Nebula Rovinaeque - la Nebbia e le Rovine di Sunshine_Sephirah (/viewuser.php?uid=34940)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
In
principio, Dio creò il cielo e la terra. La terra era
deserta e vuota; le
tenebre ricoprivano l’abisso e sulle acque aleggiava lo
spirito di Dio. Iddio
disse: “Sia la Luce!”:
e la luce fu. Vide Iddio che la luce era buona e separò la
luce dalle tenebre,
e nominò la luce giorno e le tenebre notte. Così
fu sera e fu mattina: primo
giorno.
Bibbia –
Genesi
Rasiel
si strinse nella giacca. La stanza era gelata. Il suo respiro si
condensava in
minuscole nuvolette di vapore bianco che gli sfioravano le labbra
bluastre.
Laggiù, nello smammaim, non si era certo aspettato il
riscaldamento, ma un
freddo del genere era raro anche nel cielo più basso. Si
guardò intorno, nella
minuscola stanza quadrata e tinta di verde, la vernice a brandelli sui
muri
scarabocchiati e le finestre rotte tipiche dei bassifondi, fino ad
incrociare
lo sguardo dell’uomo gigantesco che gli avevano affibbiato
come scorta. Rasiel
strinse leggermente le palpebre, nel vano sforzo di ricordarsi il nome
di quell’uomo.
Ovviamente nulla. Non riusciva a ricordare. Un piccolo orologio a muro
batteva
i secondi con un po’ di ritardo, una lancetta piegata
all’infuori. Il giovane
angelo si chiese per l’ennesima volta perché
avesse accettato di scendere
laggiù, anche se ovviamente ogni volta si rispondeva con un
sospiro che non si
sarebbe potuta fare altrimenti, lo sapeva. In fondo, lo aveva proposto
lui
stesso. Ma lo shammaim non solo era gelido e poco ospitale, ma
riportava alla
memoria anche ricordi dolorosi, che cercava di scacciare più
o meno vanamente
ormai da diverse ore.
Bussarono
alla porta di metallo e Rasiel sussultò. L’uomo
dietro di lui si avvicinò per
andare ad aprire. Appena dietro la porta, chiese con voce ferma
l’identificazione.
“Senti,
James
Bond,. fai meno l’idiota e apri, che fa freddo”
L’uomo
sfiorò con le dita la fondina, ma Rasiel lo fermò
con un gesto esasperato.
“E’
lui,
lascia stare l’identificazione ed apri”
“Non
possiamo sapere se sia davvero…”
“Aprite
questa cazzo porta?!”
“E’
lui,
fidati”
Sul viso
dell’uomo si dipinse un’espressione di silenziosa
disperazione, ma non obbiettò
ed aprì la porta.
Una
folata gelida di vento e neve si abbatté
all’interno della stanza minuscola,
facendo rabbrividire violentemente Rasiel. In quel turbinio bianco,
spiccava
una zazzera di capelli rossi, proprietà di una figura bassa
e magra stretta in
un cappotto logoro.
Il
ragazzo si richiuse immediatamente la porta alle spalle, scrollandosi
la neve
di dosso con un gesto violento.
“Oddio,
che freddo! Sono così refrigerato che non sono sicuro di
avere ancora tutte le
dita attaccate”
Alzò
lo
sguardo, e Rasiel incrociò i suoi occhi. Rossi. Come il
sangue. Stessa tonalità
dei ciuffi di capelli che ci dondolavano davanti.
Fece
cenno al nuovo venuto di prendere posto sull’unica sedia
libera nella stanza, e
quello senza troppi complimenti prese posto, inclinando la sedia per
dondolarsi.
“Benvenuto”
esordì Rasiel.
“Che
dici? Sono io che devo darti il benvenuto. In fondo questa è
casa mia”
Cadde il
silenzio.
“Per
casa mia intendevo lo shammaim” disse il ragazzo con i
capelli rossi con un
mezzo sorriso. “Non la stanza”
“Avevo
capito”
“Ah,
ok.
Non hai un’espressione troppo sveglia”
Rasiel
ebbe un tic all’occhio.
“Prego?”
“Niente.
Ti prendevo in giro” rise l’altro.
Il
ragazzo mandò giù, attese qualche istante e poi
sfoderò un sorriso diplomatico
in cui si cimentava da mesi davanti allo specchio. Allungò
la mano per porgerla
all’altro.
“Il
mio
nome è Rasiel, e sono il Generale dell’Anima
Mundi”
“Sì,
lo
so chi sei. Una settimana fa avevamo deciso di incontrarci io e te, non
io ed
un tuo funzionario” aggiunse sempre con quel sorriso storto
il ragazzo con i
capelli rossi. “Sei un po’ basso per ricoprire la
carica di generale”
“C’è
un
limite di altezza?”
“Dovrebbero
metterlo. E sei anche troppo biondo. Sembri una ragazza”
“Siamo
qui per parlare del mio look o possiamo passare a cose più
serie?”
“E
gli
occhi azzurri non mi sconfinferano”
“Possiamo
passare a cose più serie, sì?”
La
guardia del corpo di Rasiel mosse un passo avanti, ma il ragazzo con i
capelli
rossi alzò una mano con noncuranza.
“Se
fai
un altro movimento senza chiedermi il permesso ti sventro come un
pesce, sono
stato chiaro?”
Rasiel
si sentì preso talmente tanto in contropiede che non
trovò le parole per
controbattere. L’uomo, invece, parve avere un tentennamento e
si arrestò così
come stava, a metà del passo.
“Non
hai
bisogno di scorte, Rasiel” aggiunse con
tranquillità il ragazzo. “Sia chiaro
che io non ho intenzione di farti del male sino a che tu non me ne
darai
motivo. Se vuoi stipulare un’alleanza, devi cominciare a
pensare a me come un
amico. Io davvero non ho interesse ad inimicarmi tutta
l’Anima Mundi. Però ci
tengo a farti presente che non mi piace avere un tizio con una pistola
alle
spalle”
Rasiel
annuì e l’uomo si ritrasse, andandosi a
posizionare alle spalle del generale.
Anche
l’altro annuì. Rimise dritta la sedia con un tonfo
e puntò un gomito sul
tavolo, porgendo la mano a Rasiel.
“Lo
sai
già, ma non importa. Io sono Azael, l’angelo
cremisi, colui che è destinato a
divenire il padrone dei Cieli. Piacere”
CAPITOLO
PRIMO: L’ANGELO CREMISI
“E
quindi ritengo che un’alleanza tra noi potrebbe essere
vantaggiosa”
“Fammi
capire” disse Azael con uno sbadiglio. “Noi abbiamo
un’organizzazione militare
sprovveduta e tu vuoi darci le armi, gratuitamente, con
l’unica condizione che
per un po’ dobbiamo agire sotto i tuoi colori,
finché non ci saremo
organizzati?”
“Esatto”
disse Rasiel annuendo.
Azael
inclinò di nuovo la sedia e intrecciò le dita sul
ventre, poggiando le ginocchia
contro il tavolo.
“Non
mi
va bene”
“Eh?
E
perché?”
“Troppo
facile. Non mi convince. Che mi nascondi?”
“Missioni.
Voglio che sfruttiate la potenza degli Airon per missioni
rischiose”
“L’Anima
Mundi fa missioni rischiose?”
“Sabotaggio
e sottrazione di arsenale. E le facciamo bene, per questo non ne sai
niente”
“E
allora gli Airon a che vi servono?”
“Per
farlo ancora meglio. Per spingerci oltre”
“Oltre
dove?”
“Fino
ad
oggi ci siamo riforniti di munizioni e armi che non sono sul mercato,
abbiamo
sabotato alcuni sistemi di controllo da terminali remoti disposti nei
pressi
del tragitto delle navi che abbiamo fatto schiantare. Ma non basta.
Serve di
più”
“Ma
non
eravate un’organizzazione pacifica?”
“Vorrei
che fosse così, ma non sempre è possibile,
soprattutto perché non ci sarà nulla
di pacifico fintantoché loro avranno lanciagranate e
bazooka”
“Ma
non
li avete anche voi?”
“Sì,
ma
non è questa la cosa importante. Non è sotto un
altro regime militare che le
cose potranno migliorare”
“E
allora che vuoi?”
“Voglio
arrestare completamente il flusso di armamenti”
Azael
fece un lungo, basso fischio. Poi nei suoi occhi lampeggiò
qualcosa.
“Aspetta.
Mi stai dicendo che vuoi sabotare l’armeria del Briah? Quella
che rifornisce le
scorte della polizia d’inquisizione?”
“Esatto”
“E
vuoi
i miei Airon per aiutarti ad arrestare i commerci d’armi che
gestiva Sevoftarta
e che adesso sono in mano ai cherubini?”
“Esatto.
Allora, accetti?”
“Scherzi?”
disse Azael con una risata, inclinando ancora la sedia. “Sono
tutto tuo”
Rasiel
sorrise. “Sapevo che ci avresti aiutato”
“Hai
sentita parlare molto di me?”
“Difficile
non sentirne parlare. In fondo, non era mai accaduto che un gruppo di
I-child
si organizzasse e mettesse mano alle armi. E poi, sei un personaggio un
po’…
come dire, particolare?” disse con una risata.
“Dici
che do nell’occhio?”
“Fai
bene. E’ ora che quegli schifosi si accorgano anche degli
angeli inferiori”
“Chi
chiami inferiore?”
“No,
nel
senso, come gerarchia, non volevo offenderti”
“Sì,
lo
so, anche io parlavo delle gerarchie. Per chi mi hai preso? Hai sentito
parlare
di me, ma non ne sai poi molto”
“Che
vuoi dire?”
“Credi
che siccome sono un I-child sono un comune angelo?”
“No?”
“No”
Rasiel
attese che Azael aggiungesse qualcosa, ma il ragazzo pareva non aver
voglia di
parlarne.
La
guardia del corpo, che era rimasta sempre in silenzio, si
azzardò a battere un
colpetto sulla spalla di Rasiel e, quando ebbe la sua attenzione,
picchiettò il
dito sul quadrante dell’orologio, per indicare che non si
poteva più stare.
Rasiel si rivolse ad Azael con un cenno di scuse.
“Devo
andare. Ho alcune cose importanti da fare”
“Tipo
un
sabotaggio?” chiese Azael con un sorriso.
“Magari.
No, scartoffie”
“Quando
avrai imparato a montare un fucile bendato non ti lamenterai
più delle
scartoffie”
“Chi
ti
dice che io non lo sappia fare?”
“Lo
sai
fare?”
“No”
Si
sorrisero. Alla fine Rasiel si alzò e si congedò
con un gesto del capo. Uscì
dalla stanza, nel freddo dello shammaim.
La
guardia del corpo gli si accostò, e quando furono abbastanza
lontani chiese:
“Signore,
se posso, che ne pensate?”
“Un
disastro” rispose Rasiel passandosi una mano sul viso.
“Irascibile, violento,
presuntuoso ed eccentrico. Non sarà facile tenerlo sotto
controllo, impedirgli
di distruggere quello che tanto faticosamente abbiamo
costruito”
Azael,
nella stanza, si rimise a posto il cappotto logoro. Quando
lasciò la stanza
mosse alcuni passi in strada e poi si infilò un vicolo
stretto. Continuò a
camminare. Alcuni passi nella neve, e gli si accostò in
silenzio una donna
bionda.
“Se
posso” chiese lei dopo un saluto con il capo. “Che
ne pensi?”
“Un
disastro” disse Azael infilandosi le mani in tasca.
“Incapace, inesperto,
debole, indeciso. E biondo. Non sarà facile tenerlo sotto
controllo, impedirgli
di compromettere quello che abbiamo dopo tanta fatica la
possibilità di
costruire"
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
Il Signore vide che la
malvagità degli uomini era grande sulla
terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che
male.
Bibbia
- Genesi 6.5
CAPITOLO 2:
Quando le porte di vetro si aprirono automaticamente Rasiel fu travolto
dal
frastuono del Quartier Generale, il rumore dei passi ed il frusciare
delle
scartoffie, del metallo delle armi, il vociare della gente in divisa
che
correva per i corridoi.
Rasiel respirò a pieni polmoni l'aria di casa sua.
Finalmente la guardia del
corpo si allontanò ed il ragazzo si diresse verso quello che
gli piaceva
considerare il suo ufficio. Quando fu nei pressi della piccola stanza a
vetri un uomo
piuttosto basso e con i capelli scuri lo chiamò dall'altra
parte del corridoio. Rasiel gli
si avvicinò e dopo un
saluto quello prese a parlare a raffica:
"E' incredibile, incredibile! Oggi si sono presentate in totale altre
dieci reclute, e tutte appartenenti alle gerarchie superiori! Tranne
una
ragazza, là, una bassina... una virtù che non
è un granché. Ci sono anche
alcune vecchie conoscenze di Zafkiel! Siamo pieni di soldati, non ne
abbiamo
mai avuti tanti!"
Rasiel decise di essere troppo stanco per stare dietro a quell'uomo, e
lo
liquidò con poche parole frettolose. Finalmente raggiunse il
suo ufficio e dopo
essersi guardato intorno circospetto poggiò i piedi sul
tavolo con un bel
tonfo.
Il QG dell'Anima Mundi era una
struttura molto grande
situata nel sottosuolo del Briah, uno dei Cieli superiori, fornita di
strumenti
tecnologici di alto livello e completamente schermata, virtualmente
impossibile
da trovare. Costruirla era costato un numero con parecchi zeri. Era
l'unica
struttura di terra che l'Anima Mundi avesse, tutte le altre erano
unità aeree.
Tutti questi soldi venivano sia da un'inaspettata eredità
segreta di Zafkiel,
sia da alcuni membri dell'organizzazione che avevano generosamente
deciso di
contribuire non con le armi ma con un assegno. Davvero tutti. Forse lo
stesso
capo dei Troni non lo avrebbe sperato, ma l'Anima Mundi si era
ingigantita
negli ultimi due anni. Alcuni attribuivano questo successo
all'abilità di
Rasiel come generale, ma lui preferiva pensare che fosse dovuto allo
spirito di
solidarietà che regnava all'interno dell'organizzazione.
Perso nelle sue riflessioni, Rasiel aveva dimenticato di appuntarsi da
qualche
parte che avrebbe di nuovo incontrato Azael tra due giorni,
così si sporse
verso un minuscolo calendario e notò dei fogli sulla
scrivania. Li prese in
mano. Dicevano che servivano due supervisori che tenessero il corso per
le
nuove reclute, qualcuno che insegnasse loro come combattere, come
difendersi.
Rasiel rimase in contemplazione di quei documenti, domandandosi quanto
fosse
giusto andare a predicare la pace e poi addestrare nel sottosuolo una
schiera
di soldati. Firmò frettolosamente, accorgendosi troppo tardi
di averlo fatto
nello spazio sbagliato e lanciando un'imprecazione. Poi
abbandonò di nuovo quei
fogli sulla scrivania, facendo mente locale per cercare due persone a
cui affidare
il compito di addestrare le nuove reclute. C'erano diversi angeli
esperti
nell'uso delle armi, ma per qualche motivo sentiva che nessuno di
questi
dovesse occupare quel posto.
Ad un tratto entrò nella stanza, senza bussare, l'uomo basso
e moro di poco prima,
che non diede tempo a Rasiel di cacciarlo fuori lanciandosi in un
flusso di
parole dette troppo velocemente per essere comprensibili.
"No, aspetta" disse Rasiel puntando i gomiti sul tavolo. "Non ho
capito niente. Ripeti"
"Sono morte altre due persone, sempre di quella malattia misteriosa!"
"Cosa?!" il ragazzo cercò di nascondere la nota di
preoccupazione
nella sua voce, invano.
"Sì, sì, sì! Stessa storia: si
ammalano, cominciano a tossire, le ali
vanno in cancrena e poi si staccano. Uguale anche per questi. stessa
cosa,
stessa cosa"
Dopo la pausa teatrale dell'uomo, il generale non trovò
nulla da dire che
valesse la pena di essere detto. Si limitò a ritrarsi nella
propria sedia ed
intrecciare le dita.
"Qualcos'altro?"
"Abbiamo fatto portare i corpi ai nostri medici, così forse
riusciamo a
capirci qualcosa"
"E come avete fatto?"
L'uomo fece spalluce. "Un paio di telefonate. Erano dell'Anima Mundi"
Rasiel sentì un groppo alla gola.
"Chi erano?"
"Non credo che li conoscesse, signore. Erano abbastanza recenti, uno
aveva
un nome tutto strano, con tante acca in mezzo. Dell'altro non me lo
hanno
detto, ma aveva il viso sfigurato per metà da una vecchia
cicatrice"
Il ragazzo si rilassò, per quanto ci si possa rilassare alla
notizia
dell'ennesimo decesso, consolato dal fatto che non fossero almeno sue
conoscenze.
"Vuole che faccia qualcosa?"
Rasiel lo congedò con un gesto nervoso. "No, non
c'è niente da fare. Vai,
per favore"
Così rimase solo, in quella piccola stanza a vetri, con le
dita intrecciate sul
ventre.
"Due", pensò, "che numero ridicolo. Nulla in confronto alle
migliaia che sono morti negli ultimi due anni."
"Due vite", sussurrò, "due vite".
Socchiuse gli occhi e si lasciò scivolare sulla sedia.
La sua mente vagò attraverso gli avvenimenti degli ultimi
anni, tutto appariva
nebuloso e confuso. Si massaggiò le tempie, gli sembrava
quasi di aver vissuto
la vita di qualcun'altro:
"Prima c'era Zafkiel e c'era Sevoftarta e Metatron e...poi?"
Cosa era successo dopo? Disordine, sangue e conflitti.
E quel serafino? Come si chiamava quel serafino dalla voce calma e
dall'aria
arrogante? Attraverso quali assurde bugie era stato eletto capo degli
angeli
del paradiso? Perchè era stato ucciso dopo soli due mesi? E
il suo volto?
Com'era fatto il suo volto? Quanti volti, quante voci, quante menzogne
si sono
succedute su quel trono insanguinato fino ad ora? Quanti eroi hanno
combattuto
per il potere? Quanti ciarlatani?
Rasiel si prese la testa fra le mani sforzandosi di riflettere.
Si chiamava Ammiel, sì, quello era il suo nome. Ed era
bello. Aveva promesso la
pace e aveva trovato la morte.
"E poi? Perchè non ho altri ricordi distinti?"
Poi c'era il morbo, certo, migliaia di vittime. Milioni di migliaia.
Rasiel ricordava i fatti, le notizie i numeri.
Solo nomi, volti confusi e morte.
La morte.
La morte era stata la sua fedele compagna durante questi due anni.
Al suo fianco, nel suo cuore.
Automaticamente il suo pensiero andò a Zafkiel.
"Non se lo sarebbe mai immaginato, lui, che le cose sarebbero andate a
finire in questo modo."
Si lasciò scivolare ancora più pesantemente sulla
sedia, la testa ancora invasa
da mille pensieri, gli occhi piene di lacrime.
"Sto piangendo", pensò, ma non si mosse.
Lasciò che il pianto lavasse via il dolore e la confusione e
che le lacrime
cullassero il suo sonno.
***
L'esplosione fu brutale ed improvvisa.
Schegge di quello che un tempo doveva essere un cornicione
accompagnarono una
pioggia di calcinacci.
Il palazzo scivolò dolcemente su un fianco con il fragore di
un tuono.
In quell' inferno di fiamme comparvero due figure, distorte dal fuoco e
rese
confuse dal denso fumo nero.
"E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì,
con la preghiera
dei santi, davanti a Dio. E ne vennero tuoni e lampi e voci e terremoti*"
"Nascondeteci dalla faccia di colui che è assiso
sul trono e dall'ira
dell'Agnello, perchè è venuto il gran giorno
della loro ira, e chi potrà
sostenersi*?"
Detto questo le due figure voltarono le spalle all'edificio in fiamme e
si
incamminarono lungo un vicolo oscuro.
* La Bibbia,
Libro Dell’Apocalisse
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
Capitolo 3
Vidi
sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della
parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce:
«Fino a quando,
Sovrano,
tu che sei santo e
verace,
non farai giustizia
e non vendicherai il
nostro sangue
sopra gli abitanti
della terra?».
Bibbia - libro dell'Apocalisse
CAPITOLO 3: IMPROPER CHILDREN
Quando Azael spinse giù la leva arrugginita
passarono
diversi secondi prima che la piattaforma cominciasse a scendere nel
sottosuolo con uno stridio assordante. Ma per lui, quel rumore era il
suono di casa. Lo era diventato negli anni, ogni giorno da quando
riusciva a ricordare, quella leva era la chiave di casa. Nascosta in un
edificio abbandonato, in un angolo buio dove nessuno sarebbe mai andato
a cercare, lei era uno dei ventisette meccanismi nello shammaim che
permettevano di scendere nelle fognature, e soprattutto era una di
quelle cinque leve i cui meccanismi erano stati sabotati e trasformati
nell'accesso per la colonia sotterranea degli I-child.
Segreta come è segreto l'orribile ed il
peccaminoso,
nascosta agli occhi degli angeli superiori, tutti loro, quelli che non
avevano il diritto di esistere, fuggivano dal giudizio di Dio.
La piattaforma si arrestò con un rumore sordo,
che
rimbombò a lungo per le pareti della fognatura. A pochi
metri da
lì, da dietro una curva del condotto, veniva una debole luce
tremolante e rossiccia. Azael s'incamminò, senza curarsi
dell'acqua gelida della fognatura, in cui infilò i piedi,
premurandosi appena di togliere le scarpe. Acqua piovana, niente di
più, ma molti bambini si erano ammalati, di recente. Un
altro
maledetto problema in più da risolvere.
Svoltò l'angolo e vide l'ingresso per la colonia:
un
piccolo buco nella parete aperto con la forza di tanti bambini con in
mano un arnese, decorato con alcune ghirlande di fiori appassiti e
tante candele. Quasi ironico, proprio sopra all'entrata,
penzolava un rosario solitario, di ferro arrugginito. L'ultima speranza
che Dio si accorgesse di loro, un'ultima, silenziosa, vibrante chiamata.
Azael raggiunse l'ingresso e scostò la tendina che faceva da
porta.
All'interno c'era un brulicare di vita che
nessuno sospettava.
Soprattutto donne e bambini, gli unici, rari reduci dell'inquisizione
lanciata da Sevoftatrta per liberarsi di tutti quegli angeli che
secondo lui non erano degni di questo nome. Il vantaggio di vivere
sotto
terra era questo: i suoni non giungevano in superficie, e nessun angelo
superiore si sarebbe mai calato laggiù, insieme ai topi. Il
ragazzo si addentrò nella colonia, qualcuno si
fermò per
salutarlo, nessuno gli domandò come fosse andata la sua
escursione nel mondo esterno. Nessuno domandava mai nulla ad Azael,
avevano imparato che le cose importanti non si dicevano,
laggiù,
si facevano. Un'altra cosa, questa, che li differenziava molto dagli
altri angeli.
Là sotto si snodavano a non finire
corridoi come
teste di serpenti. Azael ormai ci si destreggiava, camminava con
noncuranza attraverso quel labirinto e conosceva tutte le strade, i
vicoli, le scorciatoie. In breve arrivò a destinazione: una
piccola casupola diroccata, fatta di legno rubato alle scorte degli
angeli veri da lui e altri suoi amici, per costruire un rifugio per i
bambini. Tutti quelli con gli occhi rossi.
I-child. Stava per iproper child. Chiamati con odio i conigli per via
della pelle bianca e gli occhi rossi. Tutto quelli che non erano i
figli di Dio. Tutti quelli che non erano angeli. Tutti quelli che non
avevano il diritto di esistere, né di ridere, né
di
giocare, né di vedere mai la luce del sole. I figli degli
angeli. Il peccato d'amarsi. Il peccato di sfiorarsi, di essersi
cercati spontaneamente. Per il semplice fatto che ci si amava. Tutti
gli individui nati da un rapporto sessuale tra due angeli, gli stessi
che Sevoftarta aveva ordinato, due anni prima, di eliminare
completamente, fin dalle radici. Aveva creato un corpo di polizia
chiamato dell'inquisizione, con l'ordine preciso di scovare, uccidere e
sradicare la stirpe degli I-child. Loro, i loro amici, i loro parenti e
i loro genitori. Tutti. Senza pietà.
Così, nello shammaim, c'erano gli angeli, i mezzi angeli,
quelli
imperfetti, che non erano belli, e gli I-child. Dio disse che bisognava
pulire. Dio disse che così il Cielo sarebbe stato
meraviglioso.
Sevoftarta disse che Dio aveva detto così. Ma nessuno sapeva
una
cosa importante. Nello shammaim c'erano anche gli Airon. Quelli che
Rasiel ora desiderava per sé.
Gli Airon erano degli angeli soggetti a mutazioni, con ritmi di
crescita alterati e capacità straordinarie. Non era
possibile
distinguerli dagli angeli comuni, ma pareva che si trovassero solo tra
gli I-child. Furono questi a dare il via alla rivolta contro Sevoftarta
e a contribuire alla sua morte.
Azael, l'angelo cremisi, faceva parte di quella razza. Era un Airon
anche lui, ma non voleva che Rasiel lo scoprisse troppo presto. La
pelle diafana, quasi trasparente, e i suoi occhi rossi la dicevano
lunga sulla vita dei suoi genitori, ma che fosse un Airon era
insospettabile: la sua modifica genetica si manifestava, oltre in un'
innaturale velocità, nelle sue corde vocali, nella sua
capacità di modulare la voce al livello di frequenza. Il
risultato era utile in battaglia: un feroce ruggito di ultrasuoni
poteva far esplodere i timpani a qualche nemico, o infrangere un vetro
e distrarlo. Inoltre gli dava la possibilità, con un po' di
pratica, di far rimbalzare la voce sulle pareti e quindi confondere
l'avversario circa la sua posizione. Un'arma potente, quindi, il suo
asso nella manica che doveva rimanere celato almeno per un po', fino a
che quel ragazzo a capo dell'Anima Mundi non avesse dimostrato quanto
ci si potesse fidare di lui e della sua organizzazione.
Non aveva mai conosciuto Zafkiel di persona, ma conosceva le sue gesta,
e lo ammirava. Le sue decisioni, il suo coraggio, avevano aiutato tutti
gli angeli, e il suo sacrificio si era impresso a fuoco nella mente di
Azael, perché nemmeno Sevoftarta era riuscito ad inclinare
l'ideale di giustizia di Zafkiel. Quando seppe che il capo dei troni
aveva designato come suo erede l'angelo Rasiel, decise di rivolgersi a
lui, che sembrava una figura più raggiungibile, per unire le
forze con l'Anima Mundi.
I bambini lo assaltarono appena ebbe varcato la soglia. Tutti lo
guardarono con i loro occhietti rossi, impregnati dell'innocenza
dell'infanzia.
"Allora, allora? Com'è andata? Com'è Rasiel?!"
"Mah" rispose Azael con un' alzata di spalle. "E' biondo. Ma non sembra
una cattiva persona. Vedremo"
"Ci hai portato da mangiare?"
Lui scorse la testa. "Non ho trovato niente"
"Bugiardo!"
"No, davvero. Adesso mi fate arrancare fino alla cucina, a proposito,
che dò una mano a Amaliah a cucinare?"
I bambini si ritrassero con un broncio tanto lungo quanto breve. In
pochissimi istanti si dimenticarono del cibo e si misero a giocare di
nuovo.
Azael entrò in cucina richiudendosi di fretta la porta alle
spalle, in modo che il calore non uscisse, e si scrollò la
neve
di dosso.
"Non infradiciarmi tutto il pavimento, non mi va di pulire!"
Una ragazza, dai capelli lunghi e castani raccolti in una coda poco
accurata, stava sbucciando una patata, con le mani piene di tagli e un
grembiule sporco addosso. Si era fermata per sgridarlo, e ora lo
guardava di sbieco.
Azael le sorrise, e senza dire niente afferrò una patata e
cominciò a pelarla accostandosi a lei. La ragazza lo
guardò storto, poi gli passò una mano nei capelli
rossi
per togliere gli ultimi fiocchi di neve e anche lei prese un'altra
patata
dal cesto e impugnò il coltello.
Amaliah, l'angelo della speranza. Aveva solo quattordici anni e gli
occhi tinti di rosso, come quelli di Azael. Non aveva mai conosciuto
sua madre, eppure aveva fatto da madre a tutti loro, a tutti quei
bambini. Era stata sua l'idea di un rifugio, una casa per tutti gli
I-child che si fossero presentati alla soglia. Era buona, d'animo
gentile, forte di carattere e sempre determinata. Tutti
i
bambini la consideravano come una madre, ma lei meritava molto
più di quello. Azael le era molto affezionato, erano
cresciuti
insieme, e insieme per tanti anni avevano fatto così come
facevano ora. Cucinavano, magari neanche troppo bene, con poche cose e
poco saporite, in silenzio, senza mai bisogno di niente di
più
speciale per sentirsi vivi. Il fuoco di un fornello, l'odore di un
piatto caldo, e rubare, giorno dopo giorno, rischiare, giorno dopo
giorno, perché quel piatto fosse sempre pieno, per tutti
loro,
che non mancasse niente a nessuno, perché meritavano che
così fosse. Amaliah gli diede un colpetto con l'anca e lui
le
rispose con un sorriso un po' ironico. Così, a modo loro, si
erano appena parlati dell'incontro con Rasiel, e la ragazza sorrideva
con le sopracciglia inarcate.
"Ahia!"
"Che hai fatto?" chiese lui.
"Il dito. Ho sbucciato lui invece della patata" rispose lei infilandosi
l'indice in bocca per succhiare il sangue.
"In effetti si somigliano"
"Fai meno lo spiritoso. Ce le avrai te le dita a patata"
"Io ho delle mani bellissime"
"Giusto quelle"
"Tonta"
"Tonto"
Si misero a tavola, Azael chiamò i bambini con un
fischio
e quelli s i precipitarono a mangiare. Lo stridio delle sedie
soffocò ogni altro rumore, Amaliah si
illuminò di
un meraviglioso sorriso vedendo la scena.
Prima che lei ed Azael potessero sedersi assieme agli altri, la porta
di legno si aprì lasciando entrare un turbine di neve e un
uomo
dai capelli castani raccolti in un codino, coperto con una giacca
rattoppata in più punti e con un cappello dall'aria
malconcia in
testa.
Azael si alzò e gli si avvicinò con passo svelto,
allungando una mano per attirare l'attenzione dell'uomo.
"Ehi, ciao. Che ci fai qui, Shemel? Vuoi mangia..."
Shemel lo zittì con un gesto brusco.
"Devi venire con me" disse dalla soglia della porta. "E' crollato un
altro palazzo"
Sulla tavola rumorosa cadde improvvisamente un pesante silenzio.
Amaliah si alzò lentamente facendo raschiare la sedia sul
pavimento, i bambini posarono piano le loro posate. Azael
cercò
immediatamente di dissimulare la paura.
"Qualcuno è stato coinvolto?" chiese, cercando di tener
ferma la voce.
"E' per questo che mi devi aiutare. E' crollato da poco, circa mezz'ora
fa. Nessuno è ancora andato sul posto. Io ero lì
vicino
quando è successo, ed ho pensato subito a te. Puoi aiutarmi?"
Azael non perse tempo nemmeno a rispondere, si limitò a
salutare
i bambini e Amaliah, che prometteva di lasciargli qualcosa da mangiare.
Il ragazzo superò Shemel e si avviò verso una
maccina
sgangherata parcheggiata lì davanti. Shemel richiuse la
porta
dopo un gesto del capo.
Amaliah tranquillizzò i bambini, che le stavano lanciando
tutti
occhiate di sottecchi, con sguardi preoccupati. Eppure lei stessa non
si sentiva mai sicura, da quando i palazzi avevano preso a crollare. Ma
sorrise, sentendo il cuore farsi più leggero, quando la
porta si
riaprì e la mano di Azael, tinta di viola dal freddo,
afferrò la giacca dall'attaccapanni sul muro per scomparire
subito nella neve, accompagnata da un borbottio scocciato.
____________________________________________
Grazie a tutti quelli che hanno letto e che continueranno, spero, a
farlo.
Innanzitutto vorrei chiedervi di recensire, quando leggete, anche
commenti negativi sono bene accetti, così sappiamo se
continuare
o fermarci.
Poi volevo dire che i nomi usati per gli angeli sono intuitivamente
ebraici, e i significati intuitivamente cororretti. Ora, non essendo
noi cime della lingua ebraica, questo è quello che abbiamo
da
offrirvi per ora, ma se qualcuno più colto di noi ci desse
qualche consiglio, gliene saremmo grate.
Saluto,
Seph!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4
Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio
spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito
Santo, conservatevi nell'amore di Dio, attendendo la misericordia del
Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna.Convincete
quelli che sono vacillanti, altri salvateli strappandoli dal fuoco, di
altri infine abbiate compassione con timore, guardandovi perfino dalla
veste contaminata dalla loro carne.
A colui che può preservarvi da
ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e
nella letizia, all'unico Dio, nostro
salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria,
maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e sempre.
Amen!
Bibbia
CAPITOLO 4: LA
CENERE OPACA E L'ANGELO DI VETRO
La macchina sobbalzava in modo
decisamente preoccupante sotto di loro, e anche se ormai si era
abituato ai veicoli sgangherati, Azael non poteva fare a meno di
rimanere avvinghiato alla cintura di sicurezza con tutte le sue forze.
Tanto più che Shemel guidava in maniera allucinante.
"Hai intenzioni di farmici arrivare tutto d'un pezzo, sul luogo
dell'incidente?" disse a denti stretti.
"Dobbiamo sbrigarci o potrebbe essere troppo tardi"
"Sbrigarci non vuol dire che devi lasciare la luce indietro"
"Piantala di fare l'idiota e piuttosto considera
l'eventualità
che non si tratti di un incidente: chi potrebbe far crollare un palazzo
con tanta discrezione da non essere visto?"
"Forse perché la gente per sua stessa natura tende a
guardare un palazzo che crolla invece di un omino piccino?"
"Non mi aiuti se fai del sarcasmo, sai?"
"Aiuta me a non pensare al tachimetro e a quanto quella lancetta sia
spostata a destra"
"Non vado poi così veloce" buffo Shemel dando un'occhiata
allo strumento, che segnava i centoventi kilometri orari.
"Noo... per carità..."
"Odo una nota di sarcasmo?"
"Sai" disse Azael con la sua espressione più ironica. "La
tua
incapacità nella guida è meravigliosamente
compensata dal
tuo spirito d'osservazione"
Passarono alcuni minuti di silenzio, poi la macchina
rallentò
dolcemente fino a fermarsi. Azael si scaraventò fuori dalla
vettura e poggiò i piedi su ciottoli e detriti, pezzi di
cemento
e calcinacci. Si chinò per osservare quella confusa polvere
bianca, ne prese un mucchietto in mano e quella si sbriciolò
come fosse sabbia.
"Credi che sia opera della polizia d'inquisizione?" chiese Shemel,
anche lui chinato sui detriti.
"Può essere. Non mi viene in mente nessuno che verrebbe qui
nello shammaim a far saltare palazzi"
"Comunque è strano. Perché avrebbero dovuto
farlo?"
"Non lo so. Però credo che dovremmo occuparci prima di tutto
di come hanno
fatto. Non vorrei avere nemici in grado di fare questo"
"Credi che sia stata una bomba?"
"E quale bomba può fare una cosa del genere?"
Shemel si alzò in piedi, si pulì le mani sui
pantaloni e se le infilò in tasca.
"Faremmo meglio ad andare, Ci vogliono ancora cinque, dieci minuti"
Azael soffiò sulla polvere e la guardò
avvilupparsi
nell'aria, e precipitare poi a terra. Con gli occhi cercò
l'orizzonte, avvolto nella foschia della nebbia d'inverno. Che cosa
poteva avere tanta capacità distruttiva da far stendere un
velo
di detriti fino a venti kilometri di distanza e farsi notare
così poco?
Chi poteva fare una cosa del genere?
C'erano state due vittime. Cifra irrisoria, visto il disastro immane.
Una donna ed una bambina di circa dieci anni, che non aveva gli occhi
rossi degli I-child ma era completamente glabra.
Le avevano trovate sepolte dalla polvere e dai detriti. La donna era
già morta da qualche ora, la bambina invece, aveva
continuato a
piangere e a chiedere aiuto per tutto il tempo, finché
Shemel
non la sentì. Ma alla fine aveva sussurrato qualcosa e poi
la
polvere si era presa anche lei. Nel caos generale nessuno
capì
esattamente cosa avesse detto la bambina, ma Shemel, che la teneva in
braccio, aveva confidato ad Azael che giurava di averle sentito dire è suonata la prima
delle sette. Suggestione, aveva detto l'angelo cremisi,
con un sorriso cinico che stonava con il sangue sulla sua maglietta.
Così, quelle parole dal suono apocalittico svanirono e
divennero
solo un'eco. Troppo presi dal rimuovere i detriti, nessuno si
curò nemmeno di pulire il viso dal sangue a quelle due
povere
figure fredde stese sul pavimento sporco. Così, di nuovo,
vinceva la polvere, che si prendeva le persone senza distinzioni, e
avviluppava il loro ricordo e ogni segno del loro passaggio. il resto
andava avanti nell'indifferenza, stupendosi della morte e di come ci
coglie e scoprendosi il giorno dopo preoccupati per qualcos'altro. Ma
forse l'indifferenza era indispensabile per sopravvivere al disegno
cosmico di Dio Nostro Signore. Soffrire per ogni anima che soffre
sarebbe smettere di vivere. Invece di soffrire, ci si poteva girare.
Chissà fino a quando ci si sarebbe potuti girare.
C'erano state due vittime. Una cifra irrisoria, visto il disastro
immane. Eppure Azael sapeva che quella notte non sarebbe riuscito a
dormire.
E' suonata la prima
delle sette.
Quelle stanze, di notte, sembravano ancora più
spoglie che di giorno. Una piccola falena stava sbattendo le ali contro
la tenda logora, mentre dalla finestra senza vetro, tenuta insieme da
un po' di nastro adesivo sbiadito dal sole, filtravano i raggi della
luna e dei fiocchi di neve. Azael stava giocherellando con i lacci del
pigiama, ma sentiva che finalmente stava per addormentarsi, dopo ore
d'insonnia, sentiva le mani farsi pesanti e faceva fatica a muovere le
dita, mentre quel torpore tanto familiare lo avvolgeva lentamente e le
immagini delle macerie lo accompagnavano nel sonno...
Lo scatto della maniglia lo fece scattare a sedere. Cercò
sotto il cuscino il coltello a serramanico, come si era abituato a fare.
Quando la porta si aprì comparve un'esile figura femminile.
Azael non la distinse, così, al buio.
"Amaliah?" chiamò.
La figura si avvinicò a lui fino ad entrare in un fascio di
luce, rispondendo alla domanda del ragazzo.
La donna che aveva davanti aveva un aspetto davvero curioso: lunghi
capelli neri come la notte, con riverberi violacei, raccolti in una
rigida coda alta, e gli occhi di un colore indescrivibile, qualcosa di
simile all'oro a scaglie.
"Mi chiamo Hariel, l'angelo creatore, o angelo di vetro. Sono stata
inviata da Rasiel per prelevarti, e portarti nel Beriah, dove si trova
la nostra base segreta, il QG dell'Anima Mundi"
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=177595
|