Volete che vi racconti una storia?

di Mami93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I-L'inizio ***
Capitolo 2: *** II-Invito a pranzo ***
Capitolo 3: *** III-Delirio in Disco ***
Capitolo 4: *** IV-Confessioni ***
Capitolo 5: *** V-Piccolo incidente ***
Capitolo 6: *** VI-Cinema? perchè no? ***
Capitolo 7: *** VII-Un pomeriggio di dolcezza ***
Capitolo 8: *** VIII-La fortuna comincia a girare ***
Capitolo 9: *** IX-Dance, dance, dance! ***
Capitolo 10: *** X-La promozione ***
Capitolo 11: *** XI-La festa dei chiarimenti ***
Capitolo 12: *** XII-The story ended ***



Capitolo 1
*** I-L'inizio ***


I-L'inizio

Non so che cosa mi abbia portato qui questa sera, ma di una cosa sono certamente sicura, me ne sto pentendo amaramente. A quest’ora sarei sul divano con le pantofole ai piedi e una tazza di the in mano. Oh, ma me lo ricorderò, eccome se me lo ricorderò, e giuro che questa volta non gliela perdono a Yolei. Come ha potuto lasciarmi qui al tavolino tutta sola mentre lei andava a salutare il suo amico “toccaculo” e le sue amichette che se lo facevano ben volentieri toccare? Desidererei solamente andarmene, ma non voglio mettere meno di tre metri tra me e quel… quell’essere; gli venisse mai in mente di provarci anche con me. Non vorrei fare la guastafeste…

“ciao!” Oddio, e adesso chi è questo?

“ehm…” povera me, è mai possibile che non riesca a proferire parola?

“posso?”Cosa? Aspetta, io questo qui non lo conosco, non l’ho mai vista in vita mia, e se gli dicessi di no? Passerei da maleducata? Però se gli rispondo di si sono costretta a intrattenere una conversazione con lui. Yolei, dove cavolo sei? Ti prego, portami via da questo posto di matti! Mah, Ehi, che fai, questo si sta sedendo senza aspettare risposta. Aiuto, che faccio?

“Senti, vedi quei tre ragazzi al bancone?” Chi, quei tre idioti che ci stanno osservando cercando di non dare nell’occhio ma che non ci stanno riuscendo affatto? “ecco, quelli sono miei amici!” Ah, ecco, perfetto, sto messa bene adesso! “bhe, abbiamo fatto una scommessa: loro dicono che non riuscirò mai ad avere il tuo numero e io ora gli dimostrerò che si sbagliano!” Ma che cazzo sta dicendo?

“il… il mio numero?” e adesso perché mi guarda come se fossi io la pazza fra i due?

“sì, il tuo numero… di cellulare” Silenzio…. E io continuo a non capire “ce l’hai un telefono cellulare, non è vero?” Ma che domande, certo che ce l’ho, non vengo mica dal paleolitico!

“sì, si ce l’ho!”

“ecco, appunto, allora me lo dai?” O mammina, e adesso?

“c…cosa?” ma che cosa ho, un cappello a forma di cacca di Arale in testa? Perché continua a guardarmi come una squilibrata scappata dal manicomio?

“il tuo numero di cellulare, e cosa se no?”

“ah, ehm, ma io veramente non ti conosco!” e questo è un dato di fatto!

“Sì, e allora?” Come e allora? Adesso la pazza chi è?

“e allora non posso darti il mio numero!” ma perché devono capitare tutte a me?

“Non ho intenzione di scriverlo nei bagni degli autogrill!” COSA? Dov’è che scriveresti il mio numero tu? “Senti, facciamo cosi: come ti chiami?” E adesso perché vuole anche sapere il mio nome? Se non se ne va subito da questo tavolo giuro che chiamo la sicurezza. Ci sarà la sicurezza in questo bar, spero! “Dai, si tratta solo di sapere il tuo nome!” Uffa

“Hikari” spero tu sia contento, ora

“perfetto! Ciao Hikari, io sono Takeru, tanto piacere!” Forza, per questa volta sarò educata e gli stringerò la mano! “ora, visto che ci conosciamo, perché non ci scambiamo i numeri?” Che cosa sarebbe questo finto sorriso rassicurante? Guarda che non abbocco

“Questo non rientra nel mio concetto di conoscenze!” e credo non solo nel mio, ma questa è un’altra questione

“oh suvvia, ti fa così tanta fatica darmi il tuo numero di telefono? Si tratta solo di poterti fare uno squillo per assicurare ai miei amici che ho effettivamente chiamato te, e dopo lo cancello, se ci tieni così tanto! Non ho duecento Yen in tasca per pagare la scommessa!” Ma sentitelo, e adesso cosa dovrei fare, rimetterci perché tu sei un idiota che scommette duecento Yen su di me? Te la chiederei io quella somma, ma come risarcimento per il disturbo che mi stai creando!

“e perché hai scommesso così tanti soldi su una cosa di cui non eri certo?” avanti, rispondi a questo

“andiamo! Non credevo che esistessero persone come te!” Ehi, aspetta un momento, che vorrebbe dire questo? Cosa ho io che non va?

“potrei darti il numero della mia amica. Così tu hai vinto la tua scommessa e io sono contenta, non ti pare?” che mente ragazzi, a volte trovo dei compromessi eccezionali, quasi sorprendono anche me!

“scusami tanto, non vorrei passare da insistente” bhe, effettivamente… “ma non sarebbe tanto più semplice se mi dessi il tuo invece di scomodare tutte le ragazze del bar?” Io non voglio scomodare tutte le ragazze del bar! Ragazzo insopportabile e senza senso del denaro.

“Se ti do questo benedetto numero la finisci di importunarmi?” Odio doverlo dire, ma se le mie ex compagne di scuola vedessero con che razza di tipo sto parlando, mi invidierebbero, e non poco.

“grazie!” E adesso che hai quello che volevi; smamma! “perché sei così difficile?” O signore santissimo, ma cosa ho fatto di male?

“c-come scusa? In che senso difficile?” lo odio, lo odio, lo odio!

“difficile! Quanti significati ha per te la parola difficile?” Oh, sì, ora facciamo pure gli spiritosi. Sei fortunato che ho finito il mio bicchiere di Ginger, se no in questo istante preciso te lo troveresti su quei bei capelli biondi!

“hai il mio numero? Perché allora non torni dai tuoi amici e incassi la tua somma?” E già che ci sei a me spetta il settanta percento del guadagno

“Come mai sei senza ragazzo? Una così bella fanciulla tutta sola è un vero spreco!” Ti prego, dimmi che questo è tutto un sogno e che mi sveglierò presto

“è maleducazione rispondere ad una domanda con un’altra domanda, e poi chi te lo dice che non ho un ragazzo?” Eccoti il ben servito, sono curiosa di sapere cosa mi rispondi adesso!

“sei fidanzata?”

“no!” e comunque non sono affari tuoi!

“appunto!” e levati quell’espressione da vincitore dalla faccia, brutto…. “sai, se tu fossi interessata io potrei, ehm come dire, farmi avanti!” Oddio, no, ci mancava solo questo!

“oh, sì, certo, come no!”

“perché, credi che stia scherzando?” no, non lo credo, lo spero!

“non ti darei più di due mesi!” Ad essere totalmente sincera, non so se resisterei io per più di due settimane!

“in che senso?” In che senso? Quanti significati conosci della frase <>?

“non riusciresti mai sopportarmi per così tanto tempo!” e forse ce la metterei tutta perché tu non possa farcela! Seppure questo Takeru sia un bel ragazzo, forse anche qualcosa di più di semplicemente bello, diciamo che la sua simpatia è inversamente proporzionale alla sua bellezza.

“vuoi scommettere?” ehi, e adesso cos’è questo sguardo smanioso?

“no, grazie!” speriamo che la smetta presto

“perché, di che hai paura?” Vuoi davvero saperlo?

“di starci male!” ah, ecco, adesso che fai, la faccia dispiaciuta?

“io non voglio fare soffrire nessuno… Se andassimo d’accordo non ci sarebbe alcun problema, nel caso contrario ognuno riprenderebbe la sua strada e tutto tornerebbe come prima. Che ne dici?” Mh, seppur riluttante, l’idea non mi dispiace

“Hika, andiamo” Toh, veh chi si rivede: Yolei. Finalmente il cielo mi ha ascoltata! Ok andiamocene

“va bene, ci sto!” Suvvia, una stretta di mano in questo caso ci sta. Però, di sicuro ha un bel sorriso!

“hei, ma chi era quel tizio?” Yolei, Yolei, curiosa come al solito, vero?

“un amico” un idiota, più che altro, ma in secondo luogo un amico, o almeno spero!

 

Angolo autrice:

Poveri noi; anzi, poveri voi! Non so se dopo questo stravagante incipit avrete tanta forza di continuare la lettura. L’idea è un poco stramba e ora non so ancora con precisione come avrà seguito, ma ci sto lavorando su. Probabilmente per qualcuno in futuro questa storia risulterà familiare per certi punti a un film americano. Chiedo scusa quindi per questa somiglianza, ma giuro che l’idea non è nata dal film, ma solo dopo che avevo cominciato a buttare giù il bozzetto della storia mi sono resa conto dell’influenza della commedia. Logicamente non vi rivelerò il titolo se no toglierei tutto il divertimento, ma a tempo debito lo saprete. Spero possa piacervi, e comunque confido nella sincerità delle vostre recensioni. Vi anticipo la fine della storia è già scritta e salvata, quindi state tranquille e tranquilli che non vi lascerò a metà storia per mancanza di ispirazione. Nel prossimo capitolo faremo una conoscenza più approfondita dei due protagonisti. Un bacione

Mami

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Capitolo 2
*** II-Invito a pranzo ***


II-Invito a pranzo

Che noia, che barba, che noia. Odio avere il turno di pomeriggio: passo le mattinate ad annoiarmi! Che cosa faccio… chi è adesso?

“pronto?” speriamo non siano scocciatori

“ciao!” appunto!

“Takeru, che sorpresa” mai frase è stata più vera

“usciamo a cena?” ho sentito male, vero?

“perché?” ho quasi paura a sapere la risposta!

“cosa c’è di male?” altra domanda in risposta di una mia domanda, ma cosa è, un vizio?

“proprio a cena?” proprio io e te?

“perché?” e adesso che gli dico?

“oggi sono a lavoro fino a tardi”

“ma io non ho detto che dobbiamo andarci proprio oggi!” Bastardo!

“ti prego….” Oddiomio, mi sono ridotta a scongiurarlo

“va bene. Al Play Star alle 12.30?”

“okay, a dopo”

 

Giuro solennemente che se non arriva in orario prendo e me ne vado.

“eccomi, entriamo?” lo seguo tranquillamente mentre chiede il tavolo al cameriere, ma sono preoccupata per le occhiate che ogni tanto mi lancia “qui si mangia davvero bene!”

“ci vieni spesso?” strano, riesco a conversare a quattro occhi con un ragazzo senza sentirmi sotto pressione o agitata

“no, direi di no, ma solitamente se un ristorante mi sorprende la prima volta non mi deluderà più” oh oh, mi sa che si è accorto che lo guardo come un’idiota

“cosa vuol dire?”

“faccio il critico culinario, quindi giro di ristorante in ristorante” ah, ok, ora è spiegato tutto

“davvero? Sembra interessante”

“e tu, che lavoro fai?” ecco, tutti pronti a ridere

“lavoro in una casa di riposo”….

“come?” appunto, come non detto!

“immaginavo la tua sorpresa. Tutti si chiedono perché una ragazza così giovane lavori in un posto…. Per vecchi!” Dio quanto odio questa parola: vecchi. Ci sono tanti altri modi per definirli:anziani, agiati, pensionati…. Vecchi mi sembra offensivo

“appunto, è quel che mi stavo chiedendo io” questo conferma quanto poco discostino le tue idee da quelle di tutti gli altri

“diciamo che mi piace aiutare le persone” silenzio... Che c’è, stupisce così tanto la mia idea?

“ci sono tanti modi per aiutare le persone,sai?” Uffa, che palle!

“ordiniamo?” cameriera salvatrice, aiutami tu!

 

“ok, grazie, e anche una bottiglia di acqua naturale” eccolo che torna a rivolgermi la sua attenzione. Speriamo almeno che l’interruzione gli faccia cambiare argomento “allora, dicevamo che potresti fare anche l’infermiera, o…” ok, era chiedere troppo

“possiamo cambiare argomento?”

“perche?” perché si!

“non mi piace spiegare ad altri il motivo delle mie scelte!”

“ti metto in imbarazzo?” Cacchio, che sguardo!

“un po’” perché cedo così facilmente? Non potevo semplicemente negare?

“perché?” accidenti ad un ragazzo curioso

“oh, arrivano i nostri piatti” speriamo che con la bocca piena non possa parlare così tanto

“rispondi, perché?” come non detto

“perché sei così curioso?”

“non si risponde a una domanda con un’ altra domanda, è maleducazione!” e levati quel sorrisino dalla faccia. Però vuol dire che mi ha ascoltato

“sai, non tutti sono aperti e disponibili come te!” oddio che tono acido che mi è uscito

“ehi, scusami, non c’è bisogno di attaccarmi in questa maniera” poverino, ora si è offeso? Però mi dispiace, un po’

“scusami, non è mia abitudine rispondere così”

“non pensare che io sia aperto e disponibile come credi tu!” che stano, sta per caso evitando di guardarmi in faccia? Ed è diventato serio tutto d’un tratto!

“però è l’impressione che dai”

“non sempre però è quella vera!” cos’è questa vena saggia?

“e qual è quella vera?” l’influenza di Yolei mi sta rendendo troppo curiosa

“ehi, cos’è tutto questo interessamento tutto d’un tratto?” Oddio, se ne è accorto anche lui. Yolei, ti odio

“Oh, scusa, non volevo?” toh, tutto d’un tratto il mio piatto è diventato talmente interessante che non riesco a toglierci gli occhi da sopra

“perché sei diventata tutta rossa?” no, non anche questo!

“non si dovrebbe far notare a qualcuno che è in imbarazzo, sai? Non fai altro che peggiorare la situazione” ma forse tu non ti sei mai sentito in imbarazzo!

“ti ho messo in imbarazzo? Ti chiedo scusa?” però quando vuole sa essere anche gentile

“no, lascia stare”

“ti sto affascinando, non è vero?” cosa diavolo stai dicendo? La mia incredulità è ai massimi storici

“cosa?”

“si, se no perché saresti arrossita?” sfacciato

“credi davvero così tanto nel tuo potere di affascinare le donne?” bhe, perche se è così dovresti ricrederti…. Oh, andiamo Hikari, sei così falsa!

“perché, non è forse così?” quel sorriso sornione non mi piace per niente

“dovresti cercare di essere un po’ più umile” a costo di farmi torturare, non ammetterò mai l’evidenza, giusto per farti abbassare un po’ la cresta!

“e perché mai, se quel che dico è vero?” beata ignoranza. Ehi, ma…

“è tardissimo, devo scappare al lavoro” ci alziamo e ci dirigiamo verso la cassa “potrebbe dividere il conto per due, se non le dispiace? Grazie”

“no, dica pure a me” cosa? Ho sentito bene?

“perché? Ho mangiato anche io…”

“si, ma a me fanno un prezzo migliore” ok, ora sono confusa

“perché?” pretendo spiegazioni. In fondo di solito se i titolari fanno sconti, li concedono alle belle ragazze o ai conoscenti, e Takeru non è fra questi!

“perché sono un critico culinario?” questo è abuso della professione!

“strappi sempre un prezzo migliore per il tuo lavoro?” e ti avverto: se dici di si potrei uscire più spesso con te

“ma tu non dovevi andare al lavoro?” Cavolo, ha ragione. Corro

“non hai risposto…” so che è maleducazione urlare in mezzo alla strada, ma ho realizzato solo ora

“lo so, ne parliamo un’altra volta!” io continuo a pensare che abbia un sorriso bellissimo, specie se è sincero come ora. Mi fa il segno del telefono, mi chiamerà. Non so perché, ma questa cosa mi rassicura un po’. Oggi ho scoperto che potrebbe nascondere qualcosa di più profondo sotto a quella scorza da bello e impossibile. Ma chissà che cosa.

 

Rieccomi qui! Non so sinceramente che dire, a voi l’ardua sentenza. Mi è venuto un po’ così, di getto, spero possa avere sentenze positive. Ora vediamo come andrà avanti questa storia. Vi abbraccio forte

Mami

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Capitolo 3
*** III-Delirio in Disco ***


III-Delirio in Disco

Ho salutato tutte le mie colleghe, quindi ora posso andare. passo dalla porta d’ingresso e sono costretta a fermarmi subito per cercare nella borsa i miei occhiali da sole: non mi ero accorta che ci fosse così tanta luce! Ok, ora va meglio. Mah, aspetta, quella figura mi sembra di conoscerla. No, non credo di sbagliarmi, lo riconoscerei ovunque!

-ciao Hikari!- no, non mi sbagliavo

-che fai, mi pedini?- mi guarda con occhi falsamente innocenti

-passavo di qui e ho pensato di aspettarti…- si, certo, e io ti devo credere?

-ok, ora sono qui, cosa volevi dirmi?- via il dente, via il dolore

-secondo te sono qui solo per chiederti qualcosa?-

-perche, non è così?- e non penso neppure di sbagliarmi

-si,- appunto!! – ma volevo anche stare un po’ in tua compagnia!- forse la mia espressione non è sufficiente a dimostrare il mio stupore

-avanti, cosa c’è?- ormai sto cominciando a sentirmi a mio agio in sua presenza..

-ti va di uscire questa sera?- perché me lo sentivo che sarebbe stata questa la domanda?

-anche stasera?- non riesco proprio a capire questo suo accanimento a stare in mia presenza

-cosa vuol dire anche stasera?- mi guarda di sottecchi

-cioè, volevo dire che siamo usciti anche ieri- non so, ma usare la parola insieme mi suona un po’ strano; preferisco ometterla

-si, ma a pranzo- fa una pausa, e so che ha ancora qualcosa da dire -e poi che vuol dire se ci siamo visti ieri?-

-lascia stare- è meglio, non capiresti -e dove vorresti andare?- la risposta mi preoccupa

-non so, per esempio in discoteca- temevo!

-no! Mi spiace ma me in discoteca non mi ci vedrai mai!-

-eddai Hikari, non fare la guastafeste, ti prometto che ti divertirai un sacco, e poi ci sono io con te, non sarai da sola!- appunto, motivo in più per non venire…

-Takeru, se ti dicessi che odio le discoteche più di ogni altra cosa tu eviteresti di portarmici?- so già la risposta, ma la speranza è sempre l’ultima a morire, e tentare non nuoce!

-no!- come immaginavo. Sfodera il suo sorriso da ragazzo contento di aver compiuto la marachella e si ferma, e io con lui, un po’ sorpresa -passo da te alle 9 e mezza- poi vedo il suo sorriso spegnersi, come se lo avessi schiaffeggiato -Dove abiti?- la sua domanda mi lascia spiazzata e basita

-ehm, all’ultima  fermata del tram, la casa gialla con le scalette in legno- rieccolo entusiasta della prospettiva serale

-perfetto, allora ci vediamo!- lo vedo salire sulla sua auto, o almeno immagino che sia la sua, accendere il motore e partire. E adesso che mi trovo da sola capisco del guaio in cui mi sono cacciata.

 

Uno squillo, due squilli, tre squilli, comincio ad essere nervosa e a tamburellare le dita sul ripiano. Spero davvero che risponda

-dimmi!- meno male

-senti, e se avessi cambiato idea proprio all’ultimo momento tu te la prenderesti, vero?- perché al solo pensiero mi sento così in colpa?

-spero che tu sia già pronta, perché non ho intenzione di venirti a vestire io di persona, non credo che gradiresti! Se non è così ti consiglio di muoverti, perché sono quasi da te!- ehi, mi ha buttato il telefono in faccia! Sarà meglio che mi sbrighi, la sua minaccia mi ha messo i brividi. Chiudo la porta e scendo gli scalini con calma, malgrado lui sia già li che mi aspetta. Apro la portiera e mi siedo, poi lo guardo in cagnesco

-cosa voleva dire quel “ti vengo a vestire di persona, e non credo che gradiresti?- mh, ho usato un tono di voce degno di Takeru. Lui scoppia a ridere allegro e mette in moto

-allacciati la cintura!- mi ammonisce.

-lo so che devo allacciarmi la cintura, non sono una sconsiderata…-

-potresti per favore non dibattere per ogni cosa che ti dico? È snervante, sai?- ops, l’ho fatto arrabbiare. Fra noi cala il silenzio per un po’, poi riprende -sembra quasi che ti diverti a discutere con me- sembra ancora molto serio

-trovo che sia… necessario imporsi- Takeru alza un sopracciglio, sorpreso

-lo fai con una veemenza incredibile- almeno il suo tono si è raddolcito, il mio un po’ meno. Sbuffo e incrocio le braccia sul petto

-dove andiamo, piuttosto?- continuo ad odiare questa stupida idea

-non ti preoccupare. Quando arriveremo lo vedrai- sul non preoccuparmi ci vedo qualche problema -piuttosto perché oggi dicevi che odi le discoteche?- non credevo se lo sarebbe ricordato

-a parte per il fatto che c’è musica a bomba e non ci si riesce a muoversi senza picchiare contro qualcuno?- chiedo riluttante. Lui alza un lato della bocca in un sogghigno e mi incita a continuare con un gesto della testa -ovunque ci si gira ci sono ragazze in tacchi e minigonna che aspettano solo qualcuno che le rimorchi…- la sua risata divertita mi interrompe all’improvviso

-scusa, non pensavo che usassi queste parole, da te mi aspettavo più una frase del tipo “le ragazze aspettano che qualcuno le inviti a ballare”, non di certo il termine rimorchiare-mi guarda per un attimo, sono sbigottita: davvero do questa impressione? -scusa, continua-

-non sono carina e dolce come può sembrare!- preciso -comunque, a parte le ragazze, ci sono i ragazzi che restano all’esterno della pista a guardare le ragazze come se fossero alla fiera del contadino e dovessero scegliere la mucca migliore da acquistare- mi fermo e lo guardo, in attesa della sua reazione, che non arriva -e i tipi ci provano con le tipe in maniera… spaventosa!- sbotto

-perché?- corruga la fronte e mi lancia uno sguardo

-mettono loro le mani sul culo!- il mio tono è quasi isterico, e non migliora di certo, quando la sua risata riempie un’altra volta l’abitacolo. Aspetto paziente che il suo attacco di ilarità finisca

-scusami ancora, ma davvero non capisco in che discoteche sei andata. Da come le descrivi tu sembrano un luogo affollato e assordante in cui vanno i ragazzi per… accoppiarsi!- strabuzzo gli occhi un po’ sorpresa: non l’avevo mai vista in questi termini -comunque stai tranquilla, dove andremo noi non succedono di queste cose… almeno non le vedi ovunque guardi- si affretta a precisare

-se ci sono dei gruppi di ragazze da sole senza maschi intorno non restano per molto tempo senza contendenti, e io non so mai come liberarmene- confesso un po’ in imbarazzo. Takeru mi guarda velocemente, sorpreso della mia onestà, o forse del fatto che ogni tanto qualcuno giri anche intorno a me

-ma tu non sei da sola senza una figura maschile accanto, giusto?- ora mi guarda con più intensità. Il semaforo gli permette di concedere tutta la sua attenzione su di me. Io abbasso velocemente gli occhi, molto imbarazzata. Il fatto che non abbia usato la parola “ragazzo” per definirsi mi rassicura, avrebbe potuto causare ancora più imbarazzo da parte mia, e gliene sono riconoscente. -Puoi stare tranquilla Hikari,- il tono della sua voce, così seria e… intima mi costringe ad alzare gli occhi, che incrociano subito i suoi. L’unica luce proveniente è quella del cruscotto, che lo illumina leggermente -starò tutta la sera con te, non ti lascerò un secondo, così nessuno potrà importunarti- il semaforo ritorna verde, e lui riprende la marcia

-grazie- gli sussurro. Il suo sorriso mi fa capire che ha compreso la mia riconoscenza. Poi decido di sdrammatizzare la situazione -quando dici che non mi mollerai un secondo, intendi anche al bagno a fare pipì?- lui scoppia a ridere di gusto. La sua risata sibillina contagiosa fa ridere anche me -vedi che non sono sofisticata come sembro? Uso anche parole più volgari quando si tratta di confondermi con il popolo- continuo

-le chiedo scusa contessina, ma prima mi ha davvero preso contro piede- all’improvviso svolta a destra, e ci troviamo in un grande parcheggio affollato, accanto ad un edificio pieno di luci e di persone. Dopo aver parcheggiato scendo dall’auto e mi immobilizzo sul posto. Takeru fa scattare la serratura dell’auto e fa il giro della macchina per vedere il motivo di tanta mia lentezza. Penso di avere gli occhi sbarrati e leggermente fuori dalle orbite mentre guardo la folla all’entrata. Poi sposto lo sguardo su di lui, e capisco che è preoccupato per questa mia reazione

-ti prego, riapri la macchina, tu entri, e quando ti senti abbastanza stanco torni a riprendermi e andiamo a casa!- lo scongiuro. Takeru si avvicina a me con calma e si para davanti alla folla di gente che sono tornata a guardare. Sono costretta a guardarlo negli occhi, occupa la maggior parte del mio campo visivo. Questa situazione potrebbe essere fraintesa, ma in fondo adesso non me ne può fregare di meno.

-Hikari, adesso io e te entriamo con calma dentro a quell’edificio e vedrai che dopo ti sentirai meglio. si tratta solo del primo impatto, dopo migliorerà, te lo assicuro- si volta e si allontana leggermente da me, in modo da permettermi di uscire dal parcheggio. Il suo sguardo è rassicurante, e mi avvio assieme a lui. Molto intelligentemente decide di non parlare durante il tragitto, anche perché non sarei mai  in grado di intrattenere una conversazione. Si sentono molte grida e risate, le persone sono ovunque, sedute, in piedi, una in braccio all’altra. Vicino alla porta di entrata ci sono dei ragazzi molto robusti che chiedono qualcosa a tutti quelli che vogliono entrare. Due fanno da body guard, gli altri fissano in malo modo tutte le persone che entrano. A questo punto sento la mano di Takeru che mi afferra per un fianco e mi attira a se

-non ti ribellare e fidati- mi sussurra

-in quanti siete?- domanda uno dei body guard. Io lo sto fissando terrorizzata

-in due- risponde Takeru -io e lei- mi indica con un cenno del capo. L’omone mi squadra per un attimo e poi si fa da parte, in modo da farci entrare. Continuiamo così per altri sette o otto passi e non appena abbiamo girato l’angolo mi lascia andare -i gestori del locale chiamano quelle persone quando prevedono un gran numero di gente- mi spiega -ormai ho imparato quali persone fanno entrare più volentieri di altre- si volta e cerca il mio sguardo -e come presentarsi a loro- ci inviamo per andare a pagare l’entrata

-quindi stai dicendo che dare l’impressione di essere una coppia ti da più probabilità di entrare?- mi guarda per un attimo

-fanno entrare tutti quanti, non c’è una selezione, però non ho intenzione di trovarmeli sempre dietro le costole, e si, presentarsi come coppia da più fiducia!- conclude prima di pagare il biglietto. Appena mi consegnano un cartoncino in mano ci dirigiamo verso il guardaroba e poi in sala. La musica è già forte da qui, non oso immaginare come sia vicino alle casse che troneggiano negli angoli, e le persone invadono la pista muovendosi a ritmo di musica;chi più, chi meno. Mi aspettavo di gran lunga più gente, ma già così la quantità è impressionante. Takeru si volta a guardarmi, probabilmente sta aspettando una mia reazione. Attendo ancora qualche secondo poi sposto gli occhi su di lui

-sono ancora in tempo a scappare?- chiedo ormai senza più speranze. Lui sogghigna e mi afferra per una manica, trascinandomi verso la pista. Mi avvicino di più a lui -volevo renderti partecipe che non sono brava a ballare- si volta un attimo

-basta muoversi a ritmo di musica qua!- effettivamente non c’è un unico modo di muoversi fra la gente: chi si dondola sulle gambe, chi salta e si dimena… mi guardo un po’ in giro, fra amiche chiuse a cerchio, ragazzi che si baciavano in mezzo alla pista e uomini un po’ adulti che fissavano la pista come inebetiti. Ed ecco lì la mia conferma; strattono per un braccio il mio accompagnatore e gli indico l’angolo

-visto? Le mie supposizioni sono vere!- lui scossa la testa emi grida di rimando (visto il volume della musica)

-se ci sono ragazze che ci stanno non vuol dire che tutte si debbano comportare in quella maniera- mi giro un’ultima volta verso quei due ragazzi che si esplorano a vicenda le… parti intime e si baciano come due caimani intenti a mangiarsi l’un l’altro, scosso la testa e lo seguo; in fondo ha ragione. Takeru continua a muoversi fra la folla sempre più verso il centro, e questo mi allarma. Finalmente decise che il punto centrale forse è quello che più odio e si volta verso di me

-proprio a centro pista dovevamo andare? un posto un po’ più nascosto non c’era?- mi accorgo che bastava parlare a un tono leggermente più alto del normale per farsi capire

-non odiavi la musica assordante tu? Qui è dove si sente meno, ma se preferisci un posto più appartato solo per te e me basta dirlo- e si dirige verso non so quale posto, e grazie al cielo riesco a bloccarlo

-sai perfettamente che non intendo quello, ma in fondo hai ragione, qui è perfetto- molto probabilmente sono tutta rossa, ma non m’interessa. Comincio a guardarmi in giro per capire come potrei seguire la musica, e il ritmo si impossessa delle mie gambe. Tutto d’un tratto Takeru mi distrae dai miei pensieri

-perché dovrei sapere che non intendevo quello che ho detto poco fa?- afferro subito il senso della frase e mi sento davvero in imbarazzo

-perché io e te non abbiamo assolutamente bisogno di intimità- il suo sguardo mi incita a dare spiegazioni, ma sono sicura che non ne ha davvero bisogno -non siamo fidanzati- la mia ovvietà lo fa comunque sorridere

-probabilmente neanche quei due ragazzi che mi hai indicato prima- se lo sguardo uccidesse…

-se vuoi seguirli a ruota potrei consigliarti un paio di ragazze che sembrano molto interessate a te- lo stuzzico

-si, ma ti lascerei da sola e ho promesso di non farlo-

-vero, allora mi spiace ma dovrai rinunciare, almeno che tu non voglia riportarmi a casa e tornare qui più libero che mai-so che non funziona, ma provo comunque a suggerirglielo

-non fare l’idiota- malgrado l’insulto il suo sguardo sembra dispiaciuto che io possa davvero aver pensato una cosa del genere -piuttosto chi sono le ragazze che dicevi essere interessate a me?- ecco che il suo sguardo torna quello di sempre: sciocco e immaturo, ma molto spiritoso

-dietro di te c’è un gruppo di tre ragazze, due delle quali continuano a voltarsi verso di noi-

-sei sicura che non siano interessate a te?- lo guardo strano, il suo sorriso è palesemente ironico, ma la battuta mi spiazza. Poi si gira con non calanche per guardare le ragazze, giusto due secondi, poi torna a guardare me -hai ragione, sperano che io e te non siamo fidanzati, perché mi guardano con uno sguardo che mi consuma!- ha un viso gongolante, ma si vede che è solo fiero, non mi mollerebbe qui per quelle ragazze… o almeno è quello che spero. Poi tutto d’un tratto mi sbatte contro qualcuno, io mi volto per vedere chi è ed eventualmente protestare, poi mi ammutolisco: due ragazzi che si fissano negli occhi con una passione che mi fanno vergognare solo di essere lì e intromettermi nella loro intimità, e si scambiano baci dolci e delicati. Mi volto verso Takeru, sbalordito quanto me, alza un sopracciglio, poi vedo i suoi occhi lampeggiare, e ora tremo dall’idea che gli è saltata in testa. Si volta lentamente verso le solite ragazze che lo guardano e torna a dedicarmi la sua attenzione, con uno strano sorriso. Poi si avvicina pericolosamente e mi abbraccia stretto, non in maniera intima, ma comunque troppo disinvolta per i miei gusti, appoggia la sua guancia alla mia testa e continua a ballare. Io credo di essere impietrita, perché ho ancora le mani bloccate a mezz’aria, poi mi riprendo e cerco di divincolarmi, senza risultato

-sta’ ferma!- mi ammonisce

-mha- provo a giustificarmi, ma lui china la testa e mi parla all’orecchio

-è l’unico modo per far credere loro che non hanno speranze- poi si allontana leggermente per guardarmi appena negli occhi -o forse preferisci che faccia come i tipi qui accanto a noi- il suo tono serio mi preoccupa, e abbasso subito la testa, giusto per non guardarlo

-pensavo che ti facessero piacere certe attenzioni-

-si, ma è a te che danno fastidio- rimango allibita dalla sfacciataggine che ha e mi allontano da lui. L’espressione sorpresa che mi rivolge suggerisce che non se l’aspettava

-spero che tu stia scherzando!- lo ammonisco, ma in risposta mi gira attorno

-dai, andiamo a prendere qualcosa da bere che è meglio- sono un po’ stizzita che non mi abbia risposto, ma lo seguo comunque. Però nel frattempo che abbiamo ballato la gente in pista è aumentata, e non me ne sono neppure accorta. Dopo cinque metri lo perdo di vista causa una comitiva di ragazzi che mi tagliano la strada. Mi volto un po’ ovunque, ma lui non c’è. Non posso fare altro che continuare a dirmi di restare calma, ma evidentemente non funziona. Per fortuna lo vedo rispuntare, ma ha una faccia quasi scocciata

-non è possibile che riesci a perdermi di vista anche quando ti sto davanti- bhe, scusami sai se c’è molta gente! Poi mi prende la mano, con anche troppa disinvoltura, e comincia a tirarmi dietro se. La gente non accenna a diminuire, ma almeno al bar le persone sono più diradate. Takeru si ferma davanti al bancone e io gli strattono la mano. Ma guardatelo, ha anche il coraggio di guardarmi stupito per il mio gesto

-qui non mi perdo, non c’è bisogno che mi tieni sempre per mano, non sono una bambina!- mi giustifico. In risposta cambia argomento

-che drink vuoi?- e così cado dalle nubi

-d…drink?- non so se lo sai, ma io non bevo alcolici

-ti prego, non dirmi che non bevi alcool!- ecco! Come non detto. Lo guardo un po’ stordita, ma mi riprendo subito

-non in discoteca!- non so neppure il nome di un drink qualsiasi, figuriamoci ordinarlo

-lascia fare, ci penso io- e questa cosa mi preoccupa più che mai. Lo vedo parlare con la barista, (davvero poco vestita, ad essere sincera) e prendere due bicchieri con la cannuccia, torna indietro e me ne allunga uno. Io non posso fare altro che passare lo sguardo da lui al bicchiere.

-tranquilla, non è forte, c’è un terzo di alcool nel tuo- mi devo fidare. Assaggio un sorso, e devo dire che mi piace. Poi con mia grande sorpresa mi allunga la sua cannuccia e mi guarda tranquillo, come se si aspettasse qualcosa da me -assaggia- mi suggerisce indicando il suo drink con un gesto della testa. Io mi avvicino e faccio quel che mi ha detto.

-buono!- devo confessare. Il suo sorriso è un chiaro “ne ero sicuro”. Poi si dirige verso dei divanetti foderati di una stoffa di cattivo gusto

-andiamoci a sedere- io mi metto accanto a lui e comincio a guardarmi intorno -allora, che ne pensi?- mi chiede indicando con la testa la sala e la gente -ti stai divertendo?- che faccio, gli dico la verità o opto per una bugia solo per infastidirlo??

-non l’avrei mai detto, ma mi piace!- vada per la verità. Ma la sua faccia mi sembra dubbiosa e sorpresa

-davvero?- che credevi, che non so divertirmi -allora  fino ad adesso che discoteche hai frequentato?- il suo sguardo è divertito per i miei precedenti discorsi

-ehm, a dire la verità ci sono stata una volta!- confesso riluttante. Mi guarda sorpreso e serio

-una sola? Ti ha scioccato così tanto l’esperienza?- non sembra ironico

-non ho molte amiche con cui uscire la sera- fisso il mio drink, e ne bevo anche un sorso, ma il suo silenzio mi costringe e tornare a guardarlo. Incrocio il suo sguardo preoccupato

-almeno adesso ci sono io!- e un leggero sorriso gli illumina le labbra. Non posso fare a meno di sorridere anch’io -e come mai, non esci la sera?- io lo guardo neutra, cercando la risposta nel mio passato, che non tarda ad arrivare -se posso sapere- si affretta ad aggiungere, probabilmente allarmato dal mio silenzio. Gli sorrido per tranquillizzarlo

-ho imparato in fretta che o esci con amiche single oppure non ti diverti- e tutto d’un tratto alcune immagini mi affiorano alla mente

-in che senso?-

-le amiche fidanzate che escono con te e con i propri ragazzi si dividono in due tipi, principalmente- mi preparo a spiegargli da esperta -quelle che non si appartano negli angoli con i fidanzati e quelle che spariscono per mezzore intere. Le prime restano in tua compagnia, ma parlano con te finche non cominciano a baciarsi i loro ragazzi. Così tu sei costretta ad assistere al loro teatrino oppure a voltarti a guardare le altre persone che ti passano accanto. Le altre, quelle che sparisco, ti dicono che tornano talmente presto che non te ne accorgi neppure, ma durante la loro lunga assenza si negano al cellulare, e in quel frangente di tempo non si preoccupano di averti lasciato da sola. E come ti ho già spiegato le ragazze da sole attirano l’attenzione dei ragazzi- concludo infine. Takeru sta guardando da un’altra parte, apparentemente pensieroso, poi volta la testa verso di me, ma non mi guarda, piuttosto fissa le mie mani

-allora vuol dire che non hai conosciuto delle buon amiche!- e la sua frase mi lascia di sasso, un po’ per la sua dolcezza e la sua sincerità, un po’ perché rispecchia quello che penso io. Alza gli occhi e mi sorride mesto, un po’ triste. Sono stata io a creare questa situazione, ora voglio rimediare

-non sono tutte così: Yolei è fidanzata, ma non l’ha mai fatto con me- sorrido al pensiero della mia amica

-e chi è questa Yolei?- chiede interessato. Ci penso un po’ su poi ho l’illuminazione

-la ragazza con cui ero il giorno in cui ci siamo conosciuti!- sorrido al pensiero di quel giorno, è stato… estenuante! Takeru si illumina, capendo di che parlo

-ma quando ti ho conosciuto eri da sola al tavolo!- puntualizza

-era andata a salutare un suo amico, ma sono stata io a rifiutami di accompagnarla!- spiego. Cala il silenzio fra noi, nel frattempo ognuno finisce di bere i suoi drink persi nei nostri pensieri, poi Takeru si alza e mi guarda

-andiamo a ballare altri dieci minuti poi si torna a casa?- mi chiede. Annuisco e mi alzo, seguendolo. Riprendiamo a ballare come prima, un po’ più vicini alle casse. La gente è davvero triplicata, e ci si scontra in continuazione. Comincio a prenderci gusto, anche perché in certi momenti guardo Takeru e vedo che si sta davvero divertendo. La cosa mi fa piacere. Poi mi si avvicina e mettendomi una mano sulla schiena si accosta al mio orecchio

-andiamo?- annuisco e lo seguo, afferrando la sua mano per non perderlo. Appena c’è meno gente mi lascia andare, convinto evidentemente di un’altra mia sfuriata. Passiamo a riprendere le giacche e ci inviamo all’uscita. Poco prima di arrivare alla porta mi guarda con sguardo complice e alza un braccio nella mia direzione. Io capisco al volo e mi avvicino, mettendogli una mano intorno al fianco. lui abbassa il braccio e me lo fa passare intorno alle spalle. Così usciamo sotto gli occhi attenti dei body guard. Poco dopo Takeru si scosta leggermente da me

-ora puoi lasciarmi- lo guardo interrogativa e lo lascio subito andare, rossa in volto: lui aveva diminuito la pressione sulla mia spalla, e ci saremmo discostati prima, se non fosse stato per me che  lo tenevo per la giacca, sul fianco. Lo sento ridere piano

-non c’è nulla di cui vergognarsi, ti capisco sai?- alzo il viso furiosa, capendo casa vuole dire con quella frase

-non l’ho fatto perché stavo bene vicino a te, mettitelo bene in testa!- gli sto parlando con veemenza, e qualcuno si gira pure per guardarci, ma non me ne importa nulla

-non c’è nulla di male- continua imperterrito. Io lo fulmino con lo sguardo mentre apre la macchina con il comando elettrico. Mi dirigo dalla parte del passeggero e lo sento ridere un’altra volta -ok, ok, time out!- ora spero davvero che gli caschi un mattone in testa! Lo guardo malissimo ed entro con furia in macchina, mi allaccio la cintura e stringo le braccia al petto, abbastanza immusonita. Takeru entra con calma poi mi guarda -dai, non prendertela, scherzavo!- il suo tono supplichevole non mi inganna, lo guardo poi indico il cruscotto con la testa

-andiamo?- ride ancora e mette in moto la macchina. Dopo un minuto di silenzio è lui a parlare

-pensavo…- mi volto per guardarlo; ormai sono calma

-come mai il giorno che ci siamo conosciuti non volevi darmi il tuo numero?- la domanda mi lascia un po’ spiazzata, non me l’aspettavo proprio

-penso di avertelo detto: non mi fidavo di te!- e un sorriso involontario e ironico mi allarga le labbra

-perché non ti fidavi?- mh, bella domanda

-perché ormai ho imparato a non fidarmi di chi non conosco- oggi siamo in confidenze?

-come mai?- mi sento sotto interrogatorio!

-perché crescendo ho imparato così- evidentemente capisce che non me la sento di spiegargli tutto, perché lascia cadere il discorso. Ora è il mio turno di fare le domande

-anch’io pensavo- mi guarda per un attimo, curioso -perché non ci hai provato con quelle ragazze?- è pronto a rispondermi, ma lo precedo -si, a parte perché c’ero io. Insomma, loro non hanno dato segno di volerci provare con te, ma tu le hai comunque volute convincere che eri già impegnato- spero davvero che abbia capito. Il silenzio cala nella vettura. Lo guardo, e capisco che sta pensando se rispondermi o meno

-perché mi piace essere… desiderato, per così dire, ma non desidero impegnarmi- sembrava quasi in soggezione, ma la curiosità era troppa per fermarmi

-ma nessuno ha parlato di impegnarsi. Insomma, chi è che va in discoteca per fidanzarsi?- mi guarda incuriosito, poi si ferma dietro una macchina in coda.

-che vuol dire?- ha un leggero sorriso sul viso, e la curiosità negli occhi

-il fidanzato di una mia amica mi disse una volta che nessun ragazzo va in discoteca per trovare la fidanzata, ma solo per rimorchiare… per l’esperienza di una notte, insomma- specifico guardando avanti mentre la macchina di fronte a noi riparte

-interessante come ipotesi-non so se sta pensando ad alta voce o parla con me

-non mi hai risposto- puntualizzo. Takeru si rifà serio e pensieroso

-non ce la faccio a provarci in quella maniera con una ragazza, magari andandoci insieme, darle la buonanotte e arrivederci, chi si è visto si è visto. Mi sembra meschino- wow, intenso

-questo vuol dire essere maturi, sai?- puntualizzo. Lui si volta per controllare se sto scherzando o meno, e quando capisce che dico sul serio si fa attento

-grazie- che stano tono, sembra quasi sorpreso che qualcuno gli possa fare un complimento del genere!

-ma tu hai comunque voluto far credere loro che stavi con… me- anche se l’idea è ipotetica, mi suona comunque strana. Ora sorride, divertito. Almeno non se la prende perché insisto

-perché mi divertiva il fatto di farglielo credere!- come immaginavo

-maturo, ma molto infantile!- gli dico, sorridendo. Anche lui scoppia a ridere

-allora, quando ci ritroviamo?- improvvisamente mi faccio seria e lo guardo

-sai che se continui così vinci l’ipotetica scommessa che hai fatto il giorno che ci siamo conosciuti?- una strana luce brilla per un secondo nei suoi occhi, prima che tornino di nuovo del solito azzurro ipnotico

-perché ipotetica? Non ti piace l’idea che riesca ad uscire con te per più di… quanto abbiamo detto?- non ho intenzione di rispondergli e ritorno all’argomento di prima

-allora, che progetti hai per il futuro?- mi guarda senza capire -non eri tu che volevi uscire ancora con me?- specifico

-sai, non mi piace come la butti giù! Non sono io che voglio uscire con te, siamo noi che abbiamo voglia, entrambi, di ritrovarci per uscire insieme!- uh, che puntiglioso!

-va bene, allora hai idee per la nostra prossima uscita?-

-ah, ma perché, anche tu vuoi uscire con me? E io che credevo mi stessi soltanto assecondando- evidentemente si sta davvero divertendo, perché non smette più di sorridere

-allora, la vuoi finire prima che cambi idea?- lo incito

-non cambierai idea!- non è una domanda. Lo guardo seria e accigliata, e lui capisce

-ok, ok, senti, non lo so, se hai idee tu, io le accolgo ben volentieri. Magari andiamo a mangiare fuori; per cena, però, questa volta!- gli faccio la linguaccia

-tu quando potresti?- abbozzo

-se tu sei libera fra tre giorni ti porto in un ristorante che è la fine del mondo!- lo guardo di sottecchi mentre si ferma davanti a casa mia

-Perché dovresti spendere così tanto per me? non ci sto!-

-farò finta di aver detto che avrei pagavo io per entrambi- e in quel momento mi accorgo dell’enorme gaffe, ma non mi lascia neppure il tempo di scusarmi - e poi chi ha detto che dobbiamo pagare molto?-

-io… avevo capito che era la fine del mondo…- provo a giustificarmi

-appunto, non che sia caro. Senti, se ti fidi di me ci vediamo qui alle sette fra tre giorni, ok?- conclude. Io annuisco, convinta

-va bene, allora ci vediamo, e…- mi fermo, con la portiera aperta a guardarlo in faccia -grazie per la serata- lui mi sorride dolce

-tranquilla, è stato un piacere, mi sono divertito- sorrido di rimando e chiudo la portiera. Attraverso la strada e salgo le scale di casa, prima di voltarmi per vedere la sua macchina ripartire e sparire sotto la luce dei lampioni.

 

Note dell’autrice:

Saalve! Allora, come va? Spero che ci abbiate capito qualcosa in questo capitolo, perché alcuni passaggi sono complicati. Mi è venuto nettamente più lungo rispetto agli altri, ma l’idea della discoteca mi ha ispirato, e non riuscivo più a fermarmi. I nostri protagonisti cominciano a conoscersi meglio! ah, volevo precisare una cosa: quella frase che dice Hikari: “chi è che va in discoteca per fidanzarsi” e la relativa spiegazione che fornisce sono frutto di un fatto realmente accaduto. Ve lo volevo precisare, così, tanto per dire qualcosa. Bene, ora vi saluto tutti. Baci baci

Mami

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Capitolo 4
*** IV-Confessioni ***


IV-Confessioni

Merda, non sono proprio dell’umore giusto per uscire, stasera, e fra pochi minuti Takeru sarà qui. Cosa gli dico? Non posso inventarmi una scusa, ma neppure dargli buca all’ultimo. Ma infondo scusa, perché dovrei inventarmi una scusa? Gli dirò la verità, e se sarà comprensivo non mi costringerà ad uscire in queste condizioni. Inoltre non mi può obbligare, dunque il problema è risolto. Il campanello! Giusto in tempo. Merda. Un’altra volta. Ho una faccia che farebbe spavento al peggior vampiro. Ma chi sene frega!

-spero che tu sia già pronta, per…- no, peggio del peggior vampiro! -che hai fatto?- lo lascio entrare e chiudo la porta

-senti Takeru, oggi non mi sento troppo bene per uscire- credo che lo veda anche lui

-perché hai pianto?- mi mordicchio il labbro

-oggi, durante il mio turno, il signor Takawashi si è sentito male e…- lacrime del cavolo, lasciatemi finire -bhe, è morto- dirlo ad alta voce è peggio che continuare a pensarci. È come se ne avessi la conferma, come se aprissi gli occhi sulla verità.

-e tu lo conoscevi?- alzo gli occhi di scatto, stupita. Perché è così tranquillo quando io…

-certo, e gli volevo pure bene!- sputo come veleno le parole più dolorose, ma lui sembra non farci caso, anzi, sospira. Sospira!

-non farlo mai più, ok?- si arrabbia pure con me. In quale universo parallelo sono finita?

-come?-

-io credevo che ti fosse successo qualcosa, ti fossi fatta male o che so io, invece piangi per un vecchio!- guardarlo mentre mi sgrida mi fa salire il fumo alle orecchie. Ma come si permette? Io sto male per un mio amico e lui, oltre che insultarlo, dice che è tutta una sciocchezza?

-anziano o meno, questo non elimina il fatto che gli volevo bene, ero affezionata a lui e oggi l’ho visto morire sotto i miei occhi. Accanto a me, capisci?- gli inveisco contro, e le lacrime scendono a ritmo con la mia voce -tu non puoi permetterti di venirmi a dire che sono una sciocca a reagire così, perché per me era come uno di famiglia, e così facendo offendi me per prima. Io sono qui, ti ho fatto entrare nonostante tutto, e tu non sai dirmi altro che è morto un vecchio? - mi avvicino pericolosamente. Non sono manesca, se no mi preoccuperei di ciò che potrei fargli -sei un cafone, ignorante , senza cuore e senza cervello. Sei la persona più insensibile che conosca, no, anzi, la più insensibile al mondo. Dovrei metterti le mani addosso per quello che hai detto, e inoltre tutte le persone con cui lavoro, dal primo all’ultimo, sono diecimila volte meglio di te, anche se sono vecchi, avvizziti ed alcuni non riconoscono neppure i loro figli, ma ameno loro portano rispetto per i sentimenti altrui. Tu non ca…-

-ti ho chiesto scusa- mi urla contro per fermarmi. Solo ora mi accorgo che ho il fiatone per lo sforzo. Lo guardo furibonda -ti ho chiesto scusa. Non mi ero reso conto che ci tenevi così tanto. Anch’io sarei triste se morisse qualcuno per cui lavoro, ma non ci starei male come te. Per questo credevo che stessi esagerando - mi guarda un attimo, poi riprende -,ma mi sono reso conto che mi sbagliavo. Ti chiedo ancora scusa se ho urtato la tua sensibilità, ti prometto che la prossima volta non accadrà più!- lo guardo ancora torva

-la prossima volta?- mi guarda sorpreso, poi evidentemente capisce l’errore

-sai cosa intendo- in una casa di riposo è frequente più che in qualsiasi altro luogo, a parte ospedali, obitori o onoranze funebri, parlare di morte. -sono affezionata a ogni persona, al lavoro. Il tuo è stato un gesto…- alza le mani, in segno di resa

-ti chiedo ancora scusa, non volevo- sospiro esasperata

-aspetta un attimo che vado a mettermi a posto- ho una faccia che fa spavento sul serio, e mi ci vuole più tempo di quanto non credevo per rendermi presentabile e tornare in salotto

-non ti dispiace se andiamo a piedi, vero?- mi domanda mentre usciamo

-no, va bene. Ma scusa, dove andiamo?- sono davvero sorpresa, e non ho la più pallida idea di cosa abbia in mente

-non lontano, tranquilla. È qui in paese, a due passi da casa tua- faccio mente locale su quanti ristoranti ci sono nel mio quartiere, scarto quei due o tre che ritengo improbabili, poi ho l’illuminazione. Eureka!

-non vorrai…- ma vengo subito bloccata

-non fare domande fin quando non siamo dentro, d’accordo?- lo guardo e continuo a camminare. Quando smetterà di sorprendermi? Entriamo dove pensavo saremmo entrati: il locale più chic e glam del quartiere, o forse di tutti i quartieri circostanti. Takeru si avvicina all’home, dove un uomo in giacca e cravatta gli chiede il nome con cui ha prenotato. Poi, molto stranamente, si avvicina un cameriere a me e m’invita a seguirlo, ma non fa lo stesso con Takeru. Lo guardo, molto sorpresa

-tu vai, ti raggiungo fra un attimo- mi assicura, così decido di fidarmi, non so se a torto. La sala è magnificamente decorata, i disegni sui muri riprendono dolcemente il colore dei tavoli, ognuno su cui sono posati dei piatti finemente decorati. I camerieri che si aggirano fra i tavoli sono tutti vestiti con giacca e cravatta, e le persone sedute ai tavoli parecchio importanti, o almeno così mi sembra da come sono trattate. Il cameriere mi indica un tavolo con due sedie, io ringrazio e mi accomodo. Mi sento parecchio a disagio fra questa gente, anche perché in tutti gli anni che ho vissuto nel quartiere non ho mai pensato di venire a mangiare qui, sopratutto perché il semplice aspetto del locale ha sempre intimorito chiunque disponga di un salario da semplice dipendente. Ritorna il cameriere che mi ha accompagnato e mi porge due menu, poi sparisce di nuovo. Ne prendo uno e lo apro, cominciando a leggere qua e la qualcosa. Finalmente arriva Takeru, che si siede di fronte a me. Sembra davvero a suo agio in un posto del genere. Buon per lui!

-perché non ci sono i prezzi su questo menu?- domando non poco agitata. Mi guarda e sorride. Sembra divertito

-non domandare, è meglio!- afferro all’istante, ed ecco di nuovo il cameriere. Fra tutti questi piatti che non conosco opto per qualcosa di famigliare: pollo al curry e verdure miste grigliate. Non appena riprende le carte e si allontana da noi, torna ad attanagliarmi la curiosità

-dov’eri finito prima?-

-dal proprietario del locale- lo guardo in attesa di un’ulteriore spiegazione -è un mio amico, e mi doveva un favore- sbarro gli occhi capendo il significato di “mi doveva un favore” -è stato lui a dirmi di venire qui a mangiare- si giustifica, come se fosse la cosa più normale al mondo

-se sapevo così mi sarei rifiutata di venire- sbuffo

-perché- mi guarda allarmato -secondo te chi ci avrei potuto portare? I miei amici? O mia madre? E poi a me fa piacere!- mh, devo credergli?

-che tipo di favore?- domando scettica. Lui mi guarda interrogativo

-da dove viene tutta questa curiosità?- assumo l’espressione più innocente che conosca

-giusto per sapere se sto rientrando nei tuoi loschi affari- scoppia a ridere divertito

-tranquilla, nulla del genere!- mi guardo in giro

-non sono mai stata qui, ma è bello- con quello che costerà…

-neanch’io ci sono mai stato!- torno a guardarlo sorpresa

-mai? Credevo che si trattasse di questo. Per il favore,intendo.- capisce il significato delle mie parole, e non sembra troppo contento

-io non recensisco i ristoranti in cambio di favori-

-emh, scusa, non intendevo offenderti- poi il suo sguardo torna allegro, e un accesso di risa lo attraversa

-al massimo ti troverai la polizia alla porta entro domani-

-spera che mi mettano in galera per il resto della tua vita, o mi accuseranno di omicidio volontario- scoppia a ridere, e non riesco a trattenermi, così ci troviamo in due piegati sul tavolo dalle convulsioni. Mi asciugo una lacrima all’angolo degli occhi mentre sento ancora Takeru ridere, e mi blocco, come se in uno stupido libro di Harry Potter mi avessero fatto l’incantesimo della pastoia Total-Body. Lui mi guarda non capendo il mio improvviso silenzio -ho appena visto una persona che avrei voluto non vedere- bellissima, con un vestito rosso sopra le ginocchia che la fascia magnificamente, e accompagnata da un ragazzo molto elegante e di bell’aspetto. Si guarda in giro e malauguratamente il suo sguardo ricade proprio su di me -e credo che stia venendo qua- Takeru si volta a guardare chi arriva. Eccola che si avvicina, e sfoggia il miglior sorriso che le abbia mai visto

-Hikari! Che bella sorpresa vederti qui. Non me l’aspettavo- Yumi si affianca al tavolo, lanciando un’occhiata al mio compare, che non la degna di attenzioni

-ciao Yumi. Come stai?- Dio quanto vorrei essere altrove in questo momento

-io benissimo. Non ti si vede più in giro, che fine hai fatto?- perché non si fa i fattacci suoi?

-sai, lavoro molto. Faccio i turni in una casa di riposo-

-oh!- la bastarda! Che faccia dispiaciuta che ha! Come se la mia fosse una condanna. O come se il suo tono sottolineasse che sono una sfigata! -dai, sono contenta di averti incontrata!- il suo falso entusiasmo torna alle stelle -ma cosa sei venuta a fare?- prova a usare il cervello, una buona volta! secondo te, cosa potrei mai essere venuta qui a fare?

-a cenare- le si illuminano gli occhi

-anch’io con il mio fidanzato. Kari- mi guarda come se stesse per confessarmi il suo più grande segreto -lui è Satomi- mi indica il ragazzo che fino ad adesso è rimasto sulle sue, guardandoci scambiare battute

-piacere- mi sorride e annuisce

-piacere mio- Yumi si re intromette

-e il tuo ragazzo chi è?- mi domanda curiosa. Io resto muta per un secondo, credendo che stesse scherzando

-ehm, no, lui non è il mio ragazzo, è solo un amico- provo a giustificarmi, ma il suo sguardo di compassione mi fa capire che non mi crede. Uff

-lui è Takeru- lo indico con un cenno della testa. Ma guardatelo, fa l’ingenuo. Non ci prova neanche a persuadere Yumi che è il mio… oh, che palle!

-piacere. Dai, noi andiamo a mangiare. Poi vedo che sono arrivate le vostre portare. Buon appetito. Mi fa piacere averti rivisto- si, sicuro. Piacere tuo, comunque. Effettivamente appena Yumi si allontana il cameriere posa i nostri piatti di fronte a noi e si allontana. Guardo Takeru, che fino ad adesso è rimasto nel silenzio più totale

-grazie- il mio tono acido stona con la sua espressione innocente

-per cosa?- addento il primo pezzo di pollo. Almeno è buono. Speriamo mi faccia sbollire la rabbia

-per non averla convinta che stiamo insieme- non sembra sentirsi in colpa. Perché non si sente in colpa?

-se ho capito bene non ti va troppo a genio- e questo che centra?

-e allora?-

-e allora lasciale credere quello che vuole- strano, ma quello che dice mi fa sentire meglio

-domani sarò il nuovo argomento di interesse fra lei e le sue amiche: Hikari era a cena con un ragazzo in un ristorante di lusso!- imito il suo tono in maniera impeccabile

-cosa ti ha fatto?- bella domanda!

-era una mia compagna di classe. Faceva di tutto per mettersi in mostra, e io non ero propriamente fra le sue più care amiche. Non credere che quei sorrisi fossero autentici: è la falsità fatta persona!- mi piace diffamarla così

-sei perfida!- malgrado l’evidente offesa sta usando un tono parecchio divertito

-mangia e taci!- mi rompe parlare troppo di lei; le darei troppa importanza.

-cosa vuoi fare dopo?- lo guardo, dubbiosa

-uhm… non saprei. Facciamo un giro per il paese?- annuisce con la testa e finisce il suo piatto. Alle fine ci alziamo, e mi intima di seguirlo. Ci avviciniamo ad una porta con su scritto PRIVATO, bussa e, dopo qualche secondo, sentiamo una voce intimarci di entrare. Seduto ad una scrivania molto retrò coperta per due terzi di sopramobili vi è un uomo, sulla venti cinquina, con i capelli rossi, magro e parecchio alto, seppur seduto. Sorride calorosamente a Takeru e si alza per venirci incontro. Si, è decisamente alto!

-allora, ti è piaciuto tutto?- chiede

-a mio parere era tutto squisito, ma sai che i giudizi femminili sono sempre più negativi, specie sul mangiare- così dicendo il proprietario si concentra su di me. do un colpetto al braccio dell’infamatore

-non è vero!- se non fossimo in un luogo chiuso cosa gli farei…

-è lei la ragazza di cui mi hai parlato?- certo, Takeru gli deve aver detto di me per spiegare il tavolo prenotato per due

-ti presento Hikari-

-piacere- la mia voce sembra quella di un uccello con il mal di gola

-piacere mio. Quindi posso dire di aver accontentato i miei clienti?- il suo sguardo morbido mi tranquillizza

-si, era tutto buonissimo, devo farle i miei complimenti- la sua risata brillante mi scalda

-è il cuoco quello da ringraziare-sorriso in imbarazzo, e probabilmente arrossisco pure

-volevo ringraziarti- Takeru riprende la conversazione

-tranquillo, è stato un piacere avervi qui. Ora che fate di bello?- sono quasi totalmente sicura che loro due si conosco da parecchio tempo

-andiamo a fare un giro-

-allora vi lascio andare- Takeru indietreggia di un passo

-grazie ancora Izzy- saluto e usciamo nell’aria rigenerante della sera

-che ne dici di andarci a prendere qualcosa da bere?- seppur riluttante acconsento. Lo seguo per non so quale destinazione

-tornerai mai in quel posto?- immagino già la risposta

-dipende se vincerò mai altre scommesse contro lui- no, allora immaginavo male!

-ma tu non ti stanchi mai di scommettere con i tuoi amici?- il suo viso diventa euforico, e vedo i suoi occhi brillare, entusiasti

-mai!-

-cosa scommettete?- la mia opinione non è conforme al suo modo di pensare, ma sono curiosa

-di tutto, da una partita fino alle reazioni di alcune persone- sono un attimo allibita

-è sciocco e… infantile- non riesco a trattenermi. Speriamo che non se la prenda

-può essere, ma è divertente- fa una pausa -c’è chi si butta dai ponti legato ad una corda, o chi prova piacere a ballare; noi a scommettere-

-noi chi?- sorride

-io e i miei amici. È come droga: non appena si parla di scommessa nessuno può distoglierci da quel pensiero-

-eroina!- l’idea mi fa uno strano effetto. Posso considerarmi amica di un drogato?

-cocaina! Della migliore!- ok, sono in giro con un cocainomane. Dovrei preoccuparmi?

-ok, non capisco assolutamente questa tua passione, ma la rispetto- sono amica di un cocainomane e lo incoraggio a non smettere!

-ehi, che ne dici di andare lì!- mi indica un bar. Di fronte c’è una folla di persone immensa. I ragazzi ridono, alcuni anche in modo sguainato, le voci si sovrappongono e le parole si accavallano. Mi fermo sul posto, guardando il punto che mi è appena stato indicato. Credo di avere gli occhi sbarrati. Non so neppure se Takeru mi stia parlando o meno. Sento un brivido percorrermi la schiena

-no, no per favore- sento la mia voce appena udibile, poi quella di Takeru, e credo che sia davvero preoccupato

-Hikari, che succede?- continuo a scossare la testa, senza alcun motivo apparente. Takeru mi prende una mano. In questo momento, a seguito della sua presa, mi vedo trascinata verso quell’entrata, verso quella porta. Un’infinità di pensieri mi si accavallano in testa, e non faccio in tempo a sentirne uno che ne arriva un altro. O forse non voglio sentirli. Finalmente, dopo quello che mi pare un tempo infinito, volto la testa e lo guardo. -Hikari- prova a farmi ragionare, ma io voglio andarmene. Indietreggio di qualche passo, ma qualcosa mi impedisce di agire come voglio. Mi accorgo che è la sua presa sul mio polso

-no, ti prego- sto scuotendo la testa. Il panico si è impossessato di me, non riesco più a controllarmi, ma Takeru non allenta la morsa -ti prego- sto sussurrando, lo sto pregando di lasciarmi andare -Tk- sento il mio braccio libero, e presa dalla paura che possa riprendermi per fermarmi mi volto e mi allontano. Voglio andare via il più velocemente possibile, ma non so neppure dove mi portano i miei piedi. Sento dietro di me Takeru che respira con difficoltà. Ma sto correndo? A quel pensiero rallento quel tanto che gli permette di avvicinarsi. No, Dio, ancora la presa sul mio braccio. Perché non mi lasci andare. solo ora mi accorgo che anch’io ho il fiatone. Rallento, quasi fino a fermarmi.

-Hika, fermati- obbedisco. Ho la fronte madida di sudore ed l’affanno. Takeru mi si para davanti, parecchio preoccupato -siediti- ci accomodiamo su di una panchina. Appoggio i gomiti alle ginocchia e inspiro profondamente due o tre volte -Tk?- mi chiede curioso. Ridacchio, ancora affannata.

-è un problema se ti chiamo così?-  non lo guardo, sono ancora intenta a riprendermi, almeno fisicamente

-no, è che nessuno mi ha mai chiamato in questa maniera?- gli rivolgo la mia attenzione, dubbiosa -per gli amici sono Take, non Tk- fa una pausa, e incrocia il suo sguardo con il mio -ma mi piace- sorriso mesta, poi ricordo

-Kari- il suo sguardo pretende spiegazioni -chiamami Kari, per favore. Sono Hika solo per mio fratello- annuisce

-che cosa è successo?- capisco al volo a che cosa si riferisce. Sospiro

-mi spiace di essermi comportata così. Non è da me- sento ancora i suoi occhi addosso. Gli devo una spiegazione

-perché sei scappata in quella maniera?- chiudo gli occhi ed inspiro l’aria fresca della sera. Mi raddrizzo con la schiena e lo guardo, pronta a raccontare

-io ti giuro Tk, se fossi voluto entrare in qualsiasi altro pub, qualsiasi, io non avrei reagito a quella maniera.

-cosa aveva che non andava?- sorrido della sua ingenuità

-il posto niente, ma le persone si-mentre Tk mi guarda in attesa della storia ripenso alla folla di persone. Ora, a freddo, mi sembra sciocco aver agito così -la folla, specie se composta da ragazzi più o meno della mia età, mi terrorizza- rivedo tutte le scene scorrermi davanti agli occhi, prima ancora di aver aperto bocca -da quando ero bimba sono sempre stata molto timida e relazionavo con gli altri bambini solo dopo molto tempo. Ero silenziosa e mi vergognavo anche solo di aprir bocca. All’asilo questo problema non mi creava problemi, ma poi sono avanzata di classe, e la mia timidezza è diventata un ostacolo. Ero diventata il bersaglio preferito per gli scherzi dei mie compagni, di classe e non. Non rispondevo mai a ciò che mi facevano, e questo li portava a divertirsi un mondo a crearmi problemi. Le marachelle e gli scherzi sono diventati sempre più pesi, e le loro azioni sono diventate veri e propri atti di bullismo- lo guardo in attesa di una reazione, che non arriva -ho combattuto contro di loro per anni e anni. Prima erano solo schermaglie verbali, poi si sono aggiunte quelle fisiche. Io continuavo a non reagire, o almeno non con abbastanza enfasi. Tutti i ragazzi che stavano dalla mia parte venivano minacciati, e le mie amiche si allontanarono da me, come poi tutta la scuola. Chi provava a difendermi era subito avvicinato da un bullo, così in breve tempo non provò più nessuno a stare dalla mia parte. C’ero io da una parte, e loro dall’altra. In mezzo tutti gli altri, troppo codardi per provare a mettersi contro i bulli-

-io ero uno di loro- mi interrompo di colpo. La voce di Tk è dispiaciuta. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, cercando di calmarmi -ero fra quelli codardi che non reagivano- riapro gli occhi, più tranquilla

-non te ne fare una colpa-lo guardo, sorridendo -se per un raro caso facevo da spettatrice invece che da carnefice, neppure io reagivo. Ero terrorizzata solo all’idea che potessero prendermi di mira più di quanto già non facessero, per cui tacevo e lasciavo che per una volta erano gli altri a soffrire. So che è meschino, ma questa si chiama sopravvivenza- continuo a fissare un punto sopra i tetti delle case, poi riabbasso lo sguardo -una lepre non va ad aiutare un’altra lepre in difficoltà con il cacciatore, o rischia di farsi sparare anche lei- Tk annuisce, intimandomi di continuare -è andata avanti così fino ai primi anni delle superiori, poi tutto d’un colpo è cessato l’inferno. Continuavo ad incontrare i miei bulli, ma era come se non mi vedessero più, come se nulla fosse mai successo. In corriera, se li vedevo entrare, seppur sapendo che non mi avrebbero fatto nulla, tremavo. Pian piano ho cominciato a vivere quasi una vita scolastica normale, avvicinandomi ad alcune persone, ma il terrore per la folla di ragazzi non se ne è mai andata- sorrido, facendogli intendere che la mia narrazione è conclusa

-non capisco- Tk parla lentamente, probabilmente sta cercando di immagazzinare tutte le informazioni -cosa centra la folla con i bulli-

-i soprusi fisici sono cominciati dopo. Prima, e comunque per tutta la durata del loro trattamento, c’erano le offese e le derisioni. Ogni cosa che facevo o dicevo, anche solo per difendermi, era analizzata con la lente d’ingrandimento. Venivo giudicata e derisa per qualsiasi cosa, anche per come ero. Fisicamente non mi vedevo brutta, ma ciò che mi veniva detto era… terribile- sento un nodo chiudersi in gola. Non credevo che avrei mai rivangata QUEL passato. -questo mi ha portato ad avere paura dei giudizi altrui- un improvviso moto di impulsione mi prende -vedi- lo guardo negli occhi, più seria di quanto avrei creduto -se incontrassi un ragazzo da solo non avrei problemi, più o meno; ma già tre o quattro mi manderebbero in agitazione. Comincio a pensare come devo comportarmi, come devo apparirgli, e tutto questo diventa enorme con una folla più… consistente-

-non credevo che facessi cosi tanto caso alle apparenze- scappo al suo sguardo di ghiaccio

-quando sono da sola cerco sempre di convincermi che in fondo non me ne importa nulla, ma non riesco mai così bene nel mio tentativo- torno a fissarlo -è per questo che lavoro in una casa di riposo: gli anziani, e gli adulti in generale, sono diversi da noi ragazzi.- ritorno un attimo allegra -questa mia ipotesi non è sicura. Ovviamente non so cosa pensano le persone, ed esistono adulti molto più infantili di noi. Comunque- riprendo il discorso -stare in contatto con queste persone non mi porta a credere che potrebbero pensare male di me. non nego che anche gli anziani non possano avere giudizi affrettati, ma loro non ti trattano in base a questi ultimi, ti danno come la possibilità di riscattarti, e far vedere loro chi veramente sei.- lo vedo sorridere, e giurerei che sia sincero

-ma tu ora hai amici, insomma, del tuo passato è finito tutto, no?- non so se sta cercando di rincuorarmi, ma purtroppo devo contraddirlo

-continuo a vedere quelle persone, ed ho ancora i brividi ad incrociare i loro sguardi. Sono ferite dolorose quelle che mi hanno lasciato. Tralasciando i dolori fisici che mi hanno inferto, le parole sono state molto peggio- lo guardo, mi sembra molto pensieroso

-la lingua ferisce più della spada- sorrido. È un detto che ho sempre fatto mio!

-comunque è vero, mi sono avvicinata a delle persone, ma è comunque difficile. Quand’ero piccola, tutti quelli che sembrava stessero tentando di fare amicizia con me si rivelavano falsi. Insomma, avevano sempre un secondo fine, e quasi sempre era quello di umiliarmi pubblicamente. Successivamente le persone hanno imparato ad evitarmi per evitare i pericoli, così io mi sono costruita un muro difensivo tutto intorno. Quando l’incubo è finito è stata dura tornare alla normalità, ma in qualunque caso era come cominciare da zero con le amicizie- mi fermo, pensierosa, poi ho l’illuminazione -hai presente la ragazza di stasera al ristorante- Tk annuisce -lei è il tipico esempio delle persone che ho intorno. Si contano sulle dita di una mano le vere amiche che ho-

-ma tu hai parlato di Yolei come vera amica, no?- sorrido, capendo i suoi tentativi di guardare il lato positivo della situazione

-si, lei è una di quelle. L’ho conosciuta quando ancora ero nelle mani dei bulli. Inizialmente avevano provato a fare allontanare anche lei da me, prendendola di mira, ma Yolei ha un carattere molto forte e si è sempre ribellata, rispondendo a tono. Quanto ero in sua compagnia mi sentivo al sicuro, anche perché lei mi difendeva. Ma non potevamo stare sempre inseme-

-quindi loro ti prendevano quando eri da sola- conclude la frase per me, e io annuisco -ma non hai mai provato a ribellarti? Che so, raccontando tutto ai tuoi?- sorrido, ma la tristezza mi invade completamente

-non sono cose di cui ho mai parlato in famiglia. Se mio fratello fosse venuto a sapere come mi trattavano molto probabilmente li avrebbe presi uno ad uno e gliene avrebbe fatte passare delle belle, ma questo portava a una ritorsione verso di me senza eguali, quindi tacevo e soffrivo in silenzio. La casa era diventata l’unico luogo sicuro-alzo la testa per guardarlo -ho provato varie volte a farmi sentire, ma non ha mai funzionato- Tk è molto serio. -secondo te perché ti ho detto che non mi avresti sopportato per più di due mesi? È il tempo massimo che i ragazzi sono riusciti a stare con me. crescendo ho provato a frequentare qualcuno, ma una ragazza con pochi amici, che evita le discoteche e scappa di fronte ai ragazzi non piace molto-vedo Tk farsi triste, quasi dispiaciuto. Non capisco perché, quindi gli prendo una mano. Lui alza la testa e incrocia il mio sguardo. Gli sorrido

-non devi essere triste per me- mi sorride mesto. Non credo di averlo convinto

-perché non ne hai mai parlato con qualcuno. Insomma le tue amiche avrebbero potuto capire- si blocca, vedendomi negare. Allontano la mano dalla sua

-ho imparato a cavarmela da sola. Se avevo un problema non lo raccontavo a nessuno, anche perché non avevo nessuno che mi ascoltasse, quindi me lo risolvevo da sola, spesso sbagliando, ma in questa maniera imparavo in fretta come agire. Non ho mai perso l’abitudine a cavarmela da me, senza l’aiuto di nessuno. In più ho sempre cercato di tenere i miei problemi a casa, soprattutto perché se mi facevo vedere fragile diventavo ancora più vulnerabile-cerco il suo sguardo e mi sento meglio non appena lo trovo -non ho raccontato quasi mai il mio passato a qualcuno, non mi piace dare l’idea della vittima- lo vedo sorridere

-guarda che tecnicamente tu sei una vittima- sorrido, sorpresa della veridicità della cosa -e come mai secondo te a me hai raccontato tutto?- mi faccio seria, conoscendo la risposta

-non vorrei farti scappare a gambe levate- sbuffa, impaziente

-ti prometto che non scapperò- il suo sguardo speranzoso mi convince a parlare

-penso di essermi aperta perche… forse mi fido di te- trattengo il respiro, aspettando una reazione. Accanto a me non si muove nulla, quindi decido di guardare che effetto ha avuto la mia frase. Tk è serio, lo sguardo perso in chissà quali pensieri, quasi pieno di rimorso. Si alza, e io non posso fare a meno di dispiacermi

-andiamo? Mi porge la mano, e io sospiro, sollevata

-sai, per un attimo ho creduto che stessi davvero per scappare- mentre mi alzo e gli afferro la mano penso al dispiacere che mi ha provocato la reazione che credevo avesse avuto. Temevo sul serio che avesse avuto paura di ferirmi, o roba del genere. Lo vedo sorridere, ma gli occhi sono comunque altrove. Lo lascio tranquillo, camminandogli a fianco. Mi dispiace avergli rovinato la serata. Spero di potermi fare perdonare, prima o poi

-dunque hai un fratello?- mi chiede tutto d’un tratto

-già. Si chiama Taichi ed è più grande di me- sorrido pensando al mio fratellone super premuroso

-anch’io- rimango di stucco

-davvero?- finalmente torna a guardarmi. L’espressione tormentata di poco fa sembra solo un vago ricordo. Forse mi sono solo immaginata tutto

-già. Anche mio fratello è più grande di me. si chiama Yamato- adesso sono io a rimanere in silenzio, non sapendo cosa dire. Chissà come è questo Yamato. Lo immagino molto aperto e solare. Un po’ come Tai. -io non ho nulla contro gli anziani- lo guardo, non capendo da dove saltasse fuori questo discorso. Lui mi sembra leggermente in imbarazzo. Torna a guardarmi, ma distoglie subito lo sguardo -riguardo a prima, sai…- sorrido, piacevolmente divertita. Il suo viso diventa indignato

-mi fa uno strano effetto vederti così combattivo per farmi cambiare idea. Non pensavo ti importasse così tanto mostrarti sensibile- mette il muso, un po’ come i bambini, e la cosa mi fa ride ancora di più

-non sono di quegli uomini duri, puri e un filino terra a terra -

-ok, ok, scusami- cerco di riprendermi, controllando gli spasmi di risate

-quando ero piccolo trascorrevo quasi tutto il mio tempo con mio nonno. Era una persona magnifica, a cui volevo un mondo di bene. Lui viveva in un paesino piccolo, in cui l’età della persona più giovane era superiore ai sessanta. A parte qualche ragazzo che veniva su in villeggiatura venti giorni o qualche nipote che saltuariamente passava per un saluto frettoloso, ero l’unico bimbo, nonché l’individuo più giovane del paese. Sono cresciuto fra quelle persone, che mi viziavano in ogni modo, e mi facevano sentire davvero bene li fra loro. Per un periodo ho anche creduto che non me ne sarei mai andato di lì, e il pensiero che gli anziani fossero le persone migliori al mondo era ormai consolidato in me. facevo un po’ da nipote collettivo e da giullare di corte. Conoscevo ognuno di loro come se fosse un mio parente e il resto del mondo non mi sembrava adatto a me- lo vedo cambiare espressione

-poi che è successo?- già dall’inizio della storia ho sentito che non ci sarebbe stato un lieto fine

-poi mio nonno è morto, ed è cambiato tutto- lo fisso incredula. A parte il dolore iniziale che lo ha invaso si sta comportando come se stesse raccontando le vicende di qualcun altro

-mi dispiace- si volta verso di me, e mi sorride tranquillo

-tranquilla, sono passati molti anni da allora. Conservo un bellissimo ricordo di lui, ma ormai ho imparato a guardare avanti- mi sbagliavo, c’è tristezza nel suo tono. Molto in profondità, però c’è

-e non sei più tornato nel paese di tuo nonno?- perché a me sembra l’azione più naturale del mondo?

-non ce l’ho più fatta. Probabilmente adesso la maggior parte di quelle persone sono morte, o sono troppo vecchie per ricordarsi di me. però volevo dimostrarti che anch’io ho un cuore, anche se non sembra- rimango di sasso a questa affermazione. Io non ho mai voluto dire questo, e mi dispiace che abbia pensato così. -non essere triste per me- torno a guardarlo. È visibilmente preoccupato

-no, io… sto bene, tranquillo- abbasso lo sguardo, sperando che adesso cambieremo discorso. Tk si ferma,e io mi accorgo che siamo arrivati a casa mia. Ma fin dove ero corsa nel pieno del mio attacco di ansia? Sento la sua mano liberarsi delicatamente dalla mia. Oddio, solo adesso mi rendo conto che non gliel’ho mollata per un solo secondo

-Kari- torno a guardarlo, leggermente imbarazzata -io ti prometto, ti giuro su… non saprei, sulla mia stessa vita, se vuoi- scrollo la testa, sorridendo

-non giurare, non ce n’è bisogno-

-ti prometto che questo non è un mio tentativo di allontanarmi dalla tua follia o di farmi desiderare negandomi- rimango perplessa ad aspettare la fine della frase -ma per un po’ non potremo sentirci- ah!

-perché?- spero che dal mio tono non sfugga l’ansia che mi attanaglia. Ho detto qualcosa che non dovevo?

-parto per lavoro- torno a respirare, più tranquilla -e a meno che tu non voglia spendere un capitale in telefonate o in messaggi è meglio che aspettiamo di rivederci, per sentirci. Credo che tu riesca a resistere quattro giorni senza avere mie notizie, vero?- il suo sguardo si è fatto molto affilato e guardingo

-Tk, smettila di disegnarmi come una ninfomane bisognosa della tua continua ed incessante presenza!- sbotto

-ah, perché, non lo sei?- lo fulmino con lo sguardo, mentre lui ride fra se

-Tk!- lo incito a smetterla

-ok, va bene!- finalmente la finisce

-vai all’estero?- chiedo curiosa e anche parecchio invidiosa

-si, ma non so dove, con precisione. Di sicuro facciamo una tappa in Italia, ma le altre mete le scoprirò a tempo debito- Dio, che invidia!!!

-Oh, l’Italia!- mi guarda stupito

-ci sei stata?- sorrido, a quei bellissimi ricordi

-si, ed è meravigliosa!-

-quindi credi di resistere?- sbuffo per l’ennesima volta

-taci, che forse è più probabile che vada tu in escandescenza!- lo stuzzico

-allora ti chiamo io non appena atterro, va bene?-

-d’accordo- comincio ad inviarmi salendo due scalini

-ah, Kari!- mi richiama. Mi volto a guardarlo, dall’alto del quarto scalino

-comunque, anche se fossimo entrati in quel bar, non avresti avuto da preoccuparti per i commenti altrui- lo guardo allibita, convinta di non aver capito neppure una parola di quello che ha appena detto -sei perfetta!- sorrido, felicemente sollevata della sua sincerità

-grazie per la serata, mi è piaciuta davvero tanto- non rendo l’idea, ma mi sorride comunque, alzando una mano in segno di saluto. Apro la porta ed entro, ma prima di chiuderla ho ancora una cosa da fare -ah, Tk!- si ferma, ancora sul marciapiede. Lo vedo voltarsi ancora sorridente, ma con una nota curiosa sul viso -grazie!- spero vivamente che capisca che mi sto riferendo al complimento di prima

-figurati, è la verità!- gli sorrido di rimando poi chiudo la porta, sapendo già che non appena toccherò il cuscino piomberò in un sonno profondo.

 

Ollà. Eccomi qui un'altra volta con l’ennesimo capitolo. Innanzitutto chiedo scusa per la lunghezza. Poi, in secondo luogo volevo specificare, per chi non è ferrato sull’argomento Harry Potter: l’incantesimo della pastoia Total-Body è il Petrificus Totalus, per intenderci. Quello che nel primo libro (o film, è uguale) Hermione usa sul povero Paciock. Poi, non so se qualcuno l’ha notato, ho messo un piccolo inno alla stratosferica intelligenza della mitica Luciana Littizzetto: l’uomo “duro, puro e un filo terra a terra” è l’uomo della sopra citata donna. Lo stralcio della frase è preso dal suo libro “Rivergination”. Ringrazio per le risate che mi fa fare ogni volta e per lo spunto degli uomini. Ora passerei un attimo al capitolo: mi rendo conto della pesantezza che prende ad un certo punto, e chiedo scusa se ho urtato i sentimenti di qualcuno. Il racconto di Takeru sul nonno è un omaggio al mio nonnino. La storia è finita un po’ meglio che nel capitolo, però. Spero di non avervi annoiato o traumatizzato. Fatemi sapere!

Vostra Mami

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Capitolo 5
*** V-Piccolo incidente ***


V-Piccolo incidente

Lying in my bed I hear the clock ticks and think of you

Caught up in circles, confusion is nothing new
flash back warm night, almost left behind
suitcase of memories
Time after sometime you pictured me
I’m walking too far ahead
you’re callin’ to me
I can’t hear what you’ve said
you said: “Go slow, I fall behind ”
the second hand unwinds

Cyndi Lauper canta nel mio soggiorno mentre cerco di parlare con la mia amica. Mi mette una malinconia questa canzone!

-quando hai detto che torna?- mi volto verso Yolei interrompendo quello che sto facendo

-ti ho detto che non ne sono sicura!- la vedo sorridere divertita. So già a cosa sta pensando, e la odio per questo

-scommetto che stai contando ogni singolo minuto- queste allusioni molto poco celate mi irritano: da quando in qua io dovrei contare i minuti che mi separano dal ritorno di Takeru?

-non dire idiozie se non vuoi che la torta e il the ti finiscano dritti in faccia- mi rimetto al lavoro, o almeno è quello che farei se questa benedetta acqua cominciasse a bollire

-ma lui cosa è per te?- torno a guardarla

-in che senso?- alza le sopracciglia scettica

-nel senso: lui ti invita e tu esci con lui. Questa storia va avanti da qualche giorno. Ma state insieme?- il suo tono è serio, e questo mi preoccupa maggiormente

-ma no che non stiamo insieme- la velocità con cui ho risposto mi allarma

-e allora cosa siete?- torno a controllare lo stato di bollitura

-buoni amici- ripenso all’ultima sera che ci siamo visti. Ho confessato quasi tutto sul mio passato, ed è stata un’azione naturale, come se parlare con Tk fosse routine. Sorrido a questo pensiero.

If you’re lost you can look and you will find me
Time after time
If you fall I will catch you, I’ll be waiting
Time after time
If you’re lost you can look and you will find me
Time after time
If you fall I will catch you, I’ll be waiting
Time after time

-solo buoni amici?- mi mordo la lingua al pensiero di averle confessato l’accaduto di quattro giorni fa. Ora mi tormenta in continuazione. E non la smette con questa canzone! Ma chi gliel’ha fatta conoscere?

-buoni amici intimi- eddai acqua, arriva a 100°C, così almeno Yolei si chiude la bocca con la torta! Ecco, forse… no, niente forse, ora oltre a non vedere le stupide bolle sulla superficie del tegame non vedo più neppure il gas. Stupide lampadine che si fulminano sempre nei momenti meno opportuni

-mi sa che devi cambiarla- perspicace Yolei, perspicace

-Mi fai un favore? Vammi a prendere lo scaleo, prima che butti giù questa catapecchia a calci-  vado in corridoio e prendo la scatola con le lampadine, ne estraggo una e torno in cucina. Spengo l’interruttore della luce della cucina per evitare di prendere la scossa quando ci andrò intorno, apro questa specie di scaleo e comincio a salire

-questo impianto elettrico è da cambiare- come tutto il resto della casa, ma a questo cerco di non pensare. Svito la plafoniera e la allungo a Yolei, sfilo la lampadina dalla tasca del pantalone in cui l’ho infilata e mi accingo ad avvitarla

-ma tu cosa provi per lui?-

I turn, my picture fades
and darkness has turned to grey
watching through windows
you’re wondering if I’m OK
Secrets stolen from deep inside
the drum beats out of time

Un movimento improvviso dello scaleo mi fa traballare, cerco di riprendere l’equilibrio chinandomi per aggrapparmi a qualcosa di solido ma non trovo nulla, prima mi sento sporgere in avanti, poi indietro, un rumore sordo mi arriva alle orecchie. Probabilmente è la lampadina che è caduta, così una è andata sprecata per nulla. La spinta che mi sono data per non cadere in avanti mi porta ora pericolosamente indietro. Sento lo sgabello muoversi nella direzione opposta, sfuggendomi da sotto i piedi. La mia schiena si arcua in un movimento involontario, e le braccia continuano a cercare qualcosa a cui aggrapparsi, inutilmente. Le mani di Yolei cercano di prendermi da sotto la schiena, ma anche queste inutilmente. Vedo fuori dalla finestra le nuvole che diventano sempre più nere, quasi promettendo burrasca. Maledette voi, se oggi c’era cielo splendente non avevo bisogno di tenere la luce accesa in casa mia, e non mi si sarebbe fulminata la lampadina. Ora tutta la casa è capovolta, come in uno stupido gioco al luna park, poi finalmente vedo le mattonelle del terreno avvicinarsi. Prima o poi sarebbe finita questa caduta, no? Un dolore allucinante mi prende tutto il corpo, irradiandosi dalla testa, e tutto diventa improvvisamente nero e silenzioso.

“Secrets stolen from deep inside, the drum beats out of time”

Merda, mi sento come se qualcuno mi avesse buttato giù da degli scogli e io abbia ruzzolato per metri e metri. Sto bene, non ho freddo e non sento musiche celestiali provenire da chissà dove, quindi sono viva. Forse. Di certo sto male. Prima di tutto la testa. È il dolore peggiore. Come se mi fossi fatta trascinare per un kilometro attaccata per i piedi a un auto e la mia cute avesse assaggiato un kilometro di asfalto. Brucia, e parecchio. Non credo che io stia andando a fuoco, se no qualcuno sarebbe già venuto a spegnermi. Poi la schiena duole, e anche se sento che il materiale sotto di me è morbido, la mia spina dorsale non la pensa allo stesso modo. Penso di stare cominciando a connettermi con il mondo, perché adesso sento anche dei rumori. Non il solito bip dell’ospedale(il che promette bene, ciò significa che non ho nulla di grave), ma voci che provengono da qualche parte. Continuo ad avere una canzone in testa, ma non riesco ad afferrare le parole, e non so neppure descrivere il ritmo. So solo che c’è. Provo a socchiudere gli occhi, ma alla prima lama di luce che mi attraversa le iridi sento una fitta alla fronte. Il dolore mi fa spostare la testa di lato, ma questo è stato l’errore più grande della mia vita. Il dolore alla nuca quadruplica e sento una smorfia contorcermi il viso -Merda- sussurro.

-le consiglio di non muovere troppo la testa, signorina Yagami- voci concitate si uniscono ai rumori di sottofondo. Riprovo ad aprire gli occhi, con esiti migliori del precedente tentativo. La luce intensa mi infastidisce comunque, ma questa volta tento di controllare le reazioni involontarie. Più che l’avvertimento del medico, gli errori personali mi portano a tenere immobile la testa sul cuscino. Dalla prospettiva che ho in questa posizione riesco a vedere il soffitto bianco e una qualche apparecchiatura agli angoli del mio campo visivo. Provo a muovere gli occhi, ed almeno questa azione non crea dolori. Bene. -come si sente?- la voce pare annoiata. Sciocca, risponderei, ma credo che non sia quello che vuole sentirsi dire Camice Bianco

-direi bene, a meno che non muovo la testa o la schiena- finalmente riesco ad inquadrare qualche viso. Il medico ha capelli castani, tendenti ormai al grigio sulle tempie. Occhiali quadrati sul naso ed un fisico abbastanza possente. Dietro, trepidante, vedo Yolei che sembrerebbe molto sollevata. Sposto un altro po’ lo sguardo e intravedo mio fratello, ma per inquadrarlo alla perfezione dovrei scostare la testa, e per ora preferirei evitare.

-si ricorda che cosa è accaduto?- Yolei si blocca, come se avessero premuto il tasto STOP

-sono caduta dalla scala mentre tentavo di montare una lampadina- un tuono mi distrae dai miei pensieri. Allora è cominciato a piovere!. Sento Camice Bianco avvicinarsi e lo vedo trafficare dentro le sue tasche. Estrae una pila e la accende

-segua il mio dito- più parla, più mi sta simpatico! Ma gli devo la mia gratitudine, quindi sotterro i miei giudizi personali e mi accingo ad eseguire quel che mi ha detto mentre mi punta la luce negli occhi. Prima il destro poi il sinistro. Mentre sposto quest’ultimo vedo con la coda dell’occhio un’altra figura accanto a me, dall’altra parte del letto. -perfetto, sembra sia tutto a posto-

-che cosa ho, dottore?- lo vedo stringere le labbra e guardarmi da sopra le lenti degli occhiali, pronto a dare la stessa spiegazione che ha già dato a Tai, Yolei e… l’alta figura

-a parte una leggera commozione celebrale dovuta dal colpo alla testa, nulla. La schiena ha risentito del colpo per terra, ma tempo due giorni e starà meglio. le consiglio solo di fare attenzione a quando si tirerà su la prima volta ed ogni qualvolta si alzerà, perché potrebbe avere vertigini e ricadere per terra. E questo sarebbe un problema, visto quel che le è appena successo- un’ombra di un sorriso gli attraversa le labbra, come se questa fosse una battuta. -inoltre sarà normale avere delle emicranie per oggi e domani, ma dovrebbero sparire subito. In caso contrario la invito a tornare al pronto soccorso. Non le prescriverei nulla tranne un antidolorifico per testa e schiena- il dottore si accinge ad uscire, ma evidentemente si ricorda di dire qualcosa -ah, inoltre per stasera sarebbe più opportuno se con lei ci fosse sempre qualcuno, nel caso in cui possa sentirsi male- si volta un’altra volta, ma lo sento aggiungere -e sarebbe meglio andare a letto presto, per non affaticare la testa- poi esce dalla mia stanza voltando l’angolo

-oh Kari, stai bene! Ho preso una paura quando ti ho vista immobile per terra- Yolei mi assale letteralmente. Cerco di immaginarmi la scena, ma non ci riesco

-ti prego, cambiamo discorso- sento la terza persona, lo sconosciuto, muoversi accanto a me. ho troppa paura di muovere la testa, però -senti tu, chiunque sei, visto che preferisco non muovermi più del dovuto, che ne dici di venire da questa parte dove posso vederti?- sento trattenere una risata e una sedia spostarsi, poi lo Sconosciuto si muove e credo di capire chi è ancora prima di appurarlo. Sgrano gli occhi alla vista del terzo visitatore -Tk? Ma tu non dovresti essere via?- lo vedo ridere di gusto

-si, lo ero, ma ora sono tornato- sento mio fratello muoversi inquieto, così gli rivolgo la mia attenzione. Quando finalmente incrocio il suo sguardo noto i suoi occhi che mi fissano, come se stesse cercando il Mr Hyde che è in me. La contrazione del suo viso non mi fa presagire nulla di buono: ansia, una punta di sollievo, tristezza, rimorso e… rabbia?

-Tai, che c’è?- si volta per prendere una sedia che era nell’angolo e si siede accanto a me, sempre senza guardarmi negli occhi

-ho avuto paura Kari, ecco che c’è- lo vedo tentennare, come se si vergognasse di quello che ha da dirmi, o come se non volesse che gli altri ascoltassero la nostra conversazione -non sono stato tranquillo un attimo da quando Yolei mi ha chiamato dicendomi cosa ti era successo- sorrido, ripensando a tutte le volte che il mio fratellone era stato in ansia per me

-ma ora sto bene- vedo il suo sguardo vacillare, e capisco -e starò bene. Non ti devi preoccupare, a tutti capita di cadere da una scala, sai?- torna a guardarmi, e finalmente vedo un po’ di sollievo sul suo volto

-non ho avvertito mamma e papà perché sapevo come avrebbero reagito, e anche se so che sono i nostri genitori, immaginavo che sarei bastato io a preoccuparmi per tutti quanti; ma dovrai avvertirli, lo sai?- a quel pensiero, dopo il sollievo per aver saputo che loro erano ancora ignari di cosa mi era accaduto, sento lo stomaco contorcersi al pensiero di quando arriverà l’ora di dire loro tutto. Sento Yolei avvicinarsi

-sono contenta che sia tutto a posto. Credevo di impazzire mentre mi dirigevo all’ospedale, sai?- allungo una mano e vedo la velocità con cui me la prende. Mi sento parecchio in colpa per averla fatta preoccupare. So di non potermi accusare, ma mi sento comunque colpevole

-ti voglio bene, Yolei. Grazie!- la sento felice. Si, la sento, come se mi irradiasse forza dal suo contatto. Finalmente mi decido a cercare una risposta alla domanda che mi attanaglia da un po’

-ma tu che cavolo ci fai qui?- chiedo a Tk

-grazie per l’accoglienza- la sua falsa espressione offesa non mi inganna

-sai cosa intendo- certo che lo sa

-ho incontrato Yolei mentre usciva da casa tua- le rivolgo la mia attenzione, non capendo. Pensavo mi avesse seguito mentre mi portavano in ambulanza. Perche sono andata in ambulanza, vero?

-ho voluto ripulire il casino che avevi fatto e spegnere il gas, così quando tornavi a casa non avresti dovuto pulire. Sempre che non trovavi la casa bruciata!- faccio una smorfia sapendo che, malgrado le conseguenze molto negative che mi avrebbe portato quest’ultima evenienza, mi avrebbe fatto davvero piacere

-almeno il proprietario si deciderebbe a ristrutturarla, quella catapecchia!- riecco mio fratello che “scalcia” di impazienza

-stasera vengo a dormire da te, però dovresti aspettare un attimo che faccio una telefonata a Maya- connetto subito di che argomento sta parlando

-no no, aspetta, non voglio che tu disdica i tuoi appuntamenti…-

-tu sei più importante, Hika!- il suo tono non ammette repliche

-ma puoi venire da me, poi ti riporto a casa!- il suo tono non ammette repliche Takeru, capisci? O vuoi forse morire di una morte terribile e dolorosa? Tai gli lancia un occhiataccia davvero spaventosa, ma quello che mi attira è lo sguardo pieno di allusioni di Yolei

-ha ragione lui, così tu esci con Maya e io non sono comunque da sola!- mi intrometto prima che mio fratello tiri qualcosa di appuntito addosso a qualcuno e che io strangoli qualcun’altra! Ora lo sguardo assassino di Tai è riservato a me

-ma Kari…- nego con la testa. Adesso sono io che punto i piedi

-no Tai, tu stasera ti vedi con Maya, così ti distrai un poco, e poi vieni a dormire da me- l’euforia di Tk stona con l’umore di Taichi

-perfetto, allora tu mi dici l’ora in cui devo riportartela e io sarò li, puntualissimo!- noto che mio fratello è parecchio serio, o forse qualcos’altro?

-ehm, Hika, possiamo parlare un attimo in privato?- lo guardo accigliata

-solo se accetti il compromesso- lo vedo tormentarsi, ma purtroppo per lui sono troppo geniale

-va bene- lancio un’occhiata agli altri due intimandoli di uscire, e lentamente provo ad alzarmi. Tai mi da una mano sorreggendomi ed aspettando che sia riuscita a riprendermi, almeno in parte. Poi lo vedo guardare un attimo fuori, e rivolgere la mia attenzione a me

-dai, cosa c’è?- gli chiedo

-Kari, lui non mi piace.- non ho bisogno di capire chi, ma non mi lascia il tempo di dibattere -so chi è, e ho capito cosa succede fra di voi, o almeno in parte, ma per come si comporta, per il suo atteggiamento…- sembra stia cercando le parole meno dure, come se non volesse offendermi

-Tai, io lo conosco, non tu. - allungo una mano, in cerca della sua, che mi prende subito, senza esitazioni -senza offesa Tai, ma tu davvero non puoi sapere come sia fatto, e questo tuo comportamento non mi protegge. E lo sai- lo guardo in attesa di una sua reazione, come una mamma che spiega al suo bimbo che quel che ha fatto non è grave, ma è comunque un malanno.

-si, ma tu sei…- lui vede che lo guardo severamente, e cambia prontamente il suo tono -non mi piace, e ho paura che possa essere qualcosa di più di quanto tu lo conosca. Non vorrei dover sentire in giro brutte storie sul tuo amichetto- sgrano gli occhi, indispettita

-Tai! Tu non avrai mica intenzione di chiedere in giro che tipo di persona è, spero!- abbassa gli occhi, e così ho la conferma della mia teoria

-io voglio solo proteggerti Hika. Proprio dalle persone come quella!- mi addolcisco e gli accarezzo una guancia

-Tai, te l’ho già detto un milione di volte che sono grande e vaccinata. Capisco che non ti ispiri fiducia, ma io non ho mai voluto indagare su Maya, appena me l’hai presentata- ops, forse non è l’esempio giusto

-ma a te è subito piaciuta! E poi ispira fiducia, lei!- già, ha ragione!

-si, è vero, ma ciò non vuol dire che anche Tk non possa essere diverso da come pare.- una sua occhiata dubbiosa mi fa capire subito i suoi pensieri -Tai, diamogli almeno il beneficio del dubbio!- meno male che ogni tanto sembra ragionare!

-d’accordo, ma ti avverto che lo terrò d’occhio parecchio.- sorrido, sapendo che anche se Tk fosse somigliato anche solo al un santo, avrebbe scaturito la stessa reazione in mio fratello

-e poi scusa, che cosa ha che non va?- lo vedo prepararsi ad espormi tutti i minimi dettagli che ha notato in questo breve incontro. Sospiro, rimangiandomi mentalmente l’ultima frase

-è… arrogante e sicuro di se. Troppo sicuro di se! Non sa stare al suo posto e prende tutto come un gioco. È sfrontato e sfacciato e non ha il men che minimo senso del rispetto- immaginando che tutto questo è stato ingigantito dall’acuta vista indagatrice di un fratello estremamente geloso, ammetto che mi sarei aspettata di peggio. Molto di peggio

-questo è vero, almeno in parte, ma ha anche molte buone doti, e sono queste che spero che imparerai ad apprezzare- mantiene per qualche secondo il contatto visivo con me, ma poi distoglie lo sguardo, sospirando. Così ho la conferma che qui cade il discorso, e forse sono anche riuscita a farlo ragionare.

-io ti ho avvertita, Hika. Basta una sola minima mossa sbagliata…-

-Tai!- non ho intenzione di starlo a sentire ancora per molto -passami la mai felpa, per favore, e aiutami ad alzarmi. Non voglio più parlarne, per ora!- mi passa la maglia, riluttante, ma mi aiuta comunque ad alzarmi. Sento il pavimento instabile (o forse sono le mie gambe?) e la testa stranamente leggera e pesante allo stesso tempo. Provo a muovere i primi passi, come un bambino, e vedo che comunque le gambe seguono i miei comandi. Il problema ora è l’equilibrio. Scendere da una giostra su cui hai girato per dieci minuti sembra un impresa da poppanti, in questo momento. Tai mi deve sorreggere per tutto il tragitto, fino alla porta, poi gli chiedo di lasciarmi andare, almeno per provare a muovermi da sola. -si, ma stammi vicino comunque- dico, almeno per stare al sicuro. All’inizio è molto lento il mio passo, e qualche volta mio fratello e Tk devono lanciarsi per prendermi. So che non cadrei, perché mi sento sempre più sicura, ma li capisco: in alcuni momenti mi prendono dei capogiri che mi sento andare per terra, ma sono sicura che le ginocchia reggeranno fino alla macchina. Ma i miei due cavalieri non sembrano altrettanto tranquilli come me. Noto che quando si avvicinano per prendermi da un eventuale caduta e rischiano di scontrarsi o solo di sfiorarsi, Tai lancia a Tk delle occhiatacce pericolose, come se lo intimasse a tenersi alla larga da me. non ho intenzione di farlo smettere, da adesso in avanti attuerò la tattica dell’ “ignoralo”. Finalmente arriviamo alla macchina salvi ed illesi, io meno degli altri tre. Durante tutto il tragitto ho tranquillizzato Yolei e le ho assicurato che domani potrà stare tutto il giorno con me (per farla stare tranquilla, a suo dire, ma io credo che voglia contribuire anche lei al programma “controlliamo Hikari come se fosse incapace di fare qualsiasi cosa”). Tk apre la sua macchina e mi fa accomodare. Saluto mio fratello e la mia migliore amica poi chiudo la portiera. Vedo Tk scambiare le ultime battute con entrambi, poi gira intorno alla macchina (con uno strano sorriso stampato in viso) e sale al posto del guidatore. Yolei ammicca in mia direzione, e decido di non darle corda ma la saluto con la mano, mente Tai sta fissando il mio taxista come l’ha guardato da quando mi sono svegliata (e probabilmente anche prima).

-pronta?- perché non si è ancora levato quell’espressione dalla faccia?

-ho fame!- lui interpreta la mia risposta come un si, e finalmente ci dirigiamo in direzione casa Takaishi. -ma che ore sono?- mi guardo in giro, cercando di capire che direzione sta prendendo

-le sette e trentacinque- faccio un rapido conto mentale

-sono rimasta incosciente per più di due ore?-

-già! Credevamo avresti passato tutta la notte in quello stato. Tuo fratello si stava preparando ad organizzare tutto- dal suo tono di voce sembra non aver capito il risentimento che ha Tai verso di lui

-ma tu quando sei arrivato?- lo vedo sorridere leggermente

-che ne dici se lasciamo le domande a dopo? Adesso pensiamo a prendere qualcosa da mangiare. O preferisci che ti cucini qualcosa io?- mi guarda velocemente, prima di svoltare a sinistra

-perché, tu sai cucinare?- delle rughe gli solcano la fronte, indispettite

-certo che so cucinare, che credevi?- cerco di non ribattergli, ma penso piuttosto a cosa vorrei mangiare.

-vorrei sentire come cucini. In fondo il mangiare da asporto lo si può prendere in ogni momento.- lo guardo attenta -Quando mi ricapiterà l’opportunità di vederti ai fornelli?- sorride compiaciuto

-ne rimarrai estasiata!- rido di gusto, e sento il mio stomaco contorcersi mentre penso a un bel piatto di carne. Ho già l’acquolina in bocca. Speriamo che sia bravo come dice, perché in questo momento ho davvero bisogno di placare questo borbottio. Nella vettura cala il silenzio, mentre seguo la strada che sta percorrendo. Rispetto a dove siamo adesso, la mia casa resta poco distante. Almeno in macchina. Comincio a pensare quanto ci si metterebbe a percorrere il tragitto a piedi quando vedo che Tk rallenta. Parcheggia dietro a un auto blu nuova e costosa (o almeno direi) e spegne la macchina. Io mi accingo a scendere, ma Tk mi invita a d aspettare che mi sia accanto per assicurarsi che io resti in piedi da sola. Quando finirà questo patimento? A parte un leggero giramento di testa appena alzata, resto in piedi senza aiuto, e sono anche abbastanza salda sulle mie gambe. Abbastanza.

-mi spiace, ma questo è il parcheggio più vicino a casa mia- si scusa, ma scosso la testa, non capendo cosa ci trovano di preoccupante nel farmi fare due passi. Attraversiamo la strada e percorriamo una stradina laterale fra due case scrostate da cui si intravedono i mattoni di costruzione. Continuiamo a camminare (ovviamente Tk mi tiene sotto braccia) fino ad una schiera di villette, tutte uguali. Ognuna ha un entrata a se stante, ed ognuna possiede una giardinetto sul davanti. Sono tutte dello stesso colore, ma la mano che indubbiamente è quella di una donna mostra la differenza fra la seconda e le altre due: i vasi di fiori sono disposti su quasi tutti i davanzali, e il giardino e elegantemente abbellito con panchine in tinta con il lastricato esterno, nani da giardino invadono l’abitazione e altri oggetti di ignoto uso sono collocati qua e la un po’ dovunque. Tk si dirige verso la terza villettina, che sembra comunque molto piccola anche se elegante, apre il cancello e mi conduce alla porta di ingresso, prima di fermarsi a guardarmi. -devi sapere che vivo da solo qui, quindi non ti aspettare chissà che- rido divertita e gli do un buffetto sulla spalla

-non ti preoccupare, credo di riuscire a sopravvivere- Non appena entro mi trovo davanti una casetta, seppur non molto ben tenuta, molto elegante ed accogliente. Seguo Tk in cucina mentre lancio occhiate furtive qua e la, e mi accorgo che più vedo di quella casa, più mi rendo conto che mi piace. Parecchio. Mi fa accomodare su una sedia, di quelle alte da bar, e mi appoggio al bancone che da sui fornelli.

-comincio a prepararci da mangiare, poi mentre la cena cuoce ti porto a fare una visita della casa, ok?- annuisco

-dai, voglio vederti all’opera- un ghigno gli si forma sul viso, e comincia a cucinare per noi due. Io resto in silenzio ad osservarlo mentre lavora. Ogni tanto vedo che alza lo sguardo su di me, e di quando in quando mi sorride. Io nel frattempo mi guardo in giro. La cucina si trova dietro al bancone su cui sono appoggiata, e sembrerebbe anche una cucina ben attrezzata: forno ultimo modello, microonde nell’angolo, mensole ben pulite e lucidate (non me lo sarei mai aspettata), due lavelli senza alcun piatto o pentola in attesa di essere lavati. Dietro di me, oltre alle tre sedie stile pub, c’è un tavolo senza alcun centrino, tovaglia o vaso di fiori sopra. I mobili sembrano antichi (o sono fatti apposta?), ma le mensole piuttosto vuote. Non ci sono foto in giro, il che mi rattrista. Una lampada a stelo è piazzata nell’angolo più estremo, e sopra mi pare ci siano due dita di polvere. La stanza non è particolarmente grande, ma riceve tanta luce dalle finestre in cucina. Tk continua il suo lavoro (polpette di carne e verdura, patate arrosto e carote lessate) e noi restiamo in silenzio. Mentre mi sto ancora guardando in giro sento Tk aprire l’acqua, così decido di voltarmi, per vedere a che punto è.

-sei pronta?- sembrerebbe serio. Scendo dalla sedia con troppa velocista e sono costretta a reggermi al bancone. Almeno non se ne è accorto.

-prontissima!- si asciuga le mani e nel frattempo mi guarda

-come mai tutto questo silenzio, stasera? La botta ti ha tolto la parola?- è vero, non me ne ero resa conto. Non abbiamo parlato molto fino ad ora; e al solo pensiero ecco tutte le mille domande che mi affollano la mente

-niente di personale Tk, ma stavo solo cercando di immagazzinare tutte le nuove informazioni: la via che abbiamo fatto, la tua casa, tu che cucini…- lo vedo sorridere divertito mentre si avvicina a me

-che c’è, dubitavi forse?- la mia espressione gli fa capire cosa pensavo. -un critico culinario che non sa cucinare sarebbe davvero curioso, non credi?- ci penso un po’ su

-una interior designer non sa costruire i mobili- vedo la sua teoria vacillare,e  ne vado fiera

-per saper giudicare bisogna sapere come si realizzano i piatti, e per saperlo spesso sei quasi costretto a doverli cucinare tu stesso-

-ok, andiamo- sono davvero impaziente di vedere il resto della casa. Tk mi apre la strada, e mi conduce subito al piano di sopra. Io mi fermo a metà scala -cosa c’è in quella stanza?- che sfrontata che sono, ma la curiosità mi uccide. Lui si volta per vedere di cosa parlo, e quando nota la porta di fronte all’entrata della sala alza le spalle

-è vuota, non so come utilizzarla- mh, devo credergli? Riprendiamo il tour e per primo mi conduce in bagno. È ampio e ricoperto di mattonelle bianche e azzurre, un grandissimo specchio sulla parete più grande, mensole piene si prodotti su cui non mi soffermo per più di un nanosecondo, ma la cosa che più mi attira è la vasca. E non una semplice vasca; LA vasca per eccellenza. Non grande, ma stupenda. Tonda, con vari programmi, fra cui l’idromassaggio e l’aroma terapia. Sul bordo interno vari sali attirano la mia attenzione, e anche se può sembrare una moderna vasca, a me appare come la migliore. Tk decide di riportarmi sulla terra, e con un ultimo sguardo malinconico lo seguo verso una stanzetta, probabilmente degli ospiti, con un letto vuoto e due mobili vecchi e probabilmente rovinati. Non chiedo nulla e continuo a guardarmi in giro. Neanche su questo piano vedo foto personali, e il mistero mi rende pazza. Mi indica una porticina e mi comunica che anche se non me la mostra non mi perdo nulla: la stanza dello stiro. Poi noto che appoggia la mano sulla maniglia di un’altra stanza e si volta per guardarmi con uno sguardo malizioso -tuo fratello mi ucciderebbe se vedesse dove entriamo ora!- resto un attimo sorpresa dal fatto che ha nominato mio fratello, e non mi viene neppure in mente di preoccuparmi per l’affermazione che mi ha appena fatto. Lo seguo dentro e capisco che questa deve essere la sua stanza. Il letto è ben fatto e sul comodino non vedo nient’altro di particolare a parte la sveglia e l’abat jour. La scrivania straripa di riviste e fogli sparsi, e qua e la per terra ci sono scarpe e… magliette, immagino. Come sempre non vedo segni di personalizzazione, e continuo a non capire. Mi avvicino alla finestra, e noto un giardino. Torno a guardarlo

-Quindi hai notato che mio fratello ha… un leggero risentimento verso di te?- risentimento? Ahahah, questa è buona!

-no, a dir la verità mi odia proprio!- allora l’ha notato!

-è molto geloso- mi sento in dovere di difenderlo

-lo so, per questo non ho detto nulla. Però dovrebbe avere più fiducia in te, non credi?- una smorfia mi storce la bocca e mi dirigo fuori dalla stanza. Lo seguo nuovamente al piano di sotto e poi attraversiamo una porta accanto alle scale che non avevo notato prima. Non appena la apre mi ritrovo senza fiato: un giardino stupendo (probabilmente quello che ho visto dalla sua stanza) circondato da una staccionata di legno che non mi mostra che cosa c’è di là. Un piccolo ruscello scorre nell’angolo a sinistra, circondato da ciottoli di fiume, un gazebo ricopre il dondolo bianco un po’ retrò e a destra c’è un tavolino circondato da sedie in ferro battuto che fanno molto “the delle cinque”. Il sole basso sull’orizzonte proietta strane ombre su tutta l’area, e l’atmosfera che si respira è di vera tranquillità. Non appena capisco che sono di nuovo in grado di parlare mi volto verso Tk, che è rimasto sempre dietro di me. è molto più vicino di quanto non mi spettassi, ma il suo sorriso beato mi rende ancora più entusiasta

-è stupendo questo posto!-

-lo so, mi piace per questo. Non per altro te l’ho voluto mostrare per ultimo!- si fa preoccupato, poi evidentemente si ricorda di qualcosa -forse è meglio che andiamo, il mangiare è ancora sul fuoco, e comincio ad avere molta fame- ci dirigiamo in cucina e l’odore che ci accoglie mi convince dell’ottima scelta che ho fatto a voler provare la sua cucina anziché un semplice street food. Spegne i fornelli ed estrae i piatti dalla credenza, mentre che io mi accomodo alla mia solita sedia al bancone -dove vuoi mangiare?- ci penso su un attimo, ma già sapevo cosa avrei scelto

-qui! Mi piace, è semplice ma non comune- mi allunga il piatto e si accomoda sullo sgabello accanto al mio. Comincio a mangiare e mi accorgo subito che come cuoco single non è affatto male, anzi. Mi accorgo che mi sta fissando in attesa di qualcosa, e afferro al volo -mi piace, è tutto buono. Sei promosso!- lo vedo sorridere e cominciare a mangiare anche lui. Per qualche minuto l’unico rumore che sento sono le nostre posate, finche non riesco più a trattenermi -perché in tutta la casa non c’è una tua sola foto, o della tua famiglia?- noto che non distoglie lo sguardo dal piatto

-facciamo che questa cosa te la spiegherò più avanti?- capisco di aver toccato un tasto delicato e cerco subito di rimediare

-per essere un ragazzo che abita da solo è tenuta abbastanza in ordine la casa- finalmente alza la testa e incrocia il mio sguardo. È guardingo.

-già.- mi liquida- Senti, ti ho sentito parlare di bettola riferendoti alla tua casa, prima, non è vero?- non capisco dove voglia andare a parare.

-si, perché?- il suo sguardo si accende, curioso

-hai qualche problema?- continuo ad essere dubbiosa

-ce ne fosse solo uno. Il proprietario non vuole spendere soldi per metterla un po’ a posto, e io sinceramente non mi sento in vena di tirarli fuori per una casa che sarebbe da rifare dalle fondamenta, oltretutto in affitto-

-e cosa ha che non va?- ora comincio ad avere paura

-l’impianto elettrico e quello dell’acqua potabile sarebbero da rifare di sana pianta, l’intonaco comincia a staccarsi in alcuni puti, sia all’interno che all’esterno, c’è umidità e in alcune stanze; anche delle perdite di acqua. E gli inquilini che mi hanno preceduti non sono stati molto da modello: parecchie mattonelle sono rotte o crepate, ci sono segni sui muri che non riesco a far venire via neppure con la pittura e la cucina ha bisogno di qualche pezzo nuovo, essendo datata 1997- il suo sorriso si allarga, e la mia attenzione aumenta

-senti, avrei una proposta da farti. Avrai notato che una stanza è vuota, vero?- annuisco, intuendo dove vuole arrivare, ma non voglio affrettare i miei pensieri -la casa è di proprietà, quindi non sono in affitto, però i costi sono un po’ alti per una persona sola. Mi segui?- annuisco ancora -ho messo da qualche giorno in giro dei volantini per offrire l’altra stanza in affitto, per poter dividere le spese. Ora, visto che tu hai problemi con la tua casa e io cerco un coinquilino, le due cose combaciano. Inoltre non ti farei pagare l’affitto e saresti in compagnia di qualcuno, invece di startene da sola. In più ci conosciamo, quindi il problema è risolto per entrambi!- il problema è risolto! Certo, come no. Resto muta per tre secondi, valutando i pro e i contro.

-Tk, capisci vero che dovrei dirlo a mio fratello? E francamente non so come la prenderebbe!- è la prima cosa che mi è venuta in mente, e anche la più pericolosa.

-Kari, penso che tu sia padrona della tua vita. Non ti costringo contro la tua volontà, ma anche lui dovrebbe essere più tranquillo pensando che non ti trovi più in casa da sola,no?- dubito! Dubito parecchio, ma sorvoliamo.

-non so Tk, io… dovrei pensarci, sai, così su due piedi…- in questo momento ho solo una cosa in mente: quel giardino sul retro meraviglioso… e anche la vasca da bagno!

-si, certo, ti lascio tutto il tempo di pensarci, però credo che sia un’idea geniale!- la sua euforia è paragonabile a quella dei bimbi per Natale. Visto che abbiamo finito di mangiare entrambi prende i piatti e si mette a lavarli. Io appoggio il mento sulla mano e lo fisso intensamente, pensando

-cosa ti fa tenere la casa così in ordine? È una cosa che proprio non concepisco.- Sogghigna, ma non alza lo sguardo

-sono sempre stato un tipo ordinato, e in più odio pensare di avere dei lavori in sospeso che prima o poi dovrò fare-

-sei da sposare, sai?- retoricamente, si intende. Comincia a ridere di gusto e io lo seguo a ruota.

-si, effettivamente ne ho ricevute tante di proposte!- sorrido divertita, quando il campanello ci fa smettere pian piano. Tk toglie il tappo dal lavello e si accinge ad aprire la porta. -Ciao Matt! Dai, entra- Matt? Perché mi sembra di aver già sentito questo nome? Dall’ingresso entra un ragazzo più o meno dell’età di Tai, biondo e con gli stessi occhi di Tk. Lo osservo immobile, e anche lui fa lo stesso. Tk ci raggiunge e si mette accanto a me -Kari, lui è Matt, mio fratello. Matt, lei è Hikari, la ragazza di cui ti ho parlato!- ma certo, è suo fratello. Come non ho fatto a pensarci prima?

-piacere- la voce del ragazzo è bassa e profonda, molto tranquilla. Riesco a svegliarmi dalla trance appena in tempo per rispondergli

-piacere mio- Matt si rivolge poi al fratello con un aria severa ma tranquilla

-papà mi ha detto di dirti che qualsiasi cosa abbia deciso la mamma, tu devi venire a pranzo da noi domenica- si siede su una sedia, spostandola dal tavolo. -sono parole sue, ma credo che se tu decidessi di declinare l’invito non se la prenderebbe- sposto il mio sguardo su Tk. Lo sta fissando intensamente ed è molto rigido, come se fosse arrabbiato o… frustato.

-tu che farai? Intendo, darai la soddisfazione a papà e farai arrabbiare la mamma, o sopporterai semplicemente il silenzio di papà?-

-a dire la verità sarei per non andare da nessuno dei due, tanto per fargli capire in che situazione ci hanno messo, ma purtroppo dovrò restare con la mamma- Tk sospira accanto a me, e lo guardo preoccupata.

-credi che mi lascerà un paio di giorni per pensarci? Devo valutare i pro e i contro di entrambe le situazioni-

-non ha molte alternative- si alza e rimette a posto la sedia, poi mi rivolge la sua attenzione -mi fa piacere averti conosciuta. Spero che avremo altre occasione per parlarci- il suo sguardo è insondabile ma profondo, un po’ come quello del fratello minore, solo più spento

-sono felice anch’io. Finalmente posso dire di aver conosciuto di persona il fratello di questo spostato qui- lo indico e Matt accenna appena un sorriso.

-Take, io vado, sono passato giusto per informarti. Vi lascio soli- il minore lo accompagna alla porta, e non appena la richiude si volta verso di me. ogni accenno di ilarità che prima era sul suo volto è scomparso.

-credo che sia venuto il momento di spiegarti perché non ho foto della mia famiglia!- si dirige verso la cucina -the?- per un secondo ho un flash del the che io avrei dovuto preparare per me e Yolei oggi pomeriggio, ma cerco di dimenticare.

-ehm, si, se vuoi?- mentre che è girato a raccogliere l’acqua nel bollitore lo sento appena sopra il rumore del lavabo

-i miei genitori sono divorziati- ora, in questo momento vorrei solo poter sprofondare. Chissà a cosa pensavo quando gli ho fatto quella domanda sulle foto. Perché non me ne sono stata zitta? -io ero piccolo, e ricordo poco della nostra vita prima che si separassero- si volta per poggiare il bollitore sul gas, e non incrocia mai il mio sguardo. -io e Matt siamo rimasti separati per anni prima di ritrovarci di nuovo nella stessa città. Io stavo con mia madre, lui con mio padre. Da quando se ne è andato con mio fratello credo di non essere più riuscito a vedere i miei provare ad andare d’accordo- si allontana dal fornello e prende due tazze, lo zucchero e i cucchiaini. Vorrei abbracciarlo forte e dirgli di non preoccuparsi, ma non ci riesco, sono come immobilizzata. -ora viviamo tutti in case diverse, ma la competizione fra i miei genitori non finisce mai. Domenica è il compleanno della mamma e ci ha invitati tutti alla sua festa, ma papà ha rifiutato dicendo di avere un’altra festa in programma; festa alla quale siamo invitati anche noi, fra parentesi.- il bollitore comincia a fischiare e Tk versa l’acqua fumante sulle bustine. -tutte le volte che scegliamo di passare un po’ di tempo con la mamma invece che con papà, lui si offende e ci tiene il muso per qualche giorno, finché non gli passa.- mi porge la mia tazza e si accomoda accanto a me. finalmente riesco ad incrociare il suo sguardo, e malgrado il sorriso forzato, vedo una grandissima tristezza nei suoi occhi. -ecco perché non ho foto della mia famiglia: non ne ho. Non recenti almeno, e ho sempre pensato che sia fasullo metterne di quando eravamo felici. Capisci?- gli stringo la mano, e non provo neppure a sorridere, perché non ci riesco neppure. Mantengo il contatto per qualche secondo, finche non è lui ad abbassare lo sguardo

-io non volevo costringerti a raccontare. Mi dispiace che tu e tuo fratello siete stati costretti a subire tutto questo. Se avessi immaginato- scrolla la testa, e mi blocco, capendo già che cosa mi avrebbe detto

-non potevi sapere, e non te ne faccio una colpa. In fondo tu mi hai raccontato della tua esperienza scolastica, adesso è toccato a me.- finalmente torna il suo bel sorriso sincero, e mi sento un po’ meglio.

-sei una persona fantastica, e so che è inutile dirti che non ne hai colpa, perché lo sai già, però posso assicurarti che tua madre ha fatto un ottimo lavoro a tirarti su da sola. Ha fatto un ottimo lavoro!- si mette a ridere e sento la sua presa aumentare sulla mia mano, prima di allontanarla. Comincia a sorseggiare il the, ma non ho intenzione di distogliere lo sguardo. Cosa ho detto di così buffo?

-grazie, ma credi sul serio che sono sempre stato così?- ora capisco. Immagino che a scuola fosse un mostro, malgrado la sua aria da angioletto. Comincio a bere anch’io, bruciandomi la lingua.

-sentiamo, che cosa hai combinato?- vedo il suo sguardo eccitarsi, e mi rallegro che abbia cambiato umore in così breve tempo

-i professori avevano ormai imparato a lasciar correre, ma solo perché era diventato un tormento per loro mettermi sempre in punizione. Punizioni che non servivano a nulla, per essere precisi- immaginavo bene, allora!

-dai, voglio sentire un paio di chicche!-

-non so, da cosa vuoi che cominci? Dai graffiti sul muro?- sorrido divertita

-banale. Mi deludi, ad essere sincera- vediamo cosa mi tira fuori, a stuzzicarlo

-risse nel cortile interno?- chissà perché non mi sorprende

-mh, tipico. Poi?-

-ok, che ne dici di una sospensione per aver violato i computer della scuola?- sgrano gli occhi

-come violato!- lo vedo sorridere vincente

-hai presente Izzy? Era un genio del computer, e sono riuscito a convincerlo ad entrare nel programma della scuola per poter cambiare i miei voti in pagella! Ovviamente mi sono preso la colpa interamente io- scoppio a ridere, rischiando di rovesciarmi la tazza addosso.

-sei un mostro! Dai, che altro?- comincia a divertirmi la cosa

-va bene, ho bruciato un barile di benzina- ok, questo non è divertente

-cosa hai fatto?- neppure lui sembra divertito

-l’ho fatto una volta sola, e solo per provare, ma non ne vado troppo fiero. Ero in un brutto periodo, e avevo sentito di qualcuno che lo aveva fatto, così ho voluto provare anch’io-

-ma a scuola?- dimmi di no, ti prego

-no, questo in un campo abbandonato- meno male

-tu sei pazzo!- rieccolo sorridere divertito. Chissà quante ne ha passate!

-mi hanno anche dato una nota per… essermi fatto beccare in corridoio durante le lezioni mentre baciavo una ragazza- arrossisce leggermente, e la cosa mi fa piacere. Allora anche lui ha un po’ di pudore.

-complimenti mascalzoncello, davvero complimenti- affila lo sguardo e si avvicina leggermente a me. io resto immobile, aspettando di capire cosa vuole fare

-ero un tipo che piaceva, a quei tempi, che credevi?- a quei tempi? Cosa è questa, falsa modestia o una presa in giro?

-si, il tipico ragazzo a cui va dietro la maggior parte delle ragazze a scuola.- li conoscevo quei tipi, e non mi sono mai andati a genio. E adesso sono a casa di uno di quelli. Povera me!

-già, e per un po’ ho anche sfruttato la cosa, sai?- noto uno strano tono nella sua voce

-per un po’? che vuol dire?- Tk distoglie velocemente lo sguardo dal mio e guarda l’ora, per poi scendere dallo sgabello

-sai che è tardi? Devo riportarti a casa, se no tuo fratello mi usa per dare lo straccio in terra- capisco che vuole cambiare discorso, ma penso che non demorderò tanto facilmente. Lo seguo e ripercorriamo la strada per tornare alla macchina. Fuori ha cominciato a venire più freddo, e appena saliti accende il riscaldamento al massimo e lo dirige verso di me

-grazie. Per tutto. Non volevo che mio fratello rinunciasse alla sua fidanzata per una cosa così stupida. Mi hai salvato- ora è tornato come sempre, non più schivo come quando eravamo in casa e gli avevo chiesto delle sue precedenti ragazze.

-tuo fratello non la pensa alla stessa maniera, ma è stato comunque un piacere-

-tu non devi preoccuparti per lui, fa sempre così!-

-si, ma con me ha una predilezione particolare. Mi odia!-sbuffo. -a proposito, vedo che stai meglio con la testa- non è una domanda. Ci penso un po’ su

-si, non mi gira più, e anche il dolore è nettamente diminuito. Ora riesco a tenerlo in un angolo e lo ignoro. Comunque non mi hai ancora detto come hai fatto a sapere che ero all’ospedale!- i misteri della vita!

-te l’ho spiegato! me l’ha detto la tua amica Yolei!- il tono in cui lo dice sembra sottintendere che ci sarei dovuta arrivare da sola.

-Yolei? Scusa, ma non ti seguo- ora è il suo turno di sbuffare. Scusa sai se non sono perspicace come pensi tu!

-volevo passare a trovarti invece di chiamarti, e quando stavo salendo le scale è uscita lei, così mi ha raccontato tutto. È simpatica, a proposito.- sorrido per l’ultima affermazione. Girato l’angolo noto mio fratello di fronte a casa mia che mi aspetta.

-ma a che ora dovevi riportarmi?- mi sembra di essere tornata bambina, quando la mamma mi portava dalle mie amichette e le loro mamme mi riaccompagnavano a casa.

-alle dieci, ma è lui ad essere in anticipo, non noi in ritardo- il solito! Non cambierà mai! Tk si ferma accanto a casa mia, e apro lo sportello

-allora grazie ancora. Ci sentiamo- sento l’ansia di mio fratello fino a qui

-Kari, allora mi prometti che ci pensi a quell’offerta che ti ho fatto?- è vero, ma ne ero già dimenticata

-ci penserò, te lo giuro!- quel giardino! E quella vasca! Ah, che tentazione! Scendo e chiudo la portiera. Tai si alza e scende uno scalino per venirmi incontro

-quale proposta?- saluto l’auto con la mano, prima di dare tutta la mia attenzione a mio fratello

-niente, non ti preoccupare- scosso la testa sorridendo, e ci incamminiamo verso casa, in silenzio. Infilo la chiave nella toppa, quando Tai mi riporta alla realtà.

-ricordati che devi chiamare la mamma!- sospiro, pensando alla prossima ora che dovrò passare per tranquillizzarla.

 

Rieccomi. Vi dico solo che inizialmente avevo in mente altre idee , ma ho deciso di tenerle in serbo per il futuro. Allora, che ne pensate? Vorrei che siate sinceri. Devo confessarvi che mi piace la piega che sta prendendo la storia. E dire che all’inizio non sapevo proprio come farla avanzare! La canzone che ho inserito mi piace parecchio (è “Time after time” ma io l’ho conosiuta per Ashley Tisdale, però è bella anche quella di Cyndi Lauper) quindi ho deciso di inserirla. Bhe, spero che le vostre opinioni siano positive, in caso contrario vi chiedo scusa!

Vostra

Mami

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Capitolo 6
*** VI-Cinema? perchè no? ***


V-Piccolo incidente

Apro il frigo con una mano e tiro fuori lo yogurt. Richiudo il frigo e apro il cassetto, da cui tiro fuori un cucchiaino. Richiudo il cassetto e lo appoggio sul piano mentre sollevo la linguetta di stagnola. Il tutto mantenendo in equilibrio il cellulare fra l’orecchio e la spalla. Ancora due squilli e riattacco.

-heila! Come stai?- sorrido

-bene, grazie. Tu?-

-tutto a posto. Dimmi pure.- cos’è che volevo dirgli? Ah, già, sì!

-senti, hai da fare oggi pomeriggio?- aspetto qualche secondo che ci pensi un attimo

-mh, no, direi di no. Non ho impegni, perché?- secondo te? Prova ad immaginare, furbone!

-ti andrebbe di accompagnarmi al cinema?- all’altro capo del telefono ridacchia divertito. Chissà poi perché!

-dipende. Se è uno di quei film sdolcinati pieni di amore e cuoricini no, non ti accompagno: ci vai da sola!- mostro senza cuore! Ecco cosa sei, un ragazzo insensibile e freddo come il ghiaccio!

-no, tranquillo, non ti sottoporrei a una tale tortura. È quel film appena uscito… non mi ricordo come si chiama…- sbuffa impaziente

-va bene, mi fido, allora si. A che ora passo…- non lo lascio neppure finire

-no, questa volta passo io da te. Però prima dovremmo fare una tappa lungo il percorso, se non ti dispiace- Silenzio. Per un attimo penso che sia caduta la linea.

-a piedi?- non capisco. Che sta dicendo? A piedi cosa? Mha… idiota!

-ma che a piedi! In macchina!- quel cretino pensava che lo sarei andata a prendere a piedi! E come lo portavo, in spalla! Poveri noi!

-ah, perché, guidi?- … … … Non sta scherzando. Il bello è che è serio!

-non sei degno neppure di una risposta. Passo da te alle sei. Fatti trovare pronto- non aspetto neppure una risposta e butto giù. Davvero credeva che non sapessi guidare? Va bene che l’ho sempre usato come taxi personale; ma da qui a dire che non guido… oh, lasciamo perdere. Negli ultimi quattro giorni non l’ho sentito per niente, a parte un paio di messaggi per assicurarsi sullo stato della mia salute. Sono stata meglio dopo la caduta, non ho più avuto vertigini ne mal di testa, a parte un leggero fastidio al bernoccolo. Quindi fisicamente sono stata bene. Non posso dire lo stesso della mia salute mentale: mia madre ha dato di matto quando l’ho chiamata per spiegarle cosa mi era successo, e c’è voluto il ben di Dio per convincerla a non correre da me con papà al seguito per appurare che stavo effettivamente bene (solo dopo che gli ho passato Tai e lui le ha assicurato che non mi avrebbe perso di vista un solo nanosecondo si è convinta a restare a casa. Donna di poca fiducia!). ciò non mi ha comunque salvato dall’averla sempre in mezzo ai piedi per tutto il giorno seguente. Ogni mezzora mi chiedeva se mi sentivo bene, e ogni tentativo di fare qualcosa in casa MIA era nullo. Segregata a letto e sul divano sono stata costretta a vedermi servire da mamma, papà e Yolei. Si, perché logicamente la mia carissima e premurosissima amica non si era scordata della promessa che le avevo fatto, così ha passato tutto il giorno con me. ho rischiato di dare di matto, ma ho resistito, e l’idea che il giorno seguente sarei potuta tornare al lavoro mi tranquillizzava: non mi avrebbero potuto seguire anche lì, no? Malgrado tutti quanti insistessero perché mi prendessi altri due giorni di permesso, io sono tornata alla mia casa di riposo. Questo non ha comunque demoralizzato Yolei, che si è presentata a casa mia dieci minuti dopo che avevo finito il mio turno mattutino. Con che scusa?

-ieri non ho potuto stare con te perché c’erano i tuoi. Sono venuta comunque perché così era il nostro accordo, ma non mi sono presa cura di te. Per cui oggi sarò la tua balia.- il resto del pomeriggio e del giorno seguente l’ho passato a rassicurare tutti i parenti e gli amici che mi telefonavano preoccupati per me. Sembrava di essere in un centralino, tanto squillava il telefono. Incredibile comunque come girano veloci le voci quando a parlare sono i miei. Stamattina finalmente sono riuscita a passare un’intera mattinata da sola, così ho avuto tempo per pensare. Era un po’ che non andavo al cinema, e non vedo l’ora di vedere quel film, così ho pensato di invitare Tk. Finisco quel che ho da fare e aspetto l’ora giusta per andare a prenderlo, nel frattempo mi guardo un po’ di tele. Prendo le chiavi dell’auto, la borsa, cellulare e le chiavi di casa. Speriamo solo di ricordarci la strada per andare da Tk, se no mi prenderà in giro finché campo. A un certo bivio ho un dubbio e purtroppo prendo la strada sbagliata. Fortunatamente sono stata abbastanza attenta, e quella casa gialla sulla destra sono strasicura di non averla mai vista prima. Appena posso faccio marcia indietro e questa volta prendo la via giusta. Logicamente non trovo parcheggio, così mi trovo a girare lì intorno. Fortunatamente Tk è abbastanza puntuale e mi è sufficiente accostare per farlo salire.

-tu guidi!-

-ti odio!- scoppia a ridere isterico

-senti, tu piuttosto non mi hai raccontato come è andato il tuo viaggio all’estero- col trambusto della mia caduta e la novità di aver visitato casa sua me ne ero completamente dimenticata.

-tu piuttosto come stai con la testa?- cosa centra?

-te l’ho fatta prima io la domanda- lo guardo per un secondo prima di tornare a fissare la strada. Non vorrei mai fare un incidente per colpa sua! intuisco che se non gli rispondo lui non risponderà a me

-sto bene. Ora raccontami-

-e quale sarebbe la tappa che dobbiamo fare?- ma lo fa apposta?

-al luna Park. Mi rispondi!- ho un tono quasi isterico, il che lo fa divertire, ne sono certa!

-appunto, te lo racconto lì! Ma cosa dobbiamo fare?- metto su il broncio da bimba. Non ho intenzione di spiegarglielo! Così impara! Cala il silenzio nell’abitacolo e io non ho intenzione di demordere. -e dai. Ti ho detto che te lo racconto, ma non capisco perché dobbiamo andare al luna Park-

-se non me lo dici adesso poi ce lo scordiamo, e io sono curiosa- sto diventando sempre più ridicola!

-me lo ricorderò. Te lo prometto!- ha uno sguardo speranzoso. Maledetto…

-ho promesso a Yolei che sarei passata a trovarla prima del cinema- pur di liberarmi di lei le ho promesso di tutto. Però che gusto godersi di nuovo la libertà!

-come trovarla. Lavora lì?-

-qualche ora nei week end, per arrotondare- ricordo ancora come era contenta quando le hanno proposto quel posto. Parcheggio nel primo posto libero che trovo e scendiamo. Le urla allegre di bimbi e ragazzi ci giungono subito all’orecchio. Chiudo la macchina con il comando automatico mentre ci inviamo.

-ma tu non avevi paura a stare nei posti dove ci sono ragazzi in gruppo? Qui è pieno, lo sai?-

-si, ma ci sei tu con me, quindi sono più tranquilla!- lo guardo mentre gli si accende una strana luce negli occhi, prima di abbassare la testa sghignazzando. -che c’è!- lo incito a parlare

-ho creato un mostro!- accelero il passo, più che altro per non mostrargli la mia gratitudine. Entriamo e lo conduco al chiosco dove c’è Yolei. Sta servendo due clienti, e dietro ad aspettare ce n’è altri tre. Ci mettiamo in coda. Arrivati al nostro turno ci accoglie una sorridente ragazza occhialuta.

-Kari! Allora sei venuta davvero! Che fate di bello?-

-facciamo un giro, poi andiamo al cinema- un sorriso ebete le si stampa sulla faccia, e il suo sguardo è pieno di parole non dette. Guardo un attimo Tk che, per fortuna, sta guardando da un'altra parte.

-è un film d’azione… più o meno. Bhe, comunque non è quello che pensi tu- il suo viso serio mi sorprende

-io non penso niente. Piuttosto, mi state allungando la fila. Ho dei clienti che aspettano, io!- ci giriamo contemporaneamente e vedo che effettivamente c’è gente che aspetta dietro di noi.

-ok, allora ci vediamo domani o dopodomani. Ciao bella!- ci allontaniamo e camminiamo tranquillamente per le stradine trafficate di ragazzi strillanti che corrono qua e la e mamme impazzite che li richiamano all’ordine. Vedo che Tk continua a camminare a naso all’aria per guardare le attrazioni più altre; quelle adrenaliniche, per intenderci. Lo prendo per un braccio per non lasciarlo continuare a vagare da solo e mi siedo su una panchina vuota.

-che si fa ora?- ci penso un po’ su poi guardo l’orologio

-visto che è ancora presto e il primo spettacolo inizia tardi, direi di aspettare.-

-e che facciamo fino ad allora?- mh, bella domanda.

-a me piace starmene seduta a guardare la gente che passa- Tk sgrana gli occhi, come se avessi detto una bestialità

-no, aspetta, fammi capire, tu quindi vorresti startene qui seduta a fissare chi passa?- io non ho detto questo! O forse si?

-è curioso guardare la gente- sono un po’ stizzita. Non sono l’unica a farlo!. O almeno credo.

-lo sai vero che le attrazioni sono fatte per salirci sopra?- ripenso a cosa stava guardando prima Tk, e mi vengono i brividi.

-si, ma immaginando dove vorresti andare tu preferisco stare qui!-

-e dai, i giochi in cui sei a testa in giù sono i migliori!- dubito che se ci salissi, poi la penserei allo stesso modo; comunque…

-dai, prima raccontami come è andato il viaggio di lavoro, poi dopo magari ci pensiamo- mi guarda titubante, poi si convince

-è stato sfiancante, ma anche molto bello. La prima tappa è stata la spagna, dove siamo stati mezza giornata, poi abbiamo fatto tappa in Italia per un giorno, e infine siamo andati in Russia. Abbiamo fatto tipo più ore di viaggio che altro, però che spettacolo.- io lo guardo estasiata, praticamente trasognante

-hai assaggiato le specialità del posto?-

-nelle tre tappe hanno gareggiato praticamente varie squadre, ma venivano da tutto il mondo, e non tutte portavano specialità locali, quindi in gara ho sentito tanti gusti, ma mai come quelli che sentivo quando ero fuori servizio-

-e i posti? Hai visitato qualcosa?- mi sento euforica, sogno quei luoghi a occhi aperti e immagino le atmosfere.

-poco a dir la verità. In spagna quasi nulla perché ci siamo stati pochissimo, ma dall’aereo lo spettacolo è entusiasmante. Solo guardandola dall’alto, quella terra emette calore. Sembra che ci viva il sole, lì- oh, che bello!

-e in Italia? Io ho visto la capitale e un po’ del nord. Ma è tutto così diverso da qui. Sembra di stare in un altro mondo. E il mangiare? L’hai per caso sentito? È da capogiro!-

-Kari!- mi riprendo da tutta questa euforia. -calmati. Lasciami parlare, così dopo lo sai!- ridacchio e lo incito a continuare. -l’Italia è davvero bella. Sono stato solo in città, però sono riuscito a trovare un posto tranquillo e fuori dal mondo. Mi hanno consigliato alcuni piatti e, parola mia, se non riesco a riprodurli mi stabilisco fisso lì finché non ci sono riuscito. Ho sempre saputo che è la patria dei buon gustai, ma non avrei mai creduto fino a quel punto. Davvero, è stato stupendo!-

-e la Russia?- cerco di controllarmi per non dover farmi riportare con i piedi per terra in maniera troppo brusca.

-c’è freddo. Ma il posto è… non ci sono parole. Quegli edifici, i posti… per capire dovresti vederla!- magari! Continuo a fantasticare su quei posti meravigliosi, finché Tk…

-allora, andiamo?- lo guardo confusa

-dove?- gli si illumina lo sguardo

-su un gioco. Voglio scaricarmi.- quel termine, scaricarmi, mi preoccupa. -però lo scelgo io!- o povera me!

-ok, però ci sono dei limiti, se no ci sali da solo!- avvertio, prima che ci rimanga male.

-non ti piace l’adrenalina?- ah ah ah! Che bella battuta!

-no!- gli si gela il sorriso sul volto. Poverino, ma è così! Io amo sentire i piedi ben poggiati a terra, tutto qui!

-ok, andiamo lì? Non c’è neppure tanta fila!- indica un gazebo e io alzo lo sguardo terrorizzata. Le rotaie di quel gioco vanno in alto… parecchio in alto! E si rigirano su se stesse. Vedo un loop, due… cazzo!

-dimmi che stai scherzando. Dimmi che ti è preso un momento di pazzia ma che sei tornato normale. Ti prego!- mi guarda divertito, ma non c’è nulla da ridere.

-dai, non è poi cosi male. Non te ne accorgerai neanche. Al massimo chiudi gli occhi, e poi- il suo sguardo si assottiglia -ci sono io con te!- Ma perché non sto mai zitta!

-se muoio mi avrai sulla coscienza!- esulta, dirigendosi verso la fila. Aspettiamo che le persone defluiscono, e per mia fortuna dobbiamo aspettare che il macchinario si riempia di gente e poi parta per due volte. Io nel frattempo guardo. Guardo quel poco che riesco ad intravedere del tragitto che dovremo fare, e tremo. Ho sempre odiato queste cose, ma cerco comunque di trovare punti a favore. In fondo Tk ha ragione, al massimo chiudo gli occhi! Tocca a noi e Tk mi prende la mano e me la stringe. Vedo che si dirige verso la prima fila… forse così se vedrò il percorso mi tranquillizzerò un attimo, no? Spero solo che stia agendo cercando il modo migliore per tranquillizzarmi, perché credo sul serio di avere un’espressione terrorizzata sul volto. Ci sediamo e gli stringo la mano più forte che posso. Lo guardo, e lui guarda me. sembra tranquillo. Le barriere scendono automaticamente e con la mano libera mi aggrappo anche a quelle. Non si sa mai. Torno a guardarlo -ti prego, ricordami che cosa mi ha convinto a salire qui?- sento l’agitazione tornare più forte che mai. Sorride beffardo

-la mia faccia d’angelo!- bastardo!

-bhe, ricordati che non appena fermeranno il gioco per farmi scendere a causa dei miei urli da pazza, la colpa sarà solo ed esclusivamente tua!- si fa più serio, ma sorride ancora. Sento uno strano movimento sotto di me.

-guarda che non fermano le macchine per far scendere le persone terrorizzate!- sgrano gli occhi e lo fulmino con lo sguardo.

-che cosa! Spero sul serio che tu stia scherzando!- sento la macchina che comincia a partire e i sedili che fanno uno scatto in avanti. Stringo maggiormente la presa sulla sua mano e sulla protezione. Noto appena che scossa la testa, come a dirmi che no, non è uno scherzo, e che io ora sono finita in un problema enorme. Cominciamo la salita, che è estremamente alta ed estremamente ripida. Ho gli occhi sbarrati, e inoltre non riesco neppure a chiuderli. -cazzo Tk, ti odio!- questa è l’ultima cosa che riesco a dire, prima di arrivare in cima alla salita. Siamo nella prima fila, quindi vedo quanto siamo in alto. Merda! Sento qualcuno accanto a me che mi dice di stare tranquilla e chiudere gli occhi, ma non ci faccio troppo caso, anche perché comincia la discesa. E che discesa! Scendiamo in picchiata lateralmente, veniamo sbalzati a destra e a manca, scendiamo, saliamo, mi trovo inspiegabilmente a testa in giù, poi con il viso rivolto verso terra. I pali che reggono su tutta l’impalcatura mi passano troppo vicino alle gambe, e istintivamente le ritiro, terrorizzata. L’ultimo giro della morte poi un'altra curva tutta a sinistra e il macchinario frena all’improvviso. Mi ritrovo i capelli in viso, poi riparte, più dolcemente, per fermarsi al punto d’inizio. Le protezioni risalgono, e io guardo Tk. È lì tutto contento che gioisce dalla felicità! -ora tu dovrai portarmi a braccio fino alla macchina, sempre che riesca ancora a guidare- provo a scendere, ma miracolosamente sto ancora in piedi. Mi mette le mani dietro la schiena e mi sospinge verso l’uscita, giù per una scaletta.

-hai guardato?-

-SI!- si ferma e sporge il viso sopra la mia spalla per guardarmi in faccia

-e perché?- che faccino innocente che ha. Ma io ti stacco gli occhi e li uso come olive nel cocktail!

-non ci riuscivo a stare con gli occhi chiusi! Preferivo guardare quando sarebbe arrivato il momento in cui avremmo preso il volo!- sto inveendo contro un ragazzo in mezzo a un mucchio di gente! In effetti mi sento osservata; non crederanno mica che sono pazza!

-è stato meraviglioso, comunque- mi volto per guardarlo con la faccia peggiore che abbia mai usato con qualcuno

-ora possiamo andarcene o vuoi forse condannarmi a morte?- ridacchia e ci inviamo all’uscita. Per qualche minuto restiamo in silenzio, mentre che io cerco di riprendermi. Non appena saliamo in macchina è lui a rompere la tregua

-allora hai deciso se continuerai a vivere nella tua casa mezzo distrutta?- metto in moto e partiamo per andare al cinema.

-ci sto pensando Tk. Sai, non è una decisione che puoi prendere in qualche giorno-

-ne hai parlato con tuo fratello?- lo guardo per un secondo. Ma è pazzo?

-non ho intenzione di fargliene parola fino a che non avrò deciso. Non vorrei mai che mi morisse davanti.- Ci rechiamo al cinema, prendiamo i pop corn e le bibite, poi cerchiamo la sala.

-“Le belve”! Non ti facevo tipo da certi film!- lo fulmino, impuntandomi sul posto. Lui si volta e mi guarda interrogativo.

-ti ho già detto di smetterla di sottovalutarmi. Ok?- ride e mi prende per un braccio, trascinandomi al botteghino per comprare il biglietto

-stavo scherzando!- entriamo e dopo due minuti, giusto il tempo di trovare i posti, inizia il film. Durante la pausa vado al bagno e torno, ma Tk non c’è più. Mi siedo e ricomincia il film. Dopo mezzo minuto lo vedo tornare con altre cibarie fra le braccia

-ma quanto mangi?- gli sussurro avvicinandomi per non recare disturbo agli altri spettatori

-io ho bisogno di forze per riuscire a sopportarti- sussurra in risposta. Lo guardo. Sorride! Allungo la mano e gli rubo qualche pacchetto, aprendolo e cominciando a mangiare sotto i suoi occhi sorpresi.

-cosi impari!- assottiglia lo sguardo e continua a fissarmi. Io gli rispondo con una bella linguaccia, prima che si metta a ridere, poi rivolgiamo di nuovo la nostra attenzione al film. Non appena finisce mi alzo per dirigermi all’uscita, ma il mio accompagnatore non sembra della stessa idea. -andiamo?- gli intimo di alzarsi, ma lui mi guarda dal basso e continua a mangiare.

-è meglio se aspettiamo qualche minuto per evitare tutto il traffico all’uscita e nel parcheggio- giudicandola una ottima idea mi risiedo e gli rubo un’altra manciata di stuzzichini.

-per fortuna che ero io quello che mangiava tanto, vero?- non lo guardo e continuo a mangiare

-anch’io ho bisogno di energia per sopportare te- all’improvviso mi ritrovo un pop corn fra i capelli e lo fulmino con lo sguardo prima di sfilarmelo e metterlo in bocca

-già sentita. Battuta vecchia- allungo la mano per prendere qualcos’altro ma Tk allontana prontamente i sacchetti. Io lo guardo accigliata, prima che lui demorda e li riavvicini. Continuiamo a mangiare in silenzio per un minuto buono guardando le persone che tardavano ad uscire, commentando qua e la qualcuno.

-ti rendi conto che siamo al cinema?- io lo guardo interrogativa -se tu fossi stato un ragazzo e io una ragazza avrei pensato che dietro a questo invito c’era qualcosa di più.- arrossisco e mi alzo velocemente

-ma per fortuna tu non sei una ragazza dolce ed indifesa, e io un ragazzo che ha secondi fini!- mi invio lungo la fila di poltroncine

-sicura?- trovo appoggiata ad una sedia una bottiglia vuota, la prendo e gliela tiro dietro, prima di continuare a camminare. Lo sento ridere, e anch’io non posso fare a meno di sorridere. Appena usciti dalla sala mi affianca e mi picchia volontariamente contro una spalla. Lo guardo in cagnesco e accelero il passo. -ho una proposta da farti- rallento, aspettando che mi raggiunga.

-devo preoccuparmi? L’ultima volta che mi hai fatto una proposta, hai chiesto se volevo diventare tua coinquilina.-

-ed è stata un ottima idea che tu non potrai rifiutare- sbuffo divertita

-dimmi!- mi si para davanti bloccandomi il cammino

-fra due settimane si sposa mia cugina, e io devo darle la conferma che ci andrò. Ti va di accompagnarmi?- lo guardo sbalordita? Ho sentito bene?

-ma io…- non mi lascia finire

-non dire che non la conosci, perché non centra niente; mio fratello si porta dietro la sua ragazza e neppure lei la conosce.- provo a ribattere, senza successo

-ma…-

-lo so che non sei la mia ragazza, ma non cetra niente- si diverte ad interrompermi?

-non era quello che volevo dire!- lo guardo in cagnesco, prima di continuare. In risposta ricevo un sorriso angelico. -non vorrei che tua cugina non mi voglia al suo matrimonio. Insomma, sei tu ad invitarmi, non lei!- inoltre è parecchi anni che non partecipo ad un matrimonio…

-mi ha esplicitamente detto che se voglio invitare qualcuno posso… sai, penso che voglia mettermi al tavolo con alcuni parenti del suo futuro marito… se vieni ci metterà molto probabilmente assieme a mio fratello o a mia madre, oppure a mio padre… insomma, persone che conosco!- lo guardo accigliata

-mi stai invitando per assicurarti i posti che preferisci?- mi offende un po’ questo pensiero. Tk si agita e vedo subito dal suo viso che è dispiaciuto dai miei sospetti

-no no, davvero, ti giuro che non mi interessa dove mi mettono- abbassa leggermente la voce, come se non volesse che lo sentissi, malgrado stia parlando con me -se ci sei anche tu- alla luce lieve dei lampioni vedo che è arrossito. Mi affretto a toglierlo dall’imbarazzo

-a patto di ballare, la sera- riesco perfettamente nel mio tentativo; ora non è più imbarazzato, direi più interdetto

-con me?- lo liquido con un gesto della mano

-non c’è bisogno che prendi lezioni apposta. A me basta ballare, con chi non mi interessa- sospira, più tranquillo

-non ho detto che non so ballare, semplicemente non è la mia passione. Comunque mio padre ne sarà ben lieto: è un ballerino provetto e appassionato- sorrido e riprendiamo il cammino

-ah, e in più passi a prendermi tu!- logicamente non è una domanda: è una pretesa.

-se vieni a stare da me non ce n’è bisogno!- lo guardo esasperata. Sta sorridendo soddisfatto

-sei un tormento. Ti ho detto…-

-so cosa hai detto. La mia era solo una precisazione- sbuffo e accelero il passo avvicinandomi alla mia macchina. Saliamo e prima di accendere l’auto lo guardo al buio, seria.

-sei pronto per domenica?- penso mi stia guardando, ma non ne sono sicura. Passano un paio di secondi prima che mi risponda

-il problema non è domani, ma i prossimi giorni in cui mio padre mi farà pesare in ogni maniera di non essere stato da lui a cena- all’inizio ero preoccupata che accennando alla giornata che gli si sarebbe presentata l’indomani mi avrebbe zittita dicendomi che non erano affari miei. Nei giorni scorsi ho pensato molto alla situazione dei genitori di Tk, e mi ero convinta che non me ne avrebbe mai più parlato, invece…

-hai provato a chiarirgli la situazione tua e di tuo fratello?- sto guidando piano, nella notte.

-credi forse che non se la immagini da solo?- lo sento sospirare accanto a me -non voglio disegnarlo come un mostro, perché anche mamma ogni tanto ci fa di questi scherzi, ma più che spiegare loro che noi non possiamo fare da pacieri, cosa vuoi fare? L’unico è scegliere da che parte stare, di volta in volta, semplicemente decidendo chi dei due abbia ragione in quel caso o nell’altro- ci penso un po’ su, poi decido di chiudere lì il discorso

-mi spiace di aver tirato fuori il discorso. Non volevo renderti triste- Tk ride allegro accanto a me, come se avessi detto una buffa barzelletta

-tranquilla, non mi hai rattristato!- sorrido lieta

-mi sono divertita. Ah, a proposito- accosto accanto al marciapiede -grazie per avermi offerto gli snack!- sorrido, ironica. Mi squadra male, prima di scendere.

-me lo ricorderò!- mi punta contro un dito, ma poi sorride e chiude la portiera, poi mi saluta con la mano. Riparto e mi invio verso casa. Solo il giorno dopo mi rendo conto che ho passato tutto il tragitto verso casa e successivamente finche non ho chiuso gli occhi pensando incessantemente e solo ad un ragazzo biondo e con degli occhi di ghiaccio, che molto probabilmente mi hanno stregato.

 

Hallo

Tutto bene? Come vi è sembrato questo capitolo? Sono riuscita a contenermi nella lunghezza, ma sono comunque contenta. Voi che ne dite? Ho messo il film “Le Belve” perche è il primo che mi sia venuto in mente, non per altri motivi; non l’ho visto, anche se mi piacerebbe, e non ho mai letto neppure delle recensioni. Per la questione del luna Park volevo sottolineare che le opinioni espresse dalla protagonista contrastano nettamente dalle mie. E per la cronaca, nella descrizione del gioco adrenalinico mi sono ispirata al “Blu Tornado” che si trova a “Gardaland” e che ho trovato stupefacente! Nota curiosa: a settembre dell’anno scorso sono andata proprio a Gardaland con tre miei amici. Quello che guidava parcheggiò la sua Mini blu e scendemmo tutti tranquillamente. Ecco, per chiunque sia stato a Gardaland può confermare che i parcheggio (anche se a dire la verità si può parlare di parcheggi; al plurale) è a dir poco immenso. E difatti all’ora di chiusura secondo voi casa può essere successo? Immaginatevi solo quattro idioti che girano per tutti i parcheggi cercando si ricordare di che materiale era fatto il pavimento dove avevamo parcheggiato (asfalto? Erba? O c’era forse la rete verde?). 10 minuti a girare guardandoci in giro per ritrovare la macchina! Sappiate solo che avevamo preso in considerazione l’idea di aspettare che TUTTI se ne andassero così da avere i parcheggi mezzo liberi e trovare più facilmente la macchina. Poveri noi! Comunque sono davvero curiosa di avere qualche vostra opinione. Vi saluto con affetto.

Mami

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Capitolo 7
*** VII-Un pomeriggio di dolcezza ***


f

Mi alzo di corsa dal letto per precipitarmi a rispondere al telefono.

-pronto?- ho la voce ancora impastata dal sonno.

-Complimenti! Il suo numero è stato scelto fra molti, e ha vinto una vacanza premio. Prema uno per ulteriori informazioni, oppure prema…- riattacco, scocciata. È mai possibile ricevere una telefonata preregistrata alle otto di mattina? Mugugno irritata e afferro il cellulare. Digito velocemente le parole sullo schermo: . Mittente: il solito. Appoggio il cellulare sulla mensola e mi dirigo in bagno per lavarmi il viso. Quando torno il segnale luminoso sullo schermo mi indica che ho ricevuto un sms di risposta.

Sorrido, pensando mentalmente a tutto quello che devo preparare. comincio a prepararmi la colazione quando ricevo uno squillo: segno di conferma da parte di Tk. Finiti i cereali con il latte lavo la tazza, mi vesto e preparo dei panini imbottiti. Metto due bottigliette d’acqua nel cestino, afferro una manciata di tovaglioli e infine avvolgo i panini nella pellicola, prima di riporre anche quelli. Guardo l’ora: è ancora presto. Prendo l’occorrente per il picnic improvvisato e le chiavi della macchina. Guido sovrappensiero fino al parcheggio dell’ospizio:ormai so la strada a memoria. Passo a salutare con calma tutti i miei anziani e chiacchiero un po’ con qualche infermiera. Verso le nove e mezza riparto alla volta del parcheggio, ma sfortunatamente è comunque presto: ci ho messo solo dieci minuti ad arrivare fin qui. Ne approfitto e scendo dalla macchina, lasciando la portiera aperta, e mi appoggio al cofano, godendomi il sole mattutino. Non so perché non riesco a fare a meno di controllare ogni macchina che sento avvicinarsi. Basta! Ora la smetto! Quando arriva, arriva. non c’è bisogno di essere così in ansia… sento altre ruote sullo sterrato e, malgrado i miei freschi propositi, mi volto a guardare la macchina in arrivo. Con mia grande sorpresa (sono solo le nove e quarantacinque!) noto che questa volta è davvero lui. Mi affretto a prendere il cestino e a chiudere la macchina. Lo guardo in attesa, accanto alla mia macchina. Nonostante ci siano un paio di posti vuoti vicino a dove ho parcheggiato io, sosta una quindicina di macchine di distanza da me. Perché? Scosso la testa. Importa? Sarà ben libero di mettere l’auto dove vuole, no? Kari, sarà meglio che tu ti dia una regolata! Appena chiude la macchina gli rivolgo la parola, sperando che il mio tono di voce non sia strano: “sei in anticipo!” butto lì. Mi sembra serio, ma sarà un’altra mia stana idea

“è un problema?” Acido! Non mi guarda neppure negli occhi mentre mi parla. Rimango spiazzata dal suo tono, ma cerco di riprendermi, e mi avvicino, visto che non sembra intenzionato a muoversi da dove è.

“tutto bene?” cerco di capire se stia bene, ma non voglio sembrare ossessiva

“allora dove vuoi andare?” sbrigativo e distaccato. C’è qualcosa che non va, decisamente. Cerco di non farlo innervosire ulteriormente.

“dobbiamo camminare un po’. Spero che non ti dispiaccia. Però” mi affretto a precisare “ti assicuro che il posto merita la camminata” sorrido, cercando di tranquillizzarlo, ma con scarso effetto. Si gira verso il sentiero, senza aspettarmi

“allora andiamo!” rimango spiazzata da tanta freddezza, ma mi affretto a seguirlo. Lo affianco quasi subito, anche se sembra non essersene accorto: lo sguardo è fisso lontano, certamente per farmi intendere che non è intenzionato ad iniziare un discorso, e quantomeno torvo. Camminiamo così per qualche minuto, mentre io cerco qualche argomento con cui metterlo a suo agio. Purtroppo il primo pensiero che mi è venuto non appena l’ho visto è andato al compleanno di sua madre che si è tenuto due giorni prima, e non riesco a togliermi dalla testa che sia quello il problema di tale malumore di Tk. Il problema è che non so come affrontarlo, e ho paura di sembrare un impicciona, ma d’altronde non possiamo continuare così per tutta la giornata. Inspiro profondamente, raccogliendo tutto il coraggio che ho

“allora come è andato ieri l’altro il compleanno?” mi aspettavo un secondo di pausa in cui avrebbe pensato come rispondermi, ma oggi sembra intento a sorprendermi come non mai

“bene” è la sua fulminea risposta. Tentenno un attimo, pensando a come farlo sfogare

“quindi non ci sono stati problemi?” mi sento in enorme imbarazzo. Aiuto!

“no” finalmente da quando è arrivato mi guarda per la prima volta, ma non appena il suo sguardo incontra il mio vedo che è… sfuggente. Torna subito a guardare davanti a se. Ok. Allora il problema non è quello. Ora come faccio? Mi scervello in cerca di una soluzione. Potrei provare a distrarlo.

“vedrai che ti piacerà il posto dove ti voglio portare. A me ha sempre fatto uno strano effetto trovarmi lì, ma è da togliere il fiato. Quando voglio rilassarmi è il massimo, e anche a mia madre fa lo stesso effetto” magari distogliendo l’attenzione da lui lo metto più a suo agio.

“mh” Speranza vana. Un mugugno come risposta non è un buon segno. Proseguiamo per altri cinque minuti in silenzio, finché non ho un idea: un argomento che non riguardi nessuno dei due! Ecco cosa potrebbe indurlo a parlare!

“hai sentito della fabbrica di Costruzioni Edili? Vogliono lasciare a casa cento operai” incrocio mentalmente le dita, in attesa di una sua reazione, che non tarda ad arrivare

“Capita!”. Grr, che rabbia! Ok, ora ho esaurito ogni idea, non so più che pesci pigliare. Se ha intenzione di continuare così per tutto il giorno, perfetto! Ma è bene che sappia che avrà pane per i suoi denti! Accelero il passo stizzita e non mi curo della reazione che causo a quell’essere antisociale che ho avuta la premura di invitare.

“bene! Che bella giornata che mi si presenta. Perfetta. Ho avuto davvero un’ottima idea!” continuo a borbottare fra me e me schivando i passanti più lenti. Mi sento tirare indietro da una mano che mi stringe la spalla. Arretro sbigottita, non immaginando chi possa essere. Poi capisco al volo. Non appena riprendo il suo passo mi lascia andare, ma continua a guardare davanti

“hai fretta?” il suo tono apatico mi fa infuriare ancora di più, e mi esce uno strano verso dalla gola, come se una leonessa stesse ruggendo per difendere i suoi cuccioli ma allo stesso tempo si stesse strozzando. Alzo gli occhi al cielo e riprendo il mio passo accelerato.  “ma che hai?” finalmente un po’ di interessamento! Mi fermo di botto e lo raggiungo in quattro falcate. Mi piazzo davanti a lui e, malgrado i centimetri che mi mancano a raggiungerlo in altezza, lo guardo negli occhi. Devo avere proprio un’aria infuriata, perché lui è sbigottito.

“che cosa ho? Dimmelo tu! Ti sei alzato con la luna storta oppure è stata una brutta alzataccia? Non ti ho obbligato a venire con me, se non vuoi proseguire tornatene pure a casa, a me non importa,sai?” cerco di mantenere un tono abbastanza basso, ma le persone che ci passano accanto ci guardano con tanto d’occhi. Cerco di ignorarli. Nel frattempo le mie parole devono aver fatto breccia nella testa di Tk, perché ora mi guarda come se gli avessi svelato che Babbo Natale non esiste. Il silenzio che ora c’è fra noi comincia a preoccuparmi: ha forse qualche problema di testa questo ragazzo? Poi finalmente sbatte le palpebre ed è come se tornasse a vedere cosa c’è davanti a lui: io, probabilmente con la faccia ancora infuriata. Mi mette a fuoco e tutto ciò che riesce a dire è “Oh!”. Perfetto, si è pure rincitrullito del tutto! Giro i tacchi e mi allontano, ma ancora una volta sento qualcuno che mi rallenta. La sua presa questa volta è meno irruenta, e mi lascia andare dopo poco, così sono io a decidere di rallentare. “ti ho detto che se vuoi puoi andartene!” ribadisco sicura di me. spero vivamente che non segua il mio invito, ma d'altronde cosa potevo fare: continuare a sopportarlo in silenzio?

“io non voglio andarmene!” il suo tono, appena udibile, è triste. Mi concedo un occhiata per guardarlo,e incrocio il suo sguardo, al quale sfuggo il più velocemente possibile.

“ah davvero? Non sembrava!” speriamo di essere riuscita a scuoterlo un po’.

“mi spiace!” Alleluia! Finalmente lo sento pronunciare le fatidiche parole. Aspetto qualche secondo che continui il discorso, ma non sembra intenzionato

“per cosa, per esserti comportato da stronzo?” non riesco a cancellare l’irritazione che mi ha invaso poco fa, ma credo di meritare una valvola di sfogo anch’io.

“non volevo essere maleducato con te” mi guarda negli occhi, finalmente “sei l’ultima persona con cui me la dovrei prendere” la dolcezza del suo sguardo mi fa evaporare tutta l’ira che avevo, e ora rimane solo della curiosità; e della tenerezza. Accenno appena un sorriso e abbasso gli occhi. Camminiamo vicini e in silenzio per poco tempo.

“all’inizio credevo che fosse successo qualcosa al compleanno di tua madre”. Sorride compiaciuto e nega con la testa, prima di tornare a posare il suo sguardo su di me.

“no, è andato tutto bene. Grazie comunque per l’interessamento” sembra che voglia chiudere il discorso, ma la curiosità è un gioco spinoso

“quindi cosa è stato il fenomeno scatenante?” noto le sue mani stringersi a pugni, ma il viso non tradisce nessun turbamento.

“i miei amici!” la mia mente, ancora attenta a quel piccolo particolare che indica rabbia, elabora una teoria dietro l’altra, ma decido che non mi importa sapere. Allungo la mano a prendergli la sua, ancora chiusa. Al mio contatto, con la coda dell’occhio, vedo che torna a guardarmi, probabilmente sorpreso, poi rilassa la mano e mi sfiora la mia, prima di allungarsi a portarmi via il cestino che tengo in mano. “è da maleducati stare a mani vuote mentre tu porti qualcosa di cui beneficerò anch’io!” sorride solare. Provo a controbattere, ma sono zittita dal suo braccio che passa sulla mia spalla e mi avvicina a lui. Resto muta per un po’, cercando di riprendere il filo del discorso, ma con pochi risultati. “mi dicevi che dove stiamo andando è un posto molto bello vero? Cosa c’è?” cerco di ragionare su dove stiamo andando e cosa troveremo una volta arrivati, ma mi riesce alquanto difficile. Poi più lentamente del solito, riesco a riprendere lucidità e a rispondere alla domanda.

“dei campi, un bosco e… uhm… ah già, un lago spettacolare” credo che anche Tk si sia accorto della strana voce con cui ho parlato, ma in questo caso non mi fa notare nulla. “non ci sei mai stato qui?” cerco di farlo parlare. Fosse per me, starei zitta cercando chissà quale scusa per dover continuare a camminare così per ancora molto tempo. La sua vicinanza mi tranquillizza, e questo mi allarma un po’.

“no. Non sono solito girare per la città in cerca di luoghi verdi e non inquinati” dal tono di voce sembra divertito. Alzo lo sguardo per accertarmene. Torno a guardare la strada. Abbiamo già percorso più della metà del tragitto, e questo mi rende triste. “oggi è una bella giornata, e fa caldo. Ti consiglio di stare attenta, perché se mai mi venisse un momento di ilarità potrei buttarti nel lago!” ci penso un po’ su prima di alzare lo sguardo per ribattere

“non me ne preoccupo. Se veramente tu avessi avuto intenzione di farlo, non me lo avresti detto. Perché togliere l’effetto sorpresa?” sono soddisfatta del mio ragionamento, e sfoggio un sorriso smagliante.

“touchè!” ridiamo di gusto entrambi.

“dai, raccontami cosa avete fatto l’altro ieri” provo a buttare lì un argomento. Percorriamo il resto del tragitto così, con Tk che mi narra cosa è successo, per filo e per segno, durante il compleanno di sua madre e io che lo ascolto divertita. Grazie al cielo non ci sono stati problemi, e la giornata è proseguita tranquilla.

“tu invece cosa hai fatto?” e proprio in quel momento ci troviamo nel campo principale. È leggermente in pendenza, alla nostra destra c’è il lago di cui avevo accennato e a sinistra, in alto, un boschetto mezzo diradato a causa degli innumerevoli sentieri che portano ad altrettanti prati illuminati dal sole. Mi fermo estasiata a guardare le persone stese sulle coperte mentre leggono, dormono o parlano, altri che girano per il bosco e bimbi che giocano. Mi volto per guardare la reazione che ha Tk, e ne rimango stupita: estremamente serio, fissa il paesaggio con un’aria assorta. Gli strattono la manica (mi aveva tolto il braccio d’intorno alle spalle a metà del suo racconto sul compleanno) per riportarlo al presente, e mi guarda sbalordito

“ti piace?” l’ansia nella mia voce è appena udibile, ma io so che c’è

“è... incredibile!” mi rilasso, tirando un sospiro di sollievo

“mi fa piacere. Credevo non avresti apprezzato. Avevi una faccia…” si mette a ridere

“è che ne sono rimasto davvero colpito, tutto qui” torna a guardarmi, e nel suo sguardo riesco a leggere tutta la sincerità. Ne rimango ipnotizzata. Mi riprendo non appena si muove, per avvicinarsi al centro del prato. Tutto intorno al lago c’è erba e vitalità.

“allora? Cosa hai fatto ieri?” tenta di riprendere il discorso. Ci penso un po’ su poi ricordo un fatto importante

“nulla di particolare. Però mi è rimasta una maniglia in mano!” cerco subito il suo sguardo, curiosa di vedere come reagisce a una cosa tanto strana, e, come mi immaginavo, è interdetto.

“ti è rimasta una maniglia in mano?” molto probabilmente si sta chiedendo perché ho deciso di dargli questa informazione.

“già! E visto che ero esasperata ho deciso di lasciare un messaggio sulla segreteria del mio padrone di casa per potergli parlare il prima possibile” mi sto divertendo un mondo a vedere le sue espressioni non capendo dove voglio andare a parare!

“ah! E di cosa vorresti parlargli?” i suoi occhi, inizialmente solo curiosi, reagiscono immediatamente alla mia espressione guardinga, e si illumina all’istante. “no! No ci credo. Non dirmi che vuoi venire a stare a casa mia!” la sua felicità mi contagia, ma cerco di mantenere un certo tono, mostrandomi più contenuta

“se l’offerta è ancora valida…” la mia idea iniziale era quella di restare sul vago, facendo magari la difficile o la sofisticata, ma ogni mio tentativo viene vanificato dal suo abbraccio prorompente, che mi lascia basita.

“ti adoro. Quindi vieni davvero?” non appena mi lascia cerco di ridarmi contegno, anche se il suo allontanamento mi ha lasciato un vuoto fra le braccia. Che mi sta prendendo oggi?

“bhe, l’idea sarebbe quella” riprendiamo la passeggiata tranquilli, ma più vicini di prima

“e l’hai già detto a tuo fratello?” ecco la domanda fatidica che mi aspettavo. Abbasso lo sguardo, un po’ dispiaciuta. Ma ho un fratello testardo, e dovrò imparare a conviverci, ora più che mai.

“si” riesco solo a dire.

“e come ha reagito?” continuo a non guardarlo

“come immaginavo: all’inizio era incredulo e pensava che gli volessi fare uno scherzo di cattivo gusto, poi ha capito che dicevo la verità e si è fatto più serio. Ha provato a convincermi in ogni modo, mi ha snocciolato altre offerte o idee, ma alla fine è stato costretto a rinunciare e ad accettare l’idea. Per quanto gli è possibile” non mi piace parlare di questo argomento: perché Tai non può essere semplicemente contento per me? in fondo vado a stare con un amico, e le spese saranno più che dimezzate. All’improvviso non sento più Tk camminarmi accanto, ma non ho neppure il tempo di controllare che mi sento afferrare per un braccio. Mi fa voltare verso di se, più vicino che mai, e mi costringe ad alzare la testa, puntandomi un dito sotto il mento. Resto a guardarlo sbalordita per qualche secondo. Lui sostiene il mio sguardo, più serio che mai.

“non sei costretta ad andare contro tuo fratello per far contento me, sai?” cerco di negare con la testa, ma la sua mano mi impedisce ogni movimento. Cerco di prendere fiato, lentamente

“no, non lo faccio per far contento te. E poi è Tai che deve capire la situazione. Non voglio litigare con lui, è solo che…” la pressione del dito contro il mio mento diminuisce e mi permette di tornare ad abbassare gli occhi, ma la vicinanza rimane “mi rattrista vedere una persona a cui voglio così tanto bene che fa di tutto per ostacolare una cosa che mi rende felice.” Torno a guardarlo, cercando di apparire felice “tutto qui”. Lo stesso dito che fino a poco fa era sotto la mia gola, ora mi accarezza delicato una guancia. Mi sorride di rimando, prima di lasciarmi andare.

“allora vuoi mangiare? La passeggiata mi ha messo un certo appetito!” lieta che stia cercando di togliermi dall’imbarazzo, decidiamo dove sederci e tiriamo fuori tutto quello che c’è dentro al cestino. Addentiamo i panini e mastichiamo in religioso silenzio per due minuti buoni, finché non mi balena una domanda in testa

“come mai hai deciso di fare questo lavoro?” la mia curiosità lo coglie di sorpresa. “insomma, non è una scelta tanto comune”. Lo guardo pensare a come rispondermi mentre finisce di masticare un boccone. Fa schioccare la lingua, guardando chissà quale punto al di sopra degli alberi

“attira le donne!” torna a guardarmi per sondare la mia espressione, e rimango a bocca aperta.

“stai scherzando?” capisco che si aspettava proprio questa reazione da me.

“no, dico sul serio.” Continuo a guardarlo seria, finché non si decide a spiegarmi, ma non prima di aver fatto una breve risata secca. “tu mi hai chiesto cosa mi ha fatto scegliere questo lavoro, non quello che continua a farmelo fare, e io ti ho risposto dicendoti la verità! Quando mi sono trovato a scegliere quale scuola fare, ho ben pensato che se fossi diventato un critico o qualcosa del genere, avrei avuto una miriade di donne ai miei piedi.” Torno a masticare il mio panino, guardandolo curiosa e decidendo se tutto ciò che mi sta raccontando sia vero o meno. Tk torna a posare lo sguardo su di me. “sai, come tu mi hai già fatto notare, sono il tipo di ragazzo da sposare; che fa la spesa, tiene in ordine la casa e tutto il resto, e a quei tempi ero seriamente convinto che sapermi destreggiare in cucina mi avrebbe portato non poca popolarità.” Sorride, chiudendo il discorso, felice che io sia rimasta così sconcertata.

“ed è successo così? Ciò che credevi si è realizzato?” dentro di me cerco di sotterrare l’ansia che mi sale al petto

“certo!” Sta sprizzando fierezza da tutti i pori! Incredibile. “sapevo quel che facevo, che credi!” scosso la testa, stupita. Apro la bottiglietta dell’acqua e ne mando giù un sorso, poi mi stendo sull’erba appoggiandomi su un braccio, continuando a guardarlo

“devi essere sempre stato abituato ad avere la fila di ragazze che ti corteggiavano, immagino!” ben lieta che nessuna fitta di gelosia mi stia assalendo, mi accorgo che però mi sento strana, come in ansia.

“si, per un certo periodo si” cerca il miei occhi per vedere la mia reazione, lo capisco dallo sguardo attento che mi rivolge, così cerco in ogni modo di controllarmi.

“e poi, che è successo?” e con queste mie precise parole distoglie lo sguardo improvvisamente offuscato. Aguzzo la vista, come per leggergli nel pensiero.

“poi mi sono innamorato” la sua voce mi giunge più leggera, come se stesse cercando di non farsi sentire. Un colpo sordo mi colpisce la schiena, e per mascherarlo mi muovo, tornando a sedermi. Respiro con lentezza, cercando di ordinare i miei pensieri, poi torno a dargli tutta la mia attenzione. Sembra non essersi accorto del mio tentennamento, perché resta fermo a fissare l’erba. Non so cosa fare, lo devo incoraggiare a parlare o è meglio lasciar cadere il discorso? È lui a rompere il silenzio, evitandomi la scelta.

“malgrado sia stata la cosa che mi ha cambiato radicalmente, è stata anche una brutta botta da sopportare. Se tornassi indietro non so se rifarei tutto ciò che ho fatto in passato.” Tk sposta lo sguardo sull’acqua che riflette la luce del sole; è come se non fosse qui, se fosse tornato davvero a quei momenti. “ero un ragazzo che voleva soltanto divertirsi e sfruttare ogni secondo a mia disposizione, e il fatto di avere tante ragazze mi rendeva gasato; era l’argomento di sfida preferito con i miei amici” mi rivolge uno sguardo, cerca di sorridermi, ma negli occhi non c’è divertimento. “-sono andato con Milly! -cosa vuoi che sia, io ci sono stato tre settimane fa!” poi torna a guardare altrove. Mi sento quasi nauseata: sento che non uscirà nulla di buono da questo racconto. “poi conobbi una ragazza, una nuova arrivata. Si chiamava Ginny, e fu l’unica ragazza di cui si era innamorato Shib.” Tornando al presente mi guarda con una punto di orgoglio, ma sempre mal celando la malinconia che gli si è dipinta sul viso “Shibuto era il mio migliore amico.” Come uno schiaffo vengo colpita dal verbo al passato che ha utilizzato Tk. “era completamente cotto, ma Ginny non sembrava accorgersi di nessuno. Era molto riservata e avvicinarsi a lei era praticamente impossibile: il suo tragitto a scuola variava dalla classe al bagno, e una volta fuori saliva direttamente sulla macchina dei suoi. A me non interessava un granché, soprattutto perche avevo altre cose per la testa, ma soprattutto altre ragazze. Ma a dirti la verità non volevo ammettere che ero quasi infastidito dall’unica ragazza che non aveva espresso alcun interessamento nei miei confronti.” Riscuotendosi mi rivolge un occhiata dispiaciuta, come se volesse scusarsi “ti ho detto che sono cambiato parecchio!” gli rivolgo un sorriso per incoraggiarlo a continuare e provo a mandare giù il groppo che ho in gola. Tutto d’un tratto mi ritrovo con la gola secca. “un giorno, non so come, a pranzo Shib accompagna al nostro tavolo Ginny. Non chiedermi come abbia fatto a convincerla, questo resterà per sempre un mistero, per me. pian pianino siamo riusciti a farla ben integrare nel nostro gruppetto di idioti patentati, e col tempo ha cominciato a dimostrare un certo interessamento al sottoscritto. Io come al solito ne ero ben lieto, ma quella fu l’unica volta in cui non ne gongolai con nessuno: avevo troppa paura di ferire il mio amico. Poi successo un grandissimo casino.” Un brivido mi percorse completamente il corpo. Mi sembra sciocco, visto il sole cocente che ci sta inondando. “una sera quell’idiota di Shib decise di confessare a Ginny il suo amore, e come se non bastasse ha tentato di baciarla. Lei lo ha respinto in malo modo ed è venuta a cercare me, in modo che potessi confortarla. Si sentiva infinitamente in colpa per averlo fatto soffrire, e mi ripromise che dal giorno seguente non avrebbe più fatto parte del nostro gruppo per non far stare male Shib. Io a quelle parole mi allarmai. Non l’avrei mai ammesso in quel momento, ma la sua continua vicinanza mi aveva provocato un fortissimo attaccamento nei suoi confronti, e quel giorno, ripensandoci col senno del poi, ne ero già innamorato. Anch’io!” l’enfasi che accompagna l’ultima parola mi fa intuire l’enorme dispiacere che porta con se. “cercai di dissuaderla in ogni modo, ma quando capii che non ci sarebbe stata parola che l’avrebbe convinta, decisi di fare l’unico gesto che l’avrebbe legata inevitabilmente a restare.” Mi guarda dritto in faccia, serio, e dall’espressione capisco che non mi dirà di quel gesto, perché già sappiamo entrambi che senza bisogno di parole ha già spiegato tutto. “quella notte non chiusi occhio. Lo shock maggiore non fu tanto la reazione di Ginny, la quale mi confessò che aveva respinto Shib perché era innamorata di me, quanto la repulsione che provavo per me stesso al pensiero del mio migliore amico. Sapevo come avrebbe reagito, ma ero pronto a raccontargli tutto. La mattina dopo Ginny mi aspettava sotto casa e, preso dall’euforia, dimentico di quel che dovevo dire al Shib, ci dirigemmo verso scuola mano nella mano. Ma all’entrata c’era proprio lui che mia spettava, e senza bisogno che gli spiegassi nulla mi ha girato le spalle e se ne è andato. In seguito cercai di parlare con lui varie volte, ma con scarsissimi risultati. Alla fine lo costrinsi praticamente ad ascoltarmi, ma finimmo con il litigare di brutto.” Soffermando il suo sguardo sulle mie mani strette, leggevo in lui un rimostro enorme. Avevo voglia di consolarlo, o almeno di sfiorarlo, ma il terrore che smettesse di raccontare mi bloccava dove ero. “mi convinsi che forse non avevo perso nulla, perché se un amico non è felice per la tua felicità, non è un vero amico, ma in quel periodo volevo solo mostrarmi forte. Mi mancava enormemente Shib, e ogni giorno vivevo con il rimorso per ciò che gli avevo fatto, ma Ginny riusciva sempre a mettermi a mio agio, così mi sentivo meglio. almeno finché non appoggiavo la testa sul cuscino. Poi un giorno mi cadde anche l’ultima certezza rimasta: tornando a casa decisi di deviare il mio percorso e passai dal parco comunale, passando per il sottopassaggio. All’altro capo vidi due ragazzi avvinghiati, ma fui solo capace di sorriderne, lieto che anche qualcun altro si comportava come me e Ginny”una luce gli balugina negli occhi che torna a posare su di me. ora non prova neppure a mostrarsi felice. Un peso enorme mi opprime il petto, ed ho seriamente paura di scoppiare a piangere. “credevo che ci amavamo. Ma quando fui loro più vicino scoprì che l’amica d’infanzia di Ginny era solo una copertura per incontrare un altro ragazzo. O altri, chi lo sa. Così in breve tempo mi ritrovai senza il mio migliore amico e senza la mia ragazza. Cambiato, certo, ma ho pagato un duro prezzo. A volte credo che sia stata la giusta punizione per come mi sono comportato con Shib” tornato al presente, Tk conclude il racconto con un sorriso mesto. Io rimango immobile, con una mano a stringere l’altra in maniera convulsa , mille pensieri in testa e il mio sguardo che evita accuratamente di incrociare quello di Tk. Sento una mano calda appoggiarsi alle mie e alzo improvvisamente gli occhi. Non è giusto che sia lui a dovermi consolare. Perché non ci sono io in quel ruolo? Allunga l’altra mano per poggiarmela sul viso e con il pollice mi asciuga la lacrima che mi è sfuggita. Quel gesto mi fa rinsavire e mi scuoto dal torpore. Sciolgo la presa delle mie mani che vanno a prendere la sua e finalmente incrocio i suoi occhi di ghiaccio.

“scusami. Non dovrei reagire così.” Sorride e nega con il capo

“tranquilla. Non volevo farti piangere. Mi spiace.” Assottiglio lo sguardo e mi avvicino un po’, poi inaspettatamente per entrambi lo stringo a me, facendo si che appoggi la testa su di me, ma la posizione scomoda in cui mi trovo mi costringe a sdraiarmi, portandolo giù con me. così ci troviamo stesi, la sua testa sulla mia pancia, il mio braccio ad accarezzargli i capelli e l’altra mano a stringere la sua, appoggiata al mio fianco. “non cercherò scuse per difendermi, perché non ne ho, sinceramente”

“neanche io voglio trovarne, ma penso che tutti sbaglino nella propria vita. È per questo che nasciamo piccoli: per imparare a crescere. Tu hai commesso un errore enorme, ma hai comunque saputo prenderti le tue responsabilità e non hai cercato di fuggire dalle conseguenze che ciò ha portato. Tu stesso hai detto di essere cambiato, ciò vuol dire che sei maturato, grazie a questa esperienza. Sei un uomo, non puoi flagellarti per i tuoi errori. La vita va avanti, e magari con qualcosa che succederà in futuro riuscirai a riscattarti per quel che è successo. Nessuno ti vuole condannare.” Le mie stesse parole mi stupiscono: da quando in qua sono così saggia? Tk alza la testa per guardarmi, incuriosito, e il mio sguardo di risposta lo tranquillizza: non sono stata posseduta da chissà quale spirito.

“grazie. È una bella cosa quella che hai detto. Penso che non la scorderò tanto facilmente” arrossisco per il complimento e nel frattempo ringrazio il cielo che lui non possa vedere il mio imbarazzo. Gli faccio capire che accetto i suoi ringraziamenti con un buffetto sulla testa. Chiudo gli occhi, lasciandomi inondare dal sole e dalla sensazione che la sua vicinanza mi provoca.

“davvero, non volevo farti piangere. Appena ti ho visto ho creduto che stessi scherzando. Ma poi guardandoti meglio ho capito che eri davvero triste” sento aumentare la pressione sul fianco aumentare. Sorrido per la mai ingenuità

“è solo che sono una stupida sensibile. Mi sono fatta prendere dalle tue parole e non mi sono accorta delle lacrime. Non è stato giusto che tu mi abbia consolata dopo quel che mi hai raccontato. Dovevo essere io quella” la sua risata mi attraversa tutto il corpo, amplificata dal contatto che c’è

“ma a me non è dispiaciuto consolarti. Odio vederti stare male, farei qualsiasi cosa per impedire di farti piangere” un cellulare interrompe il nostro contatto. Tk si alza per estrarlo dai jeans, da un occhiata al display e si alza per allontanarsi di qualche passo per rispondere. Io resto pietrificata a terra, con la mano ancora appoggiata sulla mia pancia. Ho una miriade di pensieri che mi vorticano in testa, e solo quando sento Tk sedersi nuovamente accanto a me deciso di riprendere il controllo del mio corpo. Mi giro a pancia in giù, con le gambe in aria, i gomiti puntati a terra e il mento appoggiato alle mani. “allora quando hai intenzione di cominciare il trasloco?”

“bhe, direi entro la fine della settimana, se no devo pagare il mese successivo al mio affittuario” lo sento crepitare di entusiasmo

“perfetto. Tu dimmi il giorno e sarò a casa tua per prendere gli scatoloni!” ecco il punto dolente.

“veramente c’è Tai che si è già offerto di farlo” scomoda della posizione in cui mi trovo decido di alzarmi in piedi. Tk sembra non volermi imitare, così lo intimo a seguirmi con un gesto della mano “andiamo a fare due passi?” ed eccolo prontamente al mio fianco. Passeggiamo tranquillamente fra il bosco, i sentieri e un prato e l’altro

“quindi pensi di farcela con un solo viaggio?”

“no, ma a costo di farsi un pieno di benzina, ha detto che vuole esserci quando mi ‘insedierò’!” lo sento sogghignare accanto a me e lo guardo con tanto d’occhi

“vuole controllare la tana del lupo?” si giustifica prontamente. Io sospiro, rassegnata

“già. Credo che abbia paura che tu mi abbia abbindolata con l’inganno” scuoto la testa incredula che possa soltanto pensare una cosa del genere.

“scusa se te lo domando, ma di cosa ha paura, esattamente?” Ah, saperlo!

“non lo so. Penso che ti vede come un pericolo per me. non chiedermi perché?” mi affretto a precisare, prima che si faccia strane domande.

“e i tuoi cosa ne pensano?”

“non gliene importa molto. Gli ho detto che vado a stare da un amico, e loro mi hanno detto solo che sono contenti che vado a spendere meno.” Lo guardo di sfuggita, speranzosa “vale ancora l’offerta per il prezzo, no?” sorride, come se avessi detto la cosa più sciocca al mondo.

“certo, sta tranquilla.” Decidiamo di incamminarci verso le auto, ma sento un vuoto che comincia a formarsi all’altezza del petto. Cos’è, il semplice pensiero mi mette tristezza? Se mi fa questo effetto dopo solo mezza giornata, quando andremo a vivere sotto lo stesso tetto cosa sentirò quando usciremo per andare al lavoro? Non so perché, ma mi fa uno strano effetto pensare a noi due nella stessa casa. È un po’ come dire che andiamo a convivere come coppia. Cerco di mandare via quei pensieri con un movimento veloce della testa.

“senti, allora hai pensato se venire al matrimonio?” ripenso alla conversazione avuta con Yolei ieri sera. Era così euforica all’idea che cambiavo casa. Ma quando ha saputo che mi aveva invitato al matrimonio di sua cugina ha letteralmente cominciato a saltare dalla gioia.

“si. L’idea mi piace. Credo proprio che parteciperò. Però ci sono ancora le miei condizioni, ricordi?” abbassa lo sguardo, fugace, sfoderando un sorriso

“certo, certo. Ti ho detto che ci sarà mio padre. Se scopre che sei una ballerina non ti mollerà più per tutta la sera, ti avverto” fremo d’eccitazione al solo pensiero

“perfetto. Non posso certo lamentarmi.” Cerco il suo sguardo, finché non lo catturo “e tu? Ballerai?” tentenna, indeciso sul da farsi

“dipende. Potrei”

“dipende da cosa?” mi avvicino maggiormente, attanagliata dalla curiosità

“dalle ballerine che ci saranno. Ma non ti aspettare grandi cose, eh!” radiosa lo assalgo letteralmente, saltandogli quasi addosso

“perfetto. Ti dico subito che non lascerò un attimo di respiro, ne a te, ne a tuo padre!” la sua risata allegra mi rincuora, come un balsamo.

“sono curioso” scostandomi da lui per lasciarlo camminare mi prende la mano “da dove deriva tutto questo amore per la danza? A parte che quando ti ho portato in discoteca non sembravi troppo entusiasta, ma soprattutto non ti avrei mai immaginata in mezzo alla pista a scatenarti. Insomma, attira un po’ l’attenzione, e tu non sei il tipo. Non so se mi spiego” annuisco, ripensando a quella sera in discoteca.

“all’inizio non credevo che la musica da discoteca mi piacesse un gran che, ma poi quella sera ho capito che in fondo basta muoversi; non importa su che ritmo. Però si, hai ragione, neppure io credevo di essere tipo da ballo. Insomma, la musica mi è sempre piaciuta, ma non l’ho mai pensata come qualcosa di più rispetto a un semplice intrattenimento.” Rivedo davanti ai miei occhi le lezioni di ballo che ho preso assieme a mia madre

“riesci a stare al centro dell’attenzione senza problemi?” sembra sorpreso, ma non posso biasimarlo; anche io ero parecchio scettica al riguardo, all’inizio.

“si. La passione me l’ha passata mia madre. L’ho sempre vista muoversi con una grazia incredibile sulle piste che frequentava, ma mi è sempre bastato guardarla. Poi ho deciso di seguirla a un corso di balli da sala, e me ne sono innamorata. Quando ti trovi in pista non pensi alle persone che ti guardano o a chi hai intorno, in testa ci sono solo i passi che devi fare e la musica. Tu segui il ritmo e basta, il resto lo fa il tuo corpo.” Lo guardo soddisfatta della mia spiegazione

“hai fatto un corso?”

“si. Facevamo valzer, tango e molti altri. incominciare a ballare è stato un toccasana per me. ho scoperto molto di me che non avrei mai pensato.” Lo sguardo interrogativo che mi rivolge mi fa spiegare meglio la situazione “Sembrerà strano, ma ballare ti apre la mente, e molte cose che non credevi di poter fare, invece oplà che le esegui alla perfezione” mi fa un cenno. Ha capito.

“allora sono davvero curioso di vederti in pista” stranamente non mi sento avvampare, anzi, ne sono quasi orgogliosa.

“com’è tuo padre?” la domanda mi esce senza che io voglia. Il tempo di pensarla ed eccola già fuori. Lo guardo di sottecchi, sperando si non aver toccato tasti dolenti, ma la luce nei suoi occhi mi fa immaginare l’affetto per la figura paterna

“molto, molto estroverso”

“ecco da chi hai preso!” esclamo sorpresa

“si, probabile. Dicono che gli assomiglio molto, ma questo non so dirti se sia vero. È sempre in movimento e capace di smuovere il mondo, se vuole.” Si, gli vuole molto bene, si vede

“ha una grande forza di volontà” preciso. Annuisce. Ma purtroppo parlando del più e del meno rieccoci al parcheggio. Ci avviciniamo alla mia macchina e mi lascia la mano, ma sembra titubante. Osservo la sua espressione per qualche secondo, finche non alza la testa. “sai, mi piacerebbe conoscere i tuoi amici, un giorno” noto un certo irrigidimento alle mie parole, ma prova a camuffarlo con una risata beffarda

“tranquilla, quando verrai a stare da me li vedrai talmente spesso che ti stancherai di vedere sempre le loro brutte facce.” Cercando di ignorare la sua precedente reazione cerco le chiavi dell’auto in borsa, apro la portiera e mi appoggio a quest’ultima per salutare Tk.

“allora ci sentiamo per il trasloco, ok?” annuisco. Con la portiera che ci divide, Tk si sporge verso di me, e con mia enorme sorpresa mi bacia sulla guancia, prima di girarsi e andare alla sua auto. Io resto letteralmente impietrita, con un’espressione da film dell’orrore sul viso. Lo sento che mi saluta da lontano, ma forse la risata che segue è solo frutto della mia immaginazione. Cerco di riprendermi prima di salire in auto, almeno per evitare di finire contro un acero.

 

Note dell’autore:

Cosa aggiungere potrebbe un narratore a quanto già narrato dall’attore, a me non resta altro che sparire, fare un bell’inchino e poi svanire. […]Finito il mio cammino mi accascio e vado verso il mio destino, che è quello di chi inizia e già finisce, sboccia e dopo un attimo appassisce, di chi vive soltanto un paio d’ore, sperando in un applauso, e dopo muore. [Chiedimi se sono felice]

E con il contributo di un bellissimo film (chiedo scusa per la leggera modifica che ho dovuto apportare, ma chi conosce per intero la frase può confermare che Sirano non centra nulla con la nostra storia J) posso salutarvi. In effetti non ho nulla da aggiungere, tranne che vi aspetto al prossimo capitolo. Baci Baci

P.S: vi prego di comunicarmi eventuali errori

Mami

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Capitolo 8
*** VIII-La fortuna comincia a girare ***


VIII-La fortuna comincia a girare

Occhi chiusi. Il calore dell’acqua mi invade completamente il corpo e mi rilassa i muscoli. Ogni mio senso è attivo e ricettivo come non lo è mai stato a memoria di anni, con l’odore dei sali che mi invade completamente e mi trasporta da un luogo all’altro, senza una logica. Le bolle di schiuma mi sfiorano leggere la pelle e la mano che alzo e abbasso ritmicamente per sentire la loro delicatezza sul mio tocco. Inspiro ancora, profondamente. Già a suo tempo l’avevo previsto che questa vasca mi avrebbe incantato, ma mai avrei creduto fino a questo punto. Ormai è una settimana che mi sono trasferita da Tk, e sin dal primo momento,anzi, proprio dal primo giorno, dopo ore e ore di sfacchinata a portare su e giù, qua e là pacchi, scatoloni e roba varia, mi sono eclissata in bagno per quasi un’ora e mezza. Tk era quasi preoccupato che mi fosse successo qualcosa, ma poi ci si è abituato in fretta ai miei tempi da vasca. È anche vero che la presenza di una doccia pratica e veloce , alla quale non avevo prestato minima attenzione per la mia prima e unica visita, tanto che non sapevo neanche della sua esistenza, velocizzerebbe un po’ i tempi, ma non è quello che cerco io. Abbiamo deciso che la stanza accanto a quella di Tk, quella degli ospiti, sarebbe diventata la mia camera, a seguito anche delle preoccupazioni di mio fratello a riguardo di un fantomatico ladro o malintenzionato che entrava nella prima stanza che si trovava di fronte, cioè, guarda caso, proprio la mia. Infatti avevo pensato di sistemarmi nella stanzetta sulla destra appena all’entrata, ma l’idea è stata subito eliminata. Pure Tk aveva espresso i suoi dubbi sul farmi dormire così lontano dalla sua stanza e così vicino all’uscita. Per essere chiari, quando ha nominato la “scomoda” lontananza tra la mia stanza e la sua si è ben affrettato a precisare, a seguito dell’occhiata di Tai, che era tutta una questione di sicurezza, perché così mi avrebbe sentito in caso di aiuto immediato. Mamma quante ramanzine mi ha fatto prima di venire via. Richiudo gli occhi rivivendo il momento con un leggero sorriso che mi solca le labbra. Già al mattino presto mi ero trovata mio fratello di fronte alla porta di casa per aiutarmi con gli ultimi scatoloni da imballare e il successivo trasporto alla nuova dimora abitativa. Malgrado sapesse bene che mi creava un gran dispiacere discutere con lui sul mio trasferimento a casa del mio amico non si è comunque trattenuto dall’esprimere alcuni suoi pareri negativi sul trasloco e sul mio futuro coinquilino. Verso le dieci e mezzo, come pattuito, mi ha raggiunto Tk, ma ha potuto fare ben poco, a parte portare qualche scatola a casa sua, e quando era nei paraggi restava comunque sotto lo sguardo vigile e indignato di un fratello troppo protettivo ed esagerato. Finito finalmente di imballare l’ultimissima roba, verso l’una io e Tai siamo partiti. Destinazione: casa Takaishi, nonché futura casa Takaishi-Yagami. Arrivati stremati e quasi senza forze Tk ci ha offerto qualcosa da mangiare che ho ben volentieri accettato, a differenza di quel zuccone del mio consanguineo(evidentemente convinto di un possibile avvelenamento). Un’ora dopo sono riuscita finalmente a stare da sola in camera mia per organizzare un po’ le cose, senza fratelli isterici(ero riuscita a cacciarlo dopo mille promesse che l’avrei chiamato in caso di qualsiasi minimo problema. Cercai solo di non buttarlo fuori a calci dopo aver lanciato a Tk uno sguardo truce alla parola “problema”) o coinquilini ipereccitati.

Affondo ancora di qualche centimetro nell’acqua profumata e mi lascio andare ad un altro ricordo, un po’ più imbarazzante.

Era il giorno prima del mio trasloco ed ero andata a trovare Yolei per fare due chiacchiere. Era  andato tutto perfettamente, finche non le venne in mente del lavoraccio che mi aspettava l’indomani.

“sei agitata?” mi chiese senza alcun preavviso

“per cosa?” la mia confusione la colse in pieno, non aspettandosela

“per domani?”continuavo a non capire, e lei continuava a guardarmi eccitata

“e perché mai?” la vidi smontarsi all’istante, delusa

“ma come! Vai a vivere con un ragazzo! Non sei eccitata per niente?” in quel preciso istante la ritenni completamente pazza

“il fatto eccezionale starebbe nel cambiare casa o nel fatto che vado a stare sotto lo stesso tetto di un ragazzo?” forse ero io dura di comprendonio, ma non ci stavo capendo niente

“e che ragazzo, direi!” arrossii visibilmente, ma cercai di camuffare la cosa guardando fuori dalla finestra. Yolei mi fissò per qualche secondo prima di esordire “allora come pensi di comportarti?”. Io, sempre imbarazzata e leggermente bordeaux, cercai di evitare di incontrare il suo sguardo, e dopo una pausa in cui cercai di riprendere possesso di me, decisi di risponderle

“in che senso? Come sempre, come vuoi che mi comporti?” evidentemente piena delle sue teorie campate in aria mi guardò con lo sguardo di chi la sa lunga

“dai Kari, a me non la conti giusta. Cosa è per te Tk?” e così capì che eravamo tornate su quell’argomento

“te l’ho detto, un carissimo amico. Si può sapere quale informazione vuoi estrapolarmi?” tentai di mostrarmi indignata, ma con poco successo, visto il sorriso pieno di sottointesi che mi stava rivolgendo.

“Kari, credo che sia arrivato il momento di chiedertelo” a quella frasi tremai dalla punta dei capelli fino alle dita dei piedi, temendo la domanda che avevo già afferrato da un po’ “:ti piace?” appunto! Appoggiando la testa alle mani cominciai a pensarci su, decidendo se dirle la verità o una spudorata bugia. Fissavo il tavolo, cercando di concentrarmi scacciando strane immagini dalla mia testa e fuggendo al suo sguardo assetato di novità. Come potevo uscirne ora? Sapevo già la risposta, ma da lì all’ammetterlo apertamente ne passava di acqua sotto i ponti. Certo, era pur sempre la mia migliore amica e meritava la verità, ma la paura di ammetterlo mi bloccava. Era come se sapessi che dal momento in cui l’avessi ammesso sarebbe potuto accadere di tutto, e vista la mia naturale negatività, temevo qualsiasi cosa. Tornai ad alzare lo sguardo e la faccia di Yolei mi destabilizzò per un attimo, ma respirando profondamente cercai di mantenere la calma

“si!” la voce strozzata che mi uscì sembrava un lamento, ma l’urlo di gioia della mia amica la fece passare in secondo piano

“lo sapevo! Ne ero convinta, ma avevo paura che non l’avresti mai ammesso. E lui? Credi che tu possa piacergli? Io penso proprio di si, se no non ti avrebbe preso in casa sua, e poi…” la lasciai elucubrare senza sosta finche non si calmò.

“credo…” la naturalezza con cui mi uscivano e parole mi lasciava basita “di interessargli, ma non nel modo che spero” speravo che mi capisse, perché era un punto fondamentale che avrei tanto voluto chiarire.

“forse ha solo bisogno di conoscerti un po’ meglio, e non sono sicura che tu faccia del tuo meglio per permetterglielo” strabuzzai gli occhi, incredula

“e che cos’altro dovrei fare? Sa praticamente tutto di me, ci manca solo che gli comunico ogni minimo pensiero che mi passa per la testa e siamo a posto” . Yolei sorrise divertita, capendo che avevo pienamente ragione.

“come dice il saggio: chi vivrà, vedrà!”

Sento bussare alla porta. Riemergo un po’ “si?” la sua voce mi giunge, attutita dalla porta che ci separa, imbarazzata

“non credi che ormai saresti dovuta uscire? Ti ricordo che fra un quarto d’ora dobbiamo incontrarci…” sbuffo

“so perfettamente quanto tempo mi manca, non c’è bisogno che me lo ricordi” fra noi cade il silenzio, ma sono sicura che non si è mosso da lì, infatti dopo poco:

“sei poi sicura di riuscire a prepararti in tempo?” Ah, uomo di pochissima fiducia, cosa posso fare con te?

“certo che sono sicura. Non ci metto un ora a prepararmi!” ora sento dei passi allontanarsi e la sua voce provenire lontana

“se lo dici te!” sorrido e mi accingo ad uscire dalla vasca prima di mettere le pinne come i pesci. Dieci minuti dopo sono in fondo alle scale asciutta, vestita e pronta.

“allora? Non dovevo essere io quella che avrebbe ritardato?” urlo rivolta verso i piani alti. Tk esce da camera sua con un involto sotto braccio

“dovevo solo prendere la giacca!” scosso la testa, aprendo la porta e aspettandolo all’uscita

“che c’è, ti scoccia non usarmi come scusa per il nostro ritardo?” lo stuzzico. Lo vedo serio, ma so che ha già la battuta pronta

“a parte che noi non siamo in ritardo, e comunque non trovo altre motivazioni per cui dovremmo ritardare, a parte te, ovviamente”

“scommetto che se facessimo una gara sarei più veloce io a prepararmi di te!” butto lì

“sicuramente, ma in tal caso direi che abbiamo trovato traffico!” lo guardo stizzita e un tantino irritata

“quindi non ammetteresti mai di essere più vanitoso di me!” sorride, scherzoso

“certo che no. E poi lo saresti anche tu, se avessi un viso come il mio!” così dicendo gli assesto un bel pugno sul fianco che lo fa piegare in due, ma almeno ho la mia rivincita.

“di la verità; non ammetteresti mai neppure che ti ho picchiato, vero?” ancora ansante e con gli occhi lucidi sorride al mio indirizzo

“ovvio!”. Così ci dirigiamo verso Jumuzi Bar.

 

“ecco Venere fatta donna accompagnata da Pluto!” esordisce Davis

“Pluto?” domanda Tk scostando la sedia per accomodarsi al tavolo. Io mi siedo all’unico posto rimasto libero

“si, il dio della ricchezza!” non riesco a capire perché Joe stia ridendo… e perché poi dovrebbe essere il dio della ricchezza? L’espressione di Tk non comunica di aver capito molto più che me

“perché della ricchezza? Se esistesse dovrei essere il dio della bellezza maschile!” modesto come al solito!

“guarda che esiste, ignorante!” puntualizza piccato Cody “e si chiama Atunis nella mitologia greca, o Adone, se preferisci.” Tk  lo guarda scioccato

“ma come fai a sapere tutto,tu?” lo sguardo che si lanciano e ricco di ostilità fraterna

“allora perché Pluto?” cerco di riprendere il discorso io

“trovami un'altra caratteristica che potrebbe permettergli di stare con una bellezza come te!” sorride sornione Davis guardando Tk di sottecchi, mentre io arrossisco visibilmente

“ah, e per puntualizzare, spesso è rappresentato obeso, bendato, zoppicante e con le ali!” sottolinea Joe

“carino!” bofonchia Tk falsamente offeso

“Oh, ma se preferisci Adone sappi che è il frutto di una relazione incestuosa fra un re ubriaco e sua figlia!” il mio compare sgrana gli occhi e cade in un mutismo straordinario

“ok, che ne dite di parlare d’altro, invece di insinuarci fra dei greci e relazioni…” allo sguardo del biondo seduto accanto a me non riesco a finire la frase: se la concludessi verrei probabilmente uccisa!

“allora dicci un po’ com’è vivere a stretto contatto con questo viscido individuo” mi incita Joe. Sorridendo sotto i baffi ammetto

“non male. Cucina sempre lui e mi lascia libera di fare quel che voglio… è un po’ come stare in albergo!” lo sento ridere sommessamente accanto a  me, ma non riesco a guardarlo in viso, perché Davis attira la mia attenzione

“ti consiglio di stare attenta, perché se cominci a fidarti troppo va a finire che ti salterà sulle penne!” sussulto a quest’ultima affermazione e, imbarazzatissima, abbasso gli occhi, sentendo tutti gli altri ridere. Cercando di non farmi vedere provo a guardare Tk, e con mio grande stupore incontro subito il suo sguardo, attento a decifrare ogni mia reazione. Sembra serio, ma capisco che sta pensando a  qualcosa.

“credo di non correre rischi, mi fido, se no non sarei mai entrata nella tana del lupo” si sorprendo a confessare. Forse sono i suoi occhi fissi su di me che mi hanno spinto a parlare. Continuiamo a fissarci per un po’, Finché non è la frase di Cody a costringermi a guardarlo, interrogativa

“non so se fai bene, Kari. Non so!” i sorrisi che questi tre scemi si scambiano mi fanno intuire che c’è qualcosa sotto

“cosa intendi dire?” chiedo circospetta, ma le loro risate continuano, e decido di voltarmi a vedere come ha reagito Tk. Appena i miei occhi ricadono su di lui ho come l’impressione che stia fulminando i suoi amici, ma non appena si accorge che lo sto guardando mi sorride complice, come a consigliarmi di non ascoltarli.

“che ne dite di fare meno gli idioti e di ordinare qualcosa da mangiare? Io sarò il dio della ricchezza, ma voi non siete di certo gli dei della gentilezza, visto che state mettendo in imbarazzo una povera ragazza seduta al vostro stesso tavolo!” a quelle parole un po’ di serietà ridiscende fra di noi, e non posso fare a meno di rivolgere uno sguardo di gratitudine al mio compare che ha saputo calmare le acque fra questi spostati. Mentre che aspettiamo i piatti che abbiamo ordinato non posso fare a meno di ripensare all’ammonimento di Tk; mentre parlava ai suoi amici sembrava ci fosse una nota di severità nella sua voce, come se li intimasse a tacere, per non farli parlare troppo. Cerco di scacciare subito questi pensieri: Tk non mi nasconderebbe mai nulla; a quale pro, poi? Mi ritrovo così al tavolino traballante di un pub che serve piatti caserecci da urlo in compagnia di quattro amici, tre dei quali ho avuto il piacere di incontrare la sera stessa del mio trasloco, evidentemente curiosi di conoscere la povera “cavia”, come loro stessi mi avevano definito, di Tk. Da subito siamo entrati in sintonia, così, pensando al giorno in cui ho conosciuto questo biondino solare, sempre in un bar, e sempre accompagnato dai suoi amici, non posso fare altro che sorridere: mi sentivo sola a lottare contro tutto e tutti, con un ragazzo arrogante che si voleva offrire come mio amico e che, ne ero sicura, mi sarebbe stato parecchio antipatico, e ora sono qui, in un posto che non mi sarei mai immaginata di frequentare in compagnia di quattro ragazzi, a ridere e scherzare come se avessi sempre fatto parte di questo strambo gruppo. Chissà, forse la vita comincia a sorridermi!

 

Allora, che ne dite di questo capitolo? Mi rendo conto che è corto, ma non riesco ad estrapolare altre idee da queste pagine. Non mi convince pienamente, ad essere sincera, e spero vivamente che il prossimo sarà più di mio gradimento, e spero anche vostro! Comunque vorrei sapere davvero che cosa ne pensate, quindi commentate in tanti. La narrazione è un po’ differente da tutti gli altri capitoli, forse è questa la nota stonata che sento. Bho, comunque lascio a voi l’arduo compito di giudicare e… a presto!

Mami

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Capitolo 9
*** IX-Dance, dance, dance! ***


IX-Dance, dance, dance!

Malgrado il matrimonio sia alle nove ho deciso di alzarmi comunque abbastanza presto. Il vestito che avevo comprato era appeso alla gruccia nel mio armadio, e la colazione emanava un profumo che invadeva tutta la casa. A dimostrazione di ciò mi vedo capitare Tk ancora in pantofole, con gli occhi impastati dal sonno che trascina i piedi.

“che ci fai già alzata? Mh, sembra buono. Cos’è?” mi domanda vedendo la colazione che ho fatto a entrambi

“una cosa che mi faceva sempre mia madre. Sentirai che spettacolo!” gongolo. Mangiamo tranquillamente e saliamo nelle nostre camere per cominciare i preparativi. Il matrimonio si terrà di pomeriggio, quindi abbiamo tutto il tempo che vogliamo e nessuno che ci metta fretta. Dopo essermi lavata il viso ridiscendo a lavare le nostre tazze, poi torno in camera mia. Dal giorno in cui Yolei mi ha accompagnato a comprare il vestito, ho assolutamente vietato a Tk di vederlo. Lui ha ostinatamente continuato ad insistere ma io ero irremovibile. Spero solo che gli piaccia. In questi giorni ho avuto la bellissima scoperta di venire a conoscenza che Tk non disprezza la moda, anche femminile, soprattutto se di buon gusto. Spesso me lo trovo alla porta che bussa per una scusa o quell’altra, ma io continuo a richiudere la porta prima che possa riuscire a sbirciare qualcosa dalla mia cameretta. Lo aiuto ad aggiustarsi la cravatta (“ma come, non sei capace di fare un nodo dritto? Credevo ti vestissi elegante a causa del tuo lavoro!”), gli do le chiavi della mia macchina in cui si è scordato una “cosa” importante (“mi sono sbagliato, era nel mio cassetto. Grazie comunque!”), lo consiglio sul paio di calzetti da indossare (“non credo che gli altri invitati ti guardino i piedi!”) e così via. Alla fine, quando finalmente siamo tutti e due pronti, mi decido ad uscire dalla mia stanza. Tk mi aspetta in cucina vestito elegantemente con una giacca-pantaloni blu notte degni del testimone dello sposo, una camicia bianca perlata, la cravatta che gli ho annodato nera e due gemelli che fanno sfoggio di se sui polsini della giacca(che mi sono appurata di agganciarli io, tanto perché non mi aveva disturbato abbastanza). Rimasi ferma a contemplarlo per un po’

“sei un bel figurino, sai? Dovresti vestirti più spesso così” mi sorride gentile e mi indica con un gesto della mano

“anche tu sei davvero bella, sai?” abbasso la testa per darmi un’occhiata generale: il vestito rosa cipria mi cade morbido, stringendo la vita, e la gonna, poco sopra il ginocchio, forma delle pieghe morbide. Un paio di bracciali mi adornano le braccia e una giacchetta leggera mi copre le spalle. Le scarpe da ballo completano il tutto, assieme a un filo di trucco sugli occhi e sulle guance. Si, mi sento carina così.

“grazie. Allora, andiamo?” si riprende, come se si fosse appena risvegliato dal coma, e mi precede, aprendomi la porta. La cerimonia si tiene in chiesa, e la sposa, ho il piacere di appurare, è bellissima. Alta e longilinea, ha i capelli neri lunghi raccolti elegantemente e ornati con fili e perle bianche; ma la cosa che mi lascia basita è il vestito: semplice, con le spalline larghe, il corpetto a cuore e la gonna leggermente ricamata di pizzo che scende morbida fino a terra. Malgrado la sua semplicità è comunque bellissima. Non appena mi volto a comunicarlo al cugino della sposa mi sorride maligno

“ti ricordo che è pur sempre mia cugina: non può che essere stupenda!” appunto, come non detto. Cerco di fingermi scioccata e di voltarmi dall’altra parte, ma la sua mano si allunga a prendere la mia e, così intrecciate, la appoggia alla sua gamba. Questo gesto mi coglie in contropiede e rimango muta per tutto il resto della cerimonia. Lo sposo, emozionatissimo, svetta accanto alla futura moglie. Entrambi spendono qualche parola all’amato, promettendosi amore eterno e felicità insieme. Al momento del bacio, però, mi rendo conto di avere ancora la mia mano in quella di Tk. Non capisco per quale motivo, ma ho paura a muovere un singolo muscolo. È come se temessi che a un mio minimo movimento durante questo preciso momento del matrimonio, Tk possa fraintendere le mie intenzioni. Sono sciocca, lo so, ma non posso fare altro che restare ferma come una statua. Ed ecco che, mentre i due neo-sposini si scambiano il loro primo bacio da coniugi, la stretta del mio compare qui accanto aumenta. Resto sbalordita, so perfettamente che è soltanto una mia stupidissima fantasia e che è normale che ogni tanto si muova, ma non riesco a trattenermi dal voltarmi a guardarlo. So che con la coda dell’occhio mi ha notato voltarmi verso di lui, ma non accenna comunque a distogliere gli occhi dalla coppia vicino all’altare. Sembra a me o è particolarmente rigido? Oddio, sto diventando un caso patologico. Finito il matrimonio ci apprestiamo ad uscire dalla chiesa e a prendere ciascuno un pacchetto che ci viene porto all’uscita: contiene chicchi di riso e petali di rose. Non appena gli sposi escono noi li sommergiamo di fiori e pasta, le congratulazioni e tutti in macchina verso il ristorante.

“che dolci che sono!” esordisco non appena ci troviamo da soli.

“lui la odiava quando si sono conosciuti” mi sorprende Tk. Io lo guardo in cagnesco e gli tiro un chicco di riso che mi è rimasto impigliato, non so in che modo, fra i capelli

“tu sei bravissimo a rovinare le atmosfere, sai?” lo sgrido

“ma è vero, non volevo rovinare nessuna atmosfera” si giustifica dispiaciuto. Ad accoglierci e una sala immensa piena di tavoli elegantemente decorati. Le tovaglie sono in tono con il mio vestito (“faccio pendant! Potrei fare da ferma tovaglia e nessuno se ne accorgerebbe” esordisco appena entrati) e dei palloncini svolazzano sopra le nostre teste (“riuscirò a prenderne uno prima della fine della cena!” mi sussurra Tk a un orecchio). Finalmente scopriamo a che tavolo siamo stati assegnati, e un sospiro di Tk mi suggerisce che ci è andata bene: suo fratello e quella che penso sia la sua ragazza e altri nomi che il mio compagno di avventure non si è neppure appurato di comunicarmi. Trovato il tavolo, ancora vuoto, ci accomodiamo e ci guardiamo intorno. Dopo poco sento Tk fremere accanto a me, e quando lo guardo lo scopro a saltellare sulla sedia sbracciandosi per attirare l’attenzione di Matt. La ragazza accanto a lui nota questo emerito scemo e richiama l’attenzione del maggiore. Le sento appena dirgli “credo che voglia che lo raggiungiamo!” e io non posso fare altro che coprirmi gli occhi per la vergogna che dovrebbe provare questo essere seduto accanto a me.

“attiri sempre poca attenzione tu, vero?” gli scocco un’occhiata omicida, infatti anche altre sette o otto persone si sono voltate nella nostra direzione

“tu ignorale, sono tutti snob. Credo siano parenti del mio cuginetto appena acquisito” bofonchia poi fra se e se. Meno male che suo fratello ci ha appena raggiunti! “siete al tavolo con noi!” esordisce euforico Tk allo sguardo interrogativo di Matt!

“ciao Kari. Ti presento Sora, la mia ragazza!” mi presenta il maggiore. Allungo la mano andando a stringere la sua. Una presa forte e sicura: questa ragazza già mi piace!

“piacere!” mi sorride la ragazza. Finalmente mi decido a guardarla seriamente: ha un sorriso dolcissimo e due occhi grandi molto espressivi. Non è eccessivamente bella, ma ha un fascino che abbaglia. I capelli rossi, credo lunghi quanto i miei(alle spalle) sono legati in uno chignon e la sua figura esile è maggiormente sottolineata da un vestito fucsia semi-lungo aderente. Matt, molto simile al fratello minore, ha avuto la sua stessa idea nel vestirsi, se non nel colore della giacca-pantalone color crema. Si accomodano al nostro tavolo e cominciano a discorrere fra loro. Quando ormai la sala è piena Sora mi rivolge uno sguardo

“è un po’ che ci penso: ma io ti ho già vista da qualche parte?” mi domanda attenta. Io rimango spiazzata e scavo nei meandri della mia testa. Posso averla incrociata per strada? Non nego che la situazione può essere plausibile, ma perché mai lei dovrebbe ricordarsi di me, allora? Sono quasi sicura al cento per cento di non averla mai vista ne di aver scambiato parola con Sora, se no credo che me ne ricorderei: ce ne sono poche di persone che esprimono simpatia al primo contatto come lei.

“no, non credo” nel frattempo i  due sposini sono appena entrati e una cascata di applausi li investe. Non appena è tornata la calma Sora riprende il suo interrogatorio

“come fai di cognome?”

“Yagami” distoglie lo sguardo e si mette a sussurrare il mio cognome, come se ripeterlo più volte possa darle l’illuminazione.

“Yagami hai detto? Mi dice qualcosa… hai per caso un fratello?” la vedo illuminarsi, probabilmente vicina alla soluzione del suo enigma

“si, si chiama Taichi” il sorriso le si allarga sul viso; capisco di aver fatto tombola.

“Tai, quel ragazzo che gioca a calcio… lo scavezzacollo!” capisco subito che non può aver sbagliato persona: l’ha descritto alla perfezione malgrado le sole due frasi

“si, è lui. Lo conosci?” gli chiedo incuriosita

“bhe, chi non conosce Tai?” mi chiede retoricamente. “ha la nostra età” indica se e Matt. Rimango stupita dalla sua rivelazione: non credevo che mio fratello e quello di Tk fossero così coetanei; sarà che il mio fratellone si comporta sempre come un bimbo?

“mi odia, sai?” esordisce Tk. Non mi ero accorta che gli altri due avevano smesso di parlare e che ci stessero ascoltando

“chi, Tai? No, lui non credo che sia neppure capace di odiare, dico bene?” chiede Sora rivolta al suo ragazzo, il quale fa una faccia che dice tutto il contrario

“bhe, dipende, ricordati che stiamo parlando di mio fratello”. La rossa si volta verso di me, come se Matt nemmeno avesse parlato, a chiedere conferma della sua ipotesi.

“bhe, se fossimo in un altro contesto ti darei ragione, ma Tk… diciamo che non gli va troppo a genio!” ammetto mesta

“credo che abbia solo paura che possa portarti via da lui!” butta lei. Io rimango basita alle sue parole: come vuole portarmi via da Tai! Non crederà che… sono pronta a ribattere, ma proprio ora arrivano i camerieri a domandarci cosa gradiamo come primo, e io sono costretta a lasciare cadere il discorso. La serata procede tranquilla fra risate, offese fraterne e chiacchiere varie. Ben presto scopro che stare in compagnia di Sora è molto piacevole e riesco a relazionarmi perfettamente con lei. Anche Matt non è poi così male. È taciturno e un po’ enigmatico, ma sa tenere vivo un discorso, e probabilmente, malgrado l’enorme differenza di caratteri, immagino che andrebbe d’accordo con Tai. Fortunatamente Sora e Matt non si scambiano effusioni varie da fidanzatini innamorati, perché davvero mi troverei in imbarazzo con il fratello accanto. Solo alla fine del secondo mi trovo in difficoltà. Senza un motivo apparente la ragazza seduta di fronte a me esordisce

“sono curiosa; che cosa ti lega a Tk?” io mi sento avvampare e resto a fissare il piatto, nel mentre che penso a una risposta

“forse vuole farsi santificare!” abbozza Matt ironico.

“anche tu con questa storia? Guardate che non sono poi così male!” sbotta il povero fratellino, prima di tornare a rivolgermi uno sguardo assetato di verità

“ehm, bhe, diciamo che siamo buoni amici, e mi ha salvato da una casa pericolante. Però maggiormente la prima” tentenno. Mi sento ridicola e al centro dell’attenzione

“le migliori storie nascono da un’amicizia, sai?” mi domanda Sora. Inizialmente annuisco, senza capire appieno il senso della frase, poi come un uragano mi travolge, e capisco, forse solo io, il doppio senso della frase

“le migliori storie?” chiedo, facendo finta, con pessimi risultati, di non aver capito

“già. Anche io e Matt eravamo migliori amici!” ok, allora il doppio senso c’era, eccome! Torno a fissare il piatto, poi cerco di sfuggita lo sguardo del mio coinquilino: mi sta fissando, e non appena nota che lo guardo mi rivolge un sorriso dolcissimo. Riesco a mala pena a rispondere, prima di allungare il piatto al cameriere, giusto per trovare una scusa per fare qualcosa, qualsiasi cosa tranne starmene lì con le mani in grembo a nascondermi il viso. Dopo il taglio della torta un uomo si avvicina al nostro tavolo. Inizialmente non gli presto grande attenzione, ma non appena si accomoda sulla sedia accanto a Sora mi decido a domandarmi chi sia. La domanda resta per poco senza risposta: senza che la ragazza se ne sia accorta, l’uomo la abbraccia, facendola sussultare, per poi dedicargli un sorriso di fiducia e grande stima. Solo adesso noto gli occhi: di un azzurro intensissimo. Mi sembra di guardare il viso di Tk, solo un po’ più invecchiato. È suo padre, ora ne sono certa.

“signor Ishida! Come sta?” chiede raggiante

“bene stella, voi?” finalmente si decide a far scorrere lo sguardo sui presenti, fino a soffermarsi su di me

“ciao papà!” lo saluta Matt

“vi chiedo scusa se non sono potuto venire prima a salutarvi, ma vostra zia mi ha trattenuto. Dovreste conoscerla…” sfoggia un sorriso beffardo, che evidentemente gli altri tre riescono ad interpretare, perché cominciano a ridere

“sei al tavolo con zio Toshida e zia Milly? Povero te!” esclama Tk. Il padre annuisce sconsolato, poi torna a puntare quegli occhi azzurro cielo su di me, e mi sento come attraversata da quello sguardo così intenso…

“chi è questa bella fanciulla che vi fa compagnia?” domanda rivolto a nessuno in particolare. È Tk a rispondere

“lei, papà, è Kari. Kari, ti presento mio padre,Hiroaki” allungo la mano e gliela stringo. Mi rivolge un sorriso di accoglienza

“ah, la mia ballerina?” chiede sempre sorridendo. Io guardo Tk, che sospira, come esasperato

“si. Kari, ti chiedo perdono, ma gli ho parlato del tuo desiderio di ballare e lui ne ha fatta una questione di vita o di morte. Ne è entusiasta!” rivolgo un sorriso di gratitudine al signor Ishida

“grazie, ma non ce n’è bisogno. Non vorrei disturbarla!” abbozzo

“dammi del tu, per favore. E non mi disturbi affatto, cara. Anzi, mi fa davvero piacere che una bella ragazza come te voglia ballare con un vecchietto come me!” so che sta scherzando, ma non posso fare a meno di dissuaderlo dal fatto che non è anziano.

“balli?” mi chiede Sora. Le rispondo affermativamente con un segno della testa, e nel suo sguardo vedo una luce di interesse nei miei confronti che non avevo mai visto in nessuno “sono curiosa di vederti, allora!”

“ma no, non sono poi così brava. Non è niente, solo una passione!” cerco di minimizzare

“questo, se permetti, lascialo decidere a me. E sappi che il fatto che è solo una passione non diminuisce la sua bellezza” la foga con cui Sora appoggia questo discorso mi mette ancora maggiormente in imbarazzo, e Tk se ne accorge

“ma come, l’altro giorno mi dicevi che quando sei in pista non ti accorgi degli sguardi che hai addosso e adesso ti vergogni a parlarne?” lo incenerisco con gli occhi mentre che il signor Ishida si congeda dal nostro tavolo

“allora ti aspetto a bordo pista!” e mi strizza l’occhio, il che mi provoca una risata isterica.

“sei al corrente che non ti mollerà più?” mi informa Tk

“si, e il che non mi dispiace affatto!” confesso

“e sei al corrente che anche suo figlio minore è bravo a ballare?” interviene Matt

“si, so anche questo, infatti non si salverà. Tu invece?” spero solo che questo mio misero tentativo di cambiare argomento funzioni

“io cosa?” cerca di svicolare

“tu balli?” chiedo, anche se sto guardando Sora, la quale decide di rispondere al suo posto, visto che non sembra intenzionato a proferire parola sull’argomento

“si. E neppure tanto male. Il problema maggiore è trascinarcelo, sulla pista!” mi confida. Noto con la coda dell’occhio che ha intrapreso un interessantissimo discorso col fratello minore e non sembra minimamente interessato a noi, ma credo che al contrario sia tutt’orecchi.

“tu invece? Hai degli hobby?” domando

“si, parecchi, e cambiano ogni settimana!” continuiamo così fino a che la sala non è vuota per più della metà, poi finalmente anche noi ci accingiamo a raggiungere la sala allestita da ballo. Lì, sul bordo interno, appoggiato al bancone del bar si trova il padre di Tk, che decidiamo di raggiungere. Osserviamo tutti rapiti, o quasi, il ballo dei novelli sposi, poi parte una musica che mi suona famigliare.

“e cominciamo subito con i balli per vecchi!” esordisce quel povero scemo del mio co-inquilino. Suo padre mi si para davanti e mi porge una mano, che prendo subito, senza esitare un solo secondo

“ehi, vecchio a chi?” gli chiede il padre prima di tirarmi verso la pista

“così almeno dopo potete andare a nanna!” lo sento urlare, ma lo ignoro completamente; ora sono totalmente presa dai miei gesti e da quelli del mio ballerino. È poco più alto di me, il che, devo dire, è un bene, così ho una presa più salda sulla sua spalla sinistra. Chiudo per un secondo gli occhi e lascio che il ritmo del valzer lento mi scorra dentro, suggerendomi cosa fare. Poi sento il corpo del signor Ishida muoversi verso di me, e io reagisco, muovendo i passi che già so. Riesce a guidarmi tranquillamente, senza scossoni ne passi strani, e io lo seguo, come se fosse il mio compagno da sempre. Proseguiamo così, girando per tutta la pista, e il resto scompare dalla mia testa. In un angolo remoto della mia testa mi rendo conto che c’è gente che ci sta guardando, e pure Tk è fra quelli, ma la cosa non mi tocca minimamente. I piedi si muovono automatici, le spalle assecondano ogni mio movimento e io mi lascio andare. è davvero bravo come mi diceva il figlio! La canzone giunge al termine, e subito di seguito un’altra. Senza neppure chiederlo, continuiamo così per altre due canzoni, senza chiederci se vogliamo riposare o altro. Semplicemente balliamo. Forse per un attimo noto che qualcuno si è avvicinato a Tk, ma la cosa non mi interessa. Alla quarta canzone la musica cambia. Solo adesso noto che qualcuno mi si è materializzato accanto: Takeru. Sta guardando il padre con fare curioso.

“mi permetti un ballo?” chiede, più a lui che a me. Suo padre si china appena in un inchino e allunga la mano destra, quella che stringe la mia, posandola su quella di Tk, già aperta ad attendere. Cambia la persona, ma la differenza è minima: gli occhi sono gli stessi, e forse le rughe appena accentuate disegnano un viso più caldo, ma anche questo è altrettanto gentile. Tango! Gioisco silenziosamente e gli rivolgo uno sguardo interrogativo

“sei sicuro?” lo stuzzico. Il sorriso che mi rivolge mi fa intendere che non aspetta altro. All’inizio lo sento insicuro, forse anche per la distanza che credo voglia tenere fra noi due. Dopo pochi passi mi blocco sul posto, e lui mi guarda, non capendo.

“senti, se vuoi ballare a modo bisogna che guidi tu. Lo sai, no?” chiedo scettica

“certo che lo so!” risponde piccato. Mi ri-avvolge il fianco con il braccio, e questa volta sento la pressione necessaria. Riprendiamo da capo, e questa volta è molto meglio. la presa è più forte, il contatto più sicuro. Credo che inizialmente avesse come paura a tenermi vicina, ma le mie parole devono averlo svegliato. “scusami, ma è molto che non ballo. Devo riprendermi!” mi sussurra, mentre facciamo l’ennesimo giro a sinistra. Sorrido, pensando già alla mia prossima mossa

“non ti preoccupare” e proprio ora prendo io il controllo della situazione e per qualche passo sono io a portarlo. Lo sento allontanarsi leggermente da me, probabilmente per guardarmi in faccia; incrociato il suo sguardo sorrido. Lo sento risvegliarsi, e finalmente si comincia davvero a ballare! Continuiamo a girare come due piroette fra una coppia e l’altra, e devo ammettere che una ragazza o due appoggiate ai muri esterni mi ha guardato con un po’ di invidia mentre eseguivo la bandiera. Sinceramente non so neppure quant’è che sono in pista, ho perso il conto, ma ora mi sento un tantino affaticata. Decidiamo di andare a prendere qualcosa da bere. Con il mio bicchiere di aranciata in mano fisso la pista e lì vedo una stupenda ragazza di fucsia vestita piroettare leggera. Sgomito Tk e gli indico, con un cenno della testa, suo fratello e la sua ragazza

“te l’ha detto Sora che è bravo, no?”

“anche tu non te la cavi per niente male!” affermo sicura

“hai fatto caso che c’erano delle ragazze che avrebbero pagato oro per essere al tuo posto?” mi chiede gentilmente. Cercando di fare la sostenuta scuoto un po’ la testa

“si, ho notato qualcosa, ma non ci ho fatto caso più del dovuto!” poi Tk mi spiazza

“ma sei poi sicura che stessero invidiando il tuo modo di ballare?” lo guardo incredula “che ne sai che non volessero essere al tuo posto per ballare con me?” ok, ora le ho sentite tutte. Per fortuna proprio ora sta arrivando il signor Ishida. Appoggio la mia aranciata sul bancone e, voltandomi a guardarlo, comunico al mio compare

“è meglio che mene vada, dopo l’ultima idiozia che hai detto!”. Così torno in pista a scatenarmi. Foxtrot e valzer li ballo tutti con il signor Ishida, poi torno dal mio compagno abbandonato, dove trovo Sora e Matt. Con mia enorme sorpresa il maggiore mi stupisce con un

“sei stanca?” alla mia risposta negativa guarda per un secondo la sua ragazza e torna fissarmi, più serio che mai “facciamo un ballo?” io, seppur sorpresa, accetto di buon grado. Matt è davvero spettacolare come ballerino, e addirittura mi fa fare dei passi nuovi che non avevo mai eseguito, ma purtroppo mi godo una sola canzone. Infatti accanto ci troviamo subito Sora e Tk, la prima radiosa come non mai, il secondo un po’… infastidito? Ognuno si riprende le proprie “partner” e mi decido a chiedergli cosa c’è che non va

“Tk? Che hai?” immaginavo mi avesse chiesto perché credevo che ci fosse qualcosa che non andava, invece mi confessa subito

“sono arrabbiato con Matt” lo allontano per guardarlo in faccia, ma il suo sguardo e sfuggente “ora che hai ballato con lui penserai che faccio schifo!” rimango a bocca aperta, incredula

“stai scherzando, vero?” e giuro che lo penso sul serio! Lui nega, e io scoppio a ridere

“scemo! Non lo penso affatto. Si, è vero, è davvero bravo” e qui sento la sua presa irrigidirsi “ma ballare con te mi piace davvero; quindi non ti preoccupare, puoi essere anche il ballerino peggiore al mondo che non mi importa!” che cosa mi ha fatto essere così sincera? Bah, saperlo! La presa sul mio fianco e sulla mano aumenta, e capisco che ne è riconoscente. Decidiamo di prenderci un momento di riposo prima di cader entrambi sfiniti. E pensare che è appena un’ora e mezza che balliamo! Dopo altri venti minuti il signor Ishida ci raggiunge

“è giunta l’ora che i vecchi vadano a letto!” infatti in pista c’è stato come un cambio: i ragazzi hanno preso il posto degli adulti, e la musica ha preso un ritmo pompato, carico di batterie e bassi.

“ne è sicuro? Potrebbe comunque divertirsi, sa?” provo a dissuaderlo. Mi sorride, amorevole

“non ne dubito, ma comincio ad essere stanco” si sporge a prendermi una mano fra le sue. Mi sento in imbarazzo, ma mi sforzo di non distogliere gli occhi dai suoi “mi ha fatto davvero piacere conoscerti, Hikari. Spero che ci rincontreremo presto!” dopo i saluti io e Tk ci uniamo a Sora, che è in pista da più tempo di noi; Matt non adora scatenarsi, quindi ci aspetta seduto. Dopo poco decidiamo di andare a casa anche noi, ormai sfibrati dalla lunga giornata. Così salutiamo tutti e ci dirigiamo verso l’auto, che piomba in un silenzio di tomba, mantenuto giusto perché siamo entrambi troppo stanchi per parlare.

“grazie per avermi invitata, ora che so come è andata la serata sono sicura che me ne sarei davvero pentita, se non fossi venuta” ringrazio Tk. Dal canto suo mi rivolge uno sguardo lieto; forse anche lui è grato di avermi convita ad andare al matrimonio. Ci auguriamo la buona notte e ci prepariamo per andare a letto; sfiniti e felici.

 

Rieccomi! Che ne dite? Innanzitutto: W IL BALLO! Tutto ciò che Hikari dice è frutto mio! Mi spiego: la penso esattamente allo stesso, identico modo. Dovete sapere che, a seguito delle lezioni di ballo da sala che seguo, ho sviluppato un amore incondizionato verso questo “sport”. Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, e vi invito a recensire in molti!!! Baci baci dalla vostra Mami!

P.S:Breve sproloquio: questo annuncio è soprattutto per chitta97 perché so che non aspettava altro, ma anche Fallin (se mai vorrà tornare tra noi! :P) credo sarà lieta di sapere che nel  prossimo capitolo si vedranno delle scintille; e chi vuole intendere, intenda. A buon intenditore poche parole!

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Capitolo 10
*** X-La promozione ***


X-La promozione

Il giorno seguente entrambi ci svegliamo completamente doloranti. La colazione è decisamente povera visto che il mio stomaco sta facendo gli straordinari per digerire il cenone di ieri, e Tk non è da meno.

“ahia” sbuffo alzandomi dalla sedia con un dolore lancinante ai muscoli delle gambe

“bhe, di certo possiamo dire che abbiamo smaltito la cena con tutto quel ballo, no?” sbuffo dolorante

“avrei preferito ingrassare!” soffio fra me e me”. mi volto curiosa, sentendolo ridere senza alcun motivo

“a me hanno insegnato che facendo altra ginnastica il dolore passa… e avrei un’idea su cosa potremmo fare insieme” al che devo ammettere che non mi piace come ha pronunciato l’ultima parola “per toglierci il dolore dai muscoli e fare altra sana attività fisica!” arrossisco visibilmente e mi sbrigo a dirigermi in camera mia, commentando che è un cretino. La settimana successiva passa tranquilla, e anzi mi scopro sorpresa dalla novità che mi viene presentata a pochi giorni dal matrimonio: mio fratello sembra davvero intenzionato a dare fiducia a Tk. Giovedì sera, tornando a casa dall’ospizio, trovo mio fratello comodamente seduto a tavola che parla amabilmente con il mio coinquilino. Inizialmente rimango basita e pietrificata sull’ingresso finche Tai non si accorge della mia presenza

“ciao Hika. Stavamo giusto parlando di te. Takeru mi ha raccontato che ora la casa è tenuta a lucido. Spero che questi servigi te li fai pagare!” cercando di riprendere possesso del mio corpo mi accingo a liberarmi della borsa e a raggiungerli in sala. Tk è intento a cucinare ai fornelli una cena leggera per tre, il che mi suggerisce che ci sarebbe stato un ospite molto inatteso.

“Tai! Come mai qui? Cosa ti ha portato?” gli chiedo parecchio curiosa mentre che Tk mi rivolge un sorriso e uno sguardo delicati per darmi il ben tornato

“oh, nulla, volevo scambiare solo due chiacchiere con Takeru prima che arrivassi tu” dice con noncuranza. Certo questa frase ha fatto partire molti campanelli d’allarme, infatti ho scoccato a mio fratello un’occhiata indagatrice degna di Sherlock Holmes; non molto tempo fa ciò voleva significare che era venuto per minacciare-mettere in guardia qualcuno, ma nel suo sguardo non leggo ne dispiacere ne preoccupazione. Mi ripromisi di chiederglielo più tardi, in sede separata. Mi scopro sorpresa e lieta di vedere che vanno d’accordo, o almeno danno tale impressione, e la serata si rivela un pieno successo sotto molti fronti. Cerco comunque di trovare tic di disagio o strani sguardi lanciati al momento giusto da parte del moro mio consanguineo, ma non mi sembra di coglierne, almeno in apparenza. Alle undici e mezzo si decide a darci la buonanotte e ad abbracciare fraternamente Tk.

“ti accompagno fuori” scatto in piedi, più che altro per far capire al biondo di non provare a intromettersi nei prossimi due minuti.

“grazie per la serata. Sono stato bene” mi sorride Tai amorevolmente

“già, ma ti ricordo che ti sei autoinvitato! A proposito di questo” aggiungo stringendomi le braccia intorno alla vita per scaldarmi dall’aria fredda che tirava fuori “mi spieghi perché sei venuto quando sapevi perfettamente che non c’ero?” lo fisso guardinga

“per parlare da solo con Take, te l’ho detto”

“non l’hai minacciato o roba del genere, vero?” domando preoccupata. La sua risata sguaiata mi irrita leggermente

“no, non mi è assolutamente venuto in mente” al mio sguardo severo decise di continuare “Sono venuto apposta per fargli capire che ho deciso di deporre l’ascia di guerra!” sbarro gli occhi stupita. Le mie orecchie hanno sentito bene, mi chiedo?

“è stato un suggerimento di Maya, vero?” la sua espressione rassegnata mi suggerisce la risposta

“lo ammetto, all’inizio è stata lei a dirmi che avrei dovuto accettare la cosa o andare contro una Kari molto infuriata, ma poi, pensandoci bene ho deciso che era giusto dargli un’altra opportunità, no?”

“anche perché non gliene hai mai data una!” puntualizzo reprimendo un brivido

“se così la vuoi mettere!” continuo a fissarlo attenta per un altro po’, finche non capisco la situazione

“ti ha minacciato che non sarebbe più venuta a letto con te se non lo avessi fatto?” chiedo avendo un lampo di genio. Tai è visibilmente in imbarazzo ed evitava accuratamente di incrociare i miei occhi, ma alla fine confessa, o almeno è la cosa più vicina a una confessione

“diceva che ero infantile. Però ora dico sul serio: è simpatico!” rabbrividendo sotto una folata di aria gelida e stufa di patire freddo decido di lasciare cadere il discorso e che avrei verificato nei giorni seguenti. Ci salutiamo e rientro, sospirando percependo il calore delle quattro mura, e mi dirigo in cucina dove Tk sta finendo di mettere in ordine la cucina

“tu per caso sai perché è venuto?” sul viso nessuna nota di ilarità o di preoccupazione

“a dire la verità no” comincia sfregando un bicchiere con l’asciughino “e ad essere sincero sono rimasti piuttosto sorpreso di vederlo comparire alla porta, ma è stato fin da subito molto cortese”

“dice di essere venuto per parlare con te…” lo incito a continuare

“è quello che mi ha detto quando ho aperto la porta e gli ho detto che non c’eri, così l’ho fatto entrare” rimango stupita

“e tu l’hai fatto entrare? Sai cosa vuole dire di solito la frase vorrei parlarti da solo?” lui ride allegro

“si, effettivamente ho pensato a un pareggio di conti, ma sapevo che non gli avevo fatto nulla” appoggia l’ultimo bicchiere sulla credenza

“ok, dopo questa allora posso andare a letto tranquilla” lo liquido. E nei giorni a seguire Tai fu molto spesso da noi, molto più quando ero assente che altro, ma la cosa mi faceva piacere, e constatate che andavano d’accordo quasi come due fratelli mi rallegrava molto. Per un po’ fummo occupati, fra lavoro (Tk sembrava ci si fosse buttato a capofitto) e la casa sempre piena: se una sera non c’era mio fratello o non passavano i miei e Yolei a salutarmi, allora cucinavamo per Cody, Davis e Joe. Una sera addirittura ci fu un’incontro che resterà negli annali della storia: Tk ebbe la geniale idea di fare rincontrare mio fratello  con il suo, così da far conoscere Maya con Sora. Tutti quanti accolsero l’opportunità con entusiasmo, così si persero fra ricordi e aneddoti vari. Anche io e Tk eravamo affiatati, sia in cucina che non; col tempo siamo diventati più intimi e ormai non mi vergogno più a definirci “coppia” di amici. Forse anche per tutti questi incontri e le varie faccende di casa che continuiamo a compiere entrambi quando abbiamo un secondo di tempo che stamattina, a colazione, Tk mi ha comunicato di voler restare tranquillo, questa sera. Io ho provato ad offrirmi per andare a fare la spesa, visto che al lavoro sarei potuta andare più tardi di lui, ma su questo fatto è stato fermissimo: sarebbe andato lui, tanto aveva una piccola commissione da fare che avrei visto questa sera. Purtroppo giusto due minuti fa una mia collega mi ha avvertito di non poter restare fino a fine turno a causa di problemi con la zia malata, così ho dovuto assicurarle che avrei coperto io la sua parte di turno, ottenendo così un lieve ritardo nel rientro a casa. Tk si è detto tranquillo, ma mi spiace comunque dover far cucinare per l’ennesima volta lui. Mi ha assicurato che tanto il cuoco in cucina sarebbe comunque stato lui, anche se fossi arrivata prima, ma il senso di colpa ora mi sta uccidendo. Finito di lavorare riprendo tranquillamente la strada di casa inspirando profondamente l’odore dolce che portano gli alberi alla fine dell’estate. Purtroppo le giornate sono sempre più corte, ma ora il giardino sul retro della casa è tinto da colori da togliere il fiato, più di quanto non lo fosse durante tutta l’estate. È già due settimane che mi porto dietro una giacchetta leggera per la sera, perché anche se di giorno fa ancora abbastanza caldo, quando scende il sole tira una più brutta aria fredda che fa rizzare il pelo. Giro l’angolo e vedo già da lontano la casa illuminata. Appena entrata mi assale alla gola un odore meraviglioso che mi invita a seguirlo in cucina. Levata la giacca e le scarpe mi affaccio e vedo Tk affaccendarsi con il fuoco

“ciao, bentornata!” mi accoglie alzando gli occhi fugacemente per tornare subito dopo a posarli su qualsiasi cosa stia facendo. Anche se sono lontana noto che sembra accaldato e ha gli occhi lucidi

“ciao! Cos’è quest’odorino? Non avevi detto che avresti fatto qualcosa di facile e leggero?” chiedo dirigendomi nella sua direzione

“se l’odore è buono non vuol dire che debba per forza essere una cosa elaborata, no?” mi pare quasi euforico…

“io veramente non ho mai detto che l’odore fosse buono…” provo a protestare, a le parole mi muoiono in gola perché solo ora noto che la tavola è apparecchiata (cosa stranissima visto che noi di solito consumiamo i nostri pasti sul bancone) e, è questo che mi ha lasciato basita, una bottiglia di champagne fa sfoggio di se, seguita da due bicchieri da vino. Evidentemente il mio silenzio deve aver anticipato le mie parole, perché ricevo subito una risposta senza aver mai proferito la domanda

“mi hanno promosso di livello: ora sono un gourmet di terza qualità!” resto imbambolata a fissarlo mentre elaboro l’informazione, poi, arrivata al cervello, urlo di gioia e gli salto al collo

“bravo! Complimenti, te lo sei meritato dopo tutto quel lavoro!” continuo ad urlare mentre vengo sollevata da terra da un più che felice Tk. Dopo molti strilli (da parte mia) e molti sorrisi compiaciuti (da parte sua) ci decidiamo a metterci a tavola. Logicamente è tutto squisito e durante tutto il pasto i discorsi vertono su come il suo capo gli ha dato la notizia alla reazione dei suoi. Io, completamente fiera di Tk, sorrido contenta per tutta la sera. Con l’assoluto divieto di potermi alzare per sparecchiare la tavola apriamo la bottiglia di spumante con un applauso entusiasta da parte mia. Tk versa un bel po’ di liquido ambrato nei bicchieri e io, senza pensarci due volte, mi butto sul mio. Improvvisamente il silenzio cala fra noi due e mi decido a guardarlo. Con mia enorme sorpresa mi sta fissando con il bicchiere ancora in mano e, non credo sia una mia impressione, è più vicino a me di quanto non lo sia mai stato

“grazie Kari” pronuncia il mio nome con una solennità che mi fa tremare

“per cosa?” sussurro io. Ho paura a parlare ad alza voce, come se il suono della mia voce possa mostrarmi imperfezioni che prima non vedevo

“per esserci, sempre!” malgrado l’imbarazzo continuo a mantenere il contatto visito; il suo sguardo magnetico mi attira inesorabilmente

“non hai nulla da ringraziarmi: mi fa piacere, e credevo lo sapessi” tentenna, fissando il mio bicchiere che mi accingo a sorseggiare. Lui non ha ancora toccato il suo

“lo so, e te ne sono infinitamente grato, però volevo sapessi quanto questo conti per me. non mi sembra di fartelo capire abbastanza” la serietà e la convinzione che leggo nel suo sguardo non mi preoccupano affatto, anzi, mi rassicurano

“non c’è bisogno di dirmelo tutti i giorni, lo capisco da me; dai gesti e da tutto quello che fai” sorride lievemente impacciato ma sempre mantenendo il contatto visivo, però voglio che mi lasci finire di parlare, perciò riprendo “e comunque sono io quella che ti deve ringraziare: mi hai accolto qui e ti comporti… in maniera perfetta. Non credevo possibile tutto questo, ma ora mi sembra così… irreale per quanto è bello!” confesso fissando lo sguardo sulla sua mano chiusa sullo stelo del suo bicchiere, ancora pieno al contrario del mio, che ormai raggiunge il fondo.

“sono felice che tu sia qui” mi sussurra avvicinandosi a me; al mio viso. I miei occhi sono incollati ai suoi, così azzurri, così seri, eppure così perfetti, dolci, giusti. Intuisco ogni suo movimento, e per quanto ne sia terrorizzata non cerco minimamente di fermarlo, perche allo stesso modo voglio che continui, lo ambisco, lo desidero.

“Tk” lo chiamo appena udibile quando ormai è a pochi centimetri dal mio viso “credo che tutto questo sia effetto dell’alcool” ho paura che sia un azzardo, e non voglio rovinare il momento con brutti pensieri, però non riesco a pensare altrimenti

“io non l’ho neppure toccato” continua a sussurrarmi. Il suo respiro leggero sulla mia pelle mi elettrizza e mi provoca un brivido. Chiudo un attimo gli occhi cercando di riacquistare un minimo di lucidità, con scarsi risultati

“io si” confesso, ma ormai le parole che mi escono non le decido più io; la mia mente è altrove, intenta ad immagazzinare ogni singolo movimento di Tk, sempre più vicino, pericolosamente vicino

“non credo che centri qualcosa” continuiamo a parlare a livello inudibile, ma la vicinanza risolve ogni problema. Ormai i suoi occhi scorrono rapidi dalle miei iridi nocciola alle mie labbra

“no, infatti, non credo” le ultime parole si disperdono nel nulla. Le sue labbra sulle mie, calde e fresche allo stesso tempo; dolci, eppure fameliche allo stesso tempo, mi rapiscono, annullandomi totalmente. La mia mano, fino a poco fa sul bicchiere, ora si trova su di lui, da qualche parte. Sinceramente non mi rendo neppure conto dove, ma in realtà chi se ne importa? La dolcezza si mischia con la voracità, la foga, il desiderio ardente. Non voglio assolutamente fermare questo momento, e neppure Tk, mi pare. Così morbide a contatto sulle mie, le sue labbra mi strappano dalla realtà. Sento la sua mano dietro al mio collo, ad avvicinarmi maggiormente. La foga aumenta e il respiro comincia a farsi irregolare. Quel bacio, così a lungo bramato diventa l’unica cosa che ora conta veramente, l’unica cosa giusta. Si allontana da me, lentamente e con calma, come per tornare ad abituarsi pian piano al non contatto con me. ora finalmente comincio a riprendere possesso del mio corpo e mi rendo conto che le mie mani sono sul suo petto, che si alza e si abbassa un po’ più velocemente del normale. Le nostre labbra si separano paino e sento che anche lui affanna, ha il respiro corto. Riaprendo gli occhi mi trovo davanti il suo sguardo ardente. Sembra voglia cogliere ogni mia reazione, che non tarda ad arrivare con un rossore diffuso su tutto il viso e un calore anomalo alle orecchie. Un sorriso dolce si apre sul suo volto e  mi rendo conto di volerglielo restituire; anch’io, come lui, sono euforica. Voglio ridere, gridare, urlare e saltare, ma la sua stretta sulla mia mano mi tiene ancorata su questa sedia.

“è stata colpa dell’alcool?” mi domanda sempre sorridendo

“no!” affermo sicura. La sua risata cristallina mi rida un po’ di lucidità.

“ne ero sicuro” un po’ della sua sfacciataggine riemerge e io rimango indignata

“perché?” malgrado il sorriso ironico lo sguardo che mi rivolge è carico di sentimento

“perché non mi piace ingannare ragazze ubriache”

“per quel poco che ho bevuto non potrei mai essere ubriaca” rispondo piccata

“appunto!” alza il suo bicchiere e io lo imito, facendoli tintinnare assieme

“alla tua promozione” sorrido euforica

“a noi” mi corregge con un sorriso sghembo prima di avvicinarsi  a me e baciarmi un’altra volta a fior di labbra. Beve un sorso di champagne a occhi chiusi e posa il calice sul tavolo, sempre senza aprirli. “ha un sapore diverso dopo averti baciata, sai?” mi chiede aprendo improvvisamente quelle pozze azzurre e fissandole su di me con una serietà incredibile. Io mi sento bloccata, non sapendo come rispondere. La sua mano, ancora intrecciata con la mia, sale ad accarezzarmi una guancia con un dito. Percorre la tempia, scende fino al mento e lungo il collo. Io resto immobile, e seria, e fissarlo. Continuo a seguire ogni suo movimento anche quando, posato il bicchiere, si alza dalla sedia accanto a me. io resto lì, a guardarlo dal basso all’alto, senza sapere cosa fare. Solo quando mi tira per la mano che è incollata alla sua capisco che vuole che mi alzi anch’io. Solo quando mi trovo alla sua altezza (per modo di dire vista la differenza di dieci centimetri buoni fra me e lui) si decide a stringermi a se con un braccio intorno alla mia vita, appoggiandomi così a lui “che c’è. Mi sembri preoccupata” torna a sussurrarmi tenero. Forse ha notato che sono rimasta pietrificata…

“no, non sono preoccupata, solo…” un suo cenno del capo mi incita a continuare, ma io non so cosa dire “mi sembra strano!” mi guarda interrogativo e io mi preoccupo che possa male interpretare le mie parole “tutto questo; io e te, il bacio… non lo so. C’è, non che mi dispiaccia” mi affretto a precisare quando noto il suo sopracciglio alzarsi “anzi,” aggiungo arrossendo “mi piace, però…” non riuscendo più a sostenere il suo sguardo lo abbasso, ma la sua mano, perennemente accompagnata dalla mia che si trova da un po’ nella sua, mi costringe a tornare a guardarlo, alzandomi il mento con un dito

“non voglio prenderti in giro. No Kari, lasciami parlare” mi ammonisce quando provo ad aprire bocca “non voglio darti l’impressione sbagliata e voglio essere sicuro che tu sappia che è stata la cosa più naturale che potessi fare, e non ne sono affatto pentito. Però voglio che tu sia sincera con me: ho agito troppo in fretta? Non era quello che volevi? Perché se ti vergogni a dirmelo…” e lasciando la frase a metà capisco che non vuole neppure pensare all’evenienza della cosa. Io, solitamente brava con le parole e i discorsi importanti, mi ritrovo senza nulla da dire, così faccio l’unica cosa che mi viene in mente: mi alzo sulle punte e torno ad unire le nostre labbra, per la terza volta in meno di un ora, e cerco di fargli capire che le sue paure non sono fondate. Stavolta sono io a decidere di allontanarmi, perché non ho finito

“non dirlo mai, hai capito?Mai!” il sorriso che si apre sul suo volto mi scalda da dentro. La stretta del suo braccio sulla mia vita si allenta e con l’altro mi dirige verso le scale. Saliti in cima e arrivati alla mia porta torna ad abbassare lo sguardo su di me, più dolce e carico che mai.

“bhe, buonanotte!” mi sorride. Io, poco intenzionata a lasciarlo andare ora che ce l’ho tutto per me, lo spingo contro la sua porta e torno a baciarlo, con più foga e violenza di prima. Le sue mani corrono ai miei fianchi e si muovono, su e giù, su e giù. Sento le sue dita inavvertitamente sulla mia pelle e un brivido strano, come non ho mai sentito prima, mi percorre tutta la spina dorsale fino alle sue dita. Delle scosse di elettricità mi percorrono completamente, come se fosse lui a rilasciarle attraverso di me. il mio corpo cerca il suo, e solo quando lo sento camminare all’indietro mi rendo conto che ha aperto la porta con quella mano che prima era su di me, ed è sempre lì che torna, ma ora è più decisa. Non sono mai stata una persona impulsiva, men che meno così diretta, però ora mi sento bene facendo quel che sto facendo. Le labbra di Tk si scostano dalle mie e mi percorrono il collo, io respiro a fatica ma le mani si muovono, quasi esperte. Scendono a sfiorargli la pelle e risalgono, assieme alla maglietta che ora gli ho sfilato. Rimango estasiata dal fisico che mi si presenta davanti, scolpito e guizzante, ma ho poco tempo di immagazzinare l’informazione, perché la sua bocca torna a cercare la mia, che gli offro volentieri. Non sento imbarazzo, neppure quando si china a sfilarmi i pantaloni. La notte è lunga davanti a noi, e non sembriamo affatto scontenti del tempo che ci si presenta davanti

 

Ehi ehi ehi! Allora, che mi dite? Ho scritto questo capitolo in una sera sola, il che è un record per me, ve l’assicuro. Allora, vi è piaciuto? Perché se vi piace come è stato per me scriverlo allora siamo al culmine!!! Dai, forza, voglio tantissimi commenti!!! Inizialmente non credevo di metterci una scena simile, ma poi col tempo si è formata nella mia testa, ed eccola qui! Bhe, che dire: forza Kari, forza Tk. Per la cronaca Maya, come già avrete capito, è la fidanzata di Tai. Un casino di tempo fa, non so precisamente dove, avevo letto il nome della fidanzata-futura moglie di Tai nel cartone. Quasi sicuramente è un’invenzione di chissà chi, ma l’idea mi è piaciuta parecchio. Come potete vedere io non seguo il cartone (infatti Kari e Tk rimangono solo buoni amici e non si sposano secondo la Toei) ma la cosa mi ha preso parecchio. Insomma, quel povero ragazzo dovrà pur fidanzarsi con qualcuno, no?comunque, credo che ‘sta  tizia si chiamasse Maya, e Maya (per me) è rimasta. Vi lascio digerire a modo il capitolo e vi auguro una buonanotte (malgrado mentre state leggendo probabilmente è giorno, ma è lo stesso!) Baci baci

Mami

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Capitolo 11
*** XI-La festa dei chiarimenti ***


La festa dei chiarimenti

La luce filtrata attraverso le palpebre chiuse mi sveglia, e ancora mezza addormentata apro gli occhi. Inizialmente una fitta di dolore mi attraversa la testa, non appena una lama di luce mi abbaglia, ma poi passa velocemente; come è venuto. Non sono nella mia stanza, di questo sono certa: le pareti non sono di questo colore. Solo adesso mi accorgo del calore che mi avvolge: giro la testa di lato e lì steso di fianco, con una mano a reggersi la testa c’è Tk che mi fissa con un sorriso beato sul viso.

“buongiorno! Finalmente ti sei svegliata!” sorrido di rimando anch’io e mi stiracchio. Il calore che sentivo è il suo braccio attorno alla mia vita

“buongiorno. Quant’è che sei sveglio?” chiedo

“da abbastanza tempo” risponde criptico. In testa mi vorticano ancora le immagini della notte passata insieme. Non so fino a che ora siamo andati avanti, ricordo solo che non ci bastava mai. Il suo corpo, così scolpito e perfetto, mi ha ipnotizzata e non riuscivo ad abituar mici mai, la sua dolcezza, nei baci, nella carezze, nei movimenti, l’imbarazzo iniziale non appena mi sono accorta di essere stata messa a nudo, ma sorpassata subito dopo… la sua mano scende ad accarezzarmi la schiena e ritorno al presente, guardandolo “a che pensi?” mi domanda

“a stanotte” confesso d’impulso. Il sorriso che gli si apre sul volto è tenero

“già, anch’io ci pensavo. Ti sembrerà banale detta così, però è stata la notte più bella che io abbia mai trascorso negli ultimi anni” mentre parla fa scorrere il suo sguardo sul mio corpo, avvolto dalle coperte che ricadono leggere sui fianchi. Il primo pensiero è quello di coprirmi maggiormente, ma poi, dandomi mentalmente della stupida, capisco che è inutile: non ci siamo amati tutta la notte? A cosa servirebbe?

“bhe, ti sembrerà banale detta così, ma è stato lo stesso anche per me” scoppio a ridere alla vista della sua espressione quando si accorge che l’ho copiato come un pappagallo. Si avvicina a me e mi sfiora leggermente le labbra

“oggi c’è una sorpresa per te” mi sussurra prima di baciarmi delicatamente. Io rimango immobile rimuginando su quanto mi ha appena detto. Non appena cerco di ricambiare il bacio lui si allontana con uno sguardo troppo furbesco negli occhi, poi si alza dal letto per cercare i vestiti. Mi stendo sulla chiena osservando ogni suo minimo movimento e restando nuovamente incantata alla vista di ciò che ha nascosto fino ad adesso sotto i vestiti. Non appena si è infilato un golf che esalta i suoi pettorali in maniera assurda mi decido a dare voce alle mie domande

“e quale sarebbe questa sorpresa?” chiedo, ma in risposta ricevo solo un sorriso e la porta di camera richiusa dietro le sue spalle. Mi accingo anch’io ad alzarmi per andare in cucina, dove trovo una colazione con i fiocchi già pronta che mi aspetta. Consumo il mio pasto mantenendo gli occhi fissi su Tk. Non appena appoggio il cucchiaio nella tazza lo vedo scattare, portandomi via tutto quanto da sotto il naso

“fila di sopra a prepararti che usciamo!” mi inatima, ma non posso ribattere en mostrare il mio stupore perché si è già girato per lavare le stoviglie. In silenzio e con più dubbi che mai mi dirigo nella mia camera, cerco distrattamente dei vestiti puliti nell’armadio e riesco, lasciando il letto deluso dal poco utilizzo a cui l’ho destinato. Finalmente, scesa, mi decido a chiedere spiegazioni

“mi spieghi dove dobbiamo andare?” ma il suo sorriso sornione mi fa intuire che non caverò un ragno dal buco

“sappi solo che stasera ci sarà una festa” strabuzzo gli occhi rallentando l’andatura.

“un’altra?” il ricordo della fatica che ho fatto al matrimonio di sua cugina è ancora troppo fresco per poterlo dimenticare. Tk si accorge della mia reazione e aspetta che lo raggiunga, prima di prendermi per mano per intimarmi a  camminare

“tranquilla, non sarà cos’ faticosa!” tenta di tranquillizzarmi, con scarsi risultati. Saliamo in macchina e lui prova a mettermi a mio agio facendomi chiacchierare, ma continuo a sentirmi stranamente a disagio. Improvvisamente il ricordo della notte appena trascorsa mi assale all’improvviso, e mi rendo conto che è passata sotto silenzio. Ora come dovrò comportarmi? È vero che si è pur sempre dimostrato affettuoso, ma se non volesse mostrarsi così con me in pubblico? Il mio silenzio attira la sua attenzione e mi chiede preoccupato

“a che pensi?”. Lo guardo un po’ allarmata e le parole mi escono di bocca senza pensarci

“cosa siamo ora io e te?” e adesso posso maledirmi per la mia linguaccia! Scoppia a ridere tornando a concentrare la sua attenzione sulla starda

“non so come mai, ma avevo il dubbio che ti stessi facendo questo domanda, sai?” ma la mia espressione seria lo costringe a rispondermi: “tu vuoi sapere cosa siamo ora? Mh…” finge di pensare. Come se fosse una domanda difficile! Io resto sulle spine fino a che “come vuoi tu” e adesso resto davvero spiazzata!

“come sarebbe a dire come vuoi tu?” No, aspetta, fammi capire, lasci a me tutto il peso di questa decisione? Stai facendo per caso scarica badile?

“Tu vuoi sapere se ora siamo fidanzati o meno?” continua a fingere di non capire

“bhe, si, più o meno. Vorrei solo avere una situazione un po’ più chiara, ecco” provo a spiegarmi

“ok, allora fai come vuoi” alla mia occhiata indignata si affretta ad aggiungere “se ti va di chiamarmi amorino o quegli stupidi nomignoli da innamorati fai pure, tanto per me è uguale!” non credo alle mie orecchie. Per lo stupore resto anche a bocca aperta, e mi affretto a chiuderla non appena me ne accorgo. Dal profondo sento salire una rabbia che cerco di non far trasbordare tutta su Tk

“ok, quindi a te che stiamo insieme o meno non ti importa, giusto?” cerco di controllare il tono di voce, ma non mi riesce troppo bene

“infatti” glissa noncurante. Ok, ora esplodo. Torno a guardare la strada, tanto per cercare di calmarmi, e pesante come un macigno mi arriva la consapevolezza che è stata “solo una notte di sesso”, come la definirebbe probabilmente Tk. Certo, non c’è nulla dietro; cosa pensavo di fare? Illusa. Una lacrima sfuggente mi cade sulla guancia. Stringo i denti e cerco di trattenere le altre che minaccaino di seguire la compagna ribelle. Cerco di non asciugarmela: attirerei l’attenzione e Tk capirebbe subito. Ci mancherebbe altro che pensi che ora piango per lui! No, non sono lacrime di dolore, queste, bensì di frustrazione, di rabbia, verso di lui e verso di me che sono così ingenua. Probabilmente quella goccia di sale solitaria ha attirato al sua attenzione perché allunga la mano ad accarezzarmi il viso. Capendo la sua intenzione allontano bruscamente la testa, voltandomi verso il finestrino; così facendo scaccio quella spia traditrice dal mio viso, ma non riuscendo a trattenere le sue gemelle mi ritrovo con due solchi di acqua salata sul viso.

“stai piangendo?” la sua spavalderia ora è scomparsa, lasciando il posto allo stupore. Logico, non si aspettava tale reazione da me, forse pensava che anche io sono fredda e calcolatrice come lui. Accosta la macchina lungo il marciapiede, la spegne e si volta verso di me. Io, Incazzata, deciso di non guardarlo. Solo quando mi costringe a voltarmi verso di lui incrocio i suoi occhi, e non hanno nulla dell’espressione che credevo avessero: preoccupazione e intensità, ecco cosa leggo in lui. “Kari, non so cosa tu abbia capito, ma credo che sia il caso di ricominciare da capo” il suo tono tenderebbe a tranquillizzarmi, ma in un impeto di ribellione decido di non voler più cadere nei suoi tranelli

“cosa c’è da spiegare: io e te abbiamo fatto sesso, tutto qui, non c’è nulla da spiegare. Solo una notte di sesso” la mia voce si incrina, ma mi ostino a mantenere il contatto. Ora perché sembra amareggiato? Abbassa lo sguardo e prova a prendermi le mani, che allontano prontamente. No, non ci riuscirai ad abbindolarmi come una fessa!

“Kari” continua a ripetere il mio nome. Perché continua ripetere il mio nome? Mi rende pazza. “Io ho detto che non mi importa se stiamo insieme o meno, ma non perché la il fatto di essere tuo fidanzato non mi cambi nulla, e nemmeno perché non mi interessa di te. L’ho detto perché per me quella è solo una stupida parola. Potremmo definirmi amici, fidanzati, sposati, conoscenti o persino parenti, quello che conta per me è che non cambi nulla fra noi” improvvisa, la consapevolezza delle sue parole mi colpisce in pieno. Capisco cosa intendeva, e stranamente concordo con lui. “a patto che tu continui ad essere quella di sempre, possiamo essere quello che vuoi!” mi appoggio al sedile, lasciandomi andare. sono davvero così sciocca? Anche Tk sento che si è rilassato, accanto a me, ma continua a tenermi d’occhio.

“io.. io credevo che…” provo a giustificarmi

“credevi che il mio era solo un desiderio fisico!” conclude per me la frase. Quando gli rivolgo uno sguardo addolorato mi sorride, compiacente

“scusa” abbozzo. Ora rimango ferma, lasciandomi asciugare il viso dalle sue mani

“tranquilla, non ci eravamo capiti” scendiamo dalla macchina e Tk fa il giro per raggiungermi “Solo una notte di sesso?” mi chiede sorridendo, guardandomi dall’alto in basso. Gli tiro una gomitata sul fianco, abbassando la testa

“e dai, ero sotto choc!” mi difendo mentre mi porta il braccio sulle spalle e mi avvicina a se.

 

Continuo a fissarmi incredula. L’immagine che rimanda lo specchio non è reale. Anche nel riflesso il mio viso riflette la mia incredulità, ma il resto è finzione: non è reale il vestito che mi avvolge completamente, non esiste il ragazzo stupendo che intravedo dietro di me, è frutto della mia immaginazione tutta questa scena. Non ci posso credere, e per svegliarmi mi volto verso Tk, che da parte sua mi rivolge un sorriso incoraggiante

“che c’è, non ti piace?” chiede con una nota di preoccupazione

“scherzi? È che non mi sembra vero” si avvicina di qualche passo a me e mi osserva il mio riflesso da sopra la spalla

“sei bellissima” sussurra. Non posso fare a meno di concordare con lui, ma la bellezza non è mia, ma tutta opera del vestito. Mi avvolge completamente come se fosse stato cucito su di me, blu profondo, con un taglio che è secondo solo ai vestiti da passerella, uno spacco vertiginoso sulla coscia sinistra e le spalle avvolte da un foulard dello stesso colore. Mi sento una diva sul tappeto rosso, ma so che l’incantesimo si spezzerà presto, come è successo per Cenerentola.

“non posso accettare, lo sai!” lo riporto al presente. Appena entrati nella boutique non capivo cosa ci eravamo entrati a fare: già dall’esterno era chiaro che i clienti abituali erano persone importanti che hanno bisogno di presentarsi in un certo modo; e noi non eravamo proprio fra quelli. Non appena Tk ha annunciato il suo cognome il commesso si è diretto senza indugi nel retrobottega, tornando con una scatola finemente elaborata: evidentemente sbagliavo sul fatto che lui non era un cliente di questo negozio. Credevo che da quella scatola sarebbe uscito un abito da cerimonia per lui, invece con mia grande, anzi enorme, sorpresa ecco che davanti agli occhi mi ritrovo questo abito eccezionale. Al mio sguardo misto fra stupore e incredulità Tk mi spiazza con un

“è un regalo per te. Stasera sono stato invitato ad una festa e tu verrai con me”. al mio pronto rifiuto è seguito l’intimazione a provarlo da parte del commesso che, con mia incredulità, è scoppiato a ridere assieme a Tk quando ho bofonchiato un

“non ci entrerò neppure lì dentro”, e così adesso sono qui a non credere ai miei occhi.

“e perché non potresti semplicemente accettare un mio regalo? È più semplice di quel che sembra!”

“perché non potrei ripagartelo!” sbuffa divertito

“ma se è un regalo non devi ripagarmi nulla” si avvicina ancora di più a me,guardandomi dal riflesso sullo specchio “lo faccio con piacere”. Detto questo mi strappa un bacio, lento, al quale non riesco assolutamente a dire di no. “e con questo la discussione è chiusa. Rivestiti che devo ancora fare una commissione” mi sprona dopo che ci siamo separati. Lo seguo, e lo consiglio, in un negozio di smoking dove si prepara ad imbellettarsi per la serata, poi, davanti ad un bar, si ferma di botto. Io lo guardo interrogativa e vedo spuntare il suo sorriso sghembo. “se ti chiedessi di aspettarmi qui tu lo faresti?” ci penso su un attimo e annuisco. “perfetto allora prenditi un caffè in santa pace, io sarò di ritorno fra pochissimo” così dicendo lo vedo scomparire dietro l’angolo. Sospirando esasperata ma anche felice entro ad ordinarmi qualcosa da bere e torno fuori per sedermi ad un tavolino. Con tutta la calma possibile apro la bustina dello zucchero e la verso nella tazzina. All’improvviso sento una presenza acacnto a me che mi fa alzare lo sguardo: un ragazzo allampanato si trova accanto a me e mi guarda.

“hai bisogno?” domando gentilmente. Lui si sposta di lato per guardarmi in viso

“si. Potrei sedermi. Vorrei scambiare due parole con te” la sua voce profonda mi scuote e, con un cenno della mano lo invito ad accomodarsi. Non appena si è seduto, però, distoglie lo sguardo da me e si fissa le mani. È un ragazzo arino ma con tratti troppo severi, come quelli di un professore. I capelli rossi gli ricadono sulla fronte in ricci perfetti che gli conferiscono un’aria simpatica, subito smentita dalle forme spigolose del mento e del naso. Sembra parecchio magro, ma non malaticcio. Non riesco a giudicarlo da un primo sguardo.

“innanzitutto; ci conosciamo?” decido di cominciare la conversazione. Questo suo comportamento mi incuriosisce e mi spaventa leggermente

“no” è la sua lapidaria risposta. Resto basita dalla brutalità con cui mi ha risposto, come se volesse eliminare il semplice pensiero che ci siamo già visti

“va bene, allora tu chi sei?” provo a indagare leggermente irritata da questo suo comportamento

“Shibuto Tataky” risponde fissandomi, come a controllare la reazione che mi provoca il suo nome. L’ho già sentito questo nome, ma dove? Sono sicura che sia legato a Tk…

“piacere, Hikari Yagami” mi presento, ma un suo cenno della testa mi suggerisce che non gli importa

“non so se Tk ti ha parlato di me” esordisce, e al mio sguardo curioso continua “Sono un suo amico del liceo” e così dicendo ecco il colpo di genio che stavo aspettando. Ora ricordo della giornata che abbiamo passato in mezzo al verde in cui mi ha confessato il suo tradimento all’amico Shibuto per causa di una ragazza. Lui ha parlato al plurale, ma non sapevo che fossero tornati amici. Comunque annuisco ad indicargli che ho capito.

“quindi sei venuto qui per…” li incito. Ormai mi sono stancata di giocare a questo gioco.

“sarò sincero: vi ho visti insieme in un negozio e senza volerlo vi ho seguiti” Senza volerlo? Come si fa a pedinare una persona senza accorgersene? Voglio vederci chiaro in fondo a questa storia.

“per quale motivo?” non mi piace questo ragazzo. Sarà per il suo mod di fare estremamente brusco e poco educato, però non mi ispira fiducia.

“da quanto lo conosci? Tk, intendo” precisa.

“da poco più di un mese, perché?” proprio non lo capisco

“e credi di conoscerlo?” continua il suo interrogatorio

“senti, mi dici cosa vuoi?” sbotto spazientita. Non mi va più di stare alle sue regole, ora o mi dice cosa vuole o mi metto ad urlare

“nulla. Non lo faccio per te, sarò sincero, ma voglio darti un consiglio: stasera tieni gli occhi e le orecchie ben aperti” la confusione che mi sta mettendo in testa è enorme, e io sono esausta e irritata

“per quale motivo dovrei starti a sentire? In fondo non ti ho mai visto e a quanto ne so non sei in buoni rapporti con Tk. Chi me lo dice che ti stai inventando tutto per ferirlo?” non riesco più a trattenermi, e alle mie parole resta sbalordito: evidentemente non si aspettava che conoscesse la loro storia

“hai ragione, non ho più avuto contatti con lui da parecchio tempo, ma credimi se ti dico che non è il bravo ragazzo che sembra. Sappi solo che sta nascondendo un’informazione che potrebbe farti pensare un po’. Chiediglielo se vuoi, ma non ti assicuro che abbia il coraggio di parlartene. In fondo non è cambiato, è sempre il solito bimbo irresponsabile di anni addietro” borbotta più a se che a me. io non ci vedo più dalla rabbia: come osa parlare così di lui quando nemmeno può difendersi?

“tu non sai proprio nulla. Quanto è che non ci parli? Non puoi saperlo se è cambiato, e credo che tu sia l’ultimo che possa dirlo. Non so neppure perché resto qui ad ascoltarti. Dimmelo tu allora che cosa mi starebbe tenendo nascosto di così terribile” lo incito a parlare. Il sorriso beffardo che gli si disegna sul viso mi invita a prenderlo a schiaffi, ma mi trattengo, in nome nelle buone maniere che evidentemente lui non conosce

“Che Dio non voglia!” esclama alzando le mani come ad arrendersi “non vorrei passare io a fare la parte del traditore: se mai vorrà dirtelo ti spiegherà tutto lui” Shibuto si alza in piedi pronto ad andarsene “sappi solo che per te provo tanta pena: sei l’ennesima vittima del suo enorme ego. Fai come preferisci, ma fossi in te seguirei il mio consiglio” detto questo si allontana con fare incedente e svolta l’angolo. Dal mio canto resto in piedi a fissare il punto dove poco fa ho visto sparire Shibuto, a bocca aperta.

“eccomi qui! Scusa se ci ho messo molto, ma c’era fila in negozio… Kari, stai bene?” mi riscuote Tk alle mie spalle. Cerco di riprendermi e di assumere un’espressione più rilassata mentre lo guardo

“si si, tutto bene. Ho solo visto passare una persona che credevo di conoscere. Allora, dove sei andato?” tento di scacciare i cattivi pensieri, ma quelli ritornano prepotenti a farsi largo fra gli altri pensieri. Solo incrociando il suo sguardo riesco a tranquillizzarmi un po’. Vedo allungarmi una scatola bianca con sopra uno strano simbolo. Tk me la passa e mi invita ad aprirla. Al suo interno trovo una collana con pietre blu marino collegate fra loro con elaborati giochi di fili. L’ultima pietra, quella più in basso che va a formare la punta dalla collana, ha una pietra d’argento incastonata nel mezzo. Io rsto a bocca spalancata e lo sguardo scettica

“ho pensato che sarebbe stata benissimo assieme al tuo vestito” mi spiazza. Questa volta non provo neppure a protestare, gli butto le braccia al collo euforica, dimentica di quel che era sucecsso poco fa a questo tavolino del bar. Nel tragitto verso la macchina non faccio latro che ringraziarlo e promettergli che mi sarei sdebitata, ma ogni volta ricevo la solita risposta: “non voglio nulla in cambio. L’ho fatto con piacere”. Provo in vari modi a convincerlo che è troppo, ma secondo lui “ha ricevuto un aumento con il quale ogni tanto può permettersi certi eccessi”. Arrivati alla macchina, esausto, mi blocca prima che possa salire. “adesso basta. Te l’ho già detto un miliardo di volte: non voglio che tu ti preoccupi di questi regali. Ricordati che ciò che rende bella te è anche un punto a mio favore” dice prima di montare sull’auto facendomi l’occhiolino. Lo seguo a ruota, e non appena chiudo la portiera continua “se proprio ci tieni io so come potresti sdebitarti” allude con un sorriso enigmatico sul volto. Io mi avvicino e gli afferro il collo

“se vuoi posso darti un anticipo subito” l’unica cosa che vedo poco prima di chiudere gli occhi è la sua espressione: euforica, direi. Quando mi allontano da lui, volontariamente troppo presto anche per me, lo incito ad andare a casa, dove avremmo dovuto preparare un mucchio di cose in preparazione alla serata, ma entrambi sappiamo che impiegheremo il tempo in altro modo.

 

Non riesco ancora a credere a quello che vedo: l’abito mi sta meravigliosamente e la collana sembra fatta apposta per stare sul mio collo. Questa cosa non va bene: se continua così Tk mi vizierà troppo. I capelli sono raccolti dietro la nuca a trattenere i boccoli che ricadono dolcemente dietro. Decido che è il momento di mostrarmi, così esco dalla mia camera. Tk è lì che mi aspetta, e appena mi vede sgrana gli occhi.

“chiudi la bocca; stai sbavando?” lo canzono divertita. Lui mi prende sotto braccio, e sempre senza togliermi gli occhi di dosso, mi scorta fino alla macchina. Solo adesso che vedo tutta l’altra gente mi rendo conto che sono stra agitata. Comincio a sentire le gambe deboli e le mani che hanno un leggero tremito che non riesco a controllare. Resto muta durante tutta la manovra di parcheggio, e solo quando la macchina è spenta Tk si decide a guardare che cosa ho. Allunga una mano a prendere e mie e solo ora decido che è meglio distogliere lo sguardo da tutte le persone che stanno entrando

“sei agitata?” mi chiede dolcemente

“no” fingo, ma non ci casca

“sei bellissima e non hai nulla da invidiare alle altre donne che saranno là dentro” indica con un cenno della testa l’edificio illuminato

“attiro troppe attenzioni, così vestita” confesso i pensieri che mi vorticano in testa da qualche minuto

“certo, ma perché sei stupenda. Abituatici, perché ho intenzione di farti sentire così ancora parecchie volte” mi sorride incoraggiante e decidiamo di scendere. Appena entriamo veniamo assaliti da un chiacchiericcio sommesso e luci abbaglianti che si riflettono sui candelabri appesi ai soffitti e sugli specchi. Ovunque appoggio lo sguardo vedo persone eleganti con bicchieri in mano che parlano con altrettante persone perfette. Aspetto che il signore vestito da pinguino con lo sguardo fiero prenda il mio copri spalle e la giacca di Tk, poi entriamo. Una musica leggera si diffonde ovunque, e a me sembra davvero di essere entrata in quei film degli anni venti tipo “The Great Gatsby”. Un altro signore vestito simil-pinguino come il cameriere all’entrata ci raggiunge e stringe allegro la mano di Tk

“salve signor Takaishi. Sono lieto di vedere che è arrivato. E chi è la stupenda faciulla al suo finco?” chiede notando la mia presenza

“lei, signor Mawasi, è la signorina Yagami. Si è gentilmente offerta di accompagnarmi e io sono stato ben lieto di cogliere l’occasione per presentarvela, certo che avreste apprezzato la sua presenza.”

“ohhh, ma certo” esordisce con un sorriso e una risata euforica e nasale “ma certo. Lieto di conoscerla” allunga la mano per potergliela stringere.

“il piacere è tutto mio” glisso sul nome del signore, anche perché già non ricordo più quale è.

“bene, allora vi lascio girare un po’ per il salone. Mi auguro che passiate a trovarmi fra non molto, così potremmo scambiare quattro chiacchiere con più calma” e dopo aver strappato a Tk una promessa di futuro incontro, eccolo dedicare tutte le sue attenzioni ad una vecchia coppia appena entrata dopo di noi “oh, signori Gashui, come state?” così da poterci fare allontanare da lì. Io rivolgo prontamente uno sguardo ironico a Tk

“non sapevo fossi capace di utilizzare un linguaggio così colto” lo canzono, ma non fa in tempo a rispondermi che un omino grassoccio con due enormi baffoni e i capelli brizzolati lo chiama a se. Dopo le ennesime presentazioni seguo poco la loro conversazione, più interessata al luogo e ai personaggi circostanti: probabilmente in questa festa sono stati raggruppati i più importanti uomini della città, accompagnati dalle mogli tutte infiocchettate e da qualche individuo che non riesco proprio a capire cosa ci faccia qui. Una signora sui cinquanta coperta da capo a piedi da lustrini, con un poco naturale color rosa cipria su tutto il viso e una cofana marrone sulla testa chiacchiera, o meglio spettegola con una signorotta poco più alta di lei, molto piena, soprattutto sulla pancia, e un piattino stracolmo di dolcetti nella mano destra. Non mancano bei giovanotti e stupende ragazze che volteggiano nella sala da una persona importante ad un'altra ancor più importante. Finalmente Tk si decide a salutare i suoi interlocutori e mi prende sotto braccio conducendomi sicuro non so bene dove.

“mi è stato appena comunicato che tuo fratello e i miei amici si trovano non molto lontani da qui” io lo guardo stupita

“mio fratello?” chiedo esterrefatta

“si, l’ho invitato io. Si poteva invitare qualcuno, se si voleva. Ecco spiegato perché c’era qualche d’uno che sembrava essere capitato lì per caso. Quando finalmente riesco ad individuate Tai mi sento sollevata: almeno c’è qualcun altro oltre Tk che posso dire di conoscere.

“toh, veh chi c’è!” esordisce Davis. Quando tutti si voltano a guardare i nuovi arrivati non posso fare a meno di notare che mi fissano; tutti. Non appena mi accosto a mio fratello mi rivolge un sorriso di compiacimento.

“urca come sei bella Kari!” si complimenta Cody. Io, arrossendo, lo ringrazio

“è merito di Tk tutto questo” ma la sua risata mi smentisce

“forse dovresti ringraziare anche tua madre, sai?” la risata di Tai mi lascia basita: non sono ancora riuscita ad abituarmi totalmente all’affinità che c’è fra lui e il mio ragazzo. Peccato però che dopo qualche minuto Tk viene portato via da una coppia di signori che richiedono la sua presenza

“ho un fidanzato ricercato” esordisco prima che anche quei fenomeni dei suoi amici si dirigano verso non so bene chi. Guardo Tai sorridente “non credevo che ti avrei trovato qui, sai?”

“ho accettato solo perché c’erano anche Davis, Cody e Joe.” Precisa. Ci avviciniamo ad una coppia di signore che hanno afferrato Tai per una manica

“Ma io ti ho già visto. Chi sei?” gli domanda quella con quello che potrebbe essere un ermellino morto sulle spalle

“non saprei. Frequento sempre lo stadio, quindi…” ma non fa in tempo a finire che la signora con la coroncina in testa esclama

“calcio! Certo, ti avremmo sicuramente visto lì. Fra tutta quella gente sudata e urlante…” l’espressione di Tai non è delle più rassicuranti: mai offendere il SUO calcio.

“ma lei chi è?” domanda la prima “la tu ragazza?” la risata di Tai sembra averle offese, tutte quante

“no, è mia sorella” vedo lo sguardo della terza, la signora di prima con la cofana in testa, illuminarsi

“ma si, certo, sei la ragazza di Takaishi, non è vero?” il mio balbettare incerto conferma la sua ipotesi “certo, certo. Quel ragazzo è un portento. Mio marito, devi sapere che mio marito è il capo, ha personalmente voluto la sua promozione”

“certo, ma è anche un bellissimo ragazzo. Non è nemmeno lontanamente paragonabile con il figlio della signora Fashida” con queste parole gli occhi di tutte e tre vanno a posarsi, con tutta la cattiveria possibile,  sulla signora grassa che avevo visto parlare con la moglie del capo. Solo adesso capisco la falsità di queste donne.

“eh si, siete proprio carini insieme” ormai stanca di questa situazione provo a fuggire dalle loro grinfie

“già. Ehm, vorrete scusarmi ma ho appena visto una persona” afferro Tai per un lembo della giacca e lo trascino via da quelle tre streghe. “non ce la facevo più” esordisco. Mio fratello scoppia a ridere, poi mi indica un punto poco più in là

“la c’è Take. Perche non lo raggiungi?” mi invio nella direzione che mi è stata indicata, ma prima mi giro a vedere dove sta andando Tai: un ragazzo della sua età lo saluta calorosamente, come se fosse stato la sua salvezza in quel luogo di matti. Ora che la distanza è minore riesco a notare che con Tk ci sono i suoi amici, e tentenno un attimo: non vorrei disturbarli. Sembrano divertirsi, o almeno gli altri tre. Ridono beffardi, ma Tk sembra alquanto serio e quasi irrigidito. Improvvisa arriva a tradimento una strana sensazione: ansia. La maledetta è strisciata silenziosa fino ad inoltrarsi fra i miei pensieri, e rimbombano secche le parole di stamattina: “stasera tieni gli occhi e le orecchie ben aperti… sta nascondendo un’informazione che potrebbe farti pensare un po’… sei l’ennesima vittima del suo enorme ego”. Che cosa intendeva? Ma io mi fido di Tk, non posso dubitare di lui solo perché un suo vecchio amico mi ha messo la pulce nell’orecchio, ma d'altronde una volta che il seme della discordia è stato getatto… nessuno si è accorto della mia presenza, e ormai riesco a sentire cosa si stanno dicendo. No, non volgio origliare la loro conversazione, non è leale!

“… così agitato. Ti ha fatto uno strano effetto. Fino a poco fa avresti saltato dalla gioia”

“si, ma questa situazione è diversa” commenta Tk sulla difensiva

“no che non è diversa: tu hai fatto una scommessa e l’hai vinta. Ti meriti tutti i soldi che ti dobbiamo” esclama serio Davis

“no ragazzi, non qui, non vorrei mai…” prova malamente a difendersi, ma le parole gli muoiono in gola

“che ti scoprisse. Certo. Però devi ammettere che è stato fatto tutto con estrema legalità: insomma, nessuno a forzato Kari a fidanzarsi con te, no?” scherza Cody

“no, infatti, però mi fa uno starno effetto parlarne” il tono della voce di Tk mi fa intuire che stia sorridendo. Da quando ho sentito il mio nome ho aguzzato le orecchie: di che stanno parlando? Cosa centro io con una scommessa?

“si, ma è anche fortuna, però. Guarda un po’ te il caso: proprio il giorno della scadenza tu salti su con il fatto che vi siete messi insieme. Non è vero che ti sei visto messo alle corde? Di la verità, non ti è mai piaciuto perdere, vero?” I tasselli del puzzle cominciano a mettersi a posto e le idee ora mi sono molto più chiare. Un improvviso singhiozzo mi sale alla gola, non riesco a trattenerlo del tutto e mi esce uno starno suono strozzato. Con gli occhi fissi sulla schiena di Tk lo vedo girarsi improvvisamente. Non voglio sentire neppure una parola, così lo attacco subito

“Ora capisco il tuo improvviso cambiamento di ieri. Da quanto tempo voi quattro avevate scommesso su di me?” sento gli occhi che cominciano ad inumidirsi

“no Kari, aspetta, non hai capito…” prova a difendersi Tk, ma non intendo ascoltare ulteriori stronzate dalla sua bocca. Solo adesso noto quante bugie mi sono state dette

“no, infatti. Sono io che sto fraintendendo, vero? Quindi voi non avete scommesso sul fatto che ci saremmo fidanzati, giusto? E scommetto che è stato tutto un puro caso che ti sei accorto di quel che provavi proprio l’ultimo giorno della scommessa, eh?” Davis, Cody e Joe sono letteralmente gelati sul posto, ma Tk prova ad avvicinarsi a me. indietreggio di qualche passo; voglio mettere la maggiore distanza fra noi due.

“non è così. Io non ho finto Kari, devi credermi” sbuffo sfoggiando un sorriso divertito

“no, ci credo. E dimmi, magari il fatto di avermi anche portato a letto ha aumentato a posta in gioco? Quanto ti è valsa la mia performance? Venti, trenta Yen?” le lacrime scendono a sbavarmi probabilmente il trucco, ma non riesco a fermarle

“no Kari, non è vero” continua a provare a convincermi, ma con scarsi risultati. Alzo le mani per fargli capire di non toccarmi, perché ormai la distanza fra noi è minima. Al contrario Tk abbassa le braccia afflitto, e nel suo sguardo leggo dispiacere, tristezza. O forse è sconfitta?

“ora mi sono chiare tante cose. Il tuo continuo interesse nei miei confronti non era dato da qualcosa di vero” prova ad aprire bocca, ma io non glielo permetto “Shibuto aveva ragione stamattina: sei un bimbo irresponsabile, egoista e non sei cambiato affatto dal liceo” queste parole lo lasciano scioccato sul posto, e io ne approfitto per andarmene. Lungo la strada mi sento prendere per le spalle da qualcuno, ma non mi divincolo, perché capisco subito che è mio fartello

“Kari, che è successo?” mi domanda preoccupato “ti ho visto discutere con Tk e…” si blocca alla vista delle mie lacrime

“portami a casa, ti prego” lo imploro. Senza ulteriori domande mi prende per le spalle e comincia  a farsi largo fra la folla. Appena mi ha depositata in macchina si china alla mia altezza

“aspettami qui, torno subito. Vado a prendere le giacche e poi andiamo”. Mi parla in tono dolcissimo e io gliene sono davvero grata. Lo guardo sparire di nuovo fra tutta la gente e non distolgo gli occhi dalla porta Finché non lo vedo ricomparire. Dietro di lui c’è Tk che gli parla concitato. Tai si blocca sull’ultimo scalino e gli rivolge finalmente la parola. Mi sembra amareggiato, ma non arrabbiato. Se fosse successo tempo addietro probabilmente gli avrebbe spaccato la faccia, ma non è comunque quello che voglio. Tk continua a rivolgersi a mio fratello, il quale, alla fine gli dice una sola parola, scuote la testa dispiaciuto e si dirige verso di me. io resto a fissare Tk distrutta fino a che anche lui non mi nota. Appena si accorge che lo sto guardando scuote la testa, come se fossi arrivata alla conclusione sbagliata, ma non riesco a pensare ad altro. Tai risale in macchina e senza una parola mette in moto. Solo quando siamo tornati sulla strada principale si decide a rivolgermi la parola: “ora mi spieghi che cosa è successo?”. Guardo i lampioni passarmi accanto con poco interesse. Sospiro.

“cosa ti ha detto prima?”

“non ho capito. Parlava di uno sbaglio. Ho solo intuito che era dispiaciuto e che voleva parlarti, ma gli ho detto che non mi sembravi in vena. Gli ho chiesto di lasciarti stare per stasera”

“grazie” sussurro, grata della sua delicatezza.

“dove ti devo portare?” mi domanda all’improvviso

“a casa di Takeru. Devo riprendere la mie cose” quante cose che dovrei raccogliere sparse in giro, ma decido che lascerò lì la maggior parte di ciò che non mi serve.

“e dopo dove andrai?” chiede preoccupato

“non lo so. Starò per un po’ dalla mamma, poi deciderò sul da farsi. In questo momento è tutto confuso…” trattengo a stento un singhiozzo, ma le lacrime escono imperterrite quando la sua mano si avvicina a sfiorarmi una guancia. Tai, quanto vorrei in questo momento potermi rannicchiare sulle tue gambe come facevo quando ero piccola e avevo bisogno di conforto. Arrivati intimo Tai ad aspettarmi dieci minuti: il tempo necessario a radunare i vestiti e gettarli nella valigia. Appena entrata mi dirigo nella mia camera, mi spoglio del vestito e arraffo i vestiti che trovo in giro. Le scarpe le butto alla rinfusa, afferro un foglio e una penna. Appena entrata nella camera di Tk deposito sul suo letto la collana e il foglio che ho scribacchiato velocemente: “Questa te la restituisco, non la voglio più. Del vestito credo che tu non sappia di che fartene, perciò mi auguro che bastino come rimborso” assieme al foglio butto qualche bigliettone sul letto,a ripagarlo dell’abito. Afferro al volo la valigia e torno in strada, da dove Tai non si è mosso. Risalita in macchina gli chiedo di ripartire, e in silenzio ci dirigiamo a casa dei nostri genitori. Solo quando alzo finalmente gli occhi mi accorgo che non siamo dove credevo di essere: “Tai, perché siamo venuti da te?” il suo silenzio mi rende agitata. Finalmente si decide a spiegarmi

“in questo moneto non hai bisogno semplicemente di un letto in cui dormire e un tetto sulla testa. Se andassi dalla mamma non ti sentiresti meglio. Ora quel che più hai bisogno è una spalla su cui piangere e qualcuno su cui contare” mi sussurra serio. Lo guardo, e la sua dolcezza mi fa finalmente sorridere. Gli stringo le braccia al collo, e mentre le lacrime riprendono a scendere copiose, mi lascio invadere dal piacere di un fratello con il cuore bello come una rosa appena sbocciata.

 

Angolo autrice:

Salve. Scusatemi se non sono prodiga di allegria, ma questo capitolo mi ha messo un po’ di tristezza. Il mistero è stato svelato, dunque. Lo immaginavate? Voglio sapere le vostre opinioni, or su dunque. Mi è piaciuto scrivere questo capitolo, anche se è una cosa tristissima, ma non vedevo l’ora di vederlo compiuto. Ad essere sincera ci ho messo un casino di tempo a concluderlo, ma ne è valsa la pena. Chissà, forse avevo paura a versi compiuto il penultimo capitolo… ebbene si, mi spiace rattristarvi, ma il prossimo sarà quello definitivo. E adesso posso svelare il mistero del film che avevo accennato nei commenti del primo capitolo. Avverto subito che c’è un solo particolare che accomuna il film alla mia fic! Nella commedia “come farsi lasciare in dieci giorni” i due protagonisti intraprendono la loro relazione dopo che ognuno ha scommesso sull’altro con gli amici. Lei scommette di farsi lasciare in dieci giorni, lui di riuscire a restare con lei per più di dieci giorni. Alla fine si scopre tutto. Ora, in comune c’è solo la scommessa (che nel mio caso fa solo Tk), la scoperta da parte della donna e il relativo troncamento della relazione. Ora vorrei fare una breve digressione sulla festa: l’atmosfera che immagino si respiri a questa festa super chic è tipo quella che si vede nel film di Jack Clayton con Robert Redford e Mia Farrow “The Great Gatsby”(il grande Gatsby, tratto dal romando di Francis Scott Fitzgerald) ma con meno eccessi. Le signore tutte imbellettate le ho appositamente descritte ridicolizzandole, perché me le immagino perfette in quel contesto: snob e spocchiose. Ok, adesso mi piacerebbe sapere che opinioni vi siete fatte di questo capitolo, e mi auguro di rivedervi tutte e tutti qui per l’epilogo della storia. Grazie di tutto e un immenso bacione pieno d’affetto

Mami

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Capitolo 12
*** XII-The story ended ***


XII-The story ended

Il giorno dopo mi negai a chiunque. Quando stamattina ho riacceso il cellulare, più per l’esasperazione di Tai che per mia volontà, ho scoperto una ventina di chiamate. Tre o quattro erano di Yolei, di mia mamma e di Cody; le restanti tutte di Takeru. Tai è stato splendido rispondendo per me tutte le volte che qualcuno chiamava il suo cellulare per sapere come stavo. Yolei si è sperticata in offese ed epiteti poco consoni ad una ragazza; tutti all’indirizzo della solita persona. I miei si sono detti tristi per me, ma non gli ho spiegato fino in fondo le motivazioni sulla mia decisione di lasciarlo. Tai continua a non esprimere giudizio sul suo nuovo amico, ma non lo voglio obbligare a prendere posizione: sto già abbastanza male per conto mio senza dover mettere in mezzo anche lui. Adesso sono alla ricerca di un mini appartamentino che mi possa accogliere momentaneamente, finche non troverò una sistemazione definitiva, ma fino a quel giorno Tai si è detto disponibile ad accogliermi da lui. cerco invano di riprendere la vita che conducevo prima, ma mi sembra tutto più difficile, ora. Tk mi aveva abituato ad una vita sociale più attiva, e almeno questo aspetto cerco di non perderlo del tutto. Oggi pomeriggio, rientrando dal lavoro, ho incontrato Davis. Alla sua vista mi sono bloccata, ma poi ho continuato la mia marcia come se non fosse lì davanti a me

“Kari, ti spiace se parliamo un attimo?” ha tentato di fermarmi

“ehm, si. Ho da fare, scusa ma devo andare” ho cercato di liquidarlo voltandomi a guardarlo

“si tratta solo di un secondo” cercava di convincermi piazzandosi davanti a me

“non ho intenzione di ascoltarti per più di mezzo secondo” sbuffo esasperata, sperando che non mi infastidisca più

“dovresti chiamare Tk” confessa subito. L’espressione che mi si disegna è di puro stupore

“ma dai, non dirmi, e magari devo pure ascoltare quello che ha da dirmi?” lo schernisco in falso tono sorpreso

“lui non voleva che tu sentissi” borbotta a occhi bassi

“avrebbe dovuto pensarci prima di scommettere con voi” lo liquido girandogli intorno e lasciandolo sul ciglio della strada più abbattuto di come l’ho trovato.

“bhe, forse dovresti dargli una seconda possibilità. Io l’ho fatto” tenta di convincermi adesso Tai.

“tu non gliene hai mai data una seconda: quando l’hai conosciuto l’hai preso in antipatia, poi Maya ti ha convinto a conoscerlo e adesso sono tutte rose e fiori fra di voi. Questa è l’unica possibilità che gli hai concesso” sbotto infuriata lasciando cadere la forchetta nel piatto ancora pieno con un tintinnio

“è vero, però mi sono almeno limitato ad ascoltarlo, non mi sembra che tu stia facendo lo stesso” continua ad accusarmi. Allontano schifata il piatto da me e mi alzo in piedi

“il fatto che siate diventati grandi amiconi non fa di Takeru l’angioletto che tu credi che sia. Non ho più fame, vado in camera!”. Non è possibile che tutti giochino a mettermi i bastoni fra le ruote: se ho deciso di non volerlo ascoltare così deve essere. Mi butto sul letto esasperata e abbraccio il cuscino, mio unico compagno. Un leggero colpo alla porta mi indica che Tai sta aspettando il mio “avanti” che non arriva. Sento la porta aprirsi e poi richiudersi, infine un corpo sedersi accanto a me. Mi appoggia una mano sulla mia spalla, indeciso sul da farsi e scoraggiato dal mio silenzio resta così per un po’.

“sai perfettamente che sono dalla tua parte, Kari.” Una risata strozzata mi esce dalla gola. Che suono raccapricciante!

“davvero? Perché non si direbbe. Se fosse successo un mese fa lo avresti preso a botte” il suo silenzio mi fa capire che non ho tutti i torti

“il fatto che non l’ho ancora fatto non vuol dire che non ne abbia voglia, ma quello che ti dissi un po’ di tempo fa è vero: sei grande e te la devi vedere tu con lui, non io. Tk sa quel che penso, ma non ho intenzione di intervenire”. Resto immobile a pensare alle sue parole

“e se io non volessi risolvere niente?” chiedo scoraggiata

“che cosa ti cambierebbe? Se vi parlaste avresti l’occasione di sapere perché l’ha fatto e lui potrebbe provare a chiederti scusa, ma non hai nulla da perderci, giusto?”

“ho paura che possa imbambolarmi con i suoi paroloni e farmi fessa un’altra volta.” Volto la testa a guardarlo in faccia “e se torna a ferirmi?” do voce ai miei dubbi. Mi sorride tenero

“so che sei intelligente e non ti farai incantare da lui. se capisci che la vostra storia non potrebbe mai continuare, bhe allora potrai davvero lasciarlo perdere. Ma prima dovresti giocarti tutte le carte disponibili senza lasciarne neppure una inutilizzata. Non sia mai che in futuro il rimorso di qualcosa che avresti potuto fare e non hai fatto ti porti a stare ancora peggio” dopo avermi accarezzato la testa fa per alzarsi, ma lo chiamo prima che possa allontanarsi

“grazie!” dopo essersi chinato per baciarmi sulla guancia esce di nuovo dalla stanza, lasciandomi con i miei pensieri.

 

Sono seduta al tavolo di un bar da sola. La cosa fa senso anche a me, ma avevo bisogno di uscire per pensare un po’. Le occhiate truci che lancio fanno rinunciare chiunque ad avvicinarsi, perché per adesso nessuno è venuto a scocciarmi. Fisso la mia lattina di Coca come in trance.

“come mai una così bella ragazza è seduta qui tutta sola?” alzo lo sguardo lentamente e lo fulmino. Avevo già riconosciuto la sua voce, quindi non sono sorpresa

“cosa vuoi Takeru?” chiedo poco gentile. Senza neppure avermelo chiesto si siede di fronte a me

“parlare? Sai, ne approfitto delle poche opportunità che mi si presentano” sospiro stanca

“come facevi a sapere che ero qui?” chiedo più per educazione che per vera curiosità

“ho ricevuto un informazione dalla mia spia” mi indica un ragazzo seduto al bancone che fa lo gnorri

“certo, e come se no?” non ho intenzione di affrontare l’argomento, quindi mi eclisso nel mio silenzio tombale

“di la verità: tu non hai ancora deciso se perdonarmi o meno, vero?” mi scanso i capelli dal viso e mi sfrego gli occhi, stanca

“no, infatti. Ad essere sincera cerco proprio di non pensare a ciò che è successo” confesso con una voce monotona

“ti posso spiegare?” la rabbia che fino ad adesso ho cercato di reprimere ritorna tutta insieme, affogandomi

“no, non c’è nulla da spiegare” cerco di controllarmi, ma con pochi risultati

“questo lascialo decidere a me, ok?” mi invita ad uscire seguendolo con un cenno della testa. Io, controvoglia e sbuffando, mi alzo e lo seguo a un metro di distanza. Mi stringo nel giaccone non appena esco dal locale, e senza una parola Tk si dirige a ovest. Quando finalmente decide di fermarsi resto a debita distanza, a portata di voce. Lui si siede su una panca a bordo strada e mi fissa, aspettando una mia mossa “puoi anche sederti sai? Non mordo”  sembra stizzito. Lo guardo desiderosa di andarmene

“Tk…” provo ancora a protestare, ma non ne ho il tempo

“Hikari, sai perfettamente che non ti costa nulla ascoltare!” se usa il mio nome intero vuol dire che è davvero scocciato. Lo accontento e aspetto le sue spiegazioni, che però sembra non arrivino

“quindi…” provo a incoraggiarlo, ma il modo in cui lo dico non fa altro che irritarlo maggiormente

“per favore, adesso piantala di usare questo tono!” sta cercando di controllare la rabbia, e sento ondate di frustrazione invadermi

“va bene. Dimmi quello che hai da dirmi” riprovo più conciliante

“così va meglio. dunque, innanzitutto posso sapere quella storia di Shibuto?” rimango spiazzata: non mi aspettavo questa domanda

“bhe, l’ho incontrato quando mi hai lasciato al bar e mi ha chiesto di accomodarsi. Mi ha detto di qualcosa che mi tenevi nascosto e che non mi avrebbe fatto piacere. Diceva che mi stavi ingannando e che ero una tua vittima. Non è stato troppo dolce nei tuoi confronti” concludo volgendo velocemente lo sguardo verso di lui. mi sta guardando curioso.

“e tu gli hai creduto” non è una domanda. Rimango ferita dalle sue parole fredde e glaciali

“no” mi scaldo subito incrociando il mio sguardo di fuoco nei suoi occhi amareggiati. Ce l’ha con me. “non gli ho creduto e ti ho difeso. Volevo solo dimenticare le sue parole, ma quando ho visto te e gli altri tre che borbottavate fra di voi ho avuto dei pensieri” cerco di calmarmi respirando a fondo

“quindi ai deciso di origliarci senza prima chiedermi nulla” conclude. Adesso è il suo tono a mandarmi in bestia

“mi stavo avvicinando e ho cominciato a sentire quello che dicevate. Stavo per attirare la tua attenzione quando mi hai nominato me e una scommessa. Solo allora mi sono bloccata. E se proprio vuoi saperlo non era mia intenzione origliarvi” sottolineo sprezzante l’ultima parola.

“ma non me ne hai parlato prima” dispiacere e delusione si confondono sul suo viso

“mi avresti detto la verità?” sussurro triste a occhi bassi, già sapendo la risposta. Il suo silenzio conferma la mia ipotesi. “comunque non siamo venuti qui per accusarci” riprendo il discorso dopo poco

“hai ragione. Comincerò dall’inizio: ti ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta?” annuisco “e della scommessa che mi avevi proposto?”

“quale, quella che non saresti durato più di due mesi?” ogni particolare di quella sera mi è chiaramente stampato in mente

“proprio. Non appena te ne sei andata Cody, Davis e Joe mi hanno raggiunto al tavolo ostentando vittoria: credevano che non avessi ottenuto il tuo numero, ma io li ho spiazzati annunciando che, oltre ad avere vinto la loro scommessa ne avevo fatta una specie anche con te. Ovviamente la nostra non valeva come ufficiale, ma loro hanno colto la palla al balzo: se mai fossi davvero riuscito a sopportarti, per così dire, per due mesi, allora mi avrebbero dovuto dei soldi” la pausa che si prende mi fa voltare per guardarlo: è assorto in chissà quali pensieri. Finalmente si volta a guardarmi e provo a sorreggere il suo sguardo “Kari, tu sei davvero una bella ragazza e non mi sei mai dispiaciuta, dico sul serio. Il primo giorno che ti ho invitato a mangiare fuori non l’ho fatto solo per la scommessa. Certo, adesso posso ammettere che inizialmente non ti avrei giudicata come il mio tipo di ragazza, ma ho dovuto ricredermi” resto raggelata a pensare se prenderla come un’offesa o meno. “ho continuato il giochetto per un po’ ma poi mi sono accorto che non ti cercavo solo per la scommessa: ho iniziato a considerarti sempre di più come un’amica, poi qualcosa è cambiato. Tutti lo vedevano, e così anche i miei amici. Un giorno mi hanno preso da parte e hanno voluto aumentare la posta in gioco: se mai fossi riuscito a mettermi con te entro il tempo già precedentemente stabilito avrei avuto una somma maggiore.” Sento un senso di vuoto impossessarmi di me con una velocità impressionante. Decido di interromperlo.

“e tu non hai potuto rifiutarti, giusto?” la voce apatica che mi esce non sembra neppure la mia. Anche Tk se ne deve essere accorto perché mi guada preoccupato

“non ho mai detto di non essere nell’errore Kari.” Mi lascia qualche secondo per ragionare. “ti ricordi il giorno che ti parlai di Shibuto?” al mio cenno continua “e quindi ti ricorderai della nostra litigata iniziale, si?” torno a guardarlo perplessa, senza capire cosa centrasse questa storia

“da quando eri arrivato ti sei mostrato intrattabile?” provo a ricordare, e il suo sorriso mesto conferma la mia ipotesi

“brava, hai una buona memoria. E ricordi quale scusa usai?” ci penso un po’ su. Avevo paura che fosse successo qualcosa a… cosa c’era stato, il compleanno di sua madre? Si, ora ricordo

“i tuoi amici!” sussurrai appena, ma abbastanza forte perché mi sentisse

“esatto. Ci trovammo per fare colazione e proprio quel giorno mi chiesero di aumentare la posta in gioco. Come ti ho già detto sbagliai ad accettare, ma me ne resi davvero conto quando salì in macchina per raggiungerti: quello che stavo facendo era quasi meschino, soprattutto nei tuoi confronti, e non ero affatto fiero della mia scelta. Per quello ero così intrattabile: ce l’avevo con me stesso.” Questa volta il sorriso che mi rivolge è dolce e contiene tutto il dispiacere che non mi ha confessato. “anzi, ad essere sincero anche prima di quel giorno mi trovai a chiedermi se stavo facendo la cosa giusta nei tuoi confronti, ma allora decidevo di scansare quei pensieri e continuare per quella strada; era più facile. Ma quel giorno che scommisi sul nostro fidanzamento mi sono sentito davvero una merda. Sai, è stato allora che mi sono innamorato” a quest’espressione sgrano gli occhi e alzo la testa sbigottita, guardandolo. Non riesco davvero a credere a quello che mi ha detto perché anche io, quel giorno, sdraiati sul campo, ho realizzato che cosa celavano i miei sentimenti. Cerco di riprendermi, ma con scarsi risultati

“e perché dopo non hai declinato la scommessa, se ti faceva stare male?” chiedo con la voce strozzata

“altro mio errore. Ho sempre creduto di poter passare la faccenda sotto silenzio, ma forse solo perché non avevo il coraggio di ammettere che il mio comportamento era da vero cretino” concordo annuendo, facendolo così sorridere. “Un giorno Joe mi parlò per caso di Shibuto, dicendomi che l’aveva incontrato per strada e aveva deciso di invitarlo a bere un drink, in memoria dei vecchi tempi. Lì si erano raccontati del più e del meno, chiedendo prima l’uno poi l’atro delle sorti di vari amici di cui avevano perso traccia. Finché Shib non volle sapere di me. Joe cominciò con il raccontargli del lavoro e altre cose che tutti sanno, ma alla domanda “e con le donne?” a Joe gli scappò detto di te. In buona fede gli raccontò del nostro incontro e delle scommesse fatte tra noi, ma evidentemente a Shibuto questo giochetto che credeva stessi conducendo con te è parso il pretesto per vendicarsi, visto che è venuto a parlartene” adesso tutto mi è chiaro, solo ora tutti i tasselli tornano al loro posto: Shibuto mi ha parlato di Tk in quei termini perché era venuto a conoscenza di tutto. Un moto di stizza mi attraversa ripensando al suo atteggiamento al tavolino del bar: la sua sfacciataggine non era dovuta a un tentativo di avvertirmi; quanto più voleva vendicarsi a costo di far stare male anche me. “Poi è arrivata quella sera.” cero di riprendere il controllo di me e ascoltare la fine della storia “La promozione mi aveva messo su di giri, ma l’idea che più mi rimbalzava in testa era quella di renderti partecipe, di far si che festeggiassi con me. Quello che è successo quella sera, tutto quanto, non avrei mai potuto immaginare che sarebbe successo.” Ora la mia attenzione è tutta per questi occhi azzurri che mi hanno legata al posto. “Nulla era premeditato, e mai e poi mai avrei pensato quale sarebbe stata la conseguenza del mio gesto, sia nel presente che nel futuro. Per quel che ne sapevo avresti potuto rifiutarmi, oppure pretendere che rimanessimo solo amici. Quel giorno per me resterà memorabile, il più bello e comunque il più fortunato, ma non perché abbai vinto la scommessa, ma perché finalmente ero riuscito a farti capire cosa provavo per te, e tu ricambiavi pure. Ad essere sincero Kari, quando il giorno dopo ho detto a Cody che ci eravamo messi insieme, è stato lui a ricordarmi che il termine ultimo della scommessa era proprio quel giorno, ma se non fosse stato per lui non me lo sarei mai ricordato, perché non mi importava nulla di quella stupida scommessa fatta mesi prima.” Ora che il suo racconto è finito posso ragionarci sopra, ma solo una domanda mi ronza in testa insistente. Lo guardo seria, voglio fargli capire il mio dubbio.

“Tk, ho apprezzato la tua sincerità, ma purtroppo c’è un problema”

“e cioè quale sarebbe?”

“come posso tornare a fidarmi di te?” la mie parole sono come uno schiaffo, e la sua espressione ne sono il chiaro esempio. Forse credeva che la sua sincerità mi avrebbe scosso… “sappi che tutto ciò che mi hai detto lo condivido perché è la stessa cosa che provo per te, ma non posso pensare che hai fatto tutto questo giocando con me” mi alzo aspettando che faccia lo stesso

“ma noi potremmo formare una coppia meravigliosa” prova a dissuadermi con la forza della disperazione. Sento la sua angoscia come fosse la mia e ne sono maggiormente ferita. Allungo una mano ad accarezzargli una guancia

“scusa” riesco solo a mormorare prima di andarmene, lasciandolo solo davanti alla panchina.

 

L’unico suono che c’è in cucina sono le nostre forchette contro i piatti. Tengo gli occhi piantati sulla pasta, ma con la coda dell’occhio vedo Tai che ogni due bocconi mi guarda come se stesse aspettando un mio crollo di nervi. La terza volta in meno di dieci minuti guarda l’orologio e sussulta. Finisce di mangiare in fretta e furia per poi uscire all’esterno. Quando rientra ho quasi finito di pulire il mio piatto. Si appoggia con una mano alla sedia di fronte a me e l’altra al fianco, guardandomi con aria divertita e superiore

“c’è qualcuno per te alla porta” resto ferma al posto

“strano, non ho sentito suonare nessun campanello” so che sta tramando qualcosa, ma ho paura a sapere cosa

“fidati di me, vai alla porta!” mi incita. Con più timore che curiosità mi dirigo verso l’uscita con lui alle spalle. Non appena apro non credo ai miei occhi: uno striscione legato a un estremo alla canala di casa e l’altro legato a un mattone e gettato su un ramo dell’albero recita le parole “ti chiedo ancora scusa” con una calligrafia palesemente fatta a mano, e un cupido bamboccio completo di mutandine azzurre e arco con freccia incoccata dondola da destra a sinistra facendo tremare pericolosamente lo striscione. Sotto quest’ultimo c’è Tk, con una faccia seria e triste che mi fissa. Sposto leggermente la testa a parlare con Tai

“tu ne sapevi qualcosa?” chiedo stralunata

“io? Assolutamente nulla!”

“sei un pessimo attore, sappilo!” commento sarcastica. La voce di Tk mi riporta alla realtà

“ormai non so più come dirtelo, ma te lo ripeterò all’infinito: mi dispiace Kari e se potessi tornerei indietro. Potrei cercare di dimenticarti in modi facili, e sai che ne sarei stato capace fino a qualche mese fa, ma conoscerti mi ha cambiato profondamente e l’unica persona che voglio accanto a me sei tu. Ti chiedo solamente di darmi una seconda possibilità per farti capire quanto quello che ti ho detto ieri sia vero. Te ne prego Kari, sei l’unica cosa che mi permette di andare avanti e che rende felice ogni mio sguardo al passato. Per favore”. Rimango sbalordita da tutta questa messa in scena quando una folata di vento fa dondolare maggiormente quella specie di putto appeso, il quale rimbalza sul filo con forza maggiore, facendo così da contrappeso al mattone che lega lo striscione, facendolo catapultare dal ramo su cui è stato messo. Questo compie un cerchio ampio fino a colpire in pieno il petto di Tk, scagliandolo a cinque metri da dove si trovava pochi secondi fa.

“oddio, Tk!” esclamo preoccupatissima fiondandomi verso di lui, ancora steso a terra a braccia aperte. Appena lo raggiungo mi butto in ginocchio al suo fianco e fisso il suo viso immobile, a occhi chiusi. “Tk, stai bene?” gli chiedo agitata

“sono stato meglio” è la sua risposta strozzata. Tai mi raggiunge ma non si china neppure

“tutto a posto? Devo chiamare qualcuno?” all’accenno dell’ambulanza apre gli occhi di scatto guardandolo allarmato

“no no, davvero, sto bene” la risatina di Tai mi fa voltare verso mio fratello, indignata

“ok, allora vi lascio soli” ma guardatelo, beato come se nulla fosse successo!

“sei sicuro? Ti senti bene?” continuo a fissarlo per cercare segni che mi consiglino la pronta chiamata all’ospedale

“adesso che sei qui si” la mia stizza lo rende di nuovo serio

“non dire idiozie, parlo sul serio”

“anche io. Quindi cosa ne dici della mia idea?” chiede sorridendo e provando a sedersi

“solo tu potevi pensare a una cosa del genere. Cosa ti salta in testa poi di usare un mattone e di non fissarlo? Avresti potuto ucciderti!” inveisco

“ma non è successo, quindi…” la sua tranquillità mi rende pazza, visto che io sono preoccupata a morte

“ma hai rischiato” continuo per la mia strada

“te l’ho detto, ora sto bene, e aspetto una risposta” mi blocco pensierosa

“a quale domanda?” il sorriso sbieco che mi rivolge mi lascia intontita

“alla mia dichiarazione” resto silenziosa a pensare mentre la sua agitazione aumenta mano a mano

“bhe, non saprei” comincio titubante ma poco convincente, evidentemente, perché Tk mi stringe a se baciandomi con foga. Io rimango inizialmente immobile pensando a come dovrei reagire (uno schiaffo seguito da maledizioni e intimazioni a stare lontano da me), ma la situazione mi scappa di mano, così mi ritrovo a ricambiare. Quando si allontana da me con gli occhi che gli brillano e un sorriso euforico abbasso lo sguardo, vergognandomi leggermente della mia debole volontà

“dovevo rischiare di ammazzarmi per convincerti?” gli assesto un pugno nel punto reciso dove l’ha colpito il mattone, lui trasale e si massaggia il punto con viso dolorante

“tu sei un enorme idiota senza cervello, ecco cosa sei!” sbotto irritata dando voce a tutta la preoccupazione fino ad ora trattenuta

“ahia” si lamenta continuando a toccarsi il punto dolente

“così impari” commento alzandomi “e muoviti che facciamo un salto al pronto soccorso: non voglio averti sulla coscienza se ti senti male” commento acida, sorridendo al pensiero di quello che ha fatto per me, anche se gli è costato un mattone scagliato addosso. Afferro la borsa e le chiavi poi torno all’esterno

“adesso sarai sempre così gentile? No, perché in tal caso vedrò di procurarmi altri rischi alla salute per farti correre al mio capezzale” chiede seguendomi. Sbuffo divertita, cercando di celare il mio divertimento sotto uno sguardo severo

“finche non riterrò di averti perdonato si” sento scalpicciare e all’improvviso me lo trovo a fianco con una mano a stringermi il fianco e un sorriso meraviglioso tutto per me.

 

La giornata non è delle migliori, ma non me ne può importare di meno. I bimbi corrono nel salone con le mamme dietro, esasperate, e cercano di riacciuffarli per far mangiare loro il dolce. Il vociare allegro raggiunge il soffitto coperto da palloncini. L’ennesima coppia di conoscenti viene al tavolo per congratularsi del mangiare, della cerimonia, di questo o di quell’altro. I miei occhi non possono che cadere ogni due minuti sull’uomo seduto al mio fianco, bellissimo e solare. Non riesco ancora ad abituarmi all’idea di chiamare Tk “marito”, mi suona strano. Guardo amorevole come una mammina il tavolo con gli anziani che hanno deciso di partecipare al mio matrimonio. Ormai sono vicinissima al traguardo da direttrice, e loro si sono davvero affezionati a me. Purtroppo non tutti sono riusciti a venire, ma si sono comunque congratulati. Gli alunni di Tk continuano a guardarmi come se non avessero mai visto una donna in vita loro, ma non voglio sapere per quale motivo. Il suo capo, direttore della scuola in cui lavora adesso, ci ha fatto come regalo la band che è pronta, nell’angolo, per cominciare a suonare. Purtroppo non è potuto unirsi ai festeggiamenti, ma la moglie si trova in ospedale per partorire il terzo figlio; come possiamo biasimarlo. Dopo due anni che stavamo insieme Tk aveva deciso di cambiare lavoro; non era più così entusiasta della scelta che aveva fatto da giovane, così ha colto la palla al balza accettando il posto da professore di lettere che gli avevano proposto. Adesso non partecipiamo più a feste super chic, ma entrambi non ne sentiamo la mancanza. La sua mano si allunga sul tavolo a prendere la mia e torno a guardarlo, rimanendo ancora senza fiato.

“sei bellissima” mi ripete per la settima volta, e  ancora gli rispondo con un bacio

“anche tu”. Qualcosa di piccolo e morbido si schianta contro le mie gambe. Lo tiro su e me lo appoggio sulle ginocchia

“zia sei tatto bella, sai?” i ricciolini biondi fremono a ogni movimento

“grazie amore, come sei dolce” gli stampo un bacio su una guanciotta piena e con una risatina acuta scende dalle mia gambe e corre in contro al suo papà. Matt lo prende al volo e prova a rimetterlo sulla sedia, ma con scarsi risultati, dovendo così riprendere a seguirlo per tutta la sala. “hai intenzione di far fare ginnastica a Matt per tutto il giorno?” chiedo a Sora che sussulta sorpresa, non avendomi visto arrivare da dietro

“gli fa bene, così dimagrisce un po’ anche il piccolo” rido divertita

“poverino, è così dolce con quelle gambotte piene” provo a difenderlo

“si, ma il papà esagera a dargli da mangiare. Capisco viziarlo, ma lui va oltre ogni limite”

“è inutile, tanto Takumi è il cocco dello zio. Il papà non può nulla contro di me” mi volto a guardare Tai. “sei molto bella sorellina, sai?”. Lo ringrazio e torno a girare per i tavoli. Ad un certo punto mi fermo a guardare una scena curiosa: Tk sta vicino alla porta, e parla con Shibuto. Mi avvicino e quest’ultimo mi nota. Anche mio marito si volta e mi accoglie stringendomi a lui.

“Shibuto è venuto a farci gli auguri” lo guardo sorridente, ma continuo a chiedermi perché non si è limitato a mandarci una lettera, anziché presentarsi di persona. “stavi dicendo?” evidentemente ho interrotto la conversazione

“stavo dicendo” riprende Shibuto con la sua solita voce profonda “che nonostante non sia qui per riappacificare il nostro rapporto, volevo che sapessi che sono lieto che tu abbia trovato la tua anima gemella, te la meriti” Tk ride sommesso

“e pensare che tempo fa sei quasi riuscito a farci lasciare definitivamente”. Shibuto arrossisce leggermente, ma si riprende all’istante

“già, però così avete capito che siete fatti l’uno per l’altra” prova a mettersi in buona luce. Poco dopo se ne va e una musica leggera ci giunge alle orecchie, fecendoci voltare. Tutti guardano il cantante della band che ha preso il microfono

“adesso, per cortesia, chiederei ai due neo sposi di raggiungere il centro della pista per il primo ballo” Il mio cuore comincia a battere all’impazzata e seguo Tk, che mi tira per una mano. Mi stringe a se e cominciamo a muoverci al ritmo lento della musica

“Ti amo” mi sussurra a un orecchio. Mia allontano per guardarlo negli occhi “anche io ti amo” e lo bacio pensando al futuro che mi aspetta da signora Takaishi.

 

Angolo Autrice:

Eccoci qui, alla conclusione della fan fic. Sono emozionata: a parte le One shot non sono mai riuscita a scrivere la parola fine ad una mia storia. Il finale forse è un po’ banale, ma di questi tempi c’è davvero bisogno di un po’ d’amore. Allora, che ne dite? Vi è piaciuta? Siate sinceri però. Mi spiace un po’ concludere questa fic, ma d'altronde mi mette sempre tristezza la parola fine. Spero solo di avervi intrattenuto piacevolmente con questa mia storiella, e che vi sia piaciuta almeno la metà di quanto è piaciuto a me. Adesso posso davvero salutarvi, ma non crediate di liberarvi di me così facilmente, perché io sono come i mostri nei film con le invasioni di formiche giganti o roba del genere: alla fine si vede sempre un piccolo rinascere. E così io non mi stanco mai di partorire nuove strambe idee. Vi saluto, vi abbraccio forte e ringrazio infinitamente tutti per avermi seguito fino alla fine di questa storia.

Mami

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