Nebula Rovinaeque - la Nebbia e le Rovine

di Sunshine_Sephirah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


In principio, Dio creò il cielo e la terra. La terra era deserta e vuota; le tenebre ricoprivano l’abisso e sulle acque aleggiava lo spirito di Dio. Iddio disse: “Sia la Luce!”: e la luce fu. Vide Iddio che la luce era buona e separò la luce dalle tenebre, e nominò la luce giorno e le tenebre notte. Così fu sera e fu mattina: primo giorno.

 

                                    Bibbia – Genesi

 

 

 

Rasiel si strinse nella giacca. La stanza era gelata. Il suo respiro si condensava in minuscole nuvolette di vapore bianco che gli sfioravano le labbra bluastre. Laggiù, nello smammaim, non si era certo aspettato il riscaldamento, ma un freddo del genere era raro anche nel cielo più basso. Si guardò intorno, nella minuscola stanza quadrata e tinta di verde, la vernice a brandelli sui muri scarabocchiati e le finestre rotte tipiche dei bassifondi, fino ad incrociare lo sguardo dell’uomo gigantesco che gli avevano affibbiato come scorta. Rasiel strinse leggermente le palpebre, nel vano sforzo di ricordarsi il nome di quell’uomo. Ovviamente nulla. Non riusciva a ricordare. Un piccolo orologio a muro batteva i secondi con un po’ di ritardo, una lancetta piegata all’infuori. Il giovane angelo si chiese per l’ennesima volta perché avesse accettato di scendere laggiù, anche se ovviamente ogni volta si rispondeva con un sospiro che non si sarebbe potuta fare altrimenti, lo sapeva. In fondo, lo aveva proposto lui stesso. Ma lo shammaim non solo era gelido e poco ospitale, ma riportava alla memoria anche ricordi dolorosi, che cercava di scacciare più o meno vanamente ormai da diverse ore.

Bussarono alla porta di metallo e Rasiel sussultò. L’uomo dietro di lui si avvicinò per andare ad aprire. Appena dietro la porta, chiese con voce ferma l’identificazione.

“Senti, James Bond,. fai meno l’idiota e apri, che fa freddo”

L’uomo sfiorò con le dita la fondina, ma Rasiel lo fermò con un gesto esasperato.

“E’ lui, lascia stare l’identificazione ed apri”

“Non possiamo sapere se sia davvero…”

“Aprite questa cazzo porta?!”

“E’ lui, fidati”

Sul viso dell’uomo si dipinse un’espressione di silenziosa disperazione, ma non obbiettò ed aprì la porta.

Una folata gelida di vento e neve si abbatté all’interno della stanza minuscola, facendo rabbrividire violentemente Rasiel. In quel turbinio bianco, spiccava una zazzera di capelli rossi, proprietà di una figura bassa e magra stretta in un cappotto logoro.

Il ragazzo si richiuse immediatamente la porta alle spalle, scrollandosi la neve di dosso con un gesto violento.

“Oddio, che freddo! Sono così refrigerato che non sono sicuro di avere ancora tutte le dita attaccate”

Alzò lo sguardo, e Rasiel incrociò i suoi occhi. Rossi. Come il sangue. Stessa tonalità dei ciuffi di capelli che ci dondolavano davanti.

Fece cenno al nuovo venuto di prendere posto sull’unica sedia libera nella stanza, e quello senza troppi complimenti prese posto, inclinando la sedia per dondolarsi.

“Benvenuto” esordì Rasiel.

“Che dici? Sono io che devo darti il benvenuto. In fondo questa è casa mia”

Cadde il silenzio.

“Per casa mia intendevo lo shammaim” disse il ragazzo con i capelli rossi con un mezzo sorriso. “Non la stanza”

“Avevo capito”

“Ah, ok. Non hai un’espressione troppo sveglia”

Rasiel ebbe un tic all’occhio.

“Prego?”

“Niente. Ti prendevo in giro” rise l’altro.

Il ragazzo mandò giù, attese qualche istante e poi sfoderò un sorriso diplomatico in cui si cimentava da mesi davanti allo specchio. Allungò la mano per porgerla all’altro.

“Il mio nome è Rasiel, e sono il Generale dell’Anima Mundi”

“Sì, lo so chi sei. Una settimana fa avevamo deciso di incontrarci io e te, non io ed un tuo funzionario” aggiunse sempre con quel sorriso storto il ragazzo con i capelli rossi. “Sei un po’ basso per ricoprire la carica di generale”

“C’è un limite di altezza?”

“Dovrebbero metterlo. E sei anche troppo biondo. Sembri una ragazza”

“Siamo qui per parlare del mio look o possiamo passare a cose più serie?”

“E gli occhi azzurri non mi sconfinferano”

“Possiamo passare a cose più serie, sì?”

La guardia del corpo di Rasiel mosse un passo avanti, ma il ragazzo con i capelli rossi alzò una mano con noncuranza.

“Se fai un altro movimento senza chiedermi il permesso ti sventro come un pesce, sono stato chiaro?”

Rasiel si sentì preso talmente tanto in contropiede che non trovò le parole per controbattere. L’uomo, invece, parve avere un tentennamento e si arrestò così come stava, a metà del passo.

“Non hai bisogno di scorte, Rasiel” aggiunse con tranquillità il ragazzo. “Sia chiaro che io non ho intenzione di farti del male sino a che tu non me ne darai motivo. Se vuoi stipulare un’alleanza, devi cominciare a pensare a me come un amico. Io davvero non ho interesse ad inimicarmi tutta l’Anima Mundi. Però ci tengo a farti presente che non mi piace avere un tizio con una pistola alle spalle”

Rasiel annuì e l’uomo si ritrasse, andandosi a posizionare alle spalle del generale.

Anche l’altro annuì. Rimise dritta la sedia con un tonfo e puntò un gomito sul tavolo, porgendo la mano a Rasiel.

“Lo sai già, ma non importa. Io sono Azael, l’angelo cremisi, colui che è destinato a divenire il padrone dei Cieli. Piacere”

 

 

CAPITOLO PRIMO: L’ANGELO CREMISI

 

“E quindi ritengo che un’alleanza tra noi potrebbe essere vantaggiosa”

“Fammi capire” disse Azael con uno sbadiglio. “Noi abbiamo un’organizzazione militare sprovveduta e tu vuoi darci le armi, gratuitamente, con l’unica condizione che per un po’ dobbiamo agire sotto i tuoi colori, finché non ci saremo organizzati?”

“Esatto” disse Rasiel annuendo.

Azael inclinò di nuovo la sedia e intrecciò le dita sul ventre, poggiando le ginocchia contro il tavolo.

“Non mi va bene”

“Eh? E perché?”

“Troppo facile. Non mi convince. Che mi nascondi?”

“Missioni. Voglio che sfruttiate la potenza degli Airon per missioni rischiose”

“L’Anima Mundi fa missioni rischiose?”

“Sabotaggio e sottrazione di arsenale. E le facciamo bene, per questo non ne sai niente”

“E allora gli Airon a che vi servono?”

“Per farlo ancora meglio. Per spingerci oltre”

“Oltre dove?”

“Fino ad oggi ci siamo riforniti di munizioni e armi che non sono sul mercato, abbiamo sabotato alcuni sistemi di controllo da terminali remoti disposti nei pressi del tragitto delle navi che abbiamo fatto schiantare. Ma non basta. Serve di più”

“Ma non eravate un’organizzazione pacifica?”

“Vorrei che fosse così, ma non sempre è possibile, soprattutto perché non ci sarà nulla di pacifico fintantoché loro avranno lanciagranate e bazooka”

“Ma non li avete anche voi?”

“Sì, ma non è questa la cosa importante. Non è sotto un altro regime militare che le cose potranno migliorare”

“E allora che vuoi?”

“Voglio arrestare completamente il flusso di armamenti”

Azael fece un lungo, basso fischio. Poi nei suoi occhi lampeggiò qualcosa.

“Aspetta. Mi stai dicendo che vuoi sabotare l’armeria del Briah? Quella che rifornisce le scorte della polizia d’inquisizione?”

“Esatto”

“E vuoi i miei Airon per aiutarti ad arrestare i commerci d’armi che gestiva Sevoftarta e che adesso sono in mano ai cherubini?”

“Esatto. Allora, accetti?”

“Scherzi?” disse Azael con una risata, inclinando ancora la sedia. “Sono tutto tuo”

Rasiel sorrise. “Sapevo che ci avresti aiutato”

“Hai sentita parlare molto di me?”

“Difficile non sentirne parlare. In fondo, non era mai accaduto che un gruppo di I-child si organizzasse e mettesse mano alle armi. E poi, sei un personaggio un po’… come dire, particolare?” disse con una risata.

“Dici che do nell’occhio?”

“Fai bene. E’ ora che quegli schifosi si accorgano anche degli angeli inferiori”

“Chi chiami inferiore?”

“No, nel senso, come gerarchia, non volevo offenderti”

“Sì, lo so, anche io parlavo delle gerarchie. Per chi mi hai preso? Hai sentito parlare di me, ma non ne sai poi molto”

“Che vuoi dire?”

“Credi che siccome sono un I-child sono un comune angelo?”

“No?”

“No”

Rasiel attese che Azael aggiungesse qualcosa, ma il ragazzo pareva non aver voglia di parlarne.

La guardia del corpo, che era rimasta sempre in silenzio, si azzardò a battere un colpetto sulla spalla di Rasiel e, quando ebbe la sua attenzione, picchiettò il dito sul quadrante dell’orologio, per indicare che non si poteva più stare. Rasiel si rivolse ad Azael con un cenno di scuse.

“Devo andare. Ho alcune cose importanti da fare”

“Tipo un sabotaggio?” chiese Azael con un sorriso.

“Magari. No, scartoffie”

“Quando avrai imparato a montare un fucile bendato non ti lamenterai più delle scartoffie”

“Chi ti dice che io non lo sappia fare?”

“Lo sai fare?”

“No”

Si sorrisero. Alla fine Rasiel si alzò e si congedò con un gesto del capo. Uscì dalla stanza, nel freddo dello shammaim.

La guardia del corpo gli si accostò, e quando furono abbastanza lontani chiese:

“Signore, se posso, che ne pensate?”

“Un disastro” rispose Rasiel passandosi una mano sul viso. “Irascibile, violento, presuntuoso ed eccentrico. Non sarà facile tenerlo sotto controllo, impedirgli di distruggere quello che tanto faticosamente abbiamo costruito”

Azael, nella stanza, si rimise a posto il cappotto logoro. Quando lasciò la stanza mosse alcuni passi in strada e poi si infilò un vicolo stretto. Continuò a camminare. Alcuni passi nella neve, e gli si accostò in silenzio una donna bionda.

“Se posso” chiese lei dopo un saluto con il capo. “Che ne pensi?”

“Un disastro” disse Azael infilandosi le mani in tasca. “Incapace, inesperto, debole, indeciso. E biondo. Non sarà facile tenerlo sotto controllo, impedirgli di compromettere quello che abbiamo dopo tanta fatica la possibilità di costruire"

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Il Signore vide  che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male.

                                           Bibbia - Genesi 6.5

CAPITOLO 2:

Quando le porte di vetro si aprirono automaticamente Rasiel fu travolto dal frastuono del Quartier Generale, il rumore dei passi ed il frusciare delle scartoffie, del metallo delle armi, il vociare della gente in divisa che correva per i corridoi.
Rasiel respirò a pieni polmoni l'aria di casa sua. Finalmente la guardia del corpo si allontanò ed il ragazzo si diresse verso quello che gli piaceva considerare il suo ufficio. Quando fu nei pressi della piccola stanza a vetri
 un uomo piuttosto basso e con i capelli scuri lo chiamò dall'altra parte del corridoio.  Rasiel gli si avvicinò e dopo un saluto quello prese a parlare a raffica:
"E' incredibile, incredibile! Oggi si sono presentate in totale altre dieci reclute, e tutte appartenenti alle gerarchie superiori! Tranne una ragazza, là, una bassina... una virtù che non è un granché. Ci sono anche alcune vecchie conoscenze di Zafkiel! Siamo pieni di soldati, non ne abbiamo mai avuti tanti!"
Rasiel decise di essere troppo stanco per stare dietro a quell'uomo, e lo liquidò con poche parole frettolose. Finalmente raggiunse il suo ufficio e dopo essersi guardato intorno circospetto poggiò i piedi sul tavolo con un bel tonfo.
Il QG dell'Anima Mundi
 era una struttura molto grande situata nel sottosuolo del Briah, uno dei Cieli superiori, fornita di strumenti tecnologici di alto livello e completamente schermata, virtualmente impossibile da trovare. Costruirla era costato un numero con parecchi zeri. Era l'unica struttura di terra che l'Anima Mundi avesse, tutte le altre erano unità aeree. Tutti questi soldi venivano sia da un'inaspettata eredità segreta di Zafkiel, sia da alcuni membri dell'organizzazione che avevano generosamente deciso di contribuire non con le armi ma con un assegno. Davvero tutti. Forse lo stesso capo dei Troni non lo avrebbe sperato, ma l'Anima Mundi si era ingigantita negli ultimi due anni. Alcuni attribuivano questo successo all'abilità di Rasiel come generale, ma lui preferiva pensare che fosse dovuto allo spirito di solidarietà che regnava all'interno dell'organizzazione.
Perso nelle sue riflessioni, Rasiel aveva dimenticato di appuntarsi da qualche parte che avrebbe di nuovo incontrato Azael tra due giorni, così si sporse verso un minuscolo calendario e notò dei fogli sulla scrivania. Li prese in mano. Dicevano che servivano due supervisori che tenessero il corso per le nuove reclute, qualcuno che insegnasse loro come combattere, come difendersi. Rasiel rimase in contemplazione di quei documenti, domandandosi quanto fosse giusto andare a predicare la pace e poi addestrare nel sottosuolo una schiera di soldati. Firmò frettolosamente, accorgendosi troppo tardi di averlo fatto nello spazio sbagliato e lanciando un'imprecazione. Poi abbandonò di nuovo quei fogli sulla scrivania, facendo mente locale per cercare due persone a cui affidare il compito di addestrare le nuove reclute. C'erano diversi angeli esperti nell'uso delle armi, ma per qualche motivo sentiva che nessuno di questi dovesse occupare quel posto.
Ad un tratto entrò nella stanza, senza bussare, l'uomo basso e moro di poco prima, che non diede tempo a Rasiel di cacciarlo fuori lanciandosi in un flusso di parole dette troppo velocemente per essere comprensibili.
"No, aspetta" disse Rasiel puntando i gomiti sul tavolo.
 "Non ho capito niente. Ripeti"
"Sono morte altre due persone, sempre di quella malattia misteriosa!"
"Cosa?!" il ragazzo cercò di nascondere la nota di preoccupazione nella sua voce, invano.
"Sì, sì, sì! Stessa storia: si ammalano, cominciano a tossire, le ali vanno in cancrena e poi si staccano. Uguale anche per questi. stessa cosa, stessa cosa"
Dopo la pausa teatrale dell'uomo, il generale non trovò nulla da dire che valesse la pena di essere detto. Si limitò a ritrarsi nella propria sedia ed intrecciare le dita.
"Qualcos'altro?"
"Abbiamo fatto portare i corpi ai nostri medici, così forse riusciamo a capirci qualcosa"
"E come avete fatto?"
L'uomo fece spalluce. "Un paio di telefonate. Erano dell'Anima Mundi"
Rasiel sentì un groppo alla gola.
"Chi erano?"
"Non credo che li conoscesse, signore. Erano abbastanza recenti, uno aveva un nome tutto strano, con tante acca in mezzo. Dell'altro non me lo hanno detto, ma aveva il viso sfigurato per metà da una vecchia cicatrice"
Il ragazzo si rilassò, per quanto ci si possa rilassare alla notizia dell'ennesimo decesso, consolato dal fatto che non fossero almeno sue conoscenze.
"Vuole che faccia qualcosa?"
Rasiel lo congedò con un gesto nervoso. "No, non c'è niente da fare. Vai, per favore"
Così rimase solo, in quella piccola stanza a vetri, con le dita intrecciate sul ventre.
 
"Due", pensò, "che numero ridicolo. Nulla in confronto alle migliaia che sono morti negli ultimi due anni."
"Due vite", sussurrò, "due vite".
Socchiuse gli occhi e si lasciò scivolare sulla sedia.
La sua mente vagò attraverso gli avvenimenti degli ultimi anni, tutto appariva nebuloso e confuso. Si massaggiò le tempie, gli sembrava quasi di aver vissuto la vita di qualcun'altro:
"Prima c'era Zafkiel e c'era Sevoftarta e Metatron e...poi?"
Cosa era successo dopo? Disordine, sangue e conflitti.
E quel serafino? Come si chiamava quel serafino dalla voce calma e dall'aria arrogante? Attraverso quali assurde bugie era stato eletto capo degli angeli del paradiso? Perchè era stato ucciso dopo soli due mesi? E il suo volto? Com'era fatto il suo volto? Quanti volti, quante voci, quante menzogne si sono succedute su quel trono insanguinato fino ad ora? Quanti eroi hanno combattuto per il potere? Quanti ciarlatani?
Rasiel si prese la testa fra le mani sforzandosi di riflettere.
Si chiamava Ammiel, sì, quello era il suo nome. Ed era bello. Aveva promesso la pace e aveva trovato la morte.
"E poi? Perchè non ho altri ricordi distinti?"
Poi c'era il morbo, certo, migliaia di vittime. Milioni di migliaia.
Rasiel ricordava i fatti, le notizie i numeri.
Solo nomi, volti confusi e morte.
La morte.
La morte era stata la sua fedele compagna durante questi due anni.
Al suo fianco, nel suo cuore.
Automaticamente il suo pensiero andò a Zafkiel.
"Non se lo sarebbe mai immaginato, lui, che le cose sarebbero andate a finire in questo modo."
Si lasciò scivolare ancora più pesantemente sulla sedia, la testa ancora invasa da mille pensieri, gli occhi piene di lacrime.
"Sto piangendo", pensò, ma non si mosse.
Lasciò che il pianto lavasse via il dolore e la confusione e che le lacrime cullassero il suo sonno.

***
L'esplosione fu brutale ed improvvisa.
Schegge di quello che un tempo doveva essere un cornicione accompagnarono una pioggia di calcinacci.
Il palazzo scivolò dolcemente su un fianco con il fragore di un tuono.
In quell' inferno di fiamme comparvero due figure, distorte dal fuoco e rese confuse dal denso fumo nero.
"E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì, con la preghiera dei santi, davanti a Dio. E ne vennero tuoni e lampi e voci e terremoti*"
"Nascondeteci dalla faccia di colui che è assiso sul trono e dall'ira dell'Agnello, perchè è venuto il gran giorno della loro ira, e chi potrà sostenersi*?"
Detto questo le due figure voltarono le spalle all'edificio in fiamme e si incamminarono lungo un vicolo oscuro.

* La Bibbia, Libro Dell’Apocalisse

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Capitolo 3 Vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce:
«Fino a quando, Sovrano,
tu che sei santo e verace,
non farai giustizia
e non vendicherai il nostro sangue
sopra gli abitanti della terra?».                              Bibbia - libro dell'Apocalisse


CAPITOLO 3: IMPROPER CHILDREN


Quando Azael spinse giù la leva arrugginita passarono diversi secondi prima che la piattaforma cominciasse a scendere nel sottosuolo con uno stridio assordante. Ma per lui, quel rumore era il suono di casa. Lo era diventato negli anni, ogni giorno da quando riusciva a ricordare, quella leva era la chiave di casa. Nascosta in un edificio abbandonato, in un angolo buio dove nessuno sarebbe mai andato a cercare, lei era uno dei ventisette meccanismi nello shammaim che permettevano di scendere nelle fognature, e soprattutto era una di quelle cinque leve i cui meccanismi erano stati sabotati e trasformati nell'accesso per la colonia sotterranea degli I-child.
Segreta come è segreto l'orribile ed il peccaminoso, nascosta agli occhi degli angeli superiori, tutti loro, quelli che non avevano il diritto di esistere, fuggivano dal giudizio di Dio.
La piattaforma si arrestò con un rumore sordo, che rimbombò a lungo per le pareti della fognatura. A pochi metri da lì, da dietro una curva del condotto, veniva una debole luce tremolante e rossiccia. Azael s'incamminò, senza curarsi dell'acqua gelida della fognatura, in cui infilò i piedi, premurandosi appena di togliere le scarpe. Acqua piovana, niente di più, ma molti bambini si erano ammalati, di recente. Un altro maledetto problema in più da risolvere.
Svoltò l'angolo e vide l'ingresso per la colonia: un piccolo buco nella parete aperto con la forza di tanti bambini con in mano un arnese, decorato con alcune ghirlande di fiori appassiti e tante candele.  Quasi ironico, proprio sopra all'entrata, penzolava un rosario solitario, di ferro arrugginito. L'ultima speranza che Dio si accorgesse di loro, un'ultima, silenziosa, vibrante chiamata.
Azael raggiunse l'ingresso e scostò la tendina che faceva da porta.
All'interno c'era un brulicare di vita che nessuno sospettava. Soprattutto donne e bambini, gli unici, rari reduci dell'inquisizione lanciata da Sevoftatrta per liberarsi di tutti quegli angeli che secondo lui non erano degni di questo nome. Il vantaggio di vivere sotto terra era questo: i suoni non giungevano in superficie, e nessun angelo superiore si sarebbe mai calato laggiù, insieme ai topi. Il ragazzo si addentrò nella colonia, qualcuno si fermò per salutarlo, nessuno gli domandò come fosse andata la sua escursione nel mondo esterno. Nessuno domandava mai nulla ad Azael, avevano imparato che le cose importanti non si dicevano, laggiù, si facevano. Un'altra cosa, questa, che li differenziava molto dagli altri angeli.
Là sotto si snodavano a non finire corridoi come teste di serpenti. Azael ormai ci si destreggiava, camminava con noncuranza attraverso quel labirinto e conosceva tutte le strade, i vicoli, le scorciatoie. In breve arrivò a destinazione: una piccola casupola diroccata, fatta di legno rubato alle scorte degli angeli veri da lui e altri suoi amici, per costruire un rifugio per i bambini. Tutti quelli con gli occhi rossi.
I-child. Stava per iproper child. Chiamati con odio i conigli per via della pelle bianca e gli occhi rossi. Tutto quelli che non erano i figli di Dio. Tutti quelli che non erano angeli. Tutti quelli che non avevano il diritto di esistere, né di ridere, né di giocare, né di vedere mai la luce del sole. I figli degli angeli. Il peccato d'amarsi. Il peccato di sfiorarsi, di essersi cercati spontaneamente. Per il semplice fatto che ci si amava. Tutti gli individui nati da un rapporto sessuale tra due angeli, gli stessi che Sevoftarta aveva ordinato, due anni prima, di eliminare completamente, fin dalle radici. Aveva creato un corpo di polizia chiamato dell'inquisizione, con l'ordine preciso di scovare, uccidere e sradicare la stirpe degli I-child. Loro, i loro amici, i loro parenti e i loro genitori. Tutti. Senza pietà.
Così, nello shammaim, c'erano gli angeli, i mezzi angeli, quelli imperfetti, che non erano belli, e gli I-child. Dio disse che bisognava pulire. Dio disse che così il Cielo sarebbe stato meraviglioso. Sevoftarta disse che Dio aveva detto così. Ma nessuno sapeva una cosa importante. Nello shammaim c'erano anche gli Airon. Quelli che Rasiel ora desiderava per sé.
Gli Airon erano degli angeli soggetti a mutazioni, con ritmi di crescita alterati e capacità straordinarie. Non era possibile distinguerli dagli angeli comuni, ma pareva che si trovassero solo tra gli I-child. Furono questi a dare il via alla rivolta contro Sevoftarta e a contribuire alla sua morte.
Azael, l'angelo cremisi, faceva parte di quella razza. Era un Airon anche lui, ma non voleva che Rasiel lo scoprisse troppo presto. La pelle diafana, quasi trasparente, e i suoi occhi rossi la dicevano lunga sulla vita dei suoi genitori, ma che fosse un Airon era insospettabile: la sua modifica genetica si manifestava, oltre in un' innaturale velocità, nelle sue corde vocali, nella sua capacità di modulare la voce al livello di frequenza. Il risultato era utile in battaglia: un feroce ruggito di ultrasuoni poteva far esplodere i timpani a qualche nemico, o infrangere un vetro e distrarlo. Inoltre gli dava la possibilità, con un po' di pratica, di far rimbalzare la voce sulle pareti e quindi confondere l'avversario circa la sua posizione. Un'arma potente, quindi, il suo asso nella manica che doveva rimanere celato almeno per un po', fino a che quel ragazzo a capo dell'Anima Mundi non avesse dimostrato quanto ci si potesse fidare di lui e della sua organizzazione.
Non aveva mai conosciuto Zafkiel di persona, ma conosceva le sue gesta, e lo ammirava. Le sue decisioni, il suo coraggio, avevano aiutato tutti gli angeli, e il suo sacrificio si era impresso a fuoco nella mente di Azael, perché nemmeno Sevoftarta era riuscito ad inclinare l'ideale di giustizia di Zafkiel. Quando seppe che il capo dei troni aveva designato come suo erede l'angelo Rasiel, decise di rivolgersi a lui, che sembrava una figura più raggiungibile, per unire le forze con l'Anima Mundi.
I bambini lo assaltarono appena ebbe varcato la soglia. Tutti lo guardarono con i loro occhietti rossi, impregnati dell'innocenza dell'infanzia.
"Allora, allora? Com'è andata? Com'è Rasiel?!"
"Mah" rispose Azael con un' alzata di spalle. "E' biondo. Ma non sembra una cattiva persona. Vedremo"
"Ci hai portato da mangiare?"
Lui scorse la testa. "Non ho trovato niente"
"Bugiardo!"
"No, davvero. Adesso mi fate arrancare fino alla cucina, a proposito, che dò una mano a Amaliah a cucinare?"
I bambini si ritrassero con un broncio tanto lungo quanto breve. In pochissimi istanti si dimenticarono del cibo e si misero a giocare di nuovo.
Azael entrò in cucina richiudendosi di fretta la porta alle spalle, in modo che il calore non uscisse, e si scrollò la neve di dosso.
"Non infradiciarmi tutto il pavimento, non mi va di pulire!"
Una ragazza, dai capelli lunghi e castani raccolti in una coda poco accurata, stava sbucciando una patata, con le mani piene di tagli e un grembiule sporco addosso. Si era fermata per sgridarlo, e ora lo guardava di sbieco.
Azael le sorrise, e senza dire niente afferrò una patata e cominciò a pelarla accostandosi a lei. La ragazza lo guardò storto, poi gli passò una mano nei capelli rossi per togliere gli ultimi fiocchi di neve e anche lei prese un'altra patata dal cesto e impugnò il coltello.
Amaliah, l'angelo della speranza. Aveva solo quattordici anni e gli occhi tinti di rosso, come quelli di Azael. Non aveva mai conosciuto sua madre, eppure aveva fatto da madre a tutti loro, a tutti quei bambini. Era stata sua l'idea di un rifugio, una casa per tutti gli I-child che si fossero presentati alla soglia. Era buona, d'animo gentile, forte di carattere e sempre determinata.  Tutti  i bambini la consideravano come una madre, ma lei meritava molto più di quello. Azael le era molto affezionato, erano cresciuti insieme, e insieme per tanti anni avevano fatto così come facevano ora. Cucinavano, magari neanche troppo bene, con poche cose e poco saporite, in silenzio, senza mai bisogno di niente di più speciale per sentirsi vivi. Il fuoco di un fornello, l'odore di un piatto caldo, e rubare, giorno dopo giorno, rischiare, giorno dopo giorno, perché quel piatto fosse sempre pieno, per tutti loro, che non mancasse niente a nessuno, perché meritavano che così fosse. Amaliah gli diede un colpetto con l'anca e lui le rispose con un sorriso un po' ironico. Così, a modo loro, si erano appena parlati dell'incontro con Rasiel, e la ragazza sorrideva con le sopracciglia inarcate.
"Ahia!"
"Che hai fatto?" chiese lui.
"Il dito. Ho sbucciato lui invece della patata" rispose lei infilandosi l'indice in bocca per succhiare il sangue.
"In effetti si somigliano"
"Fai meno lo spiritoso. Ce le avrai te le dita a patata"
"Io ho delle mani bellissime"
"Giusto quelle"
"Tonta"
"Tonto"

Si misero a tavola, Azael chiamò i bambini  con un fischio e quelli s i precipitarono a mangiare. Lo stridio delle sedie soffocò ogni altro rumore, Amaliah  si illuminò di un  meraviglioso sorriso vedendo  la scena.
Prima che lei ed Azael potessero sedersi assieme agli altri, la porta di legno si aprì lasciando entrare un turbine di neve e un uomo dai capelli castani raccolti in un codino, coperto con una giacca rattoppata in più punti e con un cappello dall'aria malconcia in testa.
Azael si alzò e gli si avvicinò con passo svelto, allungando una mano per attirare l'attenzione dell'uomo.
"Ehi, ciao. Che ci fai qui, Shemel? Vuoi mangia..."
Shemel lo zittì con un gesto brusco.
"Devi venire con me" disse dalla soglia della porta. "E' crollato un altro palazzo"
Sulla tavola rumorosa cadde improvvisamente un pesante silenzio. Amaliah si alzò lentamente facendo raschiare la sedia sul pavimento, i bambini posarono piano le loro posate. Azael cercò immediatamente di dissimulare la paura.
"Qualcuno è stato coinvolto?" chiese, cercando di tener ferma la voce.
"E' per questo che mi devi aiutare. E' crollato da poco, circa mezz'ora fa. Nessuno è ancora andato sul posto. Io ero lì vicino quando è successo, ed ho pensato subito a te. Puoi aiutarmi?"
Azael non perse tempo nemmeno a rispondere, si limitò a salutare i bambini e Amaliah, che prometteva di lasciargli qualcosa da mangiare. Il ragazzo superò Shemel e si avviò verso una maccina sgangherata parcheggiata lì davanti. Shemel richiuse la porta dopo un gesto del capo.
Amaliah tranquillizzò i bambini, che le stavano lanciando tutti occhiate di sottecchi, con sguardi preoccupati. Eppure lei stessa non si sentiva mai sicura, da quando i palazzi avevano preso a crollare. Ma sorrise, sentendo il cuore farsi più leggero, quando la porta si riaprì e la mano di Azael, tinta di viola dal freddo, afferrò la giacca dall'attaccapanni sul muro per scomparire subito nella neve, accompagnata da un borbottio scocciato.


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Grazie a tutti quelli che hanno letto e che continueranno, spero, a farlo.
Innanzitutto vorrei chiedervi di recensire, quando leggete, anche commenti negativi sono bene accetti, così sappiamo se continuare o fermarci.
Poi volevo dire che i nomi usati per gli angeli sono intuitivamente ebraici, e i significati intuitivamente cororretti. Ora, non essendo noi cime della lingua ebraica, questo è quello che abbiamo da offrirvi per ora, ma se qualcuno più colto di noi ci desse qualche consiglio, gliene saremmo grate.
Saluto,
Seph!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell'amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna.Convincete quelli che sono vacillanti, altri salvateli strappandoli dal fuoco, di altri infine abbiate compassione con timore, guardandovi perfino dalla veste contaminata dalla loro carne.
A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e nella letizia, all'unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e sempre. Amen!

                                                                                                             Bibbia

CAPITOLO 4: LA CENERE OPACA E L'ANGELO DI VETRO



La macchina sobbalzava in modo decisamente preoccupante sotto di loro, e anche se ormai si era abituato ai veicoli sgangherati, Azael non poteva fare a meno di rimanere avvinghiato alla cintura di sicurezza con tutte le sue forze. Tanto più che Shemel guidava in maniera allucinante.
"Hai intenzioni di farmici arrivare tutto d'un pezzo, sul luogo dell'incidente?" disse a denti stretti.
"Dobbiamo sbrigarci o potrebbe essere troppo tardi"
"Sbrigarci non vuol dire che devi lasciare la luce indietro"
"Piantala di fare l'idiota e piuttosto considera l'eventualità che non si tratti di un incidente: chi potrebbe far crollare un palazzo con tanta discrezione da non essere visto?"
"Forse perché la gente per sua stessa natura tende a guardare un palazzo che crolla invece di un omino piccino?"
"Non mi aiuti se fai del sarcasmo, sai?"
"Aiuta me a non pensare al tachimetro e a quanto quella lancetta sia spostata a destra"
"Non vado poi così veloce" buffo Shemel dando un'occhiata allo strumento, che segnava i centoventi kilometri orari.
"Noo... per carità..."
"Odo una nota di sarcasmo?"
"Sai" disse Azael con la sua espressione più ironica. "La tua incapacità nella guida è meravigliosamente compensata dal tuo spirito d'osservazione"
Passarono alcuni minuti di silenzio, poi la macchina rallentò dolcemente fino a fermarsi. Azael si scaraventò fuori dalla vettura e poggiò i piedi su ciottoli e detriti, pezzi di cemento e calcinacci. Si chinò per osservare quella confusa polvere bianca, ne prese un mucchietto in mano e quella si sbriciolò come fosse sabbia.
"Credi che sia opera della polizia d'inquisizione?" chiese Shemel, anche lui chinato sui detriti.
"Può essere. Non mi viene in mente nessuno che verrebbe qui nello shammaim a far saltare palazzi"
"Comunque è strano. Perché avrebbero dovuto farlo?"
"Non lo so. Però credo che dovremmo occuparci prima di tutto di come hanno fatto. Non vorrei avere nemici in grado di fare questo"
"Credi che sia stata una bomba?"
"E quale bomba può fare una cosa del genere?"
Shemel si alzò in piedi, si pulì le mani sui pantaloni e se le infilò in tasca.
"Faremmo meglio ad andare, Ci vogliono ancora cinque, dieci minuti"
Azael soffiò sulla polvere e la guardò avvilupparsi nell'aria, e precipitare poi a terra. Con gli occhi cercò l'orizzonte, avvolto nella foschia della nebbia d'inverno. Che cosa poteva avere tanta capacità distruttiva da far stendere un velo di detriti fino a venti kilometri di distanza e farsi notare così poco?
Chi poteva fare una cosa del genere?

C'erano state due vittime. Cifra irrisoria, visto il disastro immane. Una donna ed una bambina di circa dieci anni, che non aveva gli occhi rossi degli I-child ma era completamente glabra.
Le avevano trovate sepolte dalla polvere e dai detriti. La donna era già morta da qualche ora, la bambina invece, aveva continuato a piangere e a chiedere aiuto per tutto il tempo, finché Shemel non la sentì. Ma alla fine aveva sussurrato qualcosa e poi la polvere si era presa anche lei. Nel caos generale nessuno capì esattamente cosa avesse detto la bambina, ma Shemel, che la teneva in braccio, aveva confidato ad Azael che giurava di averle sentito dire è suonata la prima delle sette. Suggestione, aveva detto l'angelo cremisi, con un sorriso cinico che stonava con il sangue sulla sua maglietta. Così, quelle parole dal suono apocalittico svanirono e divennero solo un'eco. Troppo presi dal rimuovere i detriti, nessuno si curò nemmeno di pulire il viso dal sangue a quelle due povere figure fredde stese sul pavimento sporco. Così, di nuovo, vinceva la polvere, che si prendeva le persone senza distinzioni, e avviluppava il loro ricordo e ogni segno del loro passaggio. il resto andava avanti nell'indifferenza, stupendosi della morte e di come ci coglie e scoprendosi il giorno dopo preoccupati per qualcos'altro. Ma forse l'indifferenza era indispensabile per sopravvivere al disegno cosmico di Dio Nostro Signore. Soffrire per ogni anima che soffre sarebbe smettere di vivere. Invece di soffrire, ci si poteva girare. Chissà fino a quando ci si sarebbe potuti girare.
C'erano state due vittime. Una cifra irrisoria, visto il disastro immane. Eppure Azael sapeva che quella notte non sarebbe riuscito a dormire.
E' suonata la prima delle sette.

Quelle stanze, di notte, sembravano ancora più spoglie che di giorno. Una piccola falena stava sbattendo le ali contro la tenda logora, mentre dalla finestra senza vetro, tenuta insieme da un po' di nastro adesivo sbiadito dal sole, filtravano i raggi della luna e dei fiocchi di neve. Azael stava giocherellando con i lacci del pigiama, ma sentiva che finalmente stava per addormentarsi, dopo ore d'insonnia, sentiva le mani farsi pesanti e faceva fatica a muovere le dita, mentre quel torpore tanto familiare lo avvolgeva lentamente e le immagini delle macerie lo accompagnavano nel sonno...
Lo scatto della maniglia lo fece scattare a sedere. Cercò sotto il cuscino il coltello a serramanico, come si era abituato a fare.
Quando la porta si aprì comparve un'esile figura femminile. Azael non la distinse, così, al buio.
"Amaliah?" chiamò.
La figura si avvinicò a lui fino ad entrare in un fascio di luce, rispondendo alla domanda del ragazzo.
La donna che aveva davanti aveva un aspetto davvero curioso: lunghi capelli neri come la notte, con riverberi violacei, raccolti in una rigida coda alta, e gli occhi di un colore indescrivibile, qualcosa di simile all'oro a scaglie.
"Mi chiamo Hariel, l'angelo creatore, o angelo di vetro. Sono stata inviata da Rasiel per prelevarti, e portarti nel Beriah, dove si trova la nostra base segreta, il QG dell'Anima Mundi"

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