It's a terrible life!

di Ely 91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. The first day ***
Capitolo 2: *** 2- Lost ***
Capitolo 3: *** Man of simple pleasures ***



Capitolo 1
*** 1. The first day ***


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It’ s a terrible life!

 

1- THE FIRST DAY

Prendete pure posto, popcorn alla mano.
Stiamo per shakerare un po’ di vite… mischiate una rossa un po’ sensitiva con due migliori amici, aggiungete una brunetta sexy e un professore un po’ impacciato, con un pizzico di dolcezza bionda (o ipocrisia?). Mescolate e non dimenticate l’ingrediente finale: una buona dose di misteriosi occhi chiari.
Cos’hanno in comune tutte queste persone? Un biglietto.
Signori e signore…nulla è come sembra a Red Country, e un po’ di maschere stanno per cadere, perché questa…è una vita terribile!


“Ciao, sono Grace! Non posso rispondere, lasciate pure un messaggio! Se siete Brandon o Finn, evitate, vi sento e vedo già troppo!”
Finn roteò gli occhi, trattenendo una risata, e lasciò cadere il telefonino sul letto.
Guardò nuovamente la sveglia sul comodino.
Le otto del mattino.
Un nuovo anno scolastico stava per iniziare e lui era già arrabbiato.
Non era nel suo stile essere di malumore costantemente, ma nell’ultimo periodo persino per lui era stato difficile mantenere i nervi saldi.
Il suo migliore amico Brandon aveva trascorso l’estate in California, con la sorella maggiore e il marito di quest’ultima, e non avevano passato nemmeno un dannato giorno insieme.
Non era abituato a passare tutto quel tempo senza la costante presenza di Brandon. Erano amici fin  dall’infanzia; fin da quando Brandon non l’aveva preso a calci e non gli aveva ordinato di essere il suo migliore amico perché era nuovo e odiava i convenevoli.
Nonostante il modo, quello era il ricordo che Finn custodiva più gelosamente, perché aveva segnato l’inizio di una grande amicizia.
Una grande amicizia a cui chiunque, dall’esterno, avrebbe guardato con scetticismo.
Brandon e Finn erano l’uno l’opposto dell’altro.
Brandon era uno dei ragazzi più popolari della scuola, il più ammirato dalle ragazze. Era sicuro di sé, estroverso, bravo nel basket - nonché capitano della squadra- e in qualsiasi altro sport.
Finn non era popolare. O meglio, lo era in quanto migliore amico di Brandon. Era più introverso, impacciato e la metà delle volte non aveva minimamente idea di cosa stesse effettivamente facendo. Lasciava che l’istinto lo guidasse, semplicemente.
Tuttavia non si era mai sentito all’ombra di Brandon. Perché Brandon in realtà, proprio come lui, si sentiva perso senza la loro amicizia.
Funzionavano bene, ma insieme.
Oltre ciò, il loro legame, durante il primo anno di liceo, aveva subito una bella scossa.
Era entrato nelle loro vite quello che amavano definire il loro “piccolo raggio di sole”.
E aveva un nome.
Grace.
Forse era per via dei capelli rosso rame, o dello sguardo sempre accesso o dei vestiti dai colori vivaci, ma Grace illuminava davvero le loro giornate.
Per questo non avevano faticato a passare dallo status di “duo” a quello di “trio”.
Anche Grace, però, era stata motivo del suo malumore nell’ultimo periodo.
Grace già normalmente era lunatica. Brandon era, infatti, solito definirla un’isterica quando lo faceva infuriare con uno dei suoi comportamenti impulsivi.
Tuttavia, ultimamente, aveva preso a uscire con un tipo dell’ultimo anno e tutti i suoi malumori erano spariti.
Finn non l’avrebbe mai ammesso, ma si preoccupava più quando Grace era di buon umore, che quando non lo fosse; e non gli piaceva che il suo piccolo raggio di sole si vedesse con un tipo come Thomas Moss, il cui unico obiettivo era sfilarle via le mutandine.
Sbuffò nuovamente e alzandosi diede un calcio al piccolo cestino pieno di pagine di quaderno strappate e accartocciate.
“Ehi!” sbottò una voce femminile alle sue spalle.
Si voltò, osservando sua sorella fare capolino nella stanza.
Alexandra si chinò e raccolse il cestino.
“Sei ancora in pigiama!” asserì stupito il fratello.
Alexandra annuì, come se la cosa non avesse dovuto sorprenderlo.
Indossava un pigiama rosa, con i pantaloncini e una canotta, e ai piedi le sue ciabatte con i cuori.
I capelli castani erano legati in uno chignon che risaltava i tratti delicati del suo viso e i suoi occhi color nocciola.
Alexandra aveva quindici anni, un anno in meno rispetto il fratello, ed era una delle ragazze più ammirate della scuola.
Col suo bel faccino aveva fatto strage di cuori fin dal primo giorno che aveva varcato la soglia della Red Country High School.
La ragazza fece spallucce e si tuffò sul letto del fratello, affondando il volto nel cuscino.
“Non voglio andare a scuola” si lamentò.
Finn la guardò stupito.
Sua sorella amava il liceo, le amiche, il club di ginnastica artistica, gli sguardi pieni di ammirazione dei ragazzi, persino le lezioni di chimica!
“Cosa succede? Di solito sono io a voler fuggire dall’inferno chiamato liceo!” le fece presente il fratello, sedendosi accanto a lei e accarezzandole i capelli.
“Mi hanno cacciata” confessò Alexandra, una nota di imbarazzo nella voce.
Finn aggrottò le sopracciglia, confuso.
“Sei stata espulsa da scuola? Ma se ancora deve cominciare!”
“No, stupido!” lei scosse la testa e alzò il volto dal cuscino, per poi mettersi a sedere a gambe incrociate.
“Mi hanno cacciata dal club di ginnastica artistica! E’ stata Betty! E’ sempre stata invidiosa, ha messo tutte le ragazze contro di me!” confessò la ragazza, stavolta il tono arrabbiato.
“Betty è un’oca! Anzi lo sono tutte le tue amiche del club! Lasciatelo dire!” affermò Finn.
Odiava le amiche di sua sorella. Erano delle pettegole, e anche delle civette. Sempre lì a fare gli occhi dolci ai ragazzi dell’ultimo anno come Thomas Moss.
Non l’avrebbe mai confessato, ma in parte la notizia lo aveva tranquillizzato.
“Si può sapere cosa ha detto Betty per metterti tutte contro?” domandò a quel punto, incuriosito.
Alexandra arrossì vistosamente e saltò giù dal letto, dirigendosi verso la porta.
“ E’ tardissimo! Vado a prepararmi!” esclamò, sparendo oltre la soglia e chiudendosi nel bagno che dava sull’altro lato del corridoio.
Finn scosse la testa, confuso, e guardò nuovamente la sveglia.
Le otto e un quarto.
Ancora quindici minuti e la campanella avrebbe annunciato l’inizio del primo giorno di lezioni.
E anche del suo primo ritardo se Grace non si fosse fatta presto viva. Aveva detto che sarebbe passata a prenderlo lei.
Brandon invece li avrebbe aspettati a scuola.
Il suo cuore sembrò fare una capriola.
Finalmente lo avrebbe rivisto.
E il suo malumore sarebbe svanito,non appena Grace gli avrebbe sorriso e Brandon gli avrebbe dato il solito pugnetto scherzoso sulla spalla.

Samuel poggiò lo scatolone sulla cattedra, per poi guardarsi attorno, godendosi quegli ultimi istanti di tranquillità prima dell’inizio del nuovo anno scolastico.
L’aula di matematica era vuota, i banchi e le sedie perfettamente allineati illuminati dai raggi di sole che filtravano dalle tapparelle abbassate a metà.
Tirò fuori dalla scatola alcuni nuovi libri di testo con i quali avrebbe affiancato le sue lezioni e un piccolo abaco decorativo, che ricordava le care vecchie basi dell’elementare aritmetica.
D’un tratto dei passi lo fecero voltare.
“Sammy” il suo diminutivo, accennato con quel fare seducente e sfrontato tipico di Perry Hall.
Samuel roteò gli occhi e le diede nuovamente le spalle, concentrandosi sulle cose da sistemare.
“Come mai mi ignori?” chiese lei, sedendosi affianco a lui sulla cattedra e accavallando le gambe.
Indossava una minigonna e degli stivali col tacco. Era sexy. E invitante.
“Tanto per cominciare, anche se sei amica di mia sorella, io sono il professor McQueen per te. Non Sammy. Nemmeno Samuel.
Si può sapere cosa vuoi? Fatti passare i tuoi capricci da ragazzina e seduci quelli della tua età”
Perry si accarezzò i capelli castani, facendo una smorfia.
“Parli come un vecchio! Hai ventisette anni, abbiamo undici anni di differenza e non sono poi così tanti!” affermò lei, decisa a non desistere.
Samuel McQueen era il fratello della sua migliore amica, professore di matematica nel loro liceo…e maledettamente,dolcemente, affascinante.
Aveva il tenero fascino del bravo ragazzo e lei era più che stufa di quei stupidi teppistelli che credevano fosse una ragazza facile. Che pensavano bastassero due azioni da ragazzaccio per farla cadere ai loro piedi.
“Accidenti, Perry, ma non puoi arrivare in ritardo a scuola come tutti? Devi per forza darmi il tormento?” sbottò Samuel, portandosi una mano ai capelli con fare disperato.
“Sparisci! Ora!”
Perry si mordicchiò un labbro, risentita. Scese dalla cattedra e si diresse alla porta, per poi voltarsi ancora una volta.
“Non sai cosa ti perdi!” affermò, per poi girare i tacchi e sparire oltre la soglia.

Claire si sistemò i capelli dietro le orecchie. Indossava gli orecchini color perla della vecchia prozia Stephanie, divenuti il suo portafortuna.
Stava per iniziare il suo secondo anno alla Red Country High School e non ne era affatto felice.
Non era tra le ragazze più popolari, anzi, non era proprio tra le ragazze.
Quasi come se una maledizione l’avesse colpita fin dalla nascita, aveva la grande capacità di passare inosservata, come se fosse stata invisibile.
Magari qualcuno aspirava veramente ad esserlo, peccato che l’unica cosa che lei desiderasse, invece, fosse essere finalmente notata.
Essere guardata dritta negli occhi e sentirsi dire: “Si, esisti. Ti vedo”.
Ricacciò indietro le lacrime e si guardò un’ultima volta nello specchietto della sua vecchia ford.
Tra poco anche la marmitta di quell’auto sarebbe caduta a terra. Era un vecchio catorcio che sua madre le aveva rifilato tirando in ballo le mille spese che dovevano affrontare e la mancanza di soldi.
Sbuffò e scese giù dal veicolo, chiudendolo a chiave.
“Ehi Segal, inutile chiuderla a chiave, nessuno te la ruba!”
Claire roteò gli occhi.
Peccato che per alcuni cazzoni lei era tutt’altro che invisibile. In quel caso le sarebbe piaciuto passare inosservata.
Un gruppetto di ragazzi rise alla battuta di Mike Smith, del terzo anno.
“Tappati la bocca Mike!” sbottò una voce femminile. Dalla folla di studenti che si trovavano ancora nel parcheggio emerse una brunetta vestita con un gonnellino a fiori e una camicia a maniche corte bianca.
Le si avvicinò e le sorrise, guardandola dritta negli occhi.
Claire si sentì avvampare.
Era davvero una bella sensazione, proprio come aveva immaginato.
Quella ragazza le si era avvicinata, senza secondi fini. Niente ricerche scolastiche, niente prese in giro, nessun motivo che l’avesse spinta contro la sua volontà ad avvicinarsi a lei.
“Non starlo a sentire, Mike è solo uno stupido” sentenziò la ragazza “ti ha offesa?”
“Oh no,tranquilla” si affrettò a rispondere Claire, agitando una mano, improvvisamente nervosa “è tutto ok, davvero”
“Meno male” sorrise a quel punto la brunetta “io sono Alexandra Masters, piacere”
Claire strinse la mano che Alexandra aveva allungato verso di lei.
“Claire. Claire Segal” disse semplicemente.
“Che anno frequenti?” le domandò Alexandra, affiancandosi a lei mentre si dirigevano verso l’ingresso dell’istituto.
“Il secondo anno”
“Anch’io!” annunciò entusiasta la brunetta, giocherellando con il ciondolo a forma di rosa che portava al collo, intonato con il tema floreale della sua gonna “strano che non ci siamo mai conosciute prima! Forse abbiamo pochi corsi in comune! Fammi vedere il tuo programma di studi!” esordì, con fare entusiasta.
Claire non disse nulla sul fatto che non si fossero mai notate prima.
Nessuno notava Claire.
Nessuno.
Un groppo le salì in gola.
“S-si, ora ti mostro i corsi che frequento, oltre quelli obbligatori”

La scappottabile inchiodò nel parcheggio della scuola, colpendo una bici e facendola cadere.
“Ops!”
Finn roteò gli occhi, fulminando la ragazza dai capelli rosso rame accanto a sé.
Grace si voltò e gli sorrise.
“Dai, perdonami per il ritardo, te l’ho detto, mi ci è voluta mezz’ora solo per decidere cosa indossare!”
Finn sbuffò e scese dall’auto, sbattendo lo sportello con poco garbo.
Grace recuperò la sua borsa dai sedili posteriori e si affrettò a raggiungerlo, correndo sulle zeppe.
“Finn!” lo chiamò più volte, inutilmente.
Si fermò solo quando lo vide avvicinarsi ad un ragazzo seduto di spalle, intento a fumare.
Preferiva restare in disparte e godersi quel momento.
L’avrebbe impresso nella sua mente, come una foto: Finn che sorrideva dando una pacca a Brandon e quest’ultimo che sobbalzava, sorpreso, per poi alzarsi di scatto e abbracciarlo. Ancora qualche pacca, prima di staccarsi, quasi imbarazzati per quel moto di affetto incontrollato.
“Ehi piccioncini, potreste anche darvi un bacio, no?” scherzò Grace, avanzando di qualche passo fino a raggiungerli.
Brandon si accarezzò i capelli mori, con fare imbarazzato, mentre Finn le aveva alzato il dito medio in tutta risposta.
“Davvero divertente, McQueen”
Ci fu qualche attimo di silenzio, prima che Grace sbuffasse incrociando le braccia.
“Allora, mi degnate di un saluto decente o devo andarmene?” si lamentò.
Brandon sorrise e l’abbracciò, baciandola sul capo.
“Ciao raggio di sole, nemmeno la California è luminosa quanto te!” le disse, facendola arrossire e ridere al contempo.
Finn roteò gli occhi, poi l’abbracciò subito dopo.
“Non so nemmeno perché ci stiamo abbracciando visto che ci siamo visti tutta l’estate” borbottò il ragazzo, arrossendo leggermente.
“Ci abbracciamo perché ci vogliamo bene!” sentenziò la ragazza, per poi dargli un bacio sulla guancia.
“E davvero, mi dispiace per il ritardo”
Finn arrossì ulteriormente e la scacciò.
“Smettila e entriamo, manca un minuto prima che suoni la campanella” sbottò, superandola e dirigendosi verso l’ingresso.
Grace guardò interrogativa Brandon, che in tutta risposta fece spallucce e gettò via la sigaretta, dopo aver fatto un ultimo tiro.
“Non dovresti fumare, ti serve il fiato per giocare a basket!” lo rimbeccò la ragazza, incamminandosi anch’essa verso l’ingresso.
“E tu non dovresti preoccuparti per il tuo Thomas?” Brandon le fece il verso, strappandole una risata.
“Ehi, non è il mio Thomas! Ci siamo solo visti un paio di volte” spiegò Grace, immergendosi nella folla di studenti presente in corridoio.
Finn stava già riempiendo l’armadietto di scartoffie varie.
Grace gli diede le spalle, aprendo il suo armadietto sul lato opposto del corridoio.
Brandon affiancò Finn per aprire il suo.
“Che ti prende? Sembri arrabbiato con Grace” gli sussurrò Brandon, perplesso.
“Non sono arrabbiato”
L’amico lo guardò scettico.
“Oh andiamo bro, ti conosco bene. Tu non sei mai scontroso con Grace!”
“E’ che ultimamente è sempre schifosamente di buon umore, non la riconosco più!”
Brandon trattenne una risata.
“Ma se non vedevamo l’ora che placasse il suo caratteraccio!” esclamò incredulo.
“Forse mi da fastidio quel cazzone di Moss”
Brandon rimase in silenzio qualche attimo, prima di sospirare.
“Non piace nemmeno a me” ammise.
Grace si voltò leggermente.
Di cosa parlottavano quei due?
Inarcò un sopracciglio, poi si concentrò sul fondo dell’armadietto ancora vuoto.
Un pezzo di carta bianca catturò la sua attenzione.
Allungò la mano perplessa e afferrò quello che si rivelò essere un bigliettino.
Lo aprì e lesse.

Parcheggiò l’auto sollevando una nube di polvere. Il terreno era secco, la terra spaccata in tante zolle.
Scendendo dall’auto, mise il piede su un escremento.
“Dio, che schifo!” sbottò.
“E’ fortunato” asserì una voce divertita alle sue spalle.
L’uomo fulminò la signora anziana con i suoi limpidi occhi verdi.
“Davvero divertente” disse sarcastico “lei è la signora Sanders?”
“Esattamente. La stanza nella mia pensione è già pronta. Domani entrerà in servizio, sceriffo Combs?”
Lui annuì e tirò fuori dal bagagliaio un paio di borsoni da viaggio neri.
“E’ tutta qui la sua roba?” si informò la signora.
“E’ tutto quello di cui ho bisogno.” annunciò con un sorrisino.
“E la prego,mi chiami pure Logan”.
Il sorriso sul suo volto si espanse. 

Ciao a tutti!
Era da tempo che avevo intenzione di pubblicare questa long, ma per un motivo o per un altro ho sempre rimandato. Non so come possa essere questo primo capitolo che funge da "pilot", ma spero in qualche modo di conoscere la vostra opinione al riguardo:) Alcuni di questi personaggi hanno già fatto la loro entrata in scena su efp diverso tempo prima, nella one-shot Forty-three
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1430887&i=1 ).
Alcune piccole "curiosità":
- il titolo della storia è stato preso da un episodio di "Supernatural" della quarta stagione, in cui i due protagonisti vivono una vita completamente ordinaria, lontana dalle solite vicende paranormali;
- la prima bozza della storia è stata scritta ad agosto, in una giornata 'completamente ordinaria' ;
- la vicenda è ambientata in South Carolina, in una cittadina chiamata "Red Country", ovviamente frutto della mia fantasia.
Credo di aver detto tutto...al prossimo capitolo!
Un bacio, Ely 91

ps: per l'immagine ringrazio la Perry toscana, RoseNek_MYF <3


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Capitolo 2
*** 2- Lost ***


It’ s a terrible life!
 

2- LOST

“Sono fuori di me e sto in pensiero
perché non mi vedo tornare”

Luigi Tenco



La mano di Grace tremò leggermente. Sbarrò gli occhi, atterrita, e si guardò attorno innervosita. Nessuno la stava guardando, nessuno stava studiando la sua reazione.
Strinse il bigliettino tra le mani, ora lo sguardo infuocato, risentito, ferita com’era.
Qualcuno le scansò i capelli da dietro, per poi lasciarle un morsetto sul collo.
“Ciao amore” le parole vennero pronunciate con fare sensuale.
Grace si voltò di scatto, accennando un sorriso tirato.
In un’altra occasione avrebbe riso, ma la lettura di quel bigliettino l’aveva turbata.
Perry la guardò perplessa.
“E’ così che accogli la tua focosa amante?” domandò ironica, scrutandola apprensiva.
Grace scosse la testa e sorrise.
“Scusami, mi hai colta alla sprovvista”disse, per poi darle un bacio sulla guancia.
“Solo sulla guancia?” si lamentò Perry.
“Oh, non essere impaziente, è solo una piccola anticipazione” scherzò Grace, stando al gioco.
Perry si passò la lingua sul labbro, poi scoppiò a ridere.
Grace lanciò nuovamente un’occhiata innervosita alle sue spalle. Tutti sembravano tranquillamente presi dalle loro faccende.
“Si può sapere che cavolo hai?!?” domandò Perry, quasi esasperata.
La campanella suonò.
Grace la guardò seria.
“Andiamo in classe, ne riparliamo dopo” affermò, scoccando un’occhiata a Brandon e Finn che stavano ingaggiando una finta lotta rincorrendosi per il corridoio.
“Che bambini” asserì Perry, roteando gli occhi.
“A me fanno ridere, sono teneri, a modo loro” rispose Grace, rilassandosi leggermente.
Le parole che aveva letto bruciavano di meno se aveva accanto a sé Brandon, Finn e Perry.
Poteva metterle da parte più facilmente, così.

“Dove se ne va adesso?” Si informò la vecchia vedova Sanders, sistemandosi gli occhiali sul viso.
“In ufficio, ho già messo in ordine  tutto!” affermò Logan, rubando una ciambella dal tavolo della cucina.
“Ma non doveva entrare domani in servizio?” continuò la donna, con fare sospettoso.
“Voglio ambientarmi un po’… Signora Sanders, anche se mi ha affittato un stanza, non è diventata mia madre” protestò l’uomo.
La donna schioccò la lingua in segno di disappunto e gli diede le spalle per versare del thè nella sua tazza.
“Signor Combs, lei è un impertinente! Ora sparisca. Si pranza a mezzogiorno, se le interessa”
Logan sorrise. La vecchietta lo guardò ancora in malo modo, poi si sciolse in un sorriso materno.
“Grazie!” disse il ragazzo, rubando un’altra ciambella e sparendo oltre la soglia.
“Che tipo” asserì la signora, scuotendo la testa.
Tuttavia non le dispiaceva averlo attorno per un po’. Da quando suo marito era passato a miglior vita, quel luogo sembrava fin troppo spento per i suoi gusti.
Aveva passato 50 anni della sua vita con lui, e non rimpiangeva nemmeno un secondo del tempo trascorso insieme.
Sospirò e andò a sedersi in veranda, la tazza di thè tra le mani e la mente pronta a rispolverare qualche vecchio ricordo.

Finn mordicchiò il tappo della penna, guardando perplesso il problema di fisica applicata che il professore stava risolvendo alla lavagna, spiegando ogni passaggio.
Come prima lezione dell’anno non era affatto leggera.
Odiava la fisica. Odiava il professor Smith. Per l’esattezza, tutti odiavano il professor Smith.
Un uomo dall’aria saccente, i capelli costantemente unti e un gusto per il vestire decisamente discutibile, come diceva sempre Grace.
Si voltò istintivamente verso di lei.
Era seduta in fondo, vicino la sua amica fuori di testa, Perry.
Se Brandon definiva Grace un’isterica, insieme a Perry, diventavano un duo di schizofreniche da ricovero.
Erano ingestibili, a volte, nelle reazioni. Impulsive e facilmente irritabili.
Diede di gomito a Brandon.
“Quanto è da sindrome premestruale Grace oggi? Tu sei il medium della SPM”
Brandon ridacchiò e la guardò di sottecchi.
“Avverto delle deboli vibrazioni” disse, fingendosi serio “il livello da sindrome premestruale è davvero basso. In una scala da 1 a 10…direi 3,  o 4”
Finn sghignazzò.
“Se ci sentisse, il livello salirebbe a dismisura” asserì, per poi captare, casualmente, lo sguardo di una biondina puntato su Brandon.
Era carico di malizia, una malizia che mai prima di allora Finn le aveva visto rivolgere all’amico.
“Ehm…perché Alyssa White ti sta spogliando con gli occhi?”
Brandon sorrise sghembo e si voltò verso di lui, l’espressione soddisfatta.
“Oh amico, diciamo che prima di partire per la California le ho regalato una nottata in paradiso…sui sedili posteriori della mia auto”asserì, concludendo con tanto di occhiolino.
“Ti stimo, bro” Finn battè il pugno chiuso contro quello dell’amico.
Perry intravide quel gesto e richiamò l’attenzione della compagna di banco.
“Che hanno quei due?” chiese, indicandoli con lo sguardo.
“Sono maschi, avranno agganciato qualche poveraccia e si crederanno fighi” spiegò Grace, come se la cosa fosse ovvia, tornando a scarabocchiare con la penna un angolo del suo quaderno.
Era troppo nervosa per badare ai gesti di Brandon e Finn.
Il malumore aveva di nuovo preso il sopravvento.
Sbuffò e si decise a passare il bigliettino chiuso all’amica.
Al diavolo. Non voleva tenersi tutto per sé. Era come avere un macigno sullo stomaco.
Perry la guardò interrogativa, poi aprì il biglietto. Era scritto al pc, in grassetto e in stampatello.
La sua espressione mutò da sorpresa a irritata. Da irritata ad infuriata.
“Chi diavolo è stato?” sbottò, non regolando il tono e attirando su di sé l’attenzione dei compagni e del professor Smith.
Quest’ultimo sbuffò e incrociò le braccia, tenendo ancora il gesso stretto tra le dita.
“Signorina Hall, vuole condividere con il resto della classe l’argomento della conversazione con la signorina McQueen?” chiese, con fare ironico.
Perry si ammutolì, mentre Grace intercettò lo sguardo di Brandon, confuso.
Gli scoccò un’occhiata che sarebbe equivalsa ad una scrollata di spalle.
“Visto che non ha niente da condividere e predilige il silenzio, non le dispiacerà restare per la punizione dopo le lezioni”
Perry aprì la bocca per ribattere, quasi indignata, ma la voce di Grace prese il sopravvento.
“Ma ci siamo scambiate giusto qualche parola, è ingiusto!”
Finn le fece segno di zittirsi, ma sapeva già quanto fosse inutile.
Grace era incapace di restarsene zitta. Odiava le ingiustizie, odiava non avere l’ultima parola.
A volte la definivano “arrogante”, facendola andare su tutte le furie.
“Signorina McQueen, vedo che invece a lei la parola non manca. La invito a restare per fare compagnia alla sua amica. Se non l’ha compreso, è in punizione anche lei.
Vi attendo in biblioteca alle 15”
L’uomo si voltò, troncando di netto la conversazione, e tornò a scrivere sulla lavagna.
“Stronzo” sussurrò Grace, a denti stretti.
Perry la guardò dispiaciuta.
“Scusami, è colpa mia, ma quel biglietto mi ha sconvolta. E’ troppo….insomma è qualcuno che ti conosce davvero bene”
“Lo so”
“Hai dei sospetti? Ti sei fatta delle idee su chi possa essere stato?”
Grace scosse la testa.
Non aveva la più pallida idea di chi potesse aver scritto quelle parole.

Grace sbuffò, afferrò un altro libro dallo scatolone e lo ripose sullo scaffale.
Perry stava facendo altrettanto, tre scaffali più avanti.
Udiva il tonfo dei libri poggiati malamente. Perry stava facendo il possibile per manifestare il suo disaccordo.
Il professor Smith sarebbe tornato un’ora dopo, alle quattro, per controllare che tutto stesse procedendo per il meglio e che le due recluse stessero svolgendo il loro “lavoro”.
Udì dei passi percorrere le file colme di libri, per poi fermarsi alle sue spalle.
Si voltò di scatto e sorrise.
Brandon fece altrettanto e prese posto a terra, accanto lo scatolone colmo di volumi.
Ne afferrò uno casualmente e ne lesse il titolo.
Ragione e sentimento. La Austen non è certo famosa per l’originalità dei suoi titoli” asserì ironico, lasciandolo cadere nuovamente nello scatolone.
Grace ridacchiò e si sedette a gambe incrociate accanto a lui.
“Che ci fai qui?” gli domandò.
Gli occhi chiari di Grace brillavano particolarmente in quel momento. Brandon li fissò qualche attimo, quasi incantato, poi parve riscuotersi da quello stato di trance.
“Oggi abbiamo parlato pochissimo! E visto che tu e la schizzata numero due siete in punizione…”
“Guarda che ti sento!” urlò Perry nel frattempo.
“….sono venuto a farti visita durante la prigionia” concluse il ragazzo, ridendo.
“Non ricordavo fossi così tenero prima che partissi per la California” asserì ironica Grace, suscitando un finto broncio nell’altro.
“Ma se non faccio altro che sopportarti!”
“Ehi!” protestò la rossa, dandogli un pugnetto scherzoso sulla spalla, per poi accoccolarsi tra le sue braccia.
“Nemmeno io ricordavo fossi così tenera” la punzecchiò il ragazzo. “Si può sapere di cosa stavate parlando in classe tu e Perry?” le chiese.
Grace si ammutolì di colpo. Brandon poté avvertire il corpo dell’amica irrigidirsi.
Infine la udì sospirare.
“Nulla di importante” una breve pausa “ e tu e Finn cosa stavate confabulando?”
Brandon sghignazzò.
“Alyssa White mi stava mangiando con gli occhi… beh, d’altronde la capisco, insomma anche io mi mangerei con gli occhi”
Grace gli diede una gomitata nelle costole.
“Oh!”
“Così impari, sbruffone! E poi che cavolo vuole quella da te?!?” sbottò Grace, voltandosi verso di lui, e incatenando il suo sguardo al proprio.
Le mani di Brandon le scivolarono dalle spalle ai fianchi.
Guardò Grace leggermente sorpreso. Erano mai stati così vicini?
Si.
Eppure quella volta c’era qualcosa di diverso. Ma non avrebbe ancora saputo dire esattamente di cosa si trattasse.
“Beh…all’inizio dell’estate me la sono fatta” disse Brandon, come se fosse ovvio.
Grace lo guardò qualche secondo, inespressiva, poi si allontanò di scatto e ricominciò a sistemare i libri sullo scaffale.
“Che ti prende?”
“Niente”
Brandon scattò in piedi.
“A me non sembra proprio che sia niente!”
“Sono infastidita, ok?”
“Infastidita? Grace, guardami!” l’afferrò per la spalle, costringendola a voltarsi per poterla guardare negli occhi.
“Che accidenti vuoi?”
“Voglio sapere che ti prende…eri strana prima che partissi, stamattina sembrava fossi te stessa, ora ti stai comportando di nuovo come una pazza isterica!”
“Non mi prende un bel niente, ok?” sbottò lei, in tutta risposta.
“Ecco, tipica risposta di una schizzata! Me ne vado!” esclamò Brandon, infilandosi le mani nelle tasche e dandole le spalle, allontanandosi.
“Ecco, bravo! Fai la cosa che ti riesce meglio: andartene!” gli urlò dietro Grace.
Qualche attimo dopo, Perry spuntò da dietro lo scaffale.
“Che accidenti era?” chiese.
Che accidenti era cosa?” domandò Grace, portandosi una ciocca di capelli rosso rame dietro l’orecchio.
“Quello. Le vostre parole”
“Non capisco cosa intendi”
Perry roteò gli occhi e le si avvicinò.
“Oh si che lo capisci,ed anche molto bene.. tu e Brandon…sembrava che dal litigio sareste passati a togliervi i vestiti”
“Perry, tu vedi del sesso ovunque!” rispose Grace, arrossendo furiosamente.
“Oh no, cara mia. Hai appena fatto una scenata di gelosia, se non te ne sei resa conto! E poi Brandon ha detto delle cose vere…sei strana con lui, fin da prima che partisse per la California. Grace…provi qualcosa per lui?”

Alexandrà entrò in casa canticchiando e, togliendosi le ballerine, si gettò sul divano, accanto al fratello intento a giocare con l’X-box.
“Sei di buon umore” constatò il ragazzo, non distogliendo gli occhi da Speed for Life.
“Si, è stato un buon inizio” asserì la ragazza, sbadigliando stancamente.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte per la tensione, ed ora si sentiva svuotata, priva di forze.
“Hai fatto pace con Betty e le altre pettegole del tuo club di ginnastica artistica?”
“No” dichiarò Alexandra asciutta “ma ho fatto amicizia con una ragazza davvero simpatica”
“Conoscendo i tuoi standard, sarà una pettegola bionda e superficiale”
Alexandrà ridacchiò.
“Bionda lo è, ma credimi, ti piacerebbe davvero…”
“Ne dubito” ribatté Finn, salvando il gioco e spegnendo l’X-box.
“Tu invece? Passato il tuo perenne malumore estivo ora che hai rivisto l’amore della tua vita?” lo punzecchiò la sorella, mettendogli un piede in faccia.
“Smettila!” protestò il ragazzo “e comunque Grace non è mica l’amore della mia vita”
“Ma infatti non parlavo di lei…mi riferivo a Brandon!”
Finn arrossì e la fulminò.
“Ma quanto sei cretina?!?”
Alexandra rise.
“Dai, scherzavo! E’ che questi tre mesi senza il tuo migliore amico ti avevano reso un tantino irritabile” constatò la sorella.
“Uhm” Finn diede una scrollata di spalle “è che è stata una gran noia senza di lui” si limitò a dire.
Alexandra sorrise.
Se ci fosse stata un’anima gemella anche per l’amicizia, avrebbe osato dire che Finn l’aveva già trovata.

Logan osservò qualche istante la scrivania spoglia del suo nuovo ufficio.
Era il suo primo incarico da sceriffo e mai poi mai avrebbe voluto deludere le sue stesse aspettative. Lo doveva anche a chi aveva sempre creduto in lui. A lei che, sorridendo, dopo una delle tante notti in cui avevano condiviso lo stesso letto, gli aveva detto che lui avrebbe potuto essere chiunque volesse se solo lo avesse desiderato, perché credeva in lui.
Il ricordo gli provocò un’ondata di nausea, che ricacciò indietro strizzando gli occhi e cercando di svuotare la mente da quei residui dolorosi di quella che era stata la sua vita fino a qualche mese prima.
Il tonfo di alcuni fascicoli gettati malamente sulla scrivania lo fecero sobbalzare.
Era uno dei suoi uomini.
“Sono John, sceriffo Combs. Questi sono i fascicoli dei casi a cui stava lavorando il precedente sceriffo”
“Grazie John” rispose, lasciandosi cadere sulla sedia girevole, facendo un mezzo giro con nonchalance, quasi fosse stato un ragazzino, e aprendo il primo della pila.
Parlava di una rapina in una villetta dei quartieri alti del posto.
“Noioso” sentenziò, gettandolo malamente di lato e aprendo il secondo.
John, a qualche scrivania di distanza, scosse la testa e diede di gomito al suo collega.
“Sicuro che sia lui il nuovo sceriffo?”
Logan lesse il cognome “MCQUEEN” scritto a caratteri cubitali e osservò alcune foto di un auto incenerita.
I coniugi McQueen erano morti nella loro auto, che aveva preso fuoco all’improvviso, per cause all’apparenza ancora inspiegabili.
Era avvenuto esattamente tre anni prima*, eppure il vecchio sceriffo doveva aver lottato affinché il caso non venisse ancora chiuso. Tuttavia, Logan sapeva benissimo che adesso la vicenda sarebbe stata accantonata ufficialmente dalla legge.
Si portò le dita sul mento e rilesse nuovamente i documenti allegati.
C’era qualcosa, qualcosa che gli impediva di passare oltre. Probabilmente la stessa cosa che aveva portato il suo predecessore a lottare affinché il caso non fosse considerato un semplice incidente o un cosiddetto “cold case”.
 
Avrebbe davvero voluto preparare la cena.
Lo desiderava. Desiderava preparare qualcosa di elaborato e gustoso, per non deludere il palato di nessuno né, tanto meno, lo stomaco.
Ma non ce l’aveva fatta.
Samuel si guardò le mani.
Non erano abbastanza pulite. Quella sera non lo erano mai.
Era seduto a terra, la schiena poggiata alla vasca da bagno, lo sguardo atterrito fisso sulle sue mani.
Cercò di convincersi che era stata solo una giornata stressante a scuola,per questo non riusciva ad agire lucidamente.
Qualcuno bussò alla porta.
Non rispose. Sapeva che si trattava di sua sorella.
“Sammy…” la udì dire, con fare melanconico.
“Posso entrare?”
Di nuovo non le rispose.
La maniglia si abbassò e la porta si aprì.
Grace gli sorrise, debolmente, per poi sedersi accanto a lui.
“Cosa è successo?” gli domandò, poggiando il capo sulla sua spalla.
“Volevo lavarmi le mani per preparare la cena..ma non mi sembravano mai abbastanza pulite…le ho lavate dieci volte…e ancora le sento sporche” asserì Samuel, lo sguardo turbato ancora fisso sulle sue mani.
Grace avrebbe voluto piangere, ma cercò di restare serena.
“Oh non preoccuparti,Sammy… preparerò io la cena” disse, per poi afferrare la sua mano.
“E’ morbida,e pulita..non devi più lavarle, va bene?”
Samuel annuì, per portarsi la mano sul volto, coprendo le lacrime che lo avevano colto inaspettatamente.
Grace diede libero sfogo alle sue, ma si voltò dall’altro lato.
“La nonna?” domandò.
Samuel non le rispose immediatamente.
“E’ già a letto” disse infine.
Grace tirò su col naso e si alzò.
“Vado a cucinare allora…ti preparerò una cena con i fiocchi!”
“Mi raccomando, vorrei ritrovare la cucina intatta” si limitò a dire Samuel,accennando un debole sorriso.

Si lasciò cadere stancamente sul letto,lo sguardo perso nel vuoto, la mente alla giornata appena trascorsa e stretto nel pugno il bigliettino di carta.
La domanda di Perry le risuonò nella testa.

“Grace…provi qualcosa per lui?”
“No…non credo” aveva risposto, innervosita.
“No o non credi?” Perry l’aveva guardata in maniera scettica.
“Non lo so, ok?”


Sospirò per poi riaprire il bigliettino.
Le parole bruciavano.
Chiunque lo avesse scritto, doveva conoscerla proprio bene. Uno degli aggettivi usati non era casuale, non era una semplice offesa: era qualcosa che lei aveva confidato a pochi intimi.
Dalla notte della morte dei genitori, aveva compreso che la sua non era solo fantasia sfrenata, ma davvero le sue sensazioni, i suoi sogni fin troppo vividi, avevano un riscontro nella realtà. Qualcuno lo avrebbe solo chiamato sesto senso, ma a lei piaceva pensare semplicemente che alcune persone avessero una sensibilità diversa dalle altre, e lei era fra quelle.
Ma con quel bigliettino, era come se qualcuno le avesse impresso un marchio sulla pelle, rendendo sgradevole anche quell’aspetto della sua vita.
Sapeva quanto fosse difficile credere a determinate cose. Perry, ad esempio, la prima volta le aveva detto che doveva smettere di fare l’eccentrica, Finn invece aveva preso a leggere le controindicazioni dei tranquillanti che le avevano prescritto subito dopo l’incidente dei suoi, cercando la parola “deliri”. In seguito, avevano dovuto ammettere, seppur malvolentieri, che le piccole predizioni di Grace, avevano sempre un riscontro nella realtà.
Eppure ora quella sua piccola dote, nota a pochi, era stata violata, assumendo una connotazione imbarazzante, se non ridicola. Avrebbe tanto voluto conoscere l’artefice di tutto ciò.

“SEI SOLO UN’ISTERICA VISIONARIA”

Non era solo un bigliettino. Era un’etichetta.



Esattamente un mese dopo dalla pubblicazione del primo capitolo/pilot di "It's a terrible life!", eccomi qui con il secondo capitolo. In realtà, lo so, sono stata fin troppo lenta e vi ho fatto attendere anche troppo, ma purtroppo con gli impegni universitari, trovare un po' di tempo è davvero difficile. 
Il terzo capitolo, comunque, è già pronto, quindi arriverà per metà giugno, non più tardi ;)
Passando al capitolo, finalmente sono state introdotte nuove tematiche, riguardanti i diversi personaggi. Spero che sia all'altezza delle vostre aspettative e che si riveli una piacevole lettura!
Ringrazio chi ha inserito la storie tra le preferite, le seguite e chi ha recensito lo scorso capitolo (a breve risponderò alle vostre recensioni <3).

Un bacione,
Ely 91

 

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Capitolo 3
*** Man of simple pleasures ***


  It’ s a terrible life!

3- MAN OF SIMPLE PLEASURES

I’m a man, a man of simple pleasures
I got all I need, so give me whisky measures
-Kasabian / Man of simple pleasures –

 

“Quindi…partirai per la California?”
Brandon chiuse l’armadietto di scatto, ritrovandosi di lato la figura slanciata di Alyssa White.
Alyssa White aveva 17 anni, come lui, e frequentavano i corsi obbligatori insieme. Era una delle ragazze più popolari della scuola, bellissima quanto inconquistabile. Tutti sapevano che andava a letto solo con studenti universitari, più grandi, più virili e più belli.
“Si, tra due settimane, non appena finiranno le lezioni” dichiarò asciutto, lanciandole un’occhiata di sottecchi.
Alyssa stava sorridendo, poi aveva indicato con un movimento della testa qualcuno oltre la sua spalla.
Brandon girò leggermente il capo, quanto bastava per intravedere Grace intenta a poggiare i libri nel suo armadietto e poi ammirarsi allo specchio.
“C’è qualcosa tra te e la McQueen?” gli domandò.
Brandon inarcò un sopracciglio, colto di sorpresa.
“Che domanda! Ovvio che no!”
Le labbra di Alyssa si piegarono in un sorrisino malizioso.
“Allora non è un problema se stasera mi passi a prendere alle otto, vero?”
Brandon la guardò sorpreso, per poi sorriderle a sua volta.
“Assolutamente no”
La osservò dargli le spalle e allontanarsi ancheggiando, come se il corridoio fosse stato una passerella e lei la modella del momento.

Brandon si lasciò cadere sul letto, sfinito. Aveva passato tutto il pomeriggio nella palestra della scuola ad allenarsi con la squadra di Basket.
Erano trascorsi tre giorni dall’inizio della scuola. Tre giorni dal litigio con Grace.
Non si erano più rivolti la parola.
La stabilità del loro trio sembrava compromessa.
Finn aveva assunto un atteggiamento scostante con Grace e lei lo aveva assunto con lui.
Inspirò ed espirò, allarmato, come se il solo pensiero di perderli fosse capace di risucchiare tutto l’ossigeno presente nella stanza.
Aveva trascorso l’intera estate riassaporando il momento in cui avrebbe di nuovo abbracciato i suoi due migliori amici, eppure al rientro, si era rivelato tutto un totale disastro.
E se le cose non si fossero sistemate?
Il solo pensiero lo agitò al punto che dovette alzarsi di scatto dal  letto, per poi camminare qualche istante avanti e indietro per la stanza.
Lui era Brandon Marley.
Il ragazzo più popolare della scuola. Capitano della squadra di Basket, ammirato da tutte le ragazze.
Era un ragazzo dai semplici piaceri.
Basket, ragazze, feste.
Ma ancor prima di tutto, nella lista dei suoi semplici piaceri, veniva l’amicizia con Finn e Grace.
Non aveva grandi pretese, a parte quella che le cose restassero invariate, per la sua felicità.
Il cellulare suonò di colpo.
Lo afferrò con una certa apprensione.
Sperava di leggere il nome di Finn. O quello di Grace, nel caso in cui fosse rinsavita.
Invece, con delusione mista a sorpresa, vi scorse quello di Alyssa.
Gli aveva mandato un messaggio.
“Meriti un bel saluto per il tuo ritorno. Passa da me alle dieci e mezzo”
Guardò incerto il display. Infine le rispose con un “ok”.
Si diresse verso il bagno della sua stanza, togliendosi la tuta con la quale si era allenato quel pomeriggio.
Aprì il getto della doccia e vi si infilò sotto, lasciando che l’acqua scorresse sulla sua pelle, come a voler lavare via ogni pensiero, ogni preoccupazione.

“Ehi! Ho affittato l’intera saga de Il Signore degli Anelliper questa sera!” annunciò Finn, sedendosi accanto a lui a mensa.
Brandon alzò lo sguardo dal piatto, leggermente sorpreso, poi quasi stupito.
Aveva preso impegni con Alyssa dimenticando completamente che quella sera lui, Finn e Grace avrebbero passato la serata a casa Masters per rivedere la loro saga preferita.
Una serata tra loro per salutarlo, prima dell’arrivo dell’estate e della sua partenza per la California.
 Cosa avrebbe dovuto fare?
Alyssa White non chiedeva a nessuno della sua età di uscire. Nessuno.
E una bella nottata di puro divertimento con lei, in fondo, lo stuzzicava proprio tanto.
Finn e Grace avrebbero capito?
Finn forse avrebbe finto di non rimanerci male, Grace invece sarebbe stata abbastanza diretta nel dirgli che mai e poi mai l’avrebbe giustificato.
“Non posso proprio venire” disse semplicemente.
Finn lo fissò, la bocca piena di cibo, l’espressione crucciata.
“Cosa? Andiamo amico, cos’hai di tanto importante da fare? E’ la nostra serata!”
Brandon si mordicchiò un labbro, leggermente innervosito.
Avrebbe voluto essere sincero con Finn, ma temeva di ferirlo.
“Si è presentata un’occasione molto rara…non posso lasciarmela sfuggire”
Finn non rispose immediatamente.
Infilzò altre patate con la forchetta, portandosele alla bocca, prima di decidersi a parlare.
“Ho capito che non dirai di più.
Ora la mia domanda è un’altra: chi glielo dice a Grace? Sai com’è fatta, è permalosa, e ho come l’impressione che ultimamente abbia… paura di perderti” spiegò il ragazzo, non mascherando un certo nervosismo.
“Vorrai dire
perderci, no?”
Finn scosse la testa. Grace aveva iniziato ad essere infastidita da tutte le ragazze che Brandon era solito corteggiare per poi portarsele a letto.
“Comunque ti prego, diglielo tu” lo supplicò Brandon.
“Io?!? Perché devo farmi male io??”
“Perché con te sarebbe più clemente” ridacchiò l’altro, prima di fare un sorso dalla sua coca.

Il campanello suonò.
Grace incrociò le braccia, aspettando che qualcuno venisse ad  aprirle la porta.
Fu Alexandra ad apparire sulla soglia.
“Oh ciao!” la salutò la ragazza, invitandola ad entrare.
Alexandra ultimamente era strana con lei. A volte si mostrava estremamente espansiva, altre distaccata come non mai.
“Ciao! Tuo fratello è in camera?” domandò.
Alexandra annuì. “Certo, raggiungilo pure!”
Grace sorrise e salì le scale, raggiungendo la camera del suo amico.
Entrò senza bussare, come suo  solito.
“Grace!” sbottò Finn, che stava guardando la tv seduto sul letto “e se fossi stato nudo?”
“Buon per me” sentenziò lei con un sorrisino, prima di raggiungerlo e prendere posto accanto a lui.
Finn le sorrise, più rilassato.
“Brandon? Tra quanto arriva?”
Alla sua domanda, l’amico deglutì rumorosamente, prima di sospirare.
La ragazza lo guardò atterrita. Aveva compreso.
“N-non verrà?” domandò, temendo la sua risposa.
Finn annuì. “Aveva un altro impegno”
“Quale?”
Il ragazzo fece spallucce. “Non ne ho la più pallida idea”.
Notando l’espressione ferita di Grace si affrettò ad aggiungere “ma era molto dispiaciuto!”.
“Ma…era la nostra serata…poteva almeno dirmelo lui…” si lamentò lei, poggiando il capo sulla spalla di Finn.
Il ragazzo fissò il vuoto per un po’, ascoltando i respiri irregolari di Grace. Era agitata.
“Hai paura?”  le domandò il ragazzo.
Lei alzò il capo e lo guardò perplessa.
“Hai paura di perderlo?” le chiese. Quella domanda gli costava più fatica di quanto potesse anche solo immaginare.
“Io ho paura di perdervi”
Finn scosse la testa. Era ferito, ma cercò di nasconderlo.
“Non è vero. Tu hai paura di perdere lui”
Grace lo guardò confusa.
“No Finn, non ti permetto di parlare come se conoscessi meglio di me cosa penso. Io ho paura che un giorno tutte le persone che amo possano uscire dalla porta e non tornare più…”
Finn sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. Era andata così con i suoi genitori. L’avevano salutata, prima di andare ad una cena di beneficienza organizzata dalla compagnia in cui lavorava il padre e non li aveva mai visti fare ritorno.
“E allora per quel che può valere, io non andrò da nessuna parte, non senza di te”
Grace lo guardò sorpresa, mentre una lacrima solitaria aveva preso a solcare la sua guancia.
L’asciugò, imbarazzata, increspando poi le labbra in un debole sorriso.
“Mi porterai con te, sempre e ovunque?”
“Sempre e ovunque” ripeté lui, per poi sorriderle “ed ora guardiamo la trilogia…così potrai sbavare guardando il tuo amato Legolas”
Grace sorrise e gli diede un bacio sulla guancia.
“Perché l’hai fatto?”
“Perché ti voglio bene”

Brandon strofinò i capelli bagnati con la mano e legò intorno la vita l’asciugamano, uscendo dal bagno e rientrando nella sua stanza.
Quasi sobbalzò per lo spavento quando intravide due figure ben familiari sedute sul suo letto.
Finn e Grace. Notò che quest’ultimo le stava tenendo la mano e che lo sguardo di Grace era ancora carico di risentimento.
“Cosa ci fate qui?!?” domandò, non nascondendo lo stupore.
“Romperti le scatole è un’idea” disse Finn con tono ironico “ e poi ho convinto una pecorella smarrita a venire qui, anche se non so esattamente cosa sia successo”
Grace lo fulminò con lo sguardo.
“E’ successo che Brandon è un cazzone
Brandon la osservò contrariato.
“Se sei qui per insultarmi puoi anche andartene. Torna quando sarai rinsavita”
Grace lasciò andare la mano di Finn e si alzò in piedi di scatto.
“Invece di apprezzare il fatto che abbia messo da parte l’orgoglio e sia venuta qui…sei solo uno cretino, me ne vado!”
Fece per superarlo, mentre Brandon roteava gli occhi per poi bloccarla per un polso.
“Aspetta”
“Lasciami!” Grace fece per divincolarsi. Brandon istintivamente la spinse contro la parete, bloccandola per entrambi i polsi.
Grace avvertì un brivido percorrerla per intero quando realizzò che l’unica cosa a separarla dal corpo nudo del suo amico era solo un semplice asciugamano legato per la vita.
“Non ti lascio andare, voglio che ti calmi e che  resti” ribatté il ragazzo, aumentando la presa.
“Mi fai male”
“Non è vero”
“Si, invece”
Brandon sbuffò e allentò la presa di poco.
“Resterai?” le chiese.
“Ti scuserai?” domandò lei.
“Non devo scusarmi di nulla!”
“Allora non ho motivo per restare!”
Finn, ancora seduto sul letto, sospirò e si sdraiò.
“Fate pure con comodo!” esclamò ironico.
Brandon e Grace erano ugualmente orgogliosi.
Eppure era certo che, dietro quella spessa patina di ego, ci fossero solo dei cuori terrorizzati dall’idea di essere feriti.
Avvertì Grace sbuffare.
“Vuoi rimanere così tutta la serata? Non hai di meglio da fare? Magari sbattere Alyssa White contro un muro, mezzo nudo, e non me?”
Brandon avrebbe voluto ridere.
Grace era sempre vicina alla verità.
Alyssa lo aspettava davvero quella  sera, per del puro e sano sesso.
Avrebbe dovuto chiedere ai suoi amici di andarsene?

Brandon parcheggiò la macchina nel piazzale antistante la radura che si affacciava sulla collina di Red Country.
Alyssa gli mise una mano sulla gamba, per poi farla risalire sempre più su.
La attirò su di se, facendola  sedere a cavalcioni, per poi lasciarle una scia di baci sul collo e scendere sulla sua scollatura.
Le lasciò scivolare addosso l’abito da sera, spogliandola di ogni indumento.
La condusse sui sedili posteriori e lasciò che lei facesse altrettanto.
La fama di Alyssa era ben meritata. Ci sapeva fare.
Lo pensò mentre lei infilava la mano nei suoi boxer e lo pensò anche dopo mentre lui spingeva contro il suo corpo e lei gemeva, muovendo il bacino, come se fosse stata una sorta di danza sessuale.
Il miglior sesso della sua vita. Aveva fatto bene a non perdere quell’occasione.

Brandon sorrise malizioso.
“Se vuoi puoi anche togliermi l’asciugamano” le disse, notando le guance di Grace assumere un colorito paonazzo.
Era più arrabbiata o imbarazzata?
“Ehi! Ehi! Vi ricordo che in questa stanza ci sono anch’io! E sapete chi non vuole finire in psicoterapia per superare un trauma? Sempre io!” esclamò Finn, facendo ridere sia Brandon che Grace, ora più serena.
“Non ci tengo minimamente” si decise a rispondere Grace.
Brandon la lasciò andare.
Aveva capito che sarebbe rimasta.
E anche lui.
Alyssa non valeva quanto una serata con Finn e Grace.
Aveva già fatto quella scelta prima dell’estate. E nonostante non se ne fosse pentito, non avrebbe rimesso da parte i suoi amici per una serata di sesso.

Entrò in punta di piedi. La stanza era illuminata solo dallo schermo della tv, ancora accesa.
Gli giunse chiara la voce di Frodo e Sam, il loro discorso sulla contea, il ricordo dei profumi e delle fragole.
Finn e Grace erano sdraiati sul letto. Si erano addormentati.
Finn stava parlando nel sonno di qualcosa di incomprensibile, mentre Grace si agitava, rigirandosi in continuazione.
Afferrò una coperta e la poggiò sui suoi migliori amici.
Grace aprì gli occhi.
“Sei qui” disse semplicemente, sorpresa e sollevata al contempo.
Brandon si sedette sul letto e le accarezzò una guancia.
“Si, sono qui. Mi dispiace per non esserci stato”
Grace non disse nulla. Sapeva che era ancora arrabbiata.
Si tolse le scarpe e le si sdraiò accanto.
Lei arricciò il naso.
“Profumi”
“Credo sia un buon segno” asserì ironico.
“No, hai un profumo da donna sui vestiti”
Brandon non disse nulla e Grace rimase in silenzio.
La attirò a se e l’abbracciò.
“Ora sono qui” ribadì “va bene?”
“Va bene” disse lei.
“Mmm, mamma, non voglio fare le pulizie come una donnicciola…” farfugliò nel sonno Finn.
Grace e Brandon trattennero a stento una risata.
Pochi minuti dopo anche  loro lo raggiunsero nel mondo dei sogni.
Finn avrebbe continuato a sognare le disposizioni dispotiche di sua madre; Grace avrebbe sognato solo delle fiamme e Brandon il sole della California.

 

Ciao a tutti! Ed eccoci qui con il terzo capitolo! Spero che sia di vostro gradimento anche se, essendo oggi una pessima giornata ed essendo io stessa preda di uno scazzo assurdo, ho dato giusto una rilettura veloce dimenticando, sicuramente, qualche errore di battitura sparso qua e là.
Due piccole cose vorrei mettere in risalto. La prima riguarda Alexandra e Grace. Il fatto che la prima assuma un atteggiamento strano con l’altra, come riportato in uno dei flashback del capitolo, è tutt’altro che casuale. La seconda, invece, è una domanda che voglio porre a voi… visto che in questo capitolo è stato maggiormente approfondito anche il legame tra Grace e Finn…vi sentite più Team Finn o Team Brandon? Ok, sto fangerlizzando (?), pardon, è il caldo che mi porta a delirare xD

Un bacione, Ely 91

 

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