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DISCLAIMER: L’ambientazione e i personaggi, al di fuori di Ashley, sono ad opera di C.J. Daugherty.
Edit 2016: Ciao a tutti, ho iniziato questa fan fiction qualche anno fa, poi l'ho abbandonata (perdonatemii) e l'ho ripresa in mano e revisionata da capo solo di recente. Quello che dovete sapere è che la narrazione risale al periodo post ballo invernale nel secondo romanzo della saga, ma siccome quando la postai la prima volta il libro non era ancora uscito in Italia (io lo lessi in inglese), modificai un po' la trama per evitare lo spoiler (e mi riferisco in particolare a quanto succede alla fine del romanzo). Perciò, se qualche personaggio è un po' OOC (tipo Zoe che rileggendo la mia storia mi sembra un pochino out of character) è solo perché a quel tempo non conoscevo ancora bene il suo personaggio, in quanto appunto erano usciti solo i primi due romanzi. Ci tenevo a precisarlo. Ora vi lascio alla lettura. ;)
Night School
Chapter One
La macchina nera si fermò davanti al portone d’ingresso della Cimmeria Academy slittando leggermente; una ragazza alta e magra scese con grazia sbattendo la portiera. La preside la osservava dalla cima dei gradini con un’espressione imperscrutabile e le braccia incrociate sul petto, mentre la ragazza avanzava in una camminata da modella con i lunghi capelli rossi mossi dal vento. Sebbene fosse dicembre inoltrato, indossava un paio di blue jeans attillati all’ultima moda, scarpe dal tacco alto, una maglietta bianca che le arrivava a metà coscia e una giacca di pelle nera aperta sul davanti. Fece scivolare gli occhiali da sole sulla punta del naso con una mano e scoccò uno sguardo d’apprezzamento alla preside, nel suo cappotto bianco e stivali neri alti fino al ginocchio, dopo averla squadrata dalla testa ai piedi. Tutto quel che disse fu: «Isabelle».
«Ashley», rispose la preside a mo’ di saluto, continuando a guardarla con sfida dall’alto. Dopo un istante, un sorriso le increspò le labbra: Isabelle scese con agilità le scale e la avvolse in un abbraccio caloroso, baciandola sulla testa.
«Bentornata a scuola». Ashley ricambiò il contatto, stringendola forte e lasciandosi andare a una risatina. Dietro di loro, Matthew stava scaricando le valige dal bagagliaio dell’Audi. La preside si rivolse a lui: «Tutto bene, Matthew?»
«A meraviglia, Isabelle», rispose andandole incontro e stringendola brevemente a sua volta tra le sue braccia forti e muscolose.
Ashley li osservò in disparte con un’espressione scettica stampata in viso; se la preside l’aveva notata, non ne diede segno. Matthew le precedette dentro la scuola, trasportando con facilità i due borsoni che la ragazza aveva portato con sé.
*
«Oh oh, la regina è tornata», commentò Rachel, che aveva osservato la scena da una finestra dell’immenso edificio.
«Chi è?», chiese Allie curiosa. C’era qualcosa di strano nel saluto che si erano scambiate Isabelle e quella ragazza appena arrivata, si erano fissate per parecchi secondi prima di lasciarsi andare ai convenevoli.
«Ashley Shepherd», annunciò Rachel, lanciandosi in una dettagliata descrizione come solo lei sapeva fare. «Orfana di entrambi i genitori, ha un anno in più di noi. Letteralmente, è una grande. Lei e Katie si odiano a morte e non perdono mai occasione di insultarsi a vicenda. Con lei qui puoi stare tranquilla, Katie è così gelosa che ti lascerà in pace per un po’. Per questo Ashley è considerata una reginetta qui dentro. Ah, e anche perché l’anno scorso se la faceva con Sylvain».
Rachel sussurrava così velocemente, come se temesse che qualcuno stesse ascoltando, che Allie fece fatica ad apprendere tutte quelle informazioni. Tuttavia, il suo cervello si bloccò sull’ultima notizia.
Se la faceva con Sylvain?
Solo dall’aspetto si capiva che era il genere di ragazza che al fianco di Sylvain sarebbe sembrata una principessa. E allora perché lui aveva scelto Allie dopo una bellezza del genere? O forse era una delle tante che Sylvain si era fatto e poi aveva lasciato? Qualcosa nella mente di Allie la fece dubitare dei suoi stessi pensieri.
«E perché si sono lasciati?», chiese con finta nonchalance, cercando di sembrare naturale. La domanda non sfuggì, però, a Rachel che si limitò a mandarle un’occhiata curiosa. «Nessuno lo sa, ma voci di corridoio dicono che sia stata lei a scaricarlo, cosa che conferma il suo titolo un’altra volta. Siete le uniche due che si siano mai permesse di piantare quel belloccio, andrete sicuramente d’accordo!»
«Spero sia così», rispose Allie che di certo non aveva bisogno di inimicarsi alla gente alla Cimmeria.
«Un’altra cosa che avete in comune è la passione per i guai», proseguì Rachel. «Ashley ha l’innata capacità di fare incazzare Isabelle qualsiasi cosa faccia. Le scappatoie notturne sul tetto sono la sua specialità, per non parlare della volta in cui Zelazny la beccò a fare il bagno da sola di notte nel lago. Si erano arrabbiati così tanto che le avevano proibito di uscire dalla scuola per due settimane intere».
Scappatoie notturne sul tetto? Sicuramente faceva parte della Night School.
«Però è strano», disse Rachel, guardando fuori dalla finestra con aria pensierosa.
«Cosa c’è di strano? È normale che s’incazzino se ti beccano a nuotare nel lago a notte fonda da sola. Beh, a parte per quella tradizione prima del ballo...»
Rachel la interruppe: «Non mi riferivo a quello. Ashley non lascia mai la scuola, neanche d’estate. Vive qui proprio come Carter. Eppure è tornata solo ora che il semestre autunnale è appena finito, tutto ciò è molto sospetto».
Allie non l’aveva ancora conosciuta e non aveva idea del perché fosse stata via, ma il pensiero della Night School entrò prepotente nella sua mente.
E se avesse a che fare con quello? Una missione segreta su ordine di Isabelle?
Allie scosse la testa infastidita dalla strada che i suoi pensieri avevano preso e mosse una mano come per scacciarli via.
Sto divagando!
*
Ashley entrò nella hall deserta della Cimmeria; erano i primi giorni delle vacanze natalizie, prima che il nuovo semestre iniziasse e la calca di studenti riempisse i corridoi. Si guardò intorno come per controllare che tutto fosse al proprio posto. Aveva sentito dell’incendio che era scoppiato, ma la scuola sembrava sempre la stessa ai suoi occhi: un carcere troppo grande con regole fatte per essere infrante.
Bitch please, the Queen is back!
Isabelle e Matthew stavano parlottando tra loro, mentre la precedevano sulle scale che portavano al dormitorio femminile. Non si sforzò di origliare: sapeva che Matthew stava aggiornando la preside su quello che era successo mentre erano via.
Stavano attraversando un corridoio, quando Ashley scorse qualcosa muoversi con la coda dell’occhio. Si girò in tempo per vedere due ragazze che la osservavano accanto alla finestra: Rachel Patel e...
E così è lei, la protetta di tutti. Allie Sheridan…
Ashley le scoccò un’occhiata curiosa, senza però fermarsi per stare al passo con gli altri due.
*
Ashley Shepherd, la ragazza che è vissuta qui con Carter, appena tornata da qualcosa di segreto e potenziale membro della Night School.
Allie si chiese cosa stava pensando mentre la guardava: dal suo viso non traspariva nessuna emozione, sembrava una maschera di porcellana. La pelle chiara del viso era messa ancora più in risalto dagli zigomi truccati col fard e dalla massa di capelli rossi che le ricadeva sulle spalle in morbidi riccioli. C’era un che di regale nella sua camminata a testa alta, così simile a quella di una persona importante che aveva incontrato di recente. Tuttavia, qualcosa la contraddistingueva dal portamento di Lucinda Meldrum; non aveva l’aria da snob ma Ashley sembrava circondata da un alone di giovinezza, come se potesse essere eterna, come se avesse la sua stessa vita nelle sue mani.
E’ bellissima, si ritrovò a pensare.
*
Isabelle e Matthew la lasciarono davanti alla porta della sua camera e Ashley si ritrovò da sola in quella stanza tanto familiare, con i poster di musicisti rock appesi alla parete, esattamente dove ricordava di averli lasciati. Aveva passato un sacco di momenti importanti lì dentro: aveva fatto l’amore per la prima volta con Sylvain, aveva ospitato alcune delle feste più belle della Cimmeria, era il suo rifugio preferito dopo le tante discussioni con la preside. Era cresciuta in quella camera che tanto rappresentava il suo mondo. Cominciò a disfare le valige, nascondendo le proibite sigarette sotto al materasso, e solo quando lanciò un’occhiata di sfuggita alla sveglia sul comodino si accorse che erano quasi le sette e la cena stava per cominciare. Indossò la divisa perfettamente stirata e si guardò allo specchio ammirandosi con aria soddisfatta. Diede una spazzolata ai lunghi capelli mossi e poi uscì dalla stanza diretta alla sala da pranzo. I tavoli rotondi erano stati apparecchiati alla perfezione, sebbene solo due di loro fossero occupati: quello dei professori e quello dei suoi vecchi compagni che non vedeva da tanto. Proprio loro cercava. Quando entrò nella sala, Sylvain fu il primo a notarla. Si alzò e le andò incontro con eleganza, un sorriso stampato sul viso. «Ashley, quanto mi sei mancata!»
La ragazza rise e si gettò tra le sue braccia imitando il suo marcato accento francese: «Sylvain, non sai quanto je suis très felisce di vederti».
Sylvain scoppiò in una risata e la strinse ancora di più, scoccandole poi un bacio sulla guancia e guidandola verso il tavolo dove gli altri la stavano aspettando.
«Ashley! Bentornata all’inferno!» Intonarono tutti cori di saluto, urlando il suo nome ridendo e avvolgendola in calorosi abbracci. Zoe le era pure saltata in braccio, mentre Jo si era appesa al suo collo con aria sensuale e Ashley dovette spingerla via con fare scherzoso per staccarsi da le. «Bei capelli, Jo!», disse spettinando i corti capelli rosa che la ragazza si era tinta in occasione del ballo invernale, dopo aver colorato quelli di Allie con un rosso fuoco che le metteva in risalto gli occhi grigi.
Lucas le rivolse il sorriso più affascinante di tutti, mentre Carter la baciò sulla testa sussurrandole che senza di lei la Cimmeria era una gran noia. Ashley si girò allora verso le uniche due ragazze che non si erano alzate dal tavolo: lei e Rachel non erano mai state molto legate, ma Ashley la strinse comunque brevemente a sé.
«E tu devi essere Allie Sheridan, ho sentito molto parlare di te», disse porgendole una mano e afferrando la sua con una stretta forte e decisa. «Io sono Ashley».
«Anch’io ho sentito parlare di te e pare che siamo due casiniste», rispose Allie, senza lasciarsi intimidire dal modo in cui la gonna della divisa dell’altra le cadeva con perfezione sopra al ginocchio. Le stava divinamente.
«Molto bene, allora credo proprio che andremo d’accordo!», esclamò Ashley alzando leggermente le spalle.
Ognuno riprese il proprio posto e Ashley si sedette sulla sedia vuota tra Allie e Sylvain, lanciando occhiatine alla nuova studentessa per capire che tipo fosse.
Ha proprio i suoi occhi.
«Allora, Ashley, dicci: dove sei stata per tutto questo tempo?», chiese Jo con fare ammiccante. «E stai attenta a come rispondi, c’è in giro una scommessa e potrei perdere un po’ di soldi!»
La ragazza sorrise evitando di rispondere alla domanda, ma Jo non era una che mollava l’osso facilmente. Infatti, continuò: «Si dice in giro che tu abbia fatto incazzare Isabelle così tanto che ti ha spedito in riformatorio, ma io non credo, dev’esserci sotto qualcos’altro. Voglio tutti i dettagli, ne vale la mia paghetta!»
«Niente affatto, ma se non sto attenta Isabelle mi ci spedisce davvero al riformatorio». Un coro di risatine fece il giro del tavolo. «Non credo proprio! Figurati, lo sanno tutti che sei la cocca della preside. Isabelle non ti spedirebbe mai in un covo di pazzi!»
«Ti ringrazio per le tue parole Josephine, quindi non pensi che io sia pazza?», rispose Ashley con un sorrisetto sfacciato.
«Ehi, non ho detto questo!», replicò Jo, suscitando l’ilarità dei presenti.
*
E così Ashley è la cocca di Isabelle? Molto interessante, pensò Allie. La sua assenza doveva sicuramente avere a che fare con qualcosa di importante, altrimenti Isabelle non l’avrebbe lasciata andare, giusto? Tutti sapevano che una volta entrati alla Cimmeria, agli studenti era severamente proibito allontanarsi dal campus scolastico. Che valido motivo poteva avere Ashley per lasciare la scuola, sebbene non avesse una famiglia là fuori da cui recarsi?
«Ashley vive qui, proprio come Carter», aveva detto Rachel.
Dev’esserci sotto qualcosa.
Allie, persa nei suoi pensieri, sentì appena Zoe che diceva: «Dio, quanto mi sono mancate le tue battute», quando un cameriere comparve accanto a lei, posando un vassoio pieno di cibo sul tavolo. Non li aveva neanche sentiti entrare. Sussultò leggermente mentre gli altri si affaccendavano a servirsi la cena. Ashley però la stava osservando con un’espressione strana, quasi curiosa.
«Ragazzi», annunciò rivolgendosi di nuovo ai compagni, «stasera gran festa di bentornato in camera mia, siete tutti invitati!» Jo urlò di gioia, sventolando una mano in alto mentre Lucas le diceva di calmarsi o avrebbero attirato l’attenzione dei professori, seduti poco distanti. Ashley tornò a guardare Allie e disse: «Vieni anche tu, sarà divertente».
L’altra annuì. «Perché no? Non vedo l’ora!»
Non aveva ancora capito che tipo fosse, ma Allie era intenzionata a scoprirlo al più presto e cosa c’era di meglio di una festa organizzata dall’interessata?
*
Quella sera, Allie aspettò la mezzanotte prima di uscire dalla sua stanza e cercare la porta con il numero 316 inciso sopra. Da fuori sentiva il vociare di parecchie voci divertite; bussò e aprì piano la porta, sbirciando dentro. Una voce che riconobbe come quella di Ashley urlò: «Entra, Allie! Vieni a far casino!»
La ragazza rimase scioccata dalla trasformazione che la stanza aveva subito. Quella che normalmente sarebbe stata una camera identica alle altre, aveva le pareti tappezzate di poster e immagini. Una grossa foto di Kurt Cobain torreggiava sopra al letto. La scrivania era stata trasformata nel bancone di un bar per l’occasione: c’erano bibite, bicchieri, piattini e una marea di cibo, tra cui patatine e salatini in quantità industriali.
«Dove avete preso tutta questa roba?», chiese Allie esterrefatta. Carter le si avvicinò e la prese tra le braccia, baciandola dolcemente sulle labbra. «Mi sei mancata», sussurrò.
Allie rise. «Ci siamo visti qualche ora fa».
«Troppo tempo!», mormorò Carter sorridendo. «Comunque, benvenuta al primo dei tanti festini organizzati da Shep. Come puoi ben vedere, la ragazza sa come procurarsi le cose!» Carter fece un ampio gesto indicando la scrivania stracolma di roba. «Vieni a bere qualcosa, champagne?», aggiunse sventolando un bicchiere di carta davanti a lei.
«Passo», rispose Allie, «non vorrei fare la stessa fine dell’ultima volta». Il viso di Carter si oscurò al ricordo del ballo estivo e di quello che Sylvain stava per farle. Allie se ne accorse e cercò di rimediare: «Mi accontenterò di ubriacarmi con coca-cola e sbaciucchiarti per tutta la sera». Ammiccò e un sorriso sensuale illuminò gli occhi scuri del ragazzo, che la prese tra le braccia e ricominciò a baciarla appassionatamente.
«Prendetevi una stanza!», urlò Jo dalla sua postazione sul davanzale delle finestra. Lucas le sfilò la bottiglia di spumante di mano. «Ma tu non avevi smesso di bere?», chiese tracannando a sua volta un sorso di vino.
«Proprio tu parli?». Zoe gli rivolse uno sguardo scettico. Era sdraiata sul letto di Ashley e teneva in mano una bottiglia di birra. «Zoe!», la sgridò Allie notandola per la prima volta.
«Che si dice, Sheridan?», rispose la piccoletta, rivolgendole una smorfia volgare. «Ok, credo che tu abbia bevuto troppo», intervenne Sylvain portandole via la birra.
«Rompiballe!», gli urlò dietro Zoe.
«Ragazzi è ora di movimentare un po’ la serata», annunciò Ashley, dirigendosi verso un angolo della stanza e accendendo l’enorme stereo.
Song: Boy like you (Kesha e Ashley Tisdale)
Indossava una canotta che le lasciava interamente scoperta la schiena, i jeans neri erano dello stesso colore del paio di ballerine che portava ai piedi. Allie si chiese come faceva a non sentire freddo nonostante fosse dicembre.
«Uuuohoo». Ashley cominciò a muoversi afferrando il braccio di Sylvain e trascinandolo in un ballo sconnesso, fatto di un gran movimento di gambe e braccia che si strusciano tra loro. Ashley gli sfilò la giacca della divisa lanciandola poi da qualche parte nella stanza, gli sussurrò qualcosa all’orecchio e lui scoppiò a ridere.
Zoe si era rialzata dal letto e urlava: «Spogliarello!»
Lucas scosse la testa con fare disperato mentre Sylvain faceva girare Ashley e le lasciava baci sensuali sul collo. Allie sentì una scomoda fitta di nostalgia a quella visione, e si girò verso Carter per scacciarla via.
Perché doveva sentirsi così? Non ce n’era ragione, lei aveva Carter ed era lui quello con cui voleva stare. L’unico che amava. Sylvain era libero di baciare chi gli pareva, ed era ovvio che Ashley fosse attratta da lui, dopotutto era bellissimo e in passato erano stati insieme. Però non poté fare a meno di ricordare il tocco gentile e il profumo di ginepro di Sylvain.
Carter la prese per mano e la trascinò in mezzo alla stanza, riscuotendola dai suoi pensieri, cominciando a ballare in circolo mentre la osservava con uno sguardo preoccupato. «Tutto bene?», le chiese.
«Non potrebbe andare meglio di così», rispose Allie avvicinando le labbra a quelle di Carter, sentendosi un po’ colpa.
Anche Rachel e Lucas si unirono alle danze, volteggiando con grazia e girando su se stessi ridendo.
Jo, ancora seduta sul davanzale, muoveva un piede a ritmo di musica. Aveva un espressione triste sul volto. Allie pensò che stesse ricordando i bei momenti passati in compagnia di Gabe, prima che lui li tradisse e scappasse dalla scuola. Non fece in tempo a raggiungere l’amica, che Ashley la agguantò e la trascinò con lei e Sylvain in un ballo scatenato. Jo si lasciò andare scuotendo la testa e spettinando i suoi corti capelli rosa. Infine, anche Zoe si buttò nella mischia, saltando in spaletta a Sylvain e scuotendo il pugno verso l’alto. Allie li guardava ridendo, avvinghiata a Carter, mentre Rachel era troppo impegnata a sbaciucchiarsi con Lucas per accorgersi degli altri.
Quando la musica cambiò e iniziò una melodia più dolce, Ashley e Sylvain improvvisarono un valzer. Una nelle braccia dell’altro sembravano la coppia perfetta pronta a vincere la corona di Mr e Miss dell’anno. Si muovevano con sincronia, sorridendo di tanto in tanto, guardandosi negli occhi. Lo sguardo azzurro di Sylvain brillava mentre sembrava scavare nel profondo di quel pozzo color smeraldo che erano gli occhi di Ashley. La baciò sulla guancia proprio mentre Jo faceva fare un casché a Zoe sulle ultime note della canzone.
*
Quando poco dopo Allie si arrampicò fuori dalla finestra per seguire Ashley, Carter le rivolse un’occhiata poco convita alla sua scusa di uscire a prendere un po’ d’aria. Trovò la ragazza seduta sul tetto con una sigaretta in mano, quando la raggiunse le scoccò uno sguardo interrogativo e Ashley alzò le spalle. «Sai, solo perché il regolamento vieta l’uso di certe cose non vuol dire che ti controllano le borse quando vieni qui, e finché non lo fanno si può portarsi dietro quello che si vuole».
Allie pensò con nostalgia al cellulare che sua madre le aveva confiscato prima di venire alla Cimmeria. Avrebbe voluto messaggiare con Mark e Harry e chiedergli come stavano, erano secoli che non li sentiva.
«Allora, raccontami un po’ di te», disse Ashley mentre le si sedeva accanto.
«Solo se poi mi parlerai di te». Ashley la guardò incuriosita per un momento, prima di annuire lentamente.
«Ok, cosa vuoi sapere?», chiese Allie.
«Come sei arrivata qui, come ti trovi, cosa facevi prima. Tutto quello che ti va di dirmi».
Allie l’aveva appena incontrata, non la conosceva nemmeno, eppure sentì di potersi fidare di lei; come una percezione dettata dal sesto senso. Era la stessa sensazione che aveva provato la prima volta che aveva parlato con Rachel, quando senza una ragione precisa le aveva confidato cose che nessuno sapeva e che non poteva dire ad altri. Le parlò di Mark e Harry, di come erano soliti scolarsi lattine di sidro sulle panchine dei parchi a notte inoltrata, di Christopher che l’aveva abbandonata, di come i suoi genitori l’avevano spedita in quella scuola dimenticata da Dio dopo ciò che aveva fatto alla porta del preside Ross; di come sua madre e Isabelle avevano omesso di conoscersi ed essere andate a scuola insieme, di Lucinda. Le parlò anche di Lucinda, di come pensava che fosse regale e di come sembrasse una regina. Le raccontò della sua brutta esperienza con Sylvain e di come poi si era gettata tra le braccia di Carter. Le disse di Jo e delle crisi di nostalgia che aveva dopo la rottura con Gabe; le parlò delle sue vacanze estive a casa di Rachel e di quanto, per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentiva felice.
Ashley ascoltò in silenzio senza dire una parola e tirando di tanto in tanto boccate di sigaretta. Gliela offrì, ma Allie rifiutò scuotendo il capo.
«Non ho mai confidato così tante cose a qualcuno che ho appena conosciuto», sospirò Allie come se si fosse tolta un peso dallo stomaco.
«Puoi fidarti di me, non andrò in giro ad appendere i volantini sulla tua vita privata e sulla tua abilità di reggere l’alcool. Mi è piaciuta quella della porta, comunque, ma penso che se ci provassi con Isabelle ti condannerebbe ai lavori forzati. Meglio non rischiare!» Allie rise convenendo con lei che era meglio non sfidare la preside in quel modo. Ashley le passò di nuovo la sigaretta e Allie questa volta accettò tirando timidamente una boccata e tossendo per il fumo che le riempiva la bocca. Ashley rise. «Piano, ora butta fuori». Allie fece come le aveva detto continuando a tossire: non aveva mai provato a fumare e decisamente non faceva per lei. Ashley sorrise della sua faccia disgustata e poi esclamò: «Forza ora tocca a me, te l’ho promesso. Cosa vuoi sapere?»
«Prima domanda», fece Allie trattenendo il respiro, «fai parte della Night School?»
Ashley fischiò. «Però, diretta!» Le rivolse un’occhiata strana, prima di aggiungere: «Credo che lo scoprirai presto da sola». Non confermò i suoi sospetti, ma nemmeno li negò.
«Ok, seconda domanda: dove sei stata e cos’hai fatto quest’estate?», chiese Allie con fare provocatorio.
Ashley si morse leggermente un labbro. «Temo di non poter rispondere. Dovresti chiederlo a Isabelle, non vorrebbe che fossi io a dirtelo. È una questione delicata».
Allie la fissò un momento. «Ha a che fare con me?» Non c’era bisogno che rispondesse, si poteva benissimo intuire dall’espressione di Ashley che sì, aveva a che fare con lei.
«Ti prego Ashley, voglio sapere che sta succedendo, ma tutti quanti non fanno altro che mentire e nascondere le cose! Isabelle aveva promesso di coinvolgermi, ma è la prima a non dirmi la verità. Tu sei l’unica che può dirmelo».
«Posso solo dirti che ci sono di mezzo persone importanti. Gli altri non vorrebbero che te lo dicessi, ma ecco... potrebbe, casualmente, avere qualcosa a che fare con una certa...»
«Lucinda Meldrum», concluse Allie per lei. Ashley annuì e la osservò attentamente.
«Cosa c’entra mia nonna? Che sta succedendo, Ashley?» La ragazza non rispose al suo tono semidisperato. Guardava qualcosa in lontananza, il suo sguardo perso nel buio della notte. Si strinse nel cappotto rabbrividendo e disse: «Te lo dirò, ma non ora. Verrà il momento in cui ti dirò ogni cosa».
Allie sospirò pesantemente. Finiva sempre così, alla fine nessuno le diceva mai niente. Una gran rabbia crebbe dentro di lei, ma Ashley le diede un colpetto gentile con una spalla. «Ti prometto che appena ci capirò qualcosa in più, ti riferirò tutto».
Allie annuì.
«Altre domande?». Aveva quasi dimenticato il loro gioco, ma si riprese e si ritrovò a chiedere: «Cosa c’è tra te e Sylvain?»
Ashley le scoccò un’occhiata divertita. «Ti risponderò sinceramente: so come possa sembrare e le voci su me e Sylvain non sono proprio innocenti, ma tra noi non c’è niente». Allie alzò un sopracciglio e lei continuò: «Ok, Sylvain è stato il mio primo amore, ma prima di questo era il mio migliore amico».
Allie la interruppe. «Pensavo che Nicole fosse la sua migliore amica».
«Sì, beh, Nicole e Sylvain sono cresciuti insieme, ma poi Sylvain si trasferì qui mentre lei rimase in Francia, e io e lui siamo diventati molto amici in quel periodo. Diciamo che stavo attraversando una crisi adolescenziale - esistenziale», Ashley mimò delle virgolette immaginarie, «e Sylvain mi ha aiutata a uscirne. Penso che tu, tra tutti, mi capirai meglio di chiunque altro. In quel periodo mi sentivo soffocare, sono cresciuta qui e l’unica cosa che volevo era prendermi qualche libertà. Isabelle però non era proprio d’accordo e faceva di tutto per ostacolarmi. Sylvain mi è stato vicino quando nessun altro c’era». Fece una pausa per aspirare un’altra boccata di fumo e poi continuò: «Certo io e Carter eravamo molto legati, ma lui era già abbastanza incasinato e non volevo creargli altri problemi». La voce di Ashley si spense di nuovo, mentre scrutava i contorni degli alberi in lontananza a malapena riconoscibili per l’oscurità. Sospirò e infine aggiunse: «E poi una sera Sylvain mi baciò. Fu il mio primo bacio, il più bello che io ricordi. Facemmo l’amore quella sera stessa. Andò avanti per un po’, fino all’anno scorso in effetti, ma non funzionò. Da lì in poi abbiamo deciso di rimanere amici, ma diciamo che tra noi è rimasto un legame speciale».
Allie, che aveva ascoltato assorta, pensò che era lo stesso tra lei e Mark: erano stati prima amici e quando avevano provato a frequentarsi non aveva funzionato, ma erano comunque riusciti a passare oltre e a rimanere uniti.
«Ma perché Isabelle non ti lasciava in pace?», chiese.
«Come ti avranno detto, i miei genitori sono morti. Io avevo tre anni quando ebbero un incidente, e siccome Isabelle era una loro cara amica, decise di prendermi sotto la sua custodia. Mi ha portato qui e in pratica mi ha cresciuto lei. Le voglio molto bene e per lei è lo stesso, ma a volte esagera ed è così protettiva che non ti lascia correre rischi. L’unica cosa che volevo era sperimentare qualcosa di nuovo, qualcosa che mi facesse sentire bene, viva, ma lei si preoccupava sempre un po’ troppo e così presi l’abitudine di sfidarla. Salivo sul tetto di notte, andavo a nuotare nel lago, scappavo dalla scuola e giravo per la città mezza ubriaca. S’incazzava sempre come una iena».
A Allie non fu difficile immaginare la preside molto arrabbiata, aveva assaggiato un po’ della sua rabbia poche settimane prima. E capiva perfettamente cosa aveva provato Ashley. «Sai, per me è stato lo stesso. Dopo che Christopher se n’era andato, il mio mondo perfetto è crollato. È come se mi fossi risvegliata da un lungo sonno e non ero più capace di vivere in quella realtà. Ne ho fatte passare di tutti i colori ai miei, loro mi stavano troppo addosso, forse per paura di perdere anche a me. E dopo che mio fratello mi ha lasciata sola, non ho retto più e sono come... scoppiata».
Allie sentì le lacrime bruciarle gli occhi, si sentiva una stupida ora. Finora non si era mai fermata a pensare a cosa i suoi genitori avevano perso: non solo loro figlio se n’era andato, ma anche lei li aveva abbandonati. Non li aveva capiti nemmeno un po’, quando invece sarebbe dovuta restare al loro fianco.
«Ehi, nessuno ha detto che sarebbe stato facile. L’adolescenza è così, i tuoi sicuramente lo sanno e ci sarà il tempo per farsi perdonare e per chiedere scusa», la rassicurò Ashley cingendole le spalle con un braccio. «Si sistemerà tutto, ne sono sicura».
*
Quando tornò nella sua stanza erano le tre di notte passate, e Allie riuscì a prendere sonno quasi subito. Si ricordò appena che Ashley l’aveva salutata dicendo «ci vediamo domani mattina alle dieci». Sorrise al pensiero che la mattina seguente ci sarebbe stata la riunione dei membri della Night School.
Continua...
Spero che il personaggio di Ashley vi piaccia. Preparatevi che è una casinista di prima categoria e se ne
vedranno delle belle con lei e Allie in combutta. :P Fatemi sapere nelle recensioni cosa ne pensate! :)
A presto,
Elis.
Quando il giorno dopo,
Allie si diresse sbadigliando verso la stanza Training
Room Onedel padiglione
per la riunione della Night School, vide che era già
affollata. Sebbene alcuni membri fossero via per le vacanze di Natale,
Nicole e
Jules erano tornate a scuola quella mattina per l’occasione.
Nicole, per
evitare di dover prendere l’aereo e fare avanti indietro
dalla Francia, aveva
passato qualche giorno a casa di Jules. Una fila di sedie era
disposta in mezzo alla stanza: Isabelle, Raj e Matthew
erano seduti a un tavolo di ferro battuto parlottando sottovoce tra di
loro.
Allie vide Ashley dalla parte opposta della sala che la salutava con la
mano,
le fece una smorfia di finta sorpresa e l’altra
ricambiò ammiccando e
scoppiando poi a ridere. Notò che Sylvain la stava
osservando con i suoi
profondi occhi azzurri e si guardò in intorno in cerca di
Carter per evitare il
suo sguardo. Il ragazzo, però, pareva non fosse ancora
arrivato, così Allie si
avvicinò a Zoe che stava chiacchierando con Nicole. «Bentornata
a scuola», le disse. «Hey
Allie!» Nicole la avvolse in un abbraccio e
saltellò sul posto eccitata.
Profumava di lillà. «Come sono
andate le tue vacanze?» «Le mie brevi
vacanze
dici? Bene, prima che il lavoro chiamasse! Jules è
stata un tesoro ad invitarmi». Il suo accento francese era
meno marcato di
quello di Sylvain, aveva qualcosa di delicato. «Vero, e
queste riunioni sono una gran palla!» convenne Zoe. In quel momento
Zelazny li richiamò all’ordine abbaiando con la
sua voce
profonda. Allie si chiese dove diavolo fosse finito Carter. Quando tutti avevano
preso posto sulle sedie, il ragazzo entrò in gran fretta e
si sedette accanto ad Allie sbuffando per l’occhiataccia che
Isabelle gli aveva
rivolto. «Dove sei
stato?»
chiese preoccupata. «Dopo»,
rispose lui scocciato. Allie lo guardò stupita prima che Raj
attirasse
la sua attenzione. «Allora, come avrete notato siamo rimasti
in pochi, ma non
per questo dobbiamo abbassare la guardia. Nathaniel potrebbe pensare
che siamo
più vulnerabili e attaccarci in qualsiasi momento». «Perché
dovrebbe pensare una cosa del genere?» sussurrò
Zoe. Lucas alzò le
spalle in risposta. Raj
continuò: «Per questo, chi è senza
compagno per le ronde gliene verrà
assegnato un nuovo». Zelazny riprese la
parola: «Le coppie sono: West-Matheson, Sheridan-Glass,
Shepherd-Cassel». Ashley fece l’occhiolino a
Sylvain mentre Nicole commentava
con aria maliziosa: «Che coincidenza!» Quando anche le ultime
coppie furono annunciate, si alzarono tutti per
raggiungere il proprio partner.
Allie
guardò sconsolata Carter che si avvicinava a Jules.
«Su con la vita, io
sono molto più divertente di biondina-perfettina!»
le disse Zoe prendendola a
braccetto, «Cara collega, ho un sacco di nuove tecniche da
insegnarti». «Yay! Non
vedo l’ora!» Allie si lasciò andare a un
finto entusiasmo. In realtà
era contenta di fare parte della Night School, anzi era stata proprio
lei a
chiedere a Isabelle di ammetterla. Se stavano per affrontare una guerra
contro
Nathaniel, allora voleva combattere. Non avrebbe lasciato che fossero
gli altri
a proteggerla. Voleva stare in prima linea, anche se significava essere
contro
Christopher e prendere a calci in culo Gabe. Soprattutto, se voleva
dire
prendere a calci in culo Gabe! Non poteva chiedere di meglio.
Proprio quando Allie
si avvicinò ad Ashley facendo il verso «Night
School,
eh?!», Carter la raggiunse con aria stanca. «Hey,
posso parlarti?» «Certo»,
Allie annuì osservando l’espressione preoccupata
sul viso di Carter.
Ashley bisbigliò: «Divertitevi,
piccioncini». La condusse in una
zona isolata del bosco. «Che ti
è successo?» chiese con un po’ di stizza
al ricordo di come lui le
aveva risposto pochi istanti fa. Carter
sospirò pesantemente: «Allie, mi dispiace per
prima, non volevo
prendermela con te. E’ che Jerry mi sta addosso e non so cosa
fare per provare
la mia innocenza». «Per la
storia della spia?» chiese la ragazza allibita:
«Come possono anche
solo pensare che tu c’entri qualcosa?» «Non
è questo, lo sai. Stanno indagando su tutti, ma pare che a
quelli più
vicini a Isabelle riservino un trattamento speciale». Carter
fece una smorfia:
«E’ dura. Sono vissuto qui per tutti questi anni e
ora sapere che sospettano di
me...» «Hey»,
Allie gli prese il mento tra le dita e gli alzò la testa per
costringerlo a guardarla negli occhi, «Io non ho alcun dubbio
che tu non sia
coinvolto in questa storia. Quando sarà tutto finito e
troveranno la spia,
capiranno che hanno sbagliato a dubitare di noi e li obbligheremo a
chiederci
scusa». Fece un finto broncio e Carter ridacchiò
prendendola tra le braccia e
baciandola piano sulla bocca. «Dobbiamo
solo avere pazienza e comportarci normalmente per non destare
sospetti infondati», continuò Allie stringendo
forte Carter a sé, «credo che
per questo semestre dovremo rinunciare ad alcune delle nostre fughe
alla
cappella». Carter rise:
«Non sai quanto mi mancheranno». «Anche a
me», sussurrò Allie in risposta.
Era vero; ultimamente
le regole, già di per sé restrittive, erano
diventate
ancora più rigide. Il coprifuoco era stato anticipato alle
10 e a nessuno,
tranne agli incaricati della Night School per il turno di guardia, era
permesso
uscire. Isabelle puniva severamente coloro che ci provavano, gli
insegnati
erano preoccupati. La notte in cui Gabe aveva ucciso Ruth e gli uomini
di
Nathaniel avevano dato fuoco alla scuola, c’era stato qualcun
altro ad
aiutarli. Qualcuno all’interno della scuola, di cui nessuno
sapeva l’identità.
Qualcuno che faceva parte della Night School ed era abbastanza alto di
grado da
essere vicino a Isabelle. Per trovare questa spia, Raj e i suoi uomini
avevano
cominciato a interrogare tutti gli studenti coinvolti e non si
fermavano finché
non saltasse fuori qualcosa di interessante, anche se innocenti. E ora
avevano
preso di mira anche Carter. Allie provò una profonda rabbia.
Come
può Isabelle anche solo pensare di dubitare di Carter? Le era stato
fedele e vicino per tutto questo tempo, era assurda la sola idea che
Carter
potesse avere qualcosa a che fare con Nathaniel. Ok, era stato amico di
Gabe, ma quanti altri come lui? Era cresciuto in quella
scuola e non avrebbe avuto modo di conoscere il capo dei loro
“nemici”. Allie
considerò l’idea di andare a parlarne con
Isabelle, ma proprio mentre si
stava avvicinando al suo ufficio, Jo comparve nel corridoio e la
trascinò via
sostenendo che avevano una partita a scacchi da giocare.
*
Quando
Ashley bussò alla porta dell’ufficio di Isabelle,
la trovò seduta alla sua
scrivania intenta a leggere dei documenti.
Nell’aria c’era
l’inconfondibile odore di agrumi della preside e si sentiva
di sottofondo una
leggera musica classica proveniente dalle casse integrate nella parete.
Aveva
sempre ritenuto ingiusto che il regolamento vietasse agli studenti di
usare la
tecnologia, quando il loro capo era la prima a utilizzarla.
Perciò aveva deciso
di fregarsene delle regole e questa volta si era portata dietro uno dei
suoi
preferiti, l’oggetto più proibito di sempre: il
suo amato portatile era nascosto
nella valigia sepolto in mezzo ai vestiti.
«Ashley, accomodati», la accolse Isabelle
spingendosi gli occhiali sulla testa.
La ragazza sprofondò nella poltrona di pelle nera con uno
sbuffò: aveva sempre
trovato comode quelle sedie. La preside incrociò le mani
davanti a sé
appoggiandosi contro: «Allora dimmi, ci sono delle
novità?»
Ashley si limitò ad annuire, Isabelle la fissò
con i suoi profondi occhi
dorati: «Ho notato che hai già fatto amicizia con
Allie, mi fa piacere».
«Sì beh, è simpatica», la
preside alzò un sopracciglio, «e sveglia. Tanto da
avermi già chiesto dove sono stata quest’estate e
aver capito che ha a che fare
con Lucinda».
Ashley sostenne lo sguardo di Isabelle: «Non guardarmi
così, io non le ho detto
niente!»
«Allie è molto curiosa e vuole essere aggiornata
su tutto quello che succede»,
ammise infine.
«Allora forse dovresti farlo. Dato che la riguarda
personalmente». La preside
abbassò lo sguardo sui suoi fogli, evitando di incontrare i
suoi occhi. Ashley
se ne accorse e aggiunse: «So che vuoi proteggerla Isa, ma se
non le dici la
verità come pretendi che lei si fidi di te? Ci credo che poi
scappi fuori a
incontrare suo fratello, vuole sapere che sta succedendo.
Anch’io l’avrei fatto
al suo posto».
«Su questo non avevo dubbi», commentò
Isabelle scoccandole un’occhiata.
«Stiamo parlando di Allie, Isabelle! Fa la dura fuori, ma
dentro è soffice come
un cucciolo appena nato. E tu la stai ferendo».
«E’ questo che ti ha detto?» la voce
della preside s’incrinò.
«E’ quello che ho capito», rispose
fermamente Ashley.
La discussione si spostò poi su un terreno più
sicuro, Isabelle le chiese
com’era andata l’estate. Ashley le
raccontò tutto quello che era successo,
anche se probabilmente Matthew aveva già provveduto ad
informare la preside
sulle questioni più importanti. Evitò di parlarle
del nuovo ragazzo che aveva
incontrato e di cui non era sicura che Isabelle avrebbe approvato.
«Quindi, qual è il piano ora?» chiese la
ragazza scostandosi con una mano un
ciuffo ribelle dagli occhi.
«Proteggere la scuola, ovviamente, e tenere Allie al
sicuro», Isabelle sospirò,
«non possiamo permettere che Nathaniel la porti
via».
«Non andrebbe mai con loro di sua spontanea
volontà, lo sai. Anche se c’è suo
fratello con loro. Mi ha detto che con lui ha chiuso e pensò
che sia la
verità», Ashley osservò
l’espressione imperscrutabile della preside e poi
continuò: «Per quanto Christopher possa tentare di
convincerla a lasciare la
scuola, lui è stato il primo ad abbandonarla. Allie non
glielo perdonerà tanto
facilmente».
«Purtroppo, anche se non vuole più avere niente a
che fare con lui, se cercasse
di mettersi in contatto di nuovo con lei, ci serve che Allie faccia da
tramite».
«Vuoi davvero usarla in questo modo?» chiese
sconvolta.
«Non ho scelta, Ashley», esclamò
Isabelle facendo un ampio gesto della mano,
«c’è una spia all’interno
della scuola che sta riferendo a Nathaniel tutto
quello che facciamo. In questo momento potrebbe essere là
fuori a scherzare e
ridere con i miei studenti! Sono tutti in pericolo e non lo sanno.
E’ compito
mio proteggere loro e la scuola e utilizzerò qualsiasi mezzo
per farlo». Il
viso di Isabelle era solcato da profonda preoccupazione e sotto i suoi
occhi
dorati, Ashley riuscì a scorgerne la stanchezza.
«Anche se significasse usare Allie per farlo?»
chiese la ragazza abbassando la
voce. Non era rabbia quella che provava, sapeva che Isabelle voleva
solo il
meglio per i suoi studenti e per la Cimmeria. Ma non poteva credere che
avrebbe
sfruttato la relazione tra Allie e suo fratello per ottenere quello che
voleva.
Era fastidio ciò che provava in quel momento,
perché si era fatta una nuova
amica e Isabelle si stava immischiando anche quella volta,
costringendola a
mentire. E poi perché voleva usare semplici ragazzi come
Allie e Christopher,
obbligandoli a decidere da che parte stare per risolvere la sua lunga
battaglia
contro Nathaniel. Anche se la Night School serviva proprio per
allenarli a
questo scopo, cominciava a dubitare del fatto che fosse giusto
coinvolgere in
una guerra di potere dei ragazzini di sedici anni. Zoe ne aveva
addirittura
tredici! Non erano cose per bambini, erano questioni che solo degli
adulti
avrebbero dovuto affrontare. Eppure Ashley capì che era
l’unica cosa da fare,
perché alcuni membri del consiglio complottavano con i loro
avversari e Lucinda
aveva detto chiaramente che non voleva avere niente a che fare con
questa
storia. Non rimanevano che loro.
Non disse niente di tutto ciò a voce alta, perché
sapeva che sarebbe stato
inutile cercare di far ragionare Isabelle e l’ultima cosa di
cui avevano
bisogno ora era farla arrabbiare.
«Sì, anche se significasse questo»,
rispose la preside abbassando a sua volta
il tono di voce. Il suo sguardo divenne più comprensivo.
«E’ solo che non mi piace mentire ad Allie. Anche
se l’ho appena conosciuta,
sento di potermi fidare di lei e nasconderle la verità non
è ciò che merita.
Non è giusto, Isa». Inclinò leggermente
la testa di lato e rimase a guardare
l’espressione della preside, fissandola dritta negli occhi
come se cercasse di
convincerla in quel modo.
Isabelle sospirò e si appoggiò allo schienale
della poltrona: «Hai ragione»,
ammise infine. Si prese un momento di pausa, in cui pareva stesse
riflettendo e
poi aggiunse: «Allie dovrebbe essere al corrente di cosa
succede».
Anche se ultimamente sembrava più ragionevole rispetto al
passato, bisognava
ancora faticare molto per farle cambiare idea.
E’ sempre
stata inflessibile sulle sue decisioni.
Ashley si alzò e si diresse alla porta: «Mi
prometti che le parlerai?» domandò.
«Te lo prometto», sussurrò la preside
lanciandole uno sguardo complice.
*
Carter raggiunse la sala comune e trovò Allie intenta a
giocare una partita di
scacchi con Jo, sui tavolini dipinti a quadretti bianchi e neri. Non
c’era
nessun altro nella stanza. Rachel aveva detto ad Allie che avrebbe
passato il
pomeriggio in biblioteca con Eloise e non era ancora tornata. Lucas era
occupato per il suo turno di guardia della Night School, mentre Zoe era
sparita
nel nulla dopo la riunione di quella mattina e non si sapeva che fine
avesse
fatto.
Jo le stava infliggendo un’altra della lunga serie di
sconfitte che aveva
collezionato giocando a scacchi. Non c’era storia, nessuno
poteva battere Jo!
«Se vuoi, ti concedo la rivincita», sorrise con
aria beffarda sapendo benissimo
che sarebbe stata un’altra batosta.
«Basta, ci rinuncio!» Si arrese Allie appoggiando
la schiena al divano. Carter
si sedette vicino a lei e la baciò delicatamente sulla
testa. La ragazza si
rivolse a lui: «Mi annoio, qualche idea su cosa
fare?»
«Partita al buio?» chiese Carter alzando un
sopracciglio con aria poco
convinta.
«Sì, tennis!» esultò Jo.
«Vado a chiamare gli altri, ci vediamo fuori»,
scattò
in piedi e si diresse verso la porta di corsa.
Allie protestò inutilmente con un «Ma fa un freddo
cane là fuori!», ma nessuno
l’ascoltò.
«Avanti, sarà divertente», Carter le
prese una mano tra le sue e la accarezzò
leggermente.
«Sì, come l’altra volta che mi sono
beccata una pallina in testa e sono quasi
svenuta».
«Prometto che questa volta ti proteggerò io dalle
palle assassine», la guardò
con aria scherzosa.
«E anche dalle racchette galleggianti che sembrano
ufo?» Carter le rivolse
un’occhiata di finta preoccupazione e controllò
per scherzo se avesse la
febbre, poggiando la bocca sulla sua fronte: «A parte i
deliri, non sembra
grave. Forza andiamo, niente scuse!» Si alzò e
tenendola per un abbraccio la
sollevò in un attimo con agilità e forza. Allie
sbuffò, ma lo seguì comunque
verso l’esterno.
Quando si avvicinarono al ripostiglio che conteneva racchette e
accessori per
ogni sorta di gioco, una piccola folla si era già
raggruppata.
Jo ha fatto in fretta,
pensò Allie.
Quasi tutti gli studenti rimasti a scuola si erano raccolti per
l’occasione:
Zoe saltellava da un piede all’altro facendo finta di colpire
palline immaginarie;
Nicole aveva le braccia strette intorno a sé per cercare
inutilmente di
scaldarsi in qualche modo. Lucas e Sylvain sembravano intenzionati a
svuotare
il magazzino mentre passavano cerchietti colorati a Jo e Rachel. Allie
non vide
Jules da nessuna parte.
Meglio così, pensò.
Non aveva ancora mandato giù il fatto che la biondissima
capoclasse facesse
coppia con Carter nella Night School, ma non voleva fare la figura
della
fidanzata gelosa, così si tenne tutto per sé.
«Dove sei stata tutto il giorno, non ti ho visto quasi per
niente», protestò
Rachel passandole un braccio intorno alle spalle, «rivelami i
tuoi impegni
segreti».
Allie le lanciò uno sguardo intenditore e fece una smorfia.
Rachel capì al
volo: «No, forse è meglio che io non ne sappia
niente».
«Già, forse è meglio
così».
Sebbene avesse tutti i requisiti, e Raj si batteva ardentemente per
convincere
sua figlia a fare parte della Night School, Rachel aveva rifiutato
più volte
l’offerta. Odiava il modo in cui quella specie di
associazione segreta aveva
coinvolto così profondamente suo padre e i suoi amici
tenendoli stretti con i
suoi artigli, e non voleva averci niente a che fare.
Allie detestava nasconderle le cose, ma non poteva rivelarle niente
sulla Night
School per le regole severe che vigevano nella scuola in proposito, e
in parte
anche perché la sua amica non voleva sentirne parlare.
Quando ebbero montato la rete e disposto i dischetti che fungevano da
linee del
campo, si godettero lo spettacolo accendendo tutti insieme le lucine
che
costernavano rete e racchette. La notte buia e fredda che li circondava
fu
illuminata da diverse luci colorate, una per ogni giocatore, mentre
palline
dipinte con vernice fosforescente rimbalzavano da una parte
all’altra del
campo. Sebbene i giocatori non riuscissero a vedersi tra di loro, il
metodo
geniale che qualcuno prima di loro aveva inventato, permetteva a tutti
di
godersi la partita anche al buio. Niente fermava i ragazzi della
Cimmeria!
Pochi minuti dopo, Allie notò qualcuno avvicinarsi con una
torcia in mano.
Quando la sagoma fu più vicina da riuscire a identificarla,
vide che Ashley era avvolta
in un pesante capotto nero, con sciarpa e guanti coordinati.
«No, scusate? Vi state divertendo senza di me?!»
esordì a voce un po’ troppo
alta.
«Prendi», Lucas le lanciò una racchetta
verde di cui videro solo una macchia
colorata che roteava a mezz’aria. Ashley
l’afferrò al volo, appoggiandosela poi
sulla spalla e improvvisando una camminata da modella in punta di
piedi,
fingendo poi di inciampare e rotolare per terra. Tutti scoppiarono a
ridere,
finché Zoe non urlò:
«Guardate!», stava indicando il cielo scuro. Quando
anche
gli altri guardarono in su, parti un coro sorpreso di
«oh». Allie seguì i loro
sguardi e notò che piccoli fiocchi di neve stavano cadendo
lentamente dal cielo
come per magia, posandosi delicatamente sui loro capelli e sul terreno.
Carter
la strinse dal dietro avvolgendola tra le sue braccia e facendole
sentire il
calore che emanava. Allie avvertì il suo piacevole odore di
caffè e spezie. Le scoccò
un bacio sulla testa, prima che Allie si girò e lo
baciò sulle labbra.
Qualsiasi cosa fosse successa in quel momento ad Allie non sarebbe
importato.
Ciò che le interessava ora era solo godersi
quell’istante insieme a Carter, in
compagnia dei suoi amici sotto quel cielo punteggiato da piccole stelle
bianche,
che candidamente scivolavano verso il basso proseguendo nella loro
danza.
Rimasero incantati a guardare la neve per parecchi minuti,
finché Jo non li
riscosse dicendo: «Io sto gelando, diamoci una mossa e
riscaldiamoci».
Tornarono alla loro partita. Sembrava che la notizia di una nevicata
imminente
li avesse riscossi dai loro pensieri, costringendoli a tirare fuori la
grinta e
a dare il meglio di sé. Allie non aveva mai visto una
partita così aggressiva e
piena di botta e risposta. La pallina viaggiava da un campo
all’altro a una
velocità impressionante, mentre i giocatori colpivano e
muovevano le loro
racchette con grazia e forza allo stesso tempo. Quando cambiarono le
squadre,
Allie sentì appena Ashley sussurrare a Sylvain
«Ricordati di cosa dobbiamo fare
dopo».
Andarono avanti per quella che sembrò
un’eternità, finché Zelazny non
comparve
sulla porta del retro urlando «coprifuoco!» con un
tono che non ammetteva
repliche e che suggeriva fosse meglio sbrigarsi.
Cercarono di metterci il meno possibile, sgomberando in gran fretta il
prato e
rimettendo tutto il materiale nel ripostiglio. Poi il gruppo si diresse
verso
l’ingresso della scuola, mentre Ashley e Sylvain si
distaccarono da loro
cercando di passare inosservati, anche se probabilmente tutti avevano
capito
dove andassero e cosa stessero per fare.
C’era una sola risposta possibile: Night School.
*
Quando
due ore dopo, Ashley e Sylvain stavano passeggiando per il bosco
tenendosi a
braccetto, ma pur sempre attenti a ciò che li circondava, la
neve aveva
iniziato a cadere più fitta. Ashley rabbrividì e
si strinse al braccio del
ragazzo.
«Hai freddo?» chiese Sylvain scrutando nel folto
degli alberi. La boscaglia
impediva alla neve di ricoprire il suolo, anche se Ashley
poté vedere che i
rami degli alberi erano già spruzzati di bianco.
«Sto letteralmente congelando», rispose lei
battendo i denti, «non so se l’hai
notato, ma sta nevicando!»
Sylvain rise amaramente: «E’ difficile non
accorgersi quando il mondo intorno a
te sembra diventato la coreografia di un film
d’amore».
Ashley gli rivolse un’occhiata in tralice: «Come
siamo sentimentali stasera».
«Non è sentimentalisme,
è cinismo».
«Non sapevo che odiassi la neve così
tanto», osservò la ragazza.
«Non è la neve, ciò che non mi piace
è fare la ronda di notte nel bosco quando
fa un freddo cane», sbottò Sylvain.
«Andiamo, non è così male! Sei in mia
compagnia!» Ashley gli tirò una gomitata
e Sylvain sorrise.
«Non potrei essere più fortunato di
così! Enchanté». Le
afferrò una mano
coperta dal guanto e si chinò a baciarla delicatamente.
Ashley imitò la sua pronuncia facendogli il verso e Sylvain
scoppiò a ridere.
Stavano ancora ridendo prendendosi in giro a vicenda, come se il mondo
intorno
a loro si fosse fermato a quel momento di giovinezza, quando sentirono
un
rumore nel bosco. Si bloccarono di scatto.
«Cos’è stato?» chiese la
ragazza preoccupata.
«Non lo so», sussurrò Sylvain. Un altro
suono attutito, un rumore di foglie
mosse. E poi passi che si allontanavo di corsa.
«E’ qui vicino. Dividiamoci»,
esclamò Sylvain con urgenza. Ashley annuì, anche
se non era del tutto convinta che sarebbe stata una buona idea.
Corsero uno dalla parte opposta dell’altra, cercando di
captare ogni minimo
sentore che non fossero le suole delle loro scarpe sul terreno umido, e
al
contempo guardandosi intorno per scorgere anche il più
piccolo movimento.
Mezz’ora dopo, non avevano ancora trovato niente. Ashley
tornò indietro per
cercare Sylvain nel punto in cui si erano lasciati, con aria sconsolata.
Un fruscio leggero vicino a sé. Si fermò di colpo
e rimase ad ascoltare. Passi
che si avvicinavano lentamente.
«Chi c’è?» chiese cercando di
tenere la voce ferma e non mostrare la paura che
cresceva dentro di lei. Magari era Sylvain che stava tornando, oppure
un
animale. Ma all’improvviso sentì la percezione che
qualcuno la stesse
osservando, si girò di scatto. Dietro di lei c’era
un uomo fermo in mezzo al
vialetto, Ashley cercò di non urlare con tutta se stessa.
L’ombra si avvicinò
rivelando un ragazzo che indossava giacca e cravatta, il segno
distintivo della
cricca di Nathaniel.
Ashley trattenne il respiro, la voce poco più di un
sussurro: «Gabe?!»
To
be continued...
Dio,
quanto amo descrivere i "momenti di dolcezza" tra Carter e Allie. Spero
che vi sia piaciuto questo secondo capitolo, commentate!
«Cosa
accidenti ci fai qui, Gabe?» domandò Ashley
scioccata. Tra tutti, lui era
proprio l’ultimo che si aspettava di vedere. «E’
passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci
siamo visti, Ashley. Sei
sempre la stessa», Gabe fece un sorriso strano mentre si
avvicinava di un
passo. «Mi fa
piacere che non mi trovi cambiata, non posso dire lo stesso di te. Che
diavolo hai fatto ai capelli?» chiese guardando con orrore la
testa rasata di
Gabe, che una volta era coperta da bellissimi ciuffi biondi. «Pidocchi»,
scherzò lui. «Non sei
divertente». «Peccato,
ero convinto di sì», Gabe fece un altro passo
verso di lei. Ashley si
allontanò. «Cosa ti
è successo?» chiese inclinando la testa,
un’espressione quasi
malinconica in viso. «Ti ho
già detto che ho dovuto tagliargli…» «Non parlo
dei capelli, ma di te», Ashley lo fissò dritto
negli occhi nocciola,
che al buio non riusciva a vedere, «ho sentito
cos’è successo quest’estate al
ballo...» Gabe la interruppe e
fece un gesto di noncuranza, sollevando le mani aperte
davanti a sé: «Ho fatto solo quello che dovevo
fare». Fece una pausa poi
aggiunse: «Anch’io ho sentito delle cose
interessanti su di te. Non avrei mai
pensato che, tra tutti, te la facessi proprio con lui». Le
sue parole turbarono
Ashley che, però, cercò di non darlo a vedere.
Come faceva a saperlo?
Non l’aveva detto a nessuno, a meno che lui… Quel cretino!
Il ragazzo le rivolse
un sorriso, aveva un che di sadico e malefico: «Ti stai
chiedendo come faccio a saperlo?» Ashley lo
ignorò. «Voglio sapere perché
l’hai fatto». «Non so di
cosa parli», scrollò le spalle come se niente
fosse. «Hai ucciso
una persona, Gabe! Era solo una ragazza!» urlò
sconvolta per
l’indifferenza che il ragazzo dimostrava. «Che diavolo
succede?» un marcato accento francese li interruppe, Sylvain
uscì
dal bosco e si affiancò a lei: «Gabe?! Cosa fai
qui?» «Ciao anche
a te Sylvain, non posso dire che mi sei mancato», rise da
solo
della sua battuta. Una risata amara e priva di felicità,
come mai Ashley aveva
sentito prima d’ora. Se un tempo lei e Gabe erano stati amici
e si conoscevano
bene, ora non aveva la più pallida idea di chi fosse il
ragazzo davanti a lei.
Quello non era Gabe, non più. «Ashley,
corri a chiamare Isabelle», ordinò Sylvain. «Tu sei
pazzo, non ti lascio da solo con lui», protestò la
ragazza. «Vai!»
insistette. «Così
poi ti fai quasi ammazzare come l’altra volta?» «Ho detto
vai!», la voce di Sylvain era tagliente come non mai mentre
si girava
a guardarla, gli occhi ridotti a due fessure. Gabe si stava godendo la
scena
sorridendo tra sé e sé. Ashley gli rivolse uno
sguardo contrariato, ma fece come gli aveva detto e
corse via più veloce che poté. Udì
chiaramente la voce di Gabe dire: «Pronto a farti fare il
culo un’altra
volta?», prima di immergersi nel silenzio del bosco. Devo muovermi o Sylvain
ci rimetterà la pelle, pensò mentre le
sue gambe
lunghe solcavano il terreno con grazia, correndo
all’impazzata. Per quanto lei e
Sylvain erano alti di grado e tra i più abili della Night
School, nessuno era più bravo di Gabe. Lui era sempre stato
il migliore tra
tutti loro e continuava ad esserlo. Non era certo un avversario che
potevano
permettersi di sottovalutare, neanche un esperto come Sylvain.
Raggiunse
l’edificio dove alloggiavano gli insegnati, spalancando la
porta
mentre ansimava per la corsa. Si lanciò su per le scale alla
massima velocità,
stando attenta a non inciampare nei gradini. Aprì di colpo
la porta della
preside senza bussare: «Isabelle, alzati subit-…oops! Scusate!» Ashley si
bloccò in mezzo alla stanza a metà tra
l’imbarazzo e lo shock:
Isabelle e Matthew stavano dormendo insieme nello stesso letto, uno
accanto
all’altra. La ragazza distolse lo sguardo, mettendosi una
mano davanti alla
bocca spalancata per la sorpresa, cercando inutilmente di non ridere,
mentre i
due si alzavano di scatto. «Cos’è
successo?» chiese la preside infastidita. Ashley si chiese se
era perché
l’aveva svegliata o perché l’aveva
beccata in pieno mentre se la faceva con
Matthew. «Gabe
è qui. Sylvain lo sta affrontando da solo»,
bisbigliò con urgenza. I due
scattarono in piedi, mentre Matthew si lasciava andare a
un’imprecazione.
Cercarono di raccattare i vestiti sparsi per la camera il
più in fretta
possibile, Isabelle si stava ancora infilando uno stivale che aveva
pescato da
sotto il letto, quando Matthew uscì seguito da Ashley,
chiedendole informazioni
più precise. Camminarono a passo svelto fino
all’entrata, dove incontrarono
Eloise in vestaglia che gli chiese spaventata cosa stesse succedendo.
Isabelle
le disse rapidamente di avvisare Raj che qualcuno era entrato nella
scuola.
Quando uscirono, sentirono un grido soffocato. Ashley
riconobbe la voce
di Sylvain e iniziarono a correre in quella direzione.
Trovarono Sylvain in
ginocchio sul terreno, che ansimava e si premeva una mano
sul torace. «Stai
bene?» chiese Ashley, il terrore sul volto. «Aveva
un coltello? Ti ha
colpito?» Sylvain alzò una mano per calmarla:
«Tranquilla, solo una costola
rotta. Sto bene!» Mentre la ragazza lo aiutava a rimettersi
in piedi, fece una
smorfia di dolore e poi si rivolse a Isabelle e Matthew: «Se
n’è appena andato,
deve essere ancora qui da qualche parte». Isabelle si
avvicinò e gli mise una mano sulla spalla:
«Abbiamo avvisato Raj, i
suoi uomini si staranno già attivando. Hai fatto un ottimo
lavoro». «Grazie»,
sorrise lui storcendo il labbro ferito. Un grosso livido stava
già
crescendo intorno alla sua bocca, prendendo la forma del pugno di Gabe. Ashley lo
osservò: «Non avrei dovuto lasciarti da
solo». «Sono stato
io a chiederti di avvertire gli altri, è così che
lavorano le
coppie, lo sai». Ashley aveva già aperto la bocca
per protestare, ma Isabelle
la interruppe: «Accompagna Sylvain in infermeria. E questa
volta non voglio
storie», aggiunse lanciando un’occhiata di
avvertimento al ragazzo, che si
limitò ad annuire al ricordo di come lo scorso semestre
aveva sanguinato
nell’ufficio della preside dopo lo scontro con Gabe. Ashley gli
passò un braccio intorno alla vita, mentre Sylvain si
appoggiava
alla sua spalla dirigendosi verso la scuola.
La mattina dopo Ashley
si svegliò in infermeria: era seduta su una sedia e
aveva la testa appoggiata al letto, con una mano stringeva quella di
Sylvain.
Si alzò sbadigliando e strizzò gli occhi per la
luce forte. Sylvain la stava osservando.
Sorrise quando lei aprì gli occhi:
«Bonjour». Aveva un taglio profondo sul
labbro, un enorme livido viola sulla mandibola e un graffio sotto
l’occhio.
Ashley si guardò intorno, ma non c’era nessun
altro nella stanza a parte loro. «Anche a te.
Come stai?» chiese sfiorandogli dolcemente una guancia con le
dita
della mano libera. «Bene,
l’altra volta è stata peggio». Sylvain
si strinse nelle spalle come se
niente fosse. Ashley lo scrutò a lungo come se cercasse di
assicurarsi che
stesse davvero bene. «E tu? Hai
dormito qui. Se lo sapevo, ti lasciavo un po’ di spazio sul
letto»,
commentò Sylvain con aria invitante. Ashley si
stirò il collo indolenzito e si
passò una mano tra i capelli, sistemandoli velocemente.
«Puoi sempre farlo
ora», sorrise. Sylvain si
spostò e batté una mano accanto a sé,
la ragazza si sdraiò al suo
fianco. Rimasero in quella posizione, l’una stretta
all’altro, per un tempo
infinitamente lungo, finché l’infermiera non venne
a cacciarla via sostenendo
che Sylvain e la sua costola rotta avevano bisogno di riposo.
*
Quando bussarono alla
porta della sua camera, Allie si era appena alzata dal
letto. Andò ad aprire ancora in pigiama e si
trovò davanti una Rachel nel
panico più totale. Non l’aveva mai vista
così, di solito era la calma fatta a
persona. Farfugliò
qualcosa in fretta di cui Allie riuscì a comprendere solo
una parola:
«Gabe
cosa?!» «Si
è introdotto nella scuola stanotte», Rachel fece
un respiro profondo per
calmarsi. «Oddio»,
l’espressione di Allie era di puro orrore.
«Jo?» chiese un po’
spaventata di conoscere la risposta. Rachel le rivolse
un’occhiata d’intesa e si trattenne
dall’alzare gli occhi al
cielo: «E’ uscita di testa, com’era
prevedibile». «Oh, povera
Jo», sussurrò Allie. «Oh, poveri
noi», commentò piano Rachel. «Lo sai che
quando si tratta di Gabe non ragiona più»,
replicò Allie cercando
in qualche modo di difendere l’amica. «Per questo
ha bisogno di te. E’ nella sua stanza, se ti stessi chiedendo
dove
sia». Allie
annuì: «Che cosa voleva Gabe?» «Non lo so,
sei tu quella che fa parte della Night School. Dovresti dirmelo
tu». «Non ho
ancora sentito nessuno, dovrei andare a cercare qualcuno e vedere se
hanno indetto qualche riunione speciale». Rachel
annuì, ma prima che potesse uscire, la trattenne per un
braccio: «Ho
un’altra notizia, prima che tu te ne vada. Una brutta
notizia». Rachel la fissò
dritta negli occhi e Allie sospirò pesantemente:
«Di cosa si tratta?»
*
«Jo?»
quando Allie entrò in camera sua e chiamò il suo
nome, trovò la ragazza a
letto che stringeva un cuscino tra le braccia. Si lasciò
sfuggire un
singhiozzo. «Oh, Jo». Allie si
avvicinò e si sedette sul bordo del letto, accarezzandole la
testa. «Odio il
fatto che mi fa sentire una merda ogni volta che si fa vedere. Mi fa
sempre tornare in mente la notte del ballo, quello che è
successo a Ruth e
tutto il resto», Jo tirò su col naso. Allie
continuò a passarle una mano sui
capelli dolcemente. «Hai bisogno
di tempo per dimenticarlo». «Lo so, ma
nonostante tutto quello che ha combinato, qualche volta mi manca
ancora», Jo alzò la testa per cercare il suo
sguardo, «pensi che io sia pazza?» «No, penso
che tu sia ancora innamorata di lui». Jo sbuffò:
«Forse hai ragione. Il problema è che non so come
smettere di
pensare a lui». «Vorrei
tanto saperlo anch’io come si fa», rispose
l’amica, ripensando al
leggero fastidio che provava ogni volta che vedeva Ashley pomiciare con
Sylvain. Rimasero in silenzio
per un minuto, ognuna persa nei suoi pensieri, finché Jo
non chiese: «Comunque, cosa è venuto a
fare?» «Non lo so,
ma dovrei andare a cercare qualcuno per scoprirlo». «Se sai
qualcosa, me lo dirai?» domandò la ragazza
guardandola supplichevole
con i suoi occhioni azzurri pieni di lacrime. Allie le
scompigliò i capelli gentilmente: «Sì,
ma tu tirati su di morale e non
pensarci troppo». Jo annuì:
«Va bene. E grazie Allie, per esserci sempre». La
ragazza sorrise e
le scoccò un bacio in testa.
Allie si diresse in
bagno, si fece una doccia veloce e si vestì prima di
scendere a colazione. Erano le nove di un sabato mattina freddo e grigio. Ma non era un giorno
qualunque, era la
vigilia di Natale. Si fermò a guardare fuori dalla finestra,
la neve che era
caduta per tutta la notte aveva interamente ricoperto il campus. Non
c’era più
traccia del prato verde e le cime degli alberi erano sepolte sotto una
spessa
coltre di neve. Allie si girò appena in tempo per vedere la
spiacevole notizia,
di cui Rachel le aveva parlato, attraversare l’ingresso: una
ragazza dalla
pelle bianca come il latte, si stava togliendo i fiocchi di neve dalla
massa di
capelli rosso fuoco. Allie riconobbe con orrore la sua compagna di
scuola e
acerrima nemica, Katie Gilmore
era tornata a scuola
in anticipo. Quando la vide, assunse un’espressione schifata
e la salutò con
una mano muovendo appena le dita. Allie inarcò le
sopracciglia, guardandola
dall’alto al basso e facendole solo un cenno in segno di
saluto.
Scese le scale di corsa e la oltrepassò senza degnarla di
uno sguardo, proprio
mentre Katie stava per aprire bocca e dirle qualcosa. «Che
scortesia», commentò
con disprezzo.
Quando entrò in sala da pranzo, trovò Zoe seduta
a un tavolo da sola. Le fece
un cenno di saluto con la mano e Allie si sedette al suo fianco.
«Che diavolo è successo ieri sera?!»
chiese a bassa voce. Zoe le rivolse
un’occhiata, e aspettò di mandare giù
un boccone della sua colazione, prima di
rispondere: «Un casino! Gabe è venuto qua e ha
intercettato Ashley. Isabelle è
incazzata nera e Sylvain è ridotto a uno
straccio».
«Che cosa, Sylvain è ferito?» chiese
Allie preoccupata.
«Niente di grave, una costola rotta e qualche livido. Penso
che il suo orgoglio
sia quello più colpito. Insomma due volte che Gabe viene
qua, due volte che si
fa fare il culo da lui!»
Allie le scoccò un’occhiata di rimprovero e
addentò uno dei suoi sandwich al
formaggio: «Se avessi visto Gabe in azione l’ultima
volta, capiresti che è un
osso duro».
«Beh, lo so invece. E’ stato il mio
partner», confessò Zoe evitando il suo
sguardo.
«Cosa? Non me l’avevi
detto!»
Zoe alzò le spalle in risposta, senza guardarla negli occhi:
«Non ho avuto
occasione di dirtelo, mi sarà passato di mente».
«Ti è passato di mente? Che Gabe era il tuo
partner non è certo una cosa che si
dimentica facilmente», esclamò Allie con un tono
leggermente accusatorio.
«Neanche andare nel bosco a notte fonda a incontrare il
proprio fratello
scomparso e ricercato è una cosa che si dimentica di far
sapere alla propria
partner», rispose Zoe tagliente.
Allie era esterrefatta: «Zoe, che cosa stai…»
«Dico solo che se tu non ti fidi di me, non vedo
perché dovrei farlo io». Sì
alzò di scatto e si diresse verso la porta senza guardarsi
indietro.
«Ma che diavolo…»
Allie rimase immobile, con la bocca
aperta per la sorpresa, a fissare l’ombra di Zoe che usciva
dalla porta e
girava l’angolo. Non aveva neanche immaginato che ci fosse
rimasta male perché
non le aveva detto di Christopher e Zoe non gliene aveva mai parlato,
ne aveva
mai dato segno di avercela con lei. Anche se era la sua partner, aveva
preferito non dirglielo, così come l’aveva tenuto
nascosto a Carter. Perché
sapeva che quel giorno, se li avesse coinvolti, sarebbero andati a
comunicarlo
a Isabelle e lei avrebbe perso ogni chance di parlare con suo fratello
dopo due
anni. Allie sospirò al pensiero di quanto era stato
difficile far pace con Carter
dopo quella volta, e sperò che non sarebbe stato lo stesso
con Zoe.
*
Ashley
spalancò la porta dell’ufficio di Isabelle senza
bussare ed entrò
lasciandola aperta. «Ti
dispiacerebbe bussare prima di entrare?» chiese la preside
indispettita.
Ashley appoggiò le mani sullo schienale della poltrona e si
chinò in avanti,
fissò Isabelle dritta negli occhi e, con voce
melodrammatica, esclamò: «Tu e
Matthew?!» «Appunto…»,
commentò l’altra al ricordo della sera
prima. «Come,
quando, dove e perché. Devi raccontarmi tutto!»
continuò Ashley
eccitata, sprofondando nella poltrona e avvinandola alla scrivania di
Isabelle,
per appoggiarci sopra i gomiti. La preside mise da parte i fogli che
stava
leggendo e la osservò con gli occhiali appoggiati sulla
punta del naso: «Non
devo dirti proprio niente. Io e Matthew siamo entrambi adulti e non
dobbiamo
dare spiegazioni a nessuno». Ashley
spalancò la bocca con finta sorpresa: «Ma sentila!
Sapevo che voi due ve
la intendevate, ma non pensavo così bene!» Isabelle le aveva
appena intimato di farla finita, quando Allie comparve sulla
soglia, picchiettando leggermente il pugno sullo stipite della porta.
«Posso
tornare dopo se hai da fare, Isabelle», esordì. La preside stava per
aprire bocca, ma Ashley l’anticipò: «Oh
no, non preoccuparti,
me ne stavo andando. E poi voi due avete qualcosa di importante di cui
parlare,
vero Isa?» chiese lanciando uno sguardo pieno di significato
alla preside.
Isabelle le rivolse un’occhiata esasperata e alzò
brevemente gli occhi al
cielo, mentre Ashley usciva borbottando che andava a trovare la sua
“cara amica
Katie”.
*
«Accomodati», Isabelle la invitò a
sedersi su una delle due poltrone in pelle
nera. Si tolse gli occhiali e si alzò per accendere il
bollitore.
«Immagino che tu abbia sentito di ieri sera»,
cominciò la preside.
Allie annuì: «So solo che Gabe è
entrato qui e che Sylvain è ferito. Che
diavolo è successo?» chiese con un po’
di apprensione nella voce.
La preside si diede da fare per preparare il tè, mentre le
raccontava di come
Ashley l’aveva intercettato, di Sylvain che lo aveva
affrontato da solo mentre
la ragazza era andata a chiamare aiuto, e di come Gabe era riuscito a
scappare
prima che gli uomini di Raj lo prendessero. Si sedette accanto ad Allie
e le
offrì una tazza di tè bollente alle erbe. Allie
la prese con entrambe le mani e
chiese: «Come sta Sylvain?»
Isabelle sospirò: «Niente di grave. Ha solo una
costola rotta, ma sarebbe
potuta andare peggio».
Allie le lanciò un’occhiata di traverso:
«Ma come ha fatto Gabe a entrare indisturbato
come se niente fosse?»
«E’ questo il problema», rispose la
preside dopo un momento di pausa, «pensiamo
che sia stata la spia di Nathaniel a farlo entrare. Non vedo altra
spiegazione». Allie trattenne il respiro a quella notizia e
chiese: «Avete scoperto
chi è?»
Ma Isabelle scosse la testa desolata e prese un sorso di tè.
«Magari lo
sapessimo, è molto abile a non farsi trovare. Ma questa
storia deve finire, non
può andare avanti così!» Si guardarono
negli occhi per un istante e poi Allie
domandò: «Lucinda si rifiuta ancora di
collaborare?»
Isabelle annuì e sospirò di nuovo: «A
proposito di Lucinda, c’è qualcosa di cui
ti devo parlare». La preside si prese una lunga pausa prima
di proseguire,
sembrava stesse cercando le parole giuste per dirglielo. Allie
aspettò
pazientemente, forse si stava finalmente per confidare con lei.
«Ashley mi ha detto che le hai chiesto dove è
stata quest’estate e visto che ha
a che fare con tua nonna, sono giunta alla decisione che tu debba
saperlo»,
cominciò Isabelle, «mi rendo conto che ho
sbagliato a tenerti all’oscuro degli
eventi che stanno accadendo e ora sono pronta a fidarmi di te, se tu ti
fiderai
di me. Ti dirò tutto quello che vuoi, scioglierò
ogni tuo dubbio». La preside
la osservò con il suo sguardo dorato pieno di apprensione e
Allie annuì,
ricambiando a sua volta con un’occhiata colma di gratitudine:
«Mi fido di te,
Isabelle. E, per favore, vorrei che mi dicessi quello che sai di
Lucinda».
Isabelle le strinse brevemente una mano e sorrise. Non era un sorriso
triste,
era più malinconico.
Le raccontò che Ashley, in quanto attuale membro con il
grado più alto nella
Night School, aveva passato l’estate con Lucinda, aiutandola
a convincere i
membri del consiglio a stare dalla loro parte. Alcuni di loro
però, diffidavano
ancora della politica con cui isabelle e Lucinda stavano conducendo la
scuola e
l’intera organizzazione. La preside rivelò che una
parte dei consiglieri
patteggiavano con Nathaniel e stavano cercando di farlo entrare nel
Consiglio
per togliere il comando a Lucinda. Isabelle era sicura che il resto del
Consiglio, che era ancora la maggioranza, non avrebbe mai approvato una
cosa
simile e che quel piano era destinato a fallire.
«Ma non sta prendendo di mira la scuola, ora? Insomma, Gabe
la scorsa notte e
gli eventi del ballo..» Allie fece un gesto con la mano.
«E’ ciò che mi preoccupa di
più», rispose Isabelle soppesando le sue parole,
«temo che ora il suo obiettivo sia di attaccare la scuola e,
da lì, risalire a
me e all’organizzazione. In questo modo avrebbe il controllo
di tutto: della
Night School, della scuola e dell’intero sistema».
Allie scrutò i suoi occhi
preoccupati e chiese: «Che cosa possiamo fare per
fermarli?»
La preside sembrò pensarci su e poi rispose: «Beh,
per prima cosa sarebbe utile
che Lucinda ci aiutasse a intensificare la sicurezza, nonostante
l’aiuto di Raj
e della Night School ci sono ancora delle fughe di informazione. E poi
naturalmente..»
«Trovare quella maledetta spia», concluse Allie
sospirando.
«Ruota tutto intorno a questo e non so come accidenti fare a
trovarla»,
Isabelle sembrava disperata, «stiamo usando tutti i mezzi
possibili e abbiamo
ridotto di parecchio il campo d’indagine, ma non sappiamo
ancora se sia uno
studente della Night School o un’insegnante. Se non capiamo
almeno questo, non
faremo molti passi avanti».
«Per questo state interrogando gli studenti? Carter mi ha
detto che Jerry gli
sta addosso», replicò Allie con una nota di rabbia
nella sua voce.
Isabelle la guardò: «So cosa pensi, Allie, e mi
dispiace mettere in discussione
la fedeltà di Carter, ma è una cosa necessaria.
Arriverà anche il tuo turno e
voglio che tu sia pronta per questo».
Allie annuì con riluttanza e si ritrovò a
chiedere: «E chi interrogherà gli
insegnanti?»
«Di questo ci stiamo occupando io e Matthew, non ti devi
preoccupare». La
preside le scoccò un’occhiata enigmatica. Allie
ricordò appena che l’esperto di
sicurezza era appena tornato a scuola.
All’improvviso le venne un’idea, come se una
lampadina si fosse accesa nella
sua mente. Si raddrizzò di scatto sulla poltrona e si
girò verso Isabelle, che
le rivolse un’occhiata curiosa: «Ho appena avuto
un’idea, ma ho bisogno del tuo
aiuto», annunciò.
*
Ashley stava scendendo le scale che dal dormitorio portavano
all’ingresso
principale, quando Lucas la raggiunse salendo i gradini a due a due.
«Hey, Ashley! Ti stavo cercando».
«Lucas! Che cosa c’è?» chiese
Ashley fermandosi a metà scala.
«Ho due notizie: una brutta e una bella. Scegli».
Ashley sospirò e disse: «Beh, di solito si
preferisce prima quella brutta, per
togliersi il pensiero».
«Ottima scelta!» commentò Lucas e poi
continuò: «Ti hanno assegnato il turno
della Night School prima di cena».
Ashley sbuffò al pensiero del freddo che la aspettava fuori:
«Dato che Sylvain
è in infermiera, chi sarebbe il mio partner?»
«Questa è quella bella», rispose,
«sono io!»
La ragazza ricambiò il sorriso contagioso di Lucas, poi lo
prese a braccetto e
disse: «Molto bene, caro collega. Mettiamo a punto la nostra
strategia per
prendere a calci i pupazzi di neve assassini in giacca e
cravatta».
Lucas rise e insieme si diressero verso il portone principale, per
affrontare
una gelida ronda.
Quando poche ore dopo il turno di guardia cambiò, non ebbero
niente di
particolare da riferire a Raj. Nonostante la recente incursione di
Gabe, quel
giorno tutto sembrava più tranquillo che mai. Ashley e Lucas
si cambiarono in
fretta e varcarono insieme l’ingresso della scuola,
rabbrividendo per il freddo
e cercando di scaldarsi stringendosi le braccia intorno al corpo. Lucas
la
guidò verso la sala pranzo, era la sera prima di Natale e
girava voce che
Isabelle avesse organizzato una cena coi fiocchi per celebrare la
Vigilia.
Quando entrarono, videro che un grosso tavolo era stato sistemato in
mezzo alla
sala per l’occasione, e coloro che erano rimasti a scuola per
le vacanze erano
già seduti al loro posto, in attesa. Professori e studenti
occupavano lo stesso
tavolo senza alcuna distinzione, Ashley notò che Zelazny
aveva tirato fuori un
altro dei suoi orrendi completi tutti uguali, mentre la preside
indossava un
elegante abito nero a maniche lunghe. Eloise si era raccolta i lunghi
capelli
scuri in uno chignon e chiacchierava allegramente con Jerry Cole. Jo
era molto
pallida, mentre Allie le accarezzava dolcemente la schiena con una mano
in
segno di consolazione. Perfino Sylvain si era unito a loro.
«Sylvain, sei qui!» esclamò Ashley,
attirando l’attenzione dei presenti che non
li avevano sentiti entrare. La ragazza lo raggiunse, lo strinse tra le
braccia
dal dietro e gli scoccò un bacio sulla guancia. Sylvain
mugugnò di dolore: «Fai
piano..»
«Scusa», rispose Ashley per niente dispiaciuta. Si
sedette nel posto libero tra
lui e Carter, e fece segno di no alla domanda interrogativa che
Isabelle la
aveva rivolto inarcando le sopracciglia. Evidentemente, Raj non aveva
ancora
riferito alla preside il resoconto del loro turno di guardia. Ora che
ci faceva
caso, era l’unico che mancava.
Gli occhi di Ashley si depositarono su Katie e non perse occasione per
salutarla con ironia: «Katie, ma che bello
rivederti!»
L’altra le fece una smorfia in risposta. «Ashley,
non sai quanto sono felice di
rivederti dopo tanto tempo». Nel suo sguardo e nel tono di
voce non c’era
traccia di quella felicità.
«Allora Katie, dimmi, chi hai tormentato mentre non
c’ero?», chiese Ashley
fissandola con uno sguardo minaccioso, «spero non Allie,
perché d’ora in poi è
sotto la mia protezione e se vengo a sapere che fai la bulletta con
lei, ti
faccio a pezzi». Isabelle le rivolse
un’occhiataccia e lei fece un sorriso
innocente in risposta.
Katie la ignorò e richiamò l’attenzione
della preside: «Isabelle, hai notato
che Ashley è arrivata in ritardo a cena?» La
preside, però, fece finta di non
sentirla, impegnata nella sua conversazione con Eloise. Katie
cercò di nascondere
l’indignazione e insistette: «E di grazia, cosa
stavi facendo fuori tutta sola
insieme a Lucas con questo tempo?» chiese malefica,
osservando i fiocchi di
neve che brillavano sui capelli di Ashley.
«Prendevamo il sole?» suggerì Ashley
ironica, aggrottando le sopracciglia
all’indirizzo di Lucas e suscitando
l’ilarità di Zoe e di qualcun altro.
«Non sei divertente. Dico solo che meriteresti una
punizione», commentò Katie
alzando la voce.
La ragazza sospirò e rispose con nonchalance:
«Perché non ti fai i cazzi tuoi
una buona volta?» Isabelle le scoccò
un’occhiata di avvertimento.
«Ti hanno mai detto che sei una gran maleducata?»
domandò Katie con fare
provocatorio.
«E a te hanno mai detto che sei una piaga sociale?»
la rimbeccò Ashley. Katie
assunse un’espressione indignata e spalancò la
bocca, vedendo che la preside e
nessun altro dei professori interveniva per punire la ragazza.
Si alzò in piedi e lanciò il tovagliolo sul
tavolo, facendo una scenata
teatrale. «Lo riferirò ai miei
genitori!» strillò all’indirizzo della
preside e
poi si allontanò come una furia. Isabelle la
guardò con indifferenza e quasi
sorrise quando Ashley le augurò: «Passa una bella
serata!»
Diverse ore dopo, quando il coprifuoco era passato da un pezzo, ad
Ashley parve
di sentire l’eco del portone d’ingresso che si
richiudeva con forza. Scrollò le
spalle, pensando alle continue ronde della Night School, e
continuò a salire le
scale, diretta ai dormitori delle ragazze. Non poteva immaginare che,
ad uscire
a notte fonda dalla scuola, non era stato qualche membro della Night
School
impegnato nel suo lavoro, ma qualcun altro che sgattaiolava fuori in
gran
segreto. Tobecontinued... Spero
che vi sia
piaciuto questo capitolo, lasciate un commento! Elis.
La
mattina
di Natale Allie era intenzionata a trovare Zoe e chiarire con lei. La
sera
precedente, per tutta la durata della cena che Isabelle aveva
organizzato in
occasione della Vigilia, Zoe aveva evitato il suo sguardo. Sebbene tra
di loro non
fosse iniziata nel migliore dei modi, erano riuscite a far funzionare
le cose ed
erano anche diventate amiche. Allie ci teneva a riappacificarsi con
lei, sia
perché non voleva rovinare la loro amicizia sia
perché, altrimenti, prevedeva
interminabili e imbarazzanti ore di ronda con loro due che si
rivolgevano
appena la parola. I suoi progetti furono, però, sventati da
Carter che la
intercettò mentre usciva dalla sua stanza e la
trascinò con sé, sostenendo che aveva
qualcosa di importante da mostrarle. Carter la guidò lungo
una stradina
scivolosa, che qualcuno aveva provveduto a ripulire dalla neve, ma che
con il
freddo della notte si era ghiacciata. Afferrò la sua mano e
la tenne stretta
per impedirle di scivolare, cosa che Allie aveva già
rischiato almeno tre volte
da quando aveva messo piede fuori dalla scuola. Aveva smesso di
nevicare, ma
nonostante ciò il cielo era di un bianco intenso e
nell’aria c’era il tipico
freddo che precede una nuova nevicata. Carter la condusse a una piccola
grotta artificiale,
con al centro la statua di una donna nuda che danzava; la stessa che
gli aveva
offerto riparo la notte in cui Nathaniel e i suoi seguaci avevano dato
fuoco
alla scuola.
«Cosa
ci
facciamo qui?» chiese Allie impaziente, tremando nel suo
cappotto beige.
L’unica cosa che voleva fare in quel momento era scaldarsi
davanti a un camino,
con una tazza di cioccolata bollente in mano, a chiacchierare con i
suoi amici.
Il pensiero di Zoe le fece salire un nodo in gola e cercò di
farselo uscire dalla
mente, fissando la punta dei suoi stivali bordeaux al ginocchio.
«Aspetta e
vedrai», rispose Carter. Aveva un tono di voce carico di
aspettativa, quasi
felice. Di quella felicità che si prova da bambini, quando
si è scoperto
qualcosa e non si vede l’ora di mostrarla a qualcun altro.
Allie provò a
concentrarsi su di lui, sentendosi un po’ in colpa per la
piega che i suoi
pensieri avevano preso poco prima. Non voleva ferire Carter e, a dire
il vero,
tutta quella segretezza stava cominciando a incuriosirla.
«Dai,
dimmelo! Che cos’è che devi farmi
vedere?»
Carter si
girò a guardarla e sorrise contento della sua reazione
interessata. Le offrì
una mano e l’aiutò a scavalcare un grosso cumulo
di neve. «Vieni a vedere.
Guarda cosa ho trovato». Allie provò a guardare
nel punto che le indicava e
capì perché Carter voleva mostrarglielo a tutti i
costi. Riparato da uno strato
di roccia che fungeva da tetto, c’era un piccolo sprazzo di
erba che si era
salvato dalla neve e, proprio al centro, cresceva un unico fiorellino
lilla
sopravvissuto al freddo. Un sorriso sincero increspò le
labbra di Allie, che
alzò gli occhi per incontrare quelli di Carter. Il ragazzo
si stava mordicchiando
leggermente un labbro, in attesa. «E’
bellissimo».
«Lo so».
«Come hai
fatto a trovarlo?» chiese Allie, inarcando un poco le
sopracciglia. Quante
possibilità c’erano di trovare un fiore in quella
stagione con la neve appena
caduta?
«A dire il
vero, l’ho visto per caso mentre passavo di qui con Jules. E
ho pensato subito
a te». Allie inclinò la testa di lato e fece per
aprire bocca ma Carter
l’anticipò, sembrava nervoso: «Senti
Allie, so che non ti entusiasma l’idea che
Jules ed io facciamo coppia nella Night School, ma per me è
solo un’amica e
collega di lavoro». Carter mimò delle virgolette
immaginarie sull’ultima
parola. «Non voglio che ti senta infastidita dalla sua
presenza. Anche perché
l’unica con cui voglio stare sei tu». La
fissò dritta negli occhi e ad Allie
salirono le lacrime per un momento. Carter era sempre così
sincero con lei. Era
stata una stupida a dubitare di lui e preoccuparsi per Jules, non ce
n’era
ragione. Credeva in Carter e sapeva di avere la sua fedeltà
più completa. Annuì
brevemente e sbatté le palpebre per ricacciare indietro le
lacrime: «Lo so.
Credo di aver sempre saputo che eri cotto di me dal primo
istante», scherzò.
Carter
scoppiò in una risata che veniva dal profondo del cuore:
«Ora non montarti la
testa solo perché hai rapito il mio cuore!»
«Ho un
ostaggio, sei una mia proprietà. Faresti meglio a
ricordarlo», gongolò Allie.
Carter le
strinse più forte la mano e la osservò per un
momento. «Sei più tranquilla ora?»
Allie annuì di
nuovo e gli rivolse un sorriso riconoscente.
E’ proprio un ragazzo
d’oro.
«Mi
fa
piacere», le passò un braccio intorno alle spalle
e la strinse a sé. «Ora,
tornando al fiore c’è una cosa che devo dirti, ma
è un po’ imbarazzante».
Allie lo
guardò incredula: «Cosa? Il grande e coraggioso
Carter West imbarazzato?
Impossibile!»
Il ragazzo sorrise e si passò la lingua sulle labbra.
«Guarda che
anche i migliori s’imbarazzano». Allie gli
tirò una gomitata nel fianco e lui
rise. Poi, lo guardò incoraggiante e disse:
«Continua con quello che stavi
dicendo».
Carter fece
una pausa e poi aggiunse: «Ecco vedi, dato che sono sempre
qui e non mi è
permesso uscire dalla scuola, non ho potuto prenderti un regalo di
Natale»,
Allie stava per protestare che non ce n’era bisogno, ma lui
alzò una mano per
zittirla. «Quindi ho pensato di trovare qualcosa reperibile
in questa maledetta
scuola e quando ho visto quel fiore ho realizzato. So che possa
sembrare
stupido e ridicolo, ma quello è il mio regalo di Natale per
te». La guardò
negli occhi intensamente e aggiunse: «Anche se non si
può portarlo via, ho
pensato che valesse più di qualsiasi oggetto comprato con
dei soldi».
«Oh mio Dio,
Carter. E’ una bellissima idea», Allie lo
guardò sorpresa. Aveva appena
scoperto il lato più romantico di Carter West.
«E’ il regalo più bello e
profondo che abbia mai ricevuto». Lo attirò a
sé e lo strinse forte in un abbraccio.
«Te lo
meriti, perché tu sei la cosa più bella che mi
sia mai capitata», sussurrò. Si
scostò da lei leggermente e avvicinò le labbra
alle sue, baciandola piano e
lentamente. Nuvolette di condensa uscirono dalle loro bocche per il
freddo e si
dissolsero nell’aria intorno a loro.
«Il mio
regalo, invece, è in fase di preparazione. E siccome sto
aspettando un certo
giorno speciale, dovrai aspettare un po’», gli fece
l’occhiolino senza rivelare
niente.
«Ora sono
curioso», sorrise, «non vedo l’ora di
quel momento».
«E fai bene»,
rise lei, attirandolo di nuovo a sé e ricominciando a
baciarlo.
*
Ashley
era
appena stata in infermeria a trovare Sylvain e stava tornando nella sua
stanza
al dormitorio, quando vide Allie venire verso di lei, attraversando in
fretta
il corridoio.
«Hey! Ho
sentito del tuo malefico piano per convincere Lucinda»,
esordì in segno di
saluto, prima che l’altra potesse aprire bocca.
Allie rimase
sorpresa: «Isabelle te l’ha detto?»
«Sì, e
siccome io e Queen
Lucinda ci
conosciamo, sono obbligata a venire con voi». Ashley fece una
smorfia e abbassò
la voce appena notò Katie uscire dalla biblioteca proprio
davanti a loro. La
ragazza la squadrò dalla testa ai piedi con aria schifata e
poi si girò per
continuare sulla sua strada, nell’istante esatto in cui
Ashley alzava il dito
medio e le rivolgeva un gestaccio. Appena il corridoio fu libero da
ascoltatori
indesiderati, la ragazza continuò: «Di solito odio
questo genere di eventi, ma
la tua è stata un’idea geniale. Tu ed io ci
prepareremo insieme per il ballo e
ho in mente una sorpresa che farà uscire di testa
Lucinda». Di fronte al suo
tono di voce eccitato, Allie s’insospettì.
«Non avrai intenzione di far
incazzare Isabelle, spero».
L’altra
rispose facendo un gesto di diniego con una mano: «Isabelle
non s’incazza per
queste cose, ma Lucinda sì ed è qui che
riusciremo a convincerla».
Allie era
sempre più perplessa. «Non vedo come farla
arrabbiare possa aiutarci, Ashley»,
replicò ragionevole.
Ashley le
scoccò un’occhiata carica di attesa, ma tutto quel
che disse fu: «Aspetta e
vedrai».
Sebbene
Allie dubitasse seriamente che le idee bizzarre di Ashley potessero
rivelarsi
utili nel loro piano, si ritrovò ad annuire. Tuttavia,
quando le rivelò la
strategia che aveva messo in atto, Allie dovette ammettere che sarebbe
stato
davvero divertente vedere la reazione di Lucinda, soprattutto
perché ciò che
avevano in mente l’avrebbe sicuramente mandata in bestia.
Sperò solo che la
preside, dopo quello che aveva fatto per lei, non se la sarebbe presa
troppo.
Infatti, se non l’avesse aiutata, il suo piano non avrebbe
avuto alcuna chance.
Allie aveva supplicato Isabelle di organizzare un incontro con Lucinda,
in modo
tale che potesse parlarle e tentare di convincerla ad aiutarli nella
difesa
della scuola e nella lotta contro Nathaniel. Infine, più per
disperazione che
consenso, Isabelle le aveva promesso che avrebbe telefonato a Lucinda
per
chiederle di farle partecipare al ballo di Natale, che ogni anno teneva
nella
sua immensa villa.
Quando
Ashley si ritrovò da sola nella sua camera,
afferrò il cellulare nascosto sotto
una pila di fogli nel cassetto della scrivania e digitò in
fretta un messaggio:
“Stasera sarò al ballo di Lucinda, vediamoci
lì.” Premette invio e lanciò il
telefono sul letto, poi spalancò l’armadio e
mormorò: «Okay, vediamo di mettere
insieme qualcosa».
*
Quel
pomeriggio Allie aveva il turno di guardia della Night School: era
l’occasione
perfetta per parlare con Zoe. Quando la raggiunse nello spogliatoio
accanto
alla stanza Training Room One, Zoe
stava indossando la tuta mimetica e termoregolatrice che Raj aveva
rimediato a
tutti i membri, e che avrebbe dovuto proteggerli dal gelo polare che
imperversava là fuori. Allie indossò la sua in
silenzio, e seguì poi la sua
partner all’aperto per il loro giro di pattuglia del campus.
Stavano camminando
da ormai dieci minuti e la tensione tra di loro era palpabile,
così Allie si
decise a dire qualcosa. «Senti Zoe, riguardo a
ieri…», cominciò, ma l’altra
la
interruppe.
«No Allie,
sono io quella che deve scusarsi. Non avrei dovuto reagire
così, a volte mi
comporto proprio come una bambina». Allie stava per replicare
che lei era una bambina,
considerando i suoi
tredici anni, ma si trattenne appena in tempo e rispose:
«Dico davvero, anch’io
devo chiederti scusa per non averti detto niente di tutta quella
storia, e mi
dispiace di non essermi fidata di te. Vedi, era un periodo assurdo. Tra
la spia
di Nathaniel, le liti con Carter e tutto il resto non sapevo con chi
confidarmi…»,
Allie s’interruppe un attimo e scosse la testa, «e
quando Christopher mi ha
lasciato quella lettera, non sapevo cosa fare e temevo che, se
l’avessi detto a
qualcun altro, sarebbe andato a riferirlo a Isabelle e avrei perso
l’occasione
di parlare con mio fratello».
Zoe annuì
lentamente e poi chiese curiosa: «Perché proprio
Sylvain?»
«Non so, in
quel momento stavo sclerando e lui era lì che mi fissava con
quegli occhi così
azzurri e col quel suo tono di voce gentile e… penserai che
io sia orribile, ma
credo di aver pensato che Sylvain sarebbe stato l’unico a
tenere la cosa per sé,
se gliel’avessi chiesto io».
«Perché?»
domandò l’altra, girandosi a guardarla.
Allie fece una
pausa, prima di ammettere: «Perché io gli piaccio
e temo che farebbe qualsiasi
cosa per me».
Zoe la
osservò in silenzio senza dire niente. Infine,
commentò: «Beh, penso che tua
abbia ragione, Sylvain è così cotto che si
lancerebbe da un ponte per te. E per
quanto riguarda me e Carter, sicuramente saremmo andati a dirlo a
Isabelle. Non
per farti un torto, ma per tenerti al sicuro ed evitare che tu corra
rischi
inutili. Ricordati che Nathaniel vuole te e proteggerti è la
nostra massima
priorità, e soprattutto la mia, in qualità di tua
partner».
Allie le
rivolse un’occhiata piena di gratitudine e rimpianto.
«Lo so, ho fatto una
cazzata e mi dispiace così tanto che tu ci sia rimasta
male».
«Aah, vieni
qui scema», sospirò l’altra stringendola
in un abbraccio serrato, sebbene le
arrivasse appena sopra la vita.
Allie
ricambiò l’abbraccio, tenendola forte tra le sue
braccia, e disse: «Grazie per
tutto quello che fai».
«Dovere!»
esclamò l’altra. «E comunque anche a me
dispiace di non averti detto del mio
ex-partner».
«Gabe, eh?
Perché proprio lui?» domandò Allie con
un’espressione disgustata. Pensare a lui
le faceva sempre venire i brividi.
«Non
chiederlo a me, non l’ho mica scelto io! Odio Zelazny anche
per questo, me l’ha
rifilato lui quella gran rottura di palle. Stava sempre a dire "non
fare
questo" e "non fare quello"», Zoe imitò la voce
gutturale di
Gabe così bene che Allie scoppiò a ridere. In
passato ci aveva provato anche
Jo, ma a nessuno veniva meglio della sua partner.
«Credo che
Zelazny abbia pensato che avessi avuto bisogno di più
sostegno e attenzioni
vista la mia giovane età», continuò,
«ed è grazie a lui se ora puoi imparare
dalla migliore, perché anch’io ho preso dal
migliore, a quanto pare». La
smorfia di Zoe coprì la sua aria soddisfatta.
«Quale
onore!» esclamò Allie ridendo. Poi
continuò: «Ok, credo che entrambe abbiamo
imparato la lezione. La prossima volta, la fiducia prima di
tutto», annunciò.
Zoe annuì. «Assolutamente».
E’ questa la cosa
più importante, si
ritrovò a pensare Allie. Se rimaniamo
uniti, nessuno potrà dividerci e farci del male. Nemmeno un
tipo come
Nathaniel, e questa sarà la nostra arma vincente.
L’unione
fa la forza!
*
Quando
diverse ore dopo, Ashley e Allie scesero le scale dirette al ballo di
Lucinda,
Isabelle le stava aspettando nell’atrio della scuola.
Indossava un cappotto
bianco immacolato e, sotto di esso, si poteva scorgere un lungo abito a
motivi
colorati e un paio di scarpe dal tacco alto, abbinate alla perfezione.
Nella
sua eleganza, sarebbe sicuramente spiccata tra gli invitati. Quando la
preside
vide le due ragazze in cima alle scale, le si spezzò il
respiro. «Non ci credo,
l’hai rifatto», esclamò affranta.
Ashley
replicò: «Questa volta sarà molto
più divertente dell’anno scorso».
«Lucinda mi
farà di nuovo una lavata di capo»,
sospirò Isabelle, scuotendo la testa
disperata. Allie notò che non sembrava per niente arrabbiata
o, semplicemente, aveva
fatto l’abitudine agli scherzi di Ashley.
«Te l’ho
detto che non se la sarebbe presa», bisbigliò la
ragazza in risposta al suo
sguardo interrogativo.
Ci
avevano
impiegato tutto il pomeriggio, ma alla fine entrambe erano soddisfatte
del risultato:
Allie indossava una minigonna nera con calze a rete color amaranto e un
top dorato
senza spalline, che le lasciava scoperta la schiena, facendola sembrare
una
prostituta della peggior specie. A completare l’opera,
c’erano numerosi
bracciali, il cappotto grigio di Ashley e gli immancabili Doc Martens
bordeaux
che le arrivavano al ginocchio. I suoi capelli rosso henné
risaltavano anche al
buio. Ashley invece era, se possibile, conciata anche peggio. Portava
un paio
shorts di jeans strappati in più punti, una calzamaglia
viola con profonde
smagliature che le scoprivano gran parte delle gambe e, per finire, un
cortissimo
top bianco che le arrivava a malapena sopra all’ombelico e
mostrava un
tatuaggio a colori, che si arrampicava a mo’ di edera intorno
al suo busto e
che finiva con una rosa rossa all’altezza del cuore. Sopra,
una giacca di pelle
nera che sicuramente non l’avrebbe protetta dal freddo e
tacchi a spillo
vertiginosi, che la facevano sembrare altissima. I suoi lunghi capelli
mossi
erano stati tinti di blu e raccolti in una coda di cavallo. Alcuni
ciuffi
sfumati di azzurro le ricadevano disordinatamente sul viso. Mentre
Allie
portava in testa un cappello da Babbo Natale con le lucine che si
accendevano e
spegnevano a intermittenza, Ashley aveva un boa di piume rosa shocking
drappeggiato intorno alle spalle. Lucinda sarebbe sicuramente andata
fuori di
testa. Isabelle le squadrò attentamente dalla testa ai piedi
e, senza
aggiungere altro, fece una smorfia di disapprovazione e le
guidò fuori dalla
scuola, dove Matthew aspettava appoggiato a un’elegante
macchina nera.
Lo
chauffeur
imboccò il vialetto di ghiaia, illuminato da una moltitudine
di lanterne, e li
condusse all’enorme sprazzo affollato di limousine e di
figure in eleganti
abiti da sera, che si accingevano a varcare gli imponenti cancelli in
bronzo,
che separavano la reggia di Lucinda dal resto del mondo.
L’auto si fermò, lo
chauffeur aprì la portiera per farli scendere e si
allontanò poi per
parcheggiare la limousine. Allie rimase a bocca aperta di fronte a
quello
spettacolo. Davanti ai suoi occhi, torreggiava la fontana
più grande che avesse
mai visto, al centro della quale alcune dee di marmo danzavano sotto le
stelle
con le mani rivolte in alto, da cui partivano zampilli di acqua fresca
che
scrosciavano sino ai loro piedi. Dietro di essa, un’immensa
costruzione in
stile gotico si ergeva minacciosa contro il cielo, come se volesse
contrastare
un temporale in agguato e sfidare gli dei o, più
semplicemente, invitata
chiunque ad andarsene e non oltrepassare la soglia. Allie si
ritrovò a pensare
che rappresentava perfettamente l’opinione che aveva di
Lucinda, la regale
nonna che aveva scoperto di avere dopo 16 anni di vita.
L’importante e potente
cancelliere della politica inglese. La ragazza cominciò ad
avvertire un moto di
paura dentro di sé e, sì, desiderò
prendere al volo il consiglio che l’aura del
palazzo le stava rivolgendo: fare dietrofront e dimenticarsi quella
storia. Si
sentiva sempre più a disagio e cominciò a
chiedersi se venire lì e affrontare
Lucinda, vestite in quel modo poi, fosse stata davvero una buona idea,
ma
Ashley le appoggiò una mano sulla spalla con fare
rassicurante e, in modo che
solo lei potesse sentirla, le bisbigliò
all’orecchio: «Non farti intimorire
dalla sua imponenza, andrà tutto bene. Il peggio
è passato, credimi, dentro è
molto meglio». Non seppe dire cosa fosse stato, forse
l’atteggiamento calmo e
rilassato di Ashley, la pacca sulla sua spalla, o la sicurezza che
trasudava
dalla sua espressione e la fiducia che i suoi occhi trasmettevano, ma
Allie si
sentì all’improvviso più motivata e
convita che mai su quello che stavano per
fare. Non voleva tradire Ashley, non dopo l’aiuto e
l’incoraggiamento che le
aveva dato. Era venuta fin lì con uno scopo preciso e non se
lo sarebbe
lasciato sfuggire per nessuna ragione al mondo, neanche per una
maledetta casa
che incuteva terrore con una maledetta fontana all’ingresso
e, sicuramente, una
maledetta piscina sul retro. Era arrivata fin lì per
Lucinda, per convincerla
ad aiutarli nella lotta contro Nathaniel: avevano bisogno di lei,
Isabelle
aveva bisogno di lei e Allie non voleva tradire la promessa che aveva
fatto alla
preside, avrebbe convinto sua nonna con qualsiasi mezzo. Rivolgendo uno
sguardo
sprezzante alla villa davanti a sé, seguì la
preside e Matthew, che camminava
sicuro nel suo smoking perfettamente stirato, verso la colossale porta
d’ingresso dell’infernale costruzione.
Ashley
afferrò al volo il secondo flûte di champagne, dal
vassoio del cameriere che le
passò accanto in gran fretta, e lo tracannò in un
sorso mentre gli altri ospiti
cominciavano a lanciare occhiatine insistenti e di disapprovazione al
loro
abbigliamento. Allie guardava con aria di sfida chiunque storceva la
bocca al
loro indirizzo e Ashley, dal canto suo, sghignazzava sotto i baffi al
pensiero
di come avrebbero reagito vedendo la seconda parte del loro piano.
Entrambe le
ragazze, però, cambiarono di colpo espressione quando videro
Lucinda avanzare
verso di loro, con una camminata spedita ed elegante al tempo stesso, e
gli
occhi che mandavano scintille. Isabelle si mise in mezzo per frenare
Lucinda,
ma l’altra riuscì ad evitarla e le
sussurrò un rabbioso: «Ma sei
impazzita?!»,
prima di agguantare le due ragazze per le spalle e sospingerle verso
una stanza
vuota, sorridendo al contempo affabile agli altri ospiti. Quando la
preside
varcò la soglia e si chiuse la porta dietro di
sé, Lucinda si rivolse a lei con
aria infuriata. «Forse non ti rendi conto. Dopo il modo in
cui si è presentata
l’anno scorso», disse indicando Ashley con un dito,
«ti ho concesso di
riportarla qui in via del tutto eccezionale. E ora, non solo
è venuta qui
conciata in quel modo, ma ha anche traviato mia nipote!»
«Traviato..»
Ashley scoppiò in una risatina, appoggiò il
bicchiere vuoto su un tavolino e si
risistemò il boa di piume attorno alle spalle. Lucinda le
scoccò un’occhiata
seccata.
«Lucinda,
ascolta..» La donna interruppe la preside con un gesto della
mano e continuò: «Ora,
mi seguirai di sopra, dove ci sono degli abiti che ho scelto
personalmente per
ogni evenienza e glieli farai indossare a forza, altrimenti vi faccio
scortare
fuori dai miei uomini», sentenziò Lucinda
guardando Isabelle dritta negli occhi.
Poi, si voltò verso Ashley e aggiunse: «Fai
sparire quell’orrore», disse
lanciando un’occhiata di disgusto al boa rosa shocking.
La preside
le intimò un «l’anno prossimo non
veniamo più», prima di seguirla fuori dalla
porta.
Sole nella
stanza, Ashley commentò: «Beh, l’ha
presa bene». Le due ragazze si guardarono
negli occhi e scoppiarono a ridere nello stesso momento.
Quando
poco
dopo tornò, Isabelle teneva tra le braccia due abiti da sera
e un paio di
scarpe col tacco per Allie. Li appoggiò sul divano in pelle
al centro della
stanza e, prima di uscire per permettere alle due ragazze di cambiarsi,
suggerì
a entrambe di comportarsi bene e non combinare altri casini.
Impiegarono più
tempo a togliersi i vestiti che avevano accuratamente scelto per
stupire tutti,
che a rivestirsi, ma alla fine varcarono la soglia come se la fatina
buona
avesse operato su di loro lo stesso incantesimo di Cenerentola. Ora,
Ashley
indossava un abito bianco che le arrivava sopra le ginocchia e, i cui
lacci, si
legavano dietro al collo scoprendole la schiena e lasciando intravedere
una
profonda scollatura. Una sciarpa di cashmere le copriva le spalle nude.
Allie,
invece, era avvolta in un aderente tubino celeste senza spalline, che
le
metteva in evidenza le curve al punto giusto, con una cintura nera in
vita. La
giacca bianca che indossava sopra metteva ancora più in
risalto il colore
acceso dei suoi capelli, ma su questo Lucinda non avrebbe potuto fare
niente,
né tantomeno sul trucco pesante che le due ragazze portavano.
Isabelle
lanciò a entrambe un cenno d’approvazione e
Lucinda sembrò quasi sospirare di
sollievo mentre gli ospiti le osservavano incuriositi. Ciò
che però non
sapevano, era che Ashley e la sua compare erano intenzionate a spezzare
l’incantesimo a mezzanotte.
Ballarono
per tutta la sera, cercando di stare in equilibro sulle scarpe alte,
cosa che,
diventava sempre più difficile, man mano che svuotavano
bicchieri di champagne.
Allie era forse già un po’ troppo brilla, mentre
Ashley sembrava reggere bene
l’alcol, probabilmente una dote ricavata dal duro allenamento
a base dei party
e cocktail passati. Era mezzanotte quando, con uno sguardo
d’intesa, decisero
di agire. Allie aveva il compito di distrarre l’orchestra che
Lucinda aveva
ingaggiato per l’occasione, proponendo qualcosa da suonare,
mentre Ashley
s’impossessava del microfono e attirava
l’attenzione dei presenti: «Signore e
signori, buonasera! Grazie per essere venuti a questo
“magnifico” ballo», fece
la ragazza con ironia evitando di guardare Lucinda che, anche in mezzo
alla
folla, sembrava elevarsi in tutta la sua altezza, «voglio
ringraziare la
fantastica band, ottimo lavoro ragazzi, ma penso che sia ora di
movimentare un
po’ la serata, che ne dite? Divertitevi!» Detto
questo, raggiunse la postazione
da dj e accese l’impianto. Dalle casse esplose un boato di
note.
Song:
“I love it (I don’t care)” –
Icona
Pop
«I
got this
feeling on a summer day when you were gone. I crashed my car
into the
bridge, I watched I let it burn…», Ashley
cominciò a cantare a squarciagola
mentre, con passo instabile, si faceva strada tra la folla e
raggiungeva il
centro della sala. Afferrò la mano di Allie e la fece girare
su se stessa. «I
don’t care, I love it!» Le due ragazze si
lanciarono in un ballo scatenato e
volgare, cantando strofe a caso della canzone, mentre gli altri ospiti
le
osservavano in disparte allibiti. Lucinda non perse tempo e prese in
mano la
situazione, come se avesse previsto che sarebbe successo.
C’era da aspettarselo
da lei. Si avvicinò in fretta al palco e con un gesto sicuro
e deciso, strappò
via la spina dell’impianto stereo dalla presa, mettendo fine
a quello
spettacolino. Ashley la guardò sdegnata, le braccia
allargate: «Oh, andiamo!»
La donna non la guardò nemmeno in faccia, quindi si diresse
verso Allie con
passo svelto e le sussurrò all’orecchio
«vieni con me, dobbiamo parlare» con
tono perentorio. Allie incrociò gli occhi di Ashley, che
assunse un’espressione
sconsolata. Non sapeva dire se fare arrabbiare così tanto
Lucinda, fosse una
buona cosa o l’esatto opposto.Cominciò
a dubitare che il loro piano stesse dando i suoi frutti e fu la stessa
cosa che
lesse in faccia ad Ashley.
Di
bene in meglio.
Allie
seguì
sua nonna nella stessa stanza di prima, a parte loro era ancora vuota.
Lucinda
emanava un’aura minacciosa, come se potesse scoppiare e fare
scintille da un
momento all’altro. Quando si girò a guardarla,
capì che non era semplicemente
arrabbiata, era furiosa, era delusa. Più precisamente, ce
l’aveva con lei, sua
nipote che aveva appena conosciuto e che già aveva tradito
le sue aspettative.
«Che cosa
diavolo era tutto quello?» Lucinda indicò la porta
con un gesto della mano. «Che
cosa speravi di ottenere così facendo?»
Allie non
riuscì a rispondere. In una situazione normale avrebbe avuto
la risposta
pronta, ma non ora, non con sua nonna così delusa e ferita
da lei. Lucinda
continuò: «Ti ho invitata qui non solo
perché Isabelle mi ha pregato di farlo,
ma anche perché volevo conoscerti. Volevo capire se eri
pronta a districarti in
questo ambiente, ma tutto quello che ho visto è stato un
ragazzina che si fa
trascinare dalle idee bizzarre e ridicole da una persona socialmente
problematica». Ok, no. Poteva dire di tutto, poteva sfogarsi
come voleva,
urlare perfino, ma non dire una cosa del genere su Ashley.
«Non è stata
tutta colpa sua, ok? E’ stata anche una mia idea, pensavamo
che sarebbe stato
divertente».
«Divertente?
Non è stato divertente, ma imbarazzante! Pensi che mettermi
in ridicolo di
fronte all’intero Consiglio, metà del quale
favorisce Nathaniel, sia stata
davvero una buona idea?» Lucinda era fuori di sé.
«Probabilmente
no», ammise infine Allie. «Ma se sai chi sono
queste persone, allora perché non
ci aiuti a trovare la spia di Nathaniel? O forse non ti interessa la
scuola?»
«Non è così
semplice. Tu non hai idea di che cosa c’è in
ballo». Lucinda liquidò la
questione con un semplice gesto della mano, come se Allie fosse una
bambina
piccola non ancora pronta a gestire le “cose da
grandi”. Sicuramente lo pensava
davvero. E fu proprio quello a fare incazzare Allie ancora di
più.
«Allora,
dimmelo tu! Nessuno mi dice niente. Tu, Isabelle, mia madre, nessuna di
voi si
è degnata di dirmi come stavano le cose
dall’inizio. Christopher se n’è andato
e io non avevo idea del perché. Avrebbe potuto essere morto!
Ma voi sapevate
tutto e non avete detto niente! Tu non hai idea di quello che ho
passato, ed
Ashley è forse l’unica che mi capisce davvero,
perché anche lei ha perso
qualcuno di importante».
«Non ti
abbiamo tenuto all’oscuro per farti un torno, Allie, ma per
proteggerti! Così
come proteggiamo Ashley, nonostante tutto. Voi ragazze pensate che
tenere
alcune cose segrete sia mentire, ma non vi rendete conto che lo
facciamo per
non ferirvi ulteriormente».
«No,
nasconderci le cose e non fidarsi di noi vuol dire ferirci»,
Allie sputò fuori
quella parole. Non ne poteva più di segreti e di gente che
alterava la realtà,
senza dire come stavano davvero le cose. Poi, pensò alle
parole di sua nonna e
si ritrovò a chiedere: «Da cosa state proteggendo
Ashley?»
«Dalla
verità, mia cara», il suo sguardo era diventato,
se possibile, più comprensivo.
«Quale
verità?»
Lucinda
sembrò perdere la pazienza: «Pensi che per Ashley
sarebbe un bene sapere che i
suoi genitori sono stati assassinati?»
«Che cosa?
Pensavo fossero morti in un incidente», esclamò la
ragazza sotto shock.
«E’ ciò che
le abbiamo fatto credere». Lucinda si bloccò di
colpo e Allie si girò di
scatto. Ferma sulla porta, con una mano ancora sulla maniglia,
c’era Ashley con
un’espressione imperscrutabile sul volto, ma con un luccichio
negli occhi.
*
Ashley
si
allontanò di corsa. La sua mano, semplicemente,
scivolò via dalla maniglia con
leggerezza e lei dovette concentrarsi sul mettere un piede davanti
all’altro,
senza cedere ai sentimenti. Spalancò la porta
d’ingresso e fu investita da una
folata di aria gelida, mentre con passo affrettato cercava di scendere
i
gradini senza rotolare giù. Una voce alle sue spalle
chiamava insistentemente
il suo nome e, nonostante il rumore della festa, Ashley
riuscì a cogliere
l’inconfondibile voce della preside. Si girò di
scatto per affrontare Isabelle.
Com’era possibile che gliel’avesse tenuto nascosto?
Le aveva mentito per tutta
la sua vita, le aveva fatto credere che i suoi genitori erano morti in
un
incidente d’auto, quando erano stati brutalmente assassinati.
Proprio lei, che
era loro amica, come aveva potuto fargli questo, denigrando la loro
memoria? Come
aveva potuto farlo a lei?!
«Perché
non
me l’hai detto?» La sua voce si levò
nella notte, sebbene avesse la mascella
serrata per la rabbia.
«Detto cosa?»
Isabelle sembrava stupita per la sua reazione. Evidentemente si era
persa la
scena di poco prima.
«Non fare la
finta tonta con me, voglio la verità».
«Ashley, non
so di cosa stai parlando», il tono della preside era
rassicurante come sempre.
Ashley, a volte, trovava irritante il modo in cui cercasse sempre di
calmare
gli altri con i suoi modi gentili e sicuri di sé. Fu
ciò che la mandò fuori dai
gangheri, che la spinse a sputare fuori quelle parole con astio:
«I miei
genitori sono stati uccisi e tu me l’hai tenuto nascosto per
anni!», urlò.
Riuscì a
scorgere il viso di Isabelle che sbiancava, nella luce smorzata
proveniente
dalla porta d’ingresso semi-aperta.
La preside
sembrava scioccata, fece un respiro profondo e poi chiese, la voce
ridotta a un
sussurro: «Come fai a saperlo?»
«L’ha saputo
da me. Ha sentito mentre ne parlavo con Allie», la voce di
Lucinda risuonò alle
spalle di Isabelle, che si girò a guardarla con aria
stupefatta. Di certo, non
pensava che l’avrebbe detto a sua nipote. Non era
ciò che Isabelle aveva
programmato; già, perché lei programmava sempre
tutto. Costruiva le loro vite e
poi ne tirava le fila da dietro, era ciò che aveva fatto con
lei ed era anche
il preciso motivo per cui Ashley cercava sempre di ribellarsi.
«Voglio
sapere come sono stati uccisi e perché non me
l’hai detto! Io mi fidavo di te!»
Ashley riportò l’attenzione su di sé,
mentre anche Allie compariva da dietro la
porta, con un’espressione confusa e scioccata sul viso.
«Non te l’ho
detto perché volevo proteggerti», Isabelle
sembrò all’improvviso più vecchia di
quel che era, la stanchezza dei giorni e mesi precedenti
tornò a farsi vedere.
«Non
rifilarmi le stesse stronzate che dici agli altri! Io non sono
Allie!», sbraitò
la ragazza, pur consapevole della presenza della sua compagna. Ma ora
non
importava, ciò che contava in quel momento era quello che
aveva appena
scoperto. I suoi genitori erano stati uccisi.
Da chi? Chi poteva volerli morti
e perché?
Per colpa di Lucinda? Probabile.
D’altra parte,
Isabelle le aveva sempre detto che i suoi genitori era fervidi
sostenitori di
Lucinda, del consiglio, della Cimmeria. Tutto ciò di cui
Nathaniel voleva
impossessarsi e poi, chissà, forse distruggere, forse
migliorare.
All’improvviso le venne in mente chi poteva essere stato.
Sebbene tutti
dicevano che non agiva in quel modo, Ashley non si era mai fidata di
lui. Ma
non aveva prove, doveva chiedere a Isabelle di confermare i suoi dubbi,
lei lo sapeva.
«Voglio
sapere chi è stato», la sua voce non era mai stata
ferma come allora, mai così
sicura e intransigente.
Isabelle
scosse la testa debolmente e piegò leggermente il capo di
lato, mentre con voce
supplichevole pronunciava il suo nome: «Ashley..»
«Dimmi il
suo nome!»
Il volto
della preside cambiò; ora sembrava pervaso dal dolore ed
Ashley capì che ci
aveva visto giusto, che aveva indovinato il colpevole
dell’omicidio dei suoi
genitori. Tutto divenne chiaro quando Isabelle pronunciò
piano il suo nome: «Nathaniel».
Tutto divenne realtà. Tutto, finì in quel momento.
*
Freddo.
Ashley aveva freddo. Forse girarsi e scappare via, senza nemmeno
prendere la
giacca in una serata di fine dicembre, non era stata una decisione
saggia. Ma
in quel momento, la maledetta giacca non era stata il suo pensiero
principale.
Dopo quella rivelazione, aveva fissato Isabelle dritto negli occhi e
poi, senza
dire niente, si era allontanata senza guardarsi mai indietro. Nessuno
aveva osato
seguirla ed era meglio così, avrebbe solo peggiorato la
situazione. Non si era
fermata finché non aveva raggiunto il limitare
dell’enorme giardino di Lucinda,
dove una lunghissima siepe serpeggiava tutt’intorno. Sapeva
che, lì da qualche
parte, c’era una stradina che conduceva a un gazebo nascosto
in mezzo agli
alberi. S’incamminò sul viottolo coperto di neve,
nonostante i tacchi alti
glielo rendessero complicato, ma non le importava. Niente di tutto
ciò che la
circondava importava più. Rallentò e, infine, si
fermò quando vide il gazebo
bianco innalzarsi nel bel mezzo di una radura. Durante la sua
permanenza dell’estate
precedente nella villa di Lucinda, quello era stato il suo posto
preferito. Quello
in cui veniva a rifugiarsi e a nascondersi quando aveva troppi pensieri
nella
mente. Nascondersi. No, Ashley non l’avrebbe mai ammesso. Non
era una di quelle
che fuggivano dalla realtà e si nascondevano
nell’illusione piuttosto che
affrontarla. Si guardò intorno e notò
l’edera che si arrampicava elegantemente
intorno alle colonnine del gazebo, era ciò che aveva
ispirato il suo tatuaggio,
perché le ricordava quel ragazzo.
Quello era il luogo in cui erano soliti incontrarsi, l’unico
posto in cui
sapevano che nessuno sarebbe venuto a disturbarli, in cui non li
avrebbero mai
scoperti. Camminare le aveva fatto bene, le aveva fatto smaltire un
po’ della
rabbia che stava esplodendo dentro di lei; ma ora, il gelo a cui prima
era
insensibile, si stava insinuando dentro di lei, facendo tremare in modo
convulso. Sbloccò la mente e permise ai pensieri di
affollarsi, come spesso
faceva quando non era lucida e doveva ragionare su qualcosa di
importante. Si
prendeva un attimo di pausa per liberarsi delle emozioni e poi
esaminava tutto
con fredda determinazione.
Nathaniel
aveva ucciso i suoi genitori? Non c’era bisogno che si
chiedesse perché, voleva
sbarazzarsi di loro perché stavano dalla parte di Lucinda.
Era così che agiva
il nobile Nathaniel? Quanti altri avevano già fatto la
stessa fine? Quanti
altri ce ne sarebbero stati prima che qualcuno mettesse un freno a
Gabe? Degli
innocenti ci stavano andando di mezzo e ad Ashley non piaceva per
niente.
Porca
puttana!
Perché
diavolo Isabelle si teneva sempre tutto per sé e non diceva
mai niente? Lei non
era una normale studentessa, era come una figlia. Perché non
si era fidata di
lei e non le aveva raccontato ogni cosa?
Per proteggermi? Stronzate!
Era la scusa
del cazzo che la preside rifilava sempre a tutti, ma sapeva benissimo
che
Ashley sapeva proteggersi da sola meglio di chiunque altro. Allora perché?
Stava ancora
riflettendo, quando udì una voce alle sue spalle:
«Starai congelando». Era una
semplice osservazione, non una domanda, non un suggerimento, una
costatazione.
Conosceva dannatamente bene quella voce e non si stupì di
sentirla, dopotutto
era stata lei a invitarlo lì, quella sera.
Ashley si
girò a guardarlo, nell’esatto istante in cui
Christopher si tolse la giacca del
completo e gliela offrì. Diversamente da Gabe, sotto portava
un paio di blue jeans,
una camicia bianca e una cravatta che ciondolava nel vento freddo. Ora
doveva
essere lui a congelare. Poté constatare con sollievo che, a
differenza del
compagno, non si era rasato la testa. I suoi morbidi riccioli scuri
erano
ancora scompigliati al loro posto, esattamente come Ashley li
ricordava, con
quei profondi occhi grigi che la osservavano e coglievano ogni
dettaglio. Un
sorriso le increspò le labbra per la prima volta, dopo
quelli che sembravano
secoli, e si avvicinò a lui. Gli posò le mani sul
viso e lo baciò sulla bocca,
mentre lui le posava la giacca sulle spalle nude. Un bacio lunghissimo,
appassionato. Christopher la strinse a sé ed Ashley si
lasciò cullare dalle sue
braccia forti e muscolose, l’unico posto in cui si sentisse
al sicuro era
accanto a lui, stretta nel suo abbraccio.
«Oh Dio, mi
sei mancata così tanto», sussurrò il
ragazzo, con il viso premuto sul suo collo
nudo. Cominciò a baciarle dolcemente quella porzione di
pelle, mentre il suo
profumo gli riempiva le narici. Christopher si allontanò e
la guardò sorpreso: «Che
hai fatto ai capelli?», chiese scostando con una mano i
ciuffi azzurri dalla
sua fronte.
Ashley
scrollò brevemente le spalle: «Avevo voglia di
cambiamento? Si dice che non ci
sia niente di meglio di un nuovo taglio di capelli per tirarsi su di
morale».
Il ragazzo
la osservò attentamente, le scoccò un bacio
tenero sulla guancia e poi disse: «Posso
tirarti su io di morale. Che succede?»
La ragazza
fece un breve sospiro. Prese uno dei riccioli di Christopher e se lo
arrotolò
piano intorno al dito. «Beh, dopo quello che ho scoperto
stanotte, direi che ne
ho estremamente bisogno». Evitò il suo sguardo e
lui probabilmente se ne
accorse, perché domandò: «Cosa
c’è? Cos’hai scoperto?»
«Hai
presente i miei genitori morti in un incidente d’auto? Beh,
sono tutte
stronzate perché sono stati uccisi»,
srotolò il ciuffo di capelli dal dito,
nello stesso momento in cui la sua voce s’incrinò
debolmente.
«Che cosa?!»
Christopher era incredulo. L’afferrò per le spalle
e la strinse a sé. «Oh mio
Dio, è orribile», le sussurrò
all’orecchio. Ashley abbandonò la testa contro la
sua spalla e quando lui le chiese chi era stato, chiuse gli occhi. Non
era
sicura di volerglielo dire, sapeva come sarebbe finita se
gliel’avesse detto,
avrebbero finito per litigare per l’ennesima volta.
Quell’argomento con
Christopher non si poteva toccare, andava su tutto le furie. Eppure
capì che
doveva dirglielo, perché se non l’avesse fatto
sarebbe stato peggio: per lui, che
si sarebbe infuriato ancora di più, se
gliel’avesse tenuto nascosto, e per lei,
perché non aveva altri con cui parlarne. E poi,
perché lei non era come
Isabelle, lei le cose importanti non aveva paura di rivelarle in faccia
alle
persone. Trattenne il respiro e bisbigliò
«E’ stato Nathaniel».
Christopher
l’allontanò di scatto da sé:
«Che cosa?! No, impossibile», scosse la testa
vigorosamente. E ti pareva.
«Chris, me
l’ha detto Isabelle», la ragazza si
concentrò sul cespuglio basso, che cresceva
poco distante, per evitare i suoi occhi.
«Nathaniel
non fa queste cose, Ash». Il tono di Christopher era sicuro
di sé. Ashley
considerava quasi morbosa la fiducia che riponeva nel suo mentore, ma
allo
stesso tempo molto leale. Lei non l’aveva mai fatto con
Isabelle. Non erano
esattamente in questi rapporti.
«Come fai a
esserne tanto sicuro? Dopotutto quello che ha fatto Gabe, Nathaniel ha
mai
mosso un dito per fermarlo?»
«E tu come
fai a fidarti ancora di quella donna? Ha mentito su un sacco di cose,
chi ti
dice che non l’ha fatto anche stavolta?»
I loro toni
di voce non erano più dolci e amorevoli, era fermi e decisi,
ognuno ferrato
sulle sue convinzioni e pronto a difenderle. Si guardarono negli occhi
senza
dire più niente, un silenzio insostenibile cadde tra di
loro. Finiva sempre
così, ormai litigavano ogni volta per le stesse cose.
Capita, quando appartieni
a fazioni diverse e c’è una guerra in corso.
Christopher
scrollò il capo e si passò una mano sulla fronte,
come per cacciare un mal di
testa. «Ti rendi conto che litighiamo sempre sulle stesse
cose?»
Un sorriso
triste comparve sul volto della ragazza. «Chissà
perché. Forse perché siamo in
una situazione un po’ di merda?»,
ironizzò.
«Solo un
po’?» Il ragazzo le accarezzò dolcemente
una guancia con due dita. Appoggiò la
fronte contro la sua e mormorò: «Senti Ashley, mi
dispiace di essere così
scontroso, ma non mi piace quando viene messo in discussione quello in
cui
credo. Sei assolutamente certa che sia stato lui?» Ed eccoci
di nuovo qui.
Ci risiamo,
pensò Ashley.
«No,
e tu
sei assolutamente sicuro che lui sia innocente?» La ragazza
lo fissò dritto
negli occhi e attese con ansia, temendo che sarebbe di nuovo scoppiato
un
litigio. Ma Christopher dopo un momento affermò:
«No, non lo sono». Capì che
gli costava una fatica immensa ammetterlo, ma era già
qualcosa.
«Ok, senti,
credo che dovremmo indagare. Tu buttala lì con Nathaniel, io
cercherò di
parlare con Isabelle».
Il ragazzo
annuì e, dopo un momento, le sollevò il viso e
con gentilezza chiese: «Stai
bene?»
Ashley
sospirò e ci rifletté un attimo:
«Sì, credo di sì». Con gli
anni aveva imparato
a crescere senza i suoi genitori, ad accettare il fatto che non li
avrebbe mai
conosciuti. Ciò che non andava bene era la questione con
Isabelle. Non aveva
idea di come avrebbe fatto ad affrontarla, né era sicura che
l’avrebbe
perdonata.
Si
riconcentrò su Christopher, che stava dicendo: «Mi
dispiace tanto che tu debba passare
tutto questo. E spero davvero che Isabelle e Lucinda si
sbaglino». La ragazza
annuì, anche se dubitava fortemente che si sbagliassero su
una cosa simile.
Nathaniel non le era mai andato a genio e il fatto che il suo fidanzato
pensasse tutto il contrario, non migliorava le cose tra di loro.
«Ora devo
andare, ma ci sentiamo presto». La ragazza annuì
ancora, poi si strinsero in un
forte abbraccio e si scambiarono un lungo bacio a stampo. Ashley gli
porse la
giacca e lui se la rimise, consigliandole di tornare dentro o sarebbe
morta dal
freddo. Ashley, però, rimase lì sul vialetto, con
le braccia strette intorno a sé
per proteggersi dalla ventata di gelo che le faceva dondolare la coda
di
cavallo blu, a guardare la schiena di Christopher sparire nel folto del
bosco. Era
un’immagine che le mise una tristezza infinita e che la
indusse a domandarsi,
con timore e un po’ di nostalgia, quando si sarebbero potuti
rivedere.
To
be continued...
Attention, please!
Ok,
ho due cose da dirvi. La prima è che non ho idea di come si
comporti Lucinda, dato che nel primo romanzo l'accennano appena e nel
secondo compare una volta sola, quindi in futuro, dopo l'uscita degli
altri libri, se si rivelasse un po' troppo OOC, perdonatemi! Per
descriverla, mi sono in qualche modo ispirata a Meryl Streep in "Il
diavolo veste Prada". Lucinda mi fa troppo venire in mente Miranda
Priestly! XD
La seconda cosa riguarda Christopher. Nel secondo libro, sia lui che
Gabe hanno i capelli cortissimi, ma sebbene io abbia fatto Gabe rasato,
non ho avuto il cuore di conciare così anche Chris. Mi
sembra di ricordare che non sia nemmeno riccio, ma ho voluto provare
perchè ce lo vedo troppo bene così. XD Lui me lo
immagino alla Tom Riddle in Harry Potter 2, non so se mi spiego! :)
Lasciate un commento se
volete, spero vi sia piaciuto.
A presto, Elis.
Il resto delle vacanze di Natale passò
in un batter d’occhio. Le lezioni ricominciarono e gli
studenti tornarono ad affollare i corridoi e la biblioteca fino a sera
tardi, sommersi dal carico di lavoro che gli insegnanti non
risparmiavano mai di assegnargli. Non ci furono progressi nel trovare
la spia di Nathaniel e le lezioni della Night School procedevano
regolarmente. Nessuna notizia da Gabe, né da Christopher.
Ashley, ogni tanto, controllava il cellulare nella speranza di trovare
un nuovo messaggio, dopodiché scuoteva la testa sconsolata,
riponendo il telefono invano. Nessun chiarimento neppure da Isabelle.
La notte di Natale, durante il tragitto per rientrare alla Cimmeria,
nessuno aveva aperto bocca. Né Ashley, né
Isabelle e nemmeno Allie, mentre Matthew spostava lo sguardo
incuriosito dall’una alle altre. Ashley aveva promesso a
Christopher che avrebbe cercato più informazioni, ma non era
pronta ad affrontare l’argomento con la preside e non aveva
la più pallida idea di cosa poterle dire, senza rischiare di
strangolarla con le sue stesse mani. Si sentiva ferita. Tradita da
Isabelle, nella quale aveva riposto una fiducia cieca. Non avrebbe mai
creduto che proprio lei, tra tutti, le avrebbe nascosto una cosa del
genere. Era l’unica persona di cui Ashley poteva fidarsi al
cento per cento, era sempre stato così e lei considerava
Isabelle come la madre che non aveva mai avuto. Ma ora non era
più sicura di niente, perché le aveva mentito per
tempo immemorabile sull’unica cosa che non poteva perdonarle.
I suoi genitori erano stati uccisi da Nathaniel e lei non
gliel’aveva detto. Cazzo, aveva fatto finta di niente per
anni e anni. Ashley non sapeva cosa pensare, né come avrebbe
dovuto comportarsi d’ora in avanti e il malumore che si
trascinava dietro da giorni a causa dell’assenza di
Christopher, non migliorò le cose. Senza neanche
accorgersene ricominciò, per l’ennesima volta, a
sfidare la preside infrangendo una regola dietro l’altra,
fregandosene altamente. Saliva sul tetto a fumare nel bel mezzo della
notte, saltava le lezioni di letteratura inglese per non dover
sottostare allo sguardo di Isabelle e incrociare i suoi occhi, andava
in mensa dopo l’orario di punta per evitare Allie e qualsiasi
domanda da parte sua, faceva lunghe passeggiate nel bosco o si
rinchiudeva in camera a giocare al computer, dimenticando ogni contatto
con i suoi compagni. Di conseguenza, si sentiva più sola che
mai.
*
Quando
Allie entrò nell’aula di Isabelle per la lezione
di inglese, era così persa nei suoi pensieri che non vide
Sylvain fermo sulla porta e ci andò a sbattere contro. Il
ragazzo si girò e si guardò intorno, quando la
vide, s’irrigidì leggermente. «Hey,
Allie. Tutto bene?»
«Sylvain», esclamò sorpresa.
«Tutto ok, almeno credo. Tu stai bene?», chiese
Allie preoccupata.
«La dottoressa ha detto che posso seguire le lezioni, ma sono
bandito dalle esercitazioni della Night School. Isabelle ha minacciato
di legarmi al letto se mi presento agli allenamenti». Sylvain
assunse una finta aria solenne e, quando vide che Allie non rideva,
sorrise avvertendo una fitta alle costole. «Ouch».
«Sei sicuro di stare bene?», domandò
Allie, osservandolo con apprensione.
Ma Sylvain scosse brevemente la testa e si portò una mano al
petto: «Sì,ma
belle, ma credo sia meglio che io vada a sedermi».
Allie annuì, ma quando vide che il ragazzo non si mosse, lo
guardò interrogativamente. I suoi occhi blu sembravano due
pozzi d’acqua e Allie per un attimo si perse in quella
profondità, ma le parole di Sylvain la riscossero.
«Hai detto “almeno credo di stare bene”,
qualcosa non va? Se vuoi parlarne, io sono qui». Il ragazzo
inclinò la testa e la fissò dritta negli occhi,
come se cercasse di estorcerle informazioni leggendole nel pensiero.
Allie si guardò intorno per assicurarsi che nessuno
ascoltasse e poi disse: «E’ che Ashley si comporta
in modo strano. Dopo il ballo di Lucinda, è sparita nel
nulla ed io non so cosa fare per aiutarla. Credo che mi stia evitando,
voglio solo sapere se sta bene». Sylvain emise un lungo
sospiro. Isabelle gliene aveva parlato, Ashley stava tornando al lato
oscuro dei vecchi tempi. Si trattenne dall’alzare gli occhi
al cielo, ma quando parlò il suo tono di voce era calmo e
rassicurante: «Non devi preoccuparti per lei, Allie. Ashley
non è stupida, sa quello che fa. E’ tornata nel
suo periodo di ribellione, ma stai tranquilla, ci penso io a
lei».
«Sei sicuro di non volere una mano?»
Sylvain annuì. «Ti prometto che le
parlerò e la farò tornare in
sé». Allie, però, non era sicura che
sarebbe stata una cosa facile. Dalla notte di Natale, dopo quello che
aveva scoperto sui suoi genitori, Ashley aveva cominciato ad evitarla.
Allie aveva provato più volte ad andare a parlarle, ma ogni
volta che si avvicinava, la ragazza cambiava strada e spariva nel
nulla. Non l’aveva più sentita da allora e non
capiva perché diavolo ce l’avesse tanto con lei.
In fondo, non aveva fatto niente. Non era colpa sua se Lucinda avesse
deciso di rivelarglielo proprio mentre lei ascoltava, né
tanto meno poteva fare qualcosa per sistemare le cose con Isabelle.
Allie era irritata dal comportamento della preside, non capiva
perché mentisse a tutti.Sì,
per proteggerci, sarebbe stata la sua risposta. Forse,
ciò che Isabelle e Lucinda non avevano preso in
considerazione, era che loro non avevano bisogno di essere protette
dalla verità. E’ vero, la verità poteva
ferire le persone più di un attacco fisico diretto, ma
mentire non era la scelta giusta da fare. Era più semplice
così, ma anche più scorretto. Faceva perdere la
fiducia negli altri, proprio quando avevano bisogno di stare uniti per
combattere Nathaniel. Allie non capiva come avrebbero potuto affrontare
questa guerra senza nemmeno sapere cosa stava accadendo intorno a loro.
Pensava che Ashley avesse tutto il diritto di sapere la
verità sulla morte dei suoi genitori e la preside, ormai,
non poteva più nasconderglielo.
E’ giusto che Ashley
sia arrabbiata con Isabelle, ma non con me!
Era
più di una settimana che non le rivolgeva la parola e, come
Allie decise in quel momento, se il piano di Sylvain non avrebbe
funzionato, sarebbe andata a parlarle di nuovo e questa volta
l’avrebbe costretta ad ascoltarla. Avrebbe sistemato le cose
da sola. Allie fece un cenno affermativo in segno di
risposta e precedette Sylvain, entrando in classe e sedendosi a uno dei
tanti banchi disposti a mezzaluna. Poco dopo, Carter fece il suo
ingresso nell’aula e sprofondò sulla sedia accanto
a lei, rivolgendole un sorriso caloroso. Allie, in tutta risposta,
assunse un’espressione beata e, mentre Isabelle cominciava la
lezione recitando antiche poesie d’amore, la sua mente non
poté fare a meno di perdersi nel ricordo di lei e Carter
nella notte di Capodanno.
*Inizio Flashback*
Because
of you - Kelly Clarkson
Allie aveva organizzato tutto per bene. Dopo i festeggiamenti per
l’anno nuovo, aveva rifiutato l’invito di Rachel e
Jo di unirsi a loro a guardare un film horror, per salutare i vecchi
spiriti e dare il benvenuto a quelli nuovi, o almeno era ciò
che Zoe andava affermando. Allie cominciò a pensare che la
sua partner avesse delle convinzioni abbastanza bizzarre. Per un
attimo, temette che il suo piano sarebbe stato sventato, quando Carter
si offrì di accompagnarla in stanza e propose dei piacevoli
passatempi, che però non si avvicinavano neanche a
ciò che lei aveva in mente. Riuscì comunque a
liberarsi del ragazzo, fingendo di essere stanca e sostenendo che
sarebbe andata a letto a dormire. Invece, sgattaiolò nel
dormitorio maschile e s’infilò in fretta nella
camera di Carter, prima che qualcuno potesse beccarla.
Preparò tutto con cura e, una volta finito, non avrebbe
dovuto fare altro che aspettare il ritorno del ragazzo. Carter non si
fece attendere a lungo e quando la maniglia si abbassò e lui
entrò nella sua stanza, rimase di stucco. Non si poteva
certo incolparlo per essersi inchiodato sulla porta. Allie, infatti,
giaceva sul suo letto circondata da profumati petali di rosa, sparsi un
po’ ovunque sul pavimento. Delle candele erano state
sistemate sulla scrivania e sulle mensole, e il bagliore fioco che
emettevano davano un’aura sinistra e romantica, al tempo
stesso, alla stanza.
«Sorpresa!», esclamò la ragazza ridendo.
Carter scoppiò in una risata contagiosa.
«Oddio, è fantastico! Tu sei
fantastica». Il ragazzo si avvicinò e si sedette
sul letto accanto a lei, stringendola tra le braccia dolcemente e
scoccandole poi un bacio sulla bocca. «A cosa devo
l’onore?»
«Ti avevo detto che mi serviva tempo per finire il tuo
regalo. In realtà stavo aspettando un giorno speciale, e
cosa c’è di meglio dell’ultimo
dell’anno? Volevo celebrare la fine di quest’anno
schifoso e l’inizio di uno migliore, insieme a te. Questo
è il mio regalo di Natale».
«Oh Allie, non so cosa dire», replicò il
ragazzo guardandosi intorno con incredulità e amore; amore
per quella ragazza che aveva fatto di tutto per adornare la stanza per
un’occasione speciale come quella.
«Non devi dire niente, non c’è bisogno
di parlare», esclamò Allie con aria maliziosa,
«possiamo fare un po’ di questo, un po’
di quello, anche senza parlare». Gli passò
gentilmente una mano sui capelli, tirandogli piano un ciuffetto.
Carter assunse una finta espressione sconvolta: «Mi stai
dicendo che hai organizzato tutto questo per una notte di sesso
sfrenato?»
«Non l’ho mai detto, ma neanche lo nego! Non
è necessario che sia sfrenato, potrebbe anche essere dolce e
tenero e amorevole e…», ma il ragazzo la
interruppe: «Ok, ok, ho capito. Penso che tu sia un genio e
quest’idea mi piacee». Carter si avventò
su di lei ridendo. Si sdraiò al suo fianco sul materasso e
ricominciò a baciarla, prima dolcemente, lentamente, baci
leggeri e delicati, le labbra che si sfioravano tra di loro. Poi,
sempre più a fondo, con passione, baci sempre più
veloci e voraci, come se non si vedessero da anni, come se fossero
disperati. Carter si spostò e si mise a cavalcioni sopra di
lei, le mani strette intorno ai suoi polsi, disposti sopra la sua
testa. La sua lingua premette contro i denti di Allie, che socchiuse la
bocca permettendo al ragazzo di esplorarla. Le loro lingue
s’incontrarono a metà strada, accarezzandosi a
vicenda dolcemente, sempre più a fondo, sempre
più veloci, mentre la passione dentro di loro cominciava ad
accendersi, facendo infuocare i loro corpi di desiderio. Con uno sforzo
immenso, Carter si staccò da lei per riprendere fiato.
Rimasero a guardarsi, ansimando, gli occhi dell’uno fissi in
quelli dell’altra, nero dentro grigio, persi in un mondo
tutto loro come se la realtà circostante fosse sparita dallo
sfondo. C’erano solo loro in quel momento, Allie e Carter, il
loro amore, la loro storia, non importava nient’altro. E
Allie capì in quell’istante, che non le
interessava il modo in cui Sylvain la osservava con i suoi splendidi
occhi azzurri, non le fregava niente se la sua pelle profumava di
ginepro, ciò che importava davvero era lì davanti
a lei, o meglio sopra di lei. Era Carter quello che amava, quello che
voleva al suo fianco, quello che la rendeva felice e, sempre lui,
quello con cui stava per fare l’amore per la prima volta. Non
contava nient’altro e nessun altro.
Carter si avvicinò di nuovo e cominciò ad
sfiorarle il collo con le sue labbra, lasciandole piccoli baci
sensuali, scendendo sempre più giù. Con una mano
slacciava i bottoni della sua camicetta, mentre l’altra
s’insinuava sotto la gonna, accarezzandole le cosce con
deliberata e sensuale calma, facendole ribollire la pelle sotto al suo
tocco. Allie ansimò di piacere e dovette fare uno sforzo per
concentrarsi sulla sua cravatta, allentargli il nodo e poi sfilargliela
dalla testa. Carter slacciò un bottone dietro
l’altro, accompagnandole ciascuno con caldi e umidi baci.
Quando arrivò a dividere anche l’ultimo dalla sua
asola, Allie si alzò sui gomiti e il ragazzo le fece
scivolare la camicetta lungo le spalle, poi le braccia con una
piacevole lentezza carica di attesa. Finalmente, lanciò
l’indumento da qualche parte nella stanza e rimase a guardare
il suo reggiseno nero di pizzo con malcelata ammirazione. Poi,
afferrò il colletto della sua camicia e se la
sfilò in fretta dall’alto, liberandosi anche di
quella, buttandola a terra. Carter indietreggiò fino ad
arrivare ai piedi del letto, ed Allie rimase a guardarlo con la testa
piegata di lato, mentre le sollevava un piede e cominciava a far
scorrere la cerniera dei suoi Doc Martens, lanciandole nel contempo
occhiatine ben poco innocenti. Il ragazzo le tolse lo stivale bordeaux
e lo poggiò sul pavimento, per poi afferrare
l’altro e lasciarlo cadere con voluta enfasi. Le rivolse un
sorriso dolce e indecente al tempo stesso e, con
l’agilità di un felino, si arrampicò
poi sopra di lei, tornando a baciarla sulla bocca, come se quel
contatto gli fosse mancato. Allie rovesciò la testa
all’indietro e lasciò che Carter la soffocasse nei
suoi baci disperati e passionali. Infine, si staccò di nuovo
da lei e cercò l’apertura della sua gonna
tastandole la vita, mentre Allie gli afferrava la cintura e cominciava
a slacciarla lentamente, facendo scorrere il suo sguardo sul petto nudo
del ragazzo, inebriandosi di quella visione scolpita e dannatamente
bella. La curva delle spalle di Carter sembrava una linea dura che lo
faceva sembrare più grande, più adulto di quello
che era, ma Allie sapeva che quella pelle, sotto il suo tocco, era
morbida come quella di un bambino. Tornò a concentrarsi sui
suoi pantaloni, liberando il bottone dall’asola e tirando
giù la zip, nello stesso istante in cui Carter
rinunciò a cercare la cerniera della gonna e con uno
strattone gliela levò di dosso. Allie gli lanciò
un’occhiataccia poco convinta e lui alzò le spalle
in segno di scusa. Si sollevò poi sulle ginocchia e
lottò con non pochi sforzi per uscire dai pantaloni della
divisa, mentre Allie si godeva lo spettacolo ridacchiando. Dopo che,
finalmente, si fu scrollato di dosso anche quelli, Carter le
afferrò la vita e la trascinò verso il basso con
un sorriso scherzoso sulle labbra, parandosi la faccia dalla cuscinata
che Allie gli aveva tirato. Il cuscino ricadde pesantemente alle loro
spalle, ma nessuno dei due ci fece caso. Allie gli mise una mano dietro
il collo e lo attirò a sé, stringendogli le
spalle e affondando le dita in quella pelle che emanava un piacevole e
delicato aroma di caffè e spezie. Carter la baciò
di nuovo con dolcezza, scoccandole caldi baci su tutto il viso: prima
sulla fronte, poi sugli occhi, sulle guance, per poi strusciare il naso
contro quello della ragazza, tornando a dedicarsi alla sua bocca,
mentre le sue mani scorrevano su e giù sul corpo magro della
ragazza, scivolando sulla pelle vellutata. Si liberarono, infine, anche
degli ultimi intimi indumenti e Allie ricordò
l’espressione che Carter le aveva rivolto.
«Sei sicura di volerlo fare?», chiese guardandola
dritto negli occhi. Allie annuì senza interrompere quel
contatto e sussurrò: «Ormai siamo qui, non ha
senso tirarsi indietro». Il ragazzo sorrise sollevato per
aver ottenuto il consenso e bisbigliò al suo orecchio:
«Farò più piano che posso».
Poi, cercando di non farle male, con quanta più calma e
delicatezza possedeva, Carter si sollevò di poco da lei e
con deliberata lentezza…
Isabelle schioccò le dita seccata e la riportò
alla realtà. Le lanciò un’imbarazzante
occhiataccia del tipo “so a cosa stai pensando” e
la invitò di nuovo a leggere la strofa successiva. Allie si
alzò in piedi di malavoglia, sperando che le sue guance non
fossero troppo rosse, più per i suoi sconci dolci ricordi
che per l’imbarazzo, e cominciò a recitare i versi
della poesia, sperando che quell’interminabile ora finisse in
fretta.
*Fine Flashback*
*
Ashley
si era rotta di tutta quella situazione. Aveva passato giorni a
rimuginare e a evitare gli altri. Sentiva la mancanza di Christopher,
ma più di ogni cosa voleva tornare a parlare con Allie, a
pianificare diaboliche strategie o, semplicemente, a condividere sane
chiacchiere e vita quotidiana. Così, decise che era ora di
farle qualcosa, di prendere in mano le redini del gioco. Fu
ciò che, quel pomeriggio, la spinse a bussare alla porta
dell’ufficio della preside e a varcare la soglia senza
nemmeno essere stata invitata.
«Voglio la verità, voglio sapere tutto
quanto», annunciò.
Isabelle le rivolse in principio un’occhiata sorpresa, ma
subito la rassegnazione prese il suo posto e, con un gesto della mano,
indicò la poltrona in pelle davanti alla sua scrivania.
Ashley esitò, ma quando vide che Isabelle la fissava senza
accennare a muoversi o ad aprire bocca, si avvicinò e
sprofondò nella comoda sedia. Prima di rispondere, Isabelle
mise da parte quello che stava leggendo e si portò gli
occhiali sulla testa. «Ashley, prima di tutto voglio che tu
sappia che mi dispiace di avertelo tenuto nascosto». Quando
però la ragazza sbuffò annoiata, la preside
assunse un’aria più severa; si chinò
sulla scrivania verso di lei ed esclamò:
«Ascoltami». Il suo tono deciso costrinse Ashley ad
alzare lo sguardo e a guardarla negli occhi, prestandole attenzione.
«Ho cercato di crescerti al meglio, dandoti tutto quello che
potevo per farti stare bene e al tempo stesso ti ho tenuto al sicuro
dai pericoli».
Ashley fece una smorfia e mormorò: «Oh,
andiamo!» Ma la preside la interruppe bruscamente:
«Non ho finito. Se vuoi sapere tutta la storia, devi
lasciarmi parlare, senza interrompermi continuamente con i tuoi
commenti sarcastici». Ora sembrava arrabbiata e Ashley odiava
dover ubbidire senza potersi ribellare, ma si ritrovò
comunque ad annuire. Se Isabelle stava davvero per dirle tutto, allora
avrebbe ingoiato la bile e, per una volta, le avrebbe dato retta. La
preside fece un bel respiro come per calmarsi e continuò:
«Il mio compito era quello di proteggerti e di farti vivere
una vita il più possibile normale, come qualsiasi ragazzino
meriterebbe. Se pensi che un bambino sia in grado di metabolizzare il
fatto che i suoi genitori siano stati brutalmente assassinati, ti prego
dimmi come si fa, perché io non ne ho la più
pallida idea e penso che sia sbagliato rovinare l’infanzia di
una persona con questi orrori. Quello che è successo ai tuoi
genitori è terribile e credimi quando ti dico che lo so,
perché erano miei amici. Il massimo che potevo fare per loro
era prendermi cura di te, e così ho fatto. Non ti ho detto
la verità perché finora non eri pronta a
sentirla, non eri in grado di gestirla».
«Non sono più una bambina, Isabelle»,
affermò Ashley.
«Lo so», replicò lei, rivolgendole il
suo sguardo dorato più indulgente, «ora sei
diventata grande, sei diventata forte e penso che tu possa affrontare
tutto questo. E’ da tempo che sto pensando di dirtelo, stavo
solo aspettando il momento giusto».
«Beh, sentirmelo dire da Lucinda non era certo il modo
né il momento giusto», commentò la
ragazza con amarezza.
Isabelle annuì costernata. «Lucinda mi ha
raccontato tutto, mi dispiace che tu l’abbia scoperto
così. Non era ciò che mi aspettavo».
«Avrei voluto saperlo da te, Isabelle». Ashley fece
vagare lo sguardo ferito sulle pareti della stanza e poi aggiunse:
«Avrei preferito non scoprirlo così, con Lucinda
che sbandierava il segreto ai quattro venti come se niente
fosse».
«Credimi quando ti dico che ho fatto la ramanzina anche a
lei, questa volta», le sfuggì un debole sorriso.
Ashley alzò lo sguardo e incontrò gli occhi
preoccupati della preside. Con un filo di voce, bisbigliò:
«Allora è tutto vero? E’ stato davvero
lui?»
Isabelle si tolse gli occhiali e li appoggiò sulla scrivania
davanti a lei, poi annuì tristemente. «Purtroppo
sì, capisci perché non potevo dirtelo? Saresti
cresciuta covando un profondo odio verso di lui e non saresti diventata
la ragazza spensierata che sei ora. Non ho avuto cuore di rovinarti gli
anni più belli della tua vita».
La ragazza fece un respiro profondo per ricacciare indietro le lacrime,
mentre Isabelle si alzava e andava a sedersi sulla poltrona accanto a
lei. Poi, le strinse dolcemente una mano e le sistemò una
ciocca di capelli blu dietro l’orecchio con l’altra
mano. Ashley si sentì leggermente infastidita da quel tocco,
ma non si ritrasse. In fondo, in quel momento Isabelle sembrava davvero
sincera e dispiaciuta. Senza quasi rendersene conto, si
ritrovò a chiedere: «Perché?
Perché l’ha fatto?»
La preside la osservò per un lungo momento, sembrava stanca
e le borse sotto gli occhi ne erano la conferma. Ma quando
parlò, la voce di Isabelle era calma e sicura di
sé: «Perché erano
d’intralcio. In quel momento, i tuoi genitori ci stavano
aiutando a combatterlo. Diedero una mano anche a Lucinda, a tenere
sotto controllo i membri del Consiglio, e ciò ci permise di
ostacolare e mandare all’aria il suo piano. Nathaniel si
è vendicato così. Avrebbe potuto scegliere me o
Lucinda, ma», le lanciò uno sguardo e poi
continuò, «è crudele dirtelo ma, ha
scelto loro perché sapeva che avevano una figlia
piccola». La ragazza scostò la mano bruscamente e
si liberò dalla sua stretta. Si girò a guardarla
sconvolta: «Questo è un attacco personale, quando
pensavi di dirmelo?» Nel suo tono di voce non c’era
più ironia, c’erano l’accusa e la rabbia
che provava.
«Ashley… ne abbiamo già
parlato», la preside, ora, sembrava ancora più
stanca di prima.
«Sì sì, lo so, aspettavi il momento
giusto. Mi stavo solo chiedendo quando sarebbe stato questo
momento», replicò sarcastica. Isabelle si
alzò e tornò dietro la sua scrivania, aumentando
il distacco tra di loro. Quella scrivania segnava tutto: chi stava di
qua e chi di là. Rappresentava il vantaggio che la preside
aveva su di lei e anche la sua autorità. Separava i loro
ruoli di madre e figlia, e metteva invece ben in chiaro quello di
insegnate e studentessa. Ashley si ritrovò a pensare che
quella distanza sembrava sempre più ampia, non un abisso
senza fondo, ma quasi. Non sapeva più se poteva ancora
fidarsi di lei e, sicuramente, se Isabelle avesse saputo di lei e
Christopher, avrebbe pensato la stessa cosa. Avrebbe dubitato di lei,
come era giusto che fosse, e come Ashley stava facendo con lei quel
momento.
Quando parlò, la sua voce era più fredda e
professionale: «Se non hai altre domande..»,
sembrava seccata.
«In effetti, sì», la interruppe lei,
«voglio sapere come li ha uccisi». I suoi occhi
verdi erano fermi, immobili, determinati, mentre sfidava la preside con
lo sguardo. Rimasero così per alcuni secondi, a guardarsi
negli occhi, come se quello fosse l’unico contatto che
separava due persone tra la vita e la morte.
Poi Isabelle disse: «Gli ha sparato». Ashley fece
una smorfia e si alzò. Prima di uscire, però,
annunciò: «Tornerò a lezione, ma non
sono sicura di poterti perdonare». Poi, fece un teatrale
inchino, mormorò un ironico «grazie per il tuo
tempo» e uscì sbattendo la porta. Isabelle rimase
ferma a guardare la porta chiusa, in piedi, con le mani appoggiate
sulla scrivania. Scosse la testa sconsolata e sospirò.
*
L’allenamento
della Night School di quella sera li tenne così impegnati
che Ashley non ebbe occasione di parlare con Allie, neanche se
l’avesse voluto. Zelazny li fece correre per cinque miglia,
senza mai fermarsi, e urlava dietro a chiunque sentisse chiacchierare.
Sembrava che sentisse a distanza di chilometri, come se fosse un
pipistrello che gli svolazzava intorno, mimetizzandosi nel folto degli
alberi. Ashley non poteva chiedere di meglio. Correre le era sempre
piaciuto; stendere i muscoli al massimo e continuare finché
non facevano male, mettendo un piede davanti all’altro,
concentrandosi solo sul percorso davanti a sé.
L’aveva sempre considerata come una forma di liberazione, sia
mentale che corporale, ciò che impediva alla sua testa di
riempirsi di pensieri inutili. In quel momento, era proprio
ciò che le serviva per evitare di ricordare e ripensare
continuamente alla conversazione con Isabelle e a tutte le
complicazioni che ne derivavano. Continuò a correre con
passo spedito, finché non seminò gli altri e
arrivò al traguardo. Come rallentò e
appoggiò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, Raj
le porse una bottiglietta d’acqua.
«Ottimo lavoro», commentò soddisfatto.
Ashley accettò la bottiglia, bevve un sorso e poi si
versò l’acqua gelata sul collo, rabbrividendo
quando le goccioline presero a colare dentro la tuta. Raj le
lanciò un’occhiata strana e disse: «Ti
prenderai un accidenti se fai così. Siamo ancora a
gennaio». Per tutta risposta, Ashley si mise un asciugamano
sulle spalle e lo guardò inespressiva, poi si
allontanò bevendo un sorso d’acqua. Raj rimase a
guardarla, mentre anche gli altri studenti tagliavano il traguardo. La
sua voce si perse nel buio della notte, senza risposta: «Dove
stai andando?»
Ashley
s’incamminò sul sentiero che portava alla
cappella, calciando svogliatamente alcuni sassolini che incontrava sul
vialetto. Sebbene la tuta termoregolatrice che indossava, faceva un
freddo cane.
Ci mancava solo Raj che rompe i
coglioni,pensò
tirando un calcio a un sasso che andò a sbattere contro il
tronco di un albero.
Let
Me Out – Ben’s Brother
«Dovremmo
smetterla di incontrarci così». La voce alle sue
spalle la fece girare di scatto per la sorpresa. Christopher era fermo
in mezzo alla stradina, appoggiato al cancello che portava alla
cappella, e indossava un completo scuro sotto il pesante giaccone.
Ashley rimase a fissarlo per parecchi secondi, come se non fosse
davvero lì, ma fosse solo frutto della sua immaginazione. Si
riprese, comunque, dall’incredulità e
borbottò con scherno: «Che cosa ci fai qui? Sei
venuto a chiedere scusa per essere sparito nel nulla?» «Ehi, non
è stata colpa mia, non sono riuscito a liberarmi».
La ragazza sbuffò e Christopher fece un gesto della mano
come per calmarla, poi spiegò: «Nathaniel ha
scoperto di noi due. Gabe gliel’ha detto e lui non era molto
entusiasta. Non sa che sono venuto qua stasera, sono uscito di
nascosto». «Molto
coraggioso da parte tua», lo sbeffeggiò Ashley,
«cosa pensavi, che avrebbe fatto i salti di gioia e
organizzato un addio al celibato?» Il ragazzo rimase a
bocca aperta: «Che diavolo ti prende?» «Scusa,
è solo un periodo davvero di merda!» Ashley
mollò un calcio a un albero, e Christopher rimase a
osservarla, inclinando leggermente la testa di lato. «Ehi, vieni
qui», spalancò le braccia e la invitò
ad avvicinarsi. Seppur inizialmente riluttante, Ashley non se lo fece
ripetere e si lasciò andare nel suo abbraccio, nascondendo
il viso nell’incavo del suo collo. «E’
tutto ok», bisbigliò dolcemente il ragazzo,
stringendola forte a sé e accarezzandole con gentilezza la
schiena con una mano. «E’
solo che, cazzo…», Ashley tirò su col
naso e poi continuò, «dopo il ballo è
andato tutto di merda e tu eri sparito dalla circolazione. Non sapevo
dove fossi, non sapevo cosa pensare». «Shh, va
tutto bene. Ora sono qui», sussurrò lui
stringendola più forte nel suo abbraccio. «Non
andrò da nessuna parte, tornerò sempre da te in
un modo o nell’altro, lo sai». La ragazza si
scostò leggermente da lui e mormorò: «E
perché lo faresti?» «Perché
ti amo», Christopher la fissò dritto negli occhi
verdi con il suo sguardo gentile e le passò una mano sulla
guancia, per poi scendere fino alla bocca e accarezzarle le labbra con
un dito. Avvicinò il viso al suo e la baciò
piano, dolcemente, come se fosse la prima volta. La ragazza gli avvolse
le braccia intorno al collo e lo tirò a sé,
baciandolo con più passione. Poi, si scostò di
poco, appoggiò la fronte alla sua e bisbigliò:
«Ti amo anch’io». Un sorriso
increspò le labbra di Christopher, come disse: «Lo
so». Ripresero a baciarsi con più foga, senza
neanche accorgersi che stavano indietreggiando, passando oltre il
cancelletto di metallo, andando a sbattere contro la porta della
chiesetta. «Ok, ok,
aspetta un attimo», disse Christopher ansimando,
allontanandosi da lei, con la schiena appoggiata contro la parete dura. «Non fare il
guastafeste proprio ora», lo rimproverò lei,
scansando la sua mano tesa e cercando di avvicinarsi di nuovo. Ma il
ragazzo l’afferrò per le spalle e la tenne ferma:
«Dico davvero, prima ho una sorpresa per te». «Una
sorpresa? Allora è vero che sei venuto a farti
perdonare», esclamò lei stringendo gli occhi con
fare indagatore. Lui assunse
un’espressione colpevole, di un bambino che è
appena stato scoperto con le manine nel vasetto di Nutella.
«Ok, lo ammetto. Mi hai scoperto». Poi aggiunse:
«Non vuoi sapere cos’è questa
sorpresa?» «Certo che
voglio saperlo, non scherzare!» «Ok, aspetta
qui», disse lui, sparendo poi all’interno della
chiesetta. «E chi si
muove», replicò. Pochi secondi dopo, Christopher
spalancò l’uscio e la invitò ad
entrare: «Chiudi gli occhi, e non sbirciare!» Le
afferrò la mano e la guidò oltre le panche
disposte in file orizzontali, fino all’altare di pietra posto
al centro della navata sotto una pesante croce di legno raffigurante
Gesù. «Ora puoi aprire gli occhi», le
sussurrò all’orecchio con quel fare affascinante,
che ancora adesso, qualche volta, la mandava in brodo di giuggiole.
Ashley aprì gli occhi e vide che Christopher si era tolto la
giacca, teneva le mani nascoste dietro la schiena. Intorno a loro erano
stati accesi i ceri, che davano un’aria spettrale alle pareti
rivestite da splendidi arazzi, con le incisioni latine che sembravano
brillare. Lunghe e lugubri ombre si allungavano fino al centro della
stanza. La ragazza notò divertita che la sua giacca era
stata appesa alla croce, come per nasconderla. La indicò con
un cenno del capo e Christopher replicò con
un’alzata di spalle: «E’ meglio se lui
non vede. Non credo che sarebbe contento di sapere che stiamo per
profanare un luogo sacro». Ashley gli rivolse
un’occhiataccia e poi chiese curiosa: «Cosa
nascondi lì dietro?» «La
crème de la crème». Il ragazzo estrasse
un mazzo di rose rosse da dietro la schiena e gliele offrì
sorridendo. Ashley rimase senza fiato. «Le mie
preferite». Lui annuì e le porse i fiori, che lei
accettò e si portò al viso per annusarne
l’odore piacevole e delicato. Poi, sorrise senza ritegno,
appoggiò le rose su una panca e, con un agile slancio gli
saltò in braccio, incrociando le gambe dietro di lui e
ricominciando a baciarlo. Christopher sostenne il suo peso, poi la fece
sedere sull’altare, trattenendole la testa contro la sua. I
loro baci si fecero sempre più appassionati e voraci, le
loro bocche respiravano l’una nell’altra, le loro
lingue s’incontrarono a metà strada, dando inizio
a una danza tutta loro. Ashley gli passò le mani sulle
braccia, le infilò sotto la giacca e la fece scivolare
giù dalle spalle. Christopher si allentò il nodo
della cravatta e poi la slacciò del tutto, mentre con
l’altra mano liberava i capelli di lei
dall’elastico e ci affondava dentro il viso, respirando il
suo profumo. Ashley ansimò e cominciò il lento
processo erotico, dedicandosi a slacciare un bottone dopo
l’altro della sua camicia, lanciandogli occhiatine maliziose
e mordendosi il labbro con fare invitante e osceno al tempo stesso. «Mi farai
morire così», sussurrò il ragazzo,
subito zittito da un dito di lei premuto sulle labbra:
«Shh». Ashley si lasciò andare a una
risatina appena Christopher cominciò a baciarle il collo,
lasciandole tracce umide una dietro l’altra, fino ad arrivare
al colletto della tuta dove si bloccò, guardandolo
imbronciato. Non perse tempo con la cerniera, afferrò
l’orlo della maglietta e gliela sfilò
dall’alto, buttando l’ostacolo proibito dietro di
sé. Ashley si sbarazzò anche della sua camicia,
rivelando la pelle lucida e morbida del ragazzo, e soffermandosi ad
ammirare i suoi addominali scolpiti e le spalle ampie di un uomo
bellissimo. Si era dimenticata quando fosse stupendo. Entrambi
rabbrividirono per l’aria fredda a contatto con la pelle
nuda. Christopher tornò a concentrarsi sulle sue labbra,
ricominciando a baciarla con amore e dedizione, accarezzandole la
lingua con la propria. Per un momento si persero in
quell’oblio, godendosi tutte le sensazioni appieno. Tutto
quello che si erano negati per settimane, la vicinanza dei loro corpi,
l’odore l’uno dell’altro, la sensazione
di possedere ed essere posseduti, il contatto con la propria dolce
metà e soprattutto, l’avere a che fare con
sentimenti dolci, genuini e sinceri come la passione che si incendia
tra di loro, come l’amore che riempie i loro cuori.
Christopher la fece sdraiare sull’altare, si
slacciò i pantaloni con gesto deciso e poi si stese sopra di
lei. Ashley avvertì la superficie gelida contro la propria
schiena, ma non le importò e fece di tutto per non pensare
alla sensazione del freddo che ti entra nelle ossa come ghiaccio appena
estratto dal freezer. Fuori, la notte serena punteggiata di stelle, fu
riempita da fruscii sinistri e dall’eco del rito che si stava
svolgendo sotto il tetto della cappella, come i due ragazzi si
lasciarono andare, cedendo alle tentazioni tanto proibite ed erotiche,
quanto attese e desiderate.
To
be continued...
Ok,
lo devo ammettere: non è stato semplice scrive due scene
così, quelle delle due coppie intendo, nello stesso
capitolo. Il problema principale è il riuscire a non
scrivere le stesse cose e cercare di cambiare un po' i termini, spero
di essermela cavata. XD Ma alla fine posso dire che per immaginare
Chris e Carter mezzi nudi, ne è valsa la pena. LOL :)
Il giorno dopo Ashley era raggiante. I suoi capelli tinti,
acconciati in una lunga treccia, sembravano più lucenti che
mai; i suoi profondi occhi verdi brillavano e persino la sua pelle
chiara riluceva al sole. Sembrava splendere di una luce propria, ma la
cosa più sconvolgente, che costrinse gli studenti a
lanciarle occhiatine curiose al suo passaggio, era il plateale sorriso
smagliante che le incurvava le labbra, così strano e fuori
luogo dopo l’umore nero delle settimane precedenti. Quando,
quella mattina, entrò nella grande sala da pranzo stipata di
studenti per fare colazione, diverse teste si girarono a guardarla.
Avanzava come una regina in mezzo a un corteo: la lunga treccia le
ricadeva ordinatamente sul seno, la divisa perfettamente stirata e un
foulard in tinta, avvolto intorno al collo sottile, le facevano
risaltare il volto aperto e solare rivolto dritto davanti a
sé. Senza guardare nessuno in particolare, puntò
a un tavolo rotondo poco distante, i cui occupanti la osservarono
più stupiti che sorpresi, mentre le scarpe dal tacco alto
che portava rimbombavano sul pavimento lucido. «Guarda,
guarda, chi ci concede l’onore della sua presenza»,
commentò Jo aspra mentre Ashley si sedeva tra Zoe e Lucas
come se niente fosse. Occhiatine nervose corsero per tutto il tavolo,
Ashley alzò lo sguardo nell’istante in cui Rachel
aggrottava le sopracciglia all’indirizzo di Allie. «Oh, andiamo
ragazzi! Tutti noi abbiamo i nostri periodi bui», Ashley
scrollò le spalle e poi aggiunse, rivolta a Jo, «e
non c’è bisogno che ricordi a tutti i
tuoi». «Risparmiacelo,
grazie», replicò lei. «Devi fare
più di questo se vuoi essere perdonata. Jo sa chiedere scusa
in modo esemplare», le disse Carter con un sorriso. «Ok,
sentite. Mi dispiace per avervi snobbati e ignorati del
tutto», Ashley ammise con riluttanza, «sono stata
una gran stronza, ma ognuno di voi ha passato qualcosa di simile e sono
sicura che potete capirmi». La ragazza rivolse
un’occhiata di rammarico a Allie. Sembrava così
sincera in quel momento. «E’
stato un bel discorso», fece Lucas battendole una mano sulla
schiena con fare scherzoso, «ma sull’ultima cosa ti
sbagli. Noi non siamo così incasinati come te,
c’è anche gente seria qui». Fu
ciò che sciolse la tensione e provocò
l’ilarità dei presenti. In fondo, qualsiasi
cazzata qualcuno di loro facesse, veniva sempre perdonata. Era
ciò che si definiva “amicizia”. E sia
Ashley che Allie ne sapevano qualcosa in fatto di dover chiedere scusa
ed essere perdonate per le proprie azioni. La ragazza rivolse un mezzo
sorriso timido a Ashley, mentre Jo biascicava «ok, sei
perdonata», poi alzava il calice per brindare. Gli altri la
imitarono, levarono i loro bicchieri d’acqua e mormorarono in
coro: «All’amicizia e alla vita di merda alla
Cimmeria». Scoppiarono a ridere
tutti quanti quasi nello stesso momento, ma il sorriso di Ashley si
spense quando vide un’ombra improvvisa accanto a
sé. Alzò lo sguardo su Sylvain, in piedi dietro
la sua sedia con il volto scuro e parecchio incazzato. «Posso
parlarti un attimo, Ashley?» Sembrava trattenere a stento la
rabbia e la ragazza lo guardò accigliata. «In
privato», aggiunse il ragazzo perentorio. Ashley non aveva
scelta: appoggiò il tovagliolo sul tavolo e si
alzò. «Sembra che
con lui non te la caverai così facilmente», le
gridò dietro Jo per sovrastare il chiasso della sala. Ma i
due ragazzi si erano già allontanati. Sylvain
attraversò veloce la stanza trascinandosela dietro, con una
mano serrata intorno al suo polso, come se potesse fuggire da un
momento all’altro. Ashley gli arrancò dietro,
cercando al contempo di rimanere al passo e di non perdere
l’equilibrio sui vertiginosi tacchi. «Si
può sapere che diavolo ti prende?», chiese lei
alzando la voce. «Non
qui», mormorò lui, indicando con un cenno della
testa il tavolo degli insegnanti, da cui Isabelle, Raj ed Eloise li
osservavano incuriositi. «Ok, ma
lasciami», borbottò liberandosi con uno strattone
e poi sfregandosi il polso con l’altra mano. Sylvain la condusse
lungo il corridoio che portava all’ingresso principale, poi
vicino a una finestra dell’atrio per allontanarsi dal
gruppetto di studenti seduti ai piedi delle scale. «Qual
è il problema?» domandò Ashley,
irritata per il suo comportamento. «Qual
è il problema?», Sylvain ripeté le sue
parole, ironico. «Il problema sei tu! Pensavo che fossi
sconvolta, non che fossi un’idiota!»,
l’aggredì puntandole contro un dito,
l’accento francese più marcato del solito. «Di che
diavolo stai parlando?» chiese lei, abbassando la voce quando
il gruppo di studenti si voltò a guardarli. Sylvain
abbassò la voce a sua volta, ma la rabbia nel suo tono non
diminuì. «Ieri sera, dopo gli allenamenti, sei
sparita e Raj era preoccupato. Mi ha chiesto di venire a
cercarti», spiegò. «E
allora?» domandò Ashley disorientata. Non capiva
dove volesse andare a parare, ma le successive parole del ragazzo le
fecero gelare il sangue. «E
allora», replicò con astio, «ti prego,
dimmi che quello con cui ti ho vista baciarti, non era
Christopher!» Ora nella sua voce non c’era solo la
rabbia, ma anche la delusione, la desolazione e la rassegnazione.
Perché, ancora una volta, quella ragazza, la sua ex-ragazza,
la sua migliore amica si era cacciata di nuovo nei guai. «Oh,
cazzo!» esclamò Ashley sbalordita. La sua voce
risuonò per tutte le pareti dell’atrio, facendo
girare i ragazzi del primo anno. Gli rivolse un gesto infastidito della
mano e disse: «Sciò, sparite!» Gli
studenti non se lo fecero ripetere due volte, impauriti, e se la
filarono al piano di sopra. Sylvain non
sembrò neanche farci caso. «Già,
maledizione! Che diavolo pensavi? Dove hai la testa?!» Ora,
tutta la sua ira poteva esplodere senza preoccuparsi che qualcun altro
sentisse. «Sylvain,
ascolta...» Ashley appoggiò una mano tesa contro
il suo petto, come per calmarlo e respingerlo al tempo stesso. «No, tu,
ascolta», la interruppe lui, scostando la sua mano e facendo
una smorfia per il dolore alle costole che tutto quell’urlare
gli provocava, ma a cui il ragazzo sembrò non dare troppo
peso. «Questo non è uno dei tuoi soliti scherzi
stupidi, non è un gioco, questa è una cosa seria.
Nathaniel è pericoloso, Christopher è pericoloso.
Non puoi frequentare uno di loro, senza rischiare che ti accada
qualcosa!» Sembrava fuori di sé. «Christopher
non è come dici, lui non permetterebbe mai che mi succeda
qualcosa», ribatté la ragazza infastidita. Cosa ne
sapeva lui di Christopher? Non ci aveva mai neanche parlato! «Aspetta che
Nathaniel lo scopra e poi vedrai se non manderà Gabe a darti
la caccia». Il suo tono aspro, sembrava abbinarsi alla
perfezione alle linee dure che gli si erano formate intorno alla bocca,
storta in una smorfia. Nella sua espressione c’era anche una
profonda preoccupazione per quello che sarebbe potuto succedere se i
due ragazzi fossero stati scoperti. «Nathaniel
lo sa già», ammise Ashley, evitando il contatto
con i suoi occhi, «ma Christopher sa tenerlo a bada. E poi tu
neanche lo conosci!» «Lo sa
già? C’est
magnifique, non posso davvero crederci!»
esclamò Sylvain incredulo. Il suo sguardo blu bruciava per
l’intensità con cui fissava la ragazza, come se
volesse trapassarle il cranio e spegnerle il cervello per renderla
innocua. «E Isabelle? Già che ci siamo, lo sa
anche lei che te la fai con uno dei nostri nemici?» «Certo che
no! Ma te la immagini se glielo dicessi?!» Ashley
inorridì al solo pensiero, sentiva già la voce
infuriata della preside mentre le faceva l’ennesima ramanzina. «Appunto, e
io non voglio esserci quando lo verrà a sapere,
perché credimi lo scoprirà!» «Non se
qualcuno non glielo va a dire», Ashley lo guardò
implorante. Se solo lei e Christopher fossero stati più
attenti, tutto questo non sarebbe successo. Non sarebbe stata costretta
a coinvolgere Sylvain e metterlo nei guai. Sentirselo dire
così, ad alta voce, dal suo partner poi, faceva sembrare
tutto ancora più sbagliato. Sapeva fin troppo bene che era
rischiosa e pericolosa la loro relazione, ma se c’era una
cosa su cui era sicura era il loro amore, l’uno nei confronti
dell’altra. Sperava solo che il momento in cui avrebbero
dovuto separarsi, perché entrambi sapevano che sarebbe stato
così, non arrivasse troppo presto. E nel frattempo, si
sarebbero goduti ogni singolo istante. Ashley non si sarebbe fatta
fermare da nessuno; né da Isabelle, né da Raj e
men che meno da Sylvain, che sole poche settimane prima era scappato
nel cuore della notte per aiutare Allie a fare la stessa cosa.
Sylvain le rivolse
un’occhiata esasperata. «Sai cosa penseranno lei e
Raj quando lo verranno a sapere? Che sei tu la spia di
Nathaniel!» «Ma non lo
sono e tu lo sai», replicò lei ragionevole. «Io
sì, ma loro? Per quello che ne sanno, potrebbe essere
chiunque. E dubitare di te sarà la prima cosa che
faranno». Ashley sollevò le mani e poi le
lasciò ricadere mollemente, sconsolata. Sylvain
continuò: «Perché devi sempre fare
cazzate e cacciarti nei guai? Che cosa speri di ottenere
così?» «Questa non
è una stronzata, è una cosa seria tra me e lui.
Io lo amo davvero», sussurrò in risposta,
più rivolta a se stessa che al suo partner. Il ragazzo
sbuffò e Ashley gli rivolse di nuovo uno sguardo implorante.
Con quelle scarpe era alta quasi quanto lui e ora poteva fissarlo
intensamente negli occhi, direttamente, senza dover alzare la testa per
fronteggiarlo. I suoi occhi verdi erano come incatenati al suo sguardo
blu, mentre con quell’unico gesto gli chiedeva
silenziosamente di aiutarla. «Sylvain, ti prego...» Si portò le
mani in testa e le fece scorrere tra i capelli scuri, per disperazione.
Rimase a guardarla a lungo in quella posizione, poi con un filo di voce
domandò: «Che cosa mi stai chiedendo,
Ashley?» «Di non
dirlo a Isabelle, nessuno lo deve sapere», rispose senza
esitare, sicura di sé. Dopo un istante,
Sylvain s’illuminò all’improvviso e
chiese: «Gli passi qualche informazione? Lui ne passa a
te?» «No,
cerchiamo di tenere le due cose separate. Sai, la nostra relazione e il
lavoro, intendo», replicò lei subito,
rivolgendogli un’espressione strana. Ma probabilmente era
normale che ora dubitasse di lei, dopo quello che aveva appena scoperto. Sylvain fece un
sospiro profondo, quasi sollevato e rassegnato insieme, e infine disse:
«Ok, lo terrò per me». Ashley gli si
lanciò addosso, stringendolo in un abbraccio di gratitudine,
ben sapendo che era ancora infuriato. «Ti devo un
favore», disse. Il ragazzo,
però, la strinse ugualmente a sé e poi sciolse
l’abbraccio in fretta. Le lanciò uno sguardo
d’avvertimento e mormorò:
«Sì, me lo devi e anche bello grosso»,
poi si allontanò. Prima di sparire del tutto,
però, si voltò e aggiunse: «Ma faresti
meglio a troncare con lui». Ashley
rimase a guardarlo mentre svoltava l’angolo e, con le dita
ancora incrociate, sospirò di sollievo.
*
Allie era appena uscita da una noiosissima e interminabile lezione di
storia, durante la quale Zelazny aveva evitato di guardarla di
proposito, quando sentì qualcuno che chiamava il suo nome.
Si guardò intorno per capire da dove provenisse la voce e
notò che Ashley le faceva cenni dal lato opposto del
corridoio e si affrettava verso di lei. Rimase pazientemente ad
aspettarla, mentre gli altri studenti le passavano accanto per
raggiungere le rispettive aule per le lezioni successive. Allie era
solo contenta di essere riuscita a superare la lezione precedente e,
davvero, non capiva perché Zelazny ce l’avesse
tanto con lei. Quando Ashley si fu avvicinata abbastanza,
annunciò: «Allie, ti stavo cercando». «Per fare
cosa?» chiese lei, alzando involontariamente il mento con
aria di sfida. Sebbene gli altri avessero accettato le scuse di Ashley
così in fretta, lei non l’aveva ancora del tutto
perdonata. Prima avrebbe voluto sapere il motivo del suo comportamento,
perché diavolo se la fosse presa con lei. «Ascolta, so
che mi sono comportata male con te, sono stata un’idiota a
evitarti e mi dispiace», disse Ashley osservando la sua
espressione distante. «Mi dispiace davvero, e ci tenevo a
chiederti scusa». Però, Allie
a quelle parole si sciolse; nonostante fosse arrabbiata con la sua
amica, le era mancata troppo in quelle settimane. Si chiese come fosse
possibile dato che la conosceva da poco, ma Allie capì che
con lei si sentiva al sicuro, protetta, perché Ashley, a
differenza di tutti gli altri, aveva passato le stesse fasi che avevano
incasinato la sua vita. Entrambe avevano perso qualcuno che amavano.
Come Carter e Ashley, anche lei aveva imparato cosa voleva dire
sentirsi soli e abbandonati. L’aveva compreso bene quando
Christopher aveva deciso di piantarla in asso e andarsene senza nessuna
spiegazione. Si sentiva più vicina che mai a quei due
ragazzi, così simili tra loro, con lo stesso passato e la
stessa voglia di distruggere il mondo che ogni tanto colpiva anche lei. Allie
annuì. «E’ solo che non capivo
perché fossi sparita nel nulla e te la fossi presa con
me», alzò le spalle inerme, sulla difensiva. «Non ce
l’avevo con te, davvero», replicò
Ashley, «non so cosa mi sia preso, ma sul serio non volevo
ferirti e non ero arrabbiata con te. Avevo solo bisogno di riflettere e
stare da sola, credo». La fissò con i suoi
penetranti occhi verdi in attesa di una risposta. Allie esitò
un momento, poi sospirò e disse: «Va bene, ti
credo», le scappò un sorriso. Poi aggiunse:
«Penso di poterti capire meglio di chiunque altro,
perché anch’io ho passato lo stesso. So cosa vuol
dire non aver voglia di parlare con nessuno. Solo, la prossima volta
avvisami prima, così evito di preoccuparmi troppo». «Hai
ragione, sono uno schifo di amica. E sono anche un pessimo modello,
sebbene io sia più grande di te». Ashley trattenne
a stento un sorriso diabolico e poi confessò:
«Ecco perché ho in mente una cosuccia stasera, per
farmi perdonare». Allie alzò
gli occhi al cielo in modo teatrale. «Spero che non sia come
il piano al ballo di Lucinda, perché non ha funzionato molto
bene». «Già,
quello è stato un fiasco totale ed è pure finito
di merda», ammise Ashley. «Ma quello di stasera
sarà ancora più divertente. E questo
perché non farsi scoprire sarà anche
più difficile, il che lo rende ancora più
epico». «Cominci a
spaventarmi», mormorò Allie, tormentandosi le mani. «Nah,
tranquilla. Non preoccuparti, penso a tutto io». «Come
l’ultima volta?» chiese lei, ma Ashley gli
mollò una pacca sulla spalla e disse: «Porta un
asciugamano e assicurati di indossare la biancheria. Ci vediamo a
mezzanotte meno un quarto nell’atrio. Non farti
seguire!» «Che
diavolo significa?» chiese lei, ma Ashley si era
già allontanata. Ora sì, che non poteva stare
tranquilla.
*
Quando quel pomeriggio, poco dopo la fine delle lezioni,
qualcuno bussò alla porta della sua camera, Allie
andò ad aprire in punta di piedi e si sorprese di trovare
Jules sulla soglia. La biondissima capoclasse annunciò:
«Isabelle vuole vederti. Subito». Dopo di che, con
un’occhiata inquisitoria ma senza aggiungere una parola,
Jules si allontanò marciando con grazia per il corridoio.
Aveva sostituito le Birkenstock rosa con degli Uggs grigi e ora,
sebbene continuasse a sembrare perfetta, era vestita in modo identico a
tutti gli altri studenti, come se la Cimmeria sfornasse tante statuine
tutte uguali. Allie aveva invidiato per tutta l’estate il
fatto che Jules potesse portare scarpe personalizzate, mentre gli altri
erano costretti a indossare quegli orrendi mocassini, ben lontani dalla
magnificenza dei suoi Doc Martens rinchiusi tristemente
nell’armadio. Mentre scendeva le
scale diretta all’ufficio della preside, Allie si chiese cosa
avesse combinato stavolta e, quando vide che Isabelle
l’aspettava in mezzo al corridoio, quella sensazione di
timore divenne certezza. La donna le venne incontro con
un’espressione enigmatica in viso, ma invece di attaccare con
la solita ramanzina, le passò un braccio intorno alle spalle
e la scortò davanti alla porta del suo ufficio, dove si
fermò. Isabelle la fece girare per guardarla in faccia, le
poggiò le mani sulla spalle con fare materno e
sussurrò, seria: «Lucinda è
qui». Allie
spalancò gli occhi per lo stupore e accennò
interrogativamente con il capo al suo ufficio. La preside
annuì con aria grave e, vedendo che si limitava a scrutarla
negli occhi, Allie domandò: «Perché
è venuta qui? E’ lei che ha chiesto di
me?» Isabelle
annuì di nuovo ma, questa volta, disse: «Si
è presentata qui senza avvisare e mi chiesto di poter fare
quattro chiacchiere con te». Rimase a guardare la sua
reazione e poi, più dolcemente, suggerì:
«Dovresti entrare, troverai interessante quello che ha da
dirti». Allie non
riuscì a capire dalla sua espressione se fosse felice o meno
che Lucinda si trovasse lì. Quella donna, a volte, sapeva
proprio come non far trapelare nessuna emozione. Però, era
sicura che Lucinda fosse l’unica persona a cui era concesso
l’onore di presentarsi lì dal nulla, senza
scatenare una profonda irritazione nella preside. I suoi movimenti la
riscossero dai suoi pensieri; Isabelle si avvicinò alla
porta del suo ufficio, così integrata nella parete da
risultare praticamente invisibile, e l’aprì piano.
Poi, le fece un gesto della mano invitandola a entrare e chiuse la
porta alle sue spalle. Allie si sorprese che non fosse entrata anche
lei, ma probabilmente voleva lasciare nonna e nipote un po’
da sole. La ringraziò mentalmente per quel gesto gentile e
si ritrovò a pensare che Isabelle sapeva sempre fare la cosa
giusta al momento giusto, e nonostante le bugie che rifilava a tutti
quanti, invidiò per l’ennesima volta la gran donna
che Isabelle era. Lei, in confronto, sembrava una stupida ragazzina
ribelle, perennemente arrabbiata con il mondo. Lucinda la aspettava
in piedi dietro la scrivania della preside. Notò che, con le
mani giunte dietro la schiena, stava osservando attentamente il
bellissimo arazzo con il cavaliere bianco al centro, affisso alla
parete opposta. Quando Allie entrò, tuttavia, Lucinda
spostò lo sguardo su di lei e con un piccolo sorriso, che le
increspava appena gli angoli della bocca sottile, disse:
«Buonasera, Allie». «Buonasera, nonna»,
rispose a sua volta affabile. Indossava una raffinata giacca di
pelliccia bianca sopra una lunga gonna nera e decolleté oro
dal tacco alto, che riprendevano alla perfezione la borsa bianca e oro
della donna. Allie pensò che paresse una regina ancora
più del solito. Le mancava solo una corona in testa e
sarebbe stata meravigliosa. La ragazza
aspettò che fosse Lucinda a parlare per prima, e quando lo
fece, annunciò: «Ho ripensato a quello che mi hai
detto l’ultima volta che ci siamo viste».
Allie
ricordò perfettamente quali furono le sue parole. La notte
di Natale, dopo il disastroso incidente in cui Ashley aveva duramente
scoperto la verità sulla morte dei suoi genitori, Allie era
tornata nella sontuosa villa di Lucinda per affrontarla. «E’
davvero incredibile come voi due facciate a vivere senza il rimorso per
ciò che nascondete», aveva esclamato Allie furiosa. «Allie…»,
la preside provò a spiegarsi ma fu interrotta bruscamente.
Dalla sua espressione si capiva benissimo che non avrebbe voluto che ad
Ashley capitasse tutto ciò. Ma era successo e in parte era
anche colpa sua. «Perdonami
Isabelle, ma non voglio ascoltare le tue stupide
giustificazioni», ribatté Allie. Non le importava
di essere scortese, era troppo arrabbiata con loro per controllare le
sue maniere da finta brava ragazza. «Era questo il vostro
brillante piano?», continuò, gesticolando.
«Pensavate che tenere Ashley all’oscuro di tutto
sarebbe stata una cosa utile per sconfiggere Nathaniel? Io non credo
proprio. L’avete ferita e questo non farà che
peggiorare le cose!» Sia Lucinda che
Isabelle si guardarono spaesate. Era chiaro che nessuna delle due
sapeva come gestire la situazione e, soprattutto, cosa dire per
consolare Ashley. Allie
approfittò del loro attimo di confusione per rincarare la
dose. «Non è giusto. Tutto ciò che
state facendo, tutto ciò che ci nascondete non è
giusto. Anche se lo fate per il nostro bene. Noi vogliamo essere
informate dei vostri piani e farne parte. Siamo membri della Night
School, accidenti! A che cosa serve tutto questo addestramento se non a
combattere Nathaniel? Non possiamo pensare di batterlo se non sappiamo
neanche cosa stiamo facendo». Si rendeva conto che il suo
tono di voce era diventato quasi lamentoso, così simile a
quello di una bambina piccola che fa i capricci. Ma non le importava.
Se fosse riuscita a convincerle, avrebbe anche sopportato di passare
per la ragazzina lagnosa. Isabelle
unì le mani davanti a sé e, con calma, disse:
«Hai ragione, Allie. Essere in grado di proteggervi e, allo
stesso tempo, rendervi partecipi è il nostro compito. E se,
finora, non siamo state in grado di svolgerlo al meglio è
solo colpa nostra. Ma ti prometto che da ora in poi ti dirò
ogni cosa. Scioglierò ogni tuo dubbio. Risponderò
a tutte le tue domande». Isabelle lanciò
un’occhiata a Lucinda e poi continuò:
«Questo perché mi rendo conto che fino adesso non
abbiamo fatto molti passi avanti. La Night School è molto
preziosa in tutto questo, è il punto chiave. Abbiamo bisogno
di coinvolgervi di più, di prepararvi al meglio per
affrontare Nathaniel. Lucinda, questo tu lo sai meglio di
me». Allie
ringraziò mentalmente la preside per il suo sostegno, ma
quando vide che Lucinda si limitava a osservarla attentamente,
aggiunse: «E’ vero che la Night School è
fondamentale, ma siamo troppo pochi per proteggere l’intera
scuola. Questa è una maledetta guerra di potere e noi siamo
solo dei ragazzini che non ne sanno niente. Io voglio salvare
Christopher, ma non posso farcela da sola. Abbiamo bisogno del tuo
aiuto, nonna. La scuola ha bisogno di te, Isabelle ne ha
bisogno», fece un respiro profondo e poi finì,
«e anche io». Allie ricordò appena il
volto di Lucinda che cambiava, i suoi occhi grigi che si spalancavano
per la sorpresa.
«Hai
cambiato idea?», chiese ora Allie speranzosa. Lucinda
ciondolò la testa di lato, in un modo che le ricordava
vagamente sua madre, senza però aprir bocca. Rimase ferma a
osservarla negli occhi per qualche secondo, con
un’espressione enigmatica e indecifrabile in viso. Infine,
quando Allie cominciava a sentirsi a disagio e non sapeva
più cosa fare, disse: «Sì, Allie. Ma
non ho cambiato idea da sola, tu mi hai fatto cambiare idea».
Lucinda la guardò con un misto di approvazione e gentilezza,
una nota divertita negli occhi, tanto che Allie si sentì
arrossire per l’imbarazzo. «Quello che hai detto
l’altra volta mi ha piacevolmente colpito e mi ha fatto
riflettere. E sono giunta alla conclusione che hai ragione, non
dovremmo nascondervi ogni cosa». La donna si
avvicinò e le posò una mano sulla spalla con fare
rassicurante. «Tu sei una ragazza forte, Allie, e sono sicura
che riuscirai a salvare Christopher. Quindi, sì, vi
aiuterò». Allie avrebbe voluto abbracciarla, ma si
trattenne. Capì di non essere abbastanza in confidenza con
lei per un gesto simile. Eppure, fu sicura che Lucinda avesse capito
quanto significasse per lei, cogliendo il suo sguardo di riconoscimento. Prima che Allie
lasciasse l’ufficio della preside, però, Lucinda
assunse un tono d’avvertimento e aggiunse: «Ma
faresti meglio a stare lontano da quella ragazza».
*
Dopo le
ultime parole di Lucinda, Allie era ancora più intenzionata
a incontrare Ashley. Anche se voleva dire infrangere le regole.
Soprattutto, se voleva dire avere la possibilità di
sgattaiolare fuori e godersi un po’ di sano divertimento in
santa pace. Ne aveva un gran bisogno. Mancavano pochi minuti a
mezzanotte, così Allie uscì dalla sua stanza in
punta di piedi e percorse il corridoio cercando di fare il meno rumore
possibile, per non incorrere nelle ire di Jules o di qualcun altro.
Quando scese la grande scalinata che portava all’atrio
principale, vide una figura in ombra appoggiata contro la porta
d’ingresso. Si bloccò di colpo e trattenne il
respiro mentre un moto di paura si faceva strada dentro di lei.
All’inizio pensò che qualcuno avesse scoperto il
loro piano e fosse venuto per intercettarla, ma quando quella si mosse
ed entrò nel fioco fascio di luce emesso dalle candele poste
accanto all’uscita, capì che non aveva nulla da
temere. Si lasciò scappare un sospiro di sollievo e
sentì i suoi stessi muscoli rilassarsi. Notò che
Ashley era vestita nel suo stesso identico modo: i pantaloni della tuta
scura coprivano in parte le sneakers nere, la felpa dello stesso colore
era di una taglia più grande; Ashley si era tirata il
cappuccio sulla testa per non farsi riconoscere. Allie aveva avuto la
stessa idea. Sorrise nel buio e si avvicinò incappucciata
all’altra ragazza, strascicando leggermente le suole degli
stivali Doc Martens sul pavimento di pietra lucida. La tentazione era
stata troppo forte, non era riuscita a resistere: doveva metterli! Ashley le rivolse un
sorriso incoraggiante. «Sei venuta alla fine»,
commentò come se non fosse stato ovvio. Allie
annuì, poi le chiese bisbigliando quale fosse il piano ma
Ashley, per tutta risposta, si portò l’indice alle
labbra con un guizzo divertito negli occhi. «Shh.
E’ un segreto». Dopo di che,
afferrò la maniglia dell’enorme portone con
entrambe le mani e tirò con forza, pregando mentalmente che
non facesse troppo casino. Non servì a niente; la porta si
aprì con un cigolio stridulo che risuonò per
tutte le pareti. Se ci fosse stato Gabe avrebbe
pensato lui a oliare questi stramaledetti cardini,
pensò Ashley con amarezza. In tutte le scappatoie passate di
cui erano stati complici, lei era quella che pensava alle tattiche e
Gabe quello che si occupava dei piccoli ma fondamentali dettagli come
quello. Se fosse stata più concentrata, si sarebbe ricordata
che ora anche quello era un compito che spettava a lei; ma da quando in
qua stava attenta a non farsi scoprire? Scacciò dalla mente
Gabe e la sua ossessione per i cardini, e sbirciò fuori. Allie sapeva che
quello stridore non era stato abbastanza forte perché
qualcuno lo udisse, ma si guardò nervosamente intorno lo
stesso, in attesa di qualsiasi rumore. L’unica risposta che
ricevette fu un silenzio inquietante e spettrale e, quando Ashley le
comunicò a gesti il via libera, le due ragazze sgusciarono
fuori senza emettere alcun suono e si lanciarono a perdifiato
sull’erba umida della notte. Ce l’avevano
quasi fatta, la parte più difficile era sempre uscire dalla
scuola senza essere notati. Allie si chiese di sfuggita se non ci fosse
qualcuno della Night School in giro per il turno di ronda, ma
pensò che Ashley avesse probabilmente pensato anche a
quello. In quanto organizzatrice di piani era formidabile, molto
più di lei. Ashley la precedeva di qualche metro, correndo
agile e silenziosa come una tigre, pestando i piedi con forza sul
terreno bagnato per la recente pioggia. E’ veloce,
dovette ammettere Allie. Ma non si lasciò scoraggiare;
aumentò il ritmo e la raggiunse in poche falcate. Ora che
non c’era più il timore che qualcuno sentisse, le
urlò: «Dove stiamo andando?» «Aspetta e
vedrai», rispose vagamente Ashley da sopra la spalla,
rivolgendole un sorriso complice. Poi accelerò e
sparì tra gli alberi del bosco. Allie non ebbe
più bisogno di chiedere, capì dalla direzione
intrapresa dalla ragazza che erano dirette al lago. Ora si spiegava
l’asciugamano, quella ragazza era un genio! Raggiunsero il folto
della foresta e si fermarono al limitare dello specchio
d’acqua. Entrambe rimasero silenziosamente a guardare il
riflesso della luna che si specchiava sulla superficie scura del lago,
facendolo brillare. Allie fece scorrere lo sguardo in lontananza, sulla
riva opposta in cui, tra le sterpaglie di erba alta, si erano fermati
prima Nathaniel e poi Christopher per i loro abboccamenti. Aveva
incontrato suo fratello nello stesso punto in cui si trovava ora e,
sebbene le mancasse molto, sperò sinceramente di non
incontrare nessuno quella notte. La sua partner, comunque, non le diede
il tempo di pensarci a lungo: Ashley si stava già spogliando
e la esortava a fare lo stesso. Mentre pensava che dovessero essere
matte da legare se s’immergevano nel lago a metà
febbraio, Allie fu percorsa da un brivido familiare e piacevole. Non
era per il freddo che tremava, o almeno non ancora, era per quella
gradevole sensazione di correre il rischio, di fare qualche cosa di
stupido per sentirsi libera, ancora una volta, dal giudizio degli
altri. In quel momento si rese conto che voleva farlo davvero; non le
importava delle conseguenze che ne sarebbero derivate se le avessero
scoperte, l’avrebbe fatto comunque. Si sarebbe goduta
quell’attimo di liberazione e di divertimento in compagnia di
Ashley e, solo dopo, sarebbe tornata a preoccuparsi di Nathaniel, di
Lucinda, della spia e di tutto il resto. Gettò per terra
l’asciugamano che aveva trafugato ore prima e si
sfilò il maglione con dita tremanti, giusto in tempo per
sentire gli schizzi freddi sulla pelle nuda che le arrivarono quando
Ashley, in slip e reggiseno, si lanciò nel lago a bomba,
spargendo acqua da tutte le parti. Allie si tolse anche gli altri
indumenti, inciampò nei pantaloni e unendo poi le braccia in
alto, si tuffò di testa nel vuoto e
nell’oscurità. Il primo contatto con
l’acqua fredda le gelò l’aria nei
polmoni e per un attimo Allie pensò di non essere
più in grado di respirare. Ma subito l’immagine di
Carter, che solo qualche mese prima le salvava la vita e la aiutava a
calmarsi, riuscì a penetrare nella sua mente e a renderla
più lucida; Allie fece qualche bracciata e poi riemerse. La
prima cosa che sentì quando sputò fuori
l’acqua e fece un respiro profondo, fu la risata contagiosa e
solare di Ashley che squarciava il silenzio della notte. Allie
scoppiò a ridere quasi nello stesso istante e, finalmente,
la tensione e la paura di poter essere scoperte si sciolsero, mentre si
faceva strada la consapevolezza di avercela fatta e di essere sfuggite
dargli artigli della Cimmeria senza complicazioni. Si girò a
guardare Ashley che nuotava tranquilla a dorso e si sentì
davvero felice come non lo era da settimane. Si rendeva conto che
provava quella gioia sempre più spesso quando era in
compagnia di Ashley, senza però nulla togliere a Rachel,
Carter, Jo, Zoe e tutti gli altri. Semplicemente lei e Ashley
s’intendevano a meraviglia; ad Ashley non doveva spiegazioni
se faceva qualcosa di avventato, lei non la tormentava per aver
infranto una regola e soprattutto non la giudicava se voleva ancora
incontrare Christopher e provare a salvarlo quando se ne sarebbe
presentata l’occasione. Allie pensò che
probabilmente Ashley non la stressava per il solo motivo che era sempre
con lei quando faceva qualcosa di stupido che non avrebbe dovuto fare.
E a lei andava bene così, anche se le ricordava i vecchi
tempi da ribelle passati in compagnia di Mark e Harry. Uno schizzo la
colpì in piena faccia ricoprendola interamente, quando Allie
riaprì gli occhi, vide la mano di Ashley pronta a schizzarle
di nuovo. «Ah
sì? Che guerra sia allora!» rise, avvicinandosi
all’amica e fingendo di affogarla. Presto si ritrovarono a
ridere come pazze, in un groviglio di braccia, lottando per rimanere a
galla. «Mi fa
piacere che vi divertiate», esclamò una voce alle
loro spalle. Entrambe si girarono di scatto, ma quando videro Carter in
piedi sulla riva del lago si rilassarono subito. Sebbene il viso del
ragazzo fosse in ombra, Allie intuì che non doveva essere
troppo contento di trovarle lì. «Unisciti a
noi, West. Fatti un bagno», lo invitò Ashley
muovendo le braccia intorno a sé per non affondare. «No, grazie.
Non voglio diventare un pinguino», replicò aspro
il ragazzo. Allie ci aveva visto giusto: Carter era incazzato. Tese una
mano verso di lei e le ordinò di uscire
dall’acqua. Allie per un attimo pensò di
rifiutare, irritata dal fatto che Carter le desse ordini, ma i brividi
di freddo cominciarono a farsi sentire sempre più e
capì che uscire, prima di beccarsi una polmonite, non era
una così cattiva idea. «Ecco il
guastafeste», commentò Ashley. Ma anche lei si
avvicinò alla riva e issò senza sforzo. Carter
aiutò Allie ad uscire e la avvolse
nell’asciugamano, stringendola poi tra le sue forti braccia
per riscaldarla. Lanciando un’occhiataccia ad Ashley, il
ragazzo la scortò per il sentiero di ghiaia che avevano
percorso poco prima, per fare ritorno a scuola. Lei, invece, rimase
indietro a strizzarsi i capelli fradici e, una volta rivestita, fece
per raccogliere le sue cose e seguire gli altri due, quando un rumore
improvviso la indusse a bloccarsi di scatto. Ashley tese le
orecchie in ascolto, poteva ancora sentire i passi di Allie e Carter
che si allontanavano, ma le voci che udì, ne era certa, non
appartenevano a loro due. Sentì qualcuno bisbigliare
furiosamente lì vicino. Ashley si abbassò per non
essere vista e strisciò dietro un cespuglio senza far
rumore. Poi, stando attenta a non farsi scoprire, sbirciò
appena oltre le foglie e quello che vide confermò i suoi
sospetti: c’era qualcun altro lì fuori quella
notte. Sebbene l’inconfondibile voce di Gabe si fosse alzata
di un tono, non riuscì a capire cosa stesse dicendo. Stava
parlando con qualcuno molto più basso di lui, una ragazza
quasi sicuramente. Quando questa si spostò e uscì
dall’ombra, la luce della luna la investì in
pieno: ad Ashley si spalancò la bocca per lo shock. «Ma che
cazz-…» bisbigliò a voce un
po’ troppo alta. Prima che i due potessero girarsi nella sua
direzione, Ashley scattò velocissima, senza farsi vedere,
abbandonò il suo nascondiglio e corse
all’impazzata verso la scuola. Non si fermò
finché non raggiunse l’atrio deserto della scuola
e si sbatté la porta alle spalle. Ci si appoggiò
contro, picchiettando confusa la testa contro il legno di quercia duro,
i capelli che sgocciolavano formando pozze sulla sua felpa. Nella sua
mente vorticava furiosamente una marea di pensieri che si rincorrevano
l’un l’altro, mentre il battito del suo cuore le
rimbombava nelle orecchie scandendo ogni secondo. Perfino Ashley era
rimasta spiazzata da quello che aveva visto: il tradimento scritto nero
su bianco. Nessuno sospettava di lei, era la candidata più
improbabile. Ashley non sapeva cosa pensare mentre rimuginava sulla
scena vista nel bosco, perché anche con quel buio, era stato
impossibile non riconoscere la massa di capelli rossi e ricci, stretti
nella coda alta di Katie.
To
be continued...
Come sempre, spero che vi sia piaciuto il capitolo. Lasciate un
commento, grazie per aver letto!
Elis.
Lo
so, è
passato qualche mese dall’ultima volta che ho aggiornato.
Chiedo scusa, ma sono
stata davvero molto impegnata e non sono riuscita a finire il capitolo
prima. Per
ricordarvi un po’ cos’è successo nei
capitoli precedenti, vi faccio un mini
riassunto.
Riassunto:
Ashley Shepherd è appena tornata alla Cimmeria dopo diversi
mesi di assenza,
durante i quali ha lavorato a stretto contatto con Lucinda. Allie, che
finalmente ha rinunciato a Sylvain ed è felicemente
fidanzata con Carter,
stringe subito amicizia con lei. Sembrano fatte l’una per
l’altra, se non fosse
per il fatto che tendono sempre più spesso a mettersi nei
guai. Dopo aver
sabotato il ballo di Lucinda, le due escono di nascosto per un bagno
notturno
nel lago. L’influenza negativa che Ashley esercita su Allie
non va proprio a
genio a Carter, e ciò rischia di mandare in crisi il suo
rapporto con la
ragazza. Allo stesso tempo Ashley, che in segreto frequenta il fratello
di
Allie, Christopher, è in continua lotta con lui per
divergenze che riguardano
anche Isabelle e Nathaniel. Nel frattempo, la spia gira a piede libero
per la
scuola e non ci sono svolte nel capire chi è. Almeno
finché Ashley non vede
Katie Gilmore nel bosco con Gabe.
Se
c’è
qualche fan di Katie (ma anche no), questo capitolo è per
voi. :)
Night
School
Chapter
Seven
Ashley
si
svegliò di scatto. Aprì gli occhi di colpo e
impiegò solo pochi secondi per
mettere a fuoco il soffitto della sua stanza. Si trovava a letto, stesa
a
pancia in su, con le coperte rimboccate fino alla base del collo e le
braccia
fuori. Una luce fioca filtrava dalla finestra illuminando appena la
stanza; ne dedusse
che doveva essere quasi l’alba. Si tastò la fronte
con una mano, quasi potesse
sentire i pensieri pulsare contro le tempie, e quell’unico
tocco bastò a far riaffiorare
nella sua mente i ricordi quasi assopiti. La notte precedente, il bagno
nel
lago con Allie, le voci che bisbigliavano nel bosco. Gabe. Katie. Gabe
e Katie.
Non indugiò oltre: scostò le coperte con uno
strattone e si alzò di slancio.
Indossò la tuta pesante della Cimmeria, allacciò
strette le scarpe da tennis e
afferrò l’iPod nascosto sotto il letto, uscendo
poi dalla stanza senza guardarsi
indietro. Marciò lungo il corridoio fino ad arrivare davanti
alla camera che
stava cercando, spalancò la porta senza bussare ed
entrò come una furia. Katie
si svegliò di soprassalto e si mise seduta sul letto prima
ancora di capire
cosa avesse disturbato il suo sonno.
«Cosa stavi
facendo ieri notte nel bosco?» chiese Ashley, la voce resa
gelida dalla rabbia.
«Ma sei
impazzita?!» esclamò Katie con voce stridula. Si
strofinò il viso assonnato e
poi lanciò uno sguardo rapido alla sveglia sul comodino.
«Ma lo sai che ore
sono? Cosa ci fai nella mia stanza?», si lamentò
stizzita.
«Non me ne
frega un cazzo di che ore sono. Voglio sapere cosa ci facevi ieri notte
nel
bosco», sussurrò Ashley, scandendo ogni singola
parola, mentre si avvicinava al
letto minacciosa.
Katie
assunse un’espressione sorpresa, poi spaventata quando
capì che Ashley l’aveva
vista con Gabe. Ma subito l’indignazione prese posto sul suo
viso. «Non sono
affari tuoi! E ora vattene! Esci dalla mia stanza».
L’altra
ragazza, per tutta risposta, si avvicinò ancora di
più e la afferrò con forza
per le spalle. Quando parlò, il suo tono fermo aveva un
sibilo minaccioso e
d’avvertimento al tempo stesso. «Non so cosa stessi
facendo là fuori con Gabe,
ma ti consiglio di stare attenta, Katie. E’ più
pericoloso di quanto immagini».
Detto questo, girò su se stessa e tornò sui suoi
passi, sbattendosi la porta
alle spalle e lasciandosi dietro una Katie insieme stupita e
terrorizzata.
Ashley
uscì
nell’aria fredda del mattino rabbrividendo. Sebbene fosse
febbraio e il sole
non era ancora sorto, era sicura che nei giorni precedenti non facesse così freddo.
Si tirò sulla testa il
cappuccio della felpa e infilò le cuffie dell’iPod
nelle orecchie, poi premette
il tasto “riproduzione casuale” e alzò
il volume al massimo. Si lanciò sul
vialetto d’ingresso della Cimmeria a passo di corsa e
cominciò a girare intorno
all’edificio, percorrendo il percorso ad anello che era
solita fare quando
decideva di fare jogging di primo mattino. Il cielo era una tela
sfumata, come
se il pittore avesse lasciato scivolare il pennello lungo il quadro
mescolando
tutti i colori. Le prime luci dell’alba tingevano
l’orizzonte di un rosa e
arancio così acceso che sembrava bruciare. Ashley, lo
sguardo perso in
lontananza, aveva la testa che vorticava di pensieri. Percepiva il
proprio
cuore battere forte all’interno della cassa toracica, mentre
una strana ansia e
agitazione si faceva strada dentro di lei. La corsa non aiutava. Era
sempre
stata l’unica cosa che le permetteva di sfogarsi, ma ora non
riusciva proprio a
calmarsi. Si costrinse a fermarsi e appoggiò la fronte
sudata contro il tronco
di un albero, come se cercasse di rallentare insieme al respiro,
l’incessante
martellare della sua mente che formulava idee. Non è che non
volevacredere che Katie fosse la spia,
ma proprio non poteva
crederci.
Insomma, sarà anche stata una stronza ricca e manipolatrice,
e i suoi genitori
erano sicuramente più dalla parte di Nathaniel che di
Lucinda, ma non riusciva
a pensare che Katie c’entrasse qualcosa con questa storia.
Sebbene avesse tutte
le credenziali per entrare a far parte della Night School, come Rachel,
Katie
aveva rifiutato più volte l’offerta sostenendo che
non faceva per lei. E di
certo Ashley non ce la vedeva per niente a sporcarsi le mani e
rischiare di
spezzarsi le unghie mentre faceva allenamenti assassini nel bosco.
Decisamente,
era impossibile credere che Katie avesse qualcosa a che fare con la
guerra di
potere di Nathaniel. Eppure, non era lei stessa che l’aveva
vista parlare con
Gabe la notte precedente? Che cosa voleva Gabe da Katie? E che diamine
stava
succedendo alla Cimmeria? Ashley non sapeva darsi una risposta e non
riconosceva più la scuola e le persone che aveva lasciato
qualche mese prima.
Tutto era cambiato. Tutti erano cambiati.
Fece un
respiro profondo che si trasformò subito in una nuvoletta di
fumo bianco e, con
fredda determinazione, si costrinse a rialzarsi e a riprendere la corsa
che
aveva interrotto. Non poteva dire a nessuno ciò che aveva
visto. Se Isabelle
avesse scoperto a cosa aveva assistito, anche Allie e Carter sarebbero
finiti
nei guai per essere usciti a quell’ora tarda. E se
l’avesse detto ad Allie,
avrebbe voluto uccidere Katie con le sue mani ed Ashley aveva invece
bisogno
che restasse viva abbastanza a lungo per cercare di capire che ruolo
avesse. Aveva
intenzione di andare a fondo alla questione. Qualsiasi cosa Gabe stesse
architettando non l’avrebbe passata liscia. Ed Ashley era
più risoluta che mai:
sarebbe riuscita a strappare fuori la verità dalla bocca di
Katie.
*
Quel
giorno,
con il naso gocciolante per il freddo preso dopo il bagno nel lago,
Allie si
ritrovò a fare colazione da sola. Nonostante fossero le otto
di un sabato
mattina, si era svegliata presto e il suo cervello si rifiutava
categoricamente
di rimettersi a dormire. Restia a rimanere ancora a letto a farsi
prendere
dall’ansia mentre fissava il muro della sua camera, decise
che tanto valeva la
pena alzarsi e andare a fare colazione. La sala da pranzo era quasi
deserta,
solo pochi tavoli erano occupati. Dal posto riservato agli insegnanti,
Eloise
le rivolse un’occhiata interrogativa, ma lei fece un gesto
della mano per dire
che stava bene. Ma non stava bene. Non c’era niente che
andava bene. La sera
prima, dopo il tuffo nel lago ghiacciato in compagnia di Ashley, Carter
le
aveva fatto una ramanzina lunga mezz’ora. Allie aveva capito
appena l’aveva
visto che era arrabbiato, ma non aveva idea che fosse così incazzato. Immerse lentamente il cucchiaio nella
ciotola
davanti a sé e rimase a fissare il suo porridge senza alcuna
voglia di mandarlo
giù. Appoggiò la testa contro il palmo della mano
come se potesse impedire al
mal di testa di diffondersi oltre, e intanto ripensava alla litigata
avuta con
Carter.
La
notte
precedente, per tutto il tragitto di ritorno a scuola, Carter non aveva
detto
una parola. Erano solo loro due e il silenzio del bosco; Ashley era
rimasta
indietro e Allie si soffermò un momento a preoccuparsi su
che fine avesse fatto,
ma poi pensò che Ashley era la più allenata di
tutti loro nella Night School e
se la sarebbe cavata egregiamente da sola. Del resto, per lei cose di
questo
genere, rientrare a scuola in segreto dopo una fuga notturna, erano la
normalità. Carter la condusse all’entrata
secondaria, dov’era meno probabile
che qualcuno li scoprisse. Di certo, non potevano entrare
nell’atrio come se
niente fosse dopo diverse ore che era scattato il coprifuoco. Zelazny
li
avrebbe uccisi volentieri con le sue stesse mani. E poi,
c’era da considerare
l'idea che le guardie di Raj potessero essere ovunque e saltare fuori
dal nulla
da un momento all’altro per il loro turno di ronda. Il
silenzio carico di
minaccia e tensione che Carter si era imposto, ad Allie
sembrò protrarsi in
eterno, eppure sapeva dal modo rigido in cui teneva le spalle, che era
fuori di
sé dalla rabbia e che stava cercando di fare del suo meglio
per controllarsi.
Infine, quando raggiunsero la porta sul retro, Carter non
riuscì più a
trattenersi.
«Dannazione,
Allie!» esclamò all’improvviso, tirando
un pugno serrato contro la pesante
porta di legno.
Allie
sussultò sorpresa. Aveva continuato a tacere così
a lungo, che ormai pensava
non avrebbe più detto niente. Invece, sembrava che a Carter
non importasse nulla
di farsi scoprire, perché la sua voce si levò
alta nella notte.
«Che cosa ti
sei messa in testa? Da quando fai tutto quello che ti dice
Ashley?»
Allie lo
guardò con tanto d’occhi. Sicuramente era la
rabbia a farlo parlare.
«Io non
faccio tutto quello che fa Ashley. Era solo un bagno innocente, non
vedo dove
sia il problema», replicò la ragazza sulla
difensiva.
«Qual è il
problema?» chiese Carter con una vena d’ironia.
«Il problema è che hai
incontrato Ashley da meno di un minuto e ti sei già fatta
condizionare da lei,
senza nemmeno conoscerla davvero».
«Ma che stai
dicendo?» domandò Allie stizzita. Ora cominciava
ad arrabbiarsi anche lei. Non
le piaceva il tono di accusa di Carter. «Io non mi faccio
influenzare da
nessuno. Non capisco perché ti arrabbi tanto!»
Fece un gesto frustrato con la
mano, ma Carter sembrò non farci nemmeno caso. I suoi occhi
mandavano
scintille.
«Mi incazzo
perché è pericoloso, Allie! Non capisci? Mi
preoccupo per te!» Carter fece un
passo verso di lei, il tono di voce freddo ed esasperato.
«C’è un pazzo
psicopatico, là fuori, che non aspetta altro che mettere le
mani su di te e tu,
al posto di stare al sicuro nella tua stanza, cosa fai? Te ne vai in
giro a
farti un bel bagno in un cazzo di lago gelato nel cuore della
notte!» Le sue
parole erano così dure e vere che la fecero sembrare
un’idiota senza cervello. «Che
cosa sarebbe successo se io non vi avessi tirato fuori di lì
e fosse arrivato
Gabe?»
Carter la
fissò dritto negli occhi in attesa di una risposta, ma Allie
non aveva una
risposta. Avrebbe voluto dirgli che non era al sicuro nemmeno nella sua
camera
per colpa di quella dannata spia. E che non sapeva cosa avrebbe fatto
se Gabe
si fosse presentato lì, ma non era successo. Un moto di
orgoglio dentro di lei,
le disse che era andato tutto bene e che ce l’avevano fatta
anche senza il suo
aiuto. Eppure quando glielo disse, il ragazzo sbuffò
spazientito. «Davvero, è
andato tutto bene. Non c’è bisogno di sclerare
così», insisté Allie.
«Questa
volta è andato tutto bene!», ribatté
lui, alzando il tono carico di rabbia. «Ma
la prossima volta, chi lo sa?» Carter appoggiò la
schiena contro la porta e si
passò una mano sulla fronte come per schiarirsi le idee. Poi
fece un respiro
profondo per calmarsi e continuò con voce più
bassa e normale di prima: «Ascolta,
Al, non voglio litigare con te, ma sono seriamente preoccupato. Ashley
è una
piantagrane di prima categoria. E’ abituata a fare quello che
vuole e se ne
frega degli altri. Si mette sempre nei guai e l’ultima cosa
di cui tu hai
bisogno è seguire il suo cattivo esempio». Carter
le sbatté in faccia quelle parole
con prepotenza, come se stesse parlando con una bambina piccola che non
capiva
la situazione. E questo fu la goccia che fece traboccare il vaso. Di
nuovo. Allie
era davvero troppo stanca che tutti le dicessero cosa fare o non fare,
di chi
fidarsi, di chi dubitare. Era stufa che criticassero lei e Ashley per
il loro
comportamento, quando anche altri violavano le stesse regole come se
niente
fosse. Non voleva sentirsi dire anche chi poteva frequentare o meno.
Era in
grado di scegliersi da sola le sue amicizie, e di certo non aveva
bisogno della
paternale di Carter. «E tu, invece? Anche tu sei un casinista
e finisci sempre
nei guai. Ma, ehi, se lo fa Carter West va tutto bene! Se, invece, per
una
volta, Allie infrange una regola è una tragedia
colossale!» Sapeva che stava
esagerando, e che stava mettendo in piedi una scenata inutile, ma non
poteva
fermarsi proprio ora. Era scoppiata senza più freni
inibitori. «Forse non hai
considerato che io con Ashley mi trovo bene e che, finalmente, ho
incontrato
qualcuno che mi capisce davvero. Anche se la conosco da poco,
è mia amica.
Quindi, grazie per il consiglio, ma non penso che questi siano affari
tuoi»,
sbottò Allie alla fine. Ma quando alzò lo sguardo
e incontrò gli occhi di
Carter, si accorse di essersi spinta troppo oltre e di aver fatto un
errore
madornale a prendersela con lui. Subito si pentì di essere
stata così dura, ma
ormai era troppo tardi. Un lampo d’incredulità
passò all’inizio sul viso di
Carter, ma presto scomparve sostituito da ciò che Allie si
era aspettata di
meno. L’espressione ferita con cui Carter la
guardò ebbe su di lei l’effetto di
un pugno nello stomaco. Le spezzò il respiro e in quel
momento capì che per
niente al mondo avrebbe voluto perdere Carter, o che lui la guardasse
ancora in
quel modo.
«Be’, scusa
tanto se mi prendo il disturbo di cercare di tenere in vita la mia ragazza».
Carter si voltò e aprì
la porta come una furia. «Solo, stai attenta a quello che
fai. Ashley non è la
persona che credi». Varcò la soglia con passo
spedito e sparì nel buio del
corridoio, lasciandola impalata davanti alla porta. Allie
chiamò più volte il
suo nome, ma il ragazzo non si guardò mai indietro.
Si
sentì una
stupida. Aveva rovinato tutto. Aveva mandato all’aria ogni
cosa. Sapeva che
avrebbe dovuto cercare Carter per sistemare le cose, eppure aveva paura
che
niente potesse tornare come prima. Aveva detto delle cose orribili e
temeva che
Carter non l’avrebbe mai perdonata. Ma doveva trovare il
coraggio di affrontare
la questione, perché non riusciva a immaginarsi una vita in
cui Carter non
facesse parte del suo mondo.
*
Ashley
rimase appostata fuori dalla biblioteca per
un’eternità, tanto che le sembrò
fossero passate delle ore. In realtà, era lì solo
da mezzora. Appoggiata contro
la parte di legno di quercia in corridoio, con le braccia incrociate
sul petto,
canticchiava nella sua mente e aspettava. Poco prima aveva visto Katie
entrare
in biblioteca e, visto che non poteva entrare lì e fare una
scenata di fronte a
tutti, aveva deciso di seguirla e sorprenderla quando era da sola.
Passarono
altri interminabili minuti, durante i quali Ashley osservò
il lento viavai di
studenti che si spostavano pigramente dalla biblioteca alla sala
comune.
Finalmente, intravide mescolata tra la folla una massa di capelli ricci
rosso
fuoco che poteva appartenere a una sola persona. Scivolò
velocemente in una
nicchia nella parete, proprio mentre Katie le passava davanti
incurante. Lasciò
che qualche studente e diversi metri si frappose tra di loro, poi
sgusciò fuori
dal suo nascondiglio come se niente fosse. Una studentessa del primo
anno le
lanciò un’occhiata incredula, come se per magia
fosse comparsa in mezzo al
corridoio all’improvviso. Ashley le rivolse un sorriso
amabile, prima di
tornare a concentrarsi sul suo obiettivo. Katie aveva imboccato le
scale per il
dormitorio femminile. Meglio così.
A quest’ora ci sarà meno gente,
pensò Ashley, salendo a sua volta ai piani superiori.
Imboccò lo
stretto passaggio del dormitorio femminile. Su ogni lato c'era una fila
di
identiche porte bianche. Se Ashley allargava le braccia, poteva toccare
le due
pareti con entrambe le mani. C’era un solo problema. Il
corridoio era
completamente vuoto. Merda.
Si era
distanziata troppo da Katie per non farsi scoprire e l’aveva
persa di vista.
Per lei che era un’esperta della Night School, era proprio un
errore da
dilettante. Con tutto quello sta
accadendo in questi
giorni, non so proprio dove ho la testa, pensò
amaramente la ragazza.
All’improvviso,
una porta si spalancò e Katie ne uscì in tutta
fretta. Ashley s’immobilizzò in
mezzo al corridoio, senza alcun posto in cui nascondersi. Decise di
rimanere
semplicemente ferma, ogni movimento poteva attirare
l’attenzione. Ma Katie non
la degnò nemmeno di uno sguardo, occupata com’era
a sibilare furiosamente
qualcosa nel cellulare che teneva incastrato tra la spalla e
l’orecchio. Aveva
le braccia cariche di vestiti. Con una certa fatica, aprì
un’altra porta e poi
la richiuse dietro di sé con un piede. Ashley sapeva
benissimo che stanza era
quella. Raggiunse l’entrata del bagno con poche falcate. Bingo.
Socchiuse
piano la porta, ma quella non fece alcun rumore. Trovò Katie
davanti a uno
degli specchi, con le mani appoggiate sul bordo del lavandino e la
testa china
in avanti. I capelli le ricadevano sul viso coprendone il riflesso.
Aveva
chiuso la comunicazione e il cellulare giaceva ora abbandonato accanto
al
sapone.
«Con chi
stavi parlando?» chiese Ashley, con tono fintamente
interessato. Aveva una
spalla appoggiata allo stipite della porta ancora aperta e le gambe
incrociate
di lato, in una posa insieme comoda e noncurante. I suoi occhi
però scrutavano
Katie senza perdersi neanche un dettaglio.
La rossa si
girò di scatto spaventata. «Dio, Ashley! Cosa sei
una bambina?!», chiese
stizzita per nascondere l’ansia che le era presa, e
sicuramente anche
l’espressione preoccupata che aveva in viso.
«Paura, eh?»
commentò Ashley, socchiudendo gli occhi e scostandosi dalla
parete. «Volevo
proprio fare due chiacchiere con te». Si chiuse la porta alle
spalle.
Katie fece
un sospiro impaziente. «Ho di meglio da fare ora, che parlare
con te», disse
sprezzante. Raccolse il telefono e fece per dirigersi verso la porta ma
Ashley
le si parò davanti. «Oh, io invece credo che tu
abbia del tempo a disposizione.
A meno che tu non voglia che Isabelle venga a sapere che ti ho vista
nel bosco
con Gabe».
«Se avessi
voluto, gliel’avresti già detto»,
ribatté Katie spavalda. Ashley poté comunque
notare la scia di paura e incertezza nei suoi occhi e nel modo in cui
le
tremavano le mani appoggiate ai fianchi, in una posa da dura.
«Già, il
punto è che io non voglio che Isabelle lo sappia».
Katie le
lanciò un’occhiata incuriosita. «E
perché no? Fare la lecchina non è il tuo
hobby preferito?» chiese la ragazza sospettosa.
«Non stavolta.
Se lei lo scoprisse, s’incazzerebbe, metterebbe tutti in
punizione e non
sarebbe di nessun aiuto». Ashley alzò gli occhi al
cielo. «Io, invece, voglio
scoprire una cosa».
«E’ tutto
molto interessante, ma non vedo come io ti possa aiutare».
Katie inarcò un
sopracciglio che incorniciava perfettamente il suo visino impertinente.
«Questa è la
parte meno divertente. Tu sei l’unica che può
rispondere alla mia domanda»,
Ashley scosse la testa esasperata. «Ti pare che sarei qui a
perdere tempo a
parlare con te, se non mi servissi?»
«Ok, dimmi
cosa vuoi sapere e poi finiamola qui. Ne ho abbastanza di questa
farsa»,
esclamò l’altra.
«Voglio
sapere di cosa stavi parlando con Gabe e come ha fatto a mettersi in
contatto
con te», annunciò Ashley, incrociando le braccia.
Stavolta, l’avrebbe fatta
confessare con ogni mezzo.
Katie fece
una smorfia incredula, ma i brividi che la percorsero da capo a piedi
non
sfuggirono all’altra ragazza. «Col cavolo che te lo
dico. Ora, se vuoi
scusarmi…» Fece per sorpassare Ashley, ma quella
si mosse con agilità di lato,
bloccandole di nuovo la via d’uscita. In quel momento, la
porta del bagno si
spalancò e la stessa ragazzina di prima
s’inchiodò sull’entrata, spostando lo
sguardo dall’una all’altra.
«No. Fuori»,
esclamò Ashley, puntando un dito verso il corridoio. La
bambina,
riconoscendola, le rivolse un’occhiata terrorizzata e poi
scappò via lasciando
sbattere la porta. Bene, ora
potrà andare a dire a tutte le sue
amichette che c’è un alieno nella scuola.
La ragazza
tornò a concentrarsi su Katie, che aspettava con le braccia
incrociate e l’aria
di chi vorrebbe essere ovunque tranne che lì.
«Stavamo dicendo?»
«Non stavamo
dicendo un bel niente. Spostati».
Ashley la
fissò dritta negli occhi e fece un passo verso di lei.
«No». Senza volerlo,
Katie indietreggiò. Quando si rese conto di quello che stava
facendo, assunse
un’espressione da dura che non le si addiceva affatto. La sua
smorfia di timore
era come un libro aperto sulla sua faccia. Fece un respiro tremante e
provò di
nuovo a oltrepassarla, ma quando vide che Ashley continuava a fissarla
senza
dar segno di muoversi, esplose. «Non posso dirti niente, non
lo capisci?! Se lui
venisse a sapere che ne abbiamo parlato, mi ucciderebbe!»
Lasciò cadere le
difese tutte in una volta tanto che Ashley, all’inizio, si
sorprese e pensò che
stesse recitando. Invece, si rese conto che Katie era davvero sconvolta.
«Di chi stai
parlando? Chi ti ucciderebbe?»
«Gabe! E chi
se no?!» Ora Katie sembrava isterica. Ci mancava solo che
cominciasse a
strapparsi ciocche di capelli con le mani ed era pronta per
l’ospedale
psichiatrico. Tremava visibilmente e il suo viso era un misto di
terrore e
disperazione.
«No, Katie.
Ti posso assicurare che Gabe non ti farà niente. Non
lascerò che ti accada
qualcosa, ma devi dirmi che sta succedendo». Ashley fece un
passo verso di lei,
parlò con quanta più calma avesse in corpo per
non spaventarla oltre. «Non
posso aiutarti se non so come stanno le cose».
Katie fece
un bel respiro per calmarsi e si nascose il viso tra le mani. Dopo un
attimo di
pausa, disse: «Ok, dimmi cosa vuoi sapere».
Sembrava così sconfitta che perfino
ad Ashley faceva pena. Non era certo la sua migliore amica, ma non
aveva mai
visto Katie Gilmore ridotta in quelle condizioni. E se c’era
qualcuno che non
si faceva mai abbattere e sconvolgere da niente, quella era proprio
Katie.
«Parti
dall’inizio». La ragazza le rivolse
un’occhiata comprensiva.
Katie le
raccontò che qualche settimana prima Gabe si era messo in
contatto con lei. Non
che lei ci avesse parlato molte volte. Semplicemente, aveva trovato una
lettera
finemente scritta su carta da invito, in cui Gabe richiedeva la sua
collaborazione. I genitori di Katie, infatti, oltre ad essere membri
del
Consiglio della Cimmeria, erano anche dalla parte di Nathaniel e
speravano che
la figlia facesse altrettanto. Ciò che Gabe voleva da lei
era che cercasse di
coinvolgere altri studenti, figli di membri del Consiglio, per cercare
di
convincere anche i loro genitori ad allearsi con Nathaniel. Quello che
però
nessuno aveva considerato, era che Katie non stava dalla parte di
Nathaniel e
non aveva alcuna intenzione di aver qualcosa a che fare con quella
storia.
«E’ quello
che ho detto a Gabe ieri sera. Che non ho intenzione di
aiutarlo», concluse
Katie.
«E lui come
ha reagito?»
«Non ne era
per niente contento. Mi ha minacciato», ammise infine.
«Immagino che tu abbia
notato che non stavamo esattamente prendendo il tè come
buoni amici. A
proposito dov’eri nascosta?»
«Dietro al
cespuglio», confessò Ashley. «Dimmi
ancora una cosa. Chi ti consegnava le
lettere e come facevi a rispondere?»
«Non
rispondevo. Gabe mi ha detto di non farlo. Trovavo le lettere sempre
sulla mia
scrivania», Katie alzò le spalle come se non
potesse farci niente. «Credo che
fosse la spia nella Night School che me le consegnava, anche se non ho
idea di
chi possa essere. Non l’ho mai visto e credimi ci ho anche
provato a coglierlo
in flagrante».
«Non ne
dubito», commentò Ashley, guardandola in modo
strano. «Toglimi un’altra curiosità.
Quante volte hai incontrato Gabe?»
«Solo due»,
rispose lei. «Ieri sera e qualche settimana fa. La notte in
cui ci fu la cena
della Vigilia di Natale e Sylvain era appena stato aggredito, ricordi?
Non so
perché Gabe abbia voluto vedermi quella notte e non mi
avesse inviato un’altra
lettera e basta. Forse la spia in quel momento non poteva».
«Forse
perché era alla cena di Natale e non poteva
mancare». Le due ragazze si
scambiarono un’occhiata complice.
«Forse sì».
«Comunque
sia, non ti devi preoccupare. Farò il possibile per
risolvere questa storia».
Le diede una pacca sul braccio, dimentica del fatto che loro due non
erano mai
state in buoni rapporti. «Se Gabe dovesse mettersi ancora in
contatto con te,
fammelo sapere. Ci penso io a mandarlo a cagare».
Katie si
concesse addirittura un sorriso. Sembrava molto più
sollevata ora. E
l’espressione grata che rivolse per ringraziarla, convinse
Ashley che non c’era
bisogno di preoccuparsi. Katie stava bene.
*
Il sole
aveva già iniziato a calare fuori dalla finestra quando
finalmente Allie trovò
Carter. Era seduto da solo a un tavolo in mogano della biblioteca,
immerso nel
silenzio mentre studiava. Allie avrebbe voluto rimanere lì a
fissarlo per ore,
godersi la visione delle sue lunghe ciglia che sbattevano a intervalli
regolari
e la sua mano che si muoveva sinuosa mentre scriveva. Invece, fece un
respiro
profondo e si costrinse a fare qualche passo avanti verso di lui. Era
così
concentrato sui suoi compiti che non alzò lo sguardo
finché lei non gli si parò
davanti.
«Pensavo che
potessimo parlare», annunciò Allie, un
po’ incerta e speranzosa insieme.
Se Carter
credeva che avesse fatto male a pensarla così, non lo disse.
Appoggiò la schiena
contro lo schienale della sedia con un sospiro, la penna dimenticata
tra le
lunghe dita e gli occhi fissò sul suo saggio. Almeno si
costrinse a fermarsi e
ascoltare. Che ti aspettavi, Allie?
Che saltasse dalla
gioia appena ti avesse visto?, si
chiese in modo sarcastico.
La ragazza
scostò titubante la sedia di fronte a lui e si sedette
appoggiando i palmi
delle mani sudate sul piano lucido.
«Credo
proprio di doverti delle scuse», cominciò
sbirciandolo appena da sotto le
ciglia. «Mi sono comportata da completa idiota, ieri
sera». Carter fece una
smorfia come per dire che sì, era un’idiota.
«E mi dispiace, Carter. Mi
dispiace così tanto. Ti ho detto delle cose orribili che non
meritavi e che non
pensavo realmente, devi credermi…»
Il ragazzo
non sollevò nemmeno lo sguardo. «Lo pensavi
davvero, invece», replicò. La sua
voce triste aveva una nota di accusa.
«No, io…»
«Lascia
perdere, Allie. Non cercare di giustificarti con me». Carter
aveva smesso di
giocherellare con la penna, ora la guardava dritta negli occhi grigi.
«Lo
capisco, ok? Hai passato un periodo orribile. Mi rendo conto di quanto
tuo
fratello ti abbia ferita quando se n’è andato. So
cosa provi. Ci sono passato
anch’io, ricordi? So quanto ci si può sentire
tristi nel perdere qualcuno che
si ama. Provo le stesse cose, ok? Mi sento solo; è da quando
i miei genitori
sono morti che mi sento solo e..» Sembrò fare uno
sforzo immenso nel
pronunciare quelle parole. Allie sapeva quanto fosse difficile per lui
parlare
dei suoi e ammettere quanto gli mancavano. Ma lui si costrinse a
continuare. «So
che ne ho combinate di cotte e crude in passato e forse dovrei essere
l’ultima
persona che può permettersi di parlare. Anche Isabelle mi
darebbe ragione su
questo», Carter si lasciò sfuggire un breve
sorrisetto triste ma subito lo
represse. «Ma conosco Ashley meglio di te, so come fa. Ha
quel modo intrigante
e affascinante che fa sembrare tutto una buona idea; credimi quanto ti
dico che
lo so, perché ci sono passato anch’io. Ma non
è sempre così, è pericoloso e
Ashley…» Diede una scrollata di spalle come se non
sapesse nemmeno lui come
definirla. «Lei.. è fuori controllo. Nessuno
riesce a gestirla. Non sa cosa
vuol dire la parola “rischioso”, lei fa la prima
cosa che le passa per la testa
senza pensare alle conseguenze. E Isabelle gliel’ha sempre
lasciato fare».
Dopo un
attimo di pausa continuò: «Ma per te è
diverso. Nathaniel è una costante
minaccia per te e io ho paura». Ora Carter sembrava
esasperato e addolorato
insieme, i suoi occhi brillavano di una qualche luce bellissima. Con le
guance
arrossate per la concentrazione, la fissava con una tale
intensità che il suo
sguardo bruciante poteva quasi scottarle la pelle. Allie lo osservava
assorta,
senza aprir bocca o perdersi anche una sola parola. La sua gola si era
seccata
così tanto che forse, anche se ci avesse provato, non poteva
comunque parlare. «Ho
una dannata paura che ti possa succedere qualcosa, che a volte mi
sembra di
impazzire. E uscire da sole con il buio è stata
un’idea davvero stupida e mi
hai spaventato a morte. Quando mi sono accorto che non eri nella tua
stanza e
che potevi essere ovunque, che potevi essere sparita senza che qualcuno
se ne
accorgesse, magari rapita, io…» Carter
appoggiò i gomiti sulla scrivania e si
coprì il volto con le mani. Fece scorrere i ciuffi di
capelli tra le dita e poi
tornò a guardarla con un’espressione dolce e
triste insieme. «Al, mi dispiace
per la scenata che ti ho fatto ieri sera e di aver litigato con te, ci
ho
pensato tutta la notte. Ma di fronte anche alla più piccola
eventualità di
poterti perdere, io esco di testa».
Ora Allie
aveva anche le lacrime agli occhi. Possibile che fosse stata
così egoista da
non rendersi conto dei sentimenti che Carter provava? Era stata
così stupida da
pensare solo a sé in una situazione come questa? Anche
Carter aveva perso delle
persone importanti nella sua vita, eppure non andava in giro ad
accusare la
gente di non riuscire a capirlo. Lui era solo al mondo e non una volta
l’aveva
sentito lamentarsi di questo. Lei, in confronto, sembrava una bambina
viziata
chesi cacciava nei
guai apposta per far
arrabbiare i grandi, e si odiò per questo. Aveva ferito i
sentimenti di Carter
e si sentiva più stupida che mai.
Quando
finalmente aprì bocca per parlare, non riuscì
più a sostenere il suo sguardo. «Non
sei tu a doverti scusare. Sono io quella che ha sbagliato. Sono io
l’idiota che
era troppo concentrata su se stessa per pensare alle conseguenze e agli
altri.
Mi dispiace così tanto, Carter». Avrebbe voluto
smettere di tormentarsi le mani
ma proprio non ci riusciva. Alzò lo sguardo verso di lui. Se
doveva trovare un
modo per farsi perdonare, almeno l’avrebbe fatto guardandolo
negli occhi. Si
sarebbe impegnata per dimostrargli quanto era davvero dispiaciuta, per
indurlo
a credere di nuovo in lei. «Non ti ferirei mai
intenzionalmente, lo sai. E’
solo che… non stavo pensando. Ho agito d’istinto
come una stupida e non avrei
mai dovuto assecondare Ashley. Non avrei mai dovuto dirti quelle cose,
sono
stata orribile. E ora sembro una lagna che si strugge per le sue
colpe».
«No continua
pure, mi diverte vederti così. Fa parte della tua
punizione», le disse Carter
con un sorriso.
Allie
sorrise a sua volta e allungò timidamente il braccio verso
di lui. Il ragazzo
le prese la mano e la strinse nella sua. Quando le loro dita si
toccarono,
entrambi sentirono dei piacevoli brividi risalire lungo il braccio,
come se si
toccassero per la prima volta. Quella sensazione ricordò a
entrambi i motivi
per cui stavano insieme.
«Quando
Lucinda è venuta qui, ieri pomeriggio, per dirmi che avrebbe
accettato di
aiutarci, mi ha dato un avvertimento. Mi ha detto di stare alla larga
da Ashley
e io, non so cosa volevo dimostrare, ma è ciò che
mi ha convinto a fare quella
cosa con lei. E anche quando mi hai detto di stare lontana da Ashley,
ieri
sera, io mi sono arrabbiata. Non voglio sentirmi dire con chi posso
uscire o di
chi posso essere amica, vorrei scegliere da sola le persone di cui
fidarmi. Ma
a quanto pare non so fare neanche questo, perché finisco
sempre nei casini».
«Penso che
siamo tutti un po’ esauriti da questa storia della spia e che
ci renda nervosi
e sospettosi. Ma hai ragione, dovresti imparare a decidere di chi
fidarti da
sola. E non avrei dovuto gridarti addosso in quel modo e importi di non
vedere
Ashley. Voglio solo che tu sia al sicuro e che stai attenta a
ciò che potrebbe
metterti in pericolo», disse Carter. Le sue dita intrecciate
a quelle di Allie
erano fredde al tatto.
«No, hai
ragione. Forse avevo solo bisogno di un indirizzamento. Vorrei che il
dottor
West mi consigliasse più spesso su ciò che
è giusto o no», suggerì timidamente.
«Il dottor
West è sua disposizione quando vuole, Miss
Sheridan», replicò lui con un
sorriso. «E parte del trattamento prevede anche che sia
necessario uno
sbaciucchiamento rappacificatore», le lasciò
un’occhiata maliziosa. Allie
sorrise ma non si mosse. «Potrai mai perdonarmi?»
«Comincia a
portare qui le chiappe, e poi vedremo». Carter la tenne per
mano mentre faceva
il giro del tavolo e si sedeva sulle sue gambe. La vicinanza dei loro
corpi era
la medicina più efficace di cui ora entrambi avevano
bisogno. Quando Carter la
baciò, Allie giurò a se stessa che non
l’avrebbe più lasciato andare. Che non
avrebbe più combinato o fatto niente che potesse mettere a
rischio il loro
rapporto. Desiderava davvero riuscire a mantenere quella promessa.
*
«Sai,
comincio ad odiare sul serio Raj; mi rifila sempre il turno di notte
quando fa
un freddo cane», esclamò Ashley stringendosi nel
cappotto nero, che non la
stava riscaldando affatto.
«Ci vogliono
continuamente attenti e vigili, però non ho ancora capito
perché non se le
fanno loro queste stupide ronde», concordò Allie
tremando nell’aria gelida
della sera.
«Ma ce li
vedi, Isabelle e Zelazny che passeggiano al chiaro di luna tenendosi
per mano,
rivelandosi chissà quali segreti e cercando spie nascoste
dietro gli abeti?»
«Bleah, ti
prego. Ho appena mangiato!» commentò scandalizzata
Allie. Scosse la mano
davanti a sé come per scacciare quella disgustosa immagine.
Era,
probabilmente, già passata la mezzanotte e loro stavano
gironzolando da almeno
un’ora, pattugliando il campus per la Night School. Entrambe
stufe di girare in
tondo come due sceme, decisero di deviare di poco il percorso,
addentrandosi
ancora di più tra gli alberi. Qui, a parte le loro voci,
regnava il silenzio;
solo ogni tanto si sentiva il lieve spostamento di foglie causato da
qualche
animale, messo in agitazione dal loro passaggio. Oltre a questo, niente
di
interessante da riportare. Nessuna spia in circolazione, nessuna
effrazione nel
giardino della scuola. Niente Gabe o Nathaniel. Niente Christopher.
Ashley
preferiva non pensarci e si concentrò quindi su Allie.
«Allora,
dimmi. Come va con Carter?» chiese infrangendo il silenzio
della notte. La sua
voce fu come lo sparo di un colpo di cannone in mare aperto.
«So che si è
arrabbiato, ieri sera».
«Arrabbiato
è un eufemismo. Direi piuttosto che era infuriato. Ma
è colpa mia, ho detto
cose che non avrei dovuto e…», Allie
sospirò, «…ho solo peggiorato le
cose».
«Mi dispiace
che Carter se la sia presa con te. In fondo, è stata una mia
idea quella del
lago e so che lui non è esattamente un mio fan quando si
tratta di te», Ashley
le scoccò un’occhiata indecifrabile.
«Oh, lascia
perdere. Abbiamo parlato a lungo anche di quello e alla fine ci siamo
chiariti».
«Mi fa
piacere. Ti prometto che per un po’ eviterò di
farmi venire altre idee folli.
Dovremo stare più attente d’ora in
poi..» La frase di Ashley era quasi un
sussurro ed Allie fece fatica a sentirla. Avrebbe voluto chiederle a
cosa era
dovuto quel cambiamento, ma non ne ebbe il tempo. Accadde tutto in un
istante.
Il rumore di passi che si allontanavano frettolosamente, le voci che si
levarono alte nella notte, il cielo che si capovolse sopra di lei. Un
secondo
prima stava camminando al fianco di Ashley e quello dopo si
ritrovò stesa per
terra. Si girò con fatica a vedere in che cosa era
inciampata e notò Ashley,
immobile sul posto, che confusa cercava ancora di capire cosa fosse
successo. Videro
il corpo nello stesso momento. Una figura era accasciata per terra,
priva di
sensi.
«Oh mio Dio»,
Ashley si riprese dallo shock, si abbassò e
rigirò delicatamente la ragazza per
vederla in faccia. Allie si avvicinò abbastanza per
riconoscere il viso di
Katie Gilmore pallido come un lenzuolo, gli occhi chiusi. Sembrava non
esserci
più alcuna vita in lei, eppure intorno a lei non
c’erano tracce di sangue.
Ashley incontrò il suo sguardo, e Allie poté
vedere lo stesso orrore che
provava riflesso negli occhi terrorizzati della ragazza.
Pochi
istanti dopo, Allie stava già correndo a scuola a chiamare
aiuto. Ashley
appoggiò due dita sulla gola di Katie per sentirne il
battito. La ragazza era
ancora viva e dall’assenza di evidenti ferite esterne, ne
dedusse che fosse
solo svenuta. Qualcuno l’aveva colpita. Il bernoccolo che si
stava formando
sulla sua testa ne era una prova lampante. Porca puttana. Ed io che
le avevo detto di
stare tranquilla.
Ashley
desiderò sapere chi fosse stato, anche se aveva
già una mezza idea. Decise su
due piedi. Si alzò di scatto, scavalcò Katie con
un passo e corse nella
direzione da cui, poco prima, aveva sentito provenire le voci. Non
dovevano
essere lontani, questa volta li avrebbe presi.
Ma quando
raggiunse la radura da cui arrivavano quegli strani rumori,
capì che non importava
quanto lei fosse forte e menefreghista. Quanto si sentisse superiore
agli
altri. Comprese che la fiducia e la lealtà erano sentimenti
così importanti di
cui neanche lei poteva fare a meno, e che se infranti potevano avere
delle
conseguenze disastrose sullo stato d’animo delle persone.
Comprese solo in quel
momento come doveva sentirsi Isabelle ogni volta che lei infrangeva una
promessa fatta. Ashley aveva voluto credere in lui così
tanto, si era fidata di
lui più di chiunque altro e, proprio per questo, era
l’unico che poteva ferirla
nel profondo. Che poteva distruggere tutte le sue speranze. Niente
poteva
prepararla alla scena che le si parò davanti.
«Cosa pensi
che succederà quando tutti scopriranno che sono io la
spia?!» La voce
familiare. Il marcato accento francese. Li riconobbe
all’istante, ma niente le
spezzò il respiro quanto la vista della persona che aveva
parlato. Sotto la
luce della luna, le due figure brillavano come sabbia al sole. Quando i
due
ragazzi si girarono a guardarla, le sembrò di ricevere un
calcio nello stomaco.
Gabe. E Sylvain. Ma che diavolo..?
«Ma cosa… Sylvain?» Sylvain
è la spia della Night School?!
To be continued...
Ok,
calma calma. Ci tengo a precisare, prima che qualcuno si faccia
prendere dall'ansia (fan di Sylvain dico a voi), che Sylvain NON
è la spia di Nathaniel. O almeno, per quanto ne sappiamo ora
(siamo arrivati alla pubblicazione del secondo romanzo in Italia),
potrebbe anche esserlo. Detto questo, io non credo che sia lui la spia,
anzi sospetto di qualcun altro, ma dato che non posso dire chi
è per via dello spoiler, ho pensato di fare di Sylvain la
mia spia. Era un'idea che mi elettrizzava. Lo ammetto
all'inizio ho pensato che fosse davvero lui ahahah. Per il resto
godetevi la storia senza prenderla troppo seriamente, è pur
sempre una fanfiction di mia invenzione. :)
Per
chi invece è un fan della saga ed è in cerca di
qualche curiosità, passate a dare un'occhiata al blog
apposta da me creato http://nightschoolitalia.blogfree.net/
;) .
Mi
farebbe molto piacere se veniste a commentare o anche solo a
visitarlo.
Lasciate pure una recensione a questo capitolo, se vi è
piaciuto.
So
di essere enormemente in ritardo anche
stavolta, non sono riuscita a finire il capitolo prima. :(
E' un po' Sylvain-centrico, quindi fan di Sylvain questo capitolo
è tutto per
voi. Perdonate l'assenza di Allie e degli altri personaggi, nel
prossimo
capitolo ci saranno di più. Sylvain meritava un capitolo suo
per spiegare il
motivo del suo "tradimento". Per chi non avesse idea di cosa sto
parlando, vi riassumo in due righe l'ultimo capitolo. Riassunto:Dopo
che Ashley ha
beccato Katie e Gabe da soli nel bosco, è riuscita a far
confessare Katie e ha
scoperto che Gabe si metteva in comunicazione con lei tramite la spia
per
convincerla a unirsi a loro. Spaventata, Katie ha chiesto aiuto a
Ashley che le
ha promesso di tenerla al sicuro. Purtroppo (o forse no) Gabe attacca
Katie e
la ferisce, giunta sul luogo del "delitto" (scherzo non è
morta XD) Ashley
trova Sylvain e Gabe a parlare da soli. E scopre che la spia di
Nathaniel è...
Sylvain.
Buona lettura!
Night
School
Chapter
Eight
«Sylvain, cosa..? Che diavolo sta succedendo?!»
Ashley
rimase ferma, inebetita, a spostare lo sguardo sbalordito
dall’uno all’altro. Gabe aveva
un’espressione divertita e non si stava sforzando
più di tanto a nascondere il sorrisetto sardonico che gli
increspava le labbra. Sulla sua testa rasata stavano rispuntando dei
ciuffi di corti capelli biondi. Sylvain, dal canto suo, sembrava aver
appena ricevuto una pallonata in faccia. Immobile sotto la luce della
luna, sembrava respirare appena; i suoi occhi fissavano Ashley pieni di
terrore. «Be’,
sorpresa!» esclamò Gabe sghignazzando, riempiendo
il silenzio. «Sì, Sylvain è la spia
nella Night School; no, non è stato lui ad aggredire Katie,
ma io. Quella stronzetta mi stava dando un po’ troppi
problemi, non era mia intenzione farle del male, ma ho
dovuto…», disse con tono per niente dispiaciuto.
Gabe andò avanti a blaterare cose senza senso, ma nessuno lo
stava ascoltando. Semplicemente, Ashley e Sylvain continuavano a
guardarsi increduli, senza proferir parola, senza sapere cosa dire.
Poi, a un tratto, la bolla di sapone che sembrava circondare Ashley
esplose e in un attimo realizzò la scena di fronte ai suoi
occhi, come se si fosse appena risvegliata da una trance.
«Oh, mio Dio!» Si afferrò la testa con
le mani e strinse forte le ciocche di capelli tra le dita.
«Sei tu la spia di Nathaniel!» «E
urrà per Ashley!», commentò Gabe
applaudendo ironico, ma entrambi continuarono a ignorarlo. «Ashley,
ascolta…» Sylvain si riprese quel tanto da
consentirgli di aprire la bocca, ma Ashley lo interruppe con un gesto
della mano. «No, stai
zitto. Non voglio sentire neanche una parola da te»,
esclamò lei ancora sotto shock. Un altro sentimento si stava
facendo strada dentro di lei. Rabbia. «Non ci posso davvero
credere!», quasi urlò. Come poteva Sylvain,
che sembrava essere sempre il più affidabile e leale tra
tutti loro, tradirli così miseramente? Come poteva essere
lui la spia di Nathaniel? Stare dalla parte di coloro che avevano fatto
del male a Ruth, a Katie, ai genitori di Ashley. Come poteva supportare
quelli che volevano impadronirsi dell’intera scuola,
tagliando fuori Isabelle? E come poteva lei, Ashley, essere stata
così stupida da non accorgersi che Sylvain, il suo partner,
il suo migliore amico, il suo compagno di battaglie, stava tramando
alle sue spalle? Ma prima che avesse il
tempo di rovesciare tutta la sua ira sul ragazzo, sentì
delle voci in lontananza che chiamavano il suo nome. «Ho mandato
Allie a chiamare aiuto», sussurrò più
rivolta a se stessa che agli altri due. «Devo
andare». In quel momento, Gabe
sputò per terra e richiamò la sua attenzione.
«Sei disgustoso. Per questa volta ti lascio andare, solo per
questa volta. Non dovresti neanche essere qui», lo
rimbeccò sibilando. Lui non se lo fece ripetere due volte,
lanciò un’ultima occhiata di scherno a Sylvain e
mormorò: «Be’, vi lascio ai vostri
drammatici problemi». Poi sparì nel folto della
foresta senza più guardarsi indietro. Ashley e Sylvain
rimasero soli, e il silenzio insopportabile che calò tra di
loro sembrò protrarsi in eterno. Le voci degli altri
continuavano a chiamarla. «Andiamo»,
bisbigliò lei dopo un attimo, senza avere il coraggio di
guardarlo negli occhi. Ma ancora prima che potesse incamminarsi,
Sylvain fece un passo avanti: «Aspetta… ti
prego». Ashley non si mosse e il ragazzo lasciò
ricadere il braccio che aveva alzato per fermarla. «Per
favore, non dire niente a nessuno. Per ora». Ashley non aveva
mai sentito Sylvain supplicare qualcuno, e il suo accento francese
rendeva il suo tono ancora più disperato. Gli
lanciò solo un’occhiata veloce, prima di
incamminarsi verso il luogo in cui avevano trovato Katie. Ma anche
quell’unico sguardo bastò a Sylvain per capire che
Ashley non l’avrebbe tradito.
Tornando sui loro
passi, le voci che prima avevano ignorato si fecero sempre
più alte. Capirono che doveva essersi radunata una piccola
folla; quando Ashley e Sylvain tornarono nella radura, si trovarono
davanti molta più gente di prima. Povera
Katie. Jerry e Zelazny
stavano portando via il suo corpo incosciente. Sotto la luce della
luna, la sua pelle color latte sembrava ancora più pallida
di prima. Raj si era già calato nel suo ruolo e impartiva
ordini a destra e a manca. I suoi uomini, divisi in gruppi, stavano
controllando un po’ tutte le direzioni. Isabelle, con la
schiena diritta che non nascondeva di certo la sua ansia e
preoccupazione, teneva una mano sulla spalla di Allie per rassicurarla.
La sua amica sembrava visibilmente scossa. Quando la preside li vide
avvicinarsi, rivolse una breve occhiata interrogativa a Sylvain senza
però dire niente. Poi si voltò verso di lei e la
scrutò attentamente in cerca di ferite. «Ashley.
Sylvain. State bene, vero? Raccontatemi tutto. Avete visto chi
è stato?», la voce di Isabelle era resa tagliente
dalla rabbia. I suoi occhi dorati avrebbero potuto mandare scintille.
Come darle torto? Qualcuno si era di
nuovo introdotto nella sua scuola indisturbato. Di nuovo,
uno dei suoi studenti era stato ferito. Doveva essere furiosa. Ashley avrebbe tanto
voluto non essere lei a dovergli dire chi era il colpevole, ma non
poteva certo aspettarsi che Sylvain, dopo essere stato scoperto in quel
modo, si offrisse volontario. Così si fece coraggio e
mormorò: «E’ stato Gabe». Un
lampo minaccioso passò nello sguardo della preside, ma lei
si sforzò di andare avanti: «Dopo che Allie
è andata a chiamare aiuto, ho sentito dei passi qui vicino e
sono andata a controllare». Lanciò
un’occhiata fugace a Sylvain e poi continuò:
«L’ho visto allontanarsi in fretta poco prima di
incontrare Sylvain nel bosco. Quando abbiamo provato a rincorrerlo, era
già troppo lontano. Doveva avere qualcuno ad aspettarlo con
una macchina», mentì lei. «Maledizione»,
imprecò Isabelle. Si massaggiò le tempie con
entrambe le mani come per schiarirsi le idee, e poi riprese con un tono
di voce più calmo. «Ok, la squadra di Raj sta
già controllando il terreno. Se si è lasciato
dietro qualcosa, lo troveranno». Rivolse
un’occhiata preoccupata a Allie e poi aggiunse:
«Voi tre potete tornare nella scuola. Domani mattina terremo
una riunione di aggiornamento con la Night School». Isabelle
piantò i suoi occhi in quelli di Ashley e la
fissò come se sapesse cosa stava pensando. Poi,
esclamò determinata: «Pagheranno per quello che
hanno fatto a Katie. Li prenderemo ad ogni costo». Nella mente di Ashley
si formulò solo per un momento l’idea di dirle
ciò che aveva scoperto. Ma poi immaginò la
reazione della preside: avrebbe espulso Sylvain e avrebbe ucciso lei
per non averle detto della conversazione avuta con Katie. Ashley
deglutì a fatica e cercò di continuare a
respirare regolarmente, mentre annuiva solo una volta. Non
osò nemmeno un attimo ad alzare lo sguardo sul suo partner
ed ebbe la sensazione che neanche Sylvain volesse incontrare i suoi
occhi per non tradirsi in qualche modo. Se Katie era ferita
era anche colpa sua, e lei lo sapeva bene.
Quando Isabelle li
lasciò andare, si diressero verso la scuola in silenzio,
tutti e tre immersi ognuno nei propri pensieri. Ashley si
fermò sul pianerottolo e lasciò che Allie la
precedesse su per scale che portavano al dormitorio. Quando la ragazza
si girò a guardarla con un’espressione che
diceva chiaramente “tu non vieni?”, lei
le rivolse un cenno sbrigativo e rispose che aveva un’ultima
cosa a fare, sperando che l’altra non notasse la sua voce
tesa. Per fortuna, Allie non ci fece troppo caso e continuò
a salire stancamente le scale. Evidentemente, era così sotto
shock da non avere le forze forza per indagare oltre. Prima
che Sylvain potesse fare anche un solo passo verso la sua stanza,
Ashley lo bloccò appoggiandogli una mano sul petto e
bisbigliò minacciosa: «Tu ed io dobbiamo
parlare». Lui sospirò ma non disse nulla, si
limitò a seguirla nella sala da ballo vuota. La ragazza
accese la luce e si richiuse la porta alle spalle con un tonfo.
Allargò le braccia sconsolata e poi gli rivolse uno sguardo
disperato. «Ti rendi
conto di quello che è successo?», chiese cercando
di mantenere la voce bassa. «Gabe ha appena aggredito Katie.
Questi tizi fanno del male alle persone e tu mi dici che stai dalla
loro parte?», esclamò con enfasi, guardandolo come
se fosse impazzito. «Prima Chris, poi tu… ma che
diavolo ci trovate tutti in Nathaniel?», borbottò
rivolta a se stessa. Le sembrò che la sua unica missione
nella vita, fosse quella di convincere la gente che quel tizio era
pericoloso. Eppure nessuno le dava ascolto. Ashley era davvero stufa di
tutta quella storia. Sylvain
continuò a scrutarla in silenzio con i suoi occhi
azzurrissimi, l’espressione corrucciata come se stesse
ragionando sul da farsi. Lei proseguì indisturbata:
«Come puoi stare dalla sua parte? Come puoi tradire tutti
quanti? Isabelle, Allie, Nicole… Come puoi tradire
me?» La sua voce s’incrinò in una nota
di dolore sull’ultima parola. Sylvain era quello di cui si
fidava di più, l’unico a cui avrebbe ciecamente
affidato la sua stessa vita. E ora scopriva, invece, che a lui non
importava niente, perché l’aveva tradita per tutto
quel tempo. Che situazione di merda,
pensò. Sylvain
sospirò. «Ashley, ascolta. Io non l’ho
fatto perché voglio ferire te, o Isabelle, o Allie, o
chiunque altro. Lo sai che non farei mai del male a nessuno di
voi». Abbassò lo sguardo sulle punte delle sue
scarpe e poi aggiunse quasi sottovoce: «L’ho fatto
per me. Per motivi che ritengo validi». Ashley lo
fissò stupefatta. Che razza di motivo
era abbastanza valido da poter giustificare la sua scelta di allearsi
con degli assassini? Tuttavia, qualcosa in quello che lui le aveva
detto la incuriosì. Sylvain sembrava tormentato. Si era
persa qualcosa? Non le era mai parso così turbato da quando
lo conosceva. Neanche quando loro due si erano lasciati era stato
così sconvolto. La curiosità prese il
sopravvento, così incrociò le braccia e si
ritrovò a dire: «Raccontami tutto allora.
Dall’inizio». Non poteva credere alle sue parole.
Avrebbe dovuto sbraitargli contro e urlargli che era uno scemo. In
realtà voleva farlo davvero, ma per quanto si sentisse
tradita, aveva seriamente bisogno di capire qual era il motivo che
l’aveva spinto ad agire così. Dopotutto, erano
amici, no? Come lo erano stati lei e Gabe. Lui non era riuscito a
salvarlo, ma forse poteva ancora farcela con Sylvain prima che
diventasse irrecuperabile. Il ragazzo sembrò sollevato. Le
indicò le poltrone poste in fondo alla stanza con una mano e
disse: «E’ una storia lunga. Mettiamoci
comodi». Con evidente riluttanza, Ashley
acconsentì in silenzio e si lasciò cadere nella
morbida sedia, perdendosi nelle parole di Sylvain, rese intriganti dal
suo accento francese. Sylvain mantenne la
promessa: le raccontò tutto
quanto. Partì dall’inizio, che
risaliva a qualche mese prima. Dopo che loro due si
erano lasciati, Sylvain era così giù di corda che
aveva iniziato a frequentare Gabe sempre più spesso. I due
erano diventati amici e fu allora che il maggiore dei due
cominciò a parlargli di Nathaniel, di come potesse risolvere
tutti i suoi problemi, di quanto ci si potesse fidare di lui. Ammise di
essersi fatto condizionare da Gabe, e quello fu davvero
l’inizio di tutto. Poche settimane prima della tragica morte
di Ruth, Sylvain si unì a Nathaniel. Si affidò
ciecamente a lui e non si lasciò nemmeno turbare dagli
eventi del ballo estivo. Pur sapendo cosa era accaduto a Ruth, aveva
ingenuamente continuato a stare dalla parte dei suoi assassini. In quel
momento, Ashley sentì un brivido risalirle la schiena.
Ricordava che Sylvain e Ruth non erano mai stati legati più
di tanto, ma c’era una bella differenza dal fregarsene
completamente che fosse morta. Altro che salvarlo, questo
è fuori di testa, pensò. Ha subìto il lavaggio
di cervello di Nathaniel! Comunque, per tutto
quel tempo Sylvain aveva taciuto la verità a tutti quanti e
aveva continuato a custodire il suo segreto. Si era perfino fatto
pestare da Gabe per rendere plausibile il fatto che l’avesse
lasciato scappare dal campus come se niente fosse. Raccoglieva
informazioni, indagava per Nathaniel, consegnava le lettere di Gabe a
Katie, anche se giurò di non sapere niente di quello che
Gabe aveva intenzione di farle. Ashley ebbe qualche
difficoltà a credergli dato che anche lui, in quel momento,
si trovava lì. Magari era stato lui stesso a ferirla. Chi
poteva dirlo? Tuttavia, quando Ashley gli chiese il motivo di tutto
ciò e ascoltò la sua risposta, riuscì
in qualche modo a comprenderlo. Sylvain era figlio
unico di miliardari. Discendeva da una famiglia molto antica e
importante, era sempre vissuto nel lusso, era cresciuto a base di balli
eleganti e formali. Fin da piccolo aveva conosciuto tanta di quella
gente straricca, nobile e viziata da perderne il conto. Tutti si
aspettavano la stessa cosa da lui: che diventasse un famoso miliardario
francese e che seguisse le orme dei genitori. Il problema era
che… Sylvain non voleva essere come loro. Non voleva passare
il resto della sua vita a nuotare nell’oro come tutte le
persone superficiali che aveva imparato a conoscere, a pensare solo a
se stesso e ai suoi diamanti luccicanti. Lui voleva…essere
diverso. Pensare alle piccole cose, lavorare per vivere, non farsi
corrompere dai soldi. Ashley notò quanto era forte la sua
integrità morale. «Per questo,
ti sei unito a Nathaniel? Per fuggire dalla tua famiglia?»,
chiese assorta dal discorso. Sylvain
annuì, abbassando lo sguardo sulle sue mani intrecciate in
grembo. «Qualcosa
come il mio periodo ribelle», scherzò lui. Quando
Ashley incontrò di nuovo i suoi occhi si rese conto, per
quanto fosse possibile, di comprenderlo. Non condivideva certo la sua
scelta, ma per un certo verso la capiva. Dopotutto, anche lei certe
volte si sentiva così assillata da Isabelle e dal
regolamento della Cimmeria, da spingerla a infrangere tutte le regole.
Non poteva essere la stessa cosa per lui? Sentirsi così
soffocati da qualcosa, tanto da cercare la salvezza in Nathaniel per
tornare a respirare? «Ok, lo
capisco», accettò infine. «Capisco
perché l’hai fatto. Ti sei unito a Nathaniel per
allontanarti dai tuoi genitori e dalla società che dici di
odiare. Ma quelle persone sono cattive, Sylvain. Fanno del male agli
altri, uccidono persino. Come puoi approvare quello che fanno? Come
puoi anche solo pensare di essere d’accordo con quello che
hanno fatto a Ruth e Katie?» Era così concentrata
nel sostenere il suo punto di vista, che le sue guance tornarono ad
accalorarsi. «Non ho mai
detto che accetto quello che fanno. O meglio, i metodi con cui
ottengono le cose», rispose Sylvain tranquillamente.
«Io non sono come Gabe che cerca sempre
un’occasione per fare del male alla gente. Ti
giurò che non sono così. Ho cercato di impedire a
Gabe di uccidere Katie, è per questo che ero lì.
E se avessi potuto salvare anche Ruth, credi che non l’avrei
fatto?» Ashley
evitò il suo sguardo e borbottò piano:
«Non so più a cosa credere ormai». Ma Sylvain non
mollò. «Ashley, ti prego, ti prego, ho
bisogno che tu capisca il motivo per cui l’ho fatto. Non per
andare in giro a uccidere le persone come uno psicopatico, ma per
salvarmi da tutto questo. L’ho fatto solo per me».
Quando lei non rispose, lui continuò: «So di
averti ferita per non avertelo detto, so che in questo istante
probabilmente mi odi per averti abbandonata... ma ho davvero bisogno di
te in questo momento, ho bisogno che tu ti fidi di me». La
fissò con una tale intensità che i suoi occhi
sembravano brillare. E in quel momento
Ashley capì che Sylvain non la stava solo supplicando di
comprendere la sua scelta, ma anche di accettarla. Di perdonarlo, in
nome della loro amicizia. Comprese quanto il suo giudizio fosse
importante per lui, quanto la sua approvazione significasse. Sospirò e
poi annunciò: «Ok, mettiamo il caso che io ti
creda…» Lui le rivolse un’occhiata
sorpresa come se non pensasse fosse possibile. Lei lo ignorò
e proseguì: «Cosa succederà
d’ora in poi? Mi chiederai di mentire? Di far finta di
niente?», domandò stancamente. «Io
l’ho fatto per te», esclamò lui.
«Non ho detto niente a nessuno di te e Christopher». Ashley lo
guardò allibita. «Tu, Sylvain Cassel, mi stai
forse ricattando?», lo prese in giro. Sylvain sorrise
debolmente. «No, ti sto semplicemente chiedendo di
aiutarmi», rispose lui tranquillo. «E se
facessi diversamente e andassi dritta da Isabelle?», lo
provocò lei. Lui la
guardò a lungo prima di rispondere. «Non lo
farai.» «Come fai a
esserne così sicuro?», chiese Ashley a
mo’ di sfida. «Perché
sappiamo entrambi come andrebbe a finire. Isabelle non
crederà mai all’ipotesi che tu non sapessi niente,
sei la mia partner dopotutto». Touché.
Aveva dannatamente ragione. Lei era la sua partner, avrebbe dovuto
accorgersene prima. Era anche colpa sua se ora era incastrata in questa
situazione. «Ascolta,
facciamo un patto», propose Sylvain dopo un momento di
silenzio. «Io non dico niente di te e tu fai lo stesso con
me. Lo teniamo solo per noi e non lo diciamo a nessuno. Sarà
il nostro segreto». Ashley non ebbe
bisogno di indugiare oltre per prendere in considerazione
quell’idea, sapeva già cosa avrebbe fatto. Sapeva
anche che così facendo avrebbe fatto incazzare un
po’ di gente, ma cosa importava? Lei faceva sempre incazzare
un sacco di gente. In fondo Sylvain aveva ragione; lui aveva accettato
di aiutarla quando l’aveva pregato di non dire a nessuno
della sua storia con Christopher, perché lei non poteva fare
lo stesso? Se Sylvain stava dicendo la verità, ed Ashley era
abbastanza sicura che fosse così, che male c’era a
tenere nascosta quell’informazione? A perdonarlo e contare
sul fatto che l’avrebbe aiutata nell’impedire a
Gabe di ferire qualcun altro? Non seppe dire cosa le fece cambiare
idea, ma non fu di certo una sorpresa quando lei gli strinse la mano e,
guardandolo con aria complice, sussurrò: «Affare
fatto».
*
Ashley era arrivata da
pochi minuti al giardino recitato, quando la pesante porta di legno si
aprì di nuovo e lasciò entrare Christopher. La
ragazza gli andò incontro a braccia conserte. «Ashley»,
la salutò Chris, scoccandole un bacio sulla guancia e
stringendola a sé. La ragazza,
però, non sembrò ricambiare il suo abbraccio e
dall’occhiata strana che le rivolse, era chiaro che anche lui
l’aveva notato. «Chris, sei
venuto», esordì allontanandosi di un passo. «Be’,
me l’hai chiesto tu. Perché non sarei dovuto
venire?», domandò retorico. Si guardò
intorno facendo vagare lo sguardo sulle file ordinate di piante e
ortaggi. «Come mai qui? E perché tutta questa
fretta di incontrarmi? Per caso è successo
qualcosa?» Il suo tono si fece più gentile quando
tornò a guardarla. «Sì,
avrai sentito che Gabe ha attaccato una ragazza ieri notte»,
esclamò lei con disapprovazione, non riuscendo
però a nascondere il tono di accusa nella sua voce.
«Le ronde si sono intensificate ancora di più. Le
guardie di Raj sono ovunque, ma non ci troveranno qui». «E’
comunque rischioso. Ora più che mai, con le guardie di Raj
Patel in giro, avrei potuto essere scoperto e…» Ma Ashley lo
interrupe. «Avevo bisogno urgente di parlarti»,
disse fissandolo dritto negli occhi, senza muoversi di un passo. Chris le rivolse
un’occhiata comprensiva. «Sei sconvolta, lo
capisco. So cosa ha fatto Gabe e mi dispiace per quella
ragazza». Fece un gesto involontario della mano come per dire
che di Katie non gli importava un fico secco. «Non
l’avevamo previsto. Nessuno di noi sapeva cosa aveva in mente
Gabe». La sua espressione però tradiva le sue
parole, lasciando intendere che in realtà lo sapevano
eccome. Semplicemente, non erano intervenuti per impedire che
accadesse. Di fronte alla smorfia scettica di Ashley, Christopher
aggiunse: «Comunque, posso dirti che Nathaniel si
è incazzato parecchio e l’ha punito a
dovere». «Oh, mi fa
piacere che Nathaniel sappia infliggere punizioni»,
replicò lei sarcastica. «Sono sicura che sia
davvero molto dispiaciuto per l’accaduto!» «Ok, sei
arrabbiata, l’ho capito. Ma davvero io non sapevo cosa aveva
intenzione di fare». Allargò le braccia come per
dire che non poteva farci nulla. «Gabe, a volte, è
un po’… impulsivo». «Ciò
non giustifica quello che è successo. Katie non ha fatto
niente di male, si è solo rifiutata di unirsi a voi. E per
questo ha subìto quel trattamento?» Ashley si
stava arrabbiando di nuovo. Com’era possibile che Chris non
vedesse quello che vedeva lei? Che non si accorgesse di quanto Gabe era
malvagio? C’era una bella differenza tra Sylvain, che cercava
di fermarlo quando poteva, e Christopher, che se anche capiva quanto
era sbagliato non si scomodava di certo per impedirglielo.
«Ti rendi conto che è una cosa folle, vero? Quei
tizi sono pericolosi, se non ottengono quello che vogliono fanno del
male alle persone. Dovresti stare lontano da loro»,
sentenziò infine. Christopher
sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «So
come la pensi, ma non è colpa mia o di Nathaniel se Gabe
è fuori di testa. Non mi avrai fatto venire qua solo per
questo?», domandò seccato. Ashley
spalancò gli occhi e lo fissò incredula.
«Come scusa?» Il tono di Chris non le piaceva per
niente. Sebbene non facessero altro che litigare, loro stavano insieme.
Si amavano, era una coppia. Quella domanda gli era uscita
perché era infastidito dalle sue accuse, oppure
c’era qualcosa di più profondo? Stava forse
dicendo che, nonostante la loro relazione, non potevano incontrarsi
senza un motivo valido? Che razza di rapporto sarebbe stato il loro, in
quel caso? Decise di lasciar
perdere e si costrinse a proseguire. «No, hai ragione. Non
è per questo che ti ho chiamato. Ma per Sylvain. So che
è la spia», esclamò, fissandolo e
serrando la mascella per trattenere la voglia di urlargli contro.
Sebbene avesse accettato le ragioni di Sylvain, la sola idea che stava
dalla parte dei loro nemici le faceva venire da vomitare.
«Sai benissimo quanto tengo a lui, perché non mi
hai detto niente?» Ora sembrava solo ferita, e non voleva
dimostrare quanto sapere la verità le avesse fatto male. Christopher sembrava
colpito dal fatto che l’avesse scoperto. Ma quando
aprì bocca per parlare, la sua voce era solo piatta.
«Per lo stesso motivo per cui tu non mi hai detto che Lucinda
ha accettato di aiutarvi». Ashley lo
guardò sorpresa. Come diamine faceva a
saperlo? Quel bastardo
traditore. «Ve
l’ha detto Sylvain?», chiese facendo una smorfia.
«Chris, lui è il mio partner. Avrei voluto
saperlo, avresti dovuto dirmelo!» «E Lucinda
è mia nonna!» Il suo tono di voce si
alzò con una nota d’ira e sovrastò
quello della ragazza. Sospirò sonoramente e poi disse
comprensivo: «Ashley, noi apparteniamo a fazioni diverse. Lo
sai anche tu, non possiamo dirci ogni cosa. Non sarebbe corretto. E poi
eravamo d’accordo di separare la nostra relazione da tutto il
resto». «Ma non sta
funzionando, Chris. Non facciamo altro che litigare», si
lamentò lei. «Non possiamo dividere le due cose se
le persone a cui teniamo sono coinvolte». «Cosa vuoi
che faccia, Ashley?», chiese l’altro esasperato. In
quel momento, sembrava così giovane e disarmato. «Lo sai cosa
voglio. Che tu torni dalla nostra parte». Sul viso di Ashley
passò una sfumatura addolorata. Per quanto cercasse di
convincerlo, sapeva che non era una cosa facile. Eppure doveva provare
a salvarlo finché era ancora in tempo. «Allie
è qui, la tua famiglia è qui. Ti prego di lasciar
perdere Nathaniel». Christopher le rivolse
un’espressione stanca, come se fosse stufo di parlarne per
l’ennesima volta. «Perché devo sempre
essere io a rinunciare a quello che voglio? Perché per una
volta non puoi essere tu a venirmi incontro? Se prendessi almeno in
considerazione l’idea di…» Ashley non lo
lasciò neanche finire. Gli lanciò una minacciosa
occhiata d’avvertimento e disse: «Non osare neanche
a propormi di unirmi a voi. Nathaniel ha ucciso i miei
genitori», sibilò. «Non
intendevo..» «Sì,
invece, intendevi proprio quello», replicò lei,
non accennando ad abbassare lo sguardo. «Non so proprio cosa
ci trovi in lui. E non capisco perché vuoi così
tanto allontanarti dalla tua famiglia». «Io non ho
più una famiglia!», gridò lui
infuriato. «O una casa in cui tornare. I miei genitori hanno
rinunciato subito a cercarmi. Mia nonna non sa neanche che esisto. Mia
sorella mi odia». Ashley
provò a dire che Allie non lo odiava affatto, ma lui non la
lasciò parlare. «Ash, non lo
capisci? Nathaniel è la mia famiglia, ora. E’ la
mia casa. Nessuno mi rivuole indietro. Non ho nessuno per cui
tornare». «Hai
me», sussurrò lei con un filo di voce. Chris la
guardò senza dire una parola, ma quando Ashley
incontrò i suoi occhi, la sua espressione indescrivibile
divenne subito chiara. «Ma non sono
abbastanza», concluse lei per lui. Dopo un lungo e
imbarazzante silenzio, in cui Ashley si sforzò di non
mostrare quanto era rimasta ferita, mormorò:
«Be’, allora credo che non abbiamo altro da
dirci». Con una fatica enorme,
riuscì a muovere le gambe e uscì dalla serra
sbattendosi la porta alle spalle. Chris provò a fermarla
chiamando il suo nome più volte, ma lei lo
ignorò. Si allontanò a passo spedito con gli
occhi umidi, contenta che non ci fosse in giro nessuno per vedere la
lacrima solitaria che scendeva lungo la sua guancia.
Quando
rientrò in camera, si tolse le scarpe e le lanciò
in giro senza nemmeno slacciarle. Era tentata di buttarsi sul letto
ancora vestita, quando si accorse che qualcosa non quadrava. Nella sua
stanza già in disordine per conto suo, c’era un
dettaglio fuori posto. Nell’unico spazio in cui la scrivania
prima era sgombera, ora giaceva un’immacolata busta bianca.
Sospettosa, fece un passo avanti e si avvicinò abbastanza da
leggere il suo nome scritto in lettere eleganti. Aprì la
busta con mani tremanti e tirò fuori il cartoncino di carta
da invito. Recitava un’unica frase. “Devi
lasciarlo andare.” Ashley non ebbe
neanche bisogno di chiedersi di chi parlava o chi
gliel’avesse mandata. Conosceva bene quella calligrafia
ordinata, che poco si addiceva a un assassino con le mani sporche di
sangue. Per niente al mondo l’avrebbe dimenticata o confusa
con un’altra. Le poche parole che aveva ricevuto, sotto la
luce della lampada, erano un chiaro avvertimento ai suoi occhi. Una
malcelata minaccia. La lettera di Nathaniel serviva per ricordarle che,
sebbene fosse rimasto nell’ombra per tanto tempo, lui era
ancora là fuori da qualche parte. Quello della notte
precedente era solo un assaggio di ciò che li aspettava.
Presto si sarebbe mosso e questa volta stava venendo anche per lei. Ashley lo
odiò più che mai. Accartocciò il
foglio con una mano sola e serrò il pugno. Negli occhi aveva
un determinato sguardo omicida. Gliel’avrebbe fatta pagare.
To be continued...
Oh Sylvain, cosa
combini! Spero che le motivazioni che ho messo siano plausibili XD. Se vi è
piaciuto il capitolo, lasciate pure una recensione. Grazie a tutti per
aver letto.