Night School

di Elis12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***
Capitolo 4: *** Chapter Four ***
Capitolo 5: *** Chapter Five ***
Capitolo 6: *** Chapter Six ***
Capitolo 7: *** Chapter Seven ***
Capitolo 8: *** Chapter Eight ***



Capitolo 1
*** Chapter One ***


DISCLAIMER: L’ambientazione e i personaggi, al di fuori di Ashley, sono ad opera di C.J. Daugherty.

Edit 2016: Ciao a tutti, ho iniziato questa fan fiction qualche anno fa, poi l'ho abbandonata (perdonatemii) e l'ho ripresa in mano e revisionata da capo solo di recente. Quello che dovete sapere è che la narrazione risale al periodo post ballo invernale nel secondo romanzo della saga, ma siccome quando la postai la prima volta il libro non era ancora uscito in Italia (io lo lessi in inglese), modificai un po' la trama per evitare lo spoiler (e mi riferisco in particolare a quanto succede alla fine del romanzo). Perciò, se qualche personaggio è un po' OOC (tipo Zoe che rileggendo la mia storia mi sembra un pochino out of character) è solo perché a quel tempo non conoscevo ancora bene il suo personaggio, in quanto appunto erano usciti solo i primi due romanzi. Ci tenevo a precisarlo. Ora vi lascio alla lettura. ;)

 

 

Night School


Chapter One

 
La macchina nera si fermò davanti al portone d’ingresso della Cimmeria Academy slittando leggermente; una ragazza alta e magra scese con grazia sbattendo la portiera. La preside la osservava dalla cima dei gradini con un’espressione imperscrutabile e le braccia incrociate sul petto, mentre la ragazza avanzava in una camminata da modella con i lunghi capelli rossi mossi dal vento. Sebbene fosse dicembre inoltrato, indossava un paio di blue jeans attillati all’ultima moda, scarpe dal tacco alto, una maglietta bianca che le arrivava a metà coscia e una giacca di pelle nera aperta sul davanti. Fece scivolare gli occhiali da sole sulla punta del naso con una mano e scoccò uno sguardo d’apprezzamento alla preside, nel suo cappotto bianco e stivali neri alti fino al ginocchio, dopo averla squadrata dalla testa ai piedi. Tutto quel che disse fu: «Isabelle».
«Ashley», rispose la preside a mo’ di saluto, continuando a guardarla con sfida dall’alto. Dopo un istante, un sorriso le increspò le labbra: Isabelle scese con agilità le scale e la avvolse in un abbraccio caloroso, baciandola sulla testa. 
«Bentornata a scuola». Ashley ricambiò il contatto, stringendola forte e lasciandosi andare a una risatina. Dietro di loro, Matthew stava scaricando le valige dal bagagliaio dell’Audi. La preside si rivolse a lui: «Tutto bene, Matthew?»
«A meraviglia, Isabelle», rispose andandole incontro e stringendola brevemente a sua volta tra le sue braccia forti e muscolose. 
Ashley li osservò in disparte con un’espressione scettica stampata in viso; se la preside l’aveva notata, non ne diede segno. Matthew le precedette dentro la scuola, trasportando con facilità i due borsoni che la ragazza aveva portato con sé.


 
*
 
«Oh oh, la regina è tornata», commentò Rachel, che aveva osservato la scena da una finestra dell’immenso edificio.
«Chi è?», chiese Allie curiosa. C’era qualcosa di strano nel saluto che si erano scambiate Isabelle e quella ragazza appena arrivata, si erano fissate per parecchi secondi prima di lasciarsi andare ai convenevoli.
«Ashley Shepherd», annunciò Rachel, lanciandosi in una dettagliata descrizione come solo lei sapeva fare. «Orfana di entrambi i genitori, ha un anno in più di noi. Letteralmente, è una grande. Lei e Katie si odiano a morte e non perdono mai occasione di insultarsi a vicenda. Con lei qui puoi stare tranquilla, Katie è così gelosa che ti lascerà in pace per un po’. Per questo Ashley è considerata una reginetta qui dentro. Ah, e anche perché l’anno scorso se la faceva con Sylvain».
Rachel sussurrava così velocemente, come se temesse che qualcuno stesse ascoltando, che Allie fece fatica ad apprendere tutte quelle informazioni. Tuttavia, il suo cervello si bloccò sull’ultima notizia. 

Se la faceva con Sylvain? 

Solo dall’aspetto si capiva che era il genere di ragazza che al fianco di Sylvain sarebbe sembrata una principessa. E allora perché lui aveva scelto Allie dopo una bellezza del genere? O forse era una delle tante che Sylvain si era fatto e poi aveva lasciato? Qualcosa nella mente di Allie la fece dubitare dei suoi stessi pensieri. 
«E perché si sono lasciati?», chiese con finta nonchalance, cercando di sembrare naturale. La domanda non sfuggì, però, a Rachel che si limitò a mandarle un’occhiata curiosa. «Nessuno lo sa, ma voci di corridoio dicono che sia stata lei a scaricarlo, cosa che conferma il suo titolo un’altra volta. Siete le uniche due che si siano mai permesse di piantare quel belloccio, andrete sicuramente d’accordo!»
«Spero sia così», rispose Allie che di certo non aveva bisogno di inimicarsi alla gente alla Cimmeria.
«Un’altra cosa che avete in comune è la passione per i guai», proseguì Rachel. «Ashley ha l’innata capacità di fare incazzare Isabelle qualsiasi cosa faccia. Le scappatoie notturne sul tetto sono la sua specialità, per non parlare della volta in cui Zelazny la beccò a fare il bagno da sola di notte nel lago. Si erano arrabbiati così tanto che le avevano proibito di uscire dalla scuola per due settimane intere».

Scappatoie notturne sul tetto? Sicuramente faceva parte della Night School.

«Però è strano», disse Rachel, guardando fuori dalla finestra con aria pensierosa.
«Cosa c’è di strano? È normale che s’incazzino se ti beccano a nuotare nel lago a notte fonda da sola. Beh, a parte per quella tradizione prima del ballo...»
Rachel la interruppe: «Non mi riferivo a quello. Ashley non lascia mai la scuola, neanche d’estate. Vive qui proprio come Carter. Eppure è tornata solo ora che il semestre autunnale è appena finito, tutto ciò è molto sospetto».
Allie non l’aveva ancora conosciuta e non aveva idea del perché fosse stata via, ma il pensiero della Night School entrò prepotente nella sua mente. 

E se avesse a che fare con quello? Una missione segreta su ordine di Isabelle? 

Allie scosse la testa infastidita dalla strada che i suoi pensieri avevano preso e mosse una mano come per scacciarli via. 

Sto divagando!

 
*

Ashley entrò nella hall deserta della Cimmeria; erano i primi giorni delle vacanze natalizie, prima che il nuovo semestre iniziasse e la calca di studenti riempisse i corridoi. Si guardò intorno come per controllare che tutto fosse al proprio posto. Aveva sentito dell’incendio che era scoppiato, ma la scuola sembrava sempre la stessa ai suoi occhi: un carcere troppo grande con regole fatte per essere infrante. 

Bitch please, the Queen is back!

Isabelle e Matthew stavano parlottando tra loro, mentre la precedevano sulle scale che portavano al dormitorio femminile. Non si sforzò di origliare: sapeva che Matthew stava aggiornando la preside su quello che era successo mentre erano via. 
Stavano attraversando un corridoio, quando Ashley scorse qualcosa muoversi con la coda dell’occhio. Si girò in tempo per vedere due ragazze che la osservavano accanto alla finestra: Rachel Patel e... 

E così è lei, la protetta di tutti. Allie Sheridan…

Ashley le scoccò un’occhiata curiosa, senza però fermarsi per stare al passo con gli altri due.

 
*

Ashley Shepherd, la ragazza che è vissuta qui con Carter, appena tornata da qualcosa di segreto e potenziale membro della Night School. 

Allie si chiese cosa stava pensando mentre la guardava: dal suo viso non traspariva nessuna emozione, sembrava una maschera di porcellana. La pelle chiara del viso era messa ancora più in risalto dagli zigomi truccati col fard e dalla massa di capelli rossi che le ricadeva sulle spalle in morbidi riccioli. C’era un che di regale nella sua camminata a testa alta, così simile a quella di una persona importante che aveva incontrato di recente. Tuttavia, qualcosa la contraddistingueva dal portamento di Lucinda Meldrum; non aveva l’aria da snob ma Ashley sembrava circondata da un alone di giovinezza, come se potesse essere eterna, come se avesse la sua stessa vita nelle sue mani. 

E’ bellissima, si ritrovò a pensare.

 
*

Isabelle e Matthew la lasciarono davanti alla porta della sua camera e Ashley si ritrovò da sola in quella stanza tanto familiare, con i poster di musicisti rock appesi alla parete, esattamente dove ricordava di averli lasciati. Aveva passato un sacco di momenti importanti lì dentro: aveva fatto l’amore per la prima volta con Sylvain, aveva ospitato alcune delle feste più belle della Cimmeria, era il suo rifugio preferito dopo le tante discussioni con la preside. Era cresciuta in quella camera che tanto rappresentava il suo mondo. Cominciò a disfare le valige, nascondendo le proibite sigarette sotto al materasso, e solo quando lanciò un’occhiata di sfuggita alla sveglia sul comodino si accorse che erano quasi le sette e la cena stava per cominciare. Indossò la divisa perfettamente stirata e si guardò allo specchio ammirandosi con aria soddisfatta. Diede una spazzolata ai lunghi capelli mossi e poi uscì dalla stanza diretta alla sala da pranzo. I tavoli rotondi erano stati apparecchiati alla perfezione, sebbene solo due di loro fossero occupati: quello dei professori e quello dei suoi vecchi compagni che non vedeva da tanto. Proprio loro cercava. Quando entrò nella sala, Sylvain fu il primo a notarla. Si alzò e le andò incontro con eleganza, un sorriso stampato sul viso. «Ashley, quanto mi sei mancata!»
La ragazza rise e si gettò tra le sue braccia imitando il suo marcato accento francese: «Sylvain, non sai quanto je suis très felisce di vederti».
Sylvain scoppiò in una risata e la strinse ancora di più, scoccandole poi un bacio sulla guancia e guidandola verso il tavolo dove gli altri la stavano aspettando.
«Ashley! Bentornata all’inferno!» Intonarono tutti cori di saluto, urlando il suo nome ridendo e avvolgendola in calorosi abbracci. Zoe le era pure saltata in braccio, mentre Jo si era appesa al suo collo con aria sensuale e Ashley dovette spingerla via con fare scherzoso per staccarsi da le. «Bei capelli, Jo!», disse spettinando i corti capelli rosa che la ragazza si era tinta in occasione del ballo invernale, dopo aver colorato quelli di Allie con un rosso fuoco che le metteva in risalto gli occhi grigi. 
Lucas le rivolse il sorriso più affascinante di tutti, mentre Carter la baciò sulla testa sussurrandole che senza di lei la Cimmeria era una gran noia. Ashley si girò allora verso le uniche due ragazze che non si erano alzate dal tavolo: lei e Rachel non erano mai state molto legate, ma Ashley la strinse comunque brevemente a sé.  
«E tu devi essere Allie Sheridan, ho sentito molto parlare di te», disse porgendole una mano e afferrando la sua con una stretta forte e decisa. «Io sono Ashley».
«Anch’io ho sentito parlare di te e pare che siamo due casiniste», rispose Allie, senza lasciarsi intimidire dal modo in cui la gonna della divisa dell’altra le cadeva con perfezione sopra al ginocchio. Le stava divinamente. 
«Molto bene, allora credo proprio che andremo d’accordo!», esclamò Ashley alzando leggermente le spalle. 
Ognuno riprese il proprio posto e Ashley si sedette sulla sedia vuota tra Allie e Sylvain, lanciando occhiatine alla nuova studentessa per capire che tipo fosse. 

Ha proprio i suoi occhi.

«Allora, Ashley, dicci: dove sei stata per tutto questo tempo?», chiese Jo con fare ammiccante. «E stai attenta a come rispondi, c’è in giro una scommessa e potrei perdere un po’ di soldi!»
La ragazza sorrise evitando di rispondere alla domanda, ma Jo non era una che mollava l’osso facilmente. Infatti, continuò: «Si dice in giro che tu abbia fatto incazzare Isabelle così tanto che ti ha spedito in riformatorio, ma io non credo, dev’esserci sotto qualcos’altro. Voglio tutti i dettagli, ne vale la mia paghetta!»
«Niente affatto, ma se non sto attenta Isabelle mi ci spedisce davvero al riformatorio». Un coro di risatine fece il giro del tavolo. «Non credo proprio! Figurati, lo sanno tutti che sei la cocca della preside. Isabelle non ti spedirebbe mai in un covo di pazzi!»
«Ti ringrazio per le tue parole Josephine, quindi non pensi che io sia pazza?», rispose Ashley con un sorrisetto sfacciato.
«Ehi, non ho detto questo!», replicò Jo, suscitando l’ilarità dei presenti.

 
*

E così Ashley è la cocca di Isabelle? Molto interessante, pensò Allie. La sua assenza doveva sicuramente avere a che fare con qualcosa di importante, altrimenti Isabelle non l’avrebbe lasciata andare, giusto? Tutti sapevano che una volta entrati alla Cimmeria, agli studenti era severamente proibito allontanarsi dal campus scolastico. Che valido motivo poteva avere Ashley per lasciare la scuola, sebbene non avesse una famiglia là fuori da cui recarsi? 
«Ashley vive qui, proprio come Carter», aveva detto Rachel.

Dev’esserci sotto qualcosa.

Allie, persa nei suoi pensieri, sentì appena Zoe che diceva: «Dio, quanto mi sono mancate le tue battute», quando un cameriere comparve accanto a lei, posando un vassoio pieno di cibo sul tavolo. Non li aveva neanche sentiti entrare. Sussultò leggermente mentre gli altri si affaccendavano a servirsi la cena. Ashley però la stava osservando con un’espressione strana, quasi curiosa. 
«Ragazzi», annunciò rivolgendosi di nuovo ai compagni, «stasera gran festa di bentornato in camera mia, siete tutti invitati!» Jo urlò di gioia, sventolando una mano in alto mentre Lucas le diceva di calmarsi o avrebbero attirato l’attenzione dei professori, seduti poco distanti. Ashley tornò a guardare Allie e disse: «Vieni anche tu, sarà divertente».
L’altra annuì. «Perché no? Non vedo l’ora!»
Non aveva ancora capito che tipo fosse, ma Allie era intenzionata a scoprirlo al più presto e cosa c’era di meglio di una festa organizzata dall’interessata? 

 
*
 
Quella sera, Allie aspettò la mezzanotte prima di uscire dalla sua stanza e cercare la porta con il numero 316 inciso sopra. Da fuori sentiva il vociare di parecchie voci divertite; bussò e aprì piano la porta, sbirciando dentro. Una voce che riconobbe come quella di Ashley urlò: «Entra, Allie! Vieni a far casino!»
La ragazza rimase scioccata dalla trasformazione che la stanza aveva subito. Quella che normalmente sarebbe stata una camera identica alle altre, aveva le pareti tappezzate di poster e immagini. Una grossa foto di Kurt Cobain torreggiava sopra al letto. La scrivania era stata trasformata nel bancone di un bar per l’occasione: c’erano bibite, bicchieri, piattini e una marea di cibo, tra cui patatine e salatini in quantità industriali.
«Dove avete preso tutta questa roba?», chiese Allie esterrefatta. Carter le si avvicinò e la prese tra le braccia, baciandola dolcemente sulle labbra. «Mi sei mancata», sussurrò.
Allie rise. «Ci siamo visti qualche ora fa». 
«Troppo tempo!», mormorò Carter sorridendo. «Comunque, benvenuta al primo dei tanti festini organizzati da Shep. Come puoi ben vedere, la ragazza sa come procurarsi le cose!» Carter fece un ampio gesto indicando la scrivania stracolma di roba. «Vieni a bere qualcosa, champagne?», aggiunse sventolando un bicchiere di carta davanti a lei.
«Passo», rispose Allie, «non vorrei fare la stessa fine dell’ultima volta». Il viso di Carter si oscurò al ricordo del ballo estivo e di quello che Sylvain stava per farle. Allie se ne accorse e cercò di rimediare: «Mi accontenterò di ubriacarmi con coca-cola e sbaciucchiarti per tutta la sera». Ammiccò e un sorriso sensuale illuminò gli occhi scuri del ragazzo, che la prese tra le braccia e ricominciò a baciarla appassionatamente.
«Prendetevi una stanza!», urlò Jo dalla sua postazione sul davanzale delle finestra. Lucas le sfilò la bottiglia di spumante di mano. «Ma tu non avevi smesso di bere?», chiese tracannando a sua volta un sorso di vino.
«Proprio tu parli?». Zoe gli rivolse uno sguardo scettico. Era sdraiata sul letto di Ashley e teneva in mano una bottiglia di birra. «Zoe!», la sgridò Allie notandola per la prima volta.
«Che si dice, Sheridan?», rispose la piccoletta, rivolgendole una smorfia volgare. «Ok, credo che tu abbia bevuto troppo», intervenne Sylvain portandole via la birra.
«Rompiballe!», gli urlò dietro Zoe.

«Ragazzi è ora di movimentare un po’ la serata», annunciò Ashley, dirigendosi verso un angolo della stanza e accendendo l’enorme stereo. 

Song: Boy like you (Kesha e Ashley Tisdale)

Indossava una canotta che le lasciava interamente scoperta la schiena, i jeans neri erano dello stesso colore del paio di ballerine che portava ai piedi. Allie si chiese come faceva a non sentire freddo nonostante fosse dicembre. 

«Uuuohoo». Ashley cominciò a muoversi afferrando il braccio di Sylvain e trascinandolo in un ballo sconnesso, fatto di un gran movimento di gambe e braccia che si strusciano tra loro. Ashley gli sfilò la giacca della divisa lanciandola poi da qualche parte nella stanza, gli sussurrò qualcosa all’orecchio e lui scoppiò a ridere. 
Zoe si era rialzata dal letto e urlava: «Spogliarello!»
Lucas scosse la testa con fare disperato mentre Sylvain faceva girare Ashley e le lasciava baci sensuali sul collo. Allie sentì una scomoda fitta di nostalgia a quella visione, e si girò verso Carter per scacciarla via. 

Perché doveva sentirsi così? Non ce n’era ragione, lei aveva Carter ed era lui quello con cui voleva stare. L’unico che amava. Sylvain era libero di baciare chi gli pareva, ed era ovvio che Ashley fosse attratta da lui, dopotutto era bellissimo e in passato erano stati insieme. Però non poté fare a meno di ricordare il tocco gentile e il profumo di ginepro di Sylvain. 

Carter la prese per mano e la trascinò in mezzo alla stanza, riscuotendola dai suoi pensieri, cominciando a ballare in circolo mentre la osservava con uno sguardo preoccupato. «Tutto bene?», le chiese.
«Non potrebbe andare meglio di così», rispose Allie avvicinando le labbra a quelle di Carter, sentendosi un po’ colpa. 

Anche Rachel e Lucas si unirono alle danze, volteggiando con grazia e girando su se stessi ridendo.
Jo, ancora seduta sul davanzale, muoveva un piede a ritmo di musica. Aveva un espressione triste sul volto. Allie pensò che stesse ricordando i bei momenti passati in compagnia di Gabe, prima che lui li tradisse e scappasse dalla scuola. Non fece in tempo a raggiungere l’amica, che Ashley la agguantò e la trascinò con lei e Sylvain in un ballo scatenato. Jo si lasciò andare scuotendo la testa e spettinando i suoi corti capelli rosa. Infine, anche Zoe si buttò nella mischia, saltando in spaletta a Sylvain e scuotendo il pugno verso l’alto. Allie li guardava ridendo, avvinghiata a Carter, mentre Rachel era troppo impegnata a sbaciucchiarsi con Lucas per accorgersi degli altri. 

Quando la musica cambiò e iniziò una melodia più dolce, Ashley e Sylvain improvvisarono un valzer. Una nelle braccia dell’altro sembravano la coppia perfetta pronta a vincere la corona di Mr e Miss dell’anno. Si muovevano con sincronia, sorridendo di tanto in tanto, guardandosi negli occhi. Lo sguardo azzurro di Sylvain brillava mentre sembrava scavare nel profondo di quel pozzo color smeraldo che erano gli occhi di Ashley. La baciò sulla guancia proprio mentre Jo faceva fare un casché a Zoe sulle ultime note della canzone.


 
*

Quando poco dopo Allie si arrampicò fuori dalla finestra per seguire Ashley, Carter le rivolse un’occhiata poco convita alla sua scusa di uscire a prendere un po’ d’aria. Trovò la ragazza seduta sul tetto con una sigaretta in mano, quando la raggiunse le scoccò uno sguardo interrogativo e Ashley alzò le spalle. «Sai, solo perché il regolamento vieta l’uso di certe cose non vuol dire che ti controllano le borse quando vieni qui, e finché non lo fanno si può portarsi dietro quello che si vuole».
Allie pensò con nostalgia al cellulare che sua madre le aveva confiscato prima di venire alla Cimmeria. Avrebbe voluto messaggiare con Mark e Harry e chiedergli come stavano, erano secoli che non li sentiva. 
«Allora, raccontami un po’ di te», disse Ashley mentre le si sedeva accanto.
«Solo se poi mi parlerai di te». Ashley la guardò incuriosita per un momento, prima di annuire lentamente.
«Ok, cosa vuoi sapere?», chiese Allie. 
«Come sei arrivata qui, come ti trovi, cosa facevi prima. Tutto quello che ti va di dirmi».
Allie l’aveva appena incontrata, non la conosceva nemmeno, eppure sentì di potersi fidare di lei; come una percezione dettata dal sesto senso. Era la stessa sensazione che aveva provato la prima volta che aveva parlato con Rachel, quando senza una ragione precisa le aveva confidato cose che nessuno sapeva e che non poteva dire ad altri. Le parlò di Mark e Harry, di come erano soliti scolarsi lattine di sidro sulle panchine dei parchi a notte inoltrata, di Christopher che l’aveva abbandonata, di come i suoi genitori l’avevano spedita in quella scuola dimenticata da Dio dopo ciò che aveva fatto alla porta del preside Ross; di come sua madre e Isabelle avevano omesso di conoscersi ed essere andate a scuola insieme, di Lucinda. Le parlò anche di Lucinda, di come pensava che fosse regale e di come sembrasse una regina. Le raccontò della sua brutta esperienza con Sylvain e di come poi si era gettata tra le braccia di Carter. Le disse di Jo e delle crisi di nostalgia che aveva dopo la rottura con Gabe; le parlò delle sue vacanze estive a casa di Rachel e di quanto, per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentiva felice.
Ashley ascoltò in silenzio senza dire una parola e tirando di tanto in tanto boccate di sigaretta. Gliela offrì, ma Allie rifiutò scuotendo il capo.
«Non ho mai confidato così tante cose a qualcuno che ho appena conosciuto», sospirò Allie come se si fosse tolta un peso dallo stomaco.
«Puoi fidarti di me, non andrò in giro ad appendere i volantini sulla tua vita privata e sulla tua abilità di reggere l’alcool. Mi è piaciuta quella della porta, comunque, ma penso che se ci provassi con Isabelle ti condannerebbe ai lavori forzati. Meglio non rischiare!» Allie rise convenendo con lei che era meglio non sfidare la preside in quel modo. Ashley le passò di nuovo la sigaretta e Allie questa volta accettò tirando timidamente una boccata e tossendo per il fumo che le riempiva la bocca. Ashley rise. «Piano, ora butta fuori». Allie fece come le aveva detto continuando a tossire: non aveva mai provato a fumare e decisamente non faceva per lei. Ashley sorrise della sua faccia disgustata e poi esclamò: «Forza ora tocca a me, te l’ho promesso. Cosa vuoi sapere?»
«Prima domanda», fece Allie trattenendo il respiro, «fai parte della Night School?»
Ashley fischiò. «Però, diretta!» Le rivolse un’occhiata strana, prima di aggiungere: «Credo che lo scoprirai presto da sola». Non confermò i suoi sospetti, ma nemmeno li negò.
«Ok, seconda domanda: dove sei stata e cos’hai fatto quest’estate?», chiese Allie con fare provocatorio.
Ashley si morse leggermente un labbro. «Temo di non poter rispondere. Dovresti chiederlo a Isabelle, non vorrebbe che fossi io a dirtelo. È una questione delicata». 
Allie la fissò un momento. «Ha a che fare con me?» Non c’era bisogno che rispondesse, si poteva benissimo intuire dall’espressione di Ashley che sì, aveva a che fare con lei. 
«Ti prego Ashley, voglio sapere che sta succedendo, ma tutti quanti non fanno altro che mentire e nascondere le cose! Isabelle aveva promesso di coinvolgermi, ma è la prima a non dirmi la verità. Tu sei l’unica che può dirmelo».
«Posso solo dirti che ci sono di mezzo persone importanti. Gli altri non vorrebbero che te lo dicessi, ma ecco... potrebbe, casualmente, avere qualcosa a che fare con una certa...»
«Lucinda Meldrum», concluse Allie per lei. Ashley annuì e la osservò attentamente. 
«Cosa c’entra mia nonna? Che sta succedendo, Ashley?» La ragazza non rispose al suo tono semidisperato. Guardava qualcosa in lontananza, il suo sguardo perso nel buio della notte. Si strinse nel cappotto rabbrividendo e disse: «Te lo dirò, ma non ora. Verrà il momento in cui ti dirò ogni cosa». 
Allie sospirò pesantemente. Finiva sempre così, alla fine nessuno le diceva mai niente. Una gran rabbia crebbe dentro di lei, ma Ashley le diede un colpetto gentile con una spalla. «Ti prometto che appena ci capirò qualcosa in più, ti riferirò tutto».
Allie annuì. 
«Altre domande?». Aveva quasi dimenticato il loro gioco, ma si riprese e si ritrovò a chiedere: «Cosa c’è tra te e Sylvain?»
Ashley le scoccò un’occhiata divertita. «Ti risponderò sinceramente: so come possa sembrare e le voci su me e Sylvain non sono proprio innocenti, ma tra noi non c’è niente». Allie alzò un sopracciglio e lei continuò: «Ok, Sylvain è stato il mio primo amore, ma prima di questo era il mio migliore amico».
Allie la interruppe. «Pensavo che Nicole fosse la sua migliore amica». 
«Sì, beh, Nicole e Sylvain sono cresciuti insieme, ma poi Sylvain si trasferì qui mentre lei rimase in Francia, e io e lui siamo diventati molto amici in quel periodo. Diciamo che stavo attraversando una crisi adolescenziale - esistenziale», Ashley mimò delle virgolette immaginarie, «e Sylvain mi ha aiutata a uscirne. Penso che tu, tra tutti, mi capirai meglio di chiunque altro. In quel periodo mi sentivo soffocare, sono cresciuta qui e l’unica cosa che volevo era prendermi qualche libertà. Isabelle però non era proprio d’accordo e faceva di tutto per ostacolarmi. Sylvain mi è stato vicino quando nessun altro c’era». Fece una pausa per aspirare un’altra boccata di fumo e poi continuò: «Certo io e Carter eravamo molto legati, ma lui era già abbastanza incasinato e non volevo creargli altri problemi». La voce di Ashley si spense di nuovo, mentre scrutava i contorni degli alberi in lontananza a malapena riconoscibili per l’oscurità. Sospirò e infine aggiunse: «E poi una sera Sylvain mi baciò. Fu il mio primo bacio, il più bello che io ricordi. Facemmo l’amore quella sera stessa. Andò avanti per un po’, fino all’anno scorso in effetti, ma non funzionò. Da lì in poi abbiamo deciso di rimanere amici, ma diciamo che tra noi è rimasto un legame speciale».
Allie, che aveva ascoltato assorta, pensò che era lo stesso tra lei e Mark: erano stati prima amici e quando avevano provato a frequentarsi non aveva funzionato, ma erano comunque riusciti a passare oltre e a rimanere uniti.
«Ma perché Isabelle non ti lasciava in pace?», chiese.
«Come ti avranno detto, i miei genitori sono morti. Io avevo tre anni quando ebbero un incidente, e siccome Isabelle era una loro cara amica, decise di prendermi sotto la sua custodia. Mi ha portato qui e in pratica mi ha cresciuto lei. Le voglio molto bene e per lei è lo stesso, ma a volte esagera ed è così protettiva che non ti lascia correre rischi. L’unica cosa che volevo era sperimentare qualcosa di nuovo, qualcosa che mi facesse sentire bene, viva, ma lei si preoccupava sempre un po’ troppo e così presi l’abitudine di sfidarla. Salivo sul tetto di notte, andavo a nuotare nel lago, scappavo dalla scuola e giravo per la città mezza ubriaca. S’incazzava sempre come una iena».
A Allie non fu difficile immaginare la preside molto arrabbiata, aveva assaggiato un po’ della sua rabbia poche settimane prima. E capiva perfettamente cosa aveva provato Ashley. «Sai, per me è stato lo stesso. Dopo che Christopher se n’era andato, il mio mondo perfetto è crollato. È come se mi fossi risvegliata da un lungo sonno e non ero più capace di vivere in quella realtà. Ne ho fatte passare di tutti i colori ai miei, loro mi stavano troppo addosso, forse per paura di perdere anche a me. E dopo che mio fratello mi ha lasciata sola, non ho retto più e sono come... scoppiata».
Allie sentì le lacrime bruciarle gli occhi, si sentiva una stupida ora. Finora non si era mai fermata a pensare a cosa i suoi genitori avevano perso: non solo loro figlio se n’era andato, ma anche lei li aveva abbandonati. Non li aveva capiti nemmeno un po’, quando invece sarebbe dovuta restare al loro fianco. 
«Ehi, nessuno ha detto che sarebbe stato facile. L’adolescenza è così, i tuoi sicuramente lo sanno e ci sarà il tempo per farsi perdonare e per chiedere scusa», la rassicurò Ashley cingendole le spalle con un braccio. «Si sistemerà tutto, ne sono sicura».


 
*
 
Quando tornò nella sua stanza erano le tre di notte passate, e Allie riuscì a prendere sonno quasi subito. Si ricordò appena che Ashley l’aveva salutata dicendo «ci vediamo domani mattina alle dieci». Sorrise al pensiero che la mattina seguente ci sarebbe stata la riunione dei membri della Night School.

 
Continua...

Spero che il personaggio di Ashley vi piaccia. Preparatevi che è una casinista di prima categoria e se ne 
vedranno delle belle con lei e Allie in combutta. :P Fatemi sapere nelle recensioni cosa ne pensate! :)
A presto,
Elis.

 

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***


Night School


Chapter Two


Quando il giorno dopo, Allie si diresse sbadigliando verso la stanza Training Room One del padiglione per la riunione della Night School, vide che era già affollata. Sebbene alcuni membri fossero via per le vacanze di Natale, Nicole e Jules erano tornate a scuola quella mattina per l’occasione. Nicole, per evitare di dover prendere l’aereo e fare avanti indietro dalla Francia, aveva passato qualche giorno a casa di Jules.
Una fila di sedie era disposta in mezzo alla stanza: Isabelle, Raj e Matthew erano seduti a un tavolo di ferro battuto parlottando sottovoce tra di loro. Allie vide Ashley dalla parte opposta della sala che la salutava con la mano, le fece una smorfia di finta sorpresa e l’altra ricambiò ammiccando e scoppiando poi a ridere. Notò che Sylvain la stava osservando con i suoi profondi occhi azzurri e si guardò in intorno in cerca di Carter per evitare il suo sguardo. Il ragazzo, però, pareva non fosse ancora arrivato, così Allie si avvicinò a Zoe che stava chiacchierando con Nicole.
«Bentornata a scuola», le disse.
«Hey Allie!» Nicole la avvolse in un abbraccio e saltellò sul posto eccitata. Profumava di lillà.
«Come sono andate le tue vacanze?»
«Le mie brevi vacanze dici? Bene, prima che il lavoro chiamasse! Jules è stata un tesoro ad invitarmi». Il suo accento francese era meno marcato di quello di Sylvain, aveva qualcosa di delicato.
«Vero, e queste riunioni sono una gran palla!» convenne Zoe.
In quel momento Zelazny li richiamò all’ordine abbaiando con la sua voce profonda. Allie si chiese dove diavolo fosse finito Carter.
Quando tutti avevano preso posto sulle sedie, il ragazzo entrò in gran fretta e si sedette accanto ad Allie sbuffando per l’occhiataccia che Isabelle gli aveva rivolto.
«Dove sei stato?» chiese preoccupata.
«Dopo», rispose lui scocciato. Allie lo guardò stupita prima che Raj attirasse la sua attenzione. «Allora, come avrete notato siamo rimasti in pochi, ma non per questo dobbiamo abbassare la guardia. Nathaniel potrebbe pensare che siamo più vulnerabili e attaccarci in qualsiasi momento».
«Perché dovrebbe pensare una cosa del genere?» sussurrò Zoe. Lucas alzò le spalle in risposta.
Raj continuò: «Per questo, chi è senza compagno per le ronde gliene verrà assegnato un nuovo».
Zelazny riprese la parola: «Le coppie sono: West-Matheson, Sheridan-Glass, Shepherd-Cassel». Ashley fece l’occhiolino a Sylvain mentre Nicole commentava con aria maliziosa: «Che coincidenza!»
Quando anche le ultime coppie furono annunciate, si alzarono tutti per raggiungere il proprio partner.

Allie guardò sconsolata Carter che si avvicinava a Jules. «Su con la vita, io sono molto più divertente di biondina-perfettina!» le disse Zoe prendendola a braccetto, «Cara collega, ho un sacco di nuove tecniche da insegnarti».
«Yay! Non vedo l’ora!» Allie si lasciò andare a un finto entusiasmo. In realtà era contenta di fare parte della Night School, anzi era stata proprio lei a chiedere a Isabelle di ammetterla. Se stavano per affrontare una guerra contro Nathaniel, allora voleva combattere. Non avrebbe lasciato che fossero gli altri a proteggerla. Voleva stare in prima linea, anche se significava essere contro Christopher e prendere a calci in culo Gabe. Soprattutto, se voleva dire prendere a calci in culo Gabe! Non poteva chiedere di meglio.

Proprio quando Allie si avvicinò ad Ashley facendo il verso «Night School, eh?!», Carter la raggiunse con aria stanca. «Hey, posso parlarti?»
«Certo», Allie annuì osservando l’espressione preoccupata sul viso di Carter. Ashley bisbigliò: «Divertitevi, piccioncini».
La condusse in una zona isolata del bosco.
«Che ti è successo?» chiese con un po’ di stizza al ricordo di come lui le aveva risposto pochi istanti fa.
Carter sospirò pesantemente: «Allie, mi dispiace per prima, non volevo prendermela con te. E’ che Jerry mi sta addosso e non so cosa fare per provare la mia innocenza».
«Per la storia della spia?» chiese la ragazza allibita: «Come possono anche solo pensare che tu c’entri qualcosa?»
«Non è questo, lo sai. Stanno indagando su tutti, ma pare che a quelli più vicini a Isabelle riservino un trattamento speciale». Carter fece una smorfia: «E’ dura. Sono vissuto qui per tutti questi anni e ora sapere che sospettano di me...»
«Hey», Allie gli prese il mento tra le dita e gli alzò la testa per costringerlo a guardarla negli occhi, «Io non ho alcun dubbio che tu non sia coinvolto in questa storia. Quando sarà tutto finito e troveranno la spia, capiranno che hanno sbagliato a dubitare di noi e li obbligheremo a chiederci scusa». Fece un finto broncio e Carter ridacchiò prendendola tra le braccia e baciandola piano sulla bocca.
«Dobbiamo solo avere pazienza e comportarci normalmente per non destare sospetti infondati», continuò Allie stringendo forte Carter a sé, «credo che per questo semestre dovremo rinunciare ad alcune delle nostre fughe alla cappella».
Carter rise: «Non sai quanto mi mancheranno».
«Anche a me», sussurrò Allie in risposta.

Era vero; ultimamente le regole, già di per sé restrittive, erano diventate ancora più rigide. Il coprifuoco era stato anticipato alle 10 e a nessuno, tranne agli incaricati della Night School per il turno di guardia, era permesso uscire. Isabelle puniva severamente coloro che ci provavano, gli insegnati erano preoccupati. La notte in cui Gabe aveva ucciso Ruth e gli uomini di Nathaniel avevano dato fuoco alla scuola, c’era stato qualcun altro ad aiutarli. Qualcuno all’interno della scuola, di cui nessuno sapeva l’identità. Qualcuno che faceva parte della Night School ed era abbastanza alto di grado da essere vicino a Isabelle. Per trovare questa spia, Raj e i suoi uomini avevano cominciato a interrogare tutti gli studenti coinvolti e non si fermavano finché non saltasse fuori qualcosa di interessante, anche se innocenti. E ora avevano preso di mira anche Carter. Allie provò una profonda rabbia.

Come può Isabelle anche solo pensare di dubitare di Carter? Le era stato fedele e vicino per tutto questo tempo, era assurda la sola idea che Carter potesse avere qualcosa a che fare con Nathaniel.
Ok, era stato amico di Gabe, ma quanti altri come lui? Era cresciuto in quella scuola e non avrebbe avuto modo di conoscere il capo dei loro “nemici”.
Allie considerò l’idea di andare a parlarne con Isabelle, ma proprio mentre si stava avvicinando al suo ufficio, Jo comparve nel corridoio e la trascinò via sostenendo che avevano una partita a scacchi da giocare.

*

 

Quando Ashley bussò alla porta dell’ufficio di Isabelle, la trovò seduta alla sua scrivania intenta a leggere dei documenti.  Nell’aria c’era l’inconfondibile odore di agrumi della preside e si sentiva di sottofondo una leggera musica classica proveniente dalle casse integrate nella parete. Aveva sempre ritenuto ingiusto che il regolamento vietasse agli studenti di usare la tecnologia, quando il loro capo era la prima a utilizzarla. Perciò aveva deciso di fregarsene delle regole e questa volta si era portata dietro uno dei suoi preferiti, l’oggetto più proibito di sempre: il suo amato portatile era nascosto nella valigia sepolto in mezzo ai vestiti.

«Ashley, accomodati», la accolse Isabelle spingendosi gli occhiali sulla testa.
La ragazza sprofondò nella poltrona di pelle nera con uno sbuffò: aveva sempre trovato comode quelle sedie. La preside incrociò le mani davanti a sé appoggiandosi contro: «Allora dimmi, ci sono delle novità?»
Ashley si limitò ad annuire, Isabelle la fissò con i suoi profondi occhi dorati: «Ho notato che hai già fatto amicizia con Allie, mi fa piacere».
«Sì beh, è simpatica», la preside alzò un sopracciglio, «e sveglia. Tanto da avermi già chiesto dove sono stata quest’estate e aver capito che ha a che fare con Lucinda».
Ashley sostenne lo sguardo di Isabelle: «Non guardarmi così, io non le ho detto niente!»
«Allie è molto curiosa e vuole essere aggiornata su tutto quello che succede», ammise infine.
«Allora forse dovresti farlo. Dato che la riguarda personalmente». La preside abbassò lo sguardo sui suoi fogli, evitando di incontrare i suoi occhi. Ashley se ne accorse e aggiunse: «So che vuoi proteggerla Isa, ma se non le dici la verità come pretendi che lei si fidi di te? Ci credo che poi scappi fuori a incontrare suo fratello, vuole sapere che sta succedendo. Anch’io l’avrei fatto al suo posto».
«Su questo non avevo dubbi», commentò Isabelle scoccandole un’occhiata.
«Stiamo parlando di Allie, Isabelle! Fa la dura fuori, ma dentro è soffice come un cucciolo appena nato. E tu la stai ferendo».
«E’ questo che ti ha detto?» la voce della preside s’incrinò.
«E’ quello che ho capito», rispose fermamente Ashley.

La discussione si spostò poi su un terreno più sicuro, Isabelle le chiese com’era andata l’estate. Ashley le raccontò tutto quello che era successo, anche se probabilmente Matthew aveva già provveduto ad informare la preside sulle questioni più importanti. Evitò di parlarle del nuovo ragazzo che aveva incontrato e di cui non era sicura che Isabelle avrebbe approvato.

«Quindi, qual è il piano ora?» chiese la ragazza scostandosi con una mano un ciuffo ribelle dagli occhi.
«Proteggere la scuola, ovviamente, e tenere Allie al sicuro», Isabelle sospirò, «non possiamo permettere che Nathaniel la porti via».
«Non andrebbe mai con loro di sua spontanea volontà, lo sai. Anche se c’è suo fratello con loro. Mi ha detto che con lui ha chiuso e pensò che sia la verità», Ashley osservò l’espressione imperscrutabile della preside e poi continuò: «Per quanto Christopher possa tentare di convincerla a lasciare la scuola, lui è stato il primo ad abbandonarla. Allie non glielo perdonerà tanto facilmente».
«Purtroppo, anche se non vuole più avere niente a che fare con lui, se cercasse di mettersi in contatto di nuovo con lei, ci serve che Allie faccia da tramite».
«Vuoi davvero usarla in questo modo?» chiese sconvolta.
«Non ho scelta, Ashley», esclamò Isabelle facendo un ampio gesto della mano, «c’è una spia all’interno della scuola che sta riferendo a Nathaniel tutto quello che facciamo. In questo momento potrebbe essere là fuori a scherzare e ridere con i miei studenti! Sono tutti in pericolo e non lo sanno. E’ compito mio proteggere loro e la scuola e utilizzerò qualsiasi mezzo per farlo». Il viso di Isabelle era solcato da profonda preoccupazione e sotto i suoi occhi dorati, Ashley riuscì a scorgerne la stanchezza.
«Anche se significasse usare Allie per farlo?» chiese la ragazza abbassando la voce. Non era rabbia quella che provava, sapeva che Isabelle voleva solo il meglio per i suoi studenti e per la Cimmeria. Ma non poteva credere che avrebbe sfruttato la relazione tra Allie e suo fratello per ottenere quello che voleva. Era fastidio ciò che provava in quel momento, perché si era fatta una nuova amica e Isabelle si stava immischiando anche quella volta, costringendola a mentire. E poi perché voleva usare semplici ragazzi come Allie e Christopher, obbligandoli a decidere da che parte stare per risolvere la sua lunga battaglia contro Nathaniel. Anche se la Night School serviva proprio per allenarli a questo scopo, cominciava a dubitare del fatto che fosse giusto coinvolgere in una guerra di potere dei ragazzini di sedici anni. Zoe ne aveva addirittura tredici! Non erano cose per bambini, erano questioni che solo degli adulti avrebbero dovuto affrontare. Eppure Ashley capì che era l’unica cosa da fare, perché alcuni membri del consiglio complottavano con i loro avversari e Lucinda aveva detto chiaramente che non voleva avere niente a che fare con questa storia. Non rimanevano che loro.
Non disse niente di tutto ciò a voce alta, perché sapeva che sarebbe stato inutile cercare di far ragionare Isabelle e l’ultima cosa di cui avevano bisogno ora era farla arrabbiare.
«Sì, anche se significasse questo», rispose la preside abbassando a sua volta il tono di voce. Il suo sguardo divenne più comprensivo.
«E’ solo che non mi piace mentire ad Allie. Anche se l’ho appena conosciuta, sento di potermi fidare di lei e nasconderle la verità non è ciò che merita. Non è giusto, Isa». Inclinò leggermente la testa di lato e rimase a guardare l’espressione della preside, fissandola dritta negli occhi come se cercasse di convincerla in quel modo.
Isabelle sospirò e si appoggiò allo schienale della poltrona: «Hai ragione», ammise infine. Si prese un momento di pausa, in cui pareva stesse riflettendo e poi aggiunse: «Allie dovrebbe essere al corrente di cosa succede».
Anche se ultimamente sembrava più ragionevole rispetto al passato, bisognava ancora faticare molto per farle cambiare idea.

E’ sempre stata inflessibile sulle sue decisioni.

Ashley si alzò e si diresse alla porta: «Mi prometti che le parlerai?» domandò.
«Te lo prometto», sussurrò la preside lanciandole uno sguardo complice.

*


Carter raggiunse la sala comune e trovò Allie intenta a giocare una partita di scacchi con Jo, sui tavolini dipinti a quadretti bianchi e neri. Non c’era nessun altro nella stanza. Rachel aveva detto ad Allie che avrebbe passato il pomeriggio in biblioteca con Eloise e non era ancora tornata. Lucas era occupato per il suo turno di guardia della Night School, mentre Zoe era sparita nel nulla dopo la riunione di quella mattina e non si sapeva che fine avesse fatto.
Jo le stava infliggendo un’altra della lunga serie di sconfitte che aveva collezionato giocando a scacchi. Non c’era storia, nessuno poteva battere Jo!
«Se vuoi, ti concedo la rivincita», sorrise con aria beffarda sapendo benissimo che sarebbe stata un’altra batosta.
«Basta, ci rinuncio!» Si arrese Allie appoggiando la schiena al divano. Carter si sedette vicino a lei e la baciò delicatamente sulla testa. La ragazza si rivolse a lui: «Mi annoio, qualche idea su cosa fare?»
«Partita al buio?» chiese Carter alzando un sopracciglio con aria poco convinta.
«Sì, tennis!» esultò Jo. «Vado a chiamare gli altri, ci vediamo fuori», scattò in piedi e si diresse verso la porta di corsa.
Allie protestò inutilmente con un «Ma fa un freddo cane là fuori!», ma nessuno l’ascoltò.
«Avanti, sarà divertente», Carter le prese una mano tra le sue e la accarezzò leggermente.
«Sì, come l’altra volta che mi sono beccata una pallina in testa e sono quasi svenuta».
«Prometto che questa volta ti proteggerò io dalle palle assassine», la guardò con aria scherzosa.
«E anche dalle racchette galleggianti che sembrano ufo?» Carter le rivolse un’occhiata di finta preoccupazione e controllò per scherzo se avesse la febbre, poggiando la bocca sulla sua fronte: «A parte i deliri, non sembra grave. Forza andiamo, niente scuse!» Si alzò e tenendola per un abbraccio la sollevò in un attimo con agilità e forza. Allie sbuffò, ma lo seguì comunque verso l’esterno.

Quando si avvicinarono al ripostiglio che conteneva racchette e accessori per ogni sorta di gioco, una piccola folla si era già raggruppata.

Jo ha fatto in fretta, pensò Allie.

Quasi tutti gli studenti rimasti a scuola si erano raccolti per l’occasione: Zoe saltellava da un piede all’altro facendo finta di colpire palline immaginarie; Nicole aveva le braccia strette intorno a sé per cercare inutilmente di scaldarsi in qualche modo. Lucas e Sylvain sembravano intenzionati a svuotare il magazzino mentre passavano cerchietti colorati a Jo e Rachel. Allie non vide Jules da nessuna parte.

Meglio così, pensò.

Non aveva ancora mandato giù il fatto che la biondissima capoclasse facesse coppia con Carter nella Night School, ma non voleva fare la figura della fidanzata gelosa, così si tenne tutto per sé.
«Dove sei stata tutto il giorno, non ti ho visto quasi per niente», protestò Rachel passandole un braccio intorno alle spalle, «rivelami i tuoi impegni segreti».
Allie le lanciò uno sguardo intenditore e fece una smorfia. Rachel capì al volo: «No, forse è meglio che io non ne sappia niente».
«Già, forse è meglio così».
Sebbene avesse tutti i requisiti, e Raj si batteva ardentemente per convincere sua figlia a fare parte della Night School, Rachel aveva rifiutato più volte l’offerta. Odiava il modo in cui quella specie di associazione segreta aveva coinvolto così profondamente suo padre e i suoi amici tenendoli stretti con i suoi artigli, e non voleva averci niente a che fare.
Allie detestava nasconderle le cose, ma non poteva rivelarle niente sulla Night School per le regole severe che vigevano nella scuola in proposito, e in parte anche perché la sua amica non voleva sentirne parlare.

Quando ebbero montato la rete e disposto i dischetti che fungevano da linee del campo, si godettero lo spettacolo accendendo tutti insieme le lucine che costernavano rete e racchette. La notte buia e fredda che li circondava fu illuminata da diverse luci colorate, una per ogni giocatore, mentre palline dipinte con vernice fosforescente rimbalzavano da una parte all’altra del campo. Sebbene i giocatori non riuscissero a vedersi tra di loro, il metodo geniale che qualcuno prima di loro aveva inventato, permetteva a tutti di godersi la partita anche al buio. Niente fermava i ragazzi della Cimmeria!

Pochi minuti dopo, Allie notò qualcuno avvicinarsi con una torcia in mano. Quando la sagoma fu più vicina da riuscire a identificarla, vide che Ashley era avvolta in un pesante capotto nero, con sciarpa e guanti coordinati.
«No, scusate? Vi state divertendo senza di me?!» esordì a voce un po’ troppo alta.
«Prendi», Lucas le lanciò una racchetta verde di cui videro solo una macchia colorata che roteava a mezz’aria. Ashley l’afferrò al volo, appoggiandosela poi sulla spalla e improvvisando una camminata da modella in punta di piedi, fingendo poi di inciampare e rotolare per terra. Tutti scoppiarono a ridere, finché Zoe non urlò: «Guardate!», stava indicando il cielo scuro. Quando anche gli altri guardarono in su, parti un coro sorpreso di «oh». Allie seguì i loro sguardi e notò che piccoli fiocchi di neve stavano cadendo lentamente dal cielo come per magia, posandosi delicatamente sui loro capelli e sul terreno. Carter la strinse dal dietro avvolgendola tra le sue braccia e facendole sentire il calore che emanava. Allie avvertì il suo piacevole odore di caffè e spezie. Le scoccò un bacio sulla testa, prima che Allie si girò e lo baciò sulle labbra. Qualsiasi cosa fosse successa in quel momento ad Allie non sarebbe importato. Ciò che le interessava ora era solo godersi quell’istante insieme a Carter, in compagnia dei suoi amici sotto quel cielo punteggiato da piccole stelle bianche, che candidamente scivolavano verso il basso proseguendo nella loro danza. Rimasero incantati a guardare la neve per parecchi minuti, finché Jo non li riscosse dicendo: «Io sto gelando, diamoci una mossa e riscaldiamoci».
Tornarono alla loro partita. Sembrava che la notizia di una nevicata imminente li avesse riscossi dai loro pensieri, costringendoli a tirare fuori la grinta e a dare il meglio di sé. Allie non aveva mai visto una partita così aggressiva e piena di botta e risposta. La pallina viaggiava da un campo all’altro a una velocità impressionante, mentre i giocatori colpivano e muovevano le loro racchette con grazia e forza allo stesso tempo. Quando cambiarono le squadre, Allie sentì appena Ashley sussurrare a Sylvain «Ricordati di cosa dobbiamo fare dopo».

Andarono avanti per quella che sembrò un’eternità, finché Zelazny non comparve sulla porta del retro urlando «coprifuoco!» con un tono che non ammetteva repliche e che suggeriva fosse meglio sbrigarsi.
Cercarono di metterci il meno possibile, sgomberando in gran fretta il prato e rimettendo tutto il materiale nel ripostiglio. Poi il gruppo si diresse verso l’ingresso della scuola, mentre Ashley e Sylvain si distaccarono da loro cercando di passare inosservati, anche se probabilmente tutti avevano capito dove andassero e cosa stessero per fare.
C’era una sola risposta possibile: Night School.

*

 

Quando due ore dopo, Ashley e Sylvain stavano passeggiando per il bosco tenendosi a braccetto, ma pur sempre attenti a ciò che li circondava, la neve aveva iniziato a cadere più fitta. Ashley rabbrividì e si strinse al braccio del ragazzo.
«Hai freddo?» chiese Sylvain scrutando nel folto degli alberi. La boscaglia impediva alla neve di ricoprire il suolo, anche se Ashley poté vedere che i rami degli alberi erano già spruzzati di bianco.
«Sto letteralmente congelando», rispose lei battendo i denti, «non so se l’hai notato, ma sta nevicando!»
Sylvain rise amaramente: «E’ difficile non accorgersi quando il mondo intorno a te sembra diventato la coreografia di un film d’amore».
Ashley gli rivolse un’occhiata in tralice: «Come siamo sentimentali stasera».
«Non è sentimentalisme, è cinismo».
«Non sapevo che odiassi la neve così tanto», osservò la ragazza.
«Non è la neve, ciò che non mi piace è fare la ronda di notte nel bosco quando fa un freddo cane», sbottò Sylvain.
«Andiamo, non è così male! Sei in mia compagnia!» Ashley gli tirò una gomitata e Sylvain sorrise.
«Non potrei essere più fortunato di così! Enchanté». Le afferrò una mano coperta dal guanto e si chinò a baciarla delicatamente.
Ashley imitò la sua pronuncia facendogli il verso e Sylvain scoppiò a ridere.

Stavano ancora ridendo prendendosi in giro a vicenda, come se il mondo intorno a loro si fosse fermato a quel momento di giovinezza, quando sentirono un rumore nel bosco. Si bloccarono di scatto.
«Cos’è stato?» chiese la ragazza preoccupata.
«Non lo so», sussurrò Sylvain. Un altro suono attutito, un rumore di foglie mosse. E poi passi che si allontanavo di corsa.
«E’ qui vicino. Dividiamoci», esclamò Sylvain con urgenza. Ashley annuì, anche se non era del tutto convinta che sarebbe stata una buona idea.

Corsero uno dalla parte opposta dell’altra, cercando di captare ogni minimo sentore che non fossero le suole delle loro scarpe sul terreno umido, e al contempo guardandosi intorno per scorgere anche il più piccolo movimento. Mezz’ora dopo, non avevano ancora trovato niente. Ashley tornò indietro per cercare Sylvain nel punto in cui si erano lasciati, con aria sconsolata.
Un fruscio leggero vicino a sé. Si fermò di colpo e rimase ad ascoltare. Passi che si avvicinavano lentamente.
«Chi c’è?» chiese cercando di tenere la voce ferma e non mostrare la paura che cresceva dentro di lei. Magari era Sylvain che stava tornando, oppure un animale. Ma all’improvviso sentì la percezione che qualcuno la stesse osservando, si girò di scatto. Dietro di lei c’era un uomo fermo in mezzo al vialetto, Ashley cercò di non urlare con tutta se stessa. L’ombra si avvicinò rivelando un ragazzo che indossava giacca e cravatta, il segno distintivo della cricca di Nathaniel.
Ashley trattenne il respiro, la voce poco più di un sussurro: «Gabe?!»

To be continued...

Dio, quanto amo descrivere i "momenti di dolcezza" tra Carter e Allie. Spero che vi sia piaciuto questo secondo capitolo, commentate! 

Elis.

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Capitolo 3
*** Chapter Three ***


Chapter Three

Night School

Chapter Three

 


«Cosa accidenti ci fai qui, Gabe?» domandò Ashley scioccata. Tra tutti, lui era proprio l’ultimo che si aspettava di vedere.
«E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti, Ashley. Sei sempre la stessa», Gabe fece un sorriso strano mentre si avvicinava di un passo.
«Mi fa piacere che non mi trovi cambiata, non posso dire lo stesso di te. Che diavolo hai fatto ai capelli?» chiese guardando con orrore la testa rasata di Gabe, che una volta era coperta da bellissimi ciuffi biondi.
«Pidocchi», scherzò lui.
«Non sei divertente».
«Peccato, ero convinto di sì», Gabe fece un altro passo verso di lei. Ashley si allontanò.
«Cosa ti è successo?» chiese inclinando la testa, un’espressione quasi malinconica in viso.
«Ti ho già detto che ho dovuto tagliargli…»
«Non parlo dei capelli, ma di te», Ashley lo fissò dritto negli occhi nocciola, che al buio non riusciva a vedere, «ho sentito cos’è successo quest’estate al ballo...»
Gabe la interruppe e fece un gesto di noncuranza, sollevando le mani aperte davanti a sé: «Ho fatto solo quello che dovevo fare». Fece una pausa poi aggiunse: «Anch’io ho sentito delle cose interessanti su di te. Non avrei mai pensato che, tra tutti, te la facessi proprio con lui». Le sue parole turbarono Ashley che, però, cercò di non darlo a vedere.

Come faceva a saperlo? Non l’aveva detto a nessuno, a meno che lui… Quel cretino!

Il ragazzo le rivolse un sorriso, aveva un che di sadico e malefico: «Ti stai chiedendo come faccio a saperlo?»
Ashley lo ignorò. «Voglio sapere perché l’hai fatto».
«Non so di cosa parli», scrollò le spalle come se niente fosse.
«Hai ucciso una persona, Gabe! Era solo una ragazza!» urlò sconvolta per l’indifferenza che il ragazzo dimostrava.
«Che diavolo succede?» un marcato accento francese li interruppe, Sylvain uscì dal bosco e si affiancò a lei: «Gabe?! Cosa fai qui?»
«Ciao anche a te Sylvain, non posso dire che mi sei mancato», rise da solo della sua battuta. Una risata amara e priva di felicità, come mai Ashley aveva sentito prima d’ora. Se un tempo lei e Gabe erano stati amici e si conoscevano bene, ora non aveva la più pallida idea di chi fosse il ragazzo davanti a lei. Quello non era Gabe, non più.
«Ashley, corri a chiamare Isabelle», ordinò Sylvain.
«Tu sei pazzo, non ti lascio da solo con lui», protestò la ragazza.
«Vai!» insistette.
«Così poi ti fai quasi ammazzare come l’altra volta?»
«Ho detto vai!», la voce di Sylvain era tagliente come non mai mentre si girava a guardarla, gli occhi ridotti a due fessure. Gabe si stava godendo la scena sorridendo tra sé e sé.
Ashley gli rivolse uno sguardo contrariato, ma fece come gli aveva detto e corse via più veloce che poté.
Udì chiaramente la voce di Gabe dire: «Pronto a farti fare il culo un’altra volta?», prima di immergersi nel silenzio del bosco.
    
Devo muovermi o Sylvain ci rimetterà la pelle, pensò mentre le sue gambe lunghe solcavano il terreno con grazia, correndo all’impazzata.
Per quanto lei e Sylvain erano alti di grado e tra i più abili della Night School, nessuno era più bravo di Gabe. Lui era sempre stato il migliore tra tutti loro e continuava ad esserlo. Non era certo un avversario che potevano permettersi di sottovalutare, neanche un esperto come Sylvain.

Raggiunse l’edificio dove alloggiavano gli insegnati, spalancando la porta mentre ansimava per la corsa. Si lanciò su per le scale alla massima velocità, stando attenta a non inciampare nei gradini. Aprì di colpo la porta della preside senza bussare: «Isabelle, alzati subit-… oops! Scusate!»
Ashley si bloccò in mezzo alla stanza a metà tra l’imbarazzo e lo shock: Isabelle e Matthew stavano dormendo insieme nello stesso letto, uno accanto all’altra. La ragazza distolse lo sguardo, mettendosi una mano davanti alla bocca spalancata per la sorpresa, cercando inutilmente di non ridere, mentre i due si alzavano di scatto.
«Cos’è successo?» chiese la preside infastidita. Ashley si chiese se era perché l’aveva svegliata o perché l’aveva beccata in pieno mentre se la faceva con Matthew.
«Gabe è qui. Sylvain lo sta affrontando da solo», bisbigliò con urgenza. I due scattarono in piedi, mentre Matthew si lasciava andare a un’imprecazione. Cercarono di raccattare i vestiti sparsi per la camera il più in fretta possibile, Isabelle si stava ancora infilando uno stivale che aveva pescato da sotto il letto, quando Matthew uscì seguito da Ashley, chiedendole informazioni più precise. Camminarono a passo svelto fino all’entrata, dove incontrarono Eloise in vestaglia che gli chiese spaventata cosa stesse succedendo. Isabelle le disse rapidamente di avvisare Raj che qualcuno era entrato nella scuola. Quando uscirono, sentirono un grido soffocato.  Ashley riconobbe la voce di Sylvain e iniziarono a correre in quella direzione.

Trovarono Sylvain in ginocchio sul terreno, che ansimava e si premeva una mano sul torace.
«Stai bene?» chiese Ashley, il terrore sul volto. «Aveva un coltello? Ti ha colpito?» Sylvain alzò una mano per calmarla: «Tranquilla, solo una costola rotta. Sto bene!» Mentre la ragazza lo aiutava a rimettersi in piedi, fece una smorfia di dolore e poi si rivolse a Isabelle e Matthew: «Se n’è appena andato, deve essere ancora qui da qualche parte».
Isabelle si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla: «Abbiamo avvisato Raj, i suoi uomini si staranno già attivando. Hai fatto un ottimo lavoro».
«Grazie», sorrise lui storcendo il labbro ferito. Un grosso livido stava già crescendo intorno alla sua bocca, prendendo la forma del pugno di Gabe.
Ashley lo osservò: «Non avrei dovuto lasciarti da solo».
«Sono stato io a chiederti di avvertire gli altri, è così che lavorano le coppie, lo sai». Ashley aveva già aperto la bocca per protestare, ma Isabelle la interruppe: «Accompagna Sylvain in infermeria. E questa volta non voglio storie», aggiunse lanciando un’occhiata di avvertimento al ragazzo, che si limitò ad annuire al ricordo di come lo scorso semestre aveva sanguinato nell’ufficio della preside dopo lo scontro con Gabe.
Ashley gli passò un braccio intorno alla vita, mentre Sylvain si appoggiava alla sua spalla dirigendosi verso la scuola.


La mattina dopo Ashley si svegliò in infermeria: era seduta su una sedia e aveva la testa appoggiata al letto, con una mano stringeva quella di Sylvain. Si alzò sbadigliando e strizzò gli occhi per la luce forte. Sylvain la stava osservando. Sorrise quando lei aprì gli occhi: «Bonjour». Aveva un taglio profondo sul labbro, un enorme livido viola sulla mandibola e un graffio sotto l’occhio. Ashley si guardò intorno, ma non c’era nessun altro nella stanza a parte loro.
«Anche a te. Come stai?» chiese sfiorandogli dolcemente una guancia con le dita della mano libera.
«Bene, l’altra volta è stata peggio». Sylvain si strinse nelle spalle come se niente fosse. Ashley lo scrutò a lungo come se cercasse di assicurarsi che stesse davvero bene.
«E tu? Hai dormito qui. Se lo sapevo, ti lasciavo un po’ di spazio sul letto», commentò Sylvain con aria invitante. Ashley si stirò il collo indolenzito e si passò una mano tra i capelli, sistemandoli velocemente. «Puoi sempre farlo ora», sorrise.
Sylvain si spostò e batté una mano accanto a sé, la ragazza si sdraiò al suo fianco. Rimasero in quella posizione, l’una stretta all’altro, per un tempo infinitamente lungo, finché l’infermiera non venne a cacciarla via sostenendo che Sylvain e la sua costola rotta avevano bisogno di riposo.

*


Quando bussarono alla porta della sua camera, Allie si era appena alzata dal letto. Andò ad aprire ancora in pigiama e si trovò davanti una Rachel nel panico più totale. Non l’aveva mai vista così, di solito era la calma fatta a persona.
Farfugliò qualcosa in fretta di cui Allie riuscì a comprendere solo una parola: «Gabe cosa?!»
«Si è introdotto nella scuola stanotte», Rachel fece un respiro profondo per calmarsi.
«Oddio», l’espressione di Allie era di puro orrore. «Jo?» chiese un po’ spaventata di conoscere la risposta.
Rachel le rivolse un’occhiata d’intesa e si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo: «E’ uscita di testa, com’era prevedibile».
«Oh, povera Jo», sussurrò Allie.
«Oh, poveri noi», commentò piano Rachel.
«Lo sai che quando si tratta di Gabe non ragiona più», replicò Allie cercando in qualche modo di difendere l’amica.
«Per questo ha bisogno di te. E’ nella sua stanza, se ti stessi chiedendo dove sia».
Allie annuì: «Che cosa voleva Gabe?»
«Non lo so, sei tu quella che fa parte della Night School. Dovresti dirmelo tu».
«Non ho ancora sentito nessuno, dovrei andare a cercare qualcuno e vedere se hanno indetto qualche riunione speciale».
Rachel annuì, ma prima che potesse uscire, la trattenne per un braccio: «Ho un’altra notizia, prima che tu te ne vada. Una brutta notizia». Rachel la fissò dritta negli occhi e Allie sospirò pesantemente: «Di cosa si tratta?»

*


«Jo?» quando Allie entrò in camera sua e chiamò il suo nome, trovò la ragazza a letto che stringeva un cuscino tra le braccia. Si lasciò sfuggire un singhiozzo. «Oh, Jo».
Allie si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, accarezzandole la testa.
«Odio il fatto che mi fa sentire una merda ogni volta che si fa vedere. Mi fa sempre tornare in mente la notte del ballo, quello che è successo a Ruth e tutto il resto», Jo tirò su col naso. Allie continuò a passarle una mano sui capelli dolcemente.
«Hai bisogno di tempo per dimenticarlo».
«Lo so, ma nonostante tutto quello che ha combinato, qualche volta mi manca ancora», Jo alzò la testa per cercare il suo sguardo, «pensi che io sia pazza?»
«No, penso che tu sia ancora innamorata di lui».
Jo sbuffò: «Forse hai ragione. Il problema è che non so come smettere di pensare a lui».
«Vorrei tanto saperlo anch’io come si fa», rispose l’amica, ripensando al leggero fastidio che provava ogni volta che vedeva Ashley pomiciare con Sylvain.
Rimasero in silenzio per un minuto, ognuna persa nei suoi pensieri, finché Jo non chiese: «Comunque, cosa è venuto a fare?»
«Non lo so, ma dovrei andare a cercare qualcuno per scoprirlo».
«Se sai qualcosa, me lo dirai?» domandò la ragazza guardandola supplichevole con i suoi occhioni azzurri pieni di lacrime.
Allie le scompigliò i capelli gentilmente: «Sì, ma tu tirati su di morale e non pensarci troppo».
Jo annuì: «Va bene. E grazie Allie, per esserci sempre». La ragazza sorrise e le scoccò un bacio in testa.

Allie si diresse in bagno, si fece una doccia veloce e si vestì prima di scendere a colazione. Erano le nove di un sabato
mattina freddo e grigio. Ma non era un giorno qualunque, era la vigilia di Natale. Si fermò a guardare fuori dalla finestra, la neve che era caduta per tutta la notte aveva interamente ricoperto il campus. Non c’era più traccia del prato verde e le cime degli alberi erano sepolte sotto una spessa coltre di neve. Allie si girò appena in tempo per vedere la spiacevole notizia, di cui Rachel le aveva parlato, attraversare l’ingresso: una ragazza dalla pelle bianca come il latte, si stava togliendo i fiocchi di neve dalla massa di capelli rosso fuoco. Allie riconobbe con orrore la sua compagna di scuola e acerrima nemica, Katie Gilmore era tornata a scuola in anticipo. Quando la vide, assunse un’espressione schifata e la salutò con una mano muovendo appena le dita. Allie inarcò le sopracciglia, guardandola dall’alto al basso e facendole solo un cenno in segno di saluto.
Scese le scale di corsa e la oltrepassò senza degnarla di uno sguardo, proprio mentre Katie stava per aprire bocca e dirle qualcosa. «Che scortesia», commentò con disprezzo.

Quando entrò in sala da pranzo, trovò Zoe seduta a un tavolo da sola. Le fece un cenno di saluto con la mano e Allie si sedette al suo fianco.
«Che diavolo è successo ieri sera?!» chiese a bassa voce. Zoe le rivolse un’occhiata, e aspettò di mandare giù un boccone della sua colazione, prima di rispondere: «Un casino! Gabe è venuto qua e ha intercettato Ashley. Isabelle è incazzata nera e Sylvain è ridotto a uno straccio».
«Che cosa, Sylvain è ferito?» chiese Allie preoccupata.
«Niente di grave, una costola rotta e qualche livido. Penso che il suo orgoglio sia quello più colpito. Insomma due volte che Gabe viene qua, due volte che si fa fare il culo da lui!»
Allie le scoccò un’occhiata di rimprovero e addentò uno dei suoi sandwich al formaggio: «Se avessi visto Gabe in azione l’ultima volta, capiresti che è un osso duro».
«Beh, lo so invece. E’ stato il mio partner», confessò Zoe evitando il suo sguardo.
«Cosa? Non me l’avevi detto!»
Zoe alzò le spalle in risposta, senza guardarla negli occhi: «Non ho avuto occasione di dirtelo, mi sarà passato di mente».

«Ti è passato di mente? Che Gabe era il tuo partner non è certo una cosa che si dimentica facilmente», esclamò Allie con un tono leggermente accusatorio.
«Neanche andare nel bosco a notte fonda a incontrare il proprio fratello scomparso e ricercato è una cosa che si dimentica di far sapere alla propria partner», rispose Zoe tagliente.
Allie era esterrefatta: «Zoe, che cosa stai…»
«Dico solo che se tu non ti fidi di me, non vedo perché dovrei farlo io». Sì alzò di scatto e si diresse verso la porta senza guardarsi indietro.
«Ma che diavolo…» Allie rimase immobile, con la bocca aperta per la sorpresa, a fissare l’ombra di Zoe che usciva dalla porta e girava l’angolo. Non aveva neanche immaginato che ci fosse rimasta male perché non le aveva detto di Christopher e Zoe non gliene aveva mai parlato, ne aveva mai dato segno di avercela con lei. Anche se era la sua partner, aveva preferito non dirglielo, così come l’aveva tenuto nascosto a Carter. Perché sapeva che quel giorno, se li avesse coinvolti, sarebbero andati a comunicarlo a Isabelle e lei avrebbe perso ogni chance di parlare con suo fratello dopo due anni. Allie sospirò al pensiero di quanto era stato difficile far pace con Carter dopo quella volta, e sperò che non sarebbe stato lo stesso con Zoe.

*


Ashley spalancò la porta dell’ufficio di Isabelle senza bussare ed entrò lasciandola aperta.
«Ti dispiacerebbe bussare prima di entrare?» chiese la preside indispettita. Ashley appoggiò le mani sullo schienale della poltrona e si chinò in avanti, fissò Isabelle dritta negli occhi e, con voce melodrammatica, esclamò: «Tu e Matthew?!»
«Appunto…», commentò l’altra al ricordo della sera prima.
«Come, quando, dove e perché. Devi raccontarmi tutto!» continuò Ashley eccitata, sprofondando nella poltrona e avvinandola alla scrivania di Isabelle, per appoggiarci sopra i gomiti. La preside mise da parte i fogli che stava leggendo e la osservò con gli occhiali appoggiati sulla punta del naso: «Non devo dirti proprio niente. Io e Matthew siamo entrambi adulti e non dobbiamo dare spiegazioni a nessuno».
Ashley spalancò la bocca con finta sorpresa: «Ma sentila! Sapevo che voi due ve la intendevate, ma non pensavo così bene!»
Isabelle le aveva appena intimato di farla finita, quando Allie comparve sulla soglia, picchiettando leggermente il pugno sullo stipite della porta. «Posso tornare dopo se hai da fare, Isabelle», esordì.
La preside stava per aprire bocca, ma Ashley l’anticipò: «Oh no, non preoccuparti, me ne stavo andando. E poi voi due avete qualcosa di importante di cui parlare, vero Isa?» chiese lanciando uno sguardo pieno di significato alla preside. Isabelle le rivolse un’occhiata esasperata e alzò brevemente gli occhi al cielo, mentre Ashley usciva borbottando che andava a trovare la sua “cara amica Katie”.

*


«Accomodati», Isabelle la invitò a sedersi su una delle due poltrone in pelle nera. Si tolse gli occhiali e si alzò per accendere il bollitore.
«Immagino che tu abbia sentito di ieri sera», cominciò la preside.
Allie annuì: «So solo che Gabe è entrato qui e che Sylvain è ferito. Che diavolo è successo?» chiese con un po’ di apprensione nella voce.
La preside si diede da fare per preparare il tè, mentre le raccontava di come Ashley l’aveva intercettato, di Sylvain che lo aveva affrontato da solo mentre la ragazza era andata a chiamare aiuto, e di come Gabe era riuscito a scappare prima che gli uomini di Raj lo prendessero. Si sedette accanto ad Allie e le offrì una tazza di tè bollente alle erbe. Allie la prese con entrambe le mani e chiese: «Come sta Sylvain?»
Isabelle sospirò: «Niente di grave. Ha solo una costola rotta, ma sarebbe potuta andare peggio».
Allie le lanciò un’occhiata di traverso: «Ma come ha fatto Gabe a entrare indisturbato come se niente fosse?»
«E’ questo il problema», rispose la preside dopo un momento di pausa, «pensiamo che sia stata la spia di Nathaniel a farlo entrare. Non vedo altra spiegazione». Allie trattenne il respiro a quella notizia e chiese: «Avete scoperto chi è?»
Ma Isabelle scosse la testa desolata e prese un sorso di tè. «Magari lo sapessimo, è molto abile a non farsi trovare. Ma questa storia deve finire, non può andare avanti così!» Si guardarono negli occhi per un istante e poi Allie domandò: «Lucinda si rifiuta ancora di collaborare?»
Isabelle annuì e sospirò di nuovo: «A proposito di Lucinda, c’è qualcosa di cui ti devo parlare». La preside si prese una lunga pausa prima di proseguire, sembrava stesse cercando le parole giuste per dirglielo. Allie aspettò pazientemente, forse si stava finalmente per confidare con lei.
«Ashley mi ha detto che le hai chiesto dove è stata quest’estate e visto che ha a che fare con tua nonna, sono giunta alla decisione che tu debba saperlo», cominciò Isabelle, «mi rendo conto che ho sbagliato a tenerti all’oscuro degli eventi che stanno accadendo e ora sono pronta a fidarmi di te, se tu ti fiderai di me. Ti dirò tutto quello che vuoi, scioglierò ogni tuo dubbio». La preside la osservò con il suo sguardo dorato pieno di apprensione e Allie annuì, ricambiando a sua volta con un’occhiata colma di gratitudine: «Mi fido di te, Isabelle. E, per favore, vorrei che mi dicessi quello che sai di Lucinda». Isabelle le strinse brevemente una mano e sorrise. Non era un sorriso triste, era più malinconico.

Le raccontò che Ashley, in quanto attuale membro con il grado più alto nella Night School, aveva passato l’estate con Lucinda, aiutandola a convincere i membri del consiglio a stare dalla loro parte. Alcuni di loro però, diffidavano ancora della politica con cui isabelle e Lucinda stavano conducendo la scuola e l’intera organizzazione. La preside rivelò che una parte dei consiglieri patteggiavano con Nathaniel e stavano cercando di farlo entrare nel Consiglio per togliere il comando a Lucinda. Isabelle era sicura che il resto del Consiglio, che era ancora la maggioranza, non avrebbe mai approvato una cosa simile e che quel piano era destinato a fallire.
«Ma non sta prendendo di mira la scuola, ora? Insomma, Gabe la scorsa notte e gli eventi del ballo..» Allie fece un gesto con la mano.
«E’ ciò che mi preoccupa di più», rispose Isabelle soppesando le sue parole, «temo che ora il suo obiettivo sia di attaccare la scuola e, da lì, risalire a me e all’organizzazione. In questo modo avrebbe il controllo di tutto: della Night School, della scuola e dell’intero sistema». Allie scrutò i suoi occhi preoccupati e chiese: «Che cosa possiamo fare per fermarli?»
La preside sembrò pensarci su e poi rispose: «Beh, per prima cosa sarebbe utile che Lucinda ci aiutasse a intensificare la sicurezza, nonostante l’aiuto di Raj e della Night School ci sono ancora delle fughe di informazione. E poi naturalmente..»
«Trovare quella maledetta spia», concluse Allie sospirando.
«Ruota tutto intorno a questo e non so come accidenti fare a trovarla», Isabelle sembrava disperata, «stiamo usando tutti i mezzi possibili e abbiamo ridotto di parecchio il campo d’indagine, ma non sappiamo ancora se sia uno studente della Night School o un’insegnante. Se non capiamo almeno questo, non faremo molti passi avanti».
«Per questo state interrogando gli studenti? Carter mi ha detto che Jerry gli sta addosso», replicò Allie con una nota di rabbia nella sua voce.
Isabelle la guardò: «So cosa pensi, Allie, e mi dispiace mettere in discussione la fedeltà di Carter, ma è una cosa necessaria. Arriverà anche il tuo turno e voglio che tu sia pronta per questo».
Allie annuì con riluttanza e si ritrovò a chiedere: «E chi interrogherà gli insegnanti?»
«Di questo ci stiamo occupando io e Matthew, non ti devi preoccupare». La preside le scoccò un’occhiata enigmatica. Allie ricordò appena che l’esperto di sicurezza era appena tornato a scuola.

All’improvviso le venne un’idea, come se una lampadina si fosse accesa nella sua mente. Si raddrizzò di scatto sulla poltrona e si girò verso Isabelle, che le rivolse un’occhiata curiosa: «Ho appena avuto un’idea, ma ho bisogno del tuo aiuto», annunciò.

*


Ashley stava scendendo le scale che dal dormitorio portavano all’ingresso principale, quando Lucas la raggiunse salendo i gradini a due a due.
«Hey, Ashley! Ti stavo cercando».
«Lucas! Che cosa c’è?» chiese Ashley fermandosi a metà scala.
«Ho due notizie: una brutta e una bella. Scegli».
Ashley sospirò e disse: «Beh, di solito si preferisce prima quella brutta, per togliersi il pensiero».
«Ottima scelta!» commentò Lucas e poi continuò: «Ti hanno assegnato il turno della Night School prima di cena».
Ashley sbuffò al pensiero del freddo che la aspettava fuori: «Dato che Sylvain è in infermiera, chi sarebbe il mio partner?»
«Questa è quella bella», rispose, «sono io!»
La ragazza ricambiò il sorriso contagioso di Lucas, poi lo prese a braccetto e disse: «Molto bene, caro collega. Mettiamo a punto la nostra strategia per prendere a calci i pupazzi di neve assassini in giacca e cravatta».
Lucas rise e insieme si diressero verso il portone principale, per affrontare una gelida ronda.


Quando poche ore dopo il turno di guardia cambiò, non ebbero niente di particolare da riferire a Raj. Nonostante la recente incursione di Gabe, quel giorno tutto sembrava più tranquillo che mai. Ashley e Lucas si cambiarono in fretta e varcarono insieme l’ingresso della scuola, rabbrividendo per il freddo e cercando di scaldarsi stringendosi le braccia intorno al corpo. Lucas la guidò verso la sala pranzo, era la sera prima di Natale e girava voce che Isabelle avesse organizzato una cena coi fiocchi per celebrare la Vigilia. Quando entrarono, videro che un grosso tavolo era stato sistemato in mezzo alla sala per l’occasione, e coloro che erano rimasti a scuola per le vacanze erano già seduti al loro posto, in attesa. Professori e studenti occupavano lo stesso tavolo senza alcuna distinzione, Ashley notò che Zelazny aveva tirato fuori un altro dei suoi orrendi completi tutti uguali, mentre la preside indossava un elegante abito nero a maniche lunghe. Eloise si era raccolta i lunghi capelli scuri in uno chignon e chiacchierava allegramente con Jerry Cole. Jo era molto pallida, mentre Allie le accarezzava dolcemente la schiena con una mano in segno di consolazione. Perfino Sylvain si era unito a loro.
«Sylvain, sei qui!» esclamò Ashley, attirando l’attenzione dei presenti che non li avevano sentiti entrare. La ragazza lo raggiunse, lo strinse tra le braccia dal dietro e gli scoccò un bacio sulla guancia. Sylvain mugugnò di dolore: «Fai piano..»
«Scusa», rispose Ashley per niente dispiaciuta. Si sedette nel posto libero tra lui e Carter, e fece segno di no alla domanda interrogativa che Isabelle la aveva rivolto inarcando le sopracciglia. Evidentemente, Raj non aveva ancora riferito alla preside il resoconto del loro turno di guardia. Ora che ci faceva caso, era l’unico che mancava.
Gli occhi di Ashley si depositarono su Katie e non perse occasione per salutarla con ironia: «Katie, ma che bello rivederti!»
L’altra le fece una smorfia in risposta. «Ashley, non sai quanto sono felice di rivederti dopo tanto tempo». Nel suo sguardo e nel tono di voce non c’era traccia di quella felicità.
«Allora Katie, dimmi, chi hai tormentato mentre non c’ero?», chiese Ashley fissandola con uno sguardo minaccioso, «spero non Allie, perché d’ora in poi è sotto la mia protezione e se vengo a sapere che fai la bulletta con lei, ti faccio a pezzi». Isabelle le rivolse un’occhiataccia e lei fece un sorriso innocente in risposta.
Katie la ignorò e richiamò l’attenzione della preside: «Isabelle, hai notato che Ashley è arrivata in ritardo a cena?» La preside, però, fece finta di non sentirla, impegnata nella sua conversazione con Eloise. Katie cercò di nascondere l’indignazione e insistette: «E di grazia, cosa stavi facendo fuori tutta sola insieme a Lucas con questo tempo?» chiese malefica, osservando i fiocchi di neve che brillavano sui capelli di Ashley.
«Prendevamo il sole?» suggerì Ashley ironica, aggrottando le sopracciglia all’indirizzo di Lucas e suscitando l’ilarità di Zoe e di qualcun altro.
«Non sei divertente. Dico solo che meriteresti una punizione», commentò Katie alzando la voce.
La ragazza sospirò e rispose con nonchalance: «Perché non ti fai i cazzi tuoi una buona volta?» Isabelle le scoccò un’occhiata di avvertimento.
«Ti hanno mai detto che sei una gran maleducata?» domandò Katie con fare provocatorio.
«E a te hanno mai detto che sei una piaga sociale?» la rimbeccò Ashley. Katie assunse un’espressione indignata e spalancò la bocca, vedendo che la preside e nessun altro dei professori interveniva per punire la ragazza.
Si alzò in piedi e lanciò il tovagliolo sul tavolo, facendo una scenata teatrale. «Lo riferirò ai miei genitori!» strillò all’indirizzo della preside e poi si allontanò come una furia. Isabelle la guardò con indifferenza e quasi sorrise quando Ashley le augurò: «Passa una bella serata!»


Diverse ore dopo, quando il coprifuoco era passato da un pezzo, ad Ashley parve di sentire l’eco del portone d’ingresso che si richiudeva con forza. Scrollò le spalle, pensando alle continue ronde della Night School, e continuò a salire le scale, diretta ai dormitori delle ragazze. Non poteva immaginare che, ad uscire a notte fonda dalla scuola, non era stato qualche membro della Night School impegnato nel suo lavoro, ma qualcun altro che sgattaiolava fuori in gran segreto.

To be continued...

Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, lasciate un commento!
Elis.

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Capitolo 4
*** Chapter Four ***


Night School

Chapter Four

 

La mattina di Natale Allie era intenzionata a trovare Zoe e chiarire con lei. La sera precedente, per tutta la durata della cena che Isabelle aveva organizzato in occasione della Vigilia, Zoe aveva evitato il suo sguardo. Sebbene tra di loro non fosse iniziata nel migliore dei modi, erano riuscite a far funzionare le cose ed erano anche diventate amiche. Allie ci teneva a riappacificarsi con lei, sia perché non voleva rovinare la loro amicizia sia perché, altrimenti, prevedeva interminabili e imbarazzanti ore di ronda con loro due che si rivolgevano appena la parola. I suoi progetti furono, però, sventati da Carter che la intercettò mentre usciva dalla sua stanza e la trascinò con sé, sostenendo che aveva qualcosa di importante da mostrarle. Carter la guidò lungo una stradina scivolosa, che qualcuno aveva provveduto a ripulire dalla neve, ma che con il freddo della notte si era ghiacciata. Afferrò la sua mano e la tenne stretta per impedirle di scivolare, cosa che Allie aveva già rischiato almeno tre volte da quando aveva messo piede fuori dalla scuola. Aveva smesso di nevicare, ma nonostante ciò il cielo era di un bianco intenso e nell’aria c’era il tipico freddo che precede una nuova nevicata. Carter la condusse a una piccola grotta artificiale, con al centro la statua di una donna nuda che danzava; la stessa che gli aveva offerto riparo la notte in cui Nathaniel e i suoi seguaci avevano dato fuoco alla scuola.

«Cosa ci facciamo qui?» chiese Allie impaziente, tremando nel suo cappotto beige. L’unica cosa che voleva fare in quel momento era scaldarsi davanti a un camino, con una tazza di cioccolata bollente in mano, a chiacchierare con i suoi amici. Il pensiero di Zoe le fece salire un nodo in gola e cercò di farselo uscire dalla mente, fissando la punta dei suoi stivali bordeaux al ginocchio.
«Aspetta e vedrai», rispose Carter. Aveva un tono di voce carico di aspettativa, quasi felice. Di quella felicità che si prova da bambini, quando si è scoperto qualcosa e non si vede l’ora di mostrarla a qualcun altro. Allie provò a concentrarsi su di lui, sentendosi un po’ in colpa per la piega che i suoi pensieri avevano preso poco prima. Non voleva ferire Carter e, a dire il vero, tutta quella segretezza stava cominciando a incuriosirla.
«Dai, dimmelo! Che cos’è che devi farmi vedere?»
Carter si girò a guardarla e sorrise contento della sua reazione interessata. Le offrì una mano e l’aiutò a scavalcare un grosso cumulo di neve. «Vieni a vedere. Guarda cosa ho trovato». Allie provò a guardare nel punto che le indicava e capì perché Carter voleva mostrarglielo a tutti i costi. Riparato da uno strato di roccia che fungeva da tetto, c’era un piccolo sprazzo di erba che si era salvato dalla neve e, proprio al centro, cresceva un unico fiorellino lilla sopravvissuto al freddo. Un sorriso sincero increspò le labbra di Allie, che alzò gli occhi per incontrare quelli di Carter. Il ragazzo si stava mordicchiando leggermente un labbro, in attesa. «E’ bellissimo».
«Lo so».
«Come hai fatto a trovarlo?» chiese Allie, inarcando un poco le sopracciglia. Quante possibilità c’erano di trovare un fiore in quella stagione con la neve appena caduta?
«A dire il vero, l’ho visto per caso mentre passavo di qui con Jules. E ho pensato subito a te». Allie inclinò la testa di lato e fece per aprire bocca ma Carter l’anticipò, sembrava nervoso: «Senti Allie, so che non ti entusiasma l’idea che Jules ed io facciamo coppia nella Night School, ma per me è solo un’amica e collega di lavoro». Carter mimò delle virgolette immaginarie sull’ultima parola. «Non voglio che ti senta infastidita dalla sua presenza. Anche perché l’unica con cui voglio stare sei tu». La fissò dritta negli occhi e ad Allie salirono le lacrime per un momento. Carter era sempre così sincero con lei. Era stata una stupida a dubitare di lui e preoccuparsi per Jules, non ce n’era ragione. Credeva in Carter e sapeva di avere la sua fedeltà più completa. Annuì brevemente e sbatté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime: «Lo so. Credo di aver sempre saputo che eri cotto di me dal primo istante», scherzò.
Carter scoppiò in una risata che veniva dal profondo del cuore: «Ora non montarti la testa solo perché hai rapito il mio cuore!»
«Ho un ostaggio, sei una mia proprietà. Faresti meglio a ricordarlo», gongolò Allie.
Carter le strinse più forte la mano e la osservò per un momento. «Sei più tranquilla ora?»
Allie annuì di nuovo e gli rivolse un sorriso riconoscente.

E’ proprio un ragazzo d’oro.

 «Mi fa piacere», le passò un braccio intorno alle spalle e la strinse a sé. «Ora, tornando al fiore c’è una cosa che devo dirti, ma è un po’ imbarazzante».
Allie lo guardò incredula: «Cosa? Il grande e coraggioso Carter West imbarazzato? Impossibile!»
Il ragazzo sorrise e si passò la lingua sulle labbra. «Guarda che anche i migliori s’imbarazzano». Allie gli tirò una gomitata nel fianco e lui rise. Poi, lo guardò incoraggiante e disse: «Continua con quello che stavi dicendo».
Carter fece una pausa e poi aggiunse: «Ecco vedi, dato che sono sempre qui e non mi è permesso uscire dalla scuola, non ho potuto prenderti un regalo di Natale», Allie stava per protestare che non ce n’era bisogno, ma lui alzò una mano per zittirla. «Quindi ho pensato di trovare qualcosa reperibile in questa maledetta scuola e quando ho visto quel fiore ho realizzato. So che possa sembrare stupido e ridicolo, ma quello è il mio regalo di Natale per te». La guardò negli occhi intensamente e aggiunse: «Anche se non si può portarlo via, ho pensato che valesse più di qualsiasi oggetto comprato con dei soldi».
«Oh mio Dio, Carter. E’ una bellissima idea», Allie lo guardò sorpresa. Aveva appena scoperto il lato più romantico di Carter West. «E’ il regalo più bello e profondo che abbia mai ricevuto». Lo attirò a sé e lo strinse forte in un abbraccio.
«Te lo meriti, perché tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata», sussurrò. Si scostò da lei leggermente e avvicinò le labbra alle sue, baciandola piano e lentamente. Nuvolette di condensa uscirono dalle loro bocche per il freddo e si dissolsero nell’aria intorno a loro.
«Il mio regalo, invece, è in fase di preparazione. E siccome sto aspettando un certo giorno speciale, dovrai aspettare un po’», gli fece l’occhiolino senza rivelare niente.
«Ora sono curioso», sorrise, «non vedo l’ora di quel momento».
«E fai bene», rise lei, attirandolo di nuovo a sé e ricominciando a baciarlo.

*

Ashley era appena stata in infermeria a trovare Sylvain e stava tornando nella sua stanza al dormitorio, quando vide Allie venire verso di lei, attraversando in fretta il corridoio.
«Hey! Ho sentito del tuo malefico piano per convincere Lucinda», esordì in segno di saluto, prima che l’altra potesse aprire bocca.
Allie rimase sorpresa: «Isabelle te l’ha detto?»
«Sì, e siccome io e Queen Lucinda ci conosciamo, sono obbligata a venire con voi». Ashley fece una smorfia e abbassò la voce appena notò Katie uscire dalla biblioteca proprio davanti a loro. La ragazza la squadrò dalla testa ai piedi con aria schifata e poi si girò per continuare sulla sua strada, nell’istante esatto in cui Ashley alzava il dito medio e le rivolgeva un gestaccio. Appena il corridoio fu libero da ascoltatori indesiderati, la ragazza continuò: «Di solito odio questo genere di eventi, ma la tua è stata un’idea geniale. Tu ed io ci prepareremo insieme per il ballo e ho in mente una sorpresa che farà uscire di testa Lucinda». Di fronte al suo tono di voce eccitato, Allie s’insospettì. «Non avrai intenzione di far incazzare Isabelle, spero».
L’altra rispose facendo un gesto di diniego con una mano: «Isabelle non s’incazza per queste cose, ma Lucinda sì ed è qui che riusciremo a convincerla».
Allie era sempre più perplessa. «Non vedo come farla arrabbiare possa aiutarci, Ashley», replicò ragionevole.
Ashley le scoccò un’occhiata carica di attesa, ma tutto quel che disse fu: «Aspetta e vedrai».
Sebbene Allie dubitasse seriamente che le idee bizzarre di Ashley potessero rivelarsi utili nel loro piano, si ritrovò ad annuire. Tuttavia, quando le rivelò la strategia che aveva messo in atto, Allie dovette ammettere che sarebbe stato davvero divertente vedere la reazione di Lucinda, soprattutto perché ciò che avevano in mente l’avrebbe sicuramente mandata in bestia. Sperò solo che la preside, dopo quello che aveva fatto per lei, non se la sarebbe presa troppo. Infatti, se non l’avesse aiutata, il suo piano non avrebbe avuto alcuna chance. Allie aveva supplicato Isabelle di organizzare un incontro con Lucinda, in modo tale che potesse parlarle e tentare di convincerla ad aiutarli nella difesa della scuola e nella lotta contro Nathaniel. Infine, più per disperazione che consenso, Isabelle le aveva promesso che avrebbe telefonato a Lucinda per chiederle di farle partecipare al ballo di Natale, che ogni anno teneva nella sua immensa villa.

Quando Ashley si ritrovò da sola nella sua camera, afferrò il cellulare nascosto sotto una pila di fogli nel cassetto della scrivania e digitò in fretta un messaggio: “Stasera sarò al ballo di Lucinda, vediamoci lì.” Premette invio e lanciò il telefono sul letto, poi spalancò l’armadio e mormorò: «Okay, vediamo di mettere insieme qualcosa».

*

Quel pomeriggio Allie aveva il turno di guardia della Night School: era l’occasione perfetta per parlare con Zoe. Quando la raggiunse nello spogliatoio accanto alla stanza Training Room One, Zoe stava indossando la tuta mimetica e termoregolatrice che Raj aveva rimediato a tutti i membri, e che avrebbe dovuto proteggerli dal gelo polare che imperversava là fuori. Allie indossò la sua in silenzio, e seguì poi la sua partner all’aperto per il loro giro di pattuglia del campus. Stavano camminando da ormai dieci minuti e la tensione tra di loro era palpabile, così Allie si decise a dire qualcosa. «Senti Zoe, riguardo a ieri…», cominciò, ma l’altra la interruppe.
«No Allie, sono io quella che deve scusarsi. Non avrei dovuto reagire così, a volte mi comporto proprio come una bambina». Allie stava per replicare che lei era una bambina, considerando i suoi tredici anni, ma si trattenne appena in tempo e rispose: «Dico davvero, anch’io devo chiederti scusa per non averti detto niente di tutta quella storia, e mi dispiace di non essermi fidata di te. Vedi, era un periodo assurdo. Tra la spia di Nathaniel, le liti con Carter e tutto il resto non sapevo con chi confidarmi…», Allie s’interruppe un attimo e scosse la testa, «e quando Christopher mi ha lasciato quella lettera, non sapevo cosa fare e temevo che, se l’avessi detto a qualcun altro, sarebbe andato a riferirlo a Isabelle e avrei perso l’occasione di parlare con mio fratello».
Zoe annuì lentamente e poi chiese curiosa: «Perché proprio Sylvain?»
«Non so, in quel momento stavo sclerando e lui era lì che mi fissava con quegli occhi così azzurri e col quel suo tono di voce gentile e… penserai che io sia orribile, ma credo di aver pensato che Sylvain sarebbe stato l’unico a tenere la cosa per sé, se gliel’avessi chiesto io».
«Perché?» domandò l’altra, girandosi a guardarla.
Allie fece una pausa, prima di ammettere: «Perché io gli piaccio e temo che farebbe qualsiasi cosa per me».
Zoe la osservò in silenzio senza dire niente. Infine, commentò: «Beh, penso che tua abbia ragione, Sylvain è così cotto che si lancerebbe da un ponte per te. E per quanto riguarda me e Carter, sicuramente saremmo andati a dirlo a Isabelle. Non per farti un torto, ma per tenerti al sicuro ed evitare che tu corra rischi inutili. Ricordati che Nathaniel vuole te e proteggerti è la nostra massima priorità, e soprattutto la mia, in qualità di tua partner».
Allie le rivolse un’occhiata piena di gratitudine e rimpianto. «Lo so, ho fatto una cazzata e mi dispiace così tanto che tu ci sia rimasta male».
«Aah, vieni qui scema», sospirò l’altra stringendola in un abbraccio serrato, sebbene le arrivasse appena sopra la vita.
Allie ricambiò l’abbraccio, tenendola forte tra le sue braccia, e disse: «Grazie per tutto quello che fai».
«Dovere!» esclamò l’altra. «E comunque anche a me dispiace di non averti detto del mio ex-partner».
«Gabe, eh? Perché proprio lui?» domandò Allie con un’espressione disgustata. Pensare a lui le faceva sempre venire i brividi.
«Non chiederlo a me, non l’ho mica scelto io! Odio Zelazny anche per questo, me l’ha rifilato lui quella gran rottura di palle. Stava sempre a dire "non fare questo" e "non fare quello"», Zoe imitò la voce gutturale di Gabe così bene che Allie scoppiò a ridere. In passato ci aveva provato anche Jo, ma a nessuno veniva meglio della sua partner.
«Credo che Zelazny abbia pensato che avessi avuto bisogno di più sostegno e attenzioni vista la mia giovane età», continuò, «ed è grazie a lui se ora puoi imparare dalla migliore, perché anch’io ho preso dal migliore, a quanto pare». La smorfia di Zoe coprì la sua aria soddisfatta.
«Quale onore!» esclamò Allie ridendo. Poi continuò: «Ok, credo che entrambe abbiamo imparato la lezione. La prossima volta, la fiducia prima di tutto», annunciò.
Zoe annuì. «Assolutamente».

E’ questa la cosa più importante, si ritrovò a pensare Allie. Se rimaniamo uniti, nessuno potrà dividerci e farci del male. Nemmeno un tipo come Nathaniel, e questa sarà la nostra arma vincente.

 

L’unione fa la forza!

*

Quando diverse ore dopo, Ashley e Allie scesero le scale dirette al ballo di Lucinda, Isabelle le stava aspettando nell’atrio della scuola. Indossava un cappotto bianco immacolato e, sotto di esso, si poteva scorgere un lungo abito a motivi colorati e un paio di scarpe dal tacco alto, abbinate alla perfezione. Nella sua eleganza, sarebbe sicuramente spiccata tra gli invitati. Quando la preside vide le due ragazze in cima alle scale, le si spezzò il respiro. «Non ci credo, l’hai rifatto», esclamò affranta.
Ashley replicò: «Questa volta sarà molto più divertente dell’anno scorso».
«Lucinda mi farà di nuovo una lavata di capo», sospirò Isabelle, scuotendo la testa disperata. Allie notò che non sembrava per niente arrabbiata o, semplicemente, aveva fatto l’abitudine agli scherzi di Ashley.
«Te l’ho detto che non se la sarebbe presa», bisbigliò la ragazza in risposta al suo sguardo interrogativo.

Ci avevano impiegato tutto il pomeriggio, ma alla fine entrambe erano soddisfatte del risultato: Allie indossava una minigonna nera con calze a rete color amaranto e un top dorato senza spalline, che le lasciava scoperta la schiena, facendola sembrare una prostituta della peggior specie. A completare l’opera, c’erano numerosi bracciali, il cappotto grigio di Ashley e gli immancabili Doc Martens bordeaux che le arrivavano al ginocchio. I suoi capelli rosso henné risaltavano anche al buio. Ashley invece era, se possibile, conciata anche peggio. Portava un paio shorts di jeans strappati in più punti, una calzamaglia viola con profonde smagliature che le scoprivano gran parte delle gambe e, per finire, un cortissimo top bianco che le arrivava a malapena sopra all’ombelico e mostrava un tatuaggio a colori, che si arrampicava a mo’ di edera intorno al suo busto e che finiva con una rosa rossa all’altezza del cuore. Sopra, una giacca di pelle nera che sicuramente non l’avrebbe protetta dal freddo e tacchi a spillo vertiginosi, che la facevano sembrare altissima. I suoi lunghi capelli mossi erano stati tinti di blu e raccolti in una coda di cavallo. Alcuni ciuffi sfumati di azzurro le ricadevano disordinatamente sul viso. Mentre Allie portava in testa un cappello da Babbo Natale con le lucine che si accendevano e spegnevano a intermittenza, Ashley aveva un boa di piume rosa shocking drappeggiato intorno alle spalle. Lucinda sarebbe sicuramente andata fuori di testa. Isabelle le squadrò attentamente dalla testa ai piedi e, senza aggiungere altro, fece una smorfia di disapprovazione e le guidò fuori dalla scuola, dove Matthew aspettava appoggiato a un’elegante macchina nera.

 

Lo chauffeur imboccò il vialetto di ghiaia, illuminato da una moltitudine di lanterne, e li condusse all’enorme sprazzo affollato di limousine e di figure in eleganti abiti da sera, che si accingevano a varcare gli imponenti cancelli in bronzo, che separavano la reggia di Lucinda dal resto del mondo. L’auto si fermò, lo chauffeur aprì la portiera per farli scendere e si allontanò poi per parcheggiare la limousine. Allie rimase a bocca aperta di fronte a quello spettacolo. Davanti ai suoi occhi, torreggiava la fontana più grande che avesse mai visto, al centro della quale alcune dee di marmo danzavano sotto le stelle con le mani rivolte in alto, da cui partivano zampilli di acqua fresca che scrosciavano sino ai loro piedi. Dietro di essa, un’immensa costruzione in stile gotico si ergeva minacciosa contro il cielo, come se volesse contrastare un temporale in agguato e sfidare gli dei o, più semplicemente, invitata chiunque ad andarsene e non oltrepassare la soglia. Allie si ritrovò a pensare che rappresentava perfettamente l’opinione che aveva di Lucinda, la regale nonna che aveva scoperto di avere dopo 16 anni di vita. L’importante e potente cancelliere della politica inglese. La ragazza cominciò ad avvertire un moto di paura dentro di sé e, sì, desiderò prendere al volo il consiglio che l’aura del palazzo le stava rivolgendo: fare dietrofront e dimenticarsi quella storia. Si sentiva sempre più a disagio e cominciò a chiedersi se venire lì e affrontare Lucinda, vestite in quel modo poi, fosse stata davvero una buona idea, ma Ashley le appoggiò una mano sulla spalla con fare rassicurante e, in modo che solo lei potesse sentirla, le bisbigliò all’orecchio: «Non farti intimorire dalla sua imponenza, andrà tutto bene. Il peggio è passato, credimi, dentro è molto meglio». Non seppe dire cosa fosse stato, forse l’atteggiamento calmo e rilassato di Ashley, la pacca sulla sua spalla, o la sicurezza che trasudava dalla sua espressione e la fiducia che i suoi occhi trasmettevano, ma Allie si sentì all’improvviso più motivata e convita che mai su quello che stavano per fare. Non voleva tradire Ashley, non dopo l’aiuto e l’incoraggiamento che le aveva dato. Era venuta fin lì con uno scopo preciso e non se lo sarebbe lasciato sfuggire per nessuna ragione al mondo, neanche per una maledetta casa che incuteva terrore con una maledetta fontana all’ingresso e, sicuramente, una maledetta piscina sul retro. Era arrivata fin lì per Lucinda, per convincerla ad aiutarli nella lotta contro Nathaniel: avevano bisogno di lei, Isabelle aveva bisogno di lei e Allie non voleva tradire la promessa che aveva fatto alla preside, avrebbe convinto sua nonna con qualsiasi mezzo. Rivolgendo uno sguardo sprezzante alla villa davanti a sé, seguì la preside e Matthew, che camminava sicuro nel suo smoking perfettamente stirato, verso la colossale porta d’ingresso dell’infernale costruzione.

 

Ashley afferrò al volo il secondo flûte di champagne, dal vassoio del cameriere che le passò accanto in gran fretta, e lo tracannò in un sorso mentre gli altri ospiti cominciavano a lanciare occhiatine insistenti e di disapprovazione al loro abbigliamento. Allie guardava con aria di sfida chiunque storceva la bocca al loro indirizzo e Ashley, dal canto suo, sghignazzava sotto i baffi al pensiero di come avrebbero reagito vedendo la seconda parte del loro piano. Entrambe le ragazze, però, cambiarono di colpo espressione quando videro Lucinda avanzare verso di loro, con una camminata spedita ed elegante al tempo stesso, e gli occhi che mandavano scintille. Isabelle si mise in mezzo per frenare Lucinda, ma l’altra riuscì ad evitarla e le sussurrò un rabbioso: «Ma sei impazzita?!», prima di agguantare le due ragazze per le spalle e sospingerle verso una stanza vuota, sorridendo al contempo affabile agli altri ospiti. Quando la preside varcò la soglia e si chiuse la porta dietro di sé, Lucinda si rivolse a lei con aria infuriata. «Forse non ti rendi conto. Dopo il modo in cui si è presentata l’anno scorso», disse indicando Ashley con un dito, «ti ho concesso di riportarla qui in via del tutto eccezionale. E ora, non solo è venuta qui conciata in quel modo, ma ha anche traviato mia nipote!»
«Traviato..» Ashley scoppiò in una risatina, appoggiò il bicchiere vuoto su un tavolino e si risistemò il boa di piume attorno alle spalle. Lucinda le scoccò un’occhiata seccata.
«Lucinda, ascolta..» La donna interruppe la preside con un gesto della mano e continuò: «Ora, mi seguirai di sopra, dove ci sono degli abiti che ho scelto personalmente per ogni evenienza e glieli farai indossare a forza, altrimenti vi faccio scortare fuori dai miei uomini», sentenziò Lucinda guardando Isabelle dritta negli occhi. Poi, si voltò verso Ashley e aggiunse: «Fai sparire quell’orrore», disse lanciando un’occhiata di disgusto al boa rosa shocking.
La preside le intimò un «l’anno prossimo non veniamo più», prima di seguirla fuori dalla porta.
Sole nella stanza, Ashley commentò: «Beh, l’ha presa bene». Le due ragazze si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere nello stesso momento.

 

Quando poco dopo tornò, Isabelle teneva tra le braccia due abiti da sera e un paio di scarpe col tacco per Allie. Li appoggiò sul divano in pelle al centro della stanza e, prima di uscire per permettere alle due ragazze di cambiarsi, suggerì a entrambe di comportarsi bene e non combinare altri casini. Impiegarono più tempo a togliersi i vestiti che avevano accuratamente scelto per stupire tutti, che a rivestirsi, ma alla fine varcarono la soglia come se la fatina buona avesse operato su di loro lo stesso incantesimo di Cenerentola. Ora, Ashley indossava un abito bianco che le arrivava sopra le ginocchia e, i cui lacci, si legavano dietro al collo scoprendole la schiena e lasciando intravedere una profonda scollatura. Una sciarpa di cashmere le copriva le spalle nude. Allie, invece, era avvolta in un aderente tubino celeste senza spalline, che le metteva in evidenza le curve al punto giusto, con una cintura nera in vita. La giacca bianca che indossava sopra metteva ancora più in risalto il colore acceso dei suoi capelli, ma su questo Lucinda non avrebbe potuto fare niente, né tantomeno sul trucco pesante che le due ragazze portavano.
Isabelle lanciò a entrambe un cenno d’approvazione e Lucinda sembrò quasi sospirare di sollievo mentre gli ospiti le osservavano incuriositi. Ciò che però non sapevano, era che Ashley e la sua compare erano intenzionate a spezzare l’incantesimo a mezzanotte.

Ballarono per tutta la sera, cercando di stare in equilibro sulle scarpe alte, cosa che, diventava sempre più difficile, man mano che svuotavano bicchieri di champagne. Allie era forse già un po’ troppo brilla, mentre Ashley sembrava reggere bene l’alcol, probabilmente una dote ricavata dal duro allenamento a base dei party e cocktail passati. Era mezzanotte quando, con uno sguardo d’intesa, decisero di agire. Allie aveva il compito di distrarre l’orchestra che Lucinda aveva ingaggiato per l’occasione, proponendo qualcosa da suonare, mentre Ashley s’impossessava del microfono e attirava l’attenzione dei presenti: «Signore e signori, buonasera! Grazie per essere venuti a questo “magnifico” ballo», fece la ragazza con ironia evitando di guardare Lucinda che, anche in mezzo alla folla, sembrava elevarsi in tutta la sua altezza, «voglio ringraziare la fantastica band, ottimo lavoro ragazzi, ma penso che sia ora di movimentare un po’ la serata, che ne dite? Divertitevi!» Detto questo, raggiunse la postazione da dj e accese l’impianto. Dalle casse esplose un boato di note.

Song: “I love it (I don’t care)” – Icona Pop

 

«I got this feeling on a summer day when you were gone. I crashed my car into the bridge, I watched I let it burn…», Ashley cominciò a cantare a squarciagola mentre, con passo instabile, si faceva strada tra la folla e raggiungeva il centro della sala. Afferrò la mano di Allie e la fece girare su se stessa. «I don’t care, I love it!» Le due ragazze si lanciarono in un ballo scatenato e volgare, cantando strofe a caso della canzone, mentre gli altri ospiti le osservavano in disparte allibiti. Lucinda non perse tempo e prese in mano la situazione, come se avesse previsto che sarebbe successo. C’era da aspettarselo da lei. Si avvicinò in fretta al palco e con un gesto sicuro e deciso, strappò via la spina dell’impianto stereo dalla presa, mettendo fine a quello spettacolino. Ashley la guardò sdegnata, le braccia allargate: «Oh, andiamo!» La donna non la guardò nemmeno in faccia, quindi si diresse verso Allie con passo svelto e le sussurrò all’orecchio «vieni con me, dobbiamo parlare» con tono perentorio. Allie incrociò gli occhi di Ashley, che assunse un’espressione sconsolata. Non sapeva dire se fare arrabbiare così tanto Lucinda, fosse una buona cosa o l’esatto opposto.  Cominciò a dubitare che il loro piano stesse dando i suoi frutti e fu la stessa cosa che lesse in faccia ad Ashley.

Di bene in meglio.

Allie seguì sua nonna nella stessa stanza di prima, a parte loro era ancora vuota. Lucinda emanava un’aura minacciosa, come se potesse scoppiare e fare scintille da un momento all’altro. Quando si girò a guardarla, capì che non era semplicemente arrabbiata, era furiosa, era delusa. Più precisamente, ce l’aveva con lei, sua nipote che aveva appena conosciuto e che già aveva tradito le sue aspettative.
«Che cosa diavolo era tutto quello?» Lucinda indicò la porta con un gesto della mano. «Che cosa speravi di ottenere così facendo?»
Allie non riuscì a rispondere. In una situazione normale avrebbe avuto la risposta pronta, ma non ora, non con sua nonna così delusa e ferita da lei. Lucinda continuò: «Ti ho invitata qui non solo perché Isabelle mi ha pregato di farlo, ma anche perché volevo conoscerti. Volevo capire se eri pronta a districarti in questo ambiente, ma tutto quello che ho visto è stato un ragazzina che si fa trascinare dalle idee bizzarre e ridicole da una persona socialmente problematica». Ok, no. Poteva dire di tutto, poteva sfogarsi come voleva, urlare perfino, ma non dire una cosa del genere su Ashley.
«Non è stata tutta colpa sua, ok? E’ stata anche una mia idea, pensavamo che sarebbe stato divertente».
«Divertente? Non è stato divertente, ma imbarazzante! Pensi che mettermi in ridicolo di fronte all’intero Consiglio, metà del quale favorisce Nathaniel, sia stata davvero una buona idea?» Lucinda era fuori di sé.
«Probabilmente no», ammise infine Allie. «Ma se sai chi sono queste persone, allora perché non ci aiuti a trovare la spia di Nathaniel? O forse non ti interessa la scuola?»
«Non è così semplice. Tu non hai idea di che cosa c’è in ballo». Lucinda liquidò la questione con un semplice gesto della mano, come se Allie fosse una bambina piccola non ancora pronta a gestire le “cose da grandi”. Sicuramente lo pensava davvero. E fu proprio quello a fare incazzare Allie ancora di più.
«Allora, dimmelo tu! Nessuno mi dice niente. Tu, Isabelle, mia madre, nessuna di voi si è degnata di dirmi come stavano le cose dall’inizio. Christopher se n’è andato e io non avevo idea del perché. Avrebbe potuto essere morto! Ma voi sapevate tutto e non avete detto niente! Tu non hai idea di quello che ho passato, ed Ashley è forse l’unica che mi capisce davvero, perché anche lei ha perso qualcuno di importante».
«Non ti abbiamo tenuto all’oscuro per farti un torno, Allie, ma per proteggerti! Così come proteggiamo Ashley, nonostante tutto. Voi ragazze pensate che tenere alcune cose segrete sia mentire, ma non vi rendete conto che lo facciamo per non ferirvi ulteriormente».
«No, nasconderci le cose e non fidarsi di noi vuol dire ferirci», Allie sputò fuori quella parole. Non ne poteva più di segreti e di gente che alterava la realtà, senza dire come stavano davvero le cose. Poi, pensò alle parole di sua nonna e si ritrovò a chiedere: «Da cosa state proteggendo Ashley?»
«Dalla verità, mia cara», il suo sguardo era diventato, se possibile, più comprensivo.
«Quale verità?»
Lucinda sembrò perdere la pazienza: «Pensi che per Ashley sarebbe un bene sapere che i suoi genitori sono stati assassinati?»
«Che cosa? Pensavo fossero morti in un incidente», esclamò la ragazza sotto shock.
«E’ ciò che le abbiamo fatto credere». Lucinda si bloccò di colpo e Allie si girò di scatto. Ferma sulla porta, con una mano ancora sulla maniglia, c’era Ashley con un’espressione imperscrutabile sul volto, ma con un luccichio negli occhi.

 

*


Ashley si allontanò di corsa. La sua mano, semplicemente, scivolò via dalla maniglia con leggerezza e lei dovette concentrarsi sul mettere un piede davanti all’altro, senza cedere ai sentimenti. Spalancò la porta d’ingresso e fu investita da una folata di aria gelida, mentre con passo affrettato cercava di scendere i gradini senza rotolare giù. Una voce alle sue spalle chiamava insistentemente il suo nome e, nonostante il rumore della festa, Ashley riuscì a cogliere l’inconfondibile voce della preside. Si girò di scatto per affrontare Isabelle. Com’era possibile che gliel’avesse tenuto nascosto? Le aveva mentito per tutta la sua vita, le aveva fatto credere che i suoi genitori erano morti in un incidente d’auto, quando erano stati brutalmente assassinati. Proprio lei, che era loro amica, come aveva potuto fargli questo, denigrando la loro memoria? Come aveva potuto farlo a lei?!

«Perché non me l’hai detto?» La sua voce si levò nella notte, sebbene avesse la mascella serrata per la rabbia.
«Detto cosa?» Isabelle sembrava stupita per la sua reazione. Evidentemente si era persa la scena di poco prima.
«Non fare la finta tonta con me, voglio la verità».
«Ashley, non so di cosa stai parlando», il tono della preside era rassicurante come sempre. Ashley, a volte, trovava irritante il modo in cui cercasse sempre di calmare gli altri con i suoi modi gentili e sicuri di sé. Fu ciò che la mandò fuori dai gangheri, che la spinse a sputare fuori quelle parole con astio: «I miei genitori sono stati uccisi e tu me l’hai tenuto nascosto per anni!», urlò.
Riuscì a scorgere il viso di Isabelle che sbiancava, nella luce smorzata proveniente dalla porta d’ingresso semi-aperta.
La preside sembrava scioccata, fece un respiro profondo e poi chiese, la voce ridotta a un sussurro: «Come fai a saperlo?»
«L’ha saputo da me. Ha sentito mentre ne parlavo con Allie», la voce di Lucinda risuonò alle spalle di Isabelle, che si girò a guardarla con aria stupefatta. Di certo, non pensava che l’avrebbe detto a sua nipote. Non era ciò che Isabelle aveva programmato; già, perché lei programmava sempre tutto. Costruiva le loro vite e poi ne tirava le fila da dietro, era ciò che aveva fatto con lei ed era anche il preciso motivo per cui Ashley cercava sempre di ribellarsi.
«Voglio sapere come sono stati uccisi e perché non me l’hai detto! Io mi fidavo di te!» Ashley riportò l’attenzione su di sé, mentre anche Allie compariva da dietro la porta, con un’espressione confusa e scioccata sul viso.
«Non te l’ho detto perché volevo proteggerti», Isabelle sembrò all’improvviso più vecchia di quel che era, la stanchezza dei giorni e mesi precedenti tornò a farsi vedere.
«Non rifilarmi le stesse stronzate che dici agli altri! Io non sono Allie!», sbraitò la ragazza, pur consapevole della presenza della sua compagna. Ma ora non importava, ciò che contava in quel momento era quello che aveva appena scoperto. I suoi genitori erano stati uccisi.

Da chi? Chi poteva volerli morti e perché? Per colpa di Lucinda? Probabile.

 
D’altra parte, Isabelle le aveva sempre detto che i suoi genitori era fervidi sostenitori di Lucinda, del consiglio, della Cimmeria. Tutto ciò di cui Nathaniel voleva impossessarsi e poi, chissà, forse distruggere, forse migliorare. All’improvviso le venne in mente chi poteva essere stato. Sebbene tutti dicevano che non agiva in quel modo, Ashley non si era mai fidata di lui. Ma non aveva prove, doveva chiedere a Isabelle di confermare i suoi dubbi, lei lo sapeva.
«Voglio sapere chi è stato», la sua voce non era mai stata ferma come allora, mai così sicura e intransigente.
Isabelle scosse la testa debolmente e piegò leggermente il capo di lato, mentre con voce supplichevole pronunciava il suo nome: «Ashley..»
«Dimmi il suo nome!»
Il volto della preside cambiò; ora sembrava pervaso dal dolore ed Ashley capì che ci aveva visto giusto, che aveva indovinato il colpevole dell’omicidio dei suoi genitori. Tutto divenne chiaro quando Isabelle pronunciò piano il suo nome: «Nathaniel». Tutto divenne realtà. Tutto, finì in quel momento.

*

 
Freddo. Ashley aveva freddo. Forse girarsi e scappare via, senza nemmeno prendere la giacca in una serata di fine dicembre, non era stata una decisione saggia. Ma in quel momento, la maledetta giacca non era stata il suo pensiero principale. Dopo quella rivelazione, aveva fissato Isabelle dritto negli occhi e poi, senza dire niente, si era allontanata senza guardarsi mai indietro. Nessuno aveva osato seguirla ed era meglio così, avrebbe solo peggiorato la situazione. Non si era fermata finché non aveva raggiunto il limitare dell’enorme giardino di Lucinda, dove una lunghissima siepe serpeggiava tutt’intorno. Sapeva che, lì da qualche parte, c’era una stradina che conduceva a un gazebo nascosto in mezzo agli alberi. S’incamminò sul viottolo coperto di neve, nonostante i tacchi alti glielo rendessero complicato, ma non le importava. Niente di tutto ciò che la circondava importava più. Rallentò e, infine, si fermò quando vide il gazebo bianco innalzarsi nel bel mezzo di una radura. Durante la sua permanenza dell’estate precedente nella villa di Lucinda, quello era stato il suo posto preferito. Quello in cui veniva a rifugiarsi e a nascondersi quando aveva troppi pensieri nella mente. Nascondersi. No, Ashley non l’avrebbe mai ammesso. Non era una di quelle che fuggivano dalla realtà e si nascondevano nell’illusione piuttosto che affrontarla. Si guardò intorno e notò l’edera che si arrampicava elegantemente intorno alle colonnine del gazebo, era ciò che aveva ispirato il suo tatuaggio, perché le ricordava quel ragazzo. Quello era il luogo in cui erano soliti incontrarsi, l’unico posto in cui sapevano che nessuno sarebbe venuto a disturbarli, in cui non li avrebbero mai scoperti. Camminare le aveva fatto bene, le aveva fatto smaltire un po’ della rabbia che stava esplodendo dentro di lei; ma ora, il gelo a cui prima era insensibile, si stava insinuando dentro di lei, facendo tremare in modo convulso. Sbloccò la mente e permise ai pensieri di affollarsi, come spesso faceva quando non era lucida e doveva ragionare su qualcosa di importante. Si prendeva un attimo di pausa per liberarsi delle emozioni e poi esaminava tutto con fredda determinazione.

 
Nathaniel aveva ucciso i suoi genitori? Non c’era bisogno che si chiedesse perché, voleva sbarazzarsi di loro perché stavano dalla parte di Lucinda. Era così che agiva il nobile Nathaniel? Quanti altri avevano già fatto la stessa fine? Quanti altri ce ne sarebbero stati prima che qualcuno mettesse un freno a Gabe? Degli innocenti ci stavano andando di mezzo e ad Ashley non piaceva per niente.

Porca puttana!

Perché diavolo Isabelle si teneva sempre tutto per sé e non diceva mai niente? Lei non era una normale studentessa, era come una figlia. Perché non si era fidata di lei e non le aveva raccontato ogni cosa?

 

Per proteggermi? Stronzate! Era la scusa del cazzo che la preside rifilava sempre a tutti, ma sapeva benissimo che Ashley sapeva proteggersi da sola meglio di chiunque altro. Allora perché?

 
Stava ancora riflettendo, quando udì una voce alle sue spalle: «Starai congelando». Era una semplice osservazione, non una domanda, non un suggerimento, una costatazione. Conosceva dannatamente bene quella voce e non si stupì di sentirla, dopotutto era stata lei a invitarlo lì, quella sera.
Ashley si girò a guardarlo, nell’esatto istante in cui Christopher si tolse la giacca del completo e gliela offrì. Diversamente da Gabe, sotto portava un paio di blue jeans, una camicia bianca e una cravatta che ciondolava nel vento freddo. Ora doveva essere lui a congelare. Poté constatare con sollievo che, a differenza del compagno, non si era rasato la testa. I suoi morbidi riccioli scuri erano ancora scompigliati al loro posto, esattamente come Ashley li ricordava, con quei profondi occhi grigi che la osservavano e coglievano ogni dettaglio. Un sorriso le increspò le labbra per la prima volta, dopo quelli che sembravano secoli, e si avvicinò a lui. Gli posò le mani sul viso e lo baciò sulla bocca, mentre lui le posava la giacca sulle spalle nude. Un bacio lunghissimo, appassionato. Christopher la strinse a sé ed Ashley si lasciò cullare dalle sue braccia forti e muscolose, l’unico posto in cui si sentisse al sicuro era accanto a lui, stretta nel suo abbraccio.
«Oh Dio, mi sei mancata così tanto», sussurrò il ragazzo, con il viso premuto sul suo collo nudo. Cominciò a baciarle dolcemente quella porzione di pelle, mentre il suo profumo gli riempiva le narici. Christopher si allontanò e la guardò sorpreso: «Che hai fatto ai capelli?», chiese scostando con una mano i ciuffi azzurri dalla sua fronte.
Ashley scrollò brevemente le spalle: «Avevo voglia di cambiamento? Si dice che non ci sia niente di meglio di un nuovo taglio di capelli per tirarsi su di morale».
Il ragazzo la osservò attentamente, le scoccò un bacio tenero sulla guancia e poi disse: «Posso tirarti su io di morale. Che succede?»
La ragazza fece un breve sospiro. Prese uno dei riccioli di Christopher e se lo arrotolò piano intorno al dito. «Beh, dopo quello che ho scoperto stanotte, direi che ne ho estremamente bisogno». Evitò il suo sguardo e lui probabilmente se ne accorse, perché domandò: «Cosa c’è? Cos’hai scoperto?»
«Hai presente i miei genitori morti in un incidente d’auto? Beh, sono tutte stronzate perché sono stati uccisi», srotolò il ciuffo di capelli dal dito, nello stesso momento in cui la sua voce s’incrinò debolmente.
«Che cosa?!» Christopher era incredulo. L’afferrò per le spalle e la strinse a sé. «Oh mio Dio, è orribile», le sussurrò all’orecchio. Ashley abbandonò la testa contro la sua spalla e quando lui le chiese chi era stato, chiuse gli occhi. Non era sicura di volerglielo dire, sapeva come sarebbe finita se gliel’avesse detto, avrebbero finito per litigare per l’ennesima volta. Quell’argomento con Christopher non si poteva toccare, andava su tutto le furie. Eppure capì che doveva dirglielo, perché se non l’avesse fatto sarebbe stato peggio: per lui, che si sarebbe infuriato ancora di più, se gliel’avesse tenuto nascosto, e per lei, perché non aveva altri con cui parlarne. E poi, perché lei non era come Isabelle, lei le cose importanti non aveva paura di rivelarle in faccia alle persone. Trattenne il respiro e bisbigliò «E’ stato Nathaniel».
Christopher l’allontanò di scatto da sé: «Che cosa?! No, impossibile», scosse la testa vigorosamente. E ti pareva.
«Chris, me l’ha detto Isabelle», la ragazza si concentrò sul cespuglio basso, che cresceva poco distante, per evitare i suoi occhi.
«Nathaniel non fa queste cose, Ash». Il tono di Christopher era sicuro di sé. Ashley considerava quasi morbosa la fiducia che riponeva nel suo mentore, ma allo stesso tempo molto leale. Lei non l’aveva mai fatto con Isabelle. Non erano esattamente in questi rapporti.
«Come fai a esserne tanto sicuro? Dopotutto quello che ha fatto Gabe, Nathaniel ha mai mosso un dito per fermarlo?»
«E tu come fai a fidarti ancora di quella donna? Ha mentito su un sacco di cose, chi ti dice che non l’ha fatto anche stavolta?»
I loro toni di voce non erano più dolci e amorevoli, era fermi e decisi, ognuno ferrato sulle sue convinzioni e pronto a difenderle. Si guardarono negli occhi senza dire più niente, un silenzio insostenibile cadde tra di loro. Finiva sempre così, ormai litigavano ogni volta per le stesse cose. Capita, quando appartieni a fazioni diverse e c’è una guerra in corso.
Christopher scrollò il capo e si passò una mano sulla fronte, come per cacciare un mal di testa. «Ti rendi conto che litighiamo sempre sulle stesse cose?»
Un sorriso triste comparve sul volto della ragazza. «Chissà perché. Forse perché siamo in una situazione un po’ di merda?», ironizzò.
«Solo un po’?» Il ragazzo le accarezzò dolcemente una guancia con due dita. Appoggiò la fronte contro la sua e mormorò: «Senti Ashley, mi dispiace di essere così scontroso, ma non mi piace quando viene messo in discussione quello in cui credo. Sei assolutamente certa che sia stato lui?» Ed eccoci di nuovo qui.

Ci risiamo, pensò Ashley.

«No, e tu sei assolutamente sicuro che lui sia innocente?» La ragazza lo fissò dritto negli occhi e attese con ansia, temendo che sarebbe di nuovo scoppiato un litigio. Ma Christopher dopo un momento affermò: «No, non lo sono». Capì che gli costava una fatica immensa ammetterlo, ma era già qualcosa.
«Ok, senti, credo che dovremmo indagare. Tu buttala lì con Nathaniel, io cercherò di parlare con Isabelle».
Il ragazzo annuì e, dopo un momento, le sollevò il viso e con gentilezza chiese: «Stai bene?»
Ashley sospirò e ci rifletté un attimo: «Sì, credo di sì». Con gli anni aveva imparato a crescere senza i suoi genitori, ad accettare il fatto che non li avrebbe mai conosciuti. Ciò che non andava bene era la questione con Isabelle. Non aveva idea di come avrebbe fatto ad affrontarla, né era sicura che l’avrebbe perdonata.
Si riconcentrò su Christopher, che stava dicendo: «Mi dispiace tanto che tu debba passare tutto questo. E spero davvero che Isabelle e Lucinda si sbaglino». La ragazza annuì, anche se dubitava fortemente che si sbagliassero su una cosa simile. Nathaniel non le era mai andato a genio e il fatto che il suo fidanzato pensasse tutto il contrario, non migliorava le cose tra di loro.
«Ora devo andare, ma ci sentiamo presto». La ragazza annuì ancora, poi si strinsero in un forte abbraccio e si scambiarono un lungo bacio a stampo. Ashley gli porse la giacca e lui se la rimise, consigliandole di tornare dentro o sarebbe morta dal freddo. Ashley, però, rimase lì sul vialetto, con le braccia strette intorno a sé per proteggersi dalla ventata di gelo che le faceva dondolare la coda di cavallo blu, a guardare la schiena di Christopher sparire nel folto del bosco. Era un’immagine che le mise una tristezza infinita e che la indusse a domandarsi, con timore e un po’ di nostalgia, quando si sarebbero potuti rivedere.

 To be continued...

Attention, please! 

Ok, ho due cose da dirvi. La prima è che non ho idea di come si comporti Lucinda, dato che nel primo romanzo l'accennano appena e nel secondo compare una volta sola, quindi in futuro, dopo l'uscita degli altri libri, se si rivelasse un po' troppo OOC, perdonatemi! Per descriverla, mi sono in qualche modo ispirata a Meryl Streep in "Il diavolo veste Prada". Lucinda mi fa troppo venire in mente Miranda Priestly! XD
La seconda cosa riguarda Christopher. Nel secondo libro, sia lui che Gabe hanno i capelli cortissimi, ma sebbene io abbia fatto Gabe rasato, non ho avuto il cuore di conciare così anche Chris. Mi sembra di ricordare che non sia nemmeno riccio, ma ho voluto provare perchè ce lo vedo troppo bene così. XD Lui me lo immagino alla Tom Riddle in Harry Potter 2, non so se mi spiego! :)

Lasciate un commento se volete, spero vi sia piaciuto.
A presto, Elis.

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Capitolo 5
*** Chapter Five ***


Night School

Chapter Five

 

Il resto delle vacanze di Natale passò in un batter d’occhio. Le lezioni ricominciarono e gli studenti tornarono ad affollare i corridoi e la biblioteca fino a sera tardi, sommersi dal carico di lavoro che gli insegnanti non risparmiavano mai di assegnargli. Non ci furono progressi nel trovare la spia di Nathaniel e le lezioni della Night School procedevano regolarmente. Nessuna notizia da Gabe, né da Christopher. Ashley, ogni tanto, controllava il cellulare nella speranza di trovare un nuovo messaggio, dopodiché scuoteva la testa sconsolata, riponendo il telefono invano. Nessun chiarimento neppure da Isabelle. La notte di Natale, durante il tragitto per rientrare alla Cimmeria, nessuno aveva aperto bocca. Né Ashley, né Isabelle e nemmeno Allie, mentre Matthew spostava lo sguardo incuriosito dall’una alle altre. Ashley aveva promesso a Christopher che avrebbe cercato più informazioni, ma non era pronta ad affrontare l’argomento con la preside e non aveva la più pallida idea di cosa poterle dire, senza rischiare di strangolarla con le sue stesse mani. Si sentiva ferita. Tradita da Isabelle, nella quale aveva riposto una fiducia cieca. Non avrebbe mai creduto che proprio lei, tra tutti, le avrebbe nascosto una cosa del genere. Era l’unica persona di cui Ashley poteva fidarsi al cento per cento, era sempre stato così e lei considerava Isabelle come la madre che non aveva mai avuto. Ma ora non era più sicura di niente, perché le aveva mentito per tempo immemorabile sull’unica cosa che non poteva perdonarle. I suoi genitori erano stati uccisi da Nathaniel e lei non gliel’aveva detto. Cazzo, aveva fatto finta di niente per anni e anni. Ashley non sapeva cosa pensare, né come avrebbe dovuto comportarsi d’ora in avanti e il malumore che si trascinava dietro da giorni a causa dell’assenza di Christopher, non migliorò le cose. Senza neanche accorgersene ricominciò, per l’ennesima volta, a sfidare la preside infrangendo una regola dietro l’altra, fregandosene altamente. Saliva sul tetto a fumare nel bel mezzo della notte, saltava le lezioni di letteratura inglese per non dover sottostare allo sguardo di Isabelle e incrociare i suoi occhi, andava in mensa dopo l’orario di punta per evitare Allie e qualsiasi domanda da parte sua, faceva lunghe passeggiate nel bosco o si rinchiudeva in camera a giocare al computer, dimenticando ogni contatto con i suoi compagni. Di conseguenza, si sentiva più sola che mai.

*

Quando Allie entrò nell’aula di Isabelle per la lezione di inglese, era così persa nei suoi pensieri che non vide Sylvain fermo sulla porta e ci andò a sbattere contro. Il ragazzo si girò e si guardò intorno, quando la vide, s’irrigidì leggermente. «Hey, Allie. Tutto bene?»
«Sylvain», esclamò sorpresa. «Tutto ok, almeno credo. Tu stai bene?», chiese Allie preoccupata.
«La dottoressa ha detto che posso seguire le lezioni, ma sono bandito dalle esercitazioni della Night School. Isabelle ha minacciato di legarmi al letto se mi presento agli allenamenti». Sylvain assunse una finta aria solenne e, quando vide che Allie non rideva, sorrise avvertendo una fitta alle costole. «Ouch».
«Sei sicuro di stare bene?», domandò Allie, osservandolo con apprensione.
Ma Sylvain scosse brevemente la testa e si portò una mano al petto: «Sì, ma belle, ma credo sia meglio che io vada a sedermi».
Allie annuì, ma quando vide che il ragazzo non si mosse, lo guardò interrogativamente. I suoi occhi blu sembravano due pozzi d’acqua e Allie per un attimo si perse in quella profondità, ma le parole di Sylvain la riscossero. «Hai detto “almeno credo di stare bene”, qualcosa non va? Se vuoi parlarne, io sono qui». Il ragazzo inclinò la testa e la fissò dritta negli occhi, come se cercasse di estorcerle informazioni leggendole nel pensiero. Allie si guardò intorno per assicurarsi che nessuno ascoltasse e poi disse: «E’ che Ashley si comporta in modo strano. Dopo il ballo di Lucinda, è sparita nel nulla ed io non so cosa fare per aiutarla. Credo che mi stia evitando, voglio solo sapere se sta bene». Sylvain emise un lungo sospiro. Isabelle gliene aveva parlato, Ashley stava tornando al lato oscuro dei vecchi tempi. Si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo, ma quando parlò il suo tono di voce era calmo e rassicurante: «Non devi preoccuparti per lei, Allie. Ashley non è stupida, sa quello che fa. E’ tornata nel suo periodo di ribellione, ma stai tranquilla, ci penso io a lei».
«Sei sicuro di non volere una mano?»
Sylvain annuì. «Ti prometto che le parlerò e la farò tornare in sé». Allie, però, non era sicura che sarebbe stata una cosa facile. Dalla notte di Natale, dopo quello che aveva scoperto sui suoi genitori, Ashley aveva cominciato ad evitarla. Allie aveva provato più volte ad andare a parlarle, ma ogni volta che si avvicinava, la ragazza cambiava strada e spariva nel nulla. Non l’aveva più sentita da allora e non capiva perché diavolo ce l’avesse tanto con lei. In fondo, non aveva fatto niente. Non era colpa sua se Lucinda avesse deciso di rivelarglielo proprio mentre lei ascoltava, né tanto meno poteva fare qualcosa per sistemare le cose con Isabelle. Allie era irritata dal comportamento della preside, non capiva perché mentisse a tutti. Sì, per proteggerci, sarebbe stata la sua risposta. Forse, ciò che Isabelle e Lucinda non avevano preso in considerazione, era che loro non avevano bisogno di essere protette dalla verità. E’ vero, la verità poteva ferire le persone più di un attacco fisico diretto, ma mentire non era la scelta giusta da fare. Era più semplice così, ma anche più scorretto. Faceva perdere la fiducia negli altri, proprio quando avevano bisogno di stare uniti per combattere Nathaniel. Allie non capiva come avrebbero potuto affrontare questa guerra senza nemmeno sapere cosa stava accadendo intorno a loro. Pensava che Ashley avesse tutto il diritto di sapere la verità sulla morte dei suoi genitori e la preside, ormai, non poteva più nasconderglielo.

E’ giusto che Ashley sia arrabbiata con Isabelle, ma non con me!

 Era più di una settimana che non le rivolgeva la parola e, come Allie decise in quel momento, se il piano di Sylvain non avrebbe funzionato, sarebbe andata a parlarle di nuovo e questa volta l’avrebbe costretta ad ascoltarla. Avrebbe sistemato le cose da sola.
Allie fece un cenno affermativo in segno di risposta e precedette Sylvain, entrando in classe e sedendosi a uno dei tanti banchi disposti a mezzaluna. Poco dopo, Carter fece il suo ingresso nell’aula e sprofondò sulla sedia accanto a lei, rivolgendole un sorriso caloroso. Allie, in tutta risposta, assunse un’espressione beata e, mentre Isabelle cominciava la lezione recitando antiche poesie d’amore, la sua mente non poté fare a meno di perdersi nel ricordo di lei e Carter nella notte di Capodanno.

 

*Inizio Flashback*

Because of you - Kelly Clarkson

 
Allie aveva organizzato tutto per bene. Dopo i festeggiamenti per l’anno nuovo, aveva rifiutato l’invito di Rachel e Jo di unirsi a loro a guardare un film horror, per salutare i vecchi spiriti e dare il benvenuto a quelli nuovi, o almeno era ciò che Zoe andava affermando. Allie cominciò a pensare che la sua partner avesse delle convinzioni abbastanza bizzarre. Per un attimo, temette che il suo piano sarebbe stato sventato, quando Carter si offrì di accompagnarla in stanza e propose dei piacevoli passatempi, che però non si avvicinavano neanche a ciò che lei aveva in mente. Riuscì comunque a liberarsi del ragazzo, fingendo di essere stanca e sostenendo che sarebbe andata a letto a dormire. Invece, sgattaiolò nel dormitorio maschile e s’infilò in fretta nella camera di Carter, prima che qualcuno potesse beccarla. Preparò tutto con cura e, una volta finito, non avrebbe dovuto fare altro che aspettare il ritorno del ragazzo. Carter non si fece attendere a lungo e quando la maniglia si abbassò e lui entrò nella sua stanza, rimase di stucco. Non si poteva certo incolparlo per essersi inchiodato sulla porta. Allie, infatti, giaceva sul suo letto circondata da profumati petali di rosa, sparsi un po’ ovunque sul pavimento. Delle candele erano state sistemate sulla scrivania e sulle mensole, e il bagliore fioco che emettevano davano un’aura sinistra e romantica, al tempo stesso, alla stanza.
«Sorpresa!», esclamò la ragazza ridendo. Carter scoppiò in una risata contagiosa.
«Oddio, è fantastico! Tu sei fantastica». Il ragazzo si avvicinò e si sedette sul letto accanto a lei, stringendola tra le braccia dolcemente e scoccandole poi un bacio sulla bocca. «A cosa devo l’onore?»
«Ti avevo detto che mi serviva tempo per finire il tuo regalo. In realtà stavo aspettando un giorno speciale, e cosa c’è di meglio dell’ultimo dell’anno? Volevo celebrare la fine di quest’anno schifoso e l’inizio di uno migliore, insieme a te. Questo è il mio regalo di Natale».
«Oh Allie, non so cosa dire», replicò il ragazzo guardandosi intorno con incredulità e amore; amore per quella ragazza che aveva fatto di tutto per adornare la stanza per un’occasione speciale come quella.
«Non devi dire niente, non c’è bisogno di parlare», esclamò Allie con aria maliziosa, «possiamo fare un po’ di questo, un po’ di quello, anche senza parlare». Gli passò gentilmente una mano sui capelli, tirandogli piano un ciuffetto.
Carter assunse una finta espressione sconvolta: «Mi stai dicendo che hai organizzato tutto questo per una notte di sesso sfrenato?»
«Non l’ho mai detto, ma neanche lo nego! Non è necessario che sia sfrenato, potrebbe anche essere dolce e tenero e amorevole e…», ma il ragazzo la interruppe: «Ok, ok, ho capito. Penso che tu sia un genio e quest’idea mi piacee». Carter si avventò su di lei ridendo. Si sdraiò al suo fianco sul materasso e ricominciò a baciarla, prima dolcemente, lentamente, baci leggeri e delicati, le labbra che si sfioravano tra di loro. Poi, sempre più a fondo, con passione, baci sempre più veloci e voraci, come se non si vedessero da anni, come se fossero disperati. Carter si spostò e si mise a cavalcioni sopra di lei, le mani strette intorno ai suoi polsi, disposti sopra la sua testa. La sua lingua premette contro i denti di Allie, che socchiuse la bocca permettendo al ragazzo di esplorarla. Le loro lingue s’incontrarono a metà strada, accarezzandosi a vicenda dolcemente, sempre più a fondo, sempre più veloci, mentre la passione dentro di loro cominciava ad accendersi, facendo infuocare i loro corpi di desiderio. Con uno sforzo immenso, Carter si staccò da lei per riprendere fiato. Rimasero a guardarsi, ansimando, gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altra, nero dentro grigio, persi in un mondo tutto loro come se la realtà circostante fosse sparita dallo sfondo. C’erano solo loro in quel momento, Allie e Carter, il loro amore, la loro storia, non importava nient’altro. E Allie capì in quell’istante, che non le interessava il modo in cui Sylvain la osservava con i suoi splendidi occhi azzurri, non le fregava niente se la sua pelle profumava di ginepro, ciò che importava davvero era lì davanti a lei, o meglio sopra di lei. Era Carter quello che amava, quello che voleva al suo fianco, quello che la rendeva felice e, sempre lui, quello con cui stava per fare l’amore per la prima volta. Non contava nient’altro e nessun altro.
Carter si avvicinò di nuovo e cominciò ad sfiorarle il collo con le sue labbra, lasciandole piccoli baci sensuali, scendendo sempre più giù. Con una mano slacciava i bottoni della sua camicetta, mentre l’altra s’insinuava sotto la gonna, accarezzandole le cosce con deliberata e sensuale calma, facendole ribollire la pelle sotto al suo tocco. Allie ansimò di piacere e dovette fare uno sforzo per concentrarsi sulla sua cravatta, allentargli il nodo e poi sfilargliela dalla testa. Carter slacciò un bottone dietro l’altro, accompagnandole ciascuno con caldi e umidi baci. Quando arrivò a dividere anche l’ultimo dalla sua asola, Allie si alzò sui gomiti e il ragazzo le fece scivolare la camicetta lungo le spalle, poi le braccia con una piacevole lentezza carica di attesa. Finalmente, lanciò l’indumento da qualche parte nella stanza e rimase a guardare il suo reggiseno nero di pizzo con malcelata ammirazione. Poi, afferrò il colletto della sua camicia e se la sfilò in fretta dall’alto, liberandosi anche di quella, buttandola a terra. Carter indietreggiò fino ad arrivare ai piedi del letto, ed Allie rimase a guardarlo con la testa piegata di lato, mentre le sollevava un piede e cominciava a far scorrere la cerniera dei suoi Doc Martens, lanciandole nel contempo occhiatine ben poco innocenti. Il ragazzo le tolse lo stivale bordeaux e lo poggiò sul pavimento, per poi afferrare l’altro e lasciarlo cadere con voluta enfasi. Le rivolse un sorriso dolce e indecente al tempo stesso e, con l’agilità di un felino, si arrampicò poi sopra di lei, tornando a baciarla sulla bocca, come se quel contatto gli fosse mancato. Allie rovesciò la testa all’indietro e lasciò che Carter la soffocasse nei suoi baci disperati e passionali. Infine, si staccò di nuovo da lei e cercò l’apertura della sua gonna tastandole la vita, mentre Allie gli afferrava la cintura e cominciava a slacciarla lentamente, facendo scorrere il suo sguardo sul petto nudo del ragazzo, inebriandosi di quella visione scolpita e dannatamente bella. La curva delle spalle di Carter sembrava una linea dura che lo faceva sembrare più grande, più adulto di quello che era, ma Allie sapeva che quella pelle, sotto il suo tocco, era morbida come quella di un bambino. Tornò a concentrarsi sui suoi pantaloni, liberando il bottone dall’asola e tirando giù la zip, nello stesso istante in cui Carter rinunciò a cercare la cerniera della gonna e con uno strattone gliela levò di dosso. Allie gli lanciò un’occhiataccia poco convinta e lui alzò le spalle in segno di scusa. Si sollevò poi sulle ginocchia e lottò con non pochi sforzi per uscire dai pantaloni della divisa, mentre Allie si godeva lo spettacolo ridacchiando. Dopo che, finalmente, si fu scrollato di dosso anche quelli, Carter le afferrò la vita e la trascinò verso il basso con un sorriso scherzoso sulle labbra, parandosi la faccia dalla cuscinata che Allie gli aveva tirato. Il cuscino ricadde pesantemente alle loro spalle, ma nessuno dei due ci fece caso. Allie gli mise una mano dietro il collo e lo attirò a sé, stringendogli le spalle e affondando le dita in quella pelle che emanava un piacevole e delicato aroma di caffè e spezie. Carter la baciò di nuovo con dolcezza, scoccandole caldi baci su tutto il viso: prima sulla fronte, poi sugli occhi, sulle guance, per poi strusciare il naso contro quello della ragazza, tornando a dedicarsi alla sua bocca, mentre le sue mani scorrevano su e giù sul corpo magro della ragazza, scivolando sulla pelle vellutata. Si liberarono, infine, anche degli ultimi intimi indumenti e Allie ricordò l’espressione che Carter le aveva rivolto.
«Sei sicura di volerlo fare?», chiese guardandola dritto negli occhi. Allie annuì senza interrompere quel contatto e sussurrò: «Ormai siamo qui, non ha senso tirarsi indietro». Il ragazzo sorrise sollevato per aver ottenuto il consenso e bisbigliò al suo orecchio: «Farò più piano che posso». Poi, cercando di non farle male, con quanta più calma e delicatezza possedeva, Carter si sollevò di poco da lei e con deliberata lentezza…
Isabelle schioccò le dita seccata e la riportò alla realtà. Le lanciò un’imbarazzante occhiataccia del tipo “so a cosa stai pensando” e la invitò di nuovo a leggere la strofa successiva. Allie si alzò in piedi di malavoglia, sperando che le sue guance non fossero troppo rosse, più per i suoi sconci dolci ricordi che per l’imbarazzo, e cominciò a recitare i versi della poesia, sperando che quell’interminabile ora finisse in fretta.

 

*Fine Flashback*

 *

Ashley si era rotta di tutta quella situazione. Aveva passato giorni a rimuginare e a evitare gli altri. Sentiva la mancanza di Christopher, ma più di ogni cosa voleva tornare a parlare con Allie, a pianificare diaboliche strategie o, semplicemente, a condividere sane chiacchiere e vita quotidiana. Così, decise che era ora di farle qualcosa, di prendere in mano le redini del gioco. Fu ciò che, quel pomeriggio, la spinse a bussare alla porta dell’ufficio della preside e a varcare la soglia senza nemmeno essere stata invitata.
«Voglio la verità, voglio sapere tutto quanto», annunciò.
Isabelle le rivolse in principio un’occhiata sorpresa, ma subito la rassegnazione prese il suo posto e, con un gesto della mano, indicò la poltrona in pelle davanti alla sua scrivania. Ashley esitò, ma quando vide che Isabelle la fissava senza accennare a muoversi o ad aprire bocca, si avvicinò e sprofondò nella comoda sedia. Prima di rispondere, Isabelle mise da parte quello che stava leggendo e si portò gli occhiali sulla testa. «Ashley, prima di tutto voglio che tu sappia che mi dispiace di avertelo tenuto nascosto». Quando però la ragazza sbuffò annoiata, la preside assunse un’aria più severa; si chinò sulla scrivania verso di lei ed esclamò: «Ascoltami». Il suo tono deciso costrinse Ashley ad alzare lo sguardo e a guardarla negli occhi, prestandole attenzione. «Ho cercato di crescerti al meglio, dandoti tutto quello che potevo per farti stare bene e al tempo stesso ti ho tenuto al sicuro dai pericoli».
Ashley fece una smorfia e mormorò: «Oh, andiamo!» Ma la preside la interruppe bruscamente: «Non ho finito. Se vuoi sapere tutta la storia, devi lasciarmi parlare, senza interrompermi continuamente con i tuoi commenti sarcastici». Ora sembrava arrabbiata e Ashley odiava dover ubbidire senza potersi ribellare, ma si ritrovò comunque ad annuire. Se Isabelle stava davvero per dirle tutto, allora avrebbe ingoiato la bile e, per una volta, le avrebbe dato retta. La preside fece un bel respiro come per calmarsi e continuò: «Il mio compito era quello di proteggerti e di farti vivere una vita il più possibile normale, come qualsiasi ragazzino meriterebbe. Se pensi che un bambino sia in grado di metabolizzare il fatto che i suoi genitori siano stati brutalmente assassinati, ti prego dimmi come si fa, perché io non ne ho la più pallida idea e penso che sia sbagliato rovinare l’infanzia di una persona con questi orrori. Quello che è successo ai tuoi genitori è terribile e credimi quando ti dico che lo so, perché erano miei amici. Il massimo che potevo fare per loro era prendermi cura di te, e così ho fatto. Non ti ho detto la verità perché finora non eri pronta a sentirla, non eri in grado di gestirla».
«Non sono più una bambina, Isabelle», affermò Ashley.
«Lo so», replicò lei, rivolgendole il suo sguardo dorato più indulgente, «ora sei diventata grande, sei diventata forte e penso che tu possa affrontare tutto questo. E’ da tempo che sto pensando di dirtelo, stavo solo aspettando il momento giusto».
«Beh, sentirmelo dire da Lucinda non era certo il modo né il momento giusto», commentò la ragazza con amarezza.
Isabelle annuì costernata. «Lucinda mi ha raccontato tutto, mi dispiace che tu l’abbia scoperto così. Non era ciò che mi aspettavo».
«Avrei voluto saperlo da te, Isabelle». Ashley fece vagare lo sguardo ferito sulle pareti della stanza e poi aggiunse: «Avrei preferito non scoprirlo così, con Lucinda che sbandierava il segreto ai quattro venti come se niente fosse».
«Credimi quando ti dico che ho fatto la ramanzina anche a lei, questa volta», le sfuggì un debole sorriso.
Ashley alzò lo sguardo e incontrò gli occhi preoccupati della preside. Con un filo di voce, bisbigliò: «Allora è tutto vero? E’ stato davvero lui?»
Isabelle si tolse gli occhiali e li appoggiò sulla scrivania davanti a lei, poi annuì tristemente. «Purtroppo sì, capisci perché non potevo dirtelo? Saresti cresciuta covando un profondo odio verso di lui e non saresti diventata la ragazza spensierata che sei ora. Non ho avuto cuore di rovinarti gli anni più belli della tua vita».
La ragazza fece un respiro profondo per ricacciare indietro le lacrime, mentre Isabelle si alzava e andava a sedersi sulla poltrona accanto a lei. Poi, le strinse dolcemente una mano e le sistemò una ciocca di capelli blu dietro l’orecchio con l’altra mano. Ashley si sentì leggermente infastidita da quel tocco, ma non si ritrasse. In fondo, in quel momento Isabelle sembrava davvero sincera e dispiaciuta. Senza quasi rendersene conto, si ritrovò a chiedere: «Perché? Perché l’ha fatto?»
La preside la osservò per un lungo momento, sembrava stanca e le borse sotto gli occhi ne erano la conferma. Ma quando parlò, la voce di Isabelle era calma e sicura di sé: «Perché erano d’intralcio. In quel momento, i tuoi genitori ci stavano aiutando a combatterlo. Diedero una mano anche a Lucinda, a tenere sotto controllo i membri del Consiglio, e ciò ci permise di ostacolare e mandare all’aria il suo piano. Nathaniel si è vendicato così. Avrebbe potuto scegliere me o Lucinda, ma», le lanciò uno sguardo e poi continuò, «è crudele dirtelo ma, ha scelto loro perché sapeva che avevano una figlia piccola». La ragazza scostò la mano bruscamente e si liberò dalla sua stretta. Si girò a guardarla sconvolta: «Questo è un attacco personale, quando pensavi di dirmelo?» Nel suo tono di voce non c’era più ironia, c’erano l’accusa e la rabbia che provava.
«Ashley… ne abbiamo già parlato», la preside, ora, sembrava ancora più stanca di prima.
«Sì sì, lo so, aspettavi il momento giusto. Mi stavo solo chiedendo quando sarebbe stato questo momento», replicò sarcastica. Isabelle si alzò e tornò dietro la sua scrivania, aumentando il distacco tra di loro. Quella scrivania segnava tutto: chi stava di qua e chi di là. Rappresentava il vantaggio che la preside aveva su di lei e anche la sua autorità. Separava i loro ruoli di madre e figlia, e metteva invece ben in chiaro quello di insegnate e studentessa. Ashley si ritrovò a pensare che quella distanza sembrava sempre più ampia, non un abisso senza fondo, ma quasi. Non sapeva più se poteva ancora fidarsi di lei e, sicuramente, se Isabelle avesse saputo di lei e Christopher, avrebbe pensato la stessa cosa. Avrebbe dubitato di lei, come era giusto che fosse, e come Ashley stava facendo con lei quel momento.
Quando parlò, la sua voce era più fredda e professionale: «Se non hai altre domande..», sembrava seccata.
«In effetti, sì», la interruppe lei, «voglio sapere come li ha uccisi». I suoi occhi verdi erano fermi, immobili, determinati, mentre sfidava la preside con lo sguardo. Rimasero così per alcuni secondi, a guardarsi negli occhi, come se quello fosse l’unico contatto che separava due persone tra la vita e la morte.
Poi Isabelle disse: «Gli ha sparato». Ashley fece una smorfia e si alzò. Prima di uscire, però, annunciò: «Tornerò a lezione, ma non sono sicura di poterti perdonare». Poi, fece un teatrale inchino, mormorò un ironico «grazie per il tuo tempo» e uscì sbattendo la porta. Isabelle rimase ferma a guardare la porta chiusa, in piedi, con le mani appoggiate sulla scrivania. Scosse la testa sconsolata e sospirò.

 

*

L’allenamento della Night School di quella sera li tenne così impegnati che Ashley non ebbe occasione di parlare con Allie, neanche se l’avesse voluto. Zelazny li fece correre per cinque miglia, senza mai fermarsi, e urlava dietro a chiunque sentisse chiacchierare. Sembrava che sentisse a distanza di chilometri, come se fosse un pipistrello che gli svolazzava intorno, mimetizzandosi nel folto degli alberi. Ashley non poteva chiedere di meglio. Correre le era sempre piaciuto; stendere i muscoli al massimo e continuare finché non facevano male, mettendo un piede davanti all’altro, concentrandosi solo sul percorso davanti a sé. L’aveva sempre considerata come una forma di liberazione, sia mentale che corporale, ciò che impediva alla sua testa di riempirsi di pensieri inutili. In quel momento, era proprio ciò che le serviva per evitare di ricordare e ripensare continuamente alla conversazione con Isabelle e a tutte le complicazioni che ne derivavano. Continuò a correre con passo spedito, finché non seminò gli altri e arrivò al traguardo. Come rallentò e appoggiò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, Raj le porse una bottiglietta d’acqua.
«Ottimo lavoro», commentò soddisfatto. Ashley accettò la bottiglia, bevve un sorso e poi si versò l’acqua gelata sul collo, rabbrividendo quando le goccioline presero a colare dentro la tuta. Raj le lanciò un’occhiata strana e disse: «Ti prenderai un accidenti se fai così. Siamo ancora a gennaio». Per tutta risposta, Ashley si mise un asciugamano sulle spalle e lo guardò inespressiva, poi si allontanò bevendo un sorso d’acqua. Raj rimase a guardarla, mentre anche gli altri studenti tagliavano il traguardo. La sua voce si perse nel buio della notte, senza risposta: «Dove stai andando?»

Ashley s’incamminò sul sentiero che portava alla cappella, calciando svogliatamente alcuni sassolini che incontrava sul vialetto. Sebbene la tuta termoregolatrice che indossava, faceva un freddo cane.

Ci mancava solo Raj che rompe i coglioni, pensò tirando un calcio a un sasso che andò a sbattere contro il tronco di un albero.

Let Me Out – Ben’s Brother

 
«Dovremmo smetterla di incontrarci così». La voce alle sue spalle la fece girare di scatto per la sorpresa. Christopher era fermo in mezzo alla stradina, appoggiato al cancello che portava alla cappella, e indossava un completo scuro sotto il pesante giaccone. Ashley rimase a fissarlo per parecchi secondi, come se non fosse davvero lì, ma fosse solo frutto della sua immaginazione. Si riprese, comunque, dall’incredulità e borbottò con scherno: «Che cosa ci fai qui? Sei venuto a chiedere scusa per essere sparito nel nulla?»
«Ehi, non è stata colpa mia, non sono riuscito a liberarmi». La ragazza sbuffò e Christopher fece un gesto della mano come per calmarla, poi spiegò: «Nathaniel ha scoperto di noi due. Gabe gliel’ha detto e lui non era molto entusiasta. Non sa che sono venuto qua stasera, sono uscito di nascosto».
«Molto coraggioso da parte tua», lo sbeffeggiò Ashley, «cosa pensavi, che avrebbe fatto i salti di gioia e organizzato un addio al celibato?»
Il ragazzo rimase a bocca aperta: «Che diavolo ti prende?»
«Scusa, è solo un periodo davvero di merda!» Ashley mollò un calcio a un albero, e Christopher rimase a osservarla, inclinando leggermente la testa di lato.
«Ehi, vieni qui», spalancò le braccia e la invitò ad avvicinarsi. Seppur inizialmente riluttante, Ashley non se lo fece ripetere e si lasciò andare nel suo abbraccio, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
«E’ tutto ok», bisbigliò dolcemente il ragazzo, stringendola forte a sé e accarezzandole con gentilezza la schiena con una mano.
«E’ solo che, cazzo…», Ashley tirò su col naso e poi continuò, «dopo il ballo è andato tutto di merda e tu eri sparito dalla circolazione. Non sapevo dove fossi, non sapevo cosa pensare».
«Shh, va tutto bene. Ora sono qui», sussurrò lui stringendola più forte nel suo abbraccio. «Non andrò da nessuna parte, tornerò sempre da te in un modo o nell’altro, lo sai».
La ragazza si scostò leggermente da lui e mormorò: «E perché lo faresti?»
«Perché ti amo», Christopher la fissò dritto negli occhi verdi con il suo sguardo gentile e le passò una mano sulla guancia, per poi scendere fino alla bocca e accarezzarle le labbra con un dito. Avvicinò il viso al suo e la baciò piano, dolcemente, come se fosse la prima volta. La ragazza gli avvolse le braccia intorno al collo e lo tirò a sé, baciandolo con più passione. Poi, si scostò di poco, appoggiò la fronte alla sua e bisbigliò: «Ti amo anch’io». Un sorriso increspò le labbra di Christopher, come disse: «Lo so». Ripresero a baciarsi con più foga, senza neanche accorgersi che stavano indietreggiando, passando oltre il cancelletto di metallo, andando a sbattere contro la porta della chiesetta.
«Ok, ok, aspetta un attimo», disse Christopher ansimando, allontanandosi da lei, con la schiena appoggiata contro la parete dura.
«Non fare il guastafeste proprio ora», lo rimproverò lei, scansando la sua mano tesa e cercando di avvicinarsi di nuovo. Ma il ragazzo l’afferrò per le spalle e la tenne ferma: «Dico davvero, prima ho una sorpresa per te».
«Una sorpresa? Allora è vero che sei venuto a farti perdonare», esclamò lei stringendo gli occhi con fare indagatore.
Lui assunse un’espressione colpevole, di un bambino che è appena stato scoperto con le manine nel vasetto di Nutella. «Ok, lo ammetto. Mi hai scoperto». Poi aggiunse: «Non vuoi sapere cos’è questa sorpresa?»
«Certo che voglio saperlo, non scherzare!»
«Ok, aspetta qui», disse lui, sparendo poi all’interno della chiesetta.
«E chi si muove», replicò. Pochi secondi dopo, Christopher spalancò l’uscio e la invitò ad entrare: «Chiudi gli occhi, e non sbirciare!» Le afferrò la mano e la guidò oltre le panche disposte in file orizzontali, fino all’altare di pietra posto al centro della navata sotto una pesante croce di legno raffigurante Gesù. «Ora puoi aprire gli occhi», le sussurrò all’orecchio con quel fare affascinante, che ancora adesso, qualche volta, la mandava in brodo di giuggiole. Ashley aprì gli occhi e vide che Christopher si era tolto la giacca, teneva le mani nascoste dietro la schiena. Intorno a loro erano stati accesi i ceri, che davano un’aria spettrale alle pareti rivestite da splendidi arazzi, con le incisioni latine che sembravano brillare. Lunghe e lugubri ombre si allungavano fino al centro della stanza. La ragazza notò divertita che la sua giacca era stata appesa alla croce, come per nasconderla. La indicò con un cenno del capo e Christopher replicò con un’alzata di spalle: «E’ meglio se lui non vede. Non credo che sarebbe contento di sapere che stiamo per profanare un luogo sacro».
Ashley gli rivolse un’occhiataccia e poi chiese curiosa: «Cosa nascondi lì dietro?»
«La crème de la crème». Il ragazzo estrasse un mazzo di rose rosse da dietro la schiena e gliele offrì sorridendo. Ashley rimase senza fiato. «Le mie preferite». Lui annuì e le porse i fiori, che lei accettò e si portò al viso per annusarne l’odore piacevole e delicato. Poi, sorrise senza ritegno, appoggiò le rose su una panca e, con un agile slancio gli saltò in braccio, incrociando le gambe dietro di lui e ricominciando a baciarlo. Christopher sostenne il suo peso, poi la fece sedere sull’altare, trattenendole la testa contro la sua. I loro baci si fecero sempre più appassionati e voraci, le loro bocche respiravano l’una nell’altra, le loro lingue s’incontrarono a metà strada, dando inizio a una danza tutta loro. Ashley gli passò le mani sulle braccia, le infilò sotto la giacca e la fece scivolare giù dalle spalle. Christopher si allentò il nodo della cravatta e poi la slacciò del tutto, mentre con l’altra mano liberava i capelli di lei dall’elastico e ci affondava dentro il viso, respirando il suo profumo. Ashley ansimò e cominciò il lento processo erotico, dedicandosi a slacciare un bottone dopo l’altro della sua camicia, lanciandogli occhiatine maliziose e mordendosi il labbro con fare invitante e osceno al tempo stesso.
«Mi farai morire così», sussurrò il ragazzo, subito zittito da un dito di lei premuto sulle labbra: «Shh». Ashley si lasciò andare a una risatina appena Christopher cominciò a baciarle il collo, lasciandole tracce umide una dietro l’altra, fino ad arrivare al colletto della tuta dove si bloccò, guardandolo imbronciato. Non perse tempo con la cerniera, afferrò l’orlo della maglietta e gliela sfilò dall’alto, buttando l’ostacolo proibito dietro di sé. Ashley si sbarazzò anche della sua camicia, rivelando la pelle lucida e morbida del ragazzo, e soffermandosi ad ammirare i suoi addominali scolpiti e le spalle ampie di un uomo bellissimo. Si era dimenticata quando fosse stupendo. Entrambi rabbrividirono per l’aria fredda a contatto con la pelle nuda. Christopher tornò a concentrarsi sulle sue labbra, ricominciando a baciarla con amore e dedizione, accarezzandole la lingua con la propria. Per un momento si persero in quell’oblio, godendosi tutte le sensazioni appieno. Tutto quello che si erano negati per settimane, la vicinanza dei loro corpi, l’odore l’uno dell’altro, la sensazione di possedere ed essere posseduti, il contatto con la propria dolce metà e soprattutto, l’avere a che fare con sentimenti dolci, genuini e sinceri come la passione che si incendia tra di loro, come l’amore che riempie i loro cuori. Christopher la fece sdraiare sull’altare, si slacciò i pantaloni con gesto deciso e poi si stese sopra di lei. Ashley avvertì la superficie gelida contro la propria schiena, ma non le importò e fece di tutto per non pensare alla sensazione del freddo che ti entra nelle ossa come ghiaccio appena estratto dal freezer. Fuori, la notte serena punteggiata di stelle, fu riempita da fruscii sinistri e dall’eco del rito che si stava svolgendo sotto il tetto della cappella, come i due ragazzi si lasciarono andare, cedendo alle tentazioni tanto proibite ed erotiche, quanto attese e desiderate.

 To be continued...

Ok, lo devo ammettere: non è stato semplice scrive due scene così, quelle delle due coppie intendo, nello stesso capitolo. Il problema principale è il riuscire a non scrivere le stesse cose e cercare di cambiare un po' i termini, spero di essermela cavata. XD Ma alla fine posso dire che per immaginare Chris e Carter mezzi nudi, ne è valsa la pena. LOL :)

A presto, Elis.

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Capitolo 6
*** Chapter Six ***


Night School

Chapter Six



Il giorno dopo Ashley era raggiante. I suoi capelli tinti, acconciati in una lunga treccia, sembravano più lucenti che mai; i suoi profondi occhi verdi brillavano e persino la sua pelle chiara riluceva al sole. Sembrava splendere di una luce propria, ma la cosa più sconvolgente, che costrinse gli studenti a lanciarle occhiatine curiose al suo passaggio, era il plateale sorriso smagliante che le incurvava le labbra, così strano e fuori luogo dopo l’umore nero delle settimane precedenti. Quando, quella mattina, entrò nella grande sala da pranzo stipata di studenti per fare colazione, diverse teste si girarono a guardarla. Avanzava come una regina in mezzo a un corteo: la lunga treccia le ricadeva ordinatamente sul seno, la divisa perfettamente stirata e un foulard in tinta, avvolto intorno al collo sottile, le facevano risaltare il volto aperto e solare rivolto dritto davanti a sé. Senza guardare nessuno in particolare, puntò a un tavolo rotondo poco distante, i cui occupanti la osservarono più stupiti che sorpresi, mentre le scarpe dal tacco alto che portava rimbombavano sul pavimento lucido.

«Guarda, guarda, chi ci concede l’onore della sua presenza», commentò Jo aspra mentre Ashley si sedeva tra Zoe e Lucas come se niente fosse. Occhiatine nervose corsero per tutto il tavolo, Ashley alzò lo sguardo nell’istante in cui Rachel aggrottava le sopracciglia all’indirizzo di Allie.
«Oh, andiamo ragazzi! Tutti noi abbiamo i nostri periodi bui», Ashley scrollò le spalle e poi aggiunse, rivolta a Jo, «e non c’è bisogno che ricordi a tutti i tuoi».
«Risparmiacelo, grazie», replicò lei.
«Devi fare più di questo se vuoi essere perdonata. Jo sa chiedere scusa in modo esemplare», le disse Carter con un sorriso.
«Ok, sentite. Mi dispiace per avervi snobbati e ignorati del tutto», Ashley ammise con riluttanza, «sono stata una gran stronza, ma ognuno di voi ha passato qualcosa di simile e sono sicura che potete capirmi». La ragazza rivolse un’occhiata di rammarico a Allie. Sembrava così sincera in quel momento.
«E’ stato un bel discorso», fece Lucas battendole una mano sulla schiena con fare scherzoso, «ma sull’ultima cosa ti sbagli. Noi non siamo così incasinati come te, c’è anche gente seria qui». Fu ciò che sciolse la tensione e provocò l’ilarità dei presenti. In fondo, qualsiasi cazzata qualcuno di loro facesse, veniva sempre perdonata. Era ciò che si definiva “amicizia”. E sia Ashley che Allie ne sapevano qualcosa in fatto di dover chiedere scusa ed essere perdonate per le proprie azioni. La ragazza rivolse un mezzo sorriso timido a Ashley, mentre Jo biascicava «ok, sei perdonata», poi alzava il calice per brindare. Gli altri la imitarono, levarono i loro bicchieri d’acqua e mormorarono in coro: «All’amicizia e alla vita di merda alla Cimmeria».
Scoppiarono a ridere tutti quanti quasi nello stesso momento, ma il sorriso di Ashley si spense quando vide un’ombra improvvisa accanto a sé. Alzò lo sguardo su Sylvain, in piedi dietro la sua sedia con il volto scuro e parecchio incazzato.
«Posso parlarti un attimo, Ashley?» Sembrava trattenere a stento la rabbia e la ragazza lo guardò accigliata. «In privato», aggiunse il ragazzo perentorio. Ashley non aveva scelta: appoggiò il tovagliolo sul tavolo e si alzò.
«Sembra che con lui non te la caverai così facilmente», le gridò dietro Jo per sovrastare il chiasso della sala. Ma i due ragazzi si erano già allontanati. Sylvain attraversò veloce la stanza trascinandosela dietro, con una mano serrata intorno al suo polso, come se potesse fuggire da un momento all’altro. Ashley gli arrancò dietro, cercando al contempo di rimanere al passo e di non perdere l’equilibrio sui vertiginosi tacchi.
«Si può sapere che diavolo ti prende?», chiese lei alzando la voce.
«Non qui», mormorò lui, indicando con un cenno della testa il tavolo degli insegnanti, da cui Isabelle, Raj ed Eloise li osservavano incuriositi.
«Ok, ma lasciami», borbottò liberandosi con uno strattone e poi sfregandosi il polso con l’altra mano.
Sylvain la condusse lungo il corridoio che portava all’ingresso principale, poi vicino a una finestra dell’atrio per allontanarsi dal gruppetto di studenti seduti ai piedi delle scale.
«Qual è il problema?» domandò Ashley, irritata per il suo comportamento.
«Qual è il problema?», Sylvain ripeté le sue parole, ironico. «Il problema sei tu! Pensavo che fossi sconvolta, non che fossi un’idiota!», l’aggredì puntandole contro un dito, l’accento francese più marcato del solito.
«Di che diavolo stai parlando?» chiese lei, abbassando la voce quando il gruppo di studenti si voltò a guardarli.
Sylvain abbassò la voce a sua volta, ma la rabbia nel suo tono non diminuì. «Ieri sera, dopo gli allenamenti, sei sparita e Raj era preoccupato. Mi ha chiesto di venire a cercarti», spiegò.
«E allora?» domandò Ashley disorientata. Non capiva dove volesse andare a parare, ma le successive parole del ragazzo le fecero gelare il sangue.
«E allora», replicò con astio, «ti prego, dimmi che quello con cui ti ho vista baciarti, non era Christopher!» Ora nella sua voce non c’era solo la rabbia, ma anche la delusione, la desolazione e la rassegnazione. Perché, ancora una volta, quella ragazza, la sua ex-ragazza, la sua migliore amica si era cacciata di nuovo nei guai.
«Oh, cazzo!» esclamò Ashley sbalordita. La sua voce risuonò per tutte le pareti dell’atrio, facendo girare i ragazzi del primo anno. Gli rivolse un gesto infastidito della mano e disse: «Sciò, sparite!» Gli studenti non se lo fecero ripetere due volte, impauriti, e se la filarono al piano di sopra.
Sylvain non sembrò neanche farci caso. «Già, maledizione! Che diavolo pensavi? Dove hai la testa?!» Ora, tutta la sua ira poteva esplodere senza preoccuparsi che qualcun altro sentisse.
«Sylvain, ascolta...» Ashley appoggiò una mano tesa contro il suo petto, come per calmarlo e respingerlo al tempo stesso.
«No, tu, ascolta», la interruppe lui, scostando la sua mano e facendo una smorfia per il dolore alle costole che tutto quell’urlare gli provocava, ma a cui il ragazzo sembrò non dare troppo peso. «Questo non è uno dei tuoi soliti scherzi stupidi, non è un gioco, questa è una cosa seria. Nathaniel è pericoloso, Christopher è pericoloso. Non puoi frequentare uno di loro, senza rischiare che ti accada qualcosa!» Sembrava fuori di sé.
«Christopher non è come dici, lui non permetterebbe mai che mi succeda qualcosa», ribatté la ragazza infastidita. Cosa ne sapeva lui di Christopher? Non ci aveva mai neanche parlato!
«Aspetta che Nathaniel lo scopra e poi vedrai se non manderà Gabe a darti la caccia». Il suo tono aspro, sembrava abbinarsi alla perfezione alle linee dure che gli si erano formate intorno alla bocca, storta in una smorfia. Nella sua espressione c’era anche una profonda preoccupazione per quello che sarebbe potuto succedere se i due ragazzi fossero stati scoperti.
«Nathaniel lo sa già», ammise Ashley, evitando il contatto con i suoi occhi, «ma Christopher sa tenerlo a bada. E poi tu neanche lo conosci!»
«Lo sa già? C’est magnifique, non posso davvero crederci!» esclamò Sylvain incredulo. Il suo sguardo blu bruciava per l’intensità con cui fissava la ragazza, come se volesse trapassarle il cranio e spegnerle il cervello per renderla innocua. «E Isabelle? Già che ci siamo, lo sa anche lei che te la fai con uno dei nostri nemici?»
«Certo che no! Ma te la immagini se glielo dicessi?!» Ashley inorridì al solo pensiero, sentiva già la voce infuriata della preside mentre le faceva l’ennesima ramanzina.
«Appunto, e io non voglio esserci quando lo verrà a sapere, perché credimi lo scoprirà!»
«Non se qualcuno non glielo va a dire», Ashley lo guardò implorante. Se solo lei e Christopher fossero stati più attenti, tutto questo non sarebbe successo. Non sarebbe stata costretta a coinvolgere Sylvain e metterlo nei guai. Sentirselo dire così, ad alta voce, dal suo partner poi, faceva sembrare tutto ancora più sbagliato. Sapeva fin troppo bene che era rischiosa e pericolosa la loro relazione, ma se c’era una cosa su cui era sicura era il loro amore, l’uno nei confronti dell’altra. Sperava solo che il momento in cui avrebbero dovuto separarsi, perché entrambi sapevano che sarebbe stato così, non arrivasse troppo presto. E nel frattempo, si sarebbero goduti ogni singolo istante. Ashley non si sarebbe fatta fermare da nessuno; né da Isabelle, né da Raj e men che meno da Sylvain, che sole poche settimane prima era scappato nel cuore della notte per aiutare Allie a fare la stessa cosa.  
Sylvain le rivolse un’occhiata esasperata. «Sai cosa penseranno lei e Raj quando lo verranno a sapere? Che sei tu la spia di Nathaniel!»
«Ma non lo sono e tu lo sai», replicò lei ragionevole.
«Io sì, ma loro? Per quello che ne sanno, potrebbe essere chiunque. E dubitare di te sarà la prima cosa che faranno». Ashley sollevò le mani e poi le lasciò ricadere mollemente, sconsolata. Sylvain continuò: «Perché devi sempre fare cazzate e cacciarti nei guai? Che cosa speri di ottenere così?»
«Questa non è una stronzata, è una cosa seria tra me e lui. Io lo amo davvero», sussurrò in risposta, più rivolta a se stessa che al suo partner.
Il ragazzo sbuffò e Ashley gli rivolse di nuovo uno sguardo implorante. Con quelle scarpe era alta quasi quanto lui e ora poteva fissarlo intensamente negli occhi, direttamente, senza dover alzare la testa per fronteggiarlo. I suoi occhi verdi erano come incatenati al suo sguardo blu, mentre con quell’unico gesto gli chiedeva silenziosamente di aiutarla. «Sylvain, ti prego...»
Si portò le mani in testa e le fece scorrere tra i capelli scuri, per disperazione. Rimase a guardarla a lungo in quella posizione, poi con un filo di voce domandò: «Che cosa mi stai chiedendo, Ashley?»
«Di non dirlo a Isabelle, nessuno lo deve sapere», rispose senza esitare, sicura di sé.
Dopo un istante, Sylvain s’illuminò all’improvviso e chiese: «Gli passi qualche informazione? Lui ne passa a te?»
«No, cerchiamo di tenere le due cose separate. Sai, la nostra relazione e il lavoro, intendo», replicò lei subito, rivolgendogli un’espressione strana. Ma probabilmente era normale che ora dubitasse di lei, dopo quello che aveva appena scoperto.
Sylvain fece un sospiro profondo, quasi sollevato e rassegnato insieme, e infine disse: «Ok, lo terrò per me».
Ashley gli si lanciò addosso, stringendolo in un abbraccio di gratitudine, ben sapendo che era ancora infuriato. «Ti devo un favore», disse.
Il ragazzo, però, la strinse ugualmente a sé e poi sciolse l’abbraccio in fretta. Le lanciò uno sguardo d’avvertimento e mormorò: «Sì, me lo devi e anche bello grosso», poi si allontanò. Prima di sparire del tutto, però, si voltò e aggiunse: «Ma faresti meglio a troncare con lui».
Ashley rimase a guardarlo mentre svoltava l’angolo e, con le dita ancora incrociate, sospirò di sollievo.


*

Allie era appena uscita da una noiosissima e interminabile lezione di storia, durante la quale Zelazny aveva evitato di guardarla di proposito, quando sentì qualcuno che chiamava il suo nome. Si guardò intorno per capire da dove provenisse la voce e notò che Ashley le faceva cenni dal lato opposto del corridoio e si affrettava verso di lei. Rimase pazientemente ad aspettarla, mentre gli altri studenti le passavano accanto per raggiungere le rispettive aule per le lezioni successive. Allie era solo contenta di essere riuscita a superare la lezione precedente e, davvero, non capiva perché Zelazny ce l’avesse tanto con lei. Quando Ashley si fu avvicinata abbastanza, annunciò: «Allie, ti stavo cercando».

«Per fare cosa?» chiese lei, alzando involontariamente il mento con aria di sfida. Sebbene gli altri avessero accettato le scuse di Ashley così in fretta, lei non l’aveva ancora del tutto perdonata. Prima avrebbe voluto sapere il motivo del suo comportamento, perché diavolo se la fosse presa con lei.
«Ascolta, so che mi sono comportata male con te, sono stata un’idiota a evitarti e mi dispiace», disse Ashley osservando la sua espressione distante. «Mi dispiace davvero, e ci tenevo a chiederti scusa».
Però, Allie a quelle parole si sciolse; nonostante fosse arrabbiata con la sua amica, le era mancata troppo in quelle settimane. Si chiese come fosse possibile dato che la conosceva da poco, ma Allie capì che con lei si sentiva al sicuro, protetta, perché Ashley, a differenza di tutti gli altri, aveva passato le stesse fasi che avevano incasinato la sua vita. Entrambe avevano perso qualcuno che amavano. Come Carter e Ashley, anche lei aveva imparato cosa voleva dire sentirsi soli e abbandonati. L’aveva compreso bene quando Christopher aveva deciso di piantarla in asso e andarsene senza nessuna spiegazione. Si sentiva più vicina che mai a quei due ragazzi, così simili tra loro, con lo stesso passato e la stessa voglia di distruggere il mondo che ogni tanto colpiva anche lei.
Allie annuì. «E’ solo che non capivo perché fossi sparita nel nulla e te la fossi presa con me», alzò le spalle inerme, sulla difensiva.
«Non ce l’avevo con te, davvero», replicò Ashley, «non so cosa mi sia preso, ma sul serio non volevo ferirti e non ero arrabbiata con te. Avevo solo bisogno di riflettere e stare da sola, credo». La fissò con i suoi penetranti occhi verdi in attesa di una risposta.
Allie esitò un momento, poi sospirò e disse: «Va bene, ti credo», le scappò un sorriso. Poi aggiunse: «Penso di poterti capire meglio di chiunque altro, perché anch’io ho passato lo stesso. So cosa vuol dire non aver voglia di parlare con nessuno. Solo, la prossima volta avvisami prima, così evito di preoccuparmi troppo».
«Hai ragione, sono uno schifo di amica. E sono anche un pessimo modello, sebbene io sia più grande di te». Ashley trattenne a stento un sorriso diabolico e poi confessò: «Ecco perché ho in mente una cosuccia stasera, per farmi perdonare».
Allie alzò gli occhi al cielo in modo teatrale. «Spero che non sia come il piano al ballo di Lucinda, perché non ha funzionato molto bene».
«Già, quello è stato un fiasco totale ed è pure finito di merda», ammise Ashley. «Ma quello di stasera sarà ancora più divertente. E questo perché non farsi scoprire sarà anche più difficile, il che lo rende ancora più epico».
«Cominci a spaventarmi», mormorò Allie, tormentandosi le mani.
«Nah, tranquilla. Non preoccuparti, penso a tutto io».
«Come l’ultima volta?» chiese lei, ma Ashley gli mollò una pacca sulla spalla e disse: «Porta un asciugamano e assicurati di indossare la biancheria. Ci vediamo a mezzanotte meno un quarto nell’atrio. Non farti seguire!»
«Che diavolo significa?» chiese lei, ma Ashley si era già allontanata. Ora sì, che non poteva stare tranquilla.


*

Quando quel pomeriggio, poco dopo la fine delle lezioni, qualcuno bussò alla porta della sua camera, Allie andò ad aprire in punta di piedi e si sorprese di trovare Jules sulla soglia. La biondissima capoclasse annunciò: «Isabelle vuole vederti. Subito». Dopo di che, con un’occhiata inquisitoria ma senza aggiungere una parola, Jules si allontanò marciando con grazia per il corridoio. Aveva sostituito le Birkenstock rosa con degli Uggs grigi e ora, sebbene continuasse a sembrare perfetta, era vestita in modo identico a tutti gli altri studenti, come se la Cimmeria sfornasse tante statuine tutte uguali. Allie aveva invidiato per tutta l’estate il fatto che Jules potesse portare scarpe personalizzate, mentre gli altri erano costretti a indossare quegli orrendi mocassini, ben lontani dalla magnificenza dei suoi Doc Martens rinchiusi tristemente nell’armadio.

Mentre scendeva le scale diretta all’ufficio della preside, Allie si chiese cosa avesse combinato stavolta e, quando vide che Isabelle l’aspettava in mezzo al corridoio, quella sensazione di timore divenne certezza. La donna le venne incontro con un’espressione enigmatica in viso, ma invece di attaccare con la solita ramanzina, le passò un braccio intorno alle spalle e la scortò davanti alla porta del suo ufficio, dove si fermò. Isabelle la fece girare per guardarla in faccia, le poggiò le mani sulla spalle con fare materno e sussurrò, seria: «Lucinda è qui».
Allie spalancò gli occhi per lo stupore e accennò interrogativamente con il capo al suo ufficio. La preside annuì con aria grave e, vedendo che si limitava a scrutarla negli occhi, Allie domandò: «Perché è venuta qui? E’ lei che ha chiesto di me?»
Isabelle annuì di nuovo ma, questa volta, disse: «Si è presentata qui senza avvisare e mi chiesto di poter fare quattro chiacchiere con te». Rimase a guardare la sua reazione e poi, più dolcemente, suggerì: «Dovresti entrare, troverai interessante quello che ha da dirti».
Allie non riuscì a capire dalla sua espressione se fosse felice o meno che Lucinda si trovasse lì. Quella donna, a volte, sapeva proprio come non far trapelare nessuna emozione. Però, era sicura che Lucinda fosse l’unica persona a cui era concesso l’onore di presentarsi lì dal nulla, senza scatenare una profonda irritazione nella preside. I suoi movimenti la riscossero dai suoi pensieri; Isabelle si avvicinò alla porta del suo ufficio, così integrata nella parete da risultare praticamente invisibile, e l’aprì piano. Poi, le fece un gesto della mano invitandola a entrare e chiuse la porta alle sue spalle. Allie si sorprese che non fosse entrata anche lei, ma probabilmente voleva lasciare nonna e nipote un po’ da sole. La ringraziò mentalmente per quel gesto gentile e si ritrovò a pensare che Isabelle sapeva sempre fare la cosa giusta al momento giusto, e nonostante le bugie che rifilava a tutti quanti, invidiò per l’ennesima volta la gran donna che Isabelle era. Lei, in confronto, sembrava una stupida ragazzina ribelle, perennemente arrabbiata con il mondo.
Lucinda la aspettava in piedi dietro la scrivania della preside. Notò che, con le mani giunte dietro la schiena, stava osservando attentamente il bellissimo arazzo con il cavaliere bianco al centro, affisso alla parete opposta. Quando Allie entrò, tuttavia, Lucinda spostò lo sguardo su di lei e con un piccolo sorriso, che le increspava appena gli angoli della bocca sottile, disse: «Buonasera, Allie».
«Buonasera, nonna», rispose a sua volta affabile. Indossava una raffinata giacca di pelliccia bianca sopra una lunga gonna nera e decolleté oro dal tacco alto, che riprendevano alla perfezione la borsa bianca e oro della donna. Allie pensò che paresse una regina ancora più del solito. Le mancava solo una corona in testa e sarebbe stata meravigliosa.
La ragazza aspettò che fosse Lucinda a parlare per prima, e quando lo fece, annunciò: «Ho ripensato a quello che mi hai detto l’ultima volta che ci siamo viste».

Allie ricordò perfettamente quali furono le sue parole. La notte di Natale, dopo il disastroso incidente in cui Ashley aveva duramente scoperto la verità sulla morte dei suoi genitori, Allie era tornata nella sontuosa villa di Lucinda per affrontarla.
«E’ davvero incredibile come voi due facciate a vivere senza il rimorso per ciò che nascondete», aveva esclamato Allie furiosa.
«Allie…», la preside provò a spiegarsi ma fu interrotta bruscamente. Dalla sua espressione si capiva benissimo che non avrebbe voluto che ad Ashley capitasse tutto ciò. Ma era successo e in parte era anche colpa sua.
«Perdonami Isabelle, ma non voglio ascoltare le tue stupide giustificazioni», ribatté Allie. Non le importava di essere scortese, era troppo arrabbiata con loro per controllare le sue maniere da finta brava ragazza. «Era questo il vostro brillante piano?», continuò, gesticolando. «Pensavate che tenere Ashley all’oscuro di tutto sarebbe stata una cosa utile per sconfiggere Nathaniel? Io non credo proprio. L’avete ferita e questo non farà che peggiorare le cose!»
Sia Lucinda che Isabelle si guardarono spaesate. Era chiaro che nessuna delle due sapeva come gestire la situazione e, soprattutto, cosa dire per consolare Ashley.
Allie approfittò del loro attimo di confusione per rincarare la dose. «Non è giusto. Tutto ciò che state facendo, tutto ciò che ci nascondete non è giusto. Anche se lo fate per il nostro bene. Noi vogliamo essere informate dei vostri piani e farne parte. Siamo membri della Night School, accidenti! A che cosa serve tutto questo addestramento se non a combattere Nathaniel? Non possiamo pensare di batterlo se non sappiamo neanche cosa stiamo facendo». Si rendeva conto che il suo tono di voce era diventato quasi lamentoso, così simile a quello di una bambina piccola che fa i capricci. Ma non le importava. Se fosse riuscita a convincerle, avrebbe anche sopportato di passare per la ragazzina lagnosa.
Isabelle unì le mani davanti a sé e, con calma, disse: «Hai ragione, Allie. Essere in grado di proteggervi e, allo stesso tempo, rendervi partecipi è il nostro compito. E se, finora, non siamo state in grado di svolgerlo al meglio è solo colpa nostra. Ma ti prometto che da ora in poi ti dirò ogni cosa. Scioglierò ogni tuo dubbio. Risponderò a tutte le tue domande». Isabelle lanciò un’occhiata a Lucinda e poi continuò: «Questo perché mi rendo conto che fino adesso non abbiamo fatto molti passi avanti. La Night School è molto preziosa in tutto questo, è il punto chiave. Abbiamo bisogno di coinvolgervi di più, di prepararvi al meglio per affrontare Nathaniel. Lucinda, questo tu lo sai meglio di me».
Allie ringraziò mentalmente la preside per il suo sostegno, ma quando vide che Lucinda si limitava a osservarla attentamente, aggiunse: «E’ vero che la Night School è fondamentale, ma siamo troppo pochi per proteggere l’intera scuola. Questa è una maledetta guerra di potere e noi siamo solo dei ragazzini che non ne sanno niente. Io voglio salvare Christopher, ma non posso farcela da sola. Abbiamo bisogno del tuo aiuto, nonna. La scuola ha bisogno di te, Isabelle ne ha bisogno», fece un respiro profondo e poi finì, «e anche io». Allie ricordò appena il volto di Lucinda che cambiava, i suoi occhi grigi che si spalancavano per la sorpresa.

«Hai cambiato idea?», chiese ora Allie speranzosa.
Lucinda ciondolò la testa di lato, in un modo che le ricordava vagamente sua madre, senza però aprir bocca. Rimase ferma a osservarla negli occhi per qualche secondo, con un’espressione enigmatica e indecifrabile in viso. Infine, quando Allie cominciava a sentirsi a disagio e non sapeva più cosa fare, disse: «Sì, Allie. Ma non ho cambiato idea da sola, tu mi hai fatto cambiare idea». Lucinda la guardò con un misto di approvazione e gentilezza, una nota divertita negli occhi, tanto che Allie si sentì arrossire per l’imbarazzo. «Quello che hai detto l’altra volta mi ha piacevolmente colpito e mi ha fatto riflettere. E sono giunta alla conclusione che hai ragione, non dovremmo nascondervi ogni cosa». La donna si avvicinò e le posò una mano sulla spalla con fare rassicurante. «Tu sei una ragazza forte, Allie, e sono sicura che riuscirai a salvare Christopher. Quindi, sì, vi aiuterò». Allie avrebbe voluto abbracciarla, ma si trattenne. Capì di non essere abbastanza in confidenza con lei per un gesto simile. Eppure, fu sicura che Lucinda avesse capito quanto significasse per lei, cogliendo il suo sguardo di riconoscimento.
Prima che Allie lasciasse l’ufficio della preside, però, Lucinda assunse un tono d’avvertimento e aggiunse: «Ma faresti meglio a stare lontano da quella ragazza».


*

Dopo le ultime parole di Lucinda, Allie era ancora più intenzionata a incontrare Ashley. Anche se voleva dire infrangere le regole. Soprattutto, se voleva dire avere la possibilità di sgattaiolare fuori e godersi un po’ di sano divertimento in santa pace. Ne aveva un gran bisogno. Mancavano pochi minuti a mezzanotte, così Allie uscì dalla sua stanza in punta di piedi e percorse il corridoio cercando di fare il meno rumore possibile, per non incorrere nelle ire di Jules o di qualcun altro. Quando scese la grande scalinata che portava all’atrio principale, vide una figura in ombra appoggiata contro la porta d’ingresso. Si bloccò di colpo e trattenne il respiro mentre un moto di paura si faceva strada dentro di lei. All’inizio pensò che qualcuno avesse scoperto il loro piano e fosse venuto per intercettarla, ma quando quella si mosse ed entrò nel fioco fascio di luce emesso dalle candele poste accanto all’uscita, capì che non aveva nulla da temere. Si lasciò scappare un sospiro di sollievo e sentì i suoi stessi muscoli rilassarsi. Notò che Ashley era vestita nel suo stesso identico modo: i pantaloni della tuta scura coprivano in parte le sneakers nere, la felpa dello stesso colore era di una taglia più grande; Ashley si era tirata il cappuccio sulla testa per non farsi riconoscere. Allie aveva avuto la stessa idea. Sorrise nel buio e si avvicinò incappucciata all’altra ragazza, strascicando leggermente le suole degli stivali Doc Martens sul pavimento di pietra lucida. La tentazione era stata troppo forte, non era riuscita a resistere: doveva metterli!
Ashley le rivolse un sorriso incoraggiante. «Sei venuta alla fine», commentò come se non fosse stato ovvio. Allie annuì, poi le chiese bisbigliando quale fosse il piano ma Ashley, per tutta risposta, si portò l’indice alle labbra con un guizzo divertito negli occhi. «Shh. E’ un segreto».
Dopo di che, afferrò la maniglia dell’enorme portone con entrambe le mani e tirò con forza, pregando mentalmente che non facesse troppo casino. Non servì a niente; la porta si aprì con un cigolio stridulo che risuonò per tutte le pareti.
Se ci fosse stato Gabe avrebbe pensato lui a oliare questi stramaledetti cardini, pensò Ashley con amarezza. In tutte le scappatoie passate di cui erano stati complici, lei era quella che pensava alle tattiche e Gabe quello che si occupava dei piccoli ma fondamentali dettagli come quello. Se fosse stata più concentrata, si sarebbe ricordata che ora anche quello era un compito che spettava a lei; ma da quando in qua stava attenta a non farsi scoprire? Scacciò dalla mente Gabe e la sua ossessione per i cardini, e sbirciò fuori.
Allie sapeva che quello stridore non era stato abbastanza forte perché qualcuno lo udisse, ma si guardò nervosamente intorno lo stesso, in attesa di qualsiasi rumore. L’unica risposta che ricevette fu un silenzio inquietante e spettrale e, quando Ashley le comunicò a gesti il via libera, le due ragazze sgusciarono fuori senza emettere alcun suono e si lanciarono a perdifiato sull’erba umida della notte.
Ce l’avevano quasi fatta, la parte più difficile era sempre uscire dalla scuola senza essere notati. Allie si chiese di sfuggita se non ci fosse qualcuno della Night School in giro per il turno di ronda, ma pensò che Ashley avesse probabilmente pensato anche a quello. In quanto organizzatrice di piani era formidabile, molto più di lei. Ashley la precedeva di qualche metro, correndo agile e silenziosa come una tigre, pestando i piedi con forza sul terreno bagnato per la recente pioggia.
E’ veloce, dovette ammettere Allie. Ma non si lasciò scoraggiare; aumentò il ritmo e la raggiunse in poche falcate. Ora che non c’era più il timore che qualcuno sentisse, le urlò: «Dove stiamo andando?»
«Aspetta e vedrai», rispose vagamente Ashley da sopra la spalla, rivolgendole un sorriso complice. Poi accelerò e sparì tra gli alberi del bosco. Allie non ebbe più bisogno di chiedere, capì dalla direzione intrapresa dalla ragazza che erano dirette al lago. Ora si spiegava l’asciugamano, quella ragazza era un genio!
Raggiunsero il folto della foresta e si fermarono al limitare dello specchio d’acqua. Entrambe rimasero silenziosamente a guardare il riflesso della luna che si specchiava sulla superficie scura del lago, facendolo brillare. Allie fece scorrere lo sguardo in lontananza, sulla riva opposta in cui, tra le sterpaglie di erba alta, si erano fermati prima Nathaniel e poi Christopher per i loro abboccamenti. Aveva incontrato suo fratello nello stesso punto in cui si trovava ora e, sebbene le mancasse molto, sperò sinceramente di non incontrare nessuno quella notte. La sua partner, comunque, non le diede il tempo di pensarci a lungo: Ashley si stava già spogliando e la esortava a fare lo stesso. Mentre pensava che dovessero essere matte da legare se s’immergevano nel lago a metà febbraio, Allie fu percorsa da un brivido familiare e piacevole. Non era per il freddo che tremava, o almeno non ancora, era per quella gradevole sensazione di correre il rischio, di fare qualche cosa di stupido per sentirsi libera, ancora una volta, dal giudizio degli altri. In quel momento si rese conto che voleva farlo davvero; non le importava delle conseguenze che ne sarebbero derivate se le avessero scoperte, l’avrebbe fatto comunque. Si sarebbe goduta quell’attimo di liberazione e di divertimento in compagnia di Ashley e, solo dopo, sarebbe tornata a preoccuparsi di Nathaniel, di Lucinda, della spia e di tutto il resto. Gettò per terra l’asciugamano che aveva trafugato ore prima e si sfilò il maglione con dita tremanti, giusto in tempo per sentire gli schizzi freddi sulla pelle nuda che le arrivarono quando Ashley, in slip e reggiseno, si lanciò nel lago a bomba, spargendo acqua da tutte le parti. Allie si tolse anche gli altri indumenti, inciampò nei pantaloni e unendo poi le braccia in alto, si tuffò di testa nel vuoto e nell’oscurità. Il primo contatto con l’acqua fredda le gelò l’aria nei polmoni e per un attimo Allie pensò di non essere più in grado di respirare. Ma subito l’immagine di Carter, che solo qualche mese prima le salvava la vita e la aiutava a calmarsi, riuscì a penetrare nella sua mente e a renderla più lucida; Allie fece qualche bracciata e poi riemerse. La prima cosa che sentì quando sputò fuori l’acqua e fece un respiro profondo, fu la risata contagiosa e solare di Ashley che squarciava il silenzio della notte. Allie scoppiò a ridere quasi nello stesso istante e, finalmente, la tensione e la paura di poter essere scoperte si sciolsero, mentre si faceva strada la consapevolezza di avercela fatta e di essere sfuggite dargli artigli della Cimmeria senza complicazioni. Si girò a guardare Ashley che nuotava tranquilla a dorso e si sentì davvero felice come non lo era da settimane. Si rendeva conto che provava quella gioia sempre più spesso quando era in compagnia di Ashley, senza però nulla togliere a Rachel, Carter, Jo, Zoe e tutti gli altri. Semplicemente lei e Ashley s’intendevano a meraviglia; ad Ashley non doveva spiegazioni se faceva qualcosa di avventato, lei non la tormentava per aver infranto una regola e soprattutto non la giudicava se voleva ancora incontrare Christopher e provare a salvarlo quando se ne sarebbe presentata l’occasione. Allie pensò che probabilmente Ashley non la stressava per il solo motivo che era sempre con lei quando faceva qualcosa di stupido che non avrebbe dovuto fare. E a lei andava bene così, anche se le ricordava i vecchi tempi da ribelle passati in compagnia di Mark e Harry. Uno schizzo la colpì in piena faccia ricoprendola interamente, quando Allie riaprì gli occhi, vide la mano di Ashley pronta a schizzarle di nuovo.
«Ah sì? Che guerra sia allora!» rise, avvicinandosi all’amica e fingendo di affogarla. Presto si ritrovarono a ridere come pazze, in un groviglio di braccia, lottando per rimanere a galla.
«Mi fa piacere che vi divertiate», esclamò una voce alle loro spalle. Entrambe si girarono di scatto, ma quando videro Carter in piedi sulla riva del lago si rilassarono subito. Sebbene il viso del ragazzo fosse in ombra, Allie intuì che non doveva essere troppo contento di trovarle lì.
«Unisciti a noi, West. Fatti un bagno», lo invitò Ashley muovendo le braccia intorno a sé per non affondare.
«No, grazie. Non voglio diventare un pinguino», replicò aspro il ragazzo. Allie ci aveva visto giusto: Carter era incazzato. Tese una mano verso di lei e le ordinò di uscire dall’acqua. Allie per un attimo pensò di rifiutare, irritata dal fatto che Carter le desse ordini, ma i brividi di freddo cominciarono a farsi sentire sempre più e capì che uscire, prima di beccarsi una polmonite, non era una così cattiva idea.
«Ecco il guastafeste», commentò Ashley. Ma anche lei si avvicinò alla riva e issò senza sforzo. Carter aiutò Allie ad uscire e la avvolse nell’asciugamano, stringendola poi tra le sue forti braccia per riscaldarla. Lanciando un’occhiataccia ad Ashley, il ragazzo la scortò per il sentiero di ghiaia che avevano percorso poco prima, per fare ritorno a scuola. Lei, invece, rimase indietro a strizzarsi i capelli fradici e, una volta rivestita, fece per raccogliere le sue cose e seguire gli altri due, quando un rumore improvviso la indusse a bloccarsi di scatto.
Ashley tese le orecchie in ascolto, poteva ancora sentire i passi di Allie e Carter che si allontanavano, ma le voci che udì, ne era certa, non appartenevano a loro due. Sentì qualcuno bisbigliare furiosamente lì vicino. Ashley si abbassò per non essere vista e strisciò dietro un cespuglio senza far rumore. Poi, stando attenta a non farsi scoprire, sbirciò appena oltre le foglie e quello che vide confermò i suoi sospetti: c’era qualcun altro lì fuori quella notte. Sebbene l’inconfondibile voce di Gabe si fosse alzata di un tono, non riuscì a capire cosa stesse dicendo. Stava parlando con qualcuno molto più basso di lui, una ragazza quasi sicuramente. Quando questa si spostò e uscì dall’ombra, la luce della luna la investì in pieno: ad Ashley si spalancò la bocca per lo shock.
«Ma che cazz-…» bisbigliò a voce un po’ troppo alta. Prima che i due potessero girarsi nella sua direzione, Ashley scattò velocissima, senza farsi vedere, abbandonò il suo nascondiglio e corse all’impazzata verso la scuola. Non si fermò finché non raggiunse l’atrio deserto della scuola e si sbatté la porta alle spalle. Ci si appoggiò contro, picchiettando confusa la testa contro il legno di quercia duro, i capelli che sgocciolavano formando pozze sulla sua felpa. Nella sua mente vorticava furiosamente una marea di pensieri che si rincorrevano l’un l’altro, mentre il battito del suo cuore le rimbombava nelle orecchie scandendo ogni secondo. Perfino Ashley era rimasta spiazzata da quello che aveva visto: il tradimento scritto nero su bianco. Nessuno sospettava di lei, era la candidata più improbabile. Ashley non sapeva cosa pensare mentre rimuginava sulla scena vista nel bosco, perché anche con quel buio, era stato impossibile non riconoscere la massa di capelli rossi e ricci, stretti nella coda alta di Katie.


To be continued...

Come sempre, spero che vi sia piaciuto il capitolo. Lasciate un commento, grazie per aver letto!
Elis.

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Capitolo 7
*** Chapter Seven ***


Lo so, è passato qualche mese dall’ultima volta che ho aggiornato. Chiedo scusa, ma sono stata davvero molto impegnata e non sono riuscita a finire il capitolo prima. Per ricordarvi un po’ cos’è successo nei capitoli precedenti, vi faccio un mini riassunto.

Riassunto: Ashley Shepherd è appena tornata alla Cimmeria dopo diversi mesi di assenza, durante i quali ha lavorato a stretto contatto con Lucinda. Allie, che finalmente ha rinunciato a Sylvain ed è felicemente fidanzata con Carter, stringe subito amicizia con lei. Sembrano fatte l’una per l’altra, se non fosse per il fatto che tendono sempre più spesso a mettersi nei guai. Dopo aver sabotato il ballo di Lucinda, le due escono di nascosto per un bagno notturno nel lago. L’influenza negativa che Ashley esercita su Allie non va proprio a genio a Carter, e ciò rischia di mandare in crisi il suo rapporto con la ragazza. Allo stesso tempo Ashley, che in segreto frequenta il fratello di Allie, Christopher, è in continua lotta con lui per divergenze che riguardano anche Isabelle e Nathaniel. Nel frattempo, la spia gira a piede libero per la scuola e non ci sono svolte nel capire chi è. Almeno finché Ashley non vede Katie Gilmore nel bosco con Gabe.

Se c’è qualche fan di Katie (ma anche no), questo capitolo è per voi. :)

Night School

Chapter Seven

 

Ashley si svegliò di scatto. Aprì gli occhi di colpo e impiegò solo pochi secondi per mettere a fuoco il soffitto della sua stanza. Si trovava a letto, stesa a pancia in su, con le coperte rimboccate fino alla base del collo e le braccia fuori. Una luce fioca filtrava dalla finestra illuminando appena la stanza; ne dedusse che doveva essere quasi l’alba. Si tastò la fronte con una mano, quasi potesse sentire i pensieri pulsare contro le tempie, e quell’unico tocco bastò a far riaffiorare nella sua mente i ricordi quasi assopiti. La notte precedente, il bagno nel lago con Allie, le voci che bisbigliavano nel bosco. Gabe. Katie. Gabe e Katie. Non indugiò oltre: scostò le coperte con uno strattone e si alzò di slancio. Indossò la tuta pesante della Cimmeria, allacciò strette le scarpe da tennis e afferrò l’iPod nascosto sotto il letto, uscendo poi dalla stanza senza guardarsi indietro. Marciò lungo il corridoio fino ad arrivare davanti alla camera che stava cercando, spalancò la porta senza bussare ed entrò come una furia. Katie si svegliò di soprassalto e si mise seduta sul letto prima ancora di capire cosa avesse disturbato il suo sonno.
«Cosa stavi facendo ieri notte nel bosco?» chiese Ashley, la voce resa gelida dalla rabbia.
«Ma sei impazzita?!» esclamò Katie con voce stridula. Si strofinò il viso assonnato e poi lanciò uno sguardo rapido alla sveglia sul comodino. «Ma lo sai che ore sono? Cosa ci fai nella mia stanza?», si lamentò stizzita.
«Non me ne frega un cazzo di che ore sono. Voglio sapere cosa ci facevi ieri notte nel bosco», sussurrò Ashley, scandendo ogni singola parola, mentre si avvicinava al letto minacciosa.
Katie assunse un’espressione sorpresa, poi spaventata quando capì che Ashley l’aveva vista con Gabe. Ma subito l’indignazione prese posto sul suo viso. «Non sono affari tuoi! E ora vattene! Esci dalla mia stanza».
L’altra ragazza, per tutta risposta, si avvicinò ancora di più e la afferrò con forza per le spalle. Quando parlò, il suo tono fermo aveva un sibilo minaccioso e d’avvertimento al tempo stesso. «Non so cosa stessi facendo là fuori con Gabe, ma ti consiglio di stare attenta, Katie. E’ più pericoloso di quanto immagini». Detto questo, girò su se stessa e tornò sui suoi passi, sbattendosi la porta alle spalle e lasciandosi dietro una Katie insieme stupita e terrorizzata.

Ashley uscì nell’aria fredda del mattino rabbrividendo. Sebbene fosse febbraio e il sole non era ancora sorto, era sicura che nei giorni precedenti non facesse così freddo. Si tirò sulla testa il cappuccio della felpa e infilò le cuffie dell’iPod nelle orecchie, poi premette il tasto “riproduzione casuale” e alzò il volume al massimo. Si lanciò sul vialetto d’ingresso della Cimmeria a passo di corsa e cominciò a girare intorno all’edificio, percorrendo il percorso ad anello che era solita fare quando decideva di fare jogging di primo mattino. Il cielo era una tela sfumata, come se il pittore avesse lasciato scivolare il pennello lungo il quadro mescolando tutti i colori. Le prime luci dell’alba tingevano l’orizzonte di un rosa e arancio così acceso che sembrava bruciare. Ashley, lo sguardo perso in lontananza, aveva la testa che vorticava di pensieri. Percepiva il proprio cuore battere forte all’interno della cassa toracica, mentre una strana ansia e agitazione si faceva strada dentro di lei. La corsa non aiutava. Era sempre stata l’unica cosa che le permetteva di sfogarsi, ma ora non riusciva proprio a calmarsi. Si costrinse a fermarsi e appoggiò la fronte sudata contro il tronco di un albero, come se cercasse di rallentare insieme al respiro, l’incessante martellare della sua mente che formulava idee. Non è che non voleva credere che Katie fosse la spia, ma proprio non poteva crederci. Insomma, sarà anche stata una stronza ricca e manipolatrice, e i suoi genitori erano sicuramente più dalla parte di Nathaniel che di Lucinda, ma non riusciva a pensare che Katie c’entrasse qualcosa con questa storia. Sebbene avesse tutte le credenziali per entrare a far parte della Night School, come Rachel, Katie aveva rifiutato più volte l’offerta sostenendo che non faceva per lei. E di certo Ashley non ce la vedeva per niente a sporcarsi le mani e rischiare di spezzarsi le unghie mentre faceva allenamenti assassini nel bosco. Decisamente, era impossibile credere che Katie avesse qualcosa a che fare con la guerra di potere di Nathaniel. Eppure, non era lei stessa che l’aveva vista parlare con Gabe la notte precedente? Che cosa voleva Gabe da Katie? E che diamine stava succedendo alla Cimmeria? Ashley non sapeva darsi una risposta e non riconosceva più la scuola e le persone che aveva lasciato qualche mese prima. Tutto era cambiato. Tutti erano cambiati.
Fece un respiro profondo che si trasformò subito in una nuvoletta di fumo bianco e, con fredda determinazione, si costrinse a rialzarsi e a riprendere la corsa che aveva interrotto. Non poteva dire a nessuno ciò che aveva visto. Se Isabelle avesse scoperto a cosa aveva assistito, anche Allie e Carter sarebbero finiti nei guai per essere usciti a quell’ora tarda. E se l’avesse detto ad Allie, avrebbe voluto uccidere Katie con le sue mani ed Ashley aveva invece bisogno che restasse viva abbastanza a lungo per cercare di capire che ruolo avesse. Aveva intenzione di andare a fondo alla questione. Qualsiasi cosa Gabe stesse architettando non l’avrebbe passata liscia. Ed Ashley era più risoluta che mai: sarebbe riuscita a strappare fuori la verità dalla bocca di Katie.

*

Quel giorno, con il naso gocciolante per il freddo preso dopo il bagno nel lago, Allie si ritrovò a fare colazione da sola. Nonostante fossero le otto di un sabato mattina, si era svegliata presto e il suo cervello si rifiutava categoricamente di rimettersi a dormire. Restia a rimanere ancora a letto a farsi prendere dall’ansia mentre fissava il muro della sua camera, decise che tanto valeva la pena alzarsi e andare a fare colazione. La sala da pranzo era quasi deserta, solo pochi tavoli erano occupati. Dal posto riservato agli insegnanti, Eloise le rivolse un’occhiata interrogativa, ma lei fece un gesto della mano per dire che stava bene. Ma non stava bene. Non c’era niente che andava bene. La sera prima, dopo il tuffo nel lago ghiacciato in compagnia di Ashley, Carter le aveva fatto una ramanzina lunga mezz’ora. Allie aveva capito appena l’aveva visto che era arrabbiato, ma non aveva idea che fosse così incazzato. Immerse lentamente il cucchiaio nella ciotola davanti a sé e rimase a fissare il suo porridge senza alcuna voglia di mandarlo giù. Appoggiò la testa contro il palmo della mano come se potesse impedire al mal di testa di diffondersi oltre, e intanto ripensava alla litigata avuta con Carter.

La notte precedente, per tutto il tragitto di ritorno a scuola, Carter non aveva detto una parola. Erano solo loro due e il silenzio del bosco; Ashley era rimasta indietro e Allie si soffermò un momento a preoccuparsi su che fine avesse fatto, ma poi pensò che Ashley era la più allenata di tutti loro nella Night School e se la sarebbe cavata egregiamente da sola. Del resto, per lei cose di questo genere, rientrare a scuola in segreto dopo una fuga notturna, erano la normalità. Carter la condusse all’entrata secondaria, dov’era meno probabile che qualcuno li scoprisse. Di certo, non potevano entrare nell’atrio come se niente fosse dopo diverse ore che era scattato il coprifuoco. Zelazny li avrebbe uccisi volentieri con le sue stesse mani. E poi, c’era da considerare l'idea che le guardie di Raj potessero essere ovunque e saltare fuori dal nulla da un momento all’altro per il loro turno di ronda. Il silenzio carico di minaccia e tensione che Carter si era imposto, ad Allie sembrò protrarsi in eterno, eppure sapeva dal modo rigido in cui teneva le spalle, che era fuori di sé dalla rabbia e che stava cercando di fare del suo meglio per controllarsi. Infine, quando raggiunsero la porta sul retro, Carter non riuscì più a trattenersi.
«Dannazione, Allie!» esclamò all’improvviso, tirando un pugno serrato contro la pesante porta di legno.
Allie sussultò sorpresa. Aveva continuato a tacere così a lungo, che ormai pensava non avrebbe più detto niente. Invece, sembrava che a Carter non importasse nulla di farsi scoprire, perché la sua voce si levò alta nella notte.
«Che cosa ti sei messa in testa? Da quando fai tutto quello che ti dice Ashley?»
Allie lo guardò con tanto d’occhi. Sicuramente era la rabbia a farlo parlare.
«Io non faccio tutto quello che fa Ashley. Era solo un bagno innocente, non vedo dove sia il problema», replicò la ragazza sulla difensiva.
«Qual è il problema?» chiese Carter con una vena d’ironia. «Il problema è che hai incontrato Ashley da meno di un minuto e ti sei già fatta condizionare da lei, senza nemmeno conoscerla davvero».
«Ma che stai dicendo?» domandò Allie stizzita. Ora cominciava ad arrabbiarsi anche lei. Non le piaceva il tono di accusa di Carter. «Io non mi faccio influenzare da nessuno. Non capisco perché ti arrabbi tanto!» Fece un gesto frustrato con la mano, ma Carter sembrò non farci nemmeno caso. I suoi occhi mandavano scintille.
«Mi incazzo perché è pericoloso, Allie! Non capisci? Mi preoccupo per te!» Carter fece un passo verso di lei, il tono di voce freddo ed esasperato. «C’è un pazzo psicopatico, là fuori, che non aspetta altro che mettere le mani su di te e tu, al posto di stare al sicuro nella tua stanza, cosa fai? Te ne vai in giro a farti un bel bagno in un cazzo di lago gelato nel cuore della notte!» Le sue parole erano così dure e vere che la fecero sembrare un’idiota senza cervello. «Che cosa sarebbe successo se io non vi avessi tirato fuori di lì e fosse arrivato Gabe?»
Carter la fissò dritto negli occhi in attesa di una risposta, ma Allie non aveva una risposta. Avrebbe voluto dirgli che non era al sicuro nemmeno nella sua camera per colpa di quella dannata spia. E che non sapeva cosa avrebbe fatto se Gabe si fosse presentato lì, ma non era successo. Un moto di orgoglio dentro di lei, le disse che era andato tutto bene e che ce l’avevano fatta anche senza il suo aiuto. Eppure quando glielo disse, il ragazzo sbuffò spazientito. «Davvero, è andato tutto bene. Non c’è bisogno di sclerare così», insisté Allie.
«Questa volta è andato tutto bene!», ribatté lui, alzando il tono carico di rabbia. «Ma la prossima volta, chi lo sa?» Carter appoggiò la schiena contro la porta e si passò una mano sulla fronte come per schiarirsi le idee. Poi fece un respiro profondo per calmarsi e continuò con voce più bassa e normale di prima: «Ascolta, Al, non voglio litigare con te, ma sono seriamente preoccupato. Ashley è una piantagrane di prima categoria. E’ abituata a fare quello che vuole e se ne frega degli altri. Si mette sempre nei guai e l’ultima cosa di cui tu hai bisogno è seguire il suo cattivo esempio». Carter le sbatté in faccia quelle parole con prepotenza, come se stesse parlando con una bambina piccola che non capiva la situazione. E questo fu la goccia che fece traboccare il vaso. Di nuovo. Allie era davvero troppo stanca che tutti le dicessero cosa fare o non fare, di chi fidarsi, di chi dubitare. Era stufa che criticassero lei e Ashley per il loro comportamento, quando anche altri violavano le stesse regole come se niente fosse. Non voleva sentirsi dire anche chi poteva frequentare o meno. Era in grado di scegliersi da sola le sue amicizie, e di certo non aveva bisogno della paternale di Carter. «E tu, invece? Anche tu sei un casinista e finisci sempre nei guai. Ma, ehi, se lo fa Carter West va tutto bene! Se, invece, per una volta, Allie infrange una regola è una tragedia colossale!» Sapeva che stava esagerando, e che stava mettendo in piedi una scenata inutile, ma non poteva fermarsi proprio ora. Era scoppiata senza più freni inibitori. «Forse non hai considerato che io con Ashley mi trovo bene e che, finalmente, ho incontrato qualcuno che mi capisce davvero. Anche se la conosco da poco, è mia amica. Quindi, grazie per il consiglio, ma non penso che questi siano affari tuoi», sbottò Allie alla fine. Ma quando alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Carter, si accorse di essersi spinta troppo oltre e di aver fatto un errore madornale a prendersela con lui. Subito si pentì di essere stata così dura, ma ormai era troppo tardi. Un lampo d’incredulità passò all’inizio sul viso di Carter, ma presto scomparve sostituito da ciò che Allie si era aspettata di meno. L’espressione ferita con cui Carter la guardò ebbe su di lei l’effetto di un pugno nello stomaco. Le spezzò il respiro e in quel momento capì che per niente al mondo avrebbe voluto perdere Carter, o che lui la guardasse ancora in quel modo.
«Be’, scusa tanto se mi prendo il disturbo di cercare di tenere in vita la mia ragazza». Carter si voltò e aprì la porta come una furia. «Solo, stai attenta a quello che fai. Ashley non è la persona che credi». Varcò la soglia con passo spedito e sparì nel buio del corridoio, lasciandola impalata davanti alla porta. Allie chiamò più volte il suo nome, ma il ragazzo non si guardò mai indietro.

Si sentì una stupida. Aveva rovinato tutto. Aveva mandato all’aria ogni cosa. Sapeva che avrebbe dovuto cercare Carter per sistemare le cose, eppure aveva paura che niente potesse tornare come prima. Aveva detto delle cose orribili e temeva che Carter non l’avrebbe mai perdonata. Ma doveva trovare il coraggio di affrontare la questione, perché non riusciva a immaginarsi una vita in cui Carter non facesse parte del suo mondo.

*

Ashley rimase appostata fuori dalla biblioteca per un’eternità, tanto che le sembrò fossero passate delle ore. In realtà, era lì solo da mezzora. Appoggiata contro la parte di legno di quercia in corridoio, con le braccia incrociate sul petto, canticchiava nella sua mente e aspettava. Poco prima aveva visto Katie entrare in biblioteca e, visto che non poteva entrare lì e fare una scenata di fronte a tutti, aveva deciso di seguirla e sorprenderla quando era da sola. Passarono altri interminabili minuti, durante i quali Ashley osservò il lento viavai di studenti che si spostavano pigramente dalla biblioteca alla sala comune. Finalmente, intravide mescolata tra la folla una massa di capelli ricci rosso fuoco che poteva appartenere a una sola persona. Scivolò velocemente in una nicchia nella parete, proprio mentre Katie le passava davanti incurante. Lasciò che qualche studente e diversi metri si frappose tra di loro, poi sgusciò fuori dal suo nascondiglio come se niente fosse. Una studentessa del primo anno le lanciò un’occhiata incredula, come se per magia fosse comparsa in mezzo al corridoio all’improvviso. Ashley le rivolse un sorriso amabile, prima di tornare a concentrarsi sul suo obiettivo. Katie aveva imboccato le scale per il dormitorio femminile.
Meglio così. A quest’ora ci sarà meno gente, pensò Ashley, salendo a sua volta ai piani superiori.
Imboccò lo stretto passaggio del dormitorio femminile. Su ogni lato c'era una fila di identiche porte bianche. Se Ashley allargava le braccia, poteva toccare le due pareti con entrambe le mani. C’era un solo problema. Il corridoio era completamente vuoto.
Merda.
Si era distanziata troppo da Katie per non farsi scoprire e l’aveva persa di vista. Per lei che era un’esperta della Night School, era proprio un errore da dilettante.
Con tutto quello sta accadendo in questi giorni, non so proprio dove ho la testa, pensò amaramente la ragazza.
All’improvviso, una porta si spalancò e Katie ne uscì in tutta fretta. Ashley s’immobilizzò in mezzo al corridoio, senza alcun posto in cui nascondersi. Decise di rimanere semplicemente ferma, ogni movimento poteva attirare l’attenzione. Ma Katie non la degnò nemmeno di uno sguardo, occupata com’era a sibilare furiosamente qualcosa nel cellulare che teneva incastrato tra la spalla e l’orecchio. Aveva le braccia cariche di vestiti. Con una certa fatica, aprì un’altra porta e poi la richiuse dietro di sé con un piede. Ashley sapeva benissimo che stanza era quella. Raggiunse l’entrata del bagno con poche falcate.
Bingo.
Socchiuse piano la porta, ma quella non fece alcun rumore. Trovò Katie davanti a uno degli specchi, con le mani appoggiate sul bordo del lavandino e la testa china in avanti. I capelli le ricadevano sul viso coprendone il riflesso. Aveva chiuso la comunicazione e il cellulare giaceva ora abbandonato accanto al sapone.
«Con chi stavi parlando?» chiese Ashley, con tono fintamente interessato. Aveva una spalla appoggiata allo stipite della porta ancora aperta e le gambe incrociate di lato, in una posa insieme comoda e noncurante. I suoi occhi però scrutavano Katie senza perdersi neanche un dettaglio.
La rossa si girò di scatto spaventata. «Dio, Ashley! Cosa sei una bambina?!», chiese stizzita per nascondere l’ansia che le era presa, e sicuramente anche l’espressione preoccupata che aveva in viso.
«Paura, eh?» commentò Ashley, socchiudendo gli occhi e scostandosi dalla parete. «Volevo proprio fare due chiacchiere con te». Si chiuse la porta alle spalle.
Katie fece un sospiro impaziente. «Ho di meglio da fare ora, che parlare con te», disse sprezzante. Raccolse il telefono e fece per dirigersi verso la porta ma Ashley le si parò davanti. «Oh, io invece credo che tu abbia del tempo a disposizione. A meno che tu non voglia che Isabelle venga a sapere che ti ho vista nel bosco con Gabe».
«Se avessi voluto, gliel’avresti già detto», ribatté Katie spavalda. Ashley poté comunque notare la scia di paura e incertezza nei suoi occhi e nel modo in cui le tremavano le mani appoggiate ai fianchi, in una posa da dura.
«Già, il punto è che io non voglio che Isabelle lo sappia».
Katie le lanciò un’occhiata incuriosita. «E perché no? Fare la lecchina non è il tuo hobby preferito?» chiese la ragazza sospettosa.
«Non stavolta. Se lei lo scoprisse, s’incazzerebbe, metterebbe tutti in punizione e non sarebbe di nessun aiuto». Ashley alzò gli occhi al cielo. «Io, invece, voglio scoprire una cosa».
«E’ tutto molto interessante, ma non vedo come io ti possa aiutare». Katie inarcò un sopracciglio che incorniciava perfettamente il suo visino impertinente.
«Questa è la parte meno divertente. Tu sei l’unica che può rispondere alla mia domanda», Ashley scosse la testa esasperata. «Ti pare che sarei qui a perdere tempo a parlare con te, se non mi servissi?»
«Ok, dimmi cosa vuoi sapere e poi finiamola qui. Ne ho abbastanza di questa farsa», esclamò l’altra.
«Voglio sapere di cosa stavi parlando con Gabe e come ha fatto a mettersi in contatto con te», annunciò Ashley, incrociando le braccia. Stavolta, l’avrebbe fatta confessare con ogni mezzo.
Katie fece una smorfia incredula, ma i brividi che la percorsero da capo a piedi non sfuggirono all’altra ragazza. «Col cavolo che te lo dico. Ora, se vuoi scusarmi…» Fece per sorpassare Ashley, ma quella si mosse con agilità di lato, bloccandole di nuovo la via d’uscita. In quel momento, la porta del bagno si spalancò e la stessa ragazzina di prima s’inchiodò sull’entrata, spostando lo sguardo dall’una all’altra.
«No. Fuori», esclamò Ashley, puntando un dito verso il corridoio. La bambina, riconoscendola, le rivolse un’occhiata terrorizzata e poi scappò via lasciando sbattere la porta.
Bene, ora potrà andare a dire a tutte le sue amichette che c’è un alieno nella scuola.
La ragazza tornò a concentrarsi su Katie, che aspettava con le braccia incrociate e l’aria di chi vorrebbe essere ovunque tranne che lì. «Stavamo dicendo?»
«Non stavamo dicendo un bel niente. Spostati».
Ashley la fissò dritta negli occhi e fece un passo verso di lei. «No». Senza volerlo, Katie indietreggiò. Quando si rese conto di quello che stava facendo, assunse un’espressione da dura che non le si addiceva affatto. La sua smorfia di timore era come un libro aperto sulla sua faccia. Fece un respiro tremante e provò di nuovo a oltrepassarla, ma quando vide che Ashley continuava a fissarla senza dar segno di muoversi, esplose. «Non posso dirti niente, non lo capisci?! Se lui venisse a sapere che ne abbiamo parlato, mi ucciderebbe!» Lasciò cadere le difese tutte in una volta tanto che Ashley, all’inizio, si sorprese e pensò che stesse recitando. Invece, si rese conto che Katie era davvero sconvolta.
«Di chi stai parlando? Chi ti ucciderebbe?»
«Gabe! E chi se no?!» Ora Katie sembrava isterica. Ci mancava solo che cominciasse a strapparsi ciocche di capelli con le mani ed era pronta per l’ospedale psichiatrico. Tremava visibilmente e il suo viso era un misto di terrore e disperazione.
«No, Katie. Ti posso assicurare che Gabe non ti farà niente. Non lascerò che ti accada qualcosa, ma devi dirmi che sta succedendo». Ashley fece un passo verso di lei, parlò con quanta più calma avesse in corpo per non spaventarla oltre. «Non posso aiutarti se non so come stanno le cose».
Katie fece un bel respiro per calmarsi e si nascose il viso tra le mani. Dopo un attimo di pausa, disse: «Ok, dimmi cosa vuoi sapere». Sembrava così sconfitta che perfino ad Ashley faceva pena. Non era certo la sua migliore amica, ma non aveva mai visto Katie Gilmore ridotta in quelle condizioni. E se c’era qualcuno che non si faceva mai abbattere e sconvolgere da niente, quella era proprio Katie.
«Parti dall’inizio». La ragazza le rivolse un’occhiata comprensiva.
Katie le raccontò che qualche settimana prima Gabe si era messo in contatto con lei. Non che lei ci avesse parlato molte volte. Semplicemente, aveva trovato una lettera finemente scritta su carta da invito, in cui Gabe richiedeva la sua collaborazione. I genitori di Katie, infatti, oltre ad essere membri del Consiglio della Cimmeria, erano anche dalla parte di Nathaniel e speravano che la figlia facesse altrettanto. Ciò che Gabe voleva da lei era che cercasse di coinvolgere altri studenti, figli di membri del Consiglio, per cercare di convincere anche i loro genitori ad allearsi con Nathaniel. Quello che però nessuno aveva considerato, era che Katie non stava dalla parte di Nathaniel e non aveva alcuna intenzione di aver qualcosa a che fare con quella storia.
«E’ quello che ho detto a Gabe ieri sera. Che non ho intenzione di aiutarlo», concluse Katie.
«E lui come ha reagito?»
«Non ne era per niente contento. Mi ha minacciato», ammise infine. «Immagino che tu abbia notato che non stavamo esattamente prendendo il tè come buoni amici. A proposito dov’eri nascosta?»
«Dietro al cespuglio», confessò Ashley. «Dimmi ancora una cosa. Chi ti consegnava le lettere e come facevi a rispondere?»
«Non rispondevo. Gabe mi ha detto di non farlo. Trovavo le lettere sempre sulla mia scrivania», Katie alzò le spalle come se non potesse farci niente. «Credo che fosse la spia nella Night School che me le consegnava, anche se non ho idea di chi possa essere. Non l’ho mai visto e credimi ci ho anche provato a coglierlo in flagrante».
«Non ne dubito», commentò Ashley, guardandola in modo strano. «Toglimi un’altra curiosità. Quante volte hai incontrato Gabe?»
«Solo due», rispose lei. «Ieri sera e qualche settimana fa. La notte in cui ci fu la cena della Vigilia di Natale e Sylvain era appena stato aggredito, ricordi? Non so perché Gabe abbia voluto vedermi quella notte e non mi avesse inviato un’altra lettera e basta. Forse la spia in quel momento non poteva».
«Forse perché era alla cena di Natale e non poteva mancare». Le due ragazze si scambiarono un’occhiata complice.
«Forse sì».
«Comunque sia, non ti devi preoccupare. Farò il possibile per risolvere questa storia». Le diede una pacca sul braccio, dimentica del fatto che loro due non erano mai state in buoni rapporti. «Se Gabe dovesse mettersi ancora in contatto con te, fammelo sapere. Ci penso io a mandarlo a cagare».
Katie si concesse addirittura un sorriso. Sembrava molto più sollevata ora. E l’espressione grata che rivolse per ringraziarla, convinse Ashley che non c’era bisogno di preoccuparsi. Katie stava bene.

*


Il sole aveva già iniziato a calare fuori dalla finestra quando finalmente Allie trovò Carter. Era seduto da solo a un tavolo in mogano della biblioteca, immerso nel silenzio mentre studiava. Allie avrebbe voluto rimanere lì a fissarlo per ore, godersi la visione delle sue lunghe ciglia che sbattevano a intervalli regolari e la sua mano che si muoveva sinuosa mentre scriveva. Invece, fece un respiro profondo e si costrinse a fare qualche passo avanti verso di lui. Era così concentrato sui suoi compiti che non alzò lo sguardo finché lei non gli si parò davanti.
«Pensavo che potessimo parlare», annunciò Allie, un po’ incerta e speranzosa insieme.
Se Carter credeva che avesse fatto male a pensarla così, non lo disse. Appoggiò la schiena contro lo schienale della sedia con un sospiro, la penna dimenticata tra le lunghe dita e gli occhi fissò sul suo saggio. Almeno si costrinse a fermarsi e ascoltare.
Che ti aspettavi, Allie? Che saltasse dalla gioia appena ti avesse visto?, si chiese in modo sarcastico.
La ragazza scostò titubante la sedia di fronte a lui e si sedette appoggiando i palmi delle mani sudate sul piano lucido.
«Credo proprio di doverti delle scuse», cominciò sbirciandolo appena da sotto le ciglia. «Mi sono comportata da completa idiota, ieri sera». Carter fece una smorfia come per dire che sì, era un’idiota. «E mi dispiace, Carter. Mi dispiace così tanto. Ti ho detto delle cose orribili che non meritavi e che non pensavo realmente, devi credermi…»
Il ragazzo non sollevò nemmeno lo sguardo. «Lo pensavi davvero, invece», replicò. La sua voce triste aveva una nota di accusa.
«No, io…»
«Lascia perdere, Allie. Non cercare di giustificarti con me». Carter aveva smesso di giocherellare con la penna, ora la guardava dritta negli occhi grigi. «Lo capisco, ok? Hai passato un periodo orribile. Mi rendo conto di quanto tuo fratello ti abbia ferita quando se n’è andato. So cosa provi. Ci sono passato anch’io, ricordi? So quanto ci si può sentire tristi nel perdere qualcuno che si ama. Provo le stesse cose, ok? Mi sento solo; è da quando i miei genitori sono morti che mi sento solo e..» Sembrò fare uno sforzo immenso nel pronunciare quelle parole. Allie sapeva quanto fosse difficile per lui parlare dei suoi e ammettere quanto gli mancavano. Ma lui si costrinse a continuare. «So che ne ho combinate di cotte e crude in passato e forse dovrei essere l’ultima persona che può permettersi di parlare. Anche Isabelle mi darebbe ragione su questo», Carter si lasciò sfuggire un breve sorrisetto triste ma subito lo represse. «Ma conosco Ashley meglio di te, so come fa. Ha quel modo intrigante e affascinante che fa sembrare tutto una buona idea; credimi quanto ti dico che lo so, perché ci sono passato anch’io. Ma non è sempre così, è pericoloso e Ashley…» Diede una scrollata di spalle come se non sapesse nemmeno lui come definirla. «Lei.. è fuori controllo. Nessuno riesce a gestirla. Non sa cosa vuol dire la parola “rischioso”, lei fa la prima cosa che le passa per la testa senza pensare alle conseguenze. E Isabelle gliel’ha sempre lasciato fare».
Dopo un attimo di pausa continuò: «Ma per te è diverso. Nathaniel è una costante minaccia per te e io ho paura». Ora Carter sembrava esasperato e addolorato insieme, i suoi occhi brillavano di una qualche luce bellissima. Con le guance arrossate per la concentrazione, la fissava con una tale intensità che il suo sguardo bruciante poteva quasi scottarle la pelle. Allie lo osservava assorta, senza aprir bocca o perdersi anche una sola parola. La sua gola si era seccata così tanto che forse, anche se ci avesse provato, non poteva comunque parlare. «Ho una dannata paura che ti possa succedere qualcosa, che a volte mi sembra di impazzire. E uscire da sole con il buio è stata un’idea davvero stupida e mi hai spaventato a morte. Quando mi sono accorto che non eri nella tua stanza e che potevi essere ovunque, che potevi essere sparita senza che qualcuno se ne accorgesse, magari rapita, io…» Carter appoggiò i gomiti sulla scrivania e si coprì il volto con le mani. Fece scorrere i ciuffi di capelli tra le dita e poi tornò a guardarla con un’espressione dolce e triste insieme. «Al, mi dispiace per la scenata che ti ho fatto ieri sera e di aver litigato con te, ci ho pensato tutta la notte. Ma di fronte anche alla più piccola eventualità di poterti perdere, io esco di testa».
Ora Allie aveva anche le lacrime agli occhi. Possibile che fosse stata così egoista da non rendersi conto dei sentimenti che Carter provava? Era stata così stupida da pensare solo a sé in una situazione come questa? Anche Carter aveva perso delle persone importanti nella sua vita, eppure non andava in giro ad accusare la gente di non riuscire a capirlo. Lui era solo al mondo e non una volta l’aveva sentito lamentarsi di questo. Lei, in confronto, sembrava una bambina viziata che  si cacciava nei guai apposta per far arrabbiare i grandi, e si odiò per questo. Aveva ferito i sentimenti di Carter e si sentiva più stupida che mai.
Quando finalmente aprì bocca per parlare, non riuscì più a sostenere il suo sguardo. «Non sei tu a doverti scusare. Sono io quella che ha sbagliato. Sono io l’idiota che era troppo concentrata su se stessa per pensare alle conseguenze e agli altri. Mi dispiace così tanto, Carter». Avrebbe voluto smettere di tormentarsi le mani ma proprio non ci riusciva. Alzò lo sguardo verso di lui. Se doveva trovare un modo per farsi perdonare, almeno l’avrebbe fatto guardandolo negli occhi. Si sarebbe impegnata per dimostrargli quanto era davvero dispiaciuta, per indurlo a credere di nuovo in lei. «Non ti ferirei mai intenzionalmente, lo sai. E’ solo che… non stavo pensando. Ho agito d’istinto come una stupida e non avrei mai dovuto assecondare Ashley. Non avrei mai dovuto dirti quelle cose, sono stata orribile. E ora sembro una lagna che si strugge per le sue colpe».
«No continua pure, mi diverte vederti così. Fa parte della tua punizione», le disse Carter con un sorriso.
Allie sorrise a sua volta e allungò timidamente il braccio verso di lui. Il ragazzo le prese la mano e la strinse nella sua. Quando le loro dita si toccarono, entrambi sentirono dei piacevoli brividi risalire lungo il braccio, come se si toccassero per la prima volta. Quella sensazione ricordò a entrambi i motivi per cui stavano insieme.
«Quando Lucinda è venuta qui, ieri pomeriggio, per dirmi che avrebbe accettato di aiutarci, mi ha dato un avvertimento. Mi ha detto di stare alla larga da Ashley e io, non so cosa volevo dimostrare, ma è ciò che mi ha convinto a fare quella cosa con lei. E anche quando mi hai detto di stare lontana da Ashley, ieri sera, io mi sono arrabbiata. Non voglio sentirmi dire con chi posso uscire o di chi posso essere amica, vorrei scegliere da sola le persone di cui fidarmi. Ma a quanto pare non so fare neanche questo, perché finisco sempre nei casini».
«Penso che siamo tutti un po’ esauriti da questa storia della spia e che ci renda nervosi e sospettosi. Ma hai ragione, dovresti imparare a decidere di chi fidarti da sola. E non avrei dovuto gridarti addosso in quel modo e importi di non vedere Ashley. Voglio solo che tu sia al sicuro e che stai attenta a ciò che potrebbe metterti in pericolo», disse Carter. Le sue dita intrecciate a quelle di Allie erano fredde al tatto.
«No, hai ragione. Forse avevo solo bisogno di un indirizzamento. Vorrei che il dottor West mi consigliasse più spesso su ciò che è giusto o no», suggerì timidamente.
«Il dottor West è sua disposizione quando vuole, Miss Sheridan», replicò lui con un sorriso. «E parte del trattamento prevede anche che sia necessario uno sbaciucchiamento rappacificatore», le lasciò un’occhiata maliziosa. Allie sorrise ma non si mosse. «Potrai mai perdonarmi?»
«Comincia a portare qui le chiappe, e poi vedremo». Carter la tenne per mano mentre faceva il giro del tavolo e si sedeva sulle sue gambe. La vicinanza dei loro corpi era la medicina più efficace di cui ora entrambi avevano bisogno. Quando Carter la baciò, Allie giurò a se stessa che non l’avrebbe più lasciato andare. Che non avrebbe più combinato o fatto niente che potesse mettere a rischio il loro rapporto. Desiderava davvero riuscire a mantenere quella promessa.

*


«Sai, comincio ad odiare sul serio Raj; mi rifila sempre il turno di notte quando fa un freddo cane», esclamò Ashley stringendosi nel cappotto nero, che non la stava riscaldando affatto.
«Ci vogliono continuamente attenti e vigili, però non ho ancora capito perché non se le fanno loro queste stupide ronde», concordò Allie tremando nell’aria gelida della sera.
«Ma ce li vedi, Isabelle e Zelazny che passeggiano al chiaro di luna tenendosi per mano, rivelandosi chissà quali segreti e cercando spie nascoste dietro gli abeti?»
«Bleah, ti prego. Ho appena mangiato!» commentò scandalizzata Allie. Scosse la mano davanti a sé come per scacciare quella disgustosa immagine.
Era, probabilmente, già passata la mezzanotte e loro stavano gironzolando da almeno un’ora, pattugliando il campus per la Night School. Entrambe stufe di girare in tondo come due sceme, decisero di deviare di poco il percorso, addentrandosi ancora di più tra gli alberi. Qui, a parte le loro voci, regnava il silenzio; solo ogni tanto si sentiva il lieve spostamento di foglie causato da qualche animale, messo in agitazione dal loro passaggio. Oltre a questo, niente di interessante da riportare. Nessuna spia in circolazione, nessuna effrazione nel giardino della scuola. Niente Gabe o Nathaniel. Niente Christopher. Ashley preferiva non pensarci e si concentrò quindi su Allie.
«Allora, dimmi. Come va con Carter?» chiese infrangendo il silenzio della notte. La sua voce fu come lo sparo di un colpo di cannone in mare aperto. «So che si è arrabbiato, ieri sera».
«Arrabbiato è un eufemismo. Direi piuttosto che era infuriato. Ma è colpa mia, ho detto cose che non avrei dovuto e…», Allie sospirò, «…ho solo peggiorato le cose».
«Mi dispiace che Carter se la sia presa con te. In fondo, è stata una mia idea quella del lago e so che lui non è esattamente un mio fan quando si tratta di te», Ashley le scoccò un’occhiata indecifrabile.
«Oh, lascia perdere. Abbiamo parlato a lungo anche di quello e alla fine ci siamo chiariti».
«Mi fa piacere. Ti prometto che per un po’ eviterò di farmi venire altre idee folli. Dovremo stare più attente d’ora in poi..» La frase di Ashley era quasi un sussurro ed Allie fece fatica a sentirla. Avrebbe voluto chiederle a cosa era dovuto quel cambiamento, ma non ne ebbe il tempo. Accadde tutto in un istante. Il rumore di passi che si allontanavano frettolosamente, le voci che si levarono alte nella notte, il cielo che si capovolse sopra di lei. Un secondo prima stava camminando al fianco di Ashley e quello dopo si ritrovò stesa per terra. Si girò con fatica a vedere in che cosa era inciampata e notò Ashley, immobile sul posto, che confusa cercava ancora di capire cosa fosse successo. Videro il corpo nello stesso momento. Una figura era accasciata per terra, priva di sensi.
«Oh mio Dio», Ashley si riprese dallo shock, si abbassò e rigirò delicatamente la ragazza per vederla in faccia. Allie si avvicinò abbastanza per riconoscere il viso di Katie Gilmore pallido come un lenzuolo, gli occhi chiusi. Sembrava non esserci più alcuna vita in lei, eppure intorno a lei non c’erano tracce di sangue. Ashley incontrò il suo sguardo, e Allie poté vedere lo stesso orrore che provava riflesso negli occhi terrorizzati della ragazza.

 
Pochi istanti dopo, Allie stava già correndo a scuola a chiamare aiuto. Ashley appoggiò due dita sulla gola di Katie per sentirne il battito. La ragazza era ancora viva e dall’assenza di evidenti ferite esterne, ne dedusse che fosse solo svenuta. Qualcuno l’aveva colpita. Il bernoccolo che si stava formando sulla sua testa ne era una prova lampante.
Porca puttana. Ed io che le avevo detto di stare tranquilla.  
Ashley desiderò sapere chi fosse stato, anche se aveva già una mezza idea. Decise su due piedi. Si alzò di scatto, scavalcò Katie con un passo e corse nella direzione da cui, poco prima, aveva sentito provenire le voci. Non dovevano essere lontani, questa volta li avrebbe presi.
Ma quando raggiunse la radura da cui arrivavano quegli strani rumori, capì che non importava quanto lei fosse forte e menefreghista. Quanto si sentisse superiore agli altri. Comprese che la fiducia e la lealtà erano sentimenti così importanti di cui neanche lei poteva fare a meno, e che se infranti potevano avere delle conseguenze disastrose sullo stato d’animo delle persone. Comprese solo in quel momento come doveva sentirsi Isabelle ogni volta che lei infrangeva una promessa fatta. Ashley aveva voluto credere in lui così tanto, si era fidata di lui più di chiunque altro e, proprio per questo, era l’unico che poteva ferirla nel profondo. Che poteva distruggere tutte le sue speranze. Niente poteva prepararla alla scena che le si parò davanti.
«Cosa pensi che succederà quando tutti scopriranno che sono io la spia?!» La voce familiare. Il marcato accento francese. Li riconobbe all’istante, ma niente le spezzò il respiro quanto la vista della persona che aveva parlato. Sotto la luce della luna, le due figure brillavano come sabbia al sole. Quando i due ragazzi si girarono a guardarla, le sembrò di ricevere un calcio nello stomaco. Gabe. E Sylvain.
Ma che diavolo..?
«Ma cosa… Sylvain?»
Sylvain è la spia della Night School?!

To be continued...

Ok, calma calma. Ci tengo a precisare, prima che qualcuno si faccia prendere dall'ansia (fan di Sylvain dico a voi), che Sylvain NON è la spia di Nathaniel. O almeno, per quanto ne sappiamo ora (siamo arrivati alla pubblicazione del secondo romanzo in Italia), potrebbe anche esserlo. Detto questo, io non credo che sia lui la spia, anzi sospetto di qualcun altro, ma dato che non posso dire chi è per via dello spoiler, ho pensato di fare di Sylvain la mia spia.  Era un'idea che mi elettrizzava. Lo ammetto all'inizio ho pensato che fosse davvero lui ahahah. Per il resto godetevi la storia senza prenderla troppo seriamente, è pur sempre una fanfiction di mia invenzione. :)

Passiamo a fare un po' di pubblicità. Per chi volesse leggere l'altra storia che ho appena pubblicato su Jo, questo è il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2357648&i=1 . Ma occhio allo spoiler!

Per chi invece è un fan della saga ed è in cerca di qualche curiosità, passate a dare un'occhiata al blog apposta da me creato http://nightschoolitalia.blogfree.net/ ;) .

Mi farebbe molto piacere se veniste a commentare o anche solo a visitarlo. 
Lasciate pure una recensione a questo capitolo, se vi è piaciuto.

A presto, Elis. 

 

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Capitolo 8
*** Chapter Eight ***


So di essere enormemente in ritardo anche stavolta, non sono riuscita a finire il capitolo prima. :( 
E' un po' Sylvain-centrico, quindi fan di Sylvain questo capitolo è tutto per voi. Perdonate l'assenza di Allie e degli altri personaggi, nel prossimo capitolo ci saranno di più. Sylvain meritava un capitolo suo per spiegare il motivo del suo "tradimento". Per chi non avesse idea di cosa sto parlando, vi riassumo in due righe l'ultimo capitolo.
Riassunto: Dopo che Ashley ha beccato Katie e Gabe da soli nel bosco, è riuscita a far confessare Katie e ha scoperto che Gabe si metteva in comunicazione con lei tramite la spia per convincerla a unirsi a loro. Spaventata, Katie ha chiesto aiuto a Ashley che le ha promesso di tenerla al sicuro. Purtroppo (o forse no) Gabe attacca Katie e la ferisce, giunta sul luogo del "delitto" (scherzo non è morta XD) Ashley trova Sylvain e Gabe a parlare da soli. E scopre che la spia di Nathaniel è... Sylvain. 

Buona lettura!

Night School

Chapter Eight



«Sylvain, cosa..? Che diavolo sta succedendo?!»

Ashley rimase ferma, inebetita, a spostare lo sguardo sbalordito dall’uno all’altro. Gabe aveva un’espressione divertita e non si stava sforzando più di tanto a nascondere il sorrisetto sardonico che gli increspava le labbra. Sulla sua testa rasata stavano rispuntando dei ciuffi di corti capelli biondi. Sylvain, dal canto suo, sembrava aver appena ricevuto una pallonata in faccia. Immobile sotto la luce della luna, sembrava respirare appena; i suoi occhi fissavano Ashley pieni di terrore.
«Be’, sorpresa!» esclamò Gabe sghignazzando, riempiendo il silenzio. «Sì, Sylvain è la spia nella Night School; no, non è stato lui ad aggredire Katie, ma io. Quella stronzetta mi stava dando un po’ troppi problemi, non era mia intenzione farle del male, ma ho dovuto…», disse con tono per niente dispiaciuto. Gabe andò avanti a blaterare cose senza senso, ma nessuno lo stava ascoltando. Semplicemente, Ashley e Sylvain continuavano a guardarsi increduli, senza proferir parola, senza sapere cosa dire. Poi, a un tratto, la bolla di sapone che sembrava circondare Ashley esplose e in un attimo realizzò la scena di fronte ai suoi occhi, come se si fosse appena risvegliata da una trance. «Oh, mio Dio!» Si afferrò la testa con le mani e strinse forte le ciocche di capelli tra le dita. «Sei tu la spia di Nathaniel!»
«E urrà per Ashley!», commentò Gabe applaudendo ironico, ma entrambi continuarono a ignorarlo.
«Ashley, ascolta…» Sylvain si riprese quel tanto da consentirgli di aprire la bocca, ma Ashley lo interruppe con un gesto della mano.
«No, stai zitto. Non voglio sentire neanche una parola da te», esclamò lei ancora sotto shock. Un altro sentimento si stava facendo strada dentro di lei. Rabbia. «Non ci posso davvero credere!», quasi urlò.
Come poteva Sylvain, che sembrava essere sempre il più affidabile e leale tra tutti loro, tradirli così miseramente? Come poteva essere lui la spia di Nathaniel? Stare dalla parte di coloro che avevano fatto del male a Ruth, a Katie, ai genitori di Ashley. Come poteva supportare quelli che volevano impadronirsi dell’intera scuola, tagliando fuori Isabelle? E come poteva lei, Ashley, essere stata così stupida da non accorgersi che Sylvain, il suo partner, il suo migliore amico, il suo compagno di battaglie, stava tramando alle sue spalle?
Ma prima che avesse il tempo di rovesciare tutta la sua ira sul ragazzo, sentì delle voci in lontananza che chiamavano il suo nome.
«Ho mandato Allie a chiamare aiuto», sussurrò più rivolta a se stessa che agli altri due. «Devo andare».
In quel momento, Gabe sputò per terra e richiamò la sua attenzione. «Sei disgustoso. Per questa volta ti lascio andare, solo per questa volta. Non dovresti neanche essere qui», lo rimbeccò sibilando. Lui non se lo fece ripetere due volte, lanciò un’ultima occhiata di scherno a Sylvain e mormorò: «Be’, vi lascio ai vostri drammatici problemi». Poi sparì nel folto della foresta senza più guardarsi indietro.
Ashley e Sylvain rimasero soli, e il silenzio insopportabile che calò tra di loro sembrò protrarsi in eterno. Le voci degli altri continuavano a chiamarla.
«Andiamo»,  bisbigliò lei dopo un attimo, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Ma ancora prima che potesse incamminarsi, Sylvain fece un passo avanti: «Aspetta… ti prego». Ashley non si mosse e il ragazzo lasciò ricadere il braccio che aveva alzato per fermarla. «Per favore, non dire niente a nessuno. Per ora». Ashley non aveva mai sentito Sylvain supplicare qualcuno, e il suo accento francese rendeva il suo tono ancora più disperato. Gli lanciò solo un’occhiata veloce, prima di incamminarsi verso il luogo in cui avevano trovato Katie. Ma anche quell’unico sguardo bastò a Sylvain per capire che Ashley non l’avrebbe tradito.

Tornando sui loro passi, le voci che prima avevano ignorato si fecero sempre più alte. Capirono che doveva essersi radunata una piccola folla; quando Ashley e Sylvain tornarono nella radura, si trovarono davanti molta più gente di prima.
Povera Katie.
Jerry e Zelazny stavano portando via il suo corpo incosciente. Sotto la luce della luna, la sua pelle color latte sembrava ancora più pallida di prima. Raj si era già calato nel suo ruolo e impartiva ordini a destra e a manca. I suoi uomini, divisi in gruppi, stavano controllando un po’ tutte le direzioni. Isabelle, con la schiena diritta che non nascondeva di certo la sua ansia e preoccupazione, teneva una mano sulla spalla di Allie per rassicurarla. La sua amica sembrava visibilmente scossa. Quando la preside li vide avvicinarsi, rivolse una breve occhiata interrogativa a Sylvain senza però dire niente. Poi si voltò verso di lei e la scrutò attentamente in cerca di ferite. «Ashley. Sylvain. State bene, vero? Raccontatemi tutto. Avete visto chi è stato?», la voce di Isabelle era resa tagliente dalla rabbia. I suoi occhi dorati avrebbero potuto mandare scintille. Come darle torto? Qualcuno si era di nuovo introdotto nella sua scuola indisturbato. Di nuovo, uno dei suoi studenti era stato ferito. Doveva essere furiosa.
Ashley avrebbe tanto voluto non essere lei a dovergli dire chi era il colpevole, ma non poteva certo aspettarsi che Sylvain, dopo essere stato scoperto in quel modo, si offrisse volontario. Così si fece coraggio e mormorò: «E’ stato Gabe». Un lampo minaccioso passò nello sguardo della preside, ma lei si sforzò di andare avanti: «Dopo che Allie è andata a chiamare aiuto, ho sentito dei passi qui vicino e sono andata a controllare». Lanciò un’occhiata fugace a Sylvain e poi continuò: «L’ho visto allontanarsi in fretta poco prima di incontrare Sylvain nel bosco. Quando abbiamo provato a rincorrerlo, era già troppo lontano. Doveva avere qualcuno ad aspettarlo con una macchina», mentì lei.
«Maledizione», imprecò Isabelle. Si massaggiò le tempie con entrambe le mani come per schiarirsi le idee, e poi riprese con un tono di voce più calmo. «Ok, la squadra di Raj sta già controllando il terreno. Se si è lasciato dietro qualcosa, lo troveranno». Rivolse un’occhiata preoccupata a Allie e poi aggiunse: «Voi tre potete tornare nella scuola. Domani mattina terremo una riunione di aggiornamento con la Night School». Isabelle piantò i suoi occhi in quelli di Ashley e la fissò come se sapesse cosa stava pensando. Poi, esclamò determinata: «Pagheranno per quello che hanno fatto a Katie. Li prenderemo ad ogni costo».
Nella mente di Ashley si formulò solo per un momento l’idea di dirle ciò che aveva scoperto. Ma poi immaginò la reazione della preside: avrebbe espulso Sylvain e avrebbe ucciso lei per non averle detto della conversazione avuta con Katie.
Ashley deglutì a fatica e cercò di continuare a respirare regolarmente, mentre annuiva solo una volta. Non osò nemmeno un attimo ad alzare lo sguardo sul suo partner ed ebbe la sensazione che neanche Sylvain volesse incontrare i suoi occhi per non tradirsi in qualche modo.
Se Katie era ferita era anche colpa sua, e lei lo sapeva bene.

Quando Isabelle li lasciò andare, si diressero verso la scuola in silenzio, tutti e tre immersi ognuno nei propri pensieri. Ashley si fermò sul pianerottolo e lasciò che Allie la precedesse su per scale che portavano al dormitorio. Quando la ragazza si girò a guardarla con un’espressione che diceva  chiaramente “tu non vieni?”, lei le rivolse un cenno sbrigativo e rispose che aveva un’ultima cosa a fare, sperando che l’altra non notasse la sua voce tesa. Per fortuna, Allie non ci fece troppo caso e continuò a salire stancamente le scale. Evidentemente, era così sotto shock da non avere le forze  forza per indagare oltre. Prima che Sylvain potesse fare anche un solo passo verso la sua stanza, Ashley lo bloccò appoggiandogli una mano sul petto e bisbigliò minacciosa: «Tu ed io dobbiamo parlare». Lui sospirò ma non disse nulla, si limitò a seguirla nella sala da ballo vuota. La ragazza accese la luce e si richiuse la porta alle spalle con un tonfo. Allargò le braccia sconsolata e poi gli rivolse uno sguardo disperato.
«Ti rendi conto di quello che è successo?», chiese cercando di mantenere la voce bassa. «Gabe ha appena aggredito Katie. Questi tizi fanno del male alle persone e tu mi dici che stai dalla loro parte?», esclamò con enfasi, guardandolo come se fosse impazzito. «Prima Chris, poi tu… ma che diavolo ci trovate tutti in Nathaniel?», borbottò rivolta a se stessa. Le sembrò che la sua unica missione nella vita, fosse quella di convincere la gente che quel tizio era pericoloso. Eppure nessuno le dava ascolto. Ashley era davvero stufa di tutta quella storia.
Sylvain continuò a scrutarla in silenzio con i suoi occhi azzurrissimi, l’espressione corrucciata come se stesse ragionando sul da farsi. Lei proseguì indisturbata: «Come puoi stare dalla sua parte? Come puoi tradire tutti quanti? Isabelle, Allie, Nicole… Come puoi tradire me?» La sua voce s’incrinò in una nota di dolore sull’ultima parola. Sylvain era quello di cui si fidava di più, l’unico a cui avrebbe ciecamente affidato la sua stessa vita. E ora scopriva, invece, che a lui non importava niente, perché l’aveva tradita per tutto quel tempo.
Che situazione di merda, pensò.
Sylvain sospirò. «Ashley, ascolta. Io non l’ho fatto perché voglio ferire te, o Isabelle, o Allie, o chiunque altro. Lo sai che non farei mai del male a nessuno di voi». Abbassò lo sguardo sulle punte delle sue scarpe e poi aggiunse quasi sottovoce: «L’ho fatto per me. Per motivi che ritengo validi». Ashley lo fissò stupefatta.
Che razza di motivo era abbastanza valido da poter giustificare la sua scelta di allearsi con degli assassini? Tuttavia, qualcosa in quello che lui le aveva detto la incuriosì. Sylvain sembrava tormentato. Si era persa qualcosa? Non le era mai parso così turbato da quando lo conosceva. Neanche quando loro due si erano lasciati era stato così sconvolto. La curiosità prese il sopravvento, così incrociò le braccia e si ritrovò a dire: «Raccontami tutto allora. Dall’inizio». Non poteva credere alle sue parole. Avrebbe dovuto sbraitargli contro e urlargli che era uno scemo. In realtà voleva farlo davvero, ma per quanto si sentisse tradita, aveva seriamente bisogno di capire qual era il motivo che l’aveva spinto ad agire così. Dopotutto, erano amici, no? Come lo erano stati lei e Gabe. Lui non era riuscito a salvarlo, ma forse poteva ancora farcela con Sylvain prima che diventasse irrecuperabile. Il ragazzo sembrò sollevato. Le indicò le poltrone poste in fondo alla stanza con una mano e disse: «E’ una storia lunga. Mettiamoci comodi». Con evidente riluttanza, Ashley acconsentì in silenzio e si lasciò cadere nella morbida sedia, perdendosi nelle parole di Sylvain, rese intriganti dal suo accento francese.
Sylvain mantenne la promessa: le raccontò tutto quanto. Partì dall’inizio, che risaliva a qualche mese prima.
Dopo che loro due si erano lasciati, Sylvain era così giù di corda che aveva iniziato a frequentare Gabe sempre più spesso. I due erano diventati amici e fu allora che il maggiore dei due cominciò a parlargli di Nathaniel, di come potesse risolvere tutti i suoi problemi, di quanto ci si potesse fidare di lui. Ammise di essersi fatto condizionare da Gabe, e quello fu davvero l’inizio di tutto. Poche settimane prima della tragica morte di Ruth, Sylvain si unì a Nathaniel. Si affidò ciecamente a lui e non si lasciò nemmeno turbare dagli eventi del ballo estivo. Pur sapendo cosa era accaduto a Ruth, aveva ingenuamente continuato a stare dalla parte dei suoi assassini. In quel momento, Ashley sentì un brivido risalirle la schiena. Ricordava che Sylvain e Ruth non erano mai stati legati più di tanto, ma c’era una bella differenza dal fregarsene completamente che fosse morta.
Altro che salvarlo, questo è fuori di testa, pensò. Ha subìto il lavaggio di cervello di Nathaniel!
Comunque, per tutto quel tempo Sylvain aveva taciuto la verità a tutti quanti e aveva continuato a custodire il suo segreto. Si era perfino fatto pestare da Gabe per rendere plausibile il fatto che l’avesse lasciato scappare dal campus come se niente fosse.
Raccoglieva informazioni, indagava per Nathaniel, consegnava le lettere di Gabe a Katie, anche se giurò di non sapere niente di quello che Gabe aveva intenzione di farle. Ashley ebbe qualche difficoltà a credergli dato che anche lui, in quel momento, si trovava lì. Magari era stato lui stesso a ferirla. Chi poteva dirlo? Tuttavia, quando Ashley gli chiese il motivo di tutto ciò e ascoltò la sua risposta, riuscì in qualche modo a comprenderlo.
Sylvain era figlio unico di miliardari. Discendeva da una famiglia molto antica e importante, era sempre vissuto nel lusso, era cresciuto a base di balli eleganti e formali. Fin da piccolo aveva conosciuto tanta di quella gente straricca, nobile e viziata da perderne il conto. Tutti si aspettavano la stessa cosa da lui: che diventasse un famoso miliardario francese e che seguisse le orme dei genitori. Il problema era che… Sylvain non voleva essere come loro. Non voleva passare il resto della sua vita a nuotare nell’oro come tutte le persone superficiali che aveva imparato a conoscere, a pensare solo a se stesso e ai suoi diamanti luccicanti. Lui voleva…essere diverso. Pensare alle piccole cose, lavorare per vivere, non farsi corrompere dai soldi. Ashley notò quanto era forte la sua integrità morale.
«Per questo, ti sei unito a Nathaniel? Per fuggire dalla tua famiglia?», chiese assorta dal discorso.
Sylvain annuì, abbassando lo sguardo sulle sue mani intrecciate in grembo.
«Qualcosa come il mio periodo ribelle», scherzò lui. Quando Ashley incontrò di nuovo i suoi occhi si rese conto, per quanto fosse possibile, di comprenderlo. Non condivideva certo la sua scelta, ma per un certo verso la capiva. Dopotutto, anche lei certe volte si sentiva così assillata da Isabelle e dal regolamento della Cimmeria, da spingerla a infrangere tutte le regole. Non poteva essere la stessa cosa per lui? Sentirsi così soffocati da qualcosa, tanto da cercare la salvezza in Nathaniel per tornare a respirare?
«Ok, lo capisco», accettò infine. «Capisco perché l’hai fatto. Ti sei unito a Nathaniel per allontanarti dai tuoi genitori e dalla società che dici di odiare. Ma quelle persone sono cattive, Sylvain. Fanno del male agli altri, uccidono persino. Come puoi approvare quello che fanno? Come puoi anche solo pensare di essere d’accordo con quello che hanno fatto a Ruth e Katie?» Era così concentrata nel sostenere il suo punto di vista, che le sue guance tornarono ad accalorarsi.
«Non ho mai detto che accetto quello che fanno. O meglio, i metodi con cui ottengono le cose», rispose Sylvain tranquillamente. «Io non sono come Gabe che cerca sempre un’occasione per fare del male alla gente. Ti giurò che non sono così. Ho cercato di impedire a Gabe di uccidere Katie, è per questo che ero lì. E se avessi potuto salvare anche Ruth, credi che non l’avrei fatto?»
Ashley evitò il suo sguardo e borbottò piano: «Non so più a cosa credere ormai».
Ma Sylvain non mollò. «Ashley, ti prego, ti prego, ho bisogno che tu capisca il motivo per cui l’ho fatto. Non per andare in giro a uccidere le persone come uno psicopatico, ma per salvarmi da tutto questo. L’ho fatto solo per me». Quando lei non rispose, lui continuò: «So di averti ferita per non avertelo detto, so che in questo istante probabilmente mi odi per averti abbandonata... ma ho davvero bisogno di te in questo momento, ho bisogno che tu ti fidi di me». La fissò con una tale intensità che i suoi occhi sembravano brillare.
E in quel momento Ashley capì che Sylvain non la stava solo supplicando di comprendere la sua scelta, ma anche di accettarla. Di perdonarlo, in nome della loro amicizia. Comprese quanto il suo giudizio fosse importante per lui, quanto la sua approvazione significasse.
Sospirò e poi annunciò: «Ok, mettiamo il caso che io ti creda…» Lui le rivolse un’occhiata sorpresa come se non pensasse fosse possibile. Lei lo ignorò e proseguì: «Cosa succederà d’ora in poi? Mi chiederai di mentire? Di far finta di niente?», domandò stancamente.
«Io l’ho fatto per te», esclamò lui. «Non ho detto niente a nessuno di te e Christopher».
Ashley lo guardò allibita. «Tu, Sylvain Cassel, mi stai forse ricattando?», lo prese in giro.
Sylvain sorrise debolmente. «No, ti sto semplicemente chiedendo di aiutarmi», rispose lui tranquillo.
«E se facessi diversamente e andassi dritta da Isabelle?», lo provocò lei.
Lui la guardò a lungo prima di rispondere. «Non lo farai.»
«Come fai a esserne così sicuro?», chiese Ashley a mo’ di sfida.
«Perché sappiamo entrambi come andrebbe a finire. Isabelle non crederà mai all’ipotesi che tu non sapessi niente, sei la mia partner dopotutto».
Touché. Aveva dannatamente ragione. Lei era la sua partner, avrebbe dovuto accorgersene prima. Era anche colpa sua se ora era incastrata in questa situazione.
«Ascolta, facciamo un patto», propose Sylvain dopo un momento di silenzio. «Io non dico niente di te e tu fai lo stesso con me. Lo teniamo solo per noi e non lo diciamo a nessuno. Sarà il nostro segreto».
Ashley non ebbe bisogno di indugiare oltre per prendere in considerazione quell’idea, sapeva già cosa avrebbe fatto. Sapeva anche che così facendo avrebbe fatto incazzare un po’ di gente, ma cosa importava? Lei faceva sempre incazzare un sacco di gente. In fondo Sylvain aveva ragione; lui aveva accettato di aiutarla quando l’aveva pregato di non dire a nessuno della sua storia con Christopher, perché lei non poteva fare lo stesso? Se Sylvain stava dicendo la verità, ed Ashley era abbastanza sicura che fosse così, che male c’era a tenere nascosta quell’informazione? A perdonarlo e contare sul fatto che l’avrebbe aiutata nell’impedire a Gabe di ferire qualcun altro? Non seppe dire cosa le fece cambiare idea, ma non fu di certo una sorpresa quando lei gli strinse la mano e, guardandolo con aria complice, sussurrò: «Affare fatto».


*

Ashley era arrivata da pochi minuti al giardino recitato, quando la pesante porta di legno si aprì di nuovo e lasciò entrare Christopher. La ragazza gli andò incontro a braccia conserte.
«Ashley», la salutò Chris, scoccandole un bacio sulla guancia e stringendola a sé.
La ragazza, però, non sembrò ricambiare il suo abbraccio e dall’occhiata strana che le rivolse, era chiaro che anche lui l’aveva notato.
«Chris, sei venuto», esordì allontanandosi di un passo.
«Be’, me l’hai chiesto tu. Perché non sarei dovuto venire?», domandò retorico. Si guardò intorno facendo vagare lo sguardo sulle file ordinate di piante e ortaggi. «Come mai qui? E perché tutta questa fretta di incontrarmi? Per caso è successo qualcosa?» Il suo tono si fece più gentile quando tornò a guardarla.
«Sì, avrai sentito che Gabe ha attaccato una ragazza ieri notte», esclamò lei con disapprovazione, non riuscendo però a nascondere il tono di accusa nella sua voce. «Le ronde si sono intensificate ancora di più. Le guardie di Raj sono ovunque, ma non ci troveranno qui».
«E’ comunque rischioso. Ora più che mai, con le guardie di Raj Patel in giro, avrei potuto essere scoperto e…»
Ma Ashley lo interrupe. «Avevo bisogno urgente di parlarti», disse fissandolo dritto negli occhi, senza muoversi di un passo.
Chris le rivolse un’occhiata comprensiva. «Sei sconvolta, lo capisco. So cosa ha fatto Gabe e mi dispiace per quella ragazza». Fece un gesto involontario della mano come per dire che di Katie non gli importava un fico secco. «Non l’avevamo previsto. Nessuno di noi sapeva cosa aveva in mente Gabe». La sua espressione però tradiva le sue parole, lasciando intendere che in realtà lo sapevano eccome. Semplicemente, non erano intervenuti per impedire che accadesse. Di fronte alla smorfia scettica di Ashley, Christopher aggiunse: «Comunque, posso dirti che Nathaniel si è incazzato parecchio e l’ha punito a dovere».
«Oh, mi fa piacere che Nathaniel sappia infliggere punizioni», replicò lei sarcastica. «Sono sicura che sia davvero molto dispiaciuto per l’accaduto!»
«Ok, sei arrabbiata, l’ho capito. Ma davvero io non sapevo cosa aveva intenzione di fare». Allargò le braccia come per dire che non poteva farci nulla. «Gabe, a volte, è un po’… impulsivo».
«Ciò non giustifica quello che è successo. Katie non ha fatto niente di male, si è solo rifiutata di unirsi a voi. E per questo ha subìto quel trattamento?» Ashley si stava arrabbiando di nuovo. Com’era possibile che Chris non vedesse quello che vedeva lei? Che non si accorgesse di quanto Gabe era malvagio? C’era una bella differenza tra Sylvain, che cercava di fermarlo quando poteva, e Christopher, che se anche capiva quanto era sbagliato non si scomodava di certo per impedirglielo. «Ti rendi conto che è una cosa folle, vero? Quei tizi sono pericolosi, se non ottengono quello che vogliono fanno del male alle persone. Dovresti stare lontano da loro», sentenziò infine.
Christopher sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «So come la pensi, ma non è colpa mia o di Nathaniel se Gabe è fuori di testa. Non mi avrai fatto venire qua solo per questo?», domandò seccato.
Ashley spalancò gli occhi e lo fissò incredula. «Come scusa?» Il tono di Chris non le piaceva per niente. Sebbene non facessero altro che litigare, loro stavano insieme. Si amavano, era una coppia. Quella domanda gli era uscita perché era infastidito dalle sue accuse, oppure c’era qualcosa di più profondo? Stava forse dicendo che, nonostante la loro relazione, non potevano incontrarsi senza un motivo valido? Che razza di rapporto sarebbe stato il loro, in quel caso?
Decise di lasciar perdere e si costrinse a proseguire. «No, hai ragione. Non è per questo che ti ho chiamato. Ma per Sylvain. So che è la spia», esclamò, fissandolo e serrando la mascella per trattenere la voglia di urlargli contro. Sebbene avesse accettato le ragioni di Sylvain, la sola idea che stava dalla parte dei loro nemici le faceva venire da vomitare. «Sai benissimo quanto tengo a lui, perché non mi hai detto niente?» Ora sembrava solo ferita, e non voleva dimostrare quanto sapere la verità le avesse fatto male.
Christopher sembrava colpito dal fatto che l’avesse scoperto. Ma quando aprì bocca per parlare, la sua voce era solo piatta. «Per lo stesso motivo per cui tu non mi hai detto che Lucinda ha accettato di aiutarvi».
Ashley lo guardò sorpresa.
Come diamine faceva a saperlo? Quel bastardo traditore.
«Ve l’ha detto Sylvain?», chiese facendo una smorfia. «Chris, lui è il mio partner. Avrei voluto saperlo, avresti dovuto dirmelo!»
«E Lucinda è mia nonna!» Il suo tono di voce si alzò con una nota d’ira e sovrastò quello della ragazza. Sospirò sonoramente e poi disse comprensivo: «Ashley, noi apparteniamo a fazioni diverse. Lo sai anche tu, non possiamo dirci ogni cosa. Non sarebbe corretto. E poi eravamo d’accordo di separare la nostra relazione da tutto il resto».
«Ma non sta funzionando, Chris. Non facciamo altro che litigare», si lamentò lei. «Non possiamo dividere le due cose se le persone a cui teniamo sono coinvolte».
«Cosa vuoi che faccia, Ashley?», chiese l’altro esasperato. In quel momento, sembrava così giovane e disarmato.
«Lo sai cosa voglio. Che tu torni dalla nostra parte». Sul viso di Ashley passò una sfumatura addolorata. Per quanto cercasse di convincerlo, sapeva che non era una cosa facile. Eppure doveva provare a salvarlo finché era ancora in tempo. «Allie è qui, la tua famiglia è qui. Ti prego di lasciar perdere Nathaniel».
Christopher le rivolse un’espressione stanca, come se fosse stufo di parlarne per l’ennesima volta. «Perché devo sempre essere io a rinunciare a quello che voglio? Perché per una volta non puoi essere tu a venirmi incontro? Se prendessi almeno in considerazione l’idea di…»
Ashley non lo lasciò neanche finire. Gli lanciò una minacciosa occhiata d’avvertimento e disse: «Non osare neanche a propormi di unirmi a voi. Nathaniel ha ucciso i miei genitori», sibilò.
«Non intendevo..»
«Sì, invece, intendevi proprio quello», replicò lei, non accennando ad abbassare lo sguardo. «Non so proprio cosa ci trovi in lui. E non capisco perché vuoi così tanto allontanarti dalla tua famiglia».
«Io non ho più una famiglia!», gridò lui infuriato. «O una casa in cui tornare. I miei genitori hanno rinunciato subito a cercarmi. Mia nonna non sa neanche che esisto. Mia sorella mi odia».
Ashley provò a dire che Allie non lo odiava affatto, ma lui non la lasciò parlare.
«Ash, non lo capisci? Nathaniel è la mia famiglia, ora. E’ la mia casa. Nessuno mi rivuole indietro. Non ho nessuno per cui tornare».
«Hai me», sussurrò lei con un filo di voce. Chris la guardò senza dire una parola, ma quando Ashley incontrò i suoi occhi, la sua espressione indescrivibile divenne subito chiara.
«Ma non sono abbastanza», concluse lei per lui. Dopo un lungo e imbarazzante silenzio, in cui Ashley si sforzò di non mostrare quanto era rimasta ferita, mormorò: «Be’, allora credo che non abbiamo altro da dirci».
Con una fatica enorme, riuscì a muovere le gambe e uscì dalla serra sbattendosi la porta alle spalle. Chris provò a fermarla chiamando il suo nome più volte, ma lei lo ignorò. Si allontanò a passo spedito con gli occhi umidi, contenta che non ci fosse in giro nessuno per vedere la lacrima solitaria che scendeva lungo la sua guancia.

Quando rientrò in camera, si tolse le scarpe e le lanciò in giro senza nemmeno slacciarle. Era tentata di buttarsi sul letto ancora vestita, quando si accorse che qualcosa non quadrava. Nella sua stanza già in disordine per conto suo, c’era un dettaglio fuori posto. Nell’unico spazio in cui la scrivania prima era sgombera, ora giaceva un’immacolata busta bianca. Sospettosa, fece un passo avanti e si avvicinò abbastanza da leggere il suo nome scritto in lettere eleganti. Aprì la busta con mani tremanti e tirò fuori il cartoncino di carta da invito. Recitava un’unica frase.
“Devi lasciarlo andare.”
Ashley non ebbe neanche bisogno di chiedersi di chi parlava o chi gliel’avesse mandata. Conosceva bene quella calligrafia ordinata, che poco si addiceva a un assassino con le mani sporche di sangue. Per niente al mondo l’avrebbe dimenticata o confusa con un’altra. Le poche parole che aveva ricevuto, sotto la luce della lampada, erano un chiaro avvertimento ai suoi occhi. Una malcelata minaccia. La lettera di Nathaniel serviva per ricordarle che, sebbene fosse rimasto nell’ombra per tanto tempo, lui era ancora là fuori da qualche parte. Quello della notte precedente era solo un assaggio di ciò che li aspettava. Presto si sarebbe mosso e questa volta stava venendo anche per lei.
Ashley lo odiò più che mai. Accartocciò il foglio con una mano sola e serrò il pugno. Negli occhi aveva un determinato sguardo omicida. Gliel’avrebbe fatta pagare.


To be continued...

Oh Sylvain, cosa combini! Spero che le motivazioni che ho messo siano plausibili XD.
Se vi è piaciuto il capitolo, lasciate pure una recensione. Grazie a tutti per aver letto.

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A presto, spero,
Elis.

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