Un nuovo bacio

di TheOnlyWay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***



Capitolo 1
*** I. ***


Un nuovo bacio
 
 
 
I.
 
«Sei una persona triste, Morgan Anderson.»
Ora, qualcuno sarebbe tanto gentile da spiegarmi per quale motivo io non abbia ancora mandato Grace al diavolo? Voglio dire, non solo sono abbastanza depressa per conto mio, ci volevano anche lei e i suoi stupidi insulti gratuiti. E che nessuno abbia la faccia tosta di dirmi che me li merito. Anche perché non è assolutamente vero. Proprio no. Per niente. Affatto.
Io, Morgan Anderson, non ammetterò mai, nemmeno sotto tortura, di essere stupida, immatura e fondamentalmente idiota. Chi dovrebbe ammetterlo, invece, è Benjamin Barnes, alias Mr. Ho Trentadue Anni E Conosco Il Mondo Meglio Di Te. Povero scemo.
Se per caso vi fosse passato per la testa che le cose tra me e Ben non procedono propriamente per il meglio, be’, sappiate che ci avete visto bene. Anzi, benissimo. Per usare un eufemismo non del tutto elegante, direi che la situazione attuale è una merda. E no, non voglio essere delicata e dire che le condizioni in cui mi trovo rasentano il catastrofico. Io voglio essere volgare, sfacciata e maleducata.
Perciò vaffanculo.
«Mi hai rotto le palle, Grace.» sbotto, dopo un minuto di intensa riflessione che, ovviamente, non è servito a niente. Lo so, lo so, non dovrei essere tanto scortese, ma che volete che faccia? Sto per subire un tracollo e i miei nervi sono partiti per la tangente. Se continuo così, è molto probabile che i miei capelli diventeranno bianchi nel giro di un paio di giorni o, magari, li perderò e basta.
«Non prendertela con me, Morgan! Sei tu che mi hai chiamata, perciò vedi di non scassare.» mi ringhia contro. Ecco: se anche Grace perde la pazienza, significa che sto tirando troppo la corda. Be’, in realtà no, visto che Grace di pazienza non ne ha proprio. Lei è una che incanala le emozioni nel giro di un minuto, esplode, dopodiché torna apatica come una quercia secolare. Sì, dai, avete capito. Se ne stanno lì, per secoli, a non fare un cavolo. Grace è un po’ così.
«Non ce la faccio più, miseria ladra! Io sto impazzendo.» certo, come se non fosse già abbastanza chiaro. Scosto la tenda con un gesto secco, per controllare che non ci sia alcuna traccia di Ben e della sua stupidissima faccia, dopodiché guardo di nuovo le valige spalancate sul letto matrimoniale, e sospiro.
Mi sento strana. Il nodo che sento alla gola è così stretto che potrei soffocare e non riesco ad allentarlo in alcun modo. Perciò mi dirigo verso l’armadio già aperto, afferro la mia camicia bianca e comincio a piegarla con precisione quasi maniacale.
«Cosa stai facendo?» Grace è perplessa, ed è una cosa del tutto comprensibile, visto che l’ho fatta precipitare qui, chiamandola nel bel mezzo di una lezione universitaria e supplicandola di raggiungermi.
«Mi preparo per gli Hunger Games.» replico, sarcastica. Grace sbuffa, poi alza gli occhi al cielo.
«Divertente, davvero. Vuoi parlare o no, Morgan?»
No, in effetti. Non voglio parlare, non voglio dire niente. Non voglio nemmeno respirare, anche se è un’impresa decisamente difficile, se non impossibile. Voglio dire, forse potrei provare a soffocarmi da sola, ma se nessuno c’è mai riuscito un motivo ci sarà, no?
«Me ne vado.»
Ed è nel momento esatto in cui lo dico, che realizzo davvero quello che sto per fare; me ne sto andando. Come una fottuta ragazzina in una fottuta telenovela spagnola, quelle piene di Alejandro e Rosalinda che si rincorrono come se non ci fosse un domani. Dio, Grace ha proprio ragione: sono una persona triste.
«Nel senso che ti prendi una vacanza?» domanda Grace, perplessa. Povera, piccola, ingenua Grace. A volte mi domando se mi conosca davvero o se sia ancorata alla me stessa delle scuole superiori. All’epoca, ero solo una ragazzina stupida e spensierata, senza nessuna preoccupazione se non la ciccia che strabordava e gli occhi azzurri di Robert Swan che, una volta, avevano incrociato i miei.
Non che sia cambiata poi tanto. La ciccia straborda ancora e sono sempre abbastanza stupida. Così stupida da essermi fidanzata con un attore piuttosto famoso e quasi dieci anni più grande di me; così stupida, da essere andata a convivere con lui e aver accettato una proposta di matrimonio. Tanto stupida da scappare senza nemmeno dare a Ben la possibilità di spiegare il perché del suo comportamento idiota.
Ma a chi voglio prendere in giro? Se vedessi Ben, adesso, probabilmente lo ucciderei a suon di sprangate. Il che comporterebbe un lungo e doloroso processo in tribunale, che mi condannerebbe a chissà quanti anni di carcere. Per non parlare, poi, delle fan di Ben, che mi ammazzerebbero senza pensarci due volte.
«No, Grace. Nel senso che me ne vado.» più di così non riesco a dire, o rischio seriamente di scoppiare a piangere per la disperazione. Non trovate anche voi che sia sorprendente il modo in cui sto affrontando la situazione?
Della serie “Si ride per non piangere”. Il fatto è che non c’è proprio niente da ridere. Grace stringe lo sguardo, sondandomi con preoccupazione. Forse si aspetta che cederò da un momento all’altro e, in effetti, non ha nemmeno tutti i torti. Non so nemmeno io come faccio ad essere tanto serena.
Dovrei essere fiera di me, perché sto affrontando la situazione come una persona matura e…
«Morgan, sei a casa?»
Merda! Cosa ci fa Ben a casa? Ero convinta che sarebbe rientrato questa sera e che, per allora, io sarei stata lontana. Avevo già stilato, nella mia mente, un programma ben preciso di come sarebbero andate le cose: mi avrebbe chiamato, ma io non avrei risposto e mi sarei limitata a piangere come una bimbetta isterica. Dopodiché Ben si sarebbe presentato a casa di Brian, dove io mi sarei rifiutata di parlargli, perciò Brian gli avrebbe detto che non c’ero e che doveva lasciarmi in pace. A quel punto Ben si sarebbe arreso e sarebbe tornato a casa, dove mi avrebbe odiata profondamente. E io avrei pianto, ma prima o poi mi sarebbe passata, magari nel giro di un paio di secoli.
Sento i passi di Ben lungo il corridoio, poi qualche secondo dopo si affaccia in camera da letto.
«Sei qui.» mormora, con un sorriso dolce sul volto. Ha l’aria stanca e la barba di un paio di giorni gli conferisce un aspetto tremendamente affascinante. I suoi occhi sono così scuri e così intensi che per un attimo mi dimentico di quello che sto facendo e vengo travolta dal desiderio di corrergli incontro e buttarmi tra le sue braccia forti.
Poi i suoi occhi si accorgono della valigia e la sua espressione si fa più confusa. Grace, intanto, lo ha salutato con un cenno del capo. Sento a malapena il suo “ti aspetto in macchina”, perché sono troppo impegnata a guardare Ben.
«Cosa significa?» domanda, tremendamente serio. Mi stringo nelle spalle e continuo a riempire la valigia. Il suo sguardo mi segue, senza lasciarmi nemmeno un attimo e, di nuovo, l’impulso di abbracciarlo mi fa bloccare nel bel mezzo della stanza. Sospiro, scuoto la testa e mi impongo di non farmi ingannare di nuovo dai miei stupidi sentimenti per lui.
«Morgan?» mi richiama di nuovo, ma faccio finta di non sentirlo. Allora Ben si avvicina, mi toglie delicatamente il maglione di mano e lo appoggia sul letto. Mi ferma, stringendomi delicatamente per le spalle, poi si china per cercare di guardarmi negli occhi. Mi volto, perché non riuscirei a dirgli la verità affrontandolo così apertamente. Se lo guardassi negli occhi, dimenticherei ogni proposito di andarmene di qui.
«Mi dispiace, Ben.» sussurro, con voce fioca. Mi divincolo dalla sua presa, poi velocemente finisco di riempire la valigia e la chiudo, con mano tremante. Me ne sto andando. Lo sto lasciando. E la colpa è sua.
«Ti dispiace per cosa?»
«Per tutto. Mi dispiace di non essere la donna giusta per te, mi dispiace di non essere abbastanza forte e di non riuscire a sopportare la tua vita. Mi dispiace rimanerci male ogni volta che vedo una tua foto con qualche attrice famosa, in giro per Los Angeles o New York o Dio solo sa dove e mi dispiace, ma non ce la faccio più a rimanere qui, in questa casa, dove tu non ci sei mai. Io non ce la faccio, okay? Mi sento sola, e tu mi manchi di continuo ed io non manco a te, evidentemente, oppure non te ne andresti in giro con Amanda Seyfried! Perciò me ne vado.»
Ben sussulta, come se gli avessi dato una coltellata in pieno petto, poi scuote la testa.
«Non è così, Morgan. Tu mi manchi di continuo, mi manchi sempre, in ogni istante. Ci sposeremo presto! Come puoi pensare che non ti ami? Morgan, dico davvero, non puoi andartene. Siamo adulti, comportiamoci come tali.»
«Ho ventitré anni, Ben! Voglio poter stare con qualcuno che sia sempre presente. Voglio dormire con l’uomo che amo, voglio svegliarmi al suo fianco tutti i giorni, non una volta ogni tre mesi. Ho ventitré anni, e vivo da sola, rimanendo fedele ad un uomo che non vedo mai! Dio, come faccio a spiegartelo? Io mi sento in gabbia, Ben. E l’amore non è questo. Dovrei sentirmi al settimo cielo, dovremmo organizzare il matrimonio insieme, invece tu sei a spasso con Amanda e io sono qui da sola, a piangere perché lei è molto più bella di me! Credo di aver raggiunto il limite.»
Il vero problema non è Amanda, ovviamente. So che Ben non mi ha tradita, almeno spero, ma non riesco più a vivere così. Insomma, ho la vita sociale di un’ottantenne e non va bene. Penso di continuo a lui, ma è sempre lontano ed io mi sento così sola che vorrei morire. Questa situazione mi sta uccidendo.
E la mia – di per sé esigua – capacità di sopportazione è giunta allo stremo. Non posso più andare avanti, non così.
Ben rimane in silenzio, probabilmente troppo sorpreso per riuscire a fare altro. Sono sicura che non ha mai pensato che un giorno sarei potuta scappare da lui e dalla nostra vita insieme. Ha sempre dato per scontato che l’avrei aspettato e che sarei stata sempre pronta a sposarlo, in qualunque momento. Il che è vero, ma ultimamente non mi basta più.
«Voglio essere felice, Ben.» singhiozzo.
«Ti amo, Morgan.»
«Anche io, ma forse non è abbastanza.»
Mi sento libera. Distrutta, col cuore a pezzi, spezzata, inerme e devastata, ma libera. L’espressione di Ben è imperscrutabile, gli occhi così neri che sembrano pece e le labbra strette in una linea dura e inespressiva. So che sta soffrendo e so anche che non mi tratterrà. Vorrei che lo facesse? Sì, lo vorrei, ma questo non cambia le cose.
Sfilo l’anello di fidanzamento e glielo consegno senza nemmeno guardarlo in faccia. Lo bacio sulla guancia, un’ultima volta, poi afferro la valigia e me ne vado.
L’ultima immagine che ho di Ben, è quella delle sue spalle contratte e dei pugni stretti. Forse mi odia, forse è solo deluso.
Quando entro in macchina, Grace mi lascia una carezza sul braccio e mette in moto senza dire nemmeno una parola.
«Sai…» farfuglio, poco dopo. «Hai ragione: sono davvero una persona triste.»
 
 
 
 
***
 
 
 
Ammettetelo! Questo non ve l’aspettavate proprio. In realtà, non me lo aspettavo nemmeno io. Ma oggi Ben e Morgan sono tornati alla mente con così tanta insistenza che non ho potuto non scrivere di loro. Non so ancora cosa succederà, come si evolveranno le cose, né quanto sarà lunga la storia, ma…
Sono tornata!
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e non vi abbia depresso troppo. A me piace abbastanza, se devo essere sincera, perciò boh.
Fatemi sapere, se vi và, ci terrei un sacco! ^^
Un bacione e alla prossima,
Fede.
 
P.s. Per chi volesse, mi trovate su Twitter come @FTheOnlyWay e su Facebook come TheOnlyWay Efp
 
Ah, mi sono dimenticata di dirlo, ma per chi non lo sapesse, questa storia è il seguito di “L’importante è incontrarsi”

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Capitolo 2
*** II. ***






- Lo vedete questo fighissimo banner? E' opera di Ilaria, alias HilaryC, che si è gentilmente offerta volontaria.
E infatti è fighissimo, capito? Perciò ringraziatela, perchè c'è anche la gif.
E Ben.
Due Ben, anzi.
Grazie, Ila.





II.

 
 
 
Brian mi abbraccia nel momento esatto in cui varco la soglia del suo piccolo monolocale. Non fa una domanda, probabilmente perché è del tutto consapevole del fatto che potrei ucciderlo seduta stante – o uccidermi, visto come mi sento – né si azzarda a pronunciare il nome di Ben.
Chissà come sta lui, adesso. Se lo conosco almeno la metà di quanto penso, sono piuttosto sicura che sta scaricando la rabbia con il sacco da boxe che ha appeso nel garage. Lo fa spesso, quando è nervoso, triste, arrabbiato e non sa come sfogarsi. Penso che la violenza gli sia in qualche modo d’aiuto.
So di averlo ferito e questa consapevolezza mi fa sentire ancora peggio. Lui è, e sarà sempre, l’uomo della mia vita, il primo che io abbia amato sul serio e l’unico ad avermi amata nonostante il mio caratteraccio, le mie stranezze e la mia assurda e stupida convinzione di essere un pirata. Sarà sempre l’unico uomo che mi ha portata al Mc Donald al primo appuntamento e che si è presentato a casa con la colazione il giorno dopo, perfettamente consapevole della mia insicurezza.
Ma è anche Ben Barnes, il famoso attore inglese che i giornali di gossip quotano con Amanda Seyfried. E’ l’uomo che milioni di ragazze ucciderebbero per avere ed io l’ho lasciato andare.
Perché non sono la sola a sentirmi in gabbia, credo. So che lui non affronta i suoi viaggi serenamente, perché io sono a casa da sola, con la compagnia di Grace che, sì, è la mia migliore amica, ma non è lui. Grace non mi prepara la colazione, non mi dice che sono la sua principessa guerriera, né mi dice che mi ama più della sua stessa vita.
Separarmi da Ben, è stata una decisione lunga e sofferta, che mi ha scombussolata più di quanto pensassi e che mi ha lasciata completamente a pezzi, senza nemmeno la forza di reagire. E scappare è una scelta da codardi, lo so, ma al momento è l’unica che mi viene in mente.
Se fossi in una telenovela, penso che mi starei già consolando con l’avvenente stalliere argentino di turno, ma questa è la schifosa realtà, perciò mi limito a buttarmi sul divano, affondare il viso nel cuscino e piangere tutte le mie lacrime, nella speranza che il dolore sia abbastanza forte da sopraffarmi e farmi svenire.
Ed è quello che succede: mi addormento dopo circa un’ora, senza aver detto nemmeno una parola a Brian, o aver ringraziato Grace per il passaggio. Cado in un sonno disturbato, in cui gli occhi scuri di Ben sono l’unica cosa che vedo. Inutile dire che quando mi sveglio mi sento ancora peggio.
Trovo Brian seduto in cucina, con il portatile acceso e l’espressione concentrata di chi sta facendo qualcosa di estremamente importante. Barcollo verso di lui, e mi accascio sulla sedia accanto alla sua.
«Tutto bene, Morgana?»
«Mi sento uno schifo.»
Non ho nemmeno voglia di dirgli di non chiamarmi Morgana, perché lo odio, né mi sforzo di ricordargli che il mio nome è Morgan, come un pirata. Per quanto mi riguarda, può chiamarmi anche Allyson, come l’odiosa giornalista che ha portato di fronte ai media la notizia del mio fidanzamento con Ben.
Forse è colpa sua se adesso siamo ridotti così. Se lei si fosse fatta un pacchettino di affari suoi, magari io e Ben non avremmo affrettato i tempi. Magari non saremmo finiti su tutti i giornali e, sempre magari, io non sarei impazzita per gli insulti di tutte le marmocchie che idolatrano il mio fidanzato.
Ex fidanzato.
«Devo uccidere Ben?»
Sorrido mestamente, poi scuoto la testa in segno di diniego. Credetemi, Brian sarebbe davvero capace di uccidere Ben, se solo glielo chiedessi. Penso non abbia mai accettato del tutto la nostra storia, perché Ben è più grande di me di nove anni, è famoso e, insomma, ci sono un sacco di motivi per cui la nostra unione è stata un disastro annunciato.
Ed io che, ingenuamente, pensavo che sarei riuscita ad andare contro tutti coloro (compreso Brian) che sostenevano che non ce l’avremmo mai fatta. Non vedo l’ora di leggere i commenti entusiasti delle fan, quelli cattivi della stampa e… Allyson! Cielo, quell’arpia mi chiamerà sicuramente. Non ho idea di come abbia fatto ad avere il mio numero, ma tant’è. Cosa dirà Ben? So che odia parlare di sé, soprattutto quando l’argomento è delicato e questo lo è abbastanza. Sono sicura che manderà al diavolo qualcuno.
«Sono stata io, Brian.»
«Tu hai lasciato Ben? È impossibile, Morgan.» commenta, incredulo. Se c’è una cosa di cui anche Brian è sempre stato certo, è che io per Ben avrei fatto qualsiasi cosa. Compreso un tatuaggio gigante su una chiappa, se me l’avesse chiesto.
«E invece è così.»
«Ti ha tradita?»
C’è da dire che, in quanto a delicatezza, mio fratello è imbattibile. Ho rotto il mio fidanzamento un paio di ore e lui parla già di tradimento. Come se non stessi abbastanza male così, mi ci manca solo l’immagine di Ben che si rotola nel letto con qualche stangona hollywoodiana.
«No!»
«Allora tu hai tradito lui?»
«Ma come ti viene in mente?»
«E allora sei stupida, Morgan.»
Dalla gola mi esce un suono strozzato che vorrebbe essere di protesta, ma che fa ridere Brian per almeno dieci minuti. Nel frattempo, non posso fare altro se non pensare a Ben e cominciare a rimpiangere la mia drammaticità e, soprattutto, l’atto drastico di cui sono stata l’artefice. Cielo, l’ho lasciato davvero? Me ne sono andata di casa. Ho piantato Ben.
Io, Morgan Anderson, ho scaricato Ben Barnes dopo due anni di fidanzamento, ad un passo dal cominciare l’organizzazione delle nozze. Sono davvero così stupida? Sì, lo sono, ovviamente. Ma la cosa non sorprende nessuno, immagino.
E ancora mi domando cosa mi sia preso. Certo, le cose non vanno bene già da un po’ e negli ultimi tre mesi sono stata sul punto di preparare le valigie non so quante volte, ma qualcosa mi ha sempre trattenuta.
«Non scocciare! C’è un motivo se l’ho fatto.»
«E sarebbe?»
«Non ti devo dare alcuna spiegazione, non sei mica Ben.» bercio, risentita. Insomma, capisco che Brian sia curioso, ma non vedo perché dovrei illustrargli tutti i dettagli di questa sordida e triste vicenda. Rischierei solamente di sembrare più patetica di quanto non sia già. Ma perché non sono una persona più coerente?
Voglio dire, fino a questa mattina non credevo che avrei trovato il coraggio di lasciare Ben, poi nel giro di un’ora ho deciso di preparare i bagagli. Ho dato tutta la colpa a lui, quando in realtà è mia. Oppure no? Santo cielo, non so più che cosa pensare. Perché qualcuno non mi tira una botta in testa? Magari mi ritorna la ragione.
Brian sospira, mi lascia una carezza sulla spalla, poi si abbassa per baciarmi la testa con dolcezza.
«Si sistemerà tutto, sorellina. Te lo prometto.» mormora. Il suo tono è così sincero e così inaspettatamente dolce che ricomincio a piangere come una bambina. Brian mi abbraccia e aspetta in silenzio che passi. Ma passerà mai?
Grace ritorna pochi minuti dopo e, a giudicare dalla sua faccia, sembra assolutamente furiosa. Non mi sorprende che entri in casa di Brian come se fosse la padrona – è una cosa che fa di continuo, questo di piombare nelle case altrui con la delicatezza di un panzer – né che si lanci sul divano accanto a me.
Quello che mi stupisce, è il coppino che ricevo subito dopo.
«Ahi! Dì un po’, ma sei completamente impazzita?» mi lamento, massaggiandomi la testa.
«Io? Porca puttana, Morgan!» impreca. Non credo possiate capire sul serio il mio sgomento: Grace non dice mai parolacce. Mai. Nemmeno quando prende un voto piuttosto basso (ossia un punto sotto il massimo) ad un esame dell’università. In genere si lamenta per un quarto d’ora abbondante, poi si consola con una barretta di cioccolato e nel giro di mezz’ora se n’è già dimenticata.
Perciò provate ad immaginare quanto mi sembri assurda questa sua reazione. Apparentemente ingiustificata, oltretutto. Perché per far dire a Grace un “porca puttana” del genere, deve trattarsi di qualcosa di grave.
«Cosa c’è?» domando, preoccupata e con una punta di sospetto. Se sono a conoscenza del fatto che io potrei essere il motivo della sua rabbia? Assolutamente sì. E sono molto, molto preoccupata.
«C’è, grandissima idiota, che ho parlato con Ben!»
Ed è qui che cominciano i guai. Non so perché, ma ho la sensazione che da questo momento in poi, le cose andranno sempre peggio.
«E sai cosa? Sei proprio un’idiota.»
«L’hai già detto.» le faccio notare, scettica. In tutta sincerità, non ho per niente voglia di sentirmi dire – di nuovo – che sono una stupida senza cervello. Lo so benissimo da me, che ci crediate o no. E la cosa peggiore è che, proprio in virtù di questa mia stupidità, ho lasciato l’amore della mia vita.
Brian si butta improvvisamente accanto a Grace e le circonda le spalle esili con un braccio. Lei, ovviamente, arrossisce e si dimentica completamente di Ben, della nostra rottura e di tutte le accuse che era pronta a rivolgermi. Brian ha ancora questo effetto, su di lei. So che prima o poi mi toccherà affrontare l’argomento e so anche che non me la farà passare liscia, ma per il momento mi godo l’immunità e ne approfitto per svignarmela nella camera degli ospiti.
Quando ormai pensavo di essere al sicuro da ogni domanda e accusa, Grace mi raggiunge e comincia a passeggiare avanti e indietro sulla moquette color sabbia. Non oso chiederle niente a proposito di Brian, ma dalla sua faccia deduco che sia successo qualcosa. Non so se hanno litigato o se finalmente si sono rotolati sul divano per un po’ di sana attività fisica: non mi interessa saperlo.
«È curioso, Morgan. Ben non aveva idea che tu volessi lasciarlo.» commenta, arrotolandosi una ciocca di capelli tra le dita. Io sbuffo e nascondo la faccia nel cuscino. Non ho proprio voglia di parlarne, non può lasciarmi in pace?
«E allora? Non è che prima devo mandargli un telegramma. Sono cose succedono, Grace.»
«Certo, quando si è rincoglioniti come te.» e siamo a quota due parolacce. Devo averla combinata proprio grossa. L’unica cosa che non riesco a capire è per quale motivo non mi lasci crogiolare nella tristezza, ma continui a buttarmi in faccia la mia stupidità. Mi sono già pentita di aver troncato con Ben e sono passate appena poche ore.
«Le cose non sono così semplici.» borbotto, infine, trattenendomi a stento dal lanciare un urlo isterico.
«Allora spiegami, Morgan, perché io non capisco.»
Vorrei farle presente che non è lei quella che deve capire, ma Ben. In ogni caso, credo che parlarne con qualcuno mi farebbe bene, perciò sputo il rospo e, per una buona volta, mi decido a raccontare la verità.
«Mi sento in trappola. Sto vivendo da sola, in una casa che non è mia, ma che non fa altro se non ricordarmi che Ben non c’è. Prova a capirmi, Grace. Immagina il la cucina silenziosa, il tavolo apparecchiato per una persona, un libro abbandonato sul divano, e il letto vuoto, freddo, le lenzuola disfate solo da un lato. È così che vivo. E non mi basta una telefonata nel cuore della notte, qualche ti amo sussurrato prima di riattaccare e un’intervista che conferma che sì, stiamo ancora insieme. Ho finito il corso di pasticceria, lo sai? L’ho finito due mesi fa e ancora non ho cucinato niente. Avrei voluto preparare una torta per Ben, oppure dei biscotti, ma lui non c’era. Era troppo impegnato a bersi un fottuto caffè con Amanda. Sai dov’ero io? In camera nostra, a piangere. Capisci, adesso?» nascondo un singhiozzo nel cuscino, perché mi sento così patetica e così triste che non voglio essere vista da nessuno.
Grace si avvicina con cautela, poi mi si sdraia accanto e mi circonda con le braccia.
«Vedrai, Morgan. Andrà tutto bene.»




***





Lo so, lo so, avrei dovuto aggiornare prima, ma ero in vacanza e questo significa niente internet, niente computer e, insomma, niente di niente. In compenso, non che ve ne freghi, ovviamente, ho un'abbronzatura che fa PAURA. Giuro, mi hanno detto che sembro un'indiana. Yeah.
Comunque, questo capitolo è un po' deprimente, me ne rendo conto, ma quando due persone si lasciano dubito che siano al settimo cielo e qua parliamo di Morgan, che è esaurita persa.
Fatemi sapere che ne pensate, ci conto :)
Un bacione,
Fede <3

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Capitolo 3
*** III. ***









III.

 
 

È passata una settimana. E le cose non sono migliorate affatto. Sono ancora da Brian e sono sicura che la cosa comincia a pesargli, sebbene non mi dica niente. Di Ben non c’è traccia: nessuna chiamata, nessun messaggio, niente di niente.
A dire la verità ci sono rimasta male. Pensavo – speravo – mi avrebbe cercato, ma evidentemente mi sbagliavo. Come sospettavo, non mi ama così tanto come ha sempre sostenuto. La cosa mi sorprende? No. In cuor mio, sono sempre stata terrorizzata; sapevo di non essere quella giusta per lui, ma non credevo che avrebbe potuto giocare con me fino a questo punto. Pensavo davvero che ci tenesse.
Le giornate trascorrono tutte nello stesso modo: mi lascio trascinare dall’apatia, dalla tristezza e dalla depressione. Non trovo niente che mi interessi, ogni cosa mi ricorda Ben.
Ben, che non mi ha più cercata.
Ben, che probabilmente a quest’ora è già tornato in California a divertirsi con quella stangona della Seyfried.
Ben, che amo più della mia stessa vita. E pensare che questi discorsi patetici io li odio. Tutti quei “luce dei miei occhi, sole che illumina il mio cammino, stella del mio cuore, morirei per te” sono le frasi stupide che si dicono i bambini di dieci anni quando si fidanzano con l’anello che si trova nelle patatine. Io ho superato quella fase già da un bel pezzo, eppure Ben mi manca da impazzire.
È in momenti come questo, che mi rendo conto che Morgan il Pirata si è trasformata nella fottuta Morgan la Principessa Piagnona. Mi odio, santo cielo.
Il mio telefono comincia a suonare insistentemente e sento un barlume di speranza riaccendersi: se fosse Ben? Inutile dire che quando leggo “Grace” sul display sono piuttosto delusa. Ci siamo sentite poco fa, cosa vuole ancora?
«Accendi la televisione! Veloce, Morgan! Muoviti!» mi domando per un attimo quale sia il suo problema, poi mi stringo nelle spalle e vado in salotto, dove Brian è intento a guardare una replica di One Piece. Stupidi maschi.
«Puoi cambiare un momento? Grace dice che è urgentissimo.» alzo gli occhi al cielo e lui ridacchia. Quando, però, il volto di Ben riempie lo schermo, l’esigua serenità accumulata svanisce e lascia il posto ad un nodo nello stomaco. Potrei vomitare.
La scena non è tra le mie preferite. Anzi, mi è fin troppo familiare. Rabbrividisco di fronte all’inquadratura di Allyson e comincio a chiedermi cosa stia succedendo. Perché Ben è lì? E perché alle loro spalle c’è una foto che ci ritrae mentre passeggiamo al parco?
Mi sono persino dimenticata di Grace, che è ancora in linea. Penso solo a Ben e a quanto mi sembri stanco. I suoi occhi sono cerchiati da occhiaie scure e livide, la barba è sfatta e il volto pallido e tirato. Non l’ho mai visto così e anche se dovrei cercare di dimenticarlo e andare avanti, non posso fare a meno di guardarlo e pensare che la colpa è mia.
Allyson gli siede davanti, le lunghe gambe accavallate e le tette così gonfie che sembrano sul punto di scoppiare. Sorride con aria entusiasta e annuisce in risposta a qualcosa che Ben deve aver detto un attimo prima che io mi sintonizzassi sul canale.
«Benissimo. Ora che abbiamo esaurito le domande sul tuo prossimo film, passiamo a qualcos’altro.»
Ben rimane apparentemente imperturbabile. Io, però, che lo conosco come le mie tasche, colgo i primi segni del suo nervosismo: pugni stretti, sguardo fisso e labbra tirate in una linea dura, dritta e inespressiva. Come fa ad essere così bello?
«Nell’ultima settimana, gira voce che tu e Morgan non stiate più insieme. Quello che tutti ci chiediamo è: è vero?» domanda Allyson.
Ah, se solo potessi attraversare lo schermo e raggiungerla nello studio! Le tirerei un bel calcio su quel culo rinsecchito e la spedirei in Cina a masticare bambù con i koala. Stupida oca senza cervello.
Mi chiedo che cosa risponderà Ben e sento un brivido di aspettativa risalirmi lungo la spina dorsale. E se dicesse che mi odia? Non credo che lo sopporterei. Stringo il braccio di Brian talmente forte da farlo mugugnare infastidito, poi mi sporgo in avanti con il busto, del tutto rapita dallo sguardo intenso di Ben.
«Le cose sono complicate, al momento.» è tutto ciò che riesce a dire. Abbasso lo sguardo, senza sapere bene come reagire. Ma cosa mi aspettavo? È in televisione, dopotutto, non può dare i dettagli della vicenda, né può far vedere quanto la cosa lo faccia star male. Il pubblico vive di questi dettagli sordidi, dei tradimenti, del dolore altrui, delle coppie che si separano e delle storie come la nostra, in cui prima o dopo l’insignificante ragazzina di paese viene sostituita dalla super star con la chioma biondo platino.
«La vostra è una delle coppie più amate, Ben. Morgan è una brava ragazza, ed è evidente che la popolarità non le interessa, o avrebbe accettato uno dei centomila inviti che le ho mandato questa settimana.» Allyson lancia uno sguardo tanto truce da bucare lo schermo.
Ops. Colpa mia.
«Se stai guardando, signorina Anderson, sappi che non mi arrenderò.» stupida rompipalle. «Ma sappi anche che faccio il tifo per voi.»
Oh, questa non me l’aspettavo. Davvero. Mi coglie così di sorpresa che cado dal divano e rischio di spaccarmi i denti per terra. Brian comincia a ridere così forte che nel giro di dieci secondi entra in iperventilazione. Io resto per terra, con lo sguardo perso sull’ultimo primo piano di Ben, che sorride e ringrazia Allyson. Un istante prima che lei mandi la pubblicità, Ben pronuncia le ultime parole che mi aspetto di sentire e chi mi fanno scoppiare in lacrime (ancora; comincio ad assomigliare ad una fontana ambulante.)
«Non mi arrenderò neanche io.»
 
Negli ultimi giorni, mi sono resa conto che trascorrere le serate in completa solitudine non è tanto male come mi ho sempre pensato. Voglio dire, cosa c’è di più eccitante dell’indossare un pigiama informe – quello con le nuvole, che piace tanto a Ben –, ingozzarsi di gelato alla nocciola, biscotti e cereali Cheerios, mentre in televisione danno l’ennesima replica di Pirati dei Caraibi? È decisamente la mia serata tipo.
Solo che, mentre ripeto insieme a Johnny/Jack (come fa ad essere così bello, per Dio?): “Capitan Jack Sparrow”, non provo alcuna soddisfazione. Ben avrebbe saputo apprezzare la mia imitazione. Avrebbe riso, poi avrebbe dichiarato di essere geloso di Johnny e mi avrebbe baciata. Avremmo finito con il fare l’amore e poi mi avrebbe detto che sarebbe rimasto con me tutta la vita. Io gli avrei lanciato contro i biscotti, ridendo, perché – cavolo! – non potevamo essere tanto sdolcinati. Lui si sarebbe stretto nelle spalle perché in fondo a chi importa se eravamo da diabete o meno? Un principe e un pirata possono fare quello che vogliono, non danno spiegazioni a nessuno.
La fine del primo tempo e l’inizio del notiziario, mi distolgono dal mio film su “Cosa sarebbe successo se…” e mi riportano alla triste realtà. La voce del giornalista annuncia una strage da qualche parte nel mondo, lo scoppio di una bomba, un probabile attentato, un allagamento e un numero indefinito di morti. Mi è persino passata la voglia di mangiare il gelato, ma la sfilza di pessime notizie non ha fine.
L’ultima è quella che mi sconvolge del tutto e che, di nuovo, mi fa cadere col culo per terra. Lo schermo propone un’inquadratura di Ben, piuttosto recente, perché al polso sinistro porta ancora il bracciale che gli ho regalato per Natale.
«Annuncia il ritiro dalle scene cinematografiche il trentenne londinese, Ben Barnes. Occupato nelle riprese di un nuovo film che lo vede nel ruolo principale, l’attore ha dichiarato di non avere più alcun interesse per la sua stessa carriera. Alcune indiscrezioni hanno attribuito la colpa alla rottura del fidanzamento con Morgan Anderson. È davvero così? Le numerose fan di Ben si augurano di no e sperano che il loro idolo ritrovi presto la ragione. Con questa notizia si chiude l’edizione del telegiornale. Vi auguriamo buona serata.»
La sorpresa mi immobilizza per qualche istante: spalanco la bocca e la richiudo più volte, nella pessima imitazione di un pesce. Dovrei reagire, credo. Magari riprendere a respirare e garantire al mio povero cervello una scorta di ossigeno per salvare i pochi neuroni che mi restano.
Rielaboro ciò che ho appena sentito una, due volte, ma il risultato non cambia: Ben ha davvero deciso di mollare la carriera. Per me. So che la colpa è mia, perché sono l’unica persona in grado di fargli prendere decisioni tanto stupide. Quando si parla di noi, il suo cervello tende a non funzionare tanto bene. E, ovviamente, nemmeno il mio.
Dovrei sentirmi lusingata, credo. Voglio dire, dovrei essere felice, no? È quello che ho sempre voluto. Vivere con lui tutti i giorni, avere una nostra quotidianità, fatta di gesti abitudinari, di piccole cose che avvengono tutti i giorni, un sorriso, una carezza, una cena da Mc Donald e un dvd in tarda notte. Ma al posto del sollievo c’è solo il senso di colpa, e non mi piace.
Non voglio essere la responsabile dell’infelicità di Ben: è un pensiero insopportabile. Anche se vorrei davvero capire cosa diavolo gli sia passato per la testa quando ha preso questa decisione idiota. Ed ora, tanto per non farmi mancare una gamma di emozioni al completo, sono così incazzata che se ce l’avessi davanti, probabilmente finirei con l’ucciderlo.
Anzi, sapete che vi dico? Ora ci vado, ad ucciderlo. Almeno avrà buttato al vento la sua vita per una ragione valida: da morto una carriera non gli serve mica. Mi alzo di scatto, corro in camera mia (be’, degli ospiti, ma ormai è mia) e spalanco l’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare che mi dia un’aria abbastanza autoritaria e non, invece, da ragazzina impettita e fuori di testa.
Poi, però, mi rendo conto che Ben non si lascerà certo ingannare da un paio di pantaloni neri e da una coda di cavallo tiratissima, perciò mi limito ad afferrare il primo paio di jeans che trovo, la maglietta a fiori – in genere mi porta fortuna – e gli stivali, e in meno di dieci minuti sono passata all’impermeabile.
Brian, che è appena rientrato e, a giudicare dalla sua faccia, sembra anche piuttosto allegro, mi rivolge un’occhiata perplessa.
«Dove vai, sorellina?»
Sorellina? Deve aver bevuto parecchio. In ogni caso, i problemi da giovane alcolizzato di Brian non mi interessano. Avvolgo la sciarpa intorno al collo, afferro le chiavi della macchina e mi precipito fuori di casa.
«Ehi! Questa casa non è un albergo!» urla Brian, dall’ingresso. Scoppio a ridere, perché a volte è così idiota che non ci sono parole per descriverlo. E, comunque, l’imitazione di mamma è una di quelle che gli esce meglio.
«Scusa, Brianna!» evidentemente, la stupidità è genetica.
Essendo sfigata per natura, non mi stupisce affatto che la macchina sia in riserva, ma non ho tempo per fermarmi a far benzina: Ben ha la priorità e il rischio di rimanere a piedi, be’, viene dopo. Prima, devo evitare a quell’idiota del mio fidanzato di commettere lo sbaglio più grande della sua vita. Ex fidanzato. Ex. Ex. Ex. Devo ancora farmelo entrare per bene nel cervello.
Trascorro l’intero tragitto in una sorta di stato di panico-preghiera, in cui la mia attenzione rimbalza di continuo dalla spia della riserva, che è di un arancione vagamente inquietante, al discorso che farò a Ben.
Al momento suona così: “Anche se non stiamo più insieme, non vuol dire che tu devi mandare la tua vita a puttane. Perciò smettila di fare il coglione, chiama il produttore, il tuo agente o chi accidenti ti serve e spiegagli che la tua dichiarazione è stata colpa di un raffreddore. Oppure digli che ti sei sniffato un po’ di colla, perché volevi fare il trasgressivo. Ma, per l’amor di Dio, smettila di comportarti come un bambino. Io sono felice e ho ricominciato a farmi una vita, dovresti farlo anche tu.”
Suona bene, vero? Credo che potrei vincere un Oscar, magari contatto Allyson e le chiedo cosa ne pensa. No, scherzo. Meglio che resti lontana da me. In ogni caso, mi ripeto il discorso fino a che non sono certa di averlo imparato a memoria e, finalmente, raggiungo casa di Ben. Ex casa mia, insomma. Nostra.
Oh, merda, mi viene da piangere. Non ha ancora tolto il mio nome dalla casella della posta. E c’è ancora quella pianta orribile che gli ho fatto comprare e che poi è appassita dopo una settimana. E le tende sono ancora le stesse che ho scelto.
Merda.
Merda.
E ancora merda.
Faccio un respiro profondo e percorro il vialetto in tutta calma. Probabilmente, di questo passò raggiungerò la porta intorno alle cinque di domani sera, ma ho bisogno di trovare un po’ di calma. Ogni passo in avanti, mi spezza il cuore. Come farò a guardarlo in faccia e a dirgli che ho ricominciato a vivere? Non ci crederà mai, è impossibile.
Ma lo farò comunque. Per amore ci si sacrifica, non è così? Vorrei fare un esempio figo, ma il panico mi impedisce di ragionare lucidamente, perciò, non so, pensate voi a qualcosa che renda il concetto.
Suono il campanello e, dopo qualche istante la porta si apre.
A questo punto mi rendo conto che qualcosa non va come dovrebbe perché, a meno che non abbia lunghi capelli biondi, labbra carnose e occhi verdi, chi ha aperto la porta non è Ben.





***




No, non è un'allucinazione. Sono proprio io, in carne ed ossa. Vi chiedo scusa per il ritardo, ma è stato un periodo d'inferno. Tra dieci giorni di ricovero in ospedale, intervento e ripresa, è stato un po' un periodaccio e l'ispirazione per questa storia è venuta a mancare. Ma avevo detto che non l'avrei abbandonata, perciò ecco qui il nuovo capitolo.
Spero davvero che vi sia piaciuto e che un pochino vi abbia fatto sorridere. Io mi sono divertita molto a scriverlo, anche se alla fine non è che sia questo granché. In ogni caso, se vi va, fatemi sapere che ne pensate :)
Un bacione,
Fede.

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Capitolo 4
*** IV. ***






IV.

 

 
Devo prendere un respiro profondo prima di parlare, perché sono piuttosto certa che vomiterei una sfilza incredibilmente lunga di insulti che, ovviamente, non sono adatti ad una signorina come me. Ma chi voglio prendere in giro? Noi pirati siamo maleducati, volgari, sboccati e decisamente irascibili.
«Che diavolo ci fai tu in casa mia?»
E possessivi, nel caso in cui non si fosse capito. Amanda Seyfried – perché non sono per niente sorpresa? – inclina la testa da un lato e i capelli biondi le coprono la spalla candida ed esile. Vorrei strapparglieli uno alla volta, quei peli malefici. Dio, perché diavolo è in casa mia? Non è possibile che Ben le abbia chiesto di sposarlo, vero? Voglio dire, fino a poco tempo stava insieme a me, non può essersi ripreso così in fretta.
Inarco entrambe le sopracciglia, sorpresa, quando quel manico di scopa ambulante mi sorride come fossimo vecchie amiche e mi invita ad entrare in casa. Come se ce ne fosse bisogno: conosco la strada meglio di lei, non mi serva che mi dica di accomodarmi in salotto. È il mio salotto.
Sento un po’ di rumore dal piano di sopra, dopodiché dei passi felpati annunciano l’arrivo di Ben. Mi guarda come se fossi un’aliena e per un attimo vengo assalita dalla voglia di saltargli addosso e baciarlo. È così bello, maledizione. Come ho fatto a rimanergli alla larga per tutto questo tempo?
«Morgan?»
«No, Mary Poppins.»
Sono simpatica, vero? Lasciate stare, lo so già. Certe cose non hanno bisogno di conferme. Voglio dire, io al vostro posto mi amerei follemente.
«Che ci fai qui?» domanda di nuovo. Non so, forse oggi è la giornata delle domande idiote, perché siamo a quota due e sono passati solamente tre minuti da quando sono entrata.
«Sono venuta a dirti che sei un coglione.»
Ben non reagisce nel modo in cui mi aspettavo. Avevo già programmato tutto, nella mia mente. Si sarebbe incazzato tantissimo, avrebbe cominciato ad urlare e mi avrebbe accusato di essere la causa della sua rovina. A quel punto io gli avrei detto di fare marcia indietro e tutto si sarebbe risolto. Saremmo stati separati, ma almeno uno di noi non avrebbe distrutto il proprio futuro.
Invece rimane impassibile. Inarca un sopracciglio, si volta verso Amanda e le sorride. Vedo rosso. Qualcuno me la levi di mezzo, perché oggi faccio una strage. Come se avesse colto l’arrivo imminente della sua fine, la signorina Sono-più-bella-di-te scuote la testa e mi rivolge uno sguardo apparentemente tranquillo.
«Gliel’ho detto anche io, che sta commettendo uno sbaglio.» sostiene, stringendosi nelle spalle. E be’? Non è che se mi da’ ragione diventiamo amiche del cuore e cominceremo a scambiarci i vestiti. Annuisco bruscamente e torno a guardare Ben. Un sorriso appena accennato increspa il suo volto e sento una fitta al cuore perché, accidenti, è davvero bello e io lo amo così tanto. E mi manca. E mi rode da impazzire che questa stangona fantastica passi così tanto tempo insieme a lui.
«Cos’hai da guardare?» ringhio, in difficoltà. I suoi occhi continuano a farmi uno strano effetto. Vorrei piangere, ma vorrei anche baciarlo. E urlare, e ridere. E vedere uno psicologo, che non sarebbe male.
«Sei ingrassata?»
«Vedi che sei un coglione? Ho ragione o no?» Amanda si schiarisce la voce e mi posa una mano sulla spalla. Avrei voglia di staccargliela a morsi, ma mi trattengo.
«Io ti trovo bellissima.» dice. Oh, dai, però se fa così come faccio ad odiarla? Voglio dire, dalla donna che ti ruba l’amore della tua vita non ci si aspetta tanta gentilezza. Non potrebbe ridere, malefica, come fanno tutte? Magari potrebbe dirmi che Ben è suo, che ha vinto lei, che ne so, qualcosa del genere. Ma se mi dice che sono bella, rende praticamente impossibile avercela con lei.
Poi, prima che possa risponderle qualcosa, Ben si avvicina.
«Certo che è bellissima. Lo è sempre stata.» apro e chiudo la bocca un paio di volte perché rischio davvero di scoppiare a piangere. Amanda mormora un «vi lascio soli» e si chiude la porta della cucina alle spalle.
Pochi secondi dopo, colpisco Ben con un calcio sugli stinchi.
«Morgan! Sei impazzita?» si lamenta, massaggiandosi la parte lesa con un broncio adorabile.
«Sarei io quella impazzita? Mi spieghi cosa cavolo ti dice il cervello?» urlo, gesticolando come una forsennata. Di nuovo, Ben sorride. Dio, ora lo picchio. Poi lo bacio. E poi lo picchio di nuovo. Come si fa a sorridere in una situazione simile?
«Volevi una vita normale, Morgan. È quello che avrai. Posso rinunciare alla mia carriera, a te invece no.» mi porta una ciocca di capelli dietro le orecchie e si avvicina di un passo.
Socchiudo gli occhi, perché anche un contatto così innocente riesce a scatenare un fremito incontrollato. Santo cielo, è Ben. E io vorrei solo buttarmi tra le sue braccia e chiedergli di tornare insieme. Ma non voglio che sacrifichi tutto per me. Non voglio essere causa del suo insuccesso, ne voglio essere il sasso legato al filo del suo palloncino. È una metafora del cavolo, ma sono così confusa che non saprei fare di meglio. Sospiro, godendomi a pieno il tocco della sua mano, che si è spostata sulla guancia.
«Non è così che funziona, Ben.»
«Mi spieghi che cosa vuoi, Morgan?» sbotta, allora, infastidito. Si allontana di qualche passo e comincia a girare per la stanza come un animale in gabbia. Lo osservo con attenzione, perché anche quando è arrabbiato resta affascinante e posato ed estremamente bello. La vita è ingiusta. Ed è ingiusta per colpa mia, perché sono stata io a cacciare entrambi in questa situazione del cavolo. E sono sempre io che ora vorrei solo fare marcia indietro. Ma c’è un motivo se mi dicono di continuo che sono stupida e immatura e idiota. E hanno ragione.
«Non voglio che rinunci alla tua vita per me.»
«Non rinuncio a niente di importante.»
«Ben, fai la persona seria.»
«Non mi ero accorto che fino ad ora stessimo scherzando.»
Tieni duro, Morgan. Non sorridere. Non fare niente. Mantieni la tua posizione e resisti. Porta a termine ciò per cui sei venuta e poi vattene, prima di cambiare idea., mi ripeto. Eppure per un attimo sono tentata di cedere. Potrei rendere le cose più facile, lasciare che sia lui a sacrificarsi ed essere felice. Ma non lo sarebbe Ben. E se c’è una cosa che ho capito, è che lui per me viene prima di chiunque altro.
«Chiama il tuo agente, digli che vuoi la parte e che stavi scherzando. Inventati qualcosa, non lo so. Ma non mandare tutto in merda per me, Ben. Dico sul serio. Volta pagina.» affermo, seria come non mai e non senza un certo sforzo.
«Tu l’hai fatto?»
«Sì, l’ho fatto.»
Bugiarda.
«Non ti credo.» Ben sorride ancora, per niente colpito dalla mia risposta. Anzi, come a dimostrarmi che non ci è cascato nemmeno per un istante, muove un passo nella mia direzione e mi intrappola tra la parete e il suo corpo, con le mani ai lati della mia testa e il viso così vicino che mi basterebbe allungarmi per baciarlo. Mi volto dall’altra parte.
«Levati.»
«Guardami, Morgan.»
Scuoto la testa, perché se lo guardassi adesso, sono certa che tutte le mie barriere cederebbero all’istante. E non è quello che voglio. Devo mettere un punto a questa situazione e devo farlo subito.
«Mi vedo con un'altra persona.»
Percepisco chiaramente i muscoli delle sue braccia irrigidirsi e mi azzardo a guardarlo perché, be’, non avevo messo in conto di dire una cazzata simile e non so come potrebbe reagire. Tuttavia, la tensione dura un attimo.
«Non ti credo.»
«Non è un mio problema.» dai così, Morgan, fai la sostenuta.
Ben ghigna e a me vengono i brividi. Perché io quell’espressione la conosco bene. È quella che fa quando ha in mente qualcosa e, il più delle volte, non è mai qualcosa di buono. Vorrei chiedergli cosa sta pensando, ma ho paura di sentire la risposta.
«Venite a cena qui, domani sera. Sono proprio curioso di conoscerlo. Ma prima…» mi afferra il mento con una mano, mi costringe a guardarlo e senza lasciarmi il tempo di fare niente, mi bacia. E non è delicato come suo solito. Riesco a sentire tutta la sua rabbia e non posso fare a meno di ricambiare come se fosse l’ultima volta che lo bacio. Quando mi lascia andare, ansante e con il fiato corto, mi sorride di nuovo.
«Baci anche lui così, Morgan?» mi porta di nuovo una ciocca di capelli dietro le orecchie e si dirige verso le scale. Si volta per lanciarmi un ultimo sguardo pieno di soddisfazione.
«Domani alle diciannove, Morgan. Ti aspetto a cena con il tuo nuovo fidanzato.»
E adesso che cavolo faccio? Sento i passi di Ben su per le scale e sono tentata dall’idea di rincorrerlo e prenderlo a schiaffi per avermi baciata in quel modo. Come ha osato farlo? Perché deve essere così testardo e stupido e così stronzo! Non doveva baciarmi e basta. Adesso sono più confusa di prima e non so cosa fare e…
 «Stai bene?»
Ecco. Amanda Seyfried non dovrebbe essere così gentile con me.
«Ho fatto un casino.»
E io non dovrei nemmeno parlarle, ma in questo momento sono così fuori di testa che potrei scambiarla anche per mia madre. Il che non è un bene, credetemi.
«Si sistemerà tutto, Morgan.»
«Perché lo fai?»
«Cosa?»
«Perché sei gentile con me? Tu vuoi stare con Ben!» protesto, con le lacrime agli occhi. La sento sospirare, poi il suo braccio mi circonda gentilmente le spalle. «Io e Ben siamo amici, Morgan. Tutto qui. E lui ti ama così tanto.»
«Ma tu sei così bella.»
«Anche tu lo sei. Perciò ti offro il mio aiuto, ci stai?»
Mi ritrovo ad annuire, perché sono stupida – anche se non c’è bisogno di ripeterlo un’altra volta – e perché tutto sommato comincio a pensare che l’attrice qui presente sia davvero dalla mia parte. Se invece non lo fosse, la mia vendetta sarà tremenda e lei dovrebbe dire addio alla sua carriera, alla sua vita e… non è vero, probabilmente mi ritroverei in camera di Brian a piangere perché, di nuovo, sono stata stupida.
«Cosa pensi di fare? Dai, parliamoci chiaro, non troverò mai qualcuno disposto a fingersi il mio ragazzo! Non sono mica te.» sbotto, poco dopo, mentre camminiamo verso la mia macchina. Amanda si è offerta di accompagnarmi a fare benzina – sì, mi sono lasciata sfuggire il dettaglio della riserva fissa – ed io ho anche accettato, perché tanto ormai peggio di così non può proprio andare. È matematicamente impossibile.
«Noi attori abbiamo un sacco di conoscenze. Ora voglio capire fino a dove sei disposta ad arrivare.» sostiene, seria come non mai. Non che io la conosca eh, però quell’espressione è preoccupante.
Fino a dove sono disposta ad arrivare per risolvere il casino che io stessa ho causato? Dappertutto, penso. Farei qualsiasi cosa per tornare indietro di qualche mese e riavvolgere il tempo. Potrei raggiungere Ben a Los Angeles e stare con lui, anziché piantarlo in asso e andarmene di casa solo perché soffro di solitudine. Oppure potrei compare un cane.
«Cosa hai in mente?»
«Ho il fidanzato perfetto per te. Tieniti pronta.»





***



Chi vorrebbe uccidermi alzi la mano! No, davvero. Non mi metto nemmeno ad implorare perdono perchè è una vergogna postare dopo un tempo così schifosamente lungo. Anyway, ecco qui.
Lascio a voi i commenti, perchè io proprio non so cosa dire.
Scusatemi. 

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Capitolo 5
*** V. ***


 




V.
 
 
Murphy dice che “Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.”
Chiaro, no? Quel qualcuno sono io. Ci sono due modi di fare le cose, è vero. C’è quello giusto, che nel mio caso sarebbe andare da Ben e spiegargli che non c’è nessun altro nella mia vita a parte lui; e poi c’è quello sbagliato-catastrofico, che naturalmente è quello che ho scelto. Il che spiega perfettamente perché ho appena risposto ad Amanda che sì, possiamo vederci alle diciassette per fare le presentazioni con la povera anima che dovrà accompagnarmi lungo il calvario.
«Posso dirti la verità, Morgana?»
Brian sa essere davvero cattivo certe volte, perciò no: non voglio la verità. Non che la cosa gli interessi in alcun modo, visto che si stende comunque sul mio letto – che poi è il suo, ma non c’è bisogno di soffermarsi sui dettagli – e si volta a pancia in su, con le braccia incrociate dietro la testa. Fingo di non accorgermi della sua presenza e continuo a rovistare all’interno dell’armadio, perché magari potrei trovare qualcosa che non mi faccia sentire come una melanzana in un campo di margherite.
«Che cavolo vuol dire?»
«Che dici, Brianna?»
«Che paragone fai?»
«Eh?»
«La melanzana e le margherite, Morgana. Stai parlando da sola ad alta voce.»
Oh. Certo che il nervosismo gioca davvero brutti scherzi.
«Sai cosa, Brian? Penso di essere stupida.»
«Sì, lo penso anche io.»
Ed ecco il tanto decantato amore fraterno. Ovviamente sapevo che Brian sarebbe stato d’accordo con me, ma per il quieto vivere avrebbe almeno potuto aspettare un paio di secondi prima di darmi ragione. Sospiro appena, poi mi volto, prendo un po’ di rincorsa e faccio per lanciarmi sullo stomaco di Brian. Se non si fosse spostato, sarebbe senz’altro morto, ma per fortuna ha buoni riflessi. Mi accoccolo contro il suo fianco e mugugno qualcosa di incomprensibile. Lui ride e mi strofina le nocche sulla testa.
«Il tuo problema, Morg, è che non ragioni. Devi prima pensare e poi agire, altrimenti ti ritroverai sempre in situazioni ridicole e finirai per fare discorsi su melanzane in mezzo alle margherite. Perciò non ti puoi stupire se la gente crede che tu sia stupida.»
Ha ragione, ma non glielo direi nemmeno se dovessi morire oggi, perciò mi limito a sbuffare sonoramente e gli affondo l’indice tra le costole, facendolo sobbalzare per sorpresa.
«Non sei gentile.»
«Nessuna si è mai lamentata.»
«Sì, certo. Raccontalo a qualcun altro.» Sto per fare una frecciatina niente male su Grace, sperando di farlo arrossire, quando il campanello suona. Mi trascino giù dal letto e corro alla porta, perché chiunque sia sembra avere fretta.
Naturalmente si tratta di Grace, ma non me la sento di farle presente che casa di Brian non è una tavola calda in cui può presentarsi a qualsiasi ora. Poi mi ricordo che mio fratello è il motivo per cui fa avanti e indietro almeno tre volte al giorno e ci rinuncio. Sarebbe inutile e comunque ho cose più importanti a cui pensare.
«Non essere ridicola, Morgan. Ben non si berrà mai una storia simile, nemmeno tra un migliaio di anni.» è la prima cosa che mi dice. Poi si dirige direttamente verso la mia camera. «Almeno fai in modo di vestirti decentemente per non sembrare uno scorfano in una vasca di pesci rossi.»
La risata di Brian si espande per tutto l’appartamento l’istante successivo, ma non c’è da stupirsi. I paragoni di Grace sono di gran lunga peggiori dei miei.
Poi succede una cosa strana, di quelle che non ci si riesce a spiegare nemmeno con l’aiuto di uno psicologo: nel bel mezzo del corridoio, Brian e Grace si scontrano e Grace si sposta.
Si sposta, capito? Come se a Brian fossero appena spuntati gli zoccoli, un altro paio di braccia e un terzo occhio in mezzo alla fronte. Tutto nello stesso momento. Ma la cosa più divertente – perché, sì, credo di non essermi mai divertita tanto in tutta la mia vita – è che Brian arrossisce.
Certo, non in modo plateale, o la sua fama da macho ne risentirebbe, ma sono sicura che le sue guance si siano colorate appena di una molto virile tonalità di rosa. Ed io non potrei mai farmi scappare un’occasione simile, così prima ancora che qualcuno abbia il tempo di dire niente, mi schiarisco la voce e «Tra rose e fior, nasce l’amor, Brian e Grace si vanno a sposar… lui dice sì-»
L’urlo belluino di Grace mi insegue fino al bagno in cui sono scappata a rifugiarmi e gli insulti di Brian le fanno eco per un po’, fino a quando si placano e un silenzio tombale prende il posto delle minacce di morte.
Mi azzardo ad uscire dal bagno solo dopo qualche minuto e mi infilo in camera di soppiatto, sperando che Grace e Brian non abbiano preso alla lettera il pezzo della canzoncina che ho taciuto (“-lei fa così, poi ci ripensa e dice di sì! Dopo il bagnetto, subito a letto, via le mutande e via il reggipetto…”) e non si stiano rotolando tra le lenzuola. Sarebbe imbarazzante. Non che fino ad ora sia successo qualcosa che si allontani dal delirio più totale, ma chi sono io per giudicare?
Con mia enorme sorpresa, non è successo niente di quanto ho immaginato. Grace sta rovistando nel mio armadio e Brian è di nuovo sul letto e sta… un attimo. Le sta guardando il culo! Ed in un modo tanto palese che mi stupisce che lei non se ne sia ancora accorta.
«McQueen e Sally parcheggiati sotto un pino, si guardan nei fanali e si scambiano un bacino.» Lo so, lo so. Dovrei imparare a tenere la bocca chiusa, ma il divertimento dove sarebbe?
«Morgan. Un’altra parola e ti sfratto.»
La voce di Brian ha un tono macabro che mi fa venire i brividi. Sarebbe davvero capace di cacciarmi? Certo che sì, glielo si legge negli occhi. Grace, che continua ad esporre il suo lato b in tutta naturalezza, mi scaraventa addosso un vestito azzurro e un maglioncino nero.
Quando la vedo frugare nella scarpiera mi nascondo dietro la porta, perché un conto è un vestito di cotone, un altro sono le scarpe col tacco che ha appena tirato fuori. Quelle che non mi metterei nemmeno sotto tortura, per intenderci.
«Nonostante tu sia una stronzona di proporzioni cosmiche, Morgan, io ti voglio bene. Ed è per questo che ti ho trovato l’accompagnatore perfetto per questa sera.»
«Ma Amanda ha detto che-»
«Amanda» ripete Grace, interrompendomi con un cenno della mano «ti presenterebbe un belloccio di Hollywood. E nessuno sano di mente crederebbe che tu sia capace di conquistare un attore.»
Tossicchio appena e indico la cornice sulla scrivania. Ben ha un sorriso davvero fantastico.
«Per due volte, Morgana. È chiaro, ormai, che Ben abbia qualche tara nel cervello.» interviene Brian.
«Sei cattivo.»
«Zitta. Sto ancora pensando di mandarti via.»
Ed eccolo che interviene a difesa della sua fidanzatina. La vita è ingiusta. Anche io vorrei che Ben venisse qui a difendermi, ma si da’ il caso che si aspetti di vedermi questa sera con il mio nuovo, fantastico fidanzato. Ripenso per un attimo al bacio che mi ha dato e mi si contorcono le budella. Non posso farlo, non posso farlo, non posso farlo. E poi Grace sgancia la bomba.
«Ti ricordi di Alessandro? È qui a Londra con Giacomo e sarebbe felice di accompagnarti.»
Sono morta. Defunta, deceduta, trapassata. E l’inferno mi aspetta.
La cosa negativa di avere un piano ben congeniato è che sicuramente non andrà come previsto. L’ho capito molto tempo fa, ma non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il momento in cui avrei firmato spontaneamente la mia condanna.
Telefono ad Amanda, per chiederle un parere. Okay, speravo mi dicesse che quella di Grace è una pessima idea, ma si è limitata a cinguettare un’entusiasta “ma è fantastico! Ben andrà su tutte le furie! Mi raccomando, Morgan, devi essere credibile!”.
Quello che Amanda non capisce è che quando Ben è su tutte le furie tende a comportarsi come un idiota. La prima volta che è successo mi ha chiesto di sposarlo, per intenderci. La seconda ha chiuso la sua carriera. La terza – che decisamente è quella che odio di più – ha deciso di invitarmi a cena con il mio fidanzato. Quindi no, non voglio che vada su tutte le furie.
«Mi ucciderà.» piagnucolo, accovacciandomi sul tappeto. Dico sul serio. Mi farà a pezzi e butterà il mio cadavere e quello di Alessandro nel Tamigi. Tanto ha già fatto pratica in Dorian Gray, quindi non dovrebbe essere difficile per lui.
Grace ghigna divertita. So che se la sta godendo un mondo e me lo merito, perché le uscite di prima sono state cattive, ma era il mio modo per approvare la loro relazione. No, va bene, volevo solo divertirmi un po’.
«È ora di prepararsi.»
«Il cappio lo fai tu?»
«No, io penso ai capelli. Una treccia andrà bene.»
«Forse mi ci potrei strangolare.»
 
Quando arrivano le diciotto e trenta e scendo le scale per andare incontro al mio destino, sono perfettamente consapevole dell’imminente catastrofe.
Quello che non mi aspetto, invece, è che Alessandro sembri così contento di vedermi, perché non è che il rapporto tra di noi sia così buono. Non ne è mai esistito uno, in effetti, se si esclude la proposta di dimostrarmi le sue immense prestazioni sessuali. Lo saluto con un sorriso piuttosto tirato e sono quasi sicura che mi si siano anche incrociati gli occhi, ma questo non sembra spaventarlo.
«Ciao, Morgan.»
«Ciao.»
«Vogliamo andare?»
«Veramente no.»
Ride e nei suoi occhi scorgo qualcosa che non mi piace per niente. Non è cambiato da quando l’ho conosciuto: è ancora un cretino. E questa volta Ben lo ucciderà sul serio.
Il tragitto in macchina è silenzioso e pieno di nervosismo e io mi mangio le unghie come se non ci fosse un domani. Sono costretta a fermarmi perché mi fanno male, così passo a torturare l’orlo del vestito, stropicciandolo più di quanto non sia già. Sto per passare ai capelli – e sarebbe davvero un disastro annunciato – ma  Alessandro ferma la macchina. Per essere italiano e per aver guidato a Londra solo un paio di volte, è sorprendente che siamo arrivati sani e salvi. E anche piuttosto deludente. Contavo almeno su una pattuglia della polizia.
«Non eri costretto ad aiutarmi.» gli comunico. Puoi ancora cambiare idea, puoi tornartene da dove sei venuto e avere salva la vita. È il messaggio che sottintendo. Ma Alessandro è davvero idiota, perciò non lo coglie e mi circonda le spalle con il braccio. Dalla finestra del salotto, qualcuno ci sta osservando. Non è Ben, per fortuna, ma Amanda, che solleva il pollice in segno di assenso e ci fa cenno di andare avanti.
Mi si bloccano le gambe sul selciato. Davvero, credo di non essere mai stata più nervosa di così. Voglio sparire.
«Andiamo, sarà divertente.»
Alessandro mi trascina per mano, poi suona il campanello prima ancora che abbia il tempo di formulare il pensiero di scappare a gambe levate.
Quando Ben apre la porta, mi viene da piangere. Vorrei implorare perdono, ma il sorriso che gli si dipinge in faccia mi fa immediatamente cambiare idea. È sul piede di guerra. E non sia mai che un pirata si faccia sfuggire una sfida.
«Alessandro, Morgan, prego entrate. La cena è quasi pronta.»
Sì, certo. Tanto lo sanno tutti che la vendetta è un piatto che va servito freddo.




 
***





No, non state sognando. Sono proprio io. Dopo talmente tanti mesi - non mi metto nemmeno a contarli, perché sarebbe imbarazzante - ecco il nuovo capitolo. Ho sempre pensato che fosse ingiusto lasciare Ben e Morgan senza un finale. Ma ho una vita abbastanza incasinata, al momento, e la scrittura purtroppo è dovuta passare in secondo piano. Be', per ora ecco il capitolo nuovo. Ci sono un sacco di Grace e Brian, che io continuo ad amare follemente e finalmente sta per arrivare il tanto atteso incontro/scontro tra Morgan e Ben. Chi avrebbe mai pensato ad Alessandro? E' stata una genialata dell'ultimo minuto. Immagino non sorprenda nessuno, tanto questa storia è talmente assurda che una cosa del genere c'era da aspettarsela.
Bene, detto questo, non mi aspetto di certo che qualcuno legga o, insomma, qualche apprezzamento o che ne so. Mi sento davvero in colpa. Tuttavia, sappiate che come al solito sarò contenta anche solo se leggerete! Sapete che ho fatto? Ho chiamato Grace Claire almeno trenta volte. E me ne sono accorta dopo aver pubblicato. Ho già corretto, ma se mi fosse sfuggito qualcosa, fatemelo notare grazie. Ah, ste figure da stordita...
Vi abbraccio, Fede.

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Capitolo 6
*** VI. ***








VI.
 
 
 
 
«Prego, fate pure come se foste a casa vostra.»
L’umorismo di Ben ha un qualcosa di macabro che mi fa venire i brividi. Non so se vuole mettere a disagio me o far sentire Alessandro l’ospite più sgradito di sempre – funziona alla perfezione, tra parentesi – ma sono comunque indecisa su come reagire. Vorrei ridere, perché sembra proprio una battutina che potrei fare anche io e al tempo stesso vorrei picchiarlo, perché quando mi guarda dall’alto in basso mi fa sentire una bambina capricciosa.
«Grazie. Morgan, tesoro, dammi pure il cappotto.»
Così non va. Dico davvero, non credo che reggerò a lungo. Alessandro mi dà fastidio. È l’unico ragazzo in grado di smuovere un odio profondo e viscerale che non mi lascia scampo. Sapete, no, quando parte l’istinto omicida proprio dalla pancia? Cielo, vorrei strangolarlo. E lo farò, se mi chiama tesoro un’altra volta. Lascio comunque che mi aiuti a sfilare il cappotto e mi ritraggo appena quando mi sfiora il collo con un tocco che proprio non si può definire casuale.
Con la coda dell’occhio guardo Ben. Essendo un attore, è piuttosto bravo a fingere che non si sia accorto di niente e che vada tutto bene, ma ad occhio esperto – cioè il mio – appare evidente che gli istinti omicidi siano perfettamente condivisi.
Mentre Alessandro si allontana per appendere i cappotti, Ben mi osserva. Sono dolorosamente consapevole della sua presenza e mi sento in gabbia. Come potrei uscire da una situazione del genere senza effetti collaterali?
«Bella serata, no?» cinguetto. Vai così, Morgan, fallo infuriare.
«Un vero spasso.» è la risposta di Ben. Ora sì che vorrei ridere. Non avete davvero idea della faccia che sta facendo. Non si era ancora accorto del vestito. Inutile dire che Grace ha pensato che “più è corto, meglio è”, ma Brian le ha detto che non era propriamente un’idea geniale, perché non solo Ben si sarebbe incazzato di brutto, ma avrebbe anche pensato di essersi fidanzato con una squillo.
Perciò, dopo ore di litigio, siamo giunte ad un compromesso. Vestito lungo fino al ginocchio, ma scollato su tutta la schiena. Per puro caso e per coincidenza fortuita, so per certo che è anche uno dei preferiti di Ben. Non che abbia calcolato alcunché, sia chiaro.
«Morgan.» la sua voce è più simile ad un ringhio, ma non me ne preoccupo. E comunque, non mi sono invitata da sola per questo schifo di cena. Ed è inutile che adesso scarichi la colpa su di me. «Perché lo stiamo facendo?» domanda. È passato dall’arrabbiato al rassegnato e si è avvicinato di un passo. Mi trattengo a stento dall’abbracciarlo. Devo tenere duro, o tutto quello che ho fatto fino ad ora – che sia stupido o no – perderebbe il significato.
Opto per il sarcasmo, perché non saprei in che altro modo uscirne.
«Hai fatto tutto da solo, Ben. Io e Alessandro avevamo altri progetti.» nominare Alessandro non è un’idea meravigliosa, lo ammetto. E adesso che lui non è qui intorno (sospetto ci sia lo zampino di Amanda: non dovrebbe essere difficile per lei, catturare l’attenzione di un uomo) Ben non ha alcun motivo per trattenersi.
Ed è precisamente ciò che succede. La sua mano si stringe intorno al mio braccio prima ancora che possa pentirmi di aver aperto bocca.
«Sono davvero stanco, amore. Per quanto ancora hai intenzione di tirare avanti questa farsa?»
Ora glielo dico. Lo faccio. Gli dico che lo amo e che mi dispiace di essere stata tanto stupida e immatura. E gli dico che non l’ho mai lasciato davvero, che ho sempre pensato a lui e che la vita con Brian e Grace è uno schifo. E poi forse implorerò per il suo perdono.
«Io-»
«Tesoro, eccoti.» tempismo perfetto, Alessandro. Dieci e lode, davvero.
Sospiro e Ben molla la presa sul braccio. Si allontana con un’occhiata che sa di rimpianto e ci conduce verso la cucina, in completo silenzio. Amanda, che ha raccolto i capelli in una coda alta e ha indossato uno di quei grembiuli orribili che ho comprato al mercato, mi rivolge un sorriso di scuse.
Mi stringo nelle spalle, perché non è di certo colpa sua se io sono idiota e Alessandro è cretino. Quindi mi accomodo al tavolo, nel posto che usavo occupare quando ancora vivevo qui e lascio che il mio accompagnatore si sieda di fronte. Per fortuna, non ha scelto il posto di Ben, o sono piuttosto sicura che non avrei retto il colpo.
Amanda serve un vassoio con degli antipasti al centro del tavolo ed io non posso fare a meno di pensare che sia sbagliato, che dovrei essere io a sorridere agli ospiti e a chiedere loro cosa preferiscono, dovrei essere io a cucinare e a spiegare che ho preparato il piatto preferito del mio futuro marito. Invece mi fermo ad ascoltare Amanda che racconta del macellaio, che le ha chiesto l’autografo, una foto e le ha regalato anche tre etti di prosciutto cotto.
Alessandro la guarda come se fosse un’apparizione mistica ed io posso solo immaginare che quella sia la stessa espressione del povero macellaio. Amanda Seyfried fa sempre un certo effetto.
Ben fissa il piatto con aria assente ed è solo in questo momento che mi rendo davvero conto di cosa ho combinato. È colpa mia e devo rimediare. E devo farlo subito.
 
Il ragionamento non è mai stato il mio punto forte. Tra il cuore e la ragione, io seguo la pancia. Perciò quando scatto in piedi come se mi avessero dato fuoco alle chiappe, appaiono tutti sorpresi tranne Ben. Faccio il giro del tavolo, lo afferro per il polso e lo tiro su – ci provo, almeno.
«Ce ne andiamo.»
Amanda scoppia a ridere, batte le mani entusiasta e si serve una fetta di prosciutto arrotolata con cura. «Se non vi dispiace, io mangerei.»
«Buon appetito. E grazie, davvero.» le sorrido, poi guardo Alessandro. «Sì, be’, scusami.» Non sembra credere ai propri occhi e, detto tra noi, la cosa mi riempie di soddisfazione. Gli sto comunque regalando una cena con Amanda, che è molto meglio di me, quindi non può proprio lamentarsi.
Ben si lascia trascinare inerme. Non tanto inerme, in realtà: ho l’impressione che stia rendendo ogni passo molto più pesante del normale e non è proprio semplice fare forza su un uomo alto un metro e novanta. Ma me lo merito, perciò sudo sette camicie e mi fermo solo quando siamo per strada.
«Dovresti parlare con uno psicologo, amore.»
«L’ho fatto, ma è dovuto andare dallo psichiatra.»
«Non mi sorprende affatto.» Ben ride e intorno ai suoi occhi scuri si formano quelle piccole rughe d’espressione che ho imparato a riconoscere e ad amare. Il suo sorriso è diverso da quello di quasi due settimane fa ed è incredibile come l’assenza di una persona possa cambiare un tratto così distintivo. Me ne sono accorta perché anche il mio sorriso è cambiato. Me l’ha detto Grace giusto ieri, che sembro finta come una banconota da tre sterline. Non ho potuto darle torto, in ogni caso.
«Ben.» gli sto ancora stringendo il polso e mi accorgo che le mie nocche sono diventate bianche per la forza che sto impiegando.
«Mmh?»
«Penso di averti fermato la circolazione.»
«Fosse quello, il problema.»
La sua mano copre la mia, con gentilezza. Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia e di tutte le cose che vorrei dirgli, non me ne viene in mente nemmeno una. Non so come cominciare il discorso, non so come spiegargli cosa mi sia passato per la testa.
«Ho seguito un corso di pasticceria, mesi fa.»
«Tu? Sul serio?»
«Volevo farti una sorpresa.»
Ed eccolo lì, lo sguardo di qualcuno che ha capito. Riesco quasi a seguire tutti i suoi ragionamenti, a vedere gli ingranaggi del suo cervello che girano e tutti i tasselli del puzzle che finalmente si riuniscono per dare un’immagine completa.
«Oh.»
«Me l’ha regalato mamma. All’inizio non volevo andarci, sai, no? Sono un po’ un disastro in cucina. Poi però ho pensato che mi sarebbe piaciuto farti trovare un dolce quando fossi tornato da Los Angeles. Ho imparato a fare il tiramisù, i biscotti, anche la torta alle mele. Ma…» mi si blocca la voce in gola, e non riesco a finire la frase. Vorrei piangere, ma non voglio sembrare una ragazzina immatura. Non più.
Respiro profondamente, più volte, fino a quando il nodo si scioglie e non rischio più di scoppiare in singhiozzi.
Ben mi attira a sé, senza lasciarmi finire di parlare. Un braccio mi circonda le spalle, l’altro la vita e mi sento così a casa e così amata da perdere di nuovo la voce. Affondo il viso contro il suo petto e lascio andare le lacrime che ho trattenuto fino ad ora.
«Ma io non sono tornato.» mormora. Sento le sue labbra sfiorarmi i capelli, per poi spostarsi sulla tempia, dove deposita un bacio così delicato da farmi sentire di cristallo.
«Né quel mese, né quello successivo. Ricordo quella sera.»
Sì, la ricordo anche io. Dopo la solita telefonata di routine, avevo passato la serata a piangere e a strafogarmi di tiramisù. Per la prima volta, mi era balenata in mente l’idea che forse io e Ben non eravamo fatti per stare insieme. Avevo anche provato ad immaginare come sarebbe stato il futuro senza di lui. Sarei rimasta sola, in tutta probabilità e ognuno avrebbe preso una strada differente. Mi sarei consolata con una persona perfettamente normale, con cui vivere una vita semplice e anonima e… inutile dire che il pensiero mi aveva fatto rabbrividire per l’orrore. E piangere per i sensi di colpa. Insomma, l’idea di uno psicologo non sembra più così assurda.
«Sì, anche io.»
«Te l’ho già detto, amore. Posso rinunciare a tutto, ma non a te. Non farmi diventare ripetitivo. Il mio lavoro mi piace, ma non ha la priorità. Me ne sono accorto solo di recente, quando la tua assenza è diventata dolorosa e concentrarmi sul copione addirittura impossibile. Ed è stata anche colpa mia se siamo arrivati a questo punto, sapevo fin da subito che mi avresti cambiato la vita.»
«Non è colpa tua! Ben, dico davvero, io non voglio che tu rinunci ai tuoi sogni per me! Non è ciò che voglio e non mi piace l’idea di essere la causa della tua infelicità e certo che ti ho cambiato la vita, sono completamente fuori di testa e stare con me è da manicomio! Non te ne accorgi? Sto blaterando da due ore e ancora non sono riuscita a dire niente, parlo, parlo e parlo e poi tu mi guardi e io non capisco niente e non riesco a non pensare che tu non puoi essere infelice per colpa mia. Lo capisci? Non puoi!»
«Sono infelice quando non sei con me, Morgan. Ti amo, ma perché non riesci ad accettarlo?»
«Non è così! Lo so che mi ami e anche se ancora non capisco come sia possibile, è così! E io amo te. Ma questa vita mi sta uccidendo. E non voglio più stare sveglia ad aspettare una telefonata, o a pensare ad Amanda, o a ingozzarmi da sola di dolci che tu non assaggerai mai! E lo vedi? Lo sto facendo di nuovo! Quindi smettiamola e-»
«Smettila tu, Morgan. Tanto non ti lascio.»
Poi mi bacia e anche per me tutti i pezzi tornano al loro posto. Perché tra tutte le cose che sono successe e tra tutte quelle che capiteranno in futuro – e non prevedo di certo rose e fiori – c’è un solo posto in cui mi sento a casa.
Ed è qui, tra le sue braccia.

 
***


Buonasera, ragazze :)
Come state? Lo sapete, no, che ogni tanto torno con un capitolo nuovo e questo, mi spiace/sono felice di dirlo è il penultimo. Il prossimo sarà l'epilogo, ma prima voglio regalarvi un missing moment - che scriverò in questi giorni, ho già tutto in mente - e non è escluso che in futuro ci sarà una nuova storia con Ben, ma non faccio promesse.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che siate contente che Ben e Morgan abbiano finalmente fatto pace. Come al solito, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, insultatemi, insomma, qualsiasi cosa.
A presto, Fede <3

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