Changes are always a risk that is worth doing

di matatastylinson
(/viewuser.php?uid=194395)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La gita a Melbourne ***
Capitolo 2: *** A volte le botte di culo accadono ***
Capitolo 3: *** Gelsomino ***
Capitolo 4: *** Ritorno a casa. ***
Capitolo 5: *** La piscina ***



Capitolo 1
*** La gita a Melbourne ***


-Ehi, Em.- disse una voce calda nel corridoio.
-Ehi, Jen.- rispose mollemente Emma alla sorella, mettendosi straiadata sul letto e cercando di toccare il soffitto con la punta del piede.
-Non è che ti andrebbe di accompagnarmi per un lavoretto giovedì prossimo?- Il viso magro e allegro della sorella spuntò come una molla nella stanza.
-Ohi, e dove andiamo?- Di solito Emma non amava portare in giro una scassapalle esuberante come sua sorella, ma quel giorno si sentiva particolarmente di buon umore.
Jenny parlò molto lentamente, scandendo ogni singola sillaba e dandole la sua suprema importanza:- Devo andare a fare un servizio fotografico per una rivista a Melbourne.-
Subito il cuore di Emma si fermò. MELBOURNE. La città dei suoi sogni. La città in cui abitavano loro. I Janoskians. Cinque prankers, stupidi, belli, folli. Folli proprio come lei, per questo li amava. Potete solo immaginare la sua risposta.

Giovedì all'alba Emma salì sul pick-up di Jenny che era tutto un fascio di nervi, assolutamente estasiata di raggiungere quella città.
Il viaggio durò a lungo e quando le due ragazze arrivarono a Melbourne era già pomeriggio. Jenny si era guadagnata due posti in un albergo di centro città che aveva una bella visuale sul panorama. Il giorno dopo sulle rive del fiume Yarra si sarebbe tenuto il servizio fotografico, con tanto di fari della luce e macchine del vento.
Ad Emma tutto questo mondo appariva così meraviglioso, ma allo stesso tempo un po' estraneo. La notte non riuscì a dormire all'idea del servizio del giorno successivo. Ma soprattutto, all'idea di trovarsi lì.

Il mattino successivo il sole non fece in tempo a salutare il mondo, che Emma balzò in piedi, scattante come 'un criceto in overdose di anfetamine'. Così la definiva scherzosamente la madre ogni volta che, in preda all'emozione, iniziava a saltellare per tutta la stanza in cui si trovava, inonando le anime di tutti e mortificando le orecchie con striduli versi.
Dopo una veloce passeggiata per la città arrivarono alle sponde del fiume, che rifletteva i forti raggi solari. La luce violacea del cielo all'alba si rifletteva negli occhi meravigliati di Emma, che osseravava tutto ciò che vedeva e lo rendeva proprio. Usando come sfondo cinque magnifici grattacieli Jenny e altri tre fotografi realizzarono un servizio a dir poco meraviglioso di cinque modelle svettanti nei loro tubini. Dopo circa due ore, proprio quando Emma pensava che avrebbe potuto svenire dalla stanchezza, i quattro fotografi salutarono con una cordiale stretta di mano le modelle e, dopo una breve chiaccherata, si divisero.
Jenny corse verso Emma con il sorriso sulle labbra:- Allora, ti è piaciuto?-
-Certamente, sei un fenomeno con quella cosa.- disse Emma accaezzando con l'indice l'obbiettivo della Canon.
-Forza, andiamo a fare un po' di shopping!- disse entusiasta la sorella maggiore, prendendo a braccetto Emma e trascinandola ridendo come un tacchino in calore verso la via commerciale. Malgrado la malcapitata odiasse andare a fare shopping con quella stellina rosa della sorella, si fece trasportare nei negozi da lei, perchè sapeva quanto Jenny adorasse passare questi momenti con lei.
Vide così tanti vestiti che solamente la metà le avrebbero fatto venire la nausea. Alla fine del tour dello shopping decise di mollare e di spegnere il cervello, abbandonandosi totalmente al paradisiaco impiego di analizzare mentalmente ogni singola frase delle canzoni dei Muse, che le avevano rapito il cuore anni prima.
Finito, finalmente, il giro, Jenny decise di andare ad un bar lì vicino per mangiare qualcosa e rilassarsi un po': musica per le orecchie di Emma e per le gambe affamate di riposo. Mentre gustava il suo milkshake e il suo cheesburger, Emma guardava affascinata le macchine e le persone che si muovevano a volte freteticamente, a volte lentamente, a volte sembrava che fossero trasportate dalla corrente ammassata e sudata di teste, vestiti e dilatatori. Non che a Syndey mancassero certe visioni; anzi, anche nella sua città passava ore ad osservare il movimento e la crescita progressiva di ciò che la circondava. Una volta era rimasta cinque ore a contemplare un filo d'erba e ad ascoltare i palpiti accellerati del suo cuore che cercava di crescere, per raggiungere il cielo. Eppure lì a Melbourne tutto sembrava così magico, come se la gente fosse trasportata dalla musica, da uno straordinario Lux Aeterna.
Mentre le due ragazze parlavano tra di loro, Emma sentì un rumore come di un orgasmo ostentato alle sue spalle, poi un po' di parolacce urlate a caso e tante, tante risate. Ecco, il solito gruppo di ragazzi deficienti venuti a disturbare un po' di tranquillità. Decise che per dimostrare di non essere interessata al loro giochetto stupido non si sarebbe girata. Giusto per non incoraggiarli ad andare avanti. Ma non potè ignorare lo sguardo della sorella che lentamente alzò il sopracciglio perfettamente delineato da una pinzetta, per poi aggiungere con voce scocciata:- Adesso che vengono qua gliene dico due, a quei due tipi identici!-
E se...? Qualcosa scattò in Emma, una sinapsi alla velocità della luce le sussurrò nell'orecchio: e se fossero proprio Jai e Luke? Luke. E Jai, ovviamente. Ma soprattutto Luke. Con uno scatto si voltò per guardare. Aveva il battito del cuore a mille e il cervello ormai fottuto.
Due ragazzi, sui diciassette anni. Castani. 1.70 di altezza. Identici. Uno a torso nudo, uno con in mano una piccola telecamera. Uno riccio, l'altro liscio. Uno un piercing al labbro, l'altro un paio di orecchini. Uno lo sguardo da pazzo, l'altro l'aria da ragazzo della porta accanto.
Aveva davanti un sogno o cosa? Luke e Jai Brooks erano davvero davanti a lei?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A volte le botte di culo accadono ***


changes are always a risk that is worth doing Con tutti i pensieri che avrebbe potuto avere, tutti i ringraziamenti, a Dio, alla sorella e perfino al tour dello shopping, riuscì a focalizzare solo una cosa: a volte le botte di culo accadono.

Emma avrebbe tanto desiderato fare anche solo un passo verso i due ragazzi, che si erano fermati a parlare e a ridere sguaiatamente a due passi da loro. Eppure era immobilizzata da una strana pressione alle gambe e al sedere, come se il suo corpo si rifiutasse di proseguire. Paura, Em? sembravano sussurarle malefici i piedi. Proprio lei, Emma Paltry, la ragazza tosta e forte della scuola, paura di avvicinarsi a due ragazzi minimamente famosi. Si maledisse per essere così spaventata e per un attimo pensò di piantarsi una forchetta nel palmo della mano per svegliarsi un poco. Poi con un sospiro inavvertibile si arrese, accasciandosi sulla sedia, distrutta dalla lotta interiore. Si limitò a fissare per qualche secondo dalla sua posizione il gomito di Luke, le minime grinze della pelle e come le costole affiorassero leggermente dalla carnagione chiara, come se fossero curiose di vedere cosa ci fosse fuori da quel corpo caldo, ma non abbastanza coraggiose da separarsene.
Ma nel momento in cui percepì il minimo movimento da parte di Jai, il curvarsi di una gamba, capì: ora o mai più, alzati, pezzente.
BOOM! Scattò in piedi senza averlo comandato veramente a se stessa e urlò:- Non andate via!-

Tutta la gente intorno si era voltata a guardarla. Volle morire risucchiata dal cemento caldo sotto le sue Vans. Era come se fosse il centro di tutto, tutti gli sguardi e tutti i gesti dipendevano da lei ed erano in mano sua. La sorella, con un vago tono di disprezzo, accennò un:- Ma che diavolo...?!-
Si rese conto che Jai la stava fissando, scrutandola con gli occhioni e analizzando ogni singola particella del suo essere. Poi volse impercettibilmente la testa e ciò che vide le fece pensare ancora che le botte di culo a volte accadono. Alla sua sinistra c'era lui, proprio lui: "riccio ribelle" aka "giuro che un giorno lo sposo" aka "madonna mia!" aka Luke Anthony Mark Brooks. Che guardava proprio lei, e lei sola. Emma si fermò per un attimo ad osservarlo. Non era possibile, quello non era il ragazzo di Youtube. Era stranamente un altro lui, degli occhi profondi e vivi, non composti da pixel, una bocca realmente profonda ed un piercing che si tuffava così crudelmente nella sua carne che Emma sentì una fitta al labbro inferiore. Una leggera spinta di coraggio costrinse il suo braccio a stendersi nella sua direzione. Voleva assicurarsi che quel cuore battesse veramente. Allora lui abbassò lo sguardo verso la magra mano con le unghie rosicchiate che si tendeva in direzione del suo stomaco. E quando rialzò lo sguardo, sorrideva. Un sorriso sghembo, di quelli che faceva quando era leggermente imbarazzato. Afferrò quella piccola mano e con un minimo sforzo la tirò a sè e la abbracciò, immergendo il mento nella curva tra collo e spalla. Cazzo, questo non lo dovevi proprio fare.
Emma chiuse gli occhi, cercando di controllare le gambe tremanti e il battito a mille e di concentrarsi sul corpo che la circondava completamente. Finalmente in mezzo a quel turbinio di emozioni riuscì a percepire un contatto con lui, riuscì a sentire un vago profumo di familiarità e sì, un battito cardiaco leggermente sopra la norma. Come disse il suo dio, Justin, avrebbe potuto morire nelle sue braccia e nella sensazione che lui fosse ormai parte integrante del suo corpo. Poi lui, ancora senza avvertire, si staccò ed Emma sentì di essere stata separata dal suo vero cuore.
Allora anche Jai si fece avanti con la sua buffa camminata da pinguino e la circondò con la braccia. Oggi deve essere il giorno più bello della mia vita, fu il secondo ed ultimo reale pensiero che riuscì a formulare lei quel giorno.
-E' sempre bello incontrare fan come te.- disse semplicemente Jai abbozzando un sorriso timido.
Emma si sentì motivata a proseguire, insomma, la parte più tosta l'aveva passata, parlare con loro sarebbe stata una passeggiata. Così aprì la bocca ma la voce che sentì non era la sua:- Cioè, tu conosci questi?- disse Jenny con un tono scandalizzato.
-E chi sarebbero?!?-
Emma sarebbe volentieri saltata al collo della sorella. Guardò Luke e capì che lo stava perdendo. Si girò verso di lei e le urlò in faccia, sputandole addosso con odio tutte le parole che si ritrovava in testa:- Hai presente quando mi dici che ho un'aria felice e che mi vedi proprio bene? Beh, Jenny cara, ti presento Jai e Luke, i ragazzi che mi fanno ridere quando il resto del mondo mi fa sentire una merda!-
Forse aveva esagerato. Jenny chinò il capo e poi disse:-Va beh, io vado in quel negozio là, ho già pagato il conto, tu sai dove trovarmi.-
Emma si sentì un po' in colpa per aver trattato così male la sorella, ma non era la cosa che la preoccupava. Sì giro per vedere se loro, effettivamente, erano rimasti. Fortunamente quando si girò dovette trattenersi dall'infarto che le prese quando vide che erano ancora lì a osservarla, evidentemente imbarazzati.
-Ehm, mi dispiace.- disse scrutando nei loro per vedere se li avrebbe riconquistati o meno. Solo un paio di quegli occhi parve risvegliarsi presto da quel torpore che li rendevano ancora più profondi. Jai, invece, dopo averla salutata con un sorriso cordiale e averle detto che non importava, si allontanò lentamente, giocando con la telecamera. Poi, dopo qualche passo, si fermò, si voltò e disse al gemello:- Tu non vieni? Andiamo al centro commerciale adesso!-
Non poteva andare via. Non in quel momento. Di nuovo di colpo, senza neanche lasciarle assaporare l'amaro gusto di un addio. Emma lo guardò con occhi imploranti. Lui forse se ne accorse perchè aggiunse subito ad alta voce:- Va' avanti, ti raggiungo fra poco.-
Sarebbe rimasto. Uno, due, tre minuti. Poco, ma sarebbe rimasto. Un sorriso si fece largo gioiosamente sul viso di Emma.

Da quel momento per loro due non esistì più nient'altro se non lo sguardo scrutatore dell'altro. Si scavarono dentro l'anima per due minuti, forse cinque, forse un'ora, forse un giorno intero. Luke si immerse senza aver prima preso una boccata d'aria nei suoi occhi marroni, rischiando seriamente di annegare. Quando pensava che sarebbe potuto morire così, sepolto nell'anima di quella bellissima ragazza che si trovava di fronte, trovò ciò che cercava: un piccolo cuore, piccolo come tutta la ragazza, che batteva freneticamente, come per liberarsi dai tendini che lo tenevano stretto. Dunque in fretta risalì la corrente, su, su, fino alla testa, oltre al naso all'insù, fino agli occhi. Respira. Dopo il tempo che gli fu necessario per riprendersi da quel faticoso viaggio, si assicurò di essere ancora in grado di stare in piedi, e parlò:-Come ti chiami?-
La risposta arrivò così naturale e limpida che pensò di averla formulata lui stesso, nella sua testa:- Emma.-
Emma. E. M. M. A. Lettere così dolci e sinuose, quasi sensuali. Luke si assicurò ancora una volta di essere cosciente e le chiese, con tutto il coraggio che riuscì a racimolare:- Bene, Emma.- Piccola pausa per assaporare quel nome sul filo delle labbra.- Emma, vorresti uscire con me?-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Gelsomino ***


La testa di Emma si fece più pesante e il mondo esterno a lei e Luke apparve torbido e offuscato. Un ronzio lontano si amplificò nella testa fino a farle credere che si sarebbe strappata le orecchie per il nervoso. Per un attimo pensò che sarebbe potuta svenire lì, in mezzo alla strada. Poi lentamente iniziò a riemergere dalle profondità del suo petto e il nero si schiarì fino a diventare il verde scuro degli occhi di Luke.
Era passato già troppo tempo da quando Luke le aveva chiesto quella cosa e lui iniziava a guardarla con la testa storta, lo sguardo ormai rassegnato. Emma pensò che le sarebbe piaciuto moltissimo andare da lui e abbracciarlo di nuovo solo per dimostrargli che non avrebbe mai dovuto essere triste. Allora capì che era ancora una questione di un attimo, un attimo prima lui era lì, l'attimo dopo no. A volte certe frasi, per quanto corte o dette senza curarsene molto, possono capovolgere un momento, che non ti porterà più alla stessa strada che avresti percorso se non avessi detto quella frase.
-Sarebbe un onore.-

Il resto non esisteva più, a parte il tempo, ovviamente. Emma in futuro non ricordò nulla di quella settimana, se non che il tempo sembrasse aver tirato il freno a mano. Veramente, perchè quello stupido non si metteva a correre forsennatamente come faceva durante le vacanze estive? Stupido, stupido, stupido. Non aveva mai amato quel sarcastico del tempo, cinico e bastardo.
Luke sarebbe andato a Sydney quella domenica per trovare sua zia, la sorella di Gina. Ma aveva promesso ad Emma che sarebbe stato tutto il tempo con lei. E non aveva mai fatto una promessa così spontanea e sincera.
Finalmente le ultime ore si colmarono in fretta di eventi ed Emma si trovò a camminare in All Star e salopette per Sydney, chiedendosi come diavolo facesse ad essere tutto quello reale. Probabilmente era uno di quei sogni talmente realistici che ti sembrano veri fino a quando non ti svegli. La parte ottimista di lei, invece, continuava ad urlare: questa è realtà, babbiona!
Più si avvicinava al punto in cui si sarebbero dovuti incontrare più i suoi occhi si aggiravano intorno allarmati, scattando come molle da una parte all'altra della strada. E se avesse sbagliato ora? Se non fosse venuto? Se avesse capito male il luogo?
No, lui era lì. Gli occhi attirarono come una corda il corpo esile della ragazza, che cercò, inzuppata di paura, di creare un poco di resistenza. Ma era inevitabile non aggrapparsi a quella corda che, lo sapeva, avrebbe portato solo a cose straordinarie e tormentate. Magari non solo belle, magari la aspettavano anche brutte sorprese. Ma diavolo, non aveva mai amato l'idea di perseguire una vita grigia. Così strinse le dita affusolate attorno all'aria e si aggrappò stretta per non cadere.
Ancora il tempo, sempre il tempo, sempre e solo lui. Mentre i due camminavano parlando tranquillamente lui toglieva ingannevole il cemento sotto i loro piedi, costrigendoli a correre. O forse a tenersi le mani per non scivolare.
-Voglio portarti in un posto.- disse Luke sorridendo leggermente.
Camminarono per un po', fino a quando non furono davanti ad un grande portone in legno che sembrava aver affrontato cinque guerre mondiali. Luke bussò forte sulla porta per un minuto intero, sempre più forte. Emma lo fissava quasi delusa perchè non accadeva nulla ma allo stesso divertita nel vederlo schiantarsi di petto contro il legno pur di farsi aprire, rimbalzando completamente a terra. Lei gli corse intorno e gli prese la mano per farlo rialzare.
-Tutto bene?- disse cercando di reprimere le risate. Ma non ci riuscì e si sedette a terra accanto a lui, gettando la testa all'indietro e ridendo colori meravigliosi, ridendo tutto ciò che c'è di genuino e meraviglioso nel mondo, ridendo degli occhi che piangono per la gioia e l'amore di un animale per il suo padrone, ridendo la mente stupenda e libera di cattiverie di un bambino, come sempre ridendo tutta se stessa.
Lui si rialzò lentamente guardandola estasiato. Mai visto nessuna come lei. La bocca spancata in quella risata argentina era il lasciapassare per arrivare al suo cuore. Si avvicinò deciso a poter avere in anticipo con un bacio un assaggio di paradiso. Ma dall'alto una voce di una donna urlò in un irlandese piuttosto incazzato:- Brooks, che diavolo ci fai qui?!? Per tua informazione questo è l'unico periodo della settimana in cui il signor MacKirk non è impegnato a potare le sue adorate gardenie e me lo stavo godendo proprio!-
Luke rise leggermente e le urlò:- Ti prego, Marge, fammi entrare! Volevo farle vedere il vostro giardino!-
La donna rientrò scocciata in camera stringendosi nella vestaglia a scacchi e urlando forte:- Aperto come al solito.-
Luke si alzò con un viso sbattuto appoggiandosi ad Emma e si avvicinò alla porta. La sfiorò leggermente e si aprì con un cigolio. Emma di nuovo scoppiò a ridere davanti alla faccia sconvolta di Luke. Poi lui le prese la mano e la portò con sè attraverso uno scuro corridoio con il pavimento a scacchi. Arrivati davanti ad un'altra porta Luke si girò verso di lei e guardandola dritto negli occhi disse con il fiatone:- Pronta ad entrare nel Paese delle meraviglie?-
Emma sorrise: ci era già. Annuì decisa e lui con una mano spalancò il portone. Quando il sole irradiò il suo volto, accentuando i suoi lineamenti, Emma pensò che non avrebbe potuto desiderare di essere in un altro qualsiasi posto in quel momento.
-Forza, andiamo!- disse lui circondandola con le braccia e conducendola all'interno del giardino. Quando Emma si abituò alla forte luce del sole che le aveva sferzato violentemente il viso, vide un giardino meraviglioso, pieno di piante esotiche e colori meravigliosi. Nell'aria volava a bassa quota un lieve profumo di gelsomino. Lei chiuse gli occhi e con un sorriso si fece condurre da quel profumo paradisiaco, trascinando dietro di sè lui. Non importava se tra lei e quel fiore c'erano altre piante, non importava, l'avrebbe trovato. Finalmente, quando ogni singola cellula della sua anima fu pervasa da quella specie di malefico odore creato per confondere le menti degli uomini, aprì gli occhi. Davanti a lei spuntava orgogliosamente un unico gelsomino, candido e fiero, che svettava su tutti gli altri fiori con la sensualità e la dolcezza regalatagli da Dio. Era così perfetto che Emma si trattenne dallo strapparlo da quel contesto. Che crimine stava per fare. La natura è sempre meglio senza l'egoismo dell'uomo che crede che tutto appartenga a lui.
-Ehi.- rimbombò in tutto quel silenzio la voce di Luke. Lei si girò. Lui era un po' come quel gelsomino. Perfetto nella sua unicità e orgoglioso di essere se stesso. Avrebbe dovuto raccorglielo o lasciarlo alla natura che con tanto amore lo aveva creato? A volte l'egoismo prende incontrollabilmente il sopravvento, e non c'è pensiero razionale che lo possa frenare.
Emma decise di scoprire che sapore aveva la felicità. Così si sporse fino a far toccare i loro nasi. Sentì il suo respiro caldo sul collo.
Luke pensò che a volte la vita ti regala qualcosa così, senza chiedere nulla in cambio. Lei era come qualcosa di migliore, così puro e felice. Lei era la parte illuminata della sua anima perversa e triste. Il ragazzo frustrato ha trovato qualcuno di luminoso. Non poteva rischiare di ricadere nell'oscurità. Così chiuse gli occhi, aspirò il profumo di gelsomino e si buttò nel vuoto. Per fortuna a sostenerlo trovò le labbra morbide e profumate di lei.
Emma credette che sarebbe impazzita. Si strinse a lui e schiuse le labbra assaporando il rude sapore metallico del suo piercing, che contrastava con le labbra carnose e succulente.
Che sapore ha la felicità? Gelsomino.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ritorno a casa. ***


Quando Emma si staccò lentamente dal corpo caldo di Luke, rimase per un po' ad osservare il suo viso così dannatamente attraente. Non le erano mai piaciuti i ragazzi perfettamente carini e pettinati alla maniera giusta, vestiti di marca e con una vita senza rimpianti. Adorava la piccola scintilla di stranezza che luccicava nella pupilla di lui. Lui era diverso. Forse anche un po' matto. Era questo ciò che la rendeva completamente persa di lui.

 La distanza tra le due città era ampia, ci volevano parecchie ore di viaggio per raggiungere Melbourne. Luke corse verso la macchina, trasportato dal vento che portava alle sue orecchie una melodia nuova, trionfante e profumata di estate. Anche se davanti a lui c'era una strada, macchine, persone. Ma lui riusciva a vedere solamente il sorriso angelico di lei e riusciva a ricordare solamente la morbidezza della sua pelle che sapeva d'arancia. Nella sua mente rimbombava con un ritmo tutto particolare la frase che le aveva pronunciato all'orecchio poco prima.

 Mi hai salvato.

 Guidò tutto il pomeriggio e continuò anche quando il cielo si fece scuro. Gli occhi bruciavano e le palpebre lottavano per chiudersi su se stesse. Il cruscotto luminoso segnava le 2.13. Luke decise che sarebbe stato meglio fermarsi, così accostò ad un campo al lato dell'autostrada deserta. Scese barcollando leggermente, per poi cadere sulle ginocchia in mezzo a centinaia di migliaia di spighe di grano. Un vento impercettibile soffiava tiepidamente tra queste, che frusciavano debolmente al pigro volere della brezza estiva. C'era sapore di sonno nell'aria.
 Luke rimase in silenzio ad ascoltare il concerto delle spighe e pensò che quello era uno di quei giorni che non dimentichi neanche dopo venti anni.
 Si lasciò cadere sulla schiena ed osservò il cielo nero che gli offriva perle luminose in quantità. Sorrise. Nel cielo era apparso il volto di lei. Un sospiro trattenuto e madido di emozione percorse il suo petto mentre si ritrovò a osservare nuovamente la piega graziosa che prendeva il suo labbro superiore quando rideva. Tese la mano verso il cielo, desiderando di poter toccare il suo volto di nuovo. Rimase così per cinque minuti, poi richiuse gli occhi e si addormentò profondamente.

 Una coccinella aprì le ali e spiccò il volo ronzando soddisfacentemente. Luke aprì gli occhi lentamente, riparandosi con una mano dall'accecante raggio di sole che sembrava concentrato tutto sul suo viso. Quando si fu ripreso balzò in macchina e viaggiò per gli ultimi chilometri con i finestrini abbassati e la musica a palla. Era un mattino diverso, per la prima volta da un sacco di tempo si alzava con la consapevolezza che il mondo era migliore del regno dei sogni. Lei era il migliore della sua giornata.
 Raggiunta casa sua, scese dalla macchina e si avvicinò alla porta nera della villetta. Suonò il campanello sperando che Jai venisse ad aprirgli. Era decisamente troppo di buon umore per sopportare le battutine a sfondo sessuale di Beau su Emma o una sgridata di sua madre sul perchè fosse tornato solo a quell'ora. Per sua fortuna quando la porta si aprì lui si trovò davanti alla versione 'capelli lisci' di se stesso.
 -Hey- disse Jai sfoderando uno di quei suoi sorrisi da ragazzo buono. Poi esitò un po' prima di dire altro e cercò di indovinare dallo sguardo del gemello com'era andato l'appuntamento. Una scintilla di follia gli accendeva gli occhi. Gli bastò questo per capire.

Non era lei che camminava per la strada, era la strada che scorreva sotto i suoi piedi. Il mondo si trovava ad una spanna più lontana dal suo corpo leggero come l'aria. Stava quasi per sbattere il naso contro il portone della sua villetta. Aprì la serratura con le mani sudate e il cuore che palpitava, correndo su e giù per tutta la lunghezza del suo corpo. Con uno scatto la luce di quella calda giornata di gennaio entrò violentemente nella stanza buia e dall'aria viziata.
Emma attraversò la stanza incurante del muro di respiri caldi che le rendeva difficile camminare. La casa era vuota, e lei la riempiva di se stessa.
Accese con le mani tremanti il computer. Aspettava. Com'è lenta la connessione oggi. Cazzo, dai. Porca puttana, se non apri Google subito giuro che ti mando in rottamazione.
Quando, dopo sedici lunghi minuti, Emma riuscì a connettersi, veloce si precipitò a digitare le parole 'luke brooks' su Google immagini. Le apparvero davanti agli occhi milioni di foto, miliardi di pixel colorati che raffiguravano solo lui, ovunque c'era lui. Luke. La mano di Emma automaticamente si tese a toccare lo schermo. Quel viso... era reale, ora lo sapeva.
Non era più costretta ad adorare come una statuetta una foto. Non era più schiava di uno stupido computer a connessione lenta. Ora lei aveva la possibilità di sentire la sua pelle sotto il suo palmo. Fissò a lungo le sue labbra. Erano sue ormai.

-Ci sono i ragazzi in giardino.- disse Jai. - Mi hanno chiesto perchè non ci fossi. Mi hanno tirato un pugno nei coglioni ed io ho parlato. Preparati per il discorso.-
-E' tanto terribile?- chiese Luke alzando le sopracciglia. Ma in fondo la risposta la sapeva già. Avrebbero fatto scene sul fatto che lui non avrebbe più potuto essere parte dei Janoskians fino a fargli promettere solennemente che avrebbe dedicato più tempo al gruppo che ad Emma. Viva i Janoskians, viva la figa e viva sballarsi. Per sempre.
Sospirò e superò il fratello con una spallata. Lui aveva resistito a tre calci nei coglioni quando Jai era rimasto in America un giorno più di loro.
Nel giardino spelacchiato erano seduti a cerchio tre ragazzi. Suo fratello Beau stava tirando da un narghilè, mentre Skip e James ridevano di cazzate loro. Ma appena lo videro saltarono in piedi come molle e gli vennero incontro con volti scuri. Iniziava sempre Skip.
-Non ci si comporta così con gli amici.- disse il ragazzo sputandogli in faccia parole dette con uno strano accento libanese.
E dopo iniziò a parlare Beau sul 'perchè io rinuncio alla figa per stare con i miei migliori amici'.
Ma la stoccata finale fu tutta di James, che si fece avanti minaccioso con tutta la sua mole:- Devi scegliere chi preferisci. Quella.- Beau e Skip sputarono a terra -O noi.-
Jai si fece avanti e gli afferrò saldamente le braccia. Gli sussurrò piano all'orecchio uno 'scusa'. A turno tutti e quattro i ragazzi gli tirarono un pugno nel cavallo dei pantaloni. Era la procedura.
-Allora,- disse Beau solennemente -prometti che passerai più tempo con la tua famiglia che con lei?-
-Prometto- disse Luke con un filo di fiato. Avrebbe voluto urlare.
James intonò l'inno con una voce ruggente:-Viva i Janoskians, viva la figa e viva sballarsi.-
-PER SEMPRE!-
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La piscina ***


-Forza, entra, ti stiamo aspettando!- disse Luke con un ampio sorriso ad un'Emma piuttosto intimidita che sorrideva per nascondere la tensione.
La ragazza mise la testa furtiva nel vano della porta e si diede un'occhiata intorno. Era per caso passato un treno sopra quella casa? C'erano ovunque felpe, maglioni, calze. Un coniglio bianco le tagliò la strada quando cercò di mettere piede nella villetta.
-Ehm, non fare caso al disordine, è che...- disse Luke passandosi una mano tra i capelli ed abbonzando un sorriso timido.
-Non importa, se ci sei tu mi guardo poco intorno.- disse Emma sorridendo. Si protese con tutto il suo corpo verso di lui per baciarlo. Lui le cinse la vita con le braccia tatuate e lei si aggrappò al suo collo. Erano una cosa sola, una fusione di corpi che scompaiono uno attorno all'altro. Come un cerchio, non esistevano punti di rottura o angoli in loro.
Anche se era entrata nella villetta per la prima volta, lei sapeva di essere a casa.
-Ehi, Emma!- tuonò una voce calda dalla cucina. I due ragazzi sobbalzarono staccandosi con uno scatto spaventato. Jai uscì dalla cucina con le braccia alzate al cielo, come se stesse cercando di afferrare il soffitto e scattò verso Emma. La ragazza con un risolino acuto si lasciò abbracciare da quel ragazzo, che sudava gioia e sorrideva sempre. Era bello abbracciare Jai, era qualcosa di felice e piacevole, profumava di erba. Era la cioccolata della domenica mattina, era la neve, la bicicletta con cui aveva viaggiato mezza Australia, era il suo album preferito. Era l'amico speciale.
Quando si fu staccata dall'abbraccio di Jai, vide dietro di lui una figura piccola, ancora più piccola di lei. Fece appena in tempo a mettere a fuoco l'immagine della ragazza che le sfuggì un piccolo grido e le corse incontro per abbracciarla.
Ariana rise dolcemente lasciando avvolgere dalle braccia profumate di Emma. 'La ragazza di Luke' pensò Ariana e sorrise. Era la prima che il gemello di Jai sembrasse veramente in pace con sè. Sembrava una ragazza in gamba, una di quelle che riesce a vivere perchè non le importa cosa pensino gli altri.
Emma aveva sempre preferito le Vans ai tacchi, i jeans alle gambe, il rock-punk ai dj e alla musica dance, il cioccolato alla dieta, i film fantasy ai film da botteghino di Ashton Kutcher e Zac Efron. Sapeva di essere diversa dalle cheerleaders o dalle ragazze popolari del liceo, da quelle che leggono Sophie Kinsella o che vengono elette reginette del ballo. Ma non importava, non aveva mai importato. Si era sempre sentita adeguata, nella sua nicchia di felicità.

Quando i quattro ragazzi uscirono dalla casa il sole era ormai tramontato dietro le case a schiera di Melbourne.
Salirono tutti sulla macchina di Jai e partirono, verso la strada che, lentamente, veniva mangiata dal buio. Alla radio suonava 'The Only Exception' dei Paramore. Mentre Emma, stretta tra le braccia di Luke, canticchiava il ritornello, guardò Luke. L'ultima luce batteva sul suo viso, portando alla luce tutto ciò che di giorno non si riusciva a vedere. Osservandolo, per la prima volta gli sembrò debole, sconfitto, ma felice. Si ripromise che l'avrebbe sempre protetto, sempre.
Luke volse lo sguardo verso Emma, la sua bellissima Emma. I grandi occhioni marroni erano sempre spalancati di meraviglia e le sue labbra, così morbide, erano sempre contratte in una smorfia che gli ricordava un fiore raro.
Fuori calava l'oscurità e le prime stelle nacquero nel cielo. Luke sfiorò con la bocca il suo orecchio e le sussurrò lentamente:-Look at the stars, look how they shine for you.- Poi chiuse gli occhi e si appoggiò alla sua spalla.

Dopo mezz'ora Jai fermò la macchina. In mezzo al buio si riusciva ad intravendere un cancello nero circondato da alberi.
-Menomale che ti sei ricordata di non mettere il vestito, amore!- disse Jai quando Ariana scese dalla macchina.
-Che dobbiamo fare?- chiese Emma squadrando i gemelli, che continuavano a scambiarsi sguardi complici.
-Entriamo in questa villa, naturalmente.- rispose Jai allargando le braccia e ridendo.
Un'espressione di stupore apparve sulle labbra delle ragazze, che rimasero sbigottite, mentre Jai e Luke iniziavano già ad arrampicarsi agilmente sull'inferriata. Emma incontrò lo sguardo di Ariana, un misto di ansia e divertimento. Incrociarono gli sguardi e risero. Mai avrebbero potuto sentirsi così vive.
A fatica, anche le due ragazze riuscirono a superare il cancello in ferro. Atterrarono in un giardino buio e rumoroso. C'era un frinire talmente assordante da coprire i rumori delle poche parole sussurate alla ricerca di qualcuno che riuscisse a percepirle.
Seguendo un faro lontano, Emma riuscì ad uscire dal corridoio buio in cui era finita. Ariana le stava dietro, tenendole la mano. E se fosse spuntato da qualche cespuglio un cagnaccio ragnoso?
Quando furono arrivate in uno spiazzo illuminato, la luce a led di un lampioncino colpì in pieno i visi, tanto che ognuna dovette proteggersi gli occhi con la mano che non stringeva saldamente quella dell'altra, prima di riuscire a scorgere un ampio spazio pieno di sdraio allineate e ombrelloni ripiegati. In mezzo troneggiava fieramente un'enorme piscina stracolma di acqua, la quale sbatteva sciattamente contro il bordo in pietra.
I ragazzi erano già immersi nella piscina. I loro vestiti, da blu, grigi e verdi, erano diventati neri. Si erano tuffati completamente vestiti.
-Forza, non venite? L'acqua è bellissima e il vecchio custode è in vacanza in questo periodo!- urlò Luke, inghiottendo per questo acqua e iniziando a sputacchiare ovunque.
Ridendo Ariana si tolse le scarpe e correndo si tuffò in acqua. Emma rimase un secondo sul bordo della piscina. Quando incrociò gli occhi di Luke, puntati su di lei, fissi ed intensi, prese la rincorsa e...

Sono i momenti in cui sappiamo che stiamo vivendo, i momenti in cui gettiamo la testa indietro e ridiamo. E ringraziamo chi ci ha donato quella perla di felicità in un universo di banalità.
L'aria fredda, il vento. E poi la caduta verso il basso, attratta brutalmente verso il fondo nero della piscina. Calda, fredda, tiepida.
Acqua nelle orecchie, stordimento. Momentanea perdita della vista. E poi, la rinascita. La risalita, per terminare con una violenta zaffata di vento gelido. Emma si guardò intorno e vide Ariana e Jai che si spruzzavano acqua ridendo. Ma dove poteva essere finito...
Luke si piazzò sotto i suoi piedi, trattenendo a fatica il fiato. Poi risalì, spingendole le gambe per farla ribaltare. Quando risalì lei era lì, tutta fradicia e pallida, con la pelle lucente come una sirena, che rideva in direzione del cielo scuro. Si avvicinò alla sua pelle candida, le sfiorò la guancia delicatamente, per non sciuparla.
Ti amo, avrebbe voluto dirle. Invece si limitò a baciarle il collo lentamente, per assorbire la sua anima.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1963824