Dancing in Time

di Ashbear
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Un tempo per amare ***
Capitolo 2: *** II. Tempo di pace ***
Capitolo 3: *** III. Un tempo per ridere ***
Capitolo 4: *** IV: Tempo di Costruire ***
Capitolo 5: *** V. Un tempo per provare dolore ***
Capitolo 6: *** VI. Tempo di cucire ***
Capitolo 7: *** VII. Un tempo per parlare - Parte I ***
Capitolo 8: *** VIII. Un tempo per parlare - Parte II ***
Capitolo 9: *** IX. Un tempo per crollare ***
Capitolo 10: *** X. Tempo di Guarire ***
Capitolo 11: *** XI. Un Tempo per Abbracciarsi - Mattina ***
Capitolo 12: *** XII. Tempo di Abbracciare - Pomeriggio/Sera ***
Capitolo 13: *** XIII. Un tempo per odiare - Parte I ***
Capitolo 14: *** XIV. Tempo di Odiare - Parte II ***
Capitolo 15: *** XV. Tempo di Odiare - Parte III ***
Capitolo 16: *** XVI. Tempo di Guerra ***
Capitolo 17: *** XVII. Un tempo per mantenere ***
Capitolo 18: *** XVIII. Tempo di Lanciare Sassi - Parte I ***
Capitolo 19: *** XIX. Un tempo per gettare via pietre - Parte II ***
Capitolo 20: *** XX. Tempo di Rimettere Insieme i Sassi ***
Capitolo 21: *** XXI. Un tempo per strappare ***
Capitolo 22: *** XXII: Tempo di Rinunciare agli Abbracci ***
Capitolo 23: *** XXIII. Un tempo per rimanere in silenzio ***
Capitolo 24: *** XXIV: Tempo di Piantare ***
Capitolo 25: *** XXV. Tempo di Perdere ***
Capitolo 26: *** XXVI. Tempo di afferrare ***
Capitolo 27: *** XXVII: Un tempo per mietere ***
Capitolo 28: *** XXVIII: Tempo di Uccidere ***
Capitolo 29: *** XXIX: Un Tempo per Ballare ***
Capitolo 30: *** XXX. Un tempo per nascere ***



Capitolo 1
*** I. Un tempo per amare ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo I: Un tempo per amare ~

Dal 2 al 4 marzo

Per un minuto ancora, tenne in mano il fiore delicato. Forse era per catturare il momento per sempre - inciderlo nell'anima... o forse era perché aveva paura che quel momento finisse troppo presto. Il profumo le danzava nei sensi, mentre i petali le solleticavano gentilmente il naso. Fece scorrere le dita sullo stelo liscio, ma sempre attenta ad evitare le spine. Nella sua vita nulla le era mai sembrato perfetto, ma questa rosa sì. Rappresentava tutto ciò che c'era di giusto nel mondo, e tutte la bellezza che conteneva.

Rappresentava lui...

*~*~*~*~*

Ogni passo sembrava più difficile; si spinse via dagli occhi le ciocche di capelli che gli cadevano sul viso. Era stata una lunga giornata... no, era stata una lunga settimana. L'unico conforto che ne aveva tratto era il fatto che avrebbe avuto svariati giorni liberi, dopo, per recuperare le forze. Chiuse gli occhi cercando di convincersi che quella era la ragione vera, ma lo sapeva bene... sperava solo che quelli che lo circondavano non facessero un caso nazionale della situazione. I suoi amici trovavano sempre il modo di ingigantire le cose...

Cercò disperatamente di togliersi dalla testa i pensieri di lei, almeno per la distanza che rimaneva da percorrere per arrivare al Garden. Non era stato nulla più che allenamento di routine, ma questa era la sua prima volta 'ufficiale' come Comandante in una missione lontana. Non aveva mai saputo quanto potessero essere disorganizzate le matricole fino a quando si era trovato responsabile di un'intera guarnigione.

Trattenendo il respiro, ignorò il dolore acuto che gli crepitava nei tendini. Ogni passo sembrava infinito, e sembrava non portarlo più vicino al Garden. Era come un miraggio nel deserto, più un'illusione che realtà. Se era possibile camminare allontanandosi dalla propria destinazione, Squall Leonhart lo stava facendo.

Tre settimane... una piccola eternità.

Lei sarebbe tornata quel giorno, e lui cercava duramente di convincersi che non era quella la ragione per cui non vedeva l'ora che arrivasse questa vacanza. Ma negli anni passati, aveva lavorato anche durante queste vacanze... ora aveva trovato una ragione per non farlo, la stessa ragione che aveva reso la sua vita degna di essere vissuta... Rinoa Heartilly.

Per un momento, si chiese se lei era già là, ad aspettare di salutarlo. Abbastanza in fretta, si tolse l'idea dalla testa, disgustato dal fatto che stava cominciando a sentirsi dipendere da qualcuno. Aveva scoperto che i suoi pensieri indugiavano su di lei molto più spesso nell'ultima settimana, soprattutto quando dormiva sotto le stelle che ricoprivano il cielo notturno. A volte, nella clandestinità del buio, si trovava a cercare nei cieli il punto esatto in cui erano stati nello spazio. A volte la sensazione, il ricordo, lo terrorizzavano più di quanto gli importasse ammettere... eppure, la notte custodiva così tanti ricordi che poteva sempre trovarvi più serenità che nelle ore diurne.

Rinoa era tornata a Timber tre settimane prima, per mantenere una promessa fatta così tante stagioni prima. La città, a fini pratici, aveva ottenuto l'indipendenza con la sconfitta della strega, e questo aveva posto fine al contratto con il Garden. Ad ogni modo, Squall si aggrappava a un contratto più profondo, non scritto sulla carta. Parte di lui aveva voluto accompagnarla, ma Rinoa aveva insistito che sarebbe stata benissimo da sola - a chiudere quel capitolo della sua vita. E questo, per lui, andava bene; aveva bisogno di tempo per mettere a posto emozioni che gli erano sconosciute.

Così tante cose erano nuove per lui; così tante cose gli aprivano nuovi ed eccitanti orizzonti e possibilità, eppure così tante cose lo spaventavano ancora. Si svegliava pensando che gli ultimi mesi non erano stati altro che un vivido sogno. La certezza della loro esistenza si affermava quando il sonno non gli ottenebrava più la mente; era semplicemente grato che quegli eventi fossero reali e non una fantasia creata dalla sua mente. Erano anche troppo magnifici per essere una fantasia.

Ora si dovevano disegnare legami, e definire una relazione... forse non era sicuro di dove cominciassero i suoi doveri di cavaliere e dove finissero quelli di ragazzo. Ragazzo? Che termine prosaico. Si sgridò da sé per aver pensato a quella parola; era troppo presto per crederci. Avevano passato così tante cose insieme, ma il periodo più duro era quello. Il tempo tra le battaglie - la pace. Era più facile quando aveva un obiettivo prestabilito, qualcosa di definito... ma ora non sapeva mai cosa avrebbe portato il giorno successivo.

Si fece scorrere nuovamente la mano tra i capelli lunghi, togliendosi le ciocche ribelli dagli occhi. Giurò di non mettersi ad analizzare troppo le cose, ora, ma di pensare solo ai giorni a venire. Il giorno dopo sarebbe stato il suo primo test... lei compiva diciotto anni. La loro prima 'vacanza' ufficiale, e lui si trovava dalla parte di chi dava. Lei gli aveva detto di non comprarle nulla, o di non fare troppo, ma i suoi amici gli avevano dato informazioni diverse. Zell ed Irvine sembravano avere più esperienza con questo tipo di situazioni. 'Sembravano' era la parola chiave, dato che Squall aveva i suoi dubbi sul fatto che capissero le donne meglio di lui; si comportavano semplicemente come se fosse così. Ma forse, a volte, è tutto quello che serve: la sicurezza che a lui mancava.

Un migliaio di idee gli corsero in mente, ma nessuna gli sembrava quella giusta... alcune troppo comuni, altre troppo personali, e altre ancora troppo impersonali. Era dura, a questo punto della loro 'relazione', capire cosa fosse appropriato. L'aver accettato il ruolo di 'cavaliere apprendista' lo rendeva più difficile. Lei aveva già il suo anello - cos'altro poteva avere lo stesso significato?

I suoi pensieri furono interrotti quando sentì le matricole che sospiravano tutti insieme di sollievo, mentre entravano dal cancello principale. Avrebbe sospirato anche lui, se non fatto stato designato come la figura d'autorità in quel momento... quindi, con gli ultimi ordini, il Comandante lasciò libero il gruppo, che salutò; lui ricambio automaticamente il gesto militare senza pensarci troppo. Che gli piacesse o no, la sua mente aveva già vagato verso cose che non erano la SeeD.

Quistis trattenne il respiro, seduta sul bordo della fontana. Si attorcigliò alcune ciocche di capelli biondi intorno al dito, ritrovandosi a mordersi il labbro inconsciamente. Controllò di nuovo il suo orologio, e poi tornò con lo sguardo alla porta principale. Questa volta vide numerose matricole che correvano dentro - che tornavano a casa con entusiasmo rinnovato. Il suo primo pensiero fu di sgridare il gruppo sregolato, ma in quel momento aveva da fare una cosa più importante che essere un'insegnante... essere un'amica.

Guardò di nuovo le piccole fontanelle d'acqua, e trovò il coraggio di alzarsi e camminare per la breve distanza che portava al cancello. Era stata scelta tra i compagni di Squall per informarlo del cambio di piani. Per chiunque altro, le notizie sarebbero state superficiali... ma lui era diverso. Tutto questo era nuovo, per lui, e anche la minima battuta d'arresto poteva essere percepita in maniera sbagliata. Quistis sapeva del suo passato e delle sue paure... anche se lui rifiutava ancora di ammetterle, o di affrontarle.

Guardò il Comandante che entrava nella hall, perso nel suo mondo solitario. Sembrava che stesse esaminando l'area comune, e lei sapeva esattamente chi stesse cercando. Anche se la sua espressione non cambiò, Quistis intuì la sua momentanea delusione vedendo che lei non c'era.

"Squall..." chiamò l'insegnante, con più esitazione di quanta avesse intenzione di esprimere.

Lui la guardò, piegando leggermente la testa. Sì, aveva colto l'incertezza della sua voce. Squall non si mosse per avvicinarla, e così fu lei a camminare da lui, cercando di restare ottimista. Quistis sorrise debolmente mentre lui rimaneva immobile. Non era una gran cosa, giusto?

"Hey, com'è andata la scuola di sopravvivenza?" Lui non rispose, sembrando anzi anche più irritato per il tentativo di Quistis di fare stupida conversazione. L'insegnante annuì; poteva leggere il suo comportamento alla perfezione. "Ok, ok... ha chiamato Zone..."

"Lei non viene." Lo disse come un dato di fatto, comportandosi come se già sapesse che era così che il destino aveva deciso per la sua vita. Cercò di voltarsi prima che lei potesse vedere tracce di dolore nella sua espressione, ma di tutti i suoi amici, lei era quella che riusciva sempre a leggerlo meglio. E in quel momento, era l'ultima cosa che voleva.

"Squall, aspetta... non in quel senso."

Lui continuò a rifiutare di guardarla negli occhi, e incrociò le braccia sul petto. "Va bene così, voglio solo farmi una doccia."

"Non vuoi nemmeno sapere perché?" La domanda sembrava piuttosto un ordine; sapeva quanto Squall potesse essere difficile, a volte. Senza pensarci, allungò una mano, afferrandolo saldamente per il braccio. Lui si irrigidì al contatto, guardando in basso dove le dita di lei incontravano la sua pelle nuda. Lei si ritrasse velocemente, conscia dei sentimenti di Squall e della barriera invisibile che permaneva. Era ancora molto a disagio con tocchi simili. Ora come ora, lui non voleva altro che mascherare i segni di debolezza tornando al sollievo del suo dormitorio.

Una paura improvvisa lo avvolse, e cercò di fare una domanda orribile senza mostrare eccessiva emozione, "è ferita?"

"No, Squall... non ferita."

Era l'unica risposta di cui avesse bisogno. "Bene, chissenefrega... lei ha la sua vita e io la mia."

"...ma è all'ospedale." Le parole lo colsero di sorpresa, e sentì un'improvviso rimorso per ciò che implicavano la sua frase e il tono di voce. Voltandosi senza esitazione a guardare Quistis, notò che stava offrendo rassicurazione in silenzio con un sorriso ritrovato. "A dire il vero, di tutte le cose che potevano capitarle... ha dovuto farsi togliere le tonsille."

Un grosso peso gli si sollevò dalle spalle, mentre la sua mente assimilava quelle parole. Anche se Quistis aveva detto che non era ferita, era dura per lui accettare che il destino non sarebbe stato di nuovo un avversario crudele.

"Normalmente, è un intervento in day hospital..." Si guardò intorno, assicurandosi scrupolosamente che nessun altro potesse sentire. "Ma dato che Rinoa è una strega, il medico ha voluto monitorarla qualche altro giorno prima di dimetterla."

Nell'ultimo mese, il suo segreto era stato mantenuto tale e svelato solo se necessario. Volevano darle abbastanza tempo per accettare i suoi poteri, e le responsabilità che si portavano dietro. Il Garden avrebbe saputo, il mondo avrebbe saputo... ma solo secondo i tempi e i modi di Rinoa. Per i suoi amici più intimi non era affatto un problema; volevano che si sentisse esattamente come si era sempre sentita... la persona che ora avevano accettato come una di loro, come famiglia.

Grattandosi la nuca, Squall chiese, "perché mai una strega deve preoccuparsi di una cosa così di routine come le tonsille?"

Lei rise della domanda retorica. "Chi lo sa... la magia può quasi curare i morti, ma non può rimarginare uno sfregio in fronte." Enfatizzò la frase puntando il dito alla sua fronte.

Lui la guardò minaccioso, fingendo rabbia, ma anche lui sapeva che Quistis stava soltando cercando di alleggerire la situazione. "Molto divertente, professoressa," disse, accentuando con un certo sarcasmo l'ultima parola. Riportando l'attenzione a cose più importanti, chiese, "quindi è a Timber?"

"No, a dire il vero è andata a Deling. L'ospedale è più grande e meglio equipaggiato. In più, uno dei medici ha fatto l'internato con la dottoressa Kadowaki alcuni anni fa. Si è assicurata che fosse lui il medico principale di Rinoa. Se fossimo stati a conoscenza delle sue condizioni, avremmo potuto riportarla a Balamb. Ma non c'era un treno fino alla mattina dopo... e da quello che ha detto Zone, lei era molto a disagio. Sai quanto può essere testarda Rinoa... penso che abbia aspettato fino all'ultimo sperando che passasse da sé."

Era grato di sentire che lei si trovava in un posto che sapeva come affrontare la situazione, ed egualmente grato di sapere che era con qualcuno di cui potevano fidarsi. Poi realizzò che Rinoa avrebbe passato il suo diciottesimo compleanno in un letto d'ospedale. Che bel modo di festeggiare.

Sentì la voce nella sua testa, come una compagna fedele... quella che metteva in discussione tutto nella sua vita. Doveva andare a Deling City? Lei lo stava aspettando? Se ci fosse andato, sarebbe sembrato troppo disperato? Se fosse rimasto, sarebbe sembrato troppo sconsiderato? Con il tempo che serviva per il viaggio, sarebbe stato fortunato se fosse riuscito a passare là un giorno intero. Certo, se le ferite fossero state importanti, tutto questo non sarebbe nemmeno stato un problema... ma tutto era un problema, per lui. Cosa si fa in situazioni come queste?

"Vai," disse una voce. Cercò di sembrare confuso dalle parole di Quistis, ma sapeva anche lui che non l'avrebbe ingannata. Dannazione, lo conosceva troppo bene a volte. Lei si mise una mano nella tasca della giacca, allungandogli poi una piccola busta bianca. "In un modo o nell'altro abbiamo pensato che ti saresti chiesto cosa fare, quindi abbiamo deciso per te... dille che è un regalo da parte del resto dei suoi amici."

Lui aprì la busta e ne estrasse un paio di biglietti del treno - uno per l'andata a Deling, uno per il ritorno, entrambi con il cambio obbligatorio a Timber. Quistis lo guardò, con gli occhi pieni di comprensione. "Squall, non volevamo che tu leggessi troppo nel fatto che lei non fosse qui, e basta. Non è stata una scelta sua. Sai che sarebbe qui se avesse potuto, vero?"

Per qualche sconosciuta ragione, non riuscì a darle una risposta diretta. Credeva sinceramente che sarebbe tornata, ma in un modo o nell'altro quei 'dubbi lenti a sparire' gli si avvicinavano furtivi come un fantasma del passato. Forse era per quello che i suoi amici trovavano difficile avvicinarlo su certi argomenti - un qualcosa che per la maggior parte della gente era routine quotidiana si moltiplicava per dieci, per lui.

"È nuovo," disse lui soltanto, e la sua risposta era semplice ma sincera.

"Sì, Squall, lo è... ma fidati di me, ne varrà la pena."

*~*~*~*~*

La luce dell'alba filtrò attraverso le finestre, mentre la rugiada cristallizzata del mattino gettava un arcobaleno di colori su ogni centimetro del treno. La luminosità dell'alba svegliò Squall dal suo sonno incerto, e gli ci volle un momento per recuperare l'equilibrio. Cercò di stiracchiarsi, ma scoprì che serviva solo a moltiplicare il dolore del suo corpo. Chiunque avesse disegnato quelle poltrone di sicuro non pensava alla comodità di un viaggio notturno.

Dato che il karma dell'universo non era dalla sua parte, aveva scoperto che la carrozza riservata ai SeeD nel treno verso Deling era stata rimossa per l'ispezione annuale. Per lo meno, la prima metà del viaggio era filata liscia, dato che nella carrozza privata era solo. Onestamente, il silenzio era un compagno più che benvenuto, dopo aver trascorso la settimana precedente all'aperto. Anche solo la pace valeva il viaggio, senza nominare la possibilità di vedere Rinoa... no, non voleva permettersi di leggere nulla tra le righe. Quando lo faceva, trovava sempre il modo di farsi del male, o di farne a chi lo circondava. Era solo una semplice visita a un'amica. Sì... come no.

Guardò il panorama, mentre passava dall'essere completamente deserto all'ospitare edifici sparsi nell'erba. Più il treno si avvicinava a Deling, più gli edifici si facevano vicini, fino a quando non ci furono più campi. Strade affollate fiancheggiavano il tratto finale di avvicinamento alla città, e una voce rimbombò attraverso le comunicazioni interne, avvertendo che sarebbero entrati presto in stazione. Il Comandante cercò di non irritarsi quando l'uomo pronunciò l'annuncio obbligatorio; un annuncio che aveva sentito anche troppo spesso negli ultimi mesi. Mentre il treno si fermava, il conducente annunciò ai passeggeri che potevano scendere con attenzione sul marciapiede... il modo cortese di dire levatevi dalle palle.

Nell'alzarsi, un brivido di dolore gli corse lungo la spina dorsale, e borbottò alcune imprecazioni sottovoce mentre raggiungeva lo scompartimento per la notte. Ogni muscolo faceva male come se una Diecimila Aghi di Kyactus gli stesse perforando la pelle. Se il campeggio di sopravvivenza non era stato abbastanza stressante, aveva appena passato la notte in un sedile simile a quello della sedia elettrica.

Aspettò fino a che tutti gli altri passeggeri furono scesi dalla carrozza prima di prendere le sue cose. La borsa da viaggio di pelle nera era l'ultima delle sue due preoccupazioni... osservò la carrozza vuota per assicurarsi di essere davvero solo. Pregando tra sé e sé che la banchina fosse libera, afferrò una seconda borsa. I suoi amici gli avevano dato i loro regali di compleanni. Selphie aveva trovato una 'adorabile' borsa da shopping decorata da due gattini di pelo che indossavano cravatte e prendevano il tè. Desiderò d'aver trovato qualcos'altro in cui portare le cose... qualcosa che non avesse vestiti da bambola disegnati spudoratamente sul fianco.

In tutta la sua fretta di pulire e fare la borsa la sera prima, il semplice fatto di non aver comprato un regalo gli era temporaneamente sfuggito. Ora era qui, a Deling, e andava a trovarla con regali da parte di tutti... a parte lui. Sperò seriamente che lungo la strada gli venisse in mente qualcosa, o forse di notare qualcosa che spiccasse nelle vetrine.

Gli dei non sembravano essere dalla sua parte, perché ogni negozio a cui passava di fronte o era chiuso o vendeva solo giornali e sigarette, cosa quest'ultima che sicuramente lei non avrebbe voluto. Non desiderò più camminare ancora quando notò l'ospedale. Ok, forse l'idea di 'vederla' vinse ancora sulla stanchezza, ma l'avrebbe ammesso solo a se stesso. Guardò la borsa da shopping, e decise che prima o poi nel corso della giornata avrebbe saputo cosa prenderle. Ci contava.

*~*~*~*~*

Rinoa guardò l'alba dalla finestra mentre mescolava col cucchiaio il liquido tiepido. In qualche modo, brodo a colazione sembrava molto poco appetitoso, senza nominare che la formula in polvere che dicevano fosse zuppa avesse lo stesso sapore del gesso. Gettò le posate di plastica sulla superficie dura, sospirando irritata.

La porta si aprì con un suono leggero e Rinoa si voltò per vedere la donna con un camice bianco da laboratorio che entrava nella stanza. La paziente cercò di sorridere educatamente, anche se la gola le faceva male nel tentativo.

"Fastidioso, vero?" Il medico ricambiò il gesto, comprensiva, mentre studiava le cartelle mediche. "Lo so. Io mi sono fatta togliere le mie a dodici anni, ma più si invecchia e più il dolore e il fastidio aumentano." Posando la cartelletta sul comodino, la donna più vecchia guardò il vassoio con la tazza di plastica piena di liquido. "Penso che dovrebbe essere illegale chiamare zuppa una qualsiasi cosa iniziata come polvere."

Sedendosi sul bordo del letto, la donna allungò una mano alla giovane paziente. "So che quando ci siamo incontrate la prima volta, tu eri sotto sedativi pesanti. Sono Elise Vandermere, una collega della Dottoressa Kadowaki... mi ha chiesto lei di fare l'intervento. Voglio scusarmi per la stanza, ma di solito non abbiamo molti pazienti sopra i dodici anni su questo piano."

Rinoa le strinse la mano, e poi prese un blocco note, scrivendoci la sua risposta. "Piacere di conoscerla. La stanza va benissimo."

La dottoressa sorrise con cortesia, puntando il dito verso il muro proprio davanti al letto. "Mi fa piacere che la stanza vada bene, ma chiunque sia stato commissionato per la realizzazione di quei moguri rosa sul muro non dovrebbe lavorare mai più. Hai guardato che occhi che hanno? Io ho più bambini che hanno paura di dormire per colpa di quelle cose." Elise abbassò la voce come se dicesse un segreto, "personalmente penso che sembra che ne abbiano uno di troppo." La strega cercò di non ridacchiare, dato che il dolore era più forte quando lo faceva.

"Vogliamo solo trattenerti un'altra notte per monitorarti. Il preside Kramer vuole essere sicuro che tutto guarisca correttamente prima che tu venga dimessa. Ti prescrivo alcuni antidolorifici che contengono codeina, quindi potresti sentire sonnolenza. Facci sapere se noti di sanguinare copiosamente, se ti fanno male le orecchie, o pensi di avere la febbre. E soprattutto, ricordati di bere molto. Verrà un'infermiera ogni due ore per prendere i tuoi segni vitali, ma se hai bisogno di qualcosa nel frattempo, chiamaci pure... siamo qui per questo."

Rinoa si comportò come se stesse ascoltando attentamente le istruzioni del medico, anche se un'infermiera le aveva fatto la stessa predica la sera prima, e un'altra l'aveva ripetuta quella mattina prima di colazione. Il medico si allungò, posando il dorso della mano contro la fronte della giovane strega.

"Suono di nuovo un po' troppo come un dottore, eh? Rinoa, non preoccuparti di niente. Nessuno conosce il tuo segreto tranne me. Credono che tu sia un caso ad alto rischio per la 'cosiddetta' resistenza agli antibiotici del suo sistema immunitario." Fece una pausa per prendere fiato, notando il vuoto che la sua paziente stava cercando disperatamente di nascondere. "Ho sentito che oggi è il tuo compleanno, oso pensare che questo fosse l'ultimo posto in cui volevi essere."

Rinoa non rispose. Deling City era di sicuro l'ultimo posto in cui avrebbe desiderato essere quel giorno; aveva passato svariate ore a sognare il suo ritorno al Garden... e più specificamente, a Squall. In qualche modo, si sentiva come se avesse fallito, con lui... non aveva potuto evitare la situazione, ma si dava la colpa di tutto comunque. La uccideva non essere nemmeno stata lei a dargli la notizia, e sperava che lui avrebbe capito come stavano esattamente le cose. Comunque, si preoccupava del modo in cui lui l'avrebbe interpretato.

"Sì, è come pensavo Rinoa, ma queste cose non si possono prevedere. A volte, riescono ad andare per il meglio... il destino è complicato fino a quel punto," disse il medico, con compassione genuina.

La porta si aprì di nuovo ed entrò un'infermiera, portando dei fiori. Elise si alzò dal letto, e i due membri dello staff si scambiarono alcune parole prima che la dottoressa si congedasse e uscisse dalla stanza.

"Buongiorno, signorina Heartilly... sono l'infermiera Thatch, ma può chiamarmi Kimberley. Sono appena arrivati questi per lei all'ingresso. Sono bellissimi."

Rinoa guardò i garofani rosa e il velo di sposa che ornavano un vaso di cristallo. Quando l'infermiera le allungò il mazzo di fiori, lei aprì immediatamente il biglietto d'accompagnamento. Non sapeva perché... aveva solo sperato... diamine, non lo sapeva nemmeno più. Fece un sorriso forzato leggendo il messaggio: Buon diciottesimo compleanno Principessa, con amore Zone e Watts.

Di nuovo, fu lasciata sola con la sua zuppa - in mancanza di un termine migliore - e si trovò a guardare il mondo esterno per trarne conforto. Aveva fatto la stessa cosa da bambina, solo pochi isolati più in là nel viale. La vista di Deling sembrava non cambiare mai, ovunque ci si trovasse. Spingendo via il vassoio dal letto, si appoggiò ai cuscini, contemplando l'idea di passare la giornata dormendo. La porta si aprì per quella che sembrava la centesima volta della mattina, e si sentì come la principale attrazione di un qualche spettacolo medico da pazzi... la strega diciottenne nel reparto pediatrico per una tonsillite. Rifiutò di sentire di nuovo la 'predica delle tonsille'; chiudendo gli occhi, Rinoa sperò che l'infermiera pensasse che stesse dormendo e la lasciasse riposare. Ne aveva bisogno.

*~*~*~*~*

I tacchi dei suoi stivali risuonarono contro il pavimento di linoleum del corridoio, e lui si trovò stranamente - di tutti i posti possibili - nel reparto pediatrico. Sulla spalla destra, portava la sua sacca da viaggio nera, e nella mano sinistra la terrificante borsa a gattino. Almeno la sacca non sembrava fuori posto su quel piano, dato che aveva appena passato oltre la replica di oltre un metro e mezzo di un Chocobo che dava il suo benvenuto nel reparto per bambini.

"Sono qui per vedere la mia ragaz-" Non era sicuro se fosse stato il termine o l'ambiente a fermarlo, ma si trovò a metà frase. L'infermiera più anziana lo guardò con sospetto più che sufficiente a fargli desiderare di strisciare sull'ascensore, o almeno nascondersi dietro il Chocobo gigante.

"Signore, si rende conto che questo è il reparto pediatrico?" La donna era a un passo dal chiamare le autorità. Squall si chiese se la persona al banco informazioni, giù all'ingresso, gli avesse tirato uno scherzo malato e crudele.

"Rinoa?" chiese una voce morbida dietro di lui. Si voltò e vide una giovane dottoressa che si levava il camice. La donna allungò il camice all'infermiera, insieme a una cartelletta e altri oggetti. "Stanza 427... sono Elise Vandermere, il suo medico."

Dalle parole di Quistis, il giorno prima, aveva creduto che il medico fosse maschio. Senza riflettere pensò a voce alta, "pensavo che lei fosse un uomo." Beh, certo che era uscita del tutto sbagliata - si fece piccolo al pensiero di come lei avesse dovuto percepirlo. Odiava chiacchierare del più e del meno... non poteva ignorare quel commento e basta, la dottoressa?

"Davvero? Dalla schiena, e dalla borsa a gattini, io ho pensato che lei fosse una ragazza." No, certo che non poteva ignorarlo. Le risatine delle altre infermiere gli fecero provare a mantenere la dignità che era rimasta. Non avrebbe permesso a questo incontro di guastargli l'umore; aveva cose più importanti a cui pensare, oggi.

Allontanarsi dalla scrivania fu la cosa semplice... stare fuori dalla porta di Rinoa fu quella più difficile. Attraverso il pannello a vetri sulla porta, poteva vedere che era seduta ben diritta. I capelli neri erano tirati indietro in una treccia morbida, e un'infermiera stava dicendo qualcosa a cui Rinoa annuiva. Aveva in mano un vaso di fiori, e per un minuto, si maledì per non essersi fermato a prenderle nulla... almeno il giornale sarebbe stato qualcosa.

Anche da lì, poteva solo fissarla. Era anche più bella di quanto ricordasse. Anche stesa in un letto d'ospedale, poteva comunque illuminare la stanza. L'infermeria iniziò ad avvicinarsi alla porta e lui si scostò velocemente per non farsi vedere da Rinoa. Ora sentiva la sua parte di adolescente... un mondo che non era suo. Perché era così difficile? Perché era così spaventato all'idea di entrare e basta e parlare con lei? Aveva parlato con lei in altre occasioni... beh, circa. Doveva essere quello... questa era la prima volta che lui era effettivamente andato da lei. Senza i loro amici, senza quel supporto mentale in più di cui lui negava l'esistenza, ma su cui contava sempre.

L'infermeria lo salutò gentilmente mentre lui si appoggiava al muro; almeno questa non aveva tentato di far conversazione. Quando non ci fu nessuno nei paraggi, lui la guardò di nuovo attraverso la porta; aveva appena spinto via il suo vassoio e appoggiato la testa al cuscino. Era il momento, ora o mai più... in tutti i suoi anni di addestramento, nulla l'avrebbe mai potuto preparare a momenti come questo... momenti che lo spaventavano più profondamente di qualsiasi battaglia.

*~*~*~*~*

Tenendo gli occhi chiusi, Rinoa distolse il viso dall'infermiera mentre si tirava la coperta sulle spalle. Ascoltò il silenzio mentre la persona rimaneva in piedi e basta, e sapeva che chiunque fosse non se ne sarebbe andato senza controllarla. Sospirò, sconfitta, voltandosi, cercando di non mostrare della rabbia irragionevole verso il personale. Sì, era il loro lavoro, ma era la sua vita... senza contare che era il suo compleanno. Dubitava che questo potesse farle guadagnare punti simpatia con loro.

"Rinoa."

I suoi occhi si aprirono di scatto, e il cuore si fermò. Per un brevissimo istante, fu completamente scioccata. Era come un sogno, doveva essere un sogno... era l'unica conclusione logica. Forse era stato il modo in cui aveva pronunciato il suo nome, il modo in cui rotolava sulla lingua... o la piccola esitazione che sentiva nel suo tono di voce normalmente sicuro. Qualunque cosa fosse, era il suono più bello del mondo.

Prima che la sua mente si rendesse conto di cosa stesse facendo il suo cuore, saltò giù dal letto e lo strinse in un abbraccio profondo. A quel punto, avrebbe dovuto imparare dal passato, ma Squall si trovò meravigliato quando lei lo afferrò alla vita... e al cuore nello stesso tempo. Per un momento etereo, le sue paure si placarono e restituì l'abbraccio, posandole la guancia sulla testa. Le lisciò i capelli morbidi con una mano, mentre l'altra teneva saldamente i pacchetti. Alla fine, si ritrasse - non proprio sicuro del perché l'avesse fatto, ma ci sono abitudini dure a morire.

Si guardarono fino a che Squall spezzò l'incanto voltandosi. Lei non poté evitare di sorridere di quanto lui potesse essere timido, mentre percepiva il disagio che ancora lo circondava. Forse aveva un modo di flirtare un po' troppo forte, come abbrancarlo fisicamente non appena era entrato.... ma, semplicemente, lei non riusciva a mascherare certe emozioni come faceva lui.

"Mi sei mancato," disse lei con la voce roca. Poteva parlare, ma le irritava la gola farlo. Dirgli quelle parole valeva qualsiasi prezzo...

Mi sei mancata anche tu, pensò lui immediatamente, ma non ripeté le parole ad alta voce. Posò le borse su una sedia lì accanto, e poi tornò di nuovo da lei, ancora in piedi. "Non penso che dovresti parlare, adesso, dovresti riposare." Le mise attentamente una mano sulla spalla, mentre con l'altra indicò il letto. "Ora vai, signorina Heartilly." Lei alzò gli occhi al cielo; suonava più come il personale medico che come il suo ragazzo.

Stendendosi di nuovo, si tirò il lenzuolo bianco addosso, e poi iniziò ad allungarsi per prendere la coperta. Fu sorpresa quando lui la afferrò per primo, coprendola delicatamente. Rinoa poté solo sorridere mentre lo guardava muoversi. Poteva vedere quanto tenesse a lei, anche se lui non l'avrebbe mai ammesso.

Prendendo una sedia dal tavolino, lui la avvicinò al lato del letto. Poi si sedette, guardandola, prima di distogliere lo sguardo e portarlo sulla finestra. Lei si sentì quasi dispiaciuta per lui, per la prima volta nella loro relazione era lui a dover fare tutta la conversazione... doveva essere passato almeno un minuto quando lui riportò gli occhi su di lei. Annuendo disse piano, "ciao."

Lei non poté evitare di ridacchiare di lui. Era così carino, così sperduto in quel momento... ma era lì. Doveva solo aiutarlo a trovare se stesso sotto gli strati di sfregi emotivi. E se lui avesse saputo che l'aveva appena chiamato 'carino' tra sé e sé, non sarebbe stato molto eccitato, a dir poco.

Prese la matita e il blocco note, e scrisse sulla pagina, "non eri obbligato a venire, starò bene."

"Lo so, ma ho fatto quello che volevo fare." Aveva appena detto questo? Dentro di sé si fece piccolo alle sue parole trite e ritrite, almeno per quanto lo riguardava. Guardando la stanza, cercò di trovare qualcosa di cui parlare; doveva cambiare argomento in fretta. La prima cosa che vide fu il muro, e di conseguenza il suo primo pensiero fu, dannazione, quelli sono dei moguri davvero brutti! No... meglio dire qualcosa di più appropriato, sembrare più intelligente. I garofani rosa catturarono la sua attenzione.

"Bei fiori."

Oh Hyne, andava sempre peggio... commentava decorazioni floreali con aggettivi di grande effetto come 'bello'. Squall si stava rendendo conto di come tutta questa roba della conversazione fosse sopravvalutata. Non suonava mai così stupido nella sua testa, no?

"Da chi arrivano?"

Classico salvataggio, ora sembrava un idiota geloso. Lei prese la bustina ancora attaccata alla confezione di plastica. Lui la aprì, felice di avere qualcosa da fare con le mani. Leggendo il biglietto, fu colpito da qualcosa che spiccò alla sua mente, una cosa a cui non avrebbe pensato se si fosse trattato di un'altra persona: l'uso della parola 'amore'. Com'era semplice per Zone e Watts firmare un biglietto con quella parola, com'era semplice per il mondo intero usarla. Anche se avesse portato con sé un biglietto, come l'avrebbe firmato? Ora come ora l'amore era troppo nuovo, eppure nient'altro sembrava adatto...

Una mano si allungò per riprendere il biglietto dalla sua. Lei sorrise, scuotendo la testa come per sgridarlo scherzosamente per i pensieri che aveva. Sapeva che lui stava pensando a qualcosa, ma non era sicura di quale sentiero stesse seguendo la sua mente, al momento. Con Squall c'era un miliardo di possibilità e lei non avrebbe nemmeno osato tentare di indovinare su che strada stava vagando.

"Buon compleanno," disse lui, come se c'avesse pensato dopo. Ora era candidato per l'imbecille del mese... come aveva potuto non dirglielo subito? Sollevò una mano cercando di nascondere il suo imbarazzo; desiderò di nascondersi dietro la statua del Chocobo gigante. Guardò la borsa a gattino e immaginò che poteva almeno darle la roba che i suoi amici gli avevano consegnato.

Dopo aver preso i regali, si sedette di nuovo, posando la borsa accanto ai suoi piedi. Frugò all'interno e prese il pacco più grande, sperando che gli avrebbe tolto un po' di pressione di dosso. "Io penso che questo sia di Selphie," disse con un po' di sarcasmo nella voce mentre le allungava il pacchetto coperto di carta da regalo a Kyactus.

Rinoa scartò il regalo... un paio di pantofole a forma di chocobo e una maglietta da notte abbinata. Il prossimo regalo era di Quistis, una prima edizione rilegata in pelle della sua favola preferita;poteva appena credere che l'insegnate se ne fosse ricordata: l'aveva accennato appena una volta. Zell e Irvine avevano messo insieme le risorse per comprarle un buono regalo in un ristorante di Balamb, su cui la signora Dincht era pronta a giurare. Il regalo finale la colse leggermente di sorpresa; era da parte di Cid ed Edea... un fermaglio in marcasite(1) e argento dalla forma di ali d'angelo.

Mentre rimetteva tutti i regali nella borsa, fu grata di avere amici che tenevano davvero a lei. Era passato tanto tempo e loro erano una famiglia in tutti i sensi, almeno per lei. Notò di nuovo che Squall sembrava a disagio, e desiderò che lui sentisse la stessa tranquillità che provava lei quando era con lui.

"Rinoa, mi dispiace non ti ho comprato niente - non ancora. Sono stato in missione, e poi... no... non ci sono scuse. Mi dispiace."

Quando avrebbe capito che la sua semplice presenza era abbastanza? Non aveva davvero pensato che sarebbe venuto, sperato sì, ma esserne convinta... spingendo via le coperte, si alzò cautamente dal letto. Lui la guardò, non sicuro di cosa stesse facendo. Lei gli offrì una mano, e lui accettò esitante il gesto; poi lei lo tirò in piedi.

"Rinoa, dovresti davvero restare a letto."

Ignorando le sue proteste, lei gli posò la testa sul petto e lo circondò con le braccia. Lui resistette all'inizio, poi sospirò, permettendosi di cedere. Lei ascoltò il suo battito del cuore che accelerava mentre rimanevano in piedi e fermi, i muscoli tesi per gli ultimi minuti. Gradualmente lo sentì rilassarsi, mentre lei rimaneva in quella posizione rifiutando di cedere. Quante volte aveva pensato a questo nelle ultime tre settimane, all'essere vicino a lei?

"Mi sei mancata anche tu." Le parole le echeggiarono dolcemente nelle orecchie. La sua voce le danzava in testa, mentre il suo respiro caldo giocava con i capelli sulla sua nuca. Trovando il coraggio di spezzare quel contatto caldo, lei tolse la testa dal suo petto e lo guardò negli occhi. Per un secondo si scrutarono senza che passasse una parola tra loro.

Pensieri del balcone gli riempivano la mente, indietro fino a quel primo bacio che avevano condiviso più di un mese prima. Si abbassò e prima di rendersene conto, la stava baciando ancora. Lo fece più delicatamente della prima volta... sapendo quanto dovesse dolorante per l'operazione, ma aveva solo bisogno della sensazione di un altro che lo toccava, lo conosceva, scambiando così tanto in un semplice bacio.

"Wow, scusa Rin!" Una voce si alzò imbarazzata.

Squall si separò nascondendo il viso ai due uomini nella stanza. Si maledì per non aver sentito la porta - l'addestramento ad essere consapevole dei propri dintorni volava veloce fuori dalla finestra quando lei era nei paraggi. Lo considerava una debolezza che avrebbe dovuto vincere, lasciare che l'emozione guidasse la ragione.

Mentre guardava il pavimento, non era sicuro se era più arrabbiato per essere stato sorpreso, o per il semplice fatto che erano entrati nel mezzo di qualcosa di così... beh, così perfetto. Zone e Watts erano parte del passato di Rinoa. Era consapevole che sarebbero sempre stati parte del suo futuro. Il trio aveva passato tante cose insieme, e lui era grato dei legami tra loro. Lei, da parte sua, non era per nulla a disagio per la situazione, rideva anzi rocamente per la reazione del Comandante. Squall cercò di ritirarsi dalla sua posizione attuale, ma lei gli afferrò un braccio costringendolo a rimanere accanto.

"È bello vedere che ti stai prendendo molta più cura della nostra principessa, stavolta," commentò Zone, alzando un sopracciglio in direzione della coppia. Allungò la mano perché il SeeD la stringesse, più o meno come nel loro primo incontro. Questa volta Squall la accettò, ma fu comunque attento a evitare il contatto visivo.

"Moltissima cura, signore," echeggiò Watts.

Rinoa strinse gli occhi, lanciando un'occhiataccia ai due, incapace di pronunciare una replica pungente e intelligente.

"...Scusa, principessa," disse Zone. "Conosco quello sguardo... e non è proprio di quelli buoni."

"Tipo quando la svegli, uhm."

"Nah, niente lividi o graffi," Zone fece un simbolico passo indietro, "per adesso."

"Rinoa, se hanno intenzione di rimanere qui un po', ci sono cose che devo fare." Squall vide la delusione sul suo viso e la rassicurò, "starò via solo per un'oretta... promesso." Lei fece un sorriso forzato, annuendo appena. "Hey, sono io a Deling; in che problemi posso cacciarmi?"

"Beh, signore, Zone e io frequentiamo questo 'club' che è aperto venti-" Un gomito colpì con forza l'addome del giovane uomo, mentre Rinoa stringeva ancora gli occhi verso il suo amico. "Oh... sì... non importa."

"Non preoccuparti, ci prenderemo cura di lei mentre sei via... ci assicureremo che non gonfi come palloni tutti i guanti di lattice - di nuovo."

Squall la guardò, mentre lei cercava di sembrare innocente. Fu costretto a ridere all'immagine. "Rinoa... non l'hai fatto?" Lei fece un gesto con la mano, ignorando la domanda.

"Sì signore, l'ha fatto, non questa volta... ma in uno dei suoi molti viaggi al pronto soccorso. Non è stato così brutto, fino a che non ne ha usati una dozzina come palloni da gavettone."

Abbassando la testa, lui la guardò direttamente negli occhi con uno sguardo di disapprovazione. Era uno che di solito riservava agli studenti, o Zell e Irvine, in certe occasioni. "Molte volte? Palloni da gavettone? Penso che ci sia molto di te, signorina Heartilly, che non conosco."

Evitando di rispondere, lei lo spinse verso la porta facendo ciao con la mano. "Ora vuoi liberarti di me, ho capito come sei fatta." La porta si chiuse e lui la guardò mentre lo salutava con la mano attraverso la piccola finestra. La punta della sua treccia nera le rimase sulla spalla, mentre i suoi occhi incontravano i suoi con così tanta emozione e un pizzico di allegria. Per un momento, Squall si chiese perché aveva dubitato di venirla a trovare; la scelta sembrava così ovvia ora. Sperava solo che lei non sapesse mai dei suoi primi dubbi... e desiderò che i suoi amici avessero un tempismo migliore.

*~*~*~*~*

Seduto al tavolino, Zone mescolò il suo mazzo di carte da Triple Triad. Si era dato la missione di riordinarle alfabeticamente. Non era stata la sua intenzione originaria, ma Watts aveva apertamente rifiutato di fare un'altra mano. Aveva i suoi dubbi sull'etica del giocatore di Zone riguardo a regole che 'sembravano' cambiare spesso - e dipendeva pesantemente dalla situazione. Quindi, per passare il tempo, l'uomo frugò nella sua preziosa collezione di carte.

Watts era appoggiato allo schienale della sedia accanto al letto. Aveva fatto come fosse a casa sua, togliendosi le scarpe e mettendo i piedi sul bordo del materasso. La televisione era accesa, e ora si trovava tutto preso da un talk show a telefonate locale.

Poco dopo che Squall si era congedato, era tornata un'infermiera con la medicina. Aveva fatto alla paziente una severa ramanzina perché non era a letto e non riposava come doveva. Rinoa aveva resistito per la prima metà dello zapping di Watts, ma poi si era trovata ad appisolarsi. Entrambi l'avevano convinta a cedere al sonno, e che sarebbero rimasti fino al ritorno del Comandante.

La porta si aprì e Zone fece un misero tentativo di salutare l'uomo che entrava, preoccupato, data la sua fortuna, che la carta gli volasse via. Watts lo salutò appena con la testa, cercando di sentire la fine dello show.

Squall chiuse la porta e posò uno dei due sacchetti che aveva portato sul tavolo. Mise il secondo sul pavimento accanto al letto di Rinoa. Quando si voltò a guardarla dormire pacifica, fu sorpreso del ricordo vivido che gli inondò la mente come un tifone... e delle emozioni represse che si portava appresso. Eccola stesa serenamente in un letto d'ospedale, il viso pallido sotto le luci. Gli ricordava un altro momento, quando non poteva svegliarsi. Parte di lui voleva correre là e scuoterla per svegliarla, solo per convincersi che era tutto lì... dormiva e basta. Il letto, le lenzuola, l'espressione distante del suo volto... così senza vita... così...

"Signore?"

La voce lo riportò indietro, e Squall si rese conto che si era ritirato di nuovo nel suo mondo. Allungò una mano sul naso, strofinandosi gli occhi nel tentativo di velare qualsiasi segno di momentanea disattenzione.

"Scusa Watts... mal di testa."

"Oh, speri che passi, possono essere dei brutti disturbi dolorosi."

"Sì," disse, quasi in un sussurro sottovoce, "dolorosi."

"Ad ogni modo signore, come stavo dicendo, le hanno dato una medicina e dorme da circa quarantacinque minuti. So come può essere quando la si sveglia senza l'aiuto di narcotici, quindi io userei molta cautela."

"Grazie."

Zone raccolse le sue carte, riponendole con attenzione nella scatola da carte che aveva comprato dopo 'La Guerra di Artemisia'.

"Hey amico, hai ancora la carta di Shiva? Era una delle mie preferite."

Sono sicuro che lo fosse. Squall si tenne il commento per sé e scelse qualcosa di appena più diplomatico. "Sì, grazie. Mi è stata molto utile."

"Eh eh, anche per me amico, anche per me." Zone guardò il Comandante con un'espressione compiaciuta. Squall ricambiò con un'occhiataccia su un viso senza espressione, sperando che se ne andassero molto presto. A volte si chiedeva solo come avesse fatto Rinoa a incontrare quei due, o come avesse fatto un'amicizia così leale a formarsi tra tre individui così diversi. Ma comunque, lui non capiva mai Rinoa... diamine, lo voleva accanto, e il perché lo volesse rimaneva un mistero.

"Beh Squall, spero che tu ti prenda cura della carta, Ma ragazzi, ne è valsa la pena... quella rimane la miglior copia di 'La mia vicina' mai stata stampata. Ancora non riesco a credere di aver venduto la mia copia originale."

A volte il fato trova umorismo in situazioni imbarazzanti e umilianti. Se Squall avesse trovato un buco in cui strisciare, l'avrebbe fatto in quel preciso istante - quando notò che Rinoa si era svegliata dal mondo dei sogni e ora lo guardava con un'espressione molto sconcertata.

Doveva uscirsene con una buona, e plausibile, spiegazione, "uhm... uhm... err... lunga storia." Sì, quella risposta valeva tutti gli anni di addestramento e di manovre decisive in zone di guerra - cosa che ora si manifestava nella forma di una stanza d'ospedale. Come ultimo disperato tentativo di lasciar perdere quell'argomento imbarazzante la guardò, ripetendo, "molte volte...e palloni da gavettone?"

Lei sospirò sconfitta, almeno per il momento. Rinoa giurò a se stessa che gli avrebbe estorto l'intera storia, prima o poi. Era solo così meraviglioso svegliarsi da quello stato tra sonno e coscienza, sentendo la sua voce che le riempiva i sensi. Era così preziosa... ogni parola era un dono che avrebbe custodito per sempre come un tesoro.

I due Gufi del Bosco risero di gusto all'interazione silenziosa della coppia, una relazione che nessuno dei due pensava ci sarebbe mai stata. Entrambi si avvicinarono, dando a turno un bacio veloce a Rinoa prima di salutare e infine andarsene. Squall guardò ciò che succedeva, e non era sicuro di come si sentiva quando salutarono. Sapeva che i baci non avevano significato nulla più che amicizia, ma in qualche modo si sentiva invidioso del loro abbandono, di come potessero essere così liberi con le loro emozioni verso una cara amica... come se la capacità di aprirsi fosse la cosa più naturale al mondo.

"Oh, scusa," disse lui quando notò che lei lo guardava. "Solo che... non importa..."

Lei non ebbe bisogno di dirlo, lui sapeva già cosa stava pensando, no Squall, come faccio a sapere cosa intendi se non me lo dici? Per alcune cose, poteva essere prevedibile quanto lui.

"Sto solo pensando che per una volta devo essere io a parlare, è come se tu non fossi in grado di chiacchierare su cose inutili." Merda... l'aveva appena detto davvero? Devo... assolutamente... correggermi, pensò, sbattendo la testa contro un muro immaginario. Si grattò la nuca durante un'imbarazzante pausa di silenzio. "Rinoa, non intendevo inutili... intendevo inutili per me." All'improvviso la parola 'cretino' gli lampeggiò in testa mentre ricordava di quando sentiva i pensieri di Laguna. Per un breve... brevissimo... secondo, sentì quasi pietà per l'uomo, trovandosi ora dall'altra parte della situazione 'cretino'.

Trovando il coraggio di guardarla direttamente, fu sorpreso di vedere il suo viso che diventava rosso dallo sforzo di trattenere le risate. Con una mano si copriva la bocca, e aveva le lacrime agli occhi. Trovava la sua sofferenza una fonte di grandi risate, ma in qualche modo le sue azioni lo facevano, a dire il vero, sentire meno 'cretinoso', per mancanza di termini migliori.

"Acqua," disse lei tra respiri profondi mentre si teneva la gola.

Squall annuì, capendo, e le vuotò un bicchiere d'acqua ghiacciata che trovò in una caraffa, sul comodino. Lei bevve alcuni sorsi prima di ridargli il bicchiere. Gli indicò la sedia accanto a lei, cercando di fargli capire di sedersi un po'. Lui rimise il bicchiere sul vassoio, e si tolse la giacca di pelle nera, appoggiandola allo schienale della sedia. Infine, si sedette, ed erano quasi occhi negli occhi.

Lei afferrò il blocco note, scarabocchiando, "beh, posso scrivere, nulla di nuovo al Garden?"

"Qualcosa qui e là... Quistis ha ufficialmente riavuto la sua licenza d'insegnante. Ho passato una settimana in purgatorio con delle matricole che hanno fatto sembrare Zell l'immagine della calma. È solo che è diverso senza l'influenza dei Master del Garden. Quel posto ha un'atmosfera completamente diversa." Si fermò per un secondo e la osservò, scioccato da ciò che aveva appena detto. "Rinoa, non mi va davvero di parlare di lavoro. Voglio solo godermi questa giornata... posso dirti tutto quando torni."

Squall chiuse gli occhi quanto toccò l'argomento, nascondendosi il viso tra le mani. Non aveva avuto intenzione di parlarne... era tutto ancora così poco pianificato. "Voglio dire... ecco... se decidi di tornare, di viverci, venire a trovare... quel che è."

La prima settimana in cui lei era rimasta al Garden dopo Artemisia, c'era più spirito di celebrazione che quello di un'istituzione militare. Le regole istituite da Norg erano state trascurate, corrette, o temporaneamente sospese, in quel periodo. Era il tempo per ricostruire, riflettere, e ricordare tutto ciò che si era perso o guadagnato. Due giorni dopo la festa ufficiale, lei se ne era andata di nuovo... tornando al posto in cui si erano incontrati la prima volta per 'lavoro'.

Sentendo la spirale del blocco note che gli colpiva il dorso della mano, guardò quello che lei aveva scritto, "Lo sai? Cid te ne ha parlato?"

"...Sì," esitò, sentendosi come se stesse tradendo una confidenza sacra. "Rinoa, so che ci sono molte regole e divieti... so come sei fatta, e le libertà a cui tieni. Capisco che con il mio lavoro e il lavoro della SeeD... sono... sono tornato a quello, no? Sembra che tutto torni sempre al lavoro, vero?"

Cercò di fare un piccolo sorriso, anche se lei intuì che era forzato. "Non importa, possiamo parlare più tardi anche di questo... è il tuo compleanno, concentriamoci su quello." Allungandosi, le posò esitante una mano sulla sua. Lei piegò la testa e ricambiò con un sorriso, rassicurandolo che la sua carezza era gradita. Sentì qualcosa che gli premeva appena nella pelle del braccio,e guardando cosa fosse, notò la targhetta identificativa intorno al polso di lei. Qualcosa catturò la sua attenzione... 'Rinoa Caraway' seguito da 'Heartilly' tra parentesi. Parte di lui gliene voleva chiedere il motivo, ma immaginò che non fosse né il momento né il posto adatto per parlarne. Era meglio lasciare che alcune ferite guarissero da sole, e lui aveva già avuto la sua parte di momenti imbarazzanti della giornata - abbastanza da durare per tutta la prossima vita.

"Uhm... Rinoa, ho preso alcune cose... niente di speciale," disse piano, come se il pensiero lo mettesse in imbarazzo. Le lasciò andare le dita, rimpiangendolo quasi subito. "Io... li avrei incartati... ma sinceramente non so come si fa."

Mentre si allungava verso la borsa, lei scrisse qualcosa sul blocco note. Quando ebbe finito, glielo restituì: "incartare regali non è tra gli insegnamenti propedeutici all'esame SeeD? Sono scioccata... davvero..."

"Vedo un po' di sarcasmo sulla carta? Davvero, signorina Heartilly, per quello serve molto talento." Lei gli fece l'occhiolino, scherzosa, riprendendosi il blocco note.

"CATTIVO!!!"

Lui guardò la nuova scritta e per la prima volta fu costretto a ridere forte. "Wow, sono stato promosso a 'cattivo tutto maiuscolo'... è un grande onore che mi concedi. E tre punti esclamativi... sono un po' deluso che non sia sottolineato... ma mi accontenterò, credo. Comunque, questo mi porta al tuo primo regalo..."

Frugando nella borsa, ne estrasse una lavagna magnetica per bambini. Su un lato era attaccata una penna, sull'altro lato quattro formine diverse. "Penso che Selphie mi abbia influenzato troppo, ma ecco, 'salva un albero'... o visto come procedi, salvane qualche centinaia." Rinoa prese la lavagnetta, e finse di colpirlo irritata. Lui finse di parare i colpi, mettendosi le braccia davanti per difendersi.

"Ora so perché non compro regali alla gente," aggiunse, continuando a fingersi spaventato. "È troppo pericoloso... dovrei essere grato che non era un cucciolo."

Vide che lei stava scrivendo qualcosa con la penna magnetica. Di nuovo, aveva scritto la parola 'cattivo', questa volta con più punti esclamativi e sottolineata molte volte. Lui le prese la lavagna, facendo scorrere la parte inferiore che puliva lo schermo.

"Chissenefrega," scrisse in risposta. Lei non poté evitare di ridere di nuovo; il momento valeva qualsiasi prezzo, anche il dolore che sentiva in bocca. Lui frugò ancora nella borsa, e tirò fuori un oggetto che tenne per il momento nascosto.

"Dato che probabilmente stasera saremmo andati a cena... ho voluto comprarti il meglio." Sollevò una lattina di zuppa di pollo in scatola. "Vedi, un passo avanti rispetto alla polvere, in più ora contiene il venti percento in più di fettuccine."

Lei scrisse sulla lavagna, "apriscatole?"

Lui cercò nella borsa, tirandone fuori uno e commentando, "buon compleanno. Sono un SeeD, penso a tutto."

Di colpo, il suo umore cambiò. Lei poté vedere che il suo atteggiamento tornava ad essere quello del vecchio Squall. "Squall?" domandò con la voce roca, invece di scrivere.

"Niente," borbottò lui, guardando nella borsa. Rinoa era incuriosita da cosa lo stesse intristendo, e si allungò verso il bordo del letto. Vide una piccola scatola piatta nella borsa, e capì che era quello che lo stava turbando.

"È solo una cosa stupida... nulla di speciale. Io... io ho solo..." Lei lo interruppe sorprendendolo con un bacio dolce sulla labbra. Non durò molto, ma fu perfetto. Lei posò la fronte su quella di lui e rimasero così per un momento. Alla fine, lui sospirò sconfitto, prendendo l'oggetto... mentre glielo allungava, si sentì come se fosse qualcosa che aveva bisogno di spiegazioni, che però nemmeno lui sapeva dare, in quel momento.

Lei aprì il piccolo pacchetto e i molti strati di carta bianca. Al centro c'era un fermaglio per capelli intarsiato, in madreperla. Era bellissimo. Lo tolse dalla sua scatola, e fece scorrere le dita sull'argento liscio, toccando poi l'intarsio. I suoi occhi sembravano riflettere i piccoli cristalli ai bordi del fermaglio. Rimase seduta in silenzio come lui faceva sempre, incapace di dire, o scrivere, qualsiasi cosa.

"È che non sapevo cosa comprare. L'ho visto e ho pensato... che forse potessi usarlo. Ma se non ti piace, posso riprenderlo."

Lei scosse la testa in cenno di diniego alla sola idea di restituirlo. Lui la guardò mentre lei si scostava in avanti, prendendosi i capelli. Attentamente, si tolse il laccio e con le dita disfece la treccia morbida. I suoi capelli neri le scivolarono oltre le spalle, la treccia che le lasciava delle onde. Con le dita, si separò le ciocche frontali da ciascun lato, togliendosele dal viso. La parte sottostante dei suoi capelli rimase sciolta, illuminandole il viso con grazia.

E lui la guardava.

Per mancanza di qualsiasi cosa che potesse capire, la guardava. Perché? Perché era ancora lì con lui? Perché voleva addirittura sopportare i suoi sbalzi d'umore? Perché dopo tutto quel tempo in cui l'aveva respinta, lei era rimasta?

Rompendo la tensione fragile come vetro, un'infermiera entrò nella stanza per il giro quotidiano. Entrambi sobbalzarono leggermente, essendo stati colti alla sprovvista da un'altra intrusione sgradita. Squall si alzò e andò verso il muro più lontano, appoggiandocisi contro. Incrociando le braccia sul petto, guardò l'infermiera che ripeteva la routine standard che aveva spesso visto nell'infermeria. Finalmente, se ne andò... lasciandoli di nuovo soli.

Lui andò verso il tavolo e prese la seconda borsa con cui era tornato. "Ho notato mentre ero qui prima che hai un lettore dvd... mi sa che il reparto pediatrico ha i suoi vantaggi. Dato che so di non essere il miglior conversatore del mondo... ho noleggiato qualcosa. Non sapevo cosa ti piace guardare, così ne ho noleggiati un po' di vari generi. Ho pensato che così, qualcosa avrei centrato."

Prese due pile di film dalla borsa. Lei diede un'occhiata all'assortimento, scioccata dell'enorme quantità di titoli tra cui scegliere. Non aveva davvero idea di cosa voleva guardare, ma non importava... fin quando lui era lì, null'altro importava.

Ponderando tra film d'azione, drammatici, romantici e commedie, decise finalmente per quest'ultimo. Ora come ora, film drammatici e d'azione le avrebbero alla fine ricordato il lavoro - quella era la ragione per cui scartò i film di guerra ancora prima di guardarli. Se lui fosse stato più a suo agio, avrebbe potuto scegliere un film romantico... ma voleva che non si sentisse così insicuro sulle relazioni ora - e quei film sembravano sempre troppo pieni di cliché per la vita vera.

Lui infilò con attenzione il dvd nel lettore, e poi tornò alla sua sedia. Con la coda dell'occhio, Squall la vide muoversi, ma non era sicuro di cosa stesse facendo. Un piccolo eco lo fece guardare del tutto verso di lei; lei si era spostata verso un lato del materasso. Il retro del letto era sollevato per farla stare seduta, come era stato per tutto il giorno. Una coperta grigia le copriva quasi tutto il corpo, tranne il torso. Per un secondo la guardò con un'espressione confusa e un po' spaventata.

Mentre il film cominciava in sottofondo, lei fece lo stesso gesto... offrendogli di nuovo lo spazio sul letto. Prendendo quanto coraggio serviva per un atto semplice quanto sedersi, si mosse finalmente verso di lei. Con cautela, si prese lo spazio accanto a lei, sempre ben attento a evitare di toccarla accidentalmente. Lei non tentò nemmeno una volta di toccarlo, ma gli permise sempre di mantenere il controllo. Era già un risultato enorme averlo seduto così vicino a lei, per un periodo considerevole di tempo.

Insieme, in silenzio, guardarono il film... e i tre che seguirono. Lei trovò persino il coraggio di infilarci un film romantico nella parte finale della serata. E in un momento o l'altro nel corso della giornata, lui trovò il coraggio di prenderle la mano e stringerla. Per lui era un sollievo enorme non dover conversare, anche se non rimpiangeva nulla di quell'esperienza... ok, alcuni commenti che avrebbe rivisto prima di pronunciarli... ma alla fine, aveva gestito la situazione con dignità. Per quanto riguarda lei, era soddisfatta che lui ci fosse, che avesse trovato in sé la forza di affrontare alcuni suoi demoni, non importava se fossero grandi o piccoli. Altre cose avrebbero potuto essere risolte più avanti; ora... era un inizio.

La giornata non era andata per niente come aveva pianificato Rinoa, ma non l'avrebbe cambiata per nulla al mondo. Era di gran lunga il miglior compleanno che avesse mai avuto, o che avrebbe avuto in futuro... ma nessuno conosce il futuro, giusto?

*~*~*~*~*

Ad un certo punto, nella notte, Squall era andato al suo albergo, e lei non sapeva nemmeno a che ora. Il medicinale l'aveva resa estremamente sonnolenta, e parti della notte si confondevano insieme come acquerelli. Ma ricordava che lui le aveva dato il bacio della buonanotte; questo non avrebbe mai potuto dimenticarlo. Dapprima aveva pensato che fosse un sogno, ma era molto meglio - nessun sogno poteva essere così reale.

La mattina dopo si svegliò allo scampanellio rumoroso del carrello della colazione, e a un altro pacchetto di polvere che pretendevano di chiamare zuppa. Odiava il fatto che lui dovesse passare così tante ore in viaggio; quelle che avevano davvero passato insieme sembravano poche, in proporzione. A conti fatti, aveva passato il doppio delle sue ore di vacanza sul treno rispetto a quelle che aveva passato con lei.

"Signorina Heartilly, è arrivato questo per lei."

Una giovane volontaria entrò nella stanza, portando qualcosa avvolto in carta verde. Rinoa sorrise educatamente; la gola sembrava andare leggermente meglio del giorno prima. Tirò indietro l'involucro esterno, e vide una sola rosa color pesca circondata dal verde. Buttando la carta da parte, tenne il fiore per il lungo stelo. Le cadde in grembo una bustina bianca, e lei la prese. In qualche modo... non l'aveva pensato, questa volta nemmeno sperato, ma quando lesse il biglietto, lo seppe.

"Chissenefrega."

Forse per qualcuno non era il sentimento più romantico del mondo, ma in quel momento, per lei... era tutto ciò che avrebbe mai potuto desiderare. Poteva vivere tra regole e divieti, ma non poteva vivere senza l'avventura che li aspettava. Per un minuto ancora, tenne in mano il fiore delicato.

Ed era perfetto, proprio come lui.

*~*~*~*~*

Dalla stanza delle infermiere, guardò mentre lei apriva il biglietto. Poteva vedere il suo sorriso, e sentirla ridere, anche se gli dava le spalle e la porta era chiusa. Poteva vedere comunque...

Voltandosi, Squall uscì in fretta dall'ospedale, sperando di riuscire a prendere il treno in tempo. Lungo la strada verso la stazione, non poté evitare di pensare al giorno prima... e per un momento, sorrise.

Era strano persino per lui, il modo in cui sentiva quando stava con lei. Quasi come vivere l'infanzia che non aveva mai avuto, sperimentando per la prima volta parti della vita che non sapeva esistessero. A volte il cambiamento lo spaventava, e lui non sapeva nemmeno più chi era davvero. No, lei non l'aveva davvero 'cambiato', come spettegolavano al Garden. Forse aveva solo trovato qualcosa, dentro di lui, sepolto in profondità e dimenticato. Non cambiava per lei, ma grazie a lei... ed era tutta lì la differenza.

*

Note al testo
(1) marcasite: Minerale di colore giallo bronzo con lucentezza metallica, usato in oreficeria.

*****
Nota dell'autrice (rivista il 18 marzo 2008): ciao a tutti... volevo spiegare un po' l'idea dietro a questa storia prima che scappiate tutti. L'idea è che la storia copra l'arco di tempo di un anno. Dal diciottesimo compleanno di Rinoa al diciannovesimo, segue la crescita della relazione tra Squall e Rinoa. È il mio tentativo (e uso la parola con leggerezza!) di coprire alcuni buchi e idee non sviluppate nel gioco, o solo accennate.
Ad ogni modo, vista la lunghezza a cui è arrivata, e grazie ai lettori che mi hanno incoraggiato, ho deciso di spezzarla in due storie distinte, ma complete. "Dancing in Time", la storia a trenta capitoli che state leggendo, riguarda di preciso i primi quattro mesi (dal due marzo al quattro luglio) della relazione tra Squall e Rinoa. Di per sé, questa storia si regge da sola e io la considero una storia completa. La continuazione 'dell'anno' non avrà lo stesso titolo. Quando avrò un titolo definitivo, lo scriverò qui, dato che ora il titolo su cui sto lavorando è "Wings of our Dreams", anche se nulla è deciso (NDT: il titolo del 'sequel' è poi diventato 'Endless Waltz' attualmente in corso).
Quello che state leggendo (Dancing in Time) si concentra sull'inizio della relazione e sulla storia che entrambi cercano di negare. Soprattutto, l'elemento romantico tra Squall e Rinoa ci sarà sempre, come in tutte le mie storie. E sì, i capitoli finali conterranno del dramma, insieme a momenti umoristici. Ogni capitolo sarà tecnicamente una sorta di oneshot, ma insieme saranno completi (gli ultimi saranno piccoli archi di tempo, divisi a causa della lunghezza). Spero che vi piacerà leggerla: onestamente, questa è stata una delle storie che mi sono divertita di più a scrivere. Inoltre, non possiedo nessuno dei personaggi di FFVIII, quindi citarmi in giudizio sarebbe inutile, dato che i miei figli mi risucchiano tutti i centesimi extra...
Nota delle traduttrici: ecco la nuova storia di Ashbear! La stiamo ancora traducendo, ma contiamo di riuscire a postarla abbastanza regolarmente^^ Verrà alternata a un'altra delle storie di Ashbear per poter dare a voi una regolarità di aggiornamento, e a noi il tempo di tradurre :)
vi ricordo che è sempre attiva la newsletter aperta a suo tempo per Crimson Lies, e che verrà utilizzata da ora in poi per notificare gli aggiornamenti delle nuove storie. La trovate qui. Vi ricordo infine che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear; a questo proposito vi informo che in settimana verranno tradotti e inviati quelli fatti a Castles in the sky e Crimson Lies, ed eventuali risposte di Ashbear verranno postate nel mio blog e vi verrà comunicato il link. Alla prossima! - Alessia Heartilly
nota del 2 giugno 2010: capitolo reinserito per la mancanza della nota interna.

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Capitolo 2
*** II. Tempo di pace ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo II: Tempo di pace ~

16 marzo

Camminava per i lunghi, familiari corridoi del Garden di Balamb, come faceva tutti i giorni da tredici anni. Col tempo era cambiata la lunghezza dei suoi passi, ma non la determinazione che guidava ognuno di essi: era come se avesse costantemente voluto spronarsi ad essere migliore... non migliore dello studente dopo di lui, ma migliore di ciò che era stato il giorno prima.

Da quando era stato nominato Comandante la sua vita era stata rovinata da protocollo e politica. Adesso passare tranquillamente per i corridoi, da quella banalità che era, si era trasformato in quella cosa trascendentale per parecchi di quelli che stavano in giro. Metà della popolazione lo idolatrava per le sue imprese, e l'altra metà si prendeva gioco di lui per il suo successo. Sentiva addosso gli sguardi avvelenati di questi ultimi, e a volte non avrebbe desiderato altro che mettersi a urlare. Urlare al mondo di lasciarlo in pace, urlare così da poter ritornare al suo rifugio di silenzio... urlare anche solo per assicurarsi di non essere perso in un vuoto deserto. Ma non era da lui... e così, confinava tutto in una diga emotiva.

Forse se fosse riuscito ad accettare tutto quello che era successo il resto si sarebbe sistemato da solo. Una parte di lui si tratteneva ancora dal crederci, aspettandosi che succedesse qualcosa... un'altra strega, un'altra guerra, un'altra persona nella sua vita che se ne sarebbe andata senza nessuna spiegazione.

Entrò nell'ascensore e premette rabbioso il pulsante per il terzo piano. Il Comandante poggiò la fronte contro la consistenza fredda del vetro e sospirò, pensando a quanto era monotono il suo lavoro. Ancora a due mesi di distanza dalla sconfitta di Artemisia poteva dire che il suo futuro non consisteva in altro che un oceano senza fine di scartoffie e riunioni. Come fortuna aveva voluto, la sola interruzione che aveva avuto in quella noia era stato il campo di sopravvivenza di qualche settimana prima... e ovviamente il suo weekend a Deling.

Era un certo sollievo trovarsi lì da solo, mentre le porte si richiudevano... e, come da buona vecchia tradizione immancabile in ogni film, una mano s'inserì a bloccare le porte. La mano fu presto raggiunta da un'altra e i vetri furono lentamente costretti a riaprirsi, finché l'idraulica non fece il resto.

"Eddai, Squall, potevi premere il tasto 'aprire la porta'!" disse Zell, sarcastico, mentre entrava nell'ascensore sprizzando il suo solito entusiasmo.

"Potevo," rispose asciutto il Comandante, senza spostare la testa dal suo appoggio.

"Vai al terzo piano?"

"Già, Zell – è per questo che è illuminato il tre."

"Mamma mia, non eri così irascibile da... oh, scusa, non hai ancora novità da lei?"

Se avesse avuto un GF in junction e una magia 'Stop' a portata di mano, la successiva parte della conversazione sarebbe stata un lontano ricordo. Ma, come ogni altra cosa, una semplice salita in ascensore doveva diventare il modo imbarazzante della conversazione di fare capolino con la sua brutta faccia.

"Ha telefonato una volta e ha scritto diverse lettere, ma negli ultimi giorni nulla."

"Non ne avete parlato quando sei stato a Deling?"

Beh, aveva nominato per sbaglio la cosa, ma aveva lasciato cadere immediatamente l'argomento, come fosse stato un passo falso: quel giorno era troppo importante per rovinarlo con una risposta. Specialmente con una che sapeva già, nella mente e nel cuore, di non essere pronto ad accettare. Aveva realizzato che per nessuna ragione lei sarebbe mai entrata nella SeeD. Non faceva per lei... semplicemente, non era una di loro. Certo, faceva parte del gruppo; ma non era tipo da farsi ingaggiare per denaro, no. Eppure lui non si sarebbe aspettato nulla di diverso, dati i suoi valori e la sua morale, ed era questa la terribile ironia della situazione. Cid le aveva presentato l'offerta prima che partisse per Timber, incluso un allenamento intensivo per quando fosse ritornata. Squall sapeva che era per questo che non aveva avuto notizie da lei, perché aveva preso la sua decisione... e non aveva il coraggio di confrontarsi con lui.

L'ascensore fece udire il suo segnale e le porte si aprirono. I due ragazzi uscirono nella sala d'attesa dell'ufficio del preside, e Squall serrò le dita sul manico del suo gunblade, desiderando più di qualunque altra cosa quella magia 'Stop' al momento. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio del vedere 'quello sguardo', quello che riceveva troppe volte quando i suoi amici gli chiedevano di Rinoa... Lo stesso che aveva ricevuto da loro quel giorno fatale in cui lei era stata portata via dai soldati di Esthar sotto il cielo del deserto.

"No." Sperò che la risposta fosse sufficiente.

"E beh, non le hai scritto niente di questo fatto? Penso che poteva essere più facile per iscritto."

Più facile per iscritto? Al diavolo, non c'era cosa più lontana dal vero... le parole "Squall, mi dispiace – non posso diventare una SeeD" non gli avrebbero certo pesato di meno sul cuore se le avesse viste nero su bianco.

"Non le ho mai scritto... né di questo fatto, né di nessun altro argomento... non le ho proprio mai scritto."

"Ma come, lei non ti ha scritto almeno quattro volte a settimana?"

"Più o meno," e il tono si abbassò, questa volta.

Zell decifrò l'espressione sul volto dell'amico... si imparava in fretta, a crescere in compagnia di Squall Leonhart... Non era l'espressione da 'hai rotto lasciami in pace', quella che era stata la norma per lui fino a due mesi prima. L'esperto di arti marziali e il resto del gruppo non avevano mai dubitato che Rinoa sarebbe ritornata al Garden, ma in qualche modo la loro fiducia non rispecchiava mai quello di cui era convinto il loro leader. Zell sapeva bene che era meglio provare a cambiare argomento, e così tirò un paio di parate basse nell'aria, come a bloccare pugni immaginari.

"Vieni alla mia festa domani sera? Sono settimane che Selphie la sta organizzando, stavolta ha ingaggiato una band vera... non noi che tentiamo di sembrarne una."

"Niente tip-tap vero?"

Zell ridacchiò al ricordo di Fisherman's Horizon e del loro tentativo praticamente comico di metter su uno spettacolo. "Naah... a meno che Irvine non beva troppo." Il Comandante sollevò un sopracciglio a quel commento. "Ehm... non che ci sarà alcool alla festa, ovviamente, signore."

Squall sospirò; doveva ammettere che l'idea di una bevanda alcolica in quel preciso momento aveva i suoi pregi... almeno avrebbe reso un po' più degna di essere ricordata la sua riunione bisettimanale con Cid. "Zell, sei abbastanza grande da decidere da solo: non ho intenzione di farti da cane da guardia ogni volta che ci vediamo."

"Quindi vuol dire che vieni, vero?"

"Ci sarò."

"Wow, ragazzi, sarà grandioso!"

Squall annuì educatamente per congedarsi. "Adesso sono in ritardo per una riunione." Si diresse alla porta del preside, bussò e poi attese il permesso per entrare.

Zell si voltò e balzò di nuovo dentro all'ascensore, per scendere al secondo piano. Girato l'angolo per andare verso la classe, perse per un attimo l'equilibrio quando Selphie gli saltò in braccio e si aggrappò stretta al suo collo.

"Ma cosa cavolo...? Che diavolo ti prende?" riuscì ad articolare mentre le allontanava le braccia allargando un po' la sua stretta praticamente mortale.

"Zell!" strillò, e il suo entusiasmo non passò certo inosservato per quelli che erano lì intorno. "Non indovinerai mai chi è tornato!"

*~*~*~*~*

"Avanti."Cid spostò una pila di carte da una parte all'altra della scrivania, coprendo alcuni documenti. Alzò gli occhi e, vedendo entrare Squall, gli fece un sorriso rassicurante. "Allora, Comandante Leonhart, come andiamo oggi?"

"Tutto bene, signore, grazie... e lei?"

"Io sto benissimo, e sono contento di vedere che stai migliorando in questi convenevoli, tieni duro un altro po' e potrebbe perfino darsi che ti cominceranno a piacere."

Squall decise di ignorare il commento, deviando invece la conversazione su un tono più professionale. "C'è qualche novità su cui mi voleva informare, prima che torni nel mio ufficio?"

Cid si sentì un po' deluso per la piega presa dalla conversazione, negli ultimi mesi aveva sperato che il giovane uomo avrebbe confidato almeno un po' in lui. Erano successe così tante cose a quel ragazzo che il preside pensava che la sua guida avrebbe potuto fargli del bene. Loro due avevano tanti legami... uno di una figura paterna nei confronti di un figlio, uno nel campo del codice di un soldato, e, più importante di tutti, quello di una storia straordinaria che era stata posata solo sulle spalle di pochi... l'onore di essere un cavaliere.

L'uomo più anziano prese un paio di occhiali da lettura dal tavolo e li inforcò. Poi si allungò a prendere un taccuino rilegato in pelle, e ne sfogliò le prime pagine.

"Allora, ho ricevuto l'ultimo preventivo dell'appaltatore... i lavori andranno avanti come previsto, in tutto la costruzione non dovrebbe durare più di tre mesi. Ho richiesto che si cominciasse dalle vecchie camere del corpo docenti del Garden, con un po' di fortuna la tua rientrerà nei primi gruppi ad essere completati."

"La mia?"

"Figliolo, non lo sapevi? Scusami, devo averlo dato per scontato... quando ho parlato del fatto di spostare gli istruttori in camere più grandi, intendevo tutto il personale amministrativo della SeeD. Come Comandante, tu avrai un appartamento tutto per te. Tieni a mente che non sarà niente di straordinario, ma avrà perlomeno un salottino a parte, una stanza da letto e una piccola zona cucina."

"Signore, io non ho bisogno di una camera più grande, quella del dormitorio che ho adesso è più che adeguata."

L'uomo rise candidamente, mentre scarabocchiava qualche nota sul suo foglio. "Oh, ne avrai." e la sua risposta fu quasi inaudibile in mezzo alle risate.

"Prego?" Squall non capiva bene cosa ci fosse di divertente: lui non vedeva di certo nulla da ridere in quella discussione. Capendo che la cosa gli avrebbe portato via più tempo di quanto avesse originariamente previsto, il Comandante si sedette su una delle poltroncine di pelle bordeaux che stavano di fronte alla scrivania.

L'uomo agitò la mano per lasciar perdere la domanda del Comandante, ma dentro di sé pensava Certo, provaci a vivere con una donna e un cane in una singola di un dormitorio... come no, ragazzo.

C'erano cose che aveva capito meglio Cid che non la persona confusa che gli sedeva di fronte... ci sarebbe voluto del tempo, ma sarebbe successo. Era destino, ed entrambi i Kramer si erano ormai arresi a questo fatto. Non c'era nessun modo di interrompere il legame una volta che aveva preso il via; la coppia con più esperienza poteva solo preparare i due alle prove che li attendevano... sia a quelle fisiche che a quelle emotive. No, non sarebbe successo la prossima settimana, o mese, o forse neanche anno... ma non c'era dubbio, sarebbe accaduto – e quando quel momento fosse arrivato, loro due avrebbero avuto un appartamento.

"Mmm... non è importante questo ora come ora, Squall. Oh, il primo gruppo di studenti per il 'Progetto Ricostruzione Trabia' partirà... ehm... accidenti, non riesco a leggere la mia stessa scrittura. Penso sia il diciannove di marzo."

"Sì, signore, è così. Selphie e Irvine sono stati inseriti nella prima unità."

"Non sarà la stessa cosa senza avere lei qui intorno, vero?" Accorgendosi che la sua osservazione poteva avere un doppio significato, Cid si affrettò ad ampliare la frase. "I documenti definitivi per il trasferimento di Irvine sono giusto giusto arrivati in questa montagna di 'inferno della burocrazia' qui da qualche parte... adesso passerà i prossimi due mesi a Trabia, e se vogliamo parlare di coincidenze... io potrei impiegare lo stesso tempo a ritrovare le sue carte."

Il preside abbassò lo sguardo sulla caotica superficie e ne prese un raccoglitore; lo aprì appena, scartabellando tra vari manuali che si trovavano al suo interno. "Volevo informarti che, a mio parere, è divenuto necessario assumere alcuni dipendenti civili, non solo militari. Certe posizioni erano quelle che teneva il corpo docenti del Garden, e certe altre si sono fatte essenziali per il processo di cambiamento."

Il Comandante annuì, capiva che qualche aiuto dall'esterno sarebbe sempre stato indispensabile. Il Garden aveva dozzine di impiegati che non erano SeeD: i bidelli, i lavoratori del bar, e anche gli uscieri.

"Squall, la settimana dopo che avrai dato la tua approvazione definitiva due tecnici da Fisherman's Horizon saranno assunti con un contratto a tempo pieno. Ora che il Garden è mobile avremo bisogno di meccanici e motoristi qualificati. Hanno accettato di venire a bordo, dato il nostro nuovo status militare; però, se accetteremo lavori che rimandino alla nostra passata reputazione di 'mercenari', con tutta probabilità se ne torneranno a FH. Gli assegneremo alcuni cadetti più giovani come apprendisti, in modo che alla fine potremo cavarcela con personale interno... ma potrebbe volerci un bel po' di tempo."

"È comprensibile... è tutto, signore?"

"No, non proprio. Stavo pensando a altre due figure... prima dell'attacco, avevo sottovalutato l'importanza di avere un medico di riserva sul campo... quindi per il prossimo semestre sto considerando la possibilità di assumere un altro dottore per aiutare la dottoressa Kadowaki, sollevarla da un po' dei suoi incarichi. Ho già in mente una candidata: una ragazza che ha lasciato la SeeD per seguire una carriera nell'ambito medico. Con la sua esperienza passata avrà già una conoscenza di come si lavora al Garden, e penso che quest'idea mi sia sempre rimasta in mente, in sottofondo, da quando questa ragazza se ne andò."

"Sarebbe una mossa molto sensata, e sono sicuro che la dottoressa Kadowaki apprezzerebbe un po' di pausa."

"È un eufemismo... non ricordo che quella donna si sia mai presa una vacanza." Cid s'interruppe, chiudendo il raccoglitore; poi abbassò lo sguardo sul suo tavolo come per sottolineare un punto. "E, Squall, ho intenzione di prendere anche un collaboratore per me. Qualcuno che mi aiuti a tenere tutto in ordine; magari per una volta riuscirò a trovare qualcosa in questa tana di topo."

"Intende dire una segretaria?" Squall si piegò in avanti nella sua sedia, non gli piaceva dove stava andando a parare la discussione. Tutti i documenti che Cid supervisionava erano di solito cose importanti, e dare un accesso simile a un estraneo poteva essere pericoloso.

"No, no, no... penso non sia per niente una definizione appropriata. Non cerco qualcuno che mi vada a prendere il caffè o mi metta a posto... okay, forse mettere a posto, un pochino... ma qualcuno che sia per me un vero e proprio assistente. Gli chiederei pareri su varie questioni, e gli affiderei compiti anche quasi da mediatore in certe occasioni. Forse se questa persona non fosse un SeeD avrebbe una visione delle cose un po' differente. Per giunta, io non riesco neanche a leggere la mia stessa calligrafia... una persona che usi un computer e un programma di scrittura sarebbe una mano santa, qui dentro."

"Preside, non sono sicuro che questa idea mi piaccia troppo. Se si fosse trattato di qualcuno per rispondere ai telefoni, e sistemare gli appuntamenti, sarei stato d'accordo... ma potrebbe correre un grosso rischio con quello che sta proponendo. Nessun estraneo dovrebbe vedere i suoi appunti... per quanto illeggibili siano."

"Hai mai sentito la storia che c'è dietro alla 'd' maiuscola in 'SeeD'?"

"Sì, signore," rispose Squall, cercando di tenere un'aria indifferente. Era un po' seccato per quell'improvviso cambio di argomento, si sentiva come se Cid stesse tentando di proposito di distogliere la sua attenzione senza dargli una risposta chiara e precisa.

"Beh, dimentica qualsiasi storia ufficiale che tu possa aver sentito. Vuoi quella vera?"

"Suppongo di sì." Era una scelta, quella, o una qualche lezione di vita che non aveva altra opzione se non ascoltare?

"Ti farò capire quanto potrebbe servirmi questo aiuto. Vuoi sapere quanto orribile sia sul serio la mia scrittura? La prima volta che a Edea e me venne questa idea del Garden e della SeeD... buttammo giù una lista di possibili interessati ad un investimento per il capitale iniziale. Io dovevo ordinare tutto il materiale di cancelleria, così riempii il modulo, lo inviai via fax, e tre settimane dopo eravamo ufficialmente le 'Forze Mercenarie Speciali Seecl'. Si scoprì che il tizio dall'altra parte aveva preso la 'd' per 'cl' - non era riuscito a leggere nella mia scrittura."

"Edea non fu molto contenta di questa cosa, visto che le sue ultime parole prima che io inviassi il modulo erano state 'battilo al computer per favore, la tua scrittura non si distingue dai graffi che fanno i chocobo'. Beh, ma nella mia fretta avevo semplicemente riempito a mano il maledetto stampato... non volevo rompermi la testa per scriverlo al computer. Dopo questo errore, mandai un altro fax al tipo, una lettera con un po' di parole grosse, nel tentativo di discolparmi... ci scrissi 'Non è 'cl', è una 'D'', e ovviamente lo sottolineai per mettere in chiaro per bene il punto della questione. Questa volta lui telefonò per verificare, e io gli dissi che sì, era esattamente come nel fax... bene, tre settimane dopo eravamo la SeeD... visto che avevo scritto una 'D' maiuscola in quel modulo. Ero furioso, ma Edea mi fece calmare, lei ha sempre trovato il modo di riuscirci. Qualche giorno dopo, il nome ci suonava bene. E quindi, ad ogni modo, è così che siamo diventati la SeeD."

Squall fu molto sorpreso di aver trovato davvero qualcosa di divertente in quella storia. "Beh, signore, per quanto mi riguarda, io sono orgoglioso di essere un Seecl."

"Molto spiritoso, Leonhart."

"Lo immaginavo." Il Comandante sorrise appena, prima di ritornare a esporre i suoi dubbi. "Onestamente, non vedo la necessità di inserire un civile nell'organizzazione, soprattutto per una posizione così importante."

"Beh, questa persona che mi assisterà viene sotto ottime raccomandazioni, e non credo che la fiducia sarà mai un problema, con lei."

"Signore, non intendo mancare di rispetto... ma la fiducia è sempre un problema, nella SeeD. Se adesso ci stiamo concentrando soprattutto sull'allenamento e la sicurezza, come facciamo ad essere certi che un estraneo non tradirà la nostra fiducia? Io penso che promuovere qualcuno che è già all'interno potrebbe essere una soluzione molto più praticabile. Che ne pensa di Shu, o di Quistis? Avevo l'impressione che si occupassero delle questioni amministrative di tutti i giorni."

"Beh, Quistis ha aiutato durante il conflitto, ma ora che insegna di nuovo questo sarà il suo impegno primario. Shu si dedicherà al reclutamento e alla sezione Risorse Umane – questi compiti prima erano controllati esclusivamente dagli interessi di Norg."

"Allora perché non fare una promozione dall'interno?"

Cid sospirò, strofinandosi la radice del naso. "Squall, questo si basa su una mia decisione. Anche Edea ha incontrato questa nuova persona che mi assisterà e non potrebbe essere più contenta del risultato. Posso prometterti che la fiducia non sarà mai un problema."

Come fa a prometterlo? Squall tenne il commento per sé, anche se ancora non riusciva a seguire il ragionamento del preside. Voltò appena la testa, per non guardare l'uomo negli occhi, e finalmente cedette. "Ricevuto, signore."

"Squall... a volte..." L'uomo esitò nelle sue parole, la voce che rifletteva il suo rimorso. "A volte, non si può sempre aver fiducia su chi è all'interno... una persona non la conosci mai." 

Seifer. Ancora a quasi due mesi dalla sconfitta di Artemisia Cid non era riuscito a parlare con nessuno del ragazzo. I due restarono seduti in un silenzio imbarazzato, un silenzio che Squall non aveva il coraggio di spezzare... o le parole per sanare. L'uomo sospirò profondamente, poi prese un fascicolo dal tavolo. Squall guardò il preside che apriva con difficoltà la cartellina: le emozioni trasparivano dalle sue azioni.

"Comunque, Squall, qui c'è il manuale di benvenuto, con la storia della SeeD. C'è anche una presentazione video da far vedere, che praticamente copre, più in breve, tutto quello che è contenuto nel libretto."

"Signore, perché sta dicendo a me queste cose?"

"Oh, perdonami... immagino avrei dovuto essere più chiaro sulla situazione. Vorrei che tu illustrassi al nostro nuovo acquisto il manuale, le regole, l'ordinamento, questo genere di cose."

"Non dovrebbe farlo Shu? Mi sembra che rientri in quelle che proprio lei ha appena definito le sue competenze."

"Normalmente dovrebbe, ma ho paura che oggi non sia disponibile, e dal momento che tu potresti lavorare a stretto contatto con chi mi assisterà, ho pensato che fossi la scelta più logica."

"Oggi, signore? Intende dire che questa persona comincerà oggi?" A questo punto, Squall non riusciva più a nascondere i suoi sentimenti... aveva sempre cercato disperatamente di sentirsi parte di quell'organizzazione, e a volte gli pareva di essere un estraneo. Si alzò dalla sedia, tentando di non far cedere la sua diga emotiva proprio allora. "Mi sembra che questa fosse una cosa che mi si doveva comunicare. So che lei ha l'ultima parola su quello che è meglio per il Garden, ma visto che si suppone che io sia il Comandante, penso che un controllo del background di questa persona e un colloquio formale con me sarebbero stati il minimo che si poteva fare."

"Ascoltami, Squall... lo capisco. In circostanze normali, saresti stato il primo a saperlo, e sarei stato addirittura io a insistere perché tu fossi presente dai primi agli ultimi colloqui. Per gli altri incarichi da affidare a civili, ti chiedo di controllare la fedina penale prima che comincino ufficialmente a lavorare. Per questo, però, si tratta di una scelta che ho fatto io, e su cui non ho intenzione di tornare indietro."

*~*~*~*~*

Non era mai stato uno che metteva in discussione gli ordini. Non era mai stato uno che metteva in discussione l'autorità, ma in un certo senso gli sembrava che tutta quella situazione gli fosse stata scaricata addosso a forza. Cid non aveva mai usato prima un subordinato in quella maniera, con la rilevante eccezione di Shu, e anche lei aveva avuto i suoi incarichi durante il conflitto. Forse la mancanza di un assistente, in passato, era dovuta alla presenza di Norg e all'alto livello di segretezza che andava mantenuto tutti i giorni... ma perché adesso... perché porre tutto nelle mani di un estraneo?

Il Comandante mise da parte le sue riserve ed entrò nella piccola sala conferenze. Le tende scure erano tirate e le luci abbassate per la presentazione video introduttiva. Un televisore mostrava chiaramente lo stemma bianco e nero della SeeD, l'unico bagliore a illuminare lo stretto spazio. Lasciando cadere la cartellina su di un tavolo, cercò di non far trapelare, nella voce, nemmeno un goccio della sua diffidenza o di poca sincerità.

"Sono il comandante Squall Leonhart, e da parte dello staff e degli studenti vorrei darle il 'benvenuto' al Garden di Balamb. Ci auguriamo che la sua collaborazione sarà produttiva e soddisf--"

Sentì qualcuno aggrapparsi da dietro alla sua vita, e rispose come ogni soldato ben allenato avrebbe fatto in quella stessa situazione. Il suo corpo si mosse in automatico, e in un solo gesto fluido afferrò le braccia del suo aggressore, torcendole sul suo fianco destro. Con un'immediatezza che era quasi grazia, si gettò l'assalitore dietro le spalle, finché il corpo ormai inerme atterrò sul pavimento con un sonoro 'thud'. Con entrambi i polsi dello sconosciuto nel pugno, gli piantò un ginocchio nello stomaco, rendendolo praticamente inoffensivo.

"Ouch," esalò una voce.

L'adrenalina della breve battaglia gli correva nelle vene, ma il suono di quella voce fece deviare la sua mente in una direzione totalmente inaspettata. Direzione che, un quarto d'ora prima, avrebbe potuto spiegare le risposte elusive del preside. Conosceva quella voce: abitava tutti i suoi sogni...

"Cazzo, Rinoa?"

"Uh... huh." Il tono basso era più di dolore, questa volta.

Squall allentò la presa serrata sulle mani di lei, e  le tolse il peso dall'addome cadendo in ginocchio.

"Scusami... io non... stai bene?" Si piegò su di lei, posandole la mano sulla spalla. Solo il contorno scuro dei suoi capelli si distingueva nell'oscurità, ma sapeva che era lei – il suo cuore glielo diceva.

"C'è un'assicurazione per gli infortuni sul lavoro?" Sorridendo appena nonostante il dolore, restò a guardare i tratti in ombra di lui rischiarati dal riverbero dello schermo. I capelli gli coprivano un po' i lineamenti, la cicatrice solo un'ombra furtiva sul viso. Ma gli occhi riflettevano la luce come un faro che fiammeggiasse in mezzo alle tempeste di novembre. Rinoa rabbrividì per un attimo accorgendosi che doveva aver letto qualche romanzo d'amore di troppo dopo aver lasciato l'ospedale.

Cercò di riprendere a parlare, ma voce e risoluzione le restarono intrappolate in gola. In quel momento, le settimane di vuoto sembravano svanire nel passare del tempo. Con la mano adesso libera si allungò ad accarezzargli il viso, sorpresa lei stessa della sua audacia. Si concesse il piacere quasi proibito di toccare la sua guancia. "Sto bene, Squall."

Lui si tese al contatto, meravigliandosi di non essersi tirato indietro. Sollevò la mano a incontrare le dita della ragazza, scostandole lentamente dal suo viso; ognuna di esse pareva un'entità a sé, ognuna di esse era qualcosa che aveva solamente sognato per le ultime due settimane.

Lasciò andare dopo poco la mano di lei, e si tirò su, comportandosi come se non fosse successo nulla fuori dal normale. "Riesci ad alzarti in piedi?"

"Penso di sì... non sembra esserci niente di rotto."

"Meno male... odio tutte quelle maledette scartoffie." Si chinò verso di lei, offrendole la mano; Rinoa accettò l'aiuto, ma quando fu in piedi traballò un po' in avanti perdendo l'equilibrio.

Sentì una fitta acuta irradiarsi dalla parte bassa della spina dorsale, e sussultò dentro di sé cercando di nascondere il dolore. Nessuno poteva certo dire che Squall Leonhart non fosse sempre pronto per la battaglia, e lei ora aveva ferite di guerra a dimostrarlo.

Squall non si era fermato a ripensare al perché all'inizio fosse entrato in quella stanza. Sembrava concentrato su una cosa sola, e nell'oscurità si ritrovava ad essere meno cosciente del fatto di starla a guardare. Ed ed era proprio quello che stava facendo...

Rinoa se n'era accorta, e si rese conto che non aveva voglia di spezzare quel silenzio sereno. L'unico suono nella stanza era il mormorio basso in sottofondo dell'impianto audiovisivo. Infine, Squall fece un piccolo passo indietro, era palese che cominciava a sentirsi a disagio, e la cosa le faceva quasi venire da ridere... c'era così tanta innocenza dentro quell'imbarazzo.

"Rinoa..." esitò un poco prima di farle la domanda che aveva temuto; ma in qualche modo, nel buio trovava la forza di chiedere l'impossibile. "Starai qui al Garden?"

"Ti va bene?"

Certo che sì, accidenti! Okay, non sarebbe stata la risposta diplomatica 'da Squall', così si decise per un, "Se è quello che vuoi."

Lei sorrise appena prima di portarsi una mano alla fronte, con aria quasi imbarazzata. "Sì... è che non ho altro posto dove andare e..." si bloccò, stava cercando di inventare scuse per la vera ragione per cui voleva stare lì. Si tolse la mano dalla fronte e lo guardò con più sicurezza. "Voglio stare qui."

Quelle parole gli diedero un certo senso di euforia, ma cercò di rimanere impassibile in sua presenza; anche se capiva che era una battaglia persa. Doveva dire qualcosa...

"Timber?"

Beh, sì, la conversazione con Squall Leonhart poteva essere un po' tendente al sintetico, aveva ben presente questo punto. Almeno di buono c'era che poteva parlare senza essere sotto pesanti sedativi, questa volta.

"A Timber tutto bene, grazie. In queste ultime due settimane hanno organizzato una struttura governativa di base senza l'influenza di Galbadia: la maggior parte dell'amministrazione è temporanea o ci lavorano dei freelance fino alle elezioni in autunno. Beh... okay, tutto questo non è successo solo nell'ultimo paio di settimane, ma l'ultima volta che ti ho visto le elezioni non erano nella top ten dei nostri argomenti, quindi ti ho solo fatto un riassunto."

"Scusa, avrei dovuto chiedertelo prima."

"No Squall, non dovevi affatto... per favore, non ti dispiacere."

Ma è una cosa importante per te... è chiaro che avrei dovuto chiedertelo, pensò tra sé e sé, e poi si ripromise che non avrebbe più fatto quell'errore. "Come stanno le tue tonsille? O meglio... la tua mancanza di tonsille."

Si spostò un po' di ciuffi di capelli dietro le orecchie. "Se ne stanno felici e contente da qualche parte, che non è nelle vicinanze della mia gola. È stato meglio così per la nostra relazione."

"È bello sentirti di nuovo." Squall rabbrividì rendendosi conto che suonava come uno slogan pubblicitario... Oh, accidenti... ti prego, non pensare che questa fosse proprio idiota.

"Anche sentire te," rispose lei in tutta sincerità, mettendo in pace i suoi pensieri.

"Cid..." riprese infine con difficoltà. "Cid voleva che io spiegassi un po' di cose al suo nuovo..." Riusciva a vedere il sorriso di lei, e quello illuminava la stanza buia con la stessa intensità del Megaflare di Bahamut. E poi lo colpì un pensiero, per la prima volta da quando era entrato lì dentro sciorinando il suo discorso ipocrita di benvenuto. Il suo senso di colpa, a guardare la cartellina gialla che giaceva sul tavolo, gli fece spezzare quella serenità. "Rinoa... ne sei sicura? Le norme, i regolamenti... non è tanto da te. Sei sicura che vuoi davvero lavorare qui?"

"Squall, tu ne sei sicuro?"

La risposta lo prese totalmente alla sprovvista. Mai, neppure una volta l'aveva messa a parte dei suoi precedenti dubbi – sui suoi sentimenti, o i suoi scrupoli. Non avrebbe mai potuto vivere in pace con se stesso lasciando che Rinoa mettesse in discussione i suoi valori, per qualcosa di così insignificante come... beh, come... qualsiasi cosa fosse il motivo; la sua mente ancora si rifiutava di comprendere che era per lui.

"È meglio, adesso." La risposta eludeva la sua domanda - ma era lo stesso sincero, questo era un altro degli argomenti che aveva evitato quando erano a Deling. "Volevo dirtelo prima, adesso che Norg non controlla più gli interessi del Garden, Cid si sta concentrando sul portarci in una direzione diversa, che ci allontani dalla reputazione di mercenari."

"Mi aveva detto qualcosa a proposito di cambiamenti in meglio l'altro giorno, ma poi spiegò che qualcuno mi avrebbe illustrato tutto quando sarei tornata."

"...Quando saresti tornata," ripeté Squall con appena un filo di voce, stupito di quanto meravigliosa suonasse ogni sillaba a pronunciarla.

"Eh?"

"Niente, Rinoa, solo... niente. Comunque, insomma, la SeeD si sta distaccando dallo status di mercenari. Tutti i Garden hanno contratti per lavorare con i governi locali, per aiutare nell'addestramento delle loro reclute nelle operazioni base di difesa e sicurezza. Potremo ancora essere ingaggiati da singoli, ma solo per scopi di difesa... niente più uccidere per denaro, ma solo proteggere – perdere una vita umana sarà solamente l'ultima spiaggia. Inoltre ci si concentrerà di più sulla negoziazione degli ostaggi, e sulle operazioni speciali di recupero."

"Quindi, se adesso avessi cercato di ingaggiarvi, la SeeD non avrebbe aiutato i Gufi del Bosco?"

"Allora... in teoria... no, ma avremmo potuto aiutare a proteggervi se Vinzer Deling avesse minacciato la vostra vita."

"Buono... questo mi piace," rispose la ragazza, avvicinandosi di un piccolo passo mentre vedeva il corpo teso di lui cominciare pian piano a rilassarsi. "Quindi suppongo che voglia dire che posso assoldarti per far smettere ad Irvine di provarci con me."

"Beh, tecnicamente questo rientra nella 'protezione' di interessi umani... e ci sono un paio di articoli che permettono anche metodi più notevoli e persuasivi. Quando non puoi assumere la SeeD per combattere, penso che io sarei disposto a lavorare in maniera indipendente se la situazione fosse così estrema da giustificarlo."

"Oh, adoro quando parli tutto formale. Adesso spiegami nel dettaglio la storia del procedimento di junction."

"Davvero?"

"No!" rispose giocosa, dandogli un colpetto sulla spalla. Era così carino quando restava confuso per le sue battute. Oh cavolo, l'aveva di nuovo definito 'carino': giurò di piantarla subito con quell'abitudine. "Uhm, Squall, non lo sapevi davvero che io ero qui, giusto?"

"No, Cid sembra aver omesso qualche informazione importante sul suo nuovo assistente."

"Non pensavi che sarei proprio ritornata al Garden."

Si allontanò da lei di un altro passo, spostando lo sguardo sullo schermo. Odiava la sensazione di essere, come si dice, con le spalle al muro. Non c'era nessun modo di rispondere correttamente a quell'affermazione, cosa che gli stava succedendo troppe volte di recente. "No, Rinoa, non lo pensavo."

Nel buio, la ragazza riusciva a vedere i suoi occhi umidi che brillavano come cristalli, e capì il tormento interiore che stava attraversando. Tornò verso di lui, e questa volta gli circondò dolcemente la vita con entrambe le mani. "Squall, so che prima non ero mai stata d'accordo sul fatto di venir pagati per combattere le battaglie di qualcun'altro. Ma ricordati che io vi ho ingaggiati. Ho sempre pensato che la SeeD avesse il suo scopo, ma sono contenta di vedere che vi state muovendo in una direzione diversa. Ero onorata dell'opportunità di diventare una SeeD, e l'ho considerato seriamente... ma alla fine, non è quello che sono. Quando ho parlato con Cid l'altro giorno è stato lui a suggerire il ruolo da assistente... disse che sapeva già che avrei rifiutato l'offerta di diventare una SeeD."

Rinoa chiuse gli occhi, gli posò la testa sul petto. "Ancora non credi in me, non è vero? Squall, ti prometto che non me ne andrò da nessuna parte. Non ho mai messo in dubbio che sarei ritornata, l'unico problema era in quale veste. Come ti ho già detto, Timber è stato un capitolo della mia vita... uno che rimarrà per sempre davvero speciale... ma è il momento di cominciarne un altro."

Lui abbassò la guancia sui suoi capelli morbidi, e finalmente si concesse di ricambiare l'abbraccio. Cercò di ignorare quella voce dentro di sé, quella che da sempre gli portava angoscia. È questo tutto quello che sarò per lei, un capitolo? Quando avrà finito con me, ricomincerà da capo di nuovo?

"A cosa stai pensando, Squall?"

"A niente d'importante."

"Certo, e io ci credo, come no. Non ti preoccupare, non mi aspetto che tu capisca subito, ci vorrà del tempo, ma ti prometto che un giorno non dubiterai mai più quando ti dico che sarò sempre qui... io non me ne vado."

"Rinoa, io non dubito di te... dubito di me."

"Guardami." La voce tenera di lei gli fece correre un improvviso brivido giù lungo la schiena. Con un dito sotto il suo mento, Rinoa lo costrinse a guardare nella sua direzione. "Basta. Smettila di dubitare, senti e basta."

Si arrese ai suoi sentimenti, e si abbassò a premere le labbra sulle sue. L'ospedale sembrava lontano anni, e il balcone molte eternità. Se la strinse ancora più vicino, se possibile fisicamente, perché non voleva lasciar finire quel momento; per la prima volta si sentì abbastanza coraggioso da lasciare che la sua mano vagasse su per la schiena di lei, assaporando ogni millimetro del suo corpo.

"Comandante Leonhart, se è così che dai il benvenuto a tutti i nuovi ospiti, immagino che il nostro organico femminile triplicherà entro la fine della settimana."

Lo shock fu terribile, entrambi si interruppero immediatamente. Rinoa, con una mano sulla bocca, si lisciava con l'altra le pieghe dei vestiti; l'imbarazzo che Squall aveva provato all'ospedale era nulla in confronto all'avere Cid lì davanti a guardarlo. Balzò immediatamente sull'attenti presentando il saluto militare all'uomo.

"Hyne, ragazzo, tranquillo... aaaah, stavo solo scherzando. Anche se ho seri dubbi sul fatto di lasciarti dare il benvenuto ai due meccanici di FH la prossima settimana, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento è una bella azione legale."

"Mi scuso per il mio comportamento signore, è stato molto inappropriato."

"No, è stato inappropriato da parte mia non bussare. Credetemi, so cosa vuol dire stare separati..." Il preside sospirò, sapeva che poteva dire qualsiasi cosa, ma Squall non avrebbe mai pensato a lui come a nient'altro che un superiore. Eppure sentiva lo stesso il bisogno di continuare, se non per il ragazzo, almeno per Rinoa. "Giusto perché lo sappiate, capisco cosa state passando più di qualsiasi altra persona qui. Squall, mi fido di te, so che non lasceresti mai che la tua relazione si immischiasse con i tuoi doveri al lavoro, come so che non lasceresti mai che che il lavoro si mettesse in mezzo ai tuoi doveri di cavaliere. Posso farti una domanda? E vorrei che tu mi rispondessi sinceramente."

"Certo, signore."

Cid si tolse gli occhiali, e tenendoli in mano fissò lo sguardo sul ragazzo. "Squall, nel mio ufficio, quando ti ho parlato del fatto che avrei assunto un assistente, perché eri così ostinato a non volere che lo facessi? Onestamente, qual è stato il tuo primo pensiero?"

Queste sono due domande, obiettò Squall mentalmente, ma sapeva che in quel momento doveva la verità a entrambe le persone che si trovavano in quella stanza. "Il mio primo pensiero..." Non era sicuro se essere imbarazzato o orgoglioso per questo, specialmente avendo lei lì accanto. "...è stato per Rinoa. Non mi piaceva l'idea che qualcuno potesse avere accesso a informazioni personali su di lei, inclusa qualsiasi debolezza che possa avere. So che è preoccupata del fatto che le persone possano avere paura di lei... e semplicemente non volevo che un estraneo sapesse che è una strega. Ma ero comunque anche preoccupato per il Garden in generale, così tante cose potevano venire compromesse."

"Bene."

"Mi scusi, signore?"

"Hai risposto sinceramente, e, cosa ancora più importante... come avrei voluto che tu rispondessi. Posso dirti una cosa... che nessun altro nel Garden sarebbe stato d'accordo col tuo pensiero. Il loro ragionamento sarebbe stato: sei il Comandante, e per questo, i tuoi primi e più importanti doveri vanno alla SeeD. Non ci sarebbe un altro superiore in nessuno dei Garden che capirebbe la tua risposta, tranne me. Qualsiasi cosa tu faccia, ricorda sempre cos'è più importante... perché fa soffrire le pene dell'inferno se fai la scelta sbagliata."

Rinoa fece qualche passo da dove si trovava, dietro Squall, avvicinandosi al preside. "Edea?"

"Non è importante, cara. Alla fine tutto si è sistemato... penso."

"Preside," si fece avanti Rinoa, e gli sembrò più adulta dei suoi diciotto anni. "So che tutto quello che ha fatto era necessario. Lei è riuscito a proteggere Ellione, e alla fine è stato quello l'importante. Forse siete stati separati, ma forse doveva essere così: alla fine avete avuto fiducia nel carattere l'uno dell'altra, e per questo ne siete usciti più forti."

"Rinoa." Squall disse il suo nome per cercare di farla tacere. Anche se credeva a tutto quello che stava sostenendo, trovava ancora difficile accettare il suo dire sempre quello che aveva nella mente, e con qualcuno in una posizione così importante poi.

"No Squall... è tutto a posto. Questa è una delle ragioni per cui voglio Rinoa qui... è distaccata dalla SeeD, e pur mostrando rispetto, non ha paura però di dire quello che pensa." Si rinfilò gli occhiali, grattandosi la nuca. "C'era un motivo per cui mi sono presentato qui, e non era quello di mettervi in imbarazzo... anche se mi è riuscito maledettamente bene, eh? Rinoa, stavo inserendo i tuoi dati personali nel computer, e sono stato sorpreso di veder spuntare nel nostro database una "Rinoa Caraway" studentessa al Garden di Galbadia dodici anni fa."

"Oh, sì..." Rinoa distolse lo sguardo da Squall e dal preside, quasi si vergognasse di quel fatto.

Per un istante i due uomini si scambiarono un'occhiata, non sapendo bene come interpretare la situazione. Infine Squall fece un passo in avanti, le mise una mano sulla spalla. "Rinoa, di che si tratta?"

La ragazza si voltò di nuovo, con un sorriso imbarazzato. "Nulla, in realtà... sì, ero io. Ma non ho mai frequentato, sono stata solo ammessa; non ho fatto subito il collegamento col Garden, ero così piccola... ed è stato una vita fa." Prese un respiro profondo, sembrava che il ricordo le portasse sofferenza. "Quando avevo sei anni, quasi un anno dopo che morì mia madre... beh... papà non era in sé. Alla fine andò via per una missione parecchio lunga, e mi iscrisse ad una scuola militare. Davvero, tutto quel periodo è nebbia per me, mi ricordo di un tipo che venne alla villa a parlare con me. Non so di preciso cosa successe, ma in un modo o nell'altro finii per stare dai miei nonni per due anni... non ho mai veramente frequentato."

"Bene, questo spiega la mancanza di informazioni, non capivo bene cosa stesse succedendo... ero solo sorpreso che fosse venuto fuori qualcosa. Vi lascio tornare a... ehm... alla storia della SeeD."

L'uomo lasciò la stanza, e la mano di Squall rimase con dolcezza sulla spalla di lei. "Rinoa, so che non sono fatti miei, ma mi sono accorto che lo hai chiamato 'papà' proprio un attimo fa."

Sollevando la mano per incontrare la sua, la ragazza intrecciò le dita con quelle di Squall, ricacciando indietro le lacrime. "Beh, immagino che... era 'papà' per me, a quell'epoca. Penso che quando mi abbandonò per tutto quel tempo sia stata l'inizio della fine per noi due... in quel momento, io avevo bisogno di lui. Ed è stato questo che lo ha trasformato in Caraway."

"Stavi... con i tuoi nonni?"

"Sì, abitavano a Timber... i miei nonni materni. Ti ho mai detto che lei era nata a Timber? Si trasferì a Deling per sfondare, era il suo sogno."

"No, non lo sapevo." Adesso buona parte del suo desiderio di aiutare a liberare Timber acquistava senso. Non era solo perché la città era stata occupata: era una parte della sua storia. Aveva vissuto lì per due anni, ed era diventata per lei una seconda casa... e, supponeva, era stata più quella una casa che non Deling City dopo la morte di Julia. E in più, era anche la storia di sua madre, e forse Rinoa sentiva di combattere per il suo ricordo.

"Senti, Squall, non voglio continuare a parlarne. La storia della SeeD comincia a sembrarmi veramente interessante."

Se c'era una cosa che poteva capire era quando un argomento dava fastidio a una persona, e quella non voleva davvero più parlarne. Era cosciente che Rinoa aveva il suo passato, proprio come lo aveva anche lui... se un giorno avesse voluto raccontarglielo, sarebbe stato lì.

"Vieni qui," sussurrò, eppure la sua voce la raggiunse, l'attirò a lui. La ragazza posò di nuovo la testa sul suo petto, nella sensazione confortevole di essere nascosta dalle ombre della stanza.

Chiuse gli occhi, godendosi semplicemente l'incredibile tranquillità delle sue braccia intorno a lei, che la proteggevano dai ricordi che ancora faticava ad accettare. "Sai, Squall... sto cominciando a pensare che il mondo sia contro di noi."

"Che?" Non avrebbe voluto suonare così sorpreso, ma il suo commento l'aveva proprio preso alla sprovvista.

"Beh, all'ospedale entrarono Zone e Watts, e adesso è stato Cid."

"E non dimentichiamoci del balcone, quando Selphie è corsa a chiederci se 'potevamo rifarlo' perché si era persa la prima scena."

Rinoa rise al ricordo. "Già, quella è stata un po'... fastidiosa per te, sono sicura."

"Giusto un attimino..."

"Oh, un giorno non sarà così fastidioso... ti ci abituerai."

"Ci sto provando." disse, con un filo di voce. Nello stesso istante si guardarono negli occhi, e lei gli scoccò uno sguardo malizioso mentre Squall si chinava a finire il bacio che avevano iniziato poco prima. E di nuovo, il fato pose un altro ostacolo sulla loro via... quattro, per essere precisi. Stavolta Squall sentì la porta aprirsi, e finì praticamente per spintonare via Rinoa nel tentativo di mettere distanza tra di loro; lei alzò le mani ammettendo la sconfitta mentre le luci illuminavano con energia la sala.

"Rinoa!" Zell schizzò nella stanza e la sollevò da terra, facendola volteggiare come senza peso. "È proprio vero, sei qui!"

"Sì, sono davvero io..."

Quando lui la rimise giù, Rinoa aspettò che passasse il leggero capogiro e che la vista si riabituasse alla luce, e poi distinse le quattro persone, correzione: quattro amici, che si trovavano di fronte a lei. Con una piccola risata si avvicinò al resto del gruppo. Quistis fu la seconda a salutarla, attirando la più giovane in un abbraccio. "Mi sei mancata, sai."

"Anche tu," rispose con sincerità mentre si separava da lei.

Selphie si lasciò sfuggire un gridolino nell'abbracciare l'amica. "Ti avevo vista prima che camminavi in corridoio! Dovevo assolutamente trovare tutti, e poi alla fine abbiamo chiesto a Cid dove eravate!"

"Ce ne stavamo qui, a guardare degli emozionanti video di benvenuto."

"Oh lo so! Mi hai vista? Quelli sono stati tutti fatti a Trabia, quando ero ancora lì. In varie riprese sono sullo sfondo... e faccio l'attrice nella scena 'come usare il sistema delle chiavi elettroniche'. Ero quella che continuava a beccarsi la luce rossa perché passavo la mia tessera troppo in fretta!"

"Sì, sì... ho notato. Le tue doti di attrice sono eccezionali, sono stata davvero in pena per te quando non riuscivi a entrare in quella stanza," la prese in giro scherzosamente, abbracciandola per la seconda volta.

"Non abbiamo interrotto qualcosa, vero?" Irvine lanciò un sorrisetto in direzione del Comandante, abbassandosi il cappello da cowboy sugli occhi. "Squall laggiù mi sembra un po' zitto... e piuttosto scocciato."

"È a posto, Irvine... non più scocciato del suo solito, e non avete interrotto nulla. Sono contenta di vederti."

"Anch'io, carissima, non è più lo stesso qui senza quel meraviglioso sorriso, e quegli splendidi occhi scuri color del cioccolato." Irvine si inchinò a catturarle la destra, che sollevò alle labbra e baciò con delicatezza dicendo, dolcemente, "è sempre un piacere trovarsi in compagnia di una giovane donna così incantevole."

"Oh-per-favoreee," si intromise Zell. "Squall, mi sto sentendo male, non c'è qualche regola al Garden contro le frasi 'sdolcinate' da rimorchio? Specialmente sul paragonare il colore degli occhi al cibo."

"No, ma dovrebbe," soggiunse sarcastico il Comandante.

Selphie tirò a Irvine una gomitata nello stomaco. "Dai ragazzi sto solo scherzando, mi conoscete."

"Sì, appunto, ed è questo che ci spaventa," dichiarò Quistis.

"Ehi Rin, domani sera c'è la mia festa di compleanno! Selphie la sta organizzando da un sacco di tempo, ci sarà una vera band, un sacco di musica, e di cose da mangiare... sarà uno spettacolo. Ci sarai, vero?"

"Certo Zell, non me la perderei per niente al mondo."

Squall era rimasto a distanza e guardava conversare il gruppo intorno a lui. Per loro era così semplice, così naturale. Persino Quistis stava scherzando e sorridendo, un lato del suo carattere che non aveva praticamente mai visto, fuori dalla sua consueta immagine professionale. Irvine aveva messo il braccio intorno alle spalle di Selphie, che la prima volta se l'era scrollato di dosso... ma l'insistenza alla fine aveva premiato, e ora lei non respingeva più i suoi approcci, anzi stava appoggiata contro di lui. Zell andava avanti e indietro, incapace di rimanere fermo in un punto per molto tempo... era come una fontana inesauribile di energia che nessuno chiudeva mai.

E poi c'era Rinoa, ovviamente non riusciva a smettere di guardarla, anche se stava cercando di non farlo apparire troppo evidente. Era lì: era tornata davvero... tutti gli altri erano convinti che l'avrebbe fatto, eppure lui aveva nutrito dei dubbi.

"Ancora non credi in me, non è vero? Squall, ti prometto che non me ne andrò da nessuna parte.

"Sei a casa adesso," sussurrò, più piano di un respiro. "Sei a casa."

*****
Nota delle traduttrice: secondo capitolo :) Vi ricordo che potete anche leggerlo come oneshot, ma che la storia funziona meglio, a mio parere, se vista come storia a capitoli^^
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 3
*** III. Un tempo per ridere ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo III: Un tempo per ridere ~

17 marzo

La mano di Rinoa iniziò a tremare mentre si allungava solo un altro po' nelle ombre oscure. Ora era diventata una sfida personale che doveva vincere... quello la scherniva, quello seguiva ogni suo respiro come un radar. Il suo corpo cercò di respingere l'ansia che lo sopraffaceva, e si trovò quasi a iperventilare, ricordandosi di inalare l'ossigeno che la circondava nei polmoni.

Era così vicina; la vittoria poteva essere sua, se solo trovava la forza dentro di sé.

Ogni muscolo nel suo corpo le gridava di voltarsi e fuggire... fuggire molto lontano. Ma doveva resistere risolutamente; questa era la sua stanza ora, casa sua. Non poteva farsi piccola per la paura come aveva fatto per la maggior parte della vita. Ora era più grande, e una strega, aveva aiutato a salvare il mondo, per Dio... ma qui ci voleva di più. Era alla sua portata... solo ancora un po'...

Un grido echeggiò nei corridoi deserti del Garden di Balamb. Selphie era proprio fuori dalla porta della sua amica, e bussò freneticamente, temendo l'orrore che poteva trovarvi dentro. Non aveva mai udito Rinoa che gridava, in battaglia. La giovane strega di solito aveva nascosto la sua paura al gruppo, o contenuto le emozioni quasi al punto di non parlare. Era in quei momenti che potevano capire che era davvero turbata.

"Rinoa, stai bene?"

"È... aperto..." disse una voce dall'interno.

Selphie corse dentro per vedere Rinoa in piedi sul letto, con l'espressione di una bambina spaventata.

"Cosa? Cosa c'è?"

"Ragno... grosso, nero, peloso ragno." Rinoa puntò al soffitto dall'altra parte della stanza. "Stavo cercando di ucciderlo... è saltato verso di me, giuro che si è scagliato."

Selphie guardò il soffitto e poi ancora Rinoa, chiedendo con apprensione, "ora dov'è?"

"Pavimento... da qualche parte, lì," disse indicando una sedia in legno.

"Aaaah!" gridò Selphie saltando sul letto accanto all'amica. La ragazza, solitamente coraggiosa, pensò di aver visto anche lei il 'mostruoso aracnide' che si preparava a un'imboscata a sorpresa. Le due ragazze si strinsero l'una all'altra, guardando il pavimento.

"Sai, Selph... non sembra bello."

"Intendi una SeeD e una strega che si nascondono da uno scherzo della natura a otto zampe?

"Qualcosa di simile. Hai magie con te? Penso che Eden tornerebbe utile ora come ora."

"Uhm, no... mi sa che non lo sai."

"Sapere cosa?"

"Cid ha iniziato ad evitare di usare la Paramagia. Senza Norg, sono saltati fuori più dettagli sulla perdita di memoria legata ai Guardian Forces. Quindi, come regola generale, devono essere usati solo in rarissime occasioni e... oh Diablos! L'ho appena visto muoversi! È enorme! E i tuoi poteri di strega? Non puoi fare qualcosa?"

"Si direbbe di sì, ma Edea non mi ha ancora insegnato come gestire l'energia. Ma... ok, vale la pena provarci, a questo punto." Rinoa allungò una mano e chiuse gli occhi, focalizzando tutta la sua forza sulla minacciosa creatura. Un'improvvisa esplosione risuonò nella stanza, echeggiando nei corridoi vuoti del dormitorio. Entrambe si coprirono il viso, mentre dei calcinacci cadevano loro addosso, e il fumo riempiva la stava come una nebbia misteriosa.

"Merda Rinoa, non intendevo che dovessi completamente cancellarci insieme al ragno."

"Mi sa che ho un po' più energia di quanto pensavo. Ora mi ci vorrà un altro giorno intero per pulire questo posto." Rinoa sospirò sedendosi sul materasso, appoggiando i piedi nudi sul pavimento, oltre il bordo del letto. Smosse con la mano l'aria davanti al suo viso, cercando di ripulirsi i polmoni. Proprio mentre iniziava a portare il peso sui piedi, un nemico nero, e molto peloso, emerse dalle rovine di quella che una volta sembrava una sedia. "Non è morto!" Saltò di nuovo sul letto con una velocità che ricordava un fulmine, e si mise ancora in piedi con Selphie sulla coperta.

In quel momento, sentirono qualcuno che correva lungo il corridoio - il suono metallico dei passi echeggiava ad ogni movimento frettoloso. Due figure emersero dall'altro lato della porta, gesticolando per scostarsi dagli occhi le nuvole rimanenti di fumo.

"Rinoa, stai bene?" La voce di Squall era piena di preoccupazione. Entrò nella stanza, con Irvine che lo seguiva da vicino.

"Selphie, sei qui dentro?" Il commento del cecchino quasi sovrastò quello del Comandante.

Le due donne si guardarono mentre il fumo iniziava a farsi più sottile al 'loro livello'. "Uhm... stiamo bene." Fu detto all'unisono, e non vennero aggiunti ulteriori dettagli... dato che le due erano vagamente umiliate dalla verità.

"Cosa è successo, siete ferite... qualcuno vi ha attaccato?" Il primo istinto di Squall era quello di un SeeD addestrato, e ovviamente, questo significava che si aspettava un qualche evento da terremoto come un attacco da una nazione nemica, una strega malvagia, o come minimo un RubRumDragon col mal di denti...

"Stiamo bene, solo che non sapevo che i miei poteri avessero così tanto... uhm... potere."

"Sì, Rinoa e io stavamo solo... err... testando le sue capacità magiche."

"Dannazione, avreste potuto rimanere uccise! Non sapete quanto possa essere pericoloso pasticciare con un potere sconosciuto?"

"Squall..." interruppe Irvine. "Fammi fare una domanda alle ragazze." Il cowboy si portò di fronte al Comandante, guardando con sospetto le due sul letto. "Ora. La logica mi ha insegnato molto sulle donne, ma la maggior parte delle volte non le capisco comunque. Voi due potete correre a testa bassa in una battaglia anche ardua, potete uscire dalla compressione temporale indenni, ma dal modo in cui state in piedi lì sopra, e considerato che noi invece siamo qui... vado per topo."

"Ragno..." Rinoa si morse il labbro superiore, cosciente della sua debolezza, mentre si guardava i piedi. "È un ragno."

"Ma Irvine, era grande... e nero... e peloso... e ci fissava... e ha cercato di uccidere Rinoa!" lottò Selphie a difesa della loro situazione.

Irvine esaminò il pavimento, fino a che vide un aracnide nero che tentava di fuggire verso la libertà del corridoio. Fece alcuni passi avanti e lo spiaccicò sotto il peso del suo stivale. Le due ragazze si fecero piccole quando il loro nemico incontrò la sua prematura, ma ben meritata secondo loro, morte.

"Il mondo è salvo di nuovo." Irvine fece un sorrisetto levandosi il capello e inchinandosi alle due ragazze. "Sempre un piacere aiutare una donzella in difficoltà."

"Difficoltà?" La voce di Squall si alzò per la rabbia. "Difficoltà è essere inseguito da un ragno elettrico di centocinquanta metri per le strade di Dollet! O essere cacciato dall'esercito galbadiano come una preda, o... oh Dio, potrei continuare all'infinito... ma questo proprio non è difficoltà!"

Scuotendo la testa il Comandante andò verso il muro, incrociando entrambe le braccia sul petto. Tutti potevano capire che non trovava comica la situazione, e aveva bisogno di un attimo per mettere a posto i pensieri. Irvine si avvicinò al letto, offrendo le braccia a Selphie in una specie di gesto romantico. Lei alzò gli occhi al cielo, e Rinoa cercò di non ridere dei suoi amici. Alla fine, il cowboy vinse la battaglia. Selphie lo afferrò al collo, saltando tra le sue braccia come se avesse liberato la principessa dal drago col respiro di fuoco delle favole. Lui la strinse con entrambi le mani, uscendo per lasciare gli altri due soli.

"Uhm... Squall... credo che dire 'mi dispiace' sia un buon modo per iniziare."

Sorrise sperando che lui le rispondesse; ma lui non disse nulla. Aveva ancora le braccia incrociate sul petto, un piede appoggiato al muro.

"Lo so, Squall, lo so... è da immaturi aver paura di un ragno. MI stava fissando, tutti quelli occhi... centinaia di migliaia di piccoli occhietti tondi che spiavano ogni mia mossa. Ho cercato di ucciderlo con, err... mezzi normali, ma ho finito per cadere dalla sedia mentre si lanciava verso la mia giugulare."

Rinoa guardò verso la finestra mentre Squall taceva ancora; i suoi occhi sembravano giudicarla. "Ok, ok lo so," iniziò lei, sgridandosi, non proprio sicura se sentiva più imbarazzo o più vergogna per le sue azioni. "Avrei potuto ferire me stessa, o peggio ancora Selphie. Ho violato almeno cinque regole del Garden, e non ho nemmeno iniziato ufficialmente a lavorare. Se vuoi che me ne vada, o vuoi ridurmi lo stipendio... lo capisco. Pagherò i danni di tasca mia. Non lo so... io... non... merda, mi dispiace."

Quando si voltò di nuovo a guardarlo, lui aveva una mano sulla fronte, lo sguardo diretto al pavimento. Non poteva più vedergli gli occhi, solo il guanto di pelle che gli nascondeva gran parte del viso. La parte che non era coperta dalla mano era nascosta da lunghe ciocche di capelli. Il tacco dello stivale rimaneva contro il muro e l'altro braccio era intorno all'addome, stretto in un pugno. Vide che il suo corpo iniziava a tremare, e sapeva di essere lei la causa per cui lui era così arrabbiato... così deluso da lei. Era furioso e non sopportava nemmeno di guardarla. E poi successe: pensò che la sua mente le stesse giocando uno scherzo.

Stava ridendo. Squall Leonhart stava effettivamente ridendo.

Per un secondo rimane confusa da quello sviluppo. Stava ridendo perché era così infuriato che nessun'altra emozione veniva alla luce? Lui si spinse via dal muro con il piede, camminando verso il letto. Il suo viso rimaneva ancora nascosto, e il suono della sua risata muta era l'unico della stanza. Ora si teneva davanti alla bocca in maniera evidente anche il secondo pugno, cercando di nascondere il suo divertimento. Alla fine alzò lo sguardo su lei, e lei poté notare le lacrime che gli si raccoglievano agli angoli degli occhi.

"Squall?" Ora come ora, non era sicura di cosa fare... tutto questo era semplicemente... strano.

"Rinoa," disse cercando di suonare severo, anche se non poteva impedire alla risata di farsi sentire, "ragni?"

"Non... non mi piacciono."

"Ho notato. Quindi era... un grosso ragno?"

"Sì... enorme." La voce di lei era monotona; non sapeva dove stava andando a finire questa conversazione.

"Ok, fammi capire bene. Ero nel mio ufficio, ho ricevuto una chiamata che era stato udito un grido dall'ala degli impiegati, non ho nemmeno messo giù perché sono corso fuori, mi sono precipitato per tre rampe di scale, ho preso Irvine come supporto, ho sentito una forte esplosione dall'estremità del corridoio, e poi ho scoperto che il colpevole era un 'enorme' ragno."

"Sì, questo più o meno riassume tutto... sei arrabbiato?"

"Dovrei, se non fosse che è così dannatamente divertente. L'hai chiamato 'cattivo' mentre cercavi di spazzarlo via dalla faccia della terra?"

Per la prima volta la tensione di lei diminuì, e si mise entrambe le mani sui fianchi. Sorrise innocente. "Leonhart, mi stai prendendo in giro?"

"Beh, non sono io quello in piedi sul letto, o no?" Le offrì una mano sola; non il gesto più vistoso di Irvine, ma era comunque un inizio. Lei la accettò, e saltò giù dal conforto del materasso sulla superficie del pavimento. Lui cercò di riprendere fiato. "Quindi, signorina Heartilly, devo fare istanza per una nuova sedia per te? Questa cosa di far esplodere mobili - non diventerà un'abitudine, vero?" Squall abbassò la mano lungo il fianco, lasciando che le sue dita guantate rimanessero intrecciate a quelle nude di lei.

"No, no... e una nuova sedia sarebbe fantastica. Credo di dover essere grata che non fosse il portatile."

"Sì, ti dovresti arrangiare per quello."

"Squall, mi dispiace davvero, non volevo essere una scocciatura."

"Non puoi evitarlo," disse lui, come un dato di fatto. "Ma non lo cambierei per nulla al mondo. Ho fiducia che se 'quello' avesse davvero attaccato, avresti potuto combattere da sola con coraggio."

"Non combatto bene da sola, ricordi?" Gli sorrise, mettendogli il braccio libero intorno al collo.

"Grazie."

Lei piegò leggermente la testa di lato, confusa, guardandolo negli occhi. "Grazie per cosa?"

"Per avermi fatto ridere... non ricordo di aver mai riso."

"Bene," disse baciandolo velocemente sulle labbra. Lui non ricambiò il gesto, ma non le impedì di farlo.

Lui guardò fuori nella hall e si separò da lei. Era come se si fosse appena accorto di quanto fossero vicini i loro corpi. "Rinoa, non sembrerebbe una buona cosa, se qualcuno passasse di qui. Devo tornare a lavoro, comunque."

Lei annuì la sua comprensione mentre lui si voltava e usciva. A Rinoa non interessava che se ne fosse andato bruscamente - lo capiva. Buttando fuori l'aria, chiuso gli occhi, ringraziando il cielo di averle dato questa possibilità. Come ci si doveva sentire ad avere diciotto anni e non avere mai riso? Con la maggior parte delle persone non avrebbe preso la confessione alla lettera, ma con lui... sapeva che era serissimo. Pensare di essere la fonte di questo prezioso dono, la sua risata... su di lei e una delle sue stupide fobie. Sorridendo aprì gli occhi, guardando polvere e calcinacci sparsi nella stanza... ora, questo disastro era tutt'altra storia.

*~*~*~*~*

Selphie quasi saltellò nella sala dei ricevimenti. Facendo un passo indietro, si assicurò che gli ultimi ritocchi alle decorazioni fossero perfetti. Era riuscita a trasformare una sala bellissima e maestosa in qualcosa che ricordava più un nightclub dei quartieri bassi di Deling City. C'era un tempo e uno spazio per l'eleganza, e c'era un tempo e uno spazio in cui potessero ballare tutta la notte e basta, comportandosi dai giovani adulti che erano; e questo era il secondo caso.

Alzò lo sguardo sentendo numerose voci che entravano nella stanza: Irvine entrò - no, entrò incedendo impettito - seguito da tre giovani ragazze. Non le sembravano familiari, e non credeva che fossero studenti attuali del Garden. Le guardò con attenzione, cercando di non mostrarsi troppo preoccupata, dato che il cowboy sembrava aver messo su la sua maschera 'macho' per l'occasione.

"Ora, ragazze, questa è Selphie Tilmitt. È la persona che ha organizzato l'intera serata. Io avevo solo l'incarico di colossale responsabilità di assumere un gruppo musicale."

Sorridendo con cortesia, Selphie fece un gesto in direzione delle donne. "Ciao, voi siete qui per la festa?"

"No," le disse Irvine facendo l'occhiolino. "Selph, loro sono le Akimbo, il gruppo."

"Ovviamente, un gruppo sole donne... avrei dovuto prevederlo." Non voleva davvero dirlo ad alta voce, ma in un modo o nell'altro le era sfuggito e basta. "Vi potete cambiare nello spogliatoio femminile - prima porta a sinistra, dopo quelle porte doppie."

Quando le tre se ne andarono per prepararsi al concerto, Selphie sorrise feroce ad Irvine. Non riusciva a capire bene cosa fosse, sembrava quasi gelosia... ma si rifiutava di ammetterlo. Più o meno in quel momento, udirono alcuni 'tump' sul pavimento di marmo. Entrambi si voltarono in tempo per vedere Zell che completava una serie di capriole all'indietro, seguite da un finale perfetto. Dietro di lui, stava entrando Rinoa, con un regalo in mano e scuotendo la testa per l'esperto di arti marziali.

"Non si direbbe che sta per compiere diciannove anni, vero? Non posso credere che ha un anno più di me."

"Beh sì, ma almeno non fa esplodere mobili da ufficio quando un piccolo insetto gli cammina sul pavimento," rispose Irvine stuzzicandola.

Selphie gli diede una gomitata nello stomaco, scordandosi di tutte le formalità della cortesia. "Per prima cosa, Irvine, era grosso. Secondo, un ragno non è un insetto! Terzo, Rinoa e io andiamo ad assicurarci che il cibo sia pronto... voi due iniziate a salutare gli invitati o quel che è. Di' solo alla tua 'banda' di cominciare pure a riscaldarsi quando sono pronte, 'k?"

Rinoa allungò il regalo a Irvine, e poi fu quasi trascinata fuori dalla stanza, con Selphie che la tirava con forza per il polso. Quando uscirono nel corridoio verso le cucine, la ragazza si fermò all'improvviso.

"Rinoa, come si fa a sapere se si è innamorati?"

Questo colse la ragazza un po' alla sprovvista. Non si aspettava questa domanda, soprattutto così diretta. Non era sicura di come rispondere; forse era diverso per ogni persona, forse non c'era una risposta che potesse dare alla sua amica.

"Irvine?" chiese Rinoa, anche se non ce n'era bisogno.

Selphie annuì, comportandosi come se stesse guardando il corridoio, assicurandosi che erano ancora sole. "Voglio dire, so che gli voglio bene... ma a volte è proprio... come lo sapevi per Seifer?"

Rinoa raggelò, e dimenticò di respirare per un momento. Non era che avesse pensato a lui negli ultimi mesi, a parte i pensieri di passaggio che si chiedevano se stava bene. Era ancora un argomento che la turbava. Credeva, nella sua mente, di aver cancellato alcuni ricordi. Stava cercando di capire come spiegare la loro relazione di quell'estate, e non sembrare stupida nel farlo.

"Uhm... beh..." Poi capì, nell'esitazione, la risposta su cui aveva riflettuto mesi prima lei stessa. "Sai, al Garden di Galbadia, quando mi hai chiesto se Seifer era il mio ragazzo e io ho detto proprio non lo so... forse lo amavo... beh, sai cosa... se dovevo 'pensarci' allora non era amore. Gli volevo bene, come ho detto prima... era sicuro di sé e mi faceva sentire come potessi avere la meglio sul mondo intero. Rimpiango quell'estate? No, non proprio... perché quella sicurezza mi ha dato il coraggio di lavorare con i Gufi del Bosco, e non stare seduta ad aspettare pigramente come le altre fazioni. Grazie a quella sicurezza, ho incontrato Squall. Non devo 'pensare', per Squall; lo 'so' e questa è la differenza."

Mise una mano sulla spalla di Selphie e guardò l'amica negli occhi. "Selphie, non devi chiedermelo. Lo sai già. Forse la tua domanda non è 'lo amo?', ma viene più dalla paura perché lo ami."

"È solo che è... beh, è un tale dongiovanni. Non lo so. A volte penso di poterlo sopportare, altre volte... mi scoccia."

Ridacchiando appena, Rinoa comprese anche troppo bene. "Beh, tu sai già se puoi sopportarlo. Solo non aspettarti che cambi. Voglio dire, a un certo punto metterà la testa a posto, ma sarà sempre così... è il motivo per cui ti sei innamorata di lui. Alla fine lui non farebbe nulla che ti ferisse. Penso che non rischierebbe mai il tuo amore per qualcosa di così passeggero. Credi in lui, credi in te stessa."

"Rin." Selphie cercò di impedire alle lacrime di cadere. "Mi mancherai. Non è giusto che tu sei appena tornata e io devo partire per Trabia. Non fraintendermi, voglio andare a aiutarli con la ricostruzione... ma vorrei solo che fosse tra un mese, circa."

"Ho sentito del progetto, e penso che sia grandioso. So anche che Irvine ha rinunciato alla possibilità di fare l'esame pratico SeeD per venire là con te. E questo la dice lunga sul suo carattere. E poi, hey, sarò qui quando tornerai... non pensare che me ne vada di nuovo."

Toccò a Selphie ridere. "Non sono Squall."

"Grazie a Dio, a malapena me la cavo con uno, due sarebbe... spaventoso."

*~*~*~*~*

Le due ragazze continuarono a camminare dalla porta sul retro fino a quando raggiunsero la cucina. La maggior parte dello staff si era già ritirato per la notte, a parte alcuni lavoratori sparsi assunti per preparare da mangiare per la festa. L'aroma di panini che aleggiava era travolgente, perché i vassoi erano pieni di combinazioni di 'panini' diverse più di quanto un umano potesse immaginare.

"Selphie, non sarai seria... quei vassoi non sono tutti di panini, vero?"

"Beh no, non tutti... alcuni sono salse per i panini."

"So che a lui piacciono, ma, uhm... questa non è un po' troppo?"

"Sì, penso di sì... ma dato che questa è la prima festa che facciamo da un po', volevo che uscissero tutte." La vivace ragazza si avvicinò, indicando felice alcune delle sue creazioni preferite. "Abbiamo... panini al manzo, panini al tacchino, panini al Chocobo, panini al mais, bocconcini, bocconcini al mais, e ovviamente, panini al tofu - in versione bocconcino e normale - per gli invitati vegetariani."

"Wow... è... uhm... carino," disse Rinoa cercando di controllare le risate. "Non sapevo che ci fossero così tante varietà di panini. Ho vissuto una vita ritirata, eh?"

"Nah, devi solo essere educata alle cose 'più eleganti' della vita," scherzò Selphie mentre andava verso il capo cuoco, iniziando a frugare nella sua borsetta. "Hey, quanto vi dobbiamo per il catering?"

Rinoa si sentì in colpa per non essersi offerta di dare la sua parte, prima. La negligenza non era stata intenzionale; era solo che, tornando, non aveva mai pensato alle spese della serata. Ovviamente, aveva senso che la festa non fosse legata al Garden, quindi gli amici di Zell si sarebbero divisi le spese.

"Selphie, per favore... lascia che partecipi anch'io," disse con tono di scuse.

"Rinoa, Selphie... non dovete nemmeno un guil," rispose una voce, mentre una figura magra entrava nella cucina. "L'intera spesa è stata pagata, insieme al gruppo, alle decorazioni, e per quanto posso capire, anche una buona dose di alcolici."

"Quistis?" chiese Selphie, completamente meravigliata. "Non hai pagato tutto tu, vero? Prenderemo piccole donazioni all'ingresso per diminuire i costi. Tutto questo deve essere costato migliaia di guil."

"Di sicuro sì, ma non ne ho pagato nemmeno uno, io."

"Beh, allora chi?" La domanda di Rinoa era anche al primo posto nella mente di Selphie.

"Non lo so," rispose sincera l'insegnante. "Sono andata a pagare l'agenzia di noleggio per il palco... mi hanno informato che il conto è già stato pagato per intero. Tutto è già stato pagato, per quanto ne so."

"Wow, forse Zell ha un fan-club di cui non sappiamo nulla." Rinoa si avvicinò a un tavolo metallico per le preparazioni dei cibi, con le amiche che la seguivano da vicino.

Quistis sospirò, appoggiandosi al bancone. "Può prendersi il mio, è più che irritante. Penso che i Fan di Zell sarebbero un bel gruppo."

"Non sarebbero i Fan di Dincht?" chiese Selphie infilandosi un mini panino al mais in bocca.

"Chi lo sa, ma qualsiasi cosa sarebbe meglio che avere a che fare con l'idiozia che tocca a me. Giuro, l'altro giorno, stavano facendo un'asta per un vecchio maglione macchiato di spaghetti che ho buttato via. L'ultima volta che ho controllato, era arrivato su internet a settantacinque guil."

"Potresti avere un buon secondo reddito, così," la stuzzicò Rinoa, prendendo un mini panino al tofu. Lo fissò un secondo prima di metterselo in bocca. Dopo alcuni morsi, fece una smorfia afferrandosi la gola. Non aveva affatto il sapore di panino, per lei - l'etichetta pubblicitaria si sbagliava di grosso, tristemente. "Acqua... mi serve acqua..."

Selphie corse al frigorifero, e aprendolo prese una bottiglietta di birra. Aprendola con facilità, la allungò a Rinoa che ne prese velocemente un sorso. "Oh Dio," disse nauseata, "questa è anche peggio del panino al tofu... ed è tutt'altro che acqua."

"Oh, volevo solo che vivessi un po'! Non hai mai bevuto una birra?" chiese Selphie, alzando un sopracciglio in direzione della ragazza.

"Uhm... no, penso proprio di no. Ho bevuto un bicchiere di vino in alcune occasioni, ma mai più di questo. A Deling e Timber l'età legale per bere è ventuno anni."(1)

Quistis rise, aprendosi una birra che aveva preso dal frigorifero. "A Balamb è solo diciotto. Penso che sia perché manca di divertimento - e pescare e giocare a Triple Triad diverte solo fino a un certo punto. Anche io odiavo il sapore, ma fidati di me, ci si abitua. Ho semplicemente imparato che se volevo stare al passo coi ragazzi, dovevo comportarmi come uno di loro, ogni tanto."

"Giusto," disse Rinoa mentre faceva girare in tondo il liquido schiumoso nella bottiglia. "Come se qualcuno potesse pensare a te come a 'una dei ragazzi'. Fidati di me, Quistis... è l'ultima cosa che pensano." Bevve un altro sorso, ancora con una smorfia. "Bleah! Come fate voi due a farlo?"

"Così," rispose Selphie, prendendosi una bottiglia. Ne bevve velocemente metà. "Non chiedere... se pensi che Balamb sia brutta... aspetta di essere bloccata nei deserti ghiacciati di Trabia... fidati, questa roba sembra una manna dal cielo quando sei sepolta sotto una tundra di neve gelata."

Rinoa provò con un altro sorso, pulendosi la bocca col dorso della mano. "È solo che ho mai pensato a voi due che bevete alcolici. Non so, è che sembrava... beh, forse del vino rosso per Quistis, e un cocktail tropicale con l'ombrellino per Selphie. Ma birra? Penso che ci sia molto che non so di voi due."

"Sì," rispose Quistis, quasi bisbigliando. "Rinoa, hai visto com'era la prima volta che sei arrivata qui. Così tante regole e divieti, l'alcol sembrava l'unico vizio che ci lasciavano... con moderazione, ovvio. Forse era qualcosa per allentare la tensione. Non è che avessimo molto per cui vivere a parte la SeeD; di questo si sono assicurati. In più avere a che fare con Squall e Seifer... era quasi un requisito per lo staff."

"Sapete, lui beveva," affermò Rinoa, ancora ipnotizzata dalla tinta color rame della bottiglia.

"Chi?" Quistis non era sicura di chi stesse parlando Rinoa.

"Oh... scusate... parlavate di Seifer, prima. Ricordo solo che quando avevo sedici anni, lui beveva. Credo che per me fosse come se stesse sfidando una qualche specie di autorità, infrangendo regole di cui io potevo solo sognare. Lo faceva sembrare più grande... non so."

L'insegnante si sentì immediatamente protettiva; non era nemmeno sicura del perché. Ma la persona a cui Squall teneva così tanto ora stava parlando di qualcun altro. Lottò contro il buon senso, o meglio, parlò dal cuore di 'sorella' piuttosto che da quello di amica interessata.

"È finita con lui, vero, Rinoa?"

Rinoa non aveva voluto dire nulla di particolare, con la sua frase, e il fatto che l'insegnante le facesse una domanda così diretta la colse di sorpresa. Guardò la donna bionda, che non riusciva a mascherare la preoccupazione sul suo viso. La giovane strega mise la bottiglia sul bancone prima di rispondere, "Quistis, so a cosa stai pensando. Mi dispiace, non intendevo in quel senso... Selphie mi ha chiesto di lui poco fa. Se vuoi sapere la verità... vorrò sempre bene a Seifer. Se lo vedessi in strada, parte di me vorrebbe correre da lui e pregarlo di dirmi perché ha fatto quel che ha fatto. E l'altra parte di me vorrebbe dargli un calcio nelle palle e ridere."

Selphie alzò energicamente la mano. "Io scelgo la seconda!"

Quistis guardò Rinoa. "Uhm... tesoro, quanta birra hai bevuto?"

Lei fece un gesto, ignorando il commento, e continuò, "comunque, ricorderò sempre Seifer, è il mio passato. Ma non è mai stato amore... forse dovevo passarci per sapere cos'è l'amore vero. Questa volta lo so."

"Ooooh, ami Squall!" sbottò Selphie apertamente davanti a svariate impiegate della mensa.

La ragazza bruna cercò immediatamente di coprire la bocca dell'amica, ricordando all'improvviso i giorni della pre-adolescenza. "Zitta, Selphie!" la pregò, non desiderando altro che rannicchiarsi sotto la tavola di metallo fino a quando tutti fossero usciti. Non che fosse imbarazzata per quello che sentiva per Squall. Era più il fatto che sentiva che, quando lui l'avesse scoperto, sarebbe stato in un'atmosfera più dignitosa e romantica rispetto a una conversazione casuale in cucina mentre si beveva birra. O, ovviamente, c'era sempre la possibilità orribile che Squall lo sentisse dall'impiegata della mensa, mentre gli serviva un piatto di patate lesse. "Hey, vuole ancora un po' di salsa? A proposito ho sentito Rinoa dire che la ama. Congratulazioni! Le serve un cucchiaio per le patate, Comandante?"

Si fece tesa alla completa ridicolaggine del pensiero. "Selphie... per favore? Non voglio che senta nulla da qualcun altro, glielo devo."

"Dai Selphie, lasceremo che lo capiscano a modo loro," aggiunse Quistis con il suo solito atteggiamento professionale; sempre la voce della ragione. "E se non lo capiscono presto, possiamo convincere Nida ad annunciarlo con una comunicazione interna, o anche peggio, posso scriverlo nella chat dei fan di Trepe."

Rinoa alzò gli occhi al cielo, bevendo un altro sorso. "Prima di tutto, non è divertente... secondo, la chat dei Fan di Trepe... stai scherzando vero?"

"Sfortunatamente, esiste, e fidati, non vuoi sapere cosa succede là dentro."

"Un attimo, un attimo!" esclamò Selphie, mettendo la sua bottiglia vuota sul bancone senza troppa gentilezza. "Come fai a sapere cosa succede là dentro? Io ho provato ad entrare, ma credo che sia solo per gli iscritti..."

"Uhm... sì... beh, per 'motivi di ricerca' mi sono fatta un nickname." L'insegnante nascose il viso per la vergogna. "Chiamami 'frustalabene', membro della chat numero 427. Senti, è che è strano... dovevo sapere."

Le altre due ragazze quasi si rotolavano sul pavimento per le risate. Rinoa si teneva la pancia, mentre iniziavano a scenderle lacrime, e boccheggiò, "frusta... bene... oh mio Dio."

Selphie allungò un altro drink alla ragazza, a malapena in grado di mantenersi sana. "Quistis, come hai potuto? Non ho mai saputo che eri tu!"

"Eh?" La bionda era quasi in lacrime. "Tu cosa, intendi...?"

"Diamine sì! Anche io dovevo sapere, piacere di conoscerti... 'iltrepenatore' al tuo servizio. Come pensi che sapessi che era solo per iscritti?"

Le tre ora ridevano più che istericamente, ed erano arrivate al punto in cui non si riesce a smettere di ridere... anche delle cose più comiche, dato che sembrano avere un doppio senso.

"Signorina," interruppe uno dei cuochi, rivolgendosi a Selphie, "dove vuole che metta i panini?"

Beh, si può immaginarono cosa pensarono nelle loro condizioni. Selphie quasi si strozzò con la birra, cercando di riprendere fiato. "Ah... portateli alla festa... sono sicura che gli invitati sapranno cosa farci."

"Beh... forse la metà," disse l'insegnante. "Sfortunatamente quella metà o ha la ragazza... o ha il ragazzo."

"Oh Hyne," sbottò Rinoa, "pensavo che noi dovessimo essere quelle dignitose."

"Sì, beh... ci meritiamo una pausa," ribatté Selphie. "Faremo meglio a tornare alla festa... per vedere se qualcuno dei ragazzi sta mangiando i mini panini."

"Eh?" chiesero le altre due, il loro divertimento che non svaniva.

"È una cosa psicologica dei maschi, fidatevi. In qualche modo si sentono inferiori... di solito li servivamo a Trabia, e poi ridevano dei maschi che li mangiavano."

Quistis alzò la bottiglia verso le altre due. "Questo è per l'aver imparato di più sui maschi... e altro."

"E per aver sperimentato la vita per la prima volta, con una nuova prospettiva," aggiunse Selphie sollevando la sua birra.

"E questo per i nuovi inizi con gli amici e la famiglia." Rinoa terminò il brindisi, e le tre fecero tintinnare insieme le loro bottiglie.

*~*~*~*~*

Vagabondò tra la folla. Anche se il Comandante si trovava tra cento persone, sentiva la stessa solitudine di quando si era perso durante la compressione temporale. In qualche modo, queste riunioni non erano mai diventate più semplici per lui, e cercò disperatamente i suoi amici, una in particolare. La musica alta contribuiva solo ad irritarlo di più, mentre cercava un viso familiare in quella giungla di attività. Se era possibile, si sentiva anche più a disagio qui che al suo ballo di promozione. Quello almeno manteneva una dignità apparente... questa era follia casuale.

Se non fosse stato considerato inappropriato, avrebbe ruggito alla massa di umanità che occupava la pista da ballo. Non che qualcuno l'avrebbe davvero 'sentito' se l'avesse fatto; i bassi della musica si rendevano sicuri di questo. Una mano lo afferrò alla spalla, e lui quasi si voltò a staccare a morsi la testa del temerario, quando vide l'esperto di arti marziali che lo guardava.

"Bella festa, eh? Passato un po' da quando il Garden ne ha vista una così."

Le parole 'bella' e 'festa' sono un ossimoro insieme, rifletté lui. E sarei dannato se lo sapessi, avrei evitato questi eventi come Leviathan evita Quetzal. Si trovò a gridare sopra la musica, "non saprei... mai stato a una."

"Dai, Irvine ha un tavolo vicino al cibo." Il Comandante seguì Zell attraverso la calca, arrivando infine a un tavolo sul fondo della stanza. Era meno rumoroso, dato che poteva quasi sentirsi mentre si lamentava.

"Hey Squall, come va?" La domanda del cowboy fu praticamente non sentita.

"Bene," rispose senza nemmeno guardare chi parlava, tirando una sedia al tavolo.

"E il lavoro?" chiese Zell cercando di iniziare una specie di conversazione.

"Bene." Non aveva tolto gli occhi dalla folla, esaminando l'orizzonte affollato alla ricerca di qualcuno. Gli altri due uomini si scambiarono un'occhiata di chi la sa lunga, cercando di divertirsi un po' alle spalle del Comandante.

Irvine bevve un sorso di birra. "Ho sentito che il tuo lavoro richiede che indossi un grosso costume rosa da Archeosaurus e tacchi alti, come ti fa sentire questo?"

"Bene."

Zell rise del suo amico, e senza farsi vedere mimò con la bocca a Irvine, "Guarda questa."

"Hey, dov'è Rinoa?"

"Rinoa?" chiese il Comandante, voltandosi verso l'esperto di arti marziali. "Dovrebbe essere qui."

"Tieni, mi sa che ne hai più bisogno di me."

Irvine allungò una birra a Squall. Il Comandante dapprima la osservò sospettoso e poi chiese a Zell, "hey, pensavo avessi detto che non ci sarebbero stati alcolici?" Non che gli importasse, doveva solo seguire le formalità della cosa. Di fatto, la domanda non era nemmeno uscita del tutto dalla sua bocca che aveva già bevuto il primo sorso.

"Beh... non pensavo che ce ne sarebbero stati. Ma sembra che alcuni abbiano portato le loro scorte, e altri hanno regalato qualche barile e svariate bottiglie. Non preoccuparti, non ci sfuggirà di mano."

Proprio in quel momento Squall sentì una sensazione fredda e appiccicosa sul braccio nudo. Abbassò immediatamente lo sguardo, e vide il riflesso vetroso delle luci in due occhi marrone scuro.

"Heylà, Angelo." Squall era sorpreso dalla gioia che sentiva nel vedere la cagnetta pelosa. Abbassandosi, le diede una breve grattatina sul ciuffo di pelo dietro al collo.

"Guarda Zell, è arrivata la tua compagna," scherzò Irvine mentre si abbassava per dare al cane un po' d'attenzione.

"Ah-ah, molto divertente. Seriamente, devo andare a socializzare un po', non voglio rimanere troppo nello stesso posto. Devo essere socievole... e devo andare a vedere se quella figa della batterista ha il ragazzo."

"E la tua 'amica' della biblioteca?" chiese Squall, di nuovo sorpreso dalle parole che gli uscivano dalla bocca. Nella sua testa, sentiva echeggiare la voce di Cid che diceva "mi fa piacere che tu stia migliorando con le cortesie, continua così un po' e potrebbero finire per piacerti."

"È venuta qui con qualcuno. Non so, pensavo che ci fosse qualcosa tra noi. Non rinuncio, ma non intendo passare la serata senza un appuntamento. Fidatevi, se continua così... Angelo potrebbe iniziare a sembrarmi carina."

I due decisero che era meglio non rispondere, dato che il commento era così aperto. E dopo tutto era il suo compleanno, così, Irvine soprattutto, tennero per sé le battute intelligenti. Zell sparì nella folla che riempiva la pista da ballo. Quella sera non c'era la gente sparpagliata che Squall ricordava dal suo primo ballo con lei, e non ci pensava nemmeno a infilarsi tra quella folla.

"Signore, come sta?" gridò forte una voce sopra il rumore delle persone.

Lui sospirò. Non che non fosse felice di vedere ancora Zone e Watts, solo non erano la persona che stava cercando. E ora come ora, essere chiamato 'signore' era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.

"È bello rivedervi," disse diplomatico ai due uomini.

"Altrettanto, signore," rispose Watts.

"Allora, dov'è la nostra principessa?" Il leader dei Gufi si guardò intorno nella stanza.

Rinoa! voleva urlare. Si chiama Rinoa. Squall si chiese perché il termine 'principessa' lo disturbasse all'improvviso mentre prima non ci aveva nemmeno pensato. Ok, non era proprio tutta la verità, ci aveva pensato, ai tempi, solo non in modo esattamente lusinghiero nei confronti di Rinoa. Ma quello era prima che imparasse a conoscerla - 'principessa' no, 'salvatrice' dall'autodistruzione sì. Il termine sembrava degradare e basta tutto ciò che lei aveva ottenuto, secondo lui.

"L'ultima volta che l'ho vista, Selphie la stava trascinando," disse Irvine dopo la momentanea ritirata di Squall nel suo 'posto speciale', come il gruppo era arrivato a definire le sue lunghe pause di silenzio.

"Che fate qui?" Il Comandante si chiese se suonava troppo brusca, ma comunque, non era dell'umore migliore in quel momento. Questa 'cosa del socializzare' era parecchio sopravvalutata, proprio come aveva imparato poco prima sull'arte della conversazione.

"Portiamo Angelo al Garden, signore. La principessa voleva aspettare un giorno o due... per sistemarsi nella sua stanza."

Un altro sorso di birra permise a Squall di non commentare l'abuso del maledetto termine.

"Allora Squall, hai già incontrato suo padre, e ascoltato la predica?"

"Il re?" Merda, l'aveva detto a voce alta, vero? Ok, poteva superarlo e sperava che non avessero notato il sarcasmo... e quale predica? "Ho incontrato Caraway."

"Bello vedere che ne sei uscito indenne. Dovresti sentire qualche storia dell'orrore."

"Cosa gli state dicendo?" chiese qualcuno da dietro. Era strano il modo in cui il suo corpo si sentiva improvvisamente a suo agio solo sentendo la voce di lei. Voleva guardarla, ma non voleva che sembrasse che la stava 'guardando'. Non ebbe mai la possibilità di capirlo, dato che sentì la lieve pressione delle mani di qualcuno sulle spalle. La cosa successiva che seppe era che lei si era chinata verso di lui, mettendogli entrambe le mani sul collo. Lei intrecciò le proprie mani posandogliele appena sul petto. Abbassandosi gli sussurrò "hey tu," all'orecchio. Lui sentì il suo inebriante respiro caldo, mescolato all'aroma chiaro di alcol, che gli giocava sulla pelle.

"Hey," disse lui con voce roca, cercando di comportarsi normalmente, indifferente come sempre. Devo respirare, inalare... esalare.

"Niente, principessa, chiedevamo solo se ha già incontrato il Colonnello," rispose infine Watts.

Lei alzò un sopracciglio, ancora in piedi dietro a Squall. "Sì, lo ha incontrato. E ragazzi, chiamatemi solo Rinoa qui, per favore?"

Ah-ah, evvai! Squall dovette veramente sforzarsi di tenere a bada il sorriso che gli si formava sulle labbra.

"Ciao di nuovo," disse Quistis agli invitati, svoltando l'angolo. Emerse anche una figura piccola ma vivace, che corse velocemente verso il tavolo e alla compagna a quattro zampe seduta obbediente lì accanto.

"Angelo!" gridò Selphie, quasi attaccando la cagnetta con una sovrabbondante doccia d'amore. "Mi sei mancata piccola!"

"Yo! Zone... Watts... sono contento che siate venuti! Avete già mangiato qualcosa? C'è un rinfresco a tutti gli effetti di panini, laggiù."

Zone si mise una mano sulla pancia. "No, non penso di riuscire a mangiare adesso. Il viaggio in macchina mi ha messo ko, penso che andrò al bagno."

Che shock...

Squall si tenne il commento per sé, cercando disperatamente di continuare ad allenare i polmoni a inalare correttamente l'ossigeno. Rinoa rimase in piedi dietro di lui con le braccia che riposavano teneramente sul suo corpo. Questo era il più lungo contatto fisico che aveva avuto con Rinoa dalla Lagunarock. Cercò di non muoversi, per la paura che la gente potesse accorgersene, e soprattutto per paura che lei si ritraesse. Inspira... espira... dannazione... non sembrare spaventato.

Watts guardò le tavole coperte di cibo. "Non so se devo... oh, un attimo! Ci sono i bocconcini... devo mangiarne qualcuno!"

Fu una frase che mandò nuovamente le tre ragazze in un'isterica risata di massa. Quistis cercò di rimanere solenne, ma mise in fretta la faccia sul tavolo, nascondendo il viso contro le braccia. I lunghi capelli biondi nascondevano le lacrime che le scendevano dagli occhi. Selphie era già in terra a coccolare Angelo, e cadde letteralmente sul sedere ridendo. Rinoa lasciò la presa su Squall e si inginocchiò veloce sul pavimento vicino a Selphie. Non riusciva ad alzare gli occhi, entrambe le braccia incrociate sulla pancia, cercando di mantenere il minimo di compostezza che le rimaneva.

"Che... che hanno?" Zell bevve un sorso del suo drink, comportandosi come se non ci fosse nulla di strano.

"Non ne ho idea." Squall fissò la testa di Rinoa; i capelli le scendevano ora dolcemente sul viso.

"Ragazze, volete condividere?"

"No Irvine, no davvero. Solo... roba da ragazze," disse Quistis tra le risate, facendo un gesto con la mano.

"Sì certo, poi... farai esplodere la tavola," disse Squall continuando a guardare Rinoa per terra.

Lei alzò lo sguardo e lui si rese conto che la vedeva in viso per la prima volta. I suoi lineamenti erano sottolineati dalle luci, gli occhi brillavano per le lacrime.

"Mi offendo." Guardandolo di traverso, cercò di sembrare ferita dalla battuta, ma fallì miseramente... ridendo di più e basta per il tentativo.

"Sì, ho dovuto salvare le gentili fanciulle dalle grinfie malvagie... 'otto' grinfie malvagie del più spaventoso, peloso, e ora più piatto ragno del mondo."

"Quindi l'hai ucciso? Che ti aveva mai fatto?" chiese Quistis, alzando un sopracciglio alla battuta del cowboy.

"Beh, forse se avesse pagato un po' d'affitto avremmo potuto fare un accordo," aggiunse Rinoa, rialzandosi.

"Tu non paghi l'affitto!" Selphie si alzò finalmente dal pavimento.

"Stavo pensando di ordinare una replica in miniatura del Lionheart, così la prossima volta potrò difendere l'onore della mia strega come un vero cavaliere." Il commento monotono di Squall fece ridere tutti, compresa Rinoa, che di solito non trovava nulla da ridere nell'argomento.

"Non te ne servirebbero otto? Magari per metterle sulle dita?" Irvine bevve un altro sorso di birra, mentre Selphie si avvicinava al suo lato del tavolo. Sedendosi in braccio al cecchino, gli prese la bottiglia dalle mani e ne bevve un lungo sorso.

Il Comandante ci pensò per un momento, prima di guardare la donna in piedi proprio accanto a lui. "Sarebbero novantasei colpi vibranti, scusa Rinoa ma ti devi arrangiare."

"E dicono che la cavalleria sia morta," protestò la strega, mettendosi le mani sui fianchi fingendo rabbia.

"Non morta, solo sospesa per un po', nascosta sotto una montagna di scartoffie. Quando troverò i formulari corretti, li riempirò in tripla copia, li farò timbrare, e incaricherò un messaggero certificato di consegnarli."

"Oh Squall," lo stuzzicò Rinoa avvicinandosi, mettendogli le braccia maliziosamente intorno al corpo. "Sai quanto mi piace quando parli tutto così 'comandante'; mi devi ancora quella lezione sulla storia della junction."

"Beh, ti posso offrire la vera storia della SeeD, adesso," replicò lui accigliandosi. "In più, se sei brava, ti leggerò i rapporti delle spese degli ultimi sei mesi."

"Sai davvero come far passare a una ragazza momenti meravigliosi, Squall," disse lei, seducente. Allungando una mano, tirò la testa di lui verso di sé con una semplice tocco della mano, fino a quando furono occhi negli occhi. Per un breve secondo, lei vide un'emozione profonda che ricambiava il suo sguardo e si scavava un sentiero nella sua mano. Poi venne rimpiazzata da uno sguardo di paura infantile, come se una riservatezza che lo spaventava e che era rimasta chiusa dentro fosse riuscita a venire in superficie.

Lui scostò le braccia di Rinoa, non con forza, ma mandandole un sicuro messaggio silenzioso. Il suo cuore aveva per un momento smesso di battere, solo pochi secondi prima, solo per riprendere ora al doppio della velocità.

"Ho appena ricordato una cosa," annunciò Squall alzandosi. "Tornerò tra poco." Annuì appena, prima di voltarsi e andarsene senza un'altra parola.

Nel suo cuore, Rinoa voleva rincorrerlo, sentendo la colpa di averlo spinto di nuovo nella sua solitudine. Non era stato intenzionale, a volte le azioni di lui erano imprevedibili, proprio come erano sempre state. Si era sentita più rilassata dopo i due drink, non ubriaca, ma l'alcol aveva annebbiato un po' del suo buon senso. Certo, lui si sarebbe sentito a disagio con i loro amici che li guardavano. Si sentiva a disagio anche se non c'erano loro a guardare. Era stata tutta presa dal momento, e ora lui ne avrebbe pagato lo scotto. Invece di avere una notte per comportarsi come un adolescente spensierato, ora lui stava correndo di nuovo nel suo mondo militare... un ovile sicuro, per lui. In quel mondo, sapeva sempre cosa fare... o almeno si comportava come se lo sapesse.

Si sedette lentamente sulla sedia che lui aveva appena abbandonato, sentendo il vuoto nel calore della seduta. Il posto in cui lui sarebbe stato, se non fosse stato per lei. "Stupida, stupida, stupida..." si sgridò ad alta voce, mettendo i gomiti sul tavolo e nascondendo il viso tra le mani.

"Rinoa, non ti rimproverare per questo... tornerà. Conosco Squall... dagli solo un po' di tempo. E un consiglio da parte mia, se vuoi sentirlo: non cambiare niente di quello che stai facendo. È quello che lo attirato a te come prima cosa; sii te stessa e basta con lui. Presto imparerà ad essere a suo agio con la persona che sei, proprio come lo farà con se stesso."

"Grazie." Rinoa guardò la donna sull'altro lato del tavolo. "Solo che a volte non penso, volevo solo... oh, non importa."

"Hey," disse una donna con un drink in mano, attorcigliando alcune ciocche di capelli con l'altra. Aveva meravigliosi capelli castani pettinati in una coda morbida, e indossava un vestito color zaffiro molto aderente che enfatizzava ogni curva del suo corpo. "Sai dov'è andato Squall?"

"Squall?" ripeté Rinoa, non proprio sicura del perché sentisse una fitta di gelosia, ma questa donna era meravigliosa... era solo una reazione naturale.

"Sì, ho bisogno di parlargli."

Certo, parlare... questa l'ho già sentita. E ovviamente per parlare è necessario indossare un reggiseno push-up e dieci centimetri di tacchi a spillo. Rinoa rimase in silenzio, tranne che nella sua mente.

"Sono Quistis Trepe, insegno qui; forse posso aiutarti io."

"No, è personale."

Ovvio che lo è, ma dobbiamo definire personale e professionale, cara... se vieni 'pagata', è professionale.

"Oh, uhm... penso che sia andato nel suo ufficio."

Quistis! Non l'hai detto sul serio... Le due ragazze si scambiarono uno sguardo, e Rinoa poteva vedere che l'insegnante si sentiva in colpa, come se avesse tradito una confidenza sacra.

"OK, andrò a controllare là."

Prima passi sul mio cadavere... signorina 'non-esiste-che-quelle-siano-naturali'. Di solito Rinoa non era tipo da sentirsi insicura, o vagamente gelosa, ma forse l'alcol stava prendendo il sopravvento sul suo carattere naturale. Si alzò, mostrando un sorriso falso all'estranea. "Sono la sua ragazza, e se è personale... forse posso aiutarti."

"Non sapevo che avesse una ragazza," replicò la donna, guardando Rinoa con quella che sembrò un briciolo di sospensione. "Assicurati solo che riceva questo, e digli che lo chiamerò più tardi." Allungò una busta a Rinoa, timbrata con la scritta 'confidenziale'. "E signorina, è personale... spero che capisca quella parola."

Capisci questo! Rinoa pensò alcune frasi scelte, e nessuna era troppo lusinghiera.

"Oh, e dica a Squall che è stato uno sballo." La donna fece un sorrisetto all'ultima frase, si voltò e uscì. Rinoa rimase stupefatta mentre guardava la donna e le sue gambe 'deve-essere-liposuzione' che se ne andava. Infine, doveva dire qualcosa per rompere il silenzio. "Avete visto che gonna corta? Chi indosserebbe una gonna del genere a una festa SeeD?"

Selphie, Zell e Quistis trovarono molta ironia nella frase. Guardarono il comportamento della loro amica, solitamente composta, che mostrava un lato diverso. "Non so... forse lo stesso tipo di persona che ha paura dei ragni," disse l'esperto di arti marziali, facendo uno scherzoso occhiolino all'amica.

"Oh, come mi ferisce," replicò sarcastica. "Quello era diverso, io ero... err... uhm... beh, era diverso!"

"Wow, avete visto quanto era corta la sua gonna?" disse infine Irvine. Gli altri quattro lo guardarono increduli.

"Dove sei stato, Irvy?" domandò Selphie, ancora seduta in braccio al cecchino.

Rinoa guardò la busta gialla che teneva in mano. Se solo avesse avuto la vista a raggi x... ma in ogni caso, non avrebbe fatto una cosa simile a Squall. Si fidava di lui. Eppure era curiosa; non era il solito tipo di persona con cui lui faceva affari, soprattutto se classificati 'di natura personale'.

"Hey, ragazzi, vado a fare un giro."

*~*~*~*~*

Era andata al suo ufficio, solo per scoprire che la porta era chiusa a chiave e non filtrava luce da sotto la porta. Rinoa era anche andata verso il dormitorio dei SeeD, e aveva bussato alla porta del Comandante, senza ricevere risposta. Sospirando per un po' di frustrazione, immaginò che fosse meglio tornare alla festa. Nella hall c'erano pochi studenti; alcuni andavano al Centro Addestramento, altri che camminavano tra la festa e le proprie stanze. Aveva ancora la busta saldamente in mano, e la curiosità cominciava ad avere la meglio.

Gettandosi i capelli dietro le spalle, svoltò l'angolo verso l'entrata principale del salone dei ricevimenti. Fu sorpresa quando una mano le afferrò il braccio da dietro, cogliendola di sorpresa. Velocemente si voltò mentre la figura iniziava a trascinarla in un angolo remoto. Anche se una volta voltatasi, non sentì più il desiderio di combattere il suo assalitore.

"Squall? Cosa stai facendo?"

Di nuovo, lui non le rispose; ora erano in piedi proprio dentro il guardaroba. Fortunatamente per quella sera era rimasto inutilizzato, dato che non si trattava di un evento ufficiale del Garden.

"Scusa," sussurrò quasi lui per rimpianto, incapace di guardarla direttamente negli occhi.

"Scusa per cosa?" chiese lei, le dita di lui ancora strette intorno al braccio.

"Per essere andato via."

Lei scosse la testa, imbarazzata per un attimo. "Squall... scusami tu... non avrei dovuto comportarmi così davanti ai tuoi amici, sono solo stata presa dal momento."

"Non scusarti mai per essere te stessa," disse lui, trovando la forza di guardarla negli occhi.

"...Nemmeno tu," rispose con esitazione, trovando sempre più difficile respirare.

Casualmente, lui notò la busta che lei teneva in mano, mentre distoglieva lo sguardo da quello ipnotizzante di lei. "Dove hai preso questo?"

Lei voleva dire quello che pensava davvero, ma era ancora molto inappropriato in quella circostanza. "L'ha lasciato una donna. Stavo giusto cercando di trovarti."

"Ha detto qualcosa?"

Rinoa si morse di nuovo la lingua per i commenti che avrebbe voluto dire. Rispose semplicemente, "solo che era personale."

"Bene." Squall le prese la busta di mano e la infilò nella tasca della giacca. Tornò a guardarla e vide un'espressione insicura poco familiare sul suo viso. "Niente, non ha detto niente?"

"No, niente." Rinoa distolse il viso, imbarazzata dal fatto di sapere che la stava leggendo.

"È molto brava nel suo lavoro."

"È... carino." Rinoa cercò di pensare a una cosa diplomatica e gentile da dire. Si appoggiò al muro, contando su di esso per il sostegno.

Lui non poté evitare di iniziare a ridere di nuovo, per la seconda volta quel giorno - la seconda volta di tutta la vita. "Rinoa, sai tenere un segreto?" La curiosità la stava uccidendo, e mosse la testa per guardarlo, esaminando ogni lineamento preciso. "Suo fratello lavora a Balamb... fa il disinfestatore. L'ho assunto come favore personale per me, per disinfestare dagli insetti alcuni posti. La tua stanza, la mia stanza e il mio ufficio, e l'ufficio di Cid... giusto in caso qualche sgradito 'malvagio a otto zampe' riuscisse a entrare... non vorrei che tu avessi un'altra esperienza traumatica al Garden, e aver bisogno di terapia vita natural durante... altre scartoffie."

"Ma..." provò a dire lei, ma lui le mise gentilmente un dito sulla bocca.

"Sssh... è mio dovere come cavaliere salvarti sia da un RubRumDragon che da un ragno peloso. In più, onestamente, non sono esattamente eccitato da quelle cose nemmeno io, ma questo rimane fra me e te. Anche se io non brucerei tutto il Garden per liberarmi di uno di loro. Se stai pensando a qualsiasi altra cosa si sia riferita... le ho chiesto di farmi un altro favore, ma questo è il 'nostro' segreto. Non ho comprato niente per il compleanno di Zell... ho pensato che potevo almeno pagare la festa. Le ho detto che se avesse pagato i conti con i miei soldi, sarebbe potuta rimanere e godersi la festa. Ha messo tutte le ricevute in una busta, per me."

"Sei stato... tu?" I suoi occhi castani si spalancarono per lo shock, stupita dal suo gesto poco caratteristico ma sollecito.

"Nessuno lo sa... o lo saprà mai, ricordi? O andrò al negozio a comprare un cucciolo di tarantola. Non posso permettere che la gente sappia che sono davvero gentile."

"I tuoi segreti sono al sicuro con me, cattivone mio."

"Ora, quello che avrei dovuto fare un'ora fa."

Si avvicinò di più, mentre il corpo di lei era ancora premuto contro il muro. Mettendole in braccio intorno alla vita, la tirò leggermente a sé, lontana dal suo sostegno. Portò la fronte a toccare quella di lei, guardandola dritto negli occhi. In qualche modo la paura che aveva sentito prima era ancora lì, ma quando erano soli poteva contenere quell'emozione abbastanza a lungo da poter agire su una sensazione più profonda e istintiva.

"Respira," sussurrò. Non era sicuro se fosse per beneficio di lei o per il proprio, ma in qualche modo non aveva importanza mentre chiudeva la distanza tra loro. Tirando il suo corpo a sé, cedette ai suoi istinti.

Rinoa infilò le braccia sotto la sua giacca, sentendo il cotone morbido che le danzava sulle punte delle dita. Il suo tocco era così inebriante, così dolce, eppure allo stesso tempo così pieno di passione. Poteva sentire l'amarezza dell'alcol che aleggiava ancora sulle sue labbra, e il suono del suo respiro affrettato. Non si era mai permesso di essere così libero con lei, e accettò il dono con saggio rispetto.

Sentì qualcuno che le strofinava la gamba, e sfortunatamente non era Squall. Facendo un gesto con la mano, cercò di allontanare il cane, ma il tentativo sembrò vano. Senza avvertimento, il cane iniziò ad abbaiare forte, e mai nella sua vita Rinoa desiderò così tanto avere una museruola come quel giorno.

Lentamente lui si ritrasse, anche se il suo corpo protestava urlando, consapevole che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a vedere cosa fosse quella confusione. E proprio come aveva immaginato, Quistis e Selphie arrivarono di corsa con espressione preoccupata.

"Et tu(2), Angelo?" Rinoa guardò di traverso la sua 'non tanto amata al momento' amica.

"Uhm..." Selphie cercò di non ridacchiare. "Eravamo solo preoccupate per Rinoa."

"Ma vediamo che è in mani 'molto capaci'," aggiunse Quistis con un tocco di sarcasmo. Nascondendo quanto era divertita, si mise la mano sulla bocca per coprire le risate.

"Mamma mia, è tutto quello che fate voi due?" sbottò Selphie, probabilmente sempre grazie all'aiuto dell'alcol. Non un commento che avrebbe normalmente fatto - almeno ad alta voce - sul suo Comandante.

"Magari," borbottò Rinoa sottovoce, con quanta voce bastava perché Squall sentisse.

"Dai," disse lui prendendola per mano con un sorriso che solo lei poteva vedere. "Stasera non è per noi, comunque. In più sta venendo fame anche a me."

Uscirono dal guardaroba, seguiti dalle due ragazze che ridevano ancora, e dalla cagnetta mandata alla ricerca della sua padrona. Selphie guardò Quistis, indicando il Comandante. Veloce, gli corse accanto, gettandogli scherzosamente un braccio sul fianco libero.

"Hey Squall, tu cosa ne pensi dei mini panini?"

*

Note al testo
(1) Età legale per bere: abbiamo tradotto così l'espressione inglese drinking age, che si riferisce all'età minima in cui, in una nazione, è possibile acquistare alcolici. L'età varia di paese in paese; trovate a questa pagina di Wikipedia un prospetto delle varie età legali per bere nel mondo.
(2) Et tu: non è un errore di ortografia^^ Si tratta di un'espressione latina, e si dice che sia ciò che ha pronunciato Giulio Cesare quando si accorse di essere pugnalato, durante la congiura, anche dal figlio Bruto. L'espressione ricorre spesso in Ashbear, in contesti scherzosi, e sta a significare, anche nel linguaggio comune, lo stupore per il tradimento da chi meno lo si aspetterebbe.

*****
Nota dell'autrice: nessun ragno è stato ferito nella realizzazione di questo capitolo. Anzi, l'aracnide è qui seduto tutto carino sulla mia se... ragno? Marito, figli, chiunque... aiuto, sono intrappolata!

Nota delle traduttrici: capitolo reinserito il 2 giugno 2010 perchè mancavano le note interne (sì, me ne sono scordata come una pirla, chiedo venia XD). Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 4
*** IV: Tempo di Costruire ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo IV: Tempo di Costruire ~

28 marzo

Sospirò, prendendo una pila di fogli dai suoi 'in arrivo'. Ricorreva la sua prima settimana di lavoro per il preside, e in onore di ciò, lui le aveva ufficialmente regalato tanto di targa col nome. Okay, era più che altro una vittoria morale, ma era pur sempre un risultato nella sua vita: la prima sensazione di normalità che avesse mai sperimentato.

Rinoa guardò l'orologio, le lancette che ticchettavano lentamente finché il loro suono si perdeva. Non era che non le piacesse lavorare, anzi, il contrario, ma la settimana passata era stata estremamente stancante. Chi avrebbe mai potuto pensare che arrivare alla fine di una giornata lavorativa di otto ore potesse essere più sfiancante che non liberare una piccola cittadina?

Si era legata i capelli scuri in una coda alta, e quel poco di trucco che si era messa prima se n'era andato per l'ora di pranzo. Cosa che, di nuovo, le faceva sentire il bisogno di finire: questo weekend appariva sempre più come una manna dal cielo a ogni secondo. Voleva tornarsene nella sua camera, farsi una doccia calda, e crollare nel pacifico regno del sonno, per svegliarsi il lunedì mattina.

Okay, era un sogno, ma uno a cui poteva aggrapparsi per il momento.

"Rinoa?" chiamò la voce di Cid dall'altra stanza. "Puoi fare approvare al Comandante il budget per il nuovo semestre? Le ultime due volte non era d'accordo con i miei bilanci. Forse tu puoi convincerlo a firmare."

"Cid!" Rinoa rise al pensiero. "Cosa mi sta chiedendo, esattamente?"

Lui sospirò, abbassando lo sguardo sulla sua scrivania ora perfetta. "Ti sto chiedendo di 'farglielo approvare'. E come diavolo dovrei trovare qualcosa io qui? È tutto in ordine! Non riesco a concentrarmi con tutto questo ordine... io sono produttivo nel caos."

"Tragico," replicò ironica lei.

*~*~*~*~*

"Avanti, è aperto." Alzò gli occhi per vedere Rinoa che entrava, con una cartellina in mano. Squall posò la matita con fare casuale, sistemandosi nella sedia. "In cosa posso aiutarti?"

"Wow... così è davvero troppo aperta come domanda, potresti riformularla?" Si sedette sull'angolo della sua scrivania, la testa inclinata di lato e un sorriso malizioso.

Si piegò in avanti, sollevando un sopracciglio all'indirizzo di lei. "In cosa posso aiutarti, che sia inerente al lavoro, signorina Heartilly?"

"Sei la personificazione della simpatia, Leonhart."

"Ci provo."

"Budget."

"Cosa?"

"Approvalo."

"Io non ho intenzione di approvare nulla senza prima averlo esaminato. Non sento proprio il bisogno di infilarmi in un'altra situazione stile 'contratto con i Gufi del Bosco'."

"Sai, questa era cattiva... sei impossibile."

"Non impossibile, solo difficile." Si allungò a prenderle la cartellina dalle mani. Per un istante le loro dita si toccarono, e si ritrovò a lasciare che le sue indugiassero sulla pelle di lei per un attimo di più di quello che sarebbe stato accettabile dal punto di vista professionale.

Muovi la mano, muovi la mano... alla svelta. urlò la sua voce interiore.

"Squall, pensi di prenderla questa cartellina? O solo di tenermi la mano?"

"Non mi ero accorto che ti stavo toccando." Ebbe un brivido, oh, sì, eccome se ci crederà...

Lei trattenne una piccola risata. "Ma sì, certo... come se io ci credessi."

Accidenti.

"Bene, 'signor Difficile', può dirmi cosa c'è che non va con il budget? Magari possiamo arrivare ad un compromesso."

"Non credo che tu abbia il potere di negoziare."

"Saresti sorpreso a sapere che potere possiedo," lo provocò, arricciando il naso e allungandosi verso di lui ancora un po'. "Non posso fare nulla riguardo al budget, ma posso lavorare sulle tue abilità nelle trattative."

Cercò di dissimulare i suoi dubbi con un breve sospiro. Pensava davvero di avere una possibilità contro un professionista ben allenato?

"Bene, signorina Heartilly, su cosa potremmo trovare un compromesso?"

"Che ne pensi di portarmi a cena fuori il prossimo weekend?"

"Un appuntamento? Vuoi che usciamo per un appuntamento?"

"Squall, non ci provare! È una negoziazione, non un dibattito."

"Bene, allora che ne dici di un pranzo alla mensa il prossimo giovedì?"

Seppellì il viso tra le mani, esasperata. "Okay... okay... allora, se lo trasformassimo in una cena per giovedì?"

"Giovedì non va bene, il giorno dopo c'è scuola," disse lui con un sorriso ironico.

"Squall, io non vado a scuola."

"Lo so, ma ci lavori. Dobbiamo dare il buon esempio ai cadetti. Venerdì?"

"Ahhh! Come ti ho detto all'inizio, questo non è negoziare!"

"Questo venerdì."

"Squall, sarebbe stasera." Stava per alzare gli occhi al cielo, quando lui le porse un pezzetto di carta. Lei lo guardò sbalordita. "Uhm... cos'è questo?"

"Prenotazioni per cena - sette in punto."

"Come? Cosa? Stasera?"

"Guarda, dimmelo ora se non vuoi andarci." Le prese il foglietto dalle mani, provocandola, "se è un no, dovrò trovare un'altra alla svelta... chissà se quella cosa dell' 'adorazione dell'eroe' funziona ancora."

"Non ti permettere!" Glielo riprese subito di mano. "Non è divertente."

Lui le restituì la cartellina. "Di' a Cid che sarò nel suo ufficio lunedì mattina per riesaminare questi bilanci."

"Allora, era così difficile?"

"No... ma io non sono sceso a nessun compromesso... lo hai fatto tu."

Rinoa strinse gli occhi, pronta a dargli una risposta tagliente. Maledizione, aveva ragione lui. Frustrata, poté uscirsene solo in un "Grrrr." Già, tutti quegli anni di scuola finiti ripagavano in quel momento. Un momento che non era uno dei più brillanti, per Rinoa. In cambio, lui poté soltanto regalarle una risatina, mentre si riadagiava nella sedia con entrambe le mani dietro la nuca.

*~*~*~*~*

Rinoa guardò nello specchio per quella che doveva essere la centesima volta. Non sapeva dire di preciso perché fosse così nervosa: non era che non fosse mai andata ad un appuntamento, anzi, praticamente l'opposto. Forse in passato i motivi non erano stati sempre i più puri, forse c'era stata una certa soddisfazione adolescenziale nell'uscire con uomini, non ragazzi, che suo padre non approvava. Ma stavolta era diverso, stavolta era per davvero. E la cosa la spaventava.

Ripensando adesso agli anni di quando era più giovane, si rendeva conto che era stato tutto una specie di gioco con se stessa, trovare apposta la persona che a suo padre sarebbe piaciuta di meno. Ora si sentiva soltanto in colpa per quel comportamento da adolescente, infantile, non solo nei confronti di suo padre ma anche per come a quei tempi aveva trattato diversi di quegli uomini. Forse anche lei aveva bisogno di maturare un altro po', perché non era solamente Squall ad aver paura di una relazione seria.

Fissando il suo riflesso, si raddrizzò la collana, girò dietro il collo la chiusura. Era la prima volta che metteva qualcosa di semi-elegante da quella sera a Fisherman's Horizon: si era decisa per un semplice vestito nero che lasciava le spalle scoperte, stretto in vita, che scendeva poi fino a poco sopra il ginocchio.

Si tirò su i capelli, poi li lasciò ricadere lievemente sulle spalle con un sospiro scocciato. Niente di quello che faceva sembrava andar bene, e manifestò la sua frustrazione tornando a buttarsi sul letto. I suoi pensieri furono interrotti quando suonò il telefono, distogliendola di colpo dal suo fantasticare.

"Pronto?"

"Ciao Rin, come va?"

"Selphie! Oh, accidenti, come stanno andando le cose lassù nel bianco, freddo nord?"

"Bianco e freddo, che sorpresa. Ho solo pochi minuti, e ho pensato di usare qualcuna di quelle schede telefoniche che mi avete dato tu e Quistis. Come va nelle pianure di Balamb?"

"Tutto bene. È una settimana che sto in ufficio, ora, e ancora Cid non ha fatto tentativi di farmi fuori, quindi lo prendo come un buon segno."

"E Squall?

"Beh, sull'argomento la giuria è ancora in ritiro per deliberare. Giuro che una matita vagante è volata dalla sua mano in direzione di me l'altro giorno... lui ancora dice che gli è scivolata. Sto cercando di dargli spazio finché non si abituerà a tutta questa idea."

"Non c'è abbastanza spazio nel mondo, tesoro."

"Molto divertente... dai, lo sai cosa voglio dire. Sono dovuta andare da lui solo poche volte, e mi sono tenuta sullo strettamente professionale. Per fortuna ho più a che fare con il preside che non con il Comandante - anche se stasera mi porta fuori. In più ci sono state voci sull'assegnare anche a lui un assistente, non toccherebbe mai l'argomento. Ma, insomma, e Irvine come sta?"

"Beh, a parte il fatto che ci ha già provato con tutte qui, sta bene."

"Mi dispiace, Selphie."

"Oh, no, non ti deve dispiacere! In realtà mi sto divertendo un mondo a farlo soffrire, per non parlare del fatto che ci ha provato con un altro uomo con la coda lunga perché vedendolo da dietro pensava che 'lui' fosse una 'lei'... questa ancora non gliela lascia passare nessuno. Non può farci niente, lui è così... e poi, adesso sta cercando di essere carino. Veramente, mi ha portato la colazione in camera per tutta questa settimana."

"Selph, non voglio saperne nulla." Rise per un momento, prima di farsi più seria. "Davvero, onestamente, come stai?"

Ci fu una lunga pausa dall'altra parte, prima che la ragazza più giovane rispondesse con un tono molto più grave. "Sto bene. È solo dura... è solo che mi sento responsabile per tutto questo, se soltanto fossi riuscita a uscire dalla prigione del Distretto D un pochino prima... se soltanto avessi potuto avvertirli. Non è stato giusto... tutta questa distruzione."

"Nessuno dà la colpa a te, non è che l'hai scelto tu... il destino ha deciso che avevano più bisogno di te a Balamb. Io credo che sia stato qualcosa di più grande di quello che chiunque di voi avrebbe mai potuto immaginare."

"Ma Rinoa, io avrei dovuto essere lì. Che cosa mi ha reso così speciale? Perché mai mi hanno concesso il trasferimento? In realtà io non volevo andarmene... mi arrivò una lettera da Balamb, che mi chiedeva se ero interessata a fare l'esame pratico la primavera scorsa... ad essere sincera, io avrei provato l'anno dopo, non pensavo di essere pronta... lo pensava il preside Kramer. Ma più riflettevo sul diventare una SeeD, più mi sembrava buono. Prima ancora di rendermene conto, stavo inviando il mio modulo. Che cosa mi dà il diritto?"

"Selphie, non posso darti una risposta. Ma forse hanno più bisogno di te ora: la tua forza e il tuo modo di essere non hanno paragoni."

Ci fu una lunga pausa imbarazzata dall'altro capo del telefono; sentiva che la sua amica voleva tornare ad un argomento più allegro. "Allora, Rin, dov'è che ti porta?"

"Sai, non gliel'ho chiesto. Ero semplicemente scioccata in quel momento."

"Beh, immagino che sarà o un poligono di tiro, o un negozio di articoli in pelle... con entrambe le opzioni ci sono un sacco di possibilità eccitanti."

"Oh, Selphie, sei senza speranza!"

Sto passando troppo tempo con Irvine. Bene, ti lascio a prepararti, devo dare un colpo di telefono a Quisty. Stasera non fare niente che io non farei."

"Stiamo parlando di Squall. Non farò niente che una suora non farebbe."

Riappendendo la cornetta, Rinoa guardò il comodino e improvvisamente si rese conto di quanto fosse in realtà ovvia la soluzione al suo 'dilemma capelli'. Aprì il cassetto, tirò fuori una scatolina, e prese il suo regalo di compleanno. Mentre passava un dito sulla superficie liscia del fermaglio di madreperla, i suoi pensieri non poterono trattenersi dal perdersi al ricordo di quel giorno così importante. Con un sorriso si legò le ciocche davanti dietro la testa, lasciando sciolti il resto dei capelli. Dopo un'altra occhiata nello specchio, chiuse gli occhi, cercando di combattere il senso di nervosismo che le cresceva nello stomaco.

*~*~*~*~*

Il mormorio basso del climatizzatore si sentiva appena sotto la musica; nessuno dei due aveva parlato da quando avevano lasciato il Garden. Squall si rese conto che stava guidando con le mani in posizione dieci e dieci, ripassando tutte le norme di sicurezza che aveva imparato a scuola guida. Chissà perché, ma quando erano in gruppo tutti insieme niente lo disturbava mai; era nelle situazioni faccia-a-faccia che non si trovava tanto bene.

Passavano i campi di Balamb, mentre i marroni dell'inverno cedevano ai nuovi toni del verde. Rinoa osservava i primi segni della primavera farsi strada nel piccolo continente, ed era contenta del cambiamento: era una rinascita, e in un certo senso la primavera le aveva sempre dato più speranza, una sensazione di avventura... era quasi un anno prima che aveva attraversato per la prima volta i cancelli di Balamb.

Guardandolo con la coda dell'occhio, vedeva che Squall le lanciava un'occhiata di tanto in tanto, impacciato per tutta quella situazione. Le veniva quasi da ridere per la sua curiosità infantile, per il fatto che uno addestrato come un guerriero fosse totalmente smarrito per le cose più di tutti i giorni. Parte di lei aveva voglia di confortarlo, e parte di lei aveva voglia di... beh, di cose che sarebbero state molto inappropriate in una macchina... e che avrebbero fatto scappar via Squall più veloce di un Kyactus sui pattini a rotelle.

"A cosa stai pensando?" chiese lui alla fine, un po' esitante nel tentare di far partire la conversazione.

"Ehm... Kyactus... pattini a rotelle, quel genere di cose." Beh, suonava molto meglio di quello a cui in realtà stava pensando. Non voleva davvero saperlo, no? Mise ordine nella sua mente, avvertendo la confusione del ragazzo, e cercò di chiarire meglio che poteva. "Uhm... allora, stavo pensando alla primavera, e quindi ai fiori. Visto che ogni cosa che cerco di far crescere mi secca, mi stavo immaginando che un cactus potrebbe andar bene. E allora, naturalmente mi è venuto in mente Kyactus, e poi ho pensato a quanto sono veloci... e ho pensato che sarebbe divertente correre così veloci. Così poi mi è venuto in mente che potremmo andare tutti insieme a pattinare quest'estate." Voleva nascondersi il viso fra le mani, imbarazzatissima per il discorso totalmente deficiente che aveva appena fatto, ma invece si voltò verso di lui per la prima volta da un bel po' di tempo, con un sorriso dolce. Ma che diavolo ho detto?

Ci fu un momento di silenzio impacciato in cui lui parve guardarla nello smarrimento più totale. "Mi sa che non capisco come pensate voi donne. Non dare per scontato che io sia molto coordinato sulle rotelle, è più l'ambito di Zell."

Rinoa si sventolò la mano davanti al viso, liquidando l'affermazione. "Oh, non ti preoccupare, la metà delle volte neanche noi capiamo voi ragazzi. E andrai alla grande sui pattini, come sei sempre riuscito a fare qualunque altra cosa." Dopo un attimo di pausa, passò la mano sulla plastica del cruscotto, e una domanda le attraversò la mente. "Ehi Squall, di chi è questa macchina?"

Lui la guardò scuotendo la testa. "Pensavo avresti fatto questa domanda mezz'ora fa, quando sei entrata. È mia."

Era stupita. "Tu... tu ti sei comprato una macchina?"

"Beh, dovevo pur fare qualcosa coi miei soldi e un'auto mi è sembrata un investimento logico. A dire il vero, tutti e cinque abbiamo finito per comprarci qualche mezzo."

"Sapevo che Quistis aveva preso una macchina nuova, sono andata a pranzo fuori con lei qualche volta, ma mi sa che non mi ero accorta che l'avevano fatto tutti. È davvero bella, Squall. Credo di aver pensato che l'avevi presa in prestito da Cid o qualcosa del genere."

"Non so se sentirmi onorato o offeso del fatto che hai immaginato che io e Cid compreremmo lo stesso tipo di macchina... ma ho pensato che mi serviva un'auto di una certa grandezza, che fosse pratica, ma allo stesso tempo confortevole, per i viaggi lunghi."

"Squall, sembra che tu lo stia leggendo pari pari dal volantino pubblicitario. Scommetto che i sedili in pelle avrebbero dovuto tradirti." Rise mentre lui le lanciava un breve sguardo. "Allora, dicevi che tutti hanno finito per prendere una macchina?"

"Beh, no... non tutte macchine. Quistis come sai ha una decappottabile. Zell ha optato per un SUV enorme... immagino che così potrà portare più panini. Irvine si è deciso per un pick-up, e ci ha messo dietro anche un supporto fatto apposta per il suo Exeter; e poi parla di caricarci una barca quest'estate. E Selphie... beh, che tu ci creda o no, alla fine si è comprata una mega-motocicletta custom, penso che quell'affare abbia più accessori di tutti e quattro noi messi insieme."

Lei rise. "L'ho vista parcheggiata! Selphie? Oh mamma, ma se ci pensi ci sta. Ho il sospetto che la SeeD paghi un attimino meglio che non lavorare per un gruppo di resistenza."

*~*~*~*~*

Rinoa era fuori dal ristorante, a sentire la brezza dell'oceano che le agitava i lunghi capelli sul viso: se si mordeva il labbro, poteva avvertire in bocca il sapore deciso dell'aria salata. Distingueva la schiena di lui tra i clienti del ristorante, mentre si avvicinava al maître per dirgli che erano arrivati. Sorrise a guardarlo, anche se era di spalle vedeva quant'era imbarazzato in quella situazione: non solo per tutto il fatto dell' 'appuntamento', ma anche nel contesto di una cena formale. Il suo passarsi una mano tra i capelli era una delle piccole cose che aveva notato dal suo ritorno al Garden, era una manifestazione esteriore del suo nervosismo... più o meno come quando lei stringeva in mano gli anelli appesi alla sua collana.

Il ragazzo tornò verso di lei facendosi strada tra la folla. La sua giacca da completo era in forte contrasto col cappotto di pelle, ed era sorpresa che Squall avesse addirittura deviato dal suo solito abbigliamento. Si vedeva bene la camicia bianca abbottonata che portava sotto, col cappotto che ondeggiava ad ogni passo. Non si era spinto tanto in là da mettersi una cravatta, e a dire il vero ne era contenta... il suo collo aveva qualcosa di così bello e affascinante. A volte avrebbe desiderato avere il coraggio di allungarsi a baciarlo sulla scapola, dove la catena si posava sulla pelle, ma di nuovo, probabilmente lui non avrebbe voluto saperne di questi pensieri.

Accorgersi che lui stava lì davanti a lei, ad osservare la sua espressione distante, le fece capire che tutto il suo riflettere non era passato inosservato. Si portò le mani alla collana, tenendo le due bande di metallo nei palmi delle mani: non tentò neanche di spiegare. Chissà che scusa pazzesca le sarebbe venuta fuori questa volta... poteva finire a chiedergli di andare a fare immersioni sulla costa di Dollet... Anche se Squall in costume da bagno poteva non essere una brutta cosa. Si tolse anche questo pensiero dalla testa, cercando di allontanare alla svelta l'argomento.

"Allora, quanto pensi che ci metteranno? Sto morendo di fame."

"Sono un po' in ritardo, crede che ci faranno sedere entro una ventina di minuti."

"Oh," mormorò. Non che le dispiacesse; tutto sommato, guardare l'oceano le faceva sentire una serenità che la calmava. Era una cosa che non aveva mai potuto veramente provare spesso a Deling, la costa era a quasi un'ora di macchina da casa sua. Rivolse lo sguardo verso l'orizzonte, notando lo splendore delle stelle nonostante le luci del viale.

"Cerchi qualcosa?" le chiese lui, guardandola mentre alzava gli occhi al cielo. Per un attimo il ricordo della loro prima serata danzò nella sua mente, e non riuscì a non sentire nostalgia per quel momento. "Scommetto che ora mi chiederai di ballare."

"Non ti preoccupare," rise guardando alcuni clienti che uscivano dal 'The Neon Chocobo', il locale accanto all'edificio. "Non ti costringerei mai a ballare in strada, davanti a un locale, accanto a un ristorante di pesce. Anche se nel mio mondo sarebbe più o meno la norma."

Stava ascoltando solo per metà. Squall si ritrovò incantato a guardare ogni semplice movimento di lei e concentrato più sul suo stesso respiro... solo un paio di parole gli si erano registrate davvero nella testa. "Ballare sui pali (1)?" chiese inarcando un sopracciglio. Rinoa colse dell'ironia nella frase, una cosa che si sarebbe più aspettata da Irvine.

"No, ho detto 'davanti ai locali', Squall! Volevo solo dire che ho fatto delle cose assurde, e ballare davanti a un locale non sarebbe la più strana. Anni di danza, sai, dovranno pur servire a qualcosa."

"Tipo a ballare sui pali." Non riusciva lui stesso a credere alle sue battute. Come sembrava essere più a suo agio con lei e, Dio solo sapeva come, a suonare più stile Irvine. Lei gli si avvicinò, afferrandolo per il polso e ridendo assieme a lui. Lentamente Squall le mise il braccio sulla spalla, e lei gli passò le mani attorno alla vita: non erano mai stati così vicini in pubblico, e Rinoa era veramente felice di quei momenti di pace.

"Non farmelo ripetere di nuovo Leonhart, ho detto davanti ai locali!"

Notando che i capelli le andavano sugli occhi, Squall le passò con dolcezza la destra sul viso, cercando inutilmente di sistemare le ciocche ribelli. "Danza, eh?"

"Sì, per alcuni anni, anche se non si direbbe con la spettacolare mancanza di coordinazione che ho qualche volta."

"Quindi non sarebbe un buon momento per ricordare la tua caduta dal Garden, giusto?"

"Beh, sono caduta con stile," scherzò, mentre era impegnata con difficoltà a cercare di staccare gli occhi dai suoi. "Okay, forse non con grande stile, però ho afferrato la corda in un modo carino, vero?"

Non sarebbe un buon momento per ricordare che ti potevo guardare nella scollatura, giusto? Aveva davvero riso ad alta voce senza rendersene conto, fino a che lei non si mise a fissarlo con un'espressione molto curiosa, domandandosi che cosa ci trovava di divertente.

"Che c'è?" chiese Rinoa, dandogli un colpetto sul petto. "Dimmi che cosa c'era da ridere!"

"Solo te... che cadevi dal Garden, solo te Rinoa." Si augurò di essere abbastanza in salvo per il momento; la verità avrebbe potuto non piacerle molto.

"Bene, continua così, perché sto per metterti in imbarazzo."

"Più del solito? Impossibile." Cercò di sembrare serio, ma fallì miseramente.

Allontanandosi di un passo, lei sollevò le mani, regolandosi sull'insegna al neon a forma di chocobo, e fece una piroetta di fronte a lui. Ma mentre volteggiava la gomma del tacco sfregò contro l'asfalto e lei perse l'equilibrio, scivolando in avanti. Si rimise in piedi con l'aiuto di lui, visto che gli era caduta tra le braccia. Un po' intontita per la sua esibizione, e per mancanza di allenamento, spostò lo sguardo oltre il ragazzo, verso il cielo notturno: le stelle erano puntini bianchi appena iridescenti su una tela nera.

"Beh, è stato quasi notevole," disse lui piano mentre lei si adagiava nel suo abbraccio.

"Anni di allenamento," fece tra le risate. "E ancora più anni di cadute col sedere per terra."

"Non l'avrei mai detto." Non sapeva come, ma non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Ogni dettaglio della sua pelle sembrava messo in evidenza sotto i lampioni. Fece un piccolo passo in avanti, mentre inconsapevolmente la stringeva più forte tra le braccia. Anche le cose che non aveva mai notato sembravano stamparsi nella sua memoria, e per qualche istante perse il contatto con la realtà, smarrito in qualcosa di sconosciuto. Finché non sentì un colpetto sul braccio.

"Squall!" Riconobbe il suono del suo nome... che finalmente si faceva strada per uno dei pochi sensi che gli erano ancora rimasti.

Oddio, ha detto qualcosa?

"...Sì?" Ma perché doveva sempre suonare come un bambino di otto anni che faceva una domanda alla maestra?

"Piede."

"Il piede cosa?"

"Ci sei sopra. Sulla mia scarpa... non posso muovermi."

"Oh... e c'è qualcosa che non va?"

"Beh, no... nel fatto che non posso muovermi no, ma nell'avere tutto il tuo peso sul mio piede sì."

Non si era accorto di avere scaricato il peso su di lei mentre si spostava, ed ora Rinoa si stava lisciando ancora una volta il vestito. "Scusa," le chiese in un sussurro. "Posso andare a vedere quanto manca ancora perché ci facciano sedere."

Rinoa guardò il ristorante e poi di nuovo l'oceano. Si fermò un momento a pensare a quanto si stava divertendo, e quanto davvero voleva semplicemente passare del tempo sola con lui, facendolo aprire un po'. Sapeva che già si sentiva abbastanza a disagio con lei, o con gli altri per lo stare insieme a lei, e metterlo in un ristorante elegante peggiorava soltanto le cose.

"Ti fidi di me?" gli chiese, sorridendogli.

"Dipende, penso di sì finché non c'entrano i ragni o la danza classica."

"Divertente, molto divertente... resta qui." Gli diede un breve, inaspettato bacio sulla guancia; non ebbe nemmeno il tempo di registrare la sua azione che la stava già guardando entrare nel ristorante, non prima di essersi girata e avergli fatto segno di stare fermo lì.

Rinoa tornò dopo pochi minuti, salutando il cameriere mentre usciva dall'edificio. Si affrettò verso il marciapiede: Squall stava lì da solo con la sua solita espressione perplessa.

"Che cosa hai fatto?" Aveva messo nelle parole più tono di accusa di quanto avrebbe voluto, ma in un certo qual modo si sentiva un po' in apprensione per il suo comportamento.

"Squall, in questo momento non suoni molto 'fiducioso'."

Gli premette scherzosamente l'indice nella pancia, prima di afferrargli la mano. Lui la seguì reclutante più o meno come aveva fatto sulla pista da ballo, mesi prima. Camminarono oltre il ristorante fino ad un piccolo parco dalla parte opposta delle strade di mattoni di Balamb. Il vento le faceva ancora solleticare il viso dai lunghi capelli, ma non era nulla d'insopportabile: l'aria era tiepida abbastanza per essere fine marzo, ed era uscita dal Garden senza cappotto. Lo portò ad un tavolo da picnic. C'erano alcune altre persone che si godevano l'aria della sera: varie coppie passeggiavano per le stradine più esterne del parco, ma in quel punto si sentiva lo stesso appartata.

"Rinoa, non credo che ci verrà a servire un cameriere qui fuori."

"Oh tu, Squall dalla poca fede," disse, sedendosi sulla panchina. Indicò il posto accanto a lei facendogli segno di seguire la sua guida. "Vieni qui."

"Mi trascini nel cuore di un parco isolato, e vuoi che io ti segua? Gli istruttori del Garden mi hanno messo in guardia contro la gente come te," rispose il Comandante, togliendosi il cappotto e posandolo accanto a sé. "Allora, non penso che tu mi abbia portato qui per mostrarmi qualcosa di più sulla tua abilità nella danza."

"Colgo del sarcasmo qui." Si appoggiò coi gomiti sul tavolo, osservando le onde che si dissolvevano prima di spezzarsi contro l'alluminio dei frangiflutti. "Volevo solo..." s'interruppe per prendere un tono più basso, con un accento più serio. "Volevo solo... che non finisse. Ho pensato che se entravamo lì, non so... non sarebbe stato..."

La sua frase fu sospesa quando lui avvolse le braccia attorno a lei, stringendosela al petto. Rinoa spostò una gamba sulla panca e lasciò andare tutto il suo peso su di lui. Mentre sistemava la testa tra il collo e la spalla di lui, sentì che Squall posava la guancia sui suoi capelli.

"Lo so," disse semplicemente, senza lasciarle finire la sua confusa spiegazione. Per qualche minuto restarono seduti così, ritrovandosi entrambi a guardare in su verso il cielo notturno. "Alzi mai gli occhi e ti chiedi dove eravamo?"

La domanda colse Rinoa un po' di sorpresa, e si rese conto che aveva distolto lo sguardo dai corpi celesti che lui stava ammirando. "Sì... ma certe volte mi fa paura."

"Davvero?" Squall si accorse che la stava stringendo più forte, come a tentare di farle passare quella sensazione.

"Un attimo prima ero al Garden di Galbadia con tutti quanti... il minuto dopo ero a galleggiare. Mi ricordo pezzi e frammenti di tutto quel che è successo nel mezzo, ma niente di più del guardare me stessa dentro un sogno... o un incubo, immagino. Quando mi sveglio, resta solo la paura. Posso guardare le stelle e pensare a noi, ma..." Si portò le mani al viso, non riusciva a credere a quello che stava dicendo, odiava da morire le confessioni come quelle. Le ricordava quando aveva cercato di fare conversazione con lui la notte del concerto. Ora stava parlando come una bambina, e l'ultima cosa che voleva era che lui la vedesse in questo modo. Provò a suonare più sicura nella sua nuova risposta. "Sì, mi chiedo dove eravamo."

Squall l'allontanò da sé e si spostò quel tanto che bastava a farla voltare verso di lui. Rinoa per un attimo cercò di resistere, ma alla fine si arrese; eppure non riusciva ancora a guardarlo negli occhi, si vergognava del suo momento di sfogo. Lui le mise un dito sotto il mento, costringendola a guardarlo.

"Rinoa, fa paura da morire anche a me." Il suo sguardo era così serio, così assolutamente onesto che non riuscì a non perdersi nelle parole. "Prima di rivederti di nuovo a Deling ero in ritirata coi cadetti... e non riuscivo a fare a meno di guardare le stelle. Hai ragione, mi sentivo completamente al sicuro sotto di loro, ma anche completamente perso nel loro vuoto senza fine. Mi svegliavo la notte, annaspando per respirare... sentendo lo stretto della tuta spaziale che mi isolava. Nei miei incubi vedevo il riflesso del tuo casco, e ricordo il terrore che fosse la fine."

Lei sorrise, lo comprendeva perfettamente, e completò le parole del suo racconto... perché i suoi pensieri erano esattamente gli stessi. "Eppure lasciavi che le stesse stelle ti calmassero, guardando il loro infinito brillare... lasciando che i loro disegni ti aiutassero a scivolare di nuovo nel sonno. E sperando di vedere..."

"Una stella cadente."

Entrambi dissero all'unisono quelle parole. E se Squall Leonhart non fosse stato così trasognato, sarebbe stato disgustato dal fatto che erano appena diventati una di quelle coppiette che sapevano completare l'uno i pensieri dell'altro. Non poteva fare altrimenti, lei gli era così vicina, e il battere delle onde svaniva sotto al battere del suo cuore. La strinse ancor più vicino finché le loro labbra si unirono. Ad occhi chiusi, lasciò che ogni sensazione corroborante entrasse nel suo corpo: l'acqua che s'infrangeva sulla riva, l'odore del sale misto alla dolcezza del profumo di lei, e l'aroma crescente del pesce che friggevano al ristorante poco lontano.

"Signorina Heartilly?" Oh cavolo, non avrebbe potuto aspettarsela, questa?

Si separò da lui, ma si accorse che stavolta Squall non si era allontanato di botto come in altre occasioni. Rinoa si chiese se fosse perché non era qualcuno che conosceva, o se stesse semplicemente pian piano accettando l'idea di stare con lei.

"Sì, sono io." Sollevò lo sguardo sull'uomo in completo nero e camicia bianca accanto all'altro cameriere; fece per alzarsi in piedi, ma lui le fece segno di restare a sedere. Squall osservava la scena piuttosto confuso mentre l'altro uomo spiegava una tovaglia e disponeva le cose davanti a loro. Il primo cameriere aveva su un vassoio due piatti da portata in argento, due bicchieri, e una bottiglia di vino.

Finirono di servire loro da mangiare e poi addirittura aprirono il vino, versando il primo bicchiere. Quando se ne furono andati, Squall bevve un sorso e la guardò. "Rinoa, come diavolo hai fatto a fargli fare tutto questo?"

"Beh," tentò un'aria innocente, mentre si sistemava il tovagliolo sulle ginocchia. "Immagino che quella cosa dell' 'adorazione dell'eroe' di cui parlavi prima nel tuo ufficio funzioni in tutti e due i sensi."

"Che cosa?" fece lui, rimettendo giù il bicchiere sul tavolo e rovesciando un po' del contenuto. "Di cosa stai parlando?"

"Sai, salvare il mondo ha i suoi privilegi... incluso convincerli a servire il 'famosissimo Comandante Leonhart' qui fuori. In più, non ha certo fatto male il fatto che gli ho promesso che avrei ballato sul palo dopo."

Cercò di non ridacchiare al suo tentativo di fare la seria. "Questo non è divertente signorina. Però, grazie... davvero... sono più contento qui comunque."

"Beh, questo non vuol dire che ti risparmierai il conto," lo provocò. "Dopo ripassiamo di lì."

"Mi dà l'idea che l'adorazione dell'eroe non funzioni più come una volta."

*~*~*~*~*

Finita la cena, i due tornarono al ristorante dove Squall pagò il conto. Erano ormai quasi le nove, e praticamente tutto il tepore stava lasciando spazio al fresco della sera. Rinoa si teneva le braccia avvolte intorno alla pancia, finché non sentì un peso che le scendeva sulle spalle. Alzando gli occhi lo vide che le sorrideva, e le posava addosso la giacca.

"Grazie," disse piano. Squall non rispose, ma le prese solo la mano intrecciando le dita con le sue. "Mi sa che dobbiamo tornare." Aveva parlato con una punta di dispiacere.

"Mi sa."

Continuarono a camminare finché ebbero raggiunto l'auto, dove Squall le aprì la portiera. Mentre lui faceva il giro, Rinoa approfittò del momento per seppellire il viso nella sua giacca, respirando il profumo dolce e inebriante: sapeva di lui, e non avrebbe potuto dimenticare la sua acqua di colonia nemmeno in un milione di anni. Per un attimo si chiese come sarebbe stato avere la sua giacca di pelle a scaldarla. Ne aveva toccato la fodera setosa più di una volta, alcune per caso, altre fatte abilmente apposta... sperava che lui non se ne fosse accorto.

Squall mise in moto e si avviò sulla strada. Lei restò a guardare dal finestrino le luci della città che sfumavano fino a diventare nulla più di un lieve bagliore all'orizzonte. Anche se lui aveva acceso il riscaldamento, non volle lasciare la sensazione della giacca. Con un sospiro, poggiò la testa contro il vetro freddo, fissando la luce ipnotica dei fari delle auto che passavano sulla strada davanti a loro.

"Squall?"

"Hmm?" Non era proprio una risposta, ma meglio del suo solito silenzio.

La domanda era una di quelle che l'angosciava da molto, ma sapeva che l'esito era inevitabile. Avrebbe potuto farla al preside, ma sentiva di volere, di aver bisogno di sentire la risposta proprio da Squall. "Quando parti?"

Il modo in cui la voce di lei si era rotta un poco nel fare quella domanda quasi gli spezzò il cuore, e sapere che quel viaggio andava per forza fatto sembrava ancor più triste. Aveva solo sperato che sarebbero arrivati alla fine della serata senza che quell'argomento entrasse nella loro conversazione.

"Sono nella seconda unità... quindi quando tornano Selphie e Irvine, Zell e io andremo col prossimo gruppo di studenti.

"Oh." La sua risposta era solo appena più di un sussurro. "So quanto è importante, penso davvero che sia meraviglioso il fatto che Balamb stia aiutando con la ricostruzione."

"Promettimi una cosa." La voce di Squall era soffocata come la sua di qualche istante prima. "Non andare da nessuna parte mentre sono via. Non mi piace l'idea che tu vada in giro da sola."

Rinoa lo guardò sorridendo, anche se quello che faceva non si notava nello scuro della notte. "Non mi dire che Squall Leonhart è preoccupato per me sul serio!" Aggiunse una piccola risata alla fine della frase.

Con sua grande sorpresa, lui accostò per una polverosa stradina laterale, e si fermò del tutto. Tolte le mani dal volante, prese a scrocchiarsi le nocchie nervosamente, per abitudine. "Rinoa," cominciò. "Io... io sì che mi preoccupo. Non ero contento nemmeno quando eri da sola a Timber. Non pensare che che sia passato un momento senza che io mi preoccupassi... vorrei solo che tu stessi con accanto persone che possono proteggerti. Non ci sarò, ma ci saranno Quistis, Selphie e Irvine, e di loro mi posso fidare."

"Due mesi... è come una piccola eternità."

"Chi ha detto piccola?" Distolse lo sguardo e si girò verso il finestrino mentre quelle parole gli uscivano dalle labbra. Chissà come era potuto succedere, ma stava suonando come un cucciolo innamorato perso - accidenti al suo involontario essere sdolcinato. Troppo occupato a pensare a salvarsi in corner con una frase più 'da uomo', Squall non sentì mai lo scatto della cintura di sicurezza. Prima che si fosse accorto che lei gli era arrivata accanto, Rinoa si era chinata su di lui e aveva posato le mani sul volante sopra alle sue.

Rimase impietrito, e per un attimo la ragione si ritirò tutta nella parte logica della sua mente; invece di guardare lei, guardò le sue dita. Come apparivano belle, sottili, nella luce cerea della luna. Lasciato il volante, voltò la mano con il palmo verso l'alto: per un istante strinse la presa, non tanto da farle male, ma semplicemente abbastanza da rassicurare se stesso che lei ci fosse davvero.

Rinoa si spostò un poco nel sedile, provando lo strano miscuglio di sentirsi allo stesso tempo più a disagio di quanto non fosse mai stata in qualunque situazione, e rilassata come non mai. Non esistevano parole nel dizionario per esprimere quel pensiero, nessuna sembrava adatta: era una sensazione interiore che andava ben oltre qualsiasi cosa avesse mai provato, qualcosa di così misterioso e insieme perfetto. Scacciò i dubbi e decise di dare corpo ai desideri che aveva avuto mentre andavano a Balamb... okay, non a tutti, ma a quelli che non l'avrebbero fatto scappare di corsa urlando.

"Squall..."

I loro occhi s'incontrarono, e anche soltanto con la luce naturale del cielo riuscivano a vedersi chiaramente l'un l'altro. Rinoa si avvicinò ancora, fronteggiandolo meglio che poteva. Non gli diede il tempo di rispondere, lo trascinò dentro qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato.

Certo, si erano già baciati prima, ma la sorte e le circostanze si erano sempre messe in mezzo... adesso era il loro turno di guidare il proprio destino. Era il loro tempo e nessuno, uomo o animale, avrebbe potuto strappar loro via quei momenti.

Il ragazzo chiuse gli occhi mentre lei gli si avvicinava, temendo per la prima volta che non avrebbe avuto il coraggio di fermare un evento. Era tutto nuovo, come aveva detto già tante volte, eppure questo era in un certo qual modo familiare. Non il bacio in sé, ma le sensazioni. Era come l'avverarsi di un sogno che aveva vissuto mille volte, ed era infinitamente più bello di come avrebbe potuto immaginare. Per tutta la vita aveva desiderato stare da solo, ma dentro, nel profondo del suo cuore, sapeva che c'era qualcos'altro... sapeva che c'era lei.

Forse quella era la fine del primo capitolo di 'loro due' o il meraviglioso inizio del secondo. Stavano imparando a conoscersi a vicenda, molto di più di quanto conoscessero loro stessi.

Ad un certo punto avevano entrambi perso il contatto con la realtà. Squall non si sentiva più in imbarazzo, desiderava soltanto stare ancora più vicino a lei. Tutte le cose che aveva pensato in passato su due persone che si scambiassero l'affetto in quel modo abbandonarono la sua mente, per non tornare mai più. Per alcuni minuti condivisero un bacio che poteva essere paragonato solo a quelli delle favole, o di idealizzati romanzi d'amore.

In un bacio, suggellarono l'inizio della loro storia.

*

Note al testo
(1) Ballare sui pali: questo è un gioco di parole piuttosto difficile da rendere in italiano. In sostanza, mentre Rinoa dice "ballare davanti a un bar", Squall capisce "dancing on bars", essendo sovrappensiero, che in definitiva è la lap dance con il palo. Mantenere l'equivoco in italiano è un po' un casino XD Ho provato a sistemare con "ballare sui pali"/"davanti ai locali" per mantenere l'idea che almeno qualche lettera fosse in comune. Mi scuso con Shu per la modifica, anche se spero sia riuscita^^

*****
Nota delle traduttrici: capitolo reinserito il 2 giugno 2010 perchè mancavano le note interne (sì, me ne sono scordata come una pirla, chiedo venia XD). Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 5
*** V. Un tempo per provare dolore ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo V. Un tempo per provare dolore ~

14 aprile

Le luci tenui del villaggio si fecero finalmente vedere all'orizzonte altrimenti vuoto. Fece scorrere le nocche sul volante, ascoltando il crack delle piccole ossa. Era stata una notte molto lunga, e l'illuminazione era un sollievo che lo accoglieva come un caro amico. Gli ultimi pochi chilometri di viaggio erano sembrati la parte più lunga del tragitto, e non poté evitare di sospirare di sollievo parcheggiando la macchina fuori dall'albergo.

La città non aveva ancora luci elettriche quanto Deling; anzi, sembrava che alcune fossero abbastanza all'antica da funzionare ancora a gas. I raggi morbidi penetrarono dolcemente nell'auto, e lui ebbe finalmente la possibilità di vedere bene il suo passeggero. Il suo respiro era l'unica cosa che sembrava avergli fatto superare le ultime ore; un suono ritmico e regolare da cui aveva iniziato a dipendere come dalla caffeina.

La testa era appoggiata contro il finestrino, e riposava dolcemente su un piccolo cuscino che si era portata dal Garden. I suoi capelli lunghi sembravano neri come la mezzanotte, nell'auto, eppure il suo viso sembrava pallido abbastanza da rivaleggiare con ali d'angelo. Si maledì per aver iniziato a sentirsi così dipendente da lei, più dalla sua presenza che altro. Anche quando erano al Garden, il solo sapere che lei era sotto lo stesso suo tetto gli dava un'inaspettata serenità.

Ora come ora il buio serviva a camuffare il sorriso che non poteva fare a meno di avere sul viso. Quasi rise quando vide che lei aveva la bocca appena aperta, e desiderò solo avere una telecamera in quel preciso istante - anche se non c'era dubbio che lei gli avrebbe fatto del male dopo se ci avesse davvero provato. Il suo respiro calmante era diventato quasi un russare negli ultimi minuti, e lui immaginò che forse il ritmo regolare della macchina l'aveva fatta sentire più a suo agio nel sonno.

Squall sapeva di doverla portare dentro quando l'aria fredda iniziò a penetrare nell'abitacolo. Mosse la mano di lei, posando il dorso dolcemente sulla sua guancia, permettendosi un momento che sembrava quasi proibito. Lei aprì gli occhi un attimo prima di lasciare che la pesantezza avesse di nuovo la meglio.

"Non sto dormendo... promesso. Siamo già usciti dalla regione di Timber?"

"Sì, alcune ore fa."

"Ok, fammi sapere quando arriviamo a Winhill, 'k?"

"Rinoa, siamo a Winhill," rispose lui levando le chiavi dal cruscotto. "Sai che ti dico, tu fai la 'guardia' alla macchina, io vado a prendere le camere."

"Ok, fammi sapere quando arriviamo a Winh..." La sua voce svanì quando affondò il viso nel cuscino.

Lui rise apertamente stavolta. Se c'era una cosa su cui Zone e Watts avevano avuto ragione, era il tentare di svegliarla da un sonno profondo. Allungandosi, le coprì la spalla con la coperta lavorata a maglia che aveva portato con sé. L'aria più fredda aveva completamente rimpiazzato il calore del riscaldamento. Sospirò prima di rimettere le chiavi nel cruscotto, riavviando il motore, dato che non proprio non poteva sopportare di lasciarla in balia degli elementi atmosferici.

*~*~*~*~*

"Buonasera signore, posso aiutarla?"

"Sì, ho chiamato ieri per confermare la prenotazione di due stanze."

"Oh! Lei è Squall Leonhart, mi dispiace... avrei dovuto saperlo. Le somiglia così tanto."

Dentro di sé sussultò; non era sicuro di come reagire al commento. Tutto questo era così nuovo, e parte di lui voleva tornare in quella macchina e guidare dritto fino a Balamb. Una parte molto grossa. Se non fosse stato per la persona che dormiva pacifica in macchina, era sicuro che sarebbe stata la sua successiva azione prevedibile. Ma lo stava facendo per lei... e in qualche modo sapeva che era un motivo 'sbagliato'. Ora come ora, lo teneva lì, ed era meglio che scappare dalla verità - qualcosa che era anche più spaventoso per lui di tutto il male che aveva visto nel mondo - e dalle paure che erano latenti in lui.

La donna dietro il bancone gli allungò alcune carte, e lui le firmò tutte prima di consegnare la sua carta di credito. Lei sorrise educatamente, posando due mazzi di chiavi sul bancone. "Le vostre stanze sono su dalle scale sulla sinistra, vicine. Ci sono sei stanze di sopra... quindi non pensi che sia la sfida più grande che abbia affrontato. Sono sicura che lei è abituato a posti più grandi di questo."

"Sì," replicò lui con poco entusiasmo, ripensando ai tanti alberghi in cui avevano dormito durante il loro viaggio. "Si fidi, non sono migliori per questo."

Quando uscì dalla locanda, gli sembrò che la temperatura fosse calata di parecchi gradi da quando erano arrivati. Per un momento, un brivido amaro gli corse lungo tutto il corpo, e senza rendersene conto incrociò le braccia sul petto. Abbastanza sorprendentemente, faceva freddo abbastanza da vedere le tracce del respiro che si alzavano come fumo bianco. Si avvicinò alla portiera del passeggero, bussando leggermente al finestrino. Lei non si mosse comunque.

Sbloccò attentamente la portiera e la aprì lentamente, afferrandola prima che cadesse a terra. Rinoa aprì un occhio, e borbottò qualcosa di insensato prima di richiuderlo. Lui dovette ridacchiare alla sua reazione, perché c'era qualcosa di così innocente, così pacifico nel guardarla dormire. La sollevò tra le braccia, e volontariamente o no, lei gli mise le braccia intorno al collo con pochissimo sforzo da parte di lui. Usando i muscoli della gamba, Squall chiuse la portiera. Rinoa sobbalzò appena al forte rumore della portiera che si chiudeva; lui aveva usato più forza di quanto volesse. Lei sembrò sistemarsi da sola, dato che posò la testa contro il suo petto, più o meno allo stesso modo in cui l'aveva posata sul cuscino.

*~*~*~*~*

I raggi gentili del sole brillavano attraverso le tende di pizzo, e Rinoa si stiracchiò un momento, allungando le braccia sopra la testa come un gatto soddisfatto. Esitante, aprì un occhio, gemendo per la luce sgradita. Le ci volle qualche momento per rendersi conto di dove fosse, dato che pezzetti e frammenti della notte precedente sembravano più un sogno. L'ultima cosa che ricordava era che si erano fermati a una stazione di servizio fuori Timber, e Squall che era entrato a prendere dell'altro caffè.

Costringendosi a rotolare sul fianco, ebbe finalmente abbastanza coraggio da aprire tutti e due gli occhi. La stanza aveva il suo fascino, decorata con legno di quercia, e la fragranza di fiori colti di fresco impregnava l'aria. C'era davvero un qualcosa di rustico e semplice nel posto, abbastanza diverso da quello in cui era cresciuta. Rinoa lottò contro il buon senso, mettendo un piede sul parquet. Maledì in silenzio la persona che aveva deciso di non mettere tappeti, o almeno uno scendiletto, sul pavimento freddo. Con tutta la decisione che riuscì a raccogliere, si tirò in piedi, stropicciandosi via dagli occhi le ultime tracce di sonno. Mormorò qualcosa sottovoce, non proprio una parola, ma più una sillaba... in quel momento, non era nemmeno sicuro di cosa aveva mormorato.

Allungando una mano verso il letto prese la coperta, mettendosela intorno alle spalle, e incrociando strettamente le braccia sul petto. Per la prima volta si rese conto che stava ancora indossando i vestiti del giorno prima, e non aveva assolutamente alcun ricordo dell'arrivo a Winhill.

Ruotò il collo, facendo un po' di stretching per i muscoli provati dalla posizione scomoda per dormire in macchina. Infine, guardò la piccola sveglia a molla sul comodino, e fu sorpresa di vedere che erano già le sette passate - sembrava che fossero al più tardi le cinque e mezza. Le mattine proprio non facevano per lei.

Avvicinandosi lentamente alla finestra, tirò indietro le tende e non poté evitare di sentirsi immediatamente affezionata a quel posto. Vie di ciottoli incontravano stradine coperte di terra, i bambini giocavano anche a quell'ora nell'aria frizzante della primavera, e poteva vedere piccoli boccioli sull'albero proprio fuori dalla sua finestra. I suoi occhi si concentrarono un attimo sui germogli, e poté vedere la tinta più bella di rosa che sbucava dal bozzolo verde. Anche a Balamb non sentiva la pace che sentiva qui; era come qualcosa tratto da un vecchio film, un posto che rimaneva immutato nel tempo.

Rinoa si voltò verso l'interno della stanza, notando la sua piccola borsa da viaggio sul tavolino al centro. Per la prima volta quel giorno, sorrise con un po' di apprensione, sentendo un'improvvisa colpa per qualsiasi cosa avesse fatto passare a Squall la sera prima.

Andando verso la sua borsa, abbassò lo sguardo e vide un pezzetto di carta sul tavolo; c'era una messaggio che riportava il numero di una camera e le parole "spero che tu abbia dormito bene la scorsa notte". Era sicuramente la calligrafia di Squall, dato che era poco leggibile al primo sguardo. Normalmente, solo un dottore o un farmacista poteva capire la sua calligrafia. Era una somiglianza tra il Comandante e il preside che Rinoa aveva scoperto, dato che per lei era una sfida quotidiana interpretare l'equivalente di geroglifici preistorici.

Tenne in mano il pezzo di carta per un momento, avvicinandolo quanto bastava per cogliere un minuscolo accenno della sua acqua di colonia sui bordi. Sorrise ancora, stavolta senza riserve, gettando di nuovo la coperta sul letto. Piegò la carta con attenzione, e la mise in una piccola tasca chiusa a zip della sua borsa. Infine, Rinoa si diresse al bagno e iniziò a prepararsi a qualsiasi cosa avrebbe affrontato quel giorno.

*~*~*~*~*

In qualche modo, Rinoa non rimase troppo sorpresa quando lui non rispose alla porta. Aveva bisogno di affrontare questo demone da solo; un demone che stava appena imparando a capire. Ricordava quanto fosse stata sorpresa a Balamb quando lui aveva accennato, solo velocemente, che sarebbe andato a Winhill. Lei non aveva fatto domande, né l'aveva lodato per la sua decisione... invece, gli era rimasta accanto per offrirgli supporto silenzioso. Nonpiù di ventiquattro ore dopo lui era andato alla sua scrivania, e le aveva chiesto se aveva preferenze nella camere d'albergo. Non che ci fosse tanta scelta a Winhill, dato che c'era solo un albergo in città; era solo il suo modo di chiederglielo - senza chiederglielo. Era Squall.

Quindi lei non ne aveva mai parlato nell'intera settimana in cui l'aveva saputo prima di partire; aveva solo preparato la borsa quando il giorno era arrivato. In qualche modo Rinoa sentiva che persino dirlo ai suoi più cari amici avrebbe portato sfortuna al viaggio, o avrebbe fatto sentire Squall sotto una specie di pressione inopportuna che non lui non voleva affrontare al momento. Era sempre stata una scelta, e quando Squall l'aveva infine menzionato a pranzo, nessuno ci indugiò sopra. Solo come se ci avesse pensato dopo aveva aggiunto che Rinoa lo avrebbe accompagnato. Ma i suoi amici avevano capito; non avevano mai commentato il fatto che non sarebbe andato da solo. Ok, a parte Irvine che l'aveva sentito più tardi in una videochiamata. Il cowboy aveva detto, "una stanza o due?" Non aveva mai ricevuto risposta, solo una pronta gomitata al petto da Selphie. Se qualcuno avesse dovuto contare quante volte a settimana il poveretto prendeva gomitate, sarebbe stato considerato un piccolo miracolo che non avesse avuto costole rotte... non ancora.

In tutta onestà, lei era sorpresa che Squall sarebbe partito... così presto. Era passati solo pochi mesi da quando aveva scoperto la verità, e ne aveva parlato ancora meno. Era stato solo grazie a Laguna, e per caso, che i suoi amici l'avevano scoperto. Era sicura che a Squall aveva dato fastidio quando tutti l'avevano saputo nel gruppo. Era stata dura per lui affrontare il cambiamento, e l'aggiunta del fardello emozionale di una famiglia e di un passato persi e ritrovati era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. In ogni caso, non aveva mai sollevato l'argomento con lei, e lei gli aveva lasciato il tempo e lo spazio necessari a digerire l'informazione. Forse questo viaggio era l'inizio di qualcosa di nuovo per lui, o la fine di un altro viaggio che si era lasciato alle spalle grazie al fato.

Ora Rinoa si trovava a camminare sola per le strade. Era così sereno, e si trovò ad essere consapevole di ogni suono, anche di quelli che col tempo aveva dato per scontati nella vita di ogni giorno - la risata dei bambini, il canto degli uccelli, e il gorgogliare del rivolo d'acqua che scorreva dolcemente tra le rocce. In piedi su un ponte di pietra, guardò l'acqua che scorreva al di sotto, notando piccoli girini che cercavano di sconfiggere la corrente. Con sua sorpresa, qualcuno le posò il palmo della schiena sulla parte bassa della schiena, e poté sentire la presenza di un'altra persona che la imitava sulla costruzione di cemento.

"Sai, se ti sporgi troppo cadi dentro... l'ultima cosa che ho voglia di fare oggi è saltare nell'acqua gelata per salvarti."

"Mamma mia, Squall... forse mi arriva alle ginocchia. Mi sento così protetta con te accanto, che sei sempre disposta a immergerti fino alle caviglie per me."

"Ci provo," rispose lui, tirandola gentilmente indietro dal 'pericolo immediato' del ruscello. Rinoa si voltò ad osservarlo, cercando di non sembrare troppo indagatrice sulla sua scomparsa, sapendo già la risposta. Eppure, sperava silenziosamente che lui si sarebbe aperto con lei. Senza dire una sola parola, lui la strinse in un abbraccio insolito. Non era tipo da dimostrazioni pubbliche d'affetto; lei capì che la situazione gli pesava più di quanto dimostrasse. Posando la testa sulla sua spalla, lei chiuse gli occhi, sentendo il calore del suo corpo che contrastava con la brezza del mattino. Lui mosse lentamente una mano guantata tra i capelli di lei; l'altra rimase salda sulla sua schiena.

"Vuoi andare su?" sussurrò lui, e lei sentì il suo cuore che lo raggiungeva.

"Ci sei già andato, vero?" Non era sicura di come le fossero sfuggite le parole nonostante il buon senso; la risposta era ovvia.

"Sì, l'ho fatto... era..." Lui non era sicuro di come finire, sperava solo che lei capisse. E lei lo fece.

"Lo so. Se vuoi che venga, per me è un onore."

Lui annuì; lei non aveva bisogno di una risposta a voce. Lei sentì il suo gesto silenzioso, mentre i loro corpi rimanevano vicini e i loro cuori ancora più vicini. Questo era importante per lui, e stava cercando di concedersi in una maniera a cui non era abituato. Lasciandola andare, lui allungò una mano per prendere quella di lei. Per un secondo i loro occhi si incontrarono, e lei poté vedere l'emozione che fluiva dagli occhi di lui. C'era tristezza, dubbio, speranza, e quasi una sfumatura di risentimento. Lei capiva - era una reazione naturale, umana e non voluta... una che lei stessa aveva affrontato tredici anni prima.

*~*~*~*~*

Camminarono per le vie fino a quando la pavimentazione divenne ghiaia e infine terra. Gli ultimi passi non toccarono altro che erba, e insieme salirono sulla collina fino a quando una piccola lapide divenne visibile dalla terra. Rinoa gli lasciò la mano, inginocchiandosi solennemente a terra. La concentrazione di Squall passava da lei all'iscrizione, con la sensazione di essere preso nel mezzo di un tiro alla fune emotivo.

Si sentì le gambe deboli, e si inginocchiò infine dietro di lei. Rinoa lo guardò al di sopra della spalla, e Squall fu sorpreso nel vedere le lacrime che si formavano negli occhi di lei. I capelli scuri le coprivano le spalle e si muovevano dolcemente, mentre il sole accentuava i riflessi rossastri più morbidi e normalmente nascosti. Lei sorrise debolemente, porgendogli la mano. Lui cedette alla gravità e si sedette a terra; voleva allungare la mano per incontrare quella di Rinoa, ma si trovò a tremare e distolse velocemente lo sguardo prima che lei potesse vedere la sua espressione.

Lei tornò a guardare l'iscrizione, cercando di non farlo sentire ancora più a disagio. "Le hai parlato?"

Lui si voltò con urgenza, come se qualcuno avesse caricato una pistola direttamente davanti a lui. "Cosa?"

Rinoa si fermò un momento, chiedendosi se non stesse superando i limiti. Tremante ripeté la domanda. "...Le hai detto qualcosa?"

"No."

La sua risposta fu così secca che lei non era sicura se fosse arrabbiato o disturbato dalla sua domanda. In qualche modo sperò di alleviare la tensione silenziosa condividendo con lui la sua esperienza personale.

"Sai... penso che le persone che ci amano... possono sentirci quando parliamo con loro - anche dopo che hanno lasciato questa terra." Si fermò di nuovo, cercando parole che non sarebbero venute. Dio, voleva voltarsi a guardarlo... se solo avesse potuto leggere i suoi occhi adesso... ma continuò a sperare che in qualche modo lui avrebbe capito. Attraverso le lacrime, che Rinoa cercava disperatamente di nascondere, riuscì a dire in un singhiozzo, "ricordo che andavo al cimitero molte volte... solo per parlare con la mamma. Le dicevo della mia vita, tutto, dalle cotte ai risultati dei miei esami. Ma comunque, penso che lei lo sapesse già. Credo davvero che lei mi stessa... mi stia... proteggendo... e che Raine stia proteggendo te. Penso che ci proteggano quando non sappiamo di averne bisogno, perché è allora che ne abbiamo più bisogno."

Sedette calma, gli occhi fissi sulla lapide, memorizzando ogni curva di ogni lettera. Rinoa si rese conto che aveva inconsciamente trattenuto il respiro dopo le ultime parole, desiderando potersele rimangiare una per una. Era una cosa che non aveva mai detto a nessuno; in un certo senso, era un sogno che teneva nascosto a chi la circondava. Non sapeva se si sentiva più stupida per aver detto qualcosa che era sicura lui considerasse banale, o per la sua debolezza di comportarsi come una bambina di cinque anni.

Lui rimase seduto un momento,e ogni secondo di silenzio che passava sembrava un eone. Alla fine lei lo sentì schiarirsi la gola, e in qualche modo si trovò a temere le parole successive che lui avrebbe detto.

Lui sentiva che questo era più difficile di quanto avesse immaginato. Capiva quello che aveva detto Rinoa, anche se non era in grado di rispondere a voce. Eccolo lì, vicino alla tomba di sua madre, ed nonostante tutto la sua paura più grande era non poter consolare Rinoa che affrontava il suo passato. Chiuse gli occhi, spingendo via la sensazione, cercando di affrontare solo ciò che aveva davanti... invece di trovare qualcosa d'altro su cui indugiare. Forse in un certo senso era quello che aveva sempre fatto; in questo modo non doveva mai affrontare l'oggi, dato che c'era sempre un domani.

"Uhm... Raine... sono io... Squ..." Non riuscì a continuare; cedendo a un bisogno umano più primario, attirò a sé Rinoa. In quel momento non si era mai sentito così dipendente da qualcuno, mentre nascondeva il viso contro la sua spalla. Era insieme una maledizione e una benedizione, perché ora come ora non era sicuro di come avrebbe fatto a uscire da quel fine settimana da solo. Non aveva mai immaginato che sarebbe stata così dura.

"Va tutto bene," sussurrò lei rassicurante, senza mai voltarsi, spostando solo la mano dietro la nuca di lui. "Forse è troppo presto."

"No," disse lui roco, il respiro caldo che la colpiva a lato del collo, prima che lui tornasse a guardare l'iscrizione. "Devo farlo. Sono passati diciotto anni, per lei; lei ha aspettato abbastanza."

Cercò di pensare alle parole giuste, alla cosa giusta da dire. Era difficile. Per Squall, lei non era nulla più che una visione di sogno; la guardava con gli stessi occhi con cui aveva guardato Julia. Come doveva pensare a quella persona come a sua madre? Per così tanto tempo non aveva saputo nulla... forse in un certo senso era più facile pensare che non fosse stato voluto che alla verità che affrontava. Ora la colpa di centinaia di vite era tutta sulle sue spalle, la morte di cui ora si sentiva responsabile... anche se sapeva che non era qualcosa che sarebbe potuto cambiare; il fato aveva deciso la storia di Raine tempo prima.

Cosa si dice a una persona che non si è mai conosciuto? Una, però, a cui si ha pensato tutta la vita... Poi lo colpì, l'unico argomento con cui si sentiva a proprio agio in quel momento, quello da cui prendeva conforto. La lasciò andare e si sedette diritto. "Raine... voglio presentarti Rinoa. L'ho incontrata circa un anno fa..."

Rinoa sobbalzò leggermente per la sorpresa, asciugandosi dagli occhi alcune lacrime. Sorrise nonostante la tristezza, indicando Squall al di sopra della sua spalla. "Avresti dovuto vederlo allora, saresti stata orgogliosa. La prima volta che l'ho visto se ne stava in piedi tutto solo contro un muro e diceva di non saper ballare."

"Non sapevo ballare, davvero. Lo sai." Lui fece, in verità, un gesto verso la tomba all'ultima frase. "Ma lei era molto insistente, ed irritante, quindi ho ceduto per la mia sanità mentale."

"Sai come siamo noi donne, nulla senza la tenacia. È migliorato nei mesi successivi, non solo nel ballare, ma anche nel non essere una tale scocciatura. Ci è voluto un po', ma ora non è 'sempre' un musone."

"Visto Raine? Visto cosa devo sopportare? Ma tu lo sai già... io... io non lo cambierei per nulla al mondo." Le ultime parole erano appena udibili al di sopra del vento.

Rinoa si voltò a guardarlo, per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare. Piegò la testa, lo guardò direttamente negli occhi, e gli mise una mano sul petto - quasi sopra il cuore. "Sai, Squall, non penso nemmeno che ci sia bisogno di presentarci. Penso che ci conosca già... tutti e due. Io penso che sia seduta da qualche parte a parlare con mia madre. Sono là sopra a parlare di noi."

"E delle nostre piccole idiosincrasie."

"Esattamente, penso che sappiano già tutto, anche più di quello che noi vogliamo sapere su noi stessi."

"Sai... penso che tu abbia ragione. Posso sentirle là sopra, adesso, a parlare di come io dovrei mangiare più verdure, o di come tu non dovresti avere paura dei ragni."

"Penso che sarebbero completamente d'accordo con me su quello," disse lei alzandosi, spazzolandosi via l'erba dai vestiti. "In più credo che concordino che mangiare tre razioni di patatine fritte non conti come dose giornaliera di verdure."

"Ovviamente dovevi arrivare a quello," la canzonò lui, imitandola e alzandosi da terra. Diede le spalle alla tomba, guardando Rinoa per un breve istante, fino a quando una sensazione familiare lo sopraffece, e si costrinse a distogliere il viso - a nascondere gli occhi da lei. "Ti chiedi mai cosa sarebbe successo se le cose fossero state diverse? Voglio dire... se loro ci fossero ancora?"

"Sempre," disse lei, quasi in un bisbiglio. "Ma se passi così tanto tempo a chiedermi cosa sarebbe potuto succedere, non potrei pensare a ciò che è successo. Se tutto avviene per una ragione, allora non sarebbe mai potuta andare diversamente. Potrei passare la vita a chiedermi perché mia madre era in macchina quella notte... o potrei semplicemente essere grata dei ricordi che ho di lei."

"Credo di sì." Lui si allontanò di un passo, guardando una collina vicina come cercando risposte. "Mi chiedo come avrei considerato il passato di laguna se avessi saputo cosa stavo vdendo. Se invece di pensare che questo tipo era un cretino, beh... mi fossi concentrato più su Raine, nei ricordi. Mi chiedo quanto più duro sarebbe stato guardarlo sapendo la verità, e non come se stessi vedendo due estranei che giocavano a una specie di gioco del gatto e del topo."

Rinoa si strinse la mani al petto, mentre una brezza veloce mandava un brivido improvviso sulla piana. "Sai," non riusciva a credere di ammetterlo con lui, proprio ora per giunta... sembrava all'improvviso così infantile. Ma in qualche modo, voleva essere il più onesta possibile con lui, anche se la faceva sentire come una bambina invidiosa. "Quando siete tornti dall' 'altro mondo' mentre andavamo a Galbadia, ho sentito Selphie che parlava di cosa aveva visto... e parte di me è quasi gelata quando ha menzionato Julia."

Si fermò, trattenendo il respiro. Lui non si era nemmeno reso conto da quanto tempo stesse fissando le formazioni naturali di roccia delle montagne, fino a quando si voltò e vide le lacrime silenziose che lei piangeva e che tracciavano sentieri sulle sue guance. Di sua iniziativa lui la attirò vicina, proprio come aveva fatto sul ponte, solo che stavolta era il suo turno di consolarla con il semplice atto di esserci.

La sua voce era smorzata contro il suo petto, e lei sentì unostrano bisogno di continuare. "Sai che a dire il vero ero gelosa di voi? So che sembra infantile e stupido, ma voi avete potuto vedere mia madre... e tua madre. Parte di me voleva dirvelo, ma... beh... come facevo a spiegare che la donna di cui parlavate era mia madre? Stavo ancora cercando di affrontare la cosa, e onestamente non ero abbastanza legata a nessuno di voi, a quel tempo. Tu, tra tutti, saresti stata l'ultima persona con cui mi sarei confidata."

"Lo so... mi dispiace," disse lui chiedendo perdono non solo per il suo comportamento di quel giorno, ma anche per molti altri.

"No, non devi. Non scusarti mai per essere te stesso. È il motivo per cui..." Si interruppe realizzando che stava per dire "mi sono innamorata di te." E per quanto il pensiero di lui che lo sentiva dire dalla signora della mensa la disturbava, il pensiero di dirglielo sulla tomba di sua madre sembrava anche più sconsiderato. Nascose velocemente la sua pausa momentanea. "È il motivo per cui sono qui oggi." Non era una bugia; era una verità tanto quanto l'altra.

Lui quasi rise. Non per comicità, ma per la pura ironia della situazione. Se quel giorno nella foresta lei avesse fatto una cosa del genere, lui l'avrebbe velocemente messa da parte, senza accorgersi mai del dolore che anche lei stava affrontando. Lei aveva ragione; se avesse provato a confidarsi con lui, lui l'avrebbe velocemente scaricata alla persona più vicina perché la consolasse. Ora non poteva pensare a nessun altro che potesse abbracciarla, ascoltare qualsiasi pensiero lei fosse disposta a condividere apertamente con lui, ora.

"Rin." Si fermò, rendendosi conto di averla chiamata per la prima volta con qualcosa che non fosse il suo nome. Lei alzò lo sguardo su di lei, ridendo dolcemente mentre si asciugava una lacrima. "Rinoa," si corresse lui, non sapendo se la sua mente era pronta a chiamarla con un nomignolo, e anche lei aveva ovviamente colto quanto suonasse strano.

Lei si mise un dito sulle labbra, nascondendo il suo sorriso divertito. "Squall, va tutto bene, solo che suonava così... diverso detto da te. Ma mi piace."

"Hai voglia di mangiare qualcosa?" Cercò di uscire da quella ora imbarazzante situazione il prima possibile, e prese lezione da Zell... il cibo sembra sempre un ottimo modo per cambiare argomento.

"Certo."

Lui non sembrò reagire quando iniziarono ad andarsene dal luogo di sepoltura. Come ultimo pensiero, si voltò un'altra volta, notando la brezza leggera che soffiava le foglie cadute per l'autunno lungo la collina. Chiuse gli occhi per un momento, prima che la sua compagna se ne fosse accorta...

Grazie, Raine disse silenziosamente a sua madre. E grazie anche a Julia... grazie a tutte e due perché proteggete i vostri figli.

*****
Nota delle traduttrici: nonostante la caratteristica della storia sia che ogni capitolo può essere letto come una oneshot a sé stante, questo e il prossimo sono legati abbastanza tra loro:) Consiglio quindi a chi legge la storia come raccolta di oneshot di leggere questo insieme al prossimo. Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 6
*** VI. Tempo di cucire ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo VI: Tempo di Cucire ~

15 aprile

Le mani di lui scostarono pian piano le dense erbacce, ed eccolo lì, inciso nel granito, che si ergeva come un guglia che s'innalzasse a liberarsi dalla terra. Le sue dita seguivano con dolcezza le incrinature mentre rimuovevano le tracce di anni di copertura. L'emblema appariva, scolpito nella roccia, altrettanto regale che se fosse stato forgiato dall'argento più puro. Il mausoleo era rimasto lì in quella terra sacra per più di un secolo, quasi dalla nascita del villaggio.

Si deterse il sudore dalla fronte e poi continuò ad usare il machete. A ogni rapido movimento riusciva a vedere una porzione sempre maggiore della struttura emergere dalle piante che l'avevano invasa. Stava venendo lentamente sepolta dal passare del tempo, ma lui aveva intenzione di farne la sua personale missione per mostrare il rispetto che il loro onore aveva meritato.

L'improvviso spezzarsi di un ramo dietro di lui lo fece arrestare a metà di un colpo. Senza preavviso si voltò e, con uno scatto del polso, lanciò il coltello. Quello fendette l'aria, roteando su se stesso finché la punta non penetrò il terreno con una precisione fenomenale.

Lei urlò, ma allo stesso tempo si sentì sollevare da terra da qualcuno. "Squall, lo sai che mi hai fatto morire di—"

Le parole si persero quando lui si piegò a chiuderle le labbra con le sue. E la paura che aveva provato quando era volata l'arma divenne immediatamente un lontano ricordo. Quando si separarono non poté fare a meno di ridere di quella situazione.

"Pensi che basti a salvarti?"

Mentre ancora la cullava fra le braccia, rispose irriverente, "già... era quello il piano."

"Gran bel piano," replicò lei, dandogli col dito un colpetto sul naso. "Adesso mi puoi spiegare perché ho camminato per un'eternità in miniatura per arrivare qui? Il biglietto diceva trecento metri... sono sicura che questo fosse più di cinque volte tanto."

"Non ho mai detto di essere bravo con le distanze," ribatté lui mentre la rimetteva con i piedi a terra. Abbassando lo sguardo si accorse delle scarpe che portava. "Rinoa, il biglietto diceva anche di mettere scarpe da tennis. Guarda un po' come segui bene le direttive..."

"Non cominciare Leonhart," rispose lei, e si voltò verso il grande edificio di pietra. "Che posto è questo? Mi stanno improvvisamente venendo dei vivi flashback della Tomba del Re Senza Nome."

"Vieni qui," disse, prendendole la mano e conducendola verso l'entrata.

"È questo?"

"Sì... è Griever." Posò la mano sul simbolo e tolse ancora dell'altro sporco.

Rinoa rimase accanto a lui, fissando il dettagliato emblema che le era diventato familiare in quell'ultimo anno. Sollevò la mano con cautela e intrecciò le dita con quelle di lui. Poi allungò l'indice, la punta dell'unghia sull'occhio del leone.

"È fantastico." sussurrò roca.

"No, è storia." Si voltò verso di lei, osservando i suoi occhi scuri seguire le curve del simbolo inciso. "È quello che io sono."

"Non... non capisco." Sorrise, anche se i suoi occhi non abbandonarono mai la pietra.

Alcuni grossi insetti le svolazzarono intorno e la distrassero momentaneamente. Per scacciarli dal viso Rinoa perse l'equilibrio e stava per inciampare all'indietro, ma una mano l'afferrò salda alla base della schiena, raddrizzandola su quel terreno accidentato.

"Questa è la mia Rinoa, che combatte i nemici più terribili del mondo con ai piedi un paio di sandali." Indicò una piccola radura lì vicino. "Ho bisogno di parlarti... Vieni, ho visto un posto laggiù."

Fece strada fino a trovare un albero caduto, e la sollevò sul tronco. Lei si sedette, sistemandosi e tenendosi in equilibrio con entrambe le mani. Lui si appoggiò contro l'albero, gli occhi ancora fissi su di lei; prese un respiro profondo prima di espirare lentamente, stanco per le fatiche della mattinata.

"Squall, va tutto bene?" Cercò di non apparire troppo nervosa, ma aver sentito la frase 'Ho bisogno di parlarti', che spesso aveva significato negativo, non era la cosa più confortante.

"Tutto bene." Scosse appena la testa, poi si tirò indietro i capelli con le mani. "È solo che..." Maledizione, queste cose non gli riuscivano. Gli dessero pure qualcosa da combattere, qualcosa da pianificare; bastava che non gli dessero qualcosa da dire...

"È una cosa che riguarda Griever?" Pregò solo che fosse qualcosa di quel genere. "Sul perché sia stato messo su una costruzione nel mezzo del nulla?"

"Sì, è così... non sta nel mezzo del nulla. È proprio qui che fu combattuta la battaglia."

"Battaglia? Una battaglia a Winhill?"

"Beh, in realtà 'un po' fuori' dalla città... come suggeriva il tuo commento di prima sul camminare."

Lei lo guardò, strizzando gli occhi per la sua replica sarcastica. "Ah ah."

"Stanotte ho cominciato a pensare a una delle nostre conversazioni. Beh, delle tue conversazioni in realtà... perché tu parlavi e io ascoltavo," aggiunse con un'ombra di sorriso, prima di sentire lei che gli dava di gomito. "Hai accennato ai tuoi nonni, quelli che ti hanno cresciuta a Timber dopo che morì tua madre. Sai, fino a poco tempo fa non volevo anche solo pensare ai miei genitori, figurati ai nonni. Come parlavi della famiglia del lato di tua madre... eri così orgogliosa. Voglio dire, hai cominciato a combattere in un gruppo di resistenza per quegli antichi legami... Gli unici legami che io abbia mai avuto erano al Garden."

Distolse lo sguardo mentre un gruppetto di merli si posava sulle estremità dei rami lì intorno. Sembrava che i raggi del sole stessero riuscendo a far capolino dalle fenditure delle nubi. Quando il calore iniziò a riempire la radura circondata dagli alberi, Squall colse l'opportunità per alzare gli occhi al cielo. Poi sentì un inconscio sospiro profondo venire dalla persona che sedeva pazientemente accanto a lui. Anche se lei non lo aveva spronato a riprendere il discorso, Squall spostò di nuovo lo sguardo su di lei, scrollando appena il capo in segno di scusa.

"Insomma, dopo che siamo tornati nelle nostre camere ho cercato di dormire... come al solito troppe cose mi giravano per la testa, e ho finito per provare a fare una passeggiata. Su una cosa almeno Laguna aveva ragione, non sono troppo entusiasti degli estranei che vagabondano senza motivo la notte. Sono tornato alla locanda e, chissà perché, mi sono seduto nell'ingresso. La donna che mi ha registrato all'arrivo si è avvicinata e ha iniziato a parlare di Raine. All'inizio volevo scappare, davvero, non volevo sentire niente di tutto quello. Poi ha iniziato a parlare dei genitori di Raine..."

"I tuoi nonni," soggiunse Rinoa, mentre cominciava a capire quale fosse la connessione con il mausoleo. "Leonhart, Griever... sono sepolti qui."

"Non l'ho mai saputo." Spostò di nuovo lo sguardo sull'edificio. "Voglio dire, tanto tempo fa mi dissero che l'anello e la catena erano della famiglia di mia madre. Ho fatto fare qualche altro ciondolo simile quando sono stato più grande, ma per me era solo un simbolo."

"Un simbolo figo." Rinoa si abbassò con aria quasi giocosa a prendere in mano il pesante monile che aveva al collo. Lui tornò a voltarsi verso di lei, e questa volta si permise di spostarsi direttamente di fronte alla ragazza, posando le mani sulle sue.

"Un simbolo molto figo," ripeté quasi meccanicamente. "Ma invece è di più, è quello che io sono. Credo di aver sempre pensato a questa figura come ad una rappresentazione della forza. In un certo senso lo è ancora... solo, in un modo che non avrei mai potuto capire. Era uno dei quattro originari simboli sullo stemma della mia famiglia; dopo che fu fondato il villaggio di Winhill, i miei nonni abbandonarono gli altri."

"Perché?"

"Prima della Prima Guerra della Strega e dopo la distruzione dell'Impero di Centra, da una disputa territoriale partì un conflitto. Anche se non fu mai dichiarata una guerra da parte del regime di Galbadia, ci fu una sommossa tra le due fazioni. Centinaia di persone morirono in battaglia, mentre altri si rifiutarono di prender parte ad una guerra in cui non credevano. Questi ultimi furono perseguitati per la loro decisione di non voler combattere. Emersero due uomini che condussero via gli oppressi per un lungo viaggio su per le montagne: e alcuni mesi dopo arrivarono e fondarono il Villaggio di Winhill."

"Grazie per la lezione di storia, ma questo esattamente cosa avrebbe a che fare con te?"

Lui le circondò la vita con le mani, sollevandola pian piano dall'albero prima di rimetterla a terra.

"Tutto... Il mio bisnonno era uno degli uomini che fondarono questo villaggio. Per quello che racconta la storia, il padre di Raine fu il primo bambino nato a Winhill. Il Griever è stato adattato dall'originario blasone galbadiano; le ali dietro furono aggiunte dopo per simboleggiare il volo verso la libertà."

"Oddio Squall, è incredibile... i tuoi parenti erano i padri fondatori... Aspetta, hai parlato di una battaglia, quale battaglia?"

"Quando si insediò il successivo dittatore di Galbadia, volle dare l'esempio ai colonizzatori. Mandarono truppe oltre le montagne, e anche alcune navi che li aiutarono a rafforzare le loro posizioni nelle acque circostanti. Sembra che un loro emissario vivesse qui all'insaputa dei cittadini, e sapeva dove stavano le loro debolezze."

"E allora attaccarono..."

"E fu tutto perché avevano accolto quello straniero... la cittadina non si risollevò mai completamente. Galbadia fece costruire una grande villa al margine della città. Quando Deling cominciò ad aver problemi con Esthar, ritirarono i loro interessi da qui. Winhill diventò territorio libero in teoria... ma tecnicamente ricade sotto il governo galbadiano. Visto che non aveva nessuna importanza economica, a differenza di Timber, è stata dimenticata. È stato solo l'anno scorso che hanno costruito la strada tra le montagne... quella per cui siamo arrivati."

"Penso che mi abbia appena insegnato più tu in cinque minuti che l'intero sistema scolastico galbadiano."

"Grazie," rise, appena udibile. Le afferrò la destra intrecciando le dita con le sue. Cominciò lentamente a riportarla verso il monumento; lei fu lì lì per scivolare un paio di volte, inciampando sulle radici che affioravano dal terreno. Quando raggiunsero la costruzione Squall si piegò ancora una volta a guardare l'incisione sulla porta di pietra.

"Mio nonno morì in battaglia, poi costruirono questo per la nostra famiglia."

Allungò la mano libera e percorse con i polpastrelli l'intaglio nel granito. E poi lei uscì dal disegno, tracciando un secondo paio di ali attorno a Griever - ali da angelo come quelle che portava.

"Magari posso aiutare a proteggerli," aggiunse, posando la testa sulla sua spalla.

"Grazie, Rinoa... grazie."

*~*~*~*~*

Rinoa aprì la borsa da viaggio, cercando qualcosa da mettersi. Si maledì per essersi sforzata di essere troppo pratica: normalmente un weekend fuori avrebbe previsto perlomeno una valigia, ma visto che era il primo viaggio con Squall... non voleva sembrare una di quelle donne che dovevano portarsi via tutto, incluso il lavello di cucina, per andare in vacanza.

La giovane strega osservò le due camicette che le erano rimaste, domandandosi quale presenza demoniaca l'avesse spinta a fare i bagagli alle quattro e mezzo della mattina. Guardò l'orologio e si chiese come stesse Squall: l'aveva lasciato da solo quel pomeriggio, era tempo per lui di riportare alla luce la sua stirpe... e al momento lei era soltanto una spettatrice nelle sue scoperte.

Mise entrambe le camicette sul letto, le studiò con attenzione. Quando non riuscì ad arrivare ad una decisione, seguì l'antica e onorata tradizione di 'ambarabà-ciccì-coccò'. Finalmente scelse la 'vincitrice', e si fece il promemoria mentale di ripensare il suo guardaroba una volta tornata a casa.

Mentre si stava abbottonando nella stanza risuonò un debole bussare. Sospirò, si guardò allo specchio tirandosi fuori i lunghi capelli dal colletto. Aperta la porta, si rese conto che lui si era cambiato rispetto ai suoi soliti abiti, visto che portava una maglietta scura e i jeans. Squall rimase fermo senza dire niente, lo sguardo diritto sulla sua blusa.

Alla fine ruppe il silenzio. "Bella camicia."

Rinoa sorrise, riflettendo, prima di notare che lui le stava ancora fissando il petto. Quando abbassò lo sguardo si accorse che nella fretta si era dimenticata i primi bottoni: era parecchio più scoperta del solito, e si voltò di scatto, imbarazzata per il suo errore.

Squall si portò la mano alla fronte, non riusciva a credere di aver detto quella cosa ad alta voce... e di aver perso momentaneamente la facoltà di distogliere lo sguardo da 'quella' parte del suo corpo.

Cavolo, cavolo, cavolo! Di' qualcosa di intelligente. Strusciò il piede sul pavimento di legno, pensando a un cambio di argomento appropriato. "Ho parlato con la proprietaria dell'albergo, mi ha segnalato un piccolo ristorante giù per questa via che è specializzato nel petto ripieno. Voglio... ehm... voglio dire... petto di pollo ripieno."

Se avesse potuto sbattere la testa contro il muro senza attirare ancora di più l'attenzione su di sé, l'avrebbe fatto. Quello che l'aveva traumatizzato era stato vedere Rinoa che si girava, assolutamente isterica: non stava facendo nessun tentativo di lasciar passare inosservato il suo scivolone, anzi, trovava spassoso quel suo momento da adolescente imbarazzato. Superandolo, lei gli diede un piccolo bacio sulla guancia ora rossa, e gli sussurrò, "meno male che non andiamo a nuotare."

*~*~*~*~*

Il ristorante era davvero tradizionale e ottimo come aveva detto la donna. Gli alti divisori tra i tavoli garantivano a tutti i clienti una certa privacy, e questo giovava all'atmosfera. I due sedevano ad un tavolo in fondo e stavano finendo la loro cena; sia Squall che Rinoa si erano misteriosamente tenuti alla larga dallo speciale piatto della casa del giorno... petto di pollo di Dollet marinato.

Per la maggior parte del tempo lui aveva parlato molto poco dopo essere tornato dal luogo della battaglia. Rinoa gli aveva fatto qualche altra domanda, a cui lui aveva replicato con risposte delle solite tre sillabe o anche meno. Era stato solo dopo che la cena era stata servita e quasi finita che aveva cominciato di nuovo a parlare liberamente.

A volte Rinoa veramente non capiva. Proprio quando sembrava aprirsi un po', Squall ricadeva nel suo vecchio modo di fare; era stato solo con pazienza e comprensione che era riuscito ad arrivare fino a quel punto. Eppure stasera le era chiaro che c'era qualcos'altro che lo turbava, da quella mattina a quella parte. Aveva avuto tutto il tempo per pensare, e ovviamente aveva pensato... scoprire su cosa avesse riflettuto sarebbe stato il difficile.

"Squall..." S'interruppe, chiedendosi quale fosse il modo migliore per dar voce alle sue preoccupazioni. Per qualche motivo, sentiva che se avesse formulato male le sue frasi lui avrebbe ricominciato a innalzare le sue barriere.

"Mmm?" Nel guardarla fece cadere un po' del suo drink attorno al bicchiere.

"Tutto bene?" Beh, forse alle volte l'approccio diretto era il migliore.

Gli venne fuori un suono che era quasi una risata mentre riappoggiava sul tavolo il bicchiere. "Sì sì... è solo stata una lunga giornata." Vide la cameriera che passava e le fece cenno di portare un altro drink. Sollevò un sopracciglio all'indirizzo di Rinoa, con uno sguardo interrogativo; lei scosse la testa per dire di no, e Squall le fece un mezzo sorriso in risposta. "Sapevi che in realtà i miei nonni ebbero due bambini? Mio zio morì quando io avevo più o meno quattro anni... era un ingegnere della prima torre di comunicazione di Dollet. Ironia della sorte, che il fratello di Raine avesse aiutato a costruire la torre che noi abbiamo quasi distrutto, eh?"

I suoi occhi erano pieni di tristezza mentre parlava dei suoi parenti al passato. Un pensiero mise in apprensione Rinoa, e forse l'unico modo di formularlo era affrontarlo direttamente.

"Squall... volevo chiederti, sembra che tu stia accettando piuttosto in fretta la tua eredità. Ti riferisci a loro come ai tuoi nonni, e parli di tuo zio... ma tua madre la chiami sempre 'Raine'. Non sono molto sicura di quello che sto cercando di dire..."

"Lo so," rispose quasi bruscamente, infilzando un pezzo di cibo con la forchetta. "Immagino sia più facile per me pensare di essere parte di loro... che di essere parte di lei. Rinoa, io l'ho vista... e... Raine, non ne avevo assolutamente idea."

Sentì una mano che gli toccava il braccio poggiato sul tavolo. Sussultò a quel contatto, ma poi si rilassò per la sensazione di conforto che racchiudeva. "Shhh, mi dispiace," lo fece tacere comprendendo come si sentiva. "Forse con il tempo."

"Non essere... tu hai tutto il diritto di domandare, di sapere." Abbassò la forchetta, trovò il coraggio di sostituire alla sua superficie metallica quella morbida delle dita di lei.

"Se vogliamo parlarci francamente, Rinoa, posso chiederti una cosa?"

"Certo," annuì, stringendo le dita attorno alle sue.

"Perché sei venuta qui con me? Non te l'ho mai chiesto per bene."

"Perché lo volevo," rispose più sinceramente che poteva senza però spaventarlo con un fardello di emozioni troppo forti. "Non devi sempre chiedermelo: sai che ci sarò. C'è tanta comprensione sottintesa fra di noi, e per me... questo adesso è più bello di sentire qualsiasi parola. Tempo, Squall... tutto ha bisogno di tempo." Si interruppe, sperando di non aver detto troppo. "Ehm... Squall... ora posso chiederti io una cosa?"

Lo sguardo di lui si sollevò lentamente dal punto in cui le loro dita s'intrecciavano agli occhi di Rinoa, dandole il suo tacito assenso.

"Perché hai deciso di tornare a Winhill così all'improvviso? Sono passati mesi da quando hai parlato con Laguna, e la tua è sembrata una decisione sbucata fuori dal nulla."

"Non lo era," confessò, spostando la mano di lei di nuovo sul tavolo, e semplicemente da quel suo modo di agire lei seppe che il ragazzo si stava ritirando in posizione difensiva. "Ci pensavo da un po'. Una cosa che mi ha detto la Madre mi ha fatto capire che era il momento."

"La Madre?" Non avrebbe voluto ripetere la parola ad alta voce, ma era sorpresa che Edea avesse qualcosa a che fare con quel loro viaggio. In effetti, non che Rinoa sapesse tutto quello che Squall faceva durante il giorno, e neanche la sera se era per questo. Si sforzava molto di lasciargli tutto lo spazio personale di cui aveva bisogno, ma normalmente avrebbe sentito di una cosa del genere, se non da Squall, allora da Cid.

"Sì... qualche settimana fa. È venuta da me mentre mi stavo esercitando, una sera. Io non avevo mai tirato fuori l'argomento; stavo ancora cercando di raccapezzarmi tra le cose."

"Capisco." E capiva davvero anche lei. Era contenta che lui riuscisse a parlare con qualcun altro oltre a lei. Non che Squall comunicasse solo a parole; c'erano altri mezzi, se uno sapeva come leggerlo.

"Se ho intenzione di essere un cavaliere... ci sono delle cose che devo affrontare."

Rinoa incrociò le braccia sul tavolo, strofinandosele con le mani. Le era venuto un freddo improvviso a sentire quelle parole pronunciate in un luogo pubblico. Non che normalmente ne parlassero spesso: per la maggior parte del tempo lei cercava di dimenticare di essere una strega. Sentirlo parlare della verità la trascinò di nuovo dentro ad una realtà - una che non era sicura di essere pronta ad accettare.

"Rinoa... non volevo sottintendere niente, sto solo dicendo..."

"Sì, che non siamo normali." La voce della ragazza assunse un tono più tagliente di quello che lui si aspettava.

"Cosa?" Si sporse sulla tavola e le mise una mano sulla spalla, carezzandola lievemente con il pollice. "Certo che siamo normali... abbiamo famiglie schizzate proprio come tutti gli altri." Cercò di alleggerire l'atmosfera con un raro tentativo di scherzare.

Lei ricacciò indietro una risatina bassa. "Perché non possiamo semplicemente essere normali? Saremo sempre strega e cavaliere? Non possiamo essere solo un fidanzato e una fidanzata? O Squall e Rinoa... solo persone che cercano di capire chi sono?"

Squall capì quello che stava dicendo anche se lei non aveva mai pronunciato quelle esatte parole. Rinoa odiava essere una strega - o odiava l'etichetta che di generazione in generazione era stata affibbiata a quel ruolo. Il suo desiderio più grande era semplicemente far parte di un gruppo, non essere tenuta a distanza da titoli messi a forza su di lei.

Squall si guardò intorno e tirò fuori il portafogli. Lasciò denaro più che sufficiente per coprire il conto e la mancia, e si alzò dal tavolo avvicinandosi a lei. "Vieni..." disse, guardandola negli occhi mentre gli tendeva la mano. Sembrava aver fretta di andarsene da quella parte più vivace della cittadina, e lei ebbe difficoltà a mantenere il suo passo. Dopo averla portata in un luogo dove c'era nessuno in vista si fermò e si voltò.

"Ascoltami Rinoa, io non voglio essere normale."

Si abbassò e le prese entrambe le mani, tenendole nelle sue, poi le avvicinò al petto di lei. Allungò l'indice per lasciare che il Griever pendesse tanto quanto permetteva la catena.

"Pensi che fossero normali, loro? Guarda cos'hanno fondato... guarda cosa ha fatto nascere questo simbolo."

Lasciò ricadere l'anello sul suo petto prima di ripetere il gesto con l'altro gioiello di platino che adornava la collana.

"Pensi che tua madre fosse normale? No, Rinoa, erano tutti differenti, ognuno a modo loro... il tuo è che ti ritrovi ad essere una strega... e questo ti rende speciale. Non voglio negare la parte di me che è il cavaliere, esattamente come non voglio negare quella parte di me che è il loro nipote."

Facendo ricadere il secondo anello lasciò andare del tutto le mani della sua ragazza. Fece qualche passo più in là, scuotendo la testa.

"Forse è per questo che ho parlato con la Madre. Forse ho parlato con lei perché non volevo fare gli stessi errori di Cid."

Era questa, capì Rinoa, la cosa che lo turbava. Forse, scoprendo la sua storia, si era all'improvviso sentito come se fosse predestinato in qualche modo a fallire. Si era sentito come se fosse condannato a ripetere gli errori di quelli che erano venuti prima di lui - fossero combattenti o cavalieri.

"Rinoa, quando tra due settimane me ne andrò a Trabia... come penserai a me?"

Sussultò al pensiero di lui che partiva, si sarebbe sentita così vuota senza averlo vicino. Anche se non passavano tantissimo tempo insieme c'era sempre il conforto di sapere che era lì se aveva bisogno di lui. Era il pensiero di incontrarlo per i corridoi o pranzare di corsa con lui alla mensa che la faceva andare avanti.

"Penserò a te come a Squall." Non sapeva bene quale tipo di risposta lui cercasse, o quale spiegazione dare. "Siamo normali, no? Immagino che non ci siano in giro molte diciottenni che hanno accanto apprendisti cavalieri."

"Già, perché poi c'è questo... quando... come? Come faccio a sapere quando non sarò più un apprendista? Ho provato a chiederlo alla Madre, ma non mi ha mai dato veramente una risposta diretta... e non voglio proprio parlare con Cid."

"Io penso che lo saprai," rispose, avvicinandosi e avvolgendogli le braccia attorno al collo. "Non è una cosa che uno possa far succedere con una cerimonia, è qualcosa che è dentro di noi. Io penso che sia esattamente come saprai quando sarà il momento di chiamare Raine tua madre."

*~*~*~*~*

Era troppo presto perché gli abitanti del villaggio fossero svegli. Le gocce della prima rugiada mattutina stavano appena cominciando a formarsi sull'erba lì intorno. Lui chiuse con cura la porta dell'albergo, assicurandosi di aver messo bene il chiavistello. La ghiaia si spostava ad ogni passo, ed era praticamente l'unico suono che si sentisse a parte i grilli. Con una mano teneva il suo thermos di caffè appena fatto, con l'altra trovò la maniglia della portiera dell'auto.

Entrando guardò la sua passeggera, che aveva già trovato una posizione comoda e stava di nuovo sprofondando nel suo mondo silenzioso del sonno; ma quando chiuse lo sportello il corpo di lei si mosse reagendo alla vibrazione della macchina. Lui girò la chiave e cominciò a tentare di trovare una stazione alla radio. Quando capì che la sua ricerca era vana, visto che l'unica cosa che si prendeva era un programma am sull'attuale tasso di riproduzione dei chocobo, fece scivolare un cd nello stereo.

Mentre ascoltava l'inizio della canzone fu sorpreso nell'accorgersi di quanto la sua esistenza girasse attorno alla musica... anche se non ne era sempre stato cosciente. Ora ogni volta che attaccava una canzone, ripensava ad un particolare punto della sua vita, in un modo che lo aiutava a ricordare quello che i GF avevano portato via.

Eppure le canzoni migliori erano quelle che gli rievocavano quest'ultimo anno - il nero, il bianco, e tutte le sfumature di grigio nel mezzo. Mentre la melodia risuonava in sottofondo, lui cominciò a mettere in moto la macchina, ma poi per ragioni inspiegabili si fermò. Era quasi quarantott'ore prima che si erano trovati in quelle esatte posizioni. Adesso sentiva di aver appreso un altro pezzo del puzzle che formava la sua vita. E proprio come due giorni prima, guardò la sua passeggera che se ne stava accanto a lui con le ginocchia ripiegate. La sua pelle non appariva pallida come l'altra notte, ma le ombre dei lampioni le colpivano il volto in maniera un po' differente.

Sospirò, allungandosi a scostarle dal viso i capelli spioventi. "Non dimenticherò mai questo weekend."

"Nemmeno io." Stavolta fu il suo turno di sobbalzare leggermente quando lei parlò.

"Pensavo dormissi."

"Invece no," rispose, aprendo solo un occhio per guardarlo. Squall riusciva a vedere il suo sorriso, e non poté fare a meno di ricambiarlo. Lei sollevò la mano per sfiorare piano la sua. "Hai afferrato quello che eri venuto a cercare qui?"

"Sì, e molto di più. Dovevo sapere chi sono io, prima di sapere chi siamo noi due."

"E chi sei?"

"Squall Leonhart."

*****
Nota delle traduttrici: nonostante la caratteristica della storia sia che ogni capitolo può essere letto come una oneshot a sé stante, questo e il precendete sono legati abbastanza tra loro:) Consiglio quindi a chi legge la storia come raccolta di oneshot di leggere prima il capitolo 5 e poi il 6, come se fossero un'unica storia. Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 7
*** VII. Un tempo per parlare - Parte I ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo VII: Un tempo per parlare - Parte I ~

21 aprile

Ogni tanto, Edea Kramer si sedeva tra gli studenti del Garden di Balamb. A volte, si giustificava a Cid dicendo che le ridava una sensazione di giovinezza. Ad ogni modo, se bisognava dire la verità, non aveva mai avuto una giovinezza da reclamare. Alcuni giorni la riportava a tempi più semplici - prima che le verità fossero conosciute, e prima che venissero dette le prime bugie. Nonostante il ragionamento, logico o meno che fosse, Edea trovava tranquillità nei riti quotidiani di passaggio dell'adolescenza degli studenti.

Inspirando profondamente, sentì il profumo dei boccioli di lillà che ornava le pareti del Giardino. Con la coda dell'occhio, notò una figura solitaria che si avvicinava alla panchina. In un certo senso, il movimento la sorprese, dato che pochissimi studenti osavano avvicinarsi a lei durante le sue sporadiche visite al Garden di Balamb. Chiuse la copertina in pelle del libro che stava cercando di leggere, anche se la sua concentrazione era divagata tempo prima.

"Signora Kramer?" chiese Rinoa esitante, sentendosi vagamente a disagio nel tentare una conversazione.

Edea dovette ridere al semplice suono formale del suo nome. Era raro che venisse chiamata a quel modo, e ancora più raro che venisse chiamata con educazione. Posando la mano sulle assi di legno della panchina, offrì lo spazio accanto a sé.

"Rinoa, per favore, siediti... e per amor di Pandora, chiamami Madre."

La ragazza più giovane obbedì, con in mano quella che sembrava una borsa per il pranzo. "Sono sorpresa che Cid ti abbia permesso di allontanarti... gira voce che tu sia riuscita a tenere la sua scrivania pulita per molte settimane, una sfida ritenuta impossibile da molti."

"Non è così male," rispose Rinoa con un sorriso. "Bisogna solo tenerlo d'occhio. Si fidi, non ho incontrato nessuno che riesca a perdere qualcosa con quella velocità... e ho lavorato con Zone e Watts, il che la dice lunga."

Edea annuì, sistemandosi dietro le spalle lunghe ciocche di capelli. "Ho sentito Selphie che raccontava alcune delle vostre avventure a Timber... Cid almeno ha dei degni avversari."

Edea guardò Rinoa che scartava il suo panino, osservando come la giovane strega evitasse il contatto visivo. Sospirò tra sé e sé; poteva intuire che c'era così tanta paura in questa ragazza, ma che allo stesso portava in sé così tanta forza. Anche se Edea e Rinoa aveva chiacchierato amabilmente in svariate occasioni, non avevano mai avuto occasione di parlare sinceramente. Edea sapeva che Rinoa aveva molte domande da fare, soprattutto quelle che riguardavano il loro incontro al Garden di Galbadia - eventi che avrebbero cambiato entrambe le loro vite per sempre.

"Rinoa, immagino che tu non sia uscita a parlare dello stato della scrivania di Cid."

"No..." Rinoa non era nemmeno sicura del perché fosse lì. Non che l'incontro fosse stato pianificato... era solo un posto vuoto al momento opportuno, giusto?

"So che non abbiamo mai possibilità di parlare," continuò Edea, sperando di alleviare un po' della pressione del momento. "Se c'è qualcosa che vuoi chiedermi, per favore, sentiti libera di farlo."

Rinoa mise giù il cibo, dato che il suo appetito sembrava improvvisamente sparito. Di malavoglia, riavvolse il panino nella pellicola, rimettendolo nella borsa. Il suo intento originale non era stato altro che uscire a respirare aria di primavera, godendosi un pasto comodo - non aveva mai pensato che avrebbe portato a domande che cambiavano la vita. C'era qualcosa che si era chiesta per mesi, ma aveva sempre troppa paura di sentire la risposta. La domanda le scivolò quasi fuori, prima che avesse anche solo il tempo di comprendere cosa stava dicendo la sua bocca.

"Perché?"

Chiudendo gli occhi, Edea si strinse il libro in grembo, avvolgendo le dita ai bordi. Non aveva mai pensato che Rinoa sarebbe stata così diretta. Forse era pronta a rispondere a qualsiasi domanda sul loro legame... solo non a quella. Eppure, Rinoa l'aveva riassunta in maniera molto eloquente in una semplice parola. La parola era molto più devastante da sentire di quanto avesse pensato. Come si risponde a una domanda che non ha risposta? Beh, almeno, non una buona risposta per chi aveva fatto la domanda...

Edea fu distolta dalle sue riflessioni quando Rinoa si rispose da sola con una risposta vera in maniera soprannaturale. "Era perché conoscevi sia Selphie che Quistis... e non volevi far passare loro questo tormento?"

La donna più grande si fermò, preparandosi mentalmente alla risposta debole che stava per dare, semplicemente concordando. "Sì, Rinoa, allora non ti conoscevo. Loro erano come figlie mie - ricordo di averle sempre cresciute. Ero anche consapevole del dolore, insieme alla gioia, che può venire dall'essere una strega."

Rinoa rimase in silenzio, annuendo come se si stesse aspettando già quella risposta. "Come? Come, se Artemisia ti controllava... come hai potuto decidere chi riceveva il potere?"

"Beh... non era che la mia coscienza non ci fosse, anzi, lei poteva usarla per prendere potere e conoscenza... ma solo ciò che io permettevo. Tutto quel periodo è come un ricordo vago. A volte non ero sicura se si trattasse di qualcosa del mio passato, o di quello di un'altra persona. Per quel che ne sapevo, avrei potuto star sperimentando i ricordi di una commedia che avevo visto o di un libro letto da bambina."

"Quindi... poteva leggere la tua mente?"

"Anche qui, solo quello che permettevo io. Quando era nel mio guscio, voleva sapere più di ogni altra cosa... quale fosse il vero significato della SeeD. Io non glielo dicevo. Dato che non poteva ferire me, ha ferito le persone che mi erano più care... separandomi in ogni maniera possibile dal mio stesso corpo. Tradendo infine qualsiasi legame..." Edea si fermò, rendendosi conto che stava per dire troppo. Rinoa non era pronta per sentirlo, e nemmeno Squall. Ci sarebbe stato un momento migliore, dopo che sarebbero stati svelati più segreti. "Non ora, è troppo presto per parlarne. Oggi è per le tue domande, non la mia angoscia."

Inalando il profumo dei lillà, Edea continuò, "tornando a quel giorno al Garden di Galbadia... quello che ricordo davvero, nella confusione, siete voi tre che combattete contro di me. Ricordo di aver pregato che Seifer fosse vivo, e che mostrasse anche solo qualche segno di vita... qualsiasi cosa. Ricordo che mi sentivo debole, come se la sanità mentale che avevo mi stesse sfuggendo dalle mani... potevo sentirla... sentire Artemisia che voleva abbandonare il mio corpo. Stava per lasciare il mio guscio... lo sapevo... ero debole e non le ero di alcuna utilità. Poi altri sono arrivati di corsa nell'auditorium... Ricordo solo di averti guardato... e di aver permesso alla sua coscienza di sentire il mio pensiero. Lei è forte, usa lei. È stato abbastanza per aiutare Artemisia a decidere, ma onestamente, la decisione finale non è stata mia... o sì?"

Rinoa distolse velocemente lo sguardo, quasi facendosi cadere il pranzo dal grembo. Edea poteva sentire il dolore che correva nella ragazza, e i demoni che ancora rifiutava di affrontare. Allungandosi, mise dolcemente le dita sulla spalla di Rinoa, che rimaneva ancora voltata per nascondere il suo imbarazzo.

"Per favore, cara... se puoi credere a una sola cosa... se fosse davvero stata una scelta mia, avrei voluto che questo destino crudele non toccasse a nessuno. Eppure, credo ancora fermamente nel mio primo pensiero - ti ho visto combattere alla pari al fianco di persone che erano state addestrate fin dall'infanzia... eri forte. Sì, tutti quei mesi fa, in un auditorium deserto, era per proteggere Quistis e Selphie... ma se dovessi decidere di nuovo, mi sentirei solo più appassionata stavolta. Non solo perché tu sei forte, ma anche perché hai già qualcuno che combatterebbe valorosamente al tuo fianco... nessun altro avrebbe potuto affrontare la situazione come avete fatto tu e Squall. Non solo siete usciti da questa situazione vivi, ne siete usciti anche come persone molto migliori. Per questa sola ragione, non dubiterò mai della mia decisione."

"Io... credo di capire... mi dispiace... a volte mi sento solo così... beh, strana, fuori luogo, credo."

"Lo immagino. Onestamente, non molte diciottenni possono demolire un'intera stanza con un solo colpo."

"Oh, ne ha sentito parlare." Rinoa alzò lo sguardo sulla donna seduta accanto a lei per la prima volta, cercando di mascherare l'imbarazzo. Eppure, non poté evitare le tracce di un sorriso sul proprio volto. "È stato davvero un incidente... e fortunatamente Squall non era poi così arrabbiato."

"Beh... almeno non hai fatto esplodere una cena a base di spaghetti mentre conoscevi i genitori del suo fidanzato."

"I genitori di Cid? Non l'avrà fatto davvero?"

"L'ho fatto eccome. Non sono ancora sicura di cosa sia successo; ero così nervosa. Ho fatto per prendere un pezzetto di aglio tostato e la cosa successiva... Cid e i suoi genitori erano coperti di tagliatelle... con la salsa alla marinara che colava sulla fronte."

"Beh, per quel che ne so, una cena con Laguna non è nel prossimo futuro."

"Non osare preoccuparti di questo, cara. Tutte le cose richiedono tempo." Edea si fermò, scegliendo le parole con saggezza, ora che la conversazione si era spostata su un tono più leggero.

"Rinoa, mi chiedevo... a dire il vero, io e Cid ci chiedevamo... tu e Squall riuscireste a fermarvi a cena da noi prima che lui parta per Trabia?"

Una voce burbera rispose alle loro spalle. "Dovrò controllare la mia intensa agenda sociale per vedere se posso farcela."

"Squall!" Rinoa sobbalzò al suono della sua voce. Sperava solo che non avesse origliato il resto della conversazione, ma non era da lui fare una cosa del genere. Alzandosi, si mise entrambe le mani sui fianchi, e mise da parte la borsa del pranzo. "Era un tentativo di scherzo quello, signor Leonhart?"

"Quante volte devo dirtelo - io non scherzo."

"Come potrei dimenticarmelo," rispose sarcasticamente. "Edea ci ha invitato a cena prima della tua partenza. Pensi di potercela fare?"

Lei notò il suo lieve cambio di atteggiamento, impercettibile a dir poco. Aveva in mente qualcosa; lo aveva imparato a Winhill. Ricordò che lui aveva nominato una conversazione tra i due di tempo prima, ma al di là di qualche commento, gran parte della discussione era rimasta in ombra. Il suo sguardo si spostò alla Madre e poi di nuovo a lei.

"Squall, per favore, c'è così tanto che dobbiamo dirvi." La voce di Edea si rattristò; non aveva accettato subito l'offerta.

"Va bene." La sua risposta era breve e dritta al punto. "Volevo solo vedere se avevi voglia di pranzare, Rin." Lui si fermò, rendendosi conto che era la prima volta che la chiamava così in presenza di qualcun altro. Un leggero rossore gli colorò le guance, mentre Rinoa fece un largo sorriso piegando la testa verso di lui.

"Mi piacerebbe molto."

*~*~*~*~*

"Pensi che verranno?" Il preside prese una rivista dalla pila, sfogliando velocemente le pagine.

"Vuoi smettere di preoccuparti, caro?" ribatté Edea, fissando suo marito incerta. "Leggerai davvero quella roba?"

"Certo, perché no?" Si fermò a una pagina prima di accorgersi che si trattava di una rivista di arredamento d'interni. Sorrise nervosamente coprendo il suo errore. "Stavo pensando di riarredare il mio ufficio."

"Sì... certo." Lei scosse la testa, capendo tutto, dato che alcune cose non cambiavano mai. Cid era difficilmente tipo da ammettere che si sbagliava, a meno che si trattasse di qualcosa di sconvolgente. "E sì, penso davvero che verranno. Rinoa ti ha detto che verranno... e non mancherebbe alla sua parola. Anche se dovrà trascinare qui Squall tirandolo per una delle cinture, ci saranno.

Lui sospirò. "Lo so... vorrei solo che non dovesse 'trascinarlo' qui, per prima cosa. Proprio non riesco a farlo aprire con me."

"Cid, per oltre dodici anni sei stato il suo superiore, pensi che sarà un libro aperto per te? Per prima cosa, e soprattutto, tu sei il suo capo... ed è una cosa difficile da mettere da parte."

Lui si levò gli occhiali, posando la rivista sul tavolino da caffè. "Lo so... ma Edea, penso che mi incolpi ancora per come sono andate le cose. Sai, l'ho lasciato solo durante la sua prima battaglia... e la seconda... e la..."

"Ho capito, ho capito... Quindi hai fatto degli errori, pensi che ce l'avrà con te per sempre? Lo scorso anno è stato come vivere sulle montagne russe, per lui, a livello di emozioni. Ora come ora, tu stai cercando di pensare a lui come a un figlio... più che come a un adolescente confuso."

"Penso... che tu abbia ragione. È sbagliato che io pensi come un padre, e che non voglia che faccia gli stessi errori che ho fatto io? So che tutto quello che balza ai suoi occhi sono quei momenti oltre la comprensione... per lui, era solo un tipo che piangeva nell'infermeria."

"Sì, ma se gli dici la verità... di sicuro non ti ascolterà. Capirà col tempo. Non ha bisogno di un padre; ha bisogno di un cavaliere che gli faccia da mentore. La cosa migliore che possiamo fare è mostrargli entrambe le vie e lasciarlo scegliere."

"Sembra un consiglio dei biscottini della fortuna."

"Grazie caro," rispose lei sarcastica.

Ci fu una pausa. Il preside si alzò, guardando fuori dalla piccola finestra della porta. Non era sicuro del perché fosse così nervoso; aveva fatto cose molto più complesse di questa. Ma questa era personale; qui avrebbe potuto doversi confrontare con i propri errori. Se la storia è destinata a ripetersi, ci sono due cose che si possono fare: ignorare gli errori degli altri, o imparare da chi è venuto prima.

"Ha già ricordato?" La tristezza nella sua voce tradì il suo tono.

"No, non che io sappia. Sono sicura che se così fosse ci sarebbero stati segni esteriori."

"Sì, tipo un misterioso lancio di una libreria contro Squall."

"Cid... ho detto che tutta quella 'cosa della libreria' è stato un incidente." Sorrise, sistemandosi i capelli dietro le spalle.

"Sai cosa ha usato Artemisia contro di lei?"

"Qualcosa..." rispose esitante Edea. "Il mio spirito era debole. Non ho bisogno di vedere cosa è successo per sapere il dolore che ha causato... o che causerà."

Il preside si avvicinò a sua moglie, sedendosi sul divano accanto a lei. La attirò a sé e la strinse in un abbraccio. Per un solo momento, e poi per un altro ancora... a volte si sentiva come se lei potesse semplicemente sparire. A volte, doveva abbracciarla e basta per assicurarsi che fosse reale. Avevano fatto i loro errori. Ma forse insieme, pensò lui, potevano evitare un po' di dolore alla generazione successiva.

"Edea, non posso nemmeno immaginare. Cedere il tuo corpo e la tua mente senza lottare troppo... deve essere stato qualcosa di terribile. Ma questa è la cosa giusta; se lei non lo affronta presto... diventerà soltanto un'arma contro di loro."

*~*~*~*~*

La domanda stessa, a volte,è il mistero più grande. Qualcosa l'aveva turbata per tutto il giorno, come se una piccola voce stesse cercando di urlare sopra tutte le altre. Eppure lei non riusciva a sentirla. Forse era nelle parole che Edea aveva usato quel mattino, e la sensazione di allarme che la giovane strega sentiva nel parlare alla coppia.

È stato abbastanza per aiutare Artemisia a decidere, ma onestamente, la decisione finale non è stata mia... o sì?

Le parole sembravano giocare come un indovinello nella sua mente. O sì? Che significava? Ovvio che era stata una decisione di Artemisia, di chi altri poteva mai essere?

"Hey Rinoa." La voce di lui che pronunciava il suo nome la richiamò alla realtà.

"Sì."

"Mi stai ascoltando?"

"Sicuro, cosa volevi?"

"Beh, ho detto per caso che abbiamo superato la loro porta due corridoi fa."

"Oh, scusa... mi sa che non stavo ascoltando."

"Che shock," rispose lui con il suo solito tono piatto, prima di chiederle, "sul serio, stai bene?"

"Starò bene." Lei si allungò verso di lui, prendendolo sottobraccio. "Promesso, stavolta ti ascolto."

"Ora ho una nuova comprensione di come sia irritante quando non ti ascolto."

"Tu cosa?" disse lei sorridendogli mentre tornavano indietro.

"Uhm... intendo... quando sono così impegnato a riflettere su quello che hai già detto, che è difficile per me concentrarmi su tutto quello che stai dicendo."

Abbassò gli occhi su di lei cercando di non mostrarsi divertito. "...Non te la bevi, vero?" Lei rise, scuotendo la testa mentre lui si abbassava a darle un bacetto sulla guancia. "Come pensavo."

*~*~*~*~*

Sembrò un'eternità. Ok, forse questa era una piccola esagerazione, ma ci andava dannatamente vicino. Sembrava che tutti gli argomenti si ripetessero in un cerchio infinito. Edea era riuscita a introdurre ogni argomento, tranne quello per cui li aveva invitati. Lei e Cid si erano scambiati sguardi più di una volta, ognuno aspettando l'invito silenzioso dell'altro.

Eppure, non poteva farlo.

Per troppo tempo Squall era sembrato distante, e anche se non aveva detto più di tre parole quella sera, almeno c'era. Lei non aveva mai avuto dei preferiti. Era semplice così e basta: amava i suoi bambini con la stessa dose di amore. Ma c'erano sempre quelli per cui si preoccupava di più.

E a volte, solo a volte, si chiedeva se aveva fatto la scelta giusta. Ma era mai stata davvero una sua scelta? Si schiarì la mente. Era troppo tardi per permettere ai dubbi di infiltrarsi. Non poteva farlo. Forse Cid poté sentire la sua esitazione, dato che non ci voleva un cavaliere a capire la sua paura... solo una persona che portava amore nel cuore.

"Squall... Rinoa... credo che vi stiate chiedendo perché vi abbiamo chiamato qui." Cid mise un braccio intorno a sua moglie, i cui occhi vagarono dalla coppia al pavimento. "C'è qualcosa di cui dobbiamo avvisarvi."

"Cosa?" La risposta di Squall fu quasi immediata. Era solo contento che stessero finalmente arrivando alla verità.

Il preside cercò di mantenere il sangue freddo. "Quando Rinoa ha accettato i suoi poteri... e sì, accettato è la parola corretta... ha affrontato un certo processo. Nessuna strega può rinunciare ai suoi poteri senza permesso... giusto o sbagliato. È una di quelle feritoie che tendono ad esserci tra i fatti e le leggende. Il problema allora è nel come i poteri sono stati assorbiti. Nel caso di Edea, lei ha ricevuto i poteri la prima volta da bambina... e poi di nuovo molti anni più tardi."

La Madre si alzò e andò a sedersi accanto a Rinoa; si allungò a prenderle una mano. La giovane donna tremava dentro, ed Edea poteva percepire la sua tremenda paura. Nel suo cuore, la nuova strega doveva aver scoperto la verità. Era solo la parte rinchiusa nella sua memoria a spaventarla... l'incognito.

Cid si levò gli occhiali, cercando di guardare Squall. Il Comandante era molto immobile, e guardava solo Rinoa. Il preside non aveva bisogno di vedere la sua espressione per sapere che cosa stesse provando. Non importava chi fosse turbato, sia Squall che Rinoa soffrivano allo stesso modo.

"Va tutto bene." Rinoa strinse la mano della Madre, prima di concentrarsi su Squall e ammettere, "in qualche modo lo sapevo. Non so come, ma lo sapevo. A volte, la notte, mi svegliavo senza fiato... il cuore che batteva forte. Potevo sentire ogni battito in fondo alla gola. All'inizio pensavo di avere degli incubi, ma poi sembrava che diventassero sempre più vividi. Posso ricordare pezzi e frammenti delle emozioni... ma non posso ricordare la causa. Solo i risultati, il dolore e la paura... avrei dovuto dire qualcosa, ma speravo che passasse."

Tenendole la mano con fermezza, Edea spiegò, "Rinoa, è la tua mente che cerca di ricordare. Artemisia è morta, ma il sentiero che hai percorso per arrivare qui rimane uguale - solo che non riesci a ricordare la strada."

"Quindi questo cosa significa per noi?" Squall non era tipo da indovinelli. Ora come ora, sentiva che stavano cadendo nella stessa trappola che li aveva portati lì. Le persone con il potere davano solo frammenti dell'insieme. Non aveva mai voluto incolpare gli altri, ma era difficile mettere da parte gli errori che avevano fatto. O le risposte che rimanevano ancora dentro il vuoto senza risposte.

"Dipende," confessò Edea, un po' più solenne di prima. "È la prima vera prova. Qualsiasi cosa le abbia mostrato, è stato sufficiente per convincere Rinoa che sarebbe stata meglio-"

"Non ho intenzione di ascoltare." Squall si alzò offrendo la mano a Rinoa. "Se volete che io creda anche solo per un secondo che Rinoa abbia rinunciato al controllo della sua mente e del suo corpo... non è possibile. Solo perché l'hai fatto tu, non significa che l'abbia fatto lei. Rinoa non ha avuto scelta. È semplice."

Gli prese la mano alzandosi, eppure non riusciva a guardarlo negli occhi. "Squall... so che Edea sta dicendo la verità. Ho lasciato che Artemisia mi controllasse." Le parole sembravano peggiori di quanto pensasse, una volta pronunciate. Era difficile affrontare la verità, non importava quanto contasse. "Non so spiegarlo, adesso... o non sono sicura se ci riuscirò mai. Ricordo solo di sentire che, per quel momento, volevo morire."

"No Rin-" Lei lo interruppe posandogli una mano sulla bocca.

"Shhh, Squall... per favore. Non sto dicevo che volevo davvero morire. Sto solo dicendo che ricordo di aver sentiro che ogni evento orribile che mi era mai capitato si accumulava in quell'unico momento. Come ho detto, non ricordo cosa mi ha mostrato... ma il dolore è ancora nascosto dentro di me."

"Per favore, sedetevi," intervenne il preside. "Se non lo affronti ora, potrebbe distruggerti. Non solo Rinoa, ma la fiducia e il legame che si sta formando tra voi. Artemisia ha preso il passato e l'ha rivoltato contro Rinoa. Il tempo, lo spazio, i significati... è tutto irrilevante in quella realtà. Può prendere frammenti di conversazioni e ricordi, e rivoltarli in un montaggio mortale. Si sentono le voci, si vedono i visi... ma non significa che sia successo in quel modo. È come fare una coperta dal materiale del tempo. Si possono prendere dei pezzi e tagliarli, metterli a formare i motivi che si vuole."

Edea cercò di semplificare. "È come ricevere un messaggio con le lettere tagliate da articoli di giornale. Le parole fanno tutte parte di altre storie, ma se le ritagli, e le sistemi... puoi scrivere una storia qualsiasi."

Squall guardò Rinoa, in attesa di una sua reazione. Lei annuì, sedendosi di nuovo sul divano. Lui non era ancora del tutto a suo agio con l'idea, ed esitò in maniera evidente prima di cedere.

"Quindi cosa facciamo?" La voce di Rinoa era estremamente bassa e insicura.

"Scopri cosa ha usato contro di te, così non potrà mai più essere usato contro di te."

"Rinoa," disse Edea, comprensiva. "Tu devi riviverlo di nuovo. La tua mente sbloccherà un ricordo represso... l'unica cosa è che sembrerà che lei sia ancora vicino a te. Sentirai le stesse sensazioni dell'ultima volta, ma stavolta ricorderai."

"Non mi piace." Squall sentì di dover essere la voce della ragione. Ma comunque, qual era la ragione, date le circostanze? Ovvio, non gli piaceva, ma cosa era una scelta sua? Lasciarlo indugiare all'interno, fino a che si gonfiava e spezzava una diga emotiva? Se vivere col dolore ora poteva aiutarli nel futuro, doveva accettare anche di malavoglia. Comunque, questo non significava che dovesse piacergli.

"Non piace nemmeno a me." Lei lo guardò negli occhi, cercando di nascondere la paura. "Ma devo capire - devo ricordare."

*~*~*~*~*

Non l'aveva vista stesa in un letto, in quella posizione, dall'ospedale a Deling. Quando dormiva pacificamente gli riportava ricordi di un periodo precedente. Una metamorfosi che avrebbe cambiato per sempre le vite di entrambi. Ora lei stava per rivivere il dolore, l'incubo. Squall non aveva detto più di due parole a Cid ed Edea sin da quando Rinoa aveva accettato. Ora stava su una sedia con le braccia appoggiate al letto. Entrambe le mani avvolgevano attentamente la sinistra di lei, e cercò di nascondere la sua preoccupazione con un sorriso.

"Così male, eh?" Lei ricambiò il gesto cercando di non mostrare paura, anche se la sua mano tremante rivelava la sua apprensione. Lui le lasciò andare una delle mani, muovendo lentamente le dita tra i capelli di lei. "Squall, starò bene... promesso."

"Lo so, Rinoa. Solo che non so quanto starò bene io."

"Starai benissimo."

"Hey, ragazzi." Edea entrò con un bicchiere d'acqua. Lo posò attentamente sul comodino, allungando a Rinoa due piccole pastiglie bianche. "Servono ad aiutarti a dormire. Ricorda solo che stai per rivivere il ricordo, come se stesse accadendo ora."

"Ok..." Si alzò a sedere e si mise le pillole in bocca, seguite da un sorso d'acqua. "Edea, come mai ricorderò stavolta?"

"Perché la tua mente dice che la tua coscienza è pronta. Avevi sia la chiave che la serratura, ora le stai semplicemente mettendo insieme." Rinoa annuì, ancora un po' sperduta, ma si fidava comunque della donna. Si stese di nuovo, voltandosi a guardare il suo cavaliere. Mise una mano sotto il cuscino, mentre l'altra rimaneva ancora stretta saldamente alle dita di Squall.

Per svariati minuti, lui guardò Rinoa. Lei lo guardò fino a che gli occhi divennero troppo pesanti, e non fu più possibile negare le leggi di natura. I respiri affrettati della coscienza divennero il motivo ritmico che si trova solo nel sonno. Ogni tanto il suo corpo sobbalzava. Ad ogni movimento lui voleva svegliarla, e guardare i suoi occhi solitamente spensierati.

E poi, improvvisamente, sembrò che lei stesse avendo un attacco epilettico. Il suo corpo era in preda alle convulsione e lei gettava la testa da un lato all'altro. Squall si alzò, prendendole entrambe le braccia. A quel punto aveva quasi tutto il peso del corpo appoggiato agli avambracci di lei, cercando di evitare che lei si facesse del male. Non poteva credere alla forza che serviva per fermarla.

"Fatela smettere!"

"No," disse Edea in un tono materno che conteneva in egual misura amore e fermezza. "Sarebbe più pericoloso non farla finire."

"Cosa sta vedendo esattamente?" La sua voce si spezzò; poteva a malapena mantenersi calmo.

"Non lo so, Squall. Come ho detto prima, è una combinazione del passato e del suo presente prima che venisse posseduta. Artemisia userà i suoi pensieri contro di lei, e anche i pensieri di chi la circonda."

"Cosa? Non hai detto niente dei pensieri degli altri. Vuoi dire che qualsiasi cosa io abbia mai pensato... lei lo può sentire?"

"Sì, Squall, ho detto che Artemisia ha la capacità di giocare con qualsiasi evento registrato nell'orizzonte del tempo. Mi dispiace se non sono stata abbastanza chiara. Non erano solo i pensieri di Rinoa, è il passato di tutti. Inclusi i tuoi... lei può aver sentito, o visto, anche qualsiasi cosa del tuo passato. Di quello di chiunque, per quel che conta. Ma Artemisia sarebbe stata selettiva, e avrebbe scelto solo quelli che avrebbe distrutto la sua volontà con più possibilità. A volte arrendersi sembra l'unica scelta possibile; ora si è costretti a sentire il fardello del dolore... di tutti. Artemisia sembrerà una figura materna; le dirà quello che lei vuole sentire... riempirà ogni vuoto. Sarà l'unica presenza che potrà consolare Rinoa... e così Rinoa si arrenderà. Conosciamo il risultato, ma la storia è taciuta... fino ad ora."

Lui chiuse gli occhi. Come poteva dire alla Madre che Artemisia non avrebbe nemmeno dovuto rivoltare alcuni dei suoi pensieri? Come poteva dirlo a Rinoa? Quando si erano incontrati la prima volta, aveva avuto così tanti pensieri negativi su di lei... ma era solo il modo in cui reagiva a tutti. I propri pensieri intimi dovrebbero essere solo intimi, e ora come ora, sembrava una specie di stupro emotivo... si sentì onestamente male. Non era il momento di pensarci, ma per un breve secondo, a dire il vero sentì del rimorso per essere stato senza permesso nei pensieri di Laguna. Che fosse in buona o cattiva fede, era comunque un'intrusione per cui non aveva avuto il permesso.

"Dio, Rinoa... ti prego, perdonami."

*****
Nota delle traduttrici: nonostante la caratteristica della storia sia che ogni capitolo può essere letto come una oneshot a sé stante, questo e il prossimo sono legati abbastanza tra loro:) Consiglio quindi a chi legge la storia come raccolta di oneshot di leggere questo insieme al prossimo. Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 8
*** VIII. Un tempo per parlare - Parte II ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo VIII: Un tempo per parlare - Parte II ~

23 aprile – 12:08

La nebbia le pesava, opprimente, sulla pelle. Le ricopriva il corpo, come una spettrale coperta. Rinoa aprì gli occhi per ritrovarsi in piedi in un denso mare di nebbia. I duri contorni delle lapidi occupavano l'orizzonte vicino, e l'incostante luce lunare le offriva illuminazione bastevole solo a farle capire dove si trovasse. Conosceva quel posto troppo bene... maledettamente troppo bene.

I polmoni di Rinoa le ricordarono entro breve che doveva respirare; rispose riluttante all'invito. Incrociò le braccia sul petto, stringendosele forte al corpo, mentre l'ansia mista alla paura le faceva correre un fiotto d'adrenalina nelle vene. Il tacco della scarpa affondò nel terreno fangoso, e un terrore ignoto le esplose nel corpo. Fece un altro passo esitante verso le lapidi, contrastando l'agitazione che aveva dentro. L'aria sembrava insolitamente stagnante, e le rendeva i respiri difficoltosi e profondi. Le ricordava gli incubi che aveva da bambina. Trattenne appena il respiro quando lesse il nome sulla prima lapide. Non poteva più avversare la forza di gravità: si ritrovò a crollare sotto la pressione del suo stesso peso.

Perché... perché si trovava lì?

Mani incerte tracciarono il taglio del nome di sua madre inciso nella pietra, ogni lettera più dolorosa della precedente. Il vento impietoso di novembre si alzò, procurandole un freddo indescrivibile. Da una quercia lì vicino si staccarono delle foglie morte, che caddero sempre più numerose a terra come pioggia. Rinoa rabbrividì sola nella sua solitudine, e per un attimo, sentì la ragione andarsene pian piano.

"Povera bambina."

La voce donava una sensazione così confortante. Sembrava un faro nella tempesta che infuriava nella sua mente. Ancora inginocchiata a terra, il corpo fragile e tremante, la giovane si voltò verso chi aveva parlato.

"Dove... dove sono... chi sei?" chiese in mezzo ai respiri sofferenti.

La donna si avvicinò, cercandole con dolcezza la spalla, e poi s'inginocchiò accanto a Rinoa e con l'altra mano le carezzò delicatamente i capelli. Ogni parola era studiata e precisa. "Sono qui per cancellare il dolore."

"Questo non è... reale. Ricordo di essere scappata qui una notte, ma ero solo una bambina. Avevo cinque anni! Non funziona... ora sono più grande... non è così che... no. Che sta succedendo?"

"Avevi veramente cinque anni quando venisti qui? Puoi davvero esserne sicura?"

"Sì... sì, lo ricordo come fosse ieri. Avevo tanta paura. Era così buio..."

"Che cosa ricordi davvero, Rinoa? Il dolore, il senso di colpa, le immagini che ti perseguitano ogni volta che ti svegli ancora oggi? Il tempo è nulla, un'illusione, qualcosa che può essere riscritto... solo tu puoi cambiare questo evento. È il passato, è il futuro. È la stessa cosa."

"Di cosa stai parlando? Chi... che cosa? Per favore, smettila di parlare per enigmi! Chi... chi sei?" domandò Rinoa, anche se non del tutto chiaramente.

La forma umana della donna si avvicinò ancora, confortando di nuovo la ragazza affranta. "Il mio nome non è importante, è solo un'altra delle etichette inutili che ci hanno messo addosso. È quello che possiamo realizzare insieme che è importante. Insieme, tu ed io abbiamo il potere di cambiare il tuo passato, di dare un'altra forma al tuo futuro."

"Tu sei la... tu sei la strega," disse, solo appena più udibile di un respiro. Rinoa respinse Artemisia e cercò di rimettersi in piedi. Non desiderava più nessun tipo di consolazione da quella 'figura materna', e così fece un passo indietro, fino ad appoggiarsi contro la pietra tombale di sua madre. "Tu... sembri diversa da quando ti ho vista a Deling."

"È perché quel corpo non era la mia vera forma. Appartiene ad un'altra, proprio come te, che voleva far cessare quella sensazione di vuoto."

"No, la donna che abbiamo appena affrontato... era la persona che si è occupata di Squall e gli altri... Edea, si chiama Edea: è lei che abbiamo combattuto. Non eri tu! Abbiamo vinto."

"Bambina, non ci sono né vincitori né vinti. Non hai visto il tormento riflesso nei loro occhi, negli occhi delle persone accanto a cui combattevi? Hanno sofferto quanto te, se non di più. Edea voleva solo riparare agli errori del passato, spazzare via il loro vuoto."

Rinoa voleva urlare, voleva correre, ma non aveva idea di dove fosse. Quella donna stava sicuramente mentendo. Rinoa sapeva che Squall si portava ancora dentro la sofferenza del passato, ed era per quello che aveva nel cuore un senso di vuoto. Ma stava bene; era solo il suo carattere. Aspetta... di che errori parlava?

Mentre faceva un piccolo passo avanti, Rinoa si accorse che non riusciva nemmeno a vedere i piedi della donna: quella sembrava quasi scivolare nell'aria, lunghe tuniche nere le nascondevano pressoché del tutto le forme.

"Non hai visto lo strazio negli occhi del loro Comandante, quel dolore che superava di molte lunghezze quello degli altri? Non sopravvivrà a questo. La sua anima è in preda al tormento, non importa quanto insensibile finga di essere. Questo è l'inizio della sua autodistruzione. Questo è ciò che Edea vuole cambiare, ed è per questo che io ho bisogno del tuo aiuto... solo tu puoi salvarlo."

"No, stai mentendo!"

"Davvero?" La voce di Artemisia non vacillava mai, c'era sempre quel tono materno: nessun segno di rabbia o frustrazione, solo una certa sicurezza si proiettava entro ogni parola. "Non ti sei chiesta perché stanno succedendo tutte queste cose tutte insieme? O il motivo del cambiamento nella persona che conoscevano come la loro Madre? Il futuro di quei figli è oscuro. Lei si sta adoperando per salvare le loro anime. Ora tu l'hai combattuta e distrutta... ma in realtà, hai distrutto i tuoi amici. Il loro fato è stato deciso... li hai condannati alla perdizione eterna."

"No, Edea è stata uccisa... loro sono liberi."

"Se sono liberi, allora perché sei qui? Io sono l'unica che può aiutarli. Sono solo granelli di sabbia nella clessidra del tempo... la loro esistenza sarà stata vana, a meno che... niente, lascia stare, non sei abbastanza forte. Ha ragione tuo padre."

Rinoa cominciò a sentire la rabbia crescerle dentro. Per tutta la vita suo padre l'aveva considerata debole, ma lei l'aveva smentito andandosene di casa. Aveva lavorato per la libertà, aveva lavorato per l'onore, e lavorando per tutte quelle cose aveva provato di essere forte. Quella donna di fronte a lei non poteva parlare di Caraway.

"Non parlare di lui! Perché mi hai portata qui, in questo posto?"

"Io non ti ho portata da nessuna parte. Ti trovi in un luogo tra realtà e fantasia; io posso solo guidarti in questo percorso. Non posso sceglierlo. Penso sia stata la tua mente a portarti qui, per mostrarti quello che avrebbe potuto essere... il tuo rimpianto più profondo. Avresti potuto salvare tua madre, avresti potuto salvare i tuoi amici, e potresti ancora..."

"No! Non ho intenzione di ascoltarti. Questo non è reale."

"Sì, lo è. Posso mostrarti il passato, proprio come Ellione ha fatto per gli altri. Non posso mostrarti cose che non sono accadute... è tutto vero. Posso mostrarti quello che Squall non vuole farti sapere. Posso mostrarti perché sei tornata qui, a questo punto della tua vita."

"Io combatto al suo fianco perché è lì che lui mi vuole."

"Sciocca bambina. Pensi che si sia allenato tutta la vita alla battaglia solo per avere un'estranea a combattere accanto a lui? No, non ti ha mai considerata altro che un peso. È la tua famiglia che vuole... non te. Caraway è una fonte di grande potere: per Leonhart, tuo padre è un alleato formidabile."

Rinoa aprì la bocca per parlare, ma prima che potesse protestare il fango cedevole si trasformò in marmo, e il vento battente fu sostituito da una musica familiare. Adesso si trovava in mezzo alle coppie che ballavano alla festa di promozione della SeeD. Sbatté gli occhi e se li stropicciò, questo era un sogno, doveva esserlo. Perché sembrava così vero?

La strega si dissolse tra le ombre della sala da ballo. Grazie al cielo la scena familiare era molto più gradevole del cimitero. Lì vicino, una coppia danzava, e per un momento credette che le sarebbero finiti addosso. Cercò di muoversi, ma non ci riuscì; i corpi dei due attraversarono la sua immagine come fosse stata un'apparizione. Un brivido gelato le venne da quell'incontro e la prese alla sprovvista. Si sentiva come se il suo spirito fosse momentaneamente entrato nel corpo di un altro.

Cominciò a setacciare la folla. Cercava disperatamente la persona che sapeva essere lì. E infatti lì era, appoggiato contro il muro, proprio come ricordava. Desiderò correre da Squall e circondarlo con le braccia, ma prima che potesse mettere in atto l'idea un'altra versione di se stessa si avvicinò a lui. Era davvero possibile essere gelosi di se stessi? Se sì, era l'unico modo per descrivere la sensazione devastante di quel momento.

La musica in sottofondo parve sfumare. Dietro di essa, la voce rasserenante della strega parlò sopra a quella della folla.

"Si è sempre comportato in quel modo... ma non è il suo vero carattere. Tu non eri la prima, né saresti stata l'ultima. Lui sta indossando una maschera proprio come facevi tu. Chiedilo a tutte quelle con cui ha ballato. Sa ballare, nessuno impara così in fretta, tesoro. Le prime parole per te che sono uscite dalle sue labbra erano una menzogna. Questo non dice qualcosa sul suo modo di essere?"

"Che cosa sei... come facevi a saperlo?" Perché non aveva mai pensato al fatto che le prime parole che le aveva detto erano una menzogna? Sì, sapeva ballare: lo aveva ammesso in seguito. Solo che non gli riusciva bene se non si concentrava... c'era una differenza. Un attimo, quali altre?

"Già, adesso ho la tua attenzione, non è vero? Squall Leonhart non è certo uno stupido. Non è l'angelo che hai fatto di lui nella tua testa, né l'adolescente problematico che non sa amare. In realtà è proprio l'opposto, ha giocato a questo gioco per tutto il tempo che l'hai fatto anche tu. Ascolta, cerca la verità dentro al tuo cuore. I suoi pensieri sono iscritti nel copione del passato..."

La musica finì e fuochi d'artificio si accesero nel cielo notturno. Rinoa guardò il suo fantasma lanciare un'occhiata verso la porta d'ingresso, prima di scorgere il preside che chiacchierava con alcuni invitati.

Che stronza. Sentiva le parole di lui riecheggiarle nella mente. Comunque... che liberazione.

"Non lo ha detto, vero?" Rinoa cercò disperatamente di ricordare. In quel momento era stata così concentrata sul parlare con Cid che qualsiasi cosa Squall avesse mugugnato non se ne sarebbe accorta. Si voltò verso Artemisia, difendendo all'istante un'azione che non sapeva nemmeno per certo se fosse accaduta.

"Non voleva dire così! Guarda, me ne sono andata in quel modo... che altro avrebbe potuto dire? Non... non mi conosceva allora... ero io ad essere in torto!"

"Oh, ma ti conosceva, non è forse vero? Non è che anche tu non abbia mai giocato a questo piccolo gioco. Forse la sua prima impressione su di te era la più precisa, forse è un'illusione quella che vede di fronte a sé nel presente."

Artemisia pazientò. Capì che la ragazza stava ancora prendendo le difese delle azioni di lui; il suo spirito andava spezzato in un'altra occasione. In quel momento fatale la sua vittima si sarebbe aggrappata a lei nei suoi incubi. Per far sì che Rinoa rinunciasse al suo futuro, doveva volgersi verso il passato. Potarla nell'istante in cui era nata la sua paura...

Rinoa avvertì una strana sensazione irradiarsi dai polpastrelli. Allungando un braccio, rimase scioccata alla vista delle dita che le si trasformavano in quelle di una bambina. Nel vetro scuro della sala da ballo vide il suo riflesso infantile, e il cielo dietro la cupola sembrò brillare più luminoso. Pian piano ogni stella divenne più sfavillante, e lei non era più nella sala... ma fuori, sotto la volta celeste. Rinoa non riuscì a parlare. Ancora una volta, faceva fatica a riempirsi i polmoni di ossigeno. Si guardò intorno, e trattenne il respiro rumorosamente quando riconobbe il posto: ricordava quell'autostrada... come avrebbe potuto dimenticare?

Le sue dita minuscole e delicate si chiusero a pugno mentre i ricordi dei suoi cinque anni si confondevano con gli altri disinganni dei tempi successivi. Stava rivivendo di nuovo quell'orribile notte, quella con cui aveva cercato tanto disperatamente di chiudere. Sentì due uomini che parlavano, accorgendosi che in realtà si trovava ancora nel suo corpo... solo, in quello di dodici anni prima.

"Mi spiace, maggiore Caraway, non posso lasciar passare nessuno."

"Dannazione, è mia moglie! Devo... devo vederla."

Caraway spinse via l'uomo, dimentico delle paure di sua figlia. La lasciò lì da sola al freddo. Lei rimase a guardare il ruotare ipnotico delle luci rosse finché non sentì che doveva solo correre via. Le sembrava che i piedi non toccassero terra, una necessità che non aveva mai conosciuto si era impossessata di lei.

Lontano, in sottofondo, echeggiava una sirena, ma la bimba non percepiva neppure il suono. La forma più piccola di Rinoa interruppe la sua corsa quando gli occhi di bambina si fissarono sul disastro. Il minuto scintillio argento di quelli che sembravano essere i fanalini posteriori sporgeva da dietro il guard-rail. Schegge di vetro e lamiere erano sparse dappertutto come dopo una tempesta letale. Le lacrime le scorrevano senza freno, tracciando ognuna il suo sentiero unico giù per le guance arrossate. E ancora non riusciva a parlare... non le veniva nessuna parola. Sentì la mano di qualcuno dietro di sé. Guardandosi alle spalle vide un uomo in uniforme; lui le offrì un poco di conforto con un sorriso forzato, prima di attirarla in un abbraccio.

"Andrà tutto bene."

Che bugia spudorata. Anche nei panni della bambina sapeva che quel soldato stava cercando di proteggerla dalla realtà. Non vedeva la morte, lo scempio, il sangue? Il sangue... perché, perché l'avevano costretta a vedere tutto questo di nuovo? Doveva essere un altro terribile sogno, o qualche crudele, sadico scherzo del destino... doveva esserlo. Ancora una volta era costretta a vivere l'orrore in prima persona. Ancora una volta suo 'padre' l'aveva lasciata da sola nel buio. Ancora una volta l'unica consolazione le veniva da un estraneo. In mezzo a quella notte mortalmente amara, Rinoa sentì ognuna delle sue lacrime cristallizzarsi per sempre sul suo viso... per sempre sulla sua anima.

"Devo vedere la mamma," disse pianissimo, senza comunicare le sue intenzioni alla guardia. Abbassando la testa sfuggì alle sue braccia e corse giù per il ripido pendio: le ci volle ogni briciola della sua energia per non farsi prendere dall'uomo. Quando raggiunse i piedi della collina, Rinoa vide suo padre con gli abiti macchiati del sangue di sua madre. Cullava il corpo abbandonato di lei tra le braccia.

"Perché, Julia? Perché tu?"

L'immagine della piccola fece un passo indietro, ma lo spirito della Rinoa adolescente rimase fermo in quel punto. Finalmente, si era liberata di tutte le catene che l'avevano avvolta, dal passato che ricordava. Dietro di sé udiva i rumori di lei bambina che veniva fisicamente fermata dall'ufficiale: il soldato le parlava, cercando di calmarla, ma la Rinoa più grande ignorò le sue parole. Questa volta poteva fare ciò che prima le era stato impedito... andare da sua madre.

Avanzò di qualche passo esitante, lasciando sulla collina tutto ciò che rimaneva dei suoi vecchi ricordi. E poi, tutto d'un tratto, cominciò a correre con improvvisa impellenza, per paura che anche quell'istante del tempo sfuggisse via. La figura di Caraway si dissolse nello stesso nulla di tutte le altre. Rimasero lei, il veicolo accartocciato, e gli orribili resti di sua madre.

"Ma...mamma," boccheggiò, crollando sull'asfalto sommerso dai frantumi e dal sangue. "No... no... ti prego non lasciarmi. Ho paura, non posso fare tutto questo da sola."

Rinoa rabbrividì, un'improvvisa ondata di familiarità per quelle parole le corse nelle membra. La mano di sua madre scivolò da sopra la pancia per fermarsi, senza vita, al suolo.

Si voltò perché aveva sentito i rametti di un cespuglio lì vicino graffiarle la schiena. Sembrava quasi che la pianta si fosse protesa verso di lei con mani di scheletro. Le foglie verdi si fecero di un color terra: sembrava che qualcuno avesse imposto un avanzamento veloce a Madre Natura. Quando balenò il lampeggiante rosso dell'ambulanza, da dentro il cespuglio brillò un riflesso. L'anello di sua madre... la sua fede nuziale. Rinoa allungò la mano fra i rami e recuperò l'oggetto. Con sua sorpresa, avvertì un dolore al lato del polso: stupita, ritrasse il braccio, e il gioiello di platino cadde in strada.

In mezzo al dolore del cuore e al dolore del corpo, riuscì ad abbassare lo sguardo sul suo polso. Rinoa vide un grosso ragno camminarle lentamente sulla pelle come un predatore. Per sola reazione dell'adrenalina scosse il braccio, scagliando l'intruso diversi metri più in là. Non aveva tempo di aver paura: in quel momento, qualcosa di molto più importante stava scomparendo.

Afferrò l'anello e lo strinse, risoluta, nel palmo. Ritornando dalla madre, vide che i suoi occhi fissavano spenti nel vuoto. Un vetro vacuo aveva preso il posto di quelle iridi una volta così belle. Brevi rivoli di sangue gocciolavano giù dalla bocca di Julia. Eppure, nonostante tutto, sua madre conservava una bellezza indescrivibile.

Rinoa sollevò lentamente la mano a toglierle dalle labbra il denso liquido. Con la coda dell'occhio vide un altro ragno che zampettava sul cadavere di sua madre. Quella creatura spregevole, che pensava di avere un qualche folle diritto sul corpo di sua madre. La sua mano  tremante voleva scacciarlo via, ma tutto quello che era in grado di fare era rimanere seduta, paralizzata mentre quello avanzava nel sangue di sua madre.

Una voce fendette la notte, venendo ancora una volta in suo soccorso quando nessun altro aveva avuto il coraggio di farlo. Artemisia s'inginocchiò, passò la mano sul volto di Julia. In quel solo fluido gesto, il suo viso tornò normale. Adesso sembrava che sua madre stesse solo dormendo serena.

"Ora ricordi che cosa significhi provare un terrore paralizzante. Queste immagini sono sempre state lì, represse nelle parti più profonde della tua mente. Vedesti tua madre quella notte, ma non così vicina... solo da lontano. Vedesti tuo padre che se ne andava. Se ne andò da te quella sera, dimenticandosi di sua figlia. Non l'hai mai superato... non hai mai potuto farlo."

"Lui... se ne andò... ricordo che cercarono di trovarlo... ma qualcuno l'aveva riportato in macchina alla villa."

"Se questo non è abbandono di minore, allora cosa lo è? Hai pianto da sola la notte della morte di tua madre. Lui ti ha dimenticato. Lei non lo faceva mai. Questo non doveva accadere... tuo padre ti ha lasciata per due anni, a stare da parenti che quasi nemmeno conoscevi. Colui di cui sei carne della sua carne e sangue del suo sangue ti abbandonò come un cane in un canile. Non cercare più di opporti a questo..."

"Mamma... no..." rantolò tra i respiri concitati; voleva gridare a qualcuno... a chiunque potesse ascoltarla. Chiunque potesse darle conforto. "Squall... dove sei? Ti prego." Stava diventando troppo: non sapeva più bene se fosse questa la realtà, o se lo fosse l'altra. Poteva esserci una persona con il potere di riparare tutto ciò che il destino aveva spezzato?

Infine, la sua sopportazione cominciò a vacillare. Artemisia sapeva che c'era quasi, che i confini stavano diventando confusi. L'ultima briciola, ad ogni modo, sarebbe stato quel granello di speranza a cui ancora si aggrappava: colui che stava, anche lui, combattendo per la sua anima... anche se Rinoa non sapeva che quella battaglia avesse mai avuto luogo.

"Non puoi contare su di lui! Lui vive un'esistenza sciagurata. La sua vita è piena di menzogne e tradimenti; il suo vero io non è quello che hai visto combattere accanto a te. Lui è il serpente, e tu non sei altro che il topo a cui sta dando la caccia... lentamente, metodicamente. Ti vuole per il tuo potere. Sai anche tu che quelli che più stanno in silenzio sono i più pericolosi. Non smettono mai di pensare, non smettono mai di programmare... non ti vuole come persona, ma solo come una ricompensa."

Appariva tutto come un montaggio. Pezzi, frammenti e meri brandelli d'immagini scorrevano nella sua mente. Stava guardando se stessa, guardando lui... non importava che i pensieri del ragazzo fossero l'unica cosa che riusciva a sentire.

C'era un treno, la seconda volta che si erano incontrati. Lui la spingeva via...

Levami le mani di dosso... deficiente.

La ragazza di Seifer? Di sicuro sua e di altri mille.

Mocciosa immatura e viziata, perché diavolo Almasy avrebbe dovuto volerti?

Questi sono degli idioti, capitanati da una scema superficiale.

Poi la scena cambiò in una sera a Deling. Era cominciata la Parata per l'incoronazione della Strega. Rinoa se ne stava ubbidiente dietro le spalle di Edea, persa in trance. Per la strada c'erano Irvine e Squall...

"Ma quella non è..." fece Irvine.

È Rinoa... ma che devo metterle, un guinzaglio?

Era la stessa notte, solo pochi minuti dopo che avevano sconfitto gli Shumelke dentro la residenza. Quando lui fece per andare via, Rinoa gli afferrò il braccio.

Devo farla star zitta. Il suo piagnucolare finirà per distruggere l'intera missione, lo sentì dire dentro di sé. La sua risposta ad alta voce fu quella che in quell'ultimo anno aveva tenuto cara come un tesoro. "Non ti allontanare da me." Adesso quelle parole apparivano irrilevanti, conoscendo i momenti che le avevano precedute.

La visuale passò su tre figure che sedevano sul tetto della torre dell'orologio. Un carosello di giullari e sagome di pagliacci...

Non vuole che Seifer muoia... sacrificherebbe me al suo posto se potesse.

Le ultime immagini furono quelle che la riportavano ad ora, il conflitto armato che era scoppiato tra i due Garden. Nero e bianco, buono e cattivo, Squall e Seifer...

Zell lo ammazzo, questa non gliela perdonerò mai... mi piaceva quell'anello. Ora non ci sarà verso di riaverlo indietro.

Non ho tempo di salvarla, può farlo qualcun altro.

Perché, perché devo essere io? Perché voi possiate continuare a vivere nel vostro mondo di fantasia? Ci sono altre persone qui, non solo una tipa che devo correre dappertutto a salvare come fosse una bambina.

Dio, tornatene da Seifer e falla finita. Voi due vi meritate.

Quello che vide dopo fu un mosaico di immagini, parole e pensieri che alla fine l'avrebbero spezzata. Sua madre, suo padre, ogni volta che aveva pianto la perdita di un amico o di un parente... tutto si concentrò in un solo istante che spaccava il cuore. Momenti della vita di Squall piazzati strategicamente a minare dall'interno tutto quello che aveva sempre creduto di lui. Momenti della sua stessa vita a minare dall'interno quello che lei era, quello che aveva sempre creduto di sé.

Cercò di disperdere le immagini, di crederle una qualche specie di scherzo crudele o di allucinazione. Eppure sapeva che erano vere. Aveva sempre avuto un dono per stare sui nervi alla gente, cosa le aveva fatto credere che Squall fosse diverso?

"Hai sentito cos'è che prova veramente. Ho paura che tu non possa reggere di più la verità. Ora è tempo di trasformare il topo in mangusta, e uccidere il serpente. Tua madre ti voleva bene, era l'unica a farlo... chiudi gli occhi, non cercare di opporti a questa sensazione... semplicemente, dormi, e quando ti sveglierai, tutto sarà esattamente come avrebbe dovuto essere. La tua sofferenza avrà fine. Tu puoi cambiare questa strada, e salvare l'unica persona che ti abbia mai amata... chiudi solo gli occhi, e dormi."

Rinoa abbassò gli occhi per vedere un'ultima volta il viso di sua madre. Tutte quelle emozioni si stavano facendo troppe da sopportare... se solo sua madre quella notte non l'avesse lasciata. Forse Rinoa poteva fare una cosa nella sua vita senza sbagliare tutto... forse tutto poteva cambiare, il passato divenire presente e ricominciare di nuovo. Il dolore e la ferita che sentiva parvero venire racchiuse in una ritrovata tranquillità, in pace. Artemisia si abbassò a carezzarle i capelli con tocco materno, ricordandole una volta ancora come fosse essere amata.

Posando la testa sul petto di Julia, Rinoa avvertì il tiepido calore che il corpo di sua madre sembrava irradiare. L'anima era già andata via, ma il conforto malato di trovarsi accanto a lei ancora una volta, di vederla di nuovo con gli occhi del presente... Anche se non c'era più, erano passati più di dodici anni, e già solo avere la possibilità di essere di nuovo accanto a lei era meraviglioso.

"Ti voglio bene, mamma." Furono le ultime parole che la bambina distrutta disse prima di cedere la sua anima, e la sanità mentale che le restava, ad Artemisia.

*~*~*~*~*

Pareva una scena di una storia horror, quando il personaggio si risveglia dall'incubo dopo aver rimosso i ricordi dell'assassino. Ma questo non era un incubo... era la sua verità. L'assassino di questo libro era un'anima folle che distorceva la realtà per il suo sadico piacere. Rinoa aveva la vista annebbiata, gli occhi facevano fatica a mettere a fuoco. Il corpo era zuppo di sudore e le sue mani si aggrappavano alle lenzuola come se si stessero aggrappando alla ragione.

Avrebbe urlato se ne avesse avuta la forza.

"Rinoa, sono qui. Guardami." Il peso di lui le era quasi del tutto addosso, perché aveva cercato di impedirle di ferirsi da sola, ma lentamente Squall si spostò sul lato del letto, capendo che la ragazza si rendeva di nuovo conto di dove fosse. Allungò la mano a sfiorare le dita che serravano con forza le lenzuola. Quando si toccarono, lei ritrasse la mano all'istante, come se il contatto bruciasse al pari di un veleno. Appariva diversa... ansia, odio e sensazione di essere tradita stavano nei suoi occhi solitamente gentili.

Tu... tu non osare toccarmi!" gridò, senza preoccuparsi di chi la sentisse.

"Rinoa... ti prego, calmati. Rilassati e fai un bel respiro profondo." Edea cercò di fare un passo in avanti, ma Cid le mise una mano sulla spalla impedendole di procedere.

"È tutta colpa tua. Tu volevi che lei mi prendesse... volevi che passassi tutto questo. Non avresti fatto passare questo a una persona di cui ti importava. Non te ne frega niente di me... non frega a nessuno."

Sul suo volto non c'erano praticamente emozioni: era come se la forza vitale le fosse stata risucchiata via in venti minuti. Era tutto chiuso a chiave, nascosto nel profondo di lei; solo il dolore nei suoi occhi smentiva il vuoto di sentimenti.

Squall era immobile, senza parole. Non aveva idea di come rivolgersi a lei in quel momento: era oltre qualsiasi cosa avesse mai visto. Gli ricordava un prigioniero di guerra che fosse stato interrogato per mesi infiniti. Non aveva più nulla da dare – la voglia di vivere le era stata sottratta... ancora una volta.

Le lenzuola caddero al suolo quando lei posò i piedi al lato del letto. Era un burattino di cui qualcuno tirava i fili, ogni movimento preciso e meticoloso. Stava attenta a non guardare lui, né gli altri due nella stanza.

Il suo modo di fare fece correre a Squall un brivido lungo la schiena. Lo riportava alla Base Lunare, e per un breve istante si chiese se il suo corpo fosse controllato da qualcun altro. Si chiese se qualche entità che sfidava le leggi del tempo avesse inghiottito il suo essere. Non poteva sopportare di nuovo quella tortura.

"Oh mio Dio," sussurrò con amarezza, il cuore che galoppava disperato nel suo petto. Qualsiasi cosa avesse rivissuto doveva essere stato abbastanza da farle perdere la ragione. E se era così, quella di lui non avrebbe tardato a seguirla. "Ti prego Rinoa, guardami... dì qualcosa."

Con suo stupore, lei obbedì di buon grado alla richiesta. Le sue parole furono aspre, ma sorprendentemente prive d'intonazione. "Non sono altro che un'immatura, viziata mocciosa che ha rovinato la tua vita. Hai ragione, starei proprio meglio con Seifer."

"Rinoa, di che stai parlando?"

"Ho sentito tutto... ogni cosa che tu abbia mai pensato... forse è meglio che tu non dica mai quello che ti passa per la mente, perché adesso capisco com'è che la tua mente funziona."

"Dio, Rinoa... ti scongiuro, quello era un sacco di tempo fa. Tu eri diversa allora, noi eravamo diversi allora. Lo sai che non è quello che provo adesso."

"Stammi lontano. Le persone non cambiano, chi credo di prendere in giro?"

Lui si sporse ad afferrarla. Forse era una reazione dettata dai suoi allenamenti, o forse era il crescente bisogno di confortarla... qualsiasi cosa fosse, non funzionò. Rinoa afferrò il suo braccio con violenza, lo storse e lo allontanò da sé. Aveva gli occhi gonfi come se avesse pianto per ore. Erano passati solo venticinque minuti... Ma la sofferenza che portava dentro di sé era qualcosa di più grande che non semplici minuti, e nemmeno ore... erano anni ammassati l'uno sull'altro in un picco immenso che ora stava esplodendo come un vulcano.

Cominciò a tremare violentemente, e se non fosse stato per il fatto che stava in piedi, Squall avrebbe pensato che stava avendo un infarto. Tutto quello che poteva fare era fissarlo... uno sguardo che andava al di là del dolore. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma si fermò di scatto scuotendo soltanto la testa.

Poi si voltò... e fuggì.

Come la notte del ballo, lui rimase fermo, immobile e sconcertato: ma questo era ora moltiplicato per mille volte. Adesso non stava lì come un cadetto confuso per il suo improvviso dileguarsi, ma come un uomo che guardava qualcuno a cui voleva un bene profondo fuggire – fuggire via da lui.

"Lasciala stare." ammonì Cid. "Se la insegui, causerai solo altro dolore."

Edea non riusciva a sopportare la vista di uno dei suoi figli in preda a tanto strazio, ma cercò di rimanere forte per tutti loro. Dentro di sé, si sentiva morire tanto quanto Squall. Si sentiva responsabile, e la sua colpa non riusciva mai a mitigarsi del tutto. Doveva tentare: forse un giorno i due ragazzi avrebbero conosciuto l'altra faccia del loro legame, quella che non era menzionata nei libri. La straordinaria sensazione che le altre coppie potevano solo sognare. Tutti gli svantaggi sarebbero stati superati, e di molto, dai lati positivi, con il tempo.

Questa volta, si avvicinò al cavaliere posandogli la mano sulla spalla. "Dalle qualche giorno. In questo momento, Rinoa si sta trovando di fronte ad ogni trauma che abbia mai dovuto affrontare, moltiplicato per dieci. Per lei non è passato, ma come se tutto fosse appena successo, nel presente. Quello che hai pensato, quello che hai detto... non era un anno fa, era oggi. Tutte le morti, tutte le bugie, tutte le parole o i pensieri negativi che hai avuto per lei..."

Squall voltò la testa per guardare Edea, e quando i loro occhi s'incontrarono poté vedere la tristezza riflessa in quelli di lei. C'era passata anche lei, erano sempre le donne a soffrire di più; i loro cavalieri dovevano solo compiere le scelte giuste. Cosa che, fino ad allora, non era stata la sua specialità.

Forse le risposte non stavano in Edea, ma in Cid. "Anche a lei è successo questo?" domandò il Comandante mentre si avvicinava al preside, con l'indice puntato in un gesto d'accusa. "Ha visto sua moglie passare la stessa cosa?"

"Sì, e mi dissero di lasciarle qualche giorno per comprendere tutto ciò che aveva appena visto."

Forse era quello... in qualche punto della loro storia Cid ed Edea avevano preso una svolta sbagliata, per quanto buone potessero essere state le loro intenzioni. Squall non avrebbe lasciato che succedesse. "Col cazzo che faccio questo errore." Le sue parole colsero alla sprovvista la coppia, o come minimo fu l'impulsività nel suo ragionamento. Non disse altro, se ne andò dall'appartamento senza nemmeno sprecare tempo a chiudere la porta.

"Beh." Cid fece una piccola pausa per abbracciare la moglie. "Ce l'ha fatta."

"Lo so." Fece scivolare le braccia attorno alla schiena di suo marito, poggiandogli il capo sul petto. "Non osavo sperare in tanto."

"Pensi che sappia che questa è per loro una prova?"

"No, ma suppongo non gli interessi."

"Non ha aspettato. Non ha fatto il primo errore che ho fatto io... e questo è l'importante."

*~*~*~*~*

Non ricordava di aver mai corso così veloce in tutta la sua vita. Non era un qualche passo affrettato o una corsa rilassata, era un precipitarsi in piena regola, e né cielo né terra avrebbero potuto fermarlo. I corridoi erano quasi vuoti, ma non si aspettava che fossero frequentati a quell'ora così tarda. Poteva anche infrangere un migliaio di regole del Garden... non gliene importava.

Finalmente raggiunse la camera di Rinoa, e cominciò a bussare alla sua porta. Dapprima non era stato sicuro di dove potesse essere andata, c'erano possibilità praticamente infinite; ma se sapeva una cosa di lei, era che avrebbe sentito il bisogno di stare nel posto dove poteva trovare il maggior conforto. Dove c'erano meno ricordi di lui, una zona neutrale nella sua mente.

Quando non ebbe ancora risposta, cercò nella tasca della giacca il suo passepartout: se c'era un momento appropriato di abusare della sua autorità, immaginava fosse questo. Passò la chiave elettronica nel lettore e la porta emise un click permettendogli di entrare.

"Rinoa?"

Parlò a voce bassa, come per non spaventarla. L'unica luce era il chiaro di luna che passava attraverso la veneziana chiusa. Singhiozzi bassi e soffocati riempivano la stanza, e lui capì che stava raggomitolata sul letto. Mentre si richiudeva la porta alle spalle la chiamò una seconda volta, ma come al primo tentavo non ebbe risposta. Improvvisamente sentì che trovarsi lì era un'orribile invasione della sua privacy, ma questo non lo fermò. Rinoa stava male, e che lui fosse maledetto se l'avesse lasciata soffrire da sola. Anche se la sua stupidità era una delle cause.

Sedendosi sul letto mosse lentamente la mano verso di lei. Sussultò quando la sua reazione fu quasi alla velocità della luce: anche al buio, Rinoa riuscì ad afferrargli il polso con esatta precisione, bloccando il suo avvicinarsi.

"Non osare toccarmi."

Il cuore di Squall sprofondò di fronte al puro astio di cui le sue parole erano impregnate. In un unico fluido gesto lei lo spinse via e si girò così da dargli la schiena.

Lui prese un respiro prima di continuare. "Possiamo parlarne?"

"Oh, adesso vuoi parlare – classico."

"Non... Rinoa, dobbiamo parlare e risolvere questa cosa."

"Mi pare che tu abbia già detto abbastanza di me nel corso della tua esistenza... e ho visto la tua idea di 'parlare', grazie."

Voleva urlare. Se la cosa non avesse messo in allarme tutto il corpo degli impiegati avrebbe ceduto all'impulso.

"Ascoltami, non so che cosa tu abbia visto o sentito, e non posso negare alcune delle cose che probabilmente avrò fatto. Se vuoi che ti dica che tutto quello che hai sentito erano bugie... non posso darti questa soddisfazione. Ma è tutto quello che non sapevi che ha fatto la differenza. Quello che non hai sentito erano i mille e mille bei pensieri mescolati ai pochi negativi. O il modo in cui guardavo verso di te ogni volta che capitavamo in una battaglia... solo per assicurarmi che tu stessi bene. Non ero pronto per quello che stavo provando, e le cose più semplici da pensare, come tante volte succede, erano quelle negative. Era più semplice pensare a te come a... Rinoa, mi dispiace così tanto."

Lei non reagì dopo che ebbe finito il suo discorso, cosa che Squall prese come un buon segno. Almeno, era meglio rispetto ad essere picchiato in testa col suo portatile: quasi quasi se l'era aspettato. Abbassando lo sguardo si accorse di come gli tremavano le mani. Aveva affrontato alcune delle battaglie più titaniche che l'uomo avesse conosciuto, eppure non aveva mai avuto tanta paura in tutta la sua vita. Almeno fino a quel momento. Pensò che se avesse detto una sola parola sbagliata tutto sarebbe finito, e il pensiero aumentava ancora di più il suo terrore. Prese un profondo respiro per calmarsi prima di continuare.

"Rinoa, perché Artemisia ha pensato che era così importante insistere su quello che io ho pensato? Onestamente... credo che lo sapesse. Avrà avvertito una connessione, doveva esserci una ragione se si è concentrata solo su di me. Riflettici... non è che ci conosciamo da così tanto. Non era come sentire cose che provenivano da Zell o Irvine, no? Si è aggrappata al sentimento che avevamo e l'ha usato contro di te."

Talmente tante cose... aveva visto troppe, troppe cose. E per quanto fosse infuriata, non sapeva perché, ma non riusciva a rimanere 'veramente arrabbiata' con lui. Okay, poteva restare solo 'arrabbiata' con lui. Ma Squall era lì, a infrangere regole solo per stare con lei, e questa non era la stessa persona che aveva visto nei sogni. Magari allora avrebbe potuto crederci... va bene, sì, ci aveva creduto.

"Ero... ero così tremenda?"

"No, eri tu... e non ti avrei voluta in altro modo."

Lui si spostò verso la parte anteriore del letto e si appoggiò contro la testata. Sapendo che era un azzardo, si sporse verso di lei, posandole una mano sulla spalla. Lei tremò, anche se non faceva freddo lì dentro. La cosa più importante era che non l'aveva spinto via.

Il letto s'inclinò mentre Rinoa si voltava verso di lui. Lacrime nuove riflettevano il chiaro di luna che filtrava dalla finestra. Voleva guardarlo negli occhi. Aveva così tante domande da fare su quello che aveva sentito – quello che aveva visto. Eppure, in quel momento, non aveva voglia di parlare con nessuno, nemmeno con lui. Lo sguardo negli occhi di lui raccontava tutta la storia, o almeno quello che aveva bisogno di sentire adesso. Ci sarebbe stato tempo, più avanti, per ora aveva bisogno solo di consolazione.

Si allungò e la strinse contro il suo corpo cullandola, lei cedette, e gli posò la testa sul petto. Le sue braccia la circondarono e si sentì meglio, ma sempre addolorata.

"Sono ancora arrabbiata con te," mormorò con voce roca avvolgendogli il braccio attorno alla vita, per ricambiare l'abbraccio.

"Lo so," rispose sincero mentre la stringeva più forte. "Lo so."

*****
Nota delle traduttrici: nonostante la caratteristica della storia sia che ogni capitolo può essere letto come una oneshot a sé stante, questo e il precendete sono legati abbastanza tra loro:) Consiglio quindi a chi legge la storia come raccolta di oneshot di leggere prima il capitolo 5 e poi il 6, come se fossero un'unica storia. Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 9
*** IX. Un tempo per crollare ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo IX: Un tempo per crollare ~

28 aprile

Perché era sempre difficile essere forti? Perché non poteva diventare come una seconda natura, con pratica e disciplina? Invece, era qualcosa su cui lavorava duramente ogni giorno, sentendosi come se stesse nuotando contro corrente. Rinoa rotolò nel letto, guardando i numeri al neon sulla sua sveglia. Odiava questo, lo odiava con ogni osso del suo corpo. Ma doveva essere forte nella vita, dato che aveva affrontato cose peggiori di questo.

Forse era così difficile perché parte di lei stava iniziando a sentire un'intima dipendenza dalla presenza di lui. Sospirò, odiando la sensazione di dipendere da qualcuno, soprattutto da lui. Gli sarebbe piaciuto saperlo meno di quanto a lei piacesse ammetterlo. Cercò di convincere se stessa che c'era qualcosa d'altro, e forse era così, forse non aveva semplicemente l'abilità di distinguere tra quei sentimenti in quel momento.

Forse era per questo che doveva succedere.

Negli ultimi mesi si era persa tra gli studenti del Garden. Era diventata una di loro, senza essere 'una' di loro. Con lui via, forse poteva trovare quel pezzo che mancava; eppure, forse, lui che mancava sarebbe stato il pezzo.

Gli ultimi cinque giorni erano stati difficili, la prova più difficile tra loro fino a quel momento. Non era in ciò che lei aveva detto, quanto in ciò che aveva evitato di dire. Non aveva ancora parlato della sua esperienza quella notte da Cid ed Edea. Ad essere onesti, si era allontanata leggermente dai suoi amici... e da lui nel corso dei pochi giorni che erano seguiti.

Quella prima notte, Squall era rimasto per ore, soltanto abbracciandola, e nessuno dei due aveva detto una sola parola. Al mattino presto se ne era andato. Sapeva che se fosse rimasto più a lungo, i pettegolezzi avrebbero raggiunto il Giardino prima della lezione principale. Per come stavano le cose, comunque, si era sparso per il Garden prima di pranzo. Che pensassero quello che volevano... loro due sapevano entrambi la verità. Aveva sentito sussurri e risatine, e li aveva ignorati il più possibile. Non avrebbero mai potuto capire cosa era successo davvero, e quello per lei andava benissimo. Non erano affari loro in ogni caso.

Ovvio, se fosse stata una studentessa del Garden, e una completa estranea per la situazione, avrebbe tratto le stesse conclusioni. Quella era una delle cose che aveva imparato nel corso dell'ultimo anno: non valutare le situazioni dalle apparenze. Raramente era accurato e alla fine portava solo a problemi più grossi. Eppure, non era esattamente quello che aveva fatto, arrendendosi ad Artemisia?

Anche Squall sembrava lasciarle spazio in più, cosa che era la definizione stessa di ironia. Poteva intuire a volte che voleva chiedere qualcosa, ma poi si tratteneva. I suoi occhi portavano più emozione di quanto potesse mai rendersi conto, e lei conosceva una cosa in particolare di cui lui aveva paura. Eppure non importava; lei era ancora lì e con lui, e quindi questo sarebbero state tutte le risposte di cui aveva bisogno, per adesso. Il resto sarebbe arrivato col tempo.

Tempo. Merda. Guardò di nuovo la sua sveglia, stavolta mettendosi un cuscino sulla testa per la frustrazione. A dire il vero rifletté sul gridarci dentro, cercando di allentare un po' di tensione. Ad ogni modo, immaginò che quel gesto avrebbe solo attirato più attenzione. Ne aveva già avuta parecchia dagli studenti.

Sin da quando Rinoa era tornata a Balamb, aveva saputo che questo giorno sarebbe stato inevitabile. All'inizio non sembrava un problema così grande, ma mentre il momento si avvicinava sempre più, temeva anche di più la sua partenza. Di nuovo, cercò di pensare che la separazione non significava niente... Potevano passare otto settimane lontani a occhi chiusi... giusto? Diavolo, lo avevano fatto per diciassette anni, che cos'erano poche settimane in più?

Tre ore - mancavano tre ore alla sua partenza per Trabia. Parte di lei voleva correre alla sua stanza e implorarlo di rimanere, ma sapeva che era la parte egoista di lei a parlare. Non avrebbe mai agito sulla base di quei desideri. Quello non significava comunque che non pensasse di farlo.

Tutto questo non portava da nessuna parte. Espirando frustrata, la giovane donna inquieta si alzò a sedere nel letto. Gettò da parte la coperta, mentre si strofinava gli occhi cercando di mettere a fuoco ciò che la circondava. Sentì un forte grugnito dal fondo del letto; guardando vide Angelo che si scuoteva la pesante coperta dalla testa. La cagnetta guardò irritata la padrona, prima di posare la testa sulle zampe davanti.

"Scusami piccola, non ti ho vista."

Posando i piedi sulle mattonelle fredde, Rinoa borbottò ad alta voce per non essersi mai comprata uno scendiletto. Era un rituale quotidiano imprecare quando i piedi nudi incontravano il pavimento di ceramica, ed ogni giorno giurava che la prossima volta che sarebbe andata a Balamb avrebbe comprato un tappeto. In qualche modo l'acquisto le sfuggiva sempre, o spuntava qualcosa di più pressante. Basta. Si fece un appunto mentale: la settimana successiva sarebbe andata a comprare uno stupido tappeto.

Alzandosi, si sentì come se avesse dormito rannicchiata in una scatola. L'effetto del voltarsi e rivoltarsi si stava manifestando, e ogni muscolo sembrava aver partecipato alla maratona più lunga del mondo. Fece l'errore di guardarsi allo specchio, e avrebbe potuto giurare che la stava fissando la sorella gemella di Medusa. I suoi capelli avevano preso vita propria, e i cerchi scuri sotto gli occhi erano più pronunciati del naso di Geezard. Sarebbero state otto lunghe settimane.

Trovando finalmente forza interiore, o forse era un travolgente bisogno di una forte tazza di caffè, si trascinò nel bagno. L'acqua calda della doccia sembrò finire entro i primi due minuti, lasciandosi dietro come promemoria un qualcosa che si sarebbe potuto a malapena definire tiepido. Tipico. Dopo alcuni giri di caffeina, la giovane donna si sentì un poco più parte del mondo dei vivi. Si mise più fondotinta del solito, cercando di contrastare gli effetti causati dalla mancanza di sonno. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era che Squall capisse che non aveva dormito bene nelle ultime notti. Doveva essere forte, o almeno recitare bene la parte.

L'orizzonte ceruleo catturò la sua attenzione mentre prendeva un altro sorso di caffè. Avrebbe dovuto essere nuvoloso e piovoso, era così che andavano sempre le cose nei film. Quando un protagonista parte o è giù di morale, il tempo misteriosamente rispecchia l'umore dell'attore. Ma no, oggi solo sussurri di cirro erano sparsi nel cielo splendente. Secondo lei, le condizioni esterne non avrebbero dovuto essere da meno a un monsone.

L'immobilità dell'aria fu spezzata quando il suono di qualcuno che bussava echeggiò nella stanza. Rinoa quasi lasciò cadere la tazza, dato che il suono la spaventò, facendola sobbalzare involontariamente. Rabbrividì tra sé e sé il dolore mentre il contenuto della tazza fuoriusciva dal bordo, e il suo corpo si tese. Arrabbiata, sbatté la tazza contro la scrivania troppo velocemente, rompendo la maniglia di ceramica. Con tutta la sua volontà, cercò di non urlare mentre l'irritazione raggiungeva il limite. Senza menzionare le dita pulsanti che si strinse nella mano sinistra. Il lato positivo di quella mattinata era che solo due dita soffrivano di ustioni di primo grado. Be', per lo meno ora aveva qualcosa di diverso su cui concentrarsi oltre a Squall che partiva... sfortunatamente, era il dolore di dita scottate.

Raggiungendo infine la porta, sentì il bruciore delle dita calmarsi velocemente mentre fissava occhi azzurri.

"Squall?" Non era sicura del perché suonasse come una domanda, dato che era ovviamente lui, ma la mancanza di sonno stava avendo la meglio su di lei. Appoggiandosi allo stipite, sorrise, nascondendo le dita ferite dietro la schiena. Ora sperava solo di poter mascherare quanto stanco fosse il suo corpo, senza nominare i pensieri che le annebbiavano la mente.

"Hey."

"Hey," rispose lei dolcemente... le sue abilità di conversazione parlavano da sé, in quel momento. Sembrò esserci una pausa imbarazzata prima che lei continuasse infine, "quindi, ehm... fatto le valigie?"

"Sì, non ho tante cose."

"Penso di no..."

Le parole le sfuggirono, seguite da un altro momento di silenzio. Questa volta fu il Comandante a rompere la lunga pausa.

"Colazione?"

"Eh?"

Si schiaffeggiò mentalmente da sola sulla testa dopo quella risposta intelligente. Sai Rinoa... colazione è un sostantivo che significa il primo pasto del giorno. Cavolo, di' qualcosa prima che ti dia la definizione...

"Colazione... è cibo... cibo che si mangia al mattino. Ne vuoi un po'?" Stava cercando di essere serio, anche se il suo tono echeggiava di sarcasmo scherzoso.

"Sì!" rispose lei velocemente, quasi interrompendolo sulle ultime parole. Ora era passata dal sembrare un'imbecille al sembrare completamente disperata. "Ho bisogno di qualche minuto."

"Vuoi che aspetti qui o ci vediamo alla mensa?"

"No, rimani!" Grandioso, ora sembrava un'imbecille, una disperata e gli dava ordini come faceva con Angelo. "Voglio dire, per favore, rimani. Mi serve solo un minuto per pulire questo casino."

"Non ho dormito molto la notte scorsa."

"Nemmeno io." Grandioso, l'idea di cercare di nascondere quella cosa era appena volata fuori dalla finestra. Continuò a muoversi verso i pezzi di ceramica frantumata. Forse lui avrebbe ignorato le sue ultime parole o tutte le parole che aveva detto da quando aveva aperto la porta.

"Rinoa?"

"Sì?"

"Siamo..." Fece una pausa, insicuro sul come esprimere chiaramente i suoi pensieri, o impaurito dalla risposta che lei avrebbe potuto dare. "Siamo a posto?"

"Cosa?" Voltando velocemente la testa verso di lui, Rinoa smise di pulire la tazza distrutta.

"Voglio dire... Dio, non lo so." Si fece scorrere una mano tra i capelli, con gli occhi fissi a terra. Davvero non sapeva come dirlo, ma aveva bisogno di sapere una cosa prima di partire. Si stava lentamente mangiando i suoi pensieri, e quel poco sonno che aveva avuto era stato imbottito di colpa.

Lui non ebbe realmente bisogno di dire nulla, ovviamente lei aveva capito cosa voleva dire. In tutta onestà, fu sorpresa che fosse lui a introdurre l'argomento. Una certa parte di lui sembrava... be', quasi spaventata. Loro sarebbero stati 'a posto', questa era solo una cosa che lei doveva lasciarsi alle spalle. Riesaminando ogni aspetto della sua vita fino a quel punto, si sentiva in qualche modo... be', molto 'infantile' a volte, in mancanza di un termine migliore. Come qualcuno potesse sentirsi più anni di quelli che aveva e allo stesso tempo infantile era un paradosso, per lei.

"Rinoa, posso parlare col preside. Farò a meno di partire se preferisci così."

Forse il solo sentirlo pronunciare quelle parole era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Non gli avrebbe mai chiesto di 'fare a meno di partire', ma lui che si offriva di farlo confermava solo la sua importanza nella sua vita. Parte di lei era felice, sapendo che i suoi desideri avrebbero avuto la precedenza sul suo lavoro. Ma questa di sicuro non era una delle volte in cui l'avrebbe chiesto, se mai l'avrebbe fatto. Se fossero arrivati a quello, lui non avrebbe mai dovuto chiedere, nel suo cuore avrebbe già saputo la risposta.

"Squall, certo che vai... mi mancherai, ma starò bene." Sorridendogli si alzò, e gli mise saldamente le braccia intorno alla schiena. Per la prima volta, era lei a prendere l'iniziativa di un contatto fisico ravvicinato. Prima era sempre stato lui a guidare qualsiasi cosa che fosse remotamente intima. Forse era buona cosa che lei si sentisse abbastanza a suo agio, senza la paura che lui si ritraesse.

Le loro labbra si toccarono dolcemente alcune volte, prima di incontrarsi con più sicurezza. Lui esitò un momento, non per la sensazione, ma solo per quanto stava iniziando a piacergli questa sensazione una volta estranea. Muovendo le mani, fece scorrere le dita tra i capelli di lei arrivando alla nuca. Sembrava solo che non potesse averla abbastanza vicina mentre si stringeva più vicino al suo corpo. Prima che lui se ne rendesse conto, lei era contro il muro, usandolo per qualsiasi supporto potesse offrire.

Fu allora che lo colpì la consapevolezza di come, per alcuni minuti, non poteva fare niente dato che era completamente perso, come intossicato da lei. Lo spaventava. Aveva sempre mantenuto il controllo, e ora si sentiva come se stesse perdendo quell'abilità, almeno in un aspetto della sua vita. Fu lui a interrompere il momento, ritraendosi solo un poco. Gli occhi di lei contenevano un miscuglio di tristezza e preoccupazione.

"Squall?" Il suo tono era dolce, e si stava chiedendo se avesse fatto un errore.

Lui rimane in silenzio, ancora cercando i suoi occhi, prima di ammettere, "mi mancherai anche tu."

Il sorriso di lei tornò mentre il suo giovane cavaliere faceva scorrere la mano tra i suoi capelli, memorizzando la loro struttura, la sensazione di seta che gli danzava sulle punte delle dita.

"Vuoi parlare?"

"No," rispose lei dolcemente, "non ancora. Per favore non pensare che sia per colpa tua, onestamente è per colpa mia."

"Non importa di chi è, fa male comunque." Lui si fermò, chiedendosi se dovesse approfondire, ma lei non aveva bisogno di sentire ciò che sapeva già. "Per favore, chiamami quando vuoi, giorno o notte."

Mordendosi il labbro inferiore, lei annuì a segnalare che aveva capito, senza dire un'altra parola sull'argomento.

Alla fine lui tolse la mano dai suoi capelli, sistemandone una ciocca consistente fermamente dietro l'orecchio. "Adesso, Rinoa, vuoi andare a fare colazione?"

"Sì." La sua voce era poco più che un sussurro.

Lei iniziò ad allontanarsi, ma notò che lui era rimasto piantato nello stesso punto. La mano che non le aveva lisciato i capelli le teneva la sua, le dita che si impossessavano dei pochi preziosi momenti che avevano da condividere. Proprio mentre stava per aprire la bocca per chiedere cosa non andasse, lui attirò gentilmente il suo corpo verso il proprio. Allungandosi, le diede un dolce bacio sulle labbra. Non era appassionato come il primo, ma la sensazione toglieva comunque il respiro; il dolore delle bruciature era stato del tutto dimenticato in momenti così perfetti.

*~*~*~*~*

Posando nuovamente la testa sul cuscino, guardò le onde che si infrangevano sul lato della nave col portellone. Il modo in cui le punte bianche facevano schiuma, lasciando piccoli mulinelli nella loro scia. Non poteva evitare di ricordare il profumo dell'aria salata al loro primo appuntamento a Balamb. Il modo in cui gli aveva riempito i sensi insieme a tutto ciò che era lei - il suo shampoo alla fragola, la sua lozione alla gardenia, e il minuscolo indizio di vaniglia nel suo profumo.

Sospirò per l'irritazione; non riusciva a credere a ciò che stava diventando. A un certo punto, aveva pensato che tutti i SeeD maschi le cui ragazze li lasciavano partire tra addii pieni di lacrime sembravano deboli nei loro compiti. In che mondo perverso e malato due persone con quel tipo di vita avrebbero trovato felicità tra la carneficina? Era una debolezza, un'infatuazione adolescenziale che li distoglieva da ciò per cui erano veramente lì, il loro scopo nella vita, il loro scopo come SeeD.

Ora era cambiato tutto, anche qualcosa di elementare come il suo 'scopo nella vita'. La SeeD non era più il suo dovere più prezioso; strano come le cose possano cambiare in un solo anno. Almeno non doveva far soffrire chi lo circondava con un addio pieno di lacrime; il loro, al contrario, era stato celebrato in privato, in un meraviglioso silenzio. Non poteva pensare a nulla di più adatto, e meno doloroso, per chiunque, incluso lui stesso.

Chiuse gli occhi mentre ricordava la sensazione della sua pelle liscia, e il modo in cui le aveva asciugato le lacrime che lei cercava disperatamente di non versare. Sì, normalmente avrebbe considerato un difetto il piangere, ma poco prima, in quel momento, stava cercando di impedire che le sue lacrime si formassero nei suoi occhi. Lei gli aveva sorriso, annuendo e basta. In cambio, tutto ciò che aveva potuto fare lui era annuire a sua volta. Se fosse riuscito a costringersi a sorridere... allora l'avrebbe fatto. Ma non sembrava naturale, quindi aveva semplicemente fissato lo sguardo su di lei. Aveva memorizzato ogni bellissimo lineamento, e ogni difetto, ma ciò che vedeva tra la bellezza e i difetti era solo perfezione.

Il dondolio della nave gli aveva ricordato il conforto che aveva sentito quando l'aveva presa tra le braccia; come l'aveva tenuta stretta solo fino a pochi minuti prima di partire. Aprì gli occhi bruscamente, mentre cercava di convincersi che era solo per due mesi - otto, brevi settimane. Non era come quando le aveva detto addio alla Dimora della Strega. Quello era sembrato per sempre, e non voleva sentirsi mai più in quel modo.

Guardò alcuni gabbiani giocare a quello che sembrava un gioco d'inseguimento aereo, prima di ripensare agli ultimi secondi passati con lei quel giorno. Dopo essersi separati, le loro labbra si erano incontrate ancora una volta, e poi aveva lasciato la sua stanza. Non si era guardato indietro. Aveva voluto, ma non l'aveva fatto. Come avrebbe potuto? La prima volta che si era guardato indietro, erano già al molo del Porto di Balamb, e il Garden non era nulla più che una macchia distante.

Ed eccolo ora, seduto otto ore dopo, a sentire l'unione di ogni onda con il movimento in avanti dell'imbarcazione. Cercò di trovare la bellezza nel tramonto del crepuscolo, ma mentre si avvicinavano a Trabia incontrarono cieli coperti e una leggera spruzzata di neve. Guardando l'orologio, sperò che le ore passassero velocemente, una volta che avesse potuto andare da qualche parte e fare qualcosa - be', sarebbe stato meglio che star seduto da solo a non fare niente.

"Yo, Squall."

Poteva rimangiarsi l'ultima frase? Niente da solo sembrava migliore, al momento.

"Sì." Non guardò l'uomo che si sedeva accanto a lui; il Comandante sperò solo che forse l'esperto di arti marziali avrebbe portato altrove il suo entusiasmo... tipo fuori bordo. Squall colse il suo errore; anche se aveva pensato le parole, non le aveva intese davvero. Erano pensieri come quelli che lo aveva messo nei guai, come prima cosa. Zell era lì solo per cercare di essergli amico, e non importava quanto Squall lo avesse ignorato; il suo compagno di squadra non perdeva mai le speranza, e non prendeva mai le azioni sul serio. Un po' come faceva Rinoa... Squall ridacchiò tra sé, chiedendosi come avrebbero preso i due il fatto di essere paragonati.

Il Comandante sospirò, decidendo di provare ad essere un po' meno... be', Squall. Il suo tono si addolcì mentre si voltava verso il suo compagno. "Sì, Zell?"

"Hey, il capitano dice che dovremmo raggiungere il porto di Trabia in meno di un'ora. Sono un po' nervoso nell'andare là... voglio dire, eravamo là l'ultima volta, proprio dopo tutto quello... ma stavolta... la realtà avrà preso il sopravvento. Ho parlato con Selphie, e ha detto..." L'esperto di arti marziali si fermò, rendendosi conto che Squall non aveva tagliato corto come avrebbe fatto di solito. Anzi, il Comandante sembrava ascoltare davvero. "Ehm... sì ok, comunque Trabia, Selphie ha detto..." Questo cominciava a confonderlo. Doveva chiederlo e basta. "Squall, ma mi stai ascoltando?"

"Sì."

"Sì, ho visto... c'è qualcosa che non va?" Zell desiderò averci pensato su un po' di più, sentendosi all'improvviso un po' in imbarazzo. "Non volevo dire quello che m'è uscito. Sono solo sorpreso, ecco tutto. Uhm... non importa, in realtà sono venuto qui per darti una cosa. Selphie me le ha date stamattina, perché non riusciva a trovarti. Pensava che potessero piacerti."

L'esperto di arti marziali estrasse una busta dalla tasca della giacca. Un momento di confusione passò sull'espressione solitamente impenetrabile del Comandante. Accettò la busta, chiedendosi cosa mai potesse avere Selphie per lui. Aprendo il pacchetto, trovò svariate fotografie lucide.

Era notevole; non aveva mai avuto fotografie di lei. Non che non ne volesse, semplicemente non aveva mai pensato di chiedergliele, o di prendere l'iniziativa di scattarne una lui. Sarebbe sembrato... fuori luogo. C'erano svariati scatti della festa di compleanno di Zell di tutto il gruppo, alcune di lei, e alcune di loro due e basta. Quelle spiccavano particolarmente, ai suoi occhi. Non aveva mai visto loro due insieme; era una sensazione piuttosto travolgente... eppure una con cui sembrava essere stranamente a proprio agio.

L'ultima fotografia era Rinoa seduta sulle sue ginocchia, la testa che riposava sulla sua spalla. Non ricordava nemmeno che Selphie avesse scattato quella fotografia. Quella notte si era sentito intrappolato quasi tra due se stesso - parte di lui si preoccupava di come le loro azioni venissero percepite dagli altri, mentre l'altra parte voleva rimanere così per sempre. Non si era accorto di quanto a lungo avesse fissato la fotografia, fino a quando una voce accanto a lui fece un commento.

"Sì, anche a me piace quella, più di tutte."

Il biondo si chiese se avrebbe fatto meglio a non commentare la fotografia, ma gli piaceva davvero. A volte si trovava a stare troppo attento a quel che diceva con il Comandante nei paraggi. Zell era una persona che parlava dal cuore, ed era una cosa difficile da cambiare a volte. Quindi invece di alzarsi e andarsene semplicemente, come avrebbe fatto solo poco tempo prima, aggiunse un'ultima cosa. "Squall, se hai bisogno di parlare con qualcuno, so che non sono lei o cose così... ma ci sono se hai bisogno di qualcuno."

"Grazie," rispose Squall, e lo intendeva davvero.

*~*~*~*~*

Si girava e rigirava; era mai possibile essere così stanchi eppure ancora svegli? A quale punto sarebbe semplicemente svenuta per la stanchezza? Se non fosse stata così esausta avrebbe buttato la sveglia lontano nella stanza, ma era inutile, dato che avrebbe dovuto comprare un'altra sveglia... Be', allora forse si sarebbe ricordata di comprare un tappeto al negozio.

La luce della luna pioveva dentro dalle tende aperte, illuminando l'intera stanza con uno splendore bluastro. Si voltò di nuovo sulla schiena, guardando il soffitto. Il soffitto sembrava avere migliaia di puntini stampati su ogni piastrella. Se lo fissava abbastanza a lungo, l'immagine sarebbe diventata tridimensionale, e sembrava quasi che fossero corpi celestiali che macchiavano l'orizzonte dello spazio. Grandioso, ora allucinava quasi di essere nello spazio, e questo non era mai un buon segno.

Dal comodino, il telefono squillò, interrompendo il suo viaggio nell'universo tridimensionale del soffitto. Allungandosi, Rinoa si sistemò i lunghi capelli dietro le spalle, prima di afferrare la cornetta. Parte di lei iniziò a immaginare il peggio, data l'ora della telefonata, e la cosa si rifletté nella sua voce.

"Pronto?"

"Ciao."

"Squall, è tutto a posto?"

"Sì, scusa, non avrei dovuto chiamare."

"No, no, no... per favore." Fece un respiro profondo, calmandosi. "Sono felice che tu l'abbia fatto. Ero solo coricata, non riuscivo a dormire." Decise di non rivelare i dettagli del suo psichedelico esame delle piastrelle del soffitto.

"Nemmeno io."

"Davvero?"

"È così sorprendente?"

"Un po'..." Le parole le mancarono mentre si allungava oltre la sveglia, afferrando un oggetto posizionato con attenzione sull'altro lato. Poco prima quella sera aveva memorizzato ogni dettaglio, fino a quando la colpa l'aveva costretta a riporlo. Ora fissava di nuovo la fotografia di loro due insieme; Selphie le aveva dato le sue copie quel pomeriggio. Con un dito, tracciò la linea della sua mandibola sulla fotografia, sorridendo a quanto felici sembrassero quella notte. Anche se lui avrebbe rifiutato di ammettere che 'felice' esisteva nel suo vocabolario.

Rinoa poteva sentirlo respirare all'altro capo; entrambi rimasero in silenzio per un momento. Si chiese se anche lui poteva sentirla respirare; doveva... dato che sembrava diventare più alto ad ogni secondo che passava. Doveva spezzare il silenzio prima che le sue emozioni diventassero troppo da sopportare.

"Come... come vanno le cose lì?"

"È un casino. Io - io non so proprio come facciano."

"Lo fanno perché devono."

"Sembrano tutti così allegri, anche date le circostanze."

"È una forma di chiusura... continuare dal passato." Si fermò; le sue stesse parole riecheggiavano quelle che voleva dire, ma in qualche modo non aveva trovato il momento giusto. Ma lì, nell'immobilità, era più facile affrontare qualcuno dei suoi demoni. Forse lui era a migliaia di chilometri di distanza, ma in qualche modo sembrava che fosse proprio accanto a lei. Lo guardò negli occhi, quelli stampati su carta. "Squall?"

"?"

Prima che potesse fermarsi, le parole sembrarono fluire dritte dal suo cuore. "Quella notte ho - ho visto mia madre... e l'ho vista morire - di nuovo."

Si fermò, scioccata dalla sua stessa ammissione. Forse aveva bisogno di dirlo ad alta voce, così che entrambi potessero andare avanti. Guardò un'altra volta la fotografia, trovando una certa pace nei lineamenti di lui.

"Ho visto i suoi ultimi respiri, e ho visto il suo sangue che smetteva di scorrere con i miei stessi occhi. Caraway se ne è semplicemente andato, di nuovo, lasciandomi con degli estranei. Mi ha... semplicemente lasciata lì... avevo solo cinque anni. Poi ho sentito te, e le cose che pensavi di me... come ero sempre tra i piedi, come ero irritante. Ma sai cosa capisco, adesso? Avevi ragione. Forse la cosa più difficile da affrontare per me non è come ti sei comportato tu, ma come mi sono comportata io, e-"

Lui sapeva dove stava andando a parare. Stava per dare la colpa a se stessa, e lui rifiutava di stare lì seduto indolente e permetterle di giocare con i suoi pensieri. La interruppe, non con rabbia, ma parlando comunque con forza.

"Rinoa, forse sei stata irritante, forse a volte sei stata infantile... ma non smettere mai di essere te stessa. Ora come ora, darei qualunque cosa per essere irritato da te. La tua integrità è rara in questo mondo - i momenti infantili, i momenti maturi, i momenti in cui siamo noi e basta... è stato l'equilibrio delle qualità ad affascinarmi, è tutto quello che sei tu, Rinoa Heartilly."

Sì fermò, cercando di assorbire le parole che aveva appena pronunciato. Parte di lui non era sicura di cosa avesse appena detto, data l'ora della notte e le emozioni che gli annebbiavano la ragione. Ma sapeva per certo una cosa - tutto quello che aveva detto erano fatti. Non come le mezze verità che Artemisia le aveva permesso di vedere. Desiderava solo che lei avesse sentito le altre cose che gli attraversavano la mente in quei giorni lontani... poi si rese conto velocemente che 'quei' pensieri potevano essere altrettanto imbarazzanti.

"Rinoa, se mi dici cosa hai sentito, o visto, te lo spiego... per favore. Fidati di me, non è come pensi. Niente-"

Questa volta toccò a lei interromperlo. "Squall, lo so. È questo il fatto - lo so. Penso che il problema fosse credere in me stessa. Ma adesso lo faccio, e credo in noi. Squall Leonhart, non importa cosa ho visto, mi fido di te con tutto il cuore."

"Grazie." Le parole gli si spezzarono in gola, e Rinoa non aveva mai sentito tanta insicurezza nella sua voce.

"Squall, io..." iniziò, e si fermò velocemente.

Perché? Perché diavolo non poteva semplicemente dire io ti amo? Tre piccole parole che sapeva essere vere, ma che non riusciva ancora ad ammettere con lui. Era perché erano al telefono, perché non poteva davvero guardarlo negli occhi? Era perché non l'aveva mai detto a nessun altro prima, ad eccezione dei parenti di sangue? Forse lo aveva detto ai suoi amici per scherzo, o per caso nel parlare. Non aveva detto a un altro essere umano che lo amava in oltre tredici anni, e mai per questo tipo di amore. Quello che sentiva per lui quel giorno, il giorno dopo, per sempre.

Quindi, invece, tutto quello che riuscì a mettere insieme fu, "Squall, mi manchi davvero, davvero tanto." Sì, forse aggiungere il secondo 'davvero' avrebbe reso chiaro il concetto. Sì maledì tra sé e sé un'altra volta; sembrava che più diventavano intimi, più lei si trovava la lingua legata.

Con sua sorpresa, lui non rise, né fece commenti inopportuni. "Rinoa, mi manchi anche tu." La sua voce era così tenera, eppure rassicurante, mai esitante nella risposta.

"Addio," aggiunse lei, dolcemente.

"No, mai addio. Buonanotte per adesso, ci sentiamo presto.."

"Buonanotte."

Fu la sua voce questa volta a rompersi per l'emozione. Riattaccò la cornetta e rimise la fotografia accanto alla sua sveglia. Sorrise guardando la sua immagine mentre posava la testa sul cuscino. "Ti amo, Squall," aggiunse, perché solo la fotografia e il suo cane la sentissero. Ma non importava, lo aveva detto, e sapeva che era vero. Cosa più importante, sapeva che lui la amava, anche se ci sarebbe voluto un po' di tempo prima che lui riuscisse a dire quelle parole.

Chiuse gli occhi, e per la prima volta in cinque notti, dormì pacificamente.

*****
Nota delle traduttrici: grazie a Little_Rinoa che me li ha segnalati, nei capitoli 4 e 7 sono stati levati un po' di imbarazzanti errori di battitura XD Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 10
*** X. Tempo di Guarire ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo X. Tempo di Guarire ~

14 maggio

I rebbi di metallo mandarono uno stridio acuto urtando contro la superficie. Lei sospirò, mentre spostava con la forchetta da una parte all'altra del piatto il suo contenuto. Ma perché cavolo aveva deciso di ordinare un'insalata? Aveva bisogno di qualche genere di 'cibo confortante', e l'aspetto desolato della lattuga non faceva molto per risollevarle lo spirito. Giocherellando in automatico, riuscì a infilare l'anellino circolare di un'oliva nera in uno dei rebbi della forchetta, e poi restò a guardare in trance come scivolava giù verso la base dello strumento metallico.

Squall odiava le olive nere.

Okay, non era la più grande rivelazione del mondo, ma chissà come in quel momento qualsiasi pensiero sembrava ricondurre a lui. Sì, persino la semplicità dell'ortaggio sferico le inondava la mente di ricordi, la maggior parte dei quali consisteva nell'aver assistito a quali faticosi estremi il ragazzo si spingesse per nascondere che non gli piacevano le verdure.

Rinoa scommetteva che nessuno dei suoi amici sapesse a cosa arrivava soltanto per evitare di mangiare certi ingredienti. Era tutta questione di rapidità di mano e anni di allenamento se il suo 'segreto' era rimasto ignoto ai più. Ridacchiò piano mentre un accenno di sorriso non poteva fare a meno di sfuggirle dalle labbra.

L'aveva beccato solo di recente che nascondeva delle carotine nella stagnola delle patate al forno; e dopo di quello, si era accorta che passava le verdure indesiderate ad Angelo... Purtroppo, anche se il Comandante non lo sapeva, pure il cane condivideva la sua avversione ai piselli, e li riponeva al sicuro nelle scarpe da tennis di Rinoa.

"Terra chiama Rinoa." La giovane strega sobbalzò appena quando una mano le venne sventolata rapidamente davanti al viso.

"Scusa Selphie, ti sto ascoltando."

"Davvero?"

"Certo, mi ero solo distratta un secondo... vai avanti... stavi parlando dell'organizzazione per la festa dei diplomati, no?"

"Sì... cinque minuti fa. Rin, sul serio, non c'è problema, possiamo andarcene a casa se non ti va di stare fuori città stasera." Selphie offrì all'amica uno sguardo di comprensione.

"No, davvero, non voglio rientrare. Ho solo bisogno di stare per un po' lontana dal Garden... mi spiace di non essere di grande compagnia."

"Tu sei sempre una buona compagnia, anche se i tuoi pensieri continuano a vagare su verso Trabia... o dovrei dire verso qualcuno in particolare a Trabia."

"Come hai fatto a capirlo?"

"Credimi Rinoa, non sei la migliore a nascondere le tue emozioni."

Sospirò, infilzando una rapa rossa con la forchetta. "No, in quello non sono mai stata brava. E quindi quando voglio dire qualcosa di importante, in genere viene fuori che suona immaturo o stupido."

"Non è stupido se ti viene dal cuore."

"Grazie, Selphie."

Dopo aver mischiato di nuovo il contenuto del suo piatto, Rinoa finalmente capitolò, posando la forchetta in segno di resa. Con una mano sulla fronte, guardò la sua compagna di cena cercando di immaginarsi la maniera più velata di domandare quella cosa. La perseguitava da un po', sin da quella sera dalla Madre e Cid. Squall aveva accennato più di una volta a quello che lei aveva visto, cercando di sapere a quali eventi Artemisia l'avesse fatta assistere. Eppure, in qualche modo, nemmeno la mattina prima che lui partisse aveva trovato il coraggio di chiederglielo.

"Selphie." Rinoa si ritrovò quasi a trattenere il fiato mentre la domanda le sfuggiva dalle labbra. "Sai se Squall ha mai avuto una ragazza?"

"Una ragazza? Squall?" La ragazza bruna non poté nascondere il tono incredulo nella voce. "Il nostro Squall?" Selphie si interruppe un attimo, e si accorse che la sua amica era seria -non che avrebbe potuto scherzare su un argomento del genere. Era evidente che era qualcosa che preoccupava la giovane strega. Selphie desiderò di poter dare una risposta chiara. "Sinceramente, Rinoa, ne dubito. Voglio dire... non che io sia proprio la persona giusta a cui chiedere. Mi ero trasferita qui giusto da poco prima che voi due vi conosceste, e non ero al corrente degli ultimi pettegolezzi. Ma non ho mai sentito nessuna voce su nessuna ragazza tranne te... c'è un motivo per cui me lo stai chiedendo?"

"È una storia lunga." Rinoa chiuse gli occhi, quasi imbarazzata per aver fatto sul serio quella domanda. "Ma davvero, non importa se l'ha avuta. Mi chiedevo solo perché non ne abbia mai accennato, o perché si è comportato come se io fossi la prima che abbia mai baciato."

"Magari lo sei, e stai solo facendo vagare l'immaginazione. Stiamo parlando di Squall dopotutto."

Le sarebbe piaciuto che fosse così. Sfortunatamente, era una delle immagini incise nella sua mente da Artemisia: e persino la Madre conveniva che la strega del futuro non aveva la facoltà di alterare gli eventi della realtà, solo di alterare il modo in cui questi venivano percepiti. Onestamente, a Rinoa non importava se quelle immagini erano vere; si chiedeva soltanto perché Squall non ne avesse mai fatto cenno con lei. Forse i ricordi erano troppo dolorosi, o forse voleva solo dimenticare, non le importava in nessuno dei due casi. Era solo il silenzio a darle fastidio.

"Probabilmente hai ragione, Selphie," concordò, desiderando solo di lasciar cadere del tutto l'argomento. Mentre prendeva un sorso del suo tè freddo, una cosa che Selphie aveva detto le balenò alla mente. Il suo tono virò al curioso mentre le chiedeva, mezzo scherzando, "Hai detto 'nessuna voce che non riguardasse me'? Allora mi stai dicendo che hai sentito cose su di me... e Squall?"

"Uhm... posso dire di no?"

"Puoi, ma te lo tirerò fuori lo stesso. Ho i miei metodi, lo sai."

"Che paura." Selphie alzò gli occhi al cielo di fronte alle minacce dell'amica.

Rinoa fece un sorriso furbo mentre articolava cinque parole, "piume di chocobo e Irvine."

"Oh Dio! Come lo sai?"

"Beh, sai che non sono l'unica ad ascoltare i pettegolezzi... e poi è venuto da me quando non trovava la dottoressa Kadowaki chiedendomi se sapevo come mandar via un'eruzione cutanea. A quanto pare, è parecchio allergico alle piume."

*~*~*~*~*

Il disturbo della radio si fece più forte, coprendo del tutto la musica in sottofondo. L'esperto di arti marziali si alzò dal pavimento, mugugnando qualcosa sul fatto che erano intrappolati in una 'zona morta' per la radio. L'unica stazione che pareva ricevessero chiaramente ripeteva di continuo le condizioni dello sci a Trabia, che erano piuttosto buone grazie ad uno strato di neve fresca.

"Ehi Squall, vuoi imparare a sciare?"

"No." La risposta fu breve e diritta al punto.

"Perché no? È l'occasione perfetta per imparare. Non è che la temperatura a Balamb scenda mai sotto zero, e così poi possiamo far colpo sulle ragazze qualche giorno con le nostre spettacolari abilità."

Il Comandante alzò la testa dalle mappe che aveva di fronte, e sollevò un sopracciglio ripetendo, "Spettacolari abilità?"

"Beh, dai, hai capito, oltre a quelle cose che ci vengono naturali. Voglio dire, è come quando ho iniziato a imparare ad andare sul T-Board, c'è voluto un po' per diventare esperto, ma ora posso impressionare praticamente chiunque con la mia bravura pazzesca. Pensaci, potremmo metterci tutti insieme e affittare una baita lassù nel cuore delle montagne. Di giorno dominiamo le discese, e la sera ci beviamo cioccolata calda davanti al camino scoppiettante."

Persino il Comandante doveva ammettere che l'idea di starsene accoccolato con Rinoa davanti ad un fuoco era attraente... ma il pensiero di avere appresso il resto della gang chissà perché ma interferiva con la pacifica immagine. In un certo qual modo, il pensiero di Irvine e Zell che ingaggiavano una battaglia a palle di neve dentro casa sembrava più realistico di quanto non lo fosse il termine 'pacifico'. Se in quella baita ci doveva stare qualcuno, quelli sarebbero stati lui, Rinoa, e il caminetto.

"È ancora un no, Zell... e hai appena detto bravura pazzesca?"

"Aaaah Squall... sei qui da due settimane e hai perso tutto il senso dell'avventura. Non voglio pensare a come sarai dopo due mesi senza Rinoa."

Il cavaliere si passò una mano fra i capelli, trasalendo dentro di sé al sentire quel nome pronunciato ad alta voce. Non era una cosa che avrebbe dovuto infastidirlo. Solo che, in un certo senso, non era pronto ad ammettere fino a che punto lei gli mancasse. E Dio, se gli mancava Rinoa. Ma non era questo il punto: si trattava di lavoro, e non di una vacanza per imparare a sciare. Stavano ricostruendo qualcosa che non sarebbe mai dovuto crollare, e i suoi pensieri egoistici non sarebbero serviti a combinare niente.

I residenti del Garden di Trabia avevano bisogno di un po' di stacco, così il personale amministrativo se n'era andato per fare qualche attività organizzata. Tutti gli studenti dovevano vivere con il senso di colpa e i ricordi per il resto della loro vita: qualche breve ora di distrazione costituiva a volte l'unica loro salvezza dalla realtà.

Ancora una volta i pensieri del ragazzo vagarono verso il come-sarebbe-potuto-essere -se solo fosse fuggito prima dalla Prigione del Deserto. C'erano mille strade che avrebbe potuto prendere...

Squall fermò mentalmente se stesso prima di ritrarsi in quel mondo buio che ancora abitava la sua mente. Questo non avrebbe aiutato nessuno, come non aiutava imparare a sciare. L'unica cosa in suo potere era concentrare tutti i suoi sforzi nel progetto della ricostruzione, lasciando privata la sua vita privata per la durata della sua permanenza.

"Zell, non so come sarò tra due mesi. Spero solo che allora Trabia sarà un po' più vicina ad essere completata, e che sarò stato parte della cosa."

L'esperto di arti marziali non rispose all'affermazione di Squall. Zell capiva che il suo amico stava più o meno rivivendo una vecchia lotta che infuriava dentro di lui. Una parte del Comandante voleva comunicare i propri sentimenti, e un'altra voleva nascondersi dietro le antiche barriere.

Alla fine, Zell era convinto che il suo amico semplicemente non sapesse come comportarsi con i sentimenti che si stavano svegliando dentro al suo cuore. In silenzio, desiderò che Rinoa fosse stata lì, se non altro per impedire che Squall si ritirasse del tutto in quel suo mondo interiore. Eppure sapeva che il Comandante ci stava provando, ed era questa la differenza che lo allontanava dal suo vecchio modo di essere.

*~*~*~*~*

Rovistava nella borsetta, cercando disperatamente di trovare la chiave della sua stanza al dormitorio. Imprecando sottovoce, Rinoa alla fine mollò la busta della spesa e, frustrata, la lasciò cadere a terra. Frugò il contenuto del portafogli finché non trovò la tessera, e la passò irritata nel lettore. Il suo primo tentativo ottenne solo una luce intermittente rossa, che significava che aveva inserito la tessera in modo sbagliato. Sentì che ora come ora la tecnologia si stava prendendo gioco di lei. Ripeté il gesto una seconda volta, più lentamente, cosicché stavolta la macchina lo registrasse correttamente. Appena sentì il meccanismo di chiusura che scattava spinse la maniglia, maledicendo ancora sottovoce la sua esistenza. Mentre tornava indietro per riprendere la borsa della spesa, fu colta alla sprovvista quando un'allieva le si parò direttamente davanti.

Si portò una mano al petto, sentendo il battito del cuore che martellava in tutto il suo corpo. Sembrava che qualsiasi cosa riuscisse ad agitarla, e il suo livello di stress si stava moltiplicando come Moguri impazziti da che lui era partito, sedici giorni prima. Sorrise, cercando di riguadagnare una certa facciata di normalità... cosa che in quel momento si stava sbriciolando di minuto in minuto.

"Posso aiutarti?" Le parole furono le più educate possibili visto il suo livello di frustrazione.

La giovane studentessa si piegò a raccogliere la busta che ancora giaceva sul pavimento, e sorrise educatamente a Rinoa, inclinando un po' la testa da un lato.

"Mi chiedevo solamente se tu sapessi quando esattamente Squall dovrebbe tornare?"

Okay, non avrebbe dovuto suonare come una domanda; era ovvio di 'chi' la ragazza avesse appena chiesto, e che lui, essendo un Comandante, era necessario per la gente. Ma perché la 'gente' sembrava essere per lo più di genere femminile? Perché quella tipa non poteva trovarsi qualcun altro a cui chiedere? E doveva proprio chiamarlo per nome?

"Sì, sai, il Comandante."

Okay, Rinoa non poteva dire se fosse stupidità o sarcasmo, ma decisamente c'era qualcosa nel tono della ragazza. È il 'Comandante Leonhart' per te... piccola... ribatté la sua voce interiore. Ma al di fuori, cercò di restare professionale.

"Scusami, non ho capito il tuo nome."

"Oh, è perché non me l'hai chiesto."

Rinoa strinse i denti. Gli dei si stavano facendo delle grasse risate, o no?

"E ti chiami..."

"Weiila, sono una studentessa del Garden."

Fantastico, ha proprio una passione per le ovvietà. Prendendo un bel respiro, e fingendo un sorriso, Rinoa finalmente rispose, "beh, il Comandante proseguirà il suo impegno per altre cinque settimane. Sono sicura che se è un'emergenza, qualcun altro più che competente dello staff del Garden potrà assisterti." Meraviglioso... adesso suonava come un depliant di reclutamento della SeeD.

"No," rispose infine l'allieva, porgendo la busta della spesa a Rinoa, "non importa... è una cosa personale. Sai se controlla regolarmente la casella e-mail?"

"Suppongo di sì," riuscì ad articolare tra i respiri. Personale un-- Rinoa frenò il commento, dandosi uno schiaffo da sola dentro di sé. Quella ragazza non aveva fatto nulla di male, beh, a parte chiamarlo 'Squall' e dire che era una 'cosa personale', ma era qualcosa che bisognava aspettarsi dato il suo rango. Rinoa non era mai stata un tipo geloso. Ok, magari era perché non era mai stata innamorata... fino ad ora. Ed esattamente di cosa doveva essere gelosa in questo momento? Una ragazza giovane e carina, in gonna corta - facciamo pure una gonna molto corta - e decisamente troppe vocali nel nome, che chiedeva del suo ragazzo. Era un genere di cose che a lui accadevano tutti i giorni.

Tutti i giorni? Bene, quell'uscita non aiutava il disagio che già circondava quel momento. Aveva davvero bisogno di parlare con qualcuno... qualcuno che le dicesse che si stava solo preoccupando troppo. Era proprio questo ciò che Artemisia voleva, e Rinoa stava ricominciando a sentire di nuovo la stessa diffidenza. Forse se avesse potuto confidarsi con qualcuno, qualcuno che non era Squall... Se fosse stata più forte, si sarebbe confrontata su tutto con lui settimane prima. Forse se lui fosse stato lì... adesso. Ma era lontano migliaia di chilometri, e il telefono non era personale come guardarlo negli occhi.

"Scusami," tagliò corto Rinoa, scaraventando la busta di plastica dentro la sua camera. "Mi sono appena ricordata che ho un impegno."

*~*~*~*~*

Passò in fretta i corridoi, e prese un ascensore per il piano dei senior dello staff: era dove alloggiavano quasi tutti gli istruttori, a differenza della sua sezione, che comprendeva per la maggior parte stipendiati non SeeD. Non sapeva bene cosa la stesse portando lassù, ma una parte di lei aveva sempre saputo che questo era inevitabile. Anche se probabilmente quello non era il giorno migliore, era tutto ciò che aveva in quel momento. Forse, nonostante tutte le volte che aveva detto a Squall di aver accettato le immagini del passato, parte del suo cuore ospitava ancora dei dubbi. Con l'assenza di lui, aveva preso a mettere in discussione tutto; non la loro relazione in sé, ma il ruolo che vi giocava lei.

Mentre bussava piano alla porta, da una parte avrebbe desiderato che l'istruttrice non rispondesse. Non voleva certo spiattellare tutti i dettagli della relazione sua e di Squall, ma c'erano alcune cose su cui aveva bisogno di rassicurazione. Forse l'unica persona con cui poteva parlare... era quella che aveva studiato il suo comportamento più a lungo. Contro le sue proteste interiori di poco prima, la porta si aprì, e l'istruttrice sorrise, spostandosi le lunghe ciocche di capelli dietro la spalla.

"Ehi Rin, che sorpresa vederti."

"Quistis, hai un minuto?"

"Ma certo, ogni pausa da questi fogli di tesi è benvenuta. Ci sono solo migliaia di modi diversi per mettere in parole la storia dei GF nella nostra società, prima che io senta il bisogno di sacrificarli tutti al Megaflare di Bahamut."

"È così tremendo, eh?"

"Peggio. Dai, vieni, ti va qualcosa?" Quistis fece un passo indietro per lasciar entrare Rinoa. "Ho una caraffa di caffè appena fatto, oppure potrei fare un po' di tè alle erbe."

"No, davvero, a posto così, non mi trattengo per molto." Guardando la professoressa negli occhi, la strega si chiese perché esattamente fosse venuta . Che cosa aveva sperato di guadagnare parlando con Quistis? Alla fine poteva essere peggio per entrambi... forse la cosa migliore era semplicemente lasciar svanire qualche ricordo. "Mi dispiace... non so nemmeno che sto facendo qui. Devo andare... scusami per il disturbo."

"Rinoa, aspetta." la pregò Quistis, allungando la mano verso il braccio della ragazza più giovane. "Penso di sapere perché sei qui. Per favore, resta un minuto e parlamene."

"Come fai a saperlo, quando non lo so nemmeno io?" ammise Rinoa a voce bassa, incerta su di quanto l'istruttrice si fosse già accorta.

"Prima è venuta Selphie da me."

Rinoa si portò le mani al viso, nascondendosi in preda all'imbarazzo. Non poteva credere che Selphie avesse parlato con Quistis, specialmente sugli argomenti che avevano discusso a cena. Non le sembrava che le sue amiche fossero tipe da pettegolezzi, ma adesso aveva il terrore che tutti avrebbero saputo dei suoi dubbi.

"Rinoa, prima di arrabbiarti con Selphie, c'è una cosa che devi capire. Noi ti vediamo come parte della nostra famiglia, e se c'è qualcosa che non va - vogliamo aiutare. Nessuna delle due tradirebbe mai una confidenza, e no, non mi ha detto nessun dettaglio specifico. Noi sei abbiamo affrontato cose peggiori di quelle che qualunque mortale potrebbe immaginare, e onestamente, sono convinta che faremmo qualsiasi cosa per aiutarci a vicenda. Devi capirlo... è preoccupata per te, solamente questo."

Lo sguardo negli occhi della professoressa le dava un po' di rassicurazione. Eppure sentiva che, pur essendo Quistis sincera, parte di lei ancora si teneva a distanza. Selphie era sempre stata amica di Rinoa, sin dall'inizio si erano legate come sorelle: in certi aspetti i loro caratteri erano simili, le loro passioni, il loro amore per la vita. Eppure, venendo a Quistis, anche nel lasso di tempo di un anno, lei e Rinoa non avevano mai veramente legato. Non era fatto apposta, ma il motivo era qualcosa che, sin dall'inizio, si era tacitamente frapposto fra loro. Qualcosa che avevano entrambe scelto di ignorare, di passare sotto silenzio... fino a quel momento.

"Quando ci siamo incontrate per la prima volta... io non ti piacevo molto, vero?" Rinoa non riusciva a credere di aver appena chiesto quella cosa, e a giudicare dall'espressione sul volto dell'istruttrice, nemmeno lei. Era stata una lunga giornata, e adesso stava diventando una ancor più lunga serata. Erano settimane che Rinoa stava accumulando tutto e le emozioni raggiungevano sempre più un picco, e adesso era appena piombata in un mare di idiozia.

La ragazza bionda si voltò per un momento, a cercare parole che sembravano sfuggire. Forse anche Quistis aveva trattenuto dentro qualche rancore negli ultimi... beh, sin dall'inizio. Sapeva nel profondo che quel giorno sarebbe arrivato, anche se certe volte avrebbe desiderato che potessero risparmiarselo. Magari ora che Squall si trovava a Trabia il momento era giusto come qualsiasi altro.

Trovò la forza, si volse verso Rinoa. Con un profondo sospiro, Quistis rispose con qualcosa che sperava la giovane strega potesse comprendere, la verità.

"Non volevo che tu mi piacessi. Lo sa Hyne che... non volevo che tu mi piacessi. Se dobbiamo essere onesti, quando ci siamo conosciute pensavo che il tuo modo di fare fosse... beh... un po' immaturo. Tutto il tuo gruppo sembrava leggermente, uhm... sconclusionato. Ma, Rinoa, era la vostra passione che veniva fuori. Avevi ragione quando dicevi che noi eravamo solo stati ingaggiati... voi invece eravate legati talmente tanto ad un'idea che per quella eravate pronti a rischiare la vita. Da qualche parte lungo la nostra strada, per quanto cercassi di non farlo... a me, beh... a me non potevi non piacere. So perché Squall si sia innamorato di te, l'ho sempre saputo."

C'era un vuoto nell'espressione della professoressa. Le sue azioni e il suo cuore restavano sinceri, eppure qualcosa in lei confermava alla strega quello che aveva sempre sospettato. Rinoa incrociò le braccia sul petto, facendo la domanda che entrambe sapevano un giorno sarebbe stata formulata.

"A te lui piaceva veramente. Non era solo un sentimento fraterno, vero?"

"Ho passato tanti anni a pensare di essere innamorata di Squall..." Le sue parole sfumarono nel silenzio mentre lei si sedeva sul divano, evitando di guardare direttamente Rinoa. Se si dovevano una cosa, era di non intrappolarsi in qualche complessa rete di bugie.

"Prima di tutto, vorrei che tu sapessi una cosa... adesso non potrei immaginarlo con nessun altro tranne che te. Però, sì... mi piaceva davvero. Una parte di questa cosa esiste ancora, e non andrà mai via. Non è che ti alzi una mattina e dici 'bene, ora basta, da oggi in poi sarò innamorata di un'altra persona'. Non posso starmene qui seduta e dire che era un sentimento del tutto fraterno, perché sento nel cuore che era qualcosa di più."

"Era più semplice ammettere questi sentimenti a Squall... dicendo che era una cosa fraterna, non è vero?"

Rinoa seguì Quistis prendendo posto sul divano. Osservò il profilo del riflesso dell'istruttrice nel vetro della finestra; non riusciva a trovare la forza nemmeno di guardarla mentre parlava. Non era che fosse venuta lì a discutere se a Quistis avesse o non avesse dei sentimenti per Squall... sembrava solo che, come al solito, Rinoa avesse parlato senza tener conto delle conseguenze. In quello era proprio brava.

"Sì, era così. Voglio dire, ecco, sono qua davanti a tutti, e lo butto fuori così, apertamente. So che la maggior parte di loro lo sapeva di già... ma eravamo lì, in quell'uragano di emozioni, e io che annuncio la cosa nella peggiore occasione possibile. Lui non aveva bisogno di quello. Tu non avevi bisogno di quello... non ne aveva nessuno, in quel momento."

Le due rimasero immobili, finché Rinoa non sentì muoversi appena il divano. Sentiva che l'istruttrice stava di nuovo guardando verso di lei, ed era quasi troppo imbarazzata per restituire il gesto. Ma lo fece. Col fiato sospeso, cercando di far smettere di tremare il suo corpo, si voltò ad incontrare lo sguardo della donna che le sedeva accanto.

"Ora, Rinoa, posso farti una domanda?" L'istruttrice prese un respiro, per cercare di calmarsi i nervi. "Certe volte sono convinta che siamo più simili di quanto io o te ci rendiamo conto. Vorrei solo che tu fossi sincera con me, okay?" Rinoa annuì, mentre ancora cercava di assimilare le parole precedenti. "Perché, all'inizio, ti sei interessata a Squall?"

Ecco, questa era la cosa che Rinoa non aveva mai davvero considerato. Avrebbe potuto rispondere semplicemente "perché era lì." Ad essere sincera, avrebbe chiesto a chiunque di ballare alla festa, odiava sul serio stare da sola agli eventi. Persino lei aveva dovuto ammettere che le piaceva ricevere attenzioni da sconosciuti; e per non dire che c'era quel lato adolescente del suo ego che desiderava che Seifer la vedesse ballare con qualcun altro. Sapeva poco e niente, allora, di quanto profondamente il passato di Squall e quello di Seifer fossero interconnessi; le venivano i brividi a pensare in che modo freddo si fosse comportata quella prima sera, e come si era comportata tutte le volte precedenti. Forse aveva avuto bisogno semplicemente di una sveglia, anche se veniva da una strega lontana centinaia di anni nel futuro.

"Io, io veramente non lo so... immagino che all'inizio..." sussurrò Rinoa, vergognandosi di non riuscire a dare una risposta specifica. "Ad un certo punto lui è diventato una sfida, mi sa... onestamente non avevo mai pensato che mi sarei... e che lui si sarebbe..."

"Innamorato di te?"

"Già."

"Vedi, Rinoa," Quistis allungò la mano verso quella dell'amica, la strinse come fosse stata una sorella maggiore che dava consigli alla minore. "era la stessa mia ragione. Avevo un sacco di tizi che mi adoravano, un fan club che avrebbe fatto qualsiasi cosa, eppure ero spaventata a morte dall'avvicinarmi a qualcuno. Credo che quello che mi abbia attirato verso Squall all'inizio... è che non c'era la possibilità che lui ricambiasse i sentimenti. Avevo paura... ed ho paura di soffrire... e allora, mira all'impossibile."

Rinoa cercò negli occhi dell'amica una risposta, capendo che stava parlando dal cuore. Forse era stata la stessa cosa anche per lei, era uscita con la gente basandosi su quelli che suo padre disapprovava - non c'era futuro con nessuno di loro. Rinoa lo sapeva. Anche con Seifer era stato come inseguire uno stallone selvaggio che non poteva essere domato; avrebbe solo portato dolore, alla fine. Aveva accettato quel fatto, e per quello si era messa al riparo da qualsiasi impegno serio. E forse aveva riconosciuto in Squall lo stesso spirito solitario. Ma ad un certo punto della storia il fato aveva avuto altri piani, avvicinando due anime disperse. Adesso si ritrovava d'accordo con Quistis, sapeva che avevano condiviso la stessa paura di soffrire. In un certo senso avevano percorso la stessa strada per evitare il dolore, ma su quella strada Rinoa aveva, senza saperlo, trovato la sua salvezza.

"È solo che non avevo mai pensato davvero che potessi piacergli," rispose Rinoa con sincerità. "Come poteva essere?"

"Poteva, e infatti è così. È perché dentro sei una persona splendida. Ognuno di noi è cresciuto nell'ultimo anno, e nessuno più di te."

"È facile per te dirlo, non sai che cosa ha detto... lascia perdere." Si fermò, a ricordare le parole che Artemisia le aveva fatto udire. Era come infrangere un sacro patto di fiducia con Squall, un patto di cui lui non aveva mai conosciuto neppure l'esistenza. "Mi spiace, non avrei dovuto dire nulla. Ho solo paura che un giorno si svegli, e si accorga che potrebbe trovarsi qualcuna... beh, migliore di me."

"Ascolta, Rinoa, in tutta onestà, Squall avrebbe potuto avere qualsiasi ragazza al Garden... ma non l'ha fatto. Era come se stesse aspettando qualcuno di speciale... te."

"Me, e perché? E se uscisse con me solo perché gli fa comodo, o perché voi lo avete convinto?"

"Non devi pensare mai che non ti abbia scelta perché sei tu, o che sei solo un'occasione. Sai quanto a lungo l'ho studiato, non lo nego... ma quella sera al ballo... ha scelto te. Puoi essere stata tu a chiedergli di ballare, ma lui non ti ha rifiutata. Quella sera ha visto qualcosa in te, qualcosa di speciale... qualcosa che è chiaro a tutti, adesso."

"Allora non ha mai avuto nessun'altra ragazza?"

Quistis sospirò, non sapendo bene come rispondere. Anche se Rinoa notò che non era scioccata al sentire quella domanda quanto lo era stata Selphie. "No... non ha mai avuto un'altra ragazza. Anche se ho sentito delle voci su una ragazza che faceva uno scambio qui, ho lasciato perdere, li ho considerati solo altri pettegolezzi senza senso. Non riuscivo a credere che potesse provare interesse per qualcuno, a quel tempo. Pensavo che non fosse nella sua natura."

"E adesso?"

"E adesso... non saprei. Se quello che ho sentito è vero, non è una cosa per cui preoccuparsi o stare male... immagino ci sia una ragione per cui me l'hai chiesto. Hai ammesso tu stessa di aver assistito ad episodi dei vostri singoli passati. Direi che dentro di te conosci già la risposta. Quello che non capisco è perché sei qui, a chiederlo a me..." Quistis scostò i capelli di Rinoa sulla spalla, scoprendo del tutto il suo viso prima nascosto dietro quella barriera. "Sono certa che sia paura, oppure dubbio. Ma se c'è una cosa che hai imparato, è sapere che lui ti ama. Non aver paura di chiedergli qualsiasi cosa."

Lui ti ama, quella frase sembrava ripetersi senza fine nella sua mente. Era la prima volta che qualcuno aveva osato dirle quelle parole. Forse stava solo provando dei dubbi amplificati dalla distanza della separazione, o dalle tacite domande che ancora stavano sospese fra di loro. Sapeva nel suo cuore che cosa provava, e che cosa provava lui... e Quistis aveva ragione, era la paura che ancora la teneva a distanza. Chiuse gli occhi, asciugandosi qualche lacrima che le era caduta lungo le guance.

"Grazie Quistis... penso di dover andare a fare una telefonata."

"Eh sì, lo penso anch'io," rispose lei sorridendo, e attirando l'amica in un abbraccio.

*~*~*~*~*

L'ufficio era buio, visto che stava lavorando ad un'ora che superava abbondantemente la mezzanotte. Cid si era trattenuto oltre l'orario per cercare di sistemare i suoi affari prima di partire per Trabia. Si tolse gli occhiali, strofinandosi la radice del naso; la mente cominciava a giocargli qualche scherzo. Si stropicciò gli occhi per allontanare il sonno, poi abbassò lo sguardo sull'unico raccoglitore poggiato sopra la scrivania.

Nella sua vita era stato tante cose - insegnante, padre, e cavaliere. Anche se i ragazzi non erano figli suoi, il legame non avrebbe potuto essere più forte. Aveva esitato a lungo, mille volte sulla sua decisione, chiedendosi quale fosse la cosa migliore per tutti quelli che vi erano coinvolti; aveva percorso tutte le strade, quelle già attraversate, e le strade di quello che sarebbe potuto essere. Avrebbe potuto lui fare qualcosa di diverso? E i risultati finali sarebbero stati gli stessi?

Forse questa non era la mossa migliore, ora come ora, ma forse era l'unica. E come se leggesse nei suoi pensieri, il telefono suonò rimbombando nella stanza come un tuono assordante.

"Ufficio del preside."

La voce dall'altro capo parlò piano, placando i suoi dubbi, o almeno ponendoli in una prospettiva più chiara.

"Sì, ho deciso... sono d'accordo ad alcune condizioni. Devo essere io a dirglielo. Dopo tutto quello che quei due hanno già passato, non posso immaginare un momento peggiore, ma d'altra parte, se non lo facciamo adesso... oh, Dio, come dovrei fare a scegliere una cosa o l'altra?"

"Sì, Edea, lo so. Vado io di persona lassù. E la porto con me... hanno bisogno di sentirlo insieme. Ho solo paura che... non hanno ancora superato l'ultimo ostacolo, e ho paura che buttargli addosso qualcos'altro possa essere troppo. Ma devo tentare. Vorrei che tu venissi giù a parlare con gli altri."

"Lo so, lo so. Sono forti... è su questo che ho scommesso. Solo che non sono sicuro di potere io—"

Lei non lo fece concludere, sapendo dove sarebbe andato a finire. "Va bene, vado a dormire un po'."

"Ti amo anch'io."

Chiuse il raccoglitore, stampò sulla copertina un sigillo ufficiale.

"Perdonami."

*~*~*~*~*

Fissò con sguardo quasi di sfida l'orologio, prima di tornare a rivolgersi verso la finestra. Il cielo nero dispiegava uno sfondo a contrasto per i bianchi fiocchi illuminati dalle luci del Garden. Squall non era molto un tipo da neve o da basse temperature in generale. Avrebbe solo voluto chiudere gli occhi e dormire, ma persino quello si sottraeva a lui quella notte; forse non avrebbe dovuto prendere quella seconda caraffa di caffè durante la giornata.

Mentre lasciava vagare la mente verso la sua immaginaria 'baita', si chiese per un momento se Rinoa sapesse sciare; avrebbe avuto una scusa valida, in quel caso, per portarla in una baita. Ok, non proprio adesso, visto che ancora non erano decisamente arrivati a quell'aspetto della loro relazione. Però quell'idea cominciava ad apparire sempre più affascinante man mano che la sua fantasia si spingeva avanti. Immaginò di chiamare nella camera di Zell, per dirgli che era disposto a prendere quelle lezioni di sci. Non c'era nulla che potesse fare per riportare indietro coloro che avevano perso la vita a Trabia, ma lui doveva continuare a vivere... anche se significava filare giù per una collina su due assi di legno. Sapeva che era così che gli altri andavano avanti, vivendo, e parte della cosa aveva anche senso ai suoi occhi.

Il suono del telefono da sopra il comodino lo riportò alla realtà. Forse era Zell che gli leggeva nella testa... ok, un altro pensiero su cui non aveva il bisogno di soffermarsi in quel momento. Rotolò sul fianco per sollevare il ricevitore.

"Squall Leonhart."

"Oh, è talmente ufficiale. Non ci riesci a rispondere soltanto pronto?"

"Pronto?"

Lei si sforzò di fare una risata. "Meglio."

"Come stai?" Si chiese se la frase non fosse suonata troppo ansiosa, ma era semplicemente così felice di sentire la sua voce. E poi era parecchio meglio che non ricevere una chiamata... un'altra chiamata da Zell.

"Io..." Non avrebbe voluto interrompersi, le era solo venuto spontaneo. Ma fu tutto quello che servì a lui per leggere tra le righe. "Io sto bene... sono qui."

"Rinoa?"

"Sto bene, Squall, davvero. Solo... uhm... ti ricordi quando mi hai detto di chiamare pure a qualsiasi ora, di giorno e di notte?"

"Ehi, che succede?" Si alzò rapidamente a sedere e poggiò i piedi sul pavimento, per nessun'altra ragione se non per ritrovare l'equilibrio; sentiva il ritmo del suo cuore accelerare al solo pensiero che ci fosse qualcosa che non andava. Era sempre nella sua natura temere il peggio; e dunque erano quelli i primi pensieri a passargli per la mente.

"Squall, fermo, non ti preoccupare... veramente, non è niente. Solo che pensavo di dover affrontare una cosa. Ad essere sinceri, non dovrebbe essere niente, ma continuavo a girare intorno al pensiero di chiedertelo e-"

"Aspetta, Rinoa... ho capito di che si tratta..." Portandosi la mano alla fronte, il Comandante desiderò di potersi andare a nascondere tra i cumuli di neve. Tutto di quel ricordo ancora pesava su di lui, e aveva cercato in ogni modo di far finta che quella sera non fosse mai esistita. Stupido orgoglio da adolescente che quasi l'aveva messo nei casini, diciotto mesi prima. La sua unica consolazione era che il destino era intervenuto prima che non ci fosse modo di rimediare. "Avrei dovuto dirti qualcosa di questa storia prima. È solo che... non sapevo bene come. Te lo giuro Rinoa, non è stato nulla. Quella tipa è stato un errore che ho quasi fatto, ma poi, solo grazie alla volontà del destino, non è stato così."

Si bloccò, non voleva cacciarsi in tutta la squallida spiegazione al telefono. Era ovvio che la cosa la impensieriva, non per il fatto che era successa, ma perché era sembrato che lui ne negasse l'esistenza.

"Rin, te ne parlerò quando torno."

"Squall... perché... perché avevo così paura di chiedertelo?" Una minima esitazione tra le sue parole, un'intonazione che non aveva sentito mai, anche se il cambiamento era stato sottile.

"Non lo so. Forse per la stessa ragione per cui io avevo paura di raccontartelo... o di chiederti della tua storia con Seifer."

Non sapeva da dove fosse uscito quel nome, ma era sempre stato un peso sulla sua mente. Non che qualcosa avrebbe potuto cambiare i suoi sentimenti per lei. In quelle ultime poche settimane aveva cominciato a capire che sapevano davvero poco del passato l'uno dell'altra, con l'eccezione del collegamento all'orfanotrofio, dei genitori di lei, e delle radici di lui a Winhill.

"Quando tornerai... ti racconterò qualsiasi cosa tu voglia sapere. Artemisia, Seifer... davvero, tutto. Qualsiasi cosa. Non voglio che ci siano segreti fra di noi. Credo fosse questo che Cid ed Edea hanno cercato di fare... farci parlare prima che qualche dubbio ci separasse."

"Ti chiedo ancora scusa..."

"Per cosa? Per essere te stesso? Sono io che dovrei chiederti scusa. Voglio dire, sono mesi che Artemisia è scomparsa, ma è ancora come se la sua presenza influenzasse i miei pensieri."

Non le rispose subito. Forse si erano troppo concentrati sul fattore cavaliere e strega, lasciando fuori un aspetto importante: l'umanità. "Rin, non lo so se è per colpa sua, penso sia anche colpa delle nostre paure... le solite paure che tutte le persone hanno in una relazione. Tu devi soltanto essere te stessa, io sarò io, e insieme saremo noi."

"Squall Leonhart, sembri un biglietto di auguri."

Ci fu una lunga pausa, e Squall sapeva abbastanza da lasciar stemperare l'argomento per adesso. Era tutto quel si poteva ottenere per telefono, perché certe cose andavano fatte di persona. Con la coda dell'occhio scorse di nuovo la finestra buia; i soffici mucchietti di bianco che cadevano dal cielo lo riportarono ai suoi pensieri di prima.

"Rinoa, sei mai stata a sciare?"

"Cosa? Sciare?" ridacchiò lei a bassa voce, e ora suonava di più come la persona che conosceva.

L'immagine di lui sugli sci era da ridere quasi quanto le sue fantasie su di lui coi pattini - solo con più strati di vestiti addosso. "Sì, ci sono stata, era davvero divertente... beh, le volte che stavo in piedi, ecco."

"Magari imparo anch'io."

"Penso che sarebbe fantastico."

"Nient'altro di nuovo a Balamb?"

Avrebbe voluto dire qualcosa sulla 'studentessa in minigonna' di prima, ma decise che non era il momento. "Oggi ho comprato un tappeto nuovo." Avrebbe voluto ritirare subito quell'intelligente affermazione; andare da una discussione profondamente personale all'avvenimento meno importante del decennio... magari doveva anche informarlo di cosa aveva messo sui cereali quella mattina. "E poi io e Selphie stasera siamo andate a cena a Balamb insieme, ho usato quei buoni che mi hanno regalato Zell e Irvine per il compleanno." Ok, salvata in corner... meglio dei cereali.

"Rinoa."

"?" Suonava così serio che quasi si stava spaventando.

"Non cambiare mai."

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Capitolo 11
*** XI. Un Tempo per Abbracciarsi - Mattina ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XI. Un Tempo per Abbracciarsi - Mattina ~

18 maggio - mattina

Una liscia lastra di ghiaccio copriva la neve, dato che le temperature della notte precedente avevano lasciato il segno sulla cresta imbiancata. Gli stivali facevano crepare la superficie ad ogni passo, ma la solidità del ghiaccio permetteva solo al tacco di penetrare.

Aveva evitato questo posto. Un anno prima era venuto qui con i suoi amici, ma adesso era solo. Allora aveva un obiettivo da raggiungere, o almeno era quello che aveva scelto di credere... ma anche allora, sapeva che la sola differenza tra i due lati era il punto di vista di ciascuno. Se questa carneficina non era il risultato del male più puro, non era sicuro di cosa potesse esserlo.

Un grosso gargoyle guardava le tombe. Le stesse creature mitiche che decoravano i Garden sia di Galbadia che di Balamb ora guardavano vigili questo campo di battaglia. Il campo in cui da un lato c'erano stati giovani studenti, e dall'altro missili senza viso, guidati da uno spietato signore della guerra.

Allora, stava ancora cercando di capire tutto questo, e non era mai riuscito a concentrarsi sulla perdita di Trabia. Selphie sì. La giovane SeeD aveva sentito questo dolore moltiplicato dieci volte, eppure in qualche modo aveva raccolto la forza di andare avanti. Ora come ora, non aveva mai avuto tanto rispetto per la sua amica.

Non sapeva dove guardare. Le date di nascita incise nel granito sembravano troppo recenti, ovunque si voltasse. Le età andavano da vent'anni a grandi a malapena abbastanza per entrare al Garden. Si fermò alla lapide di una bambina che aveva compiuto cinque anni solo pochi mesi prima che questo succedesse. Non avrebbe mai avuto possibilità.

Non poteva rimanere lì un minuto di più. Fuori. Solo. In qualche modo, aveva temuto questa visita a Trabia, aveva cercato di convincersi che avrebbe tolto del tempo al suo lavoro a Balamb. Sarebbe rimasto indietro con i suoi doveri burocratici. Un'altra parte si era convinta che aveva bisogno di stare con Rinoa, dopo tutto quello che aveva appena passato. Ma tra entrambe queste ragioni, c'era una parte più piccola di lui che pensava che forse non poteva affrontare questa realtà da solo.

E quella parte aveva ragione.

Tirandosi la giacca della divisa SeeD strettamente intorno a sé, rabbrividì, ma non per le amare temperature del luogo. La sua forza di volontà voleva che tornasse dentro. Che tornasse al ridipingere, al pavimentare, e al lavoro manuale - là era al sicuro. Questa era la realtà.

Mentre stava per andarsene, un oggetto scuro all'orizzonte cinereo catturò la sua attenzione. Il respiro gli si mozzò nei polmoni mentre vedeva qualcosa di familiare. Qualcosa che era quasi parte di lui quanto ciò che possedeva - una giacca di pelle nera con un colletto di pelo. Era posata su una tomba come un mantello sulle spalle di un re. Il clima estremo, combinato al sole diretto, aveva scolorito il nero sino a un grigio di pietra.

Allungò la mano guantata verso il colletto. Alcuni fiocchi di ghiaccio caddero sulla neve sottostante, mentre le punte delle sue dita accarezzavano dolcemente il materiale. Per un momento, credette davvero che il suo cuore avesse smesso di battere. Non era sicuro se la sensazione fosse dolore per la morte di quello studente, o sollievo colpevole di non essere lui. Avrebbe potuto esserlo. Se avesse tardato un minuto in più in una qualsiasi delle sue decisioni, questo cimitero avrebbe avuto un compagno a Balamb. Ma se fosse stato un minuto più veloce, forse questo cimitero non sarebbe esistito a Trabia.

Era come guardare in un riflesso - a un universo parallelo. A quello che sarebbe potuto essere; quello che poteva essere. Chiuse gli occhi mentre pensava al suo primo viaggio al Garden di Galbadia, a come aveva immaginato la morte. Era corso fuori dalla sala d'attesa - lontano dalle persone che tenevano di più a lui. Era stato solo l'inizio per emozioni represse che dovevano ancora arrivare in superficie. Forse la morte era più che parlare di qualcuno al 'passato'. Forse era il modo in cui le persone che circondavano il caduto percepivano le memorie della loro vita - non solo il 'tempo' che veniva usato parlando.

Perché qui parlavano ancora al presente.

Un anno prima, non poteva immaginare la possibilità della morte, aveva urlato lasciando una stanza piena di compagni... e Rinoa. Era stato un raro, ma onesto, crollo emotivo che i suoi amici avevano visto a Galbadia quel giorno. Ora capiva che non aveva paura della 'morte' in sé, aveva paura di morire... e c'era differenza. Era morto un po' ogni giorno per la maggior parte della sua vita; ora lo capiva pienamente.

E qui tra i caduti c'era la sua giacca; un ricordo di ciò che avrebbe potuto essere. Chiuse gli occhi, lottando contro le lacrime e con il morso impietoso del gelo. Gradualmente iniziò a togliersi i guanti, con il corpo che tremava. Se li mise nelle tasche dell'impermeabile, e si chinò davanti alla lapide. La matricola deceduta aveva sedici anni secondo l'incisione - il nome gli era sconosciuto. Ma il nome non importava, giusto? Quella matricola era una delle migliaia, proprio come Squall, proprio come qualsiasi altro studente che risiedeva in un Garden. Per troppo tempo, il corpo docente del Garden li aveva conosciuti solo per numeri... mai con i loro nomi.

Si inginocchiò nella neve; aveva le gambe intorpidite, e non sentiva più il freddo pungente. Il vento soffiò intorno a lui, portando in giro lo sporco naturale delle foreste vicine. Guardò il pelo ghiacciato che si muoveva sulla giacca. Il tempo sembrava irrilevante. Non era sicuro di quanto a lungo fosse rimasto lì.

In distanza, poteva sentire il suono attutito i passi che si avvicinavano. Non si preoccupò di voltarsi, era probabilmente uno delle centinaia di altri che venivano a trovare i morti. I passi si fecero più vicini, mentre lo strato di ghiaccio sembrava creparsi, ma mai rompersi, sotto al loro peso. In un certo senso, era contento di non essere più solo. Anche se era uno sconosciuto, gli ricordava comunque la vita. Quello che non si sarebbe mai aspettato era che qualcuno gli mettesse una mano esitante sulla schiena.

Mentre si voltava, lo scintillare crudele del sole catturò i suoi occhi, accecandolo momentaneamente. Si alzò, riacquistando l'equilibrio. Capelli neri si muovevano liberamente nel vento, quasi coprendole la faccia, ma non aveva bisogno di vedere chi fosse, lo sapeva già.

"Sto... sto sognando?"

"No," disse lei con voce roca per il freddo.

"Rin-" Non terminò mai di dire il suo nome mentre la attirava contro il suo corpo. In quel momento, non gli interessava se lei c'era davvero o se era solo una proiezione vivida della sua fantasia. Aveva bisogno che lei ci fosse, e per tutti gli dei, lei c'era. Posò la testa sulla sua, cercando disperatamente la vita che aveva bisogno di ricordare. Il calore delle sue braccia lo circondò, mentre migliaia di emozioni gli passavano in testa. Persino a Winhill non si era sentito così debole, ma questo cimitero era diverso... Winhill era un passato che non poteva cambiare; Trabia era un passato che avrebbe potuto cambiare.

"Andiamo dentro." La voce di lei era ancora alterata dal freddo. La sua mente non registrò mai le sue parole; senti solo la vibrazione della voce nel suo corpo.

Il vento soffiava intorno a loro, quando lui trovò il coraggio di fare un passo indietro. I suoi capelli neri erano raccolti in una coda, lasciando sole le lunghe ciocche che si erano liberate dal nastro. Erano quelle a coprirle la faccia. Ma non importava, sembrava angelica anche avvolta in innumerevoli strati di vestiti. I loro occhi si incontrarono, ma nessuno dei due parlò, perché nessuno dei due aveva bisogno di farlo.

Lui annuì in silenzio, mentre lei allungava la mano guantata. Lui accettò il gesto senza esitare, seguendola verso l'edificio principale. Lei notò qualcosa che riguardava le sue mani, più che l'assenza di qualcosa. Non stava indossando barriere materiali, nessun guanto a proteggere la pelle dal clima duro. Indossava sempre i guanti. Anche con un caldo di quaranta gradi, li indossava.

Era troppo difficile parlare date le circostanze. L'emozione, combinata all'aria sotto zero che le riempiva i polmoni, costringeva Rinoa a mettere tutta la forza di volontà nel camminare. Quando arrivarono dentro, un soffio di aria calda diede loro il benvenuto. Il contrasto era abbastanza per farli rabbrividire entrambi.

Squall fu il primo a fermarsi; guardandola di nuovo una volta che furono all'interno. La sua mano era ancora in quella di Rinoa, e aveva momentaneamente dimenticato il contatto fisico. Sembrava più un'estensione di se stesso, e in quel momento, quell'atto sembrava completamente naturale.

La sua mano libera si mosse verso il suo viso, e scostò dolcemente i capelli lunghi dietro alle sue spalle. La sua pelle sembrava così irrealmente fredda, che quasi lo spaventava.

"Perché... perché sei qui?" Un misto di confusione e gratitudine circondava la sua domanda.

Lei nascose un sorriso; non era né il momento né il luogo giusto, ma la separazione era sembrata più un'eternità che poche settimane. "Cid ha pensato che dovrei passare del tempo qui. Ha riflettuto sul far aiutare i lavoratori civili nella ricostruzione, dato che molti sono stati persi anche qui."

"È difficile... così tante morti non necessarie..."

Le sue parole svanirono man mano, e lei non vide alcuna ragione per insistere. Rinoa annuì leggermente, stringendogli la mano per dargli un supporto silenzioso. Gli occhi di lui non abbandonarono i suoi, e lei trovò sempre più difficile respirare... anche se la temperatura non aveva nulla a che fare con questo, stavolta.

Lui fu il primo a parlare di nuovo, prima di compiere un'azione che lei non avrebbe mai immaginato, nemmeno in cento vite. "Mi dispiace che ci sia voluto così tanto... avrei dovuto farlo mesi fa."

Facendo un passo avanti, lui le circondò la vita con le braccia, mentre lei posò di nuovo la testa contro la sua spalla. La colse di sorpresa, dato che Squall stava in piedi in pubblico a tenerla stretta... in quel modo.

Anche se la sensazione le toglieva il respiro, era ancora confusa da cosa lui intendesse dire. "E-esattamente di cosa stai parlando?"

Lui ascoltò il suo respiro, le parole che si riverberavano nel suo letto, il suo battito del cuore molto accelerato... tutti i suoni che poteva sentire. Il suo lato logico gli stava dicendo di allontanarsi, che questo sembrava poco professionale, e una parte di lui non voleva abituarsi al conforto che lei gli dava.

Ad ogni modo, in quel momento, non gli interessava.

Il lato più potente gli stava dicendo che aveva bisogno di lei, di trovare un conforto che non aveva sentito fin dalla loro separazione. Il suo cuore era impostato sul pilota automatico, mentre le sue braccia la stringevano ancora di più. I suoi capelli sembravano seta contro le guance rovinate, mentre appoggiava la sua pelle indurita dal freddo contro la tempia di lei.

Lei sentì il suo respiro caldo sul collo, e le sue parole le mandavano un'euforia stupefacente lungo il corpo. "Parlo di quando eravamo sulla Lagunarock."

"Squall io-"

"Shhh," la avvertì lui, permettendosi di continuare. "Rinoa, quando mi hai chiesto di abbracciarti per sentirti viva... non capivo. Adesso invece sì."

Rinoa annuì di nuovo, rendendosi conto che alcune lezioni non si imparano in un giorno. Ci possono volere settimane, mesi, o perfino anni per capire... e nessuno di loro due avrebbe mai smesso di imparare. Il momento fu interrotto quando le voci di matricole più anziane echeggiarono nel corridoio. Il gruppo di studentesse camminò verso l'ingresso principale, e il suono lo riportò al presente.

Lei non poté evitare di innamorarsi di lui ancora di più, se possibile. Le sue azioni le ricordavano un bambino che era appena stato scoperto dai genitori, e che aspettava un rimprovero che non sarebbe mai arrivato. Lui ci stava provando così tanto, ma non riusciva a liberarsi della sua natura conservatrice. I due rimasero in piedi in silenzio, mentre il gruppo si allontanava senza guardarsi una volta di troppo. In tutta onestà, gli studenti di Trabia avevano cose più importante di cui preoccuparsi che il Comandante del Garden di Balamb con la sua ragazza.

Quando le ragazze non furono più visibili, lui non poté evitare di fissarla. Erano passate solo delle settimane, ma in qualche modo sembrava che il tempo fosse scorso per anni. Voleva dirle quanto lei gli fosse mancata, quanto fosse felice che lei fosse lì. Voleva dirle tantissime cose, ma le parole sembravano semplicemente fuori dalla sua portata.

Voleva dire un milione di cose. Ma quando iniziò, tutto quello che venne fu una lunga pausa, prima di mettere finalmente insieme una frase mezza coerente, "Rinoa... sei... bellissima."

Lo aveva davvero appena detto con così tanto candore? Gli sembrava di essere a un passo dal somigliare a uno di 'quei ragazzi' che aveva classificato come pazzi solo un anno prima. Se avesse guardato questa scena dall'esterno, avrebbe scosso la testa, dicendo che questo ragazzo era un, beh... gallinaccio. Nessuno era degno del mal di cuore - qualsiasi ragazzo in questa circostanza era debole e il suo giudizio era annebbiato, nel migliore dei casi, dall'irrazionalità.

Ora le ruote del destino erano girate, ed era lui quello lì in piedi a dire a una donna che era 'bellissima'... e piuttosto stranamente, lo intendeva in tutto e per tutto. Fu allora che si rese conto che non era la cosa peggiore che avrebbe potuto borbottare in un momento simile. In realtà, forse era una delle migliori.

Rinoa sorrise. Lei non sapeva davvero come rispondere a questo, senza sembrare... beh, se stessa. Doveva ringraziarlo? Doveva dire qualcosa che ricambiava il sentimento, del tipo 'lo sei anche tu'? Sarebbe sembrato trito e ritrito? Perché non poteva semplicemente parlare col cuore, invece di cercare di analizzare tutto, in quel momento? Di solito parlava apertamente, perché ora si trovava a non trovare le parole, in maniera così imbarazzata?

In momentanea confusione, lei guardò le sue mani, ricordando l'osservazione di poco prima.

"Dove sono i tuoi guanti?" Non avrebbe potuto avere una replica peggiore, e più orribile di 'sei bellissima'.

"Fuori."

La risposta non era logica, ma immaginò che per lui avesse senso, e questo bastava. Con Squall, alcune cose bisognava semplicemente lasciarle stare. Rinoa immaginò velocemente che un cambio di argomento potesse andare bene, data la risposta criptica di Squall e la sua improvvisa incapacità di accettare un complimento.

"Vuoi aiutarmi a trovare la mia stanza?" Gli offrì di nuovo la mano, sperando che potessero continuare da dove si erano interrotti.

"Certo."

Lui esitò brevemente, questa volta, prima di accettare il suo gesto. Insieme, iniziarono a camminare verso i corridoi degli studenti. Infilandosi la mano libera nella tasca del cappotto, lei ne estrasse una busta ufficiale SeeD. Lui la prese, notando che Cid aveva scritto a mano lui stesso il numero della stanza. Mentre si avvicinavano agli altri, il suo comportamento sembrò trasformarsi ad ogni passo che facevano. Il suo passo divenne più fermo, e mentre si avvicinavano all'atrio principale, le lasciò andare lentamente la mano. Qualsiasi segno di confusione o dubbio sparì, e ritornarono le sue solite maniere. Non era più l'adolescente confuso, ma si stava ora comportando da Comandante... almeno all'apparenza esteriore.

Lei sospirò tra sé e sé; parte di lei accettava che questa era semplicemente la sua natura, ma comunque una parte più grande pensava che volesse imparare. Poi ripensò a solo pochi minuti prima, a quando l'aveva abbracciata così apertamente. Forse anche per questo ci sarebbe voluto tempo, e sapeva che questa lezione valeva l'attesa per entrambi. Nel frattempo, era semplicemente felice di essergli accanto, perché in quel momento era più che abbastanza. Erano qui. Erano insieme.

Il suo silenzio stava cominciando a spaventarlo; pensava che, forse, aveva fatto qualcosa di sbagliato. Certo, volevo tenerle la mano... ma c'erano così tante persone. In qualche modo non voleva appiattire la loro relazione a qualcosa di triviale... ma sentiva che tutti li guardavano. Cavolo, aveva davvero incasinato tutto... si chiedeva se sarebbe stato più imbarazzante prenderla di nuovo. O forse lo avrebbe semplicemente fatto sembrare troppo indeciso? Forse se le avesse semplicemente parlato... sarebbe stato del solo suono dei loro passi nel corridoio.

"Allora, se qui solo per dare una mano?"

Lei lo guardò curiosa, chiedendosi se ci fosse un altro significato nella sua frase. Non era che questo fosse una scelta sua, anche se era saltata all'idea di essergli di nuovo vicino. Forse pensava che lei fosse lì per controllarlo, dopo la loro ultima telefonata. Grandioso, ora pensava che tutto avesse un doppio significato. Perché la sua mente doveva sempre lavorare troppo su queste cose?

"Direi di sì. Cid ha detto che aveva pianificato di venire qui. Mi ha parlato del viaggio solo ieri, e fidati, non avevo alcuna idea che sarei venuta anch'io. Beh, fino a quel momento... avrei chiamato, ma penso di aver voluto farti una sorpresa."

Si scambiarono uno sguardo veloce, e per un secondo lei pensò che lui si sarebbe arrabbiato. Invece, continuò a interrogarla sulla decisione del preside.

"Allora, Cid te lo ha detto solo ieri? Non eri consapevole che stava pianificando un qualsiasi viaggio fino ad allora? È venuto con te? È qui?"

Primo, voleva gridare. Secondo, voleva afferrarlo per una delle sue cinture e trascinarlo in una classe vuota. Mai nella storia della SeeD una persona era passata tra due personalità così velocemente. Un minuto le sue azioni la stupivano, quello dopo la giudicava e si comportava come il suo superiore... D'accordo, tecnicamente lo era, ma a lei piaceva molto di più il suo ruolo da fidanzato che quello da 'avvocato distrettuale su tutto ciò che riguarda Cid'.

"Sì, Comandante Leonhart, è stato solo ieri che ho scoperto tutto... e di nuovo, non ne avevo idea. Di solito, pianifico io il suo itinerario di viaggio, ma di questo si è occupato lui stesso. E no, non è con me. Ha menzionato di fare una tappa a Deling, prima. Prima di cominciare con la prossima fila di domande: non ho idea del perché sia a Galbadia. Non ho idea se è con sua moglie, il Colonnello Caraway, o un fantino di Chocobo. E sì, so perfettamente che Deling è in una direzione completamente diversa da Trabia. Faccio ancora fatica a capire quell'uomo."

"Non provarci nemmeno." La risposta sembrò automatica, dato che la sua mente era ancora persa a pensare.

"Suppongo che tu abbia ragione. Davvero, sono sicura che ci sia una ragione logica per tutto. Ma poi, non dovrei lamentarmi di Cid, sono qui giusto?" Ho ottenuto di vederti."

"Qualcosa di simile." Questa volta, dopo il suo commento, si scambiarono uno sguardo più lungo del precedente. Rinoa vide una leggera crepa nel suo comportamento, quando un sorriso gli attraversò brevemente il viso. Era breve, ma sicuramente c'era. "Fantino di Chocobo?" borbottò lui sottovoce.

Svoltarono l'angolo, seguendo il corridoio fino a quando si divise in un corridoio più piccolo. Lui si fermò alla seconda porta e controllò il numero della stanza. Strappando la busta, prese una chiave color bronzo. Trabia usava chiavi manuali fino a quando il sistema magnetico sarebbe stato sistemato, ma sulla lista delle priorità era vicino alla fine.

Aprendo la porta, fece un educato passo indietro, segnalandole di entrare. Rimase sulla soglia, guardando il sottile linguaggio del corpo di Rinoa. Il modo in cui il suo corpo tremò al contatto con la temperatura fredda della stanza. Il modo in cui i suoi stivali sfregavano sul pavimento, ma in qualche modo i suoi passi sembravano essere delicati come quelli di una ballerina. Il modo in cui il suo petto si alzava e abbassava mentre i polmoni si riempivano di aria. Il modo in cui svolgeva i compiti più semplici... tutto lo affascinava oltre qualsiasi spiegazione logica.

E tanti saluti ai suoi pensieri di solo pochi giorni prima... sul tenere la sua vita privata 'privata'. Con lei lì, sarebbe stato un piccolo miracolo rimanere concentrato su qualsiasi cosa per un po' di tempo.

Accendere il termostato provocò immediatamente che il calore iniziasse a circolare nella stanza. Lei richiuse la copertura in plastica, sentendosi sollevata mentre una calda sorgente di aria le toccava il corpo. Volteggiò molte volte, solo per godersi la libertà di non essere in uno scomodo sedile da passeggero. Il corpo le doleva per il viaggio, ma non avrebbe potuto sentirsi più rilassata che con lui.

Dopo il suo momento giocoso, si avvicinò al letto, che occupava la maggior parte della stanza. Uno dei residenti di Trabia aveva portato i suoi bagagli dalla nave, e li aveva messi al centro del letto. Si chiese brevemente perché non avessero pensato di accendere anche il riscaldamento... ma d'altro canto, non era un albergo. Sedendosi accanto alla sua valigia, lei iniziò a disfarla. Quando lui continuò a tacere, alzò lo sguardo per trovarlo appoggiato allo stipite della porta.

"Squall, puoi entrare."

"Vorrei poterlo fare, ma devo tornare al lavoro."

"Oh." Cercò di non suonare delusa, anche se capiva perfettamente. "Io disfarò un po' la valigia, e poi andrò a vedere dove mi vogliono."

I pensieri di lui sembravano ancora distanti, ma non come quando erano fuori. Questa espressione poteva decifrarla, questa la conosceva anche troppo bene. "Che c'è, Squall? So che riguarda il lavoro. Sei ancora fermo a pensare a Cid?"

"Trovi strano che siamo tutti e due qui nello stesso momento?"

"Uhm... no, non proprio, credo."

"Chi gestisce il Garden di Balamb? Shu? Non è da Cid non avere sia il primo che il secondo in comando sul luogo, date le circostanze."

"Che circostanze? Shu è più che capace di gestire qualsiasi cosa salti fuori. Penso che tu stia facendo lavorare troppo la fantasia ancora una volta."

"Chissenefrega." Gli uscì secco e mordente. Non voleva suonare così, ma gli era come uscito naturalmente. Ci sono abitudini più dure a morire di altre. Immediatamente si avvicinò a lei, notando una sfumatura di dolore nei suoi occhi. "Scusa." Cercò di sorridere, anche se non ci stava riuscendo bene in quel momento.

"Va tutto bene."

Chinandosi leggermente, le sollevò il mento e cercò nei suoi occhi la giocosità che aveva visto prima. "Scoprirò se hanno qualcosa di programmato per stasera. Magari proverò a 'fare società' un'altra volta, ok?" Lei annuì, trovando sempre più difficile guardarlo negli occhi. La giovane donna distolse lo sguardo, senza sapere perché... semplicemente, l'intensità dello sguardo di Squall stava diventando troppo da sopportare. Lui non sembrò colpito dal suo gesto, ma si mosse semplicemente in avanti, posandole un bacio leggerissimo sulla guancia.

Con quel contatto delicato lei si voltò di nuovo, ristabilendo la connessione che aveva interrotto. I loro occhi si incontrarono, mentre lei accettava la sua offerta.

"Va bene."

"Stasera, promesso."

Questa volta, prima di andarsene, lui posò le labbra sulle sue, premendo a malapena. Sembrava così morbido, così dolce, che lei era semplicemente felice di avere quel momento. Anche se il bacio non aveva lo stesso fervore di quello che si erano scambiati prima che lui lasciasse Balamb, in qualche modo conteneva un'emozione più profonda. Era semplice e bellissimo... sufficiente a far sentire al suo cuore una tranquillità che non c'era stata per settimane.

Anche in una stanza in cui non era mai stata, in un posto che aveva visitato solo una volta... il suo cuore si sentì a casa.

*****
Nota delle traduttrici: l'aggiornamento di questa storia e di After the Fall è stato dovuto semplicemente a un mio ritardo nel sistemare e inserire i file. Non cambiano le nostre abitudini di aggiornamento: ogni domenica, una volta per uno :)
E l'altra volta mi son scordata, ma adesso lo faccio! Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 12
*** XII. Tempo di Abbracciare - Pomeriggio/Sera ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo Dodici: Tempo di Abbracciare - Pomeriggio/Sera ~

18 maggio- pomeriggio

"Rinny!" La voce rimbombò nell'ufficio del preside come se quello fosse stato un profondo canyon; e Rinoa saltò su a quel brusco infrangersi del silenzio, e la matita le scappò di mano per lo shock.

"Santissimo Hyne, Zell... stai cercando di farmi venire un infarto?"

"Naah, puntavo solo sull'effetto sorpresa," ridacchiò lui mentre entrava nella stanza.

"Ci sei riuscito... e da quand'è che hai cominciato a chiamarmi Rinny?"

"Boh... solo, te non chiamarmi Zelly."

Rinoa sollevò gli occhi al cielo prima di alzarsi e andare a salutare l'amico con un abbraccio affettuoso. "Certo Zell, non c'è problema." Il sarcasmo nella sua voce era palese.

"Ho sentito che eri qui a prendere il fresco nella tundra ghiacciata, e dovevo proprio venire a farti un salutino. Il viaggio, tutto okay?"

"A posto, ma questo continente è davvero più freddo di quel che mi ricordavo, ho una ritrovata passione per i golf. Non so come facciano quelle ragazze a portare le minigonne, quassù."

"Manco io lo so, ma mi fa una gran bella impressione." Strizzò l'occhio in attesa della sua risposta.

"Zell! Ogni giorno che passa sembri sempre più Irvine." Gli sferrò un pugno scherzoso nel fianco, fingendo disgusto. "E per questa battuta, sarai costretto ad accompagnarmi al bar. Ho proprio voglia di un po' di caffè."

Lui le tese la mano e fece, con un sorrisetto, "qualsiasi cosa per te, mia cara Rinny."

Rinoa accettò il gesto, ma lo guardò a occhi stretti con sospetto. "Zell, è possibile che tu sia stato a contatto con una quantità veramente enorme di fumi di vernice?"

Lui le fece l'occhiolino, mentre le apriva la porta e la conduceva verso l'atrio. "No, sono soltanto rimasto rinchiuso col tuo ragazzo tutta la settimana."

"Ah ecco, quella era la mia seconda ipotesi." Non riuscì più a trattenere dentro di sé la risata. Era stato un lungo viaggio, e con tutto lo stress che aveva già sopportato, la minima cosa le faceva sfuggire una risatina. Cercò in tutti i modi di nascondere l'ilarità, con una mano sulla bocca.

"Allora, Rin, che ci facevi quassù nell'ufficio del preside?"

"Oh, mi hanno messa qua a inserire dei dati sugli studenti nel sistema informatico. Ricostruire il database... quel genere di cose."

"Sembra... ehm... divertente. Anche se facevi un bell'effetto seduta dietro la scrivania. Sono sicuro che se il preside Cid somigliasse di più a te, sarei nel suo ufficio in continuazione."

"Uh... ehm... okay Zell, questa faccio finta di non averla nemmeno sentita." Proseguirono lungo il corridoio fino a raggiungere gli ascensori. Zell premette uno dei pulsanti circolari senza pensare, e la cabina si riaprì al livello dei dormitori.

"Ops, pulsante sbagliato," ammise con aria imbarazzata.

Cercarono in contemporanea di premere il bottone per il piano terra. Rinoa si sporse per prima, ma il suo tentativo fu subito bloccato da Zell... i due si lanciarono un'occhiata di amichevole sfida, e per qualche strana ragione cominciò il gioco 'il pulsante lo premo io'. Sfoggiarono entrambi una serie di mosse di difesa e offesa, e nessuno sembrava riuscire ad avere la meglio.

"Hai già sbagliato una volta, ora pigio io!"

"È colpa tua, mi hai fatto pensare che Cid fosse una figa!"

"Oh mio Dio, Zell, non posso credere che tu abbia detto una cosa del genere!"

"È meglio che fai la brava Rinny, se no lo dico a Squall."

Rinoa se lo tolse di mezzo spintonandolo contro la parete di vetro dell'ascensore; ma proprio nel momento in cui stava per raggiungere il succitato pulsante, lui riuscì a riguadagnare la sua posizione d'attacco.

"Ma certo, bene... dillo a Squall... a chi crederà... alla sua ragazza o a Zelly?"

"Che ne dite di 'a nessuno dei due'?" I due si voltarono abbandonando il gioco infantile, a guardare Squall che se ne stava lì a braccia incrociate. "Zell, non ho già affrontato questa discussione con te?"

Entrò nell'ascensore, mentre i due tentavano di nascondere le risate.

"Tecnicamente, Squall, la discussione era sul pulsante 'apri porta', e non su quello del 'piano terra'. Notare la differenza."

Rinoa si morse il labbro per cercare di non ridere all'espressione perplessa del suo ragazzo. Inclinò la testa di lato, e gli sorrise con fare innocente. "Ciao."

"Voi... pensare che il futuro del nostro mondo potrebbe essere lasciato in mano vostra... è dura da accettare. Quello che è ancor più duro da accettare è che nessuno dei due è riuscito a fare questo."

Afferrò Rinoa per la vita e la spostò a sinistra; coi suoi riflessi veloci come la luce, si infilò sotto il braccio di Zell, riuscì finalmente a farsi avanti e premette il pulsante. Mentre l'ascensore continuava la sua discesa, lui teneva ancora il braccio attorno alla vita di Rinoa.

"Inoltre, se sento un'altra volta le parole 'Cid è una figa' da uno di vuoi due... la conseguenza sarà terapia psichiatrica forzata."

*~*~*~*~*

Sera

Era una porta. Un pezzo di legno rettangolare di cui non avrebbe dovuto aver paura... però era la sua porta. A Balamb era stata diverse volte nella camera di Squall, ma in un certo qual modo, dopo tutto ciò che era accaduto, questa sembrava un'altra cosa. Sapeva che avevano lasciato nel vago i programmi per la serata, ma aveva veramente bisogno di vederlo; passare la maggior parte della giornata nell'ufficio isolato del preside l'aveva fatta ricominciare a riflettere, e questa non era sempre una buona cosa. E quindi era lì, fuori... dalla sua porta.

"Rinoa, bussa e finiscila, è una dannatissima porta," sussurrò, ma se qualcuno fosse passato di lì, avrebbe probabilmente pensato che fosse un po' andata.  Nella vita aveva imparato che c'erano molte cose che era difficile fare da sola, eppure non aveva mai pensato che 'bussare' potesse trovarsi in quella lista.

Strusciando un paio di volte le scarpe da tennis sul tappeto, spostò il peso da una gamba all'altra in un gesto nervoso. La giovane donna incrociò le braccia sul petto cercando di calmarsi. Faceva ancora uno strano effetto portare jeans e maglione, invece di correre in giro in pantaloncini e maglietta, o con gli abiti che di solito metteva al lavoro.

Bene, hai pensato abbastanza al tuo guardaroba, bussa alla porta e basta.

Trattenne il respiro mentre sollevava la mano, trovata finalmente la forza di battere sulla superficie. Ci volle qualche secondo, ma infine la porta si aprì appena, giusto quel tanto che bastava al ragazzo per sbirciare fuori nel corridoio.

"Rinoa?"

"Ehm... sì." Non era molto sicura di come rispondere.

"Pensavo di dover venire io a prenderti in camera tua."

Il tono di lui sembrava implicare una certa preoccupazione per la sua presenza lì, e si chiese se non avesse commesso qualche errore da matricola ad andare al 'dormitorio del Comandante' senza essere stata invitata. Forse seguiva qualche rigido protocollo del Garden su cui di solito Balamb sorvolava, data la natura della loro relazione. O peggio ancora... forse, semplicemente non la voleva lì... forse non la voleva proprio a Trabia. Adesso nella sua mente si rincorrevano le possibilità, tutto per la sua frase singolare. Sapeva di essere sempre sembrata un po' troppo ansiosa in passato, e forse viaggiare per centinaia di chilometri per vederlo aveva sorpassato i limiti della loro relazione.

Si sentì subito in imbarazzo, abbassò gli occhi a terra. Con le mani dietro la schiena, prese a muovere la punta del piede sul tappeto in un semicerchio - un'altra inclinazione nervosa che aveva acquisito negli anni. "Mi dispiace veramente... non dovevo venire... parliamo un'altra-"

Le parole si arrestarono quando sentì la stretta di qualcuno che la attirava per i polsi. "Ma che devo fare con te?" domandò lui con tono leggero, scuotendo la testa per il suo comportamento.

Aprendo del tutto la porta, uscì e la condusse all'interno di camera sua. Lì per lì la cosa la colse di sorpresa, era ancora con gli occhi fissi sul motivo cachemere del tappeto; mentre si avvicinava a lui, alzò gli occhi, pronta a qualche risposta di scusa. Ma quando lo vide, perse letteralmente le parole. Lui era lì davanti a lei, con addosso la divisa formale da SeeD, e questo la riportava di nuovo ad una notte che aveva cambiato per sempre il suo destino... e quella notte sembrava distante molte vite. Squall aveva sempre evitato di mettere la divisa, anche alle feste a cui aveva partecipato dopo la sconfitta di Artemisia.

Non le ci volle molto per registrare che non portava i suoi soliti vestiti di ogni giorno; solo che le ci volle molto per attivare i meccanismi motori di base del parlare. Se solo avesse potuto mettere insieme un qualsiasi tipo di risposta verbale, lo avrebbe fatto, ma la giovane donna si era ritrovata in uno stato di leggero shock.

Lui era lì, davanti a lei, esattamente come lo ricordava la prima volta. Capelli disordinati che sfioravano l'orlo del colletto, la giacca blu scuro e nera coi bordi dorati - che lo faceva sembrare più grande dei suoi diciotto anni. Persino i pantaloni da completo ben stirati sembravano riportare a galla un'ondata di ricordi. L'unica cosa ad essere cambiata erano i suoi occhi. Non somigliavano più a quelli dello sconosciuto appoggiato contro una colonna di marmo, sembravano familiari... sembravano veri.

Non sapeva bene quanto tempo fosse rimasta a fissarlo, e nemmeno quando di preciso lui l'avesse portata dentro la camera; era ancora completamente immersa nel ricordo del loro primo ballo insieme. Visto che lei continuava a rimanere in silenzio, Squall cominciò a mettere insieme faticosamente una spiegazione, anche se non sapeva perché la trovasse una cosa difficile da spiegare.

"Trabia oggi ha nominato un Comandante. Volevano delle foto ufficiali di tutti... e io... ehm... ho dovuto... hai capito. Stavo giusto per cambiarmi prima di venirti a prendere. Mi sento veramente a disagio-"

"No!" Fu la prima parola che le sfuggì dalle labbra, anche se, senza volerlo, era uscita come una richiesta. "No... non ancora." Scosse la testa cercando di pensare a qualsiasi cosa che contenesse più di una sillaba. "Oh wow, Squall... è semplicemente... non riesco a spiegarlo."

Lui la guardò, disorientato dalle sue azioni. "È un'uniforme Rinoa, che c'è da spiegare?"

Rinoa gli si avvicinò, concedendosi il semplice piacere di toccare la stoffa sul braccio prima di dirigersi verso il letto. Mentre si sedeva, mille ricordi le inondarono la mente come se si fosse rotta una diga. Come si fa a spiegare? Era stato l'inizio... l'inizio di ogni cosa. Sembrava così diverso, e le immagini di lui al ballo erano ancora fresche da quando aveva svelato i ricordi repressi. Solo poche settimane prima aveva visto loro due ballare sul pavimento di marmo, l'imbarazzo, e poi la bellezza. Ma quella volta aveva anche sentito i pensieri nella mente di Squall, quelli che non erano mai stati fatti per essere uditi. Adesso era una persona diversa, e non perché lei l'avesse cambiato, ma perché voleva esserlo. Era lì davanti a lei nell'uniforme che aveva dato inizio a tutto, ma la persona che la indossava era diversa. Aveva diciott'anni, era il Comandante di Balamb, e un cavaliere... il suo cavaliere. Non soltanto un bel ragazzo appoggiato al muro.

Il letto s'inclinò quando lui le si sedette accanto, ma sembrava che Squall volesse mantenere un po' di distanza. Era chiaro che il suo comportamento lo confondeva. In un certo senso, Rinoa credeva che tutto riportasse a quella prima sera, il bene, il male, e le sfumature di grigio che sembravano annuvolare gran parte della sua vita in quel momento. Forse se allora non si fosse comportata in maniera così immatura, tutta la serata sarebbe potuta andare un po' più liscia. Eppure forse se non fosse stata lei, non sarebbero stati seduti vicini in quel momento.

"Va tutto bene?" Stava cercando di consolarla, anche se non aveva la minima idea, onestamente, di quale fosse il problema... ma era abbastanza sicuro che c'entrasse la divisa. "Posso togliermela, davvero, stavo proprio per cambiarmi."

"Non cambiarti..."

La frase uscì fuori insicura, e ancora una volta, lui non seppe come interpretare quel commento. "Rinoa, penso che dovremmo rimanere qui. Penso che forse abbiamo bisogno di parlare." L'improvviso cambio nel suo comportamento lo preoccupava, e aveva l'impressione che si stesse chiudendo come aveva fatto quella sera a Balamb. "Se c'entra qualcosa con Artemisia allora-"

"Non c'entra nulla." Era la prima volta nel giro di quei minuti che alzava gli occhi dal parquet. "È questo il fatto... ho soltanto capito che non deve per forza entrarci lei. Credo che abbia più a che fare con me."

"Rinoa, no che non è così. Lei ha manipolato i ricordi." Fu solo per istinto che le circondò le spalle con il braccio, la reazione del suo cuore prima che la testa potesse protestare. Era tutto quello che poteva fare per tranquillizzarla, ma lei sembrò calmarsi al suo tocco... e lui ne fu grato. Rinoa si riprese abbastanza da guardarlo negli occhi... a volte le riusciva così difficile guardarli. Sotto una certa luce sembravano contenere la passione di una tempesta sfrenata, altre volte erano tranquilli come una sera di chiaro di luna. C'era sempre tanta emozione dentro ai suoi occhi... anche se nascosta per chi non sapeva come guardare.

"È solo che, Squall... vederti con questa addosso... è così che abbiamo cominciato. Ho tante emozioni contrastanti di quella sera, tante volte vorrei veramente tornare indietro e correggere tutti gli sbagli. Sai, ho visto me stessa... la scena era dalla prospettiva di un'altra persona. Adesso mi sento una specie di idiota ad aver detto 'ti piaccio-ti piaccio', e averti trascinato sulla pista da ballo, per poi andarmene senza neanche un 'grazie' o un 'buonanotte'. Non ti ho nemmeno detto il mio nome... ti ho mollato lì appena ho visto Cid."

"Allora era Cid." Non avrebbe voluto dirlo ad alta voce, ma in quel momento non capiva proprio che cosa stesse succedendo.

"E chi altri poteva... oh..."

Distolse lo sguardo, c'era da immaginare che Squall avrebbe appreso qualcos'altro su quella sera, anche se era qualcosa che lei avrebbe preferito dimenticare. Nelle ultime poche settimane, parlando con gli altri e con lui al telefono, aveva capito una cosa - qualsiasi cosa fosse accaduta da allora in poi, doveva essere fatta in onestà e verità. Niente nascondersi, niente segreti, doveva ammettere gli errori del passato esattamente come avrebbe dovuto inevitabilmente farlo lui... il loro futuro dipendeva da questo.

La sua voce vacillò mentre confessava. "No, avevo visto Seifer più o meno a metà del ballo. Credo fosse una parte del motivo per cui ho insistito tanto per tenerti lì... una parte di me voleva farlo ingelosire... Squall, non sapevo della vostra storia."

Forse lui lo sapeva di già, forse aveva capito come stavano le cose, ma in un modo o nell'altro, sentirlo fu un colpo più forte di quel che si era immaginato. Non l'aveva fatto apposta, ma inconsciamente aveva tolto il braccio dalle sue spalle dopo aver recepito quelle parole. Forse una parte della sua mente avrebbe prima o poi dovuto accettare che Rinoa aveva avuto altri ragazzi, ma c'era anche un lato del suo ego che desiderava negare che Seifer fosse stato tra loro.

"Aspetta... per favore," lo pregò, posando la sinistra sul suo petto quando lui spostò lo sguardo lontano da lei.

Stava per continuare con qualche spiegazione superflua, o offrire le sue scuse per cose che non poteva cambiare, ma ancora una volta le mancarono le parole. Il materiale sotto il palmo della sua mano le dava una sensazione quasi irreale, che la riportava ai momenti in cui aveva ballato con lui... le cose di quella sera che non rimpiangeva, come l'averlo incontrato sotto una stella cadente. Le dita di lei si attardarono ancora sul suo petto, fissando nella memoria ogni piega del tessuto, ogni imperfezione del ricamo, ma non riusciva a fermarsi. Era come se qualche forza irresistibile le guidasse la mano; prima che la sua mente se ne accorgesse, stava già passando le dita sul bordo dorato, e tutto il suo corpo si spostava più vicino a lui. La complessa passamaneria pareva seta al tatto, in contrasto con il materiale scuro e più rigido che gli copriva la maggior parte del torace. Percorse l'orlo con un dito, seguendo la linea fino al punto in cui era allacciata una catena che teneva insieme il davanti. Non era il suo solito ciondolo con Griever; immaginava che quello fosse ancora sotto la giacca. Era una grossa catena decorativa di una decina di anelli circa, sospesa ad entrambe le estremità con due spille a forma di rombo.

Infilando solo la punta dell'indice in uno degli anelli metallici, riuscì a pronunciare a voce alta le parole che le inondavano la mente. "Squall, voglio che siamo onesti, credo che questo lo abbiamo imparato."

Trovando con la verità il coraggio, si voltò del tutto a guardarlo in viso. Pian piano spostò la mano libera per posarla lievemente sulla sua spalla più lontana. Rinoa si sorprese che la stoffa blu navy che gli copriva le spalle fosse velluto, una consistenza più soffice di quel che credeva possibile. Spostò l'attenzione dall'uniforme, per cercare sul suo viso il coraggio di cui aveva così disperatamente bisogno. Fu sorpresa quando incrociò uno sguardo metallico, e si chiese dentro di sé come poteva sopportare di vederla in quel momento. Era la prima volta che si guardavano da quando aveva fatto il nome di Seifer.

"Squall, neanch'io posso cambiare il mio passato. Ho commesso un sacco di errori, ma almeno una cosa giusta l'ho fatta. Ho trovato te."

"Rinoa..." Il nome sfumò nel silenzio mentre lui la circondava con fermezza con entrambe le braccia. La ragazza si sentiva così in colpa in quel momento per il suo passato, e Squall sapeva che aveva ragione: non c'era niente che nessuno di loro due potesse fare per cambiare ciò che era accaduto prima del loro incontro. Era solo il futuro che importava... il loro futuro. Rinoa seppellì il viso contro il suo petto quando le braccia la serrarono, restituendo il gesto con ancor più intensità. Si sentì solleticare dal caldo respiro di lui mentre le dava un bacio sui capelli per confortarla.

Quando lo sentì deglutire pensò che stesse per parlare, così si mosse quel tanto che bastava per guardarlo. E prima di rendersene conto, fu attirata in un bacio appassionato, e il suo corpo cominciò a ricordare la sensazione che era stata estranea per settimane. Una mano di lui le saliva verso il collo, mentre l'altra continuava a stringerla alla vita. Sembrava che fossero passati anni, sembrava il paradiso. Desiderava restare così per sempre, inspirando quella poca aria che il contatto permetteva. Ma in quel momento, più ancora del suo tocco, aveva bisogno di un'altra cosa... Aveva bisogno di riparare ai suoi errori, tutti quelli che erano nati da quella sera sotto una stella cadente. Riluttante, interruppe le sue avances. Il giovane sembrò dispiaciuto per la sua reazione, e cercò disperatamente di stringerla di nuovo a sé.

"Aspetta..." disse fra i baci affrettati. Aveva la netta impressione di stargli dicendo di 'aspettare' parecchio quella sera. Sperava solo che col dovuto tempo avrebbe capito. Si alzò in piedi sulle gambe tremanti, non sapeva bene nemmeno se potessero reggere il loro stesso peso; e con una mano al petto, chiuse gli occhi, cercando di far smettere al suo mondo di vorticare in modo incontrollabile.

"Va tutto bene?" Squall pensò all'istante che si era comportato fuori dai suoi schemi. Aveva agito solo per istinto, o desiderio, cose che stava cominciando rapidamente a mettere in discussione.

"Perfettamente," rispose quando aprì gli occhi, rassicurandolo con un sorriso. Si diresse verso una libreria e accese uno stereo portatile che lui aveva messo su un ripiano. Premette il pulsante 'play' senza sapere che CD ci fosse dentro... In realtà non importava, stava cercando solo qualcosa che facesse da sottofondo. Entro un paio di secondi partì un brano hip-hop - aveva un ritmo abbastanza tranquillo, ma non era qualcosa che si potesse catalogare nemmeno vicino ad un lento. Lo fissò con uno sguardo strano per un momento, e lui rispose alla domanda prima ancora che lei potesse fargliela.

"Roba di Zell... Io non ho nemmeno pensato a portare qualcosa."

La giovane donna sorrise serenamente prima di rispondere. "Sono solo sollevata che non sia una boy band."

Lui rise appena per la sua uscita, anche se era ancora del tutto confuso per quello che stava facendo. Rinoa prese un bel respiro prima di piazzarsi davanti a lui, che era sempre seduto sul letto. La testa inclinata da un lato, sorrise, rivolgendo l'indice verso l'alto.

"Il soffitto?" rispose lui, prima di realizzare quello che stava cercando di fare.

"Seguimi," insistette lei, continuando a indicare in su.

Osservò l'espressione del suo cavaliere passare dallo smarrimento alla comprensione; i suoi occhi racchiudevano quell'emozione che mancava a volte alle sue parole. Squall le rivolse un sorrisetto, prima di inclinare la testa da un lato e indirizzarle uno sguardo che imitava quello che aveva avuto negli occhi la prima sera. Il sorriso di lei si fece brillante, ora, e la ragazza allungò la mano per istinto verso i due anelli alla collana; si chiese se avesse stretto il gioiello di sua madre quella prima sera. In quanto a lui, tutto quello che aveva visto erano stati i suoi occhi... e poi le sue gambe... Va bene, ad essere onesti quel vestito parecchio corto era stato secondo solo di poco agli occhi.

Rinoa si avvicinò di un passo e si inginocchiò all'altezza di lui, anche se la prima sera ovviamente lui si trovava in piedi... non seduto su un letto. Doveva solo improvvisare viste le circostanze di questo 'primo' incontro.

"Sai che sei il più carino... balliamo?"

"Perché sono l'unico qui," rispose lui con un occhiolino, cosa inusuale per lui.

Lei si portò una mano al fianco, spedendogli uno sguardo abbastanza irritato. "...Squall."

"...E così sai il mio nome." Si sporse verso di lei, continuando ad avvicinarsi al punto dove si trovava; dai suoi occhi vedeva che stava davvero cominciando a infastidirsi, così decise di continuare il gioco. A volte non riusciva a trattenersi, c'era qualcosa di troppo divertente nel metterla in difficoltà. Rinoa era così... in mancanza di una parola più adatta... carina.

"Scusa," rispose tranquillamente, mentre stavolta spostava lo sguardo per far finta di ignorarla.

"O balli solo con le ragazze che ti piacciono? Guardami negli occhi..." E lì si fermò. Era la parte che la infastidiva nei ricordi... ma stava sinceramente cercando di riparare agli errori del passato. E dunque, invece di provare a farlo entrare in una qualche specie di trance ipnotica, questa volta quando lui distolse lo sguardo sapeva già quali parole voleva dirgli. Era solo disporle in maniera coerente il difficile.

"Ciao... sto cercando il preside, ma speravo che tu avessi voglia di ballare con me almeno una volta. Ad essere sinceri, non mi piace trovarmi da sola in questo genere di cose; dovevo incontrarmi con qualcun altro ma... ho aspettato fuori, sembra se ne sia dimenticato. So che non mi conosci, e probabilmente nemmeno lo vuoi..." Si interruppe, accorgendosi che stava parlando a vanvera in quel momento. Eppure lui la stava ancora guardando: i suoi occhi erano incredibili esattamente come quella prima sera sotto le luci della sala da ballo. Si morse nervosamente il labbro, prima della frase successiva. "Piacere... sono Rinoa Caraway."

Non era sicuro di aver sentito bene; credeva infatti fosse la sua immaginazione che giocava scherzi all'udito. Aveva visto quel nome all'ospedale sul braccialetto identificativo, e in tutta onestà, si era sempre chiesto quale dei due fosse legalmente il suo nome. Per non dire che c'era anche quell'iscrizione da matricola compilata per una 'Rinoa Caraway' al Garden di Galbadia. Solo che sentirla dire quella parola, invece di 'Heartilly', sembrava così estraneo.

Lei distolse lo sguardo, impacciata. "Immagino sia difficile cominciare una relazione, quando non sai nemmeno con chi stai uscendo," ammise la giovane, tornando su tutte le cose che desiderava di aver detto, prima che lui scoprisse la verità da solo. "Mio padre è generale nell'esercito di Galbadia, mia madre usava il nome da nubile per gli spettacoli... era una cantante." Il suo tono si addolcì, mentre piccole lacrime le sfuggivano all'angolo degli occhi. Non sapeva se era per aver finalmente ammesso la verità, o solo perché era umiliata per avergli nascosto il suo nome legale per così tanto tempo. "Mia madre è morta e... io e mio padre... Beh, quando sono stata più grande ho lasciato il mio cognome... 'Heartilly' era il secondo che mi era stato dato."

Squall si alzò dal materasso, tendendo il braccio verso di lei. Voleva veramente fermarla, stringerla, ma capiva anche che cosa stava facendo: era qualcosa che doveva fare. La mano di lei tremava quando incontrò la sua, e gli occhi si girarono a guardarlo in viso. "Non potevo ufficialmente cambiarlo fino ai diciotto anni, a meno di non diventare minorenne indipendente... ma era troppa fatica. Fuggire era più facile."

Guardarla soffrire di nuovo divenne troppo da sopportare. Squall l'aveva da poco vista subire il peso dei ricordi di Artemisia, e adesso stava soffrendo per qualcosa che sarebbe dovuto essere semplice. Non lo era. Sapeva che erano per lei cose difficili di cui parlare. Non poteva più contrastare il suo cuore, e le avvolse le braccia intorno alla vita quasi di forza. Rinoa avvertì il calore e il senso di sicurezza che la circondavano, e lasciò che il suo corpo si rilassasse a quel tocco. E di nuovo, posò la testa sulla sua giacca, sentendo adesso il tessuto morbido carezzarle la guancia. Lui dondolava lentamente avanti e indietro, come se stessero ballando a tempo con la musica.

Un minuto dopo, cominciò a bassa voce a confessare il suo rimorso. "Mi chiamo Squall Leonhart, sono appena diventato un SeeD, questa sera. Non so ballare... bene." Rinoa non poté trattenere una piccola risata per il modo in cui aveva sottolineato la parola 'bene'. Diversamente dal loro primo incontro, quando aveva omesso del tutto quell'utile dettaglio. Lui la baciò dolcemente sulla fronte prima di continuare. "Sono stato obbligato a seguire lezioni di etichetta al Garden, ma ad essere sinceri ho passato la maggior parte del tempo con la testa fra le nuvole... a pensare a tutto fuorché all'etichetta... di solito c'era di mezzo un arsenale. A dir la verità non ho mai ballato a una di queste feste, ma qualcosa nel cuore mi dice di farlo... anche se la testa protesta energicamente. E sfortunatamente, è la mia testa a controllare anche i piedi. Quindi sopportami, ok?"

La sentì annuire contro il suo petto, anche se non rispose a parole. Fu allora che colse qualcosa che Rinoa aveva detto nella sua spiegazione. Forse era il suo modo di chiedere scusa per un commento fatto prima; adesso poteva capire perché avesse continuato a ballare con lui quella sera. "E mi riesce difficile credere che qualcuno possa dimenticarsi di te, signorina Caraway. Fa molto freddo fuori, e io non ti farei mai aspettare. Ma mi devi promettere una cosa... non te ne andrai quando questo ballo sarà finito."

"Non questa volta," rispose la giovane strega, serrando le braccia ancor più forte contro la schiena del suo cavaliere. "E mai più."

"Volevi ballare?"

"No, vorrei solo stare qui... così, per sempre." Sollevò lo sguardo, voleva vederlo in viso, perché i suoi occhi mostravano sempre la verità. "Squall, davvero va bene che io sia qui? Non stai pensando che sono appiccicosa, o qualcosa del genere, vero?" Non le era uscito come avrebbe voluto, ma ora come ora non sapeva nemmeno per certo se stesse parlando una lingua comprensibile.

Lui non poté non ridere dentro di sé: Rinoa pensava davvero di stare facendo qualcosa di sbagliato. Alzò gli occhi al cielo, ripetendo la stessa domanda di quando aveva aperto la porta. "Che devo fare con te?" Le spostò una mano dalla vita per raggiungere la sua guancia; questa volta, i loro sguardi s'intrecciarono. "Rin, va più che bene. Adesso basta preoccuparsi di questa cosa."

"Un attimo," rispose lei, chiudendo gli occhi mentre continuavano a muoversi a tempo. "Mi pareva di essere stata io stamani a dirti di smettere di preoccuparti... del fatto che siamo qui. Quindi non puoi dirmi di non preoccuparti. Non è giusto."

"Non mi sono mai preoccupato del fatto che tu fossi qui. Ero solo in pensiero per questo strano comportamento di Cid. Ma adesso va tutto bene, non è con lui che sto ballando... anche se fosse stata una figa."

"Non cominciare nemmeno, con me," lo avvertì.

"Ho imparato."

La canzone stava finendo, e lui spostò una mano dalla vita, afferrandole il polso. In un solo gesto fluido le fece fare una piroetta, poi la girò di nuovo verso di sé. Lei rise mentre si lanciava all'indietro in un caschè, ancora sostenuta dalla forza delle braccia del ragazzo.

"Non abbiamo i fuochi d'artificio," riuscì a dire Squall mentre ancora la teneva nella posizione conclusiva.

"E a chi servono?" rispose lei attirandolo a sé. Mentre le loro labbra si univano di nuovo, si disse Questo è un finale decisamente migliore per il ballo.

Squall si stava aprendo a lei, un pochino di più ogni giorno. Ma avevano ancora le battaglie, le barriere, e lui era ancora una persona diversa fuori dalle loro stanze. Stava lottando tra quello che voleva essere, e la persona che tutti gli altri credevano che fosse. Gli incubi di Rinoa non si sarebbero arrestati con quel ballo, ma avrebbe almeno dato una mano a raddrizzare i ricordi. Aveva avvertito un cambiamento sin da quando era arrivata a Trabia, ma nemmeno lei avrebbe saputo dire cosa significasse; se fossero loro, o il futuro, o un ostacolo ancora senza nome. Dovevano soltanto affidarsi alla verità, e credere l'uno nell'altra.

Forse adesso aveva aggiustato il loro primo incontro, o in qualche modo fatto sembrare appena un po' più a posto i ricordi dentro la sua mente. Se fosse una cosa o l'altra, non importava. Avrebbero superato qualsiasi cosa, ci voleva solo del tempo.

E in quel momento, non riusciva a pensare ad un 'tempo' migliore di quello passato con lui.

*****
Nota delle traduttrici: eccoci :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 13
*** XIII. Un tempo per odiare - Parte I ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XIII: Un tempo per odiare ~

20 maggio

Il ritmo della musica riempiva la stanza, e si trovò inconsciamente a canticchiare insieme alla melodia. Rinoa era grata di aver accettato l'offerta di Selphie di usare il suo lettore CD portatile, dato che aveva scoperto troppo velocemente l'isolamento di Trabia. Era stesa sul letto, con la schiena contro la testiera. Beh, non che ci fossero molte altre possibilità, dato che sembrava che alla stanza mancassero sedie. Eppure rimaneva la scrivania, e ci teneva sopra la radio, insieme a poche altre cose sparse.

La matita incontrava la carta con un tocco di piuma. Il suo diario sembrava più un blocco per scarabocchi, piuttosto che qualcosa che in origine doveva essere usato per scrivere. Tra le sue pagine c'erano schizzi di praticamente tutto l'immaginabile. Non era così brava in arte, ma si trovava affascinata dall'ombreggiatura. Il modo il cui lo scuro e il chiaro contrastavano, gettando numerose sfumature di ombra. L'ombreggiatura stessa poteva cambiare interamente il significato, o l'emozione, che stava dietro un oggetto.

Era un concetto che aveva scoperto durante l'infanzia - quando solo il conforto delle braccia di sua madre poteva darle sollievo. Era successo una notte, quando le tende erano rimaste parzialmente aperte e la luna filtrava all'interno, gettando ombre minacciose nella stanza. Le bambole che riempivano la sua stanza sembravano angeli durante il giorno, ma nascoste tra le ombre della notte sembravano più copie di Artemisia.

Non dovevano essere per forza oggetti semplici come bambole; il concetto poteva essere applicato su una scala più larga. Durante il giorno, le cime coperte di neve di Trabia decoravano con maestosità l'orizzonte, ma al tramonto l'ombra offriva una prospettiva del tutto diversa. Fredda, desolata, sola... persino mortale. Quindi Rinoa sedeva contro la testiera, disegnando il picco di una montagna che stava fuori dalla sua finestra. Dopo la scomparsa del sole, aveva assunto anch'essa un aspetto più sinistro; non poteva vederla nel buio, ma sapeva che c'era.

Gli ultimi due giorni erano stati belli, quasi 'meravigliosi'. Sempre che fosse possibile, date le circostanze della loro presenza a Trabia, tanto per dirne una. Voleva dargli il suo spazio, lasciare che fosse lui a stabilire il ritmo della loro routine. Dando l'ultimo colpo di matita al suo schizzo, voltò la pagina in un futile tentativo di usare il diario per il suo vero scopo. Per scrivere su nulla di preciso, più sulle cose che aveva visto nel corso del viaggio fino a Trabia.

Qualcuno bussò alla porta, spaventandola e distraendola così dall'universo recluso che aveva creato intorno a sé. Almeno stavolta riuscì a tenere la matita, senza girarla all'insù come se fosse un coltellino. Era sorprendente che ci fosse qualcuno, data l'ora. Rinoa non poteva dire di non era grata della distrazione da... uhm... beh, qualsiasi cosa stesse facendo. Onestamente, sperava che fosse lui, ma allo stesso cercava di difendersi dalla delusione.

"Avanti, è aperto."

La porta si aprì con cautela, prima che una figura emergesse dal corridoio. Il suo sorriso si fece più intenso quando i suoi occhi castani incontrarono occhi azzurri, e si trovò a lottare contro l'impulso di saltare disperatamente tra le sue braccia. Con un movimento del polso lui le fece cenno che non c'era bisogno che si alzasse, mentre si chiudeva la porta alle spalle. Squall le rivolse uno di quegli sguardi 'da Comandante', prima di indicare la porta con il pollice.

Lei chiuse il diario, insospettita dalle sue azioni, e lo gettò sulla scrivania, dove atterrò con un 'thud' che echeggiò nella stanza.

"Uhm... la porta?"

Il suo sguardo non vacillò mai mentre si avvicinava. Non che gli ci volessero più di tre falcate per raggiungere il letto, dato che la stanza di Rinoa era un quarto della sua. Il Comandante si sedette, guardandola con indifferenza.

"Rinoa... vieni qui."

Lei scivolò fino all'altro lato del letto, mettendo i piedi sul pavimento. Senza rendersene conto, stava sorridendo... in qualche modo, era diventata una seconda natura quando c'era anche lui. Mettendosi entrambe le mani sulle gambe, si avvicinò, aspettando una qualche forma di saluto romantico da parte sua.

"Sì, Squall?" Il suo tono era il più dolce possibile, e si avvicinò ancora di più.

Lui si avvicinò a sua volta, imitando i movimenti di lei, mentre la sua voce si spostava sul seduttivo, proprio come aveva fatto quella di lei. "Rinoa, perché la porta non era chiusa a chiave? Non avresti almeno dovuto chiedere chi era? Avrebbe potuto essere chiunque, e-"

Lei alzò gli occhi al cielo disgustata, cadendo sconfitta all'indietro sul materasso. Era dolorosamente ovvio che non avrebbe avuto un bacio o un abbraccio, solo una predica. Sfortunatamente per lei, aveva deciso nella pluripremiata modalità 'Comandante SeeD Cauto'. Sarebbe stata una lunga notte. Aveva già accettato che questa era una battaglia su cui avrebbe dovuto cedere, ma dannazione, avrebbe comunque vinto la guerra. Solo non quella sera.

"Sì... come al solito, hai ragione, Comandante."

In un momentaneo lasso di lucidità, pensò di ritirare la bandiera bianca. Sarebbe stato divertente se avesse potuto rigirare la predica a lui; era entrata nella sua 'stanza non chiusa a chiave' più di una volta prima che avessero ufficialmente iniziato a uscire insieme. Ma la ragazza, stanca, immaginò che non fosse né il momento né il luogo per tirare fuori quel fatto. E in qualche modo, come era abitudine di Squall, avrebbe rivoltato tutta la faccenda contro di lei.

Mentalmente, poteva sentirlo predicare, "mi conoscevi a malapena e sei entrata nella mia stanza mentre dormivo... due volte? Chi fa una cosa del genere? Mi sveglio e mi stai guardando, e hai pure la faccia tosta di dirmi che parlo nel sonno. Non riesco a credere che tu sia entrata a quel modo - senza bussare! Sei stata fortunata a non finire con un gunblade che ti attraversava l'intestino."

Sì, romanticherie, intestino e Squall Leonhart sembravano andare mano nella mano. Ma non era stata la sola a fare quelle cose, e poteva sfruttare quella vitale informazione a suo favore. "Beh, sì, ma Quistis e Selphie hanno detto che hanno loro sono entrate! La porta... di nuovo, non chiusa! Quindi, ecco chi altro fa una cosa del genere! Ti conoscono entrambe da molto, e non mai finite sul lato di chi riceve le tue minacce."

"Quando?" Ovviamente, avrebbe chiesto di sapere i dettagli... mente logica e tutto il resto.

"Selphie ha detto che hai lasciato la porta aperta prima del ballo! Quistis ha detto di essere entrata perché voleva giocare a carte... nel cuore della notte. Oh, oh, oh! E Zell ha detto che ha spostato tutto il contenuto della tua stanza, quando non c'eri - anche se forse avevi meno di quindici cose. Non è quello il punto! Quindi non dormi, 'signor Paranoico', di assicurarmi di chiudere la porta e-"

Oh Dio, stava davvero litigando mentalmente con lui mentre lui stava... sì, la stava guardando con occhi vacui. Questa non avrebbe nemmeno cercato di spiegarla.

"Err... sì Squall, scusa. Mi assicurerò che sia chiusa d'ora in poi, hai ragione."

"Puoi anche aver ragione, ma almeno io non parlo mentre dormo!" Ok, era almeno un qualcosa su cui impuntarsi mentalmente.

"Ricordatelo e basta in futuro, ok? È molto importante."

"Sì, Squall, chiuderò la porta tutte le volte." Si tirò su a sedere, alzando la mano destra in aria. Il braccio sinistro lo avvolse intorno a uno dei cuscini, mentre giurava la sua promessa non ufficiale.

Lui la guardò seccamente, senza mai cambiare la sua espressione severa. "Uhm, non quello, Rin. Ma il fatto, come hai appena eloquentemente affermato, che ho sempre ragione." L'ombra di un cuscino gli volò accanto agli occhi, prima che un altro lo colpisse dritto in faccia. Il suo tono non cambiò nemmeno mentre il secondo gli cadeva bruscamente in grembo, "e dovrei ricordarti che è contro il regolamento del Garden attaccare un SeeD."

"Ah sì, e dovrei ricordarti, Comandante Leonhart, che è contro le regole essere a letto con un membro dello staff." Si coprì la bocca, voltando immediatamente la testa. Oh Dio, oh Dio, Rinoa perché diamine hai appena detto una cosa del genere? Cambia argomento in fretta...

"A dire il vero, il manuale sottolinea in particolare nell' 'Articolo 5, Sottosezione B', che non posso avere relazioni intime con un altro SeeD, un insegnante, o una matricola che frequenti il Garden. Non c'è alcuna regola contro l'essere insieme a un civile."

Lo ha appena detto? 'Conosce' questa sfumatura tecnica a memoria? Rinoa lo guardò incredula, la bocca aperta per lo shock. Uno strano imbarazzo passò tra loro; nessuno dei due sapeva davvero come affrontare ciò che era implicito.

Lui era ugualmente confuso dal suo stesso commento. Un'idea fuggevole gli attraversò la mente. Sarebbe fisicamente possibile saltare da una finestra al terzo piano in una montagnetta di neve di Trabia, o in cassonetto lì vicino, senza rompersi troppe ossa? Cercando di non mostrare il suo nervosismo, chiuse il pugno, sperando che lei non vedesse quanto fosse spaventato. Doveva cambiare argomento... velocemente, molto, molto velocemente.

Alla fine, parlò per spezzare la tensione, anche se non così coerentemente. "Uhm... comunque... sì," balbettò mentre si grattava nervosamente la nuca. Per un momento pensò di star avendo un 'flashback di Laguna', rendendosi improvvisamente contro che di nuovo il 'cretino' in questione era lui. Desiderava solo poterle dire le cose, senza pensare sempre a come uscivano. D'altra parte, dopo il suo commento di poco prima, forse avrebbe dovuto pensarci un po' di più.

"Diario?"

"Eh?" chiese lei, fissandolo completamente confusa. Era quasi carino quanto era mortificato. O almeno lo sarebbe stato, se lei non fosse stata imbarazzata quanto lui.

Lui alzò appena il braccio, indicando la scrivania. "Tieni un diario?"

"Oh." Allungò una mano ad afferrare il diario, stringendolo al petto. Parte di lei sentiva di star proteggendo il quaderno come un bambino spaventato dal proprio genitore. "Ne ho sempre avuto uno... fin da quando ero più piccola. So che Selphie voleva che le persone mettessero online i loro pensieri. Alcune cose non mi dispiacerebbe condividerle con il mondo, ma alcune sono personali. Non lo so... è solo che non è da me."

"Di certo non è da me."

Lei ridacchiò alla sua serietà. "No, proprio non da te." Lei fece una paura, ricordando il motivo principale dietro ai messaggi nel computer del Garden. "I tuoi... i tuoi ricordi stanno tornando?" Si morse nervosamente il labbro dopo averlo chiesto; lui non era ancora a suo agio nel parlare di alcuni argomenti - i suoi genitori, i sentimenti, e il 'passato in generale' erano in cima alla lista.

"Sì. Non tutti buoni, non tutti cattivi. È diverso non doversi appoggiare regolarmente ai GF." Lui scrollò le spalle, indifferente, mettendo totalmente da parte l'argomento GF. "Ma fino a quando possiamo mantenere degli alti standard di addestramento alla lotta, la SeeD continuerà ad ottenere i suoi obiettivi diplomatici." Era appena sembrato un volantino, un'altra volta? Doveva smetterla di farlo, si spaventava da solo. "Rinoa, parlando di 'standard'... stavo giusto andando al Centro Addestramento. Pensavo che forse ti piacerebbe venire."

Parlando di standard? Buona, buona questa... come dovrebbe prenderla? Si schiarì la gola. "Intendo standard di combattimento, così posso mantenere i miei standard di combattimento."

Lei rise, sia alla sua correzione che ai suoi ricordi. Rinoa ricordò il primo giro che lui, riluttante, le fece fare del Garden di Balamb. Quei primi giorni erano una grande confusione, eppure la sua immagine rimaneva vivida come fosse stato il giorno prima. Non era un allegro campeggiatore, allora, non che si potesse mai classificare Squall Leonhart come 'allegro campeggiatore'. Anche se era stata una delle prime occasioni in cui si era permesso di mostrare un senso dell'umorismo, e per di più con la dottoressa Kadowaki. Era sempre lì, solo un po' deviato dal corso principale.

In verità, l'ultima cosa che pensava di fare in quel momento era avere interiora di mostro che le correvano sul corpo. Comunque, era tempo insieme a lui, e guardarlo muoversi in battaglia aveva un fascino indescrivibile. Con il suo nuovo lavoro, non si allenava per bene da un po' - premere tasti al computer non richiedeva la resistenza necessaria a decapitare un Grat. L'unico problema che poteva prevedere era non prestare sufficiente attenzione ai mostri. Lui era l'unico che riusciva a rendere affascinanti gli intestini di mostro.

"Pensavo avessi detto durante il nostro giro che non porteresti mai una ragazza al Centro Addestramento per un appuntamento?" scherzò, scendendo dal letto e aprendo l custodia del suo Blaster Edge.

"Non lo farei," sorrise lui caustico. "Ci porto te."

"Non è divertente, Leonhart," replicò lei, allacciandosi l'arma al braccio. "Proprio per nulla divertente."

*~*~*~*~*

"Che cosa vuoi dire?" chiese Rinoa mentre si aprivano le porte idrauliche. Insieme uscirono nel corridoio, le armi in mano.

"Beh, come a Balamb, hanno diviso il Centro Addestramento in due aree separate. La prima conterrà nemici di livello più basso, per i studenti più giovani. L'altra conterrà mostri di livello più alto... Gojusheel, Dragon Izolde e simili. Solo che non hanno ancora riempito l'area avanzata, quindi l'unica scelta dei combattimento adesso ricade sui nemici più deboli."

"Ah. sembra... eccitante."

"È sarcasmo?"

"Da parte mia, mai."

"Adesso so che lo era... e chi ha detto che si combatte contro i mostri stasera?"

"Tu!" insistette lei, fermandosi fuori dalle porte chiuse.

"Vedi come sei poco attenta, signorina Heartilly? Ti ho chiesto se volevi venire al Centro Addestramento con me."

"Ma ci siamo fermati alla tua stanza per prendere l'arma," ragionò lei, stringendo gli occhi fingendo rabbia e indicando con enfasi il Lionheart.

"Beh, sì... ho dovuto... tu hai portato la tua e non potevo destare sospetti."

"Lo stai già facendo," ribatté lei, cercando di capire cosa stava succedendo in quella sua mente complessa. A volte c'era più nelle sue parole di quanto fosse percepito dalle orecchie, ma non avrebbe scambiato la sua elusività per un milione di guil. Mise il palmo contro le porte scorrevoli, e sentì una strana sensazione avvolgerle il corpo. La giovane donna se la scrollò mentalmente di dosso, immaginando che fosse per il cambiamento di temperatura.

"Allora, se non 'combattiamo' con i mostri cosa faremo?"

"Faremo-" Si interruppe a metà frase, abbassando lo sguardo. Spostando l'arma nella mano sinistra, spostò la destra alla cintura e prese un piccolo cerca-persone.

"Squall?" Lei lo guardò preoccupata, dato che lui sembrava incantato dal display. "Tutto a posto?"

"...Non ne sono sicuro."

Era come acqua ghiacciata che gli correva nelle vene, mentre la sua risposta sembrava bloccarglisi in gola. Un messaggio lampeggiava sullo schermo, e gli diceva di andare direttamente nell'ufficio del preside - era stato trasmesso da Cid. Negli ultimi due giorni, il suo superiore aveva misteriosamente perso tutti i contatti con il Garden. Nello specifico con lui, dato che non aveva risposto a nessuno dei suoi numerosi messaggi. Ora quell'uomo saltava fuori a Trabia ad un'ora del genere.

"Rinoa... scusa, devo andare."

"Sì, nessun problema." Lei si sentì improvvisamente come un'estranea nel suo mondo, senza essere sicura di dove andasse collocata. E per quanto si sforzasse, non riusciva a capire perché.

"Rinoa...stai bene?"

Notando come era cambiato il suo comportamento, lui non poté evitare di sentire una preoccupazione travolgente. Il piccolo oggetto nero continuò a vibrare; lui fece l'indifferente nei confronti del cerca-persone, dato che tutta la sua attenzione era ora concentrata su di lei. Sistemando il laccio dell'arma, lei cercò di rimanere ottimista, ma in qualche modo trovò difficile farlo. Onestamente, nemmeno lei poteva capire il suo inspiegabile cambiamento di atteggiamento. Era come se qualcosa di lei fosse quasi intorpidito in un unico fuggevole secondo.

"Bene, Squall. Solo stanca, credo. Hai detto che ci sono solo nemici di basso livello, lì dentro?"

Questa volta incontrò il suo sguardo, cercando di costringersi a un sorriso nonostante la tensione. L'ultima cosa di cui lei avesse bisogno era che lui conoscesse qualche 'sbalzo d'umore paranoide e illusorio dall'inferno'. Si chiese se questo fosse nel manuale per essere una strega; di certo non sembrava una cosa naturale.

"Sì, Lesmathor, Geezard, forse un paio di Glacial Eye. Non pensare ad entrare senza un compagno di allenamento... Rinoa, ci sono regole ferree e-"

Lei alzò la mano per farlo tacere; l'ultima cosa di cui aveva bisogno era un'altra ramanzina SeeD. In qualche modo la sua irritazione stava crescendo, e la sua mente girava come giostra. Stava disperatamente cercando di non sfogare la frustrazione infondata su di lui. Lui non aveva nulla a che fare con il suo umore; non aveva idea delle sue origini.

"No, Comandante Leonhart, va bene così. Me lo stavo solo chiedendo. Non intendo entrare."

Il cerca-persona continuò a vibrare senza sosta nella sua mano. Scuotendo la testa per la frustrazione, guardò nuovamente lo schermo. "Rinoa, devo andare."

"Ovvio che devi. Non preoccuparti, farò la brava." Non aveva davvero voluto essere così secca, ma davvero sembrava che non le interessasse.

"Guardami." Uscì più come un ordine che come una richiesta.

Non pensò due volte a spegnere la sua distrazione elettronica prima di rimetterla in tasca. Il Cavaliere continuò a tenere fermamente stretto in mano il gunblade, mettendolo in equilibrio sul terreno. Con l'altra mano, le posò le dita sulla guancia, costringendola a guardarlo negli occhi. Lei sorrise brevemente, provando un senso di pace passeggero al contatto. Eppure, il suo tocco sembrava calmarla, almeno un poco, dall'ansia.

"Stai bene?" ripeté la domanda, parlando con più forza della prima volta.

"Bene. Sto bene. Ora vai prima che Cid si arrabbi. È il tuo lavoro."

"Anche tu sei il mio lavoro."

Si chinò in avanti, posando le labbra sulle sue. Avrebbe dovuto essere solo un semplice bacio, un gesto veloce, ma si trovò incapace di separarsi. Il suo braccio destro la strinse al collo, mentre con l'altro teneva fermamente l'arma. Era quasi un bisogno incontrollabile di stringerla al proprio corpo, e lottò contro i suoi istinti più primitivi. Qualcosa sembrava... beh, quasi una necessità, più che per piacere. C'era qualcosa di non detto nei loro baci infervorati, qualcosa di praticamente disperato.

"Voi due potreste trovarvi una stanza?"

Il suono della voce dell'esperto di arti marziali li colse di sorpresa, mentre sia il Cavaliere che la Strega si rendevano conto di cosa stavano facendo... pubblicamente. Non era nella norma per loro agire con un tale ardore spensierato, dati i loro ruoli. Mentre i loro corpi si separavano, Rinoa alzò le mani, nascondendosi il viso per un senso di colpa contrita. Il Comandante cercò di mantenere un atteggiamento composto, ma parte di lui stava lottando contro il bisogno travolgente di tirarla dentro il centro Addestramento e continuare ininterrottamente. Doveva allontanarsi da lei subito, per più di una ragione. Squall guardò il suo amico, cercando di minimizzare l'accaduto.

"Rinoa e io stavamo giusto andando al Centro Addestramento, ma adesso vado all'ufficio del preside. Cid è qui."

"Il Centro Addestramento... sì... ok... certo," disse Zell, incrociando le braccia e scuotendo la testa con fare stanco. "Anche io sono stato chiamato da Cid, voleva che ti cercassi salendo. Potrei sempre dirgli che avevi qualcosa di più importante." Le ultime parole furono detto con una punta di scherno.

Il Comandante strinse i denti, cercando di mantenersi calmo. "Andiamo, Zell."

Rinoa scosse la testa, mentre i due SeeD se ne andavano. Lui non si voltò nemmeno per salutarla. Era come se qualcosa li stesse mettendo fuori uso; doveva essere la sua immaginazione che lavorava troppo ancora una volta. O, come aveva detto a Squall, era semplicemente molto stanca. Sospirando sconfitta, guardò la sua arma, e iniziò lentamente a sciogliere il laccio che la assicurava al suo polso. Qualcosa di profondo dentro di lei sentiva il bisogno irresistibile di andare a sfogare un po' di rabbia, di energia... qualunque cosa questo fosse. La giovane donna sapeva che se Squall lo avesse scoperto sarebbe entrato assolutamente in modalità Comandante Integerrimo, o in modalità Cavaliere - quella delle due a cui piaceva fare le ramanzine più lunghe. Di nuovo guardò lungo il corridoio, assicurandosi che i due fossero completamente spariti dalla sua vita. Stava infrangendo ancora un'altra fiducia che lei e Squall avevano creato, ma proprio non poteva starsene pigramente seduta con questa nuova energia.

*~*~*~*~*

C'era qualcosa che lo tormentava, qualcosa che si era scavato una tana nel suo cervello come una zecca e non sembrava volerlo lasciare andare. Più cercava di ignorarlo, più profondamente si radicava. E cos'era stata quella 'cosa' poco fa?" Due giorni prima aveva paura di tenerle la mano in pubblica, e ora le stava praticamente ficcando la lingua in gola davanti a qualcuno. Non era da lui, non era da lei. Almeno Zell era ancora Zell. Il Comandante si voltò verso il suo amico, mentre le porte dell'ascensore si chiudevano dietro di loro.

"Non hai mai avuto la sensazione che le cose stessero per cambiare?"

"Intendi dopo il tuo piccolo attacco di normalità adolescenziale di prima?" ribatté Zell, ancora meravigliato dal comportamento del suo amico. Se fosse stato chiunque tranne Squall e Rinoa, non sarebbe stata una grande questione. Il Comandante fissò duramente l'esperto di arti marziali, mentre le sue dita si stringevano forte alla maniglia del gunblade. Mai una buona idea irritare un uomo pieno di ormoni con una spada molto grossa, si rese conto velocemente il lottatore.

"Scusa, Squall. Che vuoi dire?"

"Non lo so... solo che ho questa sensazione da qualche giorno. E oggi... beh, si è soltanto moltiplicata."

"Intendi cambiare - tra te e Rinoa?"

"Forse."

"Beh amico, se ti preoccupi per lei non farlo. Sai che ci tiene a te, e penso che dopo quello spettacolino, anche tu tenga molto a lei."

"Sì." Il giovane uomo non era mai stato così vicino ad ammettere ad alta voce i suoi sentimenti, anche se in molti li comprendevano senza parole. Eppure, dire 'sì' era un passo avanti rispetto al non impegnativo 'chissenefrega'. Aveva ancora questa sensazione che gli annebbiava il profondo della mente e che rifiutava di calmarsi.

"Perché pensi che lei sia qui?"

"Non lo so, per lavorare?" L'esperto di arti marziali scrollò le spalle mentre si aprivano le porte dell'ascensore. "Forse per tenerti fuori dai guai, anche se sembra che sia risultato controproducente. Non so... credo sia solo per aiutare Trabia, era parte di questo anche lei. Lei non vale meno solo perché non è una SeeD. Io di certo non guarderei in bocca al cavallo regalato, o al preside regalato. Uhm... non che stia dando del cavallo a Cid o cose così e io-"

Zell chiuse il becco mentre raggiungevano l'ufficio del preside; anche lui capiva di stare blaterando a caso, e forse poteva attribuire la cosa all'altitudine di Trabia. Era sempre stato il tipo da offrire conforto, ma per ovvie ragioni, lo trovava piuttosto difficile quando era coinvolto Squall.

"Sono contento che lei sia qui, Zell, ma non sono ancora sicuro del perché. È come se ci fosse una ragione nascosta che mi sfugge. Che ci sfugge. Qualcosa che sembra dovrebbe essere proprio sotto il mio naso... e che non ho ancora capito."

"Ora sei solo paranoico."

Il lottatore cercò di rassicurare il suo amico mentre bussava alla porta dell'ufficio. Da qualche parte lungo il percorso, il cuore di Squall aveva iniziato a battere forte, e il ragionamento sembrava coperto dal gelo di Trabia.

"Avanti."

La voce di Cid era attutita dalla barriera di legno. Entrarono e videro il preside che guardava fuori da una finestra buia. Non si preoccupò nemmeno di voltarsi a guardarli mentre entravano.

"Squall, Zell... prego, accomodatevi."

I due si scambiarono uno sguardo, ma obbedirono alla richiesta del preside senza domande. Dato che aveva ancora l'arma, Squall la posò su una scrivania lì accanto. Fortunatamente per Cid... fuori dalla portata del giovane uomo.

"Sapete..." iniziò Cid, fissando l'abisso infinito, mentre le parole sembravano sfuggirgli. I due ragazzi potevano vedere il suo riflesso nel vetro; qualcosa di lui sembrava spaventato, insicuro... e Squall temette immediatamente il peggio. Mentalmente, il Comandante credette di essere preparato a qualsiasi cosa avrebbe detto il preside. Doveva - era il suo lavoro. Pregava solo che qualunque cosa fosse, fosse a livello professionale, non personale.

Levandosi gli occhiali, il preside si voltò verso i due adolescenti seduti davanti a lui. "Sapete, ho passato la mia vita a mettere in discussione molte cose. Avrei potuto affrontare in modo diverso una situazione? Avrei potuto cambiare il risultato? C'era qualche piccolo sentiero in cui avrei potuto svoltare, mentre la strada principale andava avanti..."

"Signore," lo interruppe infine Squall; il cuore gli correva con un'attesa mai eguagliata. "Se c'è qualcosa che dobbiamo sapere, lo dica e basta."

Per favore, non su Rinoa, per favore.

Il preside annuì; meritavano davvero la verità, anche se non era sicuro di quanto sarebbero stati in grado di affrontarla nel miglior modo. Non era sicuro di quanto bene la stesse affrontando lui. "Parte di me desidera che questo succedesse in circostanze diverse. Non sono un tipo a cui piace fare sorprese a due dei miei fog-" Si fermò; no, questa decisione era come preside, non sulla base delle loro relazioni passate. "Non mi piace fare sorprese agli studenti o allo staff. Squall, puoi dirmi se c'è qualcosa che ti turba?"

"Ma che diavolo?" Non aveva voluto dirlo così direttamente, ma sì, c'erano circa un migliaio di cose che lo turbavano. E come al solito, nessuno gli dava una risposta.

"In maniera ufficiosa," insistette Cid sedendosi. "Come ti senti ultimamente?"

Il Comandante alzò entrambe le mani, disgustato. Giurò che se c'era in ballo un qualche gioco a indovinelli, avrebbe perso quella sfumatura di sanità mentale a cui si era aggrappato negli ultimi minuti. "Come mi sento io ultimamente? In maniera ufficiosa? Beh, vorrei, per dirne una, che qualcuno mi desse una risposta certa. Ho lasciato svariati messaggi per lei. Shu, Quistis, tutti hanno lasciato messaggi per lei e lei sembra essere scomparso un'altra volta. Rinoa salta fuori all'improvviso e dice che lei era diretto a Deling per un qualche 'viaggio non programmato'. Sono stanco degli indovinelli. Penso che sembri un po' irresponsabile, nel migliore dei casi."

"Hai ragione," annuì Cid, completamente d'accordo. "Lo è di certo, e mi dispiace. Sono saltate fuori in fretta alcune cose, e dovevo prendere una decisione. Non solo pesare cosa fosse meglio per il Garden, ma anche cosa fosse meglio per le parti coinvolte. Ho dovuto mettere da parte i miei sentimenti personali, e guardare il quadro generale. Qualcosa per cui spero che alla fine avrò il vostro supporto..."

"Il mio supporto? Come dovrei farei a darle supporto quando non ho idea di che cosa stia parlando? E che cosa ha a che fare questo con come mi sento?" Chiuse il pugno, cercando di calmarsi, dato che le sue emozioni sembravano scorrere indipendenti dal suo cervello. Desiderò disperatamente quei giorni in cui aveva imparato a sopprimerle con così tanta indifferenza. Dio, come desiderava quei giorni in quel momento.

"Zell, mi scuso davvero per il tuo coinvolgimento, ma ho pensato che fosse meglio che lo sentiste insieme. Squall, dato che sei un Cavaliere-"

"No!" Il Comandante non aveva voluto gridare così forte, ma gli era sfuggito, mentre si alzava furioso. "Qualunque cosa lei dica, non mi dica che ha a che fare con l'essere un Cavaliere! Qualunque cosa sia non può coinvolgere Rinoa, ha già passato troppe cose. La renda un problema del Garden, la renda un problema della SeeD, ma non lo renda un problema suo, per favore..."

"Squall, mi dispiace... non è fatto di proposito. È davvero un problema del Garden; sfortunatamente, sfuma la linea tra Comandante e Cavaliere, e dobbiamo arrivare a una specie di comprensione reciproca prima-" Il preside si fermò, strofinandosi il naso, e si mise la mano sulla fronte. Perché era così difficile dirlo? Perché si sentiva come se stesse sacrificando uno dei suoi figli a favore di un altro? Come poteva dire a Squall che questa cosa andava molto oltre il problema militare, fino a un problema creato in un orfanotrofio una vita fa e lontano un mondo?

"Prima di cosa?" Squall esigeva una risposta.

"Squall, conosci la differenza tra empatia e simpatia?"

"Sì preside, la conosco, è nel primo corso di Fisiologia." La sua rabbia non era mascherata dal tono della voce.

"Un Cavaliere può percepire fino a un certo punto alcune delle emozioni della Strega, proprio come lei può percepirne alcune del Cavaliere. Quando Rinoa ha rivissuto l'incubo, a Balamb, e ha cominciato ad aprirsi con te, e tu con lei, alcuni dei sentimenti possono essersi incrociati, come in una specie di centralina sovrannaturale. È il tuo lavoro imparare a capire quando sono normali, o quando sono un avvertimento."

"Grandioso. Davvero meraviglioso. Chissenefrega. I sentimenti di Rinoa come fanno a essere un problema del Garden? E questa cosa della 'centralina'... durerà per sempre?"

"No. Solo fino a quando aggiusti quello che sta causando il problema."

"Stiamo proprio bene, 'graziemille' per la sua preoccupazione. È per questo che l'ha portata qui, così potete farci un altro test strano? E cosa c'entra tutto questo con lei che è stato a Deling per tre giorni? Se vuole così tanto aiutarci, chiami un elettricista sovrannaturale per aggiustare la centralina." Inspirò profondamente, cercando di calmarsi. Non sarebbero andati in fretta da nessuna parte, e tutto quello che finiva per fare era posticipare l'inevitabile. Come facevano alcune persone a vivere con emozioni così appassionate per tutto il tempo? "MI dispiace, signore, è solo che non mi sento me stesso, adesso."

"Un attimo," interruppe Zell. Aveva ascoltato il loro scambio intenso, prestando particolare attenzione a ciò che veniva detto tra le righe. Prima di Rinoa, c'erano state pochissime occasioni in cui Squall aveva mostrato aggressività, e l'esperto di arti marziali aveva una sensazione nauseante che gli cresceva nello stomaco. "Mi dispiace, ma devo chiederle una cosa, preside. Fondamentalmente lei sta dicendo che una Strega e un cavaliere condividono una specie di legame empatico. Non è lettura del pensiero o cose così, solo preoccupazioni, paure, qualunque cosa li stia turbando. Ora, potrebbe Rinoa percepire, diciamo, uhm... le sue emozioni perché lei era un Cavaliere?"

Il preside chiuse gli occhi; aveva davvero desiderato che Squall avesse legato le cose. L'esperto di arti marziali, se proprio, era stato coinvolto come parte esterna e obiettiva, ma quello di per sé era beffardo. L'emozione era troppo nuova per il giovane Cavaliere, e aggiungere il fardello supplementare delle emozioni di Rinoa si stava rivelando difficile. Anche se onestamente era qualcosa che Cid Kramer non aveva mai completamente imparato a fare, nel suo legame. Se lo avesse fatto, allora forse non sarebbero arrivati a quella situazione.

"No Zell... se la conoscessi meglio, probabilmente potrebbe intuire, ma non funziona così. Deve aver avuto una precedente connessione emotiva con quella persona, come Squall o..."

La testa di Squall balzò all'insù, e guardò il preside con un'espressione di sfida; in un secondo, tutto aveva senso per lui, che lo volesse o no. Guardò la sua arma e pensò a quanto poteva essere semplice... tutto il dolore, tutta la morte, vendicati con un unico taglio della sua spada.

"No!" Cid balzò dalla sedia, rendendosi conto che il Comandante stava pensando di prendere la sua arma. "Non puoi, Squall. È finita."

"Finita? Perché, perché non posso? Voglio ucciderlo," disse, anche a malapena capace di parlare per la rabbia. "Dov'è, dov'è?"

"Il Centro Addestramento," disse docilmente il preside. Pregò che uno dei suoi figli non ferisse l'altro, per il bene di tutti loro. Squall gettò un ultimo sguardo alla sua arma prima di uscire, sbattendo con forza la porta dietro di lui. il Cavaliere sapeva che se l'avesse presa, ci sarebbe stata solo un'unica fine per la loro storia. E non avrebbe fatto questo a Rinoa...

*****
Nota della traduttrice: colpa mia! Ero indietro con le traduzioni. Scusate il ritardo di questo update!
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Capitolo 14
*** XIV. Tempo di Odiare - Parte II ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XIV: Tempo di Odiare - Parte II ~

20 maggio

La terra, instabile e cedevole, si muoveva sotto ai suoi piedi. La giovane strega percorreva la zona deserta del centro di addestramento: credendo che i mostri più deboli si trovassero sul lato sinistro come a Balamb, fu sorpresa di non trovarci altro che cespugli e steccati. Mentre camminava vedeva il suo respiro, l'alone simile al fumo che appariva ad ogni faticosa boccata. Grazie al cielo aveva ancora addosso un maglione, o si sarebbe già precipitata verso un posto più caldo. Era semplicemente logico che il centro d'addestramento di Trabia rispecchiasse l'ambiente circostante, ricco di sempreverdi e riempito dei mostri della regione.

Era tardi e non aveva idea del perché si trovasse lì, ma qualcosa la stava attirando come una calamita, e così seguì quell'invito irresistibile. I suoi passi si fecero più pesanti e inciampò su una piccola radice che si snodava fuori dal terreno come un serpente. Rimettendosi in equilibrio, per sbaglio strusciò una mano contro l'altra: appena sfiorata la sua stessa pelle sussultò per quella che le sembrò una scossa di elettricità statica. Fu una cosa passeggera, eppure forte, che le bloccò i piedi sul posto. Ogni particella della sua mente le stava dicendo di voltarsi, di andare via... ma di nuovo, subiva l'attrazione di quel polo magnetico.

Non c'erano nemici in vista, eppure avvertiva il pericolo circondarla. Il suo respiro s'infittiva, la giovane donna si sentiva quasi all'iperventilazione. Un'immagine distorta le balenò davanti agli occhi; non era più una situazione sicura, le emozioni trapelavano da ogni suo poro come sudore scarlatto. Doveva trovare immediatamente Squall. La paura la consumava, era convinta di stare vivendo di nuovo quegli incubi orrendi. La strega si voltò subito, e quello che l'accolse fu la vista di un cavaliere - solo, non il suo.

"S-Seifer?" Cercò di non crollare a terra mentre il nome le sfuggiva appena dalle labbra. Non sapeva cosa quelle emozioni stessero facendo crescere dentro di lei - paura, odio... pietà?

"In carne e ossa."

Non era che non sapesse che quel momento non sarebbe passato inosservato nel disegno del fato. Era quasi destino che le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo prima della fine di questa vita; l'unica variabile a rimanere nell'equazione era la sua reazione. Aveva pensato a quell'incontro più volte di quanto non si fosse preoccupata di ammettere a qualcun altro. Non avrebbero capito, mai. Lei stessa non capiva. Ma mai aveva immaginato che quel ritrovarsi sarebbe stato a Trabia, in una stanza vuota dentro a un Garden, e da sola. Perché doveva essere da sola?

Non che ci fossero ancora sentimenti romantici. Ma aveva sempre alcuni ricordi di lui che si portava dentro, che non avrebbe mai potuto condividere con nessuno; e fino a un certo punto, i ricordi di quell'estate rimanevano sacri. Era per le sue azioni e il suo supporto che lei alla fine aveva scelto la sua strada. Più forti dell'odio erano le domande che doveva fargli. Ma tra mille che avrebbe potuto formulare, le parole erano semplicemente fuori dalla sua portata.

"Intuisco dal tuo silenzio che sei contenta di vedermi, Rin."

Le dita le si serrarono in un pugno al suono della sua voce. Le ci volle tutta la sua forza di volontà per avvicinarsi solo di qualche passo. Il sorrisetto dell'uomo non faceva che alimentare la sua rabbia come fiamme. La punta delle unghie le stava lentamente incidendo lo strato più superficiale della pelle, ma non gliene importava niente. Sarebbe stato così semplice liberare tutta la sua rabbia in un solo colpo potentissimo. O ancora meglio, scagliargli un colpo del suo Blaster Edge a bruciapelo diritto all'inguine. O entrambe le cose. Andava bene tutto, purché il risultato fosse atroce dolore fisico per chi lo riceveva.

"N-Non chiamarmi Rin," fu la prima frase coerente che riuscì a formare. Sentire il suo nome uscire dalle labbra di lui adesso lo faceva suonare così sporco, così infangato. "Non osare mai chiamarmi in quel modo!"

"Scusa, mi serve il permesso firmato in triplice copia dal fidanzatino... mi correggo, volevo dire il Comandante Fidanzatino?"

"Lascia Squall fuori da tutto questo - questa è una cosa fra te e me," chiese con voce esitante cercando di ricomporsi. Si stava premendo ancora le unghie nei palmi mentre concentrava l'attenzione su un ramo caduto. "Seifer... io... io non posso fare questo."

Il biondo cavaliere abbandonò il suo ghigno ironico; fu per la realtà di vedere il dolore dentro agli occhi di lei. Il male che aveva causato. Il viso di Rinoa era un misto di sofferenza e rabbia, ma sopra a tutto c'era quello stesso sguardo di fiducia tradita che l'aveva attratto a lei quell'estate. Questa volta non era stata la politica di suo padre a tradire il suo spirito, era stato lui.

"Rinoa, mi dispiace... senti, non sono qui per farti del male."

Sollevò lentamente le mani per dimostrare che era disarmato; la sua sola intenzione era compiere un atto di resa. Non riusciva a credere di stare tremando mentre faceva simbolicamente un passo indietro, permettendole di essere lei quella che poteva farsi avanti. In un certo senso, aveva creduto che questa parte della sua redenzione sarebbe stata semplice. Adesso vedeva con i suoi occhi il dolore che aveva causato - non soltanto a studenti senza volto, ma anche a una persona di cui sinceramente gli era importato. Non era una cosa semplice; quello che aveva visto negli occhi di Rinoa era un senso di tradimento dalle radici profonde, per il quale non sarebbe stato perdonato mai.

"Ho fatto un po' di errori... sto solo cercando di sistemarne alcuni."

"Un po'?" La sua voce non si alzò mai sopra al tono del sussurro. "Hai ucciso centinaia di innocenti, hai distrutto un Garden, e hai il coraggio di chiamare questo un po'?"

"Un po' di errori davvero brutti, ma è per questo che sono qui... per sistemare quello che posso."

"Come? Come puoi sistemare questo?" La sua voce rimase un sussurro in mezzo al freddo, un mormorio sottile che lo avrebbe perseguitato nei sogni. Non era rabbia, non era sofferenza, conteneva semplicemente la solennità di cento funerali. Rinoa indicò i resti di un supporto di un lampione caduto che ora serviva da blocco improvvisato per i mostri. E poi, senza parole, cercò di indicare verso il cimitero, ma scoprì di non poter completare quel semplice gesto. Si portò le braccia al petto. Infine, cedette alla sua fragilità e cadde in ginocchio.

"L-Le hai viste le lapidi, Seifer? Ne hai letta almeno una? Conosci tutti i loro nomi, gli anni che avevano, o il punto in cui ognuno di loro è morto? Puoi dire alle loro famiglie e i loro amici che non è stato niente più di un 'brutto' errore? Puoi darla a bere a tutti gli altri, ma io ti conosco, Seifer... Io... io so la verità."

"Rinoa, hai ragione, tu sai la verità." Il suo tono non era impositivo, ma conteneva una certa sicurezza. "Tu lo sai come era semplice lasciar distorcere i fatti e la realtà, lasciarli manipolare finché l'unica speranza era quella di arrendersi. Lo sai come era facile, non è vero? O forse non dovrei tirare fuori il fatto che sei stata tu in realtà ad arrenderti ad Artemisia? Io posso averle offerto la mia alleanza, ma non le ho mai dato il controllo del mio corpo."

Rinoa tremò al ricordo di quell'orribile evento. Il senso di colpa la consumava mentre guardava Seifer negli occhi per la prima volta. Nessuno dei due era incolpevole delle proprie azioni, entrambi avevano provato un momento di debolezza e Artemisia di quello aveva fatto la sua preda, come fossero stati animali feriti. Rinoa aveva detto sia a Quistis che a Selphie, mesi prima, che non aveva idea di quale sensazione avrebbe provato a incontrarlo di nuovo. Non avrebbe mai immaginato, nemmeno in cento anni, che sarebbe stato il suo stesso bruciante senso di colpa.

Abbassando lo sguardo sulle sue mani vide il liquido rosso misto a tracce di sporco: le unghie avevano lasciato il segno di otto perfetti piccoli tagli sulla sua pelle, ma era solo adesso che il dolore stava cominciando ad arrivare. Le mani che avevano abbracciato Squall poco prima erano le stesse che avevano liberato Adele. Le sue mani erano macchiate del sangue di tutti i soldati di Esthar che erano morti per riparare ai suoi errori. Era stato dopo tutto quello che era uscito dalla sua stessa bocca che Seifer aveva ricevuto l'incarico di cercare la Lunatic Pandora. Era dalle sue mani che inevitabilmente il Pianto Lunare era nato.

Sentiva i passi di lui che si avvicinavano, e fu sorpresa quando Seifer le offrì una mano per aiutarla. C'era un che di familiare in quel gesto, qualcosa che conosceva una volta, ma anche qualcosa che era sempre stato estraneo. L'ultima volta che quelle dita l'avevano toccata era prima che lui la offrisse come agnello sacrificale.

Le emozioni l'accerchiavano vorticando come una ruota, e lei stava facendo perno sull'amarezza - verso se stessa, verso di lui. Rifiutò il suo aiuto scuotendo la testa, ricordando lo sguardo sul volto di Squall mentre si era unita ad Adele. Il dolore, l'odio... il senso di fallimento. Che fosse dannata se avesse accettato ancora qualcosa da quell'uomo. Con ritrovata risoluzione si rialzò, spolverandosi i vestiti.

Le parole le uscirono invelenite. "Tu mi hai buttato nelle braccia di Adele."

"Già, e tu mi hai buttato via per il primo SeeD con una faccia carina che passava."

"Non è stato così Seifer." Perché dovesse difendere la sua relazione con Squall, non lo sapeva. Ma era qualcosa di suo, e Seifer non avrebbe sporcato una cosa così pura. "Non avevo previsto di innamorarmi."

"Certo, ma l'hai fatto. Da come la vedo io, è successo tutto con una velocità impressionante."

"Non ho potuto farne a meno. È solo che non ho pensato che-"

"Ah, come se fosse una novità."

"Stai zitto, non hai nessun diritto!"

"Non ce l'ho? Tutta questa catena di eventi è cominciata per te, ma scommetto che tendi a scordarti di questo piccolo dettaglio. Gliel'hai mai raccontato di dopo il ballo della festa di promozione? O questo trascurabile fatto è passato di mente anche a te?"

"Gli ho già detto che mi eri stato vicino in passato," rispose con veemenza. "Non è successo niente, ripeto niente tra di noi quella sera."

Lui fece una risata amara. "Oh sì certo. Bene. Allora era un SeeD a caso ingaggiato per fare quello che io ero disposto a fare gratis. Perché io credevo in Timber, credevo nella tua causa, credevo in te. E per quello in cui credevo, dopo il ballo alla festa di promozione sono stato io ad essere mandato nella stanza del comitato disciplinare."

"Non è stato quello in cui credevi a buttarti dentro questa situazione, Seifer! Sono state le tue azioni!"

Scosse tristemente la testa. "Le tue azioni, Rinoa, le tue! Io ero responsabile dell'intero comitato! Eppure, anche dopo questa storia, venni a sapere che quegli imbecilli del Garden avevano mandato solo tre matricole SeeD; sono scappato... perché non sopportavo l'idea che succedesse qualcosa a-"

Seifer strinse i pugni contro i fianchi, come avrebbe mai potuto capire, lei? Aveva creduto in lei, anche se non era amore era stato comunque un legame in cui aveva creduto con tutto il cuore... e a lei non gliene era mai fregato niente.

"Che cosa, Seifer?" Non le era mai balenata alla mente la possibilità che fosse stato per lei e le sue passioni che il ragazzo era venuto alla stazione televisiva; ricordava vagamente Quistis che diceva che era scappato da qualche stanza. In quel momento, il suo cuore e la sua anima erano rannuvolati da mille emozioni. Allungò involontariamente la mano quando lui si rifiutò di proseguire il discorso, afferrando la stoffa del suo soprabito. Quando lui continuò a mantenere il suo silenzio, scegliendo di ignorarla, gli si avvicinò. Era forse a causa dei suoi tradimenti che Seifer si era schierato con Artemisia? Era stato il suo crescente interesse per Squall l'ultima spinta verso innominabili peccati?

"Ti prego, Seifer... ti prego. Mi dispiace così tanto." Cercò di guardarlo negli occhi, tirando inconsciamente ancora di più la stoffa.

Lui non avrebbe mai voluto farle del male. La sua vita era sempre stata una lotta, fin dal giorno in cui era nato. C'era sempre stato qualcuno che aspettava nell'ombra per surclassare i suoi risultati; che aspettava il momento per colpire. Anche se non era voluto, l'esito non era stato meno doloroso. Lui sapeva che lei non aveva certo previsto di innamorarsi di Squall; in qualche modo malato e folle, era quasi contento che quei due si fossero trovati. Almeno Rinoa era felice, e questo era tutto quello che poteva desiderare per lei. Però, non avrebbe potuto essere Zell? Il gallinaccio era insopportabile, ma mai insopportabile al livello di Mr. Deprimente. Scuotendo la testa a quel pensiero, pose la sua mano su quella di lei.

"Rinoa, è solo che-"

"Allontanati da lei brutto bastardo!"

*~*~*~*~*

I piedi lo avevano portato veloci come non credeva possibile giù per tre rampe di scale. Il Comandante aveva cercato di autoconvincersi che fosse tornata nella sua camera, ma quando mai Rinoa l'aveva ascoltato? Se c'era un punto che aveva almeno vagamente capito nel discorso del preside, era qualcosa sul fatto che Rinoa aveva una connessione emotiva con qualcun altro. E quel pensiero lo spaventava a morte.

In un istante, tutte le sue peggiori paure erano riaffiorate al suo cuore. Appena aprì le porte del centro di addestramento, distinse due figure lontane che si toccavano. La persona che aveva tentato di distruggere qualsiasi speranza lui avesse mai avuto, e la persona che quella speranza gliel'aveva data. La zona circostante svanì nell'oblio, il suo campo visivo si restrinse come un tunnel focalizzato sui due. Lei lo stava toccando. Rinoa stava toccando lui. Il braccio allungato verso il suo rivale, verso la persona che gli aveva causato tormenti che andavano al di là delle parole.

E lì c'era lei... che toccava lui.

Le gambe lo portarono lì alla velocità della luce. Si accorse che lei si stava muovendo di fronte al corpo di Seifer, cercando di attirare la sua attenzione: era tutto quello di cui aveva bisogno, una frazione di secondo per cogliere di sorpresa il biondo intruso.

Diciotto anni di emozioni ribollirono in quell'unico istante. Mai in tutta la sua vita il Comandante aveva attaccato per primo un altro essere umano. Certo, sempre che Seifer Almasy potesse essere classificato come umano. Per l'orfanotrofio, per gli anni al Garden, per la cicatrice, per la morte che lo seguiva nella sua scia, e perché aveva cercato di uccidere l'unica cosa che avesse mai amato... Squall Leonhart sfoderò tutta la sua rabbia in un colpo definitivo.

Le parole di Squall ebbero appena il tempo di arrivarle quando Rinoa sentì che Seifer veniva strattonato via dalla sua presa; vide, senza poter fare niente, il Comandante che in un unico gesto fluido lo voltava e buttava fuori tutta la sua rabbia in un solo pugno rapidissimo.

"Squall! No, non farlo... Ti prego!" gridò Rinoa in tono supplichevole, correndo verso il suo ragazzo. Squall teneva il suo rivale per il bavero e sembrava che Seifer non stesse facendo alcun tentativo di reagire. Rinoa si liberò velocemente della sua arma, che cadde a terra. Si allungò a posare entrambe le mani addosso a Squall, pregandolo in silenzio di farla finita: una mano gli afferrava la giacca, l'altra si posò sulla stoffa della sua t-shirt. Le tremavano le dita mentre cercava di calmare sia se stessa che il suo cavaliere.

"Per favore, Squall, non fargli del male. Per favore."

"Rinoa... lui..." riuscì a dire tra gli ansiti. "Lui ha fatto del male a..."

"Lo so."

Il cavaliere rimase a guardare le lacrime che scendevano giù per il viso della sua strega. Mentre lei chiedeva pietà, lui non si era mai sentito così ferito, o così confuso. Spostando lo sguardo furioso verso il suo nemico, il Comandante scosse la testa dalla rabbia e si lasciò sfuggire un violento grido. Gli occhi dei due si fissarono in un odio puro, anni di rancore accumulato raggiunsero il picco in un attimo.

Squall lo lasciò andare con abbastanza forza da mandarlo giù riverso a terra. Non ne valeva la pena. Quel rifiuto non valeva la pena né del prezzo da pagare né del dolore al cuore. L'unica cosa importante era Rinoa. Sempre e solo lei. Il sangue scorreva in un flusso ininterrotto dal naso di Seifer; il ferito si portò le mani al viso in un vano tentativo di arrestarlo.

"Bella mira, Cerca-ragazzine," aggiunse con malizia l'uomo pur nel dolore.

"Seifer finiscila," lo avvertì Rinoa, tenendo ancora le mani ferme sul petto di Squall. Il cuore di lui galoppava, il suo corpo era coperto di un velo di sudore nonostante la temperatura ghiacciata. Continuò a sfiorarlo, giusto perché capisse che lei era lì. E poi continuò a sfiorarlo giusto perché anche lei capisse che lui era ancora lì.

"Non ho idea di cosa sia passato per la testa di Cid quando ti ha portato quassù. Stai alla larga da noi."

Squall mosse la mano per prendere quella di lei, che tremava sul suo petto, senza mai distogliere gli occhi dal suo rivale. Intrecciò le loro dita, prima di piegarsi a raccogliere l'arma della ragazza. Senza una parola di avvertimento, poi, si voltò e si diresse verso la porta. Rinoa fu colta di sorpresa dal suo gesto forzato, perse l'equilibrio e inciampò sui propri piedi, quasi cadendo mentre il suo corpo veniva praticamente trascinato via.

"Squall, aspetta un attimo." Si fermò tirandogli il braccio. Lanciò uno sguardo dietro di sé verso Seifer, che era rimasto immobile in completo silenzio.

"Che c'è?" Non avrebbe voluto gridare, ma voleva allontanarsi da quel posto il più possibile.

Lei trattenne il fiato. Come faceva a spiegare? Era stato così difficile capire dove lei e Seifer avessero sbagliato; capire cosa aveva potuto trasformare una persona a cui voleva bene in un pazzo. Una parte di lei aveva bisogno di sapere cosa era successo mentre era priva di sensi - per comprendere quelle parti del puzzle che non tornavano. Artemisia li aveva in qualche modo manipolati entrambi, due persone che dall'esterno sembravano fiduciose e sicure di quello in cui credevano come chiunque altro. Forse Seifer conservava una parte della sua memoria che lei non riusciva a dischiudere; forse l'unico modo per lei di andare avanti era accettare completamente il passato. Tutto il passato. Anche le parti che avrebbe preferito tenere sotto chiave dentro la sua mente.

"Squall," cercò di addolcire il tono quanto più possibile. Avrebbe capito, lo faceva sempre. "Ho bisogno di parlare con Seifer."

"C-che cosa?"

Sentì che le stringeva involontariamente la mano più forte, come se lei fosse l'unica cosa che gli rimaneva. I loro occhi s'incontrarono, e invece di comprensione vi trovò rifiuto. Il suo viso... qualcosa nei suoi occhi appariva così impaurito, così insicuro, che avrebbe voluto tendersi verso di lui e abbracciarlo. Avrebbe parlato più tardi con Seifer. Era evidente che in quel momento era Squall ad aver più bisogno di lei. Anche se lui non voleva ammetterlo. Gli offrì un sorriso dolce, scuotendo il capo, cercando di cancellare la sua esitazione.

"Mi dispiace. Lascia perdere-"

"Lascia perdere cosa, Rinoa? Vuoi startene qua dentro con lui?"

"No, no... non è questo. È solo-"

"Bene. Chissenefrega." Lui le lasciò andare le dita e spinse via la sua mano con forza. Tutto quello che Rinoa poté fare fu guardarlo sconcertata, sembrava così freddo. "Divertitevi," aggiunse con malignità mentre usciva dalla porta gettando a terra l'arma della ragazza.

Sconvolta, rimase immobile, sentendosi come se le gambe la stessero per abbandonare la seconda volta in quella sera. Nel giro soltanto di minuti sembrava che le onde si fossero abbattute sul suo mondo. In quel breve lasso di tempo, ebbe il terrore che tutto quello che avevano costruito fosse stato trascinato via dalla corrente.

*~*~*~*~*

Se c'era un paragone da fare con Trabia, era che tutti i cadetti si auto-imponevano per loro volontà il coprifuoco. Non c'era bisogno che lo staff del Garden gli urlasse dietro di tornare ai dormitori, o li facesse scappar via da zone segrete. L'esperto di arti marziali abbassò lo sguardo sull'orologio da polso mentre camminando in cerchio superava l'ingresso principale. I suoi passi erano l'unico suono che si udiva nei corridoi, a parte la bassa musica di sottofondo che usciva dagli altoparlanti. Non sapeva più che fare di qualsiasi cosa, sembrava tutto un susseguirsi di orribili scherzi uno dopo l'altro.

Ma non lo era.

Zell era rimasto con Cid, per cercare di raccogliere quante più informazioni possibile. Era in uno strano rovescio d'ironia che l'esperto di arti marziali poteva costituire il migliore alleato di Seifer; non che potesse mai perdonarlo, né tantomeno arrivare a farselo piacere a livello di personale, ma capiva il dilemma di Cid. Se Seifer era costretto a lavorare per scontare la sua punizione, quale modo migliore se non quello di fargli vedere con i suoi occhi la devastazione? Sarebbe stata la soluzione di un codardo quella di starsene seduto in una cella a contare le ore che lo separavano dalla libertà; stare in mezzo a coloro che avevano sofferto era una punizione ben peggiore. Non c'erano dubbi che Artemisia gli avesse fatto il lavaggio del cervello, ma le sue ultime azioni alla fine derivavano dalla sua propria volontà, persino Seifer lo aveva ammesso.

Era anche una prova di quanto si stessero avvicinando Rinoa e Squall, il fatto che avvertissero l'incertezza l'una dell'altro. Negli ultimi tre giorni il Comandante era stato preoccupato che qualcosa non andasse, ma aveva cercato di restare concentrato sul lavoro. Fino a quel momento, Zell non aveva mai compreso del tutto il fatto che la loro relazione potesse essere diversa da quella di qualsiasi altra coppia. Certo, Squall di base era una gran rottura, e Rinoa poteva farlo andare un po' di fuori, ma adesso Zell valutava meglio gli ostacoli lungo la loro strada.

I corridoi di quel posto sembravano un gigantesco labirinto se messi a confronto con il semplice design di Balamb; in più, i rischi aggiuntivi dei lavori in corso rendevano ancora più difficile il percorso. Alla fine trovò il corridoio giusto, con un'ondata di sollievo al vedere il numero della sua stanza. Un tonfo piuttosto forte che riecheggiò nell'ambiente gli fece alzare gli occhi dalla maniglia. Distinse da lontano il Comandante che sferrava un pugno contro la sua porta, per la seconda volta a quanto pareva. Non aveva mai visto quell'uomo normalmente imperturbabile perdere la calma in una maniera così palese. Visto che non c'erano tracce di Rinoa nelle vicinanze, poteva immaginarsi abbastanza facilmente quale fosse la fonte di quella violenta reazione.

 L'esperto di arti marziali si rimproverò mentalmente per l'idea di andare a importunare il suo amico - la logica diceva di stare lontano da Squall quando era giù. Ma una parte di lui sapeva che al Comandante, che lo capisse o no, faceva bene avere qualcuno accanto. Tutta la situazione era nuova per lui, e aggiungere pure Seifer come proverbiale ciliegina sulla torta era più di quanto una persona sana di mente potesse gestire.

"Ehi amico, aspetta un attimo."

Squall chiuse gli occhi, che aveva fatto nelle vite precedenti per meritarsi questo? Quale divinità aveva offeso ai cancelli del cielo? Avrebbe implorato perdono a tutte quante quella notte, e forse così avrebbe messo fine ai loro inesauribili tormenti. Continuò a ignorare il rumore di passi che si dirigevano verso di lui, cercando di infilare la chiave nella serratura senza stroncarla.

"Ehi, guarda, lo so che è stata una giornata lunga, e che probabilmente non hai voglia di parlare."

"Esatto. Non ho voglia." Si morse la lingua, sforzandosi di non fare infuriare con la sua rabbia un'altra persona ancora, quella sera.

"Lo so. È tutto a posto tra te e Rinoa?" Sì, anche Zell aveva capito che era una domanda idiota, ma gli era semplicemente sfuggita prima che potesse pensarci.

Se gli sguardi uccidessero, Zell sarebbe stato sotto un buon metro di terra.

"Ahh... okay... scusa. Dov'è?" Per un momento, la sua preoccupazione si rivolse all'altra sua amica: se era così che stava reagendo 'il freddo Squall', poteva solo immaginare cosa stesse passando Rinoa.

"Dov'è?" sbottò, e come faceva a saperlo? Lei non era affar suo in quel momento. L'aveva già perduta per la sua stessa stupidità. "Col suo ragazzo... chiedi a lui."

"Che cavolo dici?"

"Hai sentito bene, è con Seifer. Vuole stare con lui. Ti va bene?"

Per una volta Zell dimenticò la sua solita vaghezza nel dare consigli su quel che riguardava Squall. Adesso si trattava di qualcosa di molto più personale. Le vedute ristrette del Comandante potevano fare del male non solo a lui stesso, ma anche a Rinoa, che per Zell era una delle più care amiche. Quello per cui sarebbe stato più duro il ritorno di Seifer era Squall; persino Rinoa avrebbe mostrato compassione dopo la prima ondata di emozioni. Il Comandante stava appena imparando come esprimere i sentimenti, e la gelosia amorosa non era uno di quelli con cui il suo amico avesse esperienza.

"Sai, Squall... non voglio dire di essere un esperto della connessione cavaliere/strega, ma ho qualche idea di base sulle relazioni normali. Cercherò di spiegartelo nel modo più semplice che posso - tu sei geloso."

"Di Seifer, mai!"

"Sì certo, va bene..." Zell cercò di superare il rifiuto. "Ascolta, qualsiasi cosa sia successa fra loro, è il passato. Tu lo sai, lo so io, e, cosa più importante, lo sa Rinoa."

"Ma che cavolo ci avrà visto in lui?" sussurrò in tono di scherno. Aggiungendo poi nella sua testa la domanda più grossa, Ma che cavolo ci vede in me?

Zell era sicuro che quello fosse un segnale dal cielo per l'Armageddon, Squall Leonhart era geloso di Seifer Almasy.

"Squall, credimi, io con lui non ci voglio avere niente a che fare, ma immagino che al tempo in cui si frequentavano lui fosse diverso. Rinoa non è mica un'idiota; non starebbe con uno che la sminuisce di continuo, o con un bastardo arrogante - che è il Seifer che conosciamo. Lei ne conosceva un altro... uno che davvero avrebbe sacrificato tutto per darle una mano a Timber."

"Grande, tira fuori quest'argomento."

"Ascolta Squall... sto parlando di tutto il loro passato. Sto parlando di come Rinoa è stata buttata in pasto ad Adele da qualcuno di cui una volta si fidava. Per quanto io e te vogliamo sapere le sue ragioni... lei ne ha bisogno dieci volte di più."

"Chissenefrega. Non capisco come faccia a fidarsi di lui di nuovo... a stare lì dentro da sola... in quel modo."

Dio, Rinoa, stai bene? Ti ho lasciata... me ne sono andato e basta.

"Squall, lui è il suo passato, e tu sei il suo presente e il futuro. Può essere che abbia bisogno di risolvere questa situazione da sola. E sarà anche 'da sola' lì dentro fisicamente, ma non è abbandonata. È dentro a un Garden pieno di persone di cui si fida, ma soprattutto - tu sei sempre con lei. Si sente sicura abbastanza da non aver più paura di stare da sola... e questo è per merito tuo, amico."

"Avrei potuto ucciderlo poco fa... se avessi portato il mio gunblade. Io-io non lo so che cosa avrei fatto."

Si lasciò andare contro il muro, lasciando che il ragionamento obiettivo tornasse a lui. Il velo dell'insicurezza si stava lentamente sollevando, e si sentiva orrendamente colpevole per le sue azioni: se avesse potuto rintanarsi in un buco, avrebbe fatto esattamente quello. Forse stava ritrovando più o meno un equilibrio con l'eccesso di emozioni; forse affrontare la verità era quello di cui aveva bisogno per tornare la persona che avrebbe dovuto essere stato poco prima. Le parole di Zell continuavano a filtrare dentro di lui, ed era contento che ci fosse qualcuno a dirgli che imbecille e stronzo era stato.

"Torna in carreggiata Squall... seriamente. Lo sai quanta gente sarebbe stata d'accordo con te, tutto questo Garden tanto per fare un esempio. Ehi, lo sai, io non lo sopporto... ma ci vuole un gran coraggio a entrare in un posto dove sai che sarai odiato. Magari vuole davvero chiedere scusa."

"Non c'è abbastanza coraggio nel mondo intero per riparare alle sue colpe."

"No, ma essere qui è un inizio, e credo che affrontare Rinoa sia un altro."

"Non riesco a crederci, stai dalla parte di Cid in questa storia. Tra tutti, credevo saresti stato quello che capiva di più. Cominci a suonare più stile Quistis."

"Lo prenderò come un complimento," ridacchiò a bassa voce. "Quello che capisco io è che stai usando quello che ha fatto Seifer come uno scudo dalla cosa che ora ti preoccupa. Se là dentro con lei ci fosse stato qualsiasi altro ex, non ti sentiresti uguale? Squall, in questo momento, non sei arrabbiato perché c'è Seifer con lei... sei arrabbiato perché non ci sei tu. Rinoa ha avuto una vita sua per diciassette anni prima di incontrare te, è probabile che questa non sarà l'unica volta che ti troverai davanti cose come questa... ma sapere chi è il terzo incomodo rende tutto peggiore."

"Devo andare a cercarla."

"Eh, mi sa di sì," concordò Zell, offrendo un sorriso di comprensione. Non fu certo sorpreso quando Squall non rispose più; c'era qualcuno di più importante con cui doveva riparare.

*~*~*~*~*

Il dolore pulsava, uno spasmo ad ogni battito del suo cuore. Tentò di scrollarsi di dosso quella raffica, ma era diventata una guerra che infuriava nei suoi lobi frontali. Pescò dalla tasca dei pantaloni un piccolo flacone di aspirina - ah ah, come se avesse potuto aiutare. Ma era tutto quel che aveva, e non aveva voglia di perdere tempo ad andare in infermeria: il medico di guardia avrebbe soltanto finito per impartirgli una lezione sul rilassamento contro lo stress, e la nozione in quel momento sembrava preistoria. Quando mai il giovane uomo non aveva provato stress, quando mai non lo avevano provato tutti quelli che vivevano in quel posto?

Non si fermò neanche a una fontana mentre si versava un paio di pillole in bocca; aveva la gola secca, ma si costrinse a ingoiare le piccole capsule. In poco meno di un'ora il suo mondo sembrava essere crollato, le mura che si riempivano di crepe come in un'architettura antica. Riparare avrebbe richiesto un po' di tempo, e non era più un processo di un passo solo. Il cuore gli diceva di correre da Rinoa, e implorarla di perdonarlo per l'ennesimo suo atto irrazionale. Stava appena superando il fatto dei ricordi di Artemisia; perché non aggiungere un altro po' di legna all'inferno rovente che era la sua vita.

Si strofinò le tempie in un gesto di esasperazione mentre stava davanti alla porta. Sì, correre da Rinoa era quello che desiderava, ma sarebbe stato il definitivo, e più grande, ostacolo di quella sera. Per prima cosa doveva capire esattamente cosa stava succedendo, con la speranza di non ficcarsi di nuovo in qualche enorme esplosione di emozioni. A essere onesti, la connessione empatica che aveva condiviso con Rinoa era svanita, e bastava quel solo fatto a terrorizzarlo.

Erano ormai trenta minuti prima che l'aveva lasciata da sola con quell'uomo. Era ancora lì dentro con lui? Si fidava di lei, certo che si fidava di lei. No? Avrebbe voluto urlare ma sarebbe stato troppo facile, e quindi, invece, sigillò tutto dentro di sé.

Bussò alla porta, senza sapere bene come l'avrebbe accolto il preside. Scontento, rabbia... delusione? Prima, quella sera, aveva detto a Rinoa che non poteva assalire un SeeD. Non che Seifer lo fosse, ma pareva che adesso lui costituisse una qualche protezione per il Garden: quindi, ricadeva sotto gli articoli della condotta della SeeD - cosa che lui aveva buttato fuori dalla finestra con un bel pugno in faccia. Anche se, odiava ammetterlo, ma parte di lui aveva provato una sorta di piacere distorto al dolore di quell'uomo. Ma quella era la gelosia di un essere umano, non la mancanza di rispetto del Comandante.

"Comandante Leonhart." Sì, Cid era formale, non era mai un buon segno.

"Posso chiederle un minuto del suo tempo, signore?"

L'uomo non si mostrava sconcertato, né per nulla sorpreso di vedere Squall lì; era come se avesse saputo che alla fine sarebbe tornato. Perché tutti pensavano di conoscerlo? Era diventato così prevedibile in quegli ultimi, pochi mesi? Gli ci volle un attimo per accorgersi che c'era un'altra persona seduta di fronte alla scrivania. Avrebbe riconosciuto ovunque quel trench insanguinato, coperto di sporco, segnato dal fuoco. Si sarebbe potuto supporre che da qualche parte lungo il suo percorso l'oggetto avesse incontrato lo sfortunato accidente di un lavaggio; le leggi delle probabilità avrebbero dovuto pesare fortemente dalla parte di quella possibilità.

"Bene, Squall, per prima cosa devo congratularmi con te per avergli solo rotto il naso."

"Mi perdoni, signore," disse il giovane con tono di rimorso. Non era che si rammaricasse di aver tirato quel pugno, ma si rammaricava del disappunto negli occhi del suo superiore. Senza contare quello di Rinoa.

"Non è me che hai colpito." No, non era lui. Ma anche quell'idea era stata parecchio allettante trenta minuti prima.

Il preside fece un mezzo gesto per invitarlo a uscire nel corridoio. Il Comandante rimase in silenzio, aspettando che fosse il cavaliere esperto a cominciare la conversazione.

"Non pensare nemmeno per un attimo che io non capisca cosa ti passava per la testa." Cid chiuse la porta, per evitare che le sue parole filtrassero verso l'altro occupante della stanza. "Non hai idea di che cosa provo, di che cosa vedo ogni volta che guardo Seifer. Una parte di me ti ammira veramente per esserti trattenuto dal fargli più male."

"Perché, preside? È tutto quello che ho da chiederle... perché riportarlo qui?"

"Perché... era anche lui uno dei nostri bambini. Squall, noi sapevamo di te. Ma non di lui... e per questo, io e Edea abbiamo la sensazione di averlo lasciato passare attraverso le crepe."

"Sapevate di me? Ma che diavolo..." Soppresse la rabbia. Aveva già percorso quella strada stasera e non l'aveva esattamente portato verso l'uscita della ragione. "Tanto non me lo dirà. È una cosa che dovrò comprendere da solo, o che Rinoa dovrà comprendere. E finirà con me e lei disperati che litighiamo. Ho capito. Ho capito."

"No che non hai capito. Tutto quello che dirò è che c'è una ragione per ogni cosa. Questo te lo garantisco. Se li vuoi chiamare test, fai pure; o se lo vuoi chiamare allenamento estremo, lo stesso, fai pure anche in questo caso. Una volta anche noi eravamo giovani come voi due, e ci fu una persona che stava davanti a me e che mi dava dei consigli praticamente identici. Ma sai cosa - io mi sono arreso troppo facilmente, e lui alla fine mi diede le risposte. È come saper leggere le mappe di questo Garden. Puoi memorizzare le piante, saperle a mente, puoi anche visitare le fondamenta e conoscere ogni centimetro dell'edificio. L'unica cosa di cui non saprai niente è come è stato costruito. Sono i chiodi, il legno, i cavi, e ogni minuscolo frammento dei materiali usati per creare la struttura. Conosci l'edificio, eppure non ne sai niente."

"E quindi, lei vorrebbe che io fossi in grado di conoscere in teoria ogni asse e ogni chiodo delle fondamenta?"

"Sì, perché quando arriva la tempesta e del palazzo restano le rovine, può essere ricostruito. Senza sapere come si fa a ripararlo nel modo giusto... è inutile come provare a vivere dentro alle mappe."

"E Seifer?"

"Beh, chiamiamolo la scintilla che sta intorno alle prese elettriche: ce n'è bisogno per rendere l'edificio completo e sicuro, ma può essere molto pericoloso se non sai quello che fai."

"...E io mi sono preso la scossa."

"Una cosa del genere. Ma hai imparato, e scommetto che la prossima volta starai più attento."

"Se sta dicendo quello che credo... sapeva già da quando ero bambino che ero destinato a essere un cavaliere. È questo quello che è stato l'ultimo anno e mezzo... un enorme test?" Abbassò lo sguardo sul pavimento mentre alcune cose cominciavano a tornare. "Quindi, se Rinoa avvertiva la presenza di Seifer, anche se non aveva idea di cosa fossero quelle sensazioni... allora Edea poteva avvertire me... nel passato. Aveva un legame emozionale precedente con me da bambino."

Adesso aveva tutto molto più senso. Persino i poteri di Ellione erano basati sulle persone che aveva incontrato nel passato. Era dovuta a quello la difficoltà di mettersi in contatto con la mente di Rinoa alla Base Lunare. Tutto aveva sempre girato attorno alle emozioni, ma semplicemente lui non se ne era accorto.

"Esatto," ammise Cid, finalmente sollevato dal poter chiudere almeno con una parte della sua evasività. "Avevamo approssimativamente un'età, sapendo quando eri apparso a Edea all'orfanotrofio. Quello che non riuscivamo a capire, però, era chi avrebbe ereditato i poteri. A quell'epoca Rinoa non era nei piani, Edea era... beh, non era se stessa. Ci volle tutta la mia fiducia per credere che avrebbe passato i poteri alla persona giusta, neanch'io ne ero sicuro... tu non avevi mostrato interesse per nessuno fino alla sera del diploma. E anche allora, fu praticamente una pugnalata nel buio."

"Rinoa venne da lei per una missione, e così lei accettò per una piccola somma."

Lui ridacchiò mentre spostava il peso da una gamba all'altra. "Piccola è un eufemismo. Sai che vi ha avuti per meno di duemila Guil, ne aggiunsi io altri ventritremila solo per far accettare a Norg il lavoro, anche se di malavoglia. Usai le ultime briciole della mia influenza per mandare voi tre."

"Soldi suoi?"

"Squall, ero disperato. Dovevo fare una scommessa, e sono stato ripagato. Quello che io ed Edea non sapevamo... quello che non siamo riusciti a sapere... era che c'era un altro dei nostri bambini destinato ad essere un cavaliere."

Okay, riguardo alla 'teoria dell'inferno' e a Rinoa, adesso era stato dato fuoco a tutta la sua vita con un paio di parole. La sua esistenza non era mai stata lasciata al caso, nulla di essa lo era... per un momento si chiese se nell'ufficio provvisorio del preside ci fosse qualcosa di più forte dell'aspirina. Questa era un'altra bomba che non poteva gestire al momento. Doveva concentrarsi sul presente, e poi forse lui e Rinoa sarebbero usciti da quella situazione più avanti. Che importava se la sua vita era stata calcolata, o quello che l'aveva portato fino a quel punto. A non essere in mano al caso era il perdono di Rinoa.

"Preside, non posso affrontare questa cosa adesso. Devo solo parlare con Seifer."

"Capisco."

Cid non offrì altro supporto o saggezza; non offrì neanche un saluto mentre se ne andava. Forse era più difficile per lui di quanto Squall si rendesse conto. Cancellò dalla sua mente tutti i pensieri tranne uno, mentre abbassava la maniglia. Rinoa.

*~*~*~*~*

"Ma guarda cosa ha riportato il gatto - un topo omicida determinato a conquistare il mondo, una forma di formaggio alla volta."

"Sono contento di vedere che hai ancora senso dell'umorismo su tutta questa faccenda." Squall cercò di non mostrare alcuna emozione scorretta; questo era solo un altro test, e l'avrebbe superato senza pregiudizi. "Stai bene?"

"Ti interessa davvero, Leonhart?"

"No." Beh, perlomeno poteva essere onesto. "Ma te lo chiedo lo stesso."

"Sì, tutto a posto. Ho avuto un po' di problemi con qualche donna autoritaria nell'ultimo anno. E poi, ovviamente, hanno fatto capolino le disillusioni dalle manie di grandezza - e avevano la stessa faccia di Adele senza trucco. Agghiacciante, ti giuro. Ho rotto la mia migliore canna da pesca quando mi è passato sopra la testa rombando un enorme edificio volante. Oggi ho beccato una mia vecchia conoscenza, e poi inaspettatamente ho beccato anche un pugno da un'altra. Ma come lato positivo, posso portare questa garza bianca sopra il naso che va un sacco di moda. Lo sai quanto le donne vanno pazze per questo look. E insomma... con te come si sta comportando la vita?" Il ragazzo biondo fece un sorrisetto, attirando Squall dentro la trappola per topi. Anche se non sapeva veramente perché lo stesse facendo, probabilmente le vecchie abitudini avevano bisogno di un po' più di tempo per andar via, non di sessanta minuti.

Squall si portò dietro la scrivania, sedendosi sulla sedia in pelle. Guardò una cartellina aperta i cui fogli erano in disordine sulla scrivania. Non c'era niente che l'uomo potesse dire per rompere la sua facciata.

"Bene. La mia vita è a posto."

"Allora, ho sentito che Rinoa lavora al Garden di Balamb. Questa non me l'aspettavo."

Il corpo del Comandante ebbe uno spasmo involontario nel momento in cui quel nome uscì dalla bocca di Seifer. Di sicuro non aveva voglia di approfondire su quell'affermazione. Questa doveva essere un'occasione in cui cercare di comprendere le motivazioni del suo rivale. A manifestarsi in quel momento era solo il solito immaturo prendersi in giro che avevano portato avanti per tutta la loro vita. Okay, che Seifer aveva portato avanti; Squall si limitava ad ascoltare fino a raggiungere il punto di ebollizione. In passato, le parole avrebbero finito per urtarlo e lo avrebbero fatto reagire. Non questa volta.

"La gente cambia, Seifer."

"Beh, Rinoa non è la gente. Altra gente può cambiare. Lei non lo farà."

"No, non è come gli altri." Squall buttò sulla scrivania la sua cartellina e qualche foglio volteggiò in aria. "Mi pare che l'unico cambiamento che tu sia mai riuscito a fare sia stato in peggio. C'è stato un tempo, addirittura fino all'esame pratico, che ti credevo un combattente decente. Un po' impetuoso, ma sempre un compagno affidabile in battaglia."

"Oddio, mi sento in colpa. Non avevo pensato di poter offendere il grande Squall Leonhart prima di comportarmi in modo così irrazionale."

"Senza contare che tu adesso non sai niente di Rinoa. Niente."

"Forse hai ragione. Perché la Rinoa che conoscevo io non avrebbe mai accettato un lavoro in un Garden - non importa su chi avesse voluto fare una bella impressione. Aveva i suoi principi, e di certo non avrebbe lavorato per un posto dove vengono venduti a chi paga di più. Questo siamo noi, Squall, noi siamo queste persone. Lei no. Tu e io siamo sempre stati uguali, che tu lo ammetta o no."

"Uguali?" Digrignò i denti e si sporse dalla sedia. Primo, non c'era verso che avesse ragione su Rinoa. Si sentiva a casa al Garden, le sue vecchie critiche su 'quanto erano tristi le loro vite' erano prima che li conoscesse. No? E non avrebbe mai cercato di fare 'una bella impressione' su di lui. Secondo, non erano uguali, non lo erano mai stati. "Illuminami, Seifer, ti prego di dirmi come io e te potremmo mai essere classificati come 'uguali'. Possiamo aver scelto tutti e due il gunblade, ed essere pari sul campo di battaglia, ma qui iniziano e finiscono tutte le analogie."

"Lo sai, finiscila con queste cretinate Leonhart. Puoi portare avanti questa storia con tutti gli altri, ma io lo so. Abbiamo sempre voluto le stesse cose, solo che abbiamo cercato di raggiungerle per strade diverse. E direi che è abbastanza ovvio chi abbia fatto meglio. Puoi startene seduto qui e raccontare agli altri che non te ne importa di cosa la gente pensa di te, che non ti è mai importato. È una bugia. Hai usato un modo parecchio contorto per ottenere quello che volevi. 'Oh guardatemi... qualsiasi cosa fate, non preoccupatevi di quello che penso'. Come un bambino che si allontana apposta così i genitori molleranno tutto e gli daranno attenzione. È un qualche tipo di procedimento inverso che ha fregato quasi un intero Garden. Non hai mai fregato me."

"Fregato? Ma che-" Mentre sbatteva il pugno sul tavolo, si accorse che non stava andando bene quanto aveva sperato. Prese un respiro profondo, poi espirò lentamente passandosi una mano fra i capelli. Se c'era una remota possibilità che Seifer avesse qualcosa di produttivo da aggiungere, avrebbe ascoltato, anche se malvolentieri.

"Ti spiego cosa voglio dire. È sempre stato così, dall'orfanotrofio a ora. 'Oh no, la Sorella se n'è andata... ehi, tutti voi, prendetevi cura di me. Lo so che anche voi l'avete persa, ma non è la stessa cosa, perché io ho bisogno di attenzione costante'. Hai aspettato fino all'ultimo giorno per fare l'esame alla caverna di fuoco, giusto perché tutti ti si affollassero intorno a fare il tifo. E vogliamo parlare di Dollet? 'Oh Quistis, salvami dal malvagio mostro aracnide così poi sarai ancora più dipendente dalla mia freddezza da bel tenebroso', anche se Zell e Selphie ce l'avevano fatta tranquillamente a saltare sulla nave senza fare scene madri! Oppure la mia preferita, 'Non so ballare... oh dai trascinami lì contro la mia volontà... aspetta un attimo, stanno guardando tutti? Allora ok, ho fatto quattro anni di corso di ballo come tutti gli altri in questo cazzo di Garden... guardatemi, il dono di dio ai perfettini asociali."

"Grazie per aver sintetizzato la mia vita in modo così espressivo, Seifer." Prese un pezzo di carta, lo appallottolò e lo gettò con impeto nel cestino. "Potrei fare lo stesso della tua, ma non sprecherò il fiato. L'esercito, la polizia e i registri del Garden praticamente lo fanno per me."

"E questo mi dovrebbe offendere? Te lo dico io chi hai offeso oggi. È vietato da Hyne che Rinoa non ti segua per cinque minuti e abbia da affrontare i suoi demoni. Come ha osato avere una vita prima di te. 'Okay, ora la scaccio via, andandomene come un idiota geloso finché non tornerà implorando il mio perdono'. Squall, io di certo non dico di essere innocente, ma dico che neanche tu lo sei."

"Non hai nessun diritto di parlare della nostra relazione! Mai nemmeno in un milione di anni le farei quello che tu le hai fatto."

"Davvero? Strano, perché non l'hai vista dopo che te ne sei andato come una furia. Sono sicuro che buttarla tra le braccia di Adele sarebbe stato molto meno doloroso. Quando l'ho sacrificata, l'ho fatto perché tu non potessi avere quello che volevi. Quanto è presuntuoso questo? Ho messo una vita... la sua vita... davanti a tutto, solo perché il grande signor Leonhart per una volta non ottenesse quello che voleva. Ma lo hai fatto... come sempre. Riassumiamo il punteggio, visto che pare che sia fondamentale per il tuo ego: sei diventato SeeD al primo colpo. Nominato Comandante a diciassette anni. Hai scoperto che avevi una madre che ti amava, un padre che è il presidente dello stato più grande del mondo. Sei diventato un cavaliere, hai salvato il mondo, e ora ti sei preso pure la donzella. Dimentico qualcosa? Tra tutta questa grandezza potrei aver dimenticato un dettaglio importante per la venerazione dell'eroe, o qualcosa del genere."

"Piantala! Questo non riguarda me."

Alzandosi dalla sedia, Squall si rifiutò di continuare a parlare con quell'uomo. Aveva fatto davvero tanto male a Rinoa? Stava diventando tutto un'enorme nebbia. Non aveva risolto niente da quando era entrato là dentro, tranne sentire un compendio pazzoide sulla sua vita. Quello che più gli faceva paura era che Seifer non era poi troppo lontano dal vero in alcune delle sue accuse. Era la prima volta che qualcuno lo rimproverava per qualcosa. Sapeva che questa era una china che non voleva scendere, ma non poté impedire alla domanda di sfuggire dai suoi pensieri.

"Come... sta... lei?"

"Triste." Era una risposta semplice e veritiera che il Comandante non si aspettava.

"Sai dov'è andata?"

"Nella sua stanza, immagino."

"Ha detto qualcosa?"

Scosse la testa. "No, niente."

Squall tornò a sedersi, infilando di nuovo tutti i documenti nella cartella. "È chiaro che Cid ti vuole qui. Crede che ci sia ancora una possibilità."

"Tu non mi vuoi qui. Pensi che sia una causa persa."

"No, non credo proprio di volerti qui, ma nemmeno ho detto che sei una causa persa. Se non fosse per Rinoa..." ammise, esitante. "Non credo sarebbe un grosso problema, potrei evitarti tranquillamente. Quindi, come comandante di Balamb, non mi metterò sulla tua strada. Ma come persona che vuole veramente bene a Rinoa, ti ammazzerò se le fai del male."

"Mi sembra onesto. Come persona che sconta la sua pena a Trabia, rispetterò la tua autorità. Ma se tratti Rinoa come ho visto oggi, non sarò responsabile delle mie azioni."

Squall annuì in un silenzioso assenso. Anche lui aveva dovuto ammettere che il suo comportamento quel giorno non pendeva dal lato giusto della bilancia. Per la prima volta aveva visto una crepa nell'apparenza menefreghista di Seifer; in quel fugace istante, il comandante aveva visto una traccia della persona che Rinoa conosceva due anni prima. Magari era stato in un instante simile che Rinoa aveva guardato oltre la sua, di maschera.

"Ci tenevi davvero, a lei." Squall si assicurò non suonasse come una domanda; era un'affermazione.

"Sì." Seifer distolse lo sguardo, la voce dominata da un tono più solenne. "Non molti mi avrebbero mai concesso le possibilità che lei mi ha dato. Anche allora, sapevo che non sarebbe stato per sempre, ma mi sono ritrovato a voler veramente darle una mano. Lo sguardo tradito che le ho visto negli occhi oggi mi ha dato la nausea. Ho dato questo dolore all'unica persona che aveva creduto in me. Il modo in cui ti guardava mentre cercava di calmarti... non l'ho mai vista guardare me in quella maniera."

"Sai, potevo essere io come potevi essere te... in quel momento, alla stazione televisiva. Se fossi entrato per primo nella stanza, forse Artemisia avrebbe cercato di controllare me."

"Ha, e il possente leone si sarebbe piegato così facilmente?"

"Guarda, Seifer, so che quello che Rinoa ha passato è stato abbastanza da farle fare cose impensabili. E so anche che Rinoa è una persona molto più buona di quello che io o te potremmo mai anche solo sognare di essere. Capisco come Artemisia abbia potuto manipolare i ricordi e anche il tempo stesso, e come hai detto prima, abbiamo delle somiglianze... forse con me non avrebbe fatto leva sul potere, o sull'essere un cavaliere. Ma avrebbe potuto trovare qualcosa per farmi cadere, tu stesso ne hai sfiorata qualcuna. Non avevi del tutto ragione, ma nemmeno del tutto torto."

"Leonhart, ci sono tre cavalieri dentro questo posto... e due di noi hanno fallito. Non lo dico per te, proprio per niente, ma per Rinoa. Tu sei l'unico a non aver fatto troppo casino finora. Non le mentire mai. Se c'è un problema, non te ne andare. È in quei momenti di debolezza che può succedere qualcosa, e tredici anni dopo sei lì a ordinare di ucciderla."

Squall chiuse gli occhi mentre l'immagine triste di Rinoa dilagava nei suoi pensieri, gli occhi di lei pieni di tanta paura, per quelle sue azioni di prima. Doveva parlarle; doveva sentire la sua voce che gli sussurrava il perdono. Doveva sapere che era tutto a posto tra di loro. La sua mente aveva bisogno di saperlo, il suo cuore aveva bisogno di saperlo... lui aveva bisogno di saperlo.

*****
Nota delle traduttrici: eccoci :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 15
*** XV. Tempo di Odiare - Parte III ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XV: Tempo di Odiare - Parte III ~

20 maggio

Nella sua testa, aveva sussurrato le sue scuse un centinaio di volte. Ogni volta che la confessione era completa, le sue azioni sembravano ancora più crudeli di prima. Stupido, cretino, bastardo... comunque lo si volesse chiamare, Squall Leonhart aveva fatto in modo che i ricordi di Laguna sembrassero le azioni di un gentiluomo distinto. Questa roba delle relazione era così difficile. Vedere Seifer e Rinoa insieme aveva svegliato una parte di lui che lui non sapeva esistesse. Una che era rimasta dormiente per diciotto anni.

Dolcemente bussò alla porta, aspettando nervosamente una risposta. Quando non la ricevette, provò a bussare una seconda volta. Ebbe l'idea di provare a girare la maniglia, incontrando solo resistenza. Ovviamente, quella volta aveva ricordato di chiudere la porta a chiave. C'era da immaginarlo che avrebbe scelto quel momento per iniziare finalmente a seguire i suoi consigli.

Dentro la stanza, Rinoa si morse apprensivamente il labbro. Onestamente, non voleva essere vista in quello stato instabile. Squall non si sarebbe fatto vivo - era tipo da lavorare sui propri tormenti interiori da solo. Naturalmente, una parte di lei voleva correre ovunque lui fosse, e convincerlo che tutto sarebbe andato bene. Ma in quel momento, aveva abbastanza demoni del suo passato da affrontare. Quindi se ne stava stesa in silenzio, al buio, come una bambina pietrificata; di certo non ricordava la giovane donna che avrebbe dovuto essere.

Con Squall mentalmente eliminato, il visitatore doveva essere una tra tre persone. Non aveva proprio voglia di affrontare la routine del 'fratellone' con Zell. Anche se, lo sapeva persino lei, l'esperto di arti marziali aveva a cuore solo il suo migliore interesse. Cid l'avrebbe trattata come una figlia, cosa che fino a un certo punto era estremamente confortante. Eppure quell'uomo era, in mancanza di un termine migliore, un 'genitore' per tutte le parti interessate, e avrebbe potuto rendere la cosa più complicata. La terza scelta del possibile trio era Seifer. Quella conversazione non ci sarebbe stata, da soli, nei mille anni seguenti. In quel momento, preferiva il metodo provato e veritiero del suo ragazzo: rimuginare da sola.

"Rinoa, ci sei?"

La voce di Squall la colse di sorpresa, e un'ondata di calore le circondò il corpo come la legna dal fuoco. Le sfuggì un ansito dalle labbra, mentre le lacrime sembravano scorrere libere a questa rivelazione. Era un insieme di mal di cuore e sollievo infinito che lui l'avesse davvero cercata. Lui ripeté la domanda un po' più forte, aspettando ancora una risposta. Rinoa non riusciva a intuire se lui fosse turbato o si stesse scusando; sembrava un miscuglio di entrambe le cose. La giovane donna cercò di asciugarsi gli occhi, ma aveva provato a farlo per ben più di quarantacinque minuti.

Coricata sul letto, si tirò le ginocchia al petto, sperando che lui se ne fosse andato. Stava sopprimendo la parte ancora più grande di lei che voleva correre e gettarsi disperatamente tra le sue braccia. Questo l'avrebbe uccisa. O era orgoglio o era stupidità a trattenerla dal correre da lui. Si maledì per la propria vulnerabilità. Invece di affrontarlo, se ne stava stesa e rannicchiata in posizione fetale.

Il silenzio fu l'unica cosa che passò tra lei e la porta per svariati minuti. Si rese conto che il suo desiderio di essere sola poteva esserle stato concesso. Il rendersi conto che la sua stupidità lo aveva allontanato la colpì con la forza di un monsone. Questo portò all'ennesimo attacco di pianto. Si diede un contegno sufficiente a scivolare fuori dal letto e dirigersi lentamente verso la porta. Onestamente, non era sicura di cosa si aspettasse di trovare nel corridoio. Pregava solo per qualcosa.

Lui sentì il rilascio meccanico della serratura, prima che la porta si aprisse gradualmente. Eccolo lì seduto sul pavimento, schiena contro il muro, con l'aspetto di una qualche specie di pazzo patetico. Dovette ricordarsi che in quel momento era una frase piuttosto accurata. Deglutì quando finalmente trovò il coraggio di guardarla; la scusa che si era preparato sembrava ormai del tutto persa. Lei non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi. Continuava a guardarsi i piedi nudi, mentre stava bilanciata con una gamba dietro l'altra. Tutto quello che lui riuscì a fare fu guardarla, e pensare nel suo cuore che era stato lui a causare questo.

Aveva raccolto i capelli in una coda alta, con grosse ciocche libere dal nastro. Una maglietta blu e pantaloncini avevano sostituito il maglione e i jeans. Sembrava che si fosse già messa a letto per la notte. Il suo viso lo portò a rendersi conto di che scemo fosse stato. Aveva gli occhi gonfi per le lacrime che lui aveva causato. Sarebbe stato più semplice dare la colpa della loro esistenza a Seifer, ma non era stato lui a farle del male, quel giorno. Squall voleva sollevarla tra le braccia, proteggerla da tutto. L'unico problema era... come avrebbe dovuto fare a proteggerla da se stesso?

"Rinoa... posso parlarti?"

"Chissenefrega, è un paese libero."

La frase poteva essere stata brusca, ma lui capiva che per lei era difficile cercare di mantenere la posa. Voltandosi, sempre guardando il pavimento, lei rientrò nella stanza senza dire un'altra parola. Lui si alzò e fece un profondo respiro per calmarsi prima di seguirla. Sembrava che tutto quello che aveva fatto negli ultimi tempo fosse chiedere il suo perdono per la sua stupidità. Si chiese silenziosamente per quanto ancora lei avrebbe sopportato questa faccenda senza senso.

Quando lui entrò nella stanza, lei era già tornata al letto. Scivolando sotto il piumone, lei rifiutò di guardarlo. Il suo corpo era voltato e guardava verso la finestra spoglia. Non c'era luce nella stanza, tranne quella naturale che si rifletteva sulla neve. Il suo corpo rimaneva per la maggior parte nascosto dalle ombre, e lui trovò difficile focalizzarlo. Eppure, riusciva a vedere il suo viso triste nel vetro; si chiese se lei stesse guardando fuori. Una qualche parte di lui sperava che lei lo stesse guardando.

"Rinoa, non avrei dovuto-"

"No, non avresti dovuto."

Non si aspettava che il tono di lei fosse così duro. "Ma l'ho fatto, mi dispiace."

"Sul serio, Squall. Non l'avevo notato... ero troppo impegnata a meravigliarmi del tuo potere."

"Me lo merito."

"Gli hai rotto altre ossa negli ultimi minuti? O la sua è una sentenza di morte pubblica per avermi parlato?"

"No... Rinoa... no. Puoi guardarmi?"

La sua voce si addolcì mentre si sedeva sul bordo del letto. Era stato lì solo un'ora prima, e ora sembrava che fosse passata una vita. Desiderò riavere indietro quei momenti, sentirla ridere. E ovviamente, essere completamente confuso da alcune delle sue azioni. In quel momento non era confuso, ma l'aveva portata al suo attuale stato d'animo. Un altro singhiozzo fugace le sfuggì quando il letto si spostò sotto al peso di Squall. Si aggrappò a un cuscino lì accanto come se fosse la sua unica ancora di salvezza.

"Perché?" La voce le si spezzò.

"Perché voglio scusarmi."

"Puoi farlo allo stesso modo guardandomi la schiena o la faccia." Dio, voleva voltarsi. Ma voleva solo trattenersi qualche momento in più. Con il suo sprezzo, sperava che lui non la ritenesse debole, e pronta a cedere ad ogni suo capriccio. Sapeva che quando si trattava di Squall, il suo cuore era sempre fragile, ma una parte di lei desiderava essere più forte.

"Rinoa, è solo che vi ho visti insieme e..." Qualsiasi parola gli venisse in mente sembrava infantile o delirante. "N-non lo so."

Lei gettò con rabbia un cuscino contro la finestra. Forse non era quello che volevo lui, ma almeno lei stava finalmente esprimendo le sue emozioni. Lui riusciva ad affrontarle meglio che la sua silenziosa indifferenza. "Cosa, Squall? Cos'hai pensato? Che sarei tornata di corsa da Seifer, adesso che cercando di ricostruire la sua vita? Pensi di essere solo un suo sostituto? Cosa... davvero?"

"Sì, se ti fa sentire meglio, aveva paura." Il giovane uomo tacque quando le parole gli sfuggirono dalla bocca. Non riusciva a credere di come gli fossero semplicemente scappate con facilità. Un anno prima non avrebbe ammesso la paura con nessuno; adesso sentiva di volersi condividere completamente. Involontariamente allungò una mano, posandogliela sulla spalla. Il calore del suo corpo sotto le sue dita gli diede la forza di continuare. "Non so come spiegarlo. C'era un tipo, che ha passato la vita a tormentarmi, e io entro e ti sta toccando."

"Correzione, io stavo toccando lui."

Scelse di ignorare quel commento. Era meglio così. "Rinoa, è come se l'ultimo anno fosse stato un'illusione crudele, e io all'improvviso scopro la verità. Con lui, dov'era prima, e con te sparita. È stato come ricevere uno schiaffo dalla realtà... e l'ho odiato."

Fu il peso finale che spezzò la sua testardaggine. Il sigillo si era rotto e lei non riuscì più a tenere a freno la lingua. Alzandosi a sedere velocemente, lo guardò negli occhi per la prima volta da quando era entrato nella sua stanza.

"Realtà, Squall? La nostra realtà è il tempo che passiamo insieme. Il giorno che abbiamo guardato film all'ospedale, il viaggio a Winhill, ballare nella tua stanza, dal nostro primissimo bacio esitante... al modo in cui mi hai baciato stasera. La mia 'realtà' con Seifer erano lunghe chiacchierate, qualche bacio impacciato, e ricordi di un'estate con qualcuno che mi ascoltava. Lo stesso 'qualcuno' che mi ha buttata via come cibo in una vasca di squali affamati. Non penso che io, come minimo, meriti di sapere perché? Dio, Squall, non è con lui che voglio stare. Perché metti anche solo in discussione il fatto che ti amo, solo perché Seifer è tornato? Se dubiti di questa relazione, allora non sono più nemmeno sicura di cosa stiamo facendo!"

La Strega non aveva iniziato urlando, ma ad un certo punto sia il tono della voce che l'urgenza erano aumentate. Il Cavaliere rimase in silenzio, con un'espressione confusa per lo sfogo emotivo di lei. Non era lui che in teoria avrebbe dovuto scusarsi - e non stare seduto con occhi vacui in una specie di coma?

Nella luce tenue, lei poteva a malapena vedere la sua espressione. All'improvviso Rinoa si sentì come se avesse oltrepassato una specie di linea non scritta. In tutto il tempo passato insieme, non aveva mai visto tutta quella incertezza sul suo viso. Non riusciva affatto a capire cosa aveva detto che potesse causare una tale reazione. Il suo intero corpo si intorpidì mentre cercava freneticamente di ricordare le sue parole. Aveva 'baciato Seifer', era per questo? Quel pensiero lo disgustava così tanto che non riusciva più a stare nella stesso posto con lei?

"C-cosa Squall?" Finalmente era riuscita a chiederlo ad alta voce. Tutti suoi tentativi di mascherare la paura finirono spazzati via nell'oblio.

"Hai detto..." Lui sussurrò un inizio di qualcosa, prima che svanisse nei suoi pensieri.

"Mi dispiace." Allungando una mano tremante, lei avvolse lentamente dita insicure intorno al suo braccio. Lui non sobbalzò al contatto, e lei ne fu grata. Non era nulla più che una stampella mentale, che cercava di impedirgli di alzarsi e uscire dalla porta. "M-mi dispiace così tanto," balbettò nuovamente lei. Era stato così tanto tempo prima, e i sentimenti per Seifer erano svaniti molto prima di quel momento. Come poteva scusarsi davvero di qualcosa che aveva fatto prima di incontrarlo? In ogni caso, ci avrebbe provato. "Sì... l'ho baciato. Squall, t-ti prometto che non è stato nulla di più. Seifer aveva molta più esperienza di me e-"

"No."

Lui scosse la testa interrompendola bruscamente, senza mai smettere di fissarla negli occhi. Quel drastico cambiamento di comportamento stava iniziando a preoccuparla. Tornò mentalmente indietro, cercando di seguire le proprie parole... ospedale, Winhill, baci, estate, squali, ti amo... poi la colpì con tutta la forza della coda di un RubRumDragon.

"Oh cavolo." Rinoa si nascose il viso tra le mani per l'imbarazzo. Almeno non l'ha sentito dalla signora della mensa. Scosse la testa incredula; come aveva fatto a lasciarsi scappare una cosa del genere, specialmente nella stessa frase del nome 'Seifer'?

"Tu cosa?"

Già, ok, erano quelle le parole che aveva capito. Ecco doveva andava a finire il suo ultimo disperato tentativo di pensare che forse era scocciato dal riferimento agli squali o una cosa così. Di nuovo, un qualsiasi concetto romantico di quella dichiarazione sembrava tutt'altra cosa dalla realtà. Ma come aveva detto prima, questa era la loro realtà, e forse in qualche modo stava bene accanto alle loro centinaia di momenti imbarazzanti. Se lo avesse detto di nuovo, lo avrebbe detto per bene. Con un respiro profondo, si tolse le mani dal viso, guardandolo direttamente negli occhi.

"Ti amo," disse con convinzione, tra le lacrime. "Squall Leonhart, ti amo... di certo non volevo dirlo a quel modo. Solo che oggi... e tu... ero così spaventata. E io..."

Le sue parole si addolcirono e dovette distogliere lo sguardo. Come così tante altre volte, l'emozione era diventata troppo grande da sopportare. Per quanto volesse cercare una reazione sul suo viso, le lacrime stavano diventando troppo dolorose. In quel momento, non c'era bisogno di altre parole. Aveva parlato con il cuore, ed era tutto quello che avrebbe mai potuto fare. Pregava solo che sarebbe bastato.

La sensazione di braccia forti che la circondavano le portò quel necessario momento di salvezza. Cedendo alla serenità, gli mise la testa sul petto come aveva già fatto innumerevoli volte. Ma questa volta era diverso, lui sapeva dei suoi sentimenti... ed era ancora lì. Non era indietreggiato; non se n'era andato in un stato istupidito di paura. Invece era venuto da lei, accettando il dono con gratitudine sincera. Non si aspettava una risposta, sapendo che lui aveva ancora bisogno di tempo. Gli avrebbe concesso l'eternità, se lui l'avesse voluta. Dentro si sentiva come se fosse stato sollevato un enorme fardello, che lei nemmeno sapeva la stesse consumando.

La sua mano sinistra si portò alla vita di Rinoa, catturando nel palmo della mano il cotone della maglietta. L'altra mano tracciò il sentiero dal fondo della schiena fino alla nuca. Lei si appoggiò più vicina, avvicinando i loro corpi. Gli posò le braccia sulla schiena, trovando un porto sereno nella tempesta. Chiuse gli occhi mentre ascoltava il battito frenetico del suo cuore. Così spaventato, così terrorizzato, ma come in un paradosso non si era mai sentito più a suo agio. Passarono minuti silenziosi. Gli unici suoni erano il loro respiro, il battito dei loro cuori, e il brusio leggero del riscaldamento della stanza che veniva spinto dalle ventole sul soffitto.

"Rin-"

La sua voce grave parlò finalmente tra respiri disperati, incapace di dire nulla di più. La sua mente urlava di rispondere, ma nessuna parola sembrava materializzarsi. Alcuni sentimenti andavano semplicemente al di là delle parole, quando solo il silenzio le legava nel buio. La fragranza dolce della sua pelle iniziava a inondargli i sensi. Aveva il collo umido per le lacrime di poco prima, che luccicavano appena nella luce argentea della luna. Prima che la sua mente capisse cosa stava facendo il suo corpo, lui tracciò dolcemente piccoli baci sulla pelle sensibile del collo di Rinoa. Pregava nel buio di poter in qualche modo cancellare il dolore che aveva causato. Permettendosi di prolungare il momento, esplorò il materiale della maglietta vicino alla vita. Non sapeva che il cotone potesse sembrare seta finissima alle sue mani ruvide. Fu allora che il suo vestiario si registrò, così come il piccolo logo ricamato sul davanti della maglietta.

Tra i baci riuscì a dire, "Rinoa... tu... hai preso la mia maglietta, vero?"

Lei ridacchiò forte, per la combinazione del ricordo e della sensazione del suo respiro, che le accarezzava la pelle come gocce di pioggia. Forse il suo commento non era quello che si aspettava in un momento tanto intimo, eppure in qualche modo si adattava alla perfezione. Realtà doveva tenere Squall con i piedi per terra, prima che lui potesse permettersi di perdere in ciò che non conosceva. La Strega aveva notato questa sua tendenza, ma sperava che questa nuova vicinanza potesse durare di più. Alla fine lui si sarebbe permesso di perdere il controllo, di perdersi nei suoi desideri umani. Ma di sicuro non quella sera. Così, come aveva già fatto parecchie volte prima, lui cambiò completamente argomento.

Le parole di lei erano dolci, tenere, e dette in maniera insicura per la sensazione momentanea ed esilarante. D'altra parte, sperava che questa gli fosse sfuggita.

"Sì, è tua. Prima che andassimo alla Tomba del Re Senza Nome, voi ragazzi ci avevate chiesto di fare il bucato a Deling. Per favore... non arrabbiarti. Onestamente pensavo che fosse di Selphie, e l'ho messa nella sua cesta. In teoria dovevo restituirla, ma..."

"Ma... cosa?" chiese lui, fingendo preoccupazione, sempre posandole dolcemente baci teneri sul collo.

"Ho finito per indossarla, quella notte. Non avevo ancora il tuo anello, e volevo solo qualcosa che fosse parte di te. In più, come facevo a sapere che avevi una maglietta con un teschio sul davanti?"

Lui pose fine alle sue avance e si separò lentamente, posando dolcemente la fronte su quella di lei. Con la mano sinistra le accarezzava ancora delicatamente la nuca, lasciando che le punte delle dita giocassero con la sua coda di cavallo. La luce si rifletteva profondamente nei suoi occhi, e lui si sentiva come se potesse vederci l'eternità. Non gli interessava che lei stesse indossando la sua maglietta; doveva solo fermarsi prima di annegare nei suoi desideri. Lei rimase in silenzio, lasciando che fosse il suo Cavaliere a tenere le redini della situazioni. Teneramente lui le posò un dito sulle labbra, arricciando la bocca in un minuscolo sorriso.

"Devo dirti, signorina Heartilly, che non è un 'teschio', è un tasso." Lei non poté evitare di ridacchiare mentre lui difendeva la sua maglia. Sembrava così sincero; era una lato malizioso di lui che lei non si sarebbe mai aspettata. Sollevando un sopracciglio, con il dito ancora posato dolcemente sulle sue labbra, lui continuò a zittirla. "Quel tasso è la mascotte del più puro olio al mondo per gunblade, importato dalla Penisola Eldbeak. Non sottovalutare mai un tasso. Possono essere feroci quanto i Wendigo, se vengono minacciati. Posso alzarsi fino a novanta giganteschi centimetri di lunghezza... fauci affilate con rasoi... denti enormi... sono terrificanti, davvero."

"Wendigo, Squall?" ribatté finalmente lei, ancora tutta presa dalla sua presenza. Un dito solitario sulla sua bocca.

Il movimento delle sue labbra sotto il suo dito lo affascinava, come il modo in cui il suo respiro caldo gli solleticava il dito. Non poté evitare di rivolgerle un vero e proprio sorriso. Non per la loro conversazione, ma semplicemente per il meraviglioso conforto che aveva scoperto senza saperlo.

"Wendigo molto piccoli... ma sempre Wendigo."

Squall cercò di rimanere serio, ma non riuscì a non unirsi a lei in un momento di pure risate. Alla fine lasciò cadere il dito, avvolgendole il secondo braccio strettamente intorno alla schiena. Si sentiva bene a ridere, tra tutti i problemi della risata. Il giovane uomo desiderava solo di poter trovare le parole per dire come si sentiva davvero. Per un minuto, si scordò del perché erano divertiti; se era perché la situazione era davvero così comico, o se era per tutta la tensione che era cresciuta durante la serata. Era stupefacente essere così vicini a qualcuno, e parte di lui si chiedeva se avrebbe mai potuto sopravvivere senza quella sensazione.

Ridendo, caddero sul letto avvolti l'uno nelle braccia dell'altra. Rinoa era ancora sotto le coperte, e Squall era sul bordo esterno. Rotolò sul fianco, sempre stringendola forte. Lei aggiustò la posizione, dandogli più spazio invece che lasciarlo in bilico sul bordo del materasso.

"Rinoa, tieni pure la maglietta, sta molto meglio a te. Raccoglierò i punti per averne un'altra e basta."

"Grazie Squall, ma non te l'avrei ridata lo stesso."

"Immaginavo. So quanto puoi essere testarda."

Lasciando andare un risolino, lei posò la testa sul cuscino. Voleva solo stargli così vicino per sempre. Tra le sue braccia, il mondo sembrava semplicemente svanire nel nulla, come se ci fossero solo loro. Il giovane uomo fece una pausa, tornando alla sua parte più seria.

Ogni pensiero cosciente diceva a Squall di non riportare a galla gli eventi della giornata, e di godersi e basta la magia affascinante di essere accanto a lei. Desiderava permettere alla sua mente di capire del tutto le due piccole parole che lei aveva detto liberamente, ma non ci riusciva; era suo dovere proteggerla. Stavano facendo quel viaggio insieme, affrontando ogni ostacolo man mano che si presentava davanti a loro. Il legame emotivo che avevano condiviso quella sera gli stava ancora tormentando i pensieri. Desiderava ricacciarli in quella parte logica del suo cervello solitamente usata per il lavoro.

"Ho bisogno di dirti una cosa." Lei iniziò a separarsi da lui, ma lui non glielo permise. Non voleva porre fine all'euforia. "No, non farlo. Va bene. Ho solo bisogno di dirti una cosa su di noi."

"Noi?" chiese lei, un po' preoccupata. Con la testa sul cuscino, si voltò per guardarlo negli occhi. La vista si era adattata alla luce tenue, e poteva vedere ogni centimetro dei suoi lineamenti.

"Beh, a proposito di questa relazione Strega/Cavaliere. Onestamente, non so come spiegarlo, ma spero che capirai. Secondo Cid, dovremmo essere empatici per le emozioni l'uno dell'altra, anche se l'altro non è consapevole di provarle. Non dico di aver capito tutti i dettagli, ma spiega perché non ci comportavamo come al solito stasera. Per farla breve, potevi percepire Seifer, perché prima avevi una specie di relazione con lui. Siccome la vostra relazione era rimasta irrisolta... più ti avvicinavi fisicamente..."

"Più non riuscivo a controllare la mia... ehm... irrazionalità?"

"Una cosa del genere. In qualche modo io posso percepire le tue emozioni, e assorbirle. I risultati possono manifestarsi in molti modi... non sempre rabbia. È parte del mio lavoro sapere quando la connessione diventa un allarme per qualcos'altro. Impareremo con il tempo. Avrei dovuto ascoltare i miei primi istinti, e non lasciarti sola stasera."

"Non avresti potuto saperlo, Squall," lo rassicurò, iniziando a massaggiargli inconsapevolmente la spalla. "Non è stato tutto brutto. In più, siamo riusciti a spaventare un pochino Zell."

"È vero." Lui ridacchiò, ricordando brevemente l'espressione dell'esperto di arti marziali quando li aveva trovati a 'pomiciare' nel corridoio. Era stato più focoso di qualsiasi cosa avessero condiviso fino a quel momento. Ora il Cavaliere poteva capire la passione del bacio - erano entrambi un po' troppo carichi emotivamente.

"Allora, immagino che voglia dire che la prossima volta che ti rubo la maglietta, sentirai il mio senso di colpa," lo stuzzicò lei.

"Penso che debba essere qualcosa di grosso... qualcosa che possa influenzarci tutti e due. Ma non preoccuparti Rin, puoi scommettere che dopo questa terrò un inventario più accurato del mio guardaroba."

"Questa fa male." Rinoa smise di massaggiarlo quanto bastava per picchiarlo scherzosamente sul bicipite. La giovane Strega non riusciva a ricordare un momento in cui erano stati così vicini così a lungo. Ok, c'era stata la notte in cui era rimasto con lei dopo l'episodio da Cid ed Edea. Ma era arrabbiata con lui, allora, quindi tecnicamente non contava. Quella sera non era realmente arrabbiata, ma ferita dal modo in cui l'aveva accantonata così facilmente.

Forse la gravità di tutto quello che era successo stava iniziando a diventare più chiara, per lei. Guardandolo negli occhi, ricordò il bambino spaventato che l'aveva guardata nel Centro Addestramento. Il bambino di cinque anni a cui era stato rubato tutto, che desiderava il silenzio che qualcuno si avvicinasse e lo consolasse. Qualcuno che gli sussurrasse che tutto sarebbe andato bene. Era il bambino che aveva paura di chiedere, ma che cercava disperatamente di essere consolato e accettato.

Rinoa non aveva mai conosciuto Squall e Seifer nello stesso momento. Per lo meno, durante un incontro che si potesse definire pacifico. A giudicare da quel poco che sapeva direttamente, il loro passato non poteva essere altro che basato su una complessa rivalità. Non erano solo gli sfregi a specchio sui loro visi, ma che quelli intagliati profondamente tra i due. Era qualcosa che non sarebbe mai completamente guarito. Semplicemente non poteva. Con tutto il suo desiderio di sentire i ragionamenti di Seifer, non si era mai fermata a capire completamente il significato del suo ritorno per l'uomo coricato accanto a lei. Aveva conosciuto Seifer solo per alcuni mesi; Seifer aveva dovuto affrontare il tradimento di qualcuno che aveva conosciuto da sempre.

"M-mi dispiace così tanto, Squall."

"Perché?" Lui all'inizio non capì cosa volesse dire, credendo che la conversazione fosse ancora spensierata, e che scherzassero sui vestiti rubacchiati. "Rinoa, puoi davvero tenere la maglia, va bene così."

"No," rispose lei dolcemente. Scosse la testa, quasi imbarazzata. "Mi dispiace per il Centro Addestramento. Mi dispiace di non averti fatto entrare subito, e che sento il bisogno di essere testarda, a volte. Non ho pensato a quanto fosse difficile per te... rivederlo. Penso di aver pensato solo a me, e non mi sono fermata ad accorgermi... m-mi dispiace così tanto."

"È stato difficile." Non voleva sembrare così candido, ma per una volta il cuore gli guidava le parole. Posandole la mano sul viso, lui le tracciò il mento con un dito. "Ma è stata più dura pensare di perderti."

"Squall, non mi perderai. Non vado da nessuna parte. Per favore, per favore credimi."

"Voglio farlo, Dio, voglio farlo." Uscì più una preghiera di quanto avesse inteso.

Aveva la gola secca come il Deserto di Kashkabald, ma inghiottì comunque l'orgoglio. Parte di lui doveva sapere, se non per se stesso allora per loro. Forse avrebbe trovato conforto nel sapere la verità, forse aveva solo bisogno di sapere di più di lei. Forse la verità era molto meno dolorosa di alcune delle immagini che lo perseguitavano.

"Rinoa, devo chiedertelo... esattamente com'era la tua relazione con Seifer?" Ok, aveva ufficialmente sforato nel 'territorio del ragazzo geloso'. Zell sarebbe stato così orgoglioso.

Cercando tra i suoi ricordi, le provò a trovare le parole giuste. Sorrise con l'aria di chi la sa lunga, doveva essere così difficile per lui; era molto coraggioso davanti al pericolo. Non si sarebbe aspettata di meno dal suo Cavaliere. Prima di entrare nei dettagli della sordida storia, dovevano essere comodi... poteva volerci un po'. C'era anche questa piccola voce in testa che non voleva guardarlo negli occhi. Era ancora difficile parlarne. Il pensiero di fargli del male con le parole la faceva sentire male.

"Aspetta un secondo." Si spostò, afferrò alcuni cuscini del letto e li appoggiò alla testata. Lui rimase coricato, affascinato dai suoi movimento; a volte gli servivano alcuni momenti per capire le informazioni pertinenti. Lei non avrebbe cambiato nulla di lui, anche se ne fosse stata in grado. Fu solo allora che capì, e si alzò a sedere per togliersi le scarpe prima di tornare sul letto. Appoggiandosi alla testa, la circondò con un braccio e lei si appoggiò a lui, mettendosi nuovamente nella posizione familiare, trovando conforto nel suo petto muscoloso. Anche se non si sarebbe mai potuta stancare di questa vicinanza.

"Non riesco a credere che ti conosco da più di un anno e finalmente mi chiedi di Seifer." Ok, non la frase migliore che avrebbe potuto dire, ma era la verità.

"Forse una parte di me aveva paura di sapere." Definitivamente non quello che si aspettava come risposta, sempre che si aspettasse qualcosa. Si abbassò, posando un bacio lieve sulla sua testa. Ciò che la sorprese di più fu che lui non si ritrasse, posandole dolcemente il mento sui capelli. Il suo respiro caldo era come un amico desiderato a lungo, che l'avrebbe consolata nei minuti seguenti.

"Ho incontrato Seifer alla stazione di Deling. A dire il verso... gli sono corsa contro - letteralmente. Come al solito avevo dormito troppo ed ero in ritardo. Correvo per prendere il treno, ho svoltato l'angolo in fretta e sbam... beh, hai capito. Lui ha borbottato qualche parola sottovoce, guardandomi. Mi ha fissata con disgusto, mentre uno dei suoi amici mi ha aiutata ad alzarmi. Io ho borbottato una specie di scusa, ancora imbarazzata. Quello che non sapevo era che il mio treno era in ritardo per un guasto meccanico... noi quattro finimmo sullo stesso treno, e ricordo di aver camminato nel corridoio accanto a loro alcune volte... di proposito. Alla fine, Seifer si è allungato a prendermi il polso e mi ha chiesto se 'avevo un problema'. Vorrei poterti dire perché lo trovavo affascinante... forse perché non mi aveva aiutata. Quel ragazzo era stato tutto tranne che un gentiluomo."

Lei continuò riluttante, ascoltando il battito del suo cuore come fosse un metronomo. Onestamente non sapeva quanto lui volesse sentire, ma sapeva che non ci potevano essere segreti tra loro. L'esperienza glielo aveva insegnato.

"Quindi, comunque, ho avuto il bisogno di raccontare tutto di me... sono abbastanza sicura che Seifer non abbia ascoltato nemmeno metà di quel che ho detto. Raijin e Fujin erano gentili, e noi tre abbiamo parlato per tutto il viaggio. Arrivati a Timber, sono scesa dal treno dopo aver salutato... immaginavo che non li avrei mai più rivisti. Quando stavo per uscire dalla stazione, qualcuno mi ha picchiettato sulla spalla. Seifer mi ha chiesto se volevo mangiare qualcosa... ho imparato una cosa di lui quella sera, quando non c'erano i suoi amici... frequentava il Garden di Balamb e sarebbe stato un SeeD. Era l'inizio di giugno, e mi ha detto che aveva i fine settimana liberi. Ci siamo accordati per vederci tutti i venerdì sera, fuori dalla stazione."

Voleva davvero sentire queste cose? Certo che no, ma ascoltava, assorbendo ogni dettaglio. Una cosa aveva senso: quando parlava liberamente, Seifer era lontano dal suo gruppetto. Nessuno al Garden si era mai preso il tempo di conoscerlo direttamente. D'altra parte, non avrebbe mai permesso a nessuno di farlo. Forse Seifer aveva visto in Rinoa la stessa qualità che aveva visto lui; qualcuno in cui si voleva riporre tutta la propria fiducia, e che mi mangiasse lentamente via i muri. Era qualcosa di naturale della sua personalità. Qualche volta, il Comandante voleva solo affondare in quella qualità.

"Quando la scuola è iniziata a pieno ritmo, io ho mandato lunghe lettere e ho cercato di telefonare. Sembrava sempre troppo occupato per parlare, e non ha mai risposto alle mie lettere. Eppure, mi aggrappavo ai ricordi... non potevo lasciarli andare, semplicemente. Sono persino venuta a Balamb durante le vacanze invernali e le cose tra noi sembravano a posto. Parte di me si è sempre chiesta se ci fosse un'altra, e se lui non avesse semplicemente il cuore di dirmelo. Sembrava ancora preoccupato per me, voleva sapere come andavano le cose con la resistenza. Ma... uhm... è successo qualcosa durante quel viaggio... e..."

Si morse il labbro, sentendosi il battito del cuore che le echeggiava in gola. Lui, involontariamente, strinse di più la presa, sentendosi come se lei stesse per svanire nella non esistenza. "Intuivo che era stressato per gli esami in arrivo... siamo usciti a cena e poi siamo tornati alla mia camera d'albergo. Credo di essere stata troppo ingenua per pensarci su, o forse qualche parte di me, inconsciamente, capiva le implicazioni. Avevo compiuto diciassette anni solo un mese prima, e parte di me voleva crescere così tanto... sentirmi adulta... sentirmi una donna. Ma non potevo... non potevo e basta."

Le lacrime le scorrevano nuovamente sulle guance, per l'ennesima volta quella sera. Non poteva credere che gliene fossero rimaste. Contro la sua volontà, il corpo della Strega tremò, mentre il Cavaliere la teneva stretta al sicuro. Non la lasciò mai andare, e il suo cuore soffriva con quello di lei mentre Rinoa cercava ansiosamente di finire.

"L-lui era così arrabbiato, ed è andato via. Io mi sono data la colpa. Immaginavo che non lo avrei più sentito, dopo quello che avevo fatto. Avrebbe potuto stare con qualsiasi donna, ma quella notte voleva me... Dio, non lo so. Forse leggo tutto nella maniera sbagliata... sono ancora confusa. Seifer mi ha chiamato alla fine di marzo, ed è stata la prima volta che lui ha chiamato me. Aveva un tono di scuse, ma non si è mai scusato... è un po' difficile da spiegare. La conversazione sembrava diversa. Mi diceva che alcune cose stavano cambiando in meglio al Garden, diceva che ce l'avrebbe fatta stavolta... era così sicuro di sé. Pensava che se volevo assumere la SeeD, quello era il momento giusto. Quindi mi ha invitata al ballo... mi ha detto di aspettarlo fuori, lui mi avrebbe accompagnata di sopra. Sarebbe stata la prima volta che sarei stata insieme a persone che conosceva. Ero così felice. Mi sentivo finalmente come se lui volesse che facessi parte della sua vita..."

Lei continuò a cedere al pianto, fino al punto in cui era a malapena udibile tra i singhiozzi.

"Rinoa, va bene così... immagino cosa sia successo dopo."

"N-no," disse vacillando la giovane Strega. Si asciugò le lacrime con la coperta. "Devo finire... avevo anche deciso che quella notte non mi sarei tirata indietro; avrei passato la notte nella sua stanza. Vestendomi, avevo in realtà pianificato di darmi completamente a lui. Squall, onestamente con il senno di poi sembra tutto chiaro... mi dispiace davvero, davvero tanto dirti tutte queste cose. Penso anche che sarei davvero stata con lui quella notte... se non fosse successa una cosa. Tu."

Parte di lui si era già rassegnata al fatto che avrebbe accettato se Rinoa e Seifer erano stati insieme fisicamente. Aveva dovuto convincersi che non importava; era il passato. Non cambiava quello che sentiva per lei, quello che lei sentiva per lui, o il futuro che erano destinati a condividere. Eppure, sentendo che non erano stati insieme, sentì un enorme sollievo percorrergli il corpo. Forse era egoista, forse era solo natura umana... qualunque cosa fosse, non lo sapeva. Sapeva solo che si collegava ai sentimenti più primitivi.

"Seifer non è mai venuto giù da me, così sono andata io al salone per trovarlo. Ho guardato in giro un po', cercando di non far vedere che ero irritata. Pensavo che forse, se avessi potuto ballare, o uscire e parlare con qualcuno, mi sarei calmata. Qualunque cosa fosse, volevo che sembrasse che non ci fosse niente che mi turbava. La musica...ascoltavo semplicemente la musica e mi sentivo persa nella melodia. Ricordo di aver pensato a quanto tutti sembrassero felici. Persino in un posto che allenava i bambini alla guerra, le coppie si erano trovate. Io ero lì a pianificare la notte più grande della mia vita adulta, ed ero sola in una stanza piena di persone. Allora ho visto che mi stavi guardando."

Anch'io ero solo in una stanza piena di persone, fino a quando ti ho visto. Lui si tenne questo pensiero per sé; non voleva interromperla. Dopo tutto, era Rinoa che lo aveva sorpreso a fissarla. Se qualcuno gli avesse chiesto per quale ragione la guardasse, non avrebbe potuto darne una, ma forse avrebbe potuto darne cento. Avrebbe provato a negare il fatto se si fosse trattato di chiunque altro, ma lei lo aveva sorpreso a fissarla quella notte, e molte notti a seguire. In qualche modo, non gli interessava.

"Dopo averti lasciato, ho parlato con Cid. Lui ha accettato di aiutarci... era come un piccolo miracolo. Voglio dire, so che Seifer mi aveva appena raccomandata, ma sentivo di star facendo qualcosa per Timber... era meglio di qualsiasi cosa avessi fatto per me stessa. Volevo correre da qualcuno, urlarlo al mondo intero. Così ho deciso di tornare alla stazione; immaginavo che almeno avrei potuto condividere quel momento con Zone e Watts. Sono uscita dalle porte principali, e qualcuno mi ha toccato la spalla da dietro. Mi sono girata... era Seifer... l-lui sembrava così amaro, così ferito. Seifer non mi ha mai detto niente sull'aver fallito l'esame, avevo ancora l'idea che fosse stato promosso... ha detto di aver bevuto e di non essersi accorto dell'ora... poi è andato di sopra e ci ha visto ballare..."

Prendendo fiato, alzò la testa dalla sicurezza del suo cuscino umano. Rotolò, appoggiandosi sui gomiti e posandoli gentilmente sul suo petto. Così poteva vederlo in viso, e qualsiasi ombra buia che oscurava i suoi lineamenti. Lui spostò un braccio intorno alla vita, mentre con l'altro le toccò il viso. Gentilmente, spostò lunghe ciocche di capelli dietro l'orecchio, asciugandole le lacrime con il pollice. Lei sorrise, strofinando la guancia contro il suo palmo. Lui le prese il viso tra le mani mentre lei voltava dolcemente la testa, posandogli un bacio leggero sulle dita.

"I secondo successivi sono un po' annebbiato... lui era così arrabbiato. Si è sporto in avanti e ha barcollato per l'alcol, cadendomi addosso. Ricordo di essermi spostata di lato e che mi è scappato un gemito scioccato, quando mi è caduto contro la spalla. Il suo peso mi ha spinta indietro, e sono andata a sbattere contro un muro... poi ricordo solo due tipi con dei vestiti strani che lo tiravano via da me. E Cid... Cid era lì e ha ordinato che portassero Seifer nella stanza di detenzione, fino a quando avesse smaltito la sbornia. Il Preside mi ha chiesto se mi serviva qualcuno che mi accompagnasse... gli ho detto che stavo bene. Penso di essere semplicemente rimasta scioccata da quanto fosse successo tutto in fretta. Non ero arrabbiata, solo confusa... l'hanno portato via così in fretta."

"Mi dispiace."

"Squall, non è colpa tua; non hai nulla di cui scusarti. Mi sono sempre sentita in colpa... come se in qualche modo tutta la faccenda partisse da me. Tutto il passato. Se non fosse stato per me, Seifer non sarebbe stato alla stazione televisiva di Timber. Artemisia non lo avrebbe controllato e-"

"Rinoa, smettila." Le sue parole erano forti, eppure le accarezzò dolcemente il viso con il palmo della mano. Lei fece una smorfia, chiudendo gli occhi nel sentire il suo tono autoritario. "Non avrebbe avuto nessuna importanza. Artemisia alla fine gli sarebbe apparsa. Non sei stata tu a collegare i nostri destini; era il nostro passato all'orfanotrofio. Il tuo arrivo può essere stato un catalizzatore, ma non è mai stato la causa."

"Sei... sei arrabbiato con me, Squall?" La voce le tremò leggermente

"Con te? Come potrei?"

"Beh... per via di Seifer."

"Se mai, capisco il conflitto con lui molto meglio. Non avrei dovuto comportarmi come ho fatto oggi. Voi due avete onestamente bisogno di chiarire le cose. Sono io quello che è dispiaciuto per averti fermato."

"Ero solo così scioccata di rivederlo, per di più nel Centro Addestramento di un Garden. Era tipo l'ultima cosa che avevo in mente. Immagino che non stavo pensando a come sarebbe sembrato, nel lungo termine." Per quanto Rinoa si godesse la vicinanza, sentiva un formicolio che si irradiava velocemente lungo le braccia. Con riluttanza, si alzò a sedere. Non volendo però rinunciare al contatto fisico, tenne un braccio dolcemente appoggiato al suo petto. Scuotendo via la sensazione formicolante dall'altro braccio, la giovane donna abbassò lo sguardo su di lui. Sembrava che non le avesse tolto gli occhi di dosso da quando aveva cambiato posizione. "Allora, dove andiamo da qui?"

"L'unico posto dove possiamo andare... avanti." La sua voce sembrava roca, mentre il sussurro tagliava l'oscurità. Lui allungò entrambe le braccia, prendendole la mano libera con un movimento fluido. Le prese entrambe le mani, mettendosele sul letto, dove si unirono alle sue. "Andiamo avanti... insieme."

"Squall, grazie."

"Grazie per cosa?"

Dovrei essere io a ringraziarti, Rinoa... per avermi salvato. Grazie per amarmi.

"Per aver rotto il naso di Seifer," ridacchiò lei, spezzando la tensione.

Lui fece un sorriso canzonatorio. "Pensavo che per quello fossi arrabbiata?"

"Beh, dovrei esserlo, credo... ma lui se l'è davvero meritato. La maggior parte dei ragazzi al massimo sparla delle ex, non le sacrifica così saranno eternamente unite a una tiranna psicopatica." Cercava di prendere la situazione sul ridere, ma lui intuiva che la verità la disturbava ancora.

"Non ti farà più del male." Il Cavaliere le strinse più forte le mani, chiudendo gli occhi mentre faceva la promessa.

Lei ritrasse la mano destra, spostandola alla fronte di lui. Dolcemente, tracciò la linea della cicatrice con l'indice. "No, Squall, non farà più del male a noi."

Tremando sotto la sua carezza vellutata, lui strinse ancora di più gli occhi, realizzando all'improvviso che era sul suo letto, con lei che gli accarezzava la fronte. Tutte le parole sembravano perdute, insieme al lato logico del suo cervello che comandava le azioni più basilari. Le dita di una mano erano ancora sulla sua pancia, e poteva sentire spostarsi il peso sul letto. Nel buio, il tocco di piuma delle sue labbra rimpiazzò il tratto che il suo dito aveva infuocato. Dolcemente, delicatamente, il respiro caldo di Rinoa incontrò l'imperfezione che gli sottolineava il viso. Non solo baciava la ferita fisica, ma cercava anche di cancellare per sempre dalla sua anima tutte quelle paure e quei dubbi stipati dentro di lui.

Rinoa lottò contro se stessa per non continuare, per tornare a sedersi e spingere via temporaneamente la sensazione feroce della pelle di Squall. Poteva non essere pronto per ulteriori contatti. Di solito era stato lui a dare inizio alla vicinanza, prendendo le redini della situazione secondo i suoi tempi. Eppure la tentazione stava diventando troppo grande, e voleva correre il rischio, buttare mesi di cautela ai campi innevati là fuori. Era tutto un rischio, un rischio calcolato. Doveva essere disposta ad accettare le conseguenze.

Si trovò trascinata in una sorta di trance, incapace di fermarsi solo alla cicatrice. Con abile vigilanza, si mosse verso le sue labbra, chiedendosi come avrebbe reagito. All'inizio, il contatto fu esitante, e lui sembrò resistere a qualsiasi avance. Il suo respiro si confuse con il suo mentre lei rimaneva sopra alla sua bocca, in attesa di una reazione. Temendo di aver già testato i suoi limiti, iniziò ad indietreggiare. Si maledì per avergli già buttato troppo addosso. La confessione sia dei suoi veri sentimenti per lui, e della sua storia con Seifer, erano abbastanza da assorbire per chiunque.

Sorrise, estremamente imbarazzata per le sue azioni, mentre lui apriva gli occhi. Non riusciva a vedere la sua espressione, non per mancanza di illuminazione, ma perché era qualcosa che non aveva mai visto con i propri occhi. L'ultima cosa che si aspettava era sentire una mano dietro la testa, che la spingeva di nuovo verso di lui. Lui chiuse gli occhi mentre le loro labbra si univano di nuovo; non i bacetti teneri di prima, ma un miscuglio di emozione e passione che superava qualsiasi barriera precedente.

Il corpo di lei sembrava così senza peso quando gli cadde sul petto; la sua mente non poteva nemmeno registrare che un altro essere umano potesse sembrare così leggero. Il giovane uomo non si era reso davvero conto che la sua mano era scivolata sotto la barriera materiale della maglietta. La seconda mano si unì alla prima, spostandosi sulla schiena di lei, trovando conforto nella sensazione setosa della sua pelle. Con una mano salì a premere tra le spalle, mentre l'altra iniziava a giocare con i suoi capelli e il collo.

Ogni ciocca di capelli sembrava un paradiso, mentre lui la attorcigliava tra le dita. Da qualche parte nel mezzo, si era dimenticato come respirare e ora cercare di rubare aria tra i baci. La sua mente urlava che era sbagliato, era troppo presto, e che avrebbe dovuto smetterla prima di perdere ogni controllo. Ma il suo cuore non riusciva a dimenticare il semplice fatto che lei lo amava. Con tutto il dolore, con tutta la pazzia, questa persona aveva visto tutti i suoi errori... e lo amava comunque. Avrebbe mai potuto chiedere un regalo più grande?

Lui lasciò andare uno strisciante gemito di gola, mentre la spostava sul fianco. Lei gli permise di prendere il comando mentre rotolavano insieme. Le sue unghie gli graffiavano gentilmente la schiena, e nessuno dei due sembrava arrendersi al momento. Fu il turno di Rinoa di lasciarsi scappare un gridolino leggero quando lui iniziò a tracciarle baci lungo il collo, più o meno come aveva fatto prima. Il corpo di lei tremò al contatto, e non poté evitare di ridacchiare piano ogni tanto.

Fu in un momento di lucidità che Squall si rese conto di cosa stava facendo. Di nuovo, si era permesso di essere sopraffatto da lei. Di perdersi nelle sue carezze. Le diede un altro bacio veloce sul collo, prima di dargliene uno appena più lungo sulle labbra. Ma anche lei aveva percepito il cambiamento; era sorpresa che lui si fosse permesso di perdersi così a lungo. Anche se una parte di lei non poteva non sentire la delusione, sapeva comunque che la lucidità di Squall era la cosa migliore. Con le braccia ancora saldamente strette intorno a lei, lui si mosse così da poterla guardare direttamente negli occhi. Fu lui il primo a sorridere, rassicurandola che non era offeso, facendole silenziosamente sapere che aveva provato una certa esultanza nei momenti che avevano appena condiviso.

"Rina, io... io vorrei davvero riuscire-" Non era il pensiero che aveva programmato di ammettere, ma in qualche modo fu quello che uscì. "Solo che-"

"Lo so, Squall." Lei gli scostò le ciocche dagli occhi, anche se ricaddero esattamente dov'erano. "È stata una giornata lunga per tutti e due. Non devi spiegarmi niente."

"È solo che le nostre emozioni sono ancora un po' strane, e non voglio fare-"

"Sssh." Rinoa gli posò un dito sulle labbra, stavolta, interrompendolo. "Niente spiegazioni, ok? Non abbiamo bisogno di scuse, quando qualcosa è giusto... lo sappiamo entrambi, ok?" Lui annuì. Lei mosse il dito che gli aveva posato sulle labbra nuovamente sulla cicatrice. "Ma signor Leonhart, non te la caverai così facilmente."

Sollevando un sopracciglio, lui sentì un'ondata di panico. Anche se dalla sua attuale posizione, non era sicuro di cosa potesse essere rimasto per cui essere nervoso. In quel momento, era letteralmente sopra la sua ragazza, nel suo letto... non esattamente la cosa più semplice da spiegare. Non che lui ci volesse provare.

"Squall... il Centro Addestramento, prima? Per cosa mi stavi portando là, se non era per allenarsi?"

"Oh, quello." Lui sorrise apertamente, vagamente umiliato dai suoi pensieri. "Dopo tutto quello che è successo stanotte, non è nulla di davvero importante." Spostando il peso, tornò a mettersi sul fianco. Anche se sentire il corpo di Rinoa sotto il suo era stupefacente, non era esattamente la posizione più comoda... date le circostanze. Alla fine riuscì a rotolare giù, sedendosi sul bordo del letto. Si voltò, notando che lei sorrideva maliziosa come il gatto Cheshire(1).

"Beh, me lo dirai, giusto?"

"Immagino che potrei... o potrei semplicemente mostrartelo."

"Mostrarmelo?" La sua voce prese una sfumatura seduttiva, mentre gli faceva l'occhiolino. Lui la guardò leggermente confuso da quello che lei stava implicando.

Scuotendo la testa, lui la guardò astuto. "Mettiti addosso qualcosa."

"Tu proprio non sai come funziona, vero?" Disse l'ultima parte per stuzzicarlo, mentre si tirava su a sedere. Parte di lei era scioccata da quanto si sentisse rilassata a scherzare su quell'argomento. A volte aveva affrontato situazioni impegnative o imbarazzanti con l'umorismo - e quella sera era stata un miscuglio di più di entrambe le cose.

Lui si alzò e si voltò del tutto verso di lei. Chinandosi, si avvicinò al suo viso, fino a quando li separò solo un piccolo spazio. Il Comandante prese il tono di voce di lei, parlando dolcemente nella sua maniera seduttiva. "So esattamente come funziona, Heartilly. Devi ricordare che hai a che fare con un SeeD, allenato all'arte di costringere un nemico alla resa. Di conoscere il nemico meglio di quanto lui o lei conosca se stesso. Di farlo sentire al sicuro, per ottenere il risultato di cui ho bisogno."

Si mosse fino ad avere le labbra a pochi millimetri dalle sue. Proprio come poco prima, lei poté sentire il suo respiro sulla bocca. Si sporse in avanti, chiudendo gli occhi; il Comandante si comportava come se intendesse annullare quello spazio. In quell'istante, lui voltò la testa alzandosi velocemente. Lei si trovò a cadere in avanti sul letto quando lui si spostò. Strinse gli occhi per l'irritazione di quella ritirata maliziosa.

"D'altra parte, è risaputo che i SeeD posso ricevere ordini di ritirata." Lui ridacchiò appena prima di indicare la valigia di Rinoa. "Ora prendi qualche maglione o cose così, e basta; fa freddo là."

*~*~*~*~*

Camminarono sempre mano nella mano. In qualche modo, sembrava più naturale di qualsiasi altra cosa al mondo, in quel momento. Forse era perché la maggior parte degli studenti stava dormendo nelle proprie stanze, o forse era perché lui aveva appena raggiunto un nuovo livello di comprensione. Uno che soprassedeva su qualsiasi paura o preoccupazione di cosa appariva all'esterno. Avrebbe comunque mantenuto il decoro professionale quando necessario, ma in quel momento voleva solo essere il suo ragazzo, il suo Cavaliere... la persona che lei amava. Non si sarebbe mai potuto stancare di questo.

Arrivati al Centro Addestramento, lui le tenne la porta aperta, lasciandola entrare. Di nuovo, l'aria la accolse come un coperta fredda che le avvolgeva il corpo. Camminarono in silenzio verso la stanza che in quel momento non conteneva mostri. Arrivarono a un'altra porta doppia, che faceva da divisore, ed entrarono in un'altra stanza. Ricordava a Rinoa il Garden di Balamb e la Zona Segreta... solo senza il nascondiglio degli studenti. Squall la guidò verso un'area pavimentata, circondata dal nastro giallo e nero. Lei rifletté tra sé e sé che lui non l'avrebbe seriamente portata lì per 'pomiciare'. Erano abbastanza in grado di farlo da soli nella sua stanza.

"Ecco." Lui indicò l'area contrassegnata dal nastro.

"Nastro divisore... davvero carino," disse lei leggermente confusa, esaminando la plastica fine e colorata. Lui era insolitamente silenzioso, e poi, in un momento di estrema stanchezza, lei si chiese se era davvero quello che le stava mostrando. "Uhm, la tecnica del nastro sopra le barricate è eccellente, Squall."

"Grazie, l'ho messo io." La sua risposta era completamente seria.

"Cosa, davvero è tutto qui?" Questo doveva essere uno strano scherzo ideato dalla mente di Squall Leonhart, vero? "Per favore, dimmi che non è il nastro." Ok, aveva seriamente bisogno di dormire.

"No, Rinoa, ovvio che non è il nastro..." Lui la guardò al di sopra della spalla, facendole l'occhiolino stavolta. "Vieni qui."

Rimanendo al suo fianco, si chinò sul pavimento, sempre tenendole la mano. Lei lo seguì, finendo per inginocchiarsi. Fu allora che scoprì ciò che lui l'aveva portata lì a vedere... era qualcosa di inciso all'interno delle piastrelle di cemento. Lei guardo quella più vicina a loro, dato che lui annuì in quella direzione.

"Aiutavo qui, all'inizio di questo mese. Tutte queste piastrelle sono state disegnate dagli studenti e dallo staff. Una matricola ha suggerito che ogni piastrella avrebbe dovuto avere un nome, e qualcosa di simbolico di uno degli studenti caduti inciso... e così han fatto. Ma c'erano più piastrelle che studenti, e allora il Preside ha pensato che anche tutti coloro che hanno aiutato nella ricostruzione avrebbero dovuto averne una... all'inizio ho rifiutato, non volevo il mio nome da nessuna parte... immagino che dovesse essere solo per chi vive al Garden di Trabia. Poi uno degli insegnanti mi ha detto che se non volevo la mia, perché non farne una su qualcosa per cui ero grato..."

"Squall... io..." Lei cercò disperatamente di non piangere, sentendosi come se le lacrime si sarebbero cristallizzate sul sul viso, se l'avesse fatto. Faceva così freddo, e lei sentire il punzecchiare familiare agli angoli degli occhi. Allungando la mano destra, seguì il contorno di un paio di delicate ali d'angelo incise sulla piastrella. Nel centro, c'era il profilo di una testa di leone, protetto valorosamente dal suo guardiano celestiale e piumato.

"Proprio come Winhill," disse lei ad alta voce, ricordando il disegno d'ali sul mausoleo della famiglia Leonhart. Là le aveva incise in anni di sporcizia, nulla che potesse durare... come questo. Esaminando ogni pietra, notò che avevano tutte un qualche significato simbolico per chi aveva sofferto e sopportato. "È così bello, Squall... sono tutte bellissime."

"Le ha fatte uno degli artigiani del Villaggio degli Shumi. Ognuno ha dovuto solo disegnare la sua piastrella."

C'erano lettere in alfabeto straniero sotto l'immagine. Era qualcosa che non aveva mai visto. Fece scorrere le dita sulla pietra fredda. "C-cosa dice?"

"È scritto in un antico dialetto Shumi."

Distogliendo gli occhi dalla piastrella, lo guardò con apprensione. "Dialetto Shumi, eh? Chissà perché, penso che tu stia evitando la domanda."

"Hey, devo almeno tenermi qualche sorpresa, no?" Spostandosi sulle ginocchia, le lasciò la mano e le mise un braccio intorno alla vita. Posandogli la testa sulla spalla, Rinoa ridacchiò.

"Squall, pensavo che i 'segreti' fossero quelli che abbiamo cercato di evitare negli ultimi mesi. Non credo che funzionerà se ti dico che è un 'ordine da un cliente'?"

"Bella mossa Rin, Timber ha avuto elezioni libere mesi fa. Anche se sono abbastanza sicuro che non la smetterai mai di darmi ordini."

"Hey!" Lei si voltò, guardandolo irritata. Lui le diede un bacio dolce e rassicurante sulle labbra.

"Secondo, stiamo lavorando per evitare i segreti. Ti prometto che questo non è un segreto... te lo dirò prima o poi... solo non adesso. Ti devi fidare di me, ok?"

"Mi fido di te," ammise lei, anche se riluttante. "Nemmeno un piccolissimo indizio?"

Lui sorrise, appoggiando la fronte sulla sua. "Non ha nulla a che fare con Wendigo o magliette con i tassi." Lei iniziò a protestare, ma fu interrotta dalle labbra di Squall che si premevano sulle sue. Lui si separò da lei e Rinoa pensò che fosse meglio non continuare a fare domande... almeno per quel momento.

"Dai," disse lui, le parole irrigidite dal freddo. Alzandosi, la aiutò a tirarsi in piedi a sua volta. "Ti ammalerai se stai qui fuori. In più, faremmo meglio a dormire un po'. Ti riporto in camera, ok?"

Concordando in silenzio, lei gli posò di nuovo la testa sulla spalla mentre uscivano lentamente. Il suo braccio finì per riposare comodamente intorno alla vita di Rinoa. Lei guardò la stanza principale quando lasciarono quella più piccola, ricordando tutto ciò che era successo quella sera - le cose buone, le cose cattive, ma soprattutto il sollievo travolgente che le riempiva l'anima. Aveva affrontato le sue paure quella notte, ed era arrivata faccia a faccia con il suo passato. Due persone le cui storie si erano intrecciate per un breve periodo ora avevano due sentieri decisamente diversi da seguire. Seifer si stava guadagnando la sua redenzione come guardia del Garden di Trabia; un viaggio complicato e pericoloso a pieno titolo. E lei, che affrontava le emozioni nel profondo del suo cuore, e scopriva il suo posto nel mondo. E camminando lungo il sentiero non da sola, ma mano nella mano con il suo Cavaliere.

*

Note al testo
(1) come il gatto Cheshire: il famoso gatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, solo che non avendo io la versione italiana del libro non sono riuscita a controllare se il nome è giusto^^ Se lo sapete, contattaemi pure.

*****
Note dell'autrice. ciao a tutti... volevo solo ringraziarvi tutti quanti per le vostre recensioni. Le leggo tutte e sono quello che mi fa continuare a scrivere. Penso che avrei rinunciato molto tempo fa, se non fosse stato per tutto il supporto che ho avuto.

Nota delle traduttrici: eccoci :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 16
*** XVI. Tempo di Guerra ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XVI: Tempo di Guerra ~

28 maggio

Abbassò lo sguardo sugli ordini stampati nell'intestazione della lettera ufficiale. Non poteva essere corretto. Doveva trattarsi di un equivoco o di un qualche genere di scherzo malvagio. Squall aprì la seconda cartellina, controllando per assicurarsi che il suo contenuto fosse identico alla prima. Lui, Zell, bambini... gita di un giorno e una notte? Improvvisamente tutto l'incubo di Artemisia cominciava a sembrare un po' più allettante. Osservò fuori dalla finestra il panorama di Trabia - ricoperto da un immenso lenzuolo di bianco. Aveva bisogno di una boccetta di aspirina, un po' d'acqua, e una scusa... Si poteva pensare che qualcuno avrebbe creduto che era gravemente allergico ai bambini?

Il Preside suonò l'interfono per richiedere una caraffa d'acqua alla sua assistente: pareva che il giovane comandante, riarso dalla sete, avesse un disperato bisogno di liquidi. La ragazza entrò, cercando di uscire più alla svelta possibile: Rinoa lavorava solo al livello amministrativo, e si sforzava di tenersi fuori dalle faccende ufficiali del Garden. Si sentiva ancor più a disagio quando c'era Squall nei paraggi - senza contare che loro tre erano ancora migliaia di chilometri lontani da Balamb. Posò due bicchieri di fronte ai due uomini, e poi prese una caraffa d'acqua ghiacciata dal cucinotto.

Il silenzio del comandante fu finalmente rotto, e senza preoccupazione per la presenza di Rinoa. "Sta... scherzando... vero?" balbettò la sua voce. "Non c'è nessun altro in questo Garden che sia in grado di gestire otto bambini di cinque anni per una notte?"

"Certo, ma l'unica esperienza che tu e Zell abbiate avuto è stata con matricole più grandi; voglio vedere come vi comportate con studenti più piccoli."

Squall squadrò il Preside con sospetto, dopo tutti i recenti avvenimenti. "Signore, con tutto il rispetto, ma devo chiederlo, questo è un altro dei suoi test?"

"No, questo è solo per divertimento," disse Cid con un tono da dato di fatto, mentre un sorriso si faceva strada sulle sue labbra.

Rinoa non riuscì a trattenersi dal ridacchiare per l'uscita ironica del Preside: c'era un che di alquanto spassoso nell'immaginare Squall e Zell a occuparsi di bambini di cinque anni -e di otto di loro, per giunta. Spostò lo sguardo dall'uomo mentre la risata proseguiva. Mise la caraffa sul tavolo e fece per andarsene; ma sentì una mano forte che le afferrava il polso e guardò verso il suo ragazzo, ricacciando indietro il riso.

"Che c'è di tanto divertente?" le chiese Squall incontrando i suoi occhi, a quanto pareva infastidito dalla causa della sua ilarità.

"Niente, assolutamente niente," aggiunse lei, mentre si copriva la bocca con la mano libera. "Sono sicura che sarà una gita molto 'istruttiva' per i bambini... quelli non dati in pasto al Gojusheel più vicino." L'ultima parte venne sussurrata.

"Sono contento che la pensi così, signorina Heartilly. Vista la riduzione dello staff utilizzabile, ho risolto con il comandante di Trabia che fossi tu il terzo membro di scorta per la gita."

"Io che cos-?"

"Sapevo che saresti stata entusiasta di dare una mano." Le porse una cartellina identica alle due che già aveva il comandante di Balamb.

"Ma signore, fa freddo fuori! C'è la neve!" protestò lei.

"E poi dicono che non sei perspicace," le rispose Squall facendole l'occhiolino.

"Tu stanne fuori," replicò lei strizzando gli occhi verso il suo ragazzo. Liberato il polso dalla sua presa, si piantò entrambe le mani sui fianchi. "Non so perché ma suppongo che vi stiate divertendo con questa cosa."

Squall fece apertamente un sorrisetto. "Ci puoi giurare."

"Signore." Rinoa si voltò verso Cid, pregando di potersi appellare al senso della diplomazia del Preside. "Io non ho ricevuto l'allenamento adatto che questa escursione richiederebbe. Zell Dincht e Squall Leonhart sono entrambi stati addestrati ai fondamenti della sopravvivenza nell'ambiente esterno; non credo che il fatto che si portino dietro un elemento senza esperienza si inserirebbe bene nel Programma del Garden. Mentre è vero che ho avuto la mia parte di istruzioni nell'ambito della difesa, quelle nozioni potrebbero essere applicate solo nelle peggiori delle ipotesi. Credo che le mie capacità siano più adeguate per la mia permanenza qui."

"Wow," esclamò Cid mentre si alzava dalla scrivania. "Ricordami quando torniamo a casa di vedere se ti posso piazzare nel corpo diplomatico. Ti ho quasi creduta. Ora, voi due, andate a fare le valigie, partite alle quattordici."

Squall si alzò in piedi, facendo il saluto al Preside, e poi si girò verso Rinoa a sussurrarle nell'orecchio "Porta un maglione, fa freddo fuori."

*~*~*~*~*

"Oh mio dio, di chi è stata questa brillante idea?" Zell guardò i bambini in fila nell'ingresso principale.

"Di Cid..." mugugnò il comandante a denti stretti. "Sono andato a una di queste robe giusto a marzo, con dei dodicenni... non è stato divertente. Senza contare che fuori ci ritroveremo in mezzo a una stupida tormenta."

"E come ha fatto Rinoa a finirci trascinata dentro di nuovo?"

"Credo sia concorso in commissione di reato. Ha detto che era per mancanza di staff utilizzabile... ma voglio dire, quand'è che il Preside avrebbe mandato un bidello o uno della mensa a un'escursione?"

"Allora è una specie di test per voi due?"

"Zell, tutto è una specie di test con quello lì."

"È come diceva la mamma... puoi portare un Chocobo davanti a una pozione, ma non puoi fargliela bere. Ma Squall, se ci fosse qualcuno che potesse far bere quell'uccello... sareste voi due."

Il comandante lo guardò, del tutto sconcertato. "Eh?" Poi si accorse tutto d'un tratto che forse non voleva saperlo. Sollevò subito la mano e l'agitò. "Lascia perdere, devo conservare un po' della mia sanità mentale per questo."

I due SeeD si diressero verso l'entrata principale, osservando con attenzione i loro giovani compagni di viaggio. Cid stava facendo agli studenti un riassunto degli eventi della serata e ripassava le regole di condotta di base. Arrivò Rinoa, trascinandosi sotto il peso dei suoi bagagli.

"Ma chi diavolo ha progettato questo posto?" boccheggiò mentre gettava a terra le sue cose. "E quanto è lontano dal campo?"

"Più o meno dieci chilometri..." rispose l'esperto di arti marziali.

"In salita," aggiunse Squall con una sfumatura ironica.

"Oltre un grosso fiume."

"...E ci sono da attraversare foreste spaventose."

"Haha - come siete divertenti, voi due," replicò Rinoa alzando gli occhi al cielo. "Basta, quando torniamo a Balamb chiedo un aumento."

Squall si girò a guardare la sua ragazza, scuotendo la testa. "Rinoa, hai intenzione di portare quel cappotto? Ghiaccerai là fuori."

"Squall" fece in risposta, un po' agitata. "Io sono di Deling, e lì non fa nemmeno mai lontanamente ghiaccio... piove sempre. Questo è il cappotto più caldo che ho."

"Torno subito," disse lui prima di dirigersi verso i dormitori.

Rinoa rimase a guardarlo mentre spariva lungo il corridoio, e a un certo punto si accorse che Zell la stava fissando mentre lei fissava Squall. Si girò con un sorriso innocente, per tentare di far passare inosservata la sua momentanea debolezza.

"Insomma, bambini di cinque anni... tu hai parecchia esperienza coi bambini, Zell?"

"Bel tentativo Rin... magari mi consideri di più se mi metto di spalle?" Per sottolineare il punto, si girò e agitò un po' il sedere. Strizzando gli occhi, lei gli mollò un pugno scherzoso nella spalla per gioco. Con una risata, lui si voltò di nuovo verso di lei. "Sì, ho fatto un po' di esperienza coi bambini. Quando ero a Balamb guardavo spesso i figli dei vicini, e poi vengo da una famiglia allargata molto grande. E tu?"

"Poco, direi. Ma mai... con bambini che si comportano così bene, con uniformi militari addosso, e che stanno sull'attenti. Sembra così innaturale. Se si mettono a cantare, me ne vado."

"Cosa?"

"Lascia stare." Rinoa liquidò subito l'argomento. "Sono solo un po' nervosa per questa cosa. Le uniche persone che mi abbiano mai ubbidito finora sono state Zone e Watts, e non è mai andata molto bene... Oh, e Angelo. Vorrei che fosse qui per darmi un po' di supporto morale."

"Chi è che la bada, adesso?" domandò lui, accorgendosi per la prima volta che la compagna pelosa di Rinoa non c'era.

"Selphie. Spero solo che non le stia dando da mangiare di nuovo panini e pezzi di bistecca. Quel cane ha snobbato i 'Kyaktus N' Bits' per una settimana dopo il nostro viaggio a Winhill."

"Me lo ricordo," aggiunse lui con una piccola punta di gelosia. "Dar da mangiare panini(1) ad Angelo dovrebbe essere considerata una forma di cannibalismo. Comunque, ho sentito che presto Cid se ne tornerà a Balamb, tu vai con lui?"

"Beh..." cercò di mascherare il dispiacere nella sua voce. "Me lo ha chiesto, se mi sentivo pronta. Una parte di me vorrebbe restare, Dio, una parte molto grande di me... ma so anche che devo tornare. I miei incarichi di tutti i giorni si stanno accumulando. Shu sta facendo il suo lavoro di sempre, e in più gestisce anche molte delle faccende di cui normalmente si occupa Squall, non è giusto darle in più anche il peso delle mie responsabilità amministrative. Per quanto io abbia voglia di restare... devo essere obiettiva."

Rinoa avvertì un'ombra di senso di colpa per non aver discusso l'argomento prima con Squall. Dentro la sua testa, non avrebbe mai voluto che il loro tempo insieme finisse. L'ultima settimana era stata estenuante dal punto di vista delle emozioni, ma non l'avrebbe scambiata per tutte le stelle nel cielo. Aveva paura che col ritorno a Balamb lui sarebbe ricaduto nelle vecchie abitudini, e tutti i loro progressi sarebbero passati in secondo piano rispetto al lavoro, una volta a casa. Sapeva che era l'incertezza ad offuscare il suo giudizio, lui non sarebbe cambiato - loro non sarebbero cambiati. Eppure era difficile lo stesso staccarsi da quel tempo passato insieme.

Sentì l'eco dei passi di qualcuno che percorreva il corridoio. Era strano: avvertiva la sua presenza senza girarsi. Quando Squall entrò nel suo campo visivo, aveva in mano un cappotto pesante da divisa standard della SeeD. Lei rimase a guardare in silenzio mentre il ragazzo passava le dita sull'esterno dell'indumento, per rimuovere ogni traccia di polvere. Squall incrociò il suo sguardo, e per un istante, Rinoa si sentì come una ragazzina in preda a un'infatuazione. L'unica consolazione era essere stata colta in flagrante mentre fissava il suo viso, stavolta - non il lato b.

"Ecco, Rinoa, prendi questo." Allungò il braccio per porgerle il cappotto.

Era difficile credere che otto giorni prima aveva lasciato scivolare via i suoi sentimenti. In quel momento, non riusciva nemmeno ad articolare una frase logica. La sensazione che la sommergeva era impossibile da mettere in semplici parole. Lo conosceva da più di un anno, era un po' che 'uscivano insieme', ma lui aveva ancora questo potere di lasciarla senza parole - senza nemmeno volerlo.

Lui aveva un'aria confusa, si chiedeva se avesse fatto qualcosa di sbagliato. Erano proprio questi momenti che aveva paura di perdere tornando a Balamb. Si rimproverò da sola, la loro separazione sarebbe durata solo poche settimane; la lontananza sarebbe stata molto più breve dei due mesi che avevano originariamente messo in conto. Ad ogni modo, avrebbe dovuto affrontarla... e presto, visto che la confusione sul suo viso in quel momento era praticamente impagabile.

"Ho fatto qualcosa che non va?" chiese lui alla fine, credendo di aver rotto qualche 'regola non scritta del fidanzato' che avrebbe dovuto conoscere per istinto.

Certo, cosa avrebbe dovuto pensare visto che stava continuando a tenere il cappotto per tutto quel tempo? Allungò la mano, imbarazzata da quel fatto, e mentre prendeva il giubbotto sorrise amabilmente, cercando di nuovo di dissimulare la sua momentanea idiozia.

"Proprio per niente," riuscì a dire. "Proprio per niente."

Sentì uno sghignazzo ad alto volume provenire dalla persona direttamente accanto a lei: chissà perché, ma Zell stava trovando un gran divertimento in tutta la situazione.

"Non badate a me," rise. "Mi è appena, uhm... venuta in mente questa barzelletta e... Oh, lasciate perdere, non vale la pena di inventare una scusa valida. Vado a dare un'occhiata per vedere che sta facendo Cid, così voi due bambini potete restare da soli."

Rinoa si girò subito verso il suo ragazzo, sperando che non avrebbe preso troppo sul serio il comportamento del loro amico. Non capiva bene se Squall fosse imbarazzato, o stesse escogitando un modo fisicamente plausibile per lanciare Zell contro il soffitto - e vedere se i suoi capelli sparati si sarebbero incastrati nelle piastrelle a mo' di matite.

"Squall, dove l'hai preso questo?"

"Ne ho uno in più... puoi tenerlo. È uno di quei vantaggi dell'essere comandante."

La giovane abbassò lo sguardo sulle sue mani, il cappotto blu navy era identico a quelli di lui e del resto del gruppo. In tutti quegli anni l'idea di uniformità non le era mai piaciuta, adesso vedeva quel piccolo fatto come un onore. Non poté fare a meno di notare l'odore muschiato - l'indumento aveva qualche affinità con il suo proprietario. Si tolse la giacca più leggera e la gettò sulla pila dei suoi bagagli. Le tremavano le mani mentre cercava di allineare i denti della cerniera; non sapeva bene perché si sentisse così nervosa, ma era semplicemente un gesto di gentilezza a cui non avrebbe mai creduto un anno prima.

Due mani sicure si avvolsero attorno alle sue. Per un attimo Rinoa sbatté gli occhi, credendo di esserselo immaginato, anche se i suoi sogni ad occhi aperti non avevano mai incluso lui che le chiudeva una cerniera. Alzò lo sguardo mentre il ragazzo si occupava della chiusura del cappotto. La frangia gli copriva il viso, e poteva distinguere solo in parte i suoi tratti, ma ognuno di essi era inciso nei suoi ricordi.

"Questa cerniera può dare dei problemi," disse come giustificazione, anche se non era sicuro del perché lo stesse facendo. Quando riuscì finalmente a chiudere il giubbotto, la guardò negli occhi, e non poté fare a meno di sorridere di rimando. Era questo l'effetto che gli faceva, come un fulmine su un'asta metallica. "E poi, ti sei già presa la mia maglietta preferita e l'anello, lo sapevo che il cappotto non poteva durare molto. Perché credi che abbia lasciato la mia giacca di pelle a Balamb?"

*~*~*~*~*

La loro missione era semplice - far fare conoscenza ai cadetti con qualche aspetto della vita all'aria aperta del loro paese. Non era su come combattere le creature, ma come cercare i segni della loro presenza, e persino insegnare a evitarle. Il combattimento veniva considerato come la possibilità estrema, era la preparazione il principale obiettivo del Garden. Data la loro età, la loro prima uscita sarebbe durata solo un giorno e una notte. Dopo di quella, la permanenza si sarebbe allungata, ma il Garden voleva che questa fosse un'esperienza molto positiva.

Il viaggio in sé non fu per nulla la tormentosa impresa che i ragazzini si erano immaginati. Anche se la temperatura era rimasta molto al di sotto dello zero, il calore del sole aveva offerto un po' di sollievo - almeno mentale se non fisico. Il Garden di Trabia rimaneva ancora in vista, e tutti avevano i ricevitori radio consegnati loro in caso di emergenza.

Si accamparono in una caverna vicina, che si sapeva essere abbandonata ed era quindi usata spesso per scopi del genere. Dopo che ebbero raccolto i materiali per un falò, alle matricole fu dato un po' di tempo per srotolare i loro sacchi a pelo, e abituarsi all'ambiente circostante. Squall richiamò i bambini dopo un certo tempo, e loro si sedettero sulle coperte vicino al fuoco. Lui stava di fronte con varie schede: era compito suo spiegare le informazioni su cui gli studenti sarebbero stati interrogati al loro ritorno.

Quando si furono sistemati, il comandante cominciò a leggere...

*~*~*~*~*

"... inoltre, il Gojusheel è considerato un mostro elementale, e può essere sconfitto facilmente preparandosi in anticipo. Il suo attacco principale quando è minacciato è noto come 'Respiro Gelido'. Il Gojusheel lascia cadere generalmente 'Vento Artico', con la notevole eccezione dell' 'Abito eroico' certe volte. In occasioni molto rare, si sa anche che lascia cadere l' 'Abito fatato'. È considerato..."

Zell e Rinoa se ne stavano appoggiati contro le pareti della caverna, persi in una specie di stato di trance, mentre Squall continuava il suo borbottio infinito sugli abitanti della regione. Sembrava che fossero stati lì per giorni, quando in realtà stava parlando solo da poco più di un'ora.

"Aiutami Rinny, sto per battere la testa nel muro... non... la... smetterà... mai. Non posso crederci, fa sembrare le lezioni di Quistis in un certo senso... esilaranti."

"Non ho mai sentito Squall dire così tanto e così poco allo stesso tempo." Rinoa fissò lo sguardo inorridita mentre si lasciava andare lentamente contro la parete.

Zell scosse le mani cercando di riguadagnare sensibilità nei polpastrelli. "Questo intorpidimento sarà per il freddo o per il discorso di Squall?"

"Hyne, per il discorso."

"Che cosa non farei per un G.F. e una magia Novox. Posso almeno bombardarlo a palle di neve? Sassolini? Quarzi Magici? Credo di aver visto qualche regalino di Chocobo fossilizzato laggiù in quell'angolo," implorò Zell, scivolando giù lungo la parete di granito e raggiungendo la ragazza per terra.

"No, quello non sarebbe... bello..." Rinoa sorrise maliziosamente. "Ma parecchio divertente. Credo sia il momento di fare la nostra parte per il futuro della SeeD, altrimenti manderanno una pattuglia per ritrovare i nostri cadaveri ibernati che aspettano ancora che lui la finisca di parlare del Gojusheel."

"Che hai intenzione di fare?" Il biondo non poté trattenere un sorrisetto per l'improvviso cambiamento nel modo di fare di Rinoa. "E sei proprio sicura che quegli escrementi di Chocobo non ci si possano fare entrare?"

"No, quello è veramente disgustoso!" Scosse la testa ridendo, prima di tornare alla modalità di attacco furtivo. "Okay... mi copri le spalle?"

"Sempre. Non me ne importa che punizione dovrò affrontare, dev'essere di certo meglio di questa tortura indescrivibile."

"...Blizzard, Blizzara, Blizzaga e Berserk. Per ricapitolare ancora una volta, il Gojusheel di Trabia è vulnerabile a Fuoco, Terra, e-" Squall continuò a parlare, ma non uscì nessun suono mentre continuava ad articolare in silenzio il buon numero di parole successive. Si voltò furioso verso i due che si stavano al momento coprendo la faccia coi pugni per le risate incontrollabili.

"Rinoa... hai... appena... zittito il comandante!" fece Zell con voce strozzata fra i respiri.

"Finirò male di sicuuuuuro. Ma di sicuuuuuro ne è valsa la pena. Forza, andiamo a salvare quei bambini indifesi, prima che diventino maggiorenni." Rinoa saltò su e allungò la mano verso Zell, che si alzò cercando di ignorare lo sguardo adirato che irradiava dal suo superiore. "Non ero sicura di poterlo fare," ammise imbarazzata mentre avanzavano. "Sono solo contenta di non averlo pietrificato."

"Puoi lasciare quell'opzione in serbo per l'immediato futuro... per il futuro molto immediato."

"Ehi ragazzi." Rinoa si avvicinò parlando con tono entusiasta ai bambini. Evitò l' 'occhiataccia della morte' del suo ragazzo, gli sarebbe passata... prima o poi. "Sono diversi giorni che il comandante combatte con il mal di gola. Quindi, invece di ascoltare altre informazioni 'affascinanti' sul Gojusheel, perché non facciamo un gioco usando tutte le informazioni che ci ha dato?"

"...Giusto!" interloquì Zell, reggendo il gioco alla piccola bugia di Rinoa. "E indovinate qual è il premio in palio per chi arriva primo? Un giretto in spalla al comandante in persona!"

"Siamo con un piede nella fossa" sussurrò lei al compagno.

L'esperto di arti marziali fece segno che era d'accordo. "Lo so, è per questo che voglio fare in modo che almeno ne valga la pena. Ho portato una fotocamera digitale - sarà lo scatto perfetto per il Network del Garden."

"...o lo scatto per fare identificare alle autorità cosa è successo 'appena prima'," replicò piano prima di tornare a guardare gli ascoltatori. Con un gesto della mano divise a metà la fila degli studenti. "Okay, adesso voi quattro andate da questa parte e voi quattro da quest'altra. Ora, per prima cosa ci servono dei nomi per le squadre. Questo lato sarà battezzato 'I Coraggiosi Cockatoris', e a quest'altro da adesso in poi viene conferito il titolo di 'Baldanzosi Blinura'. Adesso, ho bisogno che un membro di ognuna delle due squadre venga qui. Se pensate di avere la risposta migliore, alzate la mano: la persona che la alza prima guadagna l'occasione di rispondere, ma se non è la risposta più giusta... l'altra squadra avrà la possibilità di prendere i punti."

Due bambine si avvicinarono e si piazzarono di fronte al resto del gruppo; all'inizio sembravano un po' esitanti, ma cominciarono a tranquillizzarsi man mano che i due energici ragazzi continuavano a divertirsi.

Zell parlò con la sua migliore voce da speaker. "Signore e signori, nonché il comandante più magnanimo al di qua del Lago Obel, benvenuti alla puntata di oggi! Ed ecco la nostra adorabile valletta - la Dolcezza di Deling - la signorina Rinoa Heartilly!"

"Grazie, signor Dincht! Siamo tutti elettrizzati per il programma di oggi!" Piegandosi su un ginocchio, Rinoa passò il braccio sulle spalle della ragazzina alla sua destra. "Adesso puoi dire al pubblico in sala il tuo nome e da dove vieni?"

"Uhm... sono N-Nicky... vengo dal Garden di Trabia? Uhm... secondo piano?"

"Che nome bellissimo, per una bellissima giovane ragazza! Grazie di essere venuta fin qui dal secondo piano, devi essere una grande fan del nostro show." Il suo braccio circondò l'altra 'concorrente', mentre continuava ad abbracciare anche la prima. "E tu come ti chiami e da dove sei venuta?"

"Ah... Krissy... sono del terzo piano. Cioè... terzo piano di Trabia."

"Oh wow, so che la rivalità tra i secondi e i terzi piani infuria da generazioni e generazioni! Ma adesso siamo tutti riuniti in un piano solo... certo, più che altro perché è una caverna..."

"Rinny, forse dovresti lanciarti un Novox da sola," la prese in giro l'esperto di arti marziali.

"Fai il bravo Zelly, non ho ancora intenzione di esitare prima di provare a lanciare quella magia Medusa."

"Ottimo argomento! Okay concorrenti, prima domanda - ci sono cinque risposte possibili. Per prima voglio la più comune: che magie potete assorbire dal Dragon Izolde?"

Nicky alzò la mano con un sorriso radioso. "Uhm... Blind?"

"Esatto, Blind è la prima magia disponibile per un mostro di livello uno! I Coraggiosi Cockatoris pensano di poter aggiungere altro?"

"Sì!"

"Okay, Baldanzosi Blinura, pensate ad altre risposte in caso tocchi di nuovo a voi. Adesso la parola passa al prossimo membro dei Cockatoris... la prossima risposta ci verrà da..." Rinoa indicò un piccolo ragazzino, aspettando che dicesse il suo nome.

"Robert," fece lui in tono sicuro.

"Perfetto Robert, hai una risposta?"

"...Berser... no... no quello era il Gojusheel. Oh, Drain!"

"Giusto! Drain si trova dal livello venti in poi!"

Squall se ne stava contro il muro con le braccia conserte sul petto, gli occhi fissi sul gruppo, a guardare ammirato. Sarebbe stato furibondo se si fosse trattato di chiunque altro, ma per qualche ragione, era rimasto semplicemente lì senza parole - e la magia Novox non c'entrava. Rinoa e Zell sembravano avere un dono naturale per l'aver a che fare coi bambini, non dubitavano mai delle loro azioni. Era come se potessero relazionarsi a loro, trattarli da pari a pari, e insegnare loro comunque con un mondo di saggezza. Era una cosa che invidiava.

Per più di un ora restò a guardare i bambini ridere, giocare e soprattutto imparare. Notò quanto era semplice per Rinoa gestirli, farli sentire amati: un abbraccio, una semplice mano posata addosso, un modo di fargli sapere che non erano soli al mondo. O forse era lui che si sentiva così in sua presenza... Comunque fosse, aveva un'aura di istinto naturale attorno a lei che non avrebbe potuto spiegare mai. Era quasi magico, e senza che c'entrasse nulla con la Paramagia a cui erano abituati. Questo era qualcosa di interiore, qualcosa che possedeva sin da piccola, immaginava. Qualcosa di cui lui sapeva di non poter vivere senza. Finalmente, il loro 'quiz' stava arrivando alla conclusione, e il ragazzo non poté trattenersi dal sorridere, nascosto fra le ombre.

Rinoa stava di fronte al gruppo, stringendo Zell con un braccio. "Indovinate? Qui al 'Telequiz di Trabia' non abbiamo sconfitti, solo vincitori. Il che vuol dire che ognuno di voi riceverà questi magnifici premi... li tiri fuori signor Dincht."

"Oggi ciascuno di voi riceverà: una fornitura annuale di neve, fresca fresca dalle montagne di Trabia. Due Quarzi Magici tutti per voi. Una porzione di bocconcini di Mesmerize freschi, impacchettati con tanto amore alla fattoria degli Shumi di zona... E ovviamente, il giro sulle spalle dell'illustre comandante di Balamb, Squall Leonhart!"

Okay, il suo sorriso si spense un po' a quel pensiero.

*~*~*~*~*

Dopo che i ragazzini si furono sistemati, Zell si avvicinò, mentre Squall era costretto a finire le ultime girate coi piccoli in spalla. "Sei stata grande, Rinoa: fare la mamma ti verrà naturale."

L'espressione di lei crollò immediatamente mentre continuava a frugare nella sua borsa a sacco. "Zell, visto chi sono, che cosa sono diventata... io non posso avere bambini."

Lui si sedette a terra al suo fianco, sapeva quanto doveva essere dura. Rinoa era una persona talmente dolce. Sebbene fosse così giovane, aveva sempre quel che di istinto materno nei confronti di tutti loro; non era nulla di esagerato, ma nel suo comportamento c'era un modo di fare che tranquillizzava.

"Rinoa, sei sicura?"

"Sì, praticamente sì. Ti risulta che sia mai successo? Mi sa che è semplicemente una cosa che devo imparare ad accettare."

"Mi dispiace davvero tanto, Rin."

"Va tutto bene. Voglio dire, non è che io adesso ci stia nemmeno pensando. Credo di aver pensato che fosse qualcosa che ci sarebbe stato nel mio futuro, prima o poi lungo la strada. Ma dicono che ci sia sempre un motivo per le cose, immagino di non essere fatta per essere madre... beh, almeno non per avere figli biologicamente miei."

"Accidenti, e Squall che cosa dice?"

"Squall?" Le sfuggì una risata involontaria. Chiudendo la zip della borsa, tornò a guardare il suo amico. "Squall e i bambini vanno d'accordo quanto Leviathan e Quetzal. Sto cercando di farlo abituare all'idea di chiamarmi la sua 'ragazza', e anche quella è una sfida titanica. Penso che se anche solo li nominassi, i bambini, andrebbe in iperventilazione per il terrore. Pure se si tratta di non averne... sarei sempre io a mettere in conto il futuro - per più di un mese alla volta. Il 'futuro' per Squall è circoscritto a quando uscirà in edicola il prossimo numero di Armi del Mese."

"Sai, potrebbe sorprenderti."

"Sì, sono sicura che potrebbe," ammise con onestà. Sapeva che lei stessa stava ancora facendo luce sulla situazione, e che Squall al futuro ci pensava davvero... probabilmente più di quanto fosse sano. C'erano così tante cose che stava ancora cercando di accettare; era appena entrato nel ruolo di comandante, e gli era stato gettato addosso quello di 'Cavaliere'. Non aveva bisogno di altri problemi ora come ora.

*~*~*~*~*

Il gruppo concluse la serata con qualche storia dell'orrore, più che altro la versione di Zell sul concerto di Selphie: non avrebbe dovuto essere un racconto pauroso, ma il pensiero dell'esperto di arti marziali che ballava il tip-tap parve far rimanere ammutoliti i bambini. Rinoa narrò di quando il Garden era diventato mobile, e si era quasi schiantato contro il povero mastro pescatore a FH. Squall rimase in silenzio tutta la sera, lasciando che fossero gli altri due a condurre.

Finite le storie, e controllati tutti i letti, si sistemarono per la notte. Zell si spostò su un lato della caverna, con tre cadetti maschi che seguivano ogni sua mossa: era diventato il loro idolo, e volevano emulare il suo stile di combattimento... e tutte le altre cose che faceva. Rinoa si era sistemata contro la parete opposta, in origine solo per aspettare che i bambini si addormentassero, ma due ragazzine, chissà come, erano strisciate fino a lei e avevano usato le sue gambe come una sorta di cuscino supplementare; adesso si sentiva obbligata a non muoversi, per quanto stesse scomoda. Poter dare rassicurazione ad altri esseri umani era ancora una sensazione incredibile.

Il comandante fu l'ultimo a sistemarsi, scegliendo alla fine un posto vicino a Rinoa. Quando si sedette, lei era già addormentata. Non poté fare a meno di pensare a quanto fosse di conforto averla vicina; persino in quelle condizioni quasi intollerabili, sentiva tranquillità quando era in sua compagnia. Per quanto freddo facesse fuori, non avrebbe potuto sentire più calore dentro di sé. Da qualche parte nel profondo si chiedeva come sarebbe stato condividere un letto con lei - svegliarsi con lei la mattina. Dio, odiava sentirsi in quel modo, desiderare, fremere per sapere qualcosa... una cosa che aveva considerato una debolezza, una volta. La guardò per un ultimo momento di pace, prima di chiudere gli occhi.

*~*~*~*~*

Un brivido le corse lungo il corpo, risvegliandola dal suo sonno stentato. Le ci volle un secondo per riguadagnare la consapevolezza, mentre l'intorpidimento le si diffondeva lungo le gambe. Abbassò lo sguardo per vedere le due bambine che erano ancora poggiate col capo sulle sue gambe. Rinoa sorrise dolcemente, allungandosi a passare la mano con fare protettivo sulla ragazzina più vicina. Si chiamava Carrie, le pareva. La piccola sembrava così in pace, così tranquilla, anche addormentata in mezzo allo sporco e alle rocce sparse. Era difficile che credere che questa ragazzina, che questi bambini, avessero davanti un futuro di combattimenti, e anni di allenamenti senza sosta. I bambini di quell'età avrebbero dovuto giocare a 'facciamo che' e a vestire le bambole, non imparare quali magie potevano sconfiggere un Ochu nella maniera più efficace.

Per un attimo, si domandò come sarebbe stata diversa la sua vita se i suoi nonni non l'avessero accolta... se avesse frequentato il Garden di Galbadia dopo la morte di sua madre. I suoi primi anni a Timber le sembravano tra i migliori. I caldi pomeriggi d'estate e sua nonna, sempre pronta con un bicchiere di limonata fresca. Il nonno aveva sempre qualche storia da raccontare, di solito sull'infanzia della mamma. Anche a sei anni, Rinoa poteva vedere un'ombra di dolore che passava nei loro occhi mentre parlavano della figlia; ma sentiva che raccontare quelle storie teneva viva la memoria di sua madre, e quello allora aiutava tutti e tre a farcela.

Non aveva intenzione di piangere i morti, lì fra tutti i posti possibili. Quei bambini avevano uno scopo, e avrebbero trovato la felicità nonostante tutto, ci credeva per davvero. Bastava guardare i suoi amici: tutti loro mostravano un'immagine positiva, a dispetto del loro addestramento. Selphie e Irvine erano due persone che avevano trovato la felicità in mezzo alle rovine. Quistis aveva trovato il suo obiettivo nell'insegnamento - non solo dei libri di testo, ma nella guida che lei sola poteva dispensare. Zell, che stava rapidamente diventando uno degli amici più stretti di Rinoa, non si faceva mai toccare dal mondo, aveva sempre trovato il lato positivo anche nelle peggiori delle circostanze. E persino Squall... il figlio più perso fra tutti loro, che aveva lentamente permesso a se stesso di vivere.

"Rinoa?" Una voce la riscosse di colpo dai suoi pensieri. "Tutto bene?"

"A posto." rispose, sperando che lui non vedesse i suoi occhi che cominciavano a bagnarsi.

"Sicura?"

"Ma certo, Squall... ho solo freddo e sto un po' scomoda."

"Qui? È come stare in una suite di lusso a Deling," tentò di scherzare, ma intuiva che Rinoa stava trattenendo qualcosa. Era una cosa di cui non si sarebbe accorto un anno prima, ma sinceramente voleva sapere, aveva bisogno di sapere. Non era solo una domanda vuota fatta per abitudine; era quello che sentiva realmente il suo cuore. "Rinoa... per favore, lo so che sei triste. Hai voglia di dirmelo?"

"Dirti cosa?"

"A che stavi pensando?"

C'era così tanto che le correva per la mente, non poteva nominare un pensiero solo. "Tutto. Niente. Il passato, il futuro... alla vita, e basta."

"C'è qualcosa che posso fare?"

"Sì, basta che stai qui."

Sembrava che in quel momento Rinoa non volesse parlarne, e lui non aveva intenzione di forzarla. Anche se era vicina, una parte profonda di lui aveva bisogno di sentirla. Una mano guantata si sporse, si posò con gentilezza sulla sua coscia. Lei si voltò, guardandolo attraverso le fiamme sfolgoranti, abbassando la mano sopra alla sua. Le loro dita s'intrecciarono, in un silenzioso tentativo di rassicurarsi che nessuno dei due se lo stava immaginando. Anche se il materiale separava la loro pelle, trovarono entrambi conforto in quell'unione.

C'era una domanda che continuava a bruciargli in sottofondo nella mente, ma non aveva ancora trovato il momento giusto per farla. Ma ad essere onesti, un 'momento giusto' non ci sarebbe stato mai. Una parte di lui temeva che Seifer la conoscesse meglio di lui; quel pensiero lo faceva sentire male. Era gelosia, rivalità, o solo un senso di fallimento che magari non aveva previsto? La conversazione col suo rivale del passato si ripeteva dentro la sua testa.

"Allora, ho sentito che Rinoa lavora al Garden di Balamb. Questa non me l'aspettavo."

"La gente cambia, Seifer."

"Beh, Rinoa non è la gente. Altra gente può cambiare. Lei non lo farà."

Dio, doveva essere cambiata, lui l'aveva fatto, no? Ma lui stava veramente 'cambiando' o solo 'scoprendo' quello che era sempre stato in mezzo alla paura? Adesso Rinoa viveva, lavorava, e prendeva praticamente ogni respiro tra le mura del Garden. Una cosa che, un anno prima, sarebbe stata la più lontana possibile dai suoi pensieri. Adesso era qui, accanto a lui, in una situazione che una volta aveva definito come 'una vita triste', a seguire ciecamente gli ordini degli altri. La SeeD aveva cambiato la sua missione, ma c'era davvero qualche differenza ai suoi occhi? Un anno prima aveva vissuto la sua vita sulla base delle emozioni, ora viveva per archiviare i resoconti delle spese della settimana precedente. Forse non avrebbe mai potuto essere veramente felice al Garden, forse lui non era abbastanza. Perché avrebbe dovuto esserlo?

"Sei felice?"

Le parole gli uscirono dalla bocca, e si sentì un imbecille completo e totale. C'era qualcosa che lo tormentava, e l'aveva fatto suonare come se fosse stato uno dei bambini di cinque anni a sollevare la questione. Triste da dire, ma in quel momento qualsiasi di loro con ogni probabilità l'avrebbe espresso in maniera più articolata di lui.

"Sarei più felice con una coperta elettrica e un cuscino di piume di Chocobo, ma sopravviverò." Lei sorrise, indirizzandogli uno sguardo spensierato.

"No." Scosse il capo, stringendole involontariamente più forte le dita. "Dio, non riesco proprio a-" La voce gli si spezzò per il freddo. Con la testa contro la parete, sospirò per la frustrazione. Non avrebbe dovuto fare questo in quel momento, in quel posto. Che gli passava per la mente?

"Squall?" L'espressione di lei cambiò, mentre Rinoa realizzava che non stava parlando di qualcosa di materiale, anche se sinceramente non capiva dove volesse arrivare. In quelle poche ultime settimane era successo così tanto, e tanto ancora era rimasto da dire. "Ti prego, non aver paura di chiedermi qualunque cosa..."

Come faceva a non aver paura di chiederglielo? Magari non avrebbe voluto sentire la risposta - per più di una ragione. Ma ora era troppo tardi, e in quelle situazioni di carica emotiva non era svelto abbastanza a coprire la sua ambiguità. Se anche avesse provato a uscirsene con qualcos'altro, lei avrebbe avvertito il suo eludere la verità. Allora inghiottì con forza e sperò che gli rispondesse con sincerità, che lui avesse voluto sentire o no.

"Sei felice... felice della tua vita al Garden?"

"Vuoi dire il mio lavoro?" chiese confusa.

"Rinoa... tutto... la tua vita, il tuo lavoro, vivere al Garden. Tutto quello di cui mi preoccupavo quando ti sei trasferita tre mesi fa. Sei davvero felice di dove sei adesso?"

"Squall, io-" Si fermò a metà della frase, ripensando la sua risposta. Sarebbe stato facile dire qualcosa di superficiale come 'è fantastico, adoro il mio lavoro, oppure certo che sono felice -ci sei tu!' Ma non era quello che lui chiedeva e lei lo sapeva. "Quando ero più piccola, volevo solo essere parte di qualcosa... avere una grande famiglia. Se mi stai domandando se avevo pensato che la mia carriera sarebbe stata trascrivere note disciplinari, o promemoria sul consumo dei panini, certamente risponderei di no. Se mi stai chiedendo se riesco a vedermi stare al Garden per cinquant'anni, e poi andare in pensione come assistente amministrativa... di nuovo, dovrei rispondere di no. Non ho mai avuto un lavoro, finora, che non sia stato deciso in un vagone di un treno. Ho sempre voluto fare la differenza. Spero che qualcosa di quello che sto facendo in qualche modo sarà... però proprio non lo so. Credo che l'unico modo in cui posso rispondere sia con la verità... Squall, io sono felice. Non è il posto o il lavoro... ad essere sinceri, le cose materiali contano poco per me. È la gente... sono tutti i miei amici... Squall, sei tu."

"Mi prometti una cosa?"

"Tutto quello che vuoi." Stavolta fu lei a serrare più forte la sua mano per rassicurarlo.

"Se mai ti sentirai intrappolata, o non ti sentirai più bene al Garden, per favore dimmelo. Non nascondere mai i tuoi veri sentimenti, va bene?"

"Okay, prometto... però Squall, la stessa cosa vale per te."

"Cosa?"

"Dico solo, se mai ti sentirai in trappola al Garden... o a causa mia... non tenerlo per te. Dobbiamo essere aperti l'uno con l'altra."

"Anch'io te lo prometto. Lo farò sempre," dichiarò con fermezza. Forse non aveva afferrato del tutto l'intento della richiesta di lei, o forse il suo cuore l'aveva capito più di quanto la sua mente non potesse comprendere. Sapeva solo che non era il Garden quello che gli era necessario nella vita. Tra di loro parve passare un silenzio scomodo, e Rinoa sentì il bisogno di alleggerire l'atmosfera.

"Sempre?"

"Sì."

"Allora dimmi cosa c'è scritto sulla mattonella del centro d'addestramento." All'inizio le sue parole erano molto serie, poi sfumarono in una nota di malizia. Eppure Squall capì lo stesso che era una cosa che desiderava ardentemente sapere. Ma non poteva... non ancora... quando sarebbe stato il momento giusto, lo avrebbe sentito. Il comandante non poté trattenersi dal fare un piccolo sorriso, nella luce cangiante.

"Essere sempre aperti l'uno con l'altra vuol dire anche che te lo dirò quando sarò pronto... quando sarai pronta tu... Fino ad allora dovrai credere in me... e sapere che in questa situazione ci siamo dentro insieme. E soprattutto, controllerò i tuoi rendiconti spese per i weekend passati su al villaggio degli Shumi."

"Non lo farei!" protestò.

"Sì che lo faresti."

"Va bene." Alzò gli occhi al cielo. "Avrei potuto fare una cosa del genere una volta... ma sono cambiata."

"E niente foto digitali da mandare via internet per la traduzione."

"Maledizione, allora mi sa che posso dire a Zell di cancellarla. Dovresti cambiare il tuo secondo nome in Cattivo," mormorò con tono di presa in giro.

"Come fai ad essere sicura che non lo sia già?"

"Aspetta, qual è il tuo secondo nome?"

"È lì sulla mattonella," replicò lui con un sorriso.

"Sei impossibile."

"È per questo che mi ami."

Non era sua intenzione dirlo. Anzi, da quella notte in cui gliel'aveva confessato, Rinoa era stata attenta a non dirlo apertamente. Per lasciargli tempo, per non abusare di quelle parole e non banalizzare così il loro significato. Ma in quel momento non poté fare a meno di pronunciarle, perché era quello che il suo cuore sentiva.

"Hai ragione, Squall Cattivo Leonhart... è per questo che ti amo."

I loro occhi si fissarono gli uni negli altri. Attraverso la luce vacillante del fuoco, vedevano l'eternità. Aveva il sapore dell'infinito - una fonte inesauribile di sentimento a cui ognuno di loro poteva attingere. Avvertirono entrambi la comprensione che era passata fra di loro negli ultimi minuti; era qualcosa di allo stesso tempo verbale e che si protendeva lontano oltre il linguaggio. Accettarono entrambi che in un certo momento, nel futuro, la loro relazione sarebbe potuta crescere al di fuori dei confini del Garden. Non c'era un tempo predefinito né una cornice stabilita, poteva essere un anno come potevano essere dieci. Ma la realtà era che lungo la strada loro due, come coppia, avrebbero potuto anche seguire un percorso che li avrebbe portati lontano dal Garden.

Rimase a guardare affascinato il fuoco che si rifletteva negli occhi di lei. Ogni fiamma incendiava un senso di meraviglia dentro la sua mente: intenso, fiero, che mormorava sotto le ceneri arroventate. Lo scintillio era bellissimo, e le dava calore e compassione. Non l'aveva mai vista prima alla luce del fuoco, e per un istante non poté credere che fosse con lui. Ancora con lui dopo tutto lo strazio del cuore, dopo tutto il dolore. Il suo corpo era indifferente alle condizioni di gelo, un calore gli correva nelle vene. Una parte di lui stava cominciando a comprendere che aveva bisogno di lei, sia mentalmente che fisicamente. Sentire il tocco di lei sulla sua pelle era un conforto di cui non si sarebbe stancato mai.

"Vieni qui," le sussurrò tendendosi verso di lei.

Rinoa, capendo quello che voleva fare, sorrise, e si mosse in direzione di lui. "Squall... sei il peggio."

"Stanno dormendo," rispose lui prima di congiungere le labbra con le sue.

Fu un momento di solitudine in un ambiente pieno di persone, tutte quelle che riposavano sotto le braccia protettive della grotta. Poteva sentire in bocca il suo burro di cacao alla fragola, e poteva sentire le sue labbra un po' screpolate dagli elementi; morbido e ruvido si mescolavano in un perfetto istante di unione. Il suo cervello rifletteva che era una cosa inappropriata, che non era responsabile... ma il suo cuore stava gridando qualcosa di totalmente diverso. Si sentiva debole contro di lei, e quel pensiero lo spaventava a morte. Mentre la ragione tornava a governare sulla leggerezza, cominciò a staccarsi da lei. Ma dall'altra parte del vano sentirono il fruscìo di un sacco a pelo di nylon.

"Aaaaah che schifo!" fece una voce infantile in tono di scherno in mezzo al buio.

Non era per il fuoco che il comandante stava assumendo un migliaio di sfumature di rosso, come se fosse stato colto a fare qualcosa di smaccatamente criminoso.

"Credo che Zell sia sveglio," replicò sarcastica la ragazza, e distolse subito anche lei lo sguardo, presa dall'imbarazzo.

"Voi due, non lo sapete che qui ci sono menti impressionabili?" disse in risposta l'esperto di arti marziali prendendoli in giro. "E anche i bambini potrebbero vedervi!"

Squall e Rinoa si girarono contemporaneamente a guardare dal lato opposto della sala. Zell era del tutto sveglio, e con un sorriso da un orecchio all'altro. E sembrava che anche un ragazzino che riposava lì vicino avesse colto in fallo i colpevoli. Il cadetto non parve imbarazzato nel chiedere al comandante "Lei è sua moglie?"

Rinoa si coprì la faccia mentre un misto tra una risata e un grugnito le sfuggiva di bocca: c'era un certo piacere sadico nel guardare Squall che si contorceva come un Abyss Worm nell'acqua, e anche Zell trovava la domanda estremamente divertente, e rideva apertamente della reazione del comandante.

"Ah... no... Vick... lei è la mia fidanzata," rispose infine Squall dopo aver sentito le risate dei suoi compagni.

Zell fece un gesto scherzoso col pollice verso Rinoa. "Eh già, sua moglie non sa niente di lei."

"Piantala, Dincht," disse con tono piatto il comandante prima di tornare a guardare Rinoa. Lei sorrise di comprensione, chiudendo gli occhi e posando la testa contro il muro. Ma le loro dita erano ancora incrociate, e trasmettevano loro una sensazione di vicinanza. Si riaddormentarono così, immersi nel calore del fuoco e l'uno nell'altra.

*

Note al testo
(1) panini ad Angelo in inglese sono gli hot dog. Ho lasciato panini perché in italiano nel gioco sono stati tradotti così, ma a volte si perde il senso delle battute... comunque se pensate al significato della parola hot dog e al fatto di darli da mangiare ad Angelo, si capisce cosa si intende qui XD

*****
Nota delle traduttrici: eccoci :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima!
Piccola aggiunta del 15 settembre 2011: avevo dimenticato la noticina, come una scema... aggiunta adesso. Scusate! - Alessia Heartilly

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Capitolo 17
*** XVII. Un tempo per mantenere ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XVII: Un tempo per mantenere ~

29 maggio

Una volta che la luce del mattino irruppe all'orizzonte del campo, il gruppo raccolse le proprie cose e tornò alle comodità che avevano dato per scontate. In un rapporto di missione scritto a macchina, sarebbe sembrato che non fosse successo nulla, ma per coloro che sapevano chi era coinvolto era molto più di una notte passata fuori. Era crescere e capirsi, non solo tra Cavaliere e Strega... ma anche un legame che si rafforzava tra i loro amici e la presenza della gioventù.

Ad ogni passo che si avvicinava al Garden di Trabia, i muscoli di Rinoa imploravano sollievo. Non si era sentita così dolorante da prima di farsi togliere le tonsille. Per lo meno, allora, non era molto lontana da un piccolo battaglione di antidolorifici. Ogni tanto, guardava Squall, che distoglieva velocemente lo sguardo; entrambi gli adolescenti cercavano di nascondere il bisogno non detto di continuare a controllarsi l'un l'altro. Rinoa avrebbe trovato la situazione molto 'più carina' se il suo corpo non avesse urlato per l'agonia.

"Hey Rinny!" Zell le corse accanto, interrompendo le sue riflessioni. Lei lo guardò, vagamente irritata dalla sua esuberanza. Aveva trovato la forza supplementare di portare una matricola in spalla. D'altra parte, dovette ricordarsi, era un SeeD allenato, dopo tutto... e lei era l'assistente di Cid. Rinoa era sicura di poterlo superare nell'inventare l'uso pratico di un foglio di carta in pochissimo tempo. In qualche modo, quel pensiero sembrava darle poco conforto, al momento. Ora come ora tutto quello che voleva era collassare a faccia avanti nella neve.

"Wow, non sei proprio divertente le mattine senza caffè, Squall non scherzava. Comunque, mi sono dimenticato di dirtelo; quando ho dato la mia parte del rapporto di stamattina a Cid, ha detto che avresti lavorato con Squall, e io in cose generiche fino a quando parti. Si tratta di te e costruzione, Rin... sai, con martelli e chiodi e altre cose da cui Zone e Watts ci hanno avvertito di tenerti lontana." In qualche modo, l'esperto di arti marziali sembrava davvero troppo entusiasta nel condividere quell'informazione con lei.

"Lavoro? Cosa? Perché?" domandò lei esasperata, continuando a camminare orripilata mentre capiva appieno le parole.

"Sei così carina quando dai di matto," aggiunse lui facendo l'occhiolino e ridacchiando. "Sì, Rinoa, lavoro, sai... quella cosa per cui vieni pagata tra l'angoscia e le litigate che fate tu e Squall. Sono sicuro che tu ne abbia sentito parlare."

"Seriamente, uno di questi giorni te la farò pagare," riuscì a dire sottovoce.

L'esperto di arti marziali continuò come se non desse alcuna validità alla sua minaccia. Alzò gli occhi verso il bambino che portava sulle spalle. "Hey Vick, ricordi cosa ti ho detto su Rinoa e il Comandante Leonhart?"

Il bambino si aggrappò alle spalle di Zell, imitando orgogliosamente la sua postura. "Che c'è più elettricità prodotta tra loro che tra tutti i pannelli solari di Fisherman's Horizon."

"Giusto! E questa è la tua lezione di scienze del giorno."

"Zell!" protestò Rinoa, stringendo i denti per l'imbarazzo. "Non posso credere che gli hai detto questo!"

"Signor Dincht," disse il bambino con una certa confusione nella voce. "Non capisco ancora bene cosa vuol dire. Come fanno due persone ad avere elettricità solo tra loro? A meno che sia elettricità statica, ma non sarebbe specifica per due persone. Voglio dire, l'elettricità statica può esserci anche tra una persona e un oggetto. Come quando cammino sul tappeto e poi prendo la scossa quando tocco la maniglia. Quindi stai anche dicendo che il Comandante Leonhart e una maniglia hanno più elettricità dei pannelli solari?"

"Uhm... perché non lo chiedi a lui?" rispose infine Zell, trionfante, togliendosi il bambino dalla schiena. "Già che ci sei, chiedigli di spiegarti la funzione delle ovaie. Adora spiegare molto dettagliatamente l'argomento."

"Oh... mio..." Rinoa si coprì la bocca, totalmente scioccata, mente il piccolo correva verso il Comandante. Entrambi esplosero in una risata tonante, mentre Squall si voltava a guardarli con occhi feroci. No, era oltre il feroce, era qualcosa che si avvicinava all'omicida.

Eppure, entrambi potevano trovare umorismo in quella situazione estremamente strana. E da qualche parte nel profondo, sia Rinoa che Zell erano sicuro che lo faceva anche Squall... forse non quel giorno, forse non il giorno dopo, forse nemmeno l'anno dopo... ok, onestamente, forse mai. Il Comandante scosse la testa per pura frustrazione prima di voltarsi verso la matricola. Squall parlò esitante con il ragazzo mentre continuavano a camminare nella neve.

Rinoa notò quanto Squall usasse le braccia quando parlava. Muoveva le mani in gesti semplici, enfatizzando certi punti, portando vita e animazione del discorso. Non poté evitare di sorridere alla vita miracolosa a cui il mondo non avrebbe dato un secondo sguardo. Non era un 'cambiamento' che in molti avrebbero attribuito alla sua influenza su di lui; questo era qualcosa di interno, che lei non aveva portato affatto. Questo l'aveva conquistato di sua spontanea volontà. Sembrava preso dalla conversazione, piuttosto che a parlare semplicemente come il militare che aveva conosciuto più di un anno primo. Ok, c'era ancora il discorso sui 'Gojusheel' su cui lavorava. Piccoli passi.

La rabbia di Squall era completamente svanita, mentre era tutto preso dalla conversazione con la matricola. Rinoa immaginò che il Comandante fosse riuscito a deviare il bambino su un altro argomento. Non era proprio possibile che Squall si animasse così sull'elettricità o il sistema riproduttivo femminile... o almeno lei sperava di no. D'altra parte, aveva avuto alcuni insegnanti di scienze troppo zelanti, ma Squall Leonhart era la persona più lontana dall'insegnante di scienze.

Rinoa non poté evitare di perdersi nei suoi pensieri, come faceva spesso. Si chiese quale sarebbe stata la materia che Squall avrebbe più probabilmente insegnato, se fosse stato un professore della sua scuola... algebra, trigonometria, calcolo? Sì, qualcosa di legato alla matematica. Era bravo con i numeri e aveva una gran figura(1). Oh, che Hyne la aiutasse, adesso faceva giochi di parole infantili, ecco cosa riusciva a farle l'insonnia... forse se lui avesse insegnato geometria, lei avrebbe fatto più attenzione, e non avrebbe disegnato scarabocchi casuali sul quaderno. D'altra parte, rimanere al doposcuola per altri crediti avrebbe potuto metterla un po'...

"Terra a Rinoa! Per la centesima volta!" Lei vide una mano agitarsi davanti alla sua faccia e le grida di Zell la riportarono inf retta alla realtà. "Sei tornata da noi tra le terre dei ghiaccioli ambulanti di Trabia?"

Lei fece una smorfia, rendendosi conto di essere stata colta a sognare ad occhi aperti mentre tornavano indietro. Che leader qualificata che stava rivelando di essere. Non che avesse chiesto quella posizione... beh, nessuno di loro l'aveva chiesta. Sembrava solo che alcuni si adattassero meglio di altri - come il camaleonte con i capelli sparati che camminava accanto a lei.

"Scusa Zell, dicevi?" sussurrò piano Rinoa, imbarazzata dall'essere stata sorpresa in quella situazione. Sfortunatamente, si trovava in queste situazioni un po' troppo spesso.

"Sì, giusto Rin... pensi di cavartela così facilmente?"

"Stavo solo sognando ad occhi aperti. Avrei dovuto fare più attenzione alle mie responsabilità. Prometto di prendere più seriamente i miei doveri, scusa," offrì, guardando i bambini che si muovevano in fila indiana, tranne quello ancora accanto a Squall.

L'esperto di arti marziali si bloccò e l'afferrò per il braccio. Lei si fermò bruscamente, guardando l'amico negli occhi. "Rinoa, questo è un intervento... seriamente. Hai lavorato con lui davvero troppo... se cominci a citare a memoria specifici codici del Garden, borbottare 'chissenefrega' o indossare più di una cintura alla volta, quest'amicizia è finita. Davvero, un ragazzo deve avere i suoi limiti."

Lei rise e lo guidò sottobraccio. "Dai, non possiamo restare indietro, e io non sono così male.. se sarò mai 'così male' hai il permesso di usare la punizione più tormentosa conosciuta dall'umanità."

"Intendi...?" chiese lui, alzando un sopracciglio.

"Sì," rispose lei, incrociando le spesse maniche della giacca sul petto. Si comportava come se stesse proteggendo il suo corpo dal pensiero di una punizione orribile.

"Il nastro del canto!" gridarono entrambi, terrorizzati. Fortunatamente, non abbastanza forte perché Squall comprendesse mentre si voltava a guardarli.

Zell fece il saluto, per far sapere al suo Comandante che stavano bene, prima di chiederle incuriosito, "cosa pensi che farebbe Squall se lo scoprisse? Non riesco ancora a credere che Irvine abbia aperto il condotto dell'aria della sua camera e abbia fatto scendere il registratore nel ventilatore del bagno di Squall.

Rinoa scosse la testa. "Penso che sarebbe qualcosa che nessuno di noi potrebbe fermare. Ma voglio dire, se Squall canta alle tre del mattino e sveglia Irvine... gli sta bene... il minimo che può fare è imparare a cantare bene." Rise. "E da quello che ho sentito... il suo modo di cantare non si classifica nemmeno come quasi tollerabile... nemmeno lontanamente. Chi immaginava che qualcuno con una voce così notevole e indescrivibile che ti brucia l'anima quando sussurra piano il tuo nome... beh, quando canta sembra... ah..."

"Peggio del canto di accoppiamento del Wendigo."

"Uhm... ecco... grazie, Zell."

"Grandioso... ora, Rinny cara, a meno che tu voglia che dica al tuo ragazzo che hai appena detto ad alta voce che la sua voce è 'peggio del canto di accoppiamento del Wendigo'... mi dirai cosa stavi sognando," annunciò con aria furba mentre lei lo teneva ancora per la manica.

"Brutto...!" Rinoa gettò via il suo braccio e lui rise. "Questo proprio non è giusto; l'hai presa davvero fuori contesto."

"Allora me lo dirai giusto? Siamo quasi arrivati," ribatté lui indicando il largo edificio che torreggiava proprio davanti a loro.

"Grazie, Capitan Ovvio. Bene, te lo dico... ma non è che abbia molto senso, comunque. Potrei mentirti e probabilmente finirebbe per avere più senso."

"Sì, ecco perché saprei che stai mentendo." Lei lo colpì con un pugno mentre continuava a salire in coda alla fila indiana.

"Bene... ho notato che Squall gesticolava mentre parlava con Vick. È solo un piccolo cambiamento, ma si anima di più quando parla. Non so, penso che sembri ridicolo dirlo. E poi..." Distolse lo sguardo quando smisero di muoversi, sapendo che la parte successiva sarebbe suonata come detta da un'adolescente con una cotta. Non poteva per una volta sola sognare qualcosa di meno patetico - tipo immaginarlo che si allenava, luccicando di sudore, invece che le insegnava matematica?

Respirò veloce, borbottando i pensieri in un'unica frase incoerente. "Mi chiedevo come sarebbe stato Squall se fosse stato un professore della mia scuola. Se avessi fatto più attenzione a geometria se Squall fosse stato il mio insegnante di matematica - invece di disegnare così tanto, ma poi tutta la faccenda dei crediti extra mi avrebbe messa in parecchi casini. Ok, sei contento adesso che sembro un'idiota che straparla?"

Lui rise. "Squall, matematica? Stai scherzando, Rin? Su che pianeta vivi? È un insegnante di storia fatto e finito, se ne ho mai sentito uno... fatti e ancora fatti inutili. Non hai sentito la lezione eccitante sul Gojusheel? Avremmo potuto vivere per tre periodi storici e non avrebbe ancora finito!"

"Paleontologia."

"Cosa?" gridò quasi inavvertitamente Rinoa, riconoscendo la voce dietro di lei.

"Paleontologia... ecco cosa insegnerei io. Lo studio della vita che esisteva nel periodo preistorico... come fossili, ossa e altre cose estinte... tipo quello che sarete voi due se non tenete il passo con il resto del gruppo."

"Squall!" sorrise l'esperto di arti marziali, rendendosi conto che non erano soli. "Hey, guarda, siamo già al Garden... e tutti interi! Sei il più grande... ti seguirei ovunque nella tundra ghiacciata... nella buona e nella cattiva sorte... nella cattiva e nella buona sorte! Chi è l'uomo? Tu sei l'uomo!"

"Hai finito di fare il lecchino?" Squall guardò l'amico, leggermente irritato.

"Sì, questo per adesso dovrebbe bastare... potrei avere tempo più tardi stasera, se la tua agenda è libera."

Il Comandante chiuse gli occhi, applicando lentamente pressione alle tempie. Era davvero troppo stanco per questo. C'erano volte in cui Squall sentiva di aver guardato dieci bambini in quel viaggio, non solo le otto matricole.

"Zell... Rinoa... se posso disturbarvi e chiedervi di fare attenzione, come il resto dei bambini fa rispettosamente... potrebbero i due leader teoricamente adulti portare le matricole all'ingresso principale? I responsabili del dormitorio dovrebbero incontrarvi a breve e riportare gli studenti nelle loro camere... io devo solo restituire i dispositivi di comunicazione al dipartimento audio-video e poi firmare i documenti che nessun bambino né scorta adulta sia stato dato in pasto al Gojusheel più vicino. Potete farcela voi due?"

Rinoa annuì, ancora imbarazzata dalla situazione, mentre Zell salutava. Squall lasciò andare la sua compostezza severa e fece un minuscolo sorriso. "Aspettatemi là dentro tutti e due. Fino a quando non saranno fatti i documenti non è troppo tardi per qualche incidente o imprevisto. D'altra parte, ho un intero discorso già pronto sui Mesmerize che non sono mai riuscito a fare."

"Dimmi che non sei serio." Rinoa guardò il suo ragazzo direttamente negli occhi, cercando di valutare la sua serietà.

"Dimmi cosa ti ha dato l'idea di me che insegno matematica."

Rinoa fece un sorriso. "Mesmerize... i miei preferiti!"

*~*~*~*~*

La giovane donna chiuse gli occhi, ascoltando i suoni che risuonavano dal corridoio deserto. Era un meraviglia acustica che ogni rumore si moltiplicasse - che si trattasse di due persone che sussurravano, i passi frettolosi di uno studente, o persino un grido casuale da un'aula due corridoi più avanti - era tutto mescolato in un caleidoscopio di suoni. Le matricole di cui erano stati responsabili erano già andate. In un certo senso, Rinoa si trovò a sentire la loro mancanza. Per i primi minuti, lei e Zell si erano tenuti impegnati parlando fino a quando Rinoa non aveva più potuto contrastare il bisogno di sedersi. La stanchezza stava velocemente prendendo il sopravvento, e le scartoffie di Squall stavano richiedendo più tempo di quanto loro avessero originariamente pensato.

Zell aveva trovato una panchina lì vicino. Lo stridio delle sue suole di gomma contro il pavimento echeggiava ogni tanto. Lei immaginava che non fosse troppo eccitate all'idea di dover aspettare pazientemente il ritorno del Comandante. Non era tipo da star seduto fermo per lunghi periodi - soprattutto senza il Triple Triad, riviste di lotte, o una qualsiasi forma di derivato dalla carne bovina nelle vicinanze. Rinoa sedeva per terra, appoggiata al muro, con le gambe incrociate, e lottava disperatamente per rimanere sveglia.

"Zell, tu vai pure... posso aspettarlo io."

"Ha detto di aspettare a tutti e due. Di sicuro non intendo disobbedire a un ordine."

"Non era esattamente un ordine diretto," rispose Rinoa appoggiando la testa al muro. "Era più una richiesta verbale, e può farsene una ragione."

"E quando mai Squall 'si fa una ragione' di qualcosa?"

Lei grugnì appena. "Vai Zell, posso gestirlo. Quale di noi due sarà più incline a perdonare?"

"Bella risposta." Lui si alzò dalla panchina, stirandosi le braccia sulla testa prima di guardarla un'ultima volta. "Rin, sei sicura?"

"Sì, ho bisogno comunque di parlare con lui... spero che questa sarà l'occasione per farlo. Sono sicura che non ci metterà ancora molto. Con la mia fortuna si è probabilmente fermato in biblioteca per qualche altra rinvigorente curiosità sui mostri."

"Oh Hyne... con quel pensiero... me la filo!" Zell si mise velocemente sull'attenti e poi fece il saluto. Sorrise furbo prima di scusarsi in fretta. Tutto quello che lei poté fare fu scuotere la testa alla sua uscita brusca.

"Riesco a sentire l'amore, Dincht."

*~*~*~*~*

Il Comandante si affrettò lungo il corridoio, facendosi correre le dita tra le ciocche annodate di capelli. Sospirò appoggiandosi la mano sulla nuca e applicando pressioni sui muscoli teneri del collo. Il dolore avrebbe potuto farsi sentire, se non fosse stato più preoccupato nell'arrivare all'ingresso principale. Si chiese se loro sarebbero stati ancora lì, soprattutto se lei sarebbe stata ancora lì. Non avrebbe mai chiesto ai suoi amici di aspettare, se avesse pensato che ci sarebbe voluto così tanto tempo.

La sua mente era già preparata al fatto che loro fossero tornati alle loro stanze. Non che fosse un concetto inconcepibile; anzi, era piuttosto logico. Squall era semplicemente tipo da credere e accettare il negativo prima del positivo. Era una caratteristica di cui era difficile liberarsi, anche se ci stava provando.

Svoltando l'angolo, vide una figura solitaria seduta contro il muro. Eccola lì, le ginocchia su un lato, il suo cappotto SeeD in parte sbottonato, e il gomito destro appoggiato alla sua borsa da viaggio; usava il palmo della mano per tenersi su il mento. I suoi capelli neri erano raccolti in una coda di cavallo che, per la maggior parte, si era sciolta, con grosse ciocche che le cadevano davanti agli occhi. In quel momento non sembrava curarsi affatto del suo aspetto fisico, ma tutto quello che Rinoa poteva fare era sembragli bellissima.

Lei percepì la sua presenza, o sentì il suono dei suoi stivali sul pavimento; non ne era sicuro. Spalancò gli occhi e il suo sguardo si legò direttamente a quello di Squall. Poté a malapena trattenere il formarsi immediato di un sorriso, eppure la sua ragione interna vinse sull'impetuosità. Continuò a camminare verso di lei, fingendosi più preoccupato dal fatto che il suo compagno di misfatti non era rimasto.

"Quindi, Zell non è nei paraggi?"

"Gli ho detto che potevo gestirti," rispose lei senza cambiare espressione.

"Hai molta fiducia in te stessa." Si permise infine un piccolo sorriso, allungando il braccio per aiutarla ad alzarsi. "Non sei riuscita a trovare un posto più comodo per aspettare?"

"Se l'avessi fatto, mi sarei addormentata prima di arrivare a contare fino a dieci." Si alzò, prendendosi un momento per recuperare l'equilibrio.

"Immagino che dovrei sentirmi privilegiato... so quanto può essere divertente svegliarti." La sua mente ricordò in un flash il suo flebile tentativo di farlo in una macchina fuori Winhill. "Ti serve una scorta alla tua camera?"

"E dicono che la galanteria è morta."

"No, la 'galanteria' sarebbe se mi offrissi di portare la tua roba... io mi sono solo offerto di accompagnarti. Forse premere il bottone dell'ascensore se mi gira..." Scosse la testa, prendendo la borsa di Rinoa dal pavimento. Lei rimase a fissarlo completamente in silenzio. "Sei proprio stanca, vero?"

"Ho solo bisogno di dormire... tu, Zell, i bambini... non so come facciate voi a continuare. Io semplicemente non ho lo stesso addestramento."

"Oh, adesso te ne accorgi. Perché questa illuminazione non l'hai avuta quando abbiamo combattuto Artemisia?" Le mise un braccio intorno mentre lei appoggiava la testa sul suo bicipite.

"Perché faccio la difficile."

"Questo è l'eufemismo del secolo."

*~*~*~*~*

Non sapeva con certezza quando Rinoa aveva messo completamente la testa sulla sua spalla, o quando il suo corpo gli era caduto in petto un po' di più, ma da qualche parte durante la camminata aveva iniziato a supportare tutto il suo peso corporeo. Era piuttosto stupefacente che i suoi piedi fossero ancora in grado di muoversi, come se seguissero una specie di pilota automatica interno. Quando raggiunsero la porta della stanza di lei, lui spostò il suo peso giusto quanto bastava per aprire la cerniera della tasca della borsa e cercare la chiave.

"Dammi una mano," sussurrò, cercando di inserire la chiave con la mano destra mentre la teneva su con la sinistra. Con un po' d'inganno, e assolutamente senza grazia ed eleganza, riuscì a bilanciarla tra il muro e il suo petto. Aprì la porta, usando il piede per aprirla del tutto, e la guidò finalmente oltre la soglia.

Rinoa barcollò nella stanza e si tolse il cappotto. Superò a malapena la soglia, mentre gettava la giacca sulla scrivania a muro. Le ci volle tutta la forza che le rimaneva per arrivare al letto, prima di cadere senza grazia sul materasso. Non era sicura se si trattava solamente di stanchezza fisica, o mancanza di sonno, o entrambe le cose. Sembrava che negli ultimi minuti avesse lottato contro se stessa per tenere gli occhi aperti, e che fosse una battaglia persa. In effetti, se non fosse stato per il supporto di Squall, era sicura che sarebbe andata dritta di faccia contro il muro più vicino... o peggio. Squall... era ancora lì... quell'improvvisa consapevolezza le tese il corpo in una scarica di adrenalina. Oh, grandioso, come se le sue azioni non fosse già state oltre l'inspiegabile quotidianamente, cosa avrebbe pensato di questo?

Non l'avrebbe mai immaginato.

Il corpo di Rinoa incontrò il letto con una certa forza, eppure tutto quello che lui poté fare fu rimanere lì, in piedi, come l'oggetto inamovibile dei cliché. Si era offerto di aiutarla? Le aveva preso una coperta? Le aveva almeno detto buonanotte lasciandola a riposare? No, certo che no. Guardò in basso, desiderando dire qualcosa, desiderando che quel giorno, notte, mattina - qualunque fosse - durasse un po' di più. Il modo in cui il suo viso riposava sul cuscino, il modo in cui ogni suo dito stringeva la federa...

Non si sarebbe mai immaginato così un anno prima, a stare nella stessa stanza di quella ragazza. Anzi... di quella donna - una persona straordinaria, così piena di vita, che per qualche ragione sconosciuta voleva stare con lui. Non riusciva ancora capire per quale ragione al mondo lo volesse.

Forse una parte di lui voleva sapere come starebbe stato coricarsi accanto a lei, dormire nello stesso letto con lei. Tutta la sua vita aveva seguito le regole, e persino in quel momento si preoccupava delle apparenze più di ogni altra cosa. Aveva responsabilità, che lo volesse o no, ma c'era anche una parte di lui che era ancora adolescente. Era una grande parte di lui, una parte che aveva soppresso per davvero troppo tempo.

"Starai lì in piedi e basta?" chiese lei, accorgendosi che era ancora nella stanza. Dentro era nervosa, ma fuori rimase calma, e fece la domanda come se fosse una cosa comune come un saluto.

Squall poteva giurare che i suoi occhi fossero chiuse mentre la sua mano si allungava con accurata precisione. Le stesse dita che aveva appena guardato erano ora avvolte intorno al suo polso. Sapeva di dover dire qualcosa, perché stando in piedi lì e basta si sentiva ancora una volta come il cretino del secolo. La voce gli si strozzò in gola e, per un momento, dimenticò tutte le abilità rudimentali.

"Squall, hai qualcosa da fare... intendo adesso?" chiese, non solo per lui ma anche per se stessa.

"Uhm... ehm... no... riunione e una cosa dopo... ma niente adesso. Letto, andare a letto... voglio dire, non preoccuparti... non con te." C'erano certe volte in cui si sentiva più adolescente che altre... e c'erano poi delle volte in cui si sentiva il 'Re di Tutti i Cretini' - e questa era una di quelle volte. Non aveva mai sognato di un momento in cui poteva davvero provare simpatia per alcuni dei primi incontri di Laguna con Julia. Se ci fosse stato un modo per scivolare via dalla testa e mantenere una certa virilità, avrebbe colto l'occasione.

Rinoa aprì lentamente un solo occhio, e lo guardò. "Sai, quando prima ho detto che ero difficile...? Lascia che mi corregga: siamo tutti e due difficili, ecco perché funzioniamo così bene insieme." Sorrise mentre si passava le dita della mano libera tra i capelli.

"Squall, puoi..." sospirò, inalando profondamente. Sembrava che tutto quello che voleva dire fosse una nuvola turbinante di stupidità. Se avesse potuto formare un pensiero lucido, sarebbe stato un piccolo miracolo. "Stai qui... solo per un po', per favore."

Il suo cuore aveva già deciso; lei non aveva davvero avuto bisogno di chiedere. Non poteva negare quanto fosse stanco, o quanto volesse stare vicino a lei. Sapeva che non sarebbe sembrato professionale, ma onestamente erano stati nelle stanze l'uno dell'altra più a lungo, a guardare film o a mangiare insieme. Questa volta l'unica differenza sarebbe stata che avrebbero riposato dopo una missione stancante.

Si tolse lentamente i suoi stivali e poi notò che lei non si era tolta le scarpe prima di cadere sul letto. Non era esattamente sicuro di dove si posizionasse il protocollo del togliere le scarpe alla propria ragazza... ma sperava di non infrangere una qualche barriera non scritta su cui Quistis gli avrebbe fatto la predica poi. Lentamente si abbassò, le slacciò gli stivali, chiedendosi stranamente perché si sentiva così a disagio nel togliere le scarpe a un'altra persona. Erano stivali, per amor di Hyne, stivali! Poteva capire che era sveglia dal modo in cui si irrigidiva e puntava i piedi, aiutandolo. Alla fine, buttò entrambe le scarpe per terra e iniziò a coricarsi sul letto, e come se ci fosse stato un segnale, Rinoa parlò piano da dietro di lui.

"Squall."

"Sì?"

"Ho freddo ai piedi."

Che shock. Avrebbe dovuto prevederlo. Davvero, avrebbe dovuto.

"Davvero freddo."

"Non dormi ancora?"

"Non posso, troppo freddo."

Sospirò, guardandosi attorno e notando una coperta gettata distrattamente sull'unica sedia della stanza. Era Rinoa, dopotutto; piegare e organizzare non erano priorità nella sua casa provvisoria. Grugnì appena, più per le apparenze, mentre si alzava dal letto e prendeva la coperta. Con attenzione, la stese su di lei, prendendosi anche più tempo per assicurarsi che avesse i piedi ben coperti.

"Meglio?"

"Sì."

"Altro?"

"Uhm... no... ma grazie."

"Non è stato così difficile." Si sedette di nuovo sul bordo del letto, prima di darle una gomitata leggera. "Immagino che chiederti di spostarti più vicina al muro supererebbe il limite del 'difficile', però."

Questa volta Rinoa non rispose. In un movimento unico, rotolò sul fianco, spostandosi più vicina al muro. Squall colse l'occasione di coricarsi sul letto, voltandosi sulla schiena. Cercò di ignorare il disagio che sentiva, sperando che lei si addormentasse in fretta. Non che volesse andarsene, ma onestamente era una massa stanca di un Cavaliere e Comandante ormonalmente confuso, che aveva anche un incontro con il suo superiore entro poche ore... questo non lo aiutava molto.

Ma poteva Rinoa lasciar perdere la situazione così facilmente? No, certo che no... era Rinoa, dopo tutto. C'era certamente una parte di lui che era molto più eccitata di quanto lo fosse lei. Lui sentì il materasso che si spostava mentre lei rotolava verso di lui. Passò un millesimo di secondo prima che la coperta lo intrappolasse come una rete, seguita dal braccio di lei che lo afferrò alla vita. Prima di rendersi conto delle sue stesse azioni, il Comandante si allungò, come se fosse naturale quanto respirare, e afferrò l'angolo della coperta. Lui sistemò attentamente la coperta intorno a tutti e due, prima di mettere il braccio intorno a lei.

In qualche modo, anche nel suo stato di semi incoscienza, lei gli posò la testa sul petto, usandolo come cuscino improvvisato. Momentaneamente, lui si permise di rendersi conto della situazione - erano sotto la stessa coperta, nello stesso letto, e poteva abituarsi a quella sensazione. Era un conforto, una sicurezza, un'unità che andava molto oltre a quella conosciuta dalla maggior parte delle coppie di adolescenti. Chiuse gli occhi, mentre inconsciamente avvolgeva le dita in quello che rimaneva della sua coda di cavallo. Rifletté che non aveva fatto una doccia nelle ultime ventiquattro ore, ma i suoi capelli sembravano ancora seta. Certo, poi si rese conto che nemmeno lui aveva fatto una doccia nelle ultime ventiquattro ore... ma immaginò che a quel punto a nessuno dei due interessasse, dato che Rinoa era già addormentata.

*~*~*~*~*

Rinoa si mosse, credendo di aver avuto la sfortuna di scoprire il materasso più scomodo del mondo. Cercò di muoversi di nuovo, e nel farlo sentì un forte crack nel collo. Borbottando qualche parola di irritazione, iniziò a girarsi sull'altro fianco, maledicendo la fabbrica responsabile di quell'atrocità. Non solo era piuttosto bitorzoluto, ma una delle molle a quanto pareva era rotta, e le lasciava un'impronta sulla guancia. Si portò la mano al viso per massaggiarlo, rendendosi conto quasi istantaneamente che non era una molla, piuttosto un ciondolo.

Aprì lentamente gli occhi, mentre capiva; non era su un materasso, piuttosto sulla forma irregolare di un petto maschile. La molla non era una spirale ribelle che usciva dal materasso - piuttosto i bordi di una testa di leone stilizzata.

Con il suo primo movimento, Squall si svegliò da qualsiasi forma di 'sonno' leggero in cui si trovasse al momento. Onestamente, non era sicuro che fosse persino classificato come sonno... non era possibile aver dormito in quella circostanze. Gli ci volle un secondo per focalizzare, deducendo che l'intruso non era una minaccia... beh, sì, quello era ancora da stabilire, ma almeno era un intruso gradito. Non era abituato ad avere grossi oggetti appiccicosi addosso... soprattutto quelli che sembravano imprecare piano nel sonno. Ridacchiò quasi quando lei disse alcune parole scelte sottovoce, scordandosi ogni forma di decoro. Fu allora che lei dovette rendersi conto che non era sola, mentre apriva lentamente gli occhi con un'espressione scioccata e completamente imbarazzata.

"Davvero Rinoa, non era il benvenuto che mi aspettavo."

"Mi disp-" Non riuscì nemmeno a finire, passando per tutte le sfumature di rosso obbligatorie. Beh, lo avrebbe fatto, se non avesse nascosto la testa contro il suo petto, completamente imbarazzata.

"Non farlo." Se qualcuno non doveva dispiacersi per aver abbassato la guardia in un momento di normalità, quello era Rinoa. Penso di aver sentito di peggio durante il lavoro."

Lei agitò la mano, tirandosi su a sedere lentamente, cercando di minimizzare l'accaduto. "Sì, ma io provavo a mantenere ancora un po' l'illusione, prima che tu scoprissi l'amara verità."

"Fidata, quella facciata è andata persa al nostro primo incontro a Timber."

"Grazie..." borbottò lei, spingendosi sul fianco.

Lui guardò l'orologio, rimpiangendo già ciò che stava per dire. "Rinoa, devo tornare nella mia camera. Ho un incontro con Cid, e vorrei davvero cambiarmi prima." Si fermò momentaneamente, aspettando che lei rispondesse. Quando non lo fece, continuò a cercare di spiegarsi. "Non riesco a credere di aver dormito così tanto. Non preoccuparti di alzarti."

Era strano come prendesse ancora tutto ciò che Rinoa faceva, diceva o, come in quel caso, non diceva, personalmente. Non che lei fosse arrabbiata; era solo ancora mezza addormentata. Capiva solo una parole ogni due, per non parlare del fatto che lui era realmente rimasto con lei. Rimasto con lei... cavolo, quello le ricordava cosa doveva dirgli prima dell'incontro con Cid.

"Squall... torno a casa."

Uno strano disagio gli percorse il corpo. Tornare... a casa? Si riferiva a Balamb o a Deling? Persino dopo tutto quel tempo, non era sicuro di dove, per lei, fosse davvero 'casa'.

Fu dalla sua esitazione che lei capì il suo errore e si corresse immediatamente. "Voglio dire, parto da Trabia. Io... ero solo spaventata di dirlo, ma non volevo nemmeno che lo sapessi da Cid... torniamo a Balamb verso la fine della settimana. Non voglio che questo finisca."

Balamb, certo, come poteva persino pensare che intendesse qualcos'altro? Doveva smettere di credere che sarebbe successo il peggio - solo che era così facile. Si sedette sul bordo del letto, voltandosi verso di lei. La coprì dolcemente con la coperta, muovendo piano la mano sulla sua spalla.

"Non vuoi che finisca cosa?"

"Questo..." Lei sfilò la mano da sotto la coperta e strinse quella di lui. "Mi sento solo... non so... penso solo che una volta che torneremo indietro le cose cambieranno..."

Lui le strinse la mano più forte, desiderando di poterle offrire una qualche forma di conforto, ma entrambi sapevano la verità. La loro relazione era ancora nuova, e non sarebbe cambiata, ma ciò che li circondava, le loro priorità, e le responsabilità che affrontavano a Balamb avrebbero cambiato le dinamiche intorno alla loro relazione. Non diminuiva l'importanza, solo la quantità di tempo e sforzo.

Persino Squall poteva ammettere di sentire un conforto diverso a Trabia. Qui gli studenti e gli insegnanti avevano un obiettivo più grande, e anche se lui era il Comandante di Balamb, era comunque un altro adolescente che cercava di trovare se stesso nella confusione. Se c'era una cosa che non avrebbe fatto sarebbe stato mentirle - fare una promessa vuota. Tutto quello che poteva fare era costruire su quello con cui aveva cercato così disperatamente di convincersi nelle ultime settimane. Si sentiva vicino a lei più che mai - attraverso le ultime settimane, attraverso il ritorno di Seifer, e attraverso le tre semplici parole che lei gli aveva dato così liberamente.

Allora perché... perché... perché aveva reagito a quel modo quando lei aveva detto che tornava a casa? Scacciò il pensiero dalla mente; era ovvio che lei era preoccupata e stanca...

"Senti, ne parliamo domani, ok? Tu riposati e basta."

Lei avrebbe discusso, ma il quel momento la parte relativa al 'riposati' era dannatamente affascinante. Riuscì a sorridere; non voleva turbarlo prima della sua riunione. "Oh, in più lavoro con te e Zell domani."

"Lavorare?

"Sì, apparentemente è la cosa che facciamo tra l'angoscia e il litigare."

"Tra cosa?"

"Non fa niente," borbottò, in maniera quasi incoerente.

"Ok... dormi un po'. Ci vediamo domani, allora." Le lasciò la mano, dandole un bacio dolce sulla guancia.

*~*~*~*~*

I suoi piedi a malapena facevano rumore incontrando il pavimento tappezzato. Di nuovo, Rinoa si trovò di fronte alla porta di Squall. Questa volta, non esitò a bussare. Il corpo era ancora dolorante per aver dormito sul pavimento della caverna, ma non avrebbe scambiato l'esperienza nemmeno per tutti i guil di Esthar. Parte di lei si chiedeva se lui sarebbe stato sorpreso di vederla, immaginando che non avevano pianificato di incontrarsi fino al giorno dopo.

La porta si aprì e i loro occhi si incontrarono. "Hey Rinoa, che ci fai qui?"

"Ho pensato che forse ti piacerebbe andare a prendere qualcosa per cena alla mensa... ho sentito che hanno un polpettone fantastico."

"Non pensavo che avessimo pianificato qualcosa per stasera. Dai, entra."

Lei lo seguì. Lui sembrava affrettarsi per la stanza, e si comportava come se fosse in ritardo per una riunione. Il suo comportamento sembrava vagamente peculiare, ma lei rimase in silenzio e lo guardò pettinarsi. Lui prese un maglione da un cassetto, alzò le braccia e se lo infilò sulla testa. Lei riuscì a percepire la sua momentanea frustrazione quando si accorse che avrebbe dovuto pettinarsi dopo essersi messo il maglione. Trattenne una risatina mentre lui bagnava il pettine, cercando di rimuovere l'energia statica che gli faceva stare i capelli dritti. Alla fine, gettò il pettine sulla scrivania, prese il portafoglio e lo mise nella tasca posteriore.

Si mise davanti a lei, guardandola negli occhi, e le prese la mano sinistra. "Rinoa, mi dispiace davvero... mi piacerebbe uscire con te stasera... ma ho un appuntamento."

I suoi occhi erano così seri, così belli, così... eh?

"Eh?" disse, confusa. Onestamente, credeva che le orecchie le stessero facendo degli scherzi. Non c'era assolutamente modo per la Polvere di Diamante di Shiva che lui avesse appena detto quello che lei pensava avesse detto. Ricordò vagamente che lui aveva balbettato qualcosa su un incontro con Cid seguito da una 'cosa' e per gli dei, un appuntamento non era classificato come una 'cosa'.

"MI dispiace, Rinoa. Dovrò tener buono l'invito per quel polpettone per un'altra volta. Ho un appuntamento."

"Che?" chiese lei ad alta voce, comprendendo di aver sentito bene la prima volta. Sembrava che qualcuno avesse vuotato della supercolla sulla suola delle sue scarpe e le avesse messo un'incudine nello stomaco.

Lui si spostò dietro di lei, facendole dolcemente scivolare le braccia intorno alla vita. La setosità dei suoi capelli gli accarezzò la guancia, e per puro istinto chiuse gli occhi al contatto. Voleva assorbire ogni 'sensazione' nella memoria: il suo calore, i suoi capelli, e il modo in cui la sua pelle contrastava con quella di lui. Era una buona cosa che lei fosse scioccata, o probabilmente sarebbe già stato a terra, a faccia in giù.

"Non arrabbiarti... ma a dir la verità... ne ho tre."

Fu quel commento che finalmente le fece urlare una frase quasi coerente. "Un che? Un appuntamento? Tre appuntamenti? Squall... tu? Appuntamento?"

"Cid ha ragione... avresti un talento naturale nel corpo diplomatico." Le baciò dolcemente il lato del collo. "Solo per una sera, prometto."

"Cosa? Chi?" In qualche modo, si rifiutava ancora di credergli. C'era un qualche trucco, o lui le stava giocando lo scherzo peggiore del mondo. Conosceva il suo umorismo... poteva essere leggermente oscuro e contorto... ma questa situazione era soltanto crudele.

"Beh, le conosci... abbastanza bene, in realtà. Si chiamano Nicky, Krissy e Carrie... tre delle concorrenti allo show del momento 'Quiz di Trabia."

Lei si voltò a guardarlo, ancora senza parole, ma su un livello completamente diverso. Lo avrebbe guardato negli occhi, ma non poteva. Era tutto quello che poteva fare per continuare a restare in piedi. Gli avvolse le braccia intorno al collo, appoggiando la testa alla sua spalla. Il suo battito regolare echeggiava nel petto, e lui le strinse le braccia intorno alla schiena.

"Shh... non dire niente. Voglio solo vedere se possono presentarmi la valletta... è figa. Avrei detto qualcosa prima, ma eri ancora mezza addormentata, e speravo di cavarmela con questa." Lei rise contro il suo petto, permettendogli di continuare. "Seriamente, è saltato fuori che una di quelle ragazze non ha mai provato una pizza alta in stile Dollet. Le cose che si imparano quando si fanno fare giri sulla schiena agli altri, eh?"

Lei era ancora senza parole, e lo strinse più forte.

"Rin, so che suona strano... è solo uni dei primi bei ricordi che ho del Garden. Senza usare i GF, alcuni momenti della mia infanzia stanno tornando... ricordo un gruppo di noi studenti che esce con un insegnante per pranzo... lui era di Dollet, e parlava sempre di come nessuno riusciva a imitare il modo in cui facevano la pizza. Non ricordo perché andammo, una specie di premio per esserci comportati bene o una cosa così. Ho pensato che chiunque avesse inventato tutti quegli strati di formaggio e carne fosse un genio. Per favore ricorda che ero piccolo... anche se penso ancora che chi l'ha inventata sia un genio." Le baciò dolcemente la testa. "Immagino che, quando ho sentito che non avevano mai mangiato una pizza tipica di Dollet, ho voluto che condividessero questo ricordo."

"Squall." La sua voce era morbida, attutita dallo spessore del maglione. "Non fare tardi all'appuntamento... uhm, appuntamenti."

"Non succederà..." Si fermò; non voleva lasciarla andare. "Sai, queste ragazze ti ammirano davvero. A loro piacerebbe molto rivederti, e di sicuro a me servirebbe uno chaperon. Ti piacerebbe unirti a noi?"

"Non riesco a immaginare un onore più grande." Lo tenne stretto per un momento ancora, ricordando le parole di Zell.

"Sai, potrebbe sorprenderti."

E poi si rese conto che Squall la sorprendeva ogni singolo giorno.

*

Note al testo
(1) figura: gioco di parole sulla parola figure, che in inglese può indicare sia la figura umana che una cifra. Se cliccate sulla parola trovate tutti i signifcati. Non ho saputo rendere il gioco di parole, ma se avete suggerimenti sono qui.

*****
Nota delle traduttrici: scusate il ritardo :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 18
*** XVIII. Tempo di Lanciare Sassi - Parte I ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XVIII: Tempo di Lanciare Sassi - Parte I ~

2 giugno

Le particelle di polvere imitavano il moto discendente dei fiocchi di neve, nella luce che la finestra lasciava filtrare dentro la sala. Gli studenti di Trabia erano divisi in diversi gruppi, ognuno dai quattro ai cinque membri, e all'interno di ciascuno era stato scelto un leader, per mantenere la gerarchia militare. All'interno dei gruppi erano stati assegnati ad ognuno una specifica sezione e un compito, tenendo conto di qualsiasi abilità individuale che gli studenti potessero avere per contribuire alla ristrutturazione.

E come in una congiuntura dei tempi quando tutti i pianeti si allineano, e tutte le sabbie si rovesciano, e una grande potenza viene scatenata sul mondo... Zell Dincht era stato nominato capogruppo. Ed era per questo che aveva intenzione di godersi la sua nuova, anche se estremamente temporanea, posizione di comando per ogni prezioso istante.

L'esperto di arti marziali era stato designato per via della sua esperienza precedente, tre estati in cui aveva lavorato con suo zio nella sua impresa di tinteggiatura. Il destino di Zell sarebbe stato molto diverso se non fosse riuscito a diventare SeeD: invece di salvare il mondo, forse l'avrebbe riverniciato, una passata di primer alla volta. Era proprio in questo compito quindi che aveva provvisoriamente sorpassato il Comandante, almeno per l'apparenza. Ma, come dire, Zell se la stava spassando con la sua autorità un po' più del concesso. E ancora una volta, con Rinoa come sua complice, Squall avrebbe avuto più possibilità di essere trattato con riguardo dal Capostazione Dobe a Fisherman's Horizon.

"Squall."

"Che c'è?" rispose la voce di lui, in tono piuttosto piatto.

"Dovresti tinteggiare il muro facendo un piccolo movimento a 'N' con il rullo, e quello di sicuro non assomiglia alla lettera 'N'. Sembra più un piccolo arcobaleno bianco. Qui non dipingiamo arcobaleni."

"È una 'n' minuscola," fece inespressivo il Comandante, senza perdere una pennellata.

"Minuscola? Nessuno direbbe che quella è una lettera minuscola Squall! Stai solo facendo il difficile, non è vero?"

Squall non ebbe la possibilità di replicare, perché Rinoa decise che la cosa migliore era offrirsi come mediatore. Dopo gli ultimi giorni il suo cuore era andato un po' a Quistis, che ricopriva sempre il necessario ruolo di paciere; e qui si trattava solo di due dei 'ragazzi', non riusciva nemmeno a immaginarsi di buttare anche Seifer e Irvine nel mezzo di quel mix di follia. Squall aveva un dono sottile per dare sui nervi a Zell, con poche parole o nessuna; era quasi divertente. Eppure, la parte migliore era che Rinoa sapeva che stavolta era fatto involontariamente. E anche l'esperto di arti marziali era diventato esageratamente iper-geloso della sua provvisoria leadership, ma tutti si stavano facendo una vita di esperienza grazie a quei due.

"Ehi, vorrei cogliere l'occasione per inoltrare una formale protesta all'incaricato," cominciò Rinoa, cercando di spostarsi la frangia dagli occhi con gesto casuale. "Credo di aver diritto almeno ad un'opportunità per mettere alla prova le mie capacità... vorrei ripetere e mettere agli atti che la 'Questione del Vagone del Treno di Deling' non era una dimostrazione valida del mio lavoro. Come ho già detto allora, rispecchiava i miei sentimenti verso Vinzer Deling, e non la mia abilità nella pittura in generale."

"Sono sicuro che era così, Rin." Zell cercò di difendere la sua scelta in maniera diplomatica. "Ma in questo momento l'aiuto più grosso che puoi darci è quello di sciacquare i pennelli e i rulli, e in più riempire i secchi di vernice. So che il lavoro in sé è abbastanza noioso, ma hai una grande responsabilità nelle tue mani, tutti noi qui dipendiamo dalle tue abilità."

"Quello, e poi c'è che il tuo vagone del treno faceva proprio schifo," asserì una voce sommessa da sopra di lei.

Rinoa si voltò, guardandosi alle spalle con evidente irritazione, e poi si mise una mano sul fianco e guardò su. "Mi scusi signor Leonhart, sarebbe un'opinione quella che lei ha appena espresso?"

"Beh, ad essere precisi l'ho pensato sin da allora, solo che non l'ho detto. Quindi possiamo definirla semplicemente una reazione a scoppio ritardato. Ora, se avessi insegnato ad Angelo a dipingerlo..."

"Squall Leonhart!" fece l'esperto di arti marziali in tono piuttosto fermo. "Non ti lascerò insultare uno dei miei lavoratori più efficienti. Questo non è l'atteggiamento 'di spirito di squadra' che mi aspetto dai miei SeeD veterani. Tra tutti, dovresti essere proprio tu a dare l'esempio migliore." Zell finì il suo discorso facendo l'occhiolino a Rinoa. Lei ridacchiò mentre Squall alzava gli occhi al cielo, mordendosi palesemente la lingua per non fare altri commenti.

Il gruppo continuò a lavorare per tutto il giorno, sorbendosi la selezione musicale di Zell, che variava dal country alla salsa. Rinoa era convinta che si trattasse solo di un ennesimo test per vedere quanto Squall potesse sopportare dal novello leader, eppure si ritrovò a spassarsela in silenzio per quella tortura. C'era da dire che era stata a contatto con fin troppi fumi di vernice quel giorno. La sua giornata non era stata altro che un aprire e chiudere vernici e primer, e lavare i pennelli, finché...

"Aaah!" strillò mentre il martello colpiva il pavimento con un sonoro 'thud'. Si strinse forte il pollice, facendo allo stesso tempo un salto per evitare il rimbalzo del martello; quello fu sbalzato sul pavimento e scansò di poco il suo dito del piede nella caduta. Rinoa bofonchiò qualche altra sillaba inaudibile, che voleva essere un piccolo 'scusa' per chiunque fosse a portata d'orecchio.

Solo gli spuntoni dei capelli biondi di Zell sbucarono da dietro l'angolo del muro. "Tutto ok? Che hai fatto?"

"Tutto... a posto... mi sono... fatta male... da... sola. Niente di che." Mentiva... faceva male... e parecchio.

Ma perché la gente non aspetta che il dolore passi prima di chiedere le ovvietà? Il martellamento del coperchio della vernice si ferma tutto d'un tratto, il martello cade a terra, e poi la persona si contorce dal dolore stringendosi un dito. Si trattenne dal fare commenti sarcastici, ma l'interrogativo le si ripresentava spesso. Ma c'era da dire che lei era specializzata nel farsi male spesso. Sapeva che Zell, come gli altri, lo faceva in buona fede, ma sapevano solo riconoscere l'evidenza?

"Non dovresti farti male da sola Rin."

O dichiarare l'evidenza.

"Grazie," bofonchiò lei a bassa voce, cercando di non far trapelare la poca sincerità.

Squall scese giù per la scala, allungando la mano verso di lei. "Fa' vedere."

Era chiaro da come si comportava che stava soffrendo, visto che aveva ritratto entrambe le mani in un gesto protettivo e se le stringeva al petto. Rinoa non voleva che lui pensasse che stava facendo la melodrammatica, e quindi cercava di nascondere il dito livido che una volta era stato simile a un pollice.

"Squall, sto bene... ha battuto poco." Non si sarebbe bevuto quella scusa; non se la beveva nemmeno lei mentre le parole le uscivano di bocca. Forse se non avesse urlato come una banshee nei secondi precedenti sarebbe stata un pochino più convincente.

"Ho visto del sangue. Dammi la mano."

"No, sto bene... davvero." Neanche per sbaglio... non se la stava bevendo proprio per niente. Avrebbe dovuto semplicemente arrendersi, ma adesso era questione di orgoglio.

Zell rimase ad ascoltare lo scambio di battute che continuava, sapendo che nessuno dei due avrebbe fatto un passo indietro dalla propria innata testardaggine. Sbirciò da dietro l'angolo, puntando contro di loro il pennello con un gesto accusatorio per aggiungere enfasi. "E che cavolo, Rinoa, dagli la mano e basta. È ovvio che avete sempre bisogno di trovare qualche scusa per tocchicchiarvi, quindi, finiamola con questa roba da piccioncini e risparmiate a qualcuno di noi la tortura. Questo è un ordine... da parte mia."

"E chissenefrega." Rinoa sollevò gli occhi al cielo realizzando che a ogni giorno che passava stava prendendo sempre di più dalla padronanza del vocabolario del suo ragazzo. Si arrese, sperando che Squall avrebbe ignorato gli inutili commenti dalla regia. "Vedi, ho solo battuto un pochino sul pollice, niente di che."

"Sei sicura? Non ha un bell'aspetto... sta già facendo il livido. Dovresti andare in infermeria, farci mettere una fasciatura o..."

"Sono sicura Squall, sto bene."

"No che non stai bene."

L'esperto di arti marziali fece un sospiro di frustrazione. "Ok voi due... veramente... prendetevi una cavolo di stanza! Ce n'è una in una posizione perfetta qui due corridoi più in giù." Indicò col pennello verso dove si trovava la zona di detenzione del comitato disciplinare. "Mi sta venendo seriamente una gran nausea, qui. Sul serio."

"Zell!" protestò Rinoa indirizzandogli uno dei suoi sguardi arrabbiati, di nuovo con gli occhi stretti e la mano non ferita piazzata sul fianco.

"Ehi, sto dicendo solo che c'è abbastanza tensione in questa stanza da soffocare un Behemoth."

Il Comandante si girò verso l'amico, e la sua espressione era una di quelle da non prendere alla leggera.

"Va bene, d'accordo, un Behemoth piccolo, ma sempre un Behemoth."

"Behemoth 'sto..." bisbigliò scocciata Rinoa a Squall; il Comandante non poté trattenere il ghigno che gli passò sul viso per il significato sottinteso.

Prendendo la mano ancora dolorante di Rinoa, la portò dietro un angolo, sperando che fosse fuori dalla portata dell'udito di Zell. "Vai in infermeria, va bene? Non costringermi ad andare a dire a Zell che ne faccia un ordine."

Lei sospirò sconfitta. "D'accordo, ma qual è la cosa peggiore che può succedere? Ti dico che non è niente."

Lui le guardò di nuovo il pollice, e stavolta Rinoa si accorse di un minuscolo brivido che lui aveva avuto nell'esaminarlo. Squall riportò lo sguardo sui suoi occhi, cercando di rispondere con la massima serietà. "Potrebbe diffondersi una seria infezione batterica oppure... oppure potrebbe cadere l'unghia e..."

"Squall Leonhart!" lo interruppe Rinoa con un'occhiata sospettosa. "Tu non riesci a sopportare l'idea della caduta di un'unghia, sbaglio?"

Sapeva che non c'era modo di dissimulare, e quindi non tentò nemmeno. Era più facile guardare fuori dalla finestra e sperare che avrebbe lasciato cadere l'argomento, o almeno, che avrebbe parlato a voce più bassa in modo che Zell 'N Maiuscola' Dincht non sentisse.

"E quindi puoi fiondarti in battaglia, e vedere cose peggiori della morte, eppure non riesci a sopportare l'idea di un'unghia che si stacca?"

"È disgustoso, va bene?"

Rinoa fece una risatina mentre lui le lasciava andare la mano, e subito si portò al petto il pollice con gesto protettivo. "Ok, hai vinto tu... ci vado. Ma sappi che lo faccio per te, perché veramente, non è niente. Solo che non voglio che tu resti traumatizzato." In punta di piedi, si sporse a dargli un bacio sulle labbra. Lui esitò, prima di ricambiare per un attimo.

"Una stanza, vi dico... prendetevi una cavolo di stanza!" Una voce riecheggiò.

"Ma come ha fatto a vederlo?" si domandò lei ad alta voce.

"Credi che sarebbe poco nello 'spirito di squadra' lasciargli cadere in testa per sbaglio un secchio di vernice?"

Lei aggiunse con un sorriso "Sei proprio un cattivone, eh?"

"Ci provo."

*~*~*~*~*

Per un momento, Rinoa credette davvero di stare sperimentando una lieve forma di vertigini; la testa era annebbiata, e le stava cominciando a girare come una giostra che guadagnava velocità ad ogni giro. Nessuna stanza avrebbe dovuto essere così piccola, così luminosa, e nemmeno lontanamente così sterile. La stava portando sull'orlo del delirio... quella stanza era un'anomalia che andava contro le leggi della natura, e soprattutto, contro le leggi di Rinoa Heartilly.

Certo, era l'infermeria, però avrebbe potuto esserci lo stesso un cenno di colore o un tocco di personalità. Le faceva sentire la mancanza del reparto pediatrico di Deling. Okay, a essere precisi il Garden aveva delle illustrazioni di organi interni rosa e violetti attaccate dietro la porta, ma quelle non contavano davvero come 'colori', per come la pensava lei. Né gli spaccati trasparenti del corpo umano potevano essere classificati come arte: era una lezione di biologia malamente camuffata in modo da disonorare il nome dell'arte. Solo uno come Squall avrebbe potuto trovare qualche macabra curiosità nello studiare come funzionavano i meccanismi interni del pancreas. Finché non si trattava di qualcosa che spiegava come ricrescono le unghie. Non sia mai che mostrasse la formazione di un'unghia - quel pensiero almeno le fece fare una risatina.

Dopo qualche altro minuto di frustrazione, sospirò e si lasciò ricadere sul lettino... ci mancava anche questa, dopo essersi fatta male al pollice. La carta sotto di lei fece rumore accartocciandosi, cosa che risuonò come se fosse stato un tuono nella stanza altrimenti silenziosa. La porta si aprì di colpo, facendola saltare su a sedere; e ovviamente, un classico, sbatté il pollice sotto il lettino, ma in qualche modo riuscì a trattenersi dal fare commenti inappropriati. L'ultima cosa di cui aveva bisogno al momento era un'ulteriore umiliazione.

"Signorina Heartilly?" La donna più adulta passava la penna sopra una cartellina, scrivendo veloce come se stesse annotando le posizioni minuto per minuto in una gara di chocobo. Ma senza mai alzare lo sguardo, o stabilire un qualsiasi tipo di contatto visivo con la sua paziente.

"Può chiamarmi Rinoa."

"Meraviglioso." La donna si risistemò gli occhiali con la montatura scura sul naso, fissando il foglio con aria severa; le catenine appese alle stanghette dondolavano avanti e indietro, producendo l'unico suono nella stanza. Rinoa ebbe improvvisamente dei flashback di momenti di richiamo a scuola che avrebbe preferito lasciare soppressi. "Signorina Heartilly, mi faccia dare un'occhiata a questa 'emergenza clinica' per esaminare la quale sono stata costretta ad allontanarmi dagli altri pazienti."

In quell'istante, Rinoa si fece un promemoria mentale perché Squall si pentisse di questa tappa all'infermeria. Come Comandante del Garden doveva aver avuto qualche informazione sullo staff medico di Trabia, no? Avrebbe trovato un modo per avere una qualche forma di vendetta - musica country, salsa. A questo punto, coglierlo di sorpresa con il nastro di lui che cantava poteva essere la cosa più vicina alla giustizia.

"Esattamente, com'è possibile che una persona si faccia male secondo questa modalità, mentre usa un pennello composto interamente di peli di moguri?"

"Non stavo proprio pitturando. Non... me lo lasciano fare dopo l'ultima volta con il vagone del treno del Presidente... voglio dire, non un vagone vero, un modellino. Non avrei dipinto quello vero, sarebbe stato poco pratico, quello lo lasciavamo fare a dei professionisti. Davvero." Avrebbe voluto riavere quel martello per picchiarsi in testa, la donna la stava guardando come se fosse un'idiota che blaterava... e beh, al momento lo era. Non sapeva perché, ma la gente che aveva un'autorità alle volte le faceva quest'effetto sul cervello.

"Chissenefrega. Lei non è certo un membro del gruppo di discussione."

"A-Ah... no," riuscì a dire alla fine Rinoa, mentre si chiedeva se ci fosse una possibilità che il suo ragazzo avesse una parente perduta attualmente impiegata nello staff di Trabia. Era stata seriamente convinta di aver chiuso con quell'atteggiamento impacciato, beh, con la notevole eccezione di quando si trovava con Squall. "Un martello. Io ehm... mi sono fatta male a un pollice mentre usavo un martello per chiudere un barattolo di vernice e non ho colpito nel punto giusto."

"Né membro della Divisione Tiratori Scelti del Garden."

"Veramente, non sono nemmeno una studentessa del Garden... sono un'assistente amministrativa di Balamb."

"Fantastico... una segretaria," commentò lei derisoria, pigiandole sul pollice ferito senza il minimo tatto.

"Ohi," esalò Rinoa, notando che le 'buone maniere' in quella donna sembravano essere assenti come i vestiti fatti su misura in sartoria nella moda degli ultimi due decenni. Eppure, nel tipico modo di fare da Rinoa, strinse i denti per cercare di proseguire una qualche sorta di conversazione. "Veramente, sono l'assistente personale del Preside Kramer. Sono qui per aiutare con la ricostruzione."

"Una segretaria con il rimborso spese, buon per lei. Ora, vorrei tornare a questo caso di infortunio sul lavoro che ho qui sottomano." L'infermiera fece seguire al suo pietoso tentativo di fare una battuta quello che poteva essere descritto nel migliore dei modi come uno 'starnuto ansimante'. Rinoa poteva congetturare solo che si trattasse di qualche bizzarra forma di risata che si irradiava da un universo parallelo. "Ogni tanto ci si deve divertire un po', no?"

"Ah-ah," rispose esitante Rinoa, constatando che lei e quella donna erano ancora le uniche due persone presenti nella stanza. Avrebbe finto una risata se avesse potuto, ma veramente, l'unica che avrebbe potuto tirare fuori in maniera convincente era una di quelle cose del genere 'terrore nervoso'. La ragazza inghiottì forte prima di trovare il coraggio, o la stupidità, di tentare di nuovo di imbarcarsi in una conversazione. "È molto che... lavora a Trabia?"

"No. Sono dell'Ospedale dei Caduti di Deling, sono stata mandata qui per un programma di supporto per gli infermieri/tirocinanti. Odio i bambini, odio il freddo, e odio i SeeD. Ma per non so quale ragione i miei capi hanno deciso che ero proprio io la candidata perfetta per questo compito. C'è da giurare che avranno fatto una festa, è tutta una manovra politica glielo dico io."

"Sembra proprio che lei fosse la scelta più logica," cercò di dire Rinoa con una faccia seria. Beh, magari quella donna era al top nel suo campo quando lavorava.

"Fantastico, quando vorrò un'opinione di una 'porta-caffè' strapagata, saprò proprio a chi chiedere."

Ma magari invece questa donna aveva qualche foto da ricatto di qualcuno da qualche parte nella sua cartellina medica.

"La buona notizia è che sembra che ci sia solo un livido sotto la superficie, questa macchia violetta è sangue. Andrà tolto, farò venire qualcuno per farlo in un minuto. Non pare che sia stato separato dalla matrice, quindi non dovrebbe perdere l'unghia, né dare altre complicazioni. Sarebbe una tragedia nazionale, lo so. Sul campo non abbiamo proprio bisogno di quelle impreviste 'emergenze dattilografiche', non è vero?"

Rinoa fece un respiro profondo, ed espirò lentamente mentre raccapezzava un sorriso. Ci voleva molto per far perdere la pazienza a lei, ma quella donna, quella stanza, e l'ultima mezz'ora stavano cominciando a mettere alla prova i suoi limiti.

"Grazie." Rinoa si sforzò di tirare fuori quella parola. Non era sicura nemmeno del perché lo stesse dicendo, ma era molto meglio dei veri pensieri che le stavano passando nella testa.

"Aspetti qui, faccio venire qualcuno del personale interno ad occuparsi della sua mano... certo, sempre se non deve correre subito alla sua tastiera."

Passandosi la destra tra i capelli, Rinoa si chiese se quella 'visita' sarebbe mai finita; almeno, era contenta di essere di nuovo da sola. A ogni momento che passava, sentiva che era stata una colossale perdita di tempo, e si chiedeva anche come avesse fatto a farsi influenzare così facilmente sin dall'inizio per andare in infermeria. Ma uno sguardo negli occhi di Squall, e sentire la voce a cui pensava così spesso prima di scivolare nei sogni, che la pregava di venire lì...non aveva potuto non ottemperare alla sua richiesta.

"Rinoa Heartilly?" la chiamò una voce estranea dalla porta, risvegliandola dai suoi sogni ad occhi aperti.

"Oh... sì... scusi."

"Nessun problema." La ragazza del personale interno rise appena. "Mi creda, non è la prima persona a perdersi nei suoi pensieri in una di queste stanze. Metà dei pazienti sono addormentati, e ultimamente, l'altra metà è a fare bamboline vodoo di Agnes... quindi non si preoccupi."

"Davvero non sono l'unica a pensarlo?"

La giovane donna sorrise, tirando fuori il necessario da un armadietto lì vicino. "Ma neanche per sogno."

"Il suo nome è Agnes? Non mi ricordo che mi abbia detto..."

"Beh, mi creda... ne ha diversi, ma questo è l'unico che le possa ripetere."

"Mi sa che allora non sono stata poi così male." Rinoa fece una piccola risata.

"No davvero. Non abbiamo dovuto chiamare la sicurezza per lei, scrivere un rapporto sull'incidente, o inviare un richiamo ufficiale al Preside... quindi direi che lei rientra nell'ottantacinque percento buono di tutti i nostri pazienti."

"...Avete dovuto chiamare la sicurezza? Non riesco a credere che un membro del Garden sia stato veramente così tremendo... non che non condivida un po', però..." Rinoa sorrise.

L'infermiera si avvicinò a Rinoa, prendendole la mano con attenzione e esaminando il pollice prima di cominciare a pulire la ferita. "A dire il vero, è stato giusto ieri. Non abbiamo proprio dovuto chiamarli... è stata più o meno solo una minaccia. Invece abbiamo finito per somministrare al signor Almasy un leggero sedativo... per essere onesti, la cosa peggiore è che la maggior parte dello staff di stanza qui faceva segretamente il tifo per lui... qualcuno ha finalmente avuto il coraggio di dire quello che abbiamo pensato tutti."

"...Seifer Almasy?"

"Ce ne sono altri?"

"Credo di no..." ammise Rinoa con un filo di voce, divisa fra i ricordi del passato e le preoccupazioni del presente. Una parte di lei non avrebbe voluto chiederlo, ma doveva sapere. "Come mai...come mai è qui? Sta bene?"

"Mi spiace, non posso assolutamente darle nessun dettaglio sulle condizioni di un paziente..." rispose l'infermiera con imbarazzo mentre cominciava a bendare l'unghia. Anche la Strega si rendeva conto che la donna stava evitando il suo sguardo, essendosi accorta dell'errore che aveva fatto nel menzionare il nome di Seifer. Sembrava che la vita privata di Rinoa fosse... beh, poco privata, anche lassù. Ma comunque a Trabia gli studenti dovevano avere problemi più importanti che non il Comandante e la sua ragazza.

"Signorina Heartilly, non volevo davvero dire quello che ho detto... mi è solo sfuggito per sbaglio. Ma quello che posso dirle è che quel particolare paziente è ancora due porte più in qua..." La giovane guardò la Strega, e in qualche modo capì che era sinceramente preoccupata. Vista la situazione attuale, l'infermiera intuì che la donna seduta di fronte a lei sembrava avere ancora a cuore la salute di un vecchio amico; o almeno, qualcosa nel suo cuore credeva veramente che Rinoa fosse quel tipo di persona.

Forse alle volte le regole erano fatte per essere piegate un po', per tranquillizzare un altro paziente. "In via ufficiosa, non si preoccupi troppo del signor Almasy... glielo assicuro, l'unico 'vero' pericolo che corre è beccarsi qualche procedura medica parecchio invasiva se non impara a comportarsi bene... Agnes ha un senso dell'umorismo molto malato."

"Capisco, grazie." E almeno questa volta lo diceva di cuore.

*~*~*~*~*

La Strega trattenne il respiro mentre varcava la porta della stanza di lui. Veramente, questo era uno di quei momenti che non aveva programmato di affrontare oggi, e che forse sperava anche di evitare per il prossimo millennio o qualcosa del genere... anche se Rinoa e Seifer stavano nello stesso edificio, c'era stato un tacito patto di mantenere le distanze; se si erano visti passando, non c'era stato nulla più di un cenno col capo e un sorriso da parte sua. Magari da un lato avrebbe voluto parlare, dire di più, capire di più, ma dall'altra, non era pronta... o era Squall che non era pronto... o Squall e Rinoa come coppia non erano pronti.

Ma con Seifer ferito, in un certo qual modo si era spezzata la tregua non scritta su cui si erano implicitamente accordati. Sapeva che Seifer e Squall avevano parlato dopo il Centro Addestramento, forse anche lei e Seifer avrebbero dovuto avere almeno quella possibilità prima che lei partisse per Balamb, però in un certo senso... sentiva che avrebbe dovuto farlo sapere a Squall.

"Fantastico... non credo tu sia qui per distribuire le ultime copie di Armi del mese o Dormitori migliori ai Garden? Se non è così, spero che tu abbia almeno delle sigarette... o proprio come minimo dovresti aver portato di nascosto una barretta di cioccolato... l'ultima me l'ha presa 'Squallzilla'."

"Seifer, che... che è successo?"

"A dire la verità è semplice, ha detto che non era sulla 'lista approvata' della mia dieta. Non entrava nella flebo... o qualche scemenza del genere. Mi sono immaginato la cara Agnes come il frutto dell'amore di Squall e Godzilla molto facilmente..."

"Smettila, lo stai facendo di nuovo!" lo interruppe Rinoa, incrociando le braccia e con l'espressione del tutto seria. Si avvicinò per mettersi a sedere sul letto, con aria di sfida al suo comportamento. Lo conosceva troppo bene: il suo sarcasmo era un meccanismo di difesa quando si sentiva vulnerabile, o non voleva che qualcuno gli si avvicinasse.

Rifece la stessa domanda con forza. "Seifer, che è successo?"

"A me? Non ti sei tenuta aggiornata con le notifiche l'anno scorso? Non mi sono accorto che il Comandante Furbega ti ha messo in trance? Versione promemoria: tradimento, Strega, Lunatic Pandora... gran brutto casino..."

Rinoa gli afferrò il braccio, costringendolo a guardarla negli occhi. Lui resse il suo sguardo solo per un istante, prima di rompere il contatto visivo e voltarsi verso il muro. Un braccio era ingessato, e una flebo gli correva nel polso sinistro. Aveva diversi lividi ed escoriazioni, un'ampia fasciatura gli circondava la testa.

Ovviamente, portava ancora la garza sul naso del primo 'incontro' con Squall. Nei documenti del Garden andava sotto la dicitura 'il signor Almasy è inciampato in un ramo caduto di un albero nel centro di addestramento', ed era la storia di Seifer... ma non quella di Squall. Cid sapeva la verità. Con un cenno del capo, con una mano posata sulla spalla di Seifer in un gesto di comprensione, Cid aveva ascoltato il resoconto. Forse c'era qualcosa tra due ex cavalieri che Squall e Rinoa non avrebbero mai potuto capire. Forse questo era un bene.

Ma in quel momento, lei voleva risposte. Rinoa strinse di più il braccio del ragazzo, non per rabbia, ma per frustrazione. "Smettila, Seifer! Smettila, basta."

"Va bene... alcuni studenti di qui condividevano i sentimenti del tuo fidanzato. Non posso dargli torto, direi che c'era da aspettarselo. Se mandarmi a Trabia fosse stata una cosa semplice, non credo che sarebbe stata un'opzione."

"Ti hanno... picchiato?"

"Già... degli studenti... non so quali... prima che cominci a farmi il terzo grado. E anche se sapessi chi è stato, non credo che li coinvolgerei... anche adesso provo solo una parte del dolore che sentono loro... e io ho le medicine. Senti, non ho proprio voglia di parlare. Ho passato tutto il giorno a parlarne a gente sempre diversa, non ti ci mettere anche tu, ok?" Le sue parole avevano un tono basso, e i suoi occhi si rifiutavano ancora di tornare a guardarla.

"Ok," rispose lei, lasciandogli finalmente andare il braccio. Capiva sinceramente che era una cosa che gli faceva male, non il fatto di essere stato picchiato, ma conoscere il dolore che aveva causato. Questo era molto peggio che non marcire in una cella di prigione a Deling, perché questa punizione lo avrebbe lentamente distrutto... ma forse alla fine sarebbe diventato una persona migliore. Lei non avrebbe potuto dimenticare mai, ma in un certo qual modo era convinta che forse lui avrebbe potuto trovare un qualche tipo di pace.

Finalmente tornò a guardarla, con un'occhiata inquisitiva. "Non dovresti tornare da qualche parte? Non credo che Mr. Personalità sarebbe troppo contento se ti trovasse qui oltre le linee nemiche. Credimi, sono sotto antidolorifici, ma non sono così forti... non penso di poter reggere un altro assalto diretto oggi."

"Stiamo pitturando... voglio dire, Squall e Zell stanno pitturando... è tutto a posto, a lui non importa."

"Credi a me, gli importa."

"Di cosa stai parlando?"

"Perché a me importerebbe." Lui sospirò, decidendo di lasciar perdere qualunque spiegazione ulteriore sull'argomento. "Comunque, perché sei qui? A meno che il tuo solo scopo non fosse quello di venire in infermeria a rompere le scatole fisicamente ai pazienti."

"Io..." Si interruppe, non voleva veramente ammettere la verità, ma ad ogni modo sollevò il pollice per sottolineare la ragione per cui si trovava là. "Mi sono fatta male mentre pitturavamo, ma io non stavo pitturando, stavo usando un martello, ripeto non era pitturare! Comunque, non pensano che perderò l'unghia... insomma, sì, mi sono fatta male da sola."

"Che shock."

*~*~*~*~*

Squall entrò in infermeria, controllando ancora una volta l'orologio. Una parte di lui era preoccupata per cosa potesse averle richiesto così tanto tempo; era semplicemente un dito, no? Non era abituato a questa cosa del 'preoccuparsi' per qualcun altro, e c'era un lato di lui a cui sinceramente la cosa non piaceva. Certo, gli piacevano tutte le altre occasioni che non comprendevano il preoccuparsi, quindi avrebbe preso anche il lato negativo, insieme all'incommensurabile quantità di buono che lo accompagnava. Quando entrò nell'infermeria, c'era una donna di una certa età che esaminava una cartellina. Non aveva visto nessuno seduto al banco della reception, e così si avvicinò lentamente...

"Signora, mi spiace interromperla, ma sto cercando una persona che dovrebbe essere passata questo pomeriggio, Rinoa Heartilly."

"E chi sei?"

"Sono Squall Leonhart, Comandante del Garden di Balamb."

"Ma certo... e ora tornano tutti i pezzi del puzzle, vero? La signorina Heartilly era in cima alla nostra lista delle priorità," rispose lei canzonatoria, anche se lui non colse del tutto il commento. "L'ultima volta che l'ho vista, un'infermiera le stava bendando la mano, e poi c'era lo staff medico che decideva se trasportarla in elicottero a Esthar."

Questa volta lui colse il sarcasmo. Si stava per voltare e dire qualcosa, quando la donna indicò con la penna verso il corridoio.

"È laggiù in fondo al corridoio e poi a sinistra, stanza cinque, almeno l'ultima volta che l'ho vista... e, amico, prima che tu dica una parola... prima di tutto, non sono dello staff del Garden; sono qui per un servizio semi volontario/semi forzato. Sto lavorano da venti ore di fila, e se continua così, sarò fortunata se riesco ad ritagliarmi un paio d'ore di sonno... la mia unica fonte di nutrimento oggi è stata una barretta ai cereali, che era scaduta da cinque mesi. Mi hanno vomitato addosso due volte nelle ultime cinque ore, e sarei grata se riuscissi a uscire di qui con un pochino di sanità mentale ancora intatta... quindi scusa se sembro un po' irritata... la tua ragazza è una persona a posto, ok? È solo che i fidanzati iperprotettivi non sono proprio al top nella mia lista delle cose che mi rendono carina e coccolosa, comprendi."

"Uh huh." Adesso era il turno del Comandante di rimanere ammutolito. Sinceramente, quel fiume di parole era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato. Anche se una grossa parte di lui era risentita del fatto che quella donna mostrasse così poco rispetto del suo rango, c'era anche una certa strana parte di lui a cui piaceva essere definito un 'fidanzato iperprotettivo' - due parole che non avrebbe mai pensato potessero essere usate per descriverlo.

Decise che era meglio avviarsi nel corridoio, senza mai voltarsi indietro... non sapeva perché, ma non voleva guardarla negli occhi. Anni di addestramento gli avevano insegnato a lasciar perdere certe cose, e ora come ora 'Miss Carina e Coccolosa' pareva essere una di quelle. Arrivò nella stanza cinque solo per trovare un letto vuoto.

E poi la sentì... era strano, la sentì ridere e questo lo fece sentire meglio. Non che ci fosse stato bisogno che lui si preoccupasse, ma era semplicemente una cosa che non poteva evitare, che gli piacesse o no. Tipico da Rinoa, passare un po' di tempo in infermeria, probabilmente con uno dei tanti cadetti che aveva cominciato a conoscere nelle ultime settimane. Non l'avrebbe sorpreso; nulla lo faceva più.

Ok, dimentichiamo l'ultima affermazione, alcune cose riuscivano ancora a scioccarlo, e parecchio.

Fece un passo nella direzione della sua risata, e si ritrovò incapace di muoversi. Il suo cuore era improvvisamente lacerato tra fiducia e dubbio. Aveva fiducia in lei, ne aveva davvero. Ma c'era ancora quel lato infantile di lui che conosceva Seifer, e lo vedeva solo come il bullo che lo aveva tormentato non soltanto a parole, ma con azioni che andavano molto al di là di qualunque cosa fosse stata mai detta. Quello faceva molto più male.

Sentire la risata di Rinoa che risuonava dentro l'infermeria fece sollevare e schiantare il suo cuore tutto in un unico, fugace istante. Sentire l'innocenza di qualcosa che nella sua mente era così puro, che veniva sporcata da qualcosa che per lui era macchiato del male più autentico. Era un'alluvione di sentimenti nuovi, tutto entro pochi, pochissimi battiti del cuore.

Il Comandante vide Rinoa allungarsi verso il tavolino per prendere un bicchiere d'acqua, prima di passarlo all'uomo che stava disteso di fronte a lei. Lui lo prese. Ridevano mentre il ragazzo riceveva il piccolo contenitore dalla mano di lei. Le loro dita si sfiorarono. Squall sapeva che non significava niente, aveva giurato a se stesso di poter accettare cose come quella.

La rivalità e l'astio... appartenevano al passato, dovevano costituire un capitolo chiuso nella sua vita, qualcosa di relegato nei ricordi più oscuri. Era arrivato ad una faticosa 'tregua' col suo vecchio rivale, ma era solo un concetto, non da prendere alla lettera. Nella sua mente sentiva sempre che Seifer non aveva nessun diritto di stare lì seduto con Rinoa, o di ridere insieme a lei. E per tutto quello in cui avesse mai creduto... non poteva assolutamente toccarla. Rinoa era sacra.

Non lo sapeva, lui?

Non lo sapeva, lei?

*****
Nota delle traduttrici: scusate il ritardo :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 19
*** XIX. Un tempo per gettare via pietre - Parte II ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XIX: Un tempo per gettare via pietre - Parte II ~

2 giugno

Non era sicuro di cosa fare, preso in mezzo tra l'orgoglio e la situazione. Si allontanò dalla soglia, tornando nel corridoio principale, e si appoggiò al muro, raccogliendo pensieri frammentari. Non lo avevano visto; sapeva che non l'avevano visto... Rinoa e Seifer erano troppo impegnati a ridere e a recuperare i vecchi tempi. No, sapeva che non era così, ma era sempre più facile semplificare la situazione, percependo sempre il peggio.

Ecco lì in piedi, un Comandante e un Cavaliere, eppure era ancora pieno di dubbi infantili. Questo sentimento dentro era dubbio, no? Non lo sapeva più. Le procedure militari erano delineate con l'inchiostro, ma qualcosa di così volatile come questo era oltre ogni ragione. Avrebbe preferito sostenere mille esami SeeD che essere entrato in quel campo minato emotivo.

Quello che Squall sapeva, comunque, era che, per quanto volesse entrare, per quanto volesse disperatamente interpretare il ruolo di 'ragazzo iperprotettivo', non era per il loro bene, in quel momento. Forse quella parte di questo esame emotivo sul campo, in mancanza di un termine migliore, l'aveva già superata qualche giorno prima. Visto che aveva rotto il naso di Seifer nel loro precedente incontro, Squall non avrebbe detto che l'aveva superato con un qualche onore.

Loro tre avevano seguito il sentiero dell'amarezza e del risentimento già prima, e il Comandante credeva di aver imparato qualcosa. Anche se non calmava mai completamente quell'istinto primitivo che voleva farlo correre nella stanza a proteggere Rinoa. Ma da cosa? Da chi? Seifer? Se stesso? Non ne era più sicuro. Non era nella natura di Squall credere al meglio delle persone, men che meno riporre fiducia negli ex nemici. Soprattutto con qualcosa... qualcuno come Rinoa. Ma doveva farlo, doveva e basta.

La storia, la ragione, anni di allenamento, tutto quello che aveva mai creduto gli stava dicendo una sola cosa, ma doveva ascoltare qualcosa di più grande in quel momento: il suo cuore. Stringendo forte i pugni, sapeva che gli era rimasta una sola scelta - andarsene. Doveva uscire da lì prima che Rinoa o Seifer lo vedessero. Doveva lasciare a Rinoa il suo spazio, proprio come lei lo aveva sempre lasciato a lui.

Con un respiro profondo, iniziò ad allontanarsi, quando sentì dei passi da dietro l'angolo. Rendersi conto che poteva essere 'la signora tutto calore e morbidezza' dell'area d'attesa lo colpì come un'orda di Kyactus in corsa. Sarebbe stata più che felice di annunciare la sua presenza a Rinoa, a Seifer, o a chiunque altro nel 'raggio di predica'.

Si voltò velocemente verso il muro, ricordando una bacheca che aveva visto con la coda dell'occhio. Afferrando uno dei volantini attaccati, cercò di comportarsi in maniera disinvolta come se stesse leggendo cosa c'era scritto. Forse, se guardava il muro e sembrava occupato, la donna lo avrebbe semplicemente lasciato nel suo stato solitario di confusione.

Fortunatamente, la persona continuò a camminare senza dire una parola. Un sospiro di gratitudine gli sfuggì dalle labbra mentre la figura spariva in una stanza accanto. Allungò le mani per riattaccare il volantino alla tavola. Fu allora che notò una cosa per la prima volta da quando era arrivato - stavano parlando. Poteva davvero sentirli, sentire le parole. Dovevano essere rimasti in silenzio dopo che Rinoa gli aveva passato il bicchiere d'acqua; forse era seguito qualche momento d'imbarazzo - lui li conosceva anche troppo bene quelli. Dopo la risata di Rinoa non c'era stato niente, ma non l'aveva notato fino a quel momento.

L'acustica era quasi perfetta, come se lui fosse nella stessa stanza. Non che parlassero a voce molto alta, era solo che le loro voci arrivavano perfettamente in fondo al corridoio. All'improvviso si sentì come se stesse rompendo qualsiasi regola mai scritta. Ogni linea che non avrebbe dovuto superare era davanti a lui, ma non poteva nemmeno impedirsi di origliare... si sentiva troppo bene. In quel momento, era come se fosse nella stanza accanto a loro, che volesse sentire o no.

"Te lo ricordi?" chiese Seifer, quasi in tono sarcastico secondo Squall.

"Ricordo cosa?"

"L'ultima volta che siamo stati insieme in ospedale?"

"Oh quello?" fece lei, trattenendo il respiro, dopo una breve pausa. "Non lo classificherei come 'l'ultima' volta. Credo che sia stata 'l'unica' volta. E penso di averti fatto giurare di non nominare mai più quell'incidente."

"No, mi hai fatto giurare di non dirlo a nessun altro," la corresse lui. "Cosa che non ho fatto. Dato che tu c'eri, non sto rompendo una promessa... ti sto solo chiedendo se tu ricordi quella notte al Pronto Soccorso."

"Sì, ovvio che ricordo. Ho..." Rinoa si interruppe a metà frase. Squall sapeva che avrebbe dovuto andarsene; non stava nemmeno più fingendo di leggere il volantino. Era solo... era così facile... lui era proprio , loro erano proprio . A volte voleva sapere di più del suo passato con Seifer, forse... o forse no. Era nell'umana natura non volersene andare? Un altro uomo avrebbe minimizzato con facilità? O questa era solo una sua debolezza in quella situazione? In questa parte dell'esame stava velocemente fallendo.

"Rinoa...stai bene?"

"Sì, sto bene. Loro, uhm... mi hanno solo dato qualcosa per il dolore. Penso che stia iniziando a fare effetto. Ad ogni modo, sì, certo che ricordo."

Lei si fermò momentaneamente, e sembrava che non volesse continuare l'interrogatorio, ma Seifer sembrava non voler lasciar perdere l'argomento.

"L'hai mai fatto?"

"Fatto cosa?"

"Detto a qualcuno?"

"Oh, no... quello? Mi sentirei..."

Si fermò una seconda volta. Squall sapeva che quella era l'ultima possibilità di andarsene, l'ultima grazia che gli sarebbe stata concessa. Trovò la volontà che gli era mancata, o forse era la paura di essere sorpreso a origliare senza intenzione la sua ragazza; in un modo o nell'altro, iniziò ad allontanarsi. Prese di proposito la via più lunga, così da non dover passare direttamente davanti alla stanza di Seifer. Avrebbe preferito rischiare di imbattersi nella sua 'nuova amica' al momento. Era un Comandante, eppure stava facendo un corridoio in più solo per poter evitare che la sua ragazza lo vedesse. Cosa gli era successo? Quando aveva permesso che succedesse? Perché sembrava sempre che non ci fosse una risposta giusta?

*~*~*~*~*

Per la seconda volta, una sensazione improvvisa aveva invaso il corpo di Rinoa. Identica a quella che aveva avuto minuti prima, quella che aveva imputato agli antidolorifici. Era qualcosa di non familiare, eppure la conosceva, allo stesso tempo... una contraddizione di per sé, ma davvero non poteva descriverla con altri termini. Cercò di schiarirsi la mente da quella discussione concentrandosi sulla discussione davanti a lei. Fu allora che qualcos'altro le entrò nei pensieri, turbandola allo stesso modo.

"Seifer? Cosa stai cercando di fare?"

"Fare? Mi chiedevo solo se l'hai mai detto a qualcuno, ecco tutto."

"No... no, non è così," affermò lei con più veemenza. "Non l'ho detto a nessuno allora perché ero estremamente imbarazzata. Ma non ti stai riferendo a 'qualcuno', vero? Intendi dire Squall."

Seifer si appoggiò al letto, con un'espressione a metà tra il colpevole e il compiaciuto. Lei non era tipo da capirlo, ma quello era stata parte dell'attrazione per lui quell'estate.

"Quindi, mai detto a lui?"

"Seifer... no, non l'ho fatto. Non perché glielo voglio nascondere. Sì, mi sento ancora in imbarazzo... ma questo non significa che io abbia un qualche segreto oscuro per Squall. Onestamente non ci avevo proprio pensato." Si alzò dal letto, parlando con completa chiarezza, difendendo la sua relazione con il suo Cavaliere. "Non ho bisogno che tu stravolga una cosa come quella in qualche specie di sordido segreto tra noi. La mia relazione con Squall non è una cosa che posso descriverti - e che non ti descriverò. Non lo farei anche se potessi trovare le parole... quindi, per favore."

"Te l'ho chiesto, io? Quindi perché ci stai provando?"

"Eh?" Lei incrociò le braccia, assicurandosi di proteggere la benda. Eppure, la sola postura indicava che era arrabbiata, e che cercava di mantenersi calma in una situazione emotiva.

"Allora non stare lì a descrivermi la tua relazione. Non a me, né a nessun altro."

C'erano così tante cose nella sua mente; come osava persino parlare della relazione sua e di Squall! Avrebbe potuto gridare i suoi sentimenti per Squall, ma quello non sarebbe servito. Come si descrive l'indescrivibile, e per di più a Seifer Almasy?

Forse era la cosa migliore che lui non le avrebbe mai dato la possibilità di rispondere.

"Rinoa, se solo mi ascoltassi... l'ultima cosa che ho il diritto di fare è darti qualche consiglio sulle relazioni. Ma più di quanto non sopporto Leonhart non sopporto l'idea di farti passare più di quanto ho già fatto."

Lei avanzò e lasciò cadere le braccia, rendendosi conto che la domanda di prima non era solo per irritarla... beh, forse un po', si trattava di Seifer dopo tutto.

"Rinoa, passi troppo tempo a preoccuparti di come ti vedono gli altri. Le persone parleranno di voi due. Non importa cosa fate o quanto siete gentili con loro. Ho vissuto con quelle persone al Garden per la maggior parte della mia vita. Diamine, sarei il primo a spettegolare se fossi ancora a Balamb. Squall è sempre stato diverso e tu sei un'estranea all'ambiente. Semplicemente, non difendete mai la vostra relazione, né a me, né al Garden, né con voi stessi. Le tue emozioni sono sempre state la tua debolezza più grande, ma se usate bene possono anche essere la tua forza più grande."

La cosa strana era... lui aveva ragione. Per lei, erano sempre state le emozioni al di sopra della ragione, e per Squall era la logica al di sopra delle emozioni. Forse in qualche modo si controbilanciavano, si completavano l'un l'altra e potevano crescere dalle loro differenze. Lei si preoccupava, in effetti, di cosa pensavano gli altri; lo aveva sempre fatto.

Guardando di nuovo Seifer, Rinoa si rese conto che forse, in qualche modo, questo era il loro 'addio'. Almeno per il momento... ma la cosa le stava bene. Forse era la chiusura che non aveva mai avuto prima. Da qualche parte dentro lui sentiva davvero rimorso per le sue azioni. Forse lui non avrebbe mai potuto rimediare a quello che le aveva fatto, ma poteva darle l'unica cosa che gli era rimasta... la sua conoscenza dei propri errori. Non aveva mai ammesso di essere nel torto, non aveva mai detto di essere dispiaciuto. Lei allungò la mano sana, prendendo quella di lui e guardandolo. Era strano vederlo così. Questo davvero non era l'uomo che ricordava. E questa era una buona cosa.

"Seifer, voglio che tu sappia che non ho mai inteso... non ho mai voluto che le cose andassero così... davvero non sapevo... solo..."

"E rieccoci di nuovo." Lui cercò di ridere; non era a suo agio in situazioni emotive. "Non mi ascolti e fai tutta la sentimentale. Inoltre, tu non devi niente a me. Onestamente ho provato a pensare di sì, volevo credere di sì. Volevo incolpare te, incolpare lui, incolpare la SeeD... ho fatto scorrere una lista intera di persone da incolpare... ma alla fine la lista è finita e c'era una sola persona ancora. Ed eccomi qui."

"Seifer, vorrei poteri dire che ci sarò sempre per te, ma non è la verità. Sappi che una parte di me penserà sempre a te come a qualcuno di speciale, allora. Ricorderò le cose belle, non quelle brutte. Credo di aver visto il vero te quella prima volta a Timber, e penso che tu possa essere ancora quella persona. Ma adesso sto lottando per scoprire chi sono, chi sono diventata... e cose più importante, chi siamo insieme Squall e io. Per favore, sappi... non ho mai voluto che succedesse niente di tutto questo, ma nel bene e nel male non cambierei per nulla al mondo quello che sono diventata." Si fermò, rendendosi conto che era la prima volta in cui avesse ammesso con qualcuno qualcosa di positivo nel diventare una Strega. Per la prima volta non lo vedeva come una specie di maledizione, ma come qualcosa che era grata di condividere con Squall.

"So che non lo faresti," disse lui lasciandole la mano. E si chiese se lei sapesse che Squall sentiva la stessa cosa, che non avrebbe cambiato per nulla al mondo la persona che era diventato. Anche se il Cavaliere doveva ancora capirlo.

*~*~*~*~*

Ogni pennellata incontrava la superficie con estrema accuratezza. Se fosse stata una manovra militare, sarebbe stata portata a termine con un'esecuzione ininterrotta e quasi perfetta. Ogni setola scorreva in perfetta sincronia; un risultato che era stato notato dal leader provvisorio. Zell aveva notato il cambiamento nel Comandante; sarebbe stato quasi impossibile non accorgersene. Prima la partecipazione di Squall era stata accompagnata dal suo 'normale entusiasmo' per un compito banale, ora c'era una passione concentrata fin troppo seria per il dipingere.

Guardando l'orologio, Zell notò da quanto tempo Rinoa era via... per non parlare del fatto che non era ritornata insieme a Squall. Qualsiasi cosa fosse successa durante la sua assenza, era ovvio che il Comandante non voleva parlarne. Non che avrebbe parlato di qualcosa con Zell, ma qualche volta Squall poteva fare l'inaspettato. Certo, non una fontana di informazioni, ma frammenti che a volte potevano essere messi insieme e che di solito lasciavano non detto il punto principale... ma in qualche modo Zell capiva.

"Spero che non vi siate preoccupati troppo."

La voce familiare colse un po' alla sprovvista l'esperto di arti marziali, ma sentì un sicuro sollievo al ritorno di Rinoa. Guardandosi alla spalle, notò in silenzio come Squall l'avesse guardata appena, prima di tornare a concentrarsi sul suo lavoro.

"Naaa, penso che tu sappia prenderti cura di te stessa," la stuzzicò Zell, cercando di alleggerire la tensione facendo umorismo; sembrava sempre naturale farlo in situazioni imbarazzanti. "Ricordati, ho cercato di svegliarti. Hai un gancio sinistro dannatamente buono."

"Divertente, Dincht."

Lei rispose un po' freddamente; in tutta onestà, non riusciva a distogliere gli occhi dall'unica cosa che aveva bisogno di sapere che fosse a posto. Rimaneva un fatto molto semplice: Squall era perso nei suoi pensieri, e quello la spaventava più di quanto avesse mai potuto immaginare. Rinoa si rese conto che aveva smesso di parlare ad alta voce, insieme all'esperto di arti marziali che ora la stava guardando incuriosito. Era più con gli occhi che le chiedeva in silenzio se tutto 'era a posto'. Dio, voleva rispondere con un fragoroso , urlarlo forte, ma onestamente non era sicura nemmeno lei. Comunque, Rinoa annuì con un minuscolo sorriso, forse perché persino allora sapeva che sarebbe andato bene... forse per alcune cose è solo questione di tempo, e questa era una di loro.

"Zell," sussurrò Rinoa sottovoce. "Penso che adesso accetterò la tua offerta di prendere una stanza." I suoi occhi si spostarono sul Comandante, prima di tornare alla persona che aveva davanti. Anche se prima il commento dell'esperto di arti marziali era stato detto per scherzo, ora era detto in tutta serietà. Zell sorrise imbarazzato, non poteva evitarlo; qualcosa lo aveva appena colpito come ironico, nella frase, ma si allontanò lungo il corridoio senza dire altro. E per quello Rinoa fu grata.

*~*~*~*~*

Ora c'era la parte difficile, convincere Squall a seguirla; lui poteva essere la personificazione della testardaggine. Quella era una lezione che aveva imparato bene. D'altra parte, doveva ammettere di avere anche lei una leggera traccia di testardaggine in sé. Forse quella era l'ennesima cosa che li rendeva complementari l'uno per l'altra. Beh, per disperazione, se lui non avesse voluto andare, avrebbe sempre potuto chiedere a Zell di 'ordinargli' di seguirla... ma d'altro canto dubitava che il Comandante avrebbe eseguito davvero.

Mentre muoveva alcuni passi esitanti verso Squall, il suo lato logico gridò aspetta fino a che sarà pronto. Lascia che sia lui a venire da te. Ma quanto ci sarebbe voluto? Un'ora, un giorno, una settimana... chi lo sapeva? Forse era egoista a sentire il desiderio imperioso di parlarne subito, lo avrebbe ammesso tranquillamente... o in parte egoista, o qualcosa... ma non poteva nemmeno sopportare il pensiero che lui pensasse Dio sapeva cosa in quella sua mente analitica. O forse era lei ad analizzare troppo quella situazione. Tutto quello era semplicemente così... confuso. A volte voleva solo gridare per la frustrazione, ma dubitava che sarebbe servito a qualcosa in quel momento, a parte attirare un sacco di attenzione non richiesta degli abitanti di Trabia. Come facevano alcune coppie a far sembrare le relazioni così semplici, qualcosa di insito come il respirare?

Continuò a camminare cercando di calmarsi: era semplice, molto semplice. Doveva continuare a ricordarselo. Non si sarebbe allontanata, non sarebbe andata via... e onestamente credeva che lui iniziasse a crederci, anche se non lo avrebbe ammesso del tutto. Se c'era una cosa che aveva imparato dalla sua conversazione con Seifer era che doveva scoprire chi era, chi erano insieme lei e Squall. Superare le cose insignificanti, affrontarle, prima che si diffondessero come un cancro che distruggeva le fondamenta... non permettere a qualcuno come Artemisia di dividerli su qualcosa che poteva essere evitato con poche semplici parole. Ok, forse pensava un po' troppo in quella direzione, ma le loro fondamenta per il futuro venivano gettate adesso; non si poteva negarlo.

"Hai un minuto?"

"La pittura si asciugherà male se mi fermo," rispose lui, senza nemmeno credere alla sua stessa cosa mentre si sentiva pronunciarla.

In piedi in fondo alla scala, lei allungò una mano ad afferrarla per supportarsi. Era più o meno qualcosa per tenere occupata la mano sana, mentre stringeva le dita intorno a uno scalino.

"Ok." Non voleva screditare il suo ragionamento, ma non voleva affatto farlo lì. "Eri là." Era uscita come un fatto, un'affermazione, e non voleva davvero dirla a quel modo... ma era diretta, se quello contava qualcosa in quel momento.

"Non ero..." Si fermò. Dio, come odiava spiegare le cose. "Non ero lì per... era solo passato un po' di tempo, stavo solo controllando."

"Lo so," rispose lei con dolcezza.

"Ah sì?" Lui non voleva sembrare irritato, ma in qualche modo diede questa impressione.

"Beh..." Lei fece una pausa; lui non la guardava ancora direttamente. "Vorrei prendere del tempo per sapere qualcosa di più. Credo, se non altro, di voler parlare con te, se la tua pittura può aspettare solo qualche minuto. Mi hai chiesto di andare all'infermeria come favore personale; ora ti chiedo di venire con me come favore personale. Zell ha detto che la Stanza Disciplinare ha delle panchine su cui sedersi."

A quel punto lui non poté evitare di guardarla. Che paragone era quello? Lei stava seduta a ridere con Seifer, per l'amor di Dio! E in cambio lei voleva trascinarlo dall'altra parte del corridoio per dirgli come erano stati alla grande lei e Seifer? Sembrava uno scambio giusto ed equo.

"Bene. Chissenefrega." Posando il pennello, si chiese perché si stesse arrabbiando così; era ovvio che lei voleva solo parlare. Forse in un modo di cui anche lui aveva bisogno. No, sapeva di averne bisogno, e anche quello lo scocciava. C'era stato un tempo nella sua vita in cui poteva nascondersi dietro la battaglia, dietro la sua spada... ora non poteva, e a volte questo lo turbava.

*~*~*~*~*

Non era mai stata all'interno di una Stanza Disciplinare, per lo meno non una del Garden. In tutto il tempo passato a Balamb, Rinoa ci era passata accanto abbastanza spesso, ma non aveva mai visto la stanza 'vera' in cui gli studenti scontavano la detenzione. Non era sicura di cosa si fosse aspettata, se l'aveva fatto, ma quello che trovò non somigliava affatto a quello che avrebbe immaginato.

Era più grande di quanto sembrasse all'esterno, abbastanza da contenere svariati studenti, se necessario. A volte dimenticava che il Garden era ancora una struttura militare costruita su una condotta militare. Era una scuola designata soprattutto per l'addestramento. Tutti i suoi amici erano SeeD, quindi la disciplina raramente veniva loro richiesta. La stanza di detenzione di solito veniva usata per matricole più giovani, gli studenti ribelli, che sarebbero stati trattati come tali. Era quasi una cella di prigione senza le sbarre. Mura grigie di cemento, soffitto, e panchine in cemento; l'unico colore contrastante era una porta grigio scuro.

Con un brivido che la attraversava, rimase fissa nella stanza vuota. Come doveva essere orribile essere chiusi lì dentro per ore, giorni, settimane... fino ai vuoti innumerevoli del nulla. Le ricordò all'improvviso l'essere alla Prigione del Deserto, e involontariamente emise un rantolo per il ricordo.

Doveva dire qualcosa... qualcosa, perché i pensieri del passato le infettavano la mente. Il silenzio rendeva la stanza una prigione più grande, da cui desiderava scappare. Eppure lui si sedette su una panchina, non turbato da ciò che lo circondava; era la vita in cui era cresciuto, quella a cui era abituato.

"Squall, hai mai dovuto passare del tempo, qui? Intendo nella stanza di Balamb."

"Sì."

"Molto?" In qualche modo la sua risposta non la sorprese, anche se la feriva comunque sentirla. Non era sicura del perché la turbasse così tanto; non che potesse cambiare la storia. Forse parte di lei sperava solo di rendere più sopportabili alcuni ricordi. Ma poi si rimproverò per essere stata lei a tirar fuori l'argomento per prima.

"Non fa niente," cercò di aggiungere in fretta, rendendosi conto di cosa aveva appena chiesto, la storia che lei sola stava riportando in superficie. Eppure, stava lasciando che le sue emozioni la guidassero... senza pensare a Squall. Non poteva nemmeno guardarlo, e si voltò a fissare intensamente la porta, come se potesse trovare una qualche consolazione nella sua esistenza.

"Ci sono stato abbastanza." Lui appoggiò la testa al muro. "Se siamo qui per parlare dei miei incontri con il Comitato Disciplinare, posso farti fare un fax con il mio file, o potresti semplicemente andare a parlare ancora con Seifer."

"No, no... non è con Seifer che ho bisogno di parlare. Mi dispiace, non avrei dovuto chiedere. Quello è il passato. Credo che la stanza mi abbia sorpreso. Io... non so cosa mi aspettassi."

"Rinoa, non è un campeggio." Si fermò; sapeva che a volte il Garden le era ancora estraneo. Per lui, era l'unica vita che conosceva. Ma lei era lì per scelta, lui era lì per caso. Anche se il Garden aveva cambiato direzione negli ultimi mesi, e le missioni che venivano accettate, era ancora la vita contro cui aveva fatto pressione proprio nel campo da basket di Trabia quasi un anno prima. A volte dimenticava le loro differenze. Ora che lei viveva lì, la realtà a volte arrivava sotto forma di quattro muri di cemento.

Non era il motivo per cui si trovavano lì; serviva solo come promemoria di quanto potesse essere fragile la loro relazione. E soprattutto, di quanto lei stesse diventando parte integrante della sua vita quotidiana, e di come non volesse mai più tornare a quando le cose erano solo 'quattro muri di cemento'.

"Va tutto bene," rispose lui, cambiando tono. "Sono sicuro che le sistemazioni non sono buone come quando Caraway ti chiudeva nella tua stanza. Ma credo che abbiamo avuto tutti e due la nostra buona fetta di prigione, che la meritassimo o no."

Ad alcuni poteva sembrare che fosse insensibile, ma conoscendolo lei poteva vedere un'apertura... stava comunicando. Alla fine si voltò, dando le spalle alla porta, e lo guardò, e con sua sorpresa lui la stava guardando intensamente. Era la prima volta che avevano avuto un certo contatto visivo da quando lei era arrivata, e lei sorrise dolcemente in una reazione involontaria. In qualche modo, lui aveva un modo tutto suo di farglielo fare, anche nei momenti più duri.

"Sì, forse eravamo un po' più simili di quanto pensassi." Venne fuori quasi come un sussurro, ma la sua voce si udiva perfettamente.

"La stanza non sempre fa la prigione," rispose lui, con uguale comprensione.

"No... no, è vero."

C'era ancora una cosa che doveva chiarire prima che loro, beh... lei continuasse a parlare... il fatto che non lo aveva davvero visto nell'infermeria. Ma come? Era così chiuso quando si parlava di emozioni, come poteva lei dire cosa aveva sentito prima? Poteva a malapena descriverlo a se stesso, men che meno a un'altra persona, a lui. Ma era stupefacente, e lui doveva saperlo... nell'infermeria, seduta sul letto, qualcosa le era passato attraverso, una vaga sensazione di emozione pura... quella di Squall.

"Squall... ricordi il Centro Addestramento?" Beh, era un po' vago, forse avrebbe dovuto essere un po' più specifica, tipo dire il quando e dove. "Intendo la notte che mi hai portata al Centro Addestramento, qui a Trabia."

"Ricordo, e quindi?" Onestamente, come poteva dimenticarlo? Era stato il giorno in cui Seifer era tornato nelle loro vite. Ci sono cose scolpite nella pietra.

"Come..."

La voce le si strozzò in gola e si interruppe. Perché era così difficile? Distolse lo sguardo da lui, incrociandosi attentamente le braccia sul seno. Il brivido che aveva sentito entrando nella stanza non era nulla di simile alla sensazione che aveva ora - i nervi che diventavano una massa confusa dentro di lei. Doveva dirlo in fretta, buttar fuori le parole prima di indietreggiare. "Squall, è solo che allora non sapevo esattamente perché le mie emozioni andavano un po'... ehm... di sbieco. Alla fine è saltato fuori che era per la presenza di Seifer, per la nostra vicinanza a lui. Sei stato tu a venire nella mia stanza e a spiegare... ad aiutarmi a capire... che potevo percepirlo."

"Sì, e quindi? ...Ok." Chiuse gli occhi. Forse era una buona cosa che non lo stesse guardando in quel momento. Tutto il suo cercare di nascondere, nel corridoio, non voleva dire niente, perché lei non aveva bisogno degli occhi per vederlo. Voleva quasi ridere della sua completa idiozia.

"Sì, ecco come ho fatto a sapere più o meno che tu c'eri... ma Squall, è stato così tanto di più, stavolta..." La sua voce era debole, così insicura sul come spiegare. "È stato incredibile." Beh, onestamente era stato incredibile, ma non voleva dire quello; non era sicuro che lui avrebbe sentito la stessa cosa. Si chiese in qualche modo se Squall avrebbe sentito che quell'empatia era un'invasione dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti... della sua privacy. Anche se estremamente deboli, poteva sentirli che la attraversavano.

Lo sforzo emotivo stava infine avendo la meglio su di lei. Doveva sedersi prima di collassare sulle gambe. Sedendosi accanto a lui, si guardò i piedi, muovendoli inconsciamente avanti e indietro, come un bambino nervoso che attende di affrontare la sgridata di un genitore.

Dopo un attimo di silenzio, lui iniziò a sentirsi impaziente per la sua esitazione. "Va' avanti."

"Squall, con te... potevo sentire le tue emozioni. È stato istantaneo, ed è passato attraverso il mio corpo quasi come un brivido. All'inizio, non capivo cosa stavo sentendo... onestamente. A dire la verità... all'inizio ho dato la colpa agli antidolorifici, pensavo fosse un effetto collaterale... ma la seconda volta, ho semplicemente capito, in qualche modo... sentivo il tumulto... e sapevo solo che non era mio. Le emozioni erano passeggere. Ma la parte davvero fantastica è che non mi confondeva come prima, era tutto molto chiaro."

"E?"

Beh, non c'era modo che potesse interpretare quella risposta; era completamente monotona, e definitivamente non la reazione che si aspettava. Anche se non era davvero sicura di cosa si stesse aspettando. Forse, se lo avesse guardato negli occhi, o avesse letto l'espressione sul suo viso... ma era ciò che non conosceva a guidare la sanità mentale rimasta fino al punto di rottura emotivo.

"E..." ripeté piano; non era sicura di quanto altro avrebbe dovuto dire, o se avesse già detto troppo. Sapeva come era stato turbato prima dal vederla seduta insieme a Seifer. Questa spiegazione debole era il meglio che poteva fare? Gli doveva così tanto di più.

"...E grazie, Squall, per esserti fidato di me."

"Prego." In verità, le parole di gratitudine non erano quelle che si aspettava di sentire da lei; non che qualcosa lo sorprendesse dopo quello che lei aveva appena riconosciuto. Oltretutto, quella di sicuro non era la risposta che intendeva dare, ma in qualche modo le parole gli venivano naturali, in quel momento.

"Non sei... non sei scocciato? Non ero sicura di come l'avresti presa."

"Beh, se devo essere onesto..." Si fermò, guardandola per la prima volta dopo la sua ammissione. "Non sono eccitato. Ma c'è una ragione per tutto, quindi credo che alla fine ci renderà più forti."

"Per aiutarci a scoprire chi siamo insieme." La sua voce era debole, si sentiva a malapena al di sopra del suono del suo respiro nervoso.

"Che?"

"È solo qualcosa che ho detto a Seifer... che non potevo esserci per lui, in futuro, perché stavo lottando per scoprire chi sono diventata, per scoprire chi siamo insieme."

Lui le prese la mano, rendendosi conto che non era l'unico a lottare. "Tu sei adesso e sarai sempre Rinoa Heartilly. Questo non è cambiato per quello che sei diventata." In qualche modo, trovò conforto nell'apprensione di Rinoa. Sapere che non era l'unico insicuro e teso per i demoni interni che provavano ancora ad arrivare in superficie. "E insieme capiremo, come Cavaliere e Strega, come Rinoa e Squall."

Lei si chinò in avanti, scostandogli i capelli dal viso con la mano non bendata. Mentre si guardavano negli occhi, lei non poté evitare di dire cosa sentiva. Aveva cercato così disperatamente di non usare troppo quelle parole, temendo in qualche modo che lo avrebbe allontanato. Ma in quel momento non poté fermarsi; era quello che c'era davvero nel suo cuore.

"Ti amo."

In quel momento, non lo spaventò. Anche se faceva ancora fatica a credere a quelle parole. Non metteva mai in discussione i suoi sentimenti, ma faticava a credere che qualcuno gliele dicesse, che qualcuno potesse sinceramente amare lui. Desiderò poter dire qualcosa, ma di nuovo si trovò incapace di parlare. Era sempre più semplice mostrarlo con le azioni, attirarla in un abbraccio, sentire il suo respiro sul collo, sentire il suo battito contro il proprio, e sentire che diventavano entrambi più forti ogni giorno. Insieme.

*****
Nota delle traduttrici: scusate il ritardo :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. A proposito di commenti vi chiedo un favore; considerato che le recensioni verranno tradotte e inviate all'autrice, se la vostra recensione è più rivolta alla traduzione che alla storia in sé, inoltratela per favore via email o messaggio privato a me. Personalmente cercherò di rispondere a ogni vostro commento e verrete indicati nelle note dei capitoli che avrete aiutato a correggere. Grazie^^ Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 20
*** XX. Tempo di Rimettere Insieme i Sassi ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ XX: Tempo di Rimettere Insieme i Sassi ~

2 giugno

La stanza del comitato disciplinare non era di certo il posto più romantico del mondo. Ma, in quel momento, né Squall né Rinoa avrebbero potuto immaginare uno scenario più adatto. Era chiaro che avevano davanti ancora tanta strada da fare, ma il fatto che lui avesse accettato le parole di lei dimostrava quanti progressi avessero fatto negli ultimi mesi. Forse non era stata la via più semplice, ma la stavano percorrendo insieme - un passo alla volta, giorno dopo giorno; e a volte, se ce n'era bisogno, ora dopo ora.

Era esattamente per questo che Rinoa doveva spiegargli.

Fu lei a separarsi per prima dall'abbraccio, attardandosi a lasciargli un lieve bacio sulle labbra. Quell'azione colse il ragazzo alla sprovvista, anche se non era certo quello che lo preoccupava; ma a volte, ci voleva qualche momento perché quel genere di azioni gli si registrassero nella mente - era una realtà che spesso assomigliava più ad una fantasia.

Rinoa avrebbe voluto restare così per sempre, rimanere serrata fra le sue braccia, ma aveva bisogno di dirgli prima qualcos'altro. Doveva dirgli prima qualcos'altro. Quella cosa che aveva giurato di non confessare mai ad anima viva, eccetto Seifer. Ma lui l'aveva saputo per fato e per le circostanze... ed era stato quasi due anni, e una vita fa.

Rinoa aveva pian piano capito che solo quando si fosse sentito pronto Squall avrebbe parlato di certe cose, degli eventi della sua vita, del suo passato, e di qualsiasi emozione avesse provato. Non gli avrebbe messo fretta per quegli aspetti così personali. Gliene avrebbe parlato lui di sua spontanea volontà, e apertamente, quando sarebbe stato pronto, e anche questo era una parte di ciò che loro due erano. Imparare, scoprire, e sempre con comprensione l'uno per l'altra - era questo che rendeva i suoi doni infinitamente più importanti, perché erano sempre fatti in assoluta libertà.

Ma lei non aveva intenzione di tenergli nascosto niente, nemmeno i momenti molto, molto imbarazzanti del suo passato... quelli che avrebbe preferito restassero sepolti sotto burocrazia, sigilli della polizia e un piccolo esercito di documenti assicurativi.

Lasciò la mano sulla spalla di lui per sostenersi, ma la fasciatura che le serrava il pollice rendeva la cosa sempre più difficile. Non sapeva perché, ma aveva bisogno di stare più vicina a lui - di avere qualcosa di più della stoffa sottile della sua camicia sotto le dita. In quel momento non averebbe saputo spiegare il suo ragionamento, e chissà se mai avrebbe potuto farlo. Forse era lo stesso ignoto che l'aveva spinta, a bordo della Lagunarock, quando senza peso era saltata nelle sue braccia - era quel tacito desiderio di sentirsi più vicini.

Di solito, era proprio l'ignoto a spaventarla. Ma con lui, l'ignoto a volte la elettrizzava.

E poi il pensiero le piombò addosso, la Lagunarock, la sicurezza che aveva provato a stare seduta in braccio a lui, anche se lui aveva esitato a ricambiare. Allora sembrava così confuso da tutto il concetto; eppure, quei ricordi erano tra quelli che avrebbe sempre serbato come tesori.

Trovando una nuova determinazione, si alzò in piedi e gli si avvicinò, facendo perno sulla spalla di Squall cosicché lui non si mosse dalla sedia. Anche allora, aveva sul viso quella stessa espressione confusa che aveva avuto nello spazio. Forse era vero che certe cose non cambiano mai. E forse Rinoa ne era felice. Lui la scrutava con sguardo sospettoso, senza capire le sue intenzioni; e ancora, anche questo era praticamente identico a quella volta sulla Lagunarock. Per fortuna, almeno stavolta aveva avuto l'accortezza di sederglisi pian piano in grembo invece di saltare... certo, l'assenza delle condizioni di gravità zero aveva pesato abbondantemente sulla decisione.

A primo impatto, la reazione del Comandante fu quasi rigida come quella volta sull'aeronave. Si ammorbidì un po', alla fine, quando la mano non bendata di lei gli si avvolse attorno al collo e la ragazza si lasciò andare contro il suo petto. A volte era semplicemente il suo tocco che riusciva a rilassarlo, a fargli sentire un senso di conforto che ancora lo terrorizzava oltre ogni ragionevole logica. Almeno stavolta non gli ci era voluto tutto quel tempo per capire cosa Rinoa avesse voluto fare, la storia è maestra di vita.

No, non si poteva dire che si fosse proprio abituato ad averla in braccio, specialmente dopo quella spontanea confessione d'amore di solo qualche minuto prima. Eppure, stava diventando una risposta quasi involontaria quella di circondarla con le braccia, posando la guancia sui suoi capelli. Una cosa che all'epoca non avrebbe potuto mai fare con così poca esitazione.

Rinoa si mosse appena, appoggiandosi di più contro il suo torace. Per una frazione di secondo Squall pensò che lei stesse per dirgli qualcosa nell'orecchio, e invece un brivido gli corse lungo la schiena quando cominciò a posargli qualche bacio leggerissimo lungo il collo, una cosa che decisamente non aveva fatto a bordo della Lagunarock. Fu contento quando smise. Beh, più o meno... perlomeno... ok... a livello professionale era contento. Si chiese se lei avesse la minima idea di cosa poteva fargli solo con pochi semplici tocchi.

"Rinoa... di preciso, che cosa... che cosa staresti facendo?"

"Devo solo spiegarti una cosa."

"Ah... ok." Era una bella frase convincente, no? Sperò che detta a voce alta non fosse suonata fiacca come lo era stata nella sua testa. Maledì in silenzio tutti i geni che poteva aver ereditato dalla parte Loire della famiglia. E poi, sempre in silenzio, si chiese come mai stesse pensando all'eredità di suo padre proprio allora. Beh, forse in quel momento era più facile che non pensare ai suoi problemi più immediati.

"Squall?"

"...Sì?"

Prendendo un bel respiro, Rinoa inspirò anche il sentore della sua acqua di colonia. In un certo senso, avrebbe desiderato lasciar perdere del tutto quella spiegazione. Alla fine non era che l'esito fosse nulla di trascendentale, ma non era sicura di come il suo ragazzo avrebbe preso la parte iniziale di quella disgraziata esperienza. Ma lui aveva diritto di saperlo, e così Rinoa si morse il labbro e cominciò a raccontare con tutta la determinazione che poté mettere insieme.

"Squall, so che hai sentito me e Seifer parlare del nostro 'cosiddetto segreto' e volevo essere io a dirti che cosa era successo. Voglio che tu sappia... non ho mai avuto l'intenzione di nasconderti niente di proposito." Lui cominciò a dire qualcosa, ma altrettanto velocemente s'interruppe. La voce di lei, anche se un po' esitante, conteneva lo stesso una sfumatura di determinazione, e a volte il silenzio era proprio il suo migliore amico. Altra lezione imparata col tempo e con l'esperienza.

Rinoa incominciò. "Era estate, una delle prime volte che uscimmo insieme a Timber. Immagino si potrebbe dire così. Seifer e io avevamo deciso di andare sulla costa, e quindi stavamo camminando sulla spiaggia. Mi ricordo solo che ero tanto nervosa... era davvero la prima volta che eravamo insieme da soli... lontani da altra gente. Una parte di me non sapeva cosa aspettarsi ed era un po' preoccupata, ma c'era anche un'altra parte di me che era un po' troppo ansiosa. È tutto abbastanza confuso e se ci ripenso adesso sembra piuttosto..."

Si interruppe, non sapendo come metterlo in parole senza dire troppo o troppo poco. "Senza senso. Già, senza senso," sussurrò mentre una risata nervosa le sfiorava le labbra, la voce che si dissolveva nel nulla.

"Posso supporre che ci sia dell'altro?" chiese lui alla fine visto che il silenzio continuava. In quella situazione, non era dello stato d'animo giusto per gli indovinelli, né per l'attesa. Stava imparando rapidamente che non gli piaceva per niente dover aspettare quando si trattava di certi argomenti.

"Scusa, ovviamente c'è." E questo era tutto quel che restava della determinazione che aveva conquistato solo qualche momento prima. Falla finita, Rinoa, dillo e basta, si rimproverò da sola. "Uhm, come stavo dicendo, eravamo da soli, e a un certo punto eravamo sulla spiaggia... intendo dire, letteralmente sulla spiaggia... stesi nella sabbia e... eravamo tutti e due sulla sabbia. Voglio dire, non è veramente successo nulla tra di noi, lo sai. È solo che io... non so come ma mi sono rotolata su una bottiglia rotta che nessuno dei due aveva visto e... sai, era sepolta nella sabbia... e..."

In quel momento lui comprese, che lo avesse voluto o no. Non era che volesse immaginarsi la scena, ma non poteva dare la colpa né a lei né a Seifer, per quanto gli sarebbe piaciuto prendersela con il suo rivale d'infanzia... Dio se gli sarebbe piaciuto limitarsi a quello. Tutta la preoccupazione di Rinoa veniva dal dover ammettere il semplice fatto che era stata, beh, in mancanza di una definizione migliore, 'a coccolarsi' con Seifer su una spiaggia. Non che fosse una cosa che aveva voglia di immaginarsi. Per niente. Se lei aveva avuto paura soltanto di ammettere che lei e Seifer avevano avuto un qualche passato, e se era tutto lì il problema, beh... era il passato, appunto. Doveva affrontare il fatto che Rinoa aveva vissuto cose molto peggiori, Artemisia l'aveva capito. E le aveva mostrato immagini fresche di prima mano, memorie che lui avrebbe preferito lasciare sepolte sotto le macerie. Eppure Rinoa era stata così coraggiosa da ammettere per lui quelle cose; non avrebbe saputo mai quanta forza avesse avuto e quanto lui la rispettasse per questo.

Ma capiva comunque che lei si stava tormentando, così cercò di darle una mano. Lo faceva, beh, per tutti e due. "C'era un vetro sepolto nella sabbia... e ti sei tagliata sulla schiena?"

"No!" negò con decisione, probabilmente un po' troppo alla svelta. "Sarebbe stato molto meno imbarazzante all'ospedale."

"Che?"

"Via, diciamo solo che le settimane successive stare seduta è stato un po' doloroso." La ragazza seppellì il viso tra la spalla e il collo di lui.

"Squall, avevo solo paura di dirti com'era stato che era successo tutto questo. Lo giuro, non è successo niente. C'è stato solo un ritorno molto imbarazzante al pronto soccorso, un bel po' di sangue, almeno per come me lo ricordo io, e poi i punti." Continuò a non guardarlo, immaginando che sapesse bene di cosa stava parlando. "Comunque era un taglio superficiale... forse avrei dovuto sentirmi più fortunata. Voglio dire, non è niente in confronto a quello che ho passato l'anno scorso, ma in quel momento avrei potuto morire per l'imbarazzo."

Inspirò un momento prima di continuare, sempre tenendo strategicamente il viso nascosto dalla vista di lui. "Penso sia vero che il tempo ti fa vedere in un modo o nell'altro le cose con più chiarezza, dopotutto. Voglio dire, non era per il fatto del taglio, non aveva veramente niente a che fare con gli aspetti materiali della ferita. Era solo che ero... così imbarazzata. Come fai a spiegare una cosa del genere alla gente? Mi sembrava sempre come se stessi cercando di fare una cosa e poi finivo invece per fare stupidaggini. Non ci volevo nemmeno provare. E così ho chiesto a Seifer di non dirlo mai a nessuno. Poi ho continuato raccontando a Zone e Watts che avevo preso una brutta forma d'influenza... almeno con questo sono potuta restare stesa a letto per un bel po'. Ancora oggi non so se se la fossero bevuta oppure no, ma loro due hanno questo di buono, che non mi hanno mai fatto domande."

Restò in ascolto per una risposta, un commento, un sospiro, o una qualunque reazione verbale o meno che fosse. La cosa successiva che sentì la lasciò veramente di stucco... Squall incominciò a ridere. No, non forte, ma era quasi il sussurro di una risata che gli faceva sussultare appena la parte superiore del corpo, lo sentiva visto che era ancora stretta forte contro di lui.

"Squall Leonhart, stai ridendo di me?"

"No," rispose dandole un bacio leggero in cima alla testa. "Non sto ridendo di te... è solo che... non lo so, Rinoa. Non smetti mai di sorprendermi. E posso dirlo sinceramente, con tutto il cuore."

Fu allora che lei si scostò per guardarlo negli occhi, sbattendo le palpebre confusa. Nemmeno in un milione di anni avrebbe mai potuto aspettarsi quella reazione. "Quindi il fatto che ho dovuto farmi mettere diversi punti sul sedere... ti fa ridere?" Lui cercò di rimanere muto. "Hai un senso dell'umorismo malato, Leonhart," rispose lei sarcastica prima di sorridere e finire a ridere piano assieme a lui. Forse non era questa la risposta che si era aspettata, ma a dire la verità, era molto meglio... sapere che si sentiva a suo agio con lei. A mostrarle una parte di sé che gli altri, inclusi i suoi amici più stretti, raramente avevano intravisto.

"No, veramente non è questo," cercò di difendersi, guardandola negli occhi. Stava cercando di essere più serio che poteva. "È semplicemente... sei semplicemente tu, è tanto da te."

"Bene, e invece tu sei tu... bella cosa abbiamo imparato, vero?"

"No, lo è davvero."

Strizzando gli occhi, Rinoa riuscì a portarsi la mano libera al fianco. In risposta fece, a presa in giro, "Sì certo, è facile per te dire così ora. Non sei tu quello che non ha potuto star seduto per settimane."

"Non hai delle foto?"

"Squall!" Tolta la mano dalla vita gli assestò una botta scherzosa sulla spalla. "Non posso credere che tu abbia chiesto una cosa simile!"

Oh cavolo, si biasimò dentro di sé abbassando gli occhi, di certo non aveva voluto dirlo in quel senso, anche se... cercò di correggersi. "Voglio dire... non di..." Certo, stava andando molto bene, come no, doveva assolutamente tirarsi fuori alla svelta da quel pasticcio.

"Tranquillo, davvero," disse lei, scostandogli i capelli da davanti agli occhi, anche se i suoi tentativi erano piuttosto infruttuosi. "So cosa volevi dire... credo."

"Grazie, Rinoa." Alzando lo sguardo, le regalò un debole sorriso. "Sai, sembra che io stia sempre a ringraziarti... in un modo o nell'altro. L'ultimo anno, questi ultimi mesi sono stati semplicemente così diversi per me, e ti ringrazio per avermi dato fiducia, per aver avuto fiducia in me."

Lei scosse la testa. "Squall, non devi ringraziarmi di nulla. Semmai sono io quella che dovrebbe ringraziare. Hai sempre accettato tutto di me, per quanto infantile e insopportabile potessi sembrare allora. Credimi, sul serio, non l'ho fatto apposta... è solo che tendo a lasciarmi trasportare dalle emozioni, e-"

"...E mi pareva di avertelo già detto," la interruppe. "Non scusarti mai per essere te stessa. Se devo dirla tutta, credo sia per questo che sei un'ottima Strega. Sei una persona incredibile. Quando imparerai ad incanalare le tue emozioni, sarai anche una Strega incredibile. Se quei poteri dovevano essere passati a qualcuno, non riesco a pensare ad una persona migliore su questa terra a cui affidarli. Imparerai, impareremo."

"Già." Lei rise di frustrazione. "Questo è prima o dopo che ho fatto saltare in aria per sbaglio la mia stanza cercando di controllare i miei poteri?"

"Rinoa, guarda che lo capisco. I poteri sono connessi alle emozioni ed è per questo che diventerai forte. Questo non vuol dire che sarai la più potente, ma quando si parla di forza c'è molto di più che non solo il potere. È trovare l'equilibrio, il nostro equilibrio. È questo che ti rende forte, ricordatelo. Ma finché non sistemiamo queste cose... forse è meglio che non usi i poteri da Strega per annientare i grossi ragni."

"Ragni molto grossi e pelosi," rispose lei inclinando un po' di lato la testa. "Ma se ti ricordi, l'ho più o meno mancato."

"Beh, sì, ma vedi, non c'era forse il tuo Cavaliere lì ad aiutarti? Sono sicuro che prima o poi risolveremo questa cosa della connessione Cavaliere/Strega. Infatti, quando torniamo a Balamb, penso che dovremmo lavorare sul controllare un pochino di più la tua magia, magari concentrandoci sui nostri punti di forza."

"Sembra quasi un appuntamento," replicò lei prima di aggiungere, "anche se, se la memoria non mi inganna, in realtà è stato Irvine a salvare me e Selphie da quel ragno malvagio."

"Non stiamo a sottilizzare sugli aspetti tecnici," sentenziò lui con la faccia seria. "L'importante è che ero nella stanza, no? Magari all'inizio ero un po' arrabbiato, ma credo di aver finito per ridere."

La ragazza sospirò, sollevando le mani per fingere frustrazione. "Ma lo vedi, qui stiamo prendendo un brutto andazzo. Succede una disgrazia e guarda come la prendi tu!" Si allungò e gli posò dolcemente le labbra sulle sue, e mentre i loro respiri si confondevano, sussurrò, "ma sono contenta che tu ti senta di poter ridere con me, è una cosa che non avrei mai creduto di poter sentire."

"È una cosa che non avrei mai pensato di fare. Insieme a questa..." Spostò il braccio per sostenerle il collo, e l'attirò a sé in un bacio profondo. Dopo qualche istante si ritrasse, sapendo che non era esattamente appropriato se li avessero sorpresi in quella posizione. Ma a dirla tutta, non era esattamente appropriato neanche che lei gli stesse seduta in braccio.

Rinoa si fece forza e si tirò su a sedere, passandogli la mano sul petto. I loro sguardi s'incrociarono e lei sorrise soprappensiero. "Squall, dimmi qualcosa che non hai mai detto a nessuno."

Lui sbatté le palpebre, confuso. Praticamente tutto quello che le aveva detto erano cose che nessun altro sapeva. Che altro poteva volere? Forse si aspettava che le dicesse che l'amava? All'improvviso sentì il corpo teso. Non era che non provasse emozioni quasi travolgenti alle volte, ma semplicemente non era pronto. C'era così tanto che avrebbe voluto dire, che il suo cuore voleva gridare, ma era la mente a non essere pronta ad ammetterlo. Il fatto era che non aveva paura di dirle quelle parole a voce alta; aveva paura di sentirle pronunciate dalle sue stesse labbra. Era un terrore infantile, un qualcosa che dimorava ancora negli incubi più profondi che gli tormentavano la mente.

Rinoa allungò la mano bendata verso i capelli del suo Cavaliere. Le dita gentili si allargarono quel tanto che bastava per lasciar scivolare le ciocche setose fra le sue nocche. Il palmo della sua mano gli percorse il viso fino al mento e lui chiuse gli occhi sopraffatto dalla sensazione - il tocco soffice della pelle di lei che incontrava il ruvido delle sue guance non rasate. Anche lei sorrise mentre chiudeva a sua volta gli occhi. L'altra mano scese lungo la gola di lui, passando il pomo d'Adamo, per raggiungere infine, alla cieca, il ciondolo d'argento appeso al suo collo. Con la mano buona cercò il punto dove la testa del leone si congiungeva alla fine della catena di platino, e afferrò il pendente come fosse ciò che la teneva aggrappata alla realtà - il buco della chiave nel portale della verità.

La ragazza aprì gli occhi di colpo rendendosi conto che lui doveva aver interpretato la sua frase in modo eccessivo. Lo tranquillizzò rispondendo alla sua domanda implicita. "Squall... non sto parlando di nulla di serio. Scusa, non volevo assolutamente dire quello... soltanto... non lo so. Penso solo di voler imparare qualcosa di più su di te. Niente che tu non voglia condividere ora come ora, lo so che certe cose richiedono del tempo; non chiederei mai qualcosa del genere da te, per favore credimi."

Fu in quelle parole che lui capì cosa intendeva: non si aspettava immense dichiarazioni d'amore, o giuramenti per la vita. In un certo senso, nel profondo di sé lo sapeva che lei non avrebbe mai preteso a forza da lui quelle parole. Forse la cosa impensieriva anche lui, perché da una parte sapeva che Rinoa poteva anche accettare un impegno per la vita senza mai nemmeno sentirle, quelle parole, ma era Squall che non poteva farlo senza pronunciarle. Quella era una debolezza interiore che avrebbe dovuto superare lui, e lui solo.

La stanza del comitato disciplinare non offriva grandi comfort, ma anche solo a stare seduto sulla panchina di cemento si sentiva rilassato. Aveva ancora gli occhi chiusi mentre ascoltava l'armonico suono del respiro di lei. Rinoa continuò con parole rassicuranti. "Scusa, non avrei dovuto chiedertelo. È solo che tu sai di alcune delle mie storie imbarazzanti, e tante cose sulla mia vita... quindi semplicemente pensavo... non avrei dovuto. Scusa."

"Alcune delle tue storie imbarazzanti?" domandò aprendo un occhio e sollevando un sopracciglio. "Vuoi dire che ce ne sono altre?"

"Beh," ridacchiò lei spezzando la tensione che si era creata da prima. "Sono sicura che ne sentirai un altro centinaio... credimi, Zone e Watts sono un pozzo di informazioni inutili. E di quello che non mettono in giro loro, sono certa che Caraway te ne darà riassunti scritti e referti medici ben catalogati."

"È roba così tremenda?" rise piano mentre lei stringeva la presa sulla sua collana.

"Peggio. È che... lascia perdere, fai finta che non abbia detto nulla." E la sentì che cambiava posizione in braccio a lui.

"Ehi, aspetta. Non ho mica detto che non ti avrei risposto, no?" La guardò sapendo che era quasi sul punto di andarsene, di tornare nell'altra stanza e rimettersi a pitturare. Ad essere sinceri, voleva restare così un altro po', forse era una cosa egoista, ma era il minimo che si meritavano in quel momento. In risposta lei si aprì in un sorriso quasi raggiante e da qualche parte dentro di lui c'era lo stupore di essere capace di far sorridere qualcuno, e specialmente lei.

"Ok, ok... credo di avere qualcosa, forse non dovrebbe essere imbarazzante, ma per me lo è. Te lo dico solo perché penso sia una cosa che in qualche modo si lega al nostro passato," mormorò mentre spostava il braccio destro dalla sua vita, mettendolo direttamente sotto ai suoi occhi.

"Vedi questo?" Voltò il polso e fece un cenno con la testa per sottolineare quello che diceva. Lei si concentrò sul sottile strato di pelle che congiungeva la mano con il braccio. "La vedi quella cicatrice?"

Lei annuì e ci passò sopra l'unghia con delicatezza.

"Ce ne sono due, di cicatrici... due piccole," fece a voce bassa.

"Già." Squall abbassò il braccio, per riportarlo subito attorno alla sua vita. "Questa sarebbe la mia famigerata 'Cicatrice a forma di racchetta e pallina da ping-pong'. Veramente avrei voluto tirar fuori qualcosa di più creativo per dire a cosa assomiglia, ma tu mi conosci... conosci Mr. Originalità."

"Cicatrice del ping-pong?" rise lei per quel nome. "E come te la sei fatta?"

"Ma guarda te, prima vuoi che ti racconti qualcosa di personale... e poi ridi di me. Credevo che una certa Strega si fosse proprio lamentata della stessa cosa qualche minuto fa. Non mi fa esattamente venire voglia di precipitarmi a raccontarti tutti i segreti che ci sono nascosti nell'armadio di Leonhart, non credi?" scherzò lui.

"Ma sul serio, sei proprio cattivo!" protestò lei mentre cercava di calmare le risate.

"Lo so. Ho una reputazione da mantenere, e quant'altro."

"Hahaaa... adesso per piacere raccontami la storia, vorrei davvero saperla." Rinoa poggiò la testa sulla sua spalla usandola come cuscino improvvisato.

"Okay, in tutta onestà, questa è stata la prima cicatrice che Seifer mi abbia fatto. No, non è esattamente così... questa era la prima cicatrice che ho lasciato che Seifer mi facesse. Avevamo circa dieci anni, credo, e tutti e due eravamo già studenti al Garden. Non ricordo molto dei dettagli, ma mi ricordo che era una lezione di scienze ed eravamo fuori con delle lenti d'ingrandimento... a cercare qualcosa che avevamo visto nei libri di testo. Non mi ricordo davvero cosa avremmo dovuto studiare. Di certo l'ultima cosa che ci era richiesta era bruciare gli insetti... e beh, io non l'ho fatto, almeno penso di no. Mi ricordo che Seifer stava facendo qualcosa in un angolo del Giardino e ridacchiava."

"Squall Leonhart, pare proprio che allora tu fossi un bambino come gli altri." Si morse il labbro, sperando che lui non si offendesse, ma conosceva ragazzini che avevano fatto le stesse identiche cose a quell'età.

"Sì... ok," e gli venne un po' da ridere a quel pensiero. "Immagino che in quel momento eravamo bambini come gli altri. È che subito dopo eravamo nel Giardino e trovammo della spazzatura rimasta dall'ora di pranzo che era stata spazzata dietro un cespuglio... una specie di busta di plastica. Seifer fece la scommessa che non sarei stato capace di mettermela su una mano e lasciarla a bruciare sulla pelle. Io gli dissi che potevo eccome. E quindi... l'ho fatto. Lo so, neanche per me è stato uno dei miei momenti migliori. Non riuscivo proprio ad ignorarlo, anche se a volte volevo sinceramente andarmene via e basta. Non c'è bisogno di dirlo... ho lasciato che mettesse la lente d'ingrandimento direttamente sotto un raggio di sole e che mi bruciasse la busta di plastica sulla pelle. Mi sono rifiutato di ammettere che faceva male. Non avrei pianto... dopo, me ne sono andato via come se nulla fosse successo."

"Squall..." disse lei piano, e lui non aveva quasi udito il suo nome da quanto parlava con il respiro flebile; ma poteva sentire ogni singolo movimento delicato contro il suo corpo.

"Sì?"

"Faceva male, non è vero?"

"Sì... faceva davvero male." E in un certo senso, pronunciare quell'ammissione parlava di molto di più di una semplice cicatrice ricevuta da bambino. Comprendeva più cose di qualsiasi istante di una vita intera.

Lui continuò a rievocare il suo passato. "Ad essere sinceri, all'inizio non fece male. Non sentivo proprio niente. Era quasi come se stessi aspettando che il dolore si facesse più violento, mi stavo abituando all'idea... e quindi quando alla fine fece male davvero, mi convinsi che ero forte abbastanza da reggere il dolore da solo. Qualche secondo dopo mi stava ustionando la pelle e prima che me ne rendessi conto, avevo una cicatrice. Faceva male, come sempre. Credo sia molto tempo che stavo aspettando di dirlo. Molto di più di quanto mi sia mai reso conto."

"Lo sai qual è la cosa più incredibile?"

"Cosa?" domandò, chiedendosi cosa lei stesse per dire. Di nuovo, stava cominciando a vivere per le sorprese - quel non sapere, ma aver sempre voglia di scoprire.

"Vorrei che tu sapessi che non dovevi per forza dirmi che ti aveva fatto male, anche se tecnicamente te l'avevo chiesto." La voce di lei era esitante, anche questa volta sapeva che non si trattava sempre di cicatrici fisiche, era qualcosa di molto più grande. "Immagino che quello che voglio dire, nel mio solito modo contorto, è che certe cose possono essere difficili da dire, è semplicemente così. Possono volerci anni per ammetterle, può volerci una vita. Ma capisco come ti sei sentito, Squall, capisco il dolore che hai attraversato. So come ti senti."

Lui abbassò lo sguardo sul suo polso, stringendo in silenzio la mano in un pugno. "Perché ha lasciato una cicatrice?"

Rinoa scosse ancora una volta il capo, con un sorriso dolce. "Semplicemente perché lo so."

"E se non dire certe cose lasciasse delle cicatrici?" Era saltato dal piano fisico a quello metaforico, con uno scarto che lui stesso si stupiva di aver compiuto. Forse lei lo capiva, o forse no... non ne era sicuro. Sperava di sì, una parte di lui ne era convinta, perché altrimenti metà del loro viaggio sarebbe stato vano - si rifiutava di credere una cosa del genere. Perché con loro non sempre si trattava di cose dette, ma anche di parole e sentimenti taciuti. Lui era segnato non solo in un senso fisico, ma ad un livello assai più profondo. Ma la amava, e lo sapeva. Non riusciva a dirlo con la facilità con cui migliaia di altri avrebbero probabilmente potuto confessarlo davanti a lei, e al mondo, senza pensarci due volte. Questo non cambiava quello che provava, eppure non era ancora pronto ad ammetterlo a se stesso, per la paura di essere ferito - di essere marchiato a fuoco da un'altra cicatrice.

Forse lei lo conosceva bene; con le dita sotto il suo mento, lo costrinse a guardarla negli occhi. "Le cicatrici sono quello che lasci che siano, possono definirti, o possono controllarti. Vorrei tanto poter dire come sarà tutto tra qualche anno... ma credimi, adesso, all'indicativo presente, non hai nulla di cui preoccuparti. Te lo giuro." E lui comprese, il passato era il passato e loro due erano il solo futuro. Assieme avrebbero affrontato quell'ignoto che le faceva tanta paura. La vita non è sempre come appare - che sia adombrata di cicatrici oppure no.

*****
Nota delle traduttrici: scusate il ritardo :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 21
*** XXI. Un tempo per strappare ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXI: Un tempo per strappare ~

5 giugno

Era innaturale come Trabia fosse diventata così tanto una casa nelle ultime settimane. Rinoa esaminò la stanza ancora una volta, imprimendola nella memoria. Voleva ricordare quanto era stata preziosa quell'esperienza, fino ai minuscoli dettagli del dormitorio. Rifletté su come una stanza così piccola era diventava una casa in due settimane e mezzo più di tutti quegli anni a vivere con Caraway.

Forse si riduceva tutto a un fattore chiave: l'essere in un posto dove sentiva che c'era bisogno di lei. Un posto a cui apparteneva a prescindere dagli ostacoli che venivano posti sul suo cammino. Nel suo cuore credeva di poter aiutare invece che sentire d'essere d'intralcio. Forse era un processo graduale, che non avveniva mai dal giorno alla notte, ma che si otteneva attraverso una serie di eventi. Eventi che lei credeva dovessero essere decisi dal destino; ognuno era un trampolino di lancio verso l'ottenere, infine, una pace interiore che lei non aveva mai scoperto in sé. Certo, non era ancora al cento per cento... c'erano sempre dubbi, domande, e la sensazione di non appartenenza. Una vita intera di dubbio non svaniva nell'arco di qualche mese, a prescindere da quanto potessero essere magici.

A Timber, sentiva un certo conforto con i Gufi del Bosco, e ora lo sentiva nel vivere con i suoi amici al Garden. Ma lì a Trabia era semplicemente l'essere vicino a lui. Era il procedimento dell'imparare, crescere, e diventare più forti come individui per essere più forti come coppia.

Era il fatto che lì la vita andava semplicemente avanti. La ricostruzione era diventata un rituale quotidiano per gli studenti, ma lei aveva trovato un rifugio tra le montagne. A nessuno interessava chi erano lei e Squall in realtà, che cosa avevano ottenuto, o i loro titoli lavorativi, e quella era la libertà che lei considerava preziosa. D'altra parte, forse se avessero saputo cosa era diventata, la situazione avrebbe potuto essere un po' diversa. Avrebbe dovuto affrontare quella cosa quando il tempo l'avrebbe ritenuto opportuno. Sperava solo che, a prescindere da quale Garden l'accogliesse, l'avrebbero vista comunque come lei, e non come un riflesso di chi l'aveva preceduta.

Rinoa guardò la sua valigia, cercando di restare concentrata mentre vi gettava dentro a casaccio l'ultimo dei suoi maglioni invernali. Alla fine la chiuse, assicurando entrambi i ganci a lato. Non aveva spesso la possibilità di usare la sua valigia più grande: di solito una borsa da viaggio bastava per i viaggi più brevi. Si chiese quando avrebbe avuto un'altra vacanza lunga lontano da Balamb, e soprattutto se sarebbe stata sola nel viaggio. Le sue riflessioni silenziose furono interrotte da qualcuno che bussava improvvisamente alla porta.

Un piccolo sorriso le sfiorò gli angoli della bocca. Ripensò a quando Squall era partito per Trabia e quella mattina nella sua stanza. La giovane Strega si chiese se questo saluto sarebbe stato altrettanto... memorabile. Almeno adesso la separazione non sarebbe stata altrettanto lunga; i due mesi erano ora ridotti a poco meno di tre settimane. In qualche modo era molto più facile per lei pensarlo, anche se rimaneva un'enorme barriera mentale.

Si guardò velocemente allo specchio; era un'abitudine. Certo, a lui non era mai interessato il suo aspetto, ma voleva comunque essere presentabile - soprattutto quando questi momenti dovevano durare. Infilandosi alcune ciocche ribelli di capelli nella coda, si avvicinò alla porta, sorridendo mentre la apriva. Fu allora che si rese conto di quanto sarebbe stato diverso questo saluto.

"Heylà, Rin!" esclamò Zell, un po' troppo vivacemente per il suo stato d'animo. "Sono qui per prendere la tua valigia, a fare il gentiluomo e cose così."

"Grazie," rispose lei allegramente, nascondendo la delusione. Certo che voleva salutare Zell, quello era fuori discussione, ma comunque non poteva negare il fatto che si aspettava che fosse Squall ad accompagnarla al molo. D'altra parte, forse si aspettava troppo, leggeva troppo in qualsiasi cosa. Lo faceva molto spesso.

"Uhm... Squall mi incontrerà là, allora?"

Il ragazzo si grattò la nuca, guardandosi i piedi mentre li strascicava nervosamente sul pavimento. "Sì, ecco, per quello, è in riunione adesso. È tipo successo all'improvviso. Voleva davvero esserci, e allora mi ha chiesto di assicurarmi che arrivassi alla nave sana e salva. Proverà a incontrarti là, se potrà allontanarsi."

"Provare?" chiese lei, dolcemente. Sapeva che non era colpa di Squall; ci sarebbe stato se avesse potuto. Ma prima di qualsiasi altra cosa, in quel momento, era il Comandante di Balamb, e lei era solo... Rinoa. Cercava di non mettere mai in discussione il suo ruolo nella vita di Squall, ma questo non significava che non le facesse male affrontare la realtà. In quel momento lui era al lavoro, e anche lei... e quello doveva venire prima di tutto, per quanto facesse, detta semplicemente, beh... schifo.

"Sì, ma non mi preoccuperei troppo, stiamo parlando di Squall." Zell cercò di rassicurarla, anche se era una cosa che non aveva fatto spesso nella sua vita. Forse tutti loro stavano crescendo un po'. "Sai che farà tutto ciò che è in suo potere per esserci. Se no, sono sicuro che il Comandante di Trabia e lo staff dovranno mettere in agenda un periodo di convalescenza critico in infermeria. In più, sono sicuro che tutti loro vorranno vedere il Preside Cid prima che parta." Si fermò, ridendo nervosamente. "Uhm, non che Squall voglia vedere Cid più di quanto voglia vedere te, non è quello che cercavo di dire. Sarebbe proprio davvero sbagliato."

Lei sorrise, scuotendo la testa alle parole del suo amico. "So esattamente cosa vuoi dire. Grazie." Aprì la porta e guardò il ragazzo che si chinava a prendere la sua valigia. "Sai, Zell, davvero posso farlo io."

"Sì, ceeeeeeerto... con quel dito bendato? In più, non ne sentirei mai la fine, sai, una volta che Squall comincia a parlare poi non sta più zitto. E poi diventerà tutto emotivo con me, e tutta la faccenda davvero non sta bene ad un Comandante."

Rinoa rise all'immagine mentale che le attraversò la mente come un flash. "Sai... anche io ho quel problema sempre. Mi stupisco se riesco a inserirmi nella conversazione. Quindi, per risparmiarti la sua furia verbale, ti permetterò di portare la valigia. Ecco per cosa esistono gli amici."

"Wow, grazie, ma non mi hai detto che pesa più di un Thythan. Cosa c'hai messo dentro?"

"Roba," rise lei con un'ultima occhiata alla stanza prima di chiudere la porta. "Molta roba."

*~*~*~*~*

La sensazione nell'atmosfera rispecchiava quella del giorno in cui era arrivata. Onde increspate si scontravano contro la diga marittima, mentre altre con uno spesso strato di ghiaccio che si allungava sull'oceano. Il ghiaccio non era nemmeno gelato; piuttosto, piccole piastre si spingevano in alto, come a imitare ghiacciai in miniatura. Ma aveva una sua bellezza naturale, la sua casualità formava un disegno maestoso e intricato. Niente era simmetrico - niente era mai piatto sull'oceano, piuttosto un'entità in movimento costante che si dava la vita. Forse era per questo che trovava della bellezza.

Mentre camminavano in silenzio verso il molo, notò l'orizzonte. Il cielo raramente blu, a Trabia; piuttosto era di un grigio costante. Non era sicura di poter vivere in un posto come quello tutto l'anno; amava guardare il cambio delle stagioni - i colori che diventavano più tenui e poi di nuovo più vividi. Ma non poteva negare che c'era qualcosa di pacifico in quel continente. Lo aveva scoperto persino visitando il villaggio degli Shumi; c'era una magia non detta lassù, un'aura che non si poteva mai afferrare del tutto. Stava camminando verso la nave e si trovava a non voler far altro che girarsi e correre nella sua stanza.

Indossava il cappotto che le aveva dato lui. Era troppo grande, ma le teneva caldo. Aveva ancora il suo profumo, una sfumatura di muschio che diffondeva la sua fragranza nell'aria. Se avesse chiuso gli occhi, si sarebbe sentita come se le sue braccia la stessero avvolgendo, non il tessuto spesso. Aveva sempre avuto un'immaginazione molto vivida; persino sua madre glielo aveva detto, prima di morire. Forse era una benedizione, forse era una maledizione.

Chiuse gli occhi momentaneamente, cercando di cacciare l'immagine di sua madre dalla mente. Non era né il momento né il posto giusto, ma in qualche modo era sempre nei momenti in cui aveva bisogno di più forza che si trovava a pensare a lei. No, questo non era il momento. A confronto, aveva passato molto di peggio. Stava semplicemente tornando 'a casa', al suo lavoro, e a tutti i suoi amici. Eppure non poteva evitare di pensare che stava lasciando una parte di sé. Anche quando sarebbe tornato tornato Squall una parte di lui sarebbe rimasta. Ma forse era proprio così che doveva essere.

Dio, desiderava che lui fosse lì, in quel momento, ma forse era egoista da parte sua. Lui stava compiendo il suo dovere da SeeD, quello per cui si era allenato senza pietà negli ultimi tredici anni. Lei lo conosceva a malapena da un anno; credere qualsiasi altra cosa sarebbe stato arrogante. Sì, se fosse stata una questione di vita o di morte, non avrebbe mai dubitato della sua fedeltà, ma doveva pensare a questo in prospettiva. Quella spesso era la parte più difficile, per lei.

"Sei stranamente tranquilla." Zell ruppe infine il silenzio imbarazzato. "Cominci a spaventarmi."

"Scusa," rispose a bassa voce Rinoa, mordendosi il labbro. Una brezza fredda le colpì il viso; sapeva che non ci sarebbe voluto molto prima che le sue labbra si rovinassero, ma era un'abitudine che non riusciva ad abbandonare, soprattutto in quel momento. "Stavo solo pensando."

"Tu? Pensando? Vuoi che chiami qualcuno?"

"Molto divertente." Cercò di fingere una risata; sapeva che il suo amico aveva a cuore il suo bene. "Solo se vuoi una morte molto lenta e dolorosa..."

"Morte dolorosa come con il nastro del canto?" L'esperto di arti marziali sollevò un sopracciglio, con un'espressione interrogativa, fingendo di essere terrorizzato dal semplice pensiero.

"C'è un altro tipo di tortura?" sbuffò lei al commento.

"Sei mai sopravvissuta alle lezioni sulla Junction di Quistis?" Zell ricordò sfortunatamente le svariate ore che aveva cercato di rimanere sveglio, durante quelle lezioni.

"Ah, ho capito molto bene." ridacchiò Rinoa mentre continuavano a camminare lentamente. "D'altra parte, c'è stata anche quella sera ad ascoltare Irvine che provava le sue migliori frasi di abbordaggio su Selphie." C'erano ancora immagini orribili nella sua testa di quella sera. Zell annuì, chiedendosi in silenzio come potesse un uomo possedere così tante frasi false.

Raggiungendo insieme il molo, entrambi ebbero un altro pensiero, uno più vicino a casa. Parlarono quasi perfettamente all'unisono. "La lezione sul Gojusheel!"

Entrambi voltarono le spalle al continente, guardando l'acqua inquieta. Zell cambiò posizione, impersonando al meglio il Comandante. Con voce completamente monotona, tentò di imitare il manierismo di Squall. "E poi abbiamo il Gojusheel, nativo della regione settentrionale di Trabia. Ma dopo aver ascoltato a forza questa lezione, la specie sta cercando una nuova casa molto lontano dall'umanità. Effetti collaterali comuni di questa lezione sono sonnolenza, sensazione di vertigine, e il desiderio di ascoltare in realtà una lezione sulla Junction di Quistis, il che dice tutto."

"A dire il vero, sarei stato più convinto dalla tua imitazione se fossi stato in grado di citare un fatto vero," ribatté una voce profonda dietro di loro. Rinoa e Zell la riconobbero immediatamente, e si voltarono a guardare il Comandante; non era la prima volta che venivano sorpresi a fare qualcosa del genere... e probabilmente non sarebbe stata l'ultima.

"Per esempio," continuò Squall senza perdere un colpo, "una delle magie comunemente assimilate da un Gojusheel."

"Blizzard, Blizzara, e... non ti ha mai detto nessuno che non si spia la gente?" Zell cercò di coprire il suo imbarazzato con un sorriso timido. Squall semplicemente aveva un tempismo impeccabile; d'altra parte, l'esperto di arti marziali aveva una certa abilità nel dire la cosa sbagliata al momento sbagliato... e a non guardare mai nella direzione giusta. "Hai mai pensato di metterti una campanella al collo?"

Il Comandante si accigliò, non era dell'umore adatto. Nulla era andato secondo i programmi, quel giorno. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era essere rimproverato da Zell, e per di più davanti a Rinoa. Certo, sapeva che era fatto a fin di bene, ma in quel momento qualsiasi senso dell'umorismo era volato fuori dalla finestra cinque tazze di caffè prima. Eppure non intendeva prendersela; era lì per un motivo e non era per ascoltare Zell. Avrebbe avuto parecchio tempo per farlo nelle settimane a venire, che volesse o no.

L'esperto di arti marziali aveva sempre capito la natura umana, ma non ci voleva uno scienziato per capire perché il suo amico era sceso al molo. Si sentì sollevato all'idea che Squall avesse trovato il modo di allontanarsi dalle riunioni del mattino. Anche se nel profondo non aveva mai dubitato del desiderio del suo amico, o di cosa sarebbe arrivato a fare pur di salutare Rinoa. Lasciò andare la maniglia della valigia, sorridendo mentre si allungava ad abbracciare la giovane Strega.

"Ci vediamo presto, Rin. Fai la brava."

"Anche tu," ribatté lei, stringendolo forte. "Assicurati di far rigare dritto Squall per me, sai quanto riesce a fare il difficile." Rinoa rubò uno sguardo in direzione del suo ragazzo, che sembrava ancora piuttosto impassibile. I loro occhi si incontrarono e lei sorrise dolcemente, sperando di non aver fatto nulla che lo infastidisse. Cercò di respingere il pensiero mentre lasciava andare Zell.

"Nessun problema, ci sentiamo, ok?"

"Ok." Guardò in silenzio mentre Zell tornava indietro. Fu allora che, sullo sfondo, vide il Preside Cid che parlava con il Comandante di Trabia e tre membri dello staff. Puntò in quella direzione; i quattro uomini sembravano molto formali.

"Sembrano ore di divertimento."

"Non puoi neanche immaginarlo," borbottò Squall sottovoce. "Hai preso tutto?" Sapeva che sembrava una domanda generica, ma in quel momento non sapeva cos'altro chiedere o dire. Non era bravo in queste situazioni.

"Penso di sì, ma riesco sempre a scordarmi qualcosa."

"Già." Rimase a guardarla intensamente per un momento; il corpo di Rinoa quasi si perdeva nel tessuto del cappotto. Eppure non aveva mai visto nessun cappotto standard stare così bene a qualcuno in vita sua. I capelli neri le incorniciavano il viso pallido, a malapena visibile sotto il cappuccio. Eppure poteva vedere tutto: i suoi occhi, il suo viso, ogni lineamento che accentuava la persona che lei era. Forse anche lui odiava quel momento, perché in qualche modo sapeva, lo sapevano entrambi, che le cose sarebbero cambiate. Persino i suoi piani erano cambiati quel giorno, senza nessun avviso.

Si sentiva come se fosse stato pienamente spinto nell'aspetto politico dell'essere Comandante. Una volta che fosse tornato, sarebbe stato esattamente quello per tutto il tempo: il Comandante di Balamb. Forse questa esperienza era un risvegliarsi che lui non aveva mai sperimentato. Non solo aveva imparato la forza degli studenti di Trabia, ma anche una forza in Rinoa che non aveva mai visto prima.

Tutto quel giorno aveva iniziato ad accumularsi; forse l'avrebbe affrontato meglio se non fosse stato per la partenza di Rinoa. Non era mai bravo nelle separazioni, sin da quando se n'era andata Ellione; dire addio era qualcosa che lui semplicemente non faceva. Si chiese per quanto tempo erano rimasti lì in silenzio a fissarsi. Cosa più importante, si chiese se qualcuno sul molo avesse notato il suo comportamento. Tutto lo faceva sentire a disagio, in quel momento, persino le cose con cui era più a suo agio.

Si passò una mano tra i capelli, un'abitudine che aveva da chissà quanto. Eppure, con i guanti spessi e il freddo anormale, quel rito gli sembrò completamente estraneo. Sapeva di non star nascondendo bene la sua incertezza, ma non era mai stato tipo da nascondere le emozioni, soprattutto quello che erano state così comuni per quasi diciotto anni. Si trovò a lottare per riavere la sua compostezza in rapido deterioramento, ma alla fine riuscì a tranquillizzarsi.

"Chiudi gli occhi." Sperò che lei non discutesse la sua richiesta.

"Squall, sei così romantico," lo stuzzicò, arricciando il naso per il freddo. Rinoa continuò a guardarlo, gli occhi appena visibili sotto il pelo del colletto.

"E tu sei così irritante. Ora, chiudi gli occhi e stendi le mani."

"Romantico e autoritario... la combinazione che preferisco nel mio ragazzo."

"Ovviamente non autoritario abbastanza se non riesco a ottenere che la mia supposta ragazza esegua una richiesta banale."

"Romantico, autoritario e molto brontolone..." disse, sempre stuzzicandolo, mettendosi le mani sui fianchi.

"Mi serve un'aspirina," sospirò lui esasperato, strofinando le tempie con le punte delle dita. "Non importa, Rinoa, ci vediamo tra qualche settimana."

Non era sicuro del perché avesse usato quel tono con lei; non era davvero quello che voleva dire, ma in quel momento sembrava semplicemente più semplice di qualsiasi altra cosa. Iniziò a voltarsi per andarsene, ma non fu sorpreso quando sentì dita guantate che si avvolgevano intorno al suo avambraccio. In un certo senso, forse sarebbe stato deluso se lei non lo avesse fermato. Nemmeno quello aveva molto senso per lui; nulla aveva più senso.

"Aspetta Squall, dove stai andando? Non puoi andare via... scherzavo... scusa." Si sentiva come se stesse implorando, e onestamente non sapeva perché. Lui sembrava così distante in quel momento; le ricordava quasi la persona che aveva incontrato un anno prima.

"È solo stata una lunga mattinata." Si scusò genericamente, per qualsiasi cosa avesse fatto o detto. Sperava solo che lei capisse, perché di sicuro lui non lo faceva metà delle volte.

"Sono sicura che è così, ma so che puoi farcela. Tutti credono in te, Cid crede in te, io credo in te."

"Grazie," mormorò lui. Onestamente significava molto, ma non riusciva a capire come lei potesse credere nelle sue capacità di guidare qualsiasi cosa, quando lui stesso faticava a credere in sé la maggior parte delle volte. Non era fatto per questo, non era addestrato per scartoffie e riunioni. Se questo era il grande piano del Destino, il Destino avrebbe fatto meglio ad assumere un nuovo architetto davvero in fretta.

Preferiva fare qualcosa di tangibile: combattere, allenarsi, o persino essere il suo Cavaliere era qualcosa che riusciva a capire. Cercare di lavorare con il Comandante di Trabia per ottenere un contratto migliore sulle uniformi sembrava così banale. Non era tipo da politica, e avere il comando sembrava averne una buona fetta.

"Terra a Squall!"

"Eh?" Lui vide appena il respiro di lei mescolato all'aria fredda. Si gonfiava come fumo, quasi ipnotico. "Scusa, stavo solo pensando."

"Tu che pensi nel tuo piccolo mondo... che shock," disse lei sarcastica, alzando gli occhi al cielo per fare effetto. Alla fine gli lasciò andare il braccio, rimpiangendo subito la mancanza di contatto. "Anche se mi fa piacere vedere che ti sei riunito a me, qui nel Nord ghiacciato."

"Starai gelando." Si rese conto che lei era stata sul molo per un periodo di tempo terribilmente lungo. Prima ad aspettare che arrivasse, poi ad aspettare che parlasse, e poi, beh... solo a stare con lui. Sembrava che lei aspettasse sempre, in un modo o nell'altro... eppure, non si lamentava mai.

"Sopravviverò. Un SeeD molto carino mi ha dato il suo cappotto, l'altro giorno. Mi torna utile. Molto caldo."

"Beh, digli grazie da parte mia."

"Lo farò. Promesso."

"A proposito... prima che torni alla riunione, devo davvero fermarmi a prendere quell'aspirina o quella scatola di aspirine, a questo punto. Sarà molto più facile se mi ascolti e basta per una volta... quindi, per favore, allunga le mani."

Lei sorrise esitante, obbedendo, e allungò i palmi rivolti verso l'alto. Lui non era ancora tipo da fare regali, e lei non si aspettava molto, sempre che si aspettasse qualcosa, ma lui aveva quel modo strano di sorprenderla.

Lui si abbassò un poco la cerniera sul petto. Infilò la mano quanto bastava per estrarre una tazza di ceramica. Lei non aveva chiuso gli occhi, stavolta. Invece, si trovò consumata al pensiero di essere senza di lui, anche per solo tre settimane. Lui non disse nulla mentre le metteva in mano la tazza.

Lei sorrise confusa, prendendo la maniglia. "È una tazza da caffè... del Garden di Trabia?" Poi lei capì: il giorno in cui lui era partito da Balamb era stato il giorno in cui si era rotta la sua tazza da caffè. Rise, comprendendo tutto il significato. Per non parlare di quanto lui conosceva la sua adorazione per il suo rituale mattutino del caffè.

"Rinoa, sto semplicemente salvando i cittadini del Garden di Balamb una qualsiasi tortura inutile. Tu senza caffeina sei molto volubile."

"Beh, se si potessero fissare le mattine più o meno nel pomeriggio, potrei non averne così tanto bisogno." La tazza in sé non era niente si particolare, ceramica nera e patinata con il logo SeeD, su cui era dipinto l'emblema di Trabia adottato da quel Garden. Era il pensiero, il significato, e quello era qualcosa che era davvero spettacolare.

Forse non voleva dire le parole successive, sentendosi un po' in imbarazzo per il suo comportamento di prima, ma parte di lei voleva sapere. Capiva che lui era stanco, che aveva una brutta giornata, eppure si era trovata a dargli del filo da torcere. Forse era più facile che affrontare la realtà, per lei.

"Squall, stavi andando via perché così ti avrei ascoltato?"

"Ti ci è voluto un bel po'."

"Non te ne saresti... andato e basta? Giusto?" La sua voce suonava quasi patetica, al confronto.

Lui scosse la testa, ma udirono una voce dietro di loro. Lei guardò il suo ragazzo che cambiava atteggiamento quando il Preside si avvicinò.

"Beh, è quasi pronta per salpare, signorina Heartilly? Non sono mai stato il tipo a cui piace navigare; ironico per uno che comanda un Garden in navigazione."

"Quasi, signore," rispose lei educatamente, anche se era ben lontana dall'essere pronta.

"Bene, quando ha finito, salga a bordo." L'uomo si voltò a guardare Squall, che si era messo sull'attenti. "Comandante Leonhart, lascerò il resto delle negoziazioni alle sue capacità. Se ha bisogno di assistenza, è libero di contattare Shu o Quistis. Sanno molte cose sui dettagli più piccoli delle operazioni quotidiane. Tornerò ufficialmente al mio ufficio domani. Chiami la mia assistente se le serve qualcosa." L'ultima parte venne detta con l'occhiolino; il Preside conosceva il disagio che a volte Squall sentiva su quell'argomento.

"Sì signore."

Squall cercò di rispondere il più professionalmente possibile, ignorando qualsiasi implicazione dell'ultima frase. Cid salutò e Squall ricambiò immediatamente il gesto con preciso fare militare. Per Rinoa era qualcosa di difficile da capire, come Squall potesse quasi cambiare maschera - da fidanzato a soldato, e viceversa, di solito senza perdere un colpo. Ma a volte i suoi doveri di SeeD chiedevano un dazio psicologico; aveva imparato a conviverci. Lui era un militare, e militare era quello che era stato per tanto tempo. Ripensò alla prima volta che erano stati a Trabia, e all'uomo che aveva visto allora, paragonato alla persona che vedeva in quel momento. Diversa, la stessa, due personalità quasi tessute in uno, e lui stava ancora cercando di trovare l'equilibrio tra le sue due vite.

"Stai bene?" chiese lei, con la voce a malapena udibile sopra le acque agitate.

"Sì, a posto." Rimasero ancora in silenzio; nessuno dei due sapeva esattamente cosa dire.

"Penso che tu debba salire a bordo." Uscì un po' più autoritario di quanto avesse inteso. Eppure sapeva che persone stavano aspettando, li stavano guardando dalla spiaggia; non erano più loro due e basta.

"Oh, adesso non vedi l'ora di liberarti di me."

"Ho cercato di mollarti fin dalla prima missione di Timber... fidati, ho rinunciato molto tempo fa."

"Divertente, Leonhart."

"E chi scherzava?"

"Non conosceresti la vita senza di me."

"In pace, calma, sana..."

"Noiosa, solitaria, deprimente..."

Lui scosse leggermente la testa. "Non c'è da discutere fuori al freddo. Una giovane donna ostinata che rifiuta di ascoltare prima di prendersi la polmonite."

"Ok, hai vinto tu." Lei sorrise, sapendo che doveva davvero salire a bordo. Cid stava aspettando, e lei gli doveva, a livello professionale, la puntualità. "Ci vediamo tra tre settimane, allora." La voce di Rinoa si ruppe per una combinazione del freddo e delle sue emozioni. "Immagino che per adesso sia addio, eh?"

Il suo atteggiamento cambiò in fretta; non rabbia, ma qualcosa che aveva un sottofondo molto serio. "Che ti ho detto prima? Non dire mai addio."

"Scusa." Si ricordò di lui che nominava vagamente qualcosa al telefono, ma non aveva mai saputo che lo avrebbe turbato visibilmente sentirlo. "Quindi qual è la cosa giusta da dire?"

"Beh, puoi dire ci vediamo dopo..."

"Squall... c'è un motivo particolare?" Rinoa dubitò silenziosamente della sua decisione di approfondire l'argomento, desiderando di aver lasciato perdere e basta. Oramai era fuori, e a volte le parole le sfuggivano prima che le avesse ponderate per bene. Onestamente, avrebbe dovuto lavorare sul trattenere le emozioni un po' meglio.

"Sì, perché non ti vedrò adesso, ti vedrò dopo." Cercò di nascondere la sua reazione agitata con umorismo sarcastico. Non voleva davvero avventurarsi in questo in quel momento, soprattutto prima che lei partisse.

"Cattivo, sai che non intendevo questo!"

"Forse. Sali a bordo e basta, ok? L'ultima cosa di cui ho bisogno è che tu la perda... odio le scartoffie."

"Ho detto cattivo?"

"Di sfuggita, sì."

Lui rimase calmo come al solito, la stessa persona a cui lei si era abituata negli ultimi mesi. Gli sarebbero mancati lui e tutti i suoi sbalzi d'umore. Anche se lui avrebbe negato con veemenza di avere 'sbalzi d'umore'. Ma quella era una cosa che aveva imparato nel tempo - le diverse sfaccettature della sua personalità, quelle che gli altri vedevano raramente, se non mai.

Sorrise, stringendo tra le dita il manico della tazza. Parte di lei voleva allungarsi ad abbracciarlo; lo aveva fatto così liberamente con Zell, ma in quel momento non era sicura di come avrebbe reagito Squall. C'era una parte persino più profonda di lei che voleva che fosse lui ad abbracciarla, ma sapeva che quella realtà era persino più lontana. Quindi si mosse in avanti, posando la mano libera sul bicipite di Squall e stringendo forte. Fu un momento di silenzio tra loro, una comprensione, ma lei sapeva che era tutto quello che poteva aspettarsi. Guardandosi alle spalle, non poté non notare i quattro uomini in uniforme che guardavano le sue azioni, e si sentì all'improvviso come se persino toccare Squall fosse la violazione di un qualche codice etico.

Sospirando, gli lasciò il braccio, e strinse la tazza mentre di voltava per salire a bordo della navetta. Parte di lei voleva guardarsi indietro, ma parte di lei aveva anche paura che lui se ne fosse già andato, per tornare ai suoi doveri. Il capitano della nave gridò qualcosa e lei poté sentire il rombo del motore, mentre la navicella vibrava all'improvviso sotto i suoi piedi.

Fu la sua debolezza a tradirla infine; si voltò a guardare il molo solo per scoprire che aveva parzialmente ragione. Si era allontanato di poco sulla spiaggia, ma poi si era fermato e la stava guardando. I loro occhi si incontrarono, e lui mimò qualcosa con la bocca. Lei non riuscì a capire e piegò la testa mentre la nave iniziava ad allontanarsi. In un ultimo tentativo, lui sollevò tre dita e lei finalmente capì cosa stesse dicendo: 'tre settimane'. Forse, dopo tutto, poteva sopravvivere a quella breve separazione.

Mentre la nave svaniva in lontananza, lui si riunì agli altri sulla spiaggia. Respingendo ogni altra emozione, si trovò ancora una volta ad essere un SeeD, che non stava più nel mezzo tra i suoi due doveri. Forse lei avrebbe capito, forse no. Sperava che lei sapesse che non era una sua scelta, solo quello che era considerato appropriato per qualcuno nella sua posizione. Ma di quale posizione si trattava - Cavaliere o SeeD? In quel momento, doveva essere la seconda. Aveva un lavoro, una responsabilità, e credeva onestamente che tutto quello che stava facendo lo rendesse un Cavaliere migliore, o forse non l'avrebbe fatto.

Il giovane Comandante si guardò oltre la spalla mentre il gruppo di ufficiali di Trabia tornava verso il Garden. Non aveva risposto alla domanda di Rinoa, ma lo avrebbe fatto quando l'avrebbe rivista. Fece quella promessa a se stesso. Se non poteva trovare il coraggio di dirle cosa provava per lei, poteva almeno spiegarle i suoi ragionamento quando si trattava del dire la semplice parola 'addio'. Perché non poteva dire addio? Addio era definitivo, una fine... qualcosa che veniva detto a chi non tornava mai più. Come matricola aveva partecipato a troppi funerali, aveva sentito quella parola da troppe persone, ma non l'aveva mai usata lui stesso, sempre l'osservatore della vita che gli passava accanto. Forse aveva una qualche specie di superstizione profondamente radicata, forse onestamente non era niente... ma nel suo lavoro ogni momento contava. Non avrebbe detto addio a Rinoa: era semplice.

*****
Nota delle traduttrici: scusate il ritardo :) Il capitolo è stato aggiornato, ma senza essere controllato (nel senso che è stato betato, ma per non farvi aspettare troppo lo inserisco e aggiungerò dopo le correzioni). Qualsiasi errore quindi verrà corretto in un aggiornamento successivo. Vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 22
*** XXII: Tempo di Rinunciare agli Abbracci ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXII: Tempo di Rinunciare agli Abbracci ~

6 giugno

La lama parve un lampo bianco cereo nell'istante in cui il bordo metallico catturò la luce del cielo. Il corpo di lui si mosse con istinto predatore, voltandosi su se stesso e curvandosi in una perfetta danza di eleganza. Non riuscì a trattenere il sorrisetto che gli spuntò sulle labbra mentre l'adrenalina galoppava sotto la pelle. Era più di uno scatto momentaneo; era una droga intossicante che lo trascinava sempre più giù nella sua trance solitaria. In quell'attimo, esistevano solo lui e la bestia dall'aspetto di drago che gli stava di fronte.

Non c'era logica nel loro incontro; lui, l'uomo, era l'invasore e l'aggressore nella tana del mostro. Ma era allora che la bestia si difendeva di più, quando stava proteggendo la sua casa. Nella mente del Comandante, era tragico e poetico allo stesso tempo.

Gli artigli mortali del Dragon Izolde contenevano veleno, e magari quello faceva parte dell'attrattiva. Certo, il Garden aveva in dotazione gli antidoti, ma ugualmente, ogni mossa mal calcolata poteva rivelarsi fatale - anche in un ambiente 'controllato'.

Ma cedere non era nella sua natura, e nemmeno in quella della bestia.

In un solo movimento fluido, il gunblade colpì la creatura, che indietreggiò incespicando mentre si contorceva per il dolore. Il Cavaliere sentì la pelle del mostro lacerarsi come fosse carta; la lama aveva squarciato strati su strati di epidermide. Il Dragon Izolde agonizzava in quella che, in qualsiasi altra situazione, sarebbe stata una ferita mortale. Nel mondo esterno il dilemma morale non si sarebbe nemmeno posto, ma la compassione umana prevalse sull'istinto ben allenato del guerriero. Squall fece un passo indietro cercando di riguadagnare il respiro di cui aveva un disperato bisogno.

"Capito," affermò una seconda figura che avanzò verso l'animale ferito. In un solo gesto Zell aprì un piccolo contenitore e lo protese verso la creatura.

I colori traslucidi della pozione curativa vorticarono attorno al Dragon Izolde mentre entrambi i contendenti rimanevano a guardare con un fascino vizioso. Lo sport in sé era qualcosa di crudele in una maniera indecente: straziare una creatura solo per curarle poi le stesse ferite che l'assalitore aveva inferto. Ma non erano fatti su cui si poteva discutere; tutto era sempre compiuto per un bene superiore. E il Garden era sempre il bene superiore, così era stato addestrato a credere.

Si schiarì le idee; aveva sempre avuto una tendenza ad analizzare eccessivamente qualsiasi cosa, per arrivare persino alle creature che vagavano nel Centro Addestramento di Trabia. In quel momento era tutto irrilevante. Rimase fermo a riprendere fiato in silenzio dopo la sua presunta vittoria. Il Centro Addestramento di lì era tenuto ad una temperatura quasi glaciale, e il calore che s'irradiava dal suo corpo era un immenso contrasto. Eppure non poteva negare il fascino della battaglia, anche in condizioni artificiali.

"Ora, personalmente non capisco che gusto ci sia stato per te," fece l'esperto di arti marziali infrangendo il silenzio. "Certo... se avessimo fatto un confronto un po' più equo..."

Squall rimase muto, sollevando solo un sopracciglio all'indirizzo del biondo. Si chiese tra sé e sé quale entità l'avesse posseduto quella sera quando aveva chiesto a Zell di allenarsi con lui; poi, ovviamente, si ricordò delle regole che asserivano che 'nessuno poteva recarsi al Centro Addestramento senza un compagno'. Stupide regole.

Zell fece un sorrisetto mentre l'idea di una piccola sfida andava prendendo forma nella sua mente. "Ehi Squall, ti va di provare qualcosa di un po' diverso?"

"Che?" sbottò il Comandante seppur involontariamente. Il battito del cuore gli risuonava ancora rapido nel torace. Forse c'era una tacita paura nella sua risposta; qualsiasi cosa l'esperto di arti marziali potesse aver programmato si posizionava, con ogni probabilità, a pari merito in classifica con la missione del treno dei Gufi del Bosco.

"Aaah, ancora, o tu uomo di poca fede, abbi fiducia nel 'Signor So-Tutto-Io' come mi hai soprannominato tutti quei mesi fa. Come fai a dubitare di me, prima ancora di avermi ascoltato?"

Squall scosse appena la testa e si passò le dita fra i capelli umidi di sudore. "Vuoi davvero che ti risponda?"

"Uhm... beh... no. Comunque, stavo pensando, perché non provi col prossimo Dragon Izolde ma senza il gunblade. Su quanti danni puoi fare con quella cosa dubbi non ce ne sono, ma con i pugni? Voglio dire... giusto le basi delle arti marziali qui... uno contro uno... uomo contro bestia... grosso mostro blu contro tizio zitto e tenebroso."

Il Comandante stava per replicare seccamente con una qualche risposta, ma il biondo lo zittì prima che potesse. "Scherzi a parte, non ti farebbe male allenarti un pochino di più nel corpo a corpo. E se succedesse qualcosa e tu non potessi avere l'arma a portata di mano? Voglio dire, potrebbe essere un buon esercizio in caso tu avessi da difendere all'improvviso Rinoa."

"..." E il giovane uomo si girò e appoggiò il gunblade su una roccia vicina.

Zell sorrise, sapeva che la menzione di 'Rinoa' siglava il contratto, anche se il Comandante non l'avrebbe mai ammesso. Erano quasi due ore che stavano combattendo fianco a fianco, e Squall era riuscito a mettere insieme a malapena un paio di frasi. Non aveva detto nulla sulla partenza di lei del giorno prima, ma Zell capiva che a Squall pesava più di quanto non avrebbe mai confessato.

*~*~*~*~*

Il Comandante serrò i pugni e poi fece ruotare i polsi, nel tentativo di far fare un po' di stretching alle mani prima del primo colpo d'attacco. Non aveva intenzione di ammettere quanto tempo fosse passato da quando aveva fatto una cosa del genere; il suo combattimento corpo a corpo doveva probabilmente essere abbastanza arrugginito per questo livello avanzato. Chiunque al Garden era stato addestrato al combattimento; non dubitava certo delle sue abilità a livello generale, ma cominciare subito con un Dragon Izolde poteva costituire una sfida più ardua di quanto non avesse preventivato.

Rimase fermo, con le mani che gli paravano il viso. Ogni dettaglio degli allenamenti base riaffiorava alla sua memoria mentre stringeva i pugni per poi lasciarli rilassare appena. Distribuì il peso equamente su entrambi i piedi, per cercare di restare più stabile possibile; da questa posizione poteva muoversi tranquillamente in ogni direzione, beh, o almeno quella era la teoria, il Dragon Izolde avrebbe potuto avere altre idee.

La creatura fece la prima mossa, lanciandosi in avanti con un potente attacco. Squall evitò gli artigli senza problemi la prima volta, e poi si preparò per il suo turno a colpire. Ruotò rapidamente su se stesso quel tanto che bastava a tirare il suo primo pugno; fu un diretto sinistro quasi da manuale, col palmo rivolto verso il basso, che cozzò contro il fianco della bestia, contro la pelle simile a cuoio. Non permise al dolore del contatto di raggiungerlo, la fitta alla mano era una cosa passeggera.

Il drago emise un alto suono che ricordava un grido di battaglia.

Squall non era molto convinto di quello in cui si era andato a infilare. Sapeva solo che sarebbe stata una lunga battaglia solitaria. Anche se, in un certo senso, il pensiero era molto invitante: era tanto che non sentiva di dover veramente tirare fuori tutta la sua forza. Si erano tutti abituati agli effetti aggiuntivi che i GF offrivano; ma adesso si trattava solo di pura resistenza fisica.

Aveva pensato di ricorrere ad un calcio agli stinchi, ma siccome non era sicuro di dove fossero, gli stinchi del drago, si era deciso per qualcosa di più appropriato. I suoi piedi si mossero in una danza quasi intrecciata, anche se non elegante, a meno di essere apprezzata da un altro maestro di quell'arte. Prese tutto lo slancio che poteva in quello spazio ristretto prima di proiettarsi in un calcio laterale. La creatura emise un guaito e controbatté con il suo attacco basilare. Non c'era addestramento militare per il suo assalto, solo l'istinto di sopravvivenza.

"Non credo tu voglia risolverla a morra cinese, no?" Il drago ruggì più forte e scagliò una zampata pericolosamente vicino all'orecchio del Comandante. "Ecco, non pensavo," fu la battuta di Squall, un po' seccato da questo nuovo sviluppo.

La creatura si protendeva in avanti e il giovane Cavaliere schivava con abilità i suoi colpi, e lo scambio tra uomo e bestia continuava. Squall non aveva memoria di aver combattuto contro un nemico singolo da molto tempo, come minimo dal confronto finale con Artemisia. Era solo l'adrenalina che lo teneva in piedi, lo spingeva a schivare, o a rotolare... o anche a piombare a terra di malagrazia, se era il caso. Ma non si sarebbe ritirato dalla sfida; era diventata una missione personale.

Con un ultimo grido ferito, la creatura crollò sotto il proprio peso. Sfortunatamente, anche Squall non era in condizioni molto diverse, visto che subito dopo cadde in ginocchio, totalmente esaurito. Ogni muscolo del corpo gli faceva male. Non ricordava un allenamento così duro da anni. Forse era un bene, era diventato troppo sicuro delle sue abilità e aveva bisogno di una cosa del genere come promemoria.

"Visto, questo sì che era divertimento," disse Zell offrendo la mano al Comandante.

Squall accettò il gesto e tornò in piedi. Sentiva il corpo surriscaldato e il dolore che si diffondeva nei muscoli, anche se non avrebbe mostrato segni esteriori del suo sfinimento. Mentre riguadagnava il contegno, si voltò a guardare la bestia caduta.

"Zell, quando torniamo a Balamb, puoi avere la mia carta del Triple Triad del Dragon Izolde. Non voglio più vederne uno, né vivo e nemmeno in fotografia."

"Beh, potevi fargli la tua lezione sul Gojusheel e sarebbe morto di noia... letteralmente," replicò l'esperto di arti marziali con un accenno di risata.

"Sta' zitto, Dincht."

"Quanto affetto, amico, lo sento proprio."

"Fantastico," biascicò Squall sottovoce mentre si allontanava per recuperare la sua arma. Si guardò alle spalle per vedere Zell che somministrava una pozione alla creatura sconfitta per la seconda volta. Si stava facendo tardi e l'unica cosa che il Comandante desiderava era una doccia calda e un po' del riposo di cui aveva proprio bisogno. Non aveva dormito bene la notte prima, aveva rimuginato su troppe cose nella sua mente. Ogni volta che chiudeva gli occhi tutto ciò che vedeva era Rinoa in piedi sulla nave, non che fosse un male - ma era solo che non sapeva come raccapezzarsi fra tutto quello che gli riempiva la testa.

I due attraversarono una serie di doppie porte che conducevano nel punto di congiunzione tra i vari mostri, quello che separava il livello principianti da quelli avanzati. Era lì che, a terra, si trovavano le mattonelle commemorative, ognuna un simbolo di speranza o di ricordo per coloro che avevano aiutato nel ricostruire Trabia. Sorrise dentro di sé a ripensare quanto era rimasta irritata Rinoa quando non le aveva voluto dire che cosa c'era scritto sulla sua pietra. Col tempo, lo avrebbe saputo, ed era questo l'importante. Ma vederla stizzirsi in quel modo poteva rivelarsi piuttosto divertente, anche se non avrebbe mai osato dirglielo. Da qualche istante, perso nei suoi ricordi, aveva smesso di camminare. Adesso stava fissando la piastrella con l'immagine del Griever e le ali d'angelo incisa sulla sua superficie.

Il ragazzo biondo rimase ad osservare il suo amico con lo sguardo fisso e in silenzio, non si sarebbe mai avventurato a indovinare cosa passava nella mente di Squall. C'era una cosa che per tutta la settimana aveva impensierito Zell, ma non era sicuro di come introdurre la cosa. Rinoa era diventata una dei suoi migliori amici - si erano avvicinati tantissimo nell'ultimo anno. Quello che aveva detto qualche tempo prima aveva toccato una corda dentro di lui, anche se sapeva che la ragazza non ne aveva avuto l'intenzione. Una parte di lui sentiva di stare tradendo una fiducia che gli era stata inavvertitamente accordata. In un certo senso, Squall era probabilmente l'ultima persona a cui lei avrebbe voluto parlare della cosa, ma era anche il primo che avrebbe dovuto saperla. Ma di nuovo, non era che Rinoa avesse avuto quell'uscita di punto in bianco, in realtà anzi aveva cercato di lasciar cadere l'argomento come se non fosse stato nulla di importante. Era solo una sensazione che Zell aveva avvertito quella sera nella caverna.

"Uhm Squall..." Il giovane uomo si scrocchiò le nocche, abbassando lo sguardo nervosamente.

"Hai intenzione di restare a guardare il pavimento tutto il giorno o vuoi dirmelo?" chiese Squall quando vide che il silenzio proseguiva.

 "Sì... ehm, riguarda Rinoa." Zell fece una pausa, accorgendosi di come era cambiato il comportamento del Comandante. Era una di quelle cose che risultavano palesi solo a coloro che lo conoscevano a sufficienza. "Prima di cominciare, vorrei solo che sapessi che è stata una cosa detta così, nel mezzo di una conversazione... e lei non intendeva dire nulla con quello. È solo che io... io penso sia qualcosa che forse la preoccupa... anche se non sono sicuro che l'abbia mai presa in considerazione nella realtà."

"Che?"

"È stata solo una cosa che ha detto la sera che si fece il quiz con i cadetti, e ti stava guardando mentre portavi i bambini sulle spalle. Così per caso, tanto per parlare, le ho detto che aveva fatto un bel lavoro, che aveva un talento naturale coi bambini. E lì... ho detto più o meno che sarebbe stata una brava mamma un giorno... ed è stato allora che mi ha detto che lei, per quello che è, non può avere bambini."

"Non può?" Le parole di lui furono quiete; non riusciva quasi a credere di averle nemmeno pronunciate. Gli erano solo sfuggite in qualche modo, appena più percettibili di un sussurro.

"Beh, è abbastanza sicura che sarebbe impossibile... visto che è... beh, lo sai, una Strega. Penso di aver solo visto quello sguardo nei suoi occhi, anche se cercava di nasconderlo. Io credo che la preoccupi più di quanto non voglia far vedere."

Questo non era certo ciò che Squall si aspettava; ad essere sinceri, non sapeva proprio cosa si fosse aspettato. Sarebbe stato lui il primo ad ammettere che i bambini erano la cosa più lontana dai suoi pensieri. In assoluto. Eppure, ugualmente, solo poco più di un anno prima, avere una ragazza era stata la cosa più lontana dai suoi pensieri. In quel momento, pensò che era meglio non dire altro sull'argomento, o forse era che non sapeva veramente come rispondere. Questa era una cosa su cui avrebbe dovuto riflettere... per più tempo che non il giro di qualche secondo.

*~*~*~*~*

12 giugno

Era esattamente una settimana. Precisamente sette giorni da quando aveva sentito la sua voce. Centosessantotto ore, più o meno, da quando l'aveva lasciato su un molo di Trabia. D'accordo, forse stava esagerando, sarebbe stata Rinoa stessa la prima ad ammetterlo. Chiamatela pure una debolezza, chiamatela un tratto della personalità, o chiamatela pura e semplice noia.

Ancora una volta, come era già successo tanto spesso negli ultimi mesi, si ritrovò distesa sul letto a fissare con sguardo vacuo il soffitto. Tutto appariva sbagliato, in quell'ultima settimana; aveva l'impressione che una parte di lei mancasse. Per quanto ci provasse con tutte le sue forze, non riusciva semplicemente a sentirsi completa.

La giovane Strega continuava a rivedere nella mente gli ultimi giorni passati a Trabia, chiedendosi se ad un certo punto non avesse fatto forse qualcosa che gli fosse dispiaciuto, o era solo che il tempo che passavano separati era per lui quello di maggiore distensione? Una gran parte del suo animo credeva che non fosse così, però la realtà era che Rinoa era semplicemente un essere umano, e quei piccoli, perfidi dubbi trovavano sempre il modo di scivolare tra i suoi pensieri. Forse se avesse potuto parlare con lui di persona, avere la possibilità di sentire la sua voce dall'altro capo della linea... ma era la sua assenza, l'ignoto, come sempre, a farle paura.

Per dirla francamente, sapeva già da prima che le cose sarebbero cambiate al suo ritorno a Balamb, ma forse aveva sperato che non sarebbero cambiate così all'improvviso, senza preavviso. La notte che era arrivata a casa aveva lasciato un messaggio a Squall, ma al suo cellulare aveva risposto la segreteria telefonica. La cosa non l'aveva sorpresa, sapeva che il meeting che aveva in agenda era, per dirlo in una sola parola: distruttivo. Lui aveva risposto al messaggio solo con un paio di brevi frasi che Rinoa aveva trovato sulla sua segreteria il giorno dopo. In altre parole, non l'aveva chiamata al dormitorio quella sera: aveva chiamato e lasciato il messaggio sulla sua linea al lavoro. Gli concesse il beneficio del dubbio, immaginando che probabilmente non aveva voluto privarla del sonno di cui aveva tanto bisogno. Così non ci aveva costruito sopra troppe elucubrazioni... ma era stata la quantità sempre maggiore di tempo che passava che aveva iniziato a farla preoccupare.

Certo, aveva facoltà di alzare il telefono e fare il numero. Non era una bambina impotente che aspettava una chiamata che poteva non arrivare mai. Rinoa avrebbe potuto avere una parte attiva nella situazione con molta semplicità, ma c'era qualcosa che la tratteneva e non riusciva a comprendere nemmeno questo. E dunque invece di spazzare via i suoi dubbi, attaccare le sue paure, e sollevare il telefono - si ritrovava concentrata sulle mattonelle del soffitto. Doveva smetterla con questo continuo sognare ad occhi aperti; stava diventando un'abitudine estremamente fastidiosa.

Il rumore di qualcuno che bussava alla porta la disturbò dalla sua trance ipnotica. Sobbalzando per il suono, si lasciò sfuggire un piccolo sospiro, e si portò la mano al petto per calmarsi.

"Ehi Rinny, sei lì dentro?" La voce di Selphie veniva attutita da dietro la porta.

"Sì, un secondo," rispose affrettatamente, mentre cercava di riprendersi.

Gettando giù i piedi al lato del letto, si alzò e si risistemò la coda. Non sapeva bene perché lo stesse facendo; anche quella era diventata un'abitudine nervosa che aveva acquisito negli ultimi mesi. Rinoa non sapeva neanche perché si sentisse come se fosse stata colta in flagrante a fare qualcosa di orribile, eppure c'era un senso di colpa che non poteva negare. Si sentiva spesso così quando la sorprendevano mentre era persa nella sua mente, cosa che, anche questa, era diventata quasi la norma per lei.

Aprendo la porta con un sorriso, cercò di mostrarsi del tutto innocente. Non aveva davvero motivo di sentirsi così, eccetto forse dubitare della propria relazione. Non importava che probabilmente fosse un sentimento normale; si sentiva in colpa solo per aver contemplato dei pensieri di dubbio.

"Hai prooooprio la faccia di chi si sente in colpa!" rise Selphie al vedere la sua amica che cercava di mascherare le proprie emozioni. Se c'era una cosa che Rinoa non sapeva fare, era nascondere qualsiasi tipo di senso di colpa o imbarazzo.

"Non è assolutamente vero," disse con enfasi.

"E sei pure una pessima bugiarda."

Rinoa alzò gli occhi al cielo, sconfitta, mentre l'amica entrava nella stanza e si lasciava cadere sul letto. Così, tanto per fare, Selphie cominciò a far ondeggiare i piedi avanti e indietro guardando la Strega che, nervosa, andava a chiudere la porta.

"Spero che tu sia qui per qualcos'altro, oltre a farmi passare brutti quarti d'ora," scherzò Rinoa con una mano sul fianco. "Mi bastano quelli che mi fanno passare gli altri."

"E a proposito di questo," ridacchiò Selphie che aveva tirato fuori una chiave elettronica dalla tasca, sapendo perfettamente chi intendeva Rinoa con l'appunto sugli 'altri'. "Ho una chiave per la sua stanza, pensavo che si potrebbe andare a darci un'occhiata."

"Selphie! È fuori discussione! Nella sua camera non ci vado... non mi rivolgerebbe mai più la parola."

"Ma no, scema," rise Selphie buttandosi giù all'indietro sul letto. Sapeva esattamente quel che pensava Rinoa, ed era vero, Squall non sarebbe stato proprio felice come una pasqua se qualcuno fosse entrato nell'appartamento che occupava al momento; anche se l'espressione 'felice come una pasqua' e Squall stavano bene insieme quanto Shiva e Ifrid. "Rin, il suo appartamento nuovo. Gli operai hanno finito di costruirlo stamani e Cid ha detto che potevamo andare a dare uno sguardo prima che Mr. Ospitalità ci si trasferisca. Non sono sicura che il resto di noi semplici mortali potrà mai avere il privilegio di sbirciare dentro l'antro di Squall."

"Antro?" rise Rinoa. "Vuoi dire dove fa tutti i suoi lavori segretissimi da Squall?"

"Esatto, rimuginare, pensare, ragionare, e se avanza tempo... altro rimuginare. La vita di un Comandante della SeeD, non per i deboli di cuore."

"...Ed esattamente come sei entrata in possesso di questa chiave?" domandò Rinoa, occhieggiando l'amica con sospetto.

Selphie si rotolò sul fianco, poggiando il viso contro la mano, e fece un sorrisetto trionfante. "Anni di allenamento nelle arti della scaltrezza, dello spionaggio e dell'intelligence."

"Vuoi dire che Cid te l'ha data?"

"Già, ma ho dovuto chiedergliela con tanta, tanta, tanta gentilezza."

"I tuoi talenti di SeeD non smettono mai di stupirmi."

Rinoa fece un sospiro e guardò il suo dormitorio. Il fatto era che non stava concludendo proprio niente lì dentro, salvo aver imparato a memoria ogni imperfezione del soffitto. La giovane donna alzò le mani in segno di resa. Selphie continuò a rivolgerle il suo sorrisetto, anche se immaginava che la sua amica sapesse già che si sarebbe arresa facilmente: Rinoa non era poi così difficile da persuadere su certi argomenti, e poi doveva ammettere che la curiosità stava avendo la meglio anche su di lei.

"E va bene Selph, dammi un minuto per cambiarmi."

A quelle parole, la sua amica saltò giù dal letto, con un urletto deliziato. "Yu-huuu!"

*~*~*~*~*

Era così... spazioso. Certo, magari non se paragonato alla villa in cui era cresciuta, ma in contrasto con praticamente tutte le altre stanze del Garden, con poche rilevanti eccezioni. Rinoa rimase incantata al centro del salotto. La moquette dava la sensazione di nuvolette soffici sotto le dita dei piedi. D'accordo, forse i suoi paragoni non erano molto appropriati, ma non ricordava di aver mai sentito qualcosa di così morbido, beh, almeno nell'ambito dei tappeti. Tutte e due le ragazze avevano deciso di togliersi le scarpe; l'ultima cosa che volevano era portare sporco sul tappeto nuovo di Squall. Lui aveva un talento unico per scovare anche le macchie più microscopiche mai viste dall'uomo - e le due ragazze, era storia, tendevano ad essere le colpevoli più probabili in quel settore.

Le pareti dell'appartamento non erano esattamente bianche, ma quasi un color crema, mentre la moquette aveva un tono di beige un po' più scuro. Per un attimo Rinoa si godette l'odore dell'appartamento appena dipinto: la riportava per un attimo ai ricordi del tempo passato a Trabia. Bizzarro, prima non avrebbe pensato due volte a quell'odore, adesso la faceva semplicemente sorridere.

C'era qualcosa che dava l'impressione di casa in quel posto, anche se non c'era nessun oggetto all'interno delle sue mura. Rinoa sapeva che non ci avrebbe messo molto ad abituarsi a quel luogo. Però certo, non c'era nemmeno da porsi il problema, in qualunque luogo Squall fosse lei riusciva ad abituarcisi piuttosto in fretta.

"Rin, hai visto quanto è grande il bancone della cucina! Questo posto è spettacolare!"

Diversamente da Rinoa, Selphie non era affatto così timida - anzi trovava necessario aprire vigorosamente ogni porta e ogni stanzino nell'appartamento. Prima che potesse accorgersene, Rinoa vide un lampo di giallo scomparire in un breve corridoio. La giovane Strega sorrise, pareva che Selphie fosse la classica bambina in un negozio di caramelle. Non credeva che Squall avrebbe mostrato la benché minima emozione riguardo a quel posto; in effetti, anzi, se doveva dire qualcosa sarebbe stato che era eccessivo e che il suo piccolo letto e la scrivania erano più che sufficienti. Un gridolino di gioia spinse Rinoa a seguire le orme dell'amica, a quanto pareva Selphie aveva trovato qualcosa che l'aveva esaltata.

"Rin guarda qui! Ho sempre voluto una vasca da bagno così!" Selphie saltellava su e già fuori da una porta e puntava il dito, ovviamente stava contemplando una stanza da bagno.

"Wow," fu l'unico commento che Rinoa riuscì a tirar fuori quando vide l'enorme vasca ad angolo. "Tutto questo posto è meraviglioso... ma hai ragione, ucciderei per avere una vasca come questa. Cavolo, ucciderei anche solo per farci un bagno. Voglio dire, è una vita che non lo faccio. Non avrei mai detto quanto mi sarebbe mancata la vasca, finché non ho avuto solo la doccia."

"Ma di che parli Rin? Almeno tu la potrai usare eccome."

Rinoa rise per un attimo, cercando di contenersi per non esplodere in un'isteria vera e propria. "Ma certo... come no... l'unica speranza che ho è farci un bagno prima che Squall torni a casa. Non credo che abbia esattamente intenzione di volermici, nella sua vasca da bagno."

Ora era il turno di Selphie di ridere. "Oh, questo è tutto da vedere."

Rinoa affibbiò uno schiaffo scherzoso sull'avambraccio dell'amica, e scosse la testa. "Credimi, l'unica possibilità che ho di farci un bagno è chiedere a Cid o Edea se posso usarla prima che Squall torni da Trabia." Doveva ammettere che non avendo potuto rilassarsi in una vasca per, beh, ormai erano anni, il pensiero era estremamente allettante. All'improvviso chiedere ad Edea non sembrava poi una cattiva idea. Squall non avrebbe mai avuto modo di saperlo, no?

Prima che avesse la possibilità di concludere i suoi pensieri notò che l'amica se n'era andata, naturalmente già pronta ad esplorare la prossima destinazione.

"Vieni qui fuori!" gridò Selphie dalla camera da letto padronale. "Questo balcone è enorme!"

Rinoa la seguì di nuovo, realizzando di colpo quanto prendersi cura dei cadetti di Trabia fosse parecchio più semplice che non stare al passo con Selphie. Non poté che sorridere quando attraversò la grande camera da letto. Una parte di lei sperava che Squall avrebbe comprato un letto vero, invece di quelli standard della SeeD. E quasi senza accorgersene si ritrovò con una mano sulla fronte, a chiedersi come mai tutto ad un tratto fosse preoccupata delle dimensioni del letto di Squall. Forse era stata troppo in compagnia di Selphie e Irvine, o forse c'era semplicemente una minuscola parte di lei che sperava che un giorno sarebbe riuscita a stare con lui, anche se sapeva che quel giorno poteva essere remotissimo, in un futuro assai distante.

Quando uscì sul balcone un refolo di brezza estiva s'incontrò coi suoi sensi. Rinoa si ritrovò di nuovo a sorridere mentre il vento le faceva solleticare la nuca dai capelli raccolti nella coda. Sullo sfondo si vedevano le luci di Balamb; lontano, nella direzione opposta, riusciva a percepire i rumori distanti dell'oceano che riecheggiavano sulle pianure. Anche se era sera, poteva immaginare come dovesse essere mozzafiato nelle ore di sole.

"La vista... è incredibile," sussurrò Rinoa con il respiro che le si bloccava in gola. "Tutto questo posto è... non riesco a credere che Squall vivrà qui."

"Io non riesco a credere che Squall dovrà comprare dei mobili." replicò Selphie, e le due condivisero una risatina per quel commento; era vero, l'idea di Squall che andava per negozi cercando mobili era estremamente comica.

"Insomma, comunque, come sta Mr. Vivacità?" chiese Selphie sporgendosi dalla ringhiera per guardare giù verso terra.

"Non-non l'ho sentito." Il sorriso di Rinoa si spense a quella confessione. Certo, lei lo sapeva, ma ammetterlo a Selphie era tutta un'altra cosa.

"Vuoi dire da quando sei tornata?"

"Beh, ho avuto un messaggio in segreteria il primo giorno, che rispondeva a un messaggio che gli avevo lasciato... e poi nient'altro in questa settimana."

"Credi che sia tutto a posto?"

"Sì, cioè... lo spero," rispose, con un tono un po' troppo basso che tradiva i suoi dubbi. Mise le mani sulla ringhiera e strinse forte le dita sul bordo. Anche se la sera era tiepida per essere appena estate, la ringhiera era sempre irragionevolmente fredda.

"Potresti chiamare Zell e vedere che succede?"

"Sai che potrei," ammise Rinoa piano. "Ma non mi sembrerebbe giusto. Voglio dire, sarebbe come se volessi tenerlo d'occhio, e noi non siamo quel tipo di coppia..." Si fermò e sospirò. "Va bene, va bene, io sono quel tipo di persona, ma non voglio esserlo. Non adesso, non per una cosa così importante."

"Sembra che qui ci sia qualcuno che sta crescendo," fece Selphie accanto a lei con un tono da dato di fatto.

"Sai, sentendo da che pulpito viene la predica... fa proprio paura. È solo che non voglio fare di nuovo casini. Credo di averne già fatti dicendo a Squall che sono innamorata di lui."

"Tu cosa?" Selphie saltò su con un'eccitazione un po' eccessiva per Rinoa in quel momento. Almeno era contenta che qualcuno trovasse qualcosa di divertente nello scivolone che aveva fatto a Trabia.

"Ho più o meno praticamente detto per sbaglio a Squall che lo amavo. La cosa peggiore è che mi è scappato nella stessa frase con 'Seifer'. Direi che non mi ero mai immaginata che quel momento sarebbe stato così."

"Ma è bellissimooooo! Beh, a parte la cosa di Seifer," ridacchiò Selphie comprendendo la situazione. Ma era felice che Squall avesse scoperto quello che Rinoa aveva confessato a lei e a Quistis la notte della festa di compleanno di Zell. Avrebbe voluto chiedere come aveva risposto Squall, ma immaginava che Rinoa avrebbe dato l'informazione di sua spontanea volontà se fosse stato qualcosa di cui voleva parlare. Quindi per quel momento lasciò stare, e si godette l'aria fresca.

Rinoa fece vagare lo sguardo verso l'orizzonte riflettendo sull'entusiasmo di Selphie. Magari era 'bellissimo' come lei lo aveva definito. Eppure c'era ancora una parte di lei che si chiedeva se avesse fatto la cosa giusta. Quando era partita non sembrava che lui avesse problemi su niente, ma quei dubbi latenti si facevano strada ad ogni giorno di silenzio. Fece una promessa a se stessa, che non avrebbe chiamato Zell, né sarebbe stata una fidanzata appiccicosa come spesso i pettegolezzi l'avevano ritratta. Invece, gli avrebbe lasciato il suo spazio, proprio come aveva sempre cercato di fare. Non importava quanto apparisse difficile in quel momento, avrebbe resistito per le prossime due settimane. Sorridendo tra sé e sé, abbassò lo sguardo sull'orologio da polso, accorgendosi infine che si stava avvicinando il coprifuoco. La giovane Strega decise che sarebbe rimasta sul balcone per qualche minuto ancora; il semplice stare lì le dava un senso di tranquillità.

*~*~*~*~*

Chiusa la porta della sua stanza, Rinoa passò in rassegna con lo sguardo il suo piccolo dormitorio. Angelo sollevò la testa, ma solo per accorgersi che la sua padrona non aveva portato avanzi di roba da mangiare, e quindi tornò presto al riposo. Fu allora che la giovane donna si accorse della lucina rossa che lampeggiava dall'apparecchio del telefono sopra la sua scrivania. Si avvicinò e premette il bottone per ascoltare l'unico messaggio. Nell'istante in cui udì la sua voce, si sentì come se un peso le fosse stato sollevato di dosso; il peso di cosa esattamente, però, doveva ancora capirlo.

"Rinoa, sono io, ma immagino che a questo potevi arrivarci da sola. Volevo solo dirti..." Ci fu una pausa, seguita da un rumore di fogli smossi dall'altro capo del telefono. "Avrei proprio voluto chiamare. Sono stato veramente occupatissimo... no, non ho intenzione di inventare scuse. Avrei dovuto chiamare prima di stasera. Stanno succedendo un sacco di cose, spero che tu possa capire. Comunque, sarò a casa tra due settimane, ci sentiamo più tardi."

Il messaggio finì senza che lui facesse alcun saluto, ma sinceramente lei non se l'era aspettato. Se c'era una cosa che aveva imparato, era che c'erano certe cose che Squall Leonhart ancora non riusciva a dire, e in quel momento, quella era una. Non si era offesa; era grata, semplicemente, di tutto quello che le aveva detto. Quella sera non aveva cercato di imbastire scuse, e quel fatto significava più di quanto lui avrebbe mai potuto comprendere.

Alla fine, Rinoa si risolse a mettersi il pigiama, e scostò lentamente le coperte dal letto. Angelo la guardò con un certo fastidio quando dovette fisicamente cacciarlo via, ma si risistemò presto accoccolandosi ai piedi di Rinoa dopo aver fatto il solito giro di rito su se stessa. Rinoa fu proprio costretta fare una risatina dentro di sé. Le cose non erano mai facili coi cani; ognuno di loro aveva la sua personalità. E a dire il vero, così era anche per le persone, immaginava.

Chiuse gli occhi ripensando alle notti a Trabia, e nell'attesa di tutte le notti che le avrebbe riservato l'avvenire, insieme a lui.

*****
Nota delle traduttrici: scusate il ritardo :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 23
*** XXIII. Un tempo per rimanere in silenzio ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXIII: Un tempo per rimanere in silenzio ~

16 giugno

Affondò nell'acqua calda, con il profumo di gardenie fresche che le riempiva i sensi. Era una fonte di paradiso; il suo corpo si immergeva nei momenti tranquilli di piacere solitario. La giovane Strega non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui aveva fatto un bagno, figurarsi l'ultima volta in cui aveva avuto il lusso di rilassarsi in una vasca che traboccava schiuma. Rinoa sorrise malinconicamente, prendendo un pugno di bolle iridescenti sopra al pelo dell'acqua. Soffiò dolcemente sulla schiuma, guardandola volare nell'aria come fiocchi di neve senza peso.

Chiuse gli occhi, ascoltando la musica rilassante della radio. La pace la avvolse, mentre sentiva che il suo corpo resisteva alla tentazione di dormire. La sua mente era da qualche parte nel mezzo tra il regno del sonno e quello della coscienza, e il secondo svaniva rapidamente.

Negli ultimi giorni si era trovata a fantasticare sulla settimana successiva; onestamente, non aveva pensato ad altro da quando era partita da Trabia solo due settimane prima. Parte di lei non poteva negare un lieve disagio al ritorno di Squall; si erano rivelate così tante emozioni laggiù. Era partita sentendosi come se ci fossero parole non dette tra loro, e sperò che il ritorno di Seifer non avrebbe impedito un qualsiasi progresso nella loro relazione. Dio, odiava dubitare di qualsiasi cosa. Ma nessuna di quelle preoccupazioni importava al presente - questo era il suo momento di relax. Lui sarebbe stato a casa presto; non c'era conforto più grande del sapere quella semplice cosa.

Aprì gli occhi e si guardò nuovamente intorno, cercando di combattere la sonnolenza. Il bagno principale era bellissimo, con una combinazione di marmo nero e bianco, illuminato da dettagli dorati. In qualche modo, se Squall fosse stato 'costretto' ad avere un bagno elegante, questo si sarebbe adattato alla sua personalità. L'aggiunta di una grossa vasca idromassaggio era una sorpresa ironica, per lei. Di nuovo, rifletté tra sé e sé su come Squall l'avrebbe probabilmente considerata nulla più che uno spreco di spazio.

Rinoa sorrise apertamente, immaginandosi la sua reazione iniziale a tutto l'appartamento. Guardando il pavimento, immaginò che Edea avesse avuto qualcosa a che fare con il design. Nessuno avrebbe considerato quell'ampia quantità di armadi a muro, o di mettere qualcosa di così frivolo come una vasca da bagno. Eppure, non vedeva l'ora di essere la prima a fargli fare un giro nel suo nuovo alloggio. D'altra parte, sperava che non sarebbe sembrato troppo presuntuoso da parte sua; a volte si trovava a mettere in discussione persino le sue idee più semplici.

Affondò di più nell'acqua: sapeva che sarebbe stato praticamente impossibile, una volta che lui fosse tornato. Quindi colse quel momento rubato come una rara opportunità, una che non poteva proprio farsi scappare. Se Squall avesse mai saputo che aveva fatto un bagno da lui, immaginava che l'avrebbe infastidito, per via di come avrebbe potuto riflettersi su di lui. Tutto stava ancora andando secondo il manuale per quanto riguardava la relazione, più o meno - a parte uscire con una Strega, men che meno una dipendente del Garden.

La dura e fredda verità era che Squall Leonhart non era ancora stato accettato da molti dei suoi compagni studenti. Anche se si era guadagnato una discreta quantità di rispetto, altri credevano la stessa cosa che credeva Seifer: che tutto gli fosse stato dato su un piatto d'argento. Il Garden era soprattutto politico e quando parecchie persone si riunivano, non mancavano i disaccordi. Sì, lo avrebbero volentieri seguito in battaglia, ma questo non significava che non covassero riserve sulla sua veloce ascesa al potere. Non avevano mai mancato di rispetto al suo comando e alla sua autorità, solo ad alcune delle sue scelte. Per lo meno stando ai sussurri tra alcuni studenti, anche se Rinoa cercava di non dar loro troppo peso.

Certo, anche il permesso che lei aveva avuto di rimanere al Garden aveva sollevato un sacco di domande sgradite, per quanto la riguardava. Forse si era semplicemente trovata ad essere più cosciente di questo fatto dopo aver parlato con Seifer. Era vero - era troppo preoccupata di quello che pensavano gli altri. Lo era sempre stata. Ora era tempo di lasciar perdere le preoccupazioni da adolescente e concentrarsi sulla sua relazione. Comunque, trovava difficile ignorare alcuni dei commenti che sentiva, anche se la maggioranza degli studenti era estremamente amichevole. Sospirò; non era il momento di indugiare sulle cose negative, solo di concentrarsi sulla felicità rilassante di quell'interludio.

Dopo la sua visita all'appartamento con Selphie, l'idea di un lungo bagno tranquillo le era sembrata di un fascino insondabile. E come al solito, si era trovata lontana dalla forza irresistibile. Quando Edea era tornata a Balamb dall'orfanotrofio, due giorni prima, Rinoa aveva trovato la sua occasione. Raccogliendo infine il coraggio, la giovane Strega aveva esposto l'idea alla moglie del Preside. Rinoa aveva bisogno di una conferma, voleva una qualche specie di permesso ufficioso, sapere di non star violando nessuna norma del Garden. La donna aveva sorriso con una risatina furba; a volte Rinoa credeva che l'ex Strega sapesse più di quanto dava a vedere.

La settimana successiva le sarebbe sembrata la più lunga della sua vita, passata a guardare ogni ticchettio dell'orologio. Grugnì di nuovo, rendendosi conto di quanto patetica sembrasse. Quando era diventata così per un ragazzo? Ok, il ragazzo in questione era Squall... ma comunque quel senso di indipendenza che una volta era così prezioso per lei sembrava un po' banale.

Alzando le braccia, Rinoa si abbassò anche più profondamente nella coperta di bolle. Nemmeno nei suoi sogni più selvaggi aveva immaginato che la schiuma fosse così densa. Era solo per la classificazione del film che aveva visto così tante bolle che riempivano così completamente una vasca da bagno. Si fece l'appunto mentale di ringraziare Quistis per il consiglio sulla marca del bagnoschiuma; non si sentiva così rilassata da tempo.

La musica lasciò spazio a uno spot, e si prese quel momento per infilare il resto della testa sotto l'acqua. Chiuse gli occhi, lasciando che la solitudine e l'acqua calda le avvolgessero completamente il corpo. Ok, forse andare completamente sotto una massa di bolle insaponare non era una mossa intelligente al momento; si sentiva pungere agli angoli degli occhi. Le voci dalla radio sembrarono alzarsi di volume quando emerse finalmente dall'acqua, togliendosi in fretta la schiuma dal viso.

"...e poi c'è il bagno."

Le ci volle solo un millesimo di secondo perché la sua mente capisse che la voce non veniva dalla radio, ma da dietro la porta del bagno. Se avesse potuto urlare "non entrate!" lo avrebbe fatto, ma era troppo tardi.

La porta si aprì all'improvviso e lei rimase scioccata mentre i suoi occhi incontravano quelli di un'altra persona. Cioè, credeva davvero che fosse una sola, dato il fatto che trovava difficile vederci chiaramente. D'altra parte, forse era una buona cosa che non potesse vederci bene... si trovò momentaneamente a cercare di non immergersi ancora sotto la schiuma, come se in qualche modo avesse cancellato tutto... sì, certo... perché lei, sempre lei?

"Oh mio Dio," mormorò piano Rinoa abbassando lo sguardo. Si nascose il viso tra le mani come se in qualche modo quello risolvesse la situazione.

Lui, dal canto suo, era più che senza parole, ed era raggelato, più freddo di un laghetto di Trabia. Alcune gocce di schiuma le cadevano dalle punte dei capelli nella massa sottostante, e lui cercò di non seguire il percorso di ogni singola goccia. Anche se in quei momenti gli occhi di lei erano coperti, e in un certo senso ne era estremamente grato. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era essere colto a... fissare.

"Quindi Squall, come ti sembra?"

Meraviglioso, pensò, assicurandosi di non dirlo ad alta voce. D'altra parte, l'abilità rudimentale di parlare in quel momento era più lontana del villaggio degli Shumi. La voce di Zell si fece più vicina al Comandante. All'avvicinarsi della seconda persona, Rinoa trovò finalmente il coraggio di guardare ancora verso la porta. Poteva a malapena vedere un'altra figura in ombra da dietro. Davvero, questo non era... bello.

Squall si riebbe, per lo meno un po'. Con un tempismo perfetto il Comandante si voltò, spingendo via con forza l'esperto di arti marziali dalla soglia. La porta si chiuse con così tanta forza che i muri del bagno tremarono un momento.

"Che c'è, amico? Il bagno è così brutto o cose così?"

"No..." Quella fu l'unica parte della risposta di Squall che Rinoa riuscì a decifrare, seguita poi da alcune sillabe di Dio sapeva cosa.

In quell'istante voleva morire per l'imbarazzo, ma una parte più grande di lei voleva vestirsi e andare a dargli il bentornato... beh, almeno un bentornato come si deve. Come succedeva spesso, Squall aveva davvero un modo di sorprenderla; sfortunatamente, stavolta, lei aveva trovato il modo di sorprendere ugualmente lui. Sperava che lui capisse, e forse che trovasse una sorta di umorismo nella situazione più tardi - molto più tardi. Dato che immaginava che Zell probabilmente si stava già divertendo un sacco con quella situazione.

*~*~*~*~*

Rinoa riuscì in fretta a uscire dalla vasca, e ad asciugarsi il più veloce possibile. Si vestì, infilandosi un paio di pantaloncini grigi e una maglietta troppo grande. Aveva ancora i capelli bagnati, raccolti in una coda di cavallo lenta. Si guardò allo specchio e si levò in fretta la schiuma restante ancora appiccicata ai capelli.

Con un profondo respiro, aprì la porta che portava alla camera da letto principale, raccogliendo il coraggio di uscire e affrontare l'imbarazzo che meritava così ampiamente. Esitante, seguì il corridoio, pensando di correre indietro e chiudersi nel bagno. Ok, non era la scelta più matura al momento, ma aveva un suo fascino. Con suo shock, Squall era nel salotto da solo, appoggiato al muro con aria indifferente. Almeno il resto dell'umiliazione con Zell poteva esserle risparmiata per un altro momento.

"Sorpresa," disse lui con voce monotona aggrottando un sopracciglio.

"Sì, sì, lo è davvero." Lei cercò di rimanere calma e composta, piegando la testa e comportandosi fisicamente come se non fosse colpita, anche se dentro era tutta in subbuglio. Il fatto che lui sembrasse tradire pochissima emozione non era incoraggiante, ma Squall non era mai un libro aperto. Almeno non sembrava troppo scocciato; d'altro canto, non era sicura di quale sarebbe stata la sua reazione in quella particolare evenienza.

"Cid ha cercato di localizzarti, ma sembrava che tu non fossi... disponibile."

"Uhm... già... scusa," balbettò lei spostando gli occhi sulla cucina. Forse, in qualche modo, poteva nascondersi in tutto quello spazio libero. O forse poteva provare ad evocare una magia Stop e guadagnare l'uscita. Ma con la sua fortuna avrebbe finito per farlo esplodere - più o meno come era successo durante lo sfortunato incidente della sedia e del ragno qualche mese prima. Beh, tecnicamente il ragno se l'era cavata senza un graffio da quella parte della faccenda. Ok, nessuna delle sue scelte era sul lato maturo, ma in quel momento avevano il loro fascino. Quindi si morse nervosamente il labbro, cercando di cavarsela con tutta la maturità possibile. Avrebbe confessato il suo, beh... il suo fare qualcosa di tipicamente 'Rinoa'.

"Per cosa?" chiese lui, sempre senza tradire nessuna emozione.

"Non avrei dovuto usare la tua vasca... so che questa è la tua stanza e avrei dovuto pensare a come sarebbe sembrato. Mi dispiace, Squall... era da tanto che... beh da tanto che non facevo... voglio dire... non è una scusa, lo so! La doccia nella mia stanza è così piccola e io..." Le parole svanirono mentre le sembrava di seppellirsi più a fondo nell'idiozia ad ogni cosa che diceva. Imparare quella dannata magia Stop iniziava ad avere sempre più fascino, mentre si rimproverava per quel casino.

"Tu cosa?"

"Mi dispiace e basta. Non userò più la tua vasca."

"Mai?" chiese lui sull'offensiva, facendo alcuni passi in avanti.

"Prometto," rispose piano lei cercando di non farlo arrabbiare. Sentiva sempre di avere la capacità di incasinare qualsiasi situazione se ne aveva l'opportunità.

Si trovò in piedi direttamente davanti a lei, a guardarla negli occhi. Lei si sorprese quando le sue braccia le circondarono la vita, e la attirarono a lui.

"Sai, non dovresti fare promesse che non puoi mantenere," la informò, muovendo una mano sulla sua schiena. "Sai come prendo seriamente le tue promesse. Ora guardami negli occhi e dimmi che non intendi mai più fare un bagno qui."

"Beh, uhm..." riuscì a balbettare lei prima che lui la attirasse in un bacio profondo. Stringendolo di più, gli mise le braccia sotto la giacca, accarezzando ogni centimetro della sua schiena fino alle spalle. Quando infine si separarono per respirare, lui posò la guancia sui suoi capelli umidi.

"Sembri... pulita," disse piano, solleticandole l'orecchio.

Questa volta toccò a Rinoa essere senza parole; sembrava quasi non da lui scherzare su una situazione come quella.

"Ah ah," rispose lei, leggermente confusa, cercando di tornare composta.

"Sai quanto sei fortunata che non siano entrati per primi Cid o Zell? E ti rendi conto che domani sarà l'argomento forte tra i nostri amici?"

Rinoa quasi voleva ridere a quella frase. Domani? Avrebbe dovuto provare con dieci minuti più tardi; era più in pari con la velocità del gossip. Ma sapeva che sarebbe rimasto nel gruppo, e anche Squall onestamente doveva crederlo, perché la stava prendendo bene. Eppure lei sentiva che non avrebbe mai dovuto metterlo in quella situazione imbarazzante, per quanto potesse essere non intenzionale.

"MI dispiace così tanto, Squall, davvero. Non avevo idea che saresti tornato oggi..."

"Non devi. Non c'era modo che tu lo sapessi, o non si chiamerebbe sorpresa." Aggiunse le ultime parole sottovoce, ma di proposito a voce abbastanza alta perché lei sentisse. "Ma ne è valsa proprio la pena."

"Che? Squall!" Lo spinse via, sorpresa dalla battuta, picchiandolo giocosamente sul braccio.

"Oh, cosa? Non posso dire che è valsa la pena tornare a casa dalla mia ragazza?"

Cercò di sorridere, sperando che lei avrebbe creduto che voleva dire quello... anche se, di nuovo, non poteva negare che ne era valsa la pena su tutt'altro livello. Non l'avrebbe mai ammesso ad anima viva nemmeno in milione di anni. Almeno aveva la 'scusa ragazza' su cui appoggiarsi.

"Squall... sei a casa!" Lei lo disse a voce alta, come se se ne fosse appena accorta. Proprio come al loro secondo incontro, Rinoa gli si gettò tra le braccia - anche se stavolta lui non la spinse via. "Sai, la stai prendendo terribilmente bene, che hai fatto al mio ragazzo?"

"Sono stanco, forse più tardi in serata me ne renderò conto, e allora mi arrabbierò con te."

"Troverò una penna e lo segnerò sul calendario, Leonhart."

"Meglio una matita; so come sei fatta sul tenere appuntamenti."

"Hey, mi offendi!" Il Cavaliere rise, con l'aria di chi la sa lunga, senza rispondere mentre stringeva forte Rinoa. "Va bene Squall, potrebbe essere vero, ma posso comunque offendermi... giusto?"

"Va beh," rispose lui scuotendo la testa. "Adesso muoviti, ho detto a tutti che li avremmo visti per pranzo... ed eravamo in ritardo già due minuti fa. Meno male che ho detto di scriverlo a matita."

*~*~*~*~*

Sei giovani adulti sedevano tra studenti e staff del Garden. Erano passate settimane dall'ultima volta che il gruppo era stato insieme. Sembrava che una famiglia si fosse riunita, per quanto potesse essere mischiata. Selphie e Irvine erano seduti vicini; Squall aveva notato che erano diventati più vicini in quei mesi. Si chiese in silenzio quando aveva iniziato a notare quelle cose - men che meno a prendersi il tempo di apprezzare la cosa. Quistis era vicina a Selphie, giocherellando tranquilla con un'insalata che aveva ordinato. Rinoa era alla destra di Squall; era stranamente molto calma... poteva solo intuire perché. Zell era alla sua sinistra, infilandosi vivacemente i suoi adorati panini in bocca; nessun uomo dovrebbe annusare prodotti derivati dalla carne, era semplicemente innaturale, decise il Comandante.

"Allora, Seifer fa il bravo?" chiese Irvine, mentre prendeva il sale e ne scuoteva una quantità enorme sulle sue patatine.

Rinoa rimase in silenzio, mescolando la sua zuppa. Non era qualcosa di cui voleva parlare apertamente, e nelle settimane successive al suo ritorno era stata stranamente silenziosa sulla cosa. Squall la guardò di sfuggita, decidendo che questa era una domanda a cui doveva rispondere lui, non solo come suo Cavaliere, ma anche come qualcuno a cui non piaceva vederla a disagio per quella situazione.

"Sì." Squall non sentiva il bisogno di elaborare. Lui e Rinoa si scambiarono uno sguardo e sentì la mano di lei appoggiarsi dolcemente al suo ginocchio. Forse in quel contatto trovarono entrambi supporto reciproco; sapevano che quell'argomento era spiacevole per entrambi. Per non parlare del fatto che non avevano avuto tempo di sistemare le cose da quando lui era tornato, meno di un'ora prima.

"Pensi che proverà mai a tornare qui?" Selphie non era certo l'unica a chiederselo, era solo la prima a dirlo apertamente.

"Forse."

La semplicità della risposta del Comandante scioccò tutti, tranne Rinoa che aveva già accettato quella possibilità nelle ultime settimane. Poteva sentire lo sguardo fisso di quattro paia d'occhi che guardavano lei, in attesa di una qualche risposta.

"Davvero, ho imparato ad accettare l'idea," rispose mite mentre Squall muoveva la mano sotto il tavolo, avvolgendo lentamente le dita intorno alle sue. "Ragazzi... non potrò mai dimenticare ciò che ha fatto, ma posso perdonarlo... fino ad un certo punto. So che è difficile da spiegare, forse sarò l'unica che potrà avvicinarsi a capire cosa ha passato." Chiarì velocemente la sua prima risposta. "Squall e io staremo bene, qualunque cosa succeda... non importa se tornerà. È qualcuno del nostro passato che ha molti più ostacoli da superare di noi."

"Intendi demoni?" chiese Irvine, mettendo un braccio intorno a Selphie.

Rinoa sorrise al cowboy. "Sì, immagino di sì... credo che tutti dobbiamo affrontarne qualcuno. Onestamente però, se non fosse stato per lui, non avrei chiesto l'aiuto della SeeD, tanto per cominciare... quindi, anche con il senno di poi, è difficile desiderare che non sia successo. Avevo bisogno di conoscerlo, per arrivare a dove sono oggi... anche se un'altra strada sarebbe stata più semplice, non vorrei mai che non fosse successo niente."

"Tecnicamente non era stato manipolato da Artemisia?" Di nuovo, Selphie aveva un modo tutto suo di fare le domande nella mente di tutti. A volte poteva essere estremamente diretta, ma lei era semplicemente fatta così.

Rinoa guardò il tavolo; capiva l'argomento anche troppo bene. "No... non proprio. È difficile da spiegare... Artemisia aveva un suo modo di contorcere e distorcere la realtà. Ha mai controllato le sue azioni? No. Ma è come mostrare a qualcuno un film che contiene solo le parti peggiori di se stessi, ripetutamente, fino a quando alla fine la tua mente inizia a credere che sei davvero così... alla fine perdi la volontà e la sanità mentale... e non rimane altro da fare che cedere."

L'idea che Seifer tornasse era passata per la testa di tutti, ma il suo ritorno significava qualcosa di diverso per ciascuno di loro. Ma c'era da aspettarselo; la sua relazione con ognuno di loro era estremamente diversa, indossava una maschera e una personalità diversa per ognuna delle sue relazioni. Forse nessuno di loro avrebbe mai conosciuto il vero Seifer Almasy, o forse Artemisia sarebbe stata l'unica a farlo...

Il gruppo rimane stranamente silenzioso per alcuni istanti; nessuno sapeva cosa dire dopo le parole che erano state dette. Doveva essere un momento felice, un ritorno a casa che tutti avevano atteso per mesi. Selphie guardò intorno al tavolo, prendendosi la responsabilità di riportare il clima festoso. Decise di cambiare argomento, per uno che credeva sarebbe stato del tutto libero da sentimenti tesi.

"Allora, Squall, ti piace il tuo nuovo appartamento? Ti è piaciuto tutto?" chiese, mentre tirava l'involucro di una cannuccia al suo ragazzo. Irvine lo schivò abilmente, e andò a finire contro la spalla di una matricola dietro di loro. Per fortuna, il ragazzo non sentì il contatto della carta, eppure Zell, Selphie e Irvine si trovarono a cercare di trattenere le risate.

"Che c'è?" disse Squall bruscamente, senza sapere affatto dell'involucro che era volato accanto al cowboy. Pensò immediatamente che stessero ridendo dell'incidente della vasca da bagno.

Rinoa aveva continuato a mescolare la zuppa con fare assente, guardando l'insalatina sul suo vassoio. Anche lei fraintese le risate del gruppo per qualcosa di non legato a un pezzo di carta volante e stropicciato. Invece credette, come Squall, che si stessero riferendo a una situazione piuttosto imbarazzante di cui sperava di non parlare mai più.

"Va bene, va bene, va bene!" annunciò Rinoa un po' troppo ad alta voce; alcune matricole lì vicino si voltarono a guardarla. Infilzò una carota della sua insalata con forza quasi letale. Si prese un attimo per calmarsi e le matricole tornarono a fare quello che stavano facendo, lasciando in pace il gruppo. "Sì, sì, mi hanno sorpreso a fare un bagno! È stata del tutto colpa mia, ma giuro che se dite una sola parola a chiunque farete la fine di questa carota molto presto." Alzò la forchetta per sottolineare la minaccia.

A questa battuta, Irvine spuntò senza grazia la bibita, mentre persino Quistis cercò di non tossire il boccone che aveva in bocca. Selphie si coprì la bocca, completamente scioccata, mentre Squall chiuse silenziosamente gli occhi desiderando per un momento di poter essere ovunque tranne lì. E Rinoa desiderò disperatamente imparare quella magia Stop... persino Morfeo... qualunque cosa. Si sarebbe fatta un appunto mentale di allenarcisi - onestamente, sarebbe utile nella sua vita.

"Parola mia!" esplose infine Selphie, ridendo istericamente. "Che?"

"Ehm... Rinoa, io non ho detto niente," ammise Zell timidamente, cercando di calmare le risate.

"Voglio morire adesso," borbottò Rinoa mettendo la testa sul tavolo e coprendosi le orecchie con le mani. Non poteva credere che Zell avesse mantenuto il segreto che lei aveva appena annunciato spudoratamente a tutti.

"No, no... non dirlo nemmeno, Rin..." Quistis sorrise e si allungò ad accarezzare il braccio dell'amica per consolarla. "Potrebbe succedere a chiunque. Davvero." Persino l'insegnante stava ancora cercando di trattenere le risate.

"No, no, non è vero," ribatté Rinoa con la faccia nascosta, mentre agitava la mano per minimizzare il commento. In qualche modo, cose come quelle non succedevano mai a Quistis o Selphie; lei era sempre in testa nei 'momenti di stupidità'.

"Ah, sì, immagino che possa assolutamente succedere a Zell," cercò di intervenire Selphie per consolare Rinoa, anche se Irvine rise di più a quel commento. "Beh, no, non intendo da Squall-" Selphie si fermò in fretta prima di peggiorare la situazione. Ora tutti iniziarono a ridere di nuovo, tranne Squall, che cercava di rimanere il più invisibile che poteva.

Il Comandante lo prese come il segnale che era ora di andarsene; iniziava davvero a sentirsi troppo sopraffatto dagli ultimi eventi. Per non parlare del fatto che la conversazione era iniziata ad andare per il... beh, molto peggio. Non aveva mai pensato che sarebbe venuto un giorno in cui avrebbe preferito parlare di Seifer. A cosa era arrivata la sua vita? Anche se onestamente non voleva cambiarla per nulla al mondo, c'erano ancora momenti in cui voleva strisciare dietro le vecchie barriere.

"Ho un incontro," affermò, sperando che avrebbero lasciato perdere, ma erano 'loro' - non rendevano mai le cose semplici.

"Certo..." Irvine rise; non credeva alla scusa del Comandante. "Con chi di preciso?"

"Qualcuno." Squall cercò di trattenere il sarcasmo, ma voleva solo andarsene. Aveva davvero un incontro, ma non voleva nemmeno parlarne.

Rinoa riuscì a sorridergli, anche se in quel momento voleva solo nascondersi sotto al tavolo. "Ciao," disse; non era sicura se doveva seguirlo o no. Parte di lei credeva che forse avrebbe dovuto, l'altra parte di lei pensava che poteva essere una forzatura dopo una situazione estremamente imbarazzante. Doveva dargli tempo e spazio; non era ancora abituato a questa cosa di 'avere amici', soprattutto allo stuzzicarsi a fin di bene che spesso accompagnava le migliori amicizie.

Lui sospirò un momento, mentre iniziava ad allontanarsi. Sapeva che stavano solo giocando, e non era davvero colpa loro. Non poteva aspettarsi che cambiassero, così come loro non potevano aspettarsi che cambiasse lui. Certo, ognuno di loro poteva crescere, ma quello non andava mai di pari passo con il cambiare per qualcuno. Lui teneva a loro per come erano - era quello che rendeva i suoi amici davvero unici, ma comunque un po' irritanti. D'altra parte, era sicuro di non essere lui stesso una passeggiata per la maggior parte del tempo.

Quindi, forse, semmai poteva sorprenderli tutti, non parlando dell'incidente del bagno - quello non sarebbe ancora successo, per non dire mai. Si voltò, posando il vassoio nel carrello dei piatti sporchi. Fece alcuni passi indietro, e notò che tutti tranne Zell lo stavano guardando: quest'ultimo era troppo impegnato a mettere una quantità inconcepibile di senape sul suo panino. Quel povero ragazzo era rimasto senza panini per quasi due mesi. Per Zell, si trattava di una tragedia a cui bisognava rimediare subito.

"Ho un incontro con la Madre," disse dolcemente prima di fare una lunga pausa. Poi si voltò, ma non se ne andò prima di dire le ultime parole al gruppo. "...E mi fa piacere essere a casa."

Di certo non era ovvio, ma sapevano cosa stava dicendo. Balamb era diventata più del posto in cui viveva, era un posto in cui si sentiva a suo agio, circondato da persone a cui teneva.

Rinoa gli lanciò un'occhiata curiosa. Forse c'era altro nelle sue parole, ma lei in qualche modo era rimasta colpita dall'idea che vedesse la Madre. Edea non era più coinvolta nelle operazioni del Garden, almeno nessuna che andasse oltre i consigli quando Cid aveva bisogno di sostegno. Questo significava che era più che probabile che la visita fosse di natura più personale. Volevo chiederglielo, ma aveva abbastanza buon senso per non farlo. Gliel'avrebbe detto con i suoi tempi, e lei lo rispettava abbastanza da dargli privacy.

I loro occhi si incontrarono per un momento e Rinoa si sentì percorsa da un brivido freddo. Non era abituata a quella sensazione, e parte di lei sapeva che l'avrebbe capita di più. Eppure era abbastanza consapevole da sapere che non era qualcosa che veniva sentito in maniera convenzionale, piuttosto era quel legame che nessuno dei due sapeva spiegare esattamente. Qualunque cosa riguardasse la riunione - riguardava lei. Forse era la ragione per cui era tornato a Balamb prima del previsto; non le aveva detto il motivo, ma d'altra parte lei non l'aveva chiesto. La giovane Strega cercò di nascondere la sua apprensione, ma in qualche modo credeva che lui potesse percepirla. Lui le rivolse un cenno della testa, e in qualche modo questo la calmò, almeno momentaneamente. Si trovò affascinata da tutto quello che stava provando, mentre lo guardava andare al suo incontro.

Eppure, non poté evitare di sorridere mentre i suoi amici la guardavano. "È a casa." Rinoa ripeté il sentimento che lui aveva condiviso poco prima, e sentì una serenità che non aveva avuto in settimane. "È a casa."

*****
Nota delle traduttrici: scusate il ritardo :) vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 24
*** XXIV: Tempo di Piantare ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXIV: Tempo di Piantare ~

20 giugno

Il Comandante non sapeva per certo cosa l'avesse condotto lì; forse era perché aveva già guardato in tutti gli altri posti dove pensava potesse essere, o forse stava solo inseguendo una sensazione, ma comunque fosse, qualcosa lo aveva attirato nella sala da ballo. Fu ancora più sorpreso quando trovò socchiusa una delle grandi doppie porte. Entrando, notò che nessuna delle luci principali era accesa, ma solo alcuni faretti bassi sulle pareti. Non aveva mai visto la sala in quel modo - l'illuminazione soffusa gettava un'atmosfera del tutto diversa rispetto ai suoi ricordi.

In mezzo al silenzio, udì un paio di note musicali scollegate. Erano in sordina, appena sufficienti a guidarlo nella giusta direzione, e quando il pianoforte entrò nel suo campo visivo non fu stupito a scoprire chi era seduto al panchetto. Si chiese come mai Rinoa fosse venuta proprio lì, ma non aveva intenzione di chiedere, perlomeno non ancora.

Rinoa alzò lo sguardo quando sentì il suono di passi di fronte a sé. Per un attimo fu una sensazione di disagio, non credeva che nessuno l'avrebbe trovata lì dentro - e nemmeno immaginava che qualcuno si sarebbe messo davvero a cercarla.

Squall abbassò gli occhi verso il punto dov'era seduta; percepiva che c'era qualcosa di diverso nel suo comportamento. Non riusciva però a impedirsi di sentirsi in colpa, come se in qualche modo la responsabilità fosse sua. Erano quasi quattro giorni che non si parlavano, a parte qualche breve conversazione su argomenti di lavoro durante il giorno. Ecco, lei si era preoccupata che le cose sarebbero potute cambiare quando lui fosse tornato, e non avrebbe potuto aver azzeccato di più, per certi versi.

Squall si schiarì la gola, poggiando le mani sul piano. Le parole che le rivolse furono sussurrate in un tono basso, ma che lasciava trasparire la preoccupazione. "Non è qui che pensavo di trovarti."

"A dire il vero non mi aspettavo di essere trovata, e nemmeno cercata, se è per questo." La voce tradiva una tristezza che la ragazza cercava di dissimulare. Ma per quanto ne sapeva lui, Rinoa non era un granché a nascondere le emozioni, anche quando lo voleva.

"Lo so... e penso sia colpa mia," si scusò. Squall si sorprese a trattenere inconsciamente il fiato quando lei non rispose. Senza aggiungere altro, aggirò il piano e le si sedette accanto. Non c'era molto spazio sul panchetto, e fu grato che lei non si fosse scostata.

Rimasero seduti in silenzio, lei passava le dita sui tasti. Squall la osservò assicurarsi di premere ogni tasto con movimenti metodici, mai a sufficienza da produrre la nota, ma solo percorrendo sistematicamente la tastiera del piano.

La giovane donna continuava a non rispondere, forse avrebbe dovuto, ma in quel momento non era sicura di essere del tutto in disaccordo con l'ultima frase di lui. Anche se non avrebbe mai potuto avercela con lui - era così che era fatto Squall Leonhart, dopotutto. Rinoa gli lasciava sempre il suo spazio, ma aveva bisogno di essere rassicurata di non aver fatto nulla che gli avesse dato fastidio. L'ultima volta che aveva parlato seriamente con lui era stata dopo l'incidente della vasca da bagno. Le aveva assicurato che non se l'era presa, ma se era davvero così, come mai la sua sparizione aveva avuto quella tempistica perfetta?

"Sai suonare?" Squall scoprì che le si stava avvicinando mentre faceva un cenno col mento verso il piano. Aveva sentito qualche nota quando era entrato, ma di certo non erano collocate in nessun ordine musicale.

"Io?" rise a bassa voce, spostandosi I capelli dietro le orecchie. "Sai, è una cosa comica... la gente pensa che siccome mia madre suonava io avrei dovuto ereditare naturalmente il suo talento. Ad essere sinceri, ho preso lezioni fino a quando avevo cinque anni... ma dopo che è morta Caraway non aveva questa gran voglia di sentire il pianoforte. Veramente l'ho dovuto scongiurare solo per tenere in casa quel maledetto affare. Lo spostò in una delle camere da letto al piano di sopra." Il polpastrello di Rinoa accarezzò un tasto d'avorio, osando quasi premerlo abbastanza da produrre un suono, ma si ritrasse prima di completare il gesto.

Ma ugualmente i suoi occhi fissavano i tasti come se volessero suonare la loro propria melodia fantasma. "A ripensarci adesso, immagino che dovrei essere solo grata che mi abbia dato ascolto per una cosa." La voce le si spezzò.

Il Comandante non aveva mai pensato a quell'aspetto, anche se aveva perfettamente senso. Riusciva a ricordare di aver provato a sigillare certi momenti della sua infanzia che lo riportavano ad Ellione; era incredibile quali memorie tornassero e quali invece fossero ancora perse in balia dei Guardian Forces... anche se, col tempo, immaginava che avrebbe ricordato tutto.

"Scusa Rinoa, non volevo-"

"No, non c'è problema," lo interruppe, guardandolo negli occhi per la prima volta da quando era arrivato. "Per favore, non devi dispiacerti. Non c'è bisogno che ti scusi per cose che non potevi sapere." Dopo quelle parole, abbassò lo sguardo di nuovo sulle sue dita che scivolavano lungo la tastiera. "Non... non sembra vero, a volte, tutto... mia madre. È come se fosse un sogno che non riesco a ricordare chiaramente - frammenti, pezzi, ma non so che cosa sia vero e che cosa invece ho sognato talmente tanto da farlo diventare la verità. In passato, quando mi sentivo persa, o volevo sentirmi più vicina a a lei, andavo nella camera degli ospiti, mi sedevo al piano, e facevo finta di essere lei. Facevo finta di saper fare le cose che sapeva fare lei - cantare e suonare la musica che suonava lei... a volte penso che lei sia stata tutto quello che io non potrei mai essere."

"Ma non c'è bisogno che tu sia lei, lo sai? Io penso che Rinoa Heartilly sia proprio una persona fantastica - per conto suo."

"Grazie," rispose a bassa voce, e per la prima volta un piccolo sorriso venne ad adornarne le labbra. Continuò a muovere l'indice lungo i tasti in un movimento metodico. "Sarebbe bello se potessi sentirmi così per davvero."

Squall stava per dire qualcosa, ma lei proseguì prima che potesse averne l'occasione. "Però so suonare una canzone intera... è l'unica cosa che mi è rimasta in mente per tutti questi anni."

"Mi piacerebbe molto sentirti suonare."

In quel momento Rinoa si ritrovò a ridere, per la prima volta da giorni. Squall non aveva realizzato quanto gli fosse mancato quel suono finché non riecheggiò dolcemente tra le pareti della stanza fiocamente illuminata. "Ricorda Squall, sei stato tu a chiederlo."

La giovane Strega percorse il piano cercando il tasto giusto; poi, preso un respiro profondo, cominciò a suonare una melodia familiare... beh, più che altro una melodia familiare da bambini.

"Fra' Martino campanaro?" Squall non riuscì a non ridere forte quando capì che motivetto stava suonando. Si era aspettato "Eyes on Me", ma questa canzone l'aveva colto del tutto alla sprovvista.

"Ehi, non prendertela con me, ricordati che ti avevo avvertito."

Squall non aveva mai suonato uno strumento, ma nel corso della vita aveva messo insieme qualche nozione di base. E soprattutto, era abituato al puro processo di memorizzazione. Osservò le dita di lei muoversi sulla tastiera e le note che premeva. La canzone era abbastanza semplice, così quando Rinoa attaccò un altro giro, si unì anche lui, seguendo la sua guida. Sulle prime la melodia che seguiva lui la confuse, perché non era abituata a suonare così, a canone. Ma scoprì che se si concentrava solo sulla sua parte riusciva a portare a termine tutta la canzone. Ci furono diversi tentativi ed errori da entrambe le parti, all'inizio non fu per nulla impeccabile, ma verso la fine i due si integravano a vicenda perfettamente.

Infine, Rinoa concluse la sua parte, con Squall che la seguì un paio di ritornelli più tardi. Si misero entrambi a ridere sommessamente per la loro impresa. Anche se non era molto, era pur sempre una forma di quella comunicazione che era venuta a mancare tra di loro per giorni. Fu il Cavaliere il primo a distogliere lo sguardo dal piano e voltarsi per fronteggiarla. Riusciva a malapena a vedere un lato del suo viso, nascosto com'era quasi del tutto dai capelli scuri e dalle ombre.

"Bene, per quanto mi riguarda, penso che abbiamo fatto un ottimo lavoro," disse il Comandante alla fine, dandole appena di gomito.

"Credi che il Festival del Garden abbia bisogno di performers quest'anno?"

"Come sempre... Selphie ne fa scappare la maggior parte col suo innato dinamismo."

Rinoa fece una risatina prima di tornare seria. "Squall," incominciò, voltandosi ora a guardarlo. "Non credo proprio che tu sia venuto fin qui per suonare a quattro mani con me. Non che non mi sia divertita... ma dopo non averti visto..." La voce le si spense, non voleva dire qualcosa di sbagliato, ma non sapeva nemmeno con certezza quali fossero, le parole giuste.

Adesso fu il turno di lui di abbassare lo sguardo sul pianoforte. "Rinoa, io vorrei dirti che ho avuto un sacco di lavoro e un sacco di cose da rimettere a posto dopo essere stato via, ma se lo facessi, sarebbe solo metà della verità. Ho avuto davvero un sacco di lavoro... ma è solo che avevo anche un sacco di cose in testa, ultimamente. So che non è una vera scusa, ma è l'unica che posso darti."

"Grazie." Lui la guardò un po' confuso prima che lei proseguisse. "Voglio dire... grazie per avermi detto la verità. Lo so che sei stato occupato... non riesco nemmeno a immaginare tutto il lavoro che deve essersi accumulato mentre non c'eri, so che Shu riesce a occuparsi di molte cose, ma non è lo stesso. Avresti potuto dirmi che non ti ho visto per niente per questa ragione... ma non lo hai fatto. Volevo solo ringraziarti."

Spezzò lei il contatto visivo questa volta, tornando a guardarsi le dita con fare assente. Squall percepì che la voce le tremava appena quando ammise, "volevo solo darti il tuo spazio finché fossi pronto a parlare."

"Lo so, e per questo è il mio turno di dirti grazie."

"Sapevo che le cose sarebbero cambiate al nostro ritorno, devo solo affrontare la realtà. Però ho bisogno di sapere... ha qualcosa a che fare con quello che è successo nel tuo appartamento? Non ti potrò mai chiedere scusa abbastanza per quella cosa."

"Rinoa, non c'entra proprio niente, te lo giuro. Adesso sono io a dirti di non scusarti. Onestamente, credo siano stati solo un sacco di cambiamenti tutti insieme."

"Va bene," disse debolmente. "Sappi solo che io ci sono se hai bisogno di me. È solo che è difficile quando non ti vedo da giorni... e mi sento responsabile."

"Non lo sei," insistette. Sapeva anche lui perché era andato a cercarla, anche se adesso vedeva le conseguenze delle sue azioni precedenti. Odiava il fatto di averla fatta sentire così, pur non essendo stata sua intenzione. Si guardò intorno, e anche se non c'era nessun altro, onestamente non voleva continuare la discussione in un posto dove poteva entrare chiunque. Massaggiandosi la nuca, si alzò dal panchetto e abbassò lo sguardo su di lei. "Rinoa, vorrei proprio parlarti... è solo che... dobbiamo parlare. Possiamo andare in un altro posto?"

In quel momento Rinoa sentì il cuore precipitare, nessuna bella conversazione era mai seguita a parole del genere. Cercò di autoconvincersi che i suoi pensieri erano del tutto fuori strada, che la versione di Squall di 'dobbiamo parlare' non era la stessa del comune significato di quella frase che molte donne conoscono. Forse Squall voleva davvero solo parlare... Dio, lo sperava.

"Uh... sì, va bene... okay," biascicò, ritrovandosi momentaneamente senza parole. "Dove vuoi andare?"

"Ecco, la mia camera è un po' in disordine, sto impacchettando le cose per traslocare. L'appartamento nuovo... beh, ancora non c'è nessun mobile. Va bene camera tua?"

"Non c'è problema." Rinoa si alzò e risistemò lo sgabello; non riusciva a controllare il tremore. Per quanto tentasse di convincersi che era tutta una sua immaginazione, quella sensazione era quasi impossibile da combattere. Sentì la mano di lui che le si appoggiava sulla schiena, e si chiese se sentiva il tremore nel suo corpo. Lui chinò lo sguardo verso di lei e la scortò fuori dalla sala da ballo.

Si voltò per chiudere la porta alle loro spalle, e un pensiero improvviso gli passò per la mente, come faceva Rinoa ad avere una chiave che funzionava per il salone? Glielo avrebbe chiesto se non fosse stato troppo preoccupato per quello che stava per succedere, ma si fece un appunto mentale di domandarglielo più tardi.


Non si poteva negare che la sua stanza fosse molto più piccola di quella di lui, anche rispetto al suo dormitorio singolo da SeeD, e se paragonata al suo appartamento, poi, pareva l'equivalente di un ripostiglio. Entrò prima lei e si guardò intorno in fretta per assicurarsi che non ci fosse nulla d'imbarazzante sparso in giro. Cercava di tenere in ordine la camera, ma era quasi impossibile, e poi, beh... era lei, e aveva la tendenza a tralasciare certe cose un pochino più del dovuto. Senza contare che divideva la stanza con un grosso compagno peloso a quattro zampe. Squall si accorse subito che il cane non c'era, e fu davvero stupito di non vederlo in giro.

"Angelo dov'è?"

Rinoa semplicemente sorrise, lasciando udire un breve sospiro. "Ce l'ha Selphie... stava andando in 'crisi di astinenza da cane' dopo averla guardata mentre ero a Trabia... ho detto ad Angelo che poteva passare la notte con Zia Selphie."

"Zia Selphie?" domandò con tono sarcastico. "Questa proprio... suona male."

"Fai il bravo o comincerò a chiamarti Zio Squall." Il ragazzo avrebbe ponderato qualche secondo in più su quella frase se non fosse stata così vicina al problema. Quindi decise che era meglio lasciarla stare. Non c'erano molti posti dove sedersi, lì dentro; la scelta era fra il letto o la piccola sedia alla scrivania. Abbassò la mano per prendere la sua, cercando di ignorare quanto avesse i palmi sudati, o forse a sudare erano quelli di lei. Non lo sapeva bene. La portò verso il letto e si mise a sedere per primo, e lei lo seguì a ruota. Ma perché gli sembrava tutto così difficile?

Rinoa sentiva il battito del cuore riverberarsi fin nella gola. Non riusciva a sopportare la pressione e la domanda praticamente le scappò. "Che c'è che non va? Dimmelo e basta... per favore."

"Perché pensi automaticamente che ci sia qualcosa che non va?"

"Perché ti conosco, e vedo quello sguardo nei tuoi occhi, come se non volessi farmi del male..."

"No, no, Rinoa, non pensarlo... io... io mi sento solo un po'..." Distolse lo sguardo verso la finestra. Forse non poteva riuscire a portare a termine la cosa, ma sembrava un po' tardi per prendere quella decisione.

Adesso la curiosità e la paura avevano raggiunto in lei il picco. Squall che balbettava era in genere segnale di qualcosa di grosso. Se si fosse trattato di lavoro avrebbe avuto pochi problemi a comunicare, quindi restava solo qualcosa di personale - e molto, molto spinoso.

"Ho parlato... con Edea. Sarebbe rimasta al Garden solo per qualche giorno ancora."

"Edea?" domandò lei ad alta voce. Non era certo lì che credeva che la conversazione sarebbe andata a parare. "...Riguardo a cosa?"

"Dio, non è facile per niente." Il Comandante piantò entrambe le mani sulle gambe. Sentiva di stare violando la sua privacy, anche se lei non sembrava saperne niente. "Rinoa, è solo che... so di cosa hai parlato con Zell a Trabia."

"Zell, a Trabia?" Frugò dentro la sua testa cercando di pensare a cosa avesse detto all'amico che poteva aver dato fastidio a Squall. Ad essere sinceri, lei e Zell chiacchieravano sempre parecchio... e c'erano un paio di cosette che potevano infastidirlo, ma erano dette per scherzo. Ma non poteva sapere se ci fosse stato un commento che Squall avesse inteso male - non l'aveva certo fatto apposta.

"Squall, qualsiasi cosa tu abbia sentito, stavamo solo scherzando. Per favore, sai quanto io-"

"No, non è questo." Fu lui stavolta ad interromperla. "Non è nulla del genere, per niente." Agitò la mano con un gesto casuale per allontanare il pensiero.

"Va bene, e allora cosa...?"

"Prima di tutto, per favore non avercela con Zell perché me lo ha detto."

"Che cosa?" domandò, chiedendosi ancora cosa diavolo avesse detto a Zell.

"I bambini," riuscì a dire alla fine, anche se in un tono più basso del normale. "Tu, sull'avere bambini."

"Oh mio Dio!" fece lei. La ragazza si nascose il viso tra le mani mentre l'orribile comprensione si faceva strada dentro di lei. Era stata solo una frase detta per sbaglio mentre erano in campeggio, un minimo scambio di parole, una cosa che di certo non avrebbe voluto che Squall sapesse mai. Vero, aveva pensato alla cosa, ma era un argomento che di certo non era fatto per le sue orecchie. Non c'era da meravigliarsi che lui si stesse comportando in modo strano. Cominciò a contemplare nella testa un centinaio di diverse morti dolorose da augurare all'esperto di arti marziali.

"Mi dispiace così tanto... io lo ammazzo."Le parole si capivano a malapena da dietro lo schermo delle mani.

"Smettila." Rinoa sentì che lui le afferrava un polso nella sua stretta, forzandola ad abbassare le mani. "Mi puoi guardare? Perché non vuoi che ti parli di questa cosa?"

"Come potrei?" confessò. "Non c'entra davvero nulla con il nostro rapporto. È solo una cosa che io, per me stessa, devo imparare ad affrontare. Non volevo di certo che tu pensassi che volevo sottintendere qualcosa di più di quello che abbiamo ora. Lo so che tutta questa storia della 'relazione' già non è facile per te... e se è per questo, non è facile nemmeno per me."

"È proprio questo che pensi, sinceramente?" Il tono di lui suonava adirato pur senza salire sopra la stessa nota quieta in cui le aveva parlato fino ad allora. "Pensi che sono qui adesso perché mi fa comodo? Io penso a tutto quello che abbiamo passato finora, e va molto oltre qualsiasi cosa normale."

"Anch'io, Squall. È solo che non volevo che tu pensassi che ti stavo forzando verso un qualche tipo di futuro semplicemente accennando al fatto che non potevo avere bambini."

Lui quasi rise, non per divertimento ma per l'ironia della situazione. Stringendole ancora il polso le abbasso la mano così da poter intrecciare insieme le loro dita. "E anche in questo caso, non credi che giurarti alleanza come tuo Cavaliere valga come impegno?"

"Beh... sì, certo che lo credo."

"Rinoa, non sto dicendo che per me sarebbe stato semplice capirlo. Vorrei solo che avessi parlato con me - invece che doverlo sentire da Zell. Se è una cosa che ti dà preoccupazione, io voglio saperla."

"Ma Squall, allora avevo una parte di ragione... l'hai scoperto e a quanto pare non sei stato in grado di parlarmi per giorni. Voglio dire, se solo pensare al futuro ti incupisce in questo modo, cosa dovrei pensare?"

"Non è così, Rinoa. L'ho scoperto prima di tornare da Trabia. Dovevo solo pensare a un sacco di cose. Volevo tornare a casa... per vederti. Sono tornato anche perché non potevo parlare con Edea di una cosa del genere per telefono. Ho dovuto affrontare l'impatto che avevano su di me tutte queste cose, inclusa questa."

"Era questo il tuo 'incontro'? È per questo motivo che ci hai lasciati lì a pranzo l'altro giorno?" domandò sorpresa, mentre la coglieva lo stupore. Il suo ritorno non era dovuto al lavoro, era stato per lei? Fu allora che sentì le lacrime che avrebbe voluto lasciare da parte cominciare a scivolarle, provocatorie, lungo la guancia.

Lui le avvicinò la mano libera al viso per asciugarle le lacrime per quanto poteva. "Sì, è così. Volevo chiedere alla Madre..."

"Tu cosa? Glielo hai chiesto veramente!"

"Posso sorprenderti, lo sai." Sorrise per la prima volta, ora che la verità era uscita allo scoperto era più semplice per lui credere che ogni cosa si sarebbe sistemata.

"Non... non dev'essere stato facile per te." Rinoa si morse il labbro nervosamente, cercando di trattenersi dal piangere ancora di più.

"No... non proprio. Non è stata una delle cose più facili che abbia fatto in vita mia; ma, beh, questa conversazione sta cominciando a scalare la classifica."

"Mi dispiace così tanto," mormorò con voce roca.

"Non deve dispiacerti, va bene? Rinoa, sembra che probabilmente tu possa avere bambini. È solo che la maggior parte delle streghe che sono entrate nei libri di storia erano troppo occupate a conquistare il mondo per pensare a cambiare pannolini. Cid ed Edea volevano dei bambini, ma non hanno potuto per altri motivi. Non aveva nulla a che fare col fatto che lei fosse quel che era... è per questo che hanno fondato l'orfanotrofio."

Se si fosse trovata in uno stato mentale migliore sarebbe stata entusiasta di quella notizia, ma la sua preoccupazione per i sentimenti di Squall in qualche modo offuscava ogni cosa. "È solo che... come facevo a tirare fuori la questione? Tu non hai mai voluto dei bambini."

Lui sentì una fitta di senso di colpa a quelle parole. "No, non ne volevo, ma anche qui, ad essere sinceri non ci ho mai pensato come una cosa che possa accadere nella realtà. Io ho diciannove anni, tu diciotto... no, posso dire che non mi passava proprio per la mente. Ma posso anche dirti per la prima volta nella mia vita che mi sono sentito molto insicuro all'idea di non poter avere figli."

C'era così tanto significato impresso nelle sue parole. In quel momento Rinoa non voleva proprio nemmeno pensare a nulla.

"Vieni qui." La sua mano si tese e la attirò in un abbraccio. Squall provò di nuovo ad asciugarle le lacrime che continuavano a tracciare sentieri sinuosi sulle sue guance. "Sai, bisogna che tu smetta di piangere... è dura vederti così."

"Mi spiace, sono solo tanto..." Rinoa si scoprì a sorridere inconsciamente contro il suo petto, e non finì mai la frase.

"Lo so, lo so." Le posò un bacio leggero in cima ai capelli, e lasciò andare piano piano la testa sulla sua. Era in un certo senso esaltante il fatto di aver potuto averle dato lui quella notizia, anche se non riusciva bene a definire come si sentisse. Ma non si sarebbe mai perdonato se lei non avesse avuto quell'opportunità. Si sentiva già responsabilità per tutto il mucchio di cose che erano andate storte nella vita della sua ragazza, lei aveva proprio bisogno di quel frammento di normalità a cui aggrapparsi.

Per adesso, era abbastanza, per entrambi.

*****
Nota delle traduttrici: vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 25
*** XXV. Tempo di Perdere ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXV. Tempo di Perdere ~

27 giugno

Era passata da un pezzo l'ora di cena, e le attività quotidiane iniziavano ad affievolirsi nel Garden di Balamb. La maggior parte degli studenti stava studiando, si stava allenando o si stava riposando per l'esame SeeD della settimana successiva. Era un diploma in ritardo rispetto agli anni precedenti; gli eventi degli svariati ultimi mesi avevano fermato molte delle solite lezioni. In più, ogni esame SeeD avrebbe sicuramente perso il confronto con la guerra tra i Garden - l'esperienza della vita vera era più grande di quanto qualsiasi libro di testo potesse mai insegnare.

In generale, la vita si era stabilizzata abbastanza normalmente tra le mura del Garden, con l'eccezione di alcuni studenti a rotazione che venivano mandati a Trabia per il progetto di ricostruzione. Il Ballo di Diploma SeeD ci sarebbe stato la settimana successiva, e molti degli studenti più giovani erano carichi di attesa, mentre molti di quelli più grandi erano più preoccupati da eventi di studio nei giorni successivi.

Per svariate settimane c'era stato un dibattito sul tenere la festa formale; c'era molta preoccupazione per la quantità di vite perse in tutti gli schieramenti della guerra. Alla fine, gli studenti e il corpo insegnante avevano deciso che il modo migliore di andare avanti era continuare con le tradizioni che conoscevano sin dalla nascita del Garden. Sarebbe servito solo come testamento della forza e determinazione su cui la SeeD era stata fondata.

Poi c'era il Comitato del Festival del Garden... normalmente non si sarebbe occupato di questa faccenda, dato che lo staff anziano sponsorizzava sempre gli eventi formali. Ma la mancanza di fondi e i limiti di tempo avevano costretto a porre le decorazioni nelle mani di un individuo estremamente eccitato - Selphie Tilmitt.

Aveva accettato con impazienza l'offerta, ancora prima che Cid riuscisse a pronunciare tutta la domanda. Selphie capiva l'importanza del suo ruolo, ed era più che impaziente di affrontare la nuova sfida a muso duro. In meno di cinque minuti netti, la ragazza aveva trovato tutti i suoi più cari amici sparsi nel Garden, e li aveva messi immediatamente come volontari a 'doveri di decorazione'.

Quistis e Squall avevano entrambi scuse ragionevoli per escludersi a causa dei loro impegni amministrativi, ma Rinoa, Irvine e Zell non erano così fortunati. Anche se Zell aveva fatto del suo meglio per inventarsi una scusa sul momento, incluso il reinventare tutto il sistema di catalogazione della biblioteca basandosi su quanto sangue e violenza contenesse un libro. Non aveva funzionato.

I tre 'Co-VicePresidenti del Comitato Decorazioni FEEEESTA' (soprannominato dal Presidente Selphie in persona) erano onestamente contenti che ci fosse il Ballo di Diploma quell'anno. Ad ogni modo, erano un po' meno contenti che ci fosse Selphie al comando. Era un fatto conosciuto che una volta che la ragazza aveva il potere spendeva ogni grammo di energia, concentrata sull'obiettivo. Quindi non si aspettava di meno dai suoi tre, più o meno, leali soggetti.

Quello che fu ancora più sorprendente fu che il Co-VicePresidente Irvine avesse suggerito che l'evento di quell'anno non servisse solo come ballo di diploma, ma anche come festa per l'anniversario di Cid ed Edea. Anche se nessuno, a parte la coppia, sapeva esattamente la data corretta... quella sera sarebbe servita come un nuovo inizio.

E così, nella stanza di Selphie, i quattro membri del comitato si trovarono impegnati in un incarico più grande della fame di Eden. Va bene, poteva sembrare che la verità venisse stiracchiata un po', ma era qualcosa per cui i tre guerrieri allenati e una Strega non avevano avuto molto addestramento... piegare la carta in un origami a forma di gru.

"Non è giusto che Quistis e Squall possano preparare gli esami. Dovrebbero condividere anche loro questa tortura." L'esperto di arti marziali abbassò gli occhi, cercando di seguire il diagramma fornito da Selphie.

"Zell, volevi dire condividere questo incredibile divertimento vero?" lo corresse Rinoa dopo aver sentito un suono leggermente disgustato proveniente dal Presidente Selphie, anche se pure Rinoa stava avendo le sue difficoltà con la sua gru. Resistette alla tentazione di vedere se il suo uccello di origami poteva 'volare' per la stanza, fuori dalla finestra, e nelle fauci in attesa di un Archeosaurus.

"Sapete, ragazzi, ho dei seri tagli per la carta... dovrebbe essere fuorilegge," borbottò Zell, disfacendo il suo origami e poi riprovando a rifare il passaggio precedente.

Selphie rimase ottimista durante tutto il procedimento. Incrociò le braccia guardando Zell. "I miei escono bellissimi! Zell, penso che tu lo stia facendo male e basta."

"Scommetto che non è la prima volta che sente dire questa frase da una donna." Irvine fece un sorrisetto, toccandosi il cappello e guardando le due signore nella stanza. A questo seguì la tradizionale gomitata nel fianco dalla sua ragazza ora accigliata.

"Da bravo, Irvine, non sei d'aiuto!" gridò Selphie, e passò a togliere con uno schiaffetto l'adorato cappello di Irvine dalla sua testa; quello rimbalzò una volta prima di tentare flebilmente di rotolare. Quando arrivò a fermarsi davanti a lei, Rinoa prese il cappello e se lo mise, disinvolta, sulla testa.

La Strega si appoggiò contro i piedi del letto, le gambe piegate sotto di lei. Con uno sbuffo nervoso, gettò la carta sul pavimento. Dopo aver finito l'ultimo passaggio dello schema aveva avuto la triste rivelazione che l'oggetto che aveva creato non somigliava per niente a una gru.

"Gah, sto per urlare, non riesco a farlo!"

Zell si allungò a prendere la carta sopra citata, e la tenne per quello che credeva fosse il becco dell'uccello.

"Sembra più un Chocobo che ha perso contro un frullatore." Zell fece un sorrisetto guardando la sua creazione, che, con sua meraviglia, iniziava in verità a prendere forma.

"Davvero Rin... adesso che Zell l'ha detto, lo sembra."

"Selphie, non credo che tu stia aiutando. Io penso che vada bene," cercò di ragionare Irvine, rivolgendo a Rinoa un piccolo sorriso.

"Oh, fai il carino solo perché vuoi indietro il tuo dannato cappello. E Irvine non osare dire che non sto aiutando, guarda!" La ragazza piena d'energia produsse un'altra bellissima gru dorata. "Ora ne manco solo novecentottantaquattro! Beh, a meno che contiamo il Chocobo spiaccicato per strada di Rinoa..."

Rinoa fece una linguaccia scherzosa alla sua amica gettando il cappello di Irvine verso di lei.

"Il mio prezioso cappello!"

Irvine saltò in piedi, facendo quasi cadere Selphie. "Dimmi che il mio bimbo non si è fatto male." Il cecchino esaminò il cappello, facendo correre le dita sul bordo. Quando sentì che aveva superato l'ispezione, se lo rimise amorevolmente in testa.

"Sai, Irvy, spero davvero che tu stia scherzando sul tuo prezioso bambino."

"Lo hai appena chiamato Irvy?" L'esperto di arti marziali cercò di rimanere serio. "Mi sanguinano le orecchie..."

Rinoa alzò gli occhi al cielo, sapendo che quei due trovavano ancora grande piacere nello stuzzicarsi l'un l'altro. Era stato così sin da quando si erano incontrati al Garden di Galbadia. Eppure, lei amava quando potevano riunirsi tutti e mostrare il lato più rilassato e giocoso di se stessi, piuttosto che il lato più professionale con cui aveva a che fare quotidianamente. La giovane Strega colse il momento per allungare le gambe e massaggiarsi il collo.

"Chi si è seduto e ha pensato hey, facciamo mille gru di carta perché sarà facile e divertente," chiese Rinoa, allungando ora le braccia sopra la testa.

"No comment," sorrise timidamente Selphie.

Fu in quel momento che Zell alzò orgoglioso il palmo della mano che conteneva la sua gru. Le due donne fecero i suoni di meraviglia obbligatori, mentre Irvine aggiunse qualcosa sotto voce che nessuno riuscì a decifrare. I commenti potevano sembrare leggermente sul sarcastico, ma il gruppo era davvero impressionato dalla sua abilità. L'esperto di arti marziali posò attentamente la sua amata gru nel cesto sul letto di Selphie.

Irvine sorrise. "Il signorino so-tutto-io adesso può aggiungere al suo curriculum la capacità di fare origami di gru professionali."

"Sssh, Irvy, ti ho detto di comportarti bene!" Selphie fece di nuovo cadere il cappello del cowboy. Questa volta andò dietro di lui con traiettoria e lunghezza meravigliose.

Rinoa rise, mentre Irvine ancora una volta dovette alzare il sedere per riprendersi il cappello. Guardò Zell, che stava ora iniziando il suo capolavoro successivo. Il suo Chocobo 'morto' riposava senza troppe cerimonie davanti a lei. Scosse la testa. "Ho sempre pensato che le gru venissero usate solo ai matrimoni."

"Naaa, vengono usate per molte cose... fondamentalmente rappresentano una lunga vita, speranza, buona fortuna e felicità... immagino di aver pensato che a Cid e alla Madre potesse servire un po', o molto, di queste cose dopo quello che hanno passato."

"Sono d'accordo," sorrise Rinoa con aria stanca, mentre continuava a stiracchiarsi. In qualche modo, la giornata era stata orribilmente lunga, e stare seduta a una scrivania per quasi otto ore era qualcosa a cui non si era abituata. "Ma Selphie, non potevi semplicemente comprarle già fatte online? O forse Quistis avrebbe potuto costringere i Fan di Trepe a farle!"

"Oh Rin, è un'idea favolosa!" rispose eccitata Selphie, saltando in piedi veloce dal pavimento. Corse alla scrivania e scarabocchiò qualcosa su un blocco note giallo. "Questa me la scrivo proprio. Parlerò con Quistis in mattinata; avrà i Fan di Trepe tutti in fila per ora di pranzo! Pensa a quanti ne faremo. Avremo un intero stormo di uccelli entro domani sera!"

Rinoa si morse il labbro cercando di trattenere una risatina. La sua amica era un po' troppa eccitata per quella nuova prospettiva. "Ti rendi conto, Selphie... che stavo solo scherzando quando l'ho detto?"

"Non importa! È comunque una grande idea!"

"Mi fa piacere poter aiutare, credo. Almeno avremo pronte queste cose per la prossima settimana, e non per il prossimo semestre."

Selphie posò penna e blocco note, e tornò vicina al suo ragazzo. "Oh, a proposito, Rin, hai già scelto cosa metterai al ballo?"

"Grandioso," disse il cowboy con una smorfia. "Discorsi da ragazze."

"Ricordami di portare tappi per le orecchie domani sera," aggiunse Zell mestamente.

"Zitti voi due, e Irvine, non costringermi a toglierti ancora il cappello." Il cecchino si portò velocemente una mano alla testa, assicurandosi il copricapo.

Rinoa temeva quella domanda; a dire il vero, era sorpresa che non fosse stata fatta prima. C'era stato qualcosa che l'aveva turbata, negli ultimi giorni; sperava che in qualche modo la situazione si risolvesse da sé, ma non sembrava che sarebbe successo presto.

"Beh, è... un po' complicato, adesso," ammise infine.

"Cosa c'è di così complicato nel decidere cosa indosserai?" Irvine sorrise con aria un po' troppo furba, che di solito voleva dire una cosa sola. "Per come la vedo io, o indossi qualcosa o non lo indossi. Certo, il mio voto sarebbe decisamente per il non."

"Basta, signor Kinneas, me la pagherai cara quando se ne vanno! Se non volessi parlare con Rinoa adesso... beh, ecco, lo sai! Con te faccio i conti dopo!" Selphie sbatté il piede ripetutamente per sottolineare la sua frustrazione, guardandolo con occhi alla 'voglio far esplodere qualcosa'. La giovane donna tornò a guardare l'amica, cercando di trattenere l'irritazione momentanea per il solito comportamento del suo ragazzo.

"Seriamente però, Rinoa, cosa vuoi dire?"

"Onestamente, è un po' difficile da spiegare. È solo che adesso che ho iniziato a lavorare per il Garden, rientro nella categoria di un'impiegata a ore. Questo non è che sia una gran cosa solitamente. Vivo con gli altri impiegati civili in una certa parte del Garden, lontana da studenti e insegnanti. Mi piacciono davvero le persone con cui sto. In un certo senso, è come se fosse una piccola famiglia. Semplicemente, lavoriamo dietro le quinte; nessuno bada mai davvero a noi... beh, ecco, tranne me. Sono la ragazza del Comandante. Come civile, non sono invitata... il Garden non ha mai permesso agli impiegati a ore di partecipare."

Zell si fece scrocchiare le nocche, leggermente confuso. "Ma Rinoa, l'anno scorso ti sei presentata. Non vedo davvero come faccia a essere un problema quest'anno. Sono sicuro che tutti si aspettino persino che tu ci sia. Voglio dire, in ogni caso non vai con Squall, essendo la sua ragazza eccetera?"

"È solo che... l'anno scorso, tecnicamente sono stata invitata... da Seifer. Quest'anno non voglio davvero aspettarmi niente, soprattutto niente che riguardi Squall. Penserei di andare, ma ufficialmente lui non me l'ha ancora chiesto. Quindi, se mi presento e lo incontro là, è un appuntamento perché mi sono presentata? O sono soltanto io che mi presento perché sono la ragazza del Comandante? Ho davvero diritto di esserci? Allora non sarebbe giusto per gli altri impiegati che non ci sono. Voglio dire, se non mi venisse chiesto e mi presentassi-" Rinoa aveva parlato così in fretta verso la fine che fu costretta a fermarsi a metà frase e prendere fiato.

"Uhm... Rin... mi hai davvero perso." Zell sollevò un sopracciglio.

"Non preoccuparti, mi sono persa anch'io." La Strega era stata così frustrata dai suoi pensieri in circolo che non ricordava nemmeno quale fosse stato il primissimo pensiero. Non voleva irritare nessuno, a prescindere che fosse Squall, il suo stretto gruppo di amici, o le persone con cui viveva.

Selphie sorrise, pensando che c'era una soluzione davvero semplice, se Rinoa avesse soltanto preso un po' d'iniziativa. "Rin, le tue scelte mi sembrano piuttosto semplici: dato che il Supremo non è in carica, quest'anno, perché non vedi se possono partecipare tutti? O persino, vai nel suo ufficio e basta, e chiarisci la cosa dell' 'appuntamento' con Squall. Cavolo, se ti senti coraggiosa, puoi persino fare tutte e due le cose."

"Sai, hai ragione." Rinoa guardò il pavimento, con la gru davanti a lei. Prese il povero uccello per la sua ala 'spezzata'. "Penso di aver bisogno di pausa, comunque. Ho intenzione di farlo."

*~*~*~*~*

Rinoa si trovò a canticchiare il motivetto mentre l'ascensore la portava al terzo piano. Onestamente, non ricordava il nome della canzone, ma era una melodia che aveva probabilmente ascoltato centinaia di volte. Il titolo della canzone non era importante, ma ora l'avrebbe tenuta sveglia tutta la notte. Maledì in silenzio il fatto che il Garden sentisse il bisogno di suonare musica negli ascensori. Poteva almeno far suonare quel dannato motivetto di Fisherman's Horizon.

Nella mano stringeva l'origami; non era sicura del perché stringesse l'uccello del destino. Probabilmente perché dava alle sue dita qualcosa con cui giocare; forse era una specie di sicurezza. Voleva sempre vedere Squall; non c'era alcun dubbio su questo. Solo che quando arrivava al nocciolo della questione, era ancora completamente nervosa con lui. Si era sempre così nervosi insieme a qualcuno di cui si era innamorati? Non le importava se era normale, perché l'unica cosa che capiva era come si sentiva - e si sentiva nervosa.

Aveva riesaminato il problema che aveva forse creato da sola, eppure non riusciva a scrollarselo di dosso. Quel che era peggio, secondo lei, era ammettere la verità a se stessa - voleva essere ufficialmente 'la ragazza invitata da Squall'. Certo, poteva sembrare sciocco e infantile, ma c'era qualcosa di normale nella cosa. E da quando era diventata una Strega, tutto quello che desiderava era un po' di normalità, o la speranza di scoprire di poter avere figli. Erano usciti insieme una volta dall'inizio della loro relazione, ed era stato più di tre mesi prima. Beh, se si voleva contare il suo fare da chaperone al suo appuntamento a Trabia, erano due.

Per non parlare del fatto che questo sarebbe stato il loro primo evento formale insieme, il loro primo impegno SeeD ufficiale da quando erano una coppia. Quel fatto significava qualcosa, per lei. L'anno prima, quando aveva passato ore a scegliere il vestito giusto e a cercare di sembrare perfetta, era stato solo per Seifer. Era stato solo per caso che aveva incontrato Squall, quella sera. Parte di lei ora si sentiva perfino in colpa per tutti gli sforzi che aveva fatto per impressionare Seifer. Forse era un'altra ragione; aveva bisogno di fare la stessa cosa per Squall, anche se lui non glielo avrebbe mai chiesto. Non le avrebbe mai chiesto niente, ma lì stava il problema: le avrebbe anche solo chiesto di andare?

Odiava il fatto di pensare così, a volte, anche se sapeva che erano le sue stesse insicurezze intrappolate da dubbi giovanili.

Dall'ascensore, riusciva a vedere il corridoio fino al suo ufficio, e ora voleva girarsi e correre con la metaforica coda tra le gambe. Certo, lui era lì; onestamente non ne dubitava. Così, respinse la battaglia interna e decise di farla finita con quella storia.

La porta era socchiusa, e la luce del suo ufficio era visibile, in contrasto con l'oscurità della sala d'attesa. Non lavorava mai con molte luci accese; solo una piccola lampada da tavolo e la luminosità del monitor del computer, che era sempre acceso. Bussò leggermente prima di aprire esitante la porta. Lui alzò lo sguardo con indifferenza, senza mostrar alcun cambiamento di atteggiamento. I vari fogli sparsi sulla sua scrivania avrebbe potuto indicarne il motivo.

"Posso esserti utile?"

"Cosa?" Lei si irrigidì al modo formale in cui le aveva parlato. Si sentiva come se lui non si sarebbe comportato affatto diversamente se lei fosse stata uno studente qualsiasi. La sua risposta non si basò sulla comprensione della domanda, piuttosto sulla modalità con cui era stata posta.

"Avevi bisogno di qualcosa?" La sua espressione era imperscrutabile: da quella distanza i suoi occhi sembravano carbone.

"Ehm..." balbettò lei, senza sapere come rispondere a qualcosa di così diretto, e per di più, di così impersonale. Eppure, c'era una ragione per la sua visita. Ora, lì in piedi nel suo ufficio, vedendo quell'espressione, poteva capire che non era il momento. Peggio ancora, non riusciva a inventarsi un'altra scusa valida per interrompere il suo lavoro. Parte di lei sapeva che non avrebbe dovuto avere bisogno di una ragione importante per vedere il suo ragazzo, se non altro per qualche minuto. Non stavano insieme tutti i giorni; vedeva molto più il Preside di quanto vedeva Squall. Francamente, vedeva Eugenia, la signora che serviva i panini, più di Squall.

"Ho solo pensato che... beh, è da un po' che non ci parliamo..." Sorrise, sperando che lui avrebbe messo via la sua maschera e sarebbe tornato ad essere la persona con cui condivideva così tante cose.

Lui si strofinò le tempie cercando di ricacciare indietro il mal di testa che era diventato quasi un rituale giornaliero nella sua vita. "Rinoa, adesso non ho proprio tempo."

"Oh... ok." Lei rimase probabilmente un po' più a lungo di quanto avrebbe dovuto, ma era passato tanto tempo da quando lui era stato così formale con lei. C'era parte di lei che era scioccata, e parte di lei che ragionava che lui era semplicemente oberato di lavoro, fino all'esaurimento. Gli occhi di lui tornarono a guardarla, e per un momento lei credette che la finzione d'indifferenza fosse finita.

E per un momento solo avrebbe avuto ragione. A Squall Leonhart non piaceva avere gente nel suo ufficio senza alcun motivo. Era anche abbastanza intelligente da rendersi conto che Rinoa non era 'la gente' e che la sua solita reazione sarebbe stata interpretata come dolorosa. Quindi sapeva di dover dire qualcosa per alleggerire la situazione, anche se avrebbe preferito che lei se ne andasse, in quel momento. Non che non la volesse vicino, era solo che aveva a che fare con le sue frustrazioni sul lavoro. Aveva un lavoro per cui era a malapena addestrato, prendeva decisioni che non aveva il diritto di prendere. Eppure era lì, a lavorare fino a Dio sapeva quando, su cose semplici che avrebbero dovuto essere terminate prima dell'ora di cena. Semplici, meglio, per qualcuno che sapeva cosa diavolo stesse facendo, qualcuno che non passava la vita a mettere in discussione ogni decisione presa.

Eppure, sapeva che quelli non erano problemi di lei. Erano suoi. Quindi combatté tra sé e sé per dirle almeno qualcosa. Vide la carta dorata tra le sue mani, e in qualche modo la collegò al fatto che potesse avere qualcosa a che fare con la sua visita fuori programma.

"Greyos?"

"Che?"

"Sei venuta qui per quel Greyos che hai in mano?" Fece un cenno alla carta.

Un sorriso imbarazzato le increspò la bocca mente con le dita giocava distrattamente con la carta. "A dire il vero, è una-" Si interruppe. Lui non voleva davvero conversare: lo sapeva bene visto il suo atteggiamento. Spiegare cosa fosse sarebbe stato esattamente quello.

"No, non c'entra niente," rispose dolcemente Rinoa gettando l'uccello in un cestino lì accanto. I suoi occhi cercarono di concentrarsi su qualsiasi cosa tranne lui; sentiva un incredibile imbarazzo a stare lì. In silenzio si maledì per essere salita; avrebbe dovuto sapere che non era il caso di distrarlo dal lavoro. Solo perché i suoi doveri terminavano alle cinque e mezza, non significava che terminassero di certo anche quelli di Squall.

"Scusa se ti disturbo," iniziò. Non che non avesse un posto dove stare; c'erano circa novecento gru da fare ancora. "Devo tornare a lavoro, comunque."

"Lavoro?" Lui si appoggiò appena alla sua sedia; lei intuì che la curiosità era stata risvegliata da quella frase.

"Beh, non lavoro lavoro, non lavoro d'ufficio. Sto solo aiutando Selphie con le decorazioni, in queste sere. Stavo solo facendo una pausa, credo."

"Ah, quello." La sua reazione somigliava più a un grugnito aspro che a un commento.

"Cosa?" chiese lei irritata. La risposta severa del Comandante aveva riportato una decisione più determinata ad avere una risposta alla sua domanda. Il motivo principale per cui si trovava nel suo ufficio.

Lui sapeva che non avrebbe dovuto reagire a quel modo, ma fu la sua reazione iniziale. Eppure, un'altra parte di lui considerava quella cosa come tutto tranne che lavoro. Lui era lì a decidere i destini di svariati studenti, e lei decideva il destino di svariati nastri che andavano legati.

Il suo ritardo nel rispondere ottenne solo di irritarla di più. "Beh, fammi indovinare, sei stato tu quello che ha votato contro il ballo?"

"Rinoa, non è che sono contro la tradizione. È solo che questo è un anno di cambiamenti, e il Garden deve davvero dare priorità alle sue risorse. Norg era un bastardo, ma sapeva davvero come gestire i fondi. Io guardo tutte queste spese e non riesco a vedere come il costo dell'operazione sia anche solo sostenuto dalle nostre entrate attuali." Prese la stampa di un grafico e la sollevò, solo per gettarla di nuovo disgustato sulla scrivania. "Non ho idea di cosa stia affrontando il Garden; non ho idea del perché la stia affrontando io, tanto per cominciare."

Poi finì a dire l'unica cosa che avrebbe segnato la sua caduta, quella sera. "Non vedo come il Garden possa permettersi un'altra festa inutile."

"Inutile?" ripeté lei, in un miscuglio tra rabbia e incredulità.

"Sì, inutile... Rinoa, è uno spreco di fondi per il Garden."

"Se il Garden ha bisogno di fondi, perché non prendi in considerazione un taglio agli stipendi?" Non era inteso come un attacco personale a lui, piuttosto alla SeeD in generale. Anche se sapeva per certo che non era uscita così. Aveva potuto usare le parole sbagliate, come accadeva spesso, ma credeva di avere una ragione valida.

"Non l'hai detto davvero." Il suo atteggiamento cambiò, mentre si spostava in avanti per sfidarla.

"Sì beh, sai cosa, l'ho fatto."

Era da tanto che non affrontava lui o ciò in cui lui credeva. Probabilmente doveva ripensare al viaggio prima di Artemisia. Era questo lato franco di lei che provava a controllare, e spesso ci riusciva. Ma a volte l'ipocrisia di un'organizzazione così grande la irritava. Forse era il motivo per cui si era sentita così attratta dalla condizione di Timber. Capiva come funzionava l'esercito, ed era dannatamente sicura che i SeeD guadagnassero più denaro di quanto ne guadagnasse l'intero esercito di Galbadia. Eppure, su entrambi i lati, le scommesse erano le stesse, e la posta in gioco di solito era la vita.

Lui non disse niente. Il suo rigido linguaggio del corpo e lo sguardo indifferente nei suoi occhi dicevano più di mille parole. Lei vide sparire la dolcezza a cui si era abituata negli ultimi mesi. Al suo posto tornò lo sguardo di ghiaccio che aveva visto in lui solo per la battaglia.

"Comandante Leonhart," iniziò Rinoa incrociando le braccia sul petto. Non lo aveva mai chiamato così fuori dall'orario di lavoro. Di solito anche allora era solo per formalità al telefono o con visitatori esterni. Non si era infuriata con lui così tanto per parecchio tempo.

"So che sono solo un'umile lavoratrice, qui, e che la mia opinione probabilmente non vale molto. Sto dicendo che se i fondi sono così importanti, allora forse dovete iniziare a pensare un po' più vicini al nocciolo della questione. Forse qualcuno dei SeeD di Rango A dovrebbe considerare un taglio temporaneo della paga."

Le sue emozioni la stavano tradendo; fece alcuni passi verso la scrivania. "O sai cosa, forse il Garden dovrebbe spegnere le luci di notte. Non c'è bisogno di vedere questo posto fin dal porto di Balamb. Diamine, non c'è bisogno di vedere questo posto dalla luna! Lo capiamo, il Garden è importante. Lungi dallo spendere invece tutti i guil sulla ricerca per scoprire quale arma sarebbe più efficiente nell'uccidere, dovreste spendere un po' su qualcosa che tira su il morale. Non ti piacciono gli eventi sociali. Lo capisco. Ma forse gli altri qui ne hanno bisogno per scappare o per sentirsi parte di qualcosa e-"

"Signorina Heartilly, ha o non ha una ragione per essere nel mio ufficio?" Si alzò, posando i pugni sulla scrivania. La voce di Squall era severa e calma, anche se le parole erano piene di significato.

"Sa, Comandante, sono davvero venuta qui un motivo. Ironico, ma penso che abbia risposto molto chiaramente alla mia domanda. Grazie."

"Può andare."

"Sì, posso."

Non ci furono saluti; non ci furono ulteriori contatti visivi. Tutto quello che volevano dire in quel momento poteva essere detto senza una sola parola. Lei si voltò bruscamente e uscì dal suo ufficio. Avrebbe potuto sbattere la porta, ma qualcosa la trattenne dal farlo. Forse sarebbe stato superare la linea dell'essere infantili; forse lo aveva già fatto. Non sarebbe tornata nella sua stanza; non sarebbe stata lì a piangere. Onestamente non sapeva come si sentiva, a parte un po' tradita e arrabbiata. Avrebbe difeso le sue ragioni, anche se alcune parole erano state di troppo, e lei lo sapeva.

Sembrava che la maggior parte dei loro contatti seguissero le direttive di Squall, e per una volta lei voleva solo vederlo per chiarire la sua confusione. Aveva sempre provato a dargli il suo spazio, e adesso lui poteva dannatamente averne per un po'.

*****
Nota delle traduttrici: vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 26
*** XXVI. Tempo di afferrare ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXVI: Tempo di Afferrare ~

30 giugno

Per i tre giorni successivi Rinoa proseguì con la sua routine quotidiana che consisteva nel rimanere otto ore dietro ad una scrivania per poi passare la serata nella stanza di Selphie. Non fece mai trapelare che aveva un problema; dopotutto, aveva trascorso anni di situazioni del genere vivendo con suo padre. I suoi amici la vedevano al massimo un po' preoccupata, ma nient'altro. Era persino arrivata a fare decentemente le gru. Non era il più grande successo dei suoi diciotto anni di vita, ma in quel momento dava almeno un piccolo senso di un risultato.

Ebbe due volte l'occasione di parlare con Squall al telefono, ma in entrambe si mantennero esageratamente professionali. I signorina Heartilly e Comandante Leonhart erano introdotti parecchio a forza nella conversazione, e detti con un po' troppa enfasi. Ognuno dei due era troppo testardo per chiamare l'altro per nome.

Selphie era stata occupatissima con le decorazioni (a cui andava aggiunta la missione, riuscita, di coinvolgere anche il Trepe Fan Club), e non chiese mai all'amica del suo discorso con Squall. Come Zell e Irvine, probabilmente aveva dato per scontato che il Comandante avesse chiarito la situazione. Nessuno metteva in dubbio che Rinoa sarebbe stata al ballo, tranne Rinoa. Dopotutto certe cose parevano ovvie.

Anche quella sera il gruppo delle decorazioni si ritrovò nella stanza di Selphie. Nelle ultime serate i quattro erano rimasti praticamente nelle stesse posizioni, anche se una sera dopo l'altra si erano fatti sempre più informali. Rinoa se ne stava ora distesa a pancia in giù con le gambe incrociate, addirittura in pigiama e ciabatte: se Selphie poteva andarsene in giro con la sua camicia da notte lunga di flanella coi Chocobo, lei aveva il diritto di mettere il suo pigiama azzurro coi gattini.

Quella sera Irvine aveva persino abbandonato il suo adorato cappello, e si era solo legato i capelli in una coda lenta. Restava però la questione se la decisione fosse dovuta alla comodità o alla paura di danni irrimediabili al suo copricapo; il gruppo aveva votato all'unanimità per la seconda opzione.

Zell mugugnò con astio, "non voglio mai più vedere una gru, mai più. Mai!"

"Concordo," replicò Rinoa iniziando a piegare quello che pareva essere il milionesimo della serata.

"Allora Rin, hai già scelto il vestito? Scommetto che sarà una roba da stendere Squall lungo sul pavimento."

"Credi che possa superare quello dell'anno scorso? Quel vestito era parecchio... corto," disse Zell in tono di presa in giro.

"Corto mi piace, corto è bello. Non cambiare il tuo stile, Rin," aggiunse Irvine facendo l'occhiolino.

Corto o lungo, che importava - non ci sarebbe andata.

"Non ci sarò." Rinoa sapeva di non poter evitare le inesorabili domande ancora a lungo. Prima o poi la brutta verità sarebbe venuta fuori - e in quel momento era brutta come un Ochu con le vesciche da insolazione.

"Che? Di cosa stai parlando, Rin? Dimmi che è solo uno scherzo molto, molto, molto brutto," implorò Selphie mentre si gettava con aria tragica accanto a lei sul letto.

"Mi piacerebbe, ma... ma non posso."

A quanto pareva, Selphie aveva intenzione di rendere le cose ancora più difficili rispetto alle previsioni di Rinoa. Niente fuga con eleganza e stile. Adesso Rinoa sperava solo nell'opzione 'Selphie che non la tormentava all'infinito'.

"Rinoa! Che è successo? Ma certo che ci andrai, non puoi - non puoi proprio non andare! Voglio dire, devi andarci! Voglio dire, veramente - è tipo l'evento ufficiale più importante dell'anno. E poi è anche un po' un anniversario anche per te e per Squall... voglio dire, il fatto che vi siete incontrati al coso della promozione. E poi ci sono Cid ed Edea... e hai fatto le gru! Vedi, devi andarci per forza!"

"Sì, un ballo che non aveva voglia di fare né lo scorso anno né questo." Sentì il senso di colpa di non partecipare alla celebrazione di Cid ed Edea. Ma era comunque una decisione presa, e l'avrebbe seguita.

"Ma Squall ci deve andare, è il Comandante!"

"Ci verrà, Selphie, non ti preoccupare." Avrebbe tanto voluto aggiungere: "Perché è una cosa della SeeD e Dio solo sa che lui non potrebbe nemmeno mai contemplare l'idea di trascurare qualcosa di SeeD." Anche se capiva che sarebbe stato un commento molto ingiusto e parziale da fare, non voleva certo dire che non lo pensasse.

"Ma se lui ci va, ci vai anche tu, è ovvio!"

"No Selphie, con lui non è ovvio. Le cose normali non sono le cose di Squall."

Odiava paragonare le sue sensazioni di quell'anno al precedente, perché erano entrambe situazioni soggettive. Ma l'anno prima, a pochi giorni dal ballo, si stava crogiolando nella prospettiva più liberatoria del mondo. Pur essendo cresciuta in una vita privilegiata, Rinoa non aveva mai aspettato un evento mondano con tanto entusiasmo. Era un'opportunità per rendersi indipendente dalla vita che conosceva a Deling, e anche dalle lotte interne di Timber. Un anno prima, sentiva come di poter realizzare qualsiasi cosa... e forse allora poteva, o almeno era quello lo stato mentale.

"Se Squall ha di nuovo intenzione di fare il cocciuto ti invito io, se può essere utile," si offrì Zell.

"Grazie, ma ho come la sensazione che renderebbe la situazione più imbarazzante, invece che semplificarla." Rinoa non poté fare a meno di ridere dentro di sé nel figurarsi la scena: immaginava perfettamente l'espressione di Squall di fronte a lei che scendeva la scalinata grande al fianco di Zell. Okay, forse il Comandante non avrebbe avuto un'espressione palese sul viso, ma sapeva che dentro di sé sarebbe impazzito. La strega lanciò uno sguardo e un sorriso all'amico; il suo cuore era sempre al posto giusto e non avrebbe saputo mai quanto lei tenesse alla sua amicizia.

"Sapete, ragazzi," cominciò. Pensava di dover almeno tentare di spiegare un po', senza dare troppi dettagli della sua vita privata. "Non è che Squall abbia mai detto che non voleva che ci venissi o che non ero invitata. Non siamo neanche mai arrivati a questo punto della conversazione. Mi ha solo più o meno detto come vede la cosa, e sfortunatamente, io gli ho più o meno detto come la vedo io. Non so come spiegare il tutto; è solo una storia lunga e stupida. Il succo è semplice: io sono testarda, lui è testardo, e a volte decidiamo di essere testardi nello stesso momento."

Rinoa seppellì il viso nelle mani. Conosceva la gran parte dei suoi difetti e li avrebbe ammessi volentieri a chiunque, ma ammetterli a Squall era un'altra storia.

"Rinoa, visto che non ti ha invitata, semplicemente tu passa al piano B. Sai, dire a Cid che siano invitati tutti? Io penso che sarebbe un'idea bellissima, comunque. Così puoi semplicemente spuntare come l'anno scorso, e Squall può vedere quello che si perde."

"Sì, Selph, questa è comunque una buona idea, veramente," ammise Rinoa. "Voglio dire, anche se non ci andassi, avrei comunque fatto qualcosa di buono per tutti gli altri. L'ultima cosa che voglio è essere accusata di favoritismo. Quasi tutte le cose della mia vita le ho avute per via di chi erano i miei genitori. Non voglio avere una cosa solo perché il mio ragazzo è il Comandante."

*~*~*~*~*

1 luglio

"No, mi spiace, attualmente si trova nella nostra sede di Trabia. Posso connetterla con l'operatore di quel Garden, e da lì la sua chiamata sarà certamente reindirizzata." Rinoa alzò gli occhi al cielo mentre una graffetta rimbalzava sulla sua scrivania, poi sulla sua gamba, per atterrare infine sul pavimento. Ignorando la momentanea distrazione, premette un paio di pulsanti e riappese la cornetta. Spostò lo sguardo con aria distrutta verso la ragazza che stava attualmente invadendo i suoi spazi.

"Un'altra chiamata per Shu?" domandò Selphie. Era appollaiata sulla scrivania di Rinoa a tentare una nuova forma di arte moderna costituita dalle già menzionate graffette.

"Davvero, sarò proprio contenta quando torna. E Selphie, se continui a rovinarmi tutte le graffette, ti schiaffo una magia Stop."

"Quanto siamo irascibili... la gente comincerà a pensare che tutte quelle dicerie sulle streghe sono vere," replicò Selphie a presa di giro, senza prendere minimamente in considerazione l' 'avvertimento' di Rinoa; anzi, si piegò audacemente ad afferrare un'altra clip dal contenitore.

Rinoa incrociò gli occhi e afferrò subito una matita dalla scrivania. "Sai, credo di non poter biasimare Artemisia se tutto quello che voleva era tenere qualche documento spillato in ordine, per scoprire invece che la sua amica ne aveva fatto una scultura di un... ehm... comunque, che cavolo è?"

"Kharonte!" annunciò Selphie con orgoglio.

"Ah, certo," ma poi mormorò al giusto volume perché l'amica potesse sentirla. "Pensavo che forse poteva essere la tua versione di un chocobo dentro a un frullatore."

Selphie ridacchiò per quel commento, anche se non era privo di ragione: il contorto scheletro di graffette poteva rappresentare praticamente qualsiasi cosa. Ma lo scarso riconoscimento non la distolse dal suo capolavoro metallico. Giusto in quel momento il telefono emise uno squillo elettronico, ed entrambe le ragazze abbassarono lo sguardo.

"Ughh..." Rinoa fissò con odio la lucina che pareva tormentarle l'esistenza. Era una linea interna, e, ovviamente, doveva includere una cosa che le era estremamente familiare, Squall Leonhart. "Non ne sentivo proprio il bisogno."

Scoccò a Selphie uno sguardo scocciato prima di sollevare la cornetta, e rispondere nella sua miglior voce professionale, "ufficio del Preside Cid Kramer, sono Rinoa Heartilly. Come posso aiutarla?"

"Qui è il Comandante. Potresti per favore passare la telefonata al Preside?"

Rinoa mordicchiò la punta della matita con un lievissimo sorriso. Naturalmente non avrebbe avuto bisogno di fare la domanda che stava per formulare, ma il protocollo è il protocollo, e poi lui aveva effettivamente tralasciato parte del suo titolo.

"Mi scusi, col comandante di quale Garden sto parlando?"

Selphie si accorse rapidamente di quello che l'amica stava facendo e le dette un colpetto sulla spalla come a rimproverare la sua azione. Rinoa alzò lo sguardo cercando di raccapezzare un sorriso innocente, e mosse solo le labbra articolando "Che c'è?" Ci fu una breve pausa, poi dall'altro capo venne la risposta.

"Qui è il comandante Squall Leonhart del Garden di Balamb. Chiedo scusa, ma avevo pensato che siccome questa è una linea interna all'ufficio, fosse ovvio che io chiamassi da dentro il Garden di Balamb."

Rinoa strizzò gli occhi cercando di trattenersi dal replicare, cosa che sarebbe stata piuttosto inappropriata al luogo in cui si trovava. Optò invece per una risposta più tradizionale. "Un attimo per favore, trasferisco subito la chiamata." Anche stavolta premette alcuni tasti e rimise a posto la cornetta. Ma poi cedette ad un momento di debolezza e mostrò la lingua sbeffeggiando il telefono. "Certo, la trasferisco subito... maledetto cattivone!"

"Ah, ecco qua finalmente la Rinoa che conosciamo e che ci piace," sorrise Quistis, entrando con un fascio di fogli in mano.

"Scusa." Rinoa arrossì, un po' imbarazzata dal fatto di essere stata beccata dalla professoressa. "Vecchie abitudini, ma è comunque meglio di quello che vorrei veramente dire."

"Comportati bene," intervenne Selphie. "Stai parlando del tuo futuro marito."

Rinoa sbuffò forte, e si coprì subito la bocca per la vergogna. Ma non riusciva a smettere di ridere al pensiero. "Selphie... tu... devi morire," esalò tra i tentativi di calmarsi e di riprendere fiato.

"Ma no, non mi faresti mai nulla, mi vuoi troppo bene," disse la più giovane scendendo dalla scrivania e attirando l'amica in un abbraccio stritolante. Rinoa alzò gli occhi al cielo, sapeva che Selphie aveva proprio ragione, non avrebbe mai fatto nulla alla sua amica - per quanto la tentazione fosse forte.

"E poi Rin ti ritroveresti a dover gestire il Comitato Festival del Garden tutta da sola. Di certo non posso fidarmi di Zell e Irvine... o la festa del prossimo anno andrebbe a finire in qualche cosa di stupidissimo tipo - ragazze che fanno arti marziali con addosso cappelli da cowboy a battersi per i panini in palio."

"Non mettergli la pulce nell'orecchio," aggiunse Quistis allungando le cartelle coi fogli a Rinoa. "Sai quanto quei due sappiano essere insistenti e testoni."

"A proposito di coppie di insistenti e testoni..." Selphie fece un sorrisetto ironico. "Rin, hai parlato col Preside per il fatto di invitare tutti al ballo del diploma?"

"Ah, veramente sì, proprio stamani, infatti ho già un promemoria. Cid ha detto che era un'ottima idea, e ha intenzione di estendere l'invito anche agli amici degli impiegati, così che possano passare una bella serata in pace."

"Yeeeah! Allora ci verrai! Yu-huuu!" La ragazza saltellò su e giù finendo per rovesciare inavvertitamente la sua scultura di graffette, che si schiantò in vari pezzi al suolo.

"Aspetta, aspetta, Selphie." Rinoa allungo la mano per tentare di contenere l'esagerato entusiasmo dell'amica. "Non ho comunque intenzione di andarci. Non mi fraintendere, sono molto contenta che da questa storia sia venuto fuori qualcosa di buono. Ma, sul serio, il modo in cui sono stata invitata non toglie che la serata sarebbe molto imbarazzante per me."

*~*~*~*~*

Il Comandante si sorprese a lanciare spesso sguardi al monitor. Probabilmente l'altra persona nell'ufficio pensava che stesse esaminando certe informazioni a schermo. In realtà, stava solo osservando l'angolo in fondo a destra, chiedendosi quanti minuti della sua vita stessero passando.

"Squall, ecco qui la lista dei possibili candidati per l'esame pratico compilata dagli istruttori. I nomi sottolineati in rosso sono quelli che, pensiamo, dovrebbero essere i più adatti a fare da caposquadra nelle missioni." Presi i fogli dalle mani di Quistis, il Comandante diede una rapida scorsa alle raccomandazioni.

"Va bene," rispose restituendo i fogli. "Basta che mi lasci una copia così in mattinata posso lavorare sulle prove."

"Hai dato solo un'occhiata."

"Come?" fece il comandante, chiaramente sulla difensiva.

Quistis sorrise mentre sistemava i documenti nel raccoglitore. "Normalmente in una situazione in cui ti trovi a gestire una cosa del genere ti prenderesti diverso tempo per pensarci. Ora avrai dato sì e no uno sguardo alle raccomandazioni. Avrei potuto mettere nella lista Seifer Almasy come candidato e dubito seriamente che te ne saresti accorto."

"Scusa." Non era la sua risposta tipo. Non era un atteggiamento di difesa; non era quello che certi avrebbero considerato maleducazione. Era una cosa più orientata al pentimento, invece, almeno per quanto riguardava quell'argomento in particolare.

"Squall, sei distratto."

Avrebbe dovuto risponderle, ma, ad ogni modo, sapeva già che Quistis possedeva tutti gli elementi necessari per capire. Era stata una lunga settimana e tutto ribolliva in vista dei giorni successivi. Si sarebbero conclusi gli esami, sarebbero stati annunciati i nuovi SeeD. E poi? Il ballo del diploma che tanto aveva temuto l'anno prima. E in quel momento, temeva questo ancora di più.

Lui e Rinoa. Avrebbero continuato tutti e due ad allargare la temporanea frattura che si era formata fra di loro? Certo, sapeva che si trattava solo di una stupidaggine, nel grande quadro delle cose. Quel disaccordo non era nulla più di un piccolo contrattempo. Ma questo non voleva assolutamente dire che sarebbe stato lui a correre da lei a domandare perdono - specialmente dal momento che credeva ancora nella validità del suo ragionamento. D'altra parte, però, sapeva che avrebbe potuto articolare meglio le sue ragioni. Era un sentimento che lo feriva, e molto. Una cosa su cui non si era accorto di aver cominciato a dipendere. Non importava quanto minuscoli fossero i contatti che avevano lui e Rinoa nel corso della giornata, c'era sempre un senso di sicurezza nel suo supporto. Sapeva che quel supporto non era svanito, era solo un po' difficile da trovare in mezzo alle formalità.

"Ti conosco da troppo tempo. Potrei dire di essere un'esperta osservatrice di Squall, ma mi sa che la cosa è volata fuori dalla finestra lo scorso anno." Quistis cercò di rallegrare un po' l'atmosfera, ma quasi si aspettava che lui si alzasse dalla sedia e lasciasse l'ufficio. Quando l'unica reazione che ricevette fu una lieve occhiataccia, proseguì. "Ma questo non vuol dire che tu sia granché bravo a nascondere quelle cose che ora sono piuttosto evidenti."

"Non è niente."

"Squall, io non credo che non sia niente. Guarda quanto ti dà fastidio - deve per forza essere qualcosa. Forse se tu ne parlassi ti farebbe bene."

Lui la guardò impassibile. E lei rimase sorpresa quando fece una domanda invece di arrabbiarsi. "Quest'anno, eri favorevole a tenere il ballo del diploma?"

"Io?" Era stata colta alla sprovvista da quello scambio. La situazione cominciava forse ad acquistare un senso - come si era comportata Rinoa e l'apparentemente distaccato atteggiamento di lui. "Ad essere sinceri, Squall, dal periodo che ho passato come istruttrice, ho visto quanto tempo, quanto sforzo ci mettono la maggior parte degli studenti. Per quelli che ce la fanno a diventare SeeD, la festa è come una cerimonia di passaggio. È un riconoscimento dopo gli anni di impegno, in cui gli studenti ricevono formalmente un'onorificenza. Per i più giovani e quelli che non sono passati - può servire come fattore motivante. Vogliono diventare anche loro quelli sotto i riflettori. Vogliono diventare anche loro quelli premiati per il loro duro lavoro. So che non ha lo stesso significato per tutti, ma la festa ha davvero uno scopo importante."

Fece una pausa prima di aggiungere, "credevo che anche tu capissi il valore sentimentale che ha."

Lui fissò lo sguardo, vacuo, fuori dalla finestra, non aveva voglia di guardare direttamente Quistis. Non sapeva neanche perché avesse fatto quella domanda. Lei era una buona amica, e le era sempre importato qualcosa di lui, quindi magari poteva aiutarlo almeno un minimo a dare un senso ad un po' di quella confusione.

"Ci ho incontrato Rinoa, ma non sapevo nemmeno il suo nome. Ballare con lei è stato solo un caso. Non so se avrebbe fatto qualche differenza se ci fossimo incontrati quella sera oppure no. Voglio dire..." Si fermò. Avrebbe potuto proseguire nel suo pensiero, ma non era una cosa a cui fosse abituato, non ancora. Non riusciva ancora a confidarsi apertamente con gli altri, benché fosse cresciuto nell'ultimo anno. Ma era sempre con Rinoa che parlava... quando decideva di farlo. Non la sentiva come la cosa giusta da fare, non ancora.

"Sai, Squall, io Rinoa non l'avevo nemmeno nominata. Io mi riferivo al giorno che sei diventato un SeeD. Sai che non eri obbligato a presentarti quella sera, non c'erano regole che ti forzavano ad andarci, era solo tradizione. Se ricordo bene, prima di allora ti avevo visto ad una sola festa per la promozione. Io credo che ci fosse una ragione importante se ci sei venuto quella sera, anche se non avevi intenzione di restare a lungo. Avevi lavorato tanto per guadagnare quel riconoscimento. Eri orgoglioso di essere diventato un SeeD. Anche se forse non ti piace tanto ammetterlo, quel momento era importante per te. Nessuna Rinoa ti aveva spinto ad andare al ballo. Sono stati gli anni che hai dedicato alla SeeD a farlo."

Lui lanciò un altro sguardo al suo foglio di lavoro vuoto. Poteva aspettare; ed era spesso così, anche se non sarebbe mai stato lui ad ammetterlo. In quel momento aveva un'altra cosa da fare, che non era fissare il monitor.

*~*~*~*~*

Essendo rimaste solo due sere, il comitato lavorava a ritmo forsennato. O meglio, Selphie lo faceva, mentre gli altri tre cercavano disperatamente di evitare di strangolare la loro energica leader. Negli ultimi venti minuti nessuno aveva spiccicato parola, cosa molto strana vista la compagnia. Ma a quel punto i convenevoli erano già esauriti, e l'unica cosa che restava da fare era finire i maledetti uccellini - e pianificare la vendetta contro Selphie per il futuro.

Ci fu un bussare alla porta, e il gruppo fu quasi elettrizzato per l'interruzione in quella serata piatta. Selphie saltò su, praticamente investendo Irvine.

Andò ad aprire la porta, immaginando che uno del Trepe Fan Club fosse venuto a chiedere dettagli sulle decorazioni, o cose del genere... anche se forse era più che altro una scusa per vedere se Quistis fosse lì con loro. Quando aprì la porta, restò decisamente sorpresa, a dir poco.

"Squall, che ci fai qui?" La domanda di Selphie era un misto di entusiasmo e confusione. In un certo senso era quasi preoccupata per l'arrivo del Comandante: lui non era certo uno che passava a fare saluti.

Teneva le braccia lungo i fianchi, ma anche Selphie capiva che era una postura un po' impacciata. Non era certo la persona generalmente imperturbabile che aveva imparato a conoscere in quell'anno.

Gli ci volle un minuto prima di rispondere. "Beh, se mi ricordo bene, un anno fa mi avevi chiesto di unirmi al comitato per il festival del Garden. Forse allora non me ne sono occupato, comunque mi ero impegnato a farlo. E se non sbaglio è questo il comitato per le decorazioni per la festa di quest'anno. Quindi, eccomi qua."

"Non mi è mai passato per la testa che saresti mai venuto sul serio. È fantastico!" Selphie stava letteralmente saltellando su e giù da un piede all'altro.

"Avevo fatto una promessa. Io le mie promesse le mantengo." Squall lo disse a voce abbastanza alta perché fosse udito da tutti. La frase aveva un doppio significato che non passò inosservato per una degli altri occupanti della stanza.

Selphie fece un passo di lato per fare entrare il Comandante. Lui si guardò intorno brevemente e notò che Rinoa non lo guardava, intenta com'era a lavorare su qualcosa. Non si curò di salutarla, a quel punto, sapeva che avrebbe avuto tempo in abbondanza, ed era meglio non forzare le cose in quel momento. Aveva imparato almeno quello dalla sua breve esperienza in una relazione.

"Beh, vieni dentro, dai, abbiamo un sacco di gru da piegare." Selphie si spostò verso Irvine, circondandogli le spalle con le braccia.

"Avete che cosa?" chiese Squall, un po' perso sul significato della frase.

"Siamo stati costretti a fare gru a origami per l'anniversario di Cid e della Madre," spiegò Zell mostrando un uccellino già completato.

"Fidati, di' solo okay o Selphie ti attaccherà un bottone infinito sul loro significato e diventerà tutta una melassa," scherzò Irvine, ma sentì subito un paio di braccia sottili stringersi attorno al suo collo come un boa. "Stavo solo scherzando tesoro, sappiamo tutti benissimo che è un'idea meravigliosa."

Il Comandante prese un foglio che conteneva le istruzioni dettagliate. In quel momento gli tornò vagamente alla mente il foglio piegato che Rinoa aveva in mano qualche sera prima. "Ah, allora era una gru," disse ad alta voce rivolto a nessuno in particolare.

"Che?"

"Niente, Selphie." Squall si schiarì la voce. "Stavo solo guardando lo schema." Poi osservò i posti nella stanza e realizzò che la sua unica opzione era mettersi fra Rinoa e Irvine. Quindi si mosse, andò a sedere, ed evitò con cura di incrociare lo sguardo con chiunque.

"Che pensavi, che stessimo facendo dei Greyos o roba del genere?" Rinoa non poté impedire al commento sarcastico di sfuggirle. A dire la verità, era felice che fosse venuto; ma non sarebbe riuscita a piegare gli origami molto bene, ora, non dopo tutto quello che avevano passato negli ultimi giorni. E sapeva anche che lui non avrebbe reso le cose più facili, era semplicemente nella sua natura inflessibile.

"No, signorina Heartilly, non sarebbe stato logico."

*~*~*~*~*

Era da un'ora che il gruppo era là dentro, e in certi momenti il silenzio era davvero pesante. Prima dell'arrivo del Comandante il silenzio era stato scelto, ora sembrava forzato. Rinoa cambiò posizione per quella che poteva tranquillamente essere la centesima volta in quell'ora. Con l'intenzione di sgranchire le gambe, finì invece per tirare inavvertitamente un calcio nella coscia a Squall. Lo guardò appena e mormorò parole di scusa, ma era il primo sguardo che si scambiavano da giorni.

"Non importa," sussurrò lui in risposta.

Non poteva essere passato più di un minuto quando Selphie se ne uscì con: "Oh cavolo, mi sono appena ricordata che il Trepe Fan Club aveva bisogno di una mano per sistemare i fiori, e avevo detto che saremmo andati a dare la nostra opinione. Zell, Irvine, venite con me, così abbiamo anche un punto di vista maschile?"

"Selphie." Irvine si grattò la testa. "Noi ci verremmo anche, ma non potevi inventare una scusa migliore per uscire? Forse io non sarò il genio del secolo, ma sono abbastanza sicuro che l'abbiano capita tutti."

"Va bene, ma tu non avevi nessun piano migliore! I fiori sembravano una cosa logica!" sbuffò Selphie con le mani sui fianchi.

"Sì, Selphie, era proprio penosa questa, se qualcuno chiedesse un'opinione ai maschi, gli risponderebbero che i fiori sono un mega spreco di soldi," intervenne Zell.

"Sapete cosa, ragazzi." Rinoa si alzò sistemandosi i vestiti. "Selphie, io ti ringrazio per quello che stai cercando di fare, davvero, lo apprezzo. Ma Squall ed io non dovremmo aver bisogno che qualcuno tiri fuori scuse penose per parlare."

"Ehi, Rinoa, ma io lo facevo per te, come puoi dire che era penosa?" Selphie fece finta di mettere su il muso per il tradimento dell'amica, ma dopo un secondo di silenzio, sospirò esasperata. "Va bene, era penosa, ma era tutto quello che potevo fare. A forza non mi vengono bene."

"Vi ringraziamo." Si girarono tutti a guardare il comandante che si era alzato in piedi, sorpresi che stesse veramente facendo un commento sulla situazione. "Ma lei ha ragione, non abbiamo - non dovremmo avere bisogno di scuse per parlare. Dovremmo parlare perché è quello che vogliamo."

E con questo si voltò verso Rinoa, senza fare alcuna domanda, fu solo un semplice scambio di sguardi. Lei annuì silenziosamente come lui aveva domandato, poi si girò verso gli altri con un accenno di sorriso. Zell e Selphie risposero anche loro con un cenno del capo, mentre Irvine agitò la mano in segno di approvazione.

In silenzio Squall segui Rinoa fuori dalla stanza, e quando ebbero raggiunto il corridoio lei si voltò verso di lui come a chiedere 'e ora dove andiamo?' Grattandosi la nuca, lui fissò il fondo del corridoio. Potevano andare in camera sua al piano di sopra, ma qualcosa lo tratteneva. Stesso discorso per la stanza di lei, sarebbe stato ugualmente imbarazzante, ma voleva comunque un posto con un po' di privacy. Visto che molti degli studenti e del Trepe Fan Club erano nella sala da ballo, e i più anziani a studiare, il Giardino doveva essere abbastanza libero. Avrebbe potuto menzionare la zona segreta, ma visto il suo rango e la sua posizione, persino il semplice farsi vedere là la sera tardi con Rinoa avrebbe diffuso dicerie di tutti i generi, e ne aveva già a sufficienza.

"Seguimi," disse a voce abbastanza bassa da essere udito solo alle sue orecchie. Rinoa non fece domande, e per quasi tutta la strada rimase apposta qualche passo indietro. Non avrebbe saputo darne una ragione: forse era perché non sapeva di preciso dove erano diretti, o forse era per meglio leggere l'atteggiamento di lui.

A metà strada capì dove voleva andare. Per lei andava benissimo; adorava il cielo di notte, e i fiori appena piantati mandavano un profumo da restare senza fiato nella brezza della sera. Infatti passava moltissimo tempo nel Giardino, nelle ore del pranzo e dopo che gli studenti parevano migrare da qualche altra parte.

Quel giorno era stato relativamente caldo, e Squall portava jeans neri con una maglietta bianca. Ovviamente Rinoa era nei suoi 'vestiti da casa' per fare gli origami, e la scelta di quella sera era caduta su un pigiamino color azzurro polvere - anche se somigliavano a dei pantaloncini abbastanza da far sì che nessuno potesse accorgersene da lontano. Il Comandante si fermò ad una panchina che era appena oltre l'aiuola di fiori; sufficientemente fuori mano da non farli notare senza che fossero necessari sforzi.

Parlò piano, ma abbastanza forte da essere udito da Rinoa. "È bello quello che hai fatto... quel suggerimento a Cid per gli impiegati. Tutti nel Garden hanno un ruolo importante, grande o piccolo che sia. Io non ci avrei mai pensato."

"Grazie," rispose lei a voce altrettanto bassa. Per un riflesso incondizionato, si leccò le labbra che iniziavano a seccarsi, per l'apprensione e per il venticello.

Lui fissò lo sguardo su un albero di quercia lì vicino; era più semplice guardare un oggetto distante che la persona seduta accanto a lui. Non era bravo in queste cose, la SeeD di certo non ti ci faceva esercitare, e qualsiasi cosa dicesse o facesse pareva incredibilmente goffa. "Rinoa, non so se te l'ho mai detto, ma alcune delle tue idee sono davvero buone. Certe forse sono difficili da realizzare, ma sei intelligente. Credo che non ti venga riconosciuto abbastanza."

La sentiva muoversi al suo fianco, l'impercettibile scricchiolio del collo e il frusciare dei capelli. Sapeva senza aver bisogno di guardare che si era rivolta verso di lui, e percepiva l'intensità con cui lo stava fissando.

"Mi hai chiamata Rinoa."

"È il tuo nome."

Adesso veniva per lei il turno di fare la pace, o almeno di compiere un tentativo - perché lui l'aveva fatto, a suo modo. Dubitava che avrebbe mai avuto delle scuse chiare da parte sua, ma era il suo carattere. Non si aspettava cambiamenti su questo.

"Squall, non avrei dovuto dire quello che ho detto."

Lui si ritrovò a guardarla, un'azione automatica che non aveva preventivato. Rinoa aveva fatto la mossa successiva, e adesso era il suo turno di ricambiare, la palla era passata di nuovo nel suo campo.

"Beh, Rinoa... forse no, ma io dovrei essermici abituato. Credo di conoscerti abbastanza oramai per sapere che se stai pensando una cosa, probabilmente la dirai."

Beh, era la verità, e lei non si sarebbe aspettata altro da lui, ma Squall aveva da aggiungere una cosa importante. "Anche se, sai, non è che le tue ragioni non avessero un senso."

"Sono affari della SeeD - non affari miei." Con un gesto morbido, si spostò i capelli dietro le orecchie, e poi sospirò. Tutto quello che riusciva a fare era fissare a terra; era ancora imbarazzata per tutto quello che aveva detto l'altra sera nel tentativo di far valere le sue ragioni.

"Magari no, ma sei sempre una parte essenziale del Garden - SeeD o meno."

"Grazie." Teneramente, Rinoa gli mandò un sorriso, per la prima volta da giorni. Fu sorpresa quando sentì la mano di lui afferrare la sua, e poi posargliele entrambe sulla gamba. Si era voltato verso di lei: Rinoa capiva che voleva dire qualcosa. Qualsiasi fosse, probabilmente non era facile per lui da ammettere, ma lo scintillio della determinazione nei suoi occhi la incantava.

"Volevo che tu sapessi che il personale più alto in grado e tutti i SeeD già da un po' lavorano a salario ridotto. Non te ne ho mai parlato perché, francamente, non credevo che ti riguardasse. Non ne sono stati informati nemmeno i membri più giovani dello staff, i cadetti e il resto dei lavoratori civili. È stato un accordo non scritto - facciamo tutti dei sacrifici finché il Garden non si sarà assicurato più fondi esterni. Norg poteva essere un figlio di puttana, ma aveva regolato benissimo questo posto, finanziariamente. Non siamo andati in giro a pubblicizzare questi tagli, ma solo perché non pensavamo che fosse affare di nessuno, tranne che nostro."

Ora Rinoa si accorse subito di quanto le sue parole di qualche sera prima fossero state estremamente fuori luogo: loro avevano già fatto sacrifici per il Garden, ma la sua rabbia egoista l'aveva accecata, impedendole di vederlo. E adesso lui la stava introducendo in qualcosa che avevano cercato di tenere segreto. Se gli esterni avessero saputo che la situazione finanziaria non era rosea, poteva finire in molti modi, la maggior parte dei quali poco favorevoli.

"Squall, tu non devi-" Lui alzò le loro mani intrecciate alla bocca di lei, che gli baciò le dita con dolcezza. Rinoa sorrise in segno di comprensione, e lui continuò.

"Ascoltami, il fatto è che - la maggior parte di noi riceve un salario personale già più che sufficiente. E se ce ne sarà bisogno, renderemo questi tagli permanenti. Non so gli altri, ma a me personalmente non servono altri soldi. Ho già qui tutto quello di cui ho bisogno."

"Squall, io-" Stavolta fu interrotta dalle sue labbra, che, a dire il vero, erano un gradino sopra alla sua mano. Non sapeva come interpretare la sua ultima frase, ma sapeva che se ci pensava troppo sarebbe impazzita. E allora era meglio lasciar stare, e cogliere i momenti che lui voleva offrirle. Sembravano settimane dall'ultima volta che erano stati così vicini, e il semplice contatto di lui glielo rivelava.

Come d'abitudine, fu Squall a ritrarsi per primo - e lei non fu sorpresa da questo fatto, molto di più lo era stata da quello che l'aveva preceduto. C'era da dire questo sul loro litigio, che nessuno dei due sembrava voler scusarsi direttamente. Forse era la loro testardaggine, o forse era perché avevano avuto entrambi argomenti validi, e avevano imparato il rispetto dell'opinione dell'altro. Era solo esprimerle bene che necessitava ancora di molto lavoro.

Il braccio di Squall mantenne la stretta sicura su di lei, mossa anche quella piuttosto aggressiva per i suoi standard. La ragazza colse l'opportunità per posare il capo sulla sua spalla, lasciando che il profumo delle gardenie e quello del suo dopobarba le s'imprimessero nella memoria. Adorava stare così, in quella sera con lui. Dopo diversi minuti di soli suoni dei respiri e della natura, Squall sentì che doveva sottolineare una delle ragioni di lei.

"Le luci... hai ragione, sono solo un fattore estetico per il Garden. Inizieremo a ridurre la potenza. Le luci saranno intorno al trenta percento di capacità - un po' di più se siamo in movimento. Ma hai ragione, non ci serve essere visti dallo spazio."

Rinoa si strusciò contro la sua spalla, soddisfatta che avesse preso seriamente in considerazione una delle sue idee. Per lei significava molto. Ma non le importava così tanto, era solo davvero gratificante sentirsi apprezzata da lui e dal Garden.

"Senti, adesso... mettiamo da parte tutte queste cose," cominciò lentamente lui, e Rinoa sentì l'apprensione che tornava nella sua voce. "Perché non ricominciamo daccapo? Mi piacerebbe che mi dicessi perché eri venuta nel mio ufficio, se non era davvero per mostrami il tuo meraviglioso Greyos."

Lei gli premette un dito nelle costole. "Sì, era un Greyos veramente fenomenale, grazie." Squall rise al suo tono giocoso; erano quelle cose semplici che alla fine gli mancavano.

"E la ragione per cui ero venuta... era perché io... beh, non avevo capito tanto bene la cosa del ballo del diploma. Immagino ora sembri del tutto irrilevante, ma non ero sicura se tecnicamente ero invitata oppure no."

E Squall capì la ragione della richiesta a Cid di far partecipare tutti gli impiegati. Le posò teneramente un bacio sul lato della testa. Non aveva intenzione di mentire, ma neanche di perdersi qualcosa di così speciale. Quistis prima aveva ragione, era un momento di celebrazione per tutto il Garden. La festa aveva un significato su tanti livelli, tanti di più di quelli che aveva conosciuto durante i suoi diciotto anni.

"Sai, Rinoa, non ho intenzione di scusarmi perché non mi piacciono gli eventi mondani - non è quello che sono. Ma questo non vuol dire che non capisco per niente cosa significano per gli altri. Io ci andrò, e forse è solo egoismo, ma di certo non voglio andarci da solo. Quindi, per come la vedo io, puoi andarci o perché sei un'impiegata del Garden, o come mia partner ufficiale. A te la scelta."

Lei sorrise felice, e gli schioccò un lungo bacio sulla guancia. Le loro dita erano ancora intrecciate, e lei si portò le loro mani all'altezza del cuore. "Sai cosa, non ho voglia di scegliere. Vado come tutte e due. A dire la verità, sono orgogliosa di avercela fatta da sola come membro del Garden. E sono anche molto orgogliosa di essere la tua ragazza. Non vorrei mai farti scegliere tra la nostra relazione e il Garden, quindi non intendo farlo nemmeno in questo caso."

Lui si abbassò per far sì che le loro fronti si sfiorassero, e le donò un raro, ma sincero sorriso. "Vedi, come ti dicevo, sei proprio intelligente."

*****
Nota delle traduttrici: vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 27
*** XXVII: Un tempo per mietere ***


Premessa: per chi sta tenendo traccia del tempo della storia, questo capitolo è ambientato il 3 luglio, esattamente quattro mesi dopo il compleanno di Rinoa... quindi siamo solo a 1/3. Forse non avrei dovuto capirlo. Davvero. Aiuto.
Grazie di nuovo per tutto,
Kris

DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXVII: Un tempo per Mietere ~

3 luglio

In circostanze normali, cercare un vestito formale di solito è un momento speciale nella vita di una donna. Ad ogni modo, questo era ben lungi dal descrivere la giovane donna che stava ora cercando qualcosa che potesse andar bene in una boutique di Dollet. Ovviamente aveva portato con sé un rinforzo, il che poteva essere il punto in cui il piano di Rinoa aveva cominciato ad andare completamente di traverso.

"Non posso credere che tu l'abbia fatto. Nessuno, e voglio dire nes-su-no, aspetta fino al giorno prima del ballo per scegliere il vestito. A meno che, sai, tu creda nella fate madrine, nelle scarpette di cristallo, e nelle zucche che magicamente diventano carrozze."

"Oh, zitta, Selphie. Tu almeno hai avuto un viaggio gratis in treno a Dollet, quindi smetti di lamentarti."

"Ok, già, questo è sempre super-mega fantastico."

Selphie fece un palloncino con la gomma di masticare prima di rimettersela in bocca. "In più non ti sei lamentata quando ho cantato la mia canzoncina dei treni - a differenza delle altre persone. Anche se seriamente, quel tipo che guida i treni deve trovare senso dell'umorismo, o imparare a lasciarsi andare. Forse se mi invento un altro verso avrà più musicalità."

"Sì, Selph.... un altro verso è proprio quello che ci vuole," replicò Rinoa con sarcasmo, dando una pacca sul braccio all'amica per incoraggiarla.

Questa volta Selphie fece un palloncino un po' troppo grosso e un forte 'pop' risuonò dall'angolo del reparto abiti da sera. Una commessa dall'aria severa lanciò alle due 'l'occhiata della morte', di solito usata da bibliotecari, insegnanti di grammatica e staff ospedaliero irritato. Poi indicò con forza una cestino lì accanto. Selphie si avvicinò di malavoglia al bancone, e mise la sua preziosa gomma di masticare alla fragola e lime nel cestino.

Comunque, la ragazza non si lasciò ostacolare dalla sua perdita prematura nel mettere i bastoni tra le ruote all'amica.

"E Rinoa, mi hai portato in un ristorante davvero fico durante il cambio a Timber. I migliori spaghetti di sempre, devo dire. Ma comunque, devi essere estremamente pazza ad aspettare al giorno prima del ballo. Nessuno e voglio dire nes-su--"

Rinoa alzò la mano, sperando di interrompere la tirata della ragazza. "Ho capito, ho capito - sono pazza. Non sei la prima persona a dirmelo, fidati." La giovane strega si mise le mani sui fianchi, frustrata, e continuò, "ora piantala di fare la melodrammatica e aiutami a scegliere un vestito."

"Va bene, ma solo perché non voglio perdere il treno per il Garden. Alcuni di noi hanno pianificato di andare a questo ballo per settimane, mentre qualcuno e il suo ragazzo avevano problemi."

Rinoa alzò gli occhi al cielo, trattenendo il primo commento che le venne in mente. Invece si decise per qualcosa di un po' più sottile. "Selphie, tu ed Irvine siete il Re e la Regina dei problemi. Adesso, seriamente, mi serve aiuto - prendi qualche vestito dall'attaccapanni e me li proverò."

Selphie di sicuro non era scoraggiata dalla situazione; d'altra parte, lei era stata furba abbastanza da trovare un vestito settimane prima.

"Allora, Rinoa, esattamente cosa stai cercando?"

"Un vestito."

"Mio Dio, non mi stupisco che tu e Squall andiate così d'accordo," riuscì a dire Selphie mentre quasi si piegava dalle risate, tenendosi i fianchi. C'era così tanto umorismo in quel momento nel comportamento di Rinoa, anche se sapeva che la giovane Strega non lo avrebbe mai ammesso. In qualche modo, Selphie credeva che alla fine sarebbe andato tutto bene; sembrava sempre così, per Squall e Rinoa.

"Va bene, seriamente Rin... voglio dire, che tipo di vestito? Corto o lungo? C'è un colore particolare che vuoi? C'è un colore che vuoi evitare?"

Selphie si appoggiò al muro, esaminando attentamente la fila di abiti. Sapeva che il suo stile e quello di Rinoa erano probabilmente molto diversi.

"Solo... porta tutto quello che non somigli a qualcosa che indosserebbe mia nonna," rispose Rinoa. La Strega era riuscita ad afferrare una piccola pila di vestiti e stava cercando di piegarli sulle braccia.

In momenti come questo, Selphie non riusciva proprio a trattenersi; forse passava davvero troppo tempo con Irvine. "Beh, e se tua nonna avesse un gusto estremamente sofisticato?"

Rinoa grugnì forte per la frustrazione. Le sarebbe piaciuto mollare i vestiti per terra e strangolare la sua amica. Selphie si stava decisamente divertendo un sacco per il suo problema, lo sapeva. L'unica cosa che tratteneva Rinoa dai suoi istinti omicidi era il fatto che 'occhio di lince' al bancone stava ancora osservando ogni loro singola mossa.

"Basta! Avei dovuto portare un Fan di Trepe," ringhiò Rinoa. "Non mi interessa quale, va bene uno qualunque."

Selphie si grattò la testa, sapendo che la sua amica aveva usato una frase troppo aperta. "Un Fan di Trepe qualunque o un vestito qualunque? Sono confusa."

"Lo fai solo per irritarmi, vero?" Rinoa cacciò una manciata di abiti nelle braccia dell'amica, prima di voltarsi e dirigersi bruscamente ai camerini. Selphie la seguì, trovando tutta la faccenda incredibilmente divertente. Se, tanto per cominciare, non fosse stata per la testardaggine di Squall e Rinoa, tutta quella situazione sarebbe stata evitata con semplicità.

"Mi dispiace, Rin, è solo che è facile farlo. In più, lo sai, andrà bene per voi due - è sempre così. Domani sera tu e Squall sarete là a scivolare sulla pista da ballo e non ti ricorderai affatto questa conversazione."

"Mi servirà un GF per dimenticare questa conversazione," borbottò Rinoa guardando l'amica al di sopra della spalla. In cambio, Selphie le sorrise rassicurante, come faceva spesso. "Ma grazie, Selph, per la tua sicurezza. Mi piacerebbe averne un po' adesso. È solo che è così facile per Squall. Voglio dire, lui sa già cosa mettersi."

*~*~*~*~*

Da nessuna parte, nella descrizione del suo lavoro, si diceva che si occupato di così tanti documenti. D'altra parte, Squall dubitava che il Garden avesse mai preso l'iniziativa di scrivere una descrizione formale. Avrebbe potuto lamentarsi. Avrebbe potuto chiedere di essere riassegnato ai suoi normali doveri di SeeD. Avrebbe potuto fare mille cose, ma era lì seduto a fare quello. Perché? Beh, era sempre stata quella la domanda. Lui almeno stavolta conosceva la risposta; per una volta nella vita, conosceva la risposta.

Certo, dirlo e saperlo erano due cose diverse.

Se aveva mai considerato di tornare all'attività sul campo, la sua mente si era decisa svariati mesi prima su un continente innevato. Gli piaceva avere il controllo - anche se 'controllo' aveva più di una definizione. Il potere non aveva significato niente per lui, non aveva mai avuto di controllare un esercito o, in quel caso, il Garden di Balamb. Avrebbe potuto rinunciare al suo titolo di supervisione senza rimorsi. Se non fosse stata per una cosa, sarebbe tornato a essere un SeeD e non si sarebbe mai fermato a guardare i documenti sulla sua scrivania. Ma c'era quell'unica cosa, ed era la ragione per cui era ancora nel suo ufficio.

Era il controllo - il controllo sul suo dovere, non come Comandante ma come Cavaliere. Con la separazione veniva la sensazione di ansia, e quindi una mancanza di controllo. Se c'era una cosa che a Squall Leonhart non piaceva era non avere il controllo di sé. C'erano ancora un sacco di cose che non capiva del suo ruolo come Cavaliere; probabilmente gli sarebbe servita tutta la vita per accettarne la metà.

Con la sua posizione di Comandante venivano alcune certezze - le missioni lontane erano minime, le libertà erano garantite (anche se avrebbe negato con veemenza questo fatto all'esterno, sapeva che era la verità), le 'missioni' obbligatorie erano a rischio relativamente basso, e fondamentalmente i fattori esterni e sconosciuti erano 'controllati' al meglio delle sue capacità.

Era ancora un guerriero addestrato, e questo fattore non poteva mai essere minimizzato.

Squall amava ancora il brivido della lotta. Era la sua natura. Ma la lotta era cambiata nel corso degli anni; non era comprata dal migliore offerente, dagli ordini del superiore, o persino per provare il proprio valore; era la lotta per la sopravvivenza. Non la sua; non si trattava mai di lui, ma quella di Rinoa. Si allenava comunque per ore al giorno. Studiava comunque l'uso approfondito delle armi. Non permetteva mai alla sua guardia di fallire per influenze esterne. Riguardava tutto la sopravvivenza di Rinoa e il suo bisogno di controllare i fattori che li circondavano.

E allora stava seduto lì per ore di fila tra il torrente infinito di scartoffie. Era un piccolo prezzo da pagare per le libertà, ma collideva comunque con la natura di combattente. Chi era lui per giudicare chi sarebbe stato un degno SeeD? Diamine, aveva passato la maggior parte della sua adolescenza a cercare di evitare persino di conoscere i nomi di quelle persone, e adesso doveva aiutare a giudicare il loro valore? Era tutto molto ipocrita, anche la burocrazia lo era spesso, anche nel sistema del Garden.

Fortunatamente, la decisione non si basava solo sulle sue valutazioni; quello sarebbe stato ridicolo. Il Preside voleva che lui facesse una raccomandazione per ogni candidato all'esame pratico. Sapeva che era una forma di addestramento emotivo; era l'arte di leggere le strutture fisiologiche delle persone. Eppure, era SeeD da poco più di un anno; per non parlare del fatto che lui stesso aveva aspettato di avere diciassette anni per provare l'esame la prima volta. Avrebbe potuto provarci prima; Dio sapeva che Seifer ci aveva provato per anni prima. Lui semplicemente sapeva di non essere fisicamente o mentalmente pronto, e non aveva mai voluto essere niente di meno che pienamente competente. Lui aveva la lungimiranza di non mettersi mai nelle condizioni di fallire. Quella, sopra ad ogni cosa, era la sua natura.

Certo, non avere la lungimiranza di chiudere a chiave la porta dell'ufficio era un'altra faccenda.

Almeno il suo allenamento gli era servito a qualcosa; fu in grado di trattenersi dal saltare alla giugulare dell'intruso, anche se l'idea gli attraversò in fretta la mente. Pensò di aver reso perfettamente chiaro che non ci sarebbero dovute essere interruzioni quel giorno; d'altra parte, le sue capacità comunicative mancavano sempre di qualcosa.

"Hey Squall, so che sei occupato, mi serve solo un secondo del tuo tempo," spiegò Irvine con tono di scuse; era in occasioni come questa che il suo accento galbadiano sembrava più pronunciato. Il Comandante immaginò che il cecchino stesse cercando di rimanere nelle sue grazie. In quel momento, ci sarebbe quasi voluto un intervento divino.

"Continua," replicò Squall con uno sguardo impassibile.

Semmai, il Comandante immaginò che era più semplice affrontare subito l'interruzione. Se avesse cercato di discutere di privacy e di quanto fosse oberato, tutta la faccenda avrebbe solo richiesto più tempo e molto probabilmente gli si sarebbe ritorta contro. Lo aveva imparato, avendo una relazione, anche se a volte dubitava che quel tipo di problemi fossero un'esclusiva sua e di Rinoa.

Irvine trotterellò alla scrivania del Comandante, sedendosi con calma di fronte al suo superiore. Il cowboy si mise comodo in fretta, e mise i piedi sulla scrivania. Squall rimase calmo nell'affrontare la sua ultima battaglia, e spinse giù dalla scrivania quegli intrusi sgraditi. Era solo Irvine e Squall lo sapeva, ma quello non voleva comunque dire che voleva avere stivali da cowboy in faccia. Il cecchino ridacchiò per la reazione del suo amico. Probabilmente aveva esagerato con il suo benvenuto, ma quella era la personalità di Irvine e gli veniva naturale come respirare.

"Beh, Squall, conosci già le mie specialità... non penso di dovertele ricordare."

"Andarsene ne fa parte adesso?" Squall si disse di non sembrare rude, ma la possibilità si era presentata così apertamente. Con un respiro profondo, Squall cercò di rimediare. Anche se c'era una montagna di lavoro da fare, non voleva ferire il suo amico in nessun modo. "Scusa, Irvine. Sento solo tantissima pressione da tutte le parti, adesso. Non prenderla sul personale."

"Non l'ho fatto nemmeno per un attimo. Sono solo contento che il tuo senso dell'umorismo si stia ampliando," sorrise furbo il cowboy. "No, seriamente, tornando a quello che stavo dicendo... è solo che mi serve un favoruccio."

"Beh, con le pistole potrei essere in grado di aiutarti... con le donne, fidati, ti devi arrangiare da solo."

Irvine rise ancora; almeno il Comandante ammetteva le sue debolezze.

"No, non è per niente quello. Promesso. Selphie compie gli anni il diciassette, e volevo fare qualcosa di speciale."

"No... non puoi usare il poligono di tiro per fare roba con la tua ragazza."

"Dammi un po' di merito, Squall... lo abbiamo già fatto," rispose il cecchino, toccandosi il capello con un sorriso malizioso.

Il Comandante lanciò uno sguardo torvo e rabbioso a Irvine. "Ti chiederei se scherzi, ma so che è meglio di no. Allora, esattamente perché vieni da me per il compleanno di Selphie?"

"Ah, beh, sarebbe la ragione della mia visita. Vedi, so che né io né Selphie dobbiamo partire, soprattutto io, per via della mia condizione altalenante. Ma stavo tipo sperando di poterla sorprendere con un fine settimana via. Sto pensando di contattare uno dei miei amici del G-Garden e vedere se lui e la sua ragazza possono incontrarci a Dollet. Solo che dovevo fare i preparativi oggi se possiamo farlo."

Squall sospirò, guardando la pila di carte che torreggiava sulla sua scrivania. Sapeva di poter dare loro quel tempo libero facilmente - era davvero irrilevante, al momento. Le nuove reclute non sarebbero arrivate prima di un altro mese. Tecnicamente era un momento tranquillo, beh... per quanto potesse esserlo la pausa di uno studente del Garden. Non riusciva a capire cosa esattamente lo stesse trattenendo dal rispondere.

"Irvine, posso chiederti qualcosa di personale? Perché vuoi invitare qualcun altro con voi? Sembra che vogliate passare il fine settimana da soli."

Irvine sorrise. "Sì, io sì. Ma questo fine settimana non è per me. A Selphie piace stare con la gente, è fatta così. Quando siamo stati a Trabia, ho conosciuto alcuni suoi amici. Da allora lei mi chiede sempre dei miei. Ho pensato che la cosa migliore per il suo compleanno sia darle qualcosa del mio passato. In più, beh, lo sai, abbiamo comunque tutta la notte in albergo per-"

Squall sollevò veloce la mano. "Puoi avere i giorni liberi, fintanto che non finisci quella frase."

"Grazie amico, vado a fare i preparativi. Se hai mai bisogno di qualcosa, vieni da me."

"Sì, sarai il mio primo pensiero," riuscì a dire Squall evitando di guardare direttamente il cowboy. Tornò invece al lavoro e cercò di ignorare la vocina nella sua testa. Qualcosa lo attanagliava ancora riguardo alla situazione di Selphie.

Poi qualcosa che aveva detto Irvine sembrò spiccare: "Questo fine settimana non è per me." Irvine aveva ragione, assolutamente ragione. Invece di pensare alle cose che gli piacevano, Irvine aveva preso completamente in considerazione Selphie. Per il compleanno di Rinoa, Squall non era riuscito a inventarsi una dannata cosa che le piacesse; era persino arrivato al punto di congedarsi dalla stanza d'ospedale per trovare qualcosa. Eppure, Irvine sapeva esattamente qual era il regalo perfetto per Selphie, qualcosa che solo lui poteva darle. La conosceva così profondamente che non aveva mai dovuto mettere in discussione le sue scelte.

Di sicuro Irvine aveva sempre detto che le donne erano una delle sue specialità e forse fino ad un certo punto aveva ragione. Il cowboy trovava sempre il modo di risollevare il morale di Selphie o di darle semplicemente supporto emotivo quando ce n'era più bisogno. Sembrava quasi naturale per Irvine. Squall dubitava che il cecchino avesse molta esperienza con il sesso opposto, anche se Irvine portava sempre chiunque a credere il contrario; c'erano molto segnali sottili che Irvine lo facesse più per scena che altro. Eppure, se questa era la prima relazione seria del cowboy, perché tutto sembrava venirgli così naturale?

*~*~*~*~*

Il viaggio di ritorno a Balamb era stato relativamente tranquillo fino a quel momento, e Rinoa ne era grata. Era stata una giornata lunga, ed era molto più stressata del necessario. Era uno stupido vestito, non una decisione di quelle che cambiano la vita, ma in qualche modo lo era diventata. Ogni vestito che all'inizio aveva amato, alla fine l'aveva scartato... C'erano centinaia di motivi diversi: troppo corto, troppo scollato, non abbastanza scollato (forse non un motivo valido, ma non poteva negare di voler essere un po' audace), troppo scuro, o semplicemente qualcosa che non riusciva a definire - eppure trovava sempre qualcosa che non andava in ciascun vestito.

Dopo essere stata indecisa per svariate ore, Rinoa credeva che sia Selphie che la commessa l'avrebbero picchiata sulla testa con un Fungongo marcio. Almeno quelle due avevano legato: Selphie era stata persino abbastanza coraggiosa da tirar fuori dalla borsa il suo pacchetto di gomme alla fragole e lime. Venti minuti dopo, la commessa aveva chiesto a Selphie se poteva averne una anche lei. Beh, almeno si poteva dire che Rinoa aveva trovato il modo di unire due persone non compatibili in una cosa poco nobile.

Era stato per Selphie che continuava a ricordarle di voler tornare a Balamb prima del ritorno di Artemisia, o per il fatto che il negozio chiudeva, che Rinoa aveva finalmente scelto un abito. La giovane Strega non poteva dire che era un vestito di cui si era innamorata subito, ma pensava davvero che fosse meraviglioso: il più grosso impaccio secondo lei era il colore. Era bello; era solo qualcosa che lei normalmente non avrebbe scelto per sé. D'altra parte, quell'anno rappresentava un nuovo inizio nella sua vita. Perché non cambiare qualcosa, anche solo un po'?

Rinoa non era nervosa per la sera successiva; parte di lei credeva che forse non si era ancora resa conto della realtà. Bisognava provare a domandarle il pomeriggio successivo come si sentiva, e sarebbe stato con tutta probabilità l'esatto opposto. D'altra parte, forse aveva semplicemente i piedi troppo stanchi anche solo per pensare di ballare con i tacchi alti, in quel momento. Si colpì la fronte, sentendosi piuttosto stupida per essersi dimenticata l'ovvio.

"Uhm, Rinoa, sembra piuttosto doloroso," intervenne Selphie, vedendo lo strano comportamento della sua amica.

"Scarpe, non ho nemmeno pensato a che scarpe indosserò..."

"Beh, puoi sempre andare a piedi nudi."

"Certo, e quando Squall mi pesterà i piedi non sarà bello. Zoppicherò come un Tomberry in giro per il Garden per settimane."

"Stivali da combattimento con punta rinforzata?"

"Sarebbe più logico." Sospirò; non era davvero quel gran problema. Aveva scarpe nella sua stanza. Poteva trovare qualcosa che andasse bene. Erano sempre i dettagli a distruggerla. Doveva pensare a qualcosa di diverso, o sarebbe rimasta mentalmente sulle scarpe tutta la sera.

"Allora, Selphie, Irvine è eccitato per domani?"

"Lo è, ma onestamente penso che sia perché sa quanto sia importante per me questa festa. Mi ha aiutato ad ogni passo. A dire il vero, sono colpita da quante idee ha avuto, mi ha sorpreso ogni volta."

"Ci tiene davvero a te, è sempre stato così."

"Sì, lo so." Selphie sorrise, pensando a tutte le volte che Irvine aveva cercato di risollevarle il morale, anche se alcuni tentativi erano piuttosto inutili. "È così diverso da come sembra all'inizio. A volte vorrei che mostrasse quel suo lato alla gente. Poi, altre volte, sono contenta che si senta abbastanza sicuro con me da essere semplicemente se stesso. In un certo senso, penso somigli molto a Squall."

"Certo Selph, se lo dici tu," rispose Rinoa scettica, cercando di non scoppiare a ridere all'idea di Squall che chiamava tutte 'tesoro' e diceva che le sue specialità erano 'i gunblade e le donne'. Anche se l'immagine di Squall con un cappello da cowboy non era così sgradevole.

"No Rinoa, dico sul serio." Selphie non stava scherzando, anche se a quanto pareva era stata percepita così. "Non sto dicendo che affrontano le emozioni allo stesso modo. Penso che Irvine cerchi di coprire il suo lato più dolce fingendo di essere un dongiovanni. Voglio dire, la maggior parte delle ragazze alza gli occhi al cielo e basta, pensando che scherzi. Persino io l'ho fatto all'inizio. Ma vedi, in questo modo non viene rifiutato davvero. Il modo di nascondersi di Squall è diverso. Non vuole mostrare quel lato alla gente, e allora finge di essere distante, soprattutto all'inizio. Ma così come Irvine ha fatto con me, Squall ha mostrato a te un lato diverso, che il resto di noi non vedrà mai del tutto."

"Sì, capisco cosa stai dicendo. Ma in un certo senso non siamo tutti così?"

"Non so, forse fino a un certo punto. Sembra solo che quei due arrivino agli estremi per nascondersi. La maggior parte della gente non è così drastica. Ecco perché è anche meglio quando riusciamo a vedere chi sono realmente."

*~*~*~*~*

Era in quello stato in cui non viene in mente niente. Ogni dato d'esame gli studenti sembrava identico; per Squall non stavano diventando nulla più che numeri sui moduli. Odiava quella sensazione. Poteva non aver mai desiderato conoscerli personalmente, ma di certo non gli piaceva il fatto che le matricole potessero diventare nulla più che numeri sulle pagine. Gli insegnanti del Garden di solito lo facevano, e loro non erano altro che soldati senza nome e senza volto per Norg, secondo lui. Non aveva mai desiderato essere così.

Era arrivato a un punto della serata in cui lavorare era quasi impossibile. Se avesse trovato un motivo per andarsene, lo avrebbe fatto e basta. Invece una forza sconosciuta continuava a farlo rimanere in ufficio, anche se quello che aveva ottenuto nell'ultima ora era il nulla più completo. Trovare un fascino innato in qualsiasi cosa non fosse legata al lavoro sembrava l'unico modo per non impazzire. Fino a quel momento aveva studiato come le lancette dell'orologio si muovevano sul quadrante, aveva notato che la carta da parati sul lato opposto della stanza non era ben allineata, e aveva notato svariati graffi sulla scrivania che non aveva mai visto prima.

Era persino arrivato al punto di chiedersi che scarpe si sarebbe messo la sera successiva. Ne aveva molte paia, ma alcune era più rotte di altre. Doveva scegliere la comodità o qualcosa di un po' più alla moda? Ma poi, quando mai gli era interessata la moda? Poi si chiese come mai questo poteva sembrare un tale problema, ma era più facile concentrarsi su quello che affrontare quei dannati numeri. Ora questa cosa delle scarpe gli sarebbe pesata in testa per il resto della serata.

Qualcuno bussò alla porta. Guardando l'orologio che aveva iniziato a conoscere anche troppo bene, quella sera, vide che era passata la mezzanotte. Perché era rimasto in ufficio così tanto tempo? Non si era nemmeno fermato a pranzare o cenare; con quel ritmo, quel lavoro lo avrebbe consumato prima che compisse trent'anni. Beh, almeno era un diversivo da scartoffie e scarpe.

"Avanti." Si strofinò gli occhi, anche se non era esattamente stanco. Forse stava solo cercando di concentrarsi su qualsiasi cosa che avesse un'importanza relativa.

La porta si aprì e Rinoa entrò esitante... l'ultima volta che l'aveva fatto, non era andata troppo bene. L'ultima cosa di cui lei aveva bisogno era ripetere lo spettacolo di quel giorno.

Quella sera si sentiva anche più nervosa. Onestamente non aveva un motivo valido per essere lì, a parte semplicemente vederlo. Nella maggior parte delle relazioni, sarebbe stato comprensibile; ma la loro poteva essere definita in tutti i modi, tranne che normale. Sapeva anche che disturbarlo il giorno prima dell'esame pratico non era esattamente la decisione più saggia, da parte sua. Lui aveva reso perfettamente chiaro a tutti che doveva lavorare, ma eccola lì, incapace di fermarsi.

"Se ti disturbo, vado via. So che domani è un giorno importante..."

Posando la matita sulla scrivania, lui si alzò. Non si rese conto di quanto era rimasto seduto fino a quando non sentì i muscoli tesi. "Sì, sarà un gran giorno, ma devo uscire di qui. Andiamo."

Rinoa fece un passo indietro, leggermente scioccata per la sua reazione diretta. Non era di sicuro la risposta che si aspettava. Lui sentì quasi una fitta di angoscia quando vide la confusione sul suo volto. Sembrava, in verità, scioccata dal fatto che lui fosse grato dell'interruzione. Che cosa mostrava questo del modo in cui lei percepiva la loro relazione?

Lei sentì le dita di Squall intrecciarsi con le sue mentre la guidava lontano dall'ufficio. Per un momento lei rimase ferma; sembrava che ci fosse un ritardo di alcuni secondo tra il suo cervello e i suoi piedi. A un osservatore esterno, sarebbe sembrato che lui la stesse trascinando, quando in realtà era solo momentaneamente confusa.

"Dove stiamo andando?"

"Sai, proprio non lo so," ammise lui piano quando raggiunsero l'ascensore. Non sapeva davvero in che direzione stavano andando, o per quel che importava, perché aveva sentito il bisogno di raggiungerla, tanto per cominciare. Aveva agito di riflesso; non si era nemmeno reso conto del significato delle sue azioni.

"Va bene così." La voce di lei era rassicurante. "Lo capiremo quando arriveremo."

"Grazie."

Si voltò e spinse il bottone senza commentare oltre: la loro comunicazione si basava fino a quel punto sulla comprensione reciproca. Non aveva mai dovuto pronunciare le parole a voce alta; lei conosceva già le risposte.

Entrambi rimasero in silenzio durante la discesa, Rinoa per paura di rovinare l'atmosfera, e Squall perché non sapeva cosa dire. Vista l'ora, i corridoi erano relativamente vuoti; il coprifuoco era più blando prima dell'esame pratico. D'altra parte, la maggior parte degli studenti era abbastanza intelligente da prepararsi nella propria stanza.

Guidare una ragazza lungo i corridoi del Garden non era una cosa che avrebbe fatto un anno prima. Onestamente, non sarebbe nemmeno riuscito a immaginarlo, un anno prima. Persino allora, a volte, la realtà di avere una ragazza non sembrava reale. Non che lo avrebbe cambiato per nulla al mondo. Desiderava solo non mettere in discussione così tanto se stesso e i propri sentimenti.

"Hai fame?"

"Eh?" Lui si voltò con sguardo vacuo, come se lei avesse parlato in una lingua sconosciuta. Avevano rallentato fino quasi a strisciare, ma si stavano comunque avvicinando a - beh, a cosa non lo sapeva esattamente nessuno dei due.

Rinoa ridacchiò. Un suono che a volte lo irritava e altre volte lo intrigava; in quel momento era piuttosto una reazione mista. Non aveva davvero prestato attenzione alle sue parole, e la sua risata sembrò solo sottolineare la sua disattenzione. Eppure sapeva che era solo la normale reazione di Rinoa, proprio come perdersi nei propri pensieri era la sua. Sapeva di non dover prendere la sua risata sul personale. D'altra parte, non poteva evitare il fatto di non sapere ancora cosa avesse detto.

"Ti ho chiesto se hai fame." Rinoa sorrise, riprendendo fiato. Desiderò non trovare così divertente la sua ovvia confusione, ma non poteva evitarlo. Era semplicemente stata una giornata lunga e lei stessa barcollava tra l'essere esausta e l'avere le vertigini. L'espressione sul suo viso era impagabile; cercava di non sembrare confuso, ma falliva alla grande.

Lui la guardò, gli occhi ridotti a due fessure. Squall cercò di dirsi che non poteva incolparla più di quanto lei potesse incolpare lui. Non sembrava scioccata, e continuò solo a sorridere. La sua espressione si alleggerì mentre continuava a guardarla, e poi si rese anche conto che aveva fame. Cercò di ricordare l'ultima volta che aveva fatto un pasto decente, non contando la mela che aveva preso da un cesto di frutta sulla scrivania di Cid.

Annuì invece di risponderle a parole.

Lei continuò a sorridere e scosse dolcemente la mano di lui, ancora nella sua. "Beh, ok, almeno adesso abbiamo un obiettivo: trovare cibo. Uhm..." Si interruppe, guardando il corridoio mentre cercava di ricordare le poche cose che aveva in camera sua. "Beh, penso di avere tagliatelle, patatine, e possibilmente banane, se possono ancora essere considerate commestibili."

"Sei messa meglio di me," ammise Squall. In quel momento non riusciva a ricordare di avere cibo nel frigorifero. Aveva ghiaccio in freezer, ma dubitava che contasse.

"Tu e il fare spese non andate proprio d'accordo, eh?" scherzò Rinoa, sapendo di non andare oltre. Le sarebbe piaciuto commentare che l'unica cosa che aveva nel suo appartamento era il letto trasferito dal suo vecchio dormitorio, e un tavolino e una sedia che usava come scrivania improvvisata. Non riusciva ad immaginare l'avere quell'appartamento così spazioso senza un singolo mobile decente - per non parlare delle due scatole uguali usate sia come mensole che come cassetti.

"Sì," rispose lui, riluttante.

"Va bene, dopo oggi sono quasi pronta per unirmi a te nel tuo odio per lo shopping." Ora era il turno di Squall di guardarla curioso. Le minimizzò; la cosa non era importante. Di nuovo, era un giorno che avrebbe di gran lunga voluto dimenticare.

"Beh, credo-" Si fermò quando sentì che lui iniziava a guidarla per mano. Sembrava che lui sapesse dove erano diretti; lei non era altrettanto fortunata. Tornò indietro per alcuni corridoi prima di arrivare a quello che portava alla Mensa.

"Squall, la mensa è chiusa," disse Rinoa come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

"Lo so." Quando si avvicinarono all'area chiusa della cucina, lui prese un passepartout dalla tasca.

Lei rise. "Squall Leonhart e il furto con scasso... sono scioccata."

"Non c'è scasso, solo furto - non conta."

"Ribelle." Lo colpì al fianco mentre entravano. "Allora, cucini anche? O non ti senti ancora così ribelle, signor Comandante?"

"Sarà per un altro giorno. Devo avere un po' di misteri."

"Lo fai sembrare piuttosto inquietante."

Sorridendo appena lui si avvicinò a un frigorifero industriale. Dopo aver frugato un po' nei cassetti, il Comandante estrasse svariati tipo di carne tagliata. Allungò i pacchetti a Rinoa prima di cercare del formaggio in un altro cassetto.

"Sai sempre come far divertire una ragazza."

Lui scosse la testa, gettandole una bottiglia di senape. Lei lanciò un gridolino sorpreso. Reagendo in fretta, Rinoa riuscì a malapena ad afferrarla prima che cadesse a terra.

"Un avvertimento sarebbe carino."

"Sii sempre pronta per tutto," rispose lui, con un tono da insegnante nella voce. Squall si chiese se la sua risposta brusca fosse semplicemente una risposta di riflesso, o una diretta all'esame pratico del giorno dopo. Voltandosi, chiuse il frigorifero e andò al bancone. Era riuscito, fino a quel momento, a mettere da parte lo stress del giorno dopo. Rinoa doveva averlo percepito; sembrò tirar fuori l'argomento da sola.

"Tutto ha la sua maniera di funzionare, Squall. Eri nervoso?" Rinoa appoggiò i gomiti alla superficie, e poi posò la testa sulle mani. Si trovò affascinata dai suoi movimenti, osservando la routine piuttosto banale di preparare un panino.

Lui la guardò, fugace, e sentì il respiro mozzarglisi in gola. Anche se non avrebbe saputo dire se la sua reazione era dovuta alla domanda, o a quanto angelica lei sembrasse nella stanza fiocamente illuminata. Il suo corpo era più o meno una silhouette che si mescolava alle ombre, ma il modo in cui il luccicare morbido della luce le toccava il viso non era meno che perfetto nei suoi occhi. Voltandosi bruscamente continuò a preparare il loro spuntino notturno.

"L'esame pratico...?" Ripresa la voce, Squall sperò che lei credesse che fosse per i ricordi del test, piuttosto che l'ansia che sembrava materializzarsi dal nulla. "Non penso che direi esattamente nervoso, forse più che altro apprensivo. Posso onestamente dire di non aver mai dubitato delle mie capacità, ma quel giorno ho fatto fatica a permettermi..." Voleva trovare le parole giuste da dire. Non era facile per lui ammettere una qualsiasi debolezza. "Non ero abituato a lavorare con... è solo troppo difficile da spiegare."

"Squall, intendi che non potevi permetterti di fidarti degli altri?"

Lui annuì, concordando in silenzio. Non c'era modo per lui di spiegare l'esame dell'anno prima a parole. Solo lui aveva conosciuto le emozioni che aveva sofferto quel giorno, i sentimenti che aveva sperimentato. Questa cosa rimaneva valida a prescindere da chi e quando ci fosse l'esame: ogni matricola avrebbe incontrato qualcosa di diverso - ognuno avrebbe trovato un significato diverso in una singola battaglia. Ecco perché il giorno dopo gli pesava; chi era lui per giudicare quali candidati avevano ottenuto maggior conoscenza? La maggior parte delle volte quel tipo di comprensione non poteva essere misurata da un'altra persona - era qualcosa che veniva da dentro.

Rimase fermo un momento, dopo aver dato gli ultimi ritocchi al panino. Premette fermamente le mani contro la superficie metallica, spostando la maggior parte del peso solo sulle braccia. Voleva così disperatamente dirle qualcosa, voleva esprimere le sue paure e preoccupazioni sul giorno successivo. Voleva chiederle perché diavolo Cid, o chiunque, pensasse che poteva gestire la pressione senza pensarci due volte. Aveva solo diciotto anni, eppure si sentiva come se tutto quel peso lo seppellisse vivo. Ecco come percepiva la vita a volte; se fosse la verità di Dio non sapeva decifrarlo.

"Rinoa, e se domani io-"

Fu tutto quello che riuscì a dire prima di rendersi conto di cosa stava facendo. Non poteva lasciare che lei vedesse i suoi dubbi. Non era un fardello che poteva portare lei. Si comportò come se non ci fosse nulla che non andava, e prese un altro piatto per il panino di Rinoa. Fu interrotto quando sentì che lei si avvicinava. Rinoa gli mise una mano sulla guancia e lo costrinse a guardarlo negli occhi. Entrambi erano a disagio, all'inizio, ma trovarono una serenità comunque nello sguardo dell'altro.

Le sue parole furono dolci, ma voleva offrirgli solo un frammento di forza che lui le aveva dato in quell'ultimo anno. "Domani non riguarda te, riguarda loro. Ogni studente sarà là fuori perché avrà dimostrato la sua abilità fisica e mentale. Gli insegnanti del Garden hanno passato anni a preparare ogni studente per questo. Squall, questi studenti vogliono diventare SeeD, è la loro scelta. Alla fine, si riduce tutto ad allenamento, capacità, e persino un po' di fortuna. Devi fidarti dei loro insegnanti. Devi fidarti delle loro abilità. Squall, devi fidarti di loro."

Continuò a guardarla negli occhi a lungo dopo che smise di parlare. C'era così tanto che voleva dire in quel momento, ma come al solito lottò con le sue paure. Quindi, non disse nulla. Fece l'unica cosa che era fisicamente capace di fare - l'attirò in un abbraccio.

Non ci furono altre parole sull'argomento - vennero dette pochissime parole su qualsiasi argomento. Finirono di mangiare in silenzio, prima che lui la accompagnasse alla sua stanza. Sapeva che la sua apprensione non si sarebbe calmata con una sola conversazione. Ora almeno credeva di non dover essere solo; qualcuno capiva le sue parole senza che lui avesse mai ammesso la loro esistenza.

I corridoi erano vuoti mentre il Comandante tornava al suo appartamento. Nel silenzio del Garden, si rese conto di qualcosa di importante: nell'ultimo anno, aveva imparato a credere nelle capacità degli altri. Ed era qualcosa che il Garden non poteva insegnare in un libro; andava imparato con il cuore.

*****
Nota delle traduttrici: vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 28
*** XXVIII: Tempo di Uccidere ***


Nota dell'autrice: beh, questo è ufficialmente uno degli ultimi tre capitoli di "Dancing in Time". No, questo non significa che l'anno non continuerà, ma decisamente spezzerò la storia - questa parte sarà completa al capitolo trenta. Poi continuerà l'anno con una nuova storia - con un nuovo titolo e un nuovo rating. Per chi non legge di solito le storie a rating Rosso, non passerò limiti che possano essere offensivi. È più una discussione sul contenuto. Sono adolescenti che affrontano alcune situazioni di vita vera (ok, più meno!), e preferirei stare cauta con i rating. Spero che capiate.
Un ENORME grazie a Carrie (Optical Goddess) che mi ha permesso di usare la 'missione' della sua storia Lost and Found (Nota della Traduttrice: storia che verrà tradotta presto!). Non volevo perdere un eternità a pensare a un esame pratico, quindi ho usato la sua idea degli Anacondar, anche se la mia finisce in maniera un po' diversa. Ho il suo permesso, promesso!

DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXVIII: Tempo di Uccidere ~

4 luglio

L'aria del mattino era pesante, stagnante. Fosse stato qualsiasi altro giorno, forse avrebbe girato le spalle e optato per il Centro Addestramento - se avesse avuto quella possibilità di scelta sarebbe stato esattamente ciò che avrebbe fatto. Ma oggi non c'erano scelte per lui. Nell'ultimo anno, Squall Leonhart aveva iniziato seriamente a dubitare dell'esistenza di arcaiche nozioni quali 'spontanea volontà e libero arbitrio'. Eppure ogni volta che la sua mente intraprendeva la riflessione su quel concetto, una parte di lui era salda sulla comprensione del fatto che si trovava lì per sua decisione.

Doveva crederci, perché il fato e il destino erano alleati migliori che non il dubbio e la sfiducia; e se voleva sopravvivere a quel giorno con la sua sanità mentale ancora integra, doveva credere in qualcosa.

Il cuore gli galoppava nell'incavo del petto, e lui si chiedeva se quel giorno poteva essere anche solo paragonato al suo esame pratico sul campo. Adesso era lui il superiore, e di diritto, anche se la mente si opponeva furiosamente a quel dato di fatto.

Camminando in linea retta, Squall ispezionò con attenzione il grado e la fila di ogni gruppo di matricole. Erano così giovani... lui era così giovane. Era questo il primo pensiero nella sua mente mentre studiava ognuno dei loro visi. Quali scelte avevano fatto quei 'bambini' per essere lì quel giorno? Cosa li aveva condotti a quel destino? Era stata davvero una scelta loro o solo la volontà del fato - come nel suo caso?

"Riposo," comandò, come se avesse fatto quel mestiere per tutta la vita.

Si allontanò dagli studenti quando gli istruttori cominciarono a dividerli nelle squadre designate. Come Comandante della SeeD doveva permettere loro di avere quest'opportunità, erano stati addestrati per quel giorno. Ma come persona avrebbe voluto che trovassero un'altra strada, che trovassero qualsiasi cosa fosse quella che mancava loro - avrebbe voluto che si sentissero esseri umani. Non voleva che il suo dolore diventasse anche quello di quei ragazzi.

Questa speranza non faceva nulla per negare tutte le questioni che si agitavano senza posa dentro la sua testa. Quanti avrebbero portato a termine l'esame? Quanti avrebbero fallito? Quanti oggi se ne sarebbero andati dal Garden, e senza guardarsi indietro? Si sarebbe sentito responsabile per il futuro di ognuno di loro, promozione o bocciatura.

Spostatosi verso un veicolo del Garden parcheggiato, Squall vi si appoggiò contro. Forse era l'unica cosa che lo manteneva in piedi. In quell'istante, anche respirare era una pena. Doveva costringersi ad affrontare i suoi dubbi. Ad essere sinceri, aveva creduto che vivere quel giorno dal lato opposto sarebbe stato più semplice. Ai tempi in cui era studente aveva un obiettivo, aveva una meta; oggi, dalla sua posizione di superiore, era l'incertezza che odiava più di tutto.

"Comandante?"

Squall si voltò sentendo una voce familiare. Quistis avanzava verso di lui col suo sorriso fermo; oggi gli pareva che la presenza di lei lo mettesse stranamente a suo agio. C'era una sorta di rassicurazione nel fatto che il suo modo di porsi non fosse cambiato negli anni. Lei aveva sempre cercato di restare ottimista, e Dio, Squall aveva bisogno proprio di fare la stessa cosa e subito.

"Hmmm?" fu tutto quello che tirò fuori, guardando con aria casuale verso la foresta. Non era certo una risposta di tono militare, ma almeno era una reazione verbale, e si trattava di un significativo miglioramento rispetto agli anni precedenti.

"Sono quasi pronti a prendere posizione. Volevi dire qualche ultima cosa?"

Non gli ci volle molto per rispondere, era una conclusione già prevista nella sua mente. "No, lascia che lo faccia il Preside."

"Sei sicuro?"

"Quistis, penso di aver detto tutto quello che posso. Il resto sta a loro."

"Va bene."

L'istruttrice fece il saluto e si diresse verso il gruppo che le era stato assegnato. Dopo pochi passi, tornò a voltarsi verso il Comandante. Anche in quel momento avrebbe voluto potere avvicinarglisi, e scacciare tutti i dubbi che aveva su se stesso. Avrebbe voluto conoscere le parole giuste - quelle che gli potevano portare un po' di conforto. Non riusciva mai a trovarle. Lo aveva compreso già da molti anni, ma provava sempre lo stesso l'irresistibile bisogno di tentare.

"Squall, non devi affrontare tutto questo da solo. Io l'ho già passato diverse volte. Mi piacerebbe dirti che migliora, ma non è così. Se hai bisogno di parlare con qualcuno - io ti ascolterò sempre."

"Lo so," annuì, senza guardare nella sua direzione. "Grazie."

Sapeva che se n'era andata. Solitamente ne sarebbe stato contento, adesso avrebbe desiderato che fosse ancora lì - per quanto ridicola la cosa potesse sembrare. Ci fu uno scalpiccio, lontano, mentre il Preside richiamava a sé tutti gli studenti. Squall riusciva a malapena a sentire le parole del suo superiore, ma onestamente non ne aveva bisogno - conosceva già la prassi.

Invece pensò all'oggi e a cosa lo aveva portato fino a quel punto. Pensò alle differenze che notava nel trovarsi di fronte al nuovo gruppo di candidati: quanto fosse cambiata la vita, per lui e tutti gli altri abitanti del pianeta, nel corso di un solo anno. Quella classe aveva già sperimentato tante battaglie che il test pareva quasi inutile.

Diversamente dal suo esame sul campo, stavolta non ci sarebbe stata una missione designata; la prova era stata suddivisa in diverse missioni minori, ma sempre potenzialmente fatali. Alcune squadre si sarebbero spinte fino alle zone di Dollet e Timber; altre avrebbero affrontato sfide più vicine con avversari più forti.

Colpì con forza il lato del veicolo col palmo della mano. Faceva un male cane. Non capiva cosa lo avesse spinto ad un gesto tanto stupido. Frustrazione, nervosismo, paura... poteva essere una qualsiasi di quelle emozioni o una combinazione letale di tutte quante. In quel momento, non lo sapeva. Non gli interessava. Voleva solo che quella giornata, quella responsabilità, arrivassero alla fine.

L'umido gli opprimeva, pesante, la pelle e i polmoni. Una cosa che ricordava con chiarezza del suo esame era che il tempo non era nemmeno lontanamente così inclemente. Quel caldo e quell'umidità potevano essere micidiali in certe circostanze, per non dire poi di quanto potevano deconcentrare, una distrazione in cui pregava che gli studenti non cadessero.

Passandosi la mano fra i capelli madidi, guardò senza poter far niente il primo gruppo che partiva. Inghiottì a vuoto, sperando, contro ogni cosa, che tutto sarebbe andato bene. Avrebbe solo voluto... avrebbe voluto che le cose non dovessero per forza andare così. Ma in realtà non conosceva altra strada.

"Squall!"

Il Comandante rivolse la sua attenzione verso un'altra voce familiare. Vide Irvine che arrivava correndo nella sua direzione. L'espressione del cecchino non era serena; ed erano passati solo pochi minuti da quando i cadetti erano stati smistati. Squall non poteva negare di non aver pensato che qualcosa sarebbe andato storto, solo non si aspettava problemi così presto.

"Squall..." esalò Irvine fermandosi ansante per la corsa. Era evidente che le condizioni atmosferiche l'avevano privato di ogni energia. "Abbiamo... abbiamo un piccolo... problema."

Anche qui, parole che non sorpresero Squall.

"C'è stato un piccolo incidente." Irvine si ritrovò a doversi appoggiare anche lui al veicolo del Garden; gli ci vollero alcune boccate d'aria per riprendersi, ma ci riuscì.

"Pare che uno degli studenti non ce l'avesse ancora fatta ad andare alla Caverna di Fuoco, così il professor Wilkins lo ha accompagnato stamattina presto. Il ragazzo ha perso il controllo del GF dopo la junction... ed è finita che ha rotto la gamba del signor Wilkins in tre punti."

Squall si accigliò. "Stanno tutti bene, a parte Wilkins?"

"Sì dai, solo qualche minima lesione, escoriazioni, e qualche ego ferito. C'era un altro istruttore nelle vicinanze ed è riuscito a riprendere il controllo della situazione. Anche se non penso che Wilkins potrà tornare a fare il capitano della squadra di calcio di facoltà molto presto."

Il Comandante sospirò; era grato del fatto che fossero tutti relativamente a posto. Gli riportava di nuovo alla mente la questione di come le cose cambiassero in un periodo brevissimo. L'anno prima una cosa del genere sarebbe stata praticamente impossibile con un cadetto ben allenato con i Guardiani.

Il fatto che alcuni studenti si sarebbero trovati ad usare i GF oggi lo preoccupava. Quasi tutti gli allenamenti ufficiali in quel campo erano stati interrotti mesi prima. L'opportunità della junction veniva data solo ai potenziali candidati SeeD; i GF erano solo l'estrema risorsa secondo le nuove politiche del Garden. L'unica ragione per cui non aveva espresso il suo timore al Preside era che la classe era abbastanza formata al loro uso. Erano soltanto i cadetti più giovani e nuovi che sarebbero stati seriamente danneggiati dal cambiamento.

"Uhm, Squall?"

Irvine si grattò la testa. Sospettava che la sua ragione originaria per venire a disturbare il Comandante si fosse persa nei dettagli; anche se, certo, erano dettagli abbastanza grossi, quindi comprendeva assolutamente.

"Comandante, quello che cercavo di dire è che adesso siamo con un insegnante in meno. Ho bisogno di sapere chi vuoi a prendere il suo posto."

Squall conosceva già la risposta. Era più semplice andare in azione che rimanere seduto con le mani in mano nelle retrovie.

Irvine stava continuando a nominare i candidati che erano rimasti all'interno del Garden; era una lista breve, visto che la maggior parte degli studenti di grado più alto ricopriva già una posizione. Aveva incluso pure Selphie, che aveva deciso di rimanere dentro come rinforzo. Anche se sapevano tutti che era per lavorare di più sulle decorazioni: probabilmente era più nervosa per la festa di quell'anno che per l'esame dello scorso. Era una cosa che era puramente e semplicemente da Selphie.

Quando una leggera brezza gli sfiorò la fronte, Squall sentì un leggero sollievo da quelle condizioni impossibili. Sospirò mentre considerava la prossima mossa. Per alcuni forse non era la decisione giusta, ma lui aveva l'arma con sé, e, soprattutto, si trovava già lì. Il tempo era un fattore cruciale. Non ci sarebbe stata ragione per riorganizzare tutto, anzi, sarebbe stato ridicolo. E poi scendere in campo gli avrebbe occupato i pensieri; o almeno là gli sarebbe sembrato di avere di più la situazione sotto controllo. Meglio che starsene ad aspettare per ore ed ore senza fine sentendosi impotente.

"Vado io," rispose, chinandosi ad assicurare il gunblade.

"Squall." La voce di Irvine avrebbe dovuto suonare sorpresa, ma non lo fu.

Il tiratore scelto avrebbe potuto opporsi alla decisione, ma sapeva che sarebbe stato irrilevante. L'espressione del Comandante tradiva la decisione già presa; non poteva esserci altra discussione sull'argomento. Forse Irvine conosceva l'amico troppo bene, o almeno in certe caratteristiche. Se fosse stato un tipo da scommesse, e lo era, il cowboy avrebbe puntato dei soldi sul fatto che sarebbe andata così.

"Squadra B-3. Terzo veicolo a sinistra del Preside. Buon viaggio e in bocca al lupo, Squall," salutò.

Squall si voltò e si allontanò, senza nemmeno far cenno di voler rispondere all'amico. Non gli fregava nulla del protocollo in quel momento, voleva solo farla finita.

*~*~*~*~*

Non c'era modo di sapere con precisione l'orario, ma il Comandante poteva arrivarci con un buon grado di approssimazione. Il viaggio fino a Balamb, la partenza dal porto, persino quanto ci voleva per scalare le terrazze dell'Altopiano Jespelidis -poteva darne una stima ragionevole. Il sole s'intravedeva appena attraverso la coltre di nubi, ma quando un raggio la trapassava, ne sentiva il calore centuplicato.

La missione era semplice, in termini militari: contribuire a ridurre la sovrabbondanza della popolazione di Anacondar fuori Dollet. Difatti aveva persino già portato a termine lo stesso compito in circostanze molto diverse. Allora non aveva da preoccuparsi degli altri, solo della sua persona. Ora era in un mondo totalmente differente.

Il contrasto con quell'arrivo nel Ducato era evidente. Non c'erano frangiflutti distrutti da navi in corsa e niente presenza militare galbadiana. Per non dire poi di quanto fosse estremamente grato che la trasferta stavolta non includesse un più che solerte ragno robotico.

Il viaggio sia per terra che per mare era stato del tutto silenzioso. A Squall tornavano i ricordi dell'anno precedente, quando non c'erano stati grandi chiacchiere a parte gli occasionali commenti da parte di Zell e Seifer -che di solito comprendevano l'appellativo 'gallinaccio' infilato da qualche parte. Lui non aveva saputo davvero che dire, e, stranamente, le parole gli sfuggivano anche oggi. Era felice che la mezza dozzina di cadetti che sorvegliava avesse scelto il silenzio: non pensava che avrebbe potuto fronteggiare uno squadrone di Zell e Seifer. La compagnia degli Anacondar sarebbe stata preferibile, e di parecchio.

Dunque era là, a controllare ogni movimento compiuto dagli studenti. In fondo era nella posizione del supervisore ed era lì solo come rinforzo in caso di aggravarsi della situazione. Per ore si ritrovò a inerpicarsi sulla cima dell'altopiano, facendo attenzione a quanto ogni studente si avvicinasse al bordo dei dirupi, e con un occhio vigile sul nemico.

Due studenti a turno attaccavano mentre gli altri osservavano - alcuni cadetti si concentravano sulla battaglia mentre gli altri andavano in esplorazione. Quella battaglia in particolare stava andando relativamente bene. I due ragazzi impegnati nello scontro parevano convinti che il mostro fosse già stato indebolito dalla loro successione di attacchi. La ragazza lo colpì con una magia Blizzara, conoscendo la debolezza elementare del nemico, e quello cominciò subito a vacillare. Ma mentre la coppia aveva già preso a festeggiare il successo, la creatura serpentina si slanciò col suo ultimo respiro.

Frastornato, l'Anacondar balzò di lato trascinando uno spettatore vicino in un attacco stritolante. Squall intervenne immediatamente scaraventandogli addosso un colpo fatale di gunblade. Ma purtroppo la creatura era dura a morire, e dibatteva la coda con forza letale; l'oscillazione investì e sbilanciò uno studente lì vicino. Inciampando all'indietro, il giovane cadde dal pianoro. Un altro cadetto riuscì ad afferrarlo prima che piombasse giù, ma non riuscì ad impedire che il ragazzo sbattesse contro la parete del dirupo.

Il rumore dell'impatto tra roccia e ossa si propagò nell'aria. Appena si fu assicurato che il mostro era davvero fuori combattimento, Squall si precipitò dal ragazzo. Gli ci volle solo un'occhiata per capire che aveva la gamba fratturata per il colpo dell'Anacondar o per la caduta. Dopo essere riuscito a issarlo sul terreno solido, gli preparò una steccatura per la gamba con i materiali trovati nelle vicinanze, parecchio scarsi visto il luogo.

Quando avvertì che la situazione si era stabilizzata, il Comandante avvertì via radio il Garden delle circostanze in cui si trovava. Il cadetto non era in grado in alcun modo di tornare indietro per la strada che aveva fatto all'andata. Ora tutto ciò che il gruppo poteva fare era attendere fino all'arrivo degli aiuti.

Era passata un'ora buona, o almeno così pareva al Comandante. Il caldo era quasi micidiale e stare lì senza riparo sulla cima di un'altura lo faceva sentire ancora di più. Negli ultimi minuti Squall aveva colto l'occasione per osservare il paesaggio circostante, non come SeeD ma con gli occhi di una persona normale. Non si era mai accorto di quanto bella fosse quella regione; non aveva mai avuto tempo per accorgersene. Se non fosse stato per quello sciagurato incidente probabilmente non avrebbe avuto mai quella possibilità. A Rinoa sarebbe piaciuta molto la vista da lassù, anche se dubitava che avrebbe scalato una falesia per divertimento.

Rinoa... era passata quasi una giornata intera e non aveva avuto il tempo di fermarsi e pensare a lei. Vedeva dalla direzione del sole che stava per farsi tardo pomeriggio. Probabilmente tutte le altre squadre erano già al Garden ad aspettare i risultati dell'esame SeeD.

Rinoa si sarebbe preoccupata. Se fosse stato il contrario, lui si sarebbe sentito esattamente allo stesso modo. La sua prima responsabilità ora era il gruppo che gli era stato affidato, ma non poteva fare a meno di provare un certo senso di colpa per quella situazione. Sapeva che c'era una buona possibilità di non farcela ad arrivare in tempo per il ballo, dopotutto. Dopo i loro litigi e la testardaggine, era stato tutto deciso dalle malefatte di un Anacondar.

*~*~*~*~*

Nervosa, camminava su e già per la stanza per quella che le sembrava la millesima volta, e a quel punto aveva letteralmente fatto il solco dallo specchio del bagno alla porta d'ingresso. Era tanto che Rinoa non si vestiva elegante e quello che durante gli eventi della sua infanzia era diventato normale, adesso le dava una sensazione imbarazzata ed estranea. Forse era stata lontana da 'quella' vita troppo a lungo. Nelle poche volte in cui si era vestita in modo formale in quell'ultimo anno, le situazioni in cui si era trovata lo avevano fatto sembrare più lavoro che questioni personali. Anche a Fisherman's Horizon aveva vissuto l' 'opportunità' con Squall come un compito. Forse aveva dovuto farlo per forza... così se fosse stata rifiutata non sarebbe stato nulla di personale, ma piuttosto un fallimento sul lavoro.

Per le prime centinaia di passi fatti nella stanza, aveva osservato il movimento fluido della gonna mentre camminava. Lo chiffon faceva udire un suono tutto particolare quando si muoveva nell'aria. Gettò uno sguardo allo specchio - di nuovo. Meno male che aveva scelto un vestito con le spalline. Ne aveva provati anche senza, ma francamente, non ci si sentiva per niente a suo agio. E in più, a dire il vero, non pensava che avrebbe avuto la necessità di toglierselo di dosso.

Era un vestito piuttosto semplice come linea, ma aveva preferito optare per qualcosa di sobrio e non eccessivo per quella serata. Era di un colore che avrebbe potuto descrivere al meglio come un verde menta molto chiaro, con la gonna appena svasata e la scollatura a cuore. Di spalline in realtà ne aveva tre, che formavano un incrocio dietro la schiena, ed era quello che l'aveva convinta più di ogni altra cosa. Ricordava di aver visto delle foto di sua madre con addosso un vestito che faceva un gioco simile, anche se il davanti e la linea erano del tutto diversi. L'applicazione di perline era davvero bella, e scendeva fino a tre quarti della gonna. La scollatura sulla schiena era appena più profonda di come normalmente le portava, ma aveva voluto osare un po', anche se non tanto come con la minigonna dell'anno precedente.

Il telefono suonò facendola praticamente saltare su fino al soffitto - se il modo di dire era realizzabile. Trattenne il fiato mentre alzava subito il ricevitore.

"Sì?" La risposta fu un pochino troppo rapida per essere considerata normale; chiunque ci fosse dall'altro capo avrebbe certamente capito che era terribilmente in ansia.

"Hey Rin, mi ha appena chiamato Quistis..."

"Ommioddio... che cos-" attaccò Rinoa, ma fu subito interrotta.

"Calma, calma, bellezza." Selphie cercò di non ridere alla reazione dell'amica, anche se questa si stava attualmente comportando come un chihuahua iperansioso. "Un cadetto nel gruppo di Squall si è ferito, niente di grave. Stanno aspettando un elicottero per trasportarlo via dal dirupo."

"Un dirupo! Ma che cavolo ci fanno su un dirupo... sono pazzi?" Non avrebbe voluto alzare la voce, ma le era venuto spontaneo.

"Non ti preoccupare Rin, stanno tutti bene, ed è abbastanza normale per noi fare scalate, ci hanno praticamente addestrati a questo. Ma quello che voglio dire è che Squall farà un po' tardi. Quindi pensavo che potresti venire qui da me. Quistis si veste dopo che riceverà i risultati della sua squadra, e ho detto anche a lei di venire. Possiamo stare un po' insieme prima del ballo, solo noi ragazze, sarà super divertente!"

"Un dirupo?" ripeté Rinoa che aveva ascoltato solo a metà il resto del discorso di Selphie.

"." A Selphie la preoccupazione dell'amica pareva ridicola. "Un dirupo Rinoa. Ma via, dai - lo dice la Pazza-Principessa-dei-Gufi-del-Bosco che ci ha fatti zompare da una carrozza all'altra su treni in movimento! Treni in movimento! Sai, tipo... quando i treni camminano ma proprio velocissimi!"

"Quella era un'altra cosa," replicò Rinoa. Avrebbe voluto legittimare le sue azioni di allora, ma era impossibile. In realtà l'unica differenza era ciò che provava adesso per Squall e la paura di ciò che sarebbe potuto accadere. Preferiva essere con lui in quelle situazioni, non le piaceva sentirsi inutile a camminare su e giù con addosso un vestito con le perline.

"Dai Rin, su, vieni e basta. Ti sentirai meglio se hai qualcuno con cui parlare."

"Va bene, due minuti e arrivo."

"Oh, bene, è questo lo spirito giusto. Andiamo a DI-VER-TIR-CI!"

"Sbaglio o hai veramente sillabato la parola divertirci?"

"Hai visto, ti ho distolta da Squall. Adesso muovi le chiappe e vieni qui!"

Rinoa rimise a posto il telefono. Selphie aveva ragione. Per quanto amasse la compagnia di Angelo, non era certo come avere vicino un essere umano, e se restava nella sua stanza avrebbe solo continuato a preoccuparsi. Sicuramente avrebbe continuato ad essere preoccupata anche da Selphie, ma almeno non da sola. E poi avrebbe risparmiato un po' di usura al suo tappeto. A volte aveva soltanto bisogno di qualcuno che le dicesse che sarebbe andato tutto bene, anche se lei era convinta del contrario.

*~*~*~*~*

Diversi minuti dopo, Rinoa era seduta nella stanza di dormitorio di Selphie. Ovviamente era contenta di essere con la sua migliore amica: meglio che stare da sola. Quistis non ce l'aveva ancora fatta a venire, come entrambe avevano previsto. Ma era già sorprendente che avesse un po' di tempo prima della cerimonia. Ma anche Rinoa sapeva che a volte tutte loro desideravano soltanto quelle briciole di normalità da adolescenti - che sembravano tanto rare nelle loro vite.

Selphie si stava comportando da ospite esageratamente premurosa, e offriva qualunque cosa da mangiare o da bere avesse in frigo. Rinoa scoprì che alla fine era più semplice accettare un bicchier d'acqua e un sacchettino di salatini; almeno allora avrebbe smesso di offrirle cibo.

"Rin, stai veramente troppo bene. Te l'avevo detto?"

"Diverse volte," rispose Rinoa cercando di non suonare irritata. "Ma grazie comunque. Non vedo l'ora di vedere il tuo, di vestito." Sapeva che Selphie stava cercando di nasconderlo, ma era palese che fosse nervosa per la festa. Ma aveva lavorato così tanto che era praticamente impossibile biasimarla.

"Forse dovrei andare a cambiarmi, che dici? Spero solo che a Irvine piaccia." Selphie si alzò dal divano e si sgranchì le ginocchia.

"Non credo tu debba preoccuparti, a lui piaci con qualsiasi cosa addosso."

"O con niente addosso," controbatté Selphie in tono pragmatico.

Rinoa si strozzò coi salatini e cercò in fretta il bicchiere d'acqua. Di certo non sapeva come replicare ad una cosa del genere. Onestamente, nemmeno lo voleva.

"Ah! Ti ho fregata... Stavo solo scherzando." Selphie si piegava dal ridere tenendosi la pancia con tutte e due le mani. "Volevo cercare di rallegrare l'atmosfera. Dovevi vedere la faccia che hai fatto, era impagabile."

"Beh, grazie... più o meno." Rinoa stava ancora cercando di togliersi le briciole di salatini di gola, che sembravano essersi incastrate in maniera permanente. Dopo un altro sorso d'acqua spostò bicchiere e sacchetto su un tavolinetto vicino; aveva già imparato la lezione del suo tentativo di mangiare qualcosa.

Selphie indicò l'altra stanza, mentre ancora cercava di riprendersi dal suo attacco di risate. "Vado a cambiarmi, tu fai come se fossi a casa tua. Se hai bisogno di qualcosa fai un urlo e arrivo subito."

"Finiscila, e vai," rise Rinoa mentre spingeva via l'amica; al momento sembrava ci volesse praticamente un miracolo per far vestire Selphie. "Io sono a posto. Non vorrai finire per far aspettare Irvine mentre ti stai ancora preparando."

"Ma scherzi? Ci mette molto di più lui di me a farsi i capelli. Sarò io quella che aspetta lui."

Alcuni colpi alla porta frenarono Selphie dall'andare nell'altra stanza. Fu alla porta in un salto e l'aprì senza perdere tempo a vedere chi stesse bussando.

"Quistis!" esclamò come se non l'avesse vista per anni, e addirittura gettò le braccia al collo dell'ignara istruttrice. Non si poteva certo dire che Selphie non fosse esaltata per la serata. Il ballo era l'unica cosa per cui aveva vissuto e respirato per settimane.

A dire la verità, sia Rinoa che Quistis erano felici che il suo entusiasmo fosse tornato. Sin da quando era rientrata da Trabia Selphie era sembrata un po' giù. Era una persona estremamente complessa e sensibile, anche se ad un esterno appariva sempre allegra; era solo agli occhi dei suoi amici che la sua facciata diveniva trasparente.

E di certo, lungo la strada del loro viaggio, quella frase poteva essere tranquillamente riferita ad ognuno dei sei ragazzi. Avevano tutti le loro caratteristiche che mostravano all'esterno, ma ciascuno aveva anche una personalità nascosta; in tutta onestà, Squall non era l'unico ad aver bisogno di aprirsi agli altri. In un modo o nell'altro, anche gli altri cinque erano rimasti nascosti dietro le loro stesse finzioni.

"OhmioddioQuistis! Seiassurdamente... stupenda!" esclamò Selphie prima ancora che l'istruttrice avesse il tempo di reagire. Non che dopo fosse riuscita a dire più di una parola; nemmeno l'addestramento della SeeD l'aveva preparata al concentrato di energia che era Selphie in quel momento.

"Sei troppo, troppo, troppo... stupenda, stupendamente spettacolare!"

"Grazie Selphie," fece Quistis mentre sorrideva e cercava di staccarsi l'amica di dosso. Lei e Rinoa si scambiarono un piccolo sorriso di comprensione: nessuna di loro era preparata a quell'esperienza, anche se in realtà non avrebbero dovuto esserne sorprese.

"Stavo giusto andando a cambiarmi. Vuoi nulla? Posso portarti qualcosa: acqua, latte, succo, frutta, verdura, patatine, salatini, crackers, o qualche altro snack? Me lo dici e io me lo procuro!"

"Selphie, io sono a posto. E so anche dove si trova tutto. Tu vai e preparati. Io e Rinoa troveremo il modo di sopravvivere."

"Va bene, grazie ragazze! Non uscite né nulla, io torno subitissimo!"

Selphie finalmente uscì dalla stanza, saltellando quasi ad ogni passo. Per qualche strana ragione, Rinoa si sentì imbarazzata a realizzare che ora si trovava da sola con Quistis. La testa le diceva che non c'era proprio nulla per cui essere a disagio; doveva essere un punto che aveva superato da tempo. Eppure era una sensazione che non riusciva a non provare.

Sorrise educatamente a Quistis, accorgendosi di quanto fosse bella ed elegante quella sera. Non l'aveva mai vista vestita così; nelle ultime rare occasioni aveva sempre optato per l'uniforme della SeeD. Rinoa non poté fare a meno di chiedersi perché ora avesse scelto di mettere qualcosa di diverso, ma non voleva starci a pensare. Odiava quando la sua mente prendeva quella strada. Sapeva che era una cosa con cui, col tempo, avrebbe dovuto venire a patti.

"Stai benissimo, Rinoa," disse Quistis con gentilezza accennando con la testa nella sua direzione.

La strega sorrise. "Grazie. E tu sei favolosa, dico davvero."

E Rinoa diceva proprio davvero. L'istruttrice era più bella di quanto avrebbe potuto immaginare; il lungo abito color smeraldo le illuminava gli occhi. Rinoa non riusciva a non sentirsi in soggezione a stare nella stessa stanza con lei. C'era qualcosa di tanto eccezionale e potente nella sua presenza che spesso faceva sentire Rinoa una bambina. Odiava quel sentimento; sapeva che Quistis non voleva farla sentire così. Non era proprio da lei mancare di fiducia in se stessa, ma era tutto così nuovo per lei - il Garden, Squall, e una miriade di emozioni che non aveva mai conosciuto.

Doveva dire qualcosa per rompere il silenzio. Notò con la coda dell'occhio il sacchetto di salatini accanto a lei, e per quanto non volesse suonare come Selphie che cercava di offrire di tutto, incluso il lavello di cucina, doveva assolutamente dire qualcosa... qualsiasi cosa.

"Vuoi un salatino?" chiese allungandosi a prendere il sacchetto.

Quistis si fece sfuggire una risatina educata. "Immagino che Selphie non ti abbia lasciato scelta."

"Qualcosa del genere, sai quanto sappia essere ospitale e anche di più."

Rinoa passò il sacchettino all'istruttrice che si stava sedendo accanto a lei. Anche in questo caso le scelte erano piuttosto scarse: tra il letto, un pouf o il piccolo divano - il divano pareva l'opzione più adeguata.

"Allora, tutto bene con gli esami?"

"In realtà, sì, davvero, è andato tutto sorprendentemente bene." Quistis fece un profondo sospiro e si lasciò andare contro i cuscini. "Niente di paragonabile all'anno scorso, e ne sono molto grata. Non credo avrei potuto sopportare di nuovo tutto quello stress."

Rinoa giocherellava col vestito; una parte di lei avrebbe voluto chiedere, un'altra lasciar cadere l'argomento. Ma era curiosa di natura. Per quanto conoscesse il suo ragazzo c'erano sempre momenti della sua vita e del suo passato che rimanevano un mistero.

Prima di potersi trattenere Rinoa aveva già fatto la domanda. "Vuoi dire per il fatto che l'anno scorso insegnavi a Seifer e Squall?"

"Non me ne fare nemmeno parlare, di quei due. Posso solo dirti che niente nella loro missione è andato secondo i piani. Certo, non che nessun esame pratico sia mai garantito."

Rinoa si era sempre chiesta come fossero quei due, insieme. Ovviamente conosceva la campana di Squall, o almeno le cose che le aveva confidato in quei mesi. Aveva anche visto come reagivano l'uno all'altro - sia durante la guerra contro Artemisia che dal loro incontro a Trabia. Di sicuro Squall non rompeva nasi alla gente senza motivo. Ma qualunque fosse la loro vera storia, pensava che nessuno avrebbe mai potuto conoscere la vera profondità delle loro cicatrici.

"Quistis, ma loro due sono mai andati d'accordo? Voglio dire, le cose sono sempre andate così male?"

L'istruttrice si sorprese a sorridere appena. "Nessuno dei due lo ammetterà mai, ma ci sono stati momenti in cui... beh, probabilmente dovrei dire che ci sono stati momenti in cui non andava così male. Penso sia solo più facile ricordare gli aspetti negativi - quelli positivi sono surclassati, e di molto. In un certo senso erano allo stesso tempo amici e rivali, ma anche quello sembrava avere una base di rispetto reciproco. Almeno, è così che era prima di-"

Quistis si bloccò e cercò di pensare a dove poteva portare quella conversazione. Non voleva essere fraintesa, specie dopo che lei e Rinoa avevano costruito anche loro una base di rispetto reciproco, punto di partenza per un'amicizia. Le due erano più distanti tra di loro rispetto al resto del gruppo; Rinoa si era legata agli altri con facilità. Sotto certi punti di vista, Quistis si sentiva più lei l'estranea - o perlomeno, era lei si vedeva in quel modo.

"Rinoa, lo riassumerò così: Squall e Seifer si stimolavano a vicenda -a volte in senso buono, a volte pessimo. Credo che nessuno dei due sarebbe stato così capace senza la competizione con l'altro."

"Credo di capire, in un certo senso. Voglio dire, non c'ero... ma capisco come possa essere possibile, conoscendo tutte e due le loro personalità."

Ora era il turno di Quistis di provare l'imbarazzante sensazione di voler fare una domanda - una a cui non sapeva proprio come avrebbe potuto rispondere Rinoa. Eppure, una parte di lei voleva sapere, aveva bisogno di sapere.

La sua voce fu più bassa del normale. "Posso chiederti una cosa?"

Rinoa s'irrigidì. Non aveva assolutamente idea di cosa l'istruttrice le avrebbe chiesto. Avevano già parlato prima di allora, ma credeva che ci fossero ancora alcuni problemi in sospeso, anche se sperava fosse tutta una sua immaginazione; aveva un bel talento per essere paranoica quando si trattava di certe situazioni. Seppure aperta e positiva come cercava di rimanere, era una che tendeva sempre un po' a temere il peggio.

"Ma certo, qualsiasi cosa, dimmi pure." Sorrise, sperando che la sua risposta non fosse suonata forzata. Sentì subito la bocca seccarsi e si allungò a prendere l'acqua. Sperò che il suo disagio non fosse troppo evidente.

"In realtà, è una cosa su Seifer."

Rinoa sentì tutto il corpo rilassarsi, e si ritrovò a sorridere contro il bicchiere mentre beveva qualche sorso. In un certo senso, parlare della sua relazione con lui era più semplice. Se si fosse trattato di una domanda su Squall, avrebbe trovato la situazione al di là di qualsiasi spiegazione, nella maggior parte dei casi.

"Volevo chiederti... com'era quando era fuori dal Garden? Conoscevo il suo lato testardo e più arrogante dell'adolescenza. E sto anche iniziando a ricordare quello dell'infanzia..." Quistis sorrise, presa dai ricordi della loro giovinezza. Il gruppo era ancora più o meno lo stesso - solo un po' maturato e con un po' di esperienza in più. "Insomma, il Seifer più piccolo ma sempre testardo e arrogante dell'orfanotrofio. Volevo solo sapere... insomma... ti è mai sembrato felice? Mi piacerebbe soltanto credere che abbia avuto dei momenti di positività nella sua vita, sapendo tutto quello che ha passato e il futuro che poi ha scelto per sé."

"Felice?"

Rinoa dovette rifletterci, dire 'felice' e 'Seifer' nella stessa frase non sembrava proprio funzionare. Descriverlo ai tempi di quell'estate era più difficile di quanto avrebbe immaginato. Semplicemente, lei aveva conosciuto un Seifer diverso. Una persona che nessuno al Garden aveva mai incontrato - un Seifer che non avrebbero conosciuto mai.

"Sai, non credo che potrei mai dire che fosse felice... direi che poteva essere soddisfatto, o almeno era così che si comportava in mia presenza. Allora pensavo che stesse trattenendo dentro una parte di sé. Ora capisco che quel lato di lui era la parte che nascondeva al resto del mondo. In un certo senso, credo dovrei sentirmi onorata che mi abbia mostrato quel lato di sé. Credo fosse quello che vedevano Fujin e Raijin."

S'interruppe, toccando la collana, e mentalmente portandosela alla bocca. Era una brutta abitudine che cercava costantemente di interrompere, ma in momenti come quelli riaffiorava alla superficie.

"Quistis, immagino che se dovessi darti una risposta univoca, direi che era felice. Forse non era come tu o io definiremmo la parola. È stato solo quando le due parti del suo io sono entrate in collisione che ha scelto quella che gli riusciva meglio. La parte di cui non aveva paura."

"Grazie, avevo bisogno di saperlo."

Le ragazze si sorrisero per un attimo finché una porta non si spalancò.

"Ta-daaaan!" esclamò Selphie facendo giravolte come una ragazzina, con le braccia aperte.

"Calma, calma," ridacchiò Quistis per l'esuberanza dell'amica. "Non vorrai bruciare tutte le energie prima del ballo."

"Quello non potrebbe succedere mai, sono pronta a fare baldoria fino all'alba!"

"Sei carinissima!" rise Rinoa. "Avrei dovuto immaginarmelo, che il tuo vestito sarebbe stato giallo."

"Certo! È il colore più bello del mondo! Una di voi due può aiutarmi con la collana? A quanto pare, non riesco a convincere questa stupida chiusura a chiudersi."

"Nessun problema." Quistis arrivò subito in soccorso, alzandosi dal divano. Intanto squillò il telefono di Selphie e Rinoa decise di rispondere, sapendo che era l'unica al momento non occupata in problemi di collane.

"Pronto?"

"Rinoa, tesoro, sei tu?"

La ragazza si mise a ridacchiare; non c'era bisogno di chiedere chi ci fosse dall'altro capo. "Sì, Irvine, sono io. Con Quistis siamo venute qui a fare un po' di 'cose da donne' prima del ballo."

"E si possono vedere, queste cose da donne?"

"Irvine Kinneas! Ma tu proprio non cambi mai, eh? Nemmeno in una delle serate più importanti dell'anno."

"Lo sai che ti piaccio proprio per questo," rispose Irvine con un sorrisetto nella voce - se la cosa era possibile. "Comunque, di' a Selph che arrivo tra una decina di minuti - sto solo finendo coi capelli, ci vuole un'eternità." Rinoa non poté fare a meno di ridere, ricordando la conversazione di prima: a quanto pareva era proprio vero, Irvine ci metteva più di Selphie.

"C'è qualcosa di divertente?"

"No, no Irvine. Scusa... riferisco a Selphie."

"Ehi, Rin, ricordami poi che ti devo chiedere una cosa sul compleanno di Selphie."

"C'è qualche problema?"

"Oh, no, niente del genere, solo un cambio di programma. Te lo dico stasera, ok?"

"Buono." Rinoa s'interruppe, mordendosi il labbro. "Notizie da Squall?"

"Oh, tutto a posto. Hanno solo dovuto trasportare il cadetto con l'elicottero in un ospedale di Dollet, e Squall ha dovuto riportare indietro gli altri. Non c'è da preoccuparsi troppo. Nonostante le apparenze, io lo so che stava aspettando con ansia questa serata."

"Grazie, Irvine."

"E di che, bellezza, a stasera."

*~*~*~*~*

Ad essere sincera, sarebbe potuta andare al ballo da sola. Se fosse stato tre giorni fa, avrebbe marciato fino alla sala solo per tenere il punto. Ma ora aveva scoperto quanto fosse importante la tradizione, forse anche perché era la loro prima uscita 'ufficiale'. Per qualsiasi motivo fosse, voleva il classico ragazzo che la veniva a prendere. Certo, magari agli occhi degli altri poteva sembrare stupido e antiquato, senza contare che le loro stanze erano ad appena due piani di distanza, ma davvero, ne sentiva il bisogno.

Quistis aveva lasciato la stanza di Selphie poco dopo la chiamata di Irvine; per lei era importante arrivare in perfetto orario, dopotutto era un evento per i suoi studenti. Rinoa stava per andare con lei in sala, ma qualcosa l'aveva trattenuta. Non che le sarebbe dispiaciuto accompagnare Quistis. Il fatto era che non era proprio la serata che si era immaginata. Ed entrare assieme a Selphie e Irvine sarebbe stato veramente antipatico, si sarebbe sentita il proverbiale terzo incomodo. Anche se, a dire il vero, dubitava che per Irvine l'attenzione di due dame da accompagnare sarebbe stata un problema.

Era passata quasi un'ora da quando aveva lasciato il dormitorio di Selphie. Il ballo in sé era cominciato quasi da tre quarti d'ora, e tutto quello che era riuscita a fare in quel lasso di tempo era stato guardare l'orologio, poi lo specchio, e poi Angelo. Routine ripetuta ormai almeno qualche centinaio di volte. Angelo stava probabilmente pensando che la sua padrona era sul punto di perdere la testa, e non sarebbe stato tanto lontano dal vero.

Si sistemò qualche ciocca di capelli. Era raro per lei raccoglierli, ma aveva voluto rompere la regola. Spesso li legava in una coda quando era al lavoro, ma questa era tutta un'altra cosa. Aveva passato ore coi bigodini in testa e a combinare disastri con l'arricciacapelli, scoprendo un'inedita ammirazione per chi lo faceva tutti i giorni senza perdere la sanità mentale.

Si lisciò il vestito, lasciò andare un sospiro basso. Si era tolta le scarpe appena entrata in camera, per nessuna ragione al mondo le avrebbe tenute un minuto più del necessario. Fosse stato per lei avrebbe optato per gli stivali da combattimento, almeno erano un po' comodi.

Un istante dopo sentì un colpo alla porta riecheggiare per tutta la stanza. Cercò di autoconvincersi che non doveva sperarci troppo, poteva non essere Squall. Si rinfilò le scarpe e diede un altro rapido sguardo nello specchio. Mentre camminava fino alla porta, cercava di non apparire eccessivamente tesa. Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e si rilassò per un momento: voleva almeno apparire calma e tranquilla. Quando aprì la porta - il suo primo pensiero fu di buttarsi fra le sue braccia. Dovette impedirselo e recitare la parte di una fidanzata più o meno sana di mente e dignitosa.

Cercava di respirare, mentre invece i polmoni si rifiutavano di svolgere la loro funzione designata. Dov'era quel bicchiere d'acqua offerto da Selphie quando serviva davvero? Lui pareva sempre così composto, in ogni cosa; si chiedeva se avesse mai provato quel disagio che lei sentiva tanto spesso.

La strega sorrise e si appoggiò contro lo stipite della porta. Lui le lanciò uno sguardo casuale e poi sbirciò dentro la stanza, quasi si aspettasse di vedere qualcun altro. Rinoa pensò che fosse un'accoglienza strana, ma continuò a sorridere. Dal modo in cui evitava il suo sguardo, se non l'avesse conosciuto di già, avrebbe detto che sembrava almeno un po' nervoso. Realizzarlo le fu di conforto.

"Ciao," salutò lui tranquillamente.

"Ciao anche a te." Rinoa imprecò dentro di sé - che risposta geniale. "Uhm... vuoi entrare?"

"Okay... va bene."

Squall non riusciva a spiegarsi come si sentisse, tutto d'un tratto, così a disagio. L'aveva vista mille volte; l'aveva pensata un milione. Ma in quel momento, era come se stesse posando gli occhi su di lei per la prima volta, e si sentiva impacciato come sotto quella prima stella cadente. Si chiedeva come facesse lei ad apparire così rilassata in quella situazione. Dio, quanto ammirava come riusciva a gestire facilmente la loro relazione - lui era sempre così pieno di dubbi. Ora gli pareva che la temperatura si fosse alzata di un centinaio di gradi, e il colletto dell'uniforme lo stava soffocando.

Mentre entrava, Rinoa notò che teneva qualcosa dietro la schiena, ma non riuscì a capire cosa. Tutto quello che vide furono le sue mani che avvolgevano l'oggetto, qualsiasi fosse. Da parte sua, lui lo stringeva con tutte le sue forze, cercando di far sembrare come se non stesse facendo assolutamente nulla. Anche se non doveva essere passato così inosservato come aveva sperato, visto il cenno verso il 'regalo' che lei gli aveva fatto.

"Oh, questo...?" cominciò con difficoltà, anche se la voce non tradiva la sua esitazione. "Irvine ha detto che dovevo fare qualcosa per te, portarti un regalo di qualche tipo... ma ad essere sinceri, la giornata di oggi è stata... inaspettata, e frenetica. Non ho proprio avuto il tempo di-"

"Squall, per favore, non devi mai sentirti obbligato a fare nulla, il fatto che sei qui è già abbastanza."

Avrebbe potuto ridere: era la stessa identica cosa che aveva detto lui a Irvine. Ma in quel momento, già parlare con lei era una fatica immane, ridere, poi, impossibile. Si avvicinò e le tese l'oggetto.

"Non ho avuto tempo di prendere nulla per te... però ho portato qualcosa per la tua coinquilina." Spostò lo sguardo sul letto. "Vedo che è in casa."

Angelo mosse la coda quando l'ospite la guardò. Si era già interessata al suo arrivo; di solito si limitava a un breve sguardo, ma oggi quell'essere umano aveva qualcosa che attirava la sua attenzione.

"È un osso di dinosauro. L'ho trovato appena fuori dalla Piana di Balamb mentre tornavo, stasera."

Squall piazzò il regalo di fronte ad Angelo, che afferrò immediatamente il suo nuovo acquisto e si allontanò da entrambi. Magari ne volevano un morso, e lei non era proprio in vena di condivisioni.

Rinoa non poté trattenere una risata. Almeno sentiva che la tensione era stata rotta. "Squall, cose del genere le ho già sentite. Sai quando una persona esce con un'altra e finisce per interessarsi alla sua compagna di stanza."

"Beh, lo sai... lei è davvero notevole in battaglia, una tipa come lei potrebbe piacermi. Anche se qualcosa mi dice che non hai nulla di cui preoccuparti."

"Ah Squall, grazie, sono onorata. Credo."

Mentre la sua strega osservava il cane, il giovane cavaliere si concesse un istante per guardarla. Si accorse di come sembrava diversa, vestita per l'occasione. Era davvero splendida in quel momento, ma pensava che fosse altrettanto bella lo stesso anche in jeans e maglietta. Non era quello che indossava, ma la persona che era.

"Dio, sei bellissima."

Rinoa si voltò di nuovo verso Squall. Non sapeva davvero come rispondere. "Dici ad Angelo o a me?" Ovviamente lo sapeva, almeno, credeva. Ma tutto quello che riusciva a fare al momento era tentare di rompere la tensione con un altro scarso tentativo di battuta. Lui non parve aver sentito la frase, o almeno se lo aveva fatto, aveva saggiamente scelto di ignorarla.

Lei ricordò che gliel'aveva detto per la prima volta a Trabia. Il modo in cui l'aveva pronunciato, il tono nella sua voce - non era un complimento vuoto. Conteneva qualcosa di molto più profondo. Anche allora l'aveva capito. Anche adesso sentiva quell'emozione inespressa. A Trabia aveva replicato con una domanda sull'assenza dei suoi guanti, magari adesso poteva trovare le parole giuste per rispondere.

Dopo un lungo momento di silenzio, non gliene venne nessuna. E allora decise di buttare al vento ogni cautela. Si avvicinò e chiuse lo spazio fra di loro. Avrebbe potuto chiedergli della sua giornata, probabilmente avrebbe dovuto. Avrebbe potuto dire che lui doveva già essere al ballo in quel momento, e probabilmente lui avrebbe dovuto essere là. Avrebbe potuto rispondere con le parole, ma non sarebbero state quelle giuste. Lei lo sapeva.

I baci non furono colmi di passione come in altre occasioni. Furono invece teneri, eppure pieni di emozioni taciute, di incertezze. Lui non aveva cercato di fermarla; sentiva invece il conforto del suo contatto, non se lo negava più, almeno non in quel momento. Lo terrorizzava ancora a morte, e a volte era troppo. Ma in quel momento lo stava accettando, qualsiasi fosse la ragione. Non fu nessuno dei due a interrompere davvero il bacio, anche se si separarono quasi all'unisono.

Con la fronte l'uno contro l'altra, non si separarono nemmeno per un attimo. Non si guardavano negli occhi, stavano solo assaporando la sensazione di essere insieme.

Infine, fu Rinoa a parlare, sapendo che era meglio se andavano alla festa. Appena fossero arrivati, Squall sarebbe stato impegnatissimo. Lo sapeva di già, era il suo ruolo a richiederlo. Sorrise mentre alzava lo sguardo, e passava le dita lungo la linea della sua mascella.

"Riservami un ballo."

Lui rise appena. "Chi l'ha detto che ballerò?"

"So essere molto persuasiva."

"So essere molto testardo."

"Vedremo chi vincerà questa battaglia, Comandante Leonhart." Rinoa gli afferrò il braccio e lo trascinò verso la porta. Lui tentò quasi di resistere, ma aveva già imparato quella lezione l'anno prima.

Non era così importante vincere quella battaglia; lei aveva già vinto la guerra da molto tempo.

*****
Nota delle traduttrici: vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 29
*** XXIX: Un Tempo per Ballare ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXIX: Un Tempo per Ballare ~

Marmo e oro. Lucido ed elegante.
Tacchi sul pavimento. Musica nell'aria
Rappresentava tutto; non rappresentava niente.

Era l'inizio per alcuni; era la fine per altri.
Era una stella cadente. Era un semplice sorriso.
Era non detto, non scritto, non definito.

Era il destino.

4 luglio - sera

C'erano state solo poche volte nella sua vita in cui Rinoa Heartilly ricordava di essersi sentita come una principessa. Non solo di nome, ma il momento in cui qualcuno credeva in lei. Ricordava un tè con sua madre dove lei era l'ospite d'onore. Ricordava una recita scolastica; dopo che era calato il sipario, aveva ricevuto fiori e complimenti da tutti, incluso suo padre. E poi c'era quel momento, quando entrò sottobraccio a Squall Leonhart: Comandante del Garden di Balamb, SeeD, e Cavaliere della Strega. Il suo Cavaliere.

Se la sua vita fosse stata una favola, lì sarebbe apparsa sulla pagina la scritta 'Fine'. La sua vita non era mai semplice come il bianco e il nero, e nessuno sapeva cosa sarebbe successo una volta che si fosse smesso di scrivere sul libro. Rinoa Heartilly aveva imparato molto tempo prima di non essere l'autrice della sua stessa storia.

Ma mentre si avvicinava al salone, tutto sembrava perfetto. Ogni tanto guardava Squall, con la convinzione che se lo avesse guardato troppo a lungo lui sarebbe scomparso. C'era una sensazione che le correva nel corpo che lei non aveva mai conosciuto. Sembrava più profonda e spaventosa di qualcosa cosa avesse mai provato.

Ma perché?

Quella era una notte importante. Ad ogni modo, non era uno di quelli eventi che cambia la vita. Non si era mai sentita così in ansia per qualcosa di sociale. Certo, veniva scortata con valore dal suo Cavaliere. Ma alcuni giorni prima era disposta a perdersi questa festa per pura testardaggine. Ora sembrava che il suo futuro e la sua vita dipendessero da quest'unica serata.

Questi sentimenti iniziavano a percorrerla come una malattia mortale. Presto sarebbero stati il suo unico pensiero. Era tutto ciò che riusciva a fare per continuare a camminare lungo il corridoio.

Di nuovo, perché?

Era come se una mano fantasma si allungasse ad afferrarla a metà di un passo. Qualunque fosse la causa di quella sensazione spettrale, si fermò immediatamente. Squall dovette momentaneamente recuperare l'equilibrio, dato che il suo braccio era legato a quello di lei. Quel fermarsi improvviso lo aveva colto di sorpresa. Notò un'espressione vacua sul viso di Rinoa, un'espressione che non sapeva decifrare. Aveva visto così tante sue emozioni, ma questa era qualcosa di cui non aveva esperienza.

"Rinoa?"

Pronunciò dolcemente il suo nome mentre la studiava con attenzione. Non poté evitare di sentirsi a disagio.

"Rinoa, stai bene?"

La Strega sorrise, mentre la sensazione passava tanto velocemente quanto era arrivata. Si rese conto di quanto fosse sembrato strano il suo comportamento dalla prospettiva di Squall. All'improvviso, si sentì piuttosto sciocca, lì in piedi in mezzo a un corridoio. Di nuovo, non poteva dare un motivo logico alle sue paure a parte i nervi, o al suo essere semplicemente 'Rinoa'.

"Sì, sto bene," sorrise, arrotolandosi la catenina intorno al dito. Anche vestita in modo formale, non poteva non indossare gli anelli che considerava così preziosi. "Era solo... sai... proprio non lo so."

Guardandolo negli occhi, la ragazza sperò di non sembrare sciocca come si sentiva. "Non sono sicura, forse sono nervosa? Perché parte di me vuole che questa notte sia perfetta? Voglio dire, in pratica è più o meno l'anniversario del nostro primo incontro. Forse sarò delusa. Io... io davvero non so perché."

Onestamente non poteva dare una risposta definitiva. Ma quello era stato il primo pensiero che aveva avuto. A rigor di logica, credeva che avesse un suo senso - anche se a un livello pazzo e oscuro a cui solo lei poteva arrivare. Quindi inconsciamente sperava che fosse quello il problema. Il fatto era che in quel momento non poteva davvero essere sicura di niente.

"Rinoa, non posso prometterti che non sarai delusa. Io non ti farò questo."

Squall si passò una mano tra i capelli. Non era sicuro di cosa lei volesse da lui. Non c'era molto altro che le potesse offrire, in quel momento. All'ultima festa non c'era assolutamente modo di pensare che avrebbe mai portato qualcuno, figurarsi sentirsi come si sentiva. La sua giornata era già stata riempita di drammi e incertezza. Ora era lì, fuori dal salone, insicuro com'era stato quella mattina, appoggiato a una macchina del Garden.

"No," rispose lei scuotendo la testa. "Non voglio che tu mi prometta niente. Solo..." Sorrise, rendendosi conto di quanto le sue sciocchezze dovessero sembrare senza senso al suo Cavaliere. Una risatina le si strozzò in gola mentre si muoveva appena davanti a lui. "Squall, mi dispiace. Direi che è stata una lunga giornata, ma paragonata alla tua sembra una cosa piuttosto stupida."

Grazie ai tacchi alti, non dovette alzarsi sulle punte per baciarlo, e lo fece veloce, sulla guancia. Sapeva che se avesse provato qualcosa di più audace lui si sarebbe ritratto.

"Andiamo," disse, prendendolo ancora sottobraccio e andando verso il salone. "Qualcuno qui mi deve un ballo."

Lui si schiarì la gola e rispose in tono piatto. "Quando lo trovi, dimmelo... io non so ballare, sai." Squall poi le rivolse un veloce sorriso, mentre finalmente superavano l'ingresso.

*~*~*~*~*

Le coppie danzanti si muovevano sinuose sul pavimento di marmo. Le riportava dei ricordi, sia belli che brutti. Ricordava di essere stata tra la folla, l'anno prima, senza volere nulla più che unirsi alla celebrazione. Si era presa un momento di possibilità, trascinando un giovane SeeD sventurato a soddisfare i suoi desideri. Era una notte che non avrebbe dimenticato, anche se il suo significato non le sarebbe stato chiaro fino a mesi più tardi. Certo, aveva trovato un compagno affascinante con cui ballare, ma se non si fossero mai più visti dopo quella notte, il ballo sarebbe stato solo un ricordo distante tra migliaia di altri. Non c'era modo allora di conoscere il significato di quell'evento. Era impossibile.

L'anno prima desiderava attenzione, parte di lei cercava di trovare qualcosa che aveva perso molto tempo prima. Quell'anno, quando entrò con Squall, sapeva che la maggior parte degli occhi erano su di loro. La metteva a disagio essere scrutata così tanto. Nella folla c'erano coloro che credevano che lei era ancora solo un ostacolo e una distrazione per il Comandante.

Per quanto riguardava la posizione di Squall, c'erano ancora studenti che credevano che fosse troppo giovane e non avesse dimostrato di poter guidare il Garden. Era solo una persona che c'era stata al momento giusto e al posto, e tutto gli era stato consegnato su un piatto d'argento. Avrebbe potuto essere chiunque altro a guidarli contro Artemisia. Certo, quasi tutti lo rispettavano come soldato, ma a livello personale, semplicemente, era un'altra cosa. Gli erano concesse libertà che altri non potevano avere. Alcuni non vedevano di buon occhio la semplice presenza di Rinoa al Garden, perché regole stabilite da molto tempo sembravano essere piegate e deformate per lei. Il fatto che la ragazza vivesse e lavorasse lì veniva vista come una presa in giro per quegli studenti - e persino per alcuni insegnanti.

Molto pochi sapevano il perché Cid le permetteva di rimanere. Se avessero saputo la verità, avrebbe anche potuto essere peggio. Il fatto che fosse una Strega era noto solo a poche persone scelte. Era in momenti come quello che Rinoa era grata che non fosse di pubblico dominio. Se a molti non piaceva così, la loro reazione a quella notizia le sarebbe costata cara.

Certo, la loro percezione di lei di solito non si basava sull'esperienza personale; in molti non si erano mai nemmeno presi il tempo di parlarle. Quelli che lo facevano scoprivano la persona vera, non lo stereotipo semplificato dai pettegolezzi. Anche se, nonostante tutto, davanti a lei erano sempre tutti educati. Era parte della natura umana, dopo tutto, provare risentimento per alcuni cambiamenti. Per loro, lei e Squall ne erano la perfetta incarnazione. I ricordi della battaglia e le sue cicatrici erano ancora troppo fresche.

Il Comandante si sentiva a disagio. Poteva essere colpa di un miscuglio di formalità, dell'uniforme rigida, o degli occhi che si sentiva addosso e che lo giudicavano. Ecco perché aveva detestato a lungo gli eventi sociali; era anche peggio quando si sentiva il riluttante centro dell'attenzione. Quella notte non avrebbe dovuto avere niente a che fare per lui; era per gli studenti che avevano superato l'esame SeeD quel giorno. Eppure, questo status di 'eroe' che gli era stato cucito addosso non sembrava prossimo a morire. Sperava solo che prima o poi sarebbe successo; non poteva sopportare una vita di questo.

Insieme a studenti e insegnanti, notava la presenza di molte personalità importanti. Sapeva che quella sera si sarebbe ridotta a poco più che una sede politica. Cercò di riportare velocemente lo sguardo su Rinoa, dopo aver guardato la stanza; forse gli avrebbero lasciato un altro momento di pace.

"Comandante Leonhart!"

Forse no.

Si voltò immediatamente in direzione della voce di Shu, che avanzò da una gruppo lì accanto. Togliendo il braccio dal fianco di Rinoa, Squall ricambiò il saluto ufficiale della ragazza.

"In molti hanno chiesto dove si trovasse. So che il rappresentante della Repubblica di Dollet è ansioso di discutere dell'incontro che ci sarà a breve. Un Anziano degli Shumi vuole discutere la sua proposta di commercio di pietre. E il nuovo Comandante del Garden di Galbadia voleva esaminare alcune idee. Ce ne sono altri, ma mi sfuggono, al momento."

Poteva sentire che il mal di testa si stava rapidamente avvicinando. Che ne sapeva lui di tutto questo? Tutto quello che era addestrato era letteralmente sparare, puntare e poi massacrare il nemico. A dire la verità, gli mancano quei giorni in cui andava semplicemente a lezione, faceva i compiti, e sopportava il comportamento lunatico di Seifer. In quel momento, anche sedersi in ufficio e occuparsi di scartoffie sembrava piuttosto allettante.

"C'è Cid nei paraggi?" riuscì a dire, strofinandosi le tempie con le dita.

"No, è successo un imprevisto piuttosto all'improvviso. Credo che lui e altri SeeD siano in una stanza qui accanto. Dovrebbero essere qui a minuti."

"C'è il Colonnello Caraway?" chiese Rinoa, portandosi al fianco di Squall La ragazza sapeva che probabilmente non avrebbe dovuto interrompere così, ma percepiva che al Comandante serviva una piccola pausa.

"No, non c'è. Ha mandato un'assistente."

"Figurarsi," rispose lei sottovoce. La Strega non sapeva decidere se era sollevata o delusa. Una cosa era sicura: non era sorpresa.

La notizia portò un breve sollievo alla mente di Squall. Non che non rispettasse il Colonnello Caraway, anzi, tutt'altro. Aveva sempre avuto grandissima stima per quell'uomo. Era solo che, sopra tutto, il leader di Galbadia era il padre della sua ragazza. Quello era il lato di Caraway con cui non voleva confrontarsi. Poteva a malapena spiegare la loro relazione a se stesso; non aveva bisogno di spiegarla a una figura genitoriale dominante. Sfortunatamente, quello gli ricordò - non che considerasse Laguna Loire una figura genitoriale - un'altra persona che avrebbe preferito non affrontare per alcuni decenni.

"Shu, c'è qui qualcuno di Esthar?"

Rinoa lanciò un'occhiata veloce a Squall. Sapeva della tensione che lui doveva affrontare solo per superare quella serata. Sembrava che non finisse mai, per lui. Se non erano abbastanza le situazioni complicate con la ragazza, i disastri precedenti dell'esame pratico, e i giochi di destrezza politici, doveva aggiungere la sua relazione con Laguna Loire. Di nuovo, il fatto che suo padre fosse il Presidente di una delle nazioni del mondo non era di pubblico dominio.

Squall lo guardò curiosa per un momento, dato che l'aveva colta di sorpresa, ma rispose in fretta, "sì, l'assistente presidenziale Kiros Seagull."

Voleva gridare 'grazie a Dio' negli amplificatori, ma sarebbe stato estremamente inappropriato. Comunque, era stata la sua prima e principale reazione alla notizia. Almeno una cosa andava per il vesto giusto, quella sera.

"Capisco. Grazie." Sperava che la sua risposta fosse di basso profilo.

"Dirò agli altri che è arrivato. Sono sicura che ne saranno molto felici."

Shu fece un cenno rispettoso, che Squall ricambiò. Quello era l'incubo che aveva temuto. Quella sera non era un appuntamento con la sua ragazza, riguardava piuttosto il futuro della SeeD e le entrate in grado di sostenerla. Sapeva che il Garden aveva bisogno di fondi, ma comunque non voleva essere lui a fare pressione per averli.

"Mi dispiace davvero," si scusò, voltandosi così da poterla guardare direttamente. "Vorrei che non fosse così."

"Lo so," disse lei strizzando gli occhi, cosa che le fece arricciare il naso. Il suo tono e le sue azioni sembravano comunque piuttosto positivi, viste le circostanze. "Ma sai una cosa? Intendo avere quel ballo adesso."

"Cosa?" chiese lei, posandole una mano sulla schiena. La tolse immediatamente quando entrò in contatto direttamente con la pelle nuda. In qualche modo non se lo aspettava; non era la barriera di tessuto che era abituato ad avere tra loro. Aveva evitato di mettersi i guanti per quella sera, anche se non riusciva a capire perché. Cercò di scuotersi di dosso la sensazione di toccare la pelle nuda. Sembrava così estraneo... eppure così gradito.

"Rinoa, in teoria dovrei-"

"Shhh," lo interruppe lei, posandosi un dito sulle labbra. "So esattamente cosa dovresti fare in teoria adesso: ballare con me." Piegandosi, prese la gonna lunga fino ai piedi, tenendola in mano per facilitare i movimenti. Con l'altra mano, strinse dolcemente l'uniforme di lui sull'avambraccio.

"Se finirò per perderti per la SeeD, stasera, farò meglio ad essere dannatamente sicura che facciamo il nostro ballo. Quindi se questa è la mia unica possibilità, non sono così stupida da lasciarmela scappare. Ora, sono io quella che ha la tua attenzione. Quindi andiamo."

Si sentì a disagio nell'avvicinarsi alla pista da ballo. Non fu fatto con la facilità che aveva sperato. Comunque lei non ebbe bisogno di trascinarlo, solo di incoraggiarlo. La canzone era cominciata solo poco prima, quindi molte coppie stavano entrando o lasciavano la pista. Si misero non al centro, ma più vicini alle porte che davano sul balcone.

Se era possibile, lui era più nervoso e insicuro stavolta. L'anno prima non aveva nulla da provare, mentre quest'anno non voleva deluderla con la sua inettitudine. Si calmò, appoggiandosi di nuovo sull'addestramento che conosceva come una seconda natura. Voleva che andasse bene, ne aveva bisogno.

Probabilmente lei non lo fece intenzionalmente, ma gli si avvicinò. Il profumo gli avvolse i sensi, la vicinanza del suo corpo, tutto nel suo odore, nel suo aspetto, e che il cielo lo aiutasse, la sensazione che gli dava toccarla.

Era naturale e allettante; era qualcosa in cui aveva trovato un brivido sconosciuto. Dovette ancora una volta concentrarsi sul ballo, non sulla sua compagna. Dolcemente, le mise la mano destra sul fianco. Le dita iniziarono a metà torso, ma poi seguirono delicatamente la curva del suo corpo e infine si fermarono sul fianco. L'anno prima non aveva osato scendere così in basso. Quest'anno sentiva il desiderio impellente di stringerla vicino, ma lottò contro quell'istinto. Si raddrizzò il braccio e le prese la mano, tenendola lontana dai corpi, con le dita intrecciate strette. Poteva sentire la sua mano sulla spalla; notò che sembrava stringerla più forte dell'anno prima. La sua mano non era rilassata, si aggrappava quasi al tessuto dell'uniforme. Forse aveva paura che lui se ne andasse, come aveva fatto prima.

I piedi iniziarono a muoversi, secondo il ritmo di lui. Cercò di non pensare ai passi, di lasciare che il movimento venisse con naturalezza. Non era senza difetti, non era perfetto. Il Comandante non inciampò come allora, ma c'erano esitazioni che li misero fuori tempo. Poteva non essere ovvio all'osservatore casuale, mentre la guidava lungo la pista, accelerando o rallentando a seconda della musica.

Continuarono per quelli che parvero svariati minuti. Ballarono nel tempo mentre la realtà sembrava sospesa solo per loro. Nessuno dei due ricordava l'atto vero e proprio del ballare, era più come un ricordo nelle loro menti.

Poi la musica finì.

Il viso di Squall era rilassato e l'inizio felice di un sorriso gli accarezzava le labbra. I loro corpi erano vicini, potevano sentire il calore l'uno dell'altra. Era appassionato e innocente, e allo stesso tempo c'era un significato dietro ogni movimento che li faceva sentire deboli. Non ci furono fuochi d'artificio quella notte, perlomeno non del tipo che esplode in cielo, ma c'erano migliaia di scintille che elettrizzavano i loro nervi.

I loro occhi si incontrarono e Rinoa non riusciva a credere alle emozioni che si leggevano. Era troppo. Sentì il suo corpo vicino a lei e aspettò che lui annullasse la distanza. Forse avrebbe dovuto saperlo, ma il suo pensiero logico sembrava sospeso.

In una stanza di Trabia avevano terminato quel primo ballo con un bacio. Quella sera lui voleva ripetere quel momento, ma non poteva. Dopo tutto era un leader militare. Persino la sua vicinanza a lei in quel momento sembrava inappropriata secondo i suoi standard.

La sua espressione dolce cambiò con l'intensità di un tuono. Velocemente la lasciò andare e fece un passo indietro.

"Non posso. Mi dispiace." La sua voce suonava distante. "Devo lavorare."

Come se fosse un segnale, una voce sconosciuta si levò sopra la folla. "Eccola Comandante. L'ho cercata per tutta la sera. Ho bisogno di dirle una parola, adesso."

Indietreggiando, si avvicinò all'uomo e non si guardò mai indietro. Rinoa sentì Squall rivolgersi formalmente all'ospite, come se fosse fatto per questa vita. "Sindaco Perrette, è un onore averla qui con noi. Mi farebbe piacere discutere di quello che vuole. Qual è il problema?"

L'uomo si tenne stretto il suo bicchiere di vino rosso. Squall fece un cenno a una cameriera e si prese un bicchiere di whisky. Rinoa rimase confusa e sola sulla pista da ballo. Non era arrabbiata con Squall; lui stava solo interpretando il ruolo di cui il Garden aveva bisogno. Si chiedeva semplicemente se a volte lui interpretava un ruolo con lei. Riusciva a cambiare ruoli con così tanta facilità. Nessun saluto, nessuno sguardo indietro. Qualunque cosa avessero appena condiviso sembrava un frammento della sua immaginazione. Forse lui non aveva sentito la stessa elettricità.

Si sentì di nuovo scintille in tutto il corpo, anche se stavolta era un'ondata di emozione sgradita. Voci e immagini le riempirono i sensi; desiderò che quelle immagini fossero rimaste sepolte. Era una realtà che non era davvero reale. Non era stato quindici mesi prima che era stata in quel salone con Squall. In un modo contorto, era stato solo pochi mesi prima - almeno nelle visioni che Edea e Cid l'avevano costretta a rivivere. Era stato lì che Artemisia aveva distorto le parole, e aveva iniziato a distruggere lentamente la sua volontà. Erano visioni del ballo dell'anno prima; erano i pensieri nella testa di Squall.

Era l'immagine di lui che ballava con un'altra - e che recitava la parte dell'adolescente serio. La persona che aveva cercato di essere quella sera. Erano le parole di Artemisia che le riecheggiavano profondamente nell'anima.

Le prime parole per te che sono uscite dalle sue labbra erano una menzogna. Questo non dice qualcosa sul suo modo di essere?

Scosse la testa. Perché stava pensando a tutto quello? Era stata arrabbiata con lui, ma l'avevano superato mesi prima. No? Lui era partito per Trabia poco dopo la scoperta da Cid ed Edea - quella sera in cui tutti i suoi ricordi erano tornati da lei sotto forma di un uragano di emozioni represse. Poco dopo, lei aveva finito per unirsi a lui a Trabia. Gli aveva detto che lo amava. Lo amava davvero. Più di quanto lui potesse capire.

Questo era il presente e Squall era il suo futuro. Qualunque visione Artemisia le avesse mostrato era distorta e perversa, fatta solo per la disperazione della pazzia di una donna malvagia.

Permettere a se stessa di rimuginare su quella situazione era inutile.

Tra la folla di ballerini, vide i suoi amici intorno a un tavolo. Sembrava che Irvine si stesse scusando con Selphie; il cowboy era piegato su un ginocchio proprio di fronte alla sua ragazza, ora irritata. O quello o le stava chiedendo di sposarlo... e Rinoa ne dubitava seriamente, soprattutto vista l'espressione piuttosto agitata di Selphie. Dall'altra parte del tavolo c'erano Quistis e Kiros, mentre Zell era in piedi davanti a loro. Sembrava che lui stesse recitando in maniera piuttosto enfatica una drammatica rappresentazione della battaglia finale contro Artemisia, o il suo nuovo passo di ballo; Rinoa non riusciva a decidersi. Ma almeno andare là a sedersi con i suoi amici avrebbe reso la serata tutto tranne che smorta - Squall non poteva dire la stessa cosa.

Mentre andava dai suoi amici, un finto albero dorato colse la sua attenzione. Ne erano stati piazzati molti nel salone. Erano addobbati con piccole luci bianche iridescenti e luccicanti. Le foglie sembravano fatte di seta, tenute insieme da rami di tessuto dorato. A distanza sembrava un addobbo festivo, una cascata infinita di oro e luce. Quando la ragazza si avvicinò, notò che le decorazioni sugli alberi erano in realtà le gru a origami che avevano fatto lei e gli altri. Con le dita le accarezzò delicatamente una, prendendosi il tempo di guardare ogni piega della carta. Era bellissimo. Erano appese agli alberi come migliaia di decorazioni di speranza.

"Sono bellissime, vero?" le chiese da dietro una voce maschile che non conosceva.

La ragazza sussultò al suono. Il suo corpo si mosse di scatto per riflesso, e fece cadere accidentalmente una decorazione.

"Sì, sì, è vero," rispose piena di imbarazzo. Rinoa iniziò attentamente a chinarsi per raccogliere la gru caduta. L'aveva davvero colta di sorpresa che qualcuno le si avvicinasse in quel modo. La maggior parte dei ragazzi al Garden la evitavano, sapendo della sua relazione con il Comandante.

"La prendo io," si offrì l'uomo senza esitazione.

Lei fece un passo indietro, leggermente umiliata dalla sua momentanea goffaggine. "Grazie... mi sono solo spaventata un attimo. Scusa se ti ho dato problemi."

"No, è completamente colpa mia. Non hai nulla di cui scusarti. Di certo non era mia intenzione spaventare una ragazza così bella."

Il ragazzo rimise la decorazione sull'albero; lei non aveva ancora avuto la possibilità di guardare bene lo sconosciuto. Una volta Rinoa Heartilly sarebbe stata grata del ricevere attenzione da chiunque del genere maschile. Quella sera, comunque, si sentiva solo estremamente a disagio e lottò contro l'irresistibile tentazione di scappare.

La voce del ragazzo era sicura e accattivante. "Ora che abbiamo condiviso questo momento imbarazzante, vorrei presentarmi: mi chiamo Anthony. Per farla breve, sono stato obbligato a venire qui per una riunione e non voglio stare da solo." Fece una pausa prima di chiedere infine, "mi stavo chiedendo se posso avere l'onore di questo ballo?"

Rinoa sorrise con cortesia. Avrebbe dovuto declinare l'offerta, ovviamente. Ma c'era una sorta di familiare umiliazione nella sua richiesta. Poi si chiese se la sua motivazione era stata così trasparente. Forse Squall aveva avuto i suoi motivi per dirle che non sapeva ballare. Non era stata nemmeno capace di guardarlo direttamente negli occhi, e li aveva tenuti a terra. Eppure non poteva stare lì per sempre a sentirsi così a disagio; prima o poi doveva dirgli la verità. Ora sarebbe stato un buon momento come qualunque altro - almeno non gli avrebbe detto che non sapeva ballare.

Fu allora che notò la sua uniforme e il suo mondo smise letteralmente di esistere. Un SeeD bianco.

"S-sei un... SeeD... b-bianco?" La sua uniforme sembrava spiccare tra la folla; Rinoa non riusciva a credere di non averla notata prima. Aveva il paraocchi quando era con Squall?

"Sì, lo sono. Non veniamo molto a riva, quindi voglio ottenere il massimo dalla serata."

"Voi... ci siete ancora? Pensavo - pensavo che voi?"

Lui le fece un sorriso disinvolto, toccando l'arma allacciata al suo fianco. "Oh, intendi per il cambio di direzione del Garden? Penso che sia un pregiudizio comune. Ci alleiamo ancora tutti i giorni. La nostra missione principale non è mai cambiata."

"Quindi voi... voi vi allenate per combattere...?" Non riuscì a terminare la frase. Non era mai venuto in mente che i SeeD Bianchi esistessero ancora. Forse avrebbe dovuto considerare quella possibilità, ma in quel momento la verità per lei era travolgente.

Vi allenate per combattere me? Era il suo unico pensiero coerente.

"Sì, siamo addestrati in maniera specifica per uccidere le streghe, se è quello che mi chiedi." Le fece l'occhiolino, allungando una mano guantata verso di lei. "Non preoccuparti, stai con me e mi assicurerò che tu sia protetta da quelle ignobili scuse di vita."

"Io... ho un fidanzato - non posso... e io..." riuscì a dire incespicando nella sua stessa scusa.

Non doveva dargli una spiegazione, non ne meritava una. Ignobili scuse di vita. Ecco che cos'era lei, ecco cosa era diventata con una decisione fatale. I suoi tacchi alti colpirono il marmo mentre si allontanava veloce dal salone. Non poteva ancora correre, avrebbe attirato troppa attenzione. Ne aveva già avuta abbastanza con gli sguardi casuali e severi degli studenti poco prima. I suoi amici erano impegnati con le loro cose. Selphie e Irvine non sembravano messi meglio di prima; a quanto pareva, Kiros e Quistis erano ancora impegnati a guardare Zell. Nessuno di loro aveva il tempo di notare un'ignobile strega che scappava tra loro. Forse avrebbe dovuto preparare in quel momento il suo piano per avere il controllo del Garden, nessuno se lo sarebbe aspettato - nemmeno lei.

Odio e bugie. Potere e corruzione. Ecco cosa pensavano tutti quanti. Secondo loro non avrebbe dovuto esistere. Avrebbe dovuto essere un cadavere congelato che fluttuava senza meta nello spazio. Quella era la 'vita' che avrebbe dovuto vivere. Non avrebbe dovuto essere lì al Garden, non nel posto che era stato fondato solo per massacrare quelle come lei.

Persa in una nebbia confusa, Rinoa riuscì a trovare un corridoio che portava a un'aula. Non aveva voluto andare in quella direzione, onestamente non aveva direzione. Era solo un modo per scappare. Doveva rimanere sola. Sola. Aveva provato svariate porte delle aule, e ovviamente erano tutte chiuse. Fu solo grazie al destino o alla casualità che ne trovò una non del tutto chiusa. Chiunque l'avesse chiusa probabilmente aveva troppa fretta per la serata e non si era mai guardato indietro. Mai guardarsi indietro - forse era quello che avrebbe dovuto fare lei un anno prima.

Le dita di Rinoa si avvolsero intorno alla maniglia e lei entrò velocemente. Questa volta si assicurò che la porta fosse chiusa per bene. Non c'erano luci all'interno; non c'era una reale illuminazione a parte alcuni puntini lampeggianti verdi dei computer. Andò in fondo alla stanza, per nascondersi dietro i banchi. Poi si lasciò cadere scivolando contro il muro. Era come avere ancora dieci anni, come essere chiusa nella sua stanza. Forse Caraway aveva ragione, forse avrebbe dovuto essere rinchiusa senza mai poter vedere la luce del giorno.

Poi pianse.

Fu in quel momento della sua vita che scoprì che la principessa delle favole di prima era in realtà la strega cattiva sotto mentite spoglie. Quando la scarpetta di cristallo si ruppe e l'unica cosa che le rimase furono frammenti abbastanza affilati da tagliarle la carne in due.

*~*~*~*~*

Il Comandante bevve l'ultimo sorso e posò il bicchiere vuoto su un tavolo. Doveva trovare una cameriera e prenderne un altro. Non beveva spesso, ma in quel momento voleva dimenticare tutto, o tutti, quello che lo circondava. Incrociò le braccia sul petto e finse di ascoltare, anche se l'unica cosa a cui riusciva a pensare era il pezzettino di formaggio incastrato nei baffi del sindaco.

Avrebbe dovuto dirlo al sindaco? Avrebbe dovuto fingere di non vederlo? Insomma, era proprio lì... chi non riusciva a sentire quella cosa appesa alla propria faccia? Che tipo di formaggio era, comunque? Aveva voglia di formaggio? Sembrava abbastanza buona come idea, ma se ne avesse mangiato un po', avrebbe pensato solo al pezzo attaccato alla faccia di questo tipo e sarebbe rimasto disgustato?

"Non è d'accordo?" Il diplomatico di mezza età terminò finalmente qualsiasi discorso stesse facendo e guardò direttamente Squall. Il Comandante doveva dire qualcosa di profondo - che non riguardasse il formaggio.

"Anche se mi piacerebbe concordare, non posso dirlo con sicurezza senza fare alcune ricerche. Qualunque cosa sia la più efficiente in termini di costi e benefici per lei sul lungo periodo."

"Lei è molto intelligente, giovanotto." Il sindaco Perrette diede una pacca sulla schiena di Squall. "Ci farebbe comodo una logica come la sua in municipio."

Il Comandante voleva alzare gli occhi del cielo. Non aveva idea di cosa avesse appena detto o a che cosa avesse risposto. L'unica cosa che aveva imparato in tutta quella faccenda era di non impegnarsi mai direttamente. In più, tirare sempre fuori l'idea di risparmiare soldi. Ai politici piaceva molto.

"Squall, ragazzo mio!" La voce di Cid fu un cambiamento gradito dopo quelli che sembravano minuti infiniti di conversazione a senso unico. "Voglio presentarti una persona."

Il Comandante si voltò, e vide Cid in piedi accanto a svariati SeeD Bianchi. Il Preside aveva un braccio intorno a uno di loro in particolare e lo guidava verso il Comandante. Squall rimase immobile cercando di reprimere la rabbia che gli cresceva dentro.

"Comandante Leonhart, sono così contento di averti trovato. Questo è il Comandante Weatherly della Nave dei SeeD Bianchi. Abbiamo appena avuto una riunione improvvisata e-"

"Ha portato dei SeeD Bianchi qui?" lo interruppe Squall. Non era da lui interrompere un superiore, ma i dettagli stupidi erano irrilevanti al momento. Gli servivano i fatti.

"Sì, Comandante," ribatté Cid, visibilmente scontento per le azioni del suo sottoposto. "Sono stati invitati. Sono ancora una parte importante del sistema del Garden."

Il capo dei SeeD Bianchi salutò Squall, che guardò il gesto senza alcuna intenzione di ricambiarlo.

"E così i SeeD Bianchi si allenano ancora?" disse Squall incrociando le braccia con fare dominante. Il Comandante del Garden era disgustato da tutto quello che questo SeeD rappresentava. Di certo non l'avrebbe guardato come un suo pari. Sarebbe stato dannato se lo avesse fatto.

"Certo che ci alleniamo ora." Il SeeD Bianco percepì l'atteggiamento bellicoso di Squall. Weatherly non sapeva per quale motivo quest'uomo gli volesse così male, ma non era tipo da fare un passo indietro. I SeeD Bianchi si allenavano per un motivo e nessun 'salvatore del mondo' sopravvalutato gli avrebbe detto il contrario.

"Il futuro dell'umanità può non essere più una sua preoccupazione, Comandante Leonhart, ma di certo è la nostra priorità assoluta. Da qualche parte là fuori c'è un'altra strega. Per quanto ne sappiamo, può raggruppare un esercito mentre parliamo. Non sappiamo chi o dove, ma saremmo addestrati per neutralizzare il nemico."

"Neutralizzare, ah!" gridò Squall attirandosi l'attenzione di parecchi partecipanti. "Vuole dire massacrare, vero? Non gliene fregherebbe niente di chi è, la vostra unica missione è uccidere senza pensarci due volte."

"Comandante Leonhart," sbottò furioso Cid per avvertirlo. "Ti suggerisco fortemente di fare un passo indietro. Penso che tu abbia bevuto un po' troppo." Cid sapeva che non era questo il caso, ma doveva dare una copertura al comportamento lunatico e sulla difensiva di Squall.

"Perché, perché la verità fa male?" ruggì quasi Squall al Preside. Poteva sentire l'adrenalina avere la meglio sul suo corpo. Non gli importava se le parole erano davvero sue; in quel momento possedeva i sentimenti che stavano dietro ciascuna di loro. "Questi SeeD Bianchi di certo se ne sbattono di chi uccidono. Perché dovrebbe interessarmi se il mondo intero conosce la verità?" Sputò le ultime parole così ad alta voce e la musica terminò nel salone e tutti gli occhi si spostarono su di lui.

"No, va bene Preside, posso arrangiarmi." Il Comandante Weatherly si avvicinò provocatoriamente di un passo a Squall. Nessuno dei due sarebbe sceso dal suo piedistallo immaginario. "Se vuoi pensare ai SeeD Bianchi come assassini, allora accetterò volentieri quel titolo - soprattutto se significa pace per il mondo intero. Capisco che la persona che si è presa cura di te da piccolo era una strega, quindi la tua idea può essere leggermente deviata. Edea Kramer era un'eccezione. Tutti la rispettiamo; ha dato il via a quello che vedi qui oggi. Lei era buona - ma penso che tu sappia meglio di chiunque altro come è andata a finire. A prescindere da tutto, non si può avere fiducia in una strega. Cambierà. È nella sua natura distruggere."

Squall non aveva mai sentito una tale furia primitiva; doveva andarsene prima di fare qualcosa di cui si sarebbe davvero pentito. "Io me ne vado di qui."

"Comandante, non ti ho dato il permesso di andartene!" Il Preside allungò un braccio cercando di fermare il ragazzo furioso.

"Non osi toccarmi," lo avvertì Squall spingendosi via con forza la mano di Cid di dosso. Il ragazzo si voltò e se ne andò senza mai guardarsi alle spalle.

Fu come se il Preside si rendesse conto della realtà per la prima volta: Squall era, dopo tutto, un Comandante, un Cavaliere...

...E aveva solo diciotto anni.

*****
Nota delle traduttrici: ma quanto è odioso il SeeD Bianco? che poi non per dire ma nel gioco sono utile come la trapunta a ferragosto O_O
vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 30
*** XXX. Un tempo per nascere ***


DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXX: Un tempo per Nascere ~

4 luglio

Nel buio dell'aula, tutto sembrava a posto. Non c'era il bene, non c'era il male, e non c'erano le sfumature di grigio. Si sentiva velata nel nascondiglio delle ombre; voleva poter svanire lentamente nelle loro profondità. In questo regno, sarebbe stata dimenticata, lasciata alle prove della sua immaginazione. Lì era al sicuro dall'ignoranza e dalla falsità del mondo; ma anche lì non era al sicuro dal proprio giudizio. Rinoa si sentiva come se avesse raggiunto un accordo silenzioso con i suoi più cari amici. Loro sapevano chi, cosa era diventata - e l'avevano accettata per questo.

Squall l'aveva accettata per questo.

Aveva cercato di dimenticare. Dio, quanto provava sempre a dimenticare quella realtà. Voleva essere normale. Voleva solo essere vista come un'adolescente media tra la popolazione del Garden - tra la popolazione del mondo. Negli ultimi mesi, aveva lentamente iniziato ad accettare il fantastico potere che possedeva. Anzi, una volta aveva persino detto a Squall che era felice del suo destino.

Ma lo era?

Certo, Rinoa aveva a cuore il legame che condivideva con il suo Cavaliere. Ma era dovuto solo alla novità della loro relazione, o alla sua inesperienza e apparente ingenuità di ciò che era sconosciuto? Erano entrambi mentalmente e fisicamente adolescenti, ma entrambi erano stati costretti a crescere oltre l'età anagrafica. Con il tempo, lui si sarebbe stancato e avrebbe provato risentimento per il suo dovere? Non c'era onestamente nulla che li tenesse legati. Lui poteva svegliarsi un mattino e accorgersi di in che cosa si era andato a cacciare. Poteva facilmente dirle addio e non guardarsi mai indietro; lei non avrebbe mai avuto quella scelta.

Le relazioni finiscono. Era semplice. E una relazione con Squall Leonhart sembrava sempre più improbabile più tempo passava a pensarci. Lui aveva il Garden. Lei che cos'aveva? Aveva un mucchio di dubbi e legami interrotti. Aveva molti obiettivi nobili e sogni idealistici. Soprattutto, aveva un mondo di persone che avrebbero potuto volere il suo sangue, se avessero scoperto la verità. Non aveva nemmeno ancora avuto il coraggio di dirlo a suo padre, come poteva affrontare il mondo?

Sembrava che fallisse disperatamente, a prescindere dalle circostanze.

"Rinoa." La voce di Squall tagliò dolcemente l'aria. All'inizio la spaventò; non aveva sentito entrare nessuno, anche se non era impossibile sentirlo tra le lacrime. Era patetico che la Strega di cui tutti potevano avere paura stava seduta in un angolo buio rannicchiata come una bambina fragile.

"Come?" riuscì a dire tra singhiozzi spezzati.

Nessuno l'aveva vista andare da quella parte; almeno non credeva. Era a malapena riuscita a camminare nei corridoi deserti, ma era sicura che nessuno l'avesse vista. Lì, nascosta dalle ombre del Garden, pensava di essere invisibile per il mondo, anche per lui.

"Non lo so," rispose lui avvicinandosi al suono della sua voce. "Vorrei poterlo spiegare. Solo che - mi ha guidato qualcosa."

"I-io," iniziò a dire lei, ma non uscì altro. Non riusciva nemmeno a formare una frase coerente.

Il suo ultimo tentativo di parlare gli indicò la posizione esatta, e lui si avvicinò, evitando attentamente gli ostacoli lungo il tragitto. Mentre si avvicinava, riuscì a percepire la confusione e la paura di Rinoa. Il Cavaliere si inginocchiò a terra senza pensarci due volte, sedendosi direttamente accanto a lei. Era come se i suoi sensi fossero più ricettivi, in quel momento. Poteva quasi sentire l'odore delle lacrime salate che le riempivano gli occhi. Si sedette con le braccia sulle ginocchia e la schiena contro il muro. Si prendeva la piena responsabilità di ciò che lei stava provando.

"Rinoa, non lo sapevo."

"Per niente?"

Forse non era il momento di mettere in dubbio la sua parola, ma lui sapeva così tante cose sul Garden. Passava innumerevoli ore a lavorare, ad allenarsi e a vivere in quelle mura. Come aveva potuto non sapere che gli altri SeeD stavano facendo la stessa cosa? I SeeD bianchi... quelli che si sarebbero inevitabilmente allenati fino al regno di Artemisia. Quelli che l'avrebbero uccisa senza esitare.

Lui sospirò. Era responsabile di così tante cose, aveva affrontato così tante cose negli ultimi quindici mesi. Poteva a malapena ricordare metà delle cavolate che aveva sulla scrivania. Se ci si era imbattuto, se l'aveva letto superficialmente, onestamente non riusciva a ricordarlo. E se l'aveva guardato, probabilmente non avrebbe pensato all'esistenza dei SeeD bianchi nello stesso contesto in cui li pensava lei. Vedevano le cose in modo diverso - l'avevano sempre fatto quando si trattava del Garden. Ora non poteva biasimarla. Dopo aver sentito Weatherly quella sera, aveva in verità più paura per ciò che le sarebbe toccato.

Non avrebbe mentito, ma non conosceva la verità esatta. Appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi. "Non penso di averlo saputo, onestamente non me lo ricordo. Ma Dio, Rinoa, avrei dovuto pensarci."

"Mi odiano," riuscì a dire lei attirandosi le gambe al petto e appoggiando la testa sulle ginocchia. "Mi vogliono morta. In realtà si allenano... per uccidermi."

"Rinoa, dannazione. Basta."

Permettendo al suo istinto di avere la meglio, lui la attirò a sé. Lei non oppose resistenza, si lasciò semplicemente cadere tra le sue braccia. "Non ti conoscono. Rin, non ti odiano, semplicemente non capiscono." Non sapeva di chi fossero i dubbi che cercava di dissipare, se suoi o di Rinoa. Accettò la colpa senza fare domande.

"Tu lo faresti?" Rinoa non singhiozzava più, preoccupata della possibile debolezza che mostrava, reale o no. Sembrava che tutto stesse crollando e aveva solo bisogno di qualcuno che facesse ordine in quei cocci. Doveva essere una notte che lei avrebbe ricordato per sempre - sfortunatamente si era trasformata in una notte che non avrebbe mai dimenticato. "Dico sul serio, Squall... se tu non mi conoscessi, capiresti?"

Di nuovo, non le avrebbe mentito. Lei si aspettava di più da lui, meritava di più. "No, non capirei." A quella risposta lei singhiozzò più forte, e lui sentì il suo penso aumentare contro il proprio petto. "Ma ci proverei," disse, così piano che poteva darsi che non fosse stato sentito. Si sentiva così impotente. Non riusciva a dire o a fare la cosa giusta. Si era perso. Dopo quello che era appena successo al piano di sotto, non sapeva come gestire quello che tutti volevano da lui. La maggior parte del tempo non sapeva cosa voleva da se stesso. Cosa poteva saperne degli altri?

"Mi ha chiamata ignobile scusa di vita."

"Chi l'ha fatto?" domandò Squall.

"Solo un... SeeD bianco."

"Un SeeD bianco sa che sei una Strega?" La mente del Cavaliere iniziò a galoppare, e un migliaio di scenari iniziarono ad affacciarsi alla sua mente. Non tentò nemmeno di cercare di nascondere il vacillare della sua voce. Avrebbero dovuto farlo secondo i loro tempi; sarebbe stato dannato piuttosto che lasciar controllare la loro vita a qualcun altro.

Rinoa sentì che lui si irrigidiva e che gli batteva più forte il cuore. Dopo tutto stava usando il suo corpo come supporto.

"No," chiarì Rinoa. "Non sapeva nello specifico di me, è solo che si riferiva alle Streghe in generale. A quanto pare, non sapeva nemmeno che io sono la tua ragazza."

"Oh."

Squall si sentì piuttosto imbarazzato per ciò che aveva supposto. Anche se questo portava alla domanda: che cosa aveva portato all'argomento Streghe, tanto per cominciare? Soprattutto, il fatto di essere la sua ragazza che cosa c'entrava con tutto il resto? Ora era solo tanto irritato e confuso quanto prima.

"Rin, dimmi esattamente cos'è successo, ok?"

"Un SeeD bianco mi ha chiesto di ballare." Sospirò, asciugandosi le lacrime. "Quando ho visto la sua uniforme... ho solo... beh, immagino si possa dire che non ero in me. Immagino che abbia preso il mio shock come qualcosa... beh, più come meraviglia. Mi ha detto che mi avrebbe protetto dalle malvagie e vili Streghe o una cosa così. Come se fosse orgoglioso di questo."

"Mi dispiace."

"Dio, chi avrebbe mai pensato che l'idea di uccidermi sarebbe diventata una frase da rimorchio."

Tutta la situazione era quasi comica in modo morboso. Rinoa avrebbe potuto trovarci dell'umorismo, se non si fosse trattato di una discussione su gente che voleva il suo sangue. Si mosse per aggiustare la sua posizione, perché una parte dell'uniforme iniziava a lasciarle un marchio permanente sul viso. Lui sapeva che non poteva essere comoda; non che gli interessasse la propria scomodità, ma non voleva nemmeno rimanere in quell'aula. C'era una certa consolazione nel buio, ma voleva solo allontanarsi da tutto ciò che aveva a che fare con la SeeD - beh, il più lontano possibile senza lasciare l'edificio.

"Dai." Colse l'occasione per mettersi in piedi. Anche se notò che lei non lo seguiva, anzi: lei tornò a collassare contro il pavimento.

"Squall, non esiste che io torni là dentro." Rinoa si sentiva così infantile a restare a terra, come se fosse una bambina di quattro anni che fa i capricci in un negozio di giocattoli. Affrontare ciò che il mondo credeva era qualcosa che non era ancora pronta a fare.

"Lo so. Non te lo chiederei mai." Pensò all'ironia della cosa. Non esisteva che lui tornasse là dentro. Chissà, forse se ci avesse anche solo provato la sicurezza lo avrebbe fermato, dopo il suo sfogo pubblico. "Credimi, tornare è l'ultima cosa che passa nella mente anche a me."

Allungandosi di nuovo, la aiutò ad alzarsi. Lei tremava tra le sue braccia. "Rinoa, te lo prometto, non te lo farei mai. Fidati di me."

"Mi fido," sussurrò lei piano, ma senza esitazione. Quella semplice risposta lo rassicurò. Lui avrebbe gestito il mondo e i suoi problemi l'indomani; quella sera era stranamente in pace con quell'aspetto della sua vita.

Socchiudendo la porta, guardò in corridoio per assicurarsi che ci fosse via libera. Mentre la guidava lungo il corridoio, sentirono il ritmo della musica emanare dal salone. Se avesse indugiato ancora sull'incontro di quella sera, Rinoa avrebbe potuto sentirsi male. Invece si concentrò solamente sulla sensazione delle loro dita intrecciate mentre lui la guidava in silenzio. Prima di arrivare all'incrocio con un altro corridoio, lui si mosse verso una porta d'emergenza. Si infilò la mano in una tasca interna della giacca ed estrasse un passepartout. Se c'era un grosso vantaggio nell'essere il Comandante del Garden di Balamb, decisamente secondo lui era l'uso di quella scheda. E tanti saluti alla fama, alla gloria e all'adorazione dell'eroe che molti associavano alla sua posizione. Con quella semplice scheda poteva sfuggire ben oltre la portata del corpo studentesco.

Questo cambio di avvenimenti non placò la curiosità di Rinoa; anzi, la stuzzicò ancora di più. Lui aveva questo suo modo di guidarla e di farsi seguire da lei ciecamente, come nel loro viaggio di mezzanotte al Centro Addestramento di Trabia, o l'avventura mattutina al mausoleo della sua famiglia a Winhill.

"Squall, dove stiamo andando?"

"Ti puoi arrampicare?"

Non era una risposta; tutto quello che ottenne fu di portarla ad altre domande. Il Comandante si fermò, dopo che ebbero superato una coppia di porte tagliafuoco. Almeno lungo le scale si sentiva più a suo agio. Non c'era modo di essere trovati dal resto del Garden senza che partisse l'allarme antincendio. Per non parlare del fatto che la luce era confortante. L'unica illuminazione erano le luci di sicurezza, e lasciavano praticamente la scala in ombra.

"Cosa?" chiese lei. L'ultima cosa a cui pensava era arrampicarsi. A quanto pareva lui non aveva fatto il pieno di eccitazione dopo aver scalato una scogliera quella mattina.

"Puoi arrampicarti un pochino con il tuo vestito?"

"Intendi arrampicarti su quelle?" chiese Rinoa, indicando le svariate rampe di scale oltre le porte successive.

"Beh sì, anche quelle, ma intendevo più su una scala verticale."

"Ah... sì, penso di sì. Potrei dovermi togliere le scarpe." Si preoccupava per lui, a volte. Ma come aveva detto prima, si fidava di lui. E lo avrebbe seguito senza esitazione.

Lui sorrise brevemente prima di prendere di nuovo il comando. "Ok, allora saliamo."

*~*~*~*~*

Lui non le disse mai quante rampe di scale avrebbe dovuto scalare, e probabilmente per un buon motivo. La Strega era contenta di aver deciso di non contarle una per una; doveva essere un numero enorme, soprattutto con i tacchi alti. Da qualche parte nel mezzo dell'arrampicata si era fermata e si era tolta quelle scarpe scomode. Era più semplice camminare solo con le calze che con quelle atrocità. Onestamente, desiderava di aver scelto gli stivali da combattimento.

Stavano arrivando in cima, o almeno quello che immaginò Rinoa, data la lunghezza della loro avventura. Lui si fermò su un pianerottolo e sbloccò una porticina in metallo che gli arrivava circa alla vita. Senza dire nulla, lui saltò nello spazio più piccolo e si voltò, offrendole la mano.

"Uhm... va bene."

Lui le rivolse un sorriso estremamente raro, in cui sembrava davvero felice. Aveva visto quell'espressione solo una manciata di volte. Certo, lui a volte le faceva quel mezzo sorriso, ma c'era una differenza, come quella notte sul balcone. Quella era stata la prima volta in cui aveva visto la bellezza contenuta nel suo sorriso.

Sollevandola nello spazio più piccolo, lui riuscì a farci entrare entrambi prima di chiudere la porticina. Si tolse dalla tasca dell'uniforme una piccola torcia. A quanto pareva i SeeD erano sempre pronti a tutti, inclusi i blackout non previsti... e fare scale in spazi angusti e bui.

"Ok, vai prima tu, io sto dietro se cadi."

"Squall?" vacillò lei. "Uhm, indosso tipo un vestito."

Lui ridacchiò piano. "Sì, e prometto che non sbircerò. Voglio solo poter riuscire a prenderti se cadi. Io me la caverò benissimo a salire con la luce. L'ho già fatto svariate volte."

"Noto," rispose lei. Poi ebbe uno strano pensiero e sbottò a parlare prima di poterci pensare per bene. "Intendi da solo, vero?"

Lui sospirò, mentre gli brillavano gli occhi nella luce della torcia. "Sì, Rinoa, certo."

"Scusa," disse lei umilmente. Onestamente non sapeva per quale motivo l'avesse chiesto; poteva intuire dalla sua espressione che lui era leggermente ferito, ma passò velocemente.

"Sali e basta, io sarò proprio qui dietro."

Le mise una mano sulla schiena, guidandola verso una scala in metallo. Prima si era ritratto dal contatto con la sua pelle nuda, e ora si trovava ad indugiare per un secondo di troppo.

Non era semplice, dovette ammettere Rinoa. Lungo la salita si strappò il vestito; lo strato esterno di chiffon si rompeva facilmente. Non le importava; sapeva già che l'abito sarebbe stato pieno di sporco e fuliggine per quell'esperienza. Nulla al mondo a parte loro due aveva importanza in quel momento. La scala in metallo non era così alta, solo qualche piano di distanza. Certo, le sembrava che fosse davvero una montagna con lo sforzo che ci aveva messo, ma non aveva mai pensato di arrendersi. Era scomodo, ma non impossibile.

Quando si avvicinarono alla cima, c'era un'altra porta. Poteva a malapena vedere la serratura vista la scarsa illuminazione, ma immaginò logicamente che fosse l'unica opzione. Non era chiusa a chiave, e si aprì facilmente. Fece gli ultimi gradini e trovò il modo si superare la soglia senza perdere la propria grazia.

Quello che vide le tolse il fiato: una vista del Garden oltre ogni immaginazione. Anzi, era una vista dell'intero continente che la riempì di meraviglia. Si potevano vedere le luci della città a sud-ovest. Poteva perfino riconoscere le strade individuali dalla posizione dei lampioni e dei bordi sottolineati dai fari lampeggianti. Oltre quella distanza, poteva vedere le luci di piroscafi e pescherecci in mare. Era come se vedesse per la prima volta ciò che la circondava. Balamb era davvero spettacolare.

Si avvicinò velocemente alla ringhiera. Ignorò il dolore della ghiaia che le punse i piedi nudi. Rinoa si sporse e guardò in basso, dimenticandosi di ogni paura dell'altezza che poteva aver avuto. Da lì poteva vedere alcuni balconi di svariate parti del Garden. Credeva persino che uno fosse quello del salone, mentre altri erano stati aggiunti con la ristrutturazione. Le forme, i picchi e i pavimenti del Garden sembravano casuali da lì. Lassù tutto sembrava così triviale, anche se sapeva che dipendeva solo dalla sua prospettiva. Persino le macchine che riempivano il parcheggio non sembravano altro che giocattoli da bambini.

Poi andò sul lato opposto. Non c'era una visione completa a trecentosessanta gradi, per via della torre principale, che la ostruiva. Ad ogni modo, da quel lato poteva vedere il Centro Addestramento e persino la Zona Segreta. Dovette ridere a quell'idea - ora, questa era una zona segreta nel più letterale senso del termine. Era come se per un momento nel tempo avesse dimenticato tutti i suoi problemi. Era stata trasportata in un altro modo. Se aveva paura dell'altezza, non l'aveva mostrato. Era troppo meraviglioso per fermarsi a pensare a dettagli così insignificanti.

"Ti piace?" Le sussurrò all'orecchio una voce quasi seducente. La pelle di Rinoa fremette per la vicinanza. Rimase leggermente delusa quando lui si posizionò poi accanto a lei.

"È bellissimo, Squall." Sentì il vento giocare dolcemente con i capelli che le erano sfuggiti dalla pettinatura. Chiuse gli occhi e lasciò che la mente si appuntasse quel momento; era quasi perfetto.

"A me piace molto."

"Sei... sempre venuto qui?"

Lui scosse la testa e si appoggiò disinvolto alla ringhiera. "No, affatto."

Faceva caldo nel clima costiero di Balamb, anche se non di certo come quel giorno a Dollet. La temperatura quella sera era tollerabile, ma non era l'ideale per vari strati di vestiti. L'esterno non offriva la comodità dell'aria condizionata. Squall iniziò a togliersi la giacca dell'uniforme, mentre continuava, "prima che tu cominciassi a lavorare per Cid, ho dovuto portare qui alcuni tecnici di FH per della manutenzione di routine. Quando hanno finito sono rimasto qui per un po'... mi sembrava solo che fosse un posto lontano da tutto e da tutti."

Lei continuò a guardare l'orizzonte; non era nulla di meno che mozzafiato.

"Vieni qui molto?"

"Quando ho davvero bisogno di allontanarmi, o quando ne ho tempo, il che non è spesso."

"Quindi," disse, capendo il suo sacrificio, "perché mi hai portata qui adesso?"

Lui non rispose. Semplicemente non le rispose. Rinoa capì che quello era l'unico posto in cui lui si era permesso di fuggire, e lei si era intromessa come aveva fatto per qualsiasi altra cosa. Chiuse gli occhi e desiderò piangere ancora, ma lottò disperatamente contro quell'istinto. Forse avevano capito quando litigavano; forse aveva avuto ragione a voler evitare del tutto quella festa. Se non avesse mai partecipato, in quel momento sarebbe stata in camera sua a guardare la televisione con Angelo. Desiderava così profondamente tornare indietro a prima della serata; la consapevolezza di quella notte le avrebbe lasciato per sempre delle cicatrici. Ora sembrava che persino Squall soffrisse a causa sua.

"Che cosa vuoi, Rinoa?"

La sua risposta la colse alla sprovvista; che cosa significava quella domanda? Come se non si sentisse già abbastanza male per quella serata, ora lui aveva dei dubbi? Forse Squall l'aveva portata lì solo per dirle di non poter gestire certi aspetti della loro relazione. Era insicura e infantile, a volte. Era consapevole delle sue azioni, e di come a volte venissero fraintese dagli altri. Lui aveva il suo orgoglio e le sue lealtà; non avrebbe mai ammesso apertamente con lei cose del genere. Sapeva che quell'anno lo aveva prosciugato emotivamente, anche se lui non l'avrebbe mai mostrato. Lei aveva visto segnali, sprazzi delle sue incertezze, in quei momenti in cui le aveva permesso - per quanto accidentalmente - di vedere quella parte della sua personalità. Non avrebbe mai apertamente mostrato del risentimento nei suoi confronti o per il suo ruolo nella loro relazione.

Forse erano ancora le emozioni conflittuali dentro di lei; qualunque cosa fosse, si manifestava come una nebbia tormentosa che le copriva il giudizio. Ne sarebbe uscita con grazia, prima di portarlo giù con sé. Se qualcuno le avesse detto la sera prima che avrebbe anche solo contemplato una cosa del genere, avrebbe riso e sorriso. Ora non si scherzava affatto. Sembrava che la serietà di chi e che cosa lei era coprisse tutta la sua concentrazione... un'ignobile Strega...

"Mi dispiace", si scusò. Rinoa tenne gli occhi bassi, imbarazzata da alcuni dei suoi modi infantili, dalla sera in cui si erano incontrati fino a quel momento. "Non ti disturberò più. Mi dispiace se ti ho causato dei problemi."

"Rinoa!" Sentì salire la rabbia quando lei si scusò e iniziò ad allontanarsi. "Smettila, mio Dio, che stai facendo?"

Gettò con forza la giacca a terra. Tutto quello che lei faceva era scusarsi - rivoltava tutto su di lei, diceva 'scusa', e poi iniziava ad andarsene. Era uno stramaledetto schema, con lei. Poi lui si incolpava di qualsiasi cosa avesse fatto, o detto, di male e cercava di sistemare il problema. Per metà delle volte non aveva alcuna idea di che diavolo avesse fatto o non avesse fatto. Non pensavano secondo gli stessi schemi; sembrava che non fossero mai sulla stessa lunghezza d'onda.

"Perché fai sempre così, invece di parlarmi e basta? Non posso indovinare che cosa vuoi. Non capisco," pretese di sapere Squall facendo svariati passi verso di lei.

Lei non lo affrontò. Era bloccata, e sentiva un'improvvisa irritazione per i suoi commenti. Lui era sempre così vago; non sapeva mai cosa le stava dicendo. Per metà delle volte non riusciva a decifrare il suo umore, ed era stanca di camminare sui gusci d'uovo ogni volta che lui era nei paraggi. Era sicura che lui se ne sarebbe andato se avesse detto la cosa sbagliata - il problema era che sembrava che lei non dicesse mai la cosa giusta. Come poteva dirgli che cosa voleva, quando non era sicura di cosa voleva lui?

"Cosa c'è da capire, Squall? Cerco di stare fuori dai piedi. Cerco di non essere un peso per te. Ho solo così paura che-" Si fermò; le parole le si erano bloccate in gola. Se lui l'avesse saputo, sarebbe stato scocciato con lei... o forse si sarebbe sentito come se gli fosse stato tolto un peso.

Lui disprezzava la sensazione di dipendenza. Disprezzava non avere il controllo. Soprattutto, disprezzava i dubbi e la confusione. Non gli piaceva ciò che non aveva un regime specifico e una sembianza d'ordine - anche se si trovava a credere nella loro relazione, cosa che andava contro tutto ciò che gli era mai stato insegnato. Valeva la pena combattere innumerevoli battaglie per vincere quella guerra.

"Cosa, Rinoa, di cosa hai paura?"

Il suo tono era ancora autoritario, come se fosse più semplice quando poteva ricadere in qualcosa di familiare. Con quella voce dava ordini ai soldati. Loro dovevano ascoltarlo... ma lui sapeva che lei non era obbligata. Era difficile per lui spostarsi da un ruolo all'altro; era innaturale e a volte quasi forzato. Aveva passato così tanti anni a scappare via dagli altri e dai loro problemi. Era estremamente difficile per lui esprimere le sue emozioni. Anche quando desiderava farlo. Si allungò verso di lei, in un misto di disperazione e confusione. Lui non capiva... aveva solo bisogno di farlo. Aveva bisogno di lei.

Il suo tocco la colse di sorpresa. Perse quasi l'equilibrio quando si voltò velocemente verso di lui. "Dimmelo." Lui sembrava insicuro, e i suoi occhi esprimevano la stessa incertezza. "Di cosa hai davvero paura di questo posto? Di loro?" Cercò di strapparle una risposta. Ricordava i suoi stessi conflitti e l'immediatezza con cui non gli era piaciuto Weatherly. "Sono davvero i SeeD bianchi?"

Lei abbassò gli occhi e scosse la testa. Aveva paura di loro, certo, lo aveva ammesso da basso, nell'aula. Ma non era quello che l'aveva portata ad avere così tanti dubbi. Non poteva limitarsi a sorvolare sulla sua domanda con una risposta semplice come i 'SeeD bianchi'. Forse quella era la risposta che lui sperava di sentire, ma non era la verità completa.

"Hai paura di qualcosa. Posso... posso sentirlo," ammise, vergognandosi leggermente di permettersi di essere così emotivamente leggibile.

Dubitava che lei conoscesse l'impatto che ciò che pensava, e soprattutto ciò che temeva, aveva su come agiva lui. Non era sicuro nemmeno di cosa provasse lui stesso per quell'intrusione mentale. Era una sensazione a cui non era abituato, e a volte non riusciva a separare le emozioni e opinioni di Rinoa dalle proprie. Questo lo spaventava.

L'unico modo per muoversi da lì era andare avanti, e iniziava con lei che gli diceva la verità. "Rinoa, per favore dimmelo. Ho bisogno di saperlo."

Lei sapeva che lui non avrebbe mai implorato; non era nella sua natura farlo. Ma Squall Leonhart era arrivato vicino a farlo più di quanto avrebbe mai fatto. Era stato attraverso emozioni silenziose, gli occhi, e persino nel tono insicuro della voce. Lui aveva bisogno di conoscere la risposta, e non riusciva a pensare ad altro modo che non fosse chiederla a lei direttamente. Forse lei aveva camminato su gusci d'uova fin dal giorno in cui lo aveva incontrato. Forse i loro litigi e disaccordi del passato sarebbero sembrati insignificanti rispetto a ciò che li aspettava. Questa era la paura che lei aveva cercato di reprimere nei sogni. La paura che aveva avuto fin da quando aveva amato l'uomo in piedi davanti a lei in quel momento.

"Tu..." disse, soffocata a metà. Rinoa non riuscì a spiegare; riuscì a malapena a dire la prima parola. Non piangeva, ma le sembrava di avere il corpo seriamente disidratato. Mentre tremava nella sua presa, le ci volle tutta la sua forza per continuare. Gli occhi le bruciavano per il solo sforzo di tenerli aperti. "Ho paura che tu... tu-"

"Io?" domandò ad alta voce, senza trattenere lo shock e una punta di amarezza. Scosse la testa disgustato. La cosa più nauseante era che capiva che lei non lo stava ingannando. Desiderò poter percepire di non essere la causa della sua più grande paura, ma non sentì altro a parte la sua stessa confusione. Si ritrasse immediatamente da qualsiasi contatto fisico, chiudendo i pugni lungo i fianchi. Lei non avrebbe visto il suo dolore, la sua incertezza, o gli immediati pensieri di tradimento che annebbiavano tutti gli altri.

"Vattene," riuscì a dire, voltando la testa.

Non riusciva a sopportare di guardarla in quel momento. Si maledì per aver lasciato che qualcuno si avvicinasse così tanto a lui. Sapeva che era un errore; si rivoltano tutti contro di te, o alla fine se ne vanno. Sapeva che avrebbe dovuto darle più tempo - una spiegazione, delle scuse, qualsiasi patetico tentativo lei avesse da offrire. Ma dopo l'incontro con Cid, quella sera, sentiva che il suo mondo stava andando a pezzi. Qualsiasi tentativo sventurato avesse fatto di farsi una vita sembrava sfuggirgli dalle dita.

Lei era stupefatta della sua reazione brusca - di come sembrasse che lui la chiudesse fuori con tanta facilità dopo tutto quello che avevano passato. Forse era l'accumulo di una valanga emotiva che era iniziata con l'esame SeeD di quel giorno e si era ingrossata con l'incontro di quella sera. Conosceva il suo dolore, anche se lui cercava di mascherarne gli effetti. All'apparenza era persino calmo, a parte le nocche che diventavano bianche per quanto stringeva in pugni.

"Mi chiedi la verità e poi mi chiedi di andarmene? Beh, non me ne vado. Non questa volta, mi starai a sentire..." iniziò, anche se sembrava, dalla postura, che lui non avrebbe accolto bene la sua spiegazione - era immobile, rigido, e militare fino alle scarpe lucidate che in qualche modo si erano messe sull'attenti. L'unica cosa che non seguiva lo stereotipo del protocollo militare era che aveva la testa ancora voltata; rifiutava ancora di guardarla negli occhi.

"Squall, sto sperando... sto pregando... che tu non voglia davvero che io me ne vada. Non dirò che ti conosco completamente, non lo dirò mai. Spero solo che tutto quello che condividiamo basti a farmi capire una piccola parte di te - la parte di te che ha paura... proprio come me."

Inspirò, guardandolo alla ricerca di una reazione; lui aveva ancora gli occhi fissi sull'orizzonte.

"Volevi... no, Squall, avevi bisogno di sapere la verità." Rinoa iniziò a tremare per il salasso emotivo. Dopo un altro respiro profondo, seppe di dover parlare apertamente della sua paura. Persino in quel momento sapeva che quell'attimo avrebbe definito per sempre il suo futuro, e Dio, aveva bisogno che quel futuro fosse con lui...

"Ho paura che tu... che un giorno tu veda quanto puoi avere di meglio. Ci sono così tante cose con cui non mi posso paragonare..." Tutte le insicurezze e i dubbi di Rinoa sarebbero stati messi in piazza; lui l'avrebbe vista per ciò che lei era davvero...

"Dio, Squall, ti accorgerai che c'è così tanto di più là fuori. Sono una Strega - una Strega. Ti sveglierai e ti accorgerai cosa diavolo significa questo. Alla fine vedrai in cosa ti sei cacciato... ti accorgerai che non-"

Si fermò bruscamente, rimproverandosi per aver quasi detto che non mi ami più, ma sarebbe stato presuntuoso pensare anche solo che lui provasse questo, tanto per cominciare. Certo, sapeva a che a lui importava, non ne aveva mai dubitato, ma dove finiva l'affetto e iniziava il dovere? Si strinse le braccia intorno alle spalle nude, rabbrividendo per un'altra brezza. Forse non faceva così freddo fuori, ma sentiva un gelo nell'aria che le arrivava fino all'anima.

La voce le tremava, ma sapeva che era ora o mai più. Se lui voleva davvero sapere cosa divorava la sua sicurezza, non gli avrebbe più nascosto la verità. A quanto pareva quella sera avrebbe smesso di camminare su gusci d'uova con le sue parole, e avrebbe iniziato invece a colpirle con un martello immaginario.

"Domani, quando mi sveglierò, sarò ancora una Strega. Basta, è chi sono. È tutto ciò che sarò mai - è permanente. Un Cavaliere può essere semplicemente un titolo. Puoi tirarti indietro." Pronunciò dolcemente le ultime parole. "Io non valgo i problemi... lo vedrai."

Le parole lo ferirono profondamente. Avevano litigato in passato, ma era sempre stato qualcosa, credeva, nei confini di una normale relazione. Erano per la loro personalità o testardaggine. Erano per ragazzi del passato o gelosia infondata. Squall e Rinoa erano due personalità separate che cercavano di imparare, di affrontare, e soprattutto di mischiarsi l'una all'altra. Stava cercando semplicemente di trovare un terreno comune come coppia. Erano entrambi spaventati dalle infinite possibilità che avevano davanti. Ma questa, questa rivelazione era qualcosa che lui non poteva nemmeno iniziare a comprendere...

Lei non si fidava di lui.

Almeno, questa fu la sua riposta iniziale. Si costrinse a guardarla. Non voleva che lei vedesse l'effetto che avevano avuto su di lui le sue parole. Lei aveva detto di amarlo... e lui le aveva creduto. Per una volta nella vita, aveva creduto a qualcuno. Si allungò a posarle una mano su entrambe le spalle. Per quale motivo sentisse il bisogno di toccarla persino in quel momento non lo capiva. Il suo corpo reagì prima della sua mente, come succedeva spesso quando era coinvolta lei. Il fatto era che tutti volevano qualcosa da lui; in cuor suo, si rifiutava di credere che lei non fosse diversa. Lei era diversa. Doveva esserlo.

"Rinoa, è questo che pensi? Credi onestamente che me ne andrò da tutto questo, da noi?"

L'ira nella sua voce la spaventò. Rinoa desiderò poter tornare indietro nel tempo e far svanire nel nulla tutta quella serata. Sfortunatamente una Strega non aveva quel potere. E che gli dei aiutassero la Strega che credeva davvero che quella fosse la risposta. Poteva essere stata un'idea passeggera, ma persino lei sapeva che la realtà era un suggerimento contorto. Sapeva che per apprezzare davvero ciò che c'era di buono, avrebbe dovuto trionfare su ciò che c'era di cattivo.

Lui mise da parte la sua umiltà, lasciandosi i dubbi alle spalle. C'erano ancora, non sarebbero mai andati via del tutto, sarebbero solo stati sepolti abbastanza a lungo da vedere che cosa aveva davanti. Forse, dopo tutto il tempo in cui lui aveva avuto paura di essere abbandonato, lei aveva la stessa identica paura. Aveva paura di essere abbandonata da lui; aveva paura di affrontare il suo futuro da sola. Forse erano più simili di quanto sembrasse. Sarebbe stato dannato piuttosto che lasciarle sentire di essere sola in tutto quello.

"Ho delle novità per te, Rinoa: siamo in questa cosa insieme a prescindere da tutto. Non è qualcosa che mi abbandonerà - mai! Sto cercando di adattarmi a tutti questi cambiamenti. Sto cercando di capire chi sono. Non sei l'unica confusa, qui. Posso non essere la Strega, ma ne sento eccome gli effetti."

Lei sapeva che non era giusto credere che lui non avrebbe sofferto conseguenze se si fossero separati. Ma sapeva anche che alla fine, se fosse successo il peggio, lei avrebbe sofferto da sola. Il mondo lo avrebbe guardato come a una qualunque altra delle vittime impotenti della Strega. La terrorizzava il pensiero che un giorno anche lui potesse arrivare a crederci. O peggio, e lei fosse diventata malvagia e lui l'avesse seguita? Sarebbe stata davvero la sua rovina. In ogni caso, l'incertezza del futuro la spaventava più di quanto le piacesse ammettere.

Lui vacillò sulla sua convinzione. "Non conosco le parole per aggiustare questa cosa. Non posso dire quello che non capisco... conosco solo questa incertezza che è dentro di me. E qualunque cosa sia... è a causa tua. È a causa nostra. Non intendo arrendermi. Intendo usarla per crescere. Tu la userai per crescere."

Poteva non essere stato un discorso eloquente, ma non poteva offrirle altro in quel momento. Erano entrambi spaventati e appesantiti dall'ignoto che li guardava. Lui sapeva che però, qualunque cosa fosse quella che stava provando, qualunque cosa avesse imparato, lei ne avrebbe fatto parte - fino alla fine erano legati.

Le parole successive di Rinoa lo avrebbero perseguitato. Comunque, sarebbero state le parole che li avrebbero portati a capire il loro legame. Alla fine sarebbero state le parole che li avrebbero salvati.

"E se i SeeD bianchi hanno ragione? Squall, e se sono destinata a essere malvagia? Ero... lo sono stata in passato."

Lei parlò piano, e lo addolorò sentirla parlare così. Ma sapeva che lei aveva bisogno di parlarne; doveva accettare le sue paure. Non potevano affrontarle insieme se non sapevano dove erano radicate. Quindi la tenne semplicemente per le spalle, lasciandola parlare di un argomento che affrontavano pochissimo.

Da parte sua, lei aveva bisogno che lui sapesse che cosa era lei davvero - il male che giaceva in attesa dentro al suo corpo. Lo amava più di qualsiasi altra cosa al mondo; la cosa migliore che poteva fare era permettergli di saperlo. Mai aveva ammesso queste verità con qualcuno, ma erano state parte de suoi incubi in molte occasioni. Lui doveva conoscere il potere rivoltante che le scorreva nelle vene.

"Vuoi davvero sapere di cosa sono capace? Quando ero nello spazio, sono stata io a liberare Adele dalla sua prigione... ero la responsabile della Lunatic Pandora. Ho tradito tutta l'umanità, ho tradito te."

Si sporse in avanti, cadendo a terra. Squall la supportò immediatamente con le braccia, muovendosi per inginocchiarsi accanto a lei, mentre lei sembrava prendersi sulle spalle il peso di errori del passato.

"Squall, li ho uccisi - ho ucciso tutte quelle persone innocenti a Esthar. Riesco ancora a sentire le loro grida quando dormo. Non importa se tutti dicono che ero posseduta - sono state le mie mani a rompere il sigillo. Tu sai la verità Squall, Artemisia non poteva semplicemente prendere il mio corpo - io dovevo darglielo. Ho ceduto alla mia debolezza... ecco che cosa sono, Squall... debole."

Alla fine guardò verso di lui e disse qualcosa che non aveva mai immaginato di dire. "Non capisci? Ho paura che tu capisca quanto sono orribile in realtà..."

Allora Squall Leonhart capì che aveva scoperto due verità quella notte - non era solo che lei aveva paura di essere sola, era che non si fidava di se stessa. Aveva paura del potere che le correva dentro, aveva paura delle accuse, ma soprattutto aveva paura che il potere alla fine si sarebbe corrotto, e non poteva affrontare l'idea di fare del male.

Non si era mai accorto di quanto profondamente il diventare una Strega l'avesse marchiata. Certo, aveva accennato sulla Lagunarock che tutti sarebbero stati arrabbiati con lei. Ora vedeva con i suoi occhi quanto profondamente lei si incolpasse del Pianto Lunare. Sentire e vedere i SeeD bianchi quella sera confermava semplicemente tutto nella sua mente. Odiavano quelle come lei, ma non quanto lei odiava se stessa per ciò che era. Non era una cosa su cui sorvolare e basta, o da trattare con leggerezza.

"Rinoa..." sussurrò infine, dopo che gli parve che lei non avesse la volontà di continuare. Lì, sotto la luce, vide qualcosa che non aveva mai visto. Vide la paura e il disgusto di sé che c'erano ancora dentro di lei. Era grato di conoscere le paure, anche se era violentemente in disaccordo con esse. Rinoa era bellissima; non avrebbe mai potuto diventare la persona che credeva lei. Il fatto però era che lei ci credeva. Era un suo dovere come Cavaliere aiutarla a superare quelle paure, e vedere la loro forza insieme.

Per quanto riguardava l'altra paura, non poteva far nulla per rassicurarla che non l'avrebbe abbandonata - ci voleva tempo. Ironico, era lui a pensarla così; di solito era il contrario. Ma sapeva che la cosa migliore che potesse fare era starle accanto, anche se non la capiva. Sapeva anche e soprattutto che non potevano più evitare l'argomento del suo essere Strega. Anche se al momento non era di dominio pubblico, in futuro poteva non essere così. Dovevano capire e controllare il suo potere. Alla fine poteva alleviare parecchie paure... soprattutto quelle di Rinoa.

Spostandosi, Squall prese la giacca che aveva buttato per terra prima. Normalmente era estremamente attento alla sua uniforme. In quel momento non sembrava così importante. La stese il più possibile e si sedette su un lato, lasciando libera la parte più grande di tessuto. Con un semplice gesto, fece un cenno verso il posto libero. Lei accettò l'invito silenzioso, mentre tentava ancora di dare un senso a tutto ciò che era successo.

Con un sorriso malinconico si sedette. Era difficile con il vestito, e il risultato finale non fu dei più raffinati. Lui la mantenne in equilibrio, aiutandola mentre lottava con l'abito. Era strano come i loro amici dentro stessero bevendo, ballando e divertendosi un mondo, mentre loro facevano una discussione che avrebbe cambiato per sempre e inevitabilmente le loro vite.

Si sedettero leggermente separati; solo la gamba di Rinoa sfiorava quella di Squall, per la dimensione della coperta di fortuna. Lui si appoggiò le braccia sulle ginocchia, guardando verso il cielo notturno. Dopo essersi sfregato le mani per togliere i sassolini, si schiarì la gola.

"Rinoa, voglio capire questo legame tra noi. Non mi piace non avere il controllo delle mie emozioni, a volte. Soprattutto non mi piace il fatto che non ci sia un minimo avvertimento, sempre che ci sia. Inoltre non mi piace dover tentare di decifrare cosa significhino. Di solito quando lo capisco è semplicemente troppo tardi. Ci sono molte cose che non mi piacciono di questa situazione, ma ce ne sono di più che mi piacciono."

Non indugiò su quelle che gli piacevano; non era ancora disposto ad ammetterle apertamente. Sperava solo che lei capisse che quella parte gli avrebbe richiesto del tempo. Il fatto era che c'erano cose che gli piacevano, ed erano quelle che rendevano il negativo molto meno intimidatorio.

Continuò a parlare, voltandosi ora a guardarla. "Non accetterò mai che tu sia corrotta, non è nemmeno una realtà per me. Non potrò mai farti cambiare ciò che provi. Ma se puoi percepire cosa provo io, come riesco a fare io con te a volte, sai che non lo credo nemmeno per un secondo. Forse non è la conferma che ti serve, ma è tutto ciò che ho da offrirti."

In quel momento per lei era abbastanza. Lui aveva ragione; le sue paure non sarebbero svanite all'istante con le parole. Potevano non svanire mai del tutto, ma poteva imparare a superare i dubbi con il suo aiuto. Voleva imparare ad usare il potere in equilibrio con quello di Squall. Era lì che credeva davvero che ci fosse la loro forza. Se poteva usare le sue capacità per aiutare gli altri, che fosse con magie di guarigione o di protezione, sarebbe stata disposta a stare al fianco dei suoi amici e soprattutto del suo Cavaliere.

Rinoa lo guardò direttamente negli occhi. La Strega si appoggiò alla sua forza interna, forza da cui era arrivata a dipendere nei mesi. Pronunciò le parole come se fossero la cosa più ovvia del mondo. "Squall, sono una Strega."

"Sì, lo sei." Annuì, capendo il significato della sua dichiarazione.

"Perché è così difficile per me ammetterlo ad alta voce?"

Squall non aveva una risposta immediata. Lentamente, le mise un braccio intorno alle spalle, guidandola gentilmente accanto a sé. Lei si appoggiò al suo petto. Era una scena che ricordava quello che era successo prima nell'aula, e così tante volte ancora. Poteva essere assolutamente infilata nelle categorie delle 'cose che gli piacevano' di quella relazione, anche se non lo disse.

"Rinoa, non è il fatto che per te sia difficile da dire, il problema è che è difficile per gli altri ascoltare. C'è differenza. Tu dici una cosa, ma loro ne sentono un'altra."

"Tipo che voglio dominare il mondo e uccidere tutti quelli che si oppongono?"

Lui sospirò. "Sfortunatamente sì."

"Perché la gente pensa che con il potere arrivi la felicità?"

"Chiedi a me della gente?"

Sapeva che era una domanda retorica. Chi sapeva perché al mondo qualcuno faceva qualcosa? Artemisia, Adele... a dire il vero, non c'era nemmeno bisogno di limitarlo a una Strega: Norg, Vinzer Deling, e moltissimi altri prima di loro provavano questa cosa. Che cos'era il potere, comunque? Per definizione, alcuni pensavano che Squall stesso fosse potente, eppure eccolo lì a sentirsi piuttosto impotente su un tetto nascosto al resto del mondo.

Come fosse un segnale, sentì una sgradita vibrazione nella tasca, che aveva imparato a disprezzare dalla sua apparente 'ascesa al potere'. Persino lì sopra non poteva nascondersi dai suoi doveri di Comandante del Garden di Balamb. Sapeva che anche lei era consapevole che gli stava squillando il cellulare; era evidente anche dove si trovava lei.

"Squall, ti stanno chiamando."

"Sì, vero," disse lui, respingendo la chiamata con la mano libera.

"Non devi tornare giù?" chiese lei voltando la testa per guardarlo quando lui non fece alcun tentativo di muoversi.

Lui incontrò il suo sguardo lentamente e deliberatamente. Di proposito, spostò il braccio dalle spalle alla vita di Rinoa e sussurrò piano, "mi sembra di essere esattamente dove devo essere."

"...E i tuoi doveri?"

Lui la schernì, pensando a ciò che era successo prima nel salone. "Penso che la SeeD e tutti i suoi problemi ci saranno anche domattina."

Il Comandante rifletté tra sé e sé prima di parlare ancora. Ad ogni modo alla fine sarebbe saltato fuori, e lui doveva affrontare l'argomento. "Rin, penso che avrò un po' di tempo libero dal lavoro."

Lei piegò la testa confusa, ritraendosi leggermente. Era molto improbabile che lui si prendesse del tempo libero; così le era stato detto. Gli veniva concesso occasionalmente un fine settimana libero, come quando erano stati a Winhill. Comunque, durante il suo incarico al Garden, non si era mai sentito di un tempo prolungato di assenza.

"Intendi che andrai in vacanza?"

"Non proprio. È più come... tempo libero obbligatorio."

Voltò la testa mentre ammetteva quel fatto. Il Comandante sapeva che non era sceso completamente a patti con ciò che era successo prima. In un certo senso, si sentiva come se avesse tradito tutto ciò che aveva mai saputo. Eppure sapeva che non era un tradimento alla SeeD, sono di alcuni dei loro arcaici concetti sulle Streghe.

"Cosa è successo?"

"Ho disobbedito a un ordine diretto, tra le altre cose."

Sapeva che avrebbe dovuto spiegare, ma in quel momento aveva solo bisogno di averla accanto. Quando, quando era diventato quel tipo di persona? A un certo punto avrebbe raccontato il suo scambio con Cid, senza preoccuparsi di chi ne rimaneva ferito. La verità era assoluta; le bugie e l'inganno erano per i deboli. Non le avrebbe mai detto una bugia, ma poteva facilmente evitare i fatti. In quel momento aveva bisogno del suo supporto, tanto quanto aveva bisogno di credere in loro. Aveva anche paura che lei si sarebbe addossata la colpa. Era quasi scontato, sapendo com'era fatta.

"Squall?"

Lui sorrise leggermente allungandosi e rifiutandosi di permetterle di ritrarsi ancora dalla sua stretta. Erano due adolescenti gettati in situazioni ben più grandi di loro, seduti in alto sopra il mondo che li elevava fino a quell'altezza. Eppure, dopo tutto, erano semplicemente due adolescenti insicuri delle emozioni che andavano loro incontro. Non erano eroi secondo loro; erano semplicemente Rinoa e Squall.

A volte la realtà lo sopraffaceva; avrebbe deriso chiunque si fosse trovato in quella posizione, un anno prima. Si trovò a vagare con le dita sulla pelle nuda della schiena di Rinoa, invece di cercare il tessuto. Forse poteva distrarla dal fare altre domande.

"Hey, hai visto quella stella?" Le baciò dolcemente la nuca, sperando di spostare la sua attenzione. Di sicuro aveva distratto lui abbastanza durante il corso della loro relazione, e anche qualche tempo prima.

Rinoa rabbrividì involontariamente quando sentì il suo respiro solleticarle la pelle sensibile. Comunque la giovane Strega sapeva cosa stava facendo, o cercando di fare, lui. In qualche modo, sapeva che stava nascondendo qualcosa della sua storia. Per quanto si godesse quel contatto, e Dio, se lo stava godendo, aveva bisogno di sapere cosa lui potesse aver fatto per giustificare quel tipo di punizione.

"Sei terribile a cambiare discorso, Squall Leonhart. Non mi arrendo così facilmente. Dimmi cosa è successo, o non me ne vado di qui."

Lui ridacchiò tra sé e sé per l'ironia della cosa. Forse se non le avesse mai detto cos'era successo, lei sarebbe rimasta lì per sempre. "Promesso?"

"Eh?" riuscì a dire lei, sempre provando a lottare contro la tentazione di cadere impotente nella nuova sensazione di essere toccata da lui. Perché Cid gli avrebbe anche solo proposto di prendersi del tempo libero? Per quanto ne sapeva Rinoa, era un SeeD modello, e un Comandante anche più stupefacente. Poi ricordò improvvisamente la sua confessione sul 'nessun avvertimento sul controllare le sue emozioni'. Era venuto a cercarla quasi subito dopo che lei aveva lasciato il salone; non aveva mai nemmeno considerato l'idea che le sue emozioni avessero avuto un effetto su di lui, quella sera. Prima aveva detto che 'lui poteva andarsene', ora sapeva che era vero tutto l'opposto. Ora si sentiva egoista per ciò che aveva detto, sapendo di aver in qualche modo causato quella punizione.

"Oh mio Dio, è stato a causa mia!" esclamò Rinoa quando capì. Si ritrasse immediatamente e cercò di alzarsi. Forse poteva rimediare a un po' del danno che aveva inconsciamente causato, anche se doveva marciare dritta di sotto e dire la verità a tutti. Lui non avrebbe dovuto soffrire a causa sua. Non meritava quella punizione; la meritava lei.

"Torna qui," disse lui offrendole la mano. Cercò in verità di non ridere al suo tentativo di alzarsi così in fretta. Rinoa somigliava a un cucciolo di Chocobo che cercava di stare in equilibrio su zampe incerte per la prima volta, anche se sembrava che il Chocobo potesse cavarsela meglio di lei. Sfortunatamente, inciampò con le dita nella parte strappata del vestito, cadendo all'indietro e atterrando in grembo a Squall. Lui si era preparato all'impatto; anche se non era certo la posizione più comoda al mondo, era ben lontana dall'essere la peggiore. In verità lei sembrava più imbarazzata di lui, per una volta, dalla situazione.

"Non pensarci nemmeno. Non sei stata tu, sono stato io. In quelle circostanze, non cambierei nulla di ciò che ho detto o fatto."

"Ma il tuo lavoro... non voglio che nulla lo metta a rischio," ammise lei in fretta.

"Ed è esattamente il motivo per cui sono qui. Non voglio niente che metta a rischio nessuno dei miei lavori..."

Si mosse in avanti, mettendosi davanti alla giacca. Poi si coricò del tutto, e lei lo guardò, incuriosita dalle sue azioni. Con il braccio che la teneva ancora morbidamente alla vita, la spinse delicatamente a stendersi accanto a lui. Aveva il petto in parte sul suo corpo e in parte sulla fodera in seta della giacca. Lui si mise un braccio sotto la testa; funzionava da cuscino scomodo. L'altro braccio non la lasciò andare. Lei non oppose resistenza, era in qualche modo paralizzata dal momento e dalla sua audacia. Era un momento raro, e lei aveva cura di ogni secondo in cui lui le permetteva di stargli vicino.

Parlavano raramente di come i suoi lavori insieme di Cavaliere e di Comandante potessero scontrarsi. Con un unico gesto, lui le disse più di quanto potessero fare le parole, solo continuando a tenerla stretta. Lei non avrebbe mai osato chiedergli di lasciare la SeeD, non se lo sarebbe mai aspettata da lui. Ma per tutte le notti in cui non si erano visti, o gli appuntamenti a pranzo cancellati, per lei significava un modo che lui ci fosse quando aveva bisogno di lui.

"Per quanto riguarda la SeeD, come ho detto, il lavoro ci sarà ancora domani. Avrò un rimprovero ufficiale, un po' di tempo libero obbligatorio per 'riflettere sulle mie azioni' e alla fine non cambierà niente. Posso dirti che non è la prima volta in cui mi è stato fatto rapporto o sono stato sospeso per qualche giorno. Ho avuto svariati scontri con il Comitato Disciplinare, ricordi?"

Le mosse le dita tra i capelli, giocando di nuovo inconsciamente con le ciocche libere dalla pettinatura.

"I tuoi scontri prima non erano per Seifer? Voglio dire, stavolta sei nei pasticci per colpa mia."

Rinoa distolse la testa dal suo petto, dove l'aveva posata. Era imbarazzata per avergli causato così tanti guai. Per non parlare del fatto secondario che era riuscita a parlare ancora di Seifer in un momento cruciale. L'ultima cosa di cui entrambi avevano bisogno era di tirar fuori quell'aspetto delle loro vite.

"Rinoa, ascoltami... non tutte le volte è stato per colpa di Seifer. Proprio come stanotte non è stato per colpa tua. Le mie azioni sono mie, e mie soltanto. A volte, come stasera, possono esserci circostanze attenuanti, ma alla fine la scelta è mia."

Sapeva che sarebbe stato difficile per lei accettare che lui era da biasimare; Rinoa si sarebbe presa sulle spalle tutti i fardelli del mondo se ne avesse avuto la possibilità. Comunque, aveva bisogno che lei capisse che c'era una sola persona nella sua vita che aveva colpe - lui stesso.

"Penso sia molto importante che tu capisca che quando parlavo con Cid stasera, ho capito che le parole e i sentimenti non erano del tutto miei. Avrei potuto decidere di fermarsi ad ogni momento. Il fatto era che... in fondo a tutto, ero d'accordo. I SeeD bianchi si sbagliano, è semplice. Non tutte le Streghe sono malvagie, è questo il pensiero ottuso che ci trattiene tutti."

Rinoa rimase insolitamente silenziosa. Parte di lei capiva le sue parole; si sarebbe sentita allo stesso modo a parti invertite. Se avesse continuato a incolpare se stessa, avrebbe solo fatto del male a lui, ed era l'ultima cosa che voleva fare. Quindi per il momento respinse il senso di colpa, lasciando semplicemente che il suono del suo respiro la cullasse in uno stato pacifico.

Quando lei non rispose, lui ne fu grato. Ad ogni modo c'era un'altra cosa che era sorpreso di voler ammettere. "Sai tenere un segreto?" Lei annuì in silenzio, permettendogli quella rara opportunità di esprimere se stesso.

"C'era qualcosa di quasi liberatorio in stanotte. So che avrei potuto gestire la situazione in maniera molto più... diplomatica. Ma per una volta sentivo di non essere legato a regole o protocolli." Ridacchiò leggermente, muovendosi quanto bastava per baciarla esitante sulla fronte. Poi posò la testa accanto a quella di Rinoa e chiuse gli occhi. "Credimi, so che i miei gesti erano del tutto fuori luogo, ma il solo essere qui, adesso... sembra quasi una ricompensa. Gestirò le conseguenze domani. Non cambierei per nulla al mondo quello che sto condividendo con te."

"Davvero?"

"Sì, davvero."

Rinoa sentì che se avesse risposto ancora avrebbe in qualche modo spezzato la magia che li circondava. Era sorprendente che fosse lui a cercare di alleggerire l'atmosfera, con un tentativo di umorismo fuori dagli schemi. "Aiuterebbe se ti dicessi che ti proteggerò da quegli ignobili SeeD bianchi e dalle loro pessime frasi da rimorchio?"

"Un po'." Sorrise, accoccolandosi più vicina. Sapeva che lui ci stava provando, e lo amava per questo. Non poté evitare di ricordare il loro primo incontro; la sua battuta d'apertura non era andata molto meglio.

"Ma Squall, nella scala generale del rimorchiare le donne, non so ballare non è tanto meglio come battuta."

"Questo mi offende. Se devo dire la verità, non stavo cercando di rimorchiarti... per quanto riguarda questo, nemmeno 'ti piaccio' è un classico a prova di rifiuto."

Lei sorrise tra sé e sé, ricordando quella notte con vivida chiarezza. "Beh, a quanto pare ha funzionato. Guarda dove sono adesso."

Lui continuò a giocare con le ciocche di capelli libere, dato che nemmeno lui se ne rendeva conto. "Ti piacerebbe pensare che è stato il tuo straordinario uso delle parole, vero? La verità è che... è stata la minigonna."

Lei boccheggiò forte, più per fare scena che altro. "Squall Leonhart, non l'hai detto davvero! Voglio dire, avevo già sentito quei commenti da Irvine, ma di certo non me li aspetto da te!"

"Sono umano... ed era una gonna corta."

"Chissenefrega," sbuffò lei. Rinoa fece finta di essere scocciata, anche se sapeva che lui non credeva alla recita nemmeno per un secondo. Ed era vero, l'anno prima aveva sentito di aver bisogno l'attenzione in qualche modo; ora non era così. Entrambi erano cresciuti e maturati nel frattempo, anche se non completamente; stavano ancora semplicemente affrontando quelle nuove sfide insieme.

Nel silenzio della notte, l'atmosfera passò da divertente a un po' più seria. Lei guardò la coperta del cielo punteggiata di stelle. Sembrava tutto così semplice, una volta; persino il cielo ora era carico di domande. "Squall, che cosa facciamo adesso?"

"Beh, penso che non si possa più trattare con così tanta disinvoltura il fatto che sei una Strega. Non lo annunceremo pubblicamente, ma dobbiamo essere pronti. Dobbiamo capire questo legame e come controllarlo."

Lei torse il collo per guardarlo mentre giacevano entrambi a terra. Sorrise quando i loro occhi si incontrarono; poteva vederci il presente e il futuro, poteva vederci un mondo ancora sconosciuto a entrambi.

Aveva bisogno che lui sapesse cosa provava; aveva bisogno che lui sapesse quanto significava per lei.

"Ti amo."

"Rinoa, io-"

Lei gli mise dolcemente un dito sulle labbra quando lo vide cercare di mascherare l'apprensione. Non voleva nulla in cambio se non ciò che le offriva in quel momento - la sua accettazione. Era un dono che considerava più prezioso di quanto due semplici parole potessero descrivere.

"Sshh, Squall, non dire nulla. Sappi solo che a volte ho bisogno di dirlo. Fa parte di chi sono."

Rinoa sorrise quando lui si rilassò sotto di lei. Non diceva mai quella frase senza un motivo, perché voleva che le parole avessero sempre il loro pieno significato. I gesti dicevano tutto, con lui, e quella sera significava più di quanto lui avrebbe mai saputo.

*~*~*~*~*

Era allo stesso tempo la notte più spiacevole e quella più confortante che avessero mai condiviso. Solo loro, il silenzio e la bellezza delle stelle lassù. Lei si era addormentata per prima, con la testa sul suo petto; lui riusciva a sentire il suo respiro caldo attraverso il tessuto della maglietta. Lei ogni tanto rabbrividiva involontariamente per il freddo della sera o per la mancanza di copertura che le offriva il vestito. Lui sapeva tutto ciò di cui lei era capace, e non considerò mai nemmeno una volta di tirarsi indietro.

Era quasi l'alba quando si svegliarono; l'umidità e la rugiada si erano mischiate al freddo della sera. Erano riusciti a scendere e alla fine erano andati ciascuno in camera sua. Rinoa non si preoccupò di cambiarsi, e cadde sul letto nelle prime ore del mattino. Ricordava a malapena di aver preso la coperta più vicina, rannicchiandosi vicino al calore di Angelo. Era quasi pomeriggio quando si svegliò, era dolorante e rigida per aver dormito sul tetto. Il vestito era scomodo, e il tessuto iniziava a darle prurito. A quel punto, non era nemmeno sicura di come fosse riuscita a riaddormentarsi con quello addosso - probabilmente una combinazione di stress e stanchezza.

Riuscì a tirarsi su a sedere, ignorando le proteste del suo corpo. Guardando il comodino, fu attratta da un oggetto sconosciuto. Era un'unica rosa rossa avvolta delicatamente nella carta. Sorrise radiosa mentre armeggiava con le dita per aprire la bustina accanto al fiore.

"Chissenefrega - per sempre"

Esaminò attentamente la rosa, guardò ogni intricato dettaglio. Dai petali che si curvavano all'infuori ai bordi dentellati delle foglie del fiore.

Ed era perfetto, proprio come lui.

*~*~*~*~*

Nota dell'autrice: wow, è finita... beh, tipo! I primi quattro mesi sono finiti, e ufficialmente Dancing in Time è arrivata alla sua conclusone. Penso che sia una buona cosa finire questa parte adesso: stavo finendo i "Tempo di..." per i titoli dei capitoli. Avrei dovuto iniziare a inventarli io, cosa che non va mai a finire bene.

Gli ultimi capitoli hanno stabilito il tono della prossima storia, che si concentrerà anche sui poteri di Rinoa. Sarà scritta allo stesso modo: storie brevi sia drammatiche che divertenti. Ovviamente la trama principale sarà la relazione in sé; chi avrebbe mai pensato che una semplice storia senza trama sarebbe andata avanti per oltre 180.000 parole. Ma credo che a volte la trama più grande possa essere la vita stessa. Ovviamente un sacco di cose sono rimaste in sospeso apposta, perché sono cattiva.

Grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato a correggerla negli anni: Vick330, Robert, Lisa, e ovviamente Nicole, la mia migliore amica. Grazie a ognuno di voi che si è preso il tempo di leggere questa storia. Spero che vi siate divertiti a leggerla quanto io a scriverla. Apprezzo il supporto che mi avete dato negli anni, nei momenti belli e brutti. Spero di vedervi tutti per i prossimi otto mesi della relazione nel seguito, Endless Waltz.

Per adesso e per sempre, grazie del supporto.
Kristine (Ashbear)

"Just a turn of the cards, a roll of the dice,
I opened my eyes and
I'm dancing in time.
Who could have believed that the world would be mine?"
- James P. Dunne (Tema di "Lottery!")

*****
Nota delle traduttrici: il seguito di questa storia non è ancora finito, ma verrà comunque tradotto e pubblicato... solo quando sarà un po' più vicino alla fine :)
vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

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