cinquant’anni

di Lynn Lawliet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** una vecchia amica ***



Capitolo 1
*** un nuovo inizio ***


Quel pomeriggio il sole entrava a fiotti dalla finestra e il pavimento dove sedevo, a gambe incrociate, nel mezzo di un pentacolo, era bello caldo sotto di me.
Io però non me ne curavo, come non mi curavo del ragazzino pallido sui dodici anni che gesticolava nell’altro pentacolo, blaterando delle proprie epiche gesta, o di chissà che altro.
In genere mi piaceva ascoltarlo, i suoi racconti erano interessanti ed era principalmente per quello che lo convocavo, ma in quel momento ero persa in ben altri pensieri che mi tormentavano da parecchio tempo: perché, di tutti gli aspetti che avrebbe potuto prendere, proprio il ragazzino? Perché sempre lui, la brunette magra e il piccolo egiziano? Voglio dire, erano aspetti insoliti per un demone; mi sarei aspettata mostri vari e animali mitologici, come facevano tutti gli altri, ma lui invece si ostinava su quelle tre persone. Perché ero certa che si trattasse di persone realmente esistite, e non di guise umane a caso. I dettegli dei loro visi, la particolarità delle loro espressioni, sempre così ben riprodotte,… tutto di loro diceva che fossero persone vere. Il perché prendesse il loro aspetto, però, rimaneva un mistero.
 Il mio flusso di pensieri fu interrotto dalla voce acuta e leggermente scocciata del ragazzino di fronte a me:
“E allora? Non dici niente? È la prima volta che il resoconto delle mie gesta durante la presa di Uruk non riscuote come minimo un applauso.”
Non che la presa di Uruk non mi interessasse, eh! Però ero così incuriosita dal suo aspetto che non
riuscii a tenere la bocca chiusa:
“mh? Ah, scusami, Bartimeus … è che oggi sono un po’ stanca. Cioè, no. In realtà è che pensavo a una cosa. Da qualche mese ho notato che prendi spesso l’aspetto di esseri umani … tre, in particolare: la ragazza bruna, l’egiziano e il bambino di adesso … ecco io … mi chiedevo chi fossero.”
Il ragazzino davanti a me a quel punto si scurì in viso. Sembrava anche più grande adesso, almeno quindici o sedici anni. Avevo già intravisto questo lato di Bartimeus, a volte: in genere era allegro e canzonatorio, ma di tanto in tanto affiorava questa sua malinconia sottile, come di una vecchia ferita che torna a farsi sentire. E, in tono con il suo aspetto, cambiò anche il suo modo di esprimersi: quanto prima era amichevole (anche se forse un po‘ sfrontato), ora era distante e freddo.
“Che ti fa pensare che siano qualcuno in particolare?”
“Lo so che sono delle persone vere. Ti prego Bartimeus, ho bisogno di sapere chi sono.”
“No. Perché mai dovrebbe importarti?”
“Perché dev’esserci un motivo se prendi il loro aspetto. È come se tu li volessi ricordare … onorare, anche. Sono … sono per caso persone a cui volevi bene?”
“Ragazzina, ma lo sai con chi stai parlando?! Io sono un jinn. Non voglio bene proprio a nessuno!”
“Bartimeus, non ti sto obbligando a dirmelo, però per favore! Potrei aiutarti!”
“non mi staresti obbligando? Ma fammi il favore! Sei la mia padrona, non fai altro che obbligarmi …”
“no, è un favore personale. Te lo chiedo come amica!”
“palle. Tu non sei mia amica, sei solo la mia padrona:”
“loro però erano tuoi amici, vero?”
Probabilmente per la prima volta in vita, Bartimeus non rispose. Sembrava proprio senza parole, e questo mi diede la conferma che ci avevo visto giusto. Poi però, ancora con l’aspetto del ragazzino pallido, Bartimeus parve riprendersi, alzò il capo e mi guardò dritto negli occhi.
“… e va bene.”, disse.
Beh, questa non me l’aspettavo.
Avrei voluto intervenire per chiedergli molte cose, ma lui non me ne diede il tempo: sembrava più deciso che mai, e non accennava a fermare il discorso appena iniziato.
“Lui - e prese l’aspetto del piccolo egiziano - è Tolomeo”
“Tolomeo?… aspetta, non sarà QUEL Tolomeo?”
“Si, è quel Tolomeo. Il pazzo che voleva visitare l’altro luogo. Il pazzo che ci è riuscito, anche.”
“ma io pensavo che fossero solo invenzioni …”
“No, Isabelle. Io c’ero. L’ho visto succedere. Tolomeo è veramente stato nell’altro luogo; per farlo ha dovuto mettere la sua vita nelle mie mani, ha dovuto fidarsi completamente di me. Ed è per questo che lo ricordo prendendo il suo aspetto: perché è stato il primo a fidarsi di me. Di me, un demone … poi però è morto. E nei suoi ultimi istanti ha sprecato la sua unica possibilità di salvezza per garantirmi la sopravvivenza.”
Non riuscii a spiccicare parola. Era … troppo. Non potevo credere che Bartimeus si portasse dentro un peso tale. Forse ne parlava con apparente noncuranza, procedendo imperterrito e ignorando la mia reazione, però dal suo tono traspariva chiaramente quanto soffrisse. E quando riprese a parlare la cosa non era cambiata.
“Per secoli ho pensato che Tolomeo fosse unico, che non ci sarebbe mai stato nessuno che avrebbe fatto quel che aveva fatto lui. Però mi sbagliavo.”
“Lei - e cambiò nella ragazza bruna - è Kitty. L’ho conosciuta circa una cinquantina di anni fa, almeno credo. È difficile misurare il tempo nell’altro luogo. Potrebbe essere ancora viva, forse, ma tanto ormai il suo aspetto non potrebbe essere più diverso di così. Quando la conobbi era una ragazzina, e caspita!, che ragazzina! Combatteva nella resistenza”
“La resistenza? Intendi le proteste dei civili del ‘68, durante la campagna americana?”
“Esatto. Solo che quello che facevano lei e i suoi amici era un po’ meno … legale. Cose del tipo far saltare in aria edifici e rubare oggetti magici di valore. Ai suoi tempi il governo era molto … come dire … restrittivo. Lei chiedeva più libertà per i comuni.”
“Lo so. A quei tempi i comuni erano riputati quasi alla stregua di schiavi. Oggi però la situazione è molto migliorata.”
“Si … Kitty ne sarebbe felice, immagino. O ne è felice, se è ancora in circolazione. Però, anche se devo ammettere che la cosa mi piaceva parecchio, non è perché era una ribelle se prendo il suo aspetto. Pensavo che nessuno avrebbe emulato Tolomeo, mentre Kitty lo ha fatto. Ha visitato l’altro Luogo.”
“Che? Aspetta … ma hai detto che lei era una …”
“Comune? Si, però non è che le sia mai importato un granché. Voleva visitare l’altro luogo e l’ha visitato., dando prova di fidarsi di me. Facendo quello che pensavo nessuno avrebbe più fatto”
A quel punto rimanemmo in silenzio per un po’. Lui perso nei suoi pensieri e io nei miei. Poi presi coraggio, mi schiarii la gola, e gli chiesi del ragazzino pallido.
“Ah, lui probabilmente lo conosci. Dev’essere diventato parecchio famoso, visti tutti i casini che ha combinato. Il suo nome da mago era John Mandrake.”
Fu così che persi il conto delle volte in cui ero rimasta a bocca aperta quel giorno.
John Mandrake era probabilmente il mago inglese più famoso di sempre, ad esclusione, forse, solo di Gladstone. Era un eroe nazionale, gli avevano dedicato strade e piazze, e c’erano sue statue pressoché in ogni città dell’Inghilterra. Durante il grande disastro del ‘69, in seguito alla morte di praticamente l’intero governo, aveva sconfitto da solo uno dei demoni più potenti conosciuti, Nouda, sacrificandosi per salvare l’intera Londra.
Ridendo della mia evidente sorprese, Bartimeus continuò:
“Mandrake però non mi è mai piaciuto troppo come nome; per me quell’idiota sarà sempre e solo Nathaniel.”
“Nathaniel?”                                                      
“è il suo nome di nascita”
Rimansi di nuovo di sasso. Come era possibile che Bartimeus conoscesse il nome di nascita del mio eroe? Di uno dei maghi più potenti mai esisti? E, per di più, perché diavolo continuava a rappresentarlo come un dodicenne mingherlino?
Queste e altre domande trovarono risposta quando Bartimeus mi raccontò la storia di Nathaniel, non quella ufficiale dei libri, ma il suo personale rapporto di odio e di amicizia con il ragazzo.
Scoprii retroscena curiosi, a proposito di intrusioni in ville di maghi malvagi e baracchini dei wurstel praghesi. Scoprii come Nathaniel non fosse affatto la persona forte, buona e coraggiosa che immaginavo, ma più un ragazzo triste e solo, e scoprii come il potere lo aveva cambiato, in peggio, da ragazzino viziato e antipatico, a adulto freddo e calcolatore. Ma soprattutto scoprii come lui e Bartimeus, insieme a Kitty, avessero combattuto Nouda e i suoi alleati: due anime in un solo corpo, spiriti e maghi uniti contro il comune nemico.
 Mi scioccò scoprire del sacrificio di Nathaniel; ovviamente già sapevo come era morto, ma il fatto che avesse rinunciato alla propria vita per proteggere quelli che amava, proprio quando era finalmente diventato una persona migliore, e pareva aver trovato il suo posto nel mondo … beh, mi lasciò un segno profondo. Poi il fatto che anche lui, come Tolomeo, avesse salvato la vita a Bartimeus lo rese ancora migliore ai miei occhi di quanto non fosse già.
Quando Bartimeus terminò il suo racconto quasi mi pentii di avergli chiesto di parlarmene: pareva così fragile, adesso. Forse quel giorno avrei dovuto tenere i miei dubbi per me (la cosa mi tormenta ancora oggi) ma non l’ho fatto, e a quel punto era troppo tardi per tornare indietro.
Però c’era un’altra cosa che mi tormentava: dov’era andata a finire Kitty? Era ancora viva?
Per un motivo o per l’altro non riuscivo togliermi quest’idea dalla testa.




Un paio di mesi dopo convocai di nuovo Bartimeus: pareva ancora un po’arrabbiato dalla nostra ultima chiacchierata, però io non mi lasciai demoralizzare, e, guardandolo negli occhi, con un sorriso a trentadue denti, annunciai fiera:
“l’ho trovata, Bartimeus. Ho trovato Kitty Jones”
 





angolino della tizia la cui sanità mentale è ancora oggetto di studio (ossia moi)
si, beh che dire?... qualche giorno fa ho finito di rileggere (per la ventesima volta o giù di lì) la porta di tolomeo, ho pianto per un quarto d'ora buono per il finale, e poi mi sono chiesta "ma che diavolo farà Bartimeus senza Nathaniel?"
quindi ecco qui la prima parte della risposta che si è data la mia mente malata. se apprezzate e la cosa vi sconfifera, giuro solennemente di non avere buone inten... cioè, di continuare a scrivere.
e ora qualche informazione a random:
-si, Bart è un po' OOC, nel senso che non è cinico-sarcastico come al solito, ma la cosa è voluta... è che è un po' depresso, poverino
-la ragazza che racconta la storia in prima persona (e che, come avrete capito, è la nuova padrona di Bartimeus) si chiama Isabelle in onore della figlia maggiore di Jonathan Stroud, genio assoluto che ha creato questa trilogia
-la storia sarebbe ambientata ai giorni nostri, cinquant'anni dopo la porta di tolomeo, ma queste sono solo mie speculazioni: nel libro, ad un certo punto, viene citato il fatto che si inizi ad usare la luce al neon per l'illuminazione stradale (pagina 978 nella mia edizione) quindi ho immaginato fossero circa gli anni sessanta-settanta, ma prendetela un po' con le pinze...
-ho fatto coindìcidere le rivolte del '68 con le proteste dei comuni e il grande disastro del '69 sarebbe la ribellione dei demoni . Fine delle informazioni a random!
vi prego leggete e recensite in tanti, perchè ho un bisogno disperato di critiche costruttive che mi urge dal didentro!

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Capitolo 2
*** una vecchia amica ***


“L’ho trovata, Bartimeus. Ho trovato Kitty Jones.”
Così avevo detto.
L’ho messa giù semplice, vero? Beh, lasciatemelo dire, non lo fu. Per niente.
Kitty Jones chiaramente non voleva essere trovata. Qualche settimana dopo il grande disastro del ’69 era salita su un aereo e nessuno a Londra ne aveva più saputo nulla, ne i suoi genitori, ne nessuno del governo. Avevo parlato con decine di persone, mettendoci qualche settimana a trovare chi mi aveva poi aiutato, tale mrs Piper. A quanto pareva era stata l’assistente di Mand…, di Nathaniel, prima di diventare ministro della sicurezza. Un pezzo grosso, insomma. Non che sapesse poi molto su Kitty Jones, in effetti, solo che aveva espresso il desiderio di andare in Egitto. E così era da lì che ero partita, dall’Egitto. Avevo ritracciato negli archivi il suo volo, Londra-Il Cairo, e seguito le sue tracce in giro per il mondo; quella ragazza pareva essere stata ovunque, davvero: da Parigi a Hong Kong, da Mosca a Rio de Janeiro, per anni non aveva fatto altro che viaggiare. Aveva vissuto un paio di mesi a Praga, e altrettanti a Torino. Non era mai tornata a casa.
 E poi, finalmente, si era fermata; e da allora viveva a Bruges. Sapevo perché l’avesse scelta: di nuovo mrs Piper mi era stata molto utile, ricordando che, anni prima, Kitty aveva accennato ad un amico che pareva vivesse lì.
Non era stato semplice, l’ho detto, e c’erano voluti mesi di ricerche, tutto per Bartimeus. Eppure quando avevo fatto il mio annuncio, sorridendo come una scema, non potevo immaginare che la faccia che fece mi avrebbe ripagato di tutto. Quel giorno era in versione Tolomeo, e vedere il ragazzino egiziano con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite fu un vero spasso. Comunque si riprese abbastanza in fretta:
 “hai fatto cosa?”
“ho trovato Kitty Jones. Ci sono voluti mesi, è stata una faticaccia, ma sono contenta, così potrai finalmente rincontrarla!” esclamai io in risposta ostentando allegria.
“no, sul serio?”
“eccome! Domani prendiamo un volo per Bruges e la andiamo a trovare!”
“ma io… lei non…” per quella che era probabilmente la seconda volta nel giro di pochi mesi, Bartimeus era rimasto senza parole. Ma poi sembrò aver capito che cosa dire:
“perché? Perché lo hai fatto, Isa?”
“perché tu ci tieni a lei. E tenevi anche a Nathaniel. Non avevo bisogno di altre ragioni”
“io non ho mai detto di tenere a quei due idioti!”
“certe cose non occorre dirle.”
E lui rimase, ancora una volta, ammutolito. Considerata la sua normale parlantina, dovevo aver appena stabilito un record.
“si, beh, suppongo che, in fondo, non sarebbe così male rivedere Kitty …” bofonchiò alla fine. Un po’ misero come segno di apprezzamento.
Ma poi alzò la testa e mi guardò negli occhi. Aveva un sguardo dolce e sincero, e non erano gli occhi di Tolomeo ad essere così: erano i suoi.
 Certe cose non occorre dirle: fu quel suo sguardo a farmi capire che mi era grato.
 


Osservai la porta di fronte a me: non aveva nulla di speciale, pareva una qualsiasi porta di una qualsiasi casa di Bruges. E invece era il frutto di tutte le mie ricerche degli ultimi mesi, era la speranza di Bartimeus, era la meta del nostro viaggio: era la casa di Kitty Jones. Sul campanello erano scritti due nomi: Hyrnek e Bell. La cosa non mi scoraggiò : nel mio dossier era chiaramente specificato che a Bruges Kitty era nota con uno dei suoi nomi falsi, Clara Bell.
Suonai e dall’interno della graziosa villetta a schiera si produsse un allegro ding dong. Pareva tutto così pittoresco che per un attimo temetti di aver sbagliato casa.
Ma poi Kitty aprì la porta. Era proprio lei, impossibile sbagliarsi; sebbene fosse notevolmente invecchiata, era tale quale la Kitty che avevo visto nella foto di un vecchio giornale durante le mie ricerche: aveva gli stessi capelli candidi e le stesse linee, simili a cicatrici, che le attraversavano il viso. Eppure si potevano vedere ancora i segni di una bellezza non del tutto svanita.
“Kitty Jones?” chiesi titubante, mostrando il mio tesserino del governo.
Lei sussultò sentendo il suo vero nome, ma poi, quasi rassegnata rispose.
“si?”
“mi chiamo Isabelle Wright. C’è qualcuno che vorrebbe vederla.”
E in quel momento un topolino marrone fece capolino dal mio cappuccio. Sentirlo parlare con la voce di Bartimeus fu parecchio strano.
“quanto tempo, Kitty.”
 


Bonjour àvous tous! Sono tornata! scusate il terribile ritardo (specie visto e considerato quanto è corto questo capitolo) ma, andiamo gente, sono appena iniziate le vacanze e sono stata impegnatissima a non fare un bel niente dalla mattina alla sera.
Detto questo spero che il capitolo vi piaccia.
Baci, Lynn
 

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