Nient'altro che polvere

di Elwerien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Childhood in a Flower [checked and white box] ***
Capitolo 3: *** Death and love [red and grey box] ***
Capitolo 4: *** A fire into the night [empty box] ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



La soffitta è piena di polvere. Anni di abbandono hanno lasciato la loro traccia, grigi granuli avvolgono ogni cosa.
È il loro dominio.
L’aria è soffocante, troppo densa di polvere- e di ricordi.
Nessuna orma interrompe la grigia distesa, nessun piede si è mai posato sulle antiche assi che trasudano segreti, nessuno sguardo si è mai soffermato sugli scaffali carichi di scatole lasciate all’abbandono.
Nessuna mano ha mai alzato quei coperchi per cercarvi un mondo nuovo, antico, che sa di battaglie, di eroi, di guerre e di amanti.
Nessuno, da molto tempo.
Molte cose sono cambiate da quando la soffitta è stata chiusa a chiave. I volti degli Hokage scolpiti sul fianco della montagna sono diventati sette. Il mondo è cambiato, le persone sono morte, e quelle che sono rimaste hanno dimenticato.
Ma cinquant’anni dopo la fine della guerra, rimane ancora un luogo impregnato di quelle gesta, un luogo capace di raccontare quei giorni, un luogo dove non si respira solo la polvere, ma anche i profumi di un tempo passato.

***


Brevissimo prologo; pubblicherò il primo capitolo sicuramente entro stasera, altrimenti mi sentirei parecchio in colpa...
Questa fanfiction ha partecipato al Concorso sull’Interpretazione [InoShika Version] indetto da Coco Lee sul forum.
Preparatevi ad un’invasione di fanfiction ShikaIno!

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Capitolo 2
*** Childhood in a Flower [checked and white box] ***


-Nient’altro che polvere-


Capitolo 1


Childhood in a flower [checked and white box]




Ad un estraneo questo sembrerebbe un posto immobile, appartenente ad un’altra epoca e chissà come sopravvissuto fin qui, in giorni sconosciuti, dove l’aria e il sole e la luna sembrano avere un altro sapore, dove il tempo passa sul ritmo dei ricordi che impregnano le pareti. Come un cimelio che, tratto in salvo dall’incendio di un antico castello, sia stato posto nell’aria asettica di una bacheca.

In realtà questo posto si muove, vive, respira. Non è solo la polvere che regna, sono le memorie di un antico passato che sussurrano, che fanno scricchiolare le assi, che lasciano trapelare un raggio di luce dalla fessura del tetto.
Se provaste ad afferrare una scatola, quella in alto a destra, rotonda e a quadri rossi e verdi, sentirete che non è vuota come sembra. Sareste costretti, col braccio pesante, ad appoggiarla al suolo, e presi dalla curiosità alzerete il coperchio.
Forse, chissà, in mezzo alle vecchie foto di due bambini, ormai ingiallite dal tempo, noterete un piccolo fiore, ora secco e dai petali quasi privi di colore. Tenterete di afferrarlo, e forse il vostro tocco goffo e insicuro –vi sentite degli estranei, vero?- lo sgretolerà, e mille spore cadranno sulle istantanee, sulla polvere non più intatta. Potrebbero cadervi sui vestiti, e quando uscirete porterete nel vostro nuovo mondo i suoi frammenti di vita.
Forse non sapete che quel fiore è in realtà l’ultimo testimone di un momento che non esiste più, se non fra i suoi petali frantumati. Quel fiore canta, nella sua fragilità, di un pomeriggio d’estate. Si ricorda di quando un bambino l’ha colto; allora il fiore era pieno di bellezza, e veniva inondato dal sole, tanto che in quel momento non si era reso conto che –strappandolo- quel bambino l’aveva condannato.
Non si era ancora reso conto che sarebbe stato rinchiuso fra le pagine di un libro, che sarebbe soffocato nell’inchiostro, che i suoi petali avrebbero perso lo splendore e sarebbero appassiti, mantenendo una forma arida e secca.
Non se ne era reso conto.
Esisteva ancora, custodito in una soffitta.
Ma quanto può vivere un fiore lontano dal sole, dall’aria, dal profumo dei campi?
Non se ne era reso conto.
Eppure, in quel momento era stato felice che quella bambina l’avesse accolto con gioia.


[“Oh, Shikamaru, è bellissimo!”
“Sì, sì”
“Come sei noioso, Shika!”
“Scusa, Ino…”]


Lasciate andare il fiore, ora. Se avete un minimo di pietà, rimettetelo al suo posto, fra le fotografie di quel giorno. È in mezzo a loro che riesce a sentire ancora il calore del sole su di sé. E state attenti a non farlo sgretolare. Se così fosse, prendetene i frammenti e gettateli dentro alla scatola, come polvere fatata. E chiudete il coperchio, fate tornare quelle immagini alla loro quotidianità, alla loro illusione di vivere un qualcosa che non esiste.

Prendete un’altra scatola, quella nera foderata di velluto. Vedete? È nel centro esatto della scaffalatura. Ha gli angoli ben delineati, dritti; la stoffa, incredibilmente, è ancora morbida. Provate, provate a passarci sopra la mano. Sentite?
Non vi trasmette eternità?
Ora forse vorrete alzare anche questo coperchio. Vi aspetterete un altro fiore, magari una rosa rossa, simbolo dell’amore, o un candido giglio, la purezza di due amanti che ancora non si conoscono. Poggiati sulla fodera di raso nero né rose né gigli, né fiori né gioielli, ma due oggetti metallici. Vorrete sollevarli, rimirarli fra le vostre inesperte mani. Non lo meritate. Fra i vostri palmi delicati, che mai hanno impugnato armi o conosciuto il sapore della guerra, del dolore e della fatica, questi oggetti parranno pesanti. Per voi, questi oggetti sono pesanti.
Eppure, erano fatti per essere indossati, per legarli intorno alla fronte.
Li lascerete cadere, interdetti.
E li potrete rimirare meglio, abbandonati sul fondo della scatola. Dove si soffermano i vostri sguardi? Sulla striscia di seta di un blu scolorito, dai bordi sfilacciati? Oppure sulla placca metallica, segnata dal simbolo di Konoha e da molti graffi –ricordi di battaglia?
Per voi, che vivete in un’era di pace, è impossibile sollevare un coprifronte ninja senza avvertire un grosso peso. Che ne sapete voi delle battaglie, delle sofferenze, delle gesta?
Chiudete il coperchio velocemente, turbati.
Ignorerete i loro suoni, metterete al suo posto la scatola, cercherete febbrilmente qualcos’altro da guardare e trovatolo vi concentrerete su quello.
Ma davvero non sentite le loro voci? Siete dunque sordi ai suoni della memoria?


[“Team 10: Chouji Akimichi, Shikamaru Nara, Ino Yamanaka”
“Oh, no!”
“Che c’è, Ino? Non sei contenta?”]


Se non siete capaci di udirle, se avete escluso il suono dalle vostre menti, non comprenderete mai la magia di quel momento. Tre persone che incrociano le proprie vite. Due anime destinate ad unirsi.
Quand’è che inizia l’amore?
Nel momento in cui un bambino coglie un fiore per donarlo, nella pura innocenza, all’amica del cuore? Così ha condannato il fiore e il suo cuore alla prigionia.
Quando le strade diventano una sola, ma l’inizio è incorniciato dalle voce altere e beffarde di due ragazzini?
Dategli tempo. Cresceranno, e le loro voci saranno più delicate. Danzeranno sulla loro giovinezza con passi eleganti. Conosceranno il rispetto, la fiducia. Vedranno il loro corpo trasformarsi, le membra gracili e sproporzionate diventare robuste e scattanti, l’espressione farsi più dura. Di una diversa luce splenderanno i loro occhi, la luce di chi si lascia alle spalle i giorni della spensieratezza.
Un giorno, diventeranno un uomo e una donna. Saranno una sola anima in due corpi diversi. Ma per ora, solo il coprifronte li accomuna.

Il pavimento non è più intatto, la polvere di mezzo secolo ha delle profonde ferite. I vostri passi strascicati hanno lasciato la loro traccia, attraverso i grigi granuli si intravede la profondità del mogano.
Che cosa avete trovato nel vostro errare per gli scaffali? Vi vedo girare ancora, incerti. I vostri occhi si soffermano sulle varie scatole, pare non sappiano decidersi. Ce ne sono molte, vero? Di tutte le forme, di ogni materiale, di molti colori o intrise di una sola tonalità. Formano un pittoresco quadro. I colori tenui mormorano di un’infanzia pura e felice, quelli accesi paiono urlare molte battaglie. Il rosso non è per le fiamme dell’amore, la sua tinta gocciola sangue, è la morte che lo inonda. Troverete la passione nelle tinte più inaspettate, spazierà dal verde smeraldo al cupo grigio, lambirà le scatole rigidamente squadrate come quelle dagli angoli rotondi e dolci. Non in un attimo preciso è nato l’amore, il desiderio è stato il frutto di un’intera vita, sarà nascosto tra le pieghe dei giochi infantili e ancora acerbo camminerà fra i momenti dell’adolescenza, si ergerà con l’arrivo della maturità nel suo splendore ardente, e quando morirà –dopo essere stato bruciato- verrà sepolto fra i ricordi chiusi in una soffitta.
Fra tutta questa varietà non sapete cosa scegliere. Se volete accettare un mio consiglio, prendete quella scatolina di velluto bianca. È piccola, forse per questo non l’avevate ancora notata. È affiancata da due scrigni di un rosso fiammante e di un grigio spento.
Non abbiate paura.
Non temete di veder sgorgare sangue dal primo –la morte è rinchiusa, non può uscire e stringervi fra le sue nere braccia.
Non avvicinatevi bramosi allo scrigno grigio. Siete proprio sicuri che contenga l’amore? Potreste rimanere delusi sollevando il coperchio. O forse troverete davvero quella passione che cercate, ma che cosa vi dice che sarete in grado di comprenderla?
Guardate invece quella piccola, innocente scatolina. È di un bianco candido dai riflessi di perla.
Pare che non l’abbia intaccata la polvere, né il passare del tempo ha rovinato il tessuto che l’avvolge.
Su avanti, non esitate. Prendetela in mano. Sentite? È leggera.


[“Adesso siamo un gruppo!”
“Perché sei così allegra, Ino?”
“Per questi!” disse lei gioiosa,
mostrando ai suoi due compagni
una scatolina di velluto bianco.]


Anche voi, aprendo la scatola, avete provato lo stesso stupore e la stessa incredulità di Chouji e Shikamaru?
Tre paia di cerchietti d’argento, da infilare ai lobi. Un gesto piccolo, anche un po’ ingenuo. È vero.
Ma sentite tintinnare fra gli orecchini la voce della giovane? È felice di appartenere ad un gruppo, di avere degli amici, felice di avere qualcosa che li accomuna tutti e tre. La fanciulla sta crescendo, lascia alle spalle l’arroganza della prima adolescenza.
È felice Shikamaru, perché la vede sorridere.


[“Perché sei così allegra, Ino?”]


Siete pronti adesso per una scatola verde smeraldo?

***



Sono sinceramente commossa. Non pensavo di ricevere recensioni per un prologo cortissimo dove si straparla di una soffitta polverosa… grazie! *scoppia in lacrime*

x Giò: grazie! Sono felice che ti abbia incuriosita!
x Queen of Night: oh, una ShikaIno dichiarata *ç* ti ringrazio per il commento! A dire il vero non so in che posizione sono arrivata, i risultati devono ancora uscire^^’… ma sicuramente ve lo farò sapere!
x Celiane4ever: è positivissima, perché è proprio l’effetto che volevo *.* sono contenta di essere riuscita a trasmetterlo!
per Kaho chan: Pensa, a me invece inquieta combattere contro di te XD! Ti ringrazio per i complimenti, a dire il vero non pensavo che potesse essere, come hai detto tu, “davvero intrigante”: detta fra noi, preferisco l’epilogo! E mi ha fatto piacere che l’abbia paragonato ad un proemio epico, perché ho cercato di fare una cosa del genere in effetti… grazie mille anche a te!
x AtegeV: un'altra delle 'rivali' che recensisce, wow XD grazie per i complimenti (“un inizio aulico”, caspita… non me l’aveva mai detto nessuno!) e per aver salvato la storia fra i preferiti… sono molto felice di averti incuriosita!
x Queen_of_Sharingan_91: oh che bello, posso approfittarne anche per ringraziarti per la bellissima recensione che hai lasciato mesi fa per “Wake Up, Ino”! Quanto a questa storia, spero davvero che non tradirà le tue aspettative… il tuo commento mi ha fatto molto piacere^^

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Capitolo 3
*** Death and love [red and grey box] ***


Capitolo 2

Death and love [red and grey box]



Pazientate. Perché non indugiate un attimo su quella borsa di cuoio beige? È un po’ malconcia, molti squarci la attraversano. Vedete quello scintillio fra le cuciture?

[Thud. Il kunai centrò con perfezione il
bersaglio, ma Shikamaru non capì perché
l’avversario fosse ancora vivo ma solo
ansimava.
“Ha una protezione davanti al cuore” disse
una voce alle sue spalle. Ino lanciò con forza
un paio di shuriken, che si andarono a
conficcare nell’addome del nemico, ancora
ansimante a causa del colpo di Shikamaru.
Era morto.
Qualcuno si complimentò con loro. Era il
gioco di squadra, secondo il maestro Asuma.]



Una borsa d’equipaggiamento ninja. Quanti allenamenti, quante battaglie. È forse intorno a un kunai che si avvolge l’affiatamento, attraverso due shuriken che passa la sottile corda della sincronia? Sono due corpi che si muovono secondo i gesti dell’altro, due menti che conoscono i reciproci pensieri, due cuori che ancora battono separati ma che di tanto in tanto si incrociano e sobbalzano.

Vi vedo. Mi accorgo che tornate a guardare quei due scrigni, quello rosso e quello grigio, ai lati della scatolina bianca. La curiosità vi assale, non potete andare avanti senza sapere cosa contengano. Finché non avrete saggiato il loro contenuto, tutte le altre scatole vi sembreranno senza valore, ignorerete i loro seducenti mormorii, passerete oltre gli ammalianti colori e niente vi importerà della loro forma.
Ebbene, apritelo. Scoprirete che la rossa morte e il grigio amore sono legati insieme da un sottilissimo ma quanto mai forte vincolo.
Sollevate il coperchio, ora che fra le vostre mani brilla il rosso del sangue.

[Non c’è niente che splenda. Non
c’è il sole, è la pioggia dai mille aghi
che regna. L’infanzia è finita.
Finita nel sangue, annacquato dalla
pioggia che si insinua fra le ferite.
Finita soffocata dal fumo di una
sigaretta, accesa per l’ultima volta.
Non è solo la pioggia che lava via
il tempo di una vita, sono anche ben
nascoste lacrime che strappano
dall’anima l’innocenza della fanciullezza.
Giace un corpo sulla terra sconvolta.
Bagnato di sangue, di pioggia e di lacrime,
colpito a quattro punti vitali. Risuonano
due urli nell’attimo in cui la Morte lo
porta via con sé. Uno silenzioso, di donna
che tace il proprio dolore; l’altro nell’aria,
forte e assordante, di uomo
. “Asuma!!!”
Ed è la Morte, lei, che oltre alla vita del
loro sensei si prende anche la loro giovinezza].



Ghermisce. E non paga, porta con sé brani di anima.
È la Morte, la Ladra, che non si contenta di rapire solo le sue vittime, che una volta assaggiata la sua preda pretende altre cose altrettanto tentatrici. Lei, mai sazia. Le porta via con sé, nel suo Regno ben nascosto che è impossibile da raggiungere, se non attraverso il modo più estremo. E potrete cercare quanto volete, ma non troverete mai il giusto sentiero, e ciò che vi ha sottratto sarà perduto, perduto per sempre.
Ne rimarrà solo il ricordo, un evanescente fantasma dai tratti confusi, destinato a svanire.
Sale un lamento dalla scatola. Sentite? Questi ricordi vivono, sorridono, piangono e si fanno udire con l’impronta di un’ultraterrena voce lasciata loro. Ma perché chiudete il coperchio? Possibile che non lo capiate?
Vivete in un mondo in cui i due Hokage dopo il quinto non sono stati che un’icona, un baluardo, quasi un inutile tributo ad altri tempi. Ma questi capi hanno mai combattuto? Hanno mai sacrificato se stessi per Konoha?
Siete degli Immeritevoli.
Non sapete che cosa siano le gesta, che cosa voglia dire morire in battaglia, cosa significhi per gli altri rimanere.

Rimane ancora lo scrigno grigio. Brillerà l’amore fa le sue pareti cieche, come desiderate? O forse nel suo cupo grigiore non vivranno che altri sparsi frammenti di vita, per voi senza valore, ma preziosi per coloro che quei momenti li hanno vissuti, amati, desiderati e terribilmente agognati nei momenti di solitudine e di disperazione?
Ma vedo che già sollevate il coperchio senza ascoltarmi; forse non trovate interessante la mia voce legnosa che fa vibrare le pareti, i miei respiri fatti di polvere.

[“È morto… Asuma è morto…”.
Sono scossi dai singhiozzi, devastati
dall’ingiustizia. Perché doveva accadere?
Non era giusto.
Sono davanti alla sua tomba. È angoscioso
pensare che quel corpo un tempo vivo
e forte sia ora imprigionato fra quattro
pareti di legno, stretto fra le assi. Soffocato
dalla terra e dalla mancanza d’aria.
Ma in fondo, si ripetono, lui non può respirare,
non sa che il luogo in cui riposa è terribilmente
buio e stretto, che metri di terra lo separano dal
mondo.
Non può, perché egli non è più.
Appoggiano dei fiori davanti alla lapide, e
lievemente si sfiorano. Alzano lo sguardo, e
li possiede lo sgomento. Lei vede occhi di uomo,
trasformato dagli avvenimenti.
Lui osserva nelle sue iridi che è ormai una donna,
temprata dallo stesso destino.
Per un attimo non si riconoscono.
Poi, specchiandosi l’uno nello sguardo dell’altra,
comprendono anche il proprio cambiamento,
e l’uomo e la donna si riconoscono come tali,
alla fine dell’età della loro innocenza.]



In che modo si cresce? Quali eventi spingono l’anima a maturare, ad abbandonare la meritata spensieratezza?
Alcuni dicono che è il tempo ad operare questo cambiamento, che è lui che plasma la mente. Io non credo che sia così. Cosa può fare il tempo a qualcuno che vive nelle luci della felicità e non conosce il sentiero della sofferenza? Costui rimarrà sempre giovane e spensierato, anche quando il corpo sarà quello di un adulto.
Penso piuttosto che sia il dolore che strappa l’anima dalle vie splendenti dell’infanzia, che lo precipita in più bui vicoli –o strade maestre- spesso circondati da cespugli di rovi dalle taglienti spine. Sono vie dove non troverete mai ai cigli della strada un fiore.
E quando il dolore, quello vero, vi avrà scaraventato in quei luoghi, guarderete con nostalgia indietro. Ma saprete che non potrete mai più tornare in quei già percorsi spazi dove è il regno delle cosmee e delle viole, comprenderete che l’accesso è ormai sbarrato per sempre.
E sentendovi derubati di quegli anni, serberete rancore.
Così Shikamaru e Ino hanno sofferto. E i loro occhi portano i segni di questa disperazione.
Lì, alla fine di un’infanzia che li aveva resi protagonisti come amici del cuore, saranno da adulti due personaggi che vivranno il copione dell’amore.

[Continuano a guardarsi negli occhi,
come incantati da quello sguardo
nuovo e sconosciuto. E finalmente la
realtà di una vita si manifesta,
capiscono quello che avevano sempre
saputo ma al contempo taciuto.
Sentono che non importa quello
che accadrà in futuro, che qualunque
cosa gli serbi il destino –morte, gioia,
tradimenti o rinnovato dolore- loro saprann
o affrontarla. Dimenticano per un attimo
la morte di Asuma, sono
solo loro nel presente da vivere.
E si baciano di fronte alla tomba del
loro sensei, promettendosi un avvenire
felice.
In cielo vola uno stormo di uccelli neri,
che stridono al tramonto.]



I vostri passi sollevano la polvere, con le vostre goffe mosse l’avete sollevata. Ora aleggia lieve in quest’aria soffocante, crea un’atmosfera quasi fatata. Un raggio di sole penetrato da una fessura la ferisce e la illumina. Ne scompone la sua natura corpuscolare, crea impensabili giochi di luce. Ma subito svaniscono, come un gioco infantile riposto quando si cresce, non appena la polvere torna a toccare terra.
Su cosa avete posato lo sguardo? Cosa guardate con timore?
Ah, vedo. Quella scatola di un rosso cupo, la più appartata, la più scura. Sembra ardere, è il realismo di un colore tanto intenso.
È posta a sinistra, nello scaffale più basso. Ha i bordi rovinati, il cartone che la riveste è pieno di pieghe. Vi fa paura? Fate bene. Forse è l’istinto che ve lo dice, forse dalla scatola si levano muti lamenti e ne sgorgano invisibili lacrime -che voi percepite.
Quella è la scatola più crudele, più triste, quella che contiene più dolore, quella il cui contenuto fa agonizzare l’anima. Non apritela, se non volete soffrire. Non apritela, se non volete farne uscire del sangue, non toccatela -no!- non fatelo, se non volete che le vostre mani si riempiano di brucianti piaghe, che le ustioni di come mille fiamme si propaghino dai vostri palmi su tutto il corpo. Questa è la scatola dell’amore, dell’eroismo, della morte. In questa scatola sta la fine di un vecchio mondo e l’inizio di una nuova era.
Uscite da qui. Non siete degni di conoscerne il contenuto. Andatevene. Lasciate in pace questi ricordi, non tormentateli più con le vostre mani voraci, non frugate più fra gli scaffali con i vostri sguardi indagatori.
Andatevene.
Non siete più i benvenuti.
Cosa fate? Non avvicinatevi! Uscite, uscite subito. Non afferrate la scatola, non aprite il coperchio, lasciate in solitudine ciò che contiene.



Stupore nei vostri volti.
Tenete fra le mani una scatola vuota.

***




Ammetto di sentirmi un po’ immodesta a dirlo, ma… ebbene sì. Ho vinto il concorso! XD
Sento di dover ringraziare Coco Lee, non solo per i giudizi dettagliati che ha scritto per ognuna di noi ma anche per avere aperto il contest: c’era bisogno di nuove ShikaIno su efp! E quelle che ho letto fino ad ora erano davvero belle, complimenti davvero a tutte le altre partecipanti! Vi consiglio di leggere le loro storie, i nomi li trovate nel link che ho messo nel prologo. E ricordate… w le Mosche Bianche!

Passiamo ora ai commenti dello scorso capitolo:
Per Queen of Night: sono felice che tu abbia ricevuto questa impressione dal narratore! In effetti volevo che il lettore venisse un po’ rapito da questa atmosfera polverosa che regna nella soffitta e che si sentisse un po’ partecipe dei fatti. Ah, e a proposito di “cose buffe”: ieri dopo averti lasciato la recensione ho dato un’occhiata alle tue storie preferite e ho notato che molte le ho lette anch’io^^
Per Kaho chan: mi è piaciuto come hai descritto la fanfiction nel tuo commento! Grazie, mi sento commossa *.* e l’impressione che hai avuto è giustissima: dopo c’è un baratro, altroché… mi sono sentita quasi crud… ma non dico nient’altro per non anticipare!
Per Final Alex: oh, mi dispiace… ç_ç spero che la depressione non sia durata a lungo: in effetti scrivere cose tristi è una mia prerogativa! Sono contenta che la mia storia ti piaccia, mi auguro che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
Per Sprully: Grazie anche a te! In realtà come hai visto la scatola non è verde smeraldo ma grigia, spero che vada bene lo stesso! Anche tu hai colto nel segno nell’interpretazione… ho immaginato in effetti che i ricordi, così come la soffitta, fossero vivi ma imprigionati dalla polvere che li fa restare ancorati alla “vecchia era” –si vedrà nel prossimo capitolo, il penultimo.
Per Giò: sono contenta che il primo capitolo non ti abbia delusa! Grazie mille per le belle parole della recensione, spero che anche questo ti sia piaciuto… l’idea delle scatole piace anche a me, mi è venuta in mente una volta che stavo mettendo in ordine la mia stanza… a qualcosa allora serve XD!
Per Queen_of_Sharingan91: sono io che dico “Oh Kami”: mi lasci sempre delle recensioni bellissime! Davvero, sono felicissima che lo stile che ho usato per la narrazione e il fatto dei ricordi ti piaccia così tanto, e hai usato delle parole molto gradite per dirmelo. Grazie, sono commossa *ç*
Per Skiblue: oh, un’altra fan ShikaIno, che bello… allora non siamo in pochi! Ringrazio tanto anche te; è bello ricevere recensioni così particolareggiate. Temevo a dire il vero che la voce narrante a lungo andare potesse diventare troppo “logorroica”, ma noto che per fortuna vi è piaciuta!

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Capitolo 4
*** A fire into the night [empty box] ***


*Nota: “kuroi” in giapponese significa “nero”
**Seconda Nota: in questo capitolo i ricordi incorporei dell’ultima scatola hanno preso il sopravvento sulla voce narrante, che torna nelle parti in corsivo; noterete forse un cambio di forma.


Capitolo 3

A fire into the night [empty box]




L’uno accanto all’altro, con passi leggeri ma l’anima zavorrata da un peso troppo grave. Pochi sguardi a incorniciare quei momenti; non avevano bisogno di guardarsi, di cercare nelle iridi dell’altro una qualche conferma, un incoraggiamento, un segnale d’amore.
Perché loro sapevano. E questo bastava.
Solo, a volte, le mani si sfioravano. Le sue, piccole e delicate ma che tuttavia conoscevano la morte, e quelle di lui, grandi e forti, mani di uomo che sapevano cos’era il dolore. Un tocco che profumava di promesse da mantenere, di attesa, di dovere, di speranze. Fremeva –le mani tremavano lievi- fremeva quel tocco di amore rinato. Mai morto, ma sopito e poi maturato.
Tremavano.
Perché loro sapevano. Ma questo non bastava e farli arretrare.
I passi si fecero più pesanti, la reticenza accompagnava ogni singola mossa, ma continuavano.
Calpestavano quasi senza accorgersene i rami secchi, facevano strage di boccioli in fiore.
Mentre il giorno cadeva e sopraggiungeva il buio manto di una notte senza luna, soffiava un vento caldo, proveniente dal deserto; ardeva come una fiamma, irritava la pelle, toglieva il respiro, bruciava i polmoni. Ed era rogo nell’aria.
Il bosco si faceva più rado, stavano entrando nel territorio di Kuroisuna*. Là, dove la guerra era iniziata e l’antico mondo che conoscevano aveva cominciato a sgretolarsi. Ne rimanevano ormai poche polveri.
A Kuroisuna, da dove si erano levati moti di terrore e di urla, di rabbia inesplosa, di dolore compiacente al sangue. Un dolore che strazia la mente, le membra, le memorie.
A Kuroisuna, là dove il mondo sarebbe cambiato.

Neanche la più piccola falce di luna a illuminare il sentiero. Serata perfetta per quel genere di missione. Procedevano al buio, sempre vicini, sempre vigili. Nascondevano la paura, l’amore- un ninja non deve mostrare i propri sentimenti. Ormai erano completamente allo scoperto, avanzavano fra le dune di sabbia rovente, ma che nella sera diventava lievemente più fresca. Kuroisuna, la città maledetta, si avvicinava ad ogni passo. Enorme e possente in quel deserto piatto, li sovrastava con maestosità, sembrava che le sue mura dovessero cadere loro addosso, inesorabilmente, per schiacciarli.

***



Non era Suna come l’avevano conosciuta. Nulla della vecchia città era rimasto, anche la sabbia pareva diversa, più malvagia, più nera. Solo tre anni di regime avevano ridotto l’antico splendore nascente al più totale decadimento. Dopo l’invasione della città e la morte del Kazekage, Lui si era installato a Suna, l’aveva occupata. Aveva ucciso gli abitanti, tranne i traditori che già da tempo erano stati installati all’interno, in una ruota di complicate macchinazioni e manipolazioni che si era risolta alla fine nella più grande Guerra che l’intero mondo avesse mai conosciuto. Tutte le Cinque Terre erano state prima minacciate, poi terrorizzate con attacchi mirati e infine apertamente attaccate, una dopo l’altra.
Una buona occasione per unirsi, dicevano i vecchi bevendo sakè, quando ancora la situazione sembrava destinata ad essere dominata.
Un terribile momento nella storia, precisavano i cittadini, ponendo piena fiducia nei propri ninja. Cosa poteva esserci di peggio dell’Akatsuki, già debellato anni prima?
Solo gli shinobi capivano. Solo loro sapevano che quella volta unirsi non sarebbe bastato, perché il nemico era troppo forte e numeroso –più di qualunque altro nemico affrontato prima. Erano i ninja che, nei silenzi delle missioni, rimuginavano sul fatto che quello non era solo un momento nella storia, quello era una svolta; e continuavano a combattere per difendere se stessi e il proprio paese, sopravvivendo alcuni nella consapevolezza che avrebbero perso tutto, morendo gli altri sapendo che lasciavano un mondo che scompariva con loro.
Era una guerra tremenda. Lui aveva uomini che parevano non morire mai, o quantomeno sembrava che ne risorgessero a migliaia dalle sabbie che aveva brutalmente strappato al Kazekage e al suo popolo, finendolo; Lui aveva armi, armi molto più forti di quelle normali. Kunai più appuntiti, forse anche avvelenati; shuriken talmente leggeri e affilati che colpivano la vittima con ferite mortali senza che quella se ne accorgesse. Lui conosceva molte tecniche, terribili e oscure; era Lui che stava portando il mondo alla rovina, nelle sue conquiste e nella sua brama di egemonia. Lui non aveva nome; Lui era il Nemico, e gli uomini, stanchi della guerra, non volevano sapere altro. Con le forze decimate, i vecchi non avevano più sakè da bere in compagnia, per parlare con l’ottimismo e la saccenza di chi ha vissuto molti inverni e crede di sapere come va il mondo, senza rendersi conto che quel mondo stava scomparendo. Nessuno aveva più la forza di incitare i propri ninja, non quando i gruppi tornavano spaventosamente decimati dalle missioni, non quando anche da quei corpi che mai dovevano mostrare emozioni si levavano accenni di disperazione, chi urlava, chi piangeva, chi tirava calci a vuoto, nel dolore di avere perso un amico, un compagno o un amante. In tre anni di guerra, tutte le Cinque Terre erano state conquistate. Solo il Paese del Fuoco resisteva; Konoha era stata lasciata per ultima, forse per caso, forse per volere di Lui, che voleva veder crollare nella miseria quella nazione così forte, patria dei Ninja Leggendari e del Lampo Giallo, luogo nativo di Naruto Uzumaki e di coloro che avevano sconfitto ad uno ad uno i membri dell’Akatsuki.
Ma ora Konoha aveva perso quella gloria, quello splendore di cui rifulgeva. Era una città appesantita dalla guerra, dove erano più i vecchi che i giovani, decimati come bestie nelle incursioni nemiche; povera, si sosteneva a malapena, consapevole della propria fine imminente. S’armava in vista del proprio turno, ma i ninja ormai erano stanchi. Stanchi, e pochi. Rinchiusi nella città, dovevano difenderla.
Ma come?

Shikamaru Nara e Ino Yamanaka erano gli ultimi membri del loro gruppo ancora vivi; Chouji Akimichi era morto durante il primo anno di guerra, in un’imboscata da cui a malapena gli altri erano usciti vivi.
Lui portava ancora i segni di quel kunai avvelenato che per poco non gli aveva trafitto il cuore, mentre lei ricordava ancora con orrore la paura di perderlo che aveva provato mentre lo curava. Ma l’esitazione era stata fatale.
E Chouji, coprendo loro le spalle mentre Ino cercava disperatamente un antidoto, era morto, circondato dai nemici che era riuscito ad eliminare prima di cadere al suolo, mortalmente ferito. Erano stati ripagati con il nome dell’amico inciso sulla lapide degli eroi. Non sapevano che farsene. Inaspriti dalla guerra, non mostravano il loro dolore, ma dentro urlavano –e forte. Urlavano di dolore, e soprattutto di rabbia. Volevano fare qualcosa per fermare la rovina, ma ogni giorno qualcuno dei loro vecchi compagni alla scuola ninja moriva, o riportava ferite talmente gravi che non avrebbe mai più potuto combattere.
Sentivano di dover fare qualcosa, ma cosa potevano fare due soli ninja contro un intero esercito di macchine da guerra?

Sono diventati un uomo e una donna. Dalla morte di Asuma, il loro mondo interiore si è evoluto, e loro sono cresciuti. Si sono amati, e continuano ad amarsi. Ma lo fanno con grazia, è un amore leggero e senza età di chi crede nella vita e non ha fretta di vedere i propri anni portati via dal tempo.
Si amano, col corpo- e con l’anima.


Il Quinto Hokage era quasi allo stremo delle forze. Era il capo del suo paese, uno dei tre Sannin, il più esperto ninja medico mai esistito. Eppure, quella guerra si stava rivelando un ostacolo troppo grande persino per lei. Non aveva più mezzi da impiegare per la salvaguardia di Konoha; aveva pochi ninja superstiti, e una schiera di civili che credevano nella sua forza.
Li avrebbe presto delusi.
Sapeva che Lui si stava armando e che in pochi giorni avrebbe raggiunto la Terra del Fuoco. Cosa doveva fare? Evacuare la città? Non poteva certo spostare tutta quella schiera di deboli, fra i quali prevalevano i vecchi, e sperare di non essere raggiunti.
Sospirò. Vecchi.
Sentiva ora più che mai il peso degli anni. Perfino la sua tecnica sembrava essersi indebolita; già dal viso giovane trasparivano delle rughe, e la luce degli occhi era troppo seria e grave per appartenere a quella che doveva essere una ragazza di vent’anni.
Non c’era altro da fare. Doveva concentrare le ultime forze sul villaggio, e puntare tutto sull’ultima, estrema difesa, combattendo lei stessa, dando anche la vita. Proprio come un vero Hokage avrebbe fatto.

Compresero la scelta di Tsunade, ma non la accettarono come propria. Perché perdere la vita in una difesa inutile? Nulla potevano contro una massiccia invasione di Lui, proprio come non avevano potuto niente prima di loro il Paese dell’Erba, delle Rocce e tutti gli altri, che pure avevano molte più forze all’epoca di quante ne avesse ora Konoha.
Non dissero nulla a nessuno. In fondo, con chi avrebbero dovuto parlare? Tutti i loro amici erano morti. Semplicemente, decisero di lasciare il Villaggio della Foglia.

È vivo ancora il ricordo di quando vennero per l’ultima volta. Avevano passato anni a riordinare le loro cose e a porle nelle scatole che voi stessi avete visto. Con le loro mani avvezze alla guerra hanno tratto dai cassetti gli oggetti della loro vita, e insieme li hanno riposti sugli scaffali, in un ordine preciso, in una varietà di colori.
Quell’ultima volta vennero portando una scatola di velluto nero. Vi rinchiusero i coprifronte, la riposero con delicatezza nell’ultimo ripiano libero, al centro.
Lasciavano i coprifronte, perché partivano come ninja traditori.
Li lasciavano, perché per essere uno shinobi non conta il mero simbolo.
Li lasciarono, perché era bello pensare che qualcosa di sé sarebbe rimasto.
E chiusero la porta, diedero un doppio giro di chiave, abbandonarono la soffitta per non tornarvi mai più, la gettarono fra le grinfie della polvere.
Partirono nella notte.


***



Si fermarono per un momento, nascosti da un grosso masso. I loro occhi si incrociarono, per la prima volta da quando avevano attraversato le porte della città. Avevano evitato l’uno gli sguardi dell’altra, per paura di vedere la paura, quella paura che –lo sapevano bene- brillava anche nei propri occhi.
Stavano per entrare a Kuroisuna.
Ma prima si abbracciarono, si concessero quel contatto, con un tocco lieve Shikamaru sfiorò le labbra di lei.
Poi si staccarono, e ritrovata la lucida mentalità ninja, lo sguardo freddo e distaccato di chi si appresta a combattere, la rigidità di chi prepara il corpo a muoversi, entrarono.
Entrarono, ninja di Konoha, anime d’eroi.

Kuroisuna era una città vigile anche nel pieno della notte, come una fortezza, sebbene non dovesse temere alcun attacco.
In fondo, chi mai sarebbe stato tanto avventato, tanto pazzo da penetrare all’interno delle mura e dar battaglia?
Nessuno.
Shikamaru e Ino percorsero silenziosi le strade della città, passarono per tutte e quattro le porte, saltarono su ogni tetto. Sempre senza far rumore, sempre invisibili agli occhi anche dei più vigili, impossibili da percepire o da colpire.
È il duro insegnamento di anni di guerra, di imboscate, di battaglie e di missioni di spionaggio, di tentativi di ritornare a casa vivi.
Su ogni angolo, furtivi come ladri, in ogni vicolo, su ogni casa si poggiavano, si chinavano, e subito si rialzavano per passare al prossimo obiettivo.
Muti, silenziosi. Non si rivolgevano la parola, non si sfioravano, facevano solo il loro dovere. Cercavano di compiere una missione suicida.
Erano solo uno shinobi e una kunoichi.

Annullare i propri sentimenti per il bene della patria. Amarsi ma tenersi lontani, perché ogni distrazione sarebbe fatale.
Morire prima ancora di finire di vivere.


Avvenne.

Non sarebbe valsa invece la pena di vivere prima di morire?

Uno dei due cadde.

Shinobi induriti dalla guerra.

O forse furono entrambi?
Persero quella perfezione di movimenti, annullarono la velocità. Caddero, si ritrovarono al suolo. E fecero rumore, troppo rumore.

Traditi dai loro corpi perfetti, da quelle allenate macchine da guerra.

-Intrusi!- urlò una voce. Avvertirono chiaramente di essere accerchiati; un’eco di piedi in corsa risuonava per tutta la città, sembrava non dovesse mai avere fine. Si alzarono in piedi e videro che errano circondati da ninja nerovestiti, armati.
Era finita.
E lo sapevano.
-Ora- sussurrarono le due voci all’unisono. E sotto gli occhi serrati dei nemici, ognuno lanciò un kunai.
Non fra la folla immensa e dalla parvenza immortale, non fra i jonin nemici che avrebbero potuto eliminare, non su Lui, invisibile e senza forma.
Due kunai sui quali era avvolta una carta esplosiva, lanciati in due direzioni differenti, andarono a colpire due punti precisi, ben fissati nella loro mente.
Cumuli di polvere da sparo.
Ci furono due esplosioni, talmente forti che sembrarono una sola; il fuoco si propagò per tutta la città attraverso i fili di polvere che avevano posto nella loro corsa alla morte. I nemici non pensavano più a loro; terrorizzati, scappavano in ogni direzione, come animali feroci che chiusi in gabbia cercano una via di fuga e non trovandola si danno alla pazzia, lanciandosi contro le sbarre, ferendo se stessi, lanciando terribili ruggiti, accasciandosi nella prigione senza più speranza, vinti dall’astuzia umana.
Mentre l’incendio divampava, divorando qualunque cosa incontrasse, in molti si riversarono sulla quattro porte della città.
Ma erano sigillate.
Loro, gli shinobi di Kuroisuna, erano in trappola, e bruciavano nel loro inferno.
Avevano perso.
E Konoha riviveva sulle loro nere ceneri.

-Ino!-
-Shikamaru!-
Corrono fra le fiamme, cercano un sentiero fra i fuochi per potersi ricongiungere. Tossiscono, soffocati dal fumo. Hanno le fronti imperlate di sudore. E si cercano, si bramano, si vogliono- ora, alla fine di tutto.
Si raggiungono. Lui la accoglie abbracciandola, e piangono. Piangono, e non cercano di nasconderlo. Ormai le fiamme lambiscono loro le vesti, non c’è via di fuga, già il fuoco comincia a risucchiarli nel suo incessante vortice. Non sentono neanche il dolore, cercano solo di passare insieme gli ultimi momenti –insieme.
Per un attimo, attraverso le fiamme, vedono una figura ammantata di nero, alta e dal fisico robusto e asciutto, che li guarda per poi sparire, divorata anch’essa dal fuoco. E istintivamente capiscono che è Lui, e che ha perso, e che come tutti brucerà in quella notte di fiamme.
-Ce l’abbiamo fatta, Shikamaru, Konoha è salva…-
La zittisce dolcemente, le mormora un “ti amo” nella notte, le ultime parole di un morente. Lei, affranta dal suo stesso male, ripete la medesima frase.

Sussurrano d’amore in mezzo alle fiamme. Nell’incendio che divampa, muoiono due eroi. Ne restano ceneri sparse al vento ardente del deserto.


***




Mi scuso infinitamente per il ritardo. Avevo intenzione di pubblicare ieri, ma un imprevisto seccante mi ha impedito di avvicinarmi al computer. Sigh. Oltretutto non ho potuto neanche studiare quello che avevo in programma di fare ieri, quindi oggi ho solo il tempo di pubblicare prima di andarmi a seppellire sotto i libri. Tornando alla storia, manca solo l’epilogo (che è anche il mio preferito!), che spero di postare domani sera. Un po’ mi dispiace che sia durata così poco! Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto nonostante il finale piuttosto tragico. Passiamo ora alle vostre recensioni, che fortunatamente avevo già scritto:
Per Skiblue: oh, che bello, hai capito esattamente quello che volevo dare ad intendere! Mi riferisco al fatto che il presente –al quale si è arrivato dopo la guerra- non è all’altezza delle grandi gesta del passato, e la voce narrante lo sa, ed è per questo che cerca di impedire che l’ultima scatola venga aperta, perché è quella “che contiene più dolore, che fa agonizzare l’anima”. E mi sono sentita piacevolmente commossa quando hai detto di aver pensato alla parola “meraviglioso” quando hai letto la fine, davvero! Per quanto riguarda il monologo psicologico, oddio, non mi ero accorta che ricordasse Heroes XD! Beh, tanto meglio, adoro quel telefilm. E sì, hai ragione quando elogi lo ShikaIno –sono in assoluto l’unica coppia che mi appassiona davvero, senza togliere niente alle altre. Chissà? Forse Kishimoto troverà il senno prima o poi! Ciao e grazie per la recensione e i complimenti^^
Per Kaho chan: sì, w le mosche bianche! In effetti la mazzata c’è stata, mi dispiace… ma sono contenta che la storia ti piaccia così tanto, e mi è piaciuta molto la descrizione che hai fatto delle nuvole che coprono gli ultimi raggi di sole ** grazie anche a te!
Per Queen of Night: grazie per i complimenti! In effetti ho avuto una prof d’italiano un po’ severa, ma forse è per questo che l’adoravo! Sono contenta che tu mi abbia posto quelle domande, perché così ho l’occasione di spiegare qualche retroscena che non ho inserito perché la storia era incentrata solo su Shikamaru e Ino. Avrei una mezza intenzione di fare una fiction a parte sulla guerra qui descritta, ma non so se ne avrei il tempo quindi spiego qui volentieri^^ allora, come hai visto questa guerra è stata disastrosa per tutti i Paesi, compresa Konoha; Naruto ha combattuto durante l’assedio a Suna ed è morto insieme al Kazekage per difendere sia Gaara che, di riflesso, Konoha; infatti il suo nome appare nella lapide degli eroi. Dopo la fine della guerra Tsunade non è durata molto, solo il tempo di fare una ricostruzione, mentre negli altri Paesi in molti sono tornati –quindi non sono morti tutti, nonostante la parvenza di genocidio che ho dato ad intendere- dopo che erano riusciti a scappare al di là del mare o in altri posti nascosti, quindi le Cinque Terre si sono parzialmente ripopolate. Per i successivi 50 anni non ci sono più state guerre, infatti il Sesto e il Settimo Hokage sono serviti soltanto a “ricordare i vecchi tempi”, di cui un po’ si sentiva la mancanza (infatti la voce narrante riprende i visitatori dicendo che loro non potrebbero capire totalmente il contenuto delle scatole) ma in realtà non ce n’era bisogno. Ti ringrazio per l’interessamento! Ah, un’altra cosa: ho visto che hai aggiornato la tua storia ma penso di poterla leggere solo stasera, se ho tempo. Sigh, lo sapevo che dovevo studiare venerdì! Beh ti saluto, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
Per Final Alex: grazie! Ammetto che quel finale è una delle mie parti preferite. Sono contenta che questa fanfiction continui a piacerti!^^
Per Giò: ti ringrazio! A dire il vero in questo capitolo le scatole non ci sono, ma spero che ti sia comunque piaciuto!
Per Angel_Sayuri: wow, la terza classificata! Prima di tutto ti faccio i complimenti per il concorso. Secondariamente, grazie per la recensione: sono contenta che la storia ti abbia preso! Leggerò al più presto anche la tua, sono davvero curiosa; purtroppo oggi sono davvero impegnata. Mi dispiace per il ritardo di aggiornamento, specie visto che ci tenevi a conoscere il seguito… spero che questo nuovo capitolo sia all’altezza!
Per Queen of Sharingan 91: grazie per le congratulazioni^^ e anche per il bel commento! È davvero bello sentirsi dire da un lettore che la storia è capace di prendere. Spero comunque che il finale non ti abbia troppo deluso; il fatto è che sono geneticamente incapace di scrivere una storia a lieto fine, anche se mi piace leggerne. È più forte di me, hai visto che anche in “Wake Up, Ino” ho fatto una strage…^^



Prossimo aggiornamento: domani o al massimo dopodomani!

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Epilogo

Brucia. Sì, brucia.
Bruciano due vite su un rogo di guerra, bruciano due amanti stretti fra le fiamme, brucia un amore fra le lingue di fuoco.
Ardono le vostre mani, arde la vostra pelle- scorrono lacrime dai vostri occhi.
Piangete. È sincera commozione la vostra. Voi, adagiati in un mondo dove siete vissuti senza sangue e senza guerra, versate amare stille, struggendovi per due persone che mai avete conosciuto, angosciati per un amore subito morto.
Ricordate quel fiore colto da Shikamaru per Ino? Esso è come questa storia. Strappato, ha conosciuto il dolore della propria morte lenta e triste, al buio. È stato chiuso fra i ricordi di una soffitta, si è ridotto in polvere, maledetto dal tempo. Così l’amore, una volta trovato e rubato all’innocenza di un prato verde- l’infanzia felice e perfetta- è morto fra le fiamme.
Andate, ora. Andate a spargere le vostre lacrime in un mondo che adesso davvero comprendete. Apprezzerete forse di più la pace, allora. Temerete la guerra, avrete paura del tempo che scorre inesorabile.
Andatevene, e chiudete la porta. Portate fuori le parole di questa storia, raccontate di due eroi di Konoha. Due ninja destinati forse a diventare leggenda, ma che i ricordi perduti hanno lanciato nell’oblio. Parlate di loro alla persone, narrate delle loro imprese e del loro amor perduto. Del sacrificio di Shikamaru e Ino.



Una vecchia casa sta immobile contro il tramonto. Sopraggiunge la sera, è una notte senza luna.
All’improvviso, mentre la prima stella compare nella volta, una figura ammantata di nero e curva sotto il peso degli anni fa divampare un fuoco. Un fuoco che parte dalle fondamenta e arriva in cima, lentamente, come se si volesse gustare il momento, come se da cinquant’anni aspettasse l’attimo giusto per attaccare. Divora i muri e lambisce gli interni, si unisce agli infissi di legno e risale fino alla superficie di mogano scuro. Dilaga nella soffitta, azzanna gli scaffali con forza cieca, fa cadere in preda all’impeto le scatole di una vita. Il contenuto si rovescia a terra, c’è un mescolarsi irato di vecchie fotografie, di orecchini, di seta blu. Un piccolo fiore secco divampa in un attimo. Diventa per un momento dorato, e brilla; di lui non resta che cenere.
È una tortura. Si sentono grida terribili, urla di dolore -soffrono!- tremendi lamenti dalla soffitta che arde.
Sono i ricordi che fiammeggiano, sono due vite che per la seconda volta bruciano, è un amore che mai consumato si riduce in cenere.

Polvere. Nient’altro che polvere.

***Fine***



Ringrazio sinceramente tutti quelli che sono arrivati fin qui: chi commenta dal primo capitolo, chi salvato la storia fra i preferiti e anche chi ha solo letto. Grazie di cuore.

Passiamo alle vostre recensioni.
Per Sprully:Purtroppo è tutto vero… cercherò prima o poi di scrivere una storia a lieto fine! Per ora ti ringrazio per tutti i commenti, sono felice che la storia ti sia piaciuta!
Per Kaho chan: oh, un’altra lettrice affezionata! Meno male che la fine ti è piaciuta, pensavo di averla fatta troppo macabra, anche se il colpo di grazia è arrivato con l’epilogo! Grazie per aver seguito la fanfiction, e voglio dirlo per un’ultima volta: w le mosche bianche! XD
Per Final Alex: sigh, non volevo farla così triste! Comunque grazie per i complimenti, comunque! per quanto riguarda “Lui”, beh… è un personaggio inventato, il classico cattivo di turno^^
Per Queen of Night: aw, mi commuovi *.* quanti complimenti! Sono davvero onorata per le belle recensioni che mi lasci e per il fatto che tu abbia seguito la storia molto attentamente, soffermandoti anche sulla figura di Lui. Penso che se scriverò della guerra probabilmente sarà per questa estate perché prevedo che sarà molto lunga… comunque grazie per la fiducia^^ Mi auguro che ti sia piaciuto anche l’epilogo; personalmente è il mio preferito... e per quanto riguarda la tua fanfiction, la leggerò al 100% domani, perché oggi è un miracolo se sono riuscita a postare. Ma non vedo l’ora! Ci sentiamo nel tuo spazio recensioni dunque!
Per Queen of Sharingan: Grazie, spero che l’epilogo in effetti ti sia piaciuto! Mi fa piacere che il finale non ti abbia troppo delusa, nonostante sia tragico… spero che vorrai seguire ancora la mie prossime ShikaIno^^

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