Escape from the dead di Antares 91 (/viewuser.php?uid=97712)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 2: *** Amara realtà ***
Capitolo 3: *** Fine del mondo? ***
Capitolo 4: *** Momenti di tranquillità ***
Capitolo 5: *** L'odio va messo da parte per sopravvivere ***
Capitolo 6: *** Verso Mykonos ***
Capitolo 7: *** Mykonos ***
Capitolo 8: *** Ricominciare da capo ***
Capitolo 9: *** Felicità ***
Capitolo 10: *** Riabbracciarsi ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** L'inizio della fine ***
Escape
from the dead
"Qualunque
cosa accada, io ti proteggerò!"
1
- L'inizio della fine
Tutto ebbe
inizio in una soleggiata mattina di maggio.
Me ne stavo
seduta al mio posto, con fare annoiato, a fissare il libro di storia
greca chiuso sul mio banco. Tutti i miei compagni erano fuori nel
corridoio per la ricreazione, io invece avevo deciso di starmene da
sola per i fatti miei. Non avevo molti amici; i miei due migliori
amici, quelli con cui andavo maggiormente d'accordo, al punto da
considerarli fratelli, erano più grandi di me e
frequentavano l'università.
Io odiavo la
scuola, odiavo studiare. Mia madre diceva ch'era meglio che io avessi
una cultura, su questo le sempre dato ragione, e che "è
bello andare a scuola". Diverse volte le ho risposto per le rime,
dicendole che se proprio ci teneva, poteva andare lei al posto mio.
- Sasha -
qualcuno mi chiamò, il tono leggermente di sfida, ed io mi
voltai per vedere chi fosse.
- Non
ricominciare, Saori. Non sono in vena delle tue pagliacciate. -
- Beh, io
invece ho qualcosa da dirti: sta' lontana dal mio ragazzo. Questa
è l'ultima volta che te lo dico. -
- Ma a me non
importa del tuo ragazzo! Siamo solo amici! -
- Lo spero per
te... altrimenti... -
- Altrimenti
cosa? Mi picchi? Oh, attenta, ti si spezzano le unghie! -
-Ricorda!
Prova a rubarmelo e sarà peggio per te! - detto
ciò, Saori uscì dall'aula.
Che odio.
Saori era la
persona più odiosa che io avessi mai incontrato fino a quel
momento. Era viziata, snob, credeva di essere la regina del mondo solo
perché aveva molti ammiratori che le sbavavano dietro.
Io e Seiya, il
suo fidanzato, eravamo amici, niente di più. L'avevo
conosciuto per caso al supermercato e abbiamo cominciato a parlarci.
All'epoca, stava già assieme all'oca (Saori, per intenderci)
e mi son sempre chiesta come facesse a sopportarla. Bah, contento lui...
Mandai a quel
paese Saori e misi nella cartella il libro, tirando poi fuori quello di
Arte per l'ora successiva.
Mi alzai dalla
sedia e mia affacciai ad una delle grandi finestre. La mia classe si
trovava al secondo piano e si affacciava sul campo da calcio, in cui
era in corso una partita. Controllai l'orario sul display del mio
cellulare: ancora pochi minuti e sarebbe suonata la campanella.
Sentii la
porta aprirsi di scatto e mi voltai automaticamente.
Shaina, mia
compagna di classe e grande amica, irruppe nell'aula e mi
afferrò per il polso.
- Dobbiamo
andare via da qui! - disse seria.
- C-come? Ma
perché? -
- Siamo in
pericolo. Uno dei professori è stato ferito da qualcuno... o
qualcosa... e si è trasformato in un morto vivente. -
Sgranai gli
occhi, incredula. Credevo che queste cose accadessero solo nella
finzione...
- Presto, non
c'è tempo! Dobbiamo fuggire lontano da qui!!! - Shaina mi
afferrò per il polso e mi trascinò fuori
dall'aula.
Nei corridoi
c'era il caos. Ragazzi e ragazze urlavano e si agitavano, mentre
venivano inseguiti da degli zombie. Uno di quei cosi riuscì
a mordere una ragazza, che urlò dal dolore e si
accasciò sul pavimento. Pareva morta, se non fosse che poco
dopo si rialzò, ma era diversa: era diventata una di loro.
Non ho mai
avuto così tanta paura come in quel momento. Non volevo
morire, non volevo fare la stessa fine.
Shaina ed io
raggiungemmo il più velocemente possibile la rampa di scale
che portava al piano inferiore.
Scendemmo,
ritrovandoci nel corridoio del piano terra. Lì era peggio
che di sopra, c'erano zombie in ogni angolo.
- Come
facciamo adesso?? - chiesi, mentre avevo sempre più paura.
- Armi... ci
servono delle armi. - disse Shaina, guardandosi in giro.
Individuò una scopa appoggiata al muro, la prese e
smontò il manico. - Questo ci sarà molto utile -
affermò, impugnando saldamente l'arma improvvisata. Io
invece trovai una mazza da baseball nel sottoscala.
Sfuggimmo
miracolosamente a quelle cose che tentarono più volte di
attaccarci e raggiungemmo l'atrio. L'uscita era in fondo alla sala.
Studiammo bene
il percorso per raggiungere la porta. Strinsi più forte la
mia arma, pronta a difendermi, se ce ne fosse stato il bisogno.
Attraversammo
la sala, colpendo gli zombie che tentavano di attaccarci, e
raggiungemmo finalmente la porta. Dal vetro della porta potemmo
osservare orde di zombie vaganti nel cortile, non esitammo oltre e ci
curammo di lasciare l'edificio, richiudendoci la porta alle spalle per
evitare di essere inseguiti dai quei mostri.
D'un tratto,
udimmo delle urla di terrore e sperammo che ci fosse ancora qualche
sopravvissuto. Ci voltammo, quindi, verso la direzione da cui
provenivano le urla e notammo in lontananza due persone, che io
riconobbi subito come Seiya e Saori, accerchiate dagli zombie. Li
raggiungemmo e, prima che fosse la fine per loro, li salvammo.
- Tu?!? -
squittì Saori.
- State bene?
- la ignorai, premurandomi invece che entrambi non fossero
feriti.
I due
annuirono. Ci fidammo, anche perché all'apparenza erano sani.
Ci spostammo
tutti assieme verso l'uscita, ancora un po' e finalmente saremmo stati
salvi.
Varcammo il
cancello e fummo fuori.
La strada era
deserta, non c'era nessuno in giro.
Camminando a
passo lento, ci guardavamo intorno. Alcuni negozi avevano le
saracinesche abbassate, altri sembravano vuoti ed abbandonati. Tutto
era terribilmente ed inquietantemente silenzioso.
Sboccammo
sulla via principale, quella che portava in centro, e ciò
che vedemmo ci fece capire che quella strana epidemia che trasformava
le persone in zombie non era scoppiata solo a scuola, ma probabilmente
anche in tutta Atene.
- N-non... Non
è possibile... - biascicai.
Era l'inizio
della fine.
Angolo
dell'autrice
Questa storia
è nata dopo aver visto l'anime Highschool of the dead.
La
protagonista, Sasha, non ha nulla a che vedere con LC, è una
mia OC.
Spero vi
piaccia!
Baci!
|
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Capitolo 2 *** Amara realtà ***
2
- Amara realtà
Che avremmo
fatto? Dove saremmo andati?
Intanto
pensavo ai miei due migliori amici... Chissà se stavano
bene...
E se invece
fossero...?
No, no, no!
Non dovevo nemmeno pensarlo!
- Si mette
male... - Seiya indietreggiò appena dopo aver pronunciato
queste parole.
Mi voltai
verso di lui. - No, per niente. Se rimarremo uniti, ce la faremo!
Dobbiamo essere coraggiosi! Adesso cercheremo di raggiungere il centro!
-
Contai fino a
tre e poi ci muovemmo. Gli zombie tentarono più volte di
saltarci addosso, ma noi con un colpo secco delle nostre armi
riuscivamo ad allontanarli. Dopo aver fatto un bel po' di strada,
giungemmo in centro.
Zombie anche
qui.
Girai lo
sguardo ed individuai un vicoletto deserto, che subito raggiungemmo.
Entrammo nel cortile di una palazzina dalle mura colorate di un rosa
chiaro, e ci rifugiammo all'interno di un appartamento al secondo
piano, apparentemente disabitato, la cui porta era aperta. Ci chiudemmo
dentro, sbarrando per bene la porta, abbassammo tutte le veneziane e
finalmente potemmo tirare un sospiro di sollievo.
Per un po',
lì saremmo stati al sicuro.
Presi il
cellulare dalla tasca della mia divisa scolastica e composi il numero
di uno dei miei amici universitari. Attesi che rispondesse, ma
più passava il tempo, più mi preoccupavo. L'ansia
mi assaliva, mentre speravo di sentire la voce del mio amico dall'altra
parte.
Finalmente
rispose.
- Camus!!! -
urlai quasi il suo nome, sollevata.
- Sasha!! Stai
bene?? -
-
Sì, sto bene! Voi, piuttosto? Come state? Dove siete? -
- Stiamo bene!
Abbiamo lasciato poco fa l'università! Tu, dove sei? Hai
trovato un riparo? -
-
Sì, mi sono rifugiata con altri ragazzi in un appartamento
abbandonato, in centro. -
- Restate
lì, non vi muovete! Siamo vicini al centro, veniamo noi! A
dopo! -
Chiusi la
chiamata e riposi il cellulare in tasca, poi informai gli altri e
attendemmo.
Il tempo
pareva non scorrere mai, sembrava essersi inesorabilmente fermato.
Perché
ci mettevano così tanto ad arrivare? Che avessero avuto
problemi lungo il tragitto?
Poi, d'un
tratto, il mio cellulare prese a squillare e risposi.
- Sasha, siamo
qui fuori. Dammi indicazioni per raggiungervi. -
Col telefono
ancora appoggiato all'orecchio, alzai appena le veneziane di una
finestra e scorsi i due ragazzi.
Che ci
facevano immobili in mezzo alla strada, tra gli zombie che parevano non
essersi accorti della loro presenza?
- Vi vedo.
Giratevi alla vostra sinistra... Vedete quella palazzina rosa? Siamo
lì dentro, al secondo piano. -
Restai in
linea, mentre li vidi diringersi verso l'edificio. Quando li vidi
varcare il cortile, chiusi la chiamata e aprii la porta, restando ad
attenderli con una mano sulla maniglia, finchè, quando li
vidi salire gli ultimi scalini, mi spostai e li feci entrare in casa.
Li abbracciai
entrambi, felice di rivederli sani e salvi.
Cosa avrei
fatto se Camus e Milo fossero morti?
- Mi spiegate
una cosa? - chiesi, sciogliendo l'abbraccio. - Perché
eravate immobili, ma gli zombie non vi hanno attaccato? -
- Semplice.
Sono ciechi, reagiscono solo ai suoni. - mi spiegò Camus.
- Cosa?? -
- E' stato Cam
a scoprirlo! - fece allegro Milo, battendo una pacca sulla spalla
dell'amico.
- Sono ciechi,
eh? Quindi potremmo avanzare cautamente senza far rumore, una volta
usciti da qui... - un sorriso mi sfiorò le labbra. Sarebbe
stato ancora più semplice.
- Comunque...
- intervenne Shaina - Non possiamo stare a lungo qui, potrebbe
diventare pericoloso. -
- Shaina ha
ragione. Meglio andar via da qui. Ma prima, vediamo se c'è
qualcosa che ci potrebbe essere utile eventualmente per difederci. -
disse Milo, guardandosi intorno.
Camus e Milo
cominciarono a vagare per la casa. Li seguii e mi affacciai ad una
delle stanze dove erano entrati e li vidi frugare in armadi e cassetti.
Poteva
sembrare una rapina, se non fosse per la situazione in cui ci trovavamo.
Aprii la porta
di una stanza lì vicino, scoprendo che si trattava della
cameretta di un bambino. C'era un po' di disordine, come se ci fosse
stata una colluttazione. Povera famiglia, probabilmente anche loro
avevano fatto quella brutta fine, la fine che tocca a tutti coloro che
vengono morsi dai morti viventi.
Tornai in
salotto, dove, nel frattempo, i ragazzi avevano acceso la TV e stavano
guardando il notiziario.
La giornalista
parlava di un'epidemia che s'era propagata per tutto il mondo in poche
ore. Ipotizzava potesse essere una rara malattia contagiosa...
Ma quale
malattia contagiosa?!? Ma a chi volevano darla a bere??
Era chiaro che
non si trattasse di una malattia contagiosa, stavamo vivendo
ciò che finora era considerato solo finzione, roba che
poteva accadere solo nei film.
Magari
qualcuno avrebbe anche creduto alla storia della malattia.
Milo e Camus
tornarono in salotto, il primo con una spada molto affilata, nella cui
lama lucida ci si poteva specchiare, il secondo con una katana dalla
lama d'acciaio.
- E... e
quelle? - domandai perplessa.
- I
proprietari di questa casa possedevano una collezione di spade di ogni
genere. Ce ne sono altre, se ne volete anche voi. Ultima stanza in
fondo al corridoio. - spiegò Camus.
In effetti,
potevano esserci utili delle spade, molto più resistenti del
manico di scopa di Shaina e della mia mazza da baseball. Raggiunsi,
quindi, la stanza. Shaina mi raggiunse subito dopo.
Caspita,
sembrava una specie di piccolo museo, vi erano esposti molti oggetti da
collezione. Notai una vetrina proprio di fronte a me, aperta, in cui vi
erano delle spade. Spade di ogni genere, proprio come aveva detto Camus.
Scelsi anch'io
una spada, una riproduzione di quelle che usavano gli antichi
cavalieri; Shaina, invece, scelse una katana simile a quella di Camus.
Tornammo di sotto con le nuove armi.
- Bene,
possiamo anche andare! - esclamai.
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Capitolo 3 *** Fine del mondo? ***
3
- Fine del mondo?
Aprimmo con
cautela l'uscio, controllando la situazione all'esterno.
Il silenzio
era interrotto solo dai suoni emessi da "loro".
Deglutii e
strinsi saldamente la mia arma. Lasciammo l'abitazione e cominciammo ad
avanzare in punta di piedi per non farci sentire. Filò tutto
liscio, finchè Saori non si mise ad urlare, accusando di
aver perso la sua preziosissima e costosissima collana di diamanti.
Bene, davvero
molto bene!
Mentre Saori
continuava a lamentarsi, dovemmo scappare a gambe levate dagli zombie.
Una volta lasciato il centro della città, ci nascondemmo
dietro al bancone di un bar abbandonato.
- Stupida!!!
Ti rendi conto di quello che sarebbe potuto succedere?!? - Camus
rimproverò Saori.
- M-ma...
quella collana... è... -
- Non mi
interessa!!! E' più importante la tua vita o quella
collana??? -
- ... - Saori
abbassò il capo, triste.
- Adesso
basta! - Seiya si mise in mezzo, tra la ragazza e Camus, tentando di
proteggere la propria morosa.
- Non ti
impicciare! Sto cercando di farla ragionare! -
- Lasciala
stare!! Non ti permetto di usare quel tono con la mia ragazza! -
-
Piantatela!!! - scoppiai. Non ce la facevo a vederli discutere
così.
Tra noi
calò il silenzio.
Non era il
momento per mettersi a discutere. E' vero, Saori ha sbagliato, avrebbe
dovuto stare zitta per non metterci nei pasticci, ma ormai quel che
è fatto è fatto. Avremmo dovuto, invece,
preoccuparci del fatto che, per fortuna, fino a quel momento nessuno
s'era fatto male.
- Ehi,
possiamo andare, si sono allontanati. - informò Shaina, che
era affacciata all'entrata a far la guardia.
Lasciammo il
bar, con cautela, per arrivare ad una strada secondaria, che portava
vicino casa mia.
Chissà
se erano tutti rimasti "normali"...
Mia mamma, mio
papà... Sperai tanto che fossero ancora vivi, o comunque
"umani".
Vidi che il
grande cancello d'entrata in ferro battuto era aperto. Decisi di
entrare per dare un'occhiata, per sapere come stavano i miei parenti.
C'erano macchie di sangue sul pavimento in pietra, l'auto di famiglia
parcheggiata proprio di fronte all'abitazione aveva ammaccature e vetri
rotti. La porta di casa era aperta, ma sembrava non esserci nessuno.
C'era
un'inquietante silenzio, mi metteva i brividi.
- Attenta,
Sasha, potrebbero essere anche qui! - mi avvertì Camus,
ponendosi, con Milo, accanto a me. - Shaina, tu e gli altri restate di
guardia. Qualunque cosa dovesse succedere, urlate. -
Io, Camus e
Milo entrammo in casa, stando ben in guardia.
L'atrio era
deserto, l'attaccapanni era riverso per terra, così come i
vasi delle piante, il cui terriccio era sparso sul marmo del pavimento.
Avanzammo fino in salotto e fu lì che vidi ciò
che non avrei voluto vedere: il corpo di mio padre era riverso sul
tappeto in un lago di sangue, senza vita. Le lacrime mi inondarono il
viso.
- No... no...
P-perché...? - singhiozzai. Dovevamo trovare mia madre, in
cuor mio speravo che almeno lei si fosse salvata.
Ispezionammo
tutta la casa, alla ricerca della mia genitrice. Nulla, nessuna traccia.
Ritornammo,
allora, fuori e imboccammo il vialetto alla sinistra della costruzione,
che portava sul retro.
Le sdraio
vicino alla piscina erano alcune rotte, altre rovesciate. Sotto una di
esse, scorsi una pistola, che subito recuperai.
Un conato mi
assalì non appena vidi il cadavere di uno zombie con la
testa fracassata, distolsi quindi subito lo sguardo e mi concentrai sul
resto del giardino. Vidi una figura di spalle che subito riconobbi: era
mia madre, indossava gli stessi abiti di stamattina, solo logori e
sporchi.
-
C'è qualcosa... che non mi convince... - disse Milo,
studiandola.
La donna
finalmente si voltò, ed in quel momento le mie speranze si
infransero.
Anche lei era
stata morsa, anche lei era diventata una di "loro".
- Presto,
Sasha, spara alla testa! - quasi non sentii le parole di Camus, me ne
stavo immobile, incapace di muovermi. Le mani, che stringevano la
pistola, mi tremavano.
- Sasha!!! -
Non ce la
facevo. Non riuscivo ad uccidere la mia stessa madre.
Lei, intanto,
avanzava verso di noi, con l'andamento tipico di un morto vivente.
Chiusi gli
occhi e, a malincuore, sparai. Un colpo, due colpi, tre colpi.
Il corpo privo
di vita di mia madre cadde sull'erba.
Milo mi
appoggiò delicatamente le mani sulle spalle ed io mi voltai
per abbracciarlo, in lacrime, nascondendo il viso contro il suo petto.
Avevo ucciso
la mia stessa madre, colei che mi aveva dato la vita. Non me lo sarei
mai perdonato.
Entrambi i
miei genitori ormai non c'erano più.
Anche loro
vittime degli zombie.
Tutto la
popolazione mondiale stava vivendo questa situazione, quasi irreale, ma
che invece non lo era.
Era tutto
dannatamente vero.
Pochi
sarebbero sopravvissuti, o forse nessuno. Al momento, gli unici eravamo
noi.
Era davvero la
fine del mondo?
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Capitolo 4 *** Momenti di tranquillità ***
Escape from the dead - Cap 4
4
- Momenti di tranquillità
Avevamo deciso
di femarci in casa mia, per passare la notte e rilassarci.
E
sì, anche seppellire i miei genitori.
Poggiai un
mazzo di rose raccolto dal giardino e lo posai sulla tomba, scavata ai
piedi di un albero nel giardino. Mi asciugai le lacrime, che avevano
nuovamente ripreso a scendere.
Mi guardai
attorno, stentavo quasi a riconoscere quel cortile. Mi trovavo nel
retro della casa, una casa americana. Mio padre l'aveva voluta
così, perché gli piacevano le case americane, col
cortile sul retro. Tornai in casa, utilizzando la porta su quel lato
della casa, che mi premurai di chiudere per bene a chiave, osservai
attraverso la vetrata della porta il cielo e poi raggiunsi il salotto.
Era tutto chiuso: porte, finestre, tende, veneziane; per fortuna la
corrente c'era ancora, ma chissà quanto ancora l'avremmo
avuta.
La paura era
tanta, troppa. Il governo greco tentava di calmare i cittadini, dicendo
che tutto si sarebbe risolto il più presto possibile. Certo,
come no. Lo speravamo tutti, speravamo tutti che prima o poi sarebbe
tornato tutto alla normalità.
Era passato
solo un giorno da quella normale mattina, quando eravamo ignari di
tutto ciò che sarebbe successo.
- Devo
ammetterlo, Sasha: hai una bella casa. Certo, non è
all'altezza della mia lussuosa villa con ogni possibile confort
immaginabile... - si pavoneggiò Saori, sedendosi sul divano.
-
Pfft... -
La ignorai
definitivamente, anche mentre lei continuava a parlare. Voleva farmi
arrabbiare, ne ero consapevole.
Cercava sempre
di punzecchiarmi, fin da quando era iniziata la scuola, fin da quando
avevo messo piede per la prima volta nella 4^ sezione A. Dovevo essere
al 5° anno, ma ero stata bocciata, per non so quale motivo,
poiché sono sempre andata bene in quasi tutte le materie.
Saori ha iniziato a rompere anche per questo, visto che, secondo lei,
ero una sfigata.
Entrai in
cucina, dove Shaina era ai fornelli e Milo era accanto a lei e
l'aiutava.
Al mio saluto
sobbalzarono e mi chiesero il motivo per cui ero lì.
Guardandoli,
pensai che sarebbero stati bene insieme.
- Avete
bisogno di qualcosa? - chiesi, quindi.
- Mmmh, no.
Per il momento tutto a posto. Anzi, perché non cominci ad
apparecchiare la tavola? Non manca molto che sia pronto. -
- Certo, agli
ordini! - scherzai, mentre aprivo uno dei cassetti e sceglievo una
bella tovaglia. Preparai quindi la tavola, sotto lo sguardo di Saori
che mi guardava stranita.
Oh, povera,
lei è abituata ad avere la servitù in giro per
casa!
Aiutai Shaina
a portare i piatti a tavola e, mentre prendevamo posto,
arrivò pure Milo con un bel vassoio colmo di patatine fritte.
- Et,
voilà! Lo chef Milo vi ha preparato queste deliziose
patatine fritte! -
- Scemo!! -
risi, dandogli una pacca non appena posò il vassoio al
centro del tavolo e si sedette al suo posto, accanto a me, alla mia
destra.
- E' vero!
Ricordati che lavoro... lavoravo... in un fast food e le mie patatine
sono molto richieste! -
Vidi Saori
osservare la pietanza nel suo piatto, probabimente aveva paura che la
avvelenassimo.
- Ma siamo
sicuri che questa roba sia buona? - domandò.
- Non ti fidi
delle mie doti culinarie? Diglielo tu, Sasha, che sono una brava cuoca!
-
- Oh,
sì, sì! Ho avuto il piacere e l'onore di provare
la sua cucina varie volte! - annuii. Osservai come Saori fosse ancora
perplessa, ma non credevo sarebbe rimasta a digiuno. Non poteva certo
resistere ad un tale invitante profumino!
Dopo esserci
augurati un buon appetito, iniziammo a mangiare. Mangiammo fino a
saziarci, era tutto molto squisito!
Sul tardi,
dopo aver digerito, decidemmo di rinfrescarci con un bel bagno o una
doccia e lavammo e mettemmo ad asciugare i nostri vestiti.
Feci scegliere
alle ragazze degli abiti puliti dal mio guardaroba.
Saori, come al
solito, dovette fare una delle sue uscite poco gradevoli: - Non male,
hai dei buoni gusti, ma mai quanto me, che ho abiti pregiati e firmati!
-. Ma poi, a chi importava dei suoi abiti?!? Ognuno si veste come
cacchio gli piace!
Io indossai
uno short di jeans scuro, un top nero senza spalline, un gilet di jeans
con la zip, che tirai su a metà, calze nere che arrivavano
fino alla coscia e le mie scarpe da ginnastica preferite. Lasciai i
capelli biondi come ero solita tenerli, ovvero sciolti, ma con alcune
ciocche tirate indietro in una coda.
Per i ragazzi,
invece, pensai potesse andar bene la poca roba che Alexios, mio
fratello maggiore, aveva lasciato qui.
Un po' mi
metteva in imbarazzo vedere i ragazzi girare per casa a petto nudo,
coperti solo da un asciugamano dalla vita in giù. Dovetti
ammettere che avevano dei bei fisici scolpiti.
- Non ci hai
mai detto di avere un fratello - mi disse Camus, pareva quasi un
rimprovero, ma non lo era.
-
Probabilmente ve ne ho solo accennato. Comunque ha due anni in
più di voi e lavora sull'isola di Mykonos da almeno due
anni. Mi manca molto... -
Voglio un bene
dell'anima al mio adorato fratello.
Vorrei tanto
rivederlo...
- Mi
è venuta un'idea!!! - sbottò Milo, facendomi
sobbalzare e distogliendomi dai miei pensieri. - E se andassimo su
Mykonos? Però dobbiamo comunque sperare che, almeno
lì, la pandemia non sia arrivata! -
L'idea di Milo
ci allettava. Se lì era ancora tutto normale, potevamo
sperare di metterci in salvo, e io avrei potuto riabbracciare mio
fratello.
Però,
avevo la strana inquietudine che nemmeno Mykonos fosse un posto sicuro.
E se il contagio fosse arrivato fin lì? Pregai che almeno la
popolazione di lì fosse salva. Pregai che mio fratello
stesse bene.
- Provo a
chiamare mia madre... - disse Camus, estraendo dalla tasca il
cellulare. Attesi insieme a lui che sua madre rispondesse, ma non
rispose. - No... Non... Mamma, ti prego, rispondi... - sussurrava lui.
Vidi che la mano che reggeva il cellulare tremava. Lentamente, Camus
abbassò il telefono e premette il tasto di fine chiamata,
rimettendoselo poi in tasca.
Camus era
orfano di padre, sua madre l'aveva allevato da sola, lontano dal loro
Paese di origine, la Francia.
Milo, invece,
era orfano di entrambi i genitori sin da quando era molto piccolo. Era
stata sua nonna ad allevarlo, poi lei è morta quando lui ha
raggiunto la maggiore età. Da quel momento ha dovuto
cavarsela da solo, aiutato, per quel che potevano, da Camus e sua madre.
Quei due si
conoscono da tanti anni, sono praticamente cresciuti insieme.
- Cam... - lo
chiamai in un sussurro, poggiandogli una mano sul braccio.
- ... Mia
madre... non la rivedrò mai più... - capii al
volo il significato di quelle parole e lo abbracciai.
- Mi
dispiace... mi dispiace tantissimo. -
Decidemmo che
saremmo partiti l'indomani, magari presto. Dovevamo raggiungere uno dei
porti, il Pireo, e prendere una nave, una barca o un traghetto che ci
avrebbe trasportati fin sull'isola.
Angolo dell'autrice
Ed ecco,
dopo un bel po' di tempo, il 4° capitolo.
Grazie a tutti quelli che seguono, recensiscono e hanno messo la storia
tra le preferite.
Alla prossima, baci!
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Capitolo 5 *** L'odio va messo da parte per sopravvivere ***
5
- L'odio va messo da parte per sopravvivere
La
mattina dopo, un raggio di sole proveniente da un piccolo spiraglio
della veneziana abbassata mi svegliò. Saori e Shaina, l'una
distesa sul divanetto sotto la finestra, l'altra su un materassino
gonfiabile (usato come giaciglio, sistemato sul parquet), dormivano
ancora. Avevano il lenzuolo tirato fin sopra il naso, quasi a volersi
proteggere.
Mi
alzai e, con solo la biancheria intima addosso, andai su in terrazza a
raccogliere il bucato, perfettamente asciutto. Da quella posizione,
inoltre, potevo vedere la via oltre il cancello deserta. D'un tratto
vidi una pattuglia della polizia passare lì davanti in tutta
fretta. Tornai dentro, posai la roba su una sedia e andai in cucina a
preparare la colazione.
Quando
gli altri si svegliarono, trovarono la colazione già pronta
a tavola.
Dopo
aver fatto il primo pasto più importante della giornata,
andammo a prepararci. Saori mi lanciò addosso gli abiti che
le avevo prestato la sera prima.
-
Tieni, questi non mi servono più, adesso che la mia divisa
scolastica è pulita! - fece, atteggiandosi da snob.
Guardai
prima gli abiti che avevo in mano, poi lancia un'occhiata torva a
Saori. Non dissi niente, anche se avrei tanto voluto prenderla a
schiaffi.
Tirai
fuori uno zaino abbastanza capiente e vi misi qualche vestito, delle
bottiglie d'acqua, degli snacks, il mio portatile e i caricabatterie di
quest'ultimo e del cellulare.
-
Ragazzi, se vi interessa, mio padre possedeva un porto d'armi. Ci
potrebbero servire armi più sofisticate, voi che ne pensate?
- dissi.
-
Dico che hai ragione. Vediamo che armi ci sono. - risponde Camus.
Portai,
quindi, i ragazzi nella stanza dei miei e aprii il guardaroba, frugai
al suo interno e tirai fuori una valigetta. La posai sul letto e la
aprii: al suo interno c'erano armi da fuoco di ogni tipo. Lasciai a
loro la scelta, ma Camus disse che avremmo potuto portarci dietro
l'intera valigetta. Pensai che, in effetti, fosse la decisione
più saggia, e pensai anche che, per non rischiare di esporci
troppo ai mostri là fuori, avremmo potuto usare l'auto di
mio padre, abbastanza capiente da contenerci tutti.
Caricammo
quindi tutto il necessario nel portabagagli e Milo si offrì
di guidare.
Prima
di lasciare per sempre la casa dove ho vissuto per 18 anni, feci visita
alla tomba dei miei e li salutai per l'ultima volta.
-
Caspita, ma quest'auto ha nove posti! Che se ne faceva tuo padre di
un'auto così grande?! - esclamò meravigliato
Milo, prima di aprire la portiera e sedersi al posto di guida. -
Allora, vediamo un po'... -
-
Mio padre amava le auto grandi e spaziose, non importava se la nostra
famiglia era composta solo da tre persone. Comunque... Sai guidarla? -
chiesi.
-
Scherzi? E' un gioco da ragazzi per me! -
-
Sai che mi fido delle tue parole! -
-
Avanti, salite a bordo! Si parte! -
Quando
tutti fummo dentro, Milo girò la chiave in posizione
d'accensione e partì sgommando.
-
Ma sei pazzo!?! - sbottò Saori, sistemandosi meglio sul
sedile.
-
Paura, eh? - la provocò, arrogante.
Svoltammo
in una stradina a destra e proseguimmo dritto. Continuammo ancora per
un po' e ci fermammo: la strada era bloccata da un'orda di zombie.
Io,
Cam e Shaina ci impossessammo di un'arma da fuoco a testa (io e Shaina
una pistola, Cam un fucile d'assalto), e ci sporgemmo fuori dal
tettuccio apribile dell'auto, puntando e prendendo bene la mira.
Atterrammo
circa due o più zombie a testa. Ci creammo così
uno spiraglio, quel tanto che ci bastava per poter passare e proseguire.
Arrivammo
ad un incrocio, dovevamo prendere la strada a sinistra, ma era bloccata
da "loro" e svoltammo, perciò, dall'altra parte. Quella era
la strada più lunga per arrivare al porto, ma tanto valeva
evitare lo scontro.
-
Milo, sei un ottimo guidatore, ma sei anche pericoloso, se ti ci
impegni! - asserì Camus, seduto davanti, accanto all'amico.
-
Tanto chi vuoi che ci fermi? Non può farci nessuno la multa
per guida pericolosa nella situazione in cui siamo! - ed io concordavo
con lui.
Arrivammo
in fondo alla strada e trovammo un blocco, posto probabilmente dalle
autorità per bloccare l'accesso agli zombie.
Scendemmo
a controllare e aprimmo il passaggio.
-
Ok, basta! Io sono stufa di stare con voi! - sbottò Saori,
all'improvviso. - Lui guida peggio di un pazzo ubriaco e loro due si
credono delle eroine solo perché sanno utilizzare una
pistola! - indicò prima Milo e poi me e Shaina, che la
fissammo male. - Per non parlare del fatto che io e Sasha siamo rivali
e i suoi amici non sono miei amici e mai lo saranno! Casa mia si trova
in quella via, quindi bye bye! Andiamo, Seiya! -
Saori
trascinò fuori il fidanzato fuori dall'auto e si
incamminarono. Ma era stupida o cosa?! Li seguii fino all'inizio della
via.
-
Aspettate!!! E' pericoloso!!! -
Saori
mi ignorò, mentre Seiya si voltò a guardarmi
dispiaciuto.
Riuscii
a bloccare quella testarda per il polso, prima che si addentrassero
oltre il cancello di villa Kido.
-
Cosa fai?!? Lasciami andare! - urlò e cercò di
divincolarsi dalla mia presa, mentre io adocchiavo un paio di zombie a
diversi metri da noi, proprio davanti alla casa.
-
Guarda!!! - urlai, indicandoglieli. - Vuoi finire i tuoi giorni come
loro?? E' questo che desideri?!? -
Saori
guardò prima gli zombie, poi me.
-
Perché mi stai salvando... ? - sussurrò. - Noi
non siamo mai andate d'accordo... Io... ti ho sempre trattata male... -
Già,
perchè la stavo salvando?
-
Perché non voglio che altre persone vengano trasformate in
quegli esseri! - ecco perché.
Saori
sgranò gli occhi. Era forse sorpresa?
-
Pensavo che non te ne fregasse nulla se mi succedesse qualcosa. -
-
A volte l'ho pensato, lo ammetto, ma non sono così cattiva
da lasciare che ti accada qualcosa di brutto. -
-
Sei troppo buona, Sasha... -
Non
le lasciai il polso, ma anzi, avendo visto che gli zombie stavano
venendo verso di noi, probabilmente attirati dalle nostre voci, il cui
tono era leggermente alto, la tirai verso l'auto, seguite da Seiya, che
ogni tanto si voltava per controllare che non ci avessero raggiunto.
Montammo di nuovo in auto e ripartimmo.
Mi
accasciai sul sedile, mentre l'auto avanzava verso la nostra
destinazione. Mi girai verso Saori, seduta negli ultimi sedili: era
pallida e aveva gli occhi lucidi. Scoppiò a piangere,
nascondendosi il viso con le mani, mentre il suo ragazzo l'abbracciava.
Era evidentemente spaventata e la capivo.
Ripensai
al mio gesto di poc'anzi. Avevo due possibilità: salvarla o
lasciare che si desse in pasto agli zombie. Io avevo scelto la prima,
perché, come avevo detto anche a lei, non volevo che altre
persone diventassero zombie, e non importava se Saori era mia rivale e
la odiavo. In quella situazione l'odio andava messo da parte, dovevamo
aiutarci l'un l'altro per poter sopravvivere.
-
Sasha... - il mio nome, chiamato con voce rotta dal pianto, mi scosse
dai miei pensieri. Mi voltai verso Saori. - Grazie. Grazie per
ciò che hai fatto per me. -
-
Non devi ringraziarmi. -
-
E invece sì. Perché se tu non mi avessi fermata,
a quest'ora sarei una di quei cosi. E accetta anche le mie scuse....
per averti sempre trattata male... -
Le
sorrisi. - Va bene, scuse accettate. -
Lei
mi sorrise di rimando. - Ti sarò sempre debitrice del tuo
gesto. -
Arrivammo
finalmente al porto.
C'erano
pattuglie della polizia e poliziotti che affrontavano gli zombie
arrivati lì. Udimmo delle urla provenire da una direzione
non ben identificata e ci guardammo intorno. Notammo in un angolo un
ragazzo ed una ragazza che tentavano di difendersi da un paio di
zombie. Scesi subito ad aiutarli.
I
due ragazzi videro i corpi dei loro nemici cadere sull'asfalto ed
alzarono lo sguardo su di me, che abbassai la pistola e gli sorrisi. Mi
ringraziarono e li condussi all'auto; nel frattempo Camus e Milo
scesero dall'auto, Milo aprì il portabagagli e si
impossessò di una mitraglietta.
-
E' ora che anch'io mi diverta un po'! - disse, con un sorriso per
niente rassicurante.
Angolo
dell'autrice
Sono
tornataaaaa! XD Chiedo umilmente scusa per il ritardo!
*scusatescusatescusate* \ >_<''/
Mi rendo conto
che i capitoli sono corti e che questo è venuto forse
più corto dei precedenti... Ma non riesco a scrivere
capitoli chilometrici! >_<
LOL... Milo
alla fine del capitolo ammetto che mi inquieta un po' XD Insomma, con
quel sorriso per niente rassicurante ed una mitraglietta tra le mani...
XD Fuggite, sciocchi! XD XD
Ok, la pianto.
:P
A presto,
spero!
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Capitolo 6 *** Verso Mykonos ***
6
- Verso Mykonos
Milo
puntò la mitraglietta e sparò su alcuni zombie,
centrandoli in pieno. Rise di gusto, quasi gli piacesse vedere tutto
quel sangue. Dovetti ammettere che mi faceva un po' paura in quel
momento! Raggiunse Camus, che nel frattempo era corso ad aiutare i
poliziotti in difficoltà, mentre io entravo nella vettura e
mi assicuravo, insieme a Shaina, delle condizioni di quei due ragazzi,
ancora spaventati.
- Come vi
chiamate? - chiesi, per rompere un po' la tensione, ma anche per
conoscerli un po', volevo almeno sapere i loro nomi.
- Io sono
Aioria e lei è Marin, la mia ragazza. - rispose il ragazzo.
- Io mi chiamo
Sasha. -
- Ed io mi
chiamo Shaina. -
Guardai meglio
Marin, poiché mi sembrava di averla già vista.
Lei mi guardò interrogativa.
- Il tuo volto
non mi è nuovo... - spiegai. - Non vorrei sbagliarmi, ma mi
sembra di averti già vista a scuola... -
- Anch'io, in
effetti, ricordo di averti già vista... Ed eri spesso
assieme a quei due ragazzi là fuori. Sasha... mmmh... credo
che tu fossi l'unica con questo nome in tutta la scuola. - mi sorrise e
ricambiai. A primo impatto, potevo dire che Marin fosse una persona
simpatica.
- Ciao, cara!
Io sono Saori! Probabilmente avrai sentito parlare di me, essendo io
una delle ragazze più popolari della scuola! -
Eccola che
reiniziava ad atteggiarsi...
- Aspetta,
aspetta... Saori??? Quella
Saori?!? Oh mio Dio! Non so se essere felice di averti incontrata
oppure disperarmi...! - trattenne una risata.
E mentre fuori
dalla vettura imperversava una - chiamiamola così -
battaglia contro un'orda di zombie affamati, noi facevamo ironia,
conversando amabilmente, come se niente fosse. Facevamo salotto in
un'auto, in mezzo ad una guerra contro zombie, con in sottofondo spari,
urla e altri rumori vari. Ci mancavano solo un po' di thè e
magari dei biscottini. Che cosa buffa.
Mi aspettavo
che Saori rispondesse in malomodo a Marin, ma non fu così.
- ... Voglio
che tu sappia, che tutti voi sappiate, che io non sono più
la Saori snob e arrogante ch'ero prima. -
Seiya, che era
affacciato al finestrino, si voltò di scatto, mentre io,
Shaina, Marin e Aioria sgranammo gli occhi.
- Eh?!? - fu
la nostra esclamazione collettiva.
- Credetemi.
Dopo che Sasha mi ha salvata da morte certa, non ho potuto fare a meno
di ripensare a come mi ero comportata con lei, e con tutti quanti.
Nonostante io l'abbia sempre trattata male, Sasha mi ha comunque
salvata. Sono certa che, se non fosse così buona, avrebbe
volentieri permesso che venissi sbranata da quei cosi là
fuori. E non negare, Sasha. Credo che, se ne avessi avuto l'occasione,
mi avresti uccisa con le tue stesse mani. In parole povere, da oggi
voglio cambiare. Per me stessa, per il mio fidanzato, per tutti voi. -
Forse aveva
ragione: se non fossi la Sasha che sono, che tutti conoscono,
probabilmente Saori non sarebbe più qui.
Guardai fuori
dal finestrino e pensai che forse era meglio andare a dare una mano.
Gli zombie erano troppi, sembravano non finire mai.
Sciolsi i
capelli e li legai in una coda alta, quindi non attesi oltre e saltai
giù dall'auto.
Ne atterrai un
bel po', scavalcai i corpi e affiancai i miei amici.
- Che ci fai
qui? - mi chiese sorpreso Milo, senza perdere di vista i nostri nemici.
- Sono venuta
a darvi man forte! - dissi, mentre centravo uno zombie in testa.
Ci facemmo un
po' avanti per essere sicuri di non sparare a vuoto, vista la distanza.
Continuai a
sparare, portandomi di lato.
Uno di "loro"
si fece un po' più avanti rispetto ai suoi simili e mi
sorpresi nel riconoscere il professore di chimica. Sorrisi, finalmente
potevo vendicarmi come avevo desiderato. Per colpa sua, ero stata
bocciata ed ero stata costretta a ripetere il 4° anno. Mi aveva
preso di mira non so per quale motivo. Lo odiavo così
tanto... Adesso me l'avrebbe pagata cara. La sua esistenza, anche come
zombie, sarebbe finita.
Quando
premetti il grilletto, però, non partì nessun
colpo. Premetti ancora, più volte. La pistola era scarica e
le munizioni si trovavano nell'auto, molto distante da noi.
Indietreggiai,
sbattendo con il piede contro uno dei corpi riversi a terra.
- S-stai
lontano da me, lurido... - balbettai.
Ero priva di
difese e non potevo attaccare. Avevo paura, temevo che sarebbe stata la
fine per me.
Milo mi venne
in soccorso e mi strinse a lui, mentre puntava e colpiva, salvandomi
appena in tempo.
- M-Milo...? -
- Qualunque
cosa accada, io ti proteggerò! -
Mi
ordinò di rimanere dietro di lui, mentre i restanti zombie
venivano fatti fuori.
Con lui mi
sentivo al sicuro, non avevo paura.
- Ehi, voi! -
disse Camus, rivolto ai poliziotti. - Noi stiamo andando sull'isola di
Mykonos, venite con noi? -
- Certamente!
- rispose uno di loro, un giovane dai lunghi capelli blu. Notai accanto
a lui un ragazzo identico a lui, era ovvio che fosse il suo gemello.
Andammo verso
l'auto e facemmo cenno di scendere a Shaina, Marin e Aioria, prendemmo
i nostri averi dal portabagagli e raggiungemmo uno yatch.
Ci sistemammo
e partimmo alla volta di Mykonos.
Ci fermammo,
dopo molti kilometri, in mezzo al mare. Avevamo tutti bisogno di
riposare e lì nel bel mezzo del Mediterraneo, al sicuro
nello yatch, potevamo stare tranquilli.
Prima di
addormentarci, un pensiero ci accomunava: saremmo stati salvi, una
volta arrivati su Mykonos?
Angolo
dell'autrice
Sono
in un ritardo terribile, lo so. Indovinate qual è la causa?
L'ispirazione, esatto.
Vabbeh,
spero che questo capitolo vi piaccia. <3
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Capitolo 7 *** Mykonos ***
7
- Mykonos
Durante
il tragitto, avemmo modo di conoscere meglio i giovani poliziotti, Saga
e Kanon, i gemelli, e Aioros, che scoprimmo essere il fratello maggiore
di Aioria.
Ci
fu chiaro il motivo per il quale i due fidanzati si trovassero al
porto. Gli stessi Aioria e Marin ci raccontarono che avevano deciso di
raggiungere il porto perché avevano intenzione anche loro di
andare su un'isola, su quale, però, lo avrebbero deciso
dopo, non appena fossero stati a bordo di un'imbarcazione. Una
qualunque sarebbe andata bene, l'importante era allontanarsi da
lì. Aioros gli aveva chiesto di raggiungerlo lì
al porto, per poi mettersi tutti in salvo.
-
... Beh, poi sapete com'è andata perché siete
arrivati appena in tempo... e ve ne siamo grati... Speravamo tanto che
ci fosse qualche altro sopravvissuto. - concluse Aioria.
Voltai
lo sguardo verso la distesa d'acqua: pareva quasi irreale la vista del
mare così calmo. Sembrava di essere in un'altra
realtà, e quasi dimenticai l'inferno che, ormai,
attanagliava Atene ed il resto del mondo. Portai lo sguardo al cielo
sereno, rivolgendo un pensiero ai miei genitori, ai miei compagni di
scuola e a tutti coloro che, purtroppo, erano state vittime della
pandemia. Nella mia mente presero a scorrere le immagini degli orrori a
cui avevo assistito finora e ricacciai indietro le lacrime.
Shaina
mi rivolse uno sguardo di comprensione, mentre Marin e gli altri che
non sapevano nulla mi domandarono preoccupati che cosa avessi.
-
Ho... perso i mei genitori per sempre... Ho visto il corpo senza vita
di mio padre nel salotto della mia casa e mia madre trasformata in una
di "loro"... L'ho vista cadere sull'erba esanime... Ho visto tante
persone trasformarsi in quelle orribili creature assetate di sangue...
Sento ancora nella mia testa le loro urla strazianti... - raccontai e
mi lasciai andare alle lacrime, mentre Marin e Shaina cercavano di
consolarmi. - E non so dove sia mio fratello... Vorrei che tutto questo
fosse solo un incubo... -
Milo
ridusse velocemente la distanza che ci separava e mi venne ad
abbracciare.
-
Ti capisco perfettamente... So come ti senti... E' stato un trauma per
tutti quanti. Vorrei anch'io che fosse solo un incubo, un incubo da cui
svegliarsi e scoprire che tutto è rimasto normale. -
Mi
strinsi forte a lui, ringraziandolo tacitamente per essermi vicino.
Non
ci mettemmo molto ad arrivare sull'isola.
Quando
attraccammo al porto, c'era gente che svolgeva il proprio lavoro
normalmente, segno che lì non era successo nulla.
Un
membro della polizia locale ci venne vicino e ci chiese se venivamo da
Atene e, alla nostra risposta positiva, ci chiese delle nostre
condizioni. Tirò un sospiro di sollievo non appena gli
facemmo sapere che stavamo tutti bene. Ci spiegò che qui non
era arrivato il contagio e che quindi si poteva vivere una vita normale
e tranquilla. Ci disse che potevamo sistemarci in uno degli alberghi, e
ci tranquillizzò quando noi gli dicemmo che non avevamo
abbastanza soldi per pagare il pernottamento, dicendoci che non c'era
nessun problema per questo, eravamo ospiti. Ringraziammo e salutammo,
quindi ci incamminammo.
Mykonos,
o Chora, la città principale dell'isola, se non l'unica, era
davvero bellissima, quasi un paradiso. Non per nulla era una delle mete
preferite dei turisti.
Entrammo
in un hotel a 3 stelle e ci rivolgemmo alla hall, dove una signorina ci
diede il benvenuto.
-
Salve, veniamo da Atene, ci è stato detto che è
possibile alloggiare qui... Ma non abbiamo soldi per pagare... - fu
Camus a parlare.
La
ragazza ci tranquillizzò, dicendo che non era un problema,
data la situazione nel resto del mondo, e che potevamo restare per
quanto volevamo.
Andammo
nelle stanze a noi assegnate, al 3° piano: io, Marin, Shaina e
Saori avevamo una stanza tutta per noi, Camus, Milo, Aioria e Seiya
stavano in quella accanto, Aioros e i gemelli nell'altra. Svuotai lo
zaino del suo contenuto, sistemando tutto nel guardaroba, e nascosi la
valigetta delle armi nello zaino, riponendolo poi sul fondo del
guardaroba stesso. Dopodiché, uscii in corridoio a fare una
passeggiata. Mi chiesi se c'era altra gente sopravvissuta in
quell'albergo. C'era un silenzio quasi irreale, ciò che si
udiva erano solo i miei passi sulla moquette rossa e lo stereo di
là, nella hall, che trasmetteva musica soffusa.
Una
voce mi distolse dai miei pensieri.
-
Credo di averti già vista da qualche parte... Ti chiami
Sasha, per caso? -
Mi
girai: di fronte a me avevo una donna dai capelli lunghi fin sopra le
spalle e rossi, che, all'incirca, doveva avere l'età di mia
madre. E subito dopo, da ciò che mi disse, scoprii che era
una cara amica della mamma. Si chiamava Ana ed era una persona molto,
molto gentile e disponibile. Trattenne quasi a stento le lacrime quando
seppe della scomparsa dei miei genitori e che quindi, a parte mio
fratello, della cui sorte ancora non sapevo nulla, io ero l'unica
sopravvissuta della mia famiglia.
-
Quei ragazzi che sono con te sono tuoi amici? - e alla mia risposta
affermativa - Sai, siete gli unici sopravvissuti. -
Sobbalzai.
- Come?! -
-
Sì, è così. Siete gli unici che sono
riusciti ad arrivare qui sani e salvi, finora. Io ho perso mio marito,
che era fuori per lavoro. E' arrivato qui ferito, aveva un grosso morso
sulla gamba destra. Ha chiesto alle autorità di porre subito
fine alla sua vita. La sua richiesta è stata accolta, anche
se con titubanza. Sto cercando di andare avanti, ho un bambino da
accudire e non posso abbattermi. Devo essere forte per mio figlio. -
Dovevamo
andare avanti anche noi. Dovevamo ricominciare una nuova vita
sull'isola.
-
Comunque, se volete, potete venire ad abitare nella casa di fronte alla
mia. Vi aiuterò a sistemarvi per bene. -
-
La ringrazio, signora. E' molto gentile. -
Sorrisi
e lei ricambiò.
-
E' il minimo che possa fare per voi. Quando volete lasciare l'albergo,
avvisami. Faccio parte del personale dell'albergo, quindi mi vedrete
spesso in questi corridoi. -
La
ringraziai ancora e riunii gli altri per comunicare la notizia. Tutti
furono felici, se non entusiasti, di potersi trasferire in quella casa.
La
nostra nuova vita avrebbe avuto inizio già dall'indomani.
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Capitolo 8 *** Ricominciare da capo ***
8
- Ricominciare da capo
Il giorno
successivo, lasciammo l'albergo e ci trasferimmo nella casa di fianco a
quella della signora Ana, una graziosa villetta su due piani tutta
arredata, con vista sul mare, non enorme, ma con un mucchio di stanze,
tra cui due bagni (uno al piano terra, l'altro al piano superiore), una
cucina spaziosa, un salotto bello grande e una stanza perfetta da usare
come studio. Da quel che ci aveva raccontato la signora Ana, la casa
apparteneva ad un suo amico, il quale abitava in Giappone ormai da anni
e veniva sull'isola in villeggiatura. La donna aveva provato a chiamare
il proprietario per chiedere il permesso di usare la casa, ma non aveva
avuto risposta. Il dubbio, e forse anche la certezza, che fosse morto,
erano forti, sia per noi che per la stessa Ana.
Uscii nel
giardino dalla porta sul retro e respirai a pieni polmoni un piacevole
profumo di fiori. Mi piegai davanti ad un'aiuola ad osservare delle
rose, perfettamente curate, e ne accarezzai i petali. Presi
l'annaffiatoio, poggiato lì nei paraggi, e annaffiai le
piante. Mi divertiva farlo, lo facevo anche a casa mia. Mi ricordai di
quando aiutavo mio fratello con la cura delle piante. "Alexios,
Alexios... dove sei?" pensai. Mi mancava così tanto...
Soddisfatta del mio lavoro, tornai in casa e venni fermata da Milo.
- Stavo giusto
cercandoti. Mi aiuteresti in cucina? -
Annuii. Era
già ora di pranzo?
- Shaina non
ha detto nulla? Non ha fatto scenate perché "non si fida
degli uomini ai fornelli"? - chiesi, ridacchiando.
- Ecco, qui
viene il bello: non le ho detto nulla. E' in salotto che parla con
Marin e Aioria. Dai, mi aiuti? -
Annuii. Una
volta in cucina, ci mettemmo subito al lavoro. Volevamo preparare
un'ottimo pranzo, per festeggiare la nostra salvezza e la nostra nuova
vita su Mykonos.
Certo, non
sarebbe stato facile ricominciare, non dopo aver perso molte persone a
noi care, non con quello che ancora era in corso ad Atene e nel resto
del mondo. Fatto sta che noi eravamo lì, sani e salvi su
un'isola dove la vita scorreva pacifica e normale.
Accesi la
piccola TV presente in cucina e mi sintonizzai su un canale a caso. Un
giornalista spiegava com'era la situazione di Atene in questo momento,
nascosto all'interno di un furgone della stazione televisiva.
"Le
forze militari stanno facendo strage di zombie!"
Quella frase,
pronunciata con enfasi, mi bloccò nell'atto di afferrare una
ciotola dalla credenza. Finalmente avevano capito che erano zombie,
quelli, e non il risultato di una qualche strana malattia contagiosa.
Restava da capire quale fosse la causa della pandemia.
Però,
ciò che non capivo era il motivo per il quale le forze
militari si erano mosse in ritardo. Pensavano forse che prima o poi gli
zombie sarebbero spariti da soli? Io ne avevo sembre dubitato. Erano
morti che camminavano, non potevano morire di fame e di sete, e l'unico
modo per eliminarli era spappolargli il cervello. Se nessuno li avesse
eliminati, avrebbero continuato senza problemi la loro esistenza per
chissà quanto altro tempo.
Il giornalista
continuò a parlare, spiegando che la soluzione adottata era
stata quella di dare fuoco ai mostri in massa. Soluzione drastica ed
efficace, a quanto pareva.
Mentre
ascoltavo il notiziario, gettando, ogni tanto, uno sguardo allo
schermo, mi concentrai sulla preparazione di una torta al cioccolato.
Mescolai gli ingredienti ed infornai l'impasto, quindi diedi
un'occhiata a ciò che stava preparando Milo. Lui, sentendosi
osservato mentre si muoveva fra i fornelli, mi lanciò
un'occhiata e mi sorrise. Andai ad aiutare Shaina a preparare la tavola
in sala da pranzo. Dopo qualche minuto, Milo dalla cucina
annunciò che era pronto, così andammo ad aiutarlo
con le portate. Ogni tanto davo un'occhiata anche al dolce in forno,
che pian piano cuoceva.
Tutti presero
posto, gli ultimi fummo proprio io, Shaina e Milo.
C'era davvero
di tutto a tavola. Milo ed io c'eravamo dati da fare tanto per
preparare tante leccornie.
Feci per
afferrare la caraffa dell'acqua, ma nello stesso momento Milo, seduto
di fronte a me, nell'atto di afferrarla anche lui, mi sfiorò
la mano. A quel contatto, arrossii lievemente e ritirai di scatto la
mano, come se avessi preso una scossa. Lo vidi sorridere, forse
divertito, mentre mi versava lui stesso l'acqua nel bicchiere.
Balbettai un grazie, nascondendomi dietro il bicchiere. Non volli
immaginare quanto fossi diventata rossa! Caspita, che vergogna! Io che
arrossivo se un ragazzo mi sfiorava la mano... da quando?? Non era da
me. Cercai di riassumere un atteggiamento normale, mentre iniziavo a
mangiare.
- Hai
preparato tutto tu? Devo fidarmi di un uomo ai fornelli? - sentii dire
da Shaina, rivolta a Milo.
Ridacchiai tra
me e me: sapevo che gli avrebbe detto una cosa simile.
- Ah, Shaina,
Shaina... Non mi reputi un bravo cuoco? E comunque c'era Sasha ad
aiutarmi. - gli rispose l'interpellato, con un sorriso.
- Ah, beh,
allora se c'era anche lei, mi fido! -
- Mangia...! -
fu l'ordine, ma in tono scherzoso, di lui.
Risi. Quanto
erano divertenti!
- Ah! Il
dolce!!! - imprecai, ricordandomi all'improvviso della torta ancora in
forno, mentre mi precipitavo in cucina.
La tolsi dal
forno: bene, per fortuna non si era bruciata. La lasciai sul bancone a
raffreddare e tornai a tavola. E quando arrivò il momento
del dolce, fui fiera di servire la mia torta al cioccolato. Sperai che
fosse venuta bene. La ricetta l'avevo imparata da mia madre. Facevamo
spesso dolci assieme e mi ha insegnato a fare tante delizie.
Dopo un primo
assaggio, sia io che gli altri constatammo che sì, era
venuta bene, tanto che Milo fu il primo a chiedere il bis.
- Vuoi
ingrassare, per caso? - lo stuzzicò Shaina, portandosi il
cucchiaino alle labbra e posandolo poi nel piatto.
- No, voglio
solo deliziarmi della torta al cioccolato più buona che io
abbia mai mangiato! - Quel complimento mi riempì di gioia.
Mi sentii quasi importante, ahah. - Tu, se vuoi continuare a mantenere
la linea, fai pure. - continuò lui. - Io mi abbuffo quanto
voglio! -
- Tanto
ingrasseraiii... - canticchiò Shaina.
- Dai,
finitela! Siete peggio dei bambini che si fanno i dispetti! -
dissi, ridendo.
I due si
fissarono e Milo scoppiò a ridere. Shaina dapprima lo
guardò in malo modo, poi scoppiò a ridere anche
lei.
- Ecco, vedi
di fare la brava bambina, Shainuccia! - la prese in giro Milo.
- Scemo! -
- Sentila!
Parla Einstein! -
Ormai stavano
ridendo entrambi, facendo ridere tutti.
- Ma la
finite? - dissi, tra le risate.
Dopo aver
sparecchiato e lavato le stoviglie, uscii in giardino e presi il mio
cellulare dalla tasca, cercai il numero di Alexios nella rubrica e
provai a chiamare. Attesi un bel po', ma nulla, non rispondeva. Una
terribile angoscia si fece strada in me, scoppiai in lacrime
all'improvviso. Mi lasciai cadere in ginocchio sull'erba del giardino,
mentre continuavo ad essere scossa dai singhiozzi.
- Sasha!
Sasha... che succede??? - mi chiese preoccupato Camus, che non avevo
sentito arrivare.
Non risposi,
mi alzai e con il polso mi asciugai le lacrime.
- Mio
fratello... - cercai di dire, tra i singhiozzi - ... mio fratello
è... non... non risponde al cellulare... Sigh... Non
risponde... Non lo rivedrò più... -
- No, Sasha,
non dire così! Non giungere subito a conclusioni affrettate.
-
- Sono
preoccupatissima, Camus... - singhiozzai ancora.
- Lo so, e ti
capisco... -
- Non so
più cosa pensare, Camus... Ho paura, ho tanta paura di non
rivederlo mai più... -
Camus mi
abbracciò, ed io pian piano mi calmai, prima di rientrare in
casa. Non volevo far preoccupare nessuno.
-
Sashaaaaaa!!! - sentii urlare il mio nome, poi vidi arrivare Shaina di
corsa. Si nascose subito dietro di me, la sentii ridacchiare.
- Che cos... -
non feci in tempo a finire la mia domanda, che ci raggiunse Milo.
- Esci dal tuo
nascondiglio, donna, e affrontami! - ghignò Milo, usando un
tono molto teatrale.
La scenetta in
cui ero coinvolta mi rallegrò e mi fece dimenticare la
tristezza.
Shaina si
nascose ancora di più dietro di me, non prima di aver fatto
la linguaccia a Milo.
- Ma che sta
succedendo? - chiesi, tra il divertito e la curiosità.
- Oh, niente,
gli ho solo detto che ha messo su un po' di chiletti, ma ovviamente
scherzavo. E lui ora vuole farmela pagare! -
- Oh, sentila
con quanta leggerezza parla! - esordì Milo, con le mani sui
fianchi, dopodiché guardò me. - E' fissata, dice
che mi vede ingrassato. A me non sembra. A te sembro ingrassato? -
Feci per aprir
bocca, ma Shaina mi precedette. - Sì, diglielo! Ma guardalo!
Mangi troppo, bello mio! E non fare l'offeso! - disse, tra le risate,
sporgendosi sulla mia spalla destra.
Milo
scattò verso di noi, con un sorriso poco rassicurante. - Ah,
sì? Vieni qui a ripetermelo! -
- Sashina, ti
prego, proteggimi da questo cattivone! - esclamò Shaina,
divertita, mentre Milo la afferrava per i fianchi e la staccava da me.
- Non temere,
amica mia! Ti salvo io! - feci, scoppiando a ridere per il tono molto
teatrale che avevo usato.
- Ma che fai,
la difendi?!? Pensavo fossi mia alleata! -
Ormai stavamo
ridendo tutti e tre a crepapelle! Io e Shaina correvamo per la casa,
inseguite da Milo. Ci stavamo divertendo un sacco, peggio dei bambini.
- Presa! -
urlò Milo, trionfante, afferrandomi per i fianchi e
mantenendo la presa.
- Nooo,
lasciamiiiii! - esclamai tra le risate.
- E adesso...
preparati! Sto per infliggerti la mia punizione... il solletico! -
sghignazzò - Preparati, Shaina, dopo tocca a te! -
- Noooo, ti
prego! - e iniziai a ridere e a contorcermi quando lui prese a farmi il
solletico.
Mi lasciai
cadere sul divano, tenendomi la pancia dal troppo ridere, avevo persino
le lacrime agli occhi. Milo si chinò su di me, poggiando le
mani ai lati della mia testa.
- Allora, ti
basta, o devo continuare? -
- No, no,
basta! - risposi, ancora ridendo.
Mi accorsi che
i nostri visi erano vicini. Molto, troppo vicini. Potevo sentire il suo
respiro sulla mia pelle.
Il sorriso
abbandonò lentamente le labbra di Milo, che rimasero
semiaperte, mentre mi spostava una ciocca di capelli dietro l'orecchio,
senza distogliere lo sguardo dal mio.
Si fece
più vicino, sempre più vicino, fino a sfiorarmi
le labbra con le sue. Quello che ne seguì fu un casto bacio.
Si
staccò poco dopo, guardandomi e sorridendomi. Io avevo le
labbra socchiuse, non sapevo cosa dire, né cosa fare. Non me
lo aspettavo! Mi... mi aveva appena baciato!
Ci
ricomponemmo. Lui mi aiutò a tirarmi su e ci mettemmo seduti
e composti sul divano. Io accavallai le gambe, ancora preda del
più totale imbarazzo, e gli lanciai una rapida occhiata,
mentre lui si passava una mano tra i capelli.
- Comunque sei
un bastardo... - ridacchiai - Sai perfettamente che soffro il
solletico! -
- Eh
già... l'ho usato a mio vantaggio... - sorrise.
Notai
che anche lui era leggermente in imbarazzo per quello che era appena
successo, ma cercava di non darlo a vedere.
Mi voltai poi
indietro, oltre lo schienale, cercando Shaina, che era sparita. Mi
alzai lentamente, Milo seguì con lo sguardo i mei movimenti
e mi accennò un leggero sorriso. Ricambiai, sorridendo
appena, ancora in imbarazzo. Andai a cercare la mia amica, volevo
raccontarle quello che era successo. La trovai in cucina che si versava
del succo d'arancia.
- Shaina! Non
sai cos'è successo! -
Lei
sobbalzò e si girò verso di me, con sguardo
interrogativo.
Le raccontai
del bacio e, quando terminai, lei sorrise.
- Lo
immaginavo! - fece una pausa, portandosi il bicchiere alle labbra e
bevendo un sorso. - Avevo come una sensazione, da un po' di tempo, che
sarebbe successo qualcosa tra di voi, prima o poi. - mi sorrise. - Vi
ho lasciati da soli proprio quando ho visto che lui ti stava sopra e ti
fissava. -
Mi versai
anch'io del succo d'arancia e, mentre bevevo, non potevo fare a meno di
pensare a quel bacio.
- Sai... -
incalzò Shaina - Prima che accadesse questa catastrofe, Milo
mi confidò che si era innamorato di te, ma aveva deciso di
attendere per rivelarti i suoi sentimenti. Penso che con quel bacio ti
abbia detto molto, no? Ti ha voluto far capire che per lui sei
più di un'amica. -
Già,
a volte non servono le parole, basta un semplice gesto. Possibile che
io non sia riuscita a capire, finora? Oppure lui è troppo
bravo a celare certi sentimenti? Ed io? Io cosa provavo per lui? Non lo
sapevo ancora bene.
E mentre
ancora pensavo, vidi Milo irrompere in cucina, con un sorrisetto.
- Shaina cara,
te l'avevo detto che il solletico toccava anche a te! Sasha, bloccala,
non deve sfuggirmi! -
Eh,
giustamente se non la faceva pagare a Shaina, che l'aveva preso in
giro, non sarebbe stato soddisfatto. Tipico di Milo. Dopotutto lo
conoscevo da tanto tempo.
Shaina mi
guardò, con sguardo da cane bastonato. - Sei mia amica,
vero? Non permetterai che finisca tra le sue grinfie, giusto? -
Ma prima che
potessi risponderle o fare qualcosa, Milo era già partito
alla carica. Quando finì, Shaina ancora rideva per il
solletico e tirò un pugnetto sul braccio di Milo.
Ci sedemmo
tutti e tre al tavolo.
- Con tutto
quello che abbiamo passato... credevo di non ritrovare mai
più la gioia di ridere... - disse poi Shaina.
Aveva dato
voce ad un pensiero forse collettivo. Io ero d'accordo con lei, e
forse, dallo sguardo che aveva, anche Milo lo era.
E nonostante
le risate e il divertimento, ero comunque sempre in pensiero per mio
fratello, ma non lo davo a vedere.
Angolo
dell'autrice
Ma
ciao! Sono tornata! Dopo tre (!!) anni di pausa (grazie,
ispirazione). Vi sono mancata, vero? (seh seh XD). Comunque,
ecco a voi, il nuovo capitolo di questa storia. ;)
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Capitolo 9 *** Felicità ***
9
- Felicità
Erano
passati alcuni giorni da quando ci eravamo trasferiti nella nostra
nuova casa ed avevamo ricominciato da capo. Nuova casa, nuova
città, nuova vita. Senza i nostri cari, ma dovevamo essere
forti anche per loro, che di sicuro, se fossero ancora vivi, sarebbero
stati felici di saperci vivi e in salvo su un'isola dove non era
arrivato il contagio. La mia speranza di rivedere, prima o poi, mio
fratello Alexios era ancora accesa nel mio cuore. Cercavo di pensare
positivo. E non avevo dimenticato il bacio tra me e Milo. Ci ripensavo
spesso. Inoltre, notavo che, molto spesso, lui trovava una scusa per
stare con me, anche solo per chiacchierare. Guardandolo, mi rendevo
conto che forse anch'io provavo qualcosa per lui. Ammetto che anni
addietro mi ero presa una cotta per Milo, ma non l'ho mai detto a
nessuno. Però, ripensandoci, mi è sempre
piaciuto... Erano anni che lo conoscevo, eravamo praticamente quasi
cresciuti insieme, io, lui e Camus. Mi chiedevo da quanto Milo avesse
capito o scoperto di essere innamorato di me...
Credevo
che gli piacesse Shaina... e non ero l'unica a pensarlo, forse.
Seduta
sul divano, guardavo le foto salvate sul mio cellulare: foto di me,
Milo e Camus. Foto dei nostri viaggi, delle nostre serate e dei momenti
in cui eravamo riuniti, sempre felici e sorridenti. C'erano anche foto
scattate a tradimento, e sapevo benissimo di chi erano opera: Milo,
ovviamente. Il re delle foto a sgamo, come lo definivamo scherzosamente
io e Camus. Spesso mi aveva chiesto il cellulare, per fare una chiamata
o per guardare le nostre foto, ma zitto zitto rubava qualche scatto a
me o a Camus. Alcune erano imbarazzanti, ma le avevo tenute lo stesso.
Perché chiedeva il cellulare proprio a me? Beh,
perché ai tempi (dei, parlo quasi come se fossero passati
secoli!), io ero l'unica di noi tre che possedeva un cellulare moderno,
di quelli con la fotocamera. L'unico strumento che aveva Milo per far
foto era una Polaroid, una di quelle fotocamere istantanee che ti
stampavano istantaneamente le foto, insomma. Gliel'aveva lasciata in
dono sua madre. A me piaceva tanto quella macchinetta... Peccato che
spesso la dimenticava (o mentiva, così poteva appropriarsi
del mio cellulare, che furbone). Camus non era mai stato interessato
alla fotografia. Lui e l'obiettivo non andavano d'accordo, come
affermava lui stesso. E poi, beh, a Milo piaceva smanettare col mio
telefono.
La
voce di uno dei gemelli (ammetto che li confondevo spesso, chiedo
venia!) mi distrasse. Raggiunse il salotto, dove io, Shaina e Aioros
eravamo riuniti, e richiamò urgentemente il resto degli
inquilini. In mano reggeva delle buste da lettere. Quando tutti furono
in salotto e accomodati sui divani, Saga (che avevo riconosciuto grazie
al fratello che lo aveva chiamato per nome, chiedendogli che avesse da
urlare) mostrò le buste che teneva tra le mani e
solennemente, annunciò che aveva ritirato i risultati delle
analisi che avevamo fatto giorni prima. Sì, per sicurezza,
ci eravamo sottoposti ad un controllo. Così, per assicurarci
che era tutto a posto. Saga distribuì le buste, le aprimmo e
fummo felici di sapere che stavamo tutti bene. Fu un sollievo per tutti
averne la certezza.
-
Ragazzi, pensavo che potremmo iniziare a cercare un'occupazione, un
lavoro. - propose Aioros, dopo qualche
minuto.
-
Sì, ottima idea. Non possiamo mica poltrire tutto il giorno
in casa... - rispose Shaina.
-
Magari potremmo anche chiedere alla signora Ana se ha qualche aggancio
nel mondo del lavoro... - aggiunse Aioria.
Il
cellulare prese a squillarmi. Sul momento mi chiesi chi mai avrebbe
potuto chiamarmi, poi però, quando lessi il nome sullo
schermo, rimasi letteralmente senza fiato e mi affrettai, con mani
tremanti, a rispondere.
-
Alexios!!! - urlai quasi il suo nome, in preda all'emozione.
-
Ciao, sorellina... -
Forse
è inimmaginabile quanto fui felice di sentire la sua voce,
la voce di mio fratello, anche se ridotta quasi ad un
mormorìo, di saperlo ancora vivo. Stavo piangendo di gioia,
tremavo.
-
Fratellone... Che bello sentirti! - dissi, tra i singhiozzi.
-
Anche per me lo è. Stai bene? Dove ti trovi? -
-
Sì, sto bene. Sono a Mykonos, con Milo, Camus, Shaina e
altri nostri amici. -
-
E... i nostri genitori... sono...? - lasciò in sospeso la
domanda.
-
Sì, purtroppo... - risposi, tristemente.
-
Capisco... Ad ogni modo... mi fa piacere sapere che non sei sola. -
Nonostante
non avesse mai avuto modo di conoscere Milo, Camus e Shaina, Alexios
era sempre stato felice che io avessi degli amici così.
Sapeva di loro grazie alle chiacchierate che ci facevamo al telefono,
quando lui aveva degli attimi liberi.
-
E tu? Dove ti trovi? - gli chiesi poi.
-
In ospedale, a Mykonos... sono a Mykonos anch'io. -
Ebbi
l'impulso di correre subito all'ospedale. La voce di Alexios mi
distrasse dalle mie intenzioni.
-
Ora... Ora ti devo salutare... Devo riposare. A presto, sorellina. -
-
Ciao, ti voglio bene... - dissi, quasi in un sussurro, prima che la
chiamata venisse chiusa.
-
Allora...? - interloquì Camus, ansioso.
-
Sta... sta bene... E' qui, a Mykonos. -
-
Vuoi andare a trovarlo? - mi chiese Milo.
-
Vai, Sasha. - mi disse Shaina, prima che potessi rispondere. - Qualcuno
la accompagni. -
-
La accompagno io. - si propose Milo.
Mentre
gli altri tornavano a casa, io e Milo corremmo in ospedale. Chiedemmo
alla reception di mio fratello e ci dissero di parlare col medico che
lo seguiva al piano superiore. Arrivati al piano superiore, chiedemmo
ad un paio di infermiere di poter parlare con il sopracitato medico. Ci
dissero di attendere un momento ed una di loro lo andò a
chiamare, ricomparendo poco dopo assieme al medico, un uomo a cui avrei
dato circa quarant'anni, avvolto nel suo camice bianco e con
uno sguardo serio ed impenetrabile. Chiedemmo di Alexios e lui ci
invitò a seguirlo per tutto il corridoio, fino ad una porta.
Aprì e ci invitò ad entrare. Mio fratello era
disteso sul letto, coperto dal lenzuolo fino al petto, e riposava
serenamente.
Il
medico ci spiegò che si era risvegliato quella stessa
mattina, dopo tre giorni (erano già passati tre giorni dalla
catastrofe... avevo perso il conto) e aveva subito chiesto di poter
chiamare me, la sua sorellina adorata. Chiesi quando avrebbero potuto
dimetterlo, e mi venne risposto che, non appena si fosse ripreso,
sarebbe potuto uscire dall'ospedale. Io e Milo ringraziammo e poco dopo
ci congedammo, dopo aver dato un'ultimo sguardo ad Alexios. Non vedevo
l'ora che stesse meglio e poterlo finalmente riabbracciare e parlare
con lui di nuovo.
Quando
tornammo a casa, io e Milo fummo assaliti dalle domande dei nostri
amici. Rispondemmo a tutti i loro quesiti. Erano anche loro preoccupati
per mio fratello.
Poi,
una sera, durante una grigliata in giardino, Alexios mi
telefonò. Mi disse che il medico gli aveva detto della
nostra visita e che non vedeva l'ora di poterci rivedere tutti.
-
Ci riabbracceremo presto, vedrai! - lo rassicurai.
Misi
in vivavoce e feci parlare anche gli altri, che gli regalarono auguri
di pronta guarigione.
Nei
giorni a seguire, in attesa di avere buone notizie da Alexios, ci
eravamo messi all'opera per cercare lavoro, aiutati dalla signora Ana,
che ci aveva trovato qualcosina. Facevamo lavoretti un po' dappertutto.
Ci adattavamo (bisognava adattarsi, in un modo o nell'altro, se
volevamo lavorare) e guadagnavamo una certa somma (che non era
chissà che cifra, ma a noi bastava) per ogni lavoro fatto.
Facevamo un po' di tutto. Dove serviva un mano, eravamo pronti ad
offrire il nostro aiuto.
Durante
una giornata in cui alcuni di noi erano liberi, Milo mi aveva
trascinata fuori a prendere un gelato, nonostante le mie proteste di
voler poltrire a letto ancora per un paio d'ore, o magari anche per
tutto il giorno. Mentre eravamo seduti ad un tavolino fuori dal bar e
ci gustavamo il gelato, Milo era silenzioso. Chissà a che
pensava... La risposta mi arrivò pochissimo dopo, quando
ruppe il silenzio e mi parlò.
-
Sasha, anche se penso di averti già detto molto con quel
bacio, io... -
Certo,
il bacio... Impossibile dimenticarlo...
-
Milo, prima che tu me lo chieda... Ho capito di ricambiare i tuoi
sentimenti. O meglio, non sono ancora certa al cento per cento che sia
così, ma... - sorrisi.
-
Davvero? -
Sorrisi
di nuovo. - Sono sincera. -
Sorrise
anche lui.
Sì,
è vero, ormai avevo capito che anch'io provavo qualcosa per
lui. Anzi, forse avevo sempre provato qualcosa che non fosse la
semplice amicizia che ci lega. Ed ora che gliel'avevo detto, gli avevo
dato qualche speranza in più. Mi faceva tenerezza. E' bello
rendere felici le persone, anche solo con poche semplici parole. Parole
dette con cuore e sincerità. Si sporse e mi
stampò un bacio sulle labbra. Rimasi un attimo immobile,
sorridendo poi, sfiorandomi le labbra con le dita, mentre lui mi
guardava, felice.
Quello
stesso giorno, nel pomeriggio, mi telefonò Alexios.
-
Domani mi dimettono. - mi disse, e il suo tono allegro mi fece
sorridere.
Gli
dissi, contenta, che sarei andata a prenderlo dall'ospedale. Guardai i
miei migliori amici, che erano accanto a me e assistevano alla
telefonata, e sorrisero.
-
Andiamo tutti insieme a prenderlo? - propose Marin, e tutti gli altri
annuirono.
Ero
sollevatissima, felicissima, per il mio amato fratello.
-
Preparati, il team delle meraviglie sarà da te, domani! - e
scoppiai a ridere per come avevo definito il nostro gruppo di amici,
che risero con me.
-
Team delle meraviglie? - ripetè Alexios, ridendo anche lui.
Che bello sentirlo ridere, era da molto che non succedeva.
Scambiammo
ancora qualche parola, poi ci salutammo. Non vedevo l'ora che arrivasse
l'indomani.
Angolo
dell'autrice
Eccomi
qua, finalmente! Spero di essere un po' più veloce con i
prossimi capitoli! >_< Alla prossima!
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Capitolo 10 *** Riabbracciarsi ***
10
- Riabbracciarsi
Mi
alzai molto presto quella mattina, mentre tutti ancora dormivano, e
preparai la colazione. Cercai di fare meno rumore possibile. Preparai
la tavola per tutti e, nello stesso istante in cui mi voltai per
tornare in cucina a prendere le ultime cose, sbattei contro qualcuno.
-
Buongiorno! Mattiniera, vedo! -
Alzai
lo sguardo. - Milo! Ma cosa sei, un ninja?! -
Milo
rise. - Forse... Sono sceso zitto zitto perché sentivo
rumori e sono venuto a sbirciare... -
-
Credevi fosse un ladro? - ridacchiai.
-
Mmmh... sssì. Ma poi ho visto la tavola imbandita e... -
-
... e sei rimasto qui ad attendere che, chiunque fosse stato, uscisse
allo scoperto. E poi io ti sono arrivata addosso. Pure te,
però, che ti pari davanti a me all'improvviso... - risi,
andando a posare le cose mancanti sul tavolo. - Devo dire che hai un
udito fine. - aggiunsi, controllando che ci fosse tutto. - Vai a
svegliare gli altri, su. Dobbiamo andare a prendere mio fratello,
ricordi? -
-
Sì, ci vado subito. Ma prima... - mi prese per un polso e mi
fece voltare. - Voglio godermi questo momento in cui siamo da soli, per
dirti che... - fece una pausa brevissima. - ...Ti amo. - mi
rubò un bacio. - È da tantissimo che volevo
dirtelo. Ho aspettato forse troppo a dirti che io per te provo
più di un'amicizia... Volevo dirtelo già da un
bel po' di tempo prima che... che succedesse quel che è
successo, insomma... ma non ne ho mai avuto il coraggio. Temevo di
rovinare la nostra amicizia per sempre. Quando ieri mi hai detto che mi
ricambi, mi hai riempito di gioia. - sorrise.
Dei,
ma quanto poteva essere bello quando sorrideva così,
spontaneamente...?
D'istinto,
gli presi il viso tra le mani e lo baciai. Lui mi mise una mano dietro
la nuca. Poi sentimmo dei passi che scendevano le scale, e ci staccammo
contrariati, poiché qualcuno aveva interrotto il nostro
"momento magico".
Camus
comparve davanti a noi, ancora in pigiama, guardando prima la tavola
imbandita e poi me e Milo.
-
Ah, Camus! Stavo giusto per venire a svegliarvi tutti. -
affermò Milo, con naturalezza.
-
Sono ancora tutti a dormire? Ho sentito delle voci mentre andavo in
bagno, poi sono sceso a vedere chi fosse già sveglio. -
diede un'altra occhiata alla tavola. - Avete preparato tutto voi? -
-
Ha fatto tutto Sasha. Ma... dimmi... per caso, hai sentito qualcosa di
ciò che dicevamo? -
-
No, niente. Perché? -
-
Ah, no... niente, niente... -
Camus
fece spallucce, ma, secondo me, era sospettoso e si chiedeva che
avessimo da nascondergli.
-
Ci penso io a svegliare gli altri. - ci sorrise e andò verso
le scale.
Io
e Milo prendemmo posto, vicini. Volemmo attendere gli altri per
iniziare a fare colazione. Io fremevo dalla voglia di baciarlo ancora,
e mi sembrava che anche lui volesse. Stavamo quasi per baciarci di
nuovo, quando i gemelli irruppero letteralmente nella stanza, facendoci
ricomporre all'istante.
-
Fermi tutti! Mani in alto! - esclamarono in nostra direzione, in tono
scherzoso, mimando delle pistole con le mani. Poi si sedettero,
sfregandosi le mani e restando in attesa con noi, guardando il cibo in
tavola.
-
Chi ha preparato tutto? - chiese Kanon.
-
Io. - risposi, alzando la mano timidamente.
-
Ehi, lassù!!! La colazione è già in
tavola, muovetevi!!! - urlò subito dopo Kanon, evidentemente
rivolto a chi era ancora al piano di sopra.
-
... E fu così che ti sentì tutta Mykonos! - lo
rimbrottò Saga, scuotendo la testa, divertito.
Il
fratello di Aioria scese poco dopo, trafelato, e prese posto.
Camus
tornò e si sedette vicino a Milo. Pian piano, arrivarono
tutti gli altri e finalmente iniziammo a mangiare. Cavoli, non stavo
più nella pelle ero emozionatissima all'idea che, tra poco,
avrei riabbracciato Alexios.
Milo
guardò con un sorrisetto strano Aioria e Marin, che sedevano
di fronte.
-
E bravi, vi siete dati da fare stanotte, eh. Vi ho sentiti,
piccioncini. - ghignò, maliziosamente, facendo arrossire i
due fidanzati.
-
Ah, però... hai un udito fine... - rispose con un mezzo
sorriso Aioria, cercando di nascondere l'imbarazzo, anche se non ci
riusciva bene, mentre Marin si copriva con le mani il viso per
nascondere il rossore.
-
Sì, lo so. - fece un sorriso da furbetto. - Comunque, beh,
lo sapete che abbiamo le stanze vicine... e i muri non sono isolanti...
-
Aioria
e Marin arrossirono ancor di più, sotto lo sguardo divertito
di Milo, il quale continuò a parlare.
-
Ma, tranquilli, mi sono infilato le cuffie quasi subito ed ho coperto i
rumori con della musica per aiutarmi a dormire. Altrimenti non sarei
riuscito a dormire in pace. -
Vidi
i due tirare un sospiro di sollievo.
-
Milo, ti diverti a mettere a disagio le persone, eh... - ridacchiai,
tirandogli una gomitata.
Dopo
aver finito di far colazione, raggiungemmo la clinica. Io e Alexios ci
abbracciammo stretti, quasi piangemmo. Poi ci staccammo e, prese le
poche cose che aveva con sé, raggiungemmo l'uscita e
tornammo a casa. Durante il ritorno, Alexios fece la conoscenza di
tutti.
A
casa, poi, ci sedemmo tutti in salotto.
-
È bello che finalmente tu e Sasha vi siate ricongiunti,
Alexios. - Milo, seduto sulla poltrona vicina, gli poggiò
una mano su una spalla.
Io
guardai mio fratello, seduto accanto a me, e non seppi trattenere le
lacrime. Lui mi abbracciò e mi strinse forte.
-
Mi sei mancato... Mi sei mancato tantissimo! - singhiozzai.
-
Anche tu a me, ma ora siamo di nuovo riuniti ed è questo che
conta ora. - mi disse, Alexios, accarezzandomi i capelli.
Mi
staccai, mi asciugai gli occhi e lo guardai. Stava piangendo anche lui,
e mi guardava amorevolmente. Non lo avevo mai visto piangere. Mai,
dacché avevo memoria.
Poi
si asciugò le lacrime e guardò Shaina, Camus e
Milo. - Sono felice di conoscervi. Finalmente posso associare i vostri
nomi ai vostri volti. - sorrise. - Ed è un piacere conoscere
anche voi tutti. - guardò il resto degli inquilini della
casa.
Decisi
di spiegare il motivo per cui Milo, Camus e Shaina non sapessero o non
avessero mai saputo di Alexios. Io in realtà credo di
avergli parlato o accennato di lui solo un paio di volte... Comunque,
gli raccontai in breve che Alexios aveva mollato la scuola a quindici
anni, e da allora ha iniziato a lavorare un po' ovunque,
dìciamo. Finché si è trasferito a
Mykonos, lavorando in modo fisso in un ristorante. Lo vedevamo
pochissime volte l'anno, e non c'era mai modo di farlo conoscere ai
miei amici, per un motivo o per un altro.
Come
poi ci spiegò lui stesso, quando è scoppiata
l'epidemia, stava venendo a trovarci, ma ha trovato l'inferno non
appena ha messo piede ad Atene. Dopo esser tornato sull'isola, ha perso
i sensi subito dopo esser arrivato e lo hanno subito trasportato in
ospedale, per fare degli accertamenti. Poverino... ha dormito per tre
giorni di fila a causa dello shock e alla stanchezza per ciò
che aveva dovuto affrontare.
-
Mi dispiace, ho provato a telefonare a casa e a te, ma le linee erano
intasate... e sono stato un codardo, sono praticamente scappato... -
aggiunse Alexios, abbracciandomi.
-
Ehi, tu non sei codardo, ok? -
Era
strano vederlo così... ero sempre stata io quella debole tra
noi due, anche se Alexios diceva sempre che sono forte.
-
Sai cosa importa ora? - proseguii - Che tu sei vivo e sei qui tra noi.
Che tutti noi siamo vivi. E dobbiamo continuare a vivere, dobbiamo
essere forti. Quindi, non ti abbattere. - sorrisi, guardandolo.
-
Hai ragione. - sciolse l'abbraccio e mi guardò. - Non voglio
essere un peso per voi... Dai, la smetto di piagnucolare... - sorrise.
- Non sto facendo una bella figura... -
Risi
appena. - In un momento del genere, ti preoccupi dell'apparenza?
Incredibile... -
Decidemmo
di fare una festa per Alexios. Ovviamente il festeggiato si propose per
aiutare in cucina. Gli piaceva un sacco cucinare. Si notava, e io lo
sapevo, perché mi aveva sempre raccontato che cucinare era
la sua passione. Al contrario di me, che odio cucinare.
Io,
Milo e Marin, in cucina con lui, eravamo rimasti imbambolati a
fissarlo. Era velocissimo! Quando iniziò a distribuirci dei
compiti, non perdemmo tempo a fare ciò che ci aveva chiesto.
Di
là, in salotto, qualcuno aveva acceso lo stereo e, da quel
che sentivo, stavano praticamente apparecchiando la tavola cantando a
squarciagola.
-
Shaina!!! Sei stonata!!! - urlò Milo, ridendo subito dopo.
-
Va' al diavolo, Milo!!! - gli urlò in risposta Shaina,
continuando poi a cantare.
-
Ma non è stonata! - dissi io, per difenderla.
-
Ma come no? Ma l'hai sentita bene? - fece lui, fissandomi un attimo.
-
Ok, forse solo un pochino... -
-
Anche qualcun altro lo è. - rise. - Aioria!!! Il canto non
fa per te!!! - urlò ancora.
-
Perché allora non ci fai sentire come canti tu?!? -
ricevette in risposta da Aioria.
-
Oh, con piacere!!! Magari dopo pranzo vi faccio sentire, eh!!! -
Camus
si affacciò in cucina.
-
Hai appena accettato la sfida di Aioria, Milo? Ok, propongo un karaoke.
Ma non puoi competere con me, mio caro amico... - sorrise solenne.
-
Lo vedremo, Camus, lo vedremo. - sogghignò Milo, mentre
Camus spariva.
Credevo
che Camus fosse sicuramente un passo avanti a Milo. Li avevo spesso
sentiti cantare entrambi e li trovavo bravissimi, ma Camus aveva un
qualcosa in più.
Portammo
tutto in tavola e mangiammo. Notai subito, da quando ci eravamo seduti,
che Aioria, Shaina e Milo si lanciavano sguardi di sfida. Camus,
invece, preferiva mangiare in santa pace e ignorare eventuali sguardi
di sfida rivolte a lui.
Dopo
l'abbondante pranzo, e dopo aver lavato le stoviglie e messo in ordine,
potemmo dedicarci alla sfida.
Shaina
e Aioria guardarono Milo con un sorrisetto.
-
Allora, mostraci la tua bravura canora... - fece Shaina.
-
Non vedevo l'ora, guarda. - Milo sorrise, strafottente. - Camus ha
proposto una sfida al karaoke. Ci state? -
-
Certo. Allora, inizi tu, o vuoi che inizi prima qualcun altro? -
-
Oh, no, voglio iniziare io. - disse, sicuro.
-
Ma siamo solo noi quattro? Nessun altro vuol partecipare? - chiese
Camus.
Io
in primis declinai. Mi vergognavo a cantare davanti a tutti.
Però io e gli altri che non partecipavano alla sfida avevamo
un ruolo comunque importante: fare da giuria.
Uno
dopo l'altro, i partecipanti si esibirono nelle loro doti canore. Milo
e Camus per me potevano anche vincere a parimerito, però,
come ben ricordavo, Camus aveva un leggero vantaggio su Milo. Anche
Aioria e Shaina non se la cavarono male, dai. Con un po' di esercizio
sarebbero potuti migliorare (non si può essere perfetti in
tutto, no?). Alla fine indovinate chi fu il vincitore? Ovviamente
Camus! Subito dopo, al secondo posto Milo, al terzo Aioria e al quarto
Shaina.
-
Sei arrivato secondo... - Shaina punzecchiò Milo.
-
Se c'è Camus, arrivo sempre secondo, ahimé. Poi
parli proprio tu, che sei arrivata quarta! Hai poco da prendermi in
giro, tzé! - rise, mentre pronunciava l'ultima frase.
Shaina
lo mandò educatamente (ma non troppo) a quel paese.
Mentre
Shaina e Milo si punzecchiavano come al solito, e gli altri si
congratulavano col vincitore della sfida al karaoke, io raggiunsi mio
fratello. Volevo recuperare tutto il tempo in cui non eravamo stati
insieme. Passammo praticamente il pomeriggio a raccontarci di tutto e
di più. Gli rivelai anche di me e Milo, e ne fu contento.
La
sera, prima di andare a dormire, mi scusai con Milo per averlo
praticamente "abbandonato" tutta la giornata.
Lui
sorrise. - Fa niente. Comunque... - disse, tirandomi a sé -
Noi abbiamo un bacio in sospeso. -
Eravamo
nel corridoio, vicino alla sua stanza. Mi guardai intorno, poi guardai
di nuovo Milo.
-
Ci siamo solo noi nel corridoio... ne approfittiamo? - sorrisi.
Milo
non disse nulla. Anzi, mi prese il viso tra le mani e mi
baciò da togliermi il fiato. Dopo mi diede un bacio a stampo
e mi sorrise allegramente. - Buonanotte, dolcezza. Ah, un'altra cosa:
tu sei la mia ragazza ora, se non l'avessi ancora capito. - mi fece
l'occhiolino e sparì nella sua stanza.
Angolo
dell'autrice
Eccomi
qua. Mi dispiace non essere riuscita a pubblicare prima. Il prossimo
capitolo sarà l'ultimo (non attenderete molto stavolta,
promesso!).
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Capitolo 11 *** Epilogo ***
11
- Epilogo
Sono
passati più di dieci anni da tutti quegli avvenimenti, ed io
li ricordo ancora come se fosse ieri. Se ripenso a tutto quello che
è successo quella maledetta e soleggiata mattina di maggio,
mi vengono i brividi. Meglio che non ci pensi... meglio che mi goda il
presente...
Quando
ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ricominciato la nostra vita
sull'isola di Mykonos, pensavamo che sarebbe stato molto difficile, ma
ci siamo sostenuti tutti a vicenda.
Non
abbiamo mai lasciato Mykonos. Dove altro potremmo andare, in fondo?
In
questi ultimi anni, ne sono successe di cose. Tanto per cominciare,
siamo riusciti ad ottenere dei lavori fissi, abbandonando quindi i
soliti lavoretti saltuari che facevamo. Inoltre, non viviamo
più tutti nella villetta. I primi ad andarsene sono stati
Aiolia e Marin, che, con i soldi guadagnati lavorando, sono riusciti a
comprare casa. Si sono anche sposati. Era ora! Gli altri ragazzi non
facevano che tartassare il povero Aiolia chiedendogli quando diamine si
sarebbero sposati. Loro ci scherzavano, ma Aiolia ha preso la cosa sul
serio e si è deciso. Sono felice per loro.
Un
po' alla volta son andati via anche gli altri.
Alexios
ha anche lui trovato la sua anime gemella, una ragazza davvero carina e
dolce. Siamo subito andate d'accordo. Si sono conosciuti in un bar ed
è scattata la scintilla, come dice mio fratello.
Saori
e Seiya stanno ancora insieme. Saori si è addolcita ormai da
tempo nei confronti di tutti, ha smesso di fare la snob e l'antipatica.
Shaina
frequenta un ragazzo. Non ce lo ha ancora voluto presentare,
però. Si vede che ci va coi piedi di piombo e vuol essere
sicura prima di far passi "azzardati", come dice lei. Vive da sola in
un piccolo appartamento e spesso invita noi ragazze per spettegolare e
scambiarci consigli.
I
gemelli Saga e Kanon hanno ottenuto un posto in caserma, assieme ad
Aioros. Sono stati fortunati ad aver potuto mantenere il loro lavoro di
poliziotti.
L'ultimo
a "lasciare il nido" è stato Camus. Un giorno ci ha detto
che aveva trovato casa anche lui e che presto sarebbe andato ad abitare
da solo, lasciando quindi la villetta a me e Milo.
Eh,
già. Io e il mio amato Milo ora abbiamo la villetta tutta
per noi. Ci sembra vuota e un po' triste, se pensiamo che prima,
assieme a noi, vivevano altre dieci persone, che la animavano con le
loro voci e la loro presenza. Spesso mi chiedo che ce ne facciamo noi
di una casa così grande... Non che mi dispiaccia, anzi,
è una casa molto bella e spaziosa... Stavo quasi per
proporre a Milo di cambiare casa e trovarne una più piccola
e adatta a noi, ma ci ho ripensato. Soprattutto quando Milo mi ha detto
che c'erano parecchie cose che adora di questa casa e che ha dei
ricordi molto belli legati ad essa. Anch'io ho dei bei ricordi, in
effetti.
Comunque,
l'esserci divisi non ci ha allontanati. Ogni tanto ci riuniamo tutti e
facciamo lunghe passeggiate, grigliate, feste... Per feste e grigliate
ovviamente il luogo preferito è la villetta.
Chissà come mai... Beh, ovviamente perché anche
gli altri sono legati a questo luogo, e lo so bene. Come dargli torto:
ci abbiamo vissuto per molto tempo tutti assieme. Milo scherza sul
fatto che, secondo lui, se ne approfittano un po', perché
siamo sempre felici di mettere la villetta a disposizione.
Ma
ho una novità stupenda che ancora non ho rivelato: proprio
stamattina, Milo mi ha chiesto di sposarlo. Mi ha fatto una bellissima
sorpresa. Sono felicissima. Ho pianto così tanto per
l'emozione, accidenti a me. Dovremmo presto iniziare coi preparativi
per le nozze. Abbiamo già dato la notizia a Camus. Solo a
lui, per ora, perché è il nostro migliore amico.
Quando Milo gliel'ha detto, al telefono, si è messo a
ridere. Non credeva a quel che aveva sentito. Ha detto, testuali
parole: "Milo che si sposa? Ma non eri tu che dicevi sempre che non ti
saresti mai sposato?"
Beh,
in effetti, era vero. A Milo i matrimoni non erano mai piaciuti. Ma,
come lui stesso ha affermato in risposta a Camus, le persone cambiano.
E poi sapeva che io sognavo di sposarmi, un giorno... Dopo dieci anni
di convivenza, ha deciso di fare il grande passo. Con me.
Non
vedo l'ora che arrivi il grande giorno. Ammetto che sono un po' in
ansia, eh eh.
Non
ho detto come mi ha fatto la proposta quell'amore di ragazzo che mi
ritrovo. Rimedio subito. Si è presentato a casa con un
dolce. Gli ho chiesto come mai avesse portato un dolce, cosa
festeggiassimo. Lui, in risposta, ha tirato fuori una scatolina da
gioielleria e l'ha aperta, rivelando un bellissimo anello al suo
interno. Ha voluto essere originale con la proposta, però.
"Io vorrei
che tu diventassi mia moglie. Che fai, accetti o rifiuti?", mi ha
detto, sorridendo alla parte finale della domanda. Proposta simpatica,
non c'è che dire.
Ci aspetta
una lunga avventura nell'organizzare per bene il matrimonio. So
già che diventerò matta, povera me. No, dai,
scherzo. Ci vuole ben altro per farmi ammattire.
Ah,
quasi dimenticavo: non abbiamo mai scoperto realmente quale sia stata
la causa della pandemia di dieci anni fa. Ci è
però giunta voce, da dei sopravvissuti stranieri con cui
abbiamo iniziato ad avere contatti da un po' di tempo (che sorpresa
scoprire che noi e gli abitanti di Mykonos non eravamo gli unici!), che
sarebbe stato causato tutto da un virus. Alla faccia del virus. Non so
se sia vero, come dicevo è solo una voce, un'ipotesi a cui
gli altri sopravvissuti hanno pensato.
Bene,
e questo è tutto. Meglio che vada da Milo, altrimenti poi fa
il finto offeso e dice che lo trascuro. Ma non è vero, lo
dice solo perché così riceve coccole extra. Che
furbetto, vero?
Bisogna
avere sempre la forza di ricominciare, nonostante tutto. La
volontà deve essere più forte di qualsiasi
avversità. Lo diceva sempre mia madre. E per noi
è stato così.
* FINE *
Angolo dell'autrice
Eccoci giunti alla fine di questa storia. Iniziata nel 2013 e
conclusa dopo ben 5 anni! Ringraziamo la mia ispirazione altalenante
(mooolto altalenante), che mi fa impiegare secoli per aggiornare. Alla
fine, comunque, questo capitolo finale è più
corto degli altri. Non avevo molto da dire. Spero apprezziate lo
stesso, ci ho messo tutto il cuore per scriverlo, come ho scritto tutto
il resto della storia.
È stata una bella avventura. La prima long che concludo...
che bel traguardo! :3 Grazie a chi ha seguito questa storia, a
chi l'ha messa tra le preferite/ricordate/seguite, a chi recensisce e a
chi semplicemente legge in silenzio. Grazie di cuore!
Ci si legge prossimamente. A presto!
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