. Il telefono è sempre risultato spento ma poco fa ha squillato un paio di volte!” s’affannò a spiegare Michael, agitando le braccia.
L’agente arrivò fin davanti alla scrivania di McGee: “McGee, fa partire una chiamata al telefono di Jamie. Se risponde cercherò di farla parlare più a lungo possibile, tu cerca di localizzare dove si trova. Mentre ero via che avete scoperto?”
McGee fece comparire una tabella di numeri sul plasma: “Ho controllato i suoi tabulati come mi avevi chiesto, capo. Il numero che appare più spesso è intestato a Peter Jones, vent’anni, tre fermi alle spalle. E’ stato rilasciato dall’ultimo cinque mesi fa..”
“E due mesi dopo ha conosciuto Jamie..” concluse Gibbs: “DiNozzo?”
Lui si avvicinò: “Io ho dato un’occhiata al profilo twitter. Benché Jamie non abbia scritto niente nell’ultimo mese ci sono alcune foto che la ritraggono avvinghiata a Peter.”
Gibbs annuì, poi si avvicinò al telefono e sollevò la cornetta, mentre McGee faceva partire la chiamata. L’agente anziano mise in vivavoce e tutti rimasero in attesa, mentre il telefono squillava.
Chi parla?” fu una voce maschile quella che sentirono quando la chiamata iniziò.
Gibbs rimaste inizialmente in silenzio: “Sono Jethro Gibbs.”
Jethro chi?” replicò un po’ seccato l’interlocutore.
“Sono un professore di scienze alla Saint John high school*.” Fece lui, cercando di mantenere la calma.
Che diavolo vuole?
Gibbs lanciò un’occhiata a McGee che sussurrò un quasi fatto, quindi si concentrò di nuovo: “Stavo.. stavo cercando Jamie Callegan. Devo parlarle riguardo ad un debito nella mia materia. E’ molto molto importante.”
Mi dispiace, ha sbagliato numero.
La telefonata finì in quell’istante esatto, e la sua fine fu seguita da un beep vittorioso: “Ce l’ho!”
 
Gibbs parcheggiò la macchina davanti alla casa da dove proveniva il segnale del cellulare; sembrava una roulotte, lunga e stretta. Il buio era ormai calato su Washington.
I quattro agenti si divisero, com’erano soliti fare: McGee e Gibbs andarono alla porta principale, Ziva e Tony si diressero sul retro.
Gibbs bussò alla porta, e pochi minuti dopo una vecchietta piuttosto bassa che guardò stranita gli agenti dal basso: “Chi siete?”
Gibbs tirò fuori il distintivo: “Agenti federali. C’è qualcuno in casa oltre lei?”
Riuscì a malapena a finire la frase che, alzando lo sguardo, vide una sagoma che scappava lungo il corridoio, ma non dovette correre: pochi minuti dopo Ziva lo stava paralizzando, messa di peso su di lui.
 
Erano ormai le undici, Tony guardava ogni minuto l’orologio, sbuffando. Anche Gibbs decise di dargli un’occhiata, infine si alzò. McGee spostò lo sguardo dal suo computer: “Capo?”
“Andate a casa, è piuttosto tardi.”
Anche Ziva distolse lo sguardo per rivolgerlo a Gibbs: “E Peter?”
Jethro sorrise: “Ho già provato a parlarci e non ha detto una parola. Lasciamogli qualche ora per riflettere.”
 
Un raggio di sole entrava timido nella stanza. Le lenzuola erano fresche, profumavano. Ziva aprì gli occhi e si stiracchiò, poi, girando il viso, sorrise: Tony russava dolcemente addormentato accanto a lei.
Si strinse il lenzuolo attorno al seno e rivolse uno sguardo alla sua sveglia; erano solo le sei, poteva concedersi qualche altro minuto a letto.
Avevano iniziato a frequentarsi tre mesi prima, dopo che, in seguito a una litigata sul lavoro, dopo essersi feriti a vicenda, lui aveva bussato alla porta del suo appartamento e senza dire una parola l’aveva baciata fino a non farla respirare e poi avevano fatto l’amore. Non stavano insieme, mai una volta si erano detto di amarsi, nessuno sapeva di loro. Ma ogni notte, quando tornavano a casa dal lavoro, il desiderio di appartenersi sembrava quasi disperato, come se non riuscissero più a fare a meno l’uno dell’altra, come se vivessero ogni giorno in attesa della notte.
Fu un soffio caldo tra i capelli a distrarla dai suoi pensieri.
“Buongiorno” sussurrò Tony.
Lei sorrise: “Buongiorno DiNozzo.”
Lui si girò di lato: “Hai russato tutta la notte.”
“Anche tu” ribatté lei.
Tony le passò una mano tra i capelli: “Non ti scaldare, tigre.”
Ziva ridacchiò prima di mettersi seduta: “Dai, andiamo a fare colazione..”
Lui le prese un braccio e la trascinò sul letto: “Sono solo le sei e dieci, dobbiamo essere in ufficio per le otto.. abbiamo ancora un sacco di tempo da perdere..”
Prima che potesse replicare le labbra di lui sulle sue le fecero dimenticare tutto quello che aveva pensato di dirgli.
 
“Dove diavolo è DiNozzo?!” chiese Gibbs, entrando nell’open office. Girò il suo sguardo verso Ziva che se ne stava tranquilla alla sua scrivania.
Lei si voltò a guardarlo: “Conoscendolo si sarà fermato a prendere un caffè.”
McGee mise giù la cornetta del telefono: “Qui non risponde, capo.”
“Ok, non possiamo aspettarlo. Vado ad interrogare quel bastardo.”
Gibbs s’indirizzò verso la sala interrogatori, dove il sospettato attendeva da ore ormai, e venne seguito a ruota dai due agenti. Percorsero in velocità i corridoi, ed arrivarono alla stanza. Ziva e McGee s’infilarono nella sala adiacente, Gibbs rimase fermo davanti alla porta d’acciaio per qualche secondo, poi l’aprì, incrociò il suo sguardo, e sentì il sangue ribollire nelle vene.

 
 
Spazio autrice:

Fluff, tanto fluff, troppo fluff. Boh io e le scene romantiche facciamo a pugni. Comunque era questo il grande segreto (che segretone!): in realtà quei due pagliacci già escono insieme!
E’ che non mi andava affatto di fare tutte le loro solite battaglie che finiscono con noi deluse (riferimenti a persone o episodi usciti stanotte sono puramente casuali), quindi stavolta le loro complicazioni saranno altre.. ci saranno intrighi impensabili, mie donzelle. Ma almeno le Tiva fans (tipo me eheh) saranno contente.. almeno qui un po’ di conforto lo trovate T.T
Parlando del caso, al prossimo capitolo assistere(te)mo all’interrogatorio di Gibbs! Cosa salterà mai fuori? Uuuh. Prometto che vi sorprenderò. Abbiate fede.
VooJDee♥

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 ***


Entrò nella stanza degli interrogatori e si chiuse la porta alle spalle, muovendosi lentamente. Camminò a passi cauti verso il tavolo tenendo lo sguardo fisso sugli occhi di Peter.
Lui lo guardava con strafottenza: “Beh?”
Gibbs non rispose. Rimase a guardarlo dritto negli occhi, senza dire una parola.
Improvvisamente Peter si alzò in piedi e sbatté le mani sul tavolo: “Lei non può fare così, non può tenermi qui!” gridò.
“Siediti” sibilò Gibbs, scandendo bene ogni sillaba.
“Non mi dica cosa devo o non devo fare!”
“Ti ho detto di sederti, dannazione!” gridò allora Gibbs, avvicinandosi pericolosamente a lui.

“Oh, ehi!” gridò Tony entrando nell’osservatorio: “Che mi sono perso?”
McGee si girò di scatto: “Gibbs ha iniziato l’interrogatorio. Per adesso è da brividi. Ma, dov’eri finito?”
Tony sorseggiò un po’ di caffè dal bicchiere di cartone: “A prendermi la colazione. Il capo ha chiesto di me?”
Ziva sorrise, beffarda: “Prenota una visita medica, appena uscirà di lì ti riempirà di scappellotti!”

“Jamie Callegan. La conosci?”
“No.” Disse secco il ragazzo, che intanto aveva ripreso posto sulla sedia metallizzata.
“Strano,” replicò Gibbs, aprendo una cartellina che aveva lanciato sul tavolo: “Avrei giurato che siete proprio voi due in questa foto.. insieme.. molto abbracciati.”
Lui sbuffò: “La conosco, e quindi? Siamo amici.”
“Baci in questo modo tutti i tuoi amici?” continuò lui mostrando un’altra foto: “Wow, impressionante.”
“Oh, andiamo!” sbuffò ancora: “Jamie è una ragazza sexy. Siamo usciti insieme qualche volta.”
“Ah, ok. Però io ho un testimone pronto a giurare che stavate insieme da tre mesi. Comunque non preoccuparti, esaminando il tuo cellulare abbiamo trovato qualche altra fidanzatina.. altre sei, direi.”
“Ora è un reato essere popolare?” disse lui sorridendo: “Sì, sto con un paio di ragazze nello stesso momento. Non mi sembra che qualche legge lo vieti.”
“No, questo no. Rapirle sì, però.”
“Rapirle? Io non ho rapito nessuno” disse lui, serrando le braccia.
“Beh, Jamie Callegan è sparita venerdì dopo essere andata ad incontrare te. E avevi il suo cellulare.”
Lui ridacchiò: “Venerdì ci siamo visti e ha dimenticato il cellulare. Quando ci siamo salutati era viva.”
“Viva non significa che non fosse rinchiusa da qualche parte.”
“Ah-ah” fece lui: “Viva, vegeta e libera. Ha detto che tornava a casa.”
L’agente rimase a scrutarlo in silenzio mentre quello sorrideva beffardo.

“Per voi sta mentendo?” chiese McGee.
“Sta indubbiamente mentendo” rispose prontamente Ziva.
“No..” fece eco Tony: “Molto peggio: si sta prendendo gioco di Gibbs con quell’espressione..”
“Forse non sa che Gibbs potrebbe ucciderlo, se non se la toglie subito dalla faccia.” Appuntò Tim.
Ziva allora scosse il capo: “No, non lo ucciderebbe, altrimenti non potremmo ritrovare la ragazza.”

“Tu le vendevi la droga” disse Gibbs, sedendosi nella sedia di metallo davanti a lui.
Lui ridacchiò: “Non ho niente a che vedere con la droga, io.”
Gibbs si allungò fino ad avere il suo viso così vicino da poter sentire il suo respiro, e poggiò l’indice su una foto di Jamie che aveva messo sul tavolo: “Sì, invece. Lei cercava droga, tu una ragazza con cui divertirti. Ti sei approfittato di lei: l’hai drogata. E poi, cosa? Ci hai fatto sesso?”

Nell’osservatorio, Ziva, sentì un brivido percorrerle la schiena.

“Quello che io e Jamie abbiamo o non abbiamo fatto non sono affari suoi!” sbottò Peter.
Gibbs alzò un angolo della bocca: “Oh, sì che sono affari miei se lei è scomparsa e credo che tu la tenga prigioniera.”

Il cigolio di una vecchia porta che si apriva echeggiò nella sua testa.

Il ragazzo scosse il capo energeticamente: “Questa è bella. Io non tengo prigioniero proprio nessuno. Non so dov’è!”
“Le hai fatto un occhio nero, una volta..” continuò Gibbs: “La picchi? Magari stavolta hai esagerato e lei ha deciso di denunciarti e tu hai deciso di impedirglielo?”

L’odore della polvere le entrò nelle narici. Il rumore delle loro voci le riempì la mente.

“Questo è davvero molto fantasioso, agente..” replicò lui.
“Fantasioso? Io direi vero” si alzò improvvisamente in piedi: “O magari ti doveva dei soldi e non te li voleva dare. Ti ha fatto arrabbiare e ci sei andato giù troppo pesante con le botte?”

Un dolore acuto le squarciò il ventre e le strinse lo stomaco facendole mancare il respiro per qualche secondo. Una mano le sfiorò la spalla e le mura di pietra che si erano formate intorno a lei scomparvero.
“Hei, stai bene?”
“Uh?” Ziva si guardò intorno. I due colleghi la fissavano, turbati, un po’ spaventati. Sorrise: “Sì, sì, sto bene.”
Quelli continuarono a fissarla senza dire una parola. Incurvò le sopracciglia: “Sto bene!” sbottò infine.
Si soffermò sullo sguardo di Tony, e sospirò: “E’ tutto ok. Vado un attimo in bagno.”

Gibbs camminò in avanti, poi tornò indietro. Guardò Peter, che aveva incrociato le braccia e se ne stava lì, senza dire niente.
“Dimmi dov’è.”
Lui sorrise: “Non so dov’è e non sono uno spacciatore come sta insinuando.”
“Provalo!” disse allora Gibbs.
“Oh, no agente. E’ lei che mi sta accusando: provi lei quello che dice. Non ha niente contro di me. E se non sono in arresto me ne vado.”
Jethro lo scrutò: “Troverò il modo di sbattere il tuo culo ossuto in cella fino alla fine dei tuoi giorni. Questa è una promessa.”
Il direttore Vance aprì la porta, guardò Gibbs intensamente poi rivolse il suo sguardo verso Peter: “L’interrogatorio è finito. Lei è libero di andare. Agente Gibbs, posso parlarle un momento?”
Peter, con aria soddisfatta uscì dalla stanza. Gibbs continuò a fissarlo finché non scomparve dalla sua visuale, poi si voltò verso Vance e lo seguì fuori dalla stanza.
Lui lo guardo dritto negli occhi: “Gibbs, c’è qualcosa che devi sapere.. subito.”
 
 
Spazio autrice:
Dadadadan. Colpo di scena (?) più o meno. Cosa sarà mai successo di così importante? E cosa è successo improvvisamente all’impavida Ziva? Lo scoprire(te)mo nel prossimo capitolo :D
Tutti pronti per il finale di stagione? Mah, io no, proprio no. Non sono affatto pronta, non c’è niente di pronto in me. Nemmeno una cellula piccola piccola.
Non penso che pubblicherò un altro capitolo prima quindi, buona visione
VooJDee

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 ***


McGee era uscito insieme a Gibbs da almeno dieci minuti, e Tony se ne stava alla sua scrivania, fissando il tavolo vuoto di fronte a se. Ricordava quanto tempo l’aveva fissato subito dopo la morte di Kate.. non faceva che immaginarsi cosa avrebbe potuto fare se non fosse morta. La fortuna sua, di Tim e Gibbs era stata quella di trovare qualcuno che riempisse quel vuoto in maniera abbastanza appagante da far guarire presto una ferita come quella. E ora quella persona da dieci minuti se ne stava chiusa in bagno senza dare nessun segno, dopo essere fuggita via. Sbuffò annoiato e decise che sarebbe andato a vedere come stava.
Percorse a passi veloci l’ufficio e poi il corridoio stretto fino ad arrivare alla porta metallizzata. Stava per bussare quando sentì provenire dall’interno un rantolo sommesso, coperto poi dal rumore dell’acqua che scorreva.
“Ziva? Sei lì dentro?” chiese infine.
L’acqua si spense e nessuno parlò. Dopo pochi secondi la porta si aprì e l’agente uscì. Guardò Tony negli occhi: “Perché sei venuto a cercarmi?”
Lui passò le dita su una ciocca dei suoi capelli che le scivolava davanti alla faccia, portandogliela dietro l’orecchio: “Che ti è preso, prima? Sei scappata via.”
Lei sorrise vaga, spostandogli la mano: “Tutto ok, Tony”
Lo sorpassò e tornò con passo veloce alle scrivanie, mentre lui rimase imbambolato a fissarla.
 

“Dottore, come sta?” chiese McGee, avvicinandosi all’uomo con il camice appena uscito dalla stanza 196.
Quello scosse il capo: “L’hanno pestato piuttosto forte e anche se non hanno toccato organi vitali è piuttosto stordito..”
“Comunque può parlare?” chiese Gibbs avvicinandosi.
“Sì,” fece quello: “ma non fatelo stressare troppo.”
Senza dire una parola di più l’agente aprì la porta, e si avvicinò al letto dove era posto Michael: “Cosa diavolo ha combinato, Callegan?!”
Lui sospirò: “Mi dispiace agente Gibbs.”
“Avanti!” gridò: “Cosa aspetta a dirmi quello che non mi ha detto?”
Michael sospirò: “Tempo fa ingaggiai un detective privato; fu così che scoprii che Jamie aveva iniziato a fare uso di stupefacenti. Lui mi disse dove andava a comprare la droga e che aveva iniziato a frequentare un ragazzino che gliela vendeva. Ho pensato di andare a controllare, ho chiesto in giro ma nessuno sapeva niente, o almeno così dicevano. Devo averli infastiditi e..”
“Perché non mi ha detto tutto quello che sapeva? Perché ha voluto fare da solo?” sbottò l’agente.
“Perché è mia figlia!”
“E crede di fare il suo bene così? Ostacolando le nostre indagini?” gridò Gibbs.
McGee aveva assistito a tutta la scena senza proferire parola. Jethro si girò, osservò il suo taccuino, e si avviò fuori dalla stanza senza voltarsi indietro: “Dica al mio agente tutto quello che sa. Non mi costringa a metterle le manette per ostacolo ad un’indagine federale.”
 

Tony continuava ad alzare lo sguardo verso di lei, che batteva la matita sulla scrivania velocemente. Era indubbiamente nervosa e lui non vedeva l’ora di chiudersi in casa di uno di loro, lanciarsi sul letto, tra le coperte senza vestiti e annullare ogni distanza per tutta la notte. Stufo di vederla così taciturna, si alzò e raggiunse la scrivania: “Vieni da me, stanotte?”
“No, Tony” disse lei senza alzare il viso.
Lui aggrottò le sopracciglia: “Vuoi che andiamo a casa tua?”
Lei bloccò un attimo la matita: “Nemmeno. Ho del lavoro arretrato da fare, stanotte.”
Rimase in silenzio, poi avvicinò il suo viso a quello della collega: “Ah, davvero? Non porti mai il lavoro a casa.”
Lei sbuffò, e non rispose. Fu il telefono a rompere il silenzio, e Ziva approfittò della situazione per sviare il discorso: “Pronto?”
Tony rimase a fissarla, mentre lei ascoltava e scriveva tutto su un foglietto. Infine poggiò la cornetta e sospirò: “Ieri avevo diramato un allarme per chiunque avesse visto Jamie..”
“E..?”
Alzò la faccia: “Un uomo l’ha vista, ad Anacostia, con delle prostitute, proprio sotto casa sua. Chiama Gibbs, andiamo subito a parlarci.”

 
“Ok, è tutto?” chiese McGee, rileggendo con gli occhi quello che si era appuntato.
“Sì.”
Tim sorrise e si alzò: “Bene, per ora abbiamo finito.” Fece per andarsene ma l’uomo lo richiamò indietro: “Agente McGee? Aspetti..”
“Mi dica..” fece lui, garbato come sempre.
“Crede che l’agente Gibbs..”
McGee sorrise appena: “Lui vuole salvare sua figlia almeno quanto lei.. la sua rabbia era data dal fatto che non si è fidato abbastanza di noi da non darci tutte le informazioni, e che così facendo ha messo Jamie in ulteriore pericolo.. Gibbs sa fare bene il suo lavoro, mi creda.”
Callegan sorrise: “Già.. grazie di tutto, agente.”

 
“Quindi, mi sono accostato con la macchina per essere sicuro e ho chiesto quanto prendeva a notte.”
Ziva annuì, sicura. Finalmente avevano una pista da seguire, qualcosa di concreto, e la certezza che la ragazzina fosse viva e non già sepolta da qualche parte. Tony, da dietro la sua collega, lo spronò: “Avanti, signor Nicholson, continui. Abbiamo poco tempo.”
Lui annuì: “Avrei voluto caricarla in macchina e portarla in qualche distretto, era lei, ne sono sicura. Ma dopo che le ho chiesto il prezzo ha iniziato a piangere come una bambina.”
Tony e Ziva si guardarono, leggermente confusi: “Piangere?” fece eco, la donna.
“Si, si, piangere!” disse con insistenza: “Piangeva disperata, cercava di fermarsi ma non ci riusciva. Ho aspettato che smettesse ma sembrava senza fine. Mi ha chiesto scusa, ma improvvisamente da un vicolo poco più in la è uscito un ragazzo più grande di lei, doveva essere il suo pappone.. si è avvicinato a lei e se l’è portata via.”
I due agenti lo fissavano, un po’ sbigottiti: “E lei si è lasciata portare via come se niente fosse?”
“No, affatto. Era terrorizzata. Ha cercato di dimenarsi ma lui le ha dato uno schiaffo così forte che ho temuto le avesse spezzato il collo. Lei ha continuato a piangere ma allora si è fatta portare via, sicuramente deve averne prese parecchie dopo.”
Tony e Ziva annuirono, poi tornarono in macchina. Ziva sospirò: “Tu come la vedi?”
“Semplice, per me quel bastardo del suo fidanzato o la costringe a prostituirsi oppure la ha venduta a un pappone in cambio di un po’ di droga.”
“Anche io la vedo così,” disse lei sospirando: “dobbiamo dirlo a Gibbs.. e se abbiamo ragione, dobbiamo trovarla prima che qualcuno di quei bastardi la uccida.”
 

 
Spazio autrice:
 
Perdonate il secolo di tempo che è passato tra questo capitolo e l’altro ma chi va a scuola mi capisce, queste ultime settimane sono un viaggio solo andata per l’inferno.
Comunque la storia inizia a prendere forma, ma non mi stancherò mai di ripetere che a volte le cose non sono quelle che sembrano.. a breve ancora colpi di scena, e tanto Tiva.
E per chi ha visto l’ultimo episodio della stagione 10.. condoglianze a noi e alla nostra pazienza fino a Settembre. Bbbbesitos! 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 ***


Quando Tony e Ziva arrivarono nell’open office Gibbs scattò in piedi dalla scrivania: “Dove diavolo eravate finiti?”
Ziva si girò con velocità verso Tony: “Non gliel’hai detto?” sussurrò: “Ti avevo detto di chiamarlo!”
Tony cercò di giustificarsi: “Scusa capo io..”
Gibbs si avvicinò e lo guardò con intensità negli occhi prima di colpirlo sulla nuca: “Mai chiedere scusa, DiNozzo. Ziva, cos’hai scoperto?”
Lei si avvicinò alla sua scrivania: “Un uomo, Brad Nicholson, dice di averla vista in una strada di prostitute. Si è avvicinato a chiederle il prezzo ma lei si è messa a piangere, ed è stata trascinata via da quello che lui ha creduto essere il suo protettore.”
Gibbs sospirò: “Prostitute, eh?”
Ziva annuì: “Ok, quindi? Che si fa adesso?”
Improvvisamente Tony scattò in piedi, con un sorriso divertito sul volto: “Io avrei un’idea niente male..”


“Finisce sempre così..” disse sconsolato McGee: “Loro sul campo, e io rilegato ai lavori d’ufficio.”
Abby lo abbracciò dolcemente: “Timmy, non sei proprio il tipo che ci si aspetta di trovare in una strada di prostitute, non credi?”
Lui sbuffò: “Perché no? Cos’ho di diverso da Tony o da..”
“Gibbs?! Oh, Tim! Siete due mondi distanti, davvero molto, molto distanti! Non puoi fare paragoni con il grande capo!” esclamò, facendo muovere i codini: “E poi Tony.. Tony guarda i porno, esce con ragazze diverse ogni due giorni, fa battute di pessimo gusto.. mentre tu passi il sabato sera a scrivere romanzi. Insomma, McGee.. sei troppo.. McGee per essere il tipo che ci si aspetta di trovare laggiù.”
Lui sospirò, e decise di non insistere; per quanto il discorso della scienziata fosse contorto era anche veritiero, probabilmente si sarebbe sentito a disagio.
In quel momento il suo cellulare squillò facendolo sobbalzare: “Uh.. capo?”
“McGee.. ho bisogno che tu faccia qualche indagine su Brad Nicholson, scopri che tipo è e richiamami appena possibile.”
Chiuse il cellulare e raggiunse la scienziata: “Forza, Abs, abbiamo del lavoro da fare.”


“Non posso crederci..” sibilò Ziva, tirandosi la gonna il più possibile: “Anthony DiNozzo giuro sul mio onore che questa me la pagherai cara..”
Appoggiata sotto un palo fulminò con lo sguardo la macchina del collega parcheggiata poco più in la a sinistre, infine guardò con disperazione quella Gibbs, messa invece sulla destra.
Attivò la piccola auricolare che aveva nell’orecchio: “Gibbs, qui non vedo la ragazza. E’ da oltre due ore che mi guardo intorno, di lei non c’è traccia.”
Continua a guardare Ziva,” fece la sua voce accigliata dall’altra parte della ricetrasmittente: “e smetti di agitarti come se avessi le pulci.
Non sei affatto credibile, se continui a tirarti giù la gonna..” aggiunse DiNozzo, divertito.
Lei si lasciò sfuggire un ringhio: “DiNozzo, quando questa pagliacciata sarà finita ti conviene scappare lontano da me perché potrei ucciderti in malo modo.”
Sia lui che Gibbs, dalle rispettive vetture, si concessero una risata prima di spegnere le ricetrasmittenti.
Circa mezzora dopo Jethro si avvicinò a Ziva con la macchina, e lei ci si infilò dentro. Afferrò il caffè che lui le stava porgendo e lo sorseggiò piano, per quanto non lo amasse particolarmente.
“L’hai vista?”
Ziva scosse il capo: “Nemmeno l’ombra. Abbiamo un problema, comunque.. le mie vicine iniziano a sospettare di me perché ho declinato ogni cliente.”
Gibbs attivò la ricetrasmittente: “DiNozzo!”
I due sentirono qualche rumore confuso, un rantolo, poi silenzio: “..capo?
Ziva cercò in ogni modo di non scoppiare a ridere, Gibbs si concesse un sorrisino: “Dormito bene?”
..si. Grazie capo.
“Ora ho bisogno che tu ti finga un cliente e carichi Ziva con te in macchina.”
Ci muoviamo?
“No. Però dobbiamo evitare che le prostitute che sono qui intorno sospettino che Ziva stia organizzando una retata.. se contattassero i loro protettori le toglierebbero dal campo immediatamente e addio Jamie.”
Capito. Faccio subito, capo.
Gibbs sospirò, e scrutò Ziva che in velocità usciva dalla macchina infilandosi alcuni dollari nel reggiseno.
 

“Tim..” fece Abby una volta tornata al laboratorio con un nuovo bicchiere di Caf-Pow. Non ricevendo risposta, tentò ancora: “Tim.. Timmy.. Timothy!”
Camminò per tutto il laboratorio fino a trovarlo addormentato, con la faccia sulla tastiera, e la ricerca ancora in corso. Tornò nella sala principale  e continuò il lavoro che aveva interrotto prima. Improvvisamente decise di fare un giro sul dossier del caso, e rimase a scrutare una foto di Jamie.
“Sono sicuro che sta bene..” disse una voce calda e pacata alle sue spalle.
Lei sospirò senza girarsi: “Chissà dov’è.. credi che Gibbs riuscirà a trovarla, Ducky?”
L’anziano uomo si concesse un sorriso: “Sono fiducioso.”
 

Mentre aspettava Tony, Ziva aveva notato che una ragazza, poco più giovane di lei, la osservava con attenzione, senza distogliere mai lo sguardo.. sembrava piuttosto sospettosa.
Quando finalmente la macchina del collega la raggiunse cercò di non farci troppo caso e ci si infilò velocemente.
Lui ridacchiava sotto i baffi, cercando di non farsi notare, ma senza riuscirci.
“Anthony DiNozzo Junior, che diavolo ti è saltato in mente?!” gridò a pochi centimetri dal suo viso.
Tony ridacchiò ancora: “E’ una normalissima operazione sottocopertura, agente David.”
Stava per replicare sentì un brivido sulla schiena, si voltò appena e notò che quella ragazza che prima la fissava, ora passeggiava, fingendo indifferenza accanto alla macchina.
“Vuoi il servizio completo, tesoro?” disse con malizia: “Prometto che non te ne pentirai.”
Tony aggrottò le sopracciglia: “Che diavol-“
Non riuscì a finire che la collega si avventò con sicurezza sulle sue labbra. Tony rimase stupito, mentre Ziva, con un gesto rapido, spingeva indietro il sedile. Si mise a cavalcioni su di lui, poggiando la schiena al volante, e continuò a baciarlo senza fermarsi. Baciò le labbra, poi scese al collo, iniziando a sbottonare la camicia, e Tony infilò le sue mani sotto la maglietta, ricambiando ai baci.
Improvvisamente Ziva si fermò, guardò furtivamente fuori dal finestrino e poi posizionò il viso accanto al suo orecchio: “Puoi fermarti, Tony.”
“Mh?” fece lui, in dubbio: “Perché mi sei saltata addosso Ziva?”
Lei sorrise: “Ti è forse dispiaciuto, DiNozzo? Una squillo mi spiava per vedere cosa facevo. Credo di averla convinta perché è tornata alla sua postazione.”
“Oh, peccato..” appuntò lui.
La donna ridacchiò, e prese posto nel sedile del passeggero: “Già. Devo comunque ancora fartela pagare per questo, Anthony.”
Lui sbuffò, sorridendo. Rimasero a parlare una decina di minuti, poi Gibbs li contattò.
Ziva, DiNozzo, tornate alle vostre postazioni adesso.
“Ricevuto, capo..” fece Ziva, prendendo la borsetta che aveva poggiato sul parabrezza. Spense l’auricolare e si girò verso Tony: “Avanti, dammi cento dollari.”
“Eh?!” fece lui: “Cento dollari? Ma sei forse impazzita? Mi hai dato un bacetto! Ho uno stipendio misero, non posso permettermi un bacio da cento dollari, Ziva David!”
“Sta zitto e dammeli,” sbottò lei: “te li rendo più tardi, cretino.”
Con fare annoiato Tony prese il portafogli e le allungò una banconota da cento, lei scese con soddisfazione dalla macchina infilando anche quelli nel reggiseno, e prima di chiudere lo sportello si voltò, ammiccando: “Spero di rivederti da queste parti, dolcezza.”
Tornò sotto il palo e si poggiò di peso su di esso. Guardò verso la ragazza di prima, che continuava a guardarla con insistenza. Infine prese coraggio e si avvicinò: “Ehi, scusa, hai una sigaretta?”
Ziva finse di controllare la borsetta: “No, mi dispiace. Le ho finite.”
La ragazza si avvicinò ancora: “Sei nuova di queste parti, vero?”
“Si vede così tanto?” chiese Ziva, sospirando: “Sì, in effetti sono una novellina.”
Lei sorrise: “Non te la prendere. Le so riconoscere le nuove. Non hai la faccia di una che fa questo lavoro da tanto.. meglio per te, trovi molti più clienti così. Che fai qui?”
“Mi chiamo Sarah..” fece Ziva, sorridendo: “Ho una figlia da crescere e nessun lavoro. Mi sono dovuta adattare. Tu, invece?”
“Piacere, Ella..” disse lei, porgendole la mano: “Io lo faccio per la droga. Ho bisogno di soldi per farmi. Il mio pusher mi ha portata in questo mondo quando avevo solo quindici anni, ormai ne ho ventitré e nessuna prospettiva..”
Ziva scrutandola notò un sorriso dipingersi sul suo viso: “Perché non provi a smettere?”
“Impossibile..” sussurrò lei: “I papponi non te lo permettono. A loro serve che tu sia drogata, così lo fai senza troppe lamentele.. se ci fosse una via di fuga da questa vita, credimi, sarei già scappata. Ti consiglio di non fare la mia fine, Sarah.. smetti con questa vita al più presto e pensa a tua figlia.”
Ziva annuì fievolmente, poi Ella si voltò di scatto in direzione di una macchina che si era fermata poco più in la: “Ora devo andare. Quello è un cliente abituale.. il lavoro chiama! Ci vediamo.”
L’agente la guardò allontanarsi e rimase distratta per qualche secondo finché una macchina nera lucida si fermò accanto al marciapiede, proprio di fronte a lei. Il finestrino calò lentamente, un ragazzo dalla pelle scura, le sorrise: “Ehi, bella.”
Ziva si avvicinò: “Mi dispiace, il mio turno finisce ora.”
Lui ammiccò: “Non sono qui per questo, tesoro.”
“E allora che vuoi?” fece lei scontrosa, spostando lo sguardo sul sedile posteriore.
Si avvicinò a lei: “Io nulla, ma penso che a te serva un protettore, vero tesoro?”
Ziva sorrise: “Proprio quello che cercavo..” aprì lo sportello ed entrò nella macchina, che partì a gran velocità.
 
 


Spazio autrice:

Come ho detto l’ultima volta perdonate i secoli che faccio passare tra un capitolo e l’altro ma le ultime due settimane di scuola sono un viaggio di sola andata per l’inferno.
Spero almeno di riuscire a passare l’anno senza debiti, auguratemi buona fortuna D:
Oltre ciò.. suppongo che ora la vostra mente sia di nuovo annebbiata e che, insomma, non abbiate esattamente capito perché cavolo Ziva è salita sulla macchina o roba così.
Beeeeeh scoprirete molto presto che cosa combina la nostra intrepida agente del Mossad! :D
E intanto, nonostante l’operazione sottocopertura di Jamie ancora nessuna traccia.. chissà che fine avrà mai fatto la ragazza! Beh, anche questo non tarderete a scoprirlo ma.. siamo solo agli inizi!
Un bacione, VooJDee. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 ***


Tony si svegliò di soprassalto, madido di sudore; la camicia ne era satura. Se la stracciò di dosso, andando verso il bagno, e la lanciò dritta nella cesta dei panni da lavare.
Tornò nel salone, dove si era addormentato con la tv accesa e guardò l’orario constatando che erano da poco passate le tre.
Si affacciò dalla finestra, la brezza fredda di Washington gli accarezzò il viso, e si rinfilò dentro. Non sarebbe mai riuscito a riaddormentarsi, quindi si lanciò sul divano e iniziò a fare zapping sulla tv, accorgendosi però che alle tre della mattina non c’è assolutamente niente d’interessante.
Lasciò su un canale dove trasmettevano un vecchio film che aveva visto almeno tre volte, e sbuffò.
Erano passati tre giorni da quando Ziva, la sua Ziva, era scomparsa nel nulla.
Era entrata in quella macchina senza dare spiegazioni a nessuno, e da quel momento la sua auricolare aveva smesso di mandare segnale. Qualsiasi magia tecnologica di Abby e McGee era stata inutile.
La situazione stava degenerando a lavoro; non riusciva più a mantenere la calma.
Sarebbe voluto restare tutta la notte a lavorare, ma Gibbs l’aveva spedito a casa perché gli serviva che fosse vigile il giorno dopo.
Continuavano a cercare da tre giorni, senza sosta, e niente sembrava condurli a Ziva. Anche su Jamie non c’erano stati passi avanti, e Gibbs iniziava a diventare irascibile.
Stanco di aspettare spense la tv, s’infilò una camicia pulita ed uscì dal suo appartamento.

 
Lavorare il legno era sempre stato rilassante e curativo per lui. Mandò giù qualche sorso di Bourbon, e riprese il suo lavoro. Muoveva avanti e indietro la spatola levigando la tavola davanti a lui.
Sentire il rumore dei passi sulla scala non lo sorprese più di tanto, non dovette nemmeno alzare lo sguardo per capire di chi si trattasse. Sorrise pensando a quando Abby gli aveva detto che Tony stava davvero iniziando a somigliargli.
“Sono quasi le quattro del mattino, DiNozzo. Perché diavolo sei qui?”
Lui sospirò: “Non riuscivo a dormire, capo.”
Gibbs alzò un sopracciglio: “E questo ti da il diritto di irrompere in casa mia a notte fonda?”
“Non può essere scomparsa nel nulla.. deve pur trovarsi da qualche parte.”
“E’ così.” Rispose Gibbs, conciso.
Tony alzò lo sguardo: “E allora perché non la stiamo cercando?”
Jethro si fermò, e fissò Tony negli occhi, senza dire una parola.
“Potrebbe.. essere già morta!”
Gibbs sorrise: “Non è morta. Lo saprei se lo fosse. Fidati del mio istinto.. il tuo che dice?”
L’agente si concesse un sospiro: “Che non è morta. Ma sono preoccupato, capo.”
“Lo so, DiNozzo, lo siamo tutti..” sussurrò Gibbs, fissando con intensità il legno chiaro: “Ma alle quattro di mattina non puoi fare niente. Torna a casa, riposati, fatti una doccia fredda per chiarirti le idee. Ci vediamo in ufficio tra qualche ora.”
L’agente annuì fievolmente e s’incamminò verso l’uscita. Gibbs capì che se n’era andato quando la casa piombò di nuovo nel silenzio. Riprese a lavorare la sua tavola quando fu nuovamente interrotto dal rumore del suo cellulare che vibrava.
Lo guardò scoprendo che Ziva gli aveva appena scritto un sms. Lo lesse, ma non riuscì a trovare un senso.
Subito compose il numero di McGee e rimase in attesa. Qualche minuto dopo lui rispose, con la voce ancora impastata dal sonno: “Capo?
“McGee, Ziva mi ha scritto un messaggio. Puoi rintracciare da dove?”
Se è ancora acceso, si.. lo faccio subito!
Lui rimase in attesa e pochi minuti dopo udì dall’altra parte del telefono un bip continuo: “Allora?”
Trovata, capo! E’ ancora ad Anacostia! Le mando le coordinate!

 
Parcheggiò la macchina davanti a quello che sembrava un vecchio negozio abbandonato. Entrarono cauti: farsi prendere dalla fretta non era prudente, era l’unica occasione che avevano.
Gibbs, seguito da Tony, camminò fino ad una vecchia scala arrugginita che portava ad un seminterrato. Scesero silenziosamente nel buio, puntando le pistole e le torce davanti a loro. Videro un uomo che dormiva su un vecchio letto.
“Agenti federali!” gridò Gibbs, rivolgendogli contro la pistola.
Quello, svegliatosi di soprassalto, si gettò in fretta su un’arma posata lì accanto a lui, ma fu immediatamente freddato da Tony. Improvvisamente vide Jethro correre e puntò la torcia verso di lui per fargli luce, vedendo Ziva raggomitolata in un angolo della stanza.
Se ne stava seduta per terra, con le mani ammanettate ad un tubo, un occhio nero  e diverse ferite addosso. Aveva un’espressione strana, un po’ assente. Gibbs l’aiutò a sollevarsi, e Tony prese le piccole chiavi lasciate accanto al letto.
Jethro le accarezzò il viso: “Ziva, stai bene?”
Lei, dopo che Tony ebbe aperto le manette, si massaggiò la testa: “Più o meno.. mi dispiace, capo.”
“Ti dispiace di cosa, Ziva?” chiese lui, un po’ allarmato.
Lei scosse il capo, poi sospirò: “Non sono riuscita a impedire che portassero via Jamie..”
Tony spalancò gli occhi, cercando quelli di Gibbs che, sospirando, scosse il capo: “Non è colpa tua, Zee. Vieni, usciamo da qua.”
 
 
“Ah!” quel disinfettante bruciava davvero tanto, ma sapeva che quando Ducky avrebbe finito di medicarla sarebbe stato molto peggio perché avrebbe dovuto affrontare Gibbs.
Lui se ne stava lì, poggiato al muro, in attesa. Non aveva ancora detto una parola.
Il dottor Mallard le puntò una lente sull’occhio circondato dalla pelle nera: “Ci vedi bene con quello, mia cara?”
Lei sorrise: “Ducky, quante volte devo ripetertelo? Io sto bene. Non ho niente.”
“Questo sarò io a constatarlo, Ziva..” replicò lui, guardando dentro la lente: “Quindi? Riesci a vedere bene?”
Sbuffò: “Un po’ sfocato, ma niente di che. So che vedrò di nuovo bene appena passerà il gonfiore.. non è la prima volta che mi faccio un occhio nero, so come funziona. Sto bene, davvero!”
Il dottore sospirò, e spostò la lente, poi si girò verso Gibbs: “Oltre le ferite superficiali non c’è nessun problema. Ammaccature che guariranno in un paio di giorni.”
Gibbs annuì, poi con la testa fece segno a Ziva di seguirlo ed entrò in ascensore. Quando anche l’agente fu entrata lo bloccò, come suo solito.
“Hai intenzione di darmi qualche spiegazione logica per il tuo gesto, agente David?”
Lei sospirò: “C’era Jamie in quella macchina, Gibbs. L’ho vista, ho visto i suoi occhi, era terrorizzata.. non potevo far finta di niente. Sono un’agente, ho dei doveri nei confronti dei civili. So che puoi capirmi.”
Lui scosse il capo: “Io capisco, Ziva, capisco.. ma avrebbero potuto ucciderti! Guarda come ti hanno ridotta! Cos’è successo lì? Parla.”
“Michael Callegan..” sospirò lei, suscitando un’improvvisa attenzione da parte di Gibbs: “Io ho continuato a fingermi una prostituta con una bambina da crescere, e un messicano mi ha offerto protezione. La copertura è durata tutta la notte, in cui mi hanno riempita di domande e hanno insistito perché provassi della coca. Sono riuscita a dissuaderli, ma ho comunque dovuto prendere delle anfetamine.. quando è svanito l’effetto ho detto che non avrei continuato a farne uso perché non volevo che mi portassero via mia figlia.”
“E Jamie?”
Lei sospirò: “Jamie pregava per avere una dose di qualsiasi cosa, ma non voleva andare in strada. Piangeva, era terrorizzata a morte. Allora ho proposto di potercela accompagnare io e spiegarle qualcosa, così saremmo potute scappare.. almeno lei, magari. Hanno accettato. Quella sera, verso le sette, Michael è piombato in quel vecchio negozio, in lacrime, non so come abbia fatto ma ha scoperto che Jamie era lì. Mi ha riconosciuta e ha fatto saltare la mia copertura gridandomi di aiutarlo.. e gli hanno sparato davanti a sua figlia, poi l’hanno presa e l’hanno portata via.”
“E tu?” chiese lui, sfiorandole il braccio con la mano.
Lei sorrise, un po’ malinconica: “Mi ero rassegnata a morire, sembrava inevitabile.. invece sono qui.”
“Voglio dire, come stai tu?” fece ancora, guardandola dritta negli occhi.
“Io sto bene. Voglio solo ritrovare Jamie viva e arrestare quei figli di puttana.”
Gibbs continuò a guardarla, ed infine rimise in moto l’ascensore.. c’era qualcosa di diverso nel suo sguardo, ma sapeva bene che doveva darle il suo tempo, e sperava che magari qualcun altro avrebbe saputo aprire di più il suo cuore ferito.


 
 
Spazio autrice:

Ok, un altro personaggio è fuori. Proprio così, Michael Callegan è morto davanti a sua figlia, e Ziva è quasi riuscita a salvarla ma ha fallito per un soffio.. e ora che ha parlato con Gibbs deve delle giustificazioni anche a qualcun altro!
Ma che fine avrà fatto il cadavere del padre di Jamie? E dove sarà adesso lei? E Tony e Ziva riusciranno ad avere finalmente un dialogo?
Inizio a credere che dovrei fare la voce narrante nei telefilm.. D:
Comunque al prossimo, un besito,
VJDee 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 ***


“E’ davvero coraggioso da parte tua, sai?” disse quello, girandole attorno come un avvoltoio pronto ad avventarsi sulla sua preda: “Hai sacrificato la tua dignità, la cosa più importante che ognuno di noi possiede, per difendere chi non si cura della tua esistenza.. ma alla fine è bastato un po’ del mio siero della verità a farti parlare. Le tue sofferenze sono state inutili, non credi?”
Ziva David non rispose nemmeno quella volta, il suo mutismo era ormai la sua unica arma, per quanto alla fine a lei tornasse sempre indietro un colpo più forte di quello che infliggeva.
Uno schiaffo forte sul viso la fece sobbalzare.


“Ziva?!” gridò Tony, scuotendola con tutta la forza. Ziva si guardò intorno, la sabbia e il caldo erano spariti, i muri di vecchi mattoni anche, l’ufficio confortante e sicuro si era materializzato attorno a lei. Scosse appena il capo: “Tony.. dimmi.”
Lui la guardò fisso dentro gli occhi: “Dov’eri?”
“Scusa?” chiese lei, senza capire: “Proprio qui.. davanti a te, Anthony. Stai forse impazzendo?”
“No, il tuo corpo era qui. I tuoi occhi erano da un’altra parte, Ziva..”
Lei rise: “Smettila di dire idiozie, Tony, e se mi dovevi dire qualcosa fa in fretta per favore.”
Lui allentò la presa dalle spalle e passò una mano leggera sull’occhio tumefatto, per poi sfiorarle la guancia con l’indice, ed infine l’abbracciò: “Ho avuto paura che ti avrei perduta. Posso sapere come ti è saltato in mente di salire in macchina di un protettore? Avrebbero potuto ucciderti, probabilmente se non fossimo arrivati in quel momento..”
Ziva scosse il capo: “Tony in quella macchina c’era Jamie, era terrorizzata. Non potevo fare finta di niente, avevo una missione da portare a termine.. un obbligo nei suoi confronti.”
“Saresti potuta morire..” sussurrò a un palmo dal suo viso: “Non ti preoccupa?”
La donna sorrise: “La morte mi è passata davanti così tante volte che non mi fa paura. In molte occasioni sono arrivata a desiderarla con ogni forza, Tony.. quindi no, non mi sono preoccupata di questo.”
“Beh.. e a me non ci pensi? Come avrei fatto, io, poi?”
Lei scosse il capo: “Come puoi essere così infantile? Questo è un pacchetto completo che abbiamo accettato scegliendo questo lavoro, io più di te quando ho scelto il Mossad. Non possiamo dare priorità ai nostri sentimenti.”
Tony rimase a fissarla, un po’ confuso, poi sentì una rabbia incontrollabile montargli dentro: “Ziva lo vuoi capire che non puoi giocare con la tua vita? Sarai anche un’agente, ma sei soprattutto una persona. E la prossima volta che ti salta in testa un’idea del genere, perlomeno ricordarti di comunicarlo al resto della squadra, perché la tua ha passato tre giorni a cercare una collega sparita nel nulla senza dare spiegazioni!”
Lei rimase in silenzio per qualche secondo, poi sospirò: “Hai ragione, Tony..”
“Già..” sussurrò prima di andarsene a passo svelto.
 
 
Il cielo era nuvoloso e dei tuoni risuonavano in lontananza quando la squadra di Gibbs arrivò nei pressi del fiume Potomac in una zona industriale della città. Rimasero a osservare il cadavere steso per terra.
“E’ Callegan..” appuntò McGee guardandolo dall’alto.
Tony annuì: “Sì. È proprio lui.”
“Coincide con il mio rapporto..” affermò Ziva indicando il buco che perforava la testa da parte a parte: “Gli hanno sparato un colpo in testa..”
“E la povera ragazzina ha dovuto assistere a questo strazio?” fece Ducky inchinandosi: “Poveretta, non la invidio..” forò il fegato della vittima con la sonda e attese: “Jethro è morto almeno diciotto ore fa.. la causa del decesso è un colpo alla testa.. E a quanto sembra ha passato tutte le sue prime ore da morto a galleggiare nel Potomac.”
“Mh..” asserì Gibbs: “Indaga a fondo, Duck.. vedi se si trovano indizi sull’identità dei bastardi che si son presi quella ragazzina o sul luogo dove potrebbero averla portata.” Si voltò verso i tre colleghi che lo guardavano in silenzio: “Tony va a parlare con i testimoni che l’hanno trovato, McGee voglio le foto del punto dove è stato ripescato e i possibili percorsi che ha fatto per arrivare qui, voglio che tu risalga al punto esatto dov’è stato buttato.. fatti aiutare da Abby.”
Ziva fece un passo avanti: “Io che faccio, capo?”
Lui la guardò per qualche secondo prima di rispondere: “Ti prendi un giorno di ferie, non ti voglio tra i piedi almeno fino a domani..”
“Non se ne parla, Gibbs.”
“Non era un suggerimento, agente David.. era un ordine.” Fece, mentre di allontanava.
Lei lo seguì: “Ma Gibbs, sto bene! Non ho bisogno di riposarmi!”
Gibbs si voltò di scatto: “Sei stata sottocopertura tre giorni, senza supporto di alcun genere. La tua copertura è saltata, hai rischiato la vita.. sei stata sottopressione, hai bisogno di un giorno di relax. Va a casa, riposati.”
 

Fuori aveva iniziato a piovere a dirotto, e quando le porte dell’ascensore si aprirono Tony sbuffò: “Cavolo pivello, abbiamo fatto giusto in tempo!”
“Già..” sussurrò lui, raggiungendo in fretta la sua scrivania, ansioso di rimettersi al computer.
Improvvisamente l’agente anziano girò su se stesso, e vedendo Gibbs che saliva a fare rapporto al direttore si avvicinò al collega: “Ehi, ma dove diavolo è finita Ziva?”
McGee si guardò intorno: “In effetti è da più di un’ora che non la vedo.. che Gibbs l’abbia spedita a casa?”
Tony sorrise: “Controllo al volo e torno!”

 
Aveva proceduto lenta in macchina, per perdere tempo. Rinchiudersi in casa da sola non era certo ciò che aspettava con ansia dopo gli ultimi tre giorni.
Era ferma davanti alla porta da cinque minuti buoni quando infine si decise ad aprirla. L’appartamento era immerso nel buio più totale, in un silenzio a dir poco assordante. Fece un passo in dentro, e stava per girarsi ad accendere la luce quando due mani l’afferrarono e la porta si chiuse alle sue spalle.
 


 
Spazio autrice:
 
Dadadadaaaan! Colpo di scena numero 2348972398472. Proprio così. Due mani hanno afferrato Ziva nel buio del suo appartamento! Chi sarà mai? E cosa starà succedendo? E Tony arriverà in tempo per salvarla? Oppure, come suo solito, si salverà da sola?
Apparte ciò finalmente ho chiuso il capitolo scuola fino a settembre almeno, e ho tanta voglia di dormire e andare al mare.
Comunque sia aggiornerò più presto possibile..
Besitossss, VooJDee ♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1801954