Escape from the dead

di Antares 91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 2: *** Amara realtà ***
Capitolo 3: *** Fine del mondo? ***
Capitolo 4: *** Momenti di tranquillità ***
Capitolo 5: *** L'odio va messo da parte per sopravvivere ***
Capitolo 6: *** Verso Mykonos ***
Capitolo 7: *** Mykonos ***
Capitolo 8: *** Ricominciare da capo ***
Capitolo 9: *** Felicità ***
Capitolo 10: *** Riabbracciarsi ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'inizio della fine ***


Escape from the dead


"Qualunque cosa accada, io ti proteggerò!"



1 - L'inizio della fine

Tutto ebbe inizio in una soleggiata mattina di maggio.
Me ne stavo seduta al mio posto, con fare annoiato, a fissare il libro di storia greca chiuso sul mio banco. Tutti i miei compagni erano fuori nel corridoio per la ricreazione, io invece avevo deciso di starmene da sola per i fatti miei. Non avevo molti amici; i miei due migliori amici, quelli con cui andavo maggiormente d'accordo, al punto da considerarli fratelli, erano più grandi di me e frequentavano l'università.
Io odiavo la scuola, odiavo studiare. Mia madre diceva ch'era meglio che io avessi una cultura, su questo le sempre dato ragione, e che "è bello andare a scuola". Diverse volte le ho risposto per le rime, dicendole che se proprio ci teneva, poteva andare lei al posto mio.
- Sasha - qualcuno mi chiamò, il tono leggermente di sfida, ed io mi voltai per vedere chi fosse.
- Non ricominciare, Saori. Non sono in vena delle tue pagliacciate. -
- Beh, io invece ho qualcosa da dirti: sta' lontana dal mio ragazzo. Questa è l'ultima volta che te lo dico. -
- Ma a me non importa del tuo ragazzo! Siamo solo amici! -
- Lo spero per te... altrimenti... -
- Altrimenti cosa? Mi picchi? Oh, attenta, ti si spezzano le unghie! -
-Ricorda! Prova a rubarmelo e sarà peggio per te! - detto ciò, Saori uscì dall'aula.
Che odio.
Saori era la persona più odiosa che io avessi mai incontrato fino a quel momento. Era viziata, snob, credeva di essere la regina del mondo solo perché aveva molti ammiratori che le sbavavano dietro.
Io e Seiya, il suo fidanzato, eravamo amici, niente di più. L'avevo conosciuto per caso al supermercato e abbiamo cominciato a parlarci. All'epoca, stava già assieme all'oca (Saori, per intenderci) e mi son sempre chiesta come facesse a sopportarla. Bah, contento lui...
Mandai a quel paese Saori e misi nella cartella il libro, tirando poi fuori quello di Arte per l'ora successiva.
Mi alzai dalla sedia e mia affacciai ad una delle grandi finestre. La mia classe si trovava al secondo piano e si affacciava sul campo da calcio, in cui era in corso una partita. Controllai l'orario sul display del mio cellulare: ancora pochi minuti e sarebbe suonata la campanella.
Sentii la porta aprirsi di scatto e mi voltai automaticamente.
Shaina, mia compagna di classe e grande amica, irruppe nell'aula e mi afferrò per il polso.
- Dobbiamo andare via da qui! - disse seria.
- C-come? Ma perché? -
- Siamo in pericolo. Uno dei professori è stato ferito da qualcuno... o qualcosa... e si è trasformato in un morto vivente. -
Sgranai gli occhi, incredula. Credevo che queste cose accadessero solo nella finzione...
- Presto, non c'è tempo! Dobbiamo fuggire lontano da qui!!! - Shaina mi afferrò per il polso e mi trascinò fuori dall'aula.
Nei corridoi c'era il caos. Ragazzi e ragazze urlavano e si agitavano, mentre venivano inseguiti da degli zombie. Uno di quei cosi riuscì a mordere una ragazza, che urlò dal dolore e si accasciò sul pavimento. Pareva morta, se non fosse che poco dopo si rialzò, ma era diversa: era diventata una di loro.
Non ho mai avuto così tanta paura come in quel momento. Non volevo morire, non volevo fare la stessa fine.
Shaina ed io raggiungemmo il più velocemente possibile la rampa di scale che portava al piano inferiore.
Scendemmo, ritrovandoci nel corridoio del piano terra. Lì era peggio che di sopra, c'erano zombie in ogni angolo.
- Come facciamo adesso?? - chiesi, mentre avevo sempre più paura.
- Armi... ci servono delle armi. - disse Shaina, guardandosi in giro. Individuò una scopa appoggiata al muro, la prese e smontò il manico. - Questo ci sarà molto utile - affermò, impugnando saldamente l'arma improvvisata. Io invece trovai una mazza da baseball nel sottoscala.
Sfuggimmo miracolosamente a quelle cose che tentarono più volte di attaccarci e raggiungemmo l'atrio. L'uscita era in fondo alla sala.
Studiammo bene il percorso per raggiungere la porta. Strinsi più forte la mia arma, pronta a difendermi, se ce ne fosse stato il bisogno.
Attraversammo la sala, colpendo gli zombie che tentavano di attaccarci, e raggiungemmo finalmente la porta. Dal vetro della porta potemmo osservare orde di zombie vaganti nel cortile, non esitammo oltre e ci curammo di lasciare l'edificio, richiudendoci la porta alle spalle per evitare di essere inseguiti dai quei mostri.
D'un tratto, udimmo delle urla di terrore e sperammo che ci fosse ancora qualche sopravvissuto. Ci voltammo, quindi, verso la direzione da cui provenivano le urla e notammo in lontananza due persone, che io riconobbi subito come Seiya e Saori, accerchiate dagli zombie. Li raggiungemmo e, prima che fosse la fine per loro, li salvammo.
- Tu?!? - squittì Saori.
- State bene? -  la ignorai, premurandomi invece che entrambi non fossero feriti.
I due annuirono. Ci fidammo, anche perché all'apparenza erano sani.
Ci spostammo tutti assieme verso l'uscita, ancora un po' e finalmente saremmo stati salvi.
Varcammo il cancello e fummo fuori.
La strada era deserta, non c'era nessuno in giro.
Camminando a passo lento, ci guardavamo intorno. Alcuni negozi avevano le saracinesche abbassate, altri sembravano vuoti ed abbandonati. Tutto era terribilmente ed inquietantemente silenzioso.
Sboccammo sulla via principale, quella che portava in centro, e ciò che vedemmo ci fece capire che quella strana epidemia che trasformava le persone in zombie non era scoppiata solo a scuola, ma probabilmente anche in tutta Atene.
- N-non... Non è possibile... - biascicai.

Era l'inizio della fine.



Angolo dell'autrice
Questa storia è nata dopo aver visto l'anime Highschool of the dead.
La protagonista, Sasha, non ha nulla a che vedere con LC, è una mia OC.
Spero vi piaccia!
Baci!



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Capitolo 2
*** Amara realtà ***


2 - Amara realtà

Che avremmo fatto? Dove saremmo andati?
Intanto pensavo ai miei due migliori amici... Chissà se stavano bene...
E se invece fossero...?
No, no, no! Non dovevo nemmeno pensarlo!
- Si mette male... - Seiya indietreggiò appena dopo aver pronunciato queste parole.
Mi voltai verso di lui. - No, per niente. Se rimarremo uniti, ce la faremo! Dobbiamo essere coraggiosi! Adesso cercheremo di raggiungere il centro! -
Contai fino a tre e poi ci muovemmo. Gli zombie tentarono più volte di saltarci addosso, ma noi con un colpo secco delle nostre armi riuscivamo ad allontanarli. Dopo aver fatto un bel po' di strada, giungemmo in centro.
Zombie anche qui.
Girai lo sguardo ed individuai un vicoletto deserto, che subito raggiungemmo. Entrammo nel cortile di una palazzina dalle mura colorate di un rosa chiaro, e ci rifugiammo all'interno di un appartamento al secondo piano, apparentemente disabitato, la cui porta era aperta. Ci chiudemmo dentro, sbarrando per bene la porta, abbassammo tutte le veneziane e finalmente potemmo tirare un sospiro di sollievo.
Per un po', lì saremmo stati al sicuro.
Presi il cellulare dalla tasca della mia divisa scolastica e composi il numero di uno dei miei amici universitari. Attesi che rispondesse, ma più passava il tempo, più mi preoccupavo. L'ansia mi assaliva, mentre speravo di sentire la voce del mio amico dall'altra parte.
Finalmente rispose.
- Camus!!! - urlai quasi il suo nome, sollevata.
- Sasha!! Stai bene?? -
- Sì, sto bene! Voi, piuttosto? Come state? Dove siete? -
- Stiamo bene! Abbiamo lasciato poco fa l'università! Tu, dove sei? Hai trovato un riparo? -
- Sì, mi sono rifugiata con altri ragazzi in un appartamento abbandonato, in centro. -
- Restate lì, non vi muovete! Siamo vicini al centro, veniamo noi! A dopo! -
Chiusi la chiamata e riposi il cellulare in tasca, poi informai gli altri e attendemmo.
Il tempo pareva non scorrere mai, sembrava essersi inesorabilmente fermato.
Perché ci mettevano così tanto ad arrivare? Che avessero avuto problemi lungo il tragitto?
Poi, d'un tratto, il mio cellulare prese a squillare e risposi.
- Sasha, siamo qui fuori. Dammi indicazioni per raggiungervi. -
Col telefono ancora appoggiato all'orecchio, alzai appena le veneziane di una finestra e scorsi i due ragazzi.
Che ci facevano immobili in mezzo alla strada, tra gli zombie che parevano non essersi accorti della loro presenza?
- Vi vedo. Giratevi alla vostra sinistra... Vedete quella palazzina rosa? Siamo lì dentro, al secondo piano. -
Restai in linea, mentre li vidi diringersi verso l'edificio. Quando li vidi varcare il cortile, chiusi la chiamata e aprii la porta, restando ad attenderli con una mano sulla maniglia, finchè, quando li vidi salire gli ultimi scalini, mi spostai e li feci entrare in casa.
Li abbracciai entrambi, felice di rivederli sani e salvi.
Cosa avrei fatto se Camus e Milo fossero morti?
- Mi spiegate una cosa? - chiesi, sciogliendo l'abbraccio. - Perché eravate immobili, ma gli zombie non vi hanno attaccato? -
- Semplice. Sono ciechi, reagiscono solo ai suoni. - mi spiegò Camus.
- Cosa?? -
- E' stato Cam a scoprirlo! - fece allegro Milo, battendo una pacca sulla spalla dell'amico.
- Sono ciechi, eh? Quindi potremmo avanzare cautamente senza far rumore, una volta usciti da qui... - un sorriso mi sfiorò le labbra. Sarebbe stato ancora più semplice.
- Comunque... - intervenne Shaina - Non possiamo stare a lungo qui, potrebbe diventare pericoloso. -
- Shaina ha ragione. Meglio andar via da qui. Ma prima, vediamo se c'è qualcosa che ci potrebbe essere utile eventualmente per difederci. - disse Milo, guardandosi intorno.
Camus e Milo cominciarono a vagare per la casa. Li seguii e mi affacciai ad una delle stanze dove erano entrati e li vidi frugare in armadi e cassetti.
Poteva sembrare una rapina, se non fosse per la situazione in cui ci trovavamo.
Aprii la porta di una stanza lì vicino, scoprendo che si trattava della cameretta di un bambino. C'era un po' di disordine, come se ci fosse stata una colluttazione. Povera famiglia, probabilmente anche loro avevano fatto quella brutta fine, la fine che tocca a tutti coloro che vengono morsi dai morti viventi.
Tornai in salotto, dove, nel frattempo, i ragazzi avevano acceso la TV e stavano guardando il notiziario.
La giornalista parlava di un'epidemia che s'era propagata per tutto il mondo in poche ore. Ipotizzava potesse essere una rara malattia contagiosa...
Ma quale malattia contagiosa?!? Ma a chi volevano darla a bere??
Era chiaro che non si trattasse di una malattia contagiosa, stavamo vivendo ciò che finora era considerato solo finzione, roba che poteva accadere solo nei film.
Magari qualcuno avrebbe anche creduto alla storia della malattia.
Milo e Camus tornarono in salotto, il primo con una spada molto affilata, nella cui lama lucida ci si poteva specchiare, il secondo con una katana dalla lama d'acciaio.
- E... e quelle? - domandai perplessa.
- I proprietari di questa casa possedevano una collezione di spade di ogni genere. Ce ne sono altre, se ne volete anche voi. Ultima stanza in fondo al corridoio. - spiegò Camus.
In effetti, potevano esserci utili delle spade, molto più resistenti del manico di scopa di Shaina e della mia mazza da baseball. Raggiunsi, quindi, la stanza. Shaina mi raggiunse subito dopo.
Caspita, sembrava una specie di piccolo museo, vi erano esposti molti oggetti da collezione. Notai una vetrina proprio di fronte a me, aperta, in cui vi erano delle spade. Spade di ogni genere, proprio come aveva detto Camus.
Scelsi anch'io una spada, una riproduzione di quelle che usavano gli antichi cavalieri; Shaina, invece, scelse una katana simile a quella di Camus. Tornammo di sotto con le nuove armi.
- Bene, possiamo anche andare! - esclamai.

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Capitolo 3
*** Fine del mondo? ***


3 - Fine del mondo?

Aprimmo con cautela l'uscio, controllando la situazione all'esterno.
Il silenzio era interrotto solo dai suoni emessi da "loro".
Deglutii e strinsi saldamente la mia arma. Lasciammo l'abitazione e cominciammo ad avanzare in punta di piedi per non farci sentire. Filò tutto liscio, finchè Saori non si mise ad urlare, accusando di aver perso la sua preziosissima e costosissima collana di diamanti.
Bene, davvero molto bene!
Mentre Saori continuava a lamentarsi, dovemmo scappare a gambe levate dagli zombie. Una volta lasciato il centro della città, ci nascondemmo dietro al bancone di un bar abbandonato.
- Stupida!!! Ti rendi conto di quello che sarebbe potuto succedere?!? - Camus rimproverò Saori.
- M-ma... quella collana... è... -
- Non mi interessa!!! E' più importante la tua vita o quella collana??? -
- ... - Saori abbassò il capo, triste.
- Adesso basta! - Seiya si mise in mezzo, tra la ragazza e Camus, tentando di proteggere la propria morosa.
- Non ti impicciare! Sto cercando di farla ragionare! -
- Lasciala stare!! Non ti permetto di usare quel tono con la mia ragazza! -
- Piantatela!!! - scoppiai. Non ce la facevo a vederli discutere così.
Tra noi calò il silenzio.
Non era il momento per mettersi a discutere. E' vero, Saori ha sbagliato, avrebbe dovuto stare zitta per non metterci nei pasticci, ma ormai quel che è fatto è fatto. Avremmo dovuto, invece, preoccuparci del fatto che, per fortuna, fino a quel momento nessuno s'era fatto male.
- Ehi, possiamo andare, si sono allontanati. - informò Shaina, che era affacciata all'entrata a far la guardia.
Lasciammo il bar, con cautela, per arrivare ad una strada secondaria, che portava vicino casa mia.
Chissà se erano tutti rimasti "normali"...
Mia mamma, mio papà... Sperai tanto che fossero ancora vivi, o comunque "umani".
Vidi che il grande cancello d'entrata in ferro battuto era aperto. Decisi di entrare per dare un'occhiata, per sapere come stavano i miei parenti. C'erano macchie di sangue sul pavimento in pietra, l'auto di famiglia parcheggiata proprio di fronte all'abitazione aveva ammaccature e vetri rotti. La porta di casa era aperta, ma sembrava non esserci nessuno.
C'era un'inquietante silenzio, mi metteva i brividi.
- Attenta, Sasha, potrebbero essere anche qui! - mi avvertì Camus, ponendosi, con Milo, accanto a me. - Shaina, tu e gli altri restate di guardia. Qualunque cosa dovesse succedere, urlate. -
Io, Camus e Milo entrammo in casa, stando ben in guardia.
L'atrio era deserto, l'attaccapanni era riverso per terra, così come i vasi delle piante, il cui terriccio era sparso sul marmo del pavimento. Avanzammo fino in salotto e fu lì che vidi ciò che non avrei voluto vedere: il corpo di mio padre era riverso sul tappeto in un lago di sangue, senza vita. Le lacrime mi inondarono il viso.
- No... no... P-perché...? - singhiozzai. Dovevamo trovare mia madre, in cuor mio speravo che almeno lei si fosse salvata.
Ispezionammo tutta la casa, alla ricerca della mia genitrice. Nulla, nessuna traccia.
Ritornammo, allora, fuori e imboccammo il vialetto alla sinistra della costruzione, che portava sul retro.
Le sdraio vicino alla piscina erano alcune rotte, altre rovesciate. Sotto una di esse, scorsi una pistola, che subito recuperai.
Un conato mi assalì non appena vidi il cadavere di uno zombie con la testa fracassata, distolsi quindi subito lo sguardo e mi concentrai sul resto del giardino. Vidi una figura di spalle che subito riconobbi: era mia madre, indossava gli stessi abiti di stamattina, solo logori e sporchi.
- C'è qualcosa... che non mi convince... - disse Milo, studiandola.
La donna finalmente si voltò, ed in quel momento le mie speranze si infransero.
Anche lei era stata morsa, anche lei era diventata una di "loro".
- Presto, Sasha, spara alla testa! - quasi non sentii le parole di Camus, me ne stavo immobile, incapace di muovermi. Le mani, che stringevano la pistola, mi tremavano.
- Sasha!!! -
Non ce la facevo. Non riuscivo ad uccidere la mia stessa madre.
Lei, intanto, avanzava verso di noi, con l'andamento tipico di un morto vivente.
Chiusi gli occhi e, a malincuore, sparai. Un colpo, due colpi, tre colpi.
Il corpo privo di vita di mia madre cadde sull'erba.
Milo mi appoggiò delicatamente le mani sulle spalle ed io mi voltai per abbracciarlo, in lacrime, nascondendo il viso contro il suo petto.
Avevo ucciso la mia stessa madre, colei che mi aveva dato la vita. Non me lo sarei mai perdonato.
Entrambi i miei genitori ormai non c'erano più.
Anche loro vittime degli zombie.
Tutto la popolazione mondiale stava vivendo questa situazione, quasi irreale, ma che invece non lo era.
Era tutto dannatamente vero.
Pochi sarebbero sopravvissuti, o forse nessuno. Al momento, gli unici eravamo noi.
Era davvero la fine del mondo?

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Capitolo 4
*** Momenti di tranquillità ***


Escape from the dead - Cap 4 4 - Momenti di tranquillità

Avevamo deciso di femarci in casa mia, per passare la notte e rilassarci.
E sì, anche seppellire i miei genitori.
Poggiai un mazzo di rose raccolto dal giardino e lo posai sulla tomba, scavata ai piedi di un albero nel giardino. Mi asciugai le lacrime, che avevano nuovamente ripreso a scendere.
Mi guardai attorno, stentavo quasi a riconoscere quel cortile. Mi trovavo nel retro della casa, una casa americana. Mio padre l'aveva voluta così, perché gli piacevano le case americane, col cortile sul retro. Tornai in casa, utilizzando la porta su quel lato della casa, che mi premurai di chiudere per bene a chiave, osservai attraverso la vetrata della porta il cielo e poi raggiunsi il salotto. Era tutto chiuso: porte, finestre, tende, veneziane; per fortuna la corrente c'era ancora, ma chissà quanto ancora l'avremmo avuta.
La paura era tanta, troppa. Il governo greco tentava di calmare i cittadini, dicendo che tutto si sarebbe risolto il più presto possibile. Certo, come no. Lo speravamo tutti, speravamo tutti che prima o poi sarebbe tornato tutto alla normalità.
Era passato solo un giorno da quella normale mattina, quando eravamo ignari di tutto ciò che sarebbe successo.
- Devo ammetterlo, Sasha: hai una bella casa. Certo, non è all'altezza della mia lussuosa villa con ogni possibile confort immaginabile... - si pavoneggiò Saori, sedendosi sul divano.
- Pfft...  -
La ignorai definitivamente, anche mentre lei continuava a parlare. Voleva farmi arrabbiare, ne ero consapevole.
Cercava sempre di punzecchiarmi, fin da quando era iniziata la scuola, fin da quando avevo messo piede per la prima volta nella 4^ sezione A. Dovevo essere al 5° anno, ma ero stata bocciata, per non so quale motivo, poiché sono sempre andata bene in quasi tutte le materie. Saori ha iniziato a rompere anche per questo, visto che, secondo lei, ero una sfigata.
Entrai in cucina, dove Shaina era ai fornelli e Milo era accanto a lei e l'aiutava.
Al mio saluto sobbalzarono e mi chiesero il motivo per cui ero lì.
Guardandoli, pensai che sarebbero stati bene insieme.
- Avete bisogno di qualcosa? - chiesi, quindi.
- Mmmh, no. Per il momento tutto a posto. Anzi, perché non cominci ad apparecchiare la tavola? Non manca molto che sia pronto. -
- Certo, agli ordini! - scherzai, mentre aprivo uno dei cassetti e sceglievo una bella tovaglia. Preparai quindi la tavola, sotto lo sguardo di Saori che mi guardava stranita.
Oh, povera, lei è abituata ad avere la servitù in giro per casa!
Aiutai Shaina a portare i piatti a tavola e, mentre prendevamo posto, arrivò pure Milo con un bel vassoio colmo di patatine fritte.
- Et, voilà! Lo chef Milo vi ha preparato queste deliziose patatine fritte! -
- Scemo!! - risi, dandogli una pacca non appena posò il vassoio al centro del tavolo e si sedette al suo posto, accanto a me, alla mia destra.
- E' vero! Ricordati che lavoro... lavoravo... in un fast food e le mie patatine sono molto richieste! -
Vidi Saori osservare la pietanza nel suo piatto, probabimente aveva paura che la avvelenassimo.
- Ma siamo sicuri che questa roba sia buona? - domandò.
- Non ti fidi delle mie doti culinarie? Diglielo tu, Sasha, che sono una brava cuoca! -
- Oh, sì, sì! Ho avuto il piacere e l'onore di provare la sua cucina varie volte! - annuii. Osservai come Saori fosse ancora perplessa, ma non credevo sarebbe rimasta a digiuno. Non poteva certo resistere ad un tale invitante profumino!
Dopo esserci augurati un buon appetito, iniziammo a mangiare. Mangiammo fino a saziarci, era tutto molto squisito!
Sul tardi, dopo aver digerito, decidemmo di rinfrescarci con un bel bagno o una doccia e lavammo e mettemmo ad asciugare i nostri vestiti.
Feci scegliere alle ragazze degli abiti puliti dal mio guardaroba.
Saori, come al solito, dovette fare una delle sue uscite poco gradevoli: - Non male, hai dei buoni gusti, ma mai quanto me, che ho abiti pregiati e firmati! -. Ma poi, a chi importava dei suoi abiti?!? Ognuno si veste come cacchio gli piace!
Io indossai uno short di jeans scuro, un top nero senza spalline, un gilet di jeans con la zip, che tirai su a metà, calze nere che arrivavano fino alla coscia e le mie scarpe da ginnastica preferite. Lasciai i capelli biondi come ero solita tenerli, ovvero sciolti, ma con alcune ciocche tirate indietro in una coda.
Per i ragazzi, invece, pensai potesse andar bene la poca roba che Alexios, mio fratello maggiore, aveva lasciato qui.
Un po' mi metteva in imbarazzo vedere i ragazzi girare per casa a petto nudo, coperti solo da un asciugamano dalla vita in giù. Dovetti ammettere che avevano dei bei fisici scolpiti.
- Non ci hai mai detto di avere un fratello - mi disse Camus, pareva quasi un rimprovero, ma non lo era.
- Probabilmente ve ne ho solo accennato. Comunque ha due anni in più di voi e lavora sull'isola di Mykonos da almeno due anni. Mi manca molto... -
Voglio un bene dell'anima al mio adorato fratello.
Vorrei tanto rivederlo...
- Mi è venuta un'idea!!! - sbottò Milo, facendomi sobbalzare e distogliendomi dai miei pensieri. - E se andassimo su Mykonos? Però dobbiamo comunque sperare che, almeno lì, la pandemia non sia arrivata! -
L'idea di Milo ci allettava. Se lì era ancora tutto normale, potevamo sperare di metterci in salvo, e io avrei potuto riabbracciare mio fratello.
Però, avevo la strana inquietudine che nemmeno Mykonos fosse un posto sicuro. E se il contagio fosse arrivato fin lì? Pregai che almeno la popolazione di lì fosse salva. Pregai che mio fratello stesse bene.
- Provo a chiamare mia madre... - disse Camus, estraendo dalla tasca il cellulare. Attesi insieme a lui che sua madre rispondesse, ma non rispose. - No... Non... Mamma, ti prego, rispondi... - sussurrava lui. Vidi che la mano che reggeva il cellulare tremava. Lentamente, Camus abbassò il telefono e premette il tasto di fine chiamata, rimettendoselo poi in tasca.
Camus era orfano di padre, sua madre l'aveva allevato da sola, lontano dal loro Paese di origine, la Francia.
Milo, invece, era orfano di entrambi i genitori sin da quando era molto piccolo. Era stata sua nonna ad allevarlo, poi lei è morta quando lui ha raggiunto la maggiore età. Da quel momento ha dovuto cavarsela da solo, aiutato, per quel che potevano, da Camus e sua madre.
Quei due si conoscono da tanti anni, sono praticamente cresciuti insieme.
- Cam... - lo chiamai in un sussurro, poggiandogli una mano sul braccio.
- ... Mia madre... non la rivedrò mai più... - capii al volo il significato di quelle parole e lo abbracciai.
- Mi dispiace... mi dispiace tantissimo. -
Decidemmo che saremmo partiti l'indomani, magari presto. Dovevamo raggiungere uno dei porti, il Pireo, e prendere una nave, una barca o un traghetto che ci avrebbe trasportati fin sull'isola.


Angolo dell'autrice
Ed ecco, dopo un bel po' di tempo, il 4° capitolo.
Grazie a tutti quelli che seguono, recensiscono e hanno messo la storia tra le preferite.
Alla prossima, baci!

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Capitolo 5
*** L'odio va messo da parte per sopravvivere ***


5 - L'odio va messo da parte per sopravvivere

La mattina dopo, un raggio di sole proveniente da un piccolo spiraglio della veneziana abbassata mi svegliò. Saori e Shaina, l'una distesa sul divanetto sotto la finestra, l'altra su un materassino gonfiabile (usato come giaciglio, sistemato sul parquet), dormivano ancora. Avevano il lenzuolo tirato fin sopra il naso, quasi a volersi proteggere.
Mi alzai e, con solo la biancheria intima addosso, andai su in terrazza a raccogliere il bucato, perfettamente asciutto. Da quella posizione, inoltre, potevo vedere la via oltre il cancello deserta. D'un tratto vidi una pattuglia della polizia passare lì davanti in tutta fretta. Tornai dentro, posai la roba su una sedia e andai in cucina a preparare la colazione.
Quando gli altri si svegliarono, trovarono la colazione già pronta a tavola.
Dopo aver fatto il primo pasto più importante della giornata, andammo a prepararci. Saori mi lanciò addosso gli abiti che le avevo prestato la sera prima.
- Tieni, questi non mi servono più, adesso che la mia divisa scolastica è pulita! - fece, atteggiandosi da snob.
Guardai prima gli abiti che avevo in mano, poi lancia un'occhiata torva a Saori. Non dissi niente, anche se avrei tanto voluto prenderla a schiaffi.
Tirai fuori uno zaino abbastanza capiente e vi misi qualche vestito, delle bottiglie d'acqua, degli snacks, il mio portatile e i caricabatterie di quest'ultimo e del cellulare.
- Ragazzi, se vi interessa, mio padre possedeva un porto d'armi. Ci potrebbero servire armi più sofisticate, voi che ne pensate? - dissi.
- Dico che hai ragione. Vediamo che armi ci sono. - risponde Camus.
Portai, quindi, i ragazzi nella stanza dei miei e aprii il guardaroba, frugai al suo interno e tirai fuori una valigetta. La posai sul letto e la aprii: al suo interno c'erano armi da fuoco di ogni tipo. Lasciai a loro la scelta, ma Camus disse che avremmo potuto portarci dietro l'intera valigetta. Pensai che, in effetti, fosse la decisione più saggia, e pensai anche che, per non rischiare di esporci troppo ai mostri là fuori, avremmo potuto usare l'auto di mio padre, abbastanza capiente da contenerci tutti.
Caricammo quindi tutto il necessario nel portabagagli e Milo si offrì di guidare.
Prima di lasciare per sempre la casa dove ho vissuto per 18 anni, feci visita alla tomba dei miei e li salutai per l'ultima volta.
- Caspita, ma quest'auto ha nove posti! Che se ne faceva tuo padre di un'auto così grande?! - esclamò meravigliato Milo, prima di aprire la portiera e sedersi al posto di guida. - Allora, vediamo un po'... -
- Mio padre amava le auto grandi e spaziose, non importava se la nostra famiglia era composta solo da tre persone. Comunque... Sai guidarla? - chiesi.
- Scherzi? E' un gioco da ragazzi per me! -
- Sai che mi fido delle tue parole! -
- Avanti, salite a bordo! Si parte! -
Quando tutti fummo dentro, Milo girò la chiave in posizione d'accensione e partì sgommando.
- Ma sei pazzo!?! - sbottò Saori, sistemandosi meglio sul sedile.
- Paura, eh? - la provocò, arrogante.
Svoltammo in una stradina a destra e proseguimmo dritto. Continuammo ancora per un po' e ci fermammo: la strada era bloccata da un'orda di zombie.
Io, Cam e Shaina ci impossessammo di un'arma da fuoco a testa (io e Shaina una pistola, Cam un fucile d'assalto), e ci sporgemmo fuori dal tettuccio apribile dell'auto, puntando e prendendo bene la mira.
Atterrammo circa due o più zombie a testa. Ci creammo così uno spiraglio, quel tanto che ci bastava per poter passare e proseguire.
Arrivammo ad un incrocio, dovevamo prendere la strada a sinistra, ma era bloccata da "loro" e svoltammo, perciò, dall'altra parte. Quella era la strada più lunga per arrivare al porto, ma tanto valeva evitare lo scontro.
- Milo, sei un ottimo guidatore, ma sei anche pericoloso, se ti ci impegni! - asserì Camus, seduto davanti, accanto all'amico.
- Tanto chi vuoi che ci fermi? Non può farci nessuno la multa per guida pericolosa nella situazione in cui siamo! - ed io concordavo con lui.
Arrivammo in fondo alla strada e trovammo un blocco, posto probabilmente dalle autorità per bloccare l'accesso agli zombie.
Scendemmo a controllare e aprimmo il passaggio.
- Ok, basta! Io sono stufa di stare con voi! - sbottò Saori, all'improvviso. - Lui guida peggio di un pazzo ubriaco e loro due si credono delle eroine solo perché sanno utilizzare una pistola! - indicò prima Milo e poi me e Shaina, che la fissammo male. - Per non parlare del fatto che io e Sasha siamo rivali e i suoi amici non sono miei amici e mai lo saranno! Casa mia si trova in quella via, quindi bye bye! Andiamo, Seiya! -
Saori trascinò fuori il fidanzato fuori dall'auto e si incamminarono. Ma era stupida o cosa?! Li seguii fino all'inizio della via.
- Aspettate!!! E' pericoloso!!! -
Saori mi ignorò, mentre Seiya si voltò a guardarmi dispiaciuto.
Riuscii a bloccare quella testarda per il polso, prima che si addentrassero oltre il cancello di villa Kido.
- Cosa fai?!? Lasciami andare! - urlò e cercò di divincolarsi dalla mia presa, mentre io adocchiavo un paio di zombie a diversi metri da noi, proprio davanti alla casa.
- Guarda!!! - urlai, indicandoglieli. - Vuoi finire i tuoi giorni come loro?? E' questo che desideri?!? -
Saori guardò prima gli zombie, poi me.
- Perché mi stai salvando... ? - sussurrò. - Noi non siamo mai andate d'accordo... Io... ti ho sempre trattata male... -
Già, perchè la stavo salvando?
- Perché non voglio che altre persone vengano trasformate in quegli esseri! - ecco perché.
Saori sgranò gli occhi. Era forse sorpresa?
- Pensavo che non te ne fregasse nulla se mi succedesse qualcosa. -
- A volte l'ho pensato, lo ammetto, ma non sono così cattiva da lasciare che ti accada qualcosa di brutto. -
- Sei troppo buona, Sasha... -
Non le lasciai il polso, ma anzi, avendo visto che gli zombie stavano venendo verso di noi, probabilmente attirati dalle nostre voci, il cui tono era leggermente alto, la tirai verso l'auto, seguite da Seiya, che ogni tanto si voltava per controllare che non ci avessero raggiunto. Montammo di nuovo in auto e ripartimmo.
Mi accasciai sul sedile, mentre l'auto avanzava verso la nostra destinazione. Mi girai verso Saori, seduta negli ultimi sedili: era pallida e aveva gli occhi lucidi. Scoppiò a piangere, nascondendosi il viso con le mani, mentre il suo ragazzo l'abbracciava. Era evidentemente spaventata e la capivo.
Ripensai al mio gesto di poc'anzi. Avevo due possibilità: salvarla o lasciare che si desse in pasto agli zombie. Io avevo scelto la prima, perché, come avevo detto anche a lei, non volevo che altre persone diventassero zombie, e non importava se Saori era mia rivale e la odiavo. In quella situazione l'odio andava messo da parte, dovevamo aiutarci l'un l'altro per poter sopravvivere.
- Sasha... - il mio nome, chiamato con voce rotta dal pianto, mi scosse dai miei pensieri. Mi voltai verso Saori. - Grazie. Grazie per ciò che hai fatto per me. -
- Non devi ringraziarmi. -
- E invece sì. Perché se tu non mi avessi fermata, a quest'ora sarei una di quei cosi. E accetta anche le mie scuse.... per averti sempre trattata male... -
Le sorrisi. - Va bene, scuse accettate. -
Lei mi sorrise di rimando. - Ti sarò sempre debitrice del tuo gesto. -

Arrivammo finalmente al porto.
C'erano pattuglie della polizia e poliziotti che affrontavano gli zombie arrivati lì. Udimmo delle urla provenire da una direzione non ben identificata e ci guardammo intorno. Notammo in un angolo un ragazzo ed una ragazza che tentavano di difendersi da un paio di zombie. Scesi subito ad aiutarli.
I due ragazzi videro i corpi dei loro nemici cadere sull'asfalto ed alzarono lo sguardo su di me, che abbassai la pistola e gli sorrisi. Mi ringraziarono e li condussi all'auto; nel frattempo Camus e Milo scesero dall'auto, Milo aprì il portabagagli e si impossessò di una mitraglietta.
- E' ora che anch'io mi diverta un po'! - disse, con un sorriso per niente rassicurante.


Angolo dell'autrice
Sono tornataaaaa! XD Chiedo umilmente scusa per il ritardo! *scusatescusatescusate* \ >_<''/
Mi rendo conto che i capitoli sono corti e che questo è venuto forse più corto dei precedenti... Ma non riesco a scrivere capitoli chilometrici! >_<
LOL... Milo alla fine del capitolo ammetto che mi inquieta un po' XD Insomma, con quel sorriso per niente rassicurante ed una mitraglietta tra le mani... XD Fuggite, sciocchi! XD XD
Ok, la pianto. :P
A presto, spero! 

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Capitolo 6
*** Verso Mykonos ***


6 - Verso Mykonos

Milo puntò la mitraglietta e sparò su alcuni zombie, centrandoli in pieno. Rise di gusto, quasi gli piacesse vedere tutto quel sangue. Dovetti ammettere che mi faceva un po' paura in quel momento! Raggiunse Camus, che nel frattempo era corso ad aiutare i poliziotti in difficoltà, mentre io entravo nella vettura e mi assicuravo, insieme a Shaina, delle condizioni di quei due ragazzi, ancora spaventati.
- Come vi chiamate? - chiesi, per rompere un po' la tensione, ma anche per conoscerli un po', volevo almeno sapere i loro nomi.
- Io sono Aioria e lei è Marin, la mia ragazza. - rispose il ragazzo.
- Io mi chiamo Sasha. -
- Ed io mi chiamo Shaina. -
Guardai meglio Marin, poiché mi sembrava di averla già vista. Lei mi guardò interrogativa.
- Il tuo volto non mi è nuovo... - spiegai. - Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra di averti già vista a scuola... -
- Anch'io, in effetti, ricordo di averti già vista... Ed eri spesso assieme a quei due ragazzi là fuori. Sasha... mmmh... credo che tu fossi l'unica con questo nome in tutta la scuola. - mi sorrise e ricambiai. A primo impatto, potevo dire che Marin fosse una persona simpatica.
- Ciao, cara! Io sono Saori! Probabilmente avrai sentito parlare di me, essendo io una delle ragazze più popolari della scuola! -
Eccola che reiniziava ad atteggiarsi...
- Aspetta, aspetta... Saori??? Quella Saori?!? Oh mio Dio! Non so se essere felice di averti incontrata oppure disperarmi...! - trattenne una risata.
E mentre fuori dalla vettura imperversava una - chiamiamola così - battaglia contro un'orda di zombie affamati, noi facevamo ironia, conversando amabilmente, come se niente fosse. Facevamo salotto in un'auto, in mezzo ad una guerra contro zombie, con in sottofondo spari, urla e altri rumori vari. Ci mancavano solo un po' di thè e magari dei biscottini. Che cosa buffa.
Mi aspettavo che Saori rispondesse in malomodo a Marin, ma non fu così.
- ... Voglio che tu sappia, che tutti voi sappiate, che io non sono più la Saori snob e arrogante ch'ero prima. -
Seiya, che era affacciato al finestrino, si voltò di scatto, mentre io, Shaina, Marin e Aioria sgranammo gli occhi.
- Eh?!? - fu la nostra esclamazione collettiva.
- Credetemi. Dopo che Sasha mi ha salvata da morte certa, non ho potuto fare a meno di ripensare a come mi ero comportata con lei, e con tutti quanti. Nonostante io l'abbia sempre trattata male, Sasha mi ha comunque salvata. Sono certa che, se non fosse così buona, avrebbe volentieri permesso che venissi sbranata da quei cosi là fuori. E non negare, Sasha. Credo che, se ne avessi avuto l'occasione, mi avresti uccisa con le tue stesse mani. In parole povere, da oggi voglio cambiare. Per me stessa, per il mio fidanzato, per tutti voi. -
Forse aveva ragione: se non fossi la Sasha che sono, che tutti conoscono, probabilmente Saori non sarebbe più qui.

Guardai fuori dal finestrino e pensai che forse era meglio andare a dare una mano. Gli zombie erano troppi, sembravano non finire mai.
Sciolsi i capelli e li legai in una coda alta, quindi non attesi oltre e saltai giù dall'auto.
Ne atterrai un bel po', scavalcai i corpi e affiancai i miei amici.
- Che ci fai qui? - mi chiese sorpreso Milo, senza perdere di vista i nostri nemici.
- Sono venuta a darvi man forte! - dissi, mentre centravo uno zombie in testa.
Ci facemmo un po' avanti per essere sicuri di non sparare a vuoto, vista la distanza.
Continuai a sparare, portandomi di lato.
Uno di "loro" si fece un po' più avanti rispetto ai suoi simili e mi sorpresi nel riconoscere il professore di chimica. Sorrisi, finalmente potevo vendicarmi come avevo desiderato. Per colpa sua, ero stata bocciata ed ero stata costretta a ripetere il 4° anno. Mi aveva preso di mira non so per quale motivo. Lo odiavo così tanto... Adesso me l'avrebbe pagata cara. La sua esistenza, anche come zombie, sarebbe finita.
Quando premetti il grilletto, però, non partì nessun colpo. Premetti ancora, più volte. La pistola era scarica e le munizioni si trovavano nell'auto, molto distante da noi.
Indietreggiai, sbattendo con il piede contro uno dei corpi riversi a terra.
- S-stai lontano da me, lurido... - balbettai.
Ero priva di difese e non potevo attaccare. Avevo paura, temevo che sarebbe stata la fine per me.
Milo mi venne in soccorso e mi strinse a lui, mentre puntava e colpiva, salvandomi appena in tempo.
- M-Milo...? -
- Qualunque cosa accada, io ti proteggerò! -
Mi ordinò di rimanere dietro di lui, mentre i restanti zombie venivano fatti fuori.
Con lui mi sentivo al sicuro, non avevo paura.
- Ehi, voi! - disse Camus, rivolto ai poliziotti. - Noi stiamo andando sull'isola di Mykonos, venite con noi? -
- Certamente! - rispose uno di loro, un giovane dai lunghi capelli blu. Notai accanto a lui un ragazzo identico a lui, era ovvio che fosse il suo gemello.
Andammo verso l'auto e facemmo cenno di scendere a Shaina, Marin e Aioria, prendemmo i nostri averi dal portabagagli e raggiungemmo uno yatch.
Ci sistemammo e partimmo alla volta di Mykonos.
Ci fermammo, dopo molti kilometri, in mezzo al mare. Avevamo tutti bisogno di riposare e lì nel bel mezzo del Mediterraneo, al sicuro nello yatch, potevamo stare tranquilli.
Prima di addormentarci, un pensiero ci accomunava: saremmo stati salvi, una volta arrivati su Mykonos?


Angolo dell'autrice
Sono in un ritardo terribile, lo so. Indovinate qual è la causa? L'ispirazione, esatto.
Vabbeh, spero che questo capitolo vi piaccia. <3

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Capitolo 7
*** Mykonos ***


7 - Mykonos

Durante il tragitto, avemmo modo di conoscere meglio i giovani poliziotti, Saga e Kanon, i gemelli, e Aioros, che scoprimmo essere il fratello maggiore di Aioria.
Ci fu chiaro il motivo per il quale i due fidanzati si trovassero al porto. Gli stessi Aioria e Marin ci raccontarono che avevano deciso di raggiungere il porto perché avevano intenzione anche loro di andare su un'isola, su quale, però, lo avrebbero deciso dopo, non appena fossero stati a bordo di un'imbarcazione. Una qualunque sarebbe andata bene, l'importante era allontanarsi da lì. Aioros gli aveva chiesto di raggiungerlo lì al porto, per poi mettersi tutti in salvo.
- ... Beh, poi sapete com'è andata perché siete arrivati appena in tempo... e ve ne siamo grati... Speravamo tanto che ci fosse qualche altro sopravvissuto. - concluse Aioria.
Voltai lo sguardo verso la distesa d'acqua: pareva quasi irreale la vista del mare così calmo. Sembrava di essere in un'altra realtà, e quasi dimenticai l'inferno che, ormai, attanagliava Atene ed il resto del mondo. Portai lo sguardo al cielo sereno, rivolgendo un pensiero ai miei genitori, ai miei compagni di scuola e a tutti coloro che, purtroppo, erano state vittime della pandemia. Nella mia mente presero a scorrere le immagini degli orrori a cui avevo assistito finora e ricacciai indietro le lacrime.
Shaina mi rivolse uno sguardo di comprensione, mentre Marin e gli altri che non sapevano nulla mi domandarono preoccupati che cosa avessi.
- Ho... perso i mei genitori per sempre... Ho visto il corpo senza vita di mio padre nel salotto della mia casa e mia madre trasformata in una di "loro"... L'ho vista cadere sull'erba esanime... Ho visto tante persone trasformarsi in quelle orribili creature assetate di sangue... Sento ancora nella mia testa le loro urla strazianti... - raccontai e mi lasciai andare alle lacrime, mentre Marin e Shaina cercavano di consolarmi. - E non so dove sia mio fratello... Vorrei che tutto questo fosse solo un incubo... -
Milo ridusse velocemente la distanza che ci separava e mi venne ad abbracciare.
- Ti capisco perfettamente... So come ti senti... E' stato un trauma per tutti quanti. Vorrei anch'io che fosse solo un incubo, un incubo da cui svegliarsi e scoprire che tutto è rimasto normale. -
Mi strinsi forte a lui, ringraziandolo tacitamente per essermi vicino.

Non ci mettemmo molto ad arrivare sull'isola.
Quando attraccammo al porto, c'era gente che svolgeva il proprio lavoro normalmente, segno che lì non era successo nulla.
Un membro della polizia locale ci venne vicino e ci chiese se venivamo da Atene e, alla nostra risposta positiva, ci chiese delle nostre condizioni. Tirò un sospiro di sollievo non appena gli facemmo sapere che stavamo tutti bene. Ci spiegò che qui non era arrivato il contagio e che quindi si poteva vivere una vita normale e tranquilla. Ci disse che potevamo sistemarci in uno degli alberghi, e ci tranquillizzò quando noi gli dicemmo che non avevamo abbastanza soldi per pagare il pernottamento, dicendoci che non c'era nessun problema per questo, eravamo ospiti. Ringraziammo e salutammo, quindi ci incamminammo.
Mykonos, o Chora, la città principale dell'isola, se non l'unica, era davvero bellissima, quasi un paradiso. Non per nulla era una delle mete preferite dei turisti.
Entrammo in un hotel a 3 stelle e ci rivolgemmo alla hall, dove una signorina ci diede il benvenuto.
- Salve, veniamo da Atene, ci è stato detto che è possibile alloggiare qui... Ma non abbiamo soldi per pagare... - fu Camus a parlare.
La ragazza ci tranquillizzò, dicendo che non era un problema, data la situazione nel resto del mondo, e che potevamo restare per quanto volevamo.
Andammo nelle stanze a noi assegnate, al 3° piano: io, Marin, Shaina e Saori avevamo una stanza tutta per noi, Camus, Milo, Aioria e Seiya stavano in quella accanto, Aioros e i gemelli nell'altra. Svuotai lo zaino del suo contenuto, sistemando tutto nel guardaroba, e nascosi la valigetta delle armi nello zaino, riponendolo poi sul fondo del guardaroba stesso. Dopodiché, uscii in corridoio a fare una passeggiata. Mi chiesi se c'era altra gente sopravvissuta in quell'albergo. C'era un silenzio quasi irreale, ciò che si udiva erano solo i miei passi sulla moquette rossa e lo stereo di là, nella hall, che trasmetteva musica soffusa.
Una voce mi distolse dai miei pensieri.
- Credo di averti già vista da qualche parte... Ti chiami Sasha, per caso? -
Mi girai: di fronte a me avevo una donna dai capelli lunghi fin sopra le spalle e rossi, che, all'incirca, doveva avere l'età di mia madre. E subito dopo, da ciò che mi disse, scoprii che era una cara amica della mamma. Si chiamava Ana ed era una persona molto, molto gentile e disponibile. Trattenne quasi a stento le lacrime quando seppe della scomparsa dei miei genitori e che quindi, a parte mio fratello, della cui sorte ancora non sapevo nulla, io ero l'unica sopravvissuta della mia famiglia.
- Quei ragazzi che sono con te sono tuoi amici? - e alla mia risposta affermativa - Sai, siete gli unici sopravvissuti. -
Sobbalzai. - Come?! -
- Sì, è così. Siete gli unici che sono riusciti ad arrivare qui sani e salvi, finora. Io ho perso mio marito, che era fuori per lavoro. E' arrivato qui ferito, aveva un grosso morso sulla gamba destra. Ha chiesto alle autorità di porre subito fine alla sua vita. La sua richiesta è stata accolta, anche se con titubanza. Sto cercando di andare avanti, ho un bambino da accudire e non posso abbattermi. Devo essere forte per mio figlio. -
Dovevamo andare avanti anche noi. Dovevamo ricominciare una nuova vita sull'isola.
- Comunque, se volete, potete venire ad abitare nella casa di fronte alla mia. Vi aiuterò a sistemarvi per bene. -
- La ringrazio, signora. E' molto gentile. -
Sorrisi e lei ricambiò.
- E' il minimo che possa fare per voi. Quando volete lasciare l'albergo, avvisami. Faccio parte del personale dell'albergo, quindi mi vedrete spesso in questi corridoi. -
La ringraziai ancora e riunii gli altri per comunicare la notizia. Tutti furono felici, se non entusiasti, di potersi trasferire in quella casa.
 La nostra nuova vita avrebbe avuto inizio già dall'indomani.


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Capitolo 8
*** Ricominciare da capo ***


8 - Ricominciare da capo

Il giorno successivo, lasciammo l'albergo e ci trasferimmo nella casa di fianco a quella della signora Ana, una graziosa villetta su due piani tutta arredata, con vista sul mare, non enorme, ma con un mucchio di stanze, tra cui due bagni (uno al piano terra, l'altro al piano superiore), una cucina spaziosa, un salotto bello grande e una stanza perfetta da usare come studio. Da quel che ci aveva raccontato la signora Ana, la casa apparteneva ad un suo amico, il quale abitava in Giappone ormai da anni e veniva sull'isola in villeggiatura. La donna aveva provato a chiamare il proprietario per chiedere il permesso di usare la casa, ma non aveva avuto risposta. Il dubbio, e forse anche la certezza, che fosse morto, erano forti, sia per noi che per la stessa Ana.
Uscii nel giardino dalla porta sul retro e respirai a pieni polmoni un piacevole profumo di fiori. Mi piegai davanti ad un'aiuola ad osservare delle rose, perfettamente curate, e ne accarezzai i petali. Presi l'annaffiatoio, poggiato lì nei paraggi, e annaffiai le piante. Mi divertiva farlo, lo facevo anche a casa mia. Mi ricordai di quando aiutavo mio fratello con la cura delle piante. "Alexios, Alexios... dove sei?" pensai. Mi mancava così tanto... Soddisfatta del mio lavoro, tornai in casa e venni fermata da Milo.
- Stavo giusto cercandoti. Mi aiuteresti in cucina? -
Annuii. Era già ora di pranzo?
- Shaina non ha detto nulla? Non ha fatto scenate perché "non si fida degli uomini ai fornelli"? - chiesi, ridacchiando.
- Ecco, qui viene il bello: non le ho detto nulla. E' in salotto che parla con Marin e Aioria. Dai, mi aiuti? -
Annuii. Una volta in cucina, ci mettemmo subito al lavoro. Volevamo preparare un'ottimo pranzo, per festeggiare la nostra salvezza e la nostra nuova vita su Mykonos.
Certo, non sarebbe stato facile ricominciare, non dopo aver perso molte persone a noi care, non con quello che ancora era in corso ad Atene e nel resto del mondo. Fatto sta che noi eravamo lì, sani e salvi su un'isola dove la vita scorreva pacifica e normale.
Accesi la piccola TV presente in cucina e mi sintonizzai su un canale a caso. Un giornalista spiegava com'era la situazione di Atene in questo momento, nascosto all'interno di un furgone della stazione televisiva.
"Le forze militari stanno facendo strage di zombie!"
Quella frase, pronunciata con enfasi, mi bloccò nell'atto di afferrare una ciotola dalla credenza. Finalmente avevano capito che erano zombie, quelli, e non il risultato di una qualche strana malattia contagiosa. Restava da capire quale fosse la causa della pandemia.
Però, ciò che non capivo era il motivo per il quale le forze militari si erano mosse in ritardo. Pensavano forse che prima o poi gli zombie sarebbero spariti da soli? Io ne avevo sembre dubitato. Erano morti che camminavano, non potevano morire di fame e di sete, e l'unico modo per eliminarli era spappolargli il cervello. Se nessuno li avesse eliminati, avrebbero continuato senza problemi la loro esistenza per chissà quanto altro tempo.
Il giornalista continuò a parlare, spiegando che la soluzione adottata era stata quella di dare fuoco ai mostri in massa. Soluzione drastica ed efficace, a quanto pareva.
Mentre ascoltavo il notiziario, gettando, ogni tanto, uno sguardo allo schermo, mi concentrai sulla preparazione di una torta al cioccolato. Mescolai gli ingredienti ed infornai l'impasto, quindi diedi un'occhiata a ciò che stava preparando Milo. Lui, sentendosi osservato mentre si muoveva fra i fornelli, mi lanciò un'occhiata e mi sorrise. Andai ad aiutare Shaina a preparare la tavola in sala da pranzo. Dopo qualche minuto, Milo dalla cucina annunciò che era pronto, così andammo ad aiutarlo con le portate. Ogni tanto davo un'occhiata anche al dolce in forno, che pian piano cuoceva.
Tutti presero posto, gli ultimi fummo proprio io, Shaina e Milo.
C'era davvero di tutto a tavola. Milo ed io c'eravamo dati da fare tanto per preparare tante leccornie.
Feci per afferrare la caraffa dell'acqua, ma nello stesso momento Milo, seduto di fronte a me, nell'atto di afferrarla anche lui, mi sfiorò la mano. A quel contatto, arrossii lievemente e ritirai di scatto la mano, come se avessi preso una scossa. Lo vidi sorridere, forse divertito, mentre mi versava lui stesso l'acqua nel bicchiere. Balbettai un grazie, nascondendomi dietro il bicchiere. Non volli immaginare quanto fossi diventata rossa! Caspita, che vergogna! Io che arrossivo se un ragazzo mi sfiorava la mano... da quando?? Non era da me. Cercai di riassumere un atteggiamento normale, mentre iniziavo a mangiare.
- Hai preparato tutto tu? Devo fidarmi di un uomo ai fornelli? - sentii dire da Shaina, rivolta a Milo.
Ridacchiai tra me e me: sapevo che gli avrebbe detto una cosa simile.
- Ah, Shaina, Shaina... Non mi reputi un bravo cuoco? E comunque c'era Sasha ad aiutarmi. - gli rispose l'interpellato, con un sorriso.
- Ah, beh, allora se c'era anche lei, mi fido! -
- Mangia...! - fu l'ordine, ma in tono scherzoso, di lui.
Risi. Quanto erano divertenti!
- Ah! Il dolce!!! - imprecai, ricordandomi all'improvviso della torta ancora in forno, mentre mi precipitavo in cucina.
La tolsi dal forno: bene, per fortuna non si era bruciata. La lasciai sul bancone a raffreddare e tornai a tavola. E quando arrivò il momento del dolce, fui fiera di servire la mia torta al cioccolato. Sperai che fosse venuta bene. La ricetta l'avevo imparata da mia madre. Facevamo spesso dolci assieme e mi ha insegnato a fare tante delizie.
Dopo un primo assaggio, sia io che gli altri constatammo che sì, era venuta bene, tanto che Milo fu il primo a chiedere il bis.
- Vuoi ingrassare, per caso? - lo stuzzicò Shaina, portandosi il cucchiaino alle labbra e posandolo poi nel piatto.
- No, voglio solo deliziarmi della torta al cioccolato più buona che io abbia mai mangiato! - Quel complimento mi riempì di gioia. Mi sentii quasi importante, ahah. - Tu, se vuoi continuare a mantenere la linea, fai pure. - continuò lui. - Io mi abbuffo quanto voglio! -
- Tanto ingrasseraiii... - canticchiò Shaina.
- Dai, finitela! Siete peggio dei bambini che si fanno i dispetti!  - dissi, ridendo.
I due si fissarono e Milo scoppiò a ridere. Shaina dapprima lo guardò in malo modo, poi scoppiò a ridere anche lei.
- Ecco, vedi di fare la brava bambina, Shainuccia! - la prese in giro Milo.
- Scemo! -
- Sentila! Parla Einstein! -
Ormai stavano ridendo entrambi, facendo ridere tutti.
- Ma la finite? - dissi, tra le risate.  

Dopo aver sparecchiato e lavato le stoviglie, uscii in giardino e presi il mio cellulare dalla tasca, cercai il numero di Alexios nella rubrica e provai a chiamare. Attesi un bel po', ma nulla, non rispondeva. Una terribile angoscia si fece strada in me, scoppiai in lacrime all'improvviso. Mi lasciai cadere in ginocchio sull'erba del giardino, mentre continuavo ad essere scossa dai singhiozzi.
- Sasha! Sasha... che succede??? - mi chiese preoccupato Camus, che non avevo sentito arrivare.
Non risposi, mi alzai e con il polso mi asciugai le lacrime.
- Mio fratello... - cercai di dire, tra i singhiozzi - ... mio fratello è... non... non risponde al cellulare... Sigh... Non risponde... Non lo rivedrò più... -
- No, Sasha, non dire così! Non giungere subito a conclusioni affrettate. -
- Sono preoccupatissima, Camus... - singhiozzai ancora.
- Lo so, e ti capisco... -
- Non so più cosa pensare, Camus... Ho paura, ho tanta paura di non rivederlo mai più... -
Camus mi abbracciò, ed io pian piano mi calmai, prima di rientrare in casa. Non volevo far preoccupare nessuno.

- Sashaaaaaa!!! - sentii urlare il mio nome, poi vidi arrivare Shaina di corsa. Si nascose subito dietro di me, la sentii ridacchiare.
- Che cos... - non feci in tempo a finire la mia domanda, che ci raggiunse Milo.
- Esci dal tuo nascondiglio, donna, e affrontami! - ghignò Milo, usando un tono molto teatrale.
La scenetta in cui ero coinvolta mi rallegrò e mi fece dimenticare la tristezza.
Shaina si nascose ancora di più dietro di me, non prima di aver fatto la linguaccia a Milo.
- Ma che sta succedendo? - chiesi, tra il divertito e la curiosità.
- Oh, niente, gli ho solo detto che ha messo su un po' di chiletti, ma ovviamente scherzavo. E lui ora vuole farmela pagare! -
- Oh, sentila con quanta leggerezza parla! - esordì Milo, con le mani sui fianchi, dopodiché guardò me. - E' fissata, dice che mi vede ingrassato. A me non sembra. A te sembro ingrassato? -
Feci per aprir bocca, ma Shaina mi precedette. - Sì, diglielo! Ma guardalo! Mangi troppo, bello mio! E non fare l'offeso! - disse, tra le risate, sporgendosi sulla mia spalla destra.
Milo scattò verso di noi, con un sorriso poco rassicurante. - Ah, sì? Vieni qui a ripetermelo! -
- Sashina, ti prego, proteggimi da questo cattivone! - esclamò Shaina, divertita, mentre Milo la afferrava per i fianchi e la staccava da me.
- Non temere, amica mia! Ti salvo io! - feci, scoppiando a ridere per il tono molto teatrale che avevo usato.
- Ma che fai, la difendi?!? Pensavo fossi mia alleata! -
Ormai stavamo ridendo tutti e tre a crepapelle! Io e Shaina correvamo per la casa, inseguite da Milo. Ci stavamo divertendo un sacco, peggio dei bambini.
- Presa! - urlò Milo, trionfante, afferrandomi per i fianchi e mantenendo la presa.
- Nooo, lasciamiiiii! - esclamai tra le risate.
- E adesso... preparati! Sto per infliggerti la mia punizione... il solletico! - sghignazzò - Preparati, Shaina, dopo tocca a te! -
- Noooo, ti prego! - e iniziai a ridere e a contorcermi quando lui prese a farmi il solletico.
Mi lasciai cadere sul divano, tenendomi la pancia dal troppo ridere, avevo persino le lacrime agli occhi. Milo si chinò su di me, poggiando le mani ai lati della mia testa.
- Allora, ti basta, o devo continuare? -
- No, no, basta! - risposi, ancora ridendo.
Mi accorsi che i nostri visi erano vicini. Molto, troppo vicini. Potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle.
Il sorriso abbandonò lentamente le labbra di Milo, che rimasero semiaperte, mentre mi spostava una ciocca di capelli dietro l'orecchio, senza distogliere lo sguardo dal mio.
Si fece più vicino, sempre più vicino, fino a sfiorarmi le labbra con le sue. Quello che ne seguì fu un casto bacio.
Si staccò poco dopo, guardandomi e sorridendomi. Io avevo le labbra socchiuse, non sapevo cosa dire, né cosa fare. Non me lo aspettavo! Mi... mi aveva appena baciato!
Ci ricomponemmo. Lui mi aiutò a tirarmi su e ci mettemmo seduti e composti sul divano. Io accavallai le gambe, ancora preda del più totale imbarazzo, e gli lanciai una rapida occhiata, mentre lui si passava una mano tra i capelli.
- Comunque sei un bastardo... - ridacchiai - Sai perfettamente che soffro il solletico! -
- Eh già... l'ho usato a mio vantaggio... - sorrise.
 Notai che anche lui era leggermente in imbarazzo per quello che era appena successo, ma cercava di non darlo a vedere.
Mi voltai poi indietro, oltre lo schienale, cercando Shaina, che era sparita. Mi alzai lentamente, Milo seguì con lo sguardo i mei movimenti e mi accennò un leggero sorriso. Ricambiai, sorridendo appena, ancora in imbarazzo. Andai a cercare la mia amica, volevo raccontarle quello che era successo. La trovai in cucina che si versava del succo d'arancia.
- Shaina! Non sai cos'è successo! -
Lei sobbalzò e si girò verso di me, con sguardo interrogativo.
Le raccontai del bacio e, quando terminai, lei sorrise.
- Lo immaginavo! - fece una pausa, portandosi il bicchiere alle labbra e bevendo un sorso. - Avevo come una sensazione, da un po' di tempo, che sarebbe successo qualcosa tra di voi, prima o poi. - mi sorrise. - Vi ho lasciati da soli proprio quando ho visto che lui ti stava sopra e ti fissava. -
Mi versai anch'io del succo d'arancia e, mentre bevevo, non potevo fare a meno di pensare a quel bacio.
- Sai... - incalzò Shaina - Prima che accadesse questa catastrofe, Milo mi confidò che si era innamorato di te, ma aveva deciso di attendere per rivelarti i suoi sentimenti. Penso che con quel bacio ti abbia detto molto, no? Ti ha voluto far capire che per lui sei più di un'amica. -
Già, a volte non servono le parole, basta un semplice gesto. Possibile che io non sia riuscita a capire, finora? Oppure lui è troppo bravo a celare certi sentimenti? Ed io? Io cosa provavo per lui? Non lo sapevo ancora bene.
E mentre ancora pensavo, vidi Milo irrompere in cucina, con un sorrisetto.
- Shaina cara, te l'avevo detto che il solletico toccava anche a te! Sasha, bloccala, non deve sfuggirmi! -
Eh, giustamente se non la faceva pagare a Shaina, che l'aveva preso in giro, non sarebbe stato soddisfatto. Tipico di Milo. Dopotutto lo conoscevo da tanto tempo.
Shaina mi guardò, con sguardo da cane bastonato. - Sei mia amica, vero? Non permetterai che finisca tra le sue grinfie, giusto? -
Ma prima che potessi risponderle o fare qualcosa, Milo era già partito alla carica. Quando finì, Shaina ancora rideva per il solletico e tirò un pugnetto sul braccio di Milo.
Ci sedemmo tutti e tre al tavolo.
- Con tutto quello che abbiamo passato... credevo di non ritrovare mai più la gioia di ridere... - disse poi Shaina.
Aveva dato voce ad un pensiero forse collettivo. Io ero d'accordo con lei, e forse, dallo sguardo che aveva, anche Milo lo era.
E nonostante le risate e il divertimento, ero comunque sempre in pensiero per mio fratello, ma non lo davo a vedere.


Angolo dell'autrice
Ma ciao! Sono tornata! Dopo tre (!!) anni di pausa (grazie, ispirazione). Vi sono mancata, vero? (seh seh XD). Comunque, ecco a voi, il nuovo capitolo di  questa storia. ;)

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Capitolo 9
*** Felicità ***


9 -  Felicità

Erano passati alcuni giorni da quando ci eravamo trasferiti nella nostra nuova casa ed avevamo ricominciato da capo. Nuova casa, nuova città, nuova vita. Senza i nostri cari, ma dovevamo essere forti anche per loro, che di sicuro, se fossero ancora vivi, sarebbero stati felici di saperci vivi e in salvo su un'isola dove non era arrivato il contagio. La mia speranza di rivedere, prima o poi, mio fratello Alexios era ancora accesa nel mio cuore. Cercavo di pensare positivo. E non avevo dimenticato il bacio tra me e Milo. Ci ripensavo spesso. Inoltre, notavo che, molto spesso, lui trovava una scusa per stare con me, anche solo per chiacchierare. Guardandolo, mi rendevo conto che forse anch'io provavo qualcosa per lui. Ammetto che anni addietro mi ero presa una cotta per Milo, ma non l'ho mai detto a nessuno. Però, ripensandoci, mi è sempre piaciuto... Erano anni che lo conoscevo, eravamo praticamente quasi cresciuti insieme, io, lui e Camus. Mi chiedevo da quanto Milo avesse capito o scoperto di essere innamorato di me...
Credevo che gli piacesse Shaina... e non ero l'unica a pensarlo, forse.
Seduta sul divano, guardavo le foto salvate sul mio cellulare: foto di me, Milo e Camus. Foto dei nostri viaggi, delle nostre serate e dei momenti in cui eravamo riuniti, sempre felici e sorridenti. C'erano anche foto scattate a tradimento, e sapevo benissimo di chi erano opera: Milo, ovviamente. Il re delle foto a sgamo, come lo definivamo scherzosamente io e Camus. Spesso mi aveva chiesto il cellulare, per fare una chiamata o per guardare le nostre foto, ma zitto zitto rubava qualche scatto a me o a Camus. Alcune erano imbarazzanti, ma le avevo tenute lo stesso. Perché chiedeva il cellulare proprio a me? Beh, perché ai tempi (dei, parlo quasi come se fossero passati secoli!), io ero l'unica di noi tre che possedeva un cellulare moderno, di quelli con la fotocamera. L'unico strumento che aveva Milo per far foto era una Polaroid, una di quelle fotocamere istantanee che ti stampavano istantaneamente le foto, insomma. Gliel'aveva lasciata in dono sua madre. A me piaceva tanto quella macchinetta... Peccato che spesso la dimenticava (o mentiva, così poteva appropriarsi del mio cellulare, che furbone). Camus non era mai stato interessato alla fotografia. Lui e l'obiettivo non andavano d'accordo, come affermava lui stesso. E poi, beh, a Milo piaceva smanettare col mio telefono.
La voce di uno dei gemelli (ammetto che li confondevo spesso, chiedo venia!) mi distrasse. Raggiunse il salotto, dove io, Shaina e Aioros eravamo riuniti, e richiamò urgentemente il resto degli inquilini. In mano reggeva delle buste da lettere. Quando tutti furono in salotto e accomodati sui divani, Saga (che avevo riconosciuto grazie al fratello che lo aveva chiamato per nome, chiedendogli che avesse da urlare) mostrò le buste che teneva tra le mani e solennemente, annunciò che aveva ritirato i risultati delle analisi che avevamo fatto giorni prima. Sì, per sicurezza, ci eravamo sottoposti ad un controllo. Così, per assicurarci che era tutto a posto. Saga distribuì le buste, le aprimmo e fummo felici di sapere che stavamo tutti bene. Fu un sollievo per tutti averne la certezza.
- Ragazzi, pensavo che potremmo iniziare a cercare un'occupazione, un lavoro. - propose Aioros, dopo     qualche minuto.
- Sì, ottima idea. Non possiamo mica poltrire tutto il giorno in casa... - rispose Shaina.
- Magari potremmo anche chiedere alla signora Ana se ha qualche aggancio nel mondo del lavoro... - aggiunse Aioria.
Il cellulare prese a squillarmi. Sul momento mi chiesi chi mai avrebbe potuto chiamarmi, poi però, quando lessi il nome sullo schermo, rimasi letteralmente senza fiato e mi affrettai, con mani tremanti, a rispondere.
- Alexios!!! - urlai quasi il suo nome, in preda all'emozione.
- Ciao, sorellina... -
Forse è inimmaginabile quanto fui felice di sentire la sua voce, la voce di mio fratello, anche se ridotta quasi ad un mormorìo, di saperlo ancora vivo. Stavo piangendo di gioia, tremavo.
- Fratellone... Che bello sentirti! - dissi, tra i singhiozzi.
- Anche per me lo è. Stai bene? Dove ti trovi? -
- Sì, sto bene. Sono a Mykonos, con Milo, Camus, Shaina e altri nostri amici. -
- E... i nostri genitori... sono...? - lasciò in sospeso la domanda.
- Sì, purtroppo... - risposi, tristemente.
- Capisco... Ad ogni modo... mi fa piacere sapere che non sei sola. -
Nonostante non avesse mai avuto modo di conoscere Milo, Camus e Shaina, Alexios era sempre stato felice che io avessi degli amici così. Sapeva di loro grazie alle chiacchierate che ci facevamo al telefono, quando lui aveva degli attimi liberi.
- E tu? Dove ti trovi? - gli chiesi poi.
- In ospedale, a Mykonos... sono a Mykonos anch'io. -
Ebbi l'impulso di correre subito all'ospedale. La voce di Alexios mi distrasse dalle mie intenzioni.
- Ora... Ora ti devo salutare... Devo riposare. A presto, sorellina. -
- Ciao, ti voglio bene... - dissi, quasi in un sussurro, prima che la chiamata venisse chiusa.
- Allora...? - interloquì Camus, ansioso.
- Sta... sta bene... E' qui, a Mykonos. -
- Vuoi andare a trovarlo? - mi chiese Milo.
- Vai, Sasha. - mi disse Shaina, prima che potessi rispondere. - Qualcuno la accompagni. -
- La accompagno io. - si propose Milo.

Mentre gli altri tornavano a casa, io e Milo corremmo in ospedale. Chiedemmo alla reception di mio fratello e ci dissero di parlare col medico che lo seguiva al piano superiore. Arrivati al piano superiore, chiedemmo ad un paio di infermiere di poter parlare con il sopracitato medico. Ci dissero di attendere un momento ed una di loro lo andò a chiamare, ricomparendo poco dopo assieme al medico, un uomo a cui avrei dato circa quarant'anni, avvolto nel suo camice bianco  e con uno sguardo serio ed impenetrabile. Chiedemmo di Alexios e lui ci invitò a seguirlo per tutto il corridoio, fino ad una porta. Aprì e ci invitò ad entrare. Mio fratello era disteso sul letto, coperto dal lenzuolo fino al petto, e riposava serenamente.
Il medico ci spiegò che si era risvegliato quella stessa mattina, dopo tre giorni (erano già passati tre giorni dalla catastrofe... avevo perso il conto) e aveva subito chiesto di poter chiamare me, la sua sorellina adorata. Chiesi quando avrebbero potuto dimetterlo, e mi venne risposto che, non appena si fosse ripreso, sarebbe potuto uscire dall'ospedale. Io e Milo ringraziammo e poco dopo ci congedammo, dopo aver dato un'ultimo sguardo ad Alexios. Non vedevo l'ora che stesse meglio e poterlo finalmente riabbracciare e parlare con lui di nuovo.
Quando tornammo a casa, io e Milo fummo assaliti dalle domande dei nostri amici. Rispondemmo a tutti i loro quesiti. Erano anche loro preoccupati per mio fratello.
Poi, una sera, durante una grigliata in giardino, Alexios mi telefonò. Mi disse che il medico gli aveva detto della nostra visita e che non vedeva l'ora di poterci rivedere tutti.
- Ci riabbracceremo presto, vedrai! - lo rassicurai.
Misi in vivavoce e feci parlare anche gli altri, che gli regalarono auguri di pronta guarigione.
Nei giorni a seguire, in attesa di avere buone notizie da Alexios, ci eravamo messi all'opera per cercare lavoro, aiutati dalla signora Ana, che ci aveva trovato qualcosina. Facevamo lavoretti un po' dappertutto. Ci adattavamo (bisognava adattarsi, in un modo o nell'altro, se volevamo lavorare) e guadagnavamo una certa somma (che non era chissà che cifra, ma a noi bastava) per ogni lavoro fatto. Facevamo un po' di tutto. Dove serviva un mano, eravamo pronti ad offrire il nostro aiuto.

Durante una giornata in cui alcuni di noi erano liberi, Milo mi aveva trascinata fuori a prendere un gelato, nonostante le mie proteste di voler poltrire a letto ancora per un paio d'ore, o magari anche per tutto il giorno. Mentre eravamo seduti ad un tavolino fuori dal bar e ci gustavamo il gelato, Milo era silenzioso. Chissà a che pensava... La risposta mi arrivò pochissimo dopo, quando ruppe il silenzio e mi parlò.
- Sasha, anche se penso di averti già detto molto con quel bacio, io... -
Certo, il bacio... Impossibile dimenticarlo...
- Milo, prima che tu me lo chieda... Ho capito di ricambiare i tuoi sentimenti. O meglio, non sono ancora certa al cento per cento che sia così, ma... - sorrisi.
- Davvero? -
Sorrisi di nuovo. - Sono sincera. -
Sorrise anche lui.
Sì, è vero, ormai avevo capito che anch'io provavo qualcosa per lui. Anzi, forse avevo sempre provato qualcosa che non fosse la semplice amicizia che ci lega. Ed ora che gliel'avevo detto, gli avevo dato qualche speranza in più. Mi faceva tenerezza. E' bello rendere felici le persone, anche solo con poche semplici parole. Parole dette con cuore e sincerità. Si sporse e mi stampò un bacio sulle labbra. Rimasi un attimo immobile, sorridendo poi, sfiorandomi le labbra con le dita, mentre lui mi guardava, felice.
Quello stesso giorno, nel pomeriggio, mi telefonò Alexios.
- Domani mi dimettono. - mi disse, e il suo tono allegro mi fece sorridere.
Gli dissi, contenta, che sarei andata a prenderlo dall'ospedale. Guardai i miei migliori amici, che erano accanto a me e assistevano alla telefonata, e sorrisero.
- Andiamo tutti insieme a prenderlo? - propose Marin, e tutti gli altri annuirono.
Ero sollevatissima, felicissima, per il mio amato fratello.
- Preparati, il team delle meraviglie sarà da te, domani! - e scoppiai a ridere per come avevo definito il nostro gruppo di amici, che risero con me.
- Team delle meraviglie? - ripetè Alexios, ridendo anche lui. Che bello sentirlo ridere, era da molto che non succedeva.
Scambiammo ancora qualche parola, poi ci salutammo. Non vedevo l'ora che arrivasse l'indomani.



Angolo dell'autrice
Eccomi qua, finalmente! Spero di essere un po' più veloce con i prossimi capitoli! >_< Alla prossima!

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Capitolo 10
*** Riabbracciarsi ***


10 - Riabbracciarsi

Mi alzai molto presto quella mattina, mentre tutti ancora dormivano, e preparai la colazione. Cercai di fare meno rumore possibile. Preparai la tavola per tutti e, nello stesso istante in cui mi voltai per tornare in cucina a prendere le ultime cose, sbattei contro qualcuno.
- Buongiorno! Mattiniera, vedo! -
Alzai lo sguardo. - Milo! Ma cosa sei, un ninja?! -
Milo rise. - Forse... Sono sceso zitto zitto perché sentivo rumori e sono venuto a sbirciare... -
- Credevi fosse un ladro? - ridacchiai.
- Mmmh... sssì. Ma poi ho visto la tavola imbandita e... -
- ... e sei rimasto qui ad attendere che, chiunque fosse stato, uscisse allo scoperto. E poi io ti sono arrivata addosso. Pure te, però, che ti pari davanti a me all'improvviso... - risi, andando a posare le cose mancanti sul tavolo. - Devo dire che hai un udito fine. - aggiunsi, controllando che ci fosse tutto. - Vai a svegliare gli altri, su. Dobbiamo andare a prendere mio fratello, ricordi? -
- Sì, ci vado subito. Ma prima... - mi prese per un polso e mi fece voltare. - Voglio godermi questo momento in cui siamo da soli, per dirti che... - fece una pausa brevissima. - ...Ti amo. - mi rubò un bacio. - È da tantissimo che volevo dirtelo. Ho aspettato forse troppo a dirti che io per te provo più di un'amicizia... Volevo dirtelo già da un bel po' di tempo prima che... che succedesse quel che è successo, insomma... ma non ne ho mai avuto il coraggio. Temevo di rovinare la nostra amicizia per sempre. Quando ieri mi hai detto che mi ricambi, mi hai riempito di gioia. - sorrise.
Dei, ma quanto poteva essere bello quando sorrideva così, spontaneamente...?
D'istinto, gli presi il viso tra le mani e lo baciai. Lui mi mise una mano dietro la nuca. Poi sentimmo dei passi che scendevano le scale, e ci staccammo contrariati, poiché qualcuno aveva interrotto il nostro "momento magico".
Camus comparve davanti a noi, ancora in pigiama, guardando prima la tavola imbandita e poi me e Milo.
- Ah, Camus! Stavo giusto per venire a svegliarvi tutti. - affermò Milo, con naturalezza.
- Sono ancora tutti a dormire? Ho sentito delle voci mentre andavo in bagno, poi sono sceso a vedere chi fosse già sveglio. - diede un'altra occhiata alla tavola. - Avete preparato tutto voi? -
- Ha fatto tutto Sasha. Ma... dimmi... per caso, hai sentito qualcosa di ciò che dicevamo? -
- No, niente. Perché? -
- Ah, no... niente, niente... -
Camus fece spallucce, ma, secondo me, era sospettoso e si chiedeva che avessimo da nascondergli.
- Ci penso io a svegliare gli altri. - ci sorrise e andò verso le scale.
Io e Milo prendemmo posto, vicini. Volemmo attendere gli altri per iniziare a fare colazione. Io fremevo dalla voglia di baciarlo ancora, e mi sembrava che anche lui volesse. Stavamo quasi per baciarci di nuovo, quando i gemelli irruppero letteralmente nella stanza, facendoci ricomporre all'istante.
- Fermi tutti! Mani in alto! - esclamarono in nostra direzione, in tono scherzoso, mimando delle pistole con le mani. Poi si sedettero, sfregandosi le mani e restando in attesa con noi, guardando il cibo in tavola.
- Chi ha preparato tutto? - chiese Kanon.
- Io. - risposi, alzando la mano timidamente.
- Ehi, lassù!!! La colazione è già in tavola, muovetevi!!! - urlò subito dopo Kanon, evidentemente rivolto a chi era ancora al piano di sopra.
- ... E fu così che ti sentì tutta Mykonos! - lo rimbrottò Saga, scuotendo la testa, divertito.
Il fratello di Aioria scese poco dopo, trafelato, e prese posto.
Camus tornò e si sedette vicino a Milo. Pian piano, arrivarono tutti gli altri e finalmente iniziammo a mangiare. Cavoli, non stavo più nella pelle ero emozionatissima all'idea che, tra poco, avrei riabbracciato Alexios.
Milo guardò con un sorrisetto strano Aioria e Marin, che sedevano di fronte.
- E bravi, vi siete dati da fare stanotte, eh. Vi ho sentiti, piccioncini. - ghignò, maliziosamente, facendo arrossire i due fidanzati.
- Ah, però... hai un udito fine... - rispose con un mezzo sorriso Aioria, cercando di nascondere l'imbarazzo, anche se non ci riusciva bene, mentre Marin si copriva con le mani il viso per nascondere il rossore.
- Sì, lo so. - fece un sorriso da furbetto. - Comunque, beh, lo sapete che abbiamo le stanze vicine... e i muri non sono isolanti... -
Aioria e Marin arrossirono ancor di più, sotto lo sguardo divertito di Milo, il quale continuò a parlare.
- Ma, tranquilli, mi sono infilato le cuffie quasi subito ed ho coperto i rumori con della musica per aiutarmi a dormire. Altrimenti non sarei riuscito a dormire in pace. -
Vidi i due tirare un sospiro di sollievo.
- Milo, ti diverti a mettere a disagio le persone, eh... - ridacchiai, tirandogli una gomitata.

Dopo aver finito di far colazione, raggiungemmo la clinica. Io e Alexios ci abbracciammo stretti, quasi piangemmo. Poi ci staccammo e, prese le poche cose che aveva con sé, raggiungemmo l'uscita e tornammo a casa. Durante il ritorno, Alexios fece la conoscenza di tutti.
A casa, poi, ci sedemmo tutti in salotto.
- È bello che finalmente tu e Sasha vi siate ricongiunti, Alexios. - Milo, seduto sulla poltrona vicina, gli poggiò una mano su una spalla.
Io guardai mio fratello, seduto accanto a me, e non seppi trattenere le lacrime. Lui mi abbracciò e mi strinse forte.
- Mi sei mancato... Mi sei mancato tantissimo! - singhiozzai.
- Anche tu a me, ma ora siamo di nuovo riuniti ed è questo che conta ora. - mi disse, Alexios, accarezzandomi i capelli.
Mi staccai, mi asciugai gli occhi e lo guardai. Stava piangendo anche lui, e mi guardava amorevolmente. Non lo avevo mai visto piangere. Mai, dacché avevo memoria.
Poi si asciugò le lacrime e guardò Shaina, Camus e Milo. - Sono felice di conoscervi. Finalmente posso associare i vostri nomi ai vostri volti. - sorrise. - Ed è un piacere conoscere anche voi tutti. - guardò il resto degli inquilini della casa.
Decisi di spiegare il motivo per cui Milo, Camus e Shaina non sapessero o non avessero mai saputo di Alexios. Io in realtà credo di avergli parlato o accennato di lui solo un paio di volte... Comunque, gli raccontai in breve che Alexios aveva mollato la scuola a quindici anni, e da allora ha iniziato a lavorare un po' ovunque, dìciamo. Finché si è trasferito a Mykonos, lavorando in modo fisso in un ristorante. Lo vedevamo pochissime volte l'anno, e non c'era mai modo di farlo conoscere ai miei amici, per un motivo o per un altro.
Come poi ci spiegò lui stesso, quando è scoppiata l'epidemia, stava venendo a trovarci, ma ha trovato l'inferno non appena ha messo piede ad Atene. Dopo esser tornato sull'isola, ha perso i sensi subito dopo esser arrivato e lo hanno subito trasportato in ospedale, per fare degli accertamenti. Poverino... ha dormito per tre giorni di fila a causa dello shock e alla stanchezza per ciò che aveva dovuto affrontare.
- Mi dispiace, ho provato a telefonare a casa e a te, ma le linee erano intasate... e sono stato un codardo, sono praticamente scappato... - aggiunse Alexios, abbracciandomi.
- Ehi, tu non sei codardo, ok? -
Era strano vederlo così... ero sempre stata io quella debole tra noi due, anche se Alexios diceva sempre che sono forte.
- Sai cosa importa ora? - proseguii - Che tu sei vivo e sei qui tra noi. Che tutti noi siamo vivi. E dobbiamo continuare a vivere, dobbiamo essere forti. Quindi, non ti abbattere. - sorrisi, guardandolo.
- Hai ragione. - sciolse l'abbraccio e mi guardò. - Non voglio essere un peso per voi... Dai, la smetto di piagnucolare... - sorrise. - Non sto facendo una bella figura... -
Risi appena. - In un momento del genere, ti preoccupi dell'apparenza? Incredibile... -

Decidemmo di fare una festa per Alexios. Ovviamente il festeggiato si propose per aiutare in cucina. Gli piaceva un sacco cucinare. Si notava, e io lo sapevo, perché mi aveva sempre raccontato che cucinare era la sua passione. Al contrario di me, che odio cucinare.
Io, Milo e Marin, in cucina con lui, eravamo rimasti imbambolati a fissarlo. Era velocissimo! Quando iniziò a distribuirci dei compiti, non perdemmo tempo a fare ciò che ci aveva chiesto.
Di là, in salotto, qualcuno aveva acceso lo stereo e, da quel che sentivo, stavano praticamente apparecchiando la tavola cantando a squarciagola.
- Shaina!!! Sei stonata!!! - urlò Milo, ridendo subito dopo.
- Va' al diavolo, Milo!!! - gli urlò in risposta Shaina, continuando poi a cantare.
- Ma non è stonata! - dissi io, per difenderla.
- Ma come no? Ma l'hai sentita bene? - fece lui, fissandomi un attimo.
- Ok, forse solo un pochino... -
- Anche qualcun altro lo è. - rise. - Aioria!!! Il canto non fa per te!!! - urlò ancora.
- Perché allora non ci fai sentire come canti tu?!? - ricevette in risposta da Aioria.
- Oh, con piacere!!! Magari dopo pranzo vi faccio sentire, eh!!! -
Camus si affacciò in cucina.
- Hai appena accettato la sfida di Aioria, Milo? Ok, propongo un karaoke. Ma non puoi competere con me, mio caro amico... - sorrise solenne.
- Lo vedremo, Camus, lo vedremo. - sogghignò Milo, mentre Camus spariva.
Credevo che Camus fosse sicuramente un passo avanti a Milo. Li avevo spesso sentiti cantare entrambi e li trovavo bravissimi, ma Camus aveva un qualcosa in più.
Portammo tutto in tavola e mangiammo. Notai subito, da quando ci eravamo seduti, che Aioria, Shaina e Milo si lanciavano sguardi di sfida. Camus, invece, preferiva mangiare in santa pace e ignorare eventuali sguardi di sfida rivolte a lui.
Dopo l'abbondante pranzo, e dopo aver lavato le stoviglie e messo in ordine, potemmo dedicarci alla sfida.
Shaina e Aioria guardarono Milo con un sorrisetto.
- Allora, mostraci la tua bravura canora... - fece Shaina.
- Non vedevo l'ora, guarda. - Milo sorrise, strafottente. - Camus ha proposto una sfida al karaoke. Ci state? -
- Certo. Allora, inizi tu, o vuoi che inizi prima qualcun altro? -
- Oh, no, voglio iniziare io. - disse, sicuro.
- Ma siamo solo noi quattro? Nessun altro vuol partecipare? - chiese Camus.
Io in primis declinai. Mi vergognavo a cantare davanti a tutti. Però io e gli altri che non partecipavano alla sfida avevamo un ruolo comunque importante: fare da giuria.
Uno dopo l'altro, i partecipanti si esibirono nelle loro doti canore. Milo e Camus per me potevano anche vincere a parimerito, però, come ben ricordavo, Camus aveva un leggero vantaggio su Milo. Anche Aioria e Shaina non se la cavarono male, dai. Con un po' di esercizio sarebbero potuti migliorare (non si può essere perfetti in tutto, no?). Alla fine indovinate chi fu il vincitore? Ovviamente Camus! Subito dopo, al secondo posto Milo, al terzo Aioria e al quarto Shaina.
- Sei arrivato secondo... - Shaina punzecchiò Milo.
- Se c'è Camus, arrivo sempre secondo, ahimé. Poi parli proprio tu, che sei arrivata quarta! Hai poco da prendermi in giro, tzé! - rise, mentre pronunciava l'ultima frase.
Shaina lo mandò educatamente (ma non troppo) a quel paese.
Mentre Shaina e Milo si punzecchiavano come al solito, e gli altri si congratulavano col vincitore della sfida al karaoke, io raggiunsi mio fratello. Volevo recuperare tutto il tempo in cui non eravamo stati insieme. Passammo praticamente il pomeriggio a raccontarci di tutto e di più. Gli rivelai anche di me e Milo, e ne fu contento.
La sera, prima di andare a dormire, mi scusai con Milo per averlo praticamente "abbandonato" tutta la giornata.
Lui sorrise. - Fa niente. Comunque... - disse, tirandomi a sé - Noi abbiamo un bacio in sospeso. -
Eravamo nel corridoio, vicino alla sua stanza. Mi guardai intorno, poi guardai di nuovo Milo.
- Ci siamo solo noi nel corridoio... ne approfittiamo? - sorrisi.
Milo non disse nulla. Anzi, mi prese il viso tra le mani e mi baciò da togliermi il fiato. Dopo mi diede un bacio a stampo e mi sorrise allegramente. - Buonanotte, dolcezza. Ah, un'altra cosa: tu sei la mia ragazza ora, se non l'avessi ancora capito. - mi fece l'occhiolino e sparì nella sua stanza.


Angolo dell'autrice
Eccomi qua. Mi dispiace non essere riuscita a pubblicare prima. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo (non attenderete molto stavolta, promesso!).

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


11 - Epilogo

Sono passati più di dieci anni da tutti quegli avvenimenti, ed io li ricordo ancora come se fosse ieri. Se ripenso a tutto quello che è successo quella maledetta e soleggiata mattina di maggio, mi vengono i brividi. Meglio che non ci pensi... meglio che mi goda il presente...
Quando ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ricominciato la nostra vita sull'isola di Mykonos, pensavamo che sarebbe stato molto difficile, ma ci siamo sostenuti tutti a vicenda.
Non abbiamo mai lasciato Mykonos. Dove altro potremmo andare, in fondo?
In questi ultimi anni, ne sono successe di cose. Tanto per cominciare, siamo riusciti ad ottenere dei lavori fissi, abbandonando quindi i soliti lavoretti saltuari che facevamo. Inoltre, non viviamo più tutti nella villetta. I primi ad andarsene sono stati Aiolia e Marin, che, con i soldi guadagnati lavorando, sono riusciti a comprare casa. Si sono anche sposati. Era ora! Gli altri ragazzi non facevano che tartassare il povero Aiolia chiedendogli quando diamine si sarebbero sposati. Loro ci scherzavano, ma Aiolia ha preso la cosa sul serio e si è deciso. Sono felice per loro.
Un po' alla volta son andati via anche gli altri.
Alexios ha anche lui trovato la sua anime gemella, una ragazza davvero carina e dolce. Siamo subito andate d'accordo. Si sono conosciuti in un bar ed è scattata la scintilla, come dice mio fratello.
Saori e Seiya stanno ancora insieme. Saori si è addolcita ormai da tempo nei confronti di tutti, ha smesso di fare la snob e l'antipatica.
Shaina frequenta un ragazzo. Non ce lo ha ancora voluto presentare, però. Si vede che ci va coi piedi di piombo e vuol essere sicura prima di far passi "azzardati", come dice lei. Vive da sola in un piccolo appartamento e spesso invita noi ragazze per spettegolare e scambiarci consigli.
I gemelli Saga e Kanon hanno ottenuto un posto in caserma, assieme ad Aioros. Sono stati fortunati ad aver potuto mantenere il loro lavoro di poliziotti.
L'ultimo a "lasciare il nido" è stato Camus. Un giorno ci ha detto che aveva trovato casa anche lui e che presto sarebbe andato ad abitare da solo, lasciando quindi la villetta a me e Milo.
Eh, già. Io e il mio amato Milo ora abbiamo la villetta tutta per noi. Ci sembra vuota e un po' triste, se pensiamo che prima, assieme a noi, vivevano altre dieci persone, che la animavano con le loro voci e la loro presenza. Spesso mi chiedo che ce ne facciamo noi di una casa così grande... Non che mi dispiaccia, anzi, è una casa molto bella e spaziosa... Stavo quasi per proporre a Milo di cambiare casa e trovarne una più piccola e adatta a noi, ma ci ho ripensato. Soprattutto quando Milo mi ha detto che c'erano parecchie cose che adora di questa casa e che ha dei ricordi molto belli legati ad essa. Anch'io ho dei bei ricordi, in effetti.
Comunque, l'esserci divisi non ci ha allontanati. Ogni tanto ci riuniamo tutti e facciamo lunghe passeggiate, grigliate, feste... Per feste e grigliate ovviamente il luogo preferito è la villetta. Chissà come mai... Beh, ovviamente perché anche gli altri sono legati a questo luogo, e lo so bene. Come dargli torto: ci abbiamo vissuto per molto tempo tutti assieme. Milo scherza sul fatto che, secondo lui, se ne approfittano un po', perché siamo sempre felici di mettere la villetta a disposizione.
Ma ho una novità stupenda che ancora non ho rivelato: proprio stamattina, Milo mi ha chiesto di sposarlo. Mi ha fatto una bellissima sorpresa. Sono felicissima. Ho pianto così tanto per l'emozione, accidenti a me. Dovremmo presto iniziare coi preparativi per le nozze. Abbiamo già dato la notizia a Camus. Solo a lui, per ora, perché è il nostro migliore amico. Quando Milo gliel'ha detto, al telefono, si è messo a ridere. Non credeva a quel che aveva sentito. Ha detto, testuali parole: "Milo che si sposa? Ma non eri tu che dicevi sempre che non ti saresti mai sposato?"
Beh, in effetti, era vero. A Milo i matrimoni non erano mai piaciuti. Ma, come lui stesso ha affermato in risposta a Camus, le persone cambiano. E poi sapeva che io sognavo di sposarmi, un giorno... Dopo dieci anni di convivenza, ha deciso di fare il grande passo. Con me.
Non vedo l'ora che arrivi il grande giorno. Ammetto che sono un po' in ansia, eh eh.
Non ho detto come mi ha fatto la proposta quell'amore di ragazzo che mi ritrovo. Rimedio subito. Si è presentato a casa con un dolce. Gli ho chiesto come mai avesse portato un dolce, cosa festeggiassimo. Lui, in risposta, ha tirato fuori una scatolina da gioielleria e l'ha aperta, rivelando un bellissimo anello al suo interno. Ha voluto essere originale con la proposta, però.
"Io vorrei che tu diventassi mia moglie. Che fai, accetti o rifiuti?", mi ha detto, sorridendo alla parte finale della domanda. Proposta simpatica, non c'è che dire.
Ci aspetta una lunga avventura nell'organizzare per bene il matrimonio. So già che diventerò matta, povera me. No, dai, scherzo. Ci vuole ben altro per farmi ammattire.
Ah, quasi dimenticavo: non abbiamo mai scoperto realmente quale sia stata la causa della pandemia di dieci anni fa. Ci è però giunta voce, da dei sopravvissuti stranieri con cui abbiamo iniziato ad avere contatti da un po' di tempo (che sorpresa scoprire che noi e gli abitanti di Mykonos non eravamo gli unici!), che sarebbe stato causato tutto da un virus. Alla faccia del virus. Non so se sia vero, come dicevo è solo una voce, un'ipotesi a cui gli altri sopravvissuti hanno pensato.
Bene, e questo è tutto. Meglio che vada da Milo, altrimenti poi fa il finto offeso e dice che lo trascuro. Ma non è vero, lo dice solo perché così riceve coccole extra. Che furbetto, vero?

Bisogna avere sempre la forza di ricominciare, nonostante tutto. La  volontà deve essere più forte di qualsiasi avversità. Lo diceva sempre mia madre. E per noi è stato così.


* FINE *


Angolo dell'autrice
Eccoci giunti alla fine di questa storia. Iniziata nel 2013 e conclusa dopo ben 5 anni! Ringraziamo la mia ispirazione altalenante (mooolto altalenante), che mi fa impiegare secoli per aggiornare. Alla fine, comunque, questo capitolo finale è più corto degli altri. Non avevo molto da dire. Spero apprezziate lo stesso, ci ho messo tutto il cuore per scriverlo, come ho scritto tutto il resto della storia.
È stata una bella avventura. La prima long che concludo... che bel traguardo! :3 Grazie a chi ha seguito questa storia, a chi l'ha messa tra le preferite/ricordate/seguite, a chi recensisce e a chi semplicemente legge in silenzio. Grazie di cuore!
Ci si legge prossimamente. A presto!

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